A Swan Song di Tinkerbell92 (/viewuser.php?uid=236997)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Bagliori di smeraldo ***
Capitolo 2: *** I guerrieri del feudo ***
Capitolo 3: *** Questioni di famiglia ***
Capitolo 4: *** Kuchisake-Onna ***
Capitolo 5: *** La sposa infelice ***
Capitolo 6: *** Una vita per una vita ***
Capitolo 1 *** Bagliori di smeraldo ***
A
SWAN SONG
Con bagliori di smeraldo
il ciclo avrà inizio,
dalla fredda terra il
Bianco Cigno in volo s’alzerà.
Esso danzerà
sotto il sole che sorge
fin quando
compiuti non saran
la promessa
dell'Incompleta,
la vendetta della
Mezzaluna,
la scelta
dell’Arida,
il sacrificio
dell’Eterna;
e la caduta
della Profana;
sarà allora
che il suo canto avrà fine.
L’antico
potere verrà ripristinato,
il sangue maledetto
ricongiunto.
Con bagliori di diamante
il ciclo si chiuderà.
Per
diversi istanti, Freya udì soltanto il ticchettio dei propri
passi sul pavimento del lungo corridoio. Una piccola goccia di sudore
le scivolò dalla tempia fino alla guancia pallida:
l’asciugò rapidamente, gettandosi una furtiva
occhiata alle spalle.
L’ala est del castello era deserta, probabilmente tutti
quanti erano impegnati con i preparativi della cerimonia. Meglio
così.
“Bravi,
organizzate pure” pensò tra
sé, fermandosi dinnanzi ad una porta in legno scuro “Divertitevi. Peccato
che non ci sarà nessuna cerimonia”.
Alla vigilia dei suoi vent’un anni, quando ormai la
società danese le aveva affibbiato il titolo di
“vecchia zitella”, Freya aveva scoperto di esser
stata promessa in sposa al proprio cugino di terzo grado, noto a tutti
come “Duncan il Tonto”. A poco erano servite le
scenate e le proteste: sua madre, la duchessa Valeska, era stata come
al solito categorica, dispotica e irremovibile.
La ragazza bussò un paio di volte, fece un passo indietro ed
attese con fare composto. Udì una serie di rumori
sospetti misti ad imprecazioni, poi, finalmente, la serratura della
porta scattò: un giovanotto magro dai capelli arruffati si
affacciò sulla soglia, il volto contratto in una smorfia di
imbarazzo misto a sorpresa.
- D-Duchessina, come mai da queste parti? Posso fare qualcosa per Voi?
- Ho bisogno delle chiavi della stanza di mia nonna, Hans –
replicò la fanciulla, cercando di sbirciare
all’interno della stanza – Mi servono subito.
C’è per caso Fred, lì con
te?
Hans, il giovanissimo custode, impallidì violentemente,
cercando di biascicare qualche scusa, ma una voce maschile alle sue
spalle interruppe il suo impacciato teatrino.
- Hans, falla entrare, Freya sa già tutto.
Visibilmente sollevato, il giovanotto si spostò di lato,
permettendo l’ingresso alla duchessina. Freya gli
pizzicò la guancia con fare affettuoso, poi
lanciò un’occhiata maliziosa al ragazzone che,
seduto sul piccolo letto attaccato al muro, si stava sfilando i
pantaloni con nonchalance. Aveva lunghi capelli biondi che gli cadevano
dritti lungo la schiena muscolosa, seducenti occhi color ghiaccio ed un
leggero strato di barbetta che gli ricopriva la mascella un
po’ squadrata.
- Vi ho interrotti sul più bello, Fred? –
scherzò la fanciulla, facendo cenno ad Hans di portarle la
chiave richiesta – Tua moglie potrebbe domandarsi dove ti sei
cacciato.
- Mia moglie sa che sono difficilmente reperibile nel pomeriggio
– replicò l’altro, strizzandole
l’occhio.
Friederick Holstein era il fratello maggiore di Duncan il Tonto,
nonché cugino e futuro cognato di Freya. Era piuttosto noto
all’interno della nobiltà danese per i suoi modi
eccentrici e gioviali, ma, allo stesso tempo, ben poche persone erano a
conoscenza dei suoi gusti sessuali, tra queste la sua mogliettina
diciottenne, Vera, sposata quasi un anno prima.
- Perché vuoi entrare nella stanza di tua nonna?
–domandò incuriosito, dando una leggera pacca
sulla natica al custode quando questi gli passò vicino
– Non dirmi che hai intenzione di pasticciare con i suoi
amuleti. Nemmeno io sono tanto pazzo da scherzare con la stregoneria.
- Mia nonna non era una strega – replicò Freya,
afferrando la chiave che Hans le stava porgendo – Beh, forse
anche sì. Ma non sono interessata ai suoi gingilli magici:
voglio prendere solo qualche gioiello e la sua cappa blu scuro. Ho
intenzione di regalarmi una piccola vacanza non programmata.
- Una vacanza il giorno prima del matrimonio? – chiese Fred
confuso, aggrottando la fronte candida.
La duchessina sospirò, mordendosi la lingua: -
Sì, ehm… ho bisogno di passare un po’
di tempo da sola – mentì - Farò un giro
in paese, sperando che nessuno mi riconosca. Non starò via
molto, penso sarò di ritorno per stasera. Lascerò
la chiave sul letto della nonna.
- Cerca di non farti male! – si raccomandò Fred,
osservandola uscire dalla stanza a falcate.
Cercando di non farsi tormentare dai sensi di colpa, Freya
salì rapidamente le scale della torre settentrionale, fino a
giungere ad un breve corridoio; in fondo ad esso stanziava una piccola
porta nera dai cardini argentati.
La ragazza esitò per qualche secondo, rigirando la chiave
tra le dita sottili. Non metteva piede in quella stanza da quasi due
anni, non ne aveva più avuto il coraggio:
cos’avrebbe provato, muovendosi tra mobili impolverati,
scaffali di libri e amuleti, sapendo che colei a cui appartenevano
tutte quelle cose ormai non esisteva più? Sarebbe riuscita a
sopportare la vista del caminetto spento, della vecchia poltrona vuota,
del tavolino innaturalmente ordinato?
“Ora
però è necessario” disse a
sé stessa “Fatti
forza: Isabelle non ha paura di entrare qua dentro, perché
tu dovresti averne?”
Detestava fare paragoni con la sorella minore, ma in una situazione del
genere era ammesso qualsiasi espediente.
Fece scattare quindi la serratura, strinse i denti e varcò
la soglia con il cuore che batteva all’impazzata.
Sì, la stanza era esattamente come ricordava, fatta
eccezione per la mancanza di quel caratteristico disordine che regnava
quando la nonna era viva.
“D’accordo,
cerchiamo di mantenere la calma e prendere quello che serve”.
Lasciò la chiave sul letto dell’ex duchessa,
esattamente come aveva detto ad Hans, poi cominciò a frugare
nel vecchio baule di bronzo, infilando in una sacca qualche vecchio
gioiello e buona parte del denaro che la nonna aveva messo da parte di
nascosto per lei e Isabelle, in modo che potessero utilizzarlo in caso
di necessità.
“La mia
è una grossa necessità, devo scappare per
impedire queste stupide nozze” pensò,
cercando di alleviare il senso di colpa “Non è un
furto tanto grave. E poi a Isabelle basterà quello
che le ho lasciato”.
Quando il sacco fu riempito a sufficienza, senza diventare troppo
pesante, Freya si diresse verso un altro baule, più grosso e
in legno pregiato, e ne estrasse una lunga mantella color blu scuro
provvista di un morbido cappuccio.
Si pose quindi dinnanzi allo specchio e la indossò,
osservando per diversi istanti il proprio riflesso: era abbigliata con
un abito semplice color azzurro cielo, i lunghi capelli biondi
scendevano in onde armoniose davanti al petto e nascondevano le
orecchie leggermente a sventola di cui la duchessina si vergognava
tanto. Il volto, pieno e ovale, era illuminato da vispi occhioni
celesti, tipici delle donne della sua famiglia, mentre il naso stretto
e un po’ lungo era adornato da una leggera spruzzata di
lentiggini, caratteristica che lei e Isabelle avevano ereditato dal
padre.
La fanciulla coprì quindi la testa con il cappuccio della
mantella, il cui colore scuro creava un netto contrasto con la sua
carnagione pallida, poi caricò la sacca sulla spalla e si
voltò per uscire. In quell’istante,
però, un piccolo oggetto scivolò fuori dalla
bocca della bisaccia semi aperta, cadendo proprio ai piedi della
ragazza.
Freya lo raccolse, osservandolo con curiosità: sembrava una
semplicissima semisfera verde, tagliata esattamente a metà.
Non ricordava di averla mai vista prima, probabilmente si trovava in
mezzo ai gingilli della nonna e l’aveva raccolta per sbaglio.
Quasi istintivamente, la lanciò in aria, facendole compiere
qualche giro su sé stessa. Aprì quindi la mano
per afferrarla di nuovo ma, con sua grande sorpresa, la piccola
semisfera non ricadde nel suo palmo: essa continuò a girare,
sempre più velocemente, fino ad emanare una forte luce
smeraldina.
Freya gridò, coprendosi gli occhi con i lembi del cappuccio,
mentre il vorticoso ruotare dell’oggetto aveva cominciato a
produrre uno strano sibilo. La fanciulla si sentì
risucchiare all’interno di un ciclone, le orecchie le
fischiavano ed il suo fisico pareva volersi ribellare al turbinio
provocandole fastidiosi capogiri.
Poi, all’improvviso, tutto cessò. Freya
avvertì una superficie solida sotto ai propri piedi, un
singolare profumo di fiori ed un battagliero rullo di lontani tamburi
trasportato dal vento.
Aprì gli occhi, guardandosi attorno sbalordita: non si
trovava più nella stanza della nonna, bensì al
centro di un ampio spazio di terra nei pressi di un grande castello
costruito in stile orientale. Alla sinistra dello spiazzo
c’era un immenso prato, mentre, a destra, si ergeva un fitto
boschetto di alberi dai fiori rosati.
Udì diversi bisbigli dietro di sé e
sussultò non appena qualcuno le batté un paio di
volte la mano sulla spalla.
- Scusa, ragazzina… che cosa ci fai qui?
Freya si voltò di scatto, trovandosi di fronte ad una
ragazza alta dalla carnagione leggermente ambrata. Aveva i capelli
corti tinti di azzurro, occhi neri attraenti e inquisitori, lineamenti
tipici delle popolazioni dell’Est ed un fisico slanciato e
atletico. Indossava un’armatura dall’aria leggera
ma resistente, che conteneva senza problemi il suo seno generoso, ed
impugnava un’arma piuttosto singolare, ossia una specie di
grande cerchio tagliente il cui diametro misurava almeno un metro e
mezzo.
Alle sue spalle si stava schierando un esercito composto da una
cinquantina di soldati, mentre, dall’alto delle mura del
palazzo, una lunga e guardinga schiera di arcieri osservava immobile il
territorio sottostante.
- Dove mi trovo? – balbettò Freya, stringendosi
nella mantella della nonna – Che sta succedendo qui?
La ragazza guerriera battè un paio di volte le palpebre
dalle lunghe ciglia: - Ma lo sai che sei davvero strana? Non ho mai
visto una persona così pallida e con i capelli di quel
colore. E che abbigliamento insolito! Comunque, ti trovi in Giappone,
bella, a pochi passi dal castello di Sasaki Shigen, e se non ti togli
dai piedi ti ritroverai presto nel bel mezzo di una battaglia.
- Che cosa?
Freya cominciò a girare su sé stessa in preda al
panico, completamente incapace di prendere una decisione. Quella
maledetta semisfera doveva essere uno degli oggetti magici della nonna,
probabilmente una chiave che consentiva di spostarsi in paesi lontani
nel giro di qualche secondo.
- Una battaglia? Non voglio finire in mezzo ad una battaglia!
Perché combattete? Dove posso andare? Che cosa…
- Ti prego, datti una calmata, mi stai contagiando con il tuo
nervosismo! – la interruppe la strana giovane –
Trova riparo dentro le mura del castello, sbrigati!
Senza perdere altro tempo la duchessina sfrecciò come un
fulmine nella direzione indicata, senza ringraziare i soldati che si
spostavano per farla passare né tantomeno domandarsi
come potessero capirsi lei e la ragazza guerriera, pur provenendo da
terre differenti.
Superò la soglia delle mura e, non appena si
sentì al sicuro, si lasciò cadere a terra in
ginocchio, riprendendo fiato faticosamente.
Chiuse quindi gli occhi, stringendo forte le palpebre tra loro, e
pregò con tutta sé stessa che si trattasse
soltanto di un brutto sogno.
***
Angolo
dell’Autrice: Era da tempo che volevo pubblicare
questa storia, ma scrivere il primo capitolo è stato un
po’ un parto. Avviso già che i miei aggiornamenti
saranno spesso molto lenti. Colgo anche l’occasione per
avvisare chi segue altre mie fanfiction che sto passando un periodo in
cui l’ispirazione fa la stronza, chiedo perdono, non ho
abbandonato le storie, proverò a continuare appena
riuscirò.
Detto questo, torno alla trama: come spiegato nella presentazione, la
mia fanfiction è ambientata una decina d’anni
prima delle vicende del manga/anime, quindi i personaggi principali
(Inuyasha, Kagome & Co) non ci saranno, o al massimo faranno
una piccola comparsa o saranno menzionati. Con questo, però,
non è detto che nessun personaggio della storia originale
apparirà, io mi riferisco solo al gruppo di protagonisti,
per tutti gli altri… chissà ;) Sicuramente, come
avrete visto nella descrizione della storia, i Sette avranno un ruolo
abbastanza consistente.
Colgo inoltre l’occasione per pubblicizzare la bellissima
fanfiction “Le
spose dei Sette Fratelli” di Nico Blair, alla
quale ogni tanto farò dei piccoli riferimenti, visto che
considero canon molte delle vicende lì narrate.
Ok, questo primo capitolo funge più da prologo, infatti
è abbastanza breve (almeno per i miei standard) ma spero vi
sia piaciuto. Mi auguro di non commettere errori dal punto di vista
della storia (sia del contesto storico, sia della storia del manga), in
caso contrario fatemeli notare perché detesto le
incongruenze.
Grazie mille per aver letto!
Tinkerbell92
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Capitolo 2 *** I guerrieri del feudo ***
A Swan Song
Non si trattava di un sogno.
Freya si
pizzicò le guance più volte, rendendosi
conto di essere perfettamente sveglia. Un piccolo gruppo di persone si
era radunato attorno a lei, squadrandola con curiosità.
Tutti quanti, comprese le donne, indossavano parti di armatura come
protezione sopra a curiose vesti colorate di bianco, rosso e blu.
- Voi chi siete, mia
signora? – domandò una
giovane ancella, aiutandola a rialzarsi – Perdonatemi se vi
sembro impudente, ma avete un aspetto davvero insolito…
- Vengo dalla Danimarca
– balbettò Freya,
guardandosi attorno disorientata – Io… io non so
perché mi trovo qui… né chi sia
Sas… Sasani Shiven?
- Sasaki Shigen
è il proprietario di questo feudo
– rispose l’ancella senza battere ciglio
– Anche il Vostro accento è molto
strano… ma suppongo che questa Danimarca sia una terra molto
lontana.
- Sì,
esatto. E’ tutto così
assurdo… non so nemmeno come faccio a capire la vostra
lingua e voi la mia. Comunque… di che battaglia parlava la
ragazza lì fuori?
- Il proprietario del
feudo vicino ha deciso di attaccarci –
spiegò un vecchio dall’aria trasandata –
Ormai capita spesso da queste parti che i feudatari combattano tra loro
per questioni di potere.
- Mi sembra che gli
uomini appostati là fuori siano pochi
per respingere un attacco – osservò Freya
– Eppure voi sembrate così tranquilli e bazzicate
in giro come nulla fosse…
Alcuni abitanti del
feudo si erano già allontanati, mentre
coloro che erano rimasti scoppiarono a ridere.
- Non abbiamo nulla di
che preoccuparci – spiegò
la giovane ancella – La mia signora Reika e i suoi fratelli
sono validi condottieri e grandi strateghi. Sconfiggeranno gli
aggressori nel giro di poco tempo, vedrete.
La duchessina si morse
il labbro dubbiosa, ma decise di non replicare.
Ben presto, una forte curiosità cominciò ad
impadronirsi di lei, culminando nell’istante in cui i tamburi
nemici risuonarono a pochi metri dalle mura.
- Non so se la mia
richiesta sia insolita – disse, scegliendo
con cura le parole – Ma mi domandavo se fosse possibile dare
una sbirciata a quello che succede là fuori.
L’ancella
sorrise con fare gentile: - Sì, certo!
Ci sono dei piccoli spiazzi in cima alle mura, intervalli vuoti nella
fila degli arcieri, possiamo appostarci lì. Seguitemi pure,
mia signora. A proposito, il mio nome è Makino.
Freya si
lasciò condurre su per una scalinata stretta
scavata sul lato interno della cinta muraria, a destra dei grandi
portoni d’ingresso, fino a ritrovarsi alle spalle della
schiera di guerrieri armati di arco. Makino si lasciò
sfuggire un sorrisetto malizioso, poi prese la mano della duchessina e
la fece camminare fino ad uno degli intervalli vuoti da lei menzionati
poco prima. L’arciere più vicino lanciò
loro un’occhiata scettica.
- Vi consiglio di fare
attenzione, donne, questo non è un
luogo sicuro. La battaglia sarà relativamente semplice, ma
sarebbe meglio per voi non indugiare a lungo qui sopra.
- Abbiamo
un’ospite proveniente da una terra lontana
– spiegò la servetta – Dobbiamo
mostrarle il nostro valore.
- Sei sicura che non
sia proibito stare qui? –
domandò Freya dubbiosa – In effetti non mi sembra
un luogo adatto per i civili…
- Non Vi preoccupate,
capita spesso che la gente salga qui per
assistere alle battaglie – la rassicurò Makino,
indicandole gli eserciti appostati sotto di loro – In caso di
pericolo ci allontaneremo subito.
Nello spiazzo di fronte
all’ingresso delle mura, i due
eserciti si stavano già fronteggiando: le forze avversarie
contavano circa trecento soldati, ed il loro comandante, un tizio
robusto di mezza età, era impegnato a discutere con la
ragazza guerriera dai capelli azzurri ed un giovane uomo dalla lunga
chioma nera e selvaggia. Il vento trasportava le loro parole in modo
piuttosto efficace, tanto che a Freya bastò concentrarsi
poco per afferrare buona parte del dibattito.
- Non sarete stati un
po’ troppo presuntuosi a schierare
soltanto cinquanta soldati ed una singola fila di arcieri? –
domandò il comandante avversario con fare irrisorio
– Siete così tanto ansiosi di consegnarmi il
vostro feudo? E perché quel vigliacco di vostro padre non si
è nemmeno degnato di darmi il benvenuto?
- Come osi! –
sbottò il ragazzo dai capelli neri
– Non azzardarti a parlare così di nostro padre,
lurido verme!
- Io credo che i
presuntuosi siate voi – replicò
calma la giovane guerriera, che, stando alle parole di Makino, doveva
chiamarsi Reika – Credete sul serio di riuscire ad espugnare
una fortezza in questo modo? Senza un minimo di strategia e contando
soltanto sulla superiorità numerica? In realtà
siamo stati generosi a schierare una piccola parte del nostro esercito,
vi stiamo regalando brevi attimi di felice illusione.
- Taci, ragazzina!
– grugnì l’uomo con
fare prepotente – So bene che siete usciti provati
dall’ultima guerra, visto che avete dovuto chiedere aiuto a
dei mercenari per uscirne vittoriosi. Voglio sfruttare la vostra
debolezza attuale ed allargare il mio dominio. Vi faccio una magnanima
concessione: se mi consegnerete i vostri territori ora,
darò ordine ai miei soldati di non fare del male a nessuno
di voi.
- Kazuo Nakagawa
– lo interruppe la ragazza in tono mellifluo
– Ascoltami bene: io e i miei fratelli non abbiamo disturbato
cinquanta soldati e trenta arcieri per divertimento personale. Quindi,
puoi prendere le tue magnanime concessioni, la tua stupidità
e le tue pessime mosse strategiche e ficcartele nel culo.
Indignato, il
comandante sfoderò la spada che portava appesa
alla cintura ed alzò il braccio per colpire, ma
lanciò un urlo terribile non appena vide il proprio arto cadere
a terra, reciso dalla lama del grande anello metallico della guerriera.
Pazzo di dolore e rabbia, ordinò ai suoi uomini di
attaccare, ma buona parte della prima linea era già crollata
sotto le frecce degli arcieri del feudo.
Freya sgranò
gli occhi, incapace di capire se in quel
momento si sentisse più spaventata, inorridita o
meravigliata. Ben presto, sotto di lei, le varie forze si scontrarono,
dando inizio ad una cruenta carneficina.
Reika appariva
piuttosto imperturbabile, abbatteva i nemici con la
propria singolarissima arma e dava ordini ai soldati con la sicurezza
di un generale. Il ragazzo dai capelli neri, che doveva essere uno dei
suoi fratelli, si destreggiava abilmente con una grande katana, ma
spronava raramente i soldati, ripetendo più spesso frasi del
tipo “fate come ha detto lei!” piuttosto che
comandi veri e propri.
All’improvviso,
quando le sorti della battaglia sembravano
ormai scontate, Reika gridò ai propri uomini una singola
parola: fiamma.
Dall’alto
delle mura, Freya rivolse uno sguardo confuso a
Makino: - Perché ha detto “fiamma”? Cosa
succede ora?
La servetta rispose con
un sorrisetto compiaciuto: - Vedrai.
Sotto gli occhi della
sbigottita duchessina, l’esercito dei
fratelli Shigen cominciò a spostarsi ai lati del campo di
battaglia, lasciando buona parte degli avversari al centro. Uno strano
soldato, il cui capo era coperto da un grosso elmo, avanzò
allora verso i nemici con passo lento e inquietante; alzò
quindi un braccio verso il cielo e, in contemporanea, gli arcieri
cominciarono a scoccare strane frecce di metallo all’unisono.
Fu allora che Freya si lasciò sfuggire un grido: dalla mano
del misterioso soldato partì un’immensa fiammata
che incendiò le punte dei dardi (evidentemente macchiate di
olio infiammabile), provocando ben presto un macabro falò.
I soldati avversari che
riuscirono a scampare al massacro fuggirono in
preda al panico, ignorando le grida di protesta del proprio comandante
che, caricato di peso su un cavallo, fu presto costretto ad accettare
la resa.
“Chissà
come fa ad avere ancora tutta quella voglia di sbraitare, nonostante il
braccio tagliato” pensò Freya con un
brivido, mentre i vincitori esultavano con grida di gioia.
- Venite, mia signora
– disse Makino raggiante, prendendola
per mano – Andiamo ad accogliere i nostri valorosi guerrieri.
I fratelli Shigen avranno sicuramente bisogno di me.
Ancora piuttosto
scossa, la duchessina obbedì, scendendo la
stretta scalinata e facendosi trascinare in mezzo ad una folla poco
fitta, fino a raggiungere il corteo militare che in quel momento stava
facendo il proprio ingresso trionfale. Le perdite subite
dall’esercito del feudo sembravano piuttosto ridotte.
- Portate
immediatamente i feriti dai guaritori –
ordinò il giovane dalla chioma ribelle non appena tutti i
soldati ebbero varcato le mura – Kaito, anche tu hai bisogno
di cure, quindi fila subito dal medico di corte – aggiunse
rivolto ad un ragazzino magro sui sedici anni, dai capelli castani e lo
sguardo vispo.
Quello mise
immediatamente il broncio, cercando di nascondere con la
mano una ferita alla testa: - Fratello, sto benissimo, ti dico! Non
è affatto necessario! Tra poco smetterà da sola
di sanguinare e…
- Muoviti –
replicò secco l’altro,
cominciando a pulire la lama sporca della propria katana.
Kaito sbuffò
sonoramente, ma non osò disobbedire:
con passi pesanti e pugni stretti, si allontanò in direzione
del castello.
- Miei signori!
– trillò Makino, senza lasciare la
mano di Freya – Che splendida vittoria avete ottenuto oggi!
Io e la fanciulla dai capelli chiari abbiamo assistito allo scontro
dall’alto delle mura.
- Oh, giusto, ci sei
anche tu – commentò Reika,
rivolta alla duchessina – Devo ancora capire che accidenti ci
facevi in mezzo al campo di battaglia.
- E’ quello
che mi domando anch’io –
rispose la bionda, mentre Makino correva ad aiutare il soldato
misterioso a rimuovere parti dell’armatura – Pochi
istanti prima mi trovavo in Danimarca, nella stanza di mia nonna, poi,
tutt’a un tratto, sono piombata laggiù.
- In Danimarca?
– ripeté la guerriera con fare
perplesso – Questo sì che è
strano… beh, rimandiamo a dopo le spiegazioni, ho bisogno di
lavarmi. A proposito, io sono Reika, figlia del proprietario di questo
feudo, lui – indicò il giovane spadaccino -
è mio fratello maggiore, Mitsurugi, il moccioso che se
n’è appena andato è Kaito e lei
è nostra sorella Yori.
- Duchessina Freya
Katerina Stormarn – si presentò
la ventunenne – Molto piacer… un momento, lei? Sorella?
Con gli occhi azzurri
completamente spalancati si voltò in
direzione del milite che aveva provocato la fiammata. Ordinate ciocche
di lisci capelli color rame caddero sulle spalle del misterioso
personaggio non appena l’elmo venne rimosso dalla sua testa;
il suo incarnato, seppur non pallido come quello della danese,
presentava una colorazione più chiara e rosata rispetto a
quella degli uomini dell’est, mentre i suoi lineamenti,
giovani e particolari, richiamavano caratteri più europei
che asiatici. I suoi occhi, dalle iridi smeraldine, si muovevano qua e
là in modo leggermente meccanico.
Freya
aggrottò la fronte, mordendosi il labbro nervosamente:
c’era qualcosa di strano in quella ragazza. Innanzitutto, era
insolitamente alta per una donna, raggiungeva senza dubbio il metro e
ottantacinque; poi, i suoi movimenti, seppur in modo quasi
impercettibile, avevano un che di artificiale e la sua pelle era
inspiegabilmente lucida e levigata, quasi fosse fatta di metallo. Come
se non bastasse, Reika l’aveva appena chiamata
“sorella”, eppure non somigliava in alcun modo ai
tre figli di Sasaki Shigen.
- Qualcosa non va?
– domandò quella con un piccolo
ghigno – Mi fissi in modo strano, donna dai capelli giallo
pallido.
Reika
scoppiò a ridere: - Non dirmi che Yori ti fa paura! Al
di fuori del campo di battaglia è completamente inoffensiva,
se non la fai arrabbiare…
- Non voglio essere
scortese – si giustificò Freya
– Ma non capisco come abbia fatto a far partire quella
fiammata dalla mano… e poi la chiami sorella, ma non ti
somiglia per niente…
- Oh, capisco
– rispose la ragazza guerriera, scambiando
un’occhiata complice con la strana rossa – Yori
è nostra sorella adottiva,
naturalmente. Considerato poi che non è nemmeno
umana…
Notando la
più completa confusione sul volto della
duchessina, Reika si lasciò sfuggire un sorrisetto e le
circondò le spalle con il braccio: - Ti spiegheremo tutto
con calma al castello.
Freya si
era aspettata che il signore del feudo attendesse i figli
all’ingresso dell’abitazione, ma non fu
così. Sasaki Shigen doveva essere una persona riservata o
solitaria, che raramente metteva il naso fuori casa.
La bionda
fu condotta
nel grande bagno situato al piano terra, dove Makino le
offrì un tappetino affinché potesse sedersi. Yori
rimase in piedi e immobile accanto a lei: si era completamente
spogliata dell’armatura ed indossava una leggera veste blu,
abbellita con decorazioni floreali.
-
Tu…
ehm… non fai il bagno? – balbettò la
duchessina, leggermente a disagio. La rossa rispose con una risatina
divertita.
- Non ne ho
bisogno
– disse infine, arricciando una ciocca di capelli attorno al
dito indice – Comunque neanche Reika farà un bagno
completo, si laverà via il sangue, la sporcizia e il sudore
ma non entrerà nella vasca, non c’è
abbastanza tempo.
- Oh, avevo
notato in
effetti che la vasca è rimasta vuota –
osservò la fanciulla – Ma… un momento,
voi non vi lavate lì dentro?
Proprio in
quel
momento, Makino entrò nella stanza con una brocca piena
d’acqua in mano, sistemandola accanto ad un piccolo sgabello.
Reika fece il suo ingresso un istante dopo, le nudità
avvolte da un semplice telo bianco.
- Bene,
eccomi
– annunciò, dandosi una rapida ravvivava ai
capelli – Che stavamo dicendo?
-
Beh… io
devo parlarvi di come sono giunta fin qui, voi invece… ehi,
aspetta, che stai facendo?
Freya
sgranò gli occhi sconvolta, arrossendo violentemente: Reika
aveva lasciato cadere a terra il telo che la copriva, restando
completamente nuda. Il suo corpo era asciutto, modellato dal costante
esercizio fisico ma al contempo sensuale e femminile; sulla pelle erano
ancora impresse le testimonianze della battaglia appena sostenuta:
macchie di sangue rappreso, polvere, graffi leggeri ed un grosso livido
violaceo sulla spalla destra.
La
duchessina distolse
immediatamente lo sguardo, facendo sfuggire una risata alle tre ragazze
presenti.
- Sei in
imbarazzo?
– domandò Reika divertita, accomodandosi sul
piccolo sgabello di legno – Non hai mai visto una donna nuda?
-
Io…
sì, ho visto mia madre e mia sorella… -
balbettò la bionda, nascondendo tra le mani il volto ormai
scarlatto – Ma non mi pare il caso di…
- Oh,
aspetta, tu
vieni dalle terre nordiche, sei cristiana, giusto? – la
interruppe la giovane guerriera.
-
Sì… luterana – mormorò
Freya, tenendo gli occhi fissi al pavimento.
Reika
annuì
sorridendo, mentre Makino cominciava a lavarle la schiena: - Da quello
che so, i cristiani sono piuttosto pudici. Non devi vergognarti, sul
serio, sono cose normali. Siamo fatte tutte così alla fin
fine, no?
- Non
esattamente
– replicò la biondina, ormai arrossita fino alle
orecchie – Io non sono fatta come te… non ho
neanche un accenno di muscoli, sono più bassa e non ho
i… non ho i seni così grandi…
Le tre
giovani risero
una seconda volta.
- I seni
grandi sono
una scocciatura – commentò la secondogenita di
Sasaki Shigen – Devo sempre farmi fare le armature su misura.
Comunque il mio era un discorso generale, e poi non preoccuparti, anche
qui in Giappone la gente ha il senso del pudore, non credere che molti
la pensino diversamente da te. Semplicemente, io ho una mia filosofia
personale, non vedo niente di disdicevole o imbarazzante in un corpo
nudo.
- La penso
come lei
– sì intromise Yori, senza modificare la propria
postura innaturalmente dritta – Ma non credo che conti, visto
che non sono un essere umano…
- Oh,
giusto!
– s’illuminò Freya, accantonando
qualsiasi sensazione di disagio o vergogna – Se non sono
indiscreta, posso sapere che cosa sei?
La rossa
scambiò un rapido sguardo con la sorella, la quale si era
appena fatta rovesciare da Makino l’acqua della brocca sulla
testa.
- In
realtà
nessuno sa con certezza cosa sia Yori – rispose infine la
ragazza più grande – Né da dove venga.
Io l’ho trovata per caso diversi anni fa, mentre vagava
disorientata a poche miglia dal castello, ma non ha mai saputo dirmi
nulla delle proprie origini. Lei è… una specie di
bambola vivente, costruita con un metallo che non ho mai visto. A prima
vista somiglia ad un essere umano, può mutare senza problemi
le sue espressioni facciali e sappiamo per certo che è
capace di provare emozioni, ma per il resto rappresenta un enorme
mistero per chi la conosce.
Freya volse
lo sguardo
in direzione della ragazza artificiale, faticando parecchio a credere
alle parole di Reika: - Ma… com’è
possibile?
- Mia
sorella
è riuscita ad aprire una finestrella sul mio petto, una
volta – spiegò Yori, lisciando distrattamente le
pieghe della propria veste – Proprio al centro
c’è una specie di piccola sfera di energia magica,
supponiamo sia quello il motore del mio corpo, che mi permette non solo
di “vivere”, ma anche di comportarmi in modo simile
ad una donna vera.
- Crediamo
anche che
Yori sia stata creata da una strega o comunque da un essere
estremamente potente – continuò Reika –
E che, probabilmente, era destinata ad essere usata come arma da
guerra: può far partire fiammate dalle mani e dagli occhi,
non prova dolore fisico né stanchezza ed inoltre
è stata addestrata a combattere, infatti, quando
l’ho trovata, qualsiasi cosa le era sconosciuta, fatta
eccezione per le armi. Di quelle sapeva nomi, modi d’uso e,
spesso, anche la provenienza.
Makino
porse il telo
bianco alla padrona, la quale lo avvolse un paio di volte attorno al
corpo: - Bene, qui abbiamo finito. Puoi darmi qualche istante per
asciugarmi e vestirmi? Ti farò fare un giro per il castello
e, nel mentre, mi racconterai la tua storia.
-
D’accordo
– mormorò Freya, osservando la ragazza guerriera
allontanarsi con tanto di ancella al seguito. Volse di nuovo lo sguardo
verso Yori, la quale piegò leggermente un angolo della bocca
verso l’alto: - Non sei abituata a ricevere tante sorprese in
poco tempo, vero?
- In
realtà
no – borbottò la duchessina.
La terra in
cui era
capitata era maledettamente strana, a tratti assurda: donne guerriere
prive di pudore, ancelle chiacchierone, bambole viventi, sfere di
energia magica, feudatari assenti… cos’altro si
sarebbe dovuta aspettare da quella realtà tanto diversa
dalla propria?
***
Angolo
dell’Autrice: Sono stata veloce ad
aggiornare questa storia grazie all’ispirazione, ma purtroppo
vi devo avvertire di non abituarvi, quando mi piglia il blocco
è un problema.
Ok, abbiamo conosciuto
i primi personaggi, spero siano di vostro gradimento. Ehm, non
chiedetemi cosa mi sia fumata quando ho inventato Yori, ero una
ragazzina ingenua fissata con gli horror e mix tra fantascienza e
fantasy. Comunque, ha alle spalle una storia (credo) sensata, che si
scoprirà più avanti e spiegherà molte
cose.
Uh, naturalmente
qualcuno avrà notato la frase “avete
dovuto chiedere aiuto a dei mercenari per uscirne vittoriosi” di Kazuo (sì,
l’ho chiamato col nome ed il cognome di due personaggi di
Battle Royale che odio con tutta me stessa). Chissà a chi si
riferiva con quel "mercenari" ;) (ma cosa faccio la misteriosa, si
è capito sicuramente).
Sì, ho provato a fare una specie di banner (con immagini
ovviamente trovate qua e là) anche se non è il
massimo perchè non sono granchè con i lavori
grafici a pc. Vabbè, portiamo pazienza, Albus Silente mi
darebbe qualche punto per l'impegno visto che sono Grifondoro.
Bene,
grazie mille per
aver letto, a presto!
Tinkerbell92
|
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Capitolo 3 *** Questioni di famiglia ***
A Swan Song
- Fammi
capire bene: tu saresti arrivata fin qui grazie ad una semisfera
stregata?
Freya frugò nel sacchetto che portava appeso alla cintura,
senza interrompere la traversata del lungo corridoio che lei e le
ragazze stavano percorrendo, ed estrasse l’oggettino magico
causa della sua disavventura: il suo sgargiante color smeraldo era
svanito, lasciando il posto ad una tonalità di verde
piuttosto smorta.
- E’ questa. Solo che prima era di un verde diverso, adesso
sembra quasi… spenta.
La porse a Reika, la quale, dopo averla esaminata per qualche secondo,
la lanciò in aria, facendola roteare. Non accadde nulla.
- Forse è proprio quello il problema –
ipotizzò la maggiore, rendendo la semisfera alla
proprietaria – E’ spenta. Potresti averne consumato
l’energia attivandola e arrivando fin qui. Forse per tornare
indietro dovrai in qualche modo ricaricarla.
- E come? – domandò Freya, riponendo
l’oggetto nel sacchetto – Come si ricarica un
oggetto magico?
- Questo non lo so, non mi intendo di stregoneria – rispose
pensierosa la ragazza dai capelli azzurri – Con un
po’ di fortuna potrebbe essere che la sfera si ricarichi da
sola restando a riposo, ma, se così fosse, suppongo avrebbe
già cambiato anche di poco il proprio colore,
diventando più brillante.
- Forse può c’entrare qualcosa il fatto che sia
soltanto una “metà” –
suggerì Yori, rimasta in silenzio fino ad allora –
Magari ha bisogno di essere riunita all’altra metà
per recuperare energia.
- Il che resterebbe comunque un problema – sospirò
la danese sconsolata – L’altra metà
potrebbe essere ovunque, sarebbe come cercare un ago in un pagliaio. E
se per caso fosse rimasta nella stanza di mia nonna, come potrei
raggiungerla?
L’eventualità di restare bloccata in una terra
sconosciuta, priva del denaro sufficiente per compiere il lunghissimo
viaggio che l’avrebbe riportata a casa, la fece cadere nello
sconforto. Vero, prima voleva scappare per evitare
quell’assurdo matrimonio, ma i suoi piani non prevedevano un
esilio permanente e lontano: suo padre, sua sorella, Fred e tutti
coloro a cui voleva bene le mancavano già terribilmente, non
riusciva ad accettare l’idea di non vederli mai
più.
- Ehi – sussurrò Reika, non appena gli occhi della
duchessina si fecero lucidi – Non disperare, ragazzina. Forse
conosco qualcuno che ti può aiutare.
- Davvero? – s’illumino la bionda speranzosa
– Chi?
- E’ una majo
che vive sulla vetta di un monte, la sua abitazione si trova ad una
settimana di cammino da qui.
- Una majo
è una strega – specificò Yori, notando
la confusione sul volto della ventunenne– La chiamano in
molti modi, da noi è nota come “Strega della
Vetta”.
- Capisco – rispose Freya, pensando istintivamente
all’amata nonna – E come farò a
raggiungerla? Non conosco la strada…
- Pensi forse che ti lascerò andare via da sola? –
la interruppe Reika, fermandosi di fronte ad una gigantesca porta
scorrevole – Non sopravvivresti un secondo là
fuori e a me non va di avere ulteriori pesi sulla coscienza. E poi
questa storia mi intriga, sono curiosa di saperne di più. Ma
prima di dare inizio ai preparativi per la partenza devo fare rapporto
a mio padre, spero non ti dispiaccia conoscerlo.
La porta scorrevole non oppose resistenza alla spinta della guerriera,
scivolò di lato emettendo soltanto un flebile fruscio. La
stanza che si presentò ai loro occhi era immensa e luminosa,
arredata in modo piuttosto semplice ma grazioso, eppure, nonostante il
candore perfetto dei muri e la bellezza dei disegni sui paraventi,
Freya percepì all’istante una tremenda sensazione
di vuoto non appena varcò la soglia.
Erano presenti poche persone, perlopiù soldati; il fratello
minore di Reika, Kaito, sedeva scompostamente su un cuscino posato a
terra, dondolandosi avanti e indietro con fare annoiato. Aveva la testa
bendata da una vistosa fasciatura e, non appena le ragazze fecero il
proprio ingresso in sala, agitò una mano in segno di saluto.
Mitsurugi invece era in piedi e stava parlando con un individuo alto
dal viso cupo che indossava un’elegante armatura. I capelli
scuri dell’uomo presentavano striature tendenti al grigio,
evidenti anche sul pizzetto che gli ricopriva il mento, mentre i
lineamenti, che apparivano piuttosto piacevoli, erano purtroppo
alterati da una perenne espressione apatica.
Si trattava senza dubbio del proprietario del feudo, Sasaki Shigen.
- Suppongo ti abbiano già informato a sufficienza circa la
nostra condotta militare di oggi, papino – esordì
Reika senza salutare, lasciando trasparire volutamente il proprio
disappunto – Non sia mai che questo compito spetti a chi ha
guidato i soldati, visto che non si tratta di un uomo!
- Non avevo capito volessi farlo tu- si giustificò
Mitsurugi, grattandosi la nuca imbarazzato – Sul serio,
pensavo dovessi occuparti della ragazza dai capelli pallidi…
- Il problema è proprio questo, fratello –
ribatté la guerriera, visibilmente alterata –
Invece che limitarti a “pensare” o
“supporre”, dovresti prima chiedere!
- Ciao, padre – salutò Yori, richiamando
l’attenzione su di sé per evitare un litigio
– Battaglie a parte, hai passato una buona giornata?
- Non so se arrischiarmi a definirla “buona”,
figlia mia – commentò Sasaki Shigen con fare quasi
assente – Ultimamente mi limito ad attendere la notte. Vedo
però che avete portato qui la straniera…
Un improvviso, seppur flebile, barlume di interesse illuminò
gli occhi del feudatario, che con aria distratta fece un piccolo cenno
con la mano in direzione della duchessina. Istintivamente, Freya si
avvicinò, cogliendo l’occasione di studiare meglio
quel cupo signore: non poteva avere più di quarantacinque
anni, ma l’atteggiamento apatico e lo sguardo spento lo
invecchiavano notevolmente; il colore delle sue iridi era tanto scuro
da distinguersi di poco dal nero delle pupille e, tra le labbra chiare
ed il naso dritto, si intravedevano le minuscole ombre dei baffi in
ricrescita.
- Parli la nostra lingua, da quanto mi hanno riferito. Qual
è il tuo nome, donna del Nord?
- Duchessina Freya Katerina Stormarn, figlia del Duca Jozef II
e… beh, solo Freya andrà bene – si
corresse, notando l’espressione confusa
dell’interlocutore – Non ho idea di come io sia in
grado di capire la vostra lingua, signore, né tantomeno di
parlarla. Sono giunta qui per caso dalla Danimarca grazie ad un
gingillo magico appartenuto a mia nonna, anche se forse questo
potrà sembrarVi strano…
- In una terra ove demoni e stregoni girano a piede libero, nulla ormai
appare strano o impossibile, mia signora –
commentò Sasaki Shigen – Il mio avo Daisuke
Shigen, fondatore della dinastia, combatté a lungo contro
esseri inumani e fu testimone di svariate forme di magia.
- Combatté a fianco della sorella maggiore, Murasaki
– precisò Reika in tono acido – Ma lei
non viene mai menzionata, naturalmente, visto che ebbe la sfortuna di
nascere con la vagina!
- Ma nei testi viene menzionata, invece! –
s’intromise ingenuamente Kaito – Anche il maestro
ci ha parlato di lei quando…
- Lascia perdere, fratello – lo zittì la
guerriera, rivolgendosi di nuovo verso il padre –
E’ stata soltanto una piccola precisazione. Tornando al
discorso di prima, ho intenzione di accompagnare la duchessina da
Sakae, in modo che possa risolvere il suo problema. Yori
verrà con me.
- Vuoi andare a trovare la Strega della Vetta? –
mormorò dubbioso il feudatario – Significa che
sarai lontana per almeno quindici giorni… potremmo aver
bisogno di te e di tua sorella, ci troviamo in un momento poco
propizio…
- Hai un esercito ben addestrato e due figli maschi che hanno una vaga
idea di come guidarlo. Più o meno. Comunque dubito che
Nakagawa possa anche soltanto pensare di attaccarci nuovamente nei
prossimi giorni. Gli ci vorrà tempo per riorganizzarsi e
tentare un’eventuale rivincita. Ma visto che siamo in tema,
hai pensato al nostro discorso dell’altro giorno?
Sasaki Shigen sospirò, torcendo le mani tra loro, quasi per
prendere tempo: - Reika… sai che comprendo la situazione e
conosco le tue abilità… ma il fatto è
che ciò che mi chiedi porterebbe ad un grosso
cambiamento… non è una cosa che si può
decidere su due piedi, ci sono un sacco di fattori da tenere in
considerazione, tra i quali il consenso della nostra gente e…
- In questo caso, per ora non abbiamo più niente da dirci
– ribatté secca la ragazza, facendo un cenno con
la testa a Yori ed afferrando la mano di Freya – Ci aspettano
i preparativi per la partenza. Col tuo permesso, ci congediamo.
La duchessina ebbe appena il tempo di rivolgere un saluto al signore
del feudo, poi venne trascinata fuori dalla stanza, confusa e un
po’ stordita dalle scene a cui aveva appena assistito.
Scivolò obbediente oltre la soglia della porta scorrevole,
accorgendosi però che Reika si era fermata.
Con un indefinibile sguardo, in cui si miscelavano delusione, rancore e
dolore, la ragazza dai capelli azzurri rivolse un’ultima
frecciatina al padre, rimasto in piedi e immobile nella parte opposta
della sala.
- La mamma mi avrebbe sostenuta.
D’istinto, Freya gettò un’occhiata oltre
le spalle dell’amica, aspettandosi una qualsiasi reazione da
parte dell’uomo, ma Yori la sospinse in fretta lungo il
corridoio, ponendo fine allo spiacevole siparietto famigliare.
Restarono tutte e tre in silenzio per diversi secondi, accompagnate
soltanto dal suono dei propri passi, poi Reika emise un profondo
sospiro, assumendo di nuovo la solita espressione spavalda.
- Incantevole, vero? – domandò alla biondina con
fare ironico – Dopotutto, i miei fratelli dovevano aver
ereditato l’idiozia da qualcuno…
- Tu padre non mi sembra un idiota – azzardò la
danese – Mi ha dato piuttosto l’impressione di
essere un uomo molto triste e insicuro. Ma, se posso sapere, qual
è il discorso che vorrebbe evitare?
Reika e Yori si scambiarono uno sguardo eloquente.
- Gli ho chiesto di nominare me come suo successore, al posto di
Mitsurugi – rispose infine la guerriera – Sono
l’unica in grado di assumere il comando del feudo: mentre i
miei fratelli, da piccoli, facevano i perdigiorno e si addormentavano
durante le lezioni, io studiavo, leggevo e mi documentavo su
ciò che accadeva attorno a me. Mitsurugi e Kaito sanno a
malapena comandare un esercito, io mi intendo di strategia militare, di
economia e di politica. E’ stata mia madre a volere che tutti
e tre i suoi figli ricevessero un’adeguata istruzione. Era
convinta che il sapere fosse la forma di potere più grande.
- Mia madre non mi ha permesso di studiare quelle cose –
borbottò Freya – Non in modo approfondito, almeno.
Ho ricevuto la stessa istruzione delle donne nobili della mia terra,
tutto ciò che riguarda guerra e governo sono affari degli
uomini. Anche se è capitato che al Nord salisse al trono una
regina invece che un re.
- Questo feudo è sempre stato amministrato da uomini
– spiegò Yori con un sorrisetto amaro –
Reika sarebbe la prima feudataria della nostra dinastia e nostro padre
teme molto il giudizio altrui. Non è tipo da rompere le
tradizioni a cuor leggero.
- Capisco – replicò la bionda, venendo distratta
da un buffo uomo anziano che passeggiava scompostamente nel cortile
interno – Chi è quello?
Reika gettò un rapido sguardo, poi sorrise compiaciuta: -
Daisuke Shigen, precedente feudatario del castello, nonché
mio nonno. Porta il nome del nostro fondatore e, come lui, è
uno dei più grandi guerrieri del Giappone.
Freya osservò con interesse lo strambo vecchietto, le cui
membra erano avvolte da una bellissima armatura scarlatta, ma
restò perplessa non appena egli cominciò a
danzare con foga, urlando imprecazioni e ordini militari, per poi
finire abbracciato ad un grosso ciliegio.
- Beh… lo era, prima di diventare matto – si
corresse la giovane, trattenendo a stento una risatina – A
volte con la vecchiaia si perde lucidità. Il che
è stato un problema per me: mio nonno aveva una mente
strategica e ha sempre voluto il meglio per il feudo, se ne sarebbe
fregato delle reazioni della gente. Quando è morta mia madre
e, qualche anno dopo, lui è impazzito, ho perso i miei
principali sostenitori in famiglia e mi è rimasta soltanto
Yori.
- I tuoi fratelli non vorrebbero te come feudataria?
- A Mitsurugi non interessa particolarmente la questione e, anche se
volesse appoggiare la mia causa, non risulterebbe convincente con
nessuno, parla in modo impacciato e non ama fare grandi discorsi. Kaito
invece è solo un ragazzino chiacchierone e petulante, dubito
gli darebbero ascolto. Ho bisogno di altri sostenitori validi se voglio
convincere mio padre.
Freya assunse un’aria civettuola, giocherellando con una
ciocca dei propri capelli: - Io posso appoggiarti. Sono figlia di un
duca, dopotutto.
Reika la osservò in silenzio per qualche secondo, poi si
lasciò sfuggire una risatina, allungando un buffetto sulla
spalla della bionda: - Sei adorabile, sul serio. Adesso però
sarà meglio dare inizio ai preparativi per il viaggio, visto
che partiremo domani all’alba. Oh, e poi dovremo darti un
abito per la cena: sarai nostra ospite, stasera.
Freya pensava si sarebbe sentita molto a disagio, circondata da persone
sconosciute, consumando cibi a lei ignoti e sperimentando curiose
tradizioni, invece, quella cena tanto diversa dal solito si
rivelò meno impegnativa del previsto: Reika sedeva alla sua
sinistra e rispondeva in modo esauriente a qualsiasi sua domanda, le
pietanze avevano un sapore gradevole ed i commensali sembravano
più interessati ai propri piatti e alle ragazze che li
intrattenevano danzando, piuttosto che ai suoi
“insoliti” lineamenti.
L’unica cosa che rendeva la duchessina un po’
intimidita era il fatto di trovarsi accanto al feudatario, il quale non
aveva mutato per un solo istante la propria espressione apatica. Si
accorse comunque quasi subito che la bionda ospite aveva incominciato a
fissarlo.
- La cena è di Vostro gradimento?
- Oh… sì, certo – balbettò
la ragazza, ignorando le risatine di Reika e Yori – Mi piace
molto.
- Ne siamo lieti – constatò egli in tono distratto
– Questo abbigliamento Vi dona molto, mia signora.
Freya arrossì violentemente, schiarendosi la voce e puntando
lo sguardo a terra: - Grazie, mio signore.
Il suo semplice abito europeo era stato sostituito da un kimono
azzurrino abbellito da decorazioni floreali blu, bianche e oro. Yori le
aveva anche raccolto i capelli con un fermaglio a forma di fiore (del
quale aveva già scordato l’impronunciabile nome)
e, nonostante il bizzarro accostamento di tratti nordici e vesti
orientali, si sentiva molto carina.
- Non sei abituata a ricevere complimenti? – le
domandò Reika divertita – Voi cristiani siete
molto distaccati?
- Non è questo – borbottò la danese,
osservando con curiosità Makino che danzava al centro della
stanza, avanzando piano verso di loro – E’
che… non ho mai ricevuto complimenti da un feudatario
giapponese…
- Ti sto prendendo in giro – la interruppe l’altra,
strizzandole l’occhio – Sei tenera quando ti
imbarazzi, non sono abituata a parlare con gente timida come te.
- Beh, a casa mia invece, da quando è morta mia nonna,
l’unico che non si vergogna di nulla è mio cugino
Fred.
Il nome del futuro cognato provocò in Freya una fitta di
nostalgia, interrotta però dalla domanda che Mitsurugi
rivolse alla sorella: - Hai sentito dell’ultima impresa dei
Sette? Sono riusciti ad espugnare un intero feudo proprio stamattina.
- Sì, mi è giunta voce. Stanno facendo carriera
piuttosto in fretta.
- Dite che potremmo… assoldarli una seconda volta?
– domandò Sasaki Shigen con aria pensierosa
– Forse loro saranno in grado di mettere a tacere Nakagawa
definitivamente.
- Loro servono chi paga bene – replicò fredda
Reika – Quindi per noi non dovrebbero esserci problemi.
Possiamo mandare un emissario, o chissà, con un
po’ di fortuna potrei anche trovarli per strada. Da quanto ne
so, al momento bazzicano nei territori settentrionali, non molto
distanti dalla vetta della majo.
- Chiedo scusa – si intromise Freya con fare curioso
– Chi sono i Sette?
- Sono dei mercenari – rispose Yori, mentre Makino le si
accomodava in grembo – O meglio, sono una squadra composta da
sette guerrieri dotati di abilità straordinarie. Persino
l’esercito del nostro feudo tremerebbe di fronte ad un loro
attacco.
- Abbiamo chiesto i loro servigi una volta –
continuò Reika con un sorriso malizioso – Prima
che Kazuo Nakagawa cominciasse a sentirsi stretto nel proprio
territorio, altri tre feudatari si erano messi in testa di
conquistarci. Grazie alla Squadra dei Sette siamo riusciti a metterli a
cuccia nel giro di pochi giorni.
- Alcuni di loro avevano delle armi bellissime – soggiunse
Kaito entusiasta – La spada di Jakotsu
è… è… non ho parole per
descriverla. E il modo in cui la maneggia, arte pura! Se lui fosse
stato una ragazza, come credevo all’inizio, avrei chiesto la
sua mano.
- E lui magari avrebbe accettato amputando la tua, per gioco
– ironizzò la sorella maggiore– Attento
a quello che desideri, fratellino.
- Non ho detto che voglio sposare Jakotsu! –
sbottò il sedicenne – Ho detto che
l’avrei fatto se
fosse stato una ragazza.
Reika scambiò un’occhiata divertita con Mitsurugi
e Yori, poi si rivolse nuovamente all’ospite danese: - I
Sette sono avversari che nessuno vorrebbe avere: in battaglia sono
assetati di sangue e violenti, non fanno prigionieri. Lo scontro a cui
hai assistito oggi non è neanche lontanamente paragonabile
rispetto ai loro massacri. Come ospiti, però, si sono
rivelati personaggi estremamente interessanti, molto più di
quanto pensassi. Mi sono anche scopata uno di loro durante le notti che
hanno passato qui.
- S-scopata? – ripeté Freya, cercando invano di
mascherare il disagio – Vi siete innamorati?
- Oh, no, certo che no! – rise la guerriera –
E’ stato solo per divertirsi un po’, tutto qui. Tu
pensi si faccia sesso soltanto quando si è innamorati o
sposati?
La duchessina si morse la lingua, arrossendo fino alle orecchie. Non
sapeva se sentirsi più imbarazzata, stupita o offesa. Certo,
maledizione, lei sapeva che la gente poteva fare sesso senza il bisogno
di vincoli sentimentali o matrimoniali, però, dalle sue
parti, nessuno sbandierava simili vanti in pubblico; nemmeno Fred si
era mai messo a raccontare tanto sfacciatamente le proprie avventure
erotiche durante le cene di famiglia.
- No, non lo penso – brontolò infine, mettendo il
broncio – Non sono una ragazzina stupida.
- Ehi, non prendertela, non intendevo questo. Sono una persona schietta
e il mio modo di parlare non piace a tutti, ma non avevo alcuna
intenzione di offenderti, davvero.
Il sorriso di Reika era particolare, a tratti malizioso, a tratti
amichevole. Nonostante il taglio di capelli poco elegante ed i
lineamenti un po’ duri, era in qualche modo affascinante. Il
kimono blu, bianco e rosso che indossava presentava una scollatura che,
seppur sottile, mostrava in modo distinto l’attaccatura del
seno. Freya distolse immediatamente lo sguardo non appena si sorprese a
sbirciare proprio quel punto.
Provò a guardare oltre la spalla della ragazza, dove Makino
cercava di convincere Yori ad alzarsi e ballare con lei. La rossa
ovviamente non aveva toccato cibo e, senza nascondere un sorrisetto
compiaciuto, pareva piuttosto riluttante dinnanzi alle pretese
dell’ancella, senza però impedirle di riempirla di
baci e moine.
- Ehi, duchessina, hai deciso di non parlarmi più?
Reika le puntellò il braccio un paio di volte con il lungo
dito indice; non si era ancora cancellata quel sorriso furbo dalla
faccia.
- No, io… stavo solo pensando – mormorò
la bionda, mentre i commensali applaudivano Yori che, cedendo alle
richieste di Makino, si era finalmente alzata in piedi, facendosi
trascinare al centro della stanza. La sua figura magra e altissima
svettava vistosamente in mezzo a quelle delle giovani danzatrici.
- Non ti preoccupare, principessa, ti faremo tornare a casa.
Il tono di Reika era diverso dal solito, quasi affettuoso. Freya
riuscì a ricambiare spontaneamente il suo sorriso,
continuando ad osservarla quando ella si voltò per assistere
alla danza della sorella minore.
Era strana ai suoi occhi, come qualsiasi cosa lì attorno,
eppure nei suoi confronti avvertiva una piacevole
curiosità, un perentorio desiderio di conoscerla meglio.
Scostò infine lo sguardo per studiare le movenze delle
ballerine: le stoffe dei kimoni colorati emettevano leggeri fruscii
seguendo il movimenti dei corpi, i capelli di Yori parevano sottili
lingue di fuoco.
Per un istante, Freya fu colta da un fugace senso di
dèjà-vu, presto però sostituito da una
flebile malinconia.
Sarebbe davvero riuscita a tornare a casa?
***
Angolo
dell’Autrice: Eccomi qua di nuovo, ci ho messo
un po’ ad aggiornare, anche se a dire il vero questi per me
sono comunque tempi brevi.
Questo capitolo è stato un po’ una fase di
“passaggio”, già dal prossimo
cominceranno a succedere cose interessanti, tra le quali
l’introduzione di un nuovo personaggio.
E, come avete visto, finalmente c’è stato il primo
accenno concreto alla Squadra dei Sette. Probabilmente è
quello che molti stavano aspettando (a dire il vero, pure io non vedevo
l’ora di descrivere quel momento).
Grazie mille per aver letto, alla prossima!
Tinkerbell92
|
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Capitolo 4 *** Kuchisake-Onna ***
A Swan Song
- Siete sicura di esserVi
svegliata del tutto, duchessina? Volete che Vi pizzichi le guance?
- Sono sveglissima
– mentì Freya, sbadigliando e tenendo
d’occhio le dita di Makino, visibilmente ansiose di serrarsi
in perversi pizzicotti sulle sue gote piene e morbide.
Non le era mai piaciuto
alzarsi presto la mattina ed il
trovarsi fuori dalle mura del castello all’alba era stato
decisamente traumatico.
Come se non bastasse,
il suo abbigliamento nordico, ritenuto
inadatto al viaggio, era stato sostituito da uno stranissimo completo
giapponese azzurro, bianco e blu, che non sarebbe stato pessimo se non
fosse stato per i pantaloni.
“Che
cosa imbarazzante” pensò la
duchessina, mentre Reika lasciava le ultime raccomandazioni ai fratelli
e al padre, che le avevano accompagnate al cancello principale “Posso capire tutto,
ma i pantaloni no! Fortuna che mi hanno almeno permesso di portare la
mia mantella…”
- Quindi andremo a
piedi? – domandò
sconsolata, rivolgendosi a Makino – Vedo un solo cavallo
già sellato e pronto per la
partenza…
- Sì, il
cavallo vi servirà per
portare borse e provviste. Non sarà un viaggio troppo
faticoso, non preoccupateVi.
- Fidati, è
meglio così –
s’intromise Reika, voltandosi con un sorrisetto furbo
– Nessun cavallo può salire alla vetta della
strega senza rischiare di rompersi qualcosa, tanto vale portarne
soltanto uno e lasciarne il più possibile a disposizione
dell’esercito. Senza contare il fatto che dubito tu sappia
cavalcare seriamente.
- Io so cavalcare!
– protestò la danese
– Solo perché non sono una guerriera non significa
che…
- Solitamente cavalchi
tenendo le gambe unite, giusto?
– la interruppe Yori in tono calmo – E’
questo che Reika intende dire. Vista la tua avversione ai pantaloni, ci
viene facile pensare che tu non sia avvezza a cavalcare con una
gamba per lato.
- Cioè come
un uomo? –
inorridì Freya, quietandosi all’istante non appena
realizzò di essersi offesa inopportunamente – Oh,
capisco… no, mia madre non ha mai permesso a me e mia
sorella di cavalcare in quel modo, lo trova volgare.
Reika le
strizzò l’occhio sorridendo,
per poi tornare seria e fredda quando si rivolse nuovamente al padre: -
Ho mandato delle spie per controllare Nakagawa, giusto per farvi
sentire più sicuri, ma, come ho già detto, dubito
fortemente deciderà di attaccare durante la mia assenza.
- Ti ringrazio
– replicò distrattamente
l’uomo.
- Faremo il possibile
per tenerci pronti –
soggiunse Mitsurugi, tenendo lo sguardo basso e grattandosi la nuca
– Sto rispolverando varie strategie militari, sperando non ce
ne sia realmente bisogno.
- Nessuno ci
coglierà impreparati! –
fece eco Kaito con entusiasmo – Ah, spero incontriate i
Sette, così potrete chiedere di nuovo i loro servigi!
Ricordatevene, mi raccomando!
- Ho mai scordato
qualcosa di importante, scricciolo?
– lo punzecchiò Reika, dandogli un buffetto sul
naso – Non preoccupatevi, sarò di ritorno il prima
possibile. E sì, accompagnata dai Sette, se tutto
andrà bene.
- Buon viaggio, figlie
mie – salutò
Sasaki Shigen col solito tono apatico, ricevendo risposta soltanto
dalla rossa.
Freya cercò
di nascondere la punta di imbarazzo
che le provocava il rapporto tra Reika ed il padre, si
avvicinò al feudatario e si esibì in un piccolo
inchino: - Arrivederci, mio signore, Vi ringrazio per la Vostra
ospitalità e la Vostra gentilezza.
- Arrivederci a Voi,
mia signora – rispose quello
– E’ stato un piacere.
Scambiati gli ultimi
convenevoli con Mitsurugi, Kaito e
Makino (la quale ne approfittò per pizzicarle le guance) la
duchessina afferrò distrattamente le redini del cavallo e,
tenendo lo sguardo fisso all’orizzonte, cominciò
ad incamminarsi insieme alle due nuove amiche verso la vetta della
misteriosa majo.
Dopo un paio
d’ore di camminata, Freya reprimeva
con immensa fatica l’impulso di montare sul cavallo o
chiedere una pausa. Fosse stata in Danimarca, circondata da famigliari
e servitù, non ci avrebbe pensato due volte a sfruttare
qualsiasi agevolazione possibile (a dir la verità,
fosse stata in Danimarca non avrebbe mai e poi mai intrapreso un
viaggio di giorni a piedi e con pochi lussi), ma in quel frangente
preferiva tenere la bocca chiusa e stringere i denti, provando a
distrarsi con le bellezze del paesaggio che la circondava e ascoltando
i discorsi delle due sorelle.
Per la prima volta in
vita sua vedeva le proprie
necessità come un possibile segno di debolezza: cosa
avrebbero pensato quelle donne guerriere, così forti e
indipendenti, se si fosse messa a piagnucolare perché si
sentiva stanca e le sue gambe urlavano vendetta? Di certo
l’avrebbero derisa, oppure l’avrebbero assecondata
pensando “povera principessina debole e viziata!”
No, mai e poi mai
avrebbe permesso a qualcuno di giudicarla
così, soprattutto a Reika.
Le gettò uno
sguardo furtivo nel momento in cui
la guerriera era troppo impegnata a discutere di incomprensibili
faccende politiche con Yori per accorgersene: i suoi capelli corti
puntavano in tutte le direzioni, anche se Freya non aveva idea se fosse
un effetto voluto o un semplice segno di trasandatezza; indossava
pantaloni simili ai suoi, solo che neri, protezioni varie su spalle,
avambracci, stinchi e ginocchia ed il suo busto era protetto da una
resistente armatura finemente decorata, che non mancava però
di metterle in risalto il petto generoso.
“Mi
interessa troppo la sua opinione”
pensò al duchessina, distogliendo immediatamente lo sguardo
dal decolleté dell’amica “Perché mi
interessa tanto quello che lei pensa di me? La conosco appena! Cosa
può…”
- Sei ancora tra noi,
mia signora?
Il brusco ritorno alla
realtà portò la
biondina ad inciampare su un sasso, restando in piedi per miracolo.
Fece appello a tutto il proprio autocontrollo per non offendersi quando
le compagne si lasciarono sfuggire una risatina.
- Stavo solo pensando a
cose mie –
replicò con nonchalance, lisciandosi le pieghe dei pantaloni
– A che punto siamo?
- Non molto distanti da
un villaggio, se vuoi riposare
possiamo fermarci lì per un’ora – disse
Yori col solito tono cortesemente neutrale.
La tentazione di
chiedere una pausa era veramente forte, ma
non quanto il timore di apparire debole agli occhi delle due ragazze.
Freya si morse la lingua e, dopo aver chiesto mentalmente perdono al
proprio fisico, si sforzò di sorridere: - No, dai, non ho
l’impellente bisogno di fermarmi… magari possiamo
fare una pausa direttamente al villaggio successivo. Quanto dista?
- Una quarantina di
minuti a piedi – rispose Reika
– Questo è il percorso più breve per
arrivare dalla majo,
oltre che il più sicuro, ma, purtroppo, si trova in estrema
periferia, quindi i villaggi sono molto più radi e
sparpagliati.
- Non
c’è problema, davvero.
Piangendo
disperatamente dentro di sé, la
duchessina gonfiò il petto con fare spavaldo ed
alzò il mento fingendosi agguerrita. Restò
abbastanza perplessa non appena vide una specie di carro a quattro
ruote giungere dalla direzione opposta alla loro.
- Quelli chi sono?
Yori diede
un’alzata di spalle: - Probabilmente
trasportatori di merci. Spostiamoci di lato, così non
avranno problemi a passare.
- Solitamente sono gli
altri a doversi spostare per far
passare me – disse la danese abbozzando una battuta, mentre
il carro si avvicinava sempre di più. Non appena si
trovò a pochi passi di distanza dalla ragazze, invece che
proseguire, il cocchiere tirò le redini dei due cavalli,
arrestando la marcia.
Era un uomo sulla
quarantina, completamente calvo e col
mento coperto da un pizzetto nero. Dietro di lui, seduto scompostamente
sul coperchio di legno che celava la merce trasportata, un ragazzino
dal sorriso furbo scrutava il trio femminile con aria curiosa.
- Salve, mie signore
– salutò
educatamente il conducente del carro – Perdonate la mia
indiscrezione, ma non posso fare a meno di domandarmi come mai tre
ragazze viaggino da sole per questi sentieri deserti.
- Sappiamo cavarcela
– rispose Reika, sostenendo
con fierezza lo sguardo dell’uomo – Se siete
preoccupato per noi, posso assicurarVi che non ne avete alcun motivo.
- Perché
quella ragazza ha i capelli gialli?
– s’intromise il ragazzino, indicando Freya
– E’ forse un demone?
- Shinji, non essere
maleducato! – lo
rimproverò il cocchiere, rivolgendo poi uno sguardo desolato
alle giovani viaggiatrici – Perdonate mio figlio,
è poco più che un bambino e non ha ancora
imparato a tenere a freno la lingua.
- Nessun problema,
signore – assicurò
la duchessina – Comunque no, non sono un demone.
- La mia amica
è straniera –
spiegò Reika con fare spiccio – Visto che giungete
dalla direzione opposta alla nostra, posso chiederVi da dove siete
partito e se il viaggio è stato tranquillo?
- Arrivo dal villaggio
di Ikeda, sono in viaggio da un paio
di giorni. Fortunatamente non ho incontrato ostacoli finora, il tratto
che mi preoccupava maggiormente era il sentiero che collega il
villaggio di Ueda al feudo di Imagawa, ma grazie agli dèi
è andato tutto bene.
- Noi raggiungeremo
quel tratto nel pomeriggio –
osservò Yori, facendo un rapido calcolo mentale –
Come mai Vi spaventa tanto?
- Immagino non siate
mai passate per quella zona negli
ultimi due anni – ipotizzò l’uomo,
ricevendo un cenno affermativo da parte di Reika – Sono
accadute cose strane lì, ultimamente. Cose strane e
spiacevoli. La gente ha cominciato a chiamare quel pezzo di strada
“Il Sentiero Maledetto”.
- Cose strane e
spiacevoli? – domandò
Freya, logorata dalla curiosità – Ad esempio?
- Alcune persone sono
state uccise –
s’intromise il giovane Shinji – Le hanno trovate
sul ciglio della strada, tutte piene di sangue e con
un’espressione di terrore dipinta sul viso. Altre persone,
invece, sono arrivate ai villaggi con la faccia sfigurata, qualcuno
aveva aperto loro la bocca da un orecchio all’altro.
Così, capite? – si tirò gli angoli
delle labbra con le dita, esibendosi in una serie di smorfie
– Però loro erano proprio squarciati. Ne ho visto
uno a cui avevano appena ricucito le ferite, sembrava un mostro!
- Shinji, non mancare
di rispetto! –
l’apostrofò il padre –Il mostro
è chi compie delle simili nefandezze, prendendosela con
degli innocenti, non chi ha avuto la sfortuna di incontrarlo, restando
sfigurato. Provo così tanta compassione per quella povera
gente costretta a vivere nel terrore… vedete, mie signore
– continuò, rivolgendosi alle tre ragazze
– è evidente che siate delle donne forti, sicure
di voi stesse, noto anche che vi portate delle armi appresso.
Però vorrei comunque consigliarvi di fare attenzione quando
vi troverete sul Sentiero Maledetto. Se proprio non potete evitarlo,
almeno cercate di attraversarlo in fretta e con cautela, magari prima
che faccia buio.
- Saremo prudenti
– promise Reika – E Vi
ringraziamo per averci avvisate…
- Il mio nome
è Eiji, mia signora –
l’anticipò quello con un sorriso –
Trasporto merci di qualsiasi tipo in ogni feudo o villaggio della zona
Nord-Ovest del Giappone! Volendo, però, posso spingermi
anche al di fuori dei miei confini usuali, quindi, in caso abbiate
bisogno di una consegna speciale, sarò lieto di offrirvi i
miei servigi. Basterà recarsi da queste parti e chiedere di
Eiji: appena possibile sarò da voi.
- Lo terremo
a mente – rispose
cordialmente Yori – Buon proseguimento, signor Eiji.
- Altrettanto, mie
signore.
Freya colse
l’occasione per restare ferma qualche
secondo in più fingendo di osservare il carro allontanarsi,
poi si costrinse a riprendere il cammino insieme alle altre due.
La sosta di
mezzogiorno rappresentò una
forma di sollievo piuttosto limitata; Freya sperava ingenuamente che
bastasse sedersi e mangiare qualcosa per recuperare le forze, ma si
rese conto in fretta di essersi sopravvalutata.
Solo un pensiero le
permetteva di distrarsi e ignorare le
proteste del proprio fisico spossato: era curiosa di vedere il tratto
di strada su cui Eiji le aveva messe in guardia.
Come previsto da Yori,
raggiunsero il Sentiero Maledetto nel
pomeriggio.
La duchessina
aguzzò la vista, cercando di
cogliere ogni dettaglio del paesaggio circostante; il pericoloso
sentiero, tuttavia, appariva come una semplice e lunga stradina in
terra battuta, in cui, di tanto in tanto, si immettevano piccole vie
secondarie come quella da cui lei e le ragazze erano giunte. Passava in
mezzo ad uno sparuto boschetto e proseguiva dritto fino a perdersi
all’orizzonte; sforzando un po’ gli occhi, si
poteva scorgere in lontananza il tetto scuro del feudo di Imagawa.
- Tutto qui?
– si lasciò sfuggire la
bionda con una punta di delusione – Questo è il
sentiero di cui parlava il carrettiere?
Reika si
lasciò sfuggire una risatina: - Che ti
aspettavi, un viale buio in mezzo ad una foresta con draghi, demoni e
fantasmi? Non siamo in una fiaba, tesoro.
- Qualcosa di sicuro
c’è –
intervenne Yori con fare pacato, notando il cipiglio che già
stava per oscurare il volto della duchessina – Ma
è una minaccia recente, che probabilmente sa nascondersi
bene ed esce allo scoperto quando vuole.
- Va bene, va bene
– tagliò corto
Freya, cercando invano di non mostrarsi offesa – Proseguiamo.
Aveva ormai capito che
i modi di Reika erano brutalmente
diretti e tendenti ad un perenne sarcasmo, eppure non riusciva ad
evitare di prendersela ogni volta che la guerriera le rispondeva in
tono saccente e irrisorio. Era sempre stata una persona estremamente
sensibile e, fino a quel momento, nessuno, eccetto sua madre, aveva mai
osato ferire tanto il suo orgoglio.
“Stronza
insensibile” pensò tra sé “Non ne posso
più delle tue rispostine odiose! Giuro che alla prossima io
ti…”
- Ferme!
L’ordine
perentorio di Yori destò la
duchessina da ogni invettiva personale. Freya si guardò
attorno con fare nervoso, cercando di individuare il problema; le
espressioni tese sul volto delle sue compagne non promettevano nulla di
buono.
- Che succede?
La rossa
avanzò di qualche passo con fare
circospetto: - Ho visto qualcosa muoversi poco avanti a noi, fuori dal
sentiero, proprio in mezzo a quei due alberi lì…
- Ne sei sicura?
– domandò la
duchessina – A me sembra che lì in fondo sia tutto
tranquillo… il tizio del carretto aveva detto che il tratto
è più pericoloso di sera, no? Sai, a volte io mi
faccio suggestionare e…
- Yori non è
suggestionabile – la
interruppe Reika in tono piatto, serrando la mano
sull’impugnatura del proprio anello di metallo –
Ricordati che non è umana. Ha una possibilità
molto ridotta rispetto a noi di sbagliarsi su qualcosa.
- Non sono comunque
infallibile –
mormorò la rossa, sfoderando lentamente due coltelli
– Ma preferisco controllare.
- Tu a sinistra, io a
destra – stabilì
Reika, avanzando cautamente.
Freya
sospirò, accarezzò la testa del
cavallo (che era stato tranquillo e diligente per tutto il giorno) e si
sedette su un grosso masso che spuntava sul ciglio della strada: - Io
vi aspetto qui.
Dava le spalle al cupo
boschetto che circondava il sentiero
e, per passare il tempo, si era messa a giocherellare con il ciondolo
che portava legato al collo. Di tanto in tanto, il cavallo muoveva le
zampe anteriori, portandola a sollevare lo sguardo nella speranza che
le amiche fossero tornate.
- Sai – disse
ad un certo punto, rivolgendosi alla
bestiola – Credo proprio che la tua padrona mi reputi una
specie di nullità. E tutto perché nessuno mi ha
insegnato a combattere, o a camminare per ore senza fare una sosta, o a
governare… nella mia società i ruoli degli uomini
e delle donne sono ben definiti, sai? Beh, anche qui mi sembra che le
cose non vadano poi tanto diversamente, però lei cerca di
remare contro questi ruoli e mi mette in confusione. Non ci sono
abituata, ecco. Questo non è il mio mondo. Probabilmente lei
mi odia, anche se non mi spiego perché abbia deciso di
aiutarmi, né perché mi stia facendo tanti
problemi riguardo quello che pensa… non mi spiego nemmeno
perché sto parlando con un cavallo!
Serrò le
braccia attorno alle ginocchia ed
assunse un’espressione afflitta: - Sto diventando
pazza…
Un brusco movimento la
destò da qualsiasi
riflessione: l’equino si era voltato nella sua direzione ed
aveva lanciato un nitrito allarmato.
- Cos’hai?
– domandò la
ragazza – Perché sei così spaventato?
Ti giuro che non mi sono mossa!
Fu soltanto quando
terminò la frase che
percepì l’inquietante presenza alle proprie
spalle.
Si alzò in
piedi di scatto, si voltò e
indietreggiò di qualche passo verso l’animale,
fermandosi però all’istante non appena vide chi si
era appostato dietro di lei.
- Oh, chiedo scusa
– balbettò la bionda
– Mi avete spaventata.
La persona con cui
stava parlando era una ragazzina minuta
dalla carnagione tanto pallida da apparire quasi spettrale; dimostrava
a malapena diciotto anni e raggiungeva a stento il metro e sessanta
d’altezza. I suoi capelli neri scendevano dritti fino alle
anche e presentavano delle strane striature scarlatte, mentre i suoi
occhi, grandi ma inespressivi, erano tinti di un grigio-azzurro smorto
e quasi innaturale.
Cioè che
colpì di più Freya
non fu il kimono verde e oro che avvolgeva la sua figurina in modo
decisamente discinto, lasciando scoperte le spalle aguzze e buona parte
del grazioso seno (unico accenno di morbidezza in quel fisico magro e
spigoloso), ma la mascherina bianca che celava per intero la
metà inferiore del suo volto.
Prima che la bionda
avesse il tempo di aprire bocca una
seconda volta, la misteriosa fanciulla parlò. La sua voce
era tanto flebile da apparire quasi un inquietante sussurro.
- Non ho capito
– si scusò Freya
– Potresti ripetere?
- Mi trovi bella?
– disse quella, alzando appena
il tono.
La ventunenne
restò in silenzio per qualche
secondo, un po’ stupita da una simile domanda.
- Beh…
Osservando la parte
scoperta del viso si scorgevano in
effetti dei lineamenti incantevoli, simili a quelli di una bambola. Il
resto del corpo era forse troppo smunto, sintomo evidente di una scarsa
alimentazione, ma il volto aveva conservato comunque una bellezza
fresca e delicata. E, guardando meglio, il grigio dei suoi occhi
presentava una sfumatura quasi magnetica…
- Sì, certo,
sei molto bella – rispose
infine la duchessina – Ma mi fa strano che tu mi abbia
chiesto una cosa simile, non è abbastanza evidente anche per
te?
Quella tacque per un istante,
dopodiché emise uno strano verso, simile ad una risatina.
Con fare flemmatico portò la mano destra al volto e,
lentamente, si sfilò la mascherina.
Freya sentì
il sangue gelarsi nelle vene,
avvertendo al contempo un tremendo capogiro e l’impulso di
gridare. Barcollò all’indietro, rischiando di
inciampare, totalmente incapace di distogliere lo sguardo dalla
sconvolgente visione.
La bocca della
ragazzina era stata spaccata da quello che
sembrava un colpo di spada: due orribili squarci, uno su ogni lato del
viso, si allungavano dall’angolo delle labbra fino
all’attaccatura della mascella, a pochi centimetri dalle
orecchie.
Quel volto tanto
grazioso era stato ignobilmente dissacrato,
rovinato, distrutto, obbligato ad un perenne inquietante sorriso.
La sfregiata
avanzò di un passo, senza perdere
l’atteggiamento noncurante e flemmatico, e parlò
nuovamente in tono irrisorio. Attraverso i due orridi tagli si poteva
osservare senza problemi ogni dettagli della cavità orale,
dai denti, alla lingua, alla gola.
- E adesso? –
disse con un piccolo ghigno
– Mi trovi ancora bella?
Tramortita e confusa
per via dello shock, Freya
provò a rispondere qualcosa, ma produsse soltanto un sibilo
strozzato.
Abbassò
d’istinto lo sguardo sulla mano
sinistra della ragazza e notò che le sue dita stringevano
qualcosa di appuntito e incrostato di sangue rappreso: un paio di
forbici.
- Come devo
interpretare il tuo silenzio?-
proseguì la terrificante figura – Non mi sembra
difficile dare una risposta: sì o no? Una parola, due
lettere. Ne sei sicuramente capace.
Facendo appello a tutto
il proprio coraggio, la duchessina
strinse le mani tremanti a pugno e le nascose dietro la schiena: -
Io… penso che il tuo viso sia bello… ma la
tua… la tua bocca… mio Dio, la tua
bocca…
- Sì o no?
– ripeté
l’altra con insistenza – Lo so
com’è la mia bocca. Voglio che tu mi risponda
sì o no!
- Io… io non
lo so… nel complesso
comunque credo di sì…
Un lampo terribile
attraversò gli occhi della
creatura (perché no, non poteva essere umana, quale umano
sarebbe sopravvissuto senza cure ad una ferita simile?) e,
più rapida di un’ombra, la sua mano destra si
serrò attorno alla gola di Freya, mentre l’altra
si sollevò puntando le forbici all’altezza del suo
volto.
Per essere una figura
minuta, aveva una presa piuttosto
salda (forse aiutata in parte dell’effetto sorpresa).
- Stai mentendo!
– sibilò –
Mi stai prendendo in giro! Vedremo se avrai ancora voglia di fare la
spiritosa con una mutilazione come la mia!
Freya trovò
finalmente la forza per gridare,
anche se i muscoli del suo corpo continuavano ad essere paralizzati. Le
lame si fiondarono verso l’angolo destro delle sue labbra
dischiuse, ma, proprio nel momento in cui avvertì il freddo
del metallo contro la propria carne, qualcosa colpì in pieno
l’arma della sfregiata, facendola volare via.
La presa sul collo
della duchessina si allentò,
fino a schiudersi completamente.
Rapidissima, la
creatura indietreggiò, evitando
per un pelo di essere trafitta da uno dei pugnali di Yori.
Riuscì a raccogliere le forbici cadute a terra e si
preparò ad attaccare, ma la mano della rossa si
serrò in una morsa rigidissima sulla sua mascella.
Con un grido di rabbia,
colpì più
volte il polso di metallo con la punta della propria arma, ritrovandosi
ben presto tra le dita un paio di forbici rotto.
Freya si
limitò ad osservare la scena ad occhi
sgranati, sussultando quando Reika le toccò una spalla.
- Stai bene?
Ancora sconvolta, la
giovane annuì, volgendo di
nuovo lo sguardo verso la guerriera dalla chioma fulva e la creatura
che si dimenava inutilmente per sfuggirle.
Yori restò
in silenzio ed impassibile per qualche
secondo, dopodiché afferrò la prigioniera per un
braccio, cercando di tenerla ferma, mentre con la mano libera
sfiorò appena gli squarci che sfiguravano quel volto tanto
bello.
La ragazzina rabbiosa
si placò
all’istante, sorpresa da tale gesto.
- Chi è
stato? – domandò la
donna di metallo – Chi ti ha fatto questo?
Una lacrima scese lungo
la guancia sinistra della spaventosa
fanciulla, scivolandole dentro la bocca attraverso la ferita.
- Ha importanza?
– sussurrò con voce
spezzata.
Yori si
voltò per incontrare lo sguardo di Reika,
poi ripeté in tono empatico - Chi ti ha fatto questo?
***
Angolo
dell’Autrice: Ormai l’ispirazione
fa
i capricci, portate pazienza.
Spero
comunque che il capitolo vi sia sembrato interessante
e che abbiate gradito l’entrata in scena del nuovo
personaggio.
Come dice
il titolo, mi sono ispirata alla leggenda
giapponese della Kuchisake-Onna.
Ah, faccio
una piccola precisazione: nella storia si trovano
pochi termini giapponesi che solitamente si riscontrano nelle altre ff
sui manga. La spiegazione è semplice: io scrivo dal punto di
vista di Freya, che non conosce i nomi degli abiti, dei cibi, delle
armi e cose così.
Conosce le
parole più comuni tipo
“kimono” perché le ha sentite qualche
volta.
Oltretutto,
sto cercando di renderla più
realistica ed umana possibile, quindi se qualche suo atteggiamento vi
infastidisce… beh, suppongo sia normale, visto
com’è cresciuta. E sì, si fa veramente
tante pare mentali XD
Grazie
mille per aver letto e per la pazienza.
Al prossimo
capitolo!
Tinkerbell
|
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Capitolo 5 *** La sposa infelice ***
A Swan Song
La
furia cieca negli occhi della minuta creatura sembrava essersi spenta
del tutto. Yori non aveva mollato la presa sul suo braccio, ma,
probabilmente, anche l’avesse lasciata andare non avrebbe
corso alcun rischio.
La strana ragazzina si morse
il labbro, battendo le palpebre per
asciugare gli occhi lucidi. Abbassò quindi lo sguardo,
sospirando un paio di volte prima di rispondere.
- Mio marito… mio
marito mi ha ridotta
così…
Reika scosse la testa con un
sorriso amaro, per nulla sorpresa dalla
rivelazione; Freya, al contrario, si portò la mano alla
bocca,
inorridita.
- Come può un
marito fare una cosa simile alla propria
moglie?- esclamò la duchessina sconvolta. –
Perché avrebbe…
- Sono cose che accadono
più spesso di quanto immagini,
principessa, il mondo è un posto crudele – la
interruppe la secondogenita di Sasaki Shigen in tono piatto, per poi
rivolgersi alla prigioniera sfregiata. – Per quanto ti
riguarda… sono la prima ad averne fin sopra i capelli degli
abusi che subiscono le spose e in generale di questo schifo di
società fallocentrica, ma uccidere o squarciare le bocche
delle persone che incontri non ti rende migliore di chi per primo ti ha
fatto del male.
- Tu non hai idea di quello
che ho passato! –
ringhiò la creatura con fare stizzito. – Non sai
quello che mi è successo,
quindi…
- Perché non ce lo
racconti, allora? – intervenne
Yori, calmando le acque. – Ci spostiamo dalla strada, ci
sediamo o se vuoi restiamo in piedi… e ci spieghi cosa ti ha
portato a tutto questo.
Seguirono diversi istanti di
silenzio, poi, la ragazzina
indicò con un cenno della testa il masso su cui poco prima
era seduta Freya: - Se davvero vi interessa sapere… forse vi
conviene sedervi. E’ una storia piuttosto
lunga…
- Cedo volentieri il posto
alla principessa – rispose Reika,
con un sorrisetto. Freya decise di non replicare; mise da parte
l’orgoglio e si accomodò nuovamente sulla grossa
roccia levigata. L’attendeva un lungo viaggio, quindi avrebbe
approfittato di qualsiasi occasione per riposare le
gambe.
- Il mio nome è
Midori Mizutawa. O meglio, lo era quando la
mia vita andava per il verso giusto – cominciò la
giovane dalla bocca squarciata. – Venni al mondo dodici anni
dopo la prima dei miei tre fratelli, e, alcuni mesi dopo, i miei
genitori morirono mentre attraversavano a cavallo un pericoloso
sentiero di montagna. In seguito a questo incidente, io e i miei
fratelli fummo costretti a trasferirci dal Sud in queste zone, dove
l’anziana zia di mia madre si prese cura di noi per una
quindicina d’anni. Quando morì, ci
lasciò in eredità la sua casa e tutti i suoi
beni, confidando in un comportamento corretto da parte di tutti e
quattro. Sfortunatamente, le cose andarono diversamente da come si era
immaginata: i miei due fratelli, Hirotoki e Isaru, gemelli tra loro,
erano irresponsabili e incapaci di gestire il denaro, mentre mia
sorella Keiko, seppur di animo nobile, era nata con problemi mentali
che la screditavano agli occhi di qualsiasi conoscente. Non fu
difficile per Hirotoki e Isaru sbarazzarsi di lei: fecero in modo che
diventasse ufficialmente la Matta del Villaggio e, fingendo
misericordia nei suoi confronti, la spedirono al tempio
perché diventasse sacerdotessa e rimanesse lontana dai loro
affari il più possibile. Un bel modo per ringraziarla di
essersi presa cura di tutti noi insieme alla zia.
Per quanto mi riguarda, fui
lasciata in pace per circa un anno in
seguito alla morte della zia, fino a quando il denaro lasciato in
eredità non cominciò a scarseggiare, scialacquato
dai capricci dei miei fratelli. Isaru, nel frattempo, si era sposato e,
non appena sua moglie restò incinta, cominciò a
sentire l’acqua alla gola, così provò
ad escogitare un piano con Hirotoki per guadagnare una somma
consistente, o perlomeno sufficiente al mantenimento della famiglia.
Trovarono presto il modo: il feudatario Masahiro Kobayashi aveva
promesso enormi ricchezze a chiunque avesse trovato una moglie al suo
più potente e devoto samurai, Kojiro Imagawa. Servivano
precisi requisiti per essere scelte: egli aveva chiesto una donna
giovane, docile, obbediente, ben educata, istruita ma non troppo e,
cosa più importante, di bellezza stupefacente.
- In poche parole –
interruppe Reika con un sorriso ironico.
– Stava cercando un cane con l’aspetto di una
ragazza bellissima.
- Praticamente sì
– borbottò Midori,
riprendendo il racconto. – Per grande fortuna dei miei
fratelli (e per mia somma sventura) rispondevo a tutte quelle
caratteristiche. Ero considerata la più bella del mio
villaggio e mi avevano cresciuta secondo i rigidi dogmi della
società. Apprendevo le cose in fretta, ma non mi era stato
permesso di raggiungere un certo livello di cultura. “Nessun
uomo vuole una moglie troppo intelligente” mi ripetevano
spesso i miei fratelli e mia zia.
Mi presentarono ad Imagawa ed
egli ci mise molto poco a compiere la sua
scelta: decise di sposarmi entro la fine del mese e Masahiro Kobayashi
ricompensò lautamente i famigliari che mi erano
rimasti.
Naturalmente, a me non piaceva
quella situazione: il mio futuro sposo
aveva già trent’anni, il suo atteggiamento era
rude e non sembrava nemmeno particolarmente colto, tuttavia non osavo
fiatare, ero convinta che fosse mio dovere obbedire e permettere alla
mia famiglia di arricchirsi.
“Ne abbiamo
bisogno” mi disse Hirotoki, il giorno
delle mie nozze. “Pensa ai tuoi cari fratelli, pensa alla
moglie di Isaru e al bambino che porta in grembo! E’ anche
tuo nipote, in questo modo gli stai regalando un futuro dignitoso. Non
hai idea di quanto tu sia preziosa per noi e di quanto significhi tutto
questo per la nostra famiglia. I nostri genitori e la nostra povera
sorella pazza sarebbero così fieri di
te!”
Le sue parole mi convinsero,
stavo facendo la cosa giusta. Mi prodigai
perciò con tutta me stessa per essere una buona moglie e
soddisfare ogni desiderio del mio sposo. Per un certo periodo di tempo
riuscii persino a convincermi di amarlo.
Tutto andò per il
meglio durante i primi mesi, mi sembrava
così naturale obbedire, parlare solo se interpellata e
concedere il mio corpo senza provare desiderio, ignorando il dolore e
il disagio che ciò mi provocava. Poi, una sera, durante una
delle tante cene al feudo, un cortigiano ubriaco cominciò a
decantare la mia bellezza in modo indecoroso. Mio marito non
replicò in quel momento, anzi, rimase silenzioso per tutto
il resto della serata. Quando tornammo a casa, si limitò a
fissarmi per alcuni secondi, poi andò in camera da letto,
borbottando qualcosa. Fu l’inizio della
fine.
Nei giorni che seguirono,
Imagawa controllò scrupolosamente
ogni mio singolo movimento, espressioni facciali incluse, in
particolare quando mi trovavo in presenza di altri uomini. Soppesava
con fare ossessivo qualsiasi parola o complimento mi venisse rivolto,
s’indispettiva se mi azzardavo a guardare un uomo negli occhi
e aveva preso il vizio, la sera, di sfogare la sua frustrazione
violentandomi regolarmente. Mi gettava a faccia in giù sul
letto, mi teneva ferma premendo le mani sulla mia schiena, quasi
togliendomi il respiro, e violava con ferocia la mia
intimità, a volte facendomi sanguinare. Non osavo nemmeno
gridare, avevo paura che si arrabbiasse e mi facesse ancora
più male; quando finiva, mi asciugavo le lacrime in fretta:
a volte fingeva di non notarle, altre invece mi diceva “Che
hai da piangere? Dovresti essere felice che tuo marito scopi con te,
significa che sei ancora bella.”
In quelle condizioni riuscii a
sopravvivere al primo anno di
matrimonio, fino a quando, la sera del suo compleanno, Imagawa, che
ormai al feudo era secondo solo a Kobaysahi, decise di dare una festa,
invitando perfino i miei fratelli. Ricordo che, prima di unirmi ai
festeggiamenti, osservai a lungo la mia immagine riflessa allo
specchio: fu l’ultima volta che vidi il mio bel viso tutto
intero.
Alla festa, come al solito,
molti sguardi si posarono su di me e,
nonostante Imagawa non dicesse nulla, riuscivo benissimo a percepire il
suo stato d’animo. Quando Kobayashi si avvicinò,
rivolgendomi un complimento, d’istinto gli sorrisi. Mi
sembrò una cosa naturale: eravamo stati spesso suoi ospiti a
cena, lo conoscevo ormai da un anno ed aveva sempre avuto un occhio di
riguardo per mio marito. Era un uomo anziano e gentile, che male
c’era nel rivolgergli un sorriso?
Quando si
allontanò, mi sentii afferrare per i capelli e
trascinare fuori dalla sala. Nessuno dei presenti mosse un dito per
aiutarmi. Mio marito mi condusse nella stanza accanto e mi
gettò a terra, sbraitando. Era fuori di sé ma non
ne capivo il motivo.
“Adesso sorridi ad
un altro uomo, puttana?”
gridò. “Quanto ti piace pavoneggiarti e attirare
su di te le fantasie degli uomini? Sei soltanto una schifosa meretrice!
Gli altri nobili si fanno beffa di me perché ho una moglie
infedele! Ma adesso vedremo chi avrà ancora il coraggio di
guardarti e trovarti bella!”
Sguainò la propria
spada e, prima che riuscissi a muovere un
muscolo, calò la lama sulla mia bocca, squarciandomi il
volto da un orecchio all’altro. Il dolore fu così
intenso da farmi svenire quasi
all’istante, non prima però di avvertire il sapore
del sangue e la voce di mio marito che diceva “Ti piace tanto
sorridere, eh, puttana? Adesso sorridi!”
Rimasi sospesa in un buio
oblio per un lasso di tempo che parve
infinito. Poi cominciai pian piano a provare diverse indecifrabili
sensazioni: credevo di essere morta, eppure riuscivo ad avvertire una
nuova forza vitale in me, anzi, diverse forze vitali. Quando ripresi
conoscenza, la prima cosa che vidi fu il volto della mia amata sorella
che sorrideva. Non ci volle molto prima che mi venisse fornito un
dettagliato riassunto delle ore precedenti: Hirotoki e Isaru avevano
udito le mie grida ed erano corsi a cercarmi; mi avevano trovata in fin
di vita e completamente ricoperta di sangue, così, senza
farsi scoprire, mi avevano presa e portata al tempio, sperando di
potermi salvare in qualche modo. Il capo delle sacerdotesse aveva fama
di essere una guaritrice miracolosa, ma, purtroppo, quella sera aveva
dovuto assentarsi per una questione urgente. Fu allora che Keiko decise
di optare per una mossa disperata ma tempestiva: l’uso della
Magia degli Spiriti. Quello che nessuno nella nostra famiglia sapeva
era che Keiko aveva ereditato il sangue di strega da una nostra
lontanissima antenata.
-La Magia degli Spiriti? -
ripeté Freya stupita.
– Che significa?
- Una strega o uno stregone
capaci di utilizzare una simile arte
ottiene il proprio potere direttamente dal Mondo del Morti –
spiegò Yori. – Questo potere è molto
raro e considerato oscuro dalla società, ecco
perché chi lo possiede tende a nasconderlo.
- Sono come… dei
medium?
- Una cosa del genere
– rispose Reika, per poi voltarsi verso
la Kuchisake-Onna. – E quindi tua sorella sarebbe riuscita a
salvarti all’ultimo ricorrendo alla Magia degli Spiriti?
Oppure sei morta e ti ha riportata in vita? Anche se
quest’ultima ipotesi mi pare piuttosto
irrealistica…
Midori scosse la testa: - Non
sono morta, anche se ci sono andata
vicinissima. Keiko mi ha curata trasferendo dentro di me
l’essenza di tre spiriti. Non sono anime senzienti, o meglio,
non conservano alcuna identità, ma mi forniscono una fonte
di energia spirituale illimitata e talvolta mi proteggono da attacchi
esterni. Chiaramente, tutto ciò ha avuto ulteriori
ripercussioni sul mio fisico, a partire dalle strisce rosse che si sono
formate sui miei capelli, ma l’importante è che mi
ha anche permesso di vivere e vendicarmi.
- Degli abitanti del villaggio
e del feudo? –
domandò Freya con tono leggermente accusatorio. –
Perché?
La ragazzina sfregiata le
lanciò un’occhiata
terribile: - Perché?
Quei miserabili non hanno mai provato un minimo di empatia nei miei
confronti! Quand’ero ancora troppo debole per alzarmi dal
letto, i miei fratelli mi portavano notizie dall’esterno:
nessuno, nemmeno quelli che credevo miei amici avevano speso una parola
gentile per me. Tutti pensavano che la colpa fosse mia, che fossi
soltanto una puttanella arrivista che amava farsi ammirare. Secondo
loro, il gesto di mio marito era stato pienamente comprensibile. Erano
convinti che mi avesse uccisa e che avesse dato il mio corpo in pasto
ai cani. Dissi a Hirotoki e Isaru di confermare questa versione, non
volevo più farmi vedere, non dopo essermi guardata allo
specchio e aver visto cosa ne era stato del mio bellissimo viso.
Presto, però, capii che quello che volevo non era
nascondermi, ma farla pagare a tutti quanti. Quelli che avevano
approvato la barbarie che mi era stata inflitta non avevano colpe
minori del mio aguzzino. Ecco perché ormai da un anno
attendo nascosta in questo sentiero, aspettando che qualcuno abbia la
sfortuna di incontrarmi.
Per qualche istante
calò il silenzio, obbiettato solo dal
fruscio del vento tra le fronde degli alberi. Freya abbassò
lo sguardo, sconvolta dal raccapricciante racconto: sapeva che il mondo
non era rose e fiori come le avevano fatto credere da piccola, ma mai
avrebbe immaginato esistessero situazioni analoghe a quella di Midori:
persone, donne in particolare, maltrattate, usate come oggetti,
distrutte dalla violenza altrui e incolpate invece che difese.
Era orribile, era…
sbagliato. Nessuna buona anima meritava
di patire sofferenze simili.
In quel momento avrebbe voluto
tornare indietro nel tempo, incontrare
Midori quando ancora subiva in silenzio le angherie del marito-padrone
e abbracciarla, giusto per non farla sentire sola.
Si asciugò una
lacrima di nascosto, mentre Reika
interrompeva il silenzio con una domanda: - Midori… tuo
marito, o quello che era tuo marito, è ancora
vivo?
La diciottenne alzò
un sopracciglio con aria confusa: -
Perché me lo chiedi?
- Rispondi e basta:
è ancora in
circolazione?
Midori sospirò,
dilatando le narici per reprimere la rabbia:
- Sì, il bastardo è ancora vivo. E da un anno
dirige il feudo che prima era di Kobayashi. Ecco perché ora
si chiama “Feudo di Imagawa”. Il vecchio feudatario
aveva già da tempo deciso di fare uno strappo alla regola e
nominarlo suo successore, nonostante fosse un samurai e non
condividesse con lui alcun legame sanguigno. A dire il vero, dopo il
mio presunto omicidio, Kobayashi aveva avuto dei ripensamenti, a
giudicare da quello che avevano sentito i miei fratelli, ma
sfortunatamente si ammalò e non riuscì a
modificare in tempo e pubblicamente la propria decisione. Il porco
adesso ha qualcosa come tre mogli-concubine e un vasto terreno da
amministrare, mentre io sono qui a marcire in questi boschi, incapace
di placare la mia sete di vendetta e…
- Beh, direi che il problema
è evidente –
osservò Yori. – La tua sete forse si
placherà quando la farai pagare alla mano che ti
colpì.
La giovane creatura
aggrottò la fronte, rivolgendo alle tre
ragazze uno sguardo perplesso. Reika sorrise appena: - Quello che
intendiamo è: non hai mai pensato di vendicarti colpendo tuo
marito, al posto di gente che neanche conosci?
- Effettivamente, è
la cosa più
sensata… – annuì Freya.
Midori rimase in silenzio per
qualche istante, poi sospirò,
mordendosi le labbra. Nel suo sguardo si poteva scorgere un fuoco
impetuoso contenuto però in una piccola e spessa barriera di
metallo.
All’improvviso,
cadde sulle proprie ginocchia, cominciando a
singhiozzare. Era l’ultima cosa che la danese si sarebbe
aspettata.
Reika si
inginocchiò di fronte a lei, le portò le
dita sotto il mento e la costrinse con delicatezza ad alzare la testa,
in modo da potersi guardare negli occhi.
- In realtà ci hai
già pensato più
volte, vero? – sussurrò la guerriera dai capelli
azzurri. La ragazzina annuì, battendo con forza le palpebre.
- Qual è il
problema, Midori? Perché non riesci
ad affrontarlo? Hai ancora paura di lui?
La Kuchisake Onna scosse la
testa: - No… non è di
lui che ho paura…
- E allora
cos’è che ti frena?
- Io… - la voce
della piccola si ridusse ad un sibilio.
– Io non voglio tornare in quel posto…
è lì che la mia vita è
finita… non posso tornare in un luogo che mi ricordi
costantemente chi ero, com’era il mio aspetto… e
che mi faccia rivivere tutto quello che ho subito…
non… non posso, non voglio… non ce la faccio ad
affrontarlo…
Reika aprì la bocca
per rispondere, ma questa volta fu Freya
a prendere la parola. Si alzò dal masso su cui era seduta e
prese posto accanto alla giovane dai capelli striati.
- So cosa vuol dire avere
paura di un luogo e dei ricordi che esso
contiene. Io non ho vissuto una situazione terribile come la tua, ma
due anni fa ho perso mia nonna e da allora, fino a ieri, non ho avuto
il coraggio di entrare nella sua stanza.
Midori la fissò
pensierosa, sempre scoraggiata ma
incuriosita: - Eri molto legata a tua nonna?
La duchessina mandò
giù a fatica il groppo alla
gola e d’istinto portò la mano nel sacchetto
appeso alla cinta, stringendo forte la piccola semisfera.
- La amavo più di
me stessa. Lei… beh, io
l’ho sempre avuta come punto di riferimento, si è
comportata con me da madre molto più della mia vera
madre. E ti giuro che l’idea di entrare nella sua
stanza e rivedere le sue cosa sapendo che lei non
c’è era… era insostenibile.
Però alla fine l’ho fatto, anche se è
stato difficile.
“E mi ha
cacciata in questo casino” concluse pensando tra
sé e sé.
Midori parve riflettere sulle
sue parole, anche se si leggeva ancora
un’ombra di dubbio nei suoi occhi grigi.
- E’ soltanto un
luogo – continuò la
bionda. – Anche se pieno di ricordi dolorosi. Solo un luogo,
non un mostro né una barriera insormontabile.
- Sei capace di fare grandi
discorsi, principessa, mi sorprendi!
La danese si voltò
indispettita, ma frenò la
lingua non appena si rese conto del modo in cui Reika la stava
fissando: nonostante il tono leggermente ironico, non c’era
alcuna traccia di reale irrisione nei suoi occhi, anzi, pareva quasi
piacevolmente sorpresa. Il pensiero la portò ad arrossire.
- Quindi dovrei andare da mio
marito e ucciderlo –
osservò Midori, interrompendo i viaggi mentali della
duchessina. – Non nego di aver sognato a lungo questo
momento, ma resta il fatto che, nonostante il supporto delle tre anime
che contengo, non penso di riuscire ad intrufolarmi, superare senza
problemi le guardie e raggiungerlo per sconfiggerlo in combattimento.
Io sono sola e lui è stato un samurai esperto.
- Una volta
eri sola – la corresse la secondogenita di Sasaki Shigen.
– Adesso no.
- Vuoi dire che la
accompagneremo? – domandò Freya
dubbiosa.
La guerriera si
alzò in piedi, sfiorando il proprio anello
tagliente: - Una piccola deviazione non potrà influire
troppo pesantemente sul nostro viaggio. E poi mi prudono le mani dalla
voglia di farla pagare a un essere orribile e dannoso come Imagawa.
- E come pensi di fare?
– replicò Midori. -
Quattro donne contro un intero feudo?
- Beh, ci sono sette uomini
che conosciamo che riescono a piegare feudi
molto più grandi e potenti di quello di Imagawa –
disse Yori con un sorrisetto.
“E io non
avrei alcuna difficoltà contro almeno quattro di
loro” pensò, senza però
osare esporre ad alta voce un simile vanto.
- E poi- continuò
Reika. – Non
c’è bisogno di entrare nel feudo sferrando un
attacco frontale. Ci sono un sacco di modi per agire in una simile
situazione. E, a differenza di quello che vuol farci credere la
società in cui viviamo, essere donna a volte può
rivelarsi maledettamente vantaggioso.
- Cos’hai in mente?
– chiese Freya con uno strano
presentimento. Il sorriso scaltro della guerriera si
allargò quasi sadicamente.
- Innanzitutto, ci farebbe
comodo un’esca…
***
Angolo
dell’Autrice: Sono riuscita a scrivere questo
capitolo, anche se è stato un parto perché odio i
capitoli di passaggio (anche se non mi è pesato troppo
scrivere la storia di Midori).
Spero che per voi
non sia stato noioso, nel prossimo ci sarà
sicuramente molta più azione.
Grazie mille per
aver letto,
Tinkerbell92
|
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Capitolo 6 *** Una vita per una vita ***
A Swan Song
“Non
ci posso
credere”
Le due guardie che sostavano dinnanzi all’ingresso del feudo
squadrarono più volte con curiosità la giovane
straniera dalla chioma dorata.
“Qui ogni
volta che penso di aver toccato il fondo comincio a scavare senza
rendermene conto.”
- Un dono per il signore del castello? – ripeté
uno dei soldati, lanciando un’occhiata intimorita al
guerriero alto e statuario che celava volto e corpo
all’interno di una pesante armatura.
- Sasaki Shigen, il mio signore, ha intenzione di ampliare la sua lista
di alleanze, perciò sta inviando omaggi a coloro da cui
spera di ricevere risposta. Dev’essere particolarmente
interessato a trattare con Kojiro Imagawa, se per lui ha selezionato
uno dei doni più singolari e preziosi: una concubina
straniera dalla chioma d’oro.
Filtrata attraverso l’elmo, la voce matura di Yori risuonava
curiosamente androgina.
Freya si sforzò per fare un sorriso, assumendo
un’aria innocente e civettuola. Dentro di sé si
sentì avvampare per la vergogna.
- Non avete nessuna scorta? – domandò dubbiosa la
seconda guardia.
- Il mio signore ci tiene alla propria riservatezza – rispose
pronta la donna di metallo. – E fidatevi: per proteggere il
dono basto io.
Il suo tono assunse una nota leggermente minacciosa, che
sembrò sufficiente per convincere i due a farle passare.
- Entrate pure. La strada per il castello è sempre dritta.
- Vi ringrazio.
La duchessina si trascinò controvoglia dietro
all’amica, cercando di evitare gli sguardi curiosi degli
abitanti del feudo.
- E’ umiliante – borbottò, stringendosi
nella mantella blu. – Ci fissano tutti.
- Lo scopo è proprio questo. – le rispose
tranquilla la rossa, guardandosi distrattamente attorno. –
Reika e Midori avranno maggiori possibilità di passare
inosservate. E’ una fortuna che la ragazzina conosca diversi
passaggi segreti per accedere velocemente al castello.
- E perché non possiamo usarli anche noi?
Yori si lasciò sfuggire una risatina: - Meno si è
meglio è quando bisogna muoversi furtivamente. Non ti
preoccupare, stai andando benissimo, davvero.
La ventunenne aprì la bocca per replicare, ma si
zittì non appena un soldato alto e robusto le raggiunse,
fermando la loro avanzata.
- Siete diretti al castello?
- Esatto – replicò Yori impassibile. –
Porto un dono per Kojiro Imagawa da parte di Sasaki Shigen. No, nessuna
scorta, sono soltanto io, il mio signore ci tiene alla propria
riservatezza – aggiunse in fretta, anticipando la domanda
dell’uomo.
Quello assunse un’espressione dubbiosa: - Devo chiederVi di
mostrare il vostro volto, prima di accompagnarvi dal mio signore. E di
consegnare le vostre armi.
- Le armi posso consegnarle – disse la ragazza, porgendogli i
propri pugnali e la spada che portava appesa dietro la schiena.
– Vorrei però risparmiarVi la vista del mio volto
martoriato. Gran brutta faccenda: lo scorso inverno la mia guarnigione
venne attaccata da un gruppo di demoni vaganti mentre attraversavamo
uno stretto passo di montagna. Una di quelle creature sputò
una tremenda sostanza corrosiva dalle fauci e mi colpì in
pieno viso. E’ una fortuna se uno dei due occhi si
è salvato. Sapete, sullo zigomo sinistro si riesce
addirittura a vedere l’osso, uno spettacolo raccapricciante.
Ma se proprio insistete…
- No, lasciate stare – tagliò corto quello. -
Dopotutto avete consegnato le armi senza discutere. Seguitemi pure.
Gli interni del palazzo erano molto più rozzi e spartani di
quello di Sasaki Shigen. Di tanto in tanto, lungo i corridoi, Freya
incrociava lo sguardo di qualche giovane servetta, che però
si allontanava subito accelerando il passo. Molte di loro avevano dei
lividi impressi sui volti delicati.
Il soldato che le stava accompagnando, intanto, sembrava aver trovato
una buona compagnia in Yori, infatti avevano presto cominciato a
parlare di battaglie e spedizioni.
- Non mi è mai capitato di avere a che fare con imboscate da
parte di demoni, però due anni fa ho affrontato
l’esercito di Ryo Kazawa. Una battaglia durissima che mi ha
lasciato un bel segno, una cicatrice che va dalla clavicola al torace.
La porto con orgoglio. A proposito, non mi sono presentato, sono il
capitano Hiro e… oh, siamo arrivati.
L’uomo fece scorrere lateralmente una porta in legno chiaro,
entrando a passo cadenzato in una grande sala pregna di uno strano
aroma floreale.
Cinque guardie dall’aria feroce stanziavano dritte e immobili
accanto a un uomo di aspetto rude, che in quel momento stava aiutando
una giovane donna dai lunghi capelli neri a sfilarsi
l’elaborato kimono rosa.
Un po’ in disparte, due graziose ragazze, una vestita di
azzurro, l’altra di verde, sedevano in silenzio, tenendo le
teste chine. Quella in verde sollevò timidamente lo sguardo
non appena il capitano Hiro face il proprio ingresso nella
stanza, ma lo distolse con un brivido non appena il signore del feudo
parlò.
- Che cosa vuoi? – domandò in tono annoiato.
– Spero tu abbia un buon motivo per interrompermi mentre sono
impegnato con le mie adorate mogli.
- Sasaki Shigen Vi ha mandato un prezioso dono, mio signore –
rispose educatamente il soldato. – Una fanciulla nordica
dalla chioma d’oro.
Kojiro Imagawa sospirò, avvicinandosi alle proprie ospiti.
Gettò un’occhiata dubbiosa a Yori, che lo superava
in altezza di circa cinque centimetri, e fissò con
insistenza l’elmo che celava i suoi lineamenti.
- Perché non rimuovete il Vostro elmo?
La rossa non mostrò alcun cenno di esitazione: - Non volevo
offenderVi con la vista raccapricciante del mio volto sfigurato.
- Veleno di demone, mio signore – specificò Hiro.
– Brutta faccenda.
- Beh, in tal caso avete fatto bene. Io detesto la bruttezza.
D’accordo, mostratemi pure questo prezioso dono.
Per un istante, Freya avvertì l’impulso di
indietreggiare mentre il disgustoso feudatario le afferrava il viso con
poca grazia, esaminandola con occhio critico ma lussurioso.
Il suo volto appena abbronzato era solcato qua e là da
sottili cicatrici e cenni di rughe, i capelli neri cominciavano a
presentare qualche lieve striatura, mentre la mascella marcata era in
parte celata dalla barba incolta. Era un uomo di trentadue anni che ne
dimostrava più di quaranta.
- Beh, direi che è piuttosto… passabile
– sentenziò infine. – Ha gli occhi
tondeggianti, uno strano naso, il viso troppo pieno e le orecchie a
sventola. Di certo non una rara bellezza. Però i capelli
paiono sul serio fili d’oro e sono certo che nessun altro
feudatario abbia la fortuna di possedere una concubina proveniente
dalle fredde terre del Nord. Bene!
Batté le mani un paio di volte e subito due giovani serve
fecero il proprio ingresso in sala, eseguendo un piccolo inchino.
- Portate un abito adatto alla mia nuova futura moglie. Ho deciso che
una simile rarità non può essere sprecata come
semplice concubina.
Le ancelle si allontanarono in fretta, mentre Freya faceva il possibile
per restare calma e zitta. Odiava quell’uomo con tutta
sé stessa: oltre al fatto di sapere ciò che aveva
fatto a Midori e al modo in cui trattava le donne, aveva osato
esprimere quei tremendi giudizi sul suo aspetto fisico, calcando
proprio sulle caratteristiche di cui si era sempre vergognata.
Nessuno l’aveva mai fatta sentire tanto insultata e umiliata.
Non appena le giovani servette tornarono con un elaborato kimono bianco
e rosa, la duchessina fece un passo per raggiungerle, convinta di
doversi recare in una stanza apposita per cambiarsi, ma Imagawa le
afferrò rudemente una spalla: - Dove stai andando?
La biondina represse a stento un brivido: - Vado… vado a
cambiarmi, mio signore…
La risata sguaiata dell’uomo provocò una reazione
anche in Yori, che d’istinto serrò forte il pugno
destro.
- Ti cambi qui, mia cara – sibilò mellifluo il
feudatario. – Che c’è, ti vergogni? I
miei soldati non ti guarderanno, se non darai loro motivo di farlo con
le tue insidie da femmina tentatrice.
Freya cominciò a tremare, mentre le ancelle le sfilavano con
calma quasi religiosa gli abiti da viaggio che le aveva dato Makino.
Il capitano Hiro fu l’unico a voltarsi dalla parte opposta
con fare rispettoso, mentre le cinque guardie schierate alle spalle di
Imagawa la squadrarono con occhi freddi e crudeli.
Pur facendo del proprio meglio per mostrarsi dura e inflessibile, Freya
non riuscì a trattenere le lacrime non appena, coperta
soltanto dalla biancheria intima, sentì le dita del feroce
aguzzino pizzicarle la pelle, mettendo in mostra l’adipe del
suo punto vita.
- Fianchi un tantino larghi, fisico troppo morbido. Dovrai
assolutamente dimagrire. I seni medio-piccoli vanno bene, non mi sono
mai piaciute le donne troppo prosperose, mi ricordano le mucche. Oh,
suvvia, non metterti a frignare, dovresti considerare un onore essere
moglie di un uomo potente come me. Ora, vediamo di…
Le parole gli morirono in gola non appena inquietanti rumori
provenienti da dietro la porta scorrevole della sala attirarono
l’attenzione di tutti i presenti.
Ancora scossa e tremante, Freya si voltò, osservando
sbigottita i sottili spiragli di fumo che s’insinuavano
attraverso la fessura della porta lasciata socchiusa, che si
spalancò di colpo lasciando entrare una coltre grigiastra e
odorante d’incenso. Ben presto risultò difficile a
chiunque vedere ciò che si trovava a oltre un metro di
distanza dal proprio naso.
Dei passi leggeri si avvicinarono minacciosamente al feudatario, mentre
una figura minuta prendeva lentamente forma attraverso la grigia nebbia.
Freya ne approfittò per coprirsi alla bell’e
meglio con il kimono portatole dalle serve ormai fuggite, mentre,
accanto a lei, Imagawa si lasciava sfuggire una sonora imprecazione.
- No… non può essere!
Una vocina spettrale parlò in tono divertito: - Tesoro, sono
a casa.
Da qualche parte nella stanza una delle tre mogli del feudatario
strillò, mentre il capitano Hiro riuscì a
malapena a balbettare sconvolto: - E’ lo spettro della Prima
Moglie! E’ tornata per vendicarsi! Chiedetele perdono, mio
signore!
- N-non è possibile! – replicò
l’altro sconvolto. – No, non
può… non… non…
Il fumo cominciò lentamente a diradarsi. Piccola, eppure
terribile, Midori avanzava lenta verso colui che le aveva distrutto la
vita.
Imagawa, terrorizzato, digrignò i denti, gli occhi sbarrati
e quasi fuori dalle orbite: - Maledetta puttana! Vattene, vattene
subito da qui, tornatene da dove sei venuta! Guardie! Guardie
prendetela!
Il suo ordine fu seguito da grida e gemiti soffocati, accompagnati
dagli strilli delle tre mogli: sopra i corpi insanguinati dei cinque
soldati torreggiava la figura di una donna alta abbigliata con
un’armatura leggera e resistente. La mano destra era serrata
attorno a un grande anello tagliente coperto di chiazze cremisi.
Allo sguardo sconvolto dell’uomo ella rispose con un piccolo
ghigno: - Sbaglio o poco fa hai detto qualcosa sulle ragazze con le
tette grandi?
- Pare che i suoi soldati siano appena stati fatti fuori da una mucca
– replicò divertita Yori.
Hiro, invece che proteggere il proprio signore, corse verso la ragazza
dal kimono verde, domandandole con fare apprensivo se stesse bene.
- Non temere, capitano – lo rassicurò la donna di
metallo. – Il nostro obbiettivo è Imagawa. Non
faremo del male a persone innocenti.
- Ma… ma chi siete? E dov’è la mia
spada? – domandò confuso il giovane guerriero.
Yori diede un’alzata di spalle: - Ti chiedo scusa, ho
approfittato della scarsa visibilità per riprendermi le mie
armi e requisire momentaneamente la tua. Mi sembri una brava persona,
mi dispiacerebbe doverti uccidere.
- Maledette! – gridò furioso Imagawa, gettando a
terra Freya con uno schiaffo. – Siete le complici di quella
troia di mia moglie? Io vi… aaargh!
Il cerchio tagliente di Reika volò attraversò la
stanza, recidendogli di netto la mano con cui aveva colpito la
duchessina. Gli occhi della guerriera lampeggiavano di odio e sdegno.
- Questo è per aver picchiato la principessa e un sacco di
altre donne innocenti. Questo, invece, è per quello che hai
fatto a Midori!
Sfoderò due lunghi coltelli e si lanciò rapida
verso l’ex samurai, il quale, nonostante il dolore e
l’abbondante perdita di sangue, riuscì a sfoderare
la propria katana e parare il primo colpo.
- Non ti sarà facile sconfiggermi, puttanella –
sogghignò. – Anche se mi hai privato di una mano
posso usare l’altra senza problemi.
Con la guancia sinistra ancora in fiamme, Freya si allontanò
strisciando dal centro della stanza, asciugandosi rapidamente le
lacrime. Erano successe troppe cose e troppo in fretta, lo schiaffo
forse era stato ciò che l’aveva ferita di meno
durante quell’assurda missione.
Non appena fu sufficientemente lontana, si fermò per
osservare il combattimento tra l’amica e l’orribile
guerriero. C’era sicuramente un motivo se una volta Imagawa
era considerato il migliore tra i samurai che servivano Kobayashi:
Reika era riuscita più volte a penetrare le sue difese, ma
lui non sembrava intenzionato a demordere, anzi, più ferite
riceveva più il suo animo pareva accendersi di rabbia e
vigore.
Poco distante, Midori osservava impassibile il duello in corso, mentre
Yori esortava le tre mogli del feudatario e il capitano Hiro
affinché uscissero alla svelta dalla stanza.
Il giovane soldato inizialmente parve restio ad abbandonare il suo
signore, ma si fermò non appena la ragazza in
verde gli sussurrò qualcosa all’orecchio.
Uno strano scintillio brillò nei suoi occhi non appena Reika
affondò una lama nel petto del crudele spadaccino.
Imagawa si voltò verso di lui, lanciandogli uno sguardo
carico di disprezzo: - I-idiota traditore…
vigliacco…
Ricambiando l’occhiataccia, Hiro prese la mano della terza
moglie e si allontanò con lei sdegnoso, mentre il perfido
aguzzino crollava a terra.
La figlia di Sasaki Shigen scostò con un calcio il corpo
dell’avversario esanime e andò a recuperare il
proprio anello tagliente con aria annoiata.
Facendo affidamento sulle gambe traballanti, Freya si alzò
in piedi e si mosse incerta verso l’uscita della sala. Si
fermò però accanto a Midori, la quale osservava
con fare stoico l’ex marito sconfitto. Si chinò
quindi per raccogliere la sua katana e la sollevò in
verticale, specchiandosi nella lunga lama.
- Midori? – la chiamò la danese con fare insicuro.
– Ce… ce ne andiamo?
La ragazzina annuì appena, mentre Freya si affrettava a
raccogliere i vestiti da viaggio lasciati cadere a terra.
All’improvviso, un tremendo urlo la costrinse a voltarsi,
sobbalzando non appena vide Imagawa rialzarsi in preda a una collera
cieca, estrarre un pugnale e lanciarsi verso l’ex moglie.
- Maledetta troia!
Fu questione di un istante: un violento spruzzo cremisi
insudiciò ulteriormente il pavimento già
rovinato, accompagnato dal disgustoso rumore di una lama affondata
avidamente nella carne.
Kojiro Imagawa annaspò, lasciando cadere il pugnale a terra
e mulinando le braccia alla ricerca di un appiglio, mentre il ferro
della sua stessa spada gli spuntava in modo macabro dalla schiena.
Midori, incapace di sostenere il peso dell’uomo, era caduta
in ginocchio, ma non aveva osato mollare la presa sull’elsa
dell’arma che l’anno prima l’aveva
sfigurata e che ora passava da parte a parte il corpo del suo
torturatore. I suoi occhi grigi incontrarono quelli dell’ex
marito, trasudando odio e disprezzo. Gli sputò in faccia,
lui in risposta vomitò un fiotto di sangue.
- Mi hai distrutto la vita – sibilò la
diciottenne. – Ora io ho preso la tua.
Imagawa gorgogliò qualcosa, ebbe un paio di spasmi, poi,
finalmente, il respirò lo abbandonò, la sua testa
si accasciò contro il petto, occhi e bocca ancora spalancati.
Un po’ a fatica, Midori lo lasciò cadere di lato,
per poi estrarre la katana puntando un piccolo piede contro il rozzo
corpo senza vita.
Il volto della ragazzina era dipinto di un’indecifrabile
espressione, come se non riuscisse a rendersi pienamente conto di
quanto fosse appena accaduto.
Freya si alzò frastornata, tremando dalla testa ai piedi.
Reika le si avvicinò, mentre Yori abbracciava la
più giovane del gruppo con fare protettivo, conducendola poi
fuori dalla stanza.
Rivoli di sangue colavano lentamente da un taglio sotto la spalla
destra della guerriera.
- Ehi principessa, tutto a posto?
La biondina si morse il labbro, cercando invano di nascondere gli occhi
lucidi.
- Mi… mi hai mandata qui a… io non…
- Lo so cosa ti hanno fatto, dopo aver messo a cuccia le guardie che mi
hanno sbarrato la strada sono rimasta qui fuori ad ascoltare mentre
Midori preparava la nebbia d’incenso. Abbiamo fatto
più in fretta possibile, non potevamo entrare
così a caso e…
- QUEL COSO MI HA FATTA SPOGLIARE DAVANTI A TUTTI! –
gridò la ventunenne stringendo i pugni. – Mi ha
toccata, insultata, mi ha detto che sono grassa, brutta, con gli occhi
a palla e le orecchie a sventola! Non mi sono mai sentita tanto
umiliata in vita mia! Gli hai tagliato la mano perché mi ha
tirato uno schiaffo, ma fidati se ti dico che lo schiaffo è
stata la cosa che mi ha fatto meno male!
La guerriera aggrottò la fronte: - Ti sei offesa
perché uno che non merita di esser definito umano, un
insignificante violento pezzo di merda che vale meno di un insetto ha
detto che sei brutta e grassa? Ti importa tanto l’opinione di
un tale essere? A me ha detto che sembro una mucca, eppure non
mi…
- Se a te non importa niente di nessuno non significa che io debba
pensarla allo stesso modo! – ribatté Freya con
rabbia. – Io non sono come te, d’accordo?
- E non devi nemmeno esserlo – replicò calma
l’altra. – Quello che sto cercando di dirti
è che l’opinione di qualcuno che conta meno di
zero vale quanto il rutto di una formica. E soprattutto, anche tu fossi
veramente brutta, grassa, deforme o altro, non devi mai permettere a
nessuno di farti vergognare di te stessa. Vali automaticamente di
più di coloro che perdono tempo a offendere e giudicare.
La duchessina ammutolì per qualche istante, non sapendo come
rispondere alle parole della ragazza più grande. Poi,
però, strinse tanto forte i pugni da imprimersi il segno le
unghie nella carne.
- Tu mi hai usata. Mi hai… mi hai mandata qui come
esca… quell’essere avrebbe potuto violentarmi
e…
- Perché pensi abbia fatto venire Yori con te? Solo per far
funzionare l’intera recita? Se quel merdoso avesse osato
spingersi troppo oltre lei l’avrebbe fermato, a costo di
mandare a monte il piano. Non sono mai stata disposta a sacrificarti
fino a quel punto, se vuoi saperlo. Anche se… mi dispiace
davvero per quello che hai dovuto sopportare, mi rendo conto di essere
stata insensibile. Non ti chiederò mai più di
fare una cosa del genere, d’accordo?
Freya cercò invano di frenare il mento tremante, pensando
disperatamente a qualche insulto da rivolgere alla compagna, anche solo
per scaricare tutta la tensione del momento. Voleva fargliela pagare in
qualche modo, provare a tenerle il broncio e gridarle che la odiava, ma
fu un’altra sensazione, molto più forte, a
prendere il sopravvento, portandola a scoppiare in lacrime e affondare
il volto contro il seno morbido della guerriera.
Lo stomaco le si serrò in una morsa non appena
sentì le braccia di lei serrarsi attorno al suo busto, per
poi accarezzarle con una mano la lunga chioma bionda.
- Siamo state un tantino impulsive – ammise Yori, restituendo
la spada al capitano Hiro. Si era tolta l’elmo, lasciando
cadere i capelli rossi sulle spalle. La reazione sbigottita
dell’uomo fu pienamente comprensibile.
- Avete fatto un macello – rispose la moglie più
anziana di Imagawa, quella con i capelli sciolti e il kimono rosa.
– Però potete ritenervi fortunate: nessuno amava
nostro marito, anzi. Il popolo mostrava già da tempo cenni
di malcontento, era un feudatario crudele e incapace. Senza contare
quanto fossero orribili le sue guardie più fidate: un
manipolo di sadici e violenti stupratori che abusavano regolarmente del
proprio potere.
- E chi prenderà il suo posto adesso? –
domandò Midori con voce atona.
La seconda moglie le rivolse un sorriso: - Il comandante
dell’esercito è fratello del precedente
feudatario, Kobayashi. Al momento è impegnato in una
spedizione, ma tornerà nei prossimi giorni. Suppongo che
l’onore verrà offerto a lui, come doveva essere
prima che Imagawa venisse nominato successore al posto suo.
La terza moglie abbassò timidamente lo sguardo: -
Voglio… voglio ringraziarvi per quello che avete fatto.
Vedete… prima che Imagawa mi prendesse con prepotenza, ero
promessa in sposa a Hiro… adesso che il mio carceriere
è morto potremo finalmente sposarci.
Il capitano la abbracciò, anche se il suo sguardo pareva
rabbuiato: - Oggi il mio senso del dovere è stato duramente
messo alla prova. Avrei dovuto fermarvi, ma, mentre il mio padrone
veniva attaccato, mi sono venute in mente le urla della mia adorata
Amane quando quel mostro la violentava e io dovevo restare fuori dalla
stanza, di guardia, senza poter fare nulla. Suppongo dovrò
affrontare le conseguenze delle mie azioni, però…
- La colpa dev’essere attribuita allo spirito vendicativo
dell’ex moglie di Imagawa – sentenziò
Midori. – Mettila così: contro un fantasma hai
potuto fare ben poco, se non mettere in salvo almeno le mogli del tuo
signore.
- Meriti un’occasione per essere felice, Hiro – gli
sorrise Yori. – E… scusa se ti ho mentito. Se la
cosa può consolarti, una volta un demone mi ha davvero
sputato dell’acido in faccia. Solo che non mi sono sciolta
perché… beh, sono di metallo.
Il capitano aprì la bocca per rispondere, ma era troppo
sconvolto e scioccato per poter replicare qualcosa.
Freya, che era rimasta in silenzio per tutto il tempo, emise un lungo
sospiro, senza scostarsi da Reika che le circondava le spalle con il
braccio sano.
- Penso dovremmo andare. Non è saggio farsi trovare qui.
- La principessina ha ragione – annuì la ragazza
dai capelli azzurri. – Usciremo dal passaggio segreto che
abbiamo utilizzato io e Midori per entrare. Capitano, mie signore, vi
auguriamo buona fortuna.
- Ti fa male?
Reika si lasciò sfuggire un sorrisetto: - Nah, è
solo un graffio. Mi ha presa di striscio.
Freya annuì appena, pulendo la ferita superficiale con un
fazzoletto bagnato.
Il gruppetto si era appostato in un piccolo bosco poco distante dal
feudo di Imagawa, sedendo sul tronco di un grosso albero caduto: Midori
teneva tra le mani la katana dell’ex marito, persa in
chissà quali pensieri, mentre Yori, unica in piedi,
osservava con fare assorto le tinte vermiglie del tramonto.
Improvvisamente, la ragazza di metallo parve scuotersi, voltandosi
verso la sorella maggiore: - Quasi dimenticavo! Indovina un
po’ cosa mi ha detto Hiro mentre chiacchieravamo scortando
Freya dal suo signore? La Squadra dei Sette ha espugnato stamattina il
feudo di Akamatsu.
- Il feudo di Akamatsu? – ripeté Reika,
accendendosi d’entusiasmo. – Non è
lontano da qui!
- La Squadra dei Sette?
Midori interruppe le proprie riflessioni, rivolgendo alle due figlie di
Sasaki Shigen uno sguardo scettico: - Chi cavolo sono questi Sette?
Ogni tanto li ho sentiti nominare dagli idioti che attraversavano il
mio sentiero…
- Mercenari assassini – rispose Freya, sistemando la borsa
medica sulla sella del cavallo che le aveva attese con pazienza.
– Pure un po’ fuori di testa. So che uno ha una
spada strana e che un altro è andato a letto con Reika.
Magari sono la stessa persona, non lo so.
La ragazza guerriera si lasciò sfuggire una risata: -
Decisamente no, Jakotsu, il ragazzo con la spada che si allunga e
piega, non gradisce affatto la compagnia femminile.
- Come sono fatti questi tizi? – domandò Midori,
poggiandosi la katana in grembo.
Reika si morse il labbro, alzando lo sguardo verso il cielo: - Mh,
dunque… il loro capo si chiama Bankotsu, è un
ragazzino che avrà sì e no
l’età di mio fratello Kaito. Nonostante sia uno
sbarbatello di bassa statura possiede una forza notevole, considerato
che maneggia senza problemi un’alabarda più grande
di lui.
- Supponiamo abbia una relazione amorosa con quell’enorme
spadone – ridacchiò Yori.
- Sì, esatto. Poi c’è un gigante di
nome Kyokotsu, ad essere sinceri non mi è sembrato nulla di
speciale, a meno che non conservi qualche dote nascosta. Oltre a essere
enorme e fisicamente forte non ha dato dimostrazione di
abilità eccezionali. Non sottovaluterei invece Mukotsu:
è un nanerottolo anziano e bavoso, però crea
veleni micidiali. E la cosa divertente è che il
suo corpo pare essere immune a qualsiasi tipo di tossina. Poi ci sono
Renkotsu e Suikotsu: il primo è una sorta di
vice-comandante, fa affidamento sul proprio arsenale di armi e la
propria intelligenza per combattere, bravo stratega e persona
interessante; Suikotsu invece è… un po’
fatico a definirlo, pare un concentrato di rabbia e istinto animale,
eccezionale nel corpo a corpo, la sua arma sono due guanti artigliati
che gli permettono di bagnarsi le mani con il sangue dei nemici.
- E poi c’è Ginkotsu – sì
intromise Yori sorridendo. – Lui è davvero un
qualcosa di sorprendente!
- Oh sì, assolutamente da vedere –
replicò la maggiore. – Non avessi mai incontrato
Yori avrei faticato a credere alla sua esistenza: in parte umano, in
parte arsenale vivente. Dev’essere stato costruito da una
persona estremamente all’avanguardia.
- La stessa persona che ha costruito Yori? –
azzardò Freya, un po’ titubante.
Le due sorelle si scambiarono un’occhiata eloquente.
- Ti confesso che ci abbiamo pensato più volte –
ammise Reika. – Però ci farebbe un po’
strano: pur condividendo alcune caratteristiche, Ginkotsu e Yori sono
estremamente diversi. Innanzitutto, lui non è intelligente e
preciso quanto lei, possiede un vocabolario poco ampio e, nonostante
rappresenti una meraviglia della modernità, in confronto a
mia sorella appare quasi… rozzo. Inoltre, in lui sono
presenti parti umane, mentre in Yori no, lei è fatta
interamente di metallo, metallo tra l’altro diverso da quello
che compone la parte inumana del corpo di Ginkotsu. Ad ogni modo, se
mai li incontreremo ancora, penso proveremo a indagare un po’
sulla cosa.
- Capito – mormorò Freya, mentre le due compagne
sedute si alzavano, pronte a riprendere il cammino. –
Ma… potrei sapere chi tra loro ti sei portata a letto?
Reika e Yori scoppiarono a ridere, mentre Midori si stringeva nelle
spalle, volgendo uno sguardo torvo in direzione del sentiero.
- Perdonatemi se vi interrompo ma… quindi posso venire con
voi? Non ho un posto dove stare…
La ragazza più grande annuì, senza smettere di
sorridere: - Se vuoi unirti alla spedizione per noi va bene. Questa
notte potremmo fermarci al villaggio di Shingu, non penso sia sicuro
dormire all’aperto.
Freya represse un brivido, sistemando il kimono bianco e rosa in una
sacca: - Anche se occupa spazio in più questo me lo tengo.
Le tre mogli di Imagawa non sembravano aver nulla in contrario nel
cedermelo.
- Basta che non ti porti alla mente la brutta esperienza vissuta
– replicò Reika.
La duchessina si morse il labbro, accarezzando distrattamente la
criniera del cavallo: - Correremo altri pericoli, vero?
La guerriera si lasciò sfuggire un sorrisetto: - Vuoi la
verità? Probabilmente andrà da così a
peggio, principessa. Ma farò il possibile per tenerti al
sicuro.
La ventunenne strinse i pugni, mentre un pensiero insistente si faceva
strada nella sua testa. Parlò ancora prima di rendersene
conto: - Io non voglio più aver bisogno di altre persone per
sentirmi al sicuro. Voglio essere in grado di difendermi da sola.
Io… vorrei che mi insegnassi a combattere…
***
Angolo
dell’Autrice: Ecco qua il nuovo capitolo!
Devo ammettere che mi è dispiaciuto non ricevere
più alcuna recensione con gli ultimi due, mi domando se
magari la storia non abbia fatto perdere interesse. Ad ogni modo, penso
di continuare a pubblicarla.
Lo so, i Sette tardano ad arrivare, io stessa non vedo l’ora
di farli apparire, portate pazienza.
Spero che questo capitolo, più lungo del solito, vi sia
piaciuto.
Grazie per aver letto.
Tinkerbell92
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