Fiori di vetro

di LatazzadiTea
(/viewuser.php?uid=839055)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lo spettacolo teatrale ***
Capitolo 2: *** L'odio e l'amore. ***
Capitolo 3: *** Fuoco amico ***
Capitolo 4: *** Torta all'ananas ***



Capitolo 1
*** Lo spettacolo teatrale ***








“È questa la locandina dello spettacolo teatrale che si terrà all’accademia la prossima settimana?”, chiese il giovane Lukas Roshan ad una delle sue compagne di classe.

“Non ci posso credere! Breda Azuma e Leon Blanch debutteranno nello spettacolo interpretando, rispettivamente, il ruolo di due principi rivali innamorati della stessa donna di cui si contenderanno il cuore durante una cruenta battaglia, che vedrà la morte, tramite uno stratagemma, di uno dei due per mano dell’altro”, aggiunse Kalarya Berstein, dopo aver letto quelle poche informazioni direttamente dalla locandina in cui erano raffigurati Breda e Leon. Oltre ai nomi di tutti gli attori, riportava anche un breve trafiletto in cui, oltre al titolo “Fiori di vetro” e la trama, si spiegava che l’ambientazione dell’opera nel Giappone feudale fosse stata decisa dal direttore artistico, nonché loro insegnante di teatro,Tadashi Miyazawa.

“Come? Non è possibile, sembra la storia della loro vita. Ma anche nella finzione è assurdo, non trovate?”, rispose Lukas, incredulo.

“Era inevitabile. Quando Breda ha saputo che Leon si era aggiudicato la parte di uno dei due protagonisti, ha voluto a tutti i costi fare il provino. Quel bastardo! Ma non è figlio di un famoso attore di teatro?”, domandò Kalarya.

“Sì, suo padre è un attore, Daigo Azuma!”, gli rispose la giovane Grace Sterne che, essendo un’amica d’infanzia di Breda, ben conosceva la sua famiglia.

“Quei due incoscienti! Cimentarsi in un’opera teatrale con quello che sta accadendo alla nostra flotta dopo gli attacchi dei Secretus…”, ribatté Kalarya, decisamente di malumore.

I tre ragazzi, cadetti dell’accademia militare di New Admiral, avevano assistito impotenti all’attacco alla loro flotta. La Majestic Horizon era una vera e propria comunità fluttuante, che conteneva al suo interno vari ecosistemi, con tanto di mari, laghi, prati e città, per simulare il più possibile la vita che le persone a bordo avrebbero condotto se si fossero trovati ancora sulla Terra. L’attacco da parte di quella misteriosa razza aliena – chiamata proprio per questo Secretus – li aveva gettati nel panico e nella confusione più totale. Oltre al fatto che la semi distruzione della City principale, che ospita circa tre dei sette milioni di coloni in viaggio verso un nuovo pianeta che potesse ospitarli, aveva provocato moltissimi danni e altrettante vittime fra militari, paramilitari e civili sconvolgendo, improvvisamente, la normale vita di tutti, compresa la loro, poco più che adolescenti.

“È per questo motivo che si farà lo spettacolo. I coloni hanno bisogno di poter dimenticare e andare avanti… non possiamo perdere la speranza. Anche se ci troviamo sotto un cielo artificiale alto appena due chilometri e fuori non c'è altro che lo spazio siderale, la Majestic Horizon continuerà la sua missione”, esordì all’improvviso il capitano Varkas Plant. L’uomo, che non aveva ancora trent’anni, era già un veterano di guerra. Aveva combattuto contro quegli esseri che avevano pesantemente bombardato la terra undici anni prima, riuscendo a respingerli fino alla partenza di quasi tutte le flotte di colonizzazione pronte al via per il centro dell’universo, garantendo così la sopravvivenza della sua specie. Era uno dei pochi insegnanti che, per quel motivo, quei ragazzi ammiravano davvero. La nuova generazione di soldati che si sarebbe diplomata avrebbe scelto se entrare in qualità di piloti di Mech o di aerei ad assetto variabile – detti anche Specter – nell’esercito regolare, o in quello paramilitare presente sulla Horizon, con la sigla MMS. La Military Mechanic Society appartenente, appunto, ad una società privata, disponeva di modelli più nuovi e di armamenti più avveniristici. Entrarvi era una vera fortuna, se si aveva il coraggio e il talento necessari, e sia Breda che Leon ne avevano da vendere.

“Eh? Ci sarà anche la televisione?”, esclamò la povera Grace, scandalizzata. “Esatto! Lo spettacolo verrà trasmesso su tutte le Isole della flotta. Vedrete, faremo sognare tutti! Un giovane amore, un epico scontro e una romantica e tragica fine!”, ebbe il coraggio di rispondere Varkas.

“Sai, credo che il capitano si sia bevuto il cervello…”, sussurrò Lukas a Kalarya.

Il ragazzo, che se la rideva sotto i baffi pensando di non essere visto, ricevette una bella lavata di capo quando Varkas lo prese per un orecchio, trascinandolo in classe con forza.

“Avanti, fannulloni, è ora d’iniziare le lezioni… compreso tu, Lukas Roshan! Anche se sei un figlio di papà, non credere che ti faremo concessioni!”, gli gridò l'uomo, che invece aveva sentito benissimo le parole del giovane cadetto.

Intanto, non molto lontano dalla terrazza dell’edificio scolastico, Leon e Breda erano ancora impegnati nelle prove teatrali. Grazie alle nuove tecnologie olografiche, i programmatori della Horizon erano riusciti a ricreare perfettamente le romantiche ambientazioni feudali; erano talmente credibili che i due giovani, per un momento, pensarono sul serio di trovarsi nei favolosi giardini imperiali dell’epoca Edo.

“Si può sapere che diavolo hai da guardare?”, domandò Breda a Leon. Il ragazzo si era perso a fissarlo, affascinato dall’incredibile bellezza del giovane nei panni del principe Toyotomi, e si era lasciato trasportare, perdendo totalmente il contatto con la realtà.

“Hai finito di provare la tua parte, Leon? Leon!”

“Ehm… sì, certo, mi scusi signor Miyazawa!”, esordì poi lui, come risvegliatosi da un sogno. I due giovani cadetti se ne stavano ancora l’uno accanto all’altro.

Leon, in piedi vicino al suo compagno – il quale era intento a suonare realmente la cetra –, indossava il suo elegante e raffinato kimono, con le braccia conserte e la spada a tracolla; aveva l’aria assorta, mentre una brezza leggera gli accarezzava il viso e i capelli corvini, legati in una coda alta dietro la testa. Breda, invece, altrettanto elegante nel suo suggestivo abito di scena olografico, aveva sciolto i lunghissimi capelli sulle spalle. Era seduto e intonava con il suo strumento una struggente e malinconica melodia. Come trasportate dal vento, le delicate note si espansero nel teatro e, per un istante, tutti si fermarono ad ammirare i due ragazzi a bocca aperta.

“Esattamente come li ho immaginati… magnifici!”, mormorò il vecchio attore, ancora rapito dall’intero quadro che era riuscito a creare.

Più tardi, dopo la scuola, i ragazzi decisero di ritrovarsi nel quartiere commerciale della City per discutere degli avvenimenti accaduti quel giorno.

“Breda! Siamo qui… che ne dici, andiamo a farci un giretto?”, Lukas e gli altri avevano da poco finito le lezioni, mancavano solo quattro mesi al diploma e già alcuni di loro avevano ricevuto proposte d’ingaggio, sia da parte dell’esercito delle nuove nazioni unite, sia dalle varie società private paramilitari, fra cui la più prestigiosa, la MMS.

“Leon ha già ricevuto una lettera e anche Breda e Kalarya, che fortuna!”, disse Lukas, un po’ affranto.

“Non ti lamentare, sciocco, avrai sicuramente un posto anche tu. Sei uno dei migliori del nostro corso e, se proprio non dovesse andare, potrai sempre fare carriera come ingegnere nell’azienda dei tuoi genitori”, replicò Grace che, in fondo, ci sperava.

Erano usciti tutti insieme, nonostante fra Leon, Breda e Kalarya non scorresse buon sangue da un po’. Breda Azuma era sempre stato invidiato da molte persone, non solo perché era un bellissimo ragazzo, ma sopratutto a causa del fatto che il padre fosse un ricco e famoso attore di teatro. Così, molti avevano creduto che il suo successo, in parecchi casi, fosse dovuto semplicemente a quello e non ad un suo reale talento. Il primo sostenitore di quella teoria era stato Kalarya, ed essendo il più caro amico di Leon, con le sue chiacchiere insensate aveva finito per influenzarlo, portandolo a pensare la stessa cosa. Leon si era sempre sentito inferiore a Breda, sin dal primo giorno che il ragazzo, poco più che tredicenne, aveva messo piede all’accademia militare. Per quanto si fosse sforzato, in quegli anni non era mai stato capace di eguagliarlo o di tenergli testa. Aveva sempre dovuto faticare molto e più di lui per raggiungere gli stessi risultati, mentre per Breda tutto era stato semplice e naturale. Per lui arrivare a quegli stessi obbiettivi era un gioco da ragazzi e a volte, per quel motivo, aveva realmente sentito di odiarlo.

Fare il pilota era sempre stato il suo sogno, mentre per Breda non era stato altro che un capriccio. Si era arruolato solo per fare un dispetto al suo importante genitore con cui, dopo la morte della madre, ormai non andava più d’accordo. E questo lo aveva sempre mandato in bestia. Al pensiero che nulla per lui contasse e che ai suoi occhi non fosse altro che un gioco, si sentiva pervadere da una rabbia profonda, talmente intensa da spaventarlo, oltre al fatto che, in più di un occasione, aveva realmente desiderato che scomparisse totalmente dalla sua vita.

“Leon diventerà quasi sicuramente capo squadriglia e gli verrà assegnato un VF-24 Specter o un Mech corazzato di prima classe, ne sono certo!”, disse poi Kalarya, senza nascondere il proprio entusiasmo all’idea di volare al fianco dell’amico di sempre.

“E cosa te lo fa pensare? Durante le simulazioni dell’ultimo mese, Leon è stato abbattuto ben quattro volte. È ancora troppo inesperto, indeciso e decisamente poco reattivo. In uno scontro reale avrebbe poche chance di sopravvivenza, soprattutto nel caso ci attaccassero i Secretus!”, replicò Breda.

“Stai insinuando che Leon non è all’altezza di diventare un pilota e che sarebbe un pericolo per se stesso e per gli altri solo perché lo dici tu?”, ribatté violentemente Kalarya, prendendo il giovane per il bavero della giacca.

“Sto dicendo che al suo posto sarei più prudente e che al tuo mi farei meno seghe mentali! La troppa sicurezza uccide là fuori, idiota!”, gli rispose Breda, con veemenza. Aveva alzato il tono di voce, cosa che non faceva mai, e Leon, seppur molto irritato dalla piega sgradevole che avevano preso le cose, ne rimase colpito.

“Se ti stai preoccupando per me, sprechi il tuo tempo. So badare a me stesso. Inoltre, non sono così incosciente. E poi, non credo che alla MMS si promuovano così in fretta persone incapaci di pilotare coscienziosamente mezzi così potenti e costosi”, disse Leon, cercando di calmare Breda e Kalarya.

“Non me ne frega niente di te. Pensavo solo a quei poveri disgraziati che sfortunatamente si troveranno sotto il tuo comando!”, rispose di getto il giovane, con il risultato di beccarsi un pugno da Kalarya, che lo colpì tanto forte da fargli sputare sangue.

“Tu, maledetto vigliacco! Come ti permetti di dire una cosa simile a Leon? Non t’importa se gli succede qualcosa?”, aggiunse il ragazzo in collera.

“Breda, ma che dici?”, persino Lukas, da sempre dalla sua parte, ebbe difficoltà a comprendere il motivo di tanta durezza da parte del giovane compagno di scuola.

“Breda ha ragione. In questo momento non sarei in grado di pilotare niente di così sofisticato e all’avanguardia senza la necessaria esperienza. Ora, però, andiamo… accompagnami, Kalarya, sono stanco. Scusatemi, ragazzi, ma non sono dell’umore giusto per continuare a divertirmi stasera”, Leon, serio e pensieroso, seguito da Kalarya, lasciò il gruppo per tornare all’accademia.

“Breda… STUPIDO!”, gli aveva urlato contro Lukas, profondamente deluso.

Solo Grace sembrava aver compreso il cuore dell’amico; era l'unica che lo aveva difeso e che lo aveva aiutato a rialzarsi da terra.

“Possibile che non capiate? Incoraggiare Leon ad andare oltre le sue reali potenzialità e mandarlo allo sbaraglio nella convinzione di poter fare qualsiasi cosa, equivarrebbe sul serio ad ucciderlo. A Breda importa di Leon, più che a chiunque altro di voi!”, gli rispose la ragazza.

Breda abbassò lo sguardo e lasciò che Grace gli asciugasse il sangue che non smetteva di sgorgare dalla ferita aperta che aveva sul labbro, mentre Lukas cercava di dare un senso alle ultime parole della sua fidanzata. Si rese conto che effettivamente Grace aveva ragione, e per una serie di motivi che, prima di allora, a causa della sua ottusità, non aveva considerato.

“Tieni, Grace, va’ a prenderci un gelato. Breda ha bisogno di mangiare qualcosa di freddo, altrimenti domani avrà la faccia gonfia come un pallone e non potrà recitare”, disse Lukas all’improvviso.

“Di solito non ti scaldi tanto. Sei sempre così apatico e distaccato, come… come se non t’importasse di nulla e di nessuno. Perciò, se te la sei presa così tanto, vuol dire che in effetti Grace ha colto nel segno. Leon è davvero importante per te, giusto?”

“E perché non dovrebbe esserlo? Tutti siete importanti per me, compresa quella testa calda di Kalarya, anche se è evidente che lui mi odia.”, gli rispose Breda.

“Ecco… non è esattamente questo che intendevo. Breda, per caso tu… tu sei innamorato di Leon?”, l’espressione sul volto di Lukas era talmente seria che il ragazzo la trovò davvero buffa e, dopo un breve silenzio, anziché rispondere, rise.

Leon si era alzato di malumore, quel giorno. Aveva dormito poco e male durante la notte, ed ancora si chiedeva perché Breda avesse reagito in quel modo. Era sconcertato e non riusciva a capire. Aveva sempre saputo di non essere alla sua altezza, ma non poteva accettare di essere considerato un completo fallimento. Si diresse verso il teatro; la prima dello spettacolo era prevista per quel fine settimana e, quando lo vide, si sentì nuovamente fremere di rabbia. Cos’era quel sentimento che gli inondava l’anima fino al punto di dargli quasi l’impressione di annegare quando gli era accanto? E perché si sentiva così vulnerabile e afflitto? Prese il copione e salì a sua volta sul palco.

Il suo rivale di sempre era lì, pronto a sfidarlo ancora una volta.

“Sul serio? E lui cos’ha risposto?”, volle sapere Grace.

“Si è messo a ridere. Non ha ammesso, ma nemmeno negato. Non lo trovi strano?”, le domandò a sua volta Lukas, pensando che una ragazza meglio s’intendesse di questioni di cuore.

“Beh, personalmente non ho mai visto nessun tipo di comportamento che potesse presumere un’eventualità simile… però, se qualcuno insinuasse una cosa come quella, nel mio caso smentirei immediatamente”, rispose la ragazza, finendo di consumare il suo pasto.

La mensa, a quell’ora, era poco affollata e i due ragazzi notarono subito Kalarya seduto da solo ad un tavolo. Non si era unito a loro come faceva sempre. Il litigio con Breda avvenuto la sera precedente doveva averlo scosso. Anche lui sembrava essere tormentato da molti pensieri, in quel periodo. Kalarya era sempre stato piuttosto irruento, si scaldava facilmente e spesso veniva alle mani, nonostante fosse stato ripreso molte volte – rischiando l’espulsione – a causa del suo caratterino. Ma sia lei che Lukas sapevano che, in fondo, non era un cattivo ragazzo. Sin dal primo anno d’accademia aveva legato subito con loro e Breda, ma soprattutto con Leon, con cui divideva da sempre la stanza, ed era più che comprensibile che si fosse arrabbiato tanto. Ma era evidente che, anche nel suo caso, ci fosse qualcos’altro sotto.

“Ti si è gonfiato il labbro”, constatò Leon nel guardarlo più attentamente.

Avevano faticato a rivolgersi la parola per tutto il giorno; non aveva sferrato lui quel pugno, ma gli sembrava come se fosse stato lui a colpire Breda, iniziando a sentirsi profondamente in colpa.

“È solo un graffio. Kalarya si batte come un ragazzina delle medie, col trucco non si vedrà niente!”, gli rispose il ragazzo.

L’altro si limitò ad annuire, continuando a ripetere la sua parte sperando di non sbagliare nemmeno una battuta. Non poteva permettersi di fare una figuraccia, anche se già sapeva che Breda, in quanto figlio di un attore e con qualche anno d’esperienza in quel campo, lo avrebbe quasi certamente surclassato. Nel pomeriggio si misero a provare la scena del combattimento e, subito dopo, quella dell’addio della principessa al suo amato e le cose, inaspettatamente, presero un direzione diversa da quella prevista. Nella scena finale, il principe Hirokawa/Leon, moriva per mano di Toyotomi/Breda il quale, però, non l’aveva sconfitto lealmente. Infatti, durante lo scontro, una freccia avvelenata, scoccata dallo stesso Toyotomi, aveva colpito alle spalle il rivale, indebolendone le forze.

Sul palco, Hirokawa, sanguinante, sconfitto e prossimo alla morte, veniva delicatamente accompagnato verso il trapasso dal dolce bacio d’addio della sua amata, la principessa Sakuko, interpretata da una Idol esordiente che però, a causa di un imprevisto, quel giorno non si era presentata.

“La sostituta?”, volle sapere il direttore artistico, fra la confusione generale.

“Non c'è nemmeno lei!”, gli rispose una delle sue assistenti, scusandosi per l’imprevisto.

“Non importa. Breda, al trucco! Interpreterai tu Sakuko. Sbrigatevi, che non ho tutto il giorno!”, replicò Miyazawa.

I due giovani si guardarono per un breve istante e Leon iniziò a sudare freddo.

“Ecco, è davvero necessario? Insomma, dovrò baciarlo e non credo che…”, sbottò il ragazzo, profondamente turbato.

“Signor Blanch, è una recita, una mera finzione. Cos’è che non le è chiaro?”, gli chiese l’uomo, ancora seccato per via di quell’impaccio.

“Non mi è chiaro come… come Breda possa essere credibile nei panni di una donna così bella e delicata come la principessa Sakuko”, ribatté il giovane, che però, nel vederlo uscire da dietro le quinte truccato e vestito di tutto punto, rimase senza parole per la sorpresa.

“Esattamente come pensavo, una visione!”, esclamò poi l’uomo, senza dare la minima attenzione al povero Leon, che era rimasto impietrito e senza fiato di fronte a tanta bellezza.

“Bre… Breda?”, balbettò, rosso come un papavero.

Mentre l’altro gli si avvicinava, ebbe appena il tempo di realizzare che il signor Miyazawa aveva dato il via alla scena, ritrovandosi come da copione a terra e fra le sue braccia. L’illusione era a dir poco perfetta e, a parte il momento in cui Breda premette le labbra sulle sue facendogli scoppiare il cuore nel petto, tutto andò liscio. Così, come da programma, alla fine delle prove si decise di festeggiare.

“Ti è piaciuto?”, volle sapere Breda dopo averlo raggiunto nel suo camerino.

“Va’ al diavolo, certo che no!”, gli aveva malamente risposto Leon, ancora impegnato a pulirsi la faccia.

“Spero che diventerai un buon pilota, Leon, perché come attore fai schifo!”, replicò il ragazzo, rincarando la dose.

“Non solo sarò un buon pilota, sarò il miglior pilota che si sia mai visto sulla Horizon. Tu, invece, dovresti lasciar perdere la carriera militare, principessina!”, aveva replicato Leon, senza il minimo cenno di fastidio.

“Ti piacerebbe, eh? Senza il sottoscritto, finalmente qualcuno si accorgerebbe di te. Sono la prova vivente del tuo fallimento, mio caro!”, aggiunse il giovane. Breda stava cercando di attaccare briga, lo stava provocando di proposito e questo, anziché farlo arrabbiare, lo fece impensierire.

“Ti sbagli, principessa! Vedi, la verità è che non sono altro che la prova vivente della tua inappropriata ed inutile arroganza!”, rispose semplicemente Leon.

“La parte della vittima non ti si addice affatto! Non fai altro che piagnucolare a causa dei tuoi errori e gettarne la responsabilità sugli altri. Sei solo un vigliacco, Leon!”, sbottò Breda, scolandosi l’ennesima lattina di birra.

Leon si alzò in piedi di scatto spingendolo con forza contro la porta del camerino. Aveva cercato in tutti i modi di pazientare, ma ora non ne poteva più della sua boriosa strafottenza.

“Si può sapere che ti prende? Cosa vuoi da me, Breda? Perché non mi lasci in pace?”, gli domandò al colmo della sopportazione.

“Voglio che ti svegli! La colpa dei tuoi fallimenti è solo tua! Smettila di piangerti addosso e datti una mossa, o la tua insicurezza finirà per ucciderti, Leon!”, gli rispose Breda, con le lacrime agli occhi.

Leon lo lasciò andare subito. Cos’era che non capiva? Perché se ne stava davanti a lui senza dire una parola, indifeso e tremante come un pulcino bagnato? E perché piangeva, perché?

Poi, un pensiero assurdo gli sfiorò la mente: possibile che Breda... che lui...






Beta Reading a cura di Kikiechelon92

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** L'odio e l'amore. ***





Non riuscì a reagire di fronte a quella reazione. Era rimasto talmente confuso e spiazzato che, quando il ragazzo lasciò la piccola stanza, non ebbe la forza di fermarlo.

“Il cuore di un uomo innamorato può essere fragile come un fiore di vetro…”, disse Leon, ripetendo una delle battute che più amava. Aveva cercato aiuto e consiglio nell’unica persona in grado di poterglielo dare. Il professor Plant, che era rimasto in silenzio per quasi tutto il tempo ad ascoltare le sue ragioni e gli avvenimenti che in quelle ultime settimane, dopo l’attacco dei Secretus, avevano riguardato lui e Breda.

“Sai perché ha lasciato la sua casa per fare il pilota?”, gli chiese Varkas.

“No. Ad essere sincero, non so quasi niente di lui”, gli rispose il giovane.

“Breda aveva un fratello maggiore, Ravin Azuma. Penso che abbia deciso di calcare le sue orme per vendicarlo. Fu uno dei primi piloti di Specter ad avere a che fare con i Secretus e fu abbattuto nonostante fosse uno dei migliori che avessi mai conosciuto. Morì pochi giorni dopo a causa delle gravi ferite riportate”, gli spiegò l'uomo.

“Non lo sapevo… io non…”, Leon era sinceramente addolorato per Breda e forse cominciava a capire cosa lo avesse fatto impazzire in quell’ultimo periodo.

“La madre di Breda cadde in una profonda depressione e suo padre impedì al figlio di far visita al fratello maggiore per tutto il periodo in cui rimase in ospedale. Lo stesso Breda, nonostante avesse solo sei anni, rimase profondamente segnato dalla perdita di Ravin. L’attacco dei Secretus di qualche settimana fa, deve aver risvegliato in lui spiacevoli ricordi”, aggiunse il professore.

“Così, lei sta dicendo che Breda ci considera davvero come membri della sua famiglia? Ecco perché, dopo l’attacco dei Secretus alla nostra flotta, è andato fuori di testa! Quell’idiota... ma perché non ce l’ha detto?”, gli chiese Leon.

“Breda è sempre stato un bambino introverso, timido e molto riservato. Inoltre, dopo la morte di sua madre che adorava, ha chiuso tutti i ponti con la sua famiglia d’origine. È comprensibile che abbia riversato tutto il suo affetto su di voi e in particolare su di te, Leon”, il discorso del professor Plant era del tutto plausibile; quindi, il pensiero che Breda potesse provare per lui un sentimento diverso, era sbagliato? O magari, in realtà, quella era una delle tante ragioni che lo avevano spinto a tacere?

La notizia fece in fretta il giro della City. Lo spettacolo, filmato in teatro dalla televisione locale, presto sarebbe diventato un film. Proiettato in tutte le sale cinematografiche delle varie City presenti sulla Horizon, “Fiori di vetro”, in qualità di prima pellicola girata su una flotta di colonizzazione spaziale, sarebbe diventato un inno di speranza per tutti i suoi abitanti. Quando arrivò il momento, tutti gli attori furono invitati per la prima. Solo i due protagonisti si accorsero che la scena finale del film era, in realtà, quella in cui Breda e Leon si erano baciati. Leon se ne andò per primo, seguito come un’ombra da Kalarya che non poteva immaginare il motivo di tanto malumore. Nel rivedere quella scena, Leon aveva provato la stessa intensa emozione: se avesse potuto sprofondare, l’avrebbe fatto.

“Leon! Leon, aspetta…”, la voce di Breda lo raggiunse come un pugno allo stomaco e la reazione fu inaspettatamente violenta.

“Va’ al diavolo, fottuto bastardo! Lo sapevi? Dimmi, tu lo sapevi?”, gli domandò in collera il ragazzo, ancora profondamente turbato.

“No, non lo sapevo. Ma puoi stare tranquillo, nessuno se n’è accorto, Leon, nessuno!”, Breda, malgrado tutto, non capiva; era una commedia e il bacio che si erano scambiati era stato del tutto innocente.

Quell’inconsulta reazione gli fu del tutto incomprensibile.

“Di cosa state parlando? Si può sapere che succede?”, volle sapere Kalarya, del tutto spiazzato.

“Leon, ti prego, calmati! Non c’è nessuna ragione di fare così”, replicò Breda, cercando di chiarire in qualche modo, ma Kalarya ne approfittò per intromettersi nuovamente fra loro. Benché non conoscesse la reale ragione di quel diverbio, non perse tempo e colpì nuovamente Breda al volto, facendogli davvero molto male.

“Non fai altro che creare problemi! Stai lontano da Leon, o la prossima volta andrà molto peggio!”, lo minacciò l’altro e, dal tono usato, Breda, mentre perdeva i sensi, capì che Kalarya non scherzava.

“Sei patetico!”, sbottò poi. Leon lo aveva aiutato ad arrivare all’accademia di nascosto e, subito dopo aver raccontato una balla delle sue per coprire Kalarya, si era ritrovato in infermeria ad osservare in ansia il giovane amico. Breda aveva il viso tumefatto e talmente gonfio da essere quasi irriconoscibile. Si era nervosamente appoggiato allo stipite della porta aspettando notizie sulle sue condizioni, mentre Kalarya, dopo quell’ennesima bravata, si era dileguato e nessuno sapeva dove fosse finito.

“Devi dire al tuo ‘fidanzato’ di darsi una calmata. Non ho reagito, ma la prossima volta lo massacro di botte anch’io!”. aggiunse il giovane.

“Non è il mio ragazzo, smettila di dire stronzate!”, replicò Leon con gli occhi bassi e lucidi.

“E lui lo sa?”, chiese sarcastico l’altro, mentre la dottoressa gli metteva un paio di punti al sopracciglio.

La dottoressa si era poi allontanata per scrivere il suo rapporto medico e dare a Breda qualche giorno di riposo. Leon ne approfittò subito per capire meglio quali fossero le sue reali intenzioni.

“Smettila, ti ho detto! Lo denuncerai?”, gli domandò Leon.

“No, verrebbe espulso questa volta. Vai a cercarlo e impediscigli di fare un’altra cazzata delle sue!”, ribatté Breda, sforzandosi di non alzare troppo la voce.

“Un paio di giorni di riposo e sarà come nuovo. Devo fare rapporto, ragazzi, lo sapete, vero? Confermate la versione che mi avete dato?”, volle sapere la dottoressa.

“Sì, signora, confermiamo”, le rispose Breda, alzandosi dolorante dal lettino. Leon, invece, non disse nulla.

Era intervenuto impedendo che succedesse il peggio, ma si sentiva ugualmente molto in colpa. Sentiva di aver tradito l’affetto sincero che Breda aveva sempre nutrito per quelli che, fino a poco tempo prima, erano stati i suoi più cari amici, oltre ad aver gettato su di lui la sua insicurezza e tutte le sue frustrazioni. Ora gli era chiaro: era lui a provare per l’altro un sentimento più profondo, qualcosa che andava al di là dell’amicizia e questa verità, soprattutto per il suo bene, lo spinse ad allontanarsi sempre più da lui.

Qualche tempo dopo, al quartier generale delle nuove nazioni unite, si discuteva ancora dell'attacco alieno e di come avessero fatto i Secretus ad intercettare la flotta dopo undici anni di viaggio nello spazio più profondo.

“Segnali, signori. Emettiamo frequenze radio e segnali video di ogni tipo e, per quanto possa sembrare assurdo, i Secretus potrebbero essere in grado di sentirci. In qualche modo, sono attirati da noi. Sappiamo con certezza che, dopo la partenza delle flotte di colonizzazione, gli alieni hanno smesso di attaccare la Terra… vorrà pur dire qualcosa”, disse Lamya Roshan, figlia del magnate delle industrie Roshan e sorella maggiore di Lukas.

“La teoria più accreditata dall’Intelligence del presidente Han è che proprio le onde emesse dal reattore Stellarathor W7-X, la principale fonte d’energia di tutte le nostre astronavi e delle Isole fluttuanti, potrebbero aver attirato su di noi la loro attenzione. Si tenga conto che le prime onde di piega interdimensionale, intercettate nel nostro sistema solare, sono molto simili a quelle prodotte dal nostro reattore e riportano questa data”, lo scienziato, che aveva così chiaramente spiegato i fatti, aveva parlato per quasi un’ora ininterrotta e Lukas, in attesa della sorella, iniziava a non poterne più di aspettare.

“Non credevo che mi avrebbero permesso di assistere”, esordì Lukas, ancora sconvolto da quelle scioccanti supposizioni.

“Perché no? In fondo, nostro padre ha progettato la Horizon e tutte le altre flotte di colonizzazione. Inoltre, siamo stati noi a realizzare tutti i sistemi di sicurezza e comunicazione a bordo. Se è come penso, quegli esseri non ci lasceranno mai in pace e vorrei tanto sapere perché. Cosa li spinge? Ci considerano una minaccia per la loro esistenza? Cosa significa quel segnale per loro?”, tutte domande legittime a cui forse nessuno avrebbe mai potuto rispondere, pensò Lukas.

“Ma torniamo a noi, fratellino: di cosa avevi bisogno?”, gli chiese finalmente la donna.

“Uno dei miei più cari amici è stato rifiutato dalla MMS nonostante avesse già ricevuto una lettera d’ingaggio. Inoltre, è uscito dall’accademia col massimo dei voti e senza mai commettere nessun errore. I suoi test, i parametri, le ore di volo, sia teoriche che effettive sui prototipi di prova, tutto è a dir poco strabiliante, eppure…”, Lukas sembrava profondamente amareggiato e Lamya diede per curiosità uno sguardo alle motivazioni del rifiuto.

“Non ha passato i test attitudinali e psicologici, aspetta un attimo! Ma questo non è uno degli attori di quel film?”, gli chiese la sorella.

“Sì, è lui, Breda Azuma”, le confermò il giovane.

“Non è possibile, questo ragazzo è un fenomeno! Se mi fai avere un autografo, vedrò cosa posso fare!”, gli rispose Lamya, sorridendo.

Lukas, rincuorato e speranzoso, aveva voluto vedere Leon che, essendo invece stato assunto, non aveva più molto tempo da dedicare agli amici di un tempo.

“Hai buone notizie?”, volle sapere il ragazzo.

“Sì, mia sorella è molto influente. Inoltre, il suo fidanzato è il comandante della UC-S Monitor, che ha un contratto di esclusiva con la MMS. Conterà qualcosa, non credi?”, gli rispose Lukas. Leon, però, sembrava non essere molto d’accordo con lui. Kalarya continuava ad impensierirlo: in quel periodo si era ancora più allontanato e chiuso in se stesso ed era diventato più difficile capire cosa provasse.

“Potrebbe essere inutile, non pensi? Breda è felice così com’è adesso, senza nessuno che lo insulti o lo minacci costantemente al suo posto, non desidererei nient’altro!”, aggiunse Lukas e, in effetti, era così.

“Lo spero… questa volta Kalarya ha toccato il fondo! Servirsi delle sue conoscenze per boicottarlo così, è una cosa imperdonabile!”, replicò Leon, convinto che l’amico c’entrasse qualcosa col rifiuto di Breda da parte della società paramilitare in cui avevano sempre sognato di entrare.

Erano passati tre mesi dal diploma e tutti, compresi Kalarya e Grace, erano diventati piloti della MMS. Tutti tranne Breda che, invece, era entrato nell’esercito regolare col grado di sottotenente. In meno di tre settimane, però, era stato avanzato di grado e messo al comando di una squadriglia, la Scorpion Red. Inoltre, la sua era l’unica unità Specter che fosse mai stata rielaborata. L’aveva configurata personalmente, ne aveva ridisegnato l’assetto e aumentato le prestazioni e, in virtù delle sue eccezionali doti di pilota, era stato rinominano ‘Starbright’, chiarore delle stelle.

“Capo Rosso, ti stai allontanando troppo. Non fare sciocchezze!”, disse una delle operatrici dal ponte di comando del quartier generale.

“Sissignora!”, rispose prontamente Breda.

Come ogni giorno, avevano effettuato voli di ricognizione e controllo intorno all’isola principale della flotta e, come sempre, tutto gli sembrò in perfette condizioni. Dall’ultimo attacco erano passati sette mesi e dei Secretus non si era saputo più nulla. Tuttavia, le teorie della sorella di Lukas e degli scienziati che lavoravano al reattore, erano sempre più accreditate da tutti, tanto da far salire il grado di attenzione da quattro a due. In ogni istante, gli alieni avrebbero potuto attaccare la flotta: dovevano essere pronti a respingerli senza esitare, non potevano più permettersi di essere colti di sorpresa.

“Sai, ultimamente non mi sembri molto entusiasta…”, constatò Lukas.

“Faccio solo quello che devo fare”, rispose Breda, intento a preparare il caffè.

“Ho parlato con Lamya, vuole un tuo autografo!”, disse poi il ragazzo, sospirando profondamente. “Un mio cosa? Non saresti dovuto andare da lei. Coma sta Leon? L’hai visto?”, gli chiese, cercando di proposito di cambiare argomento.

“Glielo potrai chiedere di persona: è qui sotto. Ho visto la sua moto… credo che stia aspettando al bar all’angolo”, gli rispose Lukas, mentre trafficava col cellulare e, poco dopo, qualcuno suonò al campanello.

“Ti avevo chiesto di non dargli il mio indirizzo!”, sbottò Breda che però, al contrario, sembrava essere felice di rivedere l’amico dopo tutti quei mesi di separazione.

Prima che Lukas uscisse, Breda staccò la locandina del film che aveva appeso ad una delle pareti del suo piccolo appartamento e lo firmò per Lamya. Non era mai riuscito a sbarazzarsene perché, di tanto in tanto, poteva nuovamente vedere il volto della persona che tanto aveva amato e che ancora, nonostante tutto, amava.

“Devo andare, domani ho un impegno importantissimo. Ciao, ragazzi! Ah, Breda: se ho buone notizie, ti mando una mail”, gli rispose Lukas, imbarazzato ed eccitato come un bambino delle elementari.
Quando Leon entrò e la porta d’ingresso si richiuse alle sue spalle, però, cadde un pesante ed inesorabilmente silenzio.

“Vuoi un po’ di caffè?”, gli domandò Breda, cercando di evitare di guardarlo direttamente negli occhi.

“Sì, grazie!” Si sedettero sul divano a bere la forte bevanda, immobili come pezzi di legno.

“Dicono meraviglie su di te… l’asso del cielo! Com’è il nomignolo che ti hanno affibbiato? ‘Starbright’, giusto? Non mi sorprende, sapevo che avresti fatto meraviglie su uno di quei gioiellini”, disse poi Leon, rompendo finalmente il ghiaccio.

“I nostri Specter sono pezzi d’antiquariato rispetto ai vostri… il mio è solo un modello sperimentale, ma non mi lamento!”, era normale parlare di aerei; erano nati per quello, per volare. Anche se, tecnicamente nello spazio, si navigava.

“Hai intenzione di tenere quella tazza in mano in eterno?”, gli chiese poi Breda, che gliela prese dalle mani.

Senza aspettarsi la conseguenza che derivò dall’improvviso contatto con la sua mano, la razionalità e il buon senso che lo avevano sempre guidato improvvisamente scomparvero, e il sangue iniziò a pulsare più forte nelle vene.

“Breda? Che ti prende, stai male?”, Leon lo aveva afferrato istintivamente per un polso e, nel vederlo barcollare, lo sorresse di peso col proprio corpo.

“Hai le pulsazioni un po’ accelerate e stai sudando, forse è meglio che ti siedi”, all’improvviso gli era colto il panico; Leon sentì che se non si fosse staccato da lui avrebbe perso il controllo e, quando arrivò il momento di lasciarlo andare, non ci riuscì affatto.

“Sto bene, davvero. Puoi lasciarmi. Tutto questo non è necessario, Leon. Leon, che stai facendo?”, ribatté il giovane, cercando di divincolarsi, di staccarsi dall’amico col timore che potesse capire o anche solo intuire cosa stesse provando in quel momento.

Leon, invece, lo teneva con forza asserragliato nel suo abbraccio senza dire una parola: non poteva più scappare da se stesso e da ciò che sentiva per lui.

“Non posso… non voglio lasciarti. Magari mi odierai dopo, o mi ricoprirai d’insulti, ma non m’importa, Breda…”, gli sentì mormorare.

“Dopo cosa, Leon?”, gli domandò Breda, con gli occhi sbarrati e pieni di lacrime.

La risposta fu un bacio. Leon lo stava baciando e lui lo corrispondeva. Non aveva mai trovato il coraggio di confessargli i suoi sentimenti e mai lo avrebbe fatto, se Leon non avesse preso l’iniziativa. Quando, ancora senza fiato, si staccarono l’uno dall’altro per guardarsi finalmente negli occhi, rendendosi improvvisamente conto che quello che stavano vivendo era reale, Breda colse nuovamente nello sguardo dell’amico la confusione e i dubbi che lo avevano sempre frenato. Così non gli diede il tempo di ripensarci.

“Resta… puoi restare?”, quella domanda nascondeva una proposta insperata e piena di promesse.

“Intendi dire che vuoi che resti qui anche stanotte?”

“Sì, anche stanotte”, gli rispose Breda.

Non c’era più stato bisogno di parlare. Ora esistevano solo ed esclusivamente loro, sebbene la questione di Kalarya rimanesse aperta. Breda si era sempre domandato il motivo dell’improvviso odio del giovane verso di lui. Inizialmente, aveva persino pensato che fra i due ragazzi potesse esserci una relazione e che l’amico avesse iniziato a vederlo come una minaccia, ma ora aveva la certezza che il sentimento che aveva spinto Kalarya all’odio non aveva niente a che fare con l’amore per Leon, o almeno così credeva.

“Odio? Lui non ti odia affatto, Breda”, affermò con convinzione Leon.

“E cosa pensi che provi, invece?”, gli chiese l’altro, col volto ancora arrossato e gli occhi lucidi.

“Senso d’inferiorità, gelosia, invidia… più o meno le stesse cose che ho provato io quando mi sono reso conto che ci avresti surclassato entrambi. Con la sola differenza che, nel mio caso, l’ho accettato. Me ne sono fatto una ragione e devo dire che d’allora non ho pensato ad altro che a te e a come trovare il coraggio di dirtelo…”, rispose Leon, passandogli un pollice sulle labbra appena dischiuse.

“Per quanto continui a pensarci, io… non riesco comunque a capire. Non ho mai fatto nulla per farvi sentire inferiori e non ho mai pensato o detto nulla di simile. Voi siete i migliori piloti che io abbia mai incontrato!”, rispose Breda, con tutta la sincerità possibile.

"Lo so, e non incolpo te. Siamo stati solo due stupidi, io e lui soprattutto. Non potevamo capire che tutte le tue critiche o le tue osservazioni sui nostri sbagli non erano altro che il tuo modo di dirci ‘vi voglio bene, ragazzi, e non voglio perdervi’!”, replicò Leon con dolcezza.

Anche l’espressione di Breda si addolcì. Finalmente qualcun altro riusciva a comprendere i suoi reali sentimenti anche se, crescendo, si era reso conto che, per quanto si fosse sforzato, niente gli avrebbe impedito di soffrire ancora. Ormai era pacifico; l’umanità era di nuovo in guerra e la morte di alcuni sarebbe stata inevitabile, e accettare la perdita di qualcuno a lui caro e continuare a vivere, era anche un modo per rendere onore a chi aveva sacrificato la vita per un bene superiore, proprio come aveva fatto suo fratello Ravin undici anni prima.
Intanto, dalla strada, qualcuno osservava da lontano le luci spegnersi nel piccolo appartamento. Un’ondata di rabbia lo colse e Kalarya non riuscì più a muovere un muscolo: se ne sarebbe dovuto andare e invece non riusciva a fare un passo. Lo disgustava anche solo l’idea di saperli insieme. Breda non meritava l’affetto del suo più caro amico, lui non meritava proprio niente e, questa volta, non gli avrebbe dato nessuna possibilità di cavarsela. Questa volta, nessuno avrebbe potuto salvarlo.



 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Fuoco amico ***








Il giorno seguente, Lukas, chiamato dalla sorella, aveva raggiunto la sede centrale del governo delle nuove nazioni unite. Lamya non aveva voluto spiegargli niente, ma dal suo tono preoccupato il giovane pilota capì che le notizie che lo attendevano non erano buone.

“Non capisco, cosa vuol dire?”, chiese stupito il ragazzo.

Aveva dato un’occhiata ai documenti che la sorella gli aveva chiesto di visionare e reagì con incredulità. Dopo averli letti li gettò malamente sulla scrivania della sorella, come se quelle informazioni che riguardavano Breda, fossero vere e proprie assurdità.

“So i motivi per cui Breda è stato respinto, Lukas. Undici anni fa, durante l’attacco dei Secretus alla Terra, scomparvero duecentosessantasette bambini di età compresa fra i cinque e gli otto anni: Breda era uno di loro. Suo fratello Ravin morì in seguito ad una missione in cui riuscì a recuperare solo cinquantanove dei piccoli scomparsi, fra cui il suo fratellino”, gli spiegò la donna, ma era ovvio che ci fosse dell’altro.

“E con questo? Breda è stato accettato dall’esercito. Non capisco quale sia la differenza, ma soprattutto quali siano le obiezioni della MMS nell’arruolare gli ex bambini rapiti!”, replicò il ragazzo.

“Tutti i bambini recuperati furono sottoposti a una serie di esami medici e in alcuni di loro furono riscontrate delle piccole incongruenze con i test fatti prima del rapimento. Le cartelle mediche riguardanti Breda… ecco, sono a dir poco inquietanti. Il suo gruppo sanguigno prima che scomparisse era AB negativo, di per sé un gruppo già molto raro, insieme a quello 0. Ora, però, è inclassificabile”, Lamya era molto a disagio; era evidente che stesse per rivelargli un’altra informazione scioccante, un’informazione che avrebbe cambiato per sempre la visione del mondo che conosceva.

“Lukas, il DNA di Breda è stato manipolato. Il governo vietò categoricamente alle corporazioni paramilitari private di avere anche fare con questa faccenda”, Lamya ci aveva messo un po’ a dirlo, poiché anche lei non poteva accettare quella verità, nemmeno di fronte all’evidenza dei fatti.

“Stai dicendo che una parte del suo patrimonio genetico è alieno e che appartiene ai Secretus?”, Lukas non pareva affatto sconvolto a causa del fatto che Breda fosse o meno umano quanto lui, ma dal modo assurdo con cui il governo aveva gestito la situazione.

“Tutte le disposizioni straordinarie adottate per il contenimento decaddero. I bambini, dopo una quarantena durata quattro mesi, non furono più ritenuti un pericolo, né una fonte di contagio. Ventiquattro di loro sono qui, sulla Horizon. Gli altri sono stati divisi fra la Adventure Spaun Odyssey e la Achilles Plus Argonaut”, concluse la donna.

“Lamya… sono informazioni riservate quelle su Breda, vero?”, gli chiese poi il giovane, dopo aver riflettuto a lungo.

“Sì, Lukas. Non dovrai mai dirlo a nessuno. La popolazione non è stata mai messa la corrente, né le stesse famiglie dei bambini rapiti. Ti prego di tenere queste informazioni per te, fratellino”, ci tenne a precisare Lamya.

“Un’ultima cosa: uno dei bambini scomparsi undici anni fa si chiamava Alyssa Berstein?”, chiese Lukas prima di uscire dalla stanza in cui era rimasto a parlare con la sorella per più di un’ora. La donna diede un’occhiata veloce alla lista che aveva in mano e, dopo aver cercato lo sguardo del fratello minore, assentì.

Lukas, ancora sotto shock, aveva poi finito per vagare come un automa per la City fino ad arrivare inconsciamente proprio sotto l’appartamento di Breda. Pensò che, in effetti, ad osservare tutto con occhi diversi, fosse davvero strano trovarsi proprio in quel luogo; eppure era la stessa città di sempre. Le persone vivevano ancora le loro esistenze, anche sotto quel cielo artificiale alto appena duemila metri, come se si trovassero realmente sulla Terra. I clacson delle auto suonavano ancora, famiglie, coppiette e gruppetti di ragazzi e ragazze di tutte le età passeggiavano serenamente per le vie della zona commerciale. I bambini più piccoli, invece, giocavano nei parchi pubblici ben sorvegliati dalle madri che, fra una chiacchiera e l’altra, si godevano il calore di un sole artificiale. La temperatura non scendeva, né si alzava mai oltre i ventotto gradi, dando a tutti gli abitanti di New Admiral la perenne illusione di un’eterna primavera.

Si sedette sul bordo di una fontana ad aspettare e Grace, poco dopo, arrivò con due enormi coni gelato.

“Grazie, è buonissimo!”, il sapore fresco e cremoso del gelato lo fece riavere quasi subito. “Allora? Breda verrà all’MMS con noi? Sono così eccitata all’idea che finalmente saremo di nuovo noi cinque insieme…”, disse Grace, che davvero ci sperava.

“Breda resterà nell’esercito. Gli ho parlato ieri pomeriggio ed è felice così com’è, credimi!”, le rispose il giovane fidanzato. La delusione sul volto della ragazza era palese e purtroppo, anche volendo, non avrebbe potuto darle altre spiegazioni.

“Toh, parli del diavolo, eh? BREDAA!”, urlò Grace, attirando l’attenzione di molte persone. “Ciao, ragazzi!”, rispose il giovane, salutandoli con la mano. Lukas si alzò in piedi di scatto, con la gola secca e il cuore a mille. All’improvviso lo aveva preso una paura folle e, per quanto si sforzasse, non riusciva a smettere di tremare. Fece un passo indietro quando l’amico gli si avvicinò e gli cedettero le ginocchia.

“Lukas, sei pallido… stai male?”, gli chiese premurosamente Grace, aiutandolo a sedersi su una panchina poco distante.

"Dì un po’, che ti prende?”, volle sapere Breda, piuttosto confuso.

“Leon non è ancora arrivato? Siamo in ritardo per il primo spettacolo…”, Lukas cercò di calmarsi: la verità su Breda lo aveva sconvolto più di quanto avesse creduto in un primo momento, ma si fece coraggio e, forte dell’affetto sincero che provava per lui, finalmente sorrise.

“Wow, come sei elegante. Dopo il cinema hai un appuntamento galante, confessa!”, lo incalzò Grace che, dopo aver visto Lukas riprendersi, si dedicò interamente al giovane, bellissimo amico.

“Grace, non impicciarti”, la rimproverò il ragazzo.

“Perché no? Voi siete tutti maschi! In questo gruppo ci vorrebbero un paio di ragazze in più, delle amiche vere con cui condividere tutto. Se quei due caproni di Kalarya e Leon non si sbrigano non li vorrà nessuna, vero Breduccio?”, rispose Grace.

“Ecco… io non…”, balbettò Breda che, preso dall’imbarazzo, non sapeva più che pesci pigliare.

“Ragazzi!”, la voce di Leon richiamò la loro attenzione e Grace lasciò il braccio di Breda per correre dall’altro. Lukas, sebbene un po’ indispettito, aveva notato subito una luce diversa nei loro sguardi quando i due ragazzi s’incontrarono con loro nel parco, e si compiacque. Non sapeva cosa fosse accaduto di preciso in quell’appartamento il giorno prima, ma sembrava proprio che, finalmente, quei due testoni fossero riusciti a chiarirsi.

“Non verrà, vero?”, chiese poi Lukas. “Non chiedermi più di lui. Kalarya, non fa più ufficialmente parte di questo gruppo!”, replicò serio Leon.

Il pomeriggio insieme era passato in fretta e anche se nessuno ne parlava, l’assenza di Kalarya si era fatta sentire tanto più che Lukas, ora, cominciava a capire meglio la ragione dell’astio che il ragazzo aveva iniziato a provare nei confronti di Breda. La sua sorellina era scomparsa undici anni prima, mentre Breda, anch’esso rapito dagli alieni, era invece tornato fra le braccia della sua famiglia e il giovane, da quando aveva appreso quella verità, non era mai riuscito ad accettarlo. Ciò che Lukas si domandava, però, era come avesse fatto Kalarya a sapere di Breda.

Le informazioni sui bambini rapiti era segretate, quindi chi poteva averlo messo al corrente e, soprattutto, perché lo avevano fatto? Era probabile che le straordinarie capacità di Breda non fossero dovute solo al suo innato talento, ma fossero frutto delle manipolazioni genetiche che aveva subìto. Ma per quale ragione i Secretus avevano dovuto dare un vantaggio tattico ad un essere umano, se poi proprio quel vantaggio gli si sarebbe potuto ritorcere contro? Più ci pensava e più tutta quella storia non aveva senso. Era vero, i bambini presi non sarebbero mai dovuti tornare indietro e forse, solo per puro caso, il fratello di Breda era riuscito a salvarne alcuni. Tuttavia, qualcosa non tornava e, per capire meglio, decise di investigare ancora.

“Aumenteranno le ore d’esercitazione… è davvero spossante! Passiamo già più tempo sugli aerei da combattimento che a terra!”, disse Leon, mettendosi comodo sul divano. Breda, che gli sedeva accanto, era chino su se stesso e i capelli bruni e lisci gli ricadevano in avanti, nascondendogli il viso.

Era contratto e decisamente di pessimo umore.

La reazione di Lukas lo aveva lasciato interdetto; era come se avesse sentito qualcosa provenire dal ragazzo. Il giovane aveva avuto paura, era riuscito a vederla chiaramente nei suoi occhi, e ne aveva sentito l’odore. Esattamente come poteva sentire il profumo di Leon, dolce, aromatico e pieno di una calda e infuocata tenerezza.

“Breda, è tutto a posto?”, gli chiese Leon, preoccupato.

“Ho solo paura che nulla torni più come prima”, rispose, mentre faceva tintinnare le medagliette che portava al collo.

“Te lo ricordi? Grace ce le regalò il secondo anno di scuola. Non le ho mai tolte da allora e nemmeno tu. Pensi che Kalarya le porti ancora al collo?"

“Sì, penso di si. Ma non voglio parlare di lui, adesso…”, gli sussurrò il ragazzo, facendogli scivolare la mano sotto la maglietta di cotone filato.

Trovando la pelle fresca e morbida della schiena, Leon l’accarezzò dal fianco al capo e viceversa, facendolo rabbrividire di piacere. Breda perdeva lucidità quando Leon gli stava vicino e, grazie a lui, riusciva a non pensare e a dimenticare tutto il resto del mondo. Si fece guidare dalle sue carezze e, dopo essersi svestito, lo aiutò a fare altrettanto. Istintivamente il giovane gli si sedette sopra, lasciando che le loro erezioni si toccassero e Leon, sopraffatto dal desiderio, tese una mano verso il suo viso, sfiorandogli le labbra voluttuose con le dita. Lo attirò a sé per incontrare un’altra volta il sapore di quella bocca e Breda spense il cervello, lasciandosi andare totalmente ed arrendendosi a quel sensuale duello di lingue intrecciate, respiri affannosi e gemiti strappati alle loro carni riarse e infiammate dal piacere, cercando di scacciare dal cuore la profonda tristezza che da quel pomeriggio gli pervadeva l’anima. Il sonno agitato di Breda aveva finito per svegliarlo anche quella notte.

Leon rimase in silenzio per qualche secondo, con la speranza che il ragazzo si calmasse, ma non fu così e lo chiamò più volte desiderando che aprisse gli occhi e che quel terribile incubo che stava facendo cessasse. Ma Breda, ansante e sudato, si mise a sedere sul letto di scatto, gridando, spaventandolo a morte.

“Stanno arrivando! Leon, scappa!”, disse poi, ancora confuso.

“Breda, è solo un brutto sogno, non sta arrivando nessuno, calmati”, Leon aveva cercato di farlo ragionare, ma invano.

“Ascoltami, devi ascoltarmi, dannazione! Stanno arrivando… sono qui, adesso!”, ribatté Breda, alzandosi definitivamente dal letto.

Intanto, il segnale di uno dei ricognitori radar che aveva da poco fatto rapporto al quartier generale delle nuove nazioni unite era scomparso; una delle operatrici sul ponte di comando aveva cercato invano di mettersi in contatto con il ricognitore, senza però avere risposta. A tutti i piloti che erano a riposo, come Breda e Leon, o in servizio attivo, arrivò sul cerca persone e sul cellulare lo stesso avviso d’allerta.

“Messaggio dal comando: Deameter-9 e la squadra di difesa senza equipaggio sono stati abbattuti. L’entità della forza nemica è sconosciuta: usano potenti segnali di disturbo elettromagnetici. Una volta a bordo, settare i livelli di protezione A-7.”

Anche tutti gli allarmi di pericolo erano scattati e i cittadini, benché nei primi istanti si fossero fatti prendere dal panico e dalla confusione più totale, si recarono quasi tutti in tempo nei rifugi sotterranei approntati in ogni quartiere della City. Mentre tutti i piloti di Specter e di Mech corazzati si apprestavano a decollare dalle rispettive basi di lancio, Breda, accompagnato da Leon in motocicletta alla sede centrale dell’esercito, salì per primo sul suo Specter. Prima di salutarsi si lanciarono una breve occhiata: non c’era tempo per i convenevoli, ma lo sguardo di Leon fu più che sufficiente e contò per lui più di mille parole.

Con la speranza di non morire in quell’ennesimo combattimento, il giovane si diresse al proprio centro di comando. I primi aerei e primi Mech corazzati avevano ingaggiato il nemico respingendolo il più lontano possibile dalla flotta ma, nonostante le forze congiunte terrestri fossero nettamente superiori di numero a quelle aliene, ci furono innumerevoli perdite fra i piloti del nuovo esercito unito. L’unico che sembrava tenere testa al nemico era lo Specter modificato di Breda, il solo riuscito ad abbattere le sconosciute unità mobili dei Secretus.

“Qui Leon Blanch, capo squadrone dei Phantom Specter dell’MMS al caccia dell’NNU: prendiamo noi il controllo di quest’area!”, esordì il ragazzo, vedendo i mezzi alleati in difficoltà.

“R-ricevuto, capo Phantom!”, rispose sollevato l’altro, poco prima di esplodere.

“Onde di piega rilevate nel quadrante! Capo Phantom, dobbiamo proteggere la colonia, ripiegate!”, ordinò un’operatrice del ponte di comando.

Poi, una delle unità Secretus più evolute e veloci, riuscì facilmente ad eludere la prima linea di difesa. “Maledetto!”, imprecò Leon, inseguendo il mezzo alieno.

Fu Breda ad impedire che penetrasse nella colonia, ponendosi davanti all’essere alieno e sparando con tutto quello che aveva a disposizione. Anche i mezzi Secretus esplodevano come i loro, ma prima che l’alieno venisse fatto a pezzi dai missili dello Specter di Breda, Leon, che si trovava a poca distanza, aveva notato qualcosa di strano nel comportamento dell’unità nemica, come un’esitazione. Ma non finì lì perché altre unità Secretus, dopo la piega spaziotemporale, si unirono a quelle che avevano attaccato per prime, mettendo in serie difficoltà sia l’esercito che i paramilitari. Solo grazie all’intervento delle navi-fortezza Monitor e Intrepid in assetto da combattimento e dopo aver usato ogni arma a disposizione – compresi i temuti cannoni a onde che, con un solo colpo, annientavano tutto ciò che avevano dinanzi –, le forze alleate sembrarono prendere il sopravvento, distruggendo la quasi totalità delle navicelle nemiche scampate al terribile colpo ricevuto.

Intanto, quasi ai margini del quadrante in cui si trovava la flotta, uno dei mezzi alieni più forti aveva ingaggiato un combattimento in solitaria con Breda che, dopo aver avuto la meglio per un po’ per una manovra azzardata, se l’era ritrovato pericolosamente alle costole.

“Breda, ne hai uno alle spalle!”, l'avvisò Leon. Istintivamente decelerò, cambiando assetto del suo Specter che assunse la forma di un Mech antropomorfo; dopodiché, iniziò a sparare col fucile a onde, colpendolo ripetutamente ma senza successo.

“Cosa? Non ha funzionato?”, Breda era allibito: il nemico possedeva una barriera di energia che gli impediva di ricevere colpi diretti, oppure quell’unità Secretus aveva qualcosa di diverso?

Ridotto all’impotenza, toccò all’altro colpire, ma non lo fece. Al contrario, l’unità Secretus si ancorò allo Specter di Breda, iniziando ad emettere potenti segnali di disturbo e un’onda di piega.

“Leon, spara! Sparagli!”, gli ordinò perentorio il ragazzo, incapace di liberarsi.

Per farlo da quella distanza e senza colpire anche Breda, Leon dovette ancorarsi ad un asteroide vagante e, dopo esserci riuscito, cambiò assetto, trasformando il suo Specter in un’unità cecchino. Fu un attimo prendere la mira, ma quando premette il grilletto, il fucile a onde non sparò.

Fu Kalarya ad intervenire e, quando il colpo andò a segno, entrambi i mezzi esplosero.

“Breda, rispondimi… BREDA… BREDAAAA!”, un lampo accecante illuminò il buio circostante e il grido disperato di Leon fu l’ultima cosa che Breda riuscì a sentire prima di collassare e perdere del tutto i sensi.

“Bastardo! Ti ammazzo, Kalarya, ti ammazzo!”, Leon, dopo aver recuperato il corpo di Breda ed essere rientrato alla base, si era scagliato contro l’ex amico di sempre con il preciso intento di ucciderlo.

I pugni del giovane, potenti e inesorabili, avevano colpito Kalarya fino a ridurlo una maschera irriconoscibile e lui, malgrado tutto, aveva incassato senza neanche cercare di difendersi. Aveva un’espressione assurda e compiaciuta sul volto, come se fosse felice di aver fatto quello che aveva fatto. Lo guardava senza nessun turbamento né pentimento alcuno e Leon stentò a riconoscere l’amico di un tempo nell’uomo che aveva di fronte. Non era più il ragazzo allegro e gentile che aveva conosciuto e con cui aveva condiviso l’adolescenza: quello di fronte a lui era un mostro. Kalarya aveva deliberatamente colpito Breda e non il mezzo nemico che incredibilmente, e chissà per quale assurda ragione, aveva fatto da scudo col suo corpo all’abitacolo del suo caccia, impedendo al ragazzo di bruciare vivo. L’alieno aveva salvato la vita di Breda, sebbene avesse riportato molte ferite, alcune anche serie.

“Maresciallo Blanch, le accuse formulate contro il tenente Berstein sono molto gravi: spero che lei abbia la possibilità di dimostrarle coi fatti e non solo a parole!”, esordì il suo comandante.

Leon era stato poi tratto agli arresti e Kalarya portato in infermeria per essere medicato, mentre gli altri, Lukas, Grace ed anche il professor Plant aspettavano notizie sulla sorte di Breda che, ancora in sala operatoria, lottava fra la vita e la morte. La sorella di Lukas li raggiunse in ospedale qualche ora dopo, portando con sé altre incredibili notizie.

“Abbiamo recuperato l’unità nemica e, con essa, l’alieno che la pilotava. Non ci crederete mai: è umano. Le marcature genetiche corrispondono a quelle di uno dei bambini rapiti undici anni fa, durante il primo attacco da parte dei Secretus”, disse soltanto Lamya.

“Che significa, è? Vuol dire che è ancora vivo?”, volle sapere Grace.

“Sì. È in coma, adesso”, rispose Lamya che non sapeva davvero che fare, perché le sorprese di quel giorno non erano finite.

“Come Breda, anche lui è in coma… i medici dicono che dovrebbe già essersi svegliato. L’intervento è perfettamente riuscito e non sanno darsi una spiegazione”, disse serio Varkas.

“Volevo informarvi che Breda verrà trasferito in un’altra struttura ospedaliera militare dell’NNU e non potrà più ricevere visite, per cui, se dovete salutarlo, fatelo ora”, li informò a malincuore la donna.

“Che significa che verrà trasferito? Lamya, cosa vogliono fare a Breda? E Leon? Che diciamo a Leon?”, Lukas era forse il più sconvolto di tutti: non c’era niente di buono nelle parole di Lamya. Ma qualcos’altro lo aveva turbato di più, ovvero la strana reazione di Grace.

Nel frattempo, Leon continuava a camminare avanti e indietro da una parte all’altra della piccola cella in cui era detenuto, come un animale in gabbia. Negli occhi aveva ancora impressa quella scena terribile in cui il caccia di Breda, imprigionato dal mezzo alieno, esplodeva davanti a lui. Era davvero un fallito. Un uomo inutile. Uno che non aveva potuto fare nulla per proteggere la persona che amava. E Kalarya? Come aveva potuto fare una cosa simile? Perché aveva dovuto sparare, perché?



 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Torta all'ananas ***






“Sei libero”, lo avvisò Lukas, il quale era andato a prenderlo all’MMS.

“Come sta Breda?”, gli domandò subito il giovane.

“L’intervento è riuscito, ma Breda non si è ancora svegliato… è in coma, Leon”, gli rispose tristemente Lukas.

“Devo vederlo! Devo andare da lui, Lukas, subito!”, disse Leon, precipitandosi verso il suo alloggio.

“Sì, e ci andremo, ma prima devo parlarti di una cosa. Ti accompagno con la mia auto, non abbiamo tempo da perdere”, disse Lukas.

“Breda è uno dei bambini rapiti undici anni fa dagli alieni? Quali bambini rapiti?”, domandò Leon, che come la maggior parte della popolazione non sapeva quasi nulla sull’accaduto.

“Mia sorella dice che sono stati oggetto di sperimentazione, che alcuni tratti biologici sono stati alterati e che, addirittura, il loro gruppo sanguigno è inclassificabile… da non crederci”, gli spiegò Lukas, semplificando il discorso come meglio poteva.

“E Breda? Avrà sicuramente avuto bisogno di sangue, come hanno fatto con lui?”, volle sapere Leon.

“Quando te lo dirò, non ti piacerà”, rispose Lukas; poi, dopo una breve pausa, continuò e ciò che disse fu davvero sconvolgente.

“Hanno trasfuso il sangue dell’alieno in Breda. Non solo il pilota dell’unità Secretus è umano, ma il loro gruppo sanguigno è identico. Leon, cosa pensi di fare adesso con Breda? E con Kalarya? Credo che tutto il suo odio sia partito da questo… sua sorella fu rapita come Breda, ma lei non tornò mai indietro.”

“Lo stai giustificando?”, sbottò rabbioso il ragazzo, che ancora non aveva digerito la notizia.

“No, certo che no. Ma almeno sappiamo cosa può avere spinto Kalarya ad agire come un folle, non credi?”

“Dovresti chiederti invece chi abbia appiccato il fuoco che ha scatenato l’incendio, Lukas. Queste informazioni sono sicuramente Top Secret, come ha fatto Kalarya a sapere di…”, Leon improvvisamente impallidì: il pensiero che gli sfiorò la mente era talmente assurdo che poteva avere un fondo di verità.

“Top Secret, Secretus… dio del cielo, mio dio…” mormorò Leon fra sé e sé, spaventando il povero Lukas che continuava a non capire quale nesso potesse esserci fra le due cose.

“E se gli alieni non c’entrassero? E se l’attacco alla Terra e tutto il resto fosse solo una messa in scena e i Secretus non fossero altro che esseri umani manipolati geneticamente dai nostri governi per farne dei super piloti?”, insinuò Leon.

Lukas non era mai stato un fan delle teorie del complotto ma, in effetti, i conti non tornavano nemmeno a lui. Parcheggiò l’auto e senza dare una risposta alla domanda del secolo, accompagnò Leon nella stanza di Breda con la speranza che non fosse troppo tardi.

“Lei è un parente?” gli chiese una delle infermiere.

“No, io… sono solo un amico”, rispose Leon, mordendosi un labbro.

“Può entrare, ma solo per dieci minuti. È molto debole”, lo avvisò gentilmente la donna.

“Uccidetelo… non lasciate che lo portino via, lui non lo vorrebbe…”, disse con un filo di voce Breda che si era appena svegliato.

“Hey, cosa? Uccidere chi, Breda?”, gli chiese Leon sedendosi accanto al letto.

“Il pilota Secretus, non lasciatelo nelle loro mani. Vi prego… Leon, ascoltami, lo faranno a pezzi e, dopo di lui, toccherà a me”, aggiunse ansimante.

“Faremo tutto quello che potremo per salvarlo, in un modo o nell’altro, te lo prometto. Ma ora calmati. Resterò qui fuori per tutto il tempo… ok?”, replicò Leon senza la minima convinzione, ma poi scacciò quel pensiero per concentrarsi unicamente su di lui e trovare il modo giusto per dirgli ciò che riteneva più importante in quel momento.

Le parole, però, non uscirono e gli morirono nella gola.

“Ho avuto una paura fottuta, oggi… credevo sul serio di averti perso”, disse poi, notando qualcosa di strano nella stanza.

C’era un grande vaso bianco pieno fiori su uno dei comodini vicini al letto e, quando controllò meglio, notò che c’era un biglietto d’accompagnamento.

“Con tanti auguri di pronta guarigione, firmato B.B.”, lesse ad alta voce Leon.

“Berenice Berula! Il nostro Boss ha mandato dei fiori a Breda?”, domandò Lukas entrando nella stanza.

“Dobbiamo portarlo alla MMS, e subito! Il grande capo ci aiuterà con quelli dell’esercito. Siamo privati e non rispondiamo a nessuno, nemmeno al presidente Han… non potranno costringerci a consegnare Breda”, aggiunse il ragazzo dopo averci riflettuto.

“Consegnare?”, chiese stupito l'altro. “L’esercito porterà via Breda in un’altra struttura e non solo lui, ma anche il pilota alieno o qualsiasi cosa sia… se lo fanno, non sapremo mai la verità!”, rispose Lukas.

“Breda dice che se lo lasciamo nelle mani dell’NNU sarà spacciato e credo che abbia ragione!”, aggiunse Leon.

“Ragazzi, arrivano”, li avvisò Grace che era entrata con Lamya e il professor Plant nella stanza di Breda, il quale però stentava a rimanere sveglio.

“La stanza dell’altro pilota è sorvegliata, nessuno di noi può entrare e portare via quel… il pilota. Inoltre, il sistema di sicurezza dell’ospedale dove ci troviamo è attivo: non faremo un metro senza essere scoperti!”, ribatté Leon.

“A questo posso ovviare: la mia famiglia ha progettato tutti i sistemi della Horizon”, replicò Lamya, sicura di potercela fare.

“Aspetteremo che Breda e il pilota Secretus vengano trasportati sulle ambulanze mandate qui dall’esercito. Non ci sarà nessuno a scortarle: se lo facessero, attirerebbero troppo l’attenzione ed è esattamente quello che non vogliono. Dopo le dirotteremo alla nostra base… è la soluzione meno rischiosa, non vi pare?”, propose Varkas che, in qualità di ex pilota e soldato, la sapeva certamente più lunga di loro.

Leon sospirò profondamente e passò una mano sui capelli di Breda, scoprendogli il viso pallido e contratto dal dolore. Ciò nonostante, consapevole di essere osservato, si chinò su di lui per baciarlo.

“Non ti conviene… dammi una mentina prima!”, scherzò Breda.

“Va’ al diavolo!”; gli rispose con veemenza l’altro senza risparmiargli le sue labbra.

“Ci vediamo dopo! Non farmi brutti scherzi, capito?”, disse poi Leon, cercando di rassicurarlo. Quando si voltò, vide Grace in lacrime, la signorina Lamya rossa fino alla punta dei capelli e Lukas e il professor Plant in evidente imbarazzo.

“Da quando quei due… sì, insomma, sono… sono innamorati?” domandò Varkas, balbettando. Incapace di credere a quello che aveva appena visto, si grattò il pizzetto assumendo un’espressione contrita e pensierosa.

“Ecco, io penso sia evidente, non credete? Diciamo che non sono affari che ci riguardano!”, ribatté a giusta ragione Lukas.

“Che dolci!”, mormorò Lamya, portandosi le mani al viso ancora arrossato. Grace, invece, dopo un primo attimo di smarrimento, non disse nulla, ma dall’espressione che aveva in volto si capiva che era profondamente delusa e contrariata.

“Andiamo, abbiamo un lavoro da fare!”, esordì poi Leon, comportandosi come se nulla fosse successo.

Finché amava esisteva, era questo che sentiva e non avrebbe mai dato spiegazioni a nessuno sul rapporto che lo legava a Breda. Non riusciva a pensare ad altro che al sogno che condividevano da tutta la vita: volare insieme in un cielo reale e infinito, un sogno che avrebbero realizzato a costo di vivere e lottare solo per quello. Mettere fuori gioco gli autisti delle ambulanze non fu difficile e dopo che sia Breda che il misterioso pilota alieno furono caricati sui mezzi, con Varkas e Lukas alla guida, partirono come dei pazzi alla volta dell’MMS, letteralmente indisturbati.

“È stato troppo facile o sbaglio?”, domandò Lukas a Grace, cercando di capire cose le stesse passando per la testa in quel momento.

“Da quanto lo sapevi?”, gli chiese invece la ragazza.

“Non lo sapevo. Lo supponevo e basta! Leon e Breda sono i nostri più cari amici, è vero, ma ad essere sincero con chi dividano il letto non mi interessa affatto”, rispose a tono Lukas.

“Leon soffrirà, proprio come Kalarya…”, si lasciò sfuggire di bocca la giovane.

“Ti sbagli. Che Breda sia o meno umano quanto lo siamo noi, non è così importante per Leon. Lui ama Breda per quello che è!”, replicò Lukas. “Non è questo il punto. Siamo tutti nella stessa situazione, Lukas. Esperimenti falliti… tutti, tranne Breda”, aggiunse Grace, che aveva del tutto cambiato espressione e tono di voce.

L’arrivo alla base mise quella strana conversazione in secondo piano e il personale dell’MMS in agitazione, quando videro Berenice Berula in persona attendere i suoi subordinati.

“Signora Berula, questi sono il primo maresciallo Blanch, il secondo tenente Roshan e l’eminente scienziata Lamya Roshan, sua sorella. Lui invece è…”, l’ufficiale, che aveva il compito di presentare Leon e gli altri al capo dei capi, fu interrotto dalla stessa Berenice.

“Varkas, lieta di rivederti!”, esordì la donna, stringendogli la mano. “E tu devi essere il tenente Azuma Breda, giusto? Dicono meraviglie su di te, ragazzo mio. Sarebbe un onore averti all’MMS!”

“Da quanto ne so, temo non sia possibile… ma sarei molto onorato anch’io, signora!”, rispose debolmente Breda, che finalmente sembrava rispondere meglio alle cure. Berenice si accomiatò dai ragazzi e si diresse nei sotterranei della base che ospitava la MMS per avere notizie sul pilota Secretus, in cerca di risposte più concrete sulla fine che avevano fatto i bambini rapiti dai presunti sequestratori alieni.

“È lui il ragazzo?”, chiese Berenice allo staff medico che si occupava del giovane.

“Sì, è lui. Dovrebbe avere più o meno vent’anni, forse meno. Caucasico, altezza nella media. Evidenti segni di malnutrizione e disidratazione, la particolare colorazione delle iridi è dovuta ad un’alta esposizione ad una fonte energetica continua, probabilmente un laser. Le lastre indicano un ispessimento a livello subatomico della struttura ossea, mentre la Tac ha rivelato svariati impianti neurali, in particolare nel lobo temporale”, il medico analista, alla fine della sua relazione, arrivò alla più ovvia delle conclusioni.

“Questo ragazzo, da bambino, è stato sottoposto a diversi interventi, alcuni anche molto invasivi e dolorosi… ma, gruppo sanguigno a parte, è uno di noi!”, rispose semplicemente.

“Ecco, abbiamo fatto un appunto sul gruppo più simile e lo abbiamo classificato come AB negativo di tipo uno”, aggiunse un altro medico dello staff. “Le sue condizioni?”, chiese infine Berenice.

“Stabili, signora”, le risposero.

“Quando si riprende, fatelo mangiare. È in quarantena, ma trattatelo come un ospite di riguardo. Siate prudenti, però: non sappiamo di cosa sia veramente capace!”, terminò Berenice prima di uscire dalla stanza e tornare nei suoi uffici.

“Ci sono novità?”, la voce dall’altra parte del telefono apparteneva al capo delle forze speciali dell’esercito delle nuove nazioni unite, Edward Gilliam.

“Niente che non sapessimo già. Puoi dire al presidente Han che i due ragazzi sono al sicuro qui e che nessuna notizia sulla cattura del pilota o il recupero del mezzo Secretus verrà divulgata ai media. In cambio, mi aspetto il massimo riserbo e nessun tipo di pressione per la restituzione del tenente Breda Azuma, che verrà integrato con effetto immediato nelle file dell’MMS. Come concordato, tutto quello che riusciremo a scoprire e ad utilizzare per il bene della comunità verrà condiviso con l’esercito, ma a mia esclusiva discrezione. Sono stata chiara?”

“Chiarissima. Riferirò subito al presidente. Ah, Berenice, e il nostro appuntamento di questa sera?”, volle sapere l’uomo.

“Mi spiace, Edward ma per un po’ non potremo vederci… sai, meglio evitare inutili pettegolezzi”, gli rispose ammiccante l’altra.

“Certamente. Allora a presto!”, terminò Gilliam.

“È inammissibile! Ma cosa crede di fare quella donna?”, protestò il presidente Han, sbattendo con forza entrambi i pugni sull’elegante scrivania.

“Berenice è una donna ambiziosa, presidente, ma in fondo è pur sempre una donna. Non si preoccupi, signore, ogni cosa a suo tempo. Aspetteremo che la MMS faccia il lavoro sporco per noi e alla fine saremo gli unici a guadagnarci!”, rispose Edward, dopodiché si congedò ed uscì dall’ufficio accompagnato da due dei suoi sottoposti.

Diede un sguardo al cielo sotto la cupola prima di rientrare a casa e trovò che quella sera il tramonto fosse più suggestivo e bello del solito.

“Vuoi una fetta di torta all’ananas? L’ha fatta Grace in persona!”, disse Lukas entrando nella stanza di Breda il mattino seguente.

“Shh! Leon sta ancora dormendo…” gli bisbigliò l’amico. Breda era ancora molto pallido e sofferente, ma vederlo sveglio non fu un sollievo da poco.

“È rimasto lì tutta la notte?”, chiese Lukas, appoggiando la torta sul tavolo. “Sì… che pensi, una via di mezzo fra il disgustoso e il romantico?”, domandò Breda, accarezzando il capo biondo di Leon che se la dormiva ancora alla grossa.

“Trovare Leon con mezzo metro di barba, semi svenuto sul tuo letto, con la bava alla bocca e i capelli spettinati e luridi non è romantico, è solo disgustoso!”, intervenne Varkas, che entrò nella stanza con la precisa intenzione di svegliarlo e riportarlo alla ragione.

“Andiamo, bella addormentata, sveglia!”, lo chiamò poi l’uomo, alzando di proposito il tono di voce.

“Fottiti, Plant!”, mugugnò il ragazzo aprendo un solo occhio.

“Mi spiace, sai, ma Berenice mi ha reintegrato. Vi avverto che sono un vostro superiore, adesso, per cui muovi quel culo flaccido e seguimi all’hangar. Abbiamo un sacco di lavoro da fare!”, lo rimbeccò Varkas.

Lukas se la rise di gusto e così fecero anche tutti gli altri, ritrovando per un istante quell’atmosfera leggera e rilassata che, in passato, aveva scandito il tempo di molte delle loro giornate insieme. Anche Breda ripensò a come era stato una volta, quando ancora Kalarya faceva parte del gruppo e di come allora fosse più facile per ognuno di loro. Poi, in un solo momento, tutto era finito in tragedia col tentativo di uno dei suoi più cari amici di ucciderlo, come se niente di tutto quello che avevano condiviso in passato non avesse avuto un valore o un senso per lui. Malgrado tutto, sentì una stretta al cuore. Kalarya rischiava la corte marziale e il plotone d’esecuzione, se fosse stato ritenuto responsabile del suo tentato omicidio. Sapeva cosa aveva visto ma, per un istante, sperò di essersi sbagliato su di lui.

“Vado anch’io. Devo mostrare a Leon un nuovo dispositivo che verrà montato sui nostri Specter: è ancora in fase di collaudo, ma ci sarà molto utile. Anche tu avrai un nuovo caccia da combattimento. È un regalo della nostra presidentessa, l’RC-25”, lo mise al corrente Lukas, che sembrava molto eccitato dalla cosa.

“Lukas… fammi parlare con Kalarya. Ho bisogno di parlare con lui, ti prego”, lo supplicò Breda.

“Non dipende da me, lo sai. Kalarya è agli arresti fino al processo e non credo che abbia voglia di vederti”, gli rispose il giovane prima di uscire. “E così vogliono affidarmi il RedCyber-25… quattro cannoni laser antiaereo e ben due fucili gemelli a Onde. Motore FF200-1D migliorato e unità corazzata GBP-1S in dotazione permanente. La bestia più potente e veloce di tutta la flotta, nelle mani di un novellino come me? Quella donna è davvero pazza!”, mormorò fra sé e sé Breda.

Ovviamente si riferiva a Berenice, di cui aveva molta stima e rispetto ma di cui, naturalmente, non si fidava affatto.

“Il cuore di un uomo innamorato può essere fragile come un fiore di vetro”, aggiunse a bassa voce, ripensando a tutto quello che aveva dovuto passare in quei pochi mesi. Il nascere di un sentimento forte e profondo per Leon, che mai avrebbe pensato potesse ricambiare, e la perdita di una delle persone che più avevano significato per lui, Kalarya.

Pensò che fosse la cosa più stupida che qualcuno avesse mai scritto in vita sua. L’amore non era mai stata una debolezza per lui, ma la sua forza.

“Sarebbe stato più corretto dire ‘il cuore di un uomo che non ha mai conosciuto l’amore può diventare fragile come un fiore di vetro’!”, disse ancora, prima di riaddormentarsi.

Grace era entrata proprio in quel momento. Avvicinandosi al tavolo aveva notato con piacere che qualcuno aveva apprezzato la sua torta all’ananas e sorrise al pensiero che Lukas, Breda e Leon l’avessero mangiata insieme. Ne tagliò una fetta e la nascose in un tovagliolo di carta, poi, prima di andarsene, si chinò sul giovane, posandogli sulla fronte una bacio tenerissimo.

“Sto andando da lui adesso, signore. Ci sono altri ordini per me?”, chiese Grace all’uomo che nel frattempo l’aveva chiamata al telefono.

“Dovrà sembrare un suicidio o un incidente, signorina. Kalarya Berstein deve morire entro stasera, sono stato chiaro?”, aggiunse risoluto il misterioso interlocutore.

“Sì, signor presidente, chiarissimo!”, rispose la ragazza, inserendo il caricatore nella sua pistola.

Scese di due piani nella sezione detentiva e, senza destare il minimo sospetto, raggiunse la cella di Kalarya, il quale non sembrò affatto sorpreso di vederla.

“L'hai portata?”, chiese il giovane, che aveva ancora il volto tumefatto e gonfio dopo i pugni ricevuti da Leon.

“Sì, l’ho portata. So quanto ti piace. Gli altri l’hanno letteralmente divorata ma, per fortuna, si sono ricordati di lasciartene un po’!”, gli rispose Grace, tendendogli la fetta di torta attraverso l’apposita apertura da dove venivano serviti i pasti. Kalarya la fulminò con lo sguardo; non aveva nessuna voglia di scherzare.

“La pistola, Grace. Dammela!”, le ordinò secco. Lei, guardandolo dritto negli occhi scuri e profondi, fece per consegnargliela, ma esitò per un istante.

“Vedrai, non soffrirà. Gli pianterò una pallottola dritta nel cervello e se ne andrà senza nemmeno accorgersene”, le rispose con un ghigno spaventoso sulla faccia.

“Pensavo che lo odiassi. Quanta premura per il piccolo mostro che ti ha portato via tutto, il successo e l’amore della tua vita. Sono colpita!”, replicò Grace che però, nonostante tutto, non sembrava affatto felice di quello che stava per fare.

“Quando Leon saprà la verità su Breda, allora sarà lui stesso a volerlo morto. Siamo tutti bambini rapiti: io, mia sorella, loro due e anche tu. Tutti esperimenti falliti, tranne lui. Ci ha traditi, Grace. Breda ci ha traditi tutti e, quando sarà morto, Leon tornerà da me e vedrà solo me. Non può averlo, perché lui è mio, Grace, lo capisci vero?”, Kalarya stava delirando, ormai, e lei non poteva più assecondare la sua follia, benché fino a quel momento gli fosse stata utile.

“Ma certo che lo capisco!”, gli rispose, mentre una lacrima le segnava inevitabilmente il viso, poi usò il suo tesserino per sbloccare la serratura della cella. Grace era stata la prima a ricordare: non erano stati gli alieni a rapirli, ma il governo.

I militari avevano fatto esperimenti sui loro piccoli corpicini per mesi, cancellandone poi ogni memoria. Così, lei aveva regalato al suo piccolo gruppo di amici la catenina e le medagliette che portavano al collo, per non dimenticare mai di chi e di cosa fossero stati veramente le vittime. Era vero: un’oscura e fantomatica forza proveniente dallo spazio aveva bombardato la Terra e l’umanità aveva rischiato l’estinzione ma, guarda caso, grazie al progetto delle flotte di colonizzazione spaziale, ciò non era avvenuto. Un affare finanziato quasi esclusivamente da multinazionali private che avevano pagato miliardi e miliardi di dollari per la creazione delle arche e dello Stellarathor, il potentissimo motore nucleare a impulsi che alimentava tutte le navi e le isole delle flotte. Lei si sarebbe vendicata, prima o poi, per questo aveva scelto di lavorare per il presidente Han e fare allo stesso tempo il doppio gioco, servendo su un piatto d’argento informazioni anche a Berenice e al capo delle forze armate dell’NNU, Edward Gilliam. Anche se per poco, tutti avrebbero avuto quello che volevano, soprattutto Berenice, che finalmente poteva far volare il suo Specter più innovativo e potente grazie a Breda, l’unico che in quel momento avrebbe potuto farlo, dato che era stato creato per quello. Tutti gli altri bambini che, come Breda, aveva acquisito le stesse capacità e la forza fisica necessaria per pilotare quelle nuovi armi di distruzione, le erano stati sottratti da una misteriosa organizzazione, soprannominata Secretus dalla stessa Berula.

“Li adoro, quei sentimenti che ti confondono e ti fanno sorridere nonostante il dolore… sono così puri e innocenti. Li adoro! Ma siamo messi alle strette dal destino che ci attende e queste parole d’amore, Kalarya, non possono essere salvate”, gli mormorò all’orecchio Grace prima di premere il grilletto.

Un grido terrificante mise tutti in allarme e si sentirono vari colpi di pistola provenire dai lunghi corridoi dell’area detentiva. Quando le guardie arrivarono, trovarono Kalarya riverso a terra in una pozza di sangue e Grace, con l’arma in mano, in un angolo, spaventata e in apparente stato di shock.

“GRAAAACE!”, Lukas l’aveva raggiunta subito, seguito da Leon che, dopo un breve sguardo alla ragazza, si gettò in lacrime su Kalarya, che non era ancora morto.

“Perché? Maledizione, Kalarya… amico mio!”, singhiozzò il giovane, sporcandosi le mani del suo sangue.

Kalarya si strappò la catenina con le medagliette dal collo e gliele infilò in tasca, in un ultimo momento di lucidità.

“Non credere alle sua bugie… non ci credere. Dì a Breda che… che io…”, sentire il ragazzo esalare l’ultimo respirò fu più sconvolgente di quanto si aspettasse. Aveva cercato di rinnegare ogni sentimento provato per lui, ma non riuscì a trattenere la sua disperazione e gridò con tutto il fiato che gli era rimasto nei polmoni dopo quella folle corsa.

“Come puoi piangere per lui dopo che ha tentato di uccidere Breda e Grace? Sei impazzito, per caso? Leon?”, anche Lukas era evidentemente sconvolto e provato e certamente non riusciva a capire come l’amico di un tempo, nonostante le sue ragioni, avesse potuto fare una cosa tanto orribile.

Breda si era svegliato all’improvviso gridando a sua volta e, senza nemmeno sapere perché, sentì una profonda tristezza pervadergli l’anima fin nel profondo del cuore. Quella voce lontana, che per giorni aveva continuato a chiamarlo era svanita, e lui non poté fare a meno di piangere.

“Non ci riesco, non posso fermare queste lacrime che sgorgano e straripano come un fiume in piena”, disse singhiozzando.

Tre settimane dopo quei fatti, Leon era tornato nel luogo dove era stata eretta la lapide commemorativa di Kalarya. La fredda lastra di marmo sintetico riportava solo un nome e una data, quella di nascita e di morte. L’avevano posta lontana da tutte le altre, in segno di disprezzo nei confronti di un uomo, o meglio, di un ragazzo che aveva tradito i propri ideali e quelli di tutta la colonia di cui fino a pochi giorni prima aveva fatto parte integrante. La brezza leggera e profumata gli accarezzava appena i capelli spettinati e lasciati un po’ incolti, come del resto la barba che gli increspava il viso, dandogli un’aria più matura malgrado i suoi diciotto anni. Il bel volto tirato e lo sguardo spento erano l’inconfutabile segno del suo profondo e inconsolabile dolore.

“Credevo che volare fosse l’unico sogno della nostra vita e, ingenuamente, mi illudevo che saremmo rimasti insieme per sempre. Fare una scelta significa inevitabilmente rinunciare a qualcos’altro, vero, Kalarya? Ciò nonostante, io... non smetterò mai di credere nel nostro sogno, né smetterò di lottare per esso! Te lo prometto, amico mio!”, gli disse prima di tornare da Breda, che lo aspettava poco lontano.

“Ho chiesto a un tecnico dell’MMS di farle analizzare. Le medagliette emettono un lieve segnale di disturbo elettromagnetico, la stessa vibrazione emanata dal cannone particellare a onde. È impercettibile all’orecchio umano ciò nonostante, causa paranoia, senso d’inadeguatezza e rabbia”, gli spiegò il giovane.

“Non c’era più niente di lui in quegli occhi, Breda. Kalarya era completamente fuori di testa e solo alla fine sembrava essersi ripreso, alla fine, mentre moriva fra le mie braccia”, rispose Leon.

“Pensi che Grace sia coinvolta? In fin dei conti, anche lei le porta al collo. Potrebbe essere del tutto estranea alla cosa, non credi?”, gli domandò Breda.

“Dobbiamo neutralizzare il segnale, ma non possiamo toglierle, non finché non scopriamo la verità!”, concluse Leon, cercando la mano dell’altro. Le loro dita s’intrecciarono automaticamente e Breda, dopo averlo baciato con dolcezza, si strinse nuovamente a lui.

Potevano sembrare soli e fragili come fiori di vetro in quell’universo infinito che abbracciava un oceano di stelle ma, forti dell’amore che provavano l’uno per l’altro, sapevano che non era così. Non più, almeno.




Betato da KikiEchelon92  che ringrazio moltissimo.

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3450645