I see your true colors and that's why I love you

di GeoFender
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


 Niente odio nelle recensioni e nei MP, se non vi piace la storia non commentate. Il tema è particolare e l'ho trovato su altri siti di fanfiction. Ci tengo a dire che non ho affrontato in prima persona questa situazione ma sono molto informata su di essa. Se volete farlo anche voi, date un'occhiata al canale di questo ragazzo: https://www.youtube.com/channel/UCnIA0nMfRZWeapTbabUAhOQ 
 Buona lettura, vi lascerò la traduzioni di eventuali termini in fondo alla pagina :D

 
 

 
 

Lucy Quinn Fabray era considerata da molti una persona felice e realizzata perché aveva ottenuto cariche importanti come capitano delle Cheerios e presidente del club della Castità. Aveva poi sempre frequentato giocatori di football, cosa che l'aveva molto aiutata a mantenere un certo livello di popolarità anche quando non faceva più parte della squadra delle Cheerios. Tutti sarebbero voluti essere al suo posto, la popolarità aveva infatti i suoi vantaggi. In realtà, Quinn non era poi così felice. Infatti in quel momento si trovava nella sua stanza del dormitorio di Yale, rannicchiata sul suo letto ed in lacrime, abbracciata ad un cuscino, nel tentativo di avere un po' di conforto. In poche occasioni aveva pianto e quella era proprio una di quelle. Quinn si considerava una ragazza forte per tutto ciò che aveva passato e se piangeva, significava soltanto che era stanca una determinata situazione. Quinn piangeva, piangeva perché quando si specchiava vedeva un corpo in cui non si riconosceva. E non si trattava del fatto che si vedesse brutta o grassa ma che si sentisse un uomo. Quinn Fabray e uomo, tre parole che nessuno avrebbe mai pensato di associare in quel modo ma che corrispondevano a una verità certa, almeno per Quinn. Erano ormai ore che il corpo dell'ex cheerleader era scosso dal pianto alquanto silenzioso, quiete che venne rotta dalle note di Valerie, provenienti dal suo cellulare e che indicava che Santana la stesse chiamando. Colta di sorpresa, cercò di ricomporsi mentre prendeva il suo Iphone e rispose, cercando di mascherare il tono rotto della sua voce.

-Pronto Santana? A cosa devo questa telefonata? Non sei occupata a fare capriole e ad agitare ponpon di fronte a giocatori di football che ti vedono come un pezzo di carne? -

disse con tono volutamente provocatorio, cercando di soffocare con esso la vena malinconica della sua voce.

-Fabray, finalmente sento la tua voce! Visto che sono clemente, passerò sopra al fatto che non ti sei fatta sentire da dopo il diploma. Dovresti fare da mentore a Kitty Wilde per il Glee club, è veramente una tua fotocopia! Sempre se non hai niente di meglio da fare, si intende. -disse Santana, con un tono che non si avvicinava neanche lontanamente a quello della se' stessa di due anni prima. Certo, le due ragazze avevano avuto le loro divergenze ma Santana si preoccupava molto per i suoi amici e quello che stava fcendo Quinn le ricordava cosa l'ex cheerleader aveva fatto l'anno prima.

-Infatti Lopez. Ho cose più importanti da fare invece di aiutare quello stupido Glee club. Devo studiare, si stanno avvicinando gli esami. -così dicendo, attaccò il telefono in faccia all'ispanica che, dall'altro capo della cornetta, aveva la faccia stupita ed incazzata allo stesso tempo.

 

 

-Hija de una gran puta escluyendo tu padre y tu madre! Estoy de genio, còmo puede tratarme de esa manera y insultar al Glee club? Despues de todo hicimos por ella! Callate Santana, callate. -sospirò passandosi una mano fra i lunghi capelli corvini e camminando per la stanza nel tentativo di calmarsi.

-Non posso lasciare che il sangue mi vada alla testa, non c'è più Britt che sistema tutto e mi riporta con i piedi per terra. Questa volta aiuterò Quinn, non posso lasciarla distruggersi con le sue mani di nuovo ma ho decisamente bisogno di aiuto. Non posso chiamare Britt, deve concentrarsi sulla scuola se vuole finalmente diplomarsi e la verità è che ... farebbe troppo male parlare con lei adesso. Aretha la escluderei perché sì, con Porcellana non ha mai avuto tutto questo rapporto, con Naso

Rifatto invece ha legato parecchio. Quindi rimane lei per esclusione. -disse guardando il cellulare e prendendolo in mano digitando il numero. Uno, due, tre squilli e finalmente sentì la voce di Rachel Berry.

-Santana, per caso ti manco? Perché non facevo così sentimentale la stronza numero uno del McKinley. Non ti vedo e non ti sento dal ottobre, precisamente dalla ... -pronunciò le prime due frasi con un tono scherzoso, poi si rabbuia e le si mozza il fiato al ricordo troppo doloroso. Era passato per tutti troppo poco tempo, la ferita era ancora troppo fresca.

-Lo ammetto, Berry. Mi manchi terribilmente e voglio dirti una cosa che ho tenuto dentro per anni, ti amo dalla prima volta che ti ho visto. Estoy bromeando, Berry. Comunque seriamente, sono preoccupata per Quinn. Secondo me ci nasconde qualcosa, non è da Quinn essere così schiva al telefono. -disse passando da un tono molto teatrale ad uno serio, quasi cupo, come ad annunciare un'incombente tragedia.

-Santana, sapevo che anche tu non avresti potuto resistere al mio fascino e al mio talento. Quinn che ci nasconde qualcosa? Mi sembra strano, conosco Quinn e sarei riuscita a capire se mi stesse mentendo. Insomma, ci mandiamo sempre e-mail e chattiamo su Skype. Avrei notato qualcosa di strano in lei, un'espressione, una parola detta male o chissà che altro. Forse ti stai sbagliando, magari è solamente molto impegnata con lo studio e quindi sotto pressione. Il passaggio dal liceo al college non è facile, soprattutto se si tratta di un college dell'Ivy League come Yale. -disse nervosamente e cominciando a camminare freneticamente per l'appartamento a Bushwick condiviso con Kurt.

-Modesta come sempre, vero Berry? Quinn è brava a mentire e a nascondere le cose, ti ricordi che non sapevamo di Lucy Caboosey e del fatto che meditasse di screditare Shelby per riprendersi Beth? E Quinn sotto pressione? La conosco da molto più tempo di te, l'ho vista mantenere una media

invidiabile nonostante fosse incinta e tutto quello che ha passato. Inoltre il mio terzo occhio messicano non si sbaglia mai, ti ricordo che sono riuscita a smascherare quell'orso gay di Karofsky. -disse con tono vittorioso, orgogliosa di ciò che aveva fatto al liceo.

-In effetti non hai tutti i torti. Per quanto io odi ammetterlo, Quinn è sempre stata un'attrice migliore di me. Ha indossato talmente tante maschere durante il liceo che ne ho perso il conto. Raramente ho visto la vera Quinn, la Quinn fragile che voleva essere disperatamente accettata e rispettata, anche a costo di compiere gesti spregevoli. Se è vero quello che mi dici, tutte le sue maschere e la sua armatura stanno crollando. Il problema resta uno: Quinn come uscirà dalla sua vita fatta di maschere? Ormai non si trova più al liceo, non deve più stare attenta a come si comporta, a cosa dice e fa. Il college è molto meno rigido da questo punto di vista, sei molto più libero di essere te stesso ed esprimere quello che sei. Certo, non sto dicendo che dovrebbe sbarazzarsi di tutte le maschere costruite con gli anni, esse sono fondamentali ma ad indossarne troppe, si rischia di perdere se' stessi in un mare di nulla. E non c'è cosa peggiore di perdere se' stessi, è tutto ciò che abbiamo. -disse finendo di parlare in un sospiro.

-Nasona, già devo badare a Quinn. Non iniziare a fare la depressa o ti faccio rinsavire a suon di calci nel culo. Sono stata chiara? Perché sai benissimo che ne sono capace e le mie stupende gambe sono letali. Ora vedi di ritornare la solita petulante e di aiutarmi con Q, non so da dove iniziare e in ogni caso non mi ascolterebbe. -rispose mentre si controllava le unghie perfettamente al loro posto.

-Anche io ti voglio bene Santana e non sto facendo la depressa, sto dicendo qualcosa di vero. E perché dici che non ti ascolterebbe, se hai detto che la conosci bene e da tanto tempo? Proprio per questo ti dovrebbe ascoltare, perché si fida di te e sa

che l'aiuteresti in ogni caso. -disse scandendo bene le parole e tamburellando le dita su un tavolo del suo soggiorno.

-Come dici tu, comunque non mi ascolterebbe proprio perché la conosco così bene. Sa che l'aiuterei in ogni caso ma è troppo orgogliosa per chiedere aiuto, mi chiedo se cambierà mai in questo. Ma poi parlo io, che sono stata troppo orgogliosa e impaurita per fare coming out. Mi ci è voluto uno spot della Sylvester in cui mi ha fatto outing sulla rete nazionale per prendere coraggio. Q deve ancora trovarlo ed io non sono la persona adatta per farle tirare ammettere i suoi problemi, quindi sta a te ora. -disse sospirando, rendendosi conto di non essere in grado di aiutare una delle sue amiche più care.

-Santana, non eri pronta a fare coming out. Avevi già fatto un grosso passo avanti capendo di amare Brittany e capendo chi eri, la colpa non è tua. Se proprio dobbiamo incolpare qualcuno, allora quel qualcuno è Finn anche se lui cercava solo di aiutarti, non nei modi convenzionali, ma era pur sempre d'aiuto. Santana Lopez che ammette di non essere in grado di fare qualcosa e lascia a me il comando, questa è una novità. Così su due piedi non saprei proprio come aiutarla, forse la chiamerò fra poco. Sempre se vorrà starmi ad ascoltare, non c'è bisogno che ti dica quanto sia testarda. -disse con tono leggermente ironico e stanco.

-Già, non lo ero ma ormai è acqua passata. Non potrei mai odiare Frankenteen, è un tesoro di ragazzo come Bocca da Trota. E non ti abituare al fatto di aver detto di non essere in grado di aiutare Q, è solo la verità. Se la vuoi chiamare sei liberissima di farlo, l'importante è che ti dia ascolto e si faccia aiutare. Chiamami se ci sono novità- disse terminando la chiamata e mettendosi a dormire.

 

 

Ormai la telefonata con Santana era finita da diversi minuti e Quinn per tutto quel tempo era rimasta seduta sul letto, intenta a fissare le lenzuola dell'altro letto presente nella stanza. Da quando era terminata la telefonata non aveva accennato ad una parola o una qualsiasi espressione che facesse notare che fosse ancora cosciente. Questo almeno finché la porta della camera non venne aperta all'improvviso e la maniglia non sbatté contro il muro creando un piccolo buco. Quinn sapeva che solo una persona era in grado di fare una cosa del genere ed essa corrispondeva al nome di Alexandra García, Alex per gli amici. Così alzò lo sguardo verso Alex e squadrò la sua figura: Alex era infatti una ragazza atletica ed alta quanto lei, dalla carnagione molto chiara e gli occhi scuri, in contrasto con i suoi capelli corti color rosso mogano.

-Quinn, dovresti seriamente uscire da questa camera o almeno far cambiare l'aria, c'è puzza di chiuso qui dentro. Tesoro, hai gli occhi lucidi. Cosa ti è successo? -le disse sedendosi vicino a lei, portando la testa sul suo petto e accarezzandole i lunghi capelli biondi.

-Alex, non ho voglia di farlo. E poi di solito ci pensi tu, o mi sbaglio? Non ho nulla, non preoccuparti. È solo allergia -disse tirando su col naso, lasciandole accarezzare i capelli e stringendosi a lei.

-Quinn, so benissimo che non si tratta di allergia. So che corri spesso per il campus, anche quando l’erba è stata appena tagliata. Puoi dirmi tutto e non ti giudicherò. Non l’ho fatto quando ho visto il tatuaggio di Ryan Seacrest, perché dovrei farlo adesso? Aspetta… -la guardò negli occhi, li chiuse e poi iniziò a riflettere.

-Ora ti faccio una domanda e sei libera di rispondermi o meno, intesi? Quinn… per caso sei gay? Perché a me non darebbe nessun fastidio e, per citare Macklemore, “Love is love”. -le disse sorridendo sinceramente e con lo sguardo le comunicò tutto il suo supporto.

-Non sono assolutamente gay, ho sempre amato e sempre amerò le donne. -urlo senza pensare sentendosi chiedere una cosa del genere e lo sguardo le diventò gelido.

-Tesoro, hai ben chiaro di cosa significhi la parola gay? Gay è un termine ombrello che indica un individuo attratto dalle persone del suo stesso sesso. Tu invece hai detto di essere attratta dalle donne e quindi ti rende omosessuale. Forse sei un po’ confusa. -le disse accarezzandole i capelli.

-In quante lingue te lo devo dire? Non sono una donna e soprattutto non sono omosessuale, mi sono spiegata bene? E non sono confusa, il fatto di essere bionda non mi rende stupida! -rispose urlando contro Alex, poi sbarrò sorpresa gli occhi e si coprì la bocca non appena si rese conto di ciò che aveva appena detto.

-Q, mi stai dicendo che ti senti uomo? Sono contenta che tu me l'abbia detto perché significa che in qualche medo ti fidi di me. Dal primo momento che ti ho visto mi hai dato l'impressione di una persona che si stava sforzando di essere qualcosa che non le apparteneva e che le stava quindi stretto. Posso continuare a chiamarti Quinn o hai già scelto un nome? -disse guardandola negli occhi e coprendola con una coperta di pile.

- M-mi sento uomo, anzi, sono un uomo. E davvero ti ho dato questa impressione? Pensavo di essere una brava attrice ... buon attore ma a quanto pare mi sbagliavo. E non vorrei essere chiamat...o Quinn ma Leon. L'iniziale è la stessa del mio nome sul mio certificato di nascita e non è banale come Lucas, il suo corrispondente maschile. E' un nome elegante, che esprime forza, proprio ciò a cui voglio aspirare. E grazie per avermi accettato, paradossalmente è stato facile dirlo a te piuttosto che dirlo ai miei amici. Sempre se avrò il coraggio di fare coming out con loro. -rispose finendo il discorso in un sospiro e socchiudendo gli occhi.

-Leon, hai perfettamente ragione. E' un nome stupendo ed esprime tutto ciò che hai detto. Per quanto riguarda i tuoi amici, posso darti una mano, non sarà facile confrontarsi con loro ma sarò con te qualsiasi cosa accada. Almeno hai fatto coming out con una persona e quindi sarà leggermente più facile rifarlo con altri. Ora riposiamoci, è stata una mattinata pesante per te e anche per me. -gli disse sdraiandosi sul letto e infilandosi con lui sotto le coperte.

 

 

Terminata la telefonata con Santana, Rachel andò in cucina e si preparò del té verde, cosa che l'avrebbe aiutata a rilassarsi e quindi ad affrontare con molta calma qualsiasi situazione. Mentre beveva il té, si fece però assalire da uno strano presentimento che le fece fissare con ansia il cellulare, indecisa se aspettare che Quinn la chiamasse oppure no. Dopo diversi momenti passati a meditare sul da farsi, decise infine di chiamare Quinn, aspettando con ansia che rispondesse.

Nel dormitorio di Yale risuonò il cellulare di Leon sulle note di Get it Right, canzone che secondo lui Rachel cantava divinamente e che non volendo lo aveva ispirato con quelle semplici parole che si erano dimostrate essere la melodia della sua vita. Ormai sveglio, rispose non appena la canzone arrivò al ritornello.

-Pronto Rachel? Stavo riposando quindi se mi devi dire qualcosa, fallo in fretta. Stanotte ho dormito male e dovrei riposare il più possibile per riprendere lo studio al più presto, sono un po' indietro. -disse sbadigliando. Ed in parte era vero, era stanco per il poco sonno e per aver fatto coming out.

-Quinn, scusami se ti ho svegliata non sapevo... beh volevo sapere come andasse a Yale e come stai, non ci siamo sentite spesso in questo ultimo periodo. -disse frettolosamente e nervosamente non sapendo cosa dirle.

-Rachel non ti preoccupare, mi ero addormentat...a da poco. Comunque sto bene, forse leggermente stanca perché non sono abituata alla mole di studio di Yale. E' anche per questo se non mi sono fatta sentire molto. Oltre al fatto che non ci sentiamo da un po', mi hai chiamato per un altro motivo? E questo motivo è Santana? -disse sussultando al'uso del suo nome assegnato alla nascita e all'uso del femminile.

Quinn, non devi spingerti al limite o ti ammalerai. Non voglio perderti perché io tengo a te. E comunque ti ho chiamato anche per un altro motivo. E sì è anche per Santana che ti ho chiamata, mi ha fatto notare alcuni tuoi atteggiamenti strani ... Vuoi parlarmene? -disse con tono dolce, attendendo una risposta a Quinn.

-Non mi sforzerò, ma solo per te. E Santana deve ficcarsi sempre in faccende che non la riguardano. Comunque aveva ragione, c'è qualcosa ma non voglio parlarne al telefono, preferisco parlarne di persona e magari qui a New Haven. Ti va bene? Così finalmente userai il pass che ti ho regalato. -disse ridendo, però in modo nervoso per quello che sarebbe potuto succedere.

-A volte ficcare in faccende che non la riguardano è utile. Se non lo avesse fatto non ti avrei chiamato e quindi mi avresti tenuto al'oscuro di tutto, signorina. E mi va bene vederci di persona, magari potremmo passare il Ringraziamento insieme se ti va. Avrei dovuto passarlo con Kurt a New York ma lo vedo tutti i giorni, non si offenderà. Prenderò il treno del pomeriggio, così avrò più tempo per prepararmi e mi dispiace non essere passata prima. -disse con un tono pieno di senso di colpa.

-Ehi, non ti preoccupare. Alla fine anche io non mi sono mossa quindi siamo pari in un certo senso. E' perfetto che tu prenda il treno del pomeriggio perché anche io ho delle cose da fare in mattinata e immagino che Kurt troverà qualcosa da fare o qualcuno da farsi mentre noi passeremo il Ringraziamento insieme. -scoppia a ridere per il suo gioco di parole.

-Che cose da fare, Quinn? E l'ex Presidentessa del club della Castità ha appena fatto un gioco di parole sul sesso? Tutti gli anni a contatto con Santana hanno fatto effetto, vedo. E sì, Kurt troverà qualcosa da fare o qualcuno da farsi in uno dei tanti bar. L'importante è rivedere una delle mie poi care amiche. Allora ci vediamo domani alle 17 in stazione, ciao Quinn. -rise per poi terminare la chiamata e andare a lezione.

Terminata la chiamata, si girò verso Alex pensando di trovarla ancora addormentata ed invece la vide sdraiata su un fianco che la fissava, cercando di capire a cosa stesse pensando. La vide sedersi e continuare a fissarla in attesa di qualcosa ed infine parlò, stufa di quel silenzio.

-Era una tua amica? Perché l'ho capito dalle tue reazione e dall'uso del femminile. Non posso lontanamente immaginare cosa tu possa aver provato a sentirla usare il femminile e ad usarlo tu stesso. Non saprò mai cosa vuol dire fare coming out e quindi della paura di farlo, anche se sono molto informata e supporto la comunità LGBTQI+. Comunque cosa ti ha detto, Leon? - disse sfiorandogli la mano per farlo rilassare.

-Mi ha chiesto se le dovessi dire qualcosa perché Santana, una mia amica, non sa farsi gli affari suoi e io non ho potuto negare l'evidenza. Non ho fatto coming out come pensi, non volevo farlo al telefono. Così domani pomeriggio verrà qui e beh... farò quello che devo fare. Non importa come la prenderà, io andrò avanti in ogni caso. -disse con le lacrime agli occhi.

-Tesoro, sai bene che non starai bene se andrà male. Non sei un robot senza sentimenti, non puoi spegnerli come Damon Salvatore. Non potrai andare avanti come se non fosse successo niente, come se avessi rimosso completamente la cosa. E anche se le hai detto di doverle dire una cosa importante, non significa che tu debba fare per forza coming out. E se proprio hai intenzione di farlo, verrò con te nel caso in cui avessi bisogno di sostegno. Mi terrò a distanza per non essere sospetta, va bene? Un'altra cosa, hai mai pensato di tagliarti i capelli? Non dico un taglio maschile ma comunque un taglio più corto di questo, tipo quello che portavi nella foto in cui hai vinto le Nazionali, che ne dici? -gli sorrise e lo strinse a se' cercando di farlo calmare.

-Ignorerò il riferimento a Vampire Diaries. Come diamine fai a vedere quella roba? Comunque grazie del sostegno, se non fosse per te starei ancora piangendo in questo letto. Puoi venire a darmi uuna mano domani, avrò seriamente bisogno di un supporto morale ed emotivo. E per quanto riguarda i capelli, ci avevo pensato ma non li volevo tagliar troppo corti perché altrimenti avrei destato troppi sospetti. Come taglio va benissimo quello che portavo l'ultimo anno, è corto ma non abbastanza da far preoccupare Rachel o farle capire qualcosa. Possiamo farlo ora? Voglio togliermi il pensiero e so che sai tagliare bene i capelli, hai lavorato in un salone. -disse guardandola e facendo uno sguardo da cucciolo.

-Va bene, ma te li taglio solo perché non resisto ai tuoi sguardi da cucciolo. Sembri un bimbo che chiede di comprargli un giocattolo. Ora prendi uno sgabello e portalo in bagno, ti taglierò lì i capelli così te li laverò anche. Fammi prendere delle cose e ti raggiungo. -disse guardando Leon fare quello che gli aveva detto e prendendo il necessario per tagliargli i capelli tra cui una mantellina da parrucchiera che aveva rubato dal salone in cui lavorava. Lo raggiunse in bagno, lo fece sedere sullo sgabello e gli mise la mantellina. Poi iniziò a lavargli e tagliargli i capelli usando come modello una foto delle Nazionali.

-Sei nervoso per domani? Guarda che è perfettamente normale esserlo e avere paura. Significa solo che la persona a cui vogliamo dirlo è importante per noi e dicendole una cosa del genere abbiamo paura della sua reazione e quindi di un possibile cambiamento del rapporto. Questa Rachel è importante per te? Perché non me ne parli? -gli chiese in tono dolce vedendolo poi annuire leggermente con la testa.

-Nervoso? Nemmeno quando ho detto ai miei genitori di aspettare un bambino ero così terrorizzato. È una paura così

profonda che non riesco a spiegartela a parole. Ho paura perché Rachel è troppo importante per me, è sempre stata la persona su cui contare anche se la trattavo di merda, è gentile, talentuosa, ha una fissa per Barbra Streisand e ha due genitori gay. Ed è bellissima. -le rispose nervosamente e mormorando in modo incomprensibile l’ultima frase.

-Leon, fai un bel respiro e calmati. Se hai detto che ha due genitori gay non c’è niente di cui preoccuparsi, ti accoglierà di sicuro a braccia aperte. E inoltre mi pare che tu abbia una cotta per lei, o mi sbaglio signorino? -disse ridendo e prendendolo in giro.

-Non… non ho una cotta per lei e anche se fosse vero, chi sano di mente starebbe con un mostro come me? Neanche se fossi l’ultima persona sulla faccia della Terra. -disse con tono sconsolato.

-Leon, hai una cotta enorme per lei e starebbe con te perché sei una persona bellissima, dentro e fuori, intelligente e gentile. Ti basta o devo andare avanti? Perché posso tranquillamente farlo, hai tante di quelle belle qualità che una vita non basterebbe per elencarle. -gli disse sorridendo e iniziando ad asciugargli i capelli.

-Non è vero, sono crudele ed egoista, sono la persona peggiore che esista al mondo e una persona dolce come lei non potrebbe mai amare uno come me. Non mi pensa nemmeno, capito? -disse urlando e lanciando contro il muro la foto delle Nazionali, facendo rompere il vetro della cornice e una scheggia di essa sfiorò la guancia di Leon.

-CAZZO, LEON! E non è vero che non ti pensa. Se non ti pensasse non ti avrebbe chiamato anche dopo aver sentito Santana, non credi? Lei tiene a te tanto quanto tu tieni a lei, è un dato di fatto. Sta a te crederci o meno. Comunque il taglio non ha bisogno di punti -disse estraendo la scheggia e disinfettando la ferita.

-Scusa, è solo che questa situazione mi rende nervoso e mi fa perdere il controllo facilmente. Eppure al liceo non mi è mai successo, non riesco a capirne il motivo. -disse passando una mano fra i corti capelli biondi, ormai asciutti.

-Leon, sei umano. È perfettamente normale avere uno scatto d’ira, soprattutto se hai represso una grossa parte di te. Reprimere è sempre un male perché ciò che hai represso non va via, ma col tempo può aumentare finché non scoppi e arrivi a far del male a te stesso o ad altri. Capisci questo? -disse sistemandogli i capelli e mettendo un cerotto sul taglio.

-Non lo farò più, parola di Fabray. Ora, se non ti dispiace, andrei a dormire perché ho bisogno di riposare, è stata una mattinata pesante e le continue interruzioni non hanno aiutato per niente ad alleggerire la fatica. Non mi hanno fatto quasi respirare. -disse sbadigliando ed alzandosi, pronto per andare a letto.

-Già, hai seriamente bisogno di dormire. Hai un aspetto orribile e non credo che tu voglia farti vedere da Rachel in queste condizioni. Ora ti prendo in braccio e ti porto a letto, niente discussioni. Penso di essere stata chiara. -disse prendendo in braccio Leon e buttandolo sul letto come se fosse senza peso, sdraiandosi vicino a lui e addormentandosi non appena toccò il cuscino.

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Vorrei ringraziare Greta, Chiara e Ylenia per avermi fatto da beta reader, grazie per aver creduto a questa storia
Era stata una notte lunga per tutti, soprattutto per Leon. Aveva infatti cercato di dormire in tutti i modi, ricorre do persino ai sonniferi che però non avevano sortito l’effetto sperato, anzi, l’avevano addirittura tenuto sveglio. Si ritrovava ora alle undici del mattino a fissare con occhi sbarrati il soffitto della camera, incerto se svegliare Alex o meno. Alla fine decise di buttarlo letteralmente giù dal letto conoscendo il sonno pesante della ragazza che si lamentò svegliandosi. 
-Sempre delicato Leon. E comunque sono sveglissima e attiva. Non come te che sembri aver bevuto una decina di tazze di caffè e che hai le occhiaie talmente scure che sembra che ti abbiano preso a pugni. E il taglio sulla guancia non aiuta. -disse alzandosi e sbadigliando rumorosamente, cercando di mettere a fuoco la stanza e cercando qualcosa per coprire quelle grosse occhiaie.
Leon si girò verso Alex e la guardò in modo gelido, come se avesse detto un’eresia. Si avvicinò lentamente verso di lei e cercò di sferrarle un pugno, prontamente bloccato. Gli strinse il polso e glielo portò dietro la schiena, facendolo gemere per il dolore. 
-Qualcuno a quanto pare è nervosetto. Mi sa che non ti ricordi che faccio arti marziali miste, altrimenti non avresti provato a colpirti con quelle deboli braccia. Uomo o no, sei debole. Devi riprendere a fare sport, ti aiuterà anche a scaricare la rabbia. Sei sicuramente nervoso per l’incontro di questo pomeriggio e perché hai fame, cosa da non sottovalutare. -disse lasciandogli andare il braccio e facendolo stendere sul letto.
Leon affondò leggermente nel morbido letto e si sdraiò in posizione fetale, portandosi il più possibile le ginocchia al petto e si massaggiò il polso arrossato per la presa troppo stretta di Alex. Stette in quella posizione per diverso tempo, il tutto non proferendo parola e aprendo la bocca per respirare. In modo del tutto inaspettato ruppe il silenzio con la sua voce.
-Hai ragione, non sono degno di essere un uomo. Sono solo una donna che vuole mettersi degli abiti maschili per stare comoda, niente di più. Piango come una donna, ho la voce da donna, sono debole come una donna, tutto in me urla donna. Come potrei mai negarlo? Basta guardarmi allo specchio. Fianchi, labbra, seno, zigomi, naso e per l'amor del cielo, ho partorito! Ho letteralmente espulso un essere umano dal mio corpo, come potrei mai essere uomo? Se Dio mi ha creato così, chi sono io per andare contro il suo disegno? -urlò con il viso pieno di stanchezza rigato dalle lacrime e pieno di dolore.
Vedendolo in quelle condizioni per causa sua, Alex si sdraiò vicino a lui e lo strinse fra le sue braccia, accarezzandogli la schiena per calmarlo. Si sentiva tremendamente in colpa, non aveva nessuna intenzione di causargli un episodio di disforia.
-Tesoro, non volevo... Vieni qui e fatti abbracciare. Non volevo dire questo. Certo, non sei la persona più forte del mondo ma a questo si può rimediare. Puoi andare in palestra e magari entrare a far parte di un club sportivo, qui a Yale ce ne solo molti, hai solo l'imbarazzo della scelta. Potresti entrare in un club di kickboxing ad esempio o fare palestra. A te la scelta, basta che tu ti senta te stesso. Ora vedi di vestirti, ti porto a far colazione o pranzo, data l'ora. -disse fissando l'orologio che segnava ormai mezzogiorno. 
Leon annuì a quelle parole e scese dal letto, avviandosi trascinando i piedi verso quell'ammasso informe di vestiti che chiamava armadio. Guardò incerto quel mucchio di vestiti non sapendo cosa farne.
-Alex, non so proprio che cosa mettermi. E' tutto troppo rosa, troppo... femminile, ecco. Ma cosa avevo in testa quando ho comprato questa roba? Gli unicorni e i fenicotteri? Non so proprio da dove tirerò fuori qualcosa di neutro e decente. -disse passandosi una mano fra i corti e spettinati capelli e notando un reggiseno sportivo nero, illuminandosi in volto per averlo trovato.
Vedendo Leon in evidente difficoltà e completamente nel panico, Alex si avvicinò alla pila di vestiti e ne trasse fuori una felpa blu di Yale, delle converse bianche e degli skinny jeans grigi.
-Leon, per essere entrato a Yale ed aver ottenuto una borsa di studio comprendente di tutto sei parecchio rincoglionito. Per non parlare del disordine, è ovvio che sei un uomo. Come ha fatto la gente a non accorgersene in tutto questo tempo? Dovevano essere ciechi, stupidi o qualcosa del genere. Basta guardarti, sei un disastro. -disse ridendo e tirandogli addosso i vestiti presi dall'armadio.  
Quella palla che erano ormai diventati i suoi vestiti lo colpì sullo stomaco e le scarpe lo colpirono dritto sul naso.
-Ehi, me lo sono rifatto da poco! E comunque hai ragione, potrei fare qualche sport perché in ogni caso il college mi pagherebbe l'attrezzatura. La kickboxing … la kick boxing può andare. Rafforza tutti i muscoli del corpo e potrebbe essere utile sapermi difendere, non trovi? Di sicuro forma molto di più rispetto all'atletica e alla boxe. Oltretutto colpire sacchi credo che diminuisca lo stresso. -disse andando in bagno e cambiandosi lì. Fino a poco tempo  prima si sarebbe cambiato senza problemi davanti ad Alex ma ora che aveva realizzato di essere un uomo gli dava fastidio mostrarsi nudo davanti ad Alex. 
Notando che Leon era entrato in bagno e aveva chiuso la porta a chiave per cambiarsi, Alex si avvicinò alla porta e ci si appoggiò per continuare a parlare con il suo amico che nel frattempo si era cambiato e si guardava allo specchio, non accennando ad uscire.
-Q… Leon, quanto è che non vai dal tuo psichiatra?  Sempre se ci sei mai andato ovviamente. In ogni caso, dovresti farci un salto perché non puoi continuare così. Comunque per non spaventare la gente e soprattutto Rachel devo coprirti quelle occhiaie con del trucco. So che quasi sicuramente non ti andrà a genio questa cosa e se non vuoi non importa, davvero. Se accetti però aprimi la porta così potrò darti una mano. -detto ciò, aspettò pazientemente che Leon desse cenni di vita in modo tale da renderlo presentabile ed uscire dal campus, luogo che in quel particolare momento le era stretto.
Aspettò diversi minuti e Leon sembrava non dare segni di vita così si preparò a sfondare la porta con tutta la sua forza. Stava per prendere la rincorsa quando la porta si aprì all’improvviso rivelando Leon Fabray vivo e vegeto. Alex però aveva già fatto un leggero in avanti nel momento in cui Leon aveva aperto la porta, scatto che la fece finire sul petto dell’alquanto sbalordito ragazzo e che lo fece arrossire e balbettare parole sconnesse. 
-Sono… sono ormai un paio di settimane che non ci vado. In realtà è stata lei a dirmi di non venire. Comunque alle 15 ho un appuntamento e in teoria dovrebbe essere l’ultima seduta. Dopo questa vedrà se darmi la relazione da dare all’endocrinologo per farmi assumere il testosterone. E per il trucco… se si tratta di coprire solo le occhiaie posso sopportarlo. Ti ricordo che per quattro anni ho portato una divisa che faceva vedere praticamente tutto. Portare del copri occhiaie per qualche ora non mi ucciderà. Almeno credo. Se … se vuoi venire non c'è nessun problema. Anzi, credo che la psichiatra vorrà parlare con te perché le accennerò qualcosa. -disse facendola entrare in bagno per farle sistemare quelle mostruose occhiaie. Appena entrata, Alex prese il copri occhiaie e iniziò a metterlo a Leon che nel frattempo si era seduto.
-Mi dispiace ma ci metterò un po' a coprirle. Comunque sarei felice di venire con te e che tu abbia così tanta fiducia da parlare di me alla tua psichiatra. E così serve una relazione per permetterti di andare da un endocrinologo che ti farà la ricetta per il testosterone? Certo che è un giro abbastanza contorto. E una volta ottenuta la relazione otterrai automaticamente il cambio di nome? Te lo chiedo perché di queste cose burocratiche me ne intendo poco. Comunque ho quasi... no, ho finito. -disse dandogli una pacca sul sedere e sistemandogli i capelli che potevano essere paragonati ad un nido di uccelli per quanto erano spettinati. 
Leon sobbalzò per il contatto inaspettato e si giro verso di lei, pronto a darle una spiegazione nel modo più semplice possibile.
-Beh, sì. Per un periodo minimo di sei mesi e massimo di un anno le persone trans, che siano MtF o FtM, devono affrontare un percorso psicologico per arrivare alla diagnosi di disforia di genere. Ti racconterei cosa succede dopo ma è una procedura lunga, di sicuro ti annoieresti. Purtroppo nel caso dei giudici il cambio del nome può essere rifiutato come nel caso, oltretutto molto recente, di un FtM al quale un giudice ha rifiutato il cambio di nome in Elijah perché lo considerava un nome troppo mascolino. Ma questi sono casi molto rari, spesso si tratta di giudici che sono vicino all'età pensionabile e quindi sono più conservatori. In ogni caso ho già fatto le mie ricerche, in questo stato e in Ohio non ci sono giudici con precedenti del genere quindi posso ritenermi in una botte di ferro. -disse cercando di spiegarsi nel modo più chiaro possibile.
Non sapendo quando tempo fosse passato, Alex guardò l’orologio elettronico che portava al polso e vide che ormai segnava le due del pomeriggio e mancava quindi solamente un’ora alla seduta di Leon. 
-Leon, ad interessarmi mi interessa. Anche molto direi. È solo che … è solo che non ci è rimasto più molto tempo. Sono ormai le due del pomeriggio e quindi faremo a malapena in tempo a mangiare un panino al volo prima della tua seduta con la dottoressa. Quindi per questa volta niente bacon, non ti farà male non mangiarlo una volta. Quindi cercherò di sbrigarmi e nel giro di cinque secondi ci ritroveremo fuori di qui, sono stata chiara? -disse infilandosi una maglietta e saltellando per la stanza cercando di mettersi dei jeans e un paio di anfibi. 
-Le due? Cazzo, cazzo... Devo sbrigarmi o la dottoressa Turner mi ucciderà per il ritardo. O è capace di non armi la relazione. Devo correre, devo correre! -disse correndo per la stanza e cercando come un ossesso il portafoglio, cellulare e tessera della metro.
Alex lo guardò come se fosse impazzito e mentre seguiva i movimenti di Leon simili a quelli di una pallina in un flipper, notò gli oggetti della ricerca del povero ragazzo e trattenne l'impulso di tirarglieli in faccia. 
-Deficiente, stavano sulla tua scrivania. Io dico, esistono le borse a tracolla anche da uomo e a te non è passato neanche per l'anticamera del cervello di comprarne una. Mi calmo solo perché siamo in ritardo e ora vieni qui.  -disse prendendo Leon per un braccio e trascinandolo fuori dal dormitorio.
Si avviarono così verso la metro e scesero circa cinque fermate dopo. Leon le indicò un caffé proprio vicino allo studio della dottoressa Turner ed entrarono. Si sedettero ad un tavolo riparato e ordinarono una caesar salad e un cheeseburger con il bacon, quest'ultimo naturalmente era per Leon. Stettero in silenzio per l'intera durata del pranzo, non sapendo di cosa parlare. Ci furono diversi tentativi, soprattutto da parte di Alex, ma niente riuscì a rompere l'imbarazzante silenzio. Dopo aver pagato, uscirono dal caffè e si diressero verso lo studio della psichiatra, accomodandosi nella sala d'attesa. Si sedettero l’uno vicino all’altro, mantenendo il silenzio imbarazzante nato nel caffè, quiete rotta dalla psichiatra che chiamò Leon nel proprio studio. Lo accolse nello studio una donna sulla quarantina, con lunghi capelli ricci e castano chiaro e penetranti occhi turchesi. Lo fece accomodare e gli sorrise, chiudendo piano la porta.
-Da quanto mi hai scritto, come nome hai scelto Leon. Nel frattempo non credo che tu abbia cambiato nome, altrimenti credo che me l’avresti comunicato. Comunque è un po’ che non ci vediamo e immagino che sia dovuto agli esami, Yale ha l’abitudine di farli fare poco dopo le vacanze. È successo qualcosa in queste due settimane? -disse guardandolo negli occhi mentre prendeva una matita e un blocchetto.
-Infatti è per gli esami che ho cancellato la seduta della settimana scorsa, volevo studiare tutto prima in modo tale da non arrivare con l’acqua alla gola una settimana prima degli esami e fare nottata per arrivare ad un misero diciotto. In realtà qualcosa è successo. Ieri Santana, una delle mie migliori amiche del liceo, mi ha chiamato per fare da mentore a Kitty Wilde, un membro del Glee Club del mio liceo. Io ho rifiutato e le ho attaccato il telefono in faccia, mormorando qualche scusa. Qualche ora dopo mi ha chiamato Rachel, un’altra mia amica del liceo, e l’ha fatto perché è stata Santana a informarla del mio comportamento. Ci vedremo oggi alle 17 e nel frattempo ho fatto coming out con Alex, mia amica e compagna di stanza. Si è dimostrata molto aperta e comprensiva però mi ha preso per il polso perché ho avuto un grosso episodio di disforia. Tutto qui. -disse guardando negli occhi la dottoressa senza lasciar trasparire particolari emozioni.
-Leon, te l’avrò già detto decine di volte, puoi mostrare le tue emozioni. Non significa essere meno uomo o meno Fabray mettendole a nudo. Significa avere coraggio di mostrarsi quel che si è, anche se significa mostrarsi vulnerabili. Sono contenta che tu abbia fatto coming out con qualcuno, non potevi aver bisogno solo di me ma anche dei tuoi amici e familiari. Per quanto riguarda Rachel e Santana, è ovvio che tengano molto a te e ti hanno chiamato per cercare di aiutarti. Dovremmo lavorarci su ma per quanto riguarda la relazione eccola qui, pronta per essere consegnata ad un endocrinologo a tua scelta. Magari ti posso fare qualche nome se ne hai bisogno. -disse sorridendo, firmando la relazione stampata in precedenza. 
Leon prima la guardò con un'espressione neutra, simile a quella di quando suo padre gli aveva detto di essere fiero di lui poi, al solo vederla firmare la relazione, il suo viso si accese di gioia come se si trovasse di fronte ad un piatto pieno di bacon. 
-Farò tutto quello che vuole per ringraziarla di avermi dato la relazione! In ogni caso seguirò sempre i suoi consigli e cercherò di essere più flessibile dal punto di vista emotivo, ovvero mostrerò le mie emozioni. È anche a causa di questo che sono venuto tardi a patti con me stesso e devo farmi aiutare dalle persone che mi vogliono bene, lasciarle entrare nel mio guscio. Grazie ancora del suo tempo dottoressa Turner, farò tesoro di tutto quello che ha detto. -disse uscendo dallo studio e tornando a casa insieme ad Alex. Nel frattempo la dottoressa iniziò a riflettere sul caso di Leon.
-Spero vivamente che continui a venire qui. Non sarà per niente facile affrontare la transizione. Il problema non sarà tanto la transizione in se', anzi, sarà entusiasta di esservi sottoposto. Il problema sarà la reazione degli altri, che siano conoscenti, amici, familiari o estranei. Ci saranno dei giorni in cui si pentirà di aver fatto un percorso del genere, di essere solo qualcuno che cerca di ottenere qualcosa di impossibile solo per capriccio e molti non potranno capirlo, neanche io potrei capirlo a fondo perché non  lo sto vivendo in prima persona. Vorrei dire che sarà un percorso facile per lui, ma in realtà sarà una strada in salita che difficilmente riuscirà ad affrontare da solo. -dopo una riflessione del genere, la dottoressa Turner uscì dallo studio e lo chiuse definitivamente per la giornata. 


Ritornati a casa, Alex vide che Leon aveva sul viso un’espressione idiota che non gli aveva mai visto. Si ritrovò così a chiedersi il motivo ma, non giungendo a nessuna conclusione, chiede al diretto interessato.
-Leon, è da quando siamo usciti dallo studio della dottoressa Turner che hai quell’espressione idiota e vagamente inquietante sul volto, sembra che tu abbia una paresi facciale o che ti abbiano fatto troppe iniezioni di botulino. È successo qualcosa? Mi devo preoccupare o picchiare qualcuno? -chiese con tono preoccupato e leggermente protettivo. Dopo tutto considerava Leon come il fratellino che non aveva mai avuto e voleva… doveva proteggerlo.
A quelle parole Leon iniziò a volteggiare come una farfalla per la camera rischiando però, con la sua innata grazia, di far cadere il computer fisso che si trovava sulla scrivania di Alex.
-Non è un’espressione idiota, è solo che sono felice. Felice di aver ottenuto la relazione, felice di essere in grado di diventare la persona che ho sempre voluto essere e soprattutto che la strada per farlo è ormai tutta in discesa. Felice perché ho una persona che mi supporta. Ora però dobbiamo andare, manca circa mezz’ora alle cinque del pomeriggio e odio arrivare in ritardo. Ricordati di essere distante da noi ma non troppo. -le rispose e uscì saltellando dal campus seguito a ruota dalla rossa. Circa una decina di minuti dopo, i due arrivarono alla stazione di New Haven e si sedettero su una panchina poco distante dal binario 9, luogo dove sarebbe arrivata Rachel Berry. Alex gli mise una mano sulla coscia stringendogliela per farlo rilassare e calmare.
-Vedrai, andrà tutto bene. E non devi fare subito coming out se non vuoi, prenditi il tuo tempo. Hai detto che rimarrà qui qualche giorno ed è venuta qui proprio perché dovevi dirle qualcosa di importante! Quindi in questi giorni devi dirglielo, magari stasera a cena in camera nostra. Non potrà dare di matto, al massimo se ne andrà e non saremmo noi ad essere cacciati. E te lo ripeto, filerà tutto liscio come l'olio.
-Forse hai ragione, non posso sfuggire a lungo, mi sono messo da solo in questa situazione e da solo ne uscirò, in un modo o nell'altro. Beh, dirglielo a cena non sarebbe male come idea anche se credo che mi passerà la fame nel frattempo, dovrai man- si interruppe non appena scorse la sagoma del treno fermarsi ed Alex, notando quella reazione si allontanò mandandogli un sms in cui diceva che sarebbe andata al caffè Soleil e di raggiungerla lì.  
Sorridente, Leon si alzò dalla sedia e si avvicinò alla banchina del binario, vedendo una figura minuta scendere dal treno ormai fermo. La figura minuta appartenente ad una castana di sua conoscenza gli  corse incontro e gli sarebbe saltata al collo se non avesse avuto un grosso bagaglio con se'.
-Quinn, mi sei mancata! E' bellissimo rivederti e sarà stupendo passare le vacanze insieme. Kurt se la caverai benissimo senza di me, anzi, sarà contento di non avermi tra i piedi. Beh, ora che facciamo? Mi fai fare un giro per Yale o per New Haven? Dimmelo, sono curiosa! -esclamò saltellandogli intorno come se non lo vedesse da anni. Tutto quello che riuscì a pensare in quel momento fu a quanto fosse carina Rachel quando si comportava come una bambina. Scacciò via quel pensiero e cercò di non arrossire, sorridendole.
-Anche tu mi sei mancata, Rach. Scusami ancora per essermi fatta sentire poco e soprattutto tramite email, ti avrò fatto preoccupare. Anche secondo me Kurt sarà felice di avere l’appartamento tutto per se'. Comunque per il momento non visiteremo Yale o New Haven ma andremo al caffè Soleil, un caffè che si trova ad un centinaio di metri da qui. Ti va bene? Potremmo passare al mio dormitorio così puoi posare i bagagli, sono un po'… ingombranti. -le rispose guardando l'inquietante mucchio di valigie e borse e prendendole sulle spalle, constatando che non fossero così pesanti quanto pensava.
-Caffé Soleil dici? Vedo che i tuoi gusti non sono cambiati, Quinn. Sono sofisticati come sempre ma una donna deve pur viziarsi ogni tanto, o mi sbaglio? Comunque non c'è bisogno di passare al tuo dormitorio, non ho fretta e non sono poi così stanca. Ora andiamo, sono curiosa di sapere com’è questo caffè Soleil. -disse facendosi guidare da Leon verso il luogo da lui scelto. Arrivati di fronte al caffè, entrarono e Leon diede una veloce occhiata all’interno del bistrot notando che Alex si era seduta in un angolo appartato. Si sedette, seguito da Rachel, vicino ad un muro color carta da zucchero sul quale vi era appesa una copia del celebre dipinto di Van Gogh, la Notte Stellata. Con un solo cenno della mano chiamò un cameriere che iniziò a parlare con forte accento francese.
-Vorremmo un caffè macchiato con del latte di soia e un pizzico di cannella. Per me lo stesso e ci può portare delle madeleine per favore? -non appena finì di ordinare, il cameriere andò a riferire l’ordine.
-Quinn Fabray, mi stupisce il fatto che ti ricordi il mio ordine. Mi avrai sentito solo una volta dire qual è la mia bevanda preferita, non pensavo che mi prestassi così ascolto. -sorrise a quell’affermazione e sfiorò la mano. A quel contatto Leon arrossì, facendo in quel modo risaltare il taglio che si era procurato recentemente. Cercò nervosamente di nasconderlo con i capelli ma si trovava in un punto in cui non era possibile farlo.
-Stare in disparte e non dire niente non significa non fare caso a quello che dici. Si tratta solo di ascoltare in silenzio e non dimenticare. Poi per caso una volta l'ho assaggiato anche io, avevano sbagliato il mio ordine, e mi sono innamorat... a di questa bevanda. Non pensavo fosse così energizzante, credo che sia a causa della cannella. -mentre rispondeva in questo modo, si morse la lingua per aver dovuto usare il femminile ma doveva reggere il gioco, almeno fino a cena. Finalmente arrivò il cameriere con le loro ordinazioni poco prima che si creasse un silenzio imbarazzante a causa della mancanza di argomenti da parte di Leon. Prese la bevanda calda ed iniziò a sorseggiarla lentamente per non scottarsi, guardando Rachel in attesa di una risposta.
-Beh, almeno qualcun altro oltre al signor Shue mi stava a sentire. Diciamo che in generale non ero simpatica a nessuno, non posso biasimarvi. Ero e sono abbastanza egocentrica quando si tratta di cantare. Mi stupisco che nessuno abbia mai tentato di uccidermi. Comunque ieri hai detto di dovermi raccontare una cosa. Di cosa si tratta? -replicò sorridendo e assaggiando una delle madeleine dopo aver bevuto un sorso del suo caffè macchiato.  
-Già, diciamo che il fatto di atteggiarti da diva non aumentava la tua già scarsa popolarità e simpatia. Sei una persona fantastica ma difficilmente la gente riesce a tollerare questa parte del tuo carattere, capisci cosa intendo? E' vero, ti dovevo parlare di una cosa ma preferisco farlo stasera a cena così avrai tutto il tempo di rilassarti, il viaggio ti avrà sicuramente stancato. -disse finendo ciò che rimaneva del suo caffè e della sua madeleine nel tentativo di terminare al più presto quella scomoda conversazione che non si sentiva per niente pronto ad affrontare. 
-Diva si nasce e diva si muore, posso solo comportarmi meno da diva ma se lo facessi non sarei più me stessa. In effetti sono un po' stanca e una doccia non sarebbe male, non sai quanto erano sporchi la metropolitana ed il treno. E non vedo l'ora di mangiare qualcosa di più sostanzioso di un panino, sai com'è, vado sempre di fretta. -replicò mangiando l'ultima madeleine rimasta e buttando in un cestino i bicchieri di carta ormai vuoti. Leon si alzò e annuì con la testa segno che aveva capito che cosa intendesse Rachel. Uscì poi dal caffè portandola con se' i bagagli di Rachel e le fece cenno di seguirlo. Estrasse il cellulare dalla tasca dei jeans e digitò un numero.
-Sono L... Quinn Fabray. Vorrei che un taxi arrivasse fra quindici minuti al numero 23 di Unicorn Drive. Ok, quindi il numero del taxi è 0834. Va bene, a tra poco. -chiuse così la chiamata e si girò verso Rachel, aspettandosi una delle sue solite reazioni esagerate che non tardò ad arrivare.
-QUINN! Non dovevi chiamare un taxi, chissà quanto ti costerà! Possiamo andare a piedi al tuo dormitorio, i miei bagagli non sono poi così pesanti. Ho portato solo l'indispensabile per una vacanza a Yale, quindi capi per ogni occasione. -reagì sbuffando alla telefonata appena fatta da Leon. Era veramente scocciata, non voleva che Quinn sprecasse dei soldi che avrebbe potuto usare per mangiare o pagare la retta del college. Non bisognava essere dei geni per sapere che i college dell’Ivy League fossero più costosi rispetto ad altri. 
-Rachel, va bene che bisogna tenersi in forma. Ma farsi dieci isolati a piedi con tutto questo bagaglio non fa bene a nessuno di noi due. E non c’è dentro l’essenziale, pesano quanto Santana. Per quanto riguarda la retta, non ti devi preoccupare. Ho ottenuto una borsa di studio completa quindi i soldi che spendo sono relativamente pochi, fidati di me. E non fare quella faccia da finta scocciata, so che è una di quelle in cui ti eserciti per ottenere una parte. Se ti stai chiedendo come lo so, la risposta è solo una: Finn Hudson. -rispose alzando gli occhi al cielo e vedendo di sfuggita un'automobile gialla con il numero 0834 sulla fiancata.
-Una borsa di studio completa Quinn? Tu sei... non so che aggettivo usare per descriverti. Comunque ormai il taxi è qui e mi sembra molto poco cortese rifiutare di prenderlo. E Finn… Finn non tiene mai la sua appendice nasale fuori dagli affari altrui, per citare Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban. Come sai quanto… lascia stare, ho capito. -disse salendo in macchina e lasciando a Leon il compito di sistemare nel bagagliaio le ingombranti valigie. Una volta sistemati i bagagli, Leon si sedette vicino a Rachel e fece cenno al tassista di partire e di dirigersi verso il campus di Yale.
Una volta arrivati al campus, Leon fece strada alla ragazza e finalmente arrivarono in camera, dove poggiarono i bagagli. Si sedette sul letto e diede una veloce occhiata alla stanza vedendo Alex seduta vicino la sua scrivania intenta a scrivere un saggio breve.
-Rachel, se vuoi la doccia è tutta tua. Ah, io e Alex pensavamo di ordinare del cibo cinese ma sei vegana e i cinesi mettono uova ovunque quindi lasciamo decidere a te cosa ordinare visto che sei mia ospite. Noi due mangiamo di tutto quindi puoi proporre quello che vuoi. -disse sdraiandosi senza ritegno sul letto e togliendosi la felpa, rimanendo in jeans e reggiseno sportivo. Vedendo Leon in quello stato, Rachel arrossì per l'imbarazzo e si girò per non far vedere la sua reazione alla scena di pochi secondi prima.
-In effetti farei volentieri una doccia. Per quanto riguarda la cena, il cinese mi va più che bene. Ormai sono vegetariana, essere vegana costa a New York anzi, essere vegana costa ovunque. Non me ne sono resa conto finché non sono andata via di casa e non ho abbracciato la vita reale. -replicò entrando in bagno, spogliandosi ed entrando in doccia. Le avrebbe schiarito le idee e soprattutto le avrebbe fatto dimenticare la scena svoltasi in camera. Non poteva piacerle Quinn, fino a poco tempo prima stava con Finn.
-Ma chi voglio prendere in giro. La verità è che io e Finn non funzionavamo da un po' di tempo, ho accettato di sposarlo solo per reprimere quello che provavo per Quinn e quando non ci siamo sposati mi sono sentita sollevata, ma ero soprattutto preoccupata per la vita di Quinn. E' però chiaro come il sole che Quinn non potrà ricambiarmi, è etero al cento per cento! Devo... devo solo lasciarmela passare e ritornerà tutto come prima. -detto ciò, uscì dalla doccia ma non vide asciugamani nel bagno. Così cerco ovunque, aprì i cassetti e le ante del mobiletto del bagno ma degli asciugamani non vi era traccia. All'improvviso la porta si aprì e vide entrare la sagoma di Quinn.
-Rachel, ecco degli asciugamani. Mi ero dimenticata di metterne di nuovi e... -alzò gli occhi che prima fissavano il pavimento e, con un rapido sguardo, percorse da capo a piedi la figura di Rachel che, imbarazzata, cercò di coprirsi con la tendina della doccia in cui era raffigurata la tavola periodica, simile a quella utilizzata in The Big Bang Theory.
-Quinn, non … non ti preoccupare, ora me li hai portati. Può capitare a tutti di dimenticare di metterne di nuovi, non credi? -disse guardando la tavola periodica, diventata improvvisamente la cosa più interessante in quella stanza.    
-Hai… hai ragione, chiunque se lo sarebbe dimenticato. Ora esco di qui e vado a ordinare la cena. Ti prenderò tutto senza carne e anche della birra cinese. -balbettò imbarazzato uscendo dal bagno e sdraiandosi di nuovo sul letto, meditando sulla scena di un attimo prima. Così prese il cellulare e compose il numero del ristorante.
-Pronto, ristorante Oceano d’Oro? Vorrei ordinare del cibo da asporto se possibile. Vorrei due bottiglie di birra cinese, tre porzioni di ravioli al vapore ripieni di verdure, tre porzioni di involtini primavera, una confezione di nuvolette di drago e tre porzioni di riso alla cantonese. Portate tutto alla camera 96 del dormitorio G del campus di Yale alle 19, quindi fra mezz’ora. A tra poco. -chiuse la chiamata ed esplode in un sospiro esasperato che distolse Alex dal suo saggio.
-Ora cosa è successo? Sei rosso in viso e …. aspetta. Hai sicuramente visto qualcosa di … piacevole, se vogliamo metterla in questo modo. -disse avvicinandosi al viso di Leon e sorridendo maliziosa. -E questo qualcosa di piacevole si trova nel bagno, ne sono abbastanza sicura. -mentre parlava la porta del bagno si spalancò, rivelando Rachel ormai vestita che osservava la scena. Scena che venne da lei fraintesa, infatti invece di vedere due semplici visi vicini vide un bacio fra le altre due presenze nella stanza. 
-Ragazze, n-non volevo disturbarvi. Non sapevo che foste così … intime e che steste insieme. Quinn, come mai non mi hai detto niente del genere? Abbiamo... abbiamo parlato praticamente del nulla a tavola e quando non lo facevamo, calava il silenzio. Per l'amor del cielo, me l'avresti potuto dire! Era praticamente sicuro che ti avrei accettato, i miei papà sono gay! Come hai potuto n ... -venne interrotta prontamente da Alex.  
-Rachel… sì, so il tuo nome. Visto che Quinn è troppo imbarazzata per risponderti, lo faccio io al posto suo. Come puoi notare, non ci stiamo baciando e soprattutto siamo entrambi etero. Ho baciato e  sono andata anche oltre con delle ragazze ma come tutte le ragazze al college. Quindi calmati e siediti, la cena sarà qui tra circa trenta minuti. -disse togliendosi gli occhiali e scompigliandosi i corti capelli, dando tempo a Rachel di registrare ed elaborare le sue parole.
-Beh, sono contenta che tu sappia il mio nome perché significa che Quinn ti ha parlato di me. E sono calma, è solo che sembravate così innamorate e tenere. Come… come mai Quinn è imbarazzata? Non sarà mica per … prima, ecco. È stato qualcosa di abbastanza innocente. -disse guardando intensamente il pavimento e giocherellando con uno dei due cordini della sua felpa di Wicked.
-Non stiamo insieme e non siamo innamorate. Siamo soltanto buone amiche, niente di più e niente di meno. Io non so cosa sia successo esattamente in quel bagno ma non ci vuole molto per fare arrossire Quinn, è veramente pudica a causa della sua educazione religiosa. Quindi ha un concetto diverso di innocenza. -concluse in questo modo, zittendo Leon che stava per dire che non era assolutamente vero quello che aveva detto. Sentirono poi qualcuno bussare alla porta e Leon, per uscire fuori da quella situazione imbarazzante, andò ad aprire, trovandosi davanti il fattorino con la loro cena. Così prese il portafoglio ed estrasse da esso una banconota da venti dollari, abbastanza per pagare il tutto. Poggiò i vari contenitori su un tavolo di plastica da esterni adibito a tavolo da pranzo e sperò che le due ragazze decidessero di smetterla. Così si sedette e sentì gli sguardi delle ragazze su di lui che, sentendosi ignorate, presero il suo esempio. Prese una delle due bottiglie di birra e la aprì, versandone un’abbondante quantità nel boccale apposito che Alex gli avevo comprato in Irlanda. Prese il boccale e se lo portò alle labbra, bevendo in un sorso solo il contenuto e una goccia di esso percorse il suo collo, goccia che venne seguita da Rachel con sguardo rapito. Non appena finì di bere quello che definiva “coraggio liquido”, Leon iniziò a parlare.
-Bene, ora che siamo tutti qui ti dirò quello che non volevo dirti al telefono e al caffè. È qualcosa di importante, non volevo dirtelo al telefono perché sarebbe stata una vigliaccheria e al caffè non ho detto nulla perché c’era troppa gente. Io… io… -Alex gli strinse la mano e lo guardò dolcemente, incoraggiandolo a parole.
-Tesoro, puoi farcela. Vuoi che lo dica io al posto tuo, così sarai meno nervoso? -gli disse con tono dolce ma Leon scosse la testa.
-No, devo dirlo io e tirare fuori metaforicamente le palle. Rachel, io sono un uomo. Mi spiego meglio. Mi sono sempre sentito un uomo, almeno mentalmente. In sintesi sono trans FtM, una persona biologicamente donna che vuole transizionare e diventare uomo. E ora il mio nome è Leon, Leon Quinn Fabray. -disse guardando Alex e poi Rachel negli occhi, aspettando una sua reazione o una sua risposta.
Ecco a voi il secondo capitolo, è più lungo del precedente e vorrei informarvi del fatto che pubblicherò più o meno ogni due settimane, salvo imprevisti

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