Questa è la mia storia

di RheaEve
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Questa è la mia storia con Rui (parte 1) ***
Capitolo 2: *** Questa è la mia storia con Rui (parte 2) ***
Capitolo 3: *** Questa è la mia storia con Rui (parte 3) ***
Capitolo 4: *** Questa è la mia storia con Rui (parte 4) ***
Capitolo 5: *** Questa è la mia storia con Rui (parte 5) ***
Capitolo 6: *** Questa è la mia storia con Rui (parte 6) ***



Capitolo 1
*** Questa è la mia storia con Rui (parte 1) ***


Dovevo aver compiuto da poco 15 anni quando lo incontrai. Non ricordo molto di cosa dissi o di cosa feci o di quanto impacciato e goffo dovette sembrare ma la prima volta che vidi Rui seppi immediatamente che la mia mente da ragazzina non avrebbe saputo pensare ad altro da quel momento. Ammetto che le mie aspettative sull'aspetto che dovesse avere un ragazzo proveniente dal Brasile non vennero del tutto soddisfatte, anzi direi che ricevettero una forte battuta d'arresto, gonfiate, forse troppo, dagli stereotipi e dalle telenovelas anni 90 che albergavano nel mio cervello e sopratutto nella mia fantasia. Ciò che vidi era un ragazzino della mia età, imbarazzato e indeciso sul come comportarsi, che stagliava i suoi capelli, la sua carnagione e i suoi occhi color nocciola contro le tende, a tonalità  rosse e gialle, adornate con  lustrini, del soggiorno di casa mia. Panorama che si ripeteva in ogni metro quadrato di ogni singola stanza.Quanta ostentazione natalizia in questa casa di bianchi! Dovette aver pensato. Anche se in verità era più un problema che affliggeva me. E non sarebbe stata l'ultima volta che le mie preoccupazioni avrebbero avuto come protagonisti indiscussi i possibili problemi che avrebbe potuto porsi Rui. Il mio interesse per lui era tale che anche dietro un semplice "ciao, buon anno nuovo" vi erano meccanismi e dinamiche sociali studiatissime nei minimi dettagli che puntualmente si risolvevano in frasi atone e scevre da qualsiasi sentimento umano. Io stessa credo che mi sarei stata lontana per evitare la mia imminente autodistruzione allo scadere del countdown. Dopo tutta una serata passata a tentare di attirare l'attenzione del mio ospite interculturale utilizzando l'infallibile tattica del volgere lo sguardo altrove quando i suoi occhi incrociavano i miei e non rivolgergli la parola neanche per sbaglio giunse finalmente il momento dell'agognato 5....4.....3.....2....1......BUON ANNO! e....."ciao, ci vediamo presto" che equivaleva al mio corrispondente emotivo del ho sprecato la mia unica occasione per poterti conoscere. Quella notte, probabilmente, tutti i miei buoni propositi per l'anno nuovo riguardarono l'acquisto di un cappio per suicidi ma il mattino seguente proprio mentre stavo smaltendo la mia depressione post cotta distraendomi tramite le migliaia di post di auguri per il capodanno di Facebook (come se il ricordo del fallimento non fosse già abbastanza vivido nella mia testa) notai l'arrivo di una notifica che....

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Capitolo 2
*** Questa è la mia storia con Rui (parte 2) ***


Non potevo crederci. Eppure era lì. Chiaro e semplice. L'impossibile stava bussando alla mia porta e io avevo dimenticato come si usasse una maniglia. Non riuscivo a comprendere come un gesto elementare, che avevo ripetuto un milione di volte, potesse risultarmi così complicato in quel momento. Si trattava solo di muovere il mouse, seguire il percorso della freccia e condurla fino a quel "Accetta richiesta d'amicizia" tanto familiare. Ma qui non si trattava di condividere le tue informazioni personali con amici, parenti, sconosciuti arabi dall'altra parte del mondo. Dall'altra parte dello schermo c'era Rui che stava, o meglio speravo, stesse aspettando una mia risposta. Avevo fissato talmente tanto quelle parole scritte in minuscolo che ormai non avevano più un significato logico. Mi trovavo sicuramente ai confini della realtà oppure non ne capivo davvero nulla di rapporti umani. Magari il mio ignorarlo tutta la sera aveva fatto colpo. Del resto quale ragazza è più attraente di una con cui non hai scambiato minimamente parola? Finalmente, dopo un lasso di tempo ovviamente inadeguato per questo genere di cose, cliccai su quell'opzione dando inizio alla mia amicizia virtuale con Rui e non solo a quello. Non appena il mio dito ebbe adempiuto al gesto catartico e liberatorio di rispondere ad una richiesta su Facebook mi passarono davanti agli occhi tutte le infinite possibili varianti della mia vita con Rui. Tutte volgevano ad un lieto fine, tutte scandivano con momenti felici la nostra storia multietnica e i nostri figli sarebbero stati mulatti e bellissimi. Ero estasiata dall'idea del futuro che mi aspettava, del ragazzo che mi aspettava. Mi alzai dalla sedia e iniziai a vagare per casa sorridendo, come facevo ogni volta che mi capitava qualcosa di bello. Non riuscivo a star ferma, dovevo sfogare in qualche modo tutta quella sensazione di leggerezza, emozione ed impazienza che avevano inondato tutto il mio corpo e la mia mente. Fremevo per Rui, per me, per noi due assieme ma ovviamente non durò molto. Tutto quell'idillio si dissolse non appena mi si pose davanti un importante, anche se ero riuscita perfettamente ad ignorarlo fino a quel momento, quesito. Un dettaglio non sicuramente trascurabile. Chi era questo ragazzo? Non sapevo praticamente nulla di lui. Ero conoscenza che fosse il figlio, appena trasferito dal Brasile, dell'ex badante di mio nonno, divenuta in seguito un amica molto stretta di mia madre e della famiglia in generale. Motivo per cui erano con noi a festeggiare l'anno nuovo. Avevo passato settimane intere aspettando il suo imminente arrivo cercando di ostentare il meno possibile la mia curiosità e tentando di far sembrare vaghe e casuali le mie domande su di lui a sua madre, la cui emozione per il trasferimento del figlio era molto più giustificabile della mia. Mi resi conto di essere un ingenua ragazzina alle prese con una cotta adolescenziale immotivata e irragionevole, ingigantita solo da una sciocca fantasia sul "ragazzo straniero", "diverso", "esotico" e per cause di forze maggiori "bello". Perché, ovviamente, il Brasile può sfornare solo bei ragazzoni scuri che ballano la salsa. Non che Rui non fosse un bel ragazzo, anzi era molto carino, ma rimaneva un ragazzo carino di 15 anni, probabilmente spaesato e spaventato da un paese che non aveva mai visto e in cui si era appena ritrovato a vivere e la prima cosa che aveva incontrato era una ragazza assatanata che non aspettava altro che saltargli addosso. Fortunatamente non sapeva nulla di tutto ciò quindi il mio senso di vergogna si mitigò quel tanto che bastava per farmi ricordare che nonostante tutto aveva dimostrato di voler entrare, in qualche modo, in contatto con me ed ero comunque lusingata e desiderosa di potergli parlare per la prima volta. Solo che non avevo considerato QUANDO questa prima volta si sarebbe presentata.....

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Capitolo 3
*** Questa è la mia storia con Rui (parte 3) ***


Passai giornate intere ad immaginarmi un possibile primo dialogo con Rui. Avevo davvero voglia di far divenire realtà tutte le conversazioni che avevo elaborato, scegliendo accuratamente le parole, gli argomenti e i momenti cardine che avrebbero dovuto fargli capire quanto eravamo fatti l'uno per l'altra. Poco importava se in realtà le mie informazioni su di lui si limitavano al nome. Era il ragazzo per me. Ma come in ogni favola principesca che si rispetti non sarebbe stato minimamente accettabile che la giovane dama facesse il primo passo, avrebbe dovuto attendere pazientemente che il suo principe giungesse da lontano sfidando l'orizzonte. Solo che il mio orizzonte era costituito dallo schermo acceso del pc il quale, saturo delle mie continue visite a Facebook, speranzosa di ricevere finalmente qualche segno di vita da pare di Rui, rischiava di farmi perdere la vista. Probabilmente, se avessi continuato ad osservare, non avrei manco visto arrivare il mio principe. Nonostante le mie pene d'amore, i giorni trascorrevano uno dopo l'altro, indifferenti di fronte a tutto ciò, quando improvvisamente, in un momento imprecisato del calendario, il destino, forse per pietà o crudeltà nei mie confronti, mi dette un altra occasione. In quel caso il destino si traduceva in mia madre che mi annunciava un incontestabile visita a mio zio. Io, alzando il viso dalla tastiera, feci per controbattere ma poi ricordai. Rui e la sua famiglia si erano trasferiti nello stesso palazzo del mio parente! Così ostentando il più possibile indifferenza risposi con un debole «ok». Risposta che parve sorprendere mia madre, aspettandosi forse il solito battibecco, ma, fortunatamente per me, sembra non si soffermò molto su quel pensiero e uscì dalla camera. Era un opportunità inaspettata che non andava assolutamente sprecata. Mi armai di tutto il coraggio di cui disponevo, avrei sopraffatto il demone della timidezza e superato la prova delle prime parole scambiate. L'intero tragitto in macchina fu riservato alla motivazione ed esaltazione di sè, tutto ovviamente in rigoroso silenzio meditativo completo di sguardo corrucciato zen e accostamento tattico della testa al finestrino osservando la strada che scorreva troppo veloce per essere definita. Quando giunsi al luogo della resa dei conti scesi dalla macchina palesando il mio sguardo più deciso e il mio sorriso più affabile, chiedendomi se fossi riuscita a mantenere quell'espressione il tempo necessario a compiere la mia impresa. Preoccupazione del tutto inutile visto che il momento fatidico giunse qualche minuto dopo il mio arrivo, spiazzandomi e dissolvendo completamente le sicurezze appena conquistate. Potei dare anche l'addio definitivo alla mia espressione da vincente spodestata dal mio solito sguardo insicuro e vagante. Erano già tutti lì! Ci stavano tutti attendendo seduti attorno al tavolo. Ci accolsero, quando notarono il nostro arrivo, con i soliti convenevoli e chiacchiere. Il mio sguardo attraversò tutto quel panorama di facce familiari alla ricerca invece di qualcosa di nuovo e diverso in quell'ambiente. Quando guardai Rui, il quale non se ne accorse visto che lo feci di sottecchi, un improvviso e letale nodo strinse nella sua morsa il mio stomaco. Non riuscivo neanche a regolare normalmente la respirazione, dovevo soffermarmici, come se lo stessi imparando per la prima volta. Salutai tutti velocemente senza dire una parola, come se lo stessi facendo automaticamente. Se lì in mezzo fosse capitato un qualsiasi oggetto inanimato avrei salutato persino lui senza accorgermene. Mi accorsi di Rui. Feci attenzione ad ogni cosa quasi che volessi imprimerlo nella memoria indelebilmente. Il profumo, la sensazione delle guance che si sfioravano appena, i rumori. Non riuscì a guardarlo e non appena il saluto fu terminato mi dirigei velocemente verso una direzione a caso per poi bloccarmi, rigirarmi, fare qualche passo indietro e sedermi sulla prima sedia che trovai. Mai azione compiuta da un essere umano sembrò meno naturale. Il pomeriggio passava e la mia situazione appariva senza via d'uscita. Non poteva essere altrimenti considerando che non stavo facendo assolutamente nulla. Dovevo agire. Avevo voluto quel momento e me lo stavo perdendo un altra volta; così dopo mille elucubrazioni mentali mi avvicinai a Rui. Non ero nemmeno io, avevo l'impressione di stare osservando tutto dallo schermo di una tv, trattenendo il fiato per la protagonista e facendo il tifo per lei. Fui sbalordita. Ciò che la gente avrebbe definito niente di che per me era un traguardo. Quel «ehi, come va?» mi sorprese a tal punto che credo di aver assunto un espressione interrogativa totalmente inopportuna in quel contesto. Mi ripresi e avendo ormai superato la prova più difficile mi aspettai che la strada ormai fosse in discesa. Avevo saltato tutti gli ostacoli del percorso e adesso mi meritavo di tagliare il nastro d'arrivo ma in quel momento fu come se potessi sentire l'impatto della mia faccia col terreno in seguito ad una rovinosa caduta. Guardai Riu attendendo una risposta, una qualsiasi. Lui si limitò a sostenere per un attimo, che io vissi a rallentatore tanto da sembrarmi mille attimi, il mio sguardo, e ad annuire. Subito dopo si alzò dalla sedia e mi superò. Mi voltai verso di lui e l'ultima cosa che vidi fu il suo corpo attraversare l'uscio della porta e sparire nella poca luce del corridoio.

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Capitolo 4
*** Questa è la mia storia con Rui (parte 4) ***


Durante le settimane successive ebbi modo di constatare più e più volte quanto a volte il caso possa essere come quel ragazzino crudele che a scuola ti riempiva di impropri perché eri grasso. In seguito al mio cocente fallimento non tentai più alcun tipo di approccio con Rui. Volevo solo dimenticare ed esorcizzare tutta la mia delusione tramite l'ascolto di canzoni malinconiche e l'assunzione del mio corrispettivo in peso di patatine al formaggio. Nonostante i miei buoni propositi di reclusione all'interno del mio bozzolo anti-pianeta Terra, i cui confini erano segnati dai metri quadrati che componevano la mia camera da letto, sembrava che i miei parenti avessero deciso, di punto in bianco, di rinsaldare i legami familiari tramite una serie di incontri, feste, grigliate occupando ogni giorno di ogni settimana per un lasso di tempo che ai miei occhi apparì interminabile. Come se non bastasse la ormai costante presenza della mia famiglia, Rui partecipava ad ogni singolo evento adempiendo al ruolo di monito nel caso avessi di nuovo deciso di tentare ad una vita sentimentale. L'umiliazione di essermi esposta e rifiutata bruciava ancora ma nonostante il malumore che albergava perpetuo in me mi feci trascinare dai miei genitori, spinta anche dalla flebile speranza che Rui potesse anche solo rimediare a quel saluto mancato. Una piccola fiammella che si stava inesorabilmente avviando verso la fine finché qualcosa cambiò. Era una giornata come tante, di un mese come tanti, assieme ad una famiglia come ne esistono tante. L'unico particolare che differiva era il compito sgradito che mia madre mi aveva affidato. Inutili le mia occhiatacce, il mio sbuffare o il più diretto « non se ne parla». Capii presto che non si trattava di una richiesta ma di un ordine senza possibilità d'appello. Avrei dovuto intrattenere sia Rui che la sua sorellina più piccola per tutto il pomeriggio in attesa che, la sera, arrivasse il resto degli invitati all'ennesimo non so cosa di famiglia. Detestavo quando qualcuno si presentava ore prima dell'inizio di qualcosa proprio a causa di queste situazioni. Essendo l'evento a casa mia spettava a me l'onere, ogni volta, di occuparmi di bambini o nipoti o figli delle persone nostre ospiti. Tempo della mia vita che andava irrimediabilmente sprecato quando avrebbe potuto essere sfruttato per qualcosa di altamente più costruttivo. Tipo deprimermi. Non trovando delle scuse abbastanza plausibili accettai mio malgrado l'imposizione maledicendo la mia cattiva stella, la quale non faceva altro che mettermi vicino ciò che più volevo senza avere mai la possibilità di raggiungerla. Una tortura. Come mi sarei dovuta comportare? Come si intrattenevano due ragazzini stranieri di cui non sapevi assolutamente nulla e che a quanto pare non volevano neanche parlarti? Molto probabilmente erano infastiditi quanto me e di conseguenza sperai di poter stringere con loro un tacito accordo per il quale nessuno dei tre avrebbe occupato lo spazio vitale degl'altri ma al momento debito avremo potuto fingere di divertirci assieme. Mi sbagliai ma ciò che ebbi fu molto meglio. Dopo un primo momento d'imbarazzo riuscimmo a sciogliere il ghiaccio sopratutto grazie alla piccola Danielle. Quella ragazzina di dieci anni era esilarante. Instancabile e vivace era lei a gestire le nostre attività per ammazzare il tempo, parlava molto velocemente un italiano stentato e impreciso ma riuscivo lo stesso a comunicare con lei in qualche modo, divertendomi a sentirle storpiare le parole e comporre frasi che sembravano più versi onomatopeici. Faceva molte richieste, come ogni bambino, ma non mi dispiaceva affatto accontentarla. Che si trattasse di farle vedere un cartone animato in tv o versarle una bibita gassata nel bicchiere. Io e Rui accettavamo passivamente ogni cosa, ogni gioco che volesse fare. Tentai qualche volta anche di parlare con lui ma continuava imperterrito ad annuire o ad ignorarmi. Le uniche occasioni in cui sentivo la sua voce era quando parlava con la sua sorellina in portoghese, di cui non capivo un accidente. Iniziai seriamente a pensare di non piacere affatto a Rui tanto che questo lo spingeva ad usare una lingua che non potevo comprendere pur di non avere nulla a che fare con me. Notai comunque che Danielle continuava ad esprimersi tramite quello pseudo-italiano per rispondere al fratello, probabilmente perché si divertiva ad esercitare la pronuncia. In seguito, giunse il momento della cena e dovetti sorbirmi la solita baraonda di quando si invitano troppe persone in una casa troppo piccola. Cercai di finire il prima possibile di mangiare per potermi finalmente rifugiare nella mia stanza, lontana dal caos. Scivolai silenziosa dalla sedia e feci per andarmene ma mi voltai, per un motivo che non so spiegarmi (o forse si), per un secondo,guardando indietro verso la tavola imbandita. Non sapevo cosa stavo cercando di preciso e presto ritornai a camminare. Qualche attimo e sentii delle voci familiari alle mie spalle. Rui e Danielle mi stavano seguendo. Speravo che volessero continuare a stare tutti e tre assieme così invece di adempiere ai miei desideri di solitudine decisi di finire la giornata terminando il compito che mi era stato assegnato, avrei intrattenuto quei ragazzini brasiliani. Ci mettemmo a guardare la tv in salotto, né troppo lontani né troppo vicini dal rumore e dalla confusione. Si era creata una bella armonia tra di noi nonostante i silenzi di Rui, l'iper-attività di Danielle e il mio malumore, mitigato comunque dalla presenza della piccola. Stavano trasmettendo un film, di cui non ricordo il titolo, che suscitò molte polemiche. Non rammento il motivo ma iniziai a sciorinare commenti, pur non essendo sicura che i miei interlocutori capissero tutto ciò che dicevo, che venivano accompagnati dai comici tentativi di risposta di Danielle. Era una conversazione senza ne capo ne coda ma non avevamo nessuna intenzione di smetterla. Vidi anche Rui ridere finalmente. Fu una delle immagini più belle che avessi visto quella sera. Non appena la sorellina notò questo moto di ilarità da parte del fratello si fece coinvolgere e, come ogni bambino della sua età, iniziò ad avere un comportamento esageratamente allegro e manesco. Vedevo Rui palesemente irritato ma costretto, per cause di forze maggiori, a subire passivamente. Danielle continuava ad essere chiassosa e ad un certo punto dovette pensare che fosse una buona idea, forse per aumentarne l'irritazione, fare il solletico al fratello. Mi chiese anche di partecipare e aiutarla. Fui titubante ma alla fine riflettei sul fatto che a Rui già non piacevo e che non avevo nulla da perdere quindi mi buttai nell'impresa di far salire i nervi a quel povero ragazzo. Al mio intervento fu costretto a reagire, due contro uno non era molto leale ma terribilmente divertente. Riuscii anche ad ottenere le mie agognate prime parole da parte sua che in verità era soltanto una e aveva più l'aria di essere una minaccia: «SMETTETELA!». Incredibilmente non mi importava più di aver raggiunto quel risultato. Contava solo che Rui soccombesse per mano mia e di Danielle. Scivolò persino dal divano e questo decretò la fine dei giochi ma non delle risate. Si rialzò e si risedette tra me e sua sorella continuando ad essere sommerso dalle nostre prese in giro. Troppo presa dallo scherzo notai solo in ritardo ciò di cui mi sarei dovuta accorgere immediatamente. Quando involontariamente tentai di spostare il braccio sentì qualcosa di strano. Guardai senza poterci credere.....la mano di Rui stava stringendo la mia.

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Capitolo 5
*** Questa è la mia storia con Rui (parte 5) ***


Non so cosa mi sconvolgesse di più, se la sensazione delle sue dita tra le mie o lo sguardo tranquillo che mi stava rivolgendo. Non avevo idea di cosa stesse pensando in quel momento, era impossibile carpire qualcosa da quegl'occhi scurissimi e inespressivi, se avessi continuato a guardare probabilmente mi avrebbero ghermita del tutto e io non avrei fatto alcuna resistenza. Con un solo gesto non era più lui il ragazzino straniero spaesato e confuso, ero io. Ero io catapultata in un mondo che mi era totalmente sconosciuto in cui vigevano delle regole assurde e irrazionali. Lui, invece, sfoggiava il suo miglior sorriso naturale e sicuro, come se si fosse ritrovato in quella situazione milioni di volte. Come se tenermi la mano fosse del tutto normale. Non volevo ancora credere a ciò che stava succedendo, nemmeno i miei sogni e le mie fantasie sarebbero state così strane, almeno i miei castelli in aria avevano delle motivazioni, degli eventi scanditi dalla causa-effetto... ma cosa stava succedendo? Decisi di mettere alla prova la realtà, decisi di sapere se fossi stata vittima di qualche scherzo crudele. Non domandai spiegazioni sbraitando ne mi scostai violentemente, mi limitai a stringere la presa e Rui, per tutto risposta strinse ancora di più. La sua mano era fredda. Era sera e dalla finestra entrava un filo di vento abbastanza gelido da farmi sentire i brividi. Forse, però, non era proprio la temperatura a provocarmi tutto questo in quel momento. Ebbi voglia di avvicinarmi di più a lui, gli afferrai il braccio con l'altra mano e appoggiai la mia testa sulla sua spalla, era bellissimo. Lui reagì mettendo la testa sulla mia come se l'avessimo fatto da sempre, come se non ci fosse mai stata alcun tipo barriera tra di noi, ne la diversa lingua o colore della pelle, ne il diverso paese in cui eravamo cresciuti, neanche il non aver mai avuto un vero e proprio dialogo poteva separarci. Le mie elucubrazioni mentali finirono, non mi importava più di analizzare nulla, ne di sapere la ragione. L'unica cosa di cui mi importava era ciò che riuscivo a percepire: io e Rui, seduti sul divano, senza alcun bisogno di dirci niente. Ma il nostro meraviglioso e silenzioso idillio non durò molto, bruscamente interrotto dalla mia chiassosa famiglia che aveva appena concluso la cena e sciamava verso il salotto. Mi aspettai che fosse tutto finito e che Rui avrebbe terminato quel momento per non essere vittima della vergogna ma non andò così. In mezzo a quel salotto gremito di gente, sotto gli sguardi stupiti, maliziosi e incuriositi di tutti continuammo a tenerci per mano, incuranti, ma non troppo, di quello che avevamo attorno. Non importava se tutti sapevano, se tutti vedevamo, avrei continuato a stargli vicino finché....... « Dobbiamo andare a casa»..... la madre di Rui non avesse deciso che la serata era durata fin troppo. Salutai tutti e, con un sorriso che credetti non sarebbe più scomparso dal mio volto, mi chiusi in camera mia. Non provai neanche a dormire, ero sicura che non ci sarei riuscita essendo troppo impegnata a rivivere e rivivere nella mia testa tutto quello che era successo. Non ne avevo mai abbastanza di quelle immagini, di quei ricordi vicinissimi, di Rui. Così mi misi al pc sperando di distrarmi e prendere sonno ma ottenni esattamente l'opposto. Sullo schermo lampeggiava imperterrito il segnale che mi avvertiva di un nuovo messaggio ricevuto, un messaggio da parte di Rui.

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Capitolo 6
*** Questa è la mia storia con Rui (parte 6) ***


Non fui molto sorpresa, anzi, mi aspettavo e attendevo una spiegazione dopo quello che era successo. Credevo solo che la fine del mio delirio post qualsiasi cosa fosse accaduta sarebbe durato almeno 24 ore ma questo non rientrava nei piani di Rui. Mi spiegò ogni cosa: dai suoi comportamenti sfuggenti fino a quelli di poche ore prima che contraddicevano i mesi passati e che tormentavano il mio povero cervello da adolescente. Riuscì finalmente a capire le motivazioni che lo spingevano a non parlarmi anche se, ripensandoci adesso, avrei benissimo potuto intuirlo da me, ma ero troppo accecata e confusa per guardare al di là della mia cotta per lui e dei drammi che la accompagnavano. Il più grande problema che afflisse Rui, da quando aveva messo in piede in Italia, si era rivelato essere proprio io. Anche lui, come me,aveva iniziato a fantasticare su una nostra possibile storia durante la famigerata serata di Capodanno, il nostro primo incontro. Ma le sue intenzioni romantiche vennero distrutte dalla paura di apparire ai miei occhi come un perfetto idiota. Rui conosceva la mia lingua, la comprendeva, il suo timore risiedeva nel come sarebbe potuta essere la sua pronuncia se avesse provato a parlare, timore che affiorava soltanto quando c'ero io nei paraggi. Mi chiesi se sarebbe stato possibile avere una relazione non basata sulla conversazione, mi ricordai del giorno prima e pensai che nonostante tutto funzionava. Non ci eravamo scambiati neanche una sillaba ma in qualche modo avevamo interagito ed era stato intenso. Mi sentii molto stupida subito dopo. Dopo varie rassicurazioni e chiarimenti sui sentimenti reciproci Rui mi colpì con una domanda tenuta in caldo per mesi: «Vuoi essere la mia ragazza?». So che potrebbe sembrare che una dichiarazione enunciata virtualmente fosse abbastanza inopportuna ma eravamo ragazzini e quella era la prima vera volta che mettevo piede nel mondo delle storie d'amore. Per me quella sera ha significato e continua a significare tanto. Dissi di sì con la stessa velocità con cui avvampò il mio viso. Non riuscivo a togliermi la sensazione che fosse tutto un sogno. Avevo una relazione. Un ragazzo. Non avevo la minima idea di cosa dovessi fare, camminavo completamente alla cieca in un zona al buio. In effetti,film e libri forse avevano proprio distorto il modo in cui vedevo questo genere di cose e pensai che la vita reale fosse completamente diversa. I miei interrogativi più grandi riguardavano il primo bacio. Doveva essere eclatante, magico, bellissimo cosa che non era avvenuta. I primi giorni della mia prima storia erano basati essenzialmente sul parlarsi (rigorosamente tramite chat essendo che non vivevamo ancora gli anni dello smartphone), di conseguenza pensai che una relazione dovesse essere così. Che ciò che distingueva il mio ragazzo da tutti gli altri fosse il fatto che aveva tutte le mie attenzioni e che parlassi più con lui che con chiunque altro. Forse stavo vivendo quello che seguiva i titoli di coda dopo un bacio magnifico, quello che i film non lasciavano vedere, il dopo, la vera storia, solo senza bacio. In realtà questo bacio, nonostante i miei auto convincimenti, era diventato una vera ossessione. Non sapevo se fosse normale oppure no, ne se si dovesse richiedere o se andasse bene aspettare, ne se avrei mai avuto il mio primo bacio. Tutte queste frustrazioni assieme a ciò che accadde l'ottavo giorno della mia storia con Rui segnarono la fine del mio bellissimo sogno d'amore. Fu un vero capriccio, a dirla tutta. Una reazione impulsiva frutto di una mente ancora molto infantile. Ogni giorno, io e Rui, avevamo appuntamento davanti i rispettivi schermi e tastiere per parlare, sempre allo stesso orario. Aspettai per ore ma quella sera Rui non si presentò. Il mattino seguente mi spiegò cosa era successo ma nonostante ciò non riuscivo assolutamente a credergli. Troppo accecata dalla rabbia e dalla conseguente volontà di ignorare una spiegazione che, alla fine, era più che valida, lo lasciai. Pentendomene subito dopo....

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