Passi
i primi dieci giorni
nell’interno, tra le foreste, i templi e le colline
lussureggianti.
Hai
bisogno di ritrovarti.
Di
schiarirti le idee.
Fai lunghissime passeggiate ogni giorno.
Pensi
a Finn, sì.
Ma
soprattutto pensi a Lei.
Tieni
quel libro sempre nel tuo
zaino, di tanto in tanto ti siedi a leggerlo.
Lo
hai imparato a memoria, ormai.
Quando
sei stanca delle foreste, scendi
lungo le coste e raggiungi le città affollate e le spiagge
da sogno.
Non
hai dipinto molto, ma non fa
niente.
Non
è per dipingere che sei tornata.
Cerchi di assorbire colori e profumi e rumori.
Cerchi
di assorbire la gente, la
vita, che ti scorre attorno.
Cerchi sempre qualcosa.
Qualcuno.
Forse.
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Durante
la tua penultima sera in
Thailandia, quando a malincuore stai per ritornare a casa, conosci un
gruppo di
ragazze Neozelandesi.
Sono
ubriache, rumorose e
assolutamente spensierate.
Sono
assuefacenti.
Ti sembra di rivederti.
Libera
e felice.
Felice,
soprattutto.
Ti
convincono a fermarti a bere con
loro e accetti perché, che diavolo, che male può
farti?
Tra
una chiacchiera e l’altra, non
sai nemmeno come dato che non sei assolutamente ubriaca, decidi di
stracciare
il biglietto aereo di ritorno.
La
mattina dopo ti imbarchi con
loro.
Non
sai nemmeno dove sono dirette.
Quando
atterri e riconosci
l’aeroporto Ngurah Rai, di Densapar, quando respiri
quell’aria familiare, così
densa di ricordi, capisci che non eri assolutamente pronta per tornare
a casa.
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Bali
ti sembra diversa.
La
gente, la spiaggia, le
bancarelle.
Persino
le scimmie sembrano aver
perso interesse nei tuoi pennelli.
Forse
sei solo tu ad essere
diversa, ma non riesci più a godere delle piccole cose.
Ciò
nonostante, esci tutte le sere.
Non
riesci a privarti della dolce
illusione di vederla tra la gente.
Come
quella prima volta.
Esci
solamente per il brivido di
quei centinaia di volti che si accalcano per le vie, per
l’abbaglio che possono
darti dei capelli castani al vento, un viso scolpito fra la folla,
degli occhi
più verdi della foresta di prima mattina.
Qualche
volta riesci quasi ad
ingannarti.
E per un po’ ti
basta.
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Ogni
sera Finn ti chiama.
E’
gentile, è paziente, ti dice di
prenderti il tuo tempo.
Chiude
sempre la telefonata con un
“ti amo” e un “mi manchi”.
Ti
cominci a domandare perché sei a
Bali.
Cosa ci fai a Bali?
Dentro
di te conosci la risposta.
Ma
ti sembra di essere in cerca di
un fantasma e lo sai: non è più tempo per sperare
l’impossibile.
Prenoti
un biglietto.
Ti
restano dieci giorni a Bali.
Cerchi
di farli valere.
Ti svegli presto, ogni mattina, inforchi la tua bicicletta e vai a
cercare un
bel punto d’osservazione dove dipingere.
Ma
continui a non riuscire a dipingere..
Nulla.
Non
ce la fai.
E sai perché.
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Meno
sei giorni.
E’
una giornata piovosa e non esci
di casa prima del pomeriggio.
Raccogli
lo zaino e ti aggiri
confusa per una Densapar inspiegabilmente silenziosa e desolata.
Non
ti era mai successo prima e ti
addentri fino ai quartieri più popolari per cercare di
capire cosa stia
succedendo.
C’è
un'unica vetrina aperta nel
centro di Denpasar.
Una
mostra fotografica,
apparentemente, intitolata “Breathtaking
landscapes”, “Panorami mozzafiato”.
Ti
incuriosisce ed entri a osservare
gli scatti appesi con una perfetta simmetria sulle pareti.
Sono
delle belle foto.
Tutte
scattate a Bali.
Tutti
posti che conosci.
Sei
arrivata quasi alla fine del
percorso quando noti un particolare.
Ci
sei tu.
Tu.
In
una foto.
Di
fronte ad un tempio che conosci
fin troppo bene.
Un
pennello in bocca e lo sguardo
concentrato su un disegno molto familiare.
Tu,
sei un panorama mozzafiato.
“Salve,
posso aiutarl-” senti alle
tue spalle e ti pietrifichi.
Riconosci
immediatamente la sua
voce.
Come
non potresti?
L’hai
fatta risuonare infinite
volte nella tua testa.
Non
riesci a rispondere, non riesci
a respirare, non riesci a credere sia possibile.
Vorresti
prenderti a schiaffi e
svegliarti subito perché non puoi, non puoi, sopportare un
altro sogno con lei.
“Clarke?” prova appena.
“Oh
mio dio-” sospiri.
E’
davvero Lei.
E
dopo tanto sperare è a qualche
passo da te.
Ti
volti lentamente e per un attimo
dimentichi come si respira.
Non
è cambiata per niente.
E’
solo vestita diversamente.
E’ più posata, più seria,
più donna.
Non
è più la ragazza che hai
conosciuto un anno e mezzo fa e ti domandi se le fai lo stesso effetto.
Ti
guarda come se potessi sparire
da un momento all’altro.
Vorresti
dire tante cose, vorresti dire
qualcosa di arguto ma la tua mente è sovraccarica di
pensieri.
“Come-
come stai?” domandi.
“Uhm…
Sto bene.” Risponde e fa
qualche passo verso di te “Tu?”
“Bene,
anch’io.”
Cala
il silenzio e non riesci a
sopportare la tensione che
c’è fra di
voi.
“Io
ho il tuo libro.”
Dici
la prima cosa che ti viene in
mente e subito dopo vorresti sotterrarti dalla vergogna.
“Oh…”
sospira e lentamente la vedi sorridere.
Sorride
talmente tanto che gli
occhi le si chiudono ed è adorabile.
Scoppi
in una risata e abbassi lo
sguardo perché è troppo.
E’
semplicemente troppo.
Troppo.
Restate a guardarvi, a sorridervi, per qualche lungo secondo.
“Stavo
per chiudere. Avevo
dimenticato che oggi è il Nyepi day, non verrà
nessuno. Beh,
nessun altro.” Sorride.
“Nyepi
day?” domandi confusa.
“Mai
sentito?”
“No.”
“E’
l’ultimo dell’anno. Il giorno
del silenzio e della meditazione. E’ usato per riflettere
sulla propria vita e
su quel che se ne vuole fare. ”
“Quanto
mai appropriato.” Sospiri
appena.
“Sono
stupita che nessuno ti abbia
fermato per strada, non dovresti nemmeno essere in giro.”
“Davvero?”
“C’è
una sorta di coprifuoco dalle
sei della mattina alle sei della mattina dopo. Non si può
lavorare, uscire,
guardare la tv o accendere la radio.
Non
si può nemmeno fare sesso.
E i
vigilantes hanno il compito di scortare in commissariato chiunque violi
le
leggi della festa. L’unica eccezione sono i centri turistici
dai quali non si
può uscire, comunque.”
Bene,
pensi fra te e te.
Come torni a casa ora senza rischiare di essere arrestata?
“Puoi
stare qui.” Propone Lexa,
come se ti avesse letto nel pensiero “Insomma, in un certo
senso devi restare qui, ma volevo
essere
educata.”
“Vivi
qui?”
“Al
piano di sopra.”
“Oh,
ok.” Annuisci.
“Vieni,
andiamo.” Ti sorride e ti
guida nel retro del locale, verso delle scale sgangherate.
L’appartamento
è semplicissimo.
C’è
chiaramente il tocco di Lexa
nell’arredamento, che però mantiene un piacevole
equilibrio tra occidente e
oriente.
Ci sono piante e foto, ovunque.
Su ogni superficie.
Dalla piccola sala da pranzo noti immediatamente l’immensa
finestra che si apre
verso il mare, in quella che dev’essere la camera da letto.
“Non
è niente di ché, lo so-”
“E’
bellissimo, qui.”
Cominciate
a parlare nello stesso
istante, vi guardate e sorridete.
“Hai una casa molto bella.” Ricominci.
“Lo
dici solo perché ti sto
ospitando…”
“E
tua? L’hai comprata?”
“Si.”
“Quando?”
“Un
anno e mezzo fa.” Replica
abbassando lo sguardo.
“Oh.”
“Già…”
annuisce per poi domandarti.
“Quindi
ora vivi qui?”
“No,
non proprio.”
“Devo
farti proprio tutte le
domande o riuscirai finalmente a dirmi qualcosa di te?”
“Ci
vorrà un po’.”
“Abbiamo
fino alle sei di
domattina, ricordi?”
Stavolta
ti parla di lei, davvero.
E’
un fiume in piena e vorresti che
non smettesse mai di parlare.
Ti
racconta di tutto.
Tutto.
Della
sua infanzia, della sua
famiglia, dei suoi amici.
Dei
suoi studi e dei suoi viaggi.
Ti
racconta del suo lavoro e dei
suoi progetti, ti racconta cosa ha fatto in quest’ultimo anno
e mezzo.
Soprattutto,
ti racconta di come si
è ritrovata a Bali, con te.
Aveva
accettato un servizio
fotografico per una rivista di viaggi e lo aveva preso come un segno
del
destino.
Un
viaggio per guarire dalla
depressione in cui era caduta dopo la morte della sua fidanzata, un
paio d’anni
prima.
Non
fai domande in proposito, non
ne hai coraggio.
Ripensi
a tutti i momenti con lei e
tante cose, ora, hanno un nuovo e chiaro significato.
Ma
non dici nulla, non osi.
“E
tu?” domanda “Cosa hai fatto in
quest’anno e mezzo.”
“Io-…
Io ho lavorato tanto. Ho
dipinto davvero tanto e ho organizzato
diverse mostre. Sono tornata perché sto attraversando una
crisi artistica.”
“Ovvero?”
“Non
riesco più a dipingere.”
“Cavolo,
mi spiace.” Replica sinceramente
dispiaciuta “E le mostre che hai fatto… quelle
sono andate bene?”
“Molto.”
“Hai
esposto il quadro del tempio?”
“No,
quello è un pezzo che ho
tenuto per me.” Sorridi “E’ stato appeso
nella mia camera da letto per molto
tempo.”
“E
dov’è ora?”
“Nella
mia nuova camera da letto.”
“Ti
sei trasferita?”
“Convivo
col mio fidanzato.”
“Beh…
Congratulazioni!” Risponde
con falso entusiasmo e abbassa lo sguardo.
Non
sai cosa dire.
Ci
pensa Lei a salvare la
situazione.
“Hai
fame?”
Nemmeno
un po’, in verità, ma
faresti qualunque cosa per saltare l’argomento Finn ora come
ora..
“Si.”
Replichi cercando di
abbozzare un sorriso.
“Vieni,
prepariamoci qualcosa.”
La
segui in cucina cercando di
dimenticarti di tutto.
Chi sei, cosa fai, con chi vivi.
Cerchi di vivere questo momento come lo avresti vissuto un anno e mezzo
fa.
Inutilmente.
Lexa
fa del suo meglio per non far
mai cadere l’argomento ed è così strano.
Proprio Lei che riusciva a stare zitta per ore.
Proprio
Lei che centellinava le sue
parole come fossero un regalo da fare a pochi.
E’
la stessa che ora parla del
tempo e dell’economia e di un gruppo di cantanti inglesi a te
sconosciuti come
se le interessasse davvero qualcosa.
Erano
così piacevoli i vostri
silenzi, pensi.
Cosa
è cambiato?
Avete
finito di cenare e la notte è
ormai scesa su Densapar quando il tuo telefono squilla.
Finn,
mostra il display.
“Perdonami,
devo rispondere. E’ il
mio fidanzato.” Spieghi, alzandoti.
“Fa
pure, ti aspetto di là.” Replica.
“Non
c’è bisogno-” provi, ma ti
interrompe con un sorriso malinconico e con un “Si, ce
n’è bisogno.”
“Hey Finn.” Rispondi con un sorriso istintivo.
Non ascolti una sola parola di quel che dice Finn.
Continui
a guardare Lexa con la
coda dell’occhio.
E’
seduta sul divano, lo sguardo
rivolto a terra.
Scioglie
i capelli e per un attimo
la rivedi nella folla di Densapar, zaino in spalla, shorts e costume
che si
intravede sotto la canotta.
“Si,
si. Ti sto
ascoltando ma devono esserci dei
problemi con la linea.” Menti “Mhmh, si.
Ok. Anch’io. Buonanotte Finn.”
Chiudi
la telefonata e prendi un
lungo respiro cercando di ricomporti prima di tornare da Lexa.
“Eccomi.”
Esordisci con un sorriso,
ma Lexa non alza lo sguardo.
“Lexa?”
provi.
Aspetta
ancora qualche secondo
prima di alzare lo sguardo, poi scuote la testa, come se volesse
dimenticare
qualcosa, e ti dice “Vuoi vedere Bali come non
l’hai mai vista prima?”.
“Assolutamente.”
“Vieni
con me.” Sorride e la segui
verso la camera da letto.
Lo
sguardo ti cade istintivamente
sulla finestra, ma Lexa ti dice subito “No aspetta, voltati,
non guardare.”
La
senti chiudere le persiane, poi
ti sussurra appena “Chiudi gli occhi.”.
Obbedisci
e ti prende per mano.
E’ la prima volta che vi toccate da quando vi siete
rincontrate e la tua pelle brucia.
“Ok,
ora puoi aprirli.”
Bali
nella tua testa è sempre stato
un agglomerato di rumori assordanti, luci abbacinanti, colori cangianti.
Bali,
oggi, sembra il dipinta con la
tecnica del puntinismo.
Milioni
e milioni di piccolissime
luci fluttuanti che illuminano appena le silhouettes delle case, delle
strade,
delle spiagge.
Solo
la luna è visibile, col suo
riflesso sul mare.
“E’
bellissimo.”
E’
l’unica cosa che riesci a dire,
con un filo sottilissimo di voce.
“Sapevo
che lo avresti apprezzato.”
Replica con un sorriso, avvicinandosi a te.
Restate
in silenzio per qualche
minuto e ti dici che forse la Lexa che conoscevi
c’è ancora da qualche parte.
“Lo
ami?”
Domanda
all’improvviso, ma non ti
volti a guardarla.
“Si.”
Rispondi
dopo qualche secondo di
silenzio.
“E
sei felice?”
Aggrotti
le sopracciglia e la
guardi, quasi ti avesse offesa.
“Lo
amo.” Ripeti.
“Le
cose non sempre coincidono.” spiega.
Scuoti
la testa, incredula.
Incredula
del fatto che proprio Lei
ti stia facendo questa domanda.
“Quindi
è un no?”
“Non
sono affari tuoi.”
“Si,
invece.” Insiste “Voglio saperti
felice, Clarke.”.
“Tu
lo sei?” replichi veloce.
“Da
quando ti ho incontrato.” Replica
in un battito “Per tanto tempo ho creduto che fossi uscita
dalla depressione
grazie al De brevitate vitae. Per
tanto
tempo mi sono detta e ripetuta che era tutto merito di quel libro. Poi ho dato il merito a
Bali. Il viaggio
miracoloso che mi ha salvato la vita. Solo poco tempo fa ho capito la
realtà
delle cose.”
“Lexa,
ti prego, non-”
“Il
merito è tuo.” Sospira appena avvicinandosi.
Chiudi
gli occhi e cerchi di non
lasciarti influenzare dalla sua vicinanza, dal calore del suo corpo
così vicino
al tuo.
“Lexa-
Lexa non posso-”
Ti
ignora e si avvicina ancora un
po’.
Senti
il suo respiro sul tuo volto,
ma lì si ferma.
“Ti
prego, ti prego, permettimi di
baciarti.”
“Lexa-”
“Ti
prego, non chiedo altro.”
Lo
sai che è sincera.
Sai
che si limiterebbe davvero a
baciarti.
Il
problema non è lei, infatti.
Il
problema sei tu.
Tu
non saresti in grado di fermarti.
La
decisione è nelle tue mani.
E non sei disposta a torturarti per
il resto della tua vita con un nuovo “cosa sarebbe stato
se-?”.
Quindi
sei tu che
finisci per
baciare Lexa.
E
questo bacio non ha nulla a che
vedere con quello sotto il pontile.
Nulla.
Non
il sapore, non la dolcezza.
E’
rimpianto.
E’
istinto.
E’
desiderio.
E’ tutto quello di cui avevi bisogno e non ne avevi idea.
Non
sai chi delle due trascina l’altra
sul letto.
Sai
solo che senti il tessuto della
tua maglietta strapparsi e finire in terra e non te ne importa
assolutamente
nulla.
Aiuti
Lexa a sfilarsi la camicia e
i vostri sguardi si incontrano: in tanti anni a studiare arte ed
estetica, non
avresti mai pensato che un paio di occhi lucidi e un sorriso sulle
labbra
potessero essere l’emblema della vera bellezza.
Lexa
è ovunque.
E’
tutto quello che riesci a
sentire, vedere, toccare.
Sulla
tua pelle, sulle coperte che
hanno il suo profumo, nelle tue orecchie, nella tua testa.
Lexa
è ovunque e non è abbastanza.
Vuoi
perderti dentro di lei e
dimenticare tutto il resto.
Vuoi
morire per opera delle sue
mani, delle sue labbra.
Vuoi avere tutto di Lei e darle tutto di te.
Vuoi
fermare il tempo e ignorare la
primissime, vacue, luci del crepuscolo che appaiono
sull’orizzonte alla finestra.
Vorresti
non aver perso tanto
tempo.
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Quando
apri gli occhi non è ancora
davvero giorno.
Ti
allunghi fino a guardare l’orologio
sul comodino e Lexa ti tira nuovamente a sé, stringendoti
forte, baciandoti la
spalla.
“Non
ci pensare nemmeno.”
“A
cosa?”
“Ad
andartene.”
“Non
volevo andarmene. E anche
volendo, non potrei ancora farlo.
Sono le
cinque e trenta, violerei la legge del Nyepi day…”
“Legge
che mi hai tra l’altro fatto
violare…” sospira ad occhi chiusi con un sorriso
che senti sulla tua pelle
“E
aggiungerei ripetutamente.”
Sorridi
e ti volti tra le sue
braccia.
Apre
gli occhi quando sente un tuo
bacio sul naso e sorride, sorride, sorride ancora.
Ha
qualcosa di miracoloso vederla
sorridere così tanto.
Non
ti stancheresti mai.
“Per
quanto mi dispiaccia dovermi
privare della tua presenza, sento l’obbligo di avvertirti che
stai per
assistere alla più bella alba della tua vita e dovresti
approfittarne…”.
“Credi
che dovrei dipingere?”
“Magari
potrebbe essere la soluzione
al tuo blocco creativo…” suggerisce.
E
ha ragione.
Ti
alzi e fissi velocemente il
cavalletto ai piedi del letto.
Ti
siedi e cominci a disegnare.
Ritrai
l’alba, mentre Lexa dipinge
carezze sulla tua schiena e ti guarda in un reverente e adorante
silenzio.
Passi
due ore ancora a dipingere.
Disegni, tutto quello che ti passa per la testa che, due volte su tre,
significa Lexa ma va bene così.
Tornate sotto le coperte, proprio quando Denpasar riprende vita.
E
non solo Denpasar.
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Non
parlate molto.
E
non solo perché siete occupate la
stragrande maggioranza del tempo a recuperare quello perduto.
E’
come se ci fosse un implicito
accordo tra di voi.
Lasciate
che i giorni passino senza
mai farvi domande troppo ingombranti e spaventose.
Il
momento però arriva e,
ovviamente, non sei preparata.
E’ il tuo penultimo giorno a Bali.
L’ultimo
tramonto.
“Non
dovremmo vedere il tramonto da
qui, sai?”
“Perché?”
“Perché
questa spiaggia è
maledetta. O forse
era il tempio… Non
ricordo, ma ad ogni modo non dovremmo vedere il tramonto da
qui.”
“Di
cosa stai parlando?” sorridi
divertita.
“C’è
una maledizione su questa
spiaggia. Le coppie
che guardano in
tramonto da qui finiscono sempre per lasciarsi entro poco
tempo.”
“Noi
non siamo una coppia…” osservi
amaramente.
“Lo
so questo, ma non sono disposta
a rischiare.” Insiste prendendoti per le mani e tirandoti in
piedi.
“Rischiare
cosa?!” sorridi
divertita lasciandoti trascinare verso l’interno.
“Non
rischio di compromettere un
futuro insieme per un tramonto nella spiaggia
sbagliata…” sbuffa ma lo dice con
più serietà di quanto vorresti.
“Non
c’è un futuro insieme.”
“Questo
non puoi saperlo.”
“No,
Lexa-”
Ti
fermi e Lexa si ferma con te.
“Che
c’è?”
“Lexa,
torno a casa domani.”
“Lo
so.”
“Torno
alla mia vita, domani.”
Rimane
in silenzio e ti lascia le
mani.
“Non
sei felice? Non sei felice con
me?”
“Lexa,
hai portato via con te la
mia felicità un anno e mezzo fa su quel
vaporetto…”
“Allora,
resta… Resta con me-”
“Non
posso restare, non-”
“Perché
no?”
“Perché-
perché non è la cosa
giusta da fare… Ho la mia vita, il mio lavoro e Finn,
-”
“Fanculo,
Finn!”
“Lexa…”
“Quindi
te ne andrai come nulla
fosse?”
“Tu
lo hai fatto.”
“Era
diverso.”
“Lo
era davvero?”
Si
volta e si passa le mani fra i
capelli.
“Lexa-“
“No.”
Ti interrompe con la voce
rotta dal pianto e ti fa cenno di aspettare.
Non
sai cosa dire.
Ma
sai cosa fare.
Apri
la borsa e tiri fuori quel libro.
Lo
ficchi nella sabbia e ti
allontani.
Una
volta per tutte.
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