Voglio guardarti!

di cin75
(/viewuser.php?uid=558888)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** .1. ***
Capitolo 2: *** .2. ***
Capitolo 3: *** .3. ***
Capitolo 4: *** .4. ***
Capitolo 5: *** .5. ***
Capitolo 6: *** .6. ***
Capitolo 7: *** .7. ***
Capitolo 8: *** .8. ***
Capitolo 9: *** .9. ***
Capitolo 10: *** .10. ***
Capitolo 11: *** .11. ***
Capitolo 12: *** .12. ***
Capitolo 13: *** .13. ***
Capitolo 14: *** .14. ***
Capitolo 15: *** .15. ***
Capitolo 16: *** .16. ***
Capitolo 17: *** .17. ***
Capitolo 18: *** .18. ***
Capitolo 19: *** .19. ***
Capitolo 20: *** .20. ***



Capitolo 1
*** .1. ***


“Misha, mi devi un grosso favore, amico!!” disse Jensen, girando per la grande sala d’aste , in cui il suo amico  collega e capo, lo aveva spedito. “Io sono un critico letterario, e non di opere d’arte di questo genere.”
“…..”
“Sì, lo so che avere 40 di febbre è una giustificazione più che valida, ma potevi mandarci un altro a guardare questi enormi ammassi di creta modellata….” Fece abbassando un po’ la voce per non farsi sentire.
“…”
“No, non sono blasfemo, Mish.” lo riprese Jensen, andandosi a sedere di fronte ad uno dei citati blocchi di creta modellata. “E’ che non è il mio campo. Quindi dovrai accontentarti delle foto e delle brochure che ti porterò domani. Niente commenti, niente relazioni, niente critica su questa mostra. Io ti porto le immagini, tu ci metti le parole!” gli ricordò.
Quello era il loro patto per quella sera.

Jensen era un critico letterario anche piuttosto famoso nel suo lavoro. Il suo lavoro: l’arte dei libri. E non di quel tipo di arte.
E poi quella mostra era strana.
L’autore delle opere, che era la prima volta che esponeva in quella città, a quello che si diceva, era incuriosito dal sapere che cosa ne pensasse la gente delle sue opere, senza conoscerlo. Quindi ancora non si era “palesato”. L’unica cosa che si sapeva di lui era che era cieco.
Non si sapeva se fosse alto, basso. Grasso o magro. Proveniente da un accademia o scovato per strada. Dal bell’aspetto o un provetto Quasimodo.
Niente. Solo che era cieco.

Artisti da strapazzo!! Si ritrovò a pensare Jensen, prendendo delle altre brochure della mostra.

Quando mise giù la comunicazione, solo allora, si rese conto che accanto a lui era seduto un giovane uomo, forse della sua età o forse appena più giovane. Guardava l’opera che si stagliava imponente davanti a loro. Ne sembrava rapito.
“Mi scusi…mi scusi se l’ho disturbata!” disse senza spiegarsi il perché. Infondo, il ragazzo nemmeno sembrava essersi accorto di lui. E poi…
“Come….scusi?!” fece il giovane che senza smettere di guardare la statua, iniziò a giocherellare con una brochure che aveva tra le mani.
“Sì…mi dispiace se l’ho disturbata con la mia…logorroica presenza.”
“Tranquillo…credo che l’ammasso di creta modellata non se la sia presa più di tanto!” rispose l’altro, ridendo appena. “Vede ? E’ ancora lì!!”
“Oddio!!” sussurrò Jensen. “Che figura!” disse poi.
“Posso chiederle come mai è qui se non le interessa l’arte?!” fece senza calcare troppo sul tono
“Non è che non mi interessa l’arte. Tutt’altro!!” volle giustificarsi e poi spiegarsi. “E’ che io sono un critico letterario e sono qui solo per fare un favore al mio collega malato,  che vestendosi dell’autorità che ha, essendo anche il mio capo, mi ha costretto a fare qualcosa che non è….come dire….proprio il mio campo!”
“Maledetti datori di lavoro!!” ironizzo l’altro.
“Cosa?...No!!” esclamò sorridendo a quell’ironica affermazione. “Misha è una persona fantastica. Strana ma fantastica. Egocentrica…a tratti psicopatica e un tantino paranoica, ma senza dubbio fantastica ed è uno dei miei migliori amici!” si ritrovò a dire.
L’altro , che divenne serio all’improvviso: “ Egocentrico, strano, psicopatico a tratti paranoico…..Deve stare attento a chi frequenta sig…” e rimase in attesa di una presentazione.
Jensen intuì e rispose cordialmente: “Ackles. Jensen Ackles.”
L’altro sembrò stupirsi: “Oh!! Quel Jensen Ackles.”
“Mi conosce!?”
“Per mia fortuna, il lavoro che faccio mi porta su una strada diversa dalla sua, ma alcuni miei amici …beh!!, diciamo che la temono!”
“Oh, andiamo!! Non sono così severo!” provò a giustificarsi.
“No, non parlo di severità. Ma si dice che a volte le sue recensioni letterarie siano più appassionate e coinvolgenti del libro stesso. Il che non deve essere una bella sensazione per lo scrittore!!”
“Ma …in verità…”
“Vediamo se riesce a sorprendermi ancora, Jensen.” Lo provocò il ragazzo. E Jensen potè notare che ora il giovane fissava le sue mani che ancora tormentavano la brochure. Quegli occhi di un verde talmente chiaro da non sembrare nemmeno verdi, brillavano alla luce dei fari che illuminavano le opere. “Che cosa ne pensa?!” fece indicando la statua di fronte a loro.
“Vuole esaminarmi sig….” ed era davvero curioso di sapere il nome, anche se l’altro fu più furbo e forse volle giocare la carta del mistero.
“Non cambi discorso, Jensen. Mi dica cosa pensa degli Amanti?!” domandò.
“Come scusi?!” domandò sorpreso.
“Amanti?....è il nome dell’opera!” lo riprese il ragazzo, indicandola.
Jensen stette al gioco.
“Ok!” fece sospirando e iniziando a guardare con attenzione la creta che era stata modellata in quel modo…..meraviglioso, si ritrovò ad ammettere.
“Sa che dicono che l’autore sia un non vedente?!” e fu Jensen a dirlo.
“Così dicono. Ma questo che c’entra?!” fece curioso l’altro.
“Come fa uno che non vede a creare l’amore in questa maniera?!” riflettè quasi assorto nel vissare, comunque con ammirazione, l'opera.

Il ragazzo deglutì. “Che cosa vuole dire?!” quasi sussurrò.

“Guardi i volti nascosti di questi due amanti…sembrano confusi nella creta eppure sono così ben visibili. Così come l’amore: ti nasconde e ti espone allo stesso tempo. Guardi come i loro corpi sembrano volersi proteggersi o allontanarsi, eppure nel suo insieme sembra che non facciano altro che rincorrersi. Così come l’amore che….” ma  a questo punto si fermò, come se si fosse sorpreso lui stesso di quello che quell’opera gli stava “mostrando”
“La prego, Jensen…continui.” Fu la quasi silenziosa esortazione del ragazzo che lo ascoltava oramai rapito.
“Così come l’amore: qualunque maschera porti, qualunque sia la vita o il viaggio che intraprendi, quando incontrerai l’amore, per quanto tu voglia scappare, lui non farà altro che seguirti e tornare da te. E tu tornerai da lui!” finì con un tono che sembrò quasi stanco.
Poi si riprese, fissò ancora un attimo la statua e poi il giovane accanto a lui che sembrava stesse fissando la statua come se non l’avesse mai vista.
“Mi scusi…mi scusi….le mie sono parole prive di ogni ….” Cercò di rimediare, pensando di aver fatto una gaffe o di averlo offeso in qualche maniera.
“No. Non chieda scusa , Jensen. Non lo faccia.” Fece con tono rassicurante. “Sono seduto qui da ore, eppure lei, che non se ne intende..” gli fece presente sorridendo. “…lei è l’unico che ha visto ciò che c’era davvero da vedere!”
“Io…” stava per dire Jensen, ma in quel momento un uomo, piccolo di statura, si avvicinò al giovane seduto.
Gli sussurrò qualcosa all’orecchio e Jensen lo sentì dire:
“Va bene, Rich. Prepara la macchina!” e quando l’uomo in abito scuro fece per andare, il ragazzo lo richiamò. “Fammi un favore. Al bancone del bar c’è il sig. Cohen. Cortesemente, digli che non è il caso che aspetti ancora. Che ha già avuto la mia risposta.” e poi, prima che l’altro si allontanasse: “Rich?....moderazione, amico!” sembrò riprenderlo e l’altro sembrò esserne deluso.

Dopo aver assistito a quella scena, Jensen vide il giovane chinarsi appena di lato alla sua seduta e tirare da sotto la panca in pietra un piccolo bastone che con un gesto secco e rapido fece scattare davanti a lui.

Un bastone per non vedenti.

“O mio Dio!!” esclamò Jensen. “Lei….lei è…”
“A quanto pare non facciamo che sorprenderci stasera, sig. Ackles.!” fece soddisfatto di come sentiva reagire il suo interlocutore.
“Jared Padalecki!!” sussurrò Jensen in pieno imbarazzo e con la bocca un po’ troppo aperta. Ma Jensen non si stava solo riprendendo da quello, ma anche perché Jared si era alzato.

E Dio!! era alto, tanto… e con un fisico da far invidia a molti. I capelli castano chiari e lunghi fino alla spalla, lucevano sotto riflettori. Il viso era bellissimo e sorridente. Il sorriso sottile e gentile. E i suoi occhi , se pur, in difetto, erano bellissimi.
Altro che artista di strada!!! Altro che Quasimodo. Quello che aveva davanti era Febo in tutto il suo solare splendore!!!!

“Non sia in imbarazzo Jensen!” fu la frase che lo riportò in quella sala. “Come le ho detto: lei è l’unico che ha visto quello che c’era davvero da vedere.” Disse ancora mentre Rich gli era di nuovo accanto e si preparava a fargli strada tra gli ospiti. Jared si girò un ultima volta verso Jensen, che era rimasto completamente senza parole.
“Jensen, quando il suo amico Misha starà meglio, lo faccia mettere in contatto con me. Sarò lieto di parlarci. Oltre al fatto che muoio dalla curiosità di conoscerlo. La sua descrizione è stata decisamente accattivante!!” scherzò mentre Rich lo guidava verso l’uscita.
 
“Credo che tu abbia fatto conquiste, Romeo!!” esclamò Rich, mentre faceva da guida al suo giovane amico, avviandosi verso la macchina.
“Ma sta’ zitto, Rich!!” lo ammonì amichevolmente Jared. “Davvero?” chiese però, poi.
“Beh!! io non so che cosa vi siate detti, ma dal modo in cui non ha smesso di guardati fin quando non siamo usciti, direi, che il segno lo hai lasciato!!” volle rassicurarlo.
Jared per un po’ ripensò  a quello che l’amico gli aveva detto , ma non voleva farsi troppe idee.
Infondo non sapeva nulla di quel Jensen. Poteva essere sposato. Avere una nidiata di figli adottati. Magari anche uno o due amanti segreti chissà dove.

Non conosceva nulla di lui tranne la sua voce.
La sua voce. Bellissima. Dolcemente roca. Bassa. Calda. Maledettamente sensuale mentre gli descriveva la sua opera. Mentre parlava dei suoi Amanti.
Scosse la testa per mandare via quei pensieri.

“No. No!” ripetè categorico. “Rich….non so niente di lui. E’ stato solo un bel momento di conversazione. Solo piacevole conversazione.” Ribadì.
“Come dici tu, amico!” convenne l’altro e poi lo sentì fermarsi. “Che c’è?” chiese notando il suo sguardo seccato.
“Cavolo! Ho dimenticato il giaccone lì dentro!” fece.
“Avevi un giaccone quando siamo venuti?!” domandò perplesso Rich.
“No, Rich. Non avevo nessun giaccone. Mi è solo venuta voglia di rubarne uno!!!” esclamò stranito. “Certo che avevo un giaccone. Un giaccone in cui dentro ci sono le mie chiavi di casa, quelle del laboratorio e …”
“..e ho capito che mi tocca tornare in quel covo di snob artistici per recuperarlo, vero?!” domandò ironico.
Jared sorrise appena e lo provocò. “Posso farlo io, se vuoi?!”

Rich lo guardò e sapeva che quel ragazzino lo avrebbe davvero fatto pur di non dargli soddisfazione. Ma lui, lui era la sua guardia del corpo e prima di tutto era suo amico e non gli avrebbe mai permesso di sentirsi in imbarazzo perché magari , tra tanti, non sarebbe riuscito a trovare il suo giaccone.
“Sì, come no??!!” lo prese in giro. “Così stiamo qui fino a domani. Resta qui e sali in macchina. Ci vado io, idiota!!” lo avvisò. “Ma ti avviso che sono stanco di farti da guardia del corpo/maggiordomo/assistente/ amico.” Scherzò mentre lo lasciava vicino alla macchina e lui si avviava di nuovo verso la casa d’aste.
“Ehi, Rich?!” lo richiamò Jared sorridendogli.
“Che c’è ancora?, che hai dimenticato?!” fece fintamente scocciato.
“Davvero il “barra amico” viene per ultimo?!”
“No!! Ma che dici??!” lo riprese l’altro con accentuato dispiacere. “C’è il “barra schiavo” alla fine della lista!”
Jared rise e con lui anche Rich.
“Sali in macchina, scemo!” disse prima di entrare nell’edificio.
Jared obbedì, ma quando fece per tirare indietro la maniglia della macchina, lo sportello non voleva saperne di aprirsi.
“Cavolo, Rich!! L’hai lasciata chiusa!!”  disse tra sé e sé.
 

“Così il mio invito non era gradito?!” ringhiò una voce tra il roco e il rabbioso alle spalle del giovane artista.






N.d.A.: Ed eccomi di nuovo ad assillarvi.
Io ho amato da matti scrivere questa storia e spero con tutto il cuore che voi l'amiate almeno un briciolino di quanto l'ho amata e la amo io.
Baci, Cin!!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** .2. ***


“Così il mio invito non era gradito?!” ringhiò una voce tra il roco e il rabbioso alle spalle del giovane artista.

 
“Chi…chi..è?” fece girandosi immediatamente verso quella voce e iniziando ad averne anche timore.
“Ti è bastato prendere solo un aperitivo con me per decidere che non ero alla tua altezza?!” lo pressò l’altro.
“Matt!!?” lo riconobbe infine. “Matt, te l’ho già detto. Passare quell’ora con te, è stato piacevole. Un aperitivo, due chiacchiere…ma te lo feci già capire allora. Non ci sarebbe stato altro…Perché…perché continui a seguirmi?” lo riprese Jared senza sembrare eccessivo, per paura di una reazione spropositata, anche se dentro di lui pregava che Rich facesse in fretta.
“Stasera ti farò capire che non puoi sbarazzarti di me così facilmente!” sembrò volerlo minacciare Matt e Jared, cercando di difendersi per come poteva, alzò il bastone per non vedenti, puntandolo contro il suo invisibile aggressore.
Matt rise sbeffeggiandolo. “Che vuoi fare? Colpirmi con quel legnetto?!” lo provocò.
“Lo farò. Matt, lo farò!!” fece impugnandolo meglio, ma un violento strattone, gli fece scattare il polso all’indietro, che si piegò dolorante. Quel movimento inatteso gli fece perdere la presa sul bastone bianco che volò via lontano da loro e questo, Jared, lo capì dal rumore che l’oggetto fece cadendo sull’asfalto alle sue spalle.
“Colpisci adesso!!” lo denigrò Matt, spingendolo verso la macchina. “Andiamo!!” fece spingendo ancora. “Colpiscimi!!” gli urlò in faccia. E poi….
 
Bang!!
 
Un rumore forte risuonò alla destra di Jared. Di certo era un pugno assestato ben bene contro la carrozzeria alta della macchina. Il giovane si girò istintivamente verso l’origine del rumore, spostandosi naturalmente dalla parte opposta.
“Co…cosa…”
 
Bang!!
 
Più forte , un altro rumore lo raggiunse , fragoroso, dall’altra parte, costringendolo a fare il movimento opposto.
“Ti piace la confusione??” lo provocò Matt. “ E’ spiacevole, vero?...beh! è quello che mi fai tu, Jared!” sibilò Matt, diminuendo lo spazio tra loro.
“Matt…cosa…cosa fai??!” balbettò sentendo decisamente la presenza fisica dell’altro sempre più tangibile contro di lui.
Jared arretrò definitivamente contro la macchina alle sue spalle, ma una volta che la sua schiena si schiacciò contro la carrozzeria , altro spazio non ebbe e sentì il terrore crescere dentro di lui, quando sentì il corpo di Matt spingersi contro il suo.
“Mi mandi in confusione, Jared e io odio….sentirmi confuso!!” insistette rendendo la sua voce ancora più bassa e lasciva, così come i suoi inopportuni movimenti.
“Smettila!!” esclamò Jared.

Il giovane artista appoggiò le mani sulle spalle del ragazzo che lo inchiodava alla macchina e cercò di allontanarlo, ma Matt, con violenza, gli spostò via le mani dalle sue spalle e, se con una teneva entrambi i polsi di Jared bloccati tra le loro pance vicine, con l’altra, si afferrò al mento del giovane che cercava di divincolarsi dalla sua presa.
Lo baciò con forza, con violenza. La sua lingua, rude, cercava con prepotenza un accesso che non voleva essere concesso e quando Jared riuscì a liberarsi dalle labbra di Matt, lo pregò di fermarsi.
“Fermati…no…lasciami stare….Matt…no!!!…” gli diceva cercando di sfuggire al secondo attacco di Matt.
Ma quando il suo aggressore lo rivoltò con violenza, facendolo impattare con il torace contro la macchina, Jared , da quella posizione in cui si sentì crescere un terrifico panico, lo sentì che cercava addirittura di sbottonargni la cinta e infilargli una mano nei pantaloni. A quel punto, nella sua mente di Jared esplose il caos.
 
Mio Dio, Rich…dove sei…dove sei finito??!!”, pensò allarmato da ciò che Matt stava provando a fare.
 
Poi, all’improvviso, il peso contro il suo corpo svanì. Jared riuscì di nuovo a respirare senza oppressione. Sentiva ancora il sapore di Matt , ma non avvertiva più la sua presenza.
Poco distante da lui qualcuno sembrava dare concretezza alla sua di rabbia.
“Ti ha detto di lasciarlo stare, figlio di puttana!!” sentì dire e poi iniziò ad udire rumori di colpi ovattati. Di respiri smorzati e spezzati. Il rumore inconfondibile di un corpo che cade tra i bidoni dell’immondizia.
“E ora sparisci se non vuoi che finisca di rifarti la faccia!!!” fu l’ultimo avvertimento che Jared udì prima di iniziare a sentire dei passi che da lenti e incerti , divennero sempre più decisi e veloci, allontanarsi da lui.

Jared si sentiva scosso, anzi, credeva anche di star tremando. Cercò un appiglio più sicuro contro la macchina fin quando quella presenza non gli si palesò di nuovo.
“Ehi!..sta…sta bene?” chiese dolcemente.
“La prego…la prego…mi lasci…non…” fece ancora confuso da quella situazione assurda.
“Jared …Jared tranquillo! Sono io…Jensen!” cercò di rassicurarlo ma guardandosi bene dal toccarlo. Jared si fermò all’improvviso. Come non riconoscere quella voce?!, si chiese dandosi dello stupido.
“Jensen?....Jensen, mio Dio… è lei?!” chiese sebbene ancora titubante, ma istintivamente cercandolo con le mani. E si sentì infinitamente meglio quando Jensen lo afferrò come se non volesse lasciarlo cadere.
“Si , Jared. Sono io. Sono uscito pochi momenti fa, e passando davanti al parcheggio ho visto quel tipo che la stava aggred…..” ma non finì la frase , che due mani forti lo afferrarono dalle spalle  e lo spinsero con forza contro il cofano della macchina.

“Ma che diavolo credi fare, eh?? Vuoi morire, amico?!” fece la voce furiosa di Rich che uscendo dall’edificio, l’unica cosa che aveva visto era Jensen che teneva fermo un Jared decisamente sconvolto.

“Ti…ti stai sbagliando….io…” provò a discolparsi mentre la stretta di Rich si faceva più pressante.
Ci volle l’intervento di Jared per calmare la furia dell’amico.
“Rich?? Rich… fermati. Stai sbagliando.” fece mettendo le sue mani sulle braccia di Rich e incoraggiandolo a lasciare andare Jensen che gemeva pressato contro la carrozzeria.
“Ma lui…” fece l’uomo.
“Matt…c’era Matt, qui, pochi minuti fa e ha cercato di prendersi…beh!! diciamo, il suo appuntamento mancato.” provò ad scherzarci sopra. Ma solo ora!!!
“Matt? Quel gran figlio di….”
“Sì. È lo stesso tipo!!” ironizzò Jensen che si rimetteva in piedi e cercava di darsi una sistemata.
“Ma Jensen lo ha fermato e lo ha messo in fuga!” raccontò Jared.
“Ohw!!” fece sorpreso Rich. “Beh!! allora credo di essermi sbagliato!” disse guardando Jensen.
“Un semplice “scusa amico!” non ti ucciderebbe, lo sai?!” gli fece sarcastico Jensen, mentre si massaggiava la spalla su cui Rich aveva fatto pressione con il suo peso.
“Ehi!! cosa vuoi anche una medaglia? Ringrazia che non ti abbia spezzato un braccio prima di sapere cosa stavi facendo!!” gli rinfacciò Rich.
“Mio Dio, Jared!! Ma chi si porta dietro?.... Rambo?!”
“No!!!, Rambo andava ancora all’asilo quando Rich ha iniziato con il suo lavoro!!” si ritrovò a rispondere Jared sorridendo.
“Lo puoi dire forte , ragazzo!” replicò orgoglioso. “Ma a parte Mr. Soccorso, qui..” fece alludendo a Jensen che alzò le sopracciglia per la sorpresa di quell’appellativo. “…quante volte ti ho detto che devi aspettarmi in macchina? Specie quando è sera!!?”

Jared non rispose, ma si limitò a seguire il profilo della macchina fino ad arrivare ad una maniglia.
La tirò e come la prima volta: niente.

“Cazzo!!” esclamò colpevole e mortificato Rich. “Mi…mi dispiace, Jared. Io…io pensavo di averla aperta. Sul…sul serio…mi dipiace, ragazzo!” e questa volta dal suo tono era sparito ogni tipo di scherzo o ironia. Rich si rese conto che quella sua mancanza avrebbe potuto causare qualcosa di più di un bello spavento e consapevole di questo, guardò Jensen e sottovoce sussurrò un mesto: “Grazie!”
Jensen non volle assolutamente infierire, anche perché non era il caso. Era meglio dimenticare tutto e far concludere la serata in maniera meno pesante.
Poi fu Jared a raggiungere l’amico che era rimasto in silenzio. Cosa che era davvero rara.
“Rich?, amico!! Va’ tutto bene. Può capitare e poi….poi non è successo niente!” provò a consolarlo.
“Jared mi dispiace!” insistette Rich.
“Senti..adesso basta. Ok? Va tutto bene. Riportami a casa e beviamoci una birra, ti va?” cercando di fargli capire con più convinzione che stava bene. Sapeva quanto a cuore Rich aveva preso quel suo lavoro con lui. Rich gli voleva bene sul serio e lui ne voleva a Rich. Era diventato un punto di riferimento da quando era andato via da casa sua, dalla sua città. Da tutti e tutto quello che aveva  e che si era lasciato alle spalle. Non avrebbe mai potuto avercela con lui.
“Ok! Ti porto a casa.” fece aprendo la macchina e subito dopo lo sportello.

Jared si voltò verso Jensen e stava per salutarlo quando fu l’altro ad anticiparlo.
“Credo che questo sia suo!” fece il critico mettendogli tra le mani il suo bastone.
“Grazie, Jensen.” Fece sorridendogli. “ Di tutto!” più timidamente.
“E’ stato un piacere.” Rispose cortesemente l’altro.
“Andrà a casa anche lei?!” si ritrovò a chiedere senza sapere perché, Jared.
“Sì, credo di sì. Prendo un taxi al volo e vado a casa anche io. Di emozioni sia artisticamente mistiche che reali, ne ho avute abbastanza stasera!” rispose Jensen.
“Un taxi? No.. no.” disse deciso il giovane. “Assolutamente no. Venga, le diamo un passaggio noi.”
“Jared …io abito dall’altro lato della città. Non…”
“Non accetto un “no” come risposta.” lo riprese il giovane
“Non vorrei sembrare inopportuno!” cercò ancora di negarsi.
“Jensen, salga su questa macchina o mi costringerà a chiamare di Rich!” lo minacciò bonariamente.
“Che Dio me ne scampi !!!” scherzò Jensen e dopo aver atteso che fosse Jared il primo ad entrare in macchina e averlo accompagnato nei movimenti, lo seguì subito dopo.
“Allora, dove andiamo?!” fece Rich, mentre si sistemava lo specchietto retrovisore.
“Tra la Roosevelt e la First Avenue. Il residence Road House!” precisò.
“Ok! Sarà un bel tragitto. Ci sono dei lavori in corso  sulla Quinta, perciò, signori…mettetevi comodi!” fece Rich girando le chiavi e mettendo in moto la macchina.
 
Quando la macchina partì e dopo pochi isolati si trovò già imbottigliata nel traffico , Jensen provò di nuovo a declinare l’invito.
“Senta, Jared. Io scendo qui…non mi va che passiate tutto questo tempo a…”
“Jensen, se non vuole offendermi, c’è una sola cosa che può fare!” lo interruppe Jared.
“Cosa?!”
“Mi dia del tu e …fatti accompagnare a casa!” finì.
Jensen sospirò, sconfitto. “Tu devi essere uno che ottiene sempre quello che vuole!” azzardò Jensen.
“Non sempre. Ma ciò non toglie che non mi piaccia provarci!!” ammise. “Comunque, cambiando discorso. Serata interessante, non credi?!”
Jensen non emise suono ma le sue labbra si incurvarono in un sorriso compiacente, a cui Rich, dallo specchietto retrovisore, rispose allo stesso sorriso.
“Che avete da sorridere?!” li sorprese Jared.
“Ma??...come ???” fece Jensen guardando sbalordito Rich.
“Non chiederlo. Mi vengono i brividi quando lo fa anche con me. A volte mi convinco che ci stia prendendo tutti per il culo e ci veda benissimo!!” scherzò l’amico al posto di guida.
“Davvero? Allora ferma la macchina e fa guidare me!!” lo sfidò il giovane.
“Ti piacerebbe, ragazzino!!” rispose sarcastico Rich.
Poi Jared si avvicinò solo di un po’ a Jensen come se volesse confidargli un segreto e Jensen assecondando quel movimento si ritrovò quasi testa a testa con Jared e fu invaso dal suo profumo. “Sono i miei sensi di ragno!” disse Jared e i due risero per poi tornare seduti ai loro posti.
“Allora , Jensen. Vediamo di rendere questo tragitto più interessante del mio intermezzo “passionale”!” volle scherzare.
“E come potremmo fare?!” chiese Jensen curioso.
“Parlami di te. Chi è il “lui” che ti ha mostrato il vero amore ma che non ha saputo donartelo!?” domandò come se gli avesse offerto solo da bere.
“Wow!!” esclamò Jensen colpito ma non offeso. “E chi ti dice che sia un lui? Potrebbe essere una lei, oppure un emerito nessuno o un semplice niente.”
“Mmmmh!! No!” rispose categorico Jared. “ Non avresti usato quel pronome con quel tono. E molto probabilmente essendo uomo, avresti portato la tua spiegazione naturalmente verso una “lei”. Ma tu, no! Hai detto “lui” e lo hai anche ripetuto.” gli fece presente convinto.
Jensen abbozzò un sorriso.

Era davvero così evidente quello che gli era successo che lo aveva capito perfino un non vedente? Si arrese. Ma senza dispiacere.

“Lui..” accentuò con il tono. “…si chiamava Ty. Stavamo bene insieme ma a quanto pare il mio “bene” non viaggiava insieme al suo e quando gli ho chiesto di prendere una decisione …”
“Gli hai chiesto di sposarti?!” lo interruppe Jared, curioso.
“No!! Gli chiesi solo di vivere insieme , ma lui mi fece capire senza mezzi termini che “avere anche altre strade da percorrere” gli andava ancora bene!” confidò con un pizzico di amarezza.
“Stronzate da coppia aperta!!” se ne uscì Rich, intento nella guida.
“Rich!!” lo riprese Jared.
“No. No. Rich ha ragione.” convenne Jensen. “Era più o meno quello che voleva Ty. Ma non era assolutamente quello che volevo io. E quindi mi sono lasciato tutto alle spalle e quando Misha…”
“Lo psicopatico!!?” suggerì Jared.
“Già!!” precisò , sorridendo, Jensen. “Quando lui  mi disse che aveva bisogno di uno come me nel suo entourage editoriale, non me lo feci ripetere due volte e mi trasferii qui a Detroit.” rivelò oramai sereno di quella decisione presa anni addietro.
“ Sembra che Detroit sia una sorta di porto sicuro per chi vuole cambiare vita!” riflettè Jared.
“Da questo devo supporre che non sei di qui!” azzardò Jensen.
“Texas, San Antonio!” fece il giovane.
“Sul serio?!” esclamò Jensen. “Io sono di Dallas!!” e i due risero di quella straordinaria coincidenza.
 
Quello che doveva essere un tragitto lungo si tramutò in un viaggio molto  breve e piacevole. In meno di un ora, Rich parcheggiava la macchina davanti all’ingresso principale del residence in cui abitava Jensen. Il critico salutò entrambi i suoi accompagnatori e li ringraziò del passaggio, ma quando stava per richiudere lo sportello, Jared lo richiamò.
“Jensen, un attimo!! Aspetta!!” fece, forse, con troppa enfasi.
“Ho dimenticato qualcosa?!” domandò Jensen, tastandosi e guardando all’interno dell’abitacolo della macchina.
“Cosa?...no…no! E’ solo che mi chiedevo …insomma, se domani….fossi…sì, fossi libero per pranzo. Potremmo…cioè..potremmo…” balbettò in imbarazzo.
Jensen lo fissò. Colpito, sorpreso. Aveva intuito qualcosa di Jared , dai discorsi fatti durante il tragitto, ma non era del tutto certo.
“A pranzo?..noi…due?!” azzardò il biondo.
“Sì. C’è un ristorante molto carino, o almeno credo che lo sia….” fece perplesso il giovane. “…cioè…se vuoi!” fece quasi affaticato da quello che non sembrava affatto un invito decente.
“Con molto piacere!” lo risollevò da quell’imbarazzo, Jensen. “Mi piacerebbe davvero rivederti, Jared!”
Il sorriso di Jared gli illuminò il viso a quell’ammissione di Jensen. “Vorrei dire lo stesso, ma sai che…” ironizzò, subito ripreso da Rich.
“Vuoi smetterla di imbarazzare così le persone??!!” fece sospirando vistosamente.
Ma i due non ci fecero caso. Si salutarono cordialmente e si diedero appuntamento al mezzogiorno dell’indomani.
 
Quando Rich rimise in moto la macchina, non potè non guardare il volto trasognante del ragazzo seduto al sedile posteriore.
“Vacci piano, Jared!” lo ammonì premurosamente.
“Lo farò, Rich.” convenne il giovane. “Ma….”
“Ma stai ancora pagando duramente quello che ti ha  lasciato la tua ultima storia!” gli ricordò amaramente l’amico.
“Lo so, Rich. Lo so. Ma ormai è passato del tempo. Troppo tempo. Non dico che voglio …insomma…correre. Ma ormai la creta non mi basta più.” fece appoggiando la testa e beandosi del fresco del finestrino contro la sua pelle ancora accaldata da quell’invito impacciato e godendosi ancora l’odore di Jensen che impregnava la macchina.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** .3. ***


Il giorno dopo, come d’accordo, i due ragazzi pranzarono insieme e quella non fu l’unica volta. Presero a vedersi molto spesso. Ogni volta che i loro impegni lo permettevano, Jensen, raggiungeva Jared al suo laboratorio.
Oppure , Jared , il più delle volte accompagnato da Rich, si recava sul luogo dell’appuntamento.

Qualunque cosa stesse nascendo tra loro, lo stava facendo in maniera dolce, senza fretta. Mostrandosi ai due giovani con colori prima tenui e poi, sempre più intensi. Si stavano conoscendo, si stavano rivelando e come aveva detto Jensen, stavano togliendosi piano piano le maschere che indossavano perché l’amore potesse vederli così com’erano.

Un giorno, Jared aveva portato Jensen ad una mostra di quadri e si era lasciato avvolgere da modo in cui Jensen gli descriveva l’armonia dei colori, la sinuosità dei movimenti statici delle figure, della forza o della dolcezza delle pennellate. E rimaneva colpito ogni volta , perché Jensen continuava  a dire di non essere un esperto eppure , ogni volta, vedeva meglio e oltre , quello che avrebbe visto un critico d’arte esperto.
Un pomeriggio però, toccò a Jensen organizzare il loro incontro.
Nonostante le rimostranze di Rich, il biondo lo convinse che si sarebbe preso cura di Jared. Rich non ne era convinto, ma non per mancanza di fiducia nei confronti di Jensen, ma solo perché non era abituato a lasciare da solo il ragazzo di cui si sentiva responsabile.

Jensen aiutò Jared a sedersi in macchina. Si assicurò che avesse la cintura di sicurezza e poi corse al posto di guida e sotto lo sguardo severo di Rich, diede all’uomo, appuntamento a casa di Jared , in “orario di sera”.
“Orario di sera, non è un orario, Ackles!!” lo ammonì Rich.
“Lo so, ma non ho idea di quanto tutto sarà finito!!” disse e prima che l’altro potesse replicare, partì.

Erano circa le quattro. Jensen aveva prenotato due posti ad una lettura di poesie, che sapeva piacevano a Jared, e arrivarono appena dopo l’inizio. Il critico si premunì di far sedere il suo ospite, con cautela e gentilezza.
“Attento….qui, solo un passo Jared. Ecco…. ci siamo!!” faceva mentre guidava gentilmente il cammino di Jared.
L’autrice, con voce suadente e carezzevole, declamava i suoi versi, così da poter rapire chiunque la stesse ascoltando:

“Non andar via così!
Un bacio ancora, ti prego.
Un altro bacio
e il mio viso tra le tue mani.
Ho bisogno di ricordare,
quando andrai via,
il soffice morso delle tue labbra.
Attraversa il mio sguardo col tuo,
prima di lasciarmi.
Perchè io possa vedere,
oltre la strada
o lontano all’infinito
e per tutto il tempo che sarà,
null’altro che te.”

 

Jensen di tanto in tanto si voltava appena per guardare il ragazzo seduto al suo fianco, che ascoltava rapito quelle parole, ma quando la poesia appena ascoltata finì, Jensen vide negli occhi di Jared , farsi largo un luccichio liquido.
“Jared…Jared stai…bene?!” gli sussurrò vicino, preoccupato.
Jared sorrise e il suo era un sorriso timido ma felice.
“Sì…sì, sto bene. È solo che….che queste parole sono talmente ….belle, che mi rammarica sapere di non poterle leggere ogni volta che ne avrei voglia!” disse , ma lo fece senza rancore, anche se Jensen, invece se ne dispiacque.
“O Dio!! Mi dispiace..io…non volevo questo!!” si scusò. “Io volevo solo farti ascoltare qualcosa di ….”
“…meraviglioso!” finì per lui Jared. “Te lo dissi già una volta, Jensen. Non scusarti. Non per qualcosa per cui non devi farlo!” fece e in quelle parole trovò il coraggio di spostare la sua mano verso quella di Jensen che sentiva stretta intorno al suo braccio.
Piano, la mano del giovane raggiunse quella di Jensen. Il tocco tra le loro dita, che prima fu delicato e timido, si fece forte e sicuro. Le loro mani si strinsero per la prima volta, in una stretta che non era di un saluto, ma era la prova di un legame che andava oltre la complice amicizia.
Passarono così il resto del pomeriggio e parte della serata. Vicini, continuando a parlarsi di loro, in luoghi in cui passavano indisturbati. In cui le loro mani potevano rimanere unite, almeno per il momento, solo ai loro occhi.

Quando erano ormai quasi le undici di sera, Jensen riaccompagnò Jared a casa sua. Aiutò il ragazzo a scendere dalla macchina e tenendolo ancora per mano, lo guidò verso l’ingresso dell’appartamento. Jared emozionato da quello che provava, faticò a trovare la chiave giusta per aprire la porta.
“Permettimi di aiutarti!” si offrì Jensen, prendendogli delicatamente le chiavi dalle mani.
“Grazie!” sussurrò appena Jared.
Il biondo, non si spostò molto dalla sua posizione. Era di fronte a Jared e così rimase. Gli bastò sporgersi appena per infilare la chiave nella toppa e girarla così da farla scattare e aprire appena. Quel movimento, fatto con lentezza, costrinse Jared ad appoggiarsi al muro dietro di lui. Il profumo di Jensen lo aveva avvolto e stordito piacevolmente. Troppo piacevolmente. E poi quel tocco quasi impercettibile del petto di Jensen contro il suo, mentre l’altro apriva la porta. Il respiro di Jensen, leggero e caldo, sul suo collo.
Sarebbe rimasto così per ore, giorno, mesi, anni, tanto stava bene in quel momento. Protetto dal corpo di Jensen. Riscaldato dal suo respiro.
Il maggiore , poi, ritirò la chiave e la rimise tra le mani del legittimo proprietario.
“Ecco fatto!” disse con un tono bassissimo che fece vibrare ogni cellulare del giovane accanto a lui.
“Jensen…” si ritrovò a richiamarlo, ancora confuso da quello che stava provando.
Il biondo lo guardò e sentì il suo cuore battere troppo troppo veloce. Impaziente di trovare pace.

Anche per lui, quella vicinanza, era stata “traditrice”. O forse rivelatrice!!

“Scusami…” disse a Jared. “…ma finirò per impazzire se non lo faccio!” e non diede tempo al giovane di rispondere che annullò completamente lo spazio tra di loro e posò delicatamente le sue labbra su quelle di Jared.
Il bacio improvviso invece di sconvolgere il giovane artista, lo galvanizzò perché si rese conto che era da tempo che aspettava quel momento, ma era sempre stato troppo esitante e insicuro e non aveva mai trovato il coraggio per fare lui quel primo passo. E quando fu Jensen a farlo per lui, non potè che esserne grato. Si aggrappò con le braccia al collo del compagno e consolidò con entusiastica enfasi quel bacio. 
Le loro labbra trovarono l’incastro perfetto. Un dolcissimo ed inebriante incastro.
I loro sapori si mischiarono, umidi, avvolgenti, impazienti di assaporare e farsi assaporare.
Jensen, quasi colto di sorpresa da un tale entusiasmo, appoggiò le mani ai fianchi solidi del ragazzo e se lo strinse più vicino, così da poter avvicinare il più possibile i loro corpi. Così da poter godere anche del calore dei loro corpi vicini.
Il maggiore, con gentilezza lo accarezzò con la lingua come per chiedere accesso. Accesso che fu accordato e in quella concessione, anche le loro lingue, si incontrarono per la prima volta, timide all’inizio ma poi sempre più complici.
I loro respiri si unirono dolcemente poiché la frenesia iniziale di quel bacio, divenne gradualmente, una voglia esasperata di sentirsi, gustarsi, sfiorarsi le labbra con morsi leggeri e stuzzicanti.

Poi, quasi come se volessero rendersi conto che quel momento magico, era reale e meraviglioso, le loro fronti si poggiarono una contro l’altro. Le loro labbra sorrisero. Le mani di Jensen attorno al viso di Jared non smettevano mai di accarezzarlo, mentre quelle del giovane lo tenevano ancora stretto a lui, come per non farlo andare via.
Jared sorrise, ancora più felice.
“Non andar via così!
Un bacio ancora, ti prego.
Un altro bacio
e il mio viso tra le tue mani.
Ho bisogno di ricordare,
quando andrai via, il soffice morso delle tue labbra...”, recitando sottovoce l’ultima poesia che avevano ascoltato alla lettura del pomeriggio.
Jensen lo baciò ancora, dolcemente, come se avesse voluto esaudire quella poetica preghiera.

“Sono stato magnificamente con te.” gli sussurrò a fior di labbra mentre ancora accarezzava quelle del giovane con le sue. “E vorrei….vorrei davvero…”
“Farlo ancora?!” lo anticipò Jared.
“Sì!” sospirò Jensen, baciandolo appena.
“Non vedo l’ora!” acconsentì felice, Jared.
“Domani?” azzardò velocemente. “Ti va?!”
“Dammi solo il tempo di organizzare un paio di cose con Rich…siamo stati fuori quasi per tutto il giorno e di certo quel poverino sarà stato sommerso da messaggi e telefonate.”
“Già. Credo di essere nelle stesse condizioni con Misha!!” ridacchiò Jensen. “Appena sistemo tutto, ti chiamo e vengo a prenderti, ok?!” fece poi.
“E’ banale o patetico se ti rispondo che non mollerò il telefono fin quando non mi chiamerai!?” scherzò Jared chiedendo ancora le labbra del compagno che non si negò.
“No!, anzi. Lo trovo bellissimo.” Convenne, l’altro.
“Io, però..ho bisogno di…chiederti una cosa!” chiese con tono timoroso.
“Certo!” lo incoraggiò Jensen, accarezzandogli ancora il viso protetto dalle sue mani.
“Proviamo a fare tutto a…a piccoli passi!”
“Tutti i passi che vuoi. Ci godremo ogni istante, va bene!?” lo rassicurò il maggiore, sorridendo al sorriso sereno del ragazzo.
Quando finalmente si decisero ad allontanarsi, Jensen aspettò in macchina fin quando non vide Jared entrare in casa. Solo allora partì, con ancora un sorriso stampato in viso.
 
Si era appena avviato, quando il suo cellulare squillò di nuovo.
“Diavolo!! Misha. Ma non dormi mai??!” disse rispondendo ma senza vedere chi lo aveva chiamato. “Mamma??!! Cosa??? …Tranquilla!!!! Sono già in macchina. Parto immediatamente!!”
 
 
In casa, Jared , cercava di muoversi per fare meno rumore possibile. Era certo al cento per cento, che Rich non fosse nel proprio appartamento, ma a casa sua. Infatti!!
“Incosciente sciagurato che non sei altro!!” fu il monito che lo investì severo.
“Rich?!”
“No, la fata turchina!!!” replicò ironico. “Hai idea di che ora è?!” chiese decisamente arrabbiato.
“Non lo so. E’ …sera?!” provò a fare il sarcastico, sperando di mitigare l’arrabbiatura dell’amico.
“Non fare il simpatico con me, ragazzino! Non attacca!” lo riprese. “Sei stato fuori tutta una dannatissima giornata. Dovevi mettere le tue dannatissime gocce. Ed è quasi la dannatissima mezzanotte!!”
Jared non rispose. Si limitò a sorridergli quasi in estasi e Rich non potè che vedere il suo viso brillare ed erano anni che non lo vedeva così. O forse non lo aveva mai visto così. Ma non voleva dargliela vinta.

Che diavolo!! Poteva almeno rispondere ad una della sue trentacinque telefonate, no?

“Quel Jensen non mi è mai piaciuto. E da stasera mi piace ancora meno!!” fece seccato.
“Io invece se potessi, gli correrei dietro e lo…”
“Ok!!, basta così.” lo fermò. “Non voglio sapere i particolari. Porta il tuo culo pervertito di sopra a farti una doccia. Tra un po’ ti raggiungo con le gocce!” gli ordinò paternamente.
Jared senza mai smettere di sorridere, obbedì e avanzò piano verso la balaustra di legno che conduceva alla zona notte.
 
L’appartamento di Jared era un vecchio stabile che riuscì ad acquistare da una vendita all’incanto, grazie ai soldi per una sua opera ben venduta.
Il piano terra era stato adibito a zona giorno con una cucina e un grande salone in cui in fase di ristrutturazione , il giovane si era fatto ricavare anche una stanza accogliente con bagno per Rich, che spesso, si fermava da lui per la notte. Non poteva di certo sempre lasciargli il divano per quanto comodo fosse!!!
Al primo piano vennero create due stanze da letto e un bagno abbastanza grande da permettere a Jared di muoversi agevolmente, date le sue condizioni. E nel seminterrato, il ragazzo si era organizzato il suo laboratorio in cui aveva i suoi blocchi di creta, i suoi attrezzi e tutto ciò che gli serviva per la sua arte.
 
Si fermò sul primo gradino e si voltò verso la posizione in cui sapeva esserci l’amico.
“Rich…”
“Che c’è?!” fece con tono severo.
“Jensen.”
“Cosa?!”
“Lui…mi piace.”
“Lo so!” disse ora con un tono decisamente più dolce.
“Mi piace sul serio!” ribadì il giovane.
“So anche questo!” confermò Rich. “Ora fila di sopra!!” ordinò di nuovo bonariamente.

 




N.d.A.: La poesia che è presente in questo capitolo è del poeta Pasquale Bucci. A lui ne va ogni merito!
Ps: spero che la storia vi stia piacendo.
Baci, Cin!!

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** .4. ***


N.d.A.: Ok, people!!  vado via per qualche giorno e così ho deciso di aggiornare questa long e pubblicare anche una shot sui bros. Leggetela se vi va.
Baci baci baci e Buona Pasqua!!
Cin.



Quello che successe il giorno dopo e per tutta la settimana successiva, Jared, proprio non se lo spiegava. E per quanto Rich cercasse di farlo pensare ad altro, anche l’amico, si rifiutava di credere una cosa del genere.
Jensen non si era fatto sentire. Non una chiamata. Non un messaggio. Nemmeno un semplice squillo. Nulla di nulla.
Jared aveva raccontato a Rich quello che era successo tra loro, e l’uomo, non credeva che Jensen fosse uno di quelli che puntavano solo ad ottenere un quarto d’ora di piacere veloce per voi volatilizzarsi. O forse si era semplicemente raffreddato quando Jared gli aveva chiesto di andare avanti a piccoli passi.

No!, davvero non sembrava quel tipo di persona!!
Ma allora perché?
 
Jared provò a chiamare perfino Misha, rischiando di sembrare troppo invadente, ma anche l’editore sembrò rimanere sconcertato da un simile comportamento, poiché anche lui non aveva notizie di Jensen da un po’. Azzardò a dire che forse Jensen aveva bisogno di pensarci bene dopo Ty, ma la cosa sembrò ferire ancora di più Jared, invece che rassicurarlo.
Perché allora aveva dovuto baciarlo così? Perché si era dovuto far baciare in quel modo così…meraviglioso? Perché Jensen gli aveva fatto una cosa del genere?
Avrebbe di certo preferito una chiamata informale del tipo “Guarda, non me la sento!” piuttosto che questa sorta di Purgatorio.
 
Una sera, approfittando che Rich fosse fuori per delle commissioni, Jared scese in laboratorio. Forse maneggiare la sua amica creta, stringerla, torturarla tra le mani, gli avrebbe fatto bene.
Ma nonostante provasse e riprovasse a dare un senso a qualunque cosa volesse dare vita, tutto finiva in un violento pugno frustrato contro il docile impasto.
 
“Ciao, Jared!” fece improvvisamente una voce alle sue spalle.
 
Quella voce. Quella che aveva sognato per notti non spiegandosi perché doveva accontentarsi di sognarla invece che sentirla sul serio.
 
Non si voltò. Sentì un enorme furia crescere dentro di lui, ma il suo orgoglio gli impediva di mostrarne più del necessario. Fece un respiro profondo e poi si voltò verso quella voce.
 
“Chi si rivede?!” ironizzò.
“Lo so..”
“Sai cosa, Jensen?!” sempre con lo stesso tono.
“Mi merito questo tuo astio.”
“Astio?!” ribadì semplicemente.
“Sarcasmo, rabbia, delusione  chiamalo come vuoi. Ma so di meritarmi tutto!” confessò il ragazzo in un modo che non passò inosservato all’artista. Ma Jared non voleva cedere. Jensen gli aveva fatto male.
“Tu non ti meriti niente, Jensen!” e questo, in qualunque senso volesse leggerlo o fosse stato detto, fece male a Jensen. “Sei solo sparito. Ma infondo tra noi….al diavolo!!...” fece sorridendo nervosamente. “…c’è stato solo un bacio. Non ti devo niente e tu non devi niente a me!”
“Ti devo una spiegazione almeno!!” insistete Jensen. “Ti prego!”
“Se vuoi. Se la cosa ti fa stare meglio, ok. Spiegati!” lo incoraggiò con arroganza.
Jensen respirò profondamente come per prendere il fiato che gli serviva in quel momento. Sapeva che Jared stava male. Quel suo tono alterato, la mancanza di dolcezza sul suo viso, il suo porsi  nei suoi confronti con quei modi che non erano i suoi, costantemente dolci e gentili. Non era quel Jared che aveva baciato una settimana prima e che gli aveva fatto battere il cuore come un adolescente alla prima cotta.
“Quella sera…quando noi…noi ci siamo baciati, stavo tornando a casa mia, quando ho ricevuto una telefonata.”
“Un telefonata lunga una settimana!! Wow!!” lo provocò il giovane. “Ne avrete avute di cose da dirvi!!”
“Ti prego…ti prego. Fammi spiegare.” Chiese ancora e continuò. “Era mia madre….”
“Per l’amor del Cielo, Jensen, siamo davvero  questo? “Mi ha chiamato la mamma!”???, ti sembro davvero così ingenuo??? Sono cieco, non stupido.” lo interruppe, mostrandosi decisamente offeso.
Jensen poteva capirlo , doveva capirlo. Allora decise di lasciar correre e di continuare il suo racconto.
“Mi disse che mio padre aveva avuto un infarto e che lei era sola. Mia sorella era fuori città e mio fratello in viaggio per affari. Non sapeva chi altro chiamare.” disse ancora e a quel punto vide lo sguardo di Jared mutare. Sembrava non esserci più eccessiva rabbia, ma forse…forse….preoccupazione.
Jared, infatti, per quanto potesse essere arrabbiato, non poteva pensare che Jensen fosse tipo da usare una scusa così vile pur di giustificarsi.
“Tuo…padre?!” mormorò.
“Sì. Ora è stabile e tra qualche giorno dovrà subire un intervento e io dovrò tornare in Texas.” preannunciò non senza far trapelare una certa preoccupazione.
“Perché non mi hai chiamato? Perché non ti sei fatto sentire per tutti questi giorni??” fece ora , di nuovo, alterato.
“E’ questo il lato assurdo della storia. I miei abitano in un ranch e in questo periodo la compagnia elettrica sta rimodernando tralicci , linee e stronzate varie. Tutta la zona è in un maledettissimo Triangolo delle Bermuda. Perfino mia madre per avvisare me, ha dovuto raggiungere il centro abitato più vicino.” si affrettò a spiegare anche se vedeva Jared , nonostante la sua cecità, cercare in quel suo buio, una luce per credergli. “So a che cosa stai pensando!” azzardò il biondo.
“Davvero?!” ironizzò l’altro.
“Avrei potuto chiamarti in viaggio. Avrei potuto raggiungere anche io il primo centro abitato e avvisarti…per la miseria!! Non ho chiamato nemmeno Misha. Nemmeno lui sa che fine ho fatto e in queste ore dovrò farlo, sperando che non mi abbia già licenziato!” si ritrovò a pensare per la prima volta. “Però…per favore, cerca…cerca di capirmi. Quando mia madre mi ha fatto quella telefonata sono andato nel panico. Non sono passato nemmeno per casa mia. Sono partito subito. Non facevo che pensare a mio padre , alla voce rotta dal pianto e dalla paura che aveva mia madre e quando sono arrivato all’ospedale di Dallas, sono stato quasi sempre nella camera con mio padre. A malapena tornavo a casa per cercare qualcosa da mettermi tra i vestiti che mia madre continua a tenere nel mio vecchio armadio!”
“Ti rendi conto di quanto sia assurda questa storia!” gli chiese apprensivo Jared. “Ti rendi conto di quanto sia difficile crederti?!”
“Jared, no…ti prego…non mentirei mai così. Non userei mai i miei genitori in un modo così vile…per favore!” cercò ancora di dare forze alla sua spiegazione.
“Se affrontare quello che poteva esserci tra noi a “piccoli passi”..” disse ricordando la sua richiesta: “.. non era quello che volevi…potevi dirlo e forse…”, ma Jensen lo fermò prontamente.
“Cosa?? No! No!!” esclamò concitato. “Oddio, no!!...pensi che me ne sia andato perché volevo “concludere” velocemente con te?...dopo quello che ci siamo detti, il modo in cui noi…questa è l’impressione che io …l’unica giustificazione che sei riuscito a darti non ricevendo una mia chiamata?!” e questa volta era Jensen quello che sembrava offeso.
“Io non lo so che cosa pensare…Jensen io non….” disse passandosi nervosamente le mani tra i capelli.
Jensen notò quel gesto e notò la confusione che ormai aveva preso il sopravvento sui sentimenti di Jared.
 
Gli andò vicino e gli prese le mani tra le sue.
“Per favore….devi credermi. Non voglio che finisca tra noi…non dopo il modo meraviglioso in cui è iniziata! Ieri sera è arrivata mia sorella. Le ho detto che avevo bisogno di qualche giorno per sistemare alcune cose. Sono ripartito subito perché volevo vederti , parlarti, spiegarti.” fu l’unica cosa che il suo cuore gli suggerì di dire in quel momento.
Jared restò fermo, imprigionato con le mani nelle mani di Jensen. Restò in silenzio. Nella sua mente una voglia disperata di credergli e una terrificante paura di commettere l’ennesimo sbaglio.
“Lasciami, Jensen!” disse il giovane.
“Jared, ti prego…devi credermi. Io…”
“Lasciami le mani, Jensen.” Ripetè ancora e poi non disse altro.
Jensen vedendo il silenzio che vinceva su quello che sperava fosse diventato il suo compagno, si tirò indietro. Lo lasciò libero.

Nonostante facesse male, capì di aver fatto del male.

“Mi dispiace, Jared.” sussurrò dolorosamente. “Mi dispiace davvero!” e fece per allontanarsi, ma prendendolo di sorpresa, una mano di Jared lo trattenne.
Jensen abbassò lo sguardo prima sulla mano che lo tratteneva e poi guardò il giovane vicino a lui.
“Jared?!”
“Promettimi che non mi lascerai mai più in questo modo. Promettimi che non te ne andrai via senza un buon motivo. Promettimi che….” ma non finì perché Jensen gli era praticamente volato contro e lo stava baciando appassionatamente.
Lo aveva abbracciato e stretto con forza come per fargli capire che stava già iniziando a non “lasciarlo mai”. Jared ricambiò con entusiasmo e trasporto quel bacio, perché non c’era altro al mondo che voleva in quel momento se non baciare Jensen e riprendere da dove avevano , purtroppo, lasciato.
“Mi sei mancato, Jared…mi sei mancato tanto!!” gli sussurrò Jensen, mentre lo baciava sul collo per poi, risalire lungo la mandibola e poi di nuovo a cercare le sue labbra.
“Mi sei mancato anche tu, Jensen.” rispose il giovane, lasciando che il compagno, disegnasse languide scie di baci sul suo viso. Poi passandogli dolcemente le mani lungo la schiena, si avvicinò all’orecchio del maggiore.
“Portami di sopra, Jensen!” e sorrise segretamente quando sentì Jensen fremere per quell’inaspettata richiesta.
“Jared…non….non dobbiamo se non vuoi…” sussurrò Jensen. “Non sono tornato per spingerti in alcuno modo a…”, ma Jared lo fermò con un bacio.
“Basta piccoli passi. Ora, voglio correre!” fece malizioso, mentre gli prendeva la mano e se la portava sul petto, facendogli sentire il ritmo impazzito del suo cuore.

Jensen fu completamente sottomesso da quelle parole e da quel gesto. Si abbracciò al giovane e con estrema attenzione guidava entrambi verso le scale. Prima quelle del laboratorio e poi quelle per la camera da letto. Continuandolo a tenere, a baciare , ad accarezzare, Jensen non si lasciava sfuggire tutti quei piccoli ostacoli sul loro cammino che avrebbero potuto far inciampare Jared e magari lo avrebbero messo in imbarazzo, dato il momento.
 
Iniziarono a salire le scale e Jensen fu colpito e piacevolmente sorpreso dell’intraprendenza di Jared. Il giovane lo sospinse piano verso il muro della scalinata e con movimenti spinti dal desiderio e dall’esigenza di seguire i lineamenti del corpo di Jensen, gli sfilò la camicia che finì abbandonata su un gradino. Jared gli baciò il collo e poi scese piano lungo la linea dei pettorali, per poi salire di nuovo e torturare gentilmente i capezzoli del suo amante, che ringraziando il muro alle sue spalle, vi si schiacciò, preda del piacere che Jared gli stava dando.
Si staccarono a malincuore, decisi a proseguire quella loro ascesa verso un posto più intimo e accogliente e decisamente più comodo, come poteva essere la camera da letto di Jared.
 Ma a metà scalinata fu Jensen a non resistere. Si sbarazzò delle scarpe e aiutò Jared a fare lo stesso. Da quella sua posizione , risalì piano lungo tutta la lunghezza delle gambe del giovane e malizioso, si soffermò all’altezza dell’inguine, accarezzando piano ma deciso, l’intimità esigente di attenzioni di Jared.
“O…Gesù!...” si ritrovò ad esclamare il giovane quando Jensen gli lasciò un bacio pressante sulla stoffa dei jeans. Le sue mani si aggrapparono disperate alle spalle del maggiore e con quella stessa esasperazione lo tirarono verso l’alto. Verso il suo viso, alla ricerca di un bacio che fu passionale, appassionato. Intimo, languido, precettore di tutto quello che stava per accadere.
Qualche passo più su e anche i loro pantaloni rimasero abbandonati sugli ultimi gradini della scalinata. Erano solo in intimo quando il letto di Jared li accolse.
Jensen fu il primo a caderci sopra, sospinto gentilmente da Jared che gli finì sopra. Il giovane gli si mise a cavalcioni, non prima di averlo baciato ancora e ancora e averlo spogliato del tutto, dopo aver spogliato se stesso.
Nudi, vicini, pelle contro pelle, respiro su respiro, ansito dopo ansito, i due amanti iniziarono una danza tutta loro e quando un movimento più accentuato degli altri, accarezzò appassionato le loro virilità esposte un “Oh mio Dio! Sì..Sì!!!” pronunciato all’unisono, riempì la camera che li proteggeva.
 

Quando Rich, entrò nell’appartamento di Jared, si affacciò direttamente all’ingresso del laboratorio. “Ehi!! Jared…sono tornato.” e non ebbe risposta, ma lo imputò all’ormai onnipresente malumore del giovane amico. “Senti..io dovrei dirti una cosa…ma non so se faccio bene…”
Ancora niente!
“Ok!! Io comunque te la dico!” fece mentre si prendeva una birra in frigo.
Niente!
“Qui fuori ho visto la macchina di Jensen, quindi è probabile che…..” ma nel dirlo, i suoi occhi si posarono inconsapevolmente su alcuni vestiti abbandonati sulle scale. Iniziò a seguire  quell’insolita scia di “molliche” di stoffa. “…è probabile che prima o poi, si faccia vivo e….” stava per continuare, mentre scansava prima delle scarpe e poi dei jeans e quando arrivò quasi in cima e stava per percorrere il corridoio che lo avrebbe portato alla porta della camera di Jared, qualcosa, o meglio, qualcuno lo fermò.
O meglio ancora…delle voci decisamente entusiaste lo bloccarono sul posto.
 
Oh mio Dio! Sì, sì!!!” sentì provenire dalla stanza chiusa.  Un esclamazione più che chiarificatrice e che non aveva bisogno di ulteriori….indagini.
 
“Ok! Credo che si siano visti!” affermò a se stesso mentre se ne tornava da basso. “Partita di campionato in laboratorio stasera!!” si convinse per lasciare più privacy ai due ragazzi.


 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** .5. ***


Stretti uno sul corpo dell’altro, Jared e Jensen, si amarono per la prima volta. Jared si muoveva languidamente su Jensen senza mai, ancora, però, accentuare troppo i suoi movimenti d’amore.
Jensen, invece, non riusciva a smettere di accarezzarlo. Passava le sue mani quasi tremanti dall’emozione, sul torace lucido e appena sudato del ragazzo. Seguiva con ammirazione il disegno dei suoi muscoli addominali e di tanto in tanto , perdendo la battaglia sul controllo del proprio corpo, si ritrovava ad alzare il bacino per andare incontro a quello di Jared.

Il giovane, ad un certo punto, però, sembrò fermarsi e si abbassò lentamente verso il viso del suo amante. Gli baciò piano le labbra , seguendone poi il delicato contorno con la lingua. E sorrise appena quando, sotto, di lui, sentì il corpo del compagno tremare di eccitazione. Ma non poteva negare che quel tremore all’altezza del suo inguine accaldato fece tremare anche lui.

“Voglio guardarti, Jensen!” fu la richiesta fatta con dolcezza.

Jensen comprese e in effetti Jared non lo aveva mai ….toccato in quel modo.
Quel modo che gli avrebbe permesso di immaginarsi i suoi lineamenti. Allora, intenerito, prese le mani del giovane tra le sue e se le portò sul viso.

Jared sorrise e il mondo di Jensen si illuminò a festa.
Succedeva sempre da quando aveva conosciuto Jared. Gli bastava vedere il sorriso del giovane per stare bene, sentirsi meglio. Sentirsi felice.

Per un attimo pensò che forse si era innam…..
No!!! Troppo presto. Troppo presto!!
Ma poi Jared lo baciò e sorrise ancora. E quelle luci divennero più abbaglianti e calde.
No! Non era troppo presto. Anzi, era stato talmente stupido da capirlo troppo tardi!!

Jared iniziò ad accarezzargli i lineamenti del viso.
“Caldo!” sussurrò, alludendo all’evidente calore che riscaldava la pelle del ragazzo.
“So chi incolpare per questo!” scherzò Jensen.
Poi Jared, piano, seguendo la gentile linea degli zigomi, passò delicatamente le sue dita sulle labbra appena schiuse di Jensen.
“Umide…” sussurrò sorridendo e Jensen gli baciò le dita che lo stavano accarezzando. “Morbide!” precisò dopo quel bacio leggero.
Il ragazzo scese ancora, lungo il collo e poi seguì la linea forte e decisa delle spalle, per poi scendere lungo i bicipiti in tensione e risalire con una lunga carezza sui fianchi e poi al centro del petto su cui si fermò. “Forte!” fu l’aggettivo scelto e Jensen cominciò a sentire il suo respiro farsi più veloce.
Quello che gli stava facendo Jared, era di una dolcezza infinita, ma lo aveva comunque seduto su di lui, nudo, e lo accarezzava in modo languido anche se gentile. Quindi il biondo non riusciva ad impedire al suo corpo di reagire nella maniera in cui, naturalmente, stava reagendo.
E Jared se ne accorse. “Affannato?!” volle provocarlo.
“Abbastanza.” .

Che risposta stupida!! , si ritrovò a pensare Jensen.

“Perché?!” chiese malizioso il giovane.
“E’ decisamente colpa tua, piccolo!” rispose dolcemente, mentre allungava una mano e gli accarezzava il viso.
Jared andò incontro a quella carezza e con la sua mano scese lungo il torace di Jensen e chinandosi appena, così da poterlo baciare, raggiunse le loro due virilità ancora vicine. Baciò il compagno e in quel bacio, con una presa decisa, le strinse, accarezzandole entrambe. Sentì Jensen contrarsi in quel tocco. Lo sentì gemere in quel bacio e sentì gemere se stesso.
“Eccitato!” gli sussurrò sulle labbra, quando si staccò dal bacio.
“Disperato!!” rispose Jensen, mordendosi un labbro per sostenere il piacere che stava provando.
Jared si sporse ancora per baciarlo. Baciarlo ancora.
Jensen lo abbracciò forte, per tenerselo il più vicino possibile e come se quel bacio mettesse fine a tutte le sue sofferenze.
Lo accarezzava e lo baciava mentre sentiva le mani di Jared che con sempre più passione lo accarezzavano , facendolo impazzire.
Poi sentì il giovane spostarsi appena sopra di lui e lo vide sistemarsi e il suo corpo e la sua mente tremarono, quando videro il volto estasiato di Jared , che lentamente si lasciava conquistare e riempire dalla sua eretta presenza.
Jensen sentì il calore del corpo di Jared avvolgerlo e riscaldarlo. Vide il suo piacere crescere quando piano iniziò a muoversi ritmicamente sul suo corpo. Provò quel senso di completezza piena , quando i loro corpi iniziarono a muoversi all’unisono.
Quasi come se fosse una cosa che avessero sempre fatto. Quasi come se non avessero aspettato altro.
Jared prese a muoversi con più decisione, perso ormai nel piacere che sentiva.
Conquistato dai tocchi e dalla carezze di Jensen. Sentendo la virilità di Jensen spingere sul centro del suo piacere più intimo.Soggiogato dalla continua richiesta di Jensen, di poterlo baciare.
Era come se il compagno non potesse farne a meno e Jared non riusciva a non esaudire quella richiesta poiché anche lui non resisteva alle labbra di Jensen. Sempre più morbide, sempre più calde. Sempre più desiderose e desiderate.

In un movimento più deciso degli altri, più profondo e più passionale, entrambi gli amanti capirono di essere al limite, di non riuscire più a prolungare quella loro dolcissima estasi e allora Jensen, tirandosi su velocemente, si sistemò meglio il giovane seduto su di lui. Lo abbracciò forte, aggrappandosi quasi disperatamente alla schiena di Jared, così da avvicinarselo il più possibile. Lo stesso fece Jared, stringendosi al compagno, dopo avergli gettato le braccia intorno al collo.
In quella posizione così intima, così calda, così rassicurante, i due raggiunsero il piacere, gridandoselo l’uno sulle labbra dell’altro. Tremando uno dei tremori dell’altro. Beandosi uno dell’umido calore dell’altro.
E quando il respiro tornò più o meno calmo, I due amanti, non si mossero ancora. Restarono così. Coccolandosi, accarezzandosi le schiene sudate e ancora contratte. Cullandosi, assaporando fino all’infinito il piacere appena provato.

Poi, fu Jensen a lasciarsi cadere lentamente, tirandosi dietro anche il corpo rilassato di Jared, che gli rimase comunque addosso, incapace di abbandonare quel calore, quel senso di protezione che il corpo di Jensen gli donava.
“Dio!! come farò tra qualche giorno a lasciarti di nuovo!” esclamò Jensen, mentre si stringeva il giovane a sé.
Jared gli si accoccolò vicino e sorrise di quella che per lui era comunque un dolcissimo dispiacere da parte di Jensen.
“Non temere. Mi troverai qui, quando tornerai. Tuo padre ha bisogno di te e tu devi assicurarti che lui stia bene e quando tutto sarà a posto, tornerai da me!” volle rassicurarlo Jared.
“Io tornerò sempre da te!” fu la promessa sancita da un bacio dolcissimo.
 
Non dormirono quella sera, nè la notte. 
“Posso chiederti una cosa?!” sembrò domandare con timore Jensen.
“Certo!”
“Come….cioè….cosa ti è successo?” domandò confusamente.
“In che senso?!” replicò Jared.
“Sì, cioè…sei nato così o è successo qualcosa che ha causato la tua cecità?!”
Jared stranamente sorrise. O forse la sua era solo amarezza nel ricordare ciò che lo aveva reso cieco.
“No. Non sono nato cieco. Lo sono da circa sette anni!” confessò.
“Solo sette anni?!” esclamò sorpreso Jensen
“Credimi, che sia una vita o un giorno, il buio è buio!” rispose senza cattiveria Jared e Jensen si rese conto di quello che aveva detto e si sarebbe preso volentieri a schiaffi da solo, se le sue mani non fossero state ancora magnificamente incastrate nell’abbraccio con cui era legato a Jared.
“Oddio!! Che stupido…mi…mi dispiace, Jared. Io non volevo intendere che….” Cercò di rimediare ma Jared lo rassicurò.
“Tranquillo. È tutto ok!” fece accarezzandogli il torace che gli faceva da cuscino. “Vuoi ancora saperlo?!”
“Voglio sapere tutto di te!” rispose Jensen.
“Beh!! a quanto pare farsi spaccare la testa contro un muro a volte può avere conseguenze come questa!” rivelò con un’assurda semplicità.
“Cosa?? sei stato aggredito?!” si allarmò Jensen, mentre la sua mente correva furiosamente alla sera in cui quel tipo, Matt, aveva cercato di oltrepassare il limite e per un attimo rivide il volto terrorizzato e sconvolto di Jared. “Come??...chi??” chiese confusamente.
“Ok! Te lo dico, ma tu dovresti calmarti!” fece il giovane sentendo il respiro e il battito del cuore di Jensen aumentare improvvisamente.
“Ok! Va bene!!” promise e iniziando a respirare con più calma.
“Sette anni fa stavo con un ragazzo. Sembrava che tutto filasse liscio. Stavamo bene e credevo davvero che quella storia avesse potuto funzionare. Poi , lentamente , lui iniziò a cambiare. A diventare meno presente e a presentarsi solo quando ne aveva bisogno..” disse sperando che Jensen capisse a quale bisogno si riferisse e gli evitasse di spiegarsi.
“Che è successo?!”
“Una sera litigammo quando gli feci presente la situazione e dopo che lui mi rispose semplicemente che “la scopata e via” era quello che poteva darmi, lo mandai a quel paese e gli dissi che era finita. Che non volevo vederlo mai più. Aprii la porta del mio appartamento e fregandomene di lasciarlo li dentro da solo, mi avvia verso l’uscita. Non lo sentii nemmeno arrivare. Quello di cui mi resi conto fu la presa violenta intorno alle mie spalle. Mi fece voltare e mi sbattè con forza contro il muro. Una , due , tre volte…non ricordo. Ricordo che le ultime parole che gli sentii dire furono  “Tu non mi lasci. Sono io che lascio te!”, poi ho perso i sensi e mi sono risvegliato in ospedale.” Raccontò e in quel racconto, piano si tirò su e si mise seduto, raggiunto poco dopo da Jensen.
“Deve essere stato terribile!” si ritrovò a dire il biondo.
“Beh!! in effetti aprire gli occhi e rendersi conto che sarei stato comunque al buio o comunque avvolto costantemente da una fitta nebbia, non era quello che volevo per la mia vita!” spiegò con amarezza.
“Vuol dire che tu non….”
“Non sono completamente cieco. Il mio non è un buio totale. Oddio!! Credo che sarei impazzito se fosse stato così. Riesco a distinguere delle ombre, o se la luce è molto forte è come se …..” ma si fermò insicuro.
“…potessi vederla!” finì per lui Jensen e Jared annuì triste. Il maggiore gli accarezzò il viso cercando con quella carezza di riportare su quel dolcissimo viso una, se pur minima serenità.
“I dottori dicono che l’ematoma che si è creato si è talmente aggrovigliato ai nervi ottici che comprimendoli causa questo mio stato.” Spiegò Jared.
“E non possono operarlo?!” volle informarsi.
“Non nella posizione in cui si trova!” fu la risposta che diede e che tante volte gli era stata data.
“Potremmo chiedere altri pareri, potremmo…” si affannò a suggerire, Jensen, ma Jared lo fermò gentilmente.
“Credi che io non lo abbia fatto? Credi che Rich non abbia interpellato chiunque potesse fare qualcosa?!” ma non c’era rancore o rabbia in quelle sue affermazioni.
Jensen sospirò come sconfitto.
E poi: “Rich?!” chiese stupito. “Da quanto vi conoscete?!”
“Dall’inizio di tutta questa storia. Lui, anche se odia ricordarsene, lavorava per il padre del mio ex!”
“Sul serio?!” esclamò sconvolto Jensen.
“Quando venne a sapere quello che mi era successo, venne a trovarmi in ospedale e si assicurò che io avessi tutto quello di cui avevo bisogno. Mi stette accanto quando uscii e quando iniziò a vedere che iniziavo ad essere arrabbiato con tutto e tutti, propose ai miei di farmi cambiare aria. Gli promise che mi sarebbe stato sempre accanto e loro accettarono, pur di non vedermi soffrire.” Continuò, parlando dell’amicizia che Rich gli aveva e gli dimostrava ancora.
“Come ti sei avvicinato alla scultura?!”
“Prima di arrivare a Detroit, siamo stati per anni a Boston e poi New York. E nei primi tempi in cui ancora io non accettavo la mia condizione, Rich mi portò in un laboratorio di arte e mi mise davanti un blocco di creta. Mi ci infilò quasi a forza le mani dentro e disse: “Stringi, schiaccia , prendila a pugni, a schiaffi. Fa’ a lei quello che vorresti fare a lui. Da’ a lei la tua rabbia. Lascia che quello che provi prenda forma e poi se vuoi distruggila ancora. Ma butta fuori tutto quello che senti, perché credimi Jared, sei solo tu che ne stai soffrendo!!”, così lo feci. Mi accanii con furia su quel primo blocco e poi su un altro e un altro ancora. Fin quando quella rabbia cominciò a prendere forma. Prima in piccole cose, poi in figure più particolari. E poi alla fine mi resi conto che non era più rabbia quello che provavo, ma voglia di continuare a plasmare ogni sensazione che sentivo!”
Jensen lo aveva ascoltato colpito profondamente da quello che aveva dovuto passare il suo giovane compagno. “Wow!! Avresti dovuto fargli una statua!!” ironizzò.

“L’ho fatto!” lo stupì Jared.

“Davvero?” esclamò e subito dopo come se avesse fatto mente locale: “Aspetta!! L’arcangelo??” chiese come ad avere conferma.
“Già!!” rispose ridendo sommessamente.
“Ecco perché guardando quella tua opera avevo l’impressione di conoscerne i lineamenti. Cavolo!! Deve averti odiato per averla fatta!!” lo provocò.
“E mi odia ancora!” confessò Jared fece e sporgendosi verso Jensen, lo sospinse gentilmente verso il materasso così da potersi sdraiare di nuovo vicini. “Ho dovuto quasi pregarlo per non farmela distruggere come ho dovuto pregarlo di accettare una percentuale sui miei profitti.”
“Sul serio?!” chiese. Non che dubitasse della lealtà dell’uomo.
“E’ grazie a lui se mi sono avvicinato a questa arte, se sono qui, se ho quello che ho. Ancora una vita.” Precisò consapevole di quello che Rich aveva fatto per lui. “Così l’ho minacciato “Ho diventi mio socio o metto la tua faccia su ogni mia scultura!”, beh!! puoi intuire chi ha vinto!”
“L’ho capito dalla prima volta che ti visto. Sei uno che ottiene sempre quello che vuole!” convenne dolcemente Jensen.
“E come ti ho detto allora : “Non sempre, ma mi piace provarci!”.” Disse mentre le sue mani iniziarono a scorrere di nuovo e sensualmente lungo il corpo di Jensen, che questa volta però non lo lasciò continuare. Lo afferrò per le spalle e facendolo rotolare via dal suo corpo, gli andò sopra.
“No, mio caro!! Ora, io guarderò te e credimi….ho intenzione di guardarti molto attentamente!” gli sussurrò malizioso mentre iniziava ad accarezzarlo  e a seguire ogni minimo lineamento del corpo di Jared che, estasiato, si abbandonò contro il materasso e lasciò che Jensen....lo guardasse.
 

Quando la mattina arrivò, Jensen si svegliò per primo. Jared al suo fianco dormiva placidamente, serenamente.
Dio!! quant’era bello. Quanto era dolce la sua espressione.

Perché il destino gli aveva fatto una cosa del genere?!, pensò meditando sul passato di Jared.

Si alzò piano e recuperò in silenzio i suoi vestiti. Scese alla zona giorno per prepararsi un caffè e portarne uno anche al suo giovane amante, ma quando entrò in cucina si ritrovò Rich, seduto al bancone che sorseggiava tranquillamente il suo caffè.
L’assistente lo guardò appena, alzando gli occhi dal giornale che gli copriva la faccia.
“E’ caldo. L’ho appena fatto!” disse indicando la caraffa del caffè.
“Buon…buongiorno e…grazie!” rispose imbarazzato Jensen, mentre , titubante si avvicinava alla macchinetta del caffè.
“Le tazze sono sul pensile a destra!” fece quasi atono Rich.
“Gra…grazie!” balbettò il ragazzo.
Perché si sentiva come se avesse violato l’inviolabile??!

Sospirò affondo e si voltò verso l’uomo alle sue spalle e convinto di trovarlo ancora sommerso nella lettura, strabuzzò gli occhi quando invece si rese conto che Rich lo stava fissando. O meglio, sembrava gli stesse facendo la radiografia.
“Rich, io…”
“Non voglio sapere niente, Jensen. E di certo non voglio i particolari di quello che è successo stanotte!" lo punzecchiò, godendosi la varie sfumature di rosso che apparvero sul viso di Jensen. “Io ho bisogno solo di sapere una cosa. E una sola!”
“Cosa?!” sussurrò Jensen, avvicinandosi al bancone.
“Ok! Sarò brutale perché i giri di parole non mi piacciono!”
“Nemmeno a me!” replicò Jensen.
“Perfetto. Allora questa….questa cosa…” fece indicando lui e poi un Jared invisibile. “…è una cosa da botta e via o è qualcosa per cui da oggi dovrò vedere Jared sorridere. Sai!, te lo chiedo perché il nostro bell’addormentato non è un tipo da botta e via. Quindi se la tua intenzione era quella di svignartela prima che lui fosse sveglio, io non ti fermerò. Anzi , ti aprirò perfino la porta.” gli disse indicandogli l’uscita. “Ma se la tua intenzione è quella di restare, fallo. Ma fallo sul serio, perché lui non merita di soffrire. Non di nuovo. Ha sofferto abbastanza e sta ancora pagando, quindi…”, ma Jensen posò la sua tazza e dai suoi gesti e dalla sua espressione, Rich , intuì che il ragazzo voleva parlare.
“Mi dispiace, ma io non…!” disse Jensen guardando la porta.

Cavolo!! , pensò Rich. Dovrò raccogliere di nuovo i suoi pezzi!!

“…. non ho intenzione di andare da nessuna parte. Non senza Jared almeno!” concluse Jensen, sorridendogli.
Rich esultò segretamente perché sapeva, aveva capito quanto Jared fosse “interessato” a Jensen e sapere che per Jensen era lo stesso, presupponeva una nuova svolta nella vita del suo giovane protetto.
“Perfetto. Allora credo che tu ti sia meritato anche una fetta di crostata!!” disse sorridendo e spostando il giornale , mostrò il piatto con l’invitante dolce.
“O Dio! che meraviglia!!” esclamò Jensen.
I due parlarono ancora un po’ e poi Rich, volendo capire quanto Jensen sapesse, fece una domanda specifica.
“Ti ha detto di cosa gli è successo?!”
“Sì, abbiamo parlato parecchio stanotte. Mi ha detto dell’aggressione e delle conseguenze che ha avuto.” rispose Jensen, sorseggiando appena il suo caffè, anche se Rich , notò che a quella risposta il ragazzo si era decisamente rabbuiato.
“E ti ha detto anche chi era lui?!” azzardò.
“No. Non mi ha detto il nome e io non  ho voluto chiederglielo.” Rispose ancora, ma poi spinse via la tazza e il piattino e si mise bene di fronte al suo interlocutore. “Ascolta, Rich. So che dovrei aspettare che sia lui a dirmi chi è stato, ma io….io devo saperlo. Devo sapere chi è quel bastardo nel caso in cui, un giorno, si facesse di nuovo vivo. Devo saperlo per proteggerlo, per…” e Rich quello bastò.
“ Gil McKinney!” riferì Rich e lesse puro stupore sul volto del ragazzo.
“Aspetta!! McKinney?? Quel McKinney?” fece sbalordito. “Il figlio del senatore McKinney?”
“Vedo che da bravo texano conosci i tuoi politici!” ironizzò Rich.
“Ma come…cosa??!” balbettò Jensen. “Jared mi ha detto che lavoravi per il padre di lui, ma io non immaginavo ad una cosa del genere.”
“Sì. Ero uno delle guardie del corpo del padre di Gil. Ero fuori città quando quel piccolo bastardo ha aggredito Jared e quando sono tornato e ho saputo quello che era successo, ho voluto rendermi conto di quello che in realtà era successo e non della banale spiegazione di Gil e di suo padre. “una tragica caduta!”, mi dissero.” confessò Rich.
“Che hai fatto?”
“Andai in ospedale e parlai con i medici che tenevano in cura Jared e loro mi dissero che era così, che Jared era caduto “troppo” malamente. Ma non mi convinsero , così beccai quello più giovane dell’equipe e lo maltrattai appena un po’, giusto per fargli sputare fuori tutto, anche perché già il fatto che il figlio di contadini avesse un intera equipe a seguirlo mi puzzava.” ricordando i dubbi che lo portarono ad agire in quel modo.
“E che ti disse quel dottore?!” chiese curioso, Jensen.
“Che ciò che causava la cecità di Jared non era dovuto ad una caduta , ma ad un aggressione bella e buona. Jared era stato spinto più volte contro il muro, con violenza e questo aveva provocato l’ematoma che gli causava lo stato in cui è ancora adesso.” Riferì provando la stessa rabbia che provò quando parlò con quel medico.
“Fu allora che decidesti di lasciare il tuo lavoro con i Mckinney?!”
“Beh! non potevo essere di certo una brava guardia del corpo se ero io il primo a voler spaccare loro la faccia. Così , un giorno, quando ero certo che Jared era pronto ad essere dimesso, andai dal senatore e gli dissi che o si facevano carico di tutte le spese mediche del ragazzo o avrei spifferato tutto alla stampa.” disse orgoglioso e poi continuò il suo racconto. “Inutile dire che né Jared né i suoi genitori hanno mai dovuto tirar fuori un solo cent per le cure mediche. Non che loro volessero i soldi di McKinney, ma io li convinsi che quello era almeno una minima parte di risarcimento per quello che era successo a Jared.”
“Un attimo, perché i genitori di Jared non hanno sporto denuncia?!” chiese perplesso Jensen.
“Jared non ha mai voluto far sapere ai suoi, quello che era successo sul serio. Aveva paura di possibili ripercussioni.”
“Minacce?!” fece allibito.
“No. Ma i genitori di Jared sono semplici agricoltori. Mandano avanti la loro fattoria e con quello che ci ricavano ci pagano le spese, il mutuo e riescono ad arrivare a fine mese. Jared aveva paura più che altro di qualche improvviso “inghippo bancario”, chiamiamolo così.” Gli fece presente Rich.
“Niente mutuo, niente casa!” sussurrò Jensen.
“Bingo! E per questo suo timore mi ha supplicato di non dire niente ai suoi e poi quando loro hanno insistito perché partisse, lui li ha assecondati. Partire era un po’ come…”
“…evitare di mentire.” concluse per lui Jensen e Rich annuì solamente.
I due rimasero per un po’ in silenzio.

“Rich?” lo richiamò Jensen, senza smettere di guardare la sua tazza di caffè.
“Che c’è?!” rispose appena l’altro.
“Jared!” disse solo.
In quel momento Rich ebbe l’impressione di aver già avuto quella conversazione.
“Jared, cosa?!”
“Mi piace!” confessò Jensen.
Sì!, decisamente l’aveva già avuta.
“Lo so!” convenne senza troppa enfasi.
“Mi piace…sul serio!!” precisò il ragazzo al suo fianco.
“So anche questo!” rispose e stava per dirgli che per Jared era lo stesso quando nella cucina fece capolino Jared. Capelli più o meno in ordine e vestaglia mezzo aperta.
Jensen in silenzio , fu come rapito da quella bellezza così semplice e naturale.
“Ehi, Rich?? Sei tu? Sei già qui?” fece entrando e avvicinandosi al bancone della cucina.
“Chi vuoi che sia a quest’ora, genio??” ironizzò Rich. “C’ho passato la notte qui, dato che mi hai dato buca ieri sera.”
“Buca? Ma cosa……” e poi ricordandosene . “Oddio!! Il concerto di Jason !!” fece dispiaciuto sinceramente.
“Giàààà!!!” canzonò Rich. “Il concerto di Jason. Ma a te è bastato che si ripresentasse Mr. Critico d’arte e hai perso ogni cognizione!” sembrò rimproverarlo. “Ma non mi prenderò la colpa , questa volta. La darò a te e al tuo amichetto qui accanto a me.” Precisò e in quel momento l’espressione di Jared cambiò radicalmente. Da serena divenne quasi preoccupata.

“Un …un attimo!” bisbigliò curioso. “Lui…lui è…è ancora qui, Richard!?” chiese come se fosse qualcosa di assurdo. Ma se Rich lo guardò perplesso, stringendo appena gli occhi,  
Jensen sentì qualcosa stringergli allo stomaco e si ritrovò a fissare prima Jared e poi Rich al suo fianco.

“Sì. Sì, Jared. Sono ancora qui!” rispose al posto di Rich e sentendosi lo stomaco ancora più stretto in una morsa quando vide della delusione apparire sul volto del giovane compagno.
“Tutto bene, ragazzo?!” chiese Rich.
Jared sembrava enormemente in imbarazzo. A disagio, forse.
“Jensen…senti….non fraintendermi, cioè…” manifestando quel suo disagio.
“Jared, che cos’hai? Che vuoi dire?!” chiese decisamente preoccupato il biondo.
“Ok! Cercherò di parlar chiaro!” asserì improvvisamente calmo.
“Sì. Credo che sia una delle regole della casa!” replicò Jensen  guardando Rich che invece continuava a fissare Jared.
“Ieri sera. È stato bello. Credimi. Sul serio. E anche il fatto che abbiamo parlato, che ci siamo confidati…sì. È stato molto carino.” sembrò spiegargli Jared.
“Carino?!” sussurrò Jensen come se si sentisse frastornato.
“Sì. Ma credo che entrambi lo abbiamo fatto per…come dire…sfogare la tensione!!” asserì innocentemente.
“Sfogare…la tensione?!” e ora Jensen era decisamente sconvolto. Si voltò a guardare Rich che si era messo una mano sulla bocca, come se nemmeno lui potesse credere a quello che stava sentendo.
“Tu eri preoccupato per tuo padre e io ..per quella mia nuova scultura che non viene come vorrei e così…..insomma così, noi ci siamo…..”
“Sfogati?!” concluse Jensen, completamente basito.
“Già. Termine pessimo ma decisamente appropriato, direi. Quindi non credo che sia opportuno che tu stia ancora qui. Perciò se non ti dispiace…insomma…dovresti andare via!” riferì senza battere ciglio.
Jensen continuava a fissarlo, incredulo. Poi guardava Rich che forse, per giustificato imbarazzo, non riusciva a guardarlo. Poi di nuovo Jared. La testa gli girava. Il cuore gli pulsava forte nel petto e sentiva il respiro farsi sempre più pesante. Non poteva crederci, dopo quella notte, dopo tutto quello che si erano detti, Jared lo stava mettendo alla porta , liquidandolo come quella “botta e via” che Rich tanto temeva fosse tra lui e Jared.
Vide Jared avvicinarsi all’amico e mettergli una mano spalla forse per capire a che altezza era Rich. Se fosse ancora seduto o in piedi.
Poi quello che Jensen sentì dire ai due, fu come un tuono che dirompeva nel silenzio della notte più silenziosa.

“Ehi, Rich? Che dici…. respira ancora?!” fece dipingendosi un sorriso impertinente sulla faccia.

“Sei un gran bastardo Padalecki.” Sembrò rimproverarlo Rich. “Questo poverino ha appena perso dieci anni di vita. Che scherzo del cavolo!!!” esclamò l’assistente, mentre davanti a lui un Jensen che ancora non capiva che cosa fosse successo, li guardava esterrefatto. Poi, Rich si avvicinò a lui.
“Impara, ragazzo. Io sono Rich. “Richard” è solo previsioni di guai!!!” e andò via portandosi dietro il giornale. 
“Mi hai….mi hai preso…in giro? Era ….insomma…tutto questo…era solo uno scherzo?!” balbettava Jensen, mentre si alzava dalla suo sgabello e si avvicinava a Jared, che anche senza vederlo, sentiva la sua presenza e il calore del suo corpo farsi sempre più vicino a lui, e quindi trovò conveniente, dato quello che aveva appena fatto, arretrare almeno un po’.  “Tu mi ha fatto quasi prendere un infarto!” fece la voce di Jensen sempre più vicina e decisamente meno insicura.
“Dovevo pur vendicarmi del fatto che tu sia sparito senza dirmi niente!!” volle giustificarsi Jared.
“E volevi farlo facendomi sentire una schifezza??!” acuendo il tono.
“Ognuno gioca le carte che ha!!”
“Beh! le tue sono carte di merda, amico!” gli fece presente, mentre lo spingeva contro il pensile basso della cucina e lo imprigionava con il suo corpo. Jared istintivamente gli mise le mani sui fianchi.
Per tenerlo a distanza o per evitare che lui si allontanasse?
“Sei arrabbiato?!” azzardò il giovane.
Jensen lo bloccò meglio contro di lui.
“Ci puoi giurare e quindi voglio che tu ora mi ascolti bene, ok!” ed era così ….severo nel tono che stava usando che Jared ebbe paura di aver esagerato.
“Jensen, io non….” stava per scusarsi sinceramente, quando ciò che gli disse Jensen, gli tolse definitivamente il fiato.
“Non so come sia potuto succedere così in fretta. Non so perché è successo così in fretta. Credevo che queste cose potessero accadere solo nei romanzi rosa o in quegli assurdi film romantici e strappalacrime…” iniziò Jensen con quello, che Jared, non sapeva se essere un rimprovero o una sorta di spiegazione.
“Jensen, ti chiedo scusa se…”

“Io ti amo!” esclamò all’improvviso Jensen.

Silenzio!!

Gli occhi di Jared per quanto “malati” , brillarono comunque. Mostrarono la sorpresa e la felicità. Lo sgomento e una dolce allegria.
“Per favore…per favore….dimmi che questo non è uno scherzo, Jensen. Non questo!” fece improvvisamente serio Jared.
“Non lo è, amore mio!” e Jared quasi sussultò quando, per la prima volta, sentì Jensen appellarlo in quel modo.
“Oddio!” sussurrò emozionato abbracciandosi al maggiore.
“Ne avevo il sospetto quando ti ho baciato la prima volta. E poi quando sono dovuto partire così all’improvviso e ho dovuto lasciarti senza una spiegazione ne ho avuto la conferma. Non facevo che pensare a te, nonostante dovessi stare accanto a mio padre, tu restavi il mio pensiero fisso. I tuoi occhi dolcissimi, il tuo dolcissimo e bellissimo sorriso. Tutto di te mi faceva compagnia in quei giorni assurdi e così l’ho capito: ti amo. Ti amo , Jared!”  gli confessò tenendogli il volto tra le mani, come si tiene la cosa più preziosa al mondo.
“Dimmi che non sto sognando! Dimmi che me lo hai detto sul serio! Dimmi che sei davvero qui e mi stai dicendo che mi ami!”
“Ti amo. Ti amo!!” disse ancora Jensen, baciandogli appena le labbra piegate in un sorriso quasi timido.
“Ti amo anch’io. Jensen. Ti amo tanto anche io!!” rispose oramai sopraffatto dall’emozione Jared. Il giovane lo abbracciò di nuovo e  i due si scambiarono il loro primo bacio da… innamorati.

In quel momento, Rich, tornò in cucina e li trovò uno tra le braccia dell’altro, intenti a baciarsi come se fossero soli al mondo.
“Oh per favore!” esclamò spazientito. “Se questo è quello a cui andrò incontro da oggi, mi licenzio!!” e uscì dalla stanza , lasciandosi alle spalle i due ragazzi che ridevano di cuore.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** .6. ***


Quei due giorni passarono purtroppo veloci e Jensen, come aveva detto, dovette far ritorno a casa dei suoi, per essere presente all’operazione di suo padre.
Sarebbe partito la mattina presto e quel pomeriggio chiese a Rich se poteva stare un po’ di più con Jared , poiché lui aveva una questione importante da sbrigare.

Verso ora di cena, Jensen fece ritorno all’appartamento del giovane , ma quando entrò nel salone si accorse che non c’era nessuno.
“Rich?...Jared??!” chiamò i due.
“Jensen, sono in laboratorio!!” fece la voce squillante di Jared.
“Ehi, piccolo!” lo richiamò Jensen. “Dov’è Rich?!” chiese mentre scendeva per le scale.
“Lo hanno chiamato dalla sala d’aste. Sai?! Burocrazia prima della personale!”, spiegò il giovane artista.
“Perfetto!” esclamò soddisfatto Jensen.
“Perché?!” chiese curioso Jared, mentre si ripuliva le mani dalla creta.
“Perché ho un regalo per te e volevo che questo momento fosse solo nostro!” confessò Jensen, che stranamente ancora non si era avvicinato a lui.
“ E questo regalo prevede che ci teniamo i vestiti addosso o no?!” domandò malizioso Jared mentre cercava le mani del compagno.

Jensen finalmente consolidò quel contatto, stringendo le mani del giovane e sorrise a quello stuzzicante suggerimento. Lo baciò. Piano. Quasi timidamente.

“Ci sarà tempo anche per quello, amore mio. Ora, vieni con me. Seguimi!” lo invitò tenendolo sempre per mano così da indicargli la strada.
Jensen lo fece sedere sul piccolo divano che c’era nel laboratorio.
“Ok! Ci siamo. Allunga una mano e tienila aperta..così…sì…bravo!” fece soddisfatto.
“Jensen se mi metti in mano qualcosa di….schifoso, ti uccido!” lo avvertì Jared.
“Tranquillo. E poi maneggi già del fango che altro potrei metterti in mano?!” lo provocò il maggiore.
“Io avrei una o due idee in proposito!” rispose malizioso Jared.
“Ma come siamo diventati impertinenti!” lo ammonì Jensen, sorridendo sommessamente al rossore che aveva colorato il viso del giovane compagno. “Ok! Cerchiamo di concentrarci.”

Jared avvertì che il compagno si era allontanato solo un po’ e poi lo sentì sussurrare un rassicurante: “Su! Da bravo. Vieni qui!” e un attimo dopo qualcosa di umido e caldo gli sfiorò il palmo della mano.
“O mio Dio!!” esclamò di sorpresa Jared. “Ma cosa…” e prima che potesse finire, una sensazione di qualcosa che era bagnato e rasposo gli accarezzò l’intera mano.
“Ma è…è ….oddio! Jensen mi hai preso un cane??!” domandò decisamente entusiasmato.
“Ti ho preso un “signor” cane, amore mio!” ci tenne a precisare Jensen. “Il suo nome è Angel!”
“Angel??” ripetè e poi: “Sì!! Angel!!” disse con più enfasi e subito dopo quel contatto bagnato contro la sua mano sembrò ripetersi ancora e ora Jared poteva sentire anche la morbidezza del pelo del cane che iniziava a fargli le feste. A cercare il contatto anche con l’altra mano. A farsi sentire contro le sue gambe. A guaire a festa. Sembrava che l’animale volesse presentarsi al meglio.

“Descrivimelo Jensen, ti prego!” chiese mentre accarezzava il cane.
“Angel è un labrador.” Cominciò a descrivere Jensen.
“Magnifico!” esclamò immediatamente Jared, accarezzandolo con più entusiasmo.
“Ha il pelo color miele…senti come è morbido?”
“Sì….è come seta!!” convenne  Jared quasi emozionato. “Gli occhi. Come sono i suoi occhi?”
“Ha uno sguardo furbo e intelligente e i suoi occhi sono marroni e grandi. E sono dolcissimi e credo che tu gli piaccia già, perchè da quando sono qui non ha smesso un attimo di guardarti!!” confessò l’altro.
“Mi piace anche lui!!” disse felice Jared e ridendo di cuore quando il cane raggiunse il suo viso e iniziò a leccarlo come se fosse un osso appetibile.
“Ehi!! credo che diventerò un attimino geloso!!” scherzò Jensen.
“Ma come ti è saltato in mente di prendermi un cane?!” chiese poi, mentre Angel gli si accucciava vicino.
“Lo sai che domani devo andare via e allora voleva qualcuno che ti stesse accanto e si facesse coccolare mentre io non ci sono e siccome dubito che Rich si faccia fare tutte le feste che tu hai appena fatto ad Angel, allora….” scherzò ancora ed entrambi risero. “Ma quello che devi sapere, amore mio, è che Angel è un cane speciale.” fece poi, con tono più serio.
“Speciale? In che senso?!” domandò curioso il giovane.
“Vedi, Angel apparteneva a Sebastian, un mio caro amico che sta per trasferirsi in Francia. Purtroppo il posto in cui andrà non ammette cani e lui non sopportava l’idea di metterlo in un canile!” raccontò.
“Oddio, no!!” fece dispiaciuto alla sola idea.
“Così quando gli ho parlato di te, lui mi ha proposto questa sorta di adozione e io ho pensato che ti avrebbe fatto piacere.”
“Ma certo che mi fa piacere ma onestamente non capisco il suo essere “speciale”!” ammise Jared.
“Il fatto è che Sebastian è un tipo un po’ fuori dagli schemi e voleva che Angel fosse un cane , come dire, a modo!”
“Jensen mi hai regalato un cane educato?”
“In tutti i sensi. Lo ha fatto addestrare in una sorta di college per cani. Sta’ attento. Chiedigli di prenderti qualcosa!” fece poi.
“Cosa…ma io…non saprei…” fece confuso.
“Andiamo!! Qualsiasi cosa!” lo incoraggiò Jensen.
“Ok!! Ok!!” fece convinto. “Angel!! Prendimi il telecomando!” ordinò deciso.

Niente!
Attesero qualche secondo, ma…..niente!

“Non si è messo, vero?!” sussurrò Jared, preoccupato di offendere l’ego del cane.
“Già….dimenticavo!!” ammise colpevole Jensen. “Ti ho detto che Sebastian è un tipo particolare e quindi anche l’ammaestramento di Angel lo è stato. Devi dire “per favore” !”
“Cavolo! Quando ho detto “educato”, non pensavo fino a questo punto.” constatò Jared  , comunque, sorridendo. “E va bene!! Angel, prendi il telecomando , per favore!!” e in un attimo Angel scattò verso il piccolo televisore del laboratorio e recuperò il telecomando richiesto, portandolo al suo nuovo padrone.
“Mio Dio!!” esclamò entusiasta Jared. “Ma quanto sei bravo!!!” disse accarezzando con vigore il cane che gli restava vicino.

Jensen guardò quella scena e ne fu felice. Il sorriso di Jared era qualcosa a cui non avrebbe più saputo rinunciare. Di cui non avrebbe più saputo farne a meno.
Si sporse leggermente e con gentilezza accarezzò il viso del giovane compagno che si bloccò immediatamente quando avvertì il tocco del compagno.
Gli sorrise. Lo abbagliò di quel sorriso.

“Grazie, Jensen!” disse sinceramente.
“Ti amo, Jared. Ti amo davvero!” fece in risposta il maggiore.
“E io amo te. Ti amo immensamente.” e in quella conferma verbale , un bacio intervenne docile e gentile a sancire quell’amore romantico.
 

“Andiamo!! State scherzando??!” li interruppe la voce di Rich appena sopra le scale. “E’ un cane???” quasi gridò di disapprovazione.
“Lui è Angel, Rich!” fece Jared mentre accarezzava la testa dell’animale. “Da oggi è il nostro cane.” riferì come a fare le presentazioni di rito. “Angel…lui è Rich!!”
“Ok, ragazzi!” sembrò voler affermare la sua ferma posizione l’assistente. “Ti ho fatto da babysitter, ti ho fatto da segretario tuttofare. Da quando c’è Mr. Meraviglia, sono stato anche il terzo incomodo. Ma che Dio mi fulmini, non farò anche il dog-sitter. Basta , mi licenzio!!” fece serio e deciso, ritornando al piano di sopra.

I due risero a quello sfogo autoritario.
“L’ha presa bene!” affermò ironico, Jensen.
“Come no!!” convenne Jared e poi: “Angel….va’ a prendere Rich, per favore!” e il cane obbedì immediatamente.
 

Qualche momento dopo dal piano di sopra….
Molla….molla maledetto sacco di pulci….lascia il mio pantalone!!!No..no.. Non ci vengo con te!!...lasciami stare!! Jensen!!!...Maledizione!! Richiamate questo coso peloso!!! Jareeeeedd!!!

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** .7. ***


Jensen partì la mattina dopo e quando arrivò in Texas per assistere suo padre, il suo stato d’animo, quello legato alla sua situazione con Jared, era ben diversa da quella che aveva la prima volta che era partito.
Ora tutto era chiaro tra loro. E il fatto che Jared prima di farlo andare via dal suo appartamento, gli avesse sussurrati mille “ti amo” e “torna presto!” lo entusiasmavo al limite della felicità.

Parlò del suo giovane amore ai suoi genitori. Mostrò loro delle foto e i due ne furono immensamente felici e grati al Cielo che finalmente quel loro prezioso figlio avesse ritrovato la fiducia nell’amore. E Jensen promise loro che un giorno si sarebbero conosciuti.
Così, se per Jensen le cose sembravano sistemarsi bene a casa dei suoi e per la salute di suo padre, per Jared qualcosa , invece, sembrò voler portare nuvole di furiosa pioggia.
 

Era passata una settimana da quando Jensen era partito e da quello che il suo amato gli riferiva per telefono, sarebbe potuto tornare a giorni e ogni volta che il telefono squillava , Angel, veloce recuperava l’apparecchio e lo portava al giovane che sperando in un “Torno a casa , amore!” rispondeva sempre con entusiasmo.
 Non fu così, però. Non quel giorno.
 
“Ciao, Jay!” fece la voce dall’altro capo del telefono.
 
Un brivido di freddo attraversò Jared, lungo tutta la schiena. Milioni di ricordi gli tornarono alla mente colmi del loro più profondo dolore. Quei giorni di frustrazione subito dopo la triste diagnosi che lo condannava a quella sorta di limbo oscuro, sembrarono non far più parte del passato.
“Gil?!” quasi balbettò.
“Sì, dolcezza. Vedo che non mi hai dimenticato!!” fece sarcastico l’altro.
“Come dimenticare chi ti ha spedito all’inferno!?” replicò alterato.
“Oh andiamo!! Ancora ce l’hai con me per quell’increscioso incidente?!” rispose con tono innocente.
“Increscioso incidente??” ripetè incredulo. “Sono cieco, Gil. Per colpa tua, figlio di puttana!!” iniziò ad infuriarsi.
“Beh! se la metti così, Jay….”
“Smettila di chiamarmi Jay!!” quasi gridò al telefono.
“…credo che dovremmo risolvere la questione in sospeso tra noi, il giorno della tua personale!!” finì di dire, come se Jared nemmeno lo avesse ripreso.
“Cosa?!” sibilò il giovane.
“Già!! non te l’ho detto. Che maleducato!” si autoaccusò ironicamente. “Sono in città e sono stato gentilmente invitato alla tua personale.”
“No..”
“E credimi non vedo l’ora di rivederti!” lo stuzzicò.
“No..no…non ti azzardare…Gil…no!!”
“E spero che anche tu voglia rivedermi!” lo provocò insensibile.
“Nooo!!!” gridò.
Ma l’altro, dall’altro capo del telefono, non sembrò fare caso a quel deciso rifiuto. “Ops!! Penso che sarò solo io a vederti!!” e mise giù.
 
Jared respirava affannosamente. Il cuore che batteva a mille. Le mani che tremavano dalla tensione. Sconvolto da quella telefonata giunta nel modo più inaspettato possibile. La sua mente sembrava rifiutare l’idea di essere avvicinato di nuovo da Gil e istintivamente , senza rendersene conto, iniziò a sussurrare un disperato “no, no, no, no.”

“Jared?!” fece una voce in quella confusione in cui si trovava temporaneamente Jared.

“No. No. No. No…”

“Jared?!” ripetè ancora con più decisione la stessa voce e poi a  quella voce , si aggiunse anche una stretta gentile intorno alle spalle contratte.

“Chi sei??  Chi….chi cazzo sei???” si ritrovò a gridare Jared, spaventato da quel contatto improvviso e agitando istericamente le mani per divincolarsi.
“Mio Dio!! Jared. Sono…sono io, piccolo. Sono Jensen!” fece il compagno appena rientrato e convinto di fare una piacevole sorpresa al giovane. 
Jensen si allontanò immediatamente da Jared perché pensava di averlo preso troppo di sorpresa tanto da spaventarlo e così voleva dargli tempo di rendersi conto di tutto. “Mi…mi dispiace. Non volevo spaventarti così…io…io ti ho chiamato , ma tu….”
“Jensen?!” lo fermò all’improvviso Jared come se solo allora si fosse reso conto di quella voce e a chi apparteneva. “Jensen, amore, sei tu?!” e solo allora Jensen gli andò di nuovo vicino e lo abbracciò forte.
 
Dio!! Jared tremava come una foglia.
 
“Jared, che è successo? perché…perché….hai reagito così?!”
“Gil!” disse solo.
“Gil?” ripetè Jensen non capendo il perché di quel nome.
“Lui mi ha chiamato…un attimo fa.” Riferì ancora stretto nell’abbraccio di Jensen.
“Cosa!?” fece preoccupato il biondo.
“Ha detto che sarà presente alla personale della settimana prossima. Io..”, ma la furia di Jensen lo ammutolì.
“Cosaaa????” sbottò infuriato il compagno. “Figlio di puttana!!!!Non glielo permetterò. Non gli permetterò di avvicinarsi a te. Nemmeno di guardarti. Se solo lo vedo…se solo capisco che sta per….oddio!! io ….io giuro che …” e questa volta fu Jared a zittirlo.
Con le mani gli abbracciò il viso contratto dal furioso risentimento e lo baciò. Il giovane sentì il compagno tentare di divincolarsi, all’inizio, perché forse Jensen aveva ancora voglia di inveire contro Gil e allora passò una mano intorno alla nuca del biondo e approfondì quel loro contatto.
Jensen capitolò.
Il sapore di Jared, la morbidezza delle sue labbra, la dolcezza dei suoi baci, l’odore inebriante di Jared stesso lo fecero capitolare e il critico si abbandonò al bacio.
Rinsaldando l’abbraccio in cui ancora teneva stretto Jared, Jensen oltrepassò gentilmente il valico delle labbra del compagno, chiedendo alla languida lingua di Jared di abbandonarsi alle attenzioni della propria.
Quel bacio iniziato per mettere fine ad un’assurda furia, finì per essere una bacio fatto di ben altra furia. Una più dolce. Colma di passione, di amore, di intima complicità.
“Piccolo…” sussurrò Jensen appena distante dalle labbra di Jared. “..ti starò accanto. Sempre. Lui non ti farà mai più del male. Lo giuro!” promise stringendo di nuovo quel corpo che era decisamente più grande di lui ma che in quel momento pareva essere piccolo e indifeso.
“Il mio eroe!!” rispose Jared , beandosi in quell’abbraccio e di quella meravigliosa sensazione di protezione che lo riscaldava fin dentro l’anima.
 

Quella sera stessa i due ragazzi erano in compagnia di Rich. Decisero di passare una semplice serata tra loro. Qualche pizza, qualche birra, ridere di Rich che cercava di sfuggire alle attenzioni di Angel.
Quando , alla fine, Jared riuscì a distrarre il loro amico a quattro zampe con qualcosa che non fossero stati i pantaloni di Rich, Jensen chiamò l’assistente.
“Ehi, Rich!!” fece ridendo. “Dammi una mano con questi cartoni e le bottiglie. Liberiamo il tavolino, ho voglia di stracciarti a Domino!” disse mentre raccoglieva i cartoni unti e indicava all’altro le bottiglie vuote.
“Odio quel gioco. Mai che avessi un tassello giusto!!” si lamentò accogliendo l’invito di Jensen.
 
Quando, però, furono entrambi in cucina, l’espressione di Rich mutò immediatamente e l’uomo restò a fissare impassibile il giovane che fissava il cartoni vuoti delle pizze.
“Ok! Vuoi startene ancora lì a fissare quel cartone o mi dici che diavolo hai stasera??!” lo sorprese.
“Io…cosa?….no. Niente!!” provò a negare il suo reale stato d’animo.
“Andiamo, Jensen. Non hai staccato gli occhi di dosso a Jared per un solo minuto e non era per il vostro romantico idillio!” volle ironizzare. “Tu lo guardi come se dovessi proteggerlo anche dall’aria che ha intorno. Lui ti cerca come se sentisse in pericolo ogni volta che non ti sente vicino. Che diavolo vi è preso, stasera?!” e ora lo chiese quasi seccato.
“Gil!” sussurrò Jensen guardando oltre la porta alle loro spalle per essere sicuro che Jared fosse ancora sul divano intento a distrarre Angel.
“Che c’entra Gil, adesso?!”
“Lo ha chiamato. Nel pomeriggio!” riferì preoccupato.
“Quel gran figlio di puttana. Allora è vero? E’ in città?!” esclamò trattenendosi subito dopo, ammonito da Jensen che gli fece cenno di non gridare.
“Lo sapevi?!” fece sorpreso Jensen.
“Avevo sentito qualcosa, ma non pensavo che il bastardo si sarebbe spinto fin a questo punto.” fece Rich quasi incredulo della inappropriata spavalderia del suo ex datore di lavoro. “E che voleva da Jared?!”
“Lo ha chiamato oggi pomeriggio e pare che gli abbia detto che sarà alla sua personale , la settimana prossima!” lo ragguagliò Jensen. “Rich…se lui….se Gil prova solo a ….se solo pensa di poter….” ma ogni volta che Jensen pensava a quello che Gil aveva fatto a Jared , una rabbia profonda gli impediva di formulare frasi fatte e decenti.
“Ok! Calma Capitan America!!!” lo redarguì Rich vedendo la rabbia che faceva brillare gli occhi del ragazzo che aveva di fronte. “Il nostro ragazzone farà la sua personale, si godrà la sua serata d’onore e quel bastardo di Gil non si avvicinerà nemmeno a lui.” provò a rassicurarlo.
“Come…come fai a dirlo?!”
“Perché noi saremo lì con lui. Io gli guarderò le spalle. Tu magari anche qualcos’altro!” ironizzò abbassando lo sguardo e accennando al fondo schiena.
“Ma quanto sei scemo!!” sorrise Jensen, arrossendo comunque, un po’.
“Ti garantisco che Gil McKinney avrà una bella delusione se il suo intento è rivivere il suo glorioso passato con Jared!!” lo rassicurò con decisione.

Jensen annuì, leggermente più sereno e quando quel disagio sembrò essere sparito, i due tornarono dal ragazzo che li aspettava sorridente e che sembrò illuminarsi quando al suo fianco sentì di nuovo il calore di Jensen, che lo abbracciava forte.
“Mi hai lasciato solo! Ti odio!” sussurrò il giovane.
“Ti amo!”rispose Jensen.
“Non ti odio più!” replicò dolcemente Jared.
Rich sorrise, colpito e felice per entrambi i ragazzi e poi ritornò ad essere il solito Rich.
“Ragazzi, ragazzi!!” esclamò spazientito. “Ho lasciato l’insulina a casa mia. Per favore… il mio diabete mi ucciderà se continuate di questo passo!!!”
 
Quando ormai erano passate da un pezzo le undici, Rich, nonostante Jared gli avesse chiesto di fermarsi nella sua solita stanza, decisa di tornare al suo appartamento e lasciare tutta la casa ai due ragazzi. Erano stati distanti per giorni e quindi avevano bisogno di stare da soli…soli!
“Tranquillo, Jared. Vado a casa mia. E poi non ho voglia di alzarmi stanotte per bere e ritrovarmi uno di voi come lo ha fatto Madre natura!!” e li lasciò.
Jared rimase sul divano e poco dopo sentì Jensen sedergli accanto. Il biondo aveva preso ad accarezzarlo gentilmente il viso e il suo pigro su e giù era estremamente rilassante. Il giovane sospirò e poi sorrise appena.
“Che c’è?!” chiese Jensen senza mai smettere quel contatto.
“Sto aspettando pazientemente!”
“E cosa?!” fece sinceramente curioso l’altro.
“Che tu ti decida a baciarmi!” rispose l’altro voltandosi appena verso Jensen.
Il ragazzo non se lo fece ripetere due volte e immediatamente dopo aveva le sue mani intorno al viso del giovane e le sue labbra su quelle dell’altro. Un bacio morbido, gentile ma pregno di amore, di protezione.
Jared si aggrappò con tutte le sue forze a quel bacio e con movimenti leggeri si lasciò cadere all’indietro, sul divano e fece in modo che Jensen seguisse quel suo movimento.
“Non sarebbe meglio di sopra….in camera tua?!” mormorò tra un bacio sospirato e l’altro, Jensen.
“Magari…..dopo. Ora, mi basta il divano!” rispose malizioso e accennando a chiari movimenti.
“Che ingordo!!” lo stuzzicò Jensen, mentre, comunque, si sistemava meglio contro il corpo del suo dolcissimo amante che ad un certo punto, però, sembrò fermarsi di colpo.
Jensen lo guardò, confuso. “Che…che c’è?!”
“Angel!!” disse solo, Jared
Jensen sorrise, più rilassato e riprendendo a baciare il collo e poi la linea della mandibola e poi fino alle bellissime labbra: “Tranquillo, non si traumatizzerà se ci vede fare l’amore!!”
“No! Non è quello. E’ che volevo mostrarti una cosa che ho insegnato ad Angel!” confessò senza sottrarsi alle attenzioni del compagno.
“E vuoi farlo proprio adesso?!” fece non proprio entusiasmato Jensen.
“E’ il momento giusto, credimi!” fece e così chiamò accanto a loro l’amico a quattro zampe. “Angel, spegni la luce e poi va’ a cuccia, per favore!”
 
Jensen fermo sulle braccia che lo tenevano sospeso sul corpo di Jared, non poteva crederci. Angel obbedì senza battere ciglio. Si allontanò da loro, raggiunse l’interruttore e grattandoci sopra con una zampa, lasciando la stanza alla penombra del camino acceso. E poi lo vide filare dritto nell’angolo in cui Rich gli aveva sistemato una di quelle classiche cucce di stoffa. Il cane vi si raggomitolò e restò lì, immobile. Pronto per la notte.
“Wow!!! Vedo che vi siete proprio presi voi due!!” fece soddisfatto Jensen.
“Credo che potrei provare a farlo anche con te!” lo provocò Jared.
“Vuoi ammaestrarmi?!” fece piccato Jensen.
“Sarebbe stuzzicante!” continuò Jared.
“Già!! ma difficilmente io mi faccio…ammaestrare!” gli fece presente Jensen, con un tono provocatorio.
“Scommettiamo!?”
“Cosa?...sul serio?!” fece sorpreso Jensen.
“Scommetti che farai quello che ti chiedo senza replicare?!” lo sfidò il giovane mentre si sistemava meglio contro il corpo che lo sovrastava così meravigliosamente.
“Perderai, Jared!” sembrò sentirsi deciso Jensen.
A quel punto Jared , iniziò con l’infilargli le mani al di sotto della camicia così da potergli accarezzare la schiena forte e in tensione su di lui. Il contatto delle sue mani caldi sulla pelle del maggiore furono come una scossa elettrica che non lasciava scampo.
Con una gamba si strusciò lentamente contro quelle di Jensen e con movimenti sensuali e lenti, si sporse chiedendo le labbra del compagno. Lo baciò con lentezza. Si mosse contro la sua bocca con sensualità. La sua lingua piano carezzò appena le labbra che lo stavano ancora baciando.
Poi arretrò appena.
“Jensen?!”
“Sì!” quasi esalò Jensen, completamente perso in quei momenti e nella languida bellezza che vedeva brillare sul volto di Jared.
“Spogliami!” sembrò ordinare.
 
Jensen obbedì , senza esitare.
Mai nessun uomo fu ammaestrato in così poco tempo.
 
I vestiti divennero ben presto inutili. Lo spazio del divano si fece fin troppo grande per i due corpi che altro non chiedevano che stare il più vicino possibile.  Jared si inarcava fremente contro gli affondi appassionati di Jensen e il biondo sentiva che mai come in quel momento , era parte di qualcosa di estremamente meraviglio: Jared.
Si baciavano, si carezzavano, si stringevano come se quei gesti significassero aria per respirare. Acqua per dissetarsi, cibo per nutrirsi. Stare insieme. Legarsi in quel modo. Era la vita per loro.
Raggiungere il piacere che poi li avrebbe appagati e sfiniti, il Paradiso.
E il Paradiso aprì loro le porte e li lasciò dolcemente spossati , l’uno tra le braccia dell’altro. L’uno che sussurrava estasiato il nome dell’altro , come la più bella delle preghiere.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** .8. ***


La sera della personale arrivò e Jared si sentiva decisamente nervoso sia perché quello era il secondo appuntamento in quella città quindi equivaleva ad una sorta di conferma della sua bravura e della sua arte.
E poi anche perché temeva che Gil mantenesse la sua promessa.

Quando furono all’ingresso della sala d’aste, Jared, accompagnato dall’immancabile Rich e anche dal suo amato Jensen, esitò all’ingresso.
Il biondo notò quella nervosa esitazione e strinse la presa che aveva intorno al braccio del giovane compagno.
“Jared…piccolo! Vedrai andrà tutto bene!” lo rassicurò. “Tutto!” ripetè con più decisione.
“Lo so. Lo so!” rispose Jared sorridendo appena e poi si voltò verso Rich che sapeva essere lì accanto a lui. “Rich?”
“Sì, ragazzo. Jensen ha ragione. Andrà tutto bene. Noi siamo qui. Io non ti toglierò gli occhi di dosso. Jensen non lo ha mai fatto da quando ti conosce, quindi…”
“Io, veramente, volevo solo chiederti se avevi portato Angel fuori prima di andare via!” chiese ridendo di cuore subito dopo.
“Va’, va’….entra!! prima che ti prenda a calci!!” fece esasperato, ma al tempo stesso felice di vedere il suo pupillo sereno accanto a Jensen.
 

La serata andò a meraviglia.
Chi vi aveva partecipato non faceva altro che tessere le lodi di questo giovane artista e ci fu anche un giornale locale che chiese gentilmente un intervista a Jared.
Il giovane, galvanizzato da ciò che provava in quel momento, sia per il lavoro che per i sentimenti che lo univano a Jensen, non se la sentì di negarsi.
Parlò per quasi un'ora con una giovane giornalista di come si approcciava alla creta, di ciò che lo spingeva a “creare”, di quello che provava quando creava. E di colui che ormai faceva parte anche della sua fonte principale di ispirazione.
“Jared, le dispiacerebbe se nell’articolo parlassimo anche della sua relazione con Mr. Ackles?!” chiese alquanto timorosa anche se i due , durante la serata, anche se con atteggiamenti garbati, non avevano nascosto la loro storia. E poi era da tempo che si facevano vedere insieme.
“Cara Felicia, non è mai un dispiacere quando si parla dell’amore e lo si fa con il rispetto dovuto!” replicò sorridente Jared.
“Sarà un articolo grandioso. Glielo posterò prima di mandarlo in stampa, così se avrà dei commenti da….”
“No, Felicia. Ho fiducia in lei. Anzi, scriva che quando l’ho vista sono rimasto abbagliato dalla sua simpatia!” scherzò, mentre la ragazza invece lo guardava stranita.
Intervenne Jensen, tra i due , che ora ridevano di quell’uscita di Jared.
“Lo scusi, Felicia. Ma quando gli è simpatico qualcuno, inizia con queste battute infelici che lui crede esilaranti!” fece Jensen mettendo le mani intorno alle braccia del compagno.
“Io sono esilarante, amore mio.” esclamò Jared appoggiandosi al corpo di Jensen, dietro di lui. “Ma il fatto è che ho una sete che non ci vedo!!”
“Visto!!” esclamò afflitto Jensen. “Come dicevo….davvero esilarante!” ironizzò.

 Dopo aver salutato la giornalista, Jared divenne più serio, ma non triste.
“Che c’è , piccolo?!” chiese Jensen avendo notato quel mutamento di umore.
“Mi sei mancato!” sussurrò il giovane.
“Non sono mai andato via.” e Jared sorrise perchè sapeva che era così.
“Lo so. Riuscivo a sentirti!!” sussurrò sfiorandogli appena il collo con un bacio.
Il biondo gli accarezzò discretamente il viso e poi lo invitò a seguirlo verso l’angolo bar.
“Due bianchi, per favore!” fece al barman di servizio.
 
“Facciamo tre!” fece una voce poco distante da loro e subito dopo un tanto familiare quanto terribile : “Ciao, Jay!”

Il bicchiere tra le mani del giovane artista piombò a terra mentre Jensen confuso lo guardava stranito.
“Jared ?!” lo richiamò Jensen preoccupato dall’improvviso pallore.
“Gil?!” fece il giovane voltandosi verso la voce.
In quel preciso momento anche Jensen si sporse a guardare lo sconosciuto e non aspettò tempo inutile che oltrepassò il compagno e si mise tra lui e l’ospite indesiderato.
“Sparisci McKinney!” ringhiò Jensen, senza dare troppo nell’occhio.
“Vedo che ti sei trovato un cavaliere dall’armatura scintillante!!” ironizzò Gil cercando di spostarsi per avere Jared meglio nella sua visuale. Ma ad ogni suo spostamento ne seguiva uno speculare di Jensen. Il biondo si era messo praticamente a scudo di Jared impedendo a Gil di avvicinarsi in alcuno modo.
“Vattene, Gil. Non sei il benvenuto!” si fece avanti Jared mentre, contemporaneamente, teneva una mano ferma sul fianco di Jensen.
“Andiamo!! In onore dei vecchi tempi!” esclamò sarcastico l’altro.
“Ti ha detto di andartene. E te lo ripeto anche io. Vattene con le tue gambe o ti ci trascinerò io fuori da qui!!” e questa volta era più che minaccioso.
“Faresti davvero una cosa del genere?!” lo provocò Gil
“Ci puoi giurare!” replicò Jensen.
“Rovinando la serata al tuo cucciolo spaurito!? Lo faresti sul serio?” domandò sarcastico e Jensen stava per replicare quando una mano apparve sulla spalla di Gil, costringendolo a voltarsi.

“Lui no. Ma io , sì!” convenne la voce decisa e seria di Rich.

“Il mio caro Richard!!” esclamò con tono sprezzante l’altro. “Sempre a soccorrere chi è in difficoltà. Fammi indovinare… fai ancora da babysitter al nostro Monet!?!”
“Figlio di….” ringhiò Jensen prontamente trattenuto dalla mano di Jared sempre ferma contro il suo fianco.
Rich sorrise fintamente compiaciuto e poi fissò severamente Gil negli occhi.
“Ora, ascoltami bene. O te ne vai o la promettente troupe giornalistica, che è intervenuta alla serata , sarà ben lieta di conoscere i trascorsi poco gratificanti del figlio di  colui che vuole essere il futuro governatore del Texas. Un aggressione tenuta nascosta, un tentativo di corruzione, e chissà quante altre schifezze lasciate a marcire sotto il tappeto di casa!!” e a quella diplomatica minaccia , Gil, finalmente smise di sorridere.
Non voleva darlo a vedere ma mentre Rich gli parlava, nella sua mente si fecero largo gli avvertimenti del suo facoltoso padre “Non fare casini, Gil. Non crearmi problemi o questa volta te la sbrigherai da solo!

Rich e i due ragazzi, videro Gil deglutire a vuoto e ingoiare l’amaro.
“Spero di rivederti presto Jay!” fece lasciando il bicchiere con un gesto indelicato.
“Allora mi auguro di rimanere cieco per sempre!!” fu la risposta a quel saluto.
Rich sorrise ai due e senza dare nell’occhio seguì Gil assicurandosi che questi lasciasse la sala d’aste.

Jensen, fermo ancora nella sua posizione di protezione, sentì la mano di Jared tremare appena contro di lui. Si voltò e gli mise le mani sulle spalle.
“E’ andato via, piccolo. Tranquillo.” Cercò di rassicurarlo. “Vieni ti prendo qualcosa da bere.” Fece poi.
“Vorrei solo una birra fresca e un posto in cui riprendere fiato.” Asserì Jared mentre cercava di riprendere il controllo.
“Vediamo che posso fare!” esclamò Jensen, sorridendo dello stupore che vide sul volto del giovane compagno.
Jared lo percepì allontanarsi solo un po’ e poi lo sentì. Sentì Jensen usare quel suo tono basso e ammaliatore.
“Madame Harvelle. La sua casa d’aste ha sempre un fascino particolare anche per quelli come me che si accontentano delle parole per descrivere la bellezza e la poesia….anche se purtroppo non credo che esistano parole per descrivere la sua di bellezza e di poesia, mia cara. Stasera è incantevole!”
Jared strinse le labbra per evitare di rendere la sua una risata piuttosto che un educato sorriso. Jensen “estremamente poeta” era uno spasso.
“O mio caro. Mi fai arrossire!” squittì la mecenate.
“Per l’amor di Dio!! Non voglio che lo splendido rosso del suo vestito venga adombrato dal rossore delle sue guance!” e a quel punto Jared dovette portarsi il bicchiere alla bocca per coprire l’istintiva risata.
“Va’ tutto bene miei cari?!” chiese la donna, ricomponendosi.
“Tutto magnificamente e per questo che mi sento alquanto a disagio nel chiederle un insignificante favore!” azzardò Jensen con un tono avvolgente.
“Santo Cielo, Jensen. Mio caro, parla!!” fece quasi preoccupata.
“Vede Madame Harvelle. Il mio caro Jared doveva parlare con un redattore del Time, ma purtroppo il suo cellulare sembra morto.”
“ O che disdetta!!” fece angosciata. “Come posso aiutarvi?”
“Basterebbe un posto…non so…un ufficio in cui ci sia un telefono da poter utilizzare e poter..” ma non finì la sua “più che gentile” richiesta che la donna si attivò.
“Basta così. Non dire niente altro, mio caro.” si girò a cercare qualcuno e quando lo trovò gli fece discretamente cenno di avvicinarsi.
“Sì, Madame!” fece l’assistente appena arrivato.
“Tylor, accompagna i due signori al mio ufficio privato e fa in modo che nessuno li disturbi.”
“Certo, Madame!” fece accondiscendente l’altro. “Se i signori, vogliono seguirmi!?” e spostandosi appena, li attese.
“Madame Harvelle non so davvero come ringraziarla!” si fece avanti Jared.
“Mio caro Jared, il tuo ringraziamento è la bellezza delle tue opere!” rispose emozionata la donna.
“La ringrazio anche io, Milady!” fece Jensen prendendo delicatamente la mano della donna e accennando a baciarla, da vero galantuomo.
“Sei davvero un furfante , Jensen Ackles!!” lo ammonì sorridendo.
“E’ lei che mi rende così!”
“Già, come se non sapessi per chi batte il tuo cuore, mascalzone!” lo riprese lei.
“Ha ragione. Ma purtroppo l’amore non si lascia comandare. E’ arrivato e ha lanciato il suo guanto di sfida. Ha vinto la sua battaglia e io ora non posso che vivere di tutto ciò che Lui vorrà concedermi!” disse guardando Jared al suo fianco.
“Ti concederà tutto se stesso!” rispose il giovane, cercando la mano da stringere.
“Stupendo!! Magnifico!!” esclamò estasiata da quella scena la donna e subito dopo li lasciò andare.
 

Quando furono nel privè di Madame Harvelle, Jensen disse a Jared che sarebbe tornato in pochi minuti e così fu. Il maggiore trovò il giovane compagno seduto al piccolo divano di cortesia. Il capo rilassato all’indietro contro il poggiatesta e sul viso un espressione più o meno serena.
“Ehi, piccolo!” lo richiamò piano per non spaventarlo. “Tutto ok?!”
“Certo. Dove sei andato?!” chiese curioso.
“A completare il tuo desiderio!” rispose l’altro avvicinandosi. Un secondo dopo , Jared sentì la mano di Jensen prendere una sua mano e mettergli qualcosa di freddo e umido tra le dita.
“Ma cosa….”
“Hai detto che volevi una birra fresca. Beh!! ecco la tua birra fresca!” spiegò con tono soddisfatto.
Jared sorrise , illuminandosi e la stanza sembrò illuminarsi con lui o per lo meno a Jensen parve che tutto fosse tutto più illuminato. O forse era semplicemente perché Jared stava sorridendo.

Dopo un paio di sorsi refrigeranti, Jared allungò una mano verso il viso del compagno seduto di fronte a lui.
“E se avessi chiesto un bacio ?!” fece con tono malizioso.
Il bacio arrivò. Dolce , languido. Una splendida carezza a fior di labbra. Un accenno di sentore di whisky battagliò con il sapore della birra. Ma fu il calore di quel bacio stesso a prevalere su tutto.
“Dio!! quanto ti amo!” esclamò Jared.
“E io amo te!” fece eco Jensen.
“Stupendo!! Magnifico!!” replicò Jared imitando il tono squittente con cui Madame Harvelle aveva pronunciato quelle stesse parole , guardando loro.
 

Dopo la personale, per Jared ci fu un periodo di pausa. Il tempo pratico per sbrigare tutta la burocrazia “artistica”, situazione di cui, per forza di cose, se ne occupava Rich.
Nel fine settimana i due ragazzi convinsero l’amico a prendersi qualche giorno completamente tutto per lui.
“Dite la verità!! State cercando di liberarvi di me, vero?!” fece sarcastico.
“Andiamo Rich!” intervenne Jared. “Passi con me gran parte del tuo tempo che sia per portarmi in giro o per sbrigare scartoffie varie. Ormai quello che c’era da fare è stato fatto. Prenditi qualche giorno e fa quello che ti piace fare. Va a pesca, passa la serata in qualche club, rimorchia qualche bella erediteria…”, cercava di convincerlo il giovane.
“Rich?!” si intromise Jensen. “Hai ragione. Vogliamo sbarazzarci di te!” fece serio.
“Jensen?!” lo richiamò Jared, a mo’ di rimprovero.
“E su!!! Rich non è stupido. Non ha bisogno delle tue manfrine per capire che vogliamo stare un po’ da soli, che abbiamo voglia di stare insieme, di sbaciucchiarci tutte le volte che vogliamo , di fare ses….”
“Ok! Basta così. Lo hai detto tu: non sono stupido. Quindi stop ai particolari sul vostro week-end di fuoco!” fece con disappunto.

I due ragazzi scoppiarono a ridere, ma nonostante le proteste del fedele assistente, riuscirono a restare da soli.
Stavano bene insieme. Si sentivano bene perfino quando, semplicemente seduti sul divano, restavano in silenzio a godersi la pace di quel momento di intimità.
Il sabato mattina Jared cercò perfino di convincere Jensen ad usare la creta.
“Andiamo …non è difficile. Se ce la fa un non vedente!” lo provocò Jared.
“Scordatelo. Io le mani in quella roba non ce le metto e poi l’ultimo che lo ha fatto per amore, è diventato un fantasma in cerca di vendetta!” rispose il biondo riassumendo in quelle poche parole la trama di Ghost.
E Jared dovette arrendersi. Ma nel pomeriggio quando Jensen gli disse che voleva fargli un regalo, Jensen rimase sorpreso, quando il giovane gli chiese di regalargli un libro.
“E voglio che sia  tu a leggermelo. Deve essere di poesie. Poesie d’amore. Voglio che tu me ne legga una ogni sera.” chiese con decisione.
“Come una favola della buona notte?!” scherzò Jensen anche se era dolcemente colpito da quella richiesta.
“La mia favola sei tu, Jensen.” gli disse amabilmente Jared mentre richiedeva ancora e ancora le labbra dell’altro che mai si facevano attendere nel soddisfare quella richiesta.
 
Jensen decise di accontentarlo quel pomeriggio stesso e andò verso una libreria, poco distante da casa di Jared, intento a trovare un libro di poesie di W. Whitman.
 

Mentre Jared era a casa sua, il giovane decise di scendere in laboratorio per passare il tempo e cercare di dare forma alla magnifica sensazione di felicità  che sentiva in quei giorni. Si avvicinò al blocco di creta che sapeva essere sempre pronto sulla piattaforma di lavoro e quando stava per appoggiarci le mani sopra, sentì Angel, costantemente al suo fianco, ringhiare appena un po’ e poi sempre più forte.
“Ehi, amico! Che c’è??” fece cercando, con la mano, la testa dell’animale, per tranquillizzarlo.
 
“Ciao, Jay!”

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** .9. ***


“Ciao, Jay!” sorridendo sprezzante allo sguardo allarmato del giovane artista. “Sai?!  Dovresti accertarti che le porte siano ben chiuse quando sei da solo!” lo ammonì con tono sarcastico.

“Gil?..che cosa ci fa qui? Che cosa vuoi?!” domandò alterato e soprattutto allarmato da quella presenza sgradita.
“Ho aspettato ore in macchina. Cavolo!! Il tuo nuovo fidanzato…Jensen, giusto?.. non ti lascia solo un attimo e io , invece, volevo stare da solo con te mentre rivanghiamo i gloriosi ricordi del nostro passato.”
“Vattene!” ringhiò Jared.
“Eddai!! Sono venuto solo a fare visita ad un vecchio amico!” rispose pacatamente l’altro.
Jared fece qualche passo indietro perchè sentiva , percepiva, Gil avanzare.
“Qui non ci sono tuoi amici, quindi puoi andartene. Subito!!” fece imperioso.
“O andiamo!! Voglio solo ricordare i bei vecchi tempi con te, Jay!!” lo provocò Gil e sorrise beffardo quando vide sul volto del ragazzo un espressione furente.
“Smettila di chiamarmi Jay!!” lo ammonì Jared. “E ora ascoltami. Non voglio più avere niente a che fare con te. Ti voglio fuori da questa stanza, ti voglio fuori da casa mia. Ti voglio definitivamente fuori dalla mia vita. Per sempre!!” ed era estremamente deciso mentre proferiva questa parole. “Io ora vado di sopra e se quando torno qui, tu ci sei ancora o se solo sento il odore, chiamo la polizia.” e senza dire altro afferrò Angel per il collare e lo trascinò via con lui, dato che il cane continuava a ringhiare.
Raggiunse le scale e iniziò a salirle il più velocemente possibile e quando arrivò al soggiorno, recuperò il telefono.
“Tranquillo, Angel!! Ora chiamo Jensen e Rich e vedrai che finirà tutto!!” fece cercando di rassicurarsi. “Vieni, andiamo di sopra!!” richiamò il cane mentre saliva verso le camere al piano di sopra.
Era quasi giunto alla fine della scalinata quando Angel iniziò di nuovo a ringhiare furiosamente.
“Angel?..cosa….” si voltò appena ma non riuscì a dire altro poiché un colpo secco e violento lo colpì in pieno viso facendolo andare a sbattere contro la parete opposta al corrimano in legno.
“A quanto pare non hai ancora imparato la lezione Jay!! Io lascio te, non tu me!” fece minaccioso colpendolo ancora ad un fianco e a quel punto Angel abbaiava furiosamente.
“Gil…no….basta…per favore….!” ripeteva Jared mentre Gil lo colpiva ancora con qualcosa di duro e piatto che sembrava quasi bruciare quando impattava violentemente contro la sua pelle. Poi, ad un certo punto, Jared sentì guaire penosamente Angel.
Gil doveva aver colpito anche lui.
Di certo Angel stava cercando di avventarsi per andare in suo aiuto. E quello che sentì dire al suo aggressore ne fu la conferma.
“Prendi questo, stupido cane bastardo…..” seguito da un ennesimo guaito del coraggioso cane.
“No..no..no…Gil , fermati….ti prego….non fargli del male. Lascia stare Angel!!” cercò di fermarlo, cercandolo a tentoni verso la direzione da cui sentiva provenire sia la voce umana che quella animale.
“Tranquillo, torno da te tra un po’!” sibilò cinico Gil, che si strattonò via dal braccio Jared facendolo sbattere di nuovo verso il muro. “Ho un cucciolo da ammaestrare!!” ringhiò sadico.
“Noooo!” gridò Jared, terrorizzato dall’idea che Gil facesse sul serio del male ad Angel.
Il giovane ignorando il dolore che sentiva in tutto il corpo a causa dei colpi subiti, si avventò di nuovo su Gil, che lo spinse via con più forza.
 
Questa volta però, Jared, perse l’equilibrio e invece di cadere verso le scale, andò ad impattare contro il corrimano delle scale. Il legno cedette sotto il suo peso e il giovane senza emettere suono, forse perché sorpreso dalla mancanza di terreno che sentì improvvisamente , precipitò al piano di sotto.
Gil lo guardò sparire dalla sua vista e poi sentì il tonfo sordo del corpo di Jared che toccava il pavimento sottostante. Si affacciò appena dal punto in cui il legno aveva ceduto e fissò il corpo inerme sotto di lui. Jared , con la testa appena piegata da un lato, aveva del sangue che gli colava dalla bocca. Le gambe appena piegate. Un braccio mollemente poggiato sull’addome e l’altro piegato sopra la testa e sembrava non reagire alla caduta. Forse nemmeno respirava.
Come un dejavu, quella scena lo riportò a sette anni prima, su un pianerottolo di un vecchio stabile: lui fermo a guardare un Jared gravemente ferito. Lui che decideva di lasciare le cose come stavano. Lui che andava via come se niente fosse.
Anche in quel momento , decise, che era il caso di fare esattamente la stessa cosa.
Scese lentamente le scale su cui aveva seguito Jared, gli diede un'altra guardata veloce e poi scese ancora nel laboratorio. Posò in una cesta, la stecca di legno che aveva usato per picchiare Jared e per allontanare Angel e poi se ne andò via. Con indifferenza.
 
Angel scese piano le scale, incespicando a causa di una ferita alla zampa. Raggiunse mogiamente il suo padrone e gli annusò il viso. Con una zampa gli grattò la spalla come a volerlo far rinsavire, guaendogli labilmente nelle orecchie.
Jared si scosse appena. Troppo dolore per muoversi. Nemmeno riusciva a voltarsi con il viso verso il cane.
“An…Angel…” sussurrò. “Va…vai a..cercare…Jensen….vai…a cercare Jensen….” si sforzò di comandare. Ma Angel non si muoveva. Continuava a strofinargli il muso umido contro il collo come per portargli conforto.
“Per…per favore…” balbettò appena udibile, il giovane. Ma quel sussurro doloroso bastò a far scattare, per quanto possibile, il cane , che si allontanò da lui e uscì dall’appartamento.
 
Ad un isolato di distanza, Jensen era appena uscito dalla libreria in cui aveva acquistato il libro che voleva portare a Jared e quando stava per fare ritorno, si sentì chiamare.
“Ehi!! Rich? Che ci fai da queste parti , amico?!” chiese porgendogli amichevolmente la mano.
“Aspetto una persona!” rispose enigmatico l’amico.
“Wow!! Allora la pausa ci voleva sul serio, playboy??!” scherzò facendogli l’occhiolino.
“Non fare il cretino, Jensen. Che ci fai qui?!” chiese volendo sviare la conversazione.
“Niente di che!” fece mostrando il libro.
“Kamasutra?!” lo provocò Rich.
“E poi sarei io il cretino??!” e due risero ma all’improvviso, Jensen ebbe l’impressione di vedere qualcosa tra la folla. Qualcosa di famigliare che avanzava verso di loro.
Rich notò il cambiamento nell’amico.
“Jensen? Che c’è? Che hai visto?” chiese vedendo Jensen sempre più perplesso.
“Angel?” fece dubbioso Jensen. “Ma quello è Angel!” fece poi, deciso e andandogli incontro, seguito da Rich.
“Oddio ma che gli è successo?!” fece Jensen, vedendo le ferite del cane.
“Forse Jared ha distrattamente lasciato la porta aperta. Lui è uscito e l’avranno investito!” ipotizzò Rich, che accarezzava piano la testa del cane.
“Cazzo! Se è così, Jared andrà fuori di testa!!” convenne Jensen, pensando a come Jared si era affezionato al cane. “Ok! Cucciolo. Ora ti porto dal veterinario e vedrai che ti rimetteranno in sesto!” fece cercando di afferrarlo ma Angel si ritrasse.
“Andiamo, sacco di pulci… non fare i capricci!!” lo ammonì Rich.
Ma niente!! Angel era irremovibile, anzi sembrava voler fare la strada a ritroso.
“Angel, andiamo bello!” lo incoraggiò Jensen avvicinandosi ancora, ma questa volta Angelo invece di arretrare , schivò la mano tesa di Jensen e gli afferrò , con i denti , una gamba del pantalone e iniziò a strattonarlo.
“Ma che cosa….Angel?? Angel?? Smettila….ho capito…ho capito…vuoi andare a casa?!” e Angel tirava più forte.
 
A quel punto , Jensen sentì qualcosa alla bocca dello stomaco. Angel era un cane ammaestrato, non abituato a comportamenti strani come quello.
 
“Angel , vuoi …andare da Jared?!” azzardò allora il biondo. E a quel punto Angel lo lasciò e iniziò a camminare verso casa del giovane, aspettando di tanto in tanto che Jensen lo seguisse.
Jensen fissò il cane e poi Rich , al suo fianco, che aveva assistito, stupito, a quella scena.
“Qualcosa non va, Rich. Hai la macchina?!” chiese.
“E’ parcheggiata là!” disse indicando l’altro lato del marciapiede.
“Ok! Io seguo Angel. Tu prendi la macchina e raggiungici a casa di Jared!”
“Ok!!” e corse verso la macchina.
 
Jensen arrivò correndo all’appartamento del giovane compagno, ma con sua sorpresa la porta dell’ingresso principale era chiusa. Prese la chiave e aprì.
Chiamò Jared un paio di volte , senza guardarsi attorno, e si diresse direttamente giù in laboratorio. Ma anche lì Jared non c’era. Cominciava a salirgli l’ansia. E allora iniziò a chiamarlo con più decisione. Ritornò verso il soggiorno e iniziò ad osservare tutto.
 
Poi eccola, appena alzò lo sguardo.
La balaustra. Quella parte rotta. Perché c’era una rottura? Non c’era quando era uscito!
 
Poi i suoi pensieri vennero distratti dal passaggio di Angel che andava dietro il divano che campeggiava esattamente sotto la scalinata. Il cane lo affiancò e poi sparì dietro il grande sofà beige.
Jensen lo seguì.
Il cuore in gola.
Uno strano presentimento.
Quella dannata balaustra sfondata. E più si avvicinava al divano e più sentiva i guaiti di Angel. Non appena fu più vicino al laterale del divano, Jensen, piegò appena la testa, per poter sbirciare dietro lo schienale.
Un piede.
Si fece più avanti.
Una gamba.
 E ancora più avanti, mentre il cuore iniziava a battere impazzito.
Un'altra gamba , abbandonata sul pavimento, come la prima.
E poi la mente che iniziava a gridare “no!!”
Fin quando l’intera visuale del corpo inerme di Jared non gli si palesò davanti agli occhi.
“Nooooo!!” gridò allarmato e correndo immediatamente accanto al giovane privo di sensi. “Jared??? O mio Dio!! Jared!!” lo richiamava disperato, cercando di fargli aprire gli occhi. Sperando con tutto se stesso che Jared lo sentisse.
In quello stesso momento, entrò nella casa, anche Rich. Attirato dai richiami agitati di Jensen, corse immediatamente verso la voce dell’amico e lo trovò accanto al corpo di Jared.
“Ma che cazzo è successo?!” imprecò mentre prendeva velocemente il telefono e chiamava i soccorsi.
“Deve essere caduto. Mio Dio…deve essere caduto!” ripeteva Jensen indicando a Rich la balaustra sfondata sopra le loro teste.
 
Circa mezz’ora dopo, Jensen e Rich, attendevano trepidanti, notizie di Jared.
Il dott. Benedict , che già seguiva Jared, lo aveva preso immediatamente in cura non appena il ragazzo era arrivato al pronto soccorso e gli aveva fatto tutti gli accertamenti del caso. Ma la cosa che sorprese i due che aspettavano nella sala d’attesa, fu che quando il medico andò da loro, non era solo ma in compagnia di due detective.
“Dottore come sta Jared?!” chiese ansioso Jensen, ignorando le altre due presenze.
“E’ sveglio e fortunatamente non sembrano esserci danni ingenti.” disse.
“Che significa, Rob?!” volle assicurarsi Rich.
“Jared ha delle contusioni dovute alla caduta. Un trauma cranico che terremo sotto controllo e poi…” e poi si fermò come se non avesse il coraggio di continuare.
“E poi, cosa?!” domandò Jensen. “Che succede, dottore?!”
“Ci sono delle ferite che non sono compatibili con quello che gli è successo.” asserì Benedict.
“Ferite di che genere?!” intervenne Rich. “E perché c’è la polizia?!”
“I detective Colt e Winchester. Li ho chiamati io, dopo che ho visitato Jared. E’ la prassi!”
“Prassi?!” fece Jensen.
“In caso di aggressione!” esordì il medico, leggermente in imbarazzo.
Rich e Jensen rimasero per alcuni momenti come pietrificati dalla parola appena sentita.
“Aggressione!?” disse sbalordito Rich. “Ma di che diavolo stai parlando, Rob? Quale aggressione?? Jared è caduto da una stramaledetta balaustra!!” ed era quasi infuriato mentre lo diceva.
Ma il dottore, ormai amico sia di Rich che di Jared, aveva capito che quella rabbia era solo perché l’uomo non accettava una simile ipotesi per il suo giovane protetto.
“Dott. Benedict, per …per favore, ma di che sta parlando?”
Il medico si scambiò uno sguardo complice con i due detective al suo fianco e mostrò a Jensen delle foto.
“In caso di aggressione , noi medici, siamo tenuti a scattare delle istantanee per i referti. Queste che vedi qui, sono le ferite che ha Jared su un fianco, alla schiena, su una coscia e questa….” passandogli l’ultima foto, “…questa  è del suo viso.”
“Oddio!” mormorò Jensen, quando vide l’ultima foto e si passò una mano sul viso come per farsene una ragione.
“Figlio di puttana!!” ringhiò Rich dopo aver visto quelle stesse foto. “Se lo trovo giuro che lo faccio a pezzi con le mie mani!!”
“Si calmi , sig. Speight. E ci lasci fare il nostro lavoro!” lo ammonì uno dei due.
“Voi non….” stava per controbattere quando una mano di Jensen lo fermò. Il ragazzo gli mise una mano sul petto come per volerlo calmare e Rich, soffiando aria dalle narici, accettò quella tacita richiesta di calma.
“Che cosa vi serve?!” fece poi rivolto ai due detective.
“Il permesso per entrare in casa di Padalecki e ispezionarla , nel tentativo di trovare l’oggetto con cui è stato colpito e magari qualche impronta sopra!” fece Colt.
“Ce l’avete!” asserì Jensen.
“Mi dispiace, ma con tutto il rispetto, la vostra relazione non le da’ il diritto di farci entrare in casa del suo compagno. Ci serve il permesso del diretto interessato o al massimo di un suo rappresentante legale.” fece l’altro.
“Beh! avete anche questo. Sono socio di Jared e suo rappresentante legale. Vi ci porto io stesso all’appartamento.” si fece avanti Rich.
“Detective Winchester?!” lo richiamò Jensen.
“Sì?!”
“Io credo di sapere dove dovreste guardare!” disse guardando ancora, dolorosamente, le foto che aveva tra le mani.
“Dove?!”
“Nel laboratorio. Accanto alla piattaforma su cui Jared lavora la creta, ci sono delle ceste. Lì dentro ci troverete delle stecche di legno di varie misure. Jared le usa per …insomma…per rendersi conto delle proporzioni della sua opera.” spiegò vedendo il livido a forma quasi rettangolare che spiccava violaceo sulla pelle chiara della schiena di Jared.
“Va bene, grazie!” ma poi il detective vide Jensen rimanere in una sorta di indecisione. “Jensen?” lo richiamò. “Tutto bene?!”
“Jared è un ragazzo dolcissimo. Una bravissima persona. Come…chi ha potuto fargli una cosa del genere?” chiese sperando in una risposta.
 
I due detective stavano per andare via con Rich, quando una sottile confusione, richiamò la loro attenzione.
“Chi fa tutto questo casino nel mio ospedale?!” ebbe da ridire Benedict e in quello stesso momento la figura e la voce di Gil McKinney si fecero più riconoscibili.
 
“Signori, vi prego, sono qui per fare visita ad un mio caro amico che ha avuto un brutto incidente. Per favore, lasciate che vada e mi assicuri che stia bene e che abbia tutto quello di cui ha bisogno….” diceva con aria fintamente affranta ai giornalisti che lo seguivano la maggior parte delle volte.

“Ma che diavolo..” fece Rich stranito da quella presenza. “Che cazzo ci fa qui?!” domandò furioso ai due poliziotti mentre Jensen lo guardava furioso e confuso. Ma conosceva certe pratiche e qualcosa cominciò a farsi avanti tra i suoi pensieri.
“Agente Colt, avete già reso noto l’incidente di Jared?!” chiese senza distogliere lo sguardo da Gil , poco distante da loro.
“Assolutamente no. Siamo i primi ad essere intervenuti non appena il dott. Benedict ci ha avvisati dell’accaduto. Non abbiamo ancora avvisato nemmeno la centrale!” rispose l’agente.
“Allora come cavolo fa a sap…..” stava dicendo Rich quando vide Jensen scattare  velocemente verso Gil che si era appena lasciato alle spalle il gruppo di giornalisti.
“Figlio di puttana!!” gridò il ragazzo un attimo prima di sferrargli un pugno in pieno viso.
Gil sbattè contro il muro alle sue spalle per il contraccolpo e ne avrebbe sicuramente incassato un altro se sia Rich che i due detective non fossero stati veloci quanto Jensen a raggiungerli per fermarlo.
“Sei stato tu!!” lo accusava furioso Jensen. “Tu lo hai aggredito, bastardo…tu gli hai fatto questo!!!” gridava mentre scalciava nella presa di Rich. “Giuro che se gli succede qualcosa io…io….” ma non potè dire niente altro perché Rich gli mise una mano sulla bocca e lo trascinò via.
“Sta’ zitto, incosciente!!” fu l’ammonizione decisa. “Vuoi farti arrestare per aggressione e minaccia!!?”
“E’ stato lui….” disse a Rich mentre il suo respiro era ancora veloce a causa della furia che sentiva. “E’ stato lui!!” gridò ai due detective che erano intervenuti anche per rimettere dritto Gil che si manteneva il lato del volto colpito.
“Sig. Ackles lei non ….” stava per dire Colt, quando Gil si fece avanti.
“Io ti faccio arrestare. Giuro su Dio, che ti faccio sbattere in galera!!” lo minacciò l’altro, restando però sempre ben protetto dai due agenti.
“Lei non fa arrestare nessuno, McKinney.” e poi Winchester tornò a guardare Jensen come se fosse in attesa di una spiegazione per quella reazione violenta.

“Come fa a sapere quello che è successo a Jared, se voi non avete avvisato nemmeno la centrale e noi non abbiamo chiamato nessuno!?” domandò retorico Jensen e a quell’affermazione il detective si girò a guardare l’accusato.

“Un mio assistente lo ha saputo da un membro dello staff dell’ospedale!” sembrò volersi giustificare.
Ma a questo punto fu proprio Benedict ad intervenire, seccato.
“No, lo escludo categoricamente. Ogni membro del mio staff sa che se una qualsiasi forma di privacy viene violata, c’è il rischio del licenziamento e radiazione dall’albo. Garantisco personalmente per ognuno dei miei dipendenti.” riferì risoluto.
I due poliziotti si girarono a guardare interrogativi il giovane rampollo che li fissò non sapendo cosa rispondere.
“Io…forse mi hanno chiamato..”
“Chi? Chi l’ha chiamata? Chi l’ha avvisata?” domandò Winchester.
“Non ricordo. Dovrei controllare al mio cellulare. Io….”
“Naturalmente. Venga , lo faremo insieme in centrale. Faremo in due minuti!” si accodò Colt che prima di seguire McKinney e il collega , si voltò verso Rich.
“Faccia calmare il suo amico e tra un ora... ci raggiunga all’appartamento di Padalecki!” ordinò gentilmente, vedendo Jensen ancora decisamente agitato.

Rich annuì e tornò dal giovane amico che sembrava ancora sul punto di esplodere di nuovo.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** .10. ***


“Come stai?!” chiese a Jensen.
“Sto che vorrei ucciderlo per quello che ha fatto. Hai visto anche tu le foto….come….come ha potuto….Dio!! se solo ci penso , io…..io impazzisco!!” ringhiò furioso.
“Ok! D’accordo. Nessuno più di me , ti può capire. Ma ora….ora devi darti una calmata. Tra un po’, Robert, ci farà vedere Jared. Vuoi che capisca tutto il casino che hai combinato? Perchè lo sai che a lui non occorre la vista per capire lo stato d’animo di una persona!!” gli fece presente Rich, cercando di riportare Jensen alla calma.
“Hai…hai ragione. Mi ..mi calmo. Mi calmo!!” disse facendo dei respiri profondi e poggiando le mani sulle ginocchia.
 
Qualche minuto dopo, i due, erano davanti alla porta della stanza di Jared.
Jensen stava per entrare quando si fermò improvvisamente.
“Che c’è?!” chiese perplesso Rich.
“E’ colpa mia. È stata tutta colpa mia. Se non fossi uscito per quello stupido libro!!….se non lo avessi lasciato solo…tu non c’eri e io l’ho lasciato solo….è colpa mia….è colpa mia!!” iniziò a ripetere quasi istericamente il ragazzo.
“Ok! Smettila. Smettila!!” lo rimproverò aspramente Rich. “Non è colpa tua. Una cosa del genere poteva accadere anche se ero io a dover stare con lui. Credi che io non lo lasci mai solo??? Jensen…” lo richiamò severamente. “…Jared non vuole vivere sotto una campana di vetro. Non lo ha mai voluto e se tu ti impegnerai a fare una cosa del genere lo perderai.” fece duro e deciso e Jensen strabuzzò gli occhi allarmato alla sola idea di perdere Jared.
“La colpa è solo di quel bastardo di Gil. Ma questa volta pagherà. Giuro che troverò il modo con cui anche suo padre dovrà accettare il casino in cui si è infilato il figlio!!” cercò di rassicurarlo.
“Va bene! Va bene!” sospirò Jensen, che si passò le mani sul viso, strofinandosi vigorosamente per mandare via l’ansia che sentiva ancora addosso. “Andiamo da Jared!”
“Sì. Andiamo da Jared.” fece eco, l’altro.
 
I due entrarono nella stanza. Jensen vide Jared tenere gli occhi chiusi, forse dormiva. Forse era ancora sotto gli effetti degli antidolorifici. Si avvicinò cautamente al letto e mentre stava per accarezzargli il dorso della mano , mollemente poggiata sulla pancia, Jared sorrise appena.
“Mi chiedevo quanto ancora ti avrei dovuto aspettare!!”
“Sei sveglio??” si sorprese, piacevolmente, Jensen, sedendosi appena sul bordo del letto.
“Come credi si possa riposare con tutto il casino che hai fatto?!” lo prese in giro, il giovane.
“Ohw! Hai sentito?!” rispose imbarazzato Jensen.
“Credo che l’abbiano sentito per tutto il piano, amore mio.” lo prese in giro Jared.
Jensen si chinò piano sul viso del compagno e non dovette fare altro perché vide anche Jared sporsi verso di lui.
Un bacio leggero. Quasi una carezza.
“Ciao!” fece Jensen.
“Ciao!” rispose Jared.
“Come stai, piccolo?!” chiese poi, dopo avergli accarezzato i lineamenti ed essersi soffermato sullo zigomo ferito. E in quel gesto sentì una rabbia furiosa montargli dentro, ma poi fissò lo sguardo di Jared e lentamente si concentrò solo su di lui e non sul livido.
“E’ stato assurdo, Jensen. Non ho avuto il modo di difendermi o chiamare te o Rich. Lui…lui mi è arrivato alle spalle e ha …..” e poi rimase un attimo spaurito.
“Jared che hai!?” chiese preoccupato Rich.
“Angel….lui ha colpito rabbiosamente perfino Angel che cercava di proteggermi. Come sta?...come sta?!”
“Tranquillo, Jared. Angel sta bene, anzi è lui che ci ha portato da te!” lo rassicurò Jensen, mentre continuava ad accarezzarlo dolcemente.
“Aveva qualche ammaccatura, ma lo abbiamo portato alla clinica veterinaria sulla Settima. Hanno detto che quel sacco di pulci si riprenderà in fretta!” fece Rich.
“Ora, per favore, mi dici come stai?!” domandò ancora Jensen.
“Un po’ dolorante , ma sto bene. Te lo giuro. Sto’ bene. Credo che essere caduto in parte prima sulla spalliera del divano e poi a terra, abbia attutito la caduta! Mi rimetterò in fretta anche io!!” e questa volta era il giovane che cercava di rassicurare gli altri due.
“Che peccato!! E io che speravo di giocare al dottore e all’ammalato almeno per un po’!” scherzò Jensen facendo ridere Jared e sbuffare di disapprovazione Rich.
“E a questo punto io vado via!!!!” esclamò esasperato l’amico.
“Ok! Ma prima potresti aprire di più le persiane di questa stanza? So che è strano detto da me..ma è…è troppo buio!” fece Jared.
 
In quello stesso momento, Jensen e Rich, si guardarono spaesati e preoccupati.
La stanza era inondata di luce. Anzi, se non fosse stato per le tende che ne attutivano il bagliore, sarebbe stato quasi fastidioso stare lì dentro.
 
“Sì..sì…” balbettò Rich. “Io…io…sì..”
“Che hai , amico?!” chiese Jared notando immediatamente il cambio di tono.
“Niente! È.. che è stanco.. di fare sempre..sempre quello che gli chiedi!” provò a distrarlo Jensen.
“Non…non credo!” rispose incerto Jared. “Anche tu hai cambiato umore!” lo spiazzò Jared. “Mi è sembrato che tu avessi perfino tremato!”
“Cosa? Noooo!!” insistette Jensen.
“Ragazzi, che succede?!” li interrogò Jared, ora leggermente più serio. “E’ come se qui dentro fosse arrivata l’Era Glaciale e voi…” e mentre stava per continuare, qualcosa mutò anche in lui.
Jensen vide Jared voltare il viso verso le finestre e restare come se fosse in attesa. Capì quello che stava facendo il giovane compagno.
“Jared!....”
“Sono aperte! Le finestre sono aperte, non è vero?!” chiese spaventato.
“Jared ,ascoltami..” provò ad anticipare il panico che vedeva sul volto del compagno.
“Sono aperte!!!!????” gridò.
Jensen sussultò a quella esortazione disperata. “Sì, piccolo. Le persiane sono aperte e c’è luce , tanta luce nella stanza.” Non era più il caso di mentire.
“No..no..no… il buio no. Il buio completo, no!!” iniziò ad agitarsi Jared.
“Chiama Benedict!” ordinò Jensen rivolto a Rich che si mosse immediatamente.
Poi si avvicinò a Jared, e lo tirò su piano, facendo attenzione alla flebo nel braccio, stringendoselo vicino. Abbracciandolo il più forte possibile per rassicurarlo.
“Non il buio. Non sopporterei il buio!! Non il completo buio!!” sussurrava Jared stretto tra le braccia di Jensen che non smettevano mai di cullarlo.
“Andrà tutto bene. Te lo giuro, Jared. Andrà tutto bene!” che altro poteva dire?
 

Meno di un quarto d’ora dopo, Benedict portava Jared in radiologia per fare degli accertamenti. Il giovane aveva chiesto al medico se Jensen poteva seguirli ed era stato accontentato.
“Ok! Jared. Ora cerca di stare fermo. Faremo presto!” fece il radiologo di turno, mentre sia Robert che Jensen aspettavano le prime immagini nella sala attigua a quella in cui c’era Jared. Non che per Jensen avrebbero fatto differenza. Lui aspettava di vedere l’espressione del medico per intuire l’esito dell’esame.
“Tom, che succede? Le immagini sono sfocate. Il macchinario fa di nuovo storie?” fece Robert.
“No, dottor Benedict. Non è il macchinario. E’ lui!” disse indicando Jared. “Si sta agitando troppo.”
Benedict si avvicinò al microfono con cui si interagiva con la stanza annessa e pigiò il pulsante per parlare.
“Jared, devi stare fermo o le immagini non saranno chiare!” lo avvertì.
“E’ buio…è troppo buio. Non…non resisto…mi …mi manca l’aria..fatemi…fatemi uscire!!” fece nervosamente.
“Jared ascolta…” provò ancora il medico, ma Jensen lo fermò e gli fece cenno che voleva parlare con Jared. Benedict gli lasciò il posto.
“Ehi, piccolo?!” lo richiamò.
“Jensen?...ti prego …ti prego fammi uscire da qui!!” implorò e Jensen fece male il cuore a causa del tono che aveva Jared. Sembrava un bambino spaventato.
“Al più presto. Te lo giuro. Ma devi…devi permettere al tecnico di fare il suo lavoro.” Cercò di spiegargli con tono rassicurante.
“Non ci riesco…io non ….”
“Ascolta….. se io faccio una cosa per te, tu puoi fare una cosa per me?”
“Sì….” Balbettò e poi più sicuro: “Sì!”
“Va bene, allora io sto per fare qualcosa di cui me ne vergognerò a vita e con cui tu mi prenderai in giro a vita. Ma lo farò. Solo per te.” promise con nel tono già un velo di imbarazzo.
“Va bene!” convenne già più calmo Jared.
“Ok! Ma tu ora devi stare fermo mentre io faccio questa cosa!” si raccomandò Jensen.
“Va bene!” ripetè ancora più tranquillo il giovane.
Jensen guardò i due al suo fianco e il medico fece cenno al tecnico di riprendere l’esame. Jensen nello stesso momento, si avvicinò al microfono e sospirando  mantenne la sua promessa.
 

When I see your smile, I can face the world  (Quando vedo il tuo sorriso posso affrontare il mondo)
You know , I can do anything                          (Sai, posso fare tutto)
When I see your smile, I see a ray of light.     (Quando vedo il tuo sorriso, io vedo la luce)
When I see you smile… at me!”                      (Quando che tu sorridi…a me!)
 

L’esame ebbe buon fine e le immagini risultarono chiare e ben precise e quando l’infermiere andò a prendere Jared nell’altra stanza, Jensen gli andò dietro per essere fuori dalla porta quando il giovane fosse uscito.
“Ehi!!” lo richiamò accarezzandogli il viso. “Sei stato bravissimo, amico!” lo rassicurò Jensen.
“Hai cantato per me?!”
“Io farei di tutto per te, amore mio!” sussurrò Jensen che si era chinato appena per baciargli la fronte.

I due raggiunsero insieme la stanza di Jared dove li attendeva Rich. Pochi minuti dopo vennero raggiunti anche dal medico.
“Allora?!” fece ansioso Jensen che non si spostava mai dal fianco di Jared.
“Ci sono due notizie e…”






N.d.A.: Ok! farò finta di ignorare gli improperi che molti di voi stanno recitando con sentito trasporto in questo momento, e mi limiterò a dirvi che la canzone che Jensen canticchia a Jared è dei Bad English e si intitola "When I see you smile".
Perchè ammettiamolo il sorriso di Jared è.....beh!, è il sorriso di Jared!!!

Baci, Cin!

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** .11. ***


" Ci sono due notizie ..."

“E, cosa? Giochiamo a “prima la brutta o prima la bella”? scherzò Jared, ma solo per cercare di combattere il panico che gli attanagliava lo stomaco.
“No, in effetti, dal punto di vista medico chirurgico possono essere viste entrambe ... positive!” asserì fiducioso il medico.
“E questo che significa?!” intervenne Rich.
“Vi spiego: il colpo ricevuto di recente dalla caduta ha causato un nuovo ematoma ..”
“E come fa questo ad essere una notizia buona?!” ironizzò Jared che istintivamente , alle parole del medico, aveva cercato la mano di Jensen e naturalmente l’aveva trovata.
“Lo è perché questo nuovo ematoma, più grande e per questioni di tempistica ancora …come posso spiegarvi….elastico, ha inglobato quello preesistente e che causava la tua cecità, Jared!” spiegò semplicisticamente.
“Ho capito, ma a quanto pare questo nuovo ematoma mi ha reso definitivamente cieco. Se prima vedevo qualche luce o distinguevo almeno delle ombre, ora…ora io….”
“La questione è che questo nuovo ematoma è operabile Jared!” lo fermò Benedict.
“Come?...cosa?!” fece Jensen. “Che significa che è operabile?!”
“Che se agiamo in fretta, possiamo eliminarlo e con lui eliminare anche quello più vecchio. E se siamo fortunati….se la zona in cui era incastrato quel piccolo bastardo , in questi anni, ha comunque ricevuto ossigeno ed è ancora vascolarizzata, possiamo sperare che tu….”
“…che eliminando l’ematoma, possa tornare a vedere?!” azzardò Jared.
“Se dopo aver eliminato entrambi gli ematomi, lì dentro è tutto a posto, abbiamo il 90 per cento di possibilità che tu..sì, Jared…che tu possa tornare a vedere!” rispose Il dottore con tono ottimistico.

Jensen guardò fisso Jared che invece sembrava spaventato. Rich pareva confuso anche lui e Benedict lo notò.

“Ok! Rich…credo che tu abbia bisogno di un caffè e che i due ragazzi debbano parlare.” fece guadagnando l’uscita con l’amico. “Jared?” fece poi rivolgendosi di nuovo al ragazzo. “Se decidi, dovrò operarti stasera stessa. Non possiamo aspettare e rischiare che la situazione cambi!” sembrò avvisarlo e vide il giovane annuire appena.
 
“Che devo fare, Jensen?!” chiese alla ricerca di un consiglio. Se si operava e tutto andava bene , avrebbe visto di nuovo. Ma se le cose fossero andate in maniera diversa, lontane dall’andare bene, la sua vita sarebbe stata una lunga strada immersa nel buio. “Che devo fare?...io..io…ho paura di…”
“Va bene! Ascoltami, piccolo!” fece Jensen sedendosi accanto. “Qualsiasi cosa tu decida, e qualsiasi cosa accada dopo che avrai deciso, l’affronteremo insieme. Io ti starò vicino, sempre. Non metterai un passo senza di me. Al diavolo Rich che continua a ripetermi che non devo metterti sotto una campana di vetro. Tu sei la cosa più bella e preziosa che mi sia capitata e non permetterò mai più a nessuno di farti del male. Io e te , piccolo. Qualunque cosa accada , saremo sempre io e te!” e quelle parole le disse con una tale convinzione e forza che Jared riuscì a percepire ogni briciolo d’amore che quelle stesse parole racchiudevano.
“Io e te?!”
“Sempre, amore mio. Per sempre!”
“Jensen?!” lo richiamò Jared, ancora stretto nell’abbraccio del suo amato.
“Si, piccolo!”
“Ti prego non ridere di me per quello che sto per dirti…” iniziò Jared arrossendo appena.
“Non l’ho mai fatto, amore. Non ho mai riso di te. Ho sempre riso ..con te!”
“Sì, lo so. Ma quello che voglio dirti è…che per quanto io non riesca a vederti, per la mia mente e il mio cuore tu sei un immagine nitida e bellissima…”
“Jared…”
“ ….perché ti vedo con gli occhi dell’amore. E quelli non possono essere ciechi!”
Jared dopo quella dolcissima dichiarazione sentì le braccia di Jensen stringerlo ancora più forte ed ebbe l’impressione che il compagno fosse come…scosso da leggeri tremori.
“Jensen…tu…stai…”
“E’ colpa tua, piccolo. È tutta colpa tua!” sospirò Jensen baciandogli il capo nascosto sul suo petto mentre, discretamente , tirava su col naso.
 

Le ore che seguirono l’operazione di Jared furono interminabili e stressanti. Ogni infermiera o persona che usciva dal reparto in cui c’erano le varie sale operatorie passavano accanto ai due in attesa, come se nemmeno esistessero.
“Ma quanto ci vuole ancora?!” ringhiò esasperato quando l’ennesima infermiera gli passò indifferente accanto.
“Sta’ buono, Jens. E’ della testa di Jared che stiamo parlando. Hai idea del casino che ci avranno trovato i dottori quando avranno aperto?!” ironizzò Rich , un  po’ per sdrammatizzare , un po’ per cercare di calmare anche se stesso.
Quando finalmente , un addetta alle sale, li andò ad avvisare che l’operazione era finita e che stavano portando Jared in camera, i due invece, si avviarono verso il dott. Benedict che aveva fatto cenno loro di avvicinarsi.
“Allora come è andata?!” chiese Jensen.
“Abbiamo rimosso entrambi gli ematomi e sembra che ci sia ancora vascolarizzazione nella zona colpita già sette anni fa.” Riferì mentre aggiornava la cartella che aveva tra le mani.
“Questo significa che…”
“Questo significa che l’operazione è andata bene, che Jared starà bene, ma che per il resto dovremo aspettare di togliere le bende. Domani mattina sapremo il resto!” fece risoluto. “Ora!, so che dire di andartene a casa è inutile…” fece guardando Jensen. “..ma almeno cerca di riposare un po’.” affermò mettendogli una mano sulla spalla con un gesto amichevole. “E tu?” fece rivolto a Rich. “Non hai più l’età per queste maratone. Va a riposare anche tu!”
“Ma se abbiamo la stessa età!!??” fece offeso
“Ehi!! io sono più giovane di te!” affermò il medico.
“Seh!! Di 17 giorni!!” replicò l’altro.
“17 giorni fanno un enorme differenza!!” continuava mentre si trascinava verso la macchina del caffè l’amico, lasciando a Jensen la possibilità di raggiungere Jared.

Il giovane dormì per tutta la notte e Jensen, per tutta la notte, restò al suo fianco, di tanto in tanto però il sonno vinceva su di lui e allora appoggiava la testa sul bordo del letto accanto alla mano del compagno e lasciava che quella sonnolenza lo avvolgesse dolcemente.
La mattina fu svegliato da un infermiera che lo avvisava che i dottori sarebbero arrivati presto per il solito giro e quindi Jensen si diede una sistemata veloce e attese l’arrivo di Benedict.
“Jensen?!” fece la voce assonnata e appena stentata di Jared.
“Ehi, Jared!! Sei sveglio….finalmente.” fece Jensen andandogli immediatamente vicino e accarezzandogli il viso per fare diventare quella sua presenza qualcosa di più concreto. Si chinò e gli posò un bacio leggero sulle labbra. “Ciao, amore mio!”
“Ciao!” rispose con un sorriso Jared. “Come è andata?!” chiese poi.
“Benedict sta arrivando. Tra un po’ toglieranno le bende e sapremo se…”
“…c’è luce alla fine del tunnel!”
“Andrà bene, Jared. Andrà bene!” volle rassicurarlo il maggiore, anche se, pure lui  temeva l’esito finale dell’operazione.
 

Benedict tagliava con attenzione le bende intorno alla testa di Jared.
“Tranquillo!! Non ti rovinerò il taglio!” scherzò mentre continuava.
“O sbagli pure dottore!!” fece la voce di Rich. “Chissà che sia la volta buona per farlo sembrare un uomo invece che un modello da cartellone pubblicitario!!”
Quelli presenti nella stanza risero e questo servì a sciogliere almeno per alcuni momenti la tensione anche perché ormai le bende erano finite e rimanevano da rimuovere solo le ovattine poste sugli occhi di Jared.
“Allora Jared, ora chiuderò le persiane, perché nel caso in cui , come ci auguriamo, tutto sia tornato in ordine, non voglio che i tuoi occhi siano colpiti da troppa luce tutta insieme. Una volta che avrò rimosso le garze, man mano aprirò le persiane alle finestre così che tu ti possa riabituare pian piano. Ok!?” spiegò quello che sarebbe successo di lì a poco.
Jared sentì le mani del dottore sugli occhi. Sentì quel leggero fastidio di cotone sparire e attese.
“Va bene, Jared. Ora…prova ad aprire gli occhi. Lentamente. Con calma!” lo istruì.
 
Jensen vide Jared stringere gli occhi e non capiva se era perché provava dolore oppure perché cercava il coraggio di aprirli e agitato guardò Rich.
L’amico gli fece cenno di stare tranquillo e di dare tempo al tempo, ma anche lui fremeva.
 
Jared aprì piano gli occhi e poi li richiuse per poi aprirli di nuovo e tenerli aperti anche se sembrava gli costasse fatica.
“Jared?” lo richiamò il medico che finestra dopo finestra, apriva lentamente le persiane. “Jared vedi qualcosa?!” chiese ancora, per poi tornare al fianco del suo paziente.
Il giovane non rispondeva. Sembrava solo spaesato. Si guardava attorno come se non sapesse nemmeno dove si trovava e la cosa più assurda era che nessuno in quella stanza riusciva a capire se Jared vedeva o meno.
“Jensen?!” fu l’inattesa richiesta del giovane.
“Sì…sì, Jared. Sono qui!” fece l’altro, avvicinandosi di fretta al letto.
Il giovane alzò una mano verso di lui, in chiara richiesta di sostegno e a Jensen prese il panico.

Dio, no!! Non vede!, pensò mentre stringeva con forza la mano che gli era stata porta.

“Andrà tutto bene, Jared. Andrà tutto bene!!” allora disse credendo di portare conforto e rimanendo stupito quando vide un sorriso piegare le labbra del giovane compagno.
“Sapevo che dovevi essere bello, ma che il verde dei tuoi occhi fosse un tale spettacolo…non potevo immaginarlo!” disse guardandolo dritto negli occhi.

E lo guardava. Dio!! se lo guardava. E lo vedeva.

La bocca di Jensen si spalancò dallo stupore e dalla felicità. Anche se non riusciva a dire niente data l’emozione che stava provando in quel momento.
“Sìììììì!!!” fu il grido di compiacimento di parte di uno dei presenti nella stanza.
Jared guardò appena dietro le spalle di Jensen per vedere a chi fosse appartenuto un simile entusiasmo.
Fissò l’uomo, basso di statura, almeno in confronto a lui o a Jensen. Castano, i capelli tirati indietro e una faccia decisamente furba e con una barba che lo rendeva decisamente affascinante.
“Rich?!” sembrò chiedere.
“Sì, ragazzo. Sì!” fece l’altro e non potè impedire alla sua voce di mostrare una sincera emozione.
“Finalmente ci conosciamo, Rich!” ironizzò mentre l’uomo gli si avvicinava. “Non ti facevi così….basso!” scherzò.
“Non sono basso. Sei tu che sei un dannato gigante!!” replicò Rich facendogli una sentita carezza che partì dalla fronte fino al viso raggiante. “Felice che tu stia bene, ragazzo. Felice che tu stia bene!!”

Il giovane gli sorrise riconoscente e poi tornò a fissare il ragazzo che in quei momenti non aveva mai lasciato la sua mano e che , nonostante fosse un ottimo oratore, non era riuscito a dire ancora niente.
“Jensen?!” lo richiamò il giovane. Ma gli occhi di Jensen risposero per lui. Era radiosi. Erano felici. Erano emozionati e soprattutto erano lucidi di lacrime costrette a non cadere per non peggiorare la situazione. Il ragazzo si limitò ad annuire, per far capire che era tutto a posto.
“Di’ qualcosa, Jensen!”
Jensen prese un respiro profondo. “Ti amo!” disse solo soffocando in una risata nervosa un singhiozzo e poi passandosi la mano libera dalla mano di Jared, sul viso.
Jared non insistette. Gli bastava.
“Ti amo anch’io!” rispose.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** .12. ***



I giorni successivi furono abbastanza estenuanti per Jared. Dovette sottoporsi a numerosi esami dovuti, date le sue condizioni precedenti e attuali. Benedict voleva essere sicuro al cento per cento che tutto fosse in ordine e che il post operatorio procedeva al meglio.
Solo una settimana dopo aver avuto tutti i risultati clinici, decise di dimettere Jared.
Rich portò la roba del giovane in macchina mentre Rob chiedeva a Jensen di seguirlo per gli ultimi accorgimenti.
Jared dalla sua stanza, mentre finiva di prepararsi, vedeva l’amico dottore parlare con il compagno, ma quello che non si spiegava era l’espressione che vedeva sul volto di Jensen.
 
Jensen sembrava deluso e non preoccupato. Preoccupato di cosa, poi? Rob gli aveva garantito che tutto era a posto.
Quindi perché era deluso?
 
Ma quando il compagno tornò da lui e gli posò un bacio dolce sulle labbra, Jared mise da parte ogni stupida domanda e si lasciò cullare dalla dolcezza di quel momento.
“Ti riporto a casa, piccolo!” fece Jensen mentre con le mani incorniciava il viso del più giovane.
“Resti con me?!” chiese Jared.
“Non vado da nessuna parte!” e si avviarono.
 

I primi giorni di convalescenza domestica di Jared andarono avanti tranquilli. Benedict si era raccomandato di farlo riposare tanto, di non fargli stancare la vista e che per almeno qualche altro giorno , anche in casa, sarebbe stato opportuno che Jared portasse occhiali da sole. Naturalmente Rich non si lasciava sfuggire di chiamarlo Ray Charles quando lo vedeva girare in casa in quelle condizioni.
“Ehi!!, Ray è un grande!!” si difendeva Jared sorridendo alla presa in giro dell’amico.
Un pomeriggio però, Jensen,  chiese a Rich di restare con Jared, che stava riposando. Aveva un casino di lavoro da consegnare e per quanto Misha era stato paziente e comprensivo, non se la sentiva di approfittare ancora così  della tolleranza dell’amico editore.
“Se resto qui, non combinerò niente. Tornerò domani verso ora di pranzo, ok?!” fece.
“Tranquillo, Jens. Resto io con il bambinone!” lo rassicurò Rich
 

Quando tornò al suo appartamento, Jensen, si concentrò sul lavoro, anche se ogni tanto si sentiva in colpa per aver lasciato Jared. Ma aveva solo bisogno di rimettersi in pari e poi tutto sarebbe tornato alla normalità. Finalmente!!
Verso le undici di sera, la recensione in cui si era immerso, fu disturbata dal rombo di un tuono molto vicino. Jensen adorava i temporali. Violenti, appassionati, liberi, incapaci di essere fermati o fermarsi. Tutto finiva solo quando ogni energia era stata consumata.
Un po’ come il fare l’amore!!

Poi quel pensiero a sua volta fu infastidito da qualcuno che bussava alla sua porta.
“Chi diavolo è a quest’ora!?” sibilò seccato. Andò ad aprire e rimase sorpreso nel vedere Jared alla sua porta di casa , bagnato fradicio dalla testa ai piedi.
“Ma che diavolo ci fai tu qui??!” fece tirandolo in casa.
“Mi mancavi!” rispose con tono innocente.
“E non potevi chiamarmi invece di farti tutta la strada sotto il temporale?!” sembrò rimproverarlo dopo aver visto in che condizioni era.
“Hai idea da quando non vedo un temporale, Jensen?!”
“Lo so, lo so….ma tu non dovresti ancora….”. Jensen capì la domanda retorica di Jared. La luce dei lampi, le ombre dei palazzi che si muovevano insieme allo scrosciare della pioggia. Gli alberi che danzavano frenetici sferzati dal vento. Era più che naturale che Jared volesse riappropriarsi anche di queste immagini, ma Benedict si era raccomandato di tenerlo sotto controllo e mentre stava per farglielo notare…
“Per favore, per favore …puoi solo essere felice che io sia qui?!” se ne uscì Jared.

Jensen cedette. Come non farlo??!!

“Dio!!, quanto sei stupido. Certo che sono felice che tu sia qui. Ora , vieni con me. Lì c’è il bagno, levati questi abiti bagnati, ti porto qualcosa di mio prima che ti venga un  accidente. Nel frattempo ti cambi, io ti preparo qualcosa di caldo!” disse mentre lo portava verso il bagno.
“Non trattarmi come un bambino!” lo ammonì l’altro, con tono offeso.
“Jared, sei scappato da casa tua. Hai disobbedito agli ordini del dottore e Rich , quando ti avrà di nuovo tra le mani, te le suonerà di santa ragione. Sei un bambino e anche in guai grossi!” fece spingendolo verso la stanza da bagno.
Poi tornò verso il soggiorno e mandò un messaggio a Rich.
 
“Ehi, Kostner! Il tuo sorvegliato speciale è qui da me. Te lo riporto domani mattina!”
  • Quel piccolo figlio di buona donna mi ha fregato. Deve essere uscito dal laboratorio!!
“A quanto pare il Dr. Rob ha ragione.”
  • Divertente!
“Stai diventando vecchio, amico!!”
  • Fottiti!
“Spiacente, ma per quello dovrò aspettare. Ordine del dottore!!”
  • Vengo a prenderlo!
“No, ok! Tranquillo per stanotte. Ci penso io a lui. Ci vediamo domani!”
  • Fate i bravi e non provate posizioni strane!! Le mie mani non metteranno pomate lenitive in posti in cui non batta il sole!!
 
Jensen sorrise, mise via il cellulare e portò i vestiti a Jared.
 

“Ok! Ora tu te ne vai a letto e riposi un altro po’. Io ho ancora del lavoro da finire, poi ti raggiungo.” si raccomandò il maggiore.
“Mi piace quando fai il prepotente!” ammiccò Jared facendosi più vicino.
“Non farti illusioni. Sei ancora in convalescenza, quindi tutto ciò che succederà stanotte sarà: io, tu e un caldo letto per…”
“Magnifico!” lo fermò Jared, strusciandosi appena contro Jensen.
“… per dormire. Solo dormire, intesi?” provò a calmare le provocazioni del giovane compagno
“Peccato!” si rammaricò Jared, facendo il broncio.
“Ci rifaremo!” disse sorridendogli dolcemente e posandogli un bacio sulle labbra.
 
Quando il mattino arrivò, fu Jared a svegliarsi per primo e la prima cosa che vide fu il volto di Jensen, addormentato al suo fianco. Il compagno era a pancia sotto, il volto girato verso di lui e le braccia nascoste sotto il cuscino.
Ed era di una bellezza unica. I lineamenti decisi ma delicati. Le timide lentiggini che ne coloravano il viso e che poi si disperdevano lungo tutto il corpo.
L’espressione tranquilla e serena che aveva anche nel sonno e più Jared lo guardava e più quel qualcosa alla bocca dello stomaco che non lo aveva abbandonato da quando aveva visto Jensen parlare con il dottore il giorno delle sue dimissioni, tornava a bruciare.
E mentre il giovane “farneticava” in mille pensieri su quell’espressione di Jensen, il compagno, nel sonno , si passò la lingua sulle labbra.
Un gesto involontario , ma comunque sia, molto accattivante.
Jared non resistette. Mise a tacere il suo cervello e suoi pensieri e agì. Con un movimento agile ma delicato, si sdraiò sulla schiena di Jensen, che sobbalzò, preso alla sprovvista.
Il maggiore aprì gli occhi, ancora però, assonnati.
“Jared, ma che…”
“Ssshh! Basta convalescenza. Voglio darti il buongiorno. Il mio buongiorno!” fece con tono malizioso.
“Jared, tu…” ma una mano calda e pressante di Jared che  si insinuò tra il morbido del materasso e quello del suo ventre, tolse a Jensen ogni parola di replica.
Le dita del giovane accarezzarono lentamente ma con decisione l’intimità dell’altro, facendolo gemere di compiacimento. Istintivamente, Jensen, spinse indietro il bacino per dare più spazio alla mano di Jared e al suo tocco.
“A quanto pare, qualcuno….è…più sveglio di te!” lo provocò Jared , sussurrandoglielo  sul collo, rinsaldando la presa che aveva su di lui.
Jensen ansimò. “Traditori! Tutti e due!” replicò sorridendo affannato mentre con le mani cercava i fianchi del giovane amante.

La sensuale tortura di Jared continuò, alternata dalla richiesta di baci quasi esigenti da parte di Jensen che , di tanto in tanto, quando non nascondeva la faccia  nel cuscino per attutire i suoi gemiti, si voltava alla ricerca delle labbra del compagno. Con pochi ma urgenti movimenti, Jared sfilò i pantaloni di Jensen e subito dopo anche i suoi e ansioso, si fiondò di nuovo sulla schiena del compagno, per riprendere a baciarlo.
In uno di quei baci languidi , Jared si fece spazio tra le gambe del suo amante e la mano che prima massaggiava e carezzava lascivamente la virilità ormai più che esposta di Jensen, scivolava lenta verso il calore più intimo del maggiore.
Le sue dita lavorarono sapientemente, delicatamente, seguendo i sospiri e le incitazioni di Jensen che assecondando quella invasione , si muoveva seguendone gli affondi.
E quando tutto sembrò aver raggiunto il giusto punto, Jared andò via da lui, sorridendo della leggera esclamazione di disappunto del compagno. Disappunto che durò poco quando Jared , sistemandosi meglio contro di Jensen, lo penetrò lentamente, lasciando che l’esclamazione di puro godimento da parte di entrambi, facesse da colonna sonora all’affondo completo.

Da lì in poi, l’eccitazione raggiunse il punto di non ritorno. Jensen era completamente conquistato da quella virile prepotenza che gli stava dimostrando Jared. Un predominio sensuale che il giovane compagno non gli aveva mai mostrato, non in quel modo e questo lo affascinava ancora di più di quanto Jared già non lo affascinasse.
Jared, da parte sua, sentiva di dover amare Jensen anche in quel modo.
Di averlo, conquistarlo, possederlo  anche in quel modo.
E la sola idea di aver pensato a Jensen in termini di “possedimento”, lo eccitò oltremodo e spinto da quella eccitazione e dai pensieri che aveva acceso quel momento, il giovane lasciò che la più mera passionalità avesse il sopravvento.
 
“Dimmi che mi vuoi Jensen!” ansimò Jared, muovendosi con passione nel corpo del compagno che lo accoglieva calorosamente tanto da inarcarsi sotto di lui così da rendere i suoi affondi più concreti.
“Sì…sì…”
“Dimmelo!”
“Ti voglio…ti voglio….”
“Dimmi che sei solo mio!”
“Lo sono. E lo sarò per sempre.”
“Dimmi che mi ami, Jensen. Dimmi che mi ami!”
“Lo sai che…”
“Voglio che tu me lo dica. Voglio sentirtelo dire!!” e in questa richiesta più specifica, il suo ritmo aumentò, traendo piacere dai gemiti affannati di Jensen. Il giovane sentiva che il compagno era ormai vicino al culmine e quindi cadenzò con più insistenza i suoi  movimenti e le sue appassionate pretese . “Devi dirmelo. Devi dirmelo.”
“Ti amo…ti amo…ti amo…ti…..oddio!!!”
E tutto il resto venne inghiottito da un sospiro rauco fatto di puro piacere. Le mani di Jensen scattarono e si strinsero frenetiche contro la testiera del letto, nel tentativo disperato di sostenere il piacere di quell’amplesso. Di assecondare le appassionate spinte del corpo di Jared contro il suo. Dentro il suo.
Jared , sopraffatto invece dal suo appagamento, continuava a muoversi sensualmente contro il corpo del compagno, nel corpo del compagno, fin quando gli ultimi tremiti non divennero che impercettibili sussulti.
Fin quando, poi, non crollò esausto sulla schiena di Jensen per poi scivolargli lentamente, pigramente, accanto.
 
“Mio Dio!!” esclamò Jensen che teneva ancora la testa schiacciata beatamente contro il cuscino. “Ma che ti è successo?..dove è finito il ragazzo dolce che arrossiva subito dopo aver fatto l’amore? O quello che si nascondeva sul mio petto quando…”
“Ti dispiace?” lo fermò Jared passandogli una mano lungo tutta la schiena.
“No…ma, oddio!, non fraintendere , ma non sembravi tu. Non che non mi sia piaciuto, anzi….ma tu sei sempre stato uno magnificamente ed esasperatamente lento, tanto da farmi impazzire e quindi  adesso…il modo in cui ti muovevi, quello che dicevi…era quasi…insomma …sembrava quasi come se….” fece, sdraiandosi su un fianco per stare più comodo.
“Come se, cosa?” sussurrò Jared come se si sentisse scoperto.
“Come se volessi delle conferme…su di me….su di noi!” disse certo che Jared lo avrebbe smentito e forse anche rimproverato per un simile dubbio.

Ma Jared non lo fece. Anzi, l’espressione che si palesò sul suo viso, sembrò confermare  a Jensen che aveva fatto centro.

“Jared?...è…è così?!” chiese confuso.
Jared per un attimo andò nel panico. Si disse che doveva lasciar perdere, che quello che lo stava tormentando non poteva essere, che quello che pensava di Jensen non poteva essere.
Ma una vocina più insistente e malevole delle altre, ebbe la meglio su quel suo stato d’animo.
“E’ che io…io ora ci vedo, Jensen!” sembrò essere l’incipit di quella che sarebbe stata una delle spiegazioni più assurde.
“Ok! Ed è magnifico, ma questo cosa c’entra con il fatto che non mi hai risposto?!” fece mettendosi seduto e coprendosi con il lenzuolo.
Assurdo!, Jensen si sentiva a disagio, in quel momento.
“Da quando ci siamo conosciuti e poi ci siamo messi insieme, tu…tu ti sei sempre preso cura di me. Mi sei sempre stato vicino!”continuò.
“L’ho fatto perchè ti amo, lo sai!”
“Mi ….ami…sul serio, Jensen?!” si ritrovò ad un tratto a chiedere Jared. E Jensen non era certo di aver inteso sul serio quella domanda.
“Cosa?!”
“O te lo dici e me lo dici perché è quello che pensi di provare ancora anche se adesso non…dipendo più da te!?”

Jensen non poteva crederci. Non poteva credere che Jared gli avesse chiesto una cosa del genere. Che Jared provasse una cosa del genere.
Il biondo si alzò velocemente dal letto e si infilò il pantalone della tuta. Poi si fermò, immobile vicino ad una poltroncina della camera e Jared vedeva che le mani del ragazzo si stringevano convulsamente sul bordo dello schienale, quasi come se Jensen stesse cercando di mantenere la calma.
“Parlami Jensen. Parla con me. Dimmi perché eri deluso il giorno delle mie dimissioni. Dimmi perché quando non vedevo sapevo che ti avrei avuto sempre accanto e da quando vedo invece, a volte sparisci senza nemmeno dirmi dove vai.” chiese , ora, con più decisione, Jared , vedendo la reazione del compagno a quelle sue asserzioni.
Quello che non aveva messo in conto, fu il modo in cui Jensen gli rispose.
“Vattene!” fece Jensen, senza nemmeno guardarlo.
“Cosa?!”
“Vestiti e vattene via , Jared. Vattene prima che le cose peggiorino più di quanto già non siano peggiorate.” ribadì con più rancore.
“Io voglio sapere…” disse mentre si alzava e si rivestiva anche lui. “Io devo sapere cosa…”
“Tu sentivi questo….tu provavi questo nei miei confronti, avevi dei tali dubbi sulla nostra relazione eppure ….eppure qualche minuto fa non mi sembravi così confuso.” ironizzò indicando il letto in cui aveva appena fatto l’amore.
“Jensen, non dire cose che non…” provò a ragionare, anche se sul volto del compagno vedeva solo rancore e confusione.
“Oh!! Scusami se ti offeso!!” enfatizzò sarcastico Jensen. “Ma sai essermi fatto scopare da te e poi sentirmi dire che hai il dubbio che io non ti ami e che fino ad oggi io sia stato una sorta di…. benefattore invece che un compagno, mi fa pensare davvero che quello che è successo poco fa sia stata solo una scopata mattiniera e niente altro!!” disse con rabbia a stento trattenuta.
“Jensen, per favore…parliamo. Io non voglio che ci siano dubbi tra di noi.”
“Beh! lascia che ti dica che i dubbi sono solo da parte tua, Jared. Quindi è un tuo problema capire come disfartene. Ora, se non ti dispiace, vorrei che te ne andassi e che evitassi di cercarmi nei prossimi giorni.” concluse Jensen, infilandosi una maglietta e uscendo dalla camera da letto.
“Jensen , ti prego.” proseguiva Jared, mentre lo seguiva per il corridoio.
“Va’ via, Jared!” insistette Jensen andando verso la porta di ingresso.
“Jensen, ascoltami…” provò ancora Jared.
“VATTENE!!!” gridò alla fine , esasperato Jensen, mentre apriva la porta  e gli faceva cenno di uscire.
 
Jared guardò basito quel gesto. La porta aperta solo per lui. Il volto stravolto dal dispiacere di Jensen. Le sue labbra che tremavano dalla rabbia e dal dolore. Si sentì confuso. Maledì il momento in cui aveva dato ascolto a quella dannata vocina.
Comprese il male che aveva fatto e tremò all’idea di aver fatto un tremendo passo falso.

“Io non voglio perderti!” sussurrò in cerca di scuse mentre , mestamente , guadagnava l’uscita della casa di Jensen.
“Troppo tardi, Jared!....troppo tardi.” fece l’altro sbattendogli letteralmente la porta in faccia.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** .13. ***


Qualche ora dopo, Jared era di nuovo a casa sua.
Entrò e dopo aver chiuso la porta, si sentì talmente svuotato che ignorò perfino le feste di Angel che gli corse  incontro appena lo vide.

“Sai che te la farò pagare per la tua fuga romantica di questa notte?!” fece Rich che non era andato via da casa del ragazzo. L’amico si alzò dal divano dove si era addormentato e si girò verso il giovane che era ancora fermo all’ingresso.

Lo guardò e subito capì che c’era qualcosa che non andava. Jared sembrava sfinito. I suoi occhi erano rossi. Le sue labbra appena schiuse come se dovessero dire qualcosa di cui non avevano il coraggio.
“Jared che è successo, ragazzo?” domandò mentre gli andava vicino. “Dov’è…dov’è Jensen? Ha detto che ti avrebbe portato lui a casa!” fece avvicinandosi ancora. “Gli è succes…..”
“E’ finita!” sussurrò a malapena Jared.
“Cosa ..è finita!?” ripetè Rich non immaginando ciò che era successo solo qualche ora prima.
“Con…Jensen. E’ finita!” fece di nuovo.
“Cosa?....ma che diavolo dici??!!” esclamò Rich completamente preso alla sprovvista da una tale rivelazione. “Che è successo?!”
Jared lo guardò, spaesato, confuso, ancora incredulo di quello che era successo sapendo che tutto era successo per colpa di una sua assurda “follia temporanea”!!!

Gli raccontò tutto.
Di quello che aveva detto a Jensen, di quello che credeva essere un dubbio più che valido e quando vide lo sguardo esterrefatto dell’amico, capì , anzi, ebbe conferma che aveva fatto un enorme errore.
“Che c’è, Rich?...perchè…perché mi guardi così!?” chiese nel panico.
“Perché hai fatto un gran casino, Jared. Un casino apocalittico, ragazzo!” affermò con tono deluso Rich.
“Cosa…come??” disse invece con tono allarmato il giovane. “Ma lui…lui…”
“Jensen non si è allontanato da te perché adesso tu ci vedi e lui non può più giocare all’infermiere con te!” fece calcando e virgolettando la parola “infermiere”. “Jensen è ancora più preoccupato per te perché il giorno in cui sei stato dimesso, Benedict gli ha detto che doveva tenerti sotto controllo, perché c’era la possibilità, anche se minima, che qualche nervo ottico più fragile di altri, potesse reagire con ritardo all’operazione che avevi subito e causarti un qualche danno agli occhi. Rob gli ha detto che doveva far in modo che tu ti stancassi il meno possibile con la vista. Che avresti dovuto fare ancora altri esami e che il pericolo non era ancora passato del tutto!” gli spiegò l’uomo mentre vedeva sul volto del giovane amico dipingersi un’espressione di puro sgomento.
“Io…io…io non lo sapevo!”
“Lo so. Jensen ha voluto che tu non sapessi niente. Per farti stare più tranquillo e farti gioire a pieno di questa tua miracolosa guarigione. Non ti sei mai chiesto perché quando dovevi andare da Rob per sapere i risultati dei tuoi esami, Jensen spariva qualche ora prima per poi tornare a prenderti?” chiese e Jared fece un appena un cenno di no con la testa.
“Jensen andava per primo da Rob per conoscere i risultati. Se erano buoni veniva a prenderti, se erano cattivi, cosa che fortunatamente non è mai successa, voleva sapere cosa fare, essere pronto a sostenerti e a starti accanto nell’eventuale cura che avresti dovuto affrontare!” finì di spiegargli Rich. Jared ormai aveva le lacrime agli occhi.

Il cuore gli faceva male. Lo stomaco gli si contorceva spasmodicamente. La sua mente confusa gli gridava che aveva fatto un enorme sbaglio e ora aveva perso la cosa, la persona più bella e preziosa che quella vita gli avesse donato.
Si mise le mani nei capelli in piena crisi e crollò, addolorato, in ginocchio. Rich gli fu subito accanto, pronto a consolare quel pianto disperato e colpevole che aveva preso il sopravvento sul suo giovane amico.

“Che ho fatto….che ho fatto….Mio Dio!! non mi perdonerà mai. L’ho perso, Rich…l’ho perso per sempre!” diceva in quel suo pianto affranto.
“Ok! Ok! Ora cerca di calmarti!” provò a chetarlo, accarezzandogli la schiena curvata dalla colpa. “Lascia passare qualche giorno. Lascia che Jensen sbollisca la rabbia e cerchi di analizzare la stronzata che ti è saltata in mente di dirgli.” fece cercando di rassicurarlo. “Lo so che adesso è brutto da dire, ma….ma lascia che senta la tua mancanza e quando sarà il giusto tempo, tu, ragazzino incosciente, tornerai da lui, anche strisciando se lo ami sul serio e chiederei, supplicherai il suo perdono!”
“Lo amo…sì, che lo amo, Rich!” sembrò voler far valere. Perché era così. Lui amava Jensen. Lo amava infinitamente e dopo quello che Rich gli aveva rivelato, lo amava ancora di più se la cosa fosse possibile.
 
Passarono circa due settimane dalla loro rottura. Jared dopo qualche giorno aveva provato a mandare un messaggio a Jensen ma tutto ciò che aveva ricevuto in cambio erano sempre e solo dei freddi “Smettila di cercarmi, Jared!”.
Così , amareggiato, il giovane aveva deciso di lasciare, a quello che ormai credeva essere il suo ex compagno, lo spazio che serviva.



N.d.A.: Lo so!, capitolo corto. Ma mi serviva come passaggio per quello che avverrà dopo!
SORRY!!!

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** .14. ***


 
“Sei davvero convinto che sia finita?!” fece Misha , sorseggiando il caffè che Jensen gli aveva offerto quando l’amico e collega era passato da casa sua.
“Non ci riesco, Mish. Non riesco a perdonarlo. Quello che ha detto, il modo in cui lo ha detto. Ma ti rendi conto di quello che pensava di me, della nostra relazione?!” fece ancora offeso. “Credeva che io fossi la croce rossa! Che stavo con lui perché potevo avere una sorta di ascendente possessivo su di lui poiché lui non vedeva. È assurdo!!”
“Ma prova a vedere la cosa dal suo punto di vista!”
“E’ un punto di vista del cazzo, Misha e scusa la franchezza. Erano anni che non mi fidavo così di una persona e tu lo sai. Dopo Ty io....io.." ricordò amareggiato. "Ma  con lui, con Jared, ho riaperto quella parte di cuore che avevo chiuso per sempre. Credevo che lui fosse diverso, credevo che lui…” ma un groppo in gola gli impedì di andare oltre.
“Ascolta io non voglio difenderlo, ma voglio solo provare a capire.”
“Capire cosa?”
“Jensen …la vita di Jared è stata una fottuta montagna russa , talmente alta che ogni volta che gli sembrava che il giro fosse finito, si ritrovava di nuovo sul punto più alto!”
“Questo che vorrebbe dire?!”
“Jared credeva di essere amato eppure il ragazzo con cui stava lo ha quasi ammazzato e lo ha reso cieco. Ha avuto la forza di ricominciare tutto, lasciandosi la sua vecchia vita alle spalle. È venuto qui e ha trovato te, si è innamorato di te e quando credeva che tutto potesse andare per il verso giusto, quello psicopatico di Gil lo ha mandato di nuovo al tappeto, letteralmente!”
“Queste cose le so anche io, grazie!!”
“Quello che sto’ cercando di dirti è che Jared dopo aver riacquistato la vista si è ritrovato a vivere una vita che credeva di non poter più avere , in cui non sperava più e ha avuto paura. Si è lasciato sopraffare dai dubbi, dalle paure, dai timori e tu purtroppo ci sei finito in mezzo.”

“Io gli facevo paura? Il nostro amore ..il nostro legame gli faceva paura?!” domandò esasperato.

“No. O forse sì. Non lo so. Io sono abituato a osservare cose inanimate e non gli essere umani. Sei tu il “poeta” fra noi due!!” esclamò esasperato. “Ma quello che so è che per Jared quello che fino a qualche settimana fa era una sorta di immaginazione, ora è diventata reale e lui ha avuto paura di perderla di nuovo e ha cercato , e lo ammetto, anche se in un modo balordo, di esserne certo.”
“Ma quello che mi ha detto, io…”
“Lo so e te lo ripeto, avrà sbagliato il momento, il modo, il tono, tutto… ma ora dimmi Jensen e ti prego di essere onesto, sei davvero pronto a rinunciare a Jared? Sei davvero sicuro che quello che provavi per lui è andato via? Sei certo di non riuscire a perdonarlo, non dico subito, ma comunque a perdonarlo?”

Jensen stava per rispondergli. Le labbra appena schiuse. Il suo orgoglio gridava “Sì, sono pronto! Posso stare e vivere senza di lui!”.
Il suo cuore e tutto il resto, sapevano perfettamente che mentiva.

“Smettila di fare il Saggio Gandalf con me!” lo rimproverò amichevolmente, invece. “Ti prendo una birra!” fece, poi, andando verso la cucina.
“Non per me. Io devo tornare in ufficio!” gli rispose l'amico.
“Ok! Ma io ne ho bisogno!” rispose l’altro sparendo nell’altra stanza.
In quel momento il campanello della porta di Jensen suonò.
“Mish? Ti dispiace?!”
“No! Apro io!” fece il moro andando ad aprire e rimanendo di stucco nel trovarsi Jared davanti.

Lo sguardo del giovane era nervoso. I suoi occhi mostravano nervosismo o forse paura e le sue mani ferme lungo i fianchi si contraevano istericamente.
Misha lanciò uno sguardo furtivo verso la cucina per assicurarsi che Jensen fosse ancora lì e poi si sporse verso Jared.
“Sicuro di dover stare qui?!” chiese perplesso e non proprio sicuro che Jensen fosse pronto a quel confronto.
“Non vorrei essere da nessun altra parte!” fu la risposta decisa da parte dell’altro.
“Ci sei andato pensante e lui è ancora un attimino incazzato!” gli fece presente.
“E ne ha tutto il diritto!”
“Ma davvero?!” ironizzò Misha.
“Davvero!” convenne in colpa. “Ma io devo provare…devo tentare di rimediare. Non ce la faccio a stare senza di lui.” fece deciso, forse disperato. “Non riesco a stare senza di lui!!” ribadì con più convinzione.
“Ti manca …l’infermiere?!” azzardò ironico e Jared capì che Jensen si era confidato con l’amico, ma non voleva desistere.
“Mi manca lui. Solo lui!” disse solo.
Misha si sentì colpito da quelle parole. Ed ebbe conferma di quello che già pensava: Jared aveva fatto solo un enorme casino.
Gli sorrise battendogli amichevolmente la mano sulla spalla e poi si sporse all’interno dell’appartamento.
“Ehi, Jensen?? Hai visite…..io vado via. Ti chiamo dopo o….magari, mi chiami tu!!”
E mentre Jensen faceva capolino sulla porta , Misha sussurrava a Jared,  andando via, uno speranzoso “Come si dice nelle situazioni disperate: Fare thee well!”.
 

I due ragazzi restarono fermi immobili nelle loro posizioni. Jensen fissava Jared ancora con rancore, mentre Jared , visibilmente in colpa, cercava di ricordare il discorso che si era preparato, scuse comprese.
Ma tutto sembrò inutile. Il cervello aveva fatto tabula rasa di tutto.

“Allora, che vuoi?!” chiese duramente Jensen, che aveva incrociato le braccia al petto, ma non per spavalderia , ma solo per nascondere il tremore delle sue mani.
Jared deglutì e decise che c’era una sola cosa che andava detta in quel momento, dopo quello che era successo tra loro.
“Tu. Mi. Ami!” disse cadenzando con decisione quelle semplici parole.
“Ma davvero?!” ironizzò nervoso.
“Tu…mi…ami!” ancora.
“Beh!! Meglio tardi che mai!!” esclamò ancora stizzito il maggiore.
“Tu mi …ami!” e ancora continuava a ripetere Jared.
“Avresti dovuto capirlo qualche settimana fa! Cos’è ? non hai trovato nessuno che si prendesse cura di te!!?” sembrò volerlo colpire Jensen, mentre teneva ancora le braccia incrociate al petto e di nascosto stringeva a pugno le mani come se volesse tenere sotto controllo ciò che provava. Voleva apparire forte, anche se quel suo gesto sembrava più da difesa. Difesa da ciò che Jared gli stava dicendo e che dentro di lui, comunque, lo faceva tremare.
“Tu mi ami!”
“Smettila!”
“Tu mi a…”
“Smettila, Jared!!” iniziò ad alterarsi da quella sorta di litania.
“Tu…”
“Tu mi hai spezzato il cuore!” sbottò quasi con furia e dolore , alla fine, Jensen.

A quel punto Jared non riuscì a dire altro.
Il dolore di Jensen era il suo , ma il suo era più forte perché era un dolore colpevole.

“Ti prego perdonami!” sussurrò il giovane.
“Come posso perdonarti, Jared!?”chiese amareggiato Jensen.
“Dimentica!” suggerì semplicemente.
“Non è così facile!”
“Almeno provaci!” supplicò.
“Credi che non ci abbia provato!?”, lo rimproverò Jensen, allontanandosi dalla porta di ingresso. “Credi che sia stato facile per me passare davanti casa tua e non potermi fermare? O sorridere per qualcosa che avevo letto e non averti accanto per poterla condividere con te? o allungare una mano nel mio letto o sul divano e sapere che sarebbe rimasta vuota!? Che quel posto accanto a me sarebbe rimasto freddo?” e ormai era all’interno del suo appartamento e Jared lo aveva seguito e piano si era chiuso la porta alle spalle.
 
Era già un passo. Jensen non gli aveva sbattuto la porta in faccia. Era arrabbiato, questo sì. Ma almeno stavano parlando.
 
“Ti prego…io ho sbagliato. Ho sbagliato a dirti quelle cose, a dirtele in quel modo, a dirtele dopo aver fatto l’amore con te. A fare l’amore con te in quel modo. E’ solo colpa mia. Solo colpa mia!!...ed è solo quando Rich mi ha spiegato tutto, di te, delle tue preoccupazioni, di quello che ti aveva raccomandato Rob, solo…solo allora mi sono reso conto di quanto fossi stato stupido.”provò a spiegare.
“Molto stupido!” asserì Jensen guardandolo di traverso.
“Enormemente stupido!” precisò Jared facendosi più vicino mentre Jensen , ancora sulla difensiva, si tirava indietro. “Ti prego, Jensen..ti prego amore mio. Perdonami. Lasciami tornare da te. Lasciati amare di nuovo. Ti supplico, ti supplico…” e supplicava davvero fin quando non concluse quella sua disperata preghiera. “Amami..... di nuovo!”

Jensen lo fissò, lo studiò. Cercò di ignorare inutilmente quello che sentiva per Jared. Quello che in quelle settimane di lontananza aveva fatto male al centro del cuore. Non ci riusciva. Non riusciva a rinunciare a Jared. Jared , orami, era il sangue che gli faceva pompare il cuore, l’aria che gli gonfiava i polmoni. Jensen si arrese a ciò che sentiva e ammise a se stesso che non avrebbe vissuto se non amando Jared.
“Non ho mai smesso, maledetto stupido!” sbottò Jensen, annullando lo spazio fra di loro e chiudendogli la bocca con un bacio che sapeva di disperazione e amore disperato.

Le mani del maggiore si strinsero possessive intorno al viso di quel compagno ritrovato. Forti , calde, quasi gelose del tempo che erano state costrette a stare lontane da quella pelle, da quel viso, da quell’amore.
Jared non fu da meno. Le sue braccia cinsero con forza il corpo del compagno. Se lo strinsero forte vicino, quasi come se volessero fonderlo al corpo di Jared.
Il bacio continuò , scivolando lentamente verso la dolcezza. Divenendo via via sempre più languido , intimo, profondo. Fin quando divenne lento , quasi immobile , labbra contro labbra. Ferme , respirando lo stesso flebile respiro.
Jensen si scostò appena da quel Paradiso ritrovato.
Crudelmente perso , inaspettatamente riconquistato.

“Non farlo mai più, Jared. Non dubitare mai più del mio amore per te!!” sembrò supplicare lui, questa volta.
“Mai più, amore mio. Mai più finchè vivo!”

L’amore che vissero quella notte fu profondo, incredibilmente appassionato ma altrettanto romantico. Si cercarono, si conquistarono, si appartennero e si unirono come  due entità che non potevano permettersi di restare separate.
Il raggiungimento del piacere fu quasi doloroso.
Lo sentirono arrivare dal più profondo delle loro anime, lo sentirono conquistare ogni centimetro del loro corpo. Sentirono il suo bruciante calore divampare senza lasciare alcun scampo. E quando quell’esplosione più intima si palesò tra i loro corpi sudati e vicini, fu solo il respiro di un bacio e tenerli ancorati alla realtà del loro grande amore.
Rimasero stretti per tutta la notte, vicini. Come se in quelle poche ore avessero voluto recuperare il tempo che erano stati lontani.
Jared era sdraiato alle spalle di Jensen. Se lo stringeva contro il suo petto come se non volesse farlo allontanare mai più da lui e Jensen, beh!, Jensen si aggrappava alle braccia di Jared come se desiderasse con tutte le sue forze che quelle braccia non lo lasciassero mai andare.
In quel momento di pura pace, il giovane avvicinò le labbra all’orecchio di Jensen e piano bisbigliò:
 
How can I just let you walk away?                                  (Come posso lasciarti andare via?)
Just let you leave without a trace?                                  (Lasciare che tu vada via senza lasciare traccia?) 
When I stand here taking every breath with you,           ( Mentre io resto qui, respirando ogni tuo respiro)
 You're the only one who really knew me at all..              (Tu sei l’unico che conosce ogni cosa di me)
Take a good look at me now                                          (Guardami adesso)
I'll still be standing there…”                                             (Io resterò qui)
 

Gli sussurrò le parole di quella canzone con tutto l’amore di cui era capace, quasi come una tenera ninna nanna, e sorrise quando percepì Jensen tremare appena tra le sue braccia e lo sentì appiattirsi contro il suo petto alla ricerca di più contatto.
“Hai cantato per me?!” disse sorridendo Jensen.
“Io farei di tutto per te!” rispose Jared esattamente come Jensen lo disse a lui quel giorno in ospedale.
Un giorno che sembrava così lontano ormai.








N.d.A.: Chiedo perdono ma dopo la 11x20 non sono proprio riuscita a non infilirci un riferimento.
Fare thee well a tutti!!!!!


Ps: la canzone che sussurra Jared è la bellissima Against all odds di Sir Elton John.
Baci, Cin!!!

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** .15. ***


Da quella loro riappacificazione, tutto sembrò andare bene. I due si chiarirono definitivamente e ogni dubbio o incertezza fu cancellata per sempre dalle loro vite. Dal loro amore.
Cercarono di recuperare il tempo che erano stati distanti , di vivere quella normale vita di coppia che entrambi desideravano da tempo immemore.

Una sera organizzarono un’uscita al cinema. Nel pomeriggio, Jensen si era fermato da Jared e si stavano preparando. Mentre Jared era in bagno, il giovane sentì il compagno imprecare contro se stesso.

“Stupido!! Stupido…Ackles sei un dannato stupido!!” si diceva Jensen. Jared lo raggiunse, incuriosito da un simile atteggiamento.

“Ehi, cosa c’è?!” fece.
“Devo consegnare una recensione importante a Misha e stamattina ho dimenticato il pc al mio appartamento. Questa è la volta buona che mi licenzia. Amico o no!!” esclamò seccato , Jensen.
“Ma non puoi mandargliela domani mattina?!” provò a suggerirgli per cercare di rassicurarlo.
“Domani deve andare in stampa. Dovevo farlo stasera. Maledizione!!” fece gettando la giacca che aveva in mano sul divano, con un gesto esasperato.
Jared capì che doveva essere molto importante e che di favori Jensen ne aveva chiesti già tanti a Misha quando lui era in ospedale. Si avvicinò così al compagno e lo abbracciò da dietro sperando di portargli calma.
“Ascolta. Va’ a casa tua. Prendi il tuo pc e fa quello che devi!” gli disse senza rancore.
“Ma Jared…la nostra ….la nostra serata. Dopo tutto quello che è successo…te l’avevo promesso. Io..io..” cercò di spiegare.
“Hai intenzione di lasciarmi se ti lascio andare via adesso?!” domandò sarcastico Jared, mentre Jensen si rigirava nel suo abbraccio così da poterlo guardare.
“Io non ti lascerò mai!” rispose senza nemmeno pensarci. Sapeva che Jared aveva posto quella domanda in modo ironico, ma la sola idea di lasciare Jared era comunque inaccettabile per lui. Ironia o meno.
“E allora non ti preoccupare. Di film da vedere ce ne saranno ancora tanti. Va’ a consegnare la tua recensione. Io ti aspetto qui e quando tornerai, troverai una mega ciotola di popcorn al caramello, birra fresca, Shining pronto a partire e uno splendido ragazzo che ti aspetta sul divano!” fece con tono suadente.
“Se davvero sul divano ci sarà un bellissimo ragazzo ad aspettarmi, non credo che le altre cose mi interesseranno più di tanto.” affermò Jensen, baciandogli le labbra sorridenti.
“Splendido….ho detto splendido ragazzo. Non bellissimo!” lo stuzzicò Jared.
“Hai ragione: splendido!” ripetè l’altro, baciandolo ancora. “Davvero non ti dispiace?!”
“Va’ e fa presto!” lo incoraggiò Jared.
“Farò in fretta. Mezzora. Un ora al massimo. Lo giuro!!” fece prendendo al volo telefono e chiavi e correndo via dall’appartamento di Jared.
In strada mentre raggiungeva la sua macchina come al solito parcheggiata nel vicolo, Jensen incrociò Rich che riportava a casa Angel.

“Ehi Flash, ma dove corri?” chiese l’amico.

“Ho fatto un casino. Torno presto. Ti spiega Jared!!” fece di fretta mentre si apprestava a raggiungere la macchina.
Rich sorrise e salì all’appartamento del suo giovane amico. Quando entrò, Jared era  di nuovo in jeans e maglietta.
“Ma non avevate la serata cinema?!”
“ Cambio di programma. Jensen ha dimenticato il pc al suo appartamento e doveva consegnare un lavoro importante a Misha. Il film può aspettare.” Spiegò andando verso il frigo.
“Quindi tra voi è tutto ok?!” volle come conferma, Rich.
“Tutto magnificamente ok!” ci tenne a precisare Jared che aveva preso ad accarezzare Angel che non smetteva di richiedere le sue attenzioni.

I due amici si presero una birra e seduti sul divano, mentre Angel rimaneva accucciato tra i due, parlarono amichevolmente in attesa del ritorno di Jensen.
Quel quarto d’ora di assoluta calma , passò spensierato. Rich raccontò a Jared di come Angel gli aveva distrutto il suo cuscino preferito, quando un pomeriggio lo aveva portato al suo appartamento e Jared ne rise di cuore, promettendo all’amico che lo avrebbe risarcito.
“Vuoi risarcirmi? “chiese ironico. “Tieni quel sacco di pulci lontano da me!!
Jared rise ancora. “E allora tu smetti di “rubarmelo” mentre io sono giù in laboratorio!” lo provocò il giovane e rise compiaciuto di quella sua vittoria quando l’amico non seppe che rispondere.
 

Poi….
“O mio Dio!! delinquenti…delinquenti…chiamate la polizia…chiamate la polizia!!” fu il grido allarmato di una donna che solo per caso si era trovata ad attraversare il vicolo.
 
Jared e Rich , a quel grido , voltarono di scatto, lo sguardo verso la finestra del soggiorno in cui erano seduti.




N.d.A. : OPS!!!!

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** .16. ***


Giù nel vicolo, nel frattempo….

“Fa’ l’eroico adesso, figlio di puttana!!” fece Gil mentre l’uomo che gli faceva da complice teneva Jensen fermo per le braccia così da consentirgli di colpirlo liberamente. “Mi hai rovinato!!..” e colpì ancora. “Mio padre mi ha tagliato i fondi dopo quel tuo exploit in ospedale e tutto quello che ne è venuto fuori, polizia compresa….” continuò colpendolo con una ginocchiata allo stomaco e Jensen non potè evitare di gemere raucamente mentre sentiva il sapore del sangue salirgli in bocca e cercava di trattenere la sensazione di nausea che lo invase. “.. Quelli con cui avevo contatti mi hanno voltato le spalle grazie a te!!” e colpì ancora più violentemente. “La polizia mi sta addosso mentre tu e Jared ve ne state in santa pace a godervi la vostra Paradise City!!” ringhiò furente mentre colpiva ancora.

“McKinney..datti una mossa. Non possiamo stare qui tutto il giorno!!” fece il complice che faceva sempre più fatica a sostenere il peso di Jensen che si faceva sempre più pesante.

A quell’esortazione così malevole, Gil, raccolse un tubo di ferro da terra.
“Lascialo!” intimò rabbioso.
“Ma che vuoi fare?!” chiese l’altro, colto di sorpresa.
“Concludere con lui quello che non ho concluso con il suo fidanzato!!” esordì rabbioso Gil. “LASCIALO!!” ordinò minacciandolo con la barra ancora stretta tra le mani
L’altro obbedì alzando le mani i segno di resa e Jensen si afflosciò rovinosamente a terra tossendo e sputando sangue. Il ragazzo cercò di riprendere fiato, ma il dolore che sentiva gli si irradiava dal petto al fianco e gli impediva di respirare bene.
“Non risolverai…niente…Gil….stai peggiorando…solo…solo le cose…”, ansimò. “..questa ….questa volta non te la caverai…te lo….te lo giuro!!” riuscì a biascicare Jensen, bloccato a terra dal dolore.
Gil sembrò perfino sorridere a quella sorta di spavalderia. Gli si avvicinò solo un po’, forse per essere sicuro di essere sentito.
“Nemmeno tu te la caverai, Jensen!” e così dicendo , alzò all’aria il braccio armato del tubo di ferro, pronto a sferzarlo contro Jensen che istintivamente , trovò le forze per alzare un braccio e coprirsi la testa.

Ma quel suo gesto, per quanto istintivo, non  gli impedì di sentire il dolore lancinante e bruciante che quel ferro gli causava ogni volta che gli colpiva il braccio e la spalla. A Jensen parve quasi di sentire anche il rumore delle sue ossa che si frantumavano ad ogni colpo.
Poi , gli insulti di Gil e le esortazioni del suo complice ad andare via, divennero sfocate, confuse, lontane.
Infine, arrivò il buio.
Anche se un eco assordante del dolore continuava a scuoterlo dentro. A farlo soffrire.
 
“O mio Dio!! delinquenti…delinquenti…chiamate la polizia…chiamate la polizia!!” fu il grido allarmato di una donna che solo per caso si era trovata testimone di quel pestaggio violento.
Jared e Rich , a quel grido , voltarono di scatto, lo sguardo verso la finestra del soggiorno in cui erano seduti.

“Ma che succede?!” fece Rich mentre Jared si affacciava alla finestra per rendersi conto effettivamente di quello che era successo.
Il giovane guardò quasi di sfuggita verso il vicolo e capì.
“Cavolo, Rich!! Hanno aggredito qualcuno nel vicolo. Chiama il 911 e …” poi però qualcosa attirò la sua attenzione su quel corpo inerme.
La forma stessa di quel corpo, i capelli, il colore dei capelli. I vestiti….quel pantalone nero e la camicia bianca. Istintivamente voltò appena lo sguardo sulle strada.
La macchina di Jensen ancora ferma in fondo al vicolo.
Acuì la vista come se volesse vedere oltre il sangue che sporcava i lineamenti di quel viso e 
oltre quel braccio che sembrava ancora proteggerlo. Il panico esplose. 
“No..no…no…no!!” iniziò a sussurrare istericamente mentre uscì di corsa dal suo appartamento.
“Jared , ma che….” fece confuso Rich che si affacciò appena per guardare anche lui. Un attimo dopo anche lui correva dietro a Jared.
 
Jared raggiunse Jensen in men che non si dica.
Gli si inginocchiò accanto, lo chiamò disperato, preoccupato, timoroso di toccarlo. Avrebbe voluto abbracciarlo, stringerselo vicino, ma il suo braccio….
Jared vedeva il braccio di Jensen piegato in punti in cui l’osso non avrebbe dovuto essere piegato.
“Jensen….Jensen…amore…ti prego…ti prego rispondini….ti prego apri gli occhi…” sussurrava spaventato, mentre si limitava solo ad accarezzargli la fronte o quella parte del viso che non era coperta dal braccio ferito. “Jensen…Jensen…”
“Tranquillo, Jared! L’ambulanza sta arrivando. Tu…tu…non toccarlo. Non toccarlo!” faceva Rich, anche lui accanto all’amico privo di sensi. Anche lui, visibilmente preoccupato da come Jensen era ridotto.
“Non si muove….Rich…non si muove!” mormorava, quasi balbettava Jared, terrorizzato dal fatto che Jensen non accennava a rispondere ai suoi richiami.
“Lo so…ma….ma forse è meglio…forse…” cercava di rassicurarlo l’amico alludendo al fatto che per Jensen, dato il modo in cui era ridotto, era meglio non muoversi.
 
Pochi minuti dopo, i paramedici, bloccavano collo e spalla di Jensen, e lo issavano sulla lettiga che poi avrebbero usato per portarlo in ospedale.
“Ci seguite in ospedale?!” chiese uno dei due.
“Sì…sì…certo. Certo!” fece ansioso Jared che guardò Rich.
“Vieni, prendiamo la macchina!” e i due si avviarono velocemente.
 

Quando arrivarono in ospedale, Jensen era già stato affidato alle cure dei medici di turno che lo stavano visitando e stabilizzando. Mentre aspettavano di sapere notizie, da uno dei corridoi fece capolino, Rob, il medico che aveva sempre avuto in cura Jared.
Il medico riconobbe il suo ex paziente e immediatamente notò le sue mani sporche di sangue. Se ne preoccupò. Gli si avvicinò immediatamente.
“Jared..Jared…ma che succede? Sei ferito?” fece prendendogli le mani e guardando perplesso anche Rich, al suo fianco.
“No…non è il mio sangue….non è mio!!” ansimò con quello che sembrava il tono di uno sull’orlo di una crisi nervosa.
“Ma cosa…chi?”
“Jensen.” fece Rich, amareggiato.
“Cosa?” stralunò il medico.
“Poco fa hanno aggredito Jensen. Lui…lui…” ma non riuscì a dire altro.
“Ok!, Tranquillo. Ora, me ne occupo io. Tu sta qui, anzi, no!” si corresse e guardò Rich. “Portalo in bagno e dagli una sistemata. Vi chiamo appena sistemo le cose!” fece sparendo velocemente verso la sala d’emergenza che ospitava Jensen.
 
Circa un ora dopo, Rob, tornò dai due amici, fermi nella sala d’attesa. Fece loro cenno di raggiungerlo.
“Come sta?...Rob…come sta Jensen!?”  chiese in apprensione Jared.
“Lo hanno appena portato in camera.”
“Ma come sta?!” intervenne Rich.
“Ha un paio di costole incrinate, una tumefazione importante all’occhio destro. Ho dovuto inciderla per ridurla , ma il chirurgo plastico farà in modo che non rimanga alcun segno.” disse anche se sembrava voler addolcire la pillola.
“Non me ne frega niente se rimarrà il segno, voglio sapere come sta!!” sbottò Jared. E poi, quasi in colpa: “Scusa..scusa. Mi dispiace!”
“Le sue lesioni non sono gravi. L’unica che ci preoccupa è quella alla spalla.” spiegò il medico.
“Perché?” fece Rich.
“E’ quella che noi chiamiamo ferita da difesa. Jensen ha usato il braccio per difendersi, per coprirsi la testa. È un gesto istintivo. Ma chiunque lo ha aggredito ha comunque infierito. Gli ha spezzato il  braccio in tre punti e ci sono fratture importanti alla scapola e alla clavicola. Il chirurgo ortopedico ha fissato per domani mattina l’intervento. Rimetterà tutto a posto, ma Jensen dovrà portare un tutore rigido per almeno un mese e poi dovrà seguire una riabilitazione fisica. Se tutto va bene…”
“Come “se tutto va bene..”?” esclamò ansioso Jared.
“A volte dagli esami radiologici non tutto è visibile e il chirurgo teme che, se le ossa sono ridotte in quel modo, anche i legamenti o i muscoli possano essere danneggiati.” disse ancora.
“Questo che cosa comporterebbe?!” chiese Rich.
“Potrebbe perdere molta della mobilità del braccio.”
“Del braccio ?” ripetè quasi in trance Jared.
“Dalla spalla in giù!” specificò il medico.
“Rob, non starai mica parlando di invalidità permanente?!” azzardò preoccupato.
“Temo di sì. Ma..”
“Oddio!” singhiozzò Jared.
“Ma questa è la peggiore delle ipotesi e il nostro chirurgo ortopedico è uno dei migliori dello Stato, quindi aspettiamo a disperarci, ok!?” ,fece battendo amichevolmente la mano sulla spalla del giovane. “Ora , ho bisogno che tu mi firmi qualche documento e che mi dia delle informazioni su Jensen.”, disse avviandosi e accorgendosi che il ragazzo non lo seguiva. “Jared…” ma niente. “Jared??”
Jared si riscosse, quasi come se fosse stato appena svegliato da un sogno decisamente poco piacevole. No! Quello era decisamente un incubo. “Sì…sì. Ti seguo.”
 
Dopo aver finito con Rob che restava all’accettazione per informarsi su alcune indicazioni che aveva lasciato, il cellulare di Jared squillò.
“Pro…pronto?!” fece dopo aver attivato la comunicazione senza leggere il nome sul display.
“Jared…sono Misha. Jensen è con te?!
“Misha..”
“Senti, amico. Scusa se ti disturbo o magari …vi disturbo, ma …
“Misha, ascolta….”
Ma quell’incosciente del tuo fidanzato avrebbe dovuto consegnarmi un lavoro e io…
“Misha è successo…”
Ascolta, so che vuoi difendere quella memoria da un bit che si ritrova il nostro attraente critico, ma quella recensione mi serve davv…”
“Jensen è in ospedale, Misha! E' ferito!” disse velocemente così da non essere più interrotto.
 
Silenzio!
 
Non mi piace come scherzo o peggio come scusa!” fu il tono severo che raggiunse Jared. Un tono che non aveva mai sentito provenire dalla voce di Misha.
“Non è né una scusa né uno scherzo. Jensen è stato aggredito qualche ora fa, vicino casa mia.”
“Cosa?!” fu quasi un sussurro.
“Non ci crederai ma stava per andare a casa sua per poterti postare la sua recensione.” disse ridendo nervosamente.
“Come…come sta?!” disse l’altro e Jared poteva sentire chiaramente i rumori di uno che si stava spostando velocemente, rumori di chiavi, porte sbattute. L’affanno di scale scese di fretta. Il bip dell’allarme della macchina. Lo sportello chiuso con forza.
“E’ conciato male e domani dovranno operarlo.”
“Operarlo?!”….rumori di una macchina messa in moto.
“Ha una spalla ridotta male e Rob teme…..teme che lui…lui…Oddio, Misha!!” e poi Jared non riuscì più a dire nulla, di nuovo sopraffatto dalle immagini di Jensen ferito.
“Se la caverà, Jared. Mi hai capito? Qualsiasi sia il problema.. Jensen se la caverà!!
“C’era tutto quel sangue…e lui…lui non mi rispondeva. Io lo chiamavo e lui non mi rispondeva e poi….poi lo hanno portato via e io…io ancora non posso vederlo….io…” e ormai piangeva.

Non lo aveva ancora fatto. Ancora non si era sfogato.

“Andrà tutto bene, Jared. Dimmi dove siete?
“Al Centro Traumatologico.” disse schiarendosi la voce.
“Sto arrivando!” fece risoluto Misha e prima di chiudere. “E…Jared?!” lo richiamò.
“Sì?”
Andrà tutto bene e lui tornerà Mr.Splendore. Mi hai capito?!
“….” ma Misha non sapeva ancora quello che Rob gli aveva detto sulle condizioni di Jensen.
Mi hai capito?!” riecheggiò con più convinzione dal cellulare.
“Sì!” sobbalzò Jared. “Sì.”

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** .17. ***


La mattina arrivò lentamente, troppo lentamente.
Jensen, sotto lo sguardo sempre vigile di Jared, aveva riposato tutta la notte. Un po’ a causa di quello che aveva subito, un po’ a causa dei sedativi che gli erano stati somministrati per non fargli provare dolore.
Il giovane guardava il viso segnato del compagno, provando dolore per ogni livido che accampava pretese sul normale colore rosaceo della pelle. Quelle meravigliose e timide lentiggini nascoste a forza dal viola scuro dei lividi.
Poi fissò il braccio così stranamente stretto al corpo di Jensen, così da tenerlo bloccato. Jensen aveva il braccio ferito, piegato in due. La parte superiore, l’omero, era stretta al busto, mentre l’avambraccio era tenuto contro una parte del torace. Il tutto era stretto in una vistosa fasciatura elastica.
 
Mentre Jared deglutiva amarezza nel vedere il compagno in quelle condizioni, Rob, fece capolino nella stanza.
“Jared…dovresti uscire. Dobbiamo visitarlo e prepararlo per l’operazione. Non puoi restare!”
Il giovane uscì mestamente dalla stanza. In silenzio. Guardando ad ogni passo che metteva , il volto di Jensen, ancora addormentato. Quando fu in corridoio, si guardò in giro e vide solo Rich.
L’amico se ne accorse. “Misha è andato via…. pochi minuti fa. È andato a casa di Jensen a prendergli qualcosa, un cambio….non lo so!” fece distrattamente.
“Sì...sì…ha fatto bene.” rispose quasi senza rendersene conto.
 
Quando , circa mezzora dopo, Rob uscì dalla stanza di Jensen, Jared era ancora lì, in attesa di poter riprendere il suo posto.
“Dovresti prenderti almeno un caffè, ragazzo!” gli suggerì sorridente.
“Non mi va!”
“Almeno datti una sistemata!” provò ancora, l’amico medico.
“Dopo!”
“Io credo che sia meglio adesso, se non vuoi che il tuo fidanzato , vedendoti in questo stato pietoso, ci ripensi e se ne trovi un altro!” scherzò.
Jared spalancò gli occhi dalla sorpresa e dalla felicità. “Lui…lui è…”
“E’ sveglio. Avete un po’ di tempo per stare insieme. Tra meno di un ora dobbiamo portarlo il sala operatoria!” disse Rob, sorridendo all’entusiasmo che vedeva sul volto del suo ex paziente.
Jared volò nella stanza, lasciandosi alle spalle i volti sorridenti di Rich e Rob.
“Anime innamorate!!” esclamò Rob.
“Da quanto sei diventato poetico e romantico?!”
“Sta’ zitto e offrimi un caffè!” fece il medico trascinandoselo dietro.
 

Nella stanza, Jared accarezzava e baciava il viso di Jensen, quasi come se fosse convinto che accarezzandolo, quei segni sarebbero spariti. Il maggiore sorrideva e si lasciava sopraffare dalla dolci premure del suo giovane amore.
“Sto bene, piccolo. E anche l’operazione andrà bene, vedrai!”
“Rob ti ha detto tutto?!” volle assicurarsi Jared.
“Sì, ma vedrai che andrà bene e io potrò continuare ad abbracciarti come ho sempre fatto e come non vedo l’ora di fare di nuovo!” lo rassicurò Jensen, mentre con il braccio sano, accarezzava il braccio con cui Jared accarezzava lui.
“Sì..sì..andrà così. Andrà così!” fece speranzoso Jared.
“Rob, mi ha detto che sei stato tu a …”
“Non voglio parlarne!” fece Jared, ricordando al momento in cui lo aveva visto riverso a terra.
“Jared , mi hai salvato la vita!” fece Jensen accarezzandogli il viso.
Jared si lasciò cullare da quella carezza e ne baciò il caldo e dolce tocco. “Tu l’hai salvata a me. Quando mi hai baciato la prima volta, quando mi hai detto che mi amavi, quando non mi hai mai abbandonato, quando mi hai perdonato. Quando mi hai permesso di dirti ancora “Ti amo!”!!”
“Amore mio!” sussurrò Jensen.
“Voglio dirtelo ancora!”
“E voglio dirlo a te!”
“Ti amo!” si dissero entrambi ed entrambi sorridendosi.


L’attesa fu lunga.
L’operazione risultò essere abbastanza complicata. Le ossa della spalle erano ridotte davvero male,  ma quando Rob raggiunse Rich e Jared nella stanza di Jensen, dove i due aspettavano con ansia , il medico disse loro, che fortunatamente muscoli e tendini erano illesi e che tutto si sarebbe risolto per il meglio per Jensen.
Rich esclamò un sonoro “Sìì!!!”
Jared , più emozionato, si limitò ad un più pacato “Dio, ti ringrazio!!!”

Poco dopo , Jensen era di nuovo nella sua camera. Era ormai sveglio e anche se era seccato, dopo che Rob gli aveva detto che come minimo un'altra settimana doveva rimanere lì, Jared gli aveva assicurato che non sarebbe stato mai solo.
“Ragazzi, per favore….niente momenti a luci rosse. Siete in un ospedale!!”, aveva scherzato Rich e sembrava davvero che il peggio fosse ormai passato.
 
“Sig. Ackles?!” fu il richiamo formale che li sorprese mentre stavano ridendo.
 
“Sì. Sapevo che prima o poi vi avrei rivisti!” fece Jensen, cercando di sistemarsi meglio sul letto, subitamente aiutato da Jared.
“Abbiamo parlato con il dott. Benedict e ci ha detto che l’operazione è andata bene e che lei ora come ora può rispondere alle nostre domande.” Fece l’agente Colt, lo stesso che era intervenuto subito dopo l’aggressione di Jared.
“Certo!” disse Jensen.
“In privato!” precisò l’agente.
“Mi ascolti, agente…Winchester, giusto?” e l’altro annuì. “Non ho segreti per Jared, tanto meno per il sig. Speight. Quindi le cose che dobbiamo dirci o le sentono adesso o gliele dirò io dopo.”
“Come vuole!”, convenne l’agente. “Allora, cosa può dirci della sua aggressione?!”
“Ero appena uscito dall’appartamento di Jared, dovevo andare alla mia macchina, come al solito parcheggiata nel vicolo.”
“Parcheggia sempre lì?” chiese  mentre prendeva appunti.
“Parcheggio lì da più di nove mesi ormai.” rispose il biondo guardando il compagno al suo fianco.
“Che cosa è successo?”
“Erano in due. Uno di loro mi ha afferrato da dietro e mi ha bloccato in maniera che io non potessi difendermi, così da dare la possibilità all’altro di colpirmi facilmente.” Riferì con calma e lucidità.
“Li ha visti in faccia?” chiese  l’altro poliziotto.
“Sì, decisamente.”
“Sarebbe in grado di fornirci una descrizione dei suoi aggressori?” si informò Colt.
“Certo e..” rimanendo un attimo perplesso, forse dubbioso.
“E, cosa ?” lo spronò a continuare l’agente.
“..e di uno di loro posso darvi anche il nome!”
“Lei…lei conosce chi l’ha aggredita?” e Jensen annuì. Ma per uno strano motivo si sentì quasi in colpa a dover dire quel nome, perché sapeva come avrebbe reagito Rich e soprattutto come avrebbe reagito Jared.
“Jensen…chi..chi è stato  a farti questo?!” chiese apprensivo Jared, facendosi più vicino al letto del compagno.

Jensen guardò i due poliziotti e sospirò. Doveva farlo.

“McKinney. Gil McKinney. L’altro posso solo descrivervelo, ma non ho idea di chi sia!” dichiarò e poi fissò immediatamente lo sguardo sull’espressione basita e sconvolta di Jared.
“Maledetto figlio di puttana. Grandissimo bastardo…io lo ammazzo questa volta!!” fu invece la reazione rabbiosa di Rich che stava quasi per fiondarsi fuori dalla stanza, ma che fu prontamente fermato dal collega di Colt, Winchester.
“Rich….calmati!” cercò di mediare Jensen, ma solo perché, non riusciva a sostenere lo sguardo addolorato di Jared.
“Calmarmi? Calmarmi??”, esclamò rabbioso l’amico. “Quel bastardo c’ha provato per due volte con Jared e conosciamo la storia. Ora c’ha provato con te.” e poi rivolgendosi ai due agenti. “Che cosa aspettate ancora per fermare quel figlio di buona donna??? Volete che qualcuno porti fiori su una tomba??!” azzardò senza pensare a quello che gli uscì dalla bocca.
“Per favore..” intervenne la voce quasi  sussurrata di Jared. “Per favore, voi dovete fermarlo. Gil non può cavarsela anche questa volta. Non aspettate che la prossima volta riesca in qualcosa di irreparabile! Per favore!!” disse quasi tremando e sospirò affondo quando sentì la mano di Jensen che stringeva forte la sua.
“Questa volta è finita per lui. Non è come le altre volte. Quando aggredì lei non c’erano prove e quelle poche che magari potevano portare a lui, furono …insabbiate.”, ricordò con delusione Winchester.
“Quando ha colpito di nuovo nel suo appartamento, non avendo trovato impronte, l’avvocato ha insinuato al giudice che non era stato Gil, che Gil aveva di fatto lasciato il suo appartamento dopo che lei l’aveva esortato a farlo e lei essendo all’epoca ancora non vedente ha dato per scontato che la persona che l’ha aggredita era Gil e non un altro ipotetico intruso in casa sua. Era la sua parola contro quella di McKinney.” , continuò Colt. “Ma adesso, adesso Jensen è un testimone più che attendibile e non ci sarà verso per McKinney di sottrarsi alla giusta punizione. Ha chiuso! Questa volta ha chiuso.”
 


Qualche settimana dopo….
Il Senatore McKinney, candidato a Governatore del Texas, oggi ha ufficialmente ritirato la sua candidatura. Le sue motivazioni sono state che suo figlio Gil, dovrà affrontare un lungo periodo di riabilitazione. Periodo in cui, il Senatore, a quanto pare, non vuole stare lontano dalla sua famiglia.
Il portavoce della famiglia, ha smentito le voci che il ritiro del senatore sia dovuto al recente arresto proprio del figlio primogenito per il reato di aggressione aggravata e tentato omicidio del critico letterario Jensen Ackles e sui cui ci sono forti sospetti per altre aggressioni ai danni del giovane e affermato aritista Jared Padalecki, quindi....
” 

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** .18. ***


“…..per il reato di aggressione aggravata e sui cui ci sono forti sospetti per altre aggressioni ai danni non solo di….
 

La voce della speaker giornalista si affievolì quando Rich abbassò il volume della televisione e esclamò un sonoro e soddisfatto “Finalmente!!”
“Andiamo Rich, lascia stare quell’affare. Tocca a te muovere!!” fece Jensen seduto al tavolo con davanti la scacchiera.
“Arrivo!” fece l’amico raggiungendolo.
“La pizza è arrivata!” gridò Jared dall’ingresso mentre si richiudeva la porta dell’appartamento di Jensen alle spalle.
“Magnifico!!” fece Rich. “Mia Regina…dovrai aspettare che il tuo cavaliere mangi se vuoi continuare la guerra!!” disse rivolgendosi al pezzo degli scacchi.
“Ehi…non vale. Io stavo vincendo!” si lamentò Jensen.
“Jensen, a scacchi, avere più pezzi sulla scacchiera non significa vincere. Il tuo Re è messo maluccio da quello che vedo!” lo provocò Rich.
“Il mio Re è un fottuto William Wallace.” disse guardando la scacchiera e raggiungendo gli altri due.
 
Pensieroso accanto al bancone della cucina, Jared, era silenzioso. Forse turbato e lo era ormai da qualche giorno.
“Ehi, Jared. Tutto a posto?!” fece Jensen, passandogli il braccio “buono” intorno alla vita per tirarselo vicino.
“Certo!!”, ma non lo era. Non era tutto a posto.

Nei giorni in cui Jensen era potuto tornare a casa, Jared aveva visto le difficoltà del compagno nel fare anche le cose più semplici, come prendere la stupida scatola dei croccantini per Angel, che teneva sul ripiano alto. O magari vestirsi. O solo sistemarsi da solo quel maledetto tutore.
Sapeva che era una cosa temporanea, che quel tutore rigido sarebbe sparito in poche settimane. Ma non poteva negare che Jensen era provato, era stanco, e gli antibiotici che gli erano stati prescritti sia per la ferita al volto che quelli del post operatorio lo mettevano decisamente a terra.

E si dava la colpa. Jared si dava la colpa di tutto.

Ma si sforzò di sorridergli. Cercava in tutti i modi di stare dietro alle battute di Rich così da sviare l’attenzione dai suoi pensieri e dal suo stato d’animo.
Poco dopo , Jensen, andò in camera da letto, dove aveva lasciato “la farmacia” come la chiamava lui.

“Si può sapere che hai!?” fu il richiamo di Rich che ormai conosceva bene quando il suo giovane protetto rimuginava su qualcosa.
“Niente!”
“Balle!”, lo ammonì Rich fissandolo negli occhi decisamente turbati. “Sputa il rospo, ragazzino, o lancio la bomba quando lui torna di qua!” riferendosi a Jensen.
“Rich…” lo riprese spaventato.
“Allora dimmi che cosa c’è?!” insistette con più decisione.
“E’ colpa mia!” tirò fuori, alla fine, Jared.
“Cosa è colpa tua?”
“Lui…quello che gli è successo…quello che gli ho fatto io…che Gil…” indicando la direzione di Jensen.
“Ok! Stop! Basta!!”, lo fermò immediatamente, l’amico, agitando le mani furiosamente davanti ai loro volti. “Non voglio sentire altro. Ora ascoltami. Hai già fatto un gran casino con Jensen e lui te l’ha perdonata. Non ne fare un altro , Jared. Buttati tutto alle spalle e lascia perdere ogni stupido senso di colpa che adesso pensi di provare!” fu il rimprovero deciso.
“Ma l’hai visto, Rich?!”
“Sì, io sì, l’ho visto. E tu? Lo hai visto?” domandò retorico. “E’ felice!”
“E’ stanco, è ferito. È stato quasi ammaz..” replicò sibilando invece Jared, amareggiato.
 
 “Ehi, che avete da confabulare voi due!?” esclamò  Jensen di ritorno con un flacone di medicine vuoto in mano, interrompendo senza volerlo, quello scambio tra i due.
 
“Chiacchiere. Niente di che!!” si affrettò a rispondere Rich.
“Senti, Rich. Mi scoccia chiedertelo, ma ti dispiacerebbe andare in farmacia e prendermi un’altra confezione di queste. Ho già chiamato e sanno che andrai a prenderle tu!” disse il ragazzo mostrando il flaconcino vuoto.
“Hai già chiamato!!?”,  fece ironico. “Quindi non posso rifiutarmi!”
“Lo sapevo. Sei un amico!” rispose con aria innocente Jensen.
“Sì. Amico / assistente/ schiavo…” e tirò via dalle mani del ragazzo il flacone vuoto e prima di andare via si avvicinò discretamente a Jared. “Non …fare….stronzate!” lo ammonì sottovoce e uscì.

Jared per un attimo guardò Jensen al di là del bancone della cucina.
Lo vide massaggiarsi la spalla e stringere gli occhi , forse, per il , comunque, persistente dolore. Rob , infondo, aveva detto che ne avrebbe provato, date le condizioni in cui erano le ossa e che anche la riabilitazione che Jensen avrebbe dovuto seguire lo sarebbe stata. E questi pensieri, forse, stupidamente, cancellarono il  monito di Rich.

Jensen tornò da Jared , che era ancora nel soggiorno. Lo vide fermo, come se aspettasse qualcosa.
“Ehi, piccolo. Tutto bene?!” fece sorridendogli.
“Io…io avrei...ho bisogno di parlarti, Jensen!” rispose timoroso.
“Ok!..mi prendo un caffè e parliamo.” fece, dando le spalle al compagno, dal bancone prendeva una tazza. “Ne vuoi uno anc….”

“Ti lascio , Jensen! Tra noi deve finire. Adesso!” disse senza pensarci e senza troppi giri di parole
.

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** .19. ***



N:B:   piccolo avviso. Posterò questo capitolo e poi di seguito anche il finale della storia perchè per motivi di famiglia non so quanto e quando posso garantire sulla lettura e sulle pubblicazioni. Chiedo anche scusa per le storie che seguivo e su cui non avrò la stessa presenza delle altre volte. Mi scuso sul serio. Cercherò di rimediare.
Ma questa storia era alla fine ormai e mi dispiaceva davvero non terminarla. Per rispetto a chi la seguiva e la sta ancora seguendo.
Quindi questo è!
Grazie a chi ha seguito , a chi comprenderà e a chi anche con il solo pensiero mi starà vicino, perchè so che siete tutte persone fantastiche!!
Spero di ritornare presto.
Un bacio!
Cinzia.




“Ti lascio , Jensen! Tra noi deve finire. Adesso!” disse senza pensarci e senza troppi giri di parole.

Il respiro di Jared si bloccò in gola quando vide Jensen bloccarsi e vacillare appena. Sembrava quasi come se l’altro non avesse più la forza di muoversi.
Ed era così!
Jensen sentì quelle parole e quelle parole fecero più male dei colpi che aveva ricevuto in quell’assurda aggressione. Rimbombarono fragorose nel suo cervello. Ogni pensiero smise di essere coerente e istintivamente si chiese se fosse tutto vero o, per una triste sorte del destino, erano tornati indietro di mesi. Ad una assurda mattina in cui Jared gli confidava nel modo più doloroso che aveva dei dubbi su di loro. Sulla sincerità del loro amore.
Per un attimo fissò quello che aveva davanti: la cucina, i pensili, la scatola dei croccantini di Angel. Cercava in quelle cose una conferma che fosse tutto vero. Che non stava avendo un incubo. Che non c’era stato nessun salto del tempo.
Si girò lentamente e si ritrovò a fissare lo sguardo spaurito di Jared. I suoi occhi lucidi.
“Cosa?!” sussurrò.

Jared deglutì, più che altro per trovare la forza di rispondere. Di essere sincero.
“Sono stanco di mentire. A me. A te. Così non so che altro fare se non lasciarti.” ripetè cercando di sembrare più convinto in quella sua decisione così assurda e inaspettata.
“Mentire?...a me?...a te?...ma di che stai parlando, Jared?!” si ritrovò a chiedere incredulo.
E solo a quel punto Jared ignorò l’incertezza dei suoi pensieri e cercò di spiegare il perché di quella sua decisione.
“Andiamo, Jensen!!...quanto ancora devi soffrire per causa mia, per colpa mia!!” fece il giovane indicando la sua più che palese ferita e riferendosi anche a ciò che mesi prima era successo tra loro.
“Questo…” disse Jensen indicando quel maledetto tutore. “…questo non è colpa tua. La mente malata di Gil non è colpa tua…che cosa….che cosa….”
“Ma la sua cattiveria faceva parte della mia vita e io l’ho portata nella tua. Pensaci Jensen..” affermò convinto Jared, restando fermo nella sua decisione.
Fermezza che fece tremare Jensen. Non poteva accadere di nuovo.
“No…stai farneticando!” si costrinse a dire il biondo avvicinandosi al compagno.
“No..pensaci bene. Da quando mi hai conosciuto non hai fatto altro che soffrire perché stavo male, o perché ero in ospedale o perché avevo dubbi sul nostro rapporto o perché un folle psicopatico ti ha massacrato di botte.” elencò con astio tutto quello che aveva dovuto sopportare Jensen da quando stavano insieme , costringendosi ad ignorare il movimento quasi isterico della testa di Jensen che continuava  a negare quella sua presa di posizione.
“Da quando ti ho conosciuto non ho fatto altro che amarti, Jared!!” replicò, invece Jensen.
“Non dire così..”
“Per favore, non fare questo. Non fare questo a me, a te. A noi! Non di nuovo!!” esclamò cercando di riportarlo alla ragione.
“Non ce la faccio più a vederti stare male.” sembrò giustificare quella sua insana decisione.
“No…”
“Non lo meriti. Tu meriti di essere felice. Di avere accanto una persona che porti nella tua vita solo felicità e non pezzi di vita da rimettere insieme!” continuò soffrendo nel vedere il modo in cui Jensen lo guardava.

L’aveva ferito di nuovo. Gli stava facendo di nuovo del male mentre provava a non fargliene più.

“Io voglio nella mia vita , te. Voglio solo te!!”, fece Jensen avanzando ancora. “Dannazione Jared!!” imprecò alla fine, esasperato da tutto quello che sentiva e da quello che vedeva sul volto del compagno. “Me lo avevi promesso. Mi avevi promesso che non avresti mai più dubitato di noi.” sembrò, a questo punto, rimproverarlo.
“Io non dubito di noi. Non dubito del nostro amore. Non dubito di te. Io dubito di me. Io dubito di essere all’altezza del tuo di amore!” fu la rassegnata giustificazione
 
Lo schiaffo arrivò secco e improvviso sul volto del giovane che si ritrovò a fissare un Jensen che forse era ancora più sconvolto di lui a causa del gesto istintivo che si era ritrovato a fare.
 
“Jensen…” sussurrò Jared.
Jensen lo fisso con astio, con dolore e di certo c’era anche rimorso per lo schiaffo. I suoi occhi verdi brillavano di rabbia e di lacrime trattenute.
“Non osare mai più dire una cosa del genere.” fece stringendo a pugno la mano che aveva inferto il colpo. “Nessuno mi ha amato come tu sei stato capace di amarmi. Nessuno mi ha fatto sentire talmente vivo come mi sento vivo quando sono con te. La vita a volte fa schifo.” ammise, indicandosi il braccio ferito. “Alcune persone a volte fanno schifo. Ma da quando sto con te, da quando ti amo e so che tu ami me, quello schifo non mi fa più male perché so che ho te al mio fianco.” confessò con una tale amarezza che non sembrava essere una dichiarazione d’amore.
Poi Jared lo vide respirare profondamente. Lo vide tirare indietro le spalle e riprendere il controllo. “Ho bisogno di te , Jared. Dio solo sa quanto ho bisogno di te. Mi odio e mi fa paura rendermi conto di quanto ho bisogno di te.” confessò con un sorriso amaro. E poi addolcendo i suoi lineamenti con quella dolcezza che Jared aveva imparato a scorgere in ogni timida espressione: “Non vivo senza te, maledetto stupido!!” disse quasi in un singhiozzo.
Jared ascoltò quelle parole rapito. Dimenticò lo schiaffo. Ignorò il bruciore sul suo viso. E per quanto strana , ritenne che quella, era la dichiarazione d’amore più bella che avesse mai sentito.
Ed era per lui. Solo per lui.
Ed era un uomo meraviglioso, unico al mondo , che si dichiarava.
Si massaggiò appena la guancia che bruciava a causa dello schiaffo e poi riprese coscienza di quello che stava facendo.

Voleva lasciare Jensen per non farlo soffrire e invece l’unica cosa che aveva ottenuto era farlo soffrire ancora!

“Perdonami…perdonami…” disse solo annullando lo spazio tra lui e Jensen. Lo abbracciò. Lo abbracciò forte facendo attenzione alla spalla infortunata. “Sono uno stupido. Sono uno stupido. Oddio, perdonami….Perdonami…” quasi singhiozzava in preda al senso di colpa.
“Ok!” sussurro Jensen stretto in quell’abbraccio. “Ok!”
“…è che vederti soffrire…vederti stare male mi ha mandato fuori di testa…ho avuto paura. Ho avuto paura!! Perdonami…perdonami, amore mio. Amore mio grande!!!”
“Non azzardarti a lasciarmi Jared. Non azzardarti mai più a dire che vuoi lasciarmi!!” fu il pacato rimprovero da parte del biondo che comprese appieno quello che aveva confuso le idee del giovane amante e quindi , sollevato, da quel sperato rinsavimento, si rilassò tra le braccia del compagno che lo stava ancora tenendo stretto a lui.
“Mai più. Mai più. Non esiste…non esiste che io ti lasci!” disse poi spostandosi appena così da poterlo baciare.
Un bacio forte, intenso. Pregno di amore e disperazione. Un bacio in cui Jensen si lasciò guidare. Non era arrabbiato, non più. Aveva inteso perfettamente quello che aveva spaventato Jared, e ora, era solo felice che il giovane avesse capito che non c’era colpa in lui. Che potevano riprendere ad amarsi serenamente.
Le mani del giovane andarono ad incorniciare il volto del compagno , mentre Jensen cercava di stringersi a lui, il più possibile, ignorando il dolore alla spalla.
Non gli importava di sentire dolore. Lui voleva solo sentire Jared. La sua bocca. Il suo sapore. Il suo respiro. Il suo calore che lo avvolgeva. Voleva solo sentire Jared.
“Perdonami!” fece un ultima volta Jared, poggiando la sua fronte a quella di Jensen.
“No, perché non ho niente da perdonarti, amore mio. Dimmi solo che mi ami. Dimmi solo “Ti amo” e niente di quello che ci siamo appena detti, ce lo saremo detti!”  promise restando vicino al viso del compagno.
“Ti amo!” gli sussurrò sulle labbra Jared. “Ti amo immensamente!”
Jensen sospirò, felice, soddisfatto. Sereno.

E poi come se davvero niente fosse successo si allontanò appena dal compagno. Voleva cancellare quel quarto d’ora di assurdo panico e riprendere da quando Rich era uscito.
“Io stavo per prendermi un caffè, ne vuoi uno anche tu!?” domandò sorridente e nel girarsi verso il bancone della cucina, vide tutto sfocarsi e girare.
Sentì l’equilibrio farsi precario e le gambe farsi molli. “Cazzo!” si ritrovò ad imprecare, un attimo prima che le braccia di Jared lo afferrassero appena in tempo per non farlo cadere.
“Jensen…Jensen che hai?!” chiese apprensivo il giovane, che aveva preso ad accarezzargli preoccupato, il viso sudato.
“Niente. Tranquillo.” rispose Jensen che si passò una mano sul viso per riprendersi.
“Come niente? Sembrava che stessi per svenire!” parve rimproverarlo. “Chiamo Rich e ti porto in ospedale!” fece prendendo il cellulare.
“No!!” lo fermò Jensen. “Sono quei dannati antibiotici. Li ho presi poco fa, ma non  ho ancora mangiato e credo che…”
“Stupido incosciente!” lo ammonì Jared , facendolo sedere sul divano e lasciandolo solo per un attimo. Andò in cucina e tornò dal ragazzo con un intero cartone di pizza. “Mangia. Subito!” ordinò con tono severo.
Jensen obbedì e poi alzò il volto verso il compagno che continuava a fissarlo e ad assicurarsi che mangiasse. E sorrise.
“Che hai da sorridere? Mi hai fatto prendere un colpo!” lo rimproverò severo.
“Lo vedi?” fece ironico.
“Cosa?!” replicò dolcemente il giovane , alzandosi da dove era seduto e portandosi accanto a Jensen.
“Ho bisogno di te!”
Jared gli accarezzò il volto , di nuovo sereno. Restarono per un po’ a godersi quella tranquillità. Perfino il silenzio spezzato solo dai loro respiri sincroni.
“Sai? Sei la cosa più bella che io abbia mai visto. Prima di perdere la vista e dopo averla riavuta!” gli confessò Jared, dolcemente.
“E tu sei la cosa più bella che io potessi mai sperare di avere!” rivelò in un respiro che andò a confondersi con quello di Jared, prima di sparire in un dolcissimo bacio.
Fu un bacio lento, teneramente ipnotico. Le teste che si muovevano sinuose alla ricerca dell’angolazione perfetta. Le labbra che si stuzzicavano per poi scontrarsi appassionate. Le lingue unite in una danza perfetta e sensuale.
“Jared…” mormorò Jensen , spostandosi appena dalle labbra del compagno.
“Sì??!!” sussurrò Jared, spostandosi a baciarlo lungo il mento e poi scendendo piano verso il collo che si tese non appena le labbra di Jared si posarono calde e umide sulla pelle già di per se accaldata.
“Io…io….” biascicò Jensen e Jared si voltò a guardarlo. “Vorrei…”
Il biondo era accalorato, decisamente quanto lui. Gli occhi lucidi di desiderio. Le labbra che tremavano appena come se volessero dire qualcosa.
Qualcosa che lo stesso desiderio di Jared comprese.
“Ne sei sicuro?” chiese dolcemente Jared. “Possiamo aspettare ancora se….”
“No!” fu la risposta immediata, quasi allarmata, da parte del ragazzo. “Voglio stare con te. Voglio….te!”
“Ma….” cercò di rassicurarlo Jared, carezzandogli la spalla ferita.
“Faremo piano!” sussurrò arrossendo imbarazzato per quella sua insistenza. Poi alzò gli occhi e li fissò negli occhi chiari di Jared. “Ti amo. Ti prego fa’ l’amore con me, Jared!”

Il ragazzo sorrise, di un sorriso dolcissimo, innamorato, completamente conquistato e vinto dalle parole di Jensen. Si alzò dal divano e prese il cellulare dalla sua giacca, compose un numero e attese la risposta.
“Rich?!”
“Ehi!! sono davanti all’ingresso. Sto per salire!” fece l’amico.
“Già!! Sì!! No!! …senti, …non ho portato Angelo fuori prima di venire qui da Jensen. ti dispiace andare a casa mia e fargli fare due passi!?!”
“E le medicine di Jensen!?” chiese Rich anche se dalla voce di Jared aveva già intuito il perché di quella richiesta.
“Lasciale nella cassetta della posta. Scendo io a prenderle …..dopo!” rispose Jared.
“Dopo?.. “dopo” di che?!” lo provocò l’amico.
“Beh!! io…hem!!!....” balbettò preso alla sprovvista.
“Tranquillo, scemo. Ci vediamo domani mattina!” lo rassicurò Rich. “Jared?!”
“Sì?!” rispose prima di chiudere la comunicazione.
“Va tutto bene, ragazzo?!”
“Va tutto benissimo. E andrà ancora meglio!” fece guardando Jensen seduto di fronte a lui. Poi mise giù e lasciò il telefonino sul tavolo.
“Davvero va tutto bene e andrà anche meglio?” lo parafrasò Jensen, cercando la sua mano e stringendola quando Jared strinse la sua.

Jared, conquistato dal quel bellissimo contatto , non rispose, ma con movimenti gentili invitò Jensen ad alzarsi e a seguirlo verso la camera da letto. 

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** .20. ***


Ammaliato dagli occhi del compagno, che lo guardavano brillanti e già accesi di desiderio, già consci di ciò che erano le sue intenzioni. Jared, gli tolse con premurosa attenzione il tutore, carezzando piano la spalla lesa.

Lentamente lo spogliò della camicia e poi con gesti placidi e accattivanti, proseguì con tutto il resto degli indumenti di Jensen, che altro non potè fare che lasciarsi guidare dai gesti e le movenze del giovane amante.
Ma la cosa più eccitante era che ad ogni suo indumento, Jared spogliava se stesso dello stesso capo. Via le camice, via i pantaloni, via tutto il resto fin quando entrambi non furono nudi, uno di fronte all’altro. Sfiorandosi appena, tremando appena ad ogni tocco leggero.

Poi Jared, invitò il compagno, a stendersi sul letto e Jensen lo guardò con infinita dolcezza quando vide i gesti con cui Jared si preoccupava di sistemarlo perché fosse il più comodo possibile. Il giovane gli sistemò il cuscino sotto la testa. Gliene sistemò uno più piccolo sotto la spalla così che potesse rilassarsi e non tenerla tesa. Passò una lunga e lenta carezza lungo tutto il braccio che Jensen teneva appoggiato sul materasso e che era quello che ancora non poteva muovere bene.
E lo baciava. Jared lo baciava sempre, quasi con devozione. Con adorazione. Baciava ogni parte del corpo di Jensen , ne accarezzava ogni muscolo , ogni increspatura, ogni fremito.
Sì! Perchè Jensen non poteva fare altro che fremere in quel momento così magnificamente dolce e inebriante.

“Jared…”
“Sshh! Mi prenderò cura di te. Per sempre!” sembrò volerlo calmare dopo l’ennesimo brivido causato da un bacio e un tocco più intimo degli altri.
“Farò lo stesso. Lo giuro…lo giuro!!” ansimava Jensen mentre quasi disperato richiedeva le labbra del giovane, sulle sue.

Le lunghe gambe che si spostavano, intrecciandosi sensualmente, alla ricerca di frizione e sollievo. E ancora baci, caldi, languidi  e lenti come le mille carezze che riscaldavano i loro corpi vicini.
E in quei baci avvolgenti e caldi, in cui le loro lingue , languide, mischiarono i loro sapori, confondendoli, Jensen si mosse appena, lasciando spazio al suo amante, richiedendo tacitamente di andare oltre quella magnifica tortura fatta di baci, tocchi e carezze appassionate.
Jared accolse l’invito e con quella stessa dolcezza con cui tutto era iniziato, piano, si insinuò in quel corpo che tanto amava e desiderava.
Le gambe di Jensen gli fecero spazio e iniziarono a tendersi e contrarsi lungo i fianchi di Jared, in cerca di quella sensazione che gli mancava da tempo. Di quella sensazione che lo completava ogni volta che faceva l’amore con Jared.
"Jared...."
“Piano…piano…” gli mormorò il giovane, che dentro di lui, si muoveva in modo lento, quasi impercettibile.
Lo conquistava centimetro dopo centimetro. Faceva perno sulle sue braccia, restando teso sul corpo di Jensen, così da non poggiarsi in qualsiasi modo sulla spalla ferita del compagno. “Faremo piano….” sussurrò ancora, quando Jensen strinse gli occhi, cercando di contrastare una fitta di dolore.

Fu qualcosa di estatico, quasi magico. I due amanti sentivano i loro corpi richiedere disperatamente l’uno dell’altro, sentivano i loro muscoli tendersi nell’esasperata ricerca di un perfetto e intimo incastro. E muoversi in quella maniera lenta e cadenzata rendeva tutto ancora più ….sconvolgente e tangibile e profondo.
“Mi stai…facendo….impazzire, Jared!” ansimò Jensen che se , con braccio non faceva niente, con l’altro non faceva altro che accarezzare e toccare e tenersi vicino il suo incredibile compagno.
“Hai sempre detto che ero…strenuamente e  magnificamente …lento!” rispose l’altro, sorridendogli malizioso , mentre i suoi movimenti non accennavano a mutare quell’eccitante ritmo, simile al più sensuale tango.
“Sì…ma così…mi…mi ucciderai!” gli sorrise Jensen, arcuandosi contro di lui, quando in un affondo più deciso, una scarica di piacere, gli attraversò il cervello, il cuore , esplodendo al basso ventre. “Dio!!…Jared!!” si ritrovò ad esclamare, mordendosi il labbro inferiore.
“Abbracciami, Jensen…” fece Jared , ora, aumentando di poco il ritmo delle sue spinte, poiché anche lui, si sentiva decisamente al limite di quel piacere che stavano provando.
Jensen lo guardò mortificato, sapendo di non poterlo ancora stringere e abbracciare come voleva e come sapeva avrebbe fatto di nuovo. Ma sentirselo chiedere in quel momento fu …doloroso.
“Jared , io…”
Jared capì di essere stato frainteso. Sapeva ciò che poteva o non poteva ancora fare il suo amore, così lo rassicurò.
“Mi bastano i tuoi occhi, Jensen. Mi bastano i tuoi occhi per sentirmi stretto a te!”
“Amore mio…amore mio…” rispose sollevato Jensen.
“Ti amo…ti amo…ti amo..”

E poi il piacere, quello più bello, più profondo, più disarmante li avvolse, li riscaldò. Li tenne stretti quasi fino a far male. Li fece tremare, li fece gridare. E quando si sentì soddisfatto, li lasciò stretti uno tra le braccia dell’altro.
 
**********
 
Circa un anno dopo, nella Galleria d’Arte di Miss Harvelle, Jared raccoglieva l’ennesimo successo per le sue opere che ormai lo avevano dichiaratamente confermato nell’elenco degli artisti di più talento dell’arte moderna. La sua opera più apprezzata fu “Guarigione”
Quest’opera a differenza di “Amanti”, l’opera che lo fece conoscere al grande pubblico di esperti d’arte, non rappresentava più due figure che cercavano paradossalmente sia di emergere che di nascondersi. Questa sua ultima opera, raffigurava due corpi stretti in un amorevole abbraccio. Uno dei personaggi con un gesto sembrava togliere una sorta di benda dagli occhi dell’altro; l’altro, invece, poggiava, con un gesto altrettanto premuroso, la mano su una spalla come a volerla guarire.
Molti si chiesero il senso di quei gesti in quelle raffigurazioni scolpite e Jared ogni volta, ripeteva sorridendo: “E’ solo la mia vita. Sono stato aiutato e ho aiutato. Sono stato amato e ho amato!”
 
Una settimana dopo, alla Biblioteca di Stato di Detroit, Jensen presentava il suo primo libro, “Fatti di vita e di amore”, che si presagiva diventare presto un best-seller e su cui si vociferava già essere pronta una bozza sceneggiatura.
A fine presentazione , Jared, orgoglioso , raggiunse il compagno e poco dopo vennero raggiunti anche da Felicia, la stessa giornalista che ormai seguiva interessata la carriera artistica di Jared.
“Felicia, è un piacere rivederla!” fece Jared, poiché si erano visti appena una settimana prima. “Come mai qui?”
“Ho saputo della presentazione del libro e non ho resistito. Posso permettermi di chiedere un autografo all’autore?!” fece sorridendo porgendo la copia a Jensen.
“L’onore è mio!” esclamò in risposta il biondo, che appose la sua firma sotto la dedica stampata che lo scrittore aveva voluto sulla prima pagina del libro.
Felicia la prese e lesse quelle parole stampate appena sopra la firma di Jensen.

 “A colui che è il respiro del mio respiro. Che è il battito del mio cuore. Che è la vita che vivo. A colui che è l’amore della mia vita. Ti amerò per sempre, J.

Felicia sospirò.
“Credo che sia la dedica più romantica che io abbia mai letto!” ammise quasi trasognante.
“Credo che sia la cosa più vera che io abbia mai scritto!” replicò guardando Jared che al suo fianco gli sorrideva innamorato.

Poi Jensen fece un gesto istintivo. Gli carezzò il viso e in quel gesto, Felicia, vide brillare un piccolo cerchietto d’oro all’anulare sinistro dello scrittore e la sua mente, per curiosità innata, sia come donna che come giornalista, si costrinse a guardare anche la mano sinistra dell’altro.
 
Lo stesso. Stesso anello, sullo stesso dito.
 
“Oh mio Dio!!” esclamò sorpresa ma anche entusiasta, portandosi le mani alla bocca per coprire la sua sorpresa.
“Cosa?!” fecero i due.
La ragazza indicò gli anelli ed era quasi senza parole.
“Non…non mi dite…non mi dite che voi…” balbettò eccitata.

Jared e Jensen sorrisero. Si erano fatti scoprire. Avrebbero voluto tenere quel loro bellissimo segreto ancora un po’ solo per loro, ma oramai era fatta.
Annuirono complici e poi fissarono sorridenti la giovane giornalista.
“Vuole qualche foto del matrimonio!?” ironizzò Jensen.
“O magari…qualcuna del viaggio di nozze!” la stuzzicò Jared, stringendosi al suo innamorato marito.

 


Io non ti lascero' 
fino a quando vivro'
tutto quello che un uomo puo' fare
stavolta per te lo faro'..”

(Tutto quello che un uomo, S. Cammariere)
 
 
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3404771