Il vento della libertà

di Arwen297
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Figlia dell'alta società ***
Capitolo 2: *** Figlio della piccola borghesia ***
Capitolo 3: *** Il Concerto ***
Capitolo 4: *** Dopo il concerto ***
Capitolo 5: *** Emozioni inaspettate ***
Capitolo 6: *** Traslochi e dolci risvegli ***
Capitolo 7: *** Rombo di moto ***
Capitolo 8: *** Di partenze e scontri ***
Capitolo 9: *** Verità nascoste ***
Capitolo 10: *** Mare sotto le stelle ***
Capitolo 11: *** Invito a cena ***
Capitolo 12: *** Voglio sentirti mia ***
Capitolo 13: *** Ti presento il mio fidanzato ***
Capitolo 14: *** Ti spio ***
Capitolo 15: *** Adrenalina ***
Capitolo 16: *** Tra passato e presente ***
Capitolo 17: *** Amare verità e pesanti silenzi ***
Capitolo 18: *** Vuoti e minacce ***
Capitolo 19: *** Aggressioni ***
Capitolo 20: *** Midnight Moon ***
Capitolo 21: *** Tutti i nodi vengono al pettine ***
Capitolo 22: *** Scegliere il tuo destino ***
Capitolo 23: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Figlia dell'alta società ***


Il vento della Libertà

Idea di Arwen297 – Personaggi di Naoko Takeuchi


1^Capitolo: Figlia dell’Alta Società

La scuola era ormai finita da qualche giorno, e la stagione estiva si era affacciata prepotente alle porte del cielo che in quei giorni era di un bel colore azzurro turchino. L’anno scolastico come sempre era stato molto proficuo e non vi erano state delusioni. Non dal punto del rendimento per lo meno. Per quanto riguarda le amicizie invece era tutta un’altra storia, come al solito lei era arrivata al termine di un altro anno scolastico senza avere un’amica con cui condividere le giornate.

Questo era uno dei tanti prezzi che doveva pagare in cambio di un cognome importante, a cui si aggiungevano un grande talento e una discreta bellezza. Così il destino aveva decretato la sua condanna, privandola del piacere che un'amicizia sincera poteva darle nei momenti più. Crescendo aveva imparato che dalle sue coetanee non poteva aspettarsi altro che invidia per il suo successo scolastico unito al fatto che ovunque ella stesse attirava l’attenzione dei ragazzi come una calamita le scaglie di ferro, appena faceva la sua comparsa nei corridoi della scuola tutta l’attenzione era catalizzata su di lei: le sue coetanee commentavano velenose, i ragazzi facevano apprezzamenti fin troppo pesanti a volte. E lei aveva dovuto imparare a ignorare tutto ciò, rifugiandosi ben presto nella pittura e nella musica, unici strumenti con cui riusciva a esprimersi senza aver paura di essere in qualche modo evitata,lasciata da parte o cadere vittima di attenzioni a volte eccessive. Quando si immergeva nell'arte niente di tutto ciò a cui era abituata tornava a galla, al contrario le si apriva un mondo dove era si al centro delle attenzioni di tutti, ma questa volta per le sue eccelse qualità artistiche e musicali.

Michiru sei pronta?” la voce autoritaria di sua madre risuonò nella stanza.

Si mamma sono pronta” rispose lei sospirando tristemente. Come sempre i suoi genitori le avevano decisamente imposto di andare alla festa che vedeva la partecipazione delle famiglie più benestanti di Kyoto. E purtroppo i Kaioh facevano parte di questo gruppo. Aveva chiesto senza neanche troppa convinzione qualche ora prima di poter partecipare ad una festa sulla spiaggia organizzata da una discoteca che d’estate era anche un Lido, ma loro niente, l’avevano quasi ignorata, dicendo che sicuramente durante tutto l’arco dell’estate di feste così ce ne sarebbero state altre. Mentre di quelle che interessavano la sua famiglia ne erano state programmate “solamente” una trentina. Si preannunciava un estate noiosa al pari di tutte le sedici estati che avevano fatto parte della sua vita. Non poteva a questo punto biasimare le poche persone che si erano avvicinate a lei nel tentativo di stringere un rapporto di conoscenza: ogni qual volta che era invitata da qualche parte, ad una festa fuori dall'alta società la risposta dei suoi genitori era sempre e soltanto una. No.

Dai sbrigati o faremo tardi sei la solita tartaruga” la riprese sua madre seriamente. La signora Kaioh era una donna austera di quarantasei anni dallo sguardo molto severo che non ammetteva repliche. Compieva ogni gesto con estrema eleganza e naturalezza, quella stessa grazia che caratterizzava la figlia.

Si Mamma” Sarebbe stata una lunga serata quella che le si parava davanti, anche nell’alta società non aveva amiche, la maggior parte erano invidiose del suo talento e della sua bellezza, in una piccola parte erano solamente delle grandissime oche e quelle due o tre che rimanevano le erano amiche solamente per il cognome che secondo molti aveva la fortuna di portare. Per quanto la riguardava era solamente una grandissima fregatura.

Per quella serata indossava un abito blu elettrico piuttosto aderente e senza spalline, valorizzato da un filo argentato che decorava il corpino donandogli mille riflessi. Sul collo faceva bella mostra un cristallo del medesimo colore dell’abito e la borsa era bianca così come i sandali che però presentavano dei brillantini qui e la e un tacco alto ben dodici centimetri. Suo padre era elegantissimo come sempre, anche quando si recava al lavoro indossava sempre giacca e cravatta, qualsiasi clima ci fosse o in qualsiasi stagione erano.

La macchina di famiglia era già stata condotta dal loro maggiordomo appena fuori il portone della grande villa immersa in un giardino delle medesime dimensioni. Era in stile moderno quello era vero, ma lasciava a bocca aperta tutti i loro ospiti.

Buonasera signori” era l’autista che sorrise loro attraverso lo specchietto prima di mettere in moto l’automobile.

Appena l’auto uscì dal giardino della villa immettendosi così nella trafficata via principale passò proprio davanti alla spiaggia dove ci sarebbe stata la festa a cui Michiru avrebbe dovuto partecipare, al loro passaggio molti ragazzi si voltarono a guardare la loro lussuosa macchina nera con l’interno in pelle color ghiaccio che era conosciuta in ogni angolo della città, e tra quei ragazzi la violinista scorse alcuni dei suoi compagni di classe che, beati loro, avrebbero trascorso una serata all’insegna della musica e del divertimento.

La festa a cui avrebbe dovuto partecipare era stata organizzata dal sindaco di Kyoto nella sua villa privata poco fuori la città. L’abitazione era in puro stile tradizionale giapponese e possedeva un ampio giardino con un laghetto al di sopra del quale si estendeva un bel ponte, nel centro del giardino il sindaco aveva fatto costruire un bel gazebo in legno di ciliegio; non era la prima volta che partecipava a feste di quel tipo presso l’abitazione del primo cittadino e conosceva quindi a memoria ogni singolo angolo di quella dimora che ai tempi in cui era bambina le sembrava enorme e soprattutto speciale. Quando aveva all’incirca sei anni aveva definito pazzo il sindaco, che allora era solamente un ottimo amico del padre, perché le sue case erano strane e “cartose”. Questo perché oltre ad essere una dimora tradizionale era costruita anche secondo i canoni definiti ormai secoli primi e inseriti nel piano regolatore cittadino per divenire così una guida per tutti coloro che avrebbero voluto costruirsi una dimora di quel tipo.

Il tetto dell’abitazione era costruito rispettando il modulo – di nome Ken– nato nel 1467 a seguito di un incendio che colpì Tokyo e che non era nient’altro che la spaziatura tra i montanti ligneii che reggevano il tetto vero e proprio formando una specie di telaio. Al di sopra di questo telaio poi erano posizionati pannelli intelaiati e rivestiti di carta traslucida all’interno con un graticcio di legno nella parte interna. La metratura dell’abitazione era invece calcolata in base al tatami, grande quanto un letto occidentale.

Al loro arrivo presso l’abitazione Michiru scoprì che era proprio come se la ricordava, non era cambiata proprio per niente e fu decisamente rincuorata di trovarsi in un luogo in cui infondo era cresciuta. Il giardino era già pieno di ospiti e anche di ragazze e ragazzi della sua età che parlavano animatamente tra loro, molto probabilmente perché si conoscevano ancor prima della festa oppure erano parenti. Si guardò intorno alla ricerca di qualcuno che potesse risultarle simpatico a pelle, ma come si aspettava l’impresa fu tutt’altro che semplice. Molto di quegli adolescenti presenti quella sera li conosceva già perché in fondo le famiglie benestanti sono sempre le stesse e quindi ci si conosce un po’ tutti, e le persone mai viste poteva contarle seriamente sulla punta delle dita. Dopo un breve giro del giardino senza genitori a seguito decise che la cosa migliore fosse quella di farsi servire da mangiare dai camerieri che servivano al boufet e prendere anche un bicchiere di acqua minerale per poi sedersi in un angolo e aspettare come al solito che la serata passasse cercando di ignorare i commenti più o meno malevoli nei suoi confronti da parte delle altre ragazze della festa, come sempre del resto. A pensare che i coniugi Kaioh avevano il coraggio di dire che lei aveva una folta schiera di amici. Ma dove? Se quelli erano amici, ci vedevano proprio male i suoi genitori. O forse vedevano solo ciò che gli faceva più comodo. Prese il piatto in porcellana finemente ricamata dalla sommità della tavolata e si diresse verso l’area delle pietanze salate, si riempì il piatto di tramezzini di ogni tipo e di coktail di gamberetti in salsa rosa, dopodiché in un angolo mise qualche oliva e una manciata di patatine prima di dirigersi verso i camerieri per farsi versare un bicchiere d’acqua.

Il tempo scorreva lento, come tutte le volte che ci si annoia lo si sa. Michiru osservò i suoi genitori che a differenza sua parlavano con gli altri invitati perfettamente a loro agio, in quel preciso istante sua madre stava ridendo apertamente come di rado l’aveva vista fare. Perché non aveva ereditato la passione per queste feste e per quell’ambiente dai suoi genitori? Si sentiva un’estranea tra tutte quelle persone anche se erano le componenti della società in cui era vissuta fin da piccola. Tutta quell'ipocrisia e quei finti sorrisi cordiali le davano il volta stomaco, non c'era ambiente più falso di quello che aveva intorno a lei in quel momento.

Mi scusi sa per caso che ora è?” una voce maschile la riportò alla realtà mentre si portava alla bocca un oliva conficcata nello stuzzicadenti. Arrossì violentemente per la pessima figura che aveva appena fatto a causa del modo molto poco elegante con il quale stava mangiando.

Non ho capito può ripetere?” rispose lei focalizzando meglio il punto dal quale proveniva la domanda alla sua destra, il suo sguardo si posò su un ragazzo che aveva circa vent’anni dai capelli neri come la pece tenuti legati in un codino dietro le spalle, era piuttosto alto rispetto a lei.

O si sono le nove e dieci” rispose dopo aver guardato sull’orologio che aveva al polso con il cinturino impreziosito di zirconi luccicanti.

Grazie” rispose il ragazzo senza però far cenno di andarsene, l’attenzione di tutto il genere femminile si catalizzò su loro due come sempre quando a lei si avvicinava qualche ragazzo bramato dalle donne presenti. Il perché non riusciva ancora a capirlo, lei non faceva niente per essere notata, anzi faceva il massimo che le era possibile per passare inosservata in quegli ambienti eppure non passava festa durante la quale non venisse avvicinata da qualche ragazzo. Sospirò puntando le sue pupille in quelle del ragazzo con sguardo interrogativo.

Oh che stupido non mi sono neanche presentato” esordì lui sedendosi su una sedia poco lontano da quella dove era seduta la ragazza.

Sai cosa mi interessa a me del tuo nome.

Pensò Michiru. “Seiya Kou piacere” continuò poi porgendole la mano in segno di saluto.

Michiru Kaioh” si limitò a mormorare lei volgendo la sua attenzione da un’altra parte senza poter far a meno di notare che sua madre stava osservando, purtroppo per lei, tutta la scena insieme alle due persone con le quali poco prima stava ridendo.

Che scuola frequenti?” le chiese dopo pochi minuti di silenzio lui.

Non vedo cosa possa interessarti Kou” rispose gelida lei in modo tale da non conferire nessun appiglio al baldo giovane per intavolare il discorso. Prima o poi l’avrebbe lasciata in pace.

E invece mi interessa…e anche molto”

Si so fin troppo bene cosa ti interessa e con cosa ragioni.Pensò, forse troppo prevenuta nei confronti del ragazzo, ma d’altronde aveva già fatto alcune brutte esperienze in campo amoroso e voleva evitare di stare ancora male. Voleva evitare di innamorarsi nuovamente di qualcuno perdutamente. Perché tanto ai ragazzi interessava solamente una cosa, data o non data quella, tutto finiva.“Leggiti i giornali e ci sarà scritto almeno una volta a settimana!”  Che tentativo idiota di iniziare a fare il filo ad una ragazza. Lui sembrò risentirsene molto della risposta che ricevette, e non passarono molti minuti che tornò all’attacco, questa volta con il tentativo di ferire volutamente la persona che aveva davanti.

Ora non mi meraviglio del perché sei sempre sola in un angolo acida come sei sfido chiunque a intrattenere un discorso come si deve con te”. Senza sapere che quelle parole avrebbero colpito la violinista nel profondo, ferendola più di quanto lui non avesse voluto.

O ma posso sapere cosa vuoi tu dalla mia vita? Ma chi ti conosce non ti permettere di giudicarmi in questo modo senza neanche sapere chi sono e cosa faccio!” ribattè Michiru cercando di mascherare il tremore che le parole del ragazzo avevano provocato nella sua voce.  Erano terribilmente vere quelle poche affermazioni del suo interlocutore, ma in fondo lui di lei cosa ne sapeva? Niente! Non conosceva ne poteva immaginare il motivo del suo essere così acida e insofferente nei confronti di ciò che la circondava. Dopo aver pronunciato quelle parole con gli occhi di tutti i presenti puntati addosso si diresse a passo spedito verso la loro macchina ben consapevole che l’autista era ancora li.

Michiru dove hai intenzione di andare?” era sua madre che stava procedendo poco più indietro di lei nella sua stessa direzione. Sicuramente per sgridarla per l’errato comportamento tenuto in pubblico. Il fatto che forse Kou non era stato gentile nei suoi confronti non sarebbe passato minimamente nella mente dei suoi genitori. Questo mai. Sentiva le risate provenire dal giardino della villa, molto probabilmente qualcuno aveva commentato ciò che era appena successo causando l’ilarità generale dei presenti. Sentì le lacrime salirle agli occhi, era solo un motivo di divertimento e nient’altro. E molto probabilmente Seiya era andato da lei proprio per farla prendere in giro in seguito dai ragazzi e dalle ragazze suoi amici. Sentì la presa ferrea della signora Kaioh sul suo polso che uno strattone la costrinse a voltarsi. Erano a pochi metri dalla macchina.

Michiru sei pregata di rispondermi dove pensi di andare?” tuonò la madre mentre l’autista aveva tolto la sicura dalla macchina.

A casa, non sono dell’umore adatto per continuare ad essere presente a questa festa” rispose la ragazza sostenendo lo sguardo della donna.

Non dire idiozie, ti sembra il comportamento corretto da tenere in pubblico questo?”

No mamma scusa però” le parole della ragazza furono interrotte da quelle della madre. “Ecco quindi per evitare brutte figure ora smettila di piangere e torna indietro e chiedi scusa per il tuo comportamento siamo intese? Non possiamo dare scandalo in questo modo per una scemata come una litigata tra ragazzini”. Ovvio le sue erano solamente e solo scemate.

Si mamma” rispose lei abbassando il capo incrociando così le sue scarpe con i suoi occhi umidi. Prima di seguire la madre nuovamente nel giardino mentre l’autista scuoteva il capo. Non aveva mai approvato i metodi educativi dei Kaioh e non sarebbe mai riuscito a farlo. Si sentiva come un padre per quella ragazzina dai capelli verde acqua, ed era stato tale quando la pittrice era bambina e i suoi genitori partivano per tour che duravano anche quindici o venti giorni. L’aveva vista crescere giorno dopo giorno e oltre alla cameriera che le aveva fatto da tata era quello che la conosceva maggiormente e che soprattutto apprezzava quella fragile stella marina. Vederla trattata così gli provocava una stretta al cuore.

Intanto Michiru era giunta nuovamente il luogo da cui era scappata poco prima e trovò Seiya esattamente dove lo aveva lasciato gli si avvicinò mentre la madre tornava dal signor Kaioh e dalla coppia cui avevano trascorso tutta la sera, e che notò solamente in quel momento avere due bambini, il più piccolo sfoggiava una capigliatura argentea e dei bei occhi verdi e avrà avuto circa dieci o undici anni, mentre l’altro aveva i capelli castani e dei profondi occhi neri super giù dimostrava avere gli stessi suoi anni.

Scusa per prima non so cosa mi sia preso, non ti meritavi una reazione simile da parte sottoscritta” mentii Michiru davanti al bel bruno.

Non importa” rispose lui non curante, mentre ascoltava distratto.

Michiru si sedette nuovamente nel posto lasciato pochi minuti prima in preda al moto di nervoso mosso da quelle poche parole di quel ragazzo di cui non sapeva niente oltre il nome. Non voleva tutta via dimostrarsi in qualche modo interessata a lui, in fin dei conti l’aveva sempre ferita e si trattava pur sempre di un ragazzo. Anche se sembrava appartenere ad una famiglia ricca almeno quanto la sua e quindi molto probabilmente poteva escludere l’ipotesi che fosse interessato solamente al nome, anzi al suo cognome che invece lei odiava tanto.

Sei figlia unica giusto?” chiese lui sinceramente incuriosito.

Si esattamente tu?” rispose lei, alla fine poteva benissimo trattarsi di una normale chiacchierata tra conoscenti la loro, non necessariamente lui doveva puntare a quel qualcosa che volevano tutti.

Io no ho due fratelli, vedi? Sono quelli li” rispose lui indicando con un dito la coppia che parlava con i genitori della ragazza, in effetti ad osservarli bene quei due ragazzini che aveva notato poco prima gli assomigliavano parecchio.

Quello con i capelli argentei si chiama Yaten ed ha quasi undici anni, l’altro invece e Taiki e ne ha sedici siete coetanei” gli illustrò lui. Mentre Michiru si incupiva visibilmente: se i suoi genitori parlavano tutta la sera con i genitori del ragazzo che aveva di fronte non prometteva nulla di buono, conoscendoli avrebbero fatto si che la loro conoscenza divenisse sempre più profonda. E al solo pensiero di vedersi imporre un’amicizia dai suoi le salivano nuovamente i nervi, nervi che si trasformarono in breve in un groppo alla gola.  Non potevano giungere addirittura a programmarle la vita quello era troppo, già la costringevano nonostante il suo indiscutibile talento nella musica a seguire lezioni private anche se non le servivano più, ora dovevano anche scegliere per lei chi doveva frequentare. Era passata un’ora e doveva stringere i denti ancora fino a mezzanotte e poi avrebbe potuto andarsene a casa e rifugiarsi nel piccolo nido che era la sua camera, l’unico luogo in quell’abitazione che la faceva sentire in qualche modo protetta. L’unico in cui si sentiva se stessa senza aver paura di essere ripresa o in qualche modo giudicata.

Ho detto qualcosa che non dovevo?” la voce di Seiya si fece lentamente strada tra i suoi tristi pensieri, nel suo sguardo un espressione sinceramente preoccupata.

No figurati pensavo solamente” mormorò lei facendolo annuire. La restante ora che li divideva dal tornare a casa la passarono quasi in assoluto silenzio, interrotto solamente da qualche tentativo di far conversazione da parte del ragazzo che però non andò a buon fine; nonostante ciò però lui si rese conto che il silenzio della ragazza che aveva davanti non era decretato solamente dalla noia che ne derivava dalla circostanza, ma da qualcosa molto probabilmente di più profondo, i suoi occhi erano molto profondi e soprattutto tristi. Non erano sicuramente gli occhi di una ragazza di sedici anni. Si perse nelle ipotesi che avrebbero potuto causare un sguardo di quel tipo in Michiru senza trovare però una causa plausibile, chi stava meglio di lei? Poteva permettersi qualsiasi cosa volesse, abiti firmati, i migliori parrucchieri. Aveva ormai una carriera già delineata a sedici anni, mentre lui a venti aveva appena iniziato gli studi per divenire avvocato e il suo futuro non era certo: ok che avrebbe ereditato lo studio del padre ma questo non significava niente, riuscire a guadagnare sarebbe dipeso solamente dalla sua bravura nelle cause, e avendo l’intenzione di laurearsi nel penale sarebbe stato tutto molto impegnativo.

Michiru” era suo padre “Vieni dobbiamo farti conoscere delle persone” continuò l’uomo sui quarantacinque inoltrati, con qualche capello grigio, e uno sguardo dolce che tradiva la sua natura severa forse il doppio di quella della moglie.

Che palle…” si lasciò sfuggire in un mormorio che non fu abbastanza basso da non arrivare all’orecchio del bruno al suo fianco.

Se vuoi ti accompagno tanto ho la sensazione che debbano presentarti i miei genitori” disse Seiya. Ci manca solo che ci vedano insieme.

No davvero non è necessario grazie comunque” rispose la violinista prima di alzarsi per andare a conoscere i genitori di lui.  Raggiunse i suoi genitori in meno di cinque minuti, trovandosi davanti una donna dai capelli bruni e dai grandi occhi blu e un uomo dai capelli castani simili a Taiki.

Michiru volevamo presentarti i coniugi Kou” le disse il padre “ E loro sono Taiki e Yaten, Seiya credo che lo conosci già visto ciò che è successo poco fa” continuò l’uomo.

Piacere di conoscervi” rispose sfoderando un sorriso di cortesia insieme a un lieve in chino. Nella sua testa invece continuava a chiedersi che cosa stavano architettando i suoi, il solo fatto che loro avessero anche minimamente intenzione di programmarle anche le amicizie o peggio ancora i suoi fidanzamenti le dava la nausea. Ma come potevano essere così? Come poteva essere uscita lei che era così sensibile da due esseri che erano fatti tutti al contrario.

Così abbiamo l’onore di conoscere la giovane promessa della musica classica giapponese” le disse la madre di Seiya.

Si” rispose timidamente. Quella coppia le metteva una strana soggezione, una sensazione diversa da quella che imprimevano i suoi genitori con un solo sguardo.

Be se posso io potrei andare allora?” mormorò mentre teneva lo sguardo basso. 
“Si cara puoi andare” il permesso di congedarsi le arrivò dalla madre. Appena si allontanò dal quartetto decise che era meglio se rimaneva da sola con se stessa fino alla fine della festa, così decise di raggiungere cercando di essere il più discreta possibile la macchina per fare quattro chiacchiere con l’autista. Mancava ormai poco alla fine della festa ed era certa che sua madre la stava osservando per vedere dove si stava dirigendo, ma che a differenza di prima non sarebbe intervenuta a fermarla per farla tornare indietro. Raggiunse la macchina allontanandosi dal frastuono della musica che permeava l’area del giardino, quando giunse nei pressi della loro automobile non dovette neanche bussare. Il loro autista aveva già aperto lo sportello posteriore della macchina per farla salire, senza scendere. Perchè alla signorina piaceva cavarsela da sola, e quando i suoi genitori erano assenti a lui piaceva assecondare quel fragile fiore.

Una quarantina di minuti più tardi erano in viaggio verso villa Kaioh, con il gomito appoggiato alla base del finestrino sopra alla portiera Michiru osservava come ipnotizzata la moltitudine di luci che sfilavano davanti ai suoi occhi. Non vedeva l’ora di rientrare a casa per raggiungere la sua camera, cambiarsi e perdersi nella morbidezza delle sue lenzuola, lasciando leggermente socchiusa la finestra scorrevole che la separava dal giardino per dar modo al rumore ritmico delle onde di raggiungerla ovattato dalla spiaggia al di la della strada. La rilassava molto, da piccola la cameriera la portava spesso sulla spiaggia quando i suoi genitori erano assenti da casa, e da quel giorno si era innamorata di quel bellissimo elemento che iniziò a considerare poco dopo come un fratello. O meglio un amico con il quale non aver paura di confidarsi e farsi vedere più fragile di quanto non sembrava.

Michiru abbiamo invitato i Kou a pranzo domani, era da molto tempo che non ci si vedeva più e abbiamo approfittato di questa loro visita a Kyoto per invitarli alla villa. Ergo domani alle undici massimo dovrai essere già sveglia e vestita per la giornata” era sua madre, la ragazza riuscì a trattenere a stento un sospiro rassegnato: anche la giornata successiva sarebbe stata una noia mortale.

Ok mamma” si limitò a rispondere, cercando di sembrare il più contenta possibile. Ben conscia che ciò che stavano facendo i suoi era imporle la presenza di Seiya. All’improvviso si pentì di avergli rivolto anche solo per due minuti la parola quella sera. Era bastato quello per portare i suoi genitori a false conclusioni. Lei non voleva fidanzarsi, l’amore non la interessava, non quello falso e materiale dal quale era circondata fin da quando era nata. Lei cercava un altro tipo di amore. E chissà se mai lo avrebbe trovato in qualcuno. Sospirò tristemente constatando che per fortuna erano molto vicini a casa, non avrebbe sopportato ancora per molto la presenza dei suoi genitori così vicini a lei eppure così distanti con la testa. Poco dopo il rumore familiare delle ruote che avanzavano sulla ghiaia del vialetto destinato alle macchine in giardino raggiunse le sue orecchie, dandole nuovamente il benvenuto a casa. L’auto attraversò l’ampio giardino con il prato all’inglese attraversato dalla strada in ghiaia bianca che risaltava nel verde acceso dell’erba, ai lati della strada vi erano delle siepi che in primavera fiorivano e che per il resto dell’anno formavano dei muretti naturali intorno al viottolo, viottolo che poco dopo il cancello d’ingresso alla tenuta si divideva in un ramo più piccolo ove vi erano sempre le siepi che però si congiungevano in alto a formare un arco, questo portava al piccolo giardino sul quale si affacciava la vetrata della camera della ragazza. La villa era in stile piuttosto moderno ed era molto ampia, suddivisa in due piani di cui il piano terra era leggermente allungato a formare una penisola, penisola all’interno della quale vi erano le camere di Michiru e dei suoi genitori, al primo piano invece vi erano i locali della servitù e per gli ospiti. Era tutto sommato un’abitazione carina. Appena entrata in casa salutò i suoi genitori augurando loro la buona notte, e girò a sinistra per immettersi nel corridoio che portava alle loro camere, il pavimento era di marmo bianco così come nel grande salone su cui si apriva l’ingresso dell’edificio, i muri invece erano tutti intonacati in stucco veneziano e riempiti con foto dei suoi genitori ai più svariati concerti da un lato, mentre dall’altro c’erano le sue foto sempre a qualche concerto fin da quando aveva nove o dieci anni. Chiunque avrebbe accusato i suoi genitori di costringere la figlia a studiare anziché fare una vita come qualsiasi bambina di nove anni, e forse avevano ragione.

Appena arrivò in camera si mise una baby-doll in seta azzurra che le arrivava poco sopra il ginocchio e poi si diresse verso il bagno interno alla sua camera, era piccolo ma accogliente, in tinta con il resto della camera con le piastrelle bianche con venature simili a quelle del marmo ma di colore verde acqua che riprendevano il muro della sua camera anch’esso in stucco veneziano verde acqua. Si lavò i denti velocemente perché era veramente molto stanca e dopo una decina di minuti circa aveva messo sotto carica il suo iPhone 4 per poi infilarsi sotto le lenzuola candide e profumate. Cercando di non farsi rovinare la nottata dai mille pensieri che iniziavano già a farsi strada nella sua mente riguardo le intenzioni dei suoi genitori con Kou. Non che fosse un brutto ragazzo Seiya, ma tuttavia non riusciva a fidarsi di lui, aveva in qualche modo paura di soffrire come già le era successo in passato ergo non riusciva ad aprirsi come avrebbe dovuto. Era anche vero che lo aveva conosciuto solamente da tre, massimo quattro ore e quindi era veramente difficile aprirsi con lui così come con ogni estraneo, ma era sicura che per il solo fatto che fosse un ragazzo non sarebbe stato semplice.

Michiru ma cosa stai dicendo? Vi conoscete solamente per quattro parole, non sai neanche se ha la ragazza.

Una vocina ai lati della sua coscienza si intromise nei suoi pensieri. E aveva proprio ragione.

Un ronzio causato dalla vibrazione del telefono sul legno del comodino attirò la sua attenzione. Riceveva messaggi veramente di rado. Sicuramente era la sua compagnia telefonica che l’avvisava del rinnovo della promozione di internet associata al suo numero. Con sua sorpresa però toccando il tasto home del telefonino vide sullo schermo: Seiya. Poco sotto le righe del messaggio.

Ma come diavolo faceva a sapere il suo numero?.

Aprì comunque il messaggio del ragazzo per rispondergli, le aveva scritto un semplice “Che fai?”, al quale lei rispose piuttosto freddamente con: “Si dal caso che la sottoscritta stava per addormentarsi e che il tuo messaggio abbia provocato il suo risveglio. Notte” cliccò invio e posò nuovamente il telefono sul comodino girandosi poi di schiena ben decisa a ignorare qualsiasi altro messaggio da parte del ragazzo che avrebbe ricevuto in seguito. Respirò profondamente a pieni polmoni il profumo di pulito del cuscino prima di stringerlo mentre si girava a pancia in giù per poi lasciarsi cullare dalla presenza di Morfeo nella sua stanza.

Il mattino fu svegliata dalla cameriera che fin da quando era piccola si era occupata di lei, e che ormai a distanza di quindici anni iniziava a manifestare i primi segni dell’età. Kaori aveva quasi cinquant’anni e i suoi capelli castani iniziavano ad avere qualche filo più grigio, mentre lievi rughe di espressione decoravano graziosamente il suo viso quando sorrideva.

Signorina Kaioh è l’ora di svegliarsi, sua madre la vuole massimo per le undici e mezza in salotto, a mezzogiorno arrivano i Kou, sono già le dieci e quaranta” disse la donna.

Mmm” furono la sola cosa che uscì dalla bocca della sedicenne. Aveva troppo sonno anche se aveva dormito ben dieci ore le pesava troppo alzarsi, nel suo letto ma soprattutto in quella stanza stava troppo bene. Ma purtroppo doveva farlo.Si alzò lentamente e si mise a sedere sul letto prima di stiracchiarsi volgendo le braccia all’indietro in un sonoro sbadiglio, i capelli spettinati che le incorniciavano il volto. Appena alzata si diresse in bagno e dopo essersi legata i capelli e averli coperti con una cuffia di plastica si fece una doccia rilassante sotto l’acqua tiepida cercando di non pensare troppo all’imminente secondo incontro che avrebbe visto Seiya invadere il suo terreno. Era innervosita al solo pensiero, e si promise di non farlo proprio entrare in camera sua, quelle quattro mura infatti costituivano il suo nido e un estraneo non doveva assolutamente metterci piede. Dopo la doccia veloce uscì dal bagno e si diresse in camera dove cosparse la sua pelle con una crema per il corpo prima di indossare l’intimo e sparire nella cabina armadio alla ricerca di un abbigliamento adatto. Era un pranzo tra amici quindi poteva vestirsi come meglio si sentiva comoda. Optò perciò per una gonna di jeans scuro a pieghe che le arrivava poco sopra il ginocchio di Abercrombie e una camicetta bianca di raso che era solita portare legata in un nodo sul davanti che lasciava intravedere l’ombelico, mentre dietro arrivava a coprire di circa tre centimetri la gonna, ai piedi dei sandali bianchi e sul viso un filo di trucco completato da un lucida labbra. Era pronta per andare di la dai suoi genitori, prese il telefono e lo mise dentro la tasca della gonna e si diresse nel grande salone.

Il salone era anch’esso in stile moderno con un grande divano ad angolo che terminava con una penisola a circa una trentina di centimetri dalla fine del corridoio sulla sinistra, nel muro di fronte vi era una parete in grigio piombo al contrario delle altre tre di colore bianco sulla quale faceva bella mostra una parete attrezzata con un televisore LCD di ben trentacinque pollici. Tra il divano e la parete attrezzata un tavolino di cristallo sotto il quale vi era un tappeto rosso. Sulla stessa parete della televisione vi era un arco che divideva più in basso per mezzo di un muretto la zona pranzo da quella giorno. La cucina era rossa e davanti ad essa vi era un tavolo dello stesso cristallo del piccolo tavolino davanti al divano intorno al quale vi erano sei sedie nel medesimo materiale. Quell’angolo cottura però non era quello utilizzato di regola in quella casa, no c’era un’altra cucina molto più modesta dove la cuoca cucinava al piano di sopra. Un autentico spreco per quella cucina che era nuova e mai utilizzata. I suoi genitori erano seduti in silenzio sul divano. Il tutto era completato da una grande vetrata che si apriva sul giardino retrostante l’abitazione.

Buongiorno Mamma, Buongiorno Papà” disse immediatamente dopo averli visti.

Michiru finalmente è tardissimo corri a fare colazione che poi Kaori deve pulire tutto” le disse sua madre. Si avviò sul grande tavolo dove c’erano già delle fettine di pane tostato con del cappuccino, divorò immediatamente tutto prima di alzarsi e dirigersi nel bagno vicino alla sala per andare a togliere gli eventuali baffi dovuti alla tazza. Poco dopo il suo rientro in sala si sentì suonare il campanello, i Kou erano arrivati. E per qualche strano motivo Michiru si sentiva agitata e quasi imbarazzata al solo pensiero di ritrovarsi davanti colui che le aveva scritto la sera prima poco prima che si addormentasse. La cameriera andò velocemente ad aprire e davanti a lei e ai suoi genitori comparvero Taiki e Yaten vestiti con un paio di jeans e una camicia lasciata fuori dai pantaloni a quadretti azzurri per il primo e grigi per il secondo. Poco dietro dei due bambini vide i coniugi Kou, lei con un completo nero di giacca e pantaloni sotto al quale emergeva un top beige, lui vestito come i figli.

Buongiorno” dissero in coro i due fratelli del bruno.

Buongiorno ragazzi” rispose cordialmente sua madre avvicinandosi per abbracciare la madre di Seiya.

Buongiorno Michiru” rispose la madre di lui.

Buongiorno Signora”

Ciao” la voce del ragazzo era giunta all’improvviso, per qualche oscuro motivo non si era minimamente accorta della sua presenza quella mattina, o semplicemente non aveva voluto registrarla?

Ciao” mormorò arrossendo voltandosi verso la parete per non far notare il rossore ai suoi genitori, si sentiva terribilmente in imbarazzo. Perché mai poi? Questo non lo avrebbe mai potuto sapere, forse perché era decisamente palese che quel ragazzo di fronte a lei non aveva intenzione di basare il loro rapporto alla pura amicizia.

Hai dormito bene?” rispose lui sfoderando il suo migliore sorriso.

Si grazie” rispose lei senza guardarlo in viso, concentrando lo sguardo sullo porta dell’ingresso come se non la conoscesse già abbastanza. “Tu?” aggiunse dopo qualche minuto di silenzio per non sembrare scortese, mentre si appoggiava con la vita sullo schienale del divano. Quella sarebbe stata una lunga giornata.

Io abbastanza bene, ho ricevuto la buona notte da una persona speciale” aveva deciso di gettare un piccolo amo, per vedere l’effetto che faceva su quella ragazza che gli sembrava diversa da tutte le sue coetanee del loro ambiente. Era seria, non era affatto un’oca.

Sono felice per te” rispose lei in tono piatto. Come aveva sospettato era il solito farfallone collezionista di ragazze che ne frequentava tre o quattro contemporaneamente senza troppi problemi. Almeno per lui. I tipi così le facevano un leggero schifo. Presa da un improvviso nervoso mosse i passi che la dividevano dal divano e si sedette vicino alla vetrata immensa della stanza intenta a guardare fuori. Kaori stava apparecchiando il tavolo il legno del gazebo in giardino, avrebbero quindi pranzato fuori, avrebbe voluto aiutarla ad apparecchiare come facevano sempre quando a casa rimaneva da sola, era una mansione così semplice, ma che la faceva sentire una ragazza normale. Mosse la mano in un timido ciao rivolto al loro autista che aiutava la donna a preparare la tavolata, l’uomo le rispose sorridente facendo l’occhiolino. Quelli in un certo senso erano i suoi genitori, coloro che le donavano tutto l’amore che quelli biologici non erano in grado di donarle.

Chi saluti?” era nuovamente il bel bruno.Oddio ma è peggio di una cozza questo.Fu il pensiero nella testa della ragazza.

La cameriera e il nostro autista, ma non vedo cosa possa interessarti” rispose seccata. Ma cosa cavolo aveva fatto di male per meritarsi un pesce bollito così a seguito?

Capisco” rispose lui senza sapere bene come proseguire il discorso, Michiru era veramente molto chiusa in se stessa, e voleva in tutti i modi cercare di capire perché, invece della felicità e allegria nei suoi occhi si leggeva solamente una grande tristezza. “Guarda che non mangio sai, anche se dici qualche parola in più, non sono mica un lupo che ti sbrana” disse lui. Riuscendole così a strappare un sorriso.Quanto è dolce quando sorride.“Dovresti sorridere più spesso sai, sei più carina” Il commento del ragazzo la fece arrossire vistosamente. Un complimento. Le aveva fatto un complimento.

Ragazzi è pronto in tavola” la voce della madre della violinista echeggiò dal giardino, togliendola da quella situazione a dir poco imbarazzante in cui si era cacciata. Non perse un secondo di più e si avviò a passo veloce verso il gazebo. Appena uscì la brezza estiva la colpì in pieno viso portando con se il profumo del mare. Notò con grande disappunto che gli unici due posti liberi erano purtroppo vicini uno accanto all’altro, si sedette con aria infastidita senza dare troppo a vedere che quella soluzione le stava al quanto stretta. Poco dopo la cameriera iniziò a portare le pietanze partendo dall’antipasto a base di pesce, molto simile al sushi che lei adorava, Yaten e Taiki erano fastidiosamente vivaci a tavola e facevano più baccano del dovuto. Decisa a non proferire una parola più del necessario iniziò a mangiare tenendo lo sguardo basso e intervenendo nei discorsi degli adulti solamente se interpellata. Domande che come in fondo si aspettava riguardavano dalla prima all’ultima la sua carriera musicale, che avrebbe visto un concerto durante l’estate ai primi di Agosto molto atteso dagli appassionati del genere.

Seiya al suo fianco cercava di guardarla ogni volta che gli era possibile cercando di non farsi troppo vedere: la ragazza gli appariva semplicemente perfetta nella sua ricercatezza, e non poteva non pensare che una creatura di simile bellezza sia l’ideale per l’ambiente in cui era nata. Pochi minuti più tardi i due ragazzi diressero la loro mano nello stesso esatto momento verso la caraffa dell’acqua, gesto che portò per la prima volta i loro corpi a sfiorarsi e che provocò un vistoso arrossamento sul viso della violinista.

Ci manca solo che ora arrossisco come un pomodoro. Michiru ma che cosa ti prende? Furono le uniche cose che attraversarono i pensieri di lei. Non aveva nessunissima intenzione di legarsi a qualcuno tanto meno a Kou.

Circa un’ora e mezza dopo erano ormai giunti al dolce, Kaori aveva portato in tavola un ampio piatto contenente i Dorayaki e dei Daifuku mochi i primi ripieni al cioccolato e i secondi con una crema di fragola al loro interno. Michiru prese letteralmente in assalto i Dorayaki ripieni al cioccolato che erano, fin da piccola, i suoi preferiti e non si sarebbe affatto sorpresa se la cameriera quella sera le avrebbe confidato che li aveva fatti proprio per questo motivo. Si perse nel sapore dolce del pancakes che si amalgamava con il cioccolato deliziando le sue papille gustative. Seiya invece al contrario sembrò prediligere i Daifuku mochi. Dopo aver terminato di pranzare i genitori dei ragazzi e il bruno presero un buon caffè.

Michiru tesoro perché non fai sentire ai nostri ospiti qualche tuo brano?” le disse ad un certo punto la signora Kaioh.

Mamma sinceramente devo accordare le corde e ci vuole un po’ di tempo non mi sembra il caso” mormorò lei nel tentativo di declinare l’offerta dei suoi genitori, tentativo che dopo pochi istanti parve molto vano.

Abbiamo tutto il pomeriggio a disposizione, puoi fare tutto con molta calma” le rispose la madre con un tono che non ammetteva repliche.

Ok, allora se volete scusarmi vado a prepararmi” rispose lei, alzandosi e dirigendosi verso l’interno della casa diretta alla sua camera a passo spedito, non aveva voglia di mettere in mostra la sua bravura per l’ennesima volta quasi fosse un fenomeno da baraccone. Non che non le facessero piacere i complimenti, ma non viveva per quello e anzi avrebbe preferito decisamente non riceverli e non doversi esibire sui palcoscenici cittadini. Questo le pesava più di ogni altra cosa. Arrivata in camera si diresse verso la sua scrivania sulla quale teneva appoggiata in un angolo la custodia nera dello strumento, era una custodia di quelle impermeabili fatta con un materiale molto simile a quello degli ombrelli, prese le chiavi della serratura posta poco sopra la cerniera che ne circondava il perimetro e le infilò nella chiusura girando finché l’ormai familiare scatto non le giunse alle orecchie. Ai suoi occhi apparve lo Stradivari che suo padre le aveva regalato due anni prima quando giunse il momento di passare dal violino a tre quarti di lunghezza a quello ormai da adulti, definito nel gergo specialistico lungo quattro quarti. Il violino giaceva sul velluto azzurro che foderava la custodia, e la ragazza fece scorrere sulla liscia superficie in legno la sua mano in una delicata carezza prima di concentrare la sua attenzione sull’archetto per tendere i crini che strofinando sulle corde in ferro sprigionavano quel suono tanto amato e familiare. Dopo aver teso al punto giusto le corde dell’archetto lo passo sul blocchetto di resina, in fine prese lo strumento e lo appoggiò sulla spalla, prima di iniziare a regolare con i bischeri la tensione delle corde in modo da ottenere l’accordatura perfetta delle note.

L’intera operazione durò circa una mezz’ora al termine della quale Michiru afferrò uno degli spartiti contenente le note di una sua recente composizione e si diresse verso il giardino sul retro dove aveva lasciato i suoi ospiti. Appena fece la sua comparsa in giardino fu sorpresa dall’assoluto silenzio che si venne a creare, quasi avesse interrotto qualche discussione importante di cui doveva rimanere allo scuro, e la cosa non le piacque per niente. L’unica cosa che forse le fece un po’ piacere fu il sorriso che vide comparire sul viso di Seiya al suo ritorno, decisamente fin troppo radioso per uno che avrebbe dovuto assistere per la seguente mezz’ora ad un concerto di musica classica quando lui sembrava tutt’altro che amante del genere.

Vuoi che ti tengo lo spartito?” le chiese il giovane.

Se vuoi ok… ma comunque conosco il pezzo a memoria quindi credo che non avrò neanche bisogno di leggere lo spartito” si limitò a rispondere prima di assumere la posizione consona per suonare. Appena l’archetto iniziò a sollecitare le corde dello strumento tutto intorno a lei scomparve, esistevano solamente lei e le dita che scorrevano veloci sulle corde, quelle stesse corde della sua anima che in quegli istanti erano libere di mostrarsi a chi aveva davanti senza la paura di essere giudicata negativamente. L’inizio del brano si rivelò essere malinconico e triste. Questo è per farvi capire come mi sento a vivere ogni santo giorno in questa prigione di cristallo. Si quelle che sentivano i presenti non era solamente un susseguirsi di note, erano ben si i suoi stati d’animo, le sue emozioni la sua essenza. Forse per questo che aveva così talmente successo davanti al pubblico, perché lei in ciò che suonava ci metteva il cuore, perché lei era se stessa in quell’occasione e basta. Il ritmo virò in allegro moderato. Questo è per voi mamma e papà nella speranza che capiate che l’allegria è ciò che mi togliete tutte le volte che mi private delle uscite con gli amici.

I genitori dei ragazzi così come anche Yaten e Taiki rimasero ammutoliti per via delle emozioni che permeavano l’aria, Seiya rimase colpito dalla quantità di stati d’animo che poteva sentire arrivare a solleticare il suo essere, stati d’animo che erano un’accozzaglia di emozioni che poteva leggere nella ragazza che ad occhi chiusi regalava loro quello spaccato di se stessa, abbattendo tutti i muri che era solita costruirsi intorno, e ne fu certo: quella era la vera Michiru. Non la ragazza posata ed insicura di se stessa che aveva avuto davanti fino a pochi minuti prima. Fu distratto da un ritmo ancora più incalzante che riconobbe essere un rondò molto veloce e vivace. Ed era sicuro: quella non era gioia, ma rabbia. Il motivo ancora lo ignorava.

Questo invece è per la rabbia nel constatare ogni volta che ve ne fregate di quello che sento e che ignorate tutto di me. Persino il significato di ciò che suono.

Quando il suono squillante dello strumento si spense nel giardino a tutti i presenti sembrò di ridestarsi all’improvviso dal migliore dei loro sogni. Lei riaprì gli occhi e in quello stesso istante ricostruì la barriera che ormai manteneva intorno a se per una sorta di abitudine radicata.

Complimenti veramente complimenti, ciò che suoni è veramente emozionante” la prima ad esprimersi fu la madre di Seiya. Complimenti a cui la violinista con un sorriso di cortesia.

Sorprendente come riesci a esprimere ciò che senti nel profondo della tua anima” intervenne Seiya, guardandola negli occhi. Sguardo che la ragazza non riuscì a sostenere a lungo.

Be noi sarà meglio che andiamo, il viaggio di ritorno a Tokyo è piuttosto lungo e sono già le sedici” disse il padre del ragazzo. “Yaten, Taiki è meglio che iniziate ad andare in macchina”

Buongiorno!” salutò il bambino con i capelli argentei prima di correre in sala e poi uscire nuovamente nel giardino che formava l’ingresso della villa.

Giorno!” si limitò a dire Taiki seguendo a ruota il fratello.

Michiru fissò Seiya in attesa del suo saluto, saluto che però non arrivò. Provocando il lei un enorme sorpresa.

Seiya allora noi ci vediamo verso la metà di Agosto” gli disse il signor Kou.
A quelle parole lo stupore della ragazza aumentò a dismisura, confermando le ipotesi che portava dentro di se ormai dalla sera prima: ovvero che i suoi genitori stavano combinando qualcosa alle sue spalle. Ed era fin troppo consapevole di cosa.
“Be se vuoi ti accompagno a vedere dov’è la tua camera” disse prima ancora di capire il senso delle sue parole. E arrossendo subito dopo.
Ma che diavolo sto facendo?Sono forse impazzita?.

Vocabolario:

- Daifuku mochi: Il suo nome significa“dolce di riso della grande fortuna” ed è composto da una pallina di pasta di riso ripieno di dolce, solitamente la pasta di fagioli azuki conosciuta come anko. Ci sono varie forme e tutti i Daifuku mochi sono ricoperti da un sottilissimo strato di amido di mais per impedire che si attacchino tra loro o risultino appiccicosi al contatto con le mani.

Dorayaki:Questo dolce consiste di due strati di pancake riempiti al centro con la salsa di fagioli rossi chiamata anko. La ricetta tradizionale prevede il ripieno di fagioli rossi ma è possibile trovarne anche con il cioccolato ( i preferiti della nostra Michiru) e con crema alle castagne.


Note dell'autrice:  Rieccomi tornata con questa storia, come accennato nella descrizione avevo già pubblicato la storia qualche anno fa, per poi non proseguirla. Ora l'ho ripresa in mano, modificata e con l'intento di portarla a termine.  Mi raccomando fatemi sapere cosa ne pensate, è tanto tempo che non scrivo più e sarò sicuramente arrugginita.


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Capitolo 2
*** Figlio della piccola borghesia ***


2^Capitolo: Figlio della “piccola Borghesia”

Un rombo proveniente dal motore di una Ducati rossa risuonò nel piazzale dove l’aspettava il suo gruppo di amici, chi non lo conosceva invece si limitò a girarsi a guardarlo, tutta questa curiosità provocata dal gioiellino che ruggiva sotto la sella, quasi fosse una belva infuriata. Dopo averla messa sul cavalletto il motociclista scese elegantemente da essa levandosi poi il casco e passarsi le dita tra i capelli color del grano, prima di infilarsi i suoi ray-ban dalla montatura sottile e argentata e dalle lenti color graffite, sulle quali si rifletteva ciò che lo circondava, posati sul capo come se fossero un cerchietto. Adorava sentirsi gli occhi puntati addosso mentre attraversava la piazza illuminata dai lampioni, tenendo il casco nero e rosso sotto il braccio sinistro. Il suo gruppo era quasi al completo, mancavano lui e Makoto.

Sera Ruka-chan” lo salutò Hotaru, la più piccola del gruppo che aveva appena compiuto diciannove anni, dai capelli neri come la pece e gli occhi viola che risaltavano ancora di più la sua carnagione chiara. Indossava dei pantaloncini di jeans e un top nero. Il biondo fece schioccare la lingua “Sera gente” rispose prima di sedersi sulla scalinata di un palazzo che dava sulla piazza, con la schiena contro il corrimano.

Com’è andata oggi?” gli chiese Setsuna, capelli neri dai riflessi verdi lunghissimi, occhi amaranto fisico mozza fiato foderato quella sera da dei jeans attillati e una camicia altrettanto aderente. Ai piedi delle decolté con un tacco di dodici centimetri.

Solita rottura di palle Sets, mamma sempre a dire che dovrei stare in casa, o iniziare a lavorare seriamente, piuttosto che uscire così tanto,stare fuori anche per due giorni e perdere il mio tempo nelle corse automobilistiche. Ma sai qual’è la verità? Sopportatela tu Usagi dalla mattina alla sera.” Sbottò lui. Provocando una risata nell’amica. “Che programmi ci sono per la serata?”

Non saprei dobbiamo aspettare Makoto, sempre che decida di venire” rispose la ragazza.

Ma in questo gruppo mandare sms per chiedere equivale ad un optional?” chiese lui, roteando gli occhi e tirando fuori dalla tasca dei pantaloni il suo palmare di ultima generazione per scrivere un messaggio all’amica “A parte questo i programmi quali sono?”

Rei ha portato qualche bottiglia, e quindi stiamo qui” rispose la bruna.

Non so se sia una buona idea, c’è il Boss in giro stasera, e sai quanto io e lui andiamo d’accordo” rispose.

Ruka, non vedo quale problema ci sia, se non ti provoca per qualcosa perché mai dovrebbero succedere dei disguidi”

Perché tu credi veramente che non faccia niente per provocarmi se mi vede nella piazza?” rispose mentre si toglieva gli occhiali dai capelli per infilarli sul colletto della tuta da motociclista in pelle nera che gli fasciava perfettamente il busto. “Povera illusa”

Raga mi ha appena scritto Mako, ha detto che non può venire stasera perché è in buona compagnia per tutta la notte” la voce di Rei si alzò sopra il gruppo mentre la ragazza rimetteva a posto il cellulare. I suoi occhi neri come la brace rovente che fissavano i suoi amici, i capelli corvini che le arrivavano poco sotto i reni fluenti intorno al capo, indossava un top rosso che lasciava fin troppo poco all’immaginazione e una gonna bianca che arrivava a metà coscia.

Sicuramente sarà con quel Furuhata” mormorò lui maliziosamente. “Comunque sia, Rei ste bottiglie?” disse all’amica. Il piazzale man mano andava riempiendosi di compagnie di ragazzi che, anno più anno meno avevano la loro stessa età, si conoscevano quasi tutti di vista. Poco lontano da loro c’era il gruppo di quelle che se la tiravano, tra le quali c’era anche l’ex fidanzata del Boss, Ami gli pareva si chiamasse, impossibile non notarla in quanto in quel gruppo era un autentico pesce fuor d’acqua. Il biondo portò la bottiglia di birra alla bocca sorseggiando il liquido fresco che scendeva nella sua gola andando a rinfrescare le sue corde vocali.

Haruka aveva appena terminato la bottiglia quando nell’aria si senti il suono familiare di un motore truccato che si avvicinava alla piazza, rumore che tutti temevano, ma non lui. Era la BMW x-6 di quello che da tutti era chiamato il Boss ma che all’anagrafe risultava portare il nome di Takeshi. Capelli neri, occhi color rame, fisico da palestrato con qualche tatuaggio che faceva bella mostra sui bicipiti scolpiti così come i pettorali. Il classico bullo del quartiere che si era conquistato la fama non sul rispetto ma sulla paura che soprattutto incuteva tra i più piccoli, quasi fosse un dittatore. Paura che però non toccava Haruka, i due erano eterni rivali soprattutto in quanto a successo con il genere femminile, principale campo di competizione tra loro, e l’unico in cui il palestrato non regnasse incontrastato in quanto a popolarità.

Haruka notò come Amy aveva lasciato il suo gruppo di amiche per raggiungere una zona della piazza poco in vista e piuttosto scura, quasi avesse paura dell'essere che stava per fare il suo ingresso trionfale. Quasi fosse consapevole che quella sera lui fosse li per lei. Le sue amiche intanto ignare di tutto continuavano a raccontarsi pettegolezzi e prese dall’euforia dell’alcol avevano iniziato a fare le oche con i ragazzi presenti.

Strano…non trovi?” disse Haruka. Continuando ad osservare la scena con interesse.

Non ti seguo Ruka” gli rispose Setsuna osservandola con fare interrogativo e un sopraciglio alzato.

Ami, la ex del Boss ho come la sensazione che sia terrorizzata da Takeshi, chissà come mai” rispose lui.

Non fare cazzate nel tentativo di scoprirlo che se tua madre ti vede arrivare a casa con un occhio nero poi inizia nuovamente a rompere le scatole per un mese sulle compagnie che frequenti” la rimproverò Rei “Tanto cosa cavolo ti frega?” Si in effetti a lui non fregava, ma il semplice fatto di provocare il suo rivale di sempre gli faceva salire una sorta di adrenalina. La stessa adrenalina che sentiva quando correva ad altissima velocità sulla sua moto o sull’automobile decapottabile. Tuttavia scelse di non dare troppo peso a quella situazione limitandosi ad osservarne l’evolversi degli eventi. Pronto però ad intervenire se il “Boss” avesse esagerato nei confronti della sua ex.

AMI TANTO LO SO CHE SEI QUI, ESCI FUORI VOLEVO SOLO SCAMBIARE QUATTRO PAROLINE CON TE” urlò Takeshi sfoderando il suo sorriso beffardo, facendo zittire tutti i presenti comprese le amiche della sua ex ragazza. A quelle parole Ami si fece coraggio e avanzò di qualche passo per entrare nella zona illuminata dalla piazza.

Che stupida ragazza. Fu il pensiero di Haruka alla visione di quel gesto, mentre il palestrato iniziò a camminare a passo deciso verso la ragazza dai capelli blu, che lo guardava senza tradire la paura che in realtà l’attanagliava, ma mantenendo al contrario un atteggiamento molto freddo.

Quando il ragazzo le fu davanti appoggio le mani sulle spalle di lei “Senti perché non ci fai un pensierino e torniamo insieme? Sai so che tieni molto alla tua famiglia…trai tu le tue conclusioni bocconcino” le disse con un tono non sufficientemente basso per non far arrivare quella velata minaccia alle orecchie di Haruka che fece l’atto di alzarsi.

No!” gli sussurrò Setsuna bloccandolo con un braccio che fece scattare davanti al petto del biondo e che lo costrinse a sedersi.

Takeshi…io…io non ti amo più…è inutile …stare ancora insieme” rispose Amy mormorando mentre teneva lo sguardo volto verso il terreno, incapace di guardarlo negli occhi.

Forse non ci siamo capiti, sai benissimo che ho i mezzi per far passare un brutto quarto d’ora alla tua famiglia, sai bene che i miei genitori fanno tutto ciò che desidero, basta pronunciare qualche parola nel modo giusto al momento giusto” continuò lui “Hai capito?” Non ottenendo risposta la scosse sempre dalle spalle, gesto a cui Haruka non poté rimanere impassibile. Ignorando le proteste delle sue amiche si alzò in piedi e scendendo i gradini della scalinata si diresse verso il ragazzo.

Ehi amico, non ti sembra di esagerare?” sbottò con tono arrogante, se c’era una cosa che non poteva sopportare erano quei ragazzi che si ostinavano a infastidire le ex anche quando la storia è visibilmente arrivata alla frutta.

Ten’o non hai ancora imparato a tenere il tuo brutto muso al di fuori degli affari altrui?” rispose Takeshi visibilmente infuriato per l’interruzione appena subita da quel piccolo insolente. “Vuoi per caso che ti rinfreschi la memoria?”

Mi sembra che la signorina abbia chiaramente esposto la sua posizione non vedo perché devi ancora nuocerle in questo modo” rispose l’altro andando sotto di muso al primo. Per tutta risposta il palestrato gli diede uno spintone.

Rimango del parere che sei un’enorme ficca naso, e sai cosa si fa ai ficcanaso? Gli si fa un caricatone di botte” detto questo mosse all’improvviso il pugno per infliggere al ragazzo che aveva davanti un destro che avrebbe fatto rabbrividire chiunque per la sua forza, e soprattutto velocità. Velocità che però non funzionò con Haruka, che come ogni volta che si presentava l’occasione riusciva chiaramente a prevedere da dove arrivava il colpo grazie all’aria e al suo spostamento causato dai movimenti dell’avversario. E anche in quell’occasione il vento non la tradì, incredibile quasi spaventosa l’affinità che sentiva di avere con quel elemento, così incontrollabile, volubile e devastante. Impossibile da imprigionare dove lui non voleva, proprio come il biondo. Di risposta Ten’o colpì in pieno muso l’avversario provocandogli la frattura del setto nasale, rivoli di sangue iniziarono ben presto a scorrere sul viso del “Boss”.

Sei un figlio di Puttana Ten’o hai capito? Non finisce qui!” disse Takeshi mentre cercava di arginare la perdita di sangue ormai copiosa che gli aveva macchiato la sua maglia bianca che gli foderava gli addominali mettendoli in evidenza.

Non vedo l’ora Takeshi…non vedo l’ora!!!” rispose in tono di sfida il motociclista voltandogli le spalle mentre l’altro si avvicinava alla sua BMW bianca. Tornò dove si era seduto prima vicino a Setsuna che lo guardava sbalordita.

Ruka ti ha dato di volta al cervello?” esplose la bruna dagli occhi di ametista. La risposta era sicuramente positiva, compiere un gesto così nei confronti del “capo” era da fuori di testa.

Ti sembra normale che debba trattare una ragazza in quel modo? Sembrava uno straccio!Sai benissimo che queste cose non le tollero, specialmente da un bastardo come lui” sbottò lui con gli occhi verde smeraldo furenti.

Ruka…” era Rei che dopo un istante gli indico con lo sguardo Amy che si era avvicinata silenziosamente al loro gruppo, che fosse timida quella ragazza non vi era alcun dubbio. Ma aveva anche la nomina di essere molto studiosa e seria, si sapeva che aveva iniziato Medicina all’Università e – stando ad alcuni pettegolezzi – aveva una media eccellente.

Ehm… volevo ringraziarti…per quello che hai fatto” mormorò lei con i suoi grandi occhi blu puntanti nelle iridi verdi dell’altro.

Figurati non devi” rispose lui, con gli occhi che gli cadevano proprio in quel momento sull’orologio che portava al polso. Erano quasi le quattro del mattino, erano passate due ore e neanche se ne era accorto.

Ragazzi sono le quattro già io credo che sarebbe il caso di tornare a casa” disse Hotaru “Inizia anche a fare freddo, tanto a quanto ho capito stanotte di discoteche non se ne parla..”

Si ha ragione Hotaru” rispose Rei convinta, la temperatura si era abbassata notevolmente nonostante fossero in estate.

Be se le cose stanno così allora io vi lascio” rispose lui infilandosi il casco in testa per poi attraversare la piazza diretto alla sua moto, non aveva voglia di tornare a casa, ma d’altronde da solo cosa poteva fare? Andare in giro per la città fino alla zona costiera dove abitavano gli esponenti più influenti sul panorama cittadino, ma per fare cosa? Solo invidiarli per il fatto che potevano stare dalla mattina alla sera senza fare niente perché circondati da una moltitudine di servitori. Senza aggiungere che le ragazze più fighe della città facevano parte di quell’elite che tanto odiava per l’ozio in cui aveva la fortuna di vivere. Avrebbe voluto lui stesso la fortuna di avere una vita simile.

I suoi pensieri furono interrotti dal rombo della Ducati sotto di lui appena diede gas alla moto, saluto il suo gruppo di amici e si immise nelle strade principali diretto verso casa, le luci dei locali ancora aperti si riflettevano sulla visiera del casco creando dei giochi di luce e riflessi.



Una ventina di minuti più tardi era dentro al garage del palazzo dove abitava con la sua famiglia, situazione che sarebbe durata ancora per poco in quanto finalmente aveva trovato un piccolo appartamento di settanta metri quadri di cui stava pagando i lavori di ristrutturazione con i soldi guadagnati nelle corse a livello nazionale che lo tenevano occupato per tutto l’inverno, e che non piacevano a sua madre, la quale sosteneva che non rappresentavano un ingresso duraturo di denaro. Non vedeva l’ora che quegli ultimi giorni di lavori passassero in fretta in modo da trasferirsi, anche perché sua sorella stava attraversando quell’età in cui si è più sciocche che intelligenti ed era una noia mortale doversela sopportare dato che condividevano la stessa camera. Si diresse verso la porta che dava accesso diretto al portone del palazzo, il quale aveva l’ingresso in marmo con un tappeto blu che univa il portone all’ascensore, i muri color panna.

Loro abitavano all’ultimo piano e nonostante non fossero vicini al mare godevano ugualmente di una buona vista nel loro piccolo appartamento in cui vivevano da ormai tre anni. Aveva lo stretto necessario: due camere, un piccolo salotto che faceva anche da ingresso, una cucina e un piccolo bagno. Niente di speciale. Erano pure in affitto, affitto che pagavano con lo stipendio di sua madre e quando era necessario con i proventi che lui stesso portava a casa con le corse. Girò lentamente le chiavi nella serratura nel tentativo di far meno rumore possibile, ben conscio che appena avrebbe fatto il suo ingresso in camera sua sorella si sarebbe svegliata tutto ad un tratto pcome quasi tutte le sere che rientrava a quell’ora. Poggiò il casco sul divano e dentro ad esso mise le chiavi della moto e di casa, poi si tolse il giubbotto e lo mise vicino al casco per poi andare in camera sua. Era stanco morto.

Appena giunse in camera sua e della sorella accese la piccola lampada sul suo comodino, la stanza era abbastanza grande, su una parete faceva bella mostra una libreria sotto la quale vi era un’ampia scrivania che si allungava in una penisola sotto la finestra. Sulla parete opposta vi era un armadio a ponte sotto il quale vi era il letto di sua sorella, mentre alla fine di questo; posto perpendicolarmente al ponte con la fine a circa una trentina di centimetri dalla porta vi era il suo. Si sedette sul suo letto dopo aver chiuso la porta per non svegliare la madre che dormiva nella camera di fronte.

La mamma quando saprà l’orario si arrabbierà moltissimo” una voce di ragazzina si alzò da sotto il lenzuolo. Usagi aveva gli occhi azzurri e dei capelli lunghissimi biondi, che in quel momento erano liberi di incorniciare il suo esile corpo mentre si sedeva a gambe incrociate sul suo letto, indossava un pigiama rosa con dei coniglietti bianchi.

Se nessuno glielo dice non vedo come potrà venirlo a sapere Usagi” rispose lui esasperato facendo roteare gli occhi, prima di togliersi i pantaloni per sostituirli con i pantaloncini del pigiama.

Si ma non è giusto che puoi rimanere fino a quest’ora e io alle undici massimo devo essere a casa” si lamentò lei stropicciandosi gli occhi assonnati prima di emettere un sonoro sbadiglio.

Ti dimentichi un particolare sorellina, tu hai un età compresa tra i dodici e i quattordici anni, mentre io ne ho ventuno, per come la vedo io hai fin troppa libertà per i miei gusti in proporzione all’età” sbottò il biondo prima di mettersi sotto le lenzuola e spegnere la luce.

Haru…” sentì la voce della sorella nel buio.

Dimmi”

Ti voglio bene”

Anche io buona notte” bofonchiò già preso dal sonno incombente.

Haru…” ma cosa aveva fatto di male per meritarsi una scassa palle così al posto di una sorella?

Che vuoi…”

Ti manca anche a te papà?” chiese la ragazzina.

Si Usa-chan manca anche a me” solo lui poteva sapere quanto sentisse la mancanza di una figura paterna, che capisse il suo amore per i motori e per la velocità. Era proprio il padre ad avergli trasmesso quella passione che a distanza di tre anni  gli dava ancora la forza di andare avanti senza entrare in brutti giri come quello della droga. Anzi, proprio grazie all’adrenalina delle corse entrava in contatto con il vento. Ragione in più per non mollare. Sua sorella aveva sofferto molto per la perdita, e si era attaccata quasi morbosamente alla sua figura che era ciò che conosceva di più simile a suo padre, in fondo era troppo piccola per sopportare una perdita di tale portata, ma anche troppo grande per non ricordarsi della presenza dell'uomo nella loro vita. All’epoca aveva solamente quasi dieci anni. Chiuse gli occhi nel buio della stanza, e ripensò a quel giorno.

Inizio Flash Back

Era ormai qualche mese che la sua famiglia era piombata in un tunnel buio, infinito e tremendamente doloroso. Non sapeva neanche lui da cosa traeva la forza necessaria a non lasciarsi andare, a non fare cazzate quando la sua famiglia era ridotta allo sfascio. Forse la consapevolezza che il dolore di sua madre non sarebbe riuscito a sopportare un’altra perdita.

Il loro calvario era iniziato circa sei mesi prima quando a suo padre fu diagnosticato un tumore ai polmoni già degenerato in metastasi che si erano sparse in tutto il corpo. Haruka non vedeva l’ora che tutta quella sofferenza finisse, vedere ogni pomeriggio suo padre con il volto sofferente, sollevato dai dolori provocati dalla massa tumorale grazie ad elevate dosi di morfina lo distruggeva. Non avrebbe più retto molto alla visione di quella vita che si spegneva, alla sofferenza di sua madre, al visino triste e serio di sua sorella che era solamente una bambina costretta ad affrontare qualcosa di troppo grande per lei. E che molto probabilmente per il resto della sua vita avrebbe risentito della mancanza della figura paterna, alla quale era tanto attaccata così come a ciascun membro della sua famiglia.

Ma sicuramente non si sarebbe immaginato che sarebbe finita così presto.

Troppo presto.

Ma la domanda che si chiedeva sovente era perché? A quale pro dio gli infliggeva un dolore simile, con quale scopo? Sempre che un Dio ci fosse, perché non era possibile - in base a ciò che aveva sentito dire di lui – che fosse così crudele da infliggere loro una prova di simile portata.

 

E tu ti arrabbierai 
si ti arrabbierai, 
e ti chiederai se esiste davvero Dio, 
ma son sicuro che, tu poi capirai, 
quanto poteva essere, 
speciale lui, lui, lui...”

 

Quel giorno a prendere lui e sua sorella all’uscita non si era recata la madre come sua abitudine ma li aveva raggiunti la nonna materna con un volto triste, sofferente. Un volto che diceva tutto.

Nonna…papà come sta?” chiese il ragazzino biondo, con il cuore in gola mentre la sorellina si ascoltava in silenzio dietro di loro.

Da oggi bambini miei…avete uno splendido angelo che vi ama e vi protegge da lassù”

Il dolore che gli provocarono quelle parole era indescrivibile, sentì le lacrime salire copiose ai suoi occhi, come poteva essere successo proprio a loro? Cosa avevano fatto di male per meritarsi un dolore così forte, cosa aveva fatto di male Usagi per perdere una figura così importante quando ancora era così piccola, poco più di una bambina. 

Lui che era sempre stato un punto di riferimento. Con la sua risata, con i suoi modi forse un po’ duri ma sempre con la battuta pronta. Lui con il quale aveva condiviso gioie e dolori del Moto Mondiale, e della Formula 1. Lui che era l’unico che lo capisse veramente, uno dei pochi che lo accettava per quello che era.

Ma soprattutto la figura sulla quale poteva contare sempre, qualsiasi scelta avesse fatto nella vita. Una figura che era scomparsa per sempre.

Dolore. Rabbia. E di nuovo disperazione.


E poi capirai che  se, 
se l'è portato via è perché, 
c'era un vuoto nel cielo 
e serviva la stella, 
la stella più bella, 
quella che brilla 
solo per te per mamma tua, 
e potete sentirla solo voi, 
dentro voi,”

 

Fine Flash Back.

 

Haruka si asciugò velocemente le lacrime che sentiva scendergli sulla pelle, non voleva ammetterlo, e non lo avrebbe mai ammesso con nessuno ma a distanza di tre anni soffriva ancora per la perdita di quell’uomo favoloso che era suo padre. Anche se era certa che lui era sempre con loro, in qualche stella come diceva il filosofo greco Platone. E a lui piaceva in un certo senso pensarla così. Sospirò mentre si sentiva divenire le palpebre pesanti. Tremendamente pesanti. Segno che Morfeo aveva deciso di sollevarlo da quei tristi e dolorosi pensieri.

 

Il mattino dopo fu svegliato da un peso improvviso che gli piombò addosso, seguito da una risata soave che conosceva fin troppo bene, così come gli era ormai familiare il profumo alla vaniglia che permeava l’aria quando sua sorella era negli immediati dintorni.

Usagi…” bofonchiò con la voce impastata di sonno, il viso nascosto nel cuscino, negando alla sorella qualsiasi idea riguardo la possibilità di alzarsi.

Haru la mamma dice che è ora di alzarsi” le disse la sorella spingendolo di peso verso il muro per poi sdraiarsi accanto a lui allegramente.

Mpf…che ora è?”

Sono le undici…” rispose la ragazzina. Provocando il disappunto nell’altro che tuttavia però si decise ad alzarsi imitato un secondo dopo dalla sorella che sparì attraverso la porta diretta in cucina. Si stiracchiò rumorosamente prima di stropicciarsi gli occhi e dirigersi in bagno per una doccia con l’unico tentativo di svegliarsi.  Il bagno era sui toni del rosa, le piastrelle del pavimento bianche con venature di questo colore, circa a settanta centimetri dal terreno vi era un bordo con decorazioni floreali verdoline e rosa pallido mentre da questo bordo fino al muro del soffitto le piastrelle erano del medesimo colore delle striature del pavimento. I mobili erano bianchi e il marmo intorno al lavandino rosa.

 

Mezz’ora più tardi si diresse in cucina per fare colazione con i corti capelli biondi umidi e spettinati, trovò sua madre dietro ai fornelli già intenta a preparare il pranzo, e la colazione sul tavolo: cappuccino e pane tostato con la marmellata. Dal televisore giungeva ben distinta la voce della giornalista che conduceva proprio in quel momento il telegiornale.

Oggi che hai intenzione di fare?” la voce della madre richiamò la sua attenzione.

Non saprei credo che dormirò oppure metterò un po’ a posto la macchina” rispose lui.

Invece di perdere tempo in queste sciocchezze, potresti dare una mano a tua sorella con i compiti delle vacanze? Io inizio il turno alle quindici, e finirò alle venti ragion per cui non posso seguirla io” disse la donna provocando una reazione a dir poco scocciata nel biondo che si dondolava sulla sedia mentre assaporava la dolcezza della marmellata sopra al pane abbrustolito al punto giusto.  “Se proprio devo” si limitò a rispondere.

Che bello, che bello passeremo il pomeriggio insieme Haru” esclamò la ragazzina con due buffi codini in cima ai quali vi erano due odango tenuti a posto da due nastri rosa.

A quanto pare si, testolina buffa” sbuffò lui. Scocciato. “Per pranzo cosa stai cucinando?” chiese poi alla madre.

Pasta al pomodoro e un’insalata di quelle con olive, mozzarella e altre cose” rispose la donna.

Al telegiornale intanto erano passati alle notizie riguardo alla mondanità e agli spettacoli cittadini. Unica parte del telegiornale che interessava a Usagi, che come sua abitudine alzò in modo spropositato il volume del televisore.

Veniamo ora ai prossimi appuntamenti concertistici sul panorama musicale di Kyoto” diceva la giornalista “Che come evento importante per questa settimana vede il concerto del prossimo Giovedì sera della violinista Michiru Kaioh figlia dei due ampiamente conosciuti musicisti”.

Haruka prestò più interesse del voluto alle immagini dei concerti passati della violinista di cui la sorella era una fan sfegatata, e che apparteneva per sua fortuna all'elite benestante e politica della cittadina. Doveva ammettere che quella ragazzina non era niente male, capiva la sorella, che la considerava un idol sia per la sua musica eccellente che per il suo aspetto che per la piccola Tenou era un esempio da seguire. E come dare tutti i torti alla sorella? Era semplicemente perfetta. E soprattutto Bellissima.

Mamma possiamo andare a vedere il concerto?” chiese la biondina.

Usa sai benissimo che da quando papà non c’è più non possiamo permetterci di spendere cifre simili per andare a vedere un concerto, tanto vedrai che lo trasmetteranno alla televisione sulle reti cittadine piccola” intervenne il motociclista con una stretta al cuore per via dell’espressione triste che si dipinse in pochi istanti sul volto della sorella. Le corse erano finite e per via dei lavori di ristrutturazione di casa sua aveva risparmiato pochissimo, e prima di Ottobre la nuova stagione di gare non sarebbe ricominciata, ragion per cui avrebbero dovuto campare solamente con lo stipendio della madre, che per quanto promiscuo riusciva a far fronte alle cose più importanti. Certamente non a concerti e a scemate varie. Lui nel periodo invernale era auto sufficiente e non andava a chiedere niente a casa per i suoi sfizi ripagati dallo stipendio ottimo che portava a casa alla fine di ogni gara a cui partecipava. D’estate la cosa era totalmente diversa, specialmente quell’anno in cui aveva finito i risparmi dell’inverno per mettersi a posto casa. Guardò sua madre, e nei suoi occhi lesse la tristezza che ogni risposta negativa ai desideri della famiglia le comportava. Lui non riusciva più a reggere il dolore di sua madre. Ma non poteva farne neanche una colpa a sua sorella per quelle richieste forse un po’ più mature di una ragazzina della sua età che in teoria dovrebbe interessarsi alla musica pop, rock e metal e non alla musica classica, per quanto si potesse definire tale la musica suonata dalla Kaioh.

Uscì dalla stanza diretto alla loro camera con una morsa al cuore impossibile da ignorare.

Note dell'autrice: Ringrazio chi ha recensito il primo capitolo, e tutti quelli che lo hanno letto senza farlo. Voglio offrirvi qualche delucidazione in merito alla scelta del titolo: sebbene il termine "piccola borghesia" sia una definizione tipica del marxismo e del regime economico totalitarista,  l'ho scelto poiché il mestiere della madre di HaruKa rientra  in quelli dei piccoli borghesi.


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Capitolo 3
*** Il Concerto ***


Note dell'autrice: Cari lettori mettetevi comodi perché questo è il capitolo più lungo che abbia mai scritto. Ringrazio chi recensisce e chi ha messo la mia storia tra le seguite e le preferite. Se avete voglia fatemi sapre che ne pensate, pareri e scommesse su come evolverà la trama sono sempre ben accetti.


3^Capitolo: Il concerto

Erano passati tre giorni da quando Seiya si era stabilito per l’estate a villa Kaioh, i due ragazzi non avevano potuto trascorrere moltissimo tempo insieme per via dei preparativi che tenevano impegnata Michiru in vista dell’imminente concerto.

Il bel bruno si limitava ad osservarla da lontano studiando ogni minimo particolare e ogni piccolo cambio di umore della ragazza, nel tentativo di trovare un qualcosa che la interessasse per riuscire a far breccia nella fortezza che aveva retto intorno a se la violinista. Non si capacitava in fatti dello stato d’animo di lei, quando suonava diveniva un’altra assisteva ad una metamorfosi. Una metamorfosi che al contrario di quella di Franz Kafka era bellissima.

Signorina ha deciso il repertorio per il concerto?” la voce dell’insegnate interruppe i pensieri di lui, mentre il prezioso strumento veniva delicatamente tolto dalla sua custodia per essere accordato prima del suo utilizzo. La ragazza si limitò ad osservare per qualche istante l’uomo sulla sessantina che aveva davanti e che la seguiva fin da piccola: era basso e grassottello con due iridi color cioccolato che facevano capolinea da dietro un paio di lenti rotonde. Il capo era glabro e lucido, i baffetti bianchi adornavano il suo viso rotondo e segnato dall’età.

Porto il solito repertorio, non sono ancora sicura delle nuove composizioni” mormorò la ragazza quasi senza porre molto attenzione alla questione. Quello non era l’ennesimo concerto, quello era l’ennesima volta in cui i suoi genitori la mettevano in mostra quasi fosse un fenomeno da baraccone, un cucciolo di cane ammaestrato, una tigre sofferente a tratti rabbiosa che però si piega come un giunco sotto gli ordini del suo addestratore senza spezzarsi. Questo era lei.

Se vuole posso darci un’occhiata” le chiese il maestro.

Non si scomodi non le porterei comunque non so se al pubblico piacciono”Sia mai che faccia fare brutta figura ai miei genitori. Concluse lei iniziando ad accordare lo strumento, prima della lezione quotidiana. Senza accorgersi che Seiya si era allontanato dalla stanza diretto in una delle vie principali a comprare qualcosa che, era sicuro, l’avrebbe tirata su di morale. O almeno sperava.



***



Il sole di mezzodì gli aveva dato il buongiorno dopo una notte passata in giro per la città in macchina, dalla quale si era ritirato alle quattro come d’abitudine. Aveva intenzione di accompagnare Usagi al concerto della Kaioh a qualsiasi costo, per questo la notte precedente aveva chiesto alle sue amiche di prestargli la quota necessaria a raggiungere la cifra per acquistarne due. L’importo eccessivo non gli importava e loro sapevano che li avrebbe restituiti appena avrebbe corso nella sua prima gara della stagione quello stesso Settembre come aveva sempre fatto, sapevano quanto lui fosse legato alla sorella, ergo avevano preso appuntamento per vedersi. Setsuna e Hotaru erano da sempre le sue migliori amiche, anche loro di buona famiglia, forse anche migliore della sua, ma per niente con la puzza sotto il naso e proprio come lui rappresentavano le pecore nere delle loro rispettive famiglie. Si diresse direttamente in cucina dove sua mamma gli aveva già preparato la colazione, sua sorella si era già cambiata e non indossava più il suo pigiama rosa.

Haru hai voglia di andare al mare oggi?” la bionda dai buffi codini si voltò speranzosa verso di lui, era da tantissimo, forse anche troppo che non passavano un pomeriggio insieme. E lei ne sentiva decisamente il bisogno.

Usa- chan non ho voglia oggi, ma se vuoi andiamo a comprare una cosa insieme” rispose lui nel tentativo di non farsi rovinare i piani della giornata da parte della sorella, la sorpresa sarebbe riuscita lo stesso.

Ok allora vengo con te, cosa devi comprare?” chiese con una curiosità evidente che le illuminava i suoi grandi occhi blu. Mentre la madre delle due puliva la tazza in cui il biondo aveva consumato il suo cappuccino, sopra al quale come abitudine metteva una spolverata di cacao in polvere, prima di recarsi al lavoro.

E’ una sorpresa” rispose lui,osservando la madre che aspettava che il loro discorso finisse “Devi dirmi qualcosa mamma?” chiese pochi istanti dopo.

Si, ho preparato gli onigiri per pranzo oggi e altre pietanze al riso, come ad esempio gli arancini, te ne occupi tu di riscaldarle se necessario Haruka?Io tra un’ora inizio il turno e non ci sono a pranzo oggi” gli rispose la donna togliendosi il grembiule che si era messa per proteggere il completo nero che indossava. Era sempre elegantissima soprattutto quando si recava al lavoro. Un’eleganza che pian piano Usagi stava facendo sua se pur con diverse modifiche specialmente nel genere di abiti che preferiva. Un attimo dopo Yukiko fece nuovamente la comparsa in cucina con la borsa sulla spalla per dare un bacio ad entrambi i frutti dell’amore che l’aveva legata al marito e uscì fuori di casa.

Lo sguardo del motociclista si posò su una foto molto piccola che la madre aveva sempre tenuto su una mensola della credenza, erano insieme ai loro genitori: Yukiko aveva dei capelli biondi piuttosto lunghi con dei bellissimi occhi azzurri che aveva tramandato alla figlia, il viso leggermente ovale e l’espressione felice di chi ha coronato il suo sogno d’amore. A fianco a lei c’era Kaito capelli neri e occhi verdi come il biondo, volto mascolino e forse leggermente spigoloso; in quella foto indossava la sua tuta da moto preferita che Haruka a distanza di anni custodiva ancora gelosamente, avrebbe voluto poterla indossare ma il suo fisico era troppo diverso da quello del padre e gli sarebbe stata troppo larga. Avrebbe dato qualsiasi cosa pur di riportare indietro suo padre, soprattutto per la sorella, decise tuttavia che fosse opportuno cacciare via quei ricorrenti tristi pensieri con tutte le insicurezze che essi comportavano.

Che dici mangiamo? Io alle tre ho appuntamento con le mie due amiche, mi piacerebbe non fare tardi” chiese poi alla sorella dopo aver osservato che l’orologio segnava quasi le dodici.

Si ok, allora io preparo la tavola” esclamò allegra la ragazzina, il tavolo aveva la forma di un semplice quadrato in legno che all’occorrenza poteva allungarsi in modo tale da poter sistemare comodamente sei persone. La cucina anch’essa era in legno. Il tintinnare delle posate che Usagi posava sul piatto fu interrotto da un messaggio arrivato proprio sul cellulare della quattordicenne che si affrettò a spegnere la suoneria e a leggerne il contenuto arrossendo vistosamente agli occhi del fratello.

Cos’è hai gli spasimanti?” buttò li ridendo il motociclista, solo per il gusto di far diventare ancora più rossa la già imbarazzatissima sorella.

Ehm..ma no…cosa dici Haru…sono troppo piccola per queste cose” rispose lei arrossendo ancora di più “ehm.. forse magari, potrei andare già a prepararmi per uscire” mormorò tentando di togliersi da quell’impaccio.

Usa ma se sei già vestita” rispose l’altro foderando il suo sorriso sghembo. Vedere la sorella così impacciata per una semplice domanda lo divertiva ancora di più.

Ehm.. si hai ragione…mangiamo?” chiese la ragazzina, non vedeva infatti l’ora di uscire con lui, un evento del genere succedeva veramente raramente d’Inverno quando lui era troppo impegnato con le gare nei week and e lei con la scuola durante la settimana. Lei odiava la scuola, odiava la Matematica e ogni volta che doveva studiarla la fatica era paragonabile a quella di un parto trigemellare . Afferrò affamata tre onigiri e li depose nel suo piatto mentre guardava la televisione.

Il motociclista dal canto suo osservava la sorella, osservava quanto fosse cresciuta e quanto il suo corpo fosse cambiato nonostante la sua giovane età, si stava trasformando lentamente in una donna, e ben presto avrebbe preso anche lei la sua strada. E lui ben sapeva quanto gli uomini potessero essere attirati dal fisico e usarla solamente per quello, soprattutto nel giro che lui stesso frequentava e da cui voleva tenere a debita distanza la sorella, non perché ci fosse droga, o almeno nel suo gruppo non ve ne era e anche se ce ne fosse stata sua sorella non si sarebbe sicuramente fatta trascinare dai pareri altrui perché la conosceva fin troppo bene, e nonostante la perdita del padre era cresciuta con un carattere forte e determinata ma allo stesso tempo dolce e estroverso.  Alla televisione passò nuovamente la notizia del concerto che ci sarebbe stato l’indomani sera e nascose a stento un sorriso quando la sorella guardava affascinata le scene che ritraevano la sua beniamina, occhi che però tradivano un po’ di tristezza per la mancata possibilità a vederla dal vero. Tristezza che grazie a lui sarebbe stata presto dimenticata. Finito di mangiare si fece un buon caffè.

Lavi tu i piatti che sono già le tredici e devo ancora prepararmi?” chiese lui finendo di bere il liquido nero nella minuscola tazzina, domanda alla quale l’altra rispose semplicemente annuendo prima che il ragazzo si alzasse diretto in camera. Scelse gli abituali jeans, una maglia rossa a maniche corte piuttosto aderente e afferrò la sua giacca in pelle nera nel caso che si rinfrescasse l’aria nel tardo pomeriggio e poi si infilo come era solito fare i Rayban tra i capelli,due spruzzate della sua colonia preferita e si diresse verso la sala dove la sorella lo stava aspettando. La bionda indossava dei pantaloncini bianchi a metà coscia e una camicetta rosa così come i nastri che coprivano i fermagli degli odango per una questione puramente estetica, come poté notare lui si era messa un sottile strato di lucidalabbra.

Sei pronta?”

Prontissima vado a prendere la borsa in camera e arrivo subito” rispose lei correndo nella loro stanza per afferrare la borsa e il suo portafoglio. La borsa era bianca e piuttosto capiente, decorata da pietre trasparenti di svariati colori su un fianco: verdi, fucsia, lilla, gialli, arancioni era insomma una borsa allegra, elegante ma anche sportiva. Quando tornò nell’ingresso scorse la figura del ragazzo nel corridoio con la schiena appoggiata contro il muro del piano che scriveva qualcosa sul telefonino.

Eccomi!!!!” disse allegra prima di girarsi e chiudere la porta blindata con le chiavi, subito dopo i due si diressero alla macchina parcheggiata in garage.



Erano le due in punto quando giunsero sul luogo dove Haruka aveva appuntamento con le sue due amiche, che come scoprirono erano già li sedute sui rispettivi motorini.

Usa tu rimani in macchina faccio subito e poi andiamo a prendere quella cosa che ti ho detto ok?” chiese voltandosi verso la sorella.

Ok” rispose lei sorridente, voltandosi poi verso il marciapiede per salutare le due brune che di rado vedeva a casa. Era da quando il fratello le aveva detto che doveva farle una sorpresa che si interrogava su cosa potesse essere, da sempre le odiava: non perché non le piacessero ma piuttosto per l’attesa. Proprio per questo fin da piccola odiava il Natale e il Compleanno. Si mise a cercare di origliare i discorsi che avvenivano poco lontani dall’abitacolo nel tentativo di capire di cosa si poteva trattare.

Buongiorno Ruka” lo salutò Setsuna, vestita come sempre elegantemente anche se erano le tre di pomeriggio.

Giorno, be allora potete aiutarmi si? Usagi ci tiene veramente molto, hanno trasmesso nuovamente alla televisione che domani ci sarà il concerto e si insomma…” mormorò lui.

Certamente, non ti preoccupare appena puoi tanto sappiamo che li restituisci quindi non ci sono problemi figurati, quanto ti serve?” le chiese Hotaru. La sorella dell’amico le stava particolarmente simpatica, anche se lui non voleva che si facesse vedere in piazza alla sera con loro semplicemente per proteggerla dai bulletti tipo il Boss.

Tremila yen*, ma non vi sentite in obbligo ragazze veramente” disse lui, forse un tantino in imbarazzo.

O non ti preoccupare figurati, te ne diamo la metà, in due fanno la quota che ti serve ok?” chiese Setsuna.

Va benissimo, grazie” rispose l’altro sorridente, loro si che erano delle vere amiche c’erano nel momento del bisogno in quel momento così come in passato e soprattutto ci sarebbero state in futuro in eventuali momenti difficili che gli sarebbero presentati davanti nel corso della vita. “Avete degli impegni per oggi? Altrimenti potreste venire con me e Usagi non penso che le date fastidio” buttò li lui, passandosi le dita tra i capelli.

No è da tanto che non uscite insieme stai pure con lei al massimo ci vediamo stasera al solito posto” le disse la bruna dai lunghi capelli, prima di passare il prestito al giovane imitata dalla loro amica. “E poi io devo studiare sai dovrò pure finire l’università un giorno o l’altro non trovi?” detto questo si infilò nuovamente il casco in testa e girò la chiave nel motorino che si accese immediatamente, poco dopo anche la più piccola tra le due la imitò.

Allora a stasera se ci sei Ruka” gli disse Hotaru.

Vedrò cosa posso fare ragazze mal che vada ci si vede nei prossimi giorni…e grazie ancora” rispose lui riconoscente abbassandosi gli occhiali a coprire gli occhi verdissimi prima di avviarsi verso la sua macchina.

Usagi in macchina appena vide le amiche del fratello partire cambiò immediatamente posizione per non dare l’impressione che stesse origliando, e fece finta di mandare un sms con il telefono.

Scrivi al tuo spasimante?” la voce del ragazzo la fece sobbalzare e arrossire nel medesimo momento, reazione che provocò una risata in lui.

Haru smettila con questa storia” rispose lei piccata gesticolando moltissimo come tutte le volte che si sentiva agitata per la situazione “ dove mi porti?” chiese poi dopo un attimo di silenzio.

Ora lo vedrai da sola” rispose lui uscendo dal parcheggio e immettendosi in una delle strade che portavano verso il mare e nella zona del teatro, oltre che in quella residenziale dove abitavano le persone alto locate. Usagi osservava incuriosita le abitazioni davanti a se, in quella zona della città infatti era capitata veramente molto di rado, e come tutte le cose nuove la incuriosivano, all’inizio del lungo mare fino circa alla traversa da cui erano sbucate vi erano Hotel lussuosi e palazzi del loro stesso livello, sull’altra metà della passeggiata che dava sulle spiagge invece vi era la zona delle ville, una più bella dell’altra. Davanti a lei sfilavano edifici dei più disparati ordini e stili architettonici. Alcune di esse erano in puro stile giapponese, altre erano modernissime ma ugualmente stupende. L’attenzione della ragazza però si focalizzò su una struttura che conosceva molto bene perché l’aveva vista più volte dal telegiornale e anche dal vero in passato, i loro genitori erano soliti portare lei e colui che guidava al suo fianco a vedere spettacoli e musical. Il teatro di Kyoto era una struttura molto moderna, era di nuova costruzione e divideva gli spettacoli con il Kabuki che era esattamente dall’altra parte della città nell’entro terra. L’edificio del Concert Hall** invece era stato costruito su una lingua di terra che si allungava sulla baia cittadina, aveva una forma esemplare, la struttura che definiva il volume del teatro sembrava come una collina moderna bianchissima su cui spiccava una grandissima vetrata d’ingresso, il tetto di questa collina però formava due ali parallele che si alzavano verso il cielo, poco distante dall’edificio centrale, ma abbastanza vicino da essere percepito come una struttura unica dall’occhio umano si ergeva una figura curva simile ad una falce di luna, che presentava sulla curvatura più bassa dei fari che a prima vista sembravano quelle luci che si usano in bagno per illuminare lo specchio sopra ai lavandini. La ragazzina ne rimase affascinata chiedendosi come potesse reggersi in piedi una struttura del genere. Si rese conto che era proprio li che erano diretti, ma ancora non ne capiva il motivo. Sapeva solo dalla televisione che il giorno dopo, alle nove e mezza avrebbe suonato all’interno di quella meraviglia la Kaioh, ma non le risultava che facesse un concerto gratis pomeridiano. E allora cosa stavano andando a fare li?

L’auto si fermò a pochi metri dall’entrata del teatro, e Usagi fece l’atto di scendere.

No Usa aspettami qui torno subito, non ci metterò più di un quarto d’ora promesso, e poi andiamo in centro, ti offro qualcosa da mangiare in pasticceria” disse il biondo ben sapendo che sua sorella a sentire la parola pasticceria perdeva il lume della ragione: amava i dolci più di qualsiasi altra cosa. Si diresse quindi verso l’ampia vetrata, l’interno del teatro era in legno rossiccio ma molto moderno anch’esso, in perfetta armonia con l’esterno. Al banco delle informazioni e delle prenotazioni vi era una ragazza che avrà avuto circa ventisette anni, dai capelli rossi e gli occhi castani, il viso cosparso di lentiggini.

Buon pomeriggio signore posso esserle utile?” chiese gentilmente.

Buon pomeriggio a lei, ci siamo sentiti ieri via email, e ho bloccato due biglietti per il concerto di domani sera di Michiru Kaioh, sa la violinista. Sono qui per saldare il conto e ritirarli” rispose lui foderando uno dei suoi bellissimi sorrisi che sapeva far sciogliere qualsiasi esponente del sesso femminile. La ragazza arrossì visibilmente.Niente male la ragazza. Si ritrovò a pensare.

Certo può dirmi il suo nome per favore?” disse lei cercando di mantenere a freno gli ormoni che il solo sguardo magnetico del ragazzo scatenavano dentro di lei.

Haruka Ten’o” rispose lui appoggiandosi sul bancone con non curanza e passandosi nuovamente le dita tra i capelli. Mentre osservava meglio quel teatro.

Ha prenotato due posti in Platea Gold giusto?” chiese la signorina.

Esattamente” rispose lui senza girarsi neanche a guardarla.

Ok ho mandato in stampa i biglietti, paga in contanti mi sembra di aver capito giusto?”

Giustissimo, quanto le devo?” chiese lui.

Tremila e cento yen come accordato via email”

Ok” rispose lui prendendo il portafoglio dalla tasca posteriore dei jeans “Tenga, può contarli ma sono giusti” appena controllò l’importo ricevuto dal biondo la fanciulla consegnò lui una busta con l’intestazione del teatro contenente i biglietti del concerto. “Arrivederci”

Arrivederci Signor Ten’o”

Haruka era impaziente di giungere alla macchina per vedere l’espressione e soprattutto la reazione della sorella nel leggere ciò che c’era scritto sui biglietti, la trovò seduta fuori dall’automobile su una dei muretti presenti vicino all’ingresso all’ombra di un grande albero.

Be allora? Posso sapere cos’hai comprato mentre andiamo in pasticceria?” chiese sua sorella su di giri alzandosi e andandole incontro senza minimamente immaginare il regalo che lui stava per farle.

Certamente testolina buffa, prima però guarda un po’ cosa c’è qui dentro” rispose lui porgendole la busta. Usagi afferrò la busta con lo sguardo di chi non ci stava capendo niente, la voltò e vide l’intestazione del teatro, stampato su di essa con un inchiostro bordeaux e recante l’’immagine dello stesso con scritto sotto in uno stampatello molto elegante, forse Times New Norman, o qualcosa di molto simile, in corsivo. Ma cosa mai avrà combinato? Si chiese mentre voltava nuovamente la busta per aprirla. Dentro vi erano due strisce quasi perfettamente sovrapposte bianche e lucide, da un lato spiccava una chiave di violino nera intrecciata con delle rose color fucsia, lesse ciò che vi era scritto affianco a quel disegno così simile ad uno stemma:

Michiru Kaioh in concerto

Concert Hall Kyoto

Ore 21:30 Mercoledì 30 Giugno

Posto 23 terza fila Platea Gold”

Gli occhi di Usagi si illuminarono e guardò il biondo con gli occhi luccicanti prima di piombargli addosso e abbracciarlo. Haruka la strinse forte.

Grazie Haru…grazie di cuore.. ti voglio bene” gli disse con gli occhi lucidi.

Lui la fissò: ecco cosa gli piaceva della sorella, la sua genuinità anche nelle emozioni dovute alle cose più semplici e insignificanti, era convinto che chiunque avesse conquistato il cuore della ragazza che aveva tra le braccia sarebbe stato molto fortunato.

Che facciamo? Stiamo qui fino a domani sera?” le chiese lui, la biondina alzò lo sguardo verso di lui in adorazione. “Non dovevamo fare un salto in pasticceria?” la ragazza fece si con la testa continuando a guardare i biglietti che stringeva tra le mani, le sue amiche sarebbero sicuramente morte d’invidia a saperlo. E tutto questo grazie ad Haruka. Seguì il motociclista verso la macchina, pronta a mangiarsi un grosso krapfen nella pasticceria più rinomata della città Kyoto, avrebbe preso quello e un buon frappe alla nocciola.

La pasticceria “Cioccolato e Chantilly” si ergeva al centro della via principale di Kyoto, il nome dell’insegna sembrava fatto interamente di cioccolato con lo sfondo dai toni pastello, gli stessi toni delle glasse più dolci e vellutate. Sotto di essa vi era la vetrina, ogni giorno era abbellita da una torta diversa, il quel momento ve ne era una con il pan di spagna di cioccolato guarnita con la panna e le fragole, accanto vi erano innumerevoli pasticcini, biscotti e scritte di cioccolato bianco, al latte e fondente. All’interno il locale era suddiviso in due stanze: in quella principale i muri erano color salmone, il bancone del colore di legno del medesimo colore del cioccolato, qui i visitatori potevano ammirare le deliziose composizioni del pasticcere che necessitavano di un frigo: crostatine alla frutta, bignè alla crema e al cioccolato ricoperti di glasse colorate. I due superarono la porta scorrevole in vetro decorata da svariati dolci che separavano la stanza principale da quella dove vi erano i tavoli. Anche in questa, i colori dominanti erano quelli pastello, i tavoli erano in legno color cioccolato e le sedie color pan di spagna. Per loro fortuna trovarono un tavolo libero e ben presto la ragazza che prendeva le ordinazioni arrivò a chiedere l’ordine.

Haruka si limitò a una fetta di torta al cioccolato con la panna e le fragole, mentre la sorella ordinò come aveva deciso al teatro un krapfen alla crema e il frappe alle nocciole. Si sentiva la ragazza più felice del mondo.

***

Finì le lezioni di musica che erano le quattro di pomeriggio, come abitudine aveva avuto solamente un’ora di stacco per il pranzo, era la prassi da seguire nei giorni prima di un concerto, secondo i coniugi Kaioh era necessario correggere eventuali sbavature nell’esecuzione, ma lei come del resto il suo maestro sapevano benissimo che di sbagli non ve ne sarebbero stati affatto. Quei brani li sapeva a memoria, primo perché li aveva composti e secondo perché ormai erano due anni che li suonava nel suo repertorio e le dita sulla tastiera del violino si muovevano senza che lei pensasse realmente a ciò che stava facendo. Ripose il prezioso strumento nella sua custodia dopo aver pulito la cassa armonica dalla resina che aveva perso l’archetto mentre suonava e che poteva rovinarla.

La prossima lezione è fissata per Giovedì giusto?” chiese la ragazza.

Si signorina” rispose l’insegnante, mentre riordinava tutti gli spartiti che aveva portato per il solfeggio, anche se la sua allieva dopo ben dieci anni non aveva più nessuna difficoltà a leggerli.

Allora a Giovedì, arrivederci” detto questo si avviò verso la sua camera a poggiare la roba utilizzata durante le ore pomeridiane di lezione, pronta ad affrontare il concerto del giorno dopo, agitazione? Assolutamente no, nervoso per essere messa in mostra dai suoi genitori per pavoneggiarsi con tutti i presenti si. E molto anche. Arrivata in camera sua si diede una veloce aggiustata ai capelli raccogliendoli in un chignon piuttosto morbido che lasciava qualche ciocca libera di caderle sulle spalle, si lavò poi il viso e prese il quaderno sul quale era solita compiere i disegni sui fogli ruvidi che poi avrebbe colorato con i pastelli. Si diresse verso il giardino dove tre giorni prima avevano pranzato con i coniugi Kou e si sedette nel chiosco in riva al piccolo lago che adornava il giardino e si guardò intorno in cerca di qualche spunto, i suoi occhi blu si posarono sulla fontana nel centro del laghetto e sulle carpe koi che nuotavano placidamente sotto il pelo dell’acqua. Iniziò a disegnare proprio la fontana, lo specchio d’acqua e i fiori che apparivano dietro di essi, la matita lasciava tratti sicuri e leggeri sul foglio, e man mano ciò che era davanti a lei prendeva vita sulla superficie cartacea. I suoi genitori non c’erano erano usciti subito dopo pranzo e sarebbero arrivati dopo cena.

Sera” sobbalzò quasi, a sentire la voce di Seiya dietro di se così all’improvviso e soprattutto così vicina al suo orecchio, come da manuale un rossore diffuso si impadronì delle sue guance, un brivido la percorse. Michiru ma cosa ti prende? Dacci un taglio è il solito pallone gonfiato non lo vedi? Si disse tra se e se.

oh ciao.. non ti avevo sentito arrivare…sai quando disegno o dipingo mi isolo totalmente da ciò che mi circonda” mormorò lei scostandosi un poco per far posto al ragazzo sulla panchina del chiosco bianco ricoperto di edera.

Lo avevo immaginato tranquilla non vi è alcun problema” rispose lui, solo in quel momento lei si accorse che aveva una piccola scatola in cartoncino rosa di quelle che danno in pasticceria per trasportare i dolci.

Avevo pensato che dopo così tanto studiare ti avrebbe fatto piacere mangiare qualcosa” rispose lui forse per la prima volta in quei tre giorni un tantino impacciato, d’altronde colei che aveva di fronte lo aveva sempre tenuto a debita distanza dimostrandosi sempre distaccata o nella maggior parte dei casi seccata dalla sua presenza.

Grazie mille” rispose lei spostando il quaderno dei disegni sull’angolo della panchina prima di prendere il pacchetto che lui le porgeva. Aprendolo scoprì che aveva preso tre crostatine ai frutti di bosco e due cannoli alla crema.

Avrei voluto prendere tutti cannoli, ma ne erano rimasti solo due” le disse.

O non ti preoccupare, va benissimo anche così, tu non ne vuoi?” ribatté lei prendendo una crostatina che era ricca di mirtilli e lamponi. Era veramente buonissima il leggero tono aspro dei frutti di bosco si amalgamava benissimo con i toni dolci e vellutati della crema.

Sei sicura che non le mangi tutte?”

Figurati sono cinque, io quando ne mangio due massimo tre sto a posto” Perché mi guarda in quel modo? Avrò sicuramente qualche semino dei lamponi sui denti. Pensò lei guardandolo dritto negli occhi. Il contatto visivo durò per qualche istante, finché lui non allungo una mano diretto al viso di lei, più precisamente sul naso.

Sei sporca di crema” sussurrò lui pulendola. Al tocco di lui sentì una sensazione strana allo stomaco mai provata prima, e anche se non lo avrebbe mai ammesso Michiru sapeva benissimo che cosa volesse significare. E ciò non le piaceva. Non le piaceva affatto. Non voleva legarsi sentimentalmente a nessuno, tanto meno a Seiya. Fisicamente era molto attraente, ma chi le diceva che lui non stesse scherzando? Era premuroso ma ciò non era certamente una certezza che lui non si prendesse gioco dei suoi sentimenti.

O non me ne ero accorta” rispose. “Comunque sarà meglio che torni in camera mia a riposarmi un po’, sai sono molto stanca” rispose lei alzandosi di scatto. Ritraendosi nel suo guscio da cui forse fino alcuni istanti prima era riuscita ad affacciarsi.

Ok…come preferisci, ho fatto qualcosa che non dovevo Michiru?” mormorò lui.

No tu non hai fatto niente che non va, il problema sono io ci vediamo a cena” rispose lei avviandosi con un passo deciso e ugualmente elegante sul vialetto in ciottoli che collegava il chiosco alla vetrata del salone d’ingresso della villa stringendo a se l’album dei disegni.

Perché ti ostini a nasconderti nel tuo guscio. Sono sicuro che all’interno di quel guscio ci sia una perla, ma come posso riuscire a tirarla fuori? Pensò lui guardandola allontanarsi.



***



Arrivarono a casa verso le nove di sera dopo aver passato la restante parte del pomeriggio al “Cioccolato e Chantilly”, dove Usagi aveva consumato una fetta di torta e due cannoli alla crema oltre al krapfen e al frappè. La madre ancora non c’era e l’abitazione era molto silenziosa, la ragazzina posò la busta con i biglietti sul tavolo della sala e andò in camera sua a cambiarsi, mentre invece Haruka si sedette sul divano e accese la televisione dubitando seriamente che la sorella avesse fame dopo tutto ciò che aveva consumato alla pasticceria, lui si sarebbe fatto un’insalata più tardi se avesse avuto voglia.

USA HAI PER CASO FAME?” urlò senza molta convinzione. La conosceva troppo bene. Sentì qualche passo veloce provenire dalla camera e la vide comparire sulla soglia della stanza con indosso il pigiama.

No, temo di aver esagerato al locale” rispose imbarazzata per la sua enorme golosità che le faceva perdere la testa davanti a qualsiasi tipo di dolce. Poi lo raggiunse sul divano e si sedette con le gambe al petto e il mento appoggiato sulle ginocchia, i capelli ancora raccolti nella sua acconciatura preferita. Iniziò a fantasticare sulla sera seguente senza prestare molta attenzione alla televisione, chissà se fosse riuscita a farsi fare un autografo? Era emozionatissima al solo pensarci. Avrebbe visto il suo idolo dal vivo. Dopo tanto fantasticare il suo sguardo cadde sull’orologio della cucina che si vedeva chiaramente anche dalla sala, e scoprì così che erano ormai le dieci passate, pensò di conseguenza che in ospedale c’era stata qualche urgenza che aveva trattenuto la madre oltre il suo turno abituale di lavoro, si intristì non poco: avrebbe voluto darle la bellissima notizia dicendole che sarebbe andata al concerto della Kaioh ma si sentiva troppo stanca per l’intensa giornata che aveva passato insieme al biondo che guardava annoiato il programma di turno.

Haru…” mormorò dopo un sonoro sbadiglio “Credo che io vado a dormire sono proprio stanca, glielo dici tu a mamma del concerto?” continuò alzandosi diretta in camera.

Si sta tranquilla glielo dico” rispose lui dandole il bacio della buona notte “non ti preoccupare pensa a dormire a domani” sentendo quelle parole la bionda dai buffi codini si diresse in camera serena.

Dischiuse lentamente le palpebre assonnate, il viso sotto il lenzuolo si voltò verso la porta semi socchiusa della loro camera dalla quale entrava uno spiraglio di luce che giungeva fino al letto del fratello, che sembrava ancora vuoto. Si mise in ascolto nel buio e le sue orecchie captarono una forte litigata provenire dalla sala o dalla cucina, era difficile dirlo. Erano Haruka e sua madre.

Hikaru Ten’o era arrivata a casa esausta quando mancava poco a mezzanotte, la giornata in ospedale era stata pesante e piena di emergenze provenienti dal pronto soccorso di cui l’ultima l’aveva tenuta impegnata fino a circa un’ora prima, quando finalmente approfittando della calma apparente instauratosi timbrò il cartellino per uscire e andò nel suo studio a lasciare il camice. Arrivata a casa trovò Haruka in sala al buio davanti alla televisione, convinta che lui dormisse si era avvicinata per svegliarlo o laddove non ci fosse riuscita almeno spegnere la televisione.

Ciao Mamma, finalmente” la precedette il motociclista girandosi a guardarla e distogliendo per qualche istante lo sguardo dalla televisione. La donna si avvicinò al tavolo della sala ove qualche ora prima la figlia aveva appoggiato la busta con i biglietti e lo sguardo mentre poggiava la borsa sulla superficie in legno e la giacca in lino sulla sedia le andò a finire proprio su quest’ultima. Decise allora di guardare cosa ci fosse dentro, anche se ai tempi in cui il marito era ancora in vita ne aveva viste tantissime di buste provenienti dal Concert Hall.

Haruka posso sapere cosa significano questi?” chiese con un tono piuttosto rigido, mostrandogli i due biglietti con uno sguardo a metà tra l’arrabbiato e il severo.

Cosa ma?” rispose lui voltandosi nuovamente verso la donna e realizzando solo in quel momento ciò che la madre stringeva tra le dita della mano sinistra. “Oh… si sono due biglietti per me e Usa del concerto di domani della Kaioh” mormorò senza curarsi molto della reazione di Hikaru.

E di grazia dove li avresti presi?” chiese serafica la donna.

Mamma ma che domande fai scusami? È logico che li ho presi al teatro mica li ho rubati da qualche parte ma cosa ti frulla in quella testa?” rispose risentito, ok che gli piaceva uscire e passare le notti fuori, e non aveva almeno per il momento intenzione di lavorare seriamente escluse le corse. Ma non per questo era un ladro.

I soldi dove li hai presi che non ne abbiamo?” attaccò nuovamente la donna.

Li ho chiesti in prestito a due mie carissime amiche, a Settembre dopo la prima corsa della stagione glieli restituisco come ho sempre fatto non vedo dove sia il problema” sbottò, iniziava seriamente a innervosirsi per il comportamento della donna che aveva davanti.

QUANTE VOLTE TE LO DEVO DIRE CHE NON DEVI CHIEDERE IN PRESTITO NULLA EH? QUANTE?” esplose allora la madre.

MA TI SEI RINCOGLIONITA MAMMA? NON HO COSTRETTO NESSUNO A DARMELI HO CHIESTO, SE NON ME LI DAVANO AMEN! NON LI HO CHIESTI DI CERTO ALLA YAKUZA*” urlò lui.

TI SEMBRA GIUSTO CHE OGNI VOLTA DEVI CHIEDERE PER FAR CONTENTA USAGI? QUANDO IMPARERA’ A CRESCERE TUA SORELLA EH? DEVE CAPIRE CHE NON Può AVERE TUTTO DALLA VITA!” rispose a tono lei.

NO SAI COSA DOVRESTI CAPIRE TU? CHE TUA FIGLIA NON CHE MIA SORELLA SENTE LA MANCANZA DI SUO PADRE, NON LO VUOLE FAR VEDERE MA SE PERMETTI ALMENO FIN QUANDO NE HO LA POSSIBILITà VORREI CERCARE DI OVVIARE A QUESTA MANCANZA AFFETTIVA” esplose, sapeva benissimo che quelle parole avrebbero ferito la donna ma era la verità, la cruda e vera verità. Lei aveva imparato a convivere con il vuoto lasciato da quel maledetto tumore, ma la sorella era piccola, troppo piccola e anche se era una ragazza allegra con tutti, gli aveva confidato più volte che le mancava il padre. E lui non poteva far finta di niente. Dopo aver urlato contro la madre uscì furente dalla stanza diretto in bagno a prepararsi per la notte. Si lavò il viso con dell’acqua fresca per cercare di darsi una calmata, prima di dare un calcio contro il cestino degli indumenti sporchi. Quella situazione era insopportabile. Sua madre lo era. Dopo qualche minuto uscì dalla stanza e andò dritto in camera sua e della sorella, stava appunto per aprire la porta quando sentì dei singhiozzi provenire dalla cucina, e la sua meta cambiò in un secondo. Sua madre stava piangendo. Non l’aveva mai vista in quelle condizioni, era sempre stata una donna forte e sicura di se, in quel momento invece sembrava un gattino bisognoso di cure. Le si avvicinò senza far rumore.

Mamma… scusa per prima... la rabbia a volte fa dire cose che non si dovrebbero neanche pensare” mormorò lui sentendosi tremendamente in colpa nei confronti della donna che aveva davanti. Sono proprio una merda. Pensò.

Che scusa…avevi ragione… è solo che è così difficile ammetterlo. Credi che a me non manca vostro padre? È da quando è morto che non riesco a trovare un uomo con cui sto bene mi manca una parte di me stessa. Ovunque. “ disse Hikaru “ Credi che non me ne sia accorta di tua sorella? Ma cosa posso fare? Se non lavoro l’affitto non si paga, come potremmo mai campare? Ma con il lavoro perdo tutti gli attimi della vostra crescita…ma dimmi come devo fare? Come?” scoppiò a piangere.

Mamma non piangere dai..:” furono le uniche parole che lui riuscì a dire abbracciandola. Svariati minuti più tardi sentì i singhiozzi affievolirsi segno che la madre si stava pian piano calmando. “Forse è meglio che vai a dormire sei stanca, oggi hai lavorato tanto” mormorò lui, staccandosi da lei, le sembrava improvvisamente più vecchia di cento anni. Il motociclista si alzò e si diresse definitivamente in camera sua, era l’una passata e aveva bisogno di dormire, e soprattutto di pensare.

Appena Usagi sentì la porta della loro camera aprirsi chiuse gli occhi facendo finta di dormire cercando di trattenere il pianto che saliva veloce agli occhi. Sentire sua madre piangere l’aveva colpita profondamente, e si sentiva terribilmente in colpa. Se non avesse fatto intendere ad Haruka che era triste perché non avrebbe potuto andare a vedere il concerto, tutta quella litigata non ci sarebbe mai stata. E l’unica figura genitoriale rimastole non sarebbe stata così male. Sentì lui girarsi più volte nel letto, dopo di che fu colta dal sonno.



***



Appena giunta in camera Michiru si sdraiò sul letto e fissò il soffitto, non che fosse così interessante un muro bianco, ma il suo cervello era troppo impegnato a elaborare ciò che pochi minuti prima era successo in giardino tra lei e Seiya. Con una mano si toccò il naso nel punto esatto in cui l’aveva sfiorata il bruno. Non c’era nulla di diverso, ma quel tocco così istintivo creatosi per un po’ di crema dei cannoli che lei goffamente si era spalmata sul naso aveva provocato in lei una sensazione diversa. In compagnia del ragazzo stava bene, anche se non riusciva a dimostrarlo come avrebbe dovuto, la sua presenza anche se non sembrava le faceva piacere, ciò non voleva assolutamente dire che provava qualcosa per lui, ma non poteva escludere questa ipotesi. Non in quel momento almeno.

Se veramente si fosse innamorata avrebbe solamente condotto il gioco dei suoi genitori, che cercavano di lasciarli soli il più possibile in casa, chissà con quale intento. O meglio l’intento era fin troppo chiaro per i suoi gusti. Sbuffò stizzita. I suoi pensieri si concentrarono sul concerto dell’indomani, sarebbe stato il primo in cui si esibiva da solista e un po’ di agitazione c’era, solitamente era sempre stata accompagnata dal padre o dalla madre, anche se ovviamente suonavano i pezzi scritti da lei. Quella volta suo padre e sua madre sarebbero stati tra il pubblico in prima fila insieme alle autorità pronti a crogiolarsi nei complimenti che avrebbero ricevuto in sua vece per aver allevato una ragazza prodigio come più volte l’avevano apostrofata i giornali cittadini. Se sapessero a cosa doveva questo suo immenso talento sarebbero rimasti tutti di sasso, era brava è vero. Ma la sua bravura nasceva dalla necessità di esprimersi, perché non riusciva a farlo in altro modo. Per questo la sua musica era emozionante, vera: perché in essa erano contenute le sue emozioni. Le sue e di nessun’altro. Sensazioni che ritornavano a vivere ogni volta che suonava un brano su un palcoscenico o ad una festa che i suoi organizzavano alla villa periodicamente. E doveva ammettere che Seiya in questo ci aveva pienamente azzeccato tre giorni prima, come aveva detto? “Sorprendente come riesci a esprimere ciò che senti nel profondo della tua anima” . Forse quel ragazzo era più intelligente di quanto non sembrasse. Sbadigliò sonoramente prima di sentire la macchina dei suoi genitori percorrere il vialetto, era quasi ora di cena ed erano tornati a casa puntuali come sempre. Lei invece era stanca, se avesse potuto si sarebbe addormentata per risvegliarsi l’indomani sera dopo il concerto,non aveva la minima voglia di suonare ma era costretta. Iniziò a sfogliare il suo quaderno dei disegni, e in prima pagina trovò il suo simbolo artistico, lo aveva disegnato lei stessa: una chiave di violino intrecciata ad una moltitudine di rose fucsia, era il disegno che compariva su tutti i biglietti dei suoi concerti da due anni a quella parte. Si sentiva così simile ad una rosa: fragile, delicata ma al tempo stesso pronta a pungere qualsiasi persona che avesse tentato di farle del male. Per quello aveva scelto le rose, e la chiave di violino fu un’associazione immediata per via del suo talento musicale. Gli altri disegni erano studi preparatori per qualche dipinto che aveva finito e con il quale aveva più volte partecipato a delle mostre, organizzandone anche di proprie. Pian piano sentì le palpebre farsi sempre più pesanti.

Signorina Kaioh i suoi genitori l’attendono per iniziare la cena” la voce della domestica risuonò dopo un tempo imprecisato vicino al letto. No non aveva voglia di alzarsi, aveva solamente voglia di dormire.

Di a mio padre che non mi sento bene e preferisco rimanere a letto” mormorò senza aprire gli occhi “Non ho molta fame” mentii, in realtà avrebbe potuto mangiare una balena intera, ma la poca voglia di vedere le persone che l’avevano data alla luce, e soprattutto il bruno le davano dei buoni motivi per spingerla a rimanere a letto e fare la finta malata ben sapendo che i suoi genitori avrebbero preferito farla riposare, piuttosto di rischiare di dover annullare all’ultimo momento il concerto in programma per la sera seguente. In fondo era sempre stato così, a loro interessava della sua guarigione solo e solamente se c’era un concerto di li a pochi giorni. Sprofondò in un sogno tranquillo e senza sogni.



***

24 ore più tardi



Dopo una cena veloce costituita da quattro tramezzini e un insalata con mozzarella, pomodori, olive, mais e wustel era corsa a finire di prepararsi, da li a poco più di mezz’ora doveva lasciare la villa per recarsi al teatro in modo tale da arrivare mezz’ora prima del concerto. Si mise un vestito rosso, con una gonna molto semplice e dritta anche se un po’ a campana che le arrivava poco sopra il ginocchio, poi legò il nastro che partiva dal corpino dietro al collo. Si tirò su parte dei capelli fermandoli dietro con una piccola rosa rossa, e completò il tutto con un po’ di rossetto rosso e un filo di rimmel e matita. Scarpe e borsa bianche. Dopo di che prese il suo fidato violino e si avviò verso l’ingresso dell’appartamento, qui trovò Seiya già pronto in giacca e cravatta nere.

Sei bellissima” disse il moro sorridendole e porgendole il braccio, gesto che non sfuggì alla violinista.

Grazie” mormorò arrossendo come un pomodoro, molto probabilmente aveva il viso della stessa tonalità del suo vestito. “I miei sono già in macchina?” chiese poi. Porgendo il braccio al ragazzo per prenderlo a braccetto.Alla fine che cosa poteva fare di male? Niente. Il contatto con il braccio di lui provocò in lei la stessa sensazione che aveva sentito il pomeriggio prima in giardino. Che non accennava a diminuire, anzi tutto il contrario: era costante e presente nel suo essere.

Qualsiasi cosa indossa ha un’aurea di eleganza che le alleggia intorno. Chissà se anche lei prova ciò che sto provando io. Pensò il bruno osservandola prima di rispondere.

Si ci stanno aspettando, sarà il caso di andare quindi” le rispose sorridente, un sorriso che le scaldava decisamente il cuore e che stava benissimo su quel viso perfetto.

I due ragazzi si diressero insieme giù dalle scale sull’ingresso della villa davanti alle quali la macchina nera era già accesa con le luci che illuminavano il prato di fronte. I suoi genitori parlavano non curanti del loro arrivo con l’autista, molto probabilmente per cercare di individuare la strada meno intasata a quell’ora della sera. Seiya le aprì gentilmente la porta per permetterle di salire.

Grazie” mormorò lei donandogli il primo sorriso da quattro giorni a quella parte, dopo aver chiuso si mise a fissare al di fuori del finestrino come era sua abitudine fare per distrarsi dal concerto imminente. Si perse dopo pochi minuti a osservare le luci della città, in particolare fissò il mare, una distesa nera come la notte che si muoveva ritmicamente, il teatro dove avrebbe suonato era proprio al termine del lungo mare e illuminava parte della baia riflettendosi sull’acqua. In una decina di minuti raggiunsero la loro meta e l’autista si diresse verso l’entrata secondaria del teatro riservata all’ingresso degli musicisti o degli attori. Il parcheggio era già gremito da auto di tutti i generi: dalle porsche carrera alle utilitarie familiari.

L’ingresso riservato agli artisti era molto sobrio, e non aveva niente a che vedere con l’ingresso decisamente più elegante e sofisticato riservato al pubblico, il quartetto fu accolto da uno dei responsabili del teatro che ormai la violinista conosceva fin troppo bene, l’uomo diede loro il benvenuto esibendosi in un perfetto baciamano sia nei confronti della signora Kaioh che della figlia che si limitò a sfoderare uno dei suoi migliori sorrisi di cortesia senza rispondere.

Miss Kaioh se vuole il suo camerino è già pronto” le disse.

Grazie mille, con il vostro permesso andrei a prepararmi allora” mormorò lei prima di salutare e dirigersi verso la stanza ormai estremamente familiare in quanto era stata riservata dai suoi genitori alla sua famiglia. Solite manie di grandezza che lei tollerava a stento, avere un camerino come tutti gli altri era così indignitoso?

Poco dopo che era da sola nella stanza dove spiccavano un ampio specchio appeso ad una parete sopra una scrivania e una poltroncina davanti ad essi di velluto rosso, sentì bussare alla porta.

Avanti” a quella parola Seiya fece il suo ingresso, andandosi poi a stravaccare senza fare troppi complimenti sulla poltroncina “Non ne potevo più dei discorsi che stavano facendo, mi sono defilato” mormorò con un tono al quanto stizzito.

Io è tutta la vita che sento questi discorsi pensa un po’ che culo” arrossì subito dopo per l’espressione poco femminile che le era uscita dalle labbra “Scusami… non volevo fare un’affermazione così… poco consona al mio livello per cosi dire… culturale” cercò di rimediare mentre afferrava il prezioso Stradivari per accordarlo, per il moro anche quei suoni così scoordinati tra loro erano una melodia meravigliosa.

Posso capire perché ti scusi?” disse lui prendendo il quaderno ove erano contenuti gli spartiti, con una copertina color blu scuro.

Perché comunque un espressione come “culo” non è certamente adatta visto il cognome che porto” rispose torva “Comunque non penso che ci capirai sono tutti spartiti” rispose lei senza smettere di saggiare con precisione ogni nota del suo strumento alla ricerca di qualche stonatura.

Io dico che devi farti meno problemi sai? E pensi molto male, si da il caso che il sottoscritto suoni una chitarra elettrica per hobby” rispose lui sfoderando un sorriso da far girare la testa a chiunque. Ma non a lei. Alla quale provocò solamente una strana e minima sensazione.

Ah davvero? Non lo avrei mai detto!” rispose lei stupita mentre guardava l’orologio. “Sarà meglio che vada, tra cinque minuti devo essere sul palco” mormorò lei afferrando lo strumento.

Ehi ma questi non ti servono?” Le disse lui sollevando il quaderno con gli spartiti.

No non mi servono, ti conviene raggiungere il tuo posto a sedere in platea oppure non ti faranno più entrare poi” disse lei sparendo nel corridoio.



Un quarto d’ora più tardi era li, con un centinaio di occhi puntati addosso che la osservavano dal buio della sala davanti a lei. I suoi genitori in prima fila che la guardavano con un espressione che non tollerava sbagli o brutte figure. Si sentiva sola. Era terribilmente sola. Le ragazze presenti in sala molto probabilmente avrebbero ucciso per essere al suo posto, per una vita così agiata, per studiare nel miglior istituto cittadino. Lei no. Perché sapeva che in tutto quello sfarzo mancava la cosa più importante: l’amore dei propri genitori. Era li sul palco a preoccuparsi di due persone che non si chiedevano minimamente se era giusto o sbagliato lo stile di vita che le stavano donando. Perché secondo loro poteva solamente essere giusto.

Decise di non pensarci mentre posizionava il suo miglior amico e confidente sulla spalla per poi posizionare l’archetto sulla corda a cui era assegnato l’attacco del brano.Forza Michiru ignorali. Pensò tra se e se, un attimo prima che una melodia dolce si levò dal palcoscenico.



* * *



Usagi fece ingresso nell’Auditorium attaccata affettuosamente al braccio del ragazzo, perfettamente consapevole che agli occhi degli sconosciuti potevano essere scambiati per una coppia di fidanzatini. Intorno a lei gli sguardi invidiosi delle ragazze che come lei erano andate a vedere il concerto. La sala dove si teneva il concerto era molto moderna, bianca con le poltrone per gli spettatori nere, sopra il palco il soffitto disegnava una rosa molto sofisticata all’interno dei contorni era tutto rigata, e non ci volle molto tempo a capire che l’aria condizionata proveniva proprio da quelle fessure, erano stati più volte in passato in quel teatro ma non se lo ricordava affatto così stupefacente. Si girò verso il biondo al suo fianco e lo abbracciò.

Grazie Haru, è un regalo bellissimo ciò che hai fatto, sei la persona migliore del mondo” esclamò scoccandogli un baciò sulla guancia. E strappando un sorriso sghembo a lui che non amava molto le effusioni affettive.

Pochi istanti dopo le luci in sala calarono, e prima dell’inizio dello spettacolo fu trasmesso il solito messaggio automatico che intimava ai presenti di spegnere i dispositivi cellulari in modo tale da limitare se non eliminare del tutto le interferenze con l’audio. Dopo qualche secondo di buio le luci illuminarono il palco rivelando la violinista al centro di esso che reggeva il violino poco sotto la vita sorreggendo con il mignolo della stessa mano anche l’archetto. La bionda dai buffi codini era emozionatissima e non riusciva a stare un attimo ferma sulla sedia.

Difficile spiegare ciò che avvenne in Haruka dal punto di vista emotivo al vedere quella creatura così splendida e perfetta su quel palcoscenico. In televisione era molto carina, ma dal vivo era bellissima, sembrava uscire da un dipinto di Michelangelo o Raffaello. Sentiva il proprio essere palpitare alla vista di quella figura, come se un tornando o un vento violento la sferzasse dall’interno, muovendo i lati più reconditi del suo essere. Quando poi quella visione angelica iniziò a intonare le note che avevano fatto innamorare metà della popolazione della città e non solo, quella sensazione di stravolgimento aumentò.
Quella musica che poteva apparire così dolce, a tratti aggressiva e ad altri triste e drammatica, sentiva che gli appertenesse, sentiva che ciò che comunicava la musica comunicava le stesse emozioni che sentiva lui: solitudine, dolore, tristezza, repressione. Sensazioni vivide, intense, da mozzare il fiato. Che ti rapivano nel profondo portandoti a tirare fuori un lato di te stesso che non avresti mai immaginato di possedere, e che era sicuro era lo stesso che possedeva quella creatura angelica.







Angolo chiarimenti:

Yakuza: Corrispondente della mafia italiana in Giappone. Non è altro che la mafia giapponese.





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Capitolo 4
*** Dopo il concerto ***


4^Capitolo: Dopo il Concerto.

Appena la nota di arrivederci si alzò dalla cassa armonica del suo compagno più fidato svanendo nella sala pochi istanti dopo, dal pubblico si levò un fragoroso applauso, ma gli occhi dell’artista andarono immediatamente a scorrere la prima fila ove sedevano i suoi genitori, per cercare di capire mentre eseguiva un grazioso inchino se aveva colmato le loro aspettative o, al contrario, le aveva deluse.

I coniugi Kaioh, però, erano già impegnati con i convenevoli con delle svariate autorità presenti quella sera al debutto da solista della figlia. Lei invece corse dietro le quinte senza indugiare molto. Non ne aveva voglia. Quella visione le metteva più nervoso del dovuto. Arrivata nel corridoio dove si trovava il suo camerino scorse la figura di Seiya , era appoggiato al muro a braccia conserte proprio di fronte alla stanza verso la quale si stava dirigendo.

Che ci fai qui?” disse appena lo ebbe raggiunto, mentre faceva scorrere il pass nel lettore della serratura.

Lo sai che non sopporto molto i tuoi no? Comunque non volevo lasciarti sola, ho la sensazione che i tuoi saranno impegnati per un po’..” rispose lui alzandosi dal muro.

Com’erano i miei? Contenti?Hanno detto qualcosa?” domandò lei di rimando, con un tono ansioso, temeva di aver compiuto qualche errore di cui non si era accorta e per cui si sarebbe presa a casa una sonora ramanzina.

Si mi sembrava di si, non si sono lamentati di niente…ma neanche si sono profusi in complimenti” rispose lui “Ma poi scusa a te cosa te ne importa? Hai suonato divinamente, anche se hai sbagliato una nota di mezzo tono, cosa che non mi sembra di aver percepito, fregatene no?” il bruno era irritato dalla rassegnazione con il quale la ragazza affrontava la vita che le girava intorno, senza però travolgerla in modo significativo.

Tu non conosci i miei genitori” gli rispose mentre allentava i crini di cavallo che costituivano l’archetto del suo violino per poi riporli nella custodia, dalla parte del coperchio, dopo di che prese un fazzoletto di carta e pulì la cassa armonica dello strumento dalla resina.



***



Appena la violinista suono l’ultima nota, parte del pubblico in sala si alzò in piedi e Usagi era tra questi, con gli occhi pieni di felicità per la musica appena sentita che l’aveva riempita di emozioni e soprattutto ricordi legati alla sua infanzia quando ancora era presente il suo papà, che aveva notato la Kaioh ancor prima che sfondasse nella musica in quel modo.

Haruka al suo fianco invece faceva altri pensieri, il suo cervello infatti era andato in tilt quando l’artista aveva fatto il suo ingresso nella sala e da quel momento aveva deciso di non funzionare più. Doveva assolutamente pensare a qualcosa per rivedere quell’angelo che aveva catalizzato la sua attenzione per quelle due ore. Ma come poteva fare?

Haru, io devo andare in bagno…mi scappa” gli disse la sorella voltandosi verso di lui dopo aver preso la giacca dalla poltrona alle sue spalle.

Ok allora vai ti aspetto dall’ingresso, sai tornarci no?” rispose lui, con la testa che pensava sempre a quel bel chiodo fisso che non aveva nessuna intenzione di andarsene, anzi! Guardò la sorella alzarsi e abbandonare la fila per andare ai servizi, lentamente intorno a lui la sala si stava svuotando e man mano il vociare calava fino a spegnersi. Una decina di minuti più tardi rimase totalmente solo in quella sala, fisso il palco mosso da chissà quale desiderio di vederla riapparire per suonare un brano solo ed esclusivamente per lui. Si maledisse da solo per quanto era ridicolo a pensare solo e minimamente che lei potesse averlo in qualche modo notato nel buio in mezzo a quel centinaio di persone che la adoravano quasi fosse un dio in terra.

Usagi nel frattempo si era avviata nel corridoio del teatro che portava all’entrata della sala alla ricerca del bagno, sapeva che era da quelle parti, se lo ricordava fin da quando anni prima i loro genitori li accompagnavano a vedere spettacoli di ogni tipo, il corridoio era piuttosto anonimo, dai muri bianchi e dal pavimento in legno rossiccio, così come il battiscopa, il suo sguardo si posò sulla freccia che indicava i bagni e svoltò da quella stessa parte. Trovò nel disimpegno dove vi erano cinque lavandini svariate donne, dai bellissimi ed elegantissimi abiti e sentì le sue guance divenire rosse al solo pensare quanto fosse anonimo ciò che indossava. Nessuna firma importante le rivestiva il corpo. Si sentì improvvisamente fuori posto tra tutto quello sfarzo.

Tesoro devi andare in bagno?” la voce di una donna dai capelli bruni raccolti dietro al capo la riportò alla realtà, indossava un abito rosso carminio, che metteva in risalto il suo seno prosperoso, la stava fissando con i suoi neri, in attesa di una sua risposta.

Si grazie mille” rispose lei infilandosi nel primo bagno libero sperando che quando ne sarebbe uscita fosse stata sola.

Dopo aver tirato lo scarico girò la chiusura del bagno e dopo di che si lavò le mani con il sapone, decise di non asciugarsele per sentire un po’ di fresco in più nonostante l’aria condizionata fosse accesa e ben funzionante. Fatto questo uscì nuovamente nel corridoio e si guardò intorno non sapendo bene da che parte andare per ritornare verso l’ingresso, decise di percorrere il corridoio verso sinistra, non sapeva se poteva essere quello giusto ma dalla parte opposta era esattamente della stessa lunghezza, e soprattutto identico. Raggiunse in breve tempo la fine del corridoio e voltò verso destra, le ballerine che risuonavano a contatto del pavimento. Quel corridoio però non lo aveva mai visto, o era semplicemente una sua impressione? Forse era solamente enormemente confusa ed era solamente frutto della sua immaginazione il fatto che avesse sbagliato strada.



***

Dopo aver posto nella custodia il violino si voltò verso Seiya scoprendo che il bel moro era proprio accanto a lei, quella vicinanza così improvvisa le provocò strane sensazioni che le percorsero tutto il corpo, si sentiva a disagio quasi in imbarazzo. Capirai che novità! Con lui era sempre stata in imbarazzo, ma quella volta era diverso. Era una sensazione diversa, e sentiva gli occhi del bel moro puntati su di lei.

Perché mi fissi? Ho forse qualcosa fuori posto?” mormorò girandosi a fissarlo incuriosita, e in effetti pensò lui, una cosa fuori posto l’aveva: una ciocca si era liberata dall’acconciatura tenuta insieme da dei ferretti e le era ricaduta scompostamente su una spalla.

A parte questa, niente di più” le sussurrò lui fissandola mentre le rimetteva apposto il ciuffo, provando inspiegabili emozioni quando i suoi polpastrelli sfiorarono il viso di porcellana della violinista, avrebbe voluto rimanere li in eterno, in quella specie di incantesimo che si era creato nel silenzio di un gesto così semplice, così casto. Si persero nel loro contatto visivo, godendosi quei lievi attimi di un’intimità appena accennata.

Michiru ma cosa credi di fare?Una voce ai lati della sua coscienza la riportò alla realtà spezzando l’incantesimo di cui erano caduti vittima, riprese lucidità e registrò immediatamente la presenza della mano di lui sul lato sinistro del viso , portò la sua sopra a quella del ragazzo, come a non sapere cosa fare, come comportarsi. Sapeva solamente che quel gesto era tremendamente dolce.

Non ti preoccupare, un passo per volta” disse lui riportando la mano sui fianchi: aveva intuito il cambiamento di lei avvenuto in pochi secondi, quasi avesse capito la “ gravità” di ciò che stava avvenendo e il frutto di quella consapevolezza aveva fatto si che il muro di ghiaccio tornasse al suo posto. Poco male. L’importante era sapere che quel muro poteva pian piano essere scalfito, se non addirittura sciolto.

Forse è il caso che raggiungiamo i miei, si staranno chiedendo dove sia finita” gli rispose mordendosi il labbro inferiore.

Si hai ragione” mormorò, prima di prendere la giacca di lei per appoggiargliela sulle spalle, lei afferrò il violino e si diresse verso la porta del suo camerino, appena ne uscì però senza neanche guardarsi intorno, perché in effetti non ci sarebbe dovuto essere nessuno in quel corridoio tranne lei, e in quel caso Seiya, andò a sbattere contro qualcosa che sembrava a occhio e croce una persona. Se non fosse stato per il ragazzo alle sue spalle avrebbe fatto una rovinosa caduta in terra, per sua fortuna e soprattutto per il suo prezioso violino questo non avvenne. Guardò la persona che l’aveva scontrata. Era una ragazzina di massimo quattordici anni con i capelli acconciati in due buffi e stranissimi codini in cima ai quali svettavano due odango rotondi, bionda con gli occhi azzurri.

Ahi che botta! Fu questo ciò che pensò in prima battuta Usagi quando si ritrovò da un momento all’altro per terra, prima di fissare le scarpe della persona che aveva rovinosamente scontrato, come al solito aveva l’abitudine di andare in giro con la testa tra le nuvole e come sempre non si era smentita con le sue orrende e terribili figuracce.

Vuoi una mano per alzarti?” una voce sconosciuta ma al tempo stesso che conosceva a memoria per averla sentita svariate volte alla televisione la riportò alla realtà, il suo sguardo si incammino dalle scarpe su, lungo il corpo di colei che la stava osservando con un velato interesse dall’alto. Il suo sguardo incontrò una gonna di un vestito rosso appena sopra il ginocchio, e poi finalmente arrivò a incrociare il suo sguardo con un paio di dolcissimi occhi blu, arrossì vistosamente mentre una grandissima emozione si impadroniva di lei. Era li a pochi centimetri dal suo idolo di sempre ed era andata a finire in terra dopo averlo scontrato. Usagi hai fatto proprio una bruttissima figuraccia. Si disse. “Ehi ci sei? Non ti mangio mica sai!” le disse.

Si scusa e che…vedi non mi aspettavo proprio che fossi tu…” biascicò imbarazzata prima di prendere la mano della violinista e alzarsi. “Anzi… sc-scusami, non volevo farti male…” mamma quanto si sentiva ridicola. Certo che dal vivo era ancora più bella.

O figurati non ti scusare proprio, colpa mia che non ho guardato neanche prima di uscire dal camerino” le sorrise il suo idolo “Piuttosto che ci fai in questa zona del teatro, è riservata agli artisti e agli attori”

Ehm… si… credo di essermi persa” mormorò la biondina.

A ok be allora se vuoi ti aiuto a ritrovare la strada, io e Seiya stavamo proprio andando all’uscita principale” disse lei.

Ok Grazie” rispose, non sapendo bene cosa dire. Poteva chiederle un autografo, in fondo quando le sarebbe capitato di nuovo di stare così a pochi passi da lei? Mai più! E doveva sfruttare quell’occasione. Si incamminò a fianco della ragazza dai capelli mossi, in silenzio.

Eri al concerto immagino” interruppe il silenzio proprio quest’ultima.

Si…anzi sei bravissima, suoni dei brani incredibili ti ammiro tantissimo sai? Mio papà era un tuo ammiratore fin da quando eri ancora ai più sconosciuta, se fosse ancora qui non ci crederebbe mai” rispose con gli occhi luccicanti.

Grazie… troppi complimenti” sorrise l’altra.

Anzi se non sono troppo indiscreta posso chiederti un autografo?” buttò li con non curanza, al massimo le avrebbe risposto di no, sicuramente non l’avrebbe mangiata o almeno lo sperava!

Si certo prendo carta e penna e te lo faccio subito” detto questo si fermò poco prima di svoltare nel corridoio e ritrovarsi nell’atrio “Seiya tieni un secondo” esclamò porgendo orizzontalmente la custodia del violino per tirarne fuori un quaderno di spartiti e una penna blu mare stilografica, dopo di che sfogliò il quaderno al primo foglio libero, e diede un colpo secco per strapparlo.

Ma no, hai rovinato un tuo spartito, scusa non volevo” mormorò mortificata Usagi.

Sai quanti fogli finiscono nel cestino quando compongo? Una miriade! Come ti chiami?” rispose l’altra mentre scriveva qualcosa con la sua calligrafia elegante.

Usagi…Usagi Ten’o”

Usagi…che bel nome, sai che significa coniglio lunare?” rispose lei mentre disegnava accanto alla piccola dedica un coniglio in stile kawaii.

No non lo sapevo”

Tieni” la biondina afferrò il foglio che le porse l’artista “ I tuoi sono nell’ingresso? Dobbiamo salutarci qui perché appena mi vedranno sarò sommersa dai giornalisti sai com’è anche saper suonare ha i suoi lati negativi…e non immagini neanche quanti siano” mormorò.

Ok nessun problema…grazie ancora…d’avvero non avrei mai immaginato di incontrarti…anzi scontrarti!” rispose l’altra prima di avviarsi felicissima verso il fratello che l’attendeva con la schiena appoggiata il muro con quella sua area da strafottente che da sempre lo contraddistingueva, mentre lo raggiungeva non poté fare a meno di notare quante ragazze lo osservavano da lontano, e si sentì orgogliosa di poter essere l’unica a poterlo abbracciare quanto voleva. Suscitando in loro l’invidia più cieca in assoluto.

Haruka, non sai cosa mi è successo!” esclamò saltando al braccio di lui.

Che cosa? Hai fatto una cacca più grossa del solito visto quanto ci hai messo?” commentò lui con il suo sorriso sghembo.

No Haru! Ho incontrato Michiru… la Kaioh capito? Guarda!” esclamò facendogli vedere il foglio con l’autografo.

Le parole della sorella catturarono l'attenzione del biondo, che si tirò su ricuperando la sua postura naturale.

"Dove l'hai incontrata Usa?" le chiese immediatamente lui.

" Poco fuori dai bagni perché avevo sbagliato strada, mi ha accompagnata fino a quella porta li" esclamò lei, indicandola con un dito " poi mi ha lasciata per non essere presa di mira dai giornalisti, è tutta diversa da come la immaginavo molto alla mano veramente.. ed è ancora più bella vista da vicino e dal vivo!" esclamò la ragazzina emozionata.

"Potevi mandarmi un sms, così venivo a recuperarti e la conoscevo" mormorò lui "Così anche io avrei avuto il mio autografo" rispose lui, ma alla fine dell'autografo non gli interessava, era la musicista l'oggetto reale delle sue attenzioni.

***

Circa un'ora più tardi le sue scarpe col tacco toccarono finalmente l'auto di famiglia, l'arco di tempo compreso tra la fine dell'esibizione e quel momento era stato riempito da mille convenevoli provenienti da persone che lei nemmeno conosceva e con la quale non aveva mai scambiato alcuna parola. La stanchezza della giornata iniziava a pesarle, nonostante fosse abituata a quella vita estiva il suo fisico non era del suo stesso avviso.

Durante l'inverno era tutto estremamente più semplice con la scuola di mezzo, era forse impegnata molto di più ma almeno con la scusa dello studio i suoi concerti venivano ridotti solo al periodo di Natale per farla concentrare nel rendimento scolastico e negli allenamenti della squadra di nuoto della quale lei faceva parte essendone il capitano. Le vacanze estive invece per lei erano una prigione da cui non riusciva a scappare e che ogni anno le diventava sempre più stretta. Dietro in macchina con lei c'erano sia Seiya che sua madre, la donna era in mezzo a loro.

I suoi pensieri si andarono a posare a quando era stata da sola nel camerino con il ragazzo che era al suo fianco, nei sedili posteriori dell’auto. Sul dolce imbarazzo provato, ma soprattutto si concentrò sull’alchimia che si era venuta a creare nell’istante stesso in cui il bruno le aveva spostato il ciuffo di capelli sfuggito alla sua pettinatura. Non sapeva come definire tutto ciò, era perfettamente sicura che forse non era il caso di fidarsi, soprattutto di uno che sembrava avere tutto l’appoggio dei suoi genitori. Ma fatto sta che, in quei giorni, Seiya era riuscito a scalfire quella corazza che negli anni si era eretta intorno a se, più simile ad un guscio dal quale affacciarsi ogni tanto pronta a nascondervisi appena ce ne fosse stato bisogno. E il tutto si era verificato senza che lei se ne accorgesse, fino a quel momento per lo meno.

Il solo pensiero di correre il rischio di essere presa in giro le baluginò nella mente, si voltò verso il ragazzo e vide il suo profilo un po' di sbieco mentre anche lui come lei fino a pochi istanti prima osservava come ipnotizzato le luci dei locali e dei lampioni davanti a se. Forse perché si sentì osservato voltò dopo qualche attimo il viso e i loro sguardi si incrociarono, sul volto di lui si dipinse il migliore dei sorrisi. No era impossibile che lui era come tutti gli altri, pronto a ferirla sparendo dalla circolazione, il suo affetto sembrava molto sincero. E se non lo era, il bruno era molto bravo a fingere. Come gli altri incontrati in passato. Arrossì con la paura di essere apparsa troppo sfacciata a fissarlo in quel modo, un arrossamento accompagnato da un muto e imbarazzato sorriso nell'oscurità che a intervalli regolari piombava nell'abitacolo.

Il moro era rimasto sorpreso da come la violinista nonostante fosse di nobili origini si fosse aperta in presenza di quella ragazzina che l'aveva scontrata. Al suo posto il novanta per cento delle nobil donne avrebbe snobbato se non altro umiliato una plebea, poco importa se questa era poco più che una bambina. Questa sfumatura della ragazza provocò in lui alcuni pensieri sul perché con lui invece fosse così gelida, verso quell'ambiente e quella vita che in molte le invidiavano lo era.

La macchina scura ci impiegò pochissimo a percorrere la passeggiata a mare che collegava il teatro alla villa di Michiru, nonostante i semafori a quell'ora tarda il traffico era veramente irrisorio.

Arrivati alla villa i genitori della ragazza come prevedibile si fermarono in sala a bersi qualcosa, dando un rapido sguardo alla televisione per vedere se in qualche giornale di tarda notte ci fossero già delle notizie riguardanti il concerto di quella sera. Sembravano avere una fissazione per il successo, per loro era una droga vera e propria. Dalla quale era impossibile disintossicarsi, almeno fino a quando loro non avrebbero voluto farlo, e quell'opzione era al quanto stramba se non insensata rivolta alle persone che l'avevano messa al mondo. Come era abituata non ricevette un minimo di complimento da loro.

Io mi ritiro nella mia stanza perché sono stanca” mormorò lei “Buona notte” quel disinteresse che affliggeva i suoi genitori le faceva sempre un gran male, anche se ormai era la prassi a cui era abituata da sedici anni, ma si sa che nonostante un abitudine sia radicata, non vuol dire che essa sia totalmente indolore per chi la subisce. Mentre si dirigeva verso la sua stanza però, non poté far a meno di notare che qualcuno la stava seguendo, molto probabilmente era Seiya, anzi sicuramente era lui, arrivata accanto alla porta della sua camera la socchiuse.

Dovevi dirmi qualcosa?” chiese prima di entrare voltandosi verso di lui, non si spiegava altrimenti il motivo per il quale l’aveva seguita fino a li.

Niente… volevo solamente augurarti la buona notte, e poi non te la prendere…” le disse lui sorridente come sempre, come riusciva ad essere sempre così allegro? Sarebbe rimasto sempre un autentico mistero per lei.

Per cosa non me la dovrei prendere scusami? Non capisco…” O meglio, faceva finta di non capire, se lui si era accorto che c’era qualcosa che non va anche se la conosceva solamente da una settimana, come potevano i suoi genitori non accorgersene quando la conoscevano da sedici anni.

Per i tuoi genitori Michiru…” sospirò lui, prima di trattenere a stento uno sbadiglio piuttosto rumoroso, che fece sorridere la ragazza che aveva di fronte. “Sarà meglio che io vada a dormire, domani entrambi dobbiamo studiare ed è meglio essere freschi e riposati”

Si hai ragione…be allora buona notte ci vediamo domani” rispose lei facendo l’atto di entrare in camera sua.

Michiru…” si sentì chiamare dopo pochissimi istanti, fu costretta a riemergere dalla stanza trovandoselo davanti, fu un istante e sentì le labbra del ragazzo sulla guancia. “Sogni d’oro” mormorò prima di allontanarsi da lei come se niente fosse successo, lasciandola li in balia della scossa che le aveva provocato lui con quel semplice gesto. Dopo averlo visto avviarsi per il corridoio diretto alla sua camera fece rientro nella stanza, chiudendosi definitivamente la porta alle sue spalle, dopo di che andò immediatamente a lavarsi i denti e poi si infilò sotto le coperte.



***



Haruka ma non dire idiozie!” Setsuna lo guardava con uno sguardo che avrebbe fatto impallidire chiunque.

Non lui.

Il biondo la fissò in silenzio, mentre muoveva la bottiglia di birra in modo da farne roteare il contenuto.

Ripensava alla sera prima. Lui ed Usagi erano rientrati quando era già l’una passata, cercando di fare il minor rumore possibile, a luce spenta per non svegliare la madre che già dormiva nella stanza di fronte alla loro. Sua sorella era stata la prima ad andare in bagno, per uscirne poco dopo coi lunghi capelli biondi che liberi dalle costrizioni a cui erano obbligati durante il giorno l’avvolgevano quasi fossero un mantello, indosso aveva il solito pigiama rosa e bianco, si era diretta verso la scrivania ove era poggiato il foglio su cui era stato tracciato l’autografo, gli occhi ancora luccicanti per le emozioni provate al concerto. Dopo di che, la vide raggiungere il suo letto e spense la luce proprio nel momento in cui il motociclista si dirigeva in bagno per prepararsi, si lavò i denti e si mise il pigiama prima di andare in cucina a bere un bicchiere d’acqua. L’abitazione era avvolta nella più completa oscurità.

Tornato in camera, impostò il condizionatore al massimo, si sdraiò nel letto, facendosi avvolgere definitivamente dall’oscurità e dal silenzio tutt’intorno, le tenebre interrotte solamente dalle luci che filtravano dalla strada attraverso le tapparelle.

Doveva rintracciarla. In qualunque modo, non poteva non rivederla, poteva aspettare qualsiasi altro suo concerto, ma sentiva il bisogno di parlarle a quattro occhi.

Il suo pensiero era rivolto solamente a un chiodo fisso: Michiru Kaioh , non aveva mai incontrato nessuna in grado di fargli provare delle emozioni così forti solamente nel suo essere ammirata. Forse la musica era stata complice nel dipingere la figura di quell’angelo bellissimo comparso sul palco ma quelle due ore erano bastate per fargli provare il desiderio di rivederla. Era più forte di lui. Non poteva resisterle. Quello era l’unico pensiero che gli martellava il cranio. Era stato tormentato tutta la notte da quel pensiero, tanto da riuscire a chiudere occhio solamente verso le sei, per quattro piccole ore, dopo di che aveva dovuto alzarsi per forza, quella nottata aveva lasciato come strascico un forte mal di testa per aver dormito troppo poco, contribuendo a fargli prestare ancora meno attenzione a ciò che la sua migliore amica gli stava dicendo. Non che in condizioni normali le avrebbe dato retta.

Ruka ci sei?” la voce della bruna lo riportò alla realtà.

Certo! Stavo solamente pensando” mormorò “E comunque Sets ormai ho deciso, devo fare di tutto per incontrarla” aggiunse dopo qualche secondo mentre sorseggiava dalla bottiglia, seduto sulla sella della sua moto, accanto alla quale c’era l’amica.

Ti rendi conto di quello che dici? Torna alla realtà per favore” era sbigottita, tutto ciò che aveva sentito fino a quel momento non aveva senso “ Appartenete a due mondi completamente diversi, è matematicamente impossibile che lei ti degni anche solo di un minimo sguardo, quella è un piccola principessa viziata come solo lei sa quanto” provò a convincerlo, con poca convinzione, ben sapendo che era un’impresa disperata, che avrebbe solamente arrecato altro dolore alla persona che aveva a fianco, e lei come sempre avrebbe dovuto assistere impotente a tutto ciò. “E poi come la rintracci?” chiese all’improvviso.

Quello ho già risolto” le disse, pensando alle ricerche che aveva fatto su internet quel pomeriggio dopo pranzo “ Abita con moltissime probabilità sul lungo mare, come tutti gli abitanti benestanti della città”

E quindi?” fu incalzata.

E quindi ho trovato una nuova zona della città dove compiere la mia corsa pomeridiana” le fece l’occhiolino, prima di lanciare con una mira perfetta la bottiglia nella spazzatura, dopo di che si infilò il suo casco integrale sulla zazzera bionda, e dopo averla salutata diede gas alla moto prima ancora che lei potesse dirgli qualcosa. Di qualunque tipo. Ne era sicuro, prima o poi l’avrebbe incontrata, avrebbe incontrato Michiru Kaioh.



***

Il mattino dopo giunse a colazione con un po’ di anticipo, e trovò solamente i suoi genitori al tavolo che stavano iniziando a spalmare della marmellata di mirtilli su delle fettine di pane, poco lontano dal porta pane c’era una caraffa con succo d’arancia e le tazze erano ancora totalmente vuote.

Buongiorno” esclamò ancora un po’ assonnata appena sedutasi sulla sedia, dopo di che si servì del succo d’arancia e del pane tostato sul quale avrebbe poi spalmato della nutella.

Giorno cara, senti volevamo parlarti a proposito dei quattro giorni di tour che io e tuo padre dovremo iniziare la prossima settimana” le disse la madre, con un tono falsamente apprensivo.

E cosa dovevate dirmi?” chiese lei, senza porre poi molta attenzione alla risposta mentre spalmava con una violenza non necessaria la crema alla nocciola sul pane.

Seiya verrà con noi per questi quattro giorni perché deve tornare a Tokyo, sai credo debba sistemare alcune cose con l’Università” le rispose, questo voleva dire quindi che lei sarebbe rimasta sola per quattro giorni. Stranamente però invece di essere contenta come le altre volte della mancata presenza dei suoi genitori, si incupì visibilmente e si limitò ad annuire solamente.

Buongiorno a tutti” Seiya fece la sua comparsa più radioso che mai in cucina, al contrario dei Kaioh però la ragazza si limitò a fissare il piatto in cui c’erano le sue fettine di pane, senza rispondere. Improvvisamente non aveva più fame, anzi stare seduta a quel tavolo era divenuto all’improvviso troppo soffocante, non sopportava più stare li e non vedeva l’ora che la cameriera di casa portasse il cappuccino come tutte le mattine.

Il bruno sembrò non farci invece molto caso all’umore sotto terra della violinista, pensò subito che si fosse svegliata male o che avesse dormito troppo poco almeno quanto lui, continuò però a fissarla più che poteva nella speranza che lei alzasse lo sguardò verso di lui, azione che non si verificò neanche quando lei allungò la mano per afferrare la tazza con il cappuccino fumante, molto probabilmente era successo qualcosa in sua assenza, tuttavia i coniugi Kaioh di cui era ospite non sembravano adirati. Che l’avessero ripresa per un comportamento errato della figlia per quanto riguarda la sera prima che lui non aveva notato? Doveva assolutamente capire la ragione di quella totale chiusura verso il mondo esterno. Possibile che quella reazione era stata causata da quel bacio innocente che le aveva dato sulla guancia? No era decisamente impossibile, doveva esserci dell’altro sotto. Si era sicuramente così.

Mentre lui era immerso nei suoi pensieri, finalmente lei decise che era opportuno pronunciare qualche parola.

Se non arreco disturbo, preferirei ritirarmi nella mia stanza” si limitò a dire, sperando che i suoi le concedessero il permesso di sparire da li almeno fino alla lezione che aveva in programma per quel pomeriggio.

Certamente Michiru fai pure” le rispose suo padre. La violinista si alzò senza guardare nessuno, era mortificata dalla notizia che le avevano dato i suoi, era molto immatura quello si, ma c’era rimasta male per il comportamento del ragazzo. Si sentiva presa in giro, e in un certo senso anche abbandonata. Aveva pensato erroneamente che lui non avesse una vita e degli amici a Tokyo, che fosse come lei e solo in quel momento si accorse quanto i suoi pensieri fossero egoistici. Era naturale che lui li avesse, mica tutti erano come lei costrette a starsene in casa a perdere tempo con lezioni futili e inutili. Mentre era quasi al corridoio che portava alle stanze sentì una sedia spostarsi, qualcosa le diceva che fosse proprio il bel bruno a essersi alzato per raggiungerla.

Seiya per favore lasciami stare non ho voglia di parlare, per favore. Pensò. Lui era l’ultima persona che avrebbe voluto vedere in quel momento.

Michiru aspetta!!” lo sentì esclamare poco distante da lei, ma decise comunque di ignorare quel richiamo, costringendolo ad afferrarla per un braccio, con più forza di quanto lui avesse realmente voluto, non voleva farle male ma doveva scoprire il perché di quella improvvisa chiusura anche nei suoi confronti, voleva sapere cosa aveva sbagliato con lei.

Lasciami Seiya!!” fu la risposta gelida di lei, che si volse a guardarlo con gli occhi di ghiaccio, del colore del mare in tempesta improvvisamente molto meno dolci.

Si ti lascio ma a patto che parliamo, sei strana stamattina” rispose lui allentando la presa intorno al polso di lei. Abbassando lo sguardo con fare colpevole.

Non c’è niente di cui parlare, dopo tutto sono io stupida a pensare, che tutti siano come me. Ma giustamente anche tu hai una vita e dei tuoi amici, e perché no magari anche una ragazza e io non sono nessuno” si sentì rispondere, la voce della pittrice tremava per il magone. Quanto era stata stupida ad illudersi così tanto. Ma chi glielo aveva fatto fare?

Ma cosa stai dicendo? Non capisco!! Io sono single, da dove ti esce sta esclamazione?” rispose stupito lui sgranando gli occhi, ma che cosa le prendeva? Non riusciva proprio a capirla.

Non fare il finto tonto Seiya, andrai a Tokyo con i miei genitori” si morse il labbro “ e non mi hai detto niente prima di dirlo a loro” Sei ridicola. Pure la scenata gli fai ora. Si disse dentro di se.

Per questa cosa tu mi fai tutta sta scena?” rispose lui incredulo, non si sarebbe mai aspettato una reazione del genere, non da una ragazza come quella che aveva davanti. Le era sembrata sempre indifferente alle sue attenzioni, ma quella discussione confermava l’esatto contrario.

Si lo so sono ridicola, sono stupida solo che…” si bloccò conscia che se fosse andata avanti avrebbe parlato troppo, scoprendosi troppi lati della sua psiche, i suoi punti deboli per giunta. Le sue mancanze affettive avute durante gli anni della sua infanzia.

Solo che?” le domandò lui, con il cuore che gli batteva a mille, temeva e insieme desiderava conoscere la risposta alla sua domanda.

Niente…” mormorò lei cercando di ricacciare indietro le lacrime prima che fosse troppo tardi per poterle fermare, sentì una mano del ragazzo appoggiarsi sul suo viso che fu alzato verso l’alto dal bruno, i loro occhi ora potevano fissarsi.

Cosa ti turba Michiru, dimmelo…magari possiamo trovare una soluzione. Non volevo ferirti credimi” nei suoi occhi un sincero dispiacere per averla ferita senza volerlo veramente.

E solo che…non voglio rimanere sola…un’altra volta…” mormorò lei sentendo le lacrime scorrerle ai lati del viso.

Non rimarrai sola, te lo prometto. Quattro giorni non cambieranno niente nel nostro rapporto” la rassicurò lui prima di trarla a se per abbracciarla. Quella reazione aveva svelato più di quanto era palese agli occhi suoi ma anche di qualsiasi altra persona che avrebbe voluto vedere ciò che vi era da vedere: ovvero una ragazza sola, che aveva bisogno di sentirsi amata per quello che è, e non per le doti che la natura le aveva donato credendo di farle un immenso regalo.

Tra quelle braccia si sentiva protetta, al sicuro si sentiva estremamente scoperta, e vulnerabile per aver dato così sfogo a ciò che da anni si portava dietro, e ora lui avrebbe potuto giocare con lei come voleva. Ma soprattutto ciò che la sua mente si chiedeva era una domanda sola: ciò che aveva causato quella reazione, era forse un sentimento di gelosia? O era solamente la paura di rimanere sola come aveva appena ammesso. Aveva la strana sensazione di essersi imbarcata in qualcosa di tanto grande quanto desiderato, voleva bene a quel ragazzo conosciuto poco più di una settimana prima. E poteva essere sicura che anche lui le voleva bene. E questo per il momento le poteva bastare, se la sua anima gemella fosse lui o un’altra persona sicuramente non poteva, ne voleva, saperlo.




Note dell'autrice: Eccovi il quarto capitolo, grazie a chi ha recensito e a chi ha inserito la storia nelle seguite ecc... come al solito fatemi sapere come ne pensate. Mi rendo conto che i capitoli sono un pò lenti, e ancora la storia non è partita al 100% e saranno così per altri vari capitoli. Ma spero mi continuiate a seguire :D

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Capitolo 5
*** Emozioni inaspettate ***


Note dell'autrice: Eccomi qua con un nuovo capitolo, spero che abbiate passato una serena Pasqua abbufandovi di cioccolata. Questo capitolo probabilmente non piacerà ad alcuni lettori, ma tuttativa si rende necessario. Spero comunque che non molliate la storia, perché andando avanti le cose cambieranno. Rispetto a tutti gli altri pubblicati fino ad ora è anche più corto, ma se proseguivo diventava davvero troppo lungo. Fatemi sapere cosa ne pensate come sempre,  e buona lettura. Ringrazio tutti quelli che stanno seguendo la mia storia, senza recensire ;)

Capitolo 5: Emozioni Inaspettate.

Quella mattina si era dovuta svegliare alle otto per via di una lezione con il suo insegnante privato che sarebbe iniziata alle nove. Non che ne avesse particolarmente bisogno perché era perfettamente a conoscenza delle sue capacità, ma i suoi genitori non volevano sentire lamentele. Erano convinti che suonare ed esercitarsi, oppure studiare la Storia dell’Arte erano passatempi di gran lunga migliori piuttosto di perdere il tempo in spiaggia in disdicevoli convenevoli.
Lei era la primogenita di una casata antica da secoli, e per tanto non poteva permettersi di avere un livello di cultura mediocre, non nei campi in cui i suoi genitori eccellevano. Sospirò con fare annoiato mentre a intervalli regolari i suoi timpani erano solleticati dal tintinnare del cucchiaio contro la ceramica della tazza entro la quale fumava il the caldo con cui spesso faceva colazione. Lo sguardo alla finestra poco lontano, dalla quale filtravano i primi raggi di sole di quella giornata estiva che per lei sarebbe trascorsa monotona come da copione.
Seiya poi non si era ancora fatto vedere, e in cuor suo temeva di averlo offeso la mattina prima con la scenata che si era permessa di fargli, senza essere in fondo nessuno.
Ripensando alle parole che gli aveva detto si sentiva tremendamente fragile, come poteva attaccarsi in quel modo ad una persona solamente per il semplice fatto che sembrava che a lei ci tenesse? Forse perché a parte la cameriera e l’autista in quella casa non l’aveva mai calcolata nessuno, e dai suoi non aveva ricevuto chissà quali segni di affetto.
Solo in quel momento avvertì una presenza dietro di lei e si girò di scatto senza badare al fatto che la tazza si rovesciasse permettendo al liquido trasparente di allargarsi sul tavolo intorno al piattino dove aveva disposto qualche biscotto anche se la fame era l’unica cosa che sentiva non attanagliarle le viscere in quel momento.
“Mi chiedevo quanto avresti impiegato ad accorgerti della mia presenza” le disse il ragazzo verso il quale i suoi pensieri erano rivolti poco prima, se era sceso a quell’ora ben sapendo che stava facendo colazione quando solitamente lui si alzava pressappoco quando le lezioni con l’insegnante terminavano verso le undici le donò un filo di speranza in più. Non era arrabbiato allora.
“Scusa ero persa nei miei pensieri” mormorò, tenendo sempre lo sguardo basso prima di voltarsi verso il tavolo, tornando a dargli le spalle.
“Non importa stai tranquilla” le rispose, avvicinandosi per darle un bacio tra i capelli prima di sedersi al tavolo per farle compagnia, ben sapendo che i coniugi Kaioh erano usciti molto presto quella mattina “Ti consiglio di controllare un po’ di più il tuo imbarazzo, sembri nuovamente un peperone”sorrise, aumentando ancora di più il disagio di lei, che affondò il viso dietro alla tazza mentre beveva il poco the che vi era rimasto dopo il piccolo incidente, senza sapere bene come comportarsi.
Tra i due scese il silenzio, entrambi non avevano la minima idea di come agire in seguito a quello che era successo ventiquattro ore prima, se fosse stato tutto nelle mani del bel moro, la situazione si sarebbe risolta facilmente. Se seguiva il suo cuore infatti avrebbe catturato con le sue labbra quelle rosee e carnose che aveva davanti e che mordevano con lentezza quasi calcolata il biscotto che Michiru aveva deciso di mangiare, scatenando in lui una tempesta ormonale senza eguali. Possibile che un gesto così semplice, potesse suscitare una reazione così improvvisa in lui? Ne aveva viste di persone compiere quell’azione, ma la piccola artista dal carattere introverso e insicuro era l’unica che riusciva a fargli provare un brivido così intenso lungo la schiena. La bocca gli era diventata improvvisamente molto secca, rendendogli difficile anche deglutire mentre le mani erano state invase da una sudorazione esagerata.

Perché la stava fissando così?Ignorare quelle iridi scure e profonde per lei era quasi impossibile, era davanti a lei, con quel fisico scolpito al quale non aveva dato peso la prima volta che si erano incontrati alla festa ormai più di una settimana addietro, e la stava fissando senza preoccuparsi molto di apparire troppo impertinente. Il silenzio faceva da contorno a loro, permettendo al suono del biscotto spezzato di risuonare nei timpani di entrambi, mentre iniziava a masticare lentamente senza interrompere il contatto visivo che avevano instaurato qualche istante prima.


Mi sta provocando? Quegli occhi profondi come gli oceani avevano assunto una strana sfumatura che mai aveva letto in loro, possibile che lei lo desiderasse almeno quanto lui la desiderava?Era impossibile, anche se la reazione di gelosia che aveva avuto la sera prima era tutto un programma, da decifrare.
Senza compiere errori di cui pentirsi amaramente.
Doveva però ammettere con se stesso che quelle labbra sul biscotto avevano un non so che di tremendamente erotico, almeno a suo avviso. Per non parlare poi dell’atto con cui raccoglieva le briciole ogni tanto inumidendosi le labbra
. Datti un contegno Seiya per piacere. Si disse da solo, quasi imbarazzato per tutte le elucubrazioni che la sua mente stava producendo senza che lui riuscisse a fermare quel fiume in piena sfuggito al suo controllo. Ma era più forte di lui non riusciva proprio a farne a meno.


“Signorina ha finito di fare colazione? Devo dare una ripulita prima che arrivi il suo insegnante, guardi che macello che ha combinato stamattina sul tavolo, ma dove ha la testa?” a rompere quell’incantesimo ci pensò la cameriera che, comparsa da chissà quale punto imprecisato dell’abitazione, aveva pronunciato quelle parole in tono sbrigativo senza preoccuparsi di ciò che aveva appena interrotto. Che poi aveva interrotto qualcosa oppure era tutto frutto della sua immaginazione?
“Si scusami, ho rovesciato il tea per sbaglio, ero distratta” mormorò la ragazza ritornando al suo contegno abituale e abbandonando il terzo biscotto finito per metà sul piattino prima di alzarsi per permettere alla donna di servizio di mettere in ordine. Visto che erano le otto e quaranta, decise di fermarsi in sala e guardare la televisione in attesa del suo insegnante. Fu raggiunta poco dopo dal ragazzo che tuttavia si appoggiò al bracciolo del divano senza sedersi realmente su di esso.
“Hai programmi per la giornata?” le chiese.
“No il pomeriggio è libero, al mattino come sempre lezione” gli rispose lei, non curante mentre cambiava canale di continuo alla ricerca di un qualcosa di intelligente da vedere.
“Ti va se dopo che hai finito lezione facciamo qualcosa insieme?” esclamò lui.
O la va o la spacca.

Bo si poi quando finisco vediamo” si limitò a rispondere, con l'attenzione rivolta allo sguardo che le stava rivolgendo poco prima al tavolo lui. Non le era mai capitato niente del genere, era stato qualcosa di magnetico e ancora doveva capire che cosa lo aveva spinto a rivolgerle uno sguardo così intenso.

Signorina il suo maestro è arrivato” annunciò la domestica, dopo aver tossito nervosamente.

Si grazie mille fallo pure entrare” le rispose la ragazza “Bé allora a più tardi” mormorò rivolta a Seiya.

Se fai un po' di pausa io sono in camera mia, il mio numero lo hai fammi uno squillo” le disse prima di avviarsi per il corridoio diretto nella stanza dentro al quale era ospitato dagli amici dei suoi genitori. Entrambi sapevano che la pittrice non avrebbe avuto pausa fino alle dodici e trenta, ma alla ragazza quel suo interesse piacque.

Buongiorno Signorina Kaioh” la voce dell'uomo che le teneva lezione risuonò nella stanza, Aritomo era un signore sulla sessantina di bassa statura con due baffoni grigi e il capo lucido come una sfera di cristallo, gli occhi grigi sorridevano bonari da dietro un paio di lenti a montatura quadrata argentata, prese un fazzoletto dalla tasca dei pantaloni neri che indossava quella mattina e si asciugo sbrigativo le gocce di sudore sulla fronte causate dal gran caldo di quel periodo.

Buongiorno Aritomo, dormito bene?” rispose lei sfoderando un cordiale sorriso, mentre si sedeva nuovamente al tavolo affianco all'uomo, dopo di che prese il metronomo dalla sedia alla sua sinistra ben sapendo che almeno la prima ora di lezione sarebbe stata dedicata al solfeggio sugli spartiti, e il ticchettio ritmato prodotto da esso l'avrebbe aiutata in caso che perdesse per qualche millisecondo il ritmo, eventualità che si verificava ormai molto di rado.

Aveva sempre odiato compiere gli esercizi di solfeggio, e per quanto basilari in quanto servivano per dare la durata giusta alla nota sullo strumento,li trovava noiosi e ripetitivi senza ne capo e ne coda. Sopratutto quando era ancora piccola e non suonava brani di difficoltà elevata, poi però con il passare degli anni e dell'aumentare della sua bravura tutto era cambiato, e aveva dovuto dare ragione a ciò che tempo addietro le diceva l'uomo che in quel momento sedeva al suo fianco.

Tirò un sospiro prima di concentrarsi sullo spartito che aveva davanti, proprio mentre il professore azionava il metronomo.


Erano ormai quasi le tredici quando Michiru terminò le sue lezioni giornaliere, che quella mattina avevano compreso anche alcune tecniche di perfezionamento di composizione che l'avrebbero aiutata ad affinare le sue capacità compositive nel momento in cui si dedicava alla composizione di nuovi brani, anche se ne aveva giusto tre o quattro da integrare nel suo repertorio al posto di alcuni ormai ampiamente datati e risalenti a qualche anno prima. In qualche cartella dove riponeva i vecchi spartiti custodiva ancora gli adattamenti per gli strumenti suonati dai suoi genitori.

Salutò il suo insegnante e senza porre molta attenzione a dove poggiava i piedi si voltò di scatto andando a sbattere contro qualche corpo piuttosto duro ma non solido. Mai possibile che sono andata a finire contro la porta. Mica c'era ieri. Fu il pensiero che si formò nella mente della violinista

Ma come hobby vai a sbattere contro le persone te?” alzò i suoi grandi occhi blu per trovarsi a fissare quelli di lui, arrossendo visibilmente. Aveva ragione, andava sempre a sbattere perché aveva la testa tra le nuvole, in un mondo tutto suo dove il mare poteva parlarle e i suoi genitori erano eternamente in viaggio così che potesse fare quello che voleva, uscire e divertirsi. E non vedeva l'ora che i suoi partissero per riuscire ad andare al mare, di nascosto e contro il loro volere, ma a lei la spiaggia piaceva. La rilassava.

La faceva sentire a casa.

Avrebbe voluto che anche Seiya rimanesse con lei, per andare con lui in giro. Poter disporre della sua compagna quando i suoi non c'erano sarebbe stato decisamente bello, non avrebbe dovuto preoccuparsi di stare attenta a ciò che compieva nei confronti del ragazzo in modo tale da non alimentare in loro false speranze.

Inutile sperare.

Loro sarebbero partiti, e il ragazzo con loro.

Sarebbe rimasta sola.

Sola ma libera.

Ci sei Michiru?” mormorò lui costringendola a malincuore a distogliere lo sguardo dai suoi occhi, non sarebbe mai riuscito a sostenere al lungo quel mare in cui lentamente stava annegando, e sopratutto non avrebbe resistito al richiamo delle labbra della ragazza che lo attraevano come una calamita da quella mattina a colazione.

sssi...io ehm...” biascicò lei senza sapere bene cosa dire dopo averlo osservato per tutto quel tempo “Forse è meglio andare a pranzo che dici?” propose per rompere l'ennesimo silenzio imbarazzante che altrimenti si sarebbe venuto a creare in quella giornata.

Il menù di quel giorno prevedeva pasta al sugo di polpa di granchio e orata al forno, fu consumato velocemente da entrambi i ragazzi che consideravano il pesce il loro piatto preferito.

Nel pomeriggio entrambi si spostarono nel giardino a prendere un po' di sole a bordo piscina, Michiru sulla sdraio con il suo quaderno degli schizzi per immortalare qualche angolo del giardino sul retro che ormai conosceva quasi a memoria, tuttavia era convinta che a seconda del suo stato d'animo e delle variabili meteorologiche ogni schizzo che aveva compiuto pur uguale per quanto riguarda il soggetto, era diverso perché immortalato in un attimo unico e irripetibile.

Seiya al suo fianco non poté fare a meno di osservarla da sotto le lenti degli occhiali da sole, percorrendo il suo esile corpo con le iridi, sul viso le si dipingeva un'adorabile espressione concentrata mentre si impegnava nel disegnare la sua ennesima opera d'arte, il labbro inferiore leggermente sporgente rispetto all'altro. Inconsapevole di quanto fosse lei stessa una meraviglia della natura.

Il cuore prese a galoppargli a ritmo forsennato nel petto.

Era ignaro di ciò che colei che aveva al suo fianco stava disegnando.

Ignaro che in quel disegno sarebbe comparso anche lui.

E forse neanche in un ruolo marginale.

Il tratto sicuro della graffite tracciò le spalle scolpite, il viso dai tratti decisi, il codino del bruno che ricadeva sul petto per un pezzetto anziché dividere in due parti simmetriche la schiena nuda.

Cosa stai disegnando?” gli chiese curioso, dato che dalla sua pozione non riusciva proprio a vedere il soggetto.

Non posso dirtelo, non svelo mai il soggetto dei miei disegni prima di averli finiti, altrimenti poi succede sempre qualcosa e non mi vengono più bene” rispose lei senza spostare lo sguardo dal foglio.

Antipatica” brontolò lui assumendo una finta aria offesa, e scatenando un lieve risolino nell'altra “Comunque miss Kaioh, non so lei ma io sto abbrustolendo al sole, ragion per cui gradirei farmi il bagno” detto questo il bruno si alzò dalla sua sdraio e si avvicinò al bordo della piscina, rimase in bilico per qualche istante prima di effettuare un perfetto tuffo, degno di un nuotatore di professione, cosa che lui assolutamente non era. Compiette qualche bracciata per riscaldarsi e poi torno vicino al bordo della piscina dal quale si era gettato in acqua.

Quant'è sexy.Pensò Michiru nell'osservare il suo viso cosparso dalle goccioline trasparenti, che colavano giù dalle sue spalle, si sentiva improvvisamente attratta da lui, non sapeva quantificare ancora in quale misura, ma sicuramente non la lasciava indifferente. In caso contrario non gli avrebbe fatto la scenata di gelosia. O forse no?

Vieni in acqua o hai intenzione di scioglierti sulla sdraio?” la voce di lui la riportò sul pianeta Terra.

Vengo a bordo piscina, credo di aver freddo se mi faccio il bagno” mormorò lei, raggiungendolo per poi sedersi con i piedi che sfioravano l'acqua, leggermente accavallati tra loro. “Quando hai il primo esame all'università nella prossima sessione?” chiese poi.

Alla fine di Settembre, ho ancora tempo anche se ho già iniziato a studiare nonostante siamo ancora a inizio estate, ma tuttavia quando tu sei impegnata con le tue lezioni, mi sentirei veramente in colpa a non studiare anche io, e poi mi metto avanti e non guasta senz'altro non trovi?”

Si certo anche io durante l'inverno faccio così con i compiti di scuola, non vedo l'ora di finire” sospirò, cercando di non farsi prendere dalla tristezza che l'attanagliava ogni qual volta pensava al fatto che nonostante la sua classe fosse piuttosto numerosa, e che erano insieme ormai da qualche anno, ancora non aveva stretto una vera amicizia con nessuno.

Capito, e dopo? Cosa hai intenzione di fare?”

Non lo so ancora, credo che mi dedicherò alla musica definitivamente, il lavoro sicuramente non mi manca visto che ho una fila di richieste per concerti che non finisce più”

Ma è veramente quello che vuoi questo?” disse lui voltandosi appena per guardarla negli occhi.

Era veramente ciò che voleva? Non se lo era mai chiesto, aveva sempre dato per scontato che doveva fare ciò per cui i suoi genitori l'avevano cresciuta, ovvero la musica e l'arte. Per questo motivo non si era mai fermata a pensare se i suoi desideri erano ben altri. E ora a quella domanda non sapeva che cosa rispondere.

Non... non lo so...non me lo sono mai chiesta” mormorò con lo sguardo basso.

E questo che non va bene, dovresti chiedertelo; fare le tue dovute considerazioni e poi scegliere la strada che più ti sembra appropriata. Altrimenti te ne pentirai a vita, io prima di scegliere ho vagliato un certo numero di possibili altre vie, dopo ho preso quella di mio padre e solo ora mi accorgo di quanto possa essere difficile seguirlo. Avrò comunque sempre un termine di paragone, più bravo...meno bravo, insomma puoi capire bene quanto possa essere complicato.” le disse lui.

Seiya io non sono uguale a te...loro...loro non me lo permetterebbero mai” quel discorso le stava andando stretto. Le stava iniziando a fare male. Perché sapeva che il bruno al suo fianco aveva tremendamente ragione, stava vivendo in modo passivo la sua vita senza permettere alla stessa di coinvolgerla veramente, fino in fondo. Il tutto perché fin da piccola le era stato detto che era una brava violinista e che quindi aveva la strada spianata anche grazie al nome che portava.

Ma quella strada era veramente quella giusta?

Non poteva affermarlo con certezza.

E non sarebbe mai riuscita a farlo.

I suoi non le avrebbero mai permesso una cosa simile.

E qui che sbagli, subisci le scelte altrui, senza porti delle domande al fine di capire se siano veramente quelle giuste” rispose lui “Magari giungi alla conclusione dei tuoi genitori, per carità può succedere, ma almeno fattele queste domande”

Non serve a niente...lo capisci o no?Loro non mi stanno ad ascoltare, non posso neanche uscire per andare al mare perché per loro è una perdita di tempo, come posso proporre qualche altro percorso di studi? “ disse in tono secco. Prima di alzarsi e prendere il pareo per coprirsi e tornare in casa. Con un passo nervoso, mentre si mordeva il labbro per non cedere alle lacrime come una bambina. Come poteva pretendere che lei riuscisse a reagire? Era sempre stato così fin da quando era piccola, per lei la sua vita per quanto la facesse sentire diversa dagli altri, era stata la medesima da quando era nata.
I suoi genitori erano così, punto. Come avrebbero potuto cambiare se le uniche cose che chiedevano era come era andata la lezione di musica senza mai preoccuparsi se lei stava bene. Inutile il suo carattere non sarebbe mai riuscito a imporsi alla loro rigida educazione.

Arrivata in camera indossò le prime cose le capitarono a tiro e accese il computer portatile per far passare il tempo dopo essersi spalmata la crema dopo sole. Gli occhi le caddero sull'orologio nell'angolo sinistro dello schermo, erano quasi le cinque.


Si era messa a graficare con Photoshop sul computer, e le ore erano volate più velocemente del normale, succedeva sempre quando aveva un po' di tempo libero per modificare le foto, la maggior parte delle quali erano dei suoi concerti a cui toglieva il colore, faceva fotomontaggi o similari. Alcune poi nonostante non fosse una grafica professionista venivano utilizzate per le locandine dei concerti. Stando agli organizzatori dell'evento, esprimevano il suo modo di essere e ciò non sarebbe riuscito a farlo nessuno.

Un bagliore improvviso illuminò il buio in cui era stata immersa la stanza con il passare delle ore, subito dopo un fragore potente era risuonato nel cielo facendole balzare il cuore in gola. Presa com'era dai lavori al computer non si era nemmeno resa conto che il sole aveva lasciato posto alle nubi cariche di pioggia e al temporale.

E lei aveva sempre avuto paura del temporale.

Lo odiava.
Fin da piccola.

Tentò di accendere la lampada sulla scrivania, schiacciò più volte l'interruttore ma niente. La lampadina non voleva collaborare. Dopo aver infilato le infradito uscì a vedere com'era la situazione per quanto riguardava la cena, ben decisa a non far trasparire il terrore che ogni tuono suscitava in lei. Trovò Seiya davanti al televisore che illuminava almeno in parte la sala d'ingresso, donando un po' di luce rassicurante nel buio.

Signorina ho preso tre candele per la luce, e visto che non potevo cucinare molto al buio spero che le vadano bene dei toast” la cameriera era apparsa con un vassoio tra le mani all'interno dei quali erano presenti le tre candele più una quarta accesa per far luce alla donna, e i piatti con cinque toast. La donna posò sul tavolino davanti alla televisione il tutto prima di accendere una delle tre candele che aveva portato. Dopo di che andò via come era abitudine.

I suoi hanno telefonato per avvisare che a causa del mal tempo rientreranno domani” disse poi arrivata all'uscio della stanza “Le auguro buon appetito e buona notte”

Grazie mille per l'avviso e per la cena, buona notte anche a te” rispose la ragazza cordialmente mentre si sedeva sul divano vicino a Seiya ma non troppo. Non voleva che lui si accorgesse del suo timore riguardo i temporali. Ciò non toglieva che tutta quella situazione aveva un non so che di romantico, anche se i tuoni la torturavano a ogni fragore che sprigionavano nel cielo, e che quella era pur sempre una cena a lume di candela.

Arrossì violentemente al pensiero di essere tutta la sera al buio con lui al suo fianco. Pregando a se stessa che lui non se accorgesse, anche se l'imbarazzo era decisamente notevole.

Tieni” la voce di lui attirò la sua attenzione, le stava porgendo il piattino con i tre toast sopra. Lo afferrò prima di sedersi a gambe incrociate sul divano di pelle, e iniziò a mangiare in silenzio.


Michiru era tesa per qualcosa e non riusciva a capirne la causa, era forse ancora arrabbiata per le parole che le aveva rivolto quel pomeriggio? No era impossibile, non credeva affatto che era il tipo di legarsi al dito una discussione simile.

O almeno lo sperava con tutto il suo cuore.

Eppure qualcosa la turbava, la osservò meglio mentre mangiava, ma ci volette solamente l'ennesimo lampo per fargli capire il perché di quella tensione che leggeva in lei, in pochi secondi infatti se la ritrovò aderente al suo corpo con il viso nascosto alla base del suo collo. Il suo respiro che gli solleticava la pelle, provocando un accelerazione del battito del bel moro.

Aveva paura dei temporali.

Poteva solamente essere questo il motivo che l'aveva spinta a fare un gesto così poco calcolato, e sopratutto genuino, senza porsi il problema di ciò che avrebbe provocato o che lui stesso avrebbe pensato a riguardo.

Le cinse le spalle con il suo braccio destro dopo aver posato la sua cena sul piatto, sentiva chiaramente il battito di lei furioso sul suo petto. Il profumo di rose e di mare invase le sue narici.

Hai paura dei temporali?” le mormorò dolcemente, provocando un si muto in lei che mosse la testa in senso affermativo.

Non prendermi in giro” bofonchiò senza muoversi e stringersi ancora di più a lui al tuono successivo.

E per che mai dovrei?” si sforzò di dire lui, ignorando il fatto che sentire il suo corpo così aderente al suo, con solo il tessuto a dividerli aveva prosciugato la sua bocca rendendola tremendamente secca,avrebbe voluto che quel momento durasse un eternità.

Così...” ottenne come unica risposta mentre lei si voltava a guardarlo, era tremendamente vicino al suo viso, e nonostante la paura del temporale, il suo cuore stava battendo di un ritmo molto diverso da quello della paura, e poi si sentiva decisamente al sicuro tra le sue braccia. Provò tuttavia ad alzarsi per assumere una posizione più comoda sul divano, scoprendo in tal modo che il ragazzo la voleva tenere stretta a se.

Non ti muovere...” lo sentì sussurrare più vicino di quando lei aveva immaginato “Non ho detto quello che ho detto per farti allontanare anzi...”

Anzi. Che cosa voleva dire quell'anzi? La sua mente lo aveva catturato subito, ma che significato aveva di preciso? Non voleva montarsi la testa, ma se lo aveva pronunciato voleva dire che avrebbe preferito che lei stesse stretta a lui, ma perché? La considerava un'amica o qualcosa di più complicato? Girò appena il volto nuovamente per vedere dove fosse il viso di lui, a vederlo così vicino le si mozzò il fiato, posò lo sguardo sul viso reso ancora più perfetto dalla penombra che avvolgeva la stanza grazie alla luce della candela. Le loro iridi si incrociarono per un secondo lungo un'eternità, mentre il suo sguardo saettava fino alle labbra di Seiya e poi ritorno. In un segnale che il ragazzo colse al volo abbassando leggermente il viso per unire la propria bocca con quella della ragazza, mentre la traeva a se con il braccio dietro alla nuca di lei. Scoprendo che l'oggetto della sua brama da qualche giorno a quella parte era ancora più dolce di quanto aveva sognato nel buio della sua camera. Di una dolcezza che sapeva appartenere a colei che aveva davanti. Le morse il labbro prima di staccarsi definitivamente e osservarla nuovamente negli occhi, il viso rosso per l'imbarazzo o forse per quel contatto che aveva leggermente scaldato il corpo di entrambi, gli occhi languidi.


Michiru non si era aspettata un contatto del genere da parte di lui, si era anche lievemente irrigidita inizialmente, prima che capisse che non era uno di quei baci che sotto intendevano qualcosa di più da dare immediatamente, no Seiya aveva mantenuto le mani al loro posto senza allungarle più del dovuto. Le aveva scaldato il cuore.

Compiendo ciò che per anni i suoi genitori non erano stati capaci di fare.

Le aveva stregato il cuore, facendolo galoppare nel suo petto, provocandogli una morsa allo stomaco come se fosse pieno zeppo di minuscole farfalle.

E sopratutto aveva di nuovo voglia di quel contatto.

Una voglia mai provata.

Ma che le piaceva.

E anche più di quanto avrebbe creduto.

Cerco nuovamente senza dire una parola, con la paura di rovinare quell'atmosfera che si era creata quel contatto più intimo di tutti quelli che li avevano visti nei giorni successivi interagire, ma che riusciva a farla rilassare senza pensare a nient'altro che non fosse loro.

Approfondì leggermente il bacio cogliendo il ragazzo di sorpresa, il bel bruno aveva infatti creduto dal lieve irrigidimento iniziale avvertito poco prima, in quanto lei era tra le sue braccia, che fosse stato il suo primo bacio, ma a quanto pare almeno su quel frangente aveva un pizzico di esperienza in più. Tanto meglio.

Michiru Kaioh era il mistero fatto persona.

E lui non vedeva l'ora di scoprirli tutti i suoi misteri.

Anche quelli più intimi.


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Capitolo 6
*** Traslochi e dolci risvegli ***


Note dell'autore:  Ciao a tutti! Ecco a voi il sesto capitolo, questa volta più lungo del precendente di qualche pagina. Fatemi sapere che cosa ne pensate, per migliorare il vostro parere è sempre prezioso. Grazie a tutti coloro che hanno messo ultimamente la storia tra quelle seguite. Al prossimo capitolo, anche se anticipo già una one-shot di cui ho quasi ultimato la stesura, dedicata ad un evento avvenuto di recente. A presto!

Capitolo 6: Traslochi e dolci risvegli

Cazzo che botta!!!” Haruka si massaggiò la testa dolorante dopo il colpo che si era inferto da solo a seguito della perdita di equilibrio causata da una scatola che era stata letteralmente lasciata in mezzo alle palle. Era una delle tre scatole che conteneva i suoi vestiti. Ma in qualche secondo si era trasformata in un attentato alla sua incolumità, e chiunque l’avesse lasciata li, era riuscito nel suo intento: fargli sbattere la testa contro lo stipite della porta.

Nonostante la casa non fosse ancora del tutto finita aveva infatti deciso di farne la sua dimora stabile, più nella speranza di un eventuale serata con la violinista che ormai da svariati giorni abitava i suoi sogni, che per altri reali motivi. Si sentiva al quanto stupido per tutti i pensieri che faceva in ogni momento del giorno sulla ragazza alla quale stava morbosamente dando la caccia, lei probabilmente non sapeva nemmeno della sua esistenza: non gli sembrava proprio il tipo da interessarsi al mondo delle corse, ancor meno doveva saperne di quelle clandestine a cui ogni tanto partecipava, soprattutto d'estate per tirare su qualche soldo.

Sicuramente i genitori della Kaioh erano quel genere di persone per cui le cose che faceva lui rappresentavano un attentato alla vita delle persone della città, ignorando il fatto che se qualcuno si faceva male alle due di notte non potevano essere che i piloti che per qualche incauta manovra andavano a piantarsi contro un muro nell’ipotesi migliore…nella peggiore? Nella peggiore…era meglio che non ci pensava. Altrimenti non avrebbe più corso e di conseguenza non avrebbe più guadagnato niente per il sostentamento suo ma anche della sua famiglia. Sbuffò scocciato lasciandosi cadere sulla sedia della cucina. Unica stanza della casa che era completamente a posto. Fissò il pavimento bianco che creava un contrasto piuttosto evidente con la cucina in stile moderno di color prugna scuro, il tavolo era con le gambe in acciaio satinato e il resto era invece in vetro, il frigo era del medesimo colore della struttura del tavolo.

Era stanco morto, era dalle nove di quella mattina che stava facendo la spola tra casa sua e l'abitazione in cui si trovava in quell'istante per portare tutti i vestiti, e poterli così mettere a posto come voleva nell’armadio. Setsuna si era offerta di dargli una mano nel pomeriggio, prima non poteva perché aveva un impegno che non aveva voluto approfondire. Che fosse qualche appuntamento romantico? Mosse la mano nel vuoto come a sottolineare quanto fosse assurda l’idea che il suo cervello aveva appena finito di produrre.

E chi la sopporta quella? Praticamente nessuno. Nessuno tranne lui, l’unico con il quale era riuscita a creare una forte e intensa amicizia, senza secondi fini se non quello di sorreggersi e ascoltarsi a vicenda nel momento del bisogno. E questo gli andava bene. Troppo bene.

Si alzò per prendere l’acqua nel frigo e saziare la sua sete, mentre apriva sul tavolo il giornale che aveva comprato proprio quella mattina per vedere se in programma in qualche teatro ci fosse qualche concerto di Michiru. Non trovò niente, sul giornale c’erano le tappe del tour di quattro giorni che i genitori della ragazza avrebbero iniziato da li a poco, ma il nome di colei che bramava non compariva, non erano in programma sue apparizioni. Maledizione!Diede un pugno sul tavolo, imprecando contro se stesso per il colpo inferto al vetro. Ci mancava solo che lo rompesse pochi giorni dopo il suo arrivo in quella casa. Capì solamente in quel momento quanto avesse ragione Hotaru qualche mese prima quando aveva detto che quel tavolo in casa sua avrebbe avuto vita assai breve visto il suo modo di fare degno di un elefante. E in effetti si era sorpreso nel constatare, dopo aver alzato la tovaglia, che il vetro non si fosse spaccato.Tanto meglio. Pensò mentre un senso di colpa nasceva in lui al pensiero della sera precedente, quando aveva dovuto dire a sua sorella che si sarebbe trasferito. Era stato difficile per lui, ma soprattutto per lei accettare il distacco, sempre che lo avesse già metabolizzato.


Usagi senti io da domani mi trasferisco a vivere in un’altra casa, è giunta l’ora che io inizi ad essere indipendente sia dal punto di vista economico che per la gestione dell’appartamento” le aveva detto mentre erano seduti in sala davanti alla televisione, in attesa che la donna che li aveva dati alla luce finisse di preparare il pranzo. Aveva osservato quei grandissimo occhi azzurri sgranarsi per lo stupore e poi in una frazione di secondo mutare la loro espressione, riempiendosi di lacrime. Aveva osservato il suo labbro roseo iniziare a tremare. “Non piangere piccola, sarai la benvenuta da me, quando vuoi sai che hai una casa in più dove stare, per ora c’è solo il letto matrimoniale più avanti ci sarà anche una stanzetta tutta per te, te la scegli tu come la vuoi ok? Andiamo insieme” continuò a dirle sorridendole dolcemente, fece l’atto di accarezzarle il viso rigato dalle lacrime, ma ciò che ottenne in cambio fu solamente uno schiaffo diretto alla sua mano.

Non toccarmi, non mi interessa la camera nuova, non mi interessa la casa nuova… mi abbandoni, mi abbandoni come ha fatto papà” la biondina iniziò a singhiozzare nascondendo il viso dietro alle mani.

Facendolo sentire in colpa.

Sapeva benissimo che era divenuto per sua sorella un punto di riferimento dopo la morte del padre, anzi non un, ma l’unico punto di riferimento. E sentirla rivolgergli quelle parole, con quel tono gli faceva male. Non avrebbe mai voluto farla soffrire.

Usa, dai non dire così io non me ne vado come papà…io sarò sempre con te, accanto a te ogni qual volta lo vorrai” provò a mormorare.

Lasciami in pace, non mi dire più niente” esclamò con un tono carico di rabbia la ragazzina, prima di alzarsi e scappare in camera loro. Voleva essere lasciata sola, non aveva nessuna intenzione di perdonare una scelta simile, Alla persona più simile a un padre che avesse conosciuto. Era stato ingiusto. Lei non voleva rimanere sola. E invece ci sarebbe rimasta. Sempre. Senza gli occhi verdi e vivaci di Haruka quella casa sarebbe stata ancora più vuota di quanto non lo fosse già dopo la morte del suo papà. Del loro papà. La persona che più aveva amato al mondo, e che le era stata strappata via dopo mesi e mesi di agonia. Sradicata come un albero secco dalla faccia della Terra per colpa di un cancro.


Ricacciò indietro le lacrime, non aveva nessuna intenzione di piangere per il litigio avuto con lei, non poteva assolutamente pretendere che lui stesse a casa per sempre. Voleva i suoi spazi, e se li era guadagnati con le gare ufficiali e clandestine. E questo gli bastava per non pesare sulla famiglia. Si stava convincendo dalla sera prima che lui non aveva fatto nulla, e che sua sorella era solitamente la solita piagnucolona..

Ma allora perché si sentiva uno schifo? Perché aveva tradito sua sorella, lei che aveva sempre protetto da tutto e tutti da quando erano rimasti senza una figura paterna, se ne era andato proprio mentre la sua Usagi si stava trasformando in una donna. Probabilmente ha reagito così malamente solo perché è un'adolescente, tra qualche giorno i suoi problemi saranno altri. Si era senz'altro così.

Era diventata meravigliosa ragazzina, intorno alla quale avevano iniziato a girare intorno dei fastidiosi mosconi di cui lui si era scoperto inaspettatamente geloso, anche se non lo faceva vedere. Se solo qualcuno l’avesse fatta nuovamente soffrire, si era detto, avrebbe dovuto vedersela con lui.

E Ten’o non era mai stato clemente in queste cose.

Tanto istinto di protezione per quelli al di fuori della famiglia, e non si era accorto alla fine che l’azione che stava per compiere nei confronti della sua Usa-chan era ciò che di più peggiore ci fosse al mondo. Ma cosa gli era saltato in mente?


Cosa hai intenzione di fare ora eh?!!?” la voce di sua madre era carica di rabbia, ingiustificata, dolorosa da provare. Ma soprattutto dolorosa da subire. Rancore che aumentava la consapevolezza di aver fatto una cazzata. Di quelle grosse, di quelle colossali.

Mamma ma cosa devo fare? Devo rinunciare a farmi una vita solamente perché papà è morto? Mi sembra che mantengo la famiglia, più di questo cosa devo fare, me lo dici?” esplose furente, trattenendo le lacrime. Qualsiasi cosa facesse era sempre tremendamente sbagliata.

Potresti avere più rispetto di tua sorella” lo riprese la donna.

Ma va a fan culo va!!” controbatté lui “Andatevene a fan culo tutti. Sai che ti dico? Che andarmene da sta casa non può che farmi bene” si diresse verso l’ingresso per poi uscire sbattendo la porta.



Sua madre poi non gli era nemmeno di aiuto, avrebbe dovuto supportarlo, capire che a ventidue anni aveva voglia di poter godere dei propri spazi, che desiderava portarsi una ragazza a casa la sera senza dover dar spiegazioni a nessuno di cosa dovevano fare insieme. Voleva essere indipendente e cosa importante, voleva esserlo con le sue risorse economiche. Senza dover chiedere niente a nessuno, in fondo poteva eccome, bastava usare la testa nella programmazione degli acquisti per i mobili.

Cosa c’era di sbagliato in tutto ciò? Non aveva chiesto alla madre di stirargli la roba pulita, ne di fargli da mangiare. Eppure colei che lo aveva messo al mondo non sembrava contenta di questa sua decisione. L’unica cosa che importava nella sua famiglia e come si sentisse Usagi, poi se lui soffriva della situazione non era mai fregato a nessuno.

Era così difficile da capire che la morte del padre aveva scaricato sulle sue spalle una responsabilità troppo grande? E che anche lui, come era convinto chiunque fosse stato nelle sue condizioni, avrebbe reagito allo stesso modo? Cercando di guadagnarsi un’entrata fissa e sostanziosa per poter essere libero?

Già libero, come il vento ma con il cuore più pesante di un macigno.

Si alzò di scatto, doveva uscire, doveva salire in moto e girare per la città altrimenti sarebbe sicuramente impazzito a farsi tutti quei pensieri.

Aveva bisogno di evadere, di sentire solamente l’unico che sentiva che lo capiva intorno a se: il vento. E aveva già una meta stampata in testa.


***


Socchiuse gli occhi, per poi sbattere più volte le palpebre nel tentativo di farle abituare ad una luce che non era quella che era abituata a trovare al suo risveglio nella sua camera. Molto meno forte, più pallida, meno vivace. E soprattutto che non t’invogliava per niente ad alzarti dal letto ma che, al contrario, ti portava a girarti dall’altra parte nel tentativo di immergere il viso nel cuscino alla ricerca del buio tanto agognato. In attesa che morfeo ti accogliesse per una seconda volta nelle sue dolci braccia.

Michiru respirò nel cuscino profondamente, all’odore di bucato fresco si mischiò quello di un profumo da uomo piuttosto pungente, dandole la seconda conferma che non si trovava nel suo letto, altrimenti come poteva spiegare quel profumo sul suo cuscino? Non c’era assolutamente una scusa plausibile per tutto ciò. Ripensò alla sera prima, al temporale e a quello che aveva comportato.

Aveva baciato Seiya. Al solo pensarlo sentiva le sue guance arrossarsi come dei pomodori maturi. Mamma che imbarazzo. E soprattutto perché si trovava nel suo letto? Che cosa era successo la notte prima? Non è che… scosse la testa nel cuscino.Michiru non dire assurdità! Hai ancora i vestiti addosso. E impossibile. O forse no? Forse non lo era, e magari il fatto che non ricordasse di preciso che cosa fosse successo era per il fatto che aveva bevuto? Doveva assolutamente scoprire che cosa era successo la notte prima, e il motivo per il quale si trovava nel letto del ragazzo. Sarebbe stata la prima cosa che avrebbe fatto appena lui si fosse svegliato. Si mosse appena, nel tentativo di girarsi a pancia in su, per fissare quel soffitto biancastro che li sovrastava beffardo, unico testimone di quella notte cremisi.

Non ci riuscì. Arrivata a metà del girò si andò a scontrare con qualcosa di morbido, di caldo. Sentì il respiro del moro solleticarle l’orecchio, erano davvero così vicini? Si strinse vergognosa su se stessa, per sfuggire a quel contatto che reputava troppo esagerato, troppo…intimo. Troppo ricco di perché, di forse e di spiegazioni ancora non date. Avrebbe voluto svegliare Seiya, ma quel gesto le sembrava fuori luogo, inappropriato e, soprattutto, egoistico.

Tutte quelle domande senza risposta l’avevano svegliata e non era sicura che sarebbe riuscita nuovamente a prendere sonno, ed erano solamente le nove del mattino.

Sentì muoversi il moro alle sue spalle, movimenti seguiti da un sonoro sbadiglio che tradiva il suo aprire gli occhi a sua volta, lo sentì spostarsi appena da dietro di lei, e fu finalmente libera di girarsi a pancia in su. E ora? Non sapeva decisamente come iniziare il discorso, si sentiva così stupida e inesperta su queste cose.

Le sue compagne di classe avevano avuto già una miriade di esperienze in campo amoroso.

Lei no. Lei era una bestia rara anche da quel punto di vista.

Buongiorno piccola” la voce di lui impastata dal sonno ma dal tono incredibilmente dolce attirò la sua attenzione, le fece vibrare il cuore in modo diverso, in un modo mai provato. Mentre sentiva una morsa impadronirsi del suo stomaco.

Ciao…” si limitò a mormorare con lo stesso tono, solo un po’ più sveglio di quello di lui mentre sentiva la sua mano accarezzarle i capelli. I suoi occhi blu si specchiarono in quelli più scuri di lui. “ Che cosa è successo ieri sera….perché…perché abbiamo dormito insieme?” gli mormorò.

Avevi paura dei tuoni, siamo stati in camera mia a vedere una cosa sul computer e poi mi giro e dormivi, mi spiaceva farti svegliare” le rispose lui con semplicità. E meno male che non lo fatto, sei bellissima appena sveglia, con i segni del cuscino sul volto e i capelli un po’ spettinati. Avrebbe voluto aggiungere. Non lo fece. Aveva paura di turbarla più del dovuto, e quella era l’ultima cosa che avrebbe voluto fare.

Seiya…come devo interpretare ieri sera?” si decise a chiedere la ragazza, tornando a fissare il soffitto, ben decisa a non piangere se la risposta fosse stata: “un passa tempo”. In fondo c’era abituata, tutti la usavano a tale scopo e lei aveva finito ormai da un bel pezzo di fidarsi dei ragazzi che aveva intorno.

Lui Non sapeva come gestire la situazione, qualsiasi risposta gli venisse in mente gli sembrava tremendamente poco appropriata. Aveva paura di dire troppo, ma allo stesso tempo anche troppo poco. In fondo non aveva la minima idea di come avrebbe reagito la ragazza e questo lo turbava e non poco.

Va bene ho capito” disse nuovamente la pittrice, mordendosi il labbro con più forza del necessario facendo si che le uscisse del sangue. Deglutì rumorosamente per cacciare indietro le lacrime che minacciavano per l'ennesima volta di segnarle il volto. Si alzò di scatto dal letto ben decisa a non illudersi in quel modo appena un ragazzo dimostrava di avere anche un minimo interesse nei suoi confronti. Sentì il ragazzo muoversi al suo fianco fino a che la sua mano non la bloccò per il braccio. “Lasciami...Lasciami per favore, non abbiamo niente da dirci” rispose secca, con la voce che tremava. Che cosa voleva da lei? Non si era divertito già abbastanza.

Posso sapere che cosa hai già capito? Qualcosa mi dice che le tue deduzioni siano al quanto errate” lo sentì dire, si voltò a guardarlo e lo vide, più bello che mai mentre la luce delle tapparelle sfioravano le sue spalle, il suo corpo ancora sdraiato. Aveva un corpo perfetto, scolpito, longilineo e sopratutto fantastico.

Che sei uno dei soliti farfalloni che vogliono prendersi gioco di me, come sempre il mio intuito non sbaglia mai, lo avevo pensato nel esatto momento in cui ci siamo parlati la prima volta, e la prima impressione in fondo è quella che non viene mai smentita” mormorò gelidamente lei.

Se pensi questo non hai capito proprio niente di me signorina. Ma proprio niente. Sai cosa significa niente? Mi hai catalogato nel gruppo di ragazzi sbagliato. Non ti sei mai soffermata a chiederti perché mi sono mostrato da subito sempre disponibile per quello che ero. Non ti sei mai fermata a pensare se ti stavi comportando nel modo giusto nei miei confronti oppure no. Te lo sei mai chiesto?” rispose con una voce carica di ira lui. Vedere che colei che aveva davanti pensava che fosse il solito stronzo che cercava solamente una notte di sesso per poi sparire lo aveva ferito.

Lui non era così, in molti al suo posto avrebbero sfruttato la notte appena finita per arrivare fino in fondo toccando le corde più intime di quel bocciolo di rosa che aveva davanti, per poi sparire o trattarla male per allontanarla.

Lui no, non riusciva a farlo ne lo avrebbe mai voluto. Perché non lo avrebbe mai creduto ma si era innamorato della Kaioh. All'inizio era scettico, pensava che fosse solamente la solita ragazza viziata figlia dell'alta società almeno quanto lui.

Ma poi aveva imparato a conoscerla in quei quasi dieci giorni che avevano passato insieme, giungendo a capirla. Capire i suoi silenzi, ciò che la faceva soffrire di più. E capendo anche che non sarebbe mai stata felice fino a quando non avesse potuto fare una vita da sedicenne normale, andando al mare a divertirsi con le amiche che non aveva.

Ne era sicuro di questo, anche se lei non glielo aveva mai confessato. Lo vedeva nell'espressione triste che le si dipingeva in volto quando vedevano un film con protagonisti un gruppo di amici o di amiche. E questo gli dispiaceva molto. Voleva in qualche modo aiutarla a uscire da quel guscio di insicurezza in cui era cresciuta.

Allora??!!!? Te lo sei chiesto o no?” esclamò nuovamente.

No non ...non me lo sono mai chiesto” mormorò lei con lo sguardo basso mentre stringeva tra le dita delle mani il lenzuolo. In un gesto carico di nervoso.

Bé prova a chiedertelo e poi magari sappimi dire la risposta...o magari anche la conclusione al quale il tuo cervello da musicista è riuscito a giungere”

Si sentiva così talmente stupida, come aveva potuto dubitare di lui? Aveva capito dove voleva andare a parare Seiya, lui non era come gli altri, altrimenti si sarebbe ritrovata nuda sotto le coperte. E invece non aveva approfittato della situazione.

Scusami...non so veramente che cosa mia sia preso..davvero” mormorò arrossendo per l'imbarazzo, gli occhi ancora umidi per le lacrime sfiorate e trattenute.

Sei proprio scema” disse lui “Dai vieni qui musicista” concluse traendola a se, in un abbraccio carico di affetto.

Quell'affetto che lei non aveva mai provato e che le riscaldava il cuore, il corpo ma sopratutto l'anima. Non era mai stata importante per qualcuno, non per i suoi genitori almeno, e ora il rapporto che la stava avvicinando sempre di più al bel bruno la faceva stare bene. Per lei era un'autentica novità, ma avrebbe pagato fior di quattrini per poterla tornare a viverla tutta. Magari anche al rallentatore.

Ti voglio bene” la sentì sussurrare lui mentre nascondeva il volto nell'incavo del suo collo, la immaginò arrossire come sempre quando esprimeva qualche suo stato d'animo o dei sentimenti per qualcuno come in quel caso.

Anche io, e non dubitare mai più della natura dei miei sentimenti, non pensare che ti voglio sfruttare. Non cerco solamente sesso da te, quando vorrai arriveremo anche li. Ma finché non ne sei convinta...aspetterò” la strinse ancor più forte a se e la sentì rilassarsi. “Be siamo nelle condizioni giuste per scendere a far colazione?”

Si...aspetta però...devo andarmi a cambiare non posso scendere in questo stato” esclamò preoccupata la ragazza.

Ma figurati, i tuoi tornano oggi e a me non fa proprio ne caldo ne freddo, sei bella lo stesso” le labbra si curvarono in un sorriso beffardo mentre vedeva nuovamente il suo viso divenire paonazzo. “Dai andiamo oppure la tua domestica chissà dove pensa che siamo finiti” detto questo si alzò dal letto e si mise una maglietta aderente che metteva risaltava il suo fisico, e uscì dalla camera diretto in bagno a darsi una rinfrescata al viso, seguito da lei che doveva fare esattamente la stessa cosa.

Un quarto d'ora dopo erano entrambi davanti al tavolo imbandito per la colazione con due tazze, del pane e dei biscotti, non mancava neanche una caraffa con il succo d'arancia.

Stamattina hai nuovamente lezione giusto?” chiese lui conoscendo già la risposta.

Si dovrebbe arrivare per le undici il mio maestro, aveva un impegno prima e quindi oggi ritarda farò solamente due ore” rispose lei.

Che ne dici se allora facciamo un giro oggi pomeriggio visto che sei libera? Invece di rimanere in casa intendo” propose lui sorseggiando il contenuto della sua tazza, guardandola negli occhi da sopra il bordo circolare di ceramica.

Non credo che i miei genitori apprezzino il fatto che io esca...vedi...dovrei concentrarmi sui disegni e sulla pittura” rispose lei, anche se la proposta era una di quelle che aveva sempre sognato: uscire. Uscire e pensare di essere una ragazzina normale almeno una volta nella vita, prima che fosse troppo tardi e l'età avanzasse. Le si illuminarono gli occhi per la contentezza, anche se non avrebbe mai potuto accettare la proposta, i suoi genitori altrimenti chi li avrebbe domati al loro ritorno a casa? Quando avrebbero trovato la casa più silenziosa che mai? Sarebbe stato impossibile, loro non avrebbero mai ascoltato le sue ragioni, ciò che importava era che lei si impegnasse e basta, e tutto ciò che era lungi distante dal suo compito era sbagliato a priori. Senza se e senza ma.

Non credo abbiano obiezioni a riguardo, nel caso mi prendo tutta la responsabilità io, dirò che tu non volevi e che ti ho costretta io perché non avevo voglia di uscire da solo, e qui alla fine non conosco nessuno” trovò la soluzione con naturalezza e semplicità. Tanto i tuoi non diranno niente fidati, lo so e ne sono sicuro. Aveva i suoi buoni motivi per esserlo, conoscendo la meta reale del viaggio dei coniugi Kaioh.


* * *


Bloccò la moto sul cavalletto e si fermò in una zona un po' isolata e tranquilla della città, dove si sentiva in pace con se stesso. Sfilò il casco dalla testa e lo poggiò sulla sua “bambina” che attendeva solamente che lui avesse svolto i suoi compiti per tornare a ruggire mentre correva instancabile, sfrecciando sul tracciato stradale. Sospirò e si accese una sigaretta, non che fosse un fumatore incallito, anzi un pacchetto gli durava più di un mese, arrivando a finire addirittura alla fine del terzo; ma era una necessità che saliva quando era nervoso, inquieto. Quando aveva qualcosa che lo turbava. Drogarsi di nicotina lo aiutava decisamente, al diavolo i polmoni.

Non era dipendente dal tabacco, ma una volta ogni tanto faceva sempre piacere, proprio come un buon bicchiere di vino alla fine di un'ottima cena al ristorante. Calciò con un piede qualche piccola pietra, spingendola in mezzo alla corsia sulla quale aveva guidato fino a pochi istanti prima. Davanti alle sue iridi sfrecciavano mezzi di ogni tipo e di ogni cilindrata che passavano a intervalli regolari rompendo il silenzio di quel luogo quasi distaccato dalla realtà della città.

Dietro di lui c'era un campo, una distesa verde e sconfinata che faceva venire voglia di mollare tutto e scappare, lontano per non tornare più. Ed era proprio ciò di cui avrebbe avuto bisogno. Far perdere le proprie tracce, cambiare i dati anagrafici e andarsene via.

Lontano.

Scosse la testa per scacciare via quei pensieri che sarebbero rimasti tali, non poteva fare una cosa del genere, perché la sua famiglia aveva bisogno di lui, ed era solamente quello il motivo per cui non aveva mandato ancora al diavolo tutto, che aveva scelto di non abbandonare i luoghi in cui più volte era stato con il padre quando ancora era in vita, lottando con i ricordi dolorosi, solamente per loro doveva rimanere li, rifugiandosi nelle corse con le moto e con le macchine.

I suo pensieri furono interrotti all'improvviso da uno squillo insistente che proveniva dal suo telefonino custodito gelosamente nella tasca interna della tuta da motociclista. Rispose senza leggere il nome di chi lo stava chiamando.

Pronto” rispose svogliatamente.

Come pronto? Dove diavolo sei?” la voce stridula di Setsuna risuonò con tonalità veramente estreme al di là del microfono.

Sono fuori in moto” rispose lui, realizzando solo in quel momento che lei sarebbe dovuta andare a casa sua, per aiutarlo a mettere a posto gli scatoloni sparsi per l'abitazione. Merda. Me ne sono completamente dimenticato.

Come fuori in moto? Ma dove cazzo hai la testa? Ti rendi conto che sono qui sotto casa tua che suono come una cretina da mezz'ora?” esplose la bruna adirata

O Sets dacci un taglio, tra venti minuti sono a casa mamma mia quanto rompi” rispose lui chiudendo la comunicazione, poi lanciò sulla strada la rimanenza della sigaretta dopo aver fatto ancora un tiro e si mise il casco prima di dar gas alla moto.


Quando giunse sotto casa sua trovò la sua amica appoggiata al muro poco lontana dal portone con le braccia conserte sotto il seno che lo guardava con uno sguardo assassino. Troppo assassino.

Ciao” esclamò dopo aver parcheggiato la moto nei parcheggi riservati al palazzo. Non ottenne nessuna risposta, allora era arrabbiata sul serio. “O Sets mamma come sei pesante però, mi sono dimenticato ok? Scusami ma avevo un sacco di pensieri nella testa” sbottò subito dopo.

Si proprio pensieri...pensieri che sanno di violini impossibili altroché!!” esclamò lei acida, facendolo arrossire imbarazzato.

Ma smettila non ero pieno di pensieri solamente per lei. Anzi magari, sarebbero stati sicuramente più piacevoli.” disse mentre apriva il portone con la chiave, prima di compiere qualche passo e bloccare la porta con il piede teso un po' all'indietro.

Certo che per quanto riguarda le buone maniere non te la cavi proprio benissimo” mormorò l'amica “Credo che devi seguire qualche lezione di buone maniere, altrimenti Miss Kaioh non ti degnerà nemmeno di uno sguardo”

Altrimenti miss Kaioh non ti degnerà nemmeno di uno sguardo” le fece il verso, sfoderando una delle sue facce ridicole “Ma stai zitta, se mi vuole mi prende così come sono, con i miei pregi e difetti. Altrimenti tanto piacere!!” continuò seriamente “Benvenuta in casa Ten'o” esclamò facendola entrare in casa prima di lei “E' piccola ma credo che sia molto confortevole, insomma c'è posto per due e anche per una cameretta” disse in tono sbrigativo mentre la bruna si guardava intorno nel piccolo ingresso sul quale si affacciava la camera matrimoniale due piccoli corridoi lunghi circa tre metri davano accesso al bagno, alla cucina, alla cameretta e alla sala che sembrava essere la stanza più ampia.

Molto carina non c'è che dire...” commentò “Abbiamo un posto dove fare i nostri festini” disse provocandolo.

Si come se nel nostro gruppo girasse la droga, ma sta zitta va” la canzonò lui “Vuoi un bicchiere d'acqua?” chiese “Così poi ci mettiamo al lavoro”

Si grazie” rispose la ragazza sedendosi sulla sedia, perpendicolarmente alla stessa “Che cosa devi mettere a posto ancora?”

I vestiti nell'armadio e poi credo che ci sia da dare una lavata ai piatti che ho preso, non sono male erano in offerta” bevve un sorso dal bicchiere “Ti offrirei qualcosa da mangiare ma sinceramente il frigo è ancora vuoto, devo andare a fare la spesa ancora, ma credo che andrò domani. Per stasera ordinerò una pizza”

Ho capito, stasera hai intenzione di uscire?”

Non lo so, se ne ho ancora le forze dopo aver finito qui” concluse lui.

I due si misero ben presto a riordinare i vestiti del biondo nell'armadio della camera matrimoniale, il guardaroba era di colore bianco, così come il pavimento mentre tre pareti su tre erano biancastre, la terza bordeaux scuro che faceva risaltare il letto del medesimo colore del mobile che aveva di fronte.

Vicino all'ingresso della stanza sulla destra c'era un mobile più basso con soli cassetti sopra al quale c'era un ampio specchio. Ai due lati del letto due comodini che non erano altro che le sue copie in miniature bianchi con delle righe argentate che definivano orizzontalmente la divisione tra un cassetto e l'altro.

Portarono per prima cosa tutte le scatole nella stanza occupandosi prima delle cose invernali, che in quel periodo dell'anno erano inutilizzate e che potevano essere messe nelle ante più alte dell'armadio più ampio.

Mentre Haruka si occupava dell'inverno, Setsuna aveva preso a carico la moltitudine di camice che possedeva il motociclista, in quantità che andava ben oltre l'umana misura.

Ma che cosa te ne fai di tutte queste camice che tra le altre cose non indossi neanche” commentò ad alta voce.

Un commento che il biondo non avrebbe mai voluto sentire. Perché quelle camice erano collegate ad un passato non troppo lontano e a ricordi felici.

Ai tempi di quando ancora il suo animo era sereno e tranquillo e gli permetteva di suonare un pianoforte, passione ereditata dal padre. Che lo aveva accompagnato a moltissimi saggi, alla fine di ciascun anno di Conservatorio.

Ne aveva fatti sei, dei dieci previsti per il conseguimento del Diploma di Primo grado, poi la morte del padre l'aveva segnato nel profondo, cambiando il suo animo. Affidandogli responsabilità troppo grandi, che lo avevano portato a coltivare un'altra grande passione: le macchine, nella speranza di trovare un po' di conforto nel vento che in tal modo lo sferzava affettuoso.

Quelle camice erano tutte quelle che aveva preso per i saggi, per fare bella figura davanti a tutti. Ma lei non poteva saperlo...quella parte del suo carattere non era nota a nessuno.

Neanche alla sua migliore amica.

Sospirò pesantemente, rimpiangendo nel profondo del suo cuore la sensazione che provava in passato nello sfiorare i tasti in avorio del pianoforte che avevano avuto in casa fino a qualche tempo prima.

Chissà se le avrebbe provate nuovamente, un giorno.

Chissà se sarebbero state le medesime che l'avevano invasa anni prima.

Chissà se suo padre sarebbe stato orgoglioso di lei.

Non poteva saperlo, sapeva solamente che quella frase era fuori luogo, e che lo aveva colpito come non avrebbe mai creduto.

La bruna dal canto suo aveva notato il cambio di umore di Haruka, e si pentì immediatamente della domanda che le era sfuggita di bocca con fare troppo impertinente. Del resto non era sicuramente lei quella che amava i pettegolezzi nel gruppo. No, quelli erano affari di Minako, era lei che chiedeva le cose più intime senza provar imbarazzo anche quando avrebbe dovuto.

Scusami...non volevo” mormorò abbassando lo sguardo con fare colpevole.

Fa niente” fu la risposta dal tono piatto che ottenne con le sue scuse, quanto era stata stupida a non farsi gli affari suoi.

Il motociclista invece sentiva tutto ad un tratto l'aria nella camera farsi pesante, insopportabile. La presenza della sua amica lo irritava in quantità smisurata, i suoi nervi all'improvviso vennero messi a dura prova.

Un silenzio inaspettato avvolse entrambi.

Di quelli insopportabili, che premono contro i timpani facendoti cercare disperatamente qualcosa da dire alla persona che hai vicino.

Nessuna parola riusciva a solleticare le loro corde vocali per rompere il gelo che si era creato all'improvviso.

Passarono una buona mezz'ora in quella situazione, il tempo necessario a Setsuna di mettere a posto le camice, dopo di che la bruna si alzò e si volse a guardarlo, riconoscendo nelle spalle piegate e le braccia conserte un atteggiamento chiuso che la invitava ad andarsene. Fu quello che fece.

Indossò il cappotto nero.

Forse è meglio che io vada, quando hai bisogno sai dove trovarmi” disse congedandosi dal biondo che si limitò a darle un accenno con il capo in segno di assenso.

Poi fu silenzio.



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Capitolo 7
*** Rombo di moto ***


Capitolo 7: Rombo di moto

Haruka rimase qualche minuto fermo a fissare il pavimento, era stato stupido a chiudersi così nei confronti di Sets, alla fine lei non poteva immaginare ciò che quegli indumenti rappresentavano per lui. In fin dei conti non le aveva mai parlato della sua passione per il pianoforte, per paura di riaprire ferite troppo grandi. Prima o poi dovrò parlargliene, così forse capisce perché mi sono chiuso così all'improvviso. Pensò. Poi rivolse l'attenzione ai tre scatoloni di vestiti che aveva ancora da mettere a posto, e si fece prendere dallo sconforto: non aveva voglia, quei lavori non gli erano mai piaciuti molto.  Sarebbe stato bello se Usagi gli avesse dato una mano, lei era bravissima in quelle cose. Lui invece non era molto tagliato, più che altro non aveva la minima idea di come sistemarli al meglio per ottimizzare lo spazio e non sprecarlo.
Devo chiamarla per sentire come sta.
Dalla sera prima, non si erano più sentiti, il che era strano perché sua sorella quando non era scuola scriveva sempre se non erano insieme. Se l'è presa veramente tanto. Pensò dispiaciuto.
Afferrò il cellulare che aveva abbandonato sul letto,  e fece scorrere la rubrica fino alla comparsa del nome della sorella. Infine toccò con il dito la cornetta.
Dopo qualche istante di silenzio il cellulare iniziò a squillare, il silenzio attorno a lui era quasi innaturale. E si accorse  di quanto fosse importante che la sorella gli rispondesse, improvvisamente quella chiamata era diventata il fulcro della sua esistenza. E se fosse andata negativamente, era certo che quella giornata iniziata già male si sarebbe conclusa di merda.
Dopo qualche squillo i rumori nella cornetta cambiarono, virando in un rumore più veloce. Segno inconfondibile che Usagi aveva respinto la chiamata di proposito.
Vaffanculo.
Guardò l'orario, e decise di chiamare sua madre che era certo non essere ancora andata al lavoro, nel tentativo di farsi passare la sorella. Doveva chiarire con lei, doveva farle capire che il loro rapporto non sarebbe cambiato per nulla al mondo. Lei era la sua sorellina, niente li avrebbe mai separati.
Compose il numero di sua madre, non riponendo tuttavia molte speranze in lei. La conosceva troppo bene, e mentre sua sorella almeno respingeva la chiamata, la donna che lo aveva messo al mondo era solita non fare nemmeno quello ma chiudersi in un mutismo assoluto fino a quando l'altra persona non gli chiedeva scusa. Solo che lui, quella volta,  non era intenzionato a porgerle le sue scuse: non aveva fatto niente di male.
“Vaffanculo anche a te” urlò nella stanza vuota spegnendo la chiamata, buttando il cellulare sul letto con rabbia. Si alzò furente, i vestiti li avrebbe continuati a sistemare qualche altro giorno. Per il momento si sarebbe solamente limitato ad appendere il sacco da box per tirare qualche pugno. Ne aveva estremamente bisogno, altrimenti era cosciente che le parole sarebbero volate non appena sua madre avesse deciso di richiamarlo.


***

Aveva appena finito la sua lezione di musica, Seiya al contrario delle loro abitudini quel mattino non si era fermato ad ascoltare la lezione teorica, avendo iniziato dopo, l'insegnante aveva diviso la lezione in un'ora di solfeggio e in una di pratica. La voglia di uscire con il moro le era passata durante quelle due ore, aveva piuttosto il desiderio di iniziare a fare i compiti delle vacanze. Era un'abitudine radicata la sua, li aveva sempre iniziati a fare in anticipo in modo da poterli fare con calma senza ridursi all'ultimo e conservare magari 15-20 giorni di relax prima dell'inizio vero e proprio delle lezioni. Quel mattino le lezioni si erano svolte in giardino, per dare modo alla cameriera di preparare la tavola in tutta tranquillità. Il maestro le aveva dato un nuovo brano di musica classica da studiare, ne aveva studiati e svolti parecchi di Paganini ma quello almeno a prima vista le sembrava più difficile degli altri. O forse era solo il suo stato d'animo che le impediva di concentrarsi, rendendo il tutto poco immediato da capire e memorizzare.
“ Signorina allora ci vediamo tra 10 giorni in quanto vado in ferie con la scuola e quindi non tengo lezioni private, come lei ben sa” le disse l'uomo.
“Si certo non si preoccupi; e si rilassi anche per me...” rispose la ragazza, aveva confidenza con lui, e anche se continuavano a darsi del lei per una forma di rispetto reciproco, sapeva che ormai egli era quasi come un amico, per quello si era permessa di augurargli di rilassarsi per due.
“ Michiru non si preoccupi, non mancherò” le rispose l'anziano signore facendole l'occhiolino. Fece scattare poi la ventiquattro ore dove custodiva gli spartiti musicali, eppoi prese la giacca. “ Le raccomando di esercitarsi sul Paganini, spero che quando ci si rivedrà per la prossima lezione lei lo sappia fare al meglio.”
“Non si preoccupi studierò sicuramente” sorrise la ragazza.
“Vado che mia moglie mi sta aspettando per il pranzo, buona giornata Michiru”
“Buona giornata anche a lei” rispose la violinista.
Una volta visto il maestro salire in macchina, raccolse il materiale che le aveva lasciato e rientrò in casa. Trovò Seiya sul divano della sala che guardava la televisione.
“Ho finito lezione, vado a posare le cose in camera mia eppoi mangiamo” gli disse lei, anche se dubitava che l'avesse sentita.
“ Si fai pure, intanto io guardo il telegiornale non c'è nessun problema” le mormorò lui senza staccare lo sguardo dallo schermo.

Una decina di minuti più tardi Michiru fece nuovamente il suo ingresso in sala, un rumore di protesta si alzò dal suo stomaco abbastanza vuoto. La sera prima a causa del temporale non aveva mangiato poi molto. Trovò il ragazzo gia seduto a tavola, i primi erano già stati serviti e nella stanza si era espanso il profumo del sugo di pomodoro fresco col basilico. Si sedette al tavolo, di fronte al moro.
“Buon appetito” si sentì dire da lui.
“Grazie, ascolta... riguardo a oggi, non mi va molto di andare in giro mi sento stanca..stanotte a causa del temporale non è che ho dormito benissimo...magari potremmo uscire insieme un'altra volta...se per te non è un problema...”  rispose lei.
“ Come vuoi, io lo dicevo per farti uscire..ma se preferisci riposarti ok..io però esco lo stesso ho bisogno di prendere un po' d'aria.”
Fu lieta del fatto che lui non avesse insistito per portarla fuori a tutti i costi, ma che al contrario l'avesse assecondata e capita.
“Grazie” mormorò raccogliendo l'ultima forchettata di pasta dal piatto. Dopo qualche minuto la cameriera fece ingresso con il secondo, portando una bella insalata accompagnata da degli involtini primavera. La donna poggiò anche una piccola scodella con della salsa di soia agrodolce, accanto al piatto più grosso da cui i due ragazzi si servirono. Mangiarono il secondo in silenzio,  nella stanza risuonava solo il tintinnio delle posate.
Fuori in giardino, il giardiniere dava l'acqua alle piante dopo aver  tagliato i rami che facevano perdere la forma ai muretti di cespugli. Un lavoro che avrebbe benissimo potuto fare suo padre, se non avesse sempre l'esigenza di fare lo snob.
In realtà una mansione qualsiasi poteva essere svolta senza avere una servitù pronta a servirli e riverirli, e infatti solitamente quando i suoi in casa non erano presenti, lei cercava di cavarsela da sola. Le piaceva svolgere quei piccoli servizi che la facevano sentire una ragazza normale come, ad esempio, lavare i piatti o pulire la sua stanza. Ma anche farsi da cucinare, aveva più volte cucinato insieme alla cameriera, e mangiato con lei e l'autista in assenza dei genitori. E la semplicità di quelle persone così umili e diverse da quelle da cui era sempre circondata la facevano sentire a suo agio.
In cuor suo sperava di trovare un ragazzo normale, che non appartenesse a quell'ambiente; ma sapeva anche che tutto ciò sarebbe stato impossibile poiché i suoi genitori non le avrebbero mai permesso di mischiare il suo sangue con un cittadino comune e “rovinare”, a loro dire, il puro e regale sangue dei Kaioh. Sospirò.
La verità e che si sentiva costantemente in una gabbia.
Tipo gli animali del circo, costretti a uscirne solamente per esibirsi in cambio di qualche boccone.
“Qualcosa non va?” le chiese lui, al quale non era affatto sfuggito il suo triste sospiro e la malinconia che le si era dipinta in volto.
“No figurati non c'è niente che non vada bene, sono solo stanca” mormorò, ingoiando l'ultima forchettata di insalata che le era rimasta nel piatto.
“Sarà...” si limitò a commentare lui, eppure quella risposta da parte di lei non lo convinceva affatto. E' triste per qualcosa, potessi capire cosa. Mai mi era capitata una ragazza così difficile, solitamente le altre cadono ai miei piedi come niente fosse, anche se non è mia intenzione farcele cadere. Lei invece no. Eppure sto facendo il diavolo a quattro per cercare di conquistarla un po'.
Il fatto di non riuscire a cambiare il modo in cui lei lo vedeva, lo intristì molto. Avrebbe voluto che il loro rapporto fosse diverso, nonostante il bacio che c'era stato e che lo aveva fatto ben sperare in un eventuale apertura nei suoi confronti; tutto ciò non era arrivato. Ma anzi forse i piccoli cenni di apertura si erano vanificati, perché la violinista si era chiusa nuovamente nel suo guscio da cui era uscita a farla affacciare un minimo.
“Signorina tutto a posto? Posso togliere i piatti?” la voce della cameriera interruppe i pensieri di entrambi.
“ Si certo faccia pure” rispose la ragazza, avrebbe voluto darle del tu, ma non erano sole. E non poteva, altrimenti se i suoi genitori lo avessero saputo l'avrebbero ripresa. E non era ancora sicura che si potesse fidare di Seiya. Ragion per cui preferì non rivolgersi alla donna in modo amichevole.

***

Finì di passare l'asciugamano sui suoi corti capelli biondi, essersi sfogato contro il sacco da box lo aveva aiutato a distendere i nervi, lavoro che aveva poi concluso la tiepida acqua della doccia. La casa era molto silenziosa, era ormai pomeriggio inoltrato, ma egli aveva deciso che era arrivato il momento opportuno per iniziare seriamente a svolgere le sue ricerche,  era già passato qualche volta dopo il concerto nella zona vicino al mare. Ma non aveva ancora iniziato una ricerca sistematica, e quindi il suo girovagare si era rivelato piuttosto inutile.
Mentre era sotto la doccia aveva infatti pensato a come rintracciare la Kaioh nel più breve tempo possibile, i suoi pensieri infatti erano sempre rivolti a lei. E nemmeno il litigio con sua madre e con sua sorella lo avevano distratto dalla bellissima violinista.
Una volta trovata la villa su Google sarebbe stato un gioco da ragazzi pattugliare la zona per cercare di scontrarla casualmente. Hotaru gli aveva giustamente fatto notare che una ragazza come Michiru difficilmente si sarebbe abbassata a fare un giro da sola, magari senza scorta. Ma che al contrario sarebbe sempre stata circondata da qualcuno, amici o guardie non era importante, perché tanto il risultato per lui sarebbe stato sempre lo stesso: non avrebbe potuto avvicinarla. Sospirò preso dalla frustrazione che gli provocarono quei pensieri che all'apparenza non avevano via di uscita per riuscire nel suo intento.
Sei idiota? Ti poni i problemi ancor prima che si presentino, cerca la casa prima.
Pensò in compagnia di se stesso mentre finiva di vestirsi,  in fin dei conti era la cosa più importante da fare, prese la giacca di pelle, il casco e le chiavi che gli erano necessarie. Poi cerco su internet dal cellulare dove era localizzata Villa  Kaioh, ci vuole qualche minuto per dare modo al telefono di caricare quanto gli era stato richiesto.
Non è poi così lontana dal teatro la tua casa Michiru.
Pensò prima di chiudere la porta di casa e dirigersi verso il garage dove aveva parcheggiate sia la moto che la sua macchina. La seconda decapottabile.
L'occhio gli cadde su un po' di polvere presente sul fanale della quattro ruote e si inchinò a lucidarlo un po' con la manica del giubotto che indossava.
Poco dopo poi prese il casco, allacciò il cinturino sotto il mento e sali a cavallo della sua moto.
Un ruggito rabbioso si levo dal mezzo nel momento in cui la chiave girò nell'accensione, facendosi più acuto e potente quando il biondo diede gas in attesa che la saracinesca del garage fosse abbastanza alzata per permettergli di uscire.
Un minuto più tardi l'aria gli sfrecciava intorno al corpo, donandogli una di quelle sensazioni per cui amava correre. In sella alla sua bambina era libero, senza costrizioni di nessun genere, poteva passare in mezzo alle macchine ferme in coda, o sorpassarle come  e quando voleva. Poteva girare nelle arterie della città pulsante, passando in una decina di minuti da un organo all'altro di quell'enorme creatura.
Una ventina di minuti più tardi svoltò a sinistra, trovandosi a quel punto sul lungo mare cittadino, avrebbe dovuto percorrerlo tutto prima di arrivare a destinazione, sperava a quel punto di riuscire a incontrarla. In tal caso avendo il giorno dopo libero, sarebbe sicuramente tornato, magari dal pomeriggio presto. In modo da avere poi più tempo a disposizione.
Rallentò quando davanti ai suoi occhi comparve la Villa che stava cercando, dal poco che si poteva vedere dal cancello sembrava molto moderna, e non aveva niente a che vedere con le case tradizionali giapponesi.
Strano però, i Kaioh sono una delle casate più antiche della città oltre a essere molto conosciuti.
Avevano sicuramente svolto ruoli importanti nella storia recente, gli faceva per tanto strano che una famiglia che teoricamente doveva essere molto legata alle tradizioni del Giappone, avesse in realtà una casa così all'ultima tendenza.
Parcheggiò la moto poco distante eppoi scese per dare un'occhiata. Non sperava sicuramente di trovarla immediatamente, li in giardino. E anche se fosse non avrebbe saputo come attirarne l'attenzione. Sempre che lei lo avesse degnato di uno sguardo. Dall'esterno osservare l'interno della villa non era per niente semplice, una cospicua superficie di giardino allontanava l'edificio dalla ringhiera, e svariati cespugli ben tenuti formavano dei muretti lungo il ciglio dei sentieri che lo attraversavano togliendo in parte la visuale.
Impossibile riuscirla a scorgere in queste condizioni. Pensò stizzito. Potrei però provare a vedere se riesco a farla affacciare, facendo rumore con la moto come se nulla fosse. Fu il pensierò che venne a galla pochi istanti dopo.
Si diresse così verso il mezzo e gli saltò nuovamente in groppa, prima di girare la chiave e iniziare a sgasare. Quel rumore di motore a giri altissimi gli infondeva una scarica di adrenalina che in pochi erano riusciti a suscitargli.
Speriamo che si affacci.

***

Aprì gli occhi assonnati, che le restituirono una visione annebbiata della sua stanza, si era ritirata li dopo pranzo, nel tentativo di recuperare un po' di sonno arretrato.
Sbadigliò sonoramente.
In realtà aveva ancora sonno sebbene avesse dormito molte ore quel pomeriggio, le riuscì molto difficile capire il motivo per il quale Morfeo aveva deciso di abbandonarla, in fondo non era nemmeno ora di cena, e anche se lo fosse stato non aveva fame.
Aveva solo voglia di tornare a dormire, se non fosse per le sue sensibili orecchie che erano raggiunte e tormentate da un ruggito da leone che probabilmente apparteneva a una moto.
Eppure non le sembrava proprio che li fuori ci fosse coda, in fin dei conti quello era l'unico rumore che sentiva, mentre quando la strada era congestionata non si riusciva più a distinguere un rumore dall'altro. E a dire che era un orecchio esperto, il suo.
Ci mancava solamente sto scemo con la moto. Giuro su me stessa che non frequenterò mai e poi mai una persona così stupida.
Si alzò per andare in bagno e rendersi almeno presentabile, poi controllò il cellulare. Nessuna chiamata. In fin dei conti la sua normalità era quella. Nessuno la cercava se non aveva bisogno di qualcosa, solo per il piacere di fare due chiacchiere. Ma al contrario era un continuo chiedere favori.  I suoi genitori erano troppo impegnati a svolgere le loro faccende per degnarla anche della minima attenzione.
Sospirò.
Quel giorno non aveva nemmeno voglia di passare il suo tempo con Seiya, e fu grata al moro quando scoprì che non era stato in casa per lei, ma che al contrario era uscito per farsi un giro e prendere un po' di aria come era giusto che fosse. Si spostò in sala dove trovò la cameriera intenta a spolverare il mobile sul quale era poggiata il televisore HD di ultima generazione.
“Michiru non sei uscita?” fu la domanda che le rivolse la donna, libera dall'etichetta perché si trovavano sole in casa.
“Non avevo particolarmente voglia di uscire oggi...scusa ma sto rumore di moto continuo cos'è? C'è qualche manifestazione sul lungo mare di cui ero all'oscuro?” chiese la ragazza.
“No tesoro, abbiamo già controllato, sembra essere un motociclista maleducato che si diverte a sprecare benzina qui davanti. Probabilmente starà facendo qualche gara con gli amici.” le rispose la donna.
“Spero di non dover mai avere a che fare con persone di questo genere” fu il commento della violinista.
La cameriera si lasciò andare in una risata “ Michi sai meglio di me che tu non incontrerai mai gente di quel calibro, anche perché i tuoi genitori in caso contrario ti diseredano”
Quella frase fece rabbuiare la ragazza, aveva detto la pura verità. Se si fosse innamorata di qualcuno che ai suoi non andava bene, sarebbero stati capaci di toglierle l'eredità per il disonore arrecato al loro cognome. E se lei era innamorata di questa persona a loro non gliene sarebbe importato nulla.

***
Era più di mezz'ora che dava gas alla moto senza ottenere nessun risultato, si era avvicinato incuriosito al cancello solo un membro della servitù, o così gli sembrava. Iniziava a dubitare che miss Kaioh  fosse in casa.
Quando si dice essere sfigati.
Sbuffò spazientito, mentre teneva sott'occhio il livello della benzina in modo tale da averne una quantità che gli permettesse di tornare a casa o quanto meno di raggiungere un distributore.
Tanto cara la mia violinista, non sarà oggi ma primo o poi le nostre strade si incroceranno, vedrai.
La sua attenzione si posò su un ragazzo che probabilmente era poco più grande di lui che passeggiava verso il cancello della villa, lo guardava con una sorta di fastidio sul volto. Probabilmente per il troppo rumore che stava facendo. Era moro, ben piazzato per la palestra ma niente di particolarmente preoccupante. Arrivato alla Villa suonò, e poco dopo il cancello si aprì.
E quel tizio chi sarebbe? Si ritrovò a pensare poco dopo, mentre una punta di fastidio si faceva largo dentro di lui. Non poteva di certo essere il fidanzato di quella dolce creatura, insieme non li vedeva proprio. Era più forte di lui. Quel tipo per quanto egli non lo conoscesse era spocchioso e arrogante. E non gli avrebbe mai permesso, una volta conosciuta la violinista di starle troppo attorno.
Stanco di stare li immobile, decise di dirigersi verso casa, sarebbe tornato il giorno seguente e quelli dopo ancora nei pressi della Villa, sperando che presto arrivasse il suo giorno fortunato.

Note dell'autrice: Ecco a voi il nuovo capitolo, molto corto, ma anche qui se lo univo al prossimo diventava troppo lungo, vi faccio una piccola anticipazione, riguardo al prossimo capitolo, tutti quelli che aspettavano l'incontro tra Haruka e Michiru hanno finito di aspettare. Spero di non deludere le vostre aspettative.

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Capitolo 8
*** Di partenze e scontri ***


Note dell'autrice: Ok, finalmente siamo arrivati al capitolo che molti forse aspettavano, un grazie al mio ragazzo per avermi aiutata a rendere abbastanza realistica la parte sulle macchine, in quanto io ne capisco meno di zero. Detto questo vi lascio alla lettura del capitolo con una domanda: Secondo voi, come reagirà Michiru nei capitoli successivi? Voglio vedere chi di voi ci azzecca, in quanto ho iniziato la scrittura del capitolo 14.

Capitolo 8: Di partenze e scontri.

 

"Il tempo di un minuto

per sapere chi sei [...] nel silenzio tra

 un secondo e l'altro io vivrò

 nell'ansia dell'attesa di un miracolo"

Finley

 

"Michiru svegliati!! Io, tuo padre e Seiya stiamo per partire" la voce di sua madre risuonò improvvisamente nella sua camera andando a interrompere la quiete delle dieci del mattino.

"Uhm..." uscì dalla sua bocca, mentre ancora teneva gli occhi chiusi. Quella notte si era riuscita ad addormentare molto tardi, solo dopo aver finito un disegno che le era uscito in testa di punto in bianco. E in quel momento l’ultima cosa che desiderava era doversi alzare dal letto forzatamente.

"Dai su, tra mezz'ora lasciamo casa, vieni a salutare Seiya e tuo padre" la sentì dire. Aprì i suoi occhi blu, e si ritrovò a fissare la spalliera del letto, mentre era abbracciata al suo cuscino. Non aveva proprio la voglia di vestirsi e alzarsi così presto.  Si mosse appena, sapeva che se non si fosse presentata in sala all'orario che le era stato detto, sua madre l'avrebbe ripresa; ogni qualvolta non ubbidiva veniva ripresa duramente. Anche se la maggioranza delle volte erano sciocchezze vere e proprie quelle che commetteva.

Disciplina, disciplina. Al diavolo!

Pensò mentre si alzava di peso dal letto, spostando le lenzuola e infilandosi le infradito. Si diresse in bagno a darsi una lavata veloce per rendersi abbastanza presentabile. Uscita andò verso il suo capiente armadio e ne tirò fuori i primi indumenti che le capitarono sotto mano e potessero essere indossati insieme. Non perse nemmeno tempo a pettinarsi, si limitò solamente a legarsi la chioma in un chignon abbastanza stretto in modo da nascondere il lato ribelle dei suoi capelli mossi.

Dopo aver preso il cellulare, uscì dalla stanza e percorse il corridoio al piano superiore fino alle scale che l'avrebbero portata alla porta di casa e, in seguito, nella sala da pranzo.

Arrivata nell'ingresso notò che le valigie dei suoi genitori e il minimo bagaglio del ragazzo erano già pronti, l'autista si stava apprestando a portarle già in macchina. L’uomo le sorrise non appena fece la sua comparsa nel suo campo visivo.

"Buongiorno signorina" le disse l'uomo facendole l'occhiolino.

"Buongiorno" gli rispose lei sorridente, consapevole che per quattro giorni sarebbe stata libera di fare qualsiasi cosa volesse, anche di uscire e andare al mare esattamente come le sue coetanee. Avrebbe dovuto solamente ricordarsi gli occhiali da sole per non attirare l'attenzione delle persone che incrociava, per il resto non doveva rendere conto a nessuno.

Arrivata in sala da pranzo li trovò già seduti che consumavano la colazione e si affrettò a unirsi ai tre per consumare la sua.

"Michiru mi raccomando, non tenere comportamenti scorretti mentre noi non ci siamo" iniziò suo padre, come ogni volta che i due partivano in tour per qualche giorno. Non si erano ancora abituati al fatto che, la loro bambina, ormai fosse grande abbastanza da cavarsela da sola senza ricevere millemila raccomandazioni. Raccomandazioni che, per altro, a lei erano sempre sembrati come una minaccia.

"Si papà stai tranquillo, non farò niente di disdicevole per una ragazza dell'alta società" sorrise, ennesimo sorriso falso che era costretta a sfoderare a sostegno dell'ovvietà espressa dall'uomo. "Ormai sono grande non dovete temere"

"Brava tesoro, è così che deve essere" intervenne la madre sorseggiando il suo capuccino.

La violinista si limitò ad annuire, mentre mescolava il liquido fumante nella sua tazza, Seiya stranamente non aveva proferito parola da quando si era seduta al tavolo, non si erano nemmeno salutati. Come se improvvisamente doveva mantenere un distacco che in realtà avrebbe dovuto sempre esserci. Lo guardò di sottecchi mentre si portava la tazza alle labbra. Avrebbe voluto poter far colazione da sola con lui, per salutarsi e chiacchierare come avevano fatto in quei giorni. Ma con i suoi genitori presenti non avrebbe fatto nulla, e sperava che il moro non iniziasse ad attaccare discorso. Gli occhi le caddero sull'orologio nella stanza, e si rese conto che era tempo che partissero.

"Forse è il caso che andiate, sennò farete tardi, nel caso poi troviate traffico è meglio non rischiate" mormorò.

La signora Kaioh dopo averla ascoltata si voltò in direzione dell’orologio, constatando che la ragazza aveva ragione, avrebbero dovuto sbrigarsi.

"Si tesoro hai ragione, è meglio andare" rispose la donna. Guardando gli altri due, si alzarono tutti, compresa la violinista.

Arrivati all'ingresso la ragazza abbracciò prima sua mamma, poi il padre e per ultimo il ragazzo.

"Buon viaggio allora" disse a lui " Fatemi sapere quando arrivate così non mi fate stare in pensiero" volse lo sguardo verso i suoi genitori per cogliere un cenno affermativo da parte dei Kaioh. Cenno che non arrivò mai da parte dei suoi genitori, non che ci sperasse particolarmente: non era mai arrivato. E come al solito non le avrebbero dato notizie del viaggio, ma in cuor suo la violinista sperava che almeno Seiya sarebbe stato attento a quella richiesta.

Guardò salire in macchina il trio. Si fermò sull’uscio a vederli sparire al di la del cancello, mentre una gioia immensa si impadroniva della sua mente. Scacciando in un batter di ciglio l’immensa stanchezza causata dalle poche ore di sonno che aveva potuto compiere durante la notte.

Era libera, finalmente.

Libera di uscire e fare ciò che voleva, senza assurdi protocolli da rispettare. Quella mattina per cominciare sarebbe andata a farsi una passeggiata  in riva al mare, quando ancora la città era quasi addormentata la zona immediatamente fuori la Villa era molto tranquilla e sebbene ci fosse la strada prima, e la spiaggia poi, a dividerla dal mare riusciva a sentire il rumore delle onde in modo molto distinto.

Corse in camera sua a cambiarsi il più velocemente possibile per non perdere tempo prezioso, scelse una gonna di jeans che le arrivava a metà coscia e un top azzurro che le lasciava scoperta la schiena. Afferrò poi una paroure completa di bracciale, orecchini e collana in oro e piccoli diamanti e una caviliera che si era fatta fare su misura identica a questi ultimi. Un velo di trucco leggero, e dopo aver preso la borsa in jeans si infilò i sandali bianchi che adorava per via delle conchiglie di cui erano adornati. In fine si avvicinò alla vetrata che la separava dal giardino, e fece scorrere la finestra sulla guida; quell'angolo di giardino pieno di piante di rosa era il suo preferito, era a riparo da sguardi indiscreti e le donava una privacy naturale che la faceva sentire protetta dal mondo che la circondava. Purtroppo le rose non la proteggevano da ciò che per lei significava quella casa, ma soprattutto la sua famiglia. Eppoi lei amava immensamente le rose, di cui indossava anche un buonissimo profumo firmato. Erano le piante che più le si addicevano: bellissime, ma capaci di ferire con quelle stesse armi che utilizzavano per proteggersi da eventuali minacce e aggressioni.    Lei in parte era così, e seppur con dispiacere ne era perfettamente consapevole.

 

***

 

Un sonoro sbadiglio uscì dalla sua bocca coperta dalla mano sinistra mentre la destra teneva fermo il casco sulla sella della moto.

Le sue ricerche in quei giorni ancora  non avevano dato frutto, e il vedere la macchina degli abitanti della villa che si allontanava senza più far ritorno, lo aveva molto demotivato. Non era riuscito a vedere chi sedeva in quella macchina, e così la paura che lei fosse partita per qualche tour all'estero lungo chissà quanto lo attanagliava. Al solo pensiero che lei fosse in compagnia del bruno che aveva notato le fece attorcigliare le viscere.

Cazzo la mia solita fottutissima sfiga. Mai una volta che la ruota giri dalla mia parte.

Sbuffò rumorosamente attirando l'attenzione di un gruppo di petulanti giovani donne che camminavano sul lungo mare, immerse in un chiacchiericcio al quanto irritante da sentire.  I loro occhi lo fissavano, e decise di giocare con loro, sfoderando uno dei suoi sorrisi ammaliatori. Non perchè avesse qualche intenzion seria, ma vedere le reazioni del gentil sesso che rispondeva a un solo sguardo se inflitto con il giusto modo di fare lo aveva sempre divertito.

La maggioranza delle donne è tutta uguale, sembrano fatte con lo stampino.

Per questo suo modo di fare si era sempre guadagnato l’appellativo di play-boy  o, ancora, quello di latin lover. E questo non faceva si che far crescere il suo ego in un modo smisurato.

Era sempre stato consapevole dell’ascendente che aveva sul gentil sesso, e spesso se ne era approfittato senza nemmeno chiedere permesso a colei che aveva davanti. In fondo le sue storie serie si potevano contare sulle dita di due mani. Lui era libero, non voleva costrizioni. O almeno si sentiva così fino al pomeriggio del giorno del concerto. Improvvisamente poi le sue aspirazioni e le sue idee erano cambiate radicalmente, concentrandosi solo sul desiderio di avere al suo fianco quella che per lui era una sirena.

Si godette lo spettacolo di quel gruppo di sconosciute  che - sospirando sognanti - , lo stavano mangiando con gli occhi, e nel frattempo sussurravano tra di loro cose che non riusciva a captare con le sue orecchie. Non senza avvicinarsi almeno.

Le classiche troiette che svengono al primo sguardo. Troiette di alto borgo. Probabilmente il loro frutto del desiderio è d'oro, o probabilmente di platino.

Probabilmente lo è anche quello di Miss Kaioh.

Arrossì violentemente a quel pensiero, nonostante ormai la ragazza riempiva i suoi sogni ogni notte da quel maledetto concerto. E non sempre in immagini caste, anzi.

Che diamine di pensieri faccio, cazzo! Devo dare una regolata agli ormoni.

Un rumore di cancello che si apre attirò immediatamente la sua attenzione, era quello della Villa della violinista. Si raddrizzò un pò nella sua posizione per cercare di vedere al meglio chi lo aveva fatto aprire.

A quanto pare nessuna macchina, altrimenti l'avrebbe già vista sfrecciare fuori, dopo qualche istante comparve una figura che conosceva fin troppo bene.

E al suo cuore mancò immediatamente un battito, era da sola. Nessuna traccia del pallone gonfiato bruno che aveva visto entrare giorni addietro.

Aprì la sella del motorino in modo quasi automatico e senza pensare troppo, l'unico tarlo il fare in fretta.

Era giunto il momento di entrare in azione.

 

***

 

Appena uscì dal cancello della villa si soffermo qualche istante a respirare la brezza del mare che le smuoveva i suoi ondulati capelli acquamarina e le sue vesti. L'odore di salsedine lo amava, forse ancor di più di quello delle rose che le aveva riempito le narici fino a qualche minuto prima. Doveva godersi quei giorni a pieno, perché come sempre sarebbero volati in un batter d'occhio, riportandola con i piedi per terra nella sua prigione di cristallo e oro.

Il lungo mare era frequentato principalmente da persone normali, non appartenenti al suo ceto sociale, quelle che i suoi genitori definivano "plebe" citando la scala sociale meno fortunata ai tempi romani europei. A lei quel soprannome non piaceva: sicuramente non avranno avuto Porsche e Ferrari, ma era certa che nella loro semplicità custodivano un grande cuore. Lo poteva notare ogni qual volta si fermava a un banchetto per comprare un gelato o una brioche. Lo poteva percepire dal modo in cui i genitori guardavano i figli, uno sguardo che lei mai aveva visto in  chi l'aveva messa al mondo. Era amore puro, incondizionato. Non quello volto al successo e alla fama a cui era abituata.  Lo aveva notato anche ogni tanto nell’incrociare un bambino che piangeva, e nei toni della madre che lo sgridava: molto diversi da quelli che usavano coloro che l’avevano messa al mondo. Nonostante la ramanzina, dalle parole della donne che più volte si era fermata ad ascoltare, trasudavano affetto e amore. Scosse lievemente la testa per far scivolare via quei brutti pensieri che la rattristavano ogni qual volta ci si soffermava, e iniziò ad incamminarsi in direzione del gelataio per prendersi un ottima brioche e un bicchierone di tea freddo da sorseggiare durante la sua passeggiata. Prima però abbassò gli occhiali da sole sul volto, in modo da non essere riconosciuta.

Voleva veramente passare una giornata da “plebea”, come l’avrebbero chiamata i Kaioh,  senza il pericolo di essere riconosciuta a ogni passo e fermata per domande curiose e richieste di autografi. Di quelli ne aveva già abbastanza durante i concerti a cui aveva dovere di partecipare.

Percorse quei duecento metri che la separavano dal venditore con tutta la calma possibile, per godersi ogni singolo passo e la bellezza del mare estivo pieno di scaglie di liquida luce interrotte da  piccole vele bianche. Da quella distanza sembravano gabbiani pronti a spiccare il volo verso una meta lontana.

Appena trovo un posto tranquillo devo fare uno schizzo in bianco e nero, così appena posso lo trasformo in un vero e proprio quadro questo spettacolo.

Pensò la musicista mentre aspettava il suo turno per ordinare. Il signore del banco era sempre quello da anni e anni, e iniziava ad accusare i segni dell'età, lei fin da piccola lo aveva sempre visto dalla macchina quando passava. Alto, magrolino sembrava una canna di bambù. La voce squillante quasi fosse un topolino.

"Prego in cosa posso esserti utile?" si sentì dire dopo qualche minuto, mentre l'uomo la guardava.

"Buongiorno, guardi vorrei una brioche con la crema alla nocciola e un tea freddo al limone" rispose lei, prendendo dalla borsa il porta monete.

"Certo" le rispose lui prima di aprire la vetrinetta del banco e afferrare la brioche "Da portare via giusto?" chiese ancora.

"Si grazie, quanto le devo?" mormorò lei, nonostante il tono familiare dell'uomo era troppo abituata a dare del lei per poter dare del tu ad uno sconosciuto. Anche se apprezzava questa abitudine, che faceva sentire tutti un po’ in famiglia.

Pose l'importo dovuto nel piattino della cassa,  e dopo aver ricevuto il resto afferrò il sacchetto con la brioche e il bicchiere in carta con la cannuccia della bevanda. Bevve un sorso del liquido ghiacciato, un toccasana nella calura di quella giornata estiva.

 

***

 

Aveva deciso di seguirla a distanza, mentre studiava un metodo per poterla avvicinare senza sembrare uno di quei paparazzi di cui spesso le celebrity rimanevano vittima, loro malgrado. Anche perché sicuramente voleva mantenere l'anonimato, sensazione datagli dal fatto che indossava occhiali da sole che le coprivano la maggior parte di quel suo splendido viso.

Si era fermato a circa un duecento metri dal banchetto delle brioche, nella speranza che dopo aver preso qualcosa la violinista avesse fatto marcia indietro avvicinandosi alla sua posizione. In effetti il fatto che avesse preso qualcosa da bere gli aveva suggerito il pretesto ideale per poter scambiare qualche parola, in realtà aveva anche preparato un biglietto di carta con il suo numero scritto nella miglior calligrafia di cui era capace. Nonostante in epoca scolare lui avesse sempre scritto da cani, o meglio a zampe di gallina. Ma per quella volta si era sforzato molto, e secondo lui aveva ottenuto risultati quanto meno passabili e decifrabili rispetto al solito.

La sua attenzione tornò alla ragazza che aveva appena ritirato le cose ordinate per poi voltarsi e procedere nella direzione in cui era lui.

Finalmente sono baciato dalla fortuna, son talmente sexy che manco lei mi resiste.

Fu il suo pensiero, mentre un sorriso sghembo gli comparve sul viso. Si tirò su dalla ringhiera del lungo mare, per poi togliersi la giacca in pelle nera che indossava quel giorno, sotto una maglietta bianca aderente al punto giusto. Spostò la giacca su una spalla facendola dondolare sul retro, tenendola appesa con due dita della mano sinistra. Nella destra stringeva il foglietto di carta.

Man mano che camminava verso la ragazza sentì il cuore che gli batteva con un ritmo innaturale nel petto, sembrava che la ritmica del movimento avesse scelto una strada tutta sua, facendogli mancare il respiro.

Datti una calmata Haruka.

Sospirò vistosamente per darsi un contegno, aveva sognato e pensato più volte a quel momento,e ora che stava per viverlo non sapeva cosa aspettarsi.  Ormai a dividerli c'era solamente qualche metro, e doveva cercare di far sembrare lo scontro il più naturale possibile, frutto semplicemente di una svista per colpa del suo essere svampito. Non doveva sembrare una cosa progettata e cercata.

Ma ne sarebbe stato capace? O avrebbe fatto una delle sue figure di merda?

 

***

 

I suoi pensieri volarono ai suoi genitori che erano via insieme a Seiya, chissà cosa gli avrebbero detto, chissà se avrebbero indagato sul loro rapporto. La sua speranza era che non fosse così, ma che al contrario non si fossero accorti minimamente del cambiamento.

Perché un cambiamento c'era stato vero? La realtà e che non lo sapeva affatto, non sapeva come interpretare ciò che si erano detti. La realtà è che aveva davvero poca esperienza nelle faccende amorose, e anche a scuola le sue compagne non la rendevano partecipe. Dopo tutto con i suoi genitori di vietarle di uscire non si era integrata nella classe. E quindi quelle poche amicizie sincere che sarebbero potute nascere, erano state stroncate in partenza. Alla fin fine non le sembrava vero che un tipo come Seiya avesse intenzioni sincere nei suoi confronti, nel loro ambiente raramente c'era qualcosa di veritiero, spesso erano tutte falsità.

Era totalmente in sovrappensiero, e non si accorse che si stava dirigendo contro un ragazzo che viaggiava esattamente sulla sua stessa traiettoria, e che non dava cenno di spostarsi.

Fu una questione di attimi, e si rese conto di essere andata contro a qualcosa, urto che la fece sobbalzare all'indietro, e nel tentativo di non perdere l'equilibrio sia il bicchiere che la borsa le sfuggirono di mano. Il primo per andare a finire sulla maglia dello sconosciuto, mentre l'altra diretta al suolo per spargere il suo contenuto.

Michiru ma cosa combini? Pensò la ragazza come appena risvegliata da un sogno in una realtà parallela. I suoi occhi blu si posarono sulla maglietta della persona che aveva scontrato rivelandole, nonostante le lenti scure degli occhiali da sole, una macchia di tea piuttosto estesa.

" O santo cielo mi scusi infinitamente, non so dove avevo la testa" esclamò mortificata, portandosi una mano alla bocca, a nascondere il suo rammarico. Solo in quel momento guardò veramente chi aveva di fronte, un ragazzo decisamente alto, capelli biondi come il grano ad Agosto e due occhi verdi come il prato. Indossava dei jeans e in mano aveva una giacca nera.  Fisico asciutto e statuario.

Si sentì improvvisamente in imbarazzo. Sembrava uscito da un quadro.

 

***

 

La osservò con attenzione dall'alto del suo metro e ottanta, sul palcoscenico complici i tacchi le era sembrata una decina di centimetri più alta di quanto era in realtà come aveva appena finito di constatare. Ma il suo fisico era quello, e non era di certo stato un vestito importante a valorizzarlo. Anzi, vestita al "naturale" forse era molto meglio.

"Ma non ti preoccupare, può capitare nessun problema anzi" rispose lui, mentre la musicista faceva l'atto di chinarsi a raccogliere le sue cose.

E' il momento giusto per il biglietto.

" Permettimi di darti una mano a raccogliere" le disse, chinandosi più velocemente di lei, per fortuna non erano uscite tantissime cose, ma il giusto per permettergli di lasciare al suo interno il bigliettino, nella speranza che lei poi usasse il suo numero. Ipotesi probabilmente molto remota in realtà, ma che almeno gli donava un barlume di speranza.

Approfittando di un momento di distrazione della ragazza il pezzetto di carta era stato depositato nella borsetta.

" Permettimi di presentarmi però, io sono Haruka piacere di conoscerti" mormorò tendendo la mano destra verso l'altra.

"Oh... piacere mio, io sono... ehm... Ise" rispose l'altra.

Come Ise? Miss Kaioh tu non me la stai raccontando affatto giusta. Fu il pensiero di lui, mentre un sorriso sghembo  gli si dipingeva in viso. Quel tentativo di nascondere la sua vera identità ai suoi occhi apparve buffa. Fin troppo.

Se tu sapessi la verità Michiru, non racconteresti sta cazzata.

 

***

 

Perchè sorride? Cosa avrò detto per provocare in lui questa reazione. Fu il pensiero di lei, aveva mentito sul suo nome per non essere trattata diversamente da come la stava trattando. Era sicura che appena egli avrebbe sentito il suo nome avrebbe fatto due connessioni che lo avrebbero portato a realizzare che davanti a lui c'era l'eccelsa violinista, la ragazzina prodigio della musica classica. E questo lo avrebbe portato ad utilizzare dei toni formali che lei non voleva sentire, aveva bisogno di sentirsi dare del tu senza dover dare per forza del lei. Nonostante lei lo stesse usando per educazione.

Quel sorriso però, le aveva provocato un aumento del battito e una sensazione di avere le gambe morbide come burro al sole. Si doveva opporre alla sua forza di volontà per non crollare a terra come un'ameba. Quel ragazzo sconosciuto era davvero affascinante, certo anche Seiya lo era. Ma lui aveva un qualcosa in più che l'attirava. E non era in grado di capire quale fosse il motivo di così tanta attrazione.

"Cosa stai combinando sulla passeggiata Ise" si sentì chiedere.

"Un giro, quattro passi...mi piace ammirare il mare, credo che con un sole come quello di oggi sia qualcosa di spettacolare" probabilmente i suoi discorsi a lui erano incomprensibili, in fondo lei guardava tutto in un'ottica artistica. Molto probabilmente lui non sarebbe stato in grado di capirla.

"Oh concordo con te, ma sai io lo trovo ancora più affascinante quando è accarezzato dal vento ed è infuriato. Mi piace l'unione tra di loro, la sensazione di maestosità e potenza che ne deriva" ottenne come risposta.

" Si diciamo che anche quando è agitato è un bello spettacolo" il suo interlocutore aveva ragione, spesso lo avvertiva dalla sua camera. Infuriava spostano le pietre e la ghiaia della battigia durante la risacca. Quella era la sua voce, la voce del mare. E lei l’aveva sempre considerata anche la sua. " Tu cosa fai invece da queste parti?" chiese a sua volta.

 

***

 

"Ero qui per staccare un pò dalla solita routine, ogni tanto mi piace venire sul mare, e godermi quella brezza che si può trovare solo qui" le rispose lui. Probabilmente per le norme della sicurezza non poteva rivelargli il suo vero nome, e questo un pò lo aveva irritato..non era di certo un malato mentale lui. Non aveva molto senso come cosa. Avrebbe voluto dirle che l'aveva riconosciuta benissimo, ma se poi lei sarebbe scappata?

Non posso permettermi un errore simile in questo momento, glielo dirò appena mi scrive sul telefono. Sempre che scelga di sentirmi.

Furono i suoi pensieri, si erano allontanati molto dal punto in cui si erano scontrati, parlando avevano fatto circa 900 metri senza accorgersene, e anche se la ragazza era piccolina non aveva fatto fatica a stare dietro alla sua falcata.

Sicuramente farà qualche sport in cui è importante la resistenza fisica.

A suo malincuore dovette constatare che il tempo era passato abbastanza velocemente, e che quel pomeriggio aveva appuntamento con il meccanico per sbrigare una faccenda riguardante la sua macchina, era giunto quasi mezzogiorno tra una cosa e l'altra. E da li a poco avrebbe dovuto andarsene, anche se non si sarebbe mai voluto staccare da lei, ma anzi portarsela via lontano. Da quel bruno pallone gonfiato, sopratutto.

"Ascolta io tra poco dovrei andare però, ho un impegno questo pomeriggio a cui non posso proprio mancare e devo pranzare e attraversare mezza città. Se vuoi però posso riaccompagnarti a casa senza problemi" le propose, nella speranza che lei scoprisse la sua vera identità, sfoderando un bellissimo sorriso.

" Ti ringrazio ma non credo sia necessario" rispose lei rimanendo sulle sue. Cosa che le riuscì difficile dopo aver visto il sorriso splendido dell'altro.

Cazzo Miss Kaioh, non ti conquista proprio nulla. Pensò lui.

Si certo, è da stupidi pensare che una come lei cadda ai piedi di una persona solamente per un sorriso, dovrò impegnarmi di più. Dopo tutto lei non è una come le altre. E soprattutto sarà abituata a ricevere sorrisi da ogni persona con cui aveva a che fare.

"Come vuoi Ise, beh spero di rivederti presto... sai io vengo spesso qua magari ci si ribecca nuovamente" mormorò lui.

"La vedo difficile ma grazie lo stesso per la compagnia" fu la risposta della ragazza, improvvisamente dentro di lei si fece largo una strana malinconia: con questo ragazzo sconosciuto si era sentita una ragazza normale, lontana dalle etichette e il loro tempo a disposizione era già miseramente finito.

Eppoi oggettivamente era un adone, era bellissimo. Non avrebbe mai immaginato che al mondo esistesse qualcosa di tanto bello e perfetto, anche lui poteva diventare il soggetto di un suo disegno. Aveva proporzioni ottime e misurate, come se qualche artista lo avesse scolpito dal blocco della vita.

"Come vuoi Ise" rispose lui "io ci spero comunque, buona giornata" egli si congedò con una morsa al cuore, doveva richiamarlo lei. Doveva a tutti i costi non poteva essere finita già così tra loro, tante ore di appostamento solamente per scambiare tre chiacchiere con un'identità celata.

 

***

Seguì il misterioso sconosciuto con lo sguardo, fino a quando non lo vide avvicinarsi a una moto. Una moto di quelle serie che, probabilmente, sfiorava a occhio e croce i trecento chilometri orari.

Rabbrividì al solo pensiero di un bolide del genere che sfrecciava tra le strade caotiche della città.

Bisogna essere proprio matti. Pensò.

Le sfuggì un sospiro maliconico, poco più sotto rispetto alla sua posizione la spiaggia si era già riempita di persone e bambini urlanti che come lucertole avrebbero passato la restante parte della giornata sdraiati al sole. Per ottenere un’abbronzatura perfetta.

Nella libertà che stava vivendo in quel momento non le era comunque permesso prendere il sole. Farsi vedere abbronzata quando i suoi sarebbe stato il modo migliore per fargli scoprire le sue fughe clandestine in loro assenza.

Dopo qualche istante scelse di iniziare a muoversi verso casa, per poter mangiare qualcosa e successivamente rimettersi a letto per qualche oretta in modo da recuperare le ore di sonno che la partenza dei suoi genitori le aveva rubato. A tal pensiero si portò la mano alla bocca per nascondere il sonoro sbadiglio di cui cadde vittima.

Michiru sei proprio stanca, sarà il caso che torni a casa a riposarti un po’ prima di uscire nuovamente quando fa un po’ meno caldo.

Amava tornare sulla spiaggia al tramonto, per sedersi vicino alla riva per permettere all’acqua di bagnarle i piedi e rilassarsi sotto il suo tocco delicato. Ogni volta che lo faceva aveva come la sensazione che l’oceano la cullasse, rassicurandola come mai avrebbe fatto una persona.

 

***

Si fermò al primo semaforo rosso che aveva beccato da quando aveva lasciato il lungo mare. Il piede sull’asfalto. Tirò leggermente la manica della giacca per controllare l’ora.

Cazzo sono in ritardo sulla tabella di marcia. Non riesco a pranzare. Se sto diavolo di semaforo scattasse.

Fu il suo pensiero. Non poteva permettersi di saltare l’appuntamento preso con il suo meccanico, dovevano finire di apportare modifiche al suo gioiellino da pista prima che iniziasse la stagione a Settembre.

Avevano iniziato a lavorarci fin da subito, non appena i festeggiamenti per il primo posto in campionato emergenti che per il terzo anno di fila si era portato a casa insieme a una buona somma di denaro.

Un attimo dopo il suo piede si alzò dalla strada, nello stesso istante diede gas e si allineò con la riga che divideva le due corsie, in modo da passare davanti a svariate macchine, rimanendo comunque sulla sua corsia di marcia.

Diede nuovamente gas e la sua bimba ruggì come ad approvare quel aumento di velocità da parte sua. Con la coda dell’occhio captò distintamente un gruppo di ragazzi che si girò al rumore da lui provocato e sorrise compiaciuto di suscitare così interesse al suo passaggio solamente dando gas.

 

Arrivò nei pressi della pista in ritardo di una decina di minuti,  si diresse subito nel piccolo box che avevano affittato fin dagli inizi della carriera. Scorse la figura del meccanico poco fuori la struttura che si fumava una sigaretta.

“Atzu perdona il ritardo ma ho avuto un imprevisto, e come sempre tutti i semafori rossi erano miei o quasi” esclamò immediatamente “La macchina è a posto?” chiese.

“Si ho appena finito di montare il nuovo iniettore, dovrebbe andare come prima, ma vediamo come si comporta in pista” gli rispose l’uomo.

“Ottimo, mi tolgo la giacca e poi la prendo” i suoi occhi verdi si posarono sul gioiellino tirato a lucido. La sua Toyota mr2 lo stava aspettando.  Aveva leggermente cambiato i dettagli della carrozzeria, riducendo la presenza del rosso a un bordo sottilissimo lungo i cerchi e delle strisce lungo i fianchi del veicolo che parevano essere li al posto degli spruzzi di fango. Un brivido gli percorse la schiena, erano quasi due mesi che non correva. Non nelle corse ufficiali per lo meno. Ma per quelle usava tutt’altra cosa, la quale riposava tranquillamente nel garage del palazzo dove abitava.

Aprì lo sportello del guidatore, pronto a salire in sella alla belva, da troppo tempo tenuta in gabbia.

“Che gomme hai montato?” chiese dunque al suo gommista.

“Medie Tenou” rispose costui, un ragazzo più giovane del meccanico di nome, che era entrato in squadra un anno prima e che era alla preparazione della seconda stagione con quel team.

“Perfetto Oshi, Atzu mi raccomando monitora tutti i valori della macchina col computer, e se noti anomalie segnatele, son ben deciso a spingerla al limite”diede ordine il pilota.

Dopo di che girò la chiave e diede al contempo il gas. Il rumore del motore trepidante provocò una sorta di eccitazione in lui, la stessa che viveva a ogni gara e che gli permetteva di rimanere lucido fino alla fine dei giri previsti.

Indossò quindi le cuffie con il microfono che gli sarebbero servite per tenersi in contatto con il meccanico e gli altri membri della squadra, per essere avvisato in caso di anomalie diffuse o pericolose per l’incolumità sua e della macchina.

“Mi sistemo sulla linea di partenza, quando siete pronti con il monitoraggio avvisate che parto”

“Va bene Haruka” sentì nelle orecchie. Poi schiacciò l’acceleratore, anche se non quanto avrebbe voluto, per quello avrebbe dovuto aspettare l’ok del suo staff.

Chissà come la prenderebbe Michiru a sapere che faccio questo genere di lavoro. Improvvisamente l’immagine della violinista sul palco si formò nella sua mente. Mentre il piede sull’acceleratore non permetteva al motore di scendere sotto i nove mila giri. Non è il momento di pensare a lei, devo rimanere concentrato e con lei tra i pensieri è impossibile.

“Tenou quando vuoi  parti pure” sentì la voce del gommista.

Lui non se lo fece ripetere due volte e mollò la frizione, sentendo la macchina ruggire sotto di lui.

“Ben ritrovata  signora” esclamò lui rivolto alla macchina, prima di scalare le marce. Seconda. Terza. Quarta. Quinta. Sesta.

Gli occhi puntati sul cruscotto, aveva raggiunto i trecentocinquanta chilometri orari in pochissimi secondi.

A quella velocità in un attimo dovette rallentare per passare la prima curva, poi la seconda.  Alla terza curva sentì il mezzo perdere un po’ di aderenza e il posteriore spostarsi verso l’esterno della curva. Un colpo di volante nel senso opposto riportò tutto alla normalità.

“Otsu che è successo? Sono le gomme?” chiese immediatamente nel microfono.

“Direi di si, sei letteralmente scivolato col posteriore, cambierò tipo di gomme. Probabilmente col nuovo assetto non vanno bene” rispose il ragazzo.

“Meno male che non ci faccio altro col posteriore” rispose lui ridendo. “Cerca di risolvere il problema delle gomme al prossimo check voglio quelle più adatte”
“Certo” rispose l’altro.

Tornò a concentrarsi sulla guida, e soprattutto alla sensazione che essa gli dava se affrontata in situazioni simili a quella che stava vivendo.

Per quanto riguarda le corse clandestine, l’adrenalina aumentava al pensiero di dover schivare le macchine delle persone che ignare non si spostavano.

Li si che le sue capacità di guida erano chiamate a dare il meglio di loro stesse per lui.

 

“Bene allora ci si vede la prossima settimana, mi raccomando le gomme Otsu” si rivolse al gommista “ E anche gli altri problemi emersi per quanto possibile voglio siano risolti per quella data” mormorò il biondo. Erano rimasti a discutere le varie migliorie da effettuare sul veicolo già di per se a livelli eccellenti. E avevano finito dopo quasi un’ora. Erano quasi le sei del pomeriggio, e avrebbe dovuto sbrigarsi a tornare a casa: quella sera Setsuna, Rei e Hotaru erano a casa sua per inaugurare la nuova casa e non voleva di certo arrivare in ritardo.

Così non appena si fu congedato dalla sua troupe corse immediatamente alla moto e si mise il caso dopo averla accesa.

Dopo di che si immise nel traffico diretto verso casa, leone ardente tra le pianure di asfalto.

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** Verità nascoste ***


9 Capitolo: Verità nascoste


Il viaggio verso la capitale giapponese si era rivelato lungo e noioso, sopratutto perché svolto con due personaggi che il bel moro detestava fin da quando era più piccolo.

Come erano rimasti d'accordo con i genitori di Michiru, loro lo avrebbero lasciato a casa sua non appena arrivati in città, e in quel momento erano proprio diretti alla sua abitazione, era quasi orario di cena e i suoi lo stavano sicuramente aspettando insieme ai suoi fratelli per consumare il pasto. E in effetti ora che ci pensava aveva proprio una fame da lupi, e sperava che fosse quella la priorità della sua famiglia. Lasciando i discorsi al dopo cena, anche perchè aveva bisogno di zuccheri per poterli assimilare, non poteva permettersi di sbagliare le prossime mosse da fare.

A quel pensiero un sorrisetto maligno gli si dipinse in volto, la natura gli aveva donato una buona capacità recititativa, che aveva potuto sviluppare con un corso di recitazione di un annetto e tanta esperienza in campo femminile visto che li a Tokyo le belle ragazze di certo a uno come lui non mancavano.

"Seiya penso proprio che siamo arrivati" sentì la voce del signor Kaioh provenire dalla parte anteriore dell'abitacolo.

"Si direi di si" rispose il ragazzo, dopo essersi affacciato leggermente verso il centro della macchina per poter guardare davanti a se, quella davanti a lui era proprio l'ingresso al grattacielo di cui i suoi avevano acquistato l'attico di trecento metri quadri qualche anno prima.

"Va benissimo, allora poi l'autista ti comunicherà quando ti veniamo a prendere per il rientro" rispose l'uomo.

"Non ci sono problemi di nessun genere" concluse il moro, prima di aprire lo sportello della macchina seguito dall'autista che si prodigò ad aprire il portabagli per dargli modo di recuperare il suo misero bagaglio.

"Ha bisogno che l'accompagni fino all'ascensore signorino?" gli chiese l'uomo con grande rispetto.

"No si figuri faccio da solo, non è troppo pesante ma grazie lo stesso per la cortesia" rispose lui, prima di piegarsi per salutare un'ultima volta i genitori della musicista.

Dopo aver raggiunto l'ingresso del cancello riservato ai pedoni digitò il codice associato alla sua abitazione nella tastiera, e pochi istanti dopo il rumore della serratura che si apriva giunse alle sue orecchie. Quel grattacielo era all'avanguardia delle tecnologie in campo gestionario della vita in appartamento, così facendo chi abitava li non doveva far perdere tempo ai parenti per fargli andare ad aprire quando arrivava a casa. Stesso discorso per il portone, che veniva aperto in automatico dopo aver digitato il codice al cancello d'entrata.

Appena mise piede nel portone la luce si accese in automatico, guidata dalle fotocellule che rilevavano il movimento delle persone. La stessa cosa avveniva su ogni piano del grattacielo non appena un abitante metteva piede sul pianerottolo delle scale.

Arrivato all'ultimo piano si diresse verso la porta di casa sua, rispetto agli altri piani li c'erano solo due appartamenti di dimensioni ragguardevoli, anziché quattro o cinque di dimensioni piuttosto comuni. Sentì subito la voce di suo fratello Yaten, che correva ad aprire. Lui e i suoi fratelli erano molto legati e ogni volta che lui era costretto a stare per diverso tempo fuori casa per lavoro o per altre motivazioni come in quel caso era una piccola sofferenza per tutti e tre.

Vide comparire gli occhi verdi del fratello sopra l'uscio della porta.

" Fratellone che bello che sei tornato" esclamò lui raggiante " ti stavamo aspettando per iniziare a cenare fai presto. Vai a lavarti le mani" continuò il ragazzino.

"Ciao, arrivo subito poso due cose in camera, mi lavo le mani e sono da voi" rispose il bruno. Avrebbe voluto farsi una doccia, ma avrebbe rimandato a prima di andare a dormire. Posò la piccola sacca che si era portato dietro alla fine del letto accanto alla sua chitarra elettrica nera e bianca appoggiata sul piedistallo, era da tanto tempo che non si dedicava alla musica e alla composizione di brani. L'università gli portava via un sacco di tempo, e anche se continuava a suonare sia brani suoi che altri per mantenersi in esercizio non aveva più avuto la possibilità di perdere giornate intere a comporre. E anche la sua musa ispiratrice era andata in vacanza.

Quando arrivò in cucina fu accecato dal tramonto che illuminava la stanza e la tavola già imbandita per la cena. Era una delle cose che amava in quella casa, la vetrata della cucina che insieme a quella della sala permettevano al sole di illuminare gli ambienti tingendoli di sfumature diverse rispetto al momento della giornata in cui si trovavano. In quel momento di colori rosati e aranciati.

" Eccolo" esclamò Taiki sorridente, prima di alzarsi e dargli il benvenuto con uno schiaffo affettuoso dietro la nuca.

"Ciao mamma, ciao papà" disse lui sedendosi al suo posto, stare via di casa anche solo per poco più di una settimana gli era pesato molto e anche se era per una buona causa, era felice di essere tornato anche solo per qualche giorno a casa.

"Com'è andata tesoro?" era sua madre, che glielo domandava mentre gli passava il tegame con il pollo arrosto ripieno e le patate.

"Bene mamma, ma credo che sia più opportuno parlarne dopo con calma e non durante la cena.." rispose lui, perfettamente consapevole che i suoi avrebbero capito. Meno persone erano a conoscenza della cosa e meglio era, e anche se i suoi fratelli sarebbero rimasti muti senza parlare in giro di quelle cose era meglio non rischiare.

I suoi pensieri furono interrotti da un rumore che si alzò dal suo stomaco nel momento di più totale silenzio da quando si era seduto a quella tavola. Scatenando una risata generale nella sua famiglia.

"Seiya mi sa tanto che il tuo stomaco reclama cibo" sottolineò il concetto Yaten.


***


Era sdraiata sul letto con lo sguardo al soffitto e un braccio appoggiato sulla fronte. L'altra mano a stringere un foglietto di carta trovato nella borsa quando arrivata a casa aveva tirato fuori lo smartphone. Nella sua testa una moltitudine di pensieri, nella maggioranza dei quali facevano capolinea due occhi verdi vivaci e che sapevano il fatto loro. Era rimasta stregata dallo sconosciuto che le aveva messo quel biglietto nella borsa, gesto di cui non si era minimamente accorta nel momento in cui era stato compiuto, molto probabilmente quando si era offerto di aiutarla a raccogliere. La realtà era che lui si era appropriato della sua mente come nessuno aveva mai fatto prima, le sensazioni che stava provando sembravano quasi come se un terremoto avesse spostato inspiegabilmente il suo baricentro, per unirlo a quello di..come aveva detto di chiamarsi? Haruka. Si era sicura, aveva detto esattamente quel nome. E il suo occhio allenato alle proporzioni aveva impiegato meno di un minuto a notare la perfezione contenuta nel corpo di lui.

Non aveva niente a che vedere con Seiya, certo anche lui era un bellissimo ragazzo. Ma si sentiva come bloccata da qualcosa che nemmeno lei sapeva spiegare, nei suoi confronti aveva un freno. E sebbene il bacio che c'era stato tra loro le aveva scatenato dentro non poche emozioni, nella sua mente c'era qualcosa che la spingeva a scappare da lui. Come se ogni volta che si apriva un pò nei suoi confronti nel suo inconscio suonasse un allarme, nel tentativo di proteggerla da qualcosa di pericoloso.

Era questo quello che sentiva nei confronti del bruno, non riusciva proprio a spiegarsi come mai avesse così difficoltà ad aprirsi con una persona che, sebbene appartenesse all'alta società, si era sempre comportato bene nei suoi confronti. Senza elogiarla di continuo, ma anzi aveva saputo comunque riprenderla duramente quando lei aveva esagerato con le sue pretese.

Eppure quel Haruka era un'attrattiva più forte, probabilmente perché per lei era ancora sconosciuto. O forse perché anche se lo conosceva poco, dai suoi modi di fare aveva capito che apparteneva a quel mondo semplice e fatto di cose buone a cui lei non era permesso di far parte poiché era stata assegnata dal destino ad un gradino più alto della società. Forse la causa principale era quella, la libertà che sentiva provenire da lui, che andava contro alla società aristocratica che Seiya comunque portava con se, e che lei conosceva fin troppo bene.

Si girò su un fianco, per prendere il telefono dal comodino. La sveglia segnava le nove di sera, aveva già cenato da ormai due ore. E i suoi genitori sarebbero dovuti arrivare nella capitale giapponese ormai da un bel pò, eppure accendendo lo schermo non trovò nessuna loro chiamata che la informava che era andato tutto bene.

Come al solito, non si ricordano mai di avvisarmi che sono arrivati e se il viaggio è andato tutto come era stato organizzato.

A farle più male però era la mancata presenza anche solo di un messaggio di Seiya, ai suoi genitori era abituata ma lui pensava e sperava fosse diverso. Evidentemente si sbagliava. Evidentemente lui era esattamente come tutte le persone dell'alta società che se ne fregava di coloro da cui erano circondati.

Lesse per un'ultima volta il numero sul foglietto di carta, prima di aprire la rubrica e memorizzarlo, aspettò qualche minuto prima di controllare se era comparso nella rubrica di Whatsapp.


***


Setsuna seduta al tavolo della sua cucina insieme a Hotaru e Rei lo osservavano incredule dopo che aveva finito di raccontare il suo pomeriggio. Le sue amiche erano andate da lui a inaugurare la nuova casa portando delle pizze e quattro birre. Alla fine della cena, si era deciso a raccontare loro dell'incontro, o meglio scontro che aveva avuto quel pomeriggio sul lungo mare, culmine di svariati giorni di ricerca in cui spesso la frustrazione l'aveva fatta da padrone accompagnata dalla sensazione di star perdere inutilmente tempo. Tempo che poteva occupare in altre faccende, nella macchina ad esempio. O a portarsi a casa una di quelle ragazze che gli morivano dietro in passeggiata facendo le ochette, gli sarebbe bastato uno schiocco di dita per trovarsene una o due a letto per una sana e serena scopata.

Il punto era che da quando aveva in testa la violinista le altre non gli interessavano. Ma anzi in confronto a lei gli sembravano così insignificanti.

"Ruka ma ci sei? Pianeta terra chiama testa di cazzo ..mi sentite?" disse Setsuna passandogli la mano davanti agli occhi.

"Ehm si cosa hai detto?" mormorò lui.

"Cavolo sta principessina ti ha proprio bruciato i neuroni, ti ha appena dato della testa di cazzo e non hai reagito...la faccenda è grave" si intromise Hotaru tra le due.

"Ragazze non potete capirmi, lei è qualcosa di meraviglioso, devo fare di tutto per conquistarla, ha una voce bellissima.... i suoi gesti sono di un eleganza inspiegabile. " fu la risposta dell'altro.

" Mi sa che la situazione non è grave... è proprio in coma...lo abbiamo perso...è andato... è cotto" mormorò Rei. "Che hai intenzione di fare se non ti scrive?" chiese ancora la ragazza.

"No deve farlo, me lo sento che lo farà... ho sentito qualcosa di inspiegabile quando ci siamo incontrati la prima volta...e come se il centro della mia esistenza si fosse spostato su di lei. E il bello è che è successo dopo appena aver scambiato tre parole... e aver fatto qualche passo insieme" continuò lui.

"Haruka per l'amore del cielo torna coi piedi per terra, obbiettivamente a lei di te non fregherà nulla..con tutti i rampolli che ci sono in città perché dovrebbe notare proprio te, che fai parte della gente comune?" gli chiese Setsuna. L'attrazione così forte del suo amico per questa ragazza che ancora nemmeno si era fatta sentire, e nemmeno conosceva la preoccupava e non poco. Era quasi insana, e aveva paura che lui soffrisse se la violinista non avesse deciso di prendere dei contatti con lui in tempi brevi. E come biasimare quella ragazza? Visto il cognome che portava aveva tutto il diritto di snobbare la gente come loro, di cercare di meglio. Quel meglio che sicuramente era alla sua portata. E non a chi, come loro, faceva parte del ceto medio basso della città.

"Non lo so Sets perché dovrebbe, spero solamente che lei lo faccia perché sennò giuro che me la vado a prendere dove abita. Le conviene scrivermi il più presto possibile" rispose lui.

" Ma non dire stronzate, che se la sequestri passerai dei bei guai. E tua mamma non ha bisogno di altri pensieri" mormorò Hotaru scettica nel sentirlo parlare così. E la sua amica aveva ragione, ma era davvero più forte di lui, non poteva non pensarci. Aveva voglia di baciare quelle labbra, accarezzarle il corpo sentirne il profumo e il sapore.

Sentiva che avrebbe potuto impazzire se la violinista non si fosse fatta viva.

"Ti ha vibrato il cellulare pesce bollito" gli disse una delle sue amiche allungandosi fino al mobile per prenderglielo e passarglielo.

Haruka prese in mano il telefono e schiacciò il tasto laterale per vedere chi lo aveva cercato, era un msg su whatsapp, e il numero sembrava non essere presente nella sua rubrica.

A quella constatazione il suo cuore iniziò a battere all'impazzata, perché poteva essere solo una persona ad avere il suo numero senza che lui sapesse il suo.

"Ragazze, è lei...mi ha scritto..." mormorò facendo scorrere il dito sullo schermo per sbloccare il blocca-tasti.

"Che cosa ti ha scritto?" chiese Hotaru curiosa. Sporgendosi un pò verso di lui.

" Ha scritto solamente, Ciao sono Ise" rispose lui "Mi ha dato falso nome, probabilmente per paura che fossi un paparazzo o simili. Ma sono sicuro che è lei"

Ciao, son contento che tu mi abbia scritto...come stai?

Si mise a scrivere sulla tastiera velocemente, lei era ancora in linea, probabilmente ad aspettare una sua risposta. Non poteva farla aspettare e rischiare che si stufasse, probabilmente era abituata ad avere tutto e subito. Dopo di che approfittando dell'attesa memorizzò il numero di telefono sotto il vero nome della persona parlando.

Ho il numero di Miss Kaioh finalmente, se lo sa Usagi impazzisce.

Bene, mi annoio solamente un pò.. stasera non so proprio cosa fare e sono da sola in casa..

"Mi sembra un chiaro invito ad andare da lei.." commentò Setsuna un pò perplessa per il fatto che una ragazza così per bene facesse allusioni del genere.

"No non credo Sets, massimo massimo secondo me è un tentativo di farti capire che può invitarla a uscire, le ragazze con la puzza sotto al naso non si fanno subito portare a letto" commentò invece Rei forse con un tono un pò acido.

"Anche secondo me ha ragione Rei" mormorò lui "Lei non è il tipo di fare allusioni così... non chiedetemi come faccio a saperlo ma ne sono sicuro" mormorò.

Mi dispiace molto che sei a casa da sola, io se vuoi sono libero Ise... se hai voglia posso passare a prenderti per fare un giro.

Non voglio arrecarti disturbo, magari avevi altri programmi per la serata; non è necessario

"In effetti tu saresti anche impegnato con noi tre stasera, non ha tutti i torti la principessina" commentò Rei, un po' innervosita dal fatto di essere probabilmente cacciate fuori di casa da li a poco per un appuntamento che non era nemmeno in programma.

"Taci, che chissà quando mi ricapita una cosa del genere" mormorò lui piccato, il tono pungente della sua amica bruna non gli aveva proprio fatto piacere.

Ma figurati non avevo nessun impegno, stavo guardando solamente la tv, niente di particolarmente interessante :D

Scrisse in risposta, era anche vestito decentemente, ragion per cui se lei gli avesse detto di si avrebbe potuto uscire in cinque minuti e fiondarsi da lei. Cosa che sperava accadesse con tutto il suo cuore, in modo da conoscerla un po’ meglio.

Haruka pensa a un posto decente in cui portarla, senza fare le tue solite figure di merda. Si disse tra se e se, mentre aspettava di vedere quel "sto scrivendo" nella finestra della chat, lei il messaggio lo aveva sicuramente letto. La spunta era diventata azzurra immediatamente. Probabilmente stava solamente pensando, o forse aveva paura di uno sconosciuto.

Se non avevi veramente nulla da fare allora va bene, possiamo uscire. Mi puoi passare a prendere dove ci siamo scontrati oggi pomeriggio. Credo che sia comodo per entrambi... c'è un sacco di posto per la macchina :)

Non ti preoccupare per il posto della macchina, posso venire a prenderti direttamente a casa se vuoi così non devi stare in giro ad aspettarmi da sola che di sera non è una bella cosa per una ragazza.

Non è necessario ci vediamo in passeggiata allora quando arrivi scrivimi. A dopo :D

Il cuore iniziò a battergli forte, e improvvisamente il tempo gli sembrò scorrere troppo lentamente per i suoi gusti. Avrebbe voluto avere il teletrasporto per arrivare immediatamente sul lungo mare, anziché doversi fare mezz'ora in macchina con le farfalle nello stomaco e la gola secca.

Si sentiva come un adolescente alla prima cotta, eppure lui era ormai abbastanza grande..e sicuramente non era alla prima esperienza. Aveva già amato in passato, ma mai nessuna era stata capace di arrecargli una tempesta interiore come la musicista.

"Ragazze scusatemi, lo so mi sto comportando malissimo nei vostri confronti, ma per favore cercate di capire. Per me lei è tutto non posso farmi sfuggire una possibilità simile... prossimi giorni prometto che mi farò perdonare" esclamo guardando le tre davanti a lui negli occhi. Sapeva che Hotaru non gli avrebbe fatto problemi, Sets più che altro era dubbiosa su quella storia perché aveva paura che rimanesse ferito per l'ennesima volta. Rei invece orgogliosa com'era sicuramente non gli avrebbe rivolto la parola per qualche giorno.

"Ruka per noi non c'è problema lo sai, ma stai attento a non rimanere scottato" gli disse la più grande delle tre "credo che anche per loro due valga la stessa cosa" continuò lei, muovendosi nella sala per prendere la sua giacca seguita da Hotaru e Rei. "In ogni caso se vuoi poi raggiungerci noi credo che saremo in giro, batti un colpo..e mi raccomando domani aggiornaci"

"Certo ragazze, grazie infinite per l'appoggio" le rispose lui con un sorriso raggiante prendendo la giacca e le chiavi della macchina. Miss Kaioh non poteva sicuramente portarla in giro in moto. Non si addiceva ad una signorina come si deve.


***

Tokyo

19 anni prima

Una giovane donna procedeva con passo svelto grazie alle scarpe da ginnastica che aveva scelto di indossare sotto i jeans e il trench.

I capelli lunghi raccolti in una lunga coda dietro la testa. Era in ritardo all’appuntamento. La pioggia e il vento le rendevano difficile camminare senza bagnarsi eccessivamente.

Doveva parlare con lui a tutti i costi, doveva scegliere cosa fare insieme a lei.

Il test che aveva fatto nel suo bagno quella mattina non lasciava nessun dubbio.

Era incinta. E lo era di lui.

Anche se non aveva ancora fatto l’esame per controllare i valori delle beta, indice di gravidanza in atto, i dubbi erano ormai lievi.

Ed era sicura che lui della notizia non sarebbe stato contento. Il loro legame era abbastanza delicato già così senza ulteriori complicazioni.

Ma non avrebbe abortito, mai. Doveva fare in modo di convincerlo a riconoscere il bambino che sarebbe nato. Per donare a suo figlio una vita migliore di quella che lei stessa aveva vissuto.

Spinse appena la porta del locale, che si aprì poi in automatico. Lo sguardo accarezzò ogni tavolino alla ricerca della figura familiare con la quale aveva appuntamento. La trovò nel tavolo più lontano dall’ingresso e, facendo attenzione a non scontrare gli altri tavoli si precipitò da lui.

Il ragazzo la fissò con i suoi occhi blu, profondi come gli abissi. Che su di lei avevano avuto, fin dal primo momento, un ascendente molto forte. Il carisma dell’uomo che aveva davanti era percepibile anche a qualche centimetro di distanza.

Prendi qualcosa?” gli domandò l’uomo, schioccando poi la lingua tra le labbra tradendo un evidente stato di nervosismo.

Era scocciato dalla sua presenta, ne era convinta.

Un bicchiere di acqua naturale, nient’altro” rispose la giovane donna.

Bene” fu la risposta secca di lui “Cosa dovevi dirmi?”

Ho fatto un test di gravidanza stamattina, come ti avevo accennato avevo un ritardo. Sono incinta” il tono con cui aveva pronunciato quelle parole non fece trasparire nessun tipo di emozione. Ma in quel momento dentro di lei se ne crearono tante. Aspettative ma anche la paura di ricevere una determinata risposa che non avrebbe mai accettato.

Il silenzio tra loro si fece quasi insopportabile. “Non dici nulla? Non ti interessa che aspetto un bambino da te?” incalzò lei.

Cosa dovrei dire? Sai già cosa devi fare, conosco un eccellente ginecologo qui a Tokyo, lascerò detto che sei un’amica di mia moglie e abortirai a mio nome” rispose lui, con sguardo di ghiaccio.

Non abortirò mai. Porto a termine la gravidanza se fosse, e dovrai riconoscerli come figli tuoi”esclamò lei, cercando di non perdere la calma.

Questo non è possibile non voglio scandali sulla mia famiglia, ti sei fatta scopare. Hai chiesto tu di non usare contraccettivi, ora non fare la vittima, e torna a fare la cagna nei locali”

Tu ad aprirmi le gambe senza precauzioni eri d’accordo però, non ti è mai sfiorata l’idea che così c’era il pericolo di poter concepire un figlio da me?” chiese. Anche si sentiva morire dentro, la stava umiliando. Trattandola come la peggiore delle sgualdrine.

Certo, ma era sottointeso che tu abortissi se fosse successo. Non dare la colpa a me se ti piace farti sbattere dal primo riccone che passa. Ti comunico orario e data dell’appuntamento dal ginecologo. Vedi bene di andarci e liberarti di questa scocciatura” La donna capì che la conversazione era finita anche prima di ricominciare, il fare autoritario dell’uomo non ammetteva replica alcuna. Lo vide alzarsi dalla sedia lasciando il conto sul tavolo. Sebbene non avesse consumato niente dell’ordine che avevano fatto.



***


Seiya aspettò pazientemente che sua madre finisse di mettere a posto la roba della cena in sala suo padre era accanto a lui . I suoi fratelli si erano ritirati nelle rispettive stanze a guardare la televisione ed era quindi il momento giusto per affrontare un certo tipo di discorsi.

Non si sentiva minimamente in colpa per quello che stava facendo, anzi era contento se poteva aiutare i suoi genitori in qualcosa come in quell'occasione.

"Eccomi ho finito" la voce della madre irruppe nella stanza coprendo per qualche istante il rumore della televisione. Suo padre provvedette subito ad abbassarne il volume in modo da potersi parlare con più facilità.

"Seiya tesoro dicci tutto, hai accennato prima a cena che sta andando tutto bene" gli chiese la donna, mascherando malamente un sorriso misto tra soddisfazione e malignità.

"Si mamma, guarda francamente la Kaioh è molto più cocciuta di quanto pensassi, non è facile conquistarla. Ha un carattere piuttosto chiuso ma ho avuto già dei progressi. Credo che presto sarà ai miei piedi... " rispose lui sorridendo.

"Benissimo, così finalmente riusciremo a mandarli fuori gioco una volta per tutte" intervenne il padre.

"Certamente" rispose il ragazzo, sorridendo.

"A proposito della vita privata di Michiru sei riuscito a scoprire qualcosa? Frequenta qualcuno?" fu la domanda della madre, perché se era una storia che non era conosciuta ai giornalisti sarebbe stato un ottimo scoop per una famiglia riservata come quella di cui stavano parlando. La presenza di qualcuno nel cuore della ragazza però, sarebbe stato un ostacolo non indifferente per tutta la questione. Tra le loro famiglie non era mai corso buon sangue, ed ora erano pronti ad usare qualsiasi mezzo per poterli disintegrare. Specialmente lei non vedeva l’ora di far soffrire quella ragazzina. Suo marito in fondo era un avvocato e sapeva come piegare la legge a suo piacimento, e lei lavorava in banca. Ragion per cui le era molto facile raggiungere dei dati sensibili.

"No della vita privata non c'è niente in realtà Michiru è una ragazza molto sola, e io sto giocando proprio su questa debolezza. Non ha un buon rapporto con i suoi anzi, mi pare di aver capito che loro pensano solo al successo della figlia. " Cavolo che idiota mi sono dimenticato di mandarle il messaggio quando sono arrivato a casa. Fu improvvisamente il suo pensiero. Una mancanza così poteva cancellare tutti i progressi fatti in quei giorni, ma si sarebbe fatto perdonare con uno di quei messaggi sdolcinati che tanto sanno far sciogliere una ragazza. Li aveva usati mille volte con le ragazze che si era portato a letto per puro divertimento, e non avevano mai fatto cilecca. Anzi! Erano anche tornate da lui per una seconda notte e anche per quelle successive.

" Mi raccomando qualsiasi novità scopri a proposito avvertici immediatamente che faremo uscire un bello scandalo" disse la donna.

"Non mancherò mamma" rispose lui sorridendo.


***

Appena aveva mandato il messaggio di conferma al biondo si era immediatamente alzata dal letto per prepararsi, aveva aperto la sua cabina armadio con impeto, alla ricerca di un paio di jeans leggermente attillati, li avrebbe messi con sopra un maglia nera aperta sulla schiena da sotto il reggiseno a due cm prima del sedere. Dopo essersi infilata i vestiti si dedico al trucco, optò per un ombretto color argento accostato a una matita nera e intensa per gli occhi e il rossetto rosso che aveva già utilizzato per il concerto per le labbra. Le unghie erano color petrolio, un verde acqua molto scuro quasi nero. Ai piedi mise un paio di sandali bianchi col tacco di Cavalli impreziositi da zirconi e abbinati alla borsa, al collo e alle orecchie una parure in oro bianco e diamanti che le avevano regalato due compleanni prima i suoi genitori.

Un suono interruppe il silenzio nella stanza, era il suo cellulare sul cui schermo era apparsa una notifica, sicuramente era sua.

Sono qui ti aspetto :*

A leggere quelle parole sentì le gambe farsi improvvisamente più instabili e le mani che improvvisamente iniziavano a sudarle nonostante non ci fosse così tanto caldo da permetterlo. Sentì una sorta di mal di pancia nel basso ventre, quello stesso mal di pancia che si impadroniva qualche anno addietro del suo corpo quando, ancora insicura delle sue capacità musicali, era agitata ad ogni concerto. E si, quella sera era proprio agitata allo stesso modo, come se dovesse passare un esame senza possibilità di fare errori.

Per lei era quasi più facile suonare davanti a un pubblico di duecento persone piuttosto che uscire da quella stanza in quell'istante.

Michiru calmati, è semplicemente un'uscita tra amici. Disse a se stessa nel tentativo di far calare la tensione. Si diresse verso la vetrata scorrevole della sua camera in punta di piedi per non svegliare la servitù. Avrebbe dovuto fare attenzione anche a chiudere piano il cancello, per non farli svegliare. Probabilmente era agitata anche perché era la prima volta che usciva di sera da sola e sopratutto di nascosto ai suoi genitori e agli abitanti della casa che quando erano in tour facevano le loro veci.

E che non era sicura che l'avrebbero fatta uscire a quell'ora della sera se avesse detto la verità. Lasciò quindi la finestra della sua camera aperta abbastanza da poter rientrare senza passare dalla porta principale della villa. E prese le chiavi del cancello, teoricamente l'ingresso era accessibile anche passando un dito su un lettore di impronte digitali. Il problema e che i movimenti di ciascun membro della famiglia rimanevano in un registro che i suoi genitori controllavano periodicamente. E che era abbastanza quindi per essere scoperta e passare un brutto quarto d'ora.

Non appena chiuse il cancello del giardino della sua abitazione, la sua attenzione fu catalizzata da una macchina parcheggiata dall'altra parte della strada a circa cento metri da li. Fece finta di niente, dirigendosi dalla parte opposta verso il punto in cui lei e Haruka si erano scontrate, senza dare troppo peso a quella macchina. Anche se la sua presenza la innervosiva, più che altro non sapere chi c'era dentro le donava un senso di inquietudine. Alzò il ritmo del passo, per raggiungere il prima possibile la sua meta, ma non aveva nemmeno fatto un terzo del percorso che sentì una macchina accostare accanto a lei.

" Miss Kaioh, al suo servizio per questa notte" disse una voce già sentita, si voltò appena per guardare il guidatore che aveva il finestrino abbassato, il braccio appoggiato alla portiera e gli occhiali da sole alzati sulla testa.

"Haruka" fu l'unica parola che riuscì a pronunciare, a causa della tempesta che quegli occhi le provocarono. Erano magnetici come pochi, ci sarebbe annegata per ore in quei smeraldi bellissimi.

"Sono perfettamente consapevole di essere un capolavoro della natura, ma signorina Kaioh non le sembra esagerato guardare una persona che quasi non conosce con quello sguardo?" la punzecchiò lui. Godendosi il rossore che le si dipinse sul volto " Dai che aspetti? Salta in macchina" concluse poi.

La musicista fece il giro della vettura per raggiungere il posto affianco a quello del guidatore.

Che culo da favola. Pensò l'autista. Per fortuna che non può leggermi nel pensiero altrimenti mi prenderebbe per un maniaco sessuale. Con una come lei accanto vorrei proprio vedere chi non lo sarebbe.

"Volevo chiederti scusa per aver mentito sul nome... mi hai scoperta subito" mormorò lei mortificata per la pessima figura che aveva appena fatto.

"Michiru, non c'è problema e capisco anche le tue motivazioni, ma puoi stare tranquilla con me...non c'è pericolo...non darò in pasto ai giornali le nostre uscite ne altro" rispose cercando di rassicurarla. Non sapeva per quale motivo ma l'istinto gli faceva pensare proprio quello.

"Oh..." il biondo aveva compreso a pieno quale fosse il discorso, e ciò la sorprese. Molto probabilmente fosse stata un'altra persona non avrebbe compreso, e anzi magari si sarebbe anche arrabbiata con tutte le ragioni del mondo. "Grazie" si limitò a  Eccdire.

"Beh io avrei una mezza idea di dove andare, ma volevo sentire prima se tu hai già delle mete in testa oppure no, dimmi tu sono al tuo servizio stasera" le disse " E renditi conto che onore che hai, avere me come tuo autista, mica è roba da poco questa" sottolineò gonfiando un pò il petto. La frase provocò una risata cristallina nell'altra, che portò la mano alla bocca per coprirla. " Perché ridi? Guarda che offendi il mio ego"

" No è che ti gonfi da solo, senza che io dica nulla." le scappò di nuovo da ridere " E questa cosa è troppo buffa" continuò facendo comparire un broncio da finto offeso sul viso dell'altro.

Quando ride è stupenda.

Quel broncio è adorabile.

Si ritrovarono a pensare insieme, senza sapere nulla dei pensieri dell'altro.

"Comunque io non ho nessuna meta, fai pure tu.. mi va bene qualsiasi cosa" Tutto è meglio che stare dentro a quella maledetta abitazione.

Il biondo schiacciò la frizione e, dopo aver inserito la marcia, sull'acceleratore, la sua metà sebbene sconosciuta alla violinista era stata quindi promossa. E ne fu sorprendentemente contento.

Note dell'autrice:  Eccovi il nono capitolo, scusate il ritardo ma i giorni appena passati non sono stati i migliori per la sottoscritta.  Grazie per le recensioni e chi ha inserito la storia nei vari elenchi. Come sempre fatemi sapere cosa ne pensate. Per migliorarmi le vostre recensioni sono importanti.

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Capitolo 10
*** Mare sotto le stelle ***


Capitolo 10: Mare sotto le stelle


Aveva scelto di portarla in un posto poco fuori Kyoto, in quel momento la sua auto sfrecciava veloce sulla corsia dell'autostrada. In quel modo avrebbero fatto prima ad arrivare a destinazione senza dover fermarsi a ogni semaforo rosso che incontravano sulla via. Conosceva una spiaggia con qualche scoglio un po nascosta dove aveva passato alcuni dei momenti più felici della sua infanzia, e portare li Michiru, lo considerava come di buon auspicio per quello che poteva a tutti gli effetti considerare un loro primo appuntamento. Per le altre persone poteva essere sciocca la sua superstizione, ma iniziare qualcosa in un posto dove si era trovato bene in passato lo faceva sentire bene. E quindi mentre si recava a prenderla non aveva avuto dubbi su quale spiaggia scegliere.

Sebbene nell'abitacolo c'era silenzio da un po, aveva beccato la violinista a guardarlo di sottecchi già tre volte, e quel comportamento unito allo sguardo che gli aveva rivolto poco prima quando si era accostato in macchina lo facevan ben sperare. Forse anche troppo visto che, a conti fatti, della vita privata della musicista non sapeva un granché poiché ancora niente era stato dato in pasto ai giornali. Per quanto ne poteva sapere ella avrebbe potuto avere un fidanzato, o comunque essere promessa sposa contro il suo volere a qualcuno scelto senza nemmeno interpellarla dai suoi genitori. Al solo pensiero gli si attorcigliarono le viscere, al solo pensare che lei potesse andare a letto con altre persone un moto di rabbia gli montava in corpo.
"Come hai passato il resto della giornata?" Le chiese.
"Niente di particolare...sono tornata a casa per cena, poi mangiato e il resto lo sai" gli rispose "te invece?Non dovevi portare la macchina dal meccanico? Già messa a posto?" Si sentì domandare.
"La macchina in questione non era affatto questa, vedi Miss Kaioh, stai parlando con il miglior pilota di tutti i tempi, e anche con il ragazzo più figo..modestamente, dimmi se è poco" rispose lui con tono orgoglioso, suscitando un'altra risata in lei " Miss Kaioh, così mi sta offendendo" mormorò facendosi scappare un sorriso quasi impercettibile nel buio.
"Lo hai fatto di nuovo, ti sei tutto gonfiato mentre parlavi" disse lei divertita " sei assurdo sei una delle poche persone che si comporta così che io conosca"
"No Michiru, io non sono una delle tante persone che tu conosca, io sono l'unica che si comporta così" la riprese scherzosamente lui, mentre accendeva la freccia all'uscita dell'autostrada che gli era più comoda per raggiungere la spiaggia.
"Agli ordini capitano" esclamò la ragazza cercando di trattenere un barlume di risata " Ma dunque cosa dovevi fare alla macchina? E che tipo di macchina è l'altra?" chiese incuriosita da quel mondo che le era totalmente ignaro.

"Una macchina da corsa, non ti sto a dire il modello perché sicuramente tra cinque minuti te lo scorderai come la maggioranza delle ragazze. La sto iniziando a modificare e preparare per la prossima stagione, e nel frattempo la tengo sempre in perfetta forma caso mai piomba dal cielo qualche gara in più" le rispose.

"Ah ho capito, cioè non molto perché mi stai parlando arabo ma posso immaginare ciò che mi stai dicendo..più o meno" mormorò la musicista.

"Non ti preoccupare, se vorrai ti insegnerò un sacco di cose" furono le parole di lui.

"Volentieri, sai io a parte la musica, l'arte e le materie che ho da fare a scuola non è che conosca molto gli altri campi..specie se poi non sono campi femminili"

"Nessun problema Miss Kaioh" sorrise lui.


Sentirsi chiamare da lui in quel modo a cui purtroppo era abituata le fece dipingere in volto un sorriso. Solo per il fatto che lo aveva pronunciato lui le sembrava diverso, dolce e affettuoso. Non il solito appellativo di circostanza freddo e intriso di una rispettosa ipocrisia. Non nascose a se stessa che le era piaciuto. Volse la sua attenzione al mare che sotto di loro rifletteva i raggi lunari spezzandoli in una miriade di scaglie luminose per andare a riflettere quella che era una luna piena.

Il rumore di un ghiaietto smosso dalle ruote della macchina raggiunse improvviso le sue orecchie interrompendo il quieto ronzio delle ruote che rollavano sull'asfalto, mentre gli alberi della costa sostituirono con i loro tronchi la nera massa d'acqua che da sempre la attraeva come una calamita. Era inutile: per quanto si sforzasse, non sapeva resistere all'attrazione che l'oceano esercitava su di lei, sulla sua emotività e sopratutto sul suo umore. Era capace di sentirsi nervosa se non addirittura arrabbiata nel sentirlo agitato, e tranquilla e pacata se lui stesso era una tavola piatta. O ancora le era capitato che si era tranquillizzata sentendolo cantare sulla battigia al di la della strada davanti a casa sua. Amava per questo la sera, momento in cui la passeggiata a mare era meno popolata e riusciva così a captarne il magnifico suono, naturale e maestoso. Rassicurante nella sua ciclicità.
"Non vorrei disturbarti ma direi che siamo arrivati a destinazione" la voce di Haruka le arrivò alle orecchie provocandole una strana morsa a livello dello stomaco. Le labbra e la bocca le si seccarono improvvisamente, dandole delle sensazioni che non aveva mai provato prima. Con nessun altro. Nemmeno con Seiya per quanto lui si sforzasse di essere carino nei suoi confronti. Il biondo invece era riuscito a provocarle quelle reazioni solo parlandole, e il suono prodotto dalle corde vocali di lui alle sue orecchie parve come la più sensuale e vellutata melodia mai sentita.
" Nessun disturbo, è solo che io quando vedo il mare mi incanto letteralmente, mi ipnotizza lo amo" esclamò lei, prima di aprire lo sportello. Decise di lasciare la borsa in macchina in modo da non essere interrotta da chiamate sul cellulare da parte dei suoi, non voleva affatto che le fosse rovinata anche quella serata. Eppoi non voleva nemmeno pensare al comportamento scorretto di Seiya che le aveva promesso un messaggio appena fosse arrivato a destinazione, cosa che si era puntualmente dimenticato di fare. O meglio aveva deciso, secondo lei, deliberatamente di non mandarglielo. Forse per farla pendere dalle sue labbra. Ma non era così, con lei aveva proprio sbagliato persona, era troppo abituata ai suoi genitori per pendere dalle labbra di un colleziona ragazze.
"Qualcosa non va?" La voce di lui giunse a insinuarsi dolcemente nei suoi pensieri.
"No tranquillo, dove dobbiamo andare per scendere in spiaggia?" Chiese lei cercando di dissimulare la tristezza che l'aveva assalita.
Non fare la stupida, pensa a questa bellissima serata e lascia fuori dalla testa tutto ciò che non la riguarda. Si disse da sola in un tentativo non troppo convincente.
"Di qua vieni, ma poi quando siamo giù ti conviene toglierti le scarpe, non mi sembrano molto adatte a camminare nella sabbia Miss Kaioh" mormorò indicandole una scala coi gradini in cemento e la ringhiera in ferro battuto che si infilava tra gli aberi. Decise di farsi fare strada dal ragazzo per poi seguirlo subito dopo.
Al contrario di quanto si aspettava, la discesa non durò molto, ad occhio e croce giusto cinque minuti. Appena arrivata sulla sabbia sentì il piede sprofondare, fino all'attaccatura del tacco. Le sfuggì un sospiro esasperato, senza nemmeno volerlo. Doveva trovare un posto a cui attaccarsi, e la ringhiera della strada era troppo lontana per adempiere al lavoro per cui era nata. Gli ultimi gradini probabilmente per la poca manutenzione non avevano nulla a cui appoggiarsi.
"Appoggiati pure" le disse lui "Così riesci a toglierti i sandali con più facilità" le disse prontamente Haruka.
"Grazie mille" rispose la violinista, appoggiandosi con una mano al braccio sinistro del biondo. Impiegò pochi instanti per ritrovarsi a piedi nudi sulla sabbia. Al tatto ancora tiepida, anche intrisa dall'umidità della notte. Adorava da sempre camminare sulla spiaggia a piedi nudi, e sentire i granelli di sabbia tra le dita. Era una delle tantissime cose che la rilassavano e che non poteva svolgere spesso. E svolte di notte erano ancora più efficaci. "Ma cosa fai?Mi leggi nel pensiero? Avevo giusto pensato al fatto che mi sarebbe servito un appoggio" esclamò lei.


"Può darsi Michiru, può darsi" disse, sorridendole. In realtà si era offerto solamente nella speranza di avere in questo modo una scusa innocente per avere un contatto con lei. Elemento che tranne lo scontro di quel pomeriggio era venuto a mancare.
Al solo essere sfiorato dalla ragazza aveva provato dei brividi lungo la schiena che erano di un'intensità ben oltre a quella a cui era abituato. Il cuore aveva di nuovo accelerato il battito. Mentre la osservava dall'alto in basso, mentre lei era intenta a sganciarsi il cinturino della seconda scarpa. Nonostante la difficile posizione, l'eleganza che la contraddistingueva non era ancora venuta meno.

E a pensare che alcune ragazze sono degli autentici bufali.
"Vieni ti faccio strada" le disse, mentre le porgeva la mano, convinto che lei si rifiutasse categoricamente, cosa che non avvenne. Provocando in lui un secondo brivido seguito da una sensazione di completezza che non sentiva più da ormai tantissimo tempo. Le loro mani strano ma vero si incastravano perfettamente, come gli ingranaggi di una macchina pronta a mettersi in moto al comando della persona che la utilizzava.
Il posto che aveva in mente non era molto lontano dalla scaletta e impiegarono davvero poco tempo a raggiungerlo, la spiaggia era illuminata solamente dal tenue bagliore dei raggi lunari. In quell'atmosfera un po ovattata e quasi magica la creatura che lo seguiva a ruota sembrava avere la pelle ancora più bianca, quasi diafana. Il pensiero lo condusse ai racconti mitologici che vedevano protagoniste le muse della musica, e le ninfee del mare. La violinista assomigliava proprio a quelle strane creature che da sempre lo avevano affascinato.
"Eccoci arrivati" mormorò appena raggiunse uno scoglio grande abbastanza per due. " Se vuoi sederti fai pure, ma occhio però perché essendo nero a volte sporca i vestiti" aggiunse. Aveva letto che alcuni di quegli scogli erano di origini vulcaniche, per quello avevano un colore corvino.
" Oppure se vuoi sederti sulle mie gambe per me non c'è nessun problema" in realtà le sue labbra pronunciarono quella frase senza nemmeno dargli modo di riflettere. Il nervosismo si impadronì di lui un secondo dopo, per la paura che lei si arrabbiasse per una richiesta tanto sfacciata.

Sei un genio, ecco un modo per convincerla che sei un maniaco sessuale. La vocina ai lati della sua coscienza era tornata a fargli visita, e lui la odiò immensamente.

"Non vorrei essere troppo pesante in realtà" mormorò lei in risposta, e nonostante la tenue luce notturna poté vederla arrossire per l'imbarazzo. E' ancora più bella con le guance rosse. Si ritrovò a pensare.

"Figurati se sei troppo pesante non sei mica obesa, anzi..." Anzi hai un culo da favola, un fisico perfetto e non sei nemmeno messa tanto male come balcone. Terminò saggiamente il suo pensiero solamente in testa. Con la paura di farla arrabbiare.

"Grazie" le rispose lei, mettendosi comoda sulle sue gambe, esattamente perpendicolare a lui, in modo che si potessero guardare in viso mentre si parlavano.


Non appena si fu seduta, lui le appoggiò non curante la mano su una gamba poco sopra il ginocchio, provocandole un aumento del battito del respiro e una strana sensazione al basso ventre. Sebbene la trovò molto piacevole, il suo respiro si alterò lievemente, e sperò anche in modo non visibile al biondo. Non voleva palesare la marea di emozioni che stava vivendo con un semplice tocco, si sentiva estremamente vulnerabile nei confronti di lui. Non le era mai capitato di tremare per una cosa così semplice. Con Seiya non era la stessa cosa.

Michiru ma perché continui a pensare sempre a lui? Si riprese da sola. Abbassando lo sguardo imbarazzata, a guardare la mano. Era perfetta anche quella, era tutto meravigliosamente perfetto. Aveva una mano affusolata dalle lunghe dita. Una mano da..

"Suoni per caso il pianoforte?" chiese. Anche se era sicurissima di ciò che stava affermando, la sua mano parlava per lui anche se le unghie erano un po' troppo lunghe per un pianista che suonava regolarmente. Alla mente le tornarono le lezioni di pianoforte che aveva seguito come complemento dei suoi studi in violino, e ricordava anche bene la difficoltà causatole dalle sue unghie lunghe nello schiacciare i tasti, unghie che però con le corde del suo amato violino le facilitavano le esecuzioni.

"Suonavo... un bel pò di tempo fa... ma ormai non suono più da molto non saprei nemmeno dirti se ne sarei ancora capace" le fu impossibile non notare il velo di malinconia e tristezza che si dipinse sul volto di lui. Improvvisamente si sentì in colpa per aver causato quel cambiamento di umore così repentino. Anche se non ne capiva il motivo, e le sembrava esagerato pensare che fosse imputabile al fatto che non suonasse più. In fondo trovare qualcuno con un pianoforte in casa per poterlo suonare ogni tanto non era difficile.

O forse non lo era solamente per lei, e per le persone normali era tutto il contrario. Tante cose le erano facili solamente perché era membro della sua famiglia, tante cose le erano concesse anche se al più erano vietate sempre per lo stesso motivo. E il doppio lo erano vietate a lei per gli ambienti che frequentava.

"Mi dispiace Haruka, non volevo farti intristire così tanto" mormorò mortificata, voltandosi a guardare il mare. Era stata una stupida a permettersi di fargli una domanda così tanto intima, alla fine non si conoscevano che da meno di un giorno.

"Non è colpa tua, sono solo ricordi... e tu non potevi sapere che non suonavo più" le rispose.

" Si però beh mi sono permessa di indagare in cose che non mi riguardano, mi sento una ficcanaso" rispose lei tornando a specchiarsi nei suoi occhi verdi. Colore che era ancora più cupo e intenso nella luce notturna. Sentì il battito aumentarle nuovamente, insieme a nuovi brividi che la percorsero tutta senza darle la possibilità di opporsi.

"Non ho mai pensato che tu lo fossi, dovresti stare più serena, senza preoccuparti troppo per ogni minima cosa...non ti godi la vita così" le rispose lui.

"Hai ragione ... ma sono troppo abituata a farmi tanti problemi...sai nel mio mondo quello che conta è l'etichetta....e credimi non è facile..non lo è per niente" mormorò tristemente lei "Vivo in un mondo dove è l'apparenza a contare, la perfezione in ogni minimo gesto, in ogni minima esibizione, persino a casa devo stare attenta a questo e quello quando ci sono i miei genitori. È come se io fossi sempre sotto esame...e quando non sono così controllata è strano ma è come se io avessi paura di fare qualsiasi cosa. Come se tutte queste regole, tutto questo bonton in cui mi hanno cresciuta sia talmente intrinseco alla mia persona che quando vengono a mancare creano in me la paura di sbagliare e di non essere all'altezza" tirò un sospiro.

Che cosa ti è preso Michiru. Ora ti scambierà per una persona pesante, che fa discorsi troppo altolocati per capirli. Brava stupida, ti sei etichettata da sola come una noiosona. La verità era che aveva un'immensa necessità di sfogarsi con qualcuno. Ma non aveva la minima idea del perché avesse scelto proprio lui.

Le sue parole furono accolte da un profondo silenzio del suo interlocutore, egli non sapeva cosa dire. Aveva percepito con tutto il corpo la sofferenza in esse racchiusa, il sentirsi in gabbia. Prigioniera di un mondo che non era il suo ma che nonostante tutto l'aveva plasmata contro il suo volere per renderla perfetta in tutto. Anche in ciò che non riguardava direttamente la musica, capiva come l'immagine che aveva vista sul palcoscenico per quanto meravigliosa e bellissima era in realtà il risultato di anni e anni di sofferenze, di bocconi amari mandati giù e parole severe dei suoi genitori.

E tutto questo provocò in lui un moto di rabbia atroce, come potevano ridurre a uno stato di tale sofferenza un fiore così bello e delicato? Come potevano averla imprigionata in quell'ambiente che lei sentiva tanto estraneo, esattamente quella estraneità a cui lui stesso si era abituato quando li aveva lasciati suo padre.

Fino a quell'istante aveva sempre invidiato l'alta società per tutti gli agi che donava a chi aveva la fortuna di farne parte, ma dopo aver sentito quelle parole il suo parere a riguardo era cambiato quasi istantaneamente. Ed ora era esattamente l'opposto. Lui non sarebbe mai riuscito ad adattarsi a una classe sociale che viveva di apparenze, falsità e regole di comportamento. Lui era uno spirito libero, e nessuno aveva il diritto di incatenarlo in un posto più del dovuto.

" Non hanno il diritto di comportarsi così nei tuoi confronti, reagisci cerca di vivere la tua vita... sei una ragazza, ormai quasi donna.. non può essere che ti trattino a questo modo, ci sarà pure un cazzo di modo per far cambiare il loro atteggiamento, se ti fa così soffrire" esclamò improvvisamente dopo qualche minuto di silenzio. Avrebbe voluto portarla via da quell'inferno per sempre, e si promise che lo avrebbe fatto in un modo o nell'altro.

"Lo so, ma non è esattamente semplice come sembra.. sai non mi lasciano nemmeno uscire per andare a prendere un gelato..perché per loro è una perdita di tempo, mandano la cameriera a prenderlo se in casa non c'è" rispose lei, consapevole di quanto lui avesse ragione. In fin dei conti anche lui, sebbene con un tono diverso, stava dicendo esattamente le stesse cose di Seiya. Il problema grosso però è che a lei sembrava impossibile venirne fuori. Loro, i suoi genitori, erano da sempre stati severi.

"Ma quindi ora? Come sei riuscita a uscire?" si sentì chiedere.

" I miei sono impegnati in tour di quattro giorni nella capitale...e gli unici giorni di totale libertà che ho sono questi in cui loro non ci sono... la cameriera, il maggiordomo e l'autista lo sanno che io esco di casa ma non hanno mai riferito nulla. Nello specifico però ora non sanno nemmeno loro che sono fuori, ma non lo scopriranno. Sanno benissimo che non voglio essere disturbata alla sera" spiegò lei, guardandolo negli occhi. Senza farsi sfuggire il fatto che più volte lui aveva fatto scendere lo sguardo sulle sue labbra. Quella constatazione la fece arrossire e non poco. Provo un enorme senso di vergogna.

Il suo arrossire non passò inosservato a lui, che però non ne capì la causa.

"So perfettamente di essere un figo da paura, ma arrossire come un peperone a una signorina come te non le se addice proprio mm" la prese in giro. Facendola arrossire ancora di più mentre lei abbassava i suoi profondi occhi blu, distogliendoli dal suo viso. In quegli occhi avrebbe potuto annegarci per secoli interi, sembravano contenere il mare.

"Scusami..." rispose lei, senza captare il tono scherzoso di lui, proprio in virtù del discorso che stavano facendo.

" Michiru stavo scherzando, puoi arrossire quanto vuoi e quando vuoi, non farti assolutamente problemi di nessun tipo con me" chiarì il biondo "Anzi con le guance rosse stai benissimo" Cazzo sparo come un mongoloide.

"Ehm grazie..." mi ha appena fatto un complimento. Anche se piccolo, quel gesto le provocò letteralmente le capriole a livello dello stomaco ma anche del cuore. Si ritrovò a rabbrividire per il freddo.

"Hai freddo?" il biondo non aspettò nemmeno risposta e si tolse la giacca per mettergliela sulle spalle, per poi vederla stringersi al suo interno, confermando che la sua sensazione fosse giusta.

"Si direi di si che sta volta i brividi erano per il freddo" esclamò lei, buttando senza pensare un esca per lui. Ma sono matta? Fu il suo immediato pensiero, si era esposta già troppo. Troppo per essere davanti a una persona che non conosceva nemmeno, eppure era più forte di lei. Da quando era salita su quella macchina, bramava il tocco di colui che aveva davanti in maniera quasi insana.

"Cosa intendi con sta volta? Perché le altre che brividi erano mhm?" esclamò lui con forse troppo impeto del dovuto. Impossibile che siano brividi per me, sarebbe troppo bello, e sopratutto suonerebbe tutto troppo semplice. Devo riuscire a mantenere i piedi per terra.

" Ehm, ma era un modo di dire... non vuol dire nulla" cercò di recuperare lei, trattenendo l'imbarazzo profondo che sentiva e sperando di non arrossire per l'ennesima volta quella sera. Il problema, se così si poteva chiamare, e che lui era troppo bello. Sentì improvvisamente, per la seconda volta, la mano dell'altro sulla sua gamba, altezza coscia. Questa volta non ferma, ma che si muoveva lentamente verso il basso eppoi verso l'alto. Il cuore iniziò a galopparle nel petto con un battito quasi intollerabile, costringendola ad aumentare il ritmo del suo respiro mentre si perdeva nei suoi occhi.

" Michiru...Michiru... tu non me la stai raccontando giusta." mormorò lui con una voce più bassa del normale, insolitamente sensuale. Muovendosi leggermente verso di lei, rimanendo a pochi centimetri dal suo viso. Continuando a mantenere il contatto visivo con quei dolcissimi zaffiri che lo stavano guardando.

"Che..che intendi dire?" mormorò lei inebriata dal suo profumo, probabilmente pino, e dal respiro di lui che sentiva solleticarle la faccia.

" Il tuo corpo... appena ho iniziato a muovere la mano poco fa, ti sei leggermente irrigidita... e il tuo respiro ha cambiato ritmo.." sorrise, combattendo contro l'impellente desiderio di farla sua. In quell'istante, su quella spiaggia. In cuor suo però, sapeva che non sarebbe stata la mossa giusta, non con lei. Lei che era diversa da tutte le altre. Con l'altra mano le sfiorò la guancia, senza accennare un movimento, che fosse nella direzione della violinista o in direzione opposta. Sentiva in modo quasi palpabile l'attrazione tra di loro, e sentiva in modo ancora più chiaro che lei era diventata tutto ad un tratto il suo baricentro. Il centro della sua esistenza. La osservò chiudere appena gli occhi sotto la carezza appena accennata sul suo viso, mentre la mano sulla gamba era ora ferma.

"Miss Kaioh, sarà meglio rientrare... si è sicuramente fatto molto tardi" mormorò rimanendo a pochi centimetri da lei "Non ora... non ancora" disse prima di allontanarsi definitivamente da lei e interrompere la connessione tra i loro sguardi. Lasciandola quasi stordita dalle sue emozioni. Quanto ti voglio Michi, non hai idea. Lei deglutì come a voler ritrovare un minimo contegno, un flebile accenno di equilibrio.

"Si, forse si hai ragione, forse è meglio rientrare" rispose dopo un sospiro profondo, che a lui parve come un tentativo di ritrovare la calma apparente in cui l'aveva vista fino a cinque minuti prima.

" Ti conviene indossare la mia giacca, fa un po' freddino poi dalla macchina" le consigliò apprensivo.

" Forse è meglio, si" rispose lei, prima di indossarla. Si sentiva decisamente meglio, sentire il profumo di lui sull'indumento gli donava un segno di sicurezza. Si chinò a prendere i sandali che per tutto quel tempo erano stati abbandonati sulla sabbia vicino allo scoglio, e come all'arrivo si fece guidare dal motociclista dandogli la mano. Si sentiva improvvisamente stanchissima, e chissà che ore erano. Non era nemmeno tanto sicura di voler controllare l'ora sul suo telefono perché aveva paura di trovare una miriade di telefonate dei suoi e magari anche un messaggio di Seiya. O peggio ancora non trovare nulla.

Si appoggiò nuovamente a lui per infilarsi i sandali firmati e stringere il cinturino per poi salire le scale.

Arrivarono alla macchina in un arco di tempo che le sembrò molto più breve di quando erano arrivati, ma sicuramente era una sua sensazione. Si lasciò sfuggire un sonoro sbadiglio.

"Scusami, non volevo" si affrettò a dire.

"Nessun problema, dopo tutto sono quasi le quattro del mattino" mormorò lui. La principessa mi sa che non è abituata a questi orari che di umano hanno ben poco. Quel pensiero gli fu suggerito dagli occhi sbarrati di lei a udire quella frase, sopratutto l'ultima parte.

"Davvero?" era quasi incredula che tutte quelle ore fossero volate in un attimo. Ora chissà i miei cosa diranno che non ho risposto alle chiamate. Il pensiero la mandò nel panico più totale, era sicuramente una sciocchezza ma conoscendo i suoi genitori non lo era.

" Qualcosa non va?" gli domandò lui captando il suo stato di nervosismo.

" E' tardissimo sicuramente i miei mi avranno chiamata chissà quante volte.. e io non ho risposto domani mattina non oso immaginare che scenata che mi faranno" sputò fuori tutto in un fiato.

" Michiru, non vedo dove sia il problema.. di loro che ti sei addormentata dopo cena; d'altronde alle dieci ancora non ti avevano chiamato, perché eravamo ancora in macchina credo sia normale che tu dopo le dieci di sera stessi dormendo non trovi?" la rassicurò con semplicità, anche se per lui era impensabile che per una sciocchezza del genere lei andasse così in panico. E tutto ciò era frutto della severa educazione che le avevano impartito.

" Si ma se non ci credono? Come devo fare?" esclamò agitata lei.

"ehi... sta tranquilla vedrai che non accadrà nulla, intanto guarda se ti hanno chiamata..senza fasciarti la testa prima di romperla" le consigliò.

" Si forse hai ragione" mormorò la ragazza, allungandosi verso i sedili posteriori per recuperare la borsetta. Trovò subito il cellulare nello spazio angusto in cui era contenuto, e schiacciò un tasto per far accendere lo schermo.

Non vi erano chiamate, solamente un msg ricevuto su whatsapp quasi a mezzanotte, da parte di Seiya.

Leggere il suo nome le provocò un sorriso. Si è ricordato allora.

"Ci sono chiamate?" indagò lui.

"No per fortuna no, non saprei che avrei fatto sennò... ma alla fine è normale che sia così, sai raramente chiamano quando sono via. A dire il vero raramente si ricordano che hanno una figlia e non uno spettacolo dei baracconi" improvvisamente sentì gli occhi pizzicarle, incredibile come i suoi genitori riuscivano a cambiarle l'umore nel giro di pochissimi istanti.

Lui si sentì sollevato alla notizia, anche se gli dispiaceva vederla in quelle condizioni, e non poté far a meno di pensare a quanto fossero diversi i suoi genitori. Era fortunato ad aver avuto un padre e una madre come i come loro, improvvisamente era consapevole di quanto questo fosse importante per formare il carattere di una persona. Ne aveva la prova davanti, quella timidezza non era una caratteristica della violinista, ma solamente una forte insicurezza data dalla paura di sbagliare e sentirsi riprendere duramente. Il suo carattere era stato sacrificato e imprigionato. Era sicuro che sotto quel muro, l'essenza vera e propria della pittrice era un'altra.

"avresti fatto come ti ho detto" rispose dopo qualche minuto passato a guidare in totale silenzio. Non ottenne risposta dalla persona seduta al suo fianco. Si voltò velocemente per guardare se era tutto a posto.

Dorme. È crollata come un cucciolo impaurito. Sorrise dolcemente al pensiero di averla accanto a se profondamente addormentata.


Accostò accanto al cancello della villa dopo quasi un'ora di guida, sebbene fosse abituato a quegli orari iniziava anche lui ad accusare la stanchezza di quella giornata densa di emozioni. Si lasciò sfuggire uno sbadiglio dopo aver spento la macchina, dopo di che si volse verso la violinista che ancora era profondamente addormentata. Se avesse seguito l'istinto si sarebbe chinato a baciarla, dolce com'era era impossibile non farlo. Il suo viso angelico, era ancora più bello rilassato nel sonno. Ma erano le cinque e un quarto, e doveva tornare a casa. Slacciò dunque la cintura a se stesso prima di smuovere lievemente la ragazza sul sedile per farla svegliare.

"Uhm..." fu il solo rumore che uscì dalle labbra di lei.

" Sei arrivata a casa... svegliati... ancora un dieci minuti e potrai dormire tranquillamente" le mormorò dolcemente. Solo in quel momento si accorse che indossava un profumo alle rose buonissimo. Che scoprì di amare già, anche solo dopo quei pochi istanti. Vide di nuovo quei due pozzi blu mare aprirsi sul mondo, il viso un po' stropicciato dal sonno e dalla posizione scomoda in cui si era messa dopo essersi addormentata.

" Buongiorno.." le mormorò, provocandole un timido sorriso.

"Sarà meglio che vada a letto, sennò dormo di nuovo qua..." mormorò lei assonnata, era stanca ma felice come non lo era mai stata. Aveva passato una serata come una ragazza normale, e non avrebbe mai saputo come ringraziarlo per quello splendido regalo che gli aveva concesso a sua insaputa.

" Beh vorrei ben vedere, beh voglio dire, capisco pure che voglia ancora ammirarmi nel mio splendore, ma possiamo vederci domani.. quando ci svegliamo" azzardò lui. Lei per la stanchezza si limitò ad annuire solamente.

" Buona notte Michiru" le sussurrò all'orecchio prima di stamparle un bacio sulla guancia, bacio che gli provocò una scossa elettrica non indifferente.

"Grazie di tutto ..." mormorò lei "Non sai quanto tu abbia fatto per me stasera...e il fatto che io sia una perfetta sconosciuta..al di la del mio talento artistico..." le parole le morirono in gola, non riusciva davvero a trovarle "Beh buona notte" disse infine, sporgendosi a ricambiare il bacio a sua volta.

"Quando arrivo a casa ti scrivo, anche se credo che dormirai già" la prese un pò in giro " nel caso scrivimi quando ti svegli domattina" aggiunse poco prima che lo sportello della sua auto si chiude dietro alla musicista. Aspettò che lei chiudesse il cancello, prima di rimettere in moto e schiacciare il piede sull'acceleratore.

L'aveva appena lasciata, e già ne sentiva la mancanza mentre si avviava verso casa.

Note dell'autrice: Vi auguro buon inizio settimana :) e spero che il capitolo vi sia piaciuto.


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Capitolo 11
*** Invito a cena ***


Note dell'autrice:  Eccovi il capitolo 11,  leggermente più lungo,  volevo avvisarvi che i tempi di pubblicazione potrebbero diventare leggermente più lunghi. Sia perchè ho degli esami universitari a Giugno, sia perché  ho cambiato metodo di organizzazione della mia attività di scrittura, e non mi piace pubblicare i capitoli subito dopo averli scritti.  Per farvi capire, ho quasi finito il quattordicesimo capitolo, questo mi permette di rileggere e correggere eventuali cose con svariate letture successive al termine della stesura. Vi auguro buona lettura :)

Capitolo 11: Invito a cena


Appena arrivata in camera, nonostante la stanchezza si sforzò di mettere a posto nella cabina armadio ciò che aveva indossato quella sera per non dare troppo nell'occhio nei confronti della servitù. Il lavoro le occupò solamente qualche minuto, prima di permetterle di cambiarsi per la notte e indossare solamente una canotta e un paio di slip.

Era esausta per quella giornata, ma piena di nuove emozioni e aspettative, anche se viveva nella consapevolezza che i suoi genitori non avrebbero mai accettato un eventuale loro relazione se mai fosse uscita fuori. E questo la turbava, e non poco. Devo rispondere a Seiya. Quel pensiero si impadronì di lei instancabile, il suo inconscio quella sera era comunque stato rivolto alla mancata presenza di un messaggio da parte del moro, ma ora che lo poteva leggere e poteva rispondergli stranamente non sentiva più tutta l'importanza di cui lo aveva rivestito prima di cena. Ma le avevano insegnato che era educato rispondere, avrebbe raccontato ovviamente delle falsità.

Ciao Michi, perdonami se non ti ho scritto subito ma i miei genitori e i miei fratelli mi hanno totalmente rapito appena sono entrato in casa. Il viaggio è andato bene, ma non vedo l'ora di tornare per passare un pò di tempo nuovamente insieme a te. Ti voglio bene <3

Il messaggio era delle undici passate, ma le sembrava estremamente falso. In fondo poteva ritagliarsi un momento per scriverle anche prima.

Michi tutto a posto? Perchè non mi rispondi?

Questo invece era di mezzanotte, e ovviamente lei aveva ignorato senza neppure sentirne la mancanza anche lui.

Sei arrabbiata con me? Scusami davvero, non l'ho fatto a posta credimi. Non offenderti non era mia intenzione farti del male.

L'ultimo messaggio risaliva all'una di notte, e se non fosse per la sua estrema educazione, ebbe l'impulso di ignorarli tutti e tre e non rispondere. Di farsi sentire solamente la mattina dopo quando si sarebbe svegliata, se non addirittura dopo pranzo per lasciarlo a cuocere nel suo brodo. Eppoi ad essere onesta con se stessa non era lui che voleva sentire in quel momento. Era incredibile come sentisse già la mancanza di Haruka anche se non era passata nemmeno un'ora da quando lo aveva salutato. Lui si che gli mancava, ma non voleva essere la prima a scrivergli, non voleva dare l'impressione di essere già ai suoi piedi. Anche se sentiva che qualcosa di molto forte si era creato tra loro quella sera.

A ripensare alla carezza sul viso che le aveva dato sullo scoglio e alla mano sulla sua gamba il cuore le iniziava a battere forte, per non parlare poi dei suoi bellissimi occhi verdi. Verdi come le foreste incontaminate, e i prati bellissimi che c'erano nell'entroterra dove i cavalli vivevano liberi.

Ciao Seiya, non sono assolutamente arrabbiata con te. Ho letto solamente ora i tuoi messaggi Perdonami, non l'ho fatto a posta. Buona notte :)

Scrisse velocemente sulla tastiera, prima di inviare e infilarsi sotto le coperte, voleva aspettare un messaggio del biondo. Chiuse gli occhi per cercare di sentire meno la stanchezza. Dopo qualche istante sentì il cellulare vibrarle nella mano.

Ciao <3

Cos'hai fatto allora tutto sto tempo, per esserti dimenticata di me :(

Mi sono semplicemente addormentata Seiya nient'altro, e comunque non credo che ti debba poi tanto interessare, visto che tu non ti degni nemmeno di scrivermi. O meglio lo fai solo quando non hai altro di meglio da fare.

Gli rispose quasi innervosita, non aveva assolutamente voglia di stare a discutere a quell'ora della notte. Ma non voleva di certo fargli credere che poteva trattarla così.

Ti ho già chiesto scusa..

Non serve a molto chiedere scusa dopo, dovevi pensarci prima. Ora se non ti dispiace mi rimetto a dormire. Buona notte.

Ciao piccola,

Grazie ancora della bellissima serata passata insieme, spero ce ne siano altre in futuro così se non ancora migliori. Sei una bellissima persona, non essere triste. Un grande bacio sogni d'oro piccolina, a domani :*

Ehi, stavo proprio per spegnere e andare a dormire, grazie a te. Non sai quanto ne avevo bisogno di una serata così. Sono stata veramente bene per tutto questo ti dico grazie. Ti voglio bene sogni d'oro.

L'ultimo messaggio invece la fece sorridere, Haruka al contrario del moro si era ricordato di lei, non gli aveva detto che le avrebbe scritto solamente per tenerla buona in attesa di un messaggio che sapeva che non avrebbe mai mandato. Forse quel biondo sconosciuto la conosceva molto di più delle persone che aveva intorno in quella casa, stranamente si sentiva capita e accettata per la persona che era e non per ciò che faceva. E per lei era una cosa del tutto nuova, e in parte ne era anche spaventata.

Poggiò il cellulare sul comodino per scongiurare il pericolo di farlo finire in terra una volta caduta tra le braccia di Morfeo. Bastò qualche istante per riprendere il sonno interrotto quando era scesa dalla macchina e piombare in un sogno color del grano pronto alla raccolta.


***


Il piccolo salotto si illuminò rivelando ai suoi occhi il vario materiale cartaceo che aveva lasciato sul tavolino vicino al divano qualche ora prima nel momento in cui le sue amiche avevano suonato al campanello della porta.

Preso dalla fretta di uscire si era dimenticato anche di lavare i quattro bicchieri che in quel momento lo guardavano abbandonati sulla cucina, li aveva giusto tolti dal tavolo per non perdere troppo tempo. E a fin dei conti aveva fatto più che bene nonostante lui non tollerasse il minimo disordine.

Un sonoro sbadiglio interruppe i suoi pensieri, quella era stata davvero una lunghissima giornata. Erano quasi lei sei e quello voleva dire che erano quasi la bellezza di ventiquattro ore che non dormiva seriamente, e quella mancanza iniziava a farsi sentire sia fisicamente ma sopratutto mentalmente.

Quando aveva preso il telefono per scrivere alla violinista si era accorto che sua sorella lo aveva chiamato due o tre volte, e si rattristò. Sapendo benissimo quanto ci era sicuramente rimasta male la sua Usagi.

Già Usagi che era sicuro che avesse qualche farfallone che le stava dietro, perché non l'aveva mai vista arrossire così quando al cellulare messaggiava con le sue amiche. Tanto meno l'aveva mai vista cambiare discorso quando le chiedeva con chi si stava scrivendo.

Chiunque sia se la fa soffrire dovrà ben vedersela con me.

Pensò in preda a un moto di protezione fraterna nei confronti della biondina mentre con movimenti svogliati si lavava i denti in bagno, davanti a una sua immagine riflessa dallo specchio.

Certo che ho proprio una faccia da culo. Pensò sorridendo. Mentre sciacquava lo spazzolino sotto l'acqua corrente prima di dirigersi in camera.

La stanza era matrimoniale con un mobile dalle linee essenziali e moderne di colore marrone molto scuro. Il letto aveva un ripostiglio sotto il materasso che in quel momento era ancora vuoto ma era sicuro che gli sarebbe tornato molto utile in futuro quando avrebbe iniziato a comprarsi altri vestiti. Si sedette sul bordo del letto per sfilarsi gli indumenti e prepararsi per la notte, mentre lo specchio della camera gli restituiva un immagine che non era esattamente la sua, quella con cui la maggioranza delle persone che gli stavano intorno lo conoscevano.

Avrebbe dovuto dirle anche quello a Michiru, la verità però era che non sapeva se ne avrebbe trovato il coraggio.

Un nervoso improvviso si impadronì di lui facendo si che posasse il suo sguardo da un'altra parte prima di sollevare le coperte e infilarsi sotto.

Una volta pronto per dormire il suo pensiero volò verso il bruno che aveva visto entrare qualche giorno prima nella villa della violinista, sembrava più o meno avere la sua età anno più e anno meno. Probabilmente era il fratello anche se nei giornali di cronaca nessuno ne aveva parlato a pensarci bene, rendendo la sua ipotesi molto irreale. Oppure qualche parente che veniva da fuori la città.

Il punto era che il suo sub-inconscio si rifiutava di credere che quel fusto gonfiato fosse in qualche modo legato sentimentalmente con la sua Michiru. Non lo vedeva affatto con una ragazza così fragile come la pittrice, gli sembrava uno di quelli che preferiva la scopata facile. Un pò come lui in fondo, fino a quando non era andato al concerto. Da quel momento in poi tutto era cambiato e non sarebbe tornato indietro per nulla al mondo. Le emozioni che lo avevano sconvolto a ondate quella sera non glielo permettevano.

Probabilmente anche per sto tizio è successa la stessa cosa. Pensò infastidito al solo pensiero. Il problema e capire se Michiru prova le stesse cose anche per lui, o se invece lei a lui proprio non lo corrisponde. E per capire ciò non sapeva proprio come indagare senza passare per il geloso di turno o poco opportuno nel chiederle le sue cose.

Meglio dormire che forse il sonno porta consiglio. Si sporse a spegnere la luce.



***


" Forza!! E ora di alzarsi orso in letargo!!" la voce di Yaten piombò improvvisamente nella stanza facendolo svegliare di soprassalto, il cuore in gola. Odiava svegliarsi in quel modo, lui aveva bisogno dei suoi tempi e non di un rompi scatole come quello che girovagava nella sua stanza in quel momento che lo costringesse ad alzarsi.

" Che ore sono" bofonchiò con la faccia nel cuscino, a proteggersi dalla luce intensa del sole. Si era addormentato che erano quasi le sette del mattino, dopo essere stato a rimurginare sulle risposte taglienti di Michiru ai suoi messaggi di scuse. Temeva di aver compromesso tutto, e di aver cancellato quei pochi progressi che era riuscito a fare prima di recarsi dalla sua famiglia e aggiornarla sull'evoluzione degli eventi. Non poteva proprio accettare che lei si fosse richiusa per una sciocchezza simile verso di lui, altrimenti non poteva essere affatto utile per i suoi genitori. E questo lo frustrava notevolmente.

"Sono le dieci e mezza" mormorò allegro il ragazzino.

Le dieci e mezza? Perfavore Yaten no..

"Lasciami dormire, mi sono addormentato che erano le sette del mattino perchè avevo troppi pensieri in testa per poterlo fare prima" si lamentò.

"Che pensieri?" domandò l'altro, incuriosito. Raramente suo fratello si dimostrava turbato per qualche cosa.

"Non ho voglia di parlarne ora, se puoi tirare giù la tapparella e lasciarmi riposare te ne sarei molto grato. Se per pranzo non sono ancora sveglio di alla mamma di lasciarmi le cose, poi ci penso io quando ho fame" disse il bruno girandosi a pancia in su per osservare l'altro.

Yaten si avvicinò nuovamente alla tapparella per tirarla nuovamente giù per una seconda volta.

Finalmente i miei poveri occhi riposano.

"Va beeene, allora buona dormita" rispose il ragazzo dai capelli chiari.

Dopo aver udito il rumore della serratura della sua camera che si chiudeva, sospirò pesantemente, l'oscurità era la sola cosa che gli andava a genio in quel momento. Specialmente dopo il cambiamento di Michiru nei suoi confronti avvenuto la sera prima, era troppo strano. Tuttavia pensare a lei gli fece anche intuire che per non peggiorare la situazione sarebbe stato meglio scriverle in modo che trovasse qualcosa di suo al risveglio.

Il problema e che non sapeva nemmeno lui cosa scriverle, il rapporto era ancora troppo freddo e senza eccessiva confidenza. Ed era anche consapevole di dover accellerare i tempi con lei.

Buongiorno :* <3

Si limitò a questo, un messaggio semplice ma che comunque le avrebbe fatto vedere che ci aveva pensato. Alla fine lui non era un tipo da smancerie e miele vario, lui era abituato a prendersele le ragazze. Senza corteggiamenti, per lui il modo di fare di Michiru era snervante. Sembrava non interessarle in generale ma poi se compieva delle dimenticanze nei suoi confronti lei si alterava, e non come si fa abitualmente con una persona di cui non ti frega niente. I comportamenti di un giorno, si contraddicevano con quelli del giornon prima mandandolo in totale confusione.


***

Due occhi blu fissavano assonnati il soffitto della loro stanza, erano quasi le tredici ma non aveva proprio voglia di alzarsi. Era stata svegliata dalla cameriera, la quale aveva socchiuso la vetrata per iniziare a fare un cambio d'aria nell'ambiente, permettendo al profumo di rose di entrare prepotentemente e giungere alle sue narici. In lontananza il rumore del mare le solleticava i condotti uditivi.

Avrebbe dovuto lasciare il suo letto, non poteva rimanervi fino al pomeriggio, anche se il suo fisico glielo implorava. Doveva almeno alzarsi per mettere sotto i denti qualcosa di buono in modo da far tacere la sinfonia che sentiva nel suo stomaco. Il suo stomaco sottolineò il concetto con un rumore sopra la media.

Sarà meglio che mi alzi per darmi una sistemata e scendere a pranzo.

Pensò mettendosi a sedere sul letto qualche istante dopo, afferrò il cellulare per controllare l'eventuale presenza di chiamate da parte dei suoi, ma come al solito nessuna notifica. C'era solamente l'icona di whatsapp a segnarle che qualcuno le aveva scritto. Sperava con tutta se stessa che fosse il motociclista.

Invece i suoi occhi lessero il nome Seiya in cima alla finestra di chat, le aveva mandato il buongiorno quasi tre ore prima. Posò lo smarphone sul comodino prima di dirigersi in bagno. Decisa a farsi una doccia veloce con annesso lavaggio dei capelli, il dolce scorrere dell'acqua tiepida la rinvigorì in pochissimi istanti. Visto che i suoi non c'erano avrebbe potuto pranzare tranquillamente con i capelli umidi, nessuno le avrebbe detto nulla. Quando era totalmente sola, esclusa la servitù, poteva anche girare per casa solo coi calzini, cosa che amava fare ma che non le era concesso. Costringendola a portare o le infradito o le pantofole invernali.

Passò in bagno una buona mezz'ora, più che altro per domare i capelli umidi con il pettine, quando li lavava diventavano sempre un pò più mossi di quanto non fossero già quando erano asciutti. Aveva già passato una schiuma per definire maggiormente le onde.

"Ecco fatto" esclamò soddisfatta la figura davanti a se, mentre muoveva un pò la testa per guardare meglio anche ai lati. Per il dietro servivano gli specchi della cabina armadio che erano l'uno di fronte all'altro nelle ante apribili in modo da permetterle di guardare il dietro.

Indossò qualcosa di leggero prima di uscire dalla stanza diretta in sala, quel giorno avrebbe mangiato direttamente in cucina. Come era sua abitudine quando i suoi genitori non c'erano, avrebbe fatto compagnia alla cameriera che cucinava e serviva i piatti.

Quell'abitudine rimasta segreta ai suoi le dava quella sensazione di normalità che tanto cercava.

"Buongiorno signorina" la salutò la donna sorridente " vuole fare colazione intanto che aspetta il pranzo? O preferisce dedicare le sue attenzioni a quest'ultimo"

" Quando non ci sono i miei puoi darmi tranquillamente del tu, te lo dico sempre, a me dell'etichetta non mi interessa particolarmente. Altrimenti non sarei a mangiare in cucina con te, lo sai benissimo" le rispose la padrona di casa.

"Hai ragione Michiru ma è la forza dell'abitudine, mi viene normale darti del lei anche quando i tuoi genitori non ci sono" rispose l'altra mentre finiva di tagliare a dadini i pomodorini " per pranzo cosa vuoi?"

" Mi va bene quello che ti fai per te, non stare a impegnarti in cose troppo elaborate" anche i piatti da grandi chef l'avevano quasi stancata. Ormai tollerava poco qualsiasi cosa era caratteristica della vita agiata che faceva.

" Io per me stavo facendo un'insalata con pomodorini, mozzarella, olive, mais e striscioline di prosciutto cotto"

" Va benissimo quello allora" mormorò la ragazzina, prendendo posto sulla sedia, ora che vedeva cucinare si rese conto di avere più fame di quanto credesse in realtà. " Preparo la tavola intanto così facciamo prima" esclamò dopo qualche secondo, alzandosi per dirigersi verso i cassetti del mobile. Li dentro c'era una moltitudine di tovaglie, ma sapeva che quelle dei primi due cassetti erano per il tavolo della cucina che era più piccolo e usato dai domestici, quelle contenute nei restanti due cassetti erano per quello della tavola da pranzo che abitualmente veniva utilizzata dalla sua famiglia e durante le feste o cene di lavoro dei suoi genitori a cui anche lei era costretta a presiedere.

Prese poi due piatti e le posate dall'armadio che era sopra il lavandino, e in seguito anche i due bicchieri necessari. Dopo di che andò a prendere l'acqua dal frigorifero.

"Ecco fatto ho finito!" esclamò soddisfatta del suo piccolo lavoretto.

"Ottimo io ho finito con l'insalata così possiamo mangiare" mormorò l'altra.

" Non vedo l'ora"


***


Aveva appena finito di cuocere il riso, quando sentì il suo telefono squillare svariate volte segno che era una chiamata.

La gente deve proprio rovinare l'esistenza delle persone a quest'ora. Non si riesce nemmeno a mangiare in santa pace.

Haruka posò il piatto sul tavolo, per poi dirigersi velocemente in camera sua a recuperare la causa del suo innervosimento. Era Usagi, si era completamente scordato al suo risveglio di chiamarla. Era più urgente mettere a tacere il suo stomaco, che quasi alle quattro del pomeriggio esigeva la sua dose di energie giornaliera.

" Pronto" soffiò nella cornetta, sperando che fosse quanto meno una cosa importante e non una sciocchezza quella per cui era stato interrotto il suo pranzo. Torno davanti al piatto e prese la forchetta.

"Ciao Haru" la voce squillante della sorella risuonò nelle sue orecchie più del dovuto, costringendolo ad allontanare la cornetta dal suo orecchio e inserire il vivavoce per poter tenere il telefonino sul tavolo.

"Ciao Usa-chan scusami se non mi sono fatto più sentire ma pensavo che non ne avessi voglia, poi ieri sera quando hai chiamato ero impegnato... " se sapessi con chi sono uscito ti sentiresti male testolina buffa "per quello non ho risposto, però ora dimmi tutto" le disse.

" Ti chiedevo scusa Haru, sono stata infantile a non capire che anche tu hai diritto di crearti una vita tua... è solo che per non so quale ragione ho avuto paura di perdere pure te visto che non ci possiamo vedere più tutti i giorni" nonostante non la vedesse, intuì che i suoi occhi prima allegri vivaci ora erano diventati tristi.

" Non devi aver paura, io non ti lascerò mai qualsiasi cosa accada, eppoi c'è un posto per te in questa casa quando vuoi venire. Ho due posti letto in più" ed era vero, oltre al posto al suo fianco nel letto matrimoniale in cui vedeva solo una persona con i capelli verde acqua, aveva anche un divano-letto a una piazza e mezza. Che nonostante tutto gli era sembrato molto comodo quando lo aveva aperto per provarlo.

"Si lo so, per quello a pensarci mi sono sentita davvero una sciocca" era mortificata per il suo comportamento, ma era apprezzabile che era diventata così matura da ammettere le sue colpe e non fare la bambina.

"Scuse accettate Usa-chan" concluse lui " la mamma come sta?" avrebbe voluto non fare quella domanda, ma sapeva che aveva l'obbligo di chiedere visto come aveva reagito all'idea che lui andasse a vivere in una casa tutta sua. Era consapevole che per sua madre era un'altra ferita dopo la scomparsa del padre.

"È giù ma credo che le passerà in fretta" rispose lei " comunque ora devo andare, che poi tra un pò devo uscire"

"Dove te ne vai di bello?" indagò lui, sapendo già che probabilmente fosse un ragazzo.

"Oh.. in giro con delle amiche niente di particolare..ciao Haru!" prima che potesse farle altre domande la conversazione fu interrotta proprio da lei.

Nel frattempo lui aveva finito di cucinare il suo pranzo e afferrò un piatto dalla credenza per svuotarvi dentro il contenuto della pentola. Mansione che gli occupo pochi minuti.

Ciao piccola,

Hai dormito bene? Spero di si, io ho dormito benissimo. Stasera allora riesci ad evadere? Così potremmo vederci un pò ancora. Scusami se non ti ho scritto prima ma mi sono appena svegliato e ho provveduto a cucinarmi qualcosina.

Fammi sapere il prima possibile :*

Si rese conto di non averle ancora scritto, e cercò di rimediare sperando che lei non si offendesse troppo per quel suo ritardo. Aveva visto infatti che si era connessa l'ultima volta verso le tredici e trenta. Che non gli avesse scritto non lo stupì particolarmente.

Lei sarà sicuramente una di quelle ragazze che almeno nel primo periodo si fanno desiderare e cercare. E il comportamento di lei confermava il pensiero di lui. Molto bene, a me piace darle la caccia.


***


La stanza era invasa da un brano vivace e volubile al tempo stesso, una melodia che dava la sensazione di essere indomabile e di non poter essere imprigionata da niente e nessuno. Un rincorrersi di note libere di volare nell'aria portate dal vento. Note che sapevano di capelli color grano e occhi verdi come le foreste. Aprì gli occhi di scatto non appena il suono di un nuovo messaggio si mischiò al quel nuovo pezzo che le era uscito di getto, mentre perfezionava i brani che prima o poi avrebbe fatto debuttare. Tutti scritti da lei. Era abbastanza insicura sul valore di quei pezzi, e per questo nonostante fossero pronti ormai quasi da un anno non aveva ancora trovato la forza di presentarli al grande pubblico.

Appoggiò delicatamente il violino sul letto, e ancora con l'archetto nella mano destra si avvicinò al telefonino abbandonato nella parte opposta.

A leggere il nome sulla notifica il cuore iniziò a batterle all'impazzata.

Chissà se sapesse che mi ha ispirato una nuova melodia come la prenderebbe.

Non vedeva l'ora di vederlo, più che altro voleva sfruttare al massimo il tempo da passare con lui, perché era consapevole che da li a due giorni, con il rientro dei suoi le cose si sarebbero di molto complicate.

Ciao, ho dormito anche io fino a tardi e benissimo. Immaginavo che dormivi ancora :) comunque si riesco ad evadere anche oggi. Che poi evadere è una parola grossa quelli della servitù lo sanno benissimo. Per che ora vieni a prendermi?

Scrisse veloce, si prospettava una bella sera anche quella, in realtà pensava che qualsiasi posto sarebbe stato bello se visto con lui. Avrebbe voluto cercare di esporsi un pò di più per fargli capire qualcosa, ma la timidezza e l'insicurezza prendevano di gran lena il sopravvento.

Eppure era sicura di provare qualcosa per lui, Seiya molto probabilmente era stato solo un infatuazione, da quando aveva conosciuto il motociclista era come se lui non fosse quasi esistito. Messaggi a parte si intende.

Se te la senti pensavo di stare a casa da me stasera, cucino io ovviamente. Sempre che ti fidi di me sia per quanto concerne le arti culinarie, sia per la mia persona. Non vorrei che tu pensassi che io sia un maniaco.

Sorrise nel leggere ciò che aveva scritto, specialmente per la precisazione sulla questione maniaco. Non lo aveva mai pensato in realtà che lui potesse esserlo, anche perché era convinta che le sarebbe saltato addosso subito, specialmente la sera prima che erano in una spiaggia isolata dove nessuno l'avrebbe potuta sentire gridare. Il solo pensiero le fece venire i brividi.

Smettila lui non è così e lo sai benissimo.

Si credo di riuscire ad essere pronta per prima di cena, mi passi a prendere tu?

E tanto per essere precisi, non ho mai pensato che tu fossi un maniaco.

Si sentiva improvvisamente più leggera, o forse era solamente un tantino più felice di quanto lo era stata fino a due giorni prima. E a pensare che probabilmente nel giro di tre giorni sarebbe ripiombata nell'inferno a cui era abituata una morsa allo stomaco la pervase. Non era convinta di essere in grado di ricadere nella severità e nella monotonia imposta dai suoi genitori. Eppoi con loro sarebbe tornato Seiya. E le sue insicurezze derivavano anche dal fatto di non sapere come comportarsi con lui, sopratutto contando che i suoi genitori lo appoggiavano in pieno, mentre era certa che non avrebbero fatto lo stesso con il biondo. Anzi le avrebbero vietato di vederlo se lo avessero saputo.


***


"Pronto?" sapeva benissimo chi fosse stata a chiamarlo, poiché aveva visto comparire il numero sullo schermo.

" Ruka ciao!" era Setsuna, probabilmente lo aveva chiamato perché ancora non si era fatto sentire da quando la sera prima si erano salutate al di fuori del portone del suo palazzo. E ora come ogni amica che si rispetti voleva gli aggiornamenti su come era andata, peccato che lui di natura fosse una persona molto schiva, che raramente raccontava la sua vita privata in giro. E non faceva eccezione nemmeno con le amiche nella maggior parte dei casi. Ma Sets era Sets. Si conoscevano fin da quando erano entrambi dei ragazzini, e forse era l'unica persona che di lui sapeva veramente tutto. Vita, morte e miracoli. Beh si forse era meglio dire maledizioni.

"Ciao Sets, dimmi tutto" mormorò lui, anche se aveva già capito il motivo di quella chiamata.

" Sei da solo? Perché sono nella zona di casa tua, e mi chiedevo se volevi venire a berti qualcosa al bar" si sentì chiedere " Così intanto mi dai aggiornamenti che dici?"

In fondo non aveva molta scelta, se avesse detto di no lei si sarebbe presentata sicuramente a casa sua, e non aveva voglia di avere gente in casa specialmente in un momento come quello in cui poi avrebbe avuto da fare per preparare la cena a Miss Kaioh.

" Si va bene, quando sei qui sotto al bar?" chiese lui, sperando di avere almeno il tempo di darsi una pettinata e indossare qualcosa di più decente rispetto alla sua tuta per casa.

" Credo tra circa un cinque minuti, ho appena parcheggiato il tempo di venire li a piedi, ma non sono troppo lontana" gli disse la bruna, continuando a camminare.

" Beh allora ti metto giù che mi devo dare una sistemata veloce, a dopo! Suonami quando sei qua sotto" rispose lui chiudendo poi la comunicazione.


Ecco il motivo per cui si trovava in quel momento seduto al tavolino del bar con la ragazza che lo fissava in attesa di un suo desiderio nell'iniziare a raccontare della sera precedente. Intenzione che lui tardò molto a far emergere.

" Beh allora? Come è andata ieri sera?" gli chiese curiosa, aveva voglia proprio di sapere tutto nei minimi dettagli.

" E' andata bene Sets, siamo stati in spiaggia quasi fino alle quattro del mattino a chiacchierare, è stato bello e ti dirò lei è veramente bellissima e non è affatto snob come in realtà fa credere. Anzi non la vedo molto nemmeno in quell'ambiente, credo che soffra molto per il fatto di farne parte. Mi ha raccontato un sacco di cose, i suoi sono molto severi. Sentirla mi ha fatto ringraziare di non essere nato in quei ranghi...io con tutte quelle regole non riuscirei a vivere" disse lui, tutto in una volta.

" Ma sei riuscito a capire se almeno ti corrisponde la cotta? Oppure non hai avuto nessun indizio" indagò di più lei prima di prendere un altro sorso dell'analcolico che aveva ordinato pochi minuti prima. Aveva già bevuto la sera precedente e non voleva esagerare con gli alcolici.

" Si Sets, o meglio me lo ha fatto capire il suo corpo per mezzo di alcuni segnali, appena la sfioravo le cambiava il respiro... un sacco di cose che mi fanno ben sperare" rispose lui con gli occhi luccicanti.

"Capito..." mormorò lei, in realtà l'unica domanda che le premeva di fargli era solamente una, che probabilmente lui si aspettava. " Ma quella cosa gliel'hai detta?"

"Quale cosa?" rispose lui dubbioso " Se parli del "Ti amo" non direi, mi sembra troppo presto e azzardato. Bisogna chiarire un sacco di cose prima, ad esempio la posizione dei suoi nei miei confronti. Sempre che lei sia attratta da me a quel punto."

" Ruka non parlavo del ti amo... ma di quell'altra cosa che tu sai bene" mormorò la ragazza. Non voleva di certo rovinargli il suo movimento felice, ma doveva comunque farlo riflettere con i piedi per terra.

"No ancora non sa niente..." mormorò lui capendo a cosa alludeva " E non so quando le dirò di questa cosa... ho paura di perderla" concluse.

"Non puoi tenerle nascosta una cosa così importante e lo sai bene, più di me" continuò la bruna, capiva bene le paure della persona che aveva davanti, ma non poteva non ricordargli di quella cosa.

"Certo, prima o poi glielo dirò" rispose lui.

"Quando vi rivedrete?" gli chiese.

"Stasera, viene a mangiare da me... poi la riporto a casa sul tardi" e non vedo l'ora.

" Ma avete già..." la osservò fare il gesto con cui di regola si fa sottointendere una scopata.

" No, voglio aspettare...ieri non era il momento giusto anche se devo essere sincero ho fatto davvero tanta fatica a non farmela sulla spiaggia. E' troppo bella, impossibile non fare certi pensieri su di lei" rispose. Omettendo il fatto che poi, arrivato a casa aveva soddisfatto da solo le sue voglie. Pensandola ovviamente.

"Capito..."


***


Dopo aver mangiato si era ritirato in camera sua con la scusa di voler suonare un pò la chitarra, cosa che non faceva da tempo. La sua mente però era inchiodata sul fatto che Michiru non gli avesse ancora risposto al messaggio, e anche se le dita si muovevano da sole, la sua testa era decisamente altrove. Il comportamento della violinista non gli quadrava affatto, era un cambiamento troppo repentino nei suoi confronti, avvenuto casualmente quando lui era lontano. Stava addirittura pensando di non aspettare i genitori della ragazza, ma rientrare prima in città per capirci un pò di più. Ne avrebbe parlato sicuramente con i suoi, ma non aveva dubbi che loro fossero d'accordo.

Dopo tutto stava facendo tutto questo per loro, e più arrivava a conoscere la ragazza, più erano alte poi le possibilità di ferirla quando sarebbe arrivato il momento opportuno. Senza contare che senza i suoi genitori intorno erano più alte le percentuali di portarsela a letto per una sana scopata.

Un sorriso quasi malvagio gli dipinse il volto: tornare prima era la cosa giusta.


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Capitolo 12
*** Voglio sentirti mia ***


Note dell'autrice: Eccovi il dodicesimo capitolo, sono stata combattuta fino all'ultimo su un eventuale cambiamento. Rimango ancora nel dubbio che gli avvenimenti narrati siano un pò forzati forse, magari è solo una mia impressione non saprei.
Inoltre fatemi sapere anche privatamente se è meglio cambiare il raiting della storia, onde evitare di prendere segnalazioni. Mi trovo sempre in difficoltà a valutare il rainting delle mie storie. 
 Buona lettura :)

Capitolo 12: Voglio sentirti mia

Il rumore di un cancello che si apre giunse alle sue orecchie, facendo si che lui abbandonasse la contemplazione del mare per volgere la sua attenzione alla persona che stava uscendo. Finalmente era lei, le aveva scritto quasi venti minuti prima che era arrivato, e alla risposta che era quasi pronta si era rassegnato a dover aspettare almeno una quarantina di minuti in più. Perché per la maggioranza delle donne quel " sono quasi pronta" equivale a dover passare il resto della propria vita pazientemente ad aspettare, sperando di non vedere la propria pelle formare una marea di rughe.
La sua attenzione si catalizzò sulla figura che controllava la strada prima di attraversare, quella sera aveva deciso di indossare un vestito sui toni del bianco e del grigio. Più che altro dava l'impressione che un pittore avesse mischiato a caso le due colorazioni come se il tessuto fosse una tavolozza per creare le sfumature da utilizzare poi su un quadro. Le spalle nude erano coperte da un copri-spalle nero, ai piedi un paio di scarpe in vernice nera con il tacco e la borsa era intonata a queste. Non le tolse gli occhi di dosso per tutto il tragitto fino alla sua macchina, fece poi scattare la sicura per darle la possibilità di entrare.
Un profumo di rose e di mare si impadronì della sua automobile nel momento esatto in cui la musicista chiuse la porta.
" Buonasera Miss Kaioh" la salutò, si limitò a quello anche se avrebbe voluto assaggiare le sue labbra, che con il rossetto rosso di quella sera costituivano per lui una forte attrattiva.
"Ciao" rispose lei regalandogli un sorriso da togliergli il fiato, prima di sporgersi verso di lui per dargli un bacio sulla guancia e provocargli un brivido acuto che dal collo si allungò su tutto il basso ventre.
Stasera sarà difficile non cedere. Fu il suo pensiero. Era troppo bella.
"Beh che hai cucinato di buono?" si sentì chiedere mentre svoltava per uscire dalla passeggiata a mare.
"Non si può dire Michiru, è una sorpresa" rispose lui. In realtà il menù era tutto a base di pesce dall'antipasto al secondo, erano cose semplici ma che erano piaciute a tutti quelli ai quali aveva fatto assaggiare la sua cucina.
"Daiii un indizio" lo supplicò lei, con un espressione imbronciata.
"Assolutamente no" sorrise " Come hai passato la giornata?"
" In casa a suonare, e a perfezionare alcuni nuovi brani che prima o poi lancerò a uno dei prossimi concerti... oltre che a dormire, sai un ragazzaccio mi ha tenuta fino alle 4 del mattino fuori" disse lei nel tentativo di punzecchiarlo.
" Così ora sarei un ragazzaccio? Ieri sera mentre eri in braccio, mi sembra che non la pensavi in questo modo" rispose lui impettito, con la coda dell'occhio la vide arrossire per la prima volta quella sera. E in cuor suo pregò che non fosse nemmeno l'ultima, perché era adorabile.
" Che c'entra ieri sera?" gli sembrò tornare sulla difensiva anche se era convinto che l'allusione a quei momenti le avevano provocato quanto meno una scossa nel profondo.
" C'entra che non la pensavi allo stesso modo" ribadì girando a destra con la macchina, il tragitto non sarebbe nemmeno stato troppo lungo. Mancava circa un chilometro al loro arrivo al palazzo dove lui abitava. Iniziò a scalare le marce per rallentare, avevano avuto la fortuna di beccare la maggioranza dei semafori verdi e così il trasferimento fu molto veloce. Parcheggiò la macchina nel giardino del palazzo, per fare più in fretta, poi aprì lo sportello e sentì che anche lei faceva lo stesso per scendere. "Vieni, il portone è da questa parte" mormorò lui " certo non ti aspettare una reggia, perché è molto piccola sarà un terzo di casa tua" mormorò un po' imbarazzato.
" Sarà senz'altro bellissima, a prescindere dalla sua dimensione non ho dubbi" si sentì rispondere, sorrideva. Uno di quei sorrisi che arrivavano fino agli occhi e non fingono.
Si limitò a sorridere a quelle parole, e a quel tentativo di toglierlo dall'imbarazzo di ospitarla nella sua modesta casetta.

***

Il portone del palazzo presentava un ampia e alta vetrata, il soffitto era di un bordeaux scuro che staccava con il bianco dei muri e dei marmi che adornavano i pilastri, sulla parte bassa vi erano nuovi marmi questa volta tendenti al grigio scuro e al nero. Il citofono aveva la telecamera per guardare da casa chi suonava e aprire senza correre pericoli, era un palazzo comunque signorile ad occhio e croce. Seguì il ragazzo fino all'ascensore e lo vide premere il tasto per chiamarlo. Si appoggiò al muro accanto alla porta scorrevole in attesa che le porte si aprissero, con i tacchi riusciva quasi a guardarlo direttamente negli occhi senza alzare troppo la testa, erano alti uguali.
"Prego" le disse il biondo facendole segno di entrare.
L'ascensore era appena arrivato ed era anche abbastanza stretto rispetto a quelli a cui era abituata, non che le desse fastidio, ma quella vicinanza costretta le provocò una vampata di calore e , in particolare, nelle sue zone più intime. Sensazioni molto simili a quelle provate la sera prima a sentire il tocco di lui sulle gambe. Sentì il respiro interrompersi contro il suo volere, per accelerare la frequenza.
Accidenti dovrò darmi un contegno, non è possibile che io abbia delle reazioni così solamente perché gli sono un po' più vicina di quanto fino ad ora non sono stata grazie agli spazi ristretti della cabina.
"Michiru..." mormorò il biondo, e la sua voce era fin troppo vicina a lei. Alzò lo sguardo e ritrovò il suo viso a pochi centimetri dal suo.
"Si?" non si sentiva in grado di aggiungere altro, il suo cervello era andato completamente in tilt ed era sicura che con una frase più lunga avrebbe pronunciato qualcosa di incomprensibile. La realtà era che non si aspettava di trovarsi così vicino al suo viso, non così all'improvviso per lo meno.
"Tutto a posto?"
Certo tutto a posto, se non fosse che ho un ragazzo bellissimo, a pochi centimetri dal mio viso e il cuore che mi batte all'impazzata.
" Certo... " bisbigliò, lottando contro il suo istinto di annullare la distanza che li divideva.
" Non sembra, mi sa tanto che il tuo respiro è di nuovo cambiato" esclamò lui con un tono tra il compiaciuto e il divertito, prima di accarezzarle il viso proprio nel momento esatto in cui le porte dell'ascensore si aprirono "Siamo arrivati"
" Si ho visto.." purtroppo, sarei stata li dentro in eterno. Il pianerottolo aveva dei muri anonimi e bianchi, il pavimento scuro che riprendeva il marmo presente nel portone. La ringhiera delle scale sembrava in ferro battuto, che formava complicati riccioli e ghirigori conferendo al tutto quel pizzico di eleganza in più che giù nel portone non aveva affatto notato.
La porta di casa sua era quella più lontana dall'ascensore, si diresse in quella direzione, avvicinandosi a lui mentre le sue scarpe facevano un rumore assordante sul pavimento in freddo marmo. Si sentiva imbarazzata dai battiti profondi causati dai suoi passi, per fortuna che i metri da percorrere erano veramente molto pochi.
Lui aspettò di averla vicino prima di aprire la porta di ingresso.
"Miss Kaioh ti do il bevenuto in casa Ten'o" disse sorridente, facendole spazio per farla passare.
"Grazie" rispose lei, trovandosi davanti un piccolo appartamento, ben arredato e che a primo colpo sembrava essere molto accogliente. Nulla a che vedere con la Villa dei suoi genitori, certamente maestosa ed enorme ma gelida. Gelida come il cuore delle persone che l'abitavano. Per fortuna lei non sentiva di avere un cuore così, o meglio sperava di non averlo. E viste le emozioni già provate quella sera in così poco tempo, sapeva di averlo vivo più che mai.
"Fai pure come fossi a casa tua, se vuoi guardare la tv accendi pure non farti problemi, io vado a preparare le ultime cose per la cena quando ho finito ti chiamo" le disse lui. " Se hai bisogno del bagno è la prima porta a destra nel corridoio"
"Va bene grazie" era impegnata a guardarsi intorno, il suo sguardo viaggiava per scrutare ogni minimo particolare che le potesse far capire un po' il carattere della persona che aveva davanti, fece qualche passo verso il divano, davanti al quale vide un tavolino con una cornice e una foto dentro. Ritraeva Haruka in compagnia di una ragazzina bionda dai lunghi codini che le assomigliava discretamente. Io sta ragazzina l'ho già vista da qualche parte.
" Haruka ma questa ragazzina che è con te nella foto sul tavolino della sala chi è?" chiese con un tono di voce alto quanto basta affinché lui potesse sentirla.

***

" Quella con i codini dici? É mia sorella perché?" urlò lui da una parte all'altra della casa, mentre finiva di impiattare l'antipasto. Probabilmente l'aveva riconosciuta, anzi sperava che da una parte si ricordasse di Usagi. Ma con tutte le persone che sicuramente aveva modo di incontrare tutti i giorni gli sembrava surreale. Sentì i passi della musicista dietro di se, segno che la ragazza lo aveva raggiunto in cucina, ed era anche molto vicina.
" Possibile che io l'abbia incontrata, a dire il vero direi scontrata, al mio ultimo concerto? Ho fatto un autografo a una ragazzina che le somigliava molto" si sentì dire dalla ragazza.
" Si è possibilissimo, anzi ti dico per certo che è lei, perché è una tua grandissima fan, ti ammira tantissimo. Ogni volta che ti vede in televisione non puoi capire che casino che fa... e c'ero anche io al tuo ultimo concerto ad accompagnarla" ammise. È da li che tutto è iniziato piccola, se non ti avessi vista quella sera non saremmo qui, in televisione non ti avevo mai notata e nemmeno fino a qualche anno fa. Pensò senza però avere le palle per dirlo.
"Allora si credo proprio che sia lei, si chiama Usagi vero? Mi è rimasto impresso il suo nome, significa coniglio lunare... le ho fatto un coniglietto sull'autografo. Mi è sembrata una ragazzina tanto allegra"
" Lo è infatti, è molto estroversa...comunque accomodati pure che è pronto"
La tavola era apparecchiata con una tovaglia bordeaux, molto scura. Su cui facevano bella mostra di se dei piatti bianchi con il bordo dorato accompagnati dai bicchieri per l'acqua e il vino bianco in vetro. Le posate invece erano argentate. I tovaglioli bianchi e dorati. Al centro del tavolo un porta-candele del medesimo colore della tovaglia, conteneva delle candele color panna sulle quali erano state applicate delle foglioline dorate che donavano alla stanza una fragranza dal profumo fresco e leggerlo. Che illuminavano la stanza dove lui abbassò volutamente le luci per ricreare un'atmosfera il più adatta possibile a quella cena sulla quale aveva scommesso molto. Si limitò ad annuire mentre prendeva posto. "Spero che ti piaccia il pesce, perché altrimenti farai la fame stasera" aveva un tono scherzoso.
" Si è uno dei miei cibi preferiti, hai azzeccato in pieno" sorrise lei " non mi servire però, sono capace a farlo da sola...non mi vanno tanto a genio queste cose" più che altro non le piaceva l'idea di farsi servire da lui solo perché apparteneva all'alta società quando loro spesso e volentieri si servivano da soli.
"Come vuoi, a me comunque fa piacere..." le rispose lui sedendosi al suo posto, di fronte alla ragazza.
L'antipasto era veramente ottimo, era talmente impegnata a spazzolare tutto che non proferì nemmeno la minima parola. Era anche affamata, poiché tra un brano e l'altro si era anche dimenticata di spezzare il pomeriggio con una macedonia di frutta. E l'insalata mangiata a pranzo era già stata assimilata da qualche ora.
"Hai detto che stai lavorando a nuovi brani?" chiese lui curioso.
"Si ma ho paura che non piacciano al grande pubblico, e non vorrei compromettermi così la carriera" gli spiegò lei sorseggiando l'ottimo vino bianco. Non ci sono dubbi, ci sa fare con la cucina e con l'abbinamento del vino ai piatti. Sebbene lei non avesse studiato, era abituata a un mangiare di un certo livello e le sue papille gustative erano ormai in grado di scorgere un abbinamento perfetto.
"Impossibile, da quanto posso sentire dai tuoi brani che ascolta Usagi... dovresti avere un po' di fiducia in più in te stessa" esclamò mentre mangiava l'ultimo pezzo di pesce spada marinato.
Lei rise " Fiducia? Io? Sono troppo abituata a seguire gli schemi per averne abbastanza per fare di testa mia...te l'ho già detto" esclamò alludendo al discorso fatto la sera prima.
Lui si alzò per prendere i piatti e metterli nel lavandino pronti per essere puliti, per poi rivolgere l'attenzione alla padella nella quale la pasta stava concludendo la cottura.
La suoneria di un cellulare proveniente dalla sala interruppe il silenzio nella stanza. Lei sospirò, aveva riconosciuto la musichetta come quella del suo telefono, non aveva voglia di sentire nessuno. Non aveva voglia di farsi rovinare la serata già agli inizi.
" Rispondi pure se vuoi, non farti problemi..." mormorò lui.
" Non me ne faccio... figurati... è solo che non ho proprio voglia di sapere chi è, tanto meno di parlarci" disse con sincerità alzandosi per andare a prendere la causa di tanto baccano.

***

Non poté fare a meno di ammirarla mentre con la sua innata eleganza si dirigeva verso il divano, camminava sui tacchi con naturalezza. Come se ci fosse nata sopra e non fossero in realtà quelle calzature scomode, che facevano patire le pene dell'inferno alla maggioranza delle donne. La vide tornare in cucina per fargli compagnia nonostante la chiamata.
" Pronto" la sentì chiedere, anche se le sue orecchie captarono un cambio nel tono della voce. Se prima era dolce e tranquilla, ora sembrava quasi irritata per quella interruzione. Alle sue orecchie arrivò una voce maschile, che però gli sembrava troppo giovane per essere del padre della musicista. Un moto di fastidio lo assalì alle viscere. Avrebbe voluto strozzarlo chiunque egli fosse, per aver tolto l'attenzione della pittrice da lui e sopratutto per averla fatta palesemente innervosire con la sua invadenza.
"Come? Ritorni domani? Ma come mai scusa? Non dovevi stare finché i miei genitori non finivano il loro tour?" aveva un tono piuttosto infastidito, notò come il dito della mano libera era corso ai capelli per arricciarne in modo quasi convulsivo una ciocca. "Guarda che non c'è problema se rimani qualche altro giorno, io da sola sto benissimo" la sentì dire " Non c'è nessun motivo per cui ho ignorato il tuo msg stamattina, semplicemente voglio starmene per i fatti miei e credo di avere tutto il diritto di farlo" il suo tono si stava decisamente alterando e lui ne fu dispiaciuto. " Senti ora non ho tempo da perdere, ho da fare. Stavo suonando, se permetti torno a fare ciò che stavo facendo. Non ho proprio voglia di rovinarmi la serata a discutere con te, per una cosa che hai già deciso ancor prima di interpellarmi. Buona notte"
Sto suonando? Perché mai raccontare una palla, a chiunque fosse il suo interlocutore di sesso maschile. Certo era che, chiunque egli fosse, non le destava particolarmente simpatia visti i modi con cui si era appena finita di rivolgere ad egli. Lei appoggiò malamente il telefono sul tavolo.
Per dedicarsi alla pasta con salmone fresco, pomodorini e rucola aggiunta a fine cottura.
" Tutto a posto Michiru?" chiese lui, cercando di tenere a bada la gelosia che sentiva nascergli dentro.
" Tutto a posto, cioè non è a posto per niente...perché da domani pomeriggio non sono più sola a casa con un giorno di anticipo se non due" rispose lei tristemente .
" Scusa se mi permetto? Come mai?" indagò lui, era sicuro che a quel punto lei fosse fidanzata e la disperazione che sentiva nel petto era enorme.
" Perché Seiya, uno che i miei genitori mi hanno letteralmente imposto in casa per tutta l'estate che abita nella capitale e i cui genitori sono conoscenti dei miei, anziché aspettare mio padre e mia madre per fare rientro con loro alla fine del tour musicale rientra domani" rispose lei con rabbia.
" Ma questo Seiya per te cosa rappresenta?" mormorò lui a bruciapelo, pronto alla peggiore delle risposte. Sicuramente lei era promessa sposa allo sconosciuto, conoscendo come andavano le cose nei rami della società di cui ella faceva parte.
"Non penso rappresenti qualcosa di particolarmente serio, non in questo momento, pensavo fino a qualche giorno fa che potesse uscirci qualcosa...ma ora come ora ho capito che non è quello giusto" la vide arrossire, mentre si portava un pomodorino alle labbra. "Comunque è buonissima sta pasta, sei bravissimo a cucinare" le luccicavano gli occhi, improvvisamente sembrava tornata quella che era prima della telefonata indesiderata.
Michiru mi sorprendi, prima sei un mare in burrasca e poi un attimo dopo torni a essere calma e tranquilla come se la tempesta non fosse mai arrivata.
Il cambio repentino nel suo umore lo lasciò piuttosto perplesso. Sei incredibile. Fu il suo commento alla volubilità dell'altra. Sei un po' come me in fondo
"Grazie, diciamo che me la cavo, sai mia mamma è una dottoressa e quindi spesso e volentieri tocca a me a fare il pranzo a me e mia sorella. In poche parole uso Usagi come cavia da laboratorio per i miei esperimenti culinari"
Una risata cristallina si sollevò dalle labbra della pittrice a sentire quelle parole.
"Povera Usagi" si limitò a dire cercando di modulare l'ilarità. " Comunque a parte gli scherzi te la cavi molto più che bene, anche nello scegliere il vino adatto"
" Beh diciamo che questa capacità lo ereditata da mio padre, non è totalmente farina del mio sacco se non fosse stato per lui io di vini ci capirei meno di zero ad essere sinceri" rispose lui. " Passami il piatto"
"Ah capisco, beh si è normale che i genitori ci trasmettino le loro passioni in fin dei conti" mormorò lei.
Il secondo prevedeva pesce spada con prezzemolo e pomodorini a cui a fine cottura aveva aggiunto della vodka che aveva fatto infiammare per consumare l'alcol. Il risultato era un sapore dolciastro ma non amarognolo che ben si sposava con la dolcezza dei pomodori.
"Si lo fanno tutti" rispose lui dopo qualche minuto di silenzio.

***

I suoi occhi blu erano concentrati sul piatto che stava divorando con una velocità incredibile, anche il secondo si era rivelato essere squisito. Haruka l'aveva piacevolmente stupita quella sera, non pensava affatto che un ragazzo con la passione per le moto si interessasse anche di cucina e di piatti che non erano sicuramente di base per esecuzione e bravura.
Lei a quei piatti era abituata, ma loro in casa avevano un cuoco, che lei stessa aveva mandato in vacanza per quei quattro giorni senza i suoi genitori. E le cose erano diversi trattandosi di un professionista. Il ragazzo che aveva di fronte invece non lo era per nulla. Eppure se la cavava egregiamente.
"E' squisito anche questo complimenti, sembrano le cose che cucina il cuoco che i miei hanno deciso di assumere" commentò.
" Mi fa piacere che ti sia piaciuto tutto, manca solo il dolce ma quello quando avrai finito direi di mangiarlo in sala" le rispose lui. " Però aspetta un attimo solamente, arrivo subito vado un attimo in bagno intanto che finisci e poi ci trasferiamo li"
Si limitò ad annuire mentre si affrettava a finire ciò che aveva nel piatto per raggiungerlo il più in fretta possibile, in fondo i dolci erano la sua parte preferita di qualsiasi pasto. Anche se durante la settimana raramente ne mangiava a casa sua. La verità è che sebbene fosse in un'altra stanza, e che quindi era comunque insieme a lei sentiva la mancanza fisica del biondo. Erano stati insieme fino a qualche istante prima, ma la sua assenza già si faceva sentire.
Sperava con tutta se stessa che lui avesse intuito il motivo del perché per lei Seiya al momento aveva smesso di avere importanza.
"Se hai finito il secondo vieni pure" lo sentì quasi urlare dalla stanza affianco " lascia il piatto sul tavolo lo levo più tardi poi"
Sentendosi chiamare si mosse diretta nell'altra stanza, entrata lo trovò seduto sul divano con un braccio sulla spalliera e l'atteggiamento un po' da strafottente che lo caratterizzava appena più accentuato. Dal punto in cui era non riusciva a vedere cosa c'era sul tavolo basso davanti al divano, e incuriosita decise di velocizzare il passo.
"Eccomi" sussurrò quando gli fu abbastanza vicina per farsi udire chiaramente da egli.
I suoi occhi si posarono su una piccola torta con i lati ricoperti di granella di nocciole e decorata con ciuffi di panna e fragole. In mezzo faceva bella mostra di se una rosa rossa ben sbocciata. Accanto alla torta una rosa, due flute e un contenitore con ghiaccio e spumante. Rimase quasi spiazzata da quell'allestimento. E non sapeva bene cosa dire. Sentiva solamente gli occhi lucidi, ma non perché doveva piangere, ma piuttosto per la felicità che le aveva provocato quella sorpresa..
" Beh ti è caduta la lingua?Uhm forse devo cercarla sotto il divano" si sentì punzecchiare da lui, mentre i suoi occhi lo videro chinarsi per guardare sotto a dove era seduto " Questa ammetto che non l'ho fatta io"
"No è che non so cosa dire, nemmeno i miei genitori mi hanno fatto mai una sorpresa simile... " rispose lei sedendosi sul divano accanto a egli. Purtroppo ciò che aveva detto era vero, nemmeno ai compleanni le era mai stata fatta una sorpresa del genere giusto una torta preparata dal cuoco o dalla cameriera. Almeno che i suoi non erano fuori per lavoro, e allora la servitù si prendeva la libertà di festeggiarle il compleanno nel migliore dei modi.
I piattini destinati al dolce erano la copia in miniatura di quelli utilizzati per il resto della cena.
"Beh che aspetti?" le disse lui " Tagliala no?"
" Potrei fare dei pasticci" rispose " Ma comunque va bene la taglio io" come previsto non ebbe nessun problema a tagliare la fettina per lui, ma ebbe non pochi problemi a metterla sul piatto facendola rimanere dritta. Missione che fallì, stessa cosa per la sua fettina che la stava fissando sconsolata adagiata su un fianco come una nave ferita mortalmente.
Era emozionata da tutte quelle attenzioni a cui non era abituata, ma sopratutto era emozionata da quegli occhi, che le facevano sentire la dolcezza del miele al solo guardarli. La torta era deliziosa, dentro aveva una crema alla nocciola delicata e molto vellutata.

***

La stava guardando mentre seduta accanto a lei mangiava la torta in silenzio, gli occhi luccicanti. Essere certo che fosse per merito suo quella felicità lo rendeva felice e appagato a sua volta.
Devi dirgli quella cosa. La voce di Setsuna gli risuonò nella sua mente, sapeva che la sua amica aveva ragione, doveva dirle tutto. Ma non voleva rovinare quel momento, quell'atmosfera che si era creata tra di loro, e perciò decise che avrebbe rimandato al giorno dopo o alla prima volta disponibile. E nel caso non si fossero visti per alcuni giorni nella peggiore delle ipotesi le avrebbe parlato via Whatsapp anche se, non gli piaceva affatto affrontare un discorso così delicato in quel modo.
"Tutto apposto?" gli chiese la violinista, dal suo tono capì che aveva notato che era in preda ai suoi pensieri.
" Si tranquilla..." rispose lui " Michi... vieni qui..." le fece segno di sedersi sulle sue gambe come la sera prima, improvvisamente gli era venuta un'idea. Che sperava potesse piacere alla ragazza. Lei non se lo fece ripetere due volte, e appena fu sulle sue gambe sentì che la completezza oltre che a mentale divenne anche fisica. La desiderava come nessun altro, si sporse un po' verso destra per prendere il piattino in cui lei aveva ancora un pezzetto di torta, quello al quale era attaccata la fragola decorativa. A lui invece gliene erano capitate una intera e una a metà. Ne afferrò una sporca di panna. E l'avvicinò alle labbra di lei, gli occhi legati magneticamente a quelli blu in cui poteva rispecchiarsi. Respiro ora improvvisamente un po' più accelerato. Quella situazione volente o nolente stava risvegliando prepotentemente la passione che albergava in lui dalla notte dei tempi, come da tempo non gli accadeva. Nemmeno con quelle che si portava a letto.
La guardò mentre mordeva il frutto con quelle stesse labbra che bramava tanto di possedere. La mano sinistra libera, era appoggiata sulle gambe della pittrice.
Prese la seconda fragola per ripetere lo stesso gesto di poco prima, tornando ad avere la collaborazione della pittrice. Ma questa volta si avvicinò al suo viso con il proprio. Era sicuro che non sarebbe riuscito a resistere ai suoi istinti, e a metterli a tacere per l'ennesima volta in sua presenza.
La desiderava.
Come l'acqua nel deserto.
Il fuoco in una gelida giornata di inverno.
E l'ombra nel pieno di una giornata estiva.
Non le diede nemmeno il tempo di inghiottire il terzo frammento di fragola che, rispondendo a un esigenza quasi dolorosa, le sue labbra furono sulle sue.
Appena le toccò un brivido gli percorse l'intera lunghezza del suo corpo, un tornado di emozioni fino a quel momento rinchiuse in vecchie torri diroccate si liberò al ritmo del cuore che batteva.
Sentì lei rispondergli al bacio socchiudendo appena le labbra, mentre spostò una mano dietro la sua nuca, per attrarla maggiormente a se e sentirla più sua. Le loro lingue si incontrarono in una danza che consumava l'ossigeno a loro disposizione più velocemente di quanto loro non volessero.
Le morse delicatamente il labbro inferiore eppoi quello superiore prima di staccarsi da lei per qualche millimetro il tempo di riprendere fiato.
Il suo viso era rosso, ma non per l'imbarazzo, sembrava accaldata dalle emozioni che lui stesso le aveva trasmesso. I suoi occhi avevano una strana luce, come se lo stessero bramando almeno quanto lui desiderava lei.
" Michi fermami, non so se riuscirò a fermarmi qua" gli sussurrò sulle labbra.

***

Il battito accelerato le rimbombava nelle orecchie, tutto quello che era successo in quei pochi minuti l'aveva devastata. Non aveva mai provato una mole così forte di sensazioni per nessun altro in vita sua. Quel semplice bacio le aveva consumato le viscere, si era impossessato del suo cervello mandandolo in corto. Le aveva provocato una fiammata in tutto il corpo che infine si era concentrata nel basso ventre. Era assetata di lui, assetata di quello che egli rappresentava.
Assetata del sapore così dolce delle sue labbra, e del suo sapore. Così nuovo eppure che sembrava esserle da sempre familiare.
" Non fermarti allora Haruka" gli rispose mordendosi un po' il labbro, fosse stata con un altro non sarebbe mai stata così audace da esporsi in tal modo. Ma il suo corpo lo desiderava in misura maggiore di qualsiasi umana sopportazione. Non era mai riuscita ad essere così provocante in passato, la timidezza l'aveva sempre fatta da padrona con qualsiasi ragazzo, quella frase l'aveva sorpresa.
Si sentì catturare le labbra per una seconda volta senza che lui aggiungesse niente, la mano libera e non dietro alla sua testa era passata sotto la gonna del vestito, a contatto con la sua pelle candida.
Un brivido di eccitazione la pervase. Lo voleva. Lo voleva in quell'istante, su quel divano. Voleva farlo suo. E anche se sarebbe stato il primo, era sicura che non se ne sarebbe pentita.
Si sentì improvvisamente sollevare da lui che l'aveva letteralmente presa in braccio, senza interrompere il contatto con le sue labbra, era famelico. Lo sentiva. La voleva quanto lei lo desiderava. Sentì un'inaspettata e nuova sensazione al basso ventre.
Le loro labbra si separarono solo per quel brevissimo istante in cui lui la poggiò sul suo letto prima di esserle sopra.
"Ti fidi di me Michi?" le ansimò sul viso.
" Si perché?" chiese curiosa lei, prima che lui si alzasse, prendere un nastro di seta a cui aveva pensato solo in quel momento e che aveva abbandonato quel pomeriggio sul comodino dall'altra parte del letto.

***

Dopo aver preso il nastro e averlo portato sul letto le fu nuovamente sopra, le morse le labbra, strappandole un gemito. Il suo corpo a sentire quel suono si smosse ancora di più
Non hai idea di quanto ti abbia desiderata Miss Kaioh. Non mi sembra nemmeno vero di averti qua sotto di me a bramarmi con questi occhi famelici.
Si spostò sul collo di lei, mentre una delle mani era passata nuovamente sotto il vestito, ad accarezzarle la gamba. Le lasciò una scia umida fino al petto dove incontrò il bordo del vestito. La pelle alla base del collo che si alzava spasmodicamente in preda alla passione.
Si staccò lievemente da lei per farla alzare quel minimo per tirarle giù la cerniera del vestito e aiutarla a sfilarselo. Ora era sotto i suoi occhi solo con l'intimo in pizzo nero che lasciava intuire le forme sottostanti.
Si abbassò nuovamente col volto tra i suoi seni, senza scoprirli ne liberarli dalla morsa del tessuto, mentre con la mano ancora libera iniziò a torturarne dolcemente la sommità prima di tornarle a baciare e morderle il collo. Lei in tutta risposta iniziò ad accarezzarle la schiena, infilandogli le dita tra i capelli dorati, per poi scivolare giù sull'addome e salire su verso il petto.
"No Michi, stai ferma" la vide aprire gli occhi, come a rimproverarlo di quella interruzione così ingiusta e crudele. Prima di passarle il nastro sopra gli occhi a legarlo dietro alla testa, così che lei potesse solo sentirlo e non vederlo. Così da farle ingigantire le sensazioni date dal fatto di non poter prevedere le sue mosse con lo sguardo.
Le sganciò i gancetti del reggiseno firmato, prima di ricominciare a intrecciare le loro lingue, in una danza sensuale e vorticosa. La sua mano destra era ora sugli slip di lei.

***

La sorpresa di non poter vedere quel che faceva, le accese i sensi al massimo, facendoglielo desiderare ancora di più di quanto non lo avesse desiderato prima. Come se la mancanza dello sguardo necessitava di essere colmata con gli altri sensi. Con la passione che le scorreva nelle vene fino allo spasimo. Era ora un mare in burrasca sotto le dita di un caldo vento.
Avvertì la mano di lui infrangere il muro del leggero tessuto che lo separava dal suo essere più intimo. Quella vicinanza la fece gemere.
"Haruka ti prego" quella frase le uscì dalle labbra come una supplica ad accelerare i tempi, non ne poteva più di essere torturata in quel modo. Sentì il fiato di lui poco sotto l'ombelico.
"Abbi pazienza piccola" mormorò lui, e anche se non poteva vederlo intuì che sul suo viso c'era un sorriso.
Lo sentì sfilarle gli slip, e il fatto di essere completamente nuda davanti a lui e la prima volta davanti a qualcuno al di fuori di sua madre che l'aveva vista da piccola non la imbarazzò.
Sentì il respiro interrompersi nel momento in cui le labbra di lui incontrarono il suo interno coscia, mentre lentamente un dito varcava la sua femminilità. Poco dopo raggiunto anche da quella che intuì essere le labbra di lui.
"Non ti fermare.." ansimò inarcando involontariamente la schiena per andargli incontro, di lui sentiva solo il fiato bollente sulla sua parte più segreta e le mani appoggiate sui seni.
Sentì le corde della sua esistenza e della sua anima imprigionate dalle dita sapienti di lui, che le stava lentamente portando a suonare una melodia che sarebbe stata conosciuta solamente a loro e a nessun altro. Composta apposta per lui. Ma sopratutto dalla loro unione.
Un senso di leggerezza e di impotenza si stava lentamente prendendo parte di lei mentre i muscoli erano tesi e concentrati a ciò che li stava toccando.
Lo sentì interrompersi.
" No per favore, ti voglio" disse quasi sull'orlo della disperazione. Perché interrompersi ancora? Perché le stava facendo questo?
"Ancora un attimo" mormorò lui, prima di impadronirsi in modo appassionato delle sue labbra per poi alzarsi nuovamente dal letto.
Questa volta sentì aprire eppoi chiudere un cassetto alla sua sinistra.

***

In pochi istanti era nuovamente sopra di lei a toccarle il basso ventre con la mano libera, le dita che disegnavano dei piccoli cerchi sul suo punto più sensibile mentre con le labbra si prendeva cura dei suoi seni mordicchiandone delicatamente i capezzoli.
L'odore della sua pelle misto a quello della sua intimità lo faceva andare in estasi, accrescendo la sua voglia di possederla il prima possibile.
La sentì strusciare contro di lui gemendo, come a chiedergli qualcosa di più che non riusciva più ad aspettare dopo tutte quelle interruzioni, ai suoi occhi insignificanti.
Darle piacere, e vederla godere grazie a lui, accresceva anche la sua passione. Sentì nuovamente le anche di lei premere disperate contro il suo bacino a seguito dell'ennesimo gemito che le usciva dalle labbra.
"Ci siamo quasi Michi" le sussurrò nuovamente. Non vedeva l'ora nemmeno lui di vederle raggiungere l'apice del piacere per mano sua, ma era pronta per qualcosa di più. Si staccò leggermente, prima di tornarle sopra e diventare un corpo solo con lei. Notando appena la resistenza che incontrò sulla sua strada.
Iniziò a muoversi al di sopra. Godendosi a pieno quegli attimi, in cui era completamente perduta per lui, inerme e bloccata tra le lenzuola dai turbini di piacere che lui gli stava donando.
I movimenti della pittrice aumentarono improvvisamente, segno che ben presto avrebbe fatto vibrare i lati più nascosti del suo essere, con una brezza che sapeva di amore. Amore intenso, amore scoppiato all'improvviso. E di cui si scoprì essere dipendente.
"Oh Michi guardami... guardami" le disse con un tono acceso.
Le alzò il nastro dagli occhi quando la sentì irrigidirsi sotto di lui per poi rilassarsi improvvisamente. Negli occhi di lei l'esplosione di emozioni travolgenti che lui sapeva di avergli donato.

***

Ci mise qualche instante per riprendersi dal maremoto che si era scatenato dentro di lei. Il respiro ancora un po' alterato da ciò che lui le aveva fatto provare. Qualcosa di angelico e devastante. Dolce e forte allo stesso tempo. Si alzò leggermente per baciarlo dolcemente, perché già la mancanza di quelle labbra era insopportabile. Solo in quel momento però notò che lui era rimasto vestito, nel mentre il suo corpo non aveva registrato di non essere contro la sua pelle.
" Come mai vestito? Non capisco..." esclamò all'improvviso, non capiva veramente quella scelta assurda..
" Non c'è nulla da capire, questa sera volevo donarmi totalmente a te, volevo farti sentire come mai prima d'ora. Per me è quasi più importante di farlo io per primo" rispose lui, ma lei ebbe l'impressione che in realtà il motivo fosse un altro anche se ancora non riusciva a capire cosa. "Come ti senti piccola..."le chiese spostandosi di lato per cadere sul letto e non gravarle addosso col suo peso.
" Direi bene " gli rispose lei appoggiando la sua mano alla testa per stare più comoda sul fianco e guardarlo negli occhi. Sembrava preoccupato per qualcosa di cui ignorava la presenza. " Sei sicuro che vada tutto bene? Mi sembri molto pensieroso" provò a incalzare " Ti sei pentito di quello che abbiamo fatto?" mormorò cercando di ignorare il motivo per cui a quelle parole i suoi occhi avevano iniziato a pizzicarle notevolmente.
" Ma sei scema? Non pensare nemmeno una cosa del genere" rispose lui traendola a se "E' solo che sono in pensiero per una cosa"
"Cioè?" quella risposta l'aveva in un certo senso rincuorata, perché per lei tutto ciò che le aveva fatto era qualcosa di meraviglioso.
Lo vide spiazzato da quella domanda, quasi come se fosse sulle difensive per una ragione a lei ignota.
"Ripeto non è importante" si sentì rispondere nuovamente.
"Come vuoi, ma sappi che io per qualsiasi cosa ci sono non farti problemi a parlare" disse la violinista. Ed era convintissima di quanto aveva appena pronunciato, anche se fossero problemi economici non si sarebbe tirata indietro per lui. Non dopo ciò che aveva sancito tra loro quella notte. Non ora che l'aveva fatta completamente sua.
"Michi... ma ero il primo con cui hai fatto l'amore?" chiese lui a bruciapelo. Sentì le guance arrossire. Era stato così palese ai suoi occhi? Che non aveva mai avuto rapporti fino a quel punto?
"Si... perché?" rispose imbarazzata.
"Come mai hai scelto me? Mi conosci solamente da pochi giorni e mi sembra strano..." mormorò lui.
"Non lo so, mi sembrava giusto che andasse così...ed è stato bellissimo" esclamò lei baciandolo "Non so cosa diventeremo, ma non mi pento della scelta che ho fatto." aggiunse.



















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Capitolo 13
*** Ti presento il mio fidanzato ***


Note dell'autrice:  Buona sera a tutti,  ecco il capitolo sedici, leggetelo lentamente e con calma perché fino a dopo il 6 Luglio molto probabile che io non riesca ad aggiornare per un esame universitario. Ancora non ho modificato il raiting della storia, perché volevo prima sapere ( in privato) quanti minorenni ci sono a seguirla attualmente, perché se fossero tanti preferisco togliere una parte dal capitolo precedente e pubblicarla come One- Shot con il raiting appropriato per non togliere la possibilità a chi ha iniziato a seguirla di non sapere come va a finire. Ringrazio tutti quelli che hanno perso un pò di tempo a recensire il capitolo precedente. Vi auguro buona lettura, e per chi ha gli esami di Maturità un grandissimo in bocca al lupo!

Capitolo 13: Ti presento il mio fidanzato.


Si svegliò che erano quasi le quattordici, era rientrata a casa che erano le sei del mattino. E non si era riuscita ad addormentare subito, un pò per i pensieri rivolti alla splendida serata e un pò per attendere il messaggio del biondo.

Non era proprio abituata a quei ritmi di vita: quando aveva un concerto andava a dormire tardi, ma mai superava le tre di notte.

Aveva detto alla cameriera che non si sentiva tanto bene, in modo da poter rimanere a letto anche per il pranzo, costituito da degli onigiri fatti in casa e dell'ottima tartare di tonno.

Il suo pensiero in quel momento era rivolto all'imminente arrivo di Seiya, dopo gli avvenimenti di quegli ultimi due giorni non sapeva bene come comportarsi , e in più l'essere da sola in casa con lui le arreccava non poche preoccupazioni su come tenerlo a bada. Era sicura che quello che aveva provato per lui era solamente un bisogno di protezione di un amico, non altro. Era stata anche ingenua a scambiare le corde che vibravano dentro di lei con quelle suonate dall'amore che era esploso improvvisamente nella sua vita.

Una cosa era certa: non gli avrebbe parlato di Haruka, non si fidava di lui. Lo percepiva troppo vicino ai suoi genitori, ed era consapevole che nel momento in cui gli avrebbe rivelato la sua presenza, loro le avrebbero creato un sacco di problemi.

La cosa più difficile sarebbe sicuramente stata uscire alla sera, per poi svegliarsi alle dieci del mattino come se niente fosse, facendo finta anche di essere riposata. Non era sicura di essere in grado di sostenere quel ritmo al lungo, anche se sapeva di doverlo fare: durante il giorno le sarebbe diventato impossibile passare del tempo col biondo.

Doveva farlo per lui e per tutto ciò che egli rappresentava: la libertà che spesso aveva sognato senza mai viverla fino in fondo e di cui era assetata. I due giorni precedenti sembravano aver pareggiato il conto. Era come se lui le avesse dato l'acqua di cui aveva disperatamente avuto bisogno fino a quel momento, ma sentiva che non bastava, aveva la sensazione che per stare finalmente bene avrebbe dovuto avere la presenza del ragazzo costantemente al suo fianco.

Per lei quello era essere libera.

E anche il suo mare era d'accordo, in fin dei conti lui si faceva accarezzare dal vento ogni giorno, dall'alba al tramonto. Come avrebbe potuto farle capire che non era la cosa giusta?

Sospirò lievemente. I suoi pensieri furono interrotti da un telefono che suonava, sul display il numero di sua madre.

Chissà che vuole, non ho voglia di sentirla.

"Pronto mamma" rispose poco dopo finendo di masticare una delle ultime forchettate di tonno. Cercando di fare il minor rumore possibile: ai suoi non piaceva che mangiasse a quell'ora, e sicuramente sua madre le avrebbe fatto la scenata. Incolpando volentieri quella della servitù: situazione che lei voleva evitare.

" Ciao Michiru, tutto bene?" le disse la donna.

Strano si sono ricordati di avere una figlia, chissà come mai.

"Si tutto benissimo, i concerti come stanno andando?" chiese lei di rimando, era quasi certa che quella telefonata nascondeva un bisogno primario. In caso contrario non l'avrebbero mai chiamata. In fin dei conti non lo avevano mai fatto, se non per avvisarla che le avevano fissato un altro concerto, ovviamente senza dirle nulla.

" O bene tesoro, per ora il teatro è tutto esaurito, anche per i concerti di stasera e domani sera" la sentì dire al telefono " Ti ho chiamata per dirti che Seiya ha preso l'aereo qualche ora fa dovrebbe essere ormai quasi a casa, mi raccomando comportati bene con il nostro ospite"

"Sono contenta che stia andando tutto bene, non mancherò mamma...dovevi dirmi altro?" indagò la pittrice.

" No tesoro, solo questo fai attenzione a non farlo rimanere male, è così un bravo ragazzo"

Ma quando impareranno a farsi gli affari loro? Non solo mi mettono in casa un estraneo e mi dicono pure come trattarlo.

"Mamma stai tranquilla andrà tutto bene" rispose lei " Ci vediamo dopo domani allora, buon concerto" chiuse la chiamata così, senza dare il tempo alla donna di replicare, in caso contrario sarebbe nata una discussione senza fine.

Haruka non si era ancora fatto sentire. Probabilmente starà ancora dormendo, poco male, ne approfitto per farmi una doccia prima che inizio a digerire il pranzo.

Fu il suo pensiero mentre si alzava dal letto, addosso aveva ancora l'odore dell'acqua di colonia di lui, un profumo del quale sapeva già di non poter fare a meno.

L'acqua tiepida che le scorreva sul corpo era un toccasana per le sue membra stanche e abituate ad altri ritmi. Ma si sentiva comunque coccolata da quel elemento così vicino all'oceano vasto e profondo. Dopotutto anche l'acqua in determinati momenti della sua esistenza era parte del mare, la differenza non era troppa.

Decise di lavarsi anche i capelli, lo shampoo era naturale e al miele. Donava ai suoi capelli mossi un buonissimo profumo, rendendo definite le onde che le scendevano quasi a metà schiena. Se li massaggiò velocemente per non perdere troppo tempo con loro.

Devo escogitare un modo per riuscire comunque ad uscire alla sera, nonostante ci sia Seiya senza farmi scoprire da lui.

Quel pensiero era oramai fisso, chiudere la vetrata era possibile, poichè la finestra aveva un fermo e una sua piccola chiave. E quindi da li non sarebbe potuto entrare nella sua stanza alla notte per verificarne la presenza, ma la porta che dava sul corridoio non avrebbe potuto chiuderla con tanta facilità: la cameriera al mattino si sarebbe accorta di quel cambio di abitudini facendolo insospettire.

Era preoccupata anche per l'atteggiamento che lui avrebbe tenuto nei suoi confronti, le sembrava uno di quei ragazzi che non mollano la presa facilmente. Sarebbe stato molto difficile per lei tenerlo a bada, ma era costretta a farlo.


***


Un fastidioso ronzio arrivò alle sue orecchie, costringendolo ad aprire gli occhi nella penombra della stanza creata dai raggi del sole che filtravano le tapparelle. L'attenzione fu catturata dal suo cellulare che a causa della vibrazione macinava centimetri sul comodino.

Ma che cazzo, la gente proprio non pensa che gli altri potrebbero voler dormire.

Pensò irritato, a giudicare dal mal di testa e dal malessere generale che sentiva sul corpo aveva dormito per massimo quattro o cinque ore. Allungò il braccio per arrivare al telefono con qualche fatica. Sullo schermo compariva il nome di sua madre.

Ma non poteva chiamarmi più tardi? Che rottura di palle.

"Pronto" disse con la voce impastata di sonno, sperando che la chiamata fosse breve.

" Ciao stavi per caso dormendo?" gli chiese la donna, ingenuamente.

"Mah, guarda che strano..direi proprio di si... sono solo le dieci del mattino" rispose lui stizzito.

" Non sarebbe strano se tu andassi a dormire ad un orario umano..deduco che stanotte sei stato fuori a fare il matto come tuo solito" lo riprese lei.

No, non aveva capito proprio niente se lo aveva capito a quell'ora per fargli una ramanzina senza ne capo ne coda.

"No mamma ieri sera sono stato a casa tranquillamente in ottima compagnia, ma non ritengo opportuno questo tuo modo di fare visto che sono andato via di casa. Se dovevi chiamarmi per farmi la paternale potevi anche risparmiare tempo e denaro." le rispose forse più duramente di quanto avrebbe voluto, ma i toni tranquilli e bonari con sua madre non avevano effetto. E per quanto gli dispiacesse trattarla in quel modo, non aveva alternative per tutelare la sua privacy.

"No in realtà ti chiedevo se potevi venire a pranzo da noi oggi, Usagi vuole farti conoscere una persona, ti avrebbe chiamata lei ieri ma si è dimenticata perché troppo presa dalla scuola" si sentì rispondere in un tentativo abile della donna che lo aveva messo al mondo di non litigare.

" E chi sarebbe questa persona? Tu la conosci?" mormorò lui sulle difensive, se era una sua amichetta la risposta era già no. Aveva già abbastanza scocciatrici di cui non gli interessava molto per andarsene a cercare altre.

"Si io questa persona la conosco già da qualche giorno, ma tua sorella ci teneva a fartela conoscere" la curiosità di lui fu stuzzicata incredibilmente bene dalla donna che lo aveva messo al mondo.

"Bene, se è importante la mia presenza tenterò di esserci anche se ho molto sonno e preferirei dormire fino a dopo pranzo. Ma se Usagi vuole questo va bene" si rassegnò lui.

Addio beato dormire. Addio sogni beati. Che poi tanto beati non erano visto che, erano sempre popolati da due grandi occhi blu, circondati da dei capelli verde acqua. Chissà quando avrebbe potuto presentarla a loro due. Il pensiero andò subito a Usagi, sarebbe impazzita nel sapere che il suo idolo era la sua fidanzata.

" Ci vediamo per le tredici qui a casa" mormorò la donna prima di chiudere la comunicazione.

Trovò vari messaggi di Setsuna, di quella mattina. Mentre della violinista ancora non c'era traccia.

Decise di rimettersi a dormire ancora per qualche oretta. Anche se poi avrebbe dovuto correre per arrivare puntuale a pranzo, i suoi occhi però non avrebbero accettato di fare nient'altro di diverso.

Buongiorno piccola, torno a dormire. Dopo a pranzo da mia mamma, se non mi senti quando ti svegli più tardi è per quello :*

Si sforzò di scrivere su Whatsapp, si sforzò anche di leggere i messaggi che aveva ricevuto da Setsuna. Sapendo che a quel punto avrebbe dovuto pure risponderle per evitare che lei lo sommergesse di altri messaggi mentre stava dormendo.

Certo che la principessina ti ha proprio fottuto il cervello per non farti rispondere a così tanti messaggi, e sopratutto per levarti dalla circolazione per così tante sere di seguito, beh come è andata?

Sapeva che la sua amica aveva ragione, succedeva davvero di rado che qualcuna lo prendesse a tal punto da fargli dimenticare di prendere contatti con il mondo esterno come aveva fatto in quelle ultime ore. Di solito qualcosa scriveva sempre, ma quella volta era diverso, sentiva che l'unica che voleva sentire era solamente l'artista. Di tutto il resto del mondo, famiglia compresa, improvvisamente gli importava meno.

Sets cazzo, stavo dormendo per quello che non rispondevo. È andato tutto bene, presto credo che riuscirò anche a presentarvela. Torno a dormire qualche oretta, che sono poi a pranzo da mia madre con Usagi.

Digitò stizzito. Peggio di mia madre quando ci si mette. Fu il suo pensiero. Le persone che pressavano così tanto gli altri non gli andavano tanto a genio, lui era uno spirito libero, le costrizioni e i vari soffocamenti da parte di chi gli girava intorno li tollerava poco. Bastava un niente per farlo innervosire. E questo brutto lato del suo carattere si ripercuoteva sul suo comportamento quando era nei box prima di qualche gara automobilistica. Momento in cui voleva solamente starsene solo, alla ricerca di quell'empatia con il vento, quell'alchimia che lo tranquilizzava più di qualunque altra cosa.

Sospirò nel tentativo di rimanere tranquillo mentre toglieva la connessione dal cellulare, per poi appoggiarlo sul comodino e voltarsi dall'altra parte avvolgendosi nelle coperte.


***

Sentì bussare lievemente alla porta nel momento in cui si tirò su il secondo ciuffo da fissare dietro al capo con una molletta insieme a quello preso con la mano destra poco prima.

"Arrivo un attimo" esclamò a voce un po' alta per essere sicura di essere udita al di la del muro; dopo di che fece una lieve pressione sui capelli per permettere al fermaglio di bloccarli. Lo sguardo le cadde sugli orecchini che portava alle orecchie, due roselline rosse a bottoncino. Mise qualche goccia di correttore a nascondere le occhiaie, non erano molto presenti ma sicuramente sia la servitù che Seiya le avrebbero notate, tempestandola di domande in un solo momento.

"Signorina mi scusi se la disturbo ma è arrivato Seiya" la voce della cameriera si alzò al di la del muro.

E' già qua? Speravo potesse passare ancora qualche ora prima di rivederlo. Fu il suo pensiero, ancora si sentiva poco pronta a quella nuova esperienza. Sapeva già che il rapporto con lui era cambiato, almeno dalla sua parte, e aveva paura di ferirlo. Il bruno comunque non se lo meritava, e in quella situazione quella che giocava coi sentimenti era lei: da vittima a carnefice.

La realtà era che in qualsiasi modo si fosse comportata con lui lo avrebbe solo ferito. Da quando aveva conosciuto il biondo le sue priorità erano cambiate, e le imposizioni dei suoi genitori iniziavano ad andarle veramente strette. Più di quanto non le andassero già.

Percorse il corridoio che la separava dalla sala il più lentamente possibile: non aveva nessuna fretta. Arrivata a pochi passi dalla porta alla fine del lungo corridoio scorse immediatamente la figura del ragazzo in piedi, era volto verso la finestra e osservava con sguardo assorto il giardino davanti a se.

"Ciao Seiya" mormorò mentre entrava nella stanza, cercando di non essere troppo distaccata ma mantenendo tuttavia un certo contegno.


***


Si volse improvvisamente verso la sorgente di quella voce che, nonostante i pochi giorni di assenza, gli era mancata. Era difficile ammetterlo ma il silenzio della ragazza che aveva mantenuto davanti ai suoi messaggi di Whatsapp gli aveva fatto temere veramente il peggio. E sperava con tutto il suo cuore che i timori non si avverassero. Quel filo sottilissimo che sentiva legarlo a lei avrebbe dovuto crescere molto di più per poi essere spezzato con il giusto rumore.

Non devo pensarci ora, devo pensare a lei. Altrimenti il filo da spezzare non ci sarà in partenza. Fu il suo pensiero.

"Ehi ciao bimba" le rispose dolcemente, abbassandosi per darle un bacio sulla guancia, l'irrigidimento di lei al contatto della pelle con le sue labbra non gli sfuggì inosservato. "Qualcosa non va?" chiese immediatamente.

"No Seiya tutto a posto, sono stata benissimo in questi giorni senza persone intorno. Persone di nessun genere" gli rispose lei, calcando la penultima parola di proposito.

Mi sta facendo capire che non sono gradito, dev'essere successo qualcosa mentre io ero assente. Vorrei tanto capire che cosa.

"Michiru ma sei ancora arrabbiata perché sono tornato a casa con i tuoi genitori approffitando della situazione?" era sicuro che sotto sotto era quella la causa dell'allontamento di lei. Si era offesa molto quando lo aveva saputo, e il piccolo litigio che avevano avuto, in cui era emersa un pò della gelosia di lei era un ricordo ancora nitido. Dopo tutto lo avevano avuto solamente pochi giorni prima.

"Ma assolutamente no figurati, non vedo perché dovrei ancora essere arrabbiata per una sciocchezza simile" sorrise lievemente. Lui ebbe la sensazione che lei lo stesse rassicurando. Ma non riusciva a stare tranquillo, sapeva che non gliela stava raccontando giusta. Il suo cambio era stato troppo repentino.

"Come mai non hai risposto quasi mai a ciò che ti scrivevo?" chiese allora qualche istante dopo.

" Semplicemente perché avevo di meglio da fare, non penso sia un problema. Siamo solo amici dopo tutto"

Solo amici. Lo aveva declassato dunque a solamente "un amico". Un amico come tutti gli altri. Sentì il nervoso ammontargli dentro, la ragazza era più furba di lui. Gli aveva fatto credere chissà che cosa per poi dirgli di no.

"Che vuoi dire con solo amici scusa?" le rispose, cercando di tenere a bada le emozioni. Quel dialogo rischiava di mandare a monte tutto, doveva trovare il modo e la strada per farla ricredere. Per farle pensare che lei era quello giusto.

"Non penso che ci siamo tante interpretazioni a questa frase non credi?" si sentì rispondere. E aveva maledettamente ragione la ragazza.

"Hai ragione, non ci sono molte interpretazioni però gli amici non si baciano di regola. O forse sono io che non sono aggiornato sulle relazioni delle nuove generazioni" non riuscì a trattenere un moto di sarcasmo.

"E' stato un errore, probabilmente una debolezza per entrambi, ma mentre eri via ho capito che alla fine a te voglio bene come a un caro amico". Piombò il silenzio, non sapeva proprio come risponderle, il discorso che lei aveva fatto non faceva una piega: la lontananza le aveva fatto capire che quello che le era parso di provare, anche se un sentimento minimo, non era ciò che entrambi pensavano che fosse. O meglio non era quello che lui sperava che lei sentisse nei suoi confronti.

Rischia di mandare a monte tutto questo imprevisto. Devo inventarmi qualcos'altro per riuscire a mettere in moto il piano. Altrimenti i miei genitori saranno molto delusi da me. E' la prima ragazza che non cade ai miei piedi con qualche moina, probabilmente ne riceve talmente tante che per lei non sono un qualcosa per cui batte forte il cuore.

Ti - Ti.

I pensieri del moro furono interrotti dallo squillo del cellulare di lei, suono che riconobbe come quello di Whatsapp. La osservò attentamente mentre tirava fuori lo smartphone Notò come gli occhi cambiarono immediatamente espressione non appena lessero il mittente del messaggio, da freddi e distaccati gli sembrarono improvvisamente più luminosi e vivi. Era molto simili a quelli che lei aveva qualche giorno prima nei suoi confronti.

Deve aver conosciuto qualcun altro durante la mia assenza. Non ci sono spiegazioni, e molto probabilmente questo qualcun altro è più bravo di me a farla cadere ai miei piedi.

"Chi ti ha scritto?" provò a indagare, non che fosse convinto del fatto che lei gli dicesse la verità a proposito.

"Una mia compagna di scuola, mi ha chiesto se posso passarle delle cose che le servono per i compiti che ci sono stati assegnati dai docenti" rispose lei, mordendosi il labbro subito dopo.

Non me la stai raccontando giusta, il mordersi il labbro è un segno di disagio. Fu il pensiero del bruno. Prima o poi riuscirò a capire cosa mi nascondi questo è poco ma sicuro Kaioh. Ti terrò d'occhio.


***


Erano le tredici in punto quando suonò al citofono del palazzo in cui aveva vissuto fino a quasi una settimana prima. Nonostante il sonno era contento di poter passare una giornata in compagnia della sua famiglia, o almeno di quanto ne rimaneva.

Prima di recarsi verso il palazzo si era fermato nella pasticceria preferita di Usagi, quella in cui erano andati a far merenda dopo che aveva acquistato i biglietti del concerto.

Michiru...quanto vorrei che tu potessi essere qui in questo momento.

Al solo pensiero che lei potesse essere in compagnia di quel pallone gonfiato che aveva visto uscire dalla villa mentre le faceva la posta lo mandava in bestia.

Quel tipo anche se non lo aveva visto da vicino e nemmeno gli aveva stretto la mano gli ispirava tutto fuorché fiducia.

Non ci devo pensare, altrimenti mi rovino la giornata e rovino anche il pranzo a mamma e Usagi. Si disse, più per autoconvizione piuttosto che altri motivi.

Arrivato in ascensore sollevò leggermente i rayban dagli occhi per controllare che i capelli fossero a posto, una veloce passata di mano li mise nella posizione migliore.

Tirò leggermente il colletto della maglietta per far si che stesse un pò su senza afflosciarsi inutilmente sulle sue spalle.

Il suono dell'ascensore che era arrivato al piano arrivò alle sue orecchie nel momento esatto in cui aveva finito di mettersi a posto. Entrò nel pianerottolo deserto, illuminato dalla luce, e si diresse verso la porta di casa sua. Una volta che l'ebbe raggiunta suonò il campanello, dall'interno arrivò la voce di sua madre ma non riuscì a capire la natura del suo interlocutore.

"E' arrivato, è arrivato" era sua sorella, e aveva una voce euforica ed emozionata. Pochi secondi dopo vide la porta aprirsi e gli odango bianco invadergli il campo visivo.

"Usagi, mi stritoli se fai così" si limitò a dire, ricambiando l'abbraccio di lei. Nonostante fosse una stratosferica rompi scatole quando era a casa, non averla più tra i piedi gli era mancato molto.

"Scusa Haru, e che mi sei mancato un sacco questi giorni" mormorò lei, guardandolo con quei due pezzi di cielo che aveva incastonati nel viso. Molto diversi dagli occhi blu come gli oceani della sua violinista.

"Mi sei mancata anche tu" rispose lui "dai entriamo in casa così posso salutare anche la mamma" avanzò.

"Devo presentarti una persona però prima, scusami se non ti ho parlato prima di questa persona...è solo che mi vergognavo da morire" la sentì mormorare, mentre le gote le arrossivano copiosamente.

Si sentì afferrare improvvisamente dalla mano della ragazzina che lo tirò lungo il corridoio fino ad arrivare alla sala. Seduta sul divano di fronte all'ingresso c'era la donna che aveva dato al mondo entrambi tanti anni prima, i suoi occhi però si fermarono lungo la figura maschile che era seduta dandogli le spalle e che non gli sembrava affatto di conoscere.

"Ah ecco che è arrivato il mio primo genito" mormorò la donna al loro ospite, lo sconosciuto si alzò immediatamente in piedi voltandosi verso di lui.

Rivelando un ragazzo sui diciannove anni dai capelli corti e bruni e dagli occhi blu scuro abbastanza alto. Vestito con un paio di jeans e una camicia bianca sopra la quale c'era un maglioncino a mezze maniche.

"Haru, lui è Mamoru... è il mio ragazzo" la voce della sorella raggiunse squillante le sue orecchie. Di tutta la frase la sua mente registrò solo mio ragazzo . Cosa voleva dire? La sua Usagi si era fidanzata? E da quando? No no no! Non poteva essere, la sua sorellina era troppo piccola ancora per pensare a quelle cose. O forse no? Forse doveva solo accettare la realtà che Usa stava crescendo.

"Piacere Haruka, sono veramente lieto di fare la tua conoscenza, Usagi mi ha parlato davvero molto di te, ti vuole davvero tanto bene" disse il bruno.

"Piacere mio, scusami ma non sapevo che mia sorella fosse fidanzata...per me è un pò una doccia gelata questa" rispose lui, senza preoccuparsi di fare brutta figura.

"Nessun problema Haruka, Usagi mi aveva detto che ancora non ne sapevi nulla perché si vergognava a dirtelo" sorrise.

Beh perlomeno non è un pallone gonfiato, e sembra una persona semplice.

"Beh ragazzi, direi di approfondire la conoscenza davanti ai piatti pieni" intervenne sua madre, nel tentativo di rendere il più informale possibile l'incontro dei due.

I quattro si spostarono subito in cucina, dove la tavola era già preparata con una tovaglia blu, i piatti bianchi e dei semplici bicchieri in vetro dal bordo superiore del medesimo colore della stoffa.

Come immaginava la donna , nonostante il lavoro, aveva dato tutta se stessa nel preparare le diverse portate. Tutto questo per la felicità della figlia ma anche per fare bella figura.

"Nella vita studi o lavori?" chiese dunque al loro ospite, era curioso di sapere che tipo prediligeva sua sorella.

"Studio, sono al primo anno di Università, e studio qui in città" rispose lui.

Primo anno di università.... cosa? Vuol dire che ha diciannove anni, la mia Usako ne ha solo quattordici. No! No! No! E' troppo grande.

Cercò di non far trapelare il suo sconcerto nell'apprendere quell'informazione.

Hanno interessi diversi, lei è una bambina...lui è un uomo.

Non sapeva come comportarsi, certo l'importante e che lui la facesse stare bene, ma pensarla con un ragazzo così tanto più grande lo turbava e non poco.

"E così studi?" chiese la madre, distogliendolo dai suoi pensieri apprensivi.

"Studio Giurisprudenza, i miei genitori hanno uno studio e per me legge è una vera passione, il pensiero che un giorno potrò aiutare a far prevalere la giustizia aiutando le persone ingiustamente incolpate o a metterne in galera altre mi rende orgoglioso e determinato verso il percorso scelto" rispose lui, con passione.

" E' un percorso molto impegnativo quello che hai scelto complimenti" rispose la donna, lieta del fatto che sua figlia fosse in buone mani.

"Tu Haruka invece che fai?" chiese il moro curioso, mentre iniziava a mangiare il primo. Un bel piatto di pasta al forno.

" Corro con la macchina, partecipo alle gare giovanili sul circuito di corse giapponese, e sono quattro stagioni che chiudo al primo posto" rispose con una punta di orgoglio.

Meglio che non gli dica che partecipo anche alle corse clandestine, sempre che Usagi non glielo abbia già detto. Visti i suoi genitori, era meglio non rischiare un arresto.


***

La melodia che raggiungeva le sue orecchie era molto più vivace e allegra di quelle che aveva sentito fino a pochi giorni prima in quella casa, durante le lezioni di musica a cui aveva assistito. Se non di persona almeno con le sue orecchie mentre studiava per i suoi esami di Settembre.

Le note prodotte in quel momento invece, gli comunicavano un senso di leggerezza e libertà. La ragazza però non si sentiva libera, per niente. Glielo aveva fatto intuire più di una volta durante quei pochi giorni di conoscenza, si sentiva stretta tra quelle mura. In quel giardino pieno di fiori e cespugli. Quello a cui lei anelava era la libertà, e quella musica che improvvisamente le sentiva suonare, gli faceva venire in mente proprio quello.

Era successo qualcosa durante quei due giorni, ne era sicuro più che mai in quel momento sentendo il cambiamento di melodia repentino con cui esprimeva il suo stato d'animo.

Chiuse il libro che stava cercando di studiare, senza ottenere molti risultati a causa dei diversi pensieri che affolavano la sua mente.

Decise di sdraiarsi un po sul letto per cercare di rilassarsi a tal proposito afferrò il suo ipod dalla scrivania della piccola camera che i Kaioh avevano messo a sua completa disposizione.

A coprire la dolcezza del violino si intromise il suono vibrante e acuto di una chitarra elettrica, era uno dei brani che lui e i suoi fratelli avevano inciso a livello amatoriale senza mettere nemmeno in conto la possibilità di esordire a livelli alti. Non avevano nemmeno mai provato a mandare il disco inciso a livello non professionale a qualche casa discografica.

Devo parlarne con gli altri, si può sempre provare magari riusciamo a farci un nome e a portare una buona fonte di guadagno in casa.

Pensò il bruno. Non aveva avuto una brutta idea, doveva solo convincere Yaten e Taiki a sconfiggere la timidezza, o meglio la timidezza, che avevano quando si parlava delle loro creazioni canore e musicali.

Alcune volte facevano persino storie per far sentire il loro disco agli amici dei loro genitori che curiosi chiedevano di averne un assaggio.

Non li capirò mai, abbiamo una possibilità di diventare qualcuno e non la sfruttiamo. Poi c’è chi non ha ne doti ne la possibilità che si sbatte per trovare la propria strada. E non sempre la trova in modi limpidi e corretti.

Sospirò rumorosamente. Si sentiva improvvisamente molto spossato, probabilmente per il viaggio che aveva fatto. Sebbene non lungo, era comunque un cambio di ambienti. E in quel momento non si trovava affatto nel suo.

In cuor suo sperava che presto si presentasse la possibilità che tanto sperava, per poter fare del male psicologico alla ragazza a pochi muri da lui.

Ed era sicuro che quel momento non era nemmeno molto lontano.

Avevano pranzato insieme, un pranzo veloce e soprattutto silenzioso. Che gli aveva donato l’impressione che lei volesse stare in sua compagnia il minor tempo possibile. E i suoi pensieri furono confermati dal fatto che, appena finito l contorno, la ragazza si era diretta direttamente in camera sua senza nemmeno degnarlo di uno sguardo.

Era abituato ad avere le donne ai suoi piedi, che lo imploravano solamente per avere uno sguardo. La Kaioh invece aveva messo lui a fare lo zerbino senza farsi troppi problemi.


***

Il ronzio prodotto dalla vibrazione del telefono appoggiato sul comodino la fece bloccare all’istante, distogliendola dalla melodia che stava suonando. Era fuori discussione il fatto che quei pezzi fossero ancora custoditi tra quelle quattro mura: al prossimo concerto doveva trovare il coraggio di proporre i suoi brani. Sarebbe andata come doveva, e se non fossero piaciuti al pubblico se ne sarebbe fatta una ragione.

A chi la vuoi dare a bere sciocca, se non dovessero piacere, i tuoi ti faranno un lavaggio di testa di ore. E te ne fregherà tanto, forse troppo.

Fu il pensiero che si dipinse nella sua mente.

Per lo meno però suonava qualcosa di totalmente suo, in cui i suoi genitori non avevano messo mano. Sarebbe stata libera di esprimere al meglio se stessa sul prossimo palco. I brani che portava ormai da tempo a teatro, erano stati messi a posto dai suoi genitori, perché ancora era molto insicura in composizione all’epoca. Ormai quell’insicurezza era svanita, almeno nel comporre. Per quanto riguarda il suonarli in pubblico ancora no.

Raggiunse con questi pensieri in testa il comodino, e si sedette sul suo letto poco distante. Nonostante la stanchezza dovuta al ciclo del sonno alternato, non vedeva l’ora di sentirlo.

Ciao Michi,

Sono ancora da mia mamma e da mia sorella, indovina… Usagi ha portato a casa il suo ragazzo. Gelosia a mille. Te che fai? Stasera ci sei?

Sentirlo così geloso nei confronti del ragazzo di sua sorella la fece sorridere.

Ehi :3

Stavo suonando i brani nuovi, sai quelli che dovrei presentare ai concerti ma non mi decido davvero mai…Non pensavo che tu fossi così geloso nei confronti del fidanzato di tua sorella. Stasera non so se riesco a esserci, ora che c’è Seiya uscire di nascosto è molto più complicato. Devo escogitare un modo però, stare tanto senza vederti non se ne parla :*

Scrisse veloce, inviò ancor prima di non veder più online il biondo. Da come i suoi occhi verdi avevano brillato la sera prima, quando lei aveva notato la foto della ragazzina e gli aveva chiesto di lei, doveva essere molto legato alla sorella. E quella gelosia nei confronti del fidanzato confermava le sue ipotesi. Lasciandola piacevolmente sorpresa.

E così sei un gelosone Haruka, non lo avrei mai detto.

Cerca di trovare il modo piccola, che stasera ti presento le mie amiche. Non puoi non esserci. Ho voglia di vederti. Bacio :*

Farò il possibile, più tardi ti scrivo e ti dico se riesco ad evadere. Bacino e non fare troppo il gelosone nei confronti di questo ragazzo.

Per risposta, quasi nell’immediato, ottenne una faccina che sbuffava. Lo immaginò dall’altra parte del telefono con l’adorabile broncio che sicuramente aveva messo su.

A chi scrivi?”

Una voce maschile e famigliare piombò nella sua stanza, facendola sobbalzare con il cuore in gola. Era talmente presa dal messaggiare con il motociclista di non essersi minimanente accorta della presenza di Seiya.

Ma da quanto è qua? Ora che gli dico, devo inventarmi una scusa credibile, e non so se quella della mia compagna di classe che chiede per i compiti lo è abbastanza. Oddio. Che gli rispondo.

Non credo siano affari tuoi il sapere con chi mi scrivo Seiya” rispose secca, cercando di tenere a bada l’agitazione dovuta alla paura che lui capisse che probabilmente non gli stava raccontando la verità, ma tutto il contrario.

Beh direi che un po’ affari miei lo siano, sono tornato e non mi stai degnando nemmeno di uno sguardo. Come se io non esistessi e tutto ciò improvvisamente e senza motivo. Qualche dubbio forse mi viene che dici” le rispose lui, fissandola negli occhi. Insinuando in lei la paura che potesse leggerle negli occhi tutta la verità che non voleva dirgli. Non si fidava di lui, era troppo sotto ai suoi genitori. Era inutile.

Non penso che io debba dar conto a te di ciò che faccio e soprattutto di come decido di comportarmi nei confronti delle altre persone. E non sempre deve per forza esserci un motivo sai..a volte lo faccio senza un perché semplicemente perché mi va” rispose gelida.


***

Gli occhi blu che aveva davanti virarono in un colore tempestoso, sembravano contenere un mare in burrasca che non accennava a calmarsi.

Una risposta così lo aveva spiazzato, il tono soprattutto. Lo aveva sorpreso di nuovo, fosse stata un’altra sentendosi dalla parte del torto avrebbe sicuramente iniziato a urlargli contro. Perché unica difesa era l’attacco verbale.

La primogenita dei Kaioh invece era diventata improvvisamente fredda e forse anche più calcolatrice di quanto lui pensava.

Da una ragazzina viziata quale sei non ci si può aspettare che questo. Il giocare

con i sentimenti altrui, così giusto perché ti va” esclamò lui senza mascherare il risentimento che provava verso la ragazza. Sebbene non fosse totalmente sincero con lei, sentirla dire quel genere di cose lo aveva fatto innervosire e non poco.

Devo riuscire in qualche modo a prendere il suo cellulare quando è distratta per cercare di capire con chi si scrive, potrebbe tornarmi davvero utile in futuro. Se le luccica lo sguardo una persona insignificante non credo proprio che lo sia, al contrario di quanto mi vuol fare credere.

Preferirei mille volte stare la fuori come una ragazza normale senza essere immersa in tutte queste sfarzosità, senza non poter uscire quando mi pare e piace perché è una perdita di tempo oltre che pericoloso perché porto il cognome che porto. Non sai niente della vita a cui sono costretta e ti permetti pure di giudicare, sarai una persona umile e sincera tu, che giudichi senza nemmeno conoscere a fondo chi hai davanti…ora se non ti dispiace vorrei rimanere sola.”

Continuarono entrambi a sostenere lo sguardo dell’altro senza voler cambiare la loro meta, troppo pieni di orgoglio per ammettere una sconfitta. Una debolezza, agli occhi dell’altro. Lui in particolare non riusciva a togliere gli occhi da quei due pozzi abbissali in cui si erano trasformati quelli della violinista. Magnetici e gelidi, come a non voler ammettere repliche. Ben distanti da quelli che aveva conosciuto qualche giorno prima.


***

Non avrebbe mai abbassato lo sguardo per prima, quando non si trattava dei suoi genitori sapeva essere molto battagliera. Non si piegava facilmente se davanti un estraneo. E in fin dei conti per lei Seiya era quello: un estraneo che le avevano messo in casa i genitori con chissà quale intento oscuro.

Ma a lei questo non interessava, ciò che le importava veramente era far arrivare chiaro e tondo il messaggio al moro: doveva lasciarla in pace. E meno la calcolava meglio era.

Improvvisamente si sentì afferrare da dietro la nuca, attratta dalla mano di lui verso il viso dell’altro.

Fu un instante, e sentì le labbra di lui sulle proprie. Un gesto che non si aspettava. Non era arrivata ad immaginare che lui si sarebbe spinto a tanto, pur di cercare di calmarla. Pur di farle dire con chi sentiva al telefono.

Sentì le labbra di lui schiudersi per tentare un approccio più approfondito nei suoi confronti.

Un suono sordo, intenso e istantaneo arrivò alle orecchie di entrambi, nel momento esatto in cui la mano di solito aggraziata e tranquilla della musicista si abbatté sulla guancia destra del ragazzo.

Dandole la possibilità in quel modo di allontanarsi da lui.

Ma sei impazzita?” esclamò Seiya, toccando il punto su cui si era abbattuta il destro di lei.

Sarei impazzita io??? Te invece? Come ti sei permesso di baciarmi??” rispose alterata lei, cercando di mantenere un tono moderato per non farsi sentire dalla servitù. Non voleva che intervenissero loro. Non erano affari loro, anche se lo avrebbero fatto senza farsi pregare troppo.

Qualche giorno fa non ti sei fatta tutti questi problemi nel farlo, allora quel giorno li ti andava bene, non sapevi cosa fare ed ero il tuo giocattolo. Ora che avrai trovato qualche altro passatempo. Sempre che non si tratti di qualcuno, io non servo più e devo tornarmene al mio posto come un cagnolino. Ti sbagli di grosso principessina. Devi imparare ancora tanto” ribatté lui.

Non sei stato un giocattolo per me, ma questi giorni di lontananza mi hanno fatto capire che al massimo la mia era un’infatuazione passeggera, perché non ho sentito la tua mancanza. Mi spiace essere sincera ma è così” mormorò lei, non voleva piangere. Ma sentirsi additare come una di quelle persone che gioca con i sentimenti altrui era troppo. Non voleva tuttavia dargliela vinta.

O forse te lo ha fatto capire qualcuno” mormorò lui guardandola negli occhi.


***

Ma tua mamma cucina sempre così tanto?” chiese Mamoru.

Erano entrambi in sala, mentre Usagi aiutava sua madre a lavare i piatti utilizzati durante il pranzo per poi conservarli nel mobile al loro posto.

Sempre no, ma quando abbiamo ospiti si. Poi quando è al lavoro cuciniamo o io o Usagi dipende da chi torna a casa prima, di solito io” gli rispose il biondo. Non vedeva l’ora di poter andarsene da li, e soprattutto non vedeva l’ora di ricevere la conferma della sua dolce sirenetta per quella sera. Anche se sapeva che non sarebbe stato facile, ma preferiva che lei stesse con lui, piuttosto di quel pallone gonfiato di Seiya.

Era geloso nei suoi confronti, anche se di fatto Michiru era stata chiara che non sentiva nulla.

Ma qualcosa ha provato, anche se negli ultimi giorni ha detto che le cose sono cambiate.

Gli disse una vocina nella sua testa, il fatto è che non riusciva a capire il motivo per cui potevano cambiare così velocemente le cose.

Cretino, sono cambiate per te le cose. Da quando ti conosce sono cambiate, è matematico.

Questa volta a farsi sentire era il lato buono del suo essere, quello più ottimista e meno stronzo.

Quello che non lo rendeva un tipo pericoloso e che gli consentiva di non essere troppo impulsivo in determinate situazioni.

Testa di cazzo pensa al soggetto che hai di fronte adesso.

Ascolta, che intenzioni hai con mia sorella?” chiese a bruciapelo, senza preoccuparsi di sembrare eccessivamente apprensivo verso di lei. A quella domanda un espressione carica di stupore si dipinse sul volto dell’altro, lasciandolo poi libero di tendersi in un sorriso che arrivava fino agli occhi.

Haruka, ti parlo da uomo a uomo. Io Usagi la amo, posso capire che sei preoccupato un po’ per la differenza di età. È comprensibile per un fratello maggiore, e anche per sua madre. Non dico assolutamente il contrario. Ma io tua sorella la amo, ho un livello di empatia con lei eccezionale, mi sembra di conoscerla da secoli. Come se fossimo da millenni destinati l’uno all’altra. Io ora non posso assicurarti che questa sarà la storia della vita per lei, perché non ho la sfera di cristallo e anche perché a quattordici anni le cose si evolvono e cambiano molto. Però posso darti la mia parola che mai la farei soffrire a causa di un mio comportamento scorretto nei suoi confronti. Le litigate in una coppia credo che siano normali ogni tanto, ma tolto questo non devi temere altro” rispose lui.

Sembra una persona seria, che non gioca con i sentimenti degli altri.

L’importante e che non giochi con lei, come di certo saprai ha già sofferto tanto nell’ultimo periodo e l’ultima cosa di cui ha bisogno adesso è di un ragazzo che la faccia soffrire nuovamente” gli disse Haruka.

Non temere, non accadrà. Non potrei mai sopportare di farle del male” mormorò l’altro.

Beh di cosa parlano questi baldi giovani?” esclamò sua madre improvvisamente comparsa sulla porta.

Cose da uomini signora” fu pronto a rispondere Mamoru.

Rimase sorpreso nel vedere come il bruno avesse capito che quella conversazione doveva rimanere tra loro, senza spifferarla ai quattro venti.

Il ragazzo è anche molto intelligente allora.

Si mamma gli stavo parlando delle gare a cui partecipo, durante l’inverno” rispose lui per rendere ancora più coinvincente la risposta.

Mamoru ti avrà fatto una testa enorme con i motori, perdonalo con chi non conosce il suo “lavoro” è sempre così” mormorò lei sorridendo.

Non si preoccupi signora, a me i motori interessano particolarmente non ho fatto fatica a seguire i discorsi di suo figlio”

Mamo hai voglia se andiamo a fare un giro?” era sua sorella a parlare adesso, aveva raggiunto il fidanzato.

Certo amore se vuoi andiamo a fare una passeggiata” rispose lui, stringendola a se.

Vedere quella scena provocò una stretta al cuore del biondo. Come mai accettare che sua sorella stava crescendo era così difficile per lui? Distolse gli occhi dalla coppia, come se gli fosse impossibile poter osservare ulteriormente i due innamorati. Improvvisamente il pulcino che aveva sempre tentato di proteggere stava compiendo i primi voli fuori dal nido.

Haru ci sentiamo per telefono se non ci sei più quando torno” esclamò la ragazzina distogliendolo dai suoi pensieri.

Certo, lo sai puoi chiamarmi quando vuoi, appena posso ti rispondo” le disse dandole un leggero pizzicotto sulla guancia” rivolse lo sguardo al ragazzo che aveva afferrato già la giacca leggera dall’appendino vicino all’ingresso “E’ stato un piacere conoscerti Mamoru, alla prossima occasione”

Anche per me è stato un piacere conoscervi, grazie signora per il pranzo era tutto squisito” rispose lui, prima di aprire la porta di casa “Dai andiamo” disse alla biondina, che varcò immediatamente l’ingresso per fermarsi poi nel pianerottolo.

Pochi secondi e la porta di casa si chiuse.

Il pulcino ha lasciato il nido. Pensò lui maliconicamente.

Haruka come sta andando nella nuova casa?” la voce di sua mamma, in cui potè cogliere una nota apprensiva lo strappò nuovamente dai suoi pensieri.

Bene ho quasi finito di mettere a posto tutte le mie cose, quando sarà tutto finito vi invito a mangiare da me a te e a Usagi” rispose lui.

Come ti è sembrato Mamoru?” chiese lei.

Un ragazzo a posto, non credo la stia prendendo in giro…possiamo stare tranquilli che è una brava persona” sospirò appena, e si accorse di come la parte più gelosa di se stesso in realtà avrebbe sperato il contrario per poter tornare ad avere la ragazzina di qualche giorno fa, della quale ignorava le tresche sentimentali.

Tu invece? Quando hai intenzione di trovarti una ragazza come si deve?” chiese la donna.

Molto presto mamma, molto presto” rimase sul vago,: dirle già qualcosa era troppo azzardato, non sapeva ancora come si sarebbero evolute le cose tra loro.

La sua attenzione fu attirata dal ronzio emesso dal cellulare nella tasca, sicuramente un messaggio.

Stasera riesco a esserci, ho trovato il modo di uscire senza essere vista. Però temo di esserci su tardi.

Sorrise. Dopo quel messaggio quella giornata sarebbe volta decisamente in meglio.
































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Capitolo 14
*** Ti spio ***


Note dell'autrice: Eccovi il capitolo 14. Vi auguro buona lettura, e come sempre se volete un vostro parere è ben accetto. Anche se credo mi odierete. * sorriso malefico * prossima settimana vado in vacanza, e il quindicesimo capitolo non l'ho finito probabilmente l'attesa sara un pò più lunga anche questa volta. Appena ho tempo rispondo a tutte le recensioni.  

14^Capitolo: Ti spio

Il gesto compiuto da Seiya l’aveva fatta arrabbiare forse esageratamente, tanto che pochi istanti dopo lo aveva spinto fuori dalla sua camera sbattendo la porta dietro di lui. E sebbene erano quasi le diciotto, non aveva per niente voglia di cenare in sua compagnia. Al solo pensiero la poca fame che aveva andava a nascondersi. Doveva poi escogitare una scusa per giustificare il fatto che quella sera avrebbe preferito andare a letto presto, senza guardare film o qualsiasi altro programma televisivo. Chiudersi quanto prima in camera sua sarebbe stato il modo migliore per scappare di nascosto senza essere beccata. O almeno era quello che sperava. Sospirò, toccando il tasto laterale del telefono per illuminarne lo schermo e controllare se c'erano nuovi messaggi da parte di lui. Nessuna tendina però occupava lo schermo, segno che ancora il biondo non era arrivato a casa. Spostò lo sguardo al vetro della sua finestra, i giorni di totale libertà senza i suoi genitori stavano volgendo lentamente al termine. E al loro rientro chissà cosa ne sarebbe stato di loro, chissà se lui avrebbe avuto la pazienza di attendere giorni prima di vedersi. Dubitava fortemente di tutto ciò, e anche se quel pensiero non la lasciava in pace, era ben decisa ad approfondire la conoscenza di lui. Le sensazioni provate la sera prima, nella sua camera erano state uniche. Le guance le si arrossarono al solo pensiero di ciò che avevano condiviso anche se solo in parte, e ancora in modo incompleto.

Haruka, cosa mi stai facendo lo sai solamente tu. Pensò mentre un sorriso le sollevo appena gli angoli delle labbra. Era ben decisa a mettere tutto su carta, o meglio sul pentagramma; la sua decisione ormai era stata presa, in uno dei suoi prossimi concerti non sarebbe stata sola sul palcoscenico. Le nozioni che le erano state impartite sul pianoforte a complemento dei suoi studi erano infatti più che sufficienti per comporre un pezzo in cui i due strumenti dialogavano. Ti riuscirò a convincere a suonare. Non so il motivo per cui non suoni più, ma tornerai a farlo.

L'istinto le suggeriva che con la decisione di lui di non suonare più c'entrava sicuramente qualche evento non troppo felice del suo passato, la sua reazione quando gli aveva rivolto la domanda era stata più che chiara a riguardo.

Chissà cosa ti tormenta. Avrebbe voluto conoscere maggiormente lui, il suo mondo e ciò che lo circondava. Ma in fin dei conti era solamente un'estranea per lui, e certe cose erano estremamente intime.

Il suono di qualcuno che bussava alla porta la distolse dalla composizione appena iniziata.

Avanti” rispose senza nascondere un tono scocciato. I suoi occhi registrarono la comparsa della figura del bruno.

Mantieni la calma e tira un respiro profondo Michiru, non è detto che sia qui per importunare la tua quiete.

A cosa devo la tua visita?” chiese con un filo di voce, alzando a stento gli occhi per guardare il ragazzo.

Non deve esserci per forza un motivo per godere della tua compagnia suppongo, che cosa stai facendo? Comunque sono venuto perché la cameriera vuole chiederti alcune cose.

Sto componendo un nuovo pezzo.. gradirei non trovarti più in camera mia al mio ritorno, perché non riesco a concentrarmi con le persone intorno Seiya mi spiace” mormorò freddamente lei posando la matita per poi alzarsi e dirigersi verso la porta. Passò davanti a lui, sfiorandone appena il braccio destro “Beh cosa fai non vieni?” chiese poi.

Ti raggiungo dopo devo andare in bagno prima” rispose lui tranquillamente guardando al di la della sua figura, verso la porta della toilette.

Va bene, io intanto vado” la violinista si affrettò a percorrere il corridoio diretta verso quello che era il soggiorno, per poi dirigersi oltre e raggiungere quindi la cucina. Arrivata nell'ampia stanza scorse la cameriera indaffarata dietro ai fornelli per preparare loro i piatti. Da quella sera si tornava alla normalità e non avrebbero più potuto mangiare insieme in tutta tranquillità senza troppi cavilli e formalità.

Ciao dovevi chiedermi qualcosa per la cena? Seiya è venuto a chiamarmi” le chiese sorridente, anche se sorridere era l'ultima cosa che avrebbe dovuto fare, il senso di soffocamento che provava ogni qual volta il ritorno dei suoi era vicino era tornato ad attanagliarle le viscere.

Chiedevo cosa avresti voluto mangiare per regolarmi su cosa preparare anche per voi” le rispose la donna. Mentre mescolava del sugo nella pentola “Questo sarà pronto per domani a pranzo, l'ho appena messo su”

Guarda ho anche poca fame, per me vanno anche bene dei tramezzini, li mangio in camera mia non ho molta voglia di stare in compagnia stasera. Sto anche lavorando a un nuovo pezzo e mi serve un po' di concentrazione” rispose la ragazza.

Come vuoi Michiru, allora dico a Kou di avvisarmi quando vuole cenare, e mi occupo solamente di lui..che nuovo pezzo stai componendo?” concluse la donna facendole l'occhiolino.

to provando a scrivere un duetto per violino e pianoforte, con le mie competenze dovrei essere abbastanza in grado, ma lo farò in ogni caso supervisionare dal mio maestro” spiegò “Se non hai bisogno d'altro io torno in camera mia”

Certo tesoro vai pure, che almeno te ne stai un po' tranquilla senza i tuoi genitori” la salutò la donna. Tra gli abitanti di quella casa, escluso l'autista che però era via con i suoi, era quella che riusciva a capirla meglio di ogni altro. E anche in quel momento non si era affatto sbagliata, nell'intuire che quello stato d'animo era dovuto al rientro imminente dei suoi genitori. Oltre ad un filo di agitazione per la fuga che avrebbe fatto quella notte.

Devo scrivere ad Haruka per metterci d'accordo nei dettagli, non posso commettere errori che facciano accorgere Seiya della mia assenza.



***



Tu ragazze quando nel porterai a casa per farcele conoscere?” la domanda di sua madre cadde a bruciapelo nella casa caduta nel silenzio nel momento in cui Usagi aveva varcato la soglia di casa con Mamoru.

Mamma diciamo che ci sto lavorando, ma non mi chiedere nulla di più fino a quando non deciderò io che è arrivato il momento giusto è un po' delicata come cosa” rispose lui, cercando di rimanere sul vago della situazione, cercando tuttavia di non farla preoccupare.

Delicata in che senso? Non andare a immischiarti in giri strani, mi raccomando. Non è drogata vero? Haruka posso stare tranquilla?” il tono apprensivo non sfuggì al suo udito super fino.

No mamma tranquilla è tutto il contrario, è una persona affidabilissima, e anzi ho la certezza che a Usagi piacerà tantissimo. Stravederà per lei fin dal primo momento in cui le stringerà la mano” spiegò lui “E' solo che fino a quando la relazione non viene ben definita preferirei non complicare ulteriormente le cose” precisò puntando i suoi occhi verdi in quelli più scuri della madre.

Se mi dici che posso stare tranquilla cercherò di starci anche se lo sai, per me negli ultimi anni è molto difficile. Ho sempre paura che vi possa capitare qualcosa, e a dirti la verità la notizia che Usagi avesse un ragazzo mi ha spiazzata molto, e come se io non fossi pronta a veder andar via anche lei” mormorò.

Mamma stai tranquilla Usagi anche se tra sei o dieci anni andrà via di casa sarà sempre qui, con noi come del resto sono io. Quando mi chiamate che avete bisogno non ho problemi a venire anche se abito in un altro appartamento” la rassicurò “Non potrei mai abbandonarvi lo sai”

A questa ragazza glielo hai detto di quella cosa?” chiese nuovamente la dottoressa per distogliere il discorso dal precedente, che le stava provocando una forte malinconia interiore. La perdita del marito non era stata facile da superare, tanto meno crescere due figlie, di cui una ancora in età quasi adolescenziale.

No, ma dovrò farlo prima o poi anche se temo la sua reazione, anche Sets, Rei e Hotaru me lo hanno detto” mormorò.

Se posso darti un consiglio, non aspettare troppo.. poi potrebbe saperlo da terze persone e potrebbe essere brutto scoprirlo in quel modo e tu lo sai. Non è facile come cosa da mandare giù, evita che si innamori di te mentre ancora è all' oscuro di tutto..”

A quelle parole sospirò, sua madre aveva tremendamente ragione, e anche le sue amiche. Ma ad affrontare la cosa nel bene o nel male non erano loro. E ancora non si sentiva pronto.

Hai ragione mamma, infatti glielo dirò uno di questi giorni sicuramente” lo sguardo si posò sull'orologio della sala che segnava già le cinque passate del pomeriggio. “ Sarà meglio che vada, ho appuntamento con Sets e le altre per un aperitivo, poi devo passare dopo cena a prendere lei che la porto fuori con il resto del gruppo” rispose lui.

Va bene, ci sentiamo poi nei prossimi giorni, mi raccomando non fare le solite tue cazzate” lo raccomandò la donna.

Mamma sta tranquilla, so quello che faccio non mi accadrà nulla” la rassicurò lui “Lo sai, che un pilota più in gamba di me non esiste, è ormai qualche anno che sono in vetta alle classifiche” esclamò con tono impettito.

Sai bene cosa intendo, non di certo le corse ufficiali che tra le altre cose sono sospese fino a Settembre” lo rimproverò nervosa lei.

Era per dire che se non ho mai avuto un incidente in quelle ufficiali, non lo avrò nemmeno in tutte le altre corse, lo sai...ora vado davvero” concluse, raggiungendo la giacca. Odiava arrivare in ritardo agli appuntamenti, specialmente a quelli con le sue amiche. Specialmente a quelli con Setsuna che conduceva una guerra contro i suoi ritardi dal primo momento in cui si erano incontrati.

Buona serata Haruka” concluse lei, aprendo la porta dell'appartamento in cui viveva.

Michi fammi sapere appena puoi orario e tutto per stasera, sono appena uscito da casa dei miei ora vado ad un aperitivo poi ti passo a prendere appena puoi :*

Scrisse, mentre scendeva nel portone. Alle sue amiche ancora non aveva detto nulla, ma era sicuro che non gli avrebbero fatto problemi, probabilmente anche se non glielo avevano ancora detto, erano curiose di incontrarla.

***

L'attesa estenuante della risposta che cercava però si rivelò più dura del previsto. La smania di capire e sopratutto associare un viso a quell'Haruka era diventata una questione di vita o di morte. Doveva sapere tutto su quel ragazzo di cui aveva letto la conversazione sul cellulare della violinista. Il suo gesto era sicuramente stato meschino, ma nella consapevolezza che dall'artista non avrebbe avuto nessuna informazione, toccata con mano la chiusura nei suoi confronti, non aveva avuto altra scelta. E i suoi sospetti sulla presenza improvvisa di un'altra persona, erano stati confermati.

Doveva solo capire se la persona in questione poteva essere pericolosa a tal punto da poter mandare all'aria il loro piano, oppure se poteva invece tornare loro utile per far uscire uno scandalo su quella famiglia che, della sua vita privata, non aveva mai dato motivo di cui parlare e far pettegolezzi.

Quando riuscirò ad avere i risultati di questa ricerca. Fu il suo pensiero. Gli occhi gli caddero sull'orologio appeso al soffitto. Dopo aver scoperto nome e cognome del ragazzo che gli stava portando via Michiru, aveva fatto una chiamata a suo padre. Per l'uomo sarebbe stato fin troppo semplice, vista la sua posizione, accedere a tutti i dati che gli servivano. Nonché alle relazioni che questo nuovo e inatteso rivale aveva.

Il telefono appoggiato sul suo petto iniziò a vibrare, lo schermo acceso che notificava una chiamata in arrivo. Era suo padre. Probabilmente aveva portato a termine le sue ricerche. E forse aveva trovato un appiglio a cui agganciarsi.

Pronto papà, dimmi tutto hai trovato qualcosa?” rispose lui.

Certo Seiya, mi è stato utile sopratutto il numero di cellulare, come speravamo ha il numero intestato” sentì la voce dell'uomo “ Il punto è che non risulta nessun ragazzo con i dati emersi dalla sim. Li in città c'è solo un Haruka che ha i dati che coincidono, il problema e che all'anagrafe risulta essere una giovane donna. Le altre persone, anche se uomini, non hanno i dati anagrafici coincidenti” rispose lui.

Nel sentire quelle parole gli occhi del ragazzo si sbarrarono stupiti. No non può essere ci sarà sicuramente un errore, impossibile che a Michiru piacciano le donne.

Papà ne sei proprio sicuro? Perché la conversazione era veramente tutta al maschile, Michiru si rivolgeva in questo modo a lu...lei” provò a chiedere.

Non ci sono dubbi che sia lei Seiya, e ho trovato un sacco di informazioni interessanti, ho un'idea per colpire Michiru e farla stare molto male.” gli disse l'altro.


***

Takeshi!!! Il tuo telefono sta squillando da un pezzo!!” una voce femminile piombò nella stanza distogliendolo dai suoi pensieri. La maggior parte dei quali escogitavano un piano su come farla pagare a Ten'o per l'affronto che egli aveva compiuto nei suoi confronti qualche sera addietro.

Pronto”Quell'insignificante moscerino dovrà pagarla un giorno o l'altro.

Buonasera parlo con Takeshi Izuhu?” rispose una voce femminile, la sua interlocutrice a occhio e croce avrebbe potuto avere una cinquantina di anni, e non gli sembrava di conoscerla. Scostò il cellulare dal viso quel tanto che basta per vedere i numeri sullo schermo.

Anonimo. Chi cazzo è sta stronza.

Avrei una questione estremamente urgente da proporle, riguarda Haruka Ten'o” disse lui la donna. A sentire quel nominativo la sua attenzione si accese ulteriormente.

Mi dica pure, di cosa ha bisogno” rispose lui, raddrizzandosi sulla sedia, spostando leggermente la ragazza che stava donando attenzioni al suo collo.

Ascoltò attentamente le parole della misteriosa sconosciuta. Cercando di non farsi sfuggire nulla. “ Si mi potrebbe interessare decisamente, credo di riuscire a fare la cosa quanto prima, devo solo radunare i miei compagni di squadra. Non rimarrà delusa vedrà” rispose il ragazzo prima di chiudere la comunicazione. La donna misteriosa gli aveva offerto un compenso,nemmeno tanto piccolo. Ma avrebbe fatto quel lavoro anche gratis. Vista la persona di cui si stava trattando. Spostò in malo modo la sua concubina, prima di afferrare nuovamente il cellulare e iniziare a radunare la sua squadra, in base alle informazioni che gli avevano dato per telefono, avevano poco tempo per organizzare il tutto. Un'altra possibilità sarebbe stato difficile trovarla.


***


Aveva appena finito di scrivere la quarta riga di pentagramma sul foglio quando sentì il cellulare vibrare rumoroso sulla scrivania, poco lontano dal pezzo di carta. Sarà lui sicuramente.

A quel pensiero un sorriso le dipinse il volto. Posò la matita per poi prendere il telefono, e aprire la finestra della notifica.

Ciao, guarda credo che per le 22 riesco ad essere fuori,magari non fermarti davanti al cancello di casa, aspetta un po' più indietro o un po' più avanti...e magari vieni solo tu dal cancello se non ti fidi a farmi fare 100m da sola.

Scrisse, lui non era online ma confidava nel fatto che avesse la suoneria inserita e la connessione internet accesa ovunque lui fosse. E così fu, la seconda spunta apparve a lato della nuvoletta del messaggio.

Devo solo aspettare che mi risponda, poi devo mettere a punto la mia uscita. Anche se alla fine cosa fare lo sapeva già. Seiya non si era fatto vedere, nemmeno per chiederle se voleva mangiare, e un po' di dispiacere affiorò. Sebbene sapeva che il distacco del ragazzo era la cosa migliore. Con il ritorno dei suoi genitori non sarebbe stato ancora così facile tenerlo a bada, loro per lui stravedevano.

Tornò a concentrarsi sulla composizione alla quale stava lavorando, sperava di poterla finire quanto prima per poterla provare sullo strumento e apportare le eventuali modifiche, se ce ne fosse stata la necessità.

Devo parlare ai miei di questo nuovo pezzo, e devo anche accennare loro che il pianista voglio scegliermelo io per una volta. E la seconda parte del suo pensiero era quella che più la preoccupava. Difficilmente i suoi genitori le avrebbero dato cotanta libertà.

Sospirò lievemente, non vedeva l'ora di finire la scuola, per poter lottare per andare via di casa. Fino a quel momento avrebbe dovuto per forza fare la mantenuta, quella era l'unica motivazione che la teneva ancora li. Era ancora troppo piccola per cavarsela da sola secondo la legge.


Il silenzio della stanza fu nuovamente interrotto dal bussare alla porta di qualcuno. Se è di nuovo lui questa volta le staffe le perdo veramente.

Avanti” esclamò, voltandosi verso la superficie in legno. Pochi istanti più tardi la cameriera fece capolino con un vassoio pieno di tramezzini, la sua cena.

Ecco Michiru, ti ho portato già la cena, poi la consumi quando più ti fa comodo” le disse la donna sorridente.

Oh..grazie, pensavo fosse Seiya e non avevo nessuna voglia di reggerlo ora...anzi se puoi ricordargli nuovamente che fino a domattina preferirei rimanere da sola in camera mia perché ho da fare sarebbe meglio” dubitava molto che il moro sarebbe rimasto tutta la sera fuori dalla sua visuale, doveva in ogni caso chiudere la porta a chiave dall'interno, e chiudere anche la vetrata scorrevole con la chiave che aveva nel comodino onde evitare che lui entrasse quando lei era già fuori da un bel pezzo.

Non ti preoccupare, eviterò che ti venga a disturbare, se vuoi stare da sola non ha nessun diritto di importunarti.

Grazie” mormorò lei, prima che la donna chiudesse la porta della stanza alle sue spalle facendo piombare quelle quattro mura nel silenzio più completo.


***


Arrivò al locale con circa un quarto d'ora di ritardo, a causa di una coda imprevista generata da un incidente su una delle vie principali che lo avrebbero portato alla meta.

Appena entrato nel locale i suoi occhi vagarono alla ricerca del tavolo dove sapeva avrebbe trovato le sue amiche. Riuscì a individuarlo quasi nell'immediato grazie alle urla di una biondina decisamente su di giri che abbracciava felicissima quella che capì essere Hotaru non appena la bruna emerse dalla chioma dell'altra. Volse gli occhi al cielo esasperato.

Si devono sempre far riconoscere. Constatò mentalmente, mentre si dirigeva verso di loro.

Buona sera ragazze” pronunciò appena fu abbastanza vicino da farsi sentire.

Finalmente Ruka, ti iniziavamo a dare per disperso, non vederti in giro per così tante sere di seguito è una rarità” lo salutò Setsuna.

Si scusate ragazze ma immagino che Rei, Hotaru e Sets vi abbiano spiegato tutto” si scusò.

Certo che ci hanno spiegato tutto!!” esclamò Minako con la sua voce squillante “ Tutto no, i particolari devi dirceli tu” aggiunse con un sorriso malizioso.

Ma non c'è nessun particolare di quelli che credete voi...” cercò di temporeggiare lui, nella speranza che l'arrivo del cameriere facesse dimenticare la domanda della ragazza. “ Eppoi io qua non sono l'unico a dovervi degli aggiornamenti.. Mako – chan temo proprio che tu ne abbia di novità quasi più di me” rivoltò la frittata.

Beh non c'è tanto da dire, ci sono andata a letto, ma per ora non so come si evolverà il rapporto. Penso e credo che saremo amici di letto e niente più. La nostra è vera e propria voglia di una sana scopata e nient'altro” rispose la bruna senza tanti pudori. Ben sapendo che le persone davanti a lei non si sarebbero scandalizzate.

Come fai a esserne così sicura?” chiese allora Rei.

Perché le nostre cose in comune finiscono li, siamo troppo diversi. Inutile illudermi per qualcosa che è impossibile già in partenza” mormorò.

Qua il campione delle storie impossibili è un altro cara, mica tu” esclamò Rei ridendo “ Vero?” chiese guardando il motociclista negli occhi.

Vi dirò la verità, sta andando anche abbastanza bene la frequentazione, ora per dire che nascerà qualcosa è presto ma sono molto positivo” disse lui.

E cosa te lo fa essere?” chiese Makoto incuriosita.

Sesto senso” rispose lui.

Buona sera, avete già deciso cosa ordinare?” il cameriere interruppe il loro discorso per prendere le ordinazioni.

Prendiamo sei aperitivi, di cui due Sex on the beach, due Spritz, un analcolico alla frutta e un aperitivo alla frutta alcolico” rispose prontamente Setsuna, conoscendo a memoria le preferenze del suo gruppo. Dopo intere serate passate insieme per anni era il minimo.

Perfetto, grazie arriveranno subito” rispose l'uomo, sulla quarantina dai capelli castani, fasciato nella divisa del locale.

Grazie tante” rispose il motociclista “Comunque ragazze, stasera dopo cena la passo a prendere, e la porto con noi. Ho la sensazione che ne abbia bisogno, solo non andiamo in locali troppo frequentati per non darle problemi”avvisò il gruppo.

Bene così finalmente la conosciamo, e vediamo se riusciamo a capire cos'ha di tanto speciale” commentò Rei. Proprio nell'esatto instante in cui una cameriera si avvicinò al loro tavolo per portare due piatti di tartine al prosciutto e al salmone e una coppa con delle patine fritte al formaggio.

Ecco perché amo questo locale!” esclamò Minako, alla vista del cibo. Un secondo cameriere porto loro i bicchieri, con dei pezzi di pizza e del sushi.

Takeshi invece si è visto in giro?” chiese il biondo sorseggiando lo spritz.

No stranamente anche lui in questi giorni non si è visto, e a sentire le voci che girano non ha combinato casini” mormorò Makoto.

Nemmeno alla sua ex che voi sappiate?” prese un uzumaki con granchio, avocado e maionese.

Non abbiamo sentito nulla a proposito, ma anche se fosse secondo me dovresti stare alla larga da tutto” gli rispose Hotaru “ Avrai già abbastanza cose a cui pensare nel momento in cui i genitori di Michiru verranno a sapere della tua esistenza e non solo” concluse la bruna.

Quando accadrà ci penserò, per ora non avendo nulla a cui pensare posso farmi gli affari degli altri. Come tratta quello le ragazze non mi piace proprio”

Non puoi farci nulla e lo sai, alla fine se loro ci stanno insieme se la cercano pure direi” intervenne Minako, non è di certo l'unico bel ragazzo sulla piazza, ce ne sono molti altri ma tutte ci sbavano dietro”

I suoi occhi verdi caddero sull'orologio che occupava quasi totalmente lo schermo del suo cellulare in stand-by in quel momento appoggiato sul tavolo.

Ragazze dove ci vediamo? Che io tra un po' devo andare, devo farmi una doccia e poi passarla a prendere con calma. Non voglio correre e questo è un orario di punta” chiese.

Potremmo vederci alla fine della passeggiata vicino al teatro, sai dove ci sono gli scogli? Poi decidiamo se andare a fare un giro oppure no a seconda di cosa preferite voi” propose Rei.

Si dai, potrebbe andare bene come punto di incontro così decidiamo insieme.. allora vi saluto a più tardi” si alzò dal tavolo dopo aver preso tre tramezzini da portarsi dietro. Si diresse poi alla cassa per pagare la sua quota. Azione che gli occupò pochissimi minuti, prima di lasciarlo libero di uscire per andare alla macchina.


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Capitolo 15
*** Adrenalina ***


Note dell'autrice: Eccomi con l'aggiornamento, vi chiedo scusa per il ritardo ma li pubblico a fine stesura da ora in poi perché i capitoli già pronti sono finiti. L'estate mi porta spesso fuori casa e quindi i ritmi rallentano. Spero sia di vostro gradimento il capitolo.

E buon rientro dalle vacanze a tutti!


15 Capitolo: Adrenalina


Tirò su la cerniera degli stivali, mentre l'orologio segnava le nove e mezza di sera. Sarebbe dovuta uscire dopo poco più di mezz'ora. Seiya per fortuna non era andato a disturbarla, e sapeva che in ciò c'era lo zampino della cameriera. Di lei sapeva di potersi fidare al cento per cento. Tutte le volte che le aveva affidato un compito, non aveva mai fallito nella sua realizzazione, e anche quella volta non si era smentita.

Sospirò nel tentativo di tener sotto controllo l'agitazione che aveva iniziato a salire nel momento in cui si era iniziata a preparare. Se per tutto il giorno era stata tranquilla, in quel momento non lo era affatto.

Si diresse in bagno per dare una veloce controllata al trucco leggero che aveva scelto, con gli occhi sul grigio perla e un rosa carne per le labbra.

Aprì poi il cassetto del suo comodino, dentro al quale custodiva sia la chiave della sua camera, sia quella per chiudere la vetrata scorrevole che le dava accesso al giardino. Sul letto la borsa nera aspettava di essere sollevata insieme alla giacca.

Michiru sta tranquilla, altrimenti rischi di fare rumore e attirare l'attenzione di qualcuno.

Si incoraggiò mentalmente. L'unica cosa che le rimaneva da fare era aspettare un messaggio di lui, che l'avvisava del suo arrivo nei pressi del cancello. Da una parte non vedeva l'ora di sentir vibrare il telefono, dall'altra sperava che lui ritardasse per rimanere ancora un pò in camera, senza correre il pericolo di essere scoperta.

Il silenzio dei suoi pensieri fu interrotto da un ronzio. Lo schermo del telefono illuminato.

Sono qua dal cancello.

Bene forza e coraggio, si aprono le danze. Mise il cellulare nella borsa, e indossò la giacca a coprire+ il top nero, che le cadeva morbido sui fianchi e sui jeans.

Si diresse poi verso la finestra, avendo cura di tirare le tende al massimo in modo tale che coprissero tutta la superficie vetrata nascondendo il letto agli sguardi esterni. Aveva chiuso la sua camera prima di cena, per non dimenticarsene in quel momento.

Schiacciò il tasto che bloccava la serratura della finestra e la fece scorrere lentamente verso sinistra. Le mani leggermente sudate, quasi come prima di un concerto importante.

Solo che in quel momento si stava giocando molto più che un applauso, se fosse stata scoperta, i suoi genitori lo avrebbero saputo. E la sua libertà quando erano via per lavoro sarebbe andata persa, e con lei anche Haruka.

No non posso permetterlo.

Uscì dalla sua stanza, e si voltò per chiudere la finestra, prima facendo scattare la chiusura e poi chiudendola definitivamente con la chiave. Lo sguardo corse velocemente lungo il muro della villa, il suo istinto la spingeva a controllare se la camera di Seiya era abitata oppure disabitata. La luce era spenta, e nessuno sembrava essere dietro la finestra in contemplazione del giardino.

Meno male. Forse è impegnato a guardare la televisione.

L'instinto le suggeriva che quello era il momento più adatto per compiere il sentiero nascosto dal roseto, e arrivare al cancello principale. Non l'avrebbe vista nessuno.

Percorse il tratto cercando di provocare meno rumore possibile, iniziando a camminare sulle punte.


***

I risultati della ricerca di suo padre lo avevano lasciato spiazzato, forse troppo. Al solo pensiero che Michiru fosse lesbica sentiva un brivido che gli percorreva la schiena.

Eppure lei nei messaggi sembrava rivolgersi ad un ragazzo. Un sospiro frustrato gli sfuggì dalle labbra. Tutta quella storia non aveva senso. Probabilmente sa benissimo che è una donna ma gli copre le spalle.

Quella forse era l'unica spiegazione plausibile a tutte le scoperte che quel giorno aveva fatto. Dopotutto, sempre dalle ricerche di suo padre, era emerso che Ten'o partecipava alle gare automobilistiche, e a pensarci bene quel nome non gli era affatto nuovo. Negli emergenti un suo omonimo era in testa alla classifica da qualche anno.

Non seguiva le corse, ma suo fratello Yaten invece si, e anche se non era intenzionato a sentire, le onde sonore si propagavano attraverso i muri della loro abitazione.

Che sia proprio lui? A questo punto era molto probabile. Doveva averne la certezza assoluta in modo da poter colpire anche lui e di riflesso far andare a picco anche la violinista.

La cameriera per qualche assurdo motivo lo aveva avvisato che la ragazza avrebbe voluto passare la serata in camera sua perché impegnata nella composizione di un nuovo pezzo.

Una risatina uscì dalle sue labbra: che tentativo misero di non fargli scoprire la verità, quando lui la verità la conosceva già e non vedeva l'ora che tutta la macchina si mettesse in moto. Da li a poco per giunta, se niente intralciava il loro operato.


***

Flash Back


Aveva lasciato Harumoto al locale qualche ora prima, dopo essere usciti a prendere una pizza con Rei e Setsuna. Era l'unico modo per staccare dal clima cupo che si respirava a casa, e dal pensiero che volava a cosa avrebbero dovuto fare dopo. I medici non avevano dato troppe speranze all'uomo che li aveva messi al mondo, avevano suggerito solamente una cura paliativa per non farlo stare troppo male con il passare dei mesi. Erano stati avvertiti dall'oncologo che con il tempo sarebbe stato sempre peggio.

A quelle parole era stato normale pensare che prima fosse terminato tutto e meglio sarebbe stato. Non riusciva più a sopportare quell'attesa straziante, avesse potuto avrebbe messo fine alla vita di suo padre anche in quell'esatto momento. Per non farlo soffrire ulteriormente per qualcosa che non sarebbe mai andato via, se non portandoselo con se.

Usagi nel suo letto si era addormentata da poco, l'aveva sentita piangere. Per lei quella situazione era ancor meno facile di tutti loro. Tra i tre era quella più legata a suo padre. Avevano costruito un rapporto speciale, in un modo tutto loro. Ancora diverso rispetto a quello che lo legava lui all'uomo che dormiva nella stanza a fianco, tra di loro il legame perfetto si era formato grazie alla musica e al pianoforte. Avevano sempre passato ore fino a poco tempo prima a suonare, anche in due, per riempire con la leggerezza delle note le mura dell'abitazione.

Dopo il referto medico, il loro incantesimo si era spezzato.

La sua attenzione si spostò sul quadrante illuminato della sveglia sul comodino alla sua destra. Segnava le tre del mattino, e tutto ciò era strano, suo fratello non tornava mai così tardi a casa.

Si alzò per andare in sala dove aveva dimenticato la giacca con il cellulare al suo interno. Il led verde lampeggiava velocemente, segno che aveva perso qualche chiamata. Ogni tanto a intervalli molto più lenti diventava anche bianco: aveva anche una moltitudine di messaggi da leggere.

Chissà chi diavolo sarà ad avermi chiamato a quest'ora. Se è uno dei soliti scherzi di Setsuna questa volta mi sente.

Sullo schermo comparvero tre chiamate dell'amica, ma anche chiamate da un numero che non conosceva. Ma che dal prefisso era sicuramente un numero fisso.

Un agitazione gli montò in corpo. Aveva più volte sentito nei documentari televisivi che i gemelli erano uniti da un legame particolare, quasi simbiontico e avessero la capacità di percepire immediatamente se l'altro stava vivendo qualcosa di particolarmente grave.

In quel preciso istante la consapevolezza che qualcosa di grave era accaduto si impossessò del suo essere. E non aveva nessun mezzo per scacciarla via. Velocemente andò a scorrere i messaggi che risultavano ancora da leggere sul cellulare.

Cazzo rispondi al cellulare è successo un casino.

Scorse verso il basso la finestra dei messaggi, mentre improvvisamente il suo cuore divenne pesante come un macigno.

Rispondi tuo fratello ha avuto un incidente, è un gran casino lo stanno portando in ospedale. Stiamo andando con lui.

Sentì gli occhi bruciare, nel leggere i messaggi successivi.

E' in gravissime condizioni avvisa i tuoi e venite subito qua non c'è tempo da perdere.

Non è possibile che sia successo qualcosa ad Harimoto. Non è possibile che sia così grave. La sua mente fu invasa a ripetizione da questi pensieri, sembravano un disco rotto. Nel tentativo di pensare positivo non riusciva a metterli a tacere, mentre si dirigeva verso la camera dei loro genitori.

I due adulti dormivano tranquillamente nel letto, avrebbe svegliato sua mamma per avvisarla, non avrebbe svegliato suo padre che dormiva a fatica per via dei dolori che non gli lasciavano tregua alcuna quando la morfina terminava il suo effetto.

Devo mantenere la calma, non posso lasciarmi andare come vorrei. Non posso.

Sua madre dormiva serena, era ormai da qualche mese che non la vedeva così tranquilla e rilassata. Si sentì quasi in colpa per essere costretta a interrompere la quiete che regnava in quella stanza. Ma doveva.

Mamma” esclamò sottovoce, scrollando lievemente la donna “ Mamma svegliati” mormorò a tono lievemente più alto.

La donna si mosse appena socchiudendo gli occhi con l'aria di chi era stata interrotta sul più bello del sogno.

Cosa c'è Haruka?” si sentì chiedere.

Mi ha chiamata Setsuna, Harumoto ha avuto un incidente, mi ha detto di andare immediatamente in ospedale perché la situazione non è delle migliori” esclamò, cercando di mantenere la calma, una calma che non pensava nemmeno di possedere.


***


Tornò al presente a causa di un fastidioso picchiettio sullo sportello della sua automobile. Si era estraniato completamente da ciò che lo circondava: in realtà si era estraniato totalmente dal mondo intero ormai da tempo.

Aveva smesso di vivere la sua vita, per vivere quella del fratello, anche se la sua aspirazione era sempre stata un'altra, sebbene la passione per i motori li accumunava. Scosse energeticamente il capo, per scacciare via la maliconia che sentiva annebbiare la mente. Non stasera, devo concentrarmi su di lei adesso, non sul passato. Quello ormai non posso più modificarlo o recuperarlo.

Tutto bene?” furono le prime parole che gli rivolse la violinista, il labbro inferiore leggermente sporgente in quella che riconobbe come un espressione preoccupata.

Si non ti preoccupare, erano solo pensieri” mormorò in risposta, prima di posarle un bacio sulle labbra.

So che siamo estranei quasi, ma se vuoi parlane io ci sono...è il minimo tu mi hai ascoltata l'altra sera” aggiunse la ragazza.

Non è necessario, ma grazie lo stesso lo apprezzo molto” inserì la retromarcia, subito dopo schiacciò leggermente l'acceleratore per distanziarsi dalla macchina davanti. Inserì la prima, prima di dare gas e scalare a una seconda, poi a una terza e infine a una quarta. Il massimo che si poteva permettere sulle strade cittadine. “ Se ti va ti faccio conoscere le mie amiche stasera, abbiamo appuntamento con loro al teatro, che così è poco frequentato, poi decidiamo in base alle tue preferenze dove andare. Così se non vuoi farti vedere in giro per via dei paparazzi o simili sei tranquilla” le disse sorridendo. Si è questo che devo fare, sorriderle finchè sono in tempo. Dovrei anche dirle tutta la verità, ma ho paura di rovinare tutto. Pensò, guardandola con la coda dell'occhio.

***


A quell'ammissione si senti subito un po' agitata, non aveva per niente idea di come sarebbe stata accolta dalle amiche di lui. La sua minima esperienza con gli esponenti del suo stesso sesso non aveva mai dato buoni frutti, ma anzi si erano rivelati essere tentativi disastrosi. Sopratutto emotivamente. Nel suo ambiente, nelle case che era abituata a frequentare fin da piccola, la sincerità era un optional e la falsità e l'ipocrisia regnavano sovrane.

Sospirò cercando di rimanere calma, conoscere persone nuove di cui non sapeva se poteva fidarsi o meno era sempre un dramma per lei.

Si mi fa piacere, poi vediamo che fare...ma credo che un locale fuori città possa andare bene” mormorò lei, dopotutto non poteva rifiutarsi di incontrarle quando lui si era già messo d'accordo.

Stai tranquilla comunque, sono persone molto tranquille. Oddio dipende dai punti di vista, ma per esperienza personale ti posso dire che non parlano, e non dicono gli affari degli altri in giro. Sopratutto se riguardano questione delicate, te lo dico per esperienza personale” si sentì rispondere dal biondo.

Sopratutto se riguardano questione delicate, te lo dico per esperienza personale. L'ultima frase le era rimasta inspiegabilmente in mente, si accorse solamente in quel momento di quanto poco conoscesse di lui. Improvvisamente avrebbe voluto conoscerlo di più, essere a conoscenza dei turbamenti che agitavano il suo animo. Perché ne era sicura: sotto quello sguardo spavaldo, in realtà si nascondeva una persona che nonostante la giovane età aveva sofferto già troppo nella vita.

Si non c'è problema, è solo che quando devo conoscere persone nuove io mi agito un po'. Non sapendo che tipo di persone possono essere, ma se dici così cercherò di fidarmi...dopo tutto credo che le conosci meglio di me queste persone” furono le sue parole.

Oggi con quel ragazzo come è andata?” chiese l'automobilista.

Male, purtroppo è abbastanza ficcanaso, e faccio molta fatica a tenerlo a bada. Spero tanto che possa levarsi di torno il prima possibile. Non lo sopporto molto” Erano quasi arrivati nel luogo dell'appuntamento, alle sue orecchie giunse una risata vivace, seguita da un'osservazione. Le due voci sembravano appartenere a due ragazze a occhio e croce.

Sta tranquilla Michiru, dopo tutto non devono essere tanto peggiori delle persone a cui sei abituata, mal che vada.

I suoi occhi blu cobalto si posarono su un gruppetto intorno a una panchina, formato da una bionda, tre more e una castana. Quest'ultima davvero altissima per essere una ragazza. Era alta quasi quanto Haruka.

Sentì il ruggire del motore che calava man mano che l'automobile diminuiva di velocità.

Eccoci arrivati” esclamò il biondo prima di spegnere il motore. Dopo di che scese e le aprì la porta, gesto che le fece molto piacere.

Guardate che principe che è diventato, ora apre pure le porte... sia mai farlo con le sue amiche” la voce di una delle ragazze colpì le sue orecchie mentre scendeva. Proveniva da una delle due brune con i capelli lunghi fino in fondo alla schiena. Che si era avvicinata alla macchina non appena li aveva visti.

Piacere Setsuna Meiou, un'amica di vecchia data del rompi balle zoticone che hai al tuo fianco” scherzò puntando gli occhi ametista in quelli dell'altra.

Michiru..Michiru Kaioh piacere di conoscerti” rispose timidamente.

Non dar retta a questa rompiscatole, io il principe lo faccio sempre” rispose il biondo “Anche con loro a dirla tutta, solo che non lo ammetteranno mai” 

Ciao sono Hotaru Tomoe, piacere di conoscerti anche per me, ci ha tanto parlato di te...non puoi nemmeno immaginare non vedevo l'ora di conoscerti...” una brunetta poco più bassa di lei, con i capelli neri a caschetto, due grandi occhi viola e la pelle chiarissima si fece largo nella sua direzione. “Beh diciamo che ti conoscevo già ma ero proprio curiosa di conoscerti per come sei veramente, sai lui per te ha proprio perso la testa” esclamò la ragazzina.

A quelle parole sentì le guance arrossarsi, mentre il suo sguardo si spostò velocemente su di lui, imbarazzato.

Non avrei mai detto di piacergli così tanto. Cosa può trovarci in una come me, che è immersa nei convenevoli imposti da una classe troppo rigida.

Piacere di conoscerti anche a te” rispose di rimando. Alla fine sembravano molto simpatiche, e sopratutto molto diverse dalle ragazze a cui era abituata.

Hotaru smettila!” la riprese il ragazzo senza nascondere il forte imbarazzo dovuto alla rivelazione dell'amica. “Loro sono Rei Hino, Minako Aino e Makoto Kino” disse indicando le ultime tre rimaste. I suoi occhi si posarono nell'ordine sull'ultima bruna, la bionda dai lunghi capelli e infine sulla ragazza altissima che aveva notato poco prima. Capelli legati in una coda fluente.

Piacere tutto mio” esclamò per la terza volta quella sera.

Ragazze ne stavamo parlando prima in macchina, a Michiru andrebbe bene qualsiasi locale fuori città, quindi possiamo sceglierne uno e andare li inizialmente, poi vedremo il da farsi” propose lui.

Si per noi può andare bene” disse Hotaru “ Ma in quale locale possiamo andare, che non sia in centro?” chiese.

Potremmo andare al Moonlight Denetsu” propose Setsuna. Ottenendo l'annuire da parte del gruppo “ Se per te va bene Michiru” chiese.

Non ho la mimina idea di che locale sia, mi fido di voi credo che possa andare bene in qualunque caso” rispose la violinista.

Bene allora potremmo vederci li, i primi che arrivano prendono il solito tavolo” rispose la bruna.


***


Ci vediamo dopo” concluse rivolto alle sue amiche, prima di volgere l'attenzione alla musicista facendole cenno di salire in macchina. “Come ti sembrano?” chiese dopo aver acceso l'aria condizionata ed aver inserito la prima. Una strana inquietudine si era impossessata di lui, inquietudine che aveva sentito solamente una volta in tutta la sua vita, e non si era rivelata essere di buon auspicio.

Proprio per niente.

E la sua nuova presenza lo impensieriva più del dovuto, non si era mai reputato di possedere il dono della precognizione. Eppure la sensazione, gli diceva di non passare dalla passeggiata per tornare indietro e andare poi verso l'autostrada.

Al diavolo le sensazioni, devo bere meno. Mi sa che ho esagerato ultimamente per avere queste allucinazioni.

Mi sembrano simpatiche, non mi sembrano affatto come le persone a cui sono abituata..anzi ...” mormorò lei.

Scordati quel genere di persone quando sei con noi. Non abbiamo niente a che fare con certa gente” rispose lui.

Mai pensato mi ci devo solamente abituare, è un mondo nuovo per me questo”

Bene son fottuto, da stasera in poi scapperai a gambe levate” controbatté scatenando in lei una risata. “Dopo quando lasciamo le altre devo parlarti di una cosa seria, che non posso più ignorare perché mi fa star male con me stesso” mormorò il biondo. Gli occhi verdi a fissare il retrovisore con uno sguardo che virò dalla tristezza causata dalla decisione di parlarle all'ira nel riconoscere le due macchine che si erano appena infilate tra lui e la macchina dietro. Nelle pupille gli abbaglianti comparivano ritmicamente. “Merda!!” esclamò.

Di tutte le sere che potevi scegliere per rompere Takeshi, proprio stasera che non sono da solo.

Cosa succede?” si sentì chiedere dalla ragazza, che non tradì una certa apprensione nella voce.

Michi qualsiasi cosa accade, qualsiasi curva o simili cerca di tenerti forte alla maniglia dello sportello siamo intesi? Purtroppo anche se non avrei mai voluto che accadesse avrai un assaggio di cosa faccio nella vita. Altrimenti queste teste di cazzo mi distruggono la macchina a suon di tamponamenti” rispose in fretta, prima di chiudere la sicura della macchina e schiacciare il piede sull'acceleratore dopo aver cambiato marcia.

Solitamente quelle corse si svolgevano a notte inoltrata, quando la maggioranza della città dormiva, in modo da non rischiare di colpire civili che non c'entravano nulla con la realtà delle corse. In quel momento oltre ai suoi inseguitori, avrebbe dovuto prestare attenzione anche alle macchine normali agli incroci.

Giuro che appena ti vedo ti rompo la testa a suon di pugni cazzone. Pensò rivolto al suo rivale di sempre.

Terza. Quarta. Quinta.


***


Concentrazione e pupille che viaggiavano tre volte più veloce che la macchina che stava guidando, per controllare la posizione dei loro inseguitori senza rischiare di centrare a quella velocità qualche passante o un altro automezzo. Questa era Haruka in quell'istante, non aveva fino a quel momento potuto vederlo nel fare ciò che gli piaceva veramente: correre. L'impressione che ne derivò, tuttavia, e che la sua macchina. La loro macchina, in quegli istanti. Fosse quasi guidata dal vento che ad ella non opponeva nessuna resistenza, inchinandosi al ritorno di un sovrano rimasto lontano per troppo tempo.

Certo lei era abituata a tutt'altre faccende, e in quel momento era tesa. Tesa quasi quanto le corde del suo amato violino.

Gli occhi cobalto caddero sulla velocità indicata nel quadrante. Si pentì immediatamente della sua curiosità.

Stiamo andando a centottanta chilometri orari. Un brivido di paura le corse lungo la schiena a quella constatazione. Aveva sempre pensato che quelle erano velocità usate nelle piste, mai avrebbe immaginato che fossero adatte anche alle strade normali. Ma si sa, nella vita non si finisce mai di imparare. Decise di distogliere lo sguardo dalle lancette per preservare la sua incolumità mentale. In caso contrario avrebbe subito un attacco isterico. 

Le luci della città erano un tutt'uno ai suoi occhi, difficilmente riusciva a distinguere le forme di ciò che superavano. Anche le macchine erano pressoché pozze di colore molto simili a quelle che spesso utilizzava sulla tavolozza quando dipingeva i suoi quadri. Sotto i suoi occhi la città appariva in una forma mai vista prima, che senz'altro le sarebbe stata utile per una delle sue prossime opere pittoriche.

Il cuore le batteva a mille, e anche se avrebbe voluto gridare l'istinto le suggeriva che era meglio non distrarre Haruka in quelle condizioni.

I clacson delle macchine in mezzo alle quali sfrecciavano erano una musica che accompagnava la loro corsa quasi del tutto costantemente. Le voci di passanti e guidatori, probabilmente ricche di imprecazioni erano ai suoi timpani inudibili.

Cazzo quell'incrocio” mormorò il biondo improvvisamente. Lei si voltò a guardarlo sorpresa, con l'aria probabilmente di chi non sta capendo nulla della situazione. Cosa aveva quell'incrocio di diverso dagli altri?

Il semaforo fu improvvisamente più vicino in pochissimi secondi. Il rombo di due macchine provenienti dalla destra arrivò alle sue orecchie e a quelle dell'altro immediatamente. Se erano macchine preparate per correre, o macchine da strada non poteva saperlo.


***


Due macchine entrarono nella sua vista periferica dandogli giusto il tempo di sterzare col volante per cercare di non centrarle. Sapeva che quello scatto così improvviso poteva essere pericoloso. Ma non poteva fare altro in quel momento. Il volante girò verso sinistra, il lato che vantava le corsie più vuote, tolti i mezzi parcheggiati lungo i marciapiedi.

Fu una questione di pochissimi istanti, le gomme sgommarono lasciando alcune strisce scure sull'asfalto appena steso, prima di perdere aderenza.

Il suo istinto infallibile gli comunicò che era un problema di posteriore, ma non ebbe tempo di reagire di conseguenza a causa della velocità.

Il tempo sembrò bloccarsi improvvisamente mentre tutto era fermo, o così a lui sembrava da sopra quel bolide che stava compiendo alcuni giri completi sull'asfalto, fortunatamente senza ribaltarsi. Si sforzò di mantenere il volante il più in asse possibile, per evitare altre complicazioni.

Dai bella recupera l'equilibrio forza. Pensò sudando freddo. Alzò gli occhi dal quadrante dove teneva d'occhio la velocità da quando aveva compiuto quell'errore.


Buio.


Buio.


Buio.


Odore acre di fumo alle narici, quasi sicuarmente  causato dall'antigelo contenuto nell'acqua del radiatore, esploso a causa del colpo.

La sensazione di una sostanza densa sulla fronte. Le tempie che pulsavano. Un solo pensiero si impadronì della sua mente.

Michiru. Se le era accaduto qualcosa non se lo sarebbe mai perdonato. Non in quel incrocio, non un'altra volta. Non poteva accadere nuovamente tutto.

Si sforzò di aprire gli occhi, temendo la visione che avrebbe avuto davanti da quel momento in poi, ma fare lo svenuto era fuori discussione. Doveva pensare a lei.

La vide.

Giaceva quasi inerme sul sedile del passeggero, ricoperti da svariati vetri provenienti dal vetro anteriore e da quelli laterali. Sul viso e sulle braccia alcuni tagli da cui si erano formate delle striature rosso scuro.

State bene?” una voce maschile piombò improvvisamente dietro di lui, facendolo girare di scatto. Come se fosse sulla difensiva, e provocando in lui un dolore lancinante al braccio sinistro.

Cazzo è rotto sicuro.

Mi scusi per la reazione ma pensavo fosse un'altra persona... non so dove sia il mio telefono adesso se può chiamare un'ambulanza per favore..la mia compagna non credo stia bene” disse istericamente prima di voltarsi nuovamente verso la violinista. Sapeva che in quelle situazioni era meglio non spostare l'infortunato senza gli strumenti necessari per bloccare le articolazioni più importanti ai fini vitali. Ma la sensazione di impotenza che lo aveva pervaso era insopportabile.


***


Il buio si era impossessato di lei in pochissimi istanti. Alle sue orecchie era arrivato solo un forte botto prima che tutto si spegnesse. Non riusciva a rendersi conto del tempo che trascorreva intorno a lei, nonostante ai suoi timpani arrivassero voci del tutto sconosciute. Una voce di un uomo vicina al punto dove si trovava, chiedeva se stavano bene.

Eppoi la sua di voce. Agitata come non mai che gli rispondeva. La voce più bella che avesse mai udito in vita sua. Era preoccupato. Preoccupato per lei, avrebbe voluto aprire gli occhi e rassicurarlo ma si sentiva troppo debole e al solo pensiero di compiere anche un piccolo movimento si sentiva sopraffare da un'immensa stanchezza. Ad ogni respiro le sembrava di avere una miriade di piccoli aghi nei polmoni.

Michi ti prego apri gli occhi” lo sentì mormorare vicino al suo orecchio sinistro. “Per favore fallo per me, torna da me” riusciva a percepire l'ansia contenuta in quelle parole. E nonostante la situazione critica, ne rimase colpita. Si conoscevano solo da pochissimi giorni, eppure lui sembrava tenerci. “Michiru per favore non farlo anche tu..non sopporterei anche te... ”


***


Flash back


Non appena varcò l'ingresso del reparto di terapia intensiva l'odore acre del disinfettante colpì le sue narici. Ormai passava diverso tempo in ospedale con suo padre, eppure quell'essenza infastidiva sempre il suo olfatto come se fosse la prima volta. I suoi occhi verdi si posarono sul duetto che lo aspettava in fondo al corridoio, un silenzio quasi surreale aleggiava tra le due brune.

Le vide voltarsi non appena il rumore dei suoi passi veloci giunsero alle loro orecchie.

Haruka grazie al cielo sei qui” furono le prime parole di Setsuna, sembrò tutto ad un tratto più sollevata. Il motivo non era ben chiaro.

Come sta mio fratello?” furono le uniche parole che riuscì a dire alla sua amica.

Buona sera lei è un familiare?” una voce di un uomo piombò improvvisamente alle sue spalle. Indossava un camice.

Si il paziente è mio fratello” mormorò “Posso sapere come sta, per favore?” chiese all'uomo.

Suo fratello al momento è cosciente, ma è molto grave. Ha entrambi i polmoni perforati e gli atti respiratori molto compromessi...bisognerà vedere nelle prossime ore come evolve la situazione. Perché nelle sue condizioni tentare un intervento è impossibile” rispose il medico “Mi dispiace molto, ma non sono molto positivo. Tuttavia se vuole vederlo può farlo, ma non lo faccia agitare troppo. Dopo di che indurremo il coma farmacologico per non farlo soffrire più del dovuto fino a quando non starà meglio.”

Quelle parole gli piombarono addosso come l'acqua fredda. Immaginava fosse grave ma non fino a quel punto. Sentì un nodo impadronirsi della sua gola.

Devo essere forte, non posso permettere che capisca che le sue condizioni sono critiche. Non posso. Furono i suoi pensieri, mentre deglutì. Avrebbe voluto solamente scappare da quel posto in quell'istante. Correre lontano, insieme al vento. Ma non poteva. Doveva permettere a sua madre di riposare, visto che quella era una delle rare volte in cui anche suo padre riusciva.

Cosa dirò ad Usagi, come glielo spiego che anche lui è molto grave. Come supereremo tutto questo. Respirò profondamente nel tentativo di calmarsi, consapevole che quando sarebbe uscito da quella stanza avrebbe trovato le loro amiche pronte ad ascoltare il suo dolore. Come avevano sempre fatto.

La stanza assegnata al fratello era coi muri verdolini, molto asettica. Il rumore dei macchinari che monitoravano le funzioni vitali di lui rassicuravano quasi nella loro ciclicità. Vide Harumoto spostare leggermente la testa per guardare nella sua direzione sotto la mascherina dell'ossigeno che gli avevano prontamente fatto indossare i medici. Il ritmo del respiro alterato rispetto alla normale respirazione, che aveva imparato a conoscere fin da quando dividevano la culla. Gli si avvicinò per guardarlo meglio negli occhi e permettergli di parlare senza alzare troppo la voce.

Come va?” mormorò.

Sento dolori tremendi... ogni volta che.... respiro. E da quanto.... ho capito i medici ….mi hanno detto che.... devono farmi un po' dormire.... fino a quando la situazione.... non migliora...” rispose il ragazzo con difficoltà.

Si ho parlato con il dottore, non ti sforzare” gli strinse la mano nella sua.

Senti Haruka, promettimi che.... qualsiasi cosa... accada baderai... a Usagi e alla mamma...” lo sentì dire “Qualsiasi cosa...”

Perché dici così?” esclamò senza mettere da parte l'agitazione “Tu ne uscirai Harumoto, sarà una cosa lunga ma ne uscirai, abbiamo bisogno di te.. la mamma, Usagi, papà...io sopratutto...vedrai che tornerai a casa..devi” tutto ad un tratto un brutto presentimento le sfiorò la mente, una sensazione devastante. Che non sarebbe mai riuscita a controllare.

Non credo Haruka...ma devi essere forte..promettimelo” furono le sue parole di incoraggiamento. Ma quale forza? Era suo fratello la sua forza, solo lui oltre al vento aveva la capacità di completare il suo essere. I pensieri provocati dalle parole di lui furono interrotti dal fischio continuo della macchina che monitorava il battito cardiaco sulla quale era comparsa una riga piatta.

I passi affrettati del medico con cui aveva parlato poco prima giunsero alle sue orecchie seguiti da quelli delle infermiere che se ne occupavano.

Harumoto no, non mi lasciare!!” gridò prima di sentire la presa di una delle infer

miere sul suo braccio “La prego di uscire, faremo tutto il possibile per riprendere suo fratello ma attenda fuori”


***


Michiru! Michiru!” le lacrime gli rigavano il volto, tutta quella situazione era un tremendo dejavù. Si era già trovato in una situazione simile anni prima e non si era risolta nel migliore dei modi. E se fosse andata nello stesso modo anche quella volta non sarebbe riuscito a incassare il colpo. Troppe persone a cui teneva lo avevano lasciato. E ogni volta non era più stato lo stesso senza di loro.

Il suono di un ambulanza che sembrava muoversi nella loro direzione entro nelle sue orecchie, facendogli in parte tirare un sospiro di sollievo. Anche se lo avevano afferrato per scortarlo lungo un sentiero di ricordi lontani.

Haru...” la voce della violinista si insinuò improvvisamente nei suoi pensieri riportandolo con i piedi sulla terra ferma. L'espressione della ragazza era sofferente, troppo per i suoi gusti.

Come ti senti..” era una delle domande che temeva di più, non gli era mai piaciuta in passato. E quel momento non era da meno.

Nausea..mal di testa.. quando respiro sto malissimo...” si sforzo di rispondere lei.

Senti qualcosa di rotto?” mormorò il biondo.

Mi fa male forte solamente il polso, e non ho per nulla voglia di muoverlo” rispose la musicista.

Andrà tutto bene vedrai” non sapeva più che altro se quelle parole erano per rassicurare lei, o invece erano state pronunciate nel tentativo di convincere se stesso. L'unica cosa certa e che l'arrivo dell'ambulanza lo aveva reso molto più tranquillo.





Note dell'autrice:I sintomi che accusa Michiru sono stati cercati su internet, spero siano esatti e mi scuso se tra voi lettori c'è qualcuno che ha studiato medicina.






























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Capitolo 16
*** Tra passato e presente ***


Note dell'autrice: Scusate per il ritardo, ma salvo cambiamenti i tempi di aggiornamento potrebbero rimanere questi, circa uno al mese.  Vi auguro buona Domenica e sopratutto buona lettura!

16^Capitolo: Tra passato e presente


La corsia dell'ospedale era immersa nel più totale silenzio, quella situazione era quasi surreale. E anche se non avrebbe mai voluto, gli sembrò di vivere un deja-vu. Il pensiero di quella dannata notte di qualche anno addietro tornò prepotente in lui. E le circostanze in realtà molto simili non lo aiutavano affatto. L'ambulanza era arrivata in tempi relativamente brevi, e i soccorritori dopo aver tirato fuori Michiru, l'avevano messa su una barella immobilizzandole il collo. Procedura necessaria quando vi era un sospetto di trauma cranico, e i sintomi caratteristici della patologia c'erano tutti. Per sapere quanto fosse grave però avrebbero dovuto aspettare il risultato degli esami.

Arrivati in ospedale l'aveva potuta accompagnare fino all'ingresso del reparto di terapia intensiva, poi i medici lo avevano costretto a rimanere fuori, in attesa di notizie. Da quel momento erano passati esattamente novanta minuti, aveva la sensazione che il tempo si fosse fermato. Le lancette dell'orlogio appeso al muro di fronte, tuttavia, funzionavano e anche bene.

Cazzo di orologio, il tempo passa e qua nessuno si fa vivo. Se le succede qualcosa io...

Scosse violentemente la testa nel tentativo di scacciare quell'ipotesi.

Un rumore di passi solleticò il suo condotto uditivo, cadenze che conosceva fin troppo bene visto che con loro aveva passato intere serate. Le sue iridi verdi si posarono sul trio che avanzava nel corridoio verso di lui, le aveva chiamate non appena era arrivato in ospedale. Erano le uniche che avrebbe accettato di avere vicino in quei momenti. Sua madre avrebbe solo iniziato a fargli la predica su cosa e chi aveva causato l'incidente. Ed erano le uniche cazzate che non voleva sentire: probabilmente quella volta la colpa era solamente sua, e di nessun altro. Sua e dell'impulsività che lo contraddistingueva e che ogni tanto emergeva facendogli combinare danni potenzialmente irreparabili.

Se a Michiru dovesse succedere qualcosa a causa mia...se per colpa di quella fottuta gara lei non ci fosse più ...

"Cosa è successo?" la voce di Setsuna interruppe il flusso dei pensieri di lui improvvisamente. Come se in realtà si fosse estraniato dal mondo circostante, per essere riportato brutalmente a terra dalla voce della ragazza.

"Non lo so, stavo sfuggendo a Takeshi.. siamo arrivati all'incrocio eppoi non ho capito più niente, ci siamo trovati una macchina che viaggiava ad alta velocità da destra o sinistra ora non ricordo bene..ho cercato di schivarla e il risultato e che ho perso aderenza..." mormorò il biondo.

"Takeshi? Ma sei sicuro fosse lui?"mormorò la bruna con un espressione incredula.

"Ti rendi conto di che casino hai combinato? Ora i Kaioh vi rovinano e vi sbattono sotto un qualsiasi ponte, se vi va bene."esclamò Rei preoccupata per la sorte della famiglia di lui.

"Non dire sciocchezze Rei, al massimo distruggono la mia carriera da automobilista, e a riguardo sai benissimo come la penso.." tagliò corto. Non poteva nascondere che quell'ipotesi non lo avrebbe di certo fatto dispiacere. Se lui correva, in fondo, era solamente per fare un piacere alla sua famiglia, per continuare a mantenerla. Ma non era la vita che desiderava, non lo era mai stata.

"Non ne sarei molto sicura, gli aristocratici possono ottenere tutto ciò che vogliono" mormorò Hotaru pensierosa "Ti hanno detto come sta?" chiese.

In quell'istante nuovi passi risuonarono nel corridoio, questa volta però non avevano nulla di particolarmente famigliare ai suoi timpani.

"Hai idea di chi è quello?" bisbigliò Setsuna. Il biondo volse lo sguardo nella direzione indicatogli dalla bruna, e i suoi occhi si posarono su una figura maschile slanciata e già vista per puro caso qualche giorno prima.

O no, sto coglione qua no. Chi lo ha avvisato? Quei capelli neri tirati in un codino e quella camminata, sebbene lo avesse visto di striscio solamente una volta, erano ben impressi nella sua mente.

"Si Sets... è uno che ci prova con Michiru, ma lei non sembra troppo entusiasta delle sue attenzioni" spiegò senza togliere lo sguardo dal nuovo arrivato. Non aveva mai visto una persona più viscida di quel soggetto in tutta la sua vita. Spocchioso e arrogante, era stato cresciuto con tutti gli agi. Viziato da mamma e papà fino all'inverosimile.

In quel momento il dottore che era entrato nel reparto in compagnia della violinista fece capolino dalle porte, poteva essere coetaneo di sua madre, lo sguardo severo e distaccato di chi ha già visto troppo durante lo svolgimento delle sue mansioni lavorative.

"Chi di voi è Kou?" chiese l'uomo scrutando il quartetto.


***


"Sono io dottore mi dica, i genitori della ragazza sono fuori città per un tour ma sono già stati avvisati nonostante l'ora tarda e rientreranno nel più breve tempo a loro concesso. Intanto mi hanno dato il permesso di informarmi delle sue condizioni di salute." rispose all'uomo. Lo sguardo si posò sul trio seduto a lato del corridoio, non ebbe nessuna difficoltà nel capire chi di loro era Haruka. Non gli fu nemmeno difficile capire il motivo della cotta che aveva preso Michiru nei suoi confronti, totalmente ignara del fatto che quello che a tutti sembrava un giovane uomo, in realtà fosse una donna. I suoi occhi neri si incrociarono con quelli verdi dell'altro.

"Mi segua all'interno signor Kou" si sentì dire dall'uomo.

"Possiamo parlare pure qua dottore, credo che le amiche di Michiru abbiano diritto di sapere in che condizioni versa" rispose.

"Come vuole, la paziente nell'incidente ha subito un trauma cranico piuttosto importante, e non essendoci rotture dello strato epidermico deve essere tenuta in osservazione almeno fino a domani per intervenire nel caso insorgano complicazioni. È stata effettuata anche una tac in modo da avere un quadro completo ma per i risultati ci vorrà un pò. Non oltre la mattinata comunque.." spiegò rivolgendosi al gruppo.

"Dottore" la voce femminile di un'infermiera lo interruppe "La paziente ha ripreso conoscenza, ha chiesto di un certo Haruka" disse. La ragazza aveva gli occhi color cioccolato e i capelli biondo cenere, indossava l'uniforme di servizio che tuttavia fasciava splendidamente le sue forme.

Giustamente chiede di lui e nemmeno di me. Quella constatazione gli provocò un leggero nervoso, che decise comunque di tenere per se: presto o tardi avrebbe avrebbe chiuso quella situazione del tutto surreale. E i Kaioh avrebbero avuto pane da mordere per i loro denti.


***


Flash back


La stanza in cui fu accompagnato aveva i muri candidi e il pavimento grigio antracite, l'odore di disinfettante rispetto al corridoio persisteva in quantità maggiori. Al centro delle quattro mura i suoi occhi verdi si posarono su colui che era sdraiato quasi inerme sul letto. Intorno macchinari sconosciuti registravano i parametri vitali del paziente ad ogni suo faticoso respiro. Vedere Harumoto in quelle condizioni provocò un nodo alla gola difficile da ricacciare indietro, e non era nemmeno sicuro che fosse la cosa giusta relegarlo nello stomaco.

Il fratello volse appena il capo nella sua direzione facendogli lieve cenno di avvicinarsi.

"Come ti senti?" gli chiese. Era una domanda sicuramente stupida, perchè era palese lo stato del fratello. Forse era solo un tentativo di sfuggire alla dura realtà.

"Mi sento come ...se mi fosse..passato..sopra ...un camion" fu la risposta del ragazzo attravverso la mascherina dell'ossigeno. "Haruka... credo che sta volta non uscirò da qua... " continuò.

"Ma non dirlo nemmeno per scherzo!!" esclamò "Vedrai che andrà tutto bene i medici faranno il possibile per sistemare tutto, a casa abbiamo bisogno di te, sai benissimo che stiamo passando un brutto periodo..papà non sarà con noi ancora per troppo tempo. Non puoi abbandonarci anche te" nel dire ciò si dimenticò quasi di prendere fiato. Deglutì rumorosamente nel tentativo di ricacciare dentro le lacrime. Era forte. Non doveva piangere. Il suo tentativo non andò a buon fine: piccoli rivoli d'acqua ne rigarono le guance senza la possibilità di essere fermati.

"Haru.. per favore ...non rendere tutto più difficile... serve che tu non perda lucidità a casa..hanno bisogno di te... promettimi solo che ti occuperai sia della mamma che di Usagi...promettimi che farai di tutto...per renderle felici...anche dopo che papà non ci sarà più..." un debole sospiro uscì dalle sue labbra.

"Non ti prometto nulla perché verrai a casa con me... devi venire a casa con tutti noi!!!" la disperazione che sentiva crescere dentro era più grande di quanto era convinto potesse sopportare. La situazione del padre era già abbastanza, non era sicuro di poter reggere anche quel nuovo ostacolo che il destino aveva scelto di porre davanti alla sua famiglia.

Un improvviso fischio si librò da uno degli strumenti di monitoraggio delle funzioni vitali, i suoi occhi verdi colmi di disperazione si posarono sul quadrante del cardiografo sul quale la linea a zig-zag improvvisamente era diventata piatta.

Non ci volle molto tempo prima che nella camera piombasse il medico seguito da due infermiere. Una di queste, la più anziana, gli si avvicinò con fare tranquillo.

"Forse è meglio che esci dalla stanza" le parole dell'infermiera dal volto rotondo e paffutto incorniciati da capelli tendenti al grigio risuonarono in lui come un eco lontano. Improvvisamente le sue gambe sembravano fatte di piombo, ed era convinto che anche un solo passo gli sarebbe costato immensa fatica. Si limitò a guardare la donna che ricambiò lo sguardo a sua volta con un espressione dolce e comprensiva di quelle che potevano essere le sue sensazioni in quel momento.

Non riuscì a dirle nemmeno una parola. Sapeva che doveva concentrare le uniche forze celebrali che gli rimanevano per riuscire a varcare la porta di quella stanza e uscire dal reparto in attesa che gli facessero sapere qualcosa.

Come unico accompagnamento il rumore proveniente dal cardiografo.


***


Scosse la testa come se volesse scacciare una fastidiosa zanzara: vano tentativo di rinchiudere i pensieri nel pozzo in cui li aveva riposti anni prima per sfuggire alla presa soffocante del dolore che aveva provato e sentito mentre era cosciente che suo fratello stava volando via e che nessuno, nemmeno i medici, avrebbe potuto salvarlo. E ancora pensò a come quegli eventi si stavano ripetendo quella stessa notte, la similarità tra passato e presente lo spiazzava come poche cose prima d'ora.

No questa volta andrà tutto bene, me lo sento. Pensò tra se e se. Il solo pensiero di perdere anche lei era insopportabile. Era convinto che se lei se ne fosse andata, non avrebbe avuto remore a seguirla, per le sue amiche poteva sembrare un qualcosa di esagerato. Magari anche di incomprensibile, in fin dei conti lui la violinista la conosceva da poco. Non avevano nemmeno tutti i torti a pensarlo. Ma era ciò che gli sembrava più giusto fare, piuttosto che vivere una vita in cui era imprigionato.

Le pareti del corridoio erano bianco candido, hai lati dello stesso erano presenti sedie per i visitatori e i vari carrelli con i medicinali e le terapie necessarie per salvaguardare la salute dei pazienti ospitati in quel reparto.

Al suo ingresso nel corridoio la giovane infermiera gli aveva fatto segno di andare fino in fondo al corridoio per poi girare a destra. E il corridoio per quanto stesse procedendo con passo svelto, sembrava interminabile.


***


Le sue orecchie abituate a captare qualsiasi rumore nell'ambiente circostante riconobbero subito la cadenza del passo familiare che l'aveva accompagnata per alcune ore nei giorni precedenti. Sapeva che lui non se ne sarebbe andato prima di aver avuto la possibilità di vederla e parlarle. Così come sapeva che una volta saputo tutto, i suoi genitori non le avrebbero mai permesso di continuare a vederlo. E all'idea si sentì soffocare. Fu costretta a chiudere gli occhi e respirare una grande quantità di ossigeno nella mascherina, non che avesse bisogno della respirazione assistita, però in quel momento l'ossigeno le tornò stranamente utile.

Vai a capire sti medici, sto fin troppo bene per quanto mi riguarda.

L'unico fastidio che avvertiva era un dolore alla testa quasi permanente che si protendeva fino alla cervicale per poi scendere sulle spalle. Qui aumentava e diminuiva al ritmo del respiro.

Non appena lo vide sull'uscio della sua stanza, nonostante il viso segnato da qualche graffio, ebbe come la sensazione di aver visto già tutto ciò che gli serviva nella vita. La sua presenza in quella stanza la rincuorò, sebbene a pelle sentiva il disagio e il turbamento di lui. Lo fissò quasi curiosa mentre lui le si avvicinava.

"Come...come stai?" gli chiese, deglutendo rumorosamente un attimo dopo.

"Dolori vari a parte, direi piuttosto bene...sto aspettando i risultati della tac per scongiurare la presenza di lesioni importanti" gli rispose.

"Son contento che non stai troppo male" mormorò lui, leggermente più sollevato.

"Volevo chiederti scusa, sono stato stupido ad accogliere la sfida di quel coglione...avrei potuto farti morire... per colpa della mia impulsività" la voce gli si incrinò. L'udito di lei captò immediatamente il cambiamento, a vederlo in quello stato le dispiacque.

"Non preoccuparti, non potevi immaginare che sarebbe finita così" cerco di rassicurarlo. Anche se il suo sesto senso capì che il suo dispiacere in parte derivava da qualcosa a lei totalmente sconosciuto, il problema era capire cosa. Lo osservò attentamente. Il volto contratto come a trattenere le lacrime, gli occhi lucidi e leggermente arrossati dalla stanchezza, le spalle basse. L'atteggiamento spavaldo che era abituata a vedere in lui da sempre era in quel momento un lontano ricordo.

No tu non stai affatto bene, fai solamente finta. Ma dentro hai una voragine. Probabilmente siamo più simili di quanto pensassi.

"Ti hanno già detto per quanto tempo ti tengono ricoverata?" si sentì chiedere con tono apprensivo.

"Non ancora, credo comunque due o tre giorni, in tempo necessario per accertarsi che io stia veramente bene, visti i dolori che ho di cui sono a conoscenza" gli spiegò "Haruka lo sai vero che ora i miei genitori scopriranno tutto e non so come andrà a finire? Non so se mi daranno il permesso di vederti? Loro sono a favore di Seiya anche se io non lo sopporto proprio ultimamente, non è lui quello che cerco" il solo nominare i genitori la fece agitare, impedendole di respirare bene come aveva fatto fino a quel momento a causa dei dolori costali.

"Lo so Michi, ma ti prometto che un modo lo troveremo comunque anche se loro non saranno d'accordo" disse il biondo sorridendole.

Una terza persona bussò allo stipite della porta, facendola voltare in quella direzione, era una delle due infermiere del reparto. L'unica che aveva avuto già modo di conoscere da quando era arrivata in quella stanza ed aveva ripreso conoscenza. Corporatura robusta e capelli raccolti in una coda.

"Mi scusi se la interrompo, ma devo tutelare il benessere della nostra paziente, e le devo chiedere di uscire per farla riposare" disse la donna dagli occhi castani.

"Non si preoccupi esco subito il tempo di salutarla" fu la risposta del motociclista. L'interlocutrice annuì per poi sparire nel corridoio. "Meglio che io vada, ci teniamo in contatto, nella tua borsa c'è il cellulare ti scrivo li appena mi sveglio. Quando vado a casa cerco di dormire un pò anche se sarà difficile. Ormai ho perso il sonno"

"Aspetto che mi scrivi allora" mormorò la violinista, oggettivamente si sentiva piuttosto stanca e debilitata, in fondo anche quando suonava a qualche concerto, a quell'ora dormiva ormai da un pezzo.

"Buona notte Michi" furono le ultime parole di lui, prima che egli si abbassasse per darle un bacio sulla fronte e dirigersi verso l'uscita del corridoio.


***


Flash back


Alla fine del corridoio trovò le loro amiche di sempre ad aspettare. Sui loro volti i segni dell'angoscia che la faceva da padrone in quei terribili momenti. Appena riconobbero il suo passo stanco alzarono lo sguardo su di lui.

"Allora?" era Setsuna, nonostante tutto trovava ancora la forza di chiedere, di continuare a sperare che tutto si risolvesse per il meglio. Continuare a sperare che Harumoto tornasse con loro a casa prima o poi, con le proprie gambe. Magari con qualcosa di ingessato ancora, ma vivo e vegeto.

Si limitò a scuotere la testa senza riuscire a dire nulla, mentre le lacrime tornarono copiose a segnarne il volto.

"Che vuol dire Ruka?" esclamò lei, quasi incredula. Non poteva credere a ciò che quel modo di comportarsi della persona davanti a lei stava a significare. O forse non voleva?

"Il cardiogramma ha smesso di segnare battito mentre ... mentre ero dentro....stanno...stanno cercando...di riprenderlo..." disse, immerso nel pianto. Pochi istanti dopo fu avvolto dal profumo che sprigionava la chioma nera dell'amica che si era alzata di getto per abbracciarlo.

"Andrà tutto bene vedrai, riusciranno a farlo stare bene" il tentativo dell'amica di consolarlo, si rivelò essere vano. Non voleva sentire nient'altro che il medico che gli dicesse che suo fratello stava bene. In fondo al cuore però, era conscio che ciò non sarebbe mai avvenuto. Lui ed Harumoto erano connessi da un legame viscerale fin da quando era venuto al mondo. Non si erano mai staccati, e spesso erano capaci di finire le frasi iniziate dall'altro. Erano in grado di avvertire il disagio e il dolore reciproco senza il bisogno di particolari parole.

E anche quella volta le sensazioni che si erano impadronite di lui erano fin troppo chiare. Troppo nitide per poter far pensare a qualcosa di positivo. E lui era stato forte a lungo, e in quel momento era consapevole che sarebbe crollato, il fiume del dolore aveva rotto la diga dietro alla quale lo aveva rinchiuso da troppi mesi ormai.

"Chi di voi è parente del paziente?" la voce del dottore interruppe il loro discorso, costringendo tutti a voltarsi nella stessa direzione.

Haruka si voltò senza allontanarsi troppo dalle loro amiche. Aveva bisogno di loro, il viso del dottore parlava fin troppo chiaro. E non era nemmeno sicuro di voler sentire cosa aveva da dire loro. Non era sicuro nemmeno di voler avere il compito di dover chiamare i suoi genitori per dare la triste notizia. In quel momento avrebbe voluto semplicemente scappare lontano, come unica consolazione il vento sulla pelle. Ciò che ci si sarebbe aspettato da lui da quel momento in poi sapeva non essere ciò che in realtà avrebbe voluto.

Il dottore si avvicinò al trio molto lentamente, più volte nella sua lunga carriera era stato costretto a dare tristi notizie ai parenti dei propri ricoverati. Ormai era abituato a quel genere di incombenze che facevano parte del ruolo che ricopriva. Eppure quando si trattava di giovani vite, era sempre più difficile che in altre situazioni parlare con chi rimaneva al mondo. Forse perchè anche lui era padre, e quindi poteva benissimo immaginare il dolore che andava a infliggere alle persone. Ad intere famiglie. O forse perchè, anche lui per altre cause aveva perso il fratello in giovane età. E doveva colmare ancora quel vuoto, nonostante era riuscito a formare una bellissima famiglia. Con due bambini.

"Abbiamo fatto il possibile... ma il cuore non ha ricominciato a battere....mi dispiace... se vuoi chiamo io i vostri genitori...." disse. Era inutile cercare le parole migliori, perchè di parole belle e dolci per certi messaggi non ne esistevano.

I singhiozzi del biondo aumentarono a dismisura mentre la bruna tornò ad abbracciarlo, sovrastata anche lei da un pianto silenzioso. La focosa Rei, invece, si lasciò cadere sulla sedia. Il volto tra le mani. Senza sapere cosa aggiungere. "Mi faccia sapere se devo fare io la telefonata... vi lascio da soli per un pò" disse l'uomo, prima di ritirarsi. Aveva tante carte da firmare per il decesso.


***


Cacciò indietro i ricordi nel momento esatto in cui vide Seiya fissarlo con insistenza mentre percorreva l'ultimo tratto di corridoio prima di uscire dal reparto. La sua mente quella sera gli stava giocando dei brutti scherzi. I pensieri volavano alla morte del fratello, e non riusciva a essere sollevato dopo aver constatato di persona che la violinista stesse tutto sommato bene vista l'entità dell'incidente che avevano avuto.

La presenza poi del bruno lo innervosiva ancor di più. A pelle senza nemmeno sapere perchè, il suo istinto sembrava volergli comunicare che egli fosse una minaccia.

"Come sta?" era proprio l'oggetto delle sue silenziose considerazioni ad aver parlato. A malincuore fu costretto a rispondere.

"Bene solo qualche dolore diffuso e ora sta aspettando i risultati della tac per vedere se c'è qualche danno celebrale o altrove, come ha già detto il medico che si sta occupando del suo caso" rispose.

"Dai è una bella notizia no?" esclamò allegra Setsuna. Allegria sincera, era consapevole che anche lei era stata in pena per la violinista.

"Si direi di si" mormorò lui, avrebbe voluto abbandonare l'ospedale in quel preciso istante per cercare di distrarsi e allontanare i brutti pensieri evocati dall'incidente di qualche ora prima. "Comunque i medici hanno detto di lasciarla riposare quindi non credo che ti facciano entrare in questo momento" continuò rivolgendosi al bruno.

Non appena tutto si fosse risolto, sarebbe andato da colui che aveva causato loro l'incidente sfidandolo nella corsa. E lo avrebbe fatto rimpiangere di averci provato. Takeshi come spesso accadeva era forte se preso in gruppo, col suo branco. Ma da solo valeva meno di zero, e ne aveva avuto la conferma svariate volte.

E lui, sapeva benissimo dove trovarlo da solo.

"Sarà meglio che vai a farti medicare quel brutto taglio, caso mai poi ti rimane la cicatrice sulla fronte non credi?" disse Setsuna.

"Lo posso far fare tranquillamente da mia madre a casa, non importa non è urgente poi più tardi la chiamo e la faccio venire" mormorò lui.

Un cellulare ruppe il silenzio del corridoio.


***


Il suono del suo cellulare giunse alle sue orecchie, tirò fuori dalla tasca lo smartphone e lesse il nome sullo schermo.

I genitori di Michiru. Pensò.

"Pronto" rispose, cercando di mantenere un tono normale, nonostante la stanchezza.

"Seiya ciao, ci sono novità? Michiru come sta?Hai saputo cosa è successo?" era la madre della musicista. Il tono della voce era apprensivo e preoccupato, era la prima volta che la sentiva così in ansia per la figlia. Di solito era già tanto che le desse il buongiorno al mattino.

"Michiru sta bene, stanno aspettando i risultati della tac per escludere il trauma cranico o qualsiasi altro trauma a carico degli organi interni" spiegò lui conciso "E a quanto pare sua figlia era in giro con un bulletto di quartiere che si diverte a fare le corse clandestine quando hanno avuto un incidente" si premurò a dire sorridendo soddisfato mentre era volto verso la finestra, dando le spalle alla gentaglia di basso borgo che condivideva il corridoio con lui.

"Ma come è possibile? Ma sei sicuro? Non ti sei accorto che era uscita?" chiese la donna sconcertata, forse anche adirata per il comportamento disdicevole della sua primogenita.

"Certo signora, sicurissimo. E non mi sono accorto di nulla poichè mi è stato detto che era andata a dormire" rispose tranquillamente lui. In fondo era la verità, ma aveva come l'impressione che al ritorno dei coniugi l'organico della villa sarebbe cambiato drasticamente.

"Noi stiamo per partire, abbiamo annullato il concerto rimanente, in tarda mattinata o massimo nel tardo pomeriggio dovremmo essere in ospedale, mi raccomando cerca di prendertene cura tu. Quando veniamo provvederemo a prendere i provvedimenti necessari nei confronti di Michiru e di chi doveva tenerla d'occhio" la voce questa volta era tornata quella autoritaria di sempre.

Bene la coppietta felice presto scoppia. E non sarà solamente colpa mia.


***


L'udito fine di Ten'o non potè far a meno di ascoltare le parole del giovane rampollo della capitale. Avrebbe dovuto farsi gli affari suoi, ma dopotutto lui era un rivale. E doveva prevedere le sue mosse per cercare di strappargli Michiru da sotto il naso.

Come fa a sapere che abbiamo avuto un incidente durante una corsa clandestina, se nemmeno ha parlato con la polizia?

Fu il primo pensiero del biondo. Quella frase da parte dell'altro non tornava, era impossibile che lui sapesse già tutto, dato che nemmeno i vigili avevano ancora pensato a quell'ipotesi. Dopotutto la Kaioh non era persona da uscire con chi si guadagnava da vivere in quel genere di corse.

"Qualcosa non va?" mormorò Hotaru, notando l'espressione pensierosa sul volto di lui.

"Qualcosa non mi convince in tutta sta storia, ma meglio parlarne poi in seguito e non qui" rispose lui "Sarà meglio che andiamo a casa, è quasi l'alba e abbiamo bisogno di riposare, anche perchè non credo che questa storia finisca qua" concluse.

"Direi di no, faranno di tutto per schiacciarti lo sai..." questa volta era Rei.

"Lo so, ma attendo le loro mosse in primis, eppoi mi muoverò di conseguenza, inutile pensarci in questo istante".

Tuttavia per sicurezza avrebbe contattato il suo avvocato per avvisarlo nell'eventualità che avesse avuto bisogno di lui.

"Buona giornata!"Esclamò in direzione di Seiya, più per educazione che altro. Se avesse potuto lo avrebbe gonfiato come un tamburo, ma in quel momento non gli sembrava il caso: avrebbe aggravato la sua situazione e non era affatto necessario.


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Capitolo 17
*** Amare verità e pesanti silenzi ***


Note dell'autrice: Dopo non so quanto sono riuscita ad aggiornare, eccovi il 17^ capitolo, la prima pubblicazione per questo nuovo 2016 ( colgo l'occasione per farvi gli auguri). Spero che vi piaccia, e come sempre i commenti anche in privato sono ben accetti. Vi aguro buona lettura e vi  segnalo la mia pagina FB:  Arwen297 EFP e il gruppo su FB non ufficiale di questo fandom su EFP:  ~ Noi, del Fandom Sailor Moon su EFP ~

17^Capitolo: Amare verità e pesanti silenzi.


"Mamma stai tranquilla sto bene, l'incidente è stato piuttosto grave ma non ho niente di serio" esclamò con tono esasperato. Sua madre aveva saputo dell'incidente dai telegiornali. I quali avevano omesso il nome della seconda persona presente nell'abitacolo, sicuramente dopo grosso compenso da parte di chi era interessato a mantenere il silenzio stampa. Poteva aspettarselo, stava parlando di una giovane esponente dell'alta società mica dell'ultimo clochard di periferia. Il non sapere più notizie di lei, però, era qualcosa di insopportabile. Stava andando fuori di testa.

"Chi c'era con te in macchina? Hanno parlato di due persone, ma hanno detto che la seconda non è stata identificata ancora" il tono della donna era preoccupato.

"Sta bene, ma se i giornali non hanno divulgato il suo nome è meglio che non lo faccia nemmeno io perché potrebbe non essere gradito da alcune persone questo mio gesto" rispose cercando di apparire tranquillo, quando in realtà non lo era.

"Chi non potrebbe gradire? Haruka, se hai pestato i piedi a un membro della Yakuza ... santo cielo! Ti ho sempre raccomandato di stare all'occhio..." la voce femminile nella cornetta sembrava una mitragliatrice in preda ad un attacco di isterismo acuto. E i pensieri che componeva il cervello della donna erano totalmente fuori strada.

"Mamma d'accordo che sono una testa di cazzo, ma non lo sono fino a quei punti, loro non c'entrano. Non ci ho mai avuto a che fare e mai lo farò. Sei totalmente fuori strada, solo queste persone si possono permettere di comprare i giornalisti per tenere il segreto stampa tutto qua, ed è frustrante per me questo. Perchè non riesco a mettermi in contatto con lei, e non ho idea di come stia. Se non ti dispiace ora vorrei un pò riposare non riesco a chiudere occhio da tanto" omise il fatto che gli occhi li chiudeva, ma i suoi sonni erano tormantati dai peggiori incubi che avesse mai avuto. E tutti avevano come protagonisti due persone: suo fratello e Michiru. Nel sogno si sovrapponevano quasi. Ma se voleva riuscire a reagire e a trovare una soluzione, doveva rimanere il più lucido possibile. Doveva capire come agire per far uscire la verità, difficilmente il suo sesto senso sbagliava.

"Aggiornami su come si evolvono le cose, ti saluta Usagi, poi scrivile che è preoccupata" si congedò la donna.

Grazie al cielo ha riattaccato. Non ne potevo proprio più delle sue cazzate. A Usagi scriverò più tardi.

L'unica cosa che gli importava davvero era ricevere notizie dalla violinista, e nel tardo pomeriggio avrebbe fatto in modo di trovare l'escamotage adatto alla situazione.


***


Le sue condizioni si erano stabilizzate velocemente e successivamente avevano iniziato a migliorare iniziando la corsa per la guarigione. Dopo che Haruka era andato via si era addormentata profondamente anche grazie alla sonnolenza provococata da alcuni farmaci che le erano stati somministrati. Al suo risveglio non aveva più trovato lo smartphone che fino a poche ore prima era sul suo comodino. Impossibilitata ad alzarsi per via delle flebo a cui ancora era collegata, si era rassegnata a farselo dare da chiunque fosse entrato nella sua stanza in seguito. Qualcuno le aveva portato anche dei libri, sicuramente era stato Seiya. Era troppo presto per il rientro dei suoi genitori, sempre che fossero stati avvisati. Lei, ovviamente, sperava di no.

Qualcuno bussò all'ingresso della stanza, strappandola brutalmente alle elecubrazioni mentali. Sperava fosse l'infermiera, o al massimo sperava fosse il motociclista. Attese che furono immediatamente rese vane non appena la porta fosse abbastanza aperta da permetterle di vedere una figura maschile dai lunghi capelli neri.

Di tutte le persone che avrei voluto vedere, proprio l'unica che poteva starsene a casa sua.

Gli occhi cobalto si fermarono sulla cartellina arancione che il ragazzo stringeva accuratamente al petto. Il suo contenuto sembrava molto prezioso, e sopratutto consistente visto lo spessore.

"Come stai?" furono le prime parole di lui mentre si accomodava sulla poltrona accanto al suo letto.

"Bene" Se non arrivavi tu probabilmente molto meglio. Si trattenne appena dal dare voce ai suoi pensieri. Dopotutto le era stata impartita un certo tipo di educazione.

"Son contento di questo" rispose il moro " devo parlarti a proposito di quell' Haruka per il quale hai perso la testa a tal punto da scappare di casa alla notte, tenendo un profilo che non si addice a una giovane con il tuo stato sociale"

"Seiya mi bastano già i miei genitori che mi fanno le prediche, non ti ci mettere anche tu per cortesia. Qualsiasi cosa mi dirai sul suo conto a me non cambia, anzi!" esclamò innervosita. Se intendeva metterle i bastoni nelle ruote non aveva proprio capito nulla. Non glielo avrebbe permesso.

"Aspetta per dirlo bellezza, che qui dentro ci sono informazioni che scottano, di cui i tuoi genitori ovviamente sono già a conoscenza. Sono arrivati in città qualche ora fa, e posso dirti che non hanno preso bene questa faccenda. E hanno deciso di rinnovare i servi della villa. Come avrai notato si sono presi anche il tuo telefono. Tra circa un'ora mi hanno detto che verranno a farti visita per parlarti" spiegò lui "Tuttavia ho fatto qualche ricerca sul tuo Haruka" si sentì rispondere.

"Che genere di ricerche?" mormorò lei, non sapeva se fidarsi o meno di ciò che il suo interlocutore le stava per dire.

"Ho chiesto a mio papà di informarsi su questo tizio, di mia iniziativa" le spiegò.

"Come scusa? Ma come ti sei permesso!! E chi te lo ha chiesto???" le infermiere le avevano detto di stare il più tranquilla possibile. Ma come avrebbe potuto rimanere tranquilla davanti a quel pallone gonfiato.

"Nessuno figurati, mia semplice curiosità, giusto per capire che cosa poteva avere un individuo simile a differenza mia, e sai è bastato fare qualche ricerca e tutto mi è stato più chiaro"

Alla violinista non sfuggì il ghigno che si dipinse sulle labbra di lui, come se godesse della rivelazione che stava per farle. Come se sperasse di arrivare a certe scoperte con le ricerche non autorizzate compiute.

"Cosa intendi per chiaro?" mormorò lei, cercando di capire meglio.

"Il tuo Haruka, è in realtà una donna, per essere più precisi ha preso il posto del fratello Harumoto dopo che questi è morto improvvisamente per un incidente stradale. Hanno fatto credere a tutti, probabilmente con la complicità dei medici che non fosse Harumoto il defunto. Ma probabilmente la stessa Haruka" spiegò lui. A quelle parole il suo cuore perse un battito.

"Ma sarà senz'altro un errore, avrete sbagliato persona sicuramente" cercò di far ragionare lui, convinta che la ragazza di cui parlava il moro non era il giovane uomo che aveva fatto breccia nella corazza in brevissimo tempo.

"Esiste solamente un Haruka con quel cognome e nata nel medesimo giorno del medesimo anno, le altre da questo punto di vista sono incompatibili, e caso vuole che lei avesse un fratello gemello. Che correva nelle corse esattamente come lei" spiegò lui "Comunque qui ci sono tutti i documenti raccolti su di lei, se vuoi dare loro un'occhiata. Mi spiace ti abbia ingannata" commentò in fine. Prima di porgerle la cartellina che aveva stretto tra le braccia fino a quel momento. E lei ebbe l'impressione che mai dispiacere fu più falso.

Si limitò ad annuire, senza sapere come comportarsi a quella rivelazione, si sentiva totalmente smarrita. Aveva solo bisogno di stare da sola, a riflettere. Il comportamento del biondo era stato innaccettabile nei suoi confronti.

"Puoi lasciarmi da sola fino a quando non arrivano i miei genitori per favore? Ho bisogno di pensare, scusami Seiya ma la voglia di stare in compagnia mi è totalmente sciamata" mormorò lei.

"Nessun problema, capisco benissimo che venire a sapere queste cose così improvvisamente sia un vero e proprio trauma. Vado a farmi un giro torno coi tuoi così hai modo di pensare alla faccenda quanto vuoi, anche se non meriterebbe nemmeno più la tua attenzione quell'essere. Se posso permettermi" si azzardò a commentare lui, ottenendo come unica risposta un'occhiata fulminante che gli fece capire che ciò che aveva detto era fuori luogo, almeno in quel momento. I suoi occhi blu lo seguirono fino a quando egli non sparì chiudendo la porta alle proprie spalle. Non appena fu lontano dalla sua visuale le lacrime salirono copiose agli occhi. Sgorgarono poi sulle guance come se fossero una cascata nata da una diga artificiale appena aperta.

Non riusciva a credere che Haruka fosse in realtà una donna, non riusciva a realizzare come fosse possibile che non se ne fosse accorta. Forse per colpa del fisico androgino dell'altra. Non si era accorta nemmeno del reale sesso dell'altra quando erano andate a letto insieme. Era riuscita a prendersi gioco di lei, era riuscita a ingannarla nel peggiore dei modi pur di riuscire a conquistarla.

Ecco perchè mi ha bendata prima di iniziare a farlo. Ora quel particolare a cui inzialmente non aveva dato peso aveva acquistato importanza. Si sentì ulteriormente ferita da quel dettaglio. Ferità da una persona in cui aveva riposto parte della sua fiducia, perchè le sembrava sincera. E invece si era rivelata la regina della falsità.

Eppure quella sera, a letto con lei si era sentita esplodere di desiderio e sopratutto si era sentita felice e libera. Al pensiero di ciò che era stato tra loro una punta dolorosa si fece sentire nel basso ventre.

È una donna Michi, levati dalla testa che può esserci qualcosa tra di voi. Pensò mentalmente. Era consapevole però che quel divieto esisteva solo nella sua mente, e sopratutto in quella dei suoi genitori. In fin dei conti il pensiero di essere andata con una donna non la disgustava, si sentiva solamente ferita per aver creduto alla sincerità della bionda che in realtà l'aveva ingannata. E nemmeno su una cosa di poco conto.

Aveva ingannato lei.

Aveva ingannato la sua sessualità.

Cercò di asciugarsi le lacrime che non era riuscita a fermare, e che stavano trascinando via tutta la delusione di quella scoperta. Piccole gocce d'acqua che lavavano le ferite che sentiva dentro.

Quella felicità che aveva assaporato i giorni precedenti era stata spazzata via da un'onda improvvisa di maremoto.


***


"Sono sicura che quel Seiya c'entra qualcosa con l'incidente" esclamò innervosita verso Setsuna e Rei. Le due brune la fissavano dubbiose.

"Ma come fai a dirlo? Prima hai detto che era Takeshi, ora tiri fuori quel Seiya... non ti sembra di esagerare un secondo?" ribattè Rei, tutto ciò era semplicemente assurdo.

"No non esagero!! In ospedale lui già sapeva cosa fosse successo, e non l'avevano ancora comunicato ai telegiornali l'incidente. È matematicamente impossibile che lui potesse sapere già qualcosa!!" si arrabbiò la motociclista "Loro due c'entrano qualcosa, devo solo capire come posso arrivare al nocciolo della questione il prima possibile. Prima che mi sia addebitata la colpa solamente a me" esclamò.

" E come hai intenzione di fare? Sei già abbastanza nei guai fino al collo, non puoi di certo permetterti di andare contro ai Kaioh. Sicuramente c'entrano anche loro allora in questa storia, non ha agito sicuramente da solo quel Seiya che c'era in ospedale. Forse era un avvertimento per avvisarti di stare lontana dalla figlia" intervenne Setsuna con l'estrema calma che la caratterizzava da sempre. Se lei era la tempesa, la bruna era la calma piatta. Per quello si erano subito trovate ad andare d'accordo.

"No secondo me loro non c'entrano, inizieranno sicuramente a farmi guerra da adesso in poi, fino ad ora loro non sapevano nemmeno che esistessi.. " disse all'amica "Devo solo trovare un avvocato il prima possibile perché sicuramente servirà più avanti" aveva già un'idea di chi chiamare per farsene consigliare uno. Mamoru, il fidanzato di sua sorella sicuramente sapeva chi poteva essere il migliore per la situazione che andava delineandosi.

"Ora però devo assolutamente andare in ospedale e cercare di riuscire a vedere Michiru, devo sapere come sta. Il silenzio stampa sul nome dell'altra vittima dell'incidente mi preoccupa. Non mi convince, non stanno dando nemmeno informazioni sul suo stato di salute pur non dicendo il nome" aggiunse senza cercare di nascondere il turbamento.

"Probabile che siano i genitori stessi a voler mantenere il riserbo su questa faccenda" ipotizzò Rei.

"Sicuramente sono loro, ma questa mancanza di notizie mi sta uccidendo, se dovesse suggederle qualcosa di grave io non potrei mai perdonarmelo...non anche con lei" mormorò. Deglutì nel tentativo di ricacciare indietro il nodo alla gola "Anzi se non vi dispiace provo ad andare in ospedale" si alzò e prese la giacca in pelle appesa sullo schienale della sedia.

"Non ti illudere troppo Ruka, se non vogliono far sapere l'identità dell'altro passeggero è probabile che non vogliano nemmeno che riceva visite" le disse Rei.

"Provo, nel caso escogiterò qualcosa per riuscire a mettermi in comunicazione con lei" era ben decisa a far chiarezza nella faccenda. Costi quel che costi.

Uscì dal locale, e si diresse verso la sua moto, unico mezzo di locomozione rimastogli dopo l'incidente, anche se in cuor suo sperava che chi di dovere concludesse i rilievi necessari sulla sua macchina in modo da poterla portare a farla mettere a posto. A vedere il danno, sicuramente la spesa sarebbe stata tutt'altro che irrisoria, ma non poteva rimanere senza la sua bambina.


***


"Michiru, io e tuo padre siamo molto delusi, pensavamo di averti impartito un certo tipo di educazione. E pensavamo anche che a sedici anni sapessi distinguere cosa è sbagliato e cosa non per una ragazza del tuo rango" la voce dura e severa di sua madre riempì la stanza a seguito dei saluti seguiti da un gelido silenzio in cui erano caduti.

Avrebbe voluto solamente rimanere sola con i suoi pensieri, senza dover ascoltare il lavaggio di cervello che i suoi genitori le avrebbero fatto per l'ennesima volta. Incuranti del suo stato emotivo in quelle ore, e incuranti della sua felicità in generale. Che si era sentita felice in quei giorni a loro poco importava, come sempre.

"Sappi che abbiamo licenziato tutta la servitù, e assunto un'altra. Non possiamo più fidarci nemmeno di loro, visto che ti davano così tanta libertà. Senza nemmeno controllare cosa facevi." irruppe suo padre. A sentire quelle parole si girò di scatto. Il magone che le attanagliava le viscere.
"Cosa? Loro non c'entrano nulla, non dovevate licenziarli, erano l'unica famiglia che avevo!!!!" gridò contro l'uomo. Sentire quelle cose le fece odiare ancor di più i due adulti davanti a lei.

"Non credo che tu sei nella posizione di dare ordini e opporti alle nostre decisioni Michiru, da questo momento in poi hai divieto assoluto di uscire dalla nostra residenza e di utilizzare il tuo cellulare. Hai anche divieto assoluto di frequentare quella pervertita lesbica con cui sei uscita fino a questo momento" la punizione si abbattè su di lei.

"Non è una pervertita lesbica!!! E' la persona con cui sono stata meglio in sedici anni della mia vita, voi cosa ne sapete di come mi sento quando sono a casa? Mi sento uno schifo!! Ne amici ne nulla non potete vietarmi di vedere lei" gridò con le lacrime agli occhi " Non è ne peggiore ne migliore di voi, è esattamente uguale" fece appena in tempo a finire la frase che un sonoro schiaffo la colpì in pieno viso. Era stata sua madre a perdere la pazienza, ne aveva abbastanza dei capricci della figlia, e ne aveva abbastanza di tutta la storia che si era palesata ai loro occhi grazie a Seiya.

"Non ti permettere di paragonare quella sporca lesbica plebea ai membri della nostra famiglia, che se non portavi il cognome che avevi quella pervertita manco ti avrebbe rivolto la parola. Punta solo ai nostri soldi, e per farlo svende il suo sesso a uomini e donne" rispose gelida la donna " Ad ogni modo le nostre disposizioni non cambiano, abbiamo dato ordine all'infermiera che ti seguirà personalmente di non far entrare nessuna ragazza con il nome Haruka.

"Non potete farmi questo, per favore!!" le lacrime le scorrevano copiose, per l'ennesima volta in quel pomeriggio le segnavano le guance. Il senso d'impotenza la prevalse.

"Il discorso è chiuso Michiru, non appena ti sarai rimessa completamente tornerai a casa" furono le ultime parole di suo padre prima di uscire dalla stanza. Sua madre invece si limitò a salutarla con un flebile cenno del capo.

Non appena i due furono usciti dalla sua stanza, si sentì più sola che mai. Non avrebbe più visto Haruka, non avrebbe più potuto chiederle la verità e le ragioni per cui le aveva tenuto nascosto una cosa così grande. Non avrebbe più potuto avere contatti con il mondo esterno, e anche quelli che erano la sua famiglia, i membri del personale della villa non ci sarebbero più stati a darle il benvenuto a casa una volta tornata dall'ospedale. Dopo sedici anni sarebbe stata realmente sola in quella casa.


***


Guardò nervosamente l'orologio, aveva sentito Mamoru quel pomeriggio stesso. Subito dopo aver seguito alla televisione l'ennesimo servizio sull'incidente in cui era rimasta coinvolta sua sorella. Era rimasta colpita da un particolare inquadrato sull'asfalto dalla telecamera. Un particolare che forse ai più sarebbe stato insignificante ma che per lei che seguiva il suo idolo fin dagli esordi grazie a suo padre, significava tanto.

E se la persona che era in macchina con sua sorella era quella che pensava, Haruka avrebbe avuto bisogno di un legale che sapesse fare il suo lavoro nel migliore dei modi. Senza aver paura di andare contro alle famiglie potenti, la cui missione di vita fosse esclusivamente far giustizia.

E chi poteva aiutarla nella ricerca se non il suo fidanzato? Ecco il motivo per cui gli aveva chiesto se potevano vedersi con urgenza.

"Usagi!" la voce profonda del moro le piombò alle spalle e fece si che si voltasse immediatamente. Lo vide in macchina accostato al marciapiede e gli corse incontro. Non si vedevano dalla sera prima, ma per lei era un'eternità. Fin dal primo momento che lo aveva visto sapeva che sarebbero stati perfetti l'uno per l'altra. Come se loro stessi fossero le reincarnazioni di amanti sperduti nei secoli appartenenti a chissà quale regno.

"Ciao amore" lo salutò prima di appoggiare le proprie labbra sulle sue mentre chiudeva lo sportello dell'automobile.

"Ciao piccola, che succede? Come mai eri così preoccupata al telefono" chiese lui mentre entrava nel traffico.

"Ho sentito mia sorella, sai che ha avuto un incidente se hai visto la televisione. Non mi ha detto chi è l'altro passeggero, ne a me ne a mia mamma. Ma a quanto ho capito si tratta di qualcuno di rilievo in città. E io ho paura che non gliela facciano passare liscia, e se fosse così devi aiutarmi, le serve un buon avvocato che sappia proteggerla senza farsi intimidire dalle famiglie benestanti" mormorò.

"Potrei chiedere a un paio di conoscenze in famiglia se sarebbero disposte a prendere in carico il caso, conosco anche un agente privato, che potrebbe aiutarvi forse, ma devo fare un paio di telefonate. In ogni caso stai tranquilla che qualcuno lo trovo, cerca di non preoccuparti troppo, tua sorella è tutt'altro che stupida e sono sicuro che ne verrà fuori" le rispose il ragazzo nel tentativo di rincuorarla. Anche se sapeva che le famiglie benestanti erano in grado di comprarsi qualsiasi cosa, mettendo sul tavolo il denaro. E chiunque fosse la famiglia in questione difficilmente sarebbe stata migliore delle altre, ma non era il momento di pensarci quello.

"Speriamo bene, sono preoccupata Mamo-chan" lo sconforto l'aveva assalita già da qualche ora. Se avessero arrestato anche la sorella per lei sarebbe stato insopportabile dopo le mancanze che già avevano colpito la loro famiglia, sperava solo che i genitori dell'altra vittima dell'incidente fossero persone di buon cuore.

"E' normale, ma è inutile fasciarsi la testa prima di rompersela, aspetta prima di vedere come evolveranno le cose eppoi ci si penserà" la rassicurò " Dai ti porto in pasticceria così prendi quello che vuoi" le propose accarezzandola sulla testa.


***


L'ospedale in confronto all'ultima volta che aveva varcato la porta d'ingresso era molto più popolato, e le attività di dottori e infermiere erano frenetiche all'interno del prontosoccorso separato dalla sala d'ingresso da una grossa e luminosa vetrata.

Il cuore le batteva a mille, di li a poco avrebbe potuto vedere nuovamente la violinista e sincerarsi del suo stato di salute di cui non aveva più avuto notizia alcune. Era sicura che stesse bene, altrimenti al telegiornale lo avrebbero detto. Tuttavia non sarebbe riuscita a stare tranquilla. Vederla era ormai una necessità.

Entrò in ascensore e schiacciò il tasto corrispondente al piano in cui avrebbe dovuto stare in degenza la ragazza. La risalita occupò solamente pochi minuti.

Uscì sul piano e imboccò il corridoio di fronte.

"Mi scusi!!!" una voce femminile giunse alle orecchie della bionda, era un'infermiera del reparto.

"Mi dica pure" rispose lei, incuriosita dall'atto della donna.

"Abbiamo ricevuto ordine di non farla passare, i genitori della paziente hanno vietato il suo accesso." esclamò l'altra. A quelle parole sentì il la rabbia salire in corpo, ma cercò di trattenersi. In fondo l'infermiera non aveva colpe, ambasciator non porta pena.

Ricchi e sfondati di cattiveria. Ora iniziava a capire perchè Michiru li aveva descritti così, e perchè aveva così timore di loro. Sono solamente dei luridi bastardi.

"Posso almeno sapere come sta Michiru?" chiese, anche se intuiva già la risposta.

"Mi dispiace ma abbiamo avuto ordine di non far sapere a nessuno le condizioni di salute della ragazza" mormorò lei visibilmente dispiaciuta per ciò che le stava dicendo.

Fanculo snob di merda. Era nervosa, eccome se lo era. Doveva trovare una soluzione per mettersi in contatto, e forse aveva già un'idea su come fare. Avrebbe dovuto solamente parlarne con sua sorella per riuscire a coinvolgerla.


***


"Come è andata?" quando i suoi genitori se ne erano andati, erano stati sostituiti da Seiya. Aveva avuto l'impressione che non volessero lasciarla sola per paura che si vedesse ancora con lui, o meglio lei, doveva ancora metabolizzare bene cosa le era stato rivelato. Per poterlo fare al meglio aveva solamente bisogno di essere lasciata sola, ma sembrava che le persone intorno a lei non se ne accorgessero.

"Sai benissimo come, se non ti dispiace puoi togliere il disturbo, non ho voglia di avere gente intorno. Se devi farmi la guardia siediti fuori dalla mia stanza" rispose gelida. Convinta forse che quel tono avrebbe fatto allontanare il ragazzo.

"Michiru non c'è bisogno di essere arrabbiata anche con me" rispose lui senza toglierle lo sguardo di dosso.

"A no? Non c'è bisogno? Potevi tenerti per te la scoperta che Haruka era una donna, potevi non dirlo ai miei...e nemmeno a me se per questo, e invece cosa hai fatto? Hai pensato bene di rovinare tutto!!! DI ROVINARE LA MIA ESISTENZA IN QUELLA MALEDETTA CASA, COME SE NON FOSSE GIA' UNA PRIGIONE" i tentativi iniziali di mantenere la calma erano andati in fumo. Nonostante avesse una grandissima voglia di piangere cercò di mandare indietro le lacrime, promettendo loro di lasciarle libere di uscire una volta rimasta da sola in camera.

"Stai esagerando, l'ho fatto per il tuo bene e lo sai, quell'essere spregievole chissà per quanto ancora ti avrebbe presa in giro raccontandoti falsità sul suo conto" rispose lui, per nulla turbato dalla scenata della sua interlocutrice.

"NON STO ESAGERANDO!!! HANNO LICENZIATO LA SERVITU' ANCHE!!" continuò. Avvertì lui avvicinarsi forse nel tentativo di consolarla. Supposizione che fu confermata dalle dita che le sfiorarono il viso.

"Non mi toccare! Lasciami sola. Non voglio vedere nessuno, nessuno hai capito?? Dormi per terra in corridoio stanotte se devi farmi la guardia come il peggiore dei criminali!! odio i miei genitori, ma sappi che odio ancora di più te. Hai rovinato tutto!!" a quel punto vari singhiozzi le mosserò le spalle. La diga stava per crollare. "Esci... esci per favore" mormorò senza guardarlo negli occhi. Non sarebbe riuscita a trattenerle, le lacrime, se avesse alzato lo sguardo verso di lui. E Seiya era l'ultima persona da cui avrebbe voluto essere consolata.

La prima, era lei. Per chiedere chiarimenti sopratutto.

Si rifiutava di credere che era tutto un inganno.

Non da parte di Haruka.



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Capitolo 18
*** Vuoti e minacce ***


Note dell'autrice: Eccomi, chiedo venia per i tempi di aggiornamento davvero lunghi che hanno colpito questi ultimi capitoli, cercherò di fare del mio meglio per i prossimi. Quel che posso dire e che siamo per certi versi in dirittura di arrivo, ma non tutte le matasse intrecciate saranno sciolte. Ho infatti deciso che questa storia avrà un seguito, e parte della trama di questa sarà rilevante per quella successiva. Spero siate contenti di questa scelta xD Ma si è già delineata la trama dell'altra nella mia testa. Vi auguro buona lettura, e se ci sono delle imprecisioni segnalatele per favore per farmele correggere. Ammetto che questa volta non l'ho riletto prima della pubblicazione. 

18 Capitolo: Il vuoto dentro


19 anni prima, Tokyo.


Erano le 13 del pomeriggio, l'infermiera l'aveva appena fatta accomodare in sala travaglio. L'agitazione che sentiva dentro di se era sempre più forte. L'unica persona della sua famiglia presente era sua madre, gli altri non avevano accettato che lei fosse incinta. Non avevano accettato che lo fosse in seguito a un'avventura con un uomo sposato che non avrebbe riconosciuto il bambino.

I mesi della gravidanza erano stati tutt'altro che facili emotivamente, suo padre e gli altri si erano progressivamente allontanati. Tanto da arrivare a non salutarsi nemmeno in quei giorni.

Aveva più volte tentato di chiamare il padre biologico della creatura che portava in grembo, ma senza ottenere risultati. Gli ultimi tempi la voce della compagnia telefonica l'aveva informata che il numero era inesistente.

Se era vero o no non lo avrebbe mai potuto sapere. E in quel momento non le interessava neppure. Voleva solo stringere a se il suo bambino.

Sapeva che quella giornata sarebbe stata lunghissima e sopratutto molto dolorosa.

"Buongiorno, come andiamo?" la ginecologa che l'aveva seguita durante la gravidanza fece capolinea vicino alla porta.

"Per ora bene, nessun dolore ancora" aveva superato la data prevista per la nascita, e anche i giorni di attesa affinchè il parto iniziasse spontaneamente.

Nulla da fare, suo figlio non voleva proprio nascere. E così aveva preso appuntamento in ospedale per l'induzione.

"Benissimo, tra qualche minuto verrà l'ostretica per praticarle un clistere. Serve per essere pulite, per quando inizierà il travaglio vero e proprio e dovrà spingere" le spiegò gentilmente "Ma stia tranquilla, andrà tutto bene".

Se lo diceva lei doveva fidarsi, in fin dei conti non aveva molta scelta.


***


"Michiru vuoi mangiare per favore?? Altrimenti non ci tornerai mai a casa se ti ostini ad essere così cocciuta!!" le taglienti parole del moro arrivarono alle sue orecchie. Erano passati tre giorni da quando aveva saputo la verità su Haruka. Ed erano stati tre giorni di inferno. A contribuirli a renderli tali oltre alla scoperta, anche la decisione dei suoi genitori di licenziare il vecchio personale, persone con cui era cresciuta. Il solo pensiero di tornare a casa e non ritrovare la domestica la faceva star male. Dolore che andava a sommarsi a quello provocato dalla falsità della bionda nei suoi confronti, come aveva potuto ingannarla? Come aveva potuto prendersi gioco della sua sessualità in quel modo? Erano tutte domande che avrebbe voluto farle di persona, ma sapeva in cuor suo che non l'avrebbe più rivista ne sentita. E se da un lato ne era quasi sollevata, dall'altra sentiva che con lei aveva perso la parte migliore di se stessa.

"Mi stai ascoltando si o no?" la attaccò Seiya. La ragazza che aveva davanti era ormai l'ombra di se stessa, lo sguardo non era più battagliero e luminoso ma triste e desolato. A stento parlava, si era ammutolita di colpo e a lui pareva di star cercando di far un discorso da adulti con una bambina di quattro anni.

"Mi sembra ovvio di si Seiya, ma se devo essere sincera non ho nessuna voglia di parlare con te e i miei genitori, non ho voglia di parlare con nessuno. Se sto così male è anche colpa tua, quindi se puoi uscire e startene in corridoio. Puoi stare tranquillo nessuno mi rapirà dalla finestra in tua assenza" terminò la frase con una punta di sarcasmo nella voce, i suoi occhi che scrutavano in silenzio il viso del bruno.

"Come vuoi Michiru ma comportarti così certamente non ti aiuterà a rivedere la lesbica" mormorò piattamente lui. Prima di dirigersi verso l'ingresso della stanza. Era sicuro che quella fase di ribellione sarebbe passata nel momento stesso in cui la violinista avrebbe capito di essere solamente un giocattolo da collezione per Tenoh.


***


L'ingresso dell'ospedale era proprio come nei ricordi di qualche anno prima, ricordi dolorosi che doveva cercare di tener lontano dalla sua mente. Doveva essere lucida abbastanza da non compiere errori. Fissò la sua immagine nel riflesso della vetrata che la separava dalla hall del servizio ospedaliero, la superficie rifletteva la figura di una giovane ragazza dagli occhi celesti e i lunghissimi capelli biondi raccolti in una morbida treccia.

Indossava una camicetta rosa e dei pantaloncini di jeans chiaro, ai piedi dei sandali bianchi come la borsa.

Dipendeva tutto dalla riuscita di quello che stava per fare, e ancora doveva abituarsi all'idea che da li a poco avrebbe incontrato uno dei suoi idoli di sempre, passione nata grazie a suo padre.

Sospirò profondamente nel tentativo di ritrovare un pò di quella calma che le sarebbe servita.

Si spostò verso l'ingresso per interrompere il raggio della fotocellula che apriva le porte, pochi istanti dopo le sue narici furono colpite dall'odore dell'edificio.

Si guardò intorno per trovare la reception, anche se era stata li in passato non si ricordava proprio in che punto della sala fosse, un grosso cartello però arrivò in suo aiuto indicandole la strada.

Il bancone era nero, il pianale di un materiale simile al marmo bianco e lucido. Si avvicinò timidamente alla donna che lavorava dietro al compute, una bruna di mezza età dagli occhi scuri e profondi, le ricordava molto Hotaru.

"Buongiorno, vorrei sapere dove posso trovare Michiru Kaioh so che è ricoverata qui e vorrei farle visita" esclamò cercando di sembrare il più sicura possibile nonostante il cuore che le batteva all'impazzata.

"Devo chiederti nome e cognome, abbiamo una lista di persone che non possiamo assolutamente far passare. Devo controllarla per avvisare la sicurezza di lasciarti eventualmente passare" le spiegò la donna.

La risposta non fu quella che sperava, sua sorella non le aveva parlato di nulla. Per fortuna però era preparata anche a quell'evvenienza.

"Certo sono Yui Yosei, sono una compagna di scuola di Michiru..." mormorò in risposta, sorridendo alla donna. Non era mai stata brava a mentire, era una cosa che odiava. Ma sperò lo stesso di essere molto convincente.

"Perfetto, non appari nella lista quindi puoi passare" si sentì rispondere " Questo è il piano con il relativo numero di stanza" la bruna le porse un biglietto.

"Grazie mille, le auguro buona giornata" salutò cordialmente prima di voltarsi e dirigersi verso l'ascensore, a quel punto liberò un respiro di sollievo. Il primo ostacolo era superato, sperava di non trovarne altri.


***

19 anni prima, Tokyo.


Sua madre era a fianco del suo letto, pronta a infonderle tutto il coraggio di cui aveva bisogno per mettere al mondo la creatura che portava in grembo. Dopo l'ostretricia aveva rifatto la comparsa la ginecologa di sua madre, che aveva seguito la gravidanza dall'inizio alla fine. Avevano fatto in modo che fosse lei di turno, la conoscevano da anni ed era ormai un'amica di famiglia. L'ago-cannula le pungeva fastidiosamente, ma sapeva che era necessario, avrebbe potuto aver bisogno dell'induzione farmaceutica se non fossero iniziate spontaneamente le contrazioni grazie al gel che le avevano già steso sulla pancia.

La dottoressa aveva uno sguardo davvero dolce, unito alla presenza di sua madre ne fu molto rincuorata.

"Proviamo ad aggiungere dell'altro gel, se non partono nemmeno così ti farò l'iniezione per l'induzione" le spiegò con tono professionale. Lei si limitò ad annuire, sperava con tutto il suo cuore che non l'aspettasse un parto doloroso e lungo. Anche se le premesse non erano affatto incoraggianti dal suo punto di vista.

La prima, dolorosa, contrazione giunse quasi all'improvviso, senza nemmeno avvisarla. Facendola gemere. Suono a seguito del quale sia la dottoressa che sua madre si voltarono a guardarla.

"Era una contrazione, credo che ci siamo" mormorò, cercando di far forza a se stessa per affrontare le prossime ore con coraggio. Certo se il padre del bambino fosse stato presente, sarebbe stato tutto diverso. Aveva sognato più volte da ragazzina quel momento, e ora che era arrivato era molto diverso rispetto a ciò che aveva immaginato tempo addietro. Dopotutto non si sarebbe nemmeno mai immaginata di rimanere incinta di uno con cui andava a letto senza impegno da parte dell'uomo di cui pensava di essere follemente innamorata, uno che era convinta ricambiasse i suoi sentimenti nonostante fosse sposato.

Nove mesi prima che lei non sarebbe stata l'eccezione in cui il loro rapporto si sarebbe svolto alla luce del sole, ma bensì aveva scoperto di essere la regola in cui i giocattoli usati si buttano. Una nuova dolorosa fitta all'addome la rimportò alla realtà strappandola dai suoi pensieri.


***


"Tu chi saresti?" si sentì domandare dal ragazzo che aveva notato già da inizio corridoio, era seduto su una delle sedie fuori dalle stanze. Propabilmente proprio davanti a quella dove era diretta.

A giudicare dalla descrizione, deve essere Seiya questo. Fu il suo primo pensiero, mentre faceva mente locale su cosa avrebbe dovuto dire a lui. Avevano provato e riprovato decine di volte se non di più a casa.

"Sono una compagna di classe di Michiru, la signora alla reception mi ha detto che potevo tranquillamente passare perché non era nella lista dei nomi" spiegò tranquillamente al moro "Michiru è occupata?"

"No è da sola in camera, ma non è molto di buon umore oggi...non so se accetterà di passare del tempo con te" si sentì rispondere.

Sarà anche un pallone gonfiato, ma è molto carino. E se non fosse per la situazione formerebbero pure una bella coppia lui e Michiru.

"Provo ugualmente, grazie mille per avermi avvisata" si voltò verso la porta col numero che le era stato indicato dalla donna al piano terra. Bussò qualche volta col dorso della mano, per essere sicura di non disturbare. Dall'altra parte del muro però non giunse nessuna risposta.

Forza, nonostante questa gelida accoglienza devi entrare Usagi. Non andrà poi così male dopotutto mal che vada ti sbatte fuori.

Fece pressione sulla maniglia ed entrò nella stanza asettica del polo ospedaliero, poi si girò e chiuse la porta alle sue spalle per avere un minimo di privacy.

Quando la vide, il cuore le aumentò il battito dall'emozione, fin da piccola sperava di incontrarla un giorno e avere tutto il tempo per parlarle. E nonostante lo scontro al suo ultimo concerto le era stato molto utile permettendole di portare a casa l'autografo, l'incontro che aveva da sempre sognato con il suo idolo era molto simile a quello che stava vivendo. Certo, avrebbe voluto un luogo diverso da una camera di ospedale.

Gli occhi blu dell'artista la fissarono, senza capire chi fosse in realtà. Era comprensibile dopo tutto: mica poteva ricordarsi di tutte le persone a cui scriveva dediche e autografi.


***


Fissò la ragazzina che aveva appena varcato la soglia della sua stanza, portava una lunga treccia appoggiata sulla spalla che si allungava fino alle ginocchia coprendole per metà la camicia che indossava. Ad occhio e croce aveva sicuramente due anni in meno di lei, e il viso non le era nuovo.

Provò a far mente locale su dove avrebbe potuto incontrarla, senza ottenere risultati.

"Ciao Michiru, tu sicuramente non ti ricordi di me... ma ci siamo già incontrate..al tuo ultimo concerto sono la ragazzina che hai scontrato nel corridoio..." la sentì parlare con tono basso.

La consapevolezza di chi fosse, fu forte dopo aver udito quelle parole.

E' la sorella di Haruka.

Cercò di moderare lo stupore. Non era certa di essere contenta di quella presenza in camera sua, pensare alla motociclista le faceva troppo male. E avere davanti a lei la sorella, che le somigliava come lineamenti non faceva altro che girare il coltello nella piaga.

"Mi ricordo di te, ho visto anche una tua foto..." si limitò a rispondere, tenendo per se la domanda sul perché fosse li per non sembrare scortese. La osservo arrossire mentre una mano correva alla testa per grattarsi in quello che intuì essere un movimento dettato dal forte imbarazzo.

"Scusami se ti disturbo, e che sai mio fratello era preoccupato..non gli rispondi nemmeno al cellulare, i giornali e le televisioni mantengono lo stretto riservo..."

Fratello. L'attenzione si posò sull'utilizzo di quella parola coniugata al maschile. Possibile che loro non erano ancora stati contattati dai suoi genitori per mettere le cose in chiaro? Le sembrò al quanto improbabile conoscendo di che pasta erano fatti i Kaioh.

"Guarda puoi anche chiamarla sorella, so che è una ragazza. Me lo ha detto il moro che hai sicuramente visto nel corridoio." non riuscì a trattenere una punta di fastidio nel pronunciare quella frase.

"Non so cosa ti ha detto mia sorella, ma credimi lei non lo ha fatto con cattiveria...avrebbe voluto dirtelo ma credo che non abbia trovato il momento giusto e il coraggio necessario per farlo, non la sto difendendo ti capisco bene e si è comportata molto male nei tuoi confronti" alla fine di quella frase le sembrò che Usagi non avesse preso fiato per l'agitazione.

"Non lo metto in dubbio, ma credo che prendere in giro una persona su una questione così importante come può essere la sessualità sia qualcosa di meschino, falso e davvero di cattivo gusto. Oltre al fatto che non hai idea di quanto mi abbia ferita il fatto che mi abbia nascosto una cosa così grande..." non aveva la minima idea del perché si stesse sfogando in quel modo con la bionda. In fondo non ne aveva colpe, ambasciator non porta pena dopo tutto. Forse perché sperava che riferisse tutto alla madre di quelle menzogne? Si probabilmente si.

"Lo so hai ragione...vedi... ti avevo portato questo tablet...è di Haruka.. ha pensato che poteva farti piacere tenerti in contatto con lei..." tirò fuori il dispositivo tecnologico dalla borsa. Un tablet Samsung bianco da sette pollici. "Ha già impostato tutto, devi scrivere a Yui Yosei, sempre se vorrai questo è chiaro" le spiegò.

"Grazie Usagi, ma non credo sia il caso, continuare a sentirla dopo quello che mi ha fatto mi farebbe stare ancora più male. Ho bisogno di tempo per elaborare tutto...ho bisogno di tempo per capire cosa voglio... ho bisogno di tempo per capire se sarà possibile continuare a frequentarla adesso che i miei genitori si sono accorti delle mie fughe durante le loro assenze e hanno cambiato tutto il personale della villa...mi serve tempo per capire se davvero voglio continuare a vederla" tirò un respiro profondo. Dopo quelle parole si sentiva incredibilmente più leggera.

"Capisco... beh io il tablet te lo lascio comunque, se dovessi cambiare idea così potrai scrivere quando vuoi" sorrise, uno di quei sorrisi che trasmettevano allegria al solo guardarli. Era una ragazzina davvero solare, non c'era alcun dubbio "E non so se mia sorella te lo ha detto, ma io sono una tua grande fan, ti ammiro tantissimo e essere qui per me oggi vuol dire realizzare un mio grandissimo desiderio. Certo avrei voluto incontrarti in altre circostanze e non in queste, ma la vita non sempre ti riserva ciò che vorresti..."

La violinista notò un velo di tristezza nello sguardo, come se alla fine della frase fosse riemerso un ricordo che la biondina avrebbe voluto dimenticare.

"Ti ringrazio tanto per i tuoi complimenti" le scappò un sorriso, ed era da giorni che non accadeva.

L'ultima volta ero con lei. L'associazione mentale involontaria le provocò una fitta al cuore.

"Figurati sono meritatissimi, ho un sacco di tuoi concerti di qualche hanno fa registrati su dvd e cassette" esclamò leggermente imbarazzata, gli occhi azzurri fissarono l'orologio. " Scusami ma devo andare adesso, non pensavo fosse diventato così tardi, spero di rivederti presto e magari poter parlare più serenamente" la osservò alzarsi e afferrare la borsa che aveva lasciato sul letto " A presto Michiru!"

"Grazie mille per la visita sei stata molto gentile a venire" le rispose, e in fin dei conti era vero. Anche se era stata mandata da Haruka. Proprio lei, certo che era capace di inventarsene una più del diavolo per continuare a sentirla, senza ombra di dubbio ci teneva davvero tanto a lei. Il punto era capire se anche lei era attratta nello stesso modo o se al contrario si era rotto qualcosa dentro che sarebbe stato irreparabile.


***


Il nervosismo unito alla preoccupazione l'aveva mandata fuori di testa, la notte passata aveva esagerato con l'alcol. Dopo aver spiegato per l'ennesima volta a Usagi come comportarsi in ospedale, era andata nel primo bar che aveva trovato e aveva iniziato a bere forse più del dovuto.

Si era anche divertita a flirtare con qualche bella ragazza presente, avrebbe voluto andare anche oltre per cercare una distrazione alla situazione che stava vivendo. Ci sarebbe anche riuscita se due occhi blu come l'oceano non la tormentassero ogni qualvolta chiudeva i suoi.

Della sua notte brava le rimanevano solamente la nausea e un intenso mal di testa, erano ormai le prime ore del pomeriggio e di li a poco Usagi l'avrebbe raggiunta in casa per aggiornarla.

Aveva paura di ricevere brutte notizie, dopo tutto erano stati annullati tutti i concerti a breve termine della violinista. E non era un segnale positivo.

Si alzò dal letto per recarsi in bagno a darsi una rinfrescata, si spogliò e si infilò nella doccia beandosi dell'acqua fresca che accarezzava le sue forme. Dopo poco si ricoprì di schiuma e cosparse la chioma bionda di shampoo.

Devo essere quanto meno presentabile, se Usagi mi vede in condizioni pessime riferirà a nostra madre e non ho voglia di stare a sentire le solite prediche.

Uscì dalla cabina dopo circa una decina di minuti, successivamente si asciugò togliendo il grosso dell'acqua dai capelli e dal corpo prima di indossare i vestiti puliti che aveva portato con se dalla camera. Pantoloncini corti di cotone neri e maglia abbinata bianca.

Alle sue orecchie giunse il suono del campanello. Respirò profondamente per darsi una calmata, poi uscì dal bagno per andare ad aprire a quella che sapeva essere Usagi. La sua piccola Usagi.

"Come ti senti Haru?" fu la prima cosa che si sentì chiedere, gli occhi azzurri leggermente pensierosi e preoccupati.

"Sono già stata peggio, ma anche meglio... ma pian piano passerà.. vuoi qualcosa da bere? Ho delle brioche in congelatore da mettere nel microonde" sapeva che a quelle non avrebbe mai resistito.

"Latte e brioche se li hai" le rispose entusiasta. L'entusiasmo era una delle cose che la rendeva diversa da lei, sua sorella riusciva a metterlo in ogni cosa che faceva. Anche la più ardua, cosa che per lei non era mai stata così automatica.

" Certo, vieni che così mi racconti com'è andata.." si voltò e si diresse in cucina. Aprì lo sportello inferiore del frigorifero e ne estrasse il pacco di brioche dal quale ne prese due. Dopo aver messo a posto si avvicinò al fornetto e impostò il timer, inserì dentro i dolci per poi dedicarsi a riempire il pentolino per il latte.

"Sei riuscita a incontrarla? Cosa ti ha detto? Sta bene?" chiese poi a brucia pelo dopo essersi seduta sulla sedia di fronte alla sorella.

"Sta abbastanza bene, mi sembra anche che si sia ripresa piuttosto bene... le ho anche lasciato il tablet come avevamo deciso..." non sapeva se dire tutto alla motociclista o omettere il fatto che lei sapesse tutto.

"Ma? Cosa c'è che non va?" dal tono della voce dell'altra intuì che c'era dell'altro e che era indecisa se tenerglielo nascosto o se metterla al corrente.

"Sa che sei una donna Haru.... credo che abbiano fatto delle ricerche su di te...e sa che le hai nascosto la tua sessualità, e credo che non l'abbia presa bene. Ha accettato il tablet ma non mi ha promesso nulla. Non sa se lo utilizzerà per parlarti o meno. Ha detto che bisogno di tempo per capire se ha ancora senso continuare a frequentarti o se è meglio troncare li, hanno cambiato tutto il personale a casa sua e non sa nemmeno quindi se riuscirà ad uscire di nascosto ora che i suoi genitori lo sanno... mi dispiace" mosse la sua mano per afferrare quella dell'altra. Il suo dispiacere era sincero, sperava che adasse molto meglio. Ma non biasimava nemmeno la violinista, anzi la comprendeva a pieno. E sua sorella a far così aveva sbagliato. Non è una verità che si può tener nascosta.

"Non ti preoccupare..alla fine me la sono cercata e voluta questa situazione, avrei dovuto dirle subito la verità come mi avevano suggerito Hotaru e le altre. Suggerimento a cui non ho dato ascolto per codardia. Le avrei detto tutto presto o tardi, solo che non ho mai avuto il coraggio..." deglutì rumorosamente, non voleva piangere davanti a lei. Il suo orgoglio non glielo avrebbe mai permesso.

Sei una testa di cazzo Haruka, sei una fottuta testa di cazzo. Se avessi dato ascolto alle ragazze in questo momento avresti un problema in meno da affrontare. Fottuta testa di cazzo.

"Per quanto riguarda l'avvocato e le indagini che vuoi far fare Mamoru ha trovato qualcuno che è disposto a seguire il tuo caso..credo che stasera massimo domani mattina ti chiama per chiederti quando può prendere appuntamento... Sei davvero sicura di quello che stai facendo?" la sentì dire con apprensione.

"Si Usa-chan sono più che sicura di quello che sto facendo, sono sicurissima che Seiya in tutto questo c'entri qualcosa, devo solamente capire in che modo ha agito e dopo di che sporrò denuncia verso di lui e verso Takeshi. Devo solo provare che si siano sentiti in qualche modo e che la macchina che ci inseguiva era dei suoi compari...non sarà facile vincere un eventuale causa contro i Kaioh ma devo... devo farlo per lei...devo farle capire che mostro ha accanto, non voglio lasciarla li.." la voce gli si spezzò.

"Sorellina, andrà tutto bene vedrai, riuscirai a portare a termine ciò che ti sei prefissata... io credo in te e credo nel fatto che sarà fatta giustizia, la verità verrà a galla ne sono sicura!" La sua piccola dolce Usagi. Si limitò a sorriderle silenziosamente prima di osservarla prendere due tazze e versare dentro il latte caldo. Poi la guardò tirar fuori dal forno anche le brioche.

Alla vista di quelle il suo stomaco brontolò rumorosamente, era dalla sera prima che non toccava cibo e quello era il suo modo di ricordarglielo.


***


19 anni prima. Tokyo


I dolori che le permeavano il corpo erano quasi insopportabili, e dopo ben otto ore di travaglio non aveva più forze. L'avevano portata in sala parto, perché finalmente la dilatazione necessaria era stata raggiunta, ma era talmente sfinita che tra una contrazione e l'altra credeva di potersi addormentare. Una parte di se stessa in realtà voleva ardentemente dormire.

Sua madre era con lei, alla fine aveva scelto di entrare per vedere nascere il suo nipotino.

" Forza spingi, ci vogliono ancora pochissimi sforzi, la testa si vede già non mollare ora" era la ginecologa che la incitava a continuare con le spinte "Alla prossima contrazione spingi il più forte che puoi" la incoraggiò la dottoressa.

"Forza tesoro che tutta questa sofferenza è quasi finita" mormorò la donna che le teneva la mano per infonderle forza e un pizzico di tranquillità.

Ma partorire è così difficile? Così doloroso... non c'è la faccio più. Voglio solo riposare. Aveva il respiro accelerato per lo sforzo. Ma si fece forza per dare le ultime spinte che la dividevano dallo stringere il suo bambino.

"Eccolo che è uscito, sei stata bravissima" a parlare era l'ostretricia. La sua voce fu seguita dopo pochi istanti da un pianto squillante e vivo. Un pianto che la ripagò di tutto il dolore e il patimento di quelle ore, voleva stringerlo forte a se. Voleva abbracciarlo per non lasciarlo mai più.

Dopo lunghi minuti che le sembrarono un'eternità, adagiarono il piccolo fagotto sul suo petto.

"Benvenuto al mondo Seiya" disse dolcemente con gli occhi lucidi per l'emozione .


***


Dopo che Usagi era uscita per tornare a casa, aveva deciso di guardare la televisione sul divano, aveva quindi alzato un pò il climatizzatore per rinfrescare maggiormente la stanza e si era messa comoda con la testa sul cuscino che normalmente sarebbe dovuto essere sul letto. Le sue amiche per fortuna non si erano fatte sentire, non avrebbe avuto nessuna voglia di ascoltarle. Perché in fondo sapeva che loro avevano ragione.

Sul cellulare aveva la finestra di Skype constantemente aperta, nella speranza che Michiru si decidesse a scrivere, anche se era sicura che non sarebbe mai accaduta una cosa del genere.

Era immersa nei suoi pensieri quando improvvisamente sentì suonare al campanello di casa.

Strano non aspetto visite, con Mamoru siamo rimasti d'accordo che ci vediamo domani. Con mamma ci siamo sentite poco dopo cena... Usagi è a casa, e le altre sicuramente non sono.

Il suo istintò le comunicò di stare il più in allerta possibile dopo aver aperto, ma una parte di se stessa a lei sconosciuta premeva per andare ad aprire. E a dirla tutta era curiosa di sapere chi fosse a quell'ora della sera.

Infilò rapidamente i piedi nelle infradito e si diresse verso la porta d'ingresso.

Quando la aprì non ebbe dubbio su chi aveva davanti, avrebbe riconosciuto gli occhi tra mille anche se di persona non li aveva mai visti così da vicino.

E questi cosa vogliono ora? Ci mancava pure la visita del paparino miliardario a difesa della sua candida figlioletta. Devo cercare di mantenere la calma per non peggiorare la situazione, è già troppo complicata così. Ma dopo aver saputo tutto ciò che hanno combinato in passato e continuano a combinare a Michiru...

"Sei Haruka Ten'o giusto?" le domandò l'uomo, la voce autoritaria la fece quasi rabbrividire, e capì al volo come si dovesse sentire la sua violinista ad aver a che fare tutti i giorni con una persona del genere, fin da quando aveva pochi mesi.

"Si sono io, se volete accomodarvi" scelse la via diplomatica, anche se visto il suo carattere era sicuramente la più difficile.

"Molto gentile" fu il commento della donna, che non mascherò una sorta di disprezzo nei confronti suoi e dell'abitazione che con tanta fatica si era guadagnata.

" A cosa devo la vostra visita?" chiese, era inutile girarci intorno, erano sicuramente andati li per parlare di ciò che era successo a Michiru.

"Dritta al punto la ragazza, ammirevole" fu il commento dell'uomo " credo tu abbia capito chi siamo, se così non fosse siamo i genitori di Michiru Kaioh, la ragazza che hai tentato di scopare e che hai spedito in ospedale" fu la risposta dell'uomo.

"Io non ho spedito all'ospedale di proposito nessuno signore, e non era mia intenzione scoparmi sua figlia senza il consenso di Michiru...non sono una bestia come lei crede" ribattè.

Pezzo di merda, ringrazia che per Michi farei qualsiasi cosa, altrimenti non sarei così gentile ed educata.

" Beh mia figlia è ricorverata dopo essere stata in macchina con te, quindi non direi proprio che sia valida la tua versione. Tolto questo siamo venuti qua per chiederti di lasciare in pace nostra figlia, di dimenticarla. In caso contrario saremo costretti a prendere seri provvedimenti, e non garantiamo di far uscire incolume la parte di famiglia che ti resta" continuò l'uomo, senza staccarle gli occhi di dosso " Una ragazza come Michiru non è degna di finire a letto con una sporca lesbica, e per di più venire a vivere in un appartamento così miserabile"

Haruka si limitò ad annuire, cercando di cacciare indietro la rabbia che sentiva ammontarle dentro nel sentire quelle parole. Non potevano farle questo, non potevano minacciarla così. E sopratutto non potevano umiliarla in quel modo.

"Bene signore, se può uscire stavo giusto per andarmene a dormire" mormorò.

"Certo stai tranquilla Haruka, non desideriamo trattenerci in questa topaia a lungo, abbiamo impegni ben più importanti che intrattenere discorsi con una come te" questa volta fu la madre della violinista a parlare. E la bionda per la prima volta tirò un sospiro di sollievo.

"Bene quella è la porta, visto quanto è miserabile questa casa non è necessario che vi accompagni. Vi prego di uscire immediatamente fuori da questa topaia" rispose gelidamente. Doveva parlarne con Mamoru e con l'avvocato che l'avrebbe seguita l'indomani di questa visita di cortesia.

Li osservò avviarsi verso la sua porta di casa senza voltarsi e li osservò anche uscire.

"Andate a fanculo aristocratici bastardi, me la pagherete e quando uscirà fuori la verità sarò io a cantare. Non voi, non quel lecca culo di Seiya, ma io" disse a denti stretti. Presa dalla rabbia afferrò il bicchiere sul tavolino davanti al divano e lo lanciò contro il muro, infrangendolo in mille pezzi.


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Capitolo 19
*** Aggressioni ***


Note dell'autrice: Eccomi qui col capitolo numero 19. Spero che vi piaccia e come sempre se notate qualcosa che non funziona nella sintassi ecc.. fatemi sapere il vostro parere anche in privato. Per chi mi pregava di non lasciare troppo in sospeso per il seguito della storia, posso solo dire che in questa verrà risolto solo una delle due trame stese mentre l'altra sarà il fulcro del seguito. Vi auguro buona lettura.



19 Capitolo: Tornata a casa


Erano passate due settimane da quando Usagi era riuscita a vedere Michiru per darle il tablet e, sebbene avesse Skype sempre aperto, la violinista non si era fatta viva. Sua sorella l'aveva avvisata che ci sarebbe voluto tempo e pazienza, ma così non era troppo? L'attesa era per lei snervante. Odiava non essere padrona del suo futuro, e in quel momento non lo era affatto.

Mi sono cacciata davvero in una bruttissima situazione. Chi me lo ha fatto fare? In fondo la amava e non era una cottarella passeggera. Lo strazio che viveva da settimane al pensiero che fosse finita le aveva dilagnato l'anima.

Fissò la scrivania della segrataria di fronte a se, un'anziana bassa e con qualche taglia in più le sorrise bonariamente. Fin dalla prima visita in quello studio aveva preso in simpatia quella donnina che si occupava di gestire gli appuntamenti dell'avvocato che Mamoru le aveva procurato.

L'arredamento era moderno e sofisticato, sui toni del nero e del metallo. Le sedie in sala di attesa erano ergonomiche e in plexiglass, così da sembrare di vetro. L'archietto che si era occupato della sistemazione dello studio aveva gusto, non c'era ombra di dubbio.

«Haruka vieni pure Yuichiro». Il suo avvocato fece capolino alla porta del suo studio, salutando con un cenno il cliente prima di lei. Il fatto che le dava del tu l'aveva messa subito a suo agio, non le era affatto sembrato uno di quei avvocati spocchiosi ed arroganti, ma tutto il contrario. Si diresse verso la stanza passando affianco all'uomo.

«Ci sono novità? Come mai mi hai chiamata?». Gli chiese, senza preoccuparsi di non dargli del lei, col fatto che era un amico della famiglia di quello che probabilmente sarebbe stato il suo futuro cognato l'aveva categoricamente ripresa sul distacco con cui si era rivolta a lui in sede del primo incontro.

«Si ci sono delle grosse novità, come ti avevo precedentemente accennato la polizia aveva sequestrato le telecamere della banca presente nella via dove si è verificato l'incidente per controllare se in una di quelle rivolte sulla strada era rimasto registrato il vostro passaggio. E la risposta è positiva. Fortuna vuole che la targa dell'altra macchina fosse abbastanza leggibile quindi eccola qua». Le spiegò l'uomo porgendole un foglio con una foto in bianco e nero «Ti dice qualcosa questa targa?»

«Non mi è nuova credo che come pensavo c'entri Takeshi». Rispose, trattenendo la rabbia che quella conferma le fece salire. Non era il luogo più adatto per fare scenate, ma una volta uscita di li avrebbe dato sfogo alle sue emozioni. Era poco ma sicuro.

«Inoltre, sono stato informato dal Maresciallo che proseguiranno le indagini. Il loro obbiettivo è scovare un eventuale mandante, in questi giorni analizzeranno i tabulati telefonici di Takeshi e sentiranno nuovamente la versione di Seiya Kou perché a quanto sembra ci sono alcune cose che non tornano. Le indagini insomma procedono bene. Per il momento ti consiglio di non denunciare i Kaioh per le minacce che ti hanno fatto a casa loro, meglio avere un testimone per farlo» gli spiegò.

«Certo se tu per ora non lo ritieni necessario seguo il tuo consiglio, a me interessa che lascino in pace la mia famiglia. Altrimenti non credo che risponderò delle mie azioni», esclamò a denti stretti.

«Se lo faranno prenderemo immediatamente provvedimenti»

«Bene sono contenta di sentirti dire questo». Concluse lei.

«Appena ho nuove notizie ti aggiorno, preferisco parlartene in studio a voce onde evitare che ti facciano controllare il telefono». Rispose lui. «So come agiscono le famiglie potenti».

«Certamente fai bene, ci vediamo alla prossima allora» . Rispose l'avvocato, congedandola dal suo studio.

Non appena uscì dalla stanza si sentì decisamente più leggera rispetto a prima, salutò la segretaria e si diresse verso l'uscita dello studio. Si era fatto tardi e le rimaneva giusto il tempo per andare a casa di sua madre per cena. Avrebbe rivisto nuovamente Usagi e con molte probabilità anche Mamoru.


***


« Michiru per favore, devi mangiare qualcosa, non puoi fare lo sciopero della fame in eterno». La voce del moro interruppe per l'ennesima volta il flusso dei suoi pensieri. Non gli rispose, da quando era stata dimessa dall'ospedale qualche settimana prima vivere alla villa era stato tutt'altro che semplice. L'appetito già minimo in ospedale, era scomparito completamente. Quella casa per lei era diventata ancor di più una prigione e la presenza di Seiya nei suoi confronti era sempre invadente, come in quel momento per l'appunto.

« E' inutile che mi convinci a mangiare non ho fame, voglio solamente essere lasciata sola...non mi sembra ci sia così tanto da capire ». Gli disse.

«Non puoi continuare ad andare avanti così, tornerai in ospedale in meno di una settimana se non ricominci a mangiare. Pensavo fossi più matura».

Possibile che non capisca che non me ne frega nulla della salute? Non posso più uscire da sola, tutte le persone a cui volevo bene qui dentro sono state licenziate. I nuovi domestici sono peggio dei miei genitori e per lui l'unico problema è il mio appetito.

« Posso sapere quante volte io te lo debba dire? Ti ho già detto che per me mangiare in questo momento non ha importanza, questa casa per me è un inferno, lo era già in passato ma in questo momento lo è ancor di più. La tua presenza mi infastidisce perché anche tu sei la causa di tutto questo». Ripeteva quella frase tutti i giorni. Senza ottenere molti risultati.

«Lo sai che io l'ho fatto per te, per proteggerti Michi. Non meritavi una persona così viscida e falsa al tuo fianco. Capisco il tuo stato d'animo, ma non potevo tener nascosto tutto ai tuoi genitori...come avrei potuto giustificare l'incidente?». La voce pentita di lui arrivò le sue orecchie, spingendola a voltarsi e a osservarlo con gli occhi appena sopra il bordo del lenzuolo.

Il ragazzo sembrava davvero triste, non riuscì a captare nessuna finzione in lui. Forse era stata troppo frettolosa nel giudicarlo in base al suo istinto. In fondo il suo cuore le aveva suggerito di fidarsi ciecamente di Haruka e i risultati erano sotto gli occhi di tutti, giornali compresi.

Probabilmente il suo intuito non funzionava più troppo bene. Gli occhi blu zaffiro lo osservarono avvicinarsi lentamente al letto. Quasi impaurito. Riconobbe a se stessa che in quell'ultimo periodo non lo aveva affatto trattato bene.

Quanto so essere cattiva a volte, alla fine lui non c'entra. La situazione è quasi totalmente colpa mia. I miei genitori hanno ragione, sono stata un irresponsabile a fidarmi di una sconosciuta che mentiva sulla sua identità. Probabilmente era solo interessata ai miei soldi, in fondo non conosco nulla di lei.

Nei pochi attimi liberi aveva avuto l'impulso di prendere il tablet di Usagi, ma la paura di pentirsi di contattare la bionda era forte. Era realmente disposta a sentirla? Ad ascoltare le sue giustificazioni? Non lo sapeva.

«Mangi qualcosina allora? Fallo per me». Il ragazzo le porse il piatto con qualche uramaki con salmone, phidalphia e avocado. Accanto due grossi onigiri, e sulla sinistra dei pezzi di sushi.

«Seiya davvero, non lo faccio per farti un dispetto, il mio stomaco proprio è chiuso. Quando sono giù per qualcosa mi capita molto spesso, passerà». Mormorò lei, cercando di convincere anche se stessa. Perché, prima o poi, doveva passare no?

«Bevo solo un pò di tè con lo zucchero grazie lo stesso per aver pensato a me». Prese dunque la tazza sul vassoio, al tè non riusciva a dire di no. Era più forte di lei, probabilmente era semplicemente drogata di teina. Un pò come suo padre lo era con la caffeina.

«Credo che parlerò con i miei genitori, non riesco a stare a casa e prima di iniziare l'anno scolastico vorrei andare qualche settimana dai nonni almeno cambio aria e può farmi bene». Decise di metterlo al corrente delle sue intenzioni, non sapeva nemmeno lei perchè, ma era l'unico che le si era dimostrato amichevole dalla fine della degenza e in generale. Motociclista a parte.

« Cambiare aria ti aiuterà sicuramente, non credo che i tuoi genitori ti dicano di no». Le rispose.

« Non esserne troppo sicuro. Specie dopo gli ultimi avvenimenti». I suoi occhi blu fissarono la finestra della sua camera, e non potè fare a meno di pensare alle sue fughe di qualche settimana prima.

Chissa cosa stai facendo Haruka. I suoi occhi si inumidirono al pensiero di quei pochi giorni in cui era stata bene, non potè fare a meno di paragonarli alla situazione in cui era ora. Senza la possibilità di rivederla, senza la possibilità di chiarire e molto probabilmente senza la possibilità

«Qualcosa non va?». Seiya era visibilmente preoccupato per il peggioramento improvviso del suo umore.

«Nulla di particolare, comunque vorrei dormire adesso se non ti dispiace, poi dovrei fare anche i compiti e con te in camera non riesco..». Tentò di sviare il discorso. «Quando avrò fatto tutto semmai ti richiamo, tanto non scappo puoi star tranquillo ho solo voglia di tornare a fare le cose che facevo tutto qua.» E in effetti quella era una mezza verità. Voleva veramente ritornare ai suoi hobby, nonostante tutto.

«Come desideri, ma se hai bisogno non esitare a contattarmi mi raccomando ». Concluse, dirigendosi verso la porta. La violinista, tolto il problema del mangiare , aveva reagito bene a tutta quella storia. Fin troppo rispetto a quanto si aspettava in realtà. Sapeva in cuor suo che probabilmente sarebbe stato necessario qualcosa di più che un semplice incidente per farla capitolare, tuttavia non poteva agire senza il consenso dei suoi genitori. Poteva dunque solamente aspettare l'evolversi degli eventi, nella speranza di riuscire prima o poi a raggiungere il suo vero scopo.


***


Sua mamma aveva preparato un'ottima cena, in tavola erano state servite tutti i piatti che lei, Mamoru e Haruka preferivano. E nonostante il grande numero erano stati tutti spazzolati via.

Da grande spero di imparare a cucinare come lei, così da poter fare tutti i manicaretti migliori al mio Mamo-chan. Fu il suo pensiero mentre stringeva più forte la mano di lui nella sua.

«Qualcosa non va Usagi? ». Le chiese lui.

« No pensavo solamente che spero di imparare a cucinare bene come mia mamma così quando andremo a vivere insieme ti faccio tante cose buone da mangiare». Lo guardò dolcemente, avevano deciso di fare una passeggiata dopo cena, ed erano dunque sul lungo mare a godersi l'aria tranquilla di fine estate. Il mare era calmo e soffiava una leggera brezza marina.

« Sono sicuro che diventerai bravissima, ci vogliono solamente pazienza e dedizione. Ma sono sicura che riuscirai piccola». La rassicurò lui, l'aveva amata fin dal primo momento. Aveva capito subito che era destinato a lei e non era riuscito più a farsela scappare. Nonostante fosse più piccola di lui non gli importava, e a quanto gli sembrava non importava nemmeno a sua suocera e a sua cognata. Lo avevano accolto tutti bene in famiglia.

Ti amo tanto Usagi, non so come farei se ti succedesse qualcosa.

« Credo che sia ora di tornare a casa, si è fatto tardi e io domani ho lezione molto presto, se dormo tardi non riuscirò ad essere molto attivo». Le disse. Fosse stato per lui avrebbe passato l'eternità con lei.

« Hai ragione Mamo, io anche devo svegliarmi presto domani, meglio se andiamo così anche mia mamma non si preoccupa troppo. Ha già tanti pensieri per mia sorella poverina. Sai lei è tanto apprensiva, si spaventa per nulla, non ha ancora superato la morte di papà completamente e la minima cosa la ansia parecchio.»

Non lo ammise, ma anche lei era molto preoccupata. Se erano veri i sospetti di Haruka, significava che c'era qualcuno che era disposto a uccidere delle persone nella sua stessa città. E se volevano farla pagare a sua sorella, potevano arrivare­ anche a loro. Un brivido le percorse la schiena al solo pensiero.

« Come è giusto che sia, vostra madre vi vuole molto bene voi due siete la sua forza per andare avanti ogni singolo giorno. Ha avuto voi fin dall'inizio e questo l'ha aiutata molto. Continuerete a farlo sempre, anche se un giorno adrete entrambe via di casa. Hai freddo amore che hai i brividi?». Le chiese apprensivo « Sono sicura che vostro padre e vostro fratello sono orgogliosi di voi ovunque siano in questo momento ».

«No sto benissimo, ho solo tanti pensieri». Sorrise.

«Mi sa che è meglio tornare a casa, altrimenti tua mamma penserà che ti ho rapita, inizia a farsi tardi. E visti i problemi che ci sono meglio non farla impensierire più del dovuto». Propose lui, l'avrebbe accompagnata quasi a casa in modo da essere sicuro che nessuno le facesse nulla. In cuor suo sperava di trovare un posto dove fermarsi proprio davanti al palazzo, ma spesso era tutto occupato. Motivo per il quale Usagi era costretta a fare duecento metri a piedi prima di entrare nel giardino seguiti dalla distanza per raggiungere il portone.

«Hai ragione, anche se starei con te per ore». Fu la risposta di lei.


***


Sua sorella e il fidanzato erano usciti ormai da due ore. Lei aveva deciso di far compagnia a sua mamma fino a quando la ragazzina non fosse tornata a casa. In modo da rassicurarla se avesse ritardato. In fondo anche lei sentiva che era giusto così, probabilmente quella notte si sarebbe fermata li a dormire, non era esattamente dell'umore giusto per rientrare a casa e stare da sola fino al giorno dopo.

«Ci sono aggiornamenti per l'incidente?». Le chiese la madre.

«No mamma, niente di significativo stanno ancora indagando ma l'avvocato è abbastanza ottimista. Io mi fido di lui quindi non mi preoccuperei eccessivamente si vede bene che sa il fatto suo». Mormorò. Per lei il problema principale era un altro: non aver ancora sentito Michiru per cercare di chiarire la sua posizione per quanto delicata essa fosse, tutti quei giorni senza sentirla la stavano sfinendo.

«Hai avuto notizie di quella ragazza che era con te in macchina? Sta bene?». Fu la seconda domanda della madre. I telegiornali avevano solamente annunciato che per gravi motivi i concerti fino a Ottobre erano annullati in seguito erano stati comunicati gli estremi per il rimborso, ma nessuno aveva lasciato trapelare le motivazioni.

«Ne so quanto te, lei non mi ha più contattata... ha saputo che sono una ragazza per mezzo di terze persone e io non avevo ancora trovato il coraggio necessario per dirle la verità». Mormorò afflitta. «Le ragazze mi avevano avvisata di dirglielo il prima possibile, e io davvero volevo dirglielo perché era giusto, ma non si è mai creata l'occasione. Avevo troppa paura della sua reazione. E alla fine ho azzeccato, sono due settimane che non si fa sentire e so per certo che sta bene».

«Probabilmente ha solo bisogno di più tempo Haruka, cerca di capirla. Per me è normale vederti uscire con ragazze. Per tua sorella pure. Molto probabilmente lei ha sempre frequentato ragazzi senza ottenere particolarmente risultati oppure non è mai uscita con un possibile fidanzato. Arrivi tu che sei cotta, probabilmente rientri anche nei suoi gusti personali e poi alla fine scopre che sei una donna. Sarà confusa, si sentirà presa in giro da te perché lo ha saputo da un'altra persona e non ha potuto sentirselo dire dalla diretta interessata. Dai tempo al tempo figlia mia, vedrai che presto o tardi le cose si sistemeranno». Vedere sua figlia più grande così abbattuta per lei era insopportabile. La sua bambina era lo spettro di se stessa in quel momento. Il tormento era chiaro negli occhi verdi di lei, tuttavia sapeva che oltre a consolarla non poteva fare altro. Doveva uscire da sola da questa delusione amorosa, costi quel che costi. E lei sarebbe stata sempre li pronta a sostenerla in ogni battaglia personale e non.

«Hai ragione mamma. Ormai il latte è stato versato e non posso fare diversamente, anche se mi sto pentendo di qualsiasi cosa. Se sapevo che sarebbe andata a finire così le avrei detto tutto fin dal primo istante credimi io...». La voce le morì in gola. Non aveva altre parole da spendere, ormai tutto ciò che poteva dire lo aveva esposto. Inutilmente. Doveva solo aspettare di sentire il suo avvocato.

La sua attenzione fu catturata dal cellulare che vibrava. Gli occhi corsero a guardare l'orologio più vicino.

Chi può essere a quest'ora?. La sua mente produsse solo una risposte per quanto improbabile fosse. Si alzò dal divano per raggiungere lo smartphone sul quale vide scritto anonimo. Questo voleva dire che sicuramente non era sua sorella. Non era nemmeno Michiru perchè non le sembrava il tipo. Ma allora chi poteva essere?


***


«Amore ti scrivo quando arrivo a casa, così ci diamo la buona notte». Mamoru si fermò nel primo spazio grande abbastanza per accostare con la sua macchina. Come sempre fin troppo lontano dal cancello della palazzina della fidanzata.

«Aspetto un tuo messaggio allora». Mormorò la biondina aprendo lo sportello del mezzo. Si protese dunque verso il guidatore per un bacio sulle labbra. «Mi manchi già sappilo». Prese la borsa che aveva appoggiato in terra tra i piedi e uscì attraversando la strada per raggiungere il marciapiede approfittando del fatto che la strada era totalmente deserta.

Accelerò leggermente il passo mossa da un'improvvisa inquietudine dalla motivazione all'apparenza sconosciuta.

E' meglio che mi sbrigo, ho una strana sensazione...come se io non fossi sola stasera. Accelerò il passo, mentre il bruno le passava vicino in macchina. Lo vide scomparire in fondo alla strada proprio nell'esatto momento in cui varcò il cancello per entrare nel giardino del palazzo. Uno dei lampioni che lo illuminavano era fulminato ormai da qualche giorno, così gran parte dello spiazzo era immerso nella semi oscurità. Si diresse dunque verso il portone fermandosi accanto ad esso per tirare fuori le chiavi di casa. Un rumore improvviso la fece voltare allarmata.

Usagi non essere sciocca, sarà sicuramente un gatto o un cane che si è introfulato dal cancello. Pensò, mentre rovistava alla ricerca delle chiavi.

Fu questioni secondi e si ritrovò in terra senza capirne la causa. Subito dopo sentì una presa forte appartenente a un uomo muscoloso afferlarla per tirarla su.

Nel suo campo visivo comparve una seconda persona, il volto furbamente incapucciato per non farsi riconoscere, solo un tatuaggio a forma di croce celtica sul collo faceva bella mostra di se poco lontana dallo spasmo muscolare.

«Ma guarda, guarda che bel bocconcino che abbiamo qui. Averlo saputo prima non facevo tutte quelle resistenze quando ci hanno contattato». Disse egli. L'alito di menta misto a una leggera nota alcolica.

«Lasciatemi andare cosa volete da me?». Esclamò lei, l'ultima cosa da fare era far vedere che aveva paura di loro.

«Oh da te non vogliamo niente, forse solo una bella scopata per godere un pò come si deve». I denti bianchi brillarono alla luna grazie al ghigno «Tuttavia anche se ci piacerebbe scoparti non è il motivo per cui siamo qua». Il tipo davanti a lei fece un cenno muto al compare.

Usagi sentì immediatamente una fitta acuta alla gamba, che la costrinse ad abbassarsi, prima di ricevere un secondo calcio questa volta all'altezza del fianco. Un gemito le sfuggì sommessamente. Il respiro corto per la paura. Avrebbe voluto reagire, ma non sapeva come potevano difendersi. Avrebbe potuto urlare, ma avrebbero potuto ammazzarla per quello.

Un terzo colpo, poi un quarto e un quinto si abbatterono su di lei. Seguiti da un numero imprecisato di percosse ai suoi occhi gratuiti.

Non ebbe idea di quanto durò quel trattamento. Realizzò solo il gusto del sangue sulle labbra dopo uno schiaffo in pieno viso, e una serie di dolori al minimo muscolo contratto.

«Bene possiamo anche chiamare la destinataria di questo bel lavoretto». A parlare era sempre il solito dei due, lo vide vagamente prendere il telefono, rimanendo immobile per evitare di spronarli a colpirla ancora.

Ora è tutto chiaro, tutto questo è per Haruka. Quei poveri vigliacchi hanno colpito me perchè sanno quanto le possa far male tutto questo. La cattiveria di chi aveva di fronte la ferì ancor di più che i colpi che le avevano inferto, lacrime amare le iniziarono a scorrere sulle guance.

«Puttanella non piangere, che te ne arrivano il triplo. Quella sporca lesbica così impara a infilarsi in cose più grandi di lei». Sibilò l'uomo che inizialmente l'aveva tenuta da dietro.

I suoi timori erano giusti quindi, avevano massacrato di botte lei, per arrivare alla sorella. Potevano centrare solamente due persone con quei due loschi individui.

«Pronto? Parlo con Haruka Tenou?».


***


La voce che le colpì il timpano le sembrò a metà tra il conosciuto e l'ignoto. Aveva come la sensazione che non le fosse nuova. Ma non seppe collegarla a qualche viso a lei conosciuto. Sicuro però che quella voce cercasse lei.

«Si sono io, chi parla?». Chiese incuriosita. Chi poteva cercarla a quest'ora? Per di più mantenendo il numero anonimo. Non prometteva niente di buono.

Spero solo che non c'entri Usagi altrimenti fanculo al buon senso: pianto un casino. Se le hanno fatto del male per arrivare a me giuro sulla mia stessa vita che non la passeranno liscia.

«Non ha importanza. Scendi nel portone, c'è un regalo per te, la tua sorellina ti sta aspettando ed è impaziente di vederti».

Usagi... No Usagi no!! Brutto bastardo!

«NO! USAGI NO! Che cosa le avete fatto?? » l'urlo strozzato che le uscì dalla gola non passò innoservato a sua madre che si voltò allarmata. L'unica risposta che ottenne è la chiusura della comunicazione.

«Che succede??». Domandò immediatamente la donna.

Gli occhi verdi la fissarono quasi smarriti, prima di realizzare che la ragazzina era giù nel portone chissà in quali condizioni.

Le spiegazioni dopo, devo andare da lei. Devo vedere come sta. La mia Usagi.A sua madre rivolse solo una muta risposta, prima di precipitarsi correndo verso la porta di casa, per poi prendere l'ascensore.

Doveva contenere la rabbia, doveva cercare di rimanere lucida perché anche in quell'occasione era lei ad avere l'obbligo di essere forte, di rappresentare un porto sicuro per la ragazza che andava a salvare. Rischiava, poteva essere una trappola e non esserci nessuno se non loro pronti a fare una rissa. Ma non poteva rischiare di lasciarla in balia di quella feccia.

I minuti in ascensore le sembrarono eterni.

Quando cazzo ti fermi al piano terra. Quando! Sei un ascensore di merda sappilo.

Fu il suo pensiero, il pugno contratto e tremante dalla rabbia.

Quando l'ascensore si aprì inizialmente scorse solo l'atrio vuoto. Solo in un secondo momento vide lei sdraiata in posizione fetale fuori. Si diresse il più piano possibile. Col cuore in gola, mentre qualcuno chiamava nuovamente l'ascensore su.


***


Sentì nuovamente dei passi che si avvicinavano a lei, ma non riuscì a capire da dove provenissero. Sopratutto da chi. Erano forse di nuovo tornati i suoi aguzzini? La presenza si abbassò verso il basso e la sfiorò.

«Non toccarmi!! Per favo..». Le parole le morirono in gola, inglobate da un singhiozzo che le scosse le spalle provocandole un enorme fitta.

«Usagi sono io... sono io Haruka...». Sentì una voce a lei familiare, prima di avvertire le mani della sorella che l'afferrarono per metterla dolcemente a sedere.

Non appena i suoi occhi celesti incontrarono quelli verdi dell'altra le lacrime incominciarono a scorrere copiose, infermabili come un fiume in piena. Improvvisamente il dolore muscolare e non solo passò in secondo piano. Improvvisamente non contavano più le probabile fratture. In quel momento l'unica cosa che le importava e rimanere tra le braccia di una persona che l'amava. «Piccola.. è tutto finito... è tutto finito, non ti faranno più del male te lo prometto. Piangi quanto vuoi tesoro vedrai che starai meglio dopo...». La sentì mormorare al suo orecchio.

«E' stato terribile Haru.. volevo urlare...volevo farmi sentire, scappare.. ma la paura è stata più forte... ho avuto tanta paura...io ...io...». Non riuscì a terminare la frase. «Ho avuto paura di non rivederti più...di non rivedere più la mamma...». Anche se era durata pochissimo la violenza, aveva avuto seriamente paura di morire, e non voleva arrecare loro ancora dolore. Non voleva arrecarlo al suo Mamo-chan.

«Lo so Usagi, ci sono io qui con te...ti prometto che non ti faranno più del male..» la consolò. Dei passi femminili rimbombarono nel portone. Passi femminili che erano familiari a entrambe. Camminata che si trasformò in una breve corsa verso di loro.

«Oh santo cielo, Usagi che cosa ti hanno fatto?». L'allarmismo di sua madre era quasi palpabile. «Devo chiamare un ambulanza, meglio se ti portiamo in ospedale». Percepì il tono professionale, per qualche strano motivo la donna che l'aveva messa al mondo si era trasformata nella dottoressa responsabile di un intero reparto nonostante l'età relativamente giovane.

«Mamma, non è il caso di chiamare subito l'ambulanza, dalle il tempo di calmarsi prima, poi la chiamiamo. Credimi è meglio così..magari non c'è nemmeno bisogno di chiamare l'ospedale ora vediamo quando si alza se ha qualcosa di rotto...». Furono le parole della motociclista.

Si sentì improvvisamente un pò meglio, di andare in ospedale non aveva proprio voglia: voleva solamente tornare a casa. Stare con loro due e con ....Mamoru.

«Posso..posso chiamare Mamoru?». Mormorò tirando su col naso. «Può...può dormire da noi?».

«Certo che si, dormiremo tutti qui stanotte.. al massimo io dormo sul divano..così lui dorme nel mio letto e state insieme...». Le rispose la sorella.

A quella concessione, mosse appena la testa sollevandosi dal petto di lei. Rivelando agli occhi delle altre due un labbro decisamente gonfio e una parte del viso leggermente più scura. Sulle gambe facevano la loro apparizione diversi lividi.

«Riesci ad alzarti Usagi?». Chiese la dottoressa, prima di provare a farla alzare. Movimento che rivelò al trio l'impossibilità della ragazza di poggiare il piede destro.

Questa me la pagate fottuti aristocratici, sapete solo mandare sti pezzi di merda così da uscirne puliti. Io vi rovino.



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Capitolo 20
*** Midnight Moon ***


Note dell'autore: Scusatemi tanto per il ritardo, come ho anticipato oggi sulla pagina FB ero convinta di aver pubblicato l'ultimo capitolo il 27/28 Aprile non il 16 dello stesso mese, e quindi mi sono messa a scrivere questo con molto ritardo. E questi sono i risultati, ammetto che non ho riletto nulla, quindi siate clementi se trovate qualcosa che non va segnalate che la correggo.  Prossimi giorni pubblicherò una one-shot a quattro mani scritta in collaborazione con il mio ragazzo. E ci terrei a ricevere un parere anche li. Non la pubblico su questo account ma su un altro: Arwen297_Matath . 

Vi segnalo inoltre la mia pagina FB: Arwen297 EFP 

Il gruppo FB di questo fandom:  ~ Noi, del Fandom Sailor Moon su EFP ~

20^Capitolo: Midnight Moon.


Sua madre aveva insistito e alla fine sia lei che Mamoru avevano acconsentito a telefonare al prontosoccorso per richiedere  l'ambulanza. Aveva ritenuto opportuno chiamare anche il capo della polizia che stava indagando sull'incidente e le cause. Era infatti sicura che l'aggressione avrebbe aiutato le indagini.

Mamoru aveva acconsentito ad accompagnarla in ospedale, in modo da stare vicini ad Usagi fino a quando ce ne sarebbe stato bisogno. Sua madre lo aveva seguito a ruota perché era ben decisa a far accompagnare la figlia nell'ospedale in cui ella stessa lavorava.

Lei invece era rimasta a casa ad aspettare la polizia per esporre la sua versione dei fatti, in seguito avrebbero chiesto la propria a tutti gli interessati. Mamoru compreso.

Inizialmente si era arrabbiata notevolmente con il moro, in parte era anche colpa sua se la sorella era stata aggredita: averla lasciata lontana da casa a causa dei posteggi dell'auto era stata un'idea avventata.

Poi però la rabbia aveva lasciato spazio alla consapevolezza che sarebbe potuta andare molto peggio, e non se lo sarebbe mai perdonata. Iniziava a pensare di essere portatrice di una maledizione, tutte le persone che amava venivano messe in grave pericolo di vita o la perdavano direttamente senza possibilità di scampo.

L'esposizione della sua versione dei fatti era durata circa un'ora, durante la quale altri poliziotti avevano setacciato accuratamente il giardino del palazzo alla ricerca di qualche indizio. Il suo avvocato lo avrebbe messo al corrente il mattino seguente, non le sembrava opportuno disturbarlo a quell'ora della notte; e poi non vedeva l'ora di sapere come stava Usagi. Da li a momenti sarebbero tornati sicuramente a casa: il fatto che la madre fosse andata con lei aveva aiutato a saltare la fila al pronto-soccorso.

Per ammazzare il tempo che sembrava aver deciso di rallentare, decise di scrivere a Setsuna, per aggiornarla su ciò che era successo. Doveva avvertire tutte le sue amiche di stare attente: se erano arrivati a sua sorella pur di farla desistere dalle indagini potevano arrivare a loro solo per il gusto di ferirla in un batter di ciglia.

"Sets sei sveglia?"

Scelse di scrivere su Whatsapp, l'ultimo accesso dell'amica era relativamente recente e questo la fece sperare che la bruna fosse ancora sveglia. Aveva bisogno di parlarne con qualcuno, Michiru sarebbe stata la cosa migliore ma la situazione non lo permetteva. Eppoi, per quanto poteva saperne, lei magari era a conoscenza di cosa stavano facendo i suoi genitori ed era anche d'accordo. Ecco spiegato perché non si era fatta sentire ne niente...molto probabilmente non era interessata a chiarire. Dopo tutto a una ragazza come la violinista cosa poteva fregargliene di chiarire con una proveniente dal ceto medio basso? Praticamente zero. Era stata una sciocca a credere in chissà che cosa, in chissà quale romanzo a lieto fine. Tra di loro fin dall'inizio non sarebbe potuto esserci niente, le sue amiche avevano avuto ragione a dirle di lasciare perdere la Kaioh. Ma lei con la sua solita testa di cazzo si era rifiutata categoricamente di dare loro retta. E quelli erano i risultati.

Che testa di cazzo che sono, non è una novità ma non pensavo di esserlo così tanto.

Il telefono vibrò sul divano. L'anteprima rivelava che era proprio Setsuna ad averle scritto.

"Ciao Ruka, successo qualcosa?"

" Si, Usagi è in ospedale, i soliti hanno mandato qualcuno appositamente per farle del male come atto intimidatorio. Sono nera, ho bisogno di parlarne con qualcuno scusa se ti scrivo a quest'ora della notte. Ho una rabbia cazzo, che non puoi capire. Quei maledetti!"

"Cosa??? Ma come è stato possibile? Come sta ora? Vuoi che vengo da te?"

" E' in ospedale con Mamoru e mia madre, io sono rimasta perché ho chiamato la polizia e ho dovuto esporre la mia versione dei fatti. Io sono a casa di mia madre ora, ho cenato da lei stasera. Dio Sets, se le succedeva qualcosa li avrei ammazzati con le mie stesse mani"

Le mani le tremarono per la rabbia, al solo pensiero. Una lacrima le rigò la guancia.

Cazzo, piangere ora no!! Non serve a un cazzo piangere come le bambine di cinque anni Haruka. Smettila immediatamente.

La mano destra si avvicinò al viso per asciugarlo, in un gesto carico di nervosismo e tensione.

"Calmati adesso, sei arrabbiata è normale che dici così, come hai intenzione di agire ora? Non sarebbe il caso di piantare li tutto? Non vorrei che diventasse troppo pericolosa la faccenda"

"Domani mattina chiamo il mio avvocato, e intanto chiedo a quello che sai tu di farmi sapere qualcosa, poi decido come agire. Grazie Sets, sono arrivati ci sentiamo domani buona notte"

La chiave girò nella serratura, e dopo qualche istante vide la porta di casa aprirsi per fare spazio a sua madre seguita dai due ragazzi. Scattò immediatamente in piedi, cercando di nascondere le lacrime di pochissimi istanti prima.

«Come stai Usa-chan?». Chiese. Spostando lo sguardo sulla ragazzina.

«Non ha nulla di rotto, la caviglia è solamente slogata e hanno dovuto mettere una fasciatura per farla andare a posto bene. Per il resto sono solo tanti lividi che passeranno con il tempo ma nel frattempo deve rimanere a casa. Altrimenti i professori chissà che idee mal sane si fanno, e far sapere in giro la verità credo che sia poco opportuno». Fu la donna a risponderle. «Mamoru per stanotte dorme qua per far compagnia a tua sorella, quindi apri pure il divano letto che tu dormi li».

«Bene, sono più sollevata...per il dormire non c'è alcun problema, e nemmeno per la scuola credo».

«La polizia cosa ha detto a proposito? Sono riusciti a scoprire qualcosa?». Chiese a quel punto Mamoru.

«No non ancora, quei vigliacchi non hanno lasciato indizi, nei prossimi giorni torneranno per sentire la vostra versione dei fatti. E mi hanno chiesto di dirti...». Si rivolse alla sorella. «Di far mente locale su quanto accaduto e pensare a un qualsiasi particolare che può essere di aiuto alle indagini per bloccare questi folli».

«Ho notato solamente un tatuaggio che spuntava sul collo di uno dei due però non so dire con certezza che forma avesse». Rispose triste. «Non so quanto possa essere utile tutto ciò».

«Può essere utilissimo credimi Usako, ne so qualcosa. Basta un minimo particolare per incolpare o scagionare una persona dalle accuse quindi tutto ciò che ti ricordi di aver notato dillo. Saranno poi le forze dell'ordine a scegliere le più importanti», le spiegò gentilmente Mamoru.

« Coloro che ti hanno ridotta così devono solamente pregare di non trovarsi mai sui miei passi, altrimenti sarà l'ultima alba che vedono». Il suo tono era arrabbiato, non avrebbe mai permesso a quella feccia di rimanere sulla faccia della Terra se ne avesse avuto l'occasione.

«Haruka, non dire ste sciocchezze credo che hai già combinato abbastanza guai non credi??». La riprese la madre, fulminandola con gli occhi. «Credo che sia già abbastanza quello che stiamo subendo a causa di questa storia senza aggiungere legna da ardere. Tua sorella non c'entra assolutamente nulla. Eppure sono arrivati anche a lei, io spero vivamente che sporrai denuncia contro i Kaioh».

«Mamma devo sentire l'avvocato prima di muovermi e non mi sembra il caso di chiamarlo a quest'ora della notte, domani sarà la prima cosa che avrò premura di fare. E credo in ogni caso che tu stia esagerando». Si buona parte della colpa era sua, ma non poteva sapere che quella sera di qualche settimana prima sarebbe finita con l'incidente. I suoi piani erano totalmente diversi e decisamente migliori, per entrambe. Sopratutto non ci sarebbero stati tutti quei problemi, Michiru non sarebbe stata scoperta, e probabilmente sarebbero riuscite ancora a frequentarsi di nascosto.

«Esagerando?? Ti rendi conto che tua sorella poteva non esserci più stanotte? Poteva finire malissimo, e tutto per cosa? Perché ti sei innamorata di Michiru, di tutte le ragazze che potevi trovare proprio di lei ». Tornò all'attacco sua madre.

«Al cuore non si comanda!! Dovresti saperlo, tu papà lo amavi non lo hai sicuramente scelto al mercato». Possibile che doveva essere colpa sua di tutto?

«Al cuore si comanda si, non sei una bestia. Sai cosa puoi fare e cosa non puoi fare, ora anche Usagi a causa tua poteva perdere la vita. E' già morto tuo fratello perché ti sei inzuccata a fare una cosa. Credo sia già abbastanza». Non sapeva cosa la spingeva a parlare in quel modo, forse la paura provata; forse il brutto presentimento che le aveva atanagliato le viscere quando il cellulare poche ore prima era suonato. Oppure l'istinto materno, quello di una donna che ha già sofferto troppo per le perdite di suo marito e di un figlio. O semplicemente stava scaricando l'ansia accumolata da quando tutta quella storia era iniziata.

Haruka rimase qualche istante in silenzio, le accuse di sua madre l'avevano colpita nel profondo, un nodo le si era formato in gola. Harumoto non era morto per colpa sua, no che non lo era.

«Tuo figlio non è morto per colpa mia, è morto perché ha voluto fermarsi ancora dopo la mia decisione di tornare!!! Cazzo non ti permettere di dire che lui non è qui stasera a causa mia, non inventarti stronzate!! Ho cambiato la mia vita e ho soffocato i miei sogni per cercare di portare avanti questa merda di famiglia. E questo è il ringraziamento per fare i salti mortali per piazzarmi sempre al meglio nelle gare?? ». Le urlò in faccia, e non gliene fregava un cazzo se sua madre si fosse offesa a quelle parole. Tanto meno se l'avrebbe fatta sentire in colpa.

«Haru... Mamma... non litigate dobbiamo stare uniti, non è colpa di nessuno se lui non c'è più è il destino». Si intromise Usagi mortificata da ciò che stava succedendo. Non aveva mai sopportato le liti in famiglia, fin da quando era più piccola. Vedere le persone che amava non andare d'accordo tra loro la torturava. Era per lei logorante.

«Vai a fan culo Usagi!! Andate a fan culo tutti». Urlò nuovamente la motociclista, poi prese la giacca e uscì dall'appartamento sbattendo la porta appositamente: sapeva che sua madre odiava quel gesto. Doveva andarsene via da quella casa, si sentiva soffocare, non aveva voglia di andare a casa sua. Le rimaneva quindi solo un opzione da vagliare.

Prese il cellulare dalla tasca dei jeans, compose il numero che sapeva a memoria cercando di calmare il ritmo del respiro. La sua speranza e che non si fosse ancora addormentata e che potesse ospitarla anche solo sul divano.

«Pronto, dimmi Ruka ». La voce della bruna interruppe il silenzio.

«Scusami Sets, spero tu non stia dormendo, posso venire da te a dormire? Ho bisogno di passare del tempo con qualcuno che non mi giudichi. Non voglio tornare a casa stasera e ho litigato con mia madre». Le disse, mentre raggiungeva la sua moto per aprire la sella all'interno del quale erano custoditi due caschi.

«Beh, alle quattro di notte credo sia normale, ma comunque non riuscivo a dormire, ti aspetto quando vuoi vieni». Rispose la ragazza, in fin dei conti gli amici servono nel momento del bisogno e non poteva certamente farla dormire per strada. Cosa che Ten'o non avrebbe mai avuto problemi a compiere, conoscendola.

«Arrivo subito, la strada e vuota credo che in una decina di minuti sarò li». Rispose prima di chiudere la conversazione. Dopo di che chiuse il cellulare nella sella, chiuse la giacca in pelle nera e si fissò il casco in testa.

Girò la chiave del motore e partì con un rombo per allontarsi sempre di più dal palazzo tanto odiato.


***


I suoi genitori avevano accosentito a farla andare in vacanza dai nonni per farle staccare la spina da tutti gli avvenimenti che l'avevano colpita nelle settimane precedenti. Avevano però insistito affinché Seiya andasse con lei: era una questione di rispetto ed educazione visto che era loro ospite. Si era immediatamente pricipitata in camera per preparare le valigie con tutto il necessario per rimanere li fino all'inizio del nuovo anno scolastico. Così in quel momento era in viaggio gia da quasi due ore, diretta alla villa dei suoi nonni paterni. Tra i nonni erano i suoi preferiti, gli altri erano lontani e li sentiva solamente per telefono. Eppoi avevano un maneggio privato nel giardino di loro proprietà, molto ampio. Che non aveva niente a vedere con i giardinetti a cui era abituata in città.

Al maneggio c'era il suo cavallo, nero come la notte, per questo lo aveva chiamato Moonless Night, era nato lo stesso anno in cui era nata lei. Erano cresciuti praticamente insieme, e cinque anni prima i suoi nonni le avevano detto che era il momento di montarlo senza alcuna paura. E nonostante il temperamento giovane e focoso, l'animale non le aveva mai causato cadute o ferite. Erano stati affiatati fin dal primo momento che era salito in sella per prepararsi a qualche gara. Per la felicità non aveva mangiato niente per l'ennesima volta, ma sperava in un certo senso di recuperare sul quel fronte una volta arrivata. Sempre che il suo stomaco glielo avesse permesso. Era sola dietro, e non poteva che essere più grata di ciò.

Il bruno aveva deciso di sedersi davanti per parlare all'occorrenza con l'autista, gli era sembrata la cosa migliore dopo aver constatato in casa che la ragazza non aveva voglia di parlare con lui. Affrontare un viaggio in totale silenzio non faceva per lui.

«Signorina è sveglia? Siamo quasi arrivati». La voce del loro autista interruppe i suoi pensieri, spingendola a incrociare i suoi occhi blu con quelli del guidatore nello specchietto retrovisore.

«Certo che lo sono, non mi sono mai addormentata». Rispose, aveva già dormito decisamente troppo i giorni scorsi per far si che il tempo passasse velocemente. Avrebbe dovuto affrontarli i suoi problemi, ma debole com'era non riusciva. O forse era più comodo scappare, non farsi più sentire e sparire totalmente. Come del resto era abitudine di chi faceva parte dell'alta società.

Alla fine si sarebbe comportata proprio come quelle persone che aveva da sempre odiato, per quanto si sforzasse di essere diversa lei era esattamente uguale a loro. Per quanto volesse sfuggire al destino che le era stato donato alla nascita, non poteva cancellare ciò che era. Lei era l'ultima discendente dei Kaioh e che le piacesse o no doveva rispettare tantissime cose. Avvertì la macchina girare improvvisamente a destra, e il suo campo visivo entrarono le colonne che sorreggevano i cancelli della tenuta dei suoi nonni. I prati verdi nonostante l'estate inoltrata erano indice di grande cura da parte dei giardinieri.

La villa dove abitavano gli anziani signori era in vecchio stile, quasi barocco. Vedere tutti i decori presenti sulla facciata l'aveva sempre affascinata parecchio, fin da piccola.

Guardò l'edificio avvicinarsi sempre più fino a quando la macchina si fermò nello spiazzo antistante all'ingresso, sulla porta di casa potè scorgere la figura dei due proprietari sorridenti. Loro si che erano felici di vederla!

«Lasciate pure i bagagli in macchina, provvederò io tra un attimo a portarli in casa». Esclamò l'autista spegnendo la macchina.

Lei lo udì appena, intenta com'era a raggiungere i suoi nonni preferiti, udì una velata risposta di Seiya che le sembrò ringraziare l'uomo che li aveva accompagnati fin li.

«Nonno, nonna». Disse, non appena fu vicina ai due anziani, prima di baciare le guance di entrambi. Li era come una seconda casa, forse era addirittura l'unico posto che poteva definire casa.

Be, forse l'unico esclusa la casa di Haruka. Fu il suo pensiero improvviso, che scacciò immediatamente: non poteva farsi influenzare dalla situazione. Non aveva voglia di nascondere il magone per evitare le domande che le avrebbero fatto sicuramente.

«Vi presento Seiya». Disse poi, non appena furono raggiunti dal moro.

«Piacere di conoscervi signori, grazie dell'ospitalità». Disse. Doveva fare la più buona figura possibile, per non destare sospetti.

«Figurati caro, gli amici di nostra nipote sono sempre i benvenuti». Fu la risposta cordiale della donna.

«Cara, tu come stai?» chiese dunque Hoshi, suo nonno. Un ometto basso di settantanni con gli occhi ancora vivaci di chi si sente giovane dentro, nonostante gli acciacchi dell'età. «Abbiamo saputo cosa è successo a casa, hai fatto bene a venire qui..vedrai che dopo qualche giorno starai sicuramente meglio».

Adorava suo nonno.

Adorava entrambi, fine della storia.

Sorrise all'anziano in modo sincero, era talmente tanto che non sorrideva più che si era quasi dimenticata come farlo. Doveva migliorare su quel fronte, non poteva permettere alla situazione di strapparle quei pochi sorrisi che le uscivano spontanei.

«Meglio nonno, andrà sicuramente a migliorare la situazione credo..» gli rispose, più per farlo stare tranquillo che per convinzione personale.

«Vedrai tesoro che con i pranzi di tua nonna recupererai tutti i chili persi». esclamò Yumi, sua nonna, anche lei una donnina bassa e un pò grassottella con i capelli bianchi legati in un chignon. Battè allegramente le mani davanti al petto, quasi pregustando tutti i manicaretti che avrebbe potuto realizzare con l'aiuto della domestica. Si, perché nonostante ne avessero una, lei aveva sempre voluto cucinare in sua compagnia e non aveva mai voluto sentire ragioni sulla questione. Per tanto non condivideva la scelta di suo figlio di riempire la casa di servitù, totalmente contraria a come lo avevano cresciuto.

Michiru si limitò a sorridere con poca convinzione, non era affatto sicura che quei chili sarebbero tornati. Al momento la sua fame non aveva dato segno di aumentare, ma forse era presto?

«Sai già dov'è la tua camera, se vuoi andare un pò a sistemare le tue cose vai». Le disse suo nonno. «A Seiya ci penso io». Si rivolse al bruno «Vieni, ti faccio vedere dov'è la tua camera». Si avviò dunque verso il corridoio dove solitamente alloggiavano i loro ospiti, ben lontano da dove avrebbe alloggiato la violinista. Avrebbero potuto stare vicini con la camera, ma negli occhi della nipote era riuscito a scorgere il desiderio di avere più tranquillità possibile. Suo figlio aveva insistito per far andare da loro anche il ragazzo, e inutili erano stati i consigli suoi e della moglie nel fargli capire che visto ciò che era successo sarebbe stato meglio mandare Kou a casa sua: i genitori avrebbero sicuramente capito le esigenze della figlia.

«Ecco questa è la tua camera, troverai già le tue valigie. Spero tu abbia portato anche il necessario per portare i tuoi studi avanti perché vorrei chiederti la cortesia di non disturbare troppo mia nipote, sta passando un brutto momento ed è bene rispettare i suoi tempi per non aggravare ancor di più la situazione». Lo avvisò, senza paura di offendere. Michiru prima di tutto, la buona educazione davanti a problemi di salute passava decisamente in secondo piano.

«Signore, penso che sua nipote abbia bisogno di qualcuno che la distrae. Anche se lei si ostina a dire di no credo che non sia una buona idea lasciarla da sola con questo stato d'animo». Ribattè lui: ci mancava anche il nonnino apprensivo. Non era già abbastanza delicata la situazione, doveva stare attento a non compiere passi falsi. E sopratutto doveva avvisare i suoi genitori del cambiamento delle cose.

«Mia nipote non sarà lasciata sola come a Kyoto, qui siamo tutti in pensione anche se siamo musicisti e gestiamo un maneggio. Non ti stare troppo a preoccupare che sicuramente Michiru starà meglio qui che a casa». Rispose con tono gelido, per chiudere il discorso. «A ogni modo all'una e mezza si pranza, cerca di essere puntuale. La cucina è esattamente difronte a te quando arrivi nell'ingresso». Detto ciò chiuse la porta alle sue spalle.


***


«Mamma non pensi che tu abbia esagerato ieri sera con mia sorella?». Furono le parole di Usagi a interrompere il silenzio della colazione tra le due. Mamoru era uscito al mattino presto, quando ancora stavano tutti dormendo per passare da casa a darsi una rinfrescata prima di recarsi all'Università. L'aveva salutata nel suo dormiveglia con un bacio sulle labbra, aveva dunque ritenuto opportuno affrontare in quel momento il discorso con sua madre. La sera prima tra la presenza di lui e il devastamento psico-fisico non ne aveva avuto le forze.

«Usagi non iniziare anche te, tu eri più piccola quando vostro fratello è morto. E se loro non uscivano perché tua sorella si era inzuccata ad andare a quella festa sarebbero entrambi qua». Rispose gelidamente la donna. «Ogni volta che qualcuno si fa male nella nostra famiglia c'è di mezzo Haruka».

«Non è colpa di mia sorella se lui è morto, è stata una scelta sua fermarsi di più dopo che lei era rientrata. E non è nemmeno colpa sua se papà è morto di cancro. Tanto meno lo è per ciò che è successo ieri, all'amore non si comanda mamma. Dovresti saperlo meglio di tutte noi...ma a quanto pare ti sei dimenticata di quando tu e papà eravate ragazzini».

«Usagi per favore non ti ci mettere anche tu va bene? E' causa di sorella se siamo in questa situazione ora, è inutile che dici di no. E' così e se vuole che io la perdoni deve piantarla li con ste stronzate, altrimenti non otterrà più perdono da me. Tu non potevi esserci più oggi!! Potevano ammazzarti!!!» il tono si alterò leggermente.

«Possibile che vedi solo i lati negativi? Non siamo tutti perfetti! E Haruka ha sempre fatto tanto da quando sono morti loro. Ha accettato anche di sostituire in segreto Harumoto rinunciando ai suoi sogni senza battere ciglio pur di garantire un buon tenore di vita a entrambe, e tu cosa fai? L'accusi per ogni cosa, sarà anche la pecora nera della famiglia ma ha fatto molto più di te in questi hanni che hai solo saputo criticare qualsiasi cosa che la riguarda e mai apprezzarla». Gli occhi le bruciavano mentre parlava così a sua madre, ma era stanca della situazione che avevano in casa. Era stanca di sentire i litigi tra di loro, che a seconda del periodo erano più o meno frequenti. Era stufa di tutto.

«Non ti permettere di dirmi queste cose!». Si alterò la donna.

«Perché altrimenti cosa mi fai? Mi metti in castigo come quando avevo cinque anni? Fammi il piacere..lasciami in pace! Non sono più una bambina». Tagliò seccamente prima di abbandonare la colazione non finita sul tavolo e dirigersi in camera sua sbattendo la porta alle sue spalle.

In quel momento dovevano stare unite, ma la verità era che da quando suo padre se ne era andato in quella casa era sempre tutto uno schifo. I loro rapporti si erano incrinati per il cancro prima, e per l'incidente stradale di suo fratello maggiore poi. Erano sempre riuscite a salvare le apparenze davanti agli altri parenti, sembravano davvero una delle famiglie felici della televisione. La realtà era ben diversa però. Il suo rapporto con la sorella maggiore era molto migliorato con la crescita di entrambe, assistere a scene come quella della sera prima la faceva sempre stare male.

Papà dove sei? Se tu fossi con noi sarebbe tutto più semplice...tu si che sapevi tenere unita la famiglia.

Pensò, mentre stringeva tra le mani una foto presa dalla mensola dove c'erano tutti e cinque. In quell'occasione si che erano felici. I suoi codini erano notevolmente più corti perché era più piccola. Ma tolto quello era rimasta uguale. Stessi occhi e, all'apparenza, stesso sorriso.

Portò il dito alla guancia destra per raccogliere una lacrima che ribelle era sfuggita all'occhio limpido.


***


Quel mattino si era svegliata con una forte emicrania, avvolta nelle coperte della sua migliore amica, completamente abbandonata sul divano. Indossava ancora i vestiti del giorno prima, un sospiro di sollievo le uscì dalle labbra: aveva subito pensato al peggio, visto che lungo la strada aveva preso qualche bottiglia di vino in un bar aperto ventiquattro ore. Poca roba. No ok, forse a giudicare il suo stato aveva un pò esagerato. Ma dopo le parole di sua madre ne aveva avuto bisogno, doveva scaricare i nervi in qualche modo e quella era una delle rare volte in cui era consapevole che una scopata non avrebbe risolto nulla. Ma anzi, avrebbe aggiunto rimorsi a tutti i pensieri che già le affollavano la testa.

«Ma da quando ti svegli così presto?». La voce di Setsuna le solleticò l'udito.

Avvertì i suoi passi sempre più vicini.

«Ho troppa roba da fare stamattina Sets, devo chiamare l'avvocato per prendere l'appuntamento e vedermi anche con l'investigatore privato che sai». Le spiegò. Aveva ingaggiato un investigatore privato per vederci più chiaro nella faccenda, perchè qualcosa continuava a non quadrarle... non si era più avvicinata a Michiru. Per quale motivo i suoi genitori avrebbero dovuto mandare gli agguzzini che avevano picchiato sua sorella? Era sempre più convinta che sotto c'era qualcosa di particolarmente grosso e quella fosse solo la punta dell'iceberg.

E no, quel Kou non le piaceva per nulla.

«Che cosa hai intenzione di fare? Investigatore privato perché?». Gli chiese la bruna mentre si alzava per andare in bagno.

« Perché credo che io sia solo un pretesto e che i motivi per cui stanno agendo così in realtà siano altri. E non voglio rimetterci per i loro loschi affari, ne voglio che Usagi o mia madre rischino per cose che a noi non interessano minimamente». Spiegò prima di entrare in bagno.

Si diresse verso il lavandino e aprì l'acqua fredda, allungò la mano per saggiare la temperatura dell'acqua, per poi buttarsela più volte sul viso nel tentativo di svegliarsi.

«Sets, mi faccio una doccia». Urlò.

«Fai come fossi a casa tua, gli asciugamani sono sempre al solito posto, i bagno schiuma stessa cosa scegli quello che vuoi di entrambi». Gli arrivò la risposta, a giudicare dalla voce la bruna era in cucina a preparare la colazione per entrambe. A quel pensiero il suo stomaco brontolò sonoramente.

Credo di aver un pò di fame, sarà meglio che mi dia una mossa.


***


L'odore di fieno le colpì le narici non appena oltrepassò l'ingresso della scuderia dei nonni. I vecchi gestori le avevano detto che non c'erano più, dopo anni di servizio erano andati felicemente in pensione. Quella notizia le mise addosso una sorta di dispiacere, il suo istruttore di equitazione sapeva essere nella vecchia leva e probabilmente non lo avrebbe più rivisto. Come tutto il vecchio personale del resto.

Girò a sinistra una volta arrivata alla fine del corridoio ed entrò nell'ala privata della scuderia dove venivano alloggiati i cavalli della sua famiglia, sette in tutto tra cui il suo.

Un magnifico stallone di razza Frisone, nero come la notte. Midnight Moon aveva deciso di chiamarlo anni addietro quando le era stato regalato. Era nato li alla scuderia da una giumenta che aveva all'epoca suo nonno e che purtroppo era deceduta in seguito a una caduta, nonostante era stato fatto il possibile per lei in risorse umane e mediche.

Il box era l'ultimo, e lui non aveva la testa fuori, probabilmente non aveva ancora avvertito i suoi passi.

Qualche passo dopo lo vide comparire con la lunga criniera, lo sentì nitrire in segno di saluto, proprio come al solito. Non si era affatto scordato di lei. Era felice di rivederlo, era uno dei pochi esseri viventi a farla stare bene. Uno dei pochi con cui era riuscita a stringere un legame così profondo come il loro.

Si fermò due box prima, dove era presente una porta che sapeva custodire al suo interno la sella, le redini e la cavezza. Ciò che cercava era nello scaffale subito di fronte all'ingresso proprio dove ricordava di averli lasciati l'ultima volta.

Prese tutto il necessario e andò dall'animale.

«Ciao cucciolotto». Gli disse dolcemente entrando nel box. «Ancora un pò di pazienza e andiamo a correre come ai vecchi tempi». L'animale in segno di assenso gli diede un colpetto alla spalla prima di lasciarsi mettere cavezza e redini. Subito dopo mise il sottosella e la sella, per poi stringere le cinghie nel modo più appropriato. Prese quindi le redini e lo guidò fuori dall'edificio, una volta fuori salì a cavallo e partì al galoppo.

Aveva voglia di andare in spiaggia, anche se a giudicare dal vento il mare sarebbe stato tutto tranne che calmo e piatto.

Sarebbe tornata sicuramente in tempo per pranzo, e anche se non fosse stato così il non mangiare non la preoccupava eccessivamente.


***


Aveva fatto i salti mortali per arrivare puntuale all'appuntamento con l'investigatore, aveva rischiato più volte di perdere aderenza con le ruote della moto a causa dell'asfalto bagnato, ma grazie alla sua esperienza era riuscita a domare la tigre ruggente sulla quale era seduta.

Per non dare troppo nell'occhio decise di non togliersi il casco una volta dentro il locale, ne aveva scelto uno piuttosto anonimo, che non facesse troppo caso all'etichetta e che non la costringesse a togliersi il copricapo.

Come da accordi trovò l'uomo già seduto al tavolo del locale, era piuttosto giovane: ad occhio e croce doveva avere una trentina d'anni, ma aveva già parecchia esperienza nel suo ambito.

«Buongiorno, mi sono permesso di ordinare due cappuccini se non le dispiace». Mormorò l'uomo.

« Ha fatto bene, è riuscito a scoprire qualcosa?». Chiese immediatamente abbandonando le frasi di cortesia.

« Vuole andare diritto al punto Ten'o». Sorrise, portando le mani sotto al mento. « Ebbene si ho scoperto molte cose sulle persone di cui stiamo parlando...roba che scotta». Gli spiegò guardandola fissa negli occhi verdi.

«Che tipo di roba?». Era curiosa di sapere tutti i giri che ruotavano dietro a una buona famiglia come i Kaioh.

« Diciamo parentele... troverà comunque tutto nella cartellina che le sto per dare». Lo osservò tirare fuori dalla sua ventiquattro ore un contenitore in cartoncino rigido e giallo che le fu porso dall'uomo. Proprio nell'istante in cui il cameriere di sala arrivava a portare loro le tazze. «La guardi con calma a casa, se non capisce qualcosa poi sono a sua completa disposizione per chiarimenti e se vuole approfondire le indagini potrò farlo senza problemi. Lo faccia vedere anche al suo avvocato mi dia retta, prima di decidere di fare qualsiasi cosa».

«Ottimo, poi mi sappia dire quanto le devo e provvederò a versare la cifra sul suo conto corrente, ovviamente le chiedo se può mandarmi la ricevuta via email». Mormorò, dopo un cenno di saluto al cameriere.

«Certamente». L'uomo la vide bere in un solo sorso il contenuto della tazzina.

«La ringrazio molto per il lavoro da lei svolto, che mi sarà sicuramente molto utile per questa situazione». Prese dunque il portafoglio. «Mi permetta di pagare anche la sua colazione». Si alzò quasi senza attendere risposta, e si avviò verso il bancone del locale dove la cassa era già libera.

Meno male, così non devo aspettare più di tanto per tornare un attimo a casa prima di incontrare l'avvocato oggi pomeriggio. Ho bisogno di distendere i nervi e sopratutto sono curiosa di leggere attentamente il contenuto di questa cartellina.

Una volta pagato il totale per entrambi, si diresse fuori dal locale.

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Capitolo 21
*** Tutti i nodi vengono al pettine ***


Note dell'autrice: Per questo capitolo devo ringraziare MadogV  che mi ha aiutata nella parte iniziale grazie ai suoi studi in Giurisprudenza. Vi ricordo che in questo racconto porto a termine solamente una delle trame stese, quella dell'incidente, l'altra verrà affrontata nel sequel.  Siamo quasi in dirittura di arrivo per questa fanfiction, che dire...un pò mi dispiace perché è un racconto che mi porto dietro da anni ma, bando ai sentimentalismi, vi auguro buona lettura!

Capitolo 21: Tutti i nodi vengono al pettine.


Haruka, onde evitare sospetti, era uscita dal bar con la cartellina nascosta in un sacchetto: aveva deciso di dare un'occhiata al suo contenuto una volta tornata a casa, prima di andare dall'avvocato. Aveva appositamente ritardato di un'ora l'appuntamento per poter studiare tutti i documenti con la calma necessaria. La sensazione che l'investigatore le avesse consegnato informazioni che scottano si era impossessata di lei nell'esatto momento in cui aveva ricevuto il contenitore. Non vedeva dunque l'ora di poterne leggere il contenuto. Ecco perché in quel momento era seduta al tavolo della sua cucina, con la cartellina aperta mentre afferrava il primo foglio in essa contenuto.


Atto di nascita n. 3450

Nascituro:


Nome: Seiya Cognome: Kou

Sesso: Maschio

Nato il: 30 Giugno 1998 a: Kyoto ore: 16.40

Cittadinanza: Giapponese


Genitori:


Madre:

Nome: Asami Cognome: Kou

Nato il: 25 Aprile 1978 a: Tokyo

Cittadinanza: Giapponese

Residenza: 1-10-5, Akasaka, Minato-ku, Tokyo 107 (, Japan)


Padre:

Nome: // Cognome: //

Nato il: // a: //

Cittadinanza: //

Residenza: //


Vogliono dichiarare davanti alla legge il riconoscimento del nascituro ai sensi della legge vigente.


Voltò la pagina per continuare a leggere i fogli successivi, anche se già sospettava cosa avrebbe trovato al loro interno, in quel modo tutto avrebbe trovato senso e probabilmente avrebbe automaticamente trovato il responsabile di tutto ciò che era capitato nelle ultime settimane.

Non è possibile, non ci credo. Se tutto questo fosse vero, e visti i documenti lo è sicuramente, non si tratta solamente di un incidente. Ma è qualcosa di molto, ma molto più grosso.

Devo portare la cartellina dall'avvocato, ma non devo farla vedere caso mai qualcuno mi sta seguendo e tenendo d'occhio; ora forse ho capito chi è il vero mandante dell'incidente. Non è solo una sfida da parte di Takeshi. Michiru è una vittima quanto me, è tutto un gioco tra famiglie potenti e nessuna di noi due ne ha colpa. Ci deve essere un modo per far venire a galla tutto. È solo una ripicca da parte di Seiya, perché probabilmente vorrebbe essere lui il primogenito dei Kaioh, e invece lui è il figlio nascosto.


Il sottoscritto Mitsuo Kaioh nato il 20 Agosto 1960 a Kyoto ore 4.00 Sesso: maschio Cittadinanza: Giapponese

Residente in Kyoto 150, Minami - Ku (Japan) .


Dichiara che:

Vuole riconoscere come figlio naturale :


Nome: Seiya Cognome: Kou

Sesso: Maschio

Nato il: 30 Giugno 1998 a: Kyoto ore: 16.40

Cittadinanza: Giapponese


Prendendosi in piena responsabilità e consapevolezza tutti gli oneri a cui dovrà adompiere come padre in seguito alla deposizione di questa dichiarazione.


Il suo sguardo fissò per qualche istante il foglio sotto i suoi occhi, per cercare di metabolizzare quanto aveva letto e il significato delle parole stampate anni e anni prima sui fogli. Michiru e Seiya erano fratelli, e a quanto pareva nessuno lo sapeva tranne i diretti genitori.

E forse non lo sapevano nemmeno entrambi. Si alzò velocemente dalla sedia e riordinò i fogli prima di chiuderli nella cartellina, doveva andare dal suo avvocato il prima possibile per scegliere come muoversi.

Prese la giacca sottile che aveva indossato fino ad un'ora prima, quando era rientrata in casa, prese le chiavi della moto, quelle di casa e il casco e si precipitò dalla porta di ingresso.

Chiuse a chiave la porta, e si diresse verso l'ascensore. L'attesa di quest'ultimo le sembrò durare un'infinità di tempo: non vedeva l'ora di poter salire in sella alla sua moto.

Devo riuscire a fare chiarezza, così forse tutto si sistemerà a dovere. Nonostante tutto, glielo devo a Michiru non posso lasciarla in balia di quel tizio. Dovevo immaginarlo che era la sua famiglia ad essere dietro a tutto.

Entrò nell'ascensore, e schiacciò immediatamente il tasto che l'avrebbe portata direttamente nel garage privato della palazzina. Per fortuna la discesa le sembrò durare molto meno e in pochi minuti era a destinazione, il parcheggio era vuoto. Chissà quando avrebbe potuto comprarsi un'altra auto, far riparare quella dell'incidente non ne valeva la pena. Il parcheggio vuoto le provocava una strana sensazione allo stomaco.

Indossò il casco e chiuse la giacca leggera nella sella del mezzo, poi infilò la chiave e la girò. Un potente ruggito risuonò nell'ambiente, prima che lei accelerasse per raggiungere l'ingresso e inserirsi nel traffico.


Un'ora più tardi era nell'ufficio del suo avvocato che aspettava di essere ricevuta, era più nervosa del solito. Aveva trovato sul suo telefono una chiamata proprio dall'uomo ed era preoccupata sulle notizie che aveva da dargli, non era mai capito che a seguito di un appuntamento lui la chiamasse.

Come sempre trovò la segretaria che aveva incontrato già le volte precedenti, questa volta però le sembrava più indaffarata. Perse qualche minuto a fissarla, il volto concentrato di chi è messo sottopressione da qualche consegna imminente o problema da risolvere.

Tutto sommato molto simile a quello che sicuramente sfoderava lei nel momento in cui gareggiava nelle gare automobilistiche.

La porta si aprì e ne vide uscire una donna piuttosto prosperosa, dalle curve ben definite. Se non fosse che erano in uno studio di un avvocato probabilmente ci avrebbe provato con lei senza troppi problemi, nell'ennesimo tentativo di scacciare dalla sua mente Michiru che, nonostante tutto, era ancora una presenza costante.

«Haruka». L'uomo le fece cenno di entrare, e lei lo seguì cercando di mantenere a bada l'euforia che sentiva all'idea di far supervisionare i documenti all'avvocato.

«Accomodati pure, mi ha chiamato il capo della polizia che sta seguendo tutto il caso dell'incidente con annessa corsa. Sembra che grazie ad alcune telecamere siano riusciti a rintracciare chi era alla guida dell'auto che vi inseguiva. » le disse prima di sedersi di fronte a lei. «Uno dei quali sembra avere un tatuaggio visibile anche se sgranato, sicuramente il viso si vede meglio, grazie alla targa sono riusciti a rintracciare il proprietario della macchina che a quanto sembra può essere lo stesso che compare nel video; i poliziotti pensano che sia la medesima persona che ha aggredito tua sorella l'altra sera e per questo servirà che lei si presti per un riconoscimento ». Spiegò. « Però non riescono a trovare il mandante.»

«Il mandante mi sa che è stato trovato dall'agente privato che ho ingaggiato per alcune indagini». Rispose immediatamente la motociclista.

«Cioè?». L'avvocato era visibilmente sorpreso.

«Cioè ha scoperto che Michiru e Seiya sono in realtà fratellastri, da quanto ho capito il padre di lei ha fatto le corna alla moglie, e ha messo incinta una, la madre di Kou». Esclamò, cercando di non vedere la felicità di aver fatto questa scoperta. « Facendo due più due temo proprio che Seiya abbia tentato di togliermi dalla piazza perché vuole prendere ciò che gli spetta di diritto dato che anche lui ha il sangue dei Kaioh che gli scorre nelle vene. Molto probabilmente vuole proprio sposare Michiru o qualcosa di simile».

L'uomo l'ascoltò volentieri, in effetti tutto combaciava, poteva essere realmente così e in quel caso come difensore della parte lesa avrebbe potuto proteggere il suo assistito molto facilmente. Doveva immediatamente avvisare la polizia in modo tale che si muovesse prima che fosse troppo tardi.

«Sei disposta ad andare fino in fondo? Hai ben presente che si alzerà un polverone senza eguali e tu ci rimarrai dentro esattamente come tutti gli altri? Potresti risentirne anche a livello della tua carriera, uno scandalo del genere in una città come Kyoto è pesante».

«Si ne sono consapevole e per la carriera non mi importa, anzi sarà la volta buona che mi metto a lavorare seriamente, come dice mia madre». Quella donna non sarebbe mai cambiata. Nonostante tutti i soldi che guadagnava, per lei quello non era comunque un lavoro serio.

« Bene, chiamo in commisariato e informo delle novità, dopo domani dovrete riconoscere per quanto vi è possibile chi era alla guida, dovrà venire anche tua sorella per vedere se le persone sono le stesse. Ovviamente ci sarà anche Michiru per forza di cose, ti pregherei di mantenere un certo contegno qualsiasi cosa accada, io sarò presente e se dovesse succedere qualcosa vedremo come procedere per aggravare la posizione dell'accusa».

Lei si limitò ad annuire, quando aveva sentito che avrebbe visto la violinista da li a poche ora aveva smesso di seguire tutto il discorso.

Esisteva lei e basta, nient'altro. Anche se era da settimane ormai che non si rivolgevano la parola.

Non mi ha nemmeno contattata via internet, e io spero ancora che a lei gliene freghi qualcosa di me.

Era proprio una cretina. Nonostante tutto continuava ancora a illudersi. Sbuffò stizzita.


***


« Pronto mamma» . Rispose al telefono Michiru, erano solamente due giorni che soggiornava dai nonni e si sentiva leggermente meglio, non aveva la minima idea di cosa avesse spinto sua madre a chiamarla.

« Pronto Michiru, tutto bene?» . Disse la donna al telefono.

« Tutto a posto, come mai mi hai chiamata? Vieni al punto per favore perché ho da fare non ho tempo da perdere ». Il suo tono di voce uscì più secco del dovuto, era certa che sua madre l'avesse chiamata per avvisarla di qualcosa. In cuor suo sperò che non fosse un concerto perché ancora non era pronta ad affrontare il palcoscenico, si sentiva morta dentro. Quasi spenta, e avrebbe dovuto per forza prima riprendersi, ancora non sapeva come, e poi avrebbe pensato alla musica.

« Hanno chiamato dal comissariato, a quanto pare hanno preso i responsabili che hanno causato l'incidente insieme a quella Haruka, e devi essere presente per il riconoscimento. Loro non ti vedranno ovviamente, sarai te a vedere loro..». Le fu spiegato. « Una volta fatto puoi benissimo ritornare dai nonni se lo ritieni necessario e ti fa stare meglio, questo fino a quando non inizi la scuola».

La rivedrò. Fu il suo immediato pensiero, e non capì se era una reazione positiva o totalmente negativa.

« Capito, cercherò di esserci. Credo che io non abbia possibilità di decisione ». Mormorò in risposta.

«Benissimo, alle quattro del pomeriggio devi farti trovare in commissariato». Concluse la donna, prima di chiudere la comunicazione. Sospirò, il pensiero di trovarsi nuovamente faccia a faccia con la motociclista le provocò una sorta di inquietudine: non aveva la minima idea di come avrebbe reagito.

Forse era il caso che le scrivesse su Skype, azione che avrebbe dovuto compiere molto tempo prima per cui il coraggio che aveva, comunque molto poco, era andato anche lui in vacanza.

Ma sarebbe stata la scelta giusta? Poi cosa le avrebbe detto? Metti che Seiya la scopriva nuovamente a parlare con lei? Cosa sarebbe successo? Aveva troppo paura che le vietassero anche il soggiorno dai nonni, del bruno non poteva proprio fidarsi. Aveva già commesso quell'errore una volta, e se non lo avesse fatto probabilmente sarebbero tutti in altre circostanze.

Forse i miei avrebbero accettato Haruka senza battere ciglio. Le venne quasi da sorridere a quel pensiero: anche se fosse andata diversamente loro non avrebbero mai accettato che uscisse con una ragazza. Ammesso che avesse deciso di uscirci come coppia.

Cercò di scacciare quei pensieri dalla mente per concentrarsi nuovamente sul disegno che stava portando a termine quel pomeriggio, iniziato il giorno precedente. Ultimamente i suoi soggetti esprimevano alla perfezione il suo stato d'animo, aveva abbandonato i colori e si era concentrata sui disegni in scala di grigio con il solo ausilio della matita. Era da tempo che non faceva più con quella tecnica, e il pretesto era buono per riprendere la mano. Stava lavorando alla rappresentazione di una sirena dal viso e dalla postura triste e abbattuta.


***


Quando scese dalla moto in garage erano quasi le ventuno, non aveva ancora cenato ma dati gli avvenimenti di quell'ultima giornata aveva lo stomaco chiuso per il nervosismo e l'agitazione. La cartella l'aveva lasciata nello studio dell'avvocato per permettergli di studiarsela e fare le dovute ricerche in materia legislativa che meglio si applicavano al suo caso.

Aver lasciato quei documenti nello studio l'aveva sollevata notevolmente, perchè nel caso qualcuno avesse fatto la spia almeno non avrebbe corso il rischio che glieli portassero via. Avrebbero probabilmente messo la casa sottosopra, ma senza ottenere i risultati che speravano.

Si diresse verso l'ascensore che l'avrebbe accompagnata direttamente al piano in cui aveva la residenza, non vedeva l'ora di farsi una doccia tiepida per rinfrescarsi e cercare di rilassarsi anche se quest'ultimo intento non sarebbe stato affatto facile.

Quando però le porti scorrevoli della cabina si aprirono, tutti i suoi intenti basati sulla serata di relax andarono letteralmente a farsi benedire.

Aveva degli ospiti in casa, ed erano per certo ospiti indiserati.

E' la volta buona che gli spacco la faccia a sti pezzi di merda, devono solo pregare che io mi fermi in tempo prima di mandarli all'altro mondo.

La collera repressa a causa di tutti gli ultimi avvenimenti le fece andare il sangue al cervello mentre come una furia si diresse verso l'ingresso dell'appartamento.

Come c'era da aspettarsi l'abitazione non era affatto in ordine come l'aveva lasciata, anzi era molto più disordinata.

Quello che non si sarebbe mai aspettata era stato il trovarsi il padre di Michiru seduto sul divano del salotto, con un atteggiamento freddo e al limite della straffottenza.

Sto figlio di puttana cosa ci fa a casa mia ora?

« Haruka, che piacere vederti». Esordì l'uomo senza perdere la sua posizione composta. Quel modo di fare calcolato la mandava ancora di più in bestia, si sentiva lontano un miglio che era una persona falsa.

« Se le dicessi che anche per me è un piacere mentirei». Rispose lei in un soffio, avvicinandosi all'uomo.

« Non ne dubito, dopo tutto l'educazione non saprai nemmeno cosa sia. Tuttavia non sono di certo qui per parlarti di questo. Gradirei che dopo il riconoscimento dei colpevoli tu sparisca dalla città e dalla vita di mia figlia, la nostra famiglia ha delle conoscenze negli USA mediante le quali potrai far carriera nelle corse automobilistiche e sicuramente permettere alla tua famiglia un tenore di vita più... agiato. Ovviamente non dovrai più cercare Michiru, mai più».

Precisò lui.

« E lei pensa che queste minacce velate mi impauriscano? Dopo che ho scoperto che lei quando Michiru non era ancora nata si scopava la prima puttana di alto borgo che ha trovato, e per giunta l'ha messa anche incinta? Lei che ha rovinato la vita a Michiru vuole decidere anche della mia?». Stava perdendo la pazienza, e se inizialmente il suo tono era abbastanza tranquillo e pacato, sul finire della frase stava decisamente urlando. Quell'uomo le faceva schifo.

Un ghigno si dipinse sulle labbra di lui, che attese qualche attimo per risponderle.

« Non mi fai paura, non mi fa paura nemmeno quello che hai scoperto. Perchè tu dopo domani non ti presenterai a testimoniare o la tua famiglia perderà tutto. Mi sono informato su tua madre, basta una mia parola e verrà licenziata. Lo stesso vale per te, sai so benissimo che hai preso il posto di tuo fratello, e che nel panorama delle corse nessuno è a conoscenza che tu sia una donna..sarebbe davvero un bello scandalo che ti distruggerebbe la carrier..». Non fece in tempo a finire la frase che un pugno lo colpì in pieno viso, proprio sul naso provocandogli un dolore lancinante e insopportabile. Poco sentì il sangue scorrere nelle narici per trovare una fuga verso l'esterno.

«Una reazione così me l'aspettavo da una come te, cresciuta per la strada..probabilmente tuo padre era anche un drogato. Ma sai non mi importa, e non ti denuncerò nemmeno. Qua ci sono i biglietti di sola andata per New York, sul biglietto tutti i contatti della nostra famiglia che sono già stati messi al corrente di tutto. A te la scelta, se cambiare il vostro destino in bene, o rovinare per sempre la reputazione di tua madre». Continuò l'uomo, dopo aver bloccato un secondo pugno da parte della ragazza. «Mi puoi sorprendere una volta, non due ragazzina».

Cercò di fare ancora più forza per arrivare di nuovo alla faccia di lui, ma tutto ciò che ottenne fu solo un forte tremore per lo sforzo che stava compiendo.

« Mio padre non è mai stato un drogato, e vedendo lei che tipo di padre è deve solamente lavarsi la bocca con la candeggina prima di nominare il mio». Gli disse prima di girarsi furente dall'altra parte.

Non voglio partire, non riuscirei mai a cambiare così radicalmente vita. Sopratutto non riesco minimamente a pensare di non vederla ne sentirla una volta che lascio il Giappone. Non posso però rischiare di rovinare la carriera di mamma per le mie cazzate.

« Beh io ti saluto, i doveri mi chiamano e devo giusto sistemare alcune cose prima di venire in commisariato domani. Ricorda, non fare parola con nessuno del nostro incontro o la tua famiglia patirà la fame per il resto dei suoi giorni e tu con lei». La ammonì nuovamente l'uomo pulendosi con il bordo della camicia il sangue che gli segnava il volto. Poi si diresse verso l'uscita dell'appartamento, indossando nuovamente quella maschera fredda e indifferente che aveva inizialmente quando era entrata nell'appartamento.

Haruka lo fissò minacciosa mentre scomparve dalla sua vista. Poi come se fosse stata liberata da un incantesimo guardò intorno: il casino che aveva fatto non aveva uguali, probabilmente stava cercando la cartellina.

Quel figlio di puttana mi avrà sicuramente fatta seguire e tenere d'occhio altrimenti non mi capacito di come poteva sapere della cartellina. Per fortuna l'ho lasciata all'avvocato.

Pensò prima di iniziare a mettere un pò di ordine nell'appartamento, non avrebbe fatto comunque tutto perché aveva voglia solamente di rilassarsi in quel momento e scaricare la tensione con una bella doccia.

Doveva anche riflettere bene sul da farsi, non voleva assolutamente prendere decisioni affrettate che avrebbero influenzato il suo futuro, ma sopratutto quello della sua famiglia. Avevano patito già troppo per le perdite importanti in quegli ultimi anni, e non poteva assolutamente rischiare che la situazione già precaria si aggravasse ancora di più.

Dopo tutto se avesse detto ai giornali che lei in realtà era una donna le avrebbe stroncato la carriera senza nemmeno troppa fatica, e per sua madre e la sorella sarebbe stato un duro colpo dal punto di vista economico. Era una lotta tra cuore e mente la sua, e anche se si sforzava di trovare una soluzione che potesse permetterle di accontentare entrambi sapeva che non sarebbe stato possibile.

Sapeva anche che, anche questa volta, sarebbe toccato a lei sacrificarsi e a rinunciare a Michiru. Soffrire e tentare di voltare pagina, a molti poteva essere assurdo che stesse così male per una ragazza frequentata così poco; ma la realtà era che la violinista le era entrata nel cuore fin da subito.

E rimandarla al mittente sarebbe stata dura, se non impossibile.

Decise di fare la doccia che aveva messo in programma quando ancora doveva arrivare nei pressi di casa. Andò perciò in bagno, si spogliò e si infilò nella cabina aprendo l'acqua e impostandola su tiepida.

Era sicura che la sua vita sarebbe solo stata un insieme di costrizioni e limitazioni, lei che era sempre stata uno spirito libero da piccola era ora ridotta a pensare agli altri sacrificando se stessa e la vita che avrebbe voluto fare, ben lontana da quella che purtroppo il destino le aveva donato.

Fratellino, se tu fossi ancora qui probabilmente sarebbe tutto diverso. Tu saresti impegnato nelle gare, in cui sicuramente eccellevi più di me. E io probabilmente ora sarei stata in giro per il mondo a suonare il pianoforte con le orchestre più famose.

Un nodo le si formò in gola, mentre lacrime amare iniziarono a scorrere sul suo viso.

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Capitolo 22
*** Scegliere il tuo destino ***


Note dell'autrice:  Buona sera a tutti, ecco il penultimo capitolo.  Spero vi piaccia, perché mi ha fatta patire tanto durante la stesura e non sono totalmente soddisfatta del risultato. Le frasi in blu sono tratte da "Non è mai un errore" di Raf. Vi auguro buona lettura, a presto.

22^Capitolo: Scegliere il tuo destino.


I giorni che seguirono furono tutt'altro che semplici, combattuta tra il viversi la sua vita, amare chi le era entrato nel cuore e il non mettere a rischio la sua famiglia per un motivo così futile. Dopo tutto Michiru non sarebbe stata di certo l'unica ragazza sulla faccia della Terra; era sicura che, anche se in quel momento le sembrava totalmente impossibile, presto o tardi un'altra ragazza avrebbe preso il suo posto.

Preda di quei pensieri cosi tormentati, per sicurezza aveva già fatto le valigie, in modo tale che se avesse scelto all'ultimo sarebbe stato tutto pronto. In fin dei conti cambiare aria le avrebbe fatto sicuramente bene, avere una spinta nella sua carriera altrettanto poteva significare far vivere ancora meglio la sua famiglia. Lei non aveva mai apprezzato chi riceveva raccomandazioni o calci nel culo per fare strada o carriera, era una di quelle persone a cui piaceva guadagnarsi ogni traguardo con ogni sorta di impegno e sacrificio.

Accettando la proposta dei Kaioh, sarebbe andata contro ogni suo principio. Tuttavia l'Haruka che tutti conoscevano era morta anni prima quando aveva ricevuto la notizia che suo fratello era volato via. Da quel momento in poi tutto era cambiato: si era sostituita a lui, aveva iniziato a correre al suo posto, mettendo da parte le sue vere aspirazioni. Aveva dato tutto per la sua famiglia, e ora poteva darle ancora di più. Dopo i lutti che avevano avuto tutti, si era resa conto di essere profondamente cambiata, la parte di lei impulsiva e combattiva si era andata a nascondere chissà dove per lasciare posto a quella che era diventata. In soldoni era solamente lo spettro di se stessa.

Chiuse la cerniera del trolley quando era quasi giunto il tempo di uscire per andare a prendere la sorella. Sarebbero andate insieme in questura per riconoscere le persone catturate dalla polizia, sperando che fossero quelle giuste e che quella faccenda giunsesse al termine.

Andò in bagno per una rinfrescata veloce e darsi una sistemata ai capelli, era già pronta da quella mattina, come sempre quando era nervosa per qualcosa. L'impazienza la stava letteralmente divorando, decise quindi di uscire dall'abitazione e di anticipare il suo arrivo a casa di sua madre, dopo tutto doveva metterla al corrente della proposta di lavoro negli USA. Non avrebbe detto tutti i dettagli, ma il minimo indispensabile. Usagi sicuramente non l'avrebbe presa bene, probabilmente nemmeno la madre, erano troppo attaccate a lei per permetterle di allontanarsi così tanto da casa. Nel momento in cui avrebbe deciso, però non sarebbe più tornata a casa.


***


Il rientro nella villa a Kyoto dopo così pochi giorni non fu così trumatico come in realtà si aspettava. Dopo tutto non aveva ancora potuto abituarsi alla libertà che poteva assaporare a casa dei nonni anche grazie a Midnight, il suo cavallo. Seiya infatti non sapeva calvalcare, e quindi il destriero nero si era trasformato prontamente in una valida scusa per passare del tempo da sola senza che lui la seguisse come una guardia del carcere. Passare un pò di ore in compagnia dell'animale la faceva stare bene, stare in spiaggia con lui era qualcosa che aveva sempre amato. Erano le uniche creature a interrompere l'incanto della battigia al tramonto e quello le bastava per allontare i pensieri o, in caso contrario, pensare accuratamente ad essi.

Da li a poco si sarebbero recati in questura, non aveva ancora capito per cosa doveva testimoniare: lei non si ricordava minimamente le facce di chi era alla guida dietro di loro. La sua testimonianza la reputava al quanto in utile.

Con molte probabilità avrebbe rivisto Haruka, e non sapeva come avrebbe reagito. Sarebbe riuscita ad ignorarla e a rimanere impassibile? La risposta le era fondamentalmente ignota. Nei suoi confronti si era comportata malissimo, e in parte si sentiva in colpa. Avrebbe dovuto scriverle forse, mettersi in contatto con lei per cercare quanto meno di chiarire le rispettive posizioni.

Dopotutto però perché avrebbe dovuto chiarire qualcosa con una perfetta estranea? Perchè in fin dei conti di lei non conosceva nulla, sapeva solo che aveva una sorella, che amava le corse e le moto e che era uno spirito libero. Erano pochissime cose per pensare anche solo lontanamente di mettersi contro la sua famiglia. Aveva solamente sedici anni, e senza il loro appoggio non sarebbe andata poi troppo lontana. Lo scandalo che avrebbe causato sarebbe rimasto nei ricordi cittadini per anni.

«Signorina, è ora i suoi genitori mi hanno detto che è ora di andare». La nuova cameriera interruppe i suoi pensieri. Era molto giovane, forse aveva una ventina d'anni, poteva definirla quasi una sua coetanea. Ma non le piaceva affatto. Troppo fredda e poco spontanea rispetto a colei con la quale era cresciuta.

«Grazie mille, vado subito». Le rispose prima di afferrare la giacca e la borsa.

Si diresse verso l'ingresso dove trovò subito i suoi genitori, con loro scorse anche la figura di Seiya.

Ma perché deve sempre essere in mezzo ai piedi, deve venire anche in questura adesso?

Appena la videro, anche loro tre si diressero verso l'uscita dell'abitazione. Il silenzio regnava tra loro. Tutta quella situazione era davvero molto pesante, percepiva a pelle che i suoi genitori ancora non avevano digerito il fatto che lei fosse uscita di nascosto con una perfetta estranea, e per di più nemmeno della loro casta sociale.


***


Arrivarono in commissariato con largo anticipo rispetto l'orario che le avevano comunicato per telefono quella mattina, sperava in quel modo che potessero anticipare tutti i riconoscimenti, riuscendo così ad evitare di trovarsi faccia a faccia con Michiru, i suoi genitori e con molta probabilità quello che a tutti gli effetti era suo fratello.

Aveva deciso di non rivelare l'identità del moro, in futuro forse lo avrebbe fatto, se ne avesse avuto l'occasione ma non in quel momento: non poteva rischiare di compromettere tutto. Per quanto le faceva male lasciare la violinista in quelle condizioni, poteva solamente sperare che lei non si innamorasse del bruno. Che qualcun altro facesse breccia nel suo cuore, e non proprio lui.

«Tenou, è il tuo turno». Si sentì chiamare dalla poliziotta di turno quel giorno, sua sorella uscì poco dopo con gli occhi lucidi, segno che qualcuno era riuscita a riconoscere.

Bene così, almeno uno così pagherà le sue colpe per la violenza che ha causato.

Sperava di riconoscere più o meno le stesse persone, perché in fin dei conti lei sapeva benissimo chi era alla guida di quelle due macchine, i due mezzi erano quelli utilizzati più di frequente da due del gruppo di Takeshi.

E visto l'odio che egli covava nei suoi confronti, non le sembrò poi tanto strano il fatto che avesse accettato di metterle i bastoni tra le ruote.

La stanza con il vetro oscurato era più piccola di quello che immaginava, ma al di la del vetro i tre sospettati erano fermi immobili. Li fissò attentamente, e ne riconobbe solamente due. Il terzo, con il tatuaggio sul collo non sembrava un volto conosciuto.

«Allora sono sicura dell'identità di due di loro, e posso anche fare il nome del capo del loro gruppo. In quanto si considera un mio rivale senza alcun fondamenta, visto che io non ho interesse a gareggiare con lui. Probabilmente qualcuno li ha contattati sapendo di questo attrito..». Mormorò lei agli agenti. « E costui doveva conoscermi davvero bene per saperlo, oppure ha condotto ricerche accurate su chi sono o cosa faccio».

«Quello che pensiamo anche noi, siamo riusciti a rintracciare il numero da cui è stato chiamato, ma ancora non riusciamo a stabilire a chi è intestato. Sicuramente è frutto di una mente ingegnosa e pagata per questo genere di cose, visto che ha oscurato gli intestari e non sappiamo se riusciamo a scoprirli». Le spiegò la poliziotta.

«Mia sorella chi ha riconosciuto? L'importante e che non rimangano impuniti». Disse.

«Il terzo che tu non hai riconosciuto, per via del tatuaggio ed è quasi sicura che tra quelli che l'hanno picchiata ci fosse anche lui».

Maledetto verme, sei fortunato che ti stia osservando attraverso il vetro, in un commissariato di polizia e che io non ti abbia beccato per strada. Perchè giuro su me stessa che non saresti tornato vivo.

«Capisco, se voi non avete bisogno ancora della mia presenza io andrei, vorrei evitare di incontrare i Kaioh». Disse, sperando che la sincerità fosse premiata, ottenne un accenno del capo che intuì come una risposta positiva.

Quando uscì dalla stanza Usagi era sparita. Dove si è infilata adesso, non ho proprio tempo da perdere.

Si mosse verso l'uscita dell'edificio nella speranza che lei la stesse aspettando fuori, quella situazione la innervosiva, ogni minuto che passava era sempre più nitido il pericolo di incontrare la violinista, ed era certa che se l'avesse vista avrebbe cambiato idea: partire sarebbe stato impossibile, sopratutto dopo quello che aveva scoperto.


***


L'autista li accompagnò all'ingresso principale della questura e lei non vedeva l'ora di tornare a casa per far rientro il giorno dopo dai nonni per ciò che rimaneva dell'estate, avrebbe approfittato di quel ritorno inaspettato a Kyoto per prendere i libri che le sarebbero serviti per portare a termine gli ultimi compiti che le erano stati assegnati.

«Michiru, da questa parte». Si sentì chiamare da sua madre non appena il piede toccò il marciapiede, si limitò ad anuire prima di seguirla.

Quando finirà questa farsa? Non potevano accontentarsi della mia testimonianza a riguardo? In ogni caso non saprei riconoscere nemmeno uno di quei tizi, voglio solo tornare a casa!

Al suo fianco trovò Seiya con il suo solito sguardo a metà tra l'apprensivo e il preoccupato, negli ultimi tempi si rivolgeva a lei sempre con quell'espressione e la faccenda le dava al quanto sui nervi.

A quell'ora sarebbe stata sicuramente a cavalcare sulla spiaggia e invece eccola li in pieno centro città, tra lo smog a fare qualcosa che le pesava tantissimo, per non parlare del timore di incontrare Haruka.

Seguì gli altri tre sulla scala che la separava dall'ingresso e in cima a questa scorse quella che intuì essere la sorella di Haruka, la stessa ragazza che le aveva fatto visita in ospedale.

Se Usagi è qui, sicuramente sarà qui anche lei..ancora.

Sentì l'agitazione salire, la preoccupazione era tanta ma non al pari di ciò che il nervosismo le stava causando in quel momento, fece un respiro profondo nel tentativo di ritrovare un po' di serenità.

Consapevole che, ormai, non aveva altra scelta e avrebbe dovuto incontrarla per forza.

Entrati nell'edificio osservò i suoi genitori chiedere informazioni sulla stanza in cui doveva svolgersi il riconoscimento per cui avevano appuntamento. Scoprirono essere poco lontano da li e lo raggiunsero poco dopo, i suoi occhi blu che vagavano alla ricerca di una sagoma familiare.

La sua attenzione fu richiamata da una voce che cercava di trovare una certa Usagi, particolare che non le sfuggì insieme alla descrizione che corrispondeva alla ragazza vista sulla scalinata ad aspettare con molta probabilità la sorella dopo aver testimoniato anche lei ed aver svolto la sua parte.

La vide comparire davanti a se e ai suoi accompagnatori improvvisamente, allo stesso modo Haruka accelerò il passo non appena si rese conto di chi aveva davanti.

«Haruka!». Urlò con qualche decibel sopra la norma. Si voltò a guardarla nel tentativo di fermarla, senza risultati. Immediatamente sentì una presa ai fianchi che intuì essere quella di Seiya: la stava bloccando per non farla andare, per non fargliela raggiungere in preda a chissà quale sconosciuta paura.

«Lasciami Seiya, ti prego». Mormorò cercando di liberarsi con tutte le sue forze, ma era debole a causa dei giorni precedenti che aveva mangiato poco e nulla.

«Michiru lasciala perdere, è solo una sporca pervertita che voleva i tuoi soldi oltre che infilarsi nelle tue mutande». La voce severa del padre arrivò quasi a gelarla sul posto. Ma non poteva arrendersi, non in quel momento: una volta tanto voleva agire di testa sua, facendo ciò che pensava fosse giusto per lei. Non per i suoi genitori. Pestò forte il piede al bruno che sentiva accanto a se, questo in tutta risposta mollò la presa per il male dandole l'opportunità di scappare via e cercare di raggiungere la protagonista.

«Sarebbe meglio evitare di farle incontrare». Esclamò sua madre non appena lei corse via, sarebbe stato un rischio troppo grande, se usciva fuori che il volo lo avevano pagato loro sua figlia non avrebbe più rivolto la parola a nessuno, non che in quel momento li deliziasse con chissà quale discorso.


***


Sentì dei passi sempre più vicini precipitarsi giù dalla scalinata principale e esterna dell'edificio, passi che le erano familiari e che le fecero battere il cuore forte del petto nonostante la decisione che aveva ormai preso per il bene di tutti coloro che la conoscevano, ma non per il suo. Le venne da pregare con tutto il cuore che non fosse lei mentre i suoi occhi smeraldo si posano sulla sorella già seduta sulla sua moto dall'altra parte della strada.

«Haruka, ti prego aspettami». La voce le provocò un leggero aumento di battito, e dovette combattere contro ogni singola cellula del suo corpo per non voltarsi e correrle incontro per abbracciarla forte a se.

Continuò imperterrita a scendere i gradini cercando di ignorarla nella speranza che capisse che la cosa migliore per entrambe fosse che lei tornasse indietro; alla fine del percorso, una volta giunta dal marciapiede la sua visione periferica fu occupata da un riflesso acquamarina che ne riempì subito dopo l'intero campo visivo. Sbuffò infastidita a quella visione.

«Michiru, è meglio per entrambe se tu torni indietro. Arrivate a questo punto non credo che abbiamo qualcosa da dirci». Mormorò sottovoce, compiendo una violenza immane su se stessa, avrebbe voluto dire tutt'altro ma la situazione in cui si era cacciata non glielo consentiva. Vide una sorta di delusione dipingersi sul volto della violinista.

«Come non abbiamo niente da dirci? Io dire che abbiamo fin troppe cose di cui parlare». Si sentì rispondere, la voce dell'altra un pò tremolante.

«Non credo proprio, tutto quello che c'è stato è solamente un errore, e per me tu non sei nulla Michiru faresti meglio a porre la tua attenzione su qualche rampollo esponente di qualche buona famiglia. Non su una lesbica come me, non ti si addice. Ora se non ti dispiace fammi passare». Il tono che le uscì fu più duro di quanto in realtà volesse, e da una parte le dispiacque trattarla in quel modo non corrispondente alla verità. Sentì il cuore andare in mille pezzi quando vide chiare le lacrime scorrere sul viso dell'altra. «Cazzo Michi!! Non rendere tutto più difficile, lasciami passare tra qualche ora ho un volo per gli Stati Uniti d'America, ho ricevuto una buona proposta di lavoro e ho deciso di accettarla. Dimenticati di me». Concluse prima di raggirare l'altra e passare oltre.

«Allora è così?? Per te sono stata solo un gioco Haruka? Sei quindi uguale a tutti gli altri, ambivi solo ai miei soldi, al mio status sociale mi hai porta a letto per quello!». Il tono molto simile a quello di una crisi isterica.

No Michiru, la verità è che tuo padre è un bastardo. La verità è che quello che pensi essere un amico di famiglia in realtà è tuo fratello da parte di padre e sopratutto la verità è che quelle merde dei tuoi genitori hanno minacciato di far saltare il posto di lavoro di mia madre se non parto per gli USA. E che nonostante io ti conosca da così poco mi sei entrata nel cuore come nessun'altra aveva mai fatto prima.

Avrebbe voluto risponderle quello, metterla al corrente di tutto. Ma la sua posizione era troppo delicata in quel momento, forse in futuro se il destino lo avesse voluto avrebbero avuto un'altra occasione. Altrimenti si sarebbe limitata ad ammirarla da lontano quando trasmettevano alla televisione i suoi concerti, perché ne era sicura: avrebbe sfondato anche a livello internazionale, prima o poi.

Si limitò a sospirare, prima di avvicinarsi alle macchine parcheggiate e attendere che non ne passassero sulla strada in modo tale da poter attraversare e raggiungere la strada.

Perdonami Michi.


Ti guardo per l' ultima volta mentre vado via

Ti ascolto respirare non scatto la fotografia

Non porterò nessuna traccia dentro me

niente che dovrò rimuovere.


***


I suoi occhi blu invasi dalle lacrime le restituivano una visione opaca di quello che la circondava mentre vedeva la bionda attraversare la strada senza rivolgerle più la parola.

Quella situazione era al di poco assurda non poteva credere che fosse tutto vero e reale, avrebbe dovuto testimoniare ma non ne aveva voglia, sapeva di essere costretta e sapeva anche che di li a poco i suoi genitori sarebbero comparsi sulla soglia dell'edificio.

Il vuoto che si era impossessato di lei però era lancinante, si era sempre imposta di non affezionarsi particolarmente alle persone perché aveva ben chiaro che la cercassero solo per i soldi; la sensazione che però aveva avuto nel momento in cui aveva scontrato Haruka per la prima volta era stata totalmente diversa, le era sembrata una persona sincera e genuina non attaccata alla possibilità di scalare la società. Anche perché per quanto aveva capito, con le corse guadagnava molto bene, non ne aveva bisogno particolare insomma.

Invece a quanto pare si era sbagliata, e la bionda si era forse rivelata una delle peggiori persone con cui aveva avuto a che fare dal suo debutto in società. Forse i suoi genitori non ne avevano tutti i torti, Seiya aveva perfettamente ragione. Aveva azzeccato in pieno con il suo parere su quella storia.

L'unica stupida che non se ne era accorta era stata solamente lei, e così a causa sua aveva persona anche gli unici amici che aveva in casa dei suoi genitori: lei infatti non considerava sua quella casa, piuttosto sentiva sua la casa dei suoi nonni dove riusciva davvero a stare bene.

Aveva mandato tutto all'aria per una stronza come Haruka. Si portò le mani a coprirsi la bocca per aver pensato la parolaccia, in un riflesso quasi automatico dato dall'abitudine di esprimersi in tutt'altro modo di regola in pubblico, ma anche all'interno di Villa Kaioh.

Sospirò profondamente nel tentativo di calmarsi mentre il rombo della moto le solletico le orecchie un attimo prima di essere già lontano da lei.


Se hai sbagliato è uguale anche se adesso fa male [...]

E se hai mentito è uguale ora lasciami andare.

E' stato bello seguirti, rimanerti vicino

anche solo per lo spazio di un mattino.


***


Non aveva ancora comunicato la decisione di partire per gli Stati Uniti a sua madre e a sua sorella, aveva poche ore per farlo prima di prendere la valigia e recarsi in aereoporto. Non si aspettava comprensione da parte loro, sicuramente avrebbero reagito entrambe malissimo, e non poteva dare loro tutti i torti visto che non gli aveva parlato di nulla fino a quel momento. Abituarsi all'idea che dalle successive ventiquattro ore non sarebbe più stata accanto a loro non sarebbe stata cosa semplice, del resto nemmeno per lei lo era cambiare ambiente, abbandonare le amicizie ma sopratutto la sorella a cui, nonostante fosse pasticciona e ancora tanto bambina, voleva molto bene.

Deglutì nel tentativo di cacciare indietro il magone che portava con se tutta quella storia, odiava farsi vedere piangere dalle altre persone e non avrebbe iniziato a scendere ai compromessi con la sua coscienza di certo ora.

Per questo aveva pensato che la cosa migliore fosse accompagnare Usagi a casa direttamente, sperando nel fatto che la madre non fosse impegnata in clinica ma a casa, speranza che si rivelò assolutamente giusta nel momento in cui qualcuno aprì il portone del palazzo dopo che sua sorella aveva suonato al campanello.

Non riusciva ad essere serena in quel momento, avrebbe dovuto essere felicissima per il cambiamento inaspettato che da li a poco sarebbe avvenuto nella sua carriera, ma non riusciva a gioirne. Non senza le persone a cui teneva di più accanto a lei: suo padre e suo fratello; probabilmente se lui fosse stato li in quel momento era lui a dover dare la notizia al posto loro, o forse sarebbe andata ugualmente così per altri motivi.

«Ragazze com'è andata? Siete riusciti a riconoscere qualcuno?». Fu la prima domanda di sua madre non appena entrarono nel loro appartamento, domanda a cui lei non rispose, anzi, la ignorò totalmente.

«Sentite..». Esordì con una decisione in corpo che fino a quel momento pensava di non poter tirare fuori in un momento simile. «Qualche giorno fa ho ricevuto un importante proposta di lavoro ». Esordì. «Sono stata notata da una casa automobilistica molto famosa e americana, non vi ho detto nulla fino ad ora perché ero io stessa indecisa se accettare o meno fino a stamattina. Beh ho deciso di accettare la proposta e quindi parto per gli Stati Uniti».

«Cosa?». La prima a proferir parola fu sua madre, nel suo sguardo una sorta di smarrimento evidente a quella notizia così improvvisa. « Quando devi partire?»

«Tra circa..». I suoi occhi verdi corsero all'orologio appeso al muro della cucina attraverso la porta aperta. «Quattro ore, devo infatti andare a casa tra poco per prendere le valigie e andare in aereoporto per il check-in».

«Giustamente di me e di tua sorella non importa nulla come al solito!!! Vai a lavorare all'estero e lo dici così, come se ti trasferissi nell'appartamento accanto». Nella voce un tono di risemtimento. «Non bastavano tuo padre e tuo fratello, ora anche te devi andartene».

No questo è troppo, paragonarmi a loro due che non hanno avuto scelta, ma che erano stati condannati a morte a causa di circostanze non controllabili.

«Ma che cazzo dici?!!?». Sbottò, alzando leggermente la voce. « Loro sono morti, non è esattamente la stessa cosa!!! Dici sempre che devo mettermi a lavorare seriamente senza corse clandestine estive, bene ho trovato il lavoro che volevi. E non me ne frega un cazzo se tu sei d'accordo o no. È la mia vita e penso che io me la sia rovinata già abbastanza prendendo il suo posto. Non ti permettere di dire ste cose».

La donna davanti a lei non replicò le volse le spalle, un tremolio nervoso nelle mani chiuse a pugno, la osservò incamminarsi verso l'uscita della sala e dopo qualche istante la porta della camera sbattere.

« Si scappa pure come al tuo solito!! Che così i nostri cazzo di problemi li risolviamo, aveva ragione papà quando diceva che non si poteva parlare con te!! Ora lo capisco a pieno». Le urlò dietro. «Vaffanculo!». Spostò malamente la sedia del tavolo per lasciarsi cadere su di essa un attimo dopo. Spostò quindi lo sguardo su sua sorella che aveva assistito alla scena senza dire nulla, gli occhi lucidi.

« Usagi.. Non piangere anche te per favore, non vado in guerra. Ci potremmo sentire quasi tutti i giorni su skype tramite cellulare e computer, non sarà male vedrai. Quando vorrai potrai venirmi a trovare, magari passare le vacanze estive tutte in America..poi tornerò per le feste». La biondina si limitò ad annuire, senza parlare, e a lei fu chiaro che non voleva influenzarla troppo con i suoi atteggiamenti. La osservò alzarsi prima di raggiungerla dall'altra parte del tavolo.

«Mi mancherai Haru, non sarà la stessa cosa senza di te qua a casa..però capisco che devi farti una vita.. e poi sicuramente ti aiuterà cambiare aria visti gli ultimi avvenimenti.. non ti nascondo che saperlo con così poco preavviso mi fa male.. ma sono sicura che in America farai mangiare della polvere a tutti». Accennò un sorriso quasi per rassicurarla.

La tirò verso di se per abbracciarla forte. Si sua sorella aveva capito le sue esigenze, e non poteva che ringraziarla per questo.

«Grazie Usagi». Mormorò sulla spalla dell'altra. Dopo di che si alzò in piedi, doveva per forza andare a prendere le valigie.

«Buon viaggio allora..». Le disse la ragazzina più piccola.

«Grazie». Mormorò per la seconda volta prima di avviarsi verso la porta d'ingresso.

Usagi la osservò sparire al di la della porta in legno, per poi crollare sulla sedia, incrociare le braccia sul tavolo, poggiare la testa su di esse a sua volta e lasciarsi andare in un pianto infinito.

Da quel momento sarebbe stata sola, ci sarebbe stato Mamo-chan con lei, ma tolto lui era sola. Sapeva che prima o poi quel momento sarebbe arrivato visti gli eccellenti risultati nelle gare nazionali di Haruka, ma nn pensava che fosse giunto così presto.

Papà mi manchi tanto. Ora più che mai.



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Capitolo 23
*** Epilogo ***


Note dell'autrice: Eccoci qua, alla fine di questa fanfiction nata anni fa, come già sanno i lettori che seguono la mia pagina fb dovevo pubblicare questo capitolo la settimana prossima  e quella dopo ancora il primo capitolo del seguito, ma sono troppo impaziente e quindi pubblico entrambi stasera ( sperando di non pentirmene). Vi auguro buona lettura e a presto!

Capitolo 23: Epilogo



Tredici anni dopo


La voce dell'autoparlante aveva appena chiamato il suo volo per Tokyo, quell'anno si sarebbe presa tutta l'estate per la sua famiglia. Dopo tutto Usagi stava preparando la tesi, un soggiorno più lungo era una parte in più del suo regalo per la grande occasione. Negli anni passati aveva sempre fatto piccole escursioni in territorio nipponico, lunghe al massimo una settimana, facendo molta attenzione a non girare per i locali di Kyoto frequentanti dalla parte di popolazione più in vista della città.

Tredici anni prima, pochi giorni dopo il suo arrivo negli Stati Uniti, aveva intrapreso i primi allenamenti della sua nuova carriera e nelle settimane successive le era giunta notizia dalla sorella che i Kaioh avevano ritirato la denuncia a suo carico per l'incidente una volta che erano emersi i veri colpevoli. Tutto si era sistemato in pochissimo tempo, l'unica cosa che non si era sistemata, nonostante tutto, era il suo cuore.

Non era semplice fare i conti con una cotta per una persona che in pochissimo tempo era arrivata a calpestare i palcoscenici internazionali finendo più volte in televisione, uniche volte in cui aveva avuto la fortuna e il piacere di rivederla.

Era nonostante ciò contenta per lei, che aveva trovato la sua strada nella musica, per quanto ricordava era un vero talento e sicuramente con l'esperienza data dall'età era diventata qualcosa di sublime.

La sua attenzione fu richiamata dalle hostess dell'aereo che le chiedevano il suo biglietto per verificarne il nominativo e la sua presenza a bordo, la ragazza sgranò gli occhi nell'intuire chi fosse il giovane con i rayban scuri che aveva davanti, le fece cenno con il dito di fare silenzio. L'ultima cosa che avrebbe voluto e ritrovarsi sommersa da eventuali suoi fan che volavano con lei. Si diresse quindi verso i posti riservati a chi aveva preso il biglietto di prima classe. Sarebbe stato un lungo viaggio, si era portata giusto un buon libro da leggere per cercare di ingannare il tempo prima di dormire nel caso che i film trasmessi dal personale di bordo non fossero di suo gusto.


Fu svegliata dalla hostess dopo un numero inquantificato di ore di sonno, la informarono che stavano per effettuare l'atterraggio, doveva dunque allacciare le sue cinture per motivi di sicurezza.

I suoi occhi verdi si posarono sulla distesa blu dell'oceano sotto di loro, per poi dirigersi verso le lucine che segnavano la costa giapponese in lontananza. Finalmente era a casa, dopo tutte quelle ore di viaggio.

Cosa le avrebbero riservato quei mesi in territorio giapponese ancora non lo sapeva, ma era ben decisa a trarre il meglio da qualsiasi cosa, compresi incontri inaspettati.

Si diresse a ritirare i bagagli con il suo solito sorriso sulle labbra, qualsiasi cosa le si sarebbe parata davanti, Haruka Tenou l'avrebbe affrontata.

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