Break the wall, keep the bricks

di Caskett_94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Every writer needs inspiration ***
Capitolo 2: *** You were playing detectives, weren't you? ***
Capitolo 3: *** Take off your mask! ***
Capitolo 4: *** Paw print heart ***
Capitolo 5: *** Paw prints trail into the past ***
Capitolo 6: *** It's a jungle out there! ***
Capitolo 7: *** Falling leaves ***
Capitolo 8: *** I didn't catch anything but the kids did! ***
Capitolo 9: *** Cherry bubble bath ***
Capitolo 10: *** Tickling flower ***
Capitolo 11: *** Logic ***
Capitolo 12: *** Our communication code ***
Capitolo 13: *** Incongruous threesome ***
Capitolo 14: *** Beckett in Wonderland ***
Capitolo 15: *** Welcome to the end of the world ***
Capitolo 16: *** Leisure activities ***
Capitolo 17: *** We are a team ***
Capitolo 18: *** Take after ***
Capitolo 19: *** Grandma's suspects ***
Capitolo 20: *** She's a fan ***
Capitolo 21: *** Baby blue walls ***



Capitolo 1
*** Prologo - Every writer needs inspiration ***


Tenendosi per mano, agonizzanti a terra, si erano promessi che nulla avrebbe più potuto mettersi in mezzo al loro amore. Questa volta erano stati entrambi colpiti da un proiettile  ed il sangue fluiva contemporaneamente dalle loro membra come a voler dire che in quei corpi non voleva più dimorare. 
«You are in my veins...» canticchiava debolmente Rick, disegnando piccoli cerchi sul palmo della mano di Kate, a terra, tremante, accanto a lui. Erano giunti alla consapevolezza di essere l' uno il sangue dell'altra, la linfa vitale che ora però non voleva più saperne di scorrere dentro a due corpi che vivevano giorno dopo giorno in una situazione di costante pericolo, tra segreti, seppur a fin di bene, oltre che ad incomprensioni e tensioni. Era arrivato il momento di cambiare davvero e la loro vita doveva prendere una direzione diversa perché non c'era altro modo per arrivare alla destinazione che entrambi cercavano di raggiungere da sempre. 
Questa "destinazione" era stata da loro talmente idealizzata che sia Beckett che Castle si chiedevano se da qualche parte esistesse davvero oppure no: una famiglia tutta loro. Una famiglia con dei figli, la cui madre non rischia di essere uccisa in un vicolo per un regolamento di conti e il cui padre non sparisce dalla loro vita per ricomparire anni dopo con scuse più o meno giustificabili dal lavoro che svolge. 
Erano davvero pronti, Kate aveva vinto tutte le sue battaglie e Rick aveva saputo aspettare e far crollare insieme a lei quel muro che evidentemente non era ancora crollato del tutto. William Bracken aveva confidato a Rick che a suo modo di vedere le cose, Kate non sarebbe mai cambiata ma lo scrittore sapeva di essere l'unico a conoscerla veramente e non l'aveva mai abbandonata, neanche nell'ennesima battaglia a cui era stata messa di fronte. Dopotutto, per quanto riguardava LokSat, lei non ne aveva avuto del tutto colpa ed era comunque sempre stata sé stessa,  la donna coraggiosa e determinata di cui Castle si era innamorato. 
Nei  sette anni trascorsi dalla sparatoria che, per l’ennesima volta, era quasi costata la vita a Castle e Beckett  molte cose erano cambiate. Beckett si era dimessa ed aveva iniziato a lavorare alla Training Unit  del NYPD School Safety Division dove formava nuovi potenziali agenti ed alla Division Canine Unit, il centro di addestramento che fornisce agli agenti federali, statali e locali i cani specializzati nelle attività antidroga, nel salvataggio di persone e nella ricerca di esplosivi. Ora si occupa del distaccamento  situato nei dintorni di New York e solo saltuariamente viene richiamata nella sede centrale di Cooperstown, a più di 300 km dalla Grande Mela. Aveva voluto dare un taglio netto alla vita disseminata di pericoli alla quale era abituata, l’aveva fatto per sé stessa ma soprattutto per Rick. Sapeva quanto soffrisse nel saperla sempre implicata in qualche caso che avrebbe potuto coinvolgerla inaspettatamente. Aveva così deciso di impiegare la propria esperienza sul campo in un lavoro molto più tranquillo e sicuro, per lei e per la propria famiglia. Proprio così, una famiglia. Il loft non era più soltanto il nido d’amore di Rick e Kate ma era stato movimentato dall’arrivo di tre piccoli Caskett. La primogenita Lily è  il ritratto di Kate: il viso dai lineamenti delicati, i profondi occhi di un castano intenso che cela impercettibili sfumature di verde sul fondo, i capelli castani e luminosi come quelli della mamma.
Per Kate era stato un momento molto speciale rendersi conto di essere incinta di Lily, molto più che per qualunque altra mamma. Per lei significava la possibilità di poterle donare non solo il proprio amore di madre verso la propria figlia, ma anche tutto l’amore che Johanna Beckett avrebbe potuto ancora donarle se qualcuno non glielo avesse impedito per sempre quel maledetto 9 gennaio 1999. Kate aveva anche avuto paura di non essere all’altezza di un ruolo così importante,  aveva avuto paura che questo evento così sconvolgente avrebbe potuto in qualche modo riaprire la ferita della perdita di sua madre. Lei era fatta così, forte e determinata ma anche fragile per certi aspetti. Rick lo sapeva, l’aveva capito fin da subito ed era stato pronto in ogni momento a rassicurarla, a convincerla che quella piccola nuova vita che stava per nascere non era altro che la prova vivente di tutte le vittorie che Kate aveva saputo ottenere in nome di Johanna. E così era stato. Non si aspettava di trovarsi così a proprio agio nelle vesti di mamma, aveva sempre pensato che Castle le avrebbe dovuto insegnare un’infinità di cose su come ci si comporta da genitori ed invece tutto era venuto da sé.
La piccola Lily era anche diventata  la seconda musa di Castle. Nei romanzi di Rick, Nikki Heat non aveva mai smesso di risolvere casi e catturare assassini  ma le imprese di Katherine Beckett non erano più le uniche storie che occupavano gli scaffali delle librerie sotto la firma di Richard Castle. Il famoso scrittore di gialli era riuscito a farsi amare anche da un pubblico tutto nuovo: aveva infatti iniziato a pubblicare una serie di libri per bambini con protagonista proprio la piccola Lily.
Una vita tranquilla insomma, ma scandita da una quotidianità sempre inaspettata. 
Inaspettata come la notizia della seconda gravidanza che, a differenza della prima non era stata cercata. La sorpresa ancora più grande era che sarebbero stati due gemelli, maschi. Appena ricevuta la notizia da Kate, Rick non era più in sé. Era il suo sogno privato avere un figlio maschio dopo aver avuto due figlie femmine ed ora erano addirittura due i maschietti in arrivo. L’ispirazione per i suoi racconti per bambini aveva subito iniziato a moltiplicarsi nella sua testa. La sua creatività si faceva condizionare facilmente quando una situazione lo interessava direttamente. E dopotutto quelle storie sarebbero state le stesse che avrebbe letto ai suoi Caskett babies, perciò era ancora più motivato. Non aveva mai considerato in passato questa opzione, non si era mai scostato dal genere investigativo anche se a dire il vero si divertiva tantissimo a raccontare di luoghi e personaggi fantastici. La personalità di Richard Castle in fin dei conti era sempre stata quella di un bambino rinchiuso nel corpo di un adulto. Kate andava matta per questo lato di Castle e con la nascita dei gemelli, Jake e Reece, tutto era diventato ancora più magico. Le sembrava proprio di vivere in uno di quei mondi creati dalla fantasia di Rick, in cui lo scrittore non aveva mai inserito personaggi cattivi o mostri da combattere. Kate non sapeva se fosse stata una scelta voluta o se si fosse trattato di una conseguenza di riflesso a tutto ciò che avevano passato. Dopotutto i cattivi li aveva mantenuti nei romanzi di Nikki Heat e non poteva essere altrimenti, trattandosi di gialli. Kate si trovava spesso a riflettere su questo aspetto e le tornava spesso alla mente una frase che lei stessa aveva detto a Rick qualche anno prima: «That’s why you write mysteries and that’s why I became a cop. We are both trying to bring justice to this world».
Era davvero stata fatta giustizia a sufficienza nel mondo? Se così fosse, allora quella frase non avrebbe più significato ora. Castle scriveva ancora libri gialli e lei continuava ad essere un poliziotto sebbene non in modo attivo, eppure la loro missione sembrava terminata.
Qualcosa dentro di lei le diceva che non si sbagliava quando aveva pronunciato quella frase. Era quella parte di lei dove il famoso muro era crollato ma ne erano rimaste le macerie ed era la parte di Katherine Beckett che aveva caratterizzato la sua personalità da quando sua madre se ne era andata e questo nessuno lo poteva cambiare. Nemmeno Rick, perché lui stesso si era innamorato di quella Kate. Lui aveva solo imparato a non farla sprofondare sotto alle macerie di quel muro che insieme avevano abbattuto.
L’intuito di Kate difficilmente si sbagliava. C’era quindi ancora spazio per Castle e Beckett per essere partners in crime oltre che in life?

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Capitolo 2
*** You were playing detectives, weren't you? ***


«Se non abbassi la voce li sveglierai tutti e tre...»  disse Castle in tono malizioso.
«Credo proprio che questo non dipenda da me» ribatté Kate ridacchiando.
«Oh, è un' accusa oppure un complimento?» sussurrò lo scrittore all'orecchio dell' amata.
 «È un chiaro invito a continuare, Castle» concluse lei in tono provocante.
Era una domenica di luglio come tante, Rick e Kate si stavano dedicando alla loro "ginnastica" mattutina preferita, chiusi a chiave in camera da letto.
Driiiin!!! Driiiin!!!
«Cosa ti avevo detto?» commentò Castle con un ghigno disegnato in faccia.
«Non so se sia stata peggio la tua idea di installare i telefoni comunicanti nelle camere o la mia ingenuità nel proibirgli di usarli se non in caso di estrema necessità» sbuffò scherzosamente Kate.
«Per dei marmocchi di 3 anni la colazione é un caso di estrema necessità. A maggior ragione perché sono figli tuoi: sbaglio o moriresti senza il tuo caffè mattutino?» fece Castle, rispondendo al cordless che squillava sul comodino accanto al letto.
«Pronto... Chi parla? » cantilenò Castle, sorridendo alla moglie che lo osservava divertita.
« Prontooo! Jake ha taaanta fameee!» gridò Jake dall'altra parte del telefono. «Anche iooo! » aggiunse Reece.
«Siete proprio sicuri? Non volete dormire ancora un po' ?» Castle fece un tentativo.
«No! Abbiamo sentito il rumore della fame! » sentenziò Jake. « Quando il rumore della fame si fa sentire nel pancino la mamma dice che è ora di mangiare!» confermò Reece.
«Credo proprio che sia colpa mia» ammise Kate. « Per avergli insegnato la faccenda dei brontolii di stomaco oppure per aver riprodotto suoni e rumori che loro hanno scambiato per i brontolii di stomaco?!» la provocò Rick per poi avventarsi sulle sue labbra per l'ultimo bacio passionale di quella sessione mattutina. Kate si vestì e si precipitò nella camera dei gemellini. La aspettavano  sorridenti e saltellanti  sulla soglia della loro camera.
 «Dovete essere proprio affamati per essere già svegli così presto!» disse Kate stringendoli a sé.
Prendendoli poi entrambi per mano si diresse nella stanza di Lily che stava ancora dormendo beatamente. I gemelli si scaraventarono sul letto della sorella, di tre anni più grande, svegliandola di soprassalto. 
«Ehii insomma! Lasciatemi dormire!» si lamentò Lily sprofondando sotto il lenzuolo. «Se non ti alzi prendiamo in ostaggio il tuo orso di peluches!» la minacciò Jake.  «E per riaverlo dovrai pagare un r... Un ricatto!» aggiunse Reece. Kate, che aveva osservato tutta la scena, se la rideva seduta sul tappeto.  «Volevi forse dire riscatto, Reece?» lo corresse.
«Ehi, ehi, ehi... Cosa sono queste idee criminali? Da chi le avete imparate?» chiese Castle entrando nella cameretta.  « Forse commentiamo troppo i romanzi di Nikki Heat, Castle» propose Kate.
Lily fece capolino da sotto il lenzuolo chiedendo:  «Papà, la mamma faceva davvero tutte quelle cose che scrivi? ».  «Perché tu hai letto qualcosa di quei libri, Lily?» chiese stupito Rick.  «Ma no! Sono difficilissimi! Però ti ascolto quando ti fanno le domande in tv» spiegò la piccola che ora si era completamente svegliata. Castle, non sapendo di preciso cosa avesse sentito Lily, era in difficoltà e guardava Kate in cerca di aiuto.
«Il papà usa molto la fantasia anche quando scrive i libri per i grandi, però io ho avuto a che fare con molti cattivi e diciamo che mi sono fatta valere!». «Ma tu hai raccontato una bugia alla signora della tv, papà» continuò la piccola. «Impossibile! Vi ho sempre insegnato che le bugie non si dicono» le rispose Castle sempre più in difficoltà.
«Lily ha ragione!» si intromise Reece. «Sì ti ho sentito anche io!» aggiunse Jake.
«Sentiamo, quale sarebbe questa bugia?» chiese Kate assecondandoli.
 «Non so se è proprio una bugia però se quello che il papà ha detto è la verità sono molto offesa perché non ci avete mai chiamati a giocare con voi!» affermò Lily incrociando le braccia e mettendo il broncio.
Kate era sempre più divertita, mentre Castle iniziava a capire. « La signora ti ha chiesto se giochi ancora a fare il detective con la mamma e tu gli hai detto che lo fai tutte le sere nel letto! » decretò Lily rivolta a Castle. Kate era improvvisamente diventata rossa in viso. «Che cosa hai raccontato in tv, Castle?» chiese inarcando le sopracciglia. Rick ridacchiava compiaciuto.
«Anche noi volevamo giocare a detective!» gridarono i gemelli all’unisono.
«Vorrà dire che per rimediare oggi giocheremo tutti insieme a detective » propose Rick.
Così dicendo aveva messo i bambini tutti d’accordo, facendogli dimenticare il “torto” subìto e facendo scoppiare a ridere la sua amata Kate.
Si diressero tutti quanti verso la cucina del loft per iniziare la giornata con le loro due tazze di caffè di rito (oltre alle tre tazze di latte con cacao) strettamente necessarie per affrontare una giornata da detective, quasi come ai vecchi tempi. 

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Capitolo 3
*** Take off your mask! ***


*Nota dell'autrice:
Breve capitolo di passaggio ma fondamentale perché sarà la storia di fondo per tutta la fanfiction!   :)
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Green-Wood Cemetery, NYC
16 febbraio 2023

Un uomo anziano, ben vestito, cammina a testa bassa tra le lapidi del cimitero. Si ferma, sospirando, davanti alla tomba di una donna, la cui morte è indicata dalla data 16 febbraio 2015.
«Kelly, figlia mia. Sono qui da te come ogni anno. E come ogni anno arrivo qui sempre più convinto che la colpa è stata solo mia. Non saresti diventata quell' orribile persona se solo io avessi capito prima che con la mia ossessione per il lavoro che svolgevo non facevo altro che condizionare la tua visione del genere umano e soprattutto la visione che avevi di te stessa» .
Fece una lunga pausa per poi riprendere il monologo, asciugandosi le lacrime che gli erano scese qualche minuto prima lungo le guance. 
«E pensare che il mio progetto era quello di essere un valido aiuto, un' onesta opzione,
un' opportunità in caso di estremo pericolo» . Un'altra pausa. «Facevo passi da gigante di giorno in giorno... Mi rendeva orgoglioso parlarne con te. Non volevo assolutamente che il mio continuo parlartene divenisse per te un motivo di pressione. Ero talmente preso dai miei progressi che non mi rendevo conto che tu ti eri avvicinata alla mia stessa professione solo per dimostrarmi di esserne all'altezza. Quando tutto il mio lavoro é poi passato nelle tue mani, il senso di inadeguatezza che avevi provato fino a quel momento nei miei confronti si è trasformato in un senso di inadeguatezza nei confronti del mondo intero. Non stavi bene con te stessa e volevi che tutti provassero quello che provavi tu...» il monologo rotto da un singhiozzo «io lavoravo per un'ideale umano, per aiutare le autorità. Ed ora sono convinto che solo a causa della mia superficialità nei tuoi confronti tutto il mio progetto di partenza sia sprofondato nell'inutile progetto di perfezione estetica che hai creato tu. Inutile come la morte alla quale ti ha condotta» .

L'uomo chiuse gli occhi, prendendosi un altro momento di riflessione interiore. Si chinò poi ad accarezzare le lettere che formavano il nome della figlia incise sulla lapide:
KELLY NIEMAN

Il dottor Nieman lasciò così il Green-Wood Cemetery, con un preciso nome che continuava a risuonargli nella testa, come ogni anno quando faceva visita alla tomba di sua figlia.
«Katherine Houghton Beckett... Katherine Houghton Beckett... Katherine... Un ingiusto destino ci lega. Il destino ha voluto che fossi proprio tu ad uccidere mia figlia. È stata forse la punizione che mi meritavo? Siamo stati entrambi vittime del destino. È stato per forza così».

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Capitolo 4
*** Paw print heart ***


Bip! - Bip! - Bip! - Bip!
«Accidenti… È già mattina» sbuffò Kate spegnendo la sveglia con gli occhi ancora annebbiati dal sonno.
«Che ore sono? » bofonchiò Rick rigirandosi nel letto.
« Sono le 5:00. Oggi devo andare a Cooperstown, è la giornata degli affidi» gli ricordò Kate stiracchiandosi.
« Ti preparo il caffè mentre tu ti vesti» le disse dolcemente lui mettendosi subito a sedere.
Kate lo guardò intenerita. Suo marito faceva di tutto per farla sentire una regina.
Si avvicinò a lui accarezzandogli i capelli spettinati che lo rendevano ancora più sexy e lo baciò dolcemente.
«Anche se ti dico che non ce n’è bisogno tu lo farai comunque, immagino» gli sussurrò all’ orecchio.
« Sa proprio prevedere ogni mia mossa, detective» rispose lui scherzoso.
«Pensavo che avessimo già giocato abbastanza ieri, con i piccoli, a fare i detective » continuò Kate.
« Possiamo cambiare gioco allora» disse Rick rispondendo al dolce bacio di Kate con uno molto più caldo.
Beckett non seppe resistergli e si ritrovò persa tra le sue braccia, impotente al tocco delle sue mani che le accarezzavano tutto il corpo. Solo quando Rick si spostò per permetterle di assumere una posizione più agevole, un briciolo di lucidità si fece spazio nella sua mente. «Rick… farò tardi. Ci sono più di 3 ore di strada da qui a Cooperstown ».
«Lo giustificherò io il ritardo. Possono telefonarmi a qualsiasi ora, sarò pronto a testimoniare » propose Castle.
« Non funziona Rick, anche se sono molto tentata» concluse Kate scivolando fuori dal letto.
Rick le sorrise , poi si alzò e raggiunse la cucina. Preparò il caffè a sua moglie, dedicandosi anche ai decori in superficie. Dopo essersi vestita, Beckett lo raggiunse ed osservò incuriosita il decoro eseguito da Castle. «Questo non è il solito cuoricino » commentò lei.
« Guarda meglio... Il cuore c’è. È solo girato al contrario e forma parte del disegno che ho fatto, anche se come dici tu, non è un cuore» le fece osservare Rick.
« Hai ragione, il cuore c’è. Anche se il disegno principale è quello dell’impronta di una zampetta stilizzata. Credo, però, di non essere ancora abbastanza sveglia per capire a fondo il romantico simbolismo che il mio amato artista cerca di comunicarmi » concluse davvero dispiaciuta Kate. Rick si era impegnato per sorprenderla e per comunicarle chissà quale poetica emozione e lei, come una studentessa che non riesce a trovare le figure retoriche di una poesia durante l’interrogazione, si era fatta cogliere impreparata.
« La sveglia all’alba gioca brutti scherzi. La mia lettrice più accanita non è più in grado di decifrare le mie metafore, seppur si tratti di un’altra forma d’arte. È uno scandalo!» scherzò Rick.
Beckett sorrise a questa osservazione.
« Vorrà dire che proverò con una poesia per bambini, per renderti le cose più semplici» la prese in giro, per poi impegnarsi nella recitazione di un’improvvisatissima filastrocca per la sua amata:
« Due cani poliziotto affiderai
alle persone che più adatte riterrai.
Per fare ciò, all’alba mi hai lasciato
conservando di me solamente un caffè aromatizzato.
Porta con te anche l’impronta del mio cuore
ed al tuo ritorno ti donerò tutto il mio amore ».
A Beckett si sciolse il cuore , Rick sapeva sempre stupirla. Anche con il gesto più semplice del mondo. Lo strinse forte e poi lo guardò negli occhi.  «Ti amo, Rick » palesò con urgenza.
 « Ti amo anch’io, mia musa» soffiò lui tra le sue labbra.

CONTINUA...

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Capitolo 5
*** Paw prints trail into the past ***


«Rick... Vado a salutare i bambini, arrivo subito» lo informò Kate dirigendosi verso la camera dei gemelli.
Entrò di soppiatto per non fare troppo rumore, non voleva svegliarli. Qualcuno però si era già accorto della sua presenza... Un piccolo fascio di luce la colpì dritta in faccia, costringendola a ripararsi gli occhi con una mano. Si diresse verso quella piccola striscia luminosa intuendo di cosa si trattasse. 
«Ehi, volevi per caso accecarmi?» sussurrò Kate al piccolo Reece che abbassò la torcia giocattolo che teneva in mano.
«Volevo controllare se eri un ladro» rispose il piccolo ridacchiando.
«Allora sei perdonato. Per fortuna ci sei tu a fare la guardia alla casa» continuò Kate, facendolo sentire importante.
«Oggi trascorrerete tutta la giornata con papà. Io tornerò per cena» proseguì Kate.
«Uffa, no! Io volevo stare insieme con tutti» si lamentò Reece.
«Hai ragione, tesoro, ma lo sai che qualche volta mi chiamano per stare via l'intera giornata. Vedrai che vi divertirete con papà e arriverà presto l'ora di cena. Se ti do un bacio me lo fai un sorriso grande? » lo rassicurò lei schioccandogli un bacio sulla fronte.
Lui rispose con un luminoso sorriso tutto per lei. 
Kate salutò poi con una carezza anche Jake che stava dormendo nel lettino a fianco.
«Ci vediamo stasera piccoli, fate i bravi» sussurrò, per poi uscire piano dalla cameretta.
Fece tappa poi nella cameretta di Lily, la quale stava dormendo abbracciata al suo orso di peluches gigante. Fu il suo turno di ricevere il tenero bacio dalla mamma. Kate tornò poi in cucina e salutò Castle con l'ennesimo bacio. Uscì dal loft e salì a bordo della propria auto, pronta per raggiungere la Canine Unit di Cooperstown. Era la giornata dedicata agli affidi dei cani poliziotto cosiddetti "in pensione", ovvero che avevano terminato il loro periodo servizio a causa dell'età. Kate era stata scelta per occuparsi della selezione delle famiglie che si sarebbero prese cura di loro negli ultimi anni della loro vita. In genere i cani poliziotto congedati dal loro incarico vengono affidati al conduttore con il quale hanno condiviso anni di lavoro, ma se il poliziotto non ha la possibilità di vivere in compagnia del suo ex compagno a quattro zampe, questo viene dato in affido.
Arrivò alla sede centrale verso le 9:30, con mezz'ora di anticipo rispetto all'inizio degli appuntamenti.
Aveva quindi tutto il tempo per iniziare a sfogliare le cartelle con le informazioni dei candidati per iniziare a farsi un'idea prima di incontrarli di persona. La maggior parte erano famiglie, c'erano però anche coppie di pensionati ed alcuni profili di persone, più o meno giovani che vivevano da sole. Tra queste l' attenzione di Beckett cadde sul profilo di un cardiochirurgo. In un attimo la sua mente l'aveva fatta viaggiare a ritroso nel passato. 
«Joshua Davidson» lesse il nome del candidato ad alta voce. Rise per gli scherzi che il destino a volte gioca. 
Era proprio il suo ex, del quale era stata veramente innamorata ma che non era stato capace di incantarle il cuore. Sorrise ripensando che già all'epoca, nonostante stesse con Josh, aveva quasi ceduto ai segnali che Castle le lanciava. Quello che c'era sempre stato tra lei e Rick andava oltre tutto il resto. Era una realtà a sé stante. Ripensò a quel bacio tra lei e Castle, di fronte ad un poco romantico magazzino. In quegli istanti aveva completamente dimenticato di essere impegnata con Josh,  un vortice di emozioni si era impossessato di lei, trasportandola, appunto, in quell'altra realtà.
Si riscosse da quei ricordi e tornò alla realtà. Non poteva negarlo, sapeva che sarebbe stata un po' tesa nel momento in cui si sarebbero rivisti, ma le faceva piacere rivederlo e sapere come stava. Non si erano più sentiti da quando lei lo aveva lasciato.

Alle 10 precise iniziò i colloqui conoscitivi, che proseguirono fino all'ora di pranzo. Kate sapeva che quello di Josh sarebbe stato nel primo pomeriggio ed iniziava a chiedersi come sarebbe stato incontrarsi dopo tutto quel tempo. Sperava che non ce l'avesse ancora con lei, anche se la loro storia non si era chiusa in modo pacifico. Lei lo aveva cacciato dalla propria vita perchè nell'ultimo periodo, dopo l'operazione, era diventato molto invadente. Si sentiva troppo pressata. Sperava di poter avere un incontro sereno e rilassato.

Congedando la famiglia Carter, Kate si preparò mentalmente. Il colloquio successivo era quello con Josh.
Si sedette alla scrivania del suo ufficio, in attesa che lui facesse il suo ingresso. Eccolo comparire sulla soglia. Le sorrise, prima di chiudere la porta alle proprie spalle.
Kate si chiese se lui l'avesse già riconosciuta precedentemente dal corridoio che aveva attraversato per recarsi in ufficio. Le sembrava una reazione troppo indifferente. Un sorriso calmo, diretto ad una persona con la quale non si ha mai avuto nulla a che fare. Un sorriso rivolto ad una persona che si conosce per la prima volta.
«Ciao Josh» si fece avanti lei, vedendolo ancora indifferente.
«Buongiorno, ci diamo del tu? » fece lui tranquillo.
Kate non capiva.
«Josh, mi stai prendendo in giro? O lo fai ancora per ripicca, dopo tutti questi anni...» azzardò Beckett.
«Signora, di cosa sta parlando? Si tratta per caso di un test attitudinale ?» chiese lui ridendo.
A questo punto  Kate non ci capiva più niente. 
«Josh, davvero non mi riconosci? Sono Kate» chiese stupita.
«Mi scusi davvero Kate, ma io non la conosco. Credo che mi stia scambiando per qualcun altro» concluse lui sincero.

Kate rimase incredula con lo sguardo fisso su di lui, cercando una possibile spiegazione a tutto ciò.

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Capitolo 6
*** It's a jungle out there! ***


Nota dell'autrice: la trama inizia ad entrare un po' più nel vivo. Come ho detto l' idea di fondo c'è già. Grazie mille ai lettori che recensiscono, mi aiutano a trovare nuovi spunti e a capire cosa piace e cosa no in modo da portare la ff nella direzione migliore per rispettare  le aspettative di tutti. Perciò qualsiasi recensione, sia positiva che negativa è ben accetta. A presto! :)
E.V.

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Josh continuava a sorridere divertito per la situazione che si era creata.
Kate fece un respiro profondo, attese che Josh prendesse posto di fronte a lei e poi cercando di riordinare le idee iniziò a parlare.
«Dunque, Josh... Incomincio col dirti che ti darò del tu. Mi sembra la cosa più normale, per quanto mi riguarda. Mi sembra di essere una pazza a chiederti quello che sto per chiederti» gli disse Kate giocherellando con la penna che teneva in mano, segno visibile della sua irrequietezza momentanea.
«Non ti preoccupare Kate, a questo punto sono curioso» la rassicurò lui.
«Ok. Allora... Proprio non ti ricordi che io ero... la tua ragazza?» si lanciò Beckett.
Josh ce la mise tutta per trattenersi ma fu più forte di lui e scoppiò a ridere.
Kate piegò la testa da un lato e corrugò la fronte; la bocca socchiusa come se volesse aggiungere qualcosa da un momento all'altro. Non riuscì però ad emettere nessun suono,  rimase fissa con lo sguardo su di lui, imbarazzatissima.
«Scusa, non volevo metterti in imbarazzo ma è una situazione surreale» cercò di rimediare lui.
«Non so davvero cosa dire... Il cardiochirurgo con il quale ero impegnata si chiamava proprio Josh Davidson ed era assolutamente identico a te. Quindi o tu mi stai prendendo in giro oppure c'è veramente qualcosa che non va» continuò Beckett volendosi imporre.
«Non saprei, forse mi hanno cancellato la memoria!» scherzò lui.
«Non sarebbe poi così strano, dopo tutto quello che mi è successo in passato» considerò lei ad alta voce.
«Spero che sia tu a scherzare adesso, Kate» disse Josh facendosi più serio.
«Non scherzo, purtroppo» rispose Beckett. «Giusto per ricordartelo sono stata detective del 12° distretto a New York e sono poi stata promossa a capitano» aggiunse. Si stava innervosendo.
«Kate io... Non lo so, davvero. Non sono mai stato con un poliziotto. Vorrei avere una risposta ma non ce l'ho. Ti chiedo gentilmente se possiamo procedere con il colloquio perché questa sera sono di turno in ospedale. Se vuoi possiamo vederci in un'altra occasione per fare più chiarezza, i miei contatti li trovi nella cartella» propose Josh cercando di uscire da quella assurda situazione.
«Sì forse dovremmo rivederci in un'altra situazione. Ho bisogno di metabolizzare tutto ciò» lo assecondò Kate.
Iniziarono così il colloquio, durante il quale Kate cercò di restare il più professionale possibile ma le riuscì difficile. Emersero altre discrepanze rispetto a ciò che Beckett aveva sempre creduto. Come ad esempio il fatto che Josh non aveva mai guidato né men che meno posseduto una moto.
I due infine si salutarono, sempre più sconcertati ma con la promessa di un successivo confronto.
«Tutta questa storia non mi penalizzerà nella graduatoria dell'affido, vero?» cercò di sdrammatizzare Josh.
«Tranquillo, mi attengo a dei parametri imparziali per le valutazioni» gli rispose Kate sorridendo ma poco convinta.
«A presto Josh» lo salutò.
«A presto, Kate. Grazie per avermi sconvolto la giornata».

Più tardi, sulla strada del ritorno, Beckett si torturava con tutte le più strane domande che le passavano per la testa. Non vedeva l'ora di arrivare a casa per poterne parlare con suo marito.

Intanto al loft...

«La mamma sarà davvero contenta quando la vedrà» decretò Lily guardando la torta a tre piani pronta sul ripiano della cucina.
«Siiì siamo stati bravissimi!» gridò Reece applaudendo. 
«Voglio costruire l'ultimo animaletto!»  disse Jake saltellando con gli ultimi pezzetti di pasta di zucchero in mano.
«D'accordo... Questo è l'ultimo però, altrimenti non avremo tempo di riordinare » gli concesse Castle.
«Agli ordini! Sarà l'ultimo degli ultimissimi!» promise serio Jake.
«Che animaletto fai?» chiese Lily osservandolo curiosa stendere la pasta sul tagliere.
«Fai un camaleonte!» suggerì Reece.

I tre piccoli Caskett si stavano dedicando tutti alla scultura.  Lily  come critica, Reece come committente e Jake come artista. Rick li osservò rassegnato.
«Ho capito... Tocca a me riordinare!» dedusse divertito.

A scultura ultimata Jake si diresse orgoglioso verso la torta per inserirlo insieme con gli altri animaletti creati da lui e i suoi fratelli.
«Che occhi giganti!» esclamò Castle.
«É quello della foto di Espo!» disse Jake. «Sì l'ha fotografato in Madagascar quando è andato in vacanza» spiegò Lily.

Castle finì di riordinare, apparecchiò la tavola e iniziò a preparare la cena, mentre Lily ed i gemelli si misero a guardare la tv.

Kate arrivò al loft dopo le 20:00. Non voleva apparire scossa, soprattutto per non far preoccupare i bambini. Cercò quindi di restare tranquilla. «Sono tornata!»salutò tutti entrando.
I piccoli le corsero tutti incontro ma il più veloce fu Jake, che si guadagnò il primo abbraccio della mamma.
«Ti abbiamo pensata tutto il giorno... C'è un regalo per te!» disse a Kate ancora immerso nel suo abbraccio.
Reece iniziò a saltellare, indicando verso la torta. «È la torta della giungla» aggiunse Lily.
«È bellissima! Quanti animaletti... È un peccato doverla mangiare» disse Kate commossa. «Andate tutti con papà dietro al bancone, così vi scatto una foto!» propose Kate.
Ascoltando il consiglio della mamma raggiunsero Rick dietro al bancone: Castle sistemò Lily sulla sedia e prese in braccio i gemelli; Kate scattò poi la foto che mise subito come sfondo del suo cellulare.
In seguito si avvicinò a Rick abbracciandolo. 
«La giungla. Si addice proprio agli eventi di oggi» commentò Kate. «Giornata difficile?» chiese Castle. «Più che altro assurda. Ho una tale confusione in testa. Sediamoci a cena, poi con calma ne parliamo. Avrò molto bisogno del Castle che sa vedere la storia di fondo, in mezzo al groviglio di indizi che cercano solo di trovare una logica alla situazione» spiegò Beckett.
«Wo-ho, abbiamo un caso!» esclamò lui esaltato.

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Capitolo 7
*** Falling leaves ***


Dopo aver messo a letto i bambini, Kate recuperò pigiama e biancheria intima dall’armadio ed andò a farsi una doccia. Aveva bisogno di rilassarsi ma doveva ammettere che il solo fatto di essere tornata a casa, accolta da una sorpresa che Rick ed i loro piccoli avevano preparato per lei con le proprie mani, le aveva fatto dimenticare completamente le domande che la tormentavano dal pomeriggio. La famiglia alla quale lei e Rick avevano dato vita era la cosa più preziosa che avevsse. Stava riflettendo proprio su questo mentre il getto dell’acqua calda sul suo corpo contribuiva a far scivolare via la tensione che aveva accumulato durante la giornata.
Si perse nei suoi pensieri, costellati dai più indimenticabili ricordi degli ultimi sette anni. Volò con la mente alla prima gravidanza, venendo proiettata in quel meraviglioso percorso che aveva preceduto la nascita di Lily. Di quel periodo ricordava con dolcezza l’escursione a Bear Mountain nel settembre del 2016. Era incinta di due mesi ed era la fase più acuta dei piccoli attacchi di panico che la coglievano all’improvviso per la paura di non essere all’altezza di ciò che la aspettava. Castle aveva imparato a reagire in modo sereno in quelle frequenti situazioni. Sapeva che aveva solo  bisogno di essere rassicurata, ma aveva bisogno di essere rassicurata solo da lui. A settembre in quella zona della Hudson Valley inizia la stagione del Foliage, cioè quando gli alberi cominciano a vestirsi dei colori autunnali ed offrono spettacoli di luce nella foresta. Stavano passeggiando da circa venti minuti lungo un sentiero circondati da folti alberi dal manto che appariva quasi dorato, quando all’improvviso Kate disse che era stanca ed iniziò a piangere. Castle la abbracciò dicendole che non c’era nulla di cui preoccuparsi e che se si sentiva stanca potevano fermarsi ogni volta che avrebbe voluto. Lei gli spiegò che non era stata la stanchezza a farla piangere, ma piuttosto il fatto che anche Castle si sarebbe dovuto adeguare a ciò che sentiva lei. In quel banale episodio aveva rivisto sé stessa nel periodo in cui aveva capito di amarlo ma non essendo ancora pronta per confessarglielo, l’aveva condizionato e condannato ad un’inutile sofferenza. Era uno di quegli stati d’animo del passato, quelli che risalivano a prima che il famoso muro crollasse, che tornavano a farsi sentire, mascherati in banali situazioni della vita di tutti i giorni. E Kate aveva paura di esserne risucchiata come in un vortice, ma soprattutto di trascinare insieme a lei il sostegno al quale era aggrappata, strappandolo a sua volta dal terreno al quale era sempre rimasto piantato. Stabile, solido, integro, riparatore. Richard, Castle. Anche quella mattina lui era lì, pronto a raccoglierla,proprio come le foglie che cadevano fluttuanti e leggere dagli alberi. E glielo disse proprio così, con la più semplice metafora che uno scrittore poteva cogliere da uno scenario del genere. Con un braccio cingeva la vita di Kate che se ne stava accoccolata sulla sua spalla. Stese il braccio libero, attendendo la leggera caduta di una foglia. Fu pronto ad acciuffarne una gialla, sotto lo sguardo di Kate che incuriosita sembrava si stesse calmando. Ne acciuffò poi un’altra rossa e dopo ancora un’altra marrone. Riuscì a recuperarne anche una per metà ancora verde. Attese che il pianto di Kate si fosse ridotto a silenziosi,impercettibili singhiozzi. Poi iniziò a parlarle. Con quella voce che lei considerava il miglior anestetico del mondo quando il dolore del panico la coglieva di sorpresa. «Sai cosa sono queste, Kate? ».
« Foglie?» sussurrò lei.                                         
« All’apparenza sono foglie di diversi colori, sì. Io però ci ho visto molto di più in queste fragili foglie che sono stato pronto ad acciuffare prima che cadessero a terra. Ci ho visto te, Kate. Tu sei ognuna di queste foglie e tante altre foglie ancora di mille sfumature diverse di colori che dovranno ancora iniziare a cadere. Sei tu, di un colore diverso per ogni paura che ti assalirà e ti farà cadere all’improvviso. Io però sarò pronto a prenderti prima che tu possa toccare terra. Acciufferò ogni volta una foglia di un colore diverso e la conserverò tra le pagine di un libro, per andare poi a riaprirlo tra qualche anno e ritrovare ognuna di esse fragile e polverizzabile con un tocco. Non ti lascerò cadere, Kate. Di qualsiasi colore sarà la tua paura io ti porterò al sicuro tra le pagine del libro che stiamo scrivendo insieme. Il libro della nostra vita, dentro il quale le tue paure resteranno inevitabilmente conservate, ma saranno fragili come quelle foglie rimastevi dentro per anni ».
 
La porta del bagno che si aprì la ridestò da quel dolce e profondo ricordo. Era Rick, che come poteva dedurre era entrato per controllare se fosse ancora viva, tradotto: come mai ci stesse impiegando tanto. Kate spense l’acqua e si avvolse un telo di spugna attorno al corpo. Uscì dalla doccia, già con una battuta pronta per il marito invadente ma lo vide sgattaiolare fuori di corsa. Sorrise, pensando a quanto fosse bambinone quando si metteva in testa di farle qualche scherzo. Finì di asciugarsi e quando fu il momento di vestirsi si rese conto che il pigiama e la biancheria intima che aveva preparato precedentemente non c’erano più. Iniziò ad intuire cosa avesse in mente il bambinone che era sgattaiolato in camera da letto.


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Capitolo 8
*** I didn't catch anything but the kids did! ***


Il ritmo delicato del respiro di lei sul petto di Rick, le dolci curve del corpo di Kate che episodicamente trepidavano contro la pelle di lui. 
Intransigenti verso i tentativi di Castle di restarsene fermo a contemplarla. Lo coglievano alla sprovvista ogni volta che si ridestava dal sonno prima di lei. Non sempre riusciva a vincere questa battaglia contro i sensi, ritrovandosi ad accarezzare la distesa vellutata che sovrastava o affiancava le sue membra.
Questo era uno dei casi in cui stava per cedere. Avrebbe ceduto, se non fosse stata lei a precederlo, guidando gli stenti del suo uomo verso la realtà degli intenti. Un risveglio repentino, assecondato dalla priorità del contatto. Ripresero da dove si erano interrotti, dal tiepido torpore della loro pelle finendo avvolti nel vorticoso percorso dei sensi.

La sera precedente era stato aggiornato da Kate riguardo all'incontro con Josh. «Il dottor motocicletta è tornato...» aveva scherzato Rick.
«Il fatto è che dice di non averne mai guidata una, Rick» lo informò Kate.
Lo scrittore aveva inizialmente ragionato con la testa del marito ancora invaso da qualche antipatia nei confronti dell'ex della moglie, pensando che Josh potesse aver inscenato tutta quella pagliacciata solo per evitare un confronto con Kate. Secondo Castle infatti, alla futura richiesta di Kate di un chiarimento sulla vicenda, Josh avrebbe tagliato corto dicendo che non si sarebbe aspettato di ritrovarsela davanti e che aveva voluto trovare una scorciatoia per scappare in fretta. Pessima teoria, si era detto immediatamente. Ancor prima di esporla a Kate, perchè a maggior ragione lei non si sarebbe mai fatta fregare in quel modo dal dottor motocicletta (lui preferiva continuare a chiamarlo così). Sapeva benissimo capire quando una persona mentiva dopo tutti quegli anni di interrogatori. 
Le aveva quindi chiesto di poter visionare la cartella personale di Josh ed aveva notato che non lavorava più nello stesso ospedale di 10 anni fa. Voleva ricostruire la storia partendo esattamente da quel periodo ed aveva deciso che avrebbe incominciato proprio dall'ospedale in cui lavorava Josh quando stava con Kate. 
«Cosa ne dici se domani mattina faccio un salto al reparto di cardiochirurgia per vedere se qualche collega si ricorda qualcosa del Josh di quel periodo?» propose Rick. «L'importante è che tu non dia troppo fastidio» acconsentì Kate. 
Jim Beckett era subito stato avvisato che l'indomani mattina i tre nipotini gli avrebbero fatto compagnia durante la sua battuta di pesca infrasettimanale.

La mattina seguente Rick lasciò Kate alla NYPD School Safety, poi accompagnò i piccoli da Jim ed infine riassunse le vesti di investigatore. Nel reparto di cardiochirurgia era riuscito a trovare i due colleghi che tra le altre cose avevano salvato la vita a Beckett ed alcune infermiere che lavoravano nel reparto in quel periodo. 

Si diresse poi alla NYPD School Safety per andare a pranzo con Beckett e le riassunse ciò che aveva scoperto. Solo il giorno in cui Kate era stata operata d'urgenza in seguito allo sparo del cecchino i colleghi di Josh scoprirono che era impegnato. Josh si era preso un periodo di riposo dal lavoro per tutta la durata della convalescenza di Beckett (e questo anche lei lo confermava). I colleghi avevano infine precisato che qualche giorno prima di riprendere a lavorare, Josh si era presentato in reparto per comunicarlo. Gli avevano tutti chiesto come stesse Beckett e lui aveva detto in modo esplicito e scontroso che non l'avrebbero più dovuta nominare perchè era stato lasciato nonostante tutto quello che avesse fatto per lei. Nessuno quindi si era più permesso di nominarla in sua presenza, a maggior ragione perchè dal giorno in cui aveva ripreso a lavorare sembrava molto più sereno e non volevano turbarlo; dissero che sembrava un'altra persona e pensarono che stesse riuscendo nell'impresa di voltare pagina e loro avevano continuato ad assecondare il suo volere.

«Non lo so Castle, é tutto molto strano e non abbiamo nulla in mano se non la testimonianza di Josh. Credo proprio che dovremo confrontarci con lui se vogliamo nuovi indizi» commentò Kate.
«Sì, è l'unica pista» concordò Castle.

Optarono poi per un pranzo veloce al cinese. Non vedevano l'ora di andare da Jim per recuperare i piccoli e trascorrere il pomeriggio tutti e cinque insieme. Il nuovo lavoro di Beckett le permetteva di avere molto più tempo libero e lei non aveva dubbi su come trascorrerlo.

«Ehi, eccoli qua i miei pescatori provetti!» esordì Kate mentre veniva accolta dai suoi tre piccoli e da Jim in giardino.
«Allora, è rimasto qualcosa o vi siete già pappati tutto quello che avete pescato?» aggiunse Rick.
«Come no! Siamo tornati con un bel bottino. Ed è ancora tutto integro...Il lavoro sporco credo che spetti a me!» disse Jim indicando i due secchi contenenti i risultati della loro pesca ancora tutti da pulire e deliscare. «Ci siamo fermati alla taverna della riserva di pesca per il pranzo, siamo tornati da poco» aggiunse il padre di Beckett.
«Il nonno e i suoi amici ci hanno insegnato tanti nuovi segreti per pescare!» commentò Lily. Reece si era intanto avvicinato ad uno dei due secchi ed aveva afferrato una delle povere prede acquatiche spalancandogli la bocca. «Guarda papà! Ha mangiato la gomma fluorescente!» disse a Castle mostrando la pasta da innesco rimasta appiccicata tra i denti. 
«Ci sono cascati tutti!» aggiunse Jake. 
«Reece ti stai sporcando tutto!» lo rimproverò Rick, vedendo che stava sgocciolando dappertutto.
«Credo che abbiano bisogno di un bagno in ogni caso, Rick. Se ti avvicini un po' sentirai che buon odore» disse Kate sarcastica.
«Fate con comodo, Katie. Sapete dove sono i vestiti di ricambio, entrate pure » li incoraggiò Jim. 
Castle si offrì volontario, quando si trattava del bagnetto non si tirava mai indietro. Gli piaceva inventare mille storie che avessero il mare come sfondo e come protagonisti i giocattoli galleggianti da tuffare nella vasca da bagno.
«Non fate disastri, non siete a casa vostra...» li avvertì Kate che conosceva bene i suoi polli. 


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Capitolo 9
*** Cherry bubble bath ***


Kate e Jim Beckett erano rimasti soli in giardino, dopo aver seguito con lo sguardo Castle ed il trio di novelli pescatori varcare la soglia d'ingresso.
Jim si voltò poi verso la figlia e le sorrise. «Hai creato delle meraviglie, Katie» le disse sincero.
«Non è tutto merito mio, papà» rispose lei sorridendo. Si sedette poi su un gradino della scaletta di legno che conduceva al porticato.
«Ho sempre fatto il tifo per lui» commentò Jim intrufolandosi nei suoi pensieri. 
Già, Kate stava proprio pensando alla potenza del destino, alla combinazione di eventi che portano la vita di due persone ad entrare in collisione. Stava riflettendo sul fatto che fin dal momento della collisione tra il suo mondo e quello di Castle, lei aveva sentito quella magia che tutt'ora pervadeva ogni angolo del suo corpo. Si era trattato di una sorta di scossa che non l'aveva però fulminata facendole del male, bensì le aveva trasferito quell' energia che la faceva sentire viva, ancora oggi. Inizialmente lei e Rick si punzecchiavano a vicenda, facendo fare scintille ai loro caratteri così diversi. Quelle scintille provenienti dai corpi di entrambi si erano via via fuse ed avevano dato vita ad una piccola fiamma. A partire da quel momento entrambi avevano seguito la luce della fiamma stessa, sentendosi rassicurati anche dal calore che emanava. Erano avanzati lungo lo stesso percorso, illuminandolo di luce propria per mezzo del fuoco creato dal loro amore. Un incendio che aveva distrutto tutte le difficoltà che avevano trovato lungo la strada. 

«Grazie per non esserti mai intromesso, papà » confessò Kate. 
«Ho sempre saputo che avresti trovato da sola la strada che ti avrebbe condotta alla felicità. Hai reso felice anche me, penso che non esista al mondo un padre più orgoglioso di me. Dare fiducia ai propri figli é l'investimento più prezioso che un genitore possa fare. Non solo si contribuisce a motivarli ma si fa anche in modo che, nel caso in cui cadano, possano rialzarsi più motivati di prima. Il solo sapere che qualcuno ha riposto la propria fiducia in noi ci spinge a dare il massimo. Ed in tutto ciò io ci ho sempre visto dell'altruismo reciproco, la base della dimostrazione di qualsiasi forma d'amore» confidò Jim alla figlia.
Beckett si era commossa, con il dorso della mano destra si asciugò le lacrime che erano piovute dal proprio cielo interiore, quello delle emozioni.
«Avanti, Katie... Smettila subito o farai piangere anche me» aggiunse Jim accarezzandole il viso. 
«Grazie papà, ti voglio bene» rispose Kate, inclinando la testa di lato ed appoggiando le proprie mani su quella di suo padre che si era arrestata delicatamente sulla guancia di lei.
Proseguirono la conversazione parlando della mattinata trascorsa alla riserva di pesca e delle vacanze imminenti che Jim aveva in programma  con i propri amici. Beckett era contenta che in tutti questi anni suo padre aveva potuto contare sul grande valore della vera amicizia. 
Dopo circa un'ora vennero raggiunti da Rick e dai tre piccoli. 
«Indovina che profumo è!» disse Reece appoggiando la manina morbida e vellutata al naso della mamma.
«L'ha scelto papà!» aggiunse Jake.
«Ehi, non vale! Con questo suggerimento è troppo facile! » si lamentò Castle.
«Dunque... Vediamo un po'. Ciliegia ?!» decretò Kate, fingendo di doverci pensare un po' su.
Jim non aveva capito il nesso ma intuì che si trattava di un loro modo speciale per dirsi che si appartenevano. 

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Capitolo 10
*** Tickling flower ***


Nota dell'autrice: Lasciando in sospeso ancora per un po' il mistero di Josh (che verrà però trattato nel prossimo capitolo) vi lascio questo capitolo 10 molto intenso nella seconda parte. Buona lettura :)   E.V.
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«Un po' di anni fa dicevi di leggere i miei romanzi immersa nella vasca da bagno, mentre sorseggiavi un buon bicchiere di vino, circondata da candele per creare la giusta atmosfera... Come mai io non te l'ho mai visto fare? Ti prendevi forse gioco di me, Beckett?» scherzò Castle entrando in camera da letto e trovando Kate intenta nella lettura del suo ultimo romanzo.
«A dire il vero può essere che mi prendessi gioco di te all'epoca. Ma non ho mai mentito sulla faccenda della vasca da bagno» rispose sincera la sua musa. Rick rimase appoggiato allo stipite della porta, osservandola con un sorriso poco convinto.
«Che c'è Castle, non mi credi? Ho perso questa abitudine perchè da un po' di anni a questa parte nella vasca ci posso entrare con te, invece che con i tuoi libri » aggiunse maliziosa Kate. Voleva provocarlo ancora un po' e quindi proseguì con la sua spiegazione. «Dopo aver letto qualche pagina ero solita fare una pausa. Chiudevo il libro e bevevo un sorso di vino. Prima che potessi rimettermi a leggere il romanzo, la mia attenzione veniva sempre catturata da quello schianto che compariva sul retro della copertina, il mio scrittore preferito. Sotto l'effetto del vino la mia mente iniziava a viaggiare per conto proprio, facendo in modo che lo scrittore si materializzasse sostituendo il libro che tenevo tra le mani» disse Kate, che per dare più enfasi chiuse di colpo il libro che stava leggendo poco prima. Era solo all'inizio del suo giochetto. Scese dal letto e si avvicinò a Rick, iniziando ad accarezzare maliziosamente il libro. Ne sfilò poi lentamente la copertina, facendola cadere a terra. «Immaginavo addirittura di spogliare l'affascinante scrittore che si materializzava periodicamente vestito nella mia vasca da bagno» pronunciò la frase soffiandola sensualmente all' orecchio sinistro di Rick, che era rimasto imbambolato.
«Se avessi saputo che avevi già tutte quelle fantasie su di me non avrei tardato a materializzarmi realmente sotto il tocco delle tue mani» disse Rick, stando al gioco.
Kate lasciò cadere a terra il libro, che finì vicino alla copertina. Appoggiò le mani sulla nuca del suo scrittore ed iniziò ad accarezzarlo delicatamente tra i capelli. Le sue mani iniziarono poi a vagare sulla schiena di Rick, per spostarsi successivamente sulla parte anteriore del corpo, sfiorando sensualmente i pettorali. «Dopo aver spogliato il libro della copertina credo che questo sia il momento di spogliare lo scrittore» suggerì  Castle, visibilmente accaldato. «Credo proprio di sì» confermò Kate iniziando a sollevare la maglia di Rick per sfilargliela dalla testa. 
«Mamma! Perchè aiuti il papà a cambiarsi?» una vocina vivace li interruppe: Castle a torso nudo, con le braccia alzate e Kate bloccata con la maglia dello scrittore a livello dei gomiti di lui.
Era la piccola Lily che aveva fatto la sua comparsa sulla soglia della porta. Beckett cercò di trovare velocemente una scusa credibile, sapendo che Lily aveva una mente molto acuta.
«Papà ha mal di schiena, non riesce a togliersi la maglia da solo» decretò infine Kate, sapendo di aver scelto la scusa più banale del mondo.
«Ah, mi dispiace papà. Però sei proprio un pappamolle... È più in forma il nonno Jim di te!» commentò Lily, che sembrava aver creduto alla scusa inventata dalla mamma.
«Jim Beckett é Jim Beckett. Non c'è paragone!» scherzò Rick, mentre veniva aiutato da Kate a togliersi definitivamente la maglia, anche se ormai non ce n'era più bisogno.
«Volevo chiedere alla mamma se domani mattina mi porta a fare una passeggiata al parco. Devo farle vedere una cosa» disse Lily a Castle ma rivolgendosi indirettamente a Kate.
«Certo, piccola. Domani lavoro solo di pomeriggio. Vuoi che venga solo io oppure ci andiamo tutti e cinque?»  chiese Beckett un po' stupita dalla richiesta della figlia.
«No, mamma. Solo noi due. E poi papà ha mal di schiena e deve riposare» concluse Lily.
«Beckett, ti pare il caso di farmi fare sforzi inutili? Lo sai che non sto bene!»  commentò Rick sarcastico.
«Non so quanto tu possa riposare con i gemelli intorno, però se per te va bene io non ho nulla in contrario!» ribatté Kate.
«Allora siamo d'accordo. Buonanotte!» li salutò Lily contenta.
«Chissà cosa avrà in mente, ogni tanto le viene qualche strana idea. Chissà da chi ha preso?» disse Kate prendendo in giro il marito.
 
La mattina seguente Kate andò a svegliare Lily e le preparò i vestiti per la passeggiata. Poi tornò in camera e si vestì. «Rick, io e Lily facciamo colazione fuori. Tu continua pure a dormire, approfittane finché i gemelli non si svegliano» gli sussurrò piano, per poi lasciargli un bacio delicato sulle labbra. «Buona passeggiata. Vi aspetto per pranzo, mie muse» rispose lui con un sorriso.
 
Lily e Kate uscirono dal loft e si avviarono verso un bar per fare colazione. Proseguirono poi verso il parco del quartiere, dove c'erano già molti bambini con mamme, papà o nonni. Era luglio e le scuole chiuse facevano sì che i parchi si riempissero quotidianamente. Kate si fece guidare dalla piccola Lily. «Ci sediamo qui all'ombra?» propose la bambina. «Per me va benissimo» rispose Kate. Era davvero curiosa di sapere cosa avesse in mente sua figlia. Quest'ultima dopo poco iniziò a parlare. «Ti ho portata qui, mamma, perché volevo dirti una cosa importante. Volevo dirti che ti voglio bene e mi dispiace tanto che tu non hai più una mamma per poterglielo dire come sto facendo io adesso. Quando veniamo al parco e vedo tante nonne con i loro nipoti penso che anche io vorrei avere qui con noi la nonna Johanna. Poi ti guardo e divento triste perché  so che anche tu stai pensando la stessa cosa». Lily fece una pausa, si alzò ed andò a raccogliere un fiore poco lontano da loro. Tornò da Kate con il fiore in mano e ricominciò a parlare. «Quando penso alla nonna mi vengono in mente i fiori. Sono belli e profumati. E poi fanno il solletico!» disse accarezzando il collo di Kate con il fiorellino appena raccolto. «Sì, me la immagino così, una nonna che profuma di fiori e che mi fa il solletico per farmi i dispetti» concluse la piccola.
Kate stava iniziando a commuoversi, notando quanto Lily avesse colto nel segno. Ogni volta che Johanna la vedeva giù di morale, si avvicinava a lei ed iniziava a farle il solletico pur di riuscire a strapparle un sorriso. In quel momento la sentì vicina più che mai, lì con loro seduta nel parco a trascorrere una bella mattinata d'estate.
«Mamma. Ti ho portata qui per dirti che non devi avere paura a parlare di lei. Con me puoi farlo e sono sicura che lei ci sente. Possiamo anche parlare con lei se vorrai. Guarda, basta raccogliere un fiorellino e noi sapremo che lei si trova lì dentro e ci ascolta».
Kate era davvero toccata dalla sensibilità che sua figlia le aveva appena dimostrato. Si avvicinò e la abbracciò forte. Non poté impedire a qualche lacrima di rigarle le guance e quando Lily se ne accorse utilizzò i petali del fiore per asciugarle.
«Visto? Questa è la carezza della nonna che ti ha subito asciugato le piccole lacrime che avevi sotto gli occhi».
«Lily, sei davvero speciale. Ti prometto che parleremo con la nonna ogni volta che vorrai. Non avrò paura se con me ci sarai tu. Ti voglio bene» concluse Kate guardando sua figlia negli occhi. Poi la prese per mano ed iniziarono la loro passeggiata nel parco, consapevoli che anche Johanna era lì con loro.

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Capitolo 11
*** Logic ***


Era già notte inoltrata e Castle si stava dedicando alla stesura di alcuni capitoli del suo romanzo. Lo sguardo fisso sullo schermo del portatile, le dita che picchiettavano velocemente sulla tastiera e che finivano ripetutamente sul tasto di cancellazione. Nemmeno la scrittura si era rivelata un modo utile per far trascorrere il tempo. Era nervoso e non sapeva bene nemmeno lui perchè. O meglio, sapeva dove fosse l'origine del nervosismo ma non vi vedeva motivo valido per esserlo. Si convinse che non c'era modo di togliersi quella nuvola nera dalla testa, pronta a far piovere innumerevoli quesiti che l'avrebbero tormentato tutta la notte. Non aveva fatto i conti con il brainstorming che si era proiettato nella sua mente iperattiva. E, purtroppo, questa sorta di mappa concettuale delle idee più strampalate non riguardava la trama del suo romanzo. Davvero aveva creduto di poter scrivere qualche capitolo?
Abbandonò rassegnato la postazione della scrivania. Controllò che Beckett stesse dormendo e si avviò verso il soggiorno del loft. Prese posto sulla poltrona, ormai deciso a fare i conti con la maledetta nuvola nera che lo seguiva ovunque quella sera. "E così il fatto di dover avere un faccia a faccia con Josh ti rende nervoso?" si chiese mentalmente, vedendosi interrogato da un altro sé stesso che aveva però le sembianze del dottor Burke. Credette di essere impazzito, ma dovette ammettere che aveva davvero bisogno di simulare una seduta psichiatrica per andare a fondo di ciò che lo tormentava. 
E comunque, no. Non era affatto Josh a renderlo nervoso, sebbene fosse lui l'origine del problema, ma piuttosto temeva che la faccenda che lo riguardava avrebbe potuto rompere qualcuno degli equilibri che Beckett con fatica era riuscita a costruire negli anni. Voleva tutelarla, proteggerla da qualsiasi cosa sarebbe emerso dall'incontro con Josh.
Non si trattava di temere per l'incolumità fisica di sua moglie, di questo ne era certo. Temeva, piuttosto, per l'incolumità della sua sfera emotiva. 
Il non sapere cosa avrebbe potuto raccontare Josh faceva sì che il suo cervello si trasformasse in una fabbrica delle più svariate idee. Voleva essere pronto a qualsiasi risvolto emotivo si fosse profilato durante la conversazione, doveva farlo per Kate. Le aveva sempre promesso che lui sarebbe stato pronto a proteggerla, quando una qualsiasi paura si fosse impossessata di lei. Josh non era però un terreno abbastanza conosciuto per lui ed aveva paura di non farsi trovare pronto in caso di evenienza. Ecco il punto chiave della faccenda, la nuvola nera che tanto lo assillava quella notte.

Era stata proprio Kate a chiedere a Castle di accompagnarla all'incontro con Josh, dopo essersi inizialmente mostrata sicura di sé mentre gli spiegava di averlo contattato e di aver accordato un appuntamento per la mattinata seguente. Rick sapeva che aveva solo cercato di apparire tranquilla per fare in modo che lui non si preoccupasse per lei. Poi però era riuscita a confessargli di sentirsi più sicura con lui accanto. Qualcosa negli ultimi anni era cambiato: la sparatoria di sette anni fa aveva segnato un chiaro punto di svolta nel loro rapporto. Niente più segreti, di nessun tipo e per nessun motivo, nemmeno nella sfera emotiva. Kate aveva bisogno di lui, di sentirsi protetta e Rick per sentirsi sicuro, per sentirsi interiormente stabile, aveva bisogno che lei abbassasse tutte le barriere nei suoi confronti. E così era stato anche in questo caso.

«Rick... Va tutto bene?» la voce di Kate lo ridestò dalla sua seduta psichiatrica interiore. «Kate, cosa ci fai sveglia?» deviò lui. 
«Pensavo stessi scrivendo ma mi sono accorta che non c'eri più alla scrivania». Kate sapeva. Aveva perfettamente capito perchè Castle se ne stava da solo in soggiorno a rimuginare. 
«Non riuscivo a scrivere. E nemmeno a dormire.  Kate...» fece una pausa, stendendo il braccio destro verso di lei e invitandola a raggiungerlo. 
Kate fu subito da lui. Si accomodò delicatamente sulle sue gambe, allungando le proprie a ridosso del bracciolo della poltrona su cui Castle era seduto. Il braccio di lui, che fino a poco prima era disteso nella sua direzione, andò a farle da sostegno dietro la schiena.
«Smetterai prima o poi?»gli domandò Kate comprensiva. «Di fare cosa?» chiese Rick ancora assopito tra i suoi pensieri.
«Di preoccuparti troppo per me» precisò lei con tono di illusorio rimprovero.
«È assolutamente fuori discussione» le rispose Castle iperprotettivo, spostandole dietro l'orecchio la ciocca di capelli che le fluttuava davanti agli occhi. 
Kate aveva naturalmente previsto la risposta di suo marito. Farglielo ribadire era stato un modo per dargli quella sicurezza che lui stava cercando da ore. E si trovava nell'unico posto in cui lui non aveva ancora cercato: negli occhi di Kate. 
Era stata lei a raggiungerlo, trovandolo smarrito nella propria missione personale di attutire qualsiasi pericolo potesse incombere su di lei. Kate era consapevole del fatto che nella loro storia non esisteva un solo eroe: gli eroi erano entrambi e per vincere avevano bisogno dell'alleanza reciproca.
Avevano smesso di tutelarsi per mezzo dei segreti. Ora si tutelavano cercandosi.
Rick strinse la presa dietro la schiena di Beckett per avvicinarla di più a sé. 
«Kate, ricordi quando anni fa ti chiedevo di non rovinare la mia storia con la tua logica?» le chiese un po' meno assorto.
«Come potrei dimenticarlo?È stato un oltraggio alle mie doti di detective... Il mio orgoglio è ancora ferito!» scherzò lei.
«Che razza di presuntuoso, un tempo ero davvero insopportabile» rispose lui con spirito autocritico. Poi proseguì. «Kate, dimentica quella vecchia frase. La mia testa in queste ultime ore ha creato non una, ma un'infinità di storie già rovinate in partenza e questo è successo perchè mancava proprio la tua logica. Un'unica logica uguale per tutte quante quelle storie che affollavano la mia mente. La sola logica alla quale ho sempre creduto. Noi».


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Capitolo 12
*** Our communication code ***



Il suono della sveglia di Beckett proveniente dalla loro camera da letto li ridestò improvvisamente. Erano rimasti tutta la notte sulla poltrona del soggiorno, dopo che Kate era riuscita a tranquillizzare Castle qualche ora prima.
Si erano alzati un po’ ammaccati ma fortificati nello spirito per affrontare la mattinata che li aspettava.

«Mia madre starà qui tutta la giornata. Potremmo stare fuori per pranzo, cosa ne pensi? » chiese Rick alla sua musa, mentre preparava il caffè.  «Per me non c’è problema, sempre che tua madre se la senta di starsene tutta la giornata con le pesti » rispose Kate. « Hai qualche dubbio?»  garantì lui.
 
Martha arrivò al loft con largo anticipo, quando si trattava dei suoi nipotini non stava nella pelle per l’impazienza di rivederli. Fu Castle ad accoglierla alla porta con un abbraccio. «Figliolo, stai bene? Hai delle occhiaie da far invidia al panda di peluches di tua figlia!» esordì lei dopo averlo visto in faccia.
«Va tutto bene, mamma. Ho solo fatto tardi per cercare di concludere qualche capitolo del mio romanzo questa notte » la rassicurò lui.
«Buongiorno Martha! » la salutò Kate arrivando già vestita dalla camera da letto. «Lascia che ti aiuti, come sempre ti sei portata un’ infinità di borse» si offrì gentilmente.
«Le nonne servono per viziare i nipoti… Ho portato qualche regalo per i piccoli» si giustificò Martha.
 
Più tardi Castle e Beckett uscirono dal loft, dirigendosi verso l’auto di Kate.
«Sembra proprio di essere tornati ai tempi in cui indagavamo su un caso» commentò Castle. «Devo dire che un po’ mi mancava questa quotidianità così nostra, in fin dei conti è così che è iniziato tutto tra noi» proseguì.
Kate l’aveva ascoltato attentamente ed aveva trovato nella sua affermazione qualcosa che si avvicinava molto alla nostalgia ma non sapeva nemmeno lei definire davvero cosa fosse. Non poteva che dargli ragione, il periodo in cui collaboravano alla “Omicidi” era intriso di emozioni forti, soprattutto per lei. Il NYPD era stato l’inizio di un viaggio che Kate aveva iniziato con un obiettivo  ben preciso e ripensando che Castle si era aggiunto a lei quasi per uno scherzo del destino, a Kate balenò per un attimo l’idea che forse quell’incontro era stato un regalo inviatole da chissà dove proprio da sua madre Johanna. Si chiese se senza l’aiuto di Rick sarebbe mai riuscita a scovare gli assassini di sua madre, si chiese se sarebbe diventata la donna che era se Castle non fosse finito in mezzo ad uno dei suoi casi. Certo che no. Non poteva essere nemmeno lontanamente possibile. Si convinse che ci doveva per forza essere lo zampino di Johanna, dopotutto Castle era il suo scrittore preferito e sua madre l’avrebbe visto molto bene al suo fianco. Sorrise involontariamente mentre stava per salire in auto, dal lato del guidatore. Rick, dall’altro lato dell’auto, aveva notato questo repentino cambiamento dei suoi lineamenti del viso e ne era stato subito contagiato.
«Ti ho fatta ridere riportandoti alla memoria qualche aneddoto legato a qualche caso in particolare? Vuoi rendermi partecipe? » scherzò lo scrittore.
Kate si rese conto solo in quel momento che stava ancora sorridendo. «Ce ne sarebbe una lunga lista di episodi degni di nota, soprattutto legati a qualche tua strampalata teoria o idea, Castle… Ma non sorridevo per questo. Mi ero solo un attimo soffermata ad analizzare la tua affermazione e mi sono persa pensando che non cambierei nulla di tutto quello che è successo in questi anni da quando ci siamo incontrati. Sono convinta che ogni singolo ostacolo, ogni singola sconfitta ed ogni singolo successo ci sono stati messi davanti per un motivo. Per farci diventare ciò che siamo ora. Sorridevo perché pensavo scioccamente che potesse essere stata mia madre, con chissà quale strano potere, a fare sì che tu capitassi nella mia vita. Su di lei avevi già fatto colpo, questo è poco ma sicuro».
Rick posò la propria mano sulla guancia di Kate, accarezzandole lo zigomo con piccoli movimenti circolari del pollice. Kate sentì il suo sguardo penetrarle nell’anima e si chiese come fosse possibile che una carezza fisica potesse essere sottoposta ad osmosi e mutare nella forma. Eppure era proprio così, Castle le stava accarezzando anche l’anima, utilizzando i suoi intensi occhi blu dai quali era sempre stata affascinata.
«Credi di essere in grado di guidare, Beckett?» proferì lui rocamente, mantenendo ancora il suo sguardo, sapendo di farle quell'effetto.
« I-Io… Farò del mio meglio» riuscì a formulare Kate, tradita dal lieve tremore della sua voce. Era inutile, quegli occhi inibivano tutti i suoi sensi. Ora come allora.
 
Arrivarono puntuali al bar che era stato scelto per l’appuntamento.  Di Josh però non c’era ancora traccia. Castle e Beckett presero posto ad un tavolino da tre, in attesa del ritardatario.
«Era così anche ai tempi?» chiese Rick cogliendo al volo l’occasione per sfotterlo. Kate sorrise, riducendo gli occhi ad una fessura. «Cosa c’è Castle, stai iniziando a stilare una classifica dei pregi e dei difetti? » lo derise.
«Certo che no, sarebbe inutile. Il dottorino ha perso molto tempo fa. Ti ricordo che ti ho fatta cadere ai miei piedi mentre stavi ancora con lui. Ricordo benissimo i tuoi caldi sospiri di piacere durante quel bacio sottocopertura» ribatté Rick.
«Veramente il momento della mia caduta ai tuoi piedi risale a molto prima. Ma tu avevi rovinato tutto portandoti Gina alla casa negli Hamptons…» lo sfidò lei. «Touchè» la fermò lui. «Sono stato bravo a farmi perdonare quindi?» la punzecchiò. «Sei incorreggibile, Castle » concluse Kate vedendo arrivare Josh.
Kate si schiarì la voce in modo da avvertire Castle dell'arrivo del cardiochirurgo. «Oh, bene detective... Vedo che inizia la parte in cui dobbiamo comunicare in codice. Del resto a noi risulta sempre molto facile. C'è sempre stata l'intesa giusta. Forse è qualcun altro qui che avrebbe dovuto preoccuparsi di cogliere certi tuoi segnali...» la provocò Castle che sembrava aver recuperato del tutto la sua solita ironia. Dopo la difficile nottata si era convinto che era il modo migliore di affrontare la situazione.
«Sta' zitto Castle o si accorgerà che lo stai prendendo in giro» riuscì a rimproverarlo Kate prima che Josh raggiungesse il tavolo. La verità di Beckett era un'altra: era proprio quello il Castle di cui lei aveva bisogno in quel momento.

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Capitolo 13
*** Incongruous threesome ***


Josh li raggiunse al tavolino dove avevano preso posto, spostando leggermente la sedia rimasta libera in modo da poter agevolare il saluto con Kate. «Ciao Josh, ben ritrovato» disse lei stringendogli la mano. Voleva mantenere le distanze. Atteggiamento che lui non sembrò intenzionato a rispettare...  «Ciao Kate!» la salutò mantenendo la stretta di mano ma aggiungendo un bacio per ognuna delle due guance, costringendola a fare lo stesso.

Anche Castle si era alzato per salutarlo, sentendosi però snobbato dall'altro lato del tavolino. Quei convenevoli si stavano dilungando un po' troppo per i suoi gusti, soprattutto quando notò che la mano libera di Josh era andata a posizionarsi sul fianco di Kate per poi addirittura sparire dietro la schiena. Era la schiena, vero? Doveva controllarsi, non era lì per farsi prendere dalla gelosia, per di più infondata: i  ruoli si erano invertiti rispetto a dieci anni prima, ora Kate era sua moglie. Il fatto era che prima di allora, in presenza di Josh, Castle era sempre stato abituato a doversi sorbire scenette "diabetiche" tra il dottor motocicletta e Beckett, come ad esempio sbaciucchiamenti o abbracci coccolosi, che avevano disintegrato il suo ego. Si trovò quindi sensibile a quel saluto ravvicinato, sebbene si trattasse di semplice cortesia. Josh però sembrava proprio non prendere in considerazione la presenza di Rick alle sue spalle, iniziando a giustificare i motivi del suo ritardo solo con Kate. Rick iniziava a spazientirsi e decise di rimettersi a sedere. Chi si credeva di essere quel damerino? Era ancora più odioso di quanto ricordasse.

Kate aveva osservato la reazione di suo marito lanciandogli intense occhiate di solidarietà alle spalle di Josh. Decise quindi di intervenire all'istante. Poggiò una mano sul braccio del dottore, in modo da aprire un varco nella direzione di Rick. «Josh, io e Castle adesso siamo sposati. Gli ho chiesto di accompagnarmi, se per te non è un problema» iniziò Kate andando a posizionare il proprio braccio sulle spalle di Rick.  Lo scrittore non perse la sua occasione per fare lo splendido, in materia di contatto fisico, nei confronti della propria moglie, elargendole generose carezze che partivano dal busto per poi scendere delicatamente verso la vita e scivolare infine, non troppo discretamente, sui glutei della donna. Kate non era rimasta indifferente al tocco del suo uomo; sentiva ancora i brividi lasciati dal percorso della sua mano, un tratto inconfondibile quanto la calligrafia di uno scrittore. Il suo scrittore. Castle aveva avuto la sua vendetta.

Inutile dire che Josh non ricordava nemmeno di aver mai conosciuto Richard Castle di persona prima di quel momento. Si scusò quindi per non averlo quasi notato qualche istante prima e rimediò con la consueta stretta di mano ed alcuni complimenti riguardo ai suoi romanzi, forse mai neanche aperti in vita sua. Giustappunto, quale vita? Erano lì per capirci qualcosa di più.

Dopo che Castle ebbe ordinato i tre caffè la conversazione poté cominciare. Beckett andò subito al dunque, chiedendogli di raccontare ciò che ricordava riguardo al periodo in cui, come lei affermava, stavano insieme.
«Ricordo solo che quell’anno venni colpito da due episodi di svenimento improvviso. Mi dissero che era dovuto allo stress per il troppo lavoro. Sì, fu proprio così, adesso ricordo. Al risveglio dal secondo episodio di svenimento mi ritrovai in un letto d’ospedale. Il primario della clinica mi spiegò di avermi notato accasciato a terra per strada mentre si stava recando al lavoro e mi soccorse, facendomi portare alla sua clinica che si trovava proprio nelle vicinanze. Mi disse di avermi sottoposto a degli accertamenti e mi chiese se fossi già stato vittima di altri svenimenti di recente. Gli spiegai che era la seconda volta nel giro di poco. Mi fece inoltre delle domande sul mio stile di vita e mi comunicò che sarebbe tornato con l’esito delle analisi. Tornò verso sera dicendomi che si trattava appunto di debolezza dovuta allo stress. Mi prescrisse degli integratori e mi ordinò di prendermi un periodo di riposo dal lavoro. Disse che per sicurezza mi avrebbe tenuto in clinica per la notte. La mattina seguente, al mio risveglio, il dottore mi comunicò che aveva provveduto personalmente ad inoltrare i documenti all’ospedale dove lavoravo per evitarmi altro stress burocratico inutile. Mi fece infine accompagnare a casa» raccontò Josh.

 Vennero momentaneamente interrotti dalla cameriera che servì loro i tre caffè.

«Ti ricordi per caso il nome del primario di quella clinica?» continuò poi Beckett, sperando di ottenere una nuova pista.
«Mi dispiace... Ora come ora proprio non lo ricordo. So solo che si trattava di una clinica privata» rispose lui dispiaciuto.
«Tu, Kate, ne sapevi qualcosa dei suoi svenimenti dovuti allo stress?» si intromise Castle.
«Ad essere sincera no, non ne sapevo nulla» rispose lei abbattuta.
«Dunque, vediamo... La tua decisione di partire per le missioni in Africa risalirebbe a prima o dopo gli svenimenti?» cercò di andare più a fondo Castle.
«Dunque... La prima missione in Africa ed anche la seconda, ad Haiti, sono avvenute dopo il primo svenimento, mentre quella in Amazzonia risale a dopo il secondo svenimento. Dopo il periodo di riposo sono tornato a lavorare per due settimane ed in seguito sono partito per la terza missione» spiegò Josh.
«C’è qualcosa che non coincide con ciò che ho vissuto io… Tu avevi deciso di non partire più per Haiti perché volevi dare ancora una possibilità alla nostra relazione » commentò Beckett, sistemandosi nervosamente le ciocche di capelli laterali dietro alle orecchie.
«Kate, non sei solo tu a ricordartene. Mi ricordo perfettamente anche io tutto ciò che tu affermi » la rassicurò Castle.
Il cardiochirurgo stava ormai stentando a credere a tutta quella storia. Chi erano quei due per fargli credere di aver vissuto una vita diversa da quella che lui aveva sempre dato per scontata?
«Sono ancora in possesso di tutti i documenti che attestano la mia partecipazione alla missione» rispose Josh spazientito.
Kate voleva vederci chiaro, aveva bisogno di un indizio da cui partire.
«Avanti Josh, raccontaci qualche altro particolare significativo di quel periodo» si vide rassegnata a chiedergli Kate. Josh iniziò a parlare, dilungandosi per alcuni minuti, anche se stava iniziando a prendere sotto gamba tutta la faccenda.
"Ci crede pazzi, è chiaro" pensò Kate tra sé, cercando di concentrarsi su ciò che l'uomo stava dicendo.
 
Qualcosa nel modo di esprimersi di Josh aveva catturato l'attenzione di Kate... Un particolare, un dettaglio che la stava destabilizzando. Cercò di capire di cosa si trattasse, iniziando ad analizzare Josh in ogni sua minima sfaccettatura.
Castle se ne accorse e le lanciò la sua solita occhiata da maritino geloso, pensando che si fosse persa ad ammirare chissà che cosa di Josh.
Beckett rispose infastidita con un discreto quanto efficace calcio negli stinchi di suo marito. Davvero la credeva capace di sbavare dietro al suo ex?
Castle capì all'istante che ciò che Beckett stava facendo non poteva essere ciò che lui aveva inizialmente pensato. Si impegnò quindi a nascondere la smorfia di dolore provocata dalla giustificatissima reazione della moglie.
Poi, in un lampo, Kate si illuminò. Come aveva potuto non accorgersene prima? Non lo interruppe, lo lasciò andare avanti a parlare. A dire il vero non era nemmeno sicura di voler condividere direttamente con Josh ciò che l'aveva turbata.
All'improvviso il cellulare di Josh squillò e lui dovette interrompere il suo racconto.
«Potete scusarmi un attimo?» chiese lui, alzandosi dalla sedia ed appartandosi per rispondere al cellulare. Tempismo perfetto.
Kate colse al volo l'occasione.
«Castle! La voce non è la sua! O meglio... Non è la stessa che aveva dieci anni fa» spifferò in un sussurro a suo marito.

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Capitolo 14
*** Beckett in Wonderland ***


Castle e Beckett si stavano confrontando sulla conversazione intrattenuta con Josh, da poco conclusasi. Non avevano scoperto molto che potesse essere loro d’aiuto, ma confidavano nel prezioso nome del primario che Josh gli avrebbe fornito nei giorni seguenti.
« Bene... io direi di distrarci un po’ da tutta questa faccenda. Se mi lasci guidare la tua auto ti porto in un posto stupendo» propose Castle con gli occhi che brillavano.
«La tua euforia non promette niente di buono...» lo smorzò la moglie. Beckett conosceva a memoria il significato di quell’ espressione vispa  di Rick. Sapeva che Castle indossava quello sguardo solo in due occasioni: durante una partita a laser tag e quando doveva provare un nuovo videogioco. Insomma, sì, Rick era adorabile quando faceva così ma Kate non aveva intenzione di prendere parte a nulla del genere!
«Avanti, Kate... Non puoi spegnere così il mio entusiasmo, sono sicuro che ti piacerà, abbiamo ancora del tempo libero prima di andare a pranzo. Non costringermi ad andarci da solo oggi pomeriggio, non voglio che tu ti perda questo momento speciale! » piagnucolò lui.
«Davvero stai giocando la carta “lavoro”? » lo rimproverò.
«Non sto usando nessuna strategia, Beckett. Sono certo che se mi obblighi ad andarci da solo mentre tu oggi sarai alla School Safety, trascorrerai tutto il tempo chiedendoti cosa stia facendo. Credi di essere in grado di tenere una lezione in condizioni del genere? » la sfidò Rick.
 
«Non capisco mai se cedo perché sai creare suspence anche al di fuori dei tuoi romanzi oppure perché... » iniziò Kate.
 
«Ovviamente la seconda opzione: perché sono irresistibile!» concluse lui, precedendola. 
 
Kate scosse la testa. Suo marito era davvero irrecuperabile. O forse quella irrecuperabile era lei? Talmente ubriaca dell’ essenza di quell’uomo da non percepire più il confine tra la normalità e l’insensatezza. Una sensazione di vuoto sotto ai piedi, qualcosa di molto simile al volare ma a differenza del volo non aveva luogo nel cielo, bensì in uno spazio surreale, possibilmente ancora più infinito del cielo. E di un blu ancora più spettacolare di tutte le sfumature che il cielo possa mai assumere. Il blu dei suoi occhi.
 
Kate cedette, consegnando le chiavi a Castle che le acciuffò vittorioso. Partirono poi alla volta di... Del “posto stupendo” che Rick non aveva intenzione di rivelarle fino al momento dell’arrivo, ma che lei in base al tragitto intrapreso individuò essere localizzato nei pressi di Central Park. La sua intuizione fu esatta... Solo per quanto riguardava la zona però.
« No, davvero?» commentò Beckett indignata.
«Cosa?» rispose Castle, fingendo di non capire.
«Vorresti dirmi che questo evento così speciale dovrebbe svolgersi al Ferrari Store di New York?! È questo il posto stupendo dove dovevi portarmi?!» dichiarò lei.
«Non essere prevenuta, Kate... Non sai ancora di che cosa si tratta!» cercò di persuaderla lo scrittore.
«Mi spiace, Castle, ma da uno scrittore mi aspettavo qualcosa di un tantino più romantico...» lo prese in giro lei.
«Non sarà romantico ma è di sicuro d’effetto. Dai, seguimi!» disse Castle sempre più euforico.
Kate lo seguì rassegnata.
 
Rick fece il suo ingresso trionfante all’interno del negozio, mentre Kate stette alle sue spalle incuriosita. Dovette ammetterlo a sé stessa.
 
Lo scrittore si diresse verso il bancone dove venne accolto dall’espressione gentile di una giovane commessa.
«Buongiorno, ho ordinato circa un mese fa un articolo dal vostro sito internet. Dovrebbe essere arrivato» si rivolse Castle alla ragazza con un sorriso così grande da fare invidia allo Stregatto di Alice in Wonderland.
«Verifico subito... Nome?» chiese la commessa dirigendosi verso il magazzino.
«Richard Castle» rispose lui crucciato.
La giovane sparì dietro la porta.
«Sono finiti i tempi in cui le ragazzine ti riconoscevano per strada...» lo prese in giro Beckett.
«Non dire nulla, è uno scandalo che non mi abbia riconosciuto nemmeno dopo averle detto il nome!» commentò Castle infastidito.
 
La commessa del negozio tornò poco dopo.
«Ecco qui la fattura, signor Castle. Il mio collega arriva subito con la confezione» lo informò la giovane dirigendosi verso la cassa e consegnandogli il documento. «Sono  405,50 $» decretò poi.
Kate strabuzzò gli occhi alle spalle del marito, il quale immaginava ridacchiando la sua reazione.
«Carta di credito» comunicò Castle soddisfatto alla commessa.
«Rick... Mi devo preoccupare?!» chiese Kate ignara di ciò che Castle stava pagando.
«Certo che no! Vedrai come sarà divertente vedere Reece e Jake sfrecciare con la loro prima Ferrari!» rivelò finalmente Rick.
« Tu sei completamente pazzo! Cosa intendi per “sfrecciare”?» gli chiese Beckett allibita.
«Suvvia, Kate, è metaforico!»la tranquillizzo.
In quel momento arrivò il magazziniere con lo scatolone contenente la riproduzione fedele di una Ferrari rossa fiammeggiante.
«Ecco qui... “Ferrari California” modello 12V , elettrica. Dotata di pedale con acceleratore e di freno elettrico e di due sedili forniti di cinture di sicurezza!» annunciò fiero il magazziniere.
«Ti ho lasciata senza parole Beckett? » le chiese Castle, vedendola portarsi una mano sulla bocca in segno di sorpresa.
«Rick, è stupenda! I gemelli impazziranno!» gridò Kate, lasciandosi coinvolgere dalla sorpresa che davvero non si aspettava.
 
Castle raccolse lo scatolone aiutato da Beckett e lo trasportarono fino alla loro auto.
«Non possiamo tornare a mani vuote da Lily però» gli fece notare Kate.
«È presto in arrivo una sorpresa anche per lei, non adesso però. Oggi dovrà accontentarsi di qualcosa di meno esigente. Hai qualche idea? Io mi sono sforzato troppo nell’ immaginare quanto bello sarebbe stato dal vivo questo piccolo gioiellino!» confessò Castle alla moglie che lo guardava scuotendo la testa mentre lui abbracciava soddisfatto lo scatolone.
«Mah... visto che i gemelli sfrecceranno al parco con la loro nuova Ferrari, perché non dotare Lily di un paio di pattini per sfrecciare accanto a loro? Ah, ovviamente sarà compito di papà Richard correre senza sosta per tutto il parco per supervisionarli!» propose Kate.
«Non mi credi in grado? Ho ancora un fisico atletico, nonostante l’età avanzi» scherzò Rick, facendo il finto offeso.
«Ti credo , Castle. Allora ti prendo in parola!» concluse Kate ridacchiando.
La tappa successiva fu infatti il non lontano Disney Store di Times Square, dove poterono acquistare pattini, casco e ginocchiere per Lily, il tutto rigorosamente coordinato.
«Soddisfatta di come abbiamo riempito le ore che ci separavano dal pranzetto insieme?» chiese Rick alla moglie, che camminava aggrappata con un braccio alla vita del suo uomo  e con l’altro faceva dondolare la shopper decorata con la sagoma di Mickey Mouse avanti e indietro. Si sentiva come una bambina felice dopo aver trascorso tutto quel tempo tra un’infinità di giocattoli, in compagnia del suo compagno di giochi preferito.
«Non potevi organizzare di meglio, Rick. Sei un papà favoloso, ma soprattutto un marito straordinario.  Per stare in tema, credo che tu provenga dal Paese delle Meraviglie. Spero di non svegliarmi mai da questo sogno» rispose lei appoggiando la testa alla sua spalla.

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Capitolo 15
*** Welcome to the end of the world ***


Dopo quelle magiche ore trascorse tra i giocattoli ed essersi beato dello sguardo sognante di sua moglie, Rick decise, proprio come aveva espresso lei con discreta esigenza, di continuare a farla sognare.
Doveva sdebitarsi con Kate, che gli permetteva di sognare ad occhi aperti ogni qualvolta lei decidesse di svelargli un sentimento  che la pervadeva. Kate era sempre rimasta la stessa in fatto di emozioni da esternare. Erano rare le volte in cui si mostrava nuda e disarmata di sua spontanea volontà, ma quando questo succedeva, per Castle era uno spettacolo unico. Quando ne coglieva i segnali si preparava per assistervi, pronto a percepire il proprio cuore riscaldarsi ad ogni parola che Kate pronunciava. Sapeva che sarebbe poi stato pervaso da brividi incontrollati, forse come reazione del calore accumulato nel cuore o forse, semplicemente, creati dal delicato soffio di parole con il quale lei lo rendeva partecipe del suo essere.
La sua Kate era così, quando decideva di uscire dal proprio involucro dei sentimenti aveva il potere di trapassare qualsiasi barriera ed entrare nel profondo di chi sapeva ascoltarla ed accoglierla nel tepore che lei stessa aveva emanato.
 
«Sai, Kate… Si può sognare benissimo ad occhi aperti ma io ho deciso che per adesso il tuo sogno deve continuare ad occhi bendati. Ho una sorpresa anche per te oggi» le confessò Rick.
«Oggi sei in vena di sorprese» commentò lei, ancora assopita tra i propri pensieri fiabeschi.
 
Tornarono al parcheggio dove avevano lasciato l’automobile e Rick prese nuovamente il posto di guida. Non senza prima premurarsi di annodare una morbida benda al capo di Kate, in modo da coprirle gli occhi.
«Questa volta non avrà modo di capire dove siamo diretti, detective» scherzò Castle.
« Lo sospettavo »ridacchiò lei. Kate era lusingata da tutte quelle attenzioni, non ci si era mai abituata. Rick aveva scelto proprio lei per condividere le proprie giornate sempre scandite da idee sorprendenti, insolite o stravaganti. Lei che faticava ad aprirsi con le persone, lei che ci aveva impiegato anni prima di lasciarlo passare attraverso la piccola porta del suo cuore. Avevano dovuto aprirglielo, rischiando di farla scomparire dal mondo perché lei potesse finalmente lasciare che Castle vi entrasse. Ed una volta entrato, lui non ne era più uscito, nonostante avessero tentato più volte di portarglielo via. L’ultima risaliva a sette anni fa, dopo l’agguato al loft. Vedendolo agonizzante a terra era strisciata, anche lei ferita,  al suo fianco. I pensieri che le pervadevano la testa erano poco lucidi e vedeva scorrere davanti a sé immagini spaventose e deliranti, distorte.  Aveva visto il proprio cuore con Rick chiuso al suo interno che si teneva stretto alle pareti di quel muscolo che nonostante tutto batteva ancora.  Aveva visto la propria ferita sanguinante ed una pozza di sangue a terra. Di nuovo l’immagine di Rick che faticava a restare aggrappato al cuore di lei, il sangue che veniva pompato dal muscolo cardiaco lo spingeva verso la ferita della sua donna per espellerlo una volta per tutte dalla sua anima. Kate non voleva che Rick lasciasse il suo cuore, era quello il posto in cui doveva stare per sempre, nessuno aveva il diritto di strapparlo da là. E così fu. Rick dimorava ancora nel cuore che batteva al ritmo scandito dalle loro meravigliose giornate trascorse insieme, un ritmo ravvivato da altri battiti altrettanto intensi, quelli dei cuoricini dei loro figli, che contribuivano a fare della loro famiglia la melodia più dolce e profonda che fosse mai esistita.
 
Rick raggiunse il posto che aveva scelto per il pranzo. Non ci misero molto, si trovava in zona. Lo scrittore aveva prenotato al K Rico, ristorante di specialità sudamericane. Si era anche premurato di scegliere personalmente la portata che avrebbero dovuto servire a lui e a sua  moglie: Entraña skirt steak con salsa Chimichurri, originaria dell’Argentina.
 
Aiutò Kate a scendere dall’auto e la condusse all’interno del ristorante.
«Rick, mi vergogno un po’ a passare tra la gente così bendata» confessò lei.
«Tranquilla, siamo arrivati. Eccoci al nostro tavolo» la rassicurò aiutandola a prendere posto.
I proprietari del ristorante, d’accordo con Castle iniziarono il servizio, versando nei loro calici del buon Torrontés, vino della zona del Río Negro in Patagonia.
Poco dopo arrivò la portata di carne precedentemente scelta da Castle.
«Che profumo invitante, Rick. Dove mi hai portata?» chiese lei estasiata.
Rick tagliò un piccolo boccone dal piatto di Kate, per poi infilzarlo con la forchetta ed avvicinarlo alle sue labbra.
«Dimmelo tu, Kate. Assaggia» la invitò lui.
Kate schiuse le labbra ed addentò il pezzetto di carne che Castle le aveva avvicinato alla bocca. Sorrise immediatamente, capendo quale fosse l’intento di suo marito. Voleva riportare la sua memoria ad uno dei viaggi più belli che avessero mai fatto.
«Mmm… Capo Horn!» esclamò infine lei rapita.
Quella vacanza era stata la fine del mondo, in tutti i sensi. Avevano raggiunto il punto più a sud del mondo, nella Tierra del Fuego, dopo aver percorso tutta la Patagonia in moto. Ricordava molto bene quella sorpresa che Rick le aveva organizzato con la complicità di suo padre Jim. Erano riusciti a  spedire le moto, a sua insaputa, nel luogo di partenza del loro viaggio on the road. Con la scusa che Jim avrebbe voluto apportare alcune modifiche ai veicoli, Rick ne aveva giustificato la temporanea assenza. Una volta che Rick le rivelò la sorpresa, facendole trovare i biglietti aerei,  erano potuti partire all’avventura, raggiungendo le proprie moto in Sudamerica. Lily all’ epoca aveva tre anni ed era la prima volta che partivano per una vacanza senza di lei. Kate era molto preoccupata, il suo istinto materno si era ormai radicato stabilmente nel suo essere. Jim però contribuì a rassicurarla, informandola che si sarebbe trasferito al loft durante quelle due settimane.
L’inconfondibile sapore di quel taglio di carne argentina l’aveva davvero fatta volare verso quei ricordi, lontani, sì, ma solo geograficamente perché lei li conservava sempre stretti a sé, ad un battito di cuore.

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Capitolo 16
*** Leisure activities ***


Kate camminava a piccoli passi lungo il corridoio della NYPD School Safety Division, dopo aver tenuto la propria lezione pomeridiana. Sollevò il braccio sinistro, ruotando il polso verso di sé in modo da poter controllare l'ora esatta dal quadrante dell' Omega Speedmaster di suo padre. Le 16:40. Poteva prendersela comoda; come avevano concordato un paio d'ore prima, Rick sarebbe passato a prenderla per le 17:00. Come d'abitudine, quando i piccoli trascorrevano il pomeriggio in compagnia dei nonni, Rick accompagnava sua moglie alla School Safety, per poi rifugiarsi a scrivere in un bar della zona, in attesa di poterla di nuovo rapire e portare a casa. Era proprio Rick ad utilizzare quel termine, rapire, e suo marito, in quanto scrittore non usava parole a caso. Le diceva sempre che non importava quale carica ricoprisse e che tipo di attività svolgesse, quando lei si dedicava al proprio lavoro lo faceva con tutta sé stessa; non era cambiato nulla rispetto a quando lavorava come detective o capitano del 12° Distretto, Kate vedeva la propria occupazione come una missione. Per questo Castle, quando la vedeva rientrare a casa o quando passava a prenderla, si sentiva un po' come un sequestratore che la allontanava dal suo amato lavoro. "Un gran bel sequestratore", aveva commentato Kate; sarebbe stata disposta a pagare di tasca propria una cifra maggiore rispetto a quella di un ipotetico riscatto per essere tenuta prigioniera a vita da un rapitore come Rick.
Arrossì, vedendo materializzarsi nella propria mente l'immagine di Castle che la teneva prigioniera in ben altri contesti, poco consoni al luogo dove si trovava. Fortunatamente non incontrò nessuno in quel momento lungo il corridoio. Da quando certi pensieri la coglievano così all'improvviso? Forse nel piatto tipico argentino consumato alcune ore prima era presente qualche ingrediente afrodisiaco?
Scosse la testa, cercando di riappropriarsi della propria illibatezza e proseguì sui suoi passi fino a raggiungere l'armadietto, dove depositò fascicoli e dispense che le erano serviti per la lezione.
Poco più tardi, uscendo dall'edificio, trovò Castle ad aspettarla a bordo della sua auto davanti all'ingresso. Rick occupava però il posto dal lato del passeggero; Kate si accomodò quindi al posto di guida, che le spettava di diritto. In mattinata aveva ceduto il posto a suo marito solo perchè lui doveva portare a termine tutta la serie di sorprese che aveva organizzato nei vari "luoghi segreti".
«Oh, finalmente... Questo sedile iniziava a sentire la mia mancanza!» esordì Kate, poggiando le mani sullo sterzo ed adagiandosi comodamente nel posto di guida.
Rick, che aveva osservato ogni suo movimento, se ne uscì con la sua "confessione" giornaliera.
«Se dovessi scegliere in che oggetto trasformarmi, vorrei essere quel sedile» dichiarò malizioso, rimanendo con lo sguardo imbambolato sul fondoschiena della moglie. Kate lo guardò di traverso, anche se in realtà la sua espressione lasciò trasparire compiacimento per il significato che Rick aveva voluto dare a quella frase.
«Ehm, ehm...» tossì Kate per ridestare suo marito. «C'era per caso qualcosa di afrodisiaco nel pranzo di oggi?» aggiunse poi, ricordandosi dei suoi pensieri per nulla casti avuti poco prima.
Rick si ridestò improvvisamente, spostando lo sguardo sugli occhi di lei, con fare indagatore.
«Da come lo dici sembra che tu ne abbia sperimentato gli effetti...» la provocò lui. Non gli sfuggiva proprio niente eh?
~•~•~•~•~•~•~•~•~
Una volta arrivati al loft, Rick e Kate decisero che avrebbero consegnato le sorprese ai piccoli solamente dopo cena e le lasciarono quindi nascoste nell'automobile. 
Giunti davanti alla porta d'ingresso, musa e scrittore si guardarono per un attimo, rassegnati, sentendo un gran baccano provenire dall'interno ed immaginando già la propria dimora messa sottosopra dopo una giornata di attività in compagnia di nonna Martha.
《Ho quasi paura ad abbassare la maniglia》 confessò Rick, coprendosi gli occhi con una mano. Kate strinse Castle per i fianchi ed appoggiò il mento sulla spalla destra del marito, pronta per qualsiasi disastro le si fosse presentato davanti. Voleva bene a Martha e le era grata per essere sempre disponibile ad occuparsi dei piccoli, ma non era certo quel tipo di nonna alla cui presenza regnavano ordine e rigore assoluto. Anzi, tutt'altro.
Rick abbassò finalmente la maniglia e spinse in avanti la porta.
《Tutto sommato non é nulla...》commentò Beckett. Avevano visto di peggio, assolutamente.
《Ohhh... Guardate chi c'é! Papà e mamma sono tornati!》esordì Martha vedendoli entrare.
《Ciao Martha, sono stati bravi?》 chiese Kate con un sorriso un po' tirato, vedendo nell'ordine: un bicchiere per terra con del succo rovesciato sul tappeto, Jake che lanciava dell'insalata addosso al fratello , Lily che cercava in tutti i modi di pulire quella che sembrava essere una macchia di budino dal divano, Reece che gattonava per casa con una foglia gigante in mano (presumibilmente strappata dalla pianta ornamentale del soggiorno), scarabocchi fatti con pastelli a cera sul parquet... No, un attimo. Di che colore aveva i capelli Reece?! Kate spostò in una frazione di secondo lo sguardo dal parquet "artisticamente decorato" al look non meno artistico che sfoggiava suo figlio Reece.
《Madre! Che diavolo ha in testa Reece??》 chiese Rick leggermente alterato, vedendo i capelli del piccolo raggruppati a formare una cresta e soprattutto di un eccentrico color verde foresta.
《 Sono un' iguana!》 gridò Reece gattonando verso Kate, sempre con la foglia in mano. Lily si stava sbellicando dalle risate, ancora intenta a pulire il divano con una spugna, mentre Jake inseguiva Reece continuando a lanciargli addosso dell'insalata,  urlando:《Iguana, devi mangiare! 》.
《Ahaha... Si tratta solo di un colorante naturale, di quelli che usiamo a teatro. Si pulisce in pochi secondi con acqua calda》 li tranquillizzò Martha.
《Ci siamo divertiti tantissimo!》 decretò Reece lanciandosi tra le braccia di Kate.
《Non avevo dubbi》 commentò Rick, iniziando a raccogliere l'insalata sparsa per terra.
《Non preoccupatevi, cari. Adesso vi aiuto a ripulire tutto!》 si offrì la rossa.
《Martha... Figurati, ci pensiamo noi qui》 le disse Kate gentile. La verità era che non sapeva da che parte cominciare, sempre che avesse mai trovato la voglia di cominciare.
~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~
Dopo aver messo a letto i bambini, Rick e Kate poterono finalmente sedersi comodamente sul divano. 
《Questa macchia non é venuta via, dovremo cambiare la fodera》commentò Kate, visibilmente stanca.
《Povera Lily, era così dispiaciuta. Si era messa fin da subito a cercare di rimediare al danno》considerò Rick sorridendo. 《 É forse più affidabile lei di mia madre》aggiunse, facendo sorridere la sua musa.
《Sono rimasti dei dolcetti, ne vuoi uno?》chiese Kate dirigendosi verso il piano cottura della cucina.
《Se proprio insisti...》rispose lui fingendo di essere  obbligato a svolgere chissà quale gravoso incarico.
Kate tornò poi da Rick con il vassoietto di pasticcini che Martha aveva portato per la merenda.
《Ehi, non vale! Hai preso quella che volevo io!》si lamentò Kate, vedendolo scegliere la pastina ricoperta si glassa rosa con in cima una ciliegia. 
《Dai Kate, lo sai che non resisto alle ciliegie, sanno di te》si giustificò lui. Beckett sospirò in segno di rassegnazione e si vide costretta a sceglierne un'altra. Dopo il primo morso,  sulle labbra di Kate rimase un po' di zucchero a velo, del quale lei non si accorse. Rick sorrideva della sua musa maldestra e così assolutamente dolce in tutti i sensi. 
《Che c'é da ridere, Rick?》gli chiese scrutandolo  incuriosita. Castle, che teneva in  mano il proprio pasticcino alla ciliegia ancora intatto, si fece più vicino  a Kate, osservandola con occhi rapiti.
《Posso fare cambio?》chiese lo scrittore lasciando il pasticcino sul vassoietto.
Kate non capiva proprio dove volesse andare a parare suo marito. Pochi secondi più tardi, però,  tutto le fu più chiaro.
Rick si avventò  sulle sue labbra, assaporandone le tracce di zucchero circostanti ed inspirando il profumo intenso di ciliegia che la vellutata pelle di Kate emanava.
 
 
        

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Capitolo 17
*** We are a team ***


Il giorno del confronto con Josh, Kate aveva esplicitamente chiesto al proprio ex fidanzato di contattare Castle non appena avesse verificato il nome del primario dal quale era stato soccorso dieci anni prima. Suo marito, non avendo specifici impegni di lavoro, sarebbe stato reperibile in qualsiasi momento della giornata. Accadde infatti che Rick ricevette la telefonata di Josh mentre Kate si trovava alla School Safety, due giorni dopo l'incontro con il cardiochirurgo. 

Rick sedeva sulle gradinate del campo di allenamento della Inwood Manhattan Little League ed osservava, cercando di mostrarsi coinvolto, Jake e Reece impegnati nella simulazione di un'azione di baseball. Non sembrava troppo entusiasta. Accanto a lui la  piccola Lily appariva, al contrario, molto più interessata agli sviluppi di ciò che stava succedendo in mezzo al campo a forma di diamante. Da chi, se non Jim Beckett, avevano potuto ereditare questa grande passione per il baseball? Tutti e tre, femminuccia compresa... Nessuno si era salvato! Suo suocero, assecondato da Kate, aveva proposto ai gemellini di entrare a far parte di una vera e propria squadra, visto il loro interesse per quello sport. 《Forse Martha Rodgers si ricrederà sul fatto di averlo giudicato "uno sport terribilmente noioso" e che richiede "una certa mancanza di brio"》aveva commentato Jim, che ricordava ancora la spiritosa osservazione della consuocera durante la prima cena insieme alla sua Katie e Rick. 
Castle , come allora, sosteneva l'opinione di sua madre, ovvero lo considerava uno sport poco movimentato. 《Preferisci che rischino di rompersi le ossa in un campo da football americano, per di più  imbrattandosi  di fango dalla testa ai piedi in caso di pioggia?》l'aveva messo alle strette Kate, aggiungendo 《Anche perché il bucato lo dovrò fare io e non oso nemmeno immaginare in che condizioni tornerebbero a casa le divise!》.  Rick dovette assecondare la sua musa; glielo doveva, dopotutto poteva essere un modo per rimediare alla figuraccia che sua madre aveva fatto in passato con Jim. Non che Rick fosse un grande amante di sport, ma il baseball l'avrebbe evitato volentieri.
Ed eccolo lì, dunque, che da buon papà aveva accompagnato i piccoli all'allenamento di prova della più antica little league team di New York, che apriva le iscrizioni per la nuova stagione ai bambini dai quattro anni in su. Ovviamente consigliata dall'esperto nonno Jim. 
《Guarda papà, li hanno presi!》urlò Lily entusiasta, sventolando festante, in direzione dei fratellini, il cappellino degli Yankees che indossava fino a qualche istante prima.
Rick esultò, sferrando il pugno sinistro verso il cielo in segno di vittoria per farsi notare dai suoi piccoli campioni, ma venne distratto proprio in quel momento dallo squillo del suo telefono. Fece scorrere il pollice destro sullo schermo e rispose a Josh che, come promesso, gli comunicò il tanto atteso nome del primario.
《Ti ringrazio Josh, non appena sapremo qualcosa ti contatteremo》si congedò Rick, con voce un po' scossa. 
《 Papà, papà... Era il nonno? Vorrà sapere se li hanno presi in squadra!》gli chiese Lily ancora visibilmente contenta per i gemellini.
《No, piccola... Era un signore che conosce la mamma. Perché non chiami tu il nonno per dargli la bella notizia? Digli che tra poco andiamo a trovarlo, così Reece e Jake potranno raccontargli tutto》le suggerì Rick, consegnandole il telefono.

Jim Beckett era molto contento di ricevere quella visita, anche se in realtà non si aspettava che Rick si recasse a casa sua da solo con i bambini. Di solito ci andava sempre in compagnia di Kate, quindi si chiese perché non l'avesse aspettata. Sarebbe uscita dal lavoro di lì a un'oretta dopotutto.
Rick però aveva già provveduto ad avvisare Kate con un messaggio: "Ufficialmente giocatori della Inwood Manhattan! Siamo da tuo padre a festeggiare. Raggiungici lì dopo pranzo. ♡ Un bacio, Rick".
Il vero motivo della tanta fretta con cui voleva raggiungere la casa di Jim era perché necessitava  davvero di qualcuno che si occupasse dei piccoli mentre lui avrebbe fatto qualche ricerca riguardo al primario indicatogli da Josh. Quel nome l'aveva turbato e non voleva aspettare altro tempo; soprattutto aveva bisogno di tranquillizzare sè stesso prima di dare la notizia a Kate, non voleva metterla in agitazione per qualcosa che magari non significava nulla. Dopotutto un cognome poteva dire tutto e niente.

Jim li accolse felicissimo, in particolar modo abbracciando orgogliosamente i gemelli che non avevano ancora smesso di gridare dalla gioia. Rubò poi il cappellino a Lily, posizionandolo sulla propria testa, troppo grande per quella taglia.
《Fantastico questo berretto, posso prenderlo per vedere come sto?》chiese alla piccola, cercando di sembrare serio.
《Ti sta bene, ma è un pochino piccolo》decretò la nipotina ridendo.

Jim si avvicinò poi a Rick per salutarlo meglio e notò la sua espressione un po' tesa. Gli chiese quindi spiegazioni, avendo già avuto in precedenza un leggero presentimento che qualcosa non andasse.
Castle gli espose la faccenda, chiedendogli di occuparsi dei piccoli mentre lui avrebbe svolto qualche ricerca dal suo portatile. Jim acconsentì comprensivo e lo invitò a salire al piano superiore per avere un po' più di tranquillità.
《Nonno! Guarda cosa ci hanno regalato!》 gridò Reece scuotendo un involucro di plastica trasparente e  scricchiolante che conteneva qualcosa.
Jake, che aveva già strappato la plastica del proprio sacchetto, lanciò al nonno il suo contenuto. 
《 Woo! La vostra prima divisa da allenamento!》gridò Jim entusiasta per i gemelli.

Rick salì al piano superiore, sistemandosi nella stanza riservata da Jim ai nipoti. Si posizionò alla scrivania ed accese il suo portatile. Digitò poi nel motore di ricerca, con le dita leggermente tremanti per la tensione, il fatidico nome comunicatogli da Josh. "Jonathan Nieman". Ebbene sì. Scoprì che si trattava proprio del padre di Kelly Nieman, la pazza che per poco non aveva ucciso la sua Kate. Trovò però diversi articoli ed interviste in cui il primario si dissociava nella maniera più categorica  da ciò  che aveva fatto sua figlia. Infatti, nonostante fosse anch'egli specializzato, fra le altre cose, in chirurgia plastica, si era dichiarato totalmente estraneo ai progetti di cui si occupava Kelly. Aveva affermato che la propria clinica, una volta andato in pensione, era passata nelle mani della figlia che ne aveva però travisato le finalità, gli obiettivi ed i valori nei quali Jonathan aveva sempre creduto.

Tutto ciò contribuì a tranquillizzare Rick. Quel primario sembrava veramente estraneo a ciò di cui si occupava Kelly Nieman. Forse era davvero solo un caso il fatto che Josh fosse stato da lui soccorso dieci anni fa. 

《Ehi! Cosa ci fai qui tutto solo?》la voce della sua dolce musa non fece altro che calmarlo ulteriormente. Sapeva che unendo le loro menti avrebbero messo insieme tutti i pezzi, giungendo alla conclusione di questo mistero. Dopotutto era di questo che si trattava: un mistero del passato su cui fare chiarezza. Non c'era nulla di cui preoccuparsi, se davvero qualcosa di brutto era successo in quella storia, ormai riguardava il passato. Ma era giusto che venisse a galla, perché la giustizia restava sempre il valore più importante nella vita di Richard Castle e Katherine Beckett.

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Capitolo 18
*** Take after ***


Dopo aver scritto ben due capitoli del suo romanzo, Castle si ritenne decisamente soddisfatto. Controllò l'ora dallo schermo del proprio telefono e si rese conto che mancava ancora un'ora e mezza al termine dell'allenamento di baseball dei gemelli. Decise di liberare la mente; dopo due ore di scrittura ininterrotta aveva bisogno di un po' di svago. "Chissà se Lily avrà voglia di sfidarmi a qualche videogioco?" si chiese avviandosi verso la camera della bambina. Erano le tre del pomeriggio e, da alunna diligente, la piccola aveva deciso di impiegare il proprio tempo svolgendo i compiti delle vacanze. Rick la trovò infatti ancora seduta alla sua piccola scrivania, intenta ad eseguire alcune addizioni e sottrazioni racchiuse nella pancia di un enorme pesce palla stampato sul libro.
《 Basta calcoli... Se scrivi ancora qualcosa questo povero pesce palla scoppierà!》scherzò Castle, carezzando i capelli della piccola.
《 Ne mancano solo due, devo finire. La mamma dice che bisogna sempre potare a termine quello che si inizia》puntualizzò  Lily. 《 Lo sai, vero, che la mamma non aprirà mai questo libro?》le chiese Rick cercando di convincerla ad abbandonare subito quell'attività noiosa.《Certo che lo so. Sei tu che mi aiuti sempre con i compiti. Ma non mi va di imbrogliare la mamma. Lei si fida di noi e vuole che facciamo tutte le cose per bene》concluse la bambina, irremovibile. "Testarda come sua madre!" si disse mentalmente Rick, "Mai una volta che riesca a corromperla."
《 D 'accordo... Allora ti aspetto in cucina, per la merenda》concluse Rick rassegnato. 《 Arrivo subito anche io!》rispose Lily, tenendo qualche conto con le dita delle mani.
Rick, arrivato in cucina, sistemò le tovagliette di plastica sul tavolo, imbandendolo inoltre di dolciumi e frutta. Si dedicò poi alla preparazione di una spremuta d'arancia. Prese un coltello dal cassetto, passando accanto al calendario da tavolo appoggiato sul bancone. Posò distrattamente lo sguardo sull'appunto scritto da Beckett nello spazio apposito per le note. "Carnegie East House for Seniors, Yorkville, Upper East Side, 1844 2nd Ave,  NY".  I suoi pensieri si spostarono per un attimo nell'angolo della testa che aveva riservato al mistero di Josh. Dopo le varie ricerche svolte intorno al dottor Nieman, Rick e Kate si erano tranquillizzati, decidendo di non farsi inghiottire dal vortice delle preoccupazioni. Avrebbero risolto quel mistero passo a passo, cercando di tenere i nervi saldi. Jonathan Nieman era, secondo le loro ricerche, un anziano dottore innocuo: pur essendo il padre di Kelly Nieman, era estraneo a ciò che la figlia aveva fatto. Castle e Beckett avevano però bisogno di incontrarlo per sapere qualcosa di più approfondito riguardo agli episodi di svenimento del dottor motocicletta. Nieman viveva ora presso una casa di riposo a New York, quella, per l'appunto, annotata da Kate sul calendario che Rick stava ancora fissando, assorto. "Spero solo che ci sia ancora con la testa. La maggior parte degli ospiti delle case di riposo, dopo poco tempo, tendono a rinchiudersi nel proprio mondo interiore ed iniziano a distorcere la realtà" pensò Rick, distogliendo lo sguardo dal calendario per recuperare alcune arance dal frigorifero.
Dopo essere stato raggiunto dalla piccola Lily per la merenda e dopo essersi rimpinzati per bene, Castle si avviò verso la Xbox,  pronto per proporre alla bambina una partita a...《Kinectimals !》lo precedette entusiasta la piccola.
Non era esattamente ciò che Castle aveva in mente, ma dovette adeguarsi. Trascorsero  così i quaranta minuti successivi alla merenda allevando cuccioli di tigre e giaguaro,  immersi in un virtuale paesaggio esotico ricreato nel videogioco.
Successivamente padre e figlia si diressero al campo della Inwood Manhattan Little League,  per recuperare Reece e Jake, reduci dalla quinta lezione introduttiva sul baseball.
 
《Signor Castle! Stavamo giusto parlando di lei》gridò il coach, vedendo Rick avvicinarsi alla panchina dove le piccole reclute della squadra sedevano in attesa dei genitori.
《Oh, è un onore! Mi dica, si tratta del talento che hanno dimostrato di possedere i miei figli? Anche se credo non l'abbiano ereditato da me, fa sempre piacere ricevere dei complimenti!》si vantò Rick. La piccola Lily gli diede uno strattone alla camicia e lo guardò di traverso. Castle sorrise, vedendo in quello sguardo la stessa identica espressione che Kate gli riservava ogni volta che lui se ne usciva con frasi a sproposito.
Il coach lo penetrò con uno sguardo severo. «Non si tratta di talento qui, ma di disciplina!» sbottò di colpo.
Castle guardò lui e poi i gemelli, cercando di capire cosa fosse successo.
«Veda di metterli in riga al più presto o verranno banditi dalla squadra!» aggiunse l’allenatore, sempre più furioso, afferrando i gemelli per le braccia e indirizzandoli verso il padre e la sorellina.
«Ok, d’accordo… Non c’è bisogno di agitarsi. Mi dica almeno cosa è successo» cercò di placarlo lo scrittore. “Per fortuna che il baseball è uno sport per persone con una certa mancanza di brìo…” pensò tra sé, sarcastico.
«Vuole sapere cosa è successo? Guardi con i suoi occhi!» gridò l’uomo puntando il dito verso l’ingresso degli spogliatoi. Castle riuscì a distinguere un bambino della squadra che stava per essere medicato da un ragazzo dello staff. Sembrava che avesse un taglio sul braccio destro.
«Non ho idea di cosa sia passato per la testa ai suoi figli, ma quello è il risultato. E poteva finire molto peggio! Adesso, per favore, se ne vada e veda di tornare solo quando avrà fatto un’adeguata lavata di capo a questi due squilibrati!» concluse il coach.
Castle, incredulo, prese per mano i gemelli, che avevano un’espressione colpevole ma dispiaciuta. I tre poi si avviarono verso il parcheggio, seguiti da Lily che continuava a voltarsi verso la panchina per rifilare delle smorfie al resto dei compagni che non avevano ancora smesso di deridere i suoi fratellini.
 
Quando furono tutti a bordo della macchina, diretti verso casa, Rick cercò di capire cosa fosse successo al campo. Con non poca difficoltà riuscì a ricostruire le dinamiche dell’accaduto. Il bambino che stava per essere medicato aveva provocato Reece, in merito a cosa, ancora non si sapeva. Il piccolo gemellino, in risposta, aveva colpito il bambino responsabile del suo attacco di rabbia, con la mazza da baseball, procurandogli un taglio sul braccio. Il bambino ferito aveva poi dato uno spintone a Reece, facendolo cadere a terra. A quel punto era intervenuto Jake, sferrando un pugno dritto in faccia al rivale per difendere suo fratello.
«Partendo dal presupposto che non si dovrebbe mai usare la violenza, vorrei capire il motivo di tanta rabbia, Reece. Tu Jake, ne sei a conoscenza oppure hai agito a prescindere?» indagò Castle.
«Sì, so tutto pure io» confessò Jake.  «Lo racconterò solo alla mamma» si impuntò Reece, imbronciato.
«E va bene. Però, visto che vi siete comunque comportati male, mi aiuterete ad apparecchiare la tavola per la cena mentre aspettiamo la mamma» propose Castle, non riuscendo molto bene ad interpretare la parte del genitore severo.
 Arrivati al loft, Rick fece il bagnetto ai gemelli, i quali successivamente lo aiutarono ad apparecchiare. Non avevano più proferito parola. Quando il campanello suonò, Lily si precipitò alla porta per accogliere la mamma. Kate entrò, notando subito un’atmosfera poco gioiosa. Si avvicinò a Rick, stampandogli un piccolo bacio sulla guancia e poi lo guardò interrogativa. Il marito fece un cenno col capo in direzione dei gemelli, seduti sul divano ancora imbronciati. Fissavano un punto non ben definito dinnanzi a loro. «Non mi sembra che stiate guardando la televisione» azzardò Kate. «Non possono, sono in punizione» spiegò Lily. «Cosa avete combinato?» chiese Kate con voce dolce e comprensiva. Beckett si chinò poi davanti a loro, ai piedi del divano, regalando ad entrambi delle piccole carezze sui soffici polpacci, lasciati scoperti dai pantaloncini del pigiama. «Allora, me lo dite cos’è successo? Non lo dirò a nessuno» li rassicurò Kate. Reece prese l’iniziativa, sussurrando qualcosa all’orecchio sinistro della mamma. Jake lo seguì, aggiungendo qualcosa all’orecchio destro. Rick non riuscì a captare l’espressione del viso della moglie; vide solo che li strinse entrambi a sé, dando dei piccoli baci ad entrambi. «È giusto che papà vi abbia messo in punizione. Però vi capisco se vi siete fatti prendere un po’ dalla rabbia. È normale, ma dovete imparare a controllarvi. Siamo d’accordo, miei piccoli ometti?» concluse Kate prendendoli per mano e conducendoli, un po’ meno imbronciati, verso il tavolo dove Rick e Lily li stavano aspettando per la cena.
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«Me lo puoi dire il motivo della lite oppure è un segreto di Stato?» scherzò Castle entrando in camera da letto e trovando Kate intenta a raccogliersi i capelli in uno chignon, di fronte allo specchio.
Kate sorrise all’ immagine del marito riflessa nel vetro.
«Diciamo che in quanto ad impulsività hanno preso da te» dichiarò Kate, terminando di intrecciare i morbidi boccoli. «Io sono impulsivo solo quando toccano le persone che amo» puntualizzò Castle.
«Appunto» concluse Kate con enfasi.
Kate si voltò e raggiunse Rick, che nel frattempo si era accomodato sul letto.
«Vuoi dire che Reece ha colpito quel bambino perchè ha parlato male di qualcuno di noi?» chiese Rick incuriosito. Kate incatenò il proprio braccio destro al collo di suo marito, iniziando a spettinarlo dispettosamente con la mano opposta. «Sembrerebbe di sì» affermò Kate, continuando a giocare con i capelli dello scrittore.
«Avanti Kate, racconta. Non tenermi sulle spine!» la sollecitò lui.
Finalmente Kate si decise a raccontare ciò che le avevano detto i gemelli.
 
*Flashback*
< Un bambino di circa sei anni, di corporatura molto più imponente di Reece e Jake, si avvicinò ai gemelli. «Ehi nanetti! E così voi sareste i figli dello scrittore, ah?» chiese in tono arrogante. «Sì, perchè?» fece Reece poco interessato, concentrato piuttosto sull'esercizio che stava eseguendo in coppia con Jake.
«Mio papà dice che da quando quel rammollito di vostro padre si è sposato con vostra madre i suoi libri hanno iniziato a fare schifo. Dovete dirglielo, così magari cambia lavoro!»  continuò il bambino, sempre più altezzoso. «Stai zitto, non è vero niente!» sbottò Jake. «Certo che è vero. Mio padre si chiede anche come ha potuto una signora bella e brava come vostra madre sposare un idiota che non combina nulla tutto il giorno come vostro padre» rincarò la dose il bambino.
«La devi smettere, non sai niente di loro!» lo ammonì Reece, che stava diventando rosso per la rabbia.
«Come no, siete su tutti i giornali! L'allegra famigliola di Richard Castle in vacanza negli Hamptons... Ci sono milioni di fotografie di voi due in spiaggia mentre i vostri genitori si sbaciucchiano. Che immagini sdolcinate, siete due pappemolli! Avete sbagliato posto, tornatevene a casa a giocare con il papino e la mammina!» proseguì spocchioso il bulletto. Reece non riuscì più a trattenersi e lo colpì al braccio con la mazza da baseball che stava impugnando. Il bullo rispose con uno spintone, facendolo finire a terra e poi fu Jake ad intervenire, con  un pugno dritto sul naso del bambino presuntuoso, in difesa di suo fratello. >
 
«Voglio subito il nome di quel bulletto! E non pensi di passarla liscia nemmeno il padre! Io un rammollito? Un idiota? Ma scherziamo? Chi si credono di essere?!» sbottò Rick.
«Rieccola qui l’impulsività dei Castle!» gli fece notare Kate ridacchiando. «Si è solo trattato di un bambino invidioso ed arrogante. Il mondo è pieno di gente così, è giusto che anche i piccoli ne facciano  conoscenza. E poi tu puoi sempre vendicarti facendo di questa vicenda una storiella per bambini, magari cambieranno idea sul tuo conto» aggiunse la sua musa.
«Questo è poco ma sicuro. I miei romanzi non hanno mai smesso di fare successo, non cambierò lavoro solo perchè a dirmelo è stato quel gradasso» puntualizzò Rick.
Kate lo osservava divertita. Quando Castle veniva ferito nell'orgoglio poteva andare avanti per ore a controbattere tra sé.
«Rick...» Kate si intromise nel monologo che suo marito stava continuando.
«Sì?» si ridestò lui.
«Abbiamo una famiglia stupenda» decretò Kate con uno sguardo spontaneo, quello di una madre che riusciva a cogliere ogni minima sfumatura dei propri figli e a scovarla nel proprio essere ed in quello del marito.

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Capitolo 19
*** Grandma's suspects ***


Kate venne svegliata dal leggero venticello che fluiva attraverso la finesta della camera da letto; si ricordò che era rimasta aperta dalla sera precedente, quando lei e Castle si erano lasciati cullare dalla temperatura mite di una nuvolosa serata estiva Newyorkese, abbandonandosi tra le fresche lenzuola di lino.
Cercò inutilmente di riprendere sonno, concentrandosi sul respiro regolare di Castle, che dormiva beatamente accanto a lei. Si rigirò più volte nel letto, interrompendo a sua volta il sonno del marito.
In quel momento Kate dava le spalle a Rick, rannicchiata sul proprio fianco destro, noncurante del fatto di essersi letteralmente impossessata di ogni centimetro delle lenzuola che fino a poco prima lambivano anche lo scrittore. Rick rabbrividì all' ennesimo fruscìo proveniente dall'esterno, che fece del suo petto nudo una distesa di minuscoli pori in rilievo.
Dischiuse leggermente gli occhi, ancora raggrinziti dal sonno e si voltò verso la sua musa, trovandola avvolta in un bozzolo di lenzuola. Anche nel bel mezzo della notte, in una condizione di dormiveglia, quella donna era in grado di evocare in lui metafore ancora inespresse, immagini che si trovavano ancora disciolte nell'inchiostro di quella penna che non smetteva mai di raccontare di lei.
E così la mente di Rick decise di figurarsi la scena di una farfalla che sarebbe in breve tempo nata da quel bozzolo di lino. Decise di occuparsi personalmente di quel processo che in genere spettava al normale corso della natura. Poco male. Non era lui stesso, dopotutto, a scandire ogni secondo della vita di Kate? 

Le si fece più vicino, intenzionato a sgrovigliarle quel cumulo di stoffa dal corpo. Iniziò trascinando verso di sè l'estremità di tessuto che si protendeva dalle costole di Kate, la quale si accorse che qualcosa le stava solleticando la pelle. Intuì che si trattava di Rick e decise di lasciarlo fare. 
Cercò di restare impassibile fingendosi addormentata ma la trama leggermente ruvida del lino, a contatto con la pelle delicata, le indusse un leggero fremito lungo tutto il corpo, facendole sfuggire un debole grugnito a metà strada fra una risata ed un lamento. 
Sentendola sveglia, Castle intensificò la presa ma il margine opposto del lenzuolo si trovava in qualche modo intrecciato tra le gambe della sua musa che a sua volta lo schiacciava  sotto il proprio peso, impedendogli di sfilarglielo  dal corpo. Rick strattonò più forte e Kate si ritrovò improvvisamente a ridosso del corpo del suo scrittore,  privata della stoffa che lui era riuscito a sfilarle di dosso.
Kate rabbrividì a contatto con il corpo dello scrittore ancora infreddolito dalla leggera brezza. Posò gli avambracci ai lati  del viso di Rick, rendendo la distanza tra le loro bocche quasi nulla. Fu Castle a fermare il contatto che lei aveva intenzione di originare, poggiando il proprio indice sul naso della musa. Kate lo guardò contrariata. 《Che c'é Castle, prima mi trascini senza ritegno su di te e poi pretendi che io ti stia alla larga?》esordì Kate in un sussurro.
《Sto ancora decidendo che tipo di pena farti scontare》 ironizzò Rick, spostando l'indice dal naso della sua musa alle morbide labbra. Kate lasciò un tenero bacio sul polpastrello dello scrittore. 《Sentiamo, di quale reato sarei colpevole?》chiese lei incuriosita. 《Furto di lenzuola》decretò lui. 《Un' accusa pesante insomma, sono curiosa di sapere come mi punirai》continuò Kate che non vedeva l'ora di essere condannata, viste le punizioni alle quali Castle l'aveva abituata.

Qualche ora più tardi la sveglia suonò, ricordando ad entrambi il programma della mattinata: avrebbero fatto visita al dottor Jonathan Nieman per cercare di fare luce sul tanto agoniato mistero che ruotava attorno a Josh. Fortunatamente i piccoli avevano preferito trascorrere la mattinata all'appartamento della nonna Martha, invece di invitare lei al loft in veste di baby sitter; per Rick e Kate era un sollievo non doversi preoccupare del disordine che avrebbero trovato al loft al loro ritorno.

《Eccoli qui i miei splendidi nipotini! Entrate, avanti!》li accolse Martha sulla porta del proprio appartamento, dando un bacio sulla guancia ad ognuno dei tre piccoli. I gemelli, seguiti da Lily si fecero strada lungo il corridoio d'ingresso, andando a sistemare i propri zainetti colmi di giocattoli al lato dell'appendiabiti. Rick e Kate li seguirono con lo sguardo, vedendoli poi sparire dietro la porta del soggiorno, dove probabilmente si erano diretti per guardare i cartoni animati.
《Prima o poi voi due piccioncini mi spiegherete il motivo di tutte queste vostre uscite soli soletti. Non che mi dispiaccia, affatto! Adoro passare del tempo con i miei nipotini, però ho notato che ultimamente ve ne andate spesso a zonzo per gli affari vostri》li rimproverò in tono scherzoso Martha, guardando di traverso il figlio. Rick non fece in tempo a ribattere che la rossa aggiunse 《Chissà, magari me lo spiegherete con una nuova ecografia tra le mani! Sarei ben lieta di giustificare le vostre ore di assenza in quel caso...》rincarò la dose Martha. Kate abbassò lo sguardo per nascondere il rossore delle guance che l'aveva travolta all'istante. Rick se ne accorse e per toglierla dall ' ennesima situazione d'imbarazzo creata da sua madre si affrettò a congedarsi dalla rossa. 《Madre... Per ora dovrai accontentarti così, non abbiamo un quarto figlio in programma. Sto solo aiutando Kate con il suo lavoro》tagliò corto Castle. 《Certo, come no... Ti sei messo ad addestrare i cani adesso?》lo derise Martha. Lui le diede le spalle, salutandola con la mano e conducendo Kate verso l'ascensore poggiandole la mano libera sul fianco. 《A più tardi Martha, grazie》la salutò Kate, ruotando il capo verso la suocera.

Rick e Kate raggiunsero l'auto parcheggiata in strada, commentando la maliziosa idea che Martha si era fatta dei loro recenti impegni misteriosi.
Salirono a bordo e Kate ingranò la marcia, pronta per dirigersi alla Carnegie East House for Seniors di Yorkville per incontrare Nieman.
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Nota dell'autrice:
Scusate il ritardo sulla tabella di marcia per quanto riguarda la pubblicazione di questo capitolo, purtroppo sono stata impegnata con gli esami dell'università. Cercherò di essere più puntuale con i prossimi capitoli! Spero vi stia piacendo la storia, a presto! E.V.

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Capitolo 20
*** She's a fan ***


Come la sera precedente il cielo di New York contnuava ad essere coperto, il sole non accennava nemmeno il minimo spiraglio di luce tra le nuvole.
Kate non era mai stata meteopatica, escludendo il periodo della prima gravidanza, ma quella mattina si sentiva leggermente inquieta mentre guidava verso la casa di riposo che ospitava il dottor Nieman. Fu Castle a farle notare che stava, forse, premendo un po’ troppo il piede sull’ acceleratore.
Kate aveva fretta di raggiungere la Carnegie East House for Seniors, mancavano davvero pochi chilometri e per di più stava percorrendo la FDR Drive, il tratto di strada per nulla trafficato che costeggia l’ East River nei pressi della Rockefeller University.  «Castle, da quando hai smesso di fidarti della mia guida? » deviò Kate, sperando di chiudere lì il discorso. «Non è questo, Kate, è solo che… Lo vedo che sei nervosa, hai fretta di incontrare Nieman. Devi cercare di stare più calma, abbiamo aspettato fino ad ora, non saranno pochi minuti a cambiare le cose » affermò Rick, sincero. «Lo so, hai ragione. È solo che non posso fare a meno di chiedermi cosa sia davvero successo. Quando inizio a pensarci entro in un circolo vizioso, formulando diverse ipotesi e… Sì, insomma, ero solo sovrappensiero, Rick, non ti devi preoccupare» lo tranquillizzò lei. Castle sembrò poco convinto. Kate svoltò leggermente a sinistra, immettendosi sulla York Ave; percorse il rettilineo cercando di tranquillizzarsi regolarizzando il respiro.

Qualche chilometro più avanti, e con qualche battito cardiaco al minuto in meno, Kate parcheggiò la propria auto davanti alla casa di riposo. Castle osservò l’edifico dal finestrino: un palazzo di circa una ventina di piani color rosso mattone, disseminato di finestre.
Dava più l’idea di un hotel piuttosto che una casa di riposo per anziani.
La sua idea venne incrementata quando lui e Kate fecero il loro ingresso nella hall. Notarono una receptionist di mezza età sorridere dietro il bancone, alle cui spalle vi era uno scaffale con delle piccole nicchie che contenevano delle chiavi numerate, proprio come quelle degli alberghi. «Me l’aspettavo un tantino diverso questo posto» commentò Castle, ricevendo un sogghigno d’approvazione dalla moglie che si avviava accanto a lui verso la reception.

«Buongiorno, siamo qui per incontrare il signor Jonathan Nieman… Ci è stato detto che da qualche tempo alloggia qui» iniziò Kate, nel tono più confidenziale possibile. La receptionist li scrutò entrambi con sguardo sospettoso. «Voi sareste…?» esordì la donna. «Siamo dei conoscenti del dottore. Non lo vediamo da molto tempo e visto che siamo in città abbiamo pensato di fargli visita» spiegò Beckett. «Quindi non siete suoi parenti. Mi dispiace, ma solo i parenti ed i conoscenti presenti sulla lista che l’ospite ci ha fornito all’inizio della sua permanenza qui possono incontrarlo» li deluse la signora Thompson, il cui nome spiccava a caratteri neri ed eleganti sul cartellino agganciato alla sua giacca.
Kate, in difficoltà, cercò lo sguardo di Castle, il quale stava già per prendere la parola, ma venne preceduto proprio dalla receptionist. La donna sembrava avere assunto uno sguardo più amichevole. «In effetti ci sarebbe un altro modo… E penso anche che faccia proprio al caso vostro» commentò poi. Rick e Kate la guardarono incuriositi. «Avanti signor Castle, non mi dica che non ha mai approfittato del distintivo di sua moglie per ottenere qualche favore» scherzò la signora Thompson. «La signora sembra essere una tua fan, Rick» commentò Kate.
A Castle si illuminò lo sguardo. Dopo la delusione avuta al Ferrari Store, dove la giovane commessa si era addirittura permessa di chiedergli come si chiamasse, finalmente lo scrittore aveva avuto la sua rivincita. «Te l’avevo detto che la gente mi riconosce ancora per strada! Sì, insomma, non parliamo più di ragazzine come un tempo però… Ops…» si bloccò Castle, capendo di essere andato troppo oltre facendo riferimento all’età della receptionist. «Signora, lo deve scusare. Mio marito spesso parla davvero troppo» cercò di rimediare Kate. «Non si preoccupi, Katherine, se vogliamo dirla tutta nemmeno lui è più un ragazzino!» si riscattò la donna. Kate scoppiò a ridere, mentre Castle non nascose la tipica espressione da uomo ferito nel suo orgoglio. «Spero di non averla offesa, signor Castle. Se posso rimediare… E, soprattutto, se sua moglie me lo permette… Ci tenevo a dirle che di persona è ancora più affascinante!» aggiunse la receptionist osservandolo con sguardo ammaliato. «Beh, se la mettiamo così sono costretto a perdonarla» concluse lo scrittore ridendo.
«Torniamo a noi» riprese la signora Thompson. «Come vi dicevo, sono obbligata a consentire il libero accesso a qualsiasi pubblico ufficiale si presenti alla nostra residenza per anziani. Questo significa che lei, signora Castle, potrà liberamente incontrare il signor Nieman. Spero di non essere stata troppo invadente, ma sono una fan molto accanita e so tutto della vita privata di suo marito… E di conseguenza anche della sua » concluse la receptionist. «Non si preoccupi, non c’è nessun problema. Anzi, se al suo posto ci fosse stata una persona qualunque, non ci avrebbe nemmeno informati riguardo a questa possibilità d’accesso» le rispose Kate.
 
La signora Thompson raggiunse Rick e Kate scendendo i tre scalini che rialzavano il bancone della reception. «Seguitemi, ora vi accompagno dal dottor Jonathan, come tutti lo chiamiamo qui» spiegò la donna mentre faceva loro strada verso l’ascensore.
 Castle e Beckett la seguirono, scrutando in modo più approfondito l’ambiente nel quale si trovavano. Appariva tutto molto accogliente, l’arredamento in stile classico e l’atmosfera creata dalla signora Thompson contribuirono a mantenere tranquillo lo stato d’animo che Kate era riuscita a forgiare dentro di sé.

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Nota dell’autrice:
Chiedo perdono per l’immenso ritardo! Grazie per aver continuato comunque a leggere, commentare e seguire la storia. Mi fa molto piacere. :) A presto, E.V.

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Capitolo 21
*** Baby blue walls ***


Rick e Kate presero posto sull'ascensore della residenza per anziani assieme alla signora Thompson, la quale selezionò il tasto corrispondente al settimo piano. La donna venne poi distratta dallo squillo del cordless che aveva portato con sé e dovette quindi rispondere a quello che Castle intuì essere il cuoco. Kate non prestò la minima attenzione alle parole che la signora Thompson stava scambiando con il suo interlocutore, stava cercando di immaginarsi la situazione che sarebbe seguita di lì a pochi minuti. Si costringeva a fare così ogni volta che si vedeva obbligata ad affrontare una situazione sconosciuta, come le aveva insegnato il dottor Burke. Il suo psicoterapeuta le aveva spiegato che le paure e l'ansia vengono generate dal fatto che gli esseri umani tendono ad avere timore dell'ignoto e per contenere queste ansie è consigliabile cercare di focalizzarsi in anticipo sull'evento che ci preoccupa e creare nella nostra mente tutti i possibili risvolti che si potrebbero verificare, in modo da non essere colti impreparati. Il metodo del dottor Burke, valutò Kate, sembrava funzionare anche in questo caso.
 La cabina era molto spaziosa ed illuminata e per un attimo Rick incrociò i propri occhi con quelli di sua moglie attraverso lo specchio posizionato sul lato frontale del vano dell'ascensore. Fu un istante, ma sembrò durare un' eternità. I timori di Kate vennero spazzati via dall'onda blu dello sguardo dello scrittore. Kate spesso si divertiva ad assegnare tutte le possibili sfumature di blu esistenti agli occhi di suo marito, a seconda di come questi riflettevano la luce circostante. Questo era proprio uno di quei momenti e Kate decise di assegnarvi la tonalità carta da zucchero. Un colore la cui denominazione deriva proprio dalla carta che un tempo veniva utilizzata per confezionare lo zucchero venduto al dettaglio; questo tipo di carta creava un effetto ottico sbiancante che nascondeva i difetti dello zucchero scarsamente raffinato. Gli occhi di Castle, in quel momento, divennero la carta da zucchero dalla quale Kate voleva essere avvolta, quell’ involucro in grado di nascondere agli occhi della gente le sue vulnerabilità che lei era convinta essere il proprio difetto più grande.
 L'attimo che seguì venne marcato dal sussulto della cabina che arrestava il proprio moto in salita verso il settimo piano dell'edificio. Le porte dell'ascensore si aprirono e la receptionist, sorridente, invitò Rick e Kate a precederla nell'uscita con un gesto della mano, essendo ancora impegnata nella conversazione telefonica.
Kate avanzò nel corridoio appena raggiunto, andando a posizionarsi di fronte alla targhetta affissa al muro, la quale specificava la numerazione delle stanze e i locali adibiti alle varie attività ludiche presenti su quel piano. Aveva bisogno di distrarsi in attesa di ottenere di nuovo l’attenzione della signora Thompson. Avvertì il braccio di Castle avvolgerle la schiena, seguito dal tocco morbido della mano che le posizionò sul fianco destro. Eccolo lì, puntuale. La sua carta da zucchero. «Sembra che abbiano una vasta scelta di attività i vecchietti qui » le sussurrò scherzoso all’orecchio. Sulle guance di Kate si materializzarono le due piccole fossette tipiche di quando un sorriso le si stava per disegnare in viso. La targhetta indicava la presenza di una sala da ballo, un’aula adibita alle lezioni di musica e letteratura, una palestra in cui praticare Tai Chi e ginnastica di mantenimento ed infine una terrazza dedicata alle feste. Kate aveva avuto lo stesso pensiero di suo marito.
 
Finalmente la signora Thompson concluse la telefonata. «Vi chiedo scusa, abbiamo avuto un problema con le consegne alla mensa ed il cuoco, non avendo nessun altro con cui lamentarsi lo fa con me!» scherzò la donna. «Bene, come potete vedere su questo piano sono presenti diversi locali adibiti alle attività che la nostra residenza offre »continuò la donna. «Quindi dovremo attendere che il signor Nieman concluda la propria attività mattutina» tirò ad indovinare Castle. «Beh, vedete… Non è proprio così» iniziò la signota Thompson. Kate iniziò a temere che il loro obiettivo sarebbe stato più complicato del previsto. «Vedete, il dottor Jonathan si rivolse a noi circa un anno fa, dicendoci di essere rimasto solo dopo la morte della figlia. Non voleva continuare a trascorrere la propria vecchiaia in solitudine, come aveva fatto durante gli ultimi sette anni e quindi decise di vendere la propria villa e di trasferirsi definitivamente da noi. Fin da subito è entrato in sintonia con gli altri ospiti della residenza, ma da alcuni mesi ha iniziato a dare i primi segnali di demenza senile. Fatica a ricordare qualsiasi cosa, appare molto disorientato e stenta anche a riconoscere le persone. Riconosce a malapena il suo migliore amico, il signor Howard, che non ha mai smesso di venirlo a trovare più volte alla settimana, fin da quando il dottore si è trasferito qui da noi» spiegò la receptionist. «Quindi dovremo fare poco affidamento su ciò che il dottor Nieman ci comunicherà? » chiese delusa Beckett. «Temo proprio di sì» confermò la signora Thompson, che aggiunse «Ora vi accompagno da lui. Sta facendo da spettatore agli altri ospiti della residenza che prendono lezioni di musica».
Kate e Rick si scambiarono uno sguardo frustrato, poi seguirono la signora Thompson lungo il corridoio, avvicinandosi alla stanza da cui provenivano dei solfeggi.
 Kate non poté fare a meno di notare il colore delle pareti del corridoio: erano color carta da zucchero. Avvertì di nuovo quella sensazione di serenità interiore. Non seppe spiegarsi se si fosse trattato dell’effetto che quel colore aveva provocato in lei, rievocando la sicurezza che gli occhi di suo marito le infondevano, oppure se quella tranquillità fosse stata causata dal fatto che qualsiasi cosa fosse venuta a sapere da Nieman, forse, non sarebbe stata del tutto la verità.

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