Come una fenice, sempre tornerà

di sasusakusara7
(/viewuser.php?uid=807121)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** 2. Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** 3. Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** 4. Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** 5. Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** 6. Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** 7. Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** 8. Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** 9. Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** 10. Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** 11. Capitolo 11 ***



Capitolo 1
*** 1. Capitolo 1 ***


 NdA: Buongiorno a tutti! Mi presento, sono sasusakusara7 e sono alle prese con la mia prima fanfiction, il che mi rende particolarmente agitata e preoccupata al tempo stesso -.-' ... Detto questo, vorrei precisare sin da ora che in questa storia AU sarà presente l'elemento soprannaturale ma non temete, cari lettori, quando parlo di creature immortali, non mi riferisco agli ormai troppo abusati vampiri... Ora vi lascio alla fanfiction augurandovi una buona lettura!
Disclaimer: Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Masashi Kishimoto (meraviglioso e geniale Kishimoto-sensei!); questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.


 
Come una fenice, sempre tornerà

 
Capitolo 1
 

Il vicolo era buio ed angusto ed emanava un odore rancido che non poteva essere dovuto solo al cassonetto della strada accanto. Dietro di lui, sentì una sirena urlare nel cuore della notte, segno che un'ambulanza era costretta ad affrontare un'urgenza e che, pure a quell'ora tarda, vi erano persone intente a salvare una vita. Anche lui, in fondo, era lì, in quella città, per lo stesso motivo...
Si trascinò stancamente appoggiandosi al muro e cercando di non pensare alla sporcizia che si stava attaccando alla manica sinistra del suo lungo mantello nero. Un mantello nero, già... capo d'abbigliamento non proprio alla moda, ne conveniva, ma era pur sempre uno degli ultimi ricordi della sua illustre famiglia, con lo stemma rosso e bianco di un ventaglio che spiccava sulla sua schiena, e Sasuke Uchiha lo conservava gelosamente e lo indossava con estremo orgoglio (seppure nella sua esistenza ormai ci fossero in realtà ben poche cose di cui andasse fiero o, forse, proprio per questo). La ferita era piuttosto profonda ed il sangue sgorgava in copiosi fiotti lungo tutta la gamba, gocciolando a terra e raccogliendosi in una pozza cremisi in continua espansione ai suoi piedi, mentre lui si muoveva, lentamente ed a fatica. Si accorse che stava lasciando evidenti tracce, sia visive sia olfattive, in bella mostra, ma era sicuro che la lesione si sarebbe rimarginata molto in fretta; essere una creatura immortale, talvolta, aveva i
suoi lati positivi...
Sperava solo di riuscire a tenersi lontano da Loro finché non avesse riacquistato le forze... Alzò gli occhi al cielo e sbuffò, non riuscendo ad intravvedere neppure una stella sopra di sè, in quanto probabilmente coperte da uno spesso strato di nubi ed inquinamento. Questa città già cominciava a stargli stretta... Imprecò. Non pensava sarebbe stato così difficile riuscire nella sua impresa, ma era chiaro che si era sbagliato. La sua ricerca durava da molti anni ed il tempo ormai cominciava a stringere...
Si guardò il fianco destro, scostando mantello, giacca e camicia per controllare lo stato in cui si trovava. Come previsto, la ferita stava cominciando a rimarginarsi ed entro al massimo qualche ora sarebbe stato come nuovo... Adesso la priorità era quella di trovare un modo per ripulirsi di tutto il sangue
che aveva addosso, perché era una traccia olfattiva fin troppo semplice per Loro da seguire... Doveva trovare in fretta una soluzione per poter tornare alla sua principale preoccupazione. Il suo vagare era stato estenuante e diventava progressivamente sempre più disperato, ma ora era quasi arrivato al traguardo, ne era sicuro...
- Lei è qui, in questa città. Finalmente, finalmente ti ritroverò... Ti supplico... aspettami - mormorò con un filo di voce che, anche alle sue orecchie, parve impaziente e carica di emozione.

 
XXX
 
Guardò fuori dal finestrino dell'autobus e sbuffò, annoiata. Quel giorno era sempre allucinante. Il giovedì Sakura Haruno doveva affrontare una vera e propria sfida a scuola: l'orario stabilito era davvero tremendo; per cominciare, era l'unico giorno della settimana con ben sei ore di lezione al posto delle "canoniche" cinque (e la settimana scolastica andava dal lunedì al sabato, si badi!) in quanto gli ultimi sessanta minuti erano adibiti al laboratorio di fisica; in precedenza, doveva affrontare, nell'ordine: latino, biologia, matematica (quell'anno in particolare ci si doveva dedicare allo studio di funzione), filosofia e letteratura inglese (che di per sè non sarebbe stata traumatica se non fosse che ogni giovedì era previsto un test su un libro in lingua inglese che veniva assegnato il giovedì della settimana prima).
Un vero e proprio incubo per lei: era considerata la "punta di diamante" della scuola ed in particolare tra i suoi coetanei era quella con i voti più alti: per questo motivo la pressione per essere sempre "sulla vetta" era molto forte. Non poteva permettersi errori o passi falsi, un'insufficienza, oltre che rovinarle l'invidiabile media, sarebbe stata una notizia succulenta per chi la invidiava e per chi, semplicemente, l'avrebbe pesantemente schernita. Riusciva già ad immaginarsi quello che avrebbero detto alle sue spalle: "Visto, non è poi così intelligente, prende bei voti solo perché sempre sui libri!" "Cos'è, stavolta non è riuscita nella sua impresa perfetta! Oh, poverina! Chissà se scoppierà a piangere!" "Povera stupida secchiona!"
Non doveva accadere! Aveva lavorato una vita per costruirsi questa immagine, lasciando perdere quasi ogni interazione sociale, per poter avere un futuro radioso ed ora bastava stringere i denti un altro po'... Era l'ultimo anno di liceo e poi sarebbe finalmente potuta entrare in una prestigiosa università, dove avrebbe iniziato a costruirsi un domani costellato di successi e soddisfazioni vere... Sì, ce l'avrebbe fatta... Anche se... anche se...
Anche se a volte ( e sempre più di frequente, non aveva potuto fare a meno di notare), quando era nella sua stanza e stilava il "Programma" ( in realtà erano due, uno settimanale, dove stabiliva quali giorni dedicare allo studio di quali materie ed uno giornaliero, più dettagliato, con la suddivisione delle varie ore del giorno in base alle materie previste ed ai compiti assegnati), mentre scriveva tutto con precisione, calcolando in base ai suoi ritmi di studio e redigendo una lista che per molte persone sarebbe quasi risultata delirante (dalle 17:00 alle 19:00: letteratura italiana, dalle 19:00 alle 20:00: matematica, dalle 20:00 alle 21:00: cena, dalle 21:00 alle 21:15: lavarsi i denti, davvero?!), ecco, in quei momenti si sentiva affaticata, il cuore le batteva sempre più forte nelle orecchie, un dolore compariva nel centro del petto e talvolta faceva anche fatica nel tenere sotto controllo la respirazione.
Attacchi di panico. Quando aveva capito di cosa si trattasse ( e non ci aveva messo molto) si era sentità una vera nullità, una ragazzina sciocca che non riusciva neppure ad affrontare una stupidaggine come il liceo... Il suo sogno era diventare un medico, possibilmente un chirurgo, per salvare le persone, per farle stare meglio, per garantire loro una speranza per il futuro, ma se non sopportava il pensiero di un brutto voto, un fallimento di così infinitesimale importanza, come avrebbe reagito quando ( perché non si trattava di se, ma di quando) un intervento non si fosse concluso con un successo?! Non poteva, non doveva affrontare la vita così... non poteva... non doveva...

Appoggiò la testa allo schienale del sedile, tornando al presente, e sospirò. La fermata del liceo era la prossima e doveva prepararsi per farsi strada tra la massa di persone per riuscire a raggiungere l'uscita in tempo. Provò a tirarsi su facendo leva sulle gambe che tuttavia sembrarono cedere sotto il suo peso. Ricadde neppure troppo dolcemente al suo posto, le braccia penzoloni e la testa piegata a lato. Spalancò i già grandi occhi verdi quando capì cosa le stava succedendo.
"No, non è possibile! Non ora!" pensò terrorizzata. Non poteva avere un nuovo attacco di panico proprio adesso! Tra pochi minuti doveva scendere! C'era il test di letteratura inglese su "Gita al faro" di Virginia Woolf e poi doveva essere interrogata in filosofia! E gli appunti di studio di funzione! Il professore spiegava molto in fretta e lei era l'unica che riusciva ad appuntare tutto quanto, agli altri studenti sfuggiva sempre qualche passaggio o si distraevano tanto che, alla fine, tutti le chiedevano di prendere in prestito il suo quaderno (salvo poi sparlare di lei alle sue spalle)... e poi, poi la professoressa di biologia doveva consegnare le valutazioni delle relazioni degli esperimenti della settimana precedente...
Doveva alzarsi! Sì! Adesso respirava, avrebbe inspirato una bella boccata d'ossigeno, si sarebbe calmata e sarebbe riuscita a rialzarsi... non era così difficile! Aveva imparato a camminare ad undici mesi! Era un'inezia oramai! Una tale sciocchezza che non necessitava neppure d'impegno! Eppure... eppure...
Eppure il suo corpo rifiutava di obbedirle, era come se ne avesse perso completamente il controllo e anche se prendeva lunghi respiri, l'ossigeno non sembrava recarle alcun giovamento anzi, le pareva quasi che i polmoni avessero cominciato a dolerle...
Il passeggero davanti a lei, un signore di non più di cinquant'anni con un accenno di stempiatura e due luminosi quanto al momento allarmati occhi celesti le si avvicinò e, mettendole una rassicurante mano sul braccio destro, le chiese: - Signorina, sta bene? La vedo affaticata... Non è che si sente svenire, vero?! -  la sua voce doveva essere profonda e calda ma Sakura non poteva esserne sicura perché a lei suonava ovattata, distante...
Si sentì scuotere e le sembrò di intravvedere un paio di persone che le si stavano avvicinando, ma già il respiro si era fatto irregolare ed il petto  le faceva male proprio lì, nel mezzo, nel solito, fastidiosissimo posto.
Non riusciva più a muoversi e l'unica cosa che capì con certezza era che la sua fermata era stata superata, l'edificio scolastico già a parecchie centinaia di metri alle sue spalle...



NdA2: Ok, per questo capitolo è tutto! Come vedete, è stato più che altro un capitolo introduttivo, mooolto introduttivo, ma credo che questa storia avrà molti capitoli (ho già più o meno steso lo script) quindi c'è tutto il tempo del mondo per gettare le basi e per dare una buona dimensione psicologica dei protagonisti... Vedrete che, se continuerete a seguirla, questa fanfiction sarà ricca di sorprese e colpi di scena! Ma soprattutto di sasusaku, c'è sempre bisogno di sasusaku :) Se volete, lasciate pure una recensione, credo sia fondamentale conoscere il parere dei lettori, che sono i fruitori finali della fanfiction dopotutto!
Alla prossima,
sasusakusara7 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 2. Capitolo 2 ***


 NdA: buona giornata a tutti! Qui di seguito troverete il secondo capitolo della mia prima fanfiction: non è lunghissimo e sembra quasi di transizione, ma credo sia necessario per gettare le basi della storia... Vi posso assicurare che già dal prossimo capitolo le acque cominceranno a smuoversi e, a partire dal quarto,  ci sarà la vera e propria azione ed anche i capitoli diventeranno decisamente più lunghi (ne sono sicura dal momento che li ho praticamente scritti XP)... Parlando da un punto di vista organizzativo, stavo pensando di rendere gli aggiornamenti il più regolari possibile, con una scadenza settimanale... Credo sia il modo migliore per garantire a me il tempo per costruire capitoli solidi e soddisfacenti e a voi per non dovervi chiedere se e quando aggiornerò (se ve lo chiederete ;])... Avete un giorno in particolare della settimana in cui vorreste vedere l'aggiornamento?
Bene, mi sono dilungata anche troppo, vi auguro una buona lettura ;)
Disclaimer: Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Masashi Kishimoto (stupendo e talentuoso Kishimoto-sensei!); questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
 
Capitolo 2

Ancora non riusciva a credere di essere riuscito ad arrivare all'hotel dove alloggiava senza attirare l'attenzione di nessun curioso passante. D'accordo, erano le due di notte e le strade erano pressoché deserte, ma lui comunque rischiava di dare nell'occhio: un tipo alto, di bell'aspetto (i suoi cosiddetti amici non perdevano l'occasione di schernirlo per le occhiate focose e malandrine che spesso riceveva da donne di tutte le età e che lo lasciavano ogni volta non poco irritato), con un fisico che dimostrava sui venti anni ed un'aria misteriosa, con addosso un lungo mantello nero da cui trasparivano, al di sotto dell'orlo inferiore, pantaloni di velluto dello stesso colore e, se si aguzzava la vista, era possibile scorgere, sul lato destro dei suoi abiti, una larga chiazza dal colore indistinguibile (uno dei vantaggi dell'avere una predilezione per i vestiti scuri).
Decise di ringraziare il destino, per una volta suo complice, e di non ragionarci più su: aveva ben altri problemi da risolvere ed urgenze da affrontare al momento, come trovare un altro rifugio sicuro dopo essersi assicurato di aver rimosso l'odore del suo sangue: chi lo cercava aveva un fiuto potenziato e se solitamente riusciva a dileguarsi mascherando il naturale profumo della sua pelle con fragranze che cambiava piuttosto frequentemente, essere ricoperto del suo stesso sangue sarebbe stato come una condanna, quasi quanto tracciare una grande X su una mappa ed urlare: "Ecco, è qui che potete trovarmi!"
Si fermò ad una decina di metri dall'entrata dell'hotel in cui aveva passato i cinque giorni precedenti e si guardò attorno. Come previsto, scorse la sagoma di due dei suoi più vecchi (e, data la sua reale età, era un traguardo notevole) e fidati amici, il biondo Naruto Uzumaki ed il moro Shikamaru Nara: erano semi-nascosti nel vicolo più vicino, e mentre il primo si muoveva impaziente, spostando in continuazione il proprio peso da un piede all'altro e portando la mano tra i capelli perennemente scompigliati, il secondo stava seduto pigramente e svogliatamente sopra una delle tre valigie che, come da accordo, i due avevano preso dalla stanza che avevano condiviso nell'albergo prima di pagare per il pernottamento ed andarsene. Capì che i suddetti due immortali lo avevano già trovato, ma non volevano uscire allo scoperto, probabilmente perché preferivano restare in un posto isolato per pianificare il da farsi.
Li raggiunse quindi a passo svelto, la ferita ormai quasi completamente rimarginata, mentre il desiderio di cambiarsi lo rendeva ancor più nervoso ed impaziente.
Il primo a venirgli incontro fu Naruto. C'era da immaginarselo. Sasuke lo salutò con un appena abbozzato cenno del capo.
Naruto aveva la sua stessa età (sia reale sia apparente), capelli corti e ribelli di un biondo vivo ed occhi di un azzurro intenso, assoluto. Tutto in lui esprimeva purezza e forza d'animo e Sasuke non poteva che riconoscere quanto l'amico fosse stato e rimanesse tutt'oggi importante per lui. Si consideravano fratelli e spesso potevano comprendersi senza bisogno di parlare, seppur caratterialmente (e fisicamente) fossero agli antipodi. Ma senza dubbio il moro era totalmente riconoscente nei suoi confronti perché, senza di lui, davvero non immaginava come sarebbe riuscito ad affrontare per tutto questo tempo quello che era successo a Lei.
Lei. La parte più bella di lui, la creatura più splendida e preziosa dell'intero universo, l'unica che gli aveva fatto scoprire di poter provare emozioni bellissime, di riempire il suo cuore con un sentimento diverso dall'invidia e dall'odio. Quando questa storia era iniziata, Sasuke credeva fermamente di non essere in grado di superare  il tutto. Già in passato il destino si era abbattuto su di lui, cancellando la sua vita così come l'aveva sino allora conosciuta, così come l'aveva sino allora amata. Da quel momento aveva percorso una via oscura, cadendo in un abisso al cui fondo non aveva trovato altro che risentimento, rancore e sete di vendetta; e nel mezzo di tutta questa desolazione così, senza preavviso, aveva incontrato Lei, una fiamma nuova, mai conosciuta prima, una luce tanto pura, calda e rassicurante che un attimo anche lui, sempre in continuo tormento, aveva creduto di poter finalmente trovare la pace. Aveva ricominciato a vivere dal momento in cui incominciato ad amarla ed aveva incominciato ad amarla da quando l'aveva vista per la prima volta. Subito non lo aveva capito ma poi, pian piano, gradualmente ma inesorabilmente, aveva compreso il motivo per cui desiderasse sempre vederla sorridere, saperla felice, perché sentisse il bisogno di proteggerla ed incoraggiarla, perché riuscisse a trascorrere sempre più tempo in sua compagnia, maledicendo il fluire delle ore che sembravano non bastare mai. Felice. Felice ed appagato anche solo di vedere il suo sguardo incrociarsi con quello magnifico di lei, mentre ascoltava la sua voce dolce interrotta qua e là dalla sua risata sbarazzina. Sì, Lei. La sua Forza. La sua Speranza in un futuro migliore. La sua Felicità. Il suo Amore.
Sasuke Uchiha sorrise con amarezza. Fin troppo scontato che fosse tutto destinato a finire tragicamente.

 
XXX
 
Quando si riprese, Sakura si guardò intorno e la prima cosa che notò fu una signora sulla sessantina che stava di fronte a lei e che le stava tenendo sulla bocca un sacchetto marroncino, di solito usato per contenere e trasportare il pane, facendola respirare al suo interno. Ad un'occhiata più attenta si rese conto di essere ancora all'interno dell'autobus, che sembrava essersi fermato.
Era circondata da un gruppetto di cinque o sei persone, tra cui la signora del sacchetto di carta, il signore forse cinquantenne che l'aveva precedentemente soccorsa e quello che dalla divisa doveva essere il conducente del mezzo.
- Come va? Ti senti meglio? - le chiese cortesemente la donna di fronte a lei, scostando un poco la busta del pane per permetterle di rispondere. Sakura accennò un assenso ed il suo sguardo si diresse sul posto alla sua destra, dove notò che erano stati adagiati frettolosamente una decina di panini. La donna probabilmente era appena stata in panetteria ed era stata costretta a gettare via i suoi acquisti per poterle permettere di respirare nella busta di carta, un rimedio semplice ma immediato contro gli attacchi di panico.
- Io... m-mi dispiace... il suo pane... - biascicò ancora debilitata: si sentiva davvero in colpa. Igienicamente parlando, non era molto saggio appoggiare del cibo senza involucro direttamente su un sedile di un autobus, luogo notoriamente non proprio pulito.
- Shh, shh, non ti preoccupare... Cosa vuoi che sia, la salute al primo posto! - la rassicurò con un sorriso bonario la donna.
- Ci hai davvero spaventati lo sai? - commentò con voce gentile il signore del primo soccorso, mentre il conducente la avvisò che nel frattempo avevano chiamato un'ambulanza che molto probabilmente sarebbe arrivata entro pochi minuti. Del tutto vani furono i tentativi della ragazza di convincerli che non fosse necessario.
- E' una cosa che mi capita sempre più spesso, non è niente... -
- Tesoro, semmai è proprio perché ti succede spesso che dovresti farti visitare, non credi?- controbatté la donna, che ora aveva preso a guardarla davvero allarmata.
Sakura sospirò stancamente, le spalle abbassate in segno di resa. Guardò l'orologio da polso. Le otto e ventisette. Fantastico. L'ora di latino era andata e se la ricoveravano per i controlli sicuramente sarebbe "partita" anche biologia, come minimo. Ma non poteva assolutamente mancare per l'interrogazione di filosofia ed il test di letteratura inglese! Se lo avesse fatto, tutti avrebbero cominciato a pensare che lei saltava le verifiche e le interrogazioni! Era una studentessa seria, niente assenze strategiche nel suo curriculum, caspita!
"Ok, calma!" pensò inspirando. Non era certo il momento di agitarsi, considerando che era proprio a causa di un attacco di panico che si trovava in questa situazione e subirne un altro non avrebbe risolto nulla, anzi forse avrebbe addirittura peggiorato le cose. La respirazione si era regolarizzata ed il dolore al centro del petto era solo uno spiacevole ricordo.
Sentì l'ambulanza avvicinarsi inesorabilmente. L'unica cosa che le rimaneva da fare era tentare di stabilire il punto della faccenda. Era una ragazza senza gravi problemi di salute: bastava spiegare ai paramedici che, essendo all'ultimo anno di liceo ed avendo la tendenza a prendere tutto quello che faceva con la massima serietà, era solo un po' stressata. Le avrebbero controllato la pressione sanguigna, chiesto qualche domanda di routine e fatto un paio di altri rapidi esami sul posto (l'ambulanza doveva pur essere fornita di un kit d'emergenza, no?!) e forse non sarebbe neppure dovuta andare in ospedale. Il voto della relazione di biologia poteva aspettare fino a sabato, quando avrebbe avuto la lezione successiva; per quanto riguardava matematica, poteva sempre chiedere di farsi spiegare il programma perso durante l'orario di ricevimento settimanale del professore, sempre se non fosse riuscita a capire da sola il libro di testo. L'unica cosa davvero importante dunque era riuscire a rientrare prima delle delle ultime due ore, possibilmente nell'intervallo. Avendo diciotto anni non vi era più bisogno del permesso scritto dei genitori, a cui avrebbe comunque raccontato quello che le era successo una volta arrivata a casa. Aveva avuto con loro un rapporto stretto sin da piccola e solo perché ora era maggiorenne non voleva dire che avrebbe cominciato a tenere segreti.
Ecco, sì, sarebbe andata così. Con un bel programmino in testa subito passava la paura.
Se solo avesse saputo che non sarebbe riuscita a realizzarlo...





NdA2: Eccolo qui, il secondo capitolo. Ringrazio tutti coloro che si sono presi la briga di leggerlo e soprattutto coloro che hanno recensito il primo capitolo e che hanno messo la storia tra le preferite, da ricordare o seguite.
Grazie ancora ed alla prossima!
sasusakusara7

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 3. Capitolo 3 ***


 NdA: Buongiorno a tutti! Ecco qui il terzo capitolo che, come previsto, comincia a movimentare la vicenda: lo so, i primi due capitoli sono stati un po' noiosi, ma servivano da introduzione; già con questo terzo invece le cose iniziano a cambiare (infatti è anche leggermente più lungo). Vi avviso che con il prossimo capitolo si entrerà nel vivo della storia! Ma lo vedrete da voi se continuerete a seguire la storia ;)
Ora vi lascio augurandovi come sempre una buona lettura!

Disclaimer: Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Masashi Kishimoto (magistrale Kishimoto-sensei!); questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.


 
Capitolo 3

 
Come previsto, l'ambulanza non si fece attendere: erano passati al massimo un paio di minuti da quando aveva cominciato ad udire le sirene ululare e già si poteva scorgere, a qualche centinaio di metri, il veicolo che sfrecciava facendosi largo tra le automobili grazie al suo diritto di precedenza.
A quella vista Sakura non riuscì a reprimere l'ondata di imbarazzo che le imporporò le gote: si stava creando una situazione davvero sproporzionata rispetto allo stato effettivo della sua salute! Erano solo dei comuni attacchi di panico i suoi e la ragazza non era abituata a ricevere così tante attenzioni da chi le era intorno: solitamente passava quasi del tutto inosservata e le uniche occhiate che, di quando in quando, le venivano rivolte erano dovute all'improbabile quanto (purtroppo) naturale colore dei suoi capelli: un delicato e romantico rosa pallido. Quando era piccola Sakura aveva amato quella colorazione, aveva la sensazione che la riportasse ad un tempo bellissimo, appartenente ad un passato che non esisteva, che non poteva aver vissuto e di cui tuttavia provava nostalgia. In quei primi anni aveva sfoggiato una fluente chioma lunga ma, con il passare del tempo, le costantemente crescenti prese in giro dei compagni di scuola ed un nascente e razionale spirito critico l'avevano spinta ad abbandonare quelle sciocche fantasie impossibili e, una volta dodicenne, si era recata di sua spontanea volontà dalla parrucchiera di fiducia di sua madre e da allora aveva adottato un pratico taglio corto che le arrivava appena sopra le spalle.
Era quindi più che comprensibile quanto la ragazza si sentisse a disagio: era stata addirittura scomodata un'ambulanza, che sarebbe potuta servire potenzialmente per salvare qualcuno che ne avesse bisogno per davvero, forse addirittura in fin di vita, per quella che Sakura riteneva una sciocchezza. Già si immaginava qualche anziano ammalato soffrire da solo, abbandonato da tutti, o un giovane morente al lato di una strada a causa di un incidente magari neppure da lui provocato, e la situazione peggiorava ancora quando si vedeva un padre o una madre di famiglia che lasciavano orfana una piccola creatura piangente. Era chiaro che in quel momento la sua mente era la sua peggiore nemica, ma per una ragazza la cui aspirazione era diventare un medico per aiutare il suo prossimo quella vicenda risultava intollerabile. Era profondamente delusa di sè stessa, se solo si fosse ripresa prima avrebbe potuto evitare la chiamata all'ospedale...
L'ambulanza si fermò proprio in quell'attimo al margine della strada e dalla portiera del guidatore uscì un paramedico sulla trentina, con capelli lunghi raccolti in una coda di un grigio chiaro, colore piuttosto insolito data la sua età. Dietro agli occhiali dalla montatura scura un paio di occhi neri si posarono immediatamente su di lei, come se avessero capito al volo chi fosse il paziente che era destinato a prendere. Sakura si domandò tra sé se avesse davvero un'aria così malaticcia: non aveva più alcun sintomo del passato attacco di panico e le pareva di aver praticamente recuperato le forze. Si convinse che quasi sicuramente il paramedico l'aveva "individuata" perché al telefono gli era stato specificato che fosse una giovane ed in effetti, al momento era l'unica persona lì presente che corrispondeva a detta descrizione.
Improvvisamente, la bocca sottile del tizio si allargò appena in quello che doveva essere un gentile sorriso di circostanza ed una melliflua voce le si rivolse: - Signorina, mi hanno avvisato del suo malore. Vedo che si è ripresa, ma la esorterei comunque a venire con noi per ulteriori accertamenti... Con la salute non si deve scherzare, soprattutto quando si hanno ancora così tanti anni da vivere come nel suo caso! -
Sakura rabbrividì. Tutto nell'atteggiamento e nelle parole dell'uomo sembrava mirato a bendisporla nei suoi confronti, tuttavia la ragazza non poté fare a meno di scorgere una punta di sarcasmo nell'ultima frase pronunciata.
"Scappa! Lui è il pericolo! Va' via! Fuggi!" una voce distante le rimbombò nella testa e d'istinto il suo corpo si mosse in direzione opposta all'ambulanza. La signora della borsa del pane, accortasi della reticenza della giovane, le mise una mano sulla spalla e tentò di rassicurarla: - Su, su, il ragazzo ha ragione. Non devi preoccuparti di nulla se non di rimetterti in forze! Una bella signorina come te non mi può svenire all'improvviso! E se fossi stata in mezzo alla strada?! Potrebbero capitarti situazioni poco piacevoli in futuro se non ti fai dei controlli. Vedrai, vedrai che alla fine sarai più contenta anche tu... -
Sakura non poté fare a meno di deglutire. Qualcosa in lei dissentiva veementemente dalle parole della signora. Ma la sua parte razionale decise in quel momento di prendere il sopravvento: avevano ragione loro, ormai l'ambulanza era qua e con i suoi tentennamenti insensati (o forse era più opportuno chiamarli infantili capricci?) stava facendo perdere tempo, tempo che poteva essere speso dietro altri malati, sicuramente più gravi di lei (di nuovo le tornarono alla mente il vecchietto, il giovane al lato della strada ed il padre e la madre di famiglia). Senza contare che anche lei aveva nelle ore successive almeno due impegni importanti...

 
XXX
 
- Ecco, abbiamo liberato la camera d'albergo ed abbiamo contattato Neji subito dopo che ci hai chiamato, due ore fa. Ci ha detto che possiamo rifugiarci nel distretto 4 della famiglia Hyuga, almeno il tempo sufficiente a te per darti una ripulita. Lo sai, il loro è un clan importante nel nostro mondo ed è effettivamente meglio che si faccia invischiare il meno possibile in certe spiacevoli e soprattutto pericolose faccende... - sospirò Shikamaru grattandosi con fare svogliato la testa, senza però scomporre la coda alta che raccoglieva i capelli scuri.
- Pensi che non lo sappia?! Non lo avrei mai voluto contattare, non più, ma è un'emergenza... - rispose Sasuke punto sul vivo. Doveva ammettere che il Nara aveva ragione ed era proprio per questo motivo che aveva deciso, da qualche tempo, di non coinvolgere più Neji Hyuga nei suoi problemi: erano amici, seppure non così stretti come lo era con Naruto (ma in fondo, con chi altro era amico quanto con quella testa quadra?) e sapeva che la sua famiglia, appartenente all'alta nobiltà, aveva una delle basi in questa città, ma la situazione era rischiosa, i suoi nemici erano esseri violenti, sadici e sanguinari che non si fermavano di fronte a nulla e, quando in passato il clan Hyuga lo aveva aiutato, ne era sempre uscito con gravi perdite.
Aveva dunque deciso di adottare una tattica più discreta, che desse meno nell'occhio e che non comportasse il sacrificio di individui innocenti ed estranei a quella vicenda. Il contributo di Shikamaru si era comunque rivelato indispensabile: anche se Sasuke si considerava piuttosto intelligente, la famiglia Nara era nota per essere formata da abili strateghi ed il nuovo rampollo, di cui poteva fortunatamente considerarsi amico, probabilmente era il migliore della casata, nonostante la sua natura pigra e solitamente svogliata. Anche i Nara erano di origina illustre ma non erano paragonabili, per importanza, agli Hyuga; inoltre agivano sempre in modo estremamente circospetto quindi Sasuke era quasi certo che non avrebbero dovuto affrontare gli stessi problemi del clan di Neji. Shikamaru, d'altronde, si era rivelato davvero un alleato prezioso e spesso riusciva a valutare aspetti e soluzioni che lui, probabilmente perché troppo investito emotivamente (i sentimenti gli avevano obnubilato la mente sempre, anche prima di questa storia), non riusciva a cogliere, e Sasuke gli era molto grato per questo e per la costante fedeltà dimostratagli.
Per quanto riguardava invece il suo migliore amico, Naruto Uzumaki, era tutto molto diverso. La famiglia Uzumaki discendeva direttamente da uno dei tre clan leggendari: i primi due erano gli Uchiha e gli Hyuga, mentre il terzo, quello da cui gli Uzumaki derivavano appunto, era l'ormai praticamente estinto clan Senju, costituito solo più da un unico membro che pure aveva deciso di tagliare tutti i contatti con il Consiglio e con il loro mondo per sparire chissà dove. Viste quindi le relazioni con detti Senju, gli Uzumaki rappresentavano un pilastro importante per il sistema, tanto quanto gli Hyuga, e quindi Sasuke aveva inizialmente tentato di allontanare Naruto per non coinvolgerlo in quell'impresa pericolosa che, in fondo, non lo riguardava direttamente (questioni di clan a parte, non poteva negare che in gran misura era stato spinto anche dall'affetto fraterno che provava per l'amico). Ma Naruto, da quel concentrato di altruismo racchiuso in un'anima pura, solare, incorruttibile quale era, non aveva sentito ragioni e lo aveva seguito ed aiutato per tutti quei secoli. E seppure solo inconsciamente, nel profondo, Sasuke gli era infinitamente, indescrivibilmente a parole (soprattutto per un tipo taciturno come lui) grato per questo.
Perché nella sua vita già era stato privato di tutto ed era stato condannato ad essere ripetutamente separato dalla parte migliore della sua anima, e senza di lui non era sicuro che sarebbe riuscito ogni volta a trovare la forza di tirare avanti, di rialzarsi per ricominciare la sua eterna ricerca.
- Dobbiamo sbrigarci. Ho un brutto presentimento. Voglio trovarLa il prima possibile. Avete detto che avete individuato il suo indirizzo di casa e la scuola che frequenta, siete sicuri che i vostri informatori non si sbaglino? - continuò con voce che tradiva la sua impazienza.
Dall'altra estremità del vicolo vide le loro tre pratiche ed agili moto che li avrebbero condotti al distretto 4 e si incamminò in quella direzione per non sprecare ulteriore tempo. Shikamaru si alzò svogliatamente dalla sua valigia e lo seguì in silenzio, mentre Naruto con aria bonariamente offesa sbottò: - Certo che siamo sicuri! E' proprio lei! Impossibile sbagliare! Sei davvero un teme! E poi, quante donne possono vantare degli splendidi capelli rosa?! -

 
XXX
 
Il paramedico dai capelli grigi si avvicinò a Sakura e la prese delicatamente per l'avambraccio sinistro. Nonostante la stesse trattando con estrema cura, la ragazza non riuscì a reprimere la pelle d'oca che quel contatto le provocò lungo tutto il braccio. La sensazione spiacevole, di disagio, che provava non sembrò andarsene neppure quando vide il suo sorriso, costantemente ed ostinatamente presente, ma anzi parve acutizzarsi.
- Si rilassi ora ed abbandoni ogni preoccupazione... Io ed il mio collega ci occuperemo di lei e della sua salute. Venga, salga su... - così dicendo, raggiunsero il retro dell'ambulanza e lui aprì lo sportellone.
Anche se riluttante, Sakura salì sul veicolo. Detto sportellone si richiuse immediatamente alle sue spalle e a lei non rimase che sedersi sulla barella. Davanti, sul sedile del passeggero poté scorgere una figura, probabilmente di donna considerati i lunghi capelli corvini, lisci e luminosissimi e la corporatura piuttosto esile.
Non appena formulò queste ipotesi la portiera del guidatore si aprì ed il primo paramedico prese posto dietro al volante.
- E' andato tutto secondo i piani, Maestro... - subito dopo aver pronunciato queste parole, l'uomo dai capelli grigi mise in moto ed il veicolo partì, lasciando Sakura perplessa. Che cosa voleva dire "secondo i piani"? E soprattutto, perché un paramedico avrebbe dovuto rivolgersi a quello che aveva precedentemente definito un collega con l'epiteto di "Maestro"? La sensazione di pericolo tornò prepotentemente nella sua testa e l'unica cosa che riuscì a commentare in quel momento fu un insulso: - Ma che...?! -
Una pallidissima mano sinistra si alzò a mezz'aria e si sentì una voce maschile e sibilante, inquietante: - Molto bene, Kabuto, tu non mi deludi mai... -
Lo sguardo di Sakura cadde accidentalmente sul polso del tipo misterioso (che ora aveva scoperto essere un uomo) ed il respiro le si bloccò nella gola. La pelle che si intravvedeva dalla manica era purulenta e sembrava quasi in decomposizione.
La ragazza strabuzzò gli occhi allarmata e ricacciò indietro il conato di vomito che quella vista le aveva provocato. Era più che ovvio che quelli non fossero veri paramedici. Ma che stava succedendo?! Provò ad aprire lo sportellone per uscire (anche se l'ambulanza era in movimento non stava andando ad alta velocità e, se riusciva ad atterrare bene, si sarebbe potuta ritrovare con una spalla slogata o rotta, alternativa comunque preferibile rispetto al restare lì dentro), ma lo trovò bloccato.
Una risata affettata ed agghiacciante al tempo stesso risuonò nell'abitacolo facendola tremare dalla testa ai piedi. Si voltò verso il sedile del passeggero da dove quel suono nefasto proveniva. Il tizio si girò lentamente e così lei fu in grado di vederlo in faccia. Occhi dorati con strane quanto angoscianti pupille sottili ed allungate la guardavano divertiti.
- Finalmente ci incontriamo di nuovo, Sakura... Sono diciotto anni che ti cerco ed ora... - sussurrò con voce fredda e minacciosa - ora comincia il divertimento -
Il sangue le si gelò nelle vene alla vista del sorriso sadico che l'uomo le regalò.



NdA2: Come avrete sicuramente notato, in questi primi capitoli  vi è una sfasatura temporale tra il POV di Sasuke (ambientato di notte) e quello di Sakura ( che si svolge in mattinata). Questo è stato necessario per motivi narrativi, ma dal prossimo capitolo i due tempi si ricompatteranno in uno. :) Perché Sakura è stata rapita? Che cos'è Sasuke? E il Consiglio? Scoprirete tutto continuando a leggere la fanfiction, non preoccupatevi, tutti i nodi verranno sciolti e tutte le domande troveranno risposta! ;D
Ringrazio ancora tutti coloro che hanno inserito la mia storia tra le preferite, le seguite e le da ricordare. Grazie ancora per il vostro supporto, con la storia ricca di mistero che sto scrivendo ho davvero bisogno di tutto il sostegno morale possibile (ma non potevo scegliermi come prima fanfiction qualcosa di più "abbordabile" per uno scrittore novello -.-' Eh, quando l'ispirazione chiama... XD)
Alla prossima,
sasusakusara7

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 4. Capitolo 4 ***


 NdA: Buongiorno a tutti! Eccomi tornata con un nuovo capitolo! Questo aggiornamento è lungo più del doppio rispetto ai precedenti, ma accade un fatto importante per la storia e proprio non mi andava di spezzettarlo! E poi, come lettrice, non mi offendo mai quando ho l'opportunità di gustarmi un capitolo lungo, quindi spero che anche voi possiate apprezzare ;)
Buona lettura!

Disclaimer: Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Masashi Kishimoto (incredibile Kishimoto-sensei!); questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 
Capitolo 4
 
Il distretto 4 del clan Hyuga si stendeva, nascosto da una fitta boscaglia, lungo tutto il crinale nord della collina più alta, appena fuori dalla città. Difficile da distinguere anche da media distanza, causa la coltre di sempreverdi che erano stati ad'uopo piantati, per gli esploratori umani che vi si fossero avvicinati sarebbe potuto sembrare un vecchio avamposto dell'esercito, ormai in disuso, per via delle alte mura in pietra che lo circondavano e del silenzio quasi spettrale che aleggiava tutt'attorno. La realtà era tuttavia ben diversa: all'interno della cinta infatti erano collocati gli ultimi ritrovati della tecnologia in fatto di difesa, senza contare le numerose sentinelle poste a guardia dell'intero perimetro interno. Sasuke doveva ammettere però che, in effetti, gli alloggi delle guardie e dei membri Hyuga destinati alla vita che i mortali avrebbero definito "militare" (termine che nel loro sistema non esisteva, in quanto dalla notte dei tempi basato su una convivenza pacifica di tutti i clan, con l'allenamento alle varie forme di lotta indirizzato esclusivamente a fini difensivi), con quello stile spartano costituito da abitazioni basse e squadrate, in grigia pietra, potevano tranquillamente essere scambiati per una caserma dell'esercito.
- Uffa, un po' di brio non guasterebbe, questi Hyuga, sempre così seriosi... - commentò Naruto guardandosi intorno. Sasuke ricordò che, la prima volta che erano entrati in quel distretto, avevano pensato fosse rimasto per qualche motivo disabitato, salvo poi scoprire che la filosofia di vita del clan fosse che "solo nel silenzio si può scorgere ciò che è veramente importante".
- Non mi pare che ti dispiacciano proprio tutti, o forse ci sono problemi in Paradiso con la tua Hinata...? - si azzardò ad accennare, con un tono ironico che il biondo non colse.
- Ah no, eh! Non dirlo neanche per scherzo!!! Come si può avere problemi con un angelo come lei... La mia Hinata è speciale... - con occhi sognanti persi nel vuoto a rimembrare chissà cosa, Naruto spinse la sua moto lungo il sentiero che li avrebbe condotti alla dimora principale.
- Dobe... - fu l'unica risposta che il moro seppe dare mentre lo seguiva con andatura decisa. Aveva imparato da molto tempo a sopprimere l'invidia che provava per quei due, per la loro possibilità di vivere assieme, letteralmente per l'eternità. Ogni volta che pensava a quanto il destino fosse stato ingiusto con lui, si rendeva conto che, in verità, erano state le sue decisioni deliranti, dopotutto, a portarlo a quel punto: quando si sceglie l'oscurità, si deve anche accettare di non poter vedere mai più la luce e ciò a lui in passato era quasi sembrato un sollievo, salvo poi pentirsene ogni istante per il resto della sua immortalità. Perché in quel modo aveva anche condannato la creatura che amava di più e che mai avrebbe meritato un destino simile. Quando Naruto lo vedeva in questa disposizione d'animo, che lui aveva efficacemente definito "fase di autoflagellazione spirituale", gli faceva notare che, anche se era stato un completo "teme fatto e finito", era stato pur sempre grazie alla sue scelte folli che l'aveva conosciuta e Sasuke finiva con il domandarsi se quell'incontro che lui considerava come una benedizione per lei non fosse stato altro che l'inizio di un'infinita agonia.
- Neji sarà parecchio arrabbiato, siamo in un notevole ritardo e, vista la situazione, probabilmente sarà anche piuttosto preoccupato... Conoscendolo, penserà che siamo stati  attaccati... - sospirò Shikamaru chiudendo la fila.
- Non è colpa nostra se il distretto è così difficile da raggiungere! Non  è facile guidare la moto in salita su un sentiero non asfaltato, caspita! - sbottò il biondo - Va bene che è per protezione, ma a tutto c'è un lim- Oh, guardate! Siamo già arrivati! Parlando parlando non me n'ero neanche accorto, eh eh! Ah, c'è pure Neji che ci aspetta! -
Sasuke alzò lo sguardo da terra e vide il profilo della villa principale, in cui risiedeva il capoclan Hiashi ed i suoi parenti più stretti. Di fronte al grande portone in ebano scurissimo c'era ad attenderli un Neji dall'espressione dura e dall'atteggiamento impaziente.
La grande dimora, in un legno scuro ed antico che Sasuke non si era mai preso la briga di scoprire quale fosse, si ergeva su due piani e si estendeva in lunghezza più che in altezza. Il moro provava un profondo senso di nostalgia e dolore ogni qualvolta era costretto a recarvisi poiché quella struttura era molto simile a quella di villa Uchiha.
- Finalmente, stavo per mandare una squadra a cercarvi - li salutò impassibile lo Hyuga, gli occhi bianco perla, con una sfumatura di lilla, socchiusi in quello che si stava trasformando in un broncio ed i capelli lunghi e marroni che danzavano qua e là a causa del leggero venticello delle quattro di notte.
Shikamaru tentò la via diplomatica, troppo esausto per discutere: - Perdonaci, ma non è stato facile raggiungere questo posto, eravamo distanti e poi a quest'ora è ancora più difficile...-
Ma Neji non era in vena di chiacchiere: - Lasciamo perdere - fece, alzando la mano destra - Pensate prima a darvi una ripulita, poi parleremo... Venite, vi mostro le vostre stanze -
Sasuke si sentì sollevato dal buonsenso dimostrato dal ragazzo: non era certo il momento di perdere tempo. Una strana sensazione di disagio e tensione continuava ad urlare nella sua testa. Qualcosa di terribile e di imminente stava per capitare e lui doveva tenersi pronto.

 
XXX
 
"Q-questa non è un'ambulanza! O almeno, questi non sono paramedici! E uno di loro mi ha chiamata per nome! Mi conoscono! Mi conoscono e mi hanno preso! E' un rapimento! Ma perché?! Perché io?! Oh mio-" La mente di Sakura era impazzita: mille pensieri la infestavano e non riusciva più a ragionare lucidamente. L'unica cosa che era stata in grado di capire con certezza era che quella era una trappola per catturarla, ma non poteva immaginare quale fosse il motivo per cui quei due avessero deciso di rapire proprio lei: non si considerava abbastanza attraente da poter catturare l'interesse di maniaci, né la sua famiglia era sufficientemente ricca da attirare richieste di riscatto; certo, non avevano problemi di soldi, ma da qui ad essere considerati agiati il passo era ancora grande. Dunque, perché?!
Mentre era persa in queste elucubrazioni, troppo terrorizzata per parlare ai due falsi paramedici (potevano essere pazzi e non sapeva esattamente come rivolgersi loro, considerato che non era neppure sicura che non volessero ucciderla - quello con i capelli neri aveva anche detto qualcosa riguardo un "divertimento" e solo a ricordarsene le venivano i brividi), il tipo seduto sul posto del passeggero aveva continuato a fissarla, con lo stesso sorriso sinistro, ed d'improvviso le disse: - Suvvia, Sakura, non vorrai morire di paura proprio adesso... Per ora mi servi viva, almeno finché non arriva lui... Pensi di riuscire a resistere sino allora, mmh? -
Lui? E ora di chi parlava?! Sakura si rannicchiò lungo il lato destro dell'ambulanza per tentare di sfuggire a quello sguardo agghiacciante. L'uomo aveva detto che finalmente si erano "incontrati di nuovo" e che la stava cercando da diciotto anni. Quindi, se mai davvero si erano già visti, era accaduto quando era appena nata. La ragazza rabbrividì e spalancò gli occhi per quello che ciò significava. Qualunque fosse il motivo del rapimento, esso aveva origini antiche e probabilmente questo sequestro era in progettazione da anni. Gli occhi le si inumidirono e cominciò seriamente a tremare. Non sapeva che fare e, anche se era cosciente del fatto che nessuno potesse sospettare che si trovava nei guai,  in cuor suo pregò che qualcuno accorresse in suo soccorso...

 
XXX
 
- Quindi sono arrivati anche Loro qui e probabilmente sono già riusciti a rintracciarla... Sono stati i i suoi scagnozzi ad attaccarti, vero? -
Un Sasuke ripulito e riposato distolse lo sguardo dando a Neji la conferma di avere ragione, perciò quest'ultimo continuò: - Lo sapevo. Quindi avrai bisogno di un posto protetto dove portarla una volta incontrata. La famiglia Hyuga e la villa nel distretto 4 sono l'unico rifugio adatto, in questa schifosa città. Ti consiglio di pensarci bene -
- Come credi di fare con tuo zio? Quando lo scoprirà non ne sarà per nulla contento - Shikamaru aveva centrato il punto. Hiashi Hyuga, zio di Neji e capo del clan, era stato più che felice quando Sasuke aveva preso la decisione di non coinvolgerli più nei suoi problemi e non sarebbe stato facile fargli cambiare idea. Del resto, era comprensibile che non volesse più sacrificare suoi consanguinei per un estraneo.
- A lui ci penso io. Non sono mai stato d'accordo con questa scelta. Tutto questo non riguarda solo te e la tua vita amorosa. Non dimenticare che il motivo per cui il nemico ti tormenta così è perché vuole da te l'immortalità, e se riuscisse ad ottenerla sarebbe la fine per tutti noi, Uchiha - Sasuke lo guardò in faccia. Quando lo chiamava per cognome voleva dire che stava parlando ancora più seriamente del solito e Neji Hyuga era un tipo che praticamente non scherzava mai. - Piuttosto, questa è la prima volta che tenta di ostacolare il vostro incontro, è arrivato addirittura ad attaccarti... -
- Ho il sospetto che sia particolarmente disperato - si intromise Shikamaru mentre soffiava sulla tazza di tè verde caldo che gli era stata portata qualche minuto prima - Le nuove generazioni di esseri umani si sono molto allontanate da concetti come la magia ed il sovrannaturale, oppure li considerano solo come un divertimento da prendere alla leggera; inoltre i giovani d'oggi tendono a bere alcolici, fumare e ad assumere sostanze stupefacenti, tutte cose che indeboliscono il loro potere spirituale... -
- ... rendendoli completamente inadatti per il trasferimento. Già, in effetti più passa il tempo, più si troverà in difficoltà... Questo spiega il suo "atto di forza" per spingerti ad incontrarlo... Se la rapisce, sa per certo che tu andrai a salvarla... - concluse lo Hyuga, lo sguardo cupo e pensieroso.
Naruto non riuscì a domare un moto di rabbia: data la sua natura altruista, era ovvio che non riuscisse ad accettare una simile meschinità. Sasuke sorrise amaramente.
Questo è il prezzo, l'espiazione da scontare per la sua passata stupidità e per gli errori commessi.
Peccato non fosse il solo a subire quella condanna.
Sì, perché Lei, oh Lei era totalmente innocente, la sua unica "colpa incolpevole" l'essersi innamorata di un peccatore come lui.
Un timido bussare alla massiccia porta in legno di noce interruppe le loro elucubrazioni. Dopo che Neji diede il permesso di entrare, un giovane Hyuga si materializzò sulla soglia, con un atteggiamento irrequieto ed un po' preoccupato.
- Signore, i nostri informatori ci hanno avvisati che Loro si sono messi in moto - proferì incerto - Stanno per attaccarla... -
- Sapete dove si trovi la ragazza? - domandò con tono autoritario Neji, notando la posa tesa che aveva assunto l'Uchiha a quella notizia.
- A quest'ora va sempre a scuola, è una studentessa seria, non salta mai un giorno... - rispose Shikamaru.
- E sapete anche quale scuola frequenti? -
- Sì, noi Nara siamo appena riusciti ad individuare l'ubicazione sia della sua casa, sia del suo liceo -
- Bene, allora cosa stiamo aspettando?! Dobbiamo andare! Sakura-chan potrebbe essere in pericolo! - Naruto si alzò di scatto dalla sedia, facendola cadere. Sasuke, Neji e Shikamaru lo seguirono senza indugio.
- Prendete il furgone sul retro della villa - suggerì lo Hyuga accompagnandoli fino al portone.
- Grazie ancora - si accomiatò il Nara, andando a mettersi alla guida.
Mentre Naruto stava per varcare l'uscita, Sasuke lo trattenne per la manica sinistra della giacca arancione.
- Che ti prende teme?! Non c'è tempo da perdere! Non è il momento per parlare! Sii il solito silenzioso teme! -
Ma l'Uchiha non era in vena di scherzi. Chi meglio di lui conosceva la serietà della situazione?! Proprio per questo...
- Naruto, penso che tu e Shikamaru dovreste restare qui. Andrò da solo a salvare Sakura... -
- Cosa?! Mi prendi in giro, vero?! - esclamò il biondo, gli occhi spalancati come due grandi fanali cerulei.
Sasuke si rendeva perfettamente conto che la sua richiesta poteva risultare crudele detta così e quindi tentò di elaborare: - Anche se non lo faccio capire spesso, sono davvero grato dell'aiuto che mi avete sempre dato e che continuate a fornirmi. Ma questa volta è troppo pericoloso, io non rischio sul serio di farmi del male perché lui ha bisogno di me, al contrario voi... Non è neppure davvero la vostra battaglia... -
- Teme non ci provare! Non ti azzardare nemmeno a pensare che io non c'entri nulla in tutto questo! - Naruto lo prese per il colletto della giacca e lo scosse un paio di volte prima di riprendere - Credi davvero che io non voglia con tutto il mio cuore che questa storia orribile finisca?! Sakura- chan sarà pure il tuo grande, eterno Amore, ma non ti permetto di dire che per me non conta nulla... Lo sai che, per me, Sakura-chan è... Sakura-chan è Sakura-chan! - gli occhi celesti si velarono di malinconia e lacrime, che però il ragazzo non lasciò cadere, come a voler significare che non vi era ragione per piangere, per arrendersi a quell'amaro destino, che le carte in tavola potevano ancora essere cambiate in loro favore. Perché Naruto era fatto così. Non avrebbe mai gettato la spugna ed avrebbe sempre, per sempre, creduto in un futuro migliore.
Sì, Sasuke lo sapeva bene. Sapeva fin troppo bene che Naruto aveva ragione. Abbassò il capo, vergognandosi un po' per aver dubitato della profondità degli affetti che il suo amico potesse provare. Perché anche se non basato sull'"Amore", il legame tra Naruto e Sakura era altrettanto forte ed indissolubile.
Naruto parve capire, come al solito, quanto il moro si fosse pentito per quanto detto e gli rivolse un gigantesco sorriso mi-hai-fatto-arrabbiare-ma-so-che-sei-un-teme-e-non-è-colpa-tua-e-ti-perdono, quindi gli scosse la spalla sinistra  e con fare sicuro di sé affermò: - Bene e ora andiamo a prendere Sakura-chan -
Anche Sasuke abbozzò un sorriso deciso ed annuì con il capo. Sì, l'ora era finalmente giunta.
Era tornato a prendere la sua Sakura.  

 
XXX
 
Sakura aveva ormai perso completamente il senso del tempo e dello spazio: per quanto ne sapeva, potevano essere trascorsi giorni ed essere arrivata in Australia. Aveva totalmente annullato ogni suono intorno a sé: dopo aver appurato di non riuscire a vedere nulla fuori dall'ambulanza, realizzò che l'unico scorcio di realtà traspariva dal vetro davanti, ma per guardare da lì doveva per forza incontrare anche le sagome dei suoi rapitori e per lei era decisamente troppo. Non poteva affrontare tutto questo, non ancora, se avesse pensato a quello che le stava accadendo sarebbe impazzita; doveva fuggire, anche se solo con il pensiero, il più a lungo possibile...
Improvvisamente, sentì il ragazzo occhialuto emettere un verso di stupore e non poté fare a meno di guardare davanti. Lo spettacolo che le si parò innanzi le fece capire che probabilmente, alla fin fine, lo shock del rapimento era riuscito a farle dare i numeri definitivamente (aveva sempre sospettato di non essere del tutto normale con quelle sue manie del controllo nello studio).
Ad una ventina di metri di fronte si stagliava un'ordinata linea di fiamme. Fiamme nere. Lunghe e corvine lingue di fuoco (ma da quando il fuoco era scuro?! E se non era fuoco, allora cos'era?!) che parevano voler sbarrare loro il cammino.
Accadde tutto in pochi secondi.
Imprecando, il tizio dai capelli grigi sterzò violentemente; Sakura venne sballottata e picchiò con forza sul lato sinistro del veicolo, che per la manovra repentina andò a sbattere contro il muretto a margine della strada. Il contraccolpo fu fatale: l'ambulanza, senza neppure scuotere troppo, si ribaltò sulla fiancata destra e Sakura atterrò di spalla sullo stesso lato.
Dopo essere rimbalzata qua e là come la pallina del flipper si accorse, durante un barlume di lucidità insperato quanto momentaneo, di aver riportato (solo) una probabile lussazione alla spalla destra ed un taglio, neppure troppo profondo, alla caviglia sinistra.
Non aveva finito il conteggio dei danni che vide lo sportellone sul retro aprirsi (possibilmente si era rotta la serratura nell'impatto, Sakura lo ricordava chiuso). Le apparve un ragazzo alto, un po' abbronzato e con lo sguardo preoccupato. Aveva capelli biondi e corti che sembravano andare in tutte le direzioni (solo nei manga aveva visto capigliature simili) ed occhi azzurrissimi, grandi e dall'aria bonaria. Sakura si rilassò all'istante. Sembrava quasi un angelo e le trasmetteva un senso di tenerezza, di protezione...
Aspetta un attimo. Un angelo?! Era morta dunque?!
- Non temere Sakura-chan, ora ci siamo noi! Dimmi, ti sei fatta male? - le domandò il serafico ragazzo.
Conosceva il suo nome?! Ma lei era sicura di non averlo mai visto prima! Era davvero morta allora! Sì, era morta e lui era l'angelo che doveva condurla nell'aldilà! Il senso di tranquillità andò subito a farsi benedire (per rimanere in tema "celeste") e Sakura cominciò ad entrare in paranoia... Non avrebbe mai più rivisto i suoi genitori, non sarebbe mai diventata un medico, non avrebbe mai conosciuto l'"Amore" (e questa da dove le era uscita?!).
Assorta com'era nelle sue nefaste elucubrazioni non si era accorta che il biondo l'aveva afferrata per le spalle ed ora aveva iniziato a scuoterla per suscitarle una qualche reazione: - Sakura-chan, ti prego! Di' qualcosa! -
Un dolore acuto le trafisse, a quel contatto, la spalla slogata, e la ragazza parve tornare con i piedi per terra. Dolore? Dolore fisico? I morti non provano dolore fisico! Ma allora... allora era ancora viva! Mai prima d'ora era stata così felice di sentirsi male! Con la nuovamente conquistata gioia ed un appena scoperto attaccamento alla vita trovò la forza di sussurrare: - La spalla d-destra slogata... l-la caviglia sinistra... - e, per rendere un po' meno delirante il tutto, aveva indicato dette parti del corpo per mostrarle.
Il ragazzo aveva capito al volo e prendendola per la spalla "buona", le passò il braccio attorno al di lui collo e la mise in piedi. I due uscirono in fretta dal veicolo con Sakura che appoggiava tutto il suo peso sul corpo del suo misterioso salvatore.
Una volta all'esterno la ragazza vide che anche i suoi rapitori erano miracolosamente riusciti a venir fuori illesi dall'ambulanza ed ora si paravano ad una decina di metri da lei. Le fiamme nere che avevano sbarrato la strada erano sparite e la giovane si convinse che probabilmente era stata vittima di un'allucinazione (anche se questo non spiegava il perché il rapitore alla guida avesse sterzato improvvisamente).
Ma quello che la colpì di più fu che i due criminali non erano da soli. Infatti, solo un paio di metri più in là, Sakura vide un'alta, molto alta figura maschile (stavolta era sicura di non sbagliare dato il fisico atletico e virile, dalle ampie spalle e dal fondoschiena - lei non era una pervertita, la colpa era degli stretti jeans neri che accentuavano il tutto, ecco! - divino). Poteva solo vederlo di schiena, ma non le sfuggirono i luminosissimi ed apparentemente setosi capelli corvini, corti e pettinati in modo da rimanere dritti, come a sfidare la gravità, dietro.
Una potentissima sensazione la colpì al petto, dritta ai polmoni: l'aria le mancò, il cuore parve impazzirle ed il respiro le si smorzò in gola. Mai prima d'ora aveva provato un'emozione così intensa alla vista di un ragazzo, di spalle per giunta.
Quando il moro si voltò in direzione sua e del biondo (che ancora la stava sorreggendo) la situazione non migliorò, anzi sembrò perfino peggiorare.
Era il giovane più incredibilmente affascinante che avesse mai visto. I lineamenti nobili, delicati, la pelle diafana (perché il pallore su di lui era elegante e non gli conferiva invece un'aria malaticcia?!), il naso perfettamente dritto, la bocca sensuale, né troppo sottile né eccessivamente carnosa, ma soprattutto quegli occhi scuri, scurissimi (avrebbe giurato fossero neri), profondi, intensissimi, dalla sinuosa forma allungata... Sakura era decisamente in trance. In trance per un ragazzo! Se fosse stata in sé, sarebbe andata a prendere a testate la carrozzeria dell'ambulanza per la vergogna.
Notò comunque che il moro parve rivolgerle uno sguardo carico di preoccupazione e... desiderio (?) mentre, con voce calda e baritonale (sì, perché non bastava fosse perfetto fisicamente...) parlò all'altro: - Come sta, Naruto? -
- Un po' ammaccata, ma nulla di serio! - rispose il biondo, indicando con il capo la spalla e la caviglia ferite, con un rassicurante sorrisone al neon.
Il ragazzo bellissimo (e giovane: sia lui sia il suo compare sembravano avere tra i venti e i venticinque anni appena e già passavano il tempo salvando donzelle?!) rilassò le spalle, come tranquillizzato. Si rivolse quindi ai due criminali di fronte e, con un tono completamente diverso, minaccioso ed astioso, incominciò: - Orochimaru... ed il tuo novello discepolo, Kabuto... -
- Sasuke-kun, quanto tempo... E' un vero piacere poterti incontrare di nuovo... - la bocca del pallido e viscido rapitore si contrasse in un sorriso, gli occhi freddi ed ironici.
- Tagliamo gli stupidi convenevoli, e non chiamarmi in quel modo! Perché sei qui?! Che cosa vuoi?! Come hai osato tentare di rapirla! - il moro chiese con furia. Anche se, essendo alle sue spalle, Sakura non poteva vederlo in faccia, tutto in lui, dalla postura tesa al tono della voce, lasciava trasparire un disgusto ed un rancore fortissimi.
- Sai com'è, dovevo pur trovare un sistema per attirare la tua attenzione e per far in modo che tu mi ascoltassi, Sasuke-kun... -
- Ti ho detto di non chiamarmi così! - ora ogni controllo, anche solo apparente, pareva essere saltato.
- Oh, giusto, adesso c'è solo una persona che può chiamarti in quella maniera... Peccato non se lo ricordi... - il sorriso sadico si allargò: qualunque cosa avesse voluto intendere, quel tipo, quell' Orochimaru, sapeva di aver centrato, con un colpo mortale, nel segno.
- Basta - commentò l'altro interlocutore, la voce diventata così fredda, distante, tagliente, che dava l'impressione di poter uccidere - ora chiuderò per sempre tutti i conti in sospeso -
Gli occhi gialli del rapitore sembrarono all'improvviso illuminarsi di una luce nuova, folle, perversa: - Oh! Quei tuoi occhi! Da quanto tempo non li vedevo! -
Ma il suo complice non pareva condividere quell'entusiasmo, anzi, mostrava una fronte aggrottata dalla preoccupazione: - Maestro, forse uno scontro aperto, nelle Sue condizioni, non è molto auspicabile... -
- Non temere, Kabuto, dovresti ormai sapere che il tuo mentore non è uno sprovveduto... - rispose l'altro con un gesto appena percettibile della mano sinistra.
In quel momento, qualcosa nell'ambulanza si mosse: dopo poco Sakura vide uscirne fuori due serpenti dalla pelle verde e marrone, lunghi almeno due metri, che si andarono sinuosamente a posizionare accanto ai due criminali.
Il moro a quella vista scattò in avanti come se spinto dal puro istinto: - Non ci provare Orochimaru! Questa volta non mi scapperai! -
- Oh, Sasuke-kun, non temere... Ci rivedremo presto; devo ancora presentarti la mia nuova figlioletta, Tayuya... Ha un colore di capelli inusuale, quindi dovrebbe soddisfare i tuoi gusti, stavolta... - in quell'istante le bocche dei serpenti si aprirono e da lì fuoriuscì una specie di pesante e nauseabondo miasma grigiastro.
Ben presto Sakura non riuscì più a vedere nulla intorno a sé. Sentì le braccia del ragazzo biondo cingerle con fare protettivo le spalle mentre la chiamava per nome (ancora non capiva come facesse a conoscerla) ed udì l'altro giovane urlare, con voce quasi disumana: - Dannazione! Orochimaru!!! -
Quando il miasma si diradò, una decina di secondi più tardi, era palese che i due potenziali rapitori erano scomparsi, quasi si fossero dematerializzati nell'aria. Sakura strabuzzò gli occhi, incredula, e si rizzò sulle ginocchia per osservare meglio lo spettacolo di fronte a lei. Nulla. Spariti. Erano davvero spariti. Com'era possibile? Quale trucco di prestigio era mai questo? Si trovavano nel bel mezzo di una strada cittadina, una comunissima strada cittadina: impossibile creare una botola per una fuga di emergenza nell'asfalto, non vi erano tombini nelle vicinanze né oggetti dietro i quali nascondersi (l'ambulanza giaceva, distesa sul fianco destro, ad almeno una ventina di metri più in là e solo in quell'attimo Sakura si rese conto di come fosse stato per un mero caso fortuito che non ci fossero state conseguenze più gravi, come ad esempio l'esplosione della vettura). Sentì il ragazzo biondo alla sua sinistra imprecare, furente in quanto quei due erano riusciti a scappare, mentre il tipo di fronte a lei continuava a tenere il profilo statuario dritto davanti a sé, sempre lo stesso sguardo freddo ed al tempo stesso letale, rancoroso, tenuto nella direzione in cui quei criminali si trovavano prima di dileguarsi nel nulla; il suo unico commento molto simile ad un mugugno di partecipazione al disappunto del probabile amico.
Ancora tremante, Sakura alzò gli occhi ed incrociò lo sguardo con quello profondo, intenso e, osava aggiungere, quasi dolente del ragazzo di fronte a lei, che si era voltato proprio in quel momento. Una sensazione sconvolgente, simile ad una scossa elettrica percorse tutto il suo corpo in un istante e si sentì sopraffatta da quello che avrebbe potuto descrivere solo ed esclusivamente come un senso di nostalgia. Fortissimo. Fortissimo e del tutto ingiustificato. Era sicura di non aver mai incontrato prima quel ragazzo: una bellezza simile, così perfetta, aristocratica, ultraterrena quasi, non poteva di certo passare inosservata e men che meno poteva essere facilmente dimenticata. Ma allora perché, perché il suo cuore aveva incominciato improvvisamente a battere ad un ritmo impazzito, come se volesse scapparle dal petto per raggiungere quello che, seppure fosse il suo attuale salvatore, rappresentava pur sempre uno sconosciuto? Sakura non sapeva darsi una risposta, tuttavia aveva il presentimento che presto, molto presto, sarebbe riuscita a svelare l'arcano.
- Finalmente, finalmente ti ho ritrovata - una voce vellutata e profonda di ragazzo le accarezzò le orecchie - Perdonami se ho tardato... ma ora sono qui, e non ti lascerò più sola... Sakura... - lo sconosciuto le si era avvicinato, l'ossidiana dei suoi occhi lasciava trasparire una malinconia ed un rimpianto infiniti, mentre portava la sua mano destra alla guancia sinistra della ragazza per sfiorargliela con fare rassicurante e protettivo. Lei non capiva assolutamente nulla di quella situazione, ma in un angolo della sua mente si rese conto che, nonostante fosse appena uscita da un'esperienza a dir poco inquietante, nulla più contava: in quel momento esistevano solo loro due, e si sorprese nello scoprire di desiderare che quell'attimo durasse per sempre.


NdA2: Bene bene, questo è il quarto capitolo. Mi farebbe molto piacere conoscere il vostro parere sulla storia finora, lo so, può sembrare tutto un po' confuso, ma vi assicuro che nel futuro si chiarirà tutto. Comunque, questa è la mia prima fanfiction e vorrei sapere se trovate ci siano dei problemi nel modo in cui la sto portando avanti, di modo da poter migliorare il prodotto finale.
Ringrazio ancora tutti coloro che continuano ad aggiungere la storia tra le preferite, le seguite e le da ricordare! Grazie davvero XD
Alla prossima settimana,
sasusakusara7

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** 5. Capitolo 5 ***


NdA: Salve a tutti! Eccomi qui con l'appuntamento settimanale! Che dire... il capitolo, come vedrete, non è più striminzito come i primi proprio perché ora la storia può finalmente entrare nel vivo. ;) Non sarà un'aggiornamento pieno d'azione ma è necessario ai fini della trama: personalmente non mi piacciono le storie troppo affrettate e, visto che questa mia fanfiction sarà piuttosto lunga, penso di potermi permettere alcuni approfondimenti ;D
Ora vi lascio augurandovi come sempre una buona lettura! 

Disclaimer: Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Masashi Kishimoto (inimitabile Kishimoto-sensei!); questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
 
Capitolo 5

Era lì, davanti a lui. La sua Sakura era finalmente di nuovo lì davanti a lui. Sasuke quasi non ci poteva credere. 
Questa volta aveva davvero temuto di non arrivare in tempo e di dover ricominciare tutto daccapo senza neppure poterla incontrare una volta, senza essere in grado di guardarla negli occhi, senza poter ammirare quei fastidiosissimi, amatissimicapelli rosa, senza ascoltare la sua fresca e femminile voce.
E invece ora era lì, davanti a lui. Sasuke avrebbe voluto così tanto, così ardentemente abbracciarla, baciarla, stringerla a sé per non doversene separare e sussurrarle dolcemente che non l'avrebbe mai lasciata, che l'avrebbe protetta e salvata... Perché con lei poteva anche essere dolce, solo con lei.
Ma c'era un problema. Un problema che gli fu chiaro non appena incrociarono gli sguardi. 
Sebbene Sakura fosse rimasta colpita dal suo ingresso e dalla sua presenza  - sapeva che doveva trovarlo un ragazzo bellissimo, o qualcosa del genere - nei suoi occhi chiari non vide nessun segno di riconoscimento. La sua euforia si spense all'istante. 
Sakura non aveva la più pallida idea di chi lui fosse. 
Per lei era solo un estraneo, un eroico salvatore sì, ma pur sempre un estraneo.
"Come sempre" pensò abbattuto. Neppure sapeva per quale motivo continuasse ogni volta a sperare che le cose sarebbero potute andare diversamente. All'inizio era sempre così.
L'Uchiha sospirò sconsolato. Non era il momento adatto per lasciarsi sopraffare da pensieri tragici. L'aveva ritrovata ed ora doveva assicurarsi che rimanesse al sicuro. Doveva in qualche modo convincerla a seguirlo al distretto 4 e quasi sicuramente non sarebbe stato facile. Chi mai, dopo una traumatica esperienza di rapimento, se ne andrebbe con due sconosciuti in un posto altrettanto sconosciuto?! 
Doveva fare qualcosa ed al più presto. Continuare ad osservarla in silenzio non era certo il sistema più efficace per conquistare la sua fiducia e Sakura stava già cominciando ad uscire da quello stato di curiosa meraviglia nel quale sembrava essere precedentemente piombata.
Il ragazzo abbassò lo sguardo e, mosso dal mero istinto, le diede un piccolo buffetto sulla fronte con l'indice ed il dito medio della mano destra. Suo fratello maggiore era solito salutarlo così nel passato e per lui quello era diventato il simbolo di un affetto infinito. Itachi...
Quello che gli uscì di bocca, invece, con il senno di poi lo avrebbe attribuito alla frustrazione per tutta quella situazione. 
- Sei fastidiosa. Vieni con me - le disse prendendola per un braccio. L'aveva chiamata altre volte in quel modo e con il tempo era quasi diventato un appellativo "affettuoso", ma lei non lo ricordava pertanto quelle parole le apparvero come un insulto ingiustificato e, se unite all'ordine di seguirlo, costruivano un delizioso quadretto delirante. 
La reazione di lei non si  fece attendere e fu del tutto comprensibile. Dopo aver spalancato gli occhi, basita ed incredula, esclamò con voce stridula e carica di stupore: - Preeego?! - 
Naruto si coprì il viso con una mano in segno di rassegnazione. Sì, ammetteva che la sua era stata un'uscita infelice, considerando che anche il campione mondiale di figure imbarazzanti , Naruto Uzumaki, pareva vergognarsene.
Con una scrollata di spalle, decise di non badarvi ulteriormente. Lui e Sakura avrebbero passato molto tempo insieme, d'ora in avanti, perciò avrebbe senza dubbio rimediato a quella "scivolata". 
La condusse verso il furgone quasi arrivando a trascinarla: non era molto elegante, ne conveniva, ma la ragazza era ancora stupita e forse sotto shock e Orochimaru e Kabuto potevano tornare improvvisamente, magari questa volta in compagnia dei loro scagnozzi, e quindi non era il momento di stare lì, all'aperto, ad oziare beati. Si stupì di come lei lo seguisse così docilmente, senza tentare di divincolarsi e fuggire, ma pensò che in quel frangente non dovesse essere molto lucida. Vide con la coda dell'occhio Naruto che, mentre le stava accanto, le cingeva la vita con il braccio destro in un discreto tentativo di conforto. Sì, talvolta anche quel dobe riusciva ad essere discreto. 
Sakura, tuttavia, non sembrò badarvi. Aveva sentito la pelle d'oca che lei aveva provato quando le aveva afferrato il braccio ed era sicuro che anche la ragazza aveva percepito la stessa sensazione, come una scarica elettrica, ma piacevole, rivitalizzante, che aveva attraversato i loro corpi. Probabilmente pure quello aveva contribuito ad accentuare il suo stato confusionale. Perché se Sasuke sapeva bene cosa ci fosse tra loro, lei ne era ancora totalmente all'oscuro.
Qualche centinaio di metri più in là, nascosto dietro una casa verosimilmente abbandonata (quella era una zona di periferia senza gli enormi, costosissimi ed impersonali grattacieli del centro) c'era il furgone che Neji aveva gentilmente imprestato loro. Proprio come Naruto talvolta poteva essere discreto, così in qualche occasione lo Hyuga tirava fuori il suo lato più gentile.
 Shikamaru era rimasto al sedile del guidatore, pronto a partire non appena saliti, neppure fossero andati a rapinare una banca invece di salvare una ragazza. Lo raggiunsero in poco tempo. Sakura camminava abbastanza bene ed il taglio alla caviglia non pareva dolerle molto. Era rimasta i  silenzio, forse assorta nei suoi pensieri. Di sicuro quel suo atteggiamento avrebbe agevolato il trio nella loro intenzione di portarla al distretto Hyuga. 
Sasuke prese posto accanto a Shikamaru: per Sakura lui era ancora un estraneo ed il moro doveva ammettere a sé stesso che in quelle condizioni Naruto poteva essere maggiormente idoneo nell'aiutarla a mantenere la calma ed a riprendersi dallo shock. La vicinanza tra loro due causava ad entrambi le classiche "farfalle nello stomaco" e per ora era meglio evitare di far provare alla ragazza ulteriori forti emozioni, peraltro per lei del tutto ingiustificate. Soprattutto considerando che di lì a breve avrebbe appreso che doveva rimanere con loro, abbandonando tutto il resto...
Il moro si massaggiò le tempie. Il solo pensiero di doverle spiegare quella che inizialmente le sarebbe parsa come un'immensa crudeltà lo abbatteva, però in cuor suo sapeva che, con il tempo - e magari il riaffiorare di qualche ricordo - , lei avrebbe imparato ad accettare tutto questo. E forse, forse, avrebbe potuto innamorarsi di nuovo di lui. Dopotutto, l'intera faccenda non si era creata proprio per lei e per la sua incolumità?!
Con la coda dell'occhio intravvide Naruto che aiutava Sakura a salire nel retro del furgone per poi seguirla là dietro. Il veicolo poté dunque partire. Dalla rete metallica che separava la cabina del guidatore dal retro Sasuke riuscì a scorgere la ragazza, che continuava a tenere il capo abbassato, e la fronte del moro si corrugò in un'espressione accigliata. Lo incolleriva sempre vederla così triste e depressa sapendo di non poter fare niente per allietarla; ovviamente non era arrabbiato con lei. Poteva essere arrabbiato con il mondo intero, ma non con lei. Voleva solo ammirarla sorridente e felice, saperla serena, e quella certamente non era una Sakura sorridente, felice e serena.
- Sasuke, cosa pensi di fare ora? - Shikamaru lo interruppe dalle sue riflessioni continuando a guidare ed a tenere gli occhi fissi sulla strada davanti  sé. 
Sasuke rispose immediatamente, a voce bassa per non farsi sentire dalla ragazza dietro di lui; non era ancora il momento di farle capire i suoi piani, meglio aspettare di essere arrivati al distretto 4. 
- Penso che accetterò l'ospitalità di Neji, dopotutto è vero che questa storia potrebbe avere ripercussioni sul nostro intero mondo. Orochiamaru si è fatto particolarmente aggressivo, non è detto che non riprovi a catturarla per costringermi a capitolare... Il distretto 4 è il migliore per garantirle una protezione effettiva - 
- Mmh-mmh - Shikamaru annuì brevemente - e con Orochimaru e Kabuto come la mettiamo? - 
- C penseremo quando avremo portato Sakura al  sicuro. Una cosa per volta, certe questioni è meglio affrontarle senza un pubblico, non ti pare? - il moro fece un cenno con la testa in direzione della ragazza.
Il suo interlocutore intuì al volo, mentre il viaggiò continuò in un'atmosfera di falsa tranquillità. Ci sarebbe voluta almeno un'ora per arrivare alla base degli Hyuga e non era detto che nel frattempo la giovane non avrebbe cominciato a fare domande o ad entrare nel panico, visto che per lei tutto questo doveva risultare inspiegabile. 
Naruto stava intanto cercando di instaurare un rapporto con Sakura, continuando a ripeterle che era tutto finito, che ora era al sicuro e che loro non avrebbero permesso che le capitasse più nulla di male. Sasuke strinse le palpebre: se solo fosse stato vero...
- ... perciò, Sakura-chan, non preoccuparti più di nulla! Del resto ce ne occuperemo noi! - concluse alzando il pugno destro a mezz'aria in segno di vittoria.
La ragazza sollevò il capo e spalancò gli occhi, come se in quell'esatto momento fosse tornata in sé: - C-chi siete voi? E come fate a conoscere il mio nome?! E chi erano quei due?! E-e che cosa volevano da me?! - si guardò intorno e sembrò accorgersi solo in quel momento di essere su di un furgoncino in movimento - Dove mi state portando?! D-dove - 
- Adesso calmati - si intromise Sasuke. Ecco, proprio quello che temeva. Doveva cercare assolutamente di convincerla a rilassarsi - Ti spiegheremo tutto in seguito. Per ora ti basti sapere che non sei più in pericolo, ci stiamo recando in un posto dove ti saranno fornite le prime cure per la tua spalla e la caviglia -
- M-ma io non ho tempo da perdere... filosofia... e letteratura inglese... e mamma e papà... - la giovane stava cominciando a delirare, era evidente. Si era portata la mano sinistra ai capelli e li stava tirando, forse in un inconscio tentativo di aggrapparsi alla realtà.
- Sakura-chan, no... - l'Uzumaki era ora impegnato nel tentativo di impedirle di farsi ulteriormente del male: le prese dolcemente la mano nella sua, ma la ragazza pareva non ascoltarlo.
Fu allora che Sasuke si voltò completamente nella loro direzione e fece in modo di incrociare il suo sguardo fermo con quello disperato di lei. 
- Devi. Fidarti. Di. Noi - scandì bene ogni singola parola. 
La ragazza sembrò esitare un istante e trattenne il fiato.
Si aggiunse ancora Naruto: - Il teme ha ragione Sakura-chan! Abbi ancora un po' di pazienza, vedrai che poi ti sembrerà tutto più chiaro! - 
- Il t-teme?! - sussurrò lei incerta.
- Sì, il teme là davanti - con un sorriso a ventimila Watt indicò in direzione dell'amico.
Sasuke sbuffò internamente. Non era certo quello il nome con cui voleva essere presentato per la "prima" volta a Sakura. Lei gli rivolse lo sguardo ancora una volta come a voler valutare la situazione. Dopo una decina di secondi, incrociò le braccia al petto con un'espressione imbronciata sul viso. L'Uchiha conosceva quell'atteggiamento: non era convinta, tuttavia si rendeva conto di non poter fare nulla. Nonostante non fosse il massimo, quella disposizione d'animo era comunque meglio che vederla entrare nel panico. 
Il resto del viaggio proseguì in relativo silenzio: Naruto aveva cercato parecchie volte di intavolare una conversazione, ma nessuno aveva raccolto la palla al balzo e quindi si era infine arreso, limitandosi ad abbracciare una Sakura completamente a disagio. 
Quando superarono i confini della città per imboccare lo stretto ed impervio sentiero , rigorosamente non asfaltato, che si addentrava nella fitta boscaglia e che li avrebbe condotti al distretto 4, Sasuke lanciò un'occhiata dallo specchietto retrovisore posto tra lui e Shikamaru e non poté non notare la perplessità e la preoccupazione dipinte sul volto della giovane. Ovvio. Non sapeva dove la stavano portando e quella stradina sperduta nel bosco era tutto fuorché rassicurante, ma lei rimase muta. Il moro non aveva dubbi che la sua testa stesse lavorando a pieno regime, formulando le ipotesi più disparate. 
"Scervellati pure, Sakura, tanto non riuscirai lo stesso ad indovinare" pensò ironicamente. Come avrebbe potuto? La realtà, in questo caso, superava qualsiasi fantasia.
Dopo un po' però la faccia di Sakura assunse un'espressione stupita. Sasuke la vide strabuzzare gli occhi, inarcare le sopracciglia e spalancare la bocca. 
Guardò davanti a sé e vide le alte mura del distretto 4 stagliarsi contro il cielo grigio. Questa volta Neji li stava aspettando proprio lì davanti. Il moro non se ne stupì affatto. Dato il carattere stoico e serio del ragazzo, era possibile che fosse rimasto lì di vedetta da quando erano partiti, più di due ore prima. 
Il furgone si fermò sull'ingresso e Naruto aiutò Sakura a scendere. Sasuke si avvicinò allo Hyuga mentre Shikamaru rimase sulla vettura per andare a posteggiarla nel retro della dimora principale. 
Neji scrutò con attenzione la ragazza e poi si rivolse a lui parlando con circospezione: - Così ce l'avete fatta, mmh? - 
Sasuke si limitò ad annuire con il capo. Dietro di lui, Sakura emise un gemito si stupore alla vista del ragazzo con i lunghi capelli castani.
- Ma cosa?! I suoi... occhi... - 
- Ah, sono particolari, vero Sakura-chan? E' un tratto comune della sua famiglia, ma in fondo non li trovi bellissimi?! - 
La giovane guardò il biondo con aria interrogativa, mentre gli altri due alzarono gli occhi al cielo.
- Oh, no! Non intendevo riferirmi a lui! Vedi, sua cugina... - vedere Naruto Uzumaki arrossire era sempre uno spettacolo.
"Dobe" Sasuke si limitò a pensare, per una volta sinceramente divertito. Neji si incamminò verso la villa principale affiancato dal moro che iniziò a raccontargli dell'incontro con Orochimaru. Nel frattempo, udì il biondo alle sue spalle offrire a Sakura di portarla in braccio. 
- N-no, non è necessario! - 
- Ma Sakura-chan, sei ferita alla caviglia e la villa è parecchio distante per te! -
- Per favore, non insistere... - 
- Dagli retta. Se peggiori quello che ti sei fatta alla caviglia camminandoci sopra, ci rimetti solo tu - le suggerì Sasuke con il tono più fermo ma contemporaneamente civile che potesse trovare.
Lei parve sorpresa dal suo intervento, ma subito dopo si guardò in contemplazione la suddetta caviglia. Convintasi, salì sulla schiena dell'Uzumaki, gli cinse il collo con il braccio sinistro e la vita con le gambe ed insieme partirono. 
Verso metà tragitto però Naruto si fermò di scatto e spalancò gli occhi.
- Oh cavolo! Non posso crederci! - 
Lui e Neji si voltarono prontamente con aria allarmata.
- Sakura-chan, mi sono dimenticato di fare le presentazioni! Devo aver fatto la figura dello stupido! -
"Lo sei!" un curioso fenomeno di telepatia fece coincidere i pensieri dello Hyuga e dell'Uchiha, che ripresero il cammino dopo aver capito che non c'erano spiacevoli sorprese in vista.
- Allora, mi presento: sono il fantastico Naruto Uzumaki - iniziò con un radioso sorriso a trentadue denti rincominciando anche lui a muoversi - mentre il vero nome del teme è Sasuke Uchiha, lo so lo so, un nome troppo bello per un teme come lui! Il tipo con la coda alta del furgone è Shikamaru Nara e quello lì davanti con gli occhi splendidi si chiama Neji Hyuga. Questo distretto appartiene alla sua famiglia - 
Sasuke roteò gli occhi. Questa storia dei "fantastici occhi degli Hyuga" doveva finire: d'accordo, l'amico era innamorato di una ragazza del clan, ma lo infastidiva parecchio sentirlo ribadire quel concetto. Non fosse mai che Sakura cominciasse davvero a cosiderare meravigliosi gli occhi di Neji...
- Distretto della sua famiglia? Che significa? - chiese a quel punto la ragazza. La sua voce lasciava trasparire una sincera curiosità.
- Ah, ecco - rispose l'altro grattandosi la testa mentre lei gli rimaneva saldamente aggrappata senza bisogno che lui la sorreggesse - gli Hyuga sono un clan importante ed hanno molte proprietà sparse per il mondo... -
- Un clan?! - 
Sasuke sapeva che il concetto di clan era antico e tra gli esseri umani delle civiltà occidentali era praticamente caduto in disuso. Anche quella spiegazione non sarebbe stata semplice. 
- Beh, dunque, da dove posso iniziare... - ora Naruto pareva davvero perplesso. Per fortuna venne "graziato" dal provvidenziale arrivo alla villa principale.
Shikamaru li stava aspettando davanti al portone e, una volta raggiuntolo, Neji lo prese in disparte, plausibilmente per parlare anche con lui dell'attacco del nemico. 
Lui e Naruto si recarono invece nella grande sala principale. Arredata con mobili in noce solidi e robusti, dalle linee semplici ma eleganti (un lungo tavolo con una ventina di sedie imponenti per le riunioni dei più influenti membri Hyuga, una grande teca con i simboli del clan e gli oggetti usati per le cerimonie ufficiali), era impreziosita da un meraviglioso e e lucente parquet e riceveva la luce da un'alta e larga porta-finestra che si affacciava su un balcone e da un raffinato lampadario a goccia, in cristallo. Gli Hyuga solitamente non erano dediti al lusso, ma quella era pur sempre la sala principale della dimora del capoclan, dove incontrava le persone più importanti - perfino il Consiglio vi si era riunito un paio di volte - e quindi era normale che dovesse trasudare potere e gloria. 
Sakura scese dalla schiena di Naruto e strabuzzò gli occhi di fronte a quello spettacolo. 
- Io... perché sono qui? Dove mi avete portata?! Che cosa volete da me?! - 
La sequela di domande fu interrotta da Naruto, diventato tutto d'un tratto serio. Sasuke rivolse lo sguardo al parquet: era una fase estremamente delicata ed era necessario cercare le parole giuste, usare tutto il tatto possibile. Fu molto grato a Naruto per averlo compreso ed aver deciso di prendere in mano le redini della situazione. Il moro non era mai stato un grande oratore, mentre Madre Natura aveva dotato l'amico di un'innata empatia.
L'Uzumaki prese Sakura per le spalle, facendo attenzione a quella slogata, e si adoperò affinché lei lo guardasse in faccia. 
- Sakura-chan, vedi... Il fatto è che... ti abbiamo portata qui perché... - un sospiro - Dunque... Sakura-chan, tu stai per morire! - 
La reazione dell'Uchiha fu immediata quasi quanto quella di lei. Rimasto senza fiato, si voltò improvvisamente a guardarla e quello che vide lo allarmò molto. Sakura era indietreggiata, istintivamente cercando l'uscita, un'espressione di puro terrore stampata sul viso e le mani tremanti all'altezza del petto.
- Perché mi dici questo?! Cosa volete farmi?! Cosa - 
Il moro capì il suo ragionamento. Un gruppo di sconosciuti la prende e la porta in un luogo misterioso e sperduto in mezzo alla foresta per poi rivelarle che dovrà morire... Chiunque avrebbe pensato che fossero dei serial killer malati di mente. Sentì un formicolio torturargli le mani ed ebbe il sospetto che fosse il suo corpo che gli chiedeva di poter usare il suo migliore amico come punching bag. Gran bella dimostrazione di empatia, dobe!
- No, aspetta, Sakura-chan! Volevo dire che al massimo ti rimangono meno di un paio di anni di vita! - 
In quel momento, la richiesta del suo corpo divenne una supplica e l'unica cosa che lo fermò dall'appiccicare il biondo al muro a suon di pugni fu l'urgenza di non terrorizzare ulteriormente la giovane.
- Naruto... - si limitò a ringhiare con sguardo assassino.
Nel frattempo Sakura, forse ancora più sconvolta di prima, si era portate ambedue le mani davanti alle labbra e, con occhi velati di lacrime, si era allontanata ulteriormente mormorando sommessamente: - Oh mio... oh m-mio - 
Finalmente anche l'Uzumaki parve capire il malinteso in cui era incappata la giovane e, sgranando gli occhi, cominciò a gesticolare come un ossesso ed esclamò, con la voce di almeno due ottave più alta del solito per lo stupore e l'imbarazzo: - Oh cavolo, Sakura-chan! Non intendevo quello! Non era una minaccia, la mia! Davvero, noi non ti faremmo mai del male, anzi! Vedi, il punto è che - 
- Naruto - lo interruppe prontamente Sasuke, continuando a guardarlo torvo - non credo sia il momento più opportuno. Rifletti bene: pensi sul serio che sia giusto parlare di certe cose ora? - 
- Ma teme, Sakura-chan ha il diritto di sapere - tentò di difendersi l'amico con l'espressione supplichevole di chi non vuole arrendersi ma al tempo stesso sa che dovrà farlo.
Ed infatti la risposta del moro rimase immutata mentre lo fulminava con i suoi momentaneamente inquietanti occhi color pece: - Sakura ha bisogno di riposare, ora. Direi che per oggi ne ha già passate abbastanza. Shikamaru, - si rivolse all'altro suo amico che era appena entrato silenziosamente nella stanza - Neji ti ha mostrato la camera dove Sakura pernotterà? - 
- Sì, Sasuke, proprio adesso - disse il ragazzo di rimando.
- Bene, accompagnala tu allora - concluse con un cenno del capo in direzione della ragazza. La sentì muovere e sapeva che aveva intenzione di dire qualcosa, forse per protestare, ma lui la bloccò immediatamente: - La stanchezza spesso è cattiva consigliera. Dopo un buon riposo potremo parlare. -
Non si voltò neppure a guardarla mentre  Shikamaru la guidava fuori dal salone. Non voleva incrociare il suo sguardo, sapendo che molto probabilmente avrebbe letto in quello di lei un misto di emozioni, tutte sicuramente negative ed indirizzate alla sua persona. Non poté comunque fare a meno di udire il verso di disappunto che proruppe incontrollato dalle labbra della giovane ed ammise fra sé che la sua rabbia repressa era completamente giustificata: era ancora all'oscuro di tutto e, nonostante le rassicurazioni di Naruto, come poteva essere davvero sicura di non essere in pericolo?
- Perché teme? Perché non hai voluto dirle nulla? - domandò il biondo con un tono ferito ed un po' deluso.
Sasuke si massaggiò le tempie in un misto di stanchezza emotiva e frustrazione: - Naruto, pensi che dopo tutto quello che le è capitato oggi fosse davvero il caso di aggravarle l'animo raccontandole tutto? Come credi che avrebbe reagito, eh?! Come minimo ci avrebbe preso per pazzi e nella peggiore delle ipotesi avremmo addirittura potuto accorciarle ulteriormente la vita! - 
L'amico rivolse gli occhi azzurri al pavimento, le spalle abbassate in segno di resa - Sì, forse hai ragione. E' stata una giornata già abbastanza intensa anche senza metterci in mezzo lo shock dell'elemento soprannaturale... - 
L'Uchiha si avvicinò alla grande porta-finestra e guardò fuori, ammirando il cielo, sempre perennemente grigio fumo in quella zona. Si portò le mani dietro la schiena mentre scivolava nei suoi pensieri. 
Era preoccupato. Incontrare di nuovo Sakura era stata un'esperienza che aspettava da tanto, ma le circostanze in cui si erano rivisti erano critiche. Perché così sarebbe stato più difficile conquistarsi la sua fiducia: era stato costretto ad allontanarla quasi a forza e senza nessuna spiegazione dalla sua famiglia e dalla sua vita di tutti i giorni, ma lo aveva fatto per garantire la sua incolumità in caso Orochimaru avesse di nuovo tentato di rapirla per usarla come esca per poter avere un confronto con lui. Questo tuttavia lei non lo sapeva, così come d'altronde non sapeva neppure che cosa fosse lui e quale fosse il terribile destino che l'attendeva. Al pensiero di doverle rivelare tutto, il ragazzo si sentì gelare il sangue nelle vene.
Strinse i pugni dietro la schiena. Basta. Questa sarebbe stata l'ultima volta che avrebbe dovuto pronunciare quelle nefaste parole. Avrebbe sconfitto Orochimaru e posto fine a tutta quella sofferenza. 
Vide nel vetro della porta-finestra il riflesso dei suo occhi ora rosso cremisi.
Questa volta avrebbe prevalso la vita. 
La loro vita insieme.
XXX
 
Il tipo alto con gli occhi marroni ed i capelli scuri raccolti - le sembrava di ricordare che il biondino lo avesse presentato come "Shikamaru" o qualcosa di simile -  aveva obbedito agli ordini del moro mozzafiato ed ora la stava conducendo lungo un'apparentemente infinita sequela di corridoi e diramazioni. Sakura si sentiva quasi stordita da tutti quei vicoli e tornanti, ed il fatto che ogni parte della lussuosa ma un po' impersonale villa assomigliasse all'altra non faceva che aumentare il senso di smarrimento che da quella mattina si era fermamente insediato in lei. Ogniqualvolta il ragazzo cercava di stabilire un contatto fisico, magari sfiorandole il braccio o la spalla, per assicurarsi che lei non rimanesse indietro, la giovane scattava sulla difensiva ed aumentava ancora di più la distanza tra loro. 
Alla fine, sbuffando spazientito o annoiato, non ne era sicura, il tipo spiegò: - Senti, so che ti sembrerà di essere prigioniera, ma non è così, Naruto ha ragione, devi fidarti di noi. Non è il mio ruolo quello di stare qui a raccontarti per filo e per segno tutta la storia, ma ti assicuro che quando Sasuke si degnerà di farlo, capirai che ti avevamo detto la verità sin dall'inizio... - 
Sakura ridusse gli occhi a due fessure, sospettosa. A quanto pare quel Sasuke era il capo della banda, quello che doveva fornire le varie spiegazioni. Figurarsi se davvero credeva alle parole di un gruppo di sconosciuti che neppure avevano avuto la buona creanza di chiederle se volesse telefonare a qualcuno per avvisare eventualmente i propri cari di ciò che le era capitato. Al solo pensiero le sue braccia cominciavano a tremare di rabbia. 
Si guardò intorno. Era già da diversi minuti che camminavano e da un po' di tempo le era parso che qualcosa fosse cambiato, lì intorno. Subito non si era resa conto di che fosse, ma ora aveva avuto la folgorazione. Erano almeno una ventina di minuti, ed un numero indeterminato di corridoi e biforcazioni, che non vedeva finestre. Nulla che potesse dare uno sbocco verso il mondo esterno. Sakura sbarrò gli occhi. La stavano portando dritta dritta in una trappola! Perché se prima, anche se non avesse trovato il portone principale, poteva comunque sperare di scappare rompendo una finestra e compiendo una rocambolesca quanto disperata fuga, ora era avvolta da tutti i lati da una soffocante gabbia di legno! 
Shikamaru parve capire al volo il mutato ed aggravato stato d'animo della giovane ma si limitò a commentare così: - Davvero, non ti devi preoccupare. Questa parte della villa è stata costruita in questo modo per motivi difensivi. E' solo per precauzione che sei qui - 
Detto questo, il ragazzo si fermò improvvisamente di fronte ad una porta che le spiegò essere quella della sua camera da letto e le consigliò di entrare e riposarsi, dopo la giornata che aveva passato. Non appena concluse il discorso, girò i tacchi e tornò da dove era venuto, lasciandola ancora più furiosa per quello che aveva percepito essere un mero tentativo di scherno. Precauzione! Lo sapeva anche lei che era una precauzione affinché lei non riuscisse a scappare! Non era certo necessario che arrivasse un tizio a specificarlo! 
Sakura raggiunse la porta della "sua stanza", la aprì con foga ed altrettanto violentemente la richiuse. Sentiva il respiro diventarle affannoso per la rabbia e si piegò in due, le mani sulle ginocchia per darsi maggiore stabilità, e si esercitò per regolarizzare la respirazione. 
Pazzi! Era finita in un covo di pazzi! Prima era stata quasi rapita da due sconosciuti (e uno dei due pareva uscito da un racconto dell'orrore), poi altri due estranei l'avevano salvata per farla finire dalla proverbiale padella nella brace! In un attimo di debolezza dovuto allo shock appena subìto - non voleva credere che, in fondo, l'avesse fatto perché istintivamente attratta dal ragazzo moro, non era da lei essere così superficiale - li aveva seguiti, pensando che forse l'avrebbero accompagnata in un bar per offrirle qualcosa per riprendersi, o l'avrebbero condotta in ospedale o alla polizia affinché potesse denunciare quanto le era capitato, qualunque cosa tranne quello! Invece no! Era stata portata qui, e le avevano detto che, per motivi ancora ignoti, sarebbe morta dopo poco (meno di due anni al massimo, complimenti per il tatto, razza di psicopatici!) e forse addirittura avrebbero preteso che, per quelli che potevano essere gli ultimi mesi della sua vita, restasse con loro, abbandonando famiglia ed amici: seppure non ne avesse, di amici, questo loro non potevano saperlo, no?! Doveva scappare. Ma quei tre, ed in particolare quello con la coda alta, che sembrava eccezionalmente astuto ed intuitivo, non erano degli sprovveduti e le parlavano quasi come se la conoscessero, quasi come sapessero del suo carattere un po' insicuro e diffidente quando si doveva relazionare con sconosciuti. Dai meandri della memoria riemersero le parole del moro, quel Sasuke o qualcosa del genere, che le aveva detto tutto raggiante di averla "ritrovata", salvo poi insultarla e costringerla a seguirlo. Ma quando mai si erano conosciuti prima d'ora?!
Calma. Doveva mantenere la mente lucida, in una situazione come questa non poteva permettersi colpi di testa né attacchi di panico. Anche se questi ultimi, a dire il vero, la colpivano sempre contro la sua volontà ed erano incontrollabili. Sakura drizzò la schiena e guardò la parete di fronte a sé, il respiro di nuovo regolare e lo sguardo deciso di chi ha un piano e la forza d'animo di portarlo a termine. Avrebbe fatto buon viso a cattivo gioco. Avrebbe conquistato la loro fiducia. La credevano una ragazzina debole, tanto  di carattere quanto di salute, insicura e forse anche piagnucolona. Doveva sfruttare questa situazione a suo vantaggio. Avrebbe tirato fuori per la prima volta quella determinazione di cui mai, prima di allora, aveva avuto l'assoluta necessità. Perché in fondo, anche quando si trattava dello studio e dell'impegno che vi metteva, provava sempre il bisogno di vittimizzarsi. Vedeva compiti, interrogazioni e verifiche come ostacoli insormontabili, l'opinione dei suoi compagni di classe per lei rappresentava quasi un immutabile giudizio biblico, il cui esito poteva sconvolgerle completamente l'esistenza. 
Solo ora, con il forzato distacco, si era accorta che non era così. Aveva vissuto in un'illusione che, in larga parte, aveva creato lei stessa. Gli impegni scolastici erano importanti e doveva impegnarsi per diventare un'affidabile e preparato medico, questo sicuramente era vero, ma un brutto voto non avrebbe rappresentato l'apocalisse: il motivo per cui esistevano test ed interrogazioni era valutare il grado di preparazione, con un voto non si giudicava il valore di una persona ma solo quanto avesse studiato o capito un determinato argomento. Nulla di irrimediabile. Era sempre stata un'allieva modello e nessun professore le avrebbe rovinato la carriera solo per un insuccesso. Avrebbe sempre potuto recuperare con un'altra interrogazione. La vita andava al di là di tutto questo. E i suoi coetanei erano esseri umani anche loro: alcuni insicuri a loro volta, altri superficiali, altri privi di personalità e quindi portati a seguire l'opinione della massa, altri semplicemente meschini. Di sicuro, però, esistevano anche persone con cui avrebbe potuto costruire un legame, un'amicizia, ma lei aveva chiuso tutti al di fuori della sua bolla per paura di essere distratta dallo studio, e questo era sbagliato. Era ovvio che, se lei per prima si dimostrava scostante e considerava tutti come potenziali nemici, gli altri avrebbero cominciato davvero a considerarla come un'estranea. Ci sarebbero sempre state persone pronte a ferirla, era parte della vita, ma con un po' di impegno, avrebbe potuto anche trovare un conforto, una spalla su cui piangere e con cui condividere gioie e dolori e, forse, avrebbe conosciuto più persone con cui diventare buoni amici.
Era il momento di invertire la rotta. Tanto per cominciare, sarebbe uscita di lì. Questi tizi non la tenevano incatenata in un bunker, ma anzi, pareva volessero lasciarla "libera" di girare per la casa. Certo, probabilmente ci sarebbe stato sempre qualcuno nei dintorni che si assicurasse che non scappava, ma, se si fosse dimostrata collaborativa  ed incline al dialogo, magari sarebbe riuscita a conquistare la loro fiducia. Istintivamente sentiva di dover puntare sul biondino. Il ragazzo con il codino alto e l'aria annoiata sembrava troppo intuitivo per lasciarsi gabbare, mentre il moro, seppure l'avesse trattata dopotutto piuttosto bene (in realtà, a parte l'episodio del "fastidiosa", era quasi sembrato gentile), aveva l'aria di essere un tipo naturalmente diffidente ed attento ai dettagli e Sakura non era sicura di poter reggere la farsa per tanto tempo senza commettere neppure il minimo, momentaneo, errore. Rimaneva dunque il biondo, Naruto le pareva di ricordare si chiamasse (le avevano pure detto i loro nomi, ma che razza di rapitori erano?!). All'apparenza era un tipo espansivo, dal carattere compassionevole e bonario, probabilmente doveva soffrire di una sorta di schizofrenia per poter essere al tempo stesso un criminale sequestra-ragazze.
 Sakura avrebbe simulato un interesse a creare un legame con lui, avrebbe finto di diventare sua amica per fagli abbassare la guardia. Un giorno gli avrebbe chiesto di poterla accompagnare fuori per prendere una boccata d'aria e gli avrebbe dimostrato di comportarsi bene, senza dare la minima impressione di voler scappare. Naruto si sarebbe sicuramente convinto della sua buona fede e quindi, pian piano, sarebbero usciti sempre più spesso, finché un giorno lo avrebbe persuaso ad uscire oltre il cancello, magari per comprare un regalo ad uno di loro. Naruto avrebbe di sicuro accettato. 
A quel punto sarebbe scattata la sua, di trappola.   


NdA2: Bene, per ora è tutto. Voglio tuttavia precisare, per i fan di Naruto Uzumaki, che non lo ritengo affatto una persona stupida, anzi: penso sia un personaggio molto positivo, comprensivo verso gli altri e propenso al perdono, ottimista e simpatico. Nella mia fanfiction per ora è apparso spesso come una figura comica, ma fidatevi di me: in futuro vi mostrerò quanto sia una figura importante ed in, fondo, saggia. Abbiate fiducia ;)
Un discorso simile vale per Sakura: anche nel manga il suo personaggio era molto diverso agli inizi rispetto alla donna forte, matura ed affidabile che è adesso; il personaggio descritto nella mia storia subirà un'evoluzione simile (se avete notato, sta prendendo forza), ricordatevi che è pur sempre uno dei miei personaggi preferiti, eh! XD
Ringrazio sempre tutti coloro che hanno recensito ed inserito la storia tra le preferite, seguite e da ricordare, ed anche chi mi ha inserito tra i suoi autori preferiti! Siete immensi! ;)
Un abbraccio, 
sasusakusara7

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** 6. Capitolo 6 ***


 NdA:"C'era una volta, in una terra lontana lontana di nome Italia, una cantastorie chiamata sasusakusara7. Ella aveva assicurato al suo amato pubblico che ogni sette giorni avrebbe raccontato loro le gesta di un gruppo di eroi e delle loro altrettanto splendide dame. Ma un giorno, una strega malvagia di nome "Influenza" ed un periglioso drago noto in tutte le valli come "Tasti a, s, b ed n del PC rotti" le sbarrarono il cammino. La donzella tuttavia non si perse d'animo e, sconfitta la strega e domato il feroce drago con la pozione del mago "Tastiera su schermo", poté tornare al villaggio vincitrice, sperando di allietare con il suo racconto i pazienti e meravigliosi messeri e madamigelle che mai aveva dimenticato...  Stretta è la foglia, larga è la via, dite la vostra che ho detto la mia."  Scherzi a parte, mi sono capitate una serie di "disavventure", che ora non vi riassumo (rischierei di ricordare vagamente lo stile fantozziano XD)... Semplicemente mi scuso con tutto il mio cuore e spero che mi perdonerete come Sakura ha perdonato Sasuke XP
Questo capitolo è anche più lungo degli ultimi, quindi vi lascio augurandovi buona lettura!

Disclaimer: Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Masashi Kishimoto (talentuoso Kishimoto-sensei!); questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
 
Capitolo 6
 
Per molti dormire su un materasso morbidissimo era più nefasto e micidiale, per la schiena, che adagiarsi su un letto di chiodi. Sakura non apparteneva a quella categoria. Mentre si stiracchiò distesa su quella che pareva una soffice nuvola, si rese conto di quanto riposata si sentisse quella mattina.
Aggrottò la fronte. Il letto della sua cameretta non era così comodo: non che fosse vecchio, ma un anno prima, frustrata per la mole di studio, vi si era gettata sopra con forza ed una molla proprio nel mezzo era partita ed ora le premeva nel centro della schiena ogni volta che si stendeva. E le persiane che aveva alla finestra lasciavano sempre intravvedere un minimo di luce, solare o lunare che fosse, mentre adesso, anche solo ad una fugace occhiata, non poteva scorgere altro che assoluta oscurità.
Quello non era il suo letto. E quella non era la sua camera da letto.
Sakura cercò immediatamente di fare mente locale, rizzandosi di scatto sulle braccia. Quando le tornò la memoria, un senso di oppressione le gravò sul petto. Non che si fosse illusa che quanto accaduto il giorno prima fosse stato solo un incubo, semplicemente il suo cervello doveva aver temporaneamente rimosso l'esperienza per potersi concedere un po' di riposo.
Dopo aver elaborato il subdolo quanto necessario piano di fuga, la sera precedente era riuscita a stendersi con rinnovata forza d'animo su quello che sin da subito le era parso il più morbido letto ad una piazza e mezzo del mondo. Aveva guardato il soffitto, che ricordava bianco come tutte e quattro le pareti, con una determinazione del tutto nuova e a lei sconosciuta, ma non per questo meno apprezzata. Forse proprio grazie a quella appena sbocciata sicurezza di sé era riuscita infine a chiudere gli occhi, lasciandosi trasportare in una terra sconosciuta di cui non aveva ricordo (quando mai rammentava ciò che aveva sognato?). Almeno ora, anche se pur sempre sequestrata, si sentiva riposata. La giornata precedente era stata allucinante e nulla prometteva che qualcosa sarebbe cambiato in data odierna, quindi era meglio affrontare tutte le sfide con un corpo e soprattutto con una mente riposati.
La sera prima, tutta presa dai preparativi per la trappola psicologica in cui avrebbe ingabbiato il rapitore biondo, non aveva pensato alle ripercussioni che questa faccenda avrebbe avuto su chi la conosceva. Un brivido le percorse tutta la colonna vertebrale. I suoi genitori! Aveva l'abitudine di non portare mai il cellulare a scuola da quando, due anni prima, si erano verificati alcuni furti di oggetti di valore tra gli studenti e non si era mai rintracciato il colpevole. Sakura era solita tornare direttamente a casa alla fine delle lezioni e quindi sua madre, casalinga per scelta (amava cucinare e prendersi cura del piccolo orto dietro la loro semplice ma accogliente dimora), la sua apprensiva madre doveva aver capito sin dall'ora di pranzo del giorno prima che qualcosa non andava. E non voleva neppure pensare a ciò che poteva provare suo padre, quarantotto anni vissuti nella convinzione che, se si fa del bene al prossimo, la vita ci sorriderà. Lei aveva una visione un po' più prudente del mondo e prendeva cum grano salis tutta quella faccenda del karma. Poteva immaginarseli, la sua mamma ed il suo papà, rispettivamente a piangere disperatamente tra i singhiozzi ed a strapparsi i capelli rosa, sua unica eredità fisica.
Un'ondata di rabbia cieca la avvolse e lei non oppose resistenza e si lasciò cullare in quel mare di furia cocente. Le persone a lei care stavano soffrendo a causa di un manipolo di giovani e folli criminali - tentò di cacciare dalla testa il paragone con Arancia meccanica, sperava di cuore non fossero così tanto pazzi -!
Cercò a tentoni con la mano destra l'interruttore della piccola lampada posta sul comodino di legno, scuro come quello che aveva intravisto in altre stanze della casa, e una volta trovato lo premette. Luce fu. Lo sguardo si posò sull'armadio di fronte a lei, coordinato con il comodino. Socchiuse gli occhi. Anche se un po' impersonale, quella camera da letto non era poi così male. Sicuramente i rapitori pensavano di poterla attirare in un falso senso di sicurezza mostrandole di poterle fornire una vita agiata. Ancora non capiva il motivo per cui avrebbero dovuto fare una cosa simile, ma di certo sapeva che non glielo avrebbe mai permesso.
Un ragazzo, con gli stessi strani ed un po' angoscianti occhi perlacei di quel Neji, si presentò alla sua porta e con un velo di apparente incertezza le annunciò che la colazione era pronta e che, se la voleva, l'avrebbe accompagnata nella sala da pranzo.
Sakura si rizzò in piedi con un movimento deciso. Bene. Era ora di farsi forza e dimostrare che mai e poi mai si sarebbe arresa a quel triste destino.
Era ora di entrare nell'arena.

 
XXX
 
Nella grande sala da pranzo principale il lungo tavolo era completamente coperto di leccornie di ogni tipo e bevande sia calde sia fredde.
Sasuke sospirò. Anche se Naruto aveva un appetito leggendario, i commensali rimanevano comunque solo cinque e tutto quel cibo era decisamente esagerato per una colazione, seppure sostanziosa.
Il ragazzo rivolse per l'ennesima volta gli occhi verso l'unica ospite donna della sala. L'istinto di guardarla, dopo essere stato forzatamente lontano per così tanto tempo, era insopprimibile e lui neppure voleva tentare di resistere. Sakura, seduta strategicamente di fronte a lui ed a destra di Naruto (a sua volta perfettamente davanti a Shikamaru), era chiaramente intimidita da tutta quella opulenza. Neji si trovava a capotavola ed, intuito il problema, ordinò al maggiordomo presente al suo fianco di servirle una piccola fetta di torta alla panna e fragole, il mini soufflé al cioccolato ed una coppetta di macedonia, accompagnando il tutto con una tazza di tè aromatizzato alla pesca. Sakura strabuzzò gli occhi e l'Uchiha sapeva bene il perché: ricordava alla perfezione quali fossero le sue preferenze in fatto di cibo (rimembrava ancora con una punta di ribrezzo quella volta che le aveva visto affogare in un oceano di sciroppo d'acero un paio di frittelle innocenti), così aveva avvertito il suo amico Hyuga che, in caso di titubanza della ragazza, ordinasse che le fossero servite le pietanze più dolci. Ma Sakura non poteva sapere che lui conosceva i suoi gusti e la sua idea di "colazione perfetta", pertanto la scena le doveva essere sembrata un esercizio allarmante di mentalismo. Sasuke guardò la sua faccia sorpresa e la sua bocca spalancata, come se volesse dire qualcosa ma non riuscisse a capire a quale delle troppe domande che le ronzavano nella testa dovesse dare la precedenza. Ben presto, però, ebbe la meglio il richiamo della sua splendida colazione, servita su di un altrettanto splendido piatto in ceramica con decorazioni floreali in oro zecchino (evidentemente per gli Hyuga lo stile spartano si fermava molto lontano dalla tavola da pranzo): Sakura vi si avventò sopra, cercando in contemporanea di mantenere almeno un minimo di eleganza. Non appena assaggiato il mini soufflé al cioccolato, gli occhi smeraldini le si spalancarono e si accesero come fanali nella nebbia: per l'Uchiha fu praticamente impossibile sopprimere l'ondata di soddisfazione che provò nel vedere l'apprezzamento della ragazza.
Mentre, con un "grazie" appena sussurrato, la giovane continuava l'assalto all'ammasso calorico, Sasuke sorseggiò il suo caffè amaro, che aveva accompagnato con due semplici fette di pane tostato, e continuava ad osservarla, intimamente divertito. Per un istante un sorriso trovò la strada per le sue labbra, ma lui riuscì tempestivamente a nasconderlo dietro la sua tazza.
Non riusciva ancora del tutto a capacitarsi del fatto di averla ritrovata, di poter tornare a perdersi in quelle vivide iridi color berillo, luminosissimi ed infallibili specchi della sua anima. Ogni emozione, anche la più piccola ed apparentemente insignificante, fluttuava in quelle pozze con la trasparenza del cristallo. Il naso, sottile come pure lo era il collo, e la pelle nivea erano gli stessi di sempre, mentre i capelli rosa, in mezzo ai quali le sue mani avevano tanto amato perdersi in passato, ora non erano più lunghi, bensì le arrivavano appena sopra le spalle. Sasuke ne era rimasto inizialmente un po' sorpreso, ma doveva convenire che non le stavano male, anzi, le donavano un'aria sbarazzina che ben si intonava con il suo sguardo intelligente.
Il moro scese con lo sguardo lungo il di lei corpo, o almeno quella parte che riusciva a scorgere, essendo entrambi seduti. La sera prima aveva chiesto a Neji di mandare un membro Hyuga a controllare che la ragazza stesse bene: ciò significava che la spalla e la caviglia dovevano esserle state medicate. Seppure la categoria dei Guaritori si fosse ormai praticamente estinta, gli Hyuga comunque avevano appreso le conoscenze base del pronto soccorso, pertanto la salute di Sakura era garantita, ma il ricordo del sangue sui jeans che lei indossava dal giorno prima provocò nell'Uchiha un'ondata di rabbia che represse con estrema difficoltà. Non avrebbe voluto che si ferisse, ma aveva dovuto assolutamente fermare l'ambulanza, altrimenti le conseguenze per lei sarebbero state senza dubbio peggiori, senza contare che non aveva previsto che Kabuto avrebbe fatto ribaltare il veicolo. Quando aveva visto il mezzo sdraiarsi sul fianco aveva subito ordinato a Naruto di andare a controllare che lei stesse bene; l'amico ovviamente era subito scattato, forse anche prima della sua richiesta. Solo una volta avuta la certezza che la ragazza ne era uscita pressoché illesa era riuscito finalmente calmarsi, almeno un po': al pensiero che, seppure del tutto inavvertitamente, avrebbe potuto essere lui a provocarne la morte...
I nefasti pensieri furono interrotti da Naruto che, preso uno spaghetto dalla sua ciotola di ramen, se lo posizionò con cura sopra l'arco di Cupido e, facendo attenzione a non farlo cadere, si voltò verso Sakura per poi esclamare: - Ehi, Sakura-chan! Guarda! Non sembra che ora abbia i baffi?! Davvero! I miei capelli sono proprio dello stesso colore, no?! -
Sasuke alzò gli occhi al cielo. Nonostante tutto il bene che provava per quella zucca vuota, Naruto rimaneva... una zucca vuota, e da quando, un paio di secoli prima, aveva scoperto quella brodaglia immonda chiamata "ramen", e si era di conseguenza fermamente imposto di mangiarlo ogni giorno a colazione, pranzo, cena e, perché no, spuntino di mezzanotte, forse il suo grado di imbecillità era addirittura aumentato. L'Uchiha un paio di volte aveva commentato che probabilmente era più fedele all'intruglio malefico che alla sua nobilissima Hinata, con il risultato di riuscire a staccarlo da suddetto "cibo" per il patrimonio di un giorno.
Questa volta però il moro capiva bene il motivo di quelle misere e patetiche uscite dell'amico. Era da tutta la mattina che il biondo tentava di alleggerire la tensione, invano purtroppo, dato che Sakura si limitava, talvolta, come in quel momento, a rivolgergli un sorriso teso ed incerto, completamente a disagio di fronte a tutte quelle attenzioni. Probabilmente stava pensando di essere finita in un covo di psicopatici e che la strategia migliore fosse quella di assecondarli per non provocare reazioni violente... Lui e Shikamaru non avevano ancora aperto bocca se non per mangiare e bere, mentre Neji si era limitato ad ordinare la colazione di Sakura e a fulminare Naruto un paio di volte con i suoi occhi di madreperla. Sicuramente non era l'atmosfera più confortevole nella quale si fosse mai ritrovata...
A quell'ultima allucinante idiozia dell'Uzumaki, comunque, lo Hyuga prese un panino al latte con la mano destra ed, approfittando di essersi seduto a capotavola proprio vicino al pagliaccio biondo, glielo conficcò in bocca con un movimento fluido ed elegante. Il panino si incastrò perfettamente in quel forno divora-ramen e Shikamaru, posando finalmente la sua tazza di tè verde senza zucchero, suggerì pacatamente: - Naruto, direi che è giunto per te il momento di mangiare in silenzio, così mastichi meglio e non disturbi nessuno. Vedrai che la digestione di tutti ne trarrà giovamento -
A quelle parole il biondo tentò un'accorata protesta, con l'unico risultato di farsi andare per traverso il famoso panino, non ancora completamente sminuzzato. Un arcobaleno di colori si dipinse sul suo volto, finché non riuscì a sputare il boccone infingardo nella ciotola del ramen (che tanto non poteva diventare più disgustoso di quanto non fosse già per sua natura, pensò sarcasticamente l'Uchiha).
Proprio in quel frangente, il suo sguardo e quello di Sakura si incrociarono e il ragazzo lesse sul volto della fanciulla un'espressione di genuino divertimento molto simile a quello che stava intimamente provando lui a causa del siparietto comico appena svoltosi. Tuttavia, non appena lei si accorse di essere osservata da lui si ricompose immediatamente per assumere un cipiglio serio e contenuto, quasi si vergognasse di aver momentaneamente "abbassato la guardia". Sasuke, per l'ennesima volta, sospirò silenziosamente di rimando.
Concentrandosi nuovamente su di lei, si rese conto che era necessario chiedere a Neji che le venisse fornito un cambio d'abiti, possibilmente un intero armadio con vestiti e biancheria puliti. Sarebbe dovuta restare lì, a villa Hyuga, per un tempo ancora imprecisato, ed era ovvio che non potesse restare in quelle condizioni.
- Suppongo vorrai rinfrescarti un poco. Vuoi che ordini che venga disposto un bagno per te? - lasciò uscire per la prima volta quella mattina con tono neutro ed il più educato possibile.
La ragazza capì subito che stava parlando con lei: tese le spalle e la forchetta con un boccone della fetta di torta si bloccò a mezz'aria.
- No, è tutto a posto così. Grazie lo stesso. - mormorò, senza alzare gli occhi dal piatto e riportandosi meccanicamente la forchetta alla bocca. Era totalmente a disagio, ma si era testardamente imposta di non volerlo manifestare.
Sasuke però non era un tipo abituato ad arrendersi.
- Sei ricoperta di sudore, sangue e sporcizia. E' evidente che non sei "a posto" - replicò con la voce più dura rispetto a prima.
Sakura assottigliò gli occhi, piccata. Naruto sembrò voler  dire qualcosa, forse per difenderla o per contestare le sue parole, ma il moro lo zittì con un'occhiata infuocata. Sapeva di aver esagerato le reali condizioni della ragazza, ma non poteva evitare di ammettere, a sé stesso almeno, di aver reagito a quel modo per l'atteggiamento freddo e distaccato della giovane. Sperava che, solleticando il suo orgoglio, l'avrebbe convinta ad accettare la proposta.
Si rese conto di aver ottenuto l'effetto sperato quando la ragazza fece un piccolo cenno di assenso con il capo.
L'Uchiha si sentì soddisfatto, per il momento. La strada per portarla ad aprirsi completamente era ancora lunga e bisognava godere di ogni piccola "vittoria". Sakura necessitava di tempo per potersi fidare di loro, per poter credere in lui.
"Anche se" pensò, gli occhi fissi sul tavolo davanti a sé "è proprio il tempo che ci manca".

 
XXX
 
Mentre camminava sola soletta per i corridoi, con la sensazione di essersi persa già da più di un'ora, Sakura contemplava i ritratti appesi alle pareti che raffiguravano con ogni probabilità, dati gli stessi strani ed un po' inquietanti occhi perlacei di quel ragazzo chiamato Neji, gli antenati di famiglia. Durante tutto il tragitto continuò a chiedersi come fosse possibile che, data la sua natura di sequestrata, nessuno avesse ritenuto importante seguirla e non lasciarla andare a spasso da sola. Le pareva quasi di essere un'ospite in quella casa e, vista la sostanziosa (e deliziosa) colazione, pure un'ospite assai gradita. Ma quasi certamente tutto questo, compresi i loro atteggiamenti amichevoli, era solo un trucco, una trappola psicologica per renderla docile e per favorire un'eventuale sindrome di Stoccolma... Sì! Doveva essere così! In fondo, in quella villa (ma più probabilmente solo nell'area in cui lei soggiornava) non vi erano finestre o altre potenziali vie di fuga e Sakura non dubitava che, anche se avesse trovato il portone principale, lo avrebbe trovato bloccato, riducendo quindi ogni possibilità di liberarsi ad uno zero bello tondo. Che importava dunque se se ne andava in giro per la casa ad ammirare pregiata mobilia dalle linee essenziali e magnifici quadri?! Nulla, appunto.
Sakura non poteva fare a meno di vivere in uno stato di totale apprensione: cosa volevano da lei?! Durante le sue riflessioni, la ragazza era giunta a comprendere che, qualunque fosse lo scopo del rapimento, doveva essere personale, poiché i ragazzi avevano dimostrato di conoscere bene lei ed i suoi gusti.
Persa com'era nei suoi pensieri, non si accorse neppure di essere arrivata di fronte ad un arco di marmo bianco con striature grigie, sorretto da due colonne con capitelli corinzi, che fungeva da ingresso per quella che aveva l'aria di essere un'altra grande, grandissima sala. Guardando con più attenzione la giovane poté scorgere, incisa dentro l'arco con caratteri maiuscoli, una frase in latino.
"IN SILENTIO VERITAS".
Nel silenzio vi è la verità.  Spinta dalla curiosità suscitata da quella frase, Sakura entrò a passo deciso nella stanza ed immediatamente spalancò gli occhi, incredula. Di fronte a lei, decine e decine di lunghi ed alti scaffali attraversavano da un  estremo all'altro l'enorme locale, che sembrava ospitare qualcosa come parecchie migliaia di libri.
"Una biblioteca privata!" realizzò la ragazza "Hanno una biblioteca privata! Ed è immensa!" Girò su sé stessa un paio di volte, lo sguardo rivolto a tutto quello splendore intellettuale che si stagliava in file e colonne ordinate che quasi raggiungevano l'altissimo soffitto impreziosito da un elegante e sobrio rosone.
- Wow... - fu l'unico commento che fu in grado di proferire.
Circondata da tutta quella meraviglia, si rese conto solo in un secondo momento di non essere sola, quando udì il rumore di un libro che si chiudeva di scatto provenire dalla sua sinistra. Si voltò sorpresa in quella direzione ed il suo cuore perse un battito nel vedere il solito moro bellissimo che se ne stava comodamente adagiato su una poltrona in pelle scura, con un libro chiuso in mano, un tavolino alla sua destra ed un'espressione incuriosita sul viso dai lineamenti aristocratici.
- Ah, sei qui... - proruppe a quel punto inconsciamente lei, per spezzare sul nascere quel silenzio imbarazzante che rischiava di venirsi a creare e che lei da sempre odiava.
Sasuke alzò un sopracciglio, palesemente incredulo.
- ... cioè, non è che ti stessi cercando... - si corresse subito lei. Sì, perché davvero i rapiti sono soliti andarsene liberamente in giro a cercare i loro rapitori...
- ... era solo per dire... - ad essere sinceri e pignoli, i rapiti non erano neppure soliti parlare con i propri rapitori...
- cioè, io non sopporto i silenzi imbarazzanti e quindi... - come se quell'attacco di diarrea verbale non fosse altrettanto imbarazzante...
Si stava scavando la fossa da sola, il suo viso era già arrossito e, con il moro che continuava a fissarla laconico e sorpreso,  il porpora intenso delle sue guance stava assumendo sicuramente vergognose sfumature violacee. Che poi, perché avrebbe dovuto importarle di fare buona impressione davanti a lui, caspita?!
Sasuke tuttavia parve avere "pietà" (beh, se avesse davvero avuto pietà l'avrebbe lasciata tornare a casa dai suoi genitori ed alla sua vita, ma questa era un'altra storia): infatti posò il libro sul tavolino accanto a lui e disse: - Molte persone non li tollerano, non c'è nulla di strano... -
A quel punto Sakura cominciò a giocherellare con il bordo del nuovo maglioncino rosso carminio che le era stato fatto trovare, dopo il lungo bagno ristoratore nella jacuzzi - lo stile elegante regnava anche in quella stanza -, insieme ad un paio di jeans neri che indossava in quel momento ed almeno un'altra decina di abiti che riempivano l'armadio della sua cosiddetta "camera". Non sapeva che fare. Non poteva andarsene via all'improvviso: quel Sasuke era molto probabilmente uno (splendido) psicopatico ed era meglio non rischiare di farlo arrabbiare, e girare i tacchi e dileguarsi quando lui non sembrava contrario all'idea di instaurare un dialogo poteva decisamente adirarlo. Nel contempo, però, Sakura non voleva neppure restarsene lì, in sua presenza: oltre al fatto ovvio che era il suo "aguzzino", c'era anche quella strana, inspiegabile sensazione che la tormentava ogni volta che gli era vicina, come un pulsare nel centro del petto.
- Che cosa stavi leggendo? - non sapeva neppure lei da dove le fosse uscita quella domanda né dove avesse trovato il coraggio per porgliela, ma a quanto pare il suo subconscio aveva deciso per lei quale scelta di comportamento adottare.
- "Dracula", l'originale, di Bram Stoker. Dovevo tirarmi su di morale e quel libro mi suscita sempre estrema ilarità - rispose tranquillamente lui ed effettivamente un angolo della sua bocca si incurvò all'insù, come se il solo pensare a quel romanzo gli arrecasse davvero divertimento.
Sakura aggrottò la fronte, perplessa. Aveva letto quell'opera una volta in italiano, per curiosità, ed un'altra volta in lingua originale come compito di letteratura inglese e, anche se per un lettore moderno non poteva definirsi una lettura inquietante, non lo avrebbe nemmeno classificato tra le "commedie esilaranti".
- Che cosa ci trovi di divertente? - Ok, doveva smetterla con questa riscoperta curiosità!
Sasuke continuò a risponderle come se quella situazione fosse per lui perfettamente normale: - Tanto per cominciare, il fatto che la vicenda ruoti attorno ai vampiri. Vampiri... - a quel punto gli scappò come un verso di derisione - ... gli esseri umani sembrano essere affascinati da quelle creature dalla notte dei tempi... In fondo, sono solo sanguisughe giganti che si muovono, di notte, spinte dall'istinto di uccidere... -
- Beh, molti li trovano seducenti, l'idea del morso sembra un gesto così... intimo... ed il sangue è ciò che ci scorre dentro, e l'idea che che possa fluire da un corpo ad un altro è un'immagine per alcune persone profondamente sensuale, senza contare che spesso si descrive l'instaurarsi di un legame psichico tra il vampiro e la sua vittima... Per non parlare della questione dell'immortalità... -
- Credimi, quella è una sensualità illusoria, e un legame che si crea con una bevuta di sangue è falso, posticcio: se fosse vero, tutti quelli che ricevono donazioni di sangue dovrebbero sentire una profonda connessione con i loro donatori, no?! I legami veri, autentici ed indissolubili sono quelli che si formano quando si conosce per davvero una persona, i suoi gusti, il suo carattere e modo di pensare, i suoi valori... E' quando due anime si incontrano e si uniscono che si crea un vincolo per l'eternità... - la voce del ragazzo si era fatta profonda ed i suoi occhi scuri parevano guardare lontano, persi chissà dove in chissà quali pensieri o ricordi, quando improvvisamente la sua attenzione si concentrò su di lei, con un'espressione sul viso talmente intensa, coinvolta e coinvolgente, che quasi quasi Sakura credette che stesse parlando per esperienza personale.
- E tu? Tu cosa ne pensi, eh, Sakura? - il tono ora era vagamente di sfida.
- Io... - la ragazza era a corto di parole, ma d'istinto sussurrò: - Sì, hai ragione; non ne so molto in fatto di rapporti interpersonali - a quell'uscita le parve che Sasuke si fosse irrigidito in una postura che esprimeva dolore interiore - ma ritengo sia vero che un legame sincero e genuino sia basato per forza su di un incontro di anime... Per esempio, l'Amore: ecco, io non potrei mai innamorarmi di qualcuno solo per l'aspetto fisico, per dire. Certo, potrebbe piacermi, ed anche molto, ma solo una volta conosciuta la sua personalità, scoperti i suoi eventuali tormenti interiori e le sue debolezze, solo allora potrei dichiararmi davvero "innamorata". E a quel punto sarebbe per sempre! -
Mentre parlava, lasciandosi inesorabilmente trasportare dal fervore, Sakura notò come lo sguardo del moro si fosse acceso di una luce strana, calda, e la ragazza ebbe per un attimo l'impressione che il giovane fosse estremamente fiero di lei.
- Sì, Sakura, lo so... - mormorò senza mai distogliere gli occhi da lei - Intendo dire che sembri una ragazza seria e fedele - concluse, come se si fosse appena ridestato da una profonda trance alla vista del volto confuso della ragazza.
- Ma, in fondo, non bisogna rimuginare troppo su libri simili! - commentò lei, per spezzare quell'atmosfera ardente, elettrica quasi, che si era venuta a creare - Sono solo racconti fantastici di creature sovrannaturali che non esistono nella realtà: basti pensare che i vampiri sono descritti come "immortali"... -
- E tu credi che l'immortalità non esista? - chiese lui, sinceramente interessato ad una risposta che per Sakura pareva più che ovvia.
- No, non su questa Terra, ovviamente. - fu l'unica conclusione che la sua mente riuscì a formulare.
Sasuke continuò a scrutarla con attenzione e sotto quello sguardo bruciante la giovane sentì le proprie membra come liquefarsi. Improvvisamente, il senso di profonda soggezione tornò con prepotenza a bussare agli angoli della sua mente, e con un mormorio di scuse si accomiatò da lui.
Doveva andarsene da lì, doveva andarsene da lui: poteva sopportare solo fino in una certa misura quelle strane, incomprensibili emozioni che il ragazzo pareva, seppur involontariamente, suscitarle ogni volta che il loro cammino si incrociava.

 
XXX
 
Mentre la giovane si stava allontanando, a passo svelto ed inesorabile, Sasuke tenne lo sguardo fisso sulla sua schiena, un brivido di piacere lungo la spina dorsale quando venne investito dall'ondata di familiarità che quelle spalle delicate e quei capelli rosa gli suscitavano.
Stava tornando. La sua Sakura stava tornando. Nonostante la sua reticenza iniziale, era rimasta lì con lui ed aveva iniziato a parlargli, per una volta senza avere un'espressione smarrita o terrorizzata sul volto. Certo, per chiunque quella scena sarebbe apparsa come insignificante, ma il moro sapeva bene che ogni singolo momento era estremamente importante.
Ogni istante passato assieme avrebbe potuto riportare indietro la sua Sakura... A quel pensiero, Sasuke si concesse un sorriso appena accennato, che coprì prontamente con la mano destra, quasi volesse nascondere anche a sé stesso quella sua flebile e, forse, un po' ingenua speranza.

 
XXX
 
Dopo quel pomeriggio, Sakura aveva evitato Sasuke come la peste, arrivando addirittura a dire di non avere fame al giovane che si era ripresentato, dopo quella mattina, alla porta della "sua" stanza per avvisarla che la cena era pronta. Non voleva più avere nulla a che spartire con il giovane moro, che le incuteva sempre al tempo stesso un misto di soggezione ed attrazione.
Ora, però, stava cominciando seriamente a rimpiangere quella sua scellerata decisione. Doveva rimanere in forze se voleva sperare di fuggire e mettersi a saltare volutamente i pasti non era la strada più giusta, considerando che queste persone parevano non avere nessuna intenzione di drogarle il cibo. Se poi si metteva in conto che, quando era agitata, il suo appetito aumentava vertiginosamente, era facile intuire le condizioni in cui si trovava la ragazza in quel momento. Certo, aveva pur sempre pranzato, ma guardando il suo orologio da polso (uscito miracolosamente illeso dalla sua avventura sull'ambulanza) sapeva che era l'una di notte passata e il suo stomaco la stava perseguitando a causa del mancato pasto.
Fu così che la ragazza si ritrovò fuori dalla camera alla ricerca delle cucine. Mentre vagava per i corridoi illuminati qua e là da qualche rara lampada a muro, non poté fare a meno di riflettere, per l'ennesima volta, sulla paradossale situazione che si stava ritrovando a vivere. Anche in piena notte, la porta della "sua" camera da letto era rimasta aperta e lei era quindi libera di poter vagare per la villa a cuor relativamente "leggero" e proprio non riusciva a capire se i suoi rapitori lo facessero per istigarle un falso senso di sicurezza ed indipendenza o solo la considerassero talmente incapace da non rappresentare neppure una piccola minaccia. Le vie d'uscita potevano essere sbarrate, ma questo non le impediva comunque di escogitare un piano alternativo, tipo nascondersi da qualche parte o magari trovare le stanze della servitù e minacciare i malcapitati per farsi aprire il portone e così fuggire. Sakura ricordò in quell'istante che si trovava all'interno di quello che chiamavano un "distretto", circondato da altissime ed apparentemente inespugnabili mura. Era ovvio che i suoi rapitori si sentissero al sicuro: in effetti, lo erano.
Durante questi processi mentali, si accorse di una longilinea figura che passò in fretta per il corridoio di perpendicolo al suo e che sembrò non notarla. La giovane, a causa della penombra,  non riuscì a distinguerne i tratti del volto, né capì se l'avesse già incontrata prima, tuttavia decise d'impeto di seguirla. Probabilmente stava comunque rischiando la vita, tanto valeva tentare almeno di indagare!
Restando sempre come minimo a qualche metro di distanza continuò a pedinare il tipo ignoto lungo parecchi corridoi e bivi, finché non arrivò ad una rampa di scale in legno scuro. Lasciò che le salisse e che imboccasse la biforcazione a sinistra alla fine della scalinata, dopodiché ricominciò l'inseguimento. Aveva visto molti thriller e sapeva che le scale in legno erano traditrici con i loro infingardi scricchiolii e lei non voleva correre alcun rischio di farsi scoprire. Il pedinamento proseguì ancora per parecchi minuti, fino a che la misteriosa figura non svoltò improvvisamente oltre un angolo. Sakura udì un rumore e, invece di scappare nella direzione opposta per tentare di tornare in camera da letto, come il buon senso la stava pregando di fare, velocizzò l'andatura, sempre cercando di mantenere un passo silenzioso. Raggiunto l'angolo dietro cui il tizio era sparito venne salutata da una folata di vento fresco che le accarezzò dolcemente il viso. Di fronte a lei, una piccola finestra aperta lasciava trasparire il romantico ma contemporaneamente spettrale chiarore lunare. Acutizzando l'udito la ragazza si rese conto che il suono dei passi del suo inseguito era cessato. Dopo essersi avvicinata alla finestra, vi si affacciò e vide, sul muro accanto, alla sua destra, una lunga fila di sbarre orizzontali di metallo attaccate alla parete che partivano all'altezza del davanzale ed arrivavano fino al tetto della dimora.
Ricordò quando, una decina di anni prima, aveva visitato con i suoi genitori un castello medievale. Sua madre aveva deciso di rimanere al piano terra e di andare a "razziare" il negozio di souvenirs, mentre lei ed il padre, con spirito avventuriero, avevano seguito la guida fino ai piani superiori, per poi scoprire che il tour si chiudeva con una discesa lungo le mura esterne del maniero, grazie ad una serie di pioli in ferro attaccati alla parete di roccia che arrivavano fino a terra. Ancora rammentava come il volto del suo papà era sbiancato alla notizia di doversi calare nel vuoto e delle sue abbozzate obiezioni circa le ipotetiche misure di sicurezza da adottare, salvo poi arrendersi al suo triste ed ineluttabile destino. Dal canto suo Sakura, a quel tempo una bambina di otto anni molto più incline all'azione che all'individuazione di pericoli, era scesa giù ridendo, mentre la guida sotto di lei seguiva passo dopo passo la sua impresa ed il padre, che la stava precedendo nella discesa, continuava a pregarla, con una voce disperata che forse mai più gli sentì, di stare attenta a dove poggiava i piedi e di andare piano.
La ragazza si rese conto che quelle sbarre dovevano avere la stessa funzione e servivano dunque per raggiungere il tetto della villa. Il tizio che aveva rincorso quasi sicuramente era salito lassù ma, guardando in basso, comprese che non valeva la pena seguirlo ulteriormente. Quella dimora poteva avere anche solo due piani, ma i soffitti erano estremamente alti e lei aveva una caviglia ferita ed una spalla slogata ed arrampicarsi su per una scala esterna a pioli, di notte, era quasi sicuramente una scelta suicida.
Si voltò per andarsene. In quel preciso istante, il vento portò con sé una melodia bellissima, un motivo così dolce e nel contempo straziante che il suo cuore perse un battito. Gli occhi le si riempirono improvvisamente di lacrime.
Un canto. Una profonda voce maschile stava intonando quella malinconica e suadente musica che, come il flauto magico per gli sventurati topini del famoso racconto, la attraeva a sé.
Sakura si affacciò di nuovo alla finestra e tese l'orecchio. La melodia proveniva indubbiamente dal tetto. Contò i pioli. Cinque. Cinque pioli per raggiungere il tetto. E poi? Una volta salita, cosa avrebbe fatto? Lassù di certo non vi erano posti per nascondersi e sarebbe stata scoperta. Sempre se fosse riuscita ad arrivarci, sul tetto, senza prima precipitare di sotto. Non aveva alcun senso proseguire per almeno una decina di ottimi e razionalissimi motivi.
Ma quel canto... Quella melodia aveva qualcosa di familiare, qualcosa di così prezioso, ammaliante e struggente che sentimento e dolore si univano in un connubio inscindibile. La malinconia riecheggiava nel suo petto, facendolo sembrare pesante, quasi come se un macigno vi fosse caduto sopra con violenza e lo stomaco le si era chiuso, facendole completamente dimenticare la sensazione di fame che provava da qualche ora. Eppure la ragazza era fermamente convinta che quella fosse la prima volta che udiva quel brano. C'era qualcosa, in un angolo della sua mente, che la pregava di non andarsene, di rimanere lì, di sforzarsi, di cercare di rimembrare un ricordo impossibile...
Doveva capire. Quasi senza pensare si sporse per afferrare saldamente con entrambe le mani il terzo piolo e, con uno slancio, mise ambe due i piedi sul primo piolo, quello più vicino alla finestra. Come previsto, la spalla destra le doleva molto e non riusciva a farvi forza, mentre notò con sorpresa che la ferita alla gamba non le dava alcun problema: probabilmente il taglio era più superficiale di quanto avesse creduto. Tentando comunque di tenersi il più possibile con il dolorante braccio destro, spinta più che altro dalla forza della disperazione, allungò la mano sinistra con un gesto repentino verso il quarto piolo e lo afferrò saldamente per poi spostare i piedi sul secondo, con la terza sbarra di metallo che ora le arrivava alla vita. Sakura sospirò. Mancava poco. Al massimo una decina di secondi e sarebbe stata "in salvo". L'adrenalina le scorreva a mille nelle vene e forse proprio per questo il dolore alla spalla le pareva attutito. Guardò in alto, verso l'ultimo piolo e fece per aggrapparvisi con la mano sinistra, quando un improvviso colpo di vento fece oscillare pericolosamente il suo corpo, già di per sé in posizione precaria.
Fu un attimo. Sentì il piede sinistro scivolarle ed il destro lo seguì senza indugio. La mano stava tentando di rimanere aggrappata, ma il peso che si ritrovò a sostenere improvvisamente fu troppo e la presa cominciò ad allentarsi. La voce le si strozzò in gola mentre comprese che stava cadendo nel vuoto. Gli occhi le si chiusero istintivamente.
Una stretta morsa la cinse appena sotto le ascelle e la bloccò a mezz'aria. Sakura non capì cosa le fosse successo e spalancò gli occhi, perplessa. Davanti a lei, due pozze d'ossidiana la stavano contemplando  con selvaggia preoccupazione. Lei strinse gli occhi per mettere a fuoco. Sasuke! Sasuke si trovava sul bordo del tetto e la stava guardando, un misto di tormento e terrore sul volto quasi dolente.
- Dannazione, ma che stavi facendo?! Salire qui sopra, nelle tue condizioni poi... Volevi forse ammazzarti?! Pensavo saresti tornata in camera... - le  sibilò irritato.
Solo in quel momento realizzò cosa fosse successo. Il tizio che aveva seguito era Sasuke e, quando aveva rischiato di cadere, lui era riuscito tempestivamente ad afferrarla. A conferma di ciò vide le affusolate mani del ragazzo che la tenevano in una salda stretta. Rapidamente la sollevò oltre il cornicione e la adagiò delicatamente sul tetto, dimostrando una forza notevole.
- G-grazie - riuscì semplicemente a balbettare lei, mentre le gambe ridotte a una gelatina per lo shock cedevano sotto il suo peso.
- Sei stata una stupida! Davvero, perché non sei tornata in camera tua?! COSA PENSAVI DI FARE SEGUENDOMI FIN QUA, EH?! - Sasuke era davvero furioso, nel suo tono di voce la rabbia sembrava fondersi con la disperazione, quasi come se il moro fosse appena uscito da un incubo angosciante.
Sakura lo guardò in viso e trasalì notando l'espressione tormentata e turbata dipinta su di esso, i suoi occhi neri che alla luce della luna sembravano quasi avere assunto un riflesso color rubino. Si sentì improvvisamente in colpa: era più che evidente che l'accaduto aveva scosso profondamente il ragazzo, forse anche di più di quanto non avesse fatto con lei, che al momento era a terra ancora preda a forti tremiti.
- Scusami, i-io... davvero, non so cosa mi sia preso...  - e gli occhi avevano preso a lacrimare.
Sasuke, a quella vista, parve impietosirsi; distolto lo sguardo, si passò una mano tra i capelli e borbottò, imbronciato: - Solo assicurami che non farai più una cosa così stupida, soprattutto nel tuo attuale stato di salute... -
- Puoi contarci! - l'esclamazione che le era sfuggita non era quel che poteva definirsi il classico sfoggio di eleganza, ma quantomeno era prova della sincerità della ragazza ed il moro le aveva regalato un mezzo sorriso divertito. Finalmente completamente pacatosi, si chinò alla sinistra di lei per poi sedersi sul tetto, con le gambe distese davanti a lui e le mani ai lati del corpo a reggere il peso del busto.
Sakura aggrottò improvvisamente la fronte. - Aspetta un attimo - cominciò meditabonda - ma allora tu sapevi che ti stavo seguendo?! -
Il ragazzo si era limitato a scuotere la spalla sinistra: - Pensavi davvero che non mi sarei accorto di essere pedinato da una ragazzina? Mi sottovaluti... -
Il broncio sul viso della giovane si era intensificato. Si era praticamente preso gioco di lei! Si era tanto impegnata per non essere smascherata e lui sin dall'inizio l'aveva scoperta! Si sentiva molto, molto infastidita dall'atteggiamento di superiorità del moro, ma considerato che, nonostante la sua natura criminale, le aveva appena salvato la vita, decise di lasciar correre, in parte stupita del fatto che il suo rapitore non fosse arrabbiato nello scoprire che la notte lei circolava liberamente per la villa. Le tornò in mente la melodia che aveva udito e si convinse che fosse stato proprio lui a cantarla. Dopotutto, aveva una bella voce profonda e compatibile con quella che aveva sentito. Venne colta dall'impulso di chiedergli il titolo del brano, se fosse un pezzo famoso e se per lui avesse un qualche valore particolare, insieme ad un'altra ventina di curiosità riguardanti quella musica, però quando lo vide contemplare le stelle, con quei suoi intensissimi occhi più scuri della notte stessa, tutte le parole le morirono in gola. C'era qualcosa di estremamente contraddittorio in lui: da un lato pareva estremamente calmo in quel momento, dall'altro c'era sempre quell'atmosfera tormentata che sembrava perseguitarlo costantemente, senza sosta. Sakura non capiva se questa sua intuizione fosse esatta ma si sorprese nel desiderare di poter cancellare tutta quella inquietudine.
- Cosa stai osservando? Riesci a vedere Castore e Polluce da qui? - domandò a bruciapelo con nonchalance, millantando una conoscenza della volta stellata che era lontana anni luce dal possedere. Aveva letto quei due nomi nel volume di uno shojo manga anni addietro e quella rappresentava un'eccellente occasione per sfruttare l'informazione fortuitamente ricevuta.
A quelle parole, Sasuke assunse un'espressione guardinga.
- Intendi forse le due stelle della costellazione dei Gemelli? - le chiese volgendo il viso verso quello di lei.
- Oh? Ah, sì certo, quelle... - Sakura stava brancolando nel buio più completo. Pessima scelta affidarsi ai fumetti per intrattenere una conversazione di astronomia; tuttavia, come poteva immaginare di essere incappata in un esperto?! Mannaggia a lui, bello e con cervello!!!
- Nella mitologia greca, i due erano gemelli, mentre in astronomia Castore è molto più luminosa di Polluce. Curioso non è vero? - incalzò il moro con lo sguardo sempre fisso su di lei, come a studiarla.
- Beh, dai, non è mica semplice trovare due stelle con la stessa luminosità, Polluce non deve farsi venire nessun "complesso di inferiorità"... - scherzò lei sentendosi stranamente in imbarazzo.
- Beccata - la interruppe a quel punto lui con una luce beffarda negli occhi.
- Eh? -  Sakura era sempre più spaesata.
- Ti ho mentito. Volevo sapere se ne capivi davvero qualcosa di astronomia, così ti ho detto che Castore è più luminoso di Polluce, mentre in realtà è vero il contrario. Sei caduta in trappola, Sakura... - il sorriso vittorioso che gli si stampò in faccia fu segno sufficiente che stava parlando sinceramente.
La ragazza a quel punto voleva ufficialmente sprofondare. Il viso probabilmente aveva già assunto un'accesa gradazione amarena e le gote sembravano andarle a fuoco per la vergogna.
- E-e quello che cos'è? Il Piccolo Carro? - chiese nel misero tentativo di rimediare, indicando un ammasso di stelle che pareva formare un disegno più regolare.
- Hn, meglio se smetti di tirare ad indovinare Sakura, fai di certo più bella figura... - Sasuke alzò il lato destro della sua bocca in un altro sorriso sarcastico, ma nel frattempo tutta la sua figura parve rilassarsi sempre più, come se in quel momento si stesse sentendo in pace.
- Ehi, non è colpa mia se non so riconoscere le costellazioni! A scuola non ce le hanno mai insegnate... - con sconforto ricordò quanto la professoressa di scienze si fosse sempre opposta all'insegnamento dell'astronomia, bollata come una materia "inutile, da inguaribili sognatori", mentre le più tangibili chimica, biologia ed anatomia erano le cosiddette scienze "buone, affidabili", per persone "concrete, con i piedi per terra". Scosse la testa, pensando che il compito di un'insegnante fosse quello di ampliare gli orizzonti del pensiero dei ragazzi, non di creare ulteriori ed in molti casi falsi luoghi comuni.
Sasuke sembrò notare quel suo cambiamento di umore e, alzando gli occhi al cielo, quasi fosse imbarazzato, le propose: - Posso sempre mostrartele io... Conoscevo una persona che ne era un vero esperto... -
- Chi? - le sfuggì dalle labbra prima di potersi fermare a riflettere. Il busto del ragazzo si irrigidì all'istante e lo sguardo si offuscò di un velo di tristezza: era evidente che quell'argomento fosse molto doloroso per lui e che parlarne lo mettesse a disagio.
Fu solo un sussurro. - Mio fratello... -
Sakura intuì dall'espressione sofferta e pensierosa del ragazzo che doveva essere successo qualcosa di grave alla sua famiglia, così decise per quella volta di lasciare cadere il discorso e tentare di recuperare l'atmosfera più leggera di prima, anche visto e considerato che non erano decisamente fatti suoi. Rimase in silenzio, ma si avvicinò alla spalla destra del moro e vi appoggiò la testa sopra, mentre rivolse di nuovo lo sguardo alle stelle. Sasuke parve inizialmente stupito, ma dopo poco capì le sue intenzioni e tornò a rilassarsi, contemplando il suo stesso spettacolo.
Fu proprio in quel momento, mentre era lì, in quella posizione che avevano assunto spontaneamente, l'oscurità della notte intorno a loro ma con un calore strano, inspiegabile razionalmente, ad avvolgerli, che Sakura fu colta di nuovo da quello strano sentimento che provava ogni volta che si avvicinava a lui.
Nostalgia. Straziante, dilaniante nostalgia.


Nda2: Chiedo ancora scusa per dipingere sempre Naruto in modo tanto infantile, ma vi assicuro che in futuro si riscatterà molto, in parte già dal prossimo capitolo (e poi ho in programma un flashback Naruhina che spero non deluderà i fans della coppia -.-'), è solo che ho bisogno di qualcuno che alleggerisca un po' l'atmosfera, capite vero?
Non fate mai quello che stava combinando Sakura alla fine! Non tutti hanno un forte ed immortale Sasuke Uchiha pronto al salvataggio!
Mi scuso ancora tanto, tantissimo per l'assenza; vorrei dirvi che sono ripresi gli aggiornamenti settimanali, ma non posso prevedere il futuro, quindi vi posso solo assicurare che mi impegnerò al massimo per non finire più MIA... So che, per ora, i capitoli sembrano "lenti", ma le cose si ravviveranno molto presto, già dal capitolo 7 si scoprirà qualcosa di molto importante, quindi non perdetevi d'animo!
Ringrazio tutti coloro che hanno recensito, messo la storia tra le preferite, seguite e da ricordare ed hanno inserito quest'umile autrice tra le preferite! Grazie davvero!
Alla prossima,
sasusakusara7

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** 7. Capitolo 7 ***


NdA: Guardate un po' chi ha aggiornato dopo una settimana, come aveva inizialmente progettato?!  Incredibile, vero?! Che dire, questo è un capitolo piuttosto lungo con un importante cliffhanger finale, spero apprezzerete! Vi auguro quindi una buona lettura!
Disclaimer: Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Masashi Kishimoto (splendido Kishimoto-sensei!); questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
 
 Capitolo 7
 
Rabbia. Cieca, funesta ed inedulcorata rabbia. E delusione. Tanta, tanta delusione. Quando quella mattina, dopo solo un paio di ore di sonno, si era svegliata nel "suo" morbidissimo letto, Sakura aveva un dolce sorriso soddisfatto stampato sul viso. Un inspiegabile dolce sorriso soddisfatto. Come unica giustificazione a quello stato di beatitudine poteva addurre l'immagine di lei e di un carismatico ed affascinante moro che contemplavano la volta stellata insieme, sulla cima di un tetto, con la testa di lei romanticamente appoggiata sulla di lui spalla. E cuoricini fluttuanti incorniciavano l'idilliaco quadretto. Ok, magari questa era un'esagerazione, ma era pur vero che, la sera precedente, mentre era accanto a Sasuke, aveva provato delle emozioni intensissime, più di tutte le altre volte in cui si era trovata a contatto con lui. E lui... lui le aveva pure accennato ad un fratello! Non solo contatto fisico, ma anche emotivo!
Sakura si ricacciò di peso sul suo letto e grugnì. Possibile che bastasse un bel faccino (appiccicato ad un altrettanto bel corpo, bisognava ammetterlo) per farla capitolare per quello che poteva essere un criminale psicopatico?! Passandosi entrambe le mani sul viso, ricordò tutte le volte che aveva guardato con rassegnazione quelle ragazze che, con espressione lussuriosa sul viso, commentavano con "lo leccherei tutto" o frasi simili il belloccio di turno che, viste tutte le attenzioni ricevute, non impiegava molto a trasformarsi in un arrogante ed egocentrico narcisista.
Lei si era sempre considerata una ragazza seria, al di sopra di tutte queste inutili questioni, mentre ora era costretta, a causa del suo subconscio traditore, a rimangiarsi tutta la sua dignità. Sì, perché proprio lei, Sakura Haruno, in tutto il suo vergognoso splendore, si era sciolta di fronte ad un Adone dalle losche intenzioni, gli aveva parlato, gli aveva chiesto di costellazioni e dei libri che leggeva, neanche fossero stati al loro primo appuntamento!
Un gusto acido le salì in gola assieme ad un moto di repulsione.
Basta. Quella parentesi delirante si chiudeva in quell'istante. Aveva un piano da attuare: conquistarsi l'amicizia del biondo, Naruto Uzumaki, per abbassare le sue difese psicologiche e tentare la fuga. Doveva concentrarsi solo su questo, solo su di lui. Per riprendersi la sua vita.
E, sperava, anche la sua sanità mentale.
XXX
 
Nonostante avesse passato tutta la notte precedente a contemplare le stelle, ritirandosi nella camera a lui adibita solo alle prime luci dell'alba e quindi accumulando al massimo un paio di ore di sonno, Sasuke si era risvegliato stranamente rinfrescato. Sicuramente il suo fisico immortale non necessitava delle canoniche otto ore di cui aveva sentito dire gli esseri umani difficilmente potevano fare a meno.
Ma sarebbe stato profondamente scorretto non ammettere che parte di quella vitalità era dovuta al modo in cui aveva trascorso quelle ore di veglia notturna. Contemplare le stelle, condividendo il calore del mantello che si era portato appresso insieme a Sakura che, appoggiata delicatamente sulla sua spalla, si era rilassata al punto tale che, un paio di volte, era certo avesse sonnecchiato: poteva forse, al momento, sperare in qualcosa di meglio?!
Quando il cielo aveva cominciato, in lontananza, a rischiararsi, aveva osservato la ragazza accanto a lui. I capelli rosa si erano accesi di un'insolita sfumatura albicocca, le guance lievemente arrossate come conseguenza della frescura della notte appena trascorsa. Sakura aveva guardato l'orizzonte, oltre le mura di cinta del distretto, con gli occhi semichiusi, in una lotta interna tra il bisogno di dormire e la testarda volontà di non perdersi lo spettacolo dell'albeggiare. Erano rimasti in silenzio, e Sasuke aveva guardato il sorgere del sole sulla pelle della ragazza che, troppo assorta dalla meraviglia di fronte a sé, non si era accorta della coppia di occhi di tenebra che la spiavano attenti.
Non appena il sole era sorto la ragazza si era come ridestata da un sogno e, con fare agitato e fibrillante, aveva cominciato a disperarsi perché era evidentemente giunto il momento di tornare all'interno della villa, e l'unica via percorribile era quella che richiedeva di aggrapparsi a cinque pioli metallici che, poche ore prima, per poco non erano stati causa della sua dipartita... Al solo ricordo del rischio corso, Sasuke si sentiva gelare il sangue nelle vene: la giovane non poteva immaginare quanto le parole che le aveva rivolto Naruto all'arrivo nella villa fossero vere: il suo tempo era contato, e Sasuke stava tentando in tutti i modi di tenerla lontana dai pericoli. Non aveva però tenuto conto del fattore anti-istinto-di-autoconservazione di Sakura...
Era riuscito a risolvere la situazione convincendola ad aggrapparsi a lui con il braccio sano e con le gambe allacciate intorno alla vita e, con qualche difficoltà data dalle dimensioni scarse della finestra, le operazioni di ritorno si erano svolte senza troppi problemi. Se si escludeva ovviamente la scossa elettrica che, era sicuro, non aveva attraversato solo il suo corpo durante quel contatto necessario... Aveva percepito l'irrigidirsi della postura della ragazza, durato appena un attimo, tuttavia aveva preferito non dire nulla per non rischiare di confonderla ancora di più o,peggio, di infastidirla. Una volta tornata "a terra", Sakura si era sbrigata a ringraziarlo per averla aiutata e si era incamminata, a passo svelto, verso la sua stanza. Sasuke dubitava che la giovane riuscisse a ricordare il percorso per raggiungerla, ma dall'atteggiamento aveva implicitamente comunicato di voler rimanere sola e lui non voleva opprimerla con la sua presenza: lì nella villa era al sicuro, e se proprio si fosse trovata in difficoltà, avrebbe scovato facilmente qualcuno della servitù che l'avrebbe aiutata. Anche lui si era ritirato nelle sue camere, con passo fiero che tradiva la soddisfazione che si sentiva turbinare dentro per il, seppur piccolo, traguardo raggiunto.
Il bussare alla porta della sua camera da letto lo riportò al presente.
- Avanti - rispose semplicemente mentre si passava addosso una spruzzata della nuova colonia che gli Hyuga gli avevano fornito; era entrato in contatto con i serpenti di Orochimaru un paio di giorni prima ed ora doveva mascherare il più possibile l'odore naturale della sua pelle, quelle bestiacce avevano un ottimo fiuto.
- Sasuke - fece Shikamaru con un cenno del capo, entrando nella stanza - Spero di non averti disturbato -
- Sono pronto per la colazione, mi stavo giusto recando nel salone -
- Bene, volevo avvisarti che sto per contattare la sede centrale dei Nara per vedere se sono riusciti a raccogliere nuove informazioni su Orochimaru. Vuoi che chieda qualcosa in particolare? - con le braccia incrociate ed il corpo appoggiato allo stipite della porta, il fedele stratega attendeva risposta.
- Ovviamente, la priorità assoluta è scoprire dove si trova il suo covo in questa città.
- Bene, come pensavo. Allora vado, vi raggiungo in sala da pranzo non appena ho finito, così potremo discutere - senza ulteriore indugiò, oltrepassò l'uscita e di dileguò.
Orochimaru.
Sasuke aggrottò la fronte, pensieroso. Il senso di colpa ed il ribrezzo che ancora provava per gli errori commessi nel passato continuavano a perseguitarlo incessantemente. Il moro dubitava che sarebbe mai riuscito a sbarazzarsene completamente ed una parte di lui si chiedeva se, in fondo, fosse necessario. Le scelte scellerate che aveva compiuto in passato erano state diretta causa della situazione attuale, ed il ragazzo non riusciva ad immaginare come una creatura empia e colpevole come lui potesse meritare il perdono. Tutta questa faccenda con Orochimaru era quasi una punizione, un'iniqua punizione che non provocava immenso dolore solo a lui, ma che al contrario coinvolgeva anche persone innocenti...
Orochimaru. Quel nome riempiva il suo sangue di un liquido cocente,puro odio che si diffondeva in tutto il corpo come una pestilenza, gli annebbiava la mente e gli tagliava il respiro. Orochimaru: l'essere a cui doveva tutte, tutte le sue sofferenze. E pensare che...
No. Scosse la testa. Non doveva andare con il pensiero là. Non doveva ancora rivangare il passato. Ora doveva essere forte. Sakura era la priorità. Si fidava di Shikamaru e di Neji e sapeva che era una buona scelta lasciare che, per ora, fossero loro a condurre le indagini per trovare il covo di quel maledetto. Lui si sarebbe dedicato a Sakura, ad aiutarla a ricordare di loro. Con l'incrollabile determinazione che lo distingueva ogniqualvolta si era prefissato un obiettivo, varcò la soglia della sua camera per recarsi nella sala da pranzo dove era stata predisposta la colazione e dove sapeva di poter trovare la giovane.
Perché sapere che ti ricorderai di noi è l'unica cosa che mi mantiene vivo.

 
XXX
 
Finalmente, dopo il fallimento completo dei suoi propositi del giorno prima, Sakura poteva ritenersi soddisfatta.
Quella mattina, mentre gustava la sua piccola charlotte di fragole, intervallata ogni tanto dal curioso gusto di qualche sorsata di tè caldo al lampone, aveva stoicamente e smaccatamente ignorato la presenza del "pericoloso" Sasuke Uchiha. Si era complimentata con sé stessa quando, con un movimento fluido e privo di incertezze, si era seduta al lato opposto della grande tavolata, all'estremità più distante. Per un attimo aveva temuto che il ragazzo si sarebbe spostato per sedersi accanto a lei (avevano passato tutta la nottata fianco a fianco come due teneri fidanzatini, il rischio che lui avesse frainteso c'era), ma grazie alla sorte, per una volta a lei favorevole, Neji gli aveva rivolto la parola dal suo posto a capotavola, e lui era stato "costretto" a rimanere fermo dov'era. Ben presto era entrato Naruto, tutto raggiante perché, in base alle sue parole, quella mattina il tempo era splendido (a quanto pare le stanze senza finestre erano riservate a lei).
Sempre memore della sua infelice condizione di prigioniera e determinata a mantenere fede al suo piano, Sakura gli aveva rivolto un saluto timido ma cordiale, come a voler comunicare soggezione ma con desiderio di apertura. Neji aveva immediatamente smesso di confabulare con l'Uchiha; il silenzio era piombato nella grande sala e i volti dei due giovani, solitamente stoici, avevano assunto un'espressione stupita e quasi, avrebbe osato dire, buffa. Naruto invece si era illuminato ancora di più ed aveva ricambiato con un acuto "Good morning, Sakura-chaaan!!!", mentre si era preso nuovamente la libertà di sedersi vicino a lei.
A quel punto lei gli aveva sorriso dolcemente e gli aveva chiesto cosa avesse in programma di mangiare quella mattina; il biondo non aveva esitato un istante a risponderle, quasi fosse normale per loro due avere un atteggiamento amichevole l'uno nei confronti dell'altra. Quando aveva storto il naso, sentendolo dire che avrebbe per la seconda volta ingurgitato quel "ramen" di primo mattino, l'Uzumaki era scoppiato a ridere ed aveva aggiunto, bonariamente, che "Non poteva lamentarsi delle sue scelte sul cibo proprio lei, che potendo avrebbe mangiato zucchero puro!"
"Ma al mattino è importante assumere zuccheri,servono per carburare" era stato il suo commento di rimando. Dopo questo scambio di battute, i due avevano continuato a parlottare tra loro per tutto il resto del pasto.
Shikamaru era arrivato almeno un quarto d'ora dopo Naruto, ma non si era offeso quando aveva visto che il gruppo aveva iniziato a mangiare senza di lui: si era diretto a passo deciso al posto a fianco di Neji, sul lato opposto del tavolo rispetto a Sasuke, e la misteriosa conversazione era ripresa tranquillamente. Il biondo non provò neppure una volta ad intervenire, troppo rapito dal nuovo atteggiamento partecipe della ragazza.
Sakura era confusa: da un lato si sentiva straordinariamente compiaciuta per le sue appena scoperte doti recitative, dall'altro, mentre vedeva il ragazzo gesticolare gioiosamente per raccontarle tutti i segreti che conosceva sul suo piatto preferito, un senso di calore e di tenerezza le invadevano il petto. C'era una stranissima aura di familiarità in quella scena, ed era inspiegabile tanto quanto quella forza che sembrava attrarla irrimediabilmente verso l'Uchiha e spingerla a stargli accanto, sempre...
Sakura scosse mentalmente la testa. Non doveva distrarsi! La minima debolezza ed i suoi pensieri sarebbero iniziati ad orbitare verso un carismatico tipo che si era ripromessa di evitare... e che ora sentiva che le stava lanciando occhiate di fuoco dall'altro polo della lunga tavolata.
La giovane non era mai stata sensibile alle occhiate delle persone: sapeva quando la gente la guardava solo perché, a sua volta, lei fissava gli altri; questa volta, però, lo sguardo del moro era come un raggio di sole: le arroventava la pelle anche senza che lei lo osservasse. E lo sforzo per resistere a contraccambiarlo era stato notevole, ma in gioco c'era la sua libertà e la possibilità di tornare a casa, dalla sua amata famiglia ed alla sua vita. Doveva concentrarsi su Naruto, sprecare tempo, energie ed interesse su chiunque altro sarebbe solo stato uno spreco, appunto.
In conclusione, la colazione era stata un successo. Sakura si era assentata un attimo con la scusa di andare a lavarsi i denti per riprendere il fiato e fissare il punto della situazione. Guardandosi nello specchio del bagno accanto alla sua camera (quello con la meravigliosa jacuzzi) si era stupita del suo aspetto: nonostante la nottata passata praticamente insonne, non le pareva di vedersi addosso delle occhiaie e il colorito del viso, seppure pallido come al solito, non era spento, ma luminoso e fresco. Evidentemente passare le notti con Sasuke le giovava...
- Sakura. Ripigliati. Ora! - si era ordinata, ad alta voce, aprendo con violenza il rubinetto dell'acqua fredda, freddissima e sciacquandosi il viso, stravolto ed arrossito per colpa dei suoi stessi pensieri traditori.
Mentre si passava lo spazzolino sui denti, con il dentifricio alla menta che annullava il dolce sapore della sua adorata charlotte, rifletté sulla situazione. Naruto si era dimostrato davvero entusiasta del cambiamento nel suo comportamento ed aveva superato qualsiasi sua rosea previsione. Probabilmente non si sarebbe lamentato se lei gli avesse chiesto di poter trascorrere del tempo con lui.
Dopo essersi risciacquata la bocca chiuse il rubinetto ed uscì speditamente dal bagno, con il preciso scopo di trovare Naruto. Constatato che aveva già lasciato la sala da pranzo, approfittò di un servo Hyuga, che passava di lì mentre portava gli ultimi piatti ormai vuoti nelle cucine.
- Ogni volta che viene a far visita il signorino Naruto è solito passare il suo tempo libero nel cortile della villa insieme ad Hinata-hime... Non so, forse, anche se la padroncina non c'è, potrà comunque trovarlo lì, signorina... - rispose quello meditabondo, grattandosi la testa con la mano libera dai piatti.
- Cortile?! - esclamò lei, con l'interesse punto sul vivo. Poteva davvero sperare di farsi indicare la via per questo fantomatico cortile, tentando in seguito la fuga?! Il ricordo delle alte mura di cinta del distretto la scoraggiavano, ma riuscire ad uscire da quella villa era comunque un risultato... Oppure era troppo presto, ed anche se fosse riuscita a scappare da quella dimora sarebbe stata ripresa subito dopo?!
Quasi avesse letto nella sua mente, il giovane Hyuga (dall'aspetto poco più che ventenne) continuò: - E' un cortile interno. Tutto circondato dalle mura della villa. Non si deve preoccupare. Se vuole raggiungere il signorino Naruto prosegua per quella direzione, il corridoio è lungo e senza diramazioni, dovrebbe trovarlo facilmente - ed aveva concluso con un sorriso che le era parso sincero, per poi girare i tacchi ed incamminarsi verso le cucine.
Sakura era rimasta spiazzata. Un cortile interno. Di nuovo nessuna via di fuga all'orizzonte! Per di più, si era fatta pure prendere in giro da un perfetto estraneo.
- "Tutto circondato dalle mura della villa. Non si deve preoccupare" Ma chi si preoccupa?! Chi, chi mai potrebbe preoccuparsi di avere una possibilità di tornare alla libertà?! Mannaggia a tutti questi pazzi sequestratori psicopatici che non solo ti rapiscono, ma poi si prendono pure gioco di te... Ma chi me l'ha fatto fare a me l'altra mattina di farmi venire un attacco di panico! Niente attacco di panico, niente ambulanza guidata da tipi loschi, niente giovani-ed-aitanti-ragazzi-finti-salvatori-in-realtà-a-loro-volta-criminali... - nel mezzo di tutto quel collerico bofonchiare, Sakura non si era accorta di aver imboccato il corridoio con un deciso passo di marcia.
- Oh, sei tu, Sakura-chan! Avevo sentito qualcuno che parlottava tra sé!  - Naruto le era comparso improvvisamente davanti appena superato un angolo del corridoio e la ragazza per un attimo trasalì, sorpresa. Voleva conquistarsi la sua fiducia, certo, ma ciò non significava che anche lei potesse cominciare a fidarsi a sua volta: doveva sempre tenere a mente il piano, si era già "distratta" fin troppo a causa di un certo misterioso, affascinante moro...
Scuotendo la testa per ricacciare indietro pensieri pericolosi su di un tipo ancora più pericoloso, Sakura avanzò verso il giovane di fronte a lei e sussurrò, con finta aria impacciata: - Scusa, Naruto-kun, non volevo spaventarti, è solo che... -
- Ah no eh! Fermi tutti! - venne bruscamente interrotta dalla voce squillante del ragazzo, che la raggiunse con passi frettolosi e, dopo averla presa saldamente per il braccio "sano", la scosse animatamente - Non provare mai più a chiamarmi così! Sai come mi riduce il teme se scopre che mi sono lasciato chiamare in quel modo! -
Sakura era onestamente confusa quando replicò: - Scusa, credevo che non ti dispiacesse se ti chiamavo per nome, cioè, dal tuo modo di fare io... - Ma pensandoci con più attenzione, si rese conto che Naruto non le aveva impedito di chiamarlo per nome perché fosse assolutamente contrario e dalla sua postura sembrava più allarmato che infastidito o arrabbiato. Aveva detto qualcosa sul teme...  
- Noooo! Nononononono, Sakura-chan! Non intendevo quello! - la mano del biondo lasciò subito il suo braccio per seguire l'altra in una specie di danza aerea che enfatizzò le parole appena pronunciate - Puoi, anzi devi - e qui un sorriso dolcissimo comparve sul viso abbronzato - chiamarmi per nome. Solo ti supplico di non aggiungere nessun -kun alla fine, sai com'è, mi piace vivere e, teme permettendo, mi piacerebbe continuare a farlo... -
- Ma cosa c'entra Sasuke? - se non ricordava male, Naruto usava quel termine solo per rivolgersi all'Uchiha, ma non le pareva che il moro si fosse mai opposto alle loro chiacchierate; al contrario, aveva sempre lasciato che il ragazzo dagli occhi cerulei le parlasse liberamente e tentasse di confortarla in tutti i modi possibili. Usare un suffisso come il -kun, che denotava una sorta di rispetto, non le pareva maleducato o inadeguato, quindi non capiva per quale possibile motivo quel tizio avrebbe potuto risultarne contrariato. D'accordo, era un tipo un po' ombroso e riservato, ma...
- Vedi, è una storia lunga... - lo sguardo del giovane di fronte a lei si addolcì e rattristò al tempo stesso - ... e non credo di avere il diritto di raccontartela. E' qualcosa che riguarda voi due quindi... -
Prima che potesse domandargli alcunché (e quell'ultima frase aveva suscitato ancora più curiosità di quanta fosse riuscita a placare), l'Uzumaki parve riscuotersi dallo stato di trance nel quale era parzialmente caduto.
Con un sorriso entusiasta e gli occhi limpidissimi esclamò: -  Ma adesso basta con queste stupidaggini! Per te sono semplicemente Naruto, niente suffissi e formalità, ricordalo sempre! -
Il cuore di Sakura venne investito da un'ondata di calore, un'emozione molto diversa da quella che provava quando era accanto all'Uchiha, ma comunque altrettanto intensa: era come se fosse stata avvolta da un sottile ma morbidissimo velo di dolcezza, quasi avesse ricevuto una dichiarazione d'affetto da parte di un amico che non vedeva da molto e che la rassicurava che nulla tra loro era cambiato. E, anche se tutto questo era solo una sua sensazione, fallace peraltro, dato che conosceva quel ragazzo da pochi, pochissimi giorni, un unico pensiero riuscì a farsi strada dalle sue labbra, in un sussurro.
- Naruto, grazie. -

 
XXX
 
Dire che Sasuke era infastidito poteva essere l'eufemismo del secolo. Dopo la colazione infernale si era rintanato nello studio privato di Neji, che aveva già percorso interamente almeno un centinaio di volte per tentare di calmare la furia nefasta.
La mente traditrice tornò per l'ennesima volta alla scena di quella mattina, nella sala da pranzo, ed il ragazzo si ritrovò a digrignare i denti.
Non solo Sakura lo aveva evitato con estrema e quasi maniacale attenzione, riuscendo a non incrociare il suo sguardo nemmeno per una misera, accidentale volta.
Non solo si era seduta nel posto strategicamente più lontano dal suo, di modo da fugare ogni possibile occasione per entrare in contatto.
Non solo aveva smaccatamente ignorato le occhiate intense che lui le aveva rivolto, quasi avesse voluto catturare gli occhi di giada della ragazza con i suoi intensi specchi di onice.
Non solo a quanto pare lei pareva voler dimenticare, o fingere di aver già dimenticato, tutto quello che avevano passato il giorno prima, quei momenti bellissimi ed un po' nostalgici sul tetto di villa Hyuga, quel sentimento che sapeva, era certo di non aver provato solo lui...
No, tutto questo a quanto pare non bastava. Sì, perché quella mattina l'insopportabile ragazza aveva pure "avuto l'ardire" di parlare con il suo migliore amico, il dobe, conversando esclusivamente con lui, ridendo alle sue stupide battute, guardando lui e lui solo, quasi fosse il centro esclusivo del suo universo...
Sasuke si bloccò di scatto, fermandosi nel mezzo esatto della stanza e fissando con sguardo assassino l'orologio a pendolo di fronte a lui. No, non era geloso. Non poteva essere geloso del dobe. Sapeva che il rapporto tra Sakura e l'Uzumaki era sempre stato molto stretto, ma sapeva anche che non era mai stato un rapporto d'amore, non nel senso romantico del termine. Non nel senso che intendeva lui quando pensava di amare Sakura.
Ma ora la ragazza non si ricordava di loro, cosa mai avrebbe potuto impedirle di sentirsi attratta da un ragazzo solare, che non si faceva problemi a parlare e scherzare liberamente con lei, preferendo la sua compagnia a quella forse un po' deprimente di lui?! No! Non doveva pensare così! Lui e Sakura si amavano, e lei e Naruto erano amici, questo era tutto. Come era e come sempre sarà... La sua anima e quella di Sakura si erano sempre amate e chiamate, Sasuke non doveva dimenticarlo, non doveva lasciarsi controllare da pensieri negativi... Sì, lei era la sua Sakura tanto quanto lui era il suo Sasuke.
Ma, anche una volta domata la gelosia, rimaneva comunque un altro problema. La ragazza lo evitava. Ed era fermamente intenzionata a farlo. Il moro poteva comprendere il perché di quell'atteggiamento. Premesso che anche lei sicuramente aveva provato un'intensa emozione, dettata dal suo inconscio, quando il giorno prima gli era stata vicina, ora era confusa e spaventata. Sentimenti apparentemente ingiustificati per uno sconosciuto stavano emergendo e la reazione della giovane era stata automatica: negazione e fuga. Tutto ciò era completamente giustificato e Sasuke capiva, capiva perfettamente che la ragazza agiva sotto la guida di un innato istinto di autodifesa, soprattutto considerato che nessuno si era ancora degnato di spiegarle il motivo della sua permanenza a villa Hyuga... Non poteva escludere che la ragazza si sentisse addirittura prigioniera in quel posto, ed il fatto che, la sera prima, si fosse spinta a seguirlo silenziosamente, con fare indagatore, era da ricollegarsi proprio ad un possibile tentativo di fuga.
A quel pensiero, l'Uchiha serrò la mascella, in un moto di rabbia. Non incolpava Sakura per quei pensieri nefasti, tuttavia la possibilità che le cose stessero sfuggendo al suo controllo lo rendeva impaziente e suscettibile. Il giorno addietro si era rilassato, aveva ottimisticamente - ed erroneamente - pensato che lui e Sakura stessero ricominciando a costruire un rapporto, che lei non fosse restia a seguire il legame che il suo subconscio chiaramente sentiva, o quantomeno che non volesse opporvisi con tutte le sue forze. E invece...
E lui che, ingenuo, le aveva pure accennato di suo fratello! In quel momento l'aveva sentita vicina, era tornata la sua Sakura, che lo sapeva avvolgere in un'aura di dolcezza, di amore puro, incondizionato, che non pretendeva spiegazioni, ma lasciava che fosse lui ad aprirsi, al momento giusto; aveva anche sorriso dei suoi tentativi di intavolare una discussione sull'astronomia, si era lasciato cullare da quella vicinanza e da tutte le emozioni che riusciva ad evocare.
Ma era stato tutto un'illusione. Lei non voleva quel contatto tra le loro anime che il tempo e lo spazio non avevano mai scalfito e che mai sarebbero riusciti a scalfire. Era ancora troppo presto.
Il moro abbassò le spalle in segno di sconfitta. Doveva conquistare la sua fiducia. Finché non si fosse sentita al sicuro con lui, Sakura non avrebbe mai abbassato la guardia: anche se ogni suo istinto le diceva il contrario, la voce della ragione le imponeva di prendere le distanze e lei aveva scelto di darle retta. A quel punto, c'era una sola cosa da fare.
Sasuke sospirò. Avrebbe dovuto raccontarle la verità, seppure ogni fibra del suo essere si opponesse all'idea di causarle ancora, per l'ennesima volta, quello straziante dolore.  
XXX
 
Alla fine Sakura aveva davvero finito col seguire Naruto nel cortile di villa Hyuga. L'area, efficacemente circondata da tutti i lati dalla dimora stessa, si stendeva su una superficie quadrangolare di almeno una sessantina di metri quadrati ed era chiaro che, durante la primavera, la famiglia si adoperava per svilupparlo in un rigoglioso e verdeggiante giardino.
- Vedi laggiù in fondo?! - l'Uzumaki di fianco a lei indicò l'angolo destro più distante - In estate là fioriscono degli splendidi girasoli! Vedrai che spettacolo, Sakura-chan! -
A quelle parole, che il biondo aveva pronunciato rivolgendole contemporaneamente un sorriso raggiante, la ragazza rabbrividì. Erano in autunno inoltrato e lui aveva lasciato intendere che lei sarebbe rimasta lì fino all'estate! Dunque, il motivo del rapimento non era una richiesta di riscatto, proprio come sospettava... Il pensiero che quei tizi avessero un piano a così lunga scadenza la inquietava non poco, perché le faceva intuire che probabilmente avevano preso misure di sicurezza molto avanzate ed avevano una buona organizzazione che assicurasse loro l'impunità.
- ...Poi, vediamo, qui al centro il capoclan, Hiashi, pianta sempre gerbere bianche e gialle, ma da qualche tempo sono riuscito a convincerlo a metterne anche qualcuna arancione. Perché sono belle le gerbere arancioni, no?! O magari sono un po' di parte, sai, a me l'arancione piace parecchio... Dunque, nell'angolo lì vicino a te, alla tua sinistra, Neji vuole sempre che vengano piantati gigli bianchi, mentre in quello a destra cambiano tipo di fiore ogni anno: l'anno scorso hanno usato le viole del pensiero... Dovevi vederle, Sakura-chan! Erano proprio bellissime! Cavoli, se solo fossimo in estate, che spettacolo sarebbe... -
La sua mente stava vagando, persa in un labirinto di idee tutte inesorabilmente angoscianti, perciò non si accorse che Naruto (che in quanto a logorrea era riuscito anche a battere la famosa "Sakura-nemica-numero-1-dei-silenzi-imbarazzanti") si era mosso ed aveva raggiunto l'angolo alla sua sinistra, di fronte all'area adibita ai girasoli.
- E qui, come puoi vedere... - disse, l'espressione del viso fattasi d'un tratto seria e pensierosa - ...qui c'è un albero di ciliegio giapponese -
Sakura guardò il ragazzo, perplessa. Il suo atteggiamento era cambiato con la stessa velocità con cui cambia il vento: tanto quanto prima era apparso solare ed espansivo, ora sembrava malinconico e quasi addolorato. Stava accarezzando con la mano destra la corteccia dell'albero e ne ammirava i rami, spogli a causa della stagione.
- E' una pianta ornamentale e ho chiesto personalmente ad Hiashi Hyuga di poterne mettere una nel giardino della villa principale di  ogni distretto, sapevo che avrebbe fatto piacere al teme... Quando in primavera veniamo qui, o in qualsiasi altra villa della famiglia, lo si può trovare spesso a contemplare gli splendidi fiori rosa che pendono dai rami e danzano nella brezza... Fiori così belli, destinati a morire nel pieno del loro splendore... Hanno lo stesso colore dei tuoi capelli, Sakura-chan... Sono...come... - la voce del ragazzo si era incrinata e, anche da lontano, Sakura poteva vedere che gli occhi di lapislazzuli erano velati di lacrime - ...te...I fiori di ciliegio giapponese, i Sakura, sono proprio come te... - le parole erano ormai ridotte ad un sussurro.
In quel preciso momento, il petto di Sakura si strinse come in una morsa. No, non era un attacco di panico, di questo ne era sicura. Non era neppure propriamente un dolore fisico; le pareva quasi... sofferenza. Sì. Vedere Naruto, da sempre solare, così cupo e malinconico, aveva suscitato in lei una reazione empatica automatica e profonda.
- Naruto... - mormorò. Non voleva che quel ragazzo provasse dolore. L'impulso di andare da lui, di consolarlo ed abbracciarlo, rassicurandolo, neppure sapeva per cosa, quell'istinto ancestrale che si impossessò di lei era inspiegabile.
- Sakura-chan... - l'Uzumaki porse la mano sinistra verso di lei, lo sguardo, di nuovo dolce e caloroso, rivolto al suo ed un sorriso rilassante che gli impreziosiva le labbra - Vieni qui, dai... -
Un sorriso amichevole. E la sensazione che provava accanto a lui era proprio quella di avere vicino un amico, l'amico, quello speciale, quello cui si confida tutto ed in cui si confida. Il migliore amico.
Per l'ennesima volta da quando era iniziata tutta quella misteriosa faccenda, Sakura si trovò come guidata da una parte subliminale della sua anima. Lo raggiunse e strinse la mano nella sua. Entrambi si misero ad osservare quell'albero spoglio, destinato ogni anno a morire con la promessa costante di tornare a fiorire in primavera, di tornare a vivere una breve, effimera vita, sempre, in un ciclo senza fine...
- Ti supplico, Sakura-chan - fece lui, continuando a guardare dritto davanti a sé - Non avere paura di me, Sasuke, Shikamaru e Neji... Ti scongiuro... Noi vogliamo proteggerti. Fidati di noi -
Sakura studiò il suo profilo, di certo non aristocratico come quello dell'Uchiha, ma rassicurante e quasi familiare.
"Vorrei, Naruto. Non sai quanto."
XXX
 
Dallo studio in cui si trovava, Sasuke aveva sentito un rumoroso vociare e, riconosciuta la voce come appartenente all'amico, si era affacciato alla finestra che dava sul cortile. Lì, con sua grande sorpresa, aveva visto il dobe impegnato a mostrare a Sakura il giardino. E l'albero di ciliegio. Sakura.  Sasuke aggrottò la fronte. La ragazza aveva stranamente accettato la mano che l'Uzumaki le aveva teso, ed ora quei due se ne stavano, beati e pensosi, mano nella mano, in un'atmosfera tranquilla e pacifica.
Sasuke poteva anche non essere geloso, perché sapeva che la natura del rapporto tra i due non era romantica, che Naruto aveva la sua Hinata e che Sakura, in fondo, rimaneva la sua Sakura; poteva anche essere felice che, dopotutto, il subconscio della giovane stesse dimostrando il desiderio di tornare da loro. Ma non riuscì a reprimere il moto di invidia che provava nel vedere l'amore della sua vita ed il suo migliore amico così vicini, quando lei aveva cercato di mantenere distanza tra loro.
Perché, in fondo, voleva che Sakura stringesse la sua, di mano.
XXX
 
Da allora i giorni erano passati in una sorta di gioiosa e vivace tranquillità, con lei e Naruto che erano diventati automaticamente inseparabili durante le ore del giorno. Sakura continuava imperterrita nella sua missione, con un martellante senso di colpa che mai riusciva a placare completamente. Questo la rendeva irrequieta, ma per la riuscita del piano era fondamentale che apparisse in pace, mansueta ed affidabile. Guardare l'Uzumaki e pensare di tradirlo la addolorava, non poteva negarlo: sembrava un'anima così pura ed amorevole, come poteva essere tutto un atto?! Poteva davvero una creatura simile essere un rapitore?! Non si stava forse sbagliando, magari travisando tutto a causa del suo pessimismo?! Avrebbe davvero dovuto fidarsi di lui, come il ragazzo le aveva peraltro ripetuto più volte di fare?! Senza contare che le aveva pure detto di volerla proteggere, anche se ciò la spaventava, in quanto lasciava sottintendere che lei fosse ancora in potenziale pericolo.
Era con questo tormento interiore che, la sera del quarto giorno dall'inizio dell'operazione "Conquista-Naruto", Sakura si approcciò alla tavola da pranzo per cenare con il solito gruppetto. Come d'abitudine, Naruto si era seduto alla sua sinistra, e, sempre come d'abitudine dopo la seconda colazione passata assieme, l'Uchiha si era piantato esattamente di fronte a lei: anche solo per versarsi da bere, doveva incrociare lo sguardo con quello pungente di lui (Neji, notando il disagio dei primi giorni, aveva disposto che la servitù si limitasse a servire le portate, per poi ritirarsi nelle cucine: l'idea di farsi riverire in tutto e per tutto non le era mai piaciuta).
In quei giorni il comportamento del moro era stato contraddittorio ed enigmatico: se da un lato non si era mai opposto alle conversazioni tra lei ed il biondo, anzi era sempre sembrato ben lungi anche solo dall'idea di intromettersi, dall'altro  non aveva mai distolto, neppure per un istante, gli occhi da lei.
Sakura si sentiva spiata, e le sue occhiate erano ogni volta come ferri arroventati; dopo un paio di giorni si era arresa all'idea di non guardarlo neppure di sbieco ed aveva cominciato saltuariamente ad osservarlo a sua volta. Con le parole si rivolgeva a Naruto, ma con gli occhi intratteneva talvolta una conversazione del tutto indipendente con l'Uchiha, che era costantemente inquieto: nelle iridi color petrolio aveva più volte scorto una profonda angoscia, ma la mascella rimaneva serrata e la bocca era perennemente chiusa se non per ingurgitare i bocconi di cibo ed i sorsi d'acqua. Era evidente che qualcosa in lui lo turbava, ma il ragazzo si rifiutava ostinatamente di capitolare ed ammettere il suo malessere.
La stessa scena si stava ripetendo quella sera: questa volta Naruto aveva cominciato a dire che sua madre e suo padre, Kushina Uzumaki e Minato Namikaze, erano appena tornati nella villa principale di famiglia dopo un lungo viaggio e quindi gli avevano scritto una lettera chilometrica che descriveva come avevano passato il tempo. Il ragazzo le stava facendo il resoconto dettagliato, tuttavia Sakura si rese conto che non riusciva a concentrarsi su nessuna delle parole del giovane. Infatti era una di quelle volte in cui stava contemplando la sua stessa immagine riflessa in due dolenti pozze color pece.
Sasuke Uchiha. Di fronte a lei. In tutto il suo splendore. In tutta la sua tensione trattenuta. Come una scultura per metà ancora prigioniera del suo stesso blocco di marmo. Come una melodia incompiuta. Come una vita non vissuta.
E, a quel punto, qualcosa scattò in lei. Voleva vedere una reazione in lui, voleva sentire l'intensità di quel giovane anche da qualcos'altro che non fosse lo sguardo. Voleva che lui manifestasse i suoi sentimenti, le sue emozioni. Non capiva neppure lei da dove nascesse questo suo desiderio, sentiva solo che ne aveva bisogno.
Ho bisogno di sapere che ti importa davvero.
Le veniva in mente solo un modo in cui, a quanto pare, sarebbe potuta riuscire nell'intento.
Continuando a mantenere il contatto visivo con lui, approfittò della pausa che Naruto aveva fatto per masticare i noodles del ramen che aveva ingurgitato. Sorridendo mellifluamente all'Uzumaki, mormorò:
- Oh, è davvero tutto molto interessante, Naruto-ku-
La risposta fu ancora più immediata e potente di quanto avrebbe mai potuto sperare. Come quando un elastico teso si spezza, una diga si rompe, una montagna frana.
Sasuke con uno scatto repentino e violento si alzò dalla sedia, che cadde rovinosamente a terra. La furia totale, cieca sul suo volto era uno spettacolo affascinante ed inquietante al tempo stesso. Sakura per un attimo ripensò al concetto del sublime nella letteratura romantica, di fronte alle forze incontrollabili della natura. Le mani del moro si erano posate con impeto sulla tavola e Sakura giurò che i suoi occhi erano per un attimo diventati rosso rubino (rosso sangue), come era accaduto quella notte, sul tetto della villa.
La ragazza era rimasta a bocca aperta di fronte a quell'imponente figura che si stagliava con tutta la potenza della sua rabbia. Accanto a lei, Naruto stava tentando di farfugliare qualcosa, intimorito dalla reazione dell'amico; Neji e Shikamaru non si erano ancora mossi ed erano rimasti in silenzio, guardinghi ed attenti nell'analizzare la situazione.
- Adesso, basta. Vieni con me. - ringhiò l'Uchiha con tono che non ammetteva repliche.
- Sasuke, dai... - Shikamaru tentò di intromettersi, ma venne prontamente zittito.
- Io e Sakura dobbiamo chiarirci, non è vero?! - la voce era solo fintamente fredda, e quando si rivolse a lei la ragazza si pentì di aver azzardato quella mossa... Possibile che bastasse aggiungere un misero -kun alla fine di un nome per farlo ammattire a quel modo? Ma dov'era finita?!
Alla sua evidente esitazione, il moro circumnavigò la tavola e le si mise accanto. Dopo averla fulminata con lo sguardo per l'ennesima volta, le prese il polso sinistro e la condusse a passo deciso fuori dalla sala, mentre gli altri ragazzi lo chiamavano in lontananza.
- Chi scherza col fuoco... - le parve sentirlo commentare a bassa voce, mentre entravano in quello che aveva tutta l'aria di essere uno studio.
L'Uchiha aveva prontamente richiuso la porta alle sue spalle e Sakura stava tentando di capire cosa stava succedendo, ancora spaesata da quella reazione sproporzionata, molto più drammatica di quanto si sarebbe aspettata.
- Smettila - sibilò Sasuke, il volto impassibile ma gli occhi infuocati - Pensi che non sappia cosa stai tentando di fare con Naruto, eh Sakura? Conquistare la sua fiducia per fargli abbassare la guardia... Beh, non ti riuscirà, ci hai già provato una volta, un paio di secoli fa... -
- Ma che stai dicendo?! - sbottò a quel punto la ragazza, spinta dalla cocente delusione di aver visto il suo piano sfumare e dall'esasperazione per l'insensata ed assurda frase del moro - Come puoi accusarmi di qualcosa che dici avrei già fatto letteralmente secoli fa?! Ti do una dritta: io secoli fa non ero neppure nat-
- Sei maledetta - tagliò corto lui, guardandola fisso, e poi non aggiunse più altro, come se stesse aspettando una reazione da parte di lei.
A quel punto Sakura lasciò perdere ogni possibile forma di contegno ed ogni possibile timore verso il suo rapitore: con la bocca ancora spalancata per lo stupore di fronte all'audacia  di quel comportamento villano (ma di che si stupiva? Non era pur sempre il tizio che l'aveva sequestrata?!) cominciò a sbraitare, senza accorgersi che, nel frattempo, il suo corpo si avvicinava automaticamente a quello del moro: - Come-come ti permetti?! Mi costringi a restare qui, lontano dalla mia vita e dai miei cari, non mi dici cosa vuoi da me, cosa speri di ottenere, e pensi che io non cerchi di trovare il modo di tagliare la corda?! Come osi insultarmi per questo! Darmi della maledetta! Ah! Beh, se io sono una maledetta, tu sei un... uno... -
- No, Sakura, non hai capito... - la interruppe, prima che lei si lanciasse in quella che aveva l'aria di diventare una nutrita sequela di insulti, gli occhi di tenebra che bruciavano quelli di lei con la loro intensità, le mani che la trattenevano per entrambe le braccia - Intendo seriamente. Tu sei maledetta. -
A quelle parole, e soprattutto alla serietà con cui erano state pronunciate, un brivido le attraversò la schiena. - C-cosa...?! - fu tutto ciò che riuscì a balbettare.
A quel punto Sasuke distolse lo sguardo per puntarlo verso il pavimento, l'espressione sofferta del suo volto non faceva altro che aggiungere una nota struggente alla sua già straordinaria bellezza.
- E' giunto il momento che tu scopra la verità su te stessa e su chi sono io - la sua voce non era che un sussurro - o meglio, su cosa sono... -



NdA2: ...e ora alzi la mano chi è andato subito a curiosare la fine del capitolo senza leggerlo dall'inizio, dopo le note iniziali!
Scherzi a parte, mi scuso se l'incipit del capitolo è sembrato lento, ma volevo riassumere i pensieri di Sasuke e Sakura sulla notte precedente, per far capire il punto di vista di entrambi circa il loro "rapporto": un po' mi spiace per Sasuke, per una volta che pensava più in positivo...
Il prossimo capitolo, come avrete sicuramente già intuito, sarà molto importante e spero davvero di poterlo pubblicare senza farvi attendere troppo ;)
Ringrazio, come sempre, tutti coloro che hanno recensito e chi continua ad inserire questa storia tra le preferite, le ricordate e da seguire... Siete davvero fantastici!
Alla prossima,
sasusakusara7

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** 8. Capitolo 8 ***


Eccomi tornata con un capitolo che spero troverete intenso... Quindi bando alle ciance: vi auguro una buona lettura!
Disclaimer:: Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Masashi Kishimoto (unico Kishimoto-sensei!); questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
 
Capitolo 8
 
- C-che vuoi dire? Cosa significa "che cosa sono"?! Se ti riferisci al fatto che sei un rapitore, tranquillo, lo avevo già capito! E smettila con questa storia che sono maledetta! - c'era una venatura di disperazione nel tono della sua voce, una venatura che Sakura non gradiva affatto. Detestava sentirsi così debole ed in balia degli eventi o, peggio ancora, dei capricci di un gruppo di delinquenti più grandi di lei.
Sasuke era rimasto imperturbato, la sua espressione imperscrutabile.
- Prima di approfondire quella storia, è giusto che tu sappia con chi hai a che fare, non credi? - le rispose dopo alcuni secondi, voltandosi e dandole le spalle. Si diresse verso la scrivania nel centro dello studio, aprì il primo cassetto alle destra della poltrona ed estrasse qualcosa che, alla luce artificiale delle lampade, appariva lucente e di colore metallico. Quando le si avvicinò di nuovo, Sakura capì finalmente di cosa si trattasse.
Un tagliacarte, un affilatissimo tagliacarte. Un'ondata di terrore la  travolse. Cosa voleva fare con quella che era a tutti gli effetti un'arma? Torturarla? Ucciderla?! La ragazza scattò indietro, una scossa di energia le invadeva il corpo, forse adrenalina. Era pronta alla lotta: se proprio doveva morire per mano di uno squilibrato, si sarebbe battuta con le unghie e con i denti, fino all'ultimo. Non era mai stata una combattente, ma tutta quella situazione aveva temprato il suo spirito e a quanto pare era giunto il momento di dimostrarlo.
Il ragazzo tuttavia si era fermato a circa un metro da lei e non sembrava intenzionato ad attaccarla. La giovane sollevò il capo (aveva tenuto sino ad allora gli occhi fissi sulla lama) ed incrociò lo sguardo dell'Uchiha, rivolgendogli un'espressione interrogativa.
- Bene, Sakura - cominciò lui, giocherellando con la lama con estrema nonchalance - ciò che ti rivelerò avrà dell'incredibile, per te, quindi suppongo di doverti dimostrare che tutto ciò che dirò è vero. Sai, non vorrei che pensassi che sono un pazzo... -
Così dicendo, impugnò con fermezza il manico del tagliacarte nella mano destra e, con un movimento rapido e deciso, si conficcò la lama nella spalla sinistra, per poi farla affondare nella carne e trascinarla giù, lungo tutto il lato interno del braccio, lasciando dietro una rabbiosa e sanguinolenta scia scarlatta. 
Alla vista della carne viva, Sakura lanciò uno straziante grido, a pieni polmoni.

 
XXX
 
Sasuke emise un piccolo grugnito di dolore. Non era mai piacevole ferirsi. Anche se il taglio si sarebbe rimarginato in poco tempo, il male che provava in quel momento era comunque sempre notevole. Sentì il puntuale grido disperato di Sakura. Sorrise tra sé. Una reazione più che comprensibile: anche se lo considerava un criminale - pensava davvero di essere sequestrata? Anche dopo aver capito che era libera di girare per la villa? Anche dopo aver parlato per giorni con Naruto? Anche dopo quella notte, sul tetto... -, nonostante probabilmente lo considerasse un essere umano abbietto, la ragazza aveva un'indole altruista e generosa, e sicuramente assistere a quella scena doveva averla sconvolta nel profondo. Dopotutto, la ferita che si era provocato rappresentava una condanna a morte certa per qualsiasi essere umano, se non curata prontamente da un bravo chirurgo. 
Non erano passati neppure un paio di secondi che Sakura si era precipitata accanto a lui, prendendo tra le mani il bracco da cui continuavano a sgorgare fiotti di sangue.
- C-che cosa hai fatto?! Perché? PERCHE' LO HAI FATTO?! Oh, mio... Sasuke... - aveva gli occhi spalancati in un'espressone allucinata, la sua lucidità che stava scivolando via proprio quando Sasuke sapeva che lei ne avrebbe avuto maggiormente bisogno - La ferita, b-bisogna tamponare la ferita e tenere pressato... Troppo sangue, non devi più perdere altro sangue... - 
L'Uchiha la guardò in viso; aveva gli occhi color bosco velati di lacrime e tutta la sua figura tremava vistosamente mentre tentava di togliersi la maglia per usarla per fermare l'emorragia - Bisogna chiamare un'ambulanza! Devo avvertite Naruto! Dov'è Naruto?! NARUTO! NARUTOOO!!! Maledizione Sasuke! Perché l'hai fatto, perché... - l'isterismo, nella sua voce quanto nei suoi comportamenti, aveva raggiunto livelli apicali. 
- Sakura, calmati - tentò di riportarla alla ragione, impietosito da quella vista, ma lei sembrava completamente sopraffatta. 
- Come puoi dirmi di calmarmi! Io... voglio... essere un medico... Non posso lasciare che tu muoia davanti a me, in modo così sconsiderato e-e stupido! Non lo permetterò! Io... - ora le lacrime le rigavano le guance liberamente, senza  più nessun contegno.
- No, Sakura, davvero. Calmati e guarda con maggiore attenzione - sussurrò lui con la voce più rassicurante che riuscì a trovare.
- Come puoi insistere, è la tua vita che è in peric- mentre la giovane era intenta a controbattere puntò gli occhi sulla ferita. 
Sasuke la vide aggrottare la fronte e portarsi più vicino al viso il di lui braccio, per ispezionarlo meglio. L'aria perplessa e spaesata che adottò in quel frangente fece intuire al moro quello che lei aveva visto. Sentiva anche lui che il taglio si stava cominciando a rimarginare, percepiva gli strati dei vari tessuti che si stavano riparando, il sangue non sgorgava più ed i lembi di pelle sembravano attrarsi l'un l'altro come una calamita con un pezzo di ferro, chiudendo così la lacerazione. 
Era iniziato il processo di rigenerazione
Nel giro di un'ora, un'ora e mezza al massimo, sul suo braccio non sarebbe rimasta neppure una piccola, insignificante cicatrice.
- Ma cosa... - lo stupore e l'incredulità sul volto della ragazza erano evidenti. Le sue iridi chiare cercarono quelle scure di lui, una domanda inespressa pronta ad esplodervi dentro. Sasuke attese pazientemente che lei trovasse il coraggio per formularla, non doveva metterle fretta, lo sapeva. Già il fatto che non si fosse scostata terrorizzata di fronte al fenomeno inspiegabile manifestatosi di fronte a lei doveva essere preso come un buon segno. In quel momento si stava decretando lo sviluppo del loro futuro assieme e lui non doveva dimostrarsi né freddo né aggressivo. 
- Questo... non è possibile... Tu... non sei umano... - il modo con cui la ragazza continuava ad osservargli il braccio in un misto di sgomento e fascino verso l'ignoto aveva un che di accattivante.
- Corretto - fu il sintetico commento.
A quelle parole, Sakura si era scossa dal suo stato di stupore e lo aveva squadrato, sorpresa: - Corretto? Corretto?! C-che significa corretto?! - 
Poi, scuotendo la testa, esasperata, quasi volesse scacciare un brutto sogno, continuò: - No, non può essere, ci deve essere un'altra spiegazione, una razionale... Stai mentendo... - 
- Cos'è, Sakura - incalzò lui, una punta di incontrollato sarcasmo nella voce - ora non credi neppure più ai tuoi stessi occhi? Guardami - le indicò nuovamente il braccio, ormai praticamente rigenerato - pensi che un essere umano possa fare una cosa del genere?! - 
Il colorito della giovane aveva assunto una poco incoraggiante sfumatura verdognola. Dopo aver spalancato occhi e bocca, come colta da una repentina folgorazione, la ragazza mormorò, portandosi le mani al petto in segno di protezione: - Sei... sei forse... - 
Il moro attese, per metà incuriosito e per metà, involontariamente, divertito. Voleva proprio scoprire quale ipotesi aveva formulato la sua mente; era comunque sicuro che fosse sbagliata, dato che gli esseri umani non erano a conoscenza dell'esistenza della sua specie. 
- Sei tu forse... un vampiro?! - 
Ecco, appunto. Come volevasi dimostrare. Scosse la testa, avvilito.
- No, tranquilla, non sono una dannatissima sanguisuga gigante... - il rimando alla conversazione che avevano avuto giorni prima nella biblioteca era inevitabile.
A quel punto lei si scostò, neanche si fosse scottata, e chiese, lo sguardo che tradiva il terrore che aveva cominciato a divorarle le viscere: - E-e allora cosa sei?! E cosa vuoi da me?! Cheaccidentistasuccedendo?! - 
- Ora ti racconterò tutto, ma tu devi mantenere la calma - i loro sguardi si incrociarono per l'ennesima volta e l'Uchiha tentò di trasmetterle un senso di pace che lui stesso era ben lontano dal possedere. 
- Prima di tutto, devi tenere a mente che nessuno, qui, vuole farti del male. Non ti abbiamo sequestrata, ti stiamo solo proteggendo dal mostro che voleva davvero rapirti. Io, Naruto, Shikamaru, Neji e tutta la sua famiglia siamo esseri immortali che abitano questo pianeta insieme a voi esseri umani, ma viviamo in disparte, abbiamo un mondo, un sistema con una struttura sociale interamente indipendente dal vostro. Voi mortali non ci conoscete e pertanto non avete un nome per categorizzarci; noi stessi siamo soliti chiamarci "Creature che trascendono il Tempo" -
- Cosa?! Mi stai prendendo in giro, vero? - lei appariva confusa e stordita, ma il ragazzo proseguì la spiegazione; non era il momento di fermarsi, quello.
Il moro si limitò a roteare gli occhi: - No, Sakura. Hai visto la ferita rimarginarsi: tra poco non ci sarà più nemmeno una cicatrice. Questo è uno dei vantaggi di essere una Creatura che trascende il Tempo - 
- E quali sarebbero gli altri? - la giovane era ancora parzialmente scettica, tuttavia Sasuke non se ne stupì: era cosciente del fatto che abbattere le restrizioni mentali e le false certezze degli umani era un processo che richiedeva tempo e fatica.
- Forza e velocità maggiori, sensi molto sviluppati... e l'immortalità, principalmente -  
- E-e come funziona?! - la curiosità aveva prevalso, infine. 
"La solita vecchia Sakura" pensò ironicamente il moro, prima di risponderle.
- Vedi, l'immortalità non è onnipotenza: noi Creature che trascendono il Tempo possiamo essere ferite, anche gravemente, ma abbiamo una capacità rigenerativa molto alta e rapida. In pochissimo tempo possiamo riprenderci completamente da danni fisici che per voi umani sarebbero sicuramente letali. Tuttavia, se, per esempio, venissimo decapitati o inceneriti, o se ci venisse asportato un organo che, similmente a voi mortali, svolge una funzione essenziale ed è unico, non in coppia, come il cuore o il cervello, noi moriremmo. Se, al contrario, ci venisse sottratto un polmone o un rene, sopravviveremmo e quindi entrerebbe in gioco la nostra capacità rigenerativa, che ricreerebbe l'organo mancante. La nostra vera e propria immortalità sta nel fatto che siamo in grado, come dice il nostro nome, di vivere in eterno, di "trascendere il tempo": nasciamo e cresciamo come voi esseri umani, ma abbiamo l'abilità di "congelarci", bloccando il nostro aspetto all'età che più ci aggrada. Se lo vogliamo, possiamo riprendere ad invecchiare e bloccare poi nuovamente il processo quando ci pare, ma non possiamo ringiovanire: per questo sono molto rari i casi in cui uno di noi decide di arrivare ad assumere l'aspetto di un anziano, per non auto-condannarsi a passare la propria eterna esistenza in un corpo "decrepito"- 
L'Uchiha si fermò e scrutò la ragazza. Lo stava fissando rapita e, dato che non lo aveva interrotto con nessuna delle sue solite, incalzanti domande, doveva sentirsi totalmente frastornata.
Notando il suo silenzio, si era ripresa e gli aveva domandato, con un filo di voce appena: - Tu... tu stai dicendo sul serio, vero? - 
- Sì - l'espressione sul viso del moro non dava adito a dubbi - Non ti mentirei mai su una cosa simile - 
- Ma io cosa c'entro in tutto questo?! Sasuke, tu hai detto che sono maledett- 
- Come avrai capito, il sovrannaturale esiste davvero. Ed esiste anche la magia: l'uomo che ha tentato di rapirti, quello con la pelle bianca e gli occhi da serpente, si chiama Orochimaru e la pratica da moltissimo tempo. Grazie ad essa, è riuscito a sopravvivere attraverso i secoli - a quel punto, il ragazzo distolse lo sguardo da quello di lei. Ora arrivava la parte più difficile del racconto - E' lui, Orochimaru... E' lui che ti ha maledetto - 
Sentì la ragazza trattenere il fiato - Allora, quando parli di maledizione, tu intendi una vera e propria maledizione, cioè, una maledizione - sottolineò con forza ed un accenno di inquietudine quell'ultima parola. Il petto dell'Uchiha si strinse al pensiero di ciò che le stava per rivelare, di ciò che era costretto a rivelarle.
- E' accaduto tutto moltissimi anni fa. Questa non è la prima volta che vivi, Sakura - tentò di guardarla in faccia, ma la sua espressione, così intensa e già ora dolente, lo fecero presto desistere - La prima volta che hai vissuto è stata tanto tempo fa; Orochimaru ti maledisse e tu moristi, appena ventenne. Da allora sei destinata a rinascere, sempre con le stesse sembianze e con lo stesso nome, Sakura appunto, della te originale -
"E' stato un dettaglio pensato da Orochimaru per permettermi di ritrovarti ogni volta, per rendere il mio tormento completo" pensò tra sé.
- Tu vivrai e morirai, per poi rinascere subito dopo e morire di nuovo, in eterno, in un ciclo senza fine... Non conoscerai mai pace... Sei destinata a vivere al massimo fino all'età in cui la tua forma originale è morta: arriverai, nella migliore delle ipotesi, a vent'anni... Potrai morire prima, ma mai superare quella data... - si fermò in quell'attimo, prima che la voce lo tradisse e gli si incrinasse per il dolore.
- Stai scherzando, vero? P-perché mi stai facendo uno scherzo così crudele, eh?! Ti diverti forse a vedermi soffrire?! PERCHE'?! - il tono della giovane tradiva la sua disperazione.
- Dimmi - la interruppe - ti senti bene? Non hai avuto nessun problema di salute ultimamente? -
Sakura scosse la testa in gesto di negazione ma, all'improvviso, parve ricordare qualcosa che la fece sbiancare ancora di più.
- Gli attacchi di panico... - mormorò, sbigottita.
- Come? - 
- Da un po' di tempo a questa parte, soffro di attacchi di panico improvvisi: fatico a respirare e mi fa male il petto, sono anche svenuta... - 
L'Uchiha si raggelò visibilmente. Era come temeva. 
- E' così dunque... Ti stai avvicinano all'età in cui è morta la Sakura originale, e quindi il tuo corpo sta cedendo alla maledizione... Quelli potrebbero essere i sintomi della tua prossima morte... - parlava più a sé stesso ormai, completamente sopraffatto dalla realizzazione della sua maggiore paura, senza rendersi conto della crudeltà delle sue schiette parole.
- No, non può essere... - rivolse gli occhi alla giovane, che con occhi vitrei stava scuotendo vigorosamente la testa, in negazione psicologica - C-che gli avrei fatto?! Cosa avrei mai potuto fare a questo Orochimaru per meritarmi una tortura simile?! Tu lo sai, vero?! Sai tutto, saprai anche questo, no?! Sasuke, ti supplico, devi dirmelo! - 
Con un movimento rapido gli si avvicinò e gli strinse la giacca nel pugno destro, portandolo sopra il di lui petto. Il moro sussultò.
Era il momento della verità. Il momento in cui doveva rivelare tutte le sue colpe. L'ultima confessione. 
La più dolorosa
La scrutò in viso e lesse la sua totale, infinita disperazione.
Esitò.
No.
Non poteva dirglielo. Non ce la faceva. Non ancora.
- E' tutta colpa mia, Sakura... Mi dispiace... - si limitò a sussurrare, in un sospiro che rivelava troppo poco, che non diceva praticamente nulla, gli occhi di nuovo abbassati, di nuovo a creare distanza da quel dolore che percepiva in lei e che non poteva sopportare. 
- Che vuoi dire?! Sasuke, per favore! Ti scongiuro! Devo sapere! - prese a battere con i pugni sul suo petto, ma lui aveva di nuovo eretto un muro, una barriera, si era per l'ennesima volta reso irraggiungibile.
Capendo che ormai era tutto inutile, lei si staccò da lui e, con un tono freddo, glaciale, che il ragazzo sapeva di meritare, domandò: - Posso almeno sapere da quanto dura questa maledizione? Credo di avere il diritto di sapere, almeno questo. - 
No, lei aveva il diritto di sapere tutto, e Sasuke ne era cosciente. 
- Più di cinquecento anni  - fu appena un soffio.
Percepì il momento esatto in cui lei aveva cominciato a tremare convulsamente, per poi scappare via, laconica.
Aveva lasciato lo studio senza più rivolgergli la parola, senza più degnarlo di uno sguardo.
Ed il silenzio lo trafiggeva come tante piccole lame. 
Era finita.
Nel terrore che lei potesse detestarlo, aveva finito per farsi odiare davvero.
XXX 
 
"Corri."
Per andare dove?
"Tu corri."
Per scappare da cosa?!
"Non importatu corri."
Poteva sul serio scappare?!
"Corri!"
Sakura non sapeva davvero come fosse riuscita a raggiungere la sua stanza: la sua mente era diventata un'entità estranea che le intimava ossessivamente di correre, senza scopo e senza meta; probabilmente dovette ringraziare la memoria del suo corpo che l'aveva condotta istintivamente lì. Neppure si rese conto di aver aperto la porta e poi averla  sbattuta violentemente alle sue spalle. Le gambe non volevano, non riuscivano a stare ferme e si ritrovò a percorrere la camera da letto in lungo ed in largo come un animale feroce in gabbia. 
Troppe informazioni. Troppe. Informazioni. Illogiche. Impossibili. Incredibili. Aveva ricevuto troppe informazioni, ma al tempo stesso erano troppo poche...
Cosa provava in quel momento? Rabbia?! Sicuramente. Stupore?! Ovviamente. Ansia, dolore, terrore, angoscia?! Indubbiamente...
Ma, soprattutto, si sentiva soffocare. Non poteva, non voleva credere che quello che Sasuke le aveva detto fosse vero... L'esistenza di creature soprannaturali e della magia, come poteva davvero pensare che fosse vero?! Però l'Uchiha aveva ragione: non era possibile non credere ai propri occhi, e lei aveva visto in prima persona la ferita del ragazzo rimarginarsi, rapidamente e completamente, di fronte a lei... E se davvero esistevano quegli esseri, le "Creature che trascendono il Tempo", e Sasuke, Naruto, Shikamaru e Neji ne facevano parte, allora il moro aveva detto la verità; e se aveva detto la verità su quello allora...
No! Nonononono!!! Non era possibile! La storia della maledizione non era reale! Lei non era maledetta! Era una comune alunna, molto studiosa ed un po' riservata, ma era una semplice ragazza, che voleva studiare medicina all'università, diventare una brava e preparata dottoressa e salvare quante più persone riusciva...
Sakura si portò le mani ai capelli afferrando con forza due ciocche rosa mentre continuava con il suo spasmodico e folle andirivieni per la stanza.
Lei aveva un brillante futuro davanti a sé, dannazione! Aveva lavorato sodo per assicurarselo! Per cosa aveva lavorato così duramente?!  Ore sui libri, notti insonni per completare tutte le letture storiografiche assegnate, per scrivere i temi sulla Divina Commedia che la professoressa di letteratura italiana dava ogni settimana, e poi prepararsi per compiti, interrogazioni, per essere sempre al top, per allenare la mente, sapendo che, in futuro, avrebbe ringraziato l'opportunità di aver mantenuto buona la memoria... 
Sacrificare i rapporti sociali, certa che vi era tempo più avanti per crearsi amicizie, magari con i propri colleghi dottori, con cui avrebbe condiviso passioni ed aspirazioni...
Vedere l'orgoglio e la soddisfazione dei suoi genitori, consci degli sforzi compiuti e fieri della loro piccola Sakura, che nel frattempo in realtà sarebbe diventata un'adulta e che li avrebbe aiutati e sarebbe stata loro accanto nella vecchiaia, come loro avevano fatto con lei per tutta la sua giovane vita...  
"Sei destinata a vivere al massimo fino all'età in cui la tua forma originale è mortaarriverainella migliore delle ipotesia vent'anni... Potrai morire primama mai superare quella data..."
Le parole di Sasuke le rimbombarono in testa.
Così era da più di cinquecento anni.
Così sempre sarebbe stato.
- AAAAAAHHHH!!!!! - l'urlo di disperazione che lanciò le ferì la gola. Si lasciò cadere a terra, le mani portate al viso a coprire le lacrime che scendevano incontrollabili dagli occhi. Faticava a respirare, e non sapeva se fosse dovuto al pianto isterico o all'avvicinarsi dell'ennesimo attacco di panico.
Gli attacchi di panico. Dall'inizio li aveva attribuiti allo stress dell'ultimo anno e ora scopriva che invece quasi sicuramente erano il presagio della sua imminente dipartita...
Staccò le mani dal volto e le guardò con occhi spalancati dall'angoscia. Tremavano. Il suo fisico ed il suo spirito non potevano reggere tutte quelle scoperte...
Era sicura che Sasuke le avesse tenuto nascosto ancora molto: si era rifiutato di parlare, ricaduto nuovamente in quell'intollerabile mutismo... Cosa c'era di peggio di questo?! Perché, ad un certo punto, aveva smesso di rivelarle notizie che aveva il diritto di sapere, e che lui aveva il dovere di comunicarle... 
Sasuke si era scusato. Per quale motivo?! Aveva forse a che fare con il motivo per il quale era stata maledetta?! C'era forse un legame tra loro due che potesse giustificare tutto ciò?!
Le sue sensazioni inspiegabili. Quell'attrazione che provava nei confronti del moro, quello strano magnetismo nostalgico e dolente che provava da sempre, in sua presenza... Aveva forse tutto una spiegazione? Secondo la narrazione dell'Uchiha, lei aveva già vissuto un'infinità di volte e lui, Naruto, Shikamaru e Neji volevano proteggerla... Forse il moro doveva essere mosso dal senso di colpa: a quanto pareva, a causa sua una ragazza era stata condannata ad un ciclo eterno di morte e ritorno, senza mai godere però di una vita piena e felice, perennemente mietuta nel fiore della giovinezza... 
Senza accorgersene, come in trance, Sakura si sollevò da terra e si sedette sul letto. Le lacrime si erano asciugate sul viso, arrossato per lo sfogo, e lei era rimasta lì, immobile, a fissare il vuoto, svuotata pure lei, o forse troppo stanca, emotivamente e fisicamente, anche solo per pensare. Ogni tanto, il suo petto emetteva ancora qualche sussulto, a ricordo del pianto scatenato di poco prima, ma nonostante tutto l'attacco di panico non si era fatto sentire, quella volta.
Dopo qualche minuto, ancora in completa apatia, si stese sul letto ed osservò con occhi vacui il soffitto sopra di lei.
Tutto questo sembrava un incubo.
Ma non lo era.
Il vero incubo era che da questa situazione non poteva svegliarsi.
XXX
 
L'aveva fatto
L'aveva fatto davvero. 
Sasuke aveva rivelato a Sakura la sua natura di immortale e la maledizione che pendeva da secoli sul capo della giovane, crudele condanna per un crimine inesistente. Perché lei non aveva commesso nessun reato, l'unica cosa che aveva fatto era stata dare amore ad un peccatore come lui, ma perché doveva essere costretta a soffrire in eterno per questo?! 
No, questa pena era indirizzata principalmente a lui. Perché solo lui poteva sapere cosa volesse dire passare anni alla disperata ricerca della parte migliore della sua anima, vagabondare per i quattro angoli del mondo, senza sosta, per poi trovarla, e condividere con lei sempre poco, troppo poco tempo... Doverla riconquistare ogni volta, dover risvegliare i ricordi di quei soffi di vita passati assieme, essere costretto ad assistere al suo dolore ogni volta che veniva a conoscenza del suo perverso destino...
Ma non poteva abbandonare la ricerca, questo mai! Perché la maledizione avrebbe comunque fatto il suo corso e lui non poteva abbandonarla, da sola, ignara, senza sapere che, nel mondo, c'era qualcuno che l'amava infinitamente, che lei era riuscita, con il suo semplice esistere, a toccare il cuore freddo di un individuo meschino  e a rianimarlo. Lui viveva di quei pochi anni, alle volte solo mesi o giorni, in cui la incontrava di nuovo; lui viveva della speranza di poter sconfiggere un giorno Orochimaru e spezzare così la maledizione.
Lui viveva per ricambiare con il suo amore quello che si celava nella parte più intima dello spirito della giovane, quella fiamma che poteva essere nascosta, ma mai spenta, mai domata. 
Una Creatura che trascende il Tempo destinata ad inseguire un essere perennemente mortale, una felicità effimera costantemente accompagnata dal ricordo pendente della Morte, la gioia di avere accanto a sé la persona amata unita allo straziante dolore di doverla perdere continuamente, per poi ripartire in viaggio, senza mai pace...
Sasuke era rimasto al centro dello studio, incapace di muoversi. Voleva vedere Sakura, assicurarsi che stesse bene. La notizia di quelli che la ragazza aveva classificato come "attacchi di panico" l'aveva ulteriormente preoccupato, in quanto potevano essere, come le aveva spiegato, sintomi di una sua incombente morte. Tuttavia sapeva bene che, dopo quello che era appena accaduto, Sakura probabilmente non voleva averlo accanto a sé: in questo momento lui rappresentava il messaggero di notizie terribili ed infauste; la sua presenza avrebbe ulteriormente acutizzato il tormento della giovane.
Il moro si passò una mano tra i capelli, frustrato. 
Aveva sbagliato. Il suo approccio era stato dettato dall'istinto, le sue azioni erano mosse dall'esasperazione che aveva sopportato stoicamente nei giorni passati. Sapeva che era ingiusto negare alla ragazza il contatto con Naruto, l'amico di sempre, ed una parte di lui aveva anche gioito nel vederla aprirsi e rilassarsi. Ma doversene stare in disparte, per poi sentirla usare per un altro il suffisso che aveva sempre e solo riservato a lui, aveva creato una bolla di rabbia inespressa che era finita con l'esplodere. 
Avrebbe dovuto agire con delicatezza, cercando di essere il più sensibile possibile, come aveva cercato di fare tutte le altre volte, a tutte le altre rinascite. Le notizie erano insopportabili già per loro natura, rivelate poi in quel modo...
Aveva cercato di correggere il corso della discussione, ma ormai era troppo tardi.
Non era neppure riuscito a rivelarle tutta la verità. Sakura l'aveva intuito e glielo aveva fatto giustamente notare, però Sasuke era già troppo provato e non era riuscito a rivelarle la storia che avrebbe mostrato tutte le sue colpe. Si era sentito un vigliacco, in grado solo di sussurrare delle misere ed inutili scuse, e lei era scappata via, palesemente e giustificatamente sconvolta e ferita. Ma la verità era che non poteva dirglielo. Non ancora. Perché in fondo, rimaneva un egoista. Sakura per ora non lo conosceva e già diffidava di lui: se avesse saputo tutta la verità, tutto ciò che era accaduto, quello che in passato aveva stupidamente fatto, lei lo avrebbe odiato. Sakura lo avrebbe odiato e lui questo non poteva sopportarlo. Sapeva di non meritare il suo amore, di non averlo probabilmente mai meritato, ma Sasuke ne aveva bisogno, come le piante hanno bisogno della luce del Sole, per vivere. Lei era la sua luce ed anche se era destinato a perderla continuamente e a passare anni alla sua ricerca, sapere di poterla ritrovare e di poter godere di nuovo del suo amore era l'unico conforto che aveva, e non poteva rinunciare a questo. E lui...
- Le hai rivelato tutto, non è vero? - la voce di Naruto lo aveva richiamato al presente. Stava là, sulla soglia dello studio, senza mostrare alcun segno di voler entrare, una maschera di preoccupazione e tormento sul volto.
- Sì - fu la sua laconica risposta; non aveva voglia di parlare in quel momento.
- Non l'ha presa bene, eh? L'ho sentita urlare il mio nome, prima - il biondo gli aveva guardato il braccio sinistro - Hai usato un modo un po' brutale per dirle cosa siamo, non ti pare?! Sempre il solito, drammatico, testone... - aveva scosso la testa, rassegnato - Come sta lei, ora? L'ho vista correre via disperata... Forse è andata in camera sua, vado a vedere come va... -
- Non le ho detto tutto - confessò a bruciapelo il moro. Si vergognava molto di quella sua debolezza, ma non poteva tenerlo nascosto a Naruto. 
- Come prego?! - l'Uzumaki pareva incredulo.
- Sa solo che siamo Creature che trascendono il Tempo e che lei è stata maledetta da Orochimaru, ma non le ho detto il perché... - 
- Sasuke... - quando Naruto lo chiamava per nome, l'Uchiha sapeva che stava parlando seriamente.
- Come potevo, eh?! Non hai visto come mi ha trattato in questi giorni?! Già mi evitava così, se le avessi rivelato tutto, se le avessi confessato che era maledetta per colpa mia, come credi che avrebbe reagito, eh?! Non posso, non voglio vedere l'odio nel suo sguardo... - aveva abbassato il capo: era un tipo ermetico ed esternare i suoi sentimenti e le sue debolezze era un'impresa difficile.
- Teme - la voce del biondo si era fatta calma, quasi rassicurante - lo so che questa volta Sakura-chan sembra più restia nel cercare un contatto con te... Il modo in cui l'abbiamo incontrata e tutti i segreti che le abbiamo tenuto nascosti l'hanno resa un po' distante... Ma lei merita di sapere tutta la verità, è un suo diritto, capisci?! - 
- Lo so, maledizione! Lo so! - la frustrazione ed il tormento nella sua voce stupirono anche lui.
Un rumore di passi li distolse dai loro discorsi, e dopo qualche secondo Shikamaru e Neji comparvero alla porta dello studio, accanto a Naruto.
Entrambi osservarono l'Uchiha con un cipiglio imperturbabile, ma fu solo Shikamaru a parlare: - Quindi, devo dedurre dal tuo aspetto sanguinolento che Sakura sa tutto, ora? Finalmente, direi - 
- Vi spiegherò più tardi, ora ditemi perché siete venuti qui - tagliò corto lui. Non aveva più la forza né la pazienza per affrontare quell'argomento, non in quel frangente, almeno.
- Ino mi ha contattato pochi minuti fa, dice che lei, Sai e le ragazze stanno arrivando - rispose il Nara, avendo probabilmente capito che non era il caso di insistere - Ho comunicato loro il nostro piano di rimanere in sordina finché non riusciremo a scovare il nascondiglio di Orochimaru ed anche loro si sono mostrati d'accordo - 
- A questo punto - si intromise Neji, serio e pensieroso come sempre - la mia presenza qui non è necessaria. Ho intenzione di andare da Tenten. Avremo bisogno di armi e munizioni nuove in caso di attacco di Orochimaru, non dobbiamo farci cogliere alla sprovvista. Tornerò il prima possibile - 
Sasuke si limitò ad annuire con il capo. Il padre di Tenten era l'armaiolo più famoso tra le Creature che trascendono il Tempo, e da secoli lui e la figlia intrattenevano rapporti commerciali con i clan più importanti del loro mondo. Sebbene il loro sistema fosse basato sull'idea fondamentale del pacifismo, i clan più importanti si erano sempre impegnati ed avevano forgiato i loro membri per difendere tutta la comunità da eventuali attacchi esterni e, dopo il tragico destino della famiglia Uchiha, gli Hyuga rimanevano il più forte baluardo. Tenten e Neji si conoscevano da moltissimo tempo e Sasuke sapeva che lo Hyuga desiderava andare personalmente a rifornirsi di nuove, ulteriori armi non solo per "dovere di Stato".
L'Uchiha si avvicinò alla porta, che varcò subito dopo che i tre gli ebbero lasciato lo spazio per passare: - Bene, ottima idea - concluse, dirigendosi a passo svelto e deciso nella sua stanza. Era ricoperto del suo stesso sangue, mentalmente ed emozionalmente esausto e voleva essere lasciato solo, per ora. Gli altri avevano capito il suo desiderio, poiché non lo avevano seguito.
Una volta raggiunta la camera, si spogliò in fretta e prese, con altrettanta rapidità, alcuni vestiti puliti dal suo armadio, per poi dirigersi dritto dritto nel bagno adiacente. Necessitava di una doccia per lavar via le prove di quella giornata allucinante, poi forse si sarebbe concesso un bagno ristoratore...
La mente andò automaticamente a Sakura: nemmeno un "bagno ristoratore" avrebbe potuto aiutarla, darle sollievo, e si sentì dannatamente in colpa per l'ennesima volta, quel giorno.
Sbatté con forza i vestiti sul pavimento di breccia oniciata del bagno per la frustrazione. Sapeva di non poter cedere al ricatto di quel maledetto di Orochimaru, ne andava del destino del mondo, sia del loro sia di quello degli esseri umani. Per questo doveva assolutamente trovare un modo alternativo per spezzare il maleficio, ma finora, purtroppo, non era riuscito a raggiungere alcun risultato. E a pagare le conseguenze della sua inettitudine era lei, Sakura.
Sakura...
In quello che rimaneva del suo cuore, Sasuke sperò che l'arrivo delle ragazze che, nelle vite passate, erano state amiche della giovane, avrebbe potuto arrecarle un po' di conforto.
"Perché io non le so dare altro che dolore... InoHinata, la affido a voi" pensò amaramente, con l'acqua della doccia che purificava il suo corpo, ma non i suoi pensieri.



Nda2: Capitolo un po' angosciante, lo so, ma non temete, non saranno tutti così e già il prossimo sarà più sopportabile, fidatevi ;)
Probabilmente la rivelazione della natura di Sasuke, Naruto, Shikamaru e Neji avrà deluso molti: il punto è che avevo bisogno di una creatura sovrannaturale con caratteristiche precise, e così invece di prenderne una già "esistente" (ci siamo capiti) per poi snaturarla,  ho preferito inventarne una io... semplice, no?! XP Mi scuso comunque con tutti coloro a cui questa idea non è piaciuta...
Per quanto riguarda la scelta del nome di queste creature immortali, confesso che mi piaceva il modo in cui i Plant venivano definiti nell'anime di Trigun (un'opera di Yasuhiro Nightow), come "esseri che vivono al di fuori del tempo", ed ho voluto adottare un'espressione simile... In passato leggevo Inuyasha di Rumiko Takahashi e, anche se ho smesso ad un certo punto, una mia amica ne era rimasta una grande fan. Forse è stata lei quindi a parlarmi del film "Inuyasha the Movie - Un sentimento che trascende il tempo" quindi, anche se non l'ho visto e non l'ho usato come ispirazione per il nome, probabilmente mi è rimasto nell'inconscio... Ho visto la somiglianza con il nome delle creature che ho inventato solo quando ho cercato su Internet che non esistessero già, nel mondo della finzione, essere denominati in quel modo... Perciò, anche se non è stato parte del "processo creativo", non consciamente almeno, ho deciso comunque, per motivi di trasparenza, di dirvelo ;)
Mi rendo conto che Sakura può sembrare debole, ma ho cercato di essere il più realista possibile con la sua reazione: se mi dicessero, dopo aver vissuto una vita negandomi il presente nella speranza di un futuro radioso, che vivrò al massimo ancora per due anni, beh, credo che la mia prima reazione sarebbe un pianto disperato, come minimo... Sakura cambierà e si rafforzerà molto, questa storia è simile ai romanzi di formazione, quindi non temete, saprà presto riprendersi dallo sconforto ;)
Quanto a Sasuke, so che è OOC, ma ricordate che in questa storia si possono leggere i suoi pensieri, mentre nel manga rimangono invece pressoché un mistero: quando nella mia fanfiction è Sakura il narratore, viene spesso presentato come distante e misterioso, più simile all'originale... Questo Sasuke è il prodotto della storia che ha vissuto e che vi mostrerò (e poi ricordate quello che si dice nel manga sugli Uchiha e sulla loro capacità di amare? ;D)
Concludo la super-chilometrica nota ringraziando tutti coloro che continuano instancabili a leggere questi miei capitoli e mando un caloroso abbraccio a voi che mi recensite, che avete aggiunto la mia storia tra le preferite, le ricordate e da seguire, e chi mi ha aggiunto tra gli autori preferiti!
Grazie mille! Siete straordinari!
sasusakusara7 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** 9. Capitolo 9 ***


NdA: Buongiorno a tutti! Sono tornata! XD No, non mi ero dimenticata di questa storia, ma queste settimane sono state molto frenetiche, e non ho avuto neppure tempo di recensire le fanfictions che seguo... Mi vergogno moltissimo... -.-' Cercherò di recuperare, nel frattempo aggiorno con un capitolo particolarmente lungo di cui non sono completamente soddisfatta, ma che spero non troverete del tutto orribile... Vi auguro comunque una buona lettura!
Disclaimer: Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Masashi Kishimoto (grandioso Kishimoto-sensei!); questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 
Capitolo 9
 
Erano passati due giorni dalle rivelazioni di Sasuke e Sakura non aveva ancora trovato la forza né la voglia di uscire dalla sua camera da letto. Naruto era venuto spesso, ma ogni volta gli aveva fatto trovare una porta chiusa a chiave che non aveva intenzione di aprire. Il biondo le aveva portato i pasti regolarmente, e lei si era sforzata di mangiucchiare qualcosa almeno una volta al giorno. Il suo destino era di morire prima dei vent'anni, ed indebolire il corpo con il digiuno assoluto le pareva uno stupido modo di sfidare una sorte che le era già dal principio nemica. Non era neanche sicura del perché, nonostante tutto, si stesse aggrappando così tanto all'idea di voler sopravvivere: aveva sprecato completamente tutti quegli anni, sacrificato il passato ed il presente nella speranza di un brillante futuro che ora, ne era certa, non si sarebbe mai realizzato. Eppure non riusciva a lasciarsi andare, non al cento per cento, quando provava l'istinto di arrendersi, di permettere che la maledizione reclamasse ancora una volta la sua anima, spogliandola di un corpo che era solo uno dei tanti che, in più di cinquecento anni, aveva "indossato"... quando si diceva che, intanto, opporsi era inutile, qualcosa di potente in lei, un'energia sconosciuta, un attaccamento alla vita mai provato prima d'ora, si risvegliava in lei, spingendola ad alzarsi dal letto, aprire la porta e raccogliere il vassoio che l'Uzumaki le aveva premurosamente lasciato, per poi bere e mangiare quanto bastava per non morire. E quel cibo era contemporaneamente insapore e buonissimo, e neppure di questo conosceva la ragione.
A dire il vero, non sapeva più il perché di molte cose, ormai. E Sasuke non aveva mai più tentato di parlarle o di chiederle come stava, e quasi avrebbe potuto credere che non gli importasse nulla, se non fosse che... Qualche volta, aveva sentito un leggerissimo rumore di passi. Era un incedere davvero molto lieve, e la ragazza non sarebbe mai stata capace di captarlo se le sue orecchie non fossero diventate iper-sensibili ad anche il più piccolo suono, dopo tutte quelle ore di silenzio assoluto. Era certa non si trattasse di Naruto, la cui andatura era molto più energica ed incalzante; seppure in modo del tutto irrazionale, aveva il sospetto che quella presenza misteriosa e silente, al di là della porta sbarrata, fosse proprio dell'Uchiha. Al contrario di Naruto, non aveva mai cercato di ruotare la maniglia, non aveva mai provato ad entrare: rimaneva sempre lì fuori, per un tempo che lei non riusciva a quantificare, per poi tornarsene da dove era venuto, senza dire nulla, senza concludere nulla. E Sakura non poteva negare di essere rimasta perplessa di fronte ad un simile comportamento, però contemporaneamente si sentiva sollevata di non doversi trovare faccia a faccia con lui... e al tempo stesso, ogni volta che sentiva il moro allontanarsi, una fitta al cuore la faceva tremare, provocandole, se possibile, ancora più confusione nella testa.
Perennemente immersa in quel flusso di coscienza disordinato che erano diventati i suoi pensieri, Sakura percepì comunque l'inconfondibile camminata dell'Uzumaki farsi via via più vicina, fino a fermarsi, come al solito, davanti alla sua porta, per poi bussare.
- Sakura-chan... - la voce di Naruto, dall'altra parte della soglia sbarrata, era talmente triste e supplichevole, che per l'ennesima volta da quando aveva scoperto la verità, un'ondata di senso di colpa la invase. Perché si era resa conto di aver trattato malissimo quel ragazzo che le aveva offerto un'amicizia sincera. Se prima aveva soffocato quella sensazione dicendosi razionalmente che il piano di conquistarsi la sua fiducia subdolamente, per poi tradirla, era un mezzo necessario per riacquistare la libertà perduta, ora non aveva più scusanti. Il biondo non era mai stato un criminale: tutto ciò che aveva fatto era dovuto al bisogno di proteggerla da un potenziale (e non ancora totalmente compreso) pericolo; le sue intenzioni erano nobili ed altruiste, mentre lei aveva solo provato a pugnalarlo alle spalle, seppure a causa di un fraintendimento... Pure adesso, l'Uzumaki non si dava per vinto e continuava a rimanerle accanto, a dimostrarle un affetto onesto e commovente... 
Sakura aggrottò la fronte. In quei giorni, in mezzo all'infinita agonia e all'incombente depressione, una curiosità aveva cominciato a farsi strada nei suoi pensieri. A quanto pareva, erano più di cinquecento anni che continuava a rinascere (e morire) e Sasuke aveva dimostrato di conoscere la sua storia; aveva inoltre precisato che tutti loro volevano proteggerla... Da quanto tempo si conoscevano, in realtà? Era possibile che i loro rapporti, qualunque fossero, risalissero agli albori, alla sua cosiddetta "forma originale"? Naruto si era dimostrato a proprio agio accanto a lei, non aveva dubitato un solo istante quando l'aveva vista avvicinarsi e tentare di instaurare un legame con lui, quasi fosse abituato a considerarla... un'amica... Senza contare che, dal suo subconscio, si era fatta pian piano sentire con sempre maggiore insistenza quella sensazione di calore e di affetto, come se anche lei, in fondo, provasse un atavico sentimento di amicizia per lui... Inoltre, per quale motivo un gruppo di creature immortali avrebbe dovuto prendersi la briga di proteggere una ragazza umana maledetta, se non fosse che la conoscevano già durante le sue vite precedenti?! A quell'idea, la fronte di Sakura si aggrottò ancora di più. Qual era stato, in passato, il suo rapporto con Sasuke? Le sensazioni che provava accanto a lui erano molto diverse da quelle che nutriva in presenza degli altri ragazzi (se così poteva ancora definirli, considerata l'età ultracentenaria), persino di Naruto: quella strana, fortissima e quasi arcaica attrazione che percepiva per lui, unita agli sguardi intensissimi che lui le lanciava... Possibile che loro due fossero stati... 
- Sakura-chan, mi senti? - il richiamo di Naruto catturò la sua attenzione - So che vuoi restare sola, anche se non devi dimenticare che io ci sono sempre, se hai bisogno di qualcuno... - ecco un altro fiotto di senso di colpa - Ma vedi... E' appena arrivata al distretto una persona a cui tengo molto... Ricordi quando ti ho parlato della mia Hinata, la cugina di Neji? Io... io so che per te è un momento molto difficile, ma... Vorrei davvero tanto che tu la incontrassi, Sakura-chan - poteva sentire la voce del biondo che cominciava a tremare dalla commozione - Voi due... voi due siete tra le persone più importanti, per me, e so che forse è egoista da parte mia chiedertelo ma... -
Sakura rimase sdraiata sul letto a guardare il soffitto per tutto il monologo del giovane, il cuore che si stringeva sempre di più in una morsa. Naruto le aveva praticamente confermato quelli che erano i suoi sospetti riguardo la loro amicizia. E l'Uzumaki aveva ragione quando diceva che lei voleva rimanere da sola, ma al tempo stesso, una parte di lei non riusciva più a sopportare di sentirsi così dannatamente nel torto nei confronti del ragazzo. 
La decisione che prese fu dettata esclusivamente dalla sua coscienza.
- Va bene - rispose, alzandosi dal letto facendo leva sulle gambe, deboli per la mancanza di moto - Dille di incontrarmi nella sala principale -
- Eeeh?! Davvero?! - il tono era sinceramente sorpreso - Sì! Vado subitissimissimo! Grazie mille, Sakura-chan! - udì i passi forsennati del giovane farsi rapidamente più lontani. 
"Naruto" pensò con un'espressione di rammarico dipinta sul volto "tu non sei egoista. Anzi," andò dall'armadio a prendere i primi vestiti puliti che le capitassero a tiro "forse, sei la persona più altruista che abbia mai incontrato".

 
X
 
Fu così che la giovane si ritrovò a percorrere il lungo corridoio che conduceva alla sala principale, con passi incerti ed un'ancora più incerta predisposizione d'animo. Continuava ad avere la mente immersa in deprimenti e nichilisti pensieri, quando un'alta, squillante ed energica voce di ragazza le assalì le orecchie.
- Da oggi in poi camera singola per me! Lungi da me l'idea di condividere il talamo con quello spennellatore traditore un giorno di più! - 
Quel tono offeso aveva immediatamente incuriosito Sakura; c'era qualcosa di familiare in quel timbro, molto simile a quello che sentiva quando era insieme a Naruto. Accelerò il passo e si ritrovò sulla soglia della sala principale. 
Due ragazze stavano conversando in piedi accanto al tavolo da pranzo, ciascuna con un paio di valigie ai piedi, e nessuna delle due sembrò notare la sua presenza, troppo assorte nel loro dialogo. Una aveva un fisico statuario, da modella dei primi anni '90, alta e con un corpo formoso e tonico, capelli lunghi, biondi e legati da una coda che lasciava libero un ciuffo che copriva uno dei due magnifici occhi color carta da zucchero. L'altra, invece, aveva una fisicità molto differente: non era molto alta, ma aveva un fisico burroso, con curve dolci (ed un seno particolarmente abbondante, non poté fare a meno di constatare Sakura, da sempre complessata per la grandezza, o meglio dire piccolezza, del suo) che le conferivano un'aspetto morbido e rassicurante; aveva meravigliosi e serici capelli corvini, che sotto la luce artificiale del lampadario assumevano una sfumatura quasi violacea e che raggiungevano metà della schiena; sul suo viso rotondo ed armonioso spiccavano due occhi lilla che avevano un'espressione gentile, un nasino proporzionato ed una bocca non troppo larga ed abbastanza carnosa. Sakura si sentì automaticamente più calma alla vista di quella figura dall'aspetto quasi naturalmente rasserenante. Intuì che doveva essere stata la prima, la bionda, ad aver parlato, o meglio urlato, perché viste le mani saldamente posate sui fianchi ed il piede destro che testardamente batteva sul pavimento, doveva essere parecchio arrabbiata. Anche il viso, dai lineamenti perfetti e al tempo stesso deformati in una maschera di disappunto, prometteva una tempesta incombente.
In quel momento la ragazza mora, che dal colore degli occhi doveva essere una Hyuga (sicuramente la cugina di Neji di cui Naruto le aveva tanto parlato, Hinata) sospirò con voce pacata: - Ino, andiamo, ragiona: non ti ha mica detto che non sei più la sua musa, ha solo affermato che, per l'ambientazione che ha in mente, il colore degli occhi di Temari è più adatto del tuo... E' normale per un pittore avere più di una modella... E' da secoli che trae ispirazione da te, ancora adesso la sua arte ruota attorno a te, cosa puoi volere di più? -
- Oh, tesoro, non capisci... Non è il fatto che per quel quadro vuole un'altra... cioè un pochino anche per quello, ma ci posso passare sopra... E' per il motivo, comprendi? "Gli occhi di Temari sono più intensi" dei miei?! Ma lo pensa davvero?! Ma non lo sa che "gli occhi sono lo specchio dell'anima"?! Siamo una cosa sola da centinaia e centinaia di anni, dovrebbe dire che i miei occhi sono i più belli al mondo! Lui così ha  insultato la mia anima, e che caspita! - le delicate sopracciglia dorate si erano aggrottate - Aaah ma adesso sai che gli faccio, eh?! Io, io... Gli spalmo la colla su tutte le tele! Sì, così quando prova a dipingere, i pennelli gli rimangono appiccicati sopra, a la Arman Fernandez! Anzi, anzi! Glieli depilo, i suoi dannati pennelli! No, no! Spalmo sulle tele la crema depilatoria, così, mentre "crea" gli rimangono tutte le setole sparse qua e là... Dovrebbe ringraziarmi, magari diventa pure un nuovo stile pittorico! Oppure potrei... - 
- I-ino, per favore, Sakura sta arrivando, non vorrai spaventar... - la ragazza-che-sicuramente-era-Hinata fissò proprio in quel momento l'attenzione sull'entrata, accorgendosi quindi della sua presenza -...la... Oh -
- Hinata, ma che dici?! Ho già in mente cosa dire a Sakura quando la ritroveremo, è un perfetto ed emozionante discor-  anche l'altra ragazza, quella Ino, aveva deciso di girarsi completamente verso di lei, e fu così che due attoniti smeraldi incrociarono due altrettanto stupite acquemarine.
Diversi secondi passarono nel più completo silenzio, nessuna delle tre ragazze era capace di uscire da quella situazione di impaccio.
- Eeehm... - aveva ad un certo punto mormorato la giovane dai capelli rosa, per spezzare quell'atmosfera tesa. Si era resa conto, con spiazzante lucidità, che non aveva la minima idea di come rapportarsi con delle creature che non erano umane, che vivevano da chissà quanti secoli e che erano destinate, almeno in teoria, ad un'esistenza eterna. Nei giorni precedenti aveva parlato con Naruto, è vero, ma ancora non sapeva della reale natura di chi la circondava; ora, dopo essere, non senza una certa fatica, scesa a termini con quella sorprendente ed incredibile realtà, che aveva completamente stravolto la sua mente, da sempre caratterizzata da un prepotente approccio scientifico, rimaneva comunque pietrificata ed incapace di interagire, forse anche in minima parte intimidita.   
- Sakura! Finalmente ci vediamo! Non sai da quanto ti stavamo cercando! - la bionda parve riprendersi dallo stupore e dall'imbarazzo e le corse incontro, avvolgendola in un caloroso abbraccio. L'Haruno si irrigidì immediatamente, colta alla sprovvista da quella reazione così amichevole, troppo amichevole. 
"Spazi personali... Rivoglio i miei spazi personali..." il suo cervello tentava di esternare la richiesta, ma una parte di lei, nonostante tutto, doveva ammettere che non detestava quel gesto espansivo: se questo significava avere "il conforto di un'amica", non era poi tanto male; era una sensazione bella, non essere completamente sola...
- Ino, non credi sia meglio passare alle presentazioni? Sakura si sentirà piuttosto confusa - sospirò Hinata, rimasta un paio di passi indietro.
- Ooops, pardonnez-moi, me ne stavo quasi dimenticando! E dire che ormai dovrei essermi abituata! Sorry sorry! - fece l'altra lasciandola andare e grattandosi la testa con aria mortificata - Dunque, presentazioni dicevamo: eccomi qua, la splendida Ino del nobile clan Yamanaka fa il suo ingresso in scena! - si piegò subito in un elegante inchino stile dama del Settecento - Mentre la fanciulla alle mie spalle è l'altrettanto deliziosa Hinata del leggendario clan Hyuga! - la mora alzò gli occhi al cielo, per metà esasperata e metà divertita - E tu, se quello svogliato di Shikamaru non mi ha detto una bugia tanto per farmi fare brutta figura, in questa vita di cognome fai Haruno, giusto? Mmmh, Sakura Haruno, non suona male... - 
Sakura era rimasta basita dall'atteggiamento, a dir poco frizzante, di quella Ino; sicuramente anche lei apparteneva a quelle cosiddette "Creature che trascendono il Tempo" e, in base a quanto aveva precedentemente "captato", esisteva da almeno "centinaia e centinaia di anni": il suo comportamento, tuttavia, assomigliava molto a quello di una ragazza della sua età, un po' scanzonato e vivace... e, a pensarci bene, anche Naruto aveva manifestato spesso atteggiamenti vagamente infantili.
- Sì, è corretto - sussurrò lei in risposta, ancora lievemente perplessa. Anche queste ragazze sembravano rilassate in sua compagnia, proprio come l'Uzumaki, pertanto probabilmente pure loro l'avevano già conosciuta in passato. Chissà, magari erano diventate amiche... 
- Perfetto! Allora Shikamaru è stato sincero, un buon gentleman! E spero proprio che tutti ti abbiano trattato bene, sai, sono bravi ragazzi, ma spesso hanno modi un po' bruschi e spartani... Ma non preoccuparti! Ora sono arrivati i rinforzi! - Ino le rivolse un sorriso sbarazzino e le mise le mani sulle spalle, in segno di supporto.
Hinata le aveva raggiunte in quel momento e le si era rivolta con fare delicato: - E' davvero un piacere incontrarti, Sakura. Spero che tu ti sia trovata bene qui a villa Hyuga. Mio cugino Neji può sembrare un po' freddo, ma ci tiene molto affinché tu sia a tuo agio, ne sono sicura - 
- Grazie, sì, non mi è stato fatto mancare nulla - rispose la giovane. Certo, aveva pensato di essere stata sequestrata, ma sin dall'inizio il comportamento permissivo e le attenzioni che le persone della villa le avevano dimostrato aveva suscitato confusione nella sua già affannata mente.
- Bene bene, non ci resta che scoprire quali camere ci siano state assegnate! - fece a quel punto la bionda, incrociando le mani sul petto - Ma se mi hanno messo vicino alla stanza di Naruto salteranno delle teste! Il tuo piccioncino, quando dorme, russa: sembra un leone marino che ha ingoiato un trombone! - concluse rivolta alla Hyuga.
- Ino, mi pare che tu stia esagerando, io... -
- Non mi dire che non te ne sei mai accorta! Oh beh, in fondo, quando siete assieme non dormite, eheh... -
- I-ino! - il grazioso volto di Hinata era arrossito, ma la giovane si era presto ripresa  - Sei sempre la solita... - 
- Non è completamente colpa mia! Vederti diventare viola è uno spettacolo, ogni volta! - aveva esclamato l'altra, abbracciandola - Dai, non fare così! Pensa che Sai alle volte, nel cuore della notte, tira certi calci! Almeno tu non rischi di cadere dal letto! - 
- Ehm, scusate... - Sakura si sentiva un po' fuori luogo, in quel momento: sentire due ragazze che aveva appena incontrato parlare apertamente della loro "vita di coppia" di fronte a lei era una novità; non aveva mai avuto amiche, conosceva qualche sua coetanea con cui scambiava un paio di frasi, tra un'ora e l'altra di lezione, ma non aveva mai avuto nessuno che le raccontasse dettagli sul piano sentimentale.
Le due ragazze l'avevano guardata con curiosità. 
- Yeees? - due occhi azzurrissimi la squadravano divertiti.
- I-io volevo solo... - Cosa? Cos'è che voleva?! Neppure Sakura lo sapeva con certezza. Non sarebbe neanche voluta uscire dalla sua stanza, se non fosse stato per fare un favore a Naruto.
- Coraggio donna, si esprima! - 
- Ino, non ti sembra già abbastanza intimidita così! - 
- Hinata, sto solo cercando di tirare fuori il suo "spirito guerriero"! La nostra Sakura di solito è molto più spigliata, non trovi?! - alle parole della bionda, sussultò. Dunque aveva proprio conosciuto anche loro due, nelle sue vite precedenti: questo spiegava la loro disinvoltura in sua presenza.
La Hyuga si voltò verso di lei con un'espressione contrita sul viso. 
- Sakura, ti chiedo scusa a nome di Ino per la sua mancanza di tatto -
- Ehi! Ero in buonafede! Sono sicura che Sakura non si è  offesa, vero?! - si giustificò l'altra; la mora comunque continuò imperterrita.
- Ti stupisce che si comporti in questo modo, vero? - 
- Ehi! - 
Neppure questa protesta bonaria era riuscita ad interrompere la Hyuga: - Probabilmente, da esseri che vivono da secoli, ti aspetteresti una maggiore maturità e compostezza... Vedi, il fatto è che, da quanto ho avuto modo di apprendere, voi umani ragionate in termini di spazio e tempo; per noi Creature che trascendono il Tempo non è così: per noi esiste solo la variabile spazio, il tempo non è contemplato. Non viviamo con il memento della morte, non abbiamo la tensione di dover "cogliere l'attimo", la nostra società è posta su di un binario indipendente rispetto alla vostra... Anche nel nostro mondo esiste la morte, ma non è percepita come l'epilogo necessario del nostro percorso: non rappresenta la normalità, bensì è un'anomalia, inattesa e per questo completamente destabilizzante - i suoi occhi  lilla a quella parole si rattristarono - La nostra esistenza non si sviluppa secondo una linea retta come la vostra: è vero, anche noi nasciamo ed il nostro corpo cresce, ma al  ritmo da noi stessi imposto, secondo la nostra volontà... Questo significa che non siamo soggetti a quelle fasi evolutive note come "adolescenza", "maturità" e "vecchiaia": anche la nostra psiche, ovviamente, cambia e si evolve, ma non in base allo scorrere delle stagioni, non in base ad una sorta di "tabella prefissata". I nostri cambiamenti, sul piano emotivo e psicologico, sono dovuti alle esperienze che ci troviamo ad affrontare, al modo in cui il nostro carattere, diverso ed irripetibile in ognuno di noi, si confronta con dette esperienze; esistono individui millenari con la mentalità di ragazzi, per noi il passare degli anni non equivale necessariamente ad acquisire saggezza, è un percorso diverso per ognuno... E poi - a quel punto le aveva rivolto un sorriso dolcissimo - Ino non è così frivola come sembra... E' come Naruto-kun in questo, hanno una forza interiore ed una maturità che potrebbero stupirti... - a quell'ultima frase, le gote della fanciulla si erano teneramente imporporate. Era evidente che l'amore che il biondo aveva dimostrato di provare per la mora, nei giorni precedenti, era completamente ricambiato. 
Una strana curiosità si impossessò della mente di Sakura.
- Hinata, scusa se te lo chiedo... Mi rendo conto che ci siamo appena conosciute, ma in questi giorni Naruto mi ha parlato molto di te e... beh... - si sentiva tremendamente impicciona e maleducata adesso, alla faccia del "sentirsi fuori luogo perché due ragazze appena incontrate parlano della loro vita di coppia" - Volevo solo sapere... Tu e lui... come vi siete... -
La Hyuga la interruppe dolcemente, mettendo fine al suo disagio: - Come ci siamo conosciuti? Innamorati? Oh, Sakura - le prese ambo le mani nelle sue - Non sentirti in imbarazzo nel chiederlo. Tu non lo ricordi ancora, ma tu, Ino ed io siamo state molto amiche, in tutte le tue vite precedenti, e, se vorrai, potremo esserlo anche in questa... - al sorriso rassicurante della mora si aggiunse quello raggiante della bionda alle sue spalle, che annuì decisamente. Il cuore di Sakura provò un'intensa sensazione di calore, e le sue labbra si incurvarono automaticamente un po' più all'insù: sentiva di avere bisogno di quel momento, di poter così staccare la sua mente da tutte quelle orribili elucubrazioni circa il suo ineluttabile destino; aveva bisogno di distrarsi, anche se era sciocco, anche se non avrebbe comunque migliorato la sua situazione, ma il suo cervello necessitava di una pausa. Per la prima volta, ebbe l'impressione di essere accanto a persone sue pari; il fatto che si trattasse di creature immortali, non umane, era solo un'eco lontana nella sua testa.
- ... e poi, dopotutto, è solo grazie a te se io e Naruto-kun ci siamo incontrati, Sakura... - concluse Hinata, mentre la guidava ad una delle sedie davanti al tavolo su cui era solita pranzare, per poi prendere posto alla sua sinistra. Ino si era accomodata prontamente alla sua destra. Venne invasa da un senso di calma e di protezione, i nefasti pensieri sul suo precario futuro per un attimo accantonati.
E fu così che Hinata cominciò il suo racconto. 

 
XXX
 
Hinata guardò fuori, oltre la grande porta-finestra che si affacciava sul cortile dove i membri più illustri della famiglia Hyuga erano soliti allenarsi. Vide suo padre, il rispettatissimo capoclan Hiashi Hyuga, impartire direttive al gruppo mentre passava in rassegna le giovani leve. Lo continuò ad osservare mentre con sguardo impassibile trovava in ciascuno un seppur piccolo difetto, finché, ovviamente, non si fermò di fronte a lui. La perla e speranza del clan. Il vero talento di questa generazione. Suo cugino Neji. Gli occhi perlacei del padre subito si rilassarono, le rughe ai loro lati si distesero in un'espressione che Hinata ebbe quasi l'azzardo di definire d'affetto. 
- Ottimo, Neji. Continua così - fu l'unico commento dell'uomo, che immediatamente rincominciò la rassegna, il viso tornato alla sua solida freddezza. Hinata sospirò.
Le cose erano sempre andate in quel modo ed oramai lei si era abituata a quella situazione. Nei suoi primissimi anni di vita il padre aveva tentato di educarla alla vita di capoclan: essendo lei la primogenita era infatti destinata, come da tradizione, a succedergli nel comando. Ma era bastato ben poco tempo per capire che la sua indole pacifica e tranquilla non era fatta per reggere cotanta responsabilità, e quel preciso istante aveva segnato l'allontanamento di Hiashi da quello che considerava il suo più grande fallimento. Hinata continuò a vivere nella dimora centrale degli Hyuga, ma nel frattempo suo cugino Neji cominciò ad essere invitato sempre più di frequente nella villa e per periodi via via più lunghi. Divenne ben presto evidente agli occhi della giovane che il padre, perennemente intento nell'insegnare al nipote tutti i segreti del potere oculare degli Hyuga e le varie regole interne al clan, finalmente avesse trovato il suo vero, degno erede. La ragazza non aveva mai sollevato apertamente la questione, probabilmente in parte perché anche lei, sotto sotto, si rendeva conto che quella sarebbe potuta essere la soluzione migliore. Non avrebbe mai avuto il coraggio di sfidare apertamente il padre, minando la sua autorità, per ottenere nelle proprie mani un comando che non era sicura né di volere né di saper gestire. Aveva raggiunto l'età di ventuno anni reali e anche se per le Creature che trascendono il Tempo era praticamente un'inezia, aveva comunque lo sviluppo psicologico e la maturità sufficienti per capire quale fosse il bene del clan. 
Per questo motivo anche quel giorno non si sorprese della scena a cui aveva appena assistito. Non si stupì nel vedere il padre esprimere, seppure in modo ermetico, tutta la sua stima per Neji e non se ne rattristò. Nonostante tutto era affezionata al cugino, che, dopo un inizio non proprio idilliaco, aveva cominciato a trattarla con rispetto e, osava aggiungere, devozione. Era felice per lui ed ammetteva che avrebbe rappresentato la scelta migliore come capoclan. Voleva solo provare la felicità di sapere che suo padre le voleva bene, che non la reputava davvero un "completo fallimento". Voleva solo sapere che esisteva qualcuno che potesse volerle bene per quello che era, che non vedesse in lei solo un membro debole del leggendario clan Hyuga. Qualcuno che, per una volta, amasse semplicemente Hinata.

 
X
 
Lo vide per la prima volta in una sera d'estate, quando lui ed il suo inseparabile amico Sasuke Uchiha si presentarono davanti alle mura del distretto principale degli Hyuga. Suo padre era stato avvisato che un membro della nobile famiglia Uzumaki ed un moro che sosteneva di appartenere al leggendario quanto ormai estinto clan Uchiha volessero parlargli, così, dopo un minuto di riflessione, li aveva fatti condurre alla villa principale, ed in quel momento si trovavano tutti e tre sulla soglia dell'imponente portone. Hinata aveva deciso di seguire di soppiatto il genitore: non era da lui scomodarsi in quel modo, e quell'atteggiamento inusuale aveva suscitato nella ragazza un giustificato interesse. Dal punto in cui si era fermata, subito dietro una parete, riusciva a scorgere solo la schiena del padre ed un alto ragazzo moro che la colpì immediatamente per l'espressione stanca e lo sguardo tormentato negli occhi color carbone.
- Ragazzo, sostieni di essere un Uchiha, puoi provarlo? - aveva domandato Hiashi con l'abituale voce autoritaria. 
Il moro non aveva detto nulla, ma le sue iridi si erano, per un istante appena, trasformate in due rubini incandescenti che, nell'oscurità della notte, le avevano fatto gelare il sangue nelle vene, per poi tornare nuovamente nere.   
- E' tutto vero, dunque. Deduco che tu sia il tanto discusso Sasuke Uchiha, giusto? - il tono del padre si era fatto ancora più freddo ed Hinata poteva immaginare la sua faccia disgustata. 
Cosa stava accadendo? Perché suo padre reagiva così? Chi era quel moro? Da quanto ne sapeva lei, gli Uchiha erano stati una sventurata famiglia che, in passato, aveva fatto parte dei tre "Clan Leggendari", proprio come gli Hyuga. Tuttavia, gli Uchiha ora non erano...?
Prima di poter scavare ulteriormente nelle proprie conoscenze, la voce del sedicente Uchiha ruppe il silenzio e la sua concentrazione: - Ho bisogno dell'aiuto del clan Hyuga -. Quel giovane si stava dimostrando molto sicuro di sé, eppure le spalle un po' abbassate tradivano una profonda spossatezza che ad Hinata parve più mentale che fisica.
- Cosa ti fa pensare che permetterei alla mia famiglia di sprecare energie per aiutare uno come te? Credi che non sappia cosa hai fatto in passato? Il Consiglio ha sempre continuato a raccogliere informazioni su di te - 
A quelle parole il volto dell'Uchiha si era indurito: - Conosco perfettamente le mie colpe e sono profondamente pentito e disposto a fare ammenda, però ora ho bisogno del vostro sostegno, non solo per me, ma anche e soprattutto per il bene di un'altra persona che non c'entra nulla con le mie scellerate decisioni -  
- Questo non conta! Come capoclan io - 
- Hyuga-sama, vi supplico - un'altra voce, più giovanile rispetto a quella profonda del moro, aveva interrotto suo padre; anche se non riusciva a vederlo, Hinata sapeva che doveva trattarsi dell'altro, l'Uzumaki - Mi rendo conto della situazione, però, in nome della buona reputazione della mia famiglia, lasciateci almeno entrare e permetteteci di spiegare tutto con calma -
Hiashi Hyuga, alla menzione degli Uzumaki, si era impercettibilmente rilassato - E sia. Sei tale e quale a tuo padre, Naruto Uzumaki - fu il suo laconico commento mentre cominciava ad avviarsi verso la sala principale, solitamente addetta alle riunioni. Naruto Uzumaki. Hinata non lo aveva mai incontrato di persona, ma dato che i loro padri erano entrambi membri del Consiglio, ne aveva comunque sentito parlare: si diceva che fosse l'ultimo nato del suo clan e che avesse lo stesso temperamento vivace ed impetuoso della madre Kushina.
I due ospiti ebbero dunque modo di entrare, e prima che la giovane si dileguasse in fretta per non farsi scoprire nell'atto di origliare intravide l'aspetto di quel Naruto Uzumaki. Il suo fisico era apparentemente giovane, al massimo superava di poco i vent'anni (ma, se non ricordava male, il membro più piccolo della famiglia Uzumaki era più che novantenne, quindi doveva aver "congelato" il suo corpo), piuttosto alto, con la pelle che, alla luce della luna, le parve abbronzata, ed una massa di capelli biondi che svettavano dritti sulla testa. Ma quello che la colpì di più furono i suoi occhi, due grandi e chiarissime pozze d'acqua che si guardavano intorno con un misto di decisione e di purezza, trasmettendo un innato ottimismo, nonostante l'appena trascorso incontro con il di lei padre, non proprio idilliaco. A quella vista, il cuore di Hinata cominciò a battere forte ed una strana sensazione, come una scossa elettrica, le attraverso il corpo. Ignara del motivo di quella sua reazione, la giovane scappò via, un po' spaventata, e si rintanò nella sicurezza della sua stanza, senza farsi scoprire da nessuno.

 
X
 
Quando aveva appena otto anni Utako, la sua bambinaia, le aveva raccontato una storia che, sebbene fosse recente, la donna trovava estremamente bella e che, tra le Creature che trascendono il Tempo, aveva cominciato ad assumere una parvenza di leggenda per i suoi connotati tragici. 
Narrava di un giovane appartenente ad una nobile famiglia immortale, rimasto solo al mondo. Dopo aver percorso un cammino buio e tormentato, aveva finalmente ritrovato la luce attraverso l'amore per una fanciulla umana. I due erano felici ed innamorati e nulla sembrava in grado di separarli. Finché un giorno, un perfido stregone aveva maledetto la ragazza, rinchiudendola in un maleficio che la costringeva a nascere in continuazione, ogni volta in una parte diversa del mondo, per poi morire giovane. E così il suo innamorato era condannato a vagare eternamente, sempre alla costante ricerca della sua unica fonte di felicità. 
Hinata aveva ascoltato il racconto incantata, affascinata da quella dimostrazione di amore puro, e spesso, negli anni a venire, si era ritrovata a ripensare a quella storia, e a fantasticare, immaginando un possibile lieto fine per i due sventurati innamorati.
Per questo motivo, quando aveva sentito i pettegolezzi, appena sussurrati, delle domestiche, che affermavano tra di loro con apparente convinzione che quel certo Uchiha-san fosse proprio "il ragazzo immortale della leggenda", Hinata era stata vinta dalla curiosità. Le poche volte che aveva incrociato il moro, tuttavia, il suo sguardo corrucciato e l'espressione stoica, dura, l'avevano lasciata intimorita ed incapace di chiedere conferme riguardo la sua identità. Al contrario, il ragazzo biondo aveva sempre un'aria bonaria e rilassante attorno a lui e la ragazza si sentiva naturalmente bendisposta nei suoi confronti, anche se, per qualche motivo che non riusciva a comprendere, non era riuscita a presentarsi neppure a lui. Quando provava ad avvicinarglisi per rivolgergli la parola, sentiva le gote accaldarsi e le gambe diventavano molli, quasi fossero di gelatina, e la ritirata era obbligatoria. Il fatto che quei due fossero già ospiti da tre giorni di villa Hyuga dimostrava che l'Uzumaki era riuscito nell'intento di convincere suo padre ad aiutarli, e quel pensiero lasciava Hinata basita e stranamente orgogliosa del giovane, sentimento questo che tuttavia non era in grado di spiegarsi.

 
X
 
Gli aveva parlato per la prima volta due giorni dopo, unica complice la sorte.
Aveva appena raggiunto il cortile interno alla villa (tutte le dimore principali dei vari distretti Hyuga avevano la stessa pianta, con un cortile interno che spesso veniva usato come luogo di allenamento e meditazione) ed aveva sussultato per la sorpresa di vedere il biondo che contemplava un preciso punto del giardino. A quel rumore, il giovane si era voltato, e gli occhi celesti si erano immediatamente illuminati di una luce quasi abbagliante.
- Oh! Perdonatemi, vi ho forse spaventato? - le aveva prontamente chiesto con quella voce, energica ed al tempo stesso rassicurante, mentre le si era avvicinato con la mano destra tesa  di fronte a lui - Il mio nome è Naruto Uzumaki e ho l'onore, insieme al mio caro amico Sasuke Uchiha, di essere ospite di Vostro padre... Da quanto ho sentito dire, voi siete Hinata Hyuga, giusto? Chiedo scusa se mi presento ufficialmente solo ora, ma i giorni trascorsi sono stati particolarmente frenetici. E' un piacere conoscervi - 
- S-sì, il mio nome è H-hinata... P-piacere di conoscervi, Uzumaki-san... - fu la sua timida ed impacciata risposta, mentre gli porgeva la sua mano morbida ed il giovane la sfiorava con le sue labbra con altrettanta delicatezza, per un attimo più breve di un soffio. 
- Ah, no, per carità! Chiamatemi per nome, questi formalismi mi mettono ogni volta a disagio! - era stata la replica del biondo, che si era portato la mano sinistra dietro il capo, imbarazzato - Ma ditemi - era tornato a fissare lo stesso punto del cortile di prima -  vorrei chiedere a vostro padre di piantare un albero di ciliegio in quell'angolo del vostro giardino: probabilmente la nostra permanenza nella vostra villa sarà lunga, ed al mio amico Sasuke farebbe bene... Sapete, i fiori di ciliegio gli recano almeno un poco di conforto... Comunque, pensate sia possibile muovere ad Hyuga-sama una simile richiesta? - 
La domanda l'aveva lasciata spiazzata, ma dopo qualche secondo, a capo chino per nascondere la sua innata timidezza, aveva risposto: - M-mi dispiace molto, N-naruto-san, ma credo sarà impossibile che mio padre accetti... E-è molto attento ad ogni aspetto che riguarda il clan, e questo comprende anche la disposizione dei mobili e la cura del giardino: i nostri giardinieri possono seguire solo ed esclusivamente le sue direttive... - "E quelle di Neji, il suo successore..." pensò tristemente tra sé - M-mio padre non è tipo da accettare consigli da altri, soprattutto da individui che non appartengono al clan... S-sono davvero spiacente... - 
- Oh, beh, vedremo... So essere particolarmente insistente! - fu il commento dell'Uzumaki, che sfoderò un sorriso radioso. Hinata non sapeva perché, ma sentiva in cuor suo che il ragazzo potesse veramente riuscire nell'impossibile. Spinta da quella curiosità che da giorni ormai le vorticava nella testa e da un coraggio che l'atteggiamento disponibile e cordiale del biondo aveva saputo suscitare, la giovane chiese, con un filo di voce: - N-naruto-san, ditemi... Circolano voci riguardo il vostro amico, Uchiha-san... - 
Venne prontamente interrotta: - Parlate del fatto che lui sia la famosa Creatura che trascende il Tempo che si è innamorata di un'umana maledetta? L'immortale alla perenne ricerca della sua amata? - 
A quel punto, la giovane Hyuga aveva cominciato a guardarsi insistentemente le mani, che giocherellavano tra loro, per tenere a bada l'incalzante nervosismo.
- E-ecco, io... S-sì, mi riferivo proprio a quello... - 
Naruto-san continuava a contemplare il cortile davanti a sé, le iridi celesti improvvisamente lontane, come a ricordare qualcosa di doloroso: - Sì, è così... Siamo entrambi alla ricerca di quella persona, la nostra Sakura-chan... - 
Nel sentire pronunciare quel suffisso, con un tono sofferto malamente celato, il cuore di Hinata aveva come perso un battito. Dunque anche lui era innamorato di quell'umana, di quella "Sakura"? Hinata non osava domandarglielo, il terrore di risultare maleducata ed indiscreta le serrava le labbra, tuttavia non ne ebbe bisogno, poiché il biondo aveva subito continuato: - E' più di settant'anni che il maleficio è in atto, ma io non perdo la speranza che, in futuro, riusciremo a spezzarlo... Sia Sasuke sia Sakura-chan sono i miei migliori amici e voglio che possano stare insieme! Cercherò con tutte le mie forze di aiutarli! - l'espressione sul suo volto si era fatta determinata, nelle iridi azzurre si era come acceso un fuoco - Non mi arrenderò mai finché non saprò che le persone a me care sono al sicuro e felici! E' una promessa! - 
La giovane Hyuga lo aveva fissato a bocca aperta, le guance invase da un dolce tepore, e finalmente aveva capito cosa provava per la persona che stava di fronte a lei.
Ammirazione. Profonda, infinita ammirazione.
Una settimana dopo, Hinata vide i due giardinieri della villa piantare un ancora piccolo albero di ciliegio, proprio nel punto indicato da Naruto-san. Un timido sorriso si dipinse sulle sue labbra.

 

 
In quelle settimane in cui i due ragazzi avevano deciso di rimanere lì nella dimora della sede centrale, Hinata aveva avuto modo di incontrare e di trascorrere molto tempo con Naruto-kun. Con il passare dei mesi, aveva cominciato a pensare a lui sempre più spesso e, ogni volta che lo faceva, aggiungeva sempre quel suffisso che la sua famiglia, di origini giapponesi, le aveva insegnato che indicava rispetto ed affetto. Le veniva automatico, e la prima volta che lo aveva apertamente apostrofato in quel modo invece che con il probabilmente più adatto Naruto-san, il giovane l'aveva guardata, sorpreso, ed aveva addolcito lo sguardo; non l'aveva rimproverata, anzi, dal bagliore negli occhi cerulei le pareva quasi che quel cambiamento lo avesse reso molto felice. Da quel momento, dunque, il ragazzo per lei era rimasto ufficialmente "Naruto-kun". Mentre il suo amico era perennemente fuori dal distretto principale, sempre alla ricerca della famosa "Sakura", Naruto-kun trascorreva periodi di tempo, che le sembravano aumentare costantemente, in compagnia di lei. Quando non accompagnava Sasuke Uchiha, infatti,  si potevano trovare facilmente i due l'uno accanto all'altra. Era solito essere lui il più chiacchierone, ed Hinata amava sentirlo parlare, con quella sua voce piena di vita. Tutto in lui era pieno di vita, ed Hinata non capiva come fosse possibile che un ragazzo ottimista ed solare come lui provasse piacere nello stare con lei. 
Poi c'erano volte in cui lui si fermava e la guardava negli occhi con quelle sue pozze cobalto, ed aveva un sorriso così dolce, caloroso, che il tepore le arrivava alle gote, imporporandole, e poi scendeva fino al petto, e raggiungeva il cuore, che sembrava impazzire. Hinata provava un misto di tranquillità ed irrequietezza quando era con lui e non capiva, proprio non riusciva a capire cosa le stesse succedendo...
Un giorno, improvvisamente, mentre si stavano godendo la fresca brezza d'inizio primavera, Naruto-kun le aveva chiesto se avesse mai baciato qualcuno. Lei, ancora troppo sconvolta dall'inaspettata domanda, non era riuscita a spiccicare parola e con un rossore che dal viso si estendeva al collo ed alle orecchie, aveva scosso la testa in segno di negazione.
- Neppure io - aveva risposto lui, e sembrava quasi sollevato, ma poi aveva guardato dritto davanti a sé, e l'espressione del viso era diventata triste, forse anche dolente - Una persona a cui volevo, a cui voglio, molto bene mi aveva detto, tempo fa, che un giorno avrei incontrato qualcuno per cui avrei provato profondi sentimenti d'amore, e che quella sarebbe stata la persona che avrei potuto baciare e che mi avrebbe voluto baciare a sua volta... - 
Hinata si era sentita crollare il mondo addosso: forse Naruto-kun aveva capito che lei provava dei sentimenti fortissimi per lui, emozioni che andavano ben oltre l'amicizia ed il rispetto, e voleva quindi farle capire che lui, al contrario, non la ricambiava, che aveva un'altra persona nel suo cuore?!
- E-e tu, Naruto-kun... Tu hai g-già trovato q-quel q-qualcun... - non fu in grado di finire la domanda, la paura della rivelazione imminente era troppo opprimente. Teneva gli occhi fissi a terra e le dita si intrecciavano nervosamente le une con le altre; era tornata a balbettare come le prime volte che parlava al ragazzo, ma la tensione la stava lentamente logorando.
La risposta del ragazzo fu come un balsamo per le sue orecchie: - No, non avevo mai trovato quella persona speciale... Mai, fino ad ora... - 
Incredula, aveva sollevato di scatto il capo ed il lilla dei suoi occhi aveva incontrato l'azzurro intenso di quelli del suo amato. Amore. Era quello il sentimento che provava per lui; non aveva dubbi ed ora nutriva la speranza che il giovane forse, magari, possibilmente...
- MALEDIZIONE!!! Naruto! Dove sei?! - l'urlo di Sasuke Uchiha li scosse e ruppe quell'atmosfera surreale che si era venuta a creare. La voce del ragazzo era furente ed addolorata al tempo stesso ed era così irriconoscibile rispetto al timbro profondo e controllato che solitamente aveva. 
Naruto-kun aveva assunto immediatamente un'espressione preoccupata.
- Hinata, perdonami, ma devo andare da lui. Dev'essere successo qualcosa di grave... Scusami, davvero, io... -
- No, Naruto-kun, hai ragione tu: Sasuke-san sembra avere bisogno del tuo aiuto - gli aveva rivolto un sorriso dolce, per rassicurarlo che aveva capito e che non era arrabbiata.
- Hinata... Grazie - 

 
X
 
La feroce rabbia di Sasuke-san era pienamente giustificata, aveva scoperto Hinata poche ore dopo. L'Uchiha aveva finalmente individuato la famiglia nella quale la sua Sakura era nata, per venire a sapere però con orrore che la giovane era già morta, appena quindicenne, un paio di anni prima, per consunzione. Questo significava che la sua leggendaria ricerca doveva riprendere, nuovamente in giro per il mondo, senza indizio alcuno. E questo voleva dire che Naruto-kun... 
Il cuore di Hinata le si era stretto nel petto al pensiero che il ragazzo se ne sarebbe andato per seguire nuovamente il suo amico, ma sapeva bene che era inevitabile: Sasuke-san aveva bisogno di lui, e lo spirito di sacrificio, l'innato altruismo dell'Uzumaki erano due degli aspetti di lui che la Hyuga amava di più. Non poteva chiedergli di restare lì, nel distretto del suo clan, per lei, non poteva e non voleva essere così egoista. Eppure...
Eppure non voleva nemmeno che il suo amato se ne andasse senza sapere dei suoi sentimenti, di quanto la sua semplice presenza le avesse dato una gioia immensa, di quanto, per la prima volta da quando era nata, si fosse sentita davvero viva, da quando lo aveva conosciuto. 
Fu così che, quella sera stessa (Sasuke-san aveva deciso di partire dopo poche ore dalla scoperta del destino della sua Sakura, non volendo perdere ulteriore tempo e non volendo approfittare ancora dell'ospitalità di Hiashi Hyuga), mentre il moro e Naruto-kun si stavano preparando per lasciare la villa, si era ritrovata in cima alle scale che si affacciavano sull'ingresso, di fronte al suo amato, suo padre già sulla soglia, pronto ad accomiatarsi dai due ragazzi.
Fu così che, inspirando profondamente per raccogliere la forza mentale sufficiente, con le mani che tremavano, sudate, per la tensione, aveva chiamato, con voce alta ed emozionata: - NARUTO-KUN!!! - 
Il biondo si era voltato all'istante, gli occhi azzurri sorpresi che tradivano la speranza di rivederla - Hi-hinata, tu... - 
Ma Hinata lo interruppe; non poteva fermarsi proprio ora, non voleva perdere l'occasione: - Naruto-kun, ricordi la storia del bacio che mi hai raccontato? Beh, io non ho mai baciato nessuno, però... Però avrei tanto voluto baciare te! I-io... Io ti porterò per sempre nel cuore, Naruto-kun! - 
Fu così che l'Uzumaki, con gli occhi lucidi per la commozione, iniziò a correre verso di lei; a quella vista, anche lei lo raggiunse, il cuore che le martellava nel petto ed il respiro tremulo per la trepidazione.
Si incontrarono al centro delle scale e lui, con il sorriso più bello del mondo, le sussurrò dolcemente: - La mia persona speciale... - 
E fu così che, sotto il timido chiarore di una notte di luna piena che filtrava dal grande portone in ferro, le loro labbra si unirono dolcemente, per la prima, indimenticabile volta.
Da quel momento, furono per sempre una cosa sola.

 
XXX
 
Erano passati due giorni da quando Sasuke, in un impeto irresponsabile ed egoista, aveva rivelato a Sakura il suo destino, nel peggiore dei modi. 
Il moro sapeva che Naruto aveva tentato di parlarle, ma lei si era barricata in camera e si era limitata ad accettare, una volta al giorno, il vassoio che le veniva portato. L'Uchiha era preoccupato da quella reazione, tuttavia si sentiva soddisfatto di sapere che, comunque, l'istinto di sopravvivenza della giovane era ben radicato e continuava a combattere, nonostante tutto. Era andato a farle visita diverse volte, sempre rimanendo al di fuori della stanza, al di là di quella porta tenacemente chiusa a chiave. Non aveva neppure provato a rivolgerle la parola: perché avrebbe dovuto? Per quale motivo tentare di comunicare con lei, visto che, al momento, probabilmente, la sua sola presenza, la semplice idea di trovarsi vicino a lui, avrebbe potuto arrecarle dolore?! Lui per lei era sempre stato una disgrazia, un cancro che l'aveva distrutta e che continuava a ricomparire nella sua vita... E non riusciva a capire come mai la ragazza si innamorasse ogni volta di lui, cosa potesse trovare in un individuo tormentato e deprimente come lui... A pensarci bene, la reazione che Sakura aveva manifestato questa volta era stata la più comprensibile, in tutti quei secoli. 
Voleva salvarla, davvero. Per riuscire a spezzare quel circolo eterno di morte e rinascita, però, era necessario l'intervento di quel mostro infido di Orochimaru: lui aveva lanciato la maledizione, e solo lui poteva scioglierla. Il senso di impotenza che lo colpiva ogni volta che ci pensava gli stringeva la trachea, era come un pugno allo stomaco: Sasuke era una creatura incapace di sopportare il pensiero di essere debole, in balia dei capricci di qualcun altro. 
All'inizio aveva addirittura detestato Sakura, quando più di cinquecento anni prima era riuscita a far sorgere in lui quei sentimenti strani, nuovi, che lo avevano soggiogato: si era sentito non più in completo controllo di sé stesso, dei suoi pensieri che vagavano indomiti verso di lei, del suo corpo e della sua anima che la cercavano, volevano starle accanto... e quel bisogno persisteva tutt'ora, anche adesso, quando si ritrovava davanti ad una porta chiusa, per accertarsi che lei fosse ancora viva, che uno di quelli che lei considerava "attacchi di panico" non l'avesse portata via... e si sentiva impazzire, dentro di lui qualcosa si erodeva lentamente, forse la sua sanità mentale; eppure doveva mantenere una facciata impassibile, doveva dimostrarsi sempre forte, invincibile, e ormai non ricordava neppure più come fosse la sua esistenza prima di quella recita, quando era stato sicuro di sé dentro e fuori... 
- Teme... - la voce di Naruto, alle sue spalle, interruppe il silenzio che regnava nella biblioteca nella quale si era rifugiato.
- Che vuoi? - 
Il tono freddo della sua domanda non sembrò intimidire il biondo, che ormai lo conosceva troppo bene per non comprendere i suoi meccanismi di difesa: - Sono arrivati Hinata, Ino, Sai e Temari... Non so come ho fatto, ma ho convinto Sakura-chan ad incontrarli... Credo che le cose stiano cominciando ad andare per il verso giusto, ora... -
- Se lo credi tu... - il sarcasmo era palese.
- Io mi unisco agli altri - 
- Bene - 
Naruto non aveva alcuna intenzione di arrendersi di fronte a quello sfoggio di laconico distacco: - E tu che fai? Non vieni? Te ne stai ancora qui, a giocare all'eroe tragico?! - 
- Non mi sono mai considerato un eroe, e non sto giocando - la voce del moro suonò improvvisamente tesa, la maschera di apatia stava lentamente crepandosi.
Naruto Uzumaki sapeva sempre come meglio colpirlo.
- Teme... -
- L'hai vista?! Hai visto come si è comportata in questi due giorni, dopo che, per colpa mia, ha scoperto cosa la aspetta? In questo momento mi odierà furiosamente... Con Hinata ed Ino sarà di certo più rilassata, se ci andassi anch'io non farei altro che farla soffrire - quel dobe, senza neppure troppo sforzo, era riuscito a fargli vuotare il sacco.
- Ecco, quando fai così sei proprio scemo! - 
- Da che pulpito - 
- Io almeno non la sto abbandonando, non scarico le mie responsabilità sugli altri - 
- Non sto facendo questo! - ringhiò l'Uchiha, voltandosi di scatto in direzione dell'amico.
Un paio di occhi turchesi lo stavano guardando con un misto di rammarico ed empatia: - Forse no, ma per uno che ha passato cinquecento anni vagabondando ai quattro angoli della Terra ogni volta che la sua amata rinasceva, beh, mi sembri diventato un po' rinunciatario, no?! -
Il moro abbassò la testa, a disagio, più di tutto con sé stesso: - Non capisci... - 
- Ah già, che stupido, perché non sono io quello che ti è sempre stato vicino, che ti ha sempre seguito! Non sono io che ho visto soffrire sia te sia Sakura-chan! - in un attimo gli si parò davanti, con un'aria seria che raramente gli aveva visto, nonostante si conoscessero da secoli - Non sono forse io che ho sofferto con te, ogni volta che la perdevamo... Ricordati che Sakura-chan è una mia carissima amica. Te l'ho già detto: solo perché non la amo in senso romantico, non credere che tutta questa storia non mi tocchi personalmente! Ma, anche se provo dolore, non mi isolo, non mi chiudo a riccio. Io non abbandonerò mai Sakura-chan, ci sarò sempre per lei, per aiutarla, per consolarla, per darle sostegno e coraggio... - Detto questo, l'Uzumaki voltò le spalle ed uscì dalla biblioteca.
- Aaargh!!! - 
D'impulso, Sasuke prese un libro dallo scaffale più vicino e lo tirò davanti a sé con forza, un grido sconnesso gli uscì dalle labbra nervosamente tirate. Il tomo si schiantò contro la parete di fronte ed atterrò rovinosamente a terra con un pesante tonfo, la rabbia nel moro ancora distante dal placarsi.
Abbandonarla?! Era questo che pensavano stesse facendo?! Dopo tutto il tempo passato a rincorrerla, a cercarla, ad amarla nonostante le avversità, pensavano davvero che gettasse tutto al vento così?! Il problema non era quello: Sasuke non avrebbe mai voluto lasciarla; il punto era un altro: fino a dove poteva spingersi? Poteva starle accanto se lei non sopportava la sua presenza? Non sarebbe forse stato un crudele ed egoistico tormento nei confronti della giovane, esserle vicino anche se lei sicuramente detestava detta vicinanza? Non stava facendo la cosa giusta, permettendole di rimanere in compagnia di persone che le volevano bene e che non l'avevano traumatizzata, che l'avrebbero aiutata a rasserenarsi almeno un poco?!
Sasuke rimase lì, come pietrificato, in piedi nel mezzo della biblioteca, con una massa di domande confuse e tante incertezze che gli popolavano la mente ormai totalmente stremata.



NdA2: Ecco qua, Ino ed Hinata hanno fatto il loro ingresso. Forse la Hyuga vi sarà sembrata un po' debole nel suo flashback, ma ho in serbo un'evoluzione importante per lei, ed anche Ino saprà riscattarsi dall'atteggiamento un po' frivolo che ha dimostrato (è una dei miei personaggi preferiti e la considero una tipa "tosta", nella Quarta Guerra Ninja è stata fondamentale ;D)... vedere per credere!
Il racconto del NaruHina è un po' diverso, non l'ho scritto come un monologo, ma come una serie di ricordi: diciamo che quello è stato il flusso di pensieri di Hinata mentre raccontava la sua storia a Sakura; ho preferito procedere così per poter scavare più a fondo nella sua psiche ;) Mi scuso per gli amanti del NaruHina che probabilmente saranno delusi dalla narrazione: io sono principalmente una fan del SasuSaku, trovo che Naruto ed Hinata siano molto carini insieme, praticamente perfetti, ma il mio cuore vira verso l'altra coppia, quindi temo di non essere riuscita a scrivere un flashback decente, chiedo ancora perdono -.-'
Vi anticipo che, dal prossimo capitolo, la fanfiction mostrerà anche altri POVs, oltre a quelli di Sakura e Sasuke: è necessario per portare avanti la narrazione, ma renderò sempre facilmente comprensibile di chi sarà il POV... Ma i protagonisti rimarranno sempre Sakura e Sasuke! ;D
Ringrazio moltissimo che legge questa mia storia, chi la recensisce e chi l'ha inserita tra le preferite, ricordate e seguite! Siete stupendi!
Alla prossima, 
sasusakusara7

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** 10. Capitolo 10 ***


NdA: Oooh, vediamo un po'... Cosa c'è sotto l'albero questo Natale?! Un aggiornamento della mia fanfiction! Ok, magari non sarà nulla di speciale, però mi sono impegnata moltissimo per farlo uscire entro il 25 dicembre, perché volevo fare un regalo a tutti voi, fantastici lettori, che spero non vi siate dimenticati di questa storia. Non dovete temere, ho la ferma ed irremovibile intenzione di portarla a termine, e sono davvero dispiaciuta di non aver aggiornato per così tanto tempo, ma il mio computer si era rotto, ed essendo piuttosto vecchio e fuori garanzia, ho aspettato le vacanze natalizie per comprarne uno nuovo. Non potevo aggiornare tramite cellulare, in quanto tutti gli appunti dei vari capitoli della storia, che preferisco sempre consultare per non sbagliarmi, erano salvati su un CD-rom che mi era impossibile aprire senza un PC.

Come potete vedere, ora è tutto risolto! Vi chiedo ancora scusa e vi auguro una buona lettura!

Buone feste a tutti! XD

Disclaimer: Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Masashi Kishimoto (grandioso Kishimoto-sensei!); questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 

 

Capitolo 10

 

Sakura aveva ascoltato il racconto rapita ed affascinata dalla dolcezza che traspariva da ogni parola di Hinata. La sua difficile e commovente situazione famigliare e la delicata e tenera storia d'amore con Naruto l'avevano emozionata. Ma c'era un dettaglio nella narrazione che aveva catturato la sua attenzione.

La Hyuga aveva parlato di Sasuke e di come, da molto tempo, fosse alla continua ricerca di una ragazza che, guarda caso, aveva la sua stessa maledizione. L'Haruno aggrottò la fronte. Il moro aveva dimostrato di conoscerla ed aveva asserito che il maleficio su di lei durava da più di cinquecento anni. Non era poi così impensabile ipotizzare che lei e la ragazza della leggenda fossero la stessa persona... Dunque Sasuke aveva passato tutti quegli anni cercandola ogni volta che nasceva e moriva?! Ma soprattutto, la giovane ripensò alla parte della storia che descriveva la creatura immortale e l'umana innamorati. Significava forse che lei e Sasuke...?! No, Sakura scacciò in fretta quell'idea malandrina dalla testa. Egli le aveva detto che era a causa sua se lei era stata maledetta, e quindi era ovvio che continuasse a cercarla per senso di colpa, per tentare di espiare trovando un modo per spezzare quella nefasta catena di morte e rinascita. Il ragazzo aveva un'aria tanto seria e stoica, e non era difficile credere che potesse provare un'eccessiva durezza nel giudicarsi. La leggenda, poi, era sicuramente il frutto di una versione romanticizzata della realtà. Figurarsi se una Creatura che trascende il Tempo affascinante come Sasuke Uchiha poteva sul serio innamorarsi di una persona insignificante come lei, e continuasse a cercarla ai quattro angoli della Terra per secoli, addirittura per l'eternità... Già, infatti. Impossibile...

Eppure, a quel pensiero, il suo cuore accelerò il battito ed un rossore ribelle le pennellò le guance.

Hinata parve notare le sue riflessioni e le domandò, vagamente allarmata: - Sakura, cosa succede? C'è qualcosa che non va? -

Ino rispose per lei, sorniona: - Oh, non preoccuparti, credo che il tuo racconto abbia rivelato qualcosa di troppo, almeno per ora, hmm?! - si rivolse a lei, che prontamente scosse la testa, imbarazzata per essere stata tanto facilmente “scoperta”.

- N-no, no assolutamente! - mentì, quel porpora traditore delle gote che non accennava ad andarsene – Stavo solo pensando... a... alla vostra natura, ecco! Sì, insomma, Sasuke mi ha accennato qualcosa, ma volevo saperne di più... - certo, quella non era una completa bugia, ma era ben lontana dall'essere la completa verità.

- Aaah sicuro, è per questo che hai la faccia color peperone... - la Yamanaka roteò gli occhi, sarcastica – Però mi complimento, è un ottimo stratagemma per cambiare argomento! -

L'Haruno ebbe quasi l'impulso di imprecare. Decisamente quelle due la conoscevano bene e da parecchio tempo.

Hinata guardò con tacito rimprovero l'amica, poi si rivolse a lei con voce dolce e comprensiva: - Sakura, non devi preoccuparti. La tua curiosità è giustificata e perfettamente comprensibile. Dunque... da dove posso cominciare... - sembrò riflettere per qualche secondo per poi riprendere.

- Tutti gli esseri viventi sono formati da tre elementi in comune: anima, corpo e potere spirituale. Mentre l'anima, che è la nostra essenza più profonda, la sede delle nostre emozioni, dei nostri pensieri, del nostro carattere, in breve di ciò che rende ogni individuo unico ed irripetibile, è immortale per tutti, ed il corpo è la parte fisica, materiale e tangibile, di ognuno di noi, è il potere spirituale il vero e proprio spartiacque che differenzia gli esseri umani e gli animali dalle Creature che trascendono il Tempo. Esso è l'energia, la forza che tiene l'anima ed il corpo uniti, il ponte tra l'uno e l'altro; in particolare, esiste un rapporto strettissimo tra potere spirituale e corpo, in quanto i due si possono influenzare a vicenda: devi sapere che il nostro fisico necessita del potere spirituale, perché da esso trae la linfa per compiere le sue funzioni di mantenimento e rigenerazione. Nei mortali detto potere spirituale è limitato, una fonte che, con lo scorrere del tempo, si esaurisce, causando quindi il graduale invecchiamento e decadimento del corpo, fino alla morte. Quando infatti questa energia si consuma completamente, o per cause naturali oppure perché una malattia lo ha prosciugato del tutto, la persona decede e la sua anima viene liberata dalla sua “gabbia di carne”, potendo infine ascendere ad un altro, ulteriore, piano dell'esistenza, ciò che voi umani chiamate “aldilà”. A noi Creature che trascendono il Tempo tutto questo non succede. Il nostro potere spirituale è una fonte infinita, inesauribile, che si rigenera automaticamente, in continuazione, auto-alimentandosi ed, al tempo stesso, rigenerando e mantenendo inalterato anche il nostro fisico. In più, sempre al contrario della maggior parte di voi mortali, noi abbiamo una basilare, innata capacità di controllare, almeno in parte, questa nostra energia, permettendoci di agire su di esso in modo da far invecchiare il corpo quanto vogliamo e di “congelarlo” a piacimento, permettendoci di mantenere lo stesso aspetto eternamente. -

- Ma... - interruppe Sakura, ora sinceramente interessata alla faccenda – prima avevi detto che, seppure sia un evento rarissimo e per questo sconvolgente, anche per voi è possibile la morte... -

Ino si intromise. - Sì, non temere, avevi capito bene. Anche noi possiamo morire: se viene interrotto il collegamento tra potere spirituale e corpo in modo stabile, per esempio asportando totalmente una parte del nostro corpo che svolge una funzione fondamentale per l'organismo e che esiste in numero singolo, neppure il potere spirituale può rigenerarlo dal nulla e, quindi, l'individuo perisce. -

- Oh... - fu il suo laconico commento. Sakura cominciava a delineare più chiaramente tutta quella situazione, e quel mondo nuovo, con una altrettanto innovativa visione di tutta l'esistenza, umana e non, che esso comportava e che per lei fino ad allora era inimmaginabile, l'aveva lasciata basita. Ancora non riusciva bene a comprendere la mole di conseguenze che quella scoperta portava con sé, senza contare che vi erano ancora molti altri dubbi che la sua mente stava producendo e che, dato l'atteggiamento amichevole e disponibile delle due ragazze accanto a lei, non si fece scrupoli di palesare.

- Quando ci siamo conosciuti, Naruto mi ha parlato del concetto di “clan”... -

La Yamanaka sembrò capire al volo il suo quesito.

- La nostra società è organizzata attorno all'idea di clan: il sistema si fonda sulla coesistenza pacifica di diverse famiglie, ciascuna delle quali ha i suoi specifici distretti e aree. Non fraintendermi, siamo tutti liberi di parlare direttamente con gli appartenenti ad ogni famiglia, anzi, le comunicazioni di questo tipo sono molto incoraggiate, ma i membri di un clan tendono a sposarsi esclusivamente tra loro, per conservare e mantenere segrete eventuali conoscenze ed usanze, soprattutto se si tratta di gruppi nobili o dei clan “leggendari”... -

Lo sguardo confuso di Sakura indusse Hinata ad elaborare il concetto dell'amica. - Esistono clan che vengono considerati particolarmente importanti grazie al loro sapere e ad alcune loro caratteristiche. La famiglia di Ino, gli Yamanaka, quella di Naruto-kun, gli Uzumaki, e quella di Shikamaru, i Nara, sono alcune. Poi, ci sono tre clan che vengono tenuti in ancor maggiore riguardo e che per questo sono definiti “leggendari”. La loro presunta “superiorità” - a quell'espressione la ragazza sospirò, come se considerasse l'intera questione sciocca ed insensata – deriva dalle loro specifiche ed esclusive capacità, che rendono per così dire speciale il loro rapporto con il potere spirituale. Noi Hyuga siamo uno di questi: la nostra capacità speciale è concentrata negli occhi, per cui si chiama “potere oculare Hyuga”, e consiste nel potere di vedere, manipolando il potere spirituale e concentrandolo nelle iridi, il flusso di energia negli altri esseri viventi; per questo motivo siamo anche chiamati gli Osservatori. Poi ci sono gli Uchiha – Hinata si arrestò, abbassando lo sguardo, diventato improvvisamente triste - … beh, in realtà, gli Uchiha non esistono più... S-sono stati sterminati secoli fa, e l'ultimo membro in vita è proprio Sasuke... -

A quella notizia, il cuore di Sakura ebbe un sussulto. Sasuke era dunque solo al mondo?! Una fitta le trafisse il petto. Dolore. Era sinceramente dispiaciuta per lui. Non poteva neppure immaginare cosa potesse significare dover vivere in eterno sapendo di non poter mai più vedere le persone care; oltretutto, come le aveva accennato precedentemente la Hyuga, per le Creature che trascendono il Tempo la morte era un concetto estraneo alla loro visione dell'esistenza. Anche per gli esseri umani perdere qualcuno è sempre un avvenimento straziante, ma in qualche modo, il trapasso viene visto come una parte necessaria della vita, nel senso che nessuno può opporvisi e che tutti, prima o poi, devono affrontare quella prova. Chi è ammantato della fede religiosa, inoltre, credendo nell'aldilà, ha pure la speranza di rivedere, un giorno, le persone amate scomparse, di poterle incontrare e di rimanere con loro per il resto dell'eternità. Al moro tutto questo era precluso, e Sakura provò un genuino moto di empatia ed angoscia al pensiero di quella creatura, dall'apparente aspetto di un giovane, rimasto solo al mondo, senza più radici né il calore di quell'affetto puro, istintivo, che solo la famiglia può dare, a chiedersi per tutta la durata della sua infinita immortalità il perché di tutto questo, il motivo per cui dovesse rimanere bloccato in quella che sicuramente doveva davvero vedere, a quel punto, come una “gabbia di carne”. Gli occhi le si appannarono automaticamente di un umido velo di lacrime. Anche se i suoi trascorsi con l'Uchiha non erano stati particolarmente brillanti, non poteva evitare di sentire quella sofferenza, come se nel profondo, la sua anima e quella moro fossero legate. Quell'idea la riscosse dallo stato nel quale era piombata. Notando il cambiamento la Hyuga, che aveva momentaneamente arrestato il discorso, forse per permetterle di assimilare la notizia, riprese, con voce ancora più dolce del solito.

- Anche gli Uchiha avevano un “potere oculare”: manipolando l'energia, le loro iridi diventavano scarlatte, e, semplicemente guardando un oggetto, potevano mandarlo a fuoco. Il rogo non si estingueva finché non aveva consumato del tutto il bersaglio, oppure per volontà dell'Uchiha che lo aveva iniziato. Questo potere era definito “Fiamma Nera” o “Fiamma Nera Eterna”, dato l'inconfondibile colore corvino delle lingue di fuoco, che sono una manifestazione del potere spirituale -

- Ma allora... - la mente di Sakura era tornata al giorno del suo tentato rapimento, quando le era parso di vedere una linea di fiamme nere che aveva bruscamente arrestato la corsa della finta ambulanza su cui si trovava. Non aveva immaginato quello spettacolo! Era stato Sasuke che, per fermare quei due criminali, aveva usato la sua capacità speciale. Pian piano la giovane cominciava a dare un senso a tutte le vicende, e si vergognò per l'ennesima volta per aver frainteso l'intera faccenda ed aver etichettato il gruppo come un manipolo di psicopatici.

La spiegazione proseguì.

- Dato il potenziale altamente offensivo di questa abilità, che tuttavia è quasi – Sakura non poté non notare l'accento su quella parola – sempre stato usato con estrema saggezza, essi erano soprannominati i Guerrieri. Infine, l'ultimo clan, anch'esso estinto eccezion fatta per un ultimo membro, che però ha tagliato ogni rapporto con il nostro mondo, era quello dei Senju, una famiglia con cui gli Uzumaki sono stati lontanamente imparentati -

La Hyuga non accennò nessun dettaglio ulteriore riguardo la fine di quel clan leggendario, così Sakura ne approfittò per chiedere: - La loro capacità speciale in cosa consisteva? -

- Oh, la loro abilità era la più potente di tutte. Il loro controllo sul potere spirituale era assoluto, immensamente superiore rispetto a quello di qualsiasi altra Creatura che trascende il Tempo; la loro manipolazione di detta energia era perfetta, al punto da poter influenzare non solo il loro corpo, ma anche il mondo circostante. Potevano comunicare ed influire parzialmente sulla realtà, ed alcuni riuscivano a modellarla a tal punto da essere in grado di ricreare, con gli elementi presenti in natura, parti del corpo mancanti o curare malattie, anche gravi. Avevano quindi assunto l'appellativo di Guaritori, ed il segno che li contraddistingueva era un piccolo rombo viola al centro della fronte. Il loro clan è sempre stato molto stretto, il numero di membri limitato, proprio perché questa loro capacità era molto potente e necessitava di costante controllo e di una grande dose di responsabilità. Ho sempre molto ammirato questo potere speciale, perché in grado di aiutare il prossimo, è così triste che ora non esistano praticamente più – concluse mesta la mora.

Ino sbuffò.

- Sakura, devi sapere che il nostro sistema è davvero molto chiuso. A capo di tutto c'è un Consiglio che controlla ed assicura la pacifica coesistenza di tutte le famiglie. È composto dai capi dei diversi clan nobili: ci sono mio padre e quello di Shikamaru, oltre ai leader degli Aburame, Inuzuka ed Akimichi, che sono le altre famiglie importanti del nostro mondo. Ovviamente anche il padre di Hinata ne fa parte, essendo il membro più importante di un clan leggendario. Gli Uzumaki originariamente ne erano esclusi, ma in seguito all'estinzione dei Senju, ora hanno un posto nel Consiglio a causa della loro lontana parentela. Dopo lo sterminio degli Uchiha, il loro posto è rimasto vacante, in quanto Sasuke non è mai stato interessato ad assumere la carica, visto i suoi notevoli problemi personali... Insomma, il Consiglio è contrario all'idea che le Creature che trascendono il Tempo mantengano contatti con gli esseri umani, perché li considerano per loro natura avidi ed inaffidabili, quindi la nostra esistenza deve rimanere un segreto. In realtà, gli Uzumaki non la pensano affatto allo stesso modo, ed il nostro gruppo è d'accordo con loro -

Sakura rimase per alcuni istanti in silenzio, tentando di mettere ordine in mezzo alla mole di informazioni che aveva ricevuto in pochissimo tempo. Un piccolo particolare nel discorso finale della Yamanaka catturò la sua attenzione.

- Aspettate, Sasuke ha dei problemi personali? -

Quando le altre due si lanciarono un'occhiata, sembrando incerte sul da farsi, si affrettò ad aggiungere: - Se non potete parlarmene, io... -

La bionda appoggiò il gomito destro sul tavolo ed riposò il mento sul palmo della mano, pensierosa. - Mmmh, diciamo che è un po' quello che voi umani chiamate “bello e dannato”... Ti confesso che, quando l''ho conosciuto durante uno dei suoi perenni viaggi, prima di incontrare il mio Sai, avevo completamente perso la testa per lui... Ma ovviamente, non mi ha mai degnata di uno sguardo, mannaggia a lui! Cioè, guarda qua! Ti sembra possibile resistermi?! Eeeh, suppongo che sia sempre e solo esistita una sola ragazza nel suo cuore... - sospirò con aria fintamente dispiaciuta.

Sakura non sapeva perché, ma a quelle parole un rossore decise di fare capolino sui suoi zigomi, neppure stesse parlando di lei... No, non era possibile, negò nuovamente a sé stessa. L'Uchiha non poteva provare nulla per lei. Anche la leggenda era sbagliata... Sì, sbagliatissima...

- Sakura, – riprese Ino, questa volta estremamente seria – l'esistenza di Sasuke non è semplice. Il tipo che ha tentato di rapirti si chiama Orochimaru, ed è un essere umano che è riuscito a sopravvivere nei secoli grazie alle arti magiche e ad un particolare rituale. Ma questa sua specie di immortalità non è perfetta, in quanto “provvisoria”... Per questo motivo continua a perseguitare Sasuke, perché sa che tramite lui può ottenere la vera e propria vita eterna. Tu sei caduta vittima della maledizione come conseguenza di tutta questa storia... -

Mille quesiti si fecero strada prepotentemente nella sua testa: per quale motivo quell'Orochimaru voleva l'immortalità? Cosa voleva dire che tramite Sasuke poteva ottenere la vita eterna? Perché proprio il moro?! Ma soprattutto...

- N-non capisco... Che cosa c'entro io in tutto questo? Che ci faccio tra maghi e creature soprannaturali? Perché maledirmi? Che vantaggio poteva mai portare questo maleficio?! - domandò sconvolta.

Ino la guardò con i suoi chiarissimi occhi, velati dal dispiacere nel vederla tanto triste e le sussurrò, posandole una mano sulla sua, per conforto: - Sakura, non posso entrare nello specifico. Ci sono cose che deve dirti Sasuke personalmente... Spero che si decida a “riscattarsi” e che si metta a raccontarti tutto per filo e per segno, però ricorda che tu sei molto importante per lui... La sua età apparente corrisponde a ventidue anni, lo sai perché ha deciso di “bloccarsi” proprio a quel punto?-

- No... - Sakura non riusciva a capire dove la bionda volesse andare a parare.

La sua risposta la fece trasalire dall'emozione.

- È l'età che aveva quando sei morta per la prima volta -

- E lei non mente, mai -

La giovane dai capelli rosa sussultò nell'udire una nuova voce maschile e si voltò verso la porta d'ingresso. Là, sulla soglia, un tipo dal fisico giovane, da ragazzo, e gli occhi e capelli color pece la osservava con sguardo fisso. Non poté evitare di notare l'impressionante somiglianza con l'Uchiha; tuttavia, differenziava dal moro nell'incarnato, completamente incolore (anche Sasuke era pallido, ma la sua pelle candida trasudava purezza, emanando un'aura quasi eterea, mentre lo sconosciuto pareva esangue – a quel pensiero, Sakura tentò di sopprimere un brivido -) e per l'espressione del viso. La creatura immortale che la ragazza aveva conosciuto nei giorni passati aveva spesso un atteggiamento distaccato, ma questa era solo apparenza: ad un'occhiata più attenta aveva potuto scoprire tutto un mondo interiore popolato da emozioni intense: la sua mente tornava al giorno in cui si erano incontrati, alla rabbia che lui aveva dimostrato nei confronti di quell'Orochimaru, alla notte sul tetto, quando l'aveva (di nuovo) salvata, alla sua preoccupazione per la sua incolumità e e poi alla tristezza quando aveva accennato a suo fratello... Per non dimenticare le occhiate infuocate verso lei e Naruto mentre chiacchieravano amabilmente durante il suo piano conquista-fiducia, e concludendo con l'accorata ed intensa confessione di qualche giorno addietro... No, Sasuke non era una creatura fredda ed insensibile, anzi, Sakura aveva il sospetto e l'innata sensazione che fosse una persona dalle emozioni forti, profonde.

“La sua è solo una maschera, un atteggiamento di difesa” le suggerì una voce nella sua testa.

Ma il ragazzo di fronte a lei sembrava una perfetta statua di cera: lo sguardo era vacuo, né amichevole, né ostile, ed il tono di voce era stato altrettanto neutro, inespressivo.

La sua attenzione venne catturata dalla bionda accanto a lei che, con una venatura di glaciale disappunto, commentò: - Toh, ecco arrivato l'artista e potenziale fedifrago. Dov'è la tua nuova musa, mmh? Da qualche parte a ricaricarsi di “energia ispiratrice” per saperti “guidare” durante la tua prossima opera? -

Lo sconosciuto aveva allora sospirato, le spalle abbassate in segno di spossatezza mentale.

- Ino, ancora con questa storia... Ti ho già detto che... -

In quell'istante, alle spalle del moro era apparsa fugacemente una figura di donna. Aveva capelli biondi raccolti in due codine alte e una corporatura snella, atletica e slanciata, ed anche da una certa distanza Sakura riuscì a scorgere un paio di magnetici occhi color foglia di tè. Ricordò immediatamente la discussione che aveva avuto modo di captare poco prima tra Ino ed Hinata e si domandò se non quella la tanto famosa “pietra dello scandalo”. Al suo fianco poi notò la presenza di Shikamaru, il cui braccio sinistro era placidamente appoggiato sulla di lei spalla. La coppia passò molto velocemente davanti alla stanza, senza rivolgere neppure un impercettibile cenno di saluto ai presenti, ma bastò un attimo, durante il quale il suo sguardo incontrò quello della nuova ragazza, affinché il suo sangue le gelasse nelle vene. La bionda le aveva lanciato un'occhiata truce che, unita all'espressione insofferente del viso, dai lineamenti pressoché perfetti, emanava un'aura di inattaccabile disprezzo.

L'Haruno indietreggiò inconsciamente, colpita da quello che per lei era un atteggiamento ingiustificato.

- M-ma cosa...?! Quella ragazza chi...? - riuscì appena a mormorare.

Ino intuì subito le sue perplessità e, con una scrollata di spalle, rispose: - Oh, quella è Temari, la compagna di Shikamaru. Non farci caso, si comporta spesso così... Tanto, da ora in poi, sarà probabilmente molto impegnata ad ispirare il pittore qui davanti a te - con un gesto traboccante sarcasmo indicò il moro sulla soglia, che di rimando si limitò a sospirare il nome della Yamanaka con aria stanca.

Hinata intervenne prontamente: - Sakura, lascia che ti presenti Sai, il compagno di Ino. È un artista talentuoso, dovresti ammirare i suoi numerosi – sottolineò con enfasi quella parola, lanciando un'occhiata significativa all'amica bionda – quadri con Ino come modella. Ogni opera è un capolavoro! -

- Oh... - lo guardò di nuovo con attenzione. Se era davvero tanto bravo a dipingere, magari era dotato di una sensibilità speciale, più intima ed inaccessibile ad un primo, superficiale contatto. Forse si era sbagliata a giudicarlo sbrigativamente.

- Piacere di conoscerti, io sono- sussurrò con tono un po' colpevole, tendendogli la mano.

- Salve, befana, finalmente ci si rivede – la interruppe lui sempre con voce piatta.

Ok, forse non si era sbagliata.

- COOOSA?! Come mi hai chiamato?! - la sua reazione fu automatica: il corpo scattò come una molla verso il tizio, quel Sai, pronta all'attacco, ed immediatamente Hinata ed Ino la bloccarono, mentre lui era rimasto fermo sul posto, indifferente. Tutta la situazione pareva ammantata di uno smalto di quotidianità.

- Insomma, Sai! Si può sapere perché la saluti ogni volta in quel modo?! - la voce della Yamanaka suonava al contempo adirata ed esasperata.

- Non siamo forse suoi amici da secoli? Anche se muore e rinasce, alla fin fine è sempre la stessa. Tra amici si deve essere sinceri e dire quello che si pensa davvero. Per me è brutta e quindi la chiamo “befana”, dove sbaglio? - l'espressione sulla faccia del ragazzo era convinta e ciò fece ulteriormente infuriare Sakura, che solitamente era ben più composta e riflessiva.

- Razza di maleducato! Sarai bello te! -

- Beh, secondo i canoni estetici comuni sì, sono considerato una creatura fisicamente attraente, infatti assomiglio al tuo Sasuke-kun... -

Sakura si arrestò di scatto. Aveva per caso insinuato pure lui che lei e Sasuke...?

- Ok, Sai, fermati, stai correndo ed anticipando un po' troppo – la bionda lo zittì, fulminandolo con i suoi occhi chiarissimi; poi, rivolgendosi a lei: - Sakura, ti chiedo scusa per quell'insensibile “imbrattatore di tele”. Non ha ancora afferrato bene il concetto del “dare ai propri amici dei soprannomi”, purtroppo... -

L'Haruno sbuffò in modo infantile. Già di suo possedeva una scarsa autostima, ci mancava quel tipo a rigirare il proverbiale coltello nella piaga!

- Vieni, - Hinata la liberò dalla sua presa ed indicò il tavolo attorno al quale erano precedentemente sedute – mettiamoci comodi, io ed Ino ti spiegheremo tutto -

- E tu bada di tenere il tuo beccaccio chiuso! - ordinò la Yamanaka al compagno, che parve ubbidire.

Ripresero i posti occupati in precedenza e Sai si sedette di fronte a lei, al lato opposto del tavolo.

- Vedi, - cominciò Hinata – l'esistenza di Sai è davvero molto, molto antica. Neppure lui ricorda chi fossero i suoi parenti, a quale famiglia appartenesse o cosa sia capitato al suo clan... Ha viaggiato da solo per tanti secoli, millenni addirittura, e la sua memoria riguardo le sue origini si è gradualmente ed inesorabilmente cancellata. Non avendo nessuno accanto, anche le sue capacità relazionali sono regredite, ed è da quando ha conosciuto Ino che ha iniziato nuovamente ad imparare, passo passo, come comportarsi con gli altri -

Allo sguardo basito di Sakura, la bionda prese la parola: - È vero. Ha girovagato per il mondo in completa solitudine, l'unica compagnia che riteneva necessaria erano le sue tele ed i pennelli con cui sfogava la sua ispirazione, finché una sera di circa due secoli fa si presentò davanti alle mura di villa Yamanaka e domandò ospitalità. Un improvviso temporale lo aveva sorpreso, e temeva di bagnare le sue opere, e la dimora del mio clan era il rifugio più vicino. Mio padre, avendo un animo altruista e generoso, accettò la sua richiesta -

- Fu allora che la vidi per la prima volta – nonostante la compagna gli avesse intimato di rimanere in silenzio, il moro decise di intervenire – Era la creatura più bella e leggiadra che avessi mai visto. Ricordo che le mie mani presero a formicolare, spinte dal desiderio di poterla immortalare con la mia arte. Le chiesi subito se voleva diventare la mia musa, lei mi scrutò un attimo, sorpresa, e poi mi rivolse un sorriso splendente ed accettò... Con Ino ho trovato la mia casa, una famiglia. Da allora c'è stata solo lei – concluse voltandosi verso di lei, con gli occhi neri carichi di un'emozione di cui Sakura non pensava il pittore fosse capace.

- Fino ad ora – aggiunse la bionda di rimando, velenosa.

Sentendo l'atmosfera farsi particolarmente tesa, l'Haruno tentò di sviare il discorso e domandò al ragazzo, in tono non completamente amichevole (non aveva dimenticato ancora il “gentile” epiteto che le aveva affibbiato prima): - Come mai hai scelto la strada dell'artista itinerante? -

Sai tornò di nuovo ad osservarla.

- Hmm... è davvero una sensazione singolare doverti spiegare ogni volta le stesse cose e ricevere i medesimi quesiti... Comunque la risposta è semplice: voi esseri umani. La vostra natura mi affascina, e sono interessato a seguire la vostra evoluzione. Siete creature mortali, ma avete questo bisogno, questo insopprimibile anelito di creare qualcosa di eterno, che abbia la capacità di restare per sempre, superando la morte, i secoli. Al tempo stesso, siete gli esseri che, più di tutti, hanno mostrato l'abilità di cambiare, evolvendovi, e di ciò l'arte è uno dei simboli più palesi, con i suoi innumerevoli stili nelle diverse epoche e nei vari luoghi. Dalle pitture rupestri all'arte classica ed ellenistica, passando poi per l'innovativo Rinascimento, il bizzarro Barocco, lo stupito Romanticismo ed i suoi concetti di sublime e di Sturm und Drang, l'attento Realismo ed il ribelle Impressionismo, con il suo quasi ossessivo studio della luce, il tormentato Espressionismo, il complesso Cubismo... Leonardo da Vinci con la sua attenzione verso l'anatomia, la febbrile passionalità di Caravaggio, con i suoi inconfondibili chiaroscuri, specchio della sua anima, Goya... e poi, poi la simbolica pittura orientale, e tutte le altre forme d'arte, tutte così interessanti e degne di rispetto... - l'enfasi di quel discorso era palpabile, l'Haruno comprese quanto profondamente quella creatura dal comportamento un po' anomalo fosse in fondo appassionata dal mondo che lo circondava.

- … Sarà, io comunque preferisco Jackson Pollock, almeno la sua action painting non ha bisogno di modelle… - s’intromise Ino borbottando.

- Ino, devi credermi… - Sai tentò di prendere la mano della compagna, che sedeva all’altro lato del tavolo, alla sua sinistra, ma la ragazza prontamente si scostò.
Hinata e Sakura si scambiarono un’occhiata di solidarietà, entrambe consce dell’imminente battaglia. La Yamanaka non aveva intenzione di lasciar correre quello che considerava “alto tradimento”, e da quel poco che aveva avuto modo di apprendere sul carattere della bionda, Sakura aveva la netta impressione che sul capo del pittore rischiava di pendere una memorabile condanna.
I primi segnali non si fecero attendere.

- Non ho bisogno di credere. Credere è un atto di fede, io ho le prove del tuo torto. Ho sentito con le mie orecchie la tua opinione sugli “intensi occhi” di Temari. La vuoi come musa per un tuo quadro?! Bene, prenditela! Tanto lo sappiamo come andrà a finire… Mi dispiace solo per Shikamaru, le nostre famiglie sono amiche da sempre e nonostante tutto andiamo molto d’accordo… Eh, magari troveremo un modo per farci forza e andare avanti… - l’insinuazione nella voce della ragazza era palese.
Sai era rimasto basito, con un’espressione ferita che stava lentamente prendendo forma sul volto solitamente neutro: - Ino, come puoi dire una cosa del genere? – la vulnerabilità del tono aveva colpito Sakura. Proprio come prima, quando avevano accennato alle origini della loro storia d’amore, anche ora il ragazzo stava dimostrando di poter provare emozioni, dopotutto. I sentimenti che nutriva per la Yamanaka erano più che evidenti.
La rabbia della ragazza in questione era a quel punto esplosa: - Oh, ma certo! Sono proprio crudele, vero?! Che compagna terribile che sono, sempre disposta a seguirti nei tuoi viaggi sperduti per il mondo, alla scoperta di qualche “svalvolato” come te che, che ne so, incolla sulla tela piatti sporchi, o dipinge le lettere dell’alfabeto, o che altro! Quella compagna che ti ha sempre appoggiato e cercato di ispirare in ciò che sa che ti rende felice e appagato! Ah, ma adesso non vado più bene! Adesso i miei occhi hanno “perso d’intensità”! Oppure hai sempre preferito quelli di Temari, eh?! “La vuole solo come musa per un quadro”, lui! Come se non fosse proprio così che è incominciata la nostra storia, ecco! –

- Ino… -

- Non ti avvicinare! –
Sai, a quel punto, aveva per l’ennesima volta sospirato e, rischiando la sorte, aveva comunque preso le mani di Ino tra le sue, accarezzandole, nel tentativo di placarla.

- Ascoltami, per favore… Il motivo per cui mi era venuto in mente di chiedere a Temari di posare per me era perché avevo trovato un paesaggio suggestivo, una foresta con un lago le cui acque hanno lo stesso colore dei suoi occhi, e volevo giocare su questo richiamo… Le tue iridi sono bellissime e chiarissime, e risalterebbero troppo, mettendo l’ambiente in secondo piano, mentre io volevo esprimere un senso di comunione, anche cromatica, tra il mondo e l’essere vivente… Credimi, i tuoi sono gli occhi più straordinari e meravigliosi che abbia mai visto… E poi, prima di conoscerti ho avuto un numero infinito di modelle per le mie tele, ma tu sei l’unica a essere diventata anche la mia amante e compagna… -
Lo sguardo di tre ragazze si fece improvvisamente sbigottito da quella romantica e inusuale confessione, ma solo quello di una persona divenne anche felicemente commosso.

- D-dici sul serio? – la furia di prima un lontano ricordo, ora Ino aveva rivolto il palmo di entrambe le mani verso quelli del compagno, stringendoli in una presa salda. L’espressione sul viso del moro non aveva bisogno di parole di conferma.

- Aaaah, sono davvero una sciocca! Scusami tesoro! – non riuscendo più a trattenersi, si era alzata dalla sedia e aveva allacciato le braccia attorno al collo dell’altro in quello che sembrava un abbraccio serratissimo – Scusamiscusamiscusami! Va bene, in via del tutto eccezionale, ti è concesso dipingere un’altra donna, ma solo nel nobilissimo nome dell’arte! E comunque ti considero ancora uno svalvolato! – concluse scherzando, tornata finalmente radiosa. A quell’uscita, pure la bocca di Sai si piegò in un rarissimo sorriso.

- È tornato il sereno – commentò rilassata Hinata.

- Già, e siamo ancora tutti vivi – sussurrò Sakura, talmente coinvolta in quella surreale scenetta da non pensare, per un attimo, che, per colpa della maledizione, l’unica che rischiava davvero di morire presto, in quella villa, era proprio lei.
 Mentre guardava i tre individui lì nella grande sala, ripensò a Naruto: quelle creature immortali erano state sue amiche in passato e l’avevano aiutata a rendere la sua esistenza preziosa, nonostante il maleficio che pendeva sul suo capo, ed aveva la netta sensazione che, per l’ennesima volta, la loro presenza avrebbe assunto un significato speciale. Là, seppure fosse in mezzo a creature soprannaturali e sapesse di aver poco tempo da vivere, si sentiva avvolta da un sincero affetto. Per la prima volta sentiva di aver trovato degli amici, e Sakura non poté contenere il dolce tepore che le esplose nel petto a quel pensiero.

XXX
 

Sasuke non si era mosso dalla biblioteca per tutto il pomeriggio.
Sapeva che, in quel preciso istante, Sakura stava ancora una volta facendo la conoscenza con i loro vecchi amici. In particolare, continuava a sperare che Hinata ed Ino potessero arrecarle un po’ di conforto, quello stesso conforto che, secondo il dobe, anche lui era in dovere di fornirle.

Seppure fosse reticente ad ammetterlo, le parole dell’amico continuavano instancabilmente a tormentare i suoi pensieri, ossessionandolo. Nella percezione dell’Uzumaki, lui si stava comportando come una sorta di mostro insensibile che, dopo aver rivelato alla giovane, innocente e già parecchio confusa ragazza il suo ineluttabile destino, l’aveva abbandonata a sé stessa.

Sasuke rabbrividì. Era davvero così che la pensava Naruto? Ma soprattutto, si stava effettivamente comportando in modo tanto ingiusto e spietato nei confronti di Sakura? Non era certo un suo desiderio egoistico evitarla: se avesse seguito meramente il suo istinto, le sarebbe rimasto accanto, per proteggerla e, al tempo stesso, essere protetto lui stesso dalla sua negatività, grazie al calore ed alla dolcezza della giovane. Le avrebbe dimostrato il suo amore, come tutte le altre volte in cui era riuscito a ritrovarla.

Qualche giorno addietro era stato troppo irruento; ella aveva dovuto affrontare, in pochissimo tempo, tutta una serie di situazioni che, a partire dal tentato rapimento ad opera di Orochimaru e Kabuto, avevano sconvolto quella che probabilmente prima era un’esistenza tranquilla. La rivelazione della loro natura “sovrannaturale”, della maledizione e di ciò che per lei avrebbe comportato, unita al tono schietto, rude, era stata l’ennesimo, forse definitivo, colpo per la sua psiche, e l’Uchiha temeva di aver inavvertitamente avvicinato una volta di più l’ora della sua morte. Al momento la sua presenza era sicuramente sgradita alla ragazza, in quanto portatrice di nefaste memorie: Sasuke sapeva di essere diventato per lei un simbolo di funesti presagi. Come poteva dunque desiderare di starle accanto, sapendo che tale vicinanza le sarebbe stata fonte di angoscia? Senza contare che, anche solo vedendolo, ella avrebbe potuto agitarsi e quindi scatenare uno di quei pericolosi episodi che aveva definito “attacchi di panico”... No, Sasuke non poteva permetterlo, nonostante le pungenti parole dell'amico, il cui scopo principale sapeva fosse quello di suscitare in lui una reazione, di farlo riflettere e capire quale strada dovesse percorrere. Il dobe era fatto così.

Non avrebbe mai voluto starle lontano, però si rendeva conto che, al momento, l'unico modo per garantire la sua incolumità, per proteggerla davvero, era quello di non esserle vicino, di lasciare che ritrovasse, almeno in parte, un senso di quiete.

Anche se la situazione era per lui una tortura, sapeva bene che Sakura non aveva bisogno di lui, soprattutto ora che erano arrivate persone che sarebbero state in grado di prendersi cura di lei. Non l'avrebbe mai abbandonata; si sarebbe semplicemente limitato ad accudirla da lontano, a sua insaputa.

L'Uchiha sospirò e si avvicinò al tavolino ed alla poltrona dove, qualche giorno prima, lui e Sakura avevano parlato.

Non avrebbe mai voluto starle lontano: tra i mille rimorsi della sua dannata esistenza, lei era l'unica luce incontaminata e, anche se in fondo era un pensiero egoistico, avrebbe tanto voluto vederla di nuovo sorridere per merito suo, come accadeva una volta.

Non avrebbe mai voluto starle lontano...

Ma una voce insistente, da un angolo remoto della sua testa, continuava a chiedersi se, in realtà, non stesse agendo vigliaccamente, fuggendo da lei per non rischiare di vedere, nelle sue tanto amate iridi chiare, lo stesso rancore e rifiuto che egli provava per sé stesso.

 

Era una primaverile giornata di sole, e la gentile brezza che gli accarezzava il viso rendeva tutto ancora più perfetto. Sasuke se ne stava lì, disteso su quel prato, le mani incrociate sotto il capo a fargli da cuscino, mentre il suono di una risata argentina stuzzicava la sua coscienza con il suo timbro fresco, innocente, però capace nel contempo di suscitare in lui maliziosi pensieri.

- Per essere una creatura immortale sembri piuttosto incline all'accidia, Sasuke-kun – canzonò bonariamente la giovane ora davanti a lui. Anche ad occhi chiusi, il ragazzo poteva immaginare il familiare e candido sorriso dipinto sul volto dell'amata.

- Hn, se una certa persona non preferisse saltellare qua e là piuttosto che starmi accanto, io non rischierei di appisolarmi -

- Ma Sasuke-kun... - a quel timido tentativo di protesta, l'Uchiha aveva appena socchiuso gli occhi e di fronte a lui era apparsa la figura di una splendida giovane dai lunghi capelli rosa, due grandi e vivide iridi smeraldo ed una espressione mesta sulla faccia. Il moro detestava vederla così.

- Dai, vieni qui – fece mettendosi seduto e battendo la mano sulla coscia sinistra, per indicarle di posarvisi sopra. Il viso della ragazza si era tempestivamente illuminato, la gioia che le imporporava le gote ed il vento che giocava con la sua chioma, facendola danzare allo stesso ritmo della sua veste color nocciola.

Eccola, la sua amata. La sua Sakura. Era così che voleva vederla. Felice. Felice e radiosa. Sapere che bastava anche solo un piccolo, semplice gesto d'amore per provocare in lei un'emozione gli riempiva il petto con una sensazione di calore e di pace. In quei momenti provava quasi orgoglio per sé stesso: non era più il freddo e solitario Sasuke Uchiha, ma era Sasuke-kun, una creatura immortale la cui esistenza aveva ritrovato un senso grazie ad una solo apparentemente insignificante ragazza umana, che lo aveva avvolto nel suo mondo d'amore e che aveva saputo risvegliare il suo cuore, che aveva pensato fosse ormai irrimediabilmente atrofizzato.

Sakura si sedette senza indugio sulle sue gambe e gli cinse le braccia attorno alla vita, lasciando trasparire tutto il suo bisogno di abbracciarlo, di sentirlo vicino. Il moro espirò, il suo corpo si era automaticamente rilassato al contatto della giovane.

Il precedente, rancoroso ed amareggiato sé stesso, quello che non aveva esitato a lasciarsi tutto alle spalle vinto com'era dall'odio, lo avrebbe certamente sbeffeggiato, disgustato,per quella che avrebbe reputato un'inutile e sdolcinata manifestazione di debolezza. Ma ciò non lo infastidiva minimamente, perché, seppure in passato avesse scelto altre priorità,abbandonando la possibilità di essere felice, bollandola come un'idea irrealizzabile ed insulsa, ora aveva capito che necessitava di quella giovane dai capelli rosa e dagli occhi di gemma e dei sentimenti che solo lei riusciva a suscitargli.

- Sai, Sasuke-kun... - incominciò d'un tratto lei, con tono incerto e capo chino.

La guardò attentamente: sembrava improvvisamente a disagio per quello che voleva dirgli.

- Hmm? - la esortò dunque a proseguire. Non voleva che si sentisse insicura di fronte a lui e doveva farle capire che poteva parlargli liberamente di ogni cosa le passasse per la testa.

Il segnale venne prontamente recepito e, con maggior sicurezza, la ragazza riprese: - Mi chiedevo... Vedi, io... T-ti amo tanto, Sasuke-kun... Io ti amo immensamente – i loro sguardi si erano incrociati e le pozze di ossidiana di lui si erano accese con una corrente di soddisfazione a quell'ennesima dichiarazione – Io voglio passare il resto della mia vita con te, ma... I-io sono umana, e quindi sono destinata ad invecchiare e a morire, mentre tu... Tu... -

- Questo non è un problema – l'aveva interrotta lui, lapidario. Aveva subito notato che alla giovane si era smorzato il fiato in gola ed aveva intuito che aveva probabilmente frainteso la sua risposta, percependola come un segno di indifferenza nei confronti del loro futuro insieme.

Dolce, sensibile Sakura...

- M-ma allora... - aveva tentato di alzarsi, emotivamente ferita, però lui era stato più veloce e l'aveva trattenuta, prendendole con tutta la delicatezza che poteva il polso.

Scrollò le spalle con noncuranza: - Quello che intendevo è che non congelerò la mia età apparente. Invecchieremo assieme, e quando tu... morirai – il pensiero gli provocò comunque un'immediata fitta al cuore – io userò su di me la Fiamma Nera, che brucerà finché non mi avrà ridotto in cenere. Semplice -

- SASUKE-KUN! - l'urlo disperato di Sakura lo aveva fatto sobbalzare.

- Che c'è? - aveva domandato, sinceramente sorpreso.

- Come puoi dire una cosa simile?! - aveva esclamato lei, prendendogli dolcemente il volto tra le mani – Sasuke-kun, te l'ho detto, io ti amo immensamente. Non voglio sentirti mai più dire che vuoi morire per me, gettando al vento la tua immortalità. Quando si ama qualcuno, lo si vuole vedere vivere, si spera sempre che quella persona saprà andare avanti ed essere felice, anche senza di noi. Ricorda: l'Amore è vita e non può mai, mai causare la morte. Non si deve mai uccidere o morire “in nome dell'amore” -

- Sakura – la interruppe lui, l'espressione intensa delle sue dolenti pozze di ossidiana che bruciava nelle iridi smeraldine di lei – tu sai che ho già perso tutto una volta. Non chiedermi di andare avanti senza di te, non chiedermi questo... - in quell'attimo di assoluta vulnerabilità affondò il viso nel collo di lei, inebriandosi del naturale, irresistibile profumo e calore della sua pelle.

La ragazza lo strinse forte a sé, cullando lentamente il suo busto, per rassicurarlo.

- Deve esserci un altro modo, ne sono sicura, ma Sasuke-kun – si staccò da lui quel tanto che bastava per guardarlo nuovamente negli occhi – devi promettermi che, qualsiasi cosa accada, tu non cercherai mai di toglierti la vita. La tua esistenza e la tua sopravvivenza sono fondamentali per me, capisci? Non voglio essere la causa della tua morte, ti scongiuro, Sasuke-kun, promettimelo... -

L'espressione implorante sul volto di lei lo indusse a capitolare, rispondendole con un semplice cenno di assenso del capo.

Sakura strinse il suo abbraccio. - Vedrai, Sasuke-kun, riusciremo a risolvere tutto quanto, insieme troveremo un modo... insieme ce la faremo, ne sono più che sicura! Sicurissima! -
E lì, con il suo accogliente corpo che lo avvolgeva ed il ritrovato sorriso abbagliante che sapeva sempre ristorarlo, Sasuke pensò che davvero, con Sakura accanto, poteva riuscire a fare qualsiasi cosa.


Sasuke inspirò profondamente, lo sguardo che vagava oltre l'ampia porta-finestra, verso il ciliegio, spoglio a causa della stagione, nel cortile della villa. Un altro ricordo gli attraversò la mente e il sangue prese a ribollirgli nelle vene.


Era accaduto tutto in un istante. Sasuke era rimasto lì, incatenato al terreno dallo sbigottimento, la voce bloccata in gola, la mente svuotata da ogni possibile pensiero ed una sensazione di assoluto terrore che gli invadeva il corpo come un veleno.
Sakura giaceva ai suoi piedi, i segni dell'attacco visibili sul polpaccio destro. La sua pelle, solitamente diafana, ora aveva un colorito giallastro, malaticcio. Tuttavia, non fu questo che lo sconvolse di più. Ciò che lo aveva completamente distrutto era ben altro.
Sakura non respirava.
La chiamò con disperazione, gettandosi accanto a lei con uno sforzo sovrumano. La scosse più volte e le tastò il polso, in cerca di un segno di vita.
Niente. Nessun battito cardiaco. Sakura era morta. La sua Sakura era morta. Come tutte le altre persone che aveva amato.
Il suo respiro si fece pesante, affannato, mentre ancora tentava, straziato, di risvegliare il suo amore, invano. Nei recessi della sua mente sapeva che era tutto inutile, ma come poteva accettarlo?! Come poteva accettare che il suo peggiore incubo si fosse appena tramutato in realtà?! Aveva di nuovo perso tutto. L'idea di trascorrere l'eternità solo, senza di lei, era assurda, inaccettabile, intollerabile ed aliena ad ogni sua possibile visione del futuro.
Inconsciamente, le sue iridi si colorarono di rosso sangue, e già la Fiamma Nera stava per avvolgerlo, infrangendo la promessa fatta, che l'Uchiha sentì dei passi sempre più vicini e l'odiata, sibilante voce che lo scherniva: - Oh, Sasuke-kun, dunque così cadono i potenti? -

Il moro gli lanciò un'occhiata feroce, omicida.

- OROCHIMARU!!! - il suo ringhio ormai era privo di qualsiasi parvenza di umanità, con l'ultima parte pura della sua anima morta assieme alla giovane che ormai giaceva esanime tra le sue braccia.

Il viscido individuo troneggiava di fronte a lui, compiaciuto.

- Suvvia, Sasuke-kun... – commentò, passando la lingua sulle labbra e scostandosi una ciocca di capelli corvini dagli occhi dalle pupille allungate con l'ossuta, pallida mano – In fondo, dovresti ringraziarmi... Vedi, ora anche la tua adorata, insignificante ragazzina è eterna... Già... -

Un sadico sorriso gli contorse la bocca, l'espressione di vittoria stampata sul volto.

- … Eternamente mortale -


A quel ricordo, un fiotto dell'antica, famigliare ira lo invase.
Orochimaru...
Le mani, serrate in due pugni dietro la sua schiena, cominciarono a tremare rabbiosamente e lo sguardo nelle iridi ormai scarlatte si fece glaciale, divorato dall'odio.
Per l'ennesima volta, Sasuke si ripromise che avrebbe sconfitto quel mostro che gli aveva portato via tutto, tutto, nella sua misera esistenza. Doveva salvare Sakura. Perderla ancora non era più un'opzione.
Con rinnovata determinazione, l'Uchiha si voltò ed uscì a passo spedito dalla biblioteca, un improvviso desiderio che gli vibrava nel petto.

 

 

 

NdA2: Dunque, dunque. Per ora è tutto. Forse alcune parti del capitolo sono state un po' troppo didascaliche, ma vi assicuro che erano necessarie per l'evolversi della storia... Abbiate pazienza e capirete ;)

La parte sui quadri con i piatti sporchi e le lettere dell'alfabeto è vera: i primi sono opera di Daniel Spoerri, i secondi sono creazione di Alighiero Boetti, eheh ;D

Ringrazio tutti coloro che mi hanno messo (e mantenuto) tra gli autori preferiti, tra le storie preferite, seguite e da ricordate. Un abbraccio di cuore, siete stupendi!

sasusakusara7

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** 11. Capitolo 11 ***


NdA: Eeehm… O-ok… sono riuscita a far passare cinque mesi senza aggiornare… Il livello di auto-disgusto ha superato la soglia critica -.-‘ A mia (solo parziale, lo so) scusante, questi mesi sono stati ferocemente frenetici, e spesso mi sono ritrovata a poter dormire solo un paio di ore per far fronte ai tanti, troppi impegni… Ma non ho mai dimenticato questa fanfiction, e appena ho avuto un attimo di respiro mi ci sono “fiondata”. Il capitolo che ne è venuto fuori è un “mostro” di quasi 12000 parole, ma per questioni di trama non potevo spezzarlo… non ne sono completamente soddisfatta, ma probabilmente non lo sarò mai. Diciamo che è una sorta di compensazione per tutti i mesi di assoluto silenzio, ecco! ;)
Solitamente porgo i miei ringraziamenti a fine capitolo, ma questa volta voglio ulteriormente sottolineare la felicità provata quando ho visto che qualche anima impavida ha aggiunto questa mia storia tra le preferite e le seguite anche dopo mesi che non pubblicavo… Grazie. Di. Cuore! <3
Ed ora, vi auguro una buona lettura!

Disclaimer: Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Masashi Kishimoto (bravissimo Kishimoto-sensei!); questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
 

 
Capitolo 11
 
 
Dopo l'avvenuta rappacificazione tra Ino e Sai, Naruto era entrato nella sala e si era unito alla comitiva, gettandosi sulla sua compagna ed abbracciandola calorosamente, e a Sakura era scappato un appena accennato sorriso nel veder arrossire la mora, che fino a quel momento si era dimostrata pacata e tranquilla. Mentre continuava con le sue dimostrazioni d'affetto, l'Uzumaki si era voltato verso di lei di scatto, con un'espressione raggiante sulla faccia ed un ghigno benigno che rischiava di diventare pericolosamente contagioso.
- Allora, Sakura-chan, hai conosciuto la mia Hinata? Non è forse una creatura meravigliosa, come ti avevo detto? Eh?! - c'era una gioia genuina nella sua voce, quasi il biondo fosse realmente soddisfatto di vederla lì con loro.
- N-Naruto-kun, per favore, calmati... - l'imbarazzo della Hyuga era arrivato a colorarle collo ed orecchie – Ti pare il caso-
Sakura la interruppe bonariamente: - No, ha ragione. Sei davvero una creatura meravigliosa. Grazie mille per tutte le spiegazioni che mi hai fornito -
- Ah, quindi, Hinata ti ha detto tutto... - Naruto parve esitare, come se quella notizia lo avesse un po' rattristato.
- Tranquillo, stupidone, io ed Hinata non siamo delle sciocche. La parte fondamentale preferiamo sia il Supremo Musone a raccontargliela... sempre se trova il coraggio... - a quel punto la Yamanaka si era rivolta a lei con un tono finto-offeso – Perché c'ero anche io, non ti ricordi?! -
All'Haruno era scappata un'autentica risata: - Ah ah! Lo so, lo so, e ringrazio anche te... Figuriamoci se posso scordarti – lo sguardo le si fece torvo - … e se posso dimenticarmi di lui – concluse indicando Sai.
Quando il moro tentò di abbozzare una risposta, aprendo la bocca con fare apparentemente indifferente, Ino intervenne senza indugio. Il suo “Taci tu!” venne accompagnato da un'occhiata perentoria che sopì sul nascere qualsiasi frecciatina.
- Ha ricominciato con la storia della “befana”, vero? - aveva sospirato Naruto, esasperato.
- Lascia perdere, temo sia una causa persa sul quel fronte – aveva tagliato corto la bionda. Il suo compagno aveva mantenuto saggiamente il silenzio.
La Yamanaka, notando l'obbedienza del moro, aveva subito addolcito lo sguardo ed aveva passato la mano sulla testa dell'amato, scompigliandoli teneramente i capelli.
- Mi sa proprio che non potrai mai liberarti di me, la tua personalissima “voce della ragione” -
Il pittore aveva risposto con aria altrettanto giocosa.
- Già, mi conviene – e tra i due si era creata all'istante un'atmosfera più intima.
Di fronte a quelle due coppie, diverse ma entrambe tenere e ben assortite, ciascuna per i propri motivi, Sakura abbassò il capo. La stanza era avvolta da un alone di romanticismo del quale lei non faceva parte e dovette ammettere, tra sé, di sentirsi vagamente a disagio in quel ruolo da “quinto incomodo”. Ovviamente nessuno di loro aveva accennato all'idea che lei fosse di troppo, tuttavia, dal modo in cui Naruto aveva salutato Hinata, era chiaro che i due non si erano visti per qualche tempo; Ino e Sai, poi, si erano appena riavvicinati dopo la lite, e chiaramente questo comportava la fase “coccole e tenerezze varie”.
Quando aveva fatto per andarsene e lasciare loro un minimo di riservatezza, l'Uzumaki aveva cercato con veemenza di convincerla a rimanere, insistendo che la sua presenza non fosse un disturbo, anzi, erano tutti contenti di averla di nuovo lì, insieme a loro (e persino Sai sembrava essere d'accordo), ma lei aveva comunque preferito uscire dalla stanza, non senza prima averli ringraziati di nuovo.
Era sinceramente rasserenata dall'evoluzione della giornata. Rispetto ai giorni precedenti, caratterizzati dalla paura e tensione per l’erronea convinzione di essere stata rapita e, in seguito, dallo sconforto e disperazione per l'amara scoperta sul suo destino, le ore appena trascorse si erano rivelate inaspettatamente piacevoli. In più aveva avuto modo di apprendere alcune informazioni molto importanti, sulle quali la sua mente seguitava a tornare.
Ancora numerosi quesiti popolavano i suoi pensieri. Perché quell'Orochimaru voleva la vita eterna? In che modo era riuscito a sopravvivere nei secoli? Perché aveva preso di mira proprio Sasuke? Come pensava di ottenere l'immortalità tramite lui? Ma soprattutto, dove si collocava la sua maledizione in mezzo a tutta questa storia? Per quale motivo lei era rimasta coinvolta? Quale poteva mai essere stata la sua relazione con l'Uchiha, per farlo sentire responsabile al punto da spingerlo costantemente a cercarla per tentare di riparare ai suoi fantomatici torti?!
La leggenda del racconto di Hinata accennava una risposta almeno all'ultima domanda, tuttavia l'Haruno accantonò per l'ennesima volta quell'idea assurda, negandone l'attendibilità. Tutti quanti avevano alluso ad un ipotetico legame sentimentale tra lei e Sasuke, ma la sua visione disincantata della realtà le impediva di credere ad una simile possibilità.
Tutte le volte in cui si era guardata allo specchio, l'immagine di rimando era quella di una giovane dalla pelle pallida, con una fronte un po' troppo sproporzionata e le curve perennemente acerbe, anche ora che aveva raggiunto la cosiddetta “maggiore età”. Questa sua insicurezza riguardo il suo aspetto fisico la rendeva incapace di mostrare un atteggiamento spavaldo e socievole, e spesso a scuola aveva sentito ragazzi che ridevano di lei alle sue spalle, dicendo frasi del tipo “la secchiona è una sfigata, dentro e fuori”. Adesso doveva credere che una creatura immortale, dal fisico statuario e dal carisma innegabile (nonostante fosse un tipo tendenzialmente riservato e silenzioso, in passato era riuscito, involontariamente per giunta, a conquistare le simpatie di una bellezza come Ino), che un siffatto individuo, con secoli di esperienza e con infinite occasioni di incontrare donne stupende, si fosse innamorato di lei? Che le fosse rimasto fedele e che il suo sentimento avesse attraversato lo spazio ed il tempo, conservandosi inalterato come colui che lo provava?!
Impossibile.
“È senso di colpa, solo senso di colpa...” pensò mestamente, senza neppure capire bene il motivo per cui quell'idea la rendesse tanto triste. Nessuno l'aveva mai amata romanticamente, e nessuno lo avrebbe fatto mai. Era questo l'andamento nel mondo, ed ormai Sakura se ne era fatta una ragione. La superficialità era un ostacolo difficile da superare, e comunque lei non era certa di avere qualcosa di prezioso da offrire agli altri, caratterialmente parlando. Cosa c'era in lei di speciale? Sotto la maschera di studentessa modello, voti perfetti e comportamento impeccabile, esisteva qualcosa che potesse renderla amabile? E lei? Era capace di amare, lei? Era in grado di affezionarsi seriamente a qualcuno che non fosse sua madre o suo padre? Sarebbe davvero riuscita a creare un legame, a fidarsi totalmente di un'altra persona, dandole l'opportunità di entrare nel suo cuore, di toccarle l'anima? Poteva forse...?
Fu un attimo.
Senza preavviso, come a risposta a tutti quei dubbi che la stavano assillando, il silenzio venne infranto dall'evocativo canto di un violino. Le note cominciarono a rincorrersi, incatenate nella loro danza straziante, emozionante, senza tempo. Sakura aggrottò la fronte, pensierosa, finché non la riconobbe.
La melodia!
Quella era proprio la stessa melodia che, qualche giorno prima, l'aveva come stregata, fino ad indurla a salire sul tetto della villa, e che anche ora la stava chiamando disperatamente attraverso le vibranti corde dello strumento. E come quella volta, ella non riuscì ad impedirsi di obbedirle. Le sue gambe si mossero, dapprima lentamente, e poi via via acquisendo sempre più trasporto, fino a rivaleggiare con la frenesia dell'esecuzione del brano.
Non sapeva bene dove stesse andando, correva tra i corridoi di quella immensa villa guidata da quella sinfonia che si faceva sempre più vicina, il cuore che le martellava nel petto, pompando nelle sue arterie, nei capillari, in ogni più microscopica cellula del suo corpo, il bisogno di proseguire. Nei recessi della sua mente una voce le urlava di fermarsi, perché l'ultima volta che aveva sentito quella musica era stato Sasuke ad intonarla, e probabilmente anche adesso era lui che la stava suonando, e lei non era pronta, no, non era ancora pronta per incontrarlo di nuovo...
Ormai era vicinissima, solo una porta chiusa la divideva da quell'arcano ed ammaliante motivo.
Era l'ultima occasione. Per tirarsi indietro, per scappare, per non dover rischiare di affrontare la presenza di lui e l'effetto che la sua vicinanza puntualmente le provocava.
Ma una parte di lei, quella solita, misteriosa parte della sua anima che costantemente la spingeva verso la Creatura che trascende il Tempo, ebbe nuovamente la meglio. Sakura afferrò la maniglia e la premette con dolcezza e timore quasi reverenziale, come a non voler interrompere quell'atmosfera onirica, e quando la porta si aprì venne assalita da un turbinio di emozioni.
Nostalgia.
Rimpianto.
Dolore.
Tenerezza.
Commozione.
Struggimento, trasporto, bisogno, complicità...
Armonia.
Lì, in mezzo alla stanza, c'era Sasuke Uchiha, il violino appoggiato delicatamente tra mento e spalla e l'archetto che con frenetica abilità stimolava le corde.
La giovane Haruno rimase a fissarlo incantata, mentre egli seguitava il suo virtuosismo, gli occhi scuri chiusi in un totale abbandono nella sinfonia, sempre in crescendo, sempre più spasmodica, più coinvolgente, e poi una pausa, una ripresa in pianissimo, note ed accordi che risuonavano gentilmente, carezzandole l'udito. E già Sakura non pensava più alla paura ed all'incertezza di poco prima, all'esitazione di fronte alla prospettiva di rivederlo: in quel momento si sentiva leggera, come se fosse sublimata, diventando un soffio di vento capace di fluttuare e volare in ogni dove, sospinta dalla musica. Qualcosa di antico, di atavico, si stava risvegliando in lei, un'eco lontana, una scia di ricordi che però ancora non riusciva ad afferrare, a rivelare...
Improvvisamente, l'esecuzione cessò. Sasuke si era fermato. Si era accorto di lei ed ora la stava osservando con espressione attenta, quasi la stesse studiando.
Sakura fu costretta a tornare alla realtà della situazione in cui si trovava, e si rese conto di non avere la più pallida idea di cosa dire.   
 
XXX
 
Perso nei suoi pensieri, Sasuke aveva sentito l'insopprimibile impulso di suonare quella melodia, la loro melodia, così si era recato nella stanza che gli Hyuga avevano adibito alla musica. Tra i vari strumenti di cui era esperto, scelse il violino, perché il suo tocco struggente si accordava alla perfezione con il suo attuale stato d'animo.
Durante la sua solitaria esibizione si era abbandonato al fiume di memorie e di riflessioni che ormai da giorni erano diventati suoi fedeli compagni, e si era accorto solo in un secondo momento di non essere più solo, in quella sala.
Catapultato nuovamente nel presente si era voltato ed aveva visto Sakura, il suo viso immortalato in un'espressione di stupore quasi reverenziale (era vagamente divertente vederla con la bocca un po' aperta e gli occhi strabuzzati, senza parole). Nelle sue iridi non c'era la paura che l'Uchiha temeva di vedere una volta incontratala, ma solo trasporto e meravigliato incanto. Si domandò quali pensieri le stessero passando per la testa, in quale stato d'animo si trovasse. L'aveva evitata per giorni, per non incappare in quella situazione, ed ora si rendeva conto di non poter fuggire, di dover affrontare l'inevitabile.
Lentamente, Sasuke abbassò lo strumento, in attesa di ogni domanda che la curiosità della ragazza avrebbe sollevato, una volta vinta la sua incertezza. Non dovette aspettare molto.
- Così, così sapresti... suonare il violino... - era solo un filo di voce, ma bastò per suscitargli un sorriso, praticamente impercettibile, ma pur sempre presente. Sakura aveva scelto una conversazione colloquiale, si sarebbe adeguato.  
- Incredibile, vero? Scoprire che posseggo un lato artistico, intendo... - mentre pronunciava queste parole, fece per andare a riporre lo strumento.
- No, aspetta! - era sicuro che Sakura avesse agito d'istinto, infatti subito tornò a mormorare, un piccolo rossore che pian piano le imporporava gli zigomi - Cioè, se non hai altri progetti, potresti continuare a suonare... Era così bella quella melodia... Come si intitola? Sai chi è  l'autore? -
Lo sguardo del ragazzo si addolcì immediatamente. La sua Sakura, in fondo, era sempre la stessa e sapere di conoscerla ancora così bene, di poter ancora leggere nel suo animo, vita dopo vita, forse anche meglio di quanto riuscisse a fare con se stesso, era uno dei pochi ristori in tutto quel caos.
Fu solo un sussurro, mentre riportava il violino in posizione, sotto il suo mento, e brandiva con la solita maestria l'archetto: - Si chiama "Notte dei fiori di ciliegio"... e l'ho composta io –
Non ci fu bisogno di spiegarle il motivo del titolo: Sakura trattenne immediatamente il fiato ed il vermiglio esplose liberamente sulle sue guance, suscitando un fugace mezzo- sorriso sulle labbra del violinista.
Durante l'esecuzione del brano, Sasuke si permise di perdersi nei ricordi sull'origine dell'ispirata sinfonia.

 
X

Parigi, seconda metà del Settecento.
La villa dei marchesi de Beauchamp risuonava del brusio concitato della servitù che si affrettava, con passo spedito ma al tempo stesso attento di coloro che sanno di non poter sbagliare, scorrendo in continuazione dalla sala da pranzo principale alle cucine, dove i cuochi lavoravano a pieno regime per concludere la cena in tempo.
Quella sera, tutto doveva essere perfetto. L'Alta Nobiltà parigina era giunta per celebrare il ritorno del Marchese, dopo i lunghi mesi passati in Oriente al fine di  mantenere i rapporti tra la Corte francese e quelle popolazioni  del Sol Levante,  così distanti ed aliene, che tante fantasie esotiche sapevano suscitare nell'immaginazione delle dame.
La sala da ballo centrale, addobbata dei migliori arazzi con freschi motivi floreali, risplendeva nelle sue tinte pastello, tipiche del Rococò. Sul lato ovest, sopra il camino in marmo bianco, troneggiavano graziose porcellane cinesi, testimonianze dei frequenti viaggi del marchese, invidiate da molte contesse e proprio per questo motivo di grande orgoglio della padrona di Villa de Beauchamp.
Al centro della sala, giovani dame, accompagnate da nobili cicisbei, facevano volteggiare al ritmo dell’incalzante valzer un tripudio di pizzi, paillettes e nastri, piroettando abilmente, incuranti delle loro fluenti gonne.
Lungo il lato nord, invece, il gruppo dei suonatori era concentrato nell’esecuzione del brano, alacremente impegnato per  offrire un risultato impeccabile. Tra questi, un ragazzo dagli occhi neri, i capelli corvini e i lineamenti distinti si destreggiava nel suo ruolo di primo violino, nonostante la sua attenzione convergesse interamente in un unico punto, al di là della stanza, dove la giovane figlia del marchese, Sakura Henriette de Beauchamp, era stata assediata da una mezza dozzina “galantuomini” che la braccavano orami da tutta la sera..
Il volto, incipriato ed imbellettato secondo la moda del tempo, era tirato in un’espressione di malcelata insofferenza, e ad un occhio attento era palese il disagio che stava provando in quell’ambiente. L’esile corpo era fasciato in un vestito in taffetà color pesca dall’ampia gonna a cupola, la vita sottile accentuata da uno di quegli atroci corsetti di cui le donne aristocratiche non riuscivano a fare a meno, e la bianca parrucca era acconciata “à la Montgolfier”, pettinatura tanto apprezzata dalla madre, che aveva sicuramente insistito per “addobbare” la giovane con una serie di pregiati gioielli. Anche i suoi bellissimi occhi color peridoto apparivano spenti e stanchi.  Il risultato, seppure strepitoso agli occhi dei presenti, restituiva l’immagine di una persona oppressa, schiacciata da un’armatura di inutili ed indesiderati lussi, assetata di libertà.
La nobile figlia del marchese in realtà si sentiva una schiava, là dentro.
Il dolce usignolo stava morendo nella sua sfarzosa gabbia.    
Per Sasuke Uchiha non era stato facile trovarla, in un’epoca in cui le dame coprivano le loro capigliature con pesanti parrucche incipriate e la povera gente era praticamente “invisibile”. L’indizio fondamentale era giunto alle sue orecchie per caso, quando aveva sentito parlare della graziosa figlia del marchese Beauchamp, Sakura appunto. Il padre aveva conosciuto l’esistenza di quel nome in Oriente, durante uno dei suoi tanti viaggi, e la sua musicalità lo aveva subito conquistato, inducendolo a chiamare la sua unica discendente in quel modo, anche in onore del prestigioso incarico conferitogli da Sua Maestà. Molti affermavano che i capelli della ragazza fossero in realtà di un unico, inconfondibile colore rosa chiaro.
Il moro aveva quindi capito dove cercare l’amata.  
Presentarsi a Villa de Beauchamp era stato relativamente semplice, ed ancora più agevole era stato accaparrarsi le simpatie della marchesa: il suo bell’aspetto, il portamento naturalmente elegante e l’innato carisma avevano prontamente catturato l’interesse (non troppo innocente) della donna, e la sua abilità nella musica, che aveva raffinato nei secoli, era stato l’espediente per permettergli di frequentare la nobile dimora.
In pochi mesi era diventato il musicista favorito della gentildonna, che aveva molto insistito affinché si esibisse alle celebrazioni per il ritorno del consorte. Sasuke aveva accettato senza obiezioni, infiammato alla prospettiva di veder realizzato l’incontro tanto agognato. Dover sfuggire, con astuzia e scaltrezza (non poteva permettersi di offenderla e di farsi di conseguenza bandire), alle frequenti, sgradite avances di madame de Beauchamp era un sacrificio che poteva pagare per raggiungere l’obiettivo.
Ed ora era finalmente lì, a pochi metri da lei.
Non appena il valzer giunse alla sua conclusione, la marchesa de Beuchamp lo prese in disparte e, tutta concitata, lo accompagnò dalla figlia, affinché i due potessero infine conoscersi. I marchesi avevano già stabilito che sarebbe stato lui il nuovo maestro di musica della ragazza, ed egli aveva accettato di buon grado quell’occasione di trascorrere del tempo in compagnia esclusiva della persona che ambiva riconquistare.
Passarono velocemente attraverso la massa di nobili, intenti nelle loro conversazioni.
– Sua Maestà ha davvero convocato gli Stati Generali?  –
 – Inaudito! Sono passati quasi duecento anni dall’ultima volta! –
- Sua Maestà Luigi XVI ha meramente seguito il consiglio del ministro Necker, la situazione finanziaria della Corona è insostenibile, ed il malcontento popolare continua ad esacerbarsi –
- Mph! Se solo la nostra “preziosa” Reine non si fosse fatta tanto desiderare… Si è circondata solo dei suoi pochissimi eletti e ha negato a tutti gli altri nobili le udienze, era ovvio che si sarebbe inimicata anche l’aristocrazia! –
- … il popolo è interessato al duca d’Orléans –
- Il cugino di Sua maestà? –
- Pare che appoggi le rivendicazioni della gente, parla di un tipo di monarchia diverso –
- Vero, ed il suo gruppo… -
Le voci confuse gli invadevano le orecchie, ma il passo svelto della marchesa non gli aveva permesso di udire con più precisione, conducendolo lontano, verso la desiderata ragazza.
Il motivo per cui si stava prestando a quell’enorme pagliacciata.
Sakura era rimasta sola, essendosi liberata con successo della marmaglia di “gentiluomini” che si ostinavano a tentare di contendersi i suoi favori. Aveva un aspetto vagamente sollevato e quando egli entrò nel suo campo visivo, una luce vivida brillò nelle iridi di giada. La bocca si dischiuse impercettibilmente, le mani si strinsero in un unico pugno, all’altezza del petto. Tutto nella sua posa denotava trepidazione.
In breve si ritrovarono l’uno di fronte all’altra, con la nobildonna al suo fianco impegnata nelle presentazioni ufficiali e le loro rispettive attenzioni monopolizzate dalla reciproca magnetica presenza.
A seguito delle parole della madre, ella gli porse la mano con un educato e contenuto sorriso, mentre gli occhi non smettevano di tradire il vibrante gaudio che l’incontro le aveva suscitato.
Ancora non si ricordava di lui, eppure  la sua anima aveva reagito istintivamente, risvegliandosi dal torpore.
- Piacere di conoscervi, monsieur Uchiha – intonò emozionata.
La schiena del moro si piegò in un elegante baciamano.
– Piacere mio, mademoiselle de Beauchamp – soffiò languidamente sulla mano protesa, che rispose con un automatico, involontario fremito.
Il primo passo era finalmente compiuto.
X
 
Le lezioni di musica e di canto erano iniziante immantinente.
Sakura si era dimostrata una più che discreta suonatrice di clavicembalo, ed aveva palesato un sincero e vivace interesse quando il padre le aveva comunicato di aver commissionato la costruzione di uno strumento relativamente nuovo, il fortepiano, recentemente lodato ed apprezzato perfino da Mozart.
Il vero punto debole della giovane era senza dubbio il canto. La sua voce aveva un buon timbro ed era pulita, pure l’estensione era sopra la media, ma le sue esecuzioni erano incerte, e spesso, nei passaggi più complicati, tendeva a stonare o a non rispettare le pause. Sasuke stabilì di ripartire dalle basi, con esercizi di respirazione, di controllo del diaframma, intervallando talvolta con prove di gorgheggio e l’apprendimento di vere e proprie arie. Ogni volta, il suono sembrava esitante, incerto, al limite dello spaventato.
Sakura sapeva che il canto rappresentava il suo tallone d’Achille, e quella consapevolezza acuiva la sua ansia, determinando l’esito imperfetto della sua performance. Si sentiva sotto pressione anche alla sola presenza di lui, e ciò lo feriva. Avrebbe voluto farle capire che con lui poteva rilassarsi, che mai e poi mai lo avrebbe deluso per una sciocchezza simile.
Durante quei giorni, aveva notato che la ragazza provava un’innegabile (ed apprezzata) simpatia nei suoi confronti. Era evidente da come lo osservava quando le spiegava dove sbagliasse, nella viva partecipazione con cui afferrava i suoi consigli, nei sorrisi che gli regalava ad ogni suo anche più insignificante incoraggiamento o complimento. Ed era ancor più manifesta nell’espressione triste e turbata che assumeva quando commetteva un errore.
La stessa scena si era ripetuta anche quel giorno, e gli espressivi occhi smeraldini si erano riempiti di un’emozione inconfondibile, mentre i denti avevano cominciato a mordere le morbide labbra.
Disagio e vergogna.
L’Uchiha strinse i pugni. Non poteva più tollerare di vederla soffrire così.
- Non dovete abbattervi – fece uscire a fatica. Rivolgersi a lei in toni tanto distanti e formali non era mai facile, men che meno quando percepiva il suo bisogno di essere consolata, rassicurata – Non abbiate paura  -
La damigella si voltò verso di lui, scioccata: - C-come avete detto? -
La sua risposta non si fece attendere: la voce era ferma, il tono convinto.
- Io non ti giudicherò mai, Sakura  - la giovane dama guardò nelle profonde, brucianti iridi dell'uomo di fronte a lei con un'espressione stupita, sia dal contenuto della frase sia dall’improvviso registro confidenziale utilizzato, ma non parve scandalizzarsi. Al contrario, la sua bocca a forma di cuore si illuminò con la grazia di un piccolo, timido, sorriso. Ancora così diverso da quello vero, quello della Sakura che conosceva.
- Grazie, Monsieur Uchiha -
La gabbia dell'usignolo stava cominciando a vacillare.
X
 
Le lezioni di canto continuavano, ma Sakura, nonostante avesse acquisito una maggiore sicurezza in sua presenza, non mostrava troppi segni di miglioramento.
Sasuke aveva capito il motivo dietro questo apparente stagnamento.
La figlia del marchese aveva paura. Temeva che, una volta che il suo canto fosse stato impeccabile, i loro incontri non avrebbero più avuto ragione di esistere e quindi sarebbero cessati definitivamente. L'Uchiha lo vedeva nei i suoi chiari occhi, che  si accendevano quando i loro sguardi si incrociavano, nelle sue gote, solitamente pallide ed incipriate, che  si tingevano di una sana ed emozionata sfumatura di pesca quando le rivolgeva le sue attenzioni per spiegargli come esercitare il diaframma, o quando la correggeva se mancava una pausa.
Ella ascoltava attentamente, e Sasuke si rendeva conto che aveva afferrato i suoi insegnamenti, dato che, all'esecuzione successiva, la ragazza offriva una performance eccellente. Poi, improvvisamente, qualcosa nel suo atteggiamento mutava, le mani cominciavano a tremare, e non gli sfuggiva la fugace, quasi spaventata occhiata che, a quel punto, rivolgeva lui, proprio prima di stonare o prendere una nota troppo alta.
Sakura si fermava di colpo, prodigandosi in non troppo sentite scuse, e sottolineando che, evidentemente, aveva ancora bisogno di altre lezioni. Il moro fingeva di credere a quel palese teatrino e la spronava a stare più attenta: capiva i suoi sentimenti, ma non voleva frenare il suo potenziale.
Voleva che essere una fonte di forza per lei, non la ragione che la tratteneva indietro, che le impediva di migliorare e di mostrare al mondo quanto valesse.
Si era pertanto ritrovato sotto il balcone della di lei stanza, in una fresca nottata di inizio marzo, con in mano un violino e nel cuore la decisione di mettere fine a quell'infruttuosa situazione.
Era giunto il momento di agire, di far comprendere alla giovane che l'interesse che ella provava nei suoi riguardi era ricambiato, che mai e poi mai lo avrebbe perso, anche se le lezioni si fossero concluse.
Sasuke ghignò tra sé. L'aveva cercata e trovata per secoli ai quattro angoli del mondo, figurarsi se bastava così poco per lasciarla. Certo, questo Sakura non poteva ancora saperlo, ma era arrivata l'ora del chiarimento: probabilmente era meglio non raccontarle tutta la storia, almeno per adesso, tuttavia doveva comunicarle che anche lei era speciale, ai suoi occhi.
Superare il cancello era stato estremamente facile,  grazie alla prestanza fisica dovuta alla sua natura immortale, e la fulgida luce della luna piena si era dimostrata più che sufficiente per orientarsi:  i suoi occhi erano stati abituati al buio a causa del suo triste e scellerato passato.
Durante il periodo di frequentazione di Villa de Beauchamp aveva intuito quale fosse la camera privata della figlia del marchese, e l'unico vero problema era trovare un modo per comunicarle la sua presenza senza che qualche sgradito intruso potesse scoprirlo.
La realtà si rivelò molto più favorevole del previsto, poiché trovò la ragazza affacciata alla terrazza della sua stanza. Nascosto tra i cespugli, Sasuke si perse ad ammirare il profilo delicato e gentile di quel viso che puntava verso l’alto, a scrutare quella luna piena che conferiva alla sua pelle un bagliore quasi ipnotico. I capelli rosei erano sciolti e correvano liberi lungo le spalle:  probabilmente la giovane li stava spazzolando prima di indossare la cuffia che le donne dell’epoca erano solite portare a letto, quando era stata chiamata da qualcosa, da quella forza misteriosa che ogni volta, ad ogni vita, la conduceva da lui. La nivea e lunga camicia da notte si muoveva spinta dalla leggera brezza d’inizio primavera, ma lei non pareva curarsene, persa nelle sue fantasie, la vestaglia dimenticata da qualche parte, in camera sua.
Sasuke scosse la testa. Quell’abbigliamento era decisamente inadeguato per una nobile del suo rango, ma alla sua Sakura poco importava. Non voleva appartenere a quel mondo, lei era uno spirito libero, insofferente ad insensate imposizioni dettate dall’etichetta o dalla moda.
Già, la sua Sakura.
Silenziosamente, uscì dal cespuglio e si piazzò direttamente sotto il balcone, ma la ragazza non sembrò notare la sua presenza. Continuò ad osservarla a quel modo per un tempo indefinito, rapito dall’alone di quella dolce visione che si stagliava contro l’oscurità della notte, in uno scenario irreale.
La sua personalissima luce…
Improvvisamente, come se si fosse sentita spiata, Sakura si voltò di scatto ed incrociò il suo sguardo ardente.
Una maschera si stupore e meraviglia si dipinsero sul suo volto: lo aveva immediatamente riconosciuto, nonostante il buio della notte.
- M-monsieur Uchiha! A- a cosa devo q-questa V-vostra...? – balbettò con voce stridula una imbarazzatissima Sakura, rifugiatasi goffamente e repentinamente dietro le tende della porta-finestra per celare quello che in quel momento si era resa conto  fosse  una sconveniente ed inopportuna scelta di vestiario. L'Uchiha pensò, divertito, a quale sarebbe stata la sua reazione se le avesse rivelato che, dopotutto, l'aveva già vista un incalcolabile  numero di volte con una quantità ben inferiore (a dire il vero, nulla) di abiti... Sarebbe stato impagabile, ma decisamente eccessivo.
I loro occhi si incrociarono per l'ennesima volta, e per l'ennesima volta i loro sguardi si incatenarono. Le iridi impenetrabili di lui bruciarono in quelle cristalline di lei. Ora non era il momento di scherzare. L'adrenalinica elettricità che passò tra i loro corpi, anche a quella distanza, non poteva più essere soppressa.
La brezza marzolina portò con sé il fermo e profondo timbro di tre parole sussurrate.
- Solo per te -
La ragazza dai lunghi capelli rosati non indugiò oltre, e come spinta da un inspiegabile incantesimo, lo raggiunse, incurante del suo abbigliamento, dell'ora tarda o delle possibili ripercussioni che quel suo atteggiamento sconsiderato rischiava di avere.
Corse verso di lui, poiché il suo spirito non anelava ad altro.
Quando si incontrarono fuori dalla villa, egli le accennò un piccolo, rapidissimo sorriso e le porse la mano che non teneva il violino.
Non  furono necessarie parole: oltre a quell'irresistibile attrazione, Sasuke sapeva che tra di loro scorreva anche una profonda fiducia, lo vedeva da come Sakura lo stava seguendo, eccitata per la sorpresa ma al contempo tranquilla e, per la prima volta da quando l'aveva incontrata in questa esistenza, completamente serena. Essere andato da lei, averle dimostrato che la pensava, che non era costretto a sopportare la sua presenza solo  ed esclusivamente a causa delle sue mansioni, le aveva fatto provare un turbinio di gioia ed euforia, ed il moro si sorprese nuovamente all'idea di come la sua mera presenza potesse sempre indurre queste emozioni positive in lei, ogni volta, in ogni sua vita.
Proprio lui, di temperamento spesso scorbutico ed aspro, dalla natura crepuscolare, come riusciva ad essere fonte di felicità?! Erano secoli che si poneva questo quesito, e dubitava che avrebbe mai trovato risposta. Ma non era importante, o almeno non era fondamentale.
La persona che amava stava bene con lui, questo bastava.
Arrivarono dopo pochi minuti nei giardini privati del marchese, che a quell'ora erano deserti. Il nobiluomo aveva sviluppato un sincero gradimento per alcune piante in cui si era imbattuto durante i suoi frequenti viaggi nel Sol Levante,  e pertanto aveva dato ordini ai giardinieri di inserire nella sua proprietà tutte quelle specie che in Francia erano ancora pressoché sconosciute, rendendo i suoi giardini tra i più curati e rinomati tra l'aristocrazia. Fra le diverse, esotiche, tipologie, spiccavano per bellezza quattro ciliegi ornamentali, i cui fiori rosei e delicati avevano immediatamente conquistato il gradimento delle tante dame di corte.
Si fermarono proprio nel prato in mezzo a quegli alberi e Sakura si guardò intorno interdetta.
- M-monsieur Uchiha, vi prego, perdonate la mia curiosità, ma potrei conoscere la ragione per cui mi avete condotta sin qui? – domandò timidamente, senza incontrare il suo sguardo.
- Sasuke – commentò laconicamente lui.
Questo parve confonderla ulteriormente: - C-come prego? –
– Chiamami Sasuke, Sakura – elaborò – ed il motivo per cui siamo qui è semplice: ho una richiesta ben precisa da farti – le si avvicinò ancora di più e con la mano destra le sollevò appena il mento, di modo da poter incrociare le sue pozze di berillo.
- Sii libera, Sakura. Sii te stessa, con me –
Tutto in lui comunicava forza, sicurezza. Ancora una volta le si era rivolto senza tutti quegli inutili appellativi e false cortesie che la differenza di ceto sociale avrebbe imposto.
La giovane lo guardò spiazzata, ma non offesa.
- Perché? Perché mi dite questo?! -
Due dita le diedero un piccolo, tenero colpetto sulla fronte.
- Perché a me importa, Sakura -
Le iridi smeraldine da lui amate si illuminarono, riaccendendosi dell'antico, splendido incanto, la bocca perfettamente delineata si aprì in segno di incontrollato stupore, e le guance si imporporarono di quel rossore  ormai tanto caro.
Aveva capito quello che le voleva dire.
"Sii libera. Sii felice. A me importa. Tu sei importante. "
Come preso da un impulso improvviso ed irrefrenabile, le dita affusolate di lui strinsero con salda determinazione il violino e l'archetto, e Sasuke cominciò a suonare una melodia nuova, mai sentita prima, che anche alle sue orecchie parve dolcissima e delicata.
Non se ne stupì più di tanto, in fondo sapeva l'origine di quelle note soavi.
La musica non poteva che essere bellissima.
D'altronde, era Sakura ad ispirarla.
Il grazioso volto della ragazza si era disteso, le labbra si erano finalmente allargate in un timido sorriso. I suoi piedi, scalzi per la fretta di raggiungerlo, sfioravano garbatamente l’erba fresca., che sotto la debole luce delle stelle aveva assunto una gradazione bluastra, ricordando vagamente un placido mare. Sasuke vide le sue gambe cominciare ad ondeggiare, a muoversi in accordo con il ritmo scandito dal suo violino, e non poté evitare di studiare con rapito fascino il volto armonioso che si inclinava verso l’alto, guardando verso il cielo infinito, mentre le braccia si allargavano in un abbraccio universale e la soffice veste da notte  prendeva a volteggiare.
La sua amata cominciò il suo catartico ballo.
Nessun testimone, lì attorno. Solo lui era lo spettatore di quell’istante di assoluta catarsi, di quella emancipazione di un’anima dalle rinunce e costrizioni di un mondo superficiale e spietatamente ancorato a regole insulse, lui era l’unico astante cui fosse permesso un simile privilegio.  
Ed ella continuava a danzare lì, sotto il chiarore di una luna piena, circondata dai fiori dai quali prendeva il  nome, che sembravano muoversi all'unisono con lei, spinti dalla soffice brezza notturna. Alcuni petali, staccatisi dai rami, le accarezzavano languidamente la candida pelle delle morbide braccia, per poi cadere a terra, a formare un roseo tappeto ai suoi piedi.
Sasuke non smise mai di suonare, sempre più appassionatamente, con un'ispirazione ed un vigore inesauribili, mentre contemplava la sua Sakura che, per la prima volta in quella prigione dorata che era stata quell'esistenza, assaporava un momento di assoluta e pura libertà. Ed era così felice, con il volto fresco e privo della solita soffocante, asfissiante cipria, i rosei capelli sciolti, il capo emancipato dalla pesante parrucca, il petto finalmente non più ingabbiato dall'opprimente corsetto.
Rideva, la sua Sakura. Rideva e girava ed intonava quella melodia da lui appena inventata, senza stonare, giacché in quel frangente non era schiacciata dalla pressione della società, del dover essere tecnicamente perfetta, immancabilmente ineccepibile.
Lì non c'era mademoiselle  Beauchamp, figlia del noto marchese.
Sotto quel manto di fiori di ciliegio c'era una ragazza che amava la musica, la danza e la gioia che era in grado di sentire per la prima volta.
Una ragazza che amava la vita.
L'usignolo era uscito dalla gabbia, e il suo canto ammaliava il mondo.
L'usignolo aveva cominciato a vivere.
Quando si voltò verso di lui, che ancora suonava per lei, ancora seguitava a conservare intatto quell'incantesimo, finalmente lo rivide. Sasuke riassaporò il sorriso sincero che secoli prima lo aveva salvato, gli occhi chiari brillavano dell'antica energia ed il viso era trasfigurato da un'aura vibrante, fremente.
E capì che la sua Sakura era tornata.
“Notte dei fiori di ciliegio” nacque quella sera, e continuò a risuonare, oltre il tempo e lo spazio.
La sua dichiarazione d'amore.
 
X
 
I mesi che seguirono furono esaltanti.
Le lezioni di musica erano continuate, questa volta con un continuo e costante profitto, e sotto gli occhi attenti di terzi il loro rapporto era quello rispettoso ed educato di un maestro e della sua nobile ed intoccabile allieva.
Ogni altro possibile momento, tuttavia, era un effluvio di vita: quasi ogni sera (esclusi i doverosi appuntamenti con l'Alta Società che la figlia di un Marchese non poteva evitare) si incontravano nel loro giardino di ciliegi, e ciascun secondo insieme era prezioso, quanto inestimabili erano i sorrisi e le aperte, liberatorie risate che Sakura regalava a lui e a lui solo.
Il pensiero che anche lei, ora, ricordasse le precedenti vite passate assieme lo galvanizzava e, seppure apparentemente fosse il più calmo tra i due, quando la giovane si sedeva sulle sue gambe e gli gettava le braccia al collo, avvolgendolo in un caloroso ed energico abbraccio, quando le loro labbra si incontravano in un agognato bacio, il suo cuore batteva ad un ritmo tutto particolare, concitato e pulsante, che unicamente la presenza di lei riusciva a provocare.
In breve tempo Sakura aveva cominciato a manifestare palesemente l'insofferenza che aveva sempre tacitamente provato per la vita di corte, e doversi dimostrare così fredda, distaccata nei suoi riguardi ogniqualvolta i due si incontrassero ad un ballo o durante una situazione ufficiale la feriva e deprimeva.
Sasuke se ne era accorto già da un po', e poteva comprendere quel suo stato d'animo: nonostante il suo talento nel celare le emozioni, non era semplice doverla ammirare da lontano, e non essere in grado di fare nulla quando qualche frivolo cicisbeo, così indegno di lei, le si avvicinava e, con la forza del proprio titolo nobiliare, le domandava cortesemente di poter danzare o anche solo di poter scambiare qualche "innocente", vacua parola, tentando in realtà di accattivarsi le sue grazie, invano.
Allo stesso modo, le altrettanto inutili avances che dame e damigelle (di tutte le età, doveva ammettere con riluttanza) rivolgevano a lui erano ulteriore motivo di disturbo. Quasi ogni nobildonna aveva, più o meno velatamente, tentato di ottenere una segreta "liaison dangereuse" con lui, ed essere costretto a rifiutare con almeno un minimo di garbo risultava essere un compito ingrato e fiaccante: avrebbe di gran lunga preferito usare toni e modi più decisi e, come avrebbe detto il dobe, "da bastardo teme qual era", ma doveva mantenere la facciata, non voleva inimicarsi la corte ed essere cacciato da quell'ambiente, rendendo i suoi incontri con Sakura ancora più difficili.
Purtroppo però, le occhiate disinibite, i tocchi tentativamente al limite dell’audace, durante le danze, di quei giovani insolenti, infiammavano il petto dell'Uchiha di una assoluta, fremente gelosia, e la reazione di Sakura, che prontamente si scostava con garbata ma chiara decisione, era l'unica cosa che riuscisse a placarlo.
Anche quando c’era un intero salone gremito di persone a dividerli, si appartenevano e niente sarebbe mai riuscito a separarli davvero.
Era stato un passaggio naturale il momento in cui, in una sera di luna piena sotto un cielo fitto di stelle, la giovane aveva espresso il suo desiderio di scappare con lui.
Sasuke comprendeva bene quello che la sua amata provava: l'opprimente vita aristocratica che non aveva mai scelto, ma che le era stata imposta alla nascita, quello stato di "graziosa prigionia" che la sua indole non poteva tollerare, l'indifferenza dei suoi genitori (che sebbene all'apparenza tenessero i più cordiali comportamenti con lei, in realtà nutrivano un senso di delusione per la nascita di una figlia femmina, lamentando la mancanza di un erede), le stavano stretti.
Ella gli aveva raccontato di come la nascita di una bambina tanto diversa, sia nel fisico sia nel carattere, da loro era sempre stato un ulteriore motivo di lontananza affettiva, e solo ora, al corrente della maledizione di Orochimaru, aveva trovato la soluzione di quel mistero.
Sasuke aveva ascoltato tutta la storia, e non riusciva ad afferrare come i marchesi riuscissero a non affezionarsi alla figlia, considerando che neppure lui, nello stato in cui si trovava quando l'aveva incontrata per la prima volta, aveva resistito alla sua amabilità.
- Ti prego, Sasuke-kun, portami via da qui. Voglio vivere con te, sempre - lo aveva implorato con il viso premuto tra la sua spalla ed il collo.
L'usignolo vuole volare libero nel cielo, volteggiare nel vento della vita.
- Va bene – fu l'unica, possibile risposta che il suo cuore riuscì a formulare.
 
X
 
Se ne andò dopo meno di un mese, una settimana prima della loro fuga progettata.
Stava tornando da una serata all'Opera con suo padre e sua madre, quando la carrozza del marchese era stata assalita.
Il nobile e la sua consorte avevano riportato ferite abbastanza serie, come pure il cocchiere.
Sakura aveva battuto fortemente la testa.
Per lei non c'erano state speranze.
Erano anni difficili, quelli.
La popolazione, il cosiddetto “Terzo Stato”, viveva in condizioni gravemente disagiate, spesso vessati da un'estrema povertà, da malattie e soprusi continui di fronte ai quali l'aristocrazia e l'alto clero restavano indifferenti, quando non ne erano addirittura la causa. Di conseguenza, l'atmosfera era diventata via via più tesa, ed il numero dei briganti e dei sobillatori che colpivano i ceti più ricchi era aumentato inesorabilmente, in un clima di  scontento sociale e disperazione che la totale cecità delle due classi parassitarie non faceva che aggravare. La monarchia si era dimostrata indifferente delle sofferenze dei più deboli, ed era prevedibile che, in tempi brevi, la situazione fosse destinata ad esplodere.
Sasuke si era spesso domandato, in quel periodo, circa i motivi che impedissero agli esseri umani di adottare un sistema più egalitario, basato sulla giustizia ed il benessere di tutti, non solo di alcuni, sparuti “eletti”, un mondo pacifico e fondato sul rispetto reciproco. Sembrava quasi che l’uomo bramasse lo spargimento di sangue, mosso da un primitivo, barbarico istinto volto alla distruzione persino dei propri simili.
E questa componente oscura, inquietante, lo aveva a più riprese fatto vacillare, inducendolo a credere che non ci fosse salvezza per quella razza sciocca.
Ma poi pensava a Sakura, alla sua anima pura, fulgida di abbagliante amabilità e altruismo, e si ripeteva che forse l’umanità aveva ancora qualche speranza.   
Preoccupato per l’evolversi frenetico degli eventi, l’Uchiha aveva tentato di velocizzare l’organizzazione della loro fuga: avrebbe portato la sua Sakura lontano da lì, in un posto dove non sarebbe stata “la figlia del marchese” e dove avrebbero potuto vivere assieme.
Doveva immaginare che la maledizione si sarebbe presa gioco di loro due e dei loro progetti.
Delle loro vite.
La notte del funerale Sasuke si era ritrovato nel loro giardino dei ciliegi, il violino e l'archetto stretti nel pugno delle sue mani. Lo sguardo era fisso su quel cielo indaco senza luna né stelle, solitario testimone del suo dolore.
L'Uchiha serrò le palpebre. Sospirò. Una leggera brezza gli accarezzò il viso, portando con sé le uniche due lacrime che ormai il suo cuore, perennemente straziato da quel dolore sordo che gli ululava nel petto con feroce angoscia, era in grado di creare.
Alla fine, l’usignolo è stato schiacciato dalla sua gabbia.
Improvvisamente riaprì gli occhi, ora color cremisi.
Posizionò il violino sulla spalla ed avvicinò l'archetto alle corde.
Presto sarebbe ricominciata la sua ricerca.
Sospirò di nuovo.
Lo strumento prese a gridare il suo pianto angosciato, e "Notte dei fiori di ciliegio" riverberò nell'aria, spinta dal vento.
"Dovunque tu sia, Sakura, questa melodia è per te. Sarà sempre per te".
La sua eterna dichiarazione d’amore.
 XXX
 
Sakura si era fermata ad ascoltare l'esecuzione di Sasuke estasiata e rapita. L'atmosfera intorno a loro si era fatta quasi elettrica, ed ad ogni tocco dell'archetto il mondo intorno a loro scompariva via via sempre più, come per effetto di un incantesimo, finché non era rimasto nient'altro se non loro due, Sakura e Sasuke, e quel commovente brano.
Il corpo di lei si mosse, spinto da un istinto primordiale, verso quello di lui. Senza accorgersene, si sporse, protendendo una mano nella direzione del moro, che continuava a guardarla con il solito fuoco negli occhi, e nell'enfasi della sua performance pareva ancora più intenso, più impetuoso, quasi scottante.
Sasuke le stava parlando, non con la voce, ma con tutto il suo corpo, teso e concentrato nell'esibizione. Con la sua anima, attraverso il canto dolce e struggente del violino.
Con tutto se stesso.
Ed ella voleva toccarlo.
Voleva sentire il calore della sua pelle, percepire sotto i polpastrelli il battito del suo cuore immortale. Il bisogno parossistico di contatto con lui, di stringerlo a sé, di essere abbracciata a sua volta, era insopprimibile, innegabile, tangibile, come se fosse trasmutato, e da mero desiderio si fosse fatto materia, carne viva, pulsante.
La sua mano era a mezz'aria, e Sakura era così vicina, a meno di un metro da lui, avrebbe giurato di essere in grado di avvertire l'energia che proveniva dal suo corpo, che non accennava a smettere di suonare.
La stava osservando, ancora. Gli occhi color della notte avevano assunto venature scarlatte, ed i loro sguardi erano incatenati l'uno all'altro, incapaci di separarsi.
Si rese conto che lui non si sarebbe scostato. Le stava lasciando la possibilità di fare il primo passo, di scegliere. Non l'avrebbe forzata a compiere alcunché, ma al tempo stesso le avrebbe permesso di avvicinarsi, di accarezzarlo, perché l'attrazione che lei provava era reciproca.
Mi vuoi anche tu quanto ti voglio io?
Sakura si bloccò bruscamente. Solo in quel momento notò le due scie di lacrime che le bagnavano il viso, gocciolando impietosamente dal mento fin sulla maglia color carminio. L'Uchiha colse immediatamente la sua esitazione ed allontanò l'archetto dallo strumento.
- Sakura... - provò a chiamarla, con tono attento, guardingo, studiandola cautamente, in cerca di ogni sua possibile reazione.
La ragazza scosse la testa, scostandosi con uno scatto repentino. Di colpo le tornarono in mente quegli istanti di qualche giorno prima, le parole del moro che avevano aperto il nefasto vaso di Pandora. Un vortice di dolore e rabbia la inghiottì e le gambe si mossero da sole.
Si voltò senza incertezze ed uscì dalla stanza a passi svelti, il respiro affannato e le lacrime che non accennavano a smettere di rigarle le guance.
Intravvide di sfuggita l’espressione rassegnata di lui, quasi come se si fosse aspettato quella reazione, e ciò le scatenò una fitta nel petto, così diversa da quella che sentiva durante i suoi “attacchi di panico” eppure ugualmente opprimente.
Se ne era andata senza dirgli una parola, scottata, spaventata addirittura, da tutte quelle emozioni e sensazioni. Non aveva mai provato qualcosa di simile prima di conoscere lui, con nessun altro aveva sentito quel trasporto, quel bisogno insopprimibile, innegabile di toccare con mano la presenza tangibile di qualcuno. E non capiva da dove avesse origine tutto ciò, lo conosceva da pochissimo, e lei non era tipo da perdere la testa per un estraneo, e poi si erano parlati di rado, e… e…
Arrivò come una furia in camera sua e si buttò sul letto, con la faccia che affondò nel cuscino ed il cuore annegato in uno strano senso di colpa.
L’aveva abbandonato.    
 
XXX
 
Non appena Sakura varcò l’uscita, Sasuke abbassò mestamente le spalle, richiudendo il violino nella sua custodia.
Era certo di non essersi immaginato quel momento, quella febbricitante corrente tra loro che aveva reso vibrante ogni centimetro del suo corpo ed infiammato la sua anima.
Aveva pensato, no, sperato, che la giovane stesse per accarezzarlo, come sempre era accaduto in passato e come ormai lui era abituato a desiderare.
Prima di incontrarla era un tipo che detestava il contatto fisico, ma con lei tutto era cambiato: non gli si era mai avvicinata spinta esclusivamente dalla lussuria, nel suo tocco c’era costantemente qualcosa in più: dolcezza, affetto ,premura… amore. Ogni carezza era accompagnata da un afflato spirituale, e l’incontro dei loro corpi era una fusione di due anime che si completavano ed arricchivano a vicenda.
Questa volta, però, l’esitazione e l’incertezza avevano prevalso. Con la sua vista infallibile, l’Uchiha aveva perfettamente intuito quello che le era passato per la testa, aveva letto la paura nei suoi bellissimi occhi: lo desiderava tanto quanto lui desiderava lei, ma era spaventata dall’esperienza passata e da quei nuovi sentimenti, per lei ancora inspiegabili.
Eppure voleva ancora stargli accanto, in fondo.
Sasuke abbandonò la stanza.
Ora sapeva quello che avrebbe dovuto fare la prossima volta che si fossero incontrati.
Finalmente lo sapeva.
 
XXX
 
Erano passate un paio di ore da quando aveva incontrato Sasuke, ed in quegli approssimativi centoventi minuti Sakura non aveva fatto altro che rigirarsi forsennatamente nel letto, in un crescendo di pentimento per il modo in cui si era comportata.
Era scappata a gambe levate come se fosse stata di fronte ad uno zombie affamato del suo cervello! Certo, in passato l'Uchiha non aveva brillato per tatto e sensibilità, ma questo non significava che fosse giusto essere scortese a sua volta e poterlo trattare come un appestato. Quello sguardo abbattuto non smetteva di perseguitarla: non era colpa del moro se si era lasciata sopraffare da un'ondata di coinvolgenti emozioni!
Discorso a parte meritava il loro  memorabile e praticamente "leggendario" penultimo incontro...
Già, quella era un'altra storia: il suo destino poteva pure essere segnato, ma questo non giustificava una simile mancanza di tatto. Per non dimenticare il particolare che, per sua stessa ammissione, la maledizione che l'affliggeva era dovuta a colpa del ragazzo!
Cosa aveva voluto dire? E poi, perché si era d’un tratto bloccato nel suo racconto? Per quale motivo tutti insistevano che dovesse essere proprio lui a rivelarle tutta la faccenda, visto che si era dimostrato così reticente?
Oh, basta!
Sakura si alzò a sedere sul letto.
Doveva parlargli.
Voleva, no, pretendeva che facesse luce sui tanti punti che ancora le erano oscuri. La principale vittima di tutto questo era lei ed era suo diritto conoscere la verità.
“Sono coinvolta personalmente, e che caspita!” sbuffò esasperata.
L’Uchiha avrebbe dovuto ingoiare il “boccone amaro” ed iniziare a parlare sul serio: qui lei rischiava la pelle ogni secondo e non sapeva neppure come mai!
Fomentata dai suoi pensieri rabbiosi, si rizzò in piedi e, superata la soglia della camera con incedere implacabile, diede il via alla missione “Ricerca- Supremo Musone” (il nomignolo di Ino era terribilmente azzeccato).
Attraversò i vari corridoi che aveva imparato a riconoscere senza trovarlo finché non giunse di fronte alla biblioteca.
Il ricordo di quella volta in cui lei ed il moro erano rimasti là dentro a parlare di vampiri le tornò alla mente con prepotenza, inducendola a socchiudere gli occhi con atteggiamento minaccioso. Rivisse il momento in cui aveva ingenuamente affermato che non potesse esistere la vita eterna in questo mondo. Invece quel… quel furfante sapeva benissimo quale fosse la verità… insomma, la sua stessa esistenza ne era la prova! Riusciva ad immaginarselo lì, bello sornione, a sorridere “sotto i baffi” dall’alto del suo “Trono della Conoscenza”, mentre la osservava con la supponenza tipica della creatura “superiore” che era…
Mannaggia, mannaggia, mannaggia!
Entrò nella stanza sperando ardentemente di trovarlo lì: la furia che le ribolliva nelle vene le stava fornendo una sfacciata ma purtroppo solo temporanea spavalderia, destinata a scemare con lo scorrere inesorabile dei minuti, e se voleva avere qualche speranza di affrontarlo con successo, non poteva permettersi di sprecare neppure un secondo.
Scrutò in ogni angolo della biblioteca. Nessuno in vista.
Frustrata, si lasciò sfuggire un incomprensibile grugnito di protesta.
Fu allora che si accorse della presenza di una porta-finestra che, durante la prima visita giorni addietro, non aveva notato, troppo concentrata sulla figura dell’Uchiha.
Ripensò ai giorni in cui temeva di essere stata rapita, e dei suoi piani per tagliare la corda: se avesse visto questa via di fuga, avrebbe probabilmente tentato una rocambolesca quanto maldestra “evasione” (aveva avuto lo stesso istinto con la porta-finestra della sala principale, ma aveva desistito poiché non aveva mai avuto modo di restare sola).
Scosse la testa. Il risultato sarebbe stato un’imbarazzante figura da stupida, l’operazione non poteva che fallire e i “crudeli e feroci sequestratori” si erano rivelati persone amichevoli, il cui principale scopo era proteggerla.
“Sì, ma io non potevo saperlo…” provò a giustificarsi di fronte alla sua coscienza per placare la vergogna.
Con una punta di curiosità si avvicinò al vetro per guardare all’esterno, verso il cortile centrale. Il cielo stava cominciando a tingersi di un tenue color salmone, primo segnale dell’imminente tramonto. Improvvisamente, qualcosa catturò la sua attenzione.
L’Haruno trasalì.
Là, davanti a lei, proprio sotto al ciliegio che le aveva mostrato Naruto, si trovava Sasuke.
Se ne rimaneva seduto, con la schiena contro il tronco dell’albero e il capo rivolto verso l’alto, verso quei rami secchi, perso in nelle sue insondabili elucubrazioni.
Sakura si ritrovò di nuovo ad ammirarlo rapita (una situazione che si stava trasformando in una inquietante e sgradita abitudine, si rese conto), soffermandosi sugli incantevoli tratti patrizi del viso, che in quel frangente era impreziosito dai toni caldi e romantici dell’atmosfera crepuscolare. Ciò che la colpì maggiormente fu l’espressione assorta e penetrante, che conferiva alla creatura un’aria intoccabile, inaccessibile.   
Dopo qualche attimo di smarrita contemplazione, sentì le sinapsi riattivarsi per permetterle finalmente di tornare alla ragione.
Quella era l'occasione!
Non doveva assolutamente lasciarsela scappare! Con un coraggio venato d'incoscienza aprì la porta- finestra e si diresse verso il "famoso" ciliegio.
Camminò a passo svelto e deciso, ed anche se lui non si era mosso minimamente, intuì dalla leggera tensione delle spalle che si era accorto della sua presenza.
"Niente incertezze, niente tentennamenti" si ripromise. Aveva intenzione di investirlo con tutte le domande, i dubbi e le frustrazioni che avevano infestato la sua mente in quei giorni. Non avrebbe avuto pietà, anche se, con quell'aria concentrata e un po' sconsolata, il moro sembrava soffrire abbastanza di suo...
Già i livelli di adrenalina cominciavano a scemare.
No, Sakura! Non lasciarti traviare! Hai diritto di sapere!
Era finalmente di fronte a lui, che non l’aveva ancora degnata di uno sguardo, perennemente immerso nella contemplazione di chissà cosa. Per lui, quei rami secchi di un ciliegio spoglio erano una maggiore attrattiva del parlare con lei.
Questo suo comportamento almeno apparentemente scostante le fornì la determinazione finale per aprire bocca e dar sfogo a tutto lo stress di quei giorni.
Ma l'Uchiha la batté sul tempo, con poche, semplici parole pronunciate con estrema naturalezza.
- Ti amo - sussurrò, gli occhi invariabilmente fissi sull’albero, poi, con voce più forte, ferma - Ti amo da più di cinquecento anni, ormai -
Una corrente elettrica le attraversò il corpo, che si irrigidì all'istante. Neppure si era accorta che la bocca le si era spalancata, come gli occhi d’altronde, assumendo una posa di assoluto, indomabile sbigottimento. Nei meandri del suo cervello si chiese se davvero la respirazione era un'attività che l'essere umano compiva automaticamente, senza bisogno di pensare, perché in quel momento i suoi polmoni sembravano completamente incapaci di filtrare l'ossigeno, e Sakura ebbe l'impressione di essere sul punto di svenire.
Aveva sentito bene?
Sasuke Uchiha, l'affascinante, immortale, Sasuke Uchiha, aveva appena confessato di amarla, con disarmante e spiazzante onestà per giunta, confermando quindi le dicerie e le allusioni che lei aveva precedentemente liquidato come fantasie impossibili? Ma come...?!
Il ragazzo aveva allora puntato lo sguardo su di lei, probabilmente per monitorare la sua risposta a quella dichiarazione.
- Come avrai già capito, non sono molto bravo con le parole - l'eufemismo del secolo - ma il dobe ha ragione. Rimanere separati è inutile, tu devi sapere la verità, perciò eccomi qui, Sakura. Sono pronto a rivelarti ogni cosa. Ti sono stato lontano, in questi giorni, per permetterti di riprenderti dallo shock, ma non voglio più andare avanti così. Tutto quello che ti è successo è colpa mia, e se devo espiare lo farò - tese la mano destra verso di lei - però voglio che tu sia al mio fianco, come sempre è stato -
- S-Sasuke, non capisco -
Ed era vero. Una totalizzante confusione si era impossessata di lei. Il cuore le martellava nel petto, che pareva esploderle, e la tentazione di afferrare quella mano, di stringerla per rassicurarlo, per garantirgli che anche lei voleva essere accanto a lui, era talmente insopprimibile, che l'Haruno si trovò costretta a serrare con violenza la mascella, per ancorarsi alla realtà, e non lasciarsi trasportare da questi oscuri, misteriosi sentimenti che avevano ripreso a balenarle nell'anima.
Rammentò il nome della melodia, "Notte dei fiori di ciliegio", e di come egli le avesse spiegato che, secondo il maleficio, sarebbe sempre rinata con lo stesso aspetto e con lo stesso nome, Sakura appunto.
"Fiori di ciliegio", in lingua giapponese Sakura…
Il brano era stato composto da Sasuke...
Possibile che i suoi sentimenti fossero davvero di siffatta natura?
Possibile?!
La sfumatura dolente, ma comprensiva delle iridi ossidiana di fronte a lei le provocò una fitta di dolore nel cuore, molto simile a quella provata prima, quando era scappata dalla sala della musica. Dunque la sofferenza di lui riusciva a manifestare tanto grandi ripercussioni sul suo stato d'animo?! Cosa significava tutto ciò?!
Sasuke continuò ad osservarla, e con la mano destra  rimasta a mezz'aria, le fece cenno di sedersi accanto a lui. Intuito che la spiegazione avrebbe probabilmente richiesto diverso tempo, la ragazza accettò silente l'invito.
- Dunque - mormorò il suo interlocutore, e per un attimo le parve di intravvedere incertezza e tensione su quel viso solitamente imperscrutabile e granitico - è meglio partire dal principio, giusto? Non so quanto Hinata ed Ino ti abbiano raccontato, poco fa, ma suppongo che almeno a qualcosa abbiano accennato... anche solo per metterti un poco a tuo agio -
Sakura annuì.
- È vero, ma hanno anche detto che la "parte fondamentale" dovevi raccontarmela tu... -
L'Uchiha si massaggiò il naso con indice e pollice: - È stata la Yamanaka, mmh? Riconosco lo stile... - rizzò le spalle, come a farsi forza - D'altro canto, temo abbia ragione, questa volta... -
L'Haruno aggrottò la fronte davanti a tutta questa reticenza; un attimo prima le si era dichiarato spontaneamente, come fosse il gesto più naturale del mondo, ed ora sembrava in seria difficoltà alla prospettiva di narrarle ciò che, in fondo, aveva tutto il diritto di sapere.
Quella creatura era un insondabile, irrisolvibile mistero, un mistero dal quale non riusciva ad evitare di sentirsi attratta, purtroppo.
Proprio in quel momento Sasuke parve decidersi.
- Il mio clan, gli Uchiha, era molto prestigioso, al punto da essere considerato, insieme ai Senju ed agli Hyuga, "leggendario". Nonostante tutto, venne sterminato più di cinque secoli fa, in circostanze oscure. L'unico sopravvissuto sono io, ed al tempo di quella ecatombe ero molto giovane, praticamente un bambino - l'ossidiana dei suoi occhi si era adombrata con una fosca e tetra velatura color tenebra, ed il viso era alterato da un'espressione di malcelato dolore.
- Ero piccolo, solo, senza più i miei affetti, senza quelle persone a me care che, in quanto creatura immortale, pensavo di non dover mai abbandonare... Non avevo più una direzione, non un futuro... Non avevo più un'anima, divorata com'era dall'angoscia e dalla sofferenza -
- Sasuke... - sussurrò mestamente lei, nuovamente coinvolta in un empatico struggimento per il triste destino toccatogli. Che cosa poteva dire per aiutarlo? Come si può davvero sollevare un cuore tanto afflitto, tanto crudelmente martoriato?!
- ... fu così che, immerso nelle tenebre della solitudine, dell'amarezza e dell'odio, la mia unica, corrosiva ossessione divenne scoprire il responsabile dell'uccisione della mia famiglia, di scovare il colpevole di avermi strappato improvvisamente, barbaramente, tutto ciò che avevo, tutto ciò che amavo. Ma nessun membro del Consiglio, l'organo decisionale della nostra comunità, era disposto ad aiutarmi, in quanto credevano di aver già trovato l'assassino.
- Anche se giovane, mi ero reso conto del loro errore, e questo accresceva sempre più il mio rancore verso un sistema che non era stato in grado di proteggere i miei cari, e che per giunta non voleva neppure concedermi la meritata giustizia... -
Sasuke serrò per un attimo le labbra, certamente nel tentativo di mantenere il controllo delle proprie emozioni.
-  È a questo punto, quando ero nel momento più disperato che avevo vissuto sino allora, che si presentò dinanzi a me Orochimaru. Mi confidò di essere  un umano esperto del cosiddetto "mondo mistico", di essere al corrente dell'esistenza di noi Creature che trascendono il Tempo e di avermi cercato dopo aver appreso della mia tragedia per aiutarmi a scovare quel "mostro che aveva annientato il mio futuro", così disse.
- Mi assicurò di essere capace, grazie ai suoi studi, di aiutarmi a perfezionare la gestione dei miei poteri, come per esempio la Fiamma Nera, mentre tramite gli uomini che militavano al suo servizio avrebbe individuato il colpevole. L'unica controprestazione richiesta era quella di seguirlo e, una volta giunto all'età fisica appropriata, di prendere in moglie sua figlia. –
Il moro non parve percepire il sussulto che quella notizia aveva provocato nella ragazza al suo fianco.
-  L'idea non mi turbò particolarmente: non sapevo che fare, non vedevo altre alternative, e sposare una mortale non sembrava un sacrificio insormontabile per un bambino che sapeva di poter vivere eternamente. Agli occhi di una creatura eterna, l'esistenza umana dura poco più di un battito di ciglia; in quel periodo, nel mondo mortale i padri delle famiglie benestanti erano soliti decidere il destino della propria prole per questioni di dominio territoriale o di prestigio, quindi non era poi tanto sorprendente, nel mio cuore di bambino orgoglioso di appartenere ad un "clan leggendario", che un uomo a conoscenza della mia esistenza volesse legare la figlia ad un simile "nobile partito"... Ero davvero uno sciocco sbarbatello, un cieco ed inetto moccioso... - a quella dichiarazione, si passò la mano destra sulla fronte, per poi massaggiarsi le tempie.
- Non essere così duro con te stesso, è comprensibile che tu… -
- No, non capisci, ero totalmente consumato dal desiderio di vendetta! Persino Naruto, mio amico dall'infanzia, ha tentato in tutti i modi di fermarmi, invano. Ero come accecato, e decisi di seguire Orochimaru senza esitazione. Rimasi con lui per alcuni anni, finché... -
- Finché...?! -
Le pozze profonde degli occhi di lui si fermarono davanti alle sue, paralizzandola.
- ... finché non incontrai te - fu appena un soffio.
Sakura non riuscì a nascondere lo sconvolgimento che quell'ultima frase aveva scatenato in lei; stava per apprendere dunque il suo ruolo in tutta quella faccenda? La causa della maledizione che aleggiava su di lei da secoli? Ma soprattutto, era davvero pronta per la verità?!
- Ero nel periodo più buio della mia vita, ma questo non ti impedì di innamorarti di me, seppur non ne abbia mai capito il motivo. Ti ricambiai, ovviamente, e andai da Orochimaru per dirgli che non volevo più il suo aiuto, che desideravo partire e che quindi non avrei sposato sua figlia.
- Fu allora che emerse la sua vera indole: si vendicò su di te, maledicendoti e condannando contemporaneamente anche me ad una eterna sofferenza. Avevamo distrutto i suoi piani, e questo era inaccettabile -
Nonostante fosse ancora scossa dall'ennesima, tuttora incredibile, dichiarazione d'amore (amore che a quanto pareva lei aveva corrisposto), la ragazza trovò la prontezza di spirito di commentare: - Piani? Intendi... -
- Capii tutto solo in un secondo momento. Orochimaru era effettivamente un esperto conoscitore delle arti magiche, che aveva saputo combinare con una sorta di "proto-scienza" portata avanti dai suoi personalissimi studi. Durante le sue innumerevoli ricerche, mise le mani su un "rito di trasmigrazione dell'anima”, un rituale ancestrale che permetteva allo spirito di una persona di abbandonare definitivamente il proprio corpo per spostarsi in un altro. In questo modo, quel mostro era riuscito a sopravvivere per diversi secoli, sacrificando al momento opportuno una vittima ed occupandone il fisico: l'anima dello sventurato spirava, e l'organismo ospitante assumeva le sembianze originarie di quello di Orochimaru.  
- Tuttavia, il processo presentava una notevole pecca: la sua instabilità. Dopo un certo tempo, variabile da corpo a corpo, il fisico cominciava a degradarsi, decomponendosi inesorabilmente, obbligando Orochimaru a compiere nuovamente il rito su di un altro malcapitato. La sua sopravvivenza era dunque sempre a rischio, in quanto l'eternità che otteneva era provvisoria; Orochimaru poteva avere pure un potere pressoché illimitato, ma rischiava comunque di morire come un qualsiasi comune mortale. Nella sua bramosa disperazione, aveva tentato il rituale anche su di una Creatura che trascendeva il Tempo, ottenendo però lo stesso risultato: il corpo, che prima era imperituro, entrava in un processo di putrefazione dopo poco.
- Egli continuò tenacemente i suoi esperimenti, utilizzando come cavie i seguaci che aveva conquistato con la promessa di potere e gloria, e un giorno fece una scoperta fondamentale: se il corpo trasferente era imparentato con quello recipiente, ovvero se, in termini moderni, le due persone condividevano almeno parte del patrimonio genetico, non si manifestava alcun decadimento: il fisico rimaneva mortale, ma la trasmigrazione reggeva per tutta la rimanente durata della vita dell'ospitante – fece una pausa .
- Ma questa non fu la sua esclusiva rivelazione -
- C-cosa? Che altro c'è?! - Sakura stava cominciando a faticare  nel tentativo di non rimanere indietro, di afferrare tutte quelle informazioni che avevano a dir poco dell'incredibile: Sasuke parlava di magia, di riti, di "trasmigrazione dell'anima", di immortalità e di fantomatici esperimenti pseudo-scientifici con una nonchalance disarmante, ma lei ancora non riusciva a credere che fosse tutto vero, reale; al suo cervello, da sempre improntato verso una pragmatica razionalità, quel racconto pareva uscito da un libro fantasy di terza categoria.
Sasuke non mostrò alcuna sorpresa di fronte al suo sbotto di impazienza: - Grazie alle sue ricerche, Orochimaru capì che, tra le varie famiglie che componevano la società delle Creature che trascendono il Tempo, due in particolare avevano manifestato una capacità peculiare: gli Uchiha ed i Senju. Nel caso questi due clan avessero procreato con gli esseri umani, avrebbero comunque dato alla luce ad individui eterni: da un punto di vista genetico, per loro l’immortalità rappresentava una sorta di "carattere dominante".
- In realtà, queste erano solo ipotesi: nella pratica non si sapeva di nessuna Creatura che trascende il Tempo che si fosse congiunta con un mortale; inoltre, i Senju si erano quasi completamente estinti, a parte un loro membro di cui si sono effettivamente perse le tracce. Tuttavia, da quel momento Orochimaru aveva finalmente trovato una pista da seguire per ottenere la sua "immortalità perfetta"…
- … Doveva solo ottenere l'incondizionata fiducia dell'ultimo Uchiha -  
- C-che vuoi dire?! - un brivido ghiacciato le percorse la spina dorsale.
Le iridi del ragazzo si tinsero di un vivo rosso sangue venato di una furia distruttiva: - Il motivo per cui voleva che mi sposassi con sua figlia, che formassi una famiglia con lei... Per avere la "vera" vita eterna, Orochimaru doveva compiere il rito su di una Creatura che trascende il Tempo che fosse imparentata con lui... Sakura... -
La ragazza trasalì. Aveva capito tutto.
- ... Voleva compiere il rito su suo nipote, sul figlio che io avrei avuto -
Il fiato le mancò nei polmoni. Il viso prese a formicolarle per l’orrore e il raccapriccio per la sconvolgente rivelazione.
Come poteva esistere un essere tanto crudele, così completamente egoista?! Prendere il corpo di altri, annientando tutte quelle vite, manipolando chiunque, ed arrivando addirittura a meditare di immolare il suo stesso nipote alla ricerca di ciò che bramava?! Sangue del suo sangue, destinato a nascere esclusivamente come agnello sacrificale di una cieca, utopica e malata ossessione.
Era questa l’immonda creatura con cui avevano a che fare?!
– MA PERCHÉ?! Perché arrivare a tanto?! Perché cercare a tal punto l’immortalità?! – la gola le bruciò per l’urlo che le era uscito di bocca.
Sasuke la osservava con espressione stranamente empatica, probabilmente condividendo la medesima riprovazione. Il tono della sua risposta era solo apparentemente misurato.
Controllo e potere. Orochimaru desidera conquistare il dominio su entrambi i mondi, mortale e delle Creature che trascendono il Tempo. Con le sue arti magiche si considera invincibile, vuole che la realtà sia il suo teatrino personale e che tutti quanti diventino i suoi fedeli burattini.
- Ora, credi che un individuo simile possa accettare che una cosa importante come la sua morte sfugga alla sua potestà, che questa sua dittatura sia condannata a finire per un motivo indipendente ed imprevedibile come il naturale scorrere del tempo? Sakura, lui vuole tutto, per sempre -  
Notando l’attonito sbigottimento della ragazza, proseguì: - Immagino tu abbia capito la ragione per cui ha scagliato su di te la maledizione… Solo Orochimaru può annullarla, a meno che non si riesca a sconfiggerlo.
- Ancora oggi quel mostro persiste nei suoi propositi, e mi ha fatto chiaramente capire che scioglierà il maleficio solo se otterrà ciò che vuole, se mi arrenderò alle sue richieste… Ma non posso cedere, Sakura, sono stato già infinitamente egoista in passato, non posso condannare il mondo intero… io… -
Sakura lo guardò, stordita. Perché si stava giustificando? Pensava forse che lo stesse accusando di non volerla salvare? Neppure lei avrebbe voluto essere liberata dalla maledizione, se ciò comportava dare la “perfetta vita eterna” a quel mostro.
– M-ma perché, perché voleva proprio che ti sposassi con la figlia? Se gli bastava avere un discendente che fosse anche un Uchiha, poteva chiederti di… - si bloccò imbarazzata, nella speranza che l’altro comprendesse i suoi dubbi.
Il moro si mosse impercettibilmente, come se la domanda avesse gli provocato un lieve disagio: - Ha agito così per non farmi insospettire. Come ti ho detto, in passato i matrimoni combinati erano la prassi, e per una persona che conosceva la fama degli Uchiha poteva essere una fonte di prestigio avere come genero l’ultimo membro del clan.
- Ero molto giovane ed accecato dall’odio, sicuramente Orochimaru pensava di potermi manipolare a suo piacimento. Credeva che, con il passare degli anni, mi sarei abituato ad essere lo sposo di sua figlia, che avrei cominciato naturalmente a desiderare una famiglia, senza che lui dovesse farmi pressioni. Prevedeva che volessi ricreare il mio clan e che quindi generassi più figli, e questo per lui era un vantaggio –
All'espressione perplessa della ragazza, proseguì: - Orochimaru non aveva mai trasferito la sua anima nel corpo di una Creatura che trascende il Tempo, ed il rito poteva risultare più arduo del solito. In caso fossero sorte complicazioni, se avesse avuto a disposizione più nipoti, avrebbe potuto contare su un maggior numero di “cavie”, e dunque di tentativi, e ciò significava un successo assicurato –
- Ma come poteva pensare che tu non ti saresti accorto di nulla? Insomma, ti saresti sicuramente reso conto che, uno alla volta, i tuoi figli cominciavano a sparire… E poi che cosa ti avrebbe detto? Voi siete immortali, non poteva certo risponderti che avevano avuto un incidente ed erano morti, no?! –
Sasuke sospirò.
- Conoscendolo, mi avrebbe mentito, raccontandomi che mio figlio era stato attaccato da altre Creature che trascendono il Tempo: abbandonando quel mondo e disubbidendo agli ordini del Consiglio, ero diventato un nemico per la mia razza. Non mi avrebbero mai attaccato per primi, ma di sicuro io ed i miei eventuali discendenti non saremmo stati benvoluti dalla comunità.
- Se Orochimaru avesse inventato una storia simile, gli avrei ciecamente creduto: dal mio punto di vista di allora, era lui l’unico ad essere dalla mia parte, a capirmi – abbassò il capo, quasi si vergognasse – Non escludo che avrei anche potuto nutrire una nuova sete di vendetta dei confronti della mia stessa gente… Orochimaru ne avrebbe approfittato: con il suo potere, la conoscenza delle arti magiche, la perfetta immortalità e con me praticamente “al suo servizio”, insieme a tutti gli altri suoi seguaci, aveva la chance di muovere guerra al mondo sovrannaturale, e vincere. Il suo piano di dominio si sarebbe realizzato ancora più in fretta, dopotutto –
A quella frase, l’Uchiha si zittì: la narrazione, almeno per ora, pareva essersi conclusa.
La giovane inspirò profondamente e chiuse gli occhi in concentrazione, le braccia ciondoloni lungo i fianchi. Aveva ottenuto molte risposte, ma ancora non riusciva a mettere completamente ordine in quella mole di notizie sconvolgenti, non capiva se fosse davvero tutto chiaro o se mancassero ulteriori, importanti elementi del puzzle.
Troppe emozioni, troppo in fretta.
Nel mezzo di quel contorto turbinio di informazioni che aveva ricevuto in pochissimo tempo, una sola richiesta apparve chiara, nitida nella sua mente, dietro le palpebre serrate.
Sakura riaprì gli occhi e puntò lo sguardo in quello vigile di Sasuke.
Le parole le uscirono automaticamente, senza esitazione.
– Sasuke, ti prego. Riportami a casa

  
 
 
 
NdA2: Ooook, no, Sakura non si è bevuta il cervello con la scorzetta di limone, credetemi, ha i suoi buoni motivi (che scoprirete nel prossimo capitolo eheh). Bene, se siete riusciti a leggere tutto questo “malloppone”, mi complimento con voi, e vi assicuro che il prossimo aggiornamento non sarà così chilometrico (tendenzialmente vorrei mantenere una media di 4000/5000 parole a capitolo, se possibile). Molti punti sono stati svelati, ma c’è ancora molto da scoprire e chiarire: in particolare, i dettagli sul rito di Orochimaru saranno spiegati più avanti, da una persona mooolto più qualificata di Sasuke… Mi scuso se l’Uchiha vi è apparso un po’ logorroico, ma penso che fosse necessario, in quanto questa parte era fondamentale che fosse narrata da lui e non potevo spezzare la spiegazione, altrimenti sarebbe risultata ancora più incomprensibile ;)
Se vi state domandando come mai solo i Senju e gli Uchiha siano dotati dell’immortalità come “carattere dominante”, devo svelarvi che, nella mia folle mente, avevo intenzione di scrivere un sequel a questa storia, dove sarebbero stati approfonditi alcuni dettagli, tra i quali anche questo. Pertanto, io conosco la risposta, ma nell'incertezza se scrivere o meno la continuazione della fanfiction, non posso ancora rivelarvelo: se deciderò di concludere il racconto senza la sua prosecuzione, vi dirò tutto nell'ultimo capitolo, se vi interessa ;)
 
A questo punto vi lascio (era ora, direte voi! XP) ringraziando ancora tutti i lettori, chi ha recensito la storia e chi l’ha messa tra le preferite, le seguite e da ricordare. Grazieeee!
 
sasusakusara7

 
  

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3125450