Ale: Shipping-shaker!

di Blue Eich
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Evening one ***
Capitolo 2: *** Evening two ***
Capitolo 3: *** Evening three ***
Capitolo 4: *** Evening four ***
Capitolo 5: *** Evening five ***
Capitolo 6: *** Evening six ***
Capitolo 7: *** Evening seven ***
Capitolo 8: *** Evening eight ***
Capitolo 9: *** Evening nine ***
Capitolo 10: *** Evening ten ***
Capitolo 11: *** Evening eleven ***
Capitolo 12: *** Evening twelve ***



Capitolo 1
*** Evening one ***


Evening one

 
 
Masqueradeshipping, Videogioco – Where no one goes (Jònsi, John Powell)
 
Inizialmente, Pino non era stato proprio entusiasta dell'idea di Lance. Quando poi Dragonite si alzò con uno scatto, frustando bruscamente l'aria con le ali, venne preso dal terrore. Abbracciò stretta la vita del Campione, incurante del significato erroneo che potesse avere un gesto simile: non gli importava un bel niente, perché aveva paura. Una paura tremenda di guardare giù o di cadere.
Lance, mentre prendevano quota sempre più in alto, non poté reprimere un sorrisetto: l'immancabile maschera lo nascondeva, ma era pronto a scommettere anche il suo titolo che gli occhi di Pino fossero lucidi e spauriti come quelli di un bambino.
«Non è una sensazione fantastica?!»
Il Superquattro stava per rispondere, ma proprio allora il drago si tuffò dentro una nuvola per eseguire un'acrobazia e tutto ciò che uscì dalla sua bocca, mentre la vista si capovolgeva all'improvviso, fu un urlo di panico così acuto da far invidia a una cantante lirica.
La risata cristallina di Lance, con Pino che nascondeva la testa contro alla sua schiena pregando sottovoce di non morire, si perse nell'immensità dei cieli di Johto.
 
 
Cavaliershipping, AU, POV Gary – Cheerleaders (Omi)
 
È da più di una settimana che mi guarda, l'ho notato. Oggi, prima della partita, ho finto di essermi accorto per caso della sua presenza e le ho sorriso con sicurezza. Ha ricambiato, tutta rossa e impacciata, evidentemente presa dall'emozione. Credo proprio che abbia una cotta per me. È così carina… Ma no, che dico, lei è del primo anno, posso pure sognarmela.
«Insomma, Gary, si può sapere cos'hai oggi?» mi domanda acidamente mio nonno, con le braccia conserte e la sua solita espressione impassibile. «Hai la testa tra le nuvole e non mi piace.»
Mi riscuoto dai pensieri di prima. «Scusi, coach» mi giustifico, cercando di concentrarmi sulla palla arancione. Quando siamo sul campo ho l'assoluto divieto di chiamarlo nonno.
L'ora di allenamento passa in fretta. Ogni tanto riesco a girarmi e lei continua a tenermi lo sguardo addosso dalle tribune, accanto alle altre ragazze in divisa color lampone che ci incitano animatamente. O forse è solo una mia paranoia.
Al termine della lezione, tra complimenti e pacche sulle spalle, tutti i miei compagni di squadra cominciano ad avviarsi negli spogliatoi. Tranne me, che mi siedo sulla panchina a bordo campo per versarmi un po' d'acqua sulla fronte, dalla bottiglietta fresca di distributore che avevo lasciato lì in precedenza.
«Ehm… Ciao!» mi sento salutare, da una voce allegra e impaziente.
Alzo lo sguardo e smetto di frizionarmi i capelli con l'asciugamano, perché ho davanti lei. Con quel suo completino grazioso, le mani coperte dai pompon e la frangetta disordinata, mi sorride. Cerco di mettermi più composto e sorrido a mia volta. «Ciao.»
Ecco, comincia già ad arrossire. «Sei stato molto bravo, oggi…» commenta, cercando di nascondere il suo imbarazzo e di essere gentile. «Comunque io sono Lucinda, la nuova cheerleader…»
«Lieto di conoscerti, Lucinda» rispondo, galante e sicuro di me. «È un onore averti nel nostro team.»
Sta per aprire di nuovo bocca, ma si blocca e sto qualche istante a fissarla. Sicuramente vuole chiedermi di uscire, ma ha paura che le dica di no. «Adesso torni a casa?» domando di getto. Lei mi fa cenno di sì, abbassando il capo. «Potrei accompagnarti, se vuoi…»
Vedo la felicità illuminare quei suoi occhi blu cobalto. «Sì, mi farebbe davvero piacere!» risponde senza esitare, sfoggiando uno di suoi sorrisi più belli che riesce a intenerirmi. «Allora… Vado a cambiarmi e ti aspetto.»
Annuisco, prima di riprendere la mia roba e dirigermi in fretta negli spogliatoi maschili. Mi chiedo se sia stata davvero una buona idea, ma senz'altro lei è sinceramente contenta. Lo sto davvero facendo? Ho davvero chiesto a una quattordicenne di accompagnarla a casa? Devo essermi bevuto il cervello… È ancora una ragazzina, non capisco perché mi attiri così tanto. Ma ormai è troppo tardi per ripensarci e dopo la doccia, quando uscirò da quella porta, lei sarà lì ad aspettarmi e stregarmi con quel suo meraviglioso sorriso.
 
 
Chosenshipping – Wreaking Ball (Miley Cyrus)
 
Con la mano che tremava convulsamente, Silver sbatté quella foto sul tavolo. Non poteva credere che Blue fosse davvero arrivata a tanto. Continuò a camminare con nervosismo avanti e indietro per la cucina, con mille aggettivi che gli fluivano in testa uno dopo l'altro. Scandaloso. Vergognoso. Eccessivo. Indecoroso. Doveva esserci una spiegazione logica, per forza…
Quando sentì il tonfo della porta che si richiudeva, accompagnata dall'inconfondibile tintinnio del suo mazzo di chiavi con appeso il piccolo Jigglypuff di plastica che le aveva regalato tempo prima, trasalì. Era tornata.
«Sono a casa, Sil!» Si era già tolta la giacca e, con un bel sorriso, si apprestava a togliersi anche quegli eleganti tacchi di considerevole altezza. Letteralmente nel giro di una frazione di secondo, trovò gli occhietti argentei del coinquilino seri e puntati nei suoi, a pochi millimetri di distanza.
«Cosa significa?» sibilò, mentre il suo braccio – ancora tremante – andava a indicare lo scatto che teneva all'estremità nell'altra mano, con sole due dita, come se fosse qualcosa di sporco o contaminato da chissà quale virus letale.
Blue sbatté le ciglia, confusa, per poi ricordarsi cosa effettivamente ci fosse di tanto sconvolgente lì. «Sai che non devi frugare nei miei cassetti, Sil…» Abbozzò un sorrisetto. «Non si sa mai cosa ci si può trovare, lì dentro.»
«Blue!» esclamò il rosso, esasperato. «Valeva davvero la pena di vendersi così?»
«Non essere noioso, Sil.» La ragazza gli diede una sfuggevole carezza al viso. «Però sono stata brava almeno, no?»
Silver indietreggiò di un passo, colto alla sprovvista. Sentiva le guance andargli a fuoco. Si strinse nelle spalle e guardò in basso, facendosi piccolo piccolo, senza il coraggio di negare.
Rendendosi conto di come l'aveva messo in difficoltà, Blue ridacchiò: sapeva di avere perfettamente ragione e sapeva anche che non avrebbe mai più fatto una fotografia così provocante, anche se ciò le era fruttato un bel po' di soldi.
 
 


 

Angolo Autrice
Salve!
Io e Chià (la mia betata) abbiamo deciso di iniziare insieme questa raccolta, dove pubblicheremo in contemporanea le flash uscite tramite questo gioco (non di mia inventiva, mi è stato tramandato). Perciò si tratta di una raccolta gemella e sarebbe carino interessarsi a entrambe, perché non ce n'è una migliore dell'altra. :)
Abbiamo scelto cinquantuno coppie tra manga, anime e videogioco. In ogni capitolo ce ne saranno tre per un totale di diciassette capitoli. Perciò se una coppia capita a una, per forza di cose poi capiterà anche all'altra. Per quanto riguarda le canzoni, a volte sono sorteggiate random, altre le scegliamo noi in base all'ispirazione.
Per quelle di questo capitolo, ci tengo a precisare che la Masquerade fu la primissima flash che mi uscì col gioco (non fatto con Chiara, ma con altre amiche). Perciò risale praticamente alla scorsa estate. Ne vado fiera e ci sono affezionata!
La Cavalier è stata recentemente sostituita dalla precedente (troppo semplice, corta e introspettiva). È un po' in stile High School Musical e fa da preludio di una mia futura long (dove Lucinda sarà, appunto, una cheerleader).
E la Chosen niente, si commenta da sola. Ma per ricordo voglio lasciarvi una piccola perla del web qua sotto.
Avevamo in mente questa iniziativa da molto, perciò speriamo che vi piaccia. Fateci sapere cosa ne pensate!
Alla prossima!

-H.H.-
Per leggere anche il capitolo di Chiara, cliccate qui.

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Capitolo 2
*** Evening two ***


Evening two


 
Ikarishipping, AU – Do you want to build a snowman? (Frozen)
 
Cumuli di neve ormai dura come il marmo erano ammassati attorno al cancello, mentre un sottile strato ancora intatto copriva il cortile del palazzo. Paul s'inginocchiò, per sfiorare quella patina bianca con un guanto.
«Paul, Paul!» si sentì chiamare e, voltandosi, vide Lucinda corrergli incontro. Era la sua vicina, che ogni giorno bussava al vetro che separava i loro terrazzi per chiedergli di giocare – vanamente, siccome la risposta rimaneva sempre negativa. Adesso eccola lì, con le manine dietro la schiena. «Guarda, oggi mi è caduto un dente» raccontò, posandosi un dito nel buco tra un incisivo centrale e uno laterale. «La fatina mi porterà dei soldi, stanotte!» annunciò, senza nascondere l'emozione.
Paul stette a osservarla. La mancanza del dente non si notava: era vivace come prima, con quel sorriso che poteva sciogliere tutta quell'acqua ghiacciata e una gonna rosa pastello sottostata da lunghe calze a farla sembrare una principessina.
Lo prese d'improvviso per mano. «Facciamo un pupazzo di neve, sarà bellissimo!» decise, iniziando a trascinarlo.
Il bambino affondò la faccia nella pelliccia del giubbotto per l'imbarazzo, ma non osò sottrarsi al contatto. Cominciarono ad ammucchiare la neve e compattarla in un unico punto, come laboriose formiche, con Lucinda che canticchiava ad alta voce, allegra quanto un uccellino di prima mattina.
«Hai visto? L'avevo detto che sarebbe stato bellissimo!» Mezz'ora dopo, un riso candido e l'indice che puntava la loro imprecisa creazione nevosa, con tanto di bastoni come braccia e due sassi raccolti dall'asfalto per occhi. «Vado a chiedere una carota alla mamma per il naso, aspettami qui!»
Era corsa via, con l'orlo della sciarpa d'un vivo rosa che svolazzava come una bandiera, svoltando all'angolo per suonare il campanello e farsi aprire il portone. Paul perciò rimase solo, con le mani ficcate nelle tasche della giacca, pensando che non era stato poi così male. Lucinda era sempre così gentile e sorridente, come se nella vita esistessero solo cose belle...
 
Paul non sa perché è andato a quello stupido ballo scolastico di fine anno. Ah, già, perché suo fratello era stato particolarmente insistente. Perciò sta in un angolo, con un bicchiere di punch in mano. Lo stringe convulsamente, quando vede lei. Ha un vestito di un azzurro limpidissimo stasera, che sfavilla come se una fata lo avesse cosparso di polvere magica. Il suo sorriso si è fatto sempre più bello, negli anni. Un ragazzo di quinta le stringe le mani inguantate e si guardano negli occhi, con le labbra leggermente dischiuse, prossimi a baciarsi da un momento all'altro. Vorrebbe esserci lui al suo posto, dargli uno spintone e dirgli di starle lontano, ma sa che non può, perché lei non lo perdonerebbe mai per aver distrutto la sua felicità.
 
 
Amourshipping – Goodbye (Hachiko Original Soundtrack)
 
“Ci rivedremo presto! Stai tranquilla, okay?”
Serena aveva annuito, ricacciando giù a fatica le lacrime. Sapeva che non avrebbe mai dovuto lasciarlo andare, che non sarebbe mai tornato, ma non aveva avuto la forza di fermarlo. Sembrava così sicuro di sé… Era stata proprio questa sua sicurezza a tradirlo. Era bastato un attimo e la sua preziosa vita era volata via. Le bastava pensare a lui purché il suo cuore diventasse gonfio di dolore e sentisse l'agitazione salire a dismisura. Lo amava, lo aveva sempre amato, e anche adesso che lui se n'era andato era disposta ad aspettarlo. Non poteva credere che se ne fosse andato, no, non in quel modo. Di sicuro era uno scherzo. Sì, uno stupido scherzo! Era certa che lui sarebbe tornato e che appena si sarebbero rivisti l'avrebbe abbracciata dolcemente, beandola del sorriso affabile e sincero che, fin da bambina, l'aveva fatta innamorare. Le sembrava di sentirlo sulla propria pelle il calore di quell'abbraccio, ma era solo un'illusione… Nient'altro che un'illusione, mentre il vento faceva ondeggiare lievemente i suoi capelli color caramello. Una lacrima le scese lungo la guancia nivea. Si sedette sul bordo della fontana a pochi passi da lei, passandosi un braccio sul viso. Sì, perché adesso lui era andato via, e non poteva più porgerle un fazzoletto o consolarla con un sorriso candido, come quand'erano piccoli. Adesso lui non c'era più, l'aveva lasciata da sola. Abbassò lo sguardo a terra.
«Ash…» mormorò, con voce flebile e incrinata, mentre la vita intorno a lei scorreva come se niente fosse, ignorando tutto il dolore che si portava dentro. Un dolore così grande che avrebbe voluto mieterlo, perché era davvero insopportabile, come se avesse una voragine aperta nel petto che al posto di chiudersi s'ingrandiva sempre di più, trascinandola nel buio. Si alzò, stringendo i pugni, mentre la sua espressione si faceva dura e cupa. Chi voleva prendere in giro? Lo sapeva benissimo che Ash non sarebbe mai tornato, non poteva. Però, al contrario, lei poteva raggiungerlo.
S'incamminò davanti alle rotaie e prese un respiro profondo. “Sto arrivando, amore mio…
 
 
Gracefulshipping, AU – La perfetta classe di matematica di Cirno
 
Adriano continuava a fissare l'espressione sul quaderno, ma dal momento che non si decideva a impugnare la matita nella sua mente doveva esserci la nebbia totale. Alice, seduta nel banco affianco, aveva già finito quell'espressione da cinque minuti abbondanti, perciò si limitava a guardarlo di sottecchi e girare le pagine del libro. Fingeva di ripassare, senza impegnarsi seriamente a leggere. Per quanto ci provasse, non poteva fare a meno di essere curiosa, di chiedersi cosa bloccasse il suo vicino, che sembrava tanto in difficoltà. Perciò, anche se involontariamente, la stava distraendo.
«Hai bisogno di aiuto?» si decise a chiedere, mantenendo un tono però svogliato.
Adriano alzò gli occhi, perdendosi qualche istante a fissare i suoi, che sembravano così apatici e quel suo viso dai lineamenti che apparivano già adulti. «Sarei davvero lieto, se tu potessi aiutarmi» rispose, con l'accenno di un sorriso. «Sono bloccato qui, non riesco a risolvere questa potenza.»
Alice si sporse verso il quaderno. L'espressione, contrariamente a quanto credeva, era stata iniziata, ma soltanto di due righe e si fermava nemmeno a metà. Si stupì di quanto fosse elegante la grafia – troppo, per un ragazzo. Però, più leggeva, più le veniva impossibile trattenere una smorfia nascente sulle labbra e inarcare un sopracciglio. Adriano attendeva, paziente, con un gomito spaparanzato sul suo banco, perdendosi a guardarla e pensando a quanto fosse bella. Lei, però, lo riscosse dalla trance in cui era caduto, tirandogli piano il quaderno sulla testa.
«Stupido» sussurrò. «Per prima cosa tre per otto non fa venticinque… E non c'era nemmeno, il tre.»
«Oh.» Adriano sembrava deluso, mentre si riscuoteva. «Peccato, ci sarebbe stato molto bene.»
Alice, pressoché indignata, chiuse di scatto il quaderno e glielo rese. Era un caso perso.



 
Angolo Autrice
Hola! Avevamo la seconda sera pronta, così abbiamo deciso di aggiornare.
Beh, che dire… Ormai si è capito che per questo gioco proporre coppie che non mi piacciono per farmi dispetto (coff Ikari coff Amour) non è una buona idea. c:
Non che io abbia qualcosa contro Serena (sentire il suo nome mi alza solo leggermente la pressione), ma con la theme di Hachiko non poteva uscire chissà che cosa di allegro, lol.
Fatemi sapere cosa ne pensate di queste tre flash, se vi fa piacere. Alla prossima!
-H.H.-
P.S. L'ultima canzone la uso come sveglia per la scuola, lol.
Per leggere anche il capitolo di Chiara, cliccate qui.
 

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Capitolo 3
*** Evening three ***


Evening three
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Specialshipping, AU – U.N. Owen was her? (Flandre Scarlet theme)
 
Il clima che c'era in quel bosco a Red non piaceva per niente. Poche volte in vita sua si era sentito tanto in ansia e si dava mentalmente dello stupido, perché non c'era niente di concreto di cui aver paura. Eppure a ogni ramo pestato e ogni fruscio proveniente dai cespugli sussultava. “Dove diamine sono finiti?” si chiese, continuando a cercare di scorgere le sagome dei suoi amici, ma il buio rendeva il paesaggio una macchia scura. Sentiva soltanto il fischio cupo del vento che gli sferzava delicatamente il viso, per il resto il silenzio era totale, opprimente.
Quel silenzio, però, in un attimo ebbe fine. Red sentì giungere alle sue orecchie un canto lontano, di una voce estremamente candida e dolce. Prese a correre alla cieca, con il cuore che batteva all'impazzata, lasciandosi guidare da quel soave suono che sentiva sempre più vicino. Rischiò più volte d'inciampare e iniziò a sentire la gola bruciare per lo sforzo, tuttavia non si fermò.
Fu così che arrivò a lei. Impossibile dimenticare l'istante in cui la vide. Aveva lo sguardo rivolto al basso e il cappello di paglia le copriva la fronte. Teneva le braccia avvolte alle ginocchia, dondolandosi piano.
«Ti sei persa, piccola?» domandò Red, con il poco fiato che gli era rimasto.
Fu allora che la bambina, senza smettere il suo ipnotico e celestiale canto, si alzò barcollando. Red indietreggiò di un passo, mentre lei avanzava, perché stava iniziando a trovarla una melodia vagamente macabra e il suo istinto gli diceva di scappare.
«AkaiAkai…» mormorò, avvicinandosi, mentre un sorriso tetro le si dipingeva sulle piccole labbra. «Amai…» mormorò ancora, portando in avanti le braccia, con un gesto quasi meccanico. Sussurrò infine un'ultima parola che il ragazzo non capì, per poi scoppiare in una dolce risata. Dopodiché alzò lentamente il capo, mostrando i suoi occhi dov'era dipinta la follia e i canini ancora sporchi di sangue.
Il grido straziato di Red, che non aveva più scampo, echeggiò nella foresta.
 
 
Dragonshipping, Videogioco – MaruTakeEbisu (Kyoto's road song)
 
Più Lance guarda quella foto, più non ricorda chi dei loro familiari l'abbia scattata. Forse perché loro non sapevano di essere immortalati. No, il sorriso di Sandra è decisamente troppo naturale; è il dettaglio che spicca di più, come una piccola stella, assieme all'incondizionata gioia che sprigionano i suoi occhi celesti. Sarebbe sicuramente stato sostituito da una smorfia di rabbia, se avesse saputo che qualcuno stava puntando loro contro una macchina fotografica. Non ricorda nemmeno il periodo a cui risale, forse a quando avevano più o meno quattro o cinque anni. Guarda il proprio viso, così tondo, dov'è dipinta un'innocenza che gli pare estranea e quasi non si riconosce. Poi il suo sguardo si sposta leggermente più a sinistra: Sandra è aggrappata a lui e ha la bocca aperta, in segno che in quel momento stava dicendo qualcosa. È davvero graziosa con quel kimono azzurro dove sono disegnati dei petali di ciliegio e i suoi indomabili capelli, per mezzo di due fiocchetti, sono legati in due code. Sullo sfondo, ovviamente, si vede la loro amata città montana. Chiude gli occhi, tentando di far animare quella scena remota nella mente. Riesce quasi a sentire il vento sulla pelle, le voci e le risa in lontananza a far da sottofondo, insieme alle note vivaci di una tradizionale canzone disperse nell'aria. Ma cosa più importante di tutte, per un istante il ricordo in sé prende vita. Avverte la debole presa della cuginetta che si avvinghiava all'improvviso al suo esile braccio, mentre dalle sue labbra minute usciva un allegro e disarmante: «Ti voglio bene!»
Riapre gli occhi: adesso se lo ricorda perfettamente. Non sa chi abbia fatto quello scatto – forse suo nonno, o altri parenti presenti per l'occasione – ma gli è grato. Sì, è grato di avere a disposizione quel luminoso sorriso e soprattutto di ricordare quella voce – che ora si è fatta decisamente più adulta – manifestargli un affetto sincero. Gli viene quasi da ridere al pensiero che Sandra ormai non direbbe mai più una cosa del genere con la stessa facilità, perché è diventata una dura, che non si lascia sopraffare troppo dalle emozioni. Sfiora delicatamente con un polpastrello la liscia superficie cartacea, per poi richiudere piano il cassetto. Conserverà quel frammento d'infanzia come una reliquia, premurandosi non farlo assolutamente vedere alla Domadraghi: solo per via di quei buffi codini cerulei lei sarebbe capace di strapparla in mille pezzi, oppure farla brutalmente incenerire dal Lanciafiamme di uno dei suoi Dragonite. La terrà al sicuro, per non dimenticare l'innocente bambina che c'è stata in lei e ricorda con un sorriso nostalgico.
 
 
Pokéshipping, AU – Nel segno di Winx (Lucia Micchinilli)
 
Misty si guardava attorno con aria disinvolta. Non vedeva l'ora che quella festa d'inizio anno finisse, per poter andare finalmente a dormire. Come facevano le sue compagne ad essere così esaltate e piene di energia, sapendo della verifica che le aspettava l'indomani? Sbuffò, bevendo un altro sorso di succo di frutta. Si sentiva in imbarazzo per il modo in cui le sue coinquiline l'avevano costretta a vestirsi, poi. Quell'abito luccicante così lungo da toccar terra e quella coroncina non erano affatto nel suo stile. Avrebbe preferito qualcosa di più sobrio e, soprattutto, meno appariscente. Nella sala tutti non avevano occhi che per lei e questa cosa non faceva che aumentare il suo nervosismo. Cos'avevano, quegli idioti, da guardare? Non appena si accorgevano delle occhiatacce rabbiose che la fata dell'acqua rivolgeva loro, gli Specialisti distoglievano subito lo sguardo, intimiditi.
Basta, non ne posso più. Salterò lo scambio dei doni.
Posò il bicchiere vuoto sulla tovaglia di lino e si rigirò, pronta per andarsene, lontana da tutto quel caos. Si immerse tra la folla di persone al centro della sala. Camminò forse con troppa frenesia, però, tant'è che i suoi stivaletti dal tacco decisamente troppo alto la tradirono: urtò la spalla di qualcuno e, accidentalmente, a questo qualcuno scivolò di mano il bicchiere. Prima che potesse rendersene conto, la rossa si trovò completamente fradicia di succo di frutta.
«No!» strillò, dapprima nel panico, sfiorandosi una ciocca, appiccicosa e bagnata. Il bicchiere era caduto a terra, attorno a una macchia scura formata dal succo rimanente. «Come hai osato?!» sbraitò, con stizza, scoccando l'occhiata più malevola dell'intera serata.
«Mi dispiace, mi dispiace!» si scusò il corvino, evidentemente proprietario del bicchiere incriminato. «È stato un incidente. Aspetta, ti aiuto…»
«No, hai già fatto abbastanza» lo fermò lei, ancora imbronciata, allontanando con un secco gesto il suo braccio proteso.
«Forse so come farmi perdonare!» esclamò il ragazzo, dai guanti e il lungo mantello ceruleo, mentre un grande sorriso gli illuminava il volto. Sorriso così radioso da far scemare momentaneamente la rabbia della sua permalosa – e intrattabile – interlocutrice. «Darò a te il mio dono… Se vuoi.»
Ella lo squadrò con un sopracciglio alzato per qualche istante, prima di addolcire leggermente l'espressione del viso. «Spero che sia bello, almeno.»
«Certo che lo è, vedrai!» rispose quello, sempre sorridendo. Anche Misty, stavolta, sorrise. Forse valeva la pena di rimanere ancora un po' e assistere a quella stupida cerimonia. In fondo, di verifiche di magia ce ne sarebbero state tante altre, durante l'anno.

 

 

 

Angolo Autrice
Salve, gente! Finalmente io e Chiara siamo riuscite a pubblicare la terza sera.
Abbiamo cambiato metodo di estrazione e deciso che una shipping potrà comparire solo una volta nella raccolta (abbiamo fatto una lista, scegliendone 51). Verranno 17 capitoli, secondo i nostri calcoli. :)
E nulla, spero vi siano piaciute tutte e tre e che qualcuno mi considererà (ma su quest'ultima cosa ci spero poco).
Alla prossima!
-H.H.-
P.S. "Akai" significa "rosso" mentre "amai" significa "dolce".
Per leggere anche il capitolo di Chiara, cliccate qui.

 

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Capitolo 4
*** Evening four ***


Evening four

 
Sequelshipping, Videogioco, OOC – Hurricane (Bridgit Mendler)
 
L'angusta stanza era ancora pervasa dal vapore dell'acqua bollente, che si era abbattuta come un'incessante ma delicata pioggia sul bel corpo di Rina, che ora profumava di mandorle. Canticchiando allegramente sottovoce, finì di acconciarsi i capelli ancora umidi. Sorrise al suo riflesso nel vetro e sfiorò quelle sue due buffe codine raccolte, che lasciavano altre lunghe ciocche libere di svolazzare nell'aria come le graziose sciarpe di un Sylveon. Ripose la spazzola sull'orlo della specchiera, avvolta in un semplice asciugamano bianco.
«Insomma, Rina, hai finito?» si sentì gridare da fuori, con un'impazienza nella voce mista a una scocciatura mal nascosta. «Sei lì dentro da un'ora.»
Si concesse uno sbuffo silenzioso: non ci aveva messo poi così tanto, Toni era il solito esagerato. «Sì, adesso esco» gli rispose, aprendo la porta. Dopo averlo fatto se lo trovò davanti, già pronto per lavarsi, coperto solo da un telo in vita. Si imbambolò per un tempo decisamente spropositato a fissargli i pettorali nudi e fu proprio quello il suo errore: non essendosi sistemata la copertura con la dovuta attenzione, essa scivolò dispettosamente, furtiva come un Liepard al buio.
Lo sguardo di Toni andò immancabilmente a posarvisi e, approfittando del fatto che lei non se ne fosse ancora accorta, le si parò davanti.
«Uhm… Davvero interessante» commentò, con un sorrisetto sicuro e malizioso, afferrando i due lembi dell'asciugamano per aprirlo un poco, quel tanto da intravedere i profili dei suoi seni – due piccole collinette ancora non del tutto sviluppate.
Rina si disincantò e avvampò come un Pokémon con l'abilità Aiutofuoco attiva, prima di tirargli uno schiaffo impulsivo sulla guancia. Il suo orgoglio femminile ferito le impose di marciare via a bocca serrata, cercando di rimuovere quell'imbarazzante episodio. Okay, si sarebbe offesa se non avesse neanche cercato di sbirciare, perché l'avrebbe preso come un segno di poco interesse nei suoi confronti, ma quello era davvero troppo.
Toni rimase solo in mezzo al corridoio, a tastare lo stampo pulsante, che sentiva di non meritarsi. «Ma che ho detto di male? Era un complimento…» bofonchiò, varcando la soglia del bagno.
 
 
Chessshipping, Manga, What if? – A midnight fairy dance (Touhou Project, War of fairy)
 
«Nero, non così veloce!» protestò Bianca, imbronciata.
Il ragazzino, che la teneva per un braccio e non smetteva di correre trascinandola con sé, ignorò il suo lamento: era sempre stata un po' capricciosa e fifona.
Lei sbuffò, schermandosi con la mano libera quando passarono in mezzo a un groviglio di arbusti. Era già buio, perciò temeva di vedere fantasmi o Pokémon pericolosi intenzionati ad attaccarli sbucare fuori da un momento all'altro. «Dai, mi dici dove andiamo?»
«No, se aspetti lo vedrai!»
Quando superarono anche l'ultima schiera d'alberi, il paesaggio cambiò. Nero si arrestò, con Bianca dietro di lui che si trascinava stancamente, con le guance arrossate dallo sforzo.
Soddisfatto, lui mise le braccia sui fianchi, lasciate scoperte dalla sua felpa color fiordaliso a mezze maniche, con i cordini originari dal cappuccio che penzolavano. «Andiamo giù!» propose, rivolgendo alla bambina un sorriso impaziente di vivere un'avventura.
Bianca si sporse: una discesa erbosa conduceva alla riva di un lago, le cui calme acque, scure per via del buio, riflettevano nitido il riflesso della luna. «Come facciamo a scendere?» gli chiese, innocentemente.
«Scivolando, no?» le rispose Nero, sicuro. «Dai, andiamo.» Le porse la mano.
Bianca stette a fissarla. Il suo vestitino bianco che le arrivava alle ginocchia di sicuro si sarebbe irrimediabilmente macchiato di terra, se l'avesse fatto. Così come probabilmente una volta arrivata là sotto, laddove il terreno era più fangoso, le sue scarpine da tennis nuove si sarebbero sporcate.
«Avanti, che aspetti?» la richiamò Nero, con una smorfia impaziente. Decise che le aveva lasciato abbastanza tempo per pensare, perciò la prese per un polso e lo strattonò, per farla abbassare insieme a lui sul prato umido.
Il cuoricino di Bianca prese a battere a mille. «Ma che fai?» mugugnò, allarmata.
«Fidati di me» disse il bambino, prima di darsi uno slancio con le ginocchia. «E… Via!»
Quella spinta fu sufficiente purché entrambi cominciassero a scendere, come su uno scivolo. Bianca serrò le labbra e trattenne il respiro, leggermente rassicurata dalla presa ferrea che lui aveva ancora sul suo debole polso.
Arrivati in fondo, Nero fu il primo ad alzarsi, mentre Bianca esitò, abbassando lo sguardo su di sé: come previsto, il suo abitino estivo si era ridotto male.
«Ehi, guarda là!» esclamò lui, d'un tratto, sorridendo meravigliato in direzione dell'altra sponda del lago.
Bianca alzò il capo e vide tre Illumise e tre Volbeat svolazzare elegantemente in cerchio. Andavano su e giù in alternanza, con le code accese come lanterne, sfiorando coi loro tozzi corpi l'acqua che s'increspava appena.
«È bellissimo» sussurrò, come in trance. «È una danza della fate!» concluse poi, con occhi luccicanti e un sorriso luminoso quanto una stella.
Il bambino stava per spiegarle che quelli non erano Pokémon di tipo Folletto e quindi di fatato non avevano proprio niente, ma scelse di non farlo per non rovinare il suo entusiasmo. Lasciò che lei gli arpionasse il braccio e si appoggiasse alla sua spalla, con le guance un po' imporporate. Si sorrisero a vicenda, ammirando quell'incantevole spettacolo.
 
 
Twinleafshipping, Videogioco – Ti sposerò (Nesli)
 
«Quando saremo grandi ti sposerò!» esclamò Barry, dinamico, tirando con forza l'ennesimo sassolino a pelo del Lago Verità, che affondò definitivamente dopo alcuni saltelli. «Va bene?» domandò poi, voltando il capo alla sua destra.
Lucinda annuì con sicurezza. Lanciò anche lei un sasso, che fece quattro balzi stentati. «Non vedo l'ora» commentò, portandosi una mano al cuore con aria sognante. «Avrò un vestito bianco come la neve e ci saranno tantissime persone!» affermò, con un'allegra giravolta che le gonfiò per alcuni momenti la gonna.
«E se qualcuno oserà opporsi…» Barry strinse i pugni. «Gli farò una multa coi fiocchi!» minacciò, pestando con decisione un piede a terra. Dato che era troppo vicino alla riva, però, quel gesto impulsivo gli fece perdere l'equilibrio. Gli occhi innocenti di Lucinda lo osservarono impotenti mentre, con un grido allarmato, cascava nell'acqua fredda inzuppandosi dalla testa ai piedi. «Uffaaaaaa! Mi stai prendendo in giro, Lago? Guarda che dovrò multarti, eh!»
La ragazzina ridacchiò compostamente, porgendogli la mano per aiutarlo a rialzarsi.
 
«Lucinda di Duefoglie, vuoi tu prendere quest'uomo come tuo sposo?»
La ragazza aprì gli occhi, riemergendo dal tuffo nell'infanzia in cui si era immersa. Diede un veloce sguardo alla chiesa gremita di gente in piedi e uno fugace all'elegante abito di chiffon che indossava, degno di una principessa, così come la collana di perle al suo collo e il velo che le ornava i capelli. «Sì, lo voglio» dichiarò, con un sorriso, voltandosi verso Barry che sorrideva caldamente di rimando al suo fianco. Sempre il solito buffo Barry, solo in smoking beige, con la cravatta un po' storta e l'emozione che gli si leggeva in faccia. Il Barry che da sempre amava, l'unica persona che riusciva a farla ridere.
 
 

 
Angolo Autrice
Hiya!
Allora, so che la canzone apparentemente non c'entra un cavolo con la prima, sì. Ma fate questo collegamento: uragano quindi acqua, acqua quindi doccia e Rina arrabbiata è peggio di un uragano (?). Spiegazioni a parte, ci tengo a dedicarle tutte e tre a una mia carissima amica come regalo di compleanno: tanti auguri, Lila (la Twin so che ti piace, la Chess non lo so but non avevo altro di pronto XD)
Nient'altro da dire, se non che sono soddisfatta di tutte e spero che qualcuno mi calcolerà. Alla prossima e di nuovo auguri alla Lila
-H.H.-
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Capitolo 5
*** Evening five ***


Evening five

 
 
Masumishipping, AU – Doredò Doremì (Cristina D'Avena)
 
Badando bene di non farsi vedere da nessuno, Misty aprì la porta della pasticceria, che cigolò pigra, come se stesse dormendo anch'essa e qualcuno l'avesse costretta a svegliarsi. La luna piena primeggiava nel cielo, avvolto dallo scuro manto della notte.
Entrò nel negozio, gettando un'occhiata in giro: era tutto come lei e le sue amiche l'avevano lasciato all'ora di chiusura, compresi gli avanzi di biscotti invenduti dentro le cupole di vetro; nell'aria si poteva ancora sentire traccia del profumo di zucchero e lievito che quotidianamente vi permeava. Socchiuse l'uscio con cautela, avviandosi nel vero luogo che le interessava. Scese al buio una rampa di scale, avvertendo un forte odore di chiuso. Ormai ci era abituata, così com'era abituata anche alle ragnatele sottili come aghi che popolavano i muri. Giunta in fondo tirò un silenzioso respiro di sollievo per non essere stata scoperta e mise mano al pomello dell'entrata del regno delle streghe.
«Sorellona!» sentì esclamare d'un tratto da una voce candida e giurò di non aver mai sentito un tuffo al cuore tanto forte.
Si voltò con il panico negli occhi sgranati, trovandosi a osservare il suo fratellino minore che sorrideva emozionato pochi scalini più insù.
«C-Cosa ci fai qui?» domandò, puntandogli il dito contro. Sembrava che avesse visto un fantasma. «T-Tu dovresti essere a letto a quest'ora!» lo accusò, senza riuscire a nascondere la sua evidente preoccupazione.
«Dove stai andando, sorellona? Vengo anch'io!» esclamò il bambino, allegro, precipitandolesi accanto. «Che forte questo costume! Dove l'hai preso?» domandò poi, afferrando uno dei petali di stoffa che componevano la gonna del suo abito arancione. Era in tinta col cappello dalla punta pendente, gli stivali e il Musichiere con alcune note magiche dentro, che sembravano gomme da masticare o caramelle ripiene di cioccolato.
Misty sospirò rassegnatamente: quello era proprio un bel guaio. «Vedi, Max, tua sorella è un po' speciale…» cominciò a spiegargli, con un tenue sorriso, inginocchiandosi davanti a lui, che la guardava attraverso gli occhiali tondi con innocente curiosità.
Quella notte, Max Waterflower, a soli sei anni, scoprì le meraviglie del mondo della magia.
 
 
Rocketshipping – Back to the future
 
«James, finiscila. È inutile.»
La voce cruda di Jessie sovrasta l'insistente raschiare del cucchiaio per la minestra, che James sta continuando a limare contro le sbarre. Forse vuole farne un coltello o spera ingenuamente di tagliarle, questo la donna non lo sa e in tutta franchezza non le importa. Vorrebbe soltanto che quel dannatissimo rumore finisse, per far riposare i suoi timpani delicati come sfoglie vizze.
Sbuffa sonoramente, appoggiando la schiena ossuta a quella parete di marmo, ormai abituata a quanto sia fredda. Il suo sguardo si posa al basso, cupo. Stare in uno spazio così chiuso, per loro ch'erano abituati a dormire all'aperto con la luna a vegliare su di loro, è soffocante. «James?» domanda poi, in un sussurro che ha un che di malinconico.
Solo allora l'uomo dagli sbarazzini capelli cerulei smette di raschiare. «Cosa c'è?» risponde, laconico, senza nemmeno girarsi.
Sta per chiedergli se usciranno mai da lì, ma si blocca. «No, niente» rettifica, freddamente, dandosi della stupida, perché lui non può certo sapere la risposta e non avrebbe senso mostrargli la propria debolezza. Chiude gli occhi e cerca d'ignorare quel rumore irritante che puntualmente riprende. Lei ormai si è rassegnata al fatto che la loro carriera sia finita e la loro vita con essa, ma James no. James spera di poter sentire di nuovo l'aria sul viso, vedere il cielo, che il Capo mosso dalla pietà venga a salvarli o che Meowth compaia aprendo loro la serratura con uno dei suoi artigli. Un sorriso amaro le compare sulle labbra, dove ormai non v'è più traccia di rossetto, perché l'ultimo l'ha finito mesi fa. James è sempre stato ingenuo, come un bambino troppo cresciuto, ed è proprio questa fanciullezza la sua fortuna, perché gli dà la forza di andare avanti con la speranza.
 
 
Reticentshipping – Non la do (Anna Laviola)
 
«Ma… Non è che per caso sei lesbica?»
Sabrina rischiò di sputare il suo drink. «E tu non è che hai qualche problema mentale, per caso?!» urlò, coprendosi la bocca con un pugno per tossire. Si accorse che nel locale era calato un improvviso silenzio tombale e gli sguardi degli altri clienti si stavano posando tutti al loro tavolo. Tossicchiò ancora, fingendo orgogliosa disinvoltura, a dispetto del rossore che le coloriva le guance.
Blue rimescolò con la cannuccia il suo Daiquiri frozen alla fragola, con fare distratto, soffocando aggraziatamente una risatina con la mano. Sabrina la guardava in cagnesco, lanciandole tacite maledizioni: tra le tante cose di lei che non sopportava c'era il suo talento a mettere a disagio le persone, con la sua sfacciataggine e il suo affascinante viso d'angelo. Un attimo… Aveva appena usato l'aggettivo affascinante? Fece saettare lo sguardo sul proprio bicchiere. “Non farti strane idee, non farti strane idee…” s'intimò, a denti stretti.
Blue sbatté le ciglia, per poi distendere le labbra in un sorriso. «Dai, non c'è bisogno di vergognarsi! Guarda che non c'è nulla di male, conosco tante persone che…»
Ribollendo di rabbia, la Capopalestra protese un braccio per zittirla. «Blue» ringhiò, mentre impiegava tutto il suo autocontrollo per non urlarle di nuovo in faccia. «Non sono lesbica.»
Conciso e detto con fermezza, in mezzo al vocio sommesso delle persone.
«Oh» rispose l'altra, sorpresa. «Scusa, non pensavo fossi asessuale… È un peccato, sai.» Sorrise con malcelata malizia. «Conosco molti che farebbero la fila per avere un appuntamento con te.»
Regnò un momentaneo silenzio, poi la corvina sospirò esasperatamente. «Mi vuoi dire perché diavolo ti interessi del mio orientamento sessuale?»
Blue fece spallucce e sorseggiò il suo rum. Intanto, per ingannare la noia, tamburellava le dita sulla superficie legnosa, liscia come carta. «Ero solo curiosa, sai, non mi sembri tanto interessata agli uomini…»
Prima di rispondere, Sabrina buttò giù un altro sorso di vodka lemon. «Non ho tempo per l'amore» tagliò corto. Sentiva il nervosismo sciogliersi, come se avesse una corda stretta alla gola che pian piano si allentava. Avvertiva un tepore crescente nello stomaco, per merito di quel sapore forte e asprigno – proprio come lei. Alzò un braccio e con voce gracchiante ordinò un altro giro al barista.
Blue fece un sorrisetto: Sabrina, senza quella sua maschera seriosa, si stava rivelando simpatica.
Cominciarono a parlare, raccontandosi storie che normalmente non avrebbero fatto ridere, ma sotto effetto d'alcol apparivano esilaranti. Le loro risa risuonavano nel bar, trattenute a stento, di lacrime ai margini degli occhi scacciate velocemente coi pollici e pugni sbattuti come martelli sul tavolino.
Erano chine l'una verso l'altra per la complicità creatasi, quando per sbaglio le teste si avvicinarono troppo e scappò un bacio. Due bocche delicate come petali di ciliegio che prima si sfiorarono solo e poi si cercarono, inumidendosi leggermente a vicenda, il sapore melenso della fragola che si scontrava con l'asprezza del limone. Un bacio fuori dal tempo, troppo bello per porvi fine.
Blue si staccò ridacchiando, con la mente che galleggiava in un mare di nebbia. «Io l'avevo detto» mormorò soave, così vicino da farle sentire il suo alito in un soffio piacevolmente tiepido.
Sabrina rise, non metabolizzando lucidamente la situazione. Sapeva solo che quel bacio le era piaciuto e sentiva crescere prepotente il peccaminoso desiderio di prendere per mano Blue e portarla via da lì, per stendersi su di lei e continuare a baciarla, avvertendo l'avvolgente calore del suo corpo formoso a contatto col proprio.
 
 
 

 

Angolo Autrice
Salve, gente! Eccoci tornate con un'altra sera.
La Masumi è un po' random, ma mi piace averli collocati nell'universo di Doremì.
Riguardo alla Rocket è capitata la musica di uno dei miei film preferiti: il senso è che si dà uno sguardo al futuro, dove purtroppo i nostri amati criminali sono stati arrestati (ovviamente non si esclude che riescano davvero a evadere).
Sulla Reticent, ebbene, è la mia primissima yuri e ne sono davvero soddisfatta. Adesso saranno la mia OTP yuri. È uscita una shot, ma vista l'importanza ho fatto uno strappo alla regola!
Non c'è altro. Alla prossima!
-H.H.-
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Capitolo 6
*** Evening six ***


Evening six
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Negaishipping, AU – Toradora! Pre-Parade!
 
Tutti avevano messo in guardia Ash su Iris. Si diceva che fosse una ragazza di statura molto bassa, con dei capelli indomabili e dal carattere… Velenoso, non c'era altro modo per descriverlo. Non lasciarti ingannare dal suo aspetto, dicevano. Perciò Ash fissava annoiato l'uscio chiuso, in attesa di veder entrare quella fantomatica ragazza-tornado per verificare se fosse davvero così temibile e intrattabile come si vociferava tra i corridoi dopo il suo passaggio.
La porta scorrevole dell'aula si spostò, rivelando una figura minuta, con le braccia piegate in vita e le labbra contratte in una smorfia. Aveva una chioma color prugna così pomposa che dentro avrebbe potuto esserci qualunque cosa e a momenti sembrava più grande di lei. Indossava la classica divisa femminile della scuola e aveva l'aria di essere piuttosto irritata.
«Ehi, voi!» urlò, facendo sussultare i compagni che la osservavano di nascosto con terrore, quasi fosse appena entrato un cucciolo di tigre che nonostante le dimensioni sembrava pronto a dilaniarli ferocemente uno per uno riducendoli a brandelli, come pezzetti di un foglio di carta. «Che diavolo avete da guardare?» ringhiò, sedendosi al suo posto e tirando con uno scatto la sedia verso il banco. Il suo sguardo era altezzoso e sprezzante allo stesso tempo.
Ash s'incantò a guardarla per qualche secondo, finché non incrociò le sue iridi d'ambra. Si affrettò a distogliere gli occhi, giacché i suoi sembravano volerlo malamente incenerire. Chissà cos'aveva quella ragazza per essere così scontrosa… Si disse che, da lì alla fine dell'anno, l'avrebbe scoperto.
 
 
Penguinshipping – Winx noi siamo la magia (Alessia Orlando feat. Elisa Aramonte)
 
Un acceso arancione illuminava il cielo, dove le nuvole si ritiravano a piccoli gruppi spinte dal vento, lieve come una carezza. Il parco di Duefoglie era deserto. Era rimasto solo un bambino, rintanato nella casetta di legno del wickey. Si abbracciava le ginocchia, guardando il pavimento con malinconia.
La sua quiete venne interrotta dal brusco cigolare delle scalette con la ringhiera, che portavano sia alla casetta sia alla passerella dello scivolo.
«Kenny, sei qua…?» Entro poco, la testolina di Lucinda spuntò sull'entrata del rifugio. «Eccoti!» esclamò, felice di averlo scovato.
Il bambino, resosi conto della sua presenza, riabbassò velocemente il capo e tornò a fissare gli incavi delle assi sporche di terra. Non aveva voglia di parlare.
«Si può sapere perché fai così?» domandò la bimba, increspando le labbra in un broncio offeso. Con aria severa si parò davanti all'amico, raggomitolato come un Wurmple.
«Lasciami stare, Lulù…» intimò lui, tristemente.
Lei sbatté le ciglia, ignorando per una volta quel soprannome tabù, confusa dal suo comportamento. Gli si sedette accanto e prese a fissarlo. «Dai, dimmi cosa c'è! Prometto che non lo dico a nessuno» pregò, alzando le manine paffute in segno d'onestà.
Trascorsero alcuni frangenti di silenzio, poi Kenny si strinse nelle spalle. «Oggi i nostri compagni mi hanno preso in giro…» raccontò in un mugugno, aumentando la presa sulle proprie ginocchia. Impossibile dimenticare quella scena: “Femminuccia, femminuccia!” cantavano tutti in coro, ridendo e additandolo.
Lucinda si portò una manina alla bocca. Era sconvolta del fatto che qualcuno se la fosse presa con il suo migliore amico. «Perché?!» domandò di getto, dispiaciuta.
«Perché sto sempre con te e Leona» spiegò l'altro, con una nota di amarezza. Per evitare di guardarla, prese lentamente a delineare cerchietti immaginari con l'indice, su quella polverosa superficie. «E facciamo sempre giochi da femmine…»
«Però… Però con noi ti diverti» affermò di fretta Lucinda. «Non è vero…?» aggiunse poi, speranzosa. Non aveva mai pensato che il suo amichetto potesse sentirsi a disagio a giocare alle fate, alle principesse, a prendere il tè per finta o a cucinare pietanze con erba, legnetti, foglie, pigne e quant'altro generosamente offerto dai dintorni.
Kenny annuì, ma aveva ancora il muso lungo e disegnava circonferenze per distrarsi.
Lucinda stette a osservarlo, alla ricerca di un'idea per farlo stare meglio. D'un tratto afferrò uno dei bastoncini dimenticati lì da qualcuno nel pomeriggio, alzandosi in piedi e sguainandolo come una spada medievale. «In guardia!» esclamò, decisa e seria come non mai.
Il bambino alzò lo sguardo, inizialmente perplesso. Appena comprese le sue intenzioni, un largo sorriso gioioso gli illuminò il volto. «In guardia!» ripeté, con entusiasmo, arraffando sveltamente un'altra arma. «Ti sconfiggerò, Lulù!»
«Ehi, non chiamarmi Lulù!» ripeté Lucinda, capricciosamente, scontrando il bastone col suo.
 
 
Palletshipping – I Puffi Sanno (Cristina D'Avena)
 
Stavolta, Gary sente di aver davvero deluso il nonno. Rabbrividisce al ricordare la severità con cui aveva aggrottato le sopracciglia cespugliose e la sua voce vibrante mentre lo sgridava. Spingere Ash nel fiume insieme agli altri della banda era stato uno scherzetto innocente, per divertirsi un po', ma lui non era della stessa opinione.
Sbuffa, sperando di trovarlo presto, perché ha di meglio da fare che passare il pomeriggio in quel bosco: tra un anno partirà per il suo viaggio di formazione e deve prepararsi al meglio, per essere il migliore e dimostrare a tutti che è degno della famiglia Oak. Con questi pensieri per la testa d'un tratto si arresta, attirato da risa vicine.
Si accuccia dietro dei cespugli per spiare. È Ash che sta ridendo, coi pantaloni e la maglietta scuriti, che gocciolano senza sosta. Perché ride? Non stava ridendo affatto quando lo hanno buttato in acqua e la corrente lo trascinava a largo. Perché ride, nonostante tutto? Si sporge leggermente e capisce il motivo: vicino a lui c'è un Poliwag dal musetto simpatico che si scrolla.
«Grazie, amico.» Ash sorride, dandogli una carezza sulla pelle liscia. Quello risponde con un saltello entusiasta e si struscia contro alla sua gamba. «Menomale che ci sei tu» gli mormora, con una punta di malinconia, tenendo la mano sul suo capo tondo.
A quel punto, Gary inizia a sentire il senso di colpa. Certo, Ash non ha amici, neanche uno. Come sarebbe la sua vita senza amici? Non riesce neanche a immaginarlo. Si sposta e per sbaglio il suo stivale calpesta un rametto. All'udire quel crepitio inaspettato, il girino ha un tuffo al cuore e si getta nel fiume, tremante di paura.
«Aspetta…» mormora Ash, tendendo inutilmente un braccio. Rimane immobile sul prato, con la delusione sul viso; non capisce cosa ha sbagliato, sembrava andasse tutto bene.
In un impeto di coraggio, Gary esce allo scoperto, ma per la vergogna non parla.
«Ah, sei tu» esordisce il ragazzino, al vederlo. Le sue labbra si piegano in una smorfia. «L'hai spaventato, complimenti» commenta, piccato.
«Mi dispiace, okay?» ribatte l'altro, che non può vedere le proprie guance un po' arrossate, mentre stringe i pugni e guarda orgogliosamente altrove. «Si sta facendo buio, sono tutti preoccupati per te.»
Il corvino non risponde. Dopo qualche secondo si alza, ancora grondante d'acqua sia dai capelli che dagli indumenti.
S'incamminano sulla strada del ritorno. Ash va spedito, lasciando una scia di gocce sul terreno dietro di sé. Le sue scarpe da ginnastica umide scricchiolano a ogni passo.
Gary si tiene dietro di lui, mogio. «Ehi…» chiama d'un tratto, a pugni stretti.
Entrambi si arrestano.
«Se torni a casa così tua madre si arrabbierà… Ti presterò un asciugamano.»
Ash annuisce in silenzio. «Grazie» risponde semplicemente e riprende la camminata, immerso nei suoi pensieri. Gary lo imita, sempre rimanendo più indietro. Nonostante quello che gli ha fatto, è stato anche capace di ringraziarlo. Ha un cuore troppo grande e fragile, ecco il suo problema.
 
 

 

 

Angolo Autrice
Tanti anni fa, in questo giorno, nasceva una ragazza molto speciale, per me, ma per moltissime altre persone, perché è quasi impossibile non volerle bene: auguri, San ♥ questo capitolo è tutto per te!
Questa volta non non ho usato il sorteggio per le coppie, lol.
Iris versione Taiga ci sta, secondo me.
Riguardo alla Penguin… Se ve lo state chiedendo, , mi piacciono le Winx. Lol.
Sulla Pallet posso dire che avrei voluto descrivere meglio l'ambiente, ma non avevo più spazio (diventava una shot). Il collegamento coi Puffi è con l'ambientazione (?) e anche sul fatto che prendano in giro Ash (l'altezza è uno dei motivi più comuni).
E niente, spero che vi siano piaciute.
Ancora buon compleanno alla mia San :3
Alla prossima!
-H.H.-
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Capitolo 7
*** Evening seven ***


Evening seven
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Contestshipping, AU – Sugar Sugar (Francesca Daprati e Betty Cavalli)
 
Abbasso lo sguardo e sospiro. Lucinda ha già rubato una manciata di cuori arancio-gialli, mentre io sono ancora a zero. Sono un po' invidiosa, ma non posso permettere che questa sciocca sfida per la corona rovini la nostra amicizia. Mi alzo dal mio banco ed esco dalla classe, lasciandola a quella cerchia di ragazzi in adorazione.
Cammino, assorta nei miei pensieri. Non posso credere che nessuno apprezzi il mio essere dinamica e spigliata! A Extramondo stravedevano tutti per me, mentre era lei a essere messa un po' in disparte. Senza accorgermene, sbatto bruscamente contro qualcuno e, prima che possa rendermene conto, sono già caduta.
«Ahi…» mugugno.
«Mi dispiace davvero tantissimo, credimi, non ti ho vista!»
A parlare di fretta è il moro in piedi davanti a me. Mi guarda con aria apprensiva e le guance imporporate.
«Non ti sei fatta male, vero?» chiede, porgendomi la mano.
La accetto per rialzarmi e gli rivolgo un sorriso. «Stai tranquillo! È tutto okay!»
C'è silenzio tra di noi, così mi accorgo che non ci siamo ancora lasciati la mano e il suo rossore si è accentuato. Per un attimo vengo attraversata da un dubbio, infatti metto quella libera in segno di vittoria e la volto, portando le due dita aperte sull'occhio per usare lo sguardo scrutatore. Il mio volto s'illumina di un sorriso: non posso crederci! Uno scintillante cuore giallo brilla, contornato da un fioco alone, sul suo petto!
«Che stai facendo?» chiede lui, un po' stranito.
Io lo ignoro e mi volto, stringendo il ciondolo a forma di cuore che porto al collo. Basta un istante e il tempo si ferma.
«Cuore d'incanto, dolce dolce magia… Magia di Vera!» Una calda luce dei colori dell'arcobaleno mi avvolge e, in un attimo, mi ritrovo addosso il mio costume da strega e il ciondolo si allunga fino a diventare uno scettro, sulla cui punta poso un veloce bacio. «Il tuo cristallo del cuore… Ora è mio!» Una luce pervade il bastone magico e attira verso sé il cristallo del ragazzo, fino a portarlo dentro il ciondolo ormai tornato normale.
Al termine dell'operazione, il mio grazioso costume svanisce, sostituito dalla divisa scolastica.
Il ragazzo sbatte più volte le palpebre, confuso, riprendendosi.
«Ci vediamo, ciao!» lo saluto e corro via, senza dargli il tempo di rispondere. Stringo forte il mio cristallo color del miele: di sicuro varrà tantissimi ecurè!
Sono così distratta e contenta che quasi inciampo sul primo gradino della scala che porta al piano inferiore. Il cuore mi scivola e cade con un tintinnio.
«Ehi, ragazzina» mi sento chiamare, da una voce melodiosa e acida mai sentita prima. «Dovresti stare più attenta a dove cammini.»
Alzo lo sguardo e mi ritrovo a incrociare due occhi smeraldini, ma freddi come il ghiaccio: è bastato che incrociassero i miei purché sentissi improvvisamente un brivido.
«Non è affar tuo dove cammino!» ribatto, imbronciandomi.
Lui fa un verso di stizza, per poi chinarsi e raccogliere il mio cristallo, che risplende come oro ai suoi piedi. «Ambra… Davvero incantevole» commenta, tenendolo fermo tra due dita. «È tuo?»
«Sì, è mio, perciò ridammelo subito!»
«L'ho solo raccolto, non ho mica intenzione di rubarlo» dice, per poi prendere a camminare con calma verso di me. Più si fa vicino e più io mi immobilizzo. Con una sola, agile ed elegante mossa lascia andare il cristallo tra le mie mani unite. Mi passa accanto e le sue dita ghiacciate mi sfiorano l'orecchio, accanto a cui lui infila una rosa rossa, per poi continuare imperterrito a camminare. Sono così frastornata da quel gesto che non riesco ancora a muovermi.
Si gira verso di me, con le mani in tasca e quell'aria sempre così disinvolta. «Beh? Non ti hanno insegnato a dire grazie?»
Mi acciglio e stringo i pugni. «Grazie» sibilo, e lo vedo scostarsi la frangia dal viso prima di girarsi di nuovo, stavolta per andarsene davvero. I suoi passi calmi rimbombano nel corridoio e il freddo che sentivo sembra essersi dissolto. “È bello come un principe…
Una mano che mi si posa sulla spalla mi fa sussultare. Volto di scatto il capo, trovando Lucinda dietro di me. «Lo sai chi era quello?»
Alla sua domanda scuoto il capo, ancora scossa.
«Doveva essere Drew, me ne hanno parlato le nostre compagne» spiega, fissando il corridoio ormai vuoto. «Frequenta le medie, è il presidente del consiglio studentesco.»
«Che importa se è il presidente del consiglio studentesco!» esclamo, a pugni stretti. «Non avrebbe dovuto parlarmi così.»
«Ehi, Vera… Lo sai che sei tutta rossa?»
Sobbalzo, portandomi in fretta le mani al viso che sento, effettivamente, scottare. «T-Ti sbagli!» ribatto con orgoglio. Perché sono arrossita? Mi sono lasciata stregare dal suo fascino? Una strega che viene stregata da un essere umano, no, non è proprio possibile! “Perché mi sento così strana?” penso, sfilando dai miei capelli quel bel fiore. La parte aggressiva di me vorrebbe buttarlo a terra e calpestarlo fino a ridurre a brandelli ogni petalo, mentre quella sentimentale vorrebbe conservarlo come un tesoro. Credo proprio che vincerà la seconda.
 
 
Viridianshipping, AU – In equilibrio (Ilaria Porceddu)
 
I suoi occhi argentei non riescono a staccarsi da lei. Gli fa venire voglia di vivere, non sa neanche perché. Forse perché gli viene naturale paragonarla a un raggio di sole che splende e riscalda, per via dei suoi lunghi capelli color del grano legati in una coda e il suo body del medesimo colore. Anche il suo sorriso candido splende sotto i riflettori, dentro quel tendone animato nel buio dalle risa dei bambini e dall'odore dei popcorn croccanti. Si muove con grazia e naturalezza, flettendo il corpo minuto a suo piacimento. Sembra nata per muoversi su quella sbarra, reggersi a testa ingiù come una scimmietta lasciando che alcune ciocche le ricadano spettinate sul viso e girare su se stessa, quasi danzasse aggraziatamente. La osserva rapito e non può fare a meno di desiderare di sentire la sua voce, di sfiorarla, di dirle quanto è stupenda. All'alba di domattina il circo ripartirà e non la vedrà mai più.
Perciò, quando s'inchina sorridente per poi sparire dietro le quinte, lui corre. Scosta bruscamente le persone, come fossero futili ostacoli che gli impediscono di andare da lei. Esce e si sente come riemerso da un sogno, ma continua a correre e va sul retro del tendone.
È lì che la trova, su una piccola sedia di legno, che si sta sciogliendo i capelli dall'elastico che li ha legati finora e non fa caso alla sua presenza. Rimane imbambolato: che idiota, è andato lì senza neanche un regalo e una vaga idea di cosa dirle.
«Ciao» saluta curiosamente lei, facendolo sussultare con un conseguente aumento del battito cardiaco. «Ti sei perso?»
Scuote il capo. Deve dirle qualcosa, ma cosa? «S-Sei stata… Molto brava» riesce a biascicare, per poi spostare subito lo sguardo in basso.
Lei lo osserva per alcuni secondi, come se lo stesse studiando, poi gli rivolge uno di quei sorrisi che gli hanno sciolto il cuore da lontano fino a poco prima. «Oh, ti ringrazio» risponde, lusingata. «Vorrei rendere felici le persone con i miei numeri, anche se so che è una cosa un po' sciocca» rivela, con un altro sorriso che le sboccia sulle labbra.
«Non è sciocca» sussurra lui. «Con me ci sei riuscita» ammette, ma per la vergogna non riesce a reggere il suo sguardo, con il viso che scotta, e corre via sparendo tra la folla vicina.
Yellow rimane un po' stranita dalla sua reazione, perché è uno dei ragazzi più timidi che abbia mai visto. Chissà come si chiama. La risposta la scopre poco dopo, notando che per terra c'è qualcosa. È un fazzoletto di stoffa, di un pallido grigio, così si china per raccoglierlo. C'è ricamata una scritta in corsivo in un angolo: Silver. Sorride. È proprio un bel nome e senz'altro non lo dimenticherà. Spera che venga a riprendere il fazzoletto per potergli parlare ancora, ma se non lo farà lo conserverà lei come un tesoro prezioso.
 
 
Mangaquestshipping, AU – Ultra relax (Tomoe Shinohana – Komodo no Omocha)
 
Appena Crystal aprì la porta della classe, si trovò circondata dalle sue compagne nel panico.
«Menomale, sei arrivata!»
«L'hanno fatto di nuovo!»
«Ti prego, fermali!»
All'udire quelle richieste d'aiuto, si corrucciò. Alzò il capo per rendersi conto della situazione: l'aula era un delirio di gavettoni colorati che i maschi si stavano lanciando da un banco all'altro, incuranti di colpire finestre, libri, zaini o quaderni. C'era così tanta confusione che non si sentivano che le loro risa, mentre le bambine si erano rannicchiate dietro la cattedra per ripararsi ed evitare di sporcarsi le divise, con la maestra Yellow troppo timida che inutilmente cercava di riportare l'ordine.
C'era una sola persona che poteva riuscirci: Crystal. Spostò lo sguardo al pavimento bagnato e si avvicinò al primo banco che vide, sottraendo uno dei palloncini carichi lasciati incustoditi. «Ehi!» chiamò, in un ringhio, facendo voltare il capobanda verso di lei. Approfittò della sua fulminea distrazione e lanciò la munizione come una palla, colpendolo in faccia.
In quel momento, nella classe calò il silenzio e smisero di volare oggetti, perché i maschi erano leggermente disorientati da quel gesto di ribellione.
Gold si levò con un gesto secco il palloncino esploso dalla faccia e lo buttò a terra, stizzito. «Che problema hai?» domandò, ancora stravaccato sul proprio banco.
«Che problema ho io?» gli fece eco la ragazza, rabbiosa. «Che problema hai tu, semmai!» replicò con una sicurezza che fece rimanere tutti spiazzati. «Ce n'è anche per voi» minacciò poi, rivolgendo un'occhiata generale d'avvertimento.
Incredibilmente, dopo essersi guardati a vicenda, gli altri ragazzi in piedi si sedettero come agnellini e non osarono aprire bocca, perché avevano capito che altrimenti avrebbero fatto una brutta fine.
Gold aggrottò le sopracciglia, per poi alzarsi di scatto. «Hai vinto una partita, non la guerra» sussurrò al suo orecchio, nervoso, prima di sedersi anche lui dal momento che la festa era finita.
Solo allora Crystal si concesse un sorriso trionfale e, quando si voltò, venne accolta dal gruppetto delle sue amiche che la acclamarono come un'eroina e la maestra che tirava un grosso respiro di sollievo con una mano sul cuore. Nel frattempo, Gold non smetteva di fissarla: nessuno aveva mai osato mancargli di rispetto così. Gliela avrebbe fatta pagare cara.
 

 
 
Angolo Autrice
Salve!
Per fortuna siamo riuscite a pubblicare in tempo (sono tornata proprio oggi da una settimana di campo estivo e sono leggermente stanca, ma per fortuna avevo tutto pronto).
Dovevo per forza pubblicare oggi perché c'è il Contestday! Buon Contestday a tutti, quindi. È stata una fortuna che mi sia capitata Sugar Sugar, amo quell'anime
E trovo che Crys e Gold siano perfetti come Rossana ed Heric (ho preso ispirazione da uno dei primi episodi), anche se la flash in sé non è un granché.
Sono soddisfatta anche della Viridian, in primis perché mi piace molto la canzone e trovo di aver creato un contesto carino.
Scusate ma vado molto di fretta. Alla prossima!
-H.H.-
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Capitolo 8
*** Evening eight ***


Evening eight

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Ferriswheelshipping, Videogioco – Barbie Girl (Aqua)
 
Bianca si staccò dal bacio in cui lei e N erano impegnati, in quella cabina a forma di Poké Ball che oscillava tranquilla, lontana da occhi indiscreti, una piccola nicchia tutta per loro.
«Non mi piace che mi tratti come una bambola» borbottò con voce un po' capricciosa.
L'espressione di N mutò in sincera sorpresa. «Scusami, principessa» sussurrò, innocente come un bambino, senza levare le mani immerse nella sua cascata di riccioli che non poteva far a meno di accarezzare con le dita affusolate. «Mi impegnerò di più.»
Bianca emise un leggero sbuffo, accavallando le gambe, ancora seduta in braccio a lui – posizione un po' imbarazzante all'inizio, ma anche piuttosto comoda. «Non serve che mi chiami principessa» replicò. «Non lo sono.»
Allora l'espressione del ragazzo si fece leggermente più confusa, come se non capisse. «Certo che sei una principessa» affermò con una sicurezza disarmante, continuando a far correre i polpastrelli tra i suoi boccoli mossi, soffici come nuvole di zucchero filato. «La mia
Non si rendeva conto della tenerezza con cui l'aveva detto, perché per lui era la cosa più scontata e naturale del mondo. Bianca non poté reprimere un sorriso luminoso, perché quella frase in qualche modo romantica era riuscita a sorprenderla. «Okay, puoi chiamarmi principessa» rettificò, in un sussurro, allungandosi di nuovo verso il suo viso per catturarlo in un altro bacio caldo e sfizioso, a cui si abbandonarono nell'intimità di quella giostra sospesa e fuori dal mondo.
 
 
Coldcoffeeshipping, AU – Hello Kitty (Avril Lavigne)
 
Paul odiava i campi estivi e odiava ancor più il fatto che suo fratello Reggie lo avesse costretto a iscriversi per un'intera settimana. “Dai, fratellino, che ti diverti e fai nuove amicizie!” diceva, senza ombra di dubbio, con un sorriso affabile. “Sarà una bella esperienza!” diceva. Certo.
Era prima mattina e un po' di luce filtrava attraverso le tapparelle. Sembrava un silenzio sacro, che niente avrebbe potuto rovinare. Infatti, sembrava. Il telefonino sul comodino più a destra prese a vibrare come posseduto e attaccò una canzone rock a massimo volume.
Paul rischiò seriamente di avere un infarto, infatti sentì una puntura al cuore e si tirò su di scatto sbarrando gli occhi. «Barry» ringhiò in un minaccioso sussurro, girando il capo con rabbia, abbastanza forte da sovrastare quel chiasso. «Avevamo detto che la sveglia oggi toccava a me.»
«Oh, scusa!» si giustificò sereno il biondino nel letto accanto, schermando uno sbadiglio con la mano, dopo aver fatto cessare la melodia di chitarra elettrica che venne sostituita di nuovo dalla quiete. Lui non pareva minimamente turbato da quel brusco risveglio, anzi, era già in piedi che beveva un sorso d'acqua dalla sua bottiglietta, coi capelli tutti arruffati.
Il viola si voltò per dargli la schiena così da non vedere la sua irritante faccia da fesso e cominciò a vestirsi, con la roba piegata la sera prima nella sua parte di armadio, ovviamente in perfetto e sobrio ordine. Dall'altro scaffale, invece, c'erano solo indumenti spiegazzati alla rinfusa.
«Hai sentito, Paulie?» trillò Barry, seduto sul ciglio del suo materasso, mentre s'infilava uno scarponcino. «Oggi faremo i gavettoni!»
«Al diavolo tu e i gavettoni» sibilò lui, in risposta. «Ciao» salutò con apatia, avviandosi alla porta per scendere in refettorio per la colazione. “Devo resistere e sopportarlo ancora per quattro giorni.
«Aspetta!» urlò Barry, infilando di fretta la testa nella sua t-shirt a righe arancio-bianche. «Hai dimenticato la bandana! La tua squadra perderà un punto se non la metti!» Si prese la libertà di afferrare il pezzo di stoffa blu sul comò del coinquilino e tirarglielo.
Entro due secondi gli venne reso bruscamente, colpendolo in faccia come una pallonata. Rimase immobile, mentre la bandana del team avversario al suo cadeva placida per terra, neanche fosse uno straccio sporco per lavare i pavimenti. «Allora ci vediamo giù, eh!»
 
 
Egoshipping, AU – Wannabe (Spice Girls)
 
Era un'occasione irripetibile, infatti Gary era un po' agitato. Teneva le mani in tasca, camminando al fianco di Misty. Non sembrava far troppo caso alla sua presenza, intenta ad aspirare un po' di buona aria marittima. Sopra al costume indossava solo dei pantaloncini di jeans con leggere sdruciture e una giacchetta rosa per ripararsi dal vento.
«Ash è proprio un bambino, non trovi?» domandò a un certo punto. «Credere ancora alla storia del fantasma, bah, lo sanno tutti che è solo una leggenda…»
«Già» commentò laconico Gary. «Almeno tu sei abbastanza intelligente da capirlo» si affrettò ad aggiungere, nella speranza che la conversazione non ricadesse nel silenzio.
Misty sfoggiò un sorriso, per poi riprendere a osservare la bellezza del mare. Se continuava di questo passo, sarebbero tornati indietro dalla prova di coraggio senza aver concluso niente.
«Dovrebbe essere quella, no?» domandò Gary, accennando con il capo una grotta a pochi passi da loro, non molto grande e piena di buchi da cui sgorgavano fiotti di acqua marina.
Dopo averla osservata velocemente, Misty annuì. Non vedeva l'ora di tornare indietro: la fiera di fine estate di sicuro era già cominciata e non voleva perdersela. «Dai, facciamo in fretta» commentò, superando a passo spedito il ragazzo per entrare. Lui la seguì e tirò fuori l'accendino che teneva in tasca. Al click del suo pollice, una tremula fiamma illuminò l'ambiente.
Si addentrarono nell'antro. Udivano sempre lo scroscio limpido dell'acqua che serpeggiava tra le pareti coperte di muschio. Se non fosse stato per quella piccola fonte di luce che ingigantiva le ombre, non avrebbero saputo come muoversi.
D'un tratto, Misty si arrestò, facendo fare alle sue vecchie scarpe da ginnastica un ultimo flop nel fiumiciattolo di pochi millimetri che scorreva sul terreno roccioso. «Hai sentito?» chiese, sottovoce.
Gary, poco dietro di lei per osservare qualcosa che la decenza impedisce di rivelare, si riscosse e scosse la testa. «No, cosa?»
«Un rumore» rispose la rossa, con l'udito ancora in allerta.
Stettero immobili qualche secondo, poi sentirono un debole squittio che li fece trasalire. Spostarono in contemporanea lo sguardo all'alto e un branco di pipistrelli cominciò a stridere e disperdersi confusamente in volo. Misty gridò dallo spavento e a Gary cadde l'accendino di mano, così tornarono immersi nell'oscurità. Ne approfittò per attirare a sé la ragazza, che si aggrappò alla sua maglietta con il cuore che impazzava. Restarono a lungo in quella posizione, come due statue, senza il coraggio di scioglierla.
Dopo un po', l'ansia che aveva preso possesso di Misty scomparve. «Puoi lasciarmi, adesso» sussurrò, nel silenzio che la sua voce cristallina ruppe.
Gary sorrise nel buio, più sicuro di sé: era il momento adatto. Fulmineo, si sporse verso Misty per catturare le sue labbra morbide. Al peggio gli sarebbe arrivato uno schiaffo, invece no: lei, all'inizio molto rigida, poi si lasciò andare e gli allacciò le braccia dietro al collo. Il ragazzo, allora, fece furtivamente scivolare a terra la sua giacchetta e riprese a baciarla con più foga.
 
 

 
Angolo Autrice
Salve! Il destino ci era avverso, ma finalmente ce l'abbiamo fatta.
Pensavo che avrei avuto difficoltà sulla Ferris, invece mi piace come è venuta! Le altre due necessitano di spiegazioni.
Apparentemente Hello Kitty non c'entra nulla con la storia, invece per me sì: al campo estivo, gli anni che mi mettevano in camera solo con la mia migliore amica (animatrici!), avevamo i turni per la sveglia e io usavo sempre quella canzone perché lei la odiava. Mi sono ispirata proprio al nostro campo estivo!
Riguardo alla Ego, qualche mese fa feci un sogno strano. Accendevo la TV e c'erano “gli episodi della prima stagione di Pokémon rifatti”… Ricordo i personaggi in una grotta e Gary che a un certo punto baciava Misty (e si buttavano a terra, ma va beh). Sempre nel sogno, scrivevo a mia amica su Whatsapp per raccontarle tutto sconvolta e lei rispondeva: “Ah, sì, l'avevo già visto”… XD E da questa cosa con Wannabe uscita al primo colpo (coincidenze?) è nata la storia. Scusate, ci tenevo a raccontarlo, ahahah.
Penso sia l'angolo più lungo della mia vita, perciò vi saluto, sperando che le storie vi siano piaciute.
Alla prossima!
-H.H.-
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Capitolo 9
*** Evening nine ***


Evening nine
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Franticshipping, Manga, OOC? – Roses are red (Aqua)
 
Era da un po' che Ruby aspettava davanti alla pizzeria, sistemandosi di tanto in tanto la cravatta e lanciando ogni tre per due occhiate all'orologio al suo polso. Non gli avrebbe mai dato buca, lo sapeva, ma non poteva fare a meno di essere un po' in ansia.
«Eccomi!» sentì ansimare poi dal fondo della strada e vide Sapphire correre verso di lui, con il fiatone e le guance arrossate. Naturalmente non indossava la bandana, quella sera, e aveva cercato di apparire vagamente più femminile mettendosi una camicetta e una gonna. No, non aveva le traveggole: quella era davvero una gonna, indosso a lei, lasciando scoperte quelle gambe esili come bastoncini.
Gli arrivò dinnanzi con la gola che bruciava e il respiro corto, ma non perse tempo. «Scusa il ritardo» ansimò. «Per te!» esclamò subito, porgendogli un mazzo di fiori variopinti, avvolto nel cellophane. Nel tragitto avevano perso non pochi petali depositati sull'asfalto e molti di quelli rimasti erano flosci. Insomma, non avevano l'aspetto migliore del mondo, così come i capelli in disordine di lei, che sembrava non si fosse pettinata affatto prima di uscire.
Ruby, nei primi frangenti, rimase sconcertato. Di solito erano i ragazzi a regalare fiori alle ragazze al primo appuntamento, ma cercò di ignorare il fatto. Dalla sua faccia sembrava volesse sotterrarsi e scomparire per sempre, già pentita di quell'azzardo totalmente fuori dal suo carattere solo per fargli piacere e magari sembrare dolce, per una volta.
Il moro sfilò due fiorellini dal mazzo e glieli appuntò con delicatezza tra i capelli, a cui diede una leggera carezza prima di ritrarre la mano che appoggiò alla sua spalla. Lei rimase a fissarlo coi suoi occhioni azzurri, inizialmente frastornata, mentre lui sorrideva. “Com'è carina…” pensò, sentendosi ancora addosso il suo innocente sguardo di sorpresa. «Dai, andiamo» la incitò con voce calda, prendendola a braccetto per entrare nel locale illuminato da cui proveniva un invitante profumo.
 
 
Bustershipping – Bad Apple (Touhou Project)
 
«Sei sicura di essere una ragazza?» domandò con insolenza e scherno Georgia, muovendo leggermente il suo bicchiere per far ondeggiare i cubetti di ghiaccio all'interno. «Non ho mai visto nessuna, alla nostra età, così piatta… Potrebbero usarti come tavola da surf!» esclamò, per poi ridacchiare da sola della propria battuta.
Iris borbottava insulti tra sé e sé, lanciando occhiate truci al seno prosperoso della rivale, avvolto da un semplice bikini bianco che sembrava volerlo esaltare. «Sta' zitta!» le intimò, inviperita, voltando il capo dalla parte opposta della spiaggia.
Georgia ridacchiò per essere riuscita ancora una volta a infastidirla e metterla in imbarazzo: il rossore sulla sua pelle color cacao non era certo dovuto al caldo. Con quel costume intero sembrava proprio una bambina e più la guardava più la trovava buffa, sentendosi superiore. «Fa' sentire un po'» disse, sfacciata, sporgendosi verso la sdraio dell'altra che, prima che potesse rendersene conto, si ritrovò a pochi centimetri da lei. «Niente da fare, sono ancora acerbe!» dichiarò, dopo aver sfiorato il suo petto con un dito, facendola sussultare.
«Ehi!» squittì, indignata, appiattendosi contro allo schienale. Quello era decisamente eccessivo e soprattutto imbarazzante. Si alzò con dignità, dirigendosi al largo senza voltarsi indietro.
«Oh, che permalosa!» Georgia alzò gli occhi al cielo terso, sbuffando seccamente. Si abbassò le lenti scure sugli occhi, riprendendo a godere del tepore del sole, con gli schiamazzi in sottofondo che si mischiavano con il moto calmo delle onde e l'odore di sale che le riempiva le narici.
Dopo un lasso di tempo che non sapeva definire, però, qualcosa le fece ombra. Stava per alzarsi gli occhiali da sole e controllare chi stava disturbando la sua quiete, ma non fece in tempo: una secchiata d'acqua gelida la centrò, bagnandola e facendole venire i brividi in tutto il corpo.
«Iris» sibilò, tremando di rabbia, mentre sentiva la rivale con un secchiello vuoto tra le mani ridacchiare. «Se ti prendo…!» minacciò, alzandosi per cominciare a inseguirla e gridare come un'isterica per tutta la spiaggia. Si muoveva a zigzag tra teli colorati, lettini e ombrelloni, per agguantare quei capelli sbarazzini che svolazzavano come un nastro e le stavano sfuggendo, mentre un riso accompagnato da linguacce e smorfie si disperdeva nell'aria marittima.
 
 
Oldrivalshipping, Manga, AU – Police Academy (Theme)
 
«Perché hai voluto fare la poliziotta?»
La domanda era arrivata cruda, inaspettata, tanto che il sorrisetto di Blue si spense. Smise di limarsi le unghie e rimase a fissarsi le mani con in sottofondo i rumori della strada che si concentravano tutti in quel vicolo, dove permeava un nauseabondo odore di spazzatura, proveniente proprio dai cassonetti in fondo. Di certo non il luogo ideale sotto quel sole di mezzogiorno.
«Oh… Lunga storia» tagliò corto lei, fingendo nella voce una disinvoltura che non aveva.
«Il nostro sospettato non si farà vivo prima di altre tre ore.» Green aspirò una boccata di fumo. «C'è tempo.»
Blue sospirò, appoggiando la schiena magra e le mani al muro di uno dei due edifici che contornavano il vicolo. «Ho avuto delle brutte esperienze e vorrei evitare che capitassero ad altre persone» spiegò, prima che tornasse il silenzio. Finse di osservare distrattamente la limetta dal motivo tigrato, giochicchiandoci un po' con l'indice.
Green annuì freddamente, facendo un altro tiro, con conseguenti scie di fumo che salivano e si dissolvevano in pochi secondi. Guardava quella ragazza, la più sfacciata nonché l'unica di tutto il distretto della città, di cui il fascino e l'acume avevano salvato molte situazioni, un'affascinante quanto impensabile copertura. Non poteva fare a meno di chiedersi quale segreto nascondesse il mare celeste dei suoi occhi.
A un certo punto, Blue proruppe in una risatina che trattenne con la mano, improvvisa e apparentemente priva di motivo. Si attirò addosso un ennesimo sguardo da parte del collega, stavolta però interrogativo, con tanto di sopracciglio inarcato. «Niente, scusami» disse lei, scuotendo il capo. «È che sei il primo con cui vado in perlustrazione per così tanto tempo che, invece di cercare di prendermi per mano o di flirtare, mi chiede perché ho scelto questo lavoro. Buffo, non trovi?» concluse, col suo solito gaudio.
Solo a quel punto Green mise da parte la sua indole di ghiaccio, per accennarle un mezzo sorriso.
 
 


 
Angolo Autrice
Salve gente! Non potete capire quanto io mi sia dannata per trovare l'immagine per la Oldrival, l'ho cercata senza successo per mesi…
Comunque sia, sono abbastanza soddisfatta delle idee di questa volta. Non ho mai letto la saga RS, perciò probabilmente Sapphire e Ruby sono un po' OOC, ma spero non sia così terribile. La Buster mi piace un casino com'è uscita e credo che il nesso con il titolo sia abbastanza ovvio XD
La Oldrival è abbastanza random, ma boh, sono contenta di averla usata con la theme di uno dei miei film preferiti.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Alla prossima!
-H.H.-
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P.S. Siccome sono una brutta persona, vi spammo il canale Youtube che ho aperto di recente, passate a dare un'occhiata se volete cliccando qui.

 

 

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Capitolo 10
*** Evening ten ***


Evening ten
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Psychoshipping, Manga, AU – Fine Weather Rising Hallelujah (Yu-Gi-Oh! GX Japanese Opening)

Red stava passeggiando fuori dalla camerata dei rossi con le mani nelle tasche della divisa, per prendere una boccata d'aria, prima che gli altri studenti si svegliassero e cominciasse il frenetico e caotico viavai che precedeva sempre le lezioni.
«Ehi!» si sentì chiamare, da una voce melodiosa, ma che celava un pizzico di presunzione.
Alzò il capo, per individuarne la fonte. A pochi passi da lui, che lo indicava, c'era una delle ragazze più belle del dormitorio femminile dei blu: Sabrina, anche nota con il soprannome di Regina del Ghiaccio. Indossava i classici guanti del colore della sua squadra, così come gli stivali e la gonna un po' troppo corta, assieme alla giacchetta a collo alto che lasciava scoperte le sue braccia incredibilmente nivee. I suoi fluenti capelli scuri come l'inchiostro si agitavano liberi, grazie alla lieve brezza.
«Duelliamo» propose, incrociando fermamente le braccia, così da mostrare il Duel Disk al suo polso. Suonava quasi come un ordine.
Red la guardò, confuso, chiedendosi perché avesse deciso di lanciargli una sfida, dato che non si erano mai parlati prima. «Oh, d'accordo.»
Sabrina marciò con passo sicuro verso di lui, mantenendosi impassibile in viso. «Mi hanno detto che sei il miglior Duellante del primo anno… Ebbene, vorrei vederlo con i miei occhi.»
«Non rifiuto mai un duello» rispose il ragazzo, con un sorriso combattivo, posando una mano sul proprio deck. La corvina ricambiò il suo sorriso affabile, preparandosi a sconfiggerlo.


 
Dualrivalshipping, Manga, Missing Moment – Do se do qualcosa a te (Tutti insieme appassionatamente)

Non avrebbe mai dimenticato il suo primo giorno d'asilo, Komor. Non aveva minimamente voglia di andarci, infatti era entrato con il broncio e con il broncio progettava di uscire. Era stato tra i primi ad arrivare, perciò guardava annoiato quella stanza che appariva immensa, attraverso i suoi occhiali tondi. Si era seduto tranquillo in un angolo, a differenza dei suoi coetanei: frugavano negli scatoloni di cartone colmi dei giocattoli messi a disposizione, gridavano e ridevano.
A un certo punto si sentì picchiettare la spalla, un tocco deciso e anche un po' impaziente. Alzando il capo, vide una bimba, in piedi davanti a lui. Indossava un vestitino arancione con l'orlo che ricordava dei petali e i suoi capelli biondi erano corti corti, salvo per due ciuffetti laterali che sbucavano fuori come piccole, buffe corna. Lo salutò agitando la manina, con un sorriso raggiante. «Ciao, io mi chiamo Belle. Vuoi sentire una canzone?»
«No» sentenziò Komor, senza esitare, freddo. Avrebbe solo voluto che cominciasse l'ora di disegno, ma la maestra era ancora fuori a parlare con quella della classe accanto.
La biondina, inizialmente, lo guardò confusa per il suo rifiuto inaspettato. Poi delle grosse lacrime comparvero ai bordi dei suoi occhioni verde uva. «Perché no?» mugugnò.
«Perché non mi interessa» fu la schietta risposta dell'altro, ma sobbalzò quando si rese conto che stava per dare il via a un pianto coi fiocchi. 
Prima che potesse riaprire bocca, infatti, Belle cominciò a strillare a squarciagola, così forte che tutti si girarono a guardarli perplessi.
«B-Basta, per favore, basta!» la pregò, nel panico, agitandole affannosamente le braccia davanti al visetto. Mentre la piccola singhiozzava ancora, con le dita piegate accanto agli occhi, Komor esclamò in un impeto di coraggio: «Va bene, sento la tua canzone, però basta, non piangere più!»
Fu sufficiente quella semplice frase per cambiare completamente l'umore della bambina. Come per magia, le sue urla cessarono. Si sedette nello spazio vuoto accanto a Komor, asciugò veloce il viso bagnato col braccino e sfoggiò un sorriso radioso. Dopodiché, del tutto spensierata, gli afferrò entrambe le mani e cominciò a dondolarle insieme alle proprie, cantando senza vergogna un'allegra filastrocca con la sua vocetta dolce come uno Swirlix. Il moretto era un po' in imbarazzo, però dopotutto quella biondina dai modi ingenui e vivaci lo metteva di buonumore.


 
Buttshipping, AU – How to save a life (Grey's Anatomy cast)

Entrando nell'ascensore, Blue sentì delle risa trattenute alle sue spalle non appena le porte si chiusero, ma non ci badò. Era stata una giornata estenuante, infatti attese impazientemente di uscire, con le braccia conserte.
Attraversò il corridoio, respirando quel classico odore di fresco e medicinali amari. Un odore che, ormai, le ricordava un po' quello della sua seconda casa. Anzi, unica, calcolando che da più di un anno abitava stabilmente e abusivamente nel seminterrato dell'ospedale.
Aprendo la porta dello spogliatoio femminile, però, qualcosa sconvolse la sua meccanica quotidianità: venne accolta da un animalesco e chiassoso coro di fischi e applausi. Tutti gli specializzandi del primo anno erano radunati lì, alcuni sulle panche, altri in piedi. Solo maschi. Spostando lo sguardo, ebbe un tuffo al cuore: tutti gli armadietti e i muri erano tappezzati di poster, con una sua foto sdraiata, in tailleur, con lo sguardo sensuale.
«Bene bene! Da oggi in poi credo sia più giusto chiamarti… Dottoressa Modella.» Gold, al centro della stanza, ghignò sventolandole sotto al naso una vecchia rivista. «Dicci, è così che sei entrata a medicina?»
Ecco l'artefice di tutto: quella matricola impudente di cui non si faceva che parlare da settimane. Correva leggenda che fosse già andato a letto con tutte le infermiere più giovani del Pallet Hospital. La bruna fece un sorrisetto. «Ebbene sì, per pagarmi gli studi ho fatto la modella. E allora?»
Gold cominciò a camminare verso di lei, lentamente. «Sei sicura che questo sia il posto giusto per te, dolcezza?»
Con uno scatto deciso, Blue incrociò le braccia e si tolse la maglietta per gettarla a terra. Nella stanza calò un pesante silenzio, mentre le facce degli altri uomini s'impietrivano. Non esitò ad abbassarsi i pantaloni e sgusciare via, lasciandoli cadere sul pavimento freddo. «Ammirate il culo che ha permesso a Blue Taylor di fare medicina!» esclamò sfacciatamente. «E wow, cos'abbiamo qui? Anche delle tette, incredibile!» proseguì, ironica, sostenendosi le coppe con le mani. «Nessuno qui ha mai visto delle tette?»
Tutti si erano ammutoliti, tranne Gold, che trovò il coraggio di farsi ancora più avanti. «Perché non ci fai vedere qualcosa, eh?»
Blue sorrise e, con aria sensuale, si avvicinò a lui che stava già protendendo avidamente una mano. Ma lei fu più svelta e gliela afferrò all'improvviso, storcendola e facendogli uno scaltro sgambetto col piede per atterrarlo.
«Brutta…» prima che Gold avesse il tempo di insultarla, Blue si era già chinata per raccogliere i suoi indumenti.
«Se speravi di mettermi a disagio… Mi dispiace, ma non ci sei riuscito» lo informò, abbassandosi. Finì a un soffio dalle sue labbra, davanti al suo broncio da bambino troppo cresciuto. «Ora vi lascio: sai com'è, domani devo assistere il dottor Oak durante un intervento» cinguettò, con un sorriso trionfale, prima di fare un gesto distratto di saluto con la mano e uscire, incurante di essere ancora in intimo.
«Dannata strega! Quell'intervento era mio» bofonchiò Gold, rialzandosi. 






Angolo Autrice
Salve gente!

Innanzitutto mi scuso se la Psycho non è granché, ma era nata per essere una Graceful e ho dovuto adattarla maldestramente ai canoni della coppia.
Sulla Dual, beh… Innanzitutto non chiedetevi perché io abbia canzoni del genere sul mio cellulare. Comunque nel manga Belle, Komor e Nero si conoscono appunto a cinque anni e beh, facciamo che il primo giorno d'asilo Nero si è svegliato tardi. (?) (Per l'atmosfera nell'asilo mi sono basata sui ricordi confusi che conservo del mio).
Dovete sapere che ho seguito dieci stagioni di Grey's Anatomy, perciò sono contenta di aver potuto fondere quell'universo a Pokémon. Per chi ha visto la serie, si sarà accorto che ho modificato l'episodio 1x4 adattando la scena ai rispettivi IC: Blue è l'Izzie della situazione, Gold Alex. Inoltre si accenna che Blue abita nel seminterrato, riferimento a Callie.
Colgo l'occasione per spammarvi il mio canale Youtube qui. E niente, alla prossima!

-H.H.-
Per leggere il capitolo anche di Chiara, cliccate qui.
P.S. In quanti si sono accorti che l'immagine per la Dual è fatta allo stesso modo di quella della Chess al capitolo quattro?




 

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Capitolo 11
*** Evening eleven ***


Evening eleven
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Brunettshipping – Mew Mew amiche vincenti (Cristina D'Avena)
 
Aveva un po' come l'impressione di essere seguita, mentre camminava per le vie deserte di Petalipoli, con ancora indosso la divisa di scuola e lo zainetto in spalla. Sembrava non esserci davvero nessuno quel giorno, salvo le macchine occasionali che passavano. Eppure, Vera continuava a sudare freddo e sentire un nodo alla gola. Non sapeva spiegarsi perché. Si girò di scatto per la millesima volta, ma rimase nuovamente delusa nel constatare che non c'era nessuno nascosto dietro al palo, o appiattito contro al muretto di uno sporco bianco della via. Sbuffò, dandosi della sciocca: era solo suggestione, non c'era proprio niente di niente. Riprese a camminare, pensando ai noiosi esercizi di matematica che l'aspettavano all'arrivo a casa, insieme a una sostanziosa merenda a base di latte coi cereali.
Nel frattempo, qualcuno sfruttava la propria agilità per muoversi da un ramo d'albero all'altro, fulmineo, con il guizzo di un sorriso malizioso e divertito. Era un'umana davvero buffa e carina, quella, per questo la stava seguendo. Dava anche l'impressione di essere indifesa, come un cucciolo.
D'un tratto, lei arrestò la sua camminata. Stette immobile qualche secondo, coi pugni stretti. “Okay, ho deciso, ricontrollo solo una volta e poi basta.” Prese un respiro profondo e, quando iniziò a voltarsi, una scaltra figura fece un salto fulmineo.
«Salve, zuccherino» salutò la voce melodiosa di un ragazzo, finito a un soffio dalle sue labbra rosee. I suoi occhi verdi, grandi e penetranti, la fissavano quasi con dolcezza. «Che c'è? Non dirmi che hai paura.»
Vera rimase totalmente pietrificata. «E-Eri tu che mi seguivi» farfugliò, aprendo a malapena la bocca, perché il cuore batteva all'impazzata. Qualcosa le suggeriva che quel ragazzo era strano: in primis, la forma arcuata delle orecchie e i capelli, folti e in disordine. Aveva un che di perverso nello sguardo, non sapeva dire se volesse farle o no del male.
«Il mio nome è Gary» sussurrò soavemente la creatura, prima di avvicinarsi e strapparle un bacio a stampo. Caldo, semplice, improvviso. Quando si ritrasse, Vera era imbambolata e con gli occhi sgranati, oltre che le guance in fiamme, incapace di parlare e di muoversi. «Ciao ciao, zucchero» la salutò in una divertita cantilena, prima di alzarsi in volo e allontanarsi veloce nel cielo.
Rimasta sola e nel silenzio, Vera si sfiorò la bocca, timorosa. «Era reale… O un sogno?» mormorò, sbattendo le ciglia. Sogno o no, quel ragazzo era incredibilmente bello, forse il suo principe azzurro mandato dall'alto.
Quel pomeriggio lo passò a scarabocchiare cuoricini a bordo del quaderno, con la matita in bocca, gettando occhiate alla finestra e ignorando completamente le equazioni.
 
 
Tatushipping, Cassidy POV – È così che finisce (Heather & Alejandro - A tutto reality il tour)
 
Perché non riesco a lasciarla andare? Dovrebbe essere facile. È la mia peggior nemica, ci detestiamo fin dal primo giorno di accademia, perché entrambe vogliamo essere la migliore e non c'è spazio per due sul piedistallo. Si aggrappa con insistenza al mio braccio, non riesco a scrollarmela di dosso e mi fissa coi suoi occhi fucsia, respirando con affanno, più di metà del corpo penzolante a tremila metri d'altezza. Forza, Cassidy, mollala e toglitela per sempre di torno.
«È… Davvero così?» ansima, facendomi sussultare, e mi accorgo che adesso sorride. Ma è un sorriso mesto, rassegnato, e ha smesso di dimenarsi fastidiosamente. «Vuoi davvero avere la vittoria così? Buttandomi giù da un burrone?»
Sento un'improvvisa scarica di gelo percorrermi il corpo e ammutolisco. Rimaniamo per molto in silenzio, con lei sospesa tra la vita e la morte, il vento che mi fa rabbrividire nelle spalle.
Perché diavolo non la sto lasciando? Perché permetto ai sentimenti di sopraffarmi? Non avrei più una rivale se lei morisse, tutto sarebbe così noioso… Mi… Mancherebbe.
Soffoco immediatamente quel pensiero molesto e, con uno scatto deciso, tiro. Verso di me. Entro pochi secondi, sento il peso di Jessie schiacciarmi, le nostre gambe snelle e femminee si scontrano timidamente. Continua ad ansimare, una mano a stringere la divisa logora all'altezza del cuore e l'altra sul terreno per reggersi, mi sembra quasi di percepire i suoi battiti agitati pulsare nell'aria.
«Perché non l'hai fatto?» è la domanda che le esce spontanea, mentre cerca di riprendersi.
Stiamo immobili, il tempo sembra scorrere più lento.
«In fondo…» Mi scappa un sorriso. «Anche tu fai parte del Team Rocket.» Suona come una giustificazione macchiata di vanità, lo so, ma non importa, perché anche lei sorride. E quando mi accorgo che siamo ancora in quella posizione, arrossisco e distolgo lo sguardo. «Adesso levati» biascico, in tono più stizzito e mugugnato.
 
 
Preciousmetalshipping – Hero (Starstruck)
 
«Come sarebbe che Silver è ancora lì?!» gridò Gold, infervorato, al punto che Crystal quasi si spaventò della furia nei suoi occhi aurei. «Io vado dentro!»
«Non farlo, stupido! È pericoloso!» provò ad avvertirlo, sfiorandogli il braccio, ma lui si scostò con un brusco scatto e prese a correre verso la torre. «Gold…» mimò appena lei con le labbra, sentendo le lacrime salire prepotentemente, incontrollabili. “Arceus, ti prego, fa' che vada tutto bene…
Gold era entrato nell'edificio e faceva saettare lo sguardo da una parte all'altra, ma lui non c'era. Dove diamine si era cacciato quell'idiota?! L'afa distorceva l'aria e le fiamme si disperdevano, distruggendo tutto sul loro cammino. Fiamme avide, divoratrici, ma lui non gli avrebbe permesso di divorarsi anche Silver.
Corse, sentendo il respiro mancargli, la testa che iniziava a girare e i polmoni bruciavano terribilmente, come se avesse un tizzone in gola. Ma non gli importava, erano tutte cose futili, non si sarebbe fermato finché non l'avesse trovato. Spalancò la porta dell'ultimo piano con un calcio e lo vide.
Era in un angolo, la frangia cremisi gli copriva la fronte, senza lo straccio di una maledetta espressione sul viso, intorno a un cerchio di fiamme che illuminavano quegli scrostati muri di un acceso arancio.
«Cosa stai aspettando?!» gli gridò da lontano, mentre si avvicinava con passo spedito, i pugni stretti e l'adrenalina che ancora animava ogni fibra del suo corpo, come se gliela avessero iniettata direttamente in vena con una siringa.
Silver alzò il viso, lentamente. «Lasciami qui, Gold» sussurrò e a spaventare il moro fu proprio che nella sua voce non c'era insicurezza. Piatto, deciso a morire in quella torre pericolante, ad abbandonarsi mollemente alla sorte, arrendersi senza lottare.
«Non dire cazzate» bofonchiò, stringendo convulsamente i pugni. Con la spavalderia e l'incoscienza che solo lui poteva vantare, prese la rincorsa, e lo fece. Attraversò quel muro di fuoco in pochi secondi, incurante del dolore che prese a corrodergli la carne come acido.
Agguantò Silver per le spalle, con fermezza, premendo con le dita sulla stoffa della sua casacca. «Andiamocene da qui» dichiarò solo, guardandolo intensamente.
E Silver sembrò svegliarsi dalla trance in cui era caduto. Non disse niente, bastò un lento cenno del capo e Gold, d'istinto, gli prese la mano. Con le guance sporche di fuliggine, mostrò uno dei suoi sorrisi più sinceri, sfiancato dalle bruciature che sentiva pulsare sotto agli abiti anneriti. «Facciamolo, insieme.»
 
 

 
Angolo Autrice
Salve!
Allora, andiamo con ordine. Gary lo trovo perfetto come il Quiche della situazione, che con la sua sfacciataggine riesce a sorprendere una Vera sosia di Strawberry~ che sono la mia otp Mark al rogo
Riguardo alla Tatu, immaginavo di produrre qualcosa di scontato e invece sono riuscita a farla meglio di quanto pensassi. Il nesso con la canzone è che Heather e Alejandro otp ovunque fossero rimasti finalisti e Alejandro stesse per abbandonare Heather sotto un masso, però poi cambia idea e la salva.
Sulla Precious, il fatto è buffo. Per un attimo ho pensato sarcasticamente di avere l'Inno nazionale dei vigili del fuoco tra le canzoni ed ero tentata di usarlo per ispirarmi… Da lì l'idea dell'incendio che ho ricollegato subito a loro – non so perché – e poi beh, ho trovato una canzone più seria e adatta al contesto (che solitamente mi ispira Advance).
Spero sia piaciuto a qualcuno, perché a me è piaciuto più del solito scriverlo. Ah, buon rientro a scuola, gente…
Alla prossima! 
-H.H.-
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Capitolo 12
*** Evening twelve ***


Evening twelve
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Sapphirepearl, AU – Volevo te (Giusy Ferreri)
 
Se n'era accorta subito, Vera, che Lucinda non stava bene. Era accaldata e aveva replicato con voce fievole a Dalia di non voler salire sul palco insieme a Gary per eseguire il loro pezzo del balletto, ma l'insegnante era stata irremovibile. Così, sbuffando, la quindicenne aveva salito le scale mentre la musica ad alto volume proveniente dalle casse riempiva l'aria. E l'amica le aveva rivolto uno sguardo dispiaciuto, non potendo far altro. Stava visibilmente male, con quelle guance purpuree, eppure riusciva a essere lo stesso splendida. Volteggiava con grazia, innalzava le gambe esili come bastoncini, lasciava che la mano del suo compagno la facesse indietreggiare e che afferrasse al volo il suo corpo minuto nei casquet. In ogni suo movimento, sotto quella luce, c'era eleganza. Un'eleganza da cui Vera era a dir poco stregata: era così bella da sembrare un cigno. E lo pensava sinceramente, nel vederla muoversi con la fronte imperlata per lo sforzo. E, quando le ultime note scemarono, rimase ferma per alcuni istanti con una gamba più avanti dell'altra, poi scese dal palcoscenico con fretta, perché non ce la faceva più.
Infatti, la professoressa d'inglese non disse niente quando la vide avviarsi verso la porta in fondo alla sala. Convinta che il coro non avesse così tanto bisogno di lei, anche Vera sgattaiolò furtivamente via e raggiunse lo spogliatoio male illuminato.
Lucinda sedeva su una panca, accanto al suo zaino con appeso un grazioso pompon, le ginocchia unite e le labbra contratte.
«Come ti senti?» le domandò, apprensiva, andandole accanto.
«Ho la nausea» rispose l'altra, posandosi una mano sullo stomaco. «Era così necessario farmi ballare? Adesso sto ancora peggio…»
Vera le sfiorò dolcemente una spalla. «Tra un'ora potremo andare a casa, dai, resisti ancora un po'.»
Restarono in silenzio, con l'amica che abbandonava la testa sulla sua spalla, godendosi la quiete. Sentivano arrivare altra musica dall'esterno, ovattata.
Poi, dopo un po', udirono qualcuno bussare con forza alla porta scorrevole. Si scambiarono uno sguardo d'intesa e, senza bisogno di dirlo, si alzarono in simultanea.
«Ragazze, dovete rientrare.» Il professor Rowan, senza dubbio. Non ottenendo risposta, fece scorrere l'ingresso e non vide niente, a parte cartelle buttate a terra e felpe femminili negli appendini. Fece un verso pensieroso e richiuse, andandosene.
Nel frattempo, rintanate in uno degli angusti bagni adiacenti allo spogliatoio, le due ragazze tirarono un sospiro di sollievo. Erano appiccicate, le fronti e le bocche rosee che non si sfioravano di pochi millimetri.
«S-Sarà meglio uscire…» balbettò Vera, un po' in imbarazzo. Fece per spostare il piede, ma scivolò sul pavimento troppo liscio e, per sbaglio, finì ad aggrapparsi alla maglia di Lucinda. E le labbra si sfiorarono, un contatto morbido e dolce. E quando riaprirono gli occhi, separandosi, si scambiarono due sorrisi timidi. Sì, perché ad entrambe non era dispiaciuto e si sentivano invase dalla vergogna e dalla confusione, non capendo perché non si fossero ritratte.
 
 
Farawayshipping, What if? – Joy of love (Cosmic Baton Girl OST)
 
Reggie, quel giovane dagli sbarazzini capelli color malva, era stato davvero gentile a offrirle un passaggio per Fiorlisopoli! L'imbarcazione, modesta ma non per questo poco degna di fiducia, si allontanava dal porto di Olivinopoli e le altre barche ormeggiate al molo diventavano più piccole, tante sagome bianche leggermente mosse dall'acqua.
«Stai attenta, mi raccomando» la avvertì il capitano, intento a manovrare saldamente il timone. Vera fece un verso d'assenso accompagnato da un cenno del capo. Poi il suo sguardo si posò nuovamente nell'angolo: quel ragazzo dall'aria torva era ancora imbronciato. Non sapeva il suo nome, perché le aveva rivolto solo un'occhiataccia intimidatoria in risposta al suo pacifico e allegro saluto prima di salire a bordo, ma supponeva che fosse il fratello minore dell'altro. Non gradiva la sua presenza, neanche lontanamente, era palese. Il motivo? Un mistero.
Mentre la Coordinatrice si perdeva a studiarlo di nascosto, un'onda più brusca fece ondeggiare il motoscafo. Soffocò un gridolino e perse l'equilibrio, inciampando in avanti. E, per una coincidenza sfortunata, l'appiglio a cui le capitò di aggrapparsi fu proprio una spalla del giovane. La sua mano inguantata la sfiorò delicatamente. Sui visi di entrambi, per la durata di pochi istanti, spaziò un'innocente curiosità; la distanza era così ridotta da essere perfetta per un bacio. Ma non ci fu nessun bacio, perché il viola la scostò con un gesto stizzito e un'ira cieca nello sguardo.
«Stai lontana da me, ragazzina» sibilò. C'era un disprezzo quasi palpabile nei suoi occhi scuri, quasi fosse un Ursaring inferocito pronto a dilaniare crudelmente una preda, anche per il modo nervoso in cui digrignava i denti.
Vera si tirò indietro, curvando la bocca in una smorfia. «Ragazzina?» ripeté, oltraggiata, stringendo i pugni avvolti nei guanti bicolore. «Guarda che ho sedici anni, io!»
Dopo aver sentito quella rivelazione sbottata con capriccio, l'altro abbassò il capo e decise di ignorarla. Tuttavia, non riusciva a nascondere il lieve rossore sulle gote. Prese a fissare il mare, per cercare di calmarsi con il moto sereno delle onde.
Non spiegandosi quella reazione, gli occhi limpidi e curiosi di Vera si posarono sull'altro, che le fece cenno di avvicinarsi. Lei obbedì, ben attenta nel salire il gradino, un po' timorosa di cadere di nuovo.
E l'Allevatore accostò la mano libera al suo orecchio, per sussurrarle con un sorriso complice: «Il mio fratellino ne ha solo quattordici.»
 
 
Advanceshipping – Counting Star (OneRepublic)
 
Destandosi dal suo sonno stranamente più leggero del solito, Ash restò un po' a fissare il cielo stellato. Poi ruotò di poco la testa, scrutando l'ambiente attorno a sé: Brock era immobile come una statua e Max sembrava quasi un angelo, senza occhiali, col suo visetto tondo. L'ultimo sacco a pelo, quello di cotone rosa, era vuoto.
D'istinto scostò il proprio e si alzò, infilandosi le logore scarpe da ginnastica. Dov'era andata Vera? Probabilmente anche lei stava facendo due passi. Senza curarsi di essere in pigiama, decise di camminare un po' per il bosco, attento nello spostarsi a non urtare il corpicino del suo compagno giallo.
Trovò Vera poco distante. Era seduta sul prato intriso di rugiada, assorta a guardare il lago giù dalla radura.
«Ehi.»
Quel saluto la fece sussultare dalla sorpresa e quando si voltò, lo sbigottimento lasciò posto a un sorriso dolce, mentre si portava una mano al cuore. «Oh, mi hai spaventata.»
«Scusa, anche io non riuscivo a dormire» commentò il ragazzo, sedendosi accanto a lei. «Che bella vista da qui, eh?»
Vera annuì. Si abbracciava le ginocchia, un po' timidamente. «Oggi avrò un'altra Gara...» disse solo, a bruciapelo, sottintendendo che fosse il motivo della sua insonnia. L'agitazione era così tanta da crearle un groppo in gola e il fantasma dell'angoscia non la lasciava in pace.
«Non preoccuparti» esordì il moro, con un sorriso affabile. «Sarai fantastica, devi solo crederci.»
Lei si incantò a guardarlo per alcuni istanti, imbambolata, ridestandosi con uno sfarfallio di ciglia. Aveva sempre la cosa giusta da dire per tirarla su di morale. Sorrise di rimando, più serena: il peso che portava nel cuore sembrava essersi alleggerito almeno un po'.
Lo sguardo di entrambi corse all'alba, che si affacciava – timida e di un arancio tenue – all'orizzonte. Si godevano l'uno la compagnia dell'altra, in quel silenzio rotto dai limpidi pigolii dei Taillow, con la linfa bagnata a solleticargli le mani. Senza bisogno di altre parole, in attesa del veder sorgere un nuovo giorno.

 

 
Angolo Autrice
Lo so, siamo in ritardo pazzesco. Ma siamo riuscite ad aggiornare, finalmente.
Ormai con le yuri ci ho preso la mano. Il collegamento con la canzone è dovuto al fatto che nella mia scuola ci sia il laboratorio di danza e l'anno scorso, nonostante stesse male, la prof ha costretto la ballerina principale a provare proprio Volevo te.
Poi, sono soddisfatta della Faraway. Non è AU, perciò si ipotizza che in qualche modo finiscano tutti a Johto e s'incontrino, comunque sia è stato divertente rifarmi a Comet e Keisuke, una delle mie più grandi OTP di bimba.
L'Advance è abbastanza random, nata sul mio diario scolastico, ma spero vi sia piaciuta.
Chiudo qui, alla prossima!
-H.H.-

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