Shadow's Creed: Piece of the Eden

di EnderScribble
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Nephilim di Londra ***
Capitolo 2: *** Una Piacevole Passeggiata ***
Capitolo 3: *** Il Pandemonium Club ***
Capitolo 4: *** Incontro Notturno ***



Capitolo 1
*** Il Nephilim di Londra ***


Il piroscafo Main avanzava spedito lungo il corso del fiume Tamigi. Camminando sulla passeggiata di prua, a Jack sembrava di poter annusare nell’aria l’odore delle mille opportunità che avevano spinto tutta quella gente a bordo della nave ad imbarcarsi da New York, anche se lui era salito mentre la nave faceva rifornimento in Francia, per cercare una nuova vita nella metropoli di Londra… oltre che ad un forte odore di pesce e acque inquinate.
Passeggiando, notò una giovane ragazza sui sedici anni appoggiata al bordo osservare Londra avvicinarsi sempre di più, si avvicinò e si appoggiò al bordo dando di schiena al fiume. –Magnifica giornata, non trovate?- Mentiva. Il cielo era grigio ed evidentemente in procinto di piovere nonostante fosse ormai maggio, e in più gli enormi camini delle fabbriche appena fuori Londra erano pienamente visibili da laggiù, e non la smettevano di mandare enormi colonne di fumo nero… la ragazza sembrò pensare la stessa cosa. Era carina: capelli marroni riccioluti e occhi grigi intensi e portava una graziosa collana a forma di angelo al collo, ma a Jack importava soltanto fare un po’ di conversazione per passare il tempo.
La ragazza osservò curiosa il suo interlocutore: Jack Hiddenblade poteva sembrare un ragazzo di diciannove anni come tanti; indossava pantaloni e stivali neri, una camicia bianca a maniche lunghe sotto un panciotto nero e una catenella d’argento agganciata alla vita che terminava in una tasca dei pantaloni e all’avambraccio destro teneva un lungo bracciale di cuoio nero con un lungo rettangolo metallico nella parte sotto, il viso era piuttosto rotondo, i capelli castani piuttosto luminosi che gli arrivavano quasi fino alle spalle e occhi anch’essi grigi scuri, il tutto unito con un sorriso che gli conferiva un aria piuttosto bonaria e sorridente, nonostante la bocca era tagliata a metà in diagonale da una cicatrice. In più si teneva un lungo cappotto bianco attaccato alla spalla con la mano destra.
Ma ciò che però attirò l’attenzione della ragazza erano le braccia: le maniche della camicia erano infatti tirate su fino ai gomiti mostrando una serie di tatuaggi neri simili a simboli curvilinei; staccò gli occhi da quegli strani tatuaggi e rispose. –Mmh… no…-
-Prima volta che venite a Londra?- la ragazza fece cenno di si. –Allora dovrete abituarvi! Perché questa…- e alzò il braccio sinistro al cielo -…è una tipica “bella giornata” londinese!-
-Se lo dite voi… io vengo da New York, li in questo periodo dell’anno c’è il sole almeno…- 
-Lo immagino... Oh!- sembrò essersi ricordato di una cosa. –ma dove sono i miei modi…- le porse la mano. –Mi chiamo Jack Hiddenblade, piacere di conoscervi, posso sapere il vostro nome?- la ragazza strinse la sua mano. –Theresa Gray, piacere mio…-
-Allora, Tessa… posso chiamarvi Tessa?- non aspettò neanche la risposta. –Cosa vi porta dalla “soleggiata” New York alla grigia e piovosa Londra?- Tessa sembrò incerta se dire o no dettagli della propria vita personale ad uno sconosciuto, ma la faccia di Jack le ispirava in qualche modo una certa fiducia in lui… un non so che di familiare e al tempo stesso aveva un mezzo sorriso un po’ folle, ma un folle in senso buono.
-Vedete… mia zia è venuta a mancare poco tempo fa, non ho soldi e così mio fratello Nathaniel mi ha offerto di venire a vivere da lui qui a Londra…- si osservò in torno e strinse la sua collana. –Voi invece? Di dove siete?-
-Beh! Vengo dal Giappone, ma sono nato a Damasco da genitori inglesi… o meglio, mio padre…- disse quella parola con un pizzico di disprezzo. -…era di origini irlandesi, e mia madre dello Yorkshire, ma ho vissuto fino ad undici anni qui- indicò la città sempre più vicina. –a Londra, poi sono andato in Asia, ho visitato l’India e la Cina, ma per gli ultimi sette anni sono rimasto in Giappone a “studiare”, se così si può dire…- 
Tessa rimase ad osservarlo. –Avete viaggiato molto quindi…-
-Si… abbastanza… ora però sono venuto qui a mettere in pratica quello che ho studiato in Giappone…-
-E che cosa avete studiato?
-E’, diciamo, un segreto… oh, eccoci quasi arrivati!- si voltò mentre il piroscafo si insinuava tra gli altri enormi vascelli e si preparava ad attraccare.
Una goccia di pioggia cadde sul naso di Jack. –Sembra che Londra vi stia dando il suo benvenuto…- disse Jack infilandoli il cappotto; un pesante soprabito bianco che gli arrivava fin quasi ai polpacci, aveva un colletto piuttosto alto e, cosa che Tessa notò allora, era munito di un cappuccio che, una volta indossato, gli copriva parzialmente il volto e schiacciando i capelli gli nascondeva quasi del tutto gli occhi.
Poco dopo, Jack era seduto sopra i suoi bagagli, un baule di legno scuro e due grosse valigie da viaggio, accanto a lui c’era Tessa. La ragazza gli aveva chiesto se poteva rimanere con lui finché non fosse arrivato suo fratello a prenderla, e lui aveva accettato.
Jack estrasse la catenella d’argento dalla tasca rivelando un piccolo orologio da taschino, anch’esso d’argento. –Sapete più o meno a che ora dovrebbe arrivare vostro fratello?- disse osservando l’orologio.
La ragazza si osservò intorno tra la folla di gente: persone che salivano, persone che scendevano, carrozze e scaricatori intenti a scaricare bagagli e carichi dalle barche attraccate ai moli. Stava per rispondere di no quando si parò davanti a loro un omone in cappotto e cappello a cilindro entrambi neri, gli occhi sporgenti e la pelle ruvida.
-Signorina Gray?- disse con voce profonda e gutturale. Tessa era decisamente a disagio. Un ragazzo che le rivolge la parola per fare conversazione è una cosa, ma un uomo così che per di più sapeva anche il suo nome era una cosa diversa. D'altronde, se sapeva il suo nome, voleva dire che conosceva suo fratello. Jack notò quello sguardo e rispose al posto suo. –Voi chi siete, signore…?-
-Mi manda il fratello della ragazza, Nathaniel Gray-
-E perché non è qui lui a prendermi?- domandò Tessa ansiosa.
-Il signor Gray è stato trattenuto in città per questioni di lavoro molto importanti, in fondo alla strada c’è una carrozza che ci sta aspettando…-
Tessa guardò Jack con insicurezza. Il ragazzo le rispose facendole cenno di fidarsi col suo solito mezzo sorriso e scese giù dal baule. –Beh, è stato un vero piacere per me incontrarvi miss Gray!- le prese la mano e le baciò il dorso di essa. –Spero che le nostre strade si incrocino di nuovo signor Hiddenblade… è stato un vero piacere!-
Detto ciò, l’uomo si avviò e Tessa lo seguì. Mentre si allontanavano li sentì discutere dei bagagli di Tessa e di come fossero già in viaggio verso la casa del fratello.
Jack rimase ad osservarli. Per un attimo, i suoi occhi grigi si illuminarono di un grigio più luminoso, quasi argenteo. Il suo sorriso si spense. –C’è qualcosa di sbagliato in lui…- si disse tra se e se.
Infilò l’orologio in tasca e si preparò a seguirli ma qualcuno gli afferrò il braccio sinistro.
-Scusate, siete voi il signor Hiddenblade?-
Jack si girò e squadrò il nuovo arrivato: un ragazzo più o meno della sua età, forse di due o tre anni più giovane, basso ma piuttosto robusto e con i capelli neri. –Voi dovete essere Thomas…- si girò ma l’omone era scomparso, e con lui Tessa.
-Ehm, si- continuò il ragazzo. –Sono venuto a portarvi all’Istituto, se volete seguirmi alla carrozza…- fece un gesto col braccia ed indicò il veicolo.
Jack rimase seduto dentro mentre Thomas caricava sul retro della carrozza i bagagli del suo passeggiero.
Una volta finito, salì al posto di guida e con un forte colpo di redini la carrozza prese ad andare nelle grigie vie di Londra. Per tutto il viaggio, Jack non fece altro che pensare a quell’uomo. Nel momento in cui i suoi occhi avevano brillato, il mondo era cambiato, aveva assunto un aurea argentata e tutte le persone avevano preso a brillare di blu, la loro anima aveva cominciato a brillare! Ma quell’uomo no. In mezzo a tutte quelle anime, lui era rimasto spento, come se avesse osservato soltanto un oggetto inanimato… una carrozza, un muro, un mucchio di ingranaggi!
Jack represse un brivido al nuovo pensiero che si era insinuato nella sua mente. Un mucchio di ingranaggi che si muovevano e che parlavano da soli… ma quelle erano solo cose inventate! Si, cose inventate si ripeté… come il Nautilus e il centro della Terra delle storie preferite di Jack…
Anche la ragazza, Tessa, aveva un qualcosa di strano… purtroppo non l’aveva vista bene con l’occhio dell’angelo (così Jack chiamava quello strano modo di vedere il mondo) e non poteva esserne certo.
A ridestarlo da quei pensieri e da quelle fantasie fu il brusco frenare della carrozza. Thomas aprì la porta e fece uscire il suo passeggero. Jack corse dritto sotto il portico di un immensa chiesa gotica circondata da un piccolo giardino. Era immensa, eppure nessuno si fermava ad ammirarla… anzi. Nessuno sembrava nemmeno accorgersi della struttura!
Thomas portò i bagagli dentro la chiesa ma prima di addentrarsi si fermò accanto al cacciatore. –Il signor Edenkey vi sta aspettando…- indicò una poltrona davanti ad un grande camino acceso. Su un tavolo davanti alla poltrona era appoggiata una grossa cassa di legno e legato allo schienale della sedia un grosso fucile a leva con un lungo cilindro metallico sopra il mirino.
-Sei in ritardo.- dalla poltrona si alzò un ragazzone poco più alto di Jack. Aveva il volto squadrato, i capelli corti biondi e occhi gialli luminosi. Indossava un cappotto bianco simile a quello di Jack ma senza cappuccio, il quale era abbassato e spuntava da dietro la testa attaccato ad una giacchetta più leggera marroncina sotto al cappotto e aveva stivali da tiratore, pantaloni e guanti tutti marroni scuro. Infine, appese alla cintura, c’erano quattro fondine, due per fianco e ognuna era occupata da una grossa pistola a tamburo.
I due rimasero a fissarsi prima di scoppiare in una sonora risata.
-Come al solito!- urlò il ragazzone prima di abbracciare Jack, il quale rideva anche lui. –Dovevi aspettartelo, Jon!- i due si staccarono dopo diverse e sonore pacche sulla schiena.
-Quanto tempo è passato?- disse Jack. –Otto anni?-
-Si amico…- rispose Jon -…è bello che tu sia tornato! Oh! Ho un regalo per te…- si voltò e prese qualcosa dalla cassa. –Ti piacerà…- gli mostrò un’altra pistola, questa era di metallo scuro, il calcio le giunture di metallo nero con diversi ornamenti di metallo rosso e un simbolo sotto il calcio; la lama di una spada inscritta in un cerchio. –E’ stupenda…- mormorò il nephilim rigirandosi l’arma nella mano mentre l’amico gli porgeva una fondina di cuoio nero. –L’ho presa in una missione nel sud ovest degli Stati Uniti… dallo stesso fabbricante che mi ha venduto Whisper e le quattro pistole!- indicò il fucile a leva appeso alla poltrona, Jack notò che sulla canna dell’arma e sul calcio c’erano incisi diversi simboli, perlopiù sconosciuti. –Whisper? E poi pensavo che i marchi non funzionassero sulle armi da fuoco…-
-Quelli angelici! Il tipo che fabbricava armi era uno che aveva la Vista, conosceva un vecchio stregone indiano appassionato di armi mondane e ha creato una serie di marchi per le armi da fuoco! Guarda.- indicò l’arma. –I marchi sulla canna servono a rendere i colpi silenziosi, e questi qui- indico una fila di marchi che proseguivano sulla parte superiore. –Questi incantano il proiettile man mano che attraversa la canna; i marchi sul meccanismo di fuoco, invece, conferiscono potenza e gittata al proiettile! E per finire, semplici ed eleganti rune angeliche sul calcio per conferire comodità e stabilità! Geniale, no?-
-Decisamente… quindi… gli hai dato un nome?-
-Perché no? Diamo nomi alle spade angeliche, perché non anche ai fucili!?-
-Non sei cambiato affatto…- disse trattenendo una risata. In quel momento entrò una giovane cameriera dai capelli scuri, la pelle chiara e una vistosa cicatrice sulla guancia sinistra.
-Non fissarle troppo la cicatrice…- gli sussurrò Jon. -…è piuttosto sensibile al riguardo!-
-Sensibile nel senso che piange o che mi colpirà alla testa col vassoio?-
-La seconda, signore…!- rispose la cameriera indignata. Jon si frappose fra i due e fece le presentazioni. –Signorina Collins, vi presento il signor Jack Hiddenblade! Jack, questa è la cameriera Sophie Collins!-
-Chiedo scusa, Sophie… è un piacere conoscervi!- disse Jack facendo un leggero inchino. –Piacere mio… ero solo venuta a informarvi che la cena è pronta, la signora Branwell vi attende insieme al resto degli abitanti dell’Istituto…- gettò uno sguardo alla cassa sul tavolo accanto ad un mucchio di vasetti pieni di lubrificanti e panni sporchi. –Devo per caso spostare quella roba sul tavolo?- Jon sii girò di scatto evidentemente imbarazzato. –Oh, no grazie, facciamo noi! Dammi una mano, Jack!-
Una volta usciti dall’armeria, i due si diressero verso la sala da pranzo. Un lungo salone con al centro un tavolo per venti persone e su un lato una lunga mensola di pietra con preziose porcellane, Jack si chiese chi fosse rimasto dopo tutti quegli anni lontano da casa… quando aveva dieci anni c’erano i direttori Fairchild e la loro figlia Charlotte di quindici anni, la mondana Agatha che cucinava cibi deliziosi, Jon e sua madre Marie Edenkey e i soliti Shadowhunter di passaggio…
Fu però con lieta sorpresa di scoprire che Charlotte era ormai sposata e dirigeva l’Istituto col marito Henry e, cosa ancora più lieta, Agatha era sempre in cucina.
La prima cosa che fece appena entrò fu sedersi e prendersi una generosa porzione di arrosto con purè di patate, anzi no. Fu la seconda cosa che fece. La prima fu ignorare Jon mentre lo presentava agli altri cacciatori. Aveva già spazzolato mezzo piatto quando Jon gli mollò un ceffone in faccia.
-Jack! Che modi sono questi?- lo rimproverò l’amico. –Avevo fame!...- si giustificò pulendosi le mani e la bocca. Poi sbuffando alzò lo sguardo sugli altri convitali: due ragazzi della stessa età; uno dall’aria malaticcia, i capelli egli occhi argentati, magro e dall’aria fragile, il secondo era proprio uno affascinante; capelli neri, occhi blu elettrico e una faccia proprio da schiaffi… tipica di certa gente scortese che ti verrebbe voglia di colpire senza sapere il perché. In disparte c’era una ragazza bionda. Aveva l’aria di provenire da una famiglia ricca, guardava tutti con aria di superiorità e arroganza… un’altra faccia da schiaffi. Incrociò lo sguardo della ragazza che gli rispose con una smorfia. Spostò lo sguardo su una faccia conosciuta. Charlotte non era cresciuta di molto in otto anni; era sempre minuta, nonostante riuscisse a mettere paura a chiunque col suo sguardo, come quando da piccoli aveva insegnato a Jack e a Jon a come combattere con una spada.
-Signori- cominciò Jon. –E’ per me un favore presentarvi il nostro ospite, Jack Hiddenblade!- il nephilim aveva già ripreso in mano la forchetta ma l’amico lo tirò in piedi di forza. –Jack, loro sono James Carstairs e William Herondale- indicò rispettivamente il ragazzo malato e quello sfrontato che risposero, il primo con un sorriso, il seconda con un sommesso “ciao”. –La signorina Jessamine Lovelace!-
-Siete una cacciatrice?- domandò Jack –Non vedo marchi sulla mano…- infatti tutti i Nephilim avevano il marchio della Vista sul dorso della mano sinistra. Tutti tranne lei. –Si…- rispose con aria di sufficienza. -…anche se vorrei non esserlo…!- disse a bassa voce. –Tu che ci fai qui?- domandò poi a Jon. Charlotte si alzò. –Jessie, sai che non voglio commenti sul signor Edenkey e il suo… problema…- poi si rivolse a Jack. –E’ davvero bello rivederti dopo tutti questi anni!- si alzò e abbracciò il Nephilim. –E’ un piacere anche per me!- si staccò da Charlotte. –Ho sentito he adesso sei la signoria Branwell… dov’è il signor Branwell?-
-Arrivo!-
Nella sala irruppe un giovane alto e dai lunghi capelli rossicci… troppo rossicci.
-Henry…- lo avvertì Charlotte -…ti vanno a fuoco i capelli…-
Il marito sembrò accorgersi solo in quel momento della fiammella attaccata ai capelli. Will si alzò e versò il proprio contenuto del bicchiere in testa ad Henry. L’uomo non fece altro che poi che sedersi accanto alla moglie e cominciarono a mangiare.
Per il resto della cena non fecero altro che parlare degli ultimi otto anni, di cosa fosse successo, di come fossero arrivati anche Jem, Will e Jessie all’Istituto dopo la sua partenza. Degli anni di Jack in Giappone per migliorare le proprie abilità ed Henry cominciò a parlare di come inventasse cose più o meno utili e ancora più esplosive.
A fine serata, Jack e Jon si sistemarono in poltrona nella sala comune davanti al camino mentre Sophie gli portava un vassoio pieno di the e dolcetti alla fragola.
Una volta che la cameriera ebbe lasciato la stanza, Jon si alzò e chiuse a chiave la porta. Tornò a sedersi e cominciò a bere il suo the. Finito di bere, poggiò il bicchiere e si lasciò sprofondare nella poltrona. –Jack, è un piacere che tu sia tornato, ma ora dobbiamo parlare di affari…- l’amico posò finì il dolcetto che stava mangiando e si pulì la bocca. –Si, so perché il Mentore mi ha mandato qui…- la sua voce era calma ma piena di ansia. Jon sembrò percepirla. –E’ per caso successo qualcosa con tuo nonno?-
-No, lui non c’entra…- disse agitando la mano infastidito. –Non sarai per caso passato a Damasco lungo la strada…?- domandò sporgendosi dalla poltrona, ma Jack puntò lo sguardo sul fuoco e non rispose. –Sei passato a Damasco…- concluse. –Senti!- Jack balzò in piedi irritato. –Non ho voglia di parlare di LUI!...- sospirò e cadde sulla poltrona. –Parlami invece di quelle strane sparizioni…- disse riempiendosi la bocca con un secondo dolcetto.
Jon sospirò e  si risistemò sulla poltrona. –E va bene…- sospirò. -…ultimamente si stanno verificando strane sparizioni di mondani in giro per la città… soprattutto bambini e ragazzi, maschi e femmine, nessuno escluso! Ieri, Will e Jem hanno trovato una ragazza di quattordici anni morta in un vicolo… accanto al corpo hanno trovato questo.-
Da una tasca interna del cappotto prese un fazzoletto sporco di sangue, dentro c’era una daga dalla lama sottile e il simbolo di due serpenti che si mordevano a vicenda la coda.
-Una misericordia…- analizzò Jack. -…e quel simbolo!- alzò lo sguardo sul suo amico. –Lo stesso che i Templari dell’Ombra usavano anni fa all’apice del loro potere…- 
-Pensi che si stiano riorganizzando qui a Londra? Sono ormai dieci anni che i Frye hanno sradicato la minaccia Templare mondana da Londra, e trenta anni che la loro controparte del Mondo Invisibile è stata eliminata!-
-Eppure…- Jon indicò il coltello. -…questo è il loro simbolo…-
-Potrebbe averlo preso chiunque… un parente all’oscuro dei piani della propria famiglia e finito nei guai, un ladro, uno che lo ha trovato in giro…- ipotizzò Jack, ma non era tanto sicuro. Jon scosse lentamente la testa con un mezzo sorriso. –Bene…- Jack piantò il coltello nel tavolo. -…da dove cominciamo le indagini?-
Jon si alzò e prese il pugnale. –I Templari, come noi, avevano bisogno di soldi… avevano un giro di bordelli, sale di gioco e raduni in cui lasciavano ai Nascosti fare ciò che volevano con i mondani… sai, usarli in spettacoli di pubblica tortura, distributori di sangue fresco, roba così…- Jon tendeva sempre a ironizzare sui Nascosti, proprio lui…
-Si, ricordo… il Pandemonium Club…-
-Alcuni locali sono ancora aperti… e altri utilizzano delle carrozze con quel simbolo…- si girò verso Jack. –Siamo ormai pronti, Jack… la nostra prima missione da soli…- mise una mano sulla spalla dell’amico. –E’ il nostro grande momento!-
-Puoi dirlo forte…- entrambi si misero la mano stretta a pugno sul cuore e insieme dissero:
-Nulla è reale, tutto è lecito…!-

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Capitolo 2
*** Una Piacevole Passeggiata ***


-Jack, tu andrai con Will in ricognizione- fu la prima cosa che Charlotte disse quando i due Assassini entrarono nella sala da pranzo per fare colazione. La notte prima, dopo che Jack e Jon si congedarono per la notte, entrambi erano tornati nelle proprie stanze. A Jack fece piacere vedere che la stanza di quand’era bambino non era in alcun modo stata toccata o modificata: una stanza ovale di pietra; da una parte un letto a baldacchino con spesse coperte, alte finestre a volta chiuse come quelle di una chiesa, cassettoni per i vestiti (i quali erano già stati sistemati da Sophie dopo che Thomas aveva portato su le valigie), un camino spento con un quadro appeso sopra; a molta gente sarebbe sembrato il ritratto di una strana famiglia: una donna giovane e bionda con gli occhi azzurri, alta e piuttosto forzuta che cingeva con le braccia le spalle di un ragazzino; anche lui biondo, massiccio e con gli occhi azzurri. Accanto a lei un uomo di circa sessant’anni con la barba e i capelli grigi solcati da strisce castane, il colore naturale dei capelli, occhi anch’essi castani accesi. L’uomo accarezzava le testa di un secondo ragazzino; più basso di un centimetro dell’altro, aveva anche lui i capelli castani, ma gli occhi erano di un grigio scuro. La donna era Marie Edenkey, la madre di Jon che viveva ad Idris da ormai qualche anno; l’uomo era invece Aetius Hiddenblade, il nonno di Jack. Quest’ultimo si sedette sul letto a contemplare il quadro. Nonostante fossero stati i Fairchild ad accoglierlo all’Istituto, Marie era sempre stata come una madre per lui, e Jon era come un gemello. I due erano inseparabili, avrebbero voluto essere parabatai. Poi, un inconveniente aveva negato ai due quel legame e li aveva separati per ben otto anni quando era dovuto partire per l’oriente. Ma ora lui era di nuovo li. All’Istituto di Londra. Indossava la giacca bianca degli Assassini che gli era stata data l’anno prima in Giappone, dopo aver prestato il giuramento da Assassino davanti ai maestri della Confraternita Nipponica. Si tolse il giaccone e lo appese all’attaccapanni. Si tolse gli stivali e senza neanche cambiarsi si gettò sul letto e si addormentò in un baleno. L’indomani, dopo essersi cambiato e dopo aver fatto un bagno caldo ristoratore, era sceso in sala da pranzo insieme a Jon. I due decisero di cominciare oggi ad indagare sul pugnale e sul simbolo Templare su di esso. Purtroppo tutti i loro piani andarono in malora nel momento in cui Charlotte diede loro il messaggio. -Scusa Charlotte…- disse Jack sorridendo a denti stretti -…perché?- -James Carstairs non si sente bene, e poi ho bisogno di Jon per una questione che riguarda un branco di lupi mannari…- Jon sospirò come se un suo amico avesse fatto qualcosa di imbarazzante. Will intanto era seduto all’altro lato del lungo tavolo, osservava Jack e Jon di sott’occhi mentre mangiava una fetta di pane con la marmellata sopra. Rassegnati, i due Assassini si sedettero e cominciarono a mangiare. Jon diede una gomitata a Jack. –Incontriamoci questa sera alla Devil Tavern, intanto chiederò agli altri Confratelli informazioni sul Pandemonium Club. Intesi?- -Intesi…!- rispose l’amico mettendosi in bocca una generosa porzione di frittata. Un’ora dopo, Will era sugli scalini dell’Istituto aspettando Jack Hiddenblade. A Will quel tipo faceva venire quasi i brividi. In primo luogo, indossava sempre una giacca bianca, il colore del lutto per gli Shadowhunters; e poi, aveva sempre quel mezzo sorriso tagliato a metà dalla cicatrice che sembrava in qualche modo incompleto. Alla fine l’altro Nephilim si presentò sugli scalini. Jack indossava abiti uguali a quelli di ieri. Giacca bianca con cappuccio (ora abbassato e con in testa un cappello a cilindro bianco con un nastro rosso alla base) sopra il panciotto nero da cui si vedeva la camicia. Pantaloni e stivali neri. Alla mano sinistra aveva un lungo bracciale di cuoio con una fibbia a forma di punta di alabarda e un guanto nero alla destra. Un grosso cinturone nero a cui era attaccato un kunai giapponese e stringeva un lungo bastone da passeggio nero con un’aquila come impugnatura nella mano destra. Dettaglio strano era anche la pistola di metallo nero e argentato attaccata alla coscia destra. Su ogni fodero c’era una runa di leggerezza per rendere il tutto più trasportabile. Will invece indossava una tenuta da combattimento nera tipica dei Nephilim e due spade angeliche attaccate dietro la schiena. Jack scese e passò accanto a Will. –Andiamo ragazzo! Scommetto che riesco a causare più danni di te in questo giro di pattuglia!- disse col solito mezzo sorriso. Il nephilim rimase ad osservarlo di sott’occhi. -Ne dubito…- disse infine seguendolo. -…sono un gallese, e noi gallesi siamo maestri del combinare guai… soprattutto agli inglesi come te!- -Dilettante! Io sono di origini irlandesi, mi bastano tre birre per far crollare addirittura il Big Ben!- ribatté agitando il braccio. –A proposito di vizzi… da quanto il tuo amichetto fa uso di yin fen?- A questa domanda Will si fermò lasciando Jack andare avanti. Questi non sentendo risposta si voltò. -Ho preso parte a molte missioni in Cina per riconoscere i sintomi della droga… allora?- -E tu dimmi… da quanto il tuo amico Jon è un lupo mannaro? Si nota sai? Solo i lupi mannari hanno occhi così luminosi…- ribadì Will. La voce tesa di rabbia. Jack si limitò a squadrarlo e rispose. –Nove anni…- rispose senza indugiare. La voce calma. –il giorno del mio decimo compleanno. Eravamo usciti a giocare… non so bene il perché ma un gruppo di lupi mannari ci circondò… volevano me, credo, per qualcosa che il mio bisnonno gli aveva fatto, invece… morsero lui. Poco importava, avrebbero morso anche me se non fosse passato uno stregone ad aiutarci… li scacciò via e ci riportò a casa, ma… ormai non c’era nulla da fare. Jon era destinato a diventare uno di loro. Fummo separati. Jon fu mandato da un’associazione chiamata Praetor Lupus dove avrebbe imparato a controllare i suoi poteri…- ora però, la sua voce era incrinata, come pure il suo sorriso. -…dovevamo essere parabatai, ma le nostre anime non si sono mai unite…- rimase a fissare Will mentre il suo sorriso tornava a prendere forma sul suo volto. Il nephilim riprese a camminare a capo chino. –Non è colpa sua…- rispose Will alla prima domanda di Jack. -…è stato obbligato…- Mentre camminavano, Will raccontò di come all’età di undici anni i genitori di Jem fossero stati uccisi dal demone Yanluo e abbia torturato il ragazzo davanti ai loro occhi. Il demone lo obbligava a prendere quella droga, giorno dopo giorno, fino ad esserne dipendente. Jack rimase zitto fino alla fine, e quando questa arrivò, diede una sonora pacca sulla schiena a Will. -“Forza e coraggio” dice mio nonno!- fu il commento di Jack. –La storia del tuo amico è davvero molto triste, ma… non possiamo preoccuparci troppo per il futuro, ne piangere il passato. Ma goderci il presente!- prese l’orologio da taschino e lo aprì. Tra tutti quei discorsi e le varie faccende era quasi l’ora di pranzo. Jack offrì a Will un pranzo veloce nel suo ristorante preferito che (fortunatamente) non era cambiato molto negli ultimi otto anni. Dopo pranzo, il pomeriggio fu piuttosto veloce. Dovettero solo disinfestare un edificio a Whitechapel da una colonia di demoni Shax che avevano fatto il nido dove un’intera famiglia era morta di fame. Will era pronto a combattere, ma Jack preferì dare fuoco all’edificio intrufolandosi dentro e simulando un incidente col camino. Funzionò. I demoni morirono tutti; chi bruciati, chi schiacciati dalla casa che crollò sul suo peso. Poco dopo invece si ritrovarono coinvolti in una situazione molto delicata. Una banda di lupi mannari aveva derubato la casa di un’anziana signora inglese. Il capo stringeva il collo della vecchia mentre Jack e Will erano incerti sul da farsi. -Non vi avvicinate!-ringhiò. –O giuro che la signora farà una brutta fine…!- mostrò gli artigli della mano libera. Will aveva già sguainato la spada angelica, ma era troppo lontano per poter fare qualcosa in tempo per salvare la signora. Anche i coltelli da lancio avrebbero impiegato troppo… era assorto nei suoi pensieri quando sentì il colpo. Si voltò e vide il capo dei lupi cadere con un buco nell’occhio sinistro. Jack aveva sparato con la pistola, nascosta tra il cappotto e la coscia del Nephilim. Di sicuro i lupi non si aspettavano un’arma da fuoco, e ciò li lasciò interdetti per un attimo. L’anziana signora si spostò dal corpo morto del lupo, ma un altro era già balzato ad afferrarla. A metà balzo fu fermato dal kunai di Jack, lanciato da quest’ultimo nella spalla del lupo. Will notò solo in quel momento che l’arma era attaccata ad una catena, stretta nel pugno del collega. Questi con uno strattone lo tirò a se, fece passare la catena intorno al suo collo e lo strangolò mentre Will fronteggiava gli ultimi lupi mannari. Quando il resto della banda batté in ritirata, l’anziana signora si avvicinò ai due Nephilim ringraziandoli. Recuperarono ciò che era stato rubato e se ne andarono. Jack stava contando le sterline che l’anziana signora aveva dato ad entrambi come ringraziamento. –E’ stata una giornata intensa, devo dire…- esordì poi mettendosi le sterline in tasca. –Si sta facendo buio…- gli fece notare Will, anche se a dir la verità, era buio e basta. L’Assassino si diresse via. –Dove vai?- gli domandò il Nephilim scocciato. –Ho un incontro con Jon alla Devil Tavern!- rispose agitando la mano senza voltarsi. –Ti offrirei di venire, ma ho degli affari da sbrigare…- Senza neanche pensarci, Will lo seguì. –Ti ho detto che ho del lavoro da fare…- ripeté l’Assassino. -Già, ma il Devil Tavern non è tuo… io ci sto andando per conto mio e questa è l’unica strada per arrivarci…- rispose leggermente seccato. Il Devil Tavern era una taverna, come diceva il nome. Era rivestita in legno, e le finestre romboidali emettevano una luce rossastra sulla strada. Appena entrato, Jack riconobbe subito Jon. Era l’unico alto e coi capelli biondi in mezzo alla folla. Era seduto ad un tavolo in fondo al locale con altre tre figure: uno era alto e magro, la pelle azzurra e i capelli rossi, ma non un rosso-arancione come quelli normali, proprio rosso sangue, era di sicuro uno stregone; indossava una camicia bianca a maniche lunghe con polsini rossi, scarpe, pantaloni e un gilet sopra la camicia, tutti rossi, e il gilet aveva dei ricami più scuri sopra. Poi c’era uno completamente vestito di nero e rosso, indossava abiti alla moda e ricercati, un paio di occhiali squadrati appoggiati sulla punta del naso, ma ciò che colpiva era la pelle pallidissima, anche se sembrava essere stata scura (probabilmente era stato scuro di pelle, come gli ispanici o gli italiani), in contrasto con i capelli marrone scuro e i baffi. Ultima era una ragazza dalla pelle verdognola, i capelli bianchi e molto bella d’aspetto, una fata, senza dubbio; ed indossava degli abiti maschili, una giacca marrone chiusa sul davanti, pantaloni neri e lunghi stivali marroni; ed aveva un grosso arco in legno appoggiato alla gamba. -Jack!- lo chiamò Jon agitando un boccale di birra. –Vieni a sederti! Ti presento degli amici!- Jack si sedette al loro tavolo, gettò un’ultima occhiata a Will, che si era seduto poco distante da loro, prima di accettare un boccale di birra. -Com’è andata quella faccenda con i lupi mannari?- domandò il Nephilim. –Bene, bene… a quanto pare, metà il nostro problema è stato trovato morto in un vicolo…- si girò verso l’amico. –Un colpo di pistola all’occhio sinistro, colpo di coltello alla spalla ma è morto per strangolamento… gli altri in fuga… centri qualcosa tu?- -No…- rispose Jack sulla difensiva senza nemmeno guardarlo. –Bene… almeno ho un problema in meno…- prese il boccale di birra e cominciò a bere. Una volta che il boccale fu vuotato, Jon gli presentò i suoi amici. -Loro sono tutti alleati nostri della Confraternita Inglese…- indicò lo stregone –Conrad Shelt, nostro stregone di fiducia…- lo stregone salutò Jack con un cenno della testa. –Shyreen – ed indicò la fata. –Si occupa della Confraternita del Regno delle Fate, non farti ingannare dal suo bel faccino, se si arrabbia è capace di prendere quell’arco e usarlo per spezzarti il cranio!- -Credimi…- disse Conrad. -…gliel’ho visto fare…- -E poi la nostra spia vampira, Marco “de Muerto” Ricardez!- il vampiro agitò il proprio boccale –Hola, amigo…- aveva un forte accento spagnolo. -Marco si occupa di gestire le nostre fonti di denaro; bordelli, bar, sale da gioco… inoltre è famoso tra i vampiri di alto livello per regalare Oscuri, i quali, lealmente gli inviano informazioni costanti e precise!- Finite le presentazioni, il gruppo entrò in una stanzetta privata con un tavolo e cinque sedie. C’era anche da bere, ma nessuno, eccetto Marco, aveva voglia di bere. Una volta che si furono sistemati, Jon tirò fuori dalla giacca il pugnale con il simbolo dell’oroboro. -Signori…- esordì. -…sapete cos’è questo…- ed indicò il simbolo. –Sono anni, ormai, che i Templari non si fanno più sentire tra le file dell’Enclave…- -Anche troppo tempo…- commentò Conrad. –Giusto!- continuò Jon. –Questo pugnale è stato trovato un mese fa accanto al corpo di una ragazzina mondana. Sappiamo che i Templari possedevano il Pandemonium Club, trai cui interessi c’è anche organizzare riunioni di mondani interessati alla magia, li ingannavano, gli spillavano tutti i soldi e li indebitavano… e sappiamo tutti che i loro bordelli offrivano servizi, a dir poco, deplorevoli! Forse si stanno organizzando di nuovo… vogliono tornare all’assalto e prendere il comando dell’Enclave!- -Cosa suggerisci di fare?- domandò Jack. –Ci servono tutte le informazioni possibili… Marco, lascio a te questa parte…- afferrò il boccale del collega che lo aveva riempito per la decima volta -…e ti voglio sobrio!- aggiunse. Poi si rivolse a Shyreen. –Ci serviranno anche informazioni dal mondo delle fate, questo è il tuo campo Shyreen…- la fata fece un deciso gesto d’assenso con la testa. –Io e Jon ci occuperemo delle investigazioni tra il mondo dei mondani e l’Enclave locale…- -A quanto pare io resto senza lavoro a questo giro…- disse Conrad con un finto tono d’offesa. -Questi sono i piani…- concluse Jon prima di alzarsi e mettersi la mano stretta a pugno sul cuore. -Nulla è reale- dissero insieme. –Tutto è lecito…- Dalla stanza comune si sentì il suono di oggetti infrantumi. Quando gli Assassini uscirono, Wil Herondale era intento a darle di santa ragione, e a prendere di santa ragione, ad un gruppetto di Oscuri, il cui padrone rideva accanto a Jack. -Amico tuo?- domandò Shyreen. –Si…- rispose Jack massaggiandosi le tempie. -…digli di smetterla, Marco…- -Porque?- domandò il vampiro, ovviamente divertito. –Guarda con quanto ardore combatte quel Nephilim! Vai così Milly!- Marco stava incitando una giovane ragazza pallida che aveva appena preso un potente gancio sinistro da Will. -Ci penso io, allora… non vorrei dovermi sorbire Charlotte se gli riporto Will mezzo morto…- prese il suo kunai e lo lanciò contro la parete dall’altra parte del locale, dividendo Will dagli Oscuri. Marco sospirò annoiato e richiamò i suoi seguaci. –Padrone…- si scusò uno di essi. -…il Nephilim stava origliando la riunione del padrone e dei suoi colleghi…- Jack gettò un’occhiata a Will, che non voleva altro che pestare a morte quegli smidollati. L’Assassino sospirò e trascinò Will fuori dal locale sulla via di casa insieme a Jon, il quale si fermò un attimo a salutare gli altri colleghi Assassini e a scusarsi col proprietario del locale. -Will…- disse Jack. -…devo sapere, che cosa hai sentito della nostra discussione in quel bar!- -Io non stavo spiando… ma qualcuno si…- In quel momento, un uomo dalla pelle azzurrino e le orecchie a punta con indosso una giacca nera uscì dal locale e andò dalla parte opposta dei Nephilim. Will mentre dava spiegazioni notò l’uomo. -Eccolo! Era lui!- l’uomo si girò di scatto e appena vide il simbolo sul bracciale di Jack si portò la mano al petto, tentando di nascondere qualcosa. Ma Jack l’aveva vista. Una croce teutonica di pietra rossa circondata da un bordo d’oro. L’uomo sussurrò la parola “assassini” e scappò via. -Jon!- urlò Jack cominciando a correre. –Torna dentro e chiama gli altri! E porta Will con te…- Il lupo spinse Will dentro mentre jack correva a perdifiato dietro alla creatura fatata. Quest’ultima stava tentando di seminare il Nephilim correndo in mezzo a numerose vie strette e affollate. Il Nephilim, allora, corse verso un palazzo e si arrampicò su di esso. Dall’alto vide la creatura correre verso il Tamigi e riprese ad inseguirlo, saltando agilmente da un palazzo all’altro. Come un vero guerriero ninja orientale, rimase incollato alla creatura fatata. Essa non vide più il suo inseguitore. Era finalmente arrivata davanti alla porta di una casa. Guardò entrambe le strade che partivano da quella porta, e vedendole vuote, si preparò a rientrare, convinto di aver seminato quell’Assassino. Sentì solo un soffio d’aria prima che il peso di quest’ultimo gli piombasse addosso con letale eleganza. Le lame delle due katane infilzarono il petto della creatura, ma non la uccisero. Non ancora. -Chi ti manda?- domandò con freddezza Jack. La sua vittima sputò sangue sul terreno prima di rispondere. –Chi credi che sia a mandarmi? L’Ordine mi manda!- -L’Ordine Templare non è più trai Nephilim da decenni ormai… noi siamo cresciuti invece… più forti di prima!- la creatura ansimò. –Già… tuo nonno ci ha scacciati tutti… ma non può uccidere l’Ordine!- -E cosa ti fa pensare che l’Ordine ritornerà?- -Il Gran Maestro ha un piano… il Magister sarà presto in mano nostra…- -E immagino che non lo verrai a dire a me il piano, o chi sia questo Magister, vero?- domandò l’Assassino con una freddezza più pacata. –No… esatto… ma una cosa la posso dire!… “I congegni infernali non hanno pietà. I congegni infernali non hanno rimorso. I congegni infernali non hanno fine. I congegni infernali torneranno… sempre.”- Disse quelle parole con una luce di follia negli occhi. Poi quella luce si spense. Intanto il resto della squadra era arrivato. Conrad era già al lavoro per occultare il corpo, la sua specialità. –Marco…- lo chiamò Jack. –Forse ho un nome… voglio sapere tutto su un certo Magister!- -Considera i miei Oscuri sono già all’opera, senior…- disse con una nota di diabolico e teatrale accento spagnolo, e scomparve nell’oscurità. Jack ripensò alla frase della creatura fatata. Mai avrebbe scommesso che da li a pochi mesi avrebbe dato prova che le fate… dicono sempre la verità.

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Capitolo 3
*** Il Pandemonium Club ***


Mentre tornavano all’Istituto Jack e Jon continuavano a discutere a bassa voce tra di loro, seguiti da Will che li osservava curioso. Di tanto in tanto gli gettavano occhiate nervose. Finché non cominciarono a gesticolare tra di loro, poi Jon si voltò verso il Nephilim. –Will…- lo chiamò con la sua voce autoritaria. -…dobbiamo essere sicuri di una cosa, che tu non dirai mai a nessuno quello che hai sentito al Devil Tavern…!- -A chi vuoi che importi di una riunione segreta tra Nascosti falliti?- rispose in tono odioso alzando gli occhi. I due Assassini si guardarono per un momento. –A molta gente… William Herondale…- rispose Jon con voce seria. –A molta gente…!- detto ciò, i tre ripresero a camminare verso casa. Passarono ben sei settimane prima che Jon e Jack ebbero notizie da Marco… furono sei settimane relativamente tranquille. Non trovarono niente di importante nel corpo della creatura fatata se non il suo nome. Shyreen si era già messa all’opera per racimolare più informazioni possibili nel Regno delle Fate, ma nessuno sembrava conoscere quel tizio, se non per fama… sapevano soltanto che abitava in una casa a Whitechapel, dalla descrizione dedussero che fosse stato scambiato nella culla da piccolo con un mondano più in salute appartenente ad una povera famiglia dei bassifondi. Cercarono nella casa dov’era cresciuto, ma era stata rasa al suolo da anni, e della famiglia non c’era traccia… Alla fine, la fortuna sorrise agli Assassini. Jack e Jon erano seduti nella sala comune a leggere. Il primo stava finendo per l’ennesima volta “Ventimila leghe sotto ai mari” di Jules Verne, il secondo un trattato sulle armi antiche, quando Sophie entrò nella stanza. -Signor Hiddenblade, signor Edenkey, nella cripta c’è un vampiro che chiede di voi…-. La cripta, o rifugio, era l’unico luogo non consacrato dell’Istituto in cui potevano entrare i vampiri. I due entrarono e si chiusero la porta dietro a chiave. Era un luogo buio e umido. Marco era seduto su un divanetto a bere qualcosa da una piccola bottiglietta di metallo rettangolare. Una goccia rossa uscì dal labbro inferiore e cadde sul pavimento. Sangue. Jack e Jon presero posto su un secondo divanetto. -Amigos…!- li salutò tappando la bottiglietta. –Ho buone notizie circa il Magister…!- -Ottimo!- rispose jack sfregandosi le mani. –Purtroppo… non ho ancora scoperto chi sia, cosa sia, dove sia e con chi sia…- -Credevo avessi buone notizie…- commentò di nuovo il Nephilim. –Ma! I miei Oscuri hanno scoperto che di qui a pochi giorni, in un bordello del Pandemonium Club a Whitechapel, avrà luogo una specie di ricevimento privatissimo, le mie spie riferiscono di aver sentito pronunciare la parola “Magister”, con grande riverenza! Di sicuro sarà li…- -Insieme ad un bel po’ di gente…- commentò Jon. –Non sappiamo chi sia, forse può essere addirittura una donna… dobbiamo prendere tutti quelli al suo interno il giorno del ricevimento!- -Beh… non è esattamente una cosa facile da nascondere, però…- fece notare Marco riaprendo la bottiglietta piena di sangue. -Allora rendiamola legale…- disse Jack. –Anche gli altri due Nephilim dell’Istituto stanno facendo ricerche sul coltello ritrovato nel vicolo… posso introdurmi di soppiatto in quel bordello, cercare prove e farle trovare a Will e a Jem, magari ritoccandole per far sembrare che all’interno della casa svolgessero attività illecite per la Legge…- Jack sembrava compiaciuto del suo piano. -E’ fattibile, si…- disse pensieroso Jon. –Dimmi… il posto è sorvegliato?- domandò al vampiro. -Quanto un qualunque bordello di bassa lega… non certo al livello dei miei…- rispose Marco vanitoso e bevendo di nuovo dalla bottiglietta. -Meglio che mi prepari allora…- disse Jack alzandosi seguito dall’amico. -Ah, Jon… puoi fermarti un attimo?- chiese Marco. –Devo parlarti…- Jon fece cenno a Jack di andare e si rimise a sedere. -E proprio un bel tipo…- disse marco dopo che il Nephilim se ne fu andato. –Non ci starebbe mai con te…- commentò il lupo mannaro. -Tranquilo, non mi interessano i Nephilim…- rispose. -…a differenza tua…- -Che vuoi dire?- domandò acido Jon. –Non vuoi ammettere a te stesso che non sei più uno di loro… continui a vivere qui da quando hai lasciato il Praetor Lupus. Questo posto…- e agitò le braccia indicando la struttura. -…non ti appartiene… loro ti vedranno sempre come un essere inferiore…!- Jon stava fissando il pavimento ma a quell’ultimo affermazione alzò di scatto la testa. -Non è vero…- ribadì con voce tesa. -…Charlotte, Henry, Jack… mi vogliono bene… come me ne volevano nove anni fa!- -Già…- Marco si fissava le unghie. –Ma loro non sono il Conclave… se incontrassi il bisnonno del tuo amico non ci penserebbe due volte a usarti come trofeo! Devi lasciarti il passato alle spalle, Jon…- -Dove potrei andare…? Non sono fatto per vivere in un branco…- -E qui entriamo nel vivo della conversazione…- tirò fuori dalla tasca una lettera chiusa con la ceralacca recante l’impronta di un lupo. –Scott ti vuole di nuovo al Praetor…- -Ho finito il mio addestramento… e lui lo sa…- -Non per l’addestramento…- gli diede la lettera. –…ma come delegato… vuole diffondere il Praetor, e ritiene che nessuno è più preparato di te per farlo!- il vampiro si alzò e si diresse verso l’uscita del rifugio. -Posso scegliere?- gli domandò Jon fissando la lettera. Il vampiro si accese un sigaro e si girò verso il lupo. –E’ proprio per poter scegliere che combattiamo…- e se ne andò via a lunghi passi dalla stanza. Jack era già arrivato in Whitechapel High Street, all’indirizzo che gli aveva dato un vampiro poco prima appena era arrivato nel quartiere. Quel Club era conosciuto trai nascosti, ma nessuno ci andava spesso. Jack capì il perché. La casa era grande, certo, ma era sudicia e buia, anche senza incantesimi, sembrava abbandonata. Jack per l’occasione non si era portato il kunai con catena, ma solo il bastone da passeggio nero e grigio e aveva un vero e proprio asso nella manica nel caso le cose non fossero andate per il verso giusto. Si avvicinò alla porta e bussò con il manico del bastone. Dopo un po’ di tempo venne ad aprire una cameriera, magra e con il volto inespressivo, gli occhi sporgenti e i capelli color acqua rancida. -Salve…- esordì l’Assassino con voce eloquente. -…è questo il famoso Pandemonium Club? Ho sentito tanto parlare di voi… dicono che non ci sia bordello migliore sulla piazza!- La ragazza era sempre inespressiva. -Mi spiace.- disse infine. –Ha sbagliato casa…!- tentò di chiudere la porta ma il Nephilim la bloccò con il bastone. -Eheh… chiedo scusa… sono certo di non aver sbagliato… posso entrare?- con sorprendente forza la cameriera spinse via l’Assassino e richiuse la porta. -Va bene…- disse rialzandosi e togliendosi il cappello. –Mi toccherà passare al piano b…- appiattì il cappello e lo infilò in una tasca interna della giacca e si tirò su il cappuccio coprendosi il viso. Afferrò il bastone e lo appese alla cintura. Prese la rincorsa e si arrampicò sulla facciata ornata della casa. Come aveva avuto modo di vedere dalla strada, le finestre erano tutte chiuse. C’era però una terrazza sulla facciata. L’Assassino si arrampicò fino ad essere accanto ad essa e con balzo ci saltò dentro. Sotto di lui udì l’aprirsi di una porta. Si abbassò e osservò due signore che uscivano dal giardino fino in strada. Quando se ne furono andate, Jack si rialzò e provò ad aprire la porta della terrazza, purtroppo chiusa a chiave. Osservò l’interno, e una volta appurato che la stanza era vuota, prese lo stilo dalla tasca e disegnò una runa sulla serratura. Quest’ultima si aprì con uno scatto sommesso. L’interno della casa era ancora più sudicio dell’esterno, era anche umido e nell’aria c’era un odore simile ad acqua stagnante del Tamigi… Non dovette nemmeno usare l’occhio dell’Angelo per appurare che per la casa non passasse nessuno. Non si sentiva nessun rumore da quella stanza... niente rumore dei passi, niente discorsi dalle altre stanze o porte che si aprono… un silenzio sovrannaturale. La porta per il corridoio era, fortunatamente, aperta. Nonostante regnasse il silenzio, però, la casa doveva avere qualcuno al suo interno. La cameriera dagli occhi sporgenti e il resto della servitù. Così Jack camminava abbassato e con passi lenti e leggeri, ad ogni angolo, si sporgeva per controllare che non ci fosse nessuno… -Se fossi il proprietario di un bordello…- pensò. -dove nasconderei i documenti?-. Dal pianoterra udì una serie ti terribili rumori: metallo che cade a terra, urla, una porta spalancata e rumore di passi… L’Assassino corse verso le scale che davano sull’ingresso della casa. Le porte verso l’esterno erano aperte, così come quelle della cantina. Se qualcuno era fuggito così di corsa da quel luogo, qualcosa di grosso bolliva sicuramente in pentola! Con passo sempre leggero, ma di corsa, Jack entrò nella cantina e si chiuse la porta alle spalle. Il corridoio davanti a lui era ancora più buio, sporco ed umido del resto della casa…! Seguendo il corridoio arrivò finalmente in quello che sembrava l’ufficio del proprietario. Entrò nell’ufficio ed inciampò su qualcosa di duro e pesante. Fu solo quando si girò che si accorse di essere inciampato sul corpo della cameriera di prima. Si rimise in piedi ed afferrò il bastone da passeggio puntando il manico a forma d’aquila contro il corpo. Si fermò un attimo ad osservarlo. Era completamente snodato e attorcigliato, come una marionetta lasciata in terra, gli occhi spalancati e con direzioni diverse, la mascella dislocata, e una sottile striscia di fumo si levava dal collo. Batté il manico sul capo della donna provocando un leggero suono metallico. –Impossibile…- disse ritraendosi. Un suono di urla lo riportò alla sua missione. Ripose il bastone e si girò verso il tavolo. Sopra di esso c’erano diverse carte; ricevute di… uccisioni? In ognuna di quelle ricevute si parlava di giovani mondani uccisi e poi consegnati al Pandemonium Club. Altre carte contenevano scommesse e debiti di altri mondani attirati durante le loro riunioni. La feccia del Mondo Invisibile era tutta lì… poi la lettera. Era indirizzata al Magister. -Intruso!!!-. Due voci urlarono quella parola con un odio e una rabbia tipica delle vecchiette. Jack si voltò riponendo le carte nella giacca ed afferrando il bastone. Sulla soglia della porta c’erano due vecchie signore pallide e con i capelli scuri; una alta e smilza, l’altra bassa e grassoccia. Una delle due sguainò una frusta e la agitò su Jack afferrandogli il braccio armato. Cliccò un pulsante sul manico di velluto grigio e la parte inferiore cadde rivelando una corta lama di adamas sotto il manico. L’Assassino afferrò la parte caduta, dalla cui estremità si aprì una seconda lama laterale ricurva; e con quella piccola falce tagliò la frusta, e con il braccio nuovamente libero lanciò il coltello verso le due vecchiette. Queste si scansarono dalla porta lasciando al Nephilim spazio sufficiente per scappare. Con un balzo raggiunse la porta, afferrò la lama e scappò verso l’uscita. Dal nulla spuntò una folla, tutta vestita con maschere senza volto, che sbarrò il passo all’Assassino. Quest’ultimo si precipitò su per le scale, seguito dalle due vecchiette indemoniate. Ritornò sui suoi passi fino alla stanza da cui era venuto. -Non lasciatelo scappare!!!- urlò la più alta delle due mentre Jack si gettò giù dalla terrazza e atterrava con un elegante capriola nel giardino. Gettò un ultima occhiata verso la casa prima di ricominciare a correre lungo le vie di Londra. -Ecco!- Jack passò a Charlotte le ricevute, tenendo per se la lettera e sedendosi su una poltroncina nell’ufficio di Charlotte all’Istituto. Jack aveva vagato un po’ prima di tornare, accertandosi di non essere seguito dalle due vecchiette. La cacciatrice osservò le carte confusa. –Jack, dove le hai prese?- domandò con autorità sventolandole. –Ho contatti che mi hanno avvertito di attività illecite… ho pensato di cercare le prove…- . -Avresti dovuto farcelo sapere…- disse lei esasperata. –Hey, ho facilitato il lavoro di quel Will… nessuno si è fatto male, davvero… ora abbiamo due giorni per prepararci ad assaltare quella casa!- -Andremo adesso…- decise la cacciatrice alzandosi. Per poco Jack non cadde dalla sedia. -Cosa!? No, no… dobbiamo essere pronti!- -Se stanno uccidendo mondani solo per il loro piacere personale non possiamo aspettare…! Sophie!- la cameriera entrò nella stanza. –Raduna Henry, Will e Jem… abbiamo nuove informazioni sul caso del pugnale di due mesi fa! Li voglio armati e pronti all’ingresso tra dieci minuti.- Sophie fece un leggero inchino prima di lasciare la stanza. Jack era rimasto seduto con un’aria scocciata ad osservarla andarsene. -Vatti a preparare Jack…- lo incitò Charlotte. -…partiamo tra poco!-. -Il piano non è andato come previsto?- domandò Jon mentre jack entrava nell’armeria. –No… il Magister arriva tra due giorni, ma Charlotte vuole che partiamo ora… forse dovremmo dirglielo…- -Lo sai bene che non ci è permesso… se sono affari dei Templari, sono affari solo e soltanto nostri!- -Tu non verrai, vero?- domandò il Nephilim aprendo un baule di legno scuro e gettandoci dentro il bastone animato. –No, mi spiace… noi Nascosti non siamo ammessi in operazioni simili…-. Jack rimase in silenzio mentre si metteva la fondina della pistola e agganciava la catena del kunai alla cintura. -Speravo che avremmo combattuto insieme…- disse alla fine. –Tranquillo… avremo modo di farlo!- lo incitò il lupo mannaro –Su… fammi vedere quelle due bellezze!-. Jack sorrise beffardo e prese due fodere nere lunghe sessanta centimetri attaccate a due cinture nere. Si agganciò quest’ultime dietro la schiena ed estrasse le lame. Due katane di sessanta centimetri l’una, il filo perfetto e leggermente ricurve. -Stupende…- commentò Jon mentre l’amico le faceva roteare con abilità. –E’ ora di battezzarle…- disse cupo Jack rinfoderandole. La casa sembrava ancora più sudicia e buia di quella mattina. -Signori…- disse jack dirigendosi verso la porta. -…ci sono due vecchiacce qua dentro… non sarà un problema! Però voglio chiedervi un favore…- -E cioè?- domandò Henry. Jack sguainò le katane. –Mi servono vive!-. La casa era vuota. Il gruppo si era diviso in ogni angolo della casa, ma Jack era tornato nell’ufficio alla ricerca di altri documenti sul Magister. Il corpo della cameriera era stato portato via, insieme a tutto il resto. Nei mobili e nella scrivania non c’era più niente. Nemmeno una banale lista della spesa… Non era così che si aspettava quell’incursione… si aspettava di nuovo il gruppo di uomini in maschera che li attaccavano, ma almeno non sarebbe stata una missione impegnativa. Almeno finché Will non lo raggiunse. E con lui Theresa Gray. E con lei le due vecchiacce. “Signorina Graaaayyy…!” fu quello che sentì dal corridoio dietro di lui. -Jack! Tienile a bada!- urlò Will mentre si precipitava verso un secondo corridoio buio. –Will, le hai trovate?- -Purtroppo si!- strillò correndo. Jack sguainò le katane e si pose accanto al corridoio, pronto a fronteggiare le due vecchiacce ad armi “pari”. Almeno finché la ragazza non gli corse accanto. Jack riconobbe i suoi occhi grigi e i capelli marroni riccioluti. -La signorina Gray?- abbandonò la posizione e corse dietro ai due. Li seguì nell’oscurità, e riuscì a non essere chiuso fuori dalla cantina. Scivolò e si rialzò per aiutare Tessa a chiudere la porta. All’interno c’erano un caldo ed un umido tremendi! Era accanto alla ragazza ansimante contro la porta. Questa si voltò a guardarlo. -Ma… io vi conosco?- domandò. -No…- rispose istintivamente l’Assassino scostandosi dalla porta. -Jack!- strillò Will rialzandosi dal terreno. –Ti avevo detto di fermarle…!- -Voi siete quel tale! Jack Hiddenblade!- urlò Tessa indignata. –Piccolo il mondo, eh?- rispose il diretto interessato con un mezzo sorriso. Tessa osservò sconcertata il suo assortimento di armi, poi quello di Will. –Ma… cosa siete di preciso voi due? Dei pazzi? Mercenari? Pazzi mercenari?- -Sulla prima ci sei andata vicina…- commentò, poi aiuto Will a rimettersi in sesto mentre da fuori si udivano le vecchiacce urlare. “Venite fuori signorina Gray!” “Non vi faremo del male!” -Siamo in trappola…- osservò Jack; la stanza era senza via d’uscita, a parte la porta principale. –Will, chiama aiuto… io le tengo a bada!- disse roteando le katane. -Ma cosa vogliono da voi?- domandò l’Assassino a Tessa. –Vogliono consegnarla e darla in sposa ad un certo Magister…- rispose Will. Jack rimase di sasso. –Cosa!?-. La risposta fu sostituita dal cedere della porta. -E così sapete del Magister…- disse la vecchia grassoccia. –Sciocchi! Il Magister è uno degli uomini più potenti del Mondo Invisibile… non riuscireste mai a sconfiggerlo!-. Jack puntò le katane davanti a se. –Allora che mi dite del simbolo sul pugnale che avete usato per uccidere quella ragazzina?- disse l’Assassino. –E’ un simbolo ben più potente di voi! So per chi lavorate… voi seguite “il Padre della comprensione”…- la vecchia sembrò cogliere l’allusione e sorrise. -Che carino… un giovane Assassino… sarà un piacere per noi portare le tua lame al Magister, i suoi collaboratori ne saranno fieri!-. Jack partì all’attacco nel momento in cui il soffitto cedette, e James ed Henry piombarono nella stanza! Jack e Jem si abbatterono su una delle due, mentre Henry cercava di portare Tessa al sicuro e Will fronteggiava l’altra signora. La vecchia era dura da buttare giù. Ancora più difficile era che Jack la voleva viva, voleva sapere chi era quel dannato Magister, e perché diamine volevano far sposare Tessa con lui. Attaccò le braccia e le gambe della vecchia, non prestando attenzione a ciò che accadeva dietro di lui. Capì che una di loro era morta solo quando l’altra urlò. Gettò via Jem come se fosse un insetto, deviò le lame di Jack facendogli perdere l’equilibrio e si gettò su Tessa. Jack si girò sulla schiena verso il soffitto. Vide qualcosa cadere dal buco sopra di lui. Un oggetto nero e arrotondato. Non fece in tempo a spostarsi che il sasso lo prese in fronte, facendolo svenire. In lontananza sentiva i passi di qualcuno che fuggiva e altri che urlavano.

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Capitolo 4
*** Incontro Notturno ***


Jack si svegliò, e i raggi del sole gli colpirono gli occhi accecandolo per qualche istante. Si portò una mano all’occhio sinistro e sentì che tutta la parte della fronte sopra di esso era fasciata e appiccicaticcia. -Jack… Jack!- Henry lo stava chiamando, e quando mise a fuoco la vista si accorse che l’inventore era su di lui preoccupato. –Grazie all’Angelo stai bene…- disse asciugandosi la fronte e alzandosi. Jack si mise seduto e si accorse di essere nel giardino davanti alla Casa Oscura. La testa gli faceva un male dell’anima… -Che diamine è successo?- domandò rimettendosi in piedi del tutto, seppur barcollante. Will era appoggiato alla carrozza, al suo interno c’era Tessa, apparentemente svenuta… ciò lo riportò agli avvenimenti nella cantina. -Sei stato gettato a terra da una delle due sorelle… poi un pezzo di soffitto ti è caduta in testa, mettendoti k.o…- indicò la fasciatura. –C’è mancato poco che non ti prendesse direttamente l’occhio…- -Che è successo alle due sorelle?- chiese l’Assassino massaggiandosi la zona fasciata. -Una delle due è scappata…- rispose Will dalla carrozza. –L’altra?- continuò Jack. -Morta…- finì il nephilim. Jack si maledisse per essersi fatto mettere al tappeto da uno stupido pezzo di roccia. -Devo interrogare la ragazza…- decise. -Non finché non si sarà rimessa…!- rispose Will deciso e gettò uno sguardo preoccupato a Tessa. -Va bene, va bene…- disse Jack agitando la mano. –Meglio tornare all’Istituto…- Una volta ritornati, Jack fu curato da un Fratello Silente mentre Tessa fu portata in una stanza, e visitata da un altro Fratello. -Dannazione! Gli avevo detto che mi serviva viva!- disse Jack all’amico Jon mentre il Fratello Silente usciva dalla stanza. -Non è colpa loro…- rispose Jon. -…la priorità era salvare la ragazza e loro stessi! E poi… una è ancora viva!- -Già…- Jack si avvicinò allo specchio sopra la tinozza d’acqua e si scostò i capelli. Grazie alle rune dei Fratelli Silenti la ferita si stava già cicatrizzando lasciando una linea che partiva dalla metà della fronte ai capelli sopra l’orecchio sinistro. -Hanno detto che la conoscevi…- disse il lupo mannaro. Jack scrollò le spalle. –Si… l’ho incontrata sulla nave per Londra… è americana, il fratello vive qui e le ha offerto di venire dopo la morte della loro zia… l’unica cosa importante, è che conosce anche lei il Magister… quelle due vecchie la volevano far sposare con lui…- -Ottimo! E’ una pista in più…- Jon si sfregò le mani soddisfatto mentre l’amico si dirigeva verso la porta. –Dove vai?- chiese. -A fare due domande alla nostra cara Tessa! Tu intanto vai da Marco, digli che stiamo cercando una signora anziana, alta e magra… nella zona di Whitechapel, probabilmente è una strega. Voglio sapere dov’è!- -Bene… glielo dirò… buona fortuna con la ragazza!- urlò, mentre l’amico usciva dalla stanza. Quando Tessa si svegliò, la prima cosa che vide fu la faccia senza occhi e solcata dalle rune di Fratello Enoch, facendola trasalire e urlare, mentre delle deboli risate umane si levavano dalla sedia davanti a lei. Jack Hiddenblade era seduto sulla sedia e la osservava, divertito. -Scusate…- disse trattenendo una lacrima. -…non ho resistito a chiedere a Fratello Enoch di sporgersi un poco…!- “Non è stato divertente.” Disse una voce nella sua mente, e si rese conto che proveniva dall’uomo senza occhi. Si mise seduta sul letto appoggiata con la schiena al cuscino e fissò il Nephilim con astio. -Ma voi che cosa siete?- domandò di sott’occhi. –Chi? Io? Solo un giovane gentiluomo avventuriero… ditemi, sapete chi erano quelle due vecchiacce che vi tenevano prigioniera?- -Voi mi avete mentito su quella nave! Probabilmente siete un amico delle Sorelle oscure…!- rispose invece Tessa. Jack si afferrò il mento con aria pensante. –Ecco come si chiamavano… comunque, io non sono dalla loro parte!- si alzò e cominciò a camminare avanti e indietro davanti al letto. –Ne abbiamo uccisa una… ma l’altra è ancora in giro… devo trovarla. Assolutamente. Avete idea di dove possa essere andata?-. Tessa si fermò a pensare, finalmente una di loro due era morta, di sicuro l’altra era dal Magister, a dirgli che era scomparsa, che aveva disobbedito. Avrebbero ucciso suo fratello. -Va tutto bene?- domandò il Nephilim. Tessa alzò il viso con le lacrime agli occhi. -Lo uccideranno… uccideranno Nate…- -Chi…?- chiese Jack prima di ricordarsi del fratello di Tessa. –Oh… vostro fratello… sapete dove abita?- -No… so solo che è prigioniero del Magister… è a lui che volevano darmi in sposa…- Tessa si afferrò il volto mentre il Nephilim si avvicinava e le mise una mano sulla spalla. -Lo troveremo…- disse lentamente. –troveremo vostro fratello, sano e salvo!- Tessa alzò di nuovo il volto. –Grazie…- disse, ma il Nephilim era già davanti alla porta. –Aspetta ti prego! Ho delle domande da farti!-. Il Nephilim voltò il capo rimanendo sulla porta. –Tranquilla… avrai le risposte…!- e col suo mezzo sorriso uscì dalla stanza. Decise di fare un giro in strada prima di dirigersi alla Devil Tavern per aggiornare il resto della Confraternita. Prese il suo cappello a cilindro bianco dall’attaccapanni e tirò fuori il bastone da passeggio animato da sotto il cappotto e aprì la porta, quando Thomas arrivò correndo verso di lui con una lettera in mano. -E’ per voi signor Hiddenblade. Disse porgendogli la lettera, Jack riconobbe il simbolo del fulmine nella ceralacca. –Viene dall’Istituto di York…-. L’Assassino l’aprì e lesse il contenuto e se la mise in tasca sbuffando. –Grazie Thomas… di agli altri che farò tardi stasera…- -Avete per caso bisogno di un passaggio, signore?- chiese mentre il Nephilim attraversava il portone. –No grazie!- rispose agitando la mano libera. –Camminare mi farà bene…-. La città era buia e le strade intorno all’Istituto erano vuote, nonostante da alcune finestre uscissero deboli luci. Ripensò al contenuto della lettera. A quanto pare il vecchio era venuto a sapere che Jack era tornato in Inghilterra, meglio tardi che mai. Camminò a lungo prima di arrivare davanti ad una schiera di case tutte uguali a due piani con due finestre bovinde accanto alla porta, e attaccate tra di loro che davano sul Tamigi, con una corta strada che le separava dal fiume. Da li si vedeva il Big Ben tutto illuminato ergersi dal Parlamento Inglese. Jack rimase a contemplare quello spettacolo finché non udì il rumore di una porta aprirsi. Si girò e vide la testa di Conrad sbucare dalla porta della casa centrale. -Conrad…- disse Jack per salutarlo. -Mi sembrava che fossi tu…- rispose lo stregone aprendo di più la porta. -…stavo leggendo accanto alla finestra… cosa ti serve?- -Devo solo parlare con la tua coinquilina… posso entrare?- disse voltandosi. –La chiamo subito…- rispose e rientrò in casa seguito dal Nephilim. Jack si tolse il cappotto e il cappello e li appese all’attaccapanni e appoggiò il bastone accanto alla porta. La casa era molto semplice, la mobilia era costituita principalmente di soprammobili da tutto il mondo: bambole voodoo delle paludi della Luisiana, quadri dal gusto rinascimentale e armi di tutti i tipi. Sul camino troneggiava un quadro raffigurante una famiglia di tre persone. Dalla porta della cucina entrò Shyreen che si sedette su una poltrona. -Conrad sta preparando il the… ha detto che volevi parlarmi…- -Esatto…- il Nephilim si sedette sulla poltrona accanto. –ho bisogno di un favore… tu conosci il mio bisnonno, vero?- -Solo per sentito dire…- rispose con un tono di amarezza. -Mi serve che investighi nel regno delle Fate riguardo ad un rapimento avvenuto nel 1837, all’Istituto di York…- prese la lettera e la passò alla fata. Questa lesse il contenuto con gli occhi leggermente chiusi, quasi non ci vedesse. -Il tuo bisnonno ha una cattiva reputazione trai Nascosti… non vedo perché debba aiutarlo…- ripose la lettera sul comodino. -lo so…- disse Jack sospirando. –ma sai com’è… il vecchio non si fa scrupoli, e farà di tutto per vendicarsi del torto subito!- mise la mano sulla sua spalla. –Tu puoi scoprire la verità senza che nessuno si faccia male… più o meno… ti prego...-. Shyreen guardò Jack di sott’occhi e alla fine, a denti stretti disse. –Va bene… farò quel che posso!- e si lasciò sprofondare sulla poltrona. Quando il the fu finalmente servito dallo stregone di ritorno dalla cucina, si udì bussare alla porta, e Marco e Jon entrarono nel salotto. -Ho preferito dirgli di venire qui- spiegò Conrad mentre sorseggiava il suo the. –invece che spostarci tutti al Devil Tavern… allora, Jack, che novità hai sul Pandemonium Club?-. Il Nephilim posò la tazza e osservò i presenti prima di parlare. -Il Pandemonium Club è gestito da due vecchiette, si fanno chiamare le Sorelle Oscure... purtroppo una di loro è morta durante l’assalto da parte nostra… ho chiesto a Jon di cercare l’altra…-. Marco si alzò per parlare. –Porto buone notizie, dunque… dei Nascosti miei amici, hanno visto una vecchietta che corrisponde alla tua descrizione fuggire in direzione opposta del Pandemonium Club… purtroppo, a quale indirizzo sia attualmente non me l’hanno riferito… di sicuro però è rimasta a Whitechapel!-. Il gruppo di Assassini rimase un attimo in silenzio, indeciso sul da farsi. -C’era una cosa strana in quella casa…-. Disse Jack rompendo il silenzio, gli occhi fissi sulla sua tazza. Bevve un rapido sorso di the e riprese a parlare. –Ho visto il corpo di una donna… ma c’era un non so che di innaturale in lei. Era fatto interamente di metallo. Una bambola di ingranaggi e meccanismi…-. Alzò lo sguardo e vide che tutti avevano gli occhi fissi su di lui. -E non era la prima che vedevo di quelle creature! Un uomo che aveva accompagnato Theresa Gray da suo fratello… quando ho usato l’occhio dell’angelo su di lui, non aveva funzionato! E ancora, nella cantina di quella casa, macchinari che scuoiavano cadaveri di uomini, donne e bambini! Sicuramente con l’intento di usare le loro pelli come maschere per quei mostri di metallo…!- la sua voce era fredda e dura al ricordo della stanza. Era bastata una rapida occhiata perché quelle immagini gli restassero impresse nella mente. -Stai dicendo che i collaboratori del Magister utilizzano… ehm… automi meccanici al loro servizio?- domandò Conrad allibito. -Già…- confermò il Nephilim. Lo stregone rimase un attimo a pensare. –Non ho mai sentito parlare di cose del genere… o meglio, ne ho sentito solo in opere di fantasia mondana… l’ultima volta è stata più di sessant’anni fa, da un mio amico stregone che viveva nello Yorkshire! Forse, potremmo usarle a nostro vantaggio!- esclamò alzandosi. –Jack, indaga a Whitechapel domani, dici che il tuo occhio dell’angelo non funziona su di loro, ottimo! Non credo che ci siano molti oggetti di forma umana che camminano da soli… seguili e vedi se ti portano dalla nostra strega!-. Jack fece un cenno di assenso con la testa, mentre lo stregone osservò l’orologio. -Bene, per stasera abbiamo finito, ritroviamoci qui dopodomani con le novità, io tornerò alla Casa Oscura e cercherò altre prove a favore dei mostri meccanici!- batté le mani e tutti si alzarono. -Nulla è reale, tutto è lecito.- dissero, e si congedarono. Qualcunò bussò alla porta della stanza di Tessa. -Avanti…!- disse la ragazza. Jack Hiddenblade fece capolino togliendosi il cilindro bianco in segno di saluto. -Buonasera, Tessa… volevo scusarmi per quello scherzo di prima e sapere come stavate…-. Tessa era sdraiata sul letto a leggere e si mise seduta. –Tutto bene, grazie…-. -Mi spiace inoltre di non avervi detto la verità sul mio conto sulla nave, ma non ci è permesso rivelare la natura del nostro operato ai Mondani… se avessi saputo che vi avrebbero portata in quella casa…- si scusò, poi notò il libro che stava leggendo. -Vedo che state leggendo il Codice degli Shadowhunters! Ne ho una copia anch’io in giapponese... beh, vedo che state bene, buona notte, Tessa!-. si rimise il cappello e fece per uscire quando la ragazza lo chiamò. -Aspetta!... ehm… accetto le tue scuse… immagino, che avrei fatto la stessa cosa al tuo posto…- fece un sorriso imbarazzato. –Buona notte…-. Jack ricambiò il sorriso e uscì, ma prima si soffermò sul volto di Tessa. Gli ricordava in modo inquietantemente simile un quadro che aveva visto nell’Istituto di York quando era piccolo... Uscì e rimase un attimo appoggiato al proprio bastone a ripensare al quadro. Forse il vecchio non aveva fatto male a chiedergli di riprendere le ricerche.

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