Hearts beating.

di kellsdarkside
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1. ***


Lui era come un temporale estivo, arrivava in un attimo versando acqua ovunque, distruggendo anche, alle volte, e poi si ritirava, lasciando tutto così come veniva.
Kellin. 
Kellin si sentiva come un temporale, o meglio, si sentiva come un temporale distruttore. Lo considerava la sua unica utilità, l'unica sua ragione di vita, l'unico modo per andare avanti, distruggere.
Nel giro di qualche minuto sarebbe arrivato al college, e come idea non gli piaceva, non gli piaceva per niente.
Andare al college significava vedere delle persone, vedere delle persone significava socializzare (o per lo meno provarci), e socializzare significa sempre distruzione. E per di più detestava il contatto umano più di qualunque altra cosa, preferiva starsene da solo, in disparte, a contemplare il mondo dalla sua angolazione, senza sapere il parere di nessuno.
Il bus frenò in un lampo, o forse frenò lentamente, lui non lo sapeva, perdeva spesso la cognizione del tempo, e dopo diventava difficile riuscire a percepite certe cose, ma nell'esatto istante in cui tornò alla realtà prese il suo borsone con decisione e si affrettò ad uscire da quella scatola di sardine. Odiava i pullman più di ogni altra cosa, il fatto che poi fossero sempre così affollati incrementava la voglia di fare anche dei chilometri a piedi, piuttosto che schiacciarsi all'interno di uno di quei mezzi di trasporto infernali. 
Avrebbe voluto pensare cose allegre, farsi dei buoni propositi per il nuovo anno, ma non disse niente, non pensò niente.
La sua borsa conteneva un po' di vestiti e un paio di dischi, tutto ciò di cui aveva bisogno rimaneva racchiuso dentro al suo borsone blu.
Si avviò verso il banco informazioni, o qualcosa con un nome simile, che potesse dirgli dove andare e cosa fare. Le persone sembrano tutte così allegre e felici, proprio come nei dépliant pubblicitari sparsi un po' ovunque, tutti tranne Kellin.
"Alla fine nei dépliant non viene inserito mai nessun Kellin" pensò tra sé e sé. Quel pensiero riuscì a renderlo felice e triste nello stesso istante, e gli capitava spesso di provare sensazioni contrastanti nello stesso istante, ma cercava di non preoccuparsene troppo. Gli diedero le varie mappe con le indicazioni necessarie per raggiungere le le aule, la chiave della camera e il regolamento scolastico, con le cinque principali regole del college da non infrangere mai.

Regolamento scolastico:
1- È severamente vietato fumare e consumare alcolici all'interno dell'istituto.
2- È severamente vietato rapporti sessuali all'interno dell'istituto.
3- È severamente vietato introdurre droghe all'interno dell'istituto.
4- È severamente vietato partecipare e o scatenare risse all'interno dell'istituto.
5- È severamente vietato il rubare libri o oggetti di qualunque tipo dalla biblioteca o da qualunque altra aula.
Si prega gli studenti di mantenere queste regole per rendere il college un posto sicuro e accogliente, per fare in modo che la vostra permanenza qui possa essere un'esperienza tranquilla e motivante.

"Non si può respirare all'interno dell'istituto, è severamente vietato" pensò Kellin cominciando a ridere da solo, trovando la sua battuta estremamente divertente.
Dopo essersi ripreso dalla sua pungente ironia si prestò a raggiungere l'ala nord dei dormitori, stanza 572.
Superò quattro edifici, tre rampe di scale ed una ventina di porte, raggiunse la stanza 572, da cui proveniva un assordante rumore di musica metal ed un forte odore di fumo. Kellin si affrettò ad aprire la porta, e sentì il fumo piombargli addosso come un assassino pronto ad uccidere, inebriandogli le narici e accecandolo per qualche secondo. Nel preciso istante in cui riprese controllo del suo corpo notò un ragazzo, qualche anno più grande di lui, coi capelli lunghi fino alle spalle ed una sigaretta incastrata tra le labbra. 
Era sdraiato nell'unico letto singolo presente nella stanza, con la testa al contrario ed i capelli per aria. 
"Buongiorno matricola!" Lo salutò allegramente il ragazzo, bloccando la musica e scendendo dal letto.
Kellin posò la sua borsa a terra e prese a guardarlo interrogativamente.
"Benvenuto a Northway. In quanto più grande ed intelligente della stanza io prenderò il letto singolo, quello su cui avevo il culo poggiato fino a poco fa, e invece tu dividerai il letto a castello col ragazzo morto" esclamò con parecchia, forse fin troppa, enfasi.
"Chi sarebbe il ragazzo morto?" Domandò Kellin al capellone. 
"Si chiama Charles Duty, è segnato su tutti i registri e gli elenchi, ma nessuno si è mai accorto della sua assenza, la leggenda narra che sia morto prima di varcare l'istituto, e dato che mi piace dividere la camera con me stesso lo aggiungo alla lista del dormitorio ogni anno. Ma a quanto pare le stanze sono abbastanza grandi perché ci stiano tre persone, e quindi hanno incluso anche te. Dieci anni di lungo lavoro per permettere a Charles di passare tutto il suo tempo assieme a me, e tutto d'un tratto mi mandano la solita matricola timida". Raccontò con sempre più foga il ragazzo, togliendo le parole mai esistite dalla bocca di Kellin. 
"Comunque sono Kellin Quinn" si affrettò a dirlo, velocemente e con tono basso, non voleva rischiare che lo interrompesse per cominciare un ulteriore discorso senza fine. 
"Vic - esclamò ancora più velocemente l'altro - e benvenuto all'inferno".

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Capitolo 2
*** Capitolo 2. ***


Era ormai completamente stravaccato sul suo banco, e gli sarebbe piaciuto essere in fondo, in modo che nessuno lo vedesse, e malgrado l'ultimo banco fosse appartenuto a lui per tutti gli anni del liceo lì non funzionava più così, il primo giorno la sveglia suonò in ritardo, e per quanto velocemente corse, tutto quello non bastò. Entrando nell'aula trovò tutti i posti occupati, tra quelli dietro nemmeno un buchino per lui e più avanti tutta la prima fila piena di gente coi quaderni degli appunti aperti ed una serie di matite temperate riposte davanti per permettere loro di prendere appunti nella maniera più veloce ed ordinata possibile. 
L'unico banco libero era quello in seconda fila, fortunatamente vicino alla finestra, piccolo e quasi del tutto coperto da incisioni fatte da un coltellino, con una gambe più corta delle altre e quindi leggermente traballante. 
Si sedette buttando lo zaino in terra, seccato dal generale chiacchiericcio di persone che molto probabilmente non gli sarebbero piaciute mai e a cui non sarebbe piaciuto mai. 
Nell'esatto istante in cui Kellin entrò in classe e fu obbligato a sedersi in quel secondo banco si rese conto di aver scelto il corso meno partecipato dell'intero college, e quando la professoressa entrò si rese conto di aver scelto anche il corso più noioso dell'intero college. 
Non scelse in maniera coscienziosa le cose che gli sarebbe piaciuto di più studiare, più che altro fece un po' a caso, tanto per prendere parte a qualche corso e fare due esami, una volta ogni tanto. 
Lui, alla fin fine, non ci voleva nemmeno andare al college, ma suo padre non l'avrebbe mai aiutato in un futuro se avesse deciso di non farlo, quindi strinse i denti e decise di fare lo sforzo, malgrado la generale idea di quel luogo gli desse il voltastomaco.
Con la schiena chinata sul banco e le braccia strette nel maglione fissava il cortile, guardando qualche studente camminare a zonzo per i prati, non prestando attenzione alla lezione.
La professoressa di cui aveva già dimenticato il nome era un'anziana signora dai ricci bianchi, con indosso uno scialle a fiori, a lei probabilmente non importava nulla degli studenti che non prestavano attenzione, le bastava spiegare la lezione e le andava bene così, e questo a Kellin piacque fin da subito. 
Guardando il cielo scurirsi pensò a Vic, la sera prima lasciò la stanza affermando di avere "degli affari da svolgere", poi Kellin si addormentò ed il mattino dopo si trovò ancora solo nella stanza, il letto di Vic era disfatto e Kellin non aveva idea se quella notte fosse tornato o meno a dormire, ma considerando quel poco che aveva capito di Vic, era una di quelle persone che il letto non lo fanno mai, e quindi non si preoccupò più di tanto. 
Appoggiò il mento sul banco e passò tutta la lezione, e tutte le ore di quella giornata, in quella posizione, non prestando attenzione ai lunghi discorsi senza capo né coda dei suoi professori, e quando finalmente ebbe la possibilità di uscire all'aria aperta, si sentì libero.
Fuori il tempo era migliorato, un leggero sole scaldava l'aria e rendeva tutto molto più allegro, persino Kellin si sentì meglio.
Si cercò una panchina un po' isolata, cercando di tenersi lontano da qualche squilibrato in cerca di amicizia, e riuscì a scorgerne una sotto a qualche albero, che apparentemente nessuno aveva notato, quindi accelerò per riuscire a sedercisi prima degli altri, e quando finalmente la sentì a contatto col suo sedere percepì una forte felicità e sorrise quasi. 
Quasi, perché Kellin non sorrideva mai veramente, solo finto sorrisi, solo cose fasulle, nulla di vero, reale o lontanamente emotivo, non aveva mai sorriso per davvero, e probabilmente mai l'avrebbe fatto, non perché non ci tenesse o non volesse fare un vero sorriso, ma era parecchio convinto di non aver trovato niente che potesse creare in lui una tale sensazione. Era fatto così, freddo ed inerme nei confronti di qualunque cosa.
"Pss" sentì un leggero sussurro, che ignorò, convinto che non fosse rivolto a lui. 
"Psss" lo sentì ancora, ma più intenso, e decise di fare finta di niente. In quel momento sedeva in una posizione comoda e non aveva alcuna intenzione di spostarsi. 
"Kellin!" il sussurro divenne quasi un gridolino, ed in quel momento capì che era proprio diretto a lui, ma capì anche chi lo aveva chiamato.
Si voltò ed intravide una piccola figura accovacciata tra le piante, nella penombra. 
Non ebbe bisogno di scorgere il cappellino con la visiera girata per capire che quello era proprio Vic, il suo compagno di stanza.
"Vieni!" gli fece velocemente segno anche con la mano. 
Se fosse stato chiunque altro avrebbe probabilmente optato per uno sguardo di disapprovazione o gli avrebbe risposto male, ma Vic era l'unica persona che conosceva lì, e malgrado potesse sembrare un po' strano alla fine non gli dispiaceva, ed una luce strana gli brillava negli occhi, quando lo chiamava dai cespugli. 
Quindi Kellin si alzò, trascinandosi lo zaino dietro senza metterselo in spalla. 
Quando fu più vicino a Vic si chinò leggermente, e si accovacciò accanto all'altro ragazzo, in mezzo alle piante e ai rovi. Constatò fin da subito che quella posizione era troppo scomoda e che non sarebbe riuscito a mantenerla per molto, ma una volta lì si girò verso Vic e lo guardò, aspettandosi delle spiegazioni.
"La vedi quella ragazza laggiù?" Indicò una biondina seduto con un'altra ragazza a chiacchierare allegramente, erano parecchio lontane da loro, ed era impossibile che li notassero. 
"Lei è Susan Hoy, la fidanzata di Stuart, o almeno lo era, si è scopata un'insegnante, l'insegnante di fisica di Stuart, e lo vedo come un tradimento bello e buono, non solo perché si è trombata il professor Schmidt, ma perché Stuart adora la fisica. Insomma, è come se Susan si fosse scopata una delle più grandi passioni di Stuart" Kellin guardò attentamente Vic, con le sopracciglia corrugate e lo sguardo perso.
"Non pretendo che tu capisca" disse Vic, con la solita enfasi "Insomma, quello che ho fatto è stato rubare un serpente dal laboratorio di biologia, e devo dire che era un serpente bello grosso. Quindi cosa ho fatto, la scorsa notte ho attraversato mezzo campus a piedi, ho preso il serpente dalla sua teca, e c'era uno strano timbro, spero fosse malato e che mordendola a lei venga un'infiammazione ai genitali che la segni per la vita, in ogni caso l'ho portato attorno al mio collo fino allo spogliatoio delle ragazze, in palestra, e l'ho infilato nel suo armadietto, così questo pomeriggio, prima del suo allenamento di volley, aprendolo, troverà una dolce ma viscida sorpresina sotto alla sua tuta. Stuart in genere mi aiuta in spedizioni come questa, ma è rimasto in camera sua, depresso, a pensare alla sua amata Susy che si scopa quel palle mosce".
A Kellin la situazione parve un po' più chiara, e per quanto Vic potesse sembrargli bastardo, agiva per aiutare un amico, e lo capì in quel momento. 
"Loro lo sanno che la maggior parte degli scherzi li facciamo io e Stu, eccome se lo sanno, il problema è che non riescono mai a beccarci, riusciamo sempre ad anticiparli, e per quanto sia palese il fatto che ormai siamo noi, non hanno mai avuto prove sufficienti per incastrarci, se non qualche voce. Quindi ora noi due ci giriamo, camminiamo in quella direzione e torniamo al dormitorio, parliamo di filosofia, o di qualunque cosa che non riguardi ciò che ti ho appena detto. Dobbiamo essere invisibili, sembrare due tra quelli nella massa, pensi di riuscirci?" Kellin annuì. 

Restare impassibile fu più difficile di quanto Kellin immaginasse, aveva così tante domande da porgli, riguardo a Susan, a Stuart, ed anche al professore di fisica, e per quanto si trattenesse, ogni volta che tentava di aprire bocca sembrava che le parole fossero pronte a uscirgli così, senza controllo, ed ogni volta Vic lo fulminava con lo sguardo. Non poteva permettere che quella matricola rovinasse il lavoro e i piani di due anni di college, lui e Stuart pianificavano tutto, ogni cosa, e non avrebbe permesso che una parola in più, sfuggita dalla bocca di Kellin, distruggesse tutto. 
Ci vollero venticinque minuti per raggiungere il loro edificio, entrambi avrebbero corso, con tutte le forze che aveva in corpo, ma avrebbe dato nell'occhio, e non potevano permetterselo. 
Quando finalmente raggiunsero il loro piano dopo tutte le rampe di scale, Kellin sentì le gambe che gli cedevano, e percepì il bisogno di sedersi, ma la curiosità ed il mistero che giravano attorno a tutta quella vicenda gli fecero passare la voglia di andare a stendersi. 
La stanza di Stuart era la prima del corridoio, dall'altra parte confronto a quella di Vic. 
Roger, il compagno di Stuart, un matematico perso, origliava puntualmente le conversazioni tra Vic ed il suo compare, e questi, per non rischiare che a Roger scappasse una parola di più, iniziarono a riunirsi nell'altra stanza. Charles, il ragazzo morto, era il miglior compagno che potessero desiderare.
Vic bussò alla porta tre volte, poi aspettò un istante e bussò ancora una volta, più piano. 
Aspettarono qualche secondo e poi la porta si aprì. Stuart sorrideva, sorrideva tanto, troppo, il tutto era innaturale. 
"Stu, se ti fai l'erba così quando quella merda del tuo compagno torna va sicuro a parlare con qualcuno e ti fa cacciare, lo sai questo, vero?" Stuart non lo guardò nemmeno, con lo sguardo perso nel vuoto ridacchiò appena. 
"Ho messo l'erba nell'ufficio di palle mosce" continuò ridendo Stuart. E rideva, rideva forte, e gli scese qualche lacrima.
Kellin vide Vic sbiancare. Il più basso si tolse il cappellino per mettersi le mani nei capelli.
"Cazzo" sussurrò.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3. ***


Susan camminava al fianco di Mary, erano da poco uscite dal loro dormitorio, in grande anticipo, e si dirigevano in direzione della palestra, per fare il primo dei cinque allenamenti settimanali di volley.
Mary era euforica, le stava raccontando della notte prima e di quanto Lucas fosse bravo a letto, e malgrado non le importasse nulla di Lucas, finse il contrario, cercando di rendere il suo interesse il più reale possibile.
Dopo aver camminato per dieci minuti buoni raggiunsero la palestra, salutarono la loro coach, come ogni giorno e si avviarono verso lo spogliatoio.
Mary continuava a parlare, come fosse una macchinetta, e Susan ormai non la ascoltava più.
Appoggiò il borsone sulla panca e si tolse la t-shirt, rimanendo in reggiseno.
L'aria fresca arrivò dritta sulla pelle, quindi si avviò a girare della rotella dell'armadietto. Lo aprì velocemente, e tirando fuori la tuta la sua mano sentì qualcosa di strane, tolse velocemente i vestiti dall'armadietto e lo vedi lì, ma strisciare lentamente.
Urlò.

Stava sdraiato sul letto.
Era spaventato, spaventato a morte.
Conosceva Vic da un giorno, più o meno, e l'aveva già visto euforico, e poi preoccupato, ed infine terrorizzato. Si sentiva impotente, sentiva di doverlo aiutare, ma non sapeva come, non lo conosceva così bene.
Toccò il soffitto sporco, stare sul letto di sopra gli piaceva proprio per quello, adorava toccare il soffitto con le mani, si sentiva più forte di tutti.
Si girò, mettendosi a pancia in giù, sbirciando sotto. Vic era seduto, con i gomiti appoggiati alle ginocchia e le mani sugli occhi. Da quando erano entrati nella stanza non si era mosso nemmeno di un millimetro. Il suo cervello viaggiava alla ricerca di una soluzione, ma nulla pareva sensato.
Kellin lo guardò a lungo prima di proferire parola, aveva notato la preoccupazione di Vic fin da subito, ed una sola parola sbagliata avrebbe facilmente rovinato ogni cosa, e non poteva permetterselo.
"Non potremmo semplicemente andare nell'ufficio del professor Schimdt e prendere l'erba?" chiese Kellin, timoroso.
Vic si alzò, lo guardò negli occhi per un attimo e si mise a camminare avanti e indietro nella piccola stanza.
"Non possiamo, magari fosse così facile. Potrebbero vederci, ed in ogni caso lui potrebbe già averla trovata, e se l'ha nascosta il fatto non verrà fuori, ma se gliela trovano i casi sono due: o lo licenziano, o credono in lui e cercano di trovare chi è stato a metterla nel suo ufficio, ma se beccano Stu, sempre se ci riescono, non si farà indietro a parlare della storia di Susan, quindi Schmidt lo licenziano sicuro, sempre se non riesce a farla sparire subito, cosa che dubito dal momento che lui non avrà mai avuto a che fare con una cosa del genere, sono più che sicuro" la parlantina di Vic andava avanti come un uragano, senza fermarsi mai.
Kellin si rese conto di quanto fosse gradevole sentirlo parlare, malgrado saltasse molto velocemente da un argomento all'altro.
"Kellin, ormai sei coinvolto, e non posso fare finta che tu non sappia nulla, perché la verità è che sai, e sai anche troppo. Ormai sarai parte del gruppo, e non puoi tradirci. Oggi ci teniamo tranquilli e distaccati, e passiamo all'azione domani notte. Tutto chiaro?"

Roger digitava velocemente i tasti del suo computer mentre Stuart leggeva "Il grande Gatsby", l'aveva preso in prestito dalla biblioteca, era stato Vic a consigliarglielo. Inizialmente non credeva che Vic fosse un grande lettore, invece leggeva mostruosamente qualunque cosa gli capitasse a tiro, era convinto di aver letto ogni libro contenuto nei primo tre reparti della biblioteca del college. Rimase del tutto ammaliato da Gatsby e la sua storia, e quando lo finì costrinse il suo amico a leggerlo. Stuart non amava i libri.
A dire il vero li detestava proprio.
La metà delle volte si perdeva tra le righe, pensando ad altro, o proprio decideva di lasciarli a formare una torre sul comodino, a prendere polvere.
E per quanto potesse davvero trovare Gatsby interessante, sotto certi punti di vista, sapeva che quel libro avrebbe fatto la fine di tutti gli altri.
"Hai sentito che è successo?" disse Roger, non spostando lo sguardo dal computer, rimanendo nella sua solito posizione ingobbita e con gli occhiali pendenti dal naso.
Stuart sbiancò, era cosciente delle follia che aveva compiuto, e pensare che potessero aver già trovato l'erba lo terrorizzò a morte.
"Ehm... No... Cosa?" Cercò di mostrarsi sorpreso, malgrado chiunque si sarebbe accorto dalla sua voce che c'era qualcosa di strano, ma Roger scriveva sul computer, non si sarebbe mai accorto di una cosa del genere.
"Dicono che la tua ragazza si sia trovata due metri si serpente nell'armadietto della palestra" ridacchiò Roger.
Stuart fece un respiro di sollievo, non si sapeva ancora nulla della droga, e sperava che la questione non sarebbe mai venuta fuori.
Quella sera avrebbe parlato con Vic, avevano bisogno di organizzarsi, ed avrebbero agito come era solito fare.

Qualcuno voleva incastrarlo, era evidente che qualcuno aveva intenzione di farlo licenziare, ma chi? Un insegnante? Forse uno studente? Non lo sapeva, ed al momento non era importante, ma sicuramente non era stato un incidente, l'erba era nel cassetto della sua scrivania, in bella vista.
La sua sudorazione aumentò, cosa poteva fare? Dove metterla?
Si slacciò la cravatta e sbottonò i primi bottoni della camicia, cercando di respirare meglio. Si trovava in in totale stato di paura e preoccupazione che l'avrebbe ricordato per tutta la sua vita.
Raccolse velocemente la sua valigetta, la poggiò sulla scrivania, la aprì e ci infilò dentro tutta la roba che qualcuno aveva lasciato lì, non sarebbero riusciti a fregarlo, proprio no.
Uscì frettolosamente dall'ufficio spegnendo la luce.
Non aveva scelta, l'avrebbe seppellita.

Tre colpi alla porta, poi una pausa ed infine un quarto più leggero.
Vic scattò in piedi, Stuart era lì fuori, e non aveva intenzione di far sapere a nessuno di quelli del loro corridoio di quell'incontro. Bene o male quasi tutti sospettavano che Vic e Stuart nascondessero qualcosa, e fossero coinvolti in cose losche, ma nessuno sapeva con precisione di che cosa si trattasse. E mentre alcuni fingevano di non aver notato nulla, altri erano semplicemente più curiosi, ed ogni volta che uno dei due veniva visto in giro, tutti tendevano le orecchie, per poter captare qualcosa di interessante.
Sia Vic che Stu erano consapevoli di quando fosse facile costruire un paio di pettegolezzi da due frasi, sentite senza sapere altro, e per questo cercavano di essere il più attenti possibile.
Il più basso aprì la porta e Stuart entrò velocemente nella stanza.
Si sedette sul letto di Vic e guardò Kellin.
"Lui chi è?" domandò a Vic, indicando il ragazzo seduto sull'altro letto.
"È Kellin" Stuart di alzò e strinse la mano a Kellin, che rispose con un leggero cenno della testa.
"Quella puttana ha trovato il serpente" ridacchiò Stuart prendendo una sigaretta dal pacchetto di Vic nascosto dietro ai libri vicini al comodino e accendendosene una.
"Molto bene" rispose Vic, prendendone una a sua volta ed offrendone una a Kellin, che la accettò con piacere.
"E palle mosce?" chiese Stuart aspirando il fumo e passando l'accendino a Vic, che a sua volta lo passò a Kellin.
"C'è una sola cosa da fare - Vic si tolse la sigaretta dalla bocca e la prese in mano, poi guardò Stuart - dobbiamo ucciderlo"

ontrario, cercando di rendere il suo interesse il più reale possibile.
Dopo aver camminato per dieci minuti buoni raggiunsero la palestra, salutarono la loro coach, come ogni giorno e si avviarono verso lo spogliatoio.
Mary continuava a parlare, come fosse una macchinetta, e Susan ormai non la ascoltava più.
Appoggiò il borsone sulla panca e si tolse la t-shirt, rimanendo in reggiseno.
L'aria fresca arrivò dritta sulla pelle, quindi si avviò a girare della rotella dell'armadietto. Lo aprì velocemente, e tirando fuori la tuta la sua mano sentì qualcosa di strane, tolse velocemente i vestiti dall'armadietto e lo vedi lì, ma strisciare lentamente.
Urlò.

Stava sdraiato sul letto.
Era spaventato, spaventato a morte.
Conosceva Vic da un giorno, più o meno, e l'aveva già visto euforico, e poi preoccupato, ed infine terrorizzato. Si sentiva impotente, sentiva di doverlo aiutare, ma non sapeva come, non lo conosceva così bene.
Toccò il soffitto sporco, stare sul letto di sopra gli piaceva proprio per quello, adorava toccare il soffitto con le mani, si sentiva più forte di tutti.
Si girò, mettendosi a pancia in giù, sbirciando sotto. Vic era seduto, con i gomiti appoggiati alle ginocchia e le mani sugli occhi. Da quando erano entrati nella stanza non si era mosso nemmeno di un millimetro. Il suo cervello viaggiava alla ricerca di una soluzione, ma nulla pareva sensato.
Kellin lo guardò a lungo prima di proferire parola, aveva notato la preoccupazione di Vic fin da subito, ed una sola parola sbagliata avrebbe facilmente rovinato ogni cosa, e non poteva permetterselo.
"Non potremmo semplicemente andare nell'ufficio del professor Schimdt e prendere l'erba?" chiese Kellin, timoroso.
Vic si alzò, lo guardò negli occhi per un attimo e si mise a camminare avanti e indietro nella piccola stanza.
"Non possiamo, magari fosse così facile. Potrebbero vederci, ed in ogni caso lui potrebbe già averla trovata, e se l'ha nascosta il fatto non verrà fuori, ma se gliela trovano i casi sono due: o lo licenziano, o credono in lui e cercano di trovare chi è stato a metterla nel suo ufficio, ma se beccano Stu, sempre se ci riescono, non si farà indietro a parlare della storia di Susan, quindi Schmidt lo licenziano sicuro, sempre se non riesce a farla sparire subito, cosa che dubito dal momento che lui non avrà mai avuto a che fare con una cosa del genere, sono più che sicuro" la parlantina di Vic andava avanti come un uragano, senza fermarsi mai.
Kellin si rese conto di quanto fosse gradevole sentirlo parlare, malgrado saltasse molto velocemente da un argomento all'altro.
"Kellin, ormai sei coinvolto, e non posso fare finta che tu non sappia nulla, perché la verità è che sai, e sai anche troppo. Ormai sarai parte del gruppo, e non puoi tradirci. Oggi ci teniamo tranquilli e distaccati, e passiamo all'azione domani notte. Tutto chiaro?"

Roger digitava velocemente i tasti del suo computer mentre Stuart leggeva "Il grande Gatsby", l'aveva preso in prestito dalla biblioteca, era stato Vic a consigliarglielo. Inizialmente non credeva che Vic fosse un grande lettore, invece leggeva mostruosamente qualunque cosa gli capitasse a tiro, era convinto di aver letto ogni libro contenuto nei primo tre reparti della biblioteca del college. Rimase del tutto ammaliato da Gatsby e la sua storia, e quando lo finì costrinse il suo amico a leggerlo. Stuart non amava i libri.
A dire il vero li detestava proprio.
La metà delle volte si perdeva tra le righe, pensando ad altro, o proprio decideva di lasciarli a formare una torre sul comodino, a prendere polvere.
E per quanto potesse davvero trovare Gatsby interessante, sotto certi punti di vista, sapeva che quel libro avrebbe fatto la fine di tutti gli altri.
"Hai sentito che è successo?" disse Roger, non spostando lo sguardo dal computer, rimanendo nella sua solito posizione ingobbita e con gli occhiali pendenti dal naso.
Stuart sbiancò, era cosciente delle follia che aveva compiuto, e pensare che potessero aver già trovato l'erba lo terrorizzò a morte.
"Ehm... No... Cosa?" Cercò di mostrarsi sorpreso, malgrado chiunque si sarebbe accorto dalla sua voce che c'era qualcosa di strano, ma Roger scriveva sul computer, non si sarebbe mai accorto di una cosa del genere.
"Dicono che la tua ragazza si sia trovata due metri si serpente nell'armadietto della palestra" ridacchiò Roger.
Stuart fece un respiro di sollievo, non si sapeva ancora nulla della droga, e sperava che la questione non sarebbe mai venuta fuori.
Quella sera avrebbe parlato con Vic, avevano bisogno di organizzarsi, ed avrebbero agito come era solito fare.

Qualcuno voleva incastrarlo, era evidente che qualcuno aveva intenzione di farlo licenziare, ma chi? Un insegnante? Forse uno studente? Non lo sapeva, ed al momento non era importante, ma sicuramente non era stato un incidente, l'erba era nel cassetto della sua scrivania, in bella vista.
La sua sudorazione aumentò, cosa poteva fare? Dove metterla?
Si slacciò la cravatta e sbottonò i primi bottoni della camicia, cercando di respirare meglio. Si trovava in in totale stato di paura e preoccupazione che l'avrebbe ricordato per tutta la sua vita.
Raccolse velocemente la sua valigetta, la poggiò sulla scrivania, la aprì e ci infilò dentro tutta la roba che qualcuno aveva lasciato lì, non sarebbero riusciti a fregarlo, proprio no.
Uscì frettolosamente dall'ufficio spegnendo la luce.
Non aveva scelta, l'avrebbe seppellita.

Tre colpi alla porta, poi una pausa ed infine un quarto più leggero.
Vic scattò in piedi, Stuart era lì fuori, e non aveva intenzione di far sapere a nessuno di quelli del loro corridoio di quell'incontro. Bene o male quasi tutti sospettavano che Vic e Stuart nascondessero qualcosa, e fossero coinvolti in cose losche, ma nessuno sapeva con precisione di che cosa si trattasse. E mentre alcuni fingevano di non aver notato nulla, altri erano semplicemente più curiosi, ed ogni volta che uno dei due veniva visto in giro, tutti tendevano le orecchie, per poter captare qualcosa di interessante.
Sia Vic che Stu erano consapevoli di quando fosse facile costruire un paio di pettegolezzi da due frasi, sentite senza sapere altro, e per questo cercavano di essere il più attenti possibile.
Il più basso aprì la porta e Stuart entrò velocemente nella stanza.
Si sedette sul letto di Vic e guardò Kellin.
"Lui chi è?" domandò a Vic, indicando il ragazzo seduto sull'altro letto.
"È Kellin" Stuart di alzò e strinse la mano a Kellin, che rispose con un leggero cenno della testa.
"Quella puttana ha trovato il serpente" ridacchiò Stuart prendendo una sigaretta dal pacchetto di Vic nascosto dietro ai libri vicini al comodino e accendendosene una.
"Molto bene" rispose Vic, prendendone una a sua volta ed offrendone una a Kellin, che la accettò con piacere.
"E palle mosce?" chiese Stuart aspirando il fumo e passando l'accendino a Vic, che a sua volta lo passò a Kellin.
"C'è una sola cosa da fare - Vic si tolse la sigaretta dalla bocca e la prese in mano, poi guardò Stuart - dobbiamo ucciderlo"

 

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