Il Figlio Della Prof di Scarcy90 (/viewuser.php?uid=31253)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tre Ragazze Come Tante ***
Capitolo 2: *** Ripetizioni Di Matematica ***
Capitolo 3: *** Il Giorno Peggiore ***
Capitolo 4: *** Voci Di Corridoio ***
Capitolo 5: *** Pomeriggio A Casa Del Nemico ***
Capitolo 6: *** Una Nuova Consapevolezza ***
Capitolo 7: *** Taglio Netto ***
Capitolo 8: *** Il Living ***
Capitolo 9: *** Lento Con Sorpresa ***
Capitolo 10: *** (S)Piacevoli Notizie ***
Capitolo 11: *** Tutta Colpa Di Una Sveglia ***
Capitolo 12: *** Perdere La Bussola ***
Capitolo 13: *** Ferite Visibili E Non ***
Capitolo 14: *** Punto Di Non Ritorno ***
Capitolo 15: *** La Filosofia Delle Tre Scimmiette ***
Capitolo 16: *** La Zia Cupido ***
Capitolo 17: *** Solo La Verità, Nient'Altro Che La Verità ***
Capitolo 18: *** Reale Natura ***
Capitolo 19: *** Risveglio Da Favola ***
Capitolo 20: *** La Vera Storia Inizia Da Qui (Epilogo) ***
Capitolo 21: *** Gerarchia Scolastica (New Version) ***
Capitolo 22: *** Il Seme Del Pregiudizio (New Version) ***
Capitolo 23: *** La Matematica Non E' Un'Opinione (New Version) ***
Capitolo 24: *** La Leggenda Di Zorba (New Version) ***
Capitolo 25: *** Ciò Che Mormora Il Vento (New Version) ***
Capitolo 26: *** Attrazione Protonica (New Version) ***
Capitolo 27: *** Un Apostrofo Rosa (New Version) ***
Capitolo 28: *** Due Al Prezzo Di Una (New Version) ***
Capitolo 29: *** Niente Freni (New Version) ***
Capitolo 30: *** Al Di Là Della Maschera (New Version) ***
Capitolo 31: *** Queen (New Version) ***
Capitolo 32: *** Electra Dakru (New Version) ***
Capitolo 1 *** Tre Ragazze Come Tante ***
Attenzione! Avviso del 21/01/2018
Volevo dire a tutti i fan di Massi e Vale che la storia "Il figlio della prof" ha ora una nuova versione, molto diversa dalla prima, disponibile all'acquisto su Amazon e su tutte le piattaforme digitali (in formato cartaceo e eBook). Il titolo è "La filosofia di Zorba" (di Francesca V. Capone), una storia assolutamente più matura rispetto alla versione originale e che vi lascerà senza fiato. Se volete, è anche possibile ordinarla in librerie come Mondadori e Feltrinelli.
In questa nuova versione il personaggio di Massi è più presente e descritto a tutto tondo, perciò non perdetevala!
Un bacio
Prologo
Sapevo
che l‟amore è cieco e arriva sempre quando meno te lo
aspetti, ma quello che è accaduto a me è stato
troppo anche per una ragazza forte, abituata ad affrontare tutto nella
vita.
Ero
avvezza alla sfortuna, ormai era diventata una degna compagna che
riuscivo a gestire. Tuttavia quello che accadde durante l‟ultimo anno
delle superiori si discostava da tutti i precedenti sfortunati che mi
avevano caratterizzata negli anni.
Innamorarmi
del ragazzo che più odiavo al mondo, è stato un
miracolo e insieme la maledizione peg-giore che avrei mai potuto
ricevere.
Ero
consapevole del fatto che quando l‟amore bussa alla propria porta
bisognerebbe aprirla senza ri-serve, ma avevo come la sensazione di
averne perso la chiave.
Per
me non era facile accettare quel sentimento, come non lo era
rinunciarci…
I Più Belli Dei Nostri
Giorni,
Non Li Abbiamo Ancora
Vissuti
Nazim Hikmet
Capitolo
1: Tre Ragazze Come Tante
-Basta
così Ferrari, torna a posto.-
Dopo che una ragazza di
diciotto anni aveva
perso un intero pomeriggio a studiare come una matta per riuscire a
fare una
figura decente all’interrogazione, si sentiva dire questa
frase con il tono
soave che solo l’acida voce di una professoressa
può avere, l’unica risposta
possibile sarebbe dovuta essere: Brutta stronza, te l’ho
fatta vedere io questa
volta!
Invece me ne tornai a posto
senza fiatare
perché anche il solo respirare avrebbe fatto capire a
quell’arpia che mi
sentivo appagata in maniera impareggiabile, e questo le avrebbe dato
soddisfazione:
cosa assolutamente inammissibile per me.
Per la prima volta in tre
anni ero riuscita a
sostenere un’interrogazione di scienze senza andare in tilt.
Mi ero sempre
ritenuta una ragazza abbastanza diligente e avevo spesso avuto dei
risultati più
che soddisfacenti; certo non ero una Einstein in gonnella,
però non mi ero mai
lamentata. Eppure da quando questa professoressa era entrata nella mia
patetica
esistenza, una delle materie che avevo sempre amato era diventata un incubo.
Professoressa Claudia
D’Arcangelo, che da
generazioni di studenti era stata soprannominata Lucifero, per il
chiaro riferimento
biblico: una donna normale nel vederla per strada o mentre fa la spesa,
ma
c’era un fenomeno che la colpiva ogni tanto, come se fosse
stata influenzata
dalla luna piena come un licantropo, e stranamente questo avveniva
sempre
quando il suo registro richiedeva l’immediato riempimento di
alcuni spazi
vuoti, spazi destinati al giudizio sulle interrogazioni.
Per più di due
anni, giorno dopo giorno, avevo
osservato questo rito con uno strano groppone all’altezza
dello stomaco: la
D’Arcangelo che arrivava in
classe, si sedeva con calma, prendeva il suo inseparabile astuccio con
le
penne- o altri indefiniti attrezzi di tortura formato tascabile-, ne
tirava
fuori una minacciosa penna nera e apriva il suo registro. In quel
momento anche
le mosche si bloccavano, nessuno respirava e gli alberi fuori
sembravano quasi
perdere ogni sentore di vita.
La professoressa cominciava
a scorrere
l’elenco con lo sguardo e poi faceva il gesto che ogni suo
alunno temeva più di
un intervento chirurgico senza anestesia: segnava dei puntini in
corrispondenza
dei condannati a morte. In genere chiamava in ordine alfabetico, ma non
sempre,
ed era quel margine di incertezza che faceva sperare ad una come me,
quinta nell’elenco,
che Lucifero decidesse di non chiamare in ordine. Cosa avvenuta solo un
paio di
volte, ma nella vita non si può mai sapere.
Alla fine le mie speranze
erano finite al
cesso per l’ennesima volta: aveva chiamato alla lavagna i
primi quattro, tra
cui la sua adorata Sara Giordano, il primo prototipo di robot con
sembianze
umane, a mio modesto parere. Una ragazza che riusciva a prepararsi in
quattro o
cinque materie anche se aveva solo poche ore di tempo. La D’Arcangelo
tendeva ad amarla
incondizionatamente, e qui tutti i suoi discorsi sul fatto che ai suoi
occhi eravamo
tutti uguali e che non aveva preferenze, andavano a farsi un bagno nel
Mar
Baltico.
Quel giorno la Giordano
era stata
impeccabile come al solito, cosa che mi mise ancora più in
ansia, e quando sentii
il mio nome pronunciato con quel solito tono di scherno la rabbia
cominciò a
montarmi fino a raggiungere le vette dell’Everest.
-Ferrari: alla lavagna.-
Mi alzai con calma, mi
diressi con ancora più
calma verso il patibolo che somigliava ad una lavagna e misi la mano
nel
contenitore del gesso. Vuoto, naturalmente.
-Ehm… Credo che
il gesso sia finito, professoressa-,
dissi con voce quasi tremante.
-Eh, allora? Vuoi che vada a
prendertelo io?
Chiedi alla bidella di dartene un pezzo!- rispose quella con voce degna
di un
limone acerbo.
Stavo per andare verso la
porta, quando la
voce di Sara Giordano mi bloccò.
-C’è un
gesso intero nel cassetto, professoressa-,
disse con mielosa accondiscendenza.
La professoressa
aprì il cassetto e ne tirò
fuori un lungo cilindretto bianco.
-Grazie, Sara.-
La Giordano
era l’unica a godere del privilegio di essere
chiamata per nome, praticamente era l’unica ad essere
considerata un essere
umano.
-Ero andata a prenderlo
prima perché serviva
alla professoressa di matematica. Credo che Ferrari se ne fosse
dimenticata-, asserì
sfoggiando la sua aria angelica.
-Eh, già. Ferrari
è parecchio distratta-,
disse con quello che sembrava puro disprezzo nella voce.
–Bene, Ferrari.
Adesso che hai il gesso
potresti andare alla lavagna per cortesia.-
Premettendo che sono sempre
stata una ragazza
dedita al “peace and love”. Sempre e comunque
seguace del motto “Fate l’amore
non fate la guerra”, e accanita sostenitrice del
“Vivi e lascia vivere” con
tanto di “Non fare agli altri quello che non vuoi sia fatto a
te”, l’unica cosa
a cui riuscivo a pensare in quel momento era il modo più
atroce per far morire
quella serpe! Mi aveva umiliata e canzonata come se fossi stata un
oggetto!
Per carattere, sono una che
odia ingiustizie
di quel genere, quindi ero partita dal mio banco con un sentimento di
paura
tremendo e adesso me ne stavo davanti alla lavagna con la rabbia che mi
infuocava dentro, neanche fossi stata il Vesuvio durante la sua
eruzione più
devastante.
La D’Arcangelo
aprì il suo registro alla pagina degli argomenti
che aveva spiegato e cominciò a guardare con attenzione; poi
alzò la testa,
sempre senza guardarmi, e diede subito il via
all’interrogatorio. All’inizio
zoppicai un po’ ma dopo mi ripresi alla grande rispondendo
con sicurezza. Certo
non ero allo stesso livello della Giordano però come
interrogazione potevo ritenermi
soddisfatta. Ma la cosa che più mi elettrizzò fu
non vedere per una volta
quell’espressione scocciata che la professoressa faceva ogni
volta che qualcuno
era impreparato.
Finalmente suonò
la campanella della ricreazione
e tutto il Liceo Classico Virgilio si riversò nei corridoi,
la maggior parte
diretti ai distributori di merendine- o come affettuosamente erano
stati
definiti “macchinette”-. Chi andava in bagno,
principalmente per fumarsi la
sigaretta di metà mattinata, e c’erano anche quei
soggetti che non avendo
studiato a casa, utilizzavano quei dieci minuti nella speranza di
riuscire a
farsi entrare qualcosa in testa per l’interrogazione
dell’ora successiva.
E poi c’eravamo
noi.
Amelia Tarantino, per le
amiche Amy. La
ragazza più bella esistente sulla faccia della Terra:
capelli marroni di media
lunghezza e profondi occhi scuri con un taglio orientale. I ragazzi le
andavano
dietro quasi formando dei cortei e non esisteva al mondo un individuo
di sesso
maschile che non le avesse detto quanto fosse bella e attraente. Ma in
realtà
lei non aveva ancora avuto una storia, stava aspettando il grande
amore, o per
meglio dire, stava cercando di dimenticare l’unico ragazzo di
cui fosse mai
stata davvero innamorata.
Martina Giuliani. La
timidezza fatta persona, timidezza
che si mostrava solo con gli altri, perché quando era con
noi, non faceva altro
che parlare e parlare. Dolce e carina, ricordava molto le bambole di
porcellana:
carnagione chiara, capelli biodi e mielosi occhi nocciola. Anche lei
una rara
bellezza, e anche lei, come Amy, non aveva ancora avuto occasione di
innamorarsi, o più precisamente non ne aveva avuto voglia.
Una delle sue
caratteristiche fondamentali era senza dubbio la pigrizia: infatti per
lei
cercare un ragazzo era troppo stancante.
Infine c’ero io:
Valeria Ferrari. La più pazza
del gruppo, o comunque quella un po’ più
istintiva. A volte tranquilla a volte
un uragano, lunatica e soprattutto solare, mi piaceva sorridere e far
ridere,
caratteristica ereditata da quello scavezzacollo di mio padre. Alta,
anche
troppo, fisico normale, lunghi capelli castani mossi e occhi marroni;
una
ragazza ordinaria e senza alcuna pretesa, solamente in attesa del
grande amore.
Anch’io, come Amy, ci volevo credere e ci credevo che un
giorno sarebbe arrivato
l’uomo della mia vita, nel frattempo mi divertivo come tutte
le ragazze della
mia età.
Noi tre eravamo
inseparabili: Marti ed io
sempre insieme fin dalle scuole materne, mentre Amy si era unita a noi
durante l’ultimo
anno delle medie. Ragazze assolutamente normali, e tranquille. Quelle
che in uno
dei tanti licei italiani sono considerate insignificanti, facilmente
confondibili con il resto della massa. Ma a noi andava benissimo
così, nessuna
di noi aveva smanie di attenzioni o voglia di mettersi in mostra, ci
era sempre
bastato stare insieme. Solo questo.
Non ci era mai piaciuto
conformarci agli
altri, quindi se il ragazzo più carino della scuola ci
passava accanto non ci
mettevamo a sbavare come le altre. Era carino, certo, ma in genere
carino è
sinonimo di bastardo. Meglio
conoscerlo bene un ragazzo prima di decidere di morirgli dietro. Era
questa la
nostra filosofia.
Naturalmente, come tutte le
scuole, anche la
nostra godeva della presenza dei così detti ragazzi
fighi, quelli che tutte le ragazze
vorrebbero avere ma che in realtà solo una
“fortunata” Barbie senza cervello sarebbe
riuscita ad accalappiare.
Nella nostra scuola il
più bel ragazzo,
oggettivamente parlando, era di sicuro Marco Iovine: alto, occhi
azzurri,
capelli modello Zach Efron, con un carattere solare e simpatico. Un
vero
schianto insomma. E qual’era allora il suo punto a sfavore
agli occhi di noi
tre? L’amico che si portava sempre dietro: Massimiliano
Draco, il ragazzo più detestabile
dell’intero istituto.
Il motivo di tutto
ciò? Massimiliano, o
“Massi” come amava farsi chiamare, era
l’unico e viziatissimo figlio di Lucifero.
Proprio così: la D’Arcangelo
aveva trovato un
povero innocente che aveva accettato di sposarla e di avere un figlio
con lei.
Non l’avesse mai fatto.
Massimiliano era il ragazzo
più conosciuto di
tutta la scuola, forse anche più di Marco, qualunque cosa si
facesse, qualunque
progetto si organizzasse lui era sempre lì con la sua piacevolissima presenza. Si intrometteva
in discussioni in cui non
c’entrava affatto, ma quello che era peggio era il fatto che
non si accorgesse
di quanto fosse detestato, di quanto tutti li altri sparlassero alle
sue
spalle. Secondo il suo punto di vista era il ragazzo più
simpatico della scuola
o persino dell’Universo. Ma il problema era che questo era
solo il suo punto di
vista…
Non che non fosse un ragazzo
carino: occhi verdi,
capelli biondi lasciati un po’ ribelli, alto, fisico
abbastanza scolpito.
Questi, però, erano i suoi unici
punti a favore, superati di gran lunga da quelli a sfavore.
Dal canto mio, credo di
essere stata una di
quelle tante persone che abbia tentato di mandargli più
maledizioni e anatemi
possibili. Massimiliano Draco rappresentava tutto ciò che io
non ero, ma
soprattutto era l’incarnazione vivente di tutto quello che
non volevo in un
ragazzo. Praticamente il mio opposto: voglia di mettersi in mostra,
umiltà che
toccava livelli pari o addirittura inferiori allo zero, nessun senso
del pudore
e soprattutto un narcisismo mischiato a quella punta di egocentrismo
che
raggiungevano vette astronomiche.
In conclusione lo odiavo,
molto più di quanto
si può odiare la pioggia di sabato sera, o
l’interruzione pubblicitaria mentre
sei al punto clou di un film.
Grazie a non so quale
intervento divino, in
quasi cinque anni di scuola, Massimiliano non mi aveva mai parlato.
Ogni giorno
mi alzavo la mattina e pregavo che anche quel giorno passasse come gli
altri e
grazie a Dio, tutto ciò puntualmente avveniva. Certo lo
incrociavo nei corridoi
e a volte all’entrata o all’uscita da scuola, ma
nulla di più. Naturalmente
meglio di così non poteva andare, era l’equilibrio
naturale delle cose, e per
il bene dell’umanità doveva a tutti i costi
rimanere così.
Eppure ricordo perfettamente
il giorno in cui
questo delicatissimo equilibrio si spezzò per non ricomporsi
mai più.
Finita quella maledetta
interrogazione, mi
diressi insieme a Amy e Marti nell’atrio della scuola, giusto
per prendere un
po’ d’aria.
-Dai Vale, sei stata
fantastica
all’interrogazione-, mi disse Amy sorridendo.
-Infatti, non eri mai andata
così bene-, aggiunse
Marti.
-Lo sapete che io sono
destinata ad andare
male con la
D’Arcangelo-,
risposi sospirando. –Quella di oggi è stata solo
l’eccezione che conferma la
regola.-
-Ma dove?-
esclamò Amy. –Si vedeva lontano un
chilometro che la
D’Arcangelo
era davvero stupita dalle tue risposte.-
-E va bene, questa volta me
lo sono proprio meritato
un voto decente-, risposi compiaciuta. Non sono narcisista, ma quando
mi fanno
un complimento vado in brodo di giuggiole.
-Sentite-, continuai.
–Io vado alle
macchinette a prendermi una bottiglietta d’acqua, ho la gola
che sembra un
foglio di carta vetrata.-
-Mi sembra il minimo dopo
un’interrogazione di
Lucifero!- disse Marti sorridendo.
-Noi ti aspettiamo in
classe, allora- concluse
Amy.
Così loro due
cominciarono a salire le scale
che portavano al piano di sopra dove c’era la III
C (*), la nostra classe.
Rimasi qualche secondo a
guardarle poi mi
diressi verso le macchinette con un sorriso a trentadue denti stampato
in
faccia: sprizzavo allegria da tutti i pori. Quella giornata era
cominciata alla
grande ed ero sicura che niente e nessuno avrebbe mai potuto rovinarla.
Naturalmente non ero mai stata una cima nella predizione del futuro.
Appena svoltai
l’angolo mi bloccai: davanti
alle macchinette c’era il motivo per cui durante le ore
successive ero
diventata il malumore fatto persona.
Marco Iovine e Massimiliano
Draco erano
appoggiati alle macchinette e stavano facendo salotto con quelle che mi
sembrarono tre mocciose del secondo anno, ragazze ingenue e senza
alcuna voglia
di indipendenza dagli ormoni. Alzai un sopracciglio irritata e il
dubbio prese
possesso delle mie sinapsi: c’erano due soluzioni possibili,
andarmene, il che
sarebbe stato un gesto saggio e sensato, oppure continuare ad avanzare
imperterrita. Oltre a non avere alcuna dote precognitiva ero anche
accessoriata
di un non indifferente senso di puro menefreghismo quindi, ovviamente,
scelsi
la seconda opzione. Anche perché stavo davvero morendo di
sete.
Sbuffai e mi diressi con
passo sicuro verso le
macchinette, ero solo a pochi centimetri da quel gruppetto idiota ma
ancora non
mi avevano degnata di uno sguardo. Quanto avrei voluto che
continuassero a
farlo per tutta la vita! Ma la ricreazione stava per finire e io mi
stavo
decisamente disidratando.
Diedi un leggero colpo di
tosse, ma nessuno di
quei cinque soggetti si voltò a guardarmi. La mia
irritazione stava
raggiungendo davvero dei livelli inumani.
-Scusate-, dissi alla fine.
Marco decise di voltarsi,
fortunatamente
sembrava possedere un neurone.
-Serve qualcosa?- chiese con
un sorriso smagliante.
“Esibizionista!”
pensai. “Perdonami se non
sono una quindicenne in calore, le tue armi riservale per loro. Con me
non
attaccano!”
-Sì, fino a prova
contraria i distributori
servono a prelevare cibo e bevande. Non mi sembrava che servissero
anche come
salotto-, dissi con uno sguardo che li avrebbe potuti disintegrare. Va
bene,
forse avevo esagerato ma ero incavolata nera, e, a dirla tutta, avevo
anche
cercato di trattenermi.
Lui mi fissò per
qualche secondo negli occhi
anche se non riuscii a capire il perché però.
-Hai ragione-, disse Marco
con uno strano
sguardo. –Ci spostiamo subito.-
Avevo vinto? Ero riuscita a
spuntarla con il ragazzo
che era in grado di creare soggezione con un solo sguardo ed era stato
talmente
facile, che per poco non mi misi a saltare dalla felicità.
-Aspetta, Marco.-
Mi sembrava che fosse stato
troppo facile.
Naturalmente, quell’impiccione di Draco si era sentito in
dovere di intervenire.
-Scusa, tesoro. Ma questo
è un paese libero,
perciò io e il mio amico abbiamo il diritto di stare dove ci
pare e piace!-
affermò lui con quell’aria di sicurezza che lo
contraddistingueva.
Tesoro? No, dico: mi aveva
chiamata Tesoro?!
La mia rabbia stava per
esplodere, la sentivo
proprio sotto la pelle come se stesse cercando di uscire e non sapevo
quanto
ancora avrei potuto resistere.
-E’ vero,
però io ho bisogno di una bottiglietta
d’acqua. Basta che uno di voi due tolga il suo regale
fondoschiena di lì, così
io prendo la mia acqua e sparisco di qui in meno di un secondo. Non mi
sembra
di chiedervi chissà che cosa. -
Ero fiera di me stessa, non
avevo sbraitato e
mi ero trattenuta.
-No!- fu la secca risposta
di lui.
“Vuole
morire!” pensai. “E’ l’unica
spiegazione al suo comportamento, ha proprio voglia di morire. Qui e
adesso!”
-Come, scusa?- chiesi
cercando di essere gentile.
-Ho detto di no!–
incrociò le braccia per dare
più enfasi alle sue parole. -Non ci spostiamo.-
-Massi, smettila di fare
l’idiota-, disse
Marco. –Falle prendere l’acqua.-
-Dai retta al tuo amico Massi.- Forse avevo messo un
po’ troppo sarcasmo in quell’ultima
parola, ma non avevo saputo resistere.
Draco per poco non mi
tirò uno schiaffo, avevo
capito che si era trattenuto a stento.
-Non ho alcuna intenzione di
spostarmi-,
continuò lui imperterrito.
Ma perché i
ragazzi devono sempre essere così
stupidi e cocciuti? Poi non si possono lamentare se noi ragazze andiamo
fuori
di testa.
-Massi, adesso basta fare
l’imbecille-, ci
riprovò Marco.
La campanella
suonò: quel Draco era sempre
fortunato, si era salvato dalla mia ira proprio all’ultimo
istante.
“Ringrazia il
cielo che adesso ho quella
carabiniera della Bianchi che non ammette ritardi, se no ti facevo
nero!” pensai
voltandomi.
-Vai già
via?-chiese con tono compiaciuto.
“Vuole proprio
morire!”
Feci qualche passo avanti,
verso le scale e cominciai
a salire il primo gradino.
-Non mi hai sentito per
caso? Sei una che
molla facilmente.-
Mi bloccai: figlio o no
della D’Arcangelo, meritava
una delle mie risposte più perfide.
-Sai Marco-, dissi con un
sorriso, –è inutile
che continui a ripetere al tuo amico di non fare l’imbecille,
si sa che
difficilmente un essere umano riesce ad andare contro la sua natura.-
Marco mi guardò
con un sorriso divertito,
mentre quello che prima c’era sul viso di Draco si spense
come d’incanto.
-Rifletti un po’
su questa mia pillola di
saggezza, caro Massi.- Detto questo
cominciai a salire le scale alla velocità della luce,
sperando con tutte le mie
forze che la
Bianchi
non fosse già entrata in classe.
Mentre mi precipitavo in
aula, notai che avevo
uno strano sapore in bocca: accidenti! Per colpa di quello stupido
battibecco
mi ero completamente dimenticata dell’acqua! Avrei dovuto
aspettare la fine
delle lezioni.
Entrai in classe, per
fortuna la professoressa
non era ancora arrivata. Mi sedetti subito al mio posto, accanto a
Marti.
-Perché ci hai
messo tanto? Lo sai che se
fosse arrivata la Bianchi
ti avrebbe fatto una ramanzina infinita-, mi rimproverò
Marti.
-Lo so, lo so-, dissi mentre
riprendevo fiato.
Mi chinai verso lo zaino per prendere i miei libri di latino e sentii
un
improvviso silenzio in classe: doveva essere arrivata la professoressa.
Strano
che nessuno avesse detto il solito “Buongiorno”
scoraggiato.
Riemersi dal lato del banco
e mentre poggiavo
il libro di versioni sul banco, notai qualcosa di insolito che prima
non c’era:
una bottiglietta d’acqua.
Alzai lentamente lo sguardo,
e incontrai dei luminosi
occhi azzurri che mi sorridevano.
-Ho pensato che ne avessi
bisogno.-
Marco era davanti a me, per
la sorpresa mi ero
persino dimenticata di respirare. Ma era stata solo questione di un
secondo,
non ero una ragazzina che andava fuori giri per un sorrisetto.
-Pensavo che il tuo amico
non fosse favorevole
al mio volermi dissetare- dissi
prendendo
l’astuccio da sotto il banco.
Ero consapevole del fatto
che in classe non stava
volando una mosca, i miei compagni, in genere abbastanza loquaci, o per
meglio
dire, casinisti, evidentemente trovano parecchio interessante il fatto
che Marco
Iovine fosse venuto nella nostra classe per portare a me
una bottiglietta d’acqua e che non dimostrasse alcuna
intenzione
di andare via.
-Diciamo che non sono
d’accordo con lui.
Stranamente non ci tengo che tu muoia di sete-, continuò lui
sempre più
gentile.
-Be’, allora
grazie-, risposi con evidente
intenzione di liquidarlo ma lui proprio non ne voleva sapere di
andarsene.
-Spero che quello che ti ha
detto Massi non ti
abbia dato troppo fastidio, è solo che lui è un
po’…-
-Egocentrico? Megalomane?
Narcisista? Figlio
del “Meglio di me nessuno al mondo
c’è”?- avrei voluto mordermi la lingua
ma quelle
parole mi erano sdrucciolate via di bocca prima che potessi fermarle.
Marco mi fissò
sempre più divertito, mentre io
continuavo a sentire quel maledetto silenzio in classe: sembrava che i
miei
compagni avessero persino deciso di non respirare.
-In effetti credo che sia un
mix di tutte
queste cose. Però ha anche dei lati buoni.-
Questa volta
riuscì a non dire quello che
stavo pensando, la mia beneamata figura l’avevo
già fatta, era inutile
peggiorare le cose. Mi limitai a sorridere alzando un sopracciglio,
chiaro
gesto sarcastico.
Vidi che Marco stava per
riaprire bocca, ma fu
interrotto dall’entrata della professoressa.
-Buongiorno-, disse lei
entrando sparata come
al solito senza guardare nessuno, si sedette e cominciò
subito ad aprire il
registro di classe.
Io guardai Marco
indicandogli la porta con gli
occhi, ma lui continuava a fissarmi divertito: questa storia stava
davvero
cominciando ad irritarmi, e non solo perché Marco si stava
comportando così, ma
anche perché se ne stava in piedi davanti a me, con le mani
poggiate sul mio banco.
-Cosa portavamo oggi?-
Solita domanda della
Bianchi.
-Grammatica Latina-, coro
terrorizzato e scoraggiato
allo stesso tempo.
Finalmente la Bianchi
alzò lo
sguardo.
-Scusa, tu chi saresti?-
chiese rivolta a
Marco.
Ecco: in quel preciso
istante avrei voluto
andare a sotterrarmi da qualche parte, il più lontano
possibile, come minino in
un altro continente.
-Marco Iovine, III F,
professoressa-, rispose
lui con calma.
-Hai un motivo valido per
stare in piedi davanti
al banco di Ferrari?- chiese lei irritata.
Invece in quel momento avrei
voluto che
un’astronave aliena mi rapisse con un raggio per il
teletrasporto.
-Ho portato da bere
a… Ferrari-, disse lui
voltandosi a guardarmi con dolcezza.
Mi colse una strana fitta
allo stomaco.
-Sei il cameriere personale
di Ferrari, per
caso?- chiese lei socchiudendo gli occhi. Bruttissimo segno. Stava
cominciando
ad arrabbiarsi sul serio.
-No…-, disse.
–O almeno, non ancora- questa
invece la mormorò in modo che lo potessi sentire solo io.
-Come hai detto che ti
chiami? Iovine, giusto?-
-Sì,
professoressa.-
-Be’, Iovine, sono
felice che tu abbia
sopperito alla mancanza di liquidi di Ferrari, ma adesso abbiamo un
paio di
versioni di Cicerone che reclamano con enfasi la nostra attenzione.
Quindi, a meno
che tu non voglia portare da bere anche alla preside, ti consiglierei
caldamente
di uscire da questa classe e di tornare nella tua-, disse con calma,
segno
ancora più brutto, se parlava così lentamente
stava cercando di controllarsi
per non mettersi a sbraitare.
-Certo, professoressa.- Mi
lanciò un ultimo
sorriso e si diresse verso la porta.
Abbassai lo sguardo sul
libro il più
velocemente possibile, ma nonostante questo sentivo gli occhi di Marti
e Amy
puntati su di me come dei riflettori. Sapevo che mi aspettava un
interrogatorio
in pieno stile americano.
L’ora di latino
passò così velocemente che
neanche me ne resi conto e quando suonò la campanella il mio
cuore perse un
battito. Ultima ora del lunedì: religione. Traduzione:
adesso tutta la classe
mi avrebbe sommersa di domande.
Ero certa che in
quell’ora di latino tutti
avevano cominciato a costruire chissà quanti castelli in
aria su quello che
poteva essere successo tra me e Marco, ero persino certa che qualcuno
stesse
pensando che io fossi rimasta incinta con solo un suo sguardo.
La Bianchi
finì di assegnarci i compiti per casa e cominciò
a
raccogliere tutte le sue cose, ed io mi ritrovai a sperare che non
uscisse
dalla classe, per la prima volta in quasi tre anni che era la nostra
insegnante.
Non ci pensai due volte, e
alzai la mano di
scatto.
-Sì, Ferrari-,
chiese lei distratta.
-Professoressa, potrei
andare in bagno?-
chiesi speranzosa.
Cominciai a pregare non so
quale Dio, che mi
dicesse di sì.
-Vai pure-, concluse quella
chiudendo la
borsa.
Alleluja!
Mi dovevo sbrigare, non
potevo permettermi di
restare in classe un secondo di più.
Scattai verso la porta e mi
diressi veloce
come un fulmine verso il bagno, sapevo che non sarei riuscita a
sfuggire alle
domande dei miei compagni, e soprattutto a quelle di Marti ed Amy,
ancora per
molto, però almeno potevo prendere fiato prima della
tortura.
Entrai in bagno, e cercando
di ignorare la
puzza di fumo di sigaretta, mi fermai davanti al lavandino.
Aprì l’acqua e mi
bagnai un po’ il viso.
Ripensandoci non avevo
neanche ripagato la
bottiglietta a Marco, dovevo provvedere al più presto, non
avevo voglia di avere
debiti, soprattutto con uno come lui, anche se si trattava di pochi
centesimi.
Tirai fuori un fazzoletto
dalla tasca, e mi
asciugai, poi presi un respiro profondo e mi voltai per uscire. Feci un
paio di
passi, prima di fermarmi sorpresa: Amy e Marti erano davanti a me, e mi
stavano
guardando in un modo molto strano, tra il curioso e
l’imbestialito.
-Ci siamo forse perse
qualcosa?- chiese Amy
incrociando le braccia.
Accidenti al prof di
religione che non diceva
mai di no a chi chiedeva di andare in bagno!
Spalancai gli occhi a dir
poco spaventata: dovevo
rispondere e subito anche. Le esitazioni potevano solo confermare la
mia
colpevolezza. Colpevolezza che non aveva ragione di esistere
perché io non
avevo fatto niente di male.
-Quando prima sono stata
alle macchinette è
successo un mezzo casino con Marco e quella sottospecie di essere umano
di
Massimiliano Draco-, risposi continuando a fissare il pavimento.
-Sì, e Marco
Iovine ti ha portato l’acqua
perché…?- mi incoraggiò a continuare
Marti.
-Ragazze non sono
così presuntuosa da cercare
di capire l’unico neurone funzionante che hanno i ragazzi.
Non ho idea del
perché l’abbia fatto-, dissi mettendo in quelle
parole tutta la sincerità
possibile.
-Senti, o ci racconti tutto
come si deve, o
non rispondo più delle mie azioni!- minacciò Amy.
Le fissai per qualche
secondo, dopotutto non
era successo niente di particolare, però mi scocciava un
po’ dover raccontare
tutto quello che era accaduto.
Quando ebbi finito la
cronaca della mia avventura
mattutina, mi sentii molto meglio. Però gli sguardi che mi
riservarono le mie
amiche, mi lasciarono il dubbio che i loro cervelli stessero
cominciando a
ricamarci sopra qualche enorme panzana.
-Che avete voi due?- chiesi.
–Perché ostentate
quell’aria sospettosa?-
-E ce lo chiedi anche?-
esclamò Amy.
Continuai a fissarle
confusa, non avevo assolutamente
idea di cosa stesse succedendo.
-Ma perché sei
così ottusa quando si tratta di
queste cose?- si chiese Amy passandosi una mano sulla fronte.
Forse mi trovavo su una
frequenza sbagliata,
ma davvero non riuscivo a seguire per niente le frasi sconclusionate di
Amy.
Lei fece un sospiro e
cominciò a scialacquarmi
le sue spiegazioni.
-Mia cara- disse con il tono
di una madre
affettuosa. Il mio sopracciglio sarcastico, si alzò di
scatto. –Se c’è una cosa
tremendamente palese in tutta questa storia è che Marco
Iovine prova un certo
interesse nei tuoi confronti.-
-Prego?- la mia sorpresa
doveva essere
abbastanza evidente, perché Amy mi guardò ancora
più esasperata.
-Non ci vuole di certo
Cupido in persona per
capirlo! Abbiamo visto tutti che sguardi ti ha lanciato, il fatto che
ti
difendeva a costo di andare contro il suo migliore amico, poi, ne
è la conferma
definitiva, per non parlare della bottiglietta d’acqua.-
-Voi non state bene-, dissi
scuotendo la
testa. –La pensi anche tu così?-
Marti mi guardò
annuendo.
-Avete frainteso tutto-,
continuai. –Gli
sguardi che mi ha lanciato in classe li propina a ogni mammifero con il
cromosoma X che incontra. Mi ha difesa con Draco semplicemente
perché avevo
palesemente ragione e quell’imbecille si stava comportando in
modo maleducato,
e mi ha portato l’acqua solo perché ha visto che
ne avevo davvero bisogno.
Questi non sono elementi sufficienti per dire che è
interessato a me, dimostrano
solo che è più gentile di quanto pensassi. Punto
e basta.-
Ero diventata tutta rossa,
sia per la rabbia e
sia perché avevo detto quel discorso senza mai riprendere
fiato, ero
decisamente andata in riserva d’ossigeno.
-Secondo me ti sbagli-,
disse Amy con semplicità.
Ma perché
dovevano sempre capitare tutte a me?
Adesso persino la mia migliore amica cercava di mettermi in
difficoltà.
-Amy, ti ripeto che Marco
Iovine non è assolutamente
interessato a me ma, anche ammesso che lo fosse, io non ho alcuna
intenzione di
incoraggiarlo. Anzi, non gli voglio proprio più parlare!-
affermai categorica.
-Posso dire quello che penso
io?- chiese Marti
con sguardo serio.
La guardammo curiose.
-Per me, sotto un certo
punto di vista, ha
ragione Vale. Non credo che Marco sia interessato a lei, o almeno non
romanticamente parlando. C’è da dire
però che il suo comportamento è alquanto
ambiguo, voglio dire, va bene essere cortese e gentile, ma mi sembrava
che
stesse oltrepassando di parecchio il limite della gentilezza. Quando la Bianchi
è entrata in classe
lui non si è mosso, la professoressa ha dovuto insistere per
farlo andare via,
arrivando a minacciarlo di spedirlo in presidenza. Mi sembra logico che
quel
ragazzo vuole qualcosa da te, Vale.-
-Alla faccia che analisi
approfondita-, mormorai
con la bocca spalancata.
-Marti, da quando sei
diventata
un’osservatrice così oculata?- domandò
Amy stupita almeno quanto me.
-Che vi posso dire?- rispose
lei sorridendo.
–Capisco molto più i ragazzi delle ragazze.-
-Comunque-,
continuò Amy, –se Marti ha ragione,
Marco tornerà alla carica.-
-Mi chiedo cosa possa volere
da me- dissi pensierosa.
-Non lo so-, aggiunse Marti,
–ma ho la sensazione
che quel ragazzo si rifarà vivo molto presto.-
Un’ora dopo
scoprii che Marti era dotata di un
potere precognitivo molto più preciso del mio.
Ero davanti al mio scooter
aspettando che
arrivasse Amy, che come al solito si era fermata a parlare con
qualcuno. Io e
lei tornavamo a casa insieme visto che abitavamo a pochi metri di
distanza,
mentre Marti abitava dall’altra parte di Lecce quindi i suoi
genitori venivano
a prenderla in automobile. Stavo mettendo lo zaino nel bauletto, odiavo
tenerlo
tra i piedi mentre guidavo, quando qualcuno parlò.
-Ciao.-
Una strana, spiacevole
scarica elettrica mi
attraversò la colonna vertebrale, fino a raggiungere le
gambe e le piante dei
piedi. Non poteva essere: mi voltai molto lentamente e tutte le mie
paure trovarono
conferma, Marco Iovine era davanti ai miei occhi con quel suo solito
sorriso da
coma diabetico.
-Come va?-
-Cosa vuoi?- dissi in un
modo così freddo che
l’Iceberg del Titanic sarebbe sembrato un nonnulla in
confronto.
-Vedo che sei proprio
contenta di vedermi-, cominciò
lui sarcastico.
-Guarda, contenta
è dire poco-, risposi
salendo sullo scooter e mettendo in moto. Amy aveva trenta secondi, se
non
fosse arrivata l’avrei lasciata a piedi senza tanti
complimenti. Non volevo
stare a sentire Marco neanche un minuto di più.
-Spero di non aver sbagliato
a portarti
l’acqua oggi in classe, Ferrari.-
Alzai il sopracciglio
così tanto che credo di
essermi quasi paralizzata la faccia ma dato che c’ero, misi
un secondo da parte
la rabbia e cominciai a cercare qualcosa nella tasca destra dei miei
jeans.
-Nonostante mi abbia dato
veramente fastidio-,
risposi tirando fuori la mano dalla tasca, - devo dire che la mia bocca
sembrava il deserto del Sahara, quindi…-
Gli porsi alcune monetine.
-… grazie.-
-Non
c’è bisogno che mi dai quei soldi.
L’acqua te l’ho offerta io-, rispose lui subito.
-Mi dispiace ma non posso
accettare. Sto già
abbastanza nei casini senza che il famoso Marco Iovine cominci ad
offrirmi da
bere-, ribattei io prendendogli la mano con forza e dandogli i miei
trentacinque centesimi pieni di quello che doveva essere il mio
orgoglio
smisurato.
-Ma era solo
dell’acqua-, disse sorpreso. –In
che casini ti avrei messo?-
-Si vede che non hai
abbastanza fantasia, mio
caro-, dissi io cominciando a fare manovra. –Gli altri in
questa scuola ne
hanno a dismisura.-
Mi infilai il casco e stavo
per partire,
quando lo guardai ancora una volta.
-Un’ultima cosa
prima di terminare qui il
nostro unico discorso-, dissi con sguardo severo. –Se
c’è una cosa che mi fa
imbestialire è essere chiamata per cognome, quindi evita di
farlo.-
-Credo di poterlo fare solo
quando conoscerò
il tuo nome-, rispose lui sorridendo e incrociando le braccia
fingendosi
scocciato.
-Scordati che te lo dica io,
per me va
benissimo che tu non mi chiami affatto!-
Detto questo diedi un
po’ di gas e raggiunsi
piano il cancello della scuola. Ero consapevole del fatto che Marco mi
stava
guardando, e che tutti quelli che ci avevano visto parlare adesso
stavano già
immaginando le partecipazioni per il nostro matrimonio, ma in quel
momento non
me importava nulla, volevo solo tornarmene a casa.
-Vale!- esclamò
una voce dietro di me.
Feci un profondo respiro,
sperando che Marco
non fosse dietro di me e non avesse sentito Amy gridare il nome come
una
deficiente, poi mi voltai, e naturalmente ebbi la conferma della totale
assenza
di fortuna nella mia vita.
Amy stava correndo verso di
me indossando il
casco, e Marco stava una ventina di metri dietro di lei, mi stava
salutando con
la mano alzata e un sorriso sgargiante. Aveva sentito di sicuro il mio
nome. Socchiusi
gli occhi, ero talmente arrabbiata, che se Amy non fosse stata la mia
migliore amica,
come minimo avrei fatto manovra e l’avrei messa sotto.
-Avevi intenzione di
lasciarmi qui?- chiese
lei indignata mentre si sistemava dietro di me.
-Credimi, quello sarebbe
stato il male
minore.- Diedi gas e partii.
(*):
giusto per evitare fraintendimenti conviene che spieghi a chi
magari non sa come funziona la classificazione in un Liceo Classico. I
primi due anni vengono chiamati IV e V Ginnasio, mentre dal terzo anno
all'ultimo si hanno il I, II e III Liceo, quindi Valeria è
all'ultimo anno delle superiori.
***L'Autrice***
E
a quanto pare sono tornata... ^^
Scusate
per i mesi di attesa, non ho scuse ma ho avuto i miei problemi. Per chi
è la prima volta che legge questa storia "BENVENUTI" per chi
invece già mi conosce e conosce questa storia "BENTORNATI
TESORI MIEI" xD
La
verità è che ho pravato a farla pubblicare da
qualche casa editrice ma un po' per mancanza di tempo un po'
perchè molte l'hanno rifiutata, questa storia è
rimasta sepolta nel mio computer. Ho deciso di pubblicarla di nuovo su
EFP perchè evidentemente è questo il suo posto.
Pubblicherò un capitolo a settimana (tranne oggi che ne
pubblicherò due ^^) più o meno (dipende
dai miei impegni universitari e dagli altri problemi che mi si
presentano ogni giorno). Comunque spero che la seguirete... ^^ Per chi
conosce le vicende di questa fanfiction non ho niente da spiegare,
comunque se avete altre domande risponderò volentieri... Ho
cominciato anche a scrivere il seguito (un paio di capitoli) ma
sinceramente sono mesi che non scrivo, ho perso totalmente qualsiasi
voglia ed ispirazione. Ho deciso lo stesso di far rivedere la luce a
questa storia che, come molti sanno, mi sta tanto a cuore... Per molto
tempo è stata la mia vita ma ormai le cose sono andate come
sono andate ed è inutile stare a pensarci ancora.
Che
altro dire?
Leggete
e divertitevi con Vale e Massi... xD
Un
bacio grande a tutti!
|
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Capitolo 2 *** Ripetizioni Di Matematica ***
La Perenne Tentazione
Della Vita
E’ Quella Di Confondere
I Sogni Con La
Realtà
Jim Morrison
Capitolo
2: Ripetizioni Di Matematica
Amy ed io sfrecciavamo sulla
strada veloci
come al solito, mi piaceva andare veloce, mi donava
un’ebbrezza che niente
sapeva darmi.
Come ogni giorno non ci
stavamo dirigendo subito
a casa. Perché? Amy doveva sempre fare una piccola e,
secondo me, assurda e
morbosa deviazione: dovevamo controllare suo fratello.
Amy viene da una famiglia di
quattro figli: due
maschi e due femmine che si alternano, cioè maschio femmina
maschio femmina come
se i loro genitori lo avessero programmato.
Roberto era il maggiore,
più grande di noi di
tre anni, frequentava il secondo anno
all’università alla facoltà di
psicologia; Amy era la seconda e Caterina la più piccola di
soli sei anni.
Quello che interessava in questo momento a noi era però il
fratello di mezzo,
che veniva subito dopo Amy: Luca. Frequentava il secondo superiore al
Liceo
Scientifico De Giorgi. Pieno di sé e sofferente di smanie di
protagonismo, a
volte sapeva essere anche gentile. Amy lo adorava, però
aveva anche una strana
forma di iperprotezione verso di lui e nonostante avesse ormai quindici
anni
continuava a controllarlo peggio di una madre apprensiva. I loro
genitori
cercavano di dargli più spazio e lei cercava di toglierlo.
Probabilmente per uno
spettatore esterno, come
me, quella situazione era assolutamente assurda, ma per loro era del
tutto
normale, anzi ormai non ci facevano più caso. Tranne il
povero Luca che doveva
sopportare il comportamento idiota di Amy.
L’estate
precedente, quando ancora non mi ero
resa a conto a che livello fosse arrivata l’idiozia di Amy,
ero andata al mare
con tutta la famiglia Tarantino al completo. Insieme a noi
c’era anche qualche
amico di Luca.
Amy ed io ce ne stavamo in
acqua a fare bagno,
quando lei a un certo punto ha espresso il vivo desiderio di fare una
nuotata,
il che mi è sembrato strano visto che lei odiava nuotare, ma
ho accettato. Appena
siamo partite ha cominciato a nuotare come una pazza e andava anche
parecchio
di fretta; ci eravamo allontanate notevolmente dalla riva e avevo
cercato di
farglielo notare, ma lei non mi dava retta. Alla fine, quando ormai
stavo per
morire di stanchezza, siamo arrivate vicino ad un pedalò ed
Amy si è fermata di
colpo.
Mi sono voltata verso la
spiaggia e con sommo
terrore notai che era lontanissima, gli ombrelloni sembrava i piccoli
pezzi di
una scacchiera colorata.
Ad un tratto ho sentito la
voce imbestialita
di Luca che stava litigando con Amy. Luca? In mezzo al mare? Ovviamente
era sul
pedalò che aveva affittato insieme ai suoi amici e ce
l’aveva con Amy perché lo
aveva praticamente pedinato- già pedinare una persona sulla
terraferma denota
una certa assenza di neuroni ma seguirla a nuoto era troppo.
Senza pensarci due volte
diede subito ragione
a Luca, anche perché quella stupida aveva rischiato di farci
annegare tutte e
due a costo di seguirlo. Gli amici di Luca mi chiesero se volevo salire
a bordo
per riprendermi, dovevo sembrare un cadavere vivente; avevo accettato
con gioia
ma Luca urlò un secco “no”. A quel punto
non sapevo più se strozzare Amy o
annegare Luca, le mie priorità erano piuttosto confuse in
quel momento.
I suoi amici lo mandarono a
quel paese e mi
allungarono una mano per aiutarmi a salire, ma lui si era messo alla
postazione
di guida ed era partito a razzo, in pochi attimi era lontano centinai
di metri.
Annegare lui arrivò all’improvviso in cima alla
lista delle cose da fare appena
fossi riuscita a riprendermi dalla stanchezza.
Così io ed Amy,
lasciate a noi stesse senza un
briciolo di pietà, tornammo lentamente, ma molto lentamente,
a riva. Gliene
dissi così tante che tutti in spiaggia si voltarono a
guardarci, ma non me ne
importava niente, era già tanto se non la strozzavo davvero.
Da quel
giorno avevo deciso di non assecondare mai più Amy quando si
trattava di Luca,
ma lei mi aveva pregato di accompagnarla ogni tanto alla scuola di suo
fratello
per dargli un’occhiata visto che secondo lei si stava
comportando in modo insolito.
Inizialmente ero stata categorica, non avevo alcuna intenzione di
essere
coinvolta ancora, però alla fine anch’io avevo
notato qualche piccolo
cambiamento in Luca, niente che potesse preoccupare ma le paranoie di
Amy
avevano amplificato tutto a tal punto che avevo deciso di aiutarla.
Finché Luca
non si fosse accorto di niente sarebbe filato tutto il liscio, e se ci
avesse
scoperte, be’… avrei mollato Amy lì a
vedersela con le ire di suo fratello e
sarei scappata via alla velocità della luce. Ci mancava solo
che venissi rimproverata
da un ragazzino.
Come ogni giorno mi fermai
una ventina di
metri prima dell’ingresso dello Scientifico ed Amy scese
senza togliersi il
casco: aveva la ferma convinzione che se anche Luca l’avesse
vista non
l’avrebbe mai riconosciuta con indosso il casco. Io ero
altamente scettica su
questo punto, ma era inutile ribattere con lei quindi la lasciavo fare.
Luca non tardò ad
uscire, insieme al resto
dell’istituto, appena la campanella suonò. Amy si
nascose dietro un albero,
mentre io continuavo a starmene annoiata sul mio scooter.
-Vale, nasconditi anche tu-,
mi bisbigliò
contrariata.
-Come te lo devo dire che
non ne ho alcuna
intenzione. Io non sono tua complice, sono solo il tuo mezzo di
trasporto.-
-Ma se ti vede?-
-Tuo fratello vede solo le
ragazzine carine
che gli girano intorno, non ha occhi per vedere me ce li ha coperti da
fette di
falsa popolarità.-
-Proprio non lo sopporti
vero?- chiese lei ridendo.
-Mi ricorda troppo il figlio
della D’Arcangelo
e quell’altra cima del suo amico, hanno li stessi identici
atteggiamenti, quindi
perdonami se odio anche tuo fratello ma è nel mio DNA non
sopportare quelli
come lui.-
-Ah, figurati. Per me
l’importante è che quel
moccioso non si metta nei guai, per quanto mi riguarda lo puoi odiare a
vita. –
Luca era quasi arrivato
all’angolo da dove
avrebbe preso la strada per raggiungere la fermata
dell’autobus.
-Avanti, sali-, dissi alla
OO7 che stava
dietro l’angolo. –La tua preda ha appena svoltato
l’angolo.-
Mentre Amy saliva dietro di
me, il mio sguardo
si mosse quasi in modo automatico verso uno degli alberi che stava
più avanti
lungo il viale che portava alla caserma della cavalleria. Non sapevo
perché ma
avevo la spiacevole sensazione di essere osservata, era come essere
puntata
dalla luce di un faro.
-Ma che hai?- mi chiese Amy
notando che
tardavo a partire.
-Non hai una strana
sensazione?-
-Di che stai parlando? Non
ti starà mica
venendo la febbre?- domandò preoccupata.
Lanciai un ultimo sguardo a
quell’albero. La
sensazione continuava a persistere.
“Sto diventando
paranoica”, mi dissi mettendo
in moto lo scooter. “Ci mancava solo questa.”
Partii velocemente e
passando accanto
all’albero incriminato mi lasciai sfuggire un sorriso.
“Sto diventando
paranoica sul serio.”
Dietro l’albero
non c’era nessuno, o almeno
così mi era sembrato quel giorno.
Una volta arrivata a casa mi
sentii finalmente
solleva. Parcheggiai lo scooter nel nostro enorme garage, facendo
sempre
attenzione a non strisciarlo contro il muro altrimenti mio padre
avrebbe
riservato lo stesso trattamento a me. Aprii il bauletto e recuperai il
mio
zaino; salii i due piani di scale riscoprendo una nuova grinta in
quella
giornata quasi da incubo, e ritrovandomi a sorridere.
Ah, casa dolce casa!
Davanti alla porta mi fermai
un secondo
pensierosa. Ero in meditazione zen? Macché, non stavo
trovando le chiavi della
porta in nessuna delle mie tasche, il che fece volatilizzare il mio
sorriso
alla velocità della luce. Cominciai a tirare fuori di tutto,
avevo persino
trovato una caramella che doveva avere la stessa età di mia
nonna ma delle
chiavi neanche l’ombra.
Ora c’è
da dire che all’età di dieci anni ero
uscita tranquilla e felice con la mia bicicletta nuova dimenticandomi
le chiavi
a casa come una pera. I miei genitori erano a lavoro, quindi quando
tornai ero
rimasta fuori come un balcone: ero praticamente terrorizzata. Non
sapevo cosa
fare, non avevo cellulare e anche i miei vicini di casa non
c’erano. Avevo
guardato l’orologio e con il terrore che continuava a
scorrermi nelle vene mi
ero fatta un paio di conti veloci: mia madre sarebbe tornata dopo due
ore e mio
padre dopo quattro. Non so cosa mi abbia impedito di mettermi a
piangere, fatto
sta che mi sono messa in sella alla mia bici e ho cominciato a pedalare
verso
casa di mia nonna che era l’unica più vicina a
casa mia, più vicina poi… Erano
comunque una decina di chilometri con l’obbligo di passare
prima da una strada
di campagna non frequentata da nessuno e poi una strada principale con
le
macchine che sfrecciavano a velocità che superavano il
limite umano. Ero
riuscita ad arrivare sana e salva grazie all’aiuto di non so
quale santo e da
quel giorno avevo sempre avuto la paura di non avere le chiavi di casa.
Quindi notando che non erano
da nessuna parte,
cominciai ad andare letteralmente nel panico, nonostante non avessi
più dieci
anni ma diciotto suonati. Presi il cellulare dalla tasca, mi sedetti a
terra
con la schiena poggiata alla porta e composi velocemente il numero di
mia madre
mentre andavo in iperventilazione. Il telefono squillava libero.
-Mamma!- esclamai appena
sentii la voce di mia
madre che rispondeva.
-Tasca interna dello zaino-,
disse quella con
calma.
-Come?-
-Le chiavi di casa, sono
nella tasca interna
del tuo zaino-, continuò lei con comprensione.
Mollai il telefono a terra e
aprii lo zaino il
più velocemente possibile, lanciai in aria tutti i libri e
finalmente infilai
la mano in quella benedetta tasca. Appena la mia mano strinse qualcosa
di freddo
e metallico il mio cuore cominciò a battere dalla
felicità. La feci riemergere lentamente
e con giubilo notai che avevo afferrato le chiavi di casa con il mio
adorato
portachiavi a forma di piccolo infradito con i fiori, ricordo del mio
viaggio
in Spagna.
Presi il telefono e lo
riportai all’orecchio.
-Ma… Ma come
facevi a saperlo?-
-Stamattina quando ti sei
svegliata, in
ritardo come al solito aggiungerei, tra il lavaggio dei denti e
l’indossare i
calzini mi hai urlato di prendere le tue chiavi, che avevi lasciato sul
mobile
dell’ingresso, e di metterle nello zaino.-
Come un flashback tutta la
scena mi apparve
davanti agli occhi.
Stavo seduta sul letto con
lo spazzolino
ficcato in bocca, mentre cercavo di infilarmi i calzini alla
velocità della
luce. Lo sguardo che mi cadeva continuamente sulla sveglia, e quella
che mi sbeffeggiava
facendomi notare che avevo solo dieci minuti prima che le porte della
scuola si
chiudessero. Nel frattempo quell’anima candida di Amy
continuava a farmi
squilli per intimarmi di sbrigarmi, e io come una pazza avevo
cominciato a
gridare a mia madre di mettermi cose nello zaino. Tra cui libri di
latino,
quaderni, diario e alla fine anche le chiavi.
Mi sentii sprofondare.
-Scusa, se ti ho chiamata
per questa scemenza,
mamma-, dissi con voce mortificata.
-Figurati, sapevo che lo
avresti fatto-,
rispose lei divertita. –Di solito metti le chiavi nel
giubbotto, non ti saresti
mai ricordata di averle nello zaino.-
-Leggi nel futuro per caso?-
chiesi contenta.
-No, conosco quella pazzoide
di mia figlia.-
- Anch’io ti
voglio bene, mammina-, odiava
essere chiamata mammina, era più o meno come per me con il
cognome.
-Riattacca prima che ti
strozzi tramite
telefono-, disse piuttosto irritata.
-Ok, ci vediamo a cena-,
risposi sorridendo.
-A stasera-, concluse lei
con una piccola nota
divertita nella voce.
Infilai la chiave nella
serratura e subito
sentii il famigliare rumore di unghiette contro il legno. Spalancai la
porta e
la mia piccola Sissi mi venne incontro cominciando a saltare da una
parte
all’altra e a scodinzolare dalla gioia.
-Ciao, tesoro-, dissi
accarezzandola e dandole
una lunga grattatina dietro l’orecchio, sapevo quanto le
avrebbe fatto piacere.
Sissi, un cocker americano
color nocciola, era
l’unica creatura sulla faccia della Terra che riuscisse a
farmi riprendere
completamente da una giornata infernale come quella che avevo vissuto
fino a
quel momento.
Lasciai lo zaino a terra e
mi diressi con
calma verso il divano, abbandonandomi interamente a quella goduria che
era
stare stesa tra soffici cuscini. Chiusi gli occhi e prima che potessi
fermarla,
la mia mente cominciò a vagare alla ricerca di
chissà quale modo per
rilassarsi.
Stranamente mi ritrovai a
pensare alle mie
ultime vacanze, le avevo trascorse in Belgio con la mia famiglia:
eravamo
andati a trovare alcuni parenti e giacché avevamo
partecipato al matrimonio di
una cugina di mia madre. Era stata davvero una giornata fantastica, mi
ero
divertita tanto. Alla fine della festa avevo anche ballato un lento con
un
altro cugino di mia madre che aveva qualche anno più di me:
era dolce e
simpatico, il suo sorriso mi ricordava molto quello di
Marco… Spalancai gli
occhi seccata. No, meglio cambiare ricordo, questo non era per niente
piacevole. Richiusi gli occhi e mi lasciai avvolgere dal tepore dei
cuscini. La
festa per i miei diciotto anni a febbraio, era uno dei miei ricordi
più
piacevoli soprattutto perché vi avevano preso parte tutti i
miei amici. Avevamo
ballato, mangiato, riso e avevo invitato anche Luca, il fratello di Amy
che come
al solito si era comportato da bambino viziato… Mi ricordava
così tanto Draco…
Ahi, i miei pensieri stavano prendendo una brutta piega, dovevo
inventarmi un
diversivo al più presto, altrimenti avrei rischiato di
passare il resto della
giornata ad essere irritata e irritabile.
Mi alzai dal divano, che
ormai non aveva alcun
effetto anestetico sui miei brutti pensieri, andai in cucina e
cominciai ad
aprire tutti gli sportelli dei mobili, alla ricerca di qualcosa che non
sapevo neanche
io.
Non avevo fame,
però avevo voglia di cucinare,
e quando ero nervosa l’unica cosa che mi usciva alla grande
erano i dolci.
Controllai che ci fossero tutti gli ingredienti, ma per fortuna avevamo
fatto
spesa grande il giorno prima, quindi non mancava nulla. Corsi verso la
mia
camera e mi cambiai, indossando qualcosa di più comodo:
pinocchietti da
palestra neri, maglietta rosa pallido a maniche corte e legai i capelli
in una
coda di cavallo. Ci mancava solo che mio padre trovasse un mio capello
nella
torta, sarebbe successo il finimondo, e poi mi avrebbe dato anche
fastidio. Afferrai
il mio ipode poggiato sul comodino e tornai in cucina dove infilai il
mio
grembiule blu, regalo della mia cara nonna, e diedi inizio alla mia
opera.
Avevo intenzione di fare una
Torta Mimosa, un
dolce abbastanza complicato da tenere la mia mente abbastanza impegnata
e da
occupare almeno metà del pomeriggio: praticamente, come
minimo, quattro ore di
sano non pensare a niente, ma solo a riuscire a mescolare bene le uova
con lo
zucchero affinché venisse fuori un impasto abbastanza
spumoso da far gonfiare
il Pan di Spagna come si deve.
Ero contenta, come ogni
volta che facevo un
dolce d'altronde, e i miei pensieri divennero all’improvviso
molto più
piacevoli.
Mentre mettevo il Pan di
Spagna in forno,
sentii il mio cellulare che squillava ma guardandomi attorno non lo
vidi da nessuna
parte.
-Dove cavolo è
andato a finire?- mormorai
spazientita.
Iniziai a percorrere tutta
la sala da pranzo
cercando di capire dove il suono si sentisse di più. Poi la
piccola Sissi
abbaiò in direzione del divano dove mi ero spalmata poco
prima; di sicuro il
cellulare doveva essermi caduto dalla tasca.
-Grazie, tesoro-, dissi
accarezzandole la
testa e tirando fuori il cellulare da sotto il cuscino.
-Pronto?- dissi sedendomi
sul divano.
-La signorina Ferrari?-
chiese la voce di
donna dall’altra parte.
-Sì-, risposi io
confusa non mi capitava
spesso di sentirmi chiamare in quel modo.
-Salve, sono Monica Buttazzo
la chiamavo per
sapere se è lei che dà ripetizioni di
matematica.-
-Sì, sono io.-
-Oh, bene-, rispose quella
sollevata. –Volevo
sapere se è possibile per lei dare ripetizioni a mio
figlio.-
-Nessun problema-, risposi
io. –Che classe frequenta?-
-Il quinto superiore.-
-Capisco-, dissi pensierosa.
–E’ possibile che
io non possa aiutarlo molto comunque perché frequentiamo lo
stesso anno e non
so che programma segue lui.-
-Oh-, disse la signora
rattristata.
-Facciamo così,
signora-, dissi cercando di
sembrare più allegra. –E’ possibile per
suo figlio venire qua oggi?-
-Credo di sì. -
- Bene, allora lo faccia
venire a casa mia, ci
parlo e vedo se posso fare qualcosa. Naturalmente non è
contata come lezione.-
-Lo farebbe davvero
signorina? Sa, sto
impazzendo, mio figlio non riesce a capire niente di matematica. Ho
provato
anche dei professori universitari ma non funziona nulla. Siccome
quest’anno ha
gli esami non voglio rischiare che venga bocciato, anche se riesce a
raggiungere
la sufficienza.-
- Be’ è
possibile che con l’aiuto di una
coetanea la cosa per lui sia più facile, a volte i
professori non fanno altro
che mettere in soggezione, soprattutto se sono universitari.-
-E’ esattamente
quello che ho pensato io-,
disse la signora felice. –Le va bene se mio figlio si fa
trovare a casa sua per
le quattro?-
-Sì, non ci sono
problemi. Conosce il mio indirizzo?-
-Era scritto sul volantino
che ho trovato in
cartoleria.-
-Perfetto, quindi lo
aspetto-, risposi al settimo
cielo.
-La ringrazio ancora.-
-Di niente, signora.-
Riagganciai contenta, era da
un po’ che non
avevo ragazzi per le ripetizioni. In genere lo facevo solo per quelli
delle
medie o dei primi anni delle superiori, la matematica delle classi
terminali assorbiva
già completamente da sola tutte le mie energie senza che ci
fosse bisogno di
insegnarla anche ad altri però quella signora mi era
sembrata così disperata
che non avevo saputo dirle di no. Dopotutto un po’ di soldi
mi avrebbero anche
fatto comodo, avevo preso la patente da poco e avevo voglia di
comprarmi una
macchina. Naturalmente ero consapevole che non ce l’avrei
fatta di certo dando
ripetizioni, però intanto sarebbe stato un inizio.
Mi rimisi le cuffiette
dell’ipode nelle
orecchie e mentre aspettavo che il Pan Di Spagna finisse di cuocersi
mandai un
sms a Marti e ad Amy.
Ho
trovato un nuovo ragazzo a cui dare ripetizioni. La macchina si
avvicina!
Entrambe ci misero pochi
secondi a rispondere.
Essendo io l’unica di noi tre ad avere già la
patente, il fatto che prendessi
una macchina avrebbe giovato a tutto il gruppo.
Amy: Grande!
Sono contentissima! Datti da fare
che poi dobbiamo farci qualche scorrazzata a Lecce.
Sempre la solita
opportunista, mi voleva solo
sfruttare.
Marti: Evvai!
Macchina!
Sintetica ma molto chiara,
anche nel suo sms
si avvertiva quella nota di opportunismo dovuto alla circostanza ma
riflettendoci probabilmente anch’io mi sarei comportata come
loro.
Il timer del forno mi
avvisò che il Pan di
Spagna era arrivato al punto di cottura perfetta.
Aprii il forno e tirai fuori
la teglia. In
casa si era diffuso l’inconfondibile aroma zuccheroso e
irresistibile del dolce.
La piccola Sissi
alzò il naso e cominciò ad
annusare l’aria rapita. Subito si mise a scodinzolare golosa,
senza sapere che
difficilmente avrebbe racimolato qualcosa: il veterinario le aveva
vietato categoricamente
i dolci. Povera…
Però in effetti
anch’io avrei dovuto darmi una
regolata, ultimamente avevo messo su un bel po’ di massa
corporea.
“Questo
è l’ultimo dolce che faccio, almeno fino
al mio compleanno”, pensai con fare deciso.
Misi da parte il Pan di
Spagna per farlo
raffreddare e cominciai a preparare la crema e a montare la panna.
Un’ora dopo il mio
capolavoro era finito: era
venuta perfetta come al mio solito e questa volta mi ero anche data da
fare con
le decorazioni. Insomma era stupenda!
Lanciai una veloce occhiata
all’orologio della
sala da pranzo e notai che mancavano pochi minuti alle quattro. Non
avrei fatto
in tempo a farmi una doccia perciò avrei dovuto accogliere
il mio possibile alunno
in quelle condizioni. Magari per farmi perdonare gli avrei potuto
offrire una
fetta di torta, di sicuro mi avrebbe largamente ringraziata e si
sarebbe
scordato del mio aspetto.
Purtroppo cucinare un dolce
come la
Torta Mimosa portava
via tempo e richiedeva parecchia fatica, quindi ero praticamente
inguardabile.
Il trucco di quella mattina sufficientemente sbavato, la frangia che si
era
appiccicata alla fronte a causa del sudore e i vestiti, se ancora
così si potevano
chiamare, macchiati di panna e farina.
Infondo non stavo mica
aspettando il principe
William o Jonnhy Depp, era anche possibile che mi si presentasse
davanti uno di
quei metallari con tanto di collare per cani chiodato e capelli
policromatici
tenuti su alla Goku Super Sayan con quantità industriali di
gel, o peggio un
ossuto tappetto, che si sarebbe spezzato al primo sternuto. Pensandoci,
forse
era meglio presentarmi in quelle condizioni, avrei scoraggiato ogni
pensiero
ormonale che inevitabilmente sottomette ogni ragazzo compreso tra i
tredici e i
diciannove anni ogni volta che adocchia qualcosa fornito di tette e
culo.
Non riuscii a non farmi
sfuggire una risatina.
All’improvviso
però mi bloccai, e se invece
fosse arrivato uno schianto colossale, magari anche stimolante
intellettualmente? Avrei steso il suo testosterone al primo sguardo
conciata in
quel modo barbaro.
Spalancai gli occhi
terrorizzata. Se mi fossi
trovata faccia a faccia con quel famoso uomo
della mia vita che stavo aspettando con ansia da ben diciotto
anni?
Non potevo assolutamente
permettere che accadesse
una cosa simile.
Lanciai un’altra
occhiata furiosa all’orologio:
avevo dieci minuti, solo dieci minuti.
Considerando che sono sempre
stata una ritardataria
cronica a causa del tempo infinito che ci metto a farmi la doccia e ad
asciugarmi capelli, quei miseri e insulsi dieci minuti mi sembrarono
improvvisamente una punizione divina.
Non avevo tempo per restare
a rimuginare sulla
mia sorte puntualmente avversa, dovevo assolutamente darmi una mossa.
Mi tolsi il grembiule e lo
lanciai in aria,
fiondandomi in bagno. Mi spogliai e mi infilai sotto la doccia,
l’aprii velocemente,
e siccome mi sembra di aver già detto di essere rimasta
orfana di fortuna, un
getto di acqua gelida mi colpì in pieno.
-Dannazione!- esclamai
infuriata.
Mi ritrassi immediatamente e
urtai contro il
muro il mignolo del piede destro, naturalmente quello che fa
più male.
-Maledizione!- imprecai.
Per piegarmi verso il mio
povero piede urtai
la fronte contro la porta della cabina-doccia.
-Ma che diavolo ho fatto di
male! Cavolo marcio!-
La fantasia per le
imprecazioni non mi mancava
di certo, anche se in quel momento l’avrei scambiata
volentieri con un bonus di
venti minuti.
Alla fine di questa piccola
serie di eventi
nefasti, riuscii a raggiungere il regolatore dell’acqua e
portai la temperatura
ad un livello umanamente sopportabile. Cominciai a lavarmi i capelli e
mi
rendevo conto con il terrore nel cuore che i minuti continuavano a
scorrere
inesorabili, assolutamente incuranti del fatto che stavo cercando con
tutte le
mie forze di essere un fulmine, impresa che non stavo portando avanti
con molto
successo in effetti.
Mi sciacquai velocemente e
uscii dalla doccia
avvolgendomi un asciugamano bianco sotto le braccia, e lasciando i
capelli
liberi: non avevo il tempo per avvolgerli in un asciugamano. Il mignolo
del
piede mi pulsava facendomi avvertire un dolore lancinante. Cercai di
non farci
caso e proprio mentre stavo aprendo la porta del bagno, sentii il
telefono
squillare.
-No-, mormorai.
–Perché proprio adesso...-
A casa mia il telefono aveva
un tempismo quasi
paranormale, suonava sempre nei momenti meno adatti, come se sentisse
di dover
rompere le scatole a tutti i costi.
Corsi verso il ricevitore e
lo portai
all’orecchio.
-Pronto?- La mia voce era
palesemente scocciata.
-Valeria, sono nonna-, disse
la dolce voce
dall’altra parte.
“NO!”
pensai atterrita. “Con tutte le persone
che ci sono al mondo proprio lei doveva chiamare adesso?!”
Be’ anche mia
nonna potrebbe essere definita
la donna del
tempismo, riusciva sempre a telefonare quando non doveva.
Considerando anche che se cominciava un discorso lo finiva
all’incirca il secolo
successivo, pensai che non poteva capitarmi cosa peggiore di una sua
telefonata.
Dire che la adoravo
è poco. Le ho sempre
voluto un bene dell’anima, era la mia seconda madre
praticamente, però non
potevo proprio perdere tempo al telefono con lei, avevo ancora i
capelli
gocciolanti ed ero praticamente mezza nuda.
-Ciao, nonna-, dissi con
tono sbrigativo.
Lanciai uno sguardo
terrorizzato all’orologio.
Avevo tre
minuti prima che scoccassero le quattro.
Pregai con tutte le mie
forze che il ragazzo
che stavo aspettando non fosse un maniaco della puntualità,
avevo un disperato
bisogno che fosse un ritardatario cronico.
-Tesoro, tutto bene? Ti
sento strana.-
-Va tutto bene, nonna-,
risposi contando ogni
passo avanti della lancetta dei secondi sull’orologio appeso
sul muro davanti a
me.
Due
minuti e cinquanta secondi.
“Ti prego, un
ritardatario, fa che sia un
ritardatario”, pensai sconsolata.
-Sicura?-
-Sì, è
solo che sono appena uscita dalla doccia.-
Non potevo essere scortese
con mia nonna.
Fosse stata un’altra persona le avrei chiuso il telefono in
faccia senza tanti
complimenti, ma con mia nonna non potevo farlo, anche perché
se lo sarebbe
legato al dito e poi avrei dovuto pregarla in cinese per poter essere
perdonata.
Due
minuti e trenta secondi.
-Ti serve qualcosa?- chiesi
con un'impercettibile
nota di urgenza nella voce.
Eppure quando si trattava di
me, anche le note
più incomprensibili per gli altri esseri umani, per mia
nonna diventavano come
sirene d’allarme; erano come gli ultrasuoni per i cani.
-Continuo a pensare che tu
sia strana,
Valeria-, disse lei sospettosa.
Due
minuti.
Dovevo inventarmi qualcosa
alla svelta per
liquidarla. Ma cosa? Quando diventava così apprensiva era
impossibile
sbarazzarsene senza darle una fornita spiegazione, e finché
le avessi spiegato
esattamente come stavano le cose sarebbero trascorse almeno due ere
geologiche.
-Sto bene. Sono solo stanca,
ho passato le ultime
due ore a fare una Mimosa-, risposi sicura che questo avrebbe
funzionato.
-Mimosa?- chiese lei con
curiosità.
Avevo proprio fatto centro,
quando si trattava
della mia Torta Mimosa la nonna andava in estasi. In questo momento le
sarebbe
potuto passare davanti un elefante indiano a bordo di una Yamaha e lei
non ci
avrebbe minimante fatto caso.
Guardai di nuovo
l’orologio.
Un
minuto e trenta secondi.
-Vuoi che più
tardi te ne porti un pezzo?-
cercai di mantenere il tono più calmo possibile.
-Se non ti crea
disturbo…-
-Nessun disturbo. Adesso
finisco di studiare e
prima dell’ora di cena te ne porterò un pezzo
enorme.-
-Ti ringrazio.-
-Di nulla, però
è meglio se vado a vestirmi,
nonna. Comincio a sentire freddo.- Balla colossale: eravamo ancora ai
primi di
ottobre, quindi praticamente in piena estate per la mia
città.
-Hai ragione, tesoro. Ci
vediamo più tardi.-
-A più tardi.-
Misi giù il
telefono con aria trionfante. Una
telefonata con mia nonna durata solo due minuti, mi sembrava un sogno.
Quel piccolo momento di
gioia fu sostituito
immediatamente dall’angoscia. Mi era rimasto solo un misero,
patetico minuto.
Sperai di poter fare almeno in tempo a vestirmi, per i capelli bagnati
non ci
sarebbero stati problemi, a parte il rischio di farmi venire la
cervicale.
Stavo per dirigermi nella
mia stanza, quando
suonò il campanello.
Mi sentii come se mi
avessero gettato addosso
un secchio di acqua gelida.
Ma quale minuto? Non avevo
neanche quello.
Non mi era capitato solo uno
fissato con la
puntualità, la mia maledetta sfortuna me ne aveva affibbiato
uno che arrivava
in anticipo. Che cavolo di ragazzo di diciotto anni arriva in anticipo
per
discutere sulle sue ripetizioni di matematica? La risposta invase la
mia mente
così velocemente che quando riuscii ad elaborarla non potei
fare altro che
spalancare la bocca: un occhialuto secchione brufoloso e accessoriato
di apparecchio
odontoiatrico. Ecco l’unico che non poteva vedere
l’ora di andare a ripetizioni
di matematica. Sicuramente doveva essere uno di quelli fissati con la
letteratura e la filosofia, per questo non andava d’accordo
con i numeri; non
potevo farmi vedere in quello stato da un ragazzo del genere, come
minimo gli
avrei fatto venire un infarto.
Pensai di ignorare il
campanello e di andare a
vestirmi, ma quel dannato ragazzo continuava a suonare impaziente.
Sospirai. Se aveva tutta
questa fretta, se la
sarebbe vista da solo con il suo ictus.
Andai a rispondere al
citofono.
-Chi è?-
-Sono qui per le
ripetizioni-, rispose la voce
dall’altra parte.
-Sali.-
Chiusi il citofono e con
calma andai verso la
porta.
Stavo per fare la figura
peggiore di tutta la
mia vita.
Avrei sconvolto un ragazzo
innocente, che
probabilmente si sarebbe imbarazzato tantissimo nel vedere la sua
possibile
insegnante di matematica, conciata come una che ha appena finito di
fare sesso
con il suo ragazzo.
Oddio! E se avesse pensato
sul serio che avevo
appena finito di fare sesso? Non potevo credere di essere
così sfortunata.
Già me lo
immaginavo mentre tornava a casa da
sua madre e le diceva che la ragazza educata e posata che si era
immaginata in
realtà era solo una facile pronta a sedurre il suo povero
figlioletto. Come
minimo avrebbe chiamato tutte le madri che conosceva e le avrebbe
avvertite di
tenere i loro figli alla larga da me.
All’improvviso mi
resi conto che la macchina
si stava allontanando da me alla velocità della luce,
insieme alle scorrazzate
a Lecce e alla libertà di andare dove volevo.
Sentii il campanello della
porta suonare.
C’era poco da
fare, ormai dovevo affrontare
quella situazione a testa alta e cercare di farla apparire il
più innocente e
normale possibile.
Io stessa trovavo difficile
considerarla
normale, quindi pensare che quel ragazzo l’avrebbe vista come
me mi fece
sentire terribilmente scettica.
Mi diressi verso la porta e
posai la mano
sulla maniglia, esitai un istante, poi il campanello suonò
ancora e capii di
non poter temporeggiare oltre così aprii la porta.
Avevo fatto diverse
congetture
sull’espressione del ragazzo che mi sarei trovata davanti, ma
mai, neanche per
un istante, avrei immaginato quell’espressione, e soprattutto
non avrei mai
pensato sul volto di quale ragazzo si stesse espandendo quello stupore.
Marco Iovine se ne stava
impalato davanti a me
con gli occhi di un diabetico che vedeva il suo dolce preferito.
Arrossii
all’istante, non sapevo se sentirmi arrabbiata
o imbarazzata.
Eppure in quel momento
compresi appieno il
vero significato della frase non
c’è mai limite
al peggio.
Mentre io e Marco eravamo
impegnati in quella
surreale e silenziosa conversazione fatta di sguardi assassini- i miei-
ed
ebeti –i suoi-, sentii qualcun altro salire le scale.
Mi voltai nella direzione da
cui stavano
arrivando i passi e per poco non mi sentii male sul serio.
-Marco, ho parcheggiato lo
scooter qua di
fronte. Credi che…-
Ma le parole gli morirono in
gole e Massimiliano
Draco si bloccò cominciando a fissarmi.
La
mia giornataccia non era ancora finita,
anzi avevo la sensazione che fosse appena cominciata.
|
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Capitolo 3 *** Il Giorno Peggiore ***
Il Figlio Della Prof- Capitolo 3 (new)
L’Arte Di Riuscire
Simpatico
Consiste Nel Trovare
Simpatici Gli Altri
William Hazlitt
Capitolo
3: Il Giorno Peggiore
Restai totalmente
paralizzata, a partire dalla
punta dei capelli fradici fino ad arrivare al mio povero mignolo
dolorante, non
riuscivo assolutamente a credere a quello che vedevo.
Marco e Massi sembravano
altrettanto sorpresi,
ma avevo la sensazione che la loro sorpresa fosse leggermente
diversa dalla mia.
Marco mi guardava con aria
felice e il suo
sguardo aveva un non so che di gentile e delicato, mentre per Massi il
discorso
era totalmente diverso. Mi faceva sentire a disagio più di
quanto non mi
sentissi già: per prima cosa mi aveva squadrata dalla testa
ai piedi come se
sperasse di acquisire all’improvviso il super potere di
riuscire a vedere
attraverso la stoffa, poi aveva ricominciato a fissare il suo sguardo
nei miei
occhi, e non fu difficile leggere quello che gli stava passando per la
testa; era
scocciato dal fatto che fossi io. Non c’erano dubbi, tra me e
Massi non ci
sarebbe potuto mai essere niente che non fosse antipatia allo stato
puro.
Dovevo ammettere che sapere
che gli stavo
antipatica, che anch’io lo irritavo e lo facevo innervosire
come lui faceva con
me mi diede una bella carica: almeno avevo finalmente un vero motivo
per
odiarlo a morte, oltre al fatto che era il figlio della
D’Arcangelo.
-Ci si rivede-, disse ad un
tratto Marco
ancora sorridente.
-Che ci fate qui?- ribattei
acida.
-Te l’ho detto:
ripetizioni-.
-Tu sei il ragazzo a cui
dovrei dare
ripetizioni di matematica?- gli chiesi sorpresa.
Non avrei mai immaginato che
il perfetto e
intelligente Marco Iovine avesse problemi in matematica, anzi non avevo
mai
pensato che avesse un qualche tipo di problema. Dopotutto lui
apparteneva a un
gruppo di ragazzi che non devono chiedere
mai e a cui tutto è dovuto solo per il fatto che
sono al mondo.
-La domanda è
un’altra-.
Come al solito Massi si
doveva intromettere, non
sarebbe stato da lui non farlo.
Lo fulminai con lo sguardo.
-E cioè?-
Glielo chiesi anche se
sapevo perfettamente
dove voleva andare a parare, incredibilmente l’avevo capito
al volo.
-Tu
dovresti essere quella che darà ripetizioni di matematica?-.
Il suo tono era scettico,
esattamente come me
l’ero immaginato.
-Sì. Qualche
problema in proposito?-.
-Mi chiedevo semplicemente
come un asino
potesse insegnare la matematica-, rispose fissandomi con quello che
potei
definire solo come puro odio.
-Se fossi in te, Draco, mi
chiederei come fa
un asino come me ad avere più cervello di te –,
incrociai le braccia
dimenticandomi completamente di quello che avevo indosso e sentii
l’asciugamano
cominciare a scivolare pericolosamente. Per fortuna sembrava che
nessuno dei
due si fosse accorto del mio piccolo problema
tecnico.
-Tu accogli sempre gli
ospiti vestita così?-,
mi chiese Draco. Si era accorto di tutto quello stupido.
–Oppure volevi
riservare un trattamento speciale al tuo nuovo allievo, infondo ci sono
un mucchio
di insegnanti che lo fanno-.
Stava per salirmi alla gola
una risposta riguardante
sua madre che come minimo mi sarebbe costata l’anno, ma
riuscii a bloccarmi in
tempo e sopperii con qualcos’altro.
-Se avessi saputo che avrei
incontrato voi due
mi sarei vestita da suora, ma purtroppo avete deciso di farmi questa
“gradita”
sorpresa, e dire che speravo di trovarmi davanti qualcuno che
somigliasse a
Brad Pitt o a Jhonny Depp…-.
-Ti è andata
decisamente meglio-, disse Marco
sorridendo. –Comunque sono venuto qua per parlare davvero
delle ripetizioni. Ti
dispiace se entriamo, Vale?-.
-Vale?!- ruggii io.
-Vale?- chiese Massi
ridendo.
-Che
c’è? Che ho detto?- chiese Marco spaesato.
-Che razza di nome-,
esclamò Massi scoppiando
a ridere.
Alla fine lo aveva sentito
sul serio il mio
nome. Un attimo… Perché quel troglodita di Draco
stava ridendo?
-Che ti prende?- gli chiesi
irritata.
-Vale…?- sembrava
non avere alcuna intenzione
di smettere di ridere.
-Sì, mi chiamo
Valeria Ferrari e allora? E’ un
nome italiano come qualsiasi altro-.
-Lo so perfettamente,
è solo che… Che ti credi
la regina della Giustizia, e confesso che per te mi sarei aspettato un
nome più
altisonante tipo Mariagrazia Sangirolamo o Carlotta Maria Anna
Ambrogiani, questi
sarebbero stati dei nomi adatti a te.-
-Ma pensa al tuo di nome!-
esclamai infuriata.
–Almeno il mio non sembra appena uscito da un libro della
Rowling, ti mancano
solo i capelli biondo platino, Draco.-
Lui mi fissò
accigliato: evidentemente non era
la prima volta che gli propinavano quella battuta.
-La volete finire voi due?-
chiese Marco cercando
di farmi calmare. –Vale, che tu ci creda o no, siamo venuti
in pace e
disarmati…-.
-Io non direi-, risposi
fissando Draco con
sospetto.
-Ti giuro che lo
terrò a bada io, ma adesso potremmo
sederci e parlare del mio problema. So che potrebbe sembrarti
melodrammatico ma
sono davvero disperato.-
All’improvviso mi
tornò in mente la telefonata
che mi aveva fatto la madre di Marco, dopotutto le avevo promesso che
ci avrei provato,
che avrei tentato di aiutare suo figlio. La voce di quella donna era
così
gentile e premurosa, ma soprattutto traboccava di gratitudine.
Accidenti al mio
buonismo! Per colpa di quella telefonata non me la sentivo proprio di
sbattere
quei due fuori da casa mia con un calcio nel sedere.
Decisi che avrei provato ad
aiutare Marco, ma
se Draco avesse dato inizio ad una battaglia non mi sarei tirata
indietro.
-Ve bene-, e mi spostai
dalla porta per fare
spazio. –Entrate pure.-
-Grazie-, rispose Marco
sorridendo.
Ovviamente Draco non disse
niente e non face
alcun segno di assenso, di sicuro però stava pregando che
quella sotto specie
di strana riunione finisse al più presto, come lo speravo io
d'altronde.
Li condussi in sala da
pranzo e li feci
accomodare.
-Mi perdonerete-, dissi con
falso tono
gentile. –Andrei a vestirmi, se non avete nulla in
contrario.-
-Un paio di argomenti
contrari li avrei-,
asserì Draco continuando a fissarmi furbescamente.
Per poco non lo incenerii
con lo sguardo.
-Massi-, esclamò
Marco irritato, –cerca di
darti una calmata.-
-Ok, ok…-, la sua
aria era così scocciata da
sembrarmi Brontolo dei Sette Nani.
-Va pure a vestirti, Vale-,
continuò Marco sempre
più gentile.
Non ce la facevo: quei due
non erano
assolutamente sopportabili per il mio carattere. Stavano rischiando di
essere gettati
fuori dalla finestra e non se ne stavano rendendo minimamente conto.
Marco mi mandava in bestia
con quel suo atteggiamento
da Principe del mondo delle Favole, sempre gentile e pronto a
proteggere la
povera fanciulla dal mostro cattivo, e Draco… Be’
Draco era uno stronzo e basta
non c’erano altre parole per definirlo.
Mi voltai per andare nella
mia camera, quando mi
resi conto che forse sarebbe stato meglio mettere in chiaro alcuni
piccoli
particolari.
-Tutto bene?- chiese Marco
notando che mi ero
fermata.
Vomito. Il suo tono di voce
era così dolce e
mieloso da farmi venire voglia di vomitare. Quei due erano
assolutamente agli
antipodi: uno sembrava puro zucchero e l’altro un limone
acerbo. A quel punto
cominciai a chiedermi che fine avessero fatto le vie di mezzo come la
limonata
o il gelato al limone.
-Mentre sono di
là-, dissi con un tono di voce
così aspro che in confronto la signorina Rottermaier di
Heidi era una dolce signora
innocente e premurosa. –Cercate di non toccare niente, di non
rompere niente,
di non spostare niente, e soprattutto state lontani dalla cucina e dal
frigorifero.-
Meglio preservare
l’incolumità della mia adorata
torta.
-Possiamo respirare almeno?-
mi chiese Draco
accigliato.
-Non troppo e solo se
necessario-, risposi con
una smorfia. –Riducete il numero delle inspirazioni al minimo
indispensabile.-
Detto questo mi diressi a
passo svelto verso
la mia stanza, dovevo vestirmi alla velocità della luce. Mi
fidavo di quei due
esattamente come un uccellino si sarebbe fidato a lasciare i suoi
cuccioli soli
con un gatto affamato.
Aprii l’armadio e
presi i primi indumenti che
mi capitarono a tiro.
Jeans scuri e maglietta
bianca a maniche corte
forse un po’ troppo aderente ma non avevo il tempo di
scegliere qualcos’altro,
e comunque dubitavo che quell’abbigliamento avrebbe fatto
fraintendere le mie
intenzioni.
Corsi in bagno, mi pettinai
con una fretta
pazzesca, tanto che rischiai di strapparmi via parecchi capelli, e
puntai il
phon sulla mia testa alla massima potenza.
Venne fuori un incrocio tra
i ricci di Julia Robers
in Pretty Woman e una balla di fieno. Presi la spazzola e cominciai a
pettinarmi cercando di domare un po’ quell’ammasso
informe. Più o meno ci
riuscii ma per rendermi almeno simile ad un essere umano, agguantai un
elastico
e li raccolsi in una perfetta coda di cavallo.
Avevo
un’espressione talmente contrariata e
severa che mi si erano formate delle strane rughe ai lati degli occhi.
Giurai di uccidere quei due
se per caso quelle
rughe non fossero sparite.
Decisi di non truccarmi, ci
mancava solo che
pensassero che mi stessi facendo bella per loro. Piuttosto avrei fatto
da cavia
per esperimenti alieni.
Mi diedi un’ultima
occhiata nello specchio e
tornai in sala da pranzo.
I miei ospiti
erano rimasti praticamente immobili. Molto meglio per loro.
Draco mi lanciò
uno sguardo che lasciava poco
spazio ai fraintendimenti, se avesse potuto mi avrebbe disintegrata.
Sentii una strana fitta allo
stomaco: rabbia, non
poteva essere altro.
Invece Marco mi sorrise
provocandomi un nuovo
conato di vomito.
Mi sedetti di fronte a lui e
feci un respiro
profondo. Draco mi stava fissando negli occhi e sostenni il suo sguardo
duro con
una sicurezza che non credevo di possedere.
-So che abbiamo stabilito
una sorta di tregua-,
mi voltai verso Marco. –Ma non posso fare a meno di chiedermi
perché ti sei
fatto accompagnare da questo… cioè... dal tuo
amico.-
-Preferisci che vi lasci
soli?- chiese Draco
con un ghigno.
-Non era questo che
intendevo.- E ci
mancherebbe anche, figurarsi se volevo restare da sola con quello
zucchero
filato ambulante. –Però le ripetizioni sono di
Marco, tu che diavolo c’entri? Non
credo che lui abbia bisogno di una guardia del corpo, e credo ancor
meno che un
tipo come te sarebbe in grado di assolvere un compito del genere.-
Lo sguardo di Draco avrebbe
potuto tagliare in
due una quercia secolare.
-Il mio scooter è
dal meccanico-, mi rispose
Marco con gentilezza. –Ho chiesto a Massi di accompagnarmi
è per questo che è
qui.-
-Ti basta come risposta
Sherlock Holmes?-
Socchiusi gli occhi
infuriata sentendo quella
domanda, Draco diventava ogni secondo più odioso.
Per quattro anni ero
riuscita ad evitare quei
due accuratamente, perché proprio quel giorno le cose
dovevano cambiare in quel
modo? Rivolevo la mia vecchia vita, volevo tornare al giorno prima e
dimenticare di aver parlato con Marco Iovine ma soprattutto con
Massimiliano
Draco.
Non risposi.
-Lo so che probabilmente ti
infurierai-,
cominciò Marco. –Ma sono davvero curioso di sapere
che ci facevi con indosso un
asciugamano.-
-Hai ragione, sto per
infuriarmi-, il mio
sguardo era quasi assassino.
-E’ solo una
domanda-, disse Draco. –Non mi
sembra tanto difficile rispondere, a meno che in questo preciso istante
non ci
sia qualcuno che sta uscendo da questa casa di soppiatto dopo essere
stato nel
tuo letto.-
Lo sapevo! Ero certa che
quel cretino sarebbe
arrivato ad una conclusione simile.
Non lo conoscevo, eppure
riuscivo a prevedere
tutto quello che diceva e pensava, forse semplicemente
perché era così stupido
e facile da capire.
Alzai gli occhi al cielo
scocciata.
-Non
c’è nessun ragazzo, se è questo che
volevi sapere, tantomeno nel mio letto.-
Marco sorrise, per
l’ennesima volta
aggiungerei, mentre Draco rimase impassibile.
-Ho passato le ultime due
ore a preparare un
dolce. Quando ho finito ero impresentabile, perciò mi sono
fatta una doccia
confidando che il ragazzo che stavo aspettando fosse un ritardatario.-
Marco scambiò una
veloce occhiata con il suo
amico, gesto che mi insospettii.
-Che ho detto?-
-Niente-, rispose Marco
arrossendo. –Ecco… in
effetti ci hai azzeccato.-
-Ma se siete arrivati in
anticipo.- Nel mio
tono di voce si poteva leggere tutto il dissenso che provavo.
-E’ vero, ma
è Massi quello puntuale, per
quanto mi riguarda invece sono perennemente in ritardo, è
più forte di me-,
disse Marco sempre più imbarazzato.
Lo guardai per un attimo
sorpresa. Il perfetto
Marco Iovine era un ritardatario che andava male in matematica? Quella
giornata
cominciava a rivelarsi davvero strana.
I miei occhi incontrarono
quelli verdi di
Draco e una strana scossa elettrica mi attraversò la
schiena; mi sentivo la
personificazione del disappunto.
Draco. Era tutta colpa sua,
era lui il
puntuale, era lui che mi aveva costretta a presentarmi davanti a loro
conciata
in quel modo così imbarazzante.
Ad un tratto cominciai a
chiedermi fino a che
punto fosse umanamente possibile odiare una persona. Sentivo di aver
superato
quel limite da parecchio e che il mio odio sarebbe aumentato sempre di
più,
minuto dopo minuto.
-Se avessi saputo chi avrei
incontrato venendo
qua me la sarei presa con molta più calma-, disse Draco
incrociando le braccia.
–Anzi magari mi sarei dato malato, almeno avrei avuto una
scusa plausibile per
evitare questo incontro.-
-Magari lo avessi fatto-,
come al solito le
parole mi erano scivolate via di bocca prima che potessi fermarle.
-Quindi avresti preferito
non vedermi affatto?-
-Senti, non credo sia un
mistero quello che provo
nei tuoi confronti, Draco-, cominciai con sguardo deciso.
–Non mi sei affatto
simpatico…-
-Ma no, e io che pensavo
fosse solo passione e
desiderio nascosto-, rispose lui sorridendo divertito. –Avevo
il terrore che
potessi saltarmi addosso da un momento all’altro, ora mi
sento più tranquillo.-
Adesso, non so per quale
motivo, e in quel
momento non avevo alcuna intenzione di approfondire la faccenda, ma
vedendo
quel sorriso arrossii. Quando non faceva il cafone e non ciarlava a
vanvera,
Massimiliano Draco risultava morbosamente affascinante, quasi
magnetico.
A quei pensieri mi sentii
morire, e uno strano
ronzio cominciò a prendere possesso della mia testa,
finché il mio cervello non
giunse alla conclusione più plausibile o forse la
più conveniente: irritazione.
Ero semplicemente irritata da Draco, nessun imbarazzo o magnetismo,
semplicemente mi avevano dato fastidio le sue parole e adesso mi
sentivo
agitata perché in verità ero arrabbiata.
Sì, come
spiegazione poteva andare, poteva
zittire tutte le strane domande che avevano cominciato a girovagare
nella mia
testa.
-Ti assicuro che neanche tu
mi vai a genio,
Ferrari-, la voce di Draco non permetteva fraintendimenti: mi detestava
proprio.
-Non le piace essere
chiamata per cognome-,
disse a un certo punto Marco.
Mi voltai di scatto verso di
lui con uno
sguardo assassino.
Draco si lasciò
andare ad un ghigno divertito,
lo fissai negli occhi e cominciai a sentirmi di nuovo irritata.
-Preferisci che ti chiami
Vale?- chiese
trattenendosi a stento dal ridere.
Sorrisi anch’io,
più che altro per evitare di
mettermi ad urlare.
-Perché cercare
un modo in cui mi puoi chiamare
quando io e te non parleremo mai più per tutto il resto
delle nostre vite?-
-Mai mettere limiti al
destino, mia cara-,
rispose lui con sguardo ambiguo.
Rimasi un attimo interdetta
da quella frase. E
adesso che cosa voleva insinuare? Quanto avrei voluto avere il potere
di
leggergli nel pensiero.
I nostri sguardi
continuavano a mandarsi
scintille di odio e io sentivo la rabbia avvolgermi come se fossi stata
in una bolla
di sapone.
-Quando voi due avrete
finito di sembrare una
coppia di innamorati a cui piace punzecchiarsi, io avrei ancora da
risolvere un
problema con la matematica.-
Sussultai, era stato Marco a
parlare, con un
tono di voce parecchio scocciato in verità. Ma cosa aveva
detto? Non lo avevo
ascoltato con attenzione ero distratta dal fulminare gli occhi di Draco
con i
miei.
D’un tratto vidi
una cosa che mi lasciò perplessa
più di quando avrei mai immaginato: Draco era arrossito, mi
sembrava
impossibile ma era proprio così. Poi aveva distolto lo
sguardo dai miei occhi e
si era messo a fissare il cesto di frutta che c’era come
centro tavola.
Mi chiesi cosa stesse
succedendo, e
all’improvviso risentì le parole pronunciate da
Marco come se il mio cervello
le avesse registrate per permettermi di ascoltarle in differita.
-Cos’hai detto?-
chiesi incredula battendo più
volte le palpebre sperando di aver capito male.
-Ho detto che sembrate una
coppia di innamorati
a cui piace punzecchiarsi.-
Per poco non scoppiai a
ridere.
-Io e
quest’individuo innamorati?- non ce
l’avevo fatta a restare seria. –Marco dì
la verità, quante canne ti sei fumato
prima di venire qua?-
-Più che canne
parlerei di cannoni-, disse
Draco guardando l’amico con gli occhi di uno che avrebbe
voluto squartarlo.
–Per la prima volta mi trovo d’accordo con te,
Ferrari. Marco deve avere
qualche rotella fuori posto se pensa una cosa del genere.-
-Stavo solo constatando un
fatto-, rispose
l’altro sulla difensiva. –Da come vi stavate
guardando c’era poco da
fraintendere.-
-Invece mi sa che hai
frainteso tutto-, dissi
sempre con quel sorriso divertito che non riuscivo a togliermi dalla
faccia.
–Per quanto mi riguarda stavo cercando di appiccare fuoco
alla testa del tuo
amico con la forza del pensiero.-
-Anche io stavo facendo una
cosa del genere-,
intervenne Draco imbronciato.
-Stavi sperando che
prendessi fuoco?- gli
chiesi imbestialita.
-Sì, lo ammetto.-
-Come ti sei permesso?-
-Parli proprio tu-, mi
ammonì lui. –Sei stata
tu a tirare fuori questa storia di bruciare le teste.-
-Stavo scherzando, idiota!-
esclamai alzandomi
in piedi e battendo un pugno sul tavolo.
-Io no-, ribatté
Draco alzandosi a sua volta.
Eravamo a pochi centimetri
di distanza e i nostri
occhi non la smettevano di scrutarsi.
-La volete finire?- chiese
Marco alzandosi
anche lui e cercando di farci calmare.
Socchiusi gli occhi con
rabbia e tornai a
sedermi, forse era il caso che ci dessimo tutti una bella calmata.
Anche Marco si sedette.
L’unico a rimanere
in piedi fu Draco che non
la smetteva di fissarmi.
Quella giornata stava
cominciando a rivelarsi
più lunga e difficile di quanto mi sarei mai aspettata
quando quella mattina
ero uscita di corsa per paura di arrivare in ritardo. Mi ritrovai a
desiderare
che fosse tutto un sogno, anzi un incubo; magari mi sarei svegliata da
un momento
all’altro e mi sarei accorta che quel maledetto
lunedì doveva ancora
cominciare. Sarei andata a scuola, avrei intravisto quei due ragazzi
che adesso
mi stavano davanti, di sfuggita come ogni mattina e avrei ringraziato
il cielo
per un altro giorno lontano da loro. Queste erano solo speranze e
desideri che
con quell’imbecille di Draco in piedi davanti a me non
trovavano ragione di
esistere.
-Massi siediti-, gli
intimò Marco con tutta la
gentilezza che riuscì a racimolare.
Draco continuava a guardarmi
poi sbuffò e posò
di nuovo il suo sedere sulla sedia.
-Ora possiamo parlare delle
ripetizioni?- mi
chiese Marco al limite della sopportazione.
Voltandomi verso di lui
cercai di evitare
accuratamente lo sguardo di Draco.
-Scommetto che la tua torta
fa schifo.-
Perché doveva
sempre cercare di mandarmi fuori
dai gangheri? Perché non poteva semplicemente tenere chiusa
quella boccaccia
grande quanto un foro per il petrolio scavato dalla trivella
più grande dell’Universo?
Ovviamente quelle parole
erano state
pronunciate da Draco con l’intento di farmi innervosire
ancora di più.
Non
avevo intenzione di dargli ulteriormente corda ma alla fine
rispondergli fu più
forte di me.
-Puoi pensare quello che
vuoi, tanto non avrai
mai occasione per sperimentare sul campo quello che hai detto.-
-Vuoi dire che non
offriresti un pezzo della
tua brodaglia… cioè del tuo capolavoro
ai tuoi graditi ospiti?-
Cominciai a desiderare che
Zeus o una qualche
divinità scagliasse un fulmine e prendesse Draco in pieno
viso. Pazienza se si
fosse sfondato il soffitto, sarei riuscita a farmene una ragione.
-Intanto solo Marco
è un mio ospite, tu sei
solo… sei solo…-
-Sono solo?- chiese lui con
un ghigno soddisfatto.
-Tu non sei nessuno.-
Era da una vita che glielo
volevo dire, dato
che c’ero decisi di non tenermi più niente dentro,
ormai lo aveva capito quello
che provavo, tanto valeva fargli sapere ogni cosa.
-Credi di essere
l’individuo perfetto che ogni
ragazzo vorrebbe avere come amico e che ogni ragazza desidererebbe come
fidanzato
ma non hai capito un fico secco di quello che ti accade intorno.
Le ragazze ti vengono dietro
semplicemente
perché sperano di incontrare Marco, e poi voglio dire, ma
non vi accorgete che il
fatto che tutte le ragazze vi muoiano dietro è qualcosa di
squallido; dicono di
amarvi e di avervi sempre sognato ma non vi conoscono affatto, se fossi
al
vostro posto le manderei tutte a quel paese. Tornando a te, sappi che i
ragazzi, tutti tranne Marco credo, vogliono esserti amici solo
perché sei il figlio
della professoressa D’Arcangelo, anche se non hanno ancora
capito che essere
amici di suo figlio non significa essere raccomandati, visto che lei
apprezza
solo chi le conviene e non chi le viene imposto. Possibile che tu non
ti sia
mai accorto che stranamente tutti quelli che ti stanno più
intorno sono nelle
classi di tua madre?-
Mi fermai per riprendere
fiato e notai che
entrambi mi stavano fissando: Marco con una strana ammirazione negli
occhi, Massi
con pura irritazione.
-Un’ultima cosa e
chiudo qui il discorso…
Draco non credere di essere il ragazzo più simpatico che
esista sulla faccia
della terra, non hai idea di quanti doppiogiochisti ti stiano intorno.
Davanti
ti dicono una cosa, ma appena ne hanno l’occasione ti
criticano e ti deridono.-
Nessuno dei due sembrava
voler parlare dopo
quella mia piccola sfuriata il che mi rese nervosa, più di
quanto avrei
pensato. Avevo spiattellato tutto quello che pensavo di loro,
trattenendo anche
alcuni epiteti e imprecazioni che in genere riservavo a conversazioni
private
con Amy e Marti.
Li fissai anch’io.
Non sapevo cosa fare, e
all’improvviso mi
venne voglia di riavvolgere il nastro e fare finta che quei due minuti
della
mia vita non fossero mai esistiti ma mi resi conto che era troppo
tardi.
-Avete intenzione di restare
imbambolati come
due statue per tutto il resto del pomeriggio?-
Pronunciai quelle parole con
molta cautela,
cercando di non essere sarcastica o ironica. Cosa potevo fare per
sciogliere il
gelo che si era creato?
Marco mi guardava, non
sembrava arrabbiato,
più che altro sentivo che era preoccupato per la reazione
che avrebbe potuto
avere Draco.
Prima che me ne rendessi
conto, anch’io stavo
aspettando una qualche reazione da quel mio nemico
che forse ero riuscita ad affondare con un solo missile e neanche tanto
potente
a mio avviso.
Vidi che Draco abbassava lo
sguardo e poi
inspiegabilmente si apriva in uno strano sorriso senza sentimento.
Rimasi senza parole alla
vista di quel
sorriso. Dovevo avergli fatto parecchio male, e dire che avevo sempre
pensato
che Massimiliano Draco fosse fatto di acciaio inossidabile e
indistruttibile.
-Allora-, disse ad un tratto
facendo
sussultare sia me che Marco. –Questo schifo
di torta si può vedere?-
Aveva deciso di cambiare
argomento, eppure io
sentivo che non era finita. Provavo il bisogno impellente che Draco mi
rispondesse a tono con una delle sue frecciatine che detestavo tanto,
avevo
bisogno di sapere che non lo avevo ferito, al contrario mi sarei
sentita un mostro.
-Draco…-,
cominciai incerta.
Marco doveva aver intuito le
mie intenzioni e
mi fece cenno di no con la testa.
Non sapevo che fare, forse
la cosa migliore
era lasciar cadere lì l’argomento e fingere di non
aver mai parlato.
Decisi di seguire quella
strada.
-Sei proprio sicuro di voler
rischiare?-
chiesi io con ironia.
Draco mi fissò
per un momento e finalmente
rividi il suo solito cipiglio arcigno, e con fare sicuro mi rispose:
-Al
massimo mi pagherai i danni, Ferrari.-
Gli feci una linguaccia e mi
diressi verso il
frigorifero.
-Non che lo speri-,
cominciai cercando la
torta. –Ma quando avrai assaggiato questo manicaretto tutti
gli altri dolci ti
sembreranno senza sapore. Chi mi conosce dice che sono un genio della
pasticceria.-
-Che modestia-, disse Marco
sorridendo.
-Non è un mio
parere-, chiarii poggiando la
torta sul tavolo. Tagliai tre fette e ne diedi due a loro.
-Prima tu-,
cominciò Draco con diffidenza. –Le
stai più simpatico non cercherebbe di avvelenarti.-
-Come sei spiritoso-,
ribattei fingendomi
offesa.
Marco affondò il
cucchiaino nella sua porzione
e ne trangugiò un grosso boccone con gli occhi che gli
brillavano.
Draco cercò di
decifrare l’espressione
dell’amico, e anch’io: sembrava normale come al
solito.
-Quindi?- chiese Draco con
il cucchiaino
ancora sospeso a mezz’aria indeciso sul da farsi.
-Non ci sono parole-, disse
Marco dopo aver
deglutito. –L’unico modo per capire è
assaggiarla.-
Non sapevo se prenderlo o no
come un complimento.
-Spero che questo non sia il
tuo modo per
vendicarti di quando mi hai prestato la PSP
e te l’ho riportata dopo tre mesi-, mormorò Draco,
conficcando
il cucchiaino nella sua porzione di dolce.
-Conosco altri modi per
vendicarmi-, rispose
Marco divertito. –Assaggia e alla fine mi ringrazierai.-
Draco si portò un
piccolo boccone vicino agli
occhi e lo fissò con uno sguardo sospettoso. Si vedeva che
ancora non era
sicuro che la mia torta fosse priva di veleno o fosse del tutto
commestibile.
Lo fissai con
curiosità perché all’improvviso
mi sentivo stranamente ansiosa di conoscere la sua opinione. Cercai di
spiegarmi questo fatto come una specie di dimostrazione per quel mio
nemico
così sicuro delle sue capacità e
possibilità, eppure avevo la sensazione di non
essere del tutto sincera con me stessa, anche se ancora non mi era per
niente
chiaro il perché.
Lui alzò lo
sguardo e incontrò il mio; subito
una strana scarica elettrica mi attraversò la schiena. I
suoi occhi erano così
tremendamente diversi quando non si socchiudevano nella loro
caratteristica
espressione di indifferenza e sufficienza. Mi ritrovai a pensare che
erano
stranamente affascinanti, anzi erano proprio belli, forse anche
più di quelli
di Marco, e questo era tutto dire.
Continuò a
guardarmi mentre io avevo avuto
l’impressione di cogliere una confusa scintilla nei suoi
occhi: sembrava quasi
divertimento. Ero sicura di non essermi sbagliata, Draco si stava
divertendo.
Chissà perché poi… Dopotutto doveva
solo assaggiare la mia torta mica stava guardando
una puntata di Zelig, e non mi sembrava che davanti ai suoi occhi si
stesse
svolgendo una farsa napoletana. Quindi perché aveva avuto
quel guizzo di
divertimento quando aveva incontrato il mio sguardo? Avrei tanto voluto
sapere
quello che stava pensando.
Finalmente
assaggiò quel poco di torta che
aveva afferrato con il cucchiaino. Cominciò a masticare e
chiuse gli occhi.
Lo guardavo intensamente, in
attesa di un
cenno, una parola, un gemito, qualcosa che mi facesse anche solo
intuire la sua
impressione.
Lo fissavo con tanta
insistenza da non
accorgermi assolutamente che a sua volta Marco aveva lo sguardo puntato
su di
me. Aveva una strana espressione sul viso, che fortunatamente non avevo
visto
altrimenti la prima cosa a cui avrei pensato sarebbe stata gelosia.
L’espressione di
Marco era inequivocabile: seccato,
scuro, e tremendamente irritato. Non sembrava neanche più il
dolce e gentile
ragazzo di sempre. Ma a quel tempo ancora non avevo idea di quello che
gli
stava passando per la stessa, e credo che neanche lui si rendesse
pienamente conto
dei suoi desideri. Ma infondo chi mai è così
totalmente sicuro di quello che
vuole da giocarsi tutto pur di averlo?
-Allora-, mormorai senza
togliere gli occhi da
Draco che se ne stava ancora immobile con gli occhi chiusi.
–Non hai niente da
dire?-
Lui aprì
lentamente gli occhi e quando rividi
quel verde luminoso e intenso per poco non mi sentii male. Sembrava un
ragazzo
talmente normale, e questa nuova scoperta mi sconvolse parecchio.
-Qualcosa da dire
l’avrei…-, cominciò lui.
Ecco che stava per arrivare
una delle sue
solite, pungenti critiche. Ma io non mi sentivo arrabbiata o spaventata
per
quello che avrebbe potuto dire, ero prontissima a controbattere e a
fargli capire
che non aveva a che a fare con una sprovveduta. Sapevo difendermi con
le unghie
e con i denti quando volevo e non sarebbe di certo stata una
mezzacalzetta come
lui a mettermi in difficoltà.
-…ma non trovo le
parole per esprimermi. Credo
che la mia capacità di ragionare sia stata annullata da
questa torta meravigliosa.-
Per poco non spalancai la
bocca tanto era
stata la sorpresa. La mia torta ed io avevamo ricevuto tantissimi
complimenti
durante la nostra carriera culinaria, persino un pasticciere amico di
mio padre
mi aveva detto che era fantastica. Ciò nonostante non avrei
mai e poi mai
immaginato di ricevere il complimento più bello e sincero
proprio da lui, anzi
non avrei mai pensato che mi avrebbe mai rivolto alcuna parola gentile.
Mi sentivo accaldata, ma non
ero arrossita, quella
umiliazione mi era stata risparmiata per fortuna.
Mi voltai finalmente verso
Marco e trasalii, mi
stava fissando con uno sguardo ammonitore, e non capivo il
perché di
quell’espressione così dura.
All’improvviso mi sentii piccola e indifesa come
una bambina. Quello sguardo di rimprovero mi aveva colpita al cuore
facendomi
pentire di essere nata. Da quando mi lasciavo coinvolgere dagli occhi
di Marco?
In genere l’avrei mandato a quel paese, perché
adesso non ci riuscivo?
Pensai che mi aveva
semplicemente presa alla
sprovvista, propinai questa risposa alla mia coscienza. Anche in questo
caso
non avevo alcuna voglia di approfondire le motivazioni di
ciò che provavo e che
mi stava succedendo. Quando si tratta di sentimenti sono una fifona di
prima
categoria.
Sapevo che non era niente di
romantico quello
che stavo sentendo dentro di me, però avvertivo che lo
sguardo di Marco mi
aveva fatto male. C’era una delusione celata dietro
l’azzurro dei suoi occhi
che non riuscivo a comprendere, ma soprattutto non riuscivo ad
accettare. Non
riuscivo ad accettare l’idea di aver deluso Marco, anche se
in verità non
comprendevo in che modo lo avessi fatto.
Forse era ancora irritato
per il discorso che
avevo sciorinato prima a lui e a Draco; eppure inizialmente mi era
parso così
divertito dalle mie parole, mi era persino sembrato che le
condividesse. Cosa
era successo?
-Possiamo parlare delle
ripetizioni ora?- mi
chiese recuperando un po’ della sua innata gentilezza.
-Certo-, risposi con una
sicurezza non
indifferente. Quel piccolo momento di confusione alla vista del
rimprovero
silenzioso di Marco era completamente svanito, sostituito come al
solito dal
mio ostinato e smisurato orgoglio.
Per la mezz’ora
successiva Marco ed io
discutemmo sul programma per le ripetizioni. Fortunatamente in
matematica la
sua classe era parecchio indietro rispetto la mia quindi non trovammo
ostacoli
nel cominciare le lezioni al più presto.
Marco mi spiegò
che la sua avversione per la
matematica durava da tempi immemorabili, forse persino dalle prime
divisioni
fatte in terza elementare. Odiava i numeri, le loro regole, il loro
prendersi
gioco di lui non volendosi risolvere.
Cercai di spiegargli che non
doveva vedere la
matematica come una nemica, perché quella materia poteva
essere una forte
alleata in molte situazioni, però lui rimase scettico su
queste mie parole.
Durante la nostra
conversazione, con la scusa
di un improvviso calo di zuccheri, Draco si era spazzolato quasi
un’intera metà
della mia torta.
Stava per prenderne
un’altra fetta ma io lo fulminai
con lo sguardo e decise di desistere.
Marco, intuita la
precarietà della situazione,
fece intendere a Draco che era ora di andare e lui annuì
controvoglia.
Non ci eravamo ancora
organizzati per l’orario
delle ripetizioni, ma tanto avremmo avuto tutto il tempo per parlarne a
scuola,
adesso l’importante era strappare la mia torta dalle grinfie
di Draco. Non
volevo assolutamente essere la causa di una carie o, nel peggiore dei
casi, di
una lavanda gastrica d’urgenza per l’unico figlio
della D’Arcangelo.
Quando quei due varcarono
finalmente l’uscita
di casa mia, mi richiusi la porta alle spalle e feci un profondo
respiro di
sollievo. Era ora che quella lunga, lunghissima, giornata terminasse.
(*) Per chi non conoscesse la Torta Mimosa. E' un dolce che in genere
viene consumato per la Festa della
Donna (si chiama Mimosa anche per questo). In poche parole è
un
disco di Pan di Spagna che viene bagnato con succo d'ananas, poi si
mette una strato di crema pasticcera e sulla crema vengono aggiunti
tanti pezzetti di ananas (può essere sciroppata o no). Ma la
parte più buona di questa torta e la cupola di panna montata
che
viene messa sopra a tutto il resto, è davvero deliziosa.
Alla
fine sulla panna vengono sparse le briciole del Pan di Spagna avanzato
che devono essere un po' tostate in forno. Completa, questa torta,
appare proprio come un piccola cupola gialla, e ricorda davvero
tantissimo il fiore di Mimosa. Se non l'avete mai mangiata ve la
consiglio. ^^ Anche se da quando vivo a Roma ho scoperto che qui la
fanno in modo diverso... ^^'
***L'Autrice***
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto.
Sono un po' in crisi con il seguito di questa storia,
però
cercherò di scrivere un po' ogni giorno, anche se la voglia
sinceramente mi manca un po' quindi spero che non venga fuori una
schifezza.
Per chi non lo sapesse "Il Figlio della Prof" ha anche una
versione scritta dal punto di vista di Massi. Non posso cominciare a
pubblicarla adesso perchè altrimenti si svelerebbero troppe
cose
della trama (e comunque ne ho scritti solo tre capitoli... ^^').
Però quando finirò con questa posterò
anche quella
versione.
Rubo ancora qualche riga per dire a chi non lo sapesse (e
magari
per ricordarlo a chi lo sa già) che "Il Figlio della Prof"
ha
anche un Forum e un gruppo su Facebook.
Ringraziamenti:
chiara84:
Grazie per aver
deciso di leggere questa storia anche se è passato
così
tanto tempo... ^^ Purtroppo le cose sono andate così ma sono
felice di essere tornata su EFP, alla fine qui mi sento davvero a casa
e lo stress per la pubblicazione mi aveva allontanata da tutto questo.
Evidentamente questa storia è destinata a stare qui e
basta...
^^ Ma a me va benissimo anche così. xD Passando alla storia,
che
ci sia qualcosa sotto è abbastanza ovvio, ma leggendo
scoprirai
quanto la mia mente sia malata e contorta... Non dare mai niente per
scontato... ^^ Non era
mia
intenzione uccidere qualcuno, però devo dire che mi soddisfa
il fatto
che tu sia morta dalle risate... xD Sì, diciamo che
scoprirai, nei
prossimi capitoli, quando la sfortuna della nostra Vale rasenti
l'incredibile... Purtroppo succedono sempre tutte a lei... xD Spero che
anche questo capitolo ti sia piaciuto. Grazie mille per la recensione.
Un bacio!
momi87:
Ciao... ^^ Hai
fatto bene a non leggere il primo capitolo, lo capisco perfettamente
perchè anch'io sono come te. Sono contentissima che la
storia ti
stia piacendo già dall'inizio e grazie per tutti i
complimenti
che mi hai fatto. Sono davvero felice di avere una nuova fan, e non so
se la mia storia sia davvero così bella, a me basta donare
qualche sorriso e tante emozioni a chi la legge... ^^ Ormai non spero
più che decidano di pubblicarla, e io per prima non ho il
tempo
tentare ancora. Forse questa storia deve solo restare qui su EFP e a me
alla fine va bene così... Grazie ancora per la recensione e
per
tutti i complimenti. Un bacio!
TakeMyHand:
Sono davvero contentissima che la storia ti sia
piaciuta. Grazie mille per i tuoi complimenti. Per le tue domande temo
che dovrai aspettare di leggere i prossimi capitoli, ma ti avverto che
più leggerai e più dubbi ti verrano... ^^ Grazie
ancora
per aver letto e per aver recensito. Un bacio!
Crystal Moon: Be' sono contenta di averti resa
felice ripostando
la storia. Ormai non avevo più la voglia e il tempo per
proporla
ad altre case editrici così ho deciso di ripubblicarla qui,
evidentemente è questo il suo posto... ^^ Non lo so se
quello
che hai sentito dire corrisponderà alla realtà,
l'unica
cosa che ti posso dire è continua a leggere e poi fammi
sepere... xD Grazie mille per la recensione e per le tue parole. Un
bacio!
___Yuki___:
Grazie per
il bentornata ^^ E' ovvio che io adoro, anzi amo, questa storia quindi
il fatto che non l'abbiamo pubblicata (tolto il fatto che me lo sentivo
che non l'avrebbero mai accettata) non mi ha impedito di continuare ad
amarla e di farle riprendere il suo posto su questo sito... ^^ Sono
così felice che tu sia affezionata a tutti i miei
personaggi,
spero di ritrovare l'ispirazione per continuare a scrivere il seguito
(fermo alla fine del secondo capitolo già da qualche mese),
anche perchè ultimamente mi stanno venendo delle idee una
più sconvolgente dell'altra... In confronto il primo
sembrerà una tranquilla storiella dove non succede nulla...
xD
Ti ringrazio davvero tanto per le tue parole, mi hanno rincuorata molto
e spero di non deluderti quando (un giorno, forse) posterò i
capitoli inediti... ^^ Tutte voi mi siete mancate tantissimo e sono
felice di essere tornata. Un bacio!
Eky_87:
Dispiace anche a
me per la pubblicazione ma alla fine sono contenta di essere tornata
qui su EFP e di poter regalare ancora delle emozioni a tutte voi
lettrici... ^^ Spero che adesso che avrai la possibilità di
leggerla tutte le belle cose che hai sentito non saranno soltanto voci
senza senso... xD Sono contentissima che i primi due capitoli ti siano
piaciuti. Grazie mille per tutti i complimenti. Un bacio! xD
rodney:
Tranquilla, anche
se la stai leggendo solo ora sono contenta che tu alla fine l'abbia
trovata... ^^ La storia del tempo è un po' complicata. In
realtà io questa storia l'avevo già pubblicata
tutta. A
marzo avevo ricevuto una proposta da una casa editrice e ho cancellato
tutti i capitoli tranne il prologo, poi ho scoperto che in
realtà era una specie di truffa e adesso ho deciso di
ripostare
i capitoli. Quindi in realtà tra il prologo è il
primo
capitolo non è passato un anno e mezzo... ^^ Fai bene a non
leggere i missing moment, gaditi prima la storia e poi leggerai anche
quelli (tanto sono brevi e poi ti toglieresti tutto il gusto, fidati...
xD) Spero di essermi spiegata, comunque se hai ancora dei dubbi chiedi
pure, sono qui per questo... xD Grazie per la recensione e per i
complimenti. Un bacio!
_Caline:
Grazie per il
bentornata, ne sono felice anch'io. Ormai le trattative sono cosa
vecchia, all'inizio ero un po' delusa ma adesso mi sono ripresa e sono
pronta a ricominciare... ^^ Sono contentissima di essere tornata e
spero che la storia ti piaccia, almeno adesso potrai leggerla tutta...
xD Sì, be' Vale è un personaggio un po' strano, a
volte
fa ridere anche me mentre scrivo di lei... Sinceramente non so ancora
da dove cavolo l'ho tirata fuori... ^^ Massi è Massi, su
questo
non c'è nulla da dire, sono d'accordo con te... ^^ Spero che
anche questo capitolo ti sia piaciuto. Grazie per la recensione e per i
complimenti. Un bacio!
Penny Black:
Sono
contenta che tu adesso possa leggere questa mia storia... ^^ Per la
pubblicazione, evidentemente non era destino, almeno sono sicura che
qui su EFP troverò sempre lettrici che la potranno
apprezzare...
xD Sono contenta che la storia ti abbia incuriosito, penso che i prima
capitoli servano proprio a questo, quindi almeno un obiettivo l'ho
raggiunto... xD Be' magari Vale ti risulta comprensibile
perchè
è scritto tutto dal suo punto di vista, ma a volte neanche
lei
si capisce, quindi magari andando avanti un po' riuscirà a
sorprenderti anche lei... ^^ Per quanto riguarda Luca, vedrai che
qualcosina da nascondere ce l'ha ma lo si scoprirà un po'
più in là nella storia. Marty è un
altro
personaggio che avrà sempre un qualcosa di enigmatico visto
che
il suo carattere tende a farla stare sempre un po' sulle sue, mentre
Marco è un altro discorso un po' complicato... Devi solo
leggere
i prossimi capitoli per riuscire a capirlo meglio... xD Spero che anche
questo capitolo ti sia piaciuto. Grazie mille per la recensione e per i
complimenti. Un bacio! xD
alina 95:
Prima di tutto
grazie ancora una volta per aver deciso di partecipare alla ripresa del
forum, non so davvero che altro dire per ringraziarti... ^^ Per la
parte della foresta dovrai aspettare ancora un po', però
visto
che l'hai già letta spero che potrai attendere. xD Il
seguito
l'ho iniziato, ho scritto due capitoli, e spero di trovare il tempo e
soprattutto la motivazione per continuarlo... ^^ Non so fino a che
punto adorerai Riccardo, visto che ancora devo decidere come
inquadrarlo, staremo a vedere... xD Grazie mille per la recensione e
per tutto quello che stai facendo per il forum. Un bacio grande!
Fullmoon_Darkangel:
Sono
contenta che tu abbia finalmente avuto la possibilità di
leggerla e soprattutto che il capitolo della torta si sia trovato
mentre anche la tua torta diffondeva il suo aroma per casa... xD Be'
diciamo che Massi ha i suoi mezzi per diventare il preferito di noi
ragazze... ^^ Grazie mille per la recensione. Un bacio!
ShadowOfTheWind:
Be'
"famoso" mi sembra una parola grossa, però sono contenta che
tu
abbia avuto finalmente la possibilità di leggerlo... ^^' Ma
soprattutto sono felicissima che ti stia già piacendo... xD
Vabbe' non mi chiedere da dove vengono fuori certe sparate
perchè non lo so neanche io... ^^' Però sono
contenta che
ti piacciano... xD Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto.
Grazie per la recensione e per i complimenti. Un bacio!
misa_ikuto:
Intanto
grazie per aver letto tutta la storia. Comunque non sono rimasti solo
due capitoli... ^^' Il discorso è un po' più
complicato.
L'avevo cancellata tutta perchè ero in trattative con una
casa
editrice ma poi ho scoperto che era tutta una truffa, così
ho
deciso di ricominciare a postare i capitoli... Tutto qui. Spero di
essermi spiegata, comunque se hai altri dubbi chiedi pure... xD Grazie
mille per la recensione. Un bacio!
snail:
Be' grazie per i
complimenti, e tranquilla per gli errori che segnali. Questi capitoli
li sto ripostando esattamente come erano all'inizio... ^^' In
realtà li avevo rivisti e corretti ma non riesco
più a
trovare il file, quindi in attesa di riguardali li sto ripostando
così... E' normale che ci sia più di un errore e
hai
fatto bene a dirmelo... ^^ Spero che anche questo capitolo ti sia
piaciuto. Grazie per la recensione. Un bacio!
EnergyAir:
Be' sono
contenta che tu possa finalmente leggerla... xD Anche se non
è
stata pubblicata non importa, evidentemente il suo posto era e rimane
qui su EFP e io sono felicissima anche così... ^^ Sono
felicissima che questi primi capitoli ti siano piaciuti e spero che
anche questo non ti abbia deluso. Grazie per la recensione e per i
complimenti. xD Un bacio!
mantovanina:
Be'
evidentemente abbiamo entrambe un nome bellissimo... U.U ... ahahhaha W
l'umiltà! xD Piacere mio, sono contenta di conoscere te e il
tuo
splendido nome...xD Sono contenta di averti dato la
possibilità
di leggerla anche se così in ritardo. ^^ Intanto grazie per
i
complimenti, sono davvero contenta che questi prima capitoli ti siano
piaciunti ( e spero che anche il terzo non ti abbia delusa... xD) In
effetti ho cercato di riprodurre quanto più fedelmente
possibile
l'ambiente scolastico, senza dimenticare nulla. Spero proprio di
esserci riuscita...^^ Diciamo che Massi farà spesso cose
inaspettate, è uno specialista in questo tipo di cose... xD
Capirai meglio leggendo i prossimi capitoli... xD E Vale
farà
una marea di figuracce, questa è solo la prima di una lunga
serie... ^^ Chi lo sa se tra le e uno dei due nascerà
qualcosa,
lo scopriremo man mano che andremo avanti... xD Grazie ancora per la
recensione e per i complimenti. Un bacio!
freeze:
Sono contentissima che la storia ti piaccia tanto... xD Per gli
aggiornamenti puoi stare tranquilla, la storia è
già finita e posterò sempre un capitolo a
settimana, quindi non dovrai aspettare molto... ^^ Non ti dò
anticipazioni, vedremo come andrà a finire e se Vale
deciderà di mettersi con qualcuno... xD Be' a me i limoni
non piacciono a prescindere (mi piace sono il sorbetto... ^^)
però in genere gli stronzi attirano di più... xD
Be' l'incesto con il fratello non è previsto, Amy solo un
po' iperprotettiva niente di più... ^^' Grazie mille per
aver recensito e per tutti i complimenti, spero che anche questo
capitolo ti sia piaciuto... ^^ Un bacio!
Grazie ancora a tutti!
Al prossimo capitolo! ^^
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Capitolo 4 *** Voci Di Corridoio ***
Il Figlio Della Prof- Capitolo 4 (new)
“Frankly, My Dear, I
Don’t Give A Damn!”
Francamente Me Ne
Infischio!
Via Col Vento
Capitolo
4: Voci Di Corridoio
Il Liceo Classico Virgilio.
L’unico liceo in
grado lievitare peggio di un sufflè ben riuscito dato che la
sua componente
studentesca era andata triplicandosi in meno di quattro anni. I bei
tempi in
cui ci si conosceva tutti, essendo meno di quattrocento, erano finiti
ormai da
un po’. Gli studenti stavano pericolosamente raggiungendo il
migliaio di teste,
numero inconcepibile per una struttura come quella della nostra scuola.
Per
questo erano state trovate due piccole succursali che nessuno
considerava
neanche di striscio.
Situato non troppo al centro
della città, in
una zona tranquilla e quasi prettamente residenziale,
l’edificio scolastico era
di una regolarità disarmante. Quattro lati di muri di un
giallino pallido con
tanto di finestre munite di sbarre e con due cancelli automatici
accessoriati
di allarme per scoraggiare eventuali scapestrati a tentare di
scavalcarli o
forzarli.
I vandali però
non si fermano davanti a niente
e qualche anno prima un gruppo di studenti aveva cercato di fare quello
che
nelle scuole di Lecce era diventato l’atto di bullismo
più in voga del momento:
aprire gli estintori all’interno dell’edificio
scolastico per poter rendere lo
stabile inagibile per diversi giorni. In altre scuole i loro piani
avevano
avuto successo, e gli studenti del Virgilio avevano guardato con
invidia i loro
amici restare una o due settimane a casa senza fare niente, mentre loro
a causa
di quella scuola che sembrava una cavò blindato avevano
dovuto rinunciare a
quella piccola vacanza fuori programma.
Questi ragazzi avevano
cercato di mettere in
atto i loro intenti ma il destino non era stato benevolo nei loro
confronti. Erano
riusciti a scavalcare il cancello ma alla fine l’allarme
aveva avvisato la
centrale della polizia che era subito intervenuta fermando quel gruppo
di
ragazzi che i giornali adorano soprannominare
“Baby-Gang”. Sarà, ma a me questo
nome non sembra affatto adatto a loro, sembra quello di una caramella
gommosa.
Comunque furono arrestati e portati in Questura dove vennero
interrogati e il
giorno dopo rilasciati grazie all’intervento dei loro
genitori dato che erano
tutti minorenni. La loro fedina penale però sarebbe rimasta
macchiata per
sempre.
Il giorno dopo a scuola
girarono le voci più disparate.
Si parlava persino di un attentato da parte di Osama BinLaden, del
suicidio
della preside avvenuto nel suo ufficio tramite una corda e una sedia
(molto
robusta data la mole della donna), o addirittura di un camion che
avrebbe sfondato
il cancello (anche se questa era oggettivamente impossibile, dato che
il
cancello non era stato minimamente danneggiato). Alla fine di tutte
queste
congetture infondate, si scoprì la verità grazie
ad un interessante, e
tipicamente esagerato nelle sue descrizioni, articolo di giornale. I
fatti
erano stati riportati con una fedeltà piuttosto discutibile
e i ragazzi
coinvolti erano stati più volte raffigurati come criminali e
poco di buono, ma
almeno si era avuta una parvenza di verità abbastanza
attendibile.
Morale della favola: mai
fidarsi delle voci
che si diffondono in una scuola superiore. Le voci di corridoio possono
ingigantire, e di parecchio anche, situazioni che alla
realtà dei fatti in
alcuni casi sono quasi insignificanti.
Tornando al nostro caro
edificio. Pochi anni
fa era praticamente “con un piede nella fossa”. Era
talmente malridotto che i
muri erano pieni di crepe e le finestre tutte distrutte. Si sono decisi
a ristrutturarlo
e il risultato è stato abbastanza soddisfacente. Sembra un edificio quasi nuovo.
La nostra classe, la III
C, si trova in una posizione pressappoco
strategica. Non ci batte il sole, è vicina ai bagni e alle
scale, e per di più
appena scese le scale ci ritroviamo davanti le macchinette, cosa che
non guasta
mai dato l’elevato numero di bestie affamate che vengono
liberate dalle aule al
momento della ricreazione; perciò la vicinanza logistica
è un vantaggio non
indifferente.
Proprio perché
era suonata da poco la
campanella dell’intervallo Amy ed io eravamo vicino alle
macchinette in attesa
di prelevare il nostro pasto. Come al solito la mia cara amica mi stava
rendendo
partecipe di una serie di preoccupazioni riguardanti suo fratello Luca.
-E quello che mi lascia di
più senza parole è
la sua faccia tosta-, continuava Amy mentre io trattenevo a stento uno
sbuffo.
–Ieri gli ho semplicemente chiesto dove fosse stato tutto il
pomeriggio e lui
per poco non mi ha aggredita.-
-Devi ammettere che a volte
te le vai a
cercare, però. Lo tratti come un bambino, quando sai
perfettamente che non lo è
più.-
-Non lo tratto come un
bambino! Voglio solo
che non si cacci nei guai, è così sbagliato?-
-Affatto. Però se
i tuoi genitori, che credo
siano abbastanza affidabili come persone visto che hanno cresciuto te e
Roberto
in modo eccellente, non lo controllano, non vedo perché lo
debba fare tu.-
Amy mi guardò
imbronciata.
-E poi, diciamoci la
verità, se anche Luca
stesse facendo qualche cavolata io lo lascerei al suo destino, almeno
per il
momento: un bel bagno di guai potrebbe solo fargli bene.-
-Se lo dici tu-,
mormorò Amy.
Ero perfettamente
consapevole di non averla affatto
convinta. Quella non era certo la prima volta che ci mettevamo a
discutere di
suo fratello e che lei mi dava ragione. Ormai non ci credevo
più alla storia
che gli avrebbe dato più spazio; Luca era destinato ad
essere tenuto sotto la
stretta sorveglianza di Amy almeno fino al compimento dei
trent’anni, se non
oltre.
Finché quel suo
comportamento non mi avesse
coinvolta personalmente, per quel che mi riguardava, Amy poteva anche
mettergli
delle microspie nelle mutande e non sarebbe stato affar mio.
-Una faccia contrariata e
una sfinita… Uhm…
Stavate parlando di Luca, per caso?-
-Ovvio-, risposi voltandomi
verso Marti che
era arrivata in quel momento.
-Senti un po’ tu-,
disse rivolta a me. –Non ci
hai ancora raccontato com’è andato
l’incontro con il tuo nuovo allievo…- Mi
aveva sorpassata e aveva subito infilato i soldi per prendere il suo
Kinder
Bueno giornaliero.
-Magari te lo dico quando
diventerai più educata
e la smetterai di fregarmi il posto.-
Lei mi sorrise e
cominciò a deliziarsi il
palato con quel piccolo Paradiso tascabile.
-Adesso è tutta
tua-, rispose con la bocca
piena indicandomi la macchinetta.
-Oh, grazie-, ribattei
sarcastica. –Cosa farei
senza la tua gentilezza…-
-Lui chi è?-
questa volta fu Amy a parlare.
-Tanto anche se ve lo
dicessi non ci
credereste mai-, dissi infilando la mia moneta da un euro nella piccola
fessura. –A stento ci credo io.-
Il mio Twix cadde con un
tonfo nel contenitore
della macchinetta.
-Non essere stupida e
raccontaci tutto-,
riprese Amy incalzante.
-E va bene. Dovrò
dare ripetizioni a…-
-Ehilà, Prof!-
Quel saluto così
zuccheroso mi fece salire la
glicemia alle stelle mentre sentivo degli spiacevoli brividi
percorrermi il
collo.
Guardai le espressioni di
Amy e Marti e ci
misi un attimo a rendermi conto di quanto la loro sorpresa fosse
grande.
Mi voltai con calma e tutte
le mie paure
presero forma assumendo le sembianze di un allegro Marco Iovine che mi
sorrideva con convinzione.
-Come mi hai chiamata?- gli
chiesi con la
rabbia che ricominciava a farsi sentire.
-Be’, dato che mi
darai ripetizioni che c’è di
male se ti chiamo così?- chiese lui con aria innocente.
-Non mi va che mi chiami
così.-
-Perché?-
-Non mi va e basta!-
esclamai irritata.
-Okay, scusa-, rispose lui
senza scomporsi di
una virgola. –Allora quando ci vediamo?-
Appena pronunciò
quella frase ebbi la tremenda
sensazione che un riflettore si fosse improvvisamente acceso sulle
nostre
teste. Tutti gli individui nel raggio di sei metri avevano sentito
quelle
parole, e, in base ai miei fugaci calcoli, dovevano essere almeno una
trentina
di ragazzi. Chissà cosa avrebbero pensato adesso?
Sicuramente ci stavano già
organizzando l’addio al nubilato e al celibato. I ragazzi
della nostra età
diventano particolarmente fantasiosi quando si tratta si storie
d’amore tra
“vip”- naturalmente nel mio caso quello famoso era
Marco.
-Ti dispiace abbassare la
voce-, mormorai
preoccupata. Ebbi l’impressione che chi ci stava intorno si
fosse bloccato
all’improvviso con l’intenzione di non perdere
neanche una sillaba della nostra
conversazione.
-Perché dovrei
abbassare la voce?- chiese lui.
–Non stiamo facendo nulla di male. Stiamo solo…-
“Ti prego non dire
niente di stupido”, pensai supplicante.
-…organizzando i
nostri futuri progetti.-
Frase più
sbagliata di quella non avrebbe mai
potuto dirla, riuscivo persino a sentire gli ingranaggi dei cervelli
che avevo
attorno cominciare ad elaborare febbrilmente le teorie più
disparate.
-Oh, Signore
Mio…-, sibilai mettendomi una
mano sugli occhi in un gesto stanco. –Cosa ho fatto di male?-
-Lo facciamo
a casa mia o a casa tua?-
Spalancai gli occhi
incredula. Ma allora quel
microcefalo era proprio uno stupido idiota rimbecillito! Una frase come
quella
detta in un momento del genere sarebbe stata fraintesa anche da un
sordo!
Capii che tutti quelli che
erano all’ascolto
si erano bloccati e avevano addirittura smesso di respirare, forse
credevano di
essere al momento clou di qualche scadente soap sudamericana.
-Secondo te scopano da
molto?- chiese un ragazzo
che doveva essere del terzo anno a uno che sembrava di poco
più grande, con
l’aria accademica di qualcuno che osserva un’opera
d’arte in un museo.
-E’ che ne so,
però devo riconoscerlo: Iovine
sa davvero scegliere, hai visto che tette ha quella?-
-No, ero impegnato a
guardare altro-, disse
l’altro puntando lo sguardo sul mio fondoschiena.
-Adesso basta!- esclamai
infuriata.
Afferrai Marco per un
braccio e lo trascinai
il più lontano possibile da quella folla, era meglio
limitare i danni finché si
poteva, anche se dubitavo che arrivati a quel punto si sarebbe potuto
limitare
qualcosa.
-Ma che stai facendo?- mi
chiese lui mentre lo
tiravo verso il cortile.
-Sta zitto e seguimi!-
A quanto pareva il mio tono
era stato molto
convincente visto che non emise più una sola sillaba.
Dovevo far capire a Marco
come stava la
situazione prima che per l’intera scuola diventassi la nuova
ragazza di Marco
Iovine. Piuttosto mi sarei andata a recludere in un convento
di clausura su
una montagna sperduta.
Arrivati ai parcheggi degli
scooter lo lasciai
andare e mi parai davanti a lui con le braccia incrociate e
un’espressione che
di amichevole aveva ben poco.
-Mi sa che senza rendermene
conto ho fatto
qualcosa che non dovevo-, disse Marco visibilmente confuso.
-Vedi, prima che io ti dia
ripetizioni di
matematica-, cominciai cercando di essere il più calma
possibile, - forse è
meglio che ti riassuma velocemente la scala gerarchica valida in questa
scuola.
E’ molto semplice. Tu, quell’idiota del tuo amico e
pochi altri fortunati siete quelli
che contano, una
specie di divinità, e noialtri siamo solo dei normali
ragazzi che frequentano il
liceo. Mi segui?-
Lui annuì, ma si
vedeva che era ancora in alto
mare.
-Ora immagina di trovarti
nell’antica Grecia.
Un Dio, che so… Apollo per esempio, scende tra gli umani e
comincia a parlare
con una donna normale che non ha nulla di speciale. Secondo te gli
altri umani
cosa faranno quando li vedranno insieme?-
-Saranno sorpresi?- chiese
lui dubbioso.
-Peggio, saranno stupiti. E lo stupore porta
automaticamente alla ricerca di una
spiegazione. Secondo te quale sarebbe la spiegazione più
ovvia per Apollo e la
mortale?-
-Che Apollo si è
innamorato di lei e vogliono
stare insieme?-
-Precisamente. Adesso
trasferisci la storia di
Apollo alla realtà: tu sei la divinità e io la
mortale. Gli altri ci vedono
parlare, tu mi porti una bottiglietta d’acqua in classe, mi
raggiungi vicino al
mio scooter e conversiamo, e come se non bastasse, se prima avevamo
qualche
possibilità di uscire indenni da questa storia, le frasi
idiote sul farlo "dove"
e "quando" che hai detto prima ci infognato per benino.-
-Vuoi dire che adesso tutti
pensano che stiamo
insieme?- chiese lui spalancando gli occhi.
-Precisamente-, risposi
annuendo. –Tu Apollo,
io mortale.-
-E ti dà
così fastidio che pensino questo?-
chiese lui con aria innocente.
-Forse per te non fa alcuna
differenza se pensano
che stai con qualcuno, ma per me è tutta un’altra
cosa. Io non ho fiumi di
ragazzi che mi vengono dietro e se la mia anima gemella decidesse di
non farsi
avanti solo perché pensa che sono la tua ragazza rischio di
perdere l’occasione
della mia vita.-
Marco mi sorrise divertito.
-Che
c’è?- chiesi irritata.
-Fai la dura e la cinica ma
in realtà sei una
gran romanticona.-
Arrossii di colpo, era la
prima volta che
facevo quei discorsi con qualcuno che non fosse Amy o Marti. Avrei
voluto
correre a sotterrarmi.
-Da quando voi due andate a
letto insieme?-
Sussultai spaventata. Una
voce familiare alle
mie spalle ci aveva appena interrotto e chissà
perché ero assolutamente certa
di sapere chi fosse l’impiccione
in
questione.
-Noi non andiamo a letto
insieme!- esclamai
voltandomi verso la mia nuova fonte di irritazione.
I miei occhi incontrarono
per l’ennesima volta
quelli verdi di Draco. Che strano… Le sue iridi erano di un
verde così spento
rispetto a quello vispo e insolente a cui ero abituata.
-Sarà-, disse lui
scettico. –Comunque tutta la
scuola non fa che parlare d’altro.-
-Cosa?!-
quell’urlo soffocato fu la mia unica
reazione.
-Secondo le voci vi sareste
dichiarati e dati
un bacio appassionato davanti alle macchinette. Poi Marco ti avrebbe
preso in
braccio e portato fuori per poter stare un po’ da soli a
godervi la scoperta
del vostro reciproco amore.-
Non avevo assolutamente
parole; immaginavo che
sarebbero arrivati a delle conclusioni completamente sbagliate ed
esagerate ma
non avrei mai pensato che la mente dei miei compagni di scuola fosse
deviata a
tal punto da inventare una storia così assurda.
-Tu sei uno che crede alle
voci, Massi?- gli
chiese Marco sorridendo.
Draco lo fissò
per un attimo e poi si aprì
anche lui in un sorriso, che io, nonostante la mia irritazione, trovai
stranamente
piacevole.
-Ma quando mai-, disse lui
ridendo. –Figurati
se credo alla storia che ti porti al letto questa mocciosa verginella.-
La rabbia prese di nuovo il
sopravvento.
-Vacci piano, Draco. Se non
sono male informata
io ho due mesi più di te e tre più del tuo amico
qui. Moccioso sarai tu!-
-Allora rettifico-,
continuò lui con il suo
solito ghigno trionfante. –Non avrei mai potuto credere che
ti portassi a letto
questa vecchia zitella acida.-
Per poco non cominciai a
lanciare scintille dagli
occhi.
-Vecchia zitella acida-,
mormorai irritata.
Draco e Marco stavano
cercando in tutti i modi
di non ridere. Io me ne accorsi e mi arrabbiai ancora di più
fino a sbraitare:
–Vecchia zitella acida a chi!? Brutto stupido cavernicolo con
la permanente!-
Questa volta Marco
scoppiò a ridere sul serio.
-Che hai contro i miei
capelli?- chiese Draco
incrociando le braccia.
Che avevo contro i suoi
capelli? Niente, solo
mi sembrava strano che vedendolo per strana la gente non lo scambiasse
per una
ragazza mal pettinata o per un ragazzo troppo effeminato. I suoi non
erano dei
capelli normali, erano più simili a una ribelle chioma
bionda che se ne stava
indomita sulla sua testa. Aveva perfino un ciuffo sulla fronte che gli
ricadeva
sempre sugli occhi e questo gli aveva fatto venire il tic di muovere
ogni tanto
le testa per riuscire a vederci qualcosa: quel gesto mi infastidiva
terribilmente.
-Spera solo di non passare
vicino a me quando
ho in mano un paio di forbici, credo che non sarei più
responsabile delle mie
azioni-, risposi senza ulteriori spiegazioni.
-In effetti sono un
po’ lunghi.- Afferrò il
ciuffo che aveva davanti agli occhi e cominciò ad osservarlo
pensieroso.
-Un po’?- domandai
scettica. –Uno Yorkshire ha
meno problemi di te nel vedere dove mette i piedi.-
-Forse hai ragione, dovrei
tagliarl… Ehi,
aspetta un momento. Non ho alcuna intenzione di tagliarmi i capelli
solo perché
a te dà fastidio come li porto. Girati dall’altra
parte quando mi vedi se
proprio non li sopporti.-
-Mi girerò
dall’altra parte comunque quando ti
vedrò, a prescindere dai capelli.-
-Sei proprio acida.-
-Senti chi parla-, dissi
alzando gli occhi al
cielo.
-Quando avrete finito il
vostro consueto affettuoso
scambio di opinioni-, intervenne Marco, -io e Vale dovremmo ancora
risolvere il
nostro piccolo problemino pubblico.-
Mi voltai a fissarlo. Avevo
completamente
dimenticato quello che era successo davanti alle macchinette pochi
minuti prima.
Purtroppo quando Draco mi faceva arrabbiare tutto il resto passava
istantaneamente in secondo piano, come al solito era colpa del mio
orgoglio e
della sua voglia di rivalsa. Oppure no? In ogni caso adesso avevo
questioni più
urgenti da affrontare.
-Idee su come agire?- chiese
Marco.
-Io qualcosina in mente ce
l’avrei-, cominciai
sorridendo. –Che ne dite di non incontrarci più
per tutta la fine dell’anno
scolastico? Ci incrociamo nei corridoi e non ci parliamo? Ci vediamo di
sfuggita e non diamo alcun segno di saluto o di essere a conoscenza
dell’esistenza dell’altro?-
Forse era la volta buona per
levarmi definitivamente
quei due di dosso.
-No-, dissero
all’unisono con enfasi, anche
troppa.
Alzai un sopracciglio
sorpresa. E adesso
cos’era tutto quel sentimento?
-Be’-, disse
subito Marco imbarazzato. –Io
sono ancora in alto mare in matematica, non posso mica rinunciare alle
lezioni
solo perché tu hai deciso di non parlarmi mai
più.-
Era vero, neanche io potevo
rinunciare ai
soldi delle ripetizioni. Addio occasione d’oro.
-Tu invece cos’hai
contro la mia idea?- chiesi
a Draco. –Non mi sembra di dover dare ripetizioni anche a
te.-
Lui non rispose subito ma si
limitò a fissarsi
le scarpe per qualche secondo, e io lo guardavo sospettosa. Non mi
fidavo di
lui, e avevo la sensazione che stesse prendendo tempo per dirmi
qualcosa di
tremendamente irritante.
-Se pensi che le cose per
Marco si possano
sistemare non parlandomi più, io non ho alcun problema-,
cominciò Draco
tornando a guardarmi con sufficienza. Mi ero domandata dove avesse
nascosto il
suo sguardo pungente per tutto quel tempo. –Però
non sono io il tuo presunto
ragazzo, quindi non dovrei rientrare nel tuo piano.-
Lo fissai per qualche
secondo; in effetti
Draco non c’entrava niente in quel discorso. Decisi di dirgli
il vero scopo del
mio piano, tanto ormai conosceva la mia posizione riguardo il nostro
rapporto.
-Avevo solo deciso di
cogliere la palla al
balzo per sbarazzarmi di voi due-, dissi con sguardo di sfida.
–Forse non vi
rendete conto che da quando voi due avete deciso di interferire nella
mia vita
sono in un mare di casini. Voglio solo riavere la mia pace.-
Ero proprio curiosa di
sentire la risposta di
Draco.
-Va bene allora-, disse lui
con calma. –Tra me
e te non ci saranno altri contatti di alcun tipo. E credo che per Marco
non sia
un problema prometterti di non guardarti, salutarti, e parlare con te a
meno
che non avvenga durante le ore delle ripetizioni quando sarete da
soli.-
-Potresti evitare di
coinvolgermi nei tuoi
ragionamenti?- chiese Marco imbronciato.
-Le vuoi negare la
possibilità di riavere la
vita di prima?-
Quella domanda era
così estremamente seria,
Draco sembrava davvero deciso ad accontentarmi, e
all’improvviso ebbi come la
sensazione che la mia felicità gli stesse a cuore.
Sentii una fitta
all’altezza dello stomaco, ma
probabilmente era solo fame visto che non avevo ancora mangiato nulla.
I due ragazzi si fissarono
negli occhi, ed era
come se stessero discutendo con lo sguardo, in una lingua segreta che
io non
conoscevo e non potevo comprendere.
-Okay, allora-,
mormorò alla fine Marco. –Da
adesso in poi non ti importuneremo
più e noi due ci vedremo solo durante le ore delle
ripetizioni.-
-Grazie-, dissi sollevata.
Finalmente avrei
riavuto tutto quello che mi era stato tolto in quei due giorni. Sarebbe
tornato
tutto come prima: non avrei più dovuto sopportare le stupide
frasi di Marco in
pubblico e non mi sarebbe venuta un’ulcera a forza di
discutere con Draco.
Meglio di così non sarebbe potuta andare… Allora
perché non riuscivo a sentirmi
completamente felice?
Non riuscii a spiegarmi il
perché ma i miei
occhi, in quel momento di confusione, si persero in quelli verdi e
stranamente
perfetti di Draco. Rimasi a fissarlo per qualche secondo ma ormai ero
sicura
che quella fosse la decisione giusta, e forse fu proprio la
determinazione del
mio sguardo a far cedere quello di lui. Abbassò gli occhi e
si voltò
andandosene.
In un primo momento ebbi
l’irrefrenabile impulso
di fermarlo, non ne conoscevo il motivo ma all’interno della
mia mente urlavo
il suo nome sperando che lui si voltasse, e invece continuava a
camminare
dritto davanti a sé mostrandomi la sua spalla dritta e
fiera, una spalla che mi
sembrava più attraente di qualsiasi altra cosa al mondo.
Quando quei fuggevoli
pensieri mi abbandonarono,
tornai in me e ricominciai a ritenere che quella fosse
l’unica soluzione
sensata. Non volevo avere niente a che fare con lui, soprattutto non
volevo che
mi ronzasse ancora intorno e finalmente sembrava averlo capito anche
lui.
-Tutto bene?- mi chiese
Marco con un sorriso.
Mi riscossi
all’improvviso da
quell’inspiegabile stato catatonico in cui ero entrata.
-Benissimo-, risposi con una
sicurezza che non
avrebbe convinto neanche un bambino.
Feci un respiro profondo, i
miei pensieri
erano confusi e il mio stomaco vorticava. Ero assolutamente allibita
per quello
che stavo provando. Che diavolo mi stava succedendo?
Presi un altro grosso
respiro.
-Vuoi che ti vada a prendere
una bombola di
ossigeno?- chiese Marco divertito. –Quando respiri sembra che
tu voglia
prosciugare tutta l’aria nel raggio di chilometri.-
Lo guardai sorridendo.
-Stavo solo riflettendo.
Quando sono agitata
l’unica cosa che mi fa calmare e vedere le cose con chiarezza
è fare grossi
respiri lenti e decisi.-
-E come mai hai bisogno di
calmarti? Qualche
ripensamento riguardo Massi?-
-No!- esclamai forse un
po’ troppo in fretta e
con un rossore troppo evidente che mi colorava le guance.
Marco alzò un
sopracciglio scettico.
-Non ho alcun ripensamento-,
continuai abbassando
lo sguardo.
-Bene, anche
perché quando Massi prende una
decisione la porta avanti fino in fondo, quindi puoi star certa che non
ti
rivolgerà mai più la parola.-
-Bene-, mormorai, un
po’ per rispondere a lui
e un po’ per convincere me stessa che la cosa mi andasse bene
sul serio.
-Quando ci vediamo per le
ripetizioni?-
-Per me va bene anche questo
pomeriggio, non
ho impegni-, risposi un po’ più serena. Il motivo?
Soldi! –Però a casa mia non
è possibile. Oggi mia madre ha la giornata libera e con lei
in giro per casa
non combineremmo niente.- Senza contare che la mia adorata mammina non
avrebbe
perso l’occasione di fare battutine stupide su me e Marco.
-Ok. Allora ci vediamo da
me-, disse lui sorridendo.
–I miei non ci sono.-
Quell’ultima frase
mi diede un attimo da
pensare. Non che avessi paura che Marco mi saltasse addosso, era troppo
gentiluomo per farlo, la mia paura in realtà era
un’altra: e se si fosse
diffusa la voce che io e lui ci vedevamo a casa sua, da soli, con la
scusa
dello studio? Che poi scusa non era, ma ad occhi esterni quello poteva
apparire
solo come un patetico diversivo per mascherare una realtà
dei fatti
inesistente.
-Ascoltami bene, Marco-,
dissi con il tono più
serio che possedessi. –Nessuno deve sapere di noi due, non
devi farne parola
con anima viva altrimenti tutta la segretezza che dovremo mostrare a
scuola
andrà a farsi friggere. Se solo uno degli squinternati che
viene in questo
istituto mi vedrà uscire da casa tua, io e te, insieme alla
nostra presunta
storia, finiremo sulla bocca di tutti in meno di un nano secondo.-
-Ricevuto-, rispose lui
altrettanto serio. –Lo
tratterò come un segreto di Stato.-
Gli sorrisi con gratitudine.
In quel momento
suonò la campanella, la
ricreazione era finita e dovevo volare in classe. L’ora
successiva ci sarebbe
stata la
D’Arcangelo.
-Ci vediamo più
tardi-, disse Marco sorridendomi.
–Ti manderò un sms con il mio indirizzo.-
-Ma non hai il mio numero.-
-Sì che ce
l’ho, era sul volantino che ha
trovato mia madre.-
-Giusto-, risposi con
ovvietà. –Va bene
allora.-
-Ciao.-
Si voltò e
s’incamminò verso l’ingresso.
-Marco-, lo chiamai. Quella
parola mi era scivolata
via dalla bocca prima che potessi bloccarla. A volte vorrei che
qualcuno mi
tranciasse la lingua!
-Cosa
c’è?- chiese lui guardandomi sorpreso.
Magari lo avessi saputo. Che
cosa dovevo
dirgli? Quando vedi Massi digli che mi scuso per come mi sono
comportata? Non
sarebbe stato da me fare una cosa del genere, e non era da me pensare a
lui con
quel nomignolo così familiare e affettuoso. Non capivo che
mi stava prendendo,
ma conoscendomi non doveva essere nulla di buono.
Abbassai lo sguardo e
abbandonai le braccia
lungo il corpo.
-Ti va bene se vengo da te
verso le cinque?-
-Sì, nessun
problema-, rispose lui fissandomi
per qualche secondo.
Poi con
l’espressione di chi aveva capito
tutti i segreti sull’esistenza dell’uomo
nell’Universo, prese la via del portone
per entrare a scuola.
Rimasi ancora qualche
secondo lì in piedi,
ferma in mezzo a quella marea di scooter.
Non me lo spiegavo, il mio
comportamento ai
miei occhi era assolutamente incomprensibile. Ma quello che mi faceva
uscire di
testa era che più ci pensavo e meno riuscivo a venirne a
capo.
Alla fine mi arresi e corsi
verso l’ingresso
per sbrigarmi a tornare in classe. In genere la D’Arcangelo
non era puntuale ma non avevo voglia
di rischiare, stavo già abbastanza male, anche se non ne
conoscevo il motivo.
Ero appena arrivata vicino
all’ingresso quando
una voce temuta e conosciuta mi fermò.
-Ferrari, che ci fai fuori
dalla classe?-
Fortuna,
ma che ti ho fatto di male? Perché mai hai deciso di
abbandonarmi?
Mi stampai in faccia il
sorriso più sincero
che possedessi e mi voltai verso la D’Arcangelo
con tutte le buone intenzione di questo mondo.
-Avevo scordato una cosa
nello scooter, professoressa,
così ho approfittato della ricreazione per scendere a
prenderla.-
Era la prima scusa che mi
era venuta in mente,
sperai con tutto il cuore che abboccasse.
-E Marco Iovine ti ha
aiutato a trovare quello
che stavi cercando?- mi chiese divertita.
-Come scusi?- le chiesi
diventando completamente
rossa.
-Poco fa ero in presidenza e
mi sono arrivate
strane voci su te e Marco. Lui è amico di mio figlio quindi
lo conosco bene e devo
confessare che non mi sembri propriamente la ragazza adatta a lui, ma
al cuor
non si comanda, giusto?-
Mi sentii sprofondare. Mai
in vita mia avevo
provato il desiderio irrefrenabile di sparire dalla faccia della Terra
come in
quel momento. Da quando i professori si facevano influenzare dalle voci
di
corridoio? Loro non dovrebbero essere gli adulti? Quelli che prima di
dare
sentenze e di credere a quello che sentono vagliano tutte le
possibilità per
poi scegliere quella che in base al loro giudizio ritenevano la
più vicina alla
verità? Da quando lo scadente gossip scolastico si era
impossessato anche delle
loro menti?
-Pro-
professoressa…-, cominciai pallida come
un fantasma. –C’è stato un malinteso. Io
e Marco non…-
-Su Ferrari, non
c’è bisogno che mi dai
spiegazioni-, rispose lei con sguardo sempre più divertito.
–Anche se sono una
vecchia mummia ricordo ancora cosa sono capaci di fare gli ormoni nel
corpo di
una ragazza della tua età, specialmente se hanno davanti un
bel ragazzo come
Marco.-
No! Il discorso sugli ormoni
fatto dalla
D’Arcangelo, no! Tutto ma non questo!
-Io alla tua età
facevo anche di peggio.-
Sì, come
no… Ero altamente scettica su questo
punto.
-Comunque adesso dobbiamo
andare in classe, altrimenti
‘sto programma non lo finisco più, oggi devo
spiegare almeno cinque paragrafi.-
La meravigliosa arte della
spiegazione, gli
alunni di tutta Italia adoravano quella parola. Perché? Spiegazione e inversamente proporzionale
alla parola interrogazione.
Più tempo un professore
dedicava allo spiegare e meno probabilità c’erano
che restasse tempo per interrogare.
E cosa c’era di meglio che passare un’ora nella
consapevolezza che almeno per
quel giorno non avresti corso il rischio di sentire il tuo nome
pronunciato dal
prof di turno?
Mi scappò un
sorriso mentre immaginavo i miei
compagni di classe che non avevano ancora il voto in scienze ripetere
febbrilmente nella speranza di ricordare anche il più
piccolo particolare dei
loro appunti. Come biasimarli? Nelle interrogazioni della
D’Arcangelo già
raggiungevi a stento la sufficienza se dicevi più o meno
tutto quello che
voleva sapere, se poi eri troppo impreciso si cominciava a calare, e di
brutto
anche. Ero sicura che in classe ci sarebbe stato il gelo al nostro
ingresso e naturalmente
non mi sbagliavo: non volava una mosca e tutti si alzarono, cerei in
volto, per
salutare la professoressa.
Mi diressi in fretta verso
il mio banco e mi
sedetti.
Marti al mio fianco stava
con la testa china
sul libro mettendo in atto un’ultima veloce ripetizione.
-Tranquilla-, sussurrai.
–Oggi spiega.-
-E te come fai a saperlo? Lo
sai che è
imprevedibile, neanche Cassandra in persona potrebbe mai sapere quello
che farà
Lucifero.-
-Ho un presentimento, non
interrogherà.-
Stavo facendo la saccente,
ma senza che me ne
accorgessi quella breve conversazione con la D’Arcangelo
mi aveva restituito un po’ di buonumore.
-Qualcuno mi cancelli la
lavagna-, disse la
D’Arcangelo mentre segnava gli
assenti sul registro personale. –Gesso ce
n’è?-
Domanda fatidica. Se la
poneva non c’erano più
dubbi, per quel giorno il cielo era stato generoso e
l’interrogazione si poteva
ritenere archiviata.
Guardai Marti e lei mi
sorrise radiosa.
Scampato pericolo.
L’ora della
D’Arcangelo scivolò via lentamente
ma in un clima tranquillo.
Le sue spiegazioni mi
piacevano tantissimo.
Coinvolgenti e mai noiose, si capiva subito che ci metteva
l’anima in quello
che faceva. Proprio in virtù di questo spesso mi sono
chiesta se nei momenti in
cui interrogava non si trasformasse in un’altra persona
completamente diversa.
Una specie di dottor Jackil e Mr Hyde interiore.
Tra un pensiero stranito e
l’altro, nei quali
si era infilato subdolo e improvviso anche il volto di Draco,
suonò la
campanella. Ancora un’ora e quella tortura quotidiana sarebbe
finita.
-Chi
c’è adesso?- chiesi a Marti distratta.
-Tartaruga.-
Penserete sia il cognome
della mia
professoressa di matematica e fisica, invece no. Loredana Gigli, meglio
conosciuta come Tartaruga,
è la donna
più innocua che io abbia mai visto. Soprannominata Tartaruga
perché la prima
impressione che fa ai suoi studenti è proprio quella di una
Testuggine. Una
donna sulla cinquantina, bassa e abbastanza rotonda con il collo
incassato
nelle spalle, quasi come se fossero un carapace, occhi addormentati
segno di un
letargo interiore in pieno svolgimento.
Nonostante il soprannome e
la sua poca attitudine
nel riuscire a frenarci, le volevamo bene. Le sue ore scorrevano sempre
tranquille e senza problemi, una professoressa disponibile con cui
poter
parlare in qualsiasi momento. Forse la sua unica pecca era il poco
polso: in
altre parole, ce la giravamo come più ci piaceva.
La
Professoressa Gigli
entrò in classe con un sottile
“Buongiorno” e si sedette con calma alla cattedra.
Ci guardammo un po’ in ansia.
-Aveva detto che oggi
interrogava?- chiesi a
Marti a voce appena udibile.
Lei annuì e
tornò con lo sguardo a ripetere
fisica. Ecco che si estraniava di nuovo.
Mi guardai intorno e come al
solito mi scappò
un sorriso: i miei compagni si stavano organizzando, tramite sguardi e
gesti
incomprensibili, sul da farsi. Dopo un’ora di Lubelli
(professoressa di storia
e filosofia), due ore di Bianchi (si sottintende il fatto che abbia
interrogato
in entrambe le ore) e un’ora di D’Arcangelo,
affrontare un’interrogazione di
fisica era fuori discussione nonostante avessimo studiato. Questa era
la spiegazione
che stavano preparando i miei compagni ma in realtà le cose
stavano
diversamente: nessuno aveva studiato, tranne la Giordano
ovviamente,
perciò si doveva correre ai ripari.
Andrea, il nostro
rappresentante di classe,
prese la parola e la Gigli
lo ascoltò attentamente. Andrea era un ragazzo gentile,
abbastanza diligente e
tremendamente affascinate; non aveva un bel viso però anni
di calcio avevano
dato i loro frutti in tutto il resto del corpo. Perciò,
checché se ne dicesse,
le nostre professoresse avevano tutte un debole per lui (forse
l’unica
eccezione era la Lubelli,
ma quella donna era un discorso a parte in tutti i sensi).
Naturalmente la Gigli
prese atto delle
nostre richieste, ci fu la solita preghiera collettiva strappalacrime e
alla
fine, come ogni volta, ci concedeva la grazia.
Altro pericolo debitamente
scampato.
***L'Autrice***
Sono tornata, un po' prima del previsto a dire la
verità... xD In questi due giorni sono stata presa
dall'euforia
che questa storia non mi trasmetteva da un bel po'. ^^ Chi mi segue su
Facebook e sul Forum avrà notato che sono davvero contenta
ed
euforica. Ho riempito la mia bacheca di note e link, e il gruppo
è stato inondato da miei commenti stupidi. Ma cercate di
capirmi, sono davvero contenta... Non mi succedeva da non so quanto
tempo... Sarà che la voglia di scrivere sta tornando e
questo mi
riempie davvero di gioia. Non è stato semplice in questi
mesi
affrontare il mio blocco, e adesso che sta andando via mi sto lasciando
un po' prendere... Ecco, sto scrivendo scemenze anche qui! Qualcuno mi
fermi, vi prego... -__-' Sono una pazza incallita, dovrebbero
rinchiudermi e gettare via la chiave... ^^'
Tornando al capitolo, spero davvero che vi sia piaciuto...
Diciamo che nel prossimo succederà qualcosa di molto molto
sorprendente, ma mi fermo qui. Chi mi conosco lo sa che il mio rapporto
con gli spoiler non è per niente buono, ho fatto impazzire
parecchie persone con questa storia delle anticipazioni negate fino
alla fine... Ma sono fatta così, non posso farci nulla... xD
Oggi presa dalla foga ho anche ripubblicato il primo capitolo
de
"La Ragazza delle Macchinette". Per chi non lo sapesse è la
storia de "Il Figlio della Prof" scritta dal punto di vista di Massi.
La sconsiglio a chi non ha ancora letto tutti i capitoli di questa se
non vuole trovare un po' troppi spoiler e anticipazioni.
Però se
lo volete leggere lo stesso non posso mica impedirvelo... xD
Prima di passare alle recensioni vorrei ricordarvi che "Il
Figlio
della Prof" ha un forum (gestito benissimo dalle meravigliose Bec, Bea
e Alina *___*) e un gruppo su Facebook, dove potrete leggere altri miei
deliri quotidiani... ^^'
Ringraziamenti:
alina 95:
E' così
bello rispondere alle tue recensioni... xD Comunque sono
così
contenta che nonostante tu abbia già letto la storia ti
senti
emozionata come la prima volta... Mi commuovo!
ç__ç Te
l'ho già detto che i complimenti mi mettono molto in
soggezione
ma ti ringrazio lo stesso per ogni tua singola parola. ^^ Sai
addirittura il capitolo della foresta a memoria! Io ti adoro, lo posso
dire? Ti adoro! xD Comunque ti ringrazio ancora per tutto quello che
hai detto! Un bacio!
EnergyAir:
Ti ringrazio
tantissimo, sono felice che anche il terzo capitolo ti sia piaciuto
così tanto... ^^ Ma sono ancora più felice che
non abbia
deluso le tue aspettative. Be' molti ragazzi si comportano come Massi
all'inizio, un mio amico ripete sempre la frase "chi diprezza
compra"... xD Evidentemente è davvero così. xD
Grazie
ancora per la recensione e per tutti i complimenti. Un bacio!
_Manto_:
Sono
assolutamente daccordo con te riguardo al nostro nome...u.u ahahahah
Be' sono contentissima che il capitolo ti sia piaciuto, e se tu
preferisci curiosare qua e là e non hai paura degli spoiler
puoi
leggere tutto quello che ti pare... xD Mica te lo impedisco... xD Be' a
cosa porteranno le ripetizioni lo vedrai nel prossimo capitolo... ^^
Per il comportamento di Massi in questo in capitolo sarà
tutto
più chiaro quando pubblicherò il capitolo dal suo
POV ma
anche quando continuerai a leggere e lo conoscerai meglio potrai
arrivare alla soluzione dei tuoi enigmi... xD Sì, Vale
è
fantastica, lo penso anch'io. xD Grazie mille per la recensione e per
tutti i complimenti che mi hai fatto, sono stata davvero felice di
leggere la tua opinione. Un bacio!
_Caline:
Diciamo che
Marco è un buon osservatore... xD Sono contenta che Massi e
Vale
ti piacciono, sono molto divertenti in questi primi capitoli, mi ero
persino dimenticata di tutte le frecciatine che si lanciano... ^^' In
effetti Massi è un tipo un po' particolare, comincerai a
comprenderlo davvero solo tra qualche capitolo... xD Sono felicissima
che il capitolo ti sia piaciuto così tanto, spero che anche
questo non ti abbia deluso. xD Grazie per la recensione e per tutte le
tue parole. Un bacio!
Crystal Moon:
Sì,
i loro punzecchiamenti sono molto divertenti. Dopo aver postato il
capitolo l'ho riletto anch'io e devo ammettere che non ricordavo di
aver scritto cose così spiritose, ma io ho problemi di
memoria,
sarà la vecchiaia che avanza... ^^' Sì, ho
iniziato a
scrivere la storia dal punto di vista di Massi (ho scritto solo tre
capitoli per il momento) e un capitolo l'ho appena pubblicato... xD Ti
ringrazio davvero tantissimo per la tua recensione, sei stata
gentilissima a lasciarla. Un bacio!
Eky_87:
Grazie mille per
i complimenti... ^^ Sono contenta che man mano che si va avanti la
storia non stia deludendo le tue aspettative, ne sono così
felice... *__* Il rapporto di Vale e Massi è solo
all'inizio,
ancora non ho raccontato quasi nulla. E Marco sì,
è
geloso. Si capirà tutto meglio nel prossimo capitolo... ^^
Per
la reazione di Massi riguardo la torta, ancora è presto per
provare a prevedere i comportamenti di Massi... Ha un carattere molto
particolare e si scoprirà completamente solo nel corso della
storia... ^^ Ti ringrazio ancora immensamente per la recensione e per
tutti i complimenti. Un bacio!
just_love_me:
Sono
contenta che la mia storia sia meglio dei compiti di
matematica...ahahhah xD Ma per quanto mi riguarda anche spulciare un
gorilla era meglio dei compiti di matematica quando andavo al liceo...
ahahahah Sono felice che ti stia piacendo. xD Grazie mille per la
recensione e per i complimenti. Un bacio!
chiara84:
Per fortuna che
alla fine sei riuscita a pubblicare la recensioni, mi sarebbe
dispiaciuto non poterla leggere... ^^ La mia intenzione nel descrivere
la scena era proprio quella di far sentire tutta la rabbia e
l'irritazione di Vale, quindi sono contenta di esserci riuscita... xD
E' un po' prematuro cercare di spiegare il comportamento di Massi, lui
è un personaggio abbastanza particolare che si
scoprirà
pian piano nel corso della storia... ^^ La reazione di Marco si
spiegherà totalmente nel prossimo capitolo, quindi non
perderlo... xD Grazie mille per la recensione e per tutti i
complimenti. Un bacio!
Moon Hunter:
Per il libro
dispiace molto anche a me, ma alla fine meglio così. xD
Evidentemente era destino che questa restasse solo una fanfitcion e io
sono contentissima di questo, quindi non ci pensare. Ci tenevo ma
sapevo che non sarebbe stato semplice e anche se all'inizio ci sono
rimasta molto male (anche perchè erano quasi riusciti a
raggirarmi...^^') adesso sono tornata quella di prima, anzi sono anche
meglio di prima...xD Sono contenta che tu abbia deciso di rileggere la
storia... xD Grazie mille per la recensione e per le tue parole. Un
bacio!
Penny Black:
Vale
è molto complicata... Sapessi quante volte mi sono fermata
mentre scrivevo e dicevo "ma che cavolo sta pensando questa qui? Io non
la capisco più"... Sì, sono pazza. Quando scrivo
i
personaggi vanno da soli, io ci metto solo le mani per scrivere e il
tempo... ^^' Be' scorpirai che Marco è un ottimo
osservatore,
è difficile che si sbagli... ^^' Forse Vale sta cominciando
a
provare qualcosa per Massi ma non è una che cade facilmente
nel
mucchio, non dimenticare che lei comunque odia Massi (almeno per il
momento) e orgogliosa com'è non accetterebbe di finire come
le
ochette che girano intorno a Massi... ^^ Sono contentissima che il
capitolo ti sia piaciuto. Grazie mille per la recensione e per tutti i
complimenti. Un bacio!
freeze:
Io covo sempre,
confesso... u.u ahahahah xD E ancora non hai letto niente, questo
è solo l'inizio. Più avanti ti accorgerai di cosa
sono
capaci di miei personaggi, a volte hanno sorpreso persino me con i solo
atteggiamenti... xD Be' la torta mimosa è la mia preferita,
e
quella che faccio io (non per fare la spaccona...^^) è
davvero
buonissima... xD Ognuno può vedere Massi come vuole, sei
assolutamente autorizzata ad immaginarlo come più ti
piace... Le
immagini che metto io sono solo per semplice gusto personale... xD Sono
contentissima che il capitolo ti sia piaciuto. Grazie mille per la
recensione e per tutti i complimenti. Un bacio!
A l y s s a:
Prima di
tutto ancora grazie per aver deciso di iscriverti al forum, sei stata
gentilissima... xD Sono contenta che la storia ti abbia colpito subito,
le tue parole mi hanno davvero commossa... ç___ç
Diciamo
che non c'è una versione precedente, sto solo ripostando i
capitoli che avevo cancellato, e sono esattamente identici a quelli che
avevo già pubblicato...^^ Ti ringrazio per i complimenti sul
mio
stile, non so se li merito ma sono contenta che la pensi
così.
So che la trama della storia non è delle più
originali,
non sono mai stata un mostro di fantasia, però sono sempre
felice di sentirmi dire che nella mia banalità riesco
comunque a
scrivere qualcosa di originale... xD Sì, il carattere di
Vale
è molto forte, è un tipo orgoglioso e
difficilmente si
arrende davanti alle difficoltà. Marco lo si
scoprirà
pian piano, esattamente come Massi. E alla fine nessuno dei due
sarà come Vale li descrive all'inizio, hanno molto da dire e
sono tutti da scoprire... xD A quanto pare il tuo augurio sulla voglia
di scrivere ha funzionato, visto che sta tornando giorno dopo giorno,
ed è sempre più forte... ^^ Grazie davvero per la
recensione e per ogni tua singola parola. Un bacio!
paperacullen:
Oddio,
addirittura i salti di gioia? Così mi mandi direttamente in
Paradiso, lo giuro... *__* Si parla addirittura di onore nel leggere
una storiella come questa. Complimenti del genere mi mettono davvero in
soggezione, perchè sono sempre molto critica con me stessa e
non
penso mai di meritarli, però ti ringrazio davvero dal
più
profondo del cuore... *___* Spero che anche questo capitolo ti sia
piaciuto. Non so davvero in che altro modo ringraziarti per le tue
parole. Grazie. Un bacio!
ShadowOfTheWind:
Sono
contentissima che il capitolo ti sia piaciuto, e spero che anche questo
non ti abbia delusa. xD Sì, Massi è una strafico,
ci
sarebbe da sbavare dalla mattina alla sera ad avere uno come lui in
classe... *__* Ed è anche vero che Marco è molto
dolce...
xD Ti ringrazio davvero di cuore per la recensione e per tutti i
complimenti. Un bacio!
PinkLove:
Il tuo primo
amore? Così mi mi fai commuovere... *__* Sono contenta di
averti
fatto felice nel ripostarla... xD Prometto che cercherò di
darmi
quanto più da fare possibile per finire il seguito,
così
potrai leggere qualcosa di nuovo...xD Oddio, le tue parole mi
commuovono sul serio... *__* Non penso di meritarle, però
sei
dolcissima! *__* Già i complimenti normali mi mettono in
soggezione, se ne vai a cercare di più intensi va a finire
che
mi metto a piangere sul serio, giuro... ç___ç Ti
ringrazio davvero per le tue parole. Accettare i rifiuti non
è
stato semplice. Non ho mai pensato che potessero pubblicarla quindi non
ci speravo, però riceverli mi ha completamente bloccata
nella
scrittura. La delusione mi ha davvero buttata a terra...
Però
sono contenta di essere tornata. Più bella e più
forte di
prima, aggiungerei... xD Grazie davvero, la tua recensione mi ha fatto
venire ancora più voglia di scrivere e di continuare...*__*
Grazie sul serio. Non so che altri dirti per ringraziarti! Un bacio!
momi87:
Sono
contentissima che il capitolo ti sia piaciuto. Ormai punzecchiare Vale
è diventanto una specie di passatempo per Massi, e lei non
si
risparmia con le risposte... xD E' vero, Massi sa ammaliare, e
più andremo avanti più scoprirai quanto sa essere
affascinante, e soprattutto quanto quel ragazzo riesca a sorprendere...
xD In effetti sia Massi che Marco ancora non hanno mostrato quasi
niente dei loro veri caratteri, ma piano piano verranno fuori anche
loro... ^^ Grazie mille per la tua recensione, già il fatto
di
donare emozioni a te e tutte le lettrici qui su EFP mi riempie di
gioia... Grazie ancora per le tue parole. Un bacio!
selena_14:
Sono
così contenta che la mia storia ti sia piaciuta
così
tanto e che tu abbia deciso di rileggerla, grazie mille! *__* Per
fortuna l'ispirazione sta tornando e piano piano il seguito sta andando
avanti (devo cominciare il capitolo quattro, ma in questi due giorni ho
finito davvero alla velocità della luce il terzo...^^).
Grazie
ancora per la recensione e per le tue parole. Un bacio!
GePo:
Be' spero che
rivedere la storia qui su Efp abbia risanato il tuo cuore. Sono davvero
felicissima che tu possa avere finalmente la possibilità di
leggerla... xD Sono sempre contenta di conoscere nuove ragazze che si
appassionano a "Il Figlio della Prof" e tu non fai di certo eccezione.
E' un piacere conoscerti e spero che la storia continui a piacerti
sempre... xD Grazie mille per la recensione e per tutti i complimenti
che mi hai fatto... *___* Un bacio!
Spero di rivedervi tutti al prossimo capitolo. La prossima
settimana spero di riuscire a pubblicarne due (lezioni in
università permettendo... ^^'). Un bacio enorme a tutti!
|
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Capitolo 5 *** Pomeriggio A Casa Del Nemico ***
Il Figlio Della Prof- Capitolo 5 (new)
E’ Facile Ingannare
L’Occhio
Ma E’ Difficile
Ingannare Il Cuore
Al Pacino
Capitolo
5: Pomeriggio A Casa Del “Nemico”
-Quindi tra meno di
un’ora dovrai andare a
casa di quel gran bel pezzo di fusto?- chiese Amy strabiliata.
-Amy, non chiamarlo
così-, dissi con il morale
sottoterra.
-E’ solo
invidiosa-, la voce di Marti arrivò
divertita alle mie orecchie.
Che splendida
invenzione Skype, in quel momento avrei voluto uccidere chi lo aveva
ideato e
torturarlo per averci inserito le conferenze. Era da più di
mezz’ora che le mie
due pseudo migliori amiche mi stavano esaurendo la vita e non ne potevo
davvero
più.
Amy non faceva altro che
dire quanto era
preoccupata per suo fratello, mentre Marti ripeteva che aveva il
terrore che il
giorno successivo la Bianchi
cominciasse ad interrogare a tappeto.
Dal canto mio le lasciavo
parlare ed
azzannarsi tra di loro leggendo un libro o guardando la televisione, e
ogni
tanto facevo un verso d’assenso per far capire che non ero
entrata in coma.
Ormai le conoscevo così bene che anche se non seguivo i loro
discorsi punto per
punto se mi ponevano una domanda rispondevo all’istante,
tanto erano sempre le
stesse domande e le stesse risposte da anni.
Ma alla domanda di Marti
“Poi hai risolto con
Marco?” si era scatenato l’inferno. Raccontai tutto
quello che era successo in
cortile omettendo con cura tutto quello che avevo provato in quel
momento, ci
mancava solo che anche quelle due cominciassero a travisare ogni cosa.
-Certo che sono invidiosa-,
continuò Amy. –Ma
state vedendo quello che sta succedendo o avete le fette di salame
sugli
occhi?-
Nessuna di noi due rispose,
tanto sapevamo
dove sarebbe andato a finire il discorso di Amy.
-Vale, stai correndo
seriamente il rischio di
far innamorare Marco di te.-
Un sorriso di consapevolezza
mi si dipinse sul
volto, fortuna che Amy non poteva vedermi altrimenti avrebbe frainteso
anche
quello.
Sapevo che avrebbe detto
quelle parole ed ero
anche cosciente del fatto che all’apparenza poteva
addirittura sembrare che
avesse ragione lei, ma in realtà le cose stavano in modo
totalmente diverso.
-Amy, vuoi che ti ripeta
ancora una volta i
motivi per cui ritengo altamente improbabile, se non assolutamente
impossibile,
che le tue parole si avverino?-
-Lo sai che ho ragione-,
continuò lei
imperterrita.
Non mi restava altra scelta
che cercare di spiegarmi
con più chiarezza.
-Lui non mi vuole, io non lo
voglio e l’unico
rapporto che avremo sarà puramente accademico. Ficcatelo in
testa!- esclamai
irritata.
-Ti sbagli-, disse lei con
calma.
–L’attrazione tra voi due è palese.-
Ma dove diavolo ce li aveva
gli occhi? Di che
cavolo di attrazione stava parlando? Se la si doveva vedere da un punto
di
vista chimico io e Marco potevamo essere considerati due elettroni:
forse
eravamo simili ma le forze di repulsione tra noi erano tali da non
poter mai,
in nessun caso, trovare un punto d’incontro.
-Amy tra me e Marco non
c’è alcun tipo di
attrazione-, cercai di spiegarle con calma.
-Sono d’accordo
con Vale-, disse Marti.
Almeno una delle due era
ancora in possesso
delle sue facoltà mentali.
-Sarà…-,
cominciò Amy con tono sospettoso. –Ma
ti comporti in modo strano e secondo me c’è dietro
un ragazzo. Se non è Marco
deve essere per forza qualcun altro.-
Spalancai gli occhi, Amy mi
leggeva dentro
peggio di una macchina a raggi x.
Il mio silenzio doveva
averle dato nuova
grinta per continuare il suo attacco ed io mi accorsi del mio errore
troppo
tardi per poter tentar di rimediare.
-Lo sai che non ti vedevo
così dai tempi di Riccardo.-
Questo era un colpo basso.
Sentii il cuore
cominciare a battere imperterrito.
Riccardo Donati era stato
l’unico ragazzo al
mondo che fosse mai riuscito a farmi provare qualcosa che si
avvicinasse a un
vero sentimento d’amore.
Bello, bellissimo anzi.
Alto, capelli castani
ricciolini, occhi di un verde così brillante da abbagliare
con un solo sguardo
e un fisico che avrebbe fatto invidia persino ad un modello.
Era di due anni
più grande di me e lo avevo
conosciuto durante le vacanze estive quando avevo tredici anni. Non era
stato
un colpo di fulmine, eravamo solo amici; parlavamo di tutto e dovevo
ammettere
che con lui mi sentivo meravigliosamente libera. Poi l’estate
di due anni dopo
mi disse che si sarebbe trasferito a Londra con la sua famiglia, suo
padre
aveva avuto una promozione e a settembre sarebbero partiti.
Avevamo solo tre mesi da
passare insieme prima
che lui uscisse dalla mia vita. Credo di non esagerare dicendo che
quelli sono
stati i tre mesi più belli della mia vita. Ogni giorno
trovavamo qualcosa di
nuovo da fare, che ci unisse e ci facesse sentire bene insieme.
Mai, neanche per un momento,
avevo pensato a
lui come ad un ragazzo. Per me era semplicemente un meraviglioso e
insostituibile
amico, come lo erano Amy e Marti.
Però durante la
nostra ultima settimana,
parlando con Amy, mi resi conto che forse i sentimenti che provavo per
lui non
erano poi così amichevoli
come
pensavo. Mi resi conto che in quei tre mesi più di una volta
mi ero sorpresa a
pensare a noi due da soli insieme, mano nella mano a passeggiare sulla
spiaggia
al tramonto e delle volte il finale di quelle fantasie non era
esattamente casto.
Quelli non erano di certo pensieri che si potevano rivolgere ad un
amico.
Secondo Amy ero innamorata
cotta.
Secondo Marti era solo una
reazione alla partenza
di lui.
Secondo me era solo paura di
perderlo per
sempre. Mi stavo illudendo di essere innamorata di lui solo per
incidere più
affondo dentro di me il suo ricordo, ma capii quasi subito che il mio
non era
amore, non quello vero.
Non gli dissi nulla di
quello che mi stava
succedendo, era inutile. Non c’era tempo per discutere di
cose del genere,
volevo solo che quegli ultimi momenti insieme a lui trascorressero
sereni e felici.
Il giorno della sua partenza
cercai di
sembrare il più normale possibile, e credo di essere stata
abbastanza convincente.
Andai in aeroporto con lui e aspettai che salisse su
quell’aereo che me lo
avrebbe portato via.
Accadde tutto con molta
naturalezza: lui mi
sorrise, mi abbracciò e dandomi un buffetto sulla guancia mi
chiese di
mandargli delle e-mail il più presto possibile. Glielo
promisi e con un ultimo
abbraccio lo vidi scomparire dal mio cammino.
All’inizio non
provai nulla: non ero triste,
né depressa, né arrabbiata. Tornai a casa con il
cuore leggero e la mente svuotata.
Una volta nella mia stanza
però, sola con i
miei pensieri, mi guardai intorno e mi colse una strana angoscia. Tutto
mi
ricordava lui, quel ragazzo che era il mio migliore amico e che io
avevo perso.
Caddi in ginocchio e cominciai a piangere, mi sembrava che dentro di me
si
fosse rotta una diga e adesso tutte le emozioni che avevo trattenuto
nel
momento in cui era partito stessero straripando senza lasciarmi spazio.
Piansi non so neanche io per
quanto tempo,
finché alzando gli occhi sullo schermo del mio computer non
mi accorsi di una
cosa che non avevo notato. C’era una pagina di Word aperta e
quella che mi
sembrava una lettera era davanti ai miei occhi increduli.
Mi sedetti alla scrivania e
cominciai a
leggere con il battito cardiaco che aumentava ad ogni nuova riga.
Cara Vale,
sto per partire e tu sei
in bagno a finire di vestirti. Ho deciso di lasciare una traccia del
mio passaggio
nella tua vita...
Sai
come la penso sulle amicizie a distanza,
dopotutto anche tu sei sempre stata d’accordo con me su
questo argomento. I
rapporti a distanza non funzionano, è inutile prendersi in
giro. Che si tratti
di amore o di amicizia, alla fine arriva sempre un momento in cui ci si
perde.
Ci possono volere giorni, mesi o anche anni ma quel momento arriva
sempre.
Ti
scrivo questo per dirti che quando quel
momento arriverà non devi essere triste. Se un giorno il
ponte che ci lega si
romperà ricordati sempre che ti ho voluto un bene
dell’anima, un affetto che
forse sarebbe anche potuto diventare qualcosa di più (almeno
da parte mia)…
Spero
che non mi dimenticherai, io non lo
farò.
Riccardo
Come entrambi avevamo
previsto il ponte di
ruppe.
Da quando era andato via ci
inviavamo e-mail
tutti i giorni, anche cinque o sei. Poi dopo i primi due mesi le e-mail
cominciarono a diventare una al giorno fino a ridursi a una a
settimana. In una
di queste e-mail, erano passati quasi sei mesi dalla sua partenza,
Riccardo mi
scrisse di aver incontrato una ragazza: era inglese ma di origini
italiane, si
chiamava Lara. Mi scrisse che era una sua compagna di scuola, che era
simpatica
e adorava studiare con lei.
In principio rispondevo alle
sue e-mail con un’immensa
felicità, ero sinceramente contenta che avesse trovato
un’amica, ma più il
tempo passava e più mi rendevo conto che Lara stava
prendendo quel posto nel
cuore di Riccardo che una volta era stato mio.
Non potevo di certo lottare,
non ne avevo la
forza e la distanza tra noi era incolmabile.
Il nostro legame si
spezzò definitivamente
quando lui mi confessò di essersi innamorato di Lara. Lo
avevo sempre saputo ma
quella e-mail piena di parole dolci per quella ragazza a me sconosciuta
mi ferì
profondamente. Non risposi subito e quando lo feci scrissi le parole
più pesanti
di tutta la mia vita. L’e-mail aveva un tono distaccato e
annoiato, gli dicevo
che ero felice per lui ma che ormai mi ero stancata di sentirlo parlare
sempre
delle stesse cose, che ero molto impegnata con lo studio e non potevo
dargli retta.
Non era vero, ovviamente; se fosse stato per me avrei preso il primo
aereo e lo
avrei raggiunto, ma per il bene di entrambi sapevo che quella era la
scelta giusta
da fare.
Riccardo doveva aver
recepito il messaggio,
dopotutto lui mi aveva sempre capita al volo, perciò non
rispose alla mia
e-mail e non me ne mandò altre.
Il ponte era stato
frantumato per sempre.
-Cosa c’entra
Riccardo adesso?- chiesi ad Amy
con una nota scocciata nella voce.
-Hai lo stesso atteggiamento
di quando eri
indecisa sui sentimenti che provavi per lui-, rispose lei con
semplicità. –Ti
conviene confessare, tanto lo sai che alla fine capirò tutto
comunque.-
Sì, come aveva
capito che ero innamorata persa
di Marco. Che intuito!
-Non
c’è nulla da confessare, ti stai
sbagliando su tutta la linea.-
Amy non rispose.
-Vale, hai detto che nel
cortile c’era anche
Massimiliano Draco, vero? Scommetto che vi siete ammazzati a furia di
insulti.-
Il tono di Marti era divertito, ma il mio cuore non lo era per niente:
quella
stupida riusciva sempre a fare delle domande spinose nelle situazioni
peggiori.
Sapevo che lo aveva fatto in buona fede ma avrei comunque voluto
disintegrarla.
Ebbi un attimo di esitazione
poi risposi con
calma: -Quel ragazzo ha la capacità di irritarmi come pochi,
c’è mancato poco
che non lo fulminassi.-
Chi aveva parlato? Di chi
era quella voce così
stupidamente nostalgica? Perché non avevo il solito tono
sprezzante? Che stava
succedendo?!
L’Amy-radar si
mise subito in azione, e io
sentivo il suo alito sul collo anche attraverso il collegamento alla
rete.
-E’ lui-,
mormorò Amy incredula.
La sentii appena ma compresi
che dovevo subito
trovare una soluzione.
-Scusate ma adesso devo
andare, ho una lezione
di matematica che mi chiama.-
-Aspetta solo un
secondo…-, mi ammonì Amy.
-Ciao-, chiusi
immediatamente la conversazione.
Speravo con tutto il cuore
che la mia amica
detective non avesse capito quello che io stavo cominciando ad
apprendere con
molta lentezza e riluttanza, ma che ero ancora ben lontana
dall’accettare.
Parcheggiai lo scooter
davanti a una graziosa villetta
che si trovava nella periferia di Lecce. Mi guardai intorno ammirata,
quel
quartiere era formato interamente da ville più o meno
simili, ma tutte
assolutamente meravigliose.
Guardai il campanello
dell’abitazione in cui
sarei dovuta entrare da lì a pochi secondi. Su una targa
d’orata c’era scritto:
Avvocato Giorgio Iovine; e accanto a quella, come se la prima non
mettesse già
abbastanza in soggezione, ce n’era un'altra: Dott.ssa
Mariangela Buttazzo-
Cardiochirurgo.
Una cosa mi era
assolutamente chiara in tutta
quella storia, la famiglia di Marco era facoltosa, importante e
irrimediabilmente
ricca sfondata.
Ora capivo tutte le manie di
protagonismo che
aveva Marco. Con due genitori del genere persino un ragazzo timido fino
al
midollo sarebbe riuscito a mettersi in mostra.
Stranamente ce lo vedevo
proprio Marco come
figlio di un avvocato e di un medico, quel ragazzo era una
contraddizione vivente
persino nei geni.
Il mio dito si mosse
meccanicamente verso il
campanello e suonò con decisione. Solo in quel momento mi
resi conto che c’era
un videocitofono, avrei dovuto immaginarlo...
-Chi è?- chiese
la metallica voce di Marco
dall’altra parte, si sentiva che stava ridendo sotto i baffi.
Sapeva
perfettamente che ero io, solo un cieco non lo avrebbe potuto vedere.
Se cominciava già
a farmi irritare in quel
modo, il pomeriggio non sarebbe stato dei migliori, almeno per lui.
-Hai un videocitofono grande
quanto la tua
testa, idiota! Pensavi che non l’avessi notato? Smettila di
fare lo stupido e
fammi entrare.-
-Lo sapevo che ti saresti
arrabbiata-,
continuò lui ridendo.
-Tu non hai idea di come
divento quando sono
arrabbiata. Per tua informazione ora sono solo infastidita-, il mio
tono era il
massimo della serietà.
-Una ragazza bella come te
deve essere
meravigliosa anche quando si arrabbia.-
Ed ecco la famosa goccia che
fa traboccare il
vaso.
Cercai di trattenere le urla
che stavano per
scatenarsi uscendo dalla mia bocca e con un tono pacato dissi: -Se hai
intenzione di continuare con questo giochetto imbecille ancora per
molto io me
ne torno a casa, auguri per il tuo problema con i numeri.-
-Aspetta!-
esclamò allarmato.
Magicamente il portoncino
diede uno scatto e
io mi lasciai sfuggire un sorriso soddisfatto. Quanto mi piaceva
intimorirlo.
Misi una mano sul portoncino
e lo spinsi per
entrare.
Impossibile non notare
quanto il cortile
interno fosse ben curato.
La flora non mancava di
certo: diverse piante
e alberi spiccavano ai due lati della casa e vari vasi con piante
fiorite erano
distribuiti sotto il porticato che portava all’ingresso.
La porta si aprì
e davanti ai miei occhi
apparve Marco in tutta la sua persona; sembrava sprizzare
superiorità da tutti
i pori. Non che lo facesse a posta, però da quando avevo
visto dove viveva mi
sentivo un po’ in soggezione in sua presenza.
I suoi occhi azzurri mi
sorrisero.
-Vieni avanti-, disse
scendendo i tre gradini
che ci separavano e prendendomi la mano. –La matematica ci
sta aspettando.-
Lo guardai con il
sopracciglio sollevato in
maniera inumana. Che stava facendo? Mi prendeva per mano solo per
portarmi in
casa, e pretendeva anche che lo lasciassi fare?
Diedi un piccolo colpo di
tosse, al che lui si
voltò confuso e mi fissò negli occhi.
-Qualcosa non va?- chiese
con aria innocente.
“Sì,
sto per romperti un polso.”
I miei pensieri erano un
tantino estremi ma la
mia pazienza aveva ormai raggiunto il limite e lo aveva anche superato
di parecchio.
-Ti dispiace ridarmi la mia
mano?-
Marco mi sorrise divertito.
-Cosa
c’è? Ti innervosisce che i nostri corpi
entrino in contatto? Senti una strana attrazione che cresce e che ti
impone di
concentrarti al massimo per non saltarmi addosso?-
Sorrisi, ma non era un
sorriso normale, era
quello che poteva avere un serial killer davanti alla sua prossima
vittima.
-Si può dire che
tu ci abbia azzeccato, Marco.
Sono così nervosa che ho voglia di prenderti a schiaffi, e
ti garantisco che mi
sto trattenendo a stento dal saltarti addosso e renderti inoffensivo
almeno per
i prossimi quarant’anni. Adesso che hai capito i miei
sentimenti, molla
immediatamente la mia mano!-
Avrebbe dovuto scappare via
tremando e invece
mi guardava con quei suoi occhi azzurri così limpidi e
stranamente felici.
Rimasi spiazzata per qualche secondo e questo gli diede modo di
trascinarmi in
casa senza lasciare la mia mano. Una volta dentro la tirai via e lo
fissai
irritata.
-Tanto lo so che ti piace
quando faccio così-,
disse con un sorriso sornione.
-Certo, mi piace come fare
il bagno in un lago
ghiacciato nel pieno dell’inverno siberiano-, mugugnai
incrociando le braccia.
-Ok, adesso la smetto.-
-Magari.-
-Scusa, ma non ho saputo
resistere. Quando un
ragazzo prova a farti un complimento ti chiudi a riccio. Volevo solo
vedere
fino a che punto saresti stata in grado di resistere.-
-Sei arrivato ad una
conclusione?- chiesi
scocciata.
-Naturalmente, anche se
credo che sia la più
scontata.-
-E cioè?-
-Non sei per niente attratta
da me.-
-Fortuna che me lo hai detto
tu dopo tutti i
tuoi esperimenti perché da sola non ci sarei mai arrivata-,
dissi con tono
sarcastico.
-Lo so che a te
può sembrare strano ma non
sono abituato ad essere rifiutato.-
-Povero piccolo-, alzai gli
occhi al cielo esasperata.
-Devo confessare che mi
infastidisce ma la
curiosità è molto più grande di quello
che pensavo. Adesso voglio solo cercare
di capire come mai non ti piaccio.-
-Mentre ti lambicchi con
queste assurdità
potremmo cominciare con le ripetizioni? Sai non ho mica tutto il tempo
del
mondo.-
-Hai ragione-, disse lui un
po’ imbarazzato.
–Seguimi.-
Mi fece strada verso un
grande salone arredato
in stile moderno. C’era un divano rosso e un enorme
televisore al plasma
proprio davanti ai miei occhi. Dopo il divano si stagliava il tavolo
più bello
che avessi mai visto: era completamente di vetro, doveva pesare una
tonnellata ma
la luce che entrava dall’enorme finestra che stava sulla
sinistra del tavolo lo
rendeva quasi incorporeo ed etereo. Rimasi a bocca aperta.
Quando ci avvicinammo al
tavolo per poco non
sospirai incantata. Persino le sedie erano di vetro:
l’apoteosi del buon gusto.
Quella stanza era arredata in modo semplice ma assolutamente perfetto.
-Tutto bene?- chiese Marco
notando il mio
sguardo perso nel vuoto.
-Sì. Questo
tavolo mi ha lasciata senza
parole.-
-Ti piace?- chiese lui
incredulo.
-E’ meraviglioso-,
risposi con aria sognante.
–Non ho mai visto nulla di più bello.-
-Hai gli stessi gusti di
quella sciroccata di
mia madre-, disse lui divertito. –Mio padre ed io stiamo
ancora cercando di
capire come le sia venuto in mente di arredare la stanza in questo
modo. Per il
quieto vivere familiare abbiamo preferito tacere e lasciarla fare.-
-Tua madre è un
genio dell’arredamento, questa
stanza è fantastica.-
-Sono contento che almeno a
te piaccia-, mi
disse sorridendo. Avvolta da quell’atmosfera di
incredulità e sorpresa non
potei fare a meno di ricambiare quel sorriso.
Ci sedemmo e tirai fuori
dalla borsa i miei
libri.
-Da cosa vuoi cominciare?-
gli chiesi mentre
sfogliavo l’indice del libro.
-Decidi tu. Per me qualunque
argomento sarà
comunque una tortura-, rispose scoraggiato.
-Bene, direi di iniziare
dalla goniometria, è
molto probabile che agli esami ce la chiedano.-
-La cosa?-
-Goniometria... Angoli,
gradi, radianti. Hai almeno
una vaga idea di quello che sono?-
Se non sapeva neanche cosa
fosse la
goniometria la situazione era più tragica di come me
l’avesse dipinta sua madre.
-Ah,
sì… Quella roba stupida su come trovare
il seno e il coseno.-
-Già.- Il seno
dell’angolo se lo ricordava, chissà
perché non riuscivo ad esserne stupita.
Dopo dieci minuti di
spiegazione mi resi
subito conto di chi avevo di fronte: qualcuno che non aveva neanche la
minima
idea di come fosse fatta la matematica. Marco era impedito in modo
inverosimile,
i concetti non gli entravano in testa neanche a pagarlo oro.
Feci un profondo respiro e
cercai parole più
semplici per fargli comprendere una nozione elementare che non riusciva
proprio
a capire.
-Cercherò di
essere più chiara-, cominciai tentando
di trovare le parole giuste. –La circonferenza goniometrica
è una circonferenza
inserita in un piano cartesiano. Essa per essere definita goniometrica
deve
avere il centro nell’origine e il raggio uguale a uno. Ti
prego, dimmi che adesso
ti è più chiara…-
-Quindi-,
cominciò lui cercando di concentrarsi.
–Quello che vuoi dire è che una circonferenza
può essere chiamata goniometrica
solo se ha l’origine nel centro, cioè dove si
incontrano l’ascissa e
l’ordinata, e ha il valore del raggio uguale a uno.-
-Precisamente-, risposi
contenta.
-Adesso ho capito.
Fin’ora non ero neanche
arrivato al fatto che l’origine era il punto in cui si
incontravano i due assi.-
Sembrava molto fiero di se
stesso, mentre io
stavo cominciando a preoccuparmi sul serio: Marco era assolutamente
negato per
la matematica.
-Dopo il concetto si passa
alla pratica,
pronto ad affrontare qualche piccola formula?-
Lui mi fissò con
il terrore negli occhi.
-Formula?-
-Sì, immagino tu
sappia che la matematica è
fatta soprattutto di formule…-
D’un tratto il
cellulare di Marco, poggiato
sul tavolo, cominciò a suonare ed io lo guardai irritata a
causa di quell’interruzione.
-Scusa, giuro che la
prossima volta lo
spengo.-
-Sarà meglio per
te. Avanti, rispondi.- Chinai
la testa sul libro per cercare qualche esercizio che fosse abbastanza
accessibile.
-Ciao Massi.-
Quelle due semplici parole
raggiunsero il mio
stomaco con la precisione di una freccia scoccata da Robin Hood in
persona.
Alzai lo sguardo così velocemente che per un attimo mi
girò la testa.
Marco mi guardò a
metà tra il consapevole e il
curioso.
-Sì, sono qui a
casa.-
Non sapevo
perché, ma non potei fare a meno di
desiderare che Draco parlasse un po’ più forte in
modo che potessi sentirlo
anch’io. La sua voce mi mancava e sebbene questo desiderio mi
stesse creando
dei seri problemi nel riuscire a non vomitare, non potei più
nascondere a me
stessa che l’assenza di Massimiliano Draco cominciava a
rendermi molto più
inquieta della sua stupida presenza.
Marco sorrise, e quel suo
sorriso non mi
ispirava neanche un po’ di fiducia. Scostò il
telefono dall’orecchio e premette
un pulsante.
-Più tardi
c’è una partita al campetto, ce la
fai a venire?-
Aveva messo in vivavoce e la
voce di
Massimiliano si era diffusa per la stanza fino ad arrivare alle mie
orecchie e
al mio stomaco; in quel punto sentii una fitta tremenda che mi tolse il
respiro.
-Non so se farò
in tempo-, aveva risposto
Marco, mentre mi guardava negli occhi e continuava a sorridere.
–Tra poco ho le
ripetizioni di matematica.-
Gli lanciai uno sguardo
pieno di risentimento.
Draco non rispose.
Passò qualche secondo ma
non si decideva a parlare.
-Sei ancora vivo?- chiese
Marco. Stava
cominciando a farmi innervosire sul serio, non mi andava giù
il fatto di
ascoltare Draco a sua insaputa. Stavo per dire a Marco di smetterla ma
mi bloccai
all’istante. Se avessi parlato Draco mi avrebbe sentita
sicuramente e chissà
che avrebbe pensato.
-Cerca di farcela-,
continuò Draco con il suo
tono normale. –Anche se a calcio sono un fuoriclasse, senza
di te facciamo pena.-
Alzai un sopracciglio. Alla
faccia della modestia!
-Sempre umile, eh
Massi…-
-Lo sai che è la
verità.- La sua voce sembrava
serena e divertita. Evidentemente il fatto che Marco ed io avremmo
passato del
tempo da soli non gli importava più di tanto.
Eppure… questo mi infastidiva
terribilmente. Ma perché?
-Sì, come no-,
continuò Marco scettico.
-Aspetta un attimo.
C’è mia madre che ti vuole
parlare.-
Spalancai gli occhi. La D’Arcangelo
al telefono!? No, questo
era troppo. Se avesse scoperto che stavo ascoltando mi avrebbe
disintegrata.
-Marco…-
Troppo tardi.
-Buonasera, signora-, disse
lui in modo educato.
-Ho saputo che la ragazza
che ti dà
ripetizioni è una mia alunna. Ti dispiacerebbe dirmi il suo
nome?-
Avevo la spiacevole
sensazione che lei sapesse
benissimo che ero io.
-E’ Valeria
Ferrari, signora.-
-Capisco-, rispose la donna
con tono
pensieroso. –A quanto ne so è molti portata per la
matematica, anche se nelle
mie materie è un po’ carente. Comunque tutto
sommato è una brava ragazza.-
-Sì, lo so
signora.-
-Di’ la
verità… Ti piace?- la voce della
D’Arcangelo era eccitata e curiosa.
Arrossii di colpo. Da dove
nasceva tutto
questo suo interesse per la vita sentimentale di Marco, ma soprattutto
per la mia vita sentimentale?
-A me piace molto,
però lei non sembra
corrispondere.-
Mi fissò sempre
con quel suo sorriso
diabetico. Alzai gli occhi al cielo esasperata e sbuffai.
-Ma che peccato. Che strano
che ti abbia
rifiutato, so che le ragazze a scuola fanno la fila per te…-
-Diciamo che nel cuore di
lei c’è già
qualcuno.-
Lo fissai a bocca aperta.
Che diavolo andava
blaterando? Nel mio cuore non c’era anima viva, era
assolutamente libero come
un parcheggio deserto.
-E sai chi è?-
chiese la
D’Arcangelo curiosa.
-Mamma, restituiscimi il
telefono!- sentii
Draco esclamare con urgenza.
-E perché?-
-Questa conversazione sta
prendendo una piega
imbarazzante.-
Ero assolutamente
d’accordo.
-Scusa, Marco. Sembra che
mio figlio voglia
mettermi in riga.-
Rise. Mi ritrovai a pensare
che la D’Arcangelo
sapeva essere
davvero una persona piacevole lontana dalle mura scolastiche e da quel
suo maledetto
registro.
-Tranquilla, signora.-
-Marco.- Era di nuovo Draco.
-Bentornato-, disse Marco
divertito.
-Cos’è
questa storia che la Ferrari sarebbe
innamorata
di qualcuno?-
Dalla sua voce traspariva
un’urgenza di informazioni
che la rendeva quasi ansiosa.
“Da quando i miei
sentimenti sono diventati la
notizia del giorno?” mi chiesi scocciata.
-Semplicemente credo che
Vale non sia attratta
da me, perché le piace qualcun altro.-
Lo fissai con uno sguardo
eloquente. Sapevo
che aveva letto tra le righe quello che avevo cercato di fargli capire:
chi lo
ha detto che se un essere di sesso femminile non ti vuole e non crede
che tu
sia un dio sceso in terra il motivo si debba per forza ricercare nel
fatto che
sia attratto da un altro soggetto? Non potrebbe essere che tu non le
piaccia e
basta?
Lui ricambiò il
mio sguardo con uno che
lasciava poco spazio all’errore. Sembrava mi stesse dicendo:
E’ inutile che
continui a negare, ti ho scoperta.
Il respiro mi si
bloccò. Possibile che lui
avesse capito qualcosa che io non riuscivo a vedere e a comprendere?
-Pensi di sapere di chi si
tratta?- chiese
Draco con tranquillità.
-Ho una teoria abbastanza
probabile.-
Socchiusi gli occhi
irritata, Marco non poteva
neanche lontanamente immaginare quanto lo stavo odiando in quel
momento.
-Hai intenzione di
espormela?-
-Mi dispiace, ma essendo
solo una teoria non
vorrei mettere Vale in una situazione scomoda senza esserne certo.-
-Capisco… Ci
vediamo al campo allora…-
Aveva cambiato argomento.
Strano che non
avesse cercato di far cedere Marco per sapere la verità, in
genere Draco era un
impiccione di prima categoria ma non avrei dovuto restare sorpresa
probabilmente non era poi così interessato alla mia patetica
vita.
-Cercherò di
esserci-, continuò Marco e chiuse
la chiamata.
Ripresi a respirare in modo
regolare e lo
fissai con occhi infuocati.
-Non mi guardare
così-, cominciò sicuro di sé.
– Dentro di te lo senti che le mie parole non erano
sbagliate.-
-Come ti permetti di fare
certe insinuazioni
sui miei sentimenti? Che ne sai tu di quello che provo? Mi conosci a
malapena
da un giorno!-
-Sono bravo a capire le
persone. Anche se sono
più complicate di un problema di goniometria, per me la
maggior parte delle
volte sono come tanti libri aperti. Tu non hai fatto eccezione, mia
cara.-
Sbuffai contrariata.
-Così credi di
essere certo di quello che hai
scoperto leggendomi dentro?- ero talmente sarcastica da sembrare quasi
un
comico. –Dimostramelo.-
-Che vuoi dire?-
-Illustrami la tua teoria e
io ti dirò se è
corretta o meno.-
-Neanche tu hai ancora
capito quali sono
davvero i tuoi sentimenti, se ti esponessi la mia teoria adesso non ci
credesti
e mi manderesti a quel paese.-
Incrociai le braccia e uno
strano sorriso di
sfida mi si dipinse sul volto.
-E tu prova a convincermi
che la tua teoria è
quella giusta, se ci riuscirai questa prima ripetizione di matematica
ti costerà
la metà.-
Lui mi fissò
divertito.
-Guarda che lo dico per te,
non credo che tu
sia ancora pronta per sapere qual è la verità.-
Mi alzai in piedi di scatto.
-Ancora con questo tuo
atteggiamento saccente.
Tu non mi conosci e non puoi sapere come potrei reagire! Ne ho
abbastanza di te
e di questa situazione assolutamente assurda!-
Lo fissai per qualche
secondo negli occhi, poi
con decisione afferrai le mie cose sparse sul tavolo e mi voltai
diretta verso
l’uscita.
Ero quasi arrivata alla
porta quando mi sentii
afferrare una spalla: era una presa forte e non potei fare nulla per
divincolarmi. Marco mi costrinse a voltarmi.
Il respiro mi si
mozzò. In quel momento mi
resi veramente conto di quanto quel ragazzo senza cervello potesse
diventare
bello e dolce; il suo sguardo mi accarezzava con delicatezza ed era
fisso nei
miei occhi ansiosi.
Sentii il respiro aumentare
e il cuore mi
stava battendo, avevo il sospetto che avesse progettato di scappare dal
mio
petto e se avesse continuato così sarebbe schizzato fuori.
Marco continuava a fissarmi
e a un certo punto
si aprì in un meraviglioso sorriso.
Spalancai gli occhi
incredula. Cosa mi stava
succedendo? Perché non riuscivo più a muovermi e
a parlare? Pareva quasi che i
suoi perfetti occhi azzurri mi avessero fatto un incantesimo contro il
quale,
stranamente, non avevo alcuna voglia di lottare.
Poi accadde.
Marco prese il mio viso tra
le mani e lo
attirò verso il suo con una decisione che mi
lasciò letteralmente senza fiato.
La borsa e gli altri oggetti
che stringevo tra
le braccia caddero a terra con un tonfo, e io presa alla sprovvista non
avevo
neanche fatto in tempo a chiudere gli occhi.
Il mio primo bacio, il
famoso e adulatissimo
Marco Iovine mi stava dando il mio primo bacio.
Era cominciato in modo
dolce, ma adesso lui
stava cercando qualcosa di più. Dischiuse lentamente le
labbra e voleva che lo
facessi anch’io, ma ero completamente bloccata
perché, dopotutto, non volevo
che Marco mi baciasse, era sbagliato e non mi stava piacendo per
niente.
Posai le mani sul petto e lo
scostai via da me
con forza.
Lui mi fissò
prima spaesato, poi sembrò quasi
che capisse quello che stava succedendo. Anzi, addirittura sembrava
molto più
consapevole di me.
-Scusa-, mormorò
sorridendo.
Lo colpii con un ceffone non
sopportando la
vista di quel sorriso che mi sbeffeggiava.
Lui mi guardò
sorpreso, ma non era per lo
schiaffo. Sicuramente trovava strano che le lacrime avessero cominciato
a
rigarmi il viso con una certa intensità.
-Cosa…?-
-Non chiedermi
perché sto piangendo-, dissi
tra i singhiozzi. –Non ne ho idea. So solo che tu non avresti
mai dovuto
baciarmi. Non volevo… non voglio
te…-
Ero scossa dai tremiti. Era
la verità: non lo
volevo, non lo avevo mai voluto. Eppure piangere in quel modo era una
reazione
assolutamente esagerata ma nonostante me ne rendessi conto non riuscivo
a
smettere.
Marco mi guardò
negli occhi e poi sorrise con
comprensione. Mi si avvicinò e mi strinse forte a
sé prima che potessi
impedirglielo, poi posò il mento sulla mia testa e
cominciò a dondolarci sul posto
per farmi calmare.
Potrà sembrare
strano ma quell’abbraccio mi
fece davvero bene, per questo mi lasciai andare e non feci nulla per
interromperlo.
***L'Autrice***
Ed eccoci giunti ad un bel punto critico... ^^ Che cosa
succederà adesso? Non penserete che ve lo dica... xD Sono
troppo curiosa di leggere le vostre teorie, di certo sarete rimasti
tutti parecchio sorpresi (lo dico perchè la mia faccia dopo
aver scritto questo capitolo era... o.O Sì, direi che
più o meno rendo l'idea di quello che pensato... xD).
Diciamo che quando scrivo i personaggi agiscono da soli, quindi spesso
lasciano parecchio di stucco anche me... ^^' Lo so, ho dei problemi di
personalità multipla, ma non posso farci nulla.
Comunque,
tornando al capitolo... Be', spero che vi sia piaciuto. Ricordo che, a
suo tempo, non è stato per niente ficile da scrivere ma alla
fine mi ha dato molte soddisfazioni...xD
Come
al solito rubo solo quanche riga per ricordare che questa storia ha
anche un Forum
e un gruppo su Facebook
(a proposito, se qualcuno vuole aggiungermi su Facebook trovate il link
nella mia pagina autore, oppure cercate Scarcy Novanta...
Così potrete leggere tutti i miei deliri quatidiani e
ammirarmi in tutta la mia bellezza *sì, vabbè...
come no, questa è proprio convinta... -__-' nd. tutti).
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