Tutto cominciò nella Londra perbene

di ohfirstmarch
(/viewuser.php?uid=427931)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Attrazione inaspettata ***
Capitolo 2: *** Insieme con foga ***
Capitolo 3: *** Scossoni. ***
Capitolo 4: *** il puzzle si ricompone. ***
Capitolo 5: *** fusione di corpi e sentimenti. ***
Capitolo 6: *** sconfiggiamo i mostri e diventiamo infinito ***



Capitolo 1
*** Attrazione inaspettata ***


Tutto incominciò un giorno come tanti nella Londra perbene, in un grande palazzo in bianco, dove in una stanza con affreschi in oro e platino vi erano riuniti personaggi dell’alta società che possedevano le macchine più costose dell’Inghilterra.
Loro non aspettavano altro che lo scoccare delle 3 di notte per vedere arrivare quelli come me.
E chi sono io?
Io sono Frederic, per tutti Fred e mi trovo proprio all’opposto di quelli come loro.
Non ho vestiti su misura ben stirati e tirati a lucido che costano migliaia di sterline e non ho auto super costose.
Sono un così detto ‘ragazzo di strada’ e ho trovato il mio posto nella società illegale.
Io e quelle persone abbiamo solo una cosa in comune, i loro soldi.
Loro puntano su di me o quelli come me e noi li intratteniamo con le nostre gare.
Io sono specializzato nelle gare con le moto ma tal volta mi sono anche avvicinato ai combattimenti per arrotondare.
Ma stasera sono qua con i miei amici e colleghi per qualcosa di diverso e mi auguro anche più fruttuoso, la mia moto ha bisogno di nuove gomme e pezzi di ricambio e mi servono i ‘MONEY’.
Mi sono messo a tiro come ha chiesto il mio capo.
Ho i capelli bianchi decolorati e tirati ai lati con il gel, ho lasciato le ciocche della fronte ribelli, ho messo la matita nera a contornare i miei occhi per renderli più affascinanti, poi camicia bianca molto aderente e infine jeans neri, strappati e con le borchie che andavano a nozze con il mio giubbino di pelle.
Non ero per niente male, lo dovevo ammettere e al mio passaggio dentro quella sala delle ragazze squittivano come tanti scoiattoli e sorridevo divertito a tutte loro.
Devo ammettere però che in quella stanza nessuna delle ragazze mi aveva minimamente colpito, solo un ragazzo mi aveva lasciato spiazzato.
Occhi color ghiaccio in contrasto con la matita leggermente sbavata con classe che li contornava, camicia azzurra, jeans costoso blu notte e giubbino di pelle blu con le borchie.
Guardava proprio me e sorrideva compiaciuto. Wow
Uno come lui che guarda me è quasi un miracolo.
Ricambio al suo sorriso e gli faccio un segno di saluto portandomi due dita alla fronte e facendo un piccolo inchino quasi impercettibile.
Lui alza un sopracciglio e delle rughe impercettibili si piazzano sulla sua fronte e le sue labbra si increspano in un sorriso che mostra i denti perfetti e bianchissimi.
Ho fatto centro senza alcun dubbio, bene.
Adesso devo andare a lavorare, a lui ci penserò dopo.
Passo le ore successive a fare la statuina in bella mostra, era una di quelle sere dove il capo mostra la sua merce migliore per poi far alzare i prezzi le sere seguenti.
Peccato, pensavo di fare qualche soldo in più stanotte, ma va bene ugualmente, il mio cervello è ben ripagato dalla bella vista d’occhi di ghiaccio che mi gironzola in torno come a studiarmi.
L’ho lasciato fare le sue mosse in tranquillità, ma adesso tocca a me, voglio capire bene le intenzioni che ha e che cosa potrebbe uscire fuori.
Faccio un paio di passi verso di lui e mi avvicino al suo corpo con la scusa di dover prendere un bicchiere di champagne dal tavolo dietro di lui.
Non ci stacchiamo gli occhi di dosso neanche per mezzo secondo e il poco spazio che c’era tra di noi si va via via annullando.
Come due calamite i nostri corpi si attraggono e posso sentire il suo petto alzarsi e abbassarsi sempre più velocemente al passare di ogni secondo.
 Sono tentato all’idea di baciarlo ma c’è troppo pubblico e non è il contesto giusto per fare certe cose, quindi fermo questa attrazione che molto probabilmente sarebbe fatale e sorridendo gli sistemo il colletto della camicia e faccio un passo indietro.
Quando ho sfiorato il suo collo con la punta delle dita ha perso un respiro, è una conferma in più di quello che sospettavo, bene, va più che bene.
Sorrido malefico e dico “piacere sono Frederic, ma puoi chiamarmi Fred” lui scocca la lingua e i suoi occhi mi analizzano dall’alto verso il basso e con voce rauca dice “io sono Gabriel ma devi chiamarmi Gab”
Scoppio a ridere per le sue parole e portandomi le mani nelle tasche posteriori dei mie jeans e dandogli le spalle dico “scendi dal piedistallo Gabriel, non sono uno dei tuoi tirapiedi e solo se voglio ti chiamo Gab” poi cammino lentamente verso il balcone.
Ero certo che mi avrebbe seguito e io volevo un luogo appartato per provocarlo a dovere.
Quindi con calma esco fuori nel balcone fiorito e mi piazzo su uno dei lati in penombra e aspetto la sua comparsa con le spalle poggiate al muro.
Non devo neanche aspettare molto, forse un paio di minuti e poi eccolo spuntare.
Passo calmo, controllato, elegante e altezzoso e con un’andatura che era ammaliante.
Rimane interdetto per qualche secondo, si aspettava di trovarmi in bella vista, ma non sono così stupido e voglio tirare un’po’ la corda quindi dopo che lo lascio scrutare in giro mi schiarisco la voce e dico sicuro “cercavi forse me, Gabriel?” e sottolineo bene il suo nome tanto per innervosirlo al punto giusto.
Lo vedo sorridere divertito, ma nei suoi occhi c’è anche un velo d’incazzatura e si nota anche dalla sua mandibola che pulsa contratta.
Interessante, molto interessante.
Si avvicina a me con un eleganza tale da far perdere la testa pure ai fiori e si lecca le labbra in maniera provocatoria.
Ora è di fronte a me e porta una sua mano tra la mia spalla e la testa a bloccarmi, come se io volessi scappare.
A dire il vero questa ipotesi neanche mi sfiorava minimamente il cervello.
Comunque punto il mio sguardo verso i suoi occhi e lo provoco silenziosamente.
Accorcia la restante distanza e porta la sua gamba destra tra le mie gambe in modo da bloccarmi ulteriormente e da provocare le mie viscere.
Porta la sua mano sinistra sul mio viso e con il pollice sfiora le mie labbra e le schiude delicatamente e sento uscire dalle sue di labbra un ringhio e so perfettamente come dare il via a tutto.
Con fare languido bacio il suo pollice e poi lo intrappolo tra esse simulando quello che nel giro di qualche secondo sarebbe accaduto tra la mia lingua e la sua.
Il suo respiro accelera in un secondo e il suo corpo inizia a fremere ed ecco che toglie il suo dito dalle mie labbra e con foga riempie l’assenza con le sue di labbra.
Ci scambiamo baci confusi e vogliosi di qualcosa di più e i nostri corpi si scontrano.
Scambiamo le posizioni tra un bacio e l’altro e sbattiamo contro il muro.
Sento le sue mani intrufolarsi tra la mia camicia e le sue dita sfiorano il mio basso ventre con maestria tale da farmi sussultare e io tra la foga lascio che le mie dita sfiorino i suo capezzoli da sopra la camicia per torturarlo.
Entrambi perdiamo un ringhio e sappiamo che abbiamo bisogno di andare oltre, di fare fuori questi vestiti troppo stretti ormai e di liberare altro.
Punto le labbra sul suo collo e lo impregno di baci e gli sussurro all’orecchio “dobbiamo trovare un posto adatto” lui ansima e ringhia frustrato e mi dice “il problema è che non voglio fermarmi e voglio scoparti ora e qua” io rido e lo bacio profondamente tanto da farlo vacillare.
Gli faccio proprio un bell’effetto devo ammetterlo.
E proprio mentre gli sto sganciando la fibbia della cintura veniamo interrotti da un vecchio signore che afferra Gabriel per la spalla e lo colpisce con uno schiaffo in pieno viso.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Insieme con foga ***


Sono sconvolto dalla scena che c'è davanti ai miei occhi e senza pensarci troppo, quasi istintivamente, faccio un passo verso Gabriel ma vedo la sua mano farmi cenno di non muovermi.
Si ricompone mentre il vecchio signore lo insulta e poi sparisce via facendomi un sorriso che lasciava trasparire un velo di tristezza  ma non era un addio, diceva un silenzioso arrivederci.
Io ancora senza fiato mi sistemo la camicia e mi prendo una sigaretta nel tentativo di sedare i miei istinti fin troppo istigati.
Passo il resto delle ore in quel balcone tra i fiori e poi me ne torno a casa.
Lo sguardo di Gabriel mi insegue tra i sogni di quella notte e nei giorni seguenti il ricordo del suo corpo e dei suoi baci diventano una presenza costante e incessante.
Mi sento praticamente marchiato a fuoco e nel corso delle settimane pur avendo decine di occasioni con diversi ragazzi il mio corpo e la mia testa sono focalizzati su quella sera.
Sono distratto anche alle gare da questo pensiero fisso rivolto a lui.. Gabriel l’angelo di ghiaccio.
Comunque tiro avanti.
Una sera, al solito parchetto per fare le gare ci stanno molte persone e mentre concludo una gara arrivando primo rimango spiazzato completamente dal vedere un viso, quel viso tra la folla.
Spalanco gli occhi shockato e vedo il suo sorriso scaltro illuminargli il viso e non ho intenzione di perdere tempo questa volta.
Quindi prendo il mio denaro e punto veloce verso di lui e dico “finalmente ci rivediamo” lui ride divertito e mi dice “l’attesa è sempre la parte migliore e vedo che ti ha fatto piuttosto bene”
Rimaniamo a squadrarci per minuti interminabili mentre attendiamo che la fossa si dilegui.
Rimaniamo solo  noi e io con fare provocatorio dico “non dirmi che ora che siamo soli e potremmo scopare qui e ora, tu te ne sei già pentito” lui scoppia a ridere e afferrandomi per la felpa mi attira a se e mi bacia prima piano poi con sempre più foga.
Ci schiantiamo sul muretto e ringhiamo entrambi per il dolore ma non ci fermiamo un secondo dal consumarci di baci.
Sento le sue mani farsi strada sotto la mia felpa, prima sulla mia schiena, poi sul mio sedere , poi risale ancora sulla mia schiena e fa scorrere le sue dita sui miei fianchi e mi accarezza il bordo dell’elastico dei pantaloni di felpa.
Ringhio ormai esausto e baciandogli il collo gli sbottono la camicia e gli bacio tutto il petto e il ventre per poi torturarlo mordendogli e succhiandogli i capezzoli e lo sento ansimare e contorcersi sotto il mio tocco.
Ma non ho ancora intenzione di smettere di provocarlo e torturarlo così con la mano libera gli sgancio la fibbia dei pantaloni e intrufolo la mia mano sotto i suoi jeans e lascio che le mie dita facciano il giusto lavoro.
E riesco bene nel mio compito perché ansima senza sosta e ringhia frasi sconnesse e poi è un secondo. Sono sotto di lui, non ho più i pantaloni e le mutande e lui mi fa discreta compagnia nella nudità.
Mi prepara con delicatezza e lentezza e tocca dei punti che mi fanno contorcere e ansimare senza sosta e sono quasi al limite.  
Lui ridacchia divertito dalla mia reazione e poi con estrema delicatezza  entra in me e io e lui diventiamo un tutt’uno.
Respiriamo all’unisono, i nostri bacini che combaciano alla perfezione, mani intrecciate e le nostre fronti a contatto con lo sguardo a farci da legante.
Il paradiso in terra ci investe completamente e tutto il mondo è il nulla, siamo solo noi e nessun altro.
Mentre il paradiso va scemando Gabriel si stende al mio fianco e si poggia con la testa sul mio petto e io intreccio le dita tra i suoi capelli e gli lascio un bacio sulla fronte .
Lui accarezza con la punta delle dita il mio ventre e si stringe più a me e so che è come se stesse dicendo “anche io ero stanco di quest’attesa” e io non dico piano al suo orecchio “adesso che vuoi fare? Vuoi venire nella mia piccolissima e modestissima abitazione?” lui ridacchia e mi dice “solo ad una condizione” io mi sollevo leggermente per guardarlo perplesso e dico “e sarebbe?” lui si alza e mi dice con voce suadente “hai la birra?” io scoppio a ridere e mentre mi rivesto dico “pensavo che gente del tuo livello la birra la consideri acqua sporca, ma caschi bene, perché per me è come l’acqua” e mentre ci rivestiamo ridiamo come cretini.
 Camminiamo abbracciati e la sua mano sinistra mi accarezza dolcemente la schiena e il bacino, si sta scusando per i postumi, che dolce.
Dopo un’po’ di strada arriviamo al mio appartamento piccolo e disordinato, ma meglio che veda da subito come sono, perché nascondermi? Non cambierebbe molto.
Così lo faccio entrare, mi scuso per il casino e dico “fa come se fossi a casa tua.” Lui accenna un sorriso e poi si siede sul divano attendendo la birra.
La situazione mi strappa un sorriso e mentre torno da lui con la birra, mi fermo alle sue spalle, gli lascio un bacio tra i capelli e poi lo raggiungo sul divano anche io.
Parliamo, anzi lui parla tantissimo di se, della sua vita e della settimana che aveva passato con il pensiero fisso di me e di quello che avevamo lasciato a metà.
Poi accendo la tv, anche perché capisco che non vuole andare via, il che non mi da fastidio per nulla, anzi mi da la conferma di un qualcosa che può andare oltre.
Così gli lascio scegliere il film che più preferisce e poi lo avvolgo in un abbraccio e lui.. lui si sistema poggiato sul mio petto e il silenzio cala completamente.
È come se gli avessero staccato la spina. È crollato a dormire in un nano secondo.
Io ridacchio e lo copro con una coperta e lo stringo più a me.
E alla fine mi addormento pure io con la testa poggiata alla sua.
Vengo svegliato dalla luce del mattino ormai alta a splendente e subito, ancora con gli occhi chiusi mi rendo conto che lui non c’è e come un riflesso incondizionato, un conato di vomito mi sale fino alla gola. Che altro potevo aspettarmi in fondo?
Veniamo da due pianeti opposti, una notte è già tanto.
Apro gli occhi, prendo fiato e mi alzo da quel divano troppo scomodo.
Punto subito al bagno e mi faccio una doccia disintossicante e ripulitrice.
Ci metto una vita dentro quel bagno, mi lascio ustionare dal getto d’acqua troppo caldo e faccio mente locale su tutto quello che era accaduto e ho come il disperato bisogno di vomitare.
Così esco dalla doccia alla meno peggio e mi accascio al wc e vomito gli ultimi residui del cibo rimasto dal pranzo.
La giornata non poteva iniziare peggio.
Mi alzo lentamente e mi vesto, ho voglia di andare ad allenarmi, sicuramente una bella corsa mi farà bene, anche perché se resto in casa va a finire che perdo la testa.
Così mi metto le nike e vado al parco a  farmi una bella corsa.
Rientro in casa dopo un paio di ore e dopo una seconda doccia mi colloco sul divano.
Credo di aver dormito per molto ma molto tempo perché vengo svegliato dal fastidioso e assordante suono del citofono.
Mi stiracchio confuso e barcollando vado a rispondere a quel maledetto affare.
Con voce rauca dico “p-pron.. ehm chi è?” una voce troppo familiare mi risponde “si può sapere che cavolo aspetti ad aprirmi?  È da due ore che sono qua sotto!”

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Scossoni. ***


 io spalanco gli occhi e balbetto “Gabriel? Ma.. tu.. che..” lo sento ringhiare e dire “mi apri? Si può sapere che ti prende? Aprimi!”
Io rimango in silenzio e mi limito a premere il bottone del citofono che apre il portone e poi apro la porta e rimango immobile davanti ad essa.
È tornato.. è davvero qua
Me lo ritrovo davanti in tempo di pochi secondi ed è vestito con una felpa e i jeans strappati neri, strano, è molto sportivo.
Lo guarda dall’alto al basso per un paio di volte e non riesco né a muovermi né a parlare.
Non pensavo tornasse. Ero sicuro che non sarebbe tornato e invece..
Lo vedo avvicinarsi a me con viso preoccupato e mi accarezza una guancia delicatamente e mi dice “stai bene? Sei pallido.” Io annuisco lievemente e rimango impalato a guardarlo, lui allora fa un secondo passo per eliminare definitivamente le distanze e mi bacia dolcemente e lievemente le labbra e mi dice sussurrando mentre mi accarezza i capelli vicino le tempie “che succede? Non sembra che tu stia bene”
Io mando giù della saliva e bisbiglio “pensavo solo che non saresti più tornato” lui mi guarda perplesso e mi dice “ma ti avevo lasciato un post sul frigo dove ti dicevo che dovevo andare a lavoro e alle otto sarei stato di nuovo qua. Non lo hai letto?” spalanco gli occhi e faccio segno di no con la testa e lui mi dice “allora tu non hai neanche bevuto tipo?  Non sei stato neanche in cucina? Ma che hai fatto?” io bisbiglio un “niente.. fammi sedere” e mi allontano da lui per andarmi a sedere sul divano.
Lui mi segue passo dopo passo e si siede al mio fianco. Io poggio la testa sullo schienale e mi passo le mani sul viso prendendo un’po’ di fiato.
Non pensavo tornasse. Non pensavo mi avesse lasciato un post. Non pensavo di rivederlo.
Non pensavo di.. non pensavo ecco.
Sento le sue dita accarezzarmi il mento e con gentilezza mi sposta le mani dal viso e mi dice “ma che ti succede?” io faccio segno di no con la testa e sospiro.
Gabriel si mette più vicino e mi punta i suoi occhi nei miei e mi dice “pensavi che me ne fossi andato e non mi sarei fatto più vivo?” io annuisco e socchiudo gli occhi prendendo un respiro profondo.
Lo sento sospirare e poi alzarsi dal divano e subito un senso di panico mi invade e apro gli occhi di  scatto. Mi ritrovo il suo viso a due centimetri dal mio e sono confuso da questo, poi le sue labbra sfiorano le mie e poi mi dice “ascoltami bene, credo di non essermi spiegato ieri sera, non ho intenzione di prendere le distanze da te, voglio passare più tempo possibile con te. In sintesi? Mi piaci da morire. Quindi adesso fai un bel respiro –con la punta delle dita mi accarezza il petto- non ho intenzione di farti perdere le mie tracce capito? E mi sei mancato oggi, sarà una follia ma è cosi”
Io annuisco sconvolto e prendo ancora un’po’ di fiato e bisbiglio “so che può sembrare esagerato, è solo che con te è stato intenso, mi sono svegliato e non c’eri e ho sentito la fregatura schiacciarmi e via dicendo e..niente tutto qua.. non farci caso.” Lui accenna un sorriso e mi dice “ho capito che la cosa è reciproca, perfetto.” Poi torna a sedersi al mio fianco e si poggia a me.
Che strano, pensavo, anzi ero certo che non si sarebbe fatto più vivo e invece eccoci qua. Insieme e sul divano di casa  mia .
Dopo che mi sono ripreso e ho realizzato che era reale la sua presenza, ci siamo messi a vedere la tv e a commentare le cose più sceme che passavano sullo schermo.
Devo ammettere che è molto ma molto intelligente e ha un senso dell’ironia che è pazzesco.
È molto cucciolo più di quanto voglia ammettere ed un provocatore nato.
Abbiamo cenato con una pizza e poi siamo andati a letto spediti.
È stato un turbinio di corpi e lingue che si scontrano, diventiamo un tutt’uno. E facciamo più di un bis e sinceramente ho il culo in fiamme ma vorrei non smettere mai e poi mai di essere un tutt’uno con lui.
E alla fine crolliamo a dormire abbracciati e prima di addormentarci Gabriel mi sussurra “domani mi trovi qua, non ho nulla da fare a lavoro” e ridacchiando mi bacia una tempia e si stringe a me, poggiando la fronte tra le mie scapole.
E per la prima volta vado a dormire in maniera serena e mi sembra surreale ma meglio non farsi troppe domande, va benissimo cosi.
La mattina mi sveglio decisamente presto e facendo piano mi alzo e vado in cucina a preparare la colazione.
Il problema era:  Gabriel con cosa inizia la mattina?
Non avevo completamente  idea sinceramente, ma caffè, marmellata, pane tostato e pancake con il latte dovrebbero andare.
Cioè dovrebbero essere universali, quindi preparo il tutto con estrema cura.
Visto che non sono proprio il massimo in cucina, mi tocca essere molto attento nel non combinare disastri madornali.
E mentre sono lì che preparo i pancake vedo spuntare dalla porta della camera Gabriel, con il mio pantalone di tuta e i capelli tutti scombinati. 
Il suo petto nudo color ambrato risalta in contrasto con i pantaloni grigio topo e il suo ventre piatto con gli addominali ben scolpiti e i pettorali allenati.
Mi ci sono voluti diversi secondi per riprendermi e non soffocarmi con la mia stessa saliva.
Mi si avvicina con passo felino e mi lascia un bacio sulla nuca per poi andare a prendersi un bicchiere d’acqua dal frigo.
I brividi.. ancora ho la sensazione che sia un sogno.
Mi scrollo di dosso tutti i pensieri e continuo a cucinare in silenzio.
Sento però alle mie spalle l’individuo dagli addominali di marmo bofonchiare qualcosa e mi giro a guardarlo stranito e il suo viso è uguale a quello di un cucciolo che chiede le coccole e io smarrito dico “che c’è?” lui mettendo il broncio mi dice “non è che si fa così però, il bacio del buongiorno dov’è?” io scoppio a ridere e mi avvicino a lui, lo prendo per i fianchi e lo faccio sedere sul piano in marmo poi gli accarezzo il petto con la punta delle dita, gli bacio il collo e prendendo il suo mento tra le dita lo avvicino a me e gli do un bacio intenso e profondo e..
E lo sento gemere tra le mie labbra e questo mi diverte e non poco, ma non sono ancora pronto per scopare di prima mattina, ho bisogno di fare colazione come minimo.
Così a malincuore mi allontano da lui e torno a fare i pancake.
Lo sento sbuffare alle mie spalle e istintivamente sorrido divertito dalla sua reazione. Comunque dopo un’po’ la colazione è pronta e ci mettiamo sul divano a mangiare e parliamo del più e del meno.
Lui mi racconta a grandi linee del suo lavoro e della sua vita e mi rendo conto che per certi aspetti della vita siamo molto ma molto simili.
Perché?
Perché entrambi non abbiamo dei genitori, o meglio lui ha un padre ma a quanto pare è in carcere… è nato da una serata di sballo e la madre è morta mentre partoriva lui.
Mia madre è morta per overdose e mio padre.. hahah beh non ho idea di chi sia quindi più o meno ci siamo.
Lui ha suo nonno che si occupa di lui, più o meno, anche perché da quello che  ricordo l’altra sera non è stato tanto premuroso e dolce..
Quindi ho molte riserve al riguardo, ma le tengo per me.
Dopo la colazione ci facciamo una doccia insieme con aggiunta una bella e intensa scopata e poi sfiniti ci spalmiamo sul divano a vedere un film.
E continuiamo a stare così per tutto il giorno, abbracciati a sbaciucchiarci e a parlicchiare del più e del meno.
E dopo cena dopo averci dato dentro Gabriel se ne deve andare per forza e io rimango steso sul letto con un vuoto immenso a divorarmi lo stomaco.
Mannaggia! Non ci siamo scambiati neanche i numeri!
Sfinito mi rigiro nel letto e mi addormento.
Passano un paio di giorni e lui non si fa vivo e io mi sento un vegetale.
Vado avanti giorno per giorno a forza e solo per fare le gare.
Passa una maledetta settimana e la rabbia scorre nelle mie vene tanto che una sera, ormai brillo faccio a pugni.
Insomma, piano piano vado perdendo la testa.
Passati quindici giorni sono come un mostro divorato da decine di sentimenti contrastanti.
Mi trascino alle gare e ne vinco solo una decina ma non mi importa molto.
I soldi sono importanti è vero ma al momento ho altre priorità e non sono i soldi sicuramente.
Nel corso dei giorni seguenti mi metto a fare dei lavori normali come  consegnare alcuni pacchi e via dicendo.
E a quasi un mese dall’ultima volta che ho visto  Gabriel, mentre sono in una delle strade più importanti della zona finanziaria vedo seduto ad una caffetteria, in giacca e cravatta proprio lui..
Era con il capo chino ma l’ho riconosciuto.
Mi avvicino lentamente e mi posiziono davanti a lui con le braccia incrociate e immobile.
Vedo il suo corpo sussultare e quando solleva il capo verso di me sono io a sussultare in preda allo sconvolgimento.
Il suo viso è quasi irriconoscibile.
il labbro tumefatto, il sopracciglio ricucito da almeno quattro punti, occhio livido  e guancia gonfia dal colorito nero viola.
Prendo tra le dita il suo mento e punto i suoi occhi nei miei e..
Sono pieni di lacrime quei splendidi occhi di ghiaccio, sono completamente distrutti e stanchi.
Gli sfioro lievemente con il pollice il labbro e avvicinandomi a lui gli sussurro “che ti è successo Gab?” sospira sfinito e rimane in silenzio.
Eh! Non può lasciarmi così, voglio una risposta quanto meno accettabile.
Prendo un bel respiro per non perdere la calma e dico “cosa è successo?” lui distoglie lo sguardo dal mio e mi dice “niente”
Certo, dovrei pure crederci, ci può contare.
Serro un ringhio tra le labbra e dico ancora “sono abbastanza perspicace su certe cose e la tua risposta è solo una formalità, lo sai” Gab abbassa la testa e rimane in completo silenzio.
Va bene, facciamo a modo mio, deciso.
Lo prendo per mano, lo costringo ad alzarsi e mentre lo trascino lontano da quella caffetteria gli dico “so quasi per certo che le condizioni del tuo viso siano ad opera di tuo nonno, ne sono certo. So anche che è per quello che ti piace, cioè io ma questo credimi è un problema che risolveremo e di cui parleremo in un secondo momento. Ora ci occupiamo delle tue condizioni. Andiamo.” 
Con passo svelto, in una decina di minuti siamo arrivati dove avevo parcheggiato la moto, prendo i due caschi e guardandolo serio e sicuro gli metto il casco. Lo metto anche io e poi lo invito, anzi gli ordino di salire sulla moto e di tenersi.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** il puzzle si ricompone. ***


Alex, il medico delle gare ha lo studio nella zona 1 di Londra e so che è uno che tiene la bocca chiusa senza problemi, insomma quello che serviva a noi.
Ci mettiamo una ventina di minuti buoni ad arrivare, posteggio nel garage sotterraneo e tolgo il casco a Gabriel.
Era con le guance rigate da lacrime e mi sento mancare il terreno da sotto i piedi.
L’avrò spaventato? No.. non volevo.
Così gli accarezzo i capelli e la nuca delicatamente e gli dico “che succede? Ti ho spaventato? Mi spiace Gab davvero” lui scuote la testa in segno di no, fa un paio di passi verso di me, mi abbraccia e tremando per i singhiozzi mi dice “sei.. ti stai prendendo cura di me.. non lo fa mai nessuno, non l’ha mai fatto nessuno..”
Io lo stringo più a me, lo cullo e gli accarezzo la schiena e cerco di tranquillizzarlo il più possibile.
Ci mette una decina di minuti a riprendersi e quando incontro i suoi occhi rossi e stanchi cerco di sorridergli e dico “adesso andiamo a vedere se è tutto okay. Non preoccuparti, è una cosa che rimarrà tra me, te e Alex.”
Lui si limita ad annuire e mano nella mano entriamo nel retro dello studio e con tranquillità ci sediamo nelle poltroncine della sala d’aspetto.
Gab era decisamente nervoso e potevo capirlo, ma sarebbe rimasto tra noi e nessuno lo poteva rintracciare.
Dopo un paio di ore passate ad aspettare nel silenzio più totale Alex si avvicina a noi e dice “ciao ragazzi. Come posso aiutarvi?” io lo saluto con un cenno del capo e poi dico “gli dai un occhiata?” lui annuisce e ci fa segno di seguirlo.
Io prendo per mano Gab sorridendogli e seguiamo Alex.
Chiede se ha preso medicine e via dicendo e gli controlla i punti.
Stava abbastanza bene, bastavano un paio di giorni di antibiotico e sarebbe stato come nuovo.
Erano decisamente buone notizie e io potevo respirare a pieni polmoni dopo troppe ore passate in apnea.
Anche Gabriel sembrava più rilassato e così dopo essermi fatto due calcoli gli dico “non dirmi che i punti te li sei messi tu Gab” lui si riscuote e balbettando dice “ehm.. si in realtà, ma niente di nuovo” deve spiegarmi parecchie cose decisamente!
Ne avremmo parlato in seguito sicuramente.
Ritorniamo alla moto e ce ne andiamo a casa da me dopo aver comprato medicine, ghiaccio e il resto dell’occorrente.
Gli do i miei vestiti così si può mettere della roba decisamente più comoda e quando torna in cucina è come se fosse un altro Gabriel.
Era molto più rilassato e a suo agio.
Bene, anche perché è ora di alcune spiegazioni.
Ci mettiamo sul divano con un paio di birre e un toast per lui e dopo qualche battuta gli dico “adesso torniamo seri okay? Ho bisogno di alcune spiegazioni e lo sai. Ma per prima cosa ci tengo a dire, ma è più una sottospecie di ordine, che te na sti giorni resti qua. Senza se e ma.”
Lo sento ringhiare e brontolare ma sapevamo entrambi che era la cosa più giusta da fare quindi non dice altro e dopo aver bevuto un sorso di birra si mette comodo e dice “mio nonno è uno vecchio stampo e non accetta che io sia gay e che lo mostri. Cioè è fatto così. La prima sera quando ci siamo visti mi ha dato un avviso e poi l’altra sera dopo che ha capito dove ero stato e il resto è esploso così. Ci sono abituato, non ho alcun problema ma la cosa si inizia a fare pesante e non lo sopporto più  infatti sto cambiando il mio contratto e ruolo nella sua azienda in modo da poter essere indipendente. Ecco tutto”
Io annuisco e non dico altro, perché so che il suo giustificare suo nonno non è corretto e che non dovrebbe neanche provare un certo sentimento, so bene che comunque lo ha cresciuto e non può non provare diversamente.
Ora il mio problema è solamente come tenerlo al sicuro il più possibile.
Solo che non sono nessuno per fare certe affermazioni quindi.. quindi attendo qualsiasi scelta lui faccia.
Quindi gli lascio un’po’ di tempo per riprendersi e mentre aspetto gli accarezzo delicatamente i capelli e le guance.
So che non è abituato a questo genere di cose ma forse si deve iniziare ad abituare perché da parte mia riceverà solo questo genere di cose.
Visto che i minuti scorrevano e lui non diceva nulla avevo capito che alcune risposte me le sarei dovuto prendere da solo mentre altre le avrei avute con il tempo.
Va bene, prendo fiato e dico “bene, e a quanto risale questa tua bravura nel ricucire?” lui chiude gli occhi e dopo aver fatto uscire un sospiro dalle sue labbra mi dice “all’incirca da quando avevo 15 anni.. era un periodo dove mio nonno ci andava giù pesante e il medico che poi mi ricomponeva mi ha insegnato come fare” sospiro e mentalmente mi faccio dei calcoli sulle atrocità che avrà subito e sopportato.
Va bene, va bene, non posso obbligarlo ad allontanarsi da quel vecchio malefico ma voglio fargli capire che qua con me è al sicuro e che da me può ricevere solo cose positive.
Sospiro e con gentilezza e molta delicatezza lo porto in braccio e lo stringo a me accarezzandogli la schiena con la punta delle dita.
Inizialmente era come una statua di marmo e respirava a fatica e potevo capirlo, non è abituato e porta ancora i residui. Però piano piano si è lasciato andare e si è stretto all’abbraccio rendendo man mano il suo respiro sempre più regolare.
Sembra anche più minuscolo tra le mie braccia e mi chiedo come suo nonno abbia potuto fargli male così tante volte.
Gli lascio un bacio tra i capelli e sussurro con voce calda e rassicurante “non ti chiederò altro, non voglio farti male okay? Non voglio che tu provi più dolore, non meriti certe cose e ti prometto che con me sarai sempre al sicuro, sempre. Ma ricordati che se dovesse accadere di nuovo una cosa del genere, chiamami, dimmi che ti succede e non escludermi capito? Adesso cerca di riposare, non può farti male.” Lo sento tremare scosso dai singhiozzi e il mio cuore si pietrifica.
Non sopporto che pianga e soprattutto per causa mia.
Lo stringo più a me e gli lascio dei baci sulla fronte e gli strofino delicatamente la schiena e le spalle.
Ci mette un’po’ per calmarsi e quando ci riesce poi crolla a dormire ormai sfinito.
Rimango a fargli da cuscino per diverse ore e mi sembra di essere in paradiso.
Perché averlo tra le mie braccia e poterlo osservare dormire con quel viso sereno e in pace è uno spettacolo meraviglioso.
Verso le nove circa i suoi occhi di ghiaccio meravigliosi si schiudono e vedendomi le sue labbra si increspano in un sorriso assonnato e per me quell’espressione è aria per i miei polmoni e per il cervello.
Si prende qualche minuto di ripresa e poi si mette a cavallo su di me, poggia la fronte sul mio petto respirando piano e poi mi lascia una scia di baci alla base del collo.
Brividi di piacere misti a sentimenti vari mi invadono tutto il corpo e non posso resistere dal dargli un bacio dolce, lento e pieno di passione e amore.
Ci stacchiamo senza fiato ma con gli occhi che brillano di luce e mentre sto imbambolato a guardarlo la sua voce ancora intrisa di sonno mi dice “Frederic.. ti sembrerà forse fuori luogo, assurdo e infantile e puoi ridere di me.. ma ci ho pensato a lungo e vorrei che tu fossi la mia prima volta, perché so che sei quello giusto e perché voglio darti tutto di me e perché voglio essere anche un tutt’uno con te.” Rimango a bocca spalancata e senza fiato e non so che dire.
Sono colpito dall’onore e dalla sottile confessione che mi ha fatto ma ho anche una grande responsabilità e credo che per oggi per lui sia stato troppo e forse questa sua decisione è solo il risultato delle varie situazioni e poi domani se ne potrebbe pentire e.. e so quanto male gli farebbe.
Sto ancora pensando quando lo sento alzarsi dalle mie gambe singhiozzando.
Mi riscuoto in fretta, mi paro davanti a lui, lo blocco per le spalle e gli dico “stai decisamente fraintendendo la cosa, sono immensamente onorato da quello che mi hai detto, non potrei ridere del fatto che tu sia ancora vergine e non potrei mai ridere perché tu stai chiedendo a me di unirti e completarti. Io ti dico si commosso ma sono solo preoccupato che poi magari la tua decisione sia dettata dai fatti che sono successi e che domani mattina tu te ne possa pentire e poi io non mi considero quello giusto, tu potresti e dovresti avere di meglio che uno come me.”
Lui in lacrime mi dice “lo vuoi capire che invece tu sei il meglio? io.. il mio cuore è tuo e tu sei così perfetto.. capisci, mi capisci e mi tieni al sicuro come mai in vita mia sono stato. È una cosa che pensavo già da tempo ma non ne avevo il coraggio. Adesso voglio essere tuo completamente capisci?” le ultime frasi le aveva quasi dette urlando, non perché fosse arrabbiato ma solo perché si stava liberando di qualcosa che aveva nascosto per troppo tempo.
Lo attiro gentilmente a me e lo cullo sussurrandogli “shhh.. calmati piccolo. Ho capito, scusami. Adesso respira okay? Va bene, sono onorato.”  
Ero davvero molto onorato ma allo stesso tempo spaventato perché in qualche modo gli avrei fatto quel poco di male che non avrei mai voluto fargli.
E mentre siamo lì, al centro del mio appartamentino abbracciati, Gab mi sussurra all’orecchio “ti prego voglio essere tuo, voglio solo darmi a te, per favore..” lo sollevo da terra dolcemente, lo prendo in braccio portandolo verso la cucina e dopo averlo depositato gentilmente sullo sgabello gli dico dolcemente e tra un bacio e l’altro “sei già mio e io sono già tuo, non devi dubitare okay? Ma facciamo le cose con calma, prima ceniamo, anzi ti faccio una cenettina con i controfiocchi e poi ti giuro con il cuore in mano che saremo un tutt’uno okay? Ma non voglio correre il rischio che tu svenga visto che quasi certamente non mangi in maniera decente da giorni.”
Diventa viola per l’imbarazzo e sorridendo e gongolando mi dice “va bene, mi sembra corretto” e a quel punto smorziamo l’aria pesante, se così si può definire, con battute e allegria.
E dopo aver cucinato e mangiato come da programma, sempre ridacchiando ci siamo diretti in camera.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** fusione di corpi e sentimenti. ***


Ci siamo baciati con foga e intensità mai raggiunte precedentemente e io mi sono completamente dedicato a Gab.
L’ho riempito di baci e succhiotti ovunque, ho torturato tra le labbra i suo dolci e perfetti pezzetti di carne in cima ai suoi pettorali, strappandogli più di un gemito e supplica.
Mi sono preso cura della sua intimità portandolo quasi al culmine del piacere mentre lo preparavo.
Era molto tranquillo e immerso nel piacere e stranamente la sua espressione era un qualcosa di speciale.
Sembra assurdo, ma era steso sul letto con gli occhi chiusi e il labbro inferiore intrappolato tra i suoi denti bianchi, la sua cassa toracica si abbassava e alzava ad un ritmo regolare che veniva velocizzato solo al minimo contatto tra me e lui.
Era perfetto, una splendida statua di marmo che restava in attesa di me.
Mi sento in colpa per la consapevolezza che dovrò spezzare questi attimi di totale abbandono e goduria con del dolore. È inevitabile e sono combattuto.
Vorrei rinunciare, ma so che per lui è importante e non posso deluderlo perché si sta fidando davvero di me ed è la prima volta che si dona fino in fondo.
Quindi anche se contro la mia volontà, mi porto i suoi piedi sulle spalle e mi avvicino al suo viso per baciarlo. Gli sfioro prima piano le labbra, gliele lecco con la punta della lingua e poi lo bacio dolcemente.
Lo sento ansimare e le sue braccia cercano più contatto così tolgo dalle mie spalle i suoi piedi e lascio che lui si attacchi al mio collo, ne aveva bisogno.
Nasconde il viso nell’incavo del mio collo, il suo fiato è veloce e stringendolo a me gli dico “puoi e possiamo fermarci anche qui. Non devi continuare se non vuoi” lo sento fare no con la testa e a voce tremante mi dice “no voglio, sono convinto e voglio, solo.. voglio rimanere tra le tue braccia, per favore “ gli lascio una scia di baci sulla spalla e sul collo e poi gli sussurro piano “certo che possiamo non preoccuparti”
Alla mia risposta si rilassa quasi immediatamente e lo sento sospirare.
Così mi sistemo meglio, lo metto a cavalcioni su di me poi con gentilezza e calma lo sistemo meglio e lentamente mi faccio spazio dentro di lui.
Si stringe a me, morde la mia spalla cercando di contenere i lamenti e sento che sta versando alcune lacrime e sono molto tentato di mollare tutto, ma stringo i denti e dopo avergli lasciato dei baci sul collo gli sussurro “amore, adesso sentirai un’po’ più di male ma poi non sentirai più nulla, tranquillo piccolo”
A quelle parole lo sento tremare e come conferma silenziosa per il proseguimento arriva la sua mano ad intrecciarsi nella mia.
Va bene piccolo, scusami.
Con la mano libera lo stringo a me e gli accarezzo i capelli e la nuca e poi.. poi entro totalmente i lui e dalla sua bocca fuoriesce un urlo acuto.
Rimango completamente pietrificato e ferito da quel suono, ma quando lo sento singhiozzare e annaspare in difficoltà lo forzo a spostarsi dal nascondiglio che era ormai diventata la mia spalla.
Quando vedo i suoi occhi di ghiaccio rossi e lacrimanti, il mio cuore si blocca e diventa di pietra e a mani tremanti gli accarezzo le guance e non so cosa fare.
A quel punto è proprio lui a fare qualcosa, si avvicina al mio viso e ci scambiamo un bacio intenso, viscerale praticamente che spegne ogni dolore ed è sempre lui a incominciare a muoversi.
E in breve l’amplesso diventa un intreccio intenso, anima contro anima, corpo con corpo e respiro all’unisono.
Una volta finito, ci stendiamo sul letto e io lo avvolgo e intrappolo tra le mie braccia e lo riempio di coccole e gli sussurro “devi sapere che io non faccio mai l’amore così e solitamente.. non.. non ero così gentile e.. quindi perdonami se non è stato come te lo immaginavi o desideravi” lui mi bacia il dorso della mano e mi dice in un sussurro “è stato perfetto, non mancava nulla. non avevo bisogno di altro. Grazie.”
Mi si mozza il fiato per quelle dolci parole da lui pronunciate e l’unica cosa di cui sono capace è quella di stringerlo più a me e inglobarlo più possibile.
E in breve entrambi crolliamo a dormire.
Alle quattro del mattino ero già sveglio e per un tempo quasi infinito sono rimasto ad osservarlo.
Ho memorizzato come dei tattoo dentro me tutti i suoi lineamenti, i due nei sulla guancia sinistra, l’increspatura lieve che avevano i suoi occhi e per fino come i suoi capelli scompigliati ricadevano sulla sua fronte.
Era una visione splendida, era come vedere un dio steso sul mio letto e stranamente il mio cuore tamburellava forte, come mai prima.
Può essere dannoso, lo so, ma non credo di poterne fare a meno.
Mi riscuoto dalla valanga di pensieri e mi alzo dal letto.
Sarei andato a correre visto che era ancora presto, così Gabriel avrebbe potuto dormire ancora un’po’ perché sicuramente era sfinito.
Così mi metto la tuta, le scarpe e lascio un post dietro la porta con scritto ‘mio dolce Gabriel io vado a fare una corsa, torno tra poco. Non alzarti troppo in fretta dal letto, anzi non muoverti proprio. Ti porto la colazione.’
Poi esco silenziosamente di casa.
Arrivo al parchetto e incomincio a darci dentro mentre lascio scorrere alcuni pensieri per la testa.
In primis c’era il problema del nonno di Gab e dovevo trovare un modo per aiutarlo anche se si sarebbe opposto.
Poi nella mia testa c’erano alcune riflessioni sui sentimenti che provavo per lui e tutto quello che essi comportavano.
Dio! Sono così cambiato in così poco tempo!
Ieri notte poi.. io che faccio l’amore e che mi prendo cura di una persona..
Sembra, anzi, è assurdo!
Questo pensiero mi strappa un sorriso e mi ricordo che si è fatto già tardi e che avevo promesso la colazione, quindi passo in uno dei panifici francesi, compro alcune delizie e mi incammino verso casa.
Verso quella casa che non è più vuota, ma dentro quelle mura c’è qualcuno che mi aspetta. Una sensazione nuova e magnifica.
Entro a casa e noto come da programma che Gabriel dorme ancora, così preparo la colazione in silenzio, la posizione nel vassoio e mi dirigo in camera.
Apro la porta pianissimo e ai miei occhi si proietta una visione stupefacente.
Gabriel rannicchiato e stretto al mio cuscino che dorme con un sorriso beato.
Uno splendido angelo steso sul mio letto reso mortale solamente da alcuni lividi e punti che a mio parere aumentavano ulteriormente la sua bellezza.
E dopo aver ammirato nel dettaglio ogni suo lineamento, poso il vassoio sul comodino e piano mi siedo sul bordo del letto.
Gli lascio una scia di baci dal collo alla schiena scoperta e suscito in lui dei dolci lamenti di piacere poi mi avvicino al suo orecchio e gli sussurro tra un bacio e l’altro “buongiorno dolce Gabriel, forza, il sole è già alto e un nuovo giorno aspetta di essere vissuto.”
A queste parole il suo sorriso si fa grande e le sue labbra si sporgono in avanti aspettando di essere catturate in un bacio, cosa che io non gli faccio mancare.
E dopo un lungo bacio, lento e profondo ci stacchiamo e finalmente i suoi occhi color ghiaccio si schiudono e mi sorridono silenziosamente.
Lo stringo in un abbraccio e gli lascio delle carezze sulla sua pelle leggermente tendente all’olivastro ma candida come la porcellana.
Era come se ogni neo, ogni curva e ogni sfumatura fosse al posto giusto rendendo la sua bellezza cento volte più evidente.
Era una visione idilliaca per gli occhi, soprattutto da mezzo nudo.
E dopo esserci coccolati, aver fatto colazione e una doccia insieme Gabriel si frega il mio pc e si mette a lavoro.
Fa un sacco di chiamate, perla in tre lingue diverse e assume un tono così autoritario da far paura.
Solo un paio di volte alza la voce ma neanche più di tanto, solo quel poco che basta per far capire chi comanda.
E io?
Io sto nella poltrona a guardarlo incantato.
Si vede che è cresciuto tra gli squali e si sa difendere, solo che è vulnerabile nell’ambito affettivo.
Voglio proteggerlo.
È un sentimento che non riesco a definire ma lo voglio proteggere ad ogni costo e per la qualsiasi.
Lui lavora per moltissime ore e io dopo una certa io vado al parco ad allenarmi per poi fare ritorno verso le nove di sera.
Facciamo una cena veloce e poi ci chiudiamo in camera e facciamo degli allenamenti di altro genere per poi crollare a dormire abbracciati.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** sconfiggiamo i mostri e diventiamo infinito ***


Il giorni successivi sono intensissimi, lui lavora come un dannato tra america, cina, spagna e altri paesi mentre io devo allenarmi a ritmi incessanti e fare alcuni lavoretti sporchi che però mi fanno guadagnare parecchia grana.
Per diverse sere viene con me alle gare e ad alcune feste e proprio una sera, mentre si faceva baldoria con i ragazzi a casa di uno dei principini sgancia verdoni facciamo un incontro abbastanza raccapricciante.
Io e Gab siamo sulle scale con altri ragazzi, si scherza e io e lui ci scambiamo qualche bacio e siamo abbracciati. Io mi allontano per andare a prendere da bere e mentre sono in cucina sento tra il fracasso la voce di Gabriel urlare alcune frasi e di sottofondo si sentono le voci dei ragazzi che dicono “oh lascialo. Che cazzo volete?” A quelle parole rimango paralizzato per un paio di secondi poi mollo tutto e corro alle scale ed ecco che vedo quattro bodyguard in total black prendere di peso Gabriel e non ci penso un secondo. mi piazzo davanti la porta, fulmino gli uomini in nero che portavano di peso il mio angelo scalciante e gli dico con fare minaccioso “dove pensate di andare? In tanto mollate immediatamente Gabriel e discutiamo sulla faccenda. Perché credetemi, da qua non uscite con lui, ve lo assicuro.” Uno dei quattro si avvicina a me in preda all’ira e afferrandomi per il collo mi schianta alla porta ed era ben convinto che io mollassi dopo questa mossa, abbastanza stupida tra le altre cose.
Io rido divertito e poi in un secondo lo afferro per il polso, lo spingo con violenza alla porta e poi gli assesto due ginocchiate allo stomaco e una gomitata tra le scapole che lo mettono k.o immediatamente. A quel punto mi giro con gli altri tre e dico più incazzato di prima “ho detto mollate Gabriel! Perché con il vostro collega sono stato buono con voi non credo di esserlo ancora per molto.” Subito mollano Gab e sollevano le mani verso l’alto.
Io sorrido e dico “bene, ci siamo capiti subito, visto? È stato facile. Ora però sparite e dite al nostro amato vecchietto che deve venire a prendere me e non suo nipote e a quel punto io e lui ci facciamo due belle chiacchiere chiaro? Ah e vi consiglio di venire in sei a prendermi così avrete più speranze e sarebbe gradita la vostra visita dopo le otto di sera.” Detto ciò afferro per il collo della camicia il tipo che era a terra e dopo averlo spostato apro la porta e gli faccio segno di uscire.
Non perdono tempo e spariscono dalla mia vista.
Prendo fiato per un secondo e poi vado da Gabriel e gli accarezzo una guancia con la punta delle dita ma lui a quel contatto trema e spalanca gli occhi terrorizzato.
Così gli prendo dolcemente il viso tra le mani e gli dico con voce rassicurante “ehi piccolo sono io sta tranquillo” lui annuisce debolmente e si passa una mano tra i capelli e io delicatamente lo stringo a me. Rimaniamo in silenzio per diversi minuti poi gli sussurro “non preoccuparti okay? Risolveremo la cosa e anche in fretta. Non preoccuparti.” Lui si limita ad annuire, si stringe più a me e mi lascia un bacio sul collo. Anche se sotto shock cerchiamo di riprenderci e di continuare la serata con più leggerezza possibile.
Nei giorni successivi io non mi muovo di casa per sicurezza anche perché ero sicuro che si sarebbero fatti vivi.
Era passata una settimana dall’incontro con gli uomini total black e io e Gab eravamo in giro a fare la spesa quando un’auto nera si accosta e cammina di pari passo con noi. Un brivido mi attraversa la schiena e subito dico a Gabriel “stammi vicino e non mollare il mio braccio capito? Abbiamo compagnia.” Lui non dice niente ma si stringe più a me e intreccia le sue dita nelle mie.
Okay. Okay.
Vediamo quello che succede, sono pronto a tutto.
L’auto si ferma e noi acceleriamo il passo ma con me da programma un uomo tutto di nero ci blocca la strada e dice con tono piatto e autoritario “siete pregati di salire in macchina. Il signore vi aspetta.” Sento Gabriel fremere così aumento la stretta nella sua mano e dico senza perdere di vista il bodyguard “amore decidi tu. Vuoi andare?” Lo sento sospirare e poi dice “non abbiamo molta scelta. Tu.. tu però..” lo avvolgo in un abbraccio e gli sussurro all’orecchio “non ti mollo per un secondo, tranquillo” e detto questo abbaio al tipo sempre immobile davanti a noi “andiamo..”
L’uomo ci accompagna all’auto, ci apre lo sportello e ci fa entrare dentro l’abitacolo.
La macchina era super accessoriata, con gli interni di pelle nera e si sentiva il tipico odore di macchina nuova e nella mia testa facevo dei calcoli su quanto potesse costare e sono arrivato alla conclusione che costava e anche parecchio.
Gabriel è praticamente rannicchiato al mio fianco ed è teso come la corda di un violino e io provo, per quanto mi è possibile, rassicurarlo ma a dire il vero io ero preoccupato quanto lui.
Perché giocavamo in casa di suo nonno ed ero sicuro che ad aspettarci c’era un esercito di bodyguard e io non potevo stenderli tutti perché ero sicuro che avrebbero steso prima me.
Ma tutto ciò ammetto che non mi spaventava, ero abituato a questo, ma ero terrorizzato per Gab. Suo nonno ero certo che non avesse intenzioni buone e avevo la sensazione che anche lui le avrebbe prese e questo.. dio questo mi spaventava da morire.
Io non volevo che nessuno lo toccasse. Sospiro sfinito mentalmente, lascio perdere i filmini mentali e attendo di arrivare e basta. Dopo quello che a me sembra una eternità l’auto si ferma e lo sportello si apre.
Stringo per mano Gab e lo attiro a me e mentre camminiamo nel viale io mi guardo in giro come un animale in gabbia. Due domestici varcano la soglia di quella casa enorme e facendo un piccolo inchino dicono “salve signorino Gabriel!” lui fa un cenno con il capo e con passo sicuro li supera e mi guida verso quello che sembra uno studio.
Entriamo dentro e io rimango sconvolto dalla grandezza, dalla bellezza e dalla maestosità di quella stanza. Era tutto in legno di ciliegio se non vado in erro. C’erano decine e decine di libri, c’era un camino e delle poltrone con un divanetto posizionati davanti ad esso.
C’era anche un grande tappeto persiano su cui era rappresentata una battuta di caccia tutti sui toni del rosso e il tutto donava a quella stanza un non so che di macabro e inquietante.
Sentivo l’aria farsi parecchio pesante e quando dalla porta in legno entra un uomo di mezza età, vestito elegante e anche se un’po’ ricurvo in avanti con un bastone al seguito il suo fare metteva un timore che mai prima avevo provato.
Ecco perché non riesce a difendersi.. Sospiro e stringo più a me Gabriel. Sento l’uomo sibilare qualcosa e i suoi occhi mi fulminano e io ricambio lo sguardo infuocato.
Si avvicina a noi e con tutta la mia delicatezza in corpo sposto Gab dietro me e con una mano lo tengo per il polso. Il vecchio si avvicina ancora e io lo fulmino e dico rabbioso “è meglio per lei che rimanga dov’è.”
L’uomo scoppia a ridere e sul suo viso si posiziona una smorfia di disgusto, poi batte due colpi di bastone ed entrano tre dei suoi uomini.
Allora velocemente spingo Gabriel all’angolo e gli dico “non muoverti. Ci penso io” poi stendo uno dei tre. Solo che gli altri due mi colpiscono un paio di volte e sento che Gabriel urla di smettere di farmi del male e a me fa male sentirlo urlare.
Stendo il secondo tizio e l’ultimo è sulla buona strada quindi sto per colpirlo per l’ultima volta ma vengo pietrificato dal suono di un qualcosa che taglia l’aria con forza e velocità e poi il rumore dello schianto del legno sulla pelle e poi.. e poi l’urlo smorzato di Gabriel.
A quel punto non perdo tempo, stendo l’ultimo degli individui in nero e corro dal mio angelo.
Spingo con poca delicatezza il vecchio che lo sovrastava e poi mi avvicino a lui. Ha l’avambraccio sinistro sanguinante proprio dove il bastone lo aveva colpito e poi ha un taglio sullo zigomo sinistro, sicuramente procurato dalla punta di quello stupido bastone.
Ho le lacrime agli occhi, Gabriel non sembra lui.
È minuscolo, schiacciato alle pareti e respira a fatica tenendo gli occhi serrati.
Gli accarezzo delicatamente il ginocchio e trema, trema e dalle sue labbra escono dei lamenti di supplica e allora con la voce più dolce, calma e rassicurante gli dico “amore, ehi, amore mio sono io respira. Scusami.”
A quel punto schiude gli occhi e riprende a respirare in maniera più regolare. Poi non so neanche io come sia stato possibile ma.. ma quel bastone colpisce anche me, ma sulla schiena e io spalanco gli occhi ringhiando un lamento.
A quel punto mi giro di scatto e alzandomi e sovrastando il vecchietto gli urlo “a me non fotte nulla di quanto odio prova per quelli come me anche perché a me di lei non fotte nulla, è una cosa reciproca. ma non si deve più permettere di fare del male a suo nipote nonché mio ragazzo chiaro? Suo nipote non le da alcun fastidio e sarebbe molto gradito che anche lei facesse lo stesso.”
Il vecchietto scoppia a ridere e mi colpisce per ben due volte. Una alla spalla e una al viso. Ringhio imbestialito e gli strappo dalle mani quel maledetto bastone e ringhio “non mi fanno paura quelli come lei. Può colpirmi quanto vuole, le cose non cambiano. Non la supplicherò di lasciarmi stare e di fare ciò che vuole con suo nipote. Lei deve lasciarci semplicemente in pace. O mi creda, ho parecchi amici poco carini che si divertirebbero un mondo a ricattarla e mi creda so che ha parecchi scheletri nell’armadio e ci starei molto ma molto poco a farli uscire fuori con il giornale di domani mattina. Quindi stia ben attento e accetti l’offerta di lasciarci in pace.”
Il suo sorriso si spegne e i suoi occhi si rimpiccioliscono.
Mi avvicino ancora un’po’ a lui e gli sibilo all’orecchio “si ricordi bene delle sue amanti, ha parecchi figli in giro e mi creda se le dico che sarebbero ben felici di dividersi il suo patrimonio con suo nipote. E sappia anche che la sua vita è abbastanza a rischio, mi basta fare un quattro chiamate e magari lei si ritroverebbe all’inferno per cena. Ha molti nemici che sono diventati miei amici e farebbero di tutto per vederlo morto. Quindi le conviene stare attento e accettare.”
Il vecchio deglutisce a vuoto e annuisce convulso.
Ha afferrato subito il concetto, sono contento.
Ridacchio e dico ancora “tra qualche giorno Gabriel verrà a prendersi la sua roba le consiglio di non fare molte storie. Passi una splendida giornata e si ricordi di fare molta attenzione e non si azzardi mai più a sfiorare anche solo con un dito Gabriel, chiaro?” e detto questo vado dal mio angelo che era ancora sotto shock, lo aiuto ad alzarsi e abbracciandolo lo porto fuori dalla stanza.
Attraversiamo lentamente quel corridoio enorme, poi mi rivolgo ad uno dei bodyguard e dico “riaccompagnaci a casa.” Lui annuisce ci dirigiamo all’auto.
Faccio sedere Gabriel, salgo anche io e poi lo faccio stendere facendolo mettere con la testa sulle mie gambe.
Nessuno dei due dice niente per tutti i trenta minuti successivi, poi scendiamo dall’auto e saliamo a casa.
Gabriel si siede sul divano con fare robotico e io afferrando il telefono dalla tasca e chiamo Alex. Squilla un paio di minuti e poi risponde “pronto?” io sospiro e dico “alex sono io Fred. Potresti venire a casa da me? Portati la borsa con garze, ago e filo.” E senza dire altro chiudo la chiamata. Raggiungo Gab e sfiorandogli il mento con il pollice gli dico “amore, amore mio? Come ti senti? Ci sei?” spalanca gli occhi e sussurra “ti sei fa.. ti ha fatto male anche a te..” il suo volto era pallido e mi ricordava le sembianze di uno spettro.
Io forzo un sorriso e gli dico “non preoccuparti amore, sto bene. Tu come ti senti?” lui intreccia la sua mano destra nella mia e mi dice “sto.. io.. grazie.” Io gli lascio un bacio sulla tempia e gli accarezzo i capelli e dico piano “di nulla amore, non preoccuparti. Quello che ho fatto per te e per noi se vuoi lo potrai recuperare in coccole.” Poi gli faccio l’occhiolino con fare provocatorio riuscendo così a strappargli una graziosa e delicata risatina.
Poi suona il citofono e vedo il mio piccolo angelo irrigidirsi allora con fare tranquillo gli scombino i capelli e gli dico “è Alex tranquillo, l’ho chiamato io e.. amore mio non preoccuparti tuo nonno non ti toccherà più.” Poi vado al citofono e faccio salire Alex.
Poi Gab mi guarda e perplesso mi dice “ma amore perché hai chiamato Alex?” io ridacchio e dico “perché per quanto apprezzi le tue doti mediche preferisco che il tuo braccio lo sistemi un medico vero e poi anche io ne ho bisogno quindi lascia che faccia il suo lavoro.” Lui annuisce e non dice nient’altro.
Si lascia medicare e ricucire senza troppi problemi ma io non lo mollo in secondo e lo tengo costantemente per mano.
Quando è il mio turno Alex mi dice “allora.. devo darti una brutta notizia.” Io lo guardo male e dico brontolando “sentiamo la notizia” e lui prendendo le forbici mi dice “saluta la tua maglietta.” Io sbuffo contrariato e gli dico “ciao ciao maglia preferita” e poi viene fatta a brandelli.
Mi fa sedere sulla sedia però mi fa mettere abbracciato alla spalliera e dopo aver medicato il viso sistema il mio braccio e la cosa più bella è che l’altra mano, quella buona, era occupata a stringere la mano di Gab.
Poi nella schiena un’po’ perché mi ero ormai rilassato e un’po’ perché il dolore si faceva sentire dalle mie labbra fuoriuscivano dei lamenti. Ma devo ammettere che subito Gabriel trova una soluzione per far fronte al problema.
Mi prende il viso tra le mani e mi bacia. Sono dei baci profondi, caldi e pieni di eccitazione e in breve i lamenti di dolore si trasformano in ansimi.
Poi quel bastardo aveva pure individuato il mio punto debole, ovvero la parte di pelle dietro l’orecchio e con il pollice la massaggiava e accarezzava e io non riuscivo più a contenere neanche un respiro.
Tant’è che al suo mancato bacio, con poca grazia l’ho afferrato per la t-shirt e l’ho attirato a me intrufolando le mie dita sotto la sua maglia e giocherellando con i suoi capezzoli.
A quel punto neanche lui riusciva più a contenersi e gli ho strappato giusto un paio di ansimi per poi fermarmi visto il rimprovero da parte di Alex. Dopo circa un’ora Alex se ne va e noi ci fiondiamo sul divano.
Ero stanco di aspettare, lo volevo, lo volevo mio e basta.
Era come se un cane rabbioso, un mostro ci inseguisse e noi per batterlo sui tempi con foga ci baciavamo e ci univamo in un tutt’uno.
Era quasi asfissiante la voracità con cui si scontravano le nostre labbra e i nostri corpi ma è stato maledettamente paradisiaco arrivare al culmine e praticamente versare delle lacrime per le emozioni troppo forti.
Arrivo al culmine con gli occhi pieni di lacrime e senza respiro e vedere che tra le mie braccia c’era proprio uno splendido e meraviglioso angelo i cui occhi brillavano solo per me. Sfiniti ci stringiamo in un abbraccio e ci avvolgo in una coperta.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3465889