A Swan Song

di Tinkerbell92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Bagliori di smeraldo ***
Capitolo 2: *** I guerrieri del feudo ***
Capitolo 3: *** Questioni di famiglia ***
Capitolo 4: *** Kuchisake-Onna ***
Capitolo 5: *** La sposa infelice ***
Capitolo 6: *** Una vita per una vita ***



Capitolo 1
*** Bagliori di smeraldo ***


A SWAN SONG




Con bagliori di smeraldo il ciclo avrà inizio,
dalla fredda terra il Bianco Cigno in volo s’alzerà.
Esso danzerà sotto il sole che sorge
fin quando compiuti  non saran
la promessa dell'Incompleta,
la vendetta della Mezzaluna,
la scelta dell’Arida,
il sacrificio dell’Eterna;
 e la caduta della Profana;
sarà allora che il suo canto avrà fine.
L’antico potere verrà ripristinato,
il sangue maledetto ricongiunto.
Con bagliori di diamante il ciclo si chiuderà.  






Per diversi istanti, Freya udì soltanto il ticchettio dei propri passi sul pavimento del lungo corridoio. Una piccola goccia di sudore le scivolò dalla tempia fino alla guancia pallida: l’asciugò rapidamente, gettandosi una furtiva occhiata alle spalle.    
L’ala est del castello era deserta, probabilmente tutti quanti erano impegnati con i preparativi della cerimonia. Meglio così.
“Bravi, organizzate pure” pensò tra sé, fermandosi dinnanzi ad una porta in legno scuro “Divertitevi. Peccato che non ci sarà nessuna cerimonia”.
Alla vigilia dei suoi vent’un anni, quando ormai la società danese le aveva affibbiato il titolo di “vecchia zitella”, Freya aveva scoperto di esser stata promessa in sposa al proprio cugino di terzo grado, noto a tutti come “Duncan il Tonto”. A poco erano servite le scenate e le proteste: sua madre, la duchessa Valeska, era stata come al solito categorica, dispotica e irremovibile.
La ragazza bussò un paio di volte, fece un passo indietro ed attese con fare composto. Udì  una serie di rumori sospetti misti ad imprecazioni, poi, finalmente, la serratura della porta scattò: un giovanotto magro dai capelli arruffati si affacciò sulla soglia, il volto contratto in una smorfia di imbarazzo misto a sorpresa.
- D-Duchessina, come mai da queste parti? Posso fare qualcosa per Voi?
- Ho bisogno delle chiavi della stanza di mia nonna, Hans – replicò la fanciulla, cercando di sbirciare all’interno della stanza – Mi servono subito. C’è per caso Fred, lì con te?    
Hans, il giovanissimo custode, impallidì violentemente, cercando di biascicare qualche scusa, ma una voce maschile alle sue spalle interruppe il suo impacciato teatrino.
- Hans, falla entrare, Freya sa già tutto.
Visibilmente sollevato, il giovanotto si spostò di lato, permettendo l’ingresso alla duchessina. Freya gli pizzicò la guancia con fare affettuoso, poi lanciò un’occhiata maliziosa al ragazzone che, seduto sul piccolo letto attaccato al muro, si stava sfilando i pantaloni con nonchalance. Aveva lunghi capelli biondi che gli cadevano dritti lungo la schiena muscolosa, seducenti occhi color ghiaccio ed un leggero strato di barbetta che gli ricopriva la mascella un po’ squadrata.    
- Vi ho interrotti sul più bello, Fred? – scherzò la fanciulla, facendo cenno ad Hans di portarle la chiave richiesta – Tua moglie potrebbe domandarsi dove ti sei cacciato.
- Mia moglie sa che sono difficilmente reperibile nel pomeriggio – replicò l’altro, strizzandole l’occhio.
Friederick Holstein era il fratello maggiore di Duncan il Tonto, nonché cugino e futuro cognato di Freya. Era piuttosto noto all’interno della nobiltà danese per i suoi modi eccentrici e gioviali, ma, allo stesso tempo, ben poche persone erano a conoscenza dei suoi gusti sessuali, tra queste la sua mogliettina diciottenne, Vera, sposata quasi un anno prima.
- Perché vuoi entrare nella stanza di tua nonna? –domandò incuriosito, dando una leggera pacca sulla natica al custode quando questi gli passò vicino – Non dirmi che hai intenzione di pasticciare con i suoi amuleti. Nemmeno io sono tanto pazzo da scherzare con la stregoneria.
- Mia nonna non era una strega – replicò Freya, afferrando la chiave che Hans le stava porgendo – Beh, forse anche sì. Ma non sono interessata ai suoi gingilli magici: voglio prendere solo qualche gioiello e la sua cappa blu scuro. Ho intenzione di regalarmi una piccola vacanza non programmata.
- Una vacanza il giorno prima del matrimonio? – chiese Fred confuso, aggrottando la fronte candida.
La duchessina sospirò, mordendosi la lingua: - Sì, ehm… ho bisogno di passare un po’ di tempo da sola – mentì - Farò un giro in paese, sperando che nessuno mi riconosca. Non starò via molto, penso sarò di ritorno per stasera. Lascerò la chiave sul letto della nonna.
- Cerca di non farti male! – si raccomandò Fred, osservandola uscire dalla stanza a falcate.
Cercando di non farsi tormentare dai sensi di colpa, Freya salì rapidamente le scale della torre settentrionale, fino a giungere ad un breve corridoio; in fondo ad esso stanziava una piccola porta nera dai cardini argentati.
La ragazza esitò per qualche secondo, rigirando la chiave tra le dita sottili. Non metteva piede in quella stanza da quasi due anni, non ne aveva più avuto il coraggio: cos’avrebbe provato, muovendosi tra mobili impolverati, scaffali di libri e amuleti, sapendo che colei a cui appartenevano tutte quelle cose ormai non esisteva più? Sarebbe riuscita a sopportare la vista del caminetto spento, della vecchia poltrona vuota, del tavolino innaturalmente ordinato?
“Ora però è necessario” disse a sé stessa “Fatti forza: Isabelle non ha paura di entrare qua dentro, perché tu dovresti averne?”
Detestava fare paragoni con la sorella minore, ma in una situazione del genere era ammesso qualsiasi espediente.
Fece scattare quindi la serratura, strinse i denti e varcò la soglia con il cuore che batteva all’impazzata. Sì, la stanza era esattamente come ricordava, fatta eccezione per la mancanza di quel caratteristico disordine che regnava quando la nonna era viva.
“D’accordo, cerchiamo di mantenere la calma e prendere quello che serve”.
Lasciò la chiave sul letto dell’ex duchessa, esattamente come aveva detto ad Hans, poi cominciò a frugare nel vecchio baule di bronzo, infilando in una sacca qualche vecchio gioiello e buona parte del denaro che la nonna aveva messo da parte di nascosto per lei e Isabelle, in modo che potessero utilizzarlo in caso di necessità.
“La mia è una grossa necessità, devo scappare per impedire queste stupide nozze” pensò, cercando di alleviare il senso di colpa “Non è un furto tanto grave. E poi a Isabelle basterà  quello che le ho lasciato”.
Quando il sacco fu riempito a sufficienza, senza diventare troppo pesante, Freya si diresse verso un altro baule, più grosso e in legno pregiato, e ne estrasse una lunga mantella color blu scuro provvista di un morbido cappuccio.
Si pose quindi dinnanzi allo specchio e la indossò, osservando per diversi istanti il proprio riflesso: era abbigliata con un abito semplice color azzurro cielo, i lunghi capelli biondi scendevano in onde armoniose davanti al petto e nascondevano le orecchie leggermente a sventola di cui la duchessina si vergognava tanto. Il volto, pieno e ovale, era illuminato da vispi occhioni celesti, tipici delle donne della sua famiglia, mentre il naso stretto e un po’ lungo era adornato da una leggera spruzzata di lentiggini, caratteristica che lei e Isabelle avevano ereditato dal padre.
La fanciulla coprì quindi la testa con il cappuccio della mantella, il cui colore scuro creava un netto contrasto con la sua carnagione pallida, poi caricò la sacca sulla spalla e si voltò per uscire. In quell’istante, però, un piccolo oggetto scivolò fuori dalla bocca della bisaccia semi aperta, cadendo proprio ai piedi della ragazza.
Freya lo raccolse, osservandolo con curiosità: sembrava una semplicissima semisfera verde, tagliata esattamente a metà. Non ricordava di averla mai vista prima, probabilmente si trovava in mezzo ai gingilli della nonna e l’aveva raccolta per sbaglio.
Quasi istintivamente, la lanciò in aria, facendole compiere qualche giro su sé stessa. Aprì quindi la mano per afferrarla di nuovo ma, con sua grande sorpresa, la piccola semisfera non ricadde nel suo palmo: essa continuò a girare, sempre più velocemente, fino ad emanare una forte luce smeraldina.
Freya gridò, coprendosi gli occhi con i lembi del cappuccio, mentre il vorticoso ruotare dell’oggetto aveva cominciato a produrre uno strano sibilo. La fanciulla si sentì risucchiare all’interno di un ciclone, le orecchie le fischiavano ed il suo fisico pareva volersi ribellare al turbinio provocandole fastidiosi capogiri.
Poi, all’improvviso, tutto cessò. Freya avvertì una superficie solida sotto ai propri piedi, un singolare profumo di fiori ed un battagliero rullo di lontani tamburi trasportato dal vento.
Aprì gli occhi, guardandosi attorno sbalordita: non si trovava più nella stanza della nonna, bensì al centro di un ampio spazio di terra nei pressi di un grande castello costruito in stile orientale. Alla sinistra dello spiazzo c’era un immenso prato, mentre, a destra, si ergeva un fitto boschetto di alberi dai fiori rosati.
Udì diversi bisbigli dietro di sé e sussultò non appena qualcuno le batté un paio di volte la mano sulla spalla.
- Scusa, ragazzina… che cosa ci fai qui?
Freya si voltò di scatto, trovandosi di fronte ad una ragazza alta dalla carnagione leggermente ambrata. Aveva i capelli corti tinti di azzurro, occhi neri attraenti e inquisitori, lineamenti tipici delle popolazioni dell’Est ed un fisico slanciato e atletico. Indossava un’armatura dall’aria leggera ma resistente, che conteneva senza problemi il suo seno generoso, ed impugnava un’arma piuttosto singolare, ossia una specie di grande cerchio tagliente il cui diametro misurava almeno un metro e mezzo.
Alle sue spalle si stava schierando un esercito composto da una cinquantina di soldati, mentre, dall’alto delle mura del palazzo, una lunga e guardinga schiera di arcieri osservava immobile il territorio sottostante.  
- Dove mi trovo? – balbettò Freya, stringendosi nella mantella della nonna – Che sta succedendo qui?
La ragazza guerriera battè un paio di volte le palpebre dalle lunghe ciglia: - Ma lo sai che sei davvero strana? Non ho mai visto una persona così pallida e con i capelli di quel colore. E che abbigliamento insolito! Comunque, ti trovi in Giappone, bella, a pochi passi dal castello di Sasaki Shigen, e se non ti togli dai piedi ti ritroverai presto nel bel mezzo di una battaglia.
- Che cosa?
Freya cominciò a girare su sé stessa in preda al panico, completamente incapace di prendere una decisione. Quella maledetta semisfera doveva essere uno degli oggetti magici della nonna, probabilmente una chiave che consentiva di spostarsi in paesi lontani nel giro di qualche secondo.
- Una battaglia? Non voglio finire in mezzo ad una battaglia! Perché combattete? Dove posso andare? Che cosa…
- Ti prego, datti una calmata, mi stai contagiando con il tuo nervosismo! – la interruppe la strana giovane – Trova riparo dentro le mura del castello, sbrigati!
Senza perdere altro tempo la duchessina sfrecciò come un fulmine nella direzione indicata, senza ringraziare i soldati che si spostavano per farla passare né tantomeno domandarsi come potessero capirsi lei e la ragazza guerriera, pur provenendo da terre differenti.
Superò la soglia delle mura e, non appena si sentì al sicuro, si lasciò cadere a terra in ginocchio, riprendendo fiato faticosamente.
Chiuse quindi gli occhi, stringendo forte le palpebre tra loro, e pregò con tutta sé stessa che si trattasse soltanto di un brutto sogno.




***
Angolo dell’Autrice: Era da tempo che volevo pubblicare questa storia, ma scrivere il primo capitolo è stato un po’ un parto. Avviso già che i miei aggiornamenti saranno spesso molto lenti. Colgo anche l’occasione per avvisare chi segue altre mie fanfiction che sto passando un periodo in cui l’ispirazione fa la stronza, chiedo perdono, non ho abbandonato le storie, proverò a continuare appena riuscirò.
Detto questo, torno alla trama: come spiegato nella presentazione, la mia fanfiction è ambientata una decina d’anni prima delle vicende del manga/anime, quindi i personaggi principali (Inuyasha, Kagome & Co) non ci saranno, o al massimo faranno una piccola comparsa o saranno menzionati. Con questo, però, non è detto che nessun personaggio della storia originale apparirà, io mi riferisco solo al gruppo di protagonisti, per tutti gli altri… chissà ;) Sicuramente, come avrete visto nella descrizione della storia, i Sette avranno un ruolo abbastanza consistente.
Colgo inoltre l’occasione per pubblicizzare la bellissima fanfiction “Le spose dei Sette Fratelli” di Nico Blair, alla quale ogni tanto farò dei piccoli riferimenti, visto che considero canon molte delle vicende lì narrate.
Ok, questo primo capitolo funge più da prologo, infatti è abbastanza breve (almeno per i miei standard) ma spero vi sia piaciuto. Mi auguro di non commettere errori dal punto di vista della storia (sia del contesto storico, sia della storia del manga), in caso contrario fatemeli notare perché detesto le incongruenze.
Grazie mille per aver letto!
Tinkerbell92

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Capitolo 2
*** I guerrieri del feudo ***


A Swan Song
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Non si trattava di un sogno.
Freya si pizzicò le guance più volte, rendendosi conto di essere perfettamente sveglia. Un piccolo gruppo di persone si era radunato attorno a lei, squadrandola con curiosità. Tutti quanti, comprese le donne, indossavano parti di armatura come protezione sopra a curiose vesti colorate di bianco, rosso e blu.
- Voi chi siete, mia signora? – domandò una giovane ancella, aiutandola a rialzarsi – Perdonatemi se vi sembro impudente, ma avete un aspetto davvero insolito…
- Vengo dalla Danimarca – balbettò Freya, guardandosi attorno disorientata – Io… io non so perché mi trovo qui… né chi sia Sas… Sasani Shiven?
- Sasaki Shigen è il proprietario di questo feudo – rispose l’ancella senza battere ciglio – Anche il Vostro accento è molto strano… ma suppongo che questa Danimarca sia una terra molto lontana.
- Sì, esatto. E’ tutto così assurdo… non so nemmeno come faccio a capire la vostra lingua e voi la mia. Comunque… di che battaglia parlava la ragazza lì fuori?
- Il proprietario del feudo vicino ha deciso di attaccarci – spiegò un vecchio dall’aria trasandata – Ormai capita spesso da queste parti che i feudatari combattano tra loro per questioni di potere.
- Mi sembra che gli uomini appostati là fuori siano pochi per respingere un attacco – osservò Freya – Eppure voi sembrate così tranquilli e bazzicate in giro come nulla fosse…
Alcuni abitanti del feudo si erano già allontanati, mentre coloro che erano rimasti scoppiarono a ridere.
- Non abbiamo nulla di che preoccuparci – spiegò la giovane ancella – La mia signora Reika e i suoi fratelli sono validi condottieri e grandi strateghi. Sconfiggeranno gli aggressori nel giro di poco tempo, vedrete.
La duchessina si morse il labbro dubbiosa, ma decise di non replicare. Ben presto, una forte curiosità cominciò ad impadronirsi di lei, culminando nell’istante in cui i tamburi nemici risuonarono a pochi metri dalle mura.
- Non so se la mia richiesta sia insolita – disse, scegliendo con cura le parole – Ma mi domandavo se fosse possibile dare una sbirciata a quello che succede là fuori.
L’ancella sorrise con fare gentile: - Sì, certo! Ci sono dei piccoli spiazzi in cima alle mura, intervalli vuoti nella fila degli arcieri, possiamo appostarci lì. Seguitemi pure, mia signora. A proposito, il mio nome è Makino.
Freya si lasciò condurre su per una scalinata stretta scavata sul lato interno della cinta muraria, a destra dei grandi portoni d’ingresso, fino a ritrovarsi alle spalle della schiera di guerrieri armati di arco. Makino si lasciò sfuggire un sorrisetto malizioso, poi prese la mano della duchessina e la fece camminare fino ad uno degli intervalli vuoti da lei menzionati poco prima. L’arciere più vicino lanciò loro un’occhiata scettica.
- Vi consiglio di fare attenzione, donne, questo non è un luogo sicuro. La battaglia sarà relativamente semplice, ma sarebbe meglio per voi non indugiare a lungo qui sopra.
- Abbiamo un’ospite proveniente da una terra lontana – spiegò la servetta – Dobbiamo mostrarle il nostro valore.
- Sei sicura che non sia proibito stare qui? – domandò Freya dubbiosa – In effetti non mi sembra un luogo adatto per i civili…
- Non Vi preoccupate, capita spesso che la gente salga qui per assistere alle battaglie – la rassicurò Makino, indicandole gli eserciti appostati sotto di loro – In caso di pericolo ci allontaneremo subito.
Nello spiazzo di fronte all’ingresso delle mura, i due eserciti si stavano già fronteggiando: le forze avversarie contavano circa trecento soldati, ed il loro comandante, un tizio robusto di mezza età, era impegnato a discutere con la ragazza guerriera dai capelli azzurri ed un giovane uomo dalla lunga chioma nera e selvaggia. Il vento trasportava le loro parole in modo piuttosto efficace, tanto che a Freya bastò concentrarsi poco per afferrare buona parte del dibattito.
- Non sarete stati un po’ troppo presuntuosi a schierare soltanto cinquanta soldati ed una singola fila di arcieri? – domandò il comandante avversario con fare irrisorio – Siete così tanto ansiosi di consegnarmi il vostro feudo? E perché quel vigliacco di vostro padre non si è nemmeno degnato di darmi il benvenuto?
- Come osi! – sbottò il ragazzo dai capelli neri – Non azzardarti a parlare così di nostro padre, lurido verme!
- Io credo che i presuntuosi siate voi – replicò calma la giovane guerriera, che, stando alle parole di Makino, doveva chiamarsi Reika – Credete sul serio di riuscire ad espugnare una fortezza in questo modo? Senza un minimo di strategia e contando soltanto sulla superiorità numerica? In realtà siamo stati generosi a schierare una piccola parte del nostro esercito, vi stiamo regalando brevi attimi di felice illusione.
- Taci, ragazzina! – grugnì l’uomo con fare prepotente – So bene che siete usciti provati dall’ultima guerra, visto che avete dovuto chiedere aiuto a dei mercenari per uscirne vittoriosi. Voglio sfruttare la vostra debolezza attuale ed allargare il mio dominio. Vi faccio una magnanima concessione: se mi consegnerete i vostri territori ora, darò ordine ai miei soldati di non fare del male a nessuno di voi.
- Kazuo Nakagawa – lo interruppe la ragazza in tono mellifluo – Ascoltami bene: io e i miei fratelli non abbiamo disturbato cinquanta soldati e trenta arcieri per divertimento personale. Quindi, puoi prendere le tue magnanime concessioni, la tua stupidità e le tue pessime mosse strategiche e ficcartele nel culo.
Indignato, il comandante sfoderò la spada che portava appesa alla cintura ed alzò il braccio per colpire, ma lanciò un urlo terribile non appena vide il proprio arto cadere a terra, reciso dalla lama del grande anello metallico della guerriera. Pazzo di dolore e rabbia, ordinò ai suoi uomini di attaccare, ma buona parte della prima linea era già crollata sotto le frecce degli arcieri del feudo.
Freya sgranò gli occhi, incapace di capire se in quel momento si sentisse più spaventata, inorridita o meravigliata. Ben presto, sotto di lei, le varie forze si scontrarono, dando inizio ad una cruenta carneficina.
Reika appariva piuttosto imperturbabile, abbatteva i nemici con la propria singolarissima arma e dava ordini ai soldati con la sicurezza di un generale. Il ragazzo dai capelli neri, che doveva essere uno dei suoi fratelli, si destreggiava abilmente con una grande katana, ma spronava raramente i soldati, ripetendo più spesso frasi del tipo “fate come ha detto lei!” piuttosto che comandi veri e propri.
All’improvviso, quando le sorti della battaglia sembravano ormai scontate, Reika gridò ai propri uomini una singola parola: fiamma.
Dall’alto delle mura, Freya rivolse uno sguardo confuso a Makino: - Perché ha detto “fiamma”? Cosa succede ora?
La servetta rispose con un sorrisetto compiaciuto: - Vedrai.
Sotto gli occhi della sbigottita duchessina, l’esercito dei fratelli Shigen cominciò a spostarsi ai lati del campo di battaglia, lasciando buona parte degli avversari al centro. Uno strano soldato, il cui capo era coperto da un grosso elmo, avanzò allora verso i nemici con passo lento e inquietante; alzò quindi un braccio verso il cielo e, in contemporanea, gli arcieri cominciarono a scoccare strane frecce di metallo all’unisono. Fu allora che Freya si lasciò sfuggire un grido: dalla mano del misterioso soldato partì un’immensa fiammata che incendiò le punte dei dardi (evidentemente macchiate di olio infiammabile), provocando ben presto un macabro falò.
I soldati avversari che riuscirono a scampare al massacro fuggirono in preda al panico, ignorando le grida di protesta del proprio comandante che, caricato di peso su un cavallo, fu presto costretto ad accettare la resa.
“Chissà come fa ad avere ancora tutta quella voglia di sbraitare, nonostante il braccio tagliato” pensò Freya con un brivido, mentre i vincitori esultavano con grida di gioia.
- Venite, mia signora – disse Makino raggiante, prendendola per mano – Andiamo ad accogliere i nostri valorosi guerrieri. I fratelli Shigen avranno sicuramente bisogno di me.
Ancora piuttosto scossa, la duchessina obbedì, scendendo la stretta scalinata e facendosi trascinare in mezzo ad una folla poco fitta, fino a raggiungere il corteo militare che in quel momento stava facendo il proprio ingresso trionfale. Le perdite subite dall’esercito del feudo sembravano piuttosto ridotte.
- Portate immediatamente i feriti dai guaritori – ordinò il giovane dalla chioma ribelle non appena tutti i soldati ebbero varcato le mura – Kaito, anche tu hai bisogno di cure, quindi fila subito dal medico di corte – aggiunse rivolto ad un ragazzino magro sui sedici anni, dai capelli castani e lo sguardo vispo.
Quello mise immediatamente il broncio, cercando di nascondere con la mano una ferita alla testa: - Fratello, sto benissimo, ti dico! Non è affatto necessario! Tra poco smetterà da sola di sanguinare e…
- Muoviti – replicò secco l’altro, cominciando a pulire la lama sporca della propria katana.
Kaito sbuffò sonoramente, ma non osò disobbedire: con passi pesanti e pugni stretti, si allontanò in direzione del castello.
- Miei signori! – trillò Makino, senza lasciare la mano di Freya – Che splendida vittoria avete ottenuto oggi! Io e la fanciulla dai capelli chiari abbiamo assistito allo scontro dall’alto delle mura.
- Oh, giusto, ci sei anche tu – commentò Reika, rivolta alla duchessina – Devo ancora capire che accidenti ci facevi in mezzo al campo di battaglia.
- E’ quello che mi domando anch’io – rispose la bionda, mentre Makino correva ad aiutare il soldato misterioso a rimuovere parti dell’armatura – Pochi istanti prima mi trovavo in Danimarca, nella stanza di mia nonna, poi, tutt’a un tratto, sono piombata laggiù.
- In Danimarca? – ripeté la guerriera con fare perplesso – Questo sì che è strano… beh, rimandiamo a dopo le spiegazioni, ho bisogno di lavarmi. A proposito, io sono Reika, figlia del proprietario di questo feudo, lui – indicò il giovane spadaccino - è mio fratello maggiore, Mitsurugi, il moccioso che se n’è appena andato è Kaito e lei è nostra sorella Yori.
- Duchessina Freya Katerina Stormarn – si presentò la ventunenne – Molto piacer… un momento, lei? Sorella?
Con gli occhi azzurri completamente spalancati si voltò in direzione del milite che aveva provocato la fiammata. Ordinate ciocche di lisci capelli color rame caddero sulle spalle del misterioso personaggio non appena l’elmo venne rimosso dalla sua testa; il suo incarnato, seppur non pallido come quello della danese, presentava una colorazione più chiara e rosata rispetto a quella degli uomini dell’est, mentre i suoi lineamenti, giovani e particolari, richiamavano caratteri più europei che asiatici. I suoi occhi, dalle iridi smeraldine, si muovevano qua e là in modo leggermente meccanico.
Freya aggrottò la fronte, mordendosi il labbro nervosamente: c’era qualcosa di strano in quella ragazza. Innanzitutto, era insolitamente alta per una donna, raggiungeva senza dubbio il metro e ottantacinque; poi, i suoi movimenti, seppur in modo quasi impercettibile, avevano un che di artificiale e la sua pelle era inspiegabilmente lucida e levigata, quasi fosse fatta di metallo. Come se non bastasse, Reika l’aveva appena chiamata “sorella”, eppure non somigliava in alcun modo ai tre figli di Sasaki Shigen.
- Qualcosa non va? – domandò quella con un piccolo ghigno – Mi fissi in modo strano, donna dai capelli giallo pallido.
Reika scoppiò a ridere: - Non dirmi che Yori ti fa paura! Al di fuori del campo di battaglia è completamente inoffensiva, se non la fai arrabbiare…
- Non voglio essere scortese – si giustificò Freya – Ma non capisco come abbia fatto a far partire quella fiammata dalla mano… e poi la chiami sorella, ma non ti somiglia per niente…
- Oh, capisco – rispose la ragazza guerriera, scambiando un’occhiata complice con la strana rossa – Yori è nostra sorella adottiva, naturalmente. Considerato poi che non è nemmeno umana…
Notando la più completa confusione sul volto della duchessina, Reika si lasciò sfuggire un sorrisetto e le circondò le spalle con il braccio: - Ti spiegheremo tutto con calma al castello.



Freya si era aspettata che il signore del feudo attendesse i figli all’ingresso dell’abitazione, ma non fu così. Sasaki Shigen doveva essere una persona riservata o solitaria, che raramente metteva il naso fuori casa.
La bionda fu condotta nel grande bagno situato al piano terra, dove Makino le offrì un tappetino affinché potesse sedersi. Yori rimase in piedi e immobile accanto a lei: si era completamente spogliata dell’armatura ed indossava una leggera veste blu, abbellita con decorazioni floreali.
- Tu… ehm… non fai il bagno? – balbettò la duchessina, leggermente a disagio. La rossa rispose con una risatina divertita.
- Non ne ho bisogno – disse infine, arricciando una ciocca di capelli attorno al dito indice – Comunque neanche Reika farà un bagno completo, si laverà via il sangue, la sporcizia e il sudore ma non entrerà nella vasca, non c’è abbastanza tempo.
- Oh, avevo notato in effetti che la vasca è rimasta vuota – osservò la fanciulla – Ma… un momento, voi non vi lavate lì dentro?
Proprio in quel momento, Makino entrò nella stanza con una brocca piena d’acqua in mano, sistemandola accanto ad un piccolo sgabello. Reika fece il suo ingresso un istante dopo, le nudità avvolte da un semplice telo bianco.
- Bene, eccomi – annunciò, dandosi una rapida ravvivava ai capelli – Che stavamo dicendo?
- Beh… io devo parlarvi di come sono giunta fin qui, voi invece… ehi, aspetta, che stai facendo?
Freya sgranò gli occhi sconvolta, arrossendo violentemente: Reika aveva lasciato cadere a terra il telo che la copriva, restando completamente nuda. Il suo corpo era asciutto, modellato dal costante esercizio fisico ma al contempo sensuale e femminile; sulla pelle erano ancora impresse le testimonianze della battaglia appena sostenuta: macchie di sangue rappreso, polvere, graffi leggeri ed un grosso livido violaceo sulla spalla destra.
La duchessina distolse immediatamente lo sguardo, facendo sfuggire una risata alle tre ragazze presenti.
- Sei in imbarazzo? – domandò Reika divertita, accomodandosi sul piccolo sgabello di legno – Non hai mai visto una donna nuda?
- Io… sì, ho visto mia madre e mia sorella… - balbettò la bionda, nascondendo tra le mani il volto ormai scarlatto – Ma non mi pare il caso di…
- Oh, aspetta, tu vieni dalle terre nordiche, sei cristiana, giusto? – la interruppe la giovane guerriera.
- Sì… luterana – mormorò Freya, tenendo gli occhi fissi al pavimento.
Reika annuì sorridendo, mentre Makino cominciava a lavarle la schiena: - Da quello che so, i cristiani sono piuttosto pudici. Non devi vergognarti, sul serio, sono cose normali. Siamo fatte tutte così alla fin fine, no?
- Non esattamente – replicò la biondina, ormai arrossita fino alle orecchie – Io non sono fatta come te… non ho neanche un accenno di muscoli, sono più bassa e non ho i… non ho i seni così grandi…
Le tre giovani risero una seconda volta.
- I seni grandi sono una scocciatura – commentò la secondogenita di Sasaki Shigen – Devo sempre farmi fare le armature su misura. Comunque il mio era un discorso generale, e poi non preoccuparti, anche qui in Giappone la gente ha il senso del pudore, non credere che molti la pensino diversamente da te. Semplicemente, io ho una mia filosofia personale, non vedo niente di disdicevole o imbarazzante in un corpo nudo.
- La penso come lei – sì intromise Yori, senza modificare la propria postura innaturalmente dritta – Ma non credo che conti, visto che non sono un essere umano…
- Oh, giusto! – s’illuminò Freya, accantonando qualsiasi sensazione di disagio o vergogna – Se non sono indiscreta, posso sapere che cosa sei?
La rossa scambiò un rapido sguardo con la sorella, la quale si era appena fatta rovesciare da Makino l’acqua della brocca sulla testa.     
- In realtà nessuno sa con certezza cosa sia Yori – rispose infine la ragazza più grande – Né da dove venga. Io l’ho trovata per caso diversi anni fa, mentre vagava disorientata a poche miglia dal castello, ma non ha mai saputo dirmi nulla delle proprie origini. Lei è… una specie di bambola vivente, costruita con un metallo che non ho mai visto. A prima vista somiglia ad un essere umano, può mutare senza problemi le sue espressioni facciali e sappiamo per certo che è capace di provare emozioni, ma per il resto rappresenta un enorme mistero per chi la conosce.
Freya volse lo sguardo in direzione della ragazza artificiale, faticando parecchio a credere alle parole di Reika: - Ma… com’è possibile?
- Mia sorella è riuscita ad aprire una finestrella sul mio petto, una volta – spiegò Yori, lisciando distrattamente le pieghe della propria veste – Proprio al centro c’è una specie di piccola sfera di energia magica, supponiamo sia quello il motore del mio corpo, che mi permette non solo di “vivere”, ma anche di comportarmi in modo simile ad una donna vera.
- Crediamo anche che Yori sia stata creata da una strega o comunque da un essere estremamente potente – continuò Reika – E che, probabilmente, era destinata ad essere usata come arma da guerra: può far partire fiammate dalle mani e dagli occhi, non prova dolore fisico né stanchezza ed inoltre è stata addestrata a combattere, infatti, quando l’ho trovata, qualsiasi cosa le era sconosciuta, fatta eccezione per le armi. Di quelle sapeva nomi, modi d’uso e, spesso, anche la provenienza.
Makino porse il telo bianco alla padrona, la quale lo avvolse un paio di volte attorno al corpo: - Bene, qui abbiamo finito. Puoi darmi qualche istante per asciugarmi e vestirmi? Ti farò fare un giro per il castello e, nel mentre, mi racconterai la tua storia.
- D’accordo – mormorò Freya, osservando la ragazza guerriera allontanarsi con tanto di ancella al seguito. Volse di nuovo lo sguardo verso Yori, la quale piegò leggermente un angolo della bocca verso l’alto: - Non sei abituata a ricevere tante sorprese in poco tempo, vero?
- In realtà no – borbottò la duchessina.
La terra in cui era capitata era maledettamente strana, a tratti assurda: donne guerriere prive di pudore, ancelle chiacchierone, bambole viventi, sfere di energia magica, feudatari assenti… cos’altro si sarebbe dovuta aspettare da quella realtà tanto diversa dalla propria?



***
Angolo dell’Autrice: Sono stata veloce ad aggiornare questa storia grazie all’ispirazione, ma purtroppo vi devo avvertire di non abituarvi, quando mi piglia il blocco è un problema.
Ok, abbiamo conosciuto i primi personaggi, spero siano di vostro gradimento. Ehm, non chiedetemi cosa mi sia fumata quando ho inventato Yori, ero una ragazzina ingenua fissata con gli horror e mix tra fantascienza e fantasy. Comunque, ha alle spalle una storia (credo) sensata, che si scoprirà più avanti e spiegherà molte cose.
Uh, naturalmente qualcuno avrà notato la frase “avete dovuto chiedere aiuto a dei mercenari per uscirne vittoriosi” di Kazuo (sì, l’ho chiamato col nome ed il cognome di due personaggi di Battle Royale che odio con tutta me stessa). Chissà a chi si riferiva con quel "mercenari" ;) (ma cosa faccio la misteriosa, si è capito sicuramente).
Sì, ho provato a fare una specie di banner (con immagini ovviamente trovate qua e là) anche se non è il massimo perchè non sono granchè con i lavori grafici a pc. Vabbè, portiamo pazienza, Albus Silente mi darebbe qualche punto per l'impegno visto che sono Grifondoro.
Bene, grazie mille per aver letto, a presto!
Tinkerbell92

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Capitolo 3
*** Questioni di famiglia ***


A Swan Song
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- Fammi capire bene: tu saresti arrivata fin qui grazie ad una semisfera stregata?
Freya frugò nel sacchetto che portava appeso alla cintura, senza interrompere la traversata del lungo corridoio che lei e le ragazze stavano percorrendo, ed estrasse l’oggettino magico causa della sua disavventura: il suo sgargiante color smeraldo era svanito, lasciando il posto ad una tonalità di verde piuttosto smorta.
- E’ questa. Solo che prima era di un verde diverso, adesso sembra quasi… spenta.
La porse a Reika, la quale, dopo averla esaminata per qualche secondo, la lanciò in aria, facendola roteare. Non accadde nulla.
- Forse è proprio quello il problema – ipotizzò la maggiore, rendendo la semisfera alla proprietaria – E’ spenta. Potresti averne consumato l’energia attivandola e arrivando fin qui. Forse per tornare indietro dovrai in qualche modo ricaricarla.
- E come? – domandò Freya, riponendo l’oggetto nel sacchetto – Come si ricarica un oggetto magico?
- Questo non lo so, non mi intendo di stregoneria – rispose pensierosa la ragazza dai capelli azzurri – Con un po’ di fortuna potrebbe essere che la sfera si ricarichi da sola restando a riposo, ma, se così fosse, suppongo avrebbe già cambiato anche di poco il proprio  colore, diventando più brillante.
- Forse può c’entrare qualcosa il fatto che sia soltanto una “metà” – suggerì Yori, rimasta in silenzio fino ad allora – Magari ha bisogno di essere riunita all’altra metà per recuperare energia.
- Il che resterebbe comunque un problema – sospirò la danese sconsolata – L’altra metà potrebbe essere ovunque, sarebbe come cercare un ago in un pagliaio. E se per caso fosse rimasta nella stanza di mia nonna, come potrei raggiungerla?
L’eventualità di restare bloccata in una terra sconosciuta, priva del denaro sufficiente per compiere il lunghissimo viaggio che l’avrebbe riportata a casa, la fece cadere nello sconforto. Vero, prima voleva scappare per evitare quell’assurdo matrimonio, ma i suoi piani non prevedevano un esilio permanente e lontano: suo padre, sua sorella, Fred e tutti coloro a cui voleva bene le mancavano già terribilmente, non riusciva ad accettare l’idea di non vederli mai più.
- Ehi – sussurrò Reika, non appena gli occhi della duchessina si fecero lucidi – Non disperare, ragazzina. Forse conosco qualcuno che ti può aiutare.
- Davvero? – s’illumino la bionda speranzosa – Chi?
- E’ una majo che vive sulla vetta di un monte, la sua abitazione si trova ad una settimana di cammino da qui.
- Una majo è una strega – specificò Yori, notando la confusione sul volto della ventunenne– La chiamano in molti modi, da noi è nota come “Strega della Vetta”.
- Capisco – rispose Freya, pensando istintivamente all’amata nonna – E come farò a raggiungerla? Non conosco la strada…
- Pensi forse che ti lascerò andare via da sola? – la interruppe Reika, fermandosi di fronte ad una gigantesca porta scorrevole – Non sopravvivresti un secondo là fuori e a me non va di avere ulteriori pesi sulla coscienza. E poi questa storia mi intriga, sono curiosa di saperne di più. Ma prima di dare inizio ai preparativi per la partenza devo fare rapporto a mio padre, spero non ti dispiaccia conoscerlo.
La porta scorrevole non oppose resistenza alla spinta della guerriera, scivolò di lato emettendo soltanto un flebile fruscio. La stanza che si presentò ai loro occhi era immensa e luminosa, arredata in modo piuttosto semplice ma grazioso, eppure, nonostante il candore perfetto dei muri e la bellezza dei disegni sui paraventi, Freya percepì all’istante una tremenda sensazione di vuoto non appena varcò la soglia.
Erano presenti poche persone, perlopiù soldati; il fratello minore di Reika, Kaito, sedeva scompostamente su un cuscino posato a terra, dondolandosi avanti e indietro con fare annoiato. Aveva la testa bendata da una vistosa fasciatura e, non appena le ragazze fecero il proprio ingresso in sala, agitò una mano in segno di saluto.
Mitsurugi invece era in piedi e stava parlando con un individuo alto dal viso cupo che indossava un’elegante armatura. I capelli scuri dell’uomo presentavano striature tendenti al grigio, evidenti anche sul pizzetto che gli ricopriva il mento, mentre i lineamenti, che apparivano piuttosto piacevoli, erano purtroppo alterati da una perenne espressione apatica.
Si trattava senza dubbio del proprietario del feudo, Sasaki Shigen.
- Suppongo ti abbiano già informato a sufficienza circa la nostra condotta militare di oggi, papino – esordì Reika senza salutare, lasciando trasparire volutamente il proprio disappunto – Non sia mai che questo compito spetti a chi ha guidato i soldati, visto che non si tratta di un uomo!
- Non avevo capito volessi farlo tu- si giustificò Mitsurugi, grattandosi la nuca imbarazzato – Sul serio, pensavo dovessi occuparti della ragazza dai capelli pallidi…
- Il problema è proprio questo, fratello – ribatté la guerriera, visibilmente alterata – Invece che limitarti a “pensare” o “supporre”, dovresti prima chiedere!
- Ciao, padre – salutò Yori, richiamando l’attenzione su di sé per evitare un litigio – Battaglie a parte, hai passato una buona giornata?
- Non so se arrischiarmi a definirla “buona”, figlia mia – commentò Sasaki Shigen con fare quasi assente – Ultimamente mi limito ad attendere la notte. Vedo però che avete portato qui la straniera…
Un improvviso, seppur flebile, barlume di interesse illuminò gli occhi del feudatario, che con aria distratta fece un piccolo cenno con la mano in direzione della duchessina. Istintivamente, Freya si avvicinò, cogliendo l’occasione di studiare meglio quel cupo signore: non poteva avere più di quarantacinque anni, ma l’atteggiamento apatico e lo sguardo spento lo invecchiavano notevolmente; il colore delle sue iridi era tanto scuro da distinguersi di poco dal nero delle pupille e, tra le labbra chiare ed il naso dritto, si intravedevano le minuscole ombre dei baffi in ricrescita.
- Parli la nostra lingua, da quanto mi hanno riferito. Qual è il tuo nome, donna del Nord?
- Duchessina Freya Katerina Stormarn, figlia del Duca Jozef II e… beh, solo Freya andrà bene – si corresse, notando l’espressione confusa dell’interlocutore – Non ho idea di come io sia in grado di capire la vostra lingua, signore, né tantomeno di parlarla. Sono giunta qui per caso dalla Danimarca grazie ad un gingillo magico appartenuto a mia nonna, anche se forse questo potrà sembrarVi strano…
- In una terra ove demoni e stregoni girano a piede libero, nulla ormai appare strano o impossibile, mia signora – commentò Sasaki Shigen – Il mio avo Daisuke Shigen, fondatore della dinastia, combatté a lungo contro esseri inumani e fu testimone di svariate forme di magia.
- Combatté a fianco della sorella maggiore, Murasaki – precisò Reika in tono acido – Ma lei non viene mai menzionata, naturalmente, visto che ebbe la sfortuna di nascere con la vagina!
- Ma nei testi viene menzionata, invece! – s’intromise ingenuamente Kaito – Anche il maestro ci ha parlato di lei quando…
- Lascia perdere, fratello – lo zittì la guerriera, rivolgendosi di nuovo verso il padre – E’ stata soltanto una piccola precisazione. Tornando al discorso di prima, ho intenzione di accompagnare la duchessina da Sakae, in modo che possa risolvere il suo problema. Yori verrà con me.
- Vuoi andare a trovare la Strega della Vetta? – mormorò dubbioso il feudatario – Significa che sarai lontana per almeno quindici giorni… potremmo aver bisogno di te e di tua sorella, ci troviamo in un momento poco propizio…
- Hai un esercito ben addestrato e due figli maschi che hanno una vaga idea di come guidarlo. Più o meno. Comunque dubito che Nakagawa possa anche soltanto pensare di attaccarci nuovamente nei prossimi giorni. Gli ci vorrà tempo per riorganizzarsi e tentare un’eventuale rivincita. Ma visto che siamo in tema, hai pensato al nostro discorso dell’altro giorno?
Sasaki Shigen sospirò, torcendo le mani tra loro, quasi per prendere tempo: - Reika… sai che comprendo la situazione e conosco le tue abilità… ma il fatto è che ciò che mi chiedi porterebbe ad un grosso cambiamento… non è una cosa che si può decidere su due piedi, ci sono un sacco di fattori da tenere in considerazione, tra i quali il consenso della nostra gente e…
- In questo caso, per ora non abbiamo più niente da dirci – ribatté secca la ragazza, facendo un cenno con la testa a Yori ed afferrando la mano di Freya – Ci aspettano i preparativi per la partenza. Col tuo permesso, ci congediamo.
La duchessina ebbe appena il tempo di rivolgere un saluto al signore del feudo, poi venne trascinata fuori dalla stanza, confusa e un po’ stordita dalle scene a cui aveva appena assistito. Scivolò obbediente oltre la soglia della porta scorrevole, accorgendosi però che Reika si era fermata.
Con un indefinibile sguardo, in cui si miscelavano delusione, rancore e dolore, la ragazza dai capelli azzurri rivolse un’ultima frecciatina al padre, rimasto in piedi e immobile nella parte opposta della sala.
- La mamma mi avrebbe sostenuta.
D’istinto, Freya gettò un’occhiata oltre le spalle dell’amica, aspettandosi una qualsiasi reazione da parte dell’uomo, ma Yori la sospinse in fretta lungo il corridoio, ponendo fine allo spiacevole siparietto famigliare.
Restarono tutte e tre in silenzio per diversi secondi, accompagnate soltanto dal suono dei propri passi, poi Reika emise un profondo sospiro, assumendo di nuovo la solita espressione spavalda.
- Incantevole, vero? – domandò alla biondina con fare ironico – Dopotutto, i miei fratelli dovevano aver ereditato l’idiozia da qualcuno…
- Tu padre non mi sembra un idiota – azzardò la danese – Mi ha dato piuttosto l’impressione di essere un uomo molto triste e insicuro. Ma, se posso sapere, qual è il discorso che vorrebbe evitare?
Reika e Yori si scambiarono uno sguardo eloquente.
- Gli ho chiesto di nominare me come suo successore, al posto di Mitsurugi – rispose infine la guerriera – Sono l’unica in grado di assumere il comando del feudo: mentre i miei fratelli, da piccoli, facevano i perdigiorno e si addormentavano durante le lezioni, io studiavo, leggevo e mi documentavo su ciò che accadeva attorno a me. Mitsurugi e Kaito sanno a malapena comandare un esercito, io mi intendo di strategia militare, di economia e di politica. E’ stata mia madre a volere che tutti e tre i suoi figli ricevessero un’adeguata istruzione. Era convinta che il sapere fosse la forma di potere più grande.
- Mia madre non mi ha permesso di studiare quelle cose – borbottò Freya – Non in modo approfondito, almeno. Ho ricevuto la stessa istruzione delle donne nobili della mia terra, tutto ciò che riguarda guerra e governo sono affari degli uomini. Anche se è capitato che al Nord salisse al trono una regina invece che un re.
- Questo feudo è sempre stato amministrato da uomini – spiegò Yori con un sorrisetto amaro – Reika sarebbe la prima feudataria della nostra dinastia e nostro padre teme molto il giudizio altrui. Non è tipo da rompere le tradizioni a cuor leggero.
- Capisco – replicò la bionda, venendo distratta da un buffo uomo anziano che passeggiava scompostamente nel cortile interno – Chi è quello?
Reika gettò un rapido sguardo, poi sorrise compiaciuta: - Daisuke Shigen, precedente feudatario del castello, nonché mio nonno. Porta il nome del nostro fondatore e, come lui, è uno dei più grandi guerrieri del Giappone.
Freya osservò con interesse lo strambo vecchietto, le cui membra erano avvolte da una bellissima armatura scarlatta, ma restò perplessa non appena egli cominciò a danzare con foga, urlando imprecazioni e ordini militari, per poi finire abbracciato ad un grosso ciliegio.
- Beh… lo era, prima di diventare matto – si corresse la giovane, trattenendo a stento una risatina – A volte con la vecchiaia si perde lucidità. Il che è stato un problema per me: mio nonno aveva una mente strategica e ha sempre voluto il meglio per il feudo, se ne sarebbe fregato delle reazioni della gente. Quando è morta mia madre e, qualche anno dopo, lui è impazzito, ho perso i miei principali sostenitori in famiglia e mi è rimasta soltanto Yori.
- I tuoi fratelli non vorrebbero te come feudataria?
- A Mitsurugi non interessa particolarmente la questione e, anche se volesse appoggiare la mia causa, non risulterebbe convincente con nessuno, parla in modo impacciato e non ama fare grandi discorsi. Kaito invece è solo un ragazzino chiacchierone e petulante, dubito gli darebbero ascolto. Ho bisogno di altri sostenitori validi se voglio convincere mio padre.
Freya assunse un’aria civettuola, giocherellando con una ciocca dei propri capelli: - Io posso appoggiarti. Sono figlia di un duca, dopotutto.
Reika la osservò in silenzio per qualche secondo, poi si lasciò sfuggire una risatina, allungando un buffetto sulla spalla della bionda: - Sei adorabile, sul serio. Adesso però sarà meglio dare inizio ai preparativi per il viaggio, visto che partiremo domani all’alba. Oh, e poi dovremo darti un abito per la cena: sarai nostra ospite, stasera.


Freya pensava si sarebbe sentita molto a disagio, circondata da persone sconosciute, consumando cibi a lei ignoti e sperimentando curiose tradizioni, invece, quella cena tanto diversa dal solito si rivelò meno impegnativa del previsto: Reika sedeva alla sua sinistra e rispondeva in modo esauriente a qualsiasi sua domanda, le pietanze avevano un sapore gradevole ed i commensali sembravano più interessati ai propri piatti e alle ragazze che li intrattenevano danzando, piuttosto che ai suoi “insoliti” lineamenti.
L’unica cosa che rendeva la duchessina un po’ intimidita era il fatto di trovarsi accanto al feudatario, il quale non aveva mutato per un solo istante la propria espressione apatica. Si accorse comunque quasi subito che la bionda ospite aveva incominciato a fissarlo.
- La cena è di Vostro gradimento?
- Oh… sì, certo – balbettò la ragazza, ignorando le risatine di Reika e Yori – Mi piace molto.
- Ne siamo lieti – constatò egli in tono distratto – Questo abbigliamento Vi dona molto, mia signora.
Freya arrossì violentemente, schiarendosi la voce e puntando lo sguardo a terra: - Grazie, mio signore.
Il suo semplice abito europeo era stato sostituito da un kimono azzurrino abbellito da decorazioni floreali blu, bianche e oro. Yori le aveva anche raccolto i capelli con un fermaglio a forma di fiore (del quale aveva già scordato l’impronunciabile nome) e, nonostante il bizzarro accostamento di tratti nordici e vesti orientali, si sentiva molto carina.
- Non sei abituata a ricevere complimenti? – le domandò Reika divertita – Voi cristiani siete molto distaccati?
- Non è questo – borbottò la danese, osservando con curiosità Makino che danzava al centro della stanza, avanzando piano verso di loro – E’ che… non ho mai ricevuto complimenti da un feudatario giapponese…
- Ti sto prendendo in giro – la interruppe l’altra, strizzandole l’occhio – Sei tenera quando ti imbarazzi, non sono abituata a parlare con gente timida come te.
- Beh, a casa mia invece, da quando è morta mia nonna, l’unico che non si vergogna di nulla è mio cugino Fred.
Il nome del futuro cognato provocò in Freya una fitta di nostalgia, interrotta però dalla domanda che Mitsurugi rivolse alla sorella: - Hai sentito dell’ultima impresa dei Sette? Sono riusciti ad espugnare un intero feudo proprio stamattina.
- Sì, mi è giunta voce. Stanno facendo carriera piuttosto in fretta.
- Dite che potremmo… assoldarli una seconda volta? – domandò Sasaki Shigen con aria pensierosa – Forse loro saranno in grado di mettere a tacere Nakagawa definitivamente.
- Loro servono chi paga bene – replicò fredda Reika – Quindi per noi non dovrebbero esserci problemi. Possiamo mandare un emissario, o chissà, con un po’ di fortuna potrei anche trovarli per strada. Da quanto ne so, al momento bazzicano nei territori settentrionali, non molto distanti dalla vetta della majo.
- Chiedo scusa – si intromise Freya con fare curioso – Chi sono i Sette?
- Sono dei mercenari – rispose Yori, mentre Makino le si accomodava in grembo – O meglio, sono una squadra composta da sette guerrieri dotati di abilità straordinarie. Persino l’esercito del nostro feudo tremerebbe di fronte ad un loro attacco.
- Abbiamo chiesto i loro servigi una volta – continuò Reika con un sorriso malizioso – Prima che Kazuo Nakagawa cominciasse a sentirsi stretto nel proprio territorio, altri tre feudatari si erano messi in testa di conquistarci. Grazie alla Squadra dei Sette siamo riusciti a metterli a cuccia nel giro di pochi giorni.
- Alcuni di loro avevano delle armi bellissime – soggiunse Kaito entusiasta – La spada di Jakotsu è… è… non ho parole per descriverla. E il modo in cui la maneggia, arte pura! Se lui fosse stato una ragazza, come credevo all’inizio, avrei chiesto la sua mano.
- E lui magari avrebbe accettato amputando la tua, per gioco – ironizzò la sorella maggiore– Attento a quello che desideri, fratellino.
- Non ho detto che voglio sposare Jakotsu! – sbottò il sedicenne – Ho detto che l’avrei fatto se fosse stato una ragazza.
Reika scambiò un’occhiata divertita con Mitsurugi e Yori, poi si rivolse nuovamente all’ospite danese: - I Sette sono avversari che nessuno vorrebbe avere: in battaglia sono assetati di sangue e violenti, non fanno prigionieri. Lo scontro a cui hai assistito oggi non è neanche lontanamente paragonabile rispetto ai loro massacri. Come ospiti, però, si sono rivelati personaggi estremamente interessanti, molto più di quanto pensassi. Mi sono anche scopata uno di loro durante le notti che hanno passato qui.
- S-scopata? – ripeté Freya, cercando invano di mascherare il disagio – Vi siete innamorati?
- Oh, no, certo che no! – rise la guerriera – E’ stato solo per divertirsi un po’, tutto qui. Tu pensi si faccia sesso soltanto quando si è innamorati o sposati?     
La duchessina si morse la lingua, arrossendo fino alle orecchie. Non sapeva se sentirsi più imbarazzata, stupita o offesa. Certo, maledizione, lei sapeva che la gente poteva fare sesso senza il bisogno di vincoli sentimentali o matrimoniali, però, dalle sue parti, nessuno sbandierava simili vanti in pubblico; nemmeno Fred si era mai messo a raccontare tanto sfacciatamente le proprie avventure erotiche durante le cene di famiglia.
- No, non lo penso – brontolò infine, mettendo il broncio – Non sono una ragazzina stupida.
- Ehi, non prendertela, non intendevo questo. Sono una persona schietta e il mio modo di parlare non piace a tutti, ma non avevo alcuna intenzione di offenderti, davvero.
Il sorriso di Reika era particolare, a tratti malizioso, a tratti amichevole. Nonostante il taglio di capelli poco elegante ed i lineamenti un po’ duri, era in qualche modo affascinante. Il kimono blu, bianco e rosso che indossava presentava una scollatura che, seppur sottile, mostrava in modo distinto l’attaccatura del seno. Freya distolse immediatamente lo sguardo non appena si sorprese a sbirciare proprio quel punto.  
Provò a guardare oltre la spalla della ragazza, dove Makino cercava di convincere Yori ad alzarsi e ballare con lei. La rossa ovviamente non aveva toccato cibo e, senza nascondere un sorrisetto compiaciuto, pareva piuttosto riluttante dinnanzi alle pretese dell’ancella, senza però impedirle di riempirla di baci e moine.
- Ehi, duchessina, hai deciso di non parlarmi più?
Reika le puntellò il braccio un paio di volte con il lungo dito indice; non si era ancora cancellata quel sorriso furbo dalla faccia.
- No, io… stavo solo pensando – mormorò la bionda, mentre i commensali applaudivano Yori che, cedendo alle richieste di Makino, si era finalmente alzata in piedi, facendosi trascinare al centro della stanza. La sua figura magra e altissima svettava vistosamente in mezzo a quelle delle giovani danzatrici.
- Non ti preoccupare, principessa, ti faremo tornare a casa.
Il tono di Reika era diverso dal solito, quasi affettuoso. Freya riuscì a ricambiare spontaneamente il suo sorriso, continuando ad osservarla quando ella si voltò per assistere alla danza della sorella minore.
Era strana ai suoi occhi, come qualsiasi cosa lì attorno, eppure nei suoi confronti avvertiva  una piacevole curiosità, un perentorio desiderio di conoscerla meglio.
Scostò infine lo sguardo per studiare le movenze delle ballerine: le stoffe dei kimoni colorati emettevano leggeri fruscii seguendo il movimenti dei corpi, i capelli di Yori parevano sottili lingue di fuoco.
Per un istante, Freya fu colta da un fugace senso di dèjà-vu, presto però sostituito da una flebile malinconia.
Sarebbe davvero riuscita a tornare a casa?



***
Angolo dell’Autrice: Eccomi qua di nuovo, ci ho messo un po’ ad aggiornare, anche se a dire il vero questi per me sono comunque tempi brevi.
Questo capitolo è stato un po’ una fase di “passaggio”, già dal prossimo cominceranno a succedere cose interessanti, tra le quali l’introduzione di un nuovo personaggio.
E, come avete visto, finalmente c’è stato il primo accenno concreto alla Squadra dei Sette. Probabilmente è quello che molti stavano aspettando (a dire il vero, pure io non vedevo l’ora di descrivere quel momento).
Grazie mille per aver letto, alla prossima!
Tinkerbell92

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Capitolo 4
*** Kuchisake-Onna ***


A Swan Song
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- Siete sicura di esserVi svegliata del tutto, duchessina? Volete che Vi pizzichi le guance?
- Sono sveglissima – mentì Freya, sbadigliando e tenendo d’occhio le dita di Makino, visibilmente ansiose di serrarsi in perversi pizzicotti sulle sue gote piene e morbide.

Non le era mai piaciuto alzarsi presto la mattina ed il trovarsi fuori dalle mura del castello all’alba era stato decisamente traumatico.  
Come se non bastasse, il suo abbigliamento nordico, ritenuto inadatto al viaggio, era stato sostituito da uno stranissimo completo giapponese azzurro, bianco e blu, che non sarebbe stato pessimo se non fosse stato per i pantaloni.
“Che cosa imbarazzante” pensò la duchessina, mentre Reika lasciava le ultime raccomandazioni ai fratelli e al padre, che le avevano accompagnate al cancello principale “Posso capire tutto, ma i pantaloni no! Fortuna che mi hanno almeno permesso di portare la mia mantella…”
- Quindi andremo a piedi? – domandò sconsolata, rivolgendosi a Makino – Vedo un solo cavallo già sellato e pronto per la partenza…    
- Sì, il cavallo vi servirà per portare borse e provviste. Non sarà un viaggio troppo faticoso, non preoccupateVi.
- Fidati, è meglio così – s’intromise Reika, voltandosi con un sorrisetto furbo – Nessun cavallo può salire alla vetta della strega senza rischiare di rompersi qualcosa, tanto vale portarne soltanto uno e lasciarne il più possibile a disposizione dell’esercito. Senza contare il fatto che dubito tu sappia cavalcare seriamente.
- Io so cavalcare! – protestò la danese – Solo perché non sono una guerriera non significa che…
- Solitamente cavalchi tenendo le gambe unite, giusto? – la interruppe Yori in tono calmo – E’ questo che Reika intende dire. Vista la tua avversione ai pantaloni, ci viene facile pensare che tu non sia avvezza a cavalcare con una gamba per lato.    
- Cioè come un uomo? – inorridì Freya, quietandosi all’istante non appena realizzò di essersi offesa inopportunamente – Oh, capisco… no, mia madre non ha mai permesso a me e mia sorella di cavalcare in quel modo, lo trova volgare.
Reika le strizzò l’occhio sorridendo, per poi tornare seria e fredda quando si rivolse nuovamente al padre: - Ho mandato delle spie per controllare Nakagawa, giusto per farvi sentire più sicuri, ma, come ho già detto, dubito fortemente deciderà di attaccare durante la mia assenza.
- Ti ringrazio – replicò distrattamente l’uomo.
- Faremo il possibile per tenerci pronti – soggiunse Mitsurugi, tenendo lo sguardo basso e grattandosi la nuca – Sto rispolverando varie strategie militari, sperando non ce ne sia realmente bisogno.  
- Nessuno ci coglierà impreparati! – fece eco Kaito con entusiasmo – Ah, spero incontriate i Sette, così potrete chiedere di nuovo i loro servigi! Ricordatevene, mi raccomando!
- Ho mai scordato qualcosa di importante, scricciolo? – lo punzecchiò Reika, dandogli un buffetto sul naso – Non preoccupatevi, sarò di ritorno il prima possibile. E sì, accompagnata dai Sette, se tutto andrà bene.
- Buon viaggio, figlie mie – salutò Sasaki Shigen col solito tono apatico, ricevendo risposta soltanto dalla rossa.
Freya cercò di nascondere la punta di imbarazzo che le provocava il rapporto tra Reika ed il padre, si avvicinò al feudatario e si esibì in un piccolo inchino: - Arrivederci, mio signore, Vi ringrazio per la Vostra ospitalità e la Vostra gentilezza.
- Arrivederci a Voi, mia signora – rispose quello – E’ stato un piacere.
Scambiati gli ultimi convenevoli con Mitsurugi, Kaito e Makino (la quale ne approfittò per pizzicarle le guance) la duchessina afferrò distrattamente le redini del cavallo e, tenendo lo sguardo fisso all’orizzonte, cominciò ad incamminarsi insieme alle due nuove amiche verso la vetta della misteriosa majo.


Dopo un paio d’ore di camminata, Freya reprimeva con immensa fatica l’impulso di montare sul cavallo o chiedere una pausa. Fosse stata in Danimarca, circondata da famigliari e servitù, non ci avrebbe pensato due volte a sfruttare qualsiasi agevolazione possibile (a dir la verità,  fosse stata in Danimarca non avrebbe mai e poi mai intrapreso un viaggio di giorni a piedi e con pochi lussi), ma in quel frangente preferiva tenere la bocca chiusa e stringere i denti, provando a distrarsi con le bellezze del paesaggio che la circondava e ascoltando i discorsi delle due sorelle.
Per la prima volta in vita sua vedeva le proprie necessità come un possibile segno di debolezza: cosa avrebbero pensato quelle donne guerriere, così forti e indipendenti, se si fosse messa a piagnucolare perché si sentiva stanca e le sue gambe urlavano vendetta? Di certo l’avrebbero derisa, oppure l’avrebbero assecondata pensando “povera principessina debole e viziata!”
No, mai e poi mai avrebbe permesso a qualcuno di giudicarla così, soprattutto a Reika.
Le gettò uno sguardo furtivo nel momento in cui la guerriera era troppo impegnata a discutere di incomprensibili faccende politiche con Yori per accorgersene: i suoi capelli corti puntavano in tutte le direzioni, anche se Freya non aveva idea se fosse un effetto voluto o un semplice segno di trasandatezza; indossava pantaloni simili ai suoi, solo che neri, protezioni varie su spalle, avambracci, stinchi e ginocchia ed il suo busto era protetto da una resistente armatura finemente decorata, che non mancava però di metterle in risalto il petto generoso.
“Mi interessa troppo la sua opinione” pensò al duchessina, distogliendo immediatamente lo sguardo dal decolleté dell’amica “Perché mi interessa tanto quello che lei pensa di me? La conosco appena! Cosa può…”
- Sei ancora tra noi, mia signora?
Il brusco ritorno alla realtà portò la biondina ad inciampare su un sasso, restando in piedi per miracolo. Fece appello a tutto il proprio autocontrollo per non offendersi quando le compagne si lasciarono sfuggire una risatina.
- Stavo solo pensando a cose mie – replicò con nonchalance, lisciandosi le pieghe dei pantaloni – A che punto siamo?
- Non molto distanti da un villaggio, se vuoi riposare possiamo fermarci lì per un’ora – disse Yori col solito tono cortesemente neutrale.
La tentazione di chiedere una pausa era veramente forte, ma non quanto il timore di apparire debole agli occhi delle due ragazze. Freya si morse la lingua e, dopo aver chiesto mentalmente perdono al proprio fisico, si sforzò di sorridere: - No, dai, non ho l’impellente bisogno di fermarmi… magari possiamo fare una pausa direttamente al villaggio successivo. Quanto dista?
- Una quarantina di minuti a piedi – rispose Reika – Questo è il percorso più breve per arrivare dalla majo, oltre che il più sicuro, ma, purtroppo, si trova in estrema periferia, quindi i villaggi sono molto più radi e sparpagliati.
- Non c’è problema, davvero.
Piangendo disperatamente dentro di sé, la duchessina gonfiò il petto con fare spavaldo ed alzò il mento fingendosi agguerrita. Restò abbastanza perplessa non appena vide una specie di carro a quattro ruote giungere dalla direzione opposta alla loro.
- Quelli chi sono?
Yori diede un’alzata di spalle: - Probabilmente trasportatori di merci. Spostiamoci di lato, così non avranno problemi a passare.
- Solitamente sono gli altri a doversi spostare per far passare me – disse la danese abbozzando una battuta, mentre il carro si avvicinava sempre di più. Non appena si trovò a pochi passi di distanza dalla ragazze, invece che proseguire, il cocchiere tirò le redini dei due cavalli, arrestando la marcia.
Era un uomo sulla quarantina, completamente calvo e col mento coperto da un pizzetto nero. Dietro di lui, seduto scompostamente sul coperchio di legno che celava la merce trasportata, un ragazzino dal sorriso furbo scrutava il trio femminile con aria curiosa.
- Salve, mie signore – salutò educatamente il conducente del carro – Perdonate la mia indiscrezione, ma non posso fare a meno di domandarmi come mai tre ragazze viaggino da sole per questi sentieri deserti.
- Sappiamo cavarcela – rispose Reika, sostenendo con fierezza lo sguardo dell’uomo – Se siete preoccupato per noi, posso assicurarVi che non ne avete alcun motivo.
- Perché quella ragazza ha i capelli gialli? – s’intromise il ragazzino, indicando Freya – E’ forse un demone?
- Shinji, non essere maleducato! – lo rimproverò il cocchiere, rivolgendo poi uno sguardo desolato alle giovani viaggiatrici – Perdonate mio figlio, è poco più che un bambino e non ha ancora imparato a tenere a freno la lingua.
- Nessun problema, signore – assicurò la duchessina – Comunque no, non sono un demone.
- La mia amica è straniera – spiegò Reika con fare spiccio – Visto che giungete dalla direzione opposta alla nostra, posso chiederVi da dove siete partito e se il viaggio è stato tranquillo?
- Arrivo dal villaggio di Ikeda, sono in viaggio da un paio di giorni. Fortunatamente non ho incontrato ostacoli finora, il tratto che mi preoccupava maggiormente era il sentiero che collega il villaggio di Ueda al feudo di Imagawa, ma grazie agli dèi è andato tutto bene.
- Noi raggiungeremo quel tratto nel pomeriggio – osservò Yori, facendo un rapido calcolo mentale – Come mai Vi spaventa tanto?
- Immagino non siate mai passate per quella zona negli ultimi due anni – ipotizzò l’uomo, ricevendo un cenno affermativo da parte di Reika – Sono accadute cose strane lì, ultimamente. Cose strane e spiacevoli. La gente ha cominciato a chiamare quel pezzo di strada “Il Sentiero Maledetto”.
- Cose strane e spiacevoli? – domandò Freya, logorata dalla curiosità – Ad esempio?
- Alcune persone sono state uccise – s’intromise il giovane Shinji – Le hanno trovate sul ciglio della strada, tutte piene di sangue e con un’espressione di terrore dipinta sul viso. Altre persone, invece, sono arrivate ai villaggi con la faccia sfigurata, qualcuno aveva aperto loro la bocca da un orecchio all’altro. Così, capite? – si tirò gli angoli delle labbra con le dita, esibendosi in una serie di smorfie – Però loro erano proprio squarciati. Ne ho visto uno a cui avevano appena ricucito le ferite, sembrava un mostro!
- Shinji, non mancare di rispetto! – l’apostrofò il padre –Il mostro è chi compie delle simili nefandezze, prendendosela con degli innocenti, non chi ha avuto la sfortuna di incontrarlo, restando sfigurato. Provo così tanta compassione per quella povera gente costretta a vivere nel terrore… vedete, mie signore – continuò, rivolgendosi alle tre ragazze – è evidente che siate delle donne forti, sicure di voi stesse, noto anche che vi portate delle armi appresso. Però vorrei comunque consigliarvi di fare attenzione quando vi troverete sul Sentiero Maledetto. Se proprio non potete evitarlo, almeno cercate di attraversarlo in fretta e con cautela, magari prima che faccia buio.
- Saremo prudenti – promise Reika – E Vi ringraziamo per averci avvisate…
- Il mio nome è Eiji, mia signora – l’anticipò quello con un sorriso – Trasporto merci di qualsiasi tipo in ogni feudo o villaggio della zona Nord-Ovest del Giappone! Volendo, però, posso spingermi anche al di fuori dei miei confini usuali, quindi, in caso abbiate bisogno di una consegna speciale, sarò lieto di offrirvi i miei servigi. Basterà recarsi da queste parti e chiedere di Eiji: appena possibile sarò da voi.
-  Lo terremo a mente – rispose cordialmente Yori – Buon proseguimento, signor Eiji.
- Altrettanto, mie signore.
Freya colse l’occasione per restare ferma qualche secondo in più fingendo di osservare il carro allontanarsi, poi si costrinse a riprendere il cammino insieme alle altre due.


 La sosta di mezzogiorno rappresentò una forma di sollievo piuttosto limitata; Freya sperava ingenuamente che bastasse sedersi e mangiare qualcosa per recuperare le forze, ma si rese conto in fretta di essersi sopravvalutata.
Solo un pensiero le permetteva di distrarsi e ignorare le proteste del proprio fisico spossato: era curiosa di vedere il tratto di strada su cui Eiji le aveva messe in guardia.
Come previsto da Yori, raggiunsero il Sentiero Maledetto nel pomeriggio.
La duchessina aguzzò la vista, cercando di cogliere ogni dettaglio del paesaggio circostante; il pericoloso sentiero, tuttavia, appariva come una semplice e lunga stradina in terra battuta, in cui, di tanto in tanto, si immettevano piccole vie secondarie come quella da cui lei e le ragazze erano giunte. Passava in mezzo ad uno sparuto boschetto e proseguiva dritto fino a perdersi all’orizzonte; sforzando un po’ gli occhi, si poteva scorgere in lontananza il tetto scuro del feudo di Imagawa.
- Tutto qui? – si lasciò sfuggire la bionda con una punta di delusione – Questo è il sentiero di cui parlava il carrettiere?
Reika si lasciò sfuggire una risatina: - Che ti aspettavi, un viale buio in mezzo ad una foresta con draghi, demoni e fantasmi? Non siamo in una fiaba, tesoro.
- Qualcosa di sicuro c’è – intervenne Yori con fare pacato, notando il cipiglio che già stava per oscurare il volto della duchessina – Ma è una minaccia recente, che probabilmente sa nascondersi bene ed esce allo scoperto quando vuole.
- Va bene, va bene – tagliò corto Freya, cercando invano di non mostrarsi offesa – Proseguiamo.
Aveva ormai capito che i modi di Reika erano brutalmente diretti e tendenti ad un perenne sarcasmo, eppure non riusciva ad evitare di prendersela ogni volta che la guerriera le rispondeva in tono saccente e irrisorio. Era sempre stata una persona estremamente sensibile e, fino a quel momento, nessuno, eccetto sua madre, aveva mai osato ferire tanto il suo orgoglio.
“Stronza insensibile” pensò tra sé “Non ne posso più delle tue rispostine odiose! Giuro che alla prossima io ti…”
- Ferme!
L’ordine perentorio di Yori destò la duchessina da ogni invettiva personale. Freya si guardò attorno con fare nervoso, cercando di individuare il problema; le espressioni tese sul volto delle sue compagne non promettevano nulla di buono.
- Che succede?
La rossa avanzò di qualche passo con fare circospetto: - Ho visto qualcosa muoversi poco avanti a noi, fuori dal sentiero, proprio in mezzo a quei due alberi lì…
- Ne sei sicura? – domandò la duchessina – A me sembra che lì in fondo sia tutto tranquillo… il tizio del carretto aveva detto che il tratto è più pericoloso di sera, no? Sai, a volte io mi faccio suggestionare e…
- Yori non è suggestionabile – la interruppe Reika in tono piatto, serrando la mano sull’impugnatura del proprio anello di metallo – Ricordati che non è umana. Ha una possibilità molto ridotta rispetto a noi di sbagliarsi su qualcosa.
- Non sono comunque infallibile – mormorò la rossa, sfoderando lentamente due coltelli – Ma preferisco controllare.
- Tu a sinistra, io a destra – stabilì Reika, avanzando cautamente.
Freya sospirò, accarezzò la testa del cavallo (che era stato tranquillo e diligente per tutto il giorno) e si sedette su un grosso masso che spuntava sul ciglio della strada: - Io vi aspetto qui.
Dava le spalle al cupo boschetto che circondava il sentiero e, per passare il tempo, si era messa a giocherellare con il ciondolo che portava legato al collo. Di tanto in tanto, il cavallo muoveva le zampe anteriori, portandola a sollevare lo sguardo nella speranza che le amiche fossero tornate.
- Sai – disse ad un certo punto, rivolgendosi alla bestiola – Credo proprio che la tua padrona mi reputi una specie di nullità. E tutto perché nessuno mi ha insegnato a combattere, o a camminare per ore senza fare una sosta, o a governare… nella mia società i ruoli degli uomini e delle donne sono ben definiti, sai? Beh, anche qui mi sembra che le cose non vadano poi tanto diversamente, però lei cerca di remare contro questi ruoli e mi mette in confusione. Non ci sono abituata, ecco. Questo non è il mio mondo. Probabilmente lei mi odia, anche se non mi spiego perché abbia deciso di aiutarmi, né perché mi stia facendo tanti problemi riguardo quello che pensa… non mi spiego nemmeno perché sto parlando con un cavallo!
Serrò le braccia attorno alle ginocchia ed assunse un’espressione afflitta: - Sto diventando pazza…
Un brusco movimento la destò da qualsiasi riflessione: l’equino si era voltato nella sua direzione ed aveva lanciato un nitrito allarmato.
- Cos’hai? – domandò la ragazza – Perché sei così spaventato? Ti giuro che non mi sono mossa!
Fu soltanto quando terminò la frase che percepì l’inquietante presenza alle proprie spalle.
Si alzò in piedi di scatto, si voltò e indietreggiò di qualche passo verso l’animale, fermandosi però all’istante non appena vide chi si era appostato dietro di lei.
- Oh, chiedo scusa – balbettò la bionda – Mi avete spaventata.
La persona con cui stava parlando era una ragazzina minuta dalla carnagione tanto pallida da apparire quasi spettrale; dimostrava a malapena diciotto anni e raggiungeva a stento il metro e sessanta d’altezza. I suoi capelli neri scendevano dritti fino alle anche e presentavano delle strane striature scarlatte, mentre i suoi occhi, grandi ma inespressivi, erano tinti di un grigio-azzurro smorto e quasi innaturale.
Cioè che colpì di più Freya non fu il kimono verde e oro che avvolgeva la sua figurina in modo decisamente discinto, lasciando scoperte le spalle aguzze e buona parte del grazioso seno (unico accenno di morbidezza in quel fisico magro e spigoloso), ma la mascherina bianca che celava per intero la metà inferiore del suo volto.
Prima che la bionda avesse il tempo di aprire bocca una seconda volta, la misteriosa fanciulla parlò. La sua voce era tanto flebile da apparire quasi un inquietante sussurro.
- Non ho capito – si scusò Freya – Potresti ripetere?
- Mi trovi bella? – disse quella, alzando appena il tono.
La ventunenne restò in silenzio per qualche secondo, un po’ stupita da una simile domanda.
- Beh…
Osservando la parte scoperta del viso si scorgevano in effetti dei lineamenti incantevoli, simili a quelli di una bambola. Il resto del corpo era forse troppo smunto, sintomo evidente di una scarsa alimentazione, ma il volto aveva conservato comunque una bellezza fresca e delicata. E, guardando meglio, il grigio dei suoi occhi presentava una sfumatura quasi magnetica…
- Sì, certo, sei molto bella – rispose infine la duchessina – Ma mi fa strano che tu mi abbia chiesto una cosa simile, non è abbastanza evidente anche per te?
Quella tacque per un istante, dopodiché emise uno strano verso, simile ad una risatina. Con fare flemmatico portò la mano destra al volto e, lentamente, si sfilò la mascherina.
Freya sentì il sangue gelarsi nelle vene, avvertendo al contempo un tremendo capogiro e l’impulso di gridare. Barcollò all’indietro, rischiando di inciampare, totalmente incapace di distogliere lo sguardo dalla sconvolgente visione.
La bocca della ragazzina era stata spaccata da quello che sembrava un colpo di spada: due orribili squarci, uno su ogni lato del viso, si allungavano dall’angolo delle labbra fino all’attaccatura della mascella, a pochi centimetri dalle orecchie.
Quel volto tanto grazioso era stato ignobilmente dissacrato, rovinato, distrutto, obbligato ad un perenne inquietante sorriso.
La sfregiata avanzò di un passo, senza perdere l’atteggiamento noncurante e flemmatico, e parlò nuovamente in tono irrisorio. Attraverso i due orridi tagli si poteva osservare senza problemi ogni dettagli della cavità orale, dai denti, alla lingua, alla gola.
- E adesso? – disse con un piccolo ghigno – Mi trovi ancora bella?
Tramortita e confusa per via dello shock, Freya provò a rispondere qualcosa, ma produsse soltanto un sibilo strozzato.
Abbassò d’istinto lo sguardo sulla mano sinistra della ragazza e notò che le sue dita stringevano qualcosa di appuntito e incrostato di sangue rappreso: un paio di forbici.
- Come devo interpretare il tuo silenzio?- proseguì la terrificante figura – Non mi sembra difficile dare una risposta: sì o no? Una parola, due lettere. Ne sei sicuramente capace.
Facendo appello a tutto il proprio coraggio, la duchessina strinse le mani tremanti a pugno e le nascose dietro la schiena: - Io… penso che il tuo viso sia bello… ma la tua… la tua bocca… mio Dio, la tua bocca…
- Sì o no? – ripeté l’altra con insistenza – Lo so com’è la mia bocca. Voglio che tu mi risponda sì o no!
- Io… io non lo so… nel complesso comunque credo di sì…  
Un lampo terribile attraversò gli occhi della creatura (perché no, non poteva essere umana, quale umano sarebbe sopravvissuto senza cure ad una ferita simile?) e, più rapida di un’ombra, la sua mano destra si serrò attorno alla gola di Freya, mentre l’altra si sollevò puntando le forbici all’altezza del suo volto.
Per essere una figura minuta, aveva una presa piuttosto salda (forse aiutata in parte dell’effetto sorpresa).
- Stai mentendo! – sibilò – Mi stai prendendo in giro! Vedremo se avrai ancora voglia di fare la spiritosa con una mutilazione come la mia!
Freya trovò finalmente la forza per gridare, anche se i muscoli del suo corpo continuavano ad essere paralizzati. Le lame si fiondarono verso l’angolo destro delle sue labbra dischiuse, ma, proprio nel momento in cui avvertì il freddo del metallo contro la propria carne, qualcosa colpì in pieno l’arma della sfregiata, facendola volare via.
La presa sul collo della duchessina si allentò, fino a schiudersi completamente.
Rapidissima, la creatura indietreggiò, evitando per un pelo di essere trafitta da uno dei pugnali di Yori. Riuscì a raccogliere le forbici cadute a terra e si preparò ad attaccare, ma la mano della rossa si serrò in una morsa rigidissima sulla sua mascella.
Con un grido di rabbia, colpì più volte il polso di metallo con la punta della propria arma, ritrovandosi ben presto tra le dita un paio di forbici rotto.
Freya si limitò ad osservare la scena ad occhi sgranati, sussultando quando Reika le toccò una spalla.
- Stai bene?
Ancora sconvolta, la giovane annuì, volgendo di nuovo lo sguardo verso la guerriera dalla chioma fulva e la creatura che si dimenava inutilmente per sfuggirle.
Yori restò in silenzio ed impassibile per qualche secondo, dopodiché afferrò la prigioniera per un braccio, cercando di tenerla ferma, mentre con la mano libera sfiorò appena gli squarci che sfiguravano quel volto tanto bello.
La ragazzina rabbiosa si placò all’istante, sorpresa da tale gesto.
- Chi è stato? – domandò la donna di metallo  – Chi ti ha fatto questo?
Una lacrima scese lungo la guancia sinistra della spaventosa fanciulla, scivolandole dentro la bocca attraverso la ferita.
- Ha importanza? – sussurrò con voce spezzata.
Yori si voltò per incontrare lo sguardo di Reika, poi ripeté in tono empatico - Chi ti ha fatto questo?




***
Angolo dell’Autrice: Ormai l’ispirazione fa i capricci, portate pazienza.
Spero comunque che il capitolo vi sia sembrato interessante e che abbiate gradito l’entrata in scena del nuovo personaggio.
Come dice il titolo, mi sono ispirata alla leggenda giapponese della Kuchisake-Onna.
Ah, faccio una piccola precisazione: nella storia si trovano pochi termini giapponesi che solitamente si riscontrano nelle altre ff sui manga. La spiegazione è semplice: io scrivo dal punto di vista di Freya, che non conosce i nomi degli abiti, dei cibi, delle armi e cose così.
Conosce le parole più comuni tipo “kimono” perché le ha sentite qualche volta.
Oltretutto, sto cercando di renderla più realistica ed umana possibile, quindi se qualche suo atteggiamento vi infastidisce… beh, suppongo sia normale, visto com’è cresciuta. E sì, si fa veramente tante pare mentali XD
Grazie mille per aver letto e per la pazienza.
Al prossimo capitolo!
Tinkerbell

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Capitolo 5
*** La sposa infelice ***


A Swan Song
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La furia cieca negli occhi della minuta creatura sembrava essersi spenta del tutto. Yori non aveva mollato la presa sul suo braccio, ma, probabilmente, anche l’avesse lasciata andare non avrebbe corso alcun rischio.
La strana ragazzina si morse il labbro, battendo le palpebre per asciugare gli occhi lucidi. Abbassò quindi lo sguardo, sospirando un paio di volte prima di rispondere.
- Mio marito… mio marito mi ha ridotta così…
Reika scosse la testa con un sorriso amaro, per nulla sorpresa dalla rivelazione; Freya, al contrario, si portò la mano alla bocca, inorridita.
- Come può un marito fare una cosa simile alla propria moglie?- esclamò la duchessina sconvolta. – Perché avrebbe…
- Sono cose che accadono più spesso di quanto immagini, principessa, il mondo è un posto crudele – la interruppe la secondogenita di Sasaki Shigen in tono piatto, per poi rivolgersi alla prigioniera sfregiata. – Per quanto ti riguarda… sono la prima ad averne fin sopra i capelli degli abusi che subiscono le spose e in generale di questo schifo di società fallocentrica, ma uccidere o squarciare le bocche delle persone che incontri non ti rende migliore di chi per primo ti ha fatto del male.
- Tu non hai idea di quello che ho passato! – ringhiò la creatura con fare stizzito. – Non sai quello che mi è successo, quindi…
- Perché non ce lo racconti, allora? – intervenne Yori, calmando le acque. – Ci spostiamo dalla strada, ci sediamo o se vuoi restiamo in piedi… e ci spieghi cosa ti ha portato a tutto questo.
Seguirono diversi istanti di silenzio, poi, la ragazzina indicò con un cenno della testa il masso su cui poco prima era seduta Freya: - Se davvero vi interessa sapere… forse vi conviene sedervi. E’ una storia piuttosto lunga…
- Cedo volentieri il posto alla principessa – rispose Reika, con un sorrisetto. Freya decise di non replicare; mise da parte l’orgoglio e si accomodò nuovamente sulla grossa roccia levigata. L’attendeva un lungo viaggio, quindi avrebbe approfittato di qualsiasi occasione per riposare le gambe.
- Il mio nome è Midori Mizutawa. O meglio, lo era quando la mia vita andava per il verso giusto – cominciò la giovane dalla bocca squarciata. – Venni al mondo dodici anni dopo la prima dei miei tre fratelli, e, alcuni mesi dopo, i miei genitori morirono mentre attraversavano a cavallo un pericoloso sentiero di montagna. In seguito a questo incidente, io e i miei fratelli fummo costretti a trasferirci dal Sud in queste zone, dove l’anziana zia di mia madre si prese cura di noi per una quindicina d’anni. Quando morì, ci lasciò in eredità la sua casa e tutti i suoi beni, confidando in un comportamento corretto da parte di tutti e quattro. Sfortunatamente, le cose andarono diversamente da come si era immaginata: i miei due fratelli, Hirotoki e Isaru, gemelli tra loro, erano irresponsabili e incapaci di gestire il denaro, mentre mia sorella Keiko, seppur di animo nobile, era nata con problemi mentali che la screditavano agli occhi di qualsiasi conoscente. Non fu difficile per Hirotoki e Isaru sbarazzarsi di lei: fecero in modo che diventasse ufficialmente la Matta del Villaggio e, fingendo misericordia nei suoi confronti, la spedirono al tempio perché diventasse sacerdotessa e rimanesse lontana dai loro affari il più possibile. Un bel modo per ringraziarla di essersi presa cura di tutti noi insieme alla zia.
Per quanto mi riguarda, fui lasciata in pace per circa un anno in seguito alla morte della zia, fino a quando il denaro lasciato in eredità non cominciò a scarseggiare, scialacquato dai capricci dei miei fratelli. Isaru, nel frattempo, si era sposato e, non appena sua moglie restò incinta, cominciò a sentire l’acqua alla gola, così provò ad escogitare un piano con Hirotoki per guadagnare una somma consistente, o perlomeno sufficiente al mantenimento della famiglia. Trovarono presto il modo: il feudatario Masahiro Kobayashi aveva promesso enormi ricchezze a chiunque avesse trovato una moglie al suo più potente e devoto samurai, Kojiro Imagawa. Servivano precisi requisiti per essere scelte: egli aveva chiesto una donna giovane, docile, obbediente, ben educata, istruita ma non troppo e, cosa più importante, di bellezza stupefacente.
- In poche parole – interruppe Reika con un sorriso ironico. – Stava cercando un cane con l’aspetto di una ragazza bellissima.
- Praticamente sì – borbottò Midori, riprendendo il racconto. – Per grande fortuna dei miei fratelli (e per mia somma sventura) rispondevo a tutte quelle caratteristiche. Ero considerata la più bella del mio villaggio e mi avevano cresciuta secondo i rigidi dogmi della società. Apprendevo le cose in fretta, ma non mi era stato permesso di raggiungere un certo livello di cultura. “Nessun uomo vuole una moglie troppo intelligente” mi ripetevano spesso i miei fratelli e mia zia.
Mi presentarono ad Imagawa ed egli ci mise molto poco a compiere la sua scelta: decise di sposarmi entro la fine del mese e Masahiro Kobayashi ricompensò lautamente i famigliari che mi erano rimasti.
Naturalmente, a me non piaceva quella situazione: il mio futuro sposo aveva già trent’anni, il suo atteggiamento era rude e non sembrava nemmeno particolarmente colto, tuttavia non osavo fiatare, ero convinta che fosse mio dovere obbedire e permettere alla mia famiglia di arricchirsi.
“Ne abbiamo bisogno” mi disse Hirotoki, il giorno delle mie nozze. “Pensa ai tuoi cari fratelli, pensa alla moglie di Isaru e al bambino che porta in grembo! E’ anche tuo nipote, in questo modo gli stai regalando un futuro dignitoso. Non hai idea di quanto tu sia preziosa per noi e di quanto significhi tutto questo per la nostra famiglia. I nostri genitori e la nostra povera sorella pazza sarebbero così fieri di te!”
Le sue parole mi convinsero, stavo facendo la cosa giusta. Mi prodigai perciò con tutta me stessa per essere una buona moglie e soddisfare ogni desiderio del mio sposo. Per un certo periodo di tempo riuscii persino a convincermi di amarlo.
Tutto andò per il meglio durante i primi mesi, mi sembrava così naturale obbedire, parlare solo se interpellata e concedere il mio corpo senza provare desiderio, ignorando il dolore e il disagio che ciò mi provocava. Poi, una sera, durante una delle tante cene al feudo, un cortigiano ubriaco cominciò a decantare la mia bellezza in modo indecoroso. Mio marito non replicò in quel momento, anzi, rimase silenzioso per tutto il resto della serata. Quando tornammo a casa, si limitò a fissarmi per alcuni secondi, poi andò in camera da letto, borbottando qualcosa. Fu l’inizio della fine.
Nei giorni che seguirono, Imagawa controllò scrupolosamente ogni mio singolo movimento, espressioni facciali incluse, in particolare quando mi trovavo in presenza di altri uomini. Soppesava con fare ossessivo qualsiasi parola o complimento mi venisse rivolto, s’indispettiva se mi azzardavo a guardare un uomo negli occhi e aveva preso il vizio, la sera, di sfogare la sua frustrazione violentandomi regolarmente. Mi gettava a faccia in giù sul letto, mi teneva ferma premendo le mani sulla mia schiena, quasi togliendomi il respiro, e violava con ferocia la mia intimità, a volte facendomi sanguinare. Non osavo nemmeno gridare, avevo paura che si arrabbiasse e mi facesse ancora più male; quando finiva, mi asciugavo le lacrime in fretta: a volte fingeva di non notarle, altre invece mi diceva “Che hai da piangere? Dovresti essere felice che tuo marito scopi con te, significa che sei ancora bella.”
In quelle condizioni riuscii a sopravvivere al primo anno di matrimonio, fino a quando, la sera del suo compleanno, Imagawa, che ormai al feudo era secondo solo a Kobaysahi, decise di dare una festa, invitando perfino i miei fratelli. Ricordo che, prima di unirmi ai festeggiamenti, osservai a lungo la mia immagine riflessa allo specchio: fu l’ultima volta che vidi il mio bel viso tutto intero.
Alla festa, come al solito, molti sguardi si posarono su di me e, nonostante Imagawa non dicesse nulla, riuscivo benissimo a percepire il suo stato d’animo. Quando Kobayashi si avvicinò, rivolgendomi un complimento, d’istinto gli sorrisi. Mi sembrò una cosa naturale: eravamo stati spesso suoi ospiti a cena, lo conoscevo ormai da un anno ed aveva sempre avuto un occhio di riguardo per mio marito. Era un uomo anziano e gentile, che male c’era nel rivolgergli un sorriso?
Quando si allontanò, mi sentii afferrare per i capelli e trascinare fuori dalla sala. Nessuno dei presenti mosse un dito per aiutarmi. Mio marito mi condusse nella stanza accanto e mi gettò a terra, sbraitando. Era fuori di sé ma non ne capivo il motivo.
“Adesso sorridi ad un altro uomo, puttana?” gridò. “Quanto ti piace pavoneggiarti e attirare su di te le fantasie degli uomini? Sei soltanto una schifosa meretrice! Gli altri nobili si fanno beffa di me perché ho una moglie infedele! Ma adesso vedremo chi avrà ancora il coraggio di guardarti e trovarti bella!”
Sguainò la propria spada e, prima che riuscissi a muovere un muscolo, calò la lama sulla mia bocca, squarciandomi il volto da un orecchio all’altro. Il dolore fu così intenso da farmi svenire quasi all’istante, non prima però di avvertire il sapore del sangue e la voce di mio marito che diceva “Ti piace tanto sorridere, eh, puttana? Adesso sorridi!”
Rimasi sospesa in un buio oblio per un lasso di tempo che parve infinito. Poi cominciai pian piano a provare diverse indecifrabili sensazioni: credevo di essere morta, eppure riuscivo ad avvertire una nuova forza vitale in me, anzi, diverse forze vitali. Quando ripresi conoscenza, la prima cosa che vidi fu il volto della mia amata sorella che sorrideva. Non ci volle molto prima che mi venisse fornito un dettagliato riassunto delle ore precedenti: Hirotoki e Isaru avevano udito le mie grida ed erano corsi a cercarmi; mi avevano trovata in fin di vita e completamente ricoperta di sangue, così, senza farsi scoprire, mi avevano presa e portata al tempio, sperando di potermi salvare in qualche modo. Il capo delle sacerdotesse aveva fama di essere una guaritrice miracolosa, ma, purtroppo, quella sera aveva dovuto assentarsi per una questione urgente. Fu allora che Keiko decise di optare per una mossa disperata ma tempestiva: l’uso della Magia degli Spiriti. Quello che nessuno nella nostra famiglia sapeva era che Keiko aveva ereditato il sangue di strega da una nostra lontanissima antenata.
-La Magia degli Spiriti? - ripeté Freya stupita. – Che significa?
- Una strega o uno stregone capaci di utilizzare una simile arte ottiene il proprio potere direttamente dal Mondo del Morti – spiegò Yori. – Questo potere è molto raro e considerato oscuro dalla società, ecco perché chi lo possiede tende a nasconderlo.
- Sono come… dei medium?
- Una cosa del genere – rispose Reika, per poi voltarsi verso la Kuchisake-Onna. – E quindi tua sorella sarebbe riuscita a salvarti all’ultimo ricorrendo alla Magia degli Spiriti? Oppure sei morta e ti ha riportata in vita? Anche se quest’ultima ipotesi mi pare piuttosto irrealistica…
Midori scosse la testa: - Non sono morta, anche se ci sono andata vicinissima. Keiko mi ha curata trasferendo dentro di me l’essenza di tre spiriti. Non sono anime senzienti, o meglio, non conservano alcuna identità, ma mi forniscono una fonte di energia spirituale illimitata e talvolta mi proteggono da attacchi esterni. Chiaramente, tutto ciò ha avuto ulteriori ripercussioni sul mio fisico, a partire dalle strisce rosse che si sono formate sui miei capelli, ma l’importante è che mi ha anche permesso di vivere e vendicarmi.
- Degli abitanti del villaggio e del feudo? – domandò Freya con tono leggermente accusatorio. – Perché?
La ragazzina sfregiata le lanciò un’occhiata terribile: - Perché? Quei miserabili non hanno mai provato un minimo di empatia nei miei confronti! Quand’ero ancora troppo debole per alzarmi dal letto, i miei fratelli mi portavano notizie dall’esterno: nessuno, nemmeno quelli che credevo miei amici avevano speso una parola gentile per me. Tutti pensavano che la colpa fosse mia, che fossi soltanto una puttanella arrivista che amava farsi ammirare. Secondo loro, il gesto di mio marito era stato pienamente comprensibile. Erano convinti che mi avesse uccisa e che avesse dato il mio corpo in pasto ai cani. Dissi a Hirotoki e Isaru di confermare questa versione, non volevo più farmi vedere, non dopo essermi guardata allo specchio e aver visto cosa ne era stato del mio bellissimo viso. Presto, però, capii che quello che volevo non era nascondermi, ma farla pagare a tutti quanti. Quelli che avevano approvato la barbarie che mi era stata inflitta non avevano colpe minori del mio aguzzino. Ecco perché ormai da un anno attendo nascosta in questo sentiero, aspettando che qualcuno abbia la sfortuna di incontrarmi.
Per qualche istante calò il silenzio, obbiettato solo dal fruscio del vento tra le fronde degli alberi. Freya abbassò lo sguardo, sconvolta dal raccapricciante racconto: sapeva che il mondo non era rose e fiori come le avevano fatto credere da piccola, ma mai avrebbe immaginato esistessero situazioni analoghe a quella di Midori: persone, donne in particolare, maltrattate, usate come oggetti, distrutte dalla violenza altrui e incolpate invece che difese.
Era orribile, era… sbagliato. Nessuna buona anima meritava di patire sofferenze simili.
In quel momento avrebbe voluto tornare indietro nel tempo, incontrare Midori quando ancora subiva in silenzio le angherie del marito-padrone e abbracciarla, giusto per non farla sentire sola.
Si asciugò una lacrima di nascosto, mentre Reika interrompeva il silenzio con una domanda: - Midori… tuo marito, o quello che era tuo marito, è ancora vivo?
La diciottenne alzò un sopracciglio con aria confusa: - Perché me lo chiedi?
- Rispondi e basta: è ancora in circolazione?
Midori sospirò, dilatando le narici per reprimere la rabbia: - Sì, il bastardo è ancora vivo. E da un anno dirige il feudo che prima era di Kobayashi. Ecco perché ora si chiama “Feudo di Imagawa”. Il vecchio feudatario aveva già da tempo deciso di fare uno strappo alla regola e nominarlo suo successore, nonostante fosse un samurai e non condividesse con lui alcun legame sanguigno. A dire il vero, dopo il mio presunto omicidio, Kobayashi aveva avuto dei ripensamenti, a giudicare da quello che avevano sentito i miei fratelli, ma sfortunatamente si ammalò e non riuscì a modificare in tempo e pubblicamente la propria decisione. Il porco adesso ha qualcosa come tre mogli-concubine e un vasto terreno da amministrare, mentre io sono qui a marcire in questi boschi, incapace di placare la mia sete di vendetta e…
- Beh, direi che il problema è evidente – osservò Yori. – La tua sete forse si placherà quando la farai pagare alla mano che ti colpì.
La giovane creatura aggrottò la fronte, rivolgendo alle tre ragazze uno sguardo perplesso. Reika sorrise appena: - Quello che intendiamo è: non hai mai pensato di vendicarti colpendo tuo marito, al posto di gente che neanche conosci?
- Effettivamente, è la cosa più sensata… – annuì Freya.
Midori rimase in silenzio per qualche istante, poi sospirò, mordendosi le labbra. Nel suo sguardo si poteva scorgere un fuoco impetuoso contenuto però in una piccola e spessa barriera di metallo.
All’improvviso, cadde sulle proprie ginocchia, cominciando a singhiozzare. Era l’ultima cosa che la danese si sarebbe aspettata.
Reika si inginocchiò di fronte a lei, le portò le dita sotto il mento e la costrinse con delicatezza ad alzare la testa, in modo da potersi guardare negli occhi.
- In realtà ci hai già pensato più volte, vero? – sussurrò la guerriera dai capelli azzurri. La ragazzina annuì, battendo con forza le palpebre.
- Qual è il problema, Midori? Perché non riesci ad affrontarlo? Hai ancora paura di lui?
La Kuchisake Onna scosse la testa: - No… non è di lui che ho paura…
- E allora cos’è che ti frena?
- Io… - la voce della piccola si ridusse ad un sibilio. – Io non voglio tornare in quel posto… è lì che la mia vita è finita… non posso tornare in un luogo che mi ricordi costantemente chi ero, com’era il mio aspetto… e che mi faccia rivivere tutto quello che ho subito… non… non posso, non voglio… non ce la faccio ad affrontarlo…
Reika aprì la bocca per rispondere, ma questa volta fu Freya a prendere la parola. Si alzò dal masso su cui era seduta e prese posto accanto alla giovane dai capelli striati.
- So cosa vuol dire avere paura di un luogo e dei ricordi che esso contiene. Io non ho vissuto una situazione terribile come la tua, ma due anni fa ho perso mia nonna e da allora, fino a ieri, non ho avuto il coraggio di entrare nella sua stanza.
Midori la fissò pensierosa, sempre scoraggiata ma incuriosita: - Eri molto legata a tua nonna?
La duchessina mandò giù a fatica il groppo alla gola e d’istinto portò la mano nel sacchetto appeso alla cinta, stringendo forte la piccola semisfera.
- La amavo più di me stessa. Lei… beh, io l’ho sempre avuta come punto di riferimento, si è comportata con me da madre molto più della mia vera madre. E ti giuro che l’idea di entrare nella sua stanza e rivedere le sue cosa sapendo che lei non c’è era… era insostenibile. Però alla fine l’ho fatto, anche se è stato difficile.
“E mi ha cacciata in questo casino” concluse pensando tra sé e sé.
Midori parve riflettere sulle sue parole, anche se si leggeva ancora un’ombra di dubbio nei suoi occhi grigi.
- E’ soltanto un luogo – continuò la bionda. – Anche se pieno di ricordi dolorosi. Solo un luogo, non un mostro né una barriera insormontabile.
- Sei capace di fare grandi discorsi, principessa, mi sorprendi!
La danese si voltò indispettita, ma frenò la lingua non appena si rese conto del modo in cui Reika la stava fissando: nonostante il tono leggermente ironico, non c’era alcuna traccia di reale irrisione nei suoi occhi, anzi, pareva quasi piacevolmente sorpresa. Il pensiero la portò ad arrossire.
- Quindi dovrei andare da mio marito e ucciderlo – osservò Midori, interrompendo i viaggi mentali della duchessina. – Non nego di aver sognato a lungo questo momento, ma resta il fatto che, nonostante il supporto delle tre anime che contengo, non penso di riuscire ad intrufolarmi, superare senza problemi le guardie e raggiungerlo per sconfiggerlo in combattimento. Io sono sola e lui è stato un samurai esperto.
- Una volta eri sola – la corresse la secondogenita di Sasaki Shigen. – Adesso no.
- Vuoi dire che la accompagneremo? – domandò Freya dubbiosa.
La guerriera si alzò in piedi, sfiorando il proprio anello tagliente: - Una piccola deviazione non potrà influire troppo pesantemente sul nostro viaggio. E poi mi prudono le mani dalla voglia di farla pagare a un essere orribile e dannoso come Imagawa.
- E come pensi di fare? – replicò Midori. - Quattro donne contro un intero feudo?
- Beh, ci sono sette uomini che conosciamo che riescono a piegare feudi molto più grandi e potenti di quello di Imagawa – disse Yori con un sorrisetto.
“E io non avrei alcuna difficoltà contro almeno quattro di loro” pensò, senza però osare esporre ad alta voce un simile vanto.
- E poi- continuò Reika. – Non c’è bisogno di entrare nel feudo sferrando un attacco frontale. Ci sono un sacco di modi per agire in una simile situazione. E, a differenza di quello che vuol farci credere la società in cui viviamo, essere donna a volte può rivelarsi maledettamente vantaggioso.
- Cos’hai in mente? – chiese Freya con uno strano presentimento. Il sorriso scaltro della guerriera si allargò quasi sadicamente.
- Innanzitutto, ci farebbe comodo un’esca…




***
Angolo dell’Autrice: Sono riuscita a scrivere questo capitolo, anche se è stato un parto perché odio i capitoli di passaggio (anche se non mi è pesato troppo scrivere la storia di Midori).
Spero che per voi non sia stato noioso, nel prossimo ci sarà sicuramente molta più azione.
Grazie mille per aver letto,
Tinkerbell92

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Capitolo 6
*** Una vita per una vita ***


A Swan Song
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“Non ci posso credere”
Le due guardie che sostavano dinnanzi all’ingresso del feudo squadrarono più volte con curiosità la giovane straniera dalla chioma dorata.
“Qui ogni volta che penso di aver toccato il fondo comincio a scavare senza rendermene conto.”
- Un dono per il signore del castello? – ripeté uno dei soldati, lanciando un’occhiata intimorita al guerriero alto e statuario che celava volto e corpo all’interno di una pesante armatura.
- Sasaki Shigen, il mio signore, ha intenzione di ampliare la sua lista di alleanze, perciò sta inviando omaggi a coloro da cui spera di ricevere risposta. Dev’essere particolarmente interessato a trattare con Kojiro Imagawa, se per lui ha selezionato uno dei doni più singolari e preziosi: una concubina straniera dalla chioma d’oro.
Filtrata attraverso l’elmo, la voce matura di Yori risuonava curiosamente androgina.
Freya si sforzò per fare un sorriso, assumendo un’aria innocente e civettuola. Dentro di sé si sentì avvampare per la vergogna.
- Non avete nessuna scorta? – domandò dubbiosa la seconda guardia.
- Il mio signore ci tiene alla propria riservatezza – rispose pronta la donna di metallo. – E fidatevi: per proteggere il dono basto io.
Il suo tono assunse una nota leggermente minacciosa, che sembrò sufficiente per convincere i due a farle passare.
- Entrate pure. La strada per il castello è sempre dritta.
- Vi ringrazio.
La duchessina si trascinò controvoglia dietro all’amica, cercando di evitare gli sguardi curiosi degli abitanti del feudo.
- E’ umiliante – borbottò, stringendosi nella mantella blu. – Ci fissano tutti.
- Lo scopo è proprio questo. – le rispose tranquilla la rossa, guardandosi distrattamente attorno. – Reika e Midori avranno maggiori possibilità di passare inosservate. E’ una fortuna che la ragazzina conosca diversi passaggi segreti per accedere velocemente al castello.
- E perché non possiamo usarli anche noi?
Yori si lasciò sfuggire una risatina: - Meno si è meglio è quando bisogna muoversi furtivamente. Non ti preoccupare, stai andando benissimo, davvero.
La ventunenne aprì la bocca per replicare, ma si zittì non appena un soldato alto e robusto le raggiunse, fermando la loro avanzata.
- Siete diretti al castello?
- Esatto – replicò Yori impassibile. – Porto un dono per Kojiro Imagawa da parte di Sasaki Shigen. No, nessuna scorta, sono soltanto io, il mio signore ci tiene alla propria riservatezza – aggiunse in fretta, anticipando la domanda dell’uomo.
Quello assunse un’espressione dubbiosa: - Devo chiederVi di mostrare il vostro volto, prima di accompagnarvi dal mio signore. E di consegnare le vostre armi.
- Le armi posso consegnarle – disse la ragazza, porgendogli i propri pugnali e la spada che portava appesa dietro la schiena. – Vorrei però risparmiarVi la vista del mio volto martoriato. Gran brutta faccenda: lo scorso inverno la mia guarnigione venne attaccata da un gruppo di demoni vaganti mentre attraversavamo uno stretto passo di montagna. Una di quelle creature sputò una tremenda sostanza corrosiva dalle fauci e mi colpì in pieno viso. E’ una fortuna se uno dei due occhi si è salvato. Sapete, sullo zigomo sinistro si riesce addirittura a vedere l’osso, uno spettacolo raccapricciante. Ma se proprio insistete…
- No, lasciate stare – tagliò corto quello. - Dopotutto avete consegnato le armi senza discutere. Seguitemi pure.
Gli interni del palazzo erano molto più rozzi e spartani di quello di Sasaki Shigen. Di tanto in tanto, lungo i corridoi, Freya incrociava lo sguardo di qualche giovane servetta, che però si allontanava subito accelerando il passo. Molte di loro avevano dei lividi impressi sui volti delicati.
Il soldato che le stava accompagnando, intanto, sembrava aver trovato una buona compagnia in Yori, infatti avevano presto cominciato a parlare di battaglie e spedizioni.
- Non mi è mai capitato di avere a che fare con imboscate da parte di demoni, però due anni fa ho affrontato l’esercito di Ryo Kazawa. Una battaglia durissima che mi ha lasciato un bel segno, una cicatrice che va dalla clavicola al torace. La porto con orgoglio. A proposito, non mi sono presentato, sono il capitano Hiro e… oh, siamo arrivati.
L’uomo fece scorrere lateralmente una porta in legno chiaro, entrando a passo cadenzato in una grande sala pregna di uno strano aroma floreale.
Cinque guardie dall’aria feroce stanziavano dritte e immobili accanto a un uomo di aspetto rude, che in quel momento stava aiutando una giovane donna dai lunghi capelli neri a sfilarsi l’elaborato kimono rosa.
Un po’ in disparte, due graziose ragazze, una vestita di azzurro, l’altra di verde, sedevano in silenzio, tenendo le teste chine. Quella in verde sollevò timidamente lo sguardo non appena il capitano Hiro  face il proprio ingresso nella stanza, ma lo distolse con un brivido non appena il signore del feudo parlò.
- Che cosa vuoi? – domandò in tono annoiato. – Spero tu abbia un buon motivo per interrompermi mentre sono impegnato con le mie adorate mogli.
- Sasaki Shigen Vi ha mandato un prezioso dono, mio signore – rispose educatamente il soldato. – Una fanciulla nordica dalla chioma d’oro.
Kojiro Imagawa sospirò, avvicinandosi alle proprie ospiti. Gettò un’occhiata dubbiosa a Yori, che lo superava in altezza di circa cinque centimetri, e fissò con insistenza l’elmo che celava i suoi lineamenti.
- Perché non rimuovete il Vostro elmo?
La rossa non mostrò alcun cenno di esitazione: - Non volevo offenderVi con la vista raccapricciante del mio volto sfigurato.
- Veleno di demone, mio signore – specificò Hiro. – Brutta faccenda.
- Beh, in tal caso avete fatto bene. Io detesto la bruttezza. D’accordo, mostratemi pure questo prezioso dono.
Per un istante, Freya avvertì l’impulso di indietreggiare mentre il disgustoso feudatario le afferrava il viso con poca grazia, esaminandola con occhio critico ma lussurioso.
Il suo volto appena abbronzato era solcato qua e là da sottili cicatrici e cenni di rughe, i capelli neri cominciavano a presentare qualche lieve striatura, mentre la mascella marcata era in parte celata dalla barba incolta. Era un uomo di trentadue anni che ne dimostrava più di quaranta.
- Beh, direi che è piuttosto… passabile – sentenziò infine. – Ha gli occhi tondeggianti, uno strano naso, il viso troppo pieno e le orecchie a sventola. Di certo non una rara bellezza. Però i capelli paiono sul serio fili d’oro e sono certo che nessun altro feudatario abbia la fortuna di possedere una concubina proveniente dalle fredde terre del Nord. Bene!
Batté le mani un paio di volte e subito due giovani serve fecero il proprio ingresso in sala, eseguendo un piccolo inchino.
- Portate un abito adatto alla mia nuova futura moglie. Ho deciso che una simile rarità non può essere sprecata come semplice concubina.
Le ancelle si allontanarono in fretta, mentre Freya faceva il possibile per restare calma e zitta. Odiava quell’uomo con tutta sé stessa: oltre al fatto di sapere ciò che aveva fatto a Midori e al modo in cui trattava le donne, aveva osato esprimere quei tremendi giudizi sul suo aspetto fisico, calcando proprio sulle caratteristiche di cui si era sempre vergognata.
Nessuno l’aveva mai fatta sentire tanto insultata e umiliata.
Non appena le giovani servette tornarono con un elaborato kimono bianco e rosa, la duchessina fece un passo per raggiungerle, convinta di doversi recare in una stanza apposita per cambiarsi, ma Imagawa le afferrò rudemente una spalla: - Dove stai andando?
La biondina represse a stento un brivido: - Vado… vado a cambiarmi, mio signore…
La risata sguaiata dell’uomo provocò una reazione anche in Yori, che d’istinto serrò forte il pugno destro.
- Ti cambi qui, mia cara – sibilò mellifluo il feudatario. – Che c’è, ti vergogni? I miei soldati non ti guarderanno, se non darai loro motivo di farlo con le tue insidie da femmina tentatrice.
Freya cominciò a tremare, mentre le ancelle le sfilavano con calma quasi religiosa gli abiti da viaggio che le aveva dato Makino.
Il capitano Hiro fu l’unico a voltarsi dalla parte opposta con fare rispettoso, mentre le cinque guardie schierate alle spalle di Imagawa la squadrarono con occhi freddi e crudeli.
Pur facendo del proprio meglio per mostrarsi dura e inflessibile, Freya non riuscì a trattenere le lacrime non appena, coperta soltanto dalla biancheria intima, sentì le dita del feroce aguzzino pizzicarle la pelle, mettendo in mostra l’adipe del suo punto vita.
- Fianchi un tantino larghi, fisico troppo morbido. Dovrai assolutamente dimagrire. I seni medio-piccoli vanno bene, non mi sono mai piaciute le donne troppo prosperose, mi ricordano le mucche. Oh, suvvia, non metterti a frignare, dovresti considerare un onore essere moglie di un uomo potente come me. Ora, vediamo di…
Le parole gli morirono in gola non appena inquietanti rumori provenienti da dietro la porta scorrevole della sala attirarono l’attenzione di tutti i presenti.
Ancora scossa e tremante, Freya si voltò, osservando sbigottita i sottili spiragli di fumo che s’insinuavano attraverso la fessura della porta lasciata socchiusa, che si spalancò di colpo lasciando entrare una coltre grigiastra e odorante d’incenso. Ben presto risultò difficile a chiunque vedere ciò che si trovava a oltre un metro di distanza dal proprio naso.   
Dei passi leggeri si avvicinarono minacciosamente al feudatario, mentre una figura minuta prendeva lentamente forma attraverso la grigia nebbia.
Freya ne approfittò per coprirsi alla bell’e meglio con il kimono portatole dalle serve ormai fuggite, mentre, accanto a lei, Imagawa si lasciava sfuggire una sonora imprecazione.
- No… non può essere!
Una vocina spettrale parlò in tono divertito: - Tesoro, sono a casa.
Da qualche parte nella stanza una delle tre mogli del feudatario strillò, mentre il capitano Hiro riuscì a malapena a balbettare sconvolto: - E’ lo spettro della Prima Moglie! E’ tornata per vendicarsi! Chiedetele perdono, mio signore!
- N-non è possibile! – replicò l’altro sconvolto. – No, non può… non… non…
Il fumo cominciò lentamente a diradarsi. Piccola, eppure terribile, Midori avanzava lenta verso colui che le aveva distrutto la vita.
Imagawa, terrorizzato, digrignò i denti, gli occhi sbarrati e quasi fuori dalle orbite: - Maledetta puttana! Vattene, vattene subito da qui, tornatene da dove sei venuta! Guardie! Guardie prendetela!
Il suo ordine fu seguito da grida e gemiti soffocati, accompagnati dagli strilli delle tre mogli: sopra i corpi insanguinati dei cinque soldati torreggiava la figura di una donna alta abbigliata con un’armatura leggera e resistente. La mano destra era serrata attorno a un grande anello tagliente coperto di chiazze cremisi.
Allo sguardo sconvolto dell’uomo ella rispose con un piccolo ghigno: - Sbaglio o poco fa hai detto qualcosa sulle ragazze con le tette grandi?
- Pare che i suoi soldati siano appena stati fatti fuori da una mucca – replicò divertita Yori.
Hiro, invece che proteggere il proprio signore, corse verso la ragazza dal kimono verde, domandandole con fare apprensivo se stesse bene.
- Non temere, capitano – lo rassicurò la donna di metallo. – Il nostro obbiettivo è Imagawa. Non faremo del male a persone innocenti.
- Ma… ma chi siete? E dov’è la mia spada? – domandò confuso il giovane guerriero.
Yori diede un’alzata di spalle: - Ti chiedo scusa, ho approfittato della scarsa visibilità per riprendermi le mie armi e requisire momentaneamente la tua. Mi sembri una brava persona, mi dispiacerebbe doverti uccidere.
- Maledette! – gridò furioso Imagawa, gettando a terra Freya con uno schiaffo. – Siete le complici di quella troia di mia moglie? Io vi… aaargh!
Il cerchio tagliente di Reika volò attraversò la stanza, recidendogli di netto la mano con cui aveva colpito la duchessina. Gli occhi della guerriera lampeggiavano di odio e sdegno.
- Questo è per aver picchiato la principessa e un sacco di altre donne innocenti. Questo, invece, è per quello che hai fatto a Midori!
Sfoderò due lunghi coltelli e si lanciò rapida verso l’ex samurai, il quale, nonostante il dolore e l’abbondante perdita di sangue, riuscì a sfoderare la propria katana e parare il primo colpo.
- Non ti sarà facile sconfiggermi, puttanella – sogghignò. – Anche se mi hai privato di una mano posso usare l’altra senza problemi.
Con la guancia sinistra ancora in fiamme, Freya si allontanò strisciando dal centro della stanza, asciugandosi rapidamente le lacrime. Erano successe troppe cose e troppo in fretta, lo schiaffo forse era stato ciò che l’aveva ferita di meno durante quell’assurda missione.
Non appena fu sufficientemente lontana, si fermò per osservare il combattimento tra l’amica e l’orribile guerriero. C’era sicuramente un motivo se una volta Imagawa era considerato il migliore tra i samurai che servivano Kobayashi: Reika era riuscita più volte a penetrare le sue difese, ma lui non sembrava intenzionato a demordere, anzi, più ferite riceveva più il suo animo pareva accendersi di rabbia e vigore.
Poco distante, Midori osservava impassibile il duello in corso, mentre Yori esortava le tre mogli del feudatario e il capitano Hiro affinché uscissero alla svelta dalla stanza.
Il giovane soldato inizialmente parve restio ad abbandonare il suo signore, ma  si fermò non appena la ragazza in verde gli sussurrò qualcosa all’orecchio.
Uno strano scintillio brillò nei suoi occhi non appena Reika affondò una lama nel petto del crudele spadaccino.
Imagawa si voltò verso di lui, lanciandogli uno sguardo carico di disprezzo: - I-idiota traditore… vigliacco…
Ricambiando l’occhiataccia, Hiro prese la mano della terza moglie e si allontanò con lei sdegnoso, mentre il perfido aguzzino crollava a terra.
La figlia di Sasaki Shigen scostò con un calcio il corpo dell’avversario esanime e andò a recuperare il proprio anello tagliente con aria annoiata.
Facendo affidamento sulle gambe traballanti, Freya si alzò in piedi e si mosse incerta verso l’uscita della sala. Si fermò però accanto a Midori, la quale osservava con fare stoico l’ex marito sconfitto. Si chinò quindi per raccogliere la sua katana e la sollevò in verticale, specchiandosi nella lunga lama.
- Midori? – la chiamò la danese con fare insicuro. – Ce… ce ne andiamo?
La ragazzina annuì appena, mentre Freya si affrettava a raccogliere i vestiti da viaggio lasciati cadere a terra. All’improvviso, un tremendo urlo la costrinse a voltarsi, sobbalzando non appena vide Imagawa rialzarsi in preda a una collera cieca, estrarre un pugnale e lanciarsi verso l’ex moglie.
- Maledetta troia!
Fu questione di un istante: un violento spruzzo cremisi insudiciò ulteriormente il pavimento già rovinato, accompagnato dal disgustoso rumore di una lama affondata avidamente nella carne.
Kojiro Imagawa annaspò, lasciando cadere il pugnale a terra e mulinando le braccia alla ricerca di un appiglio, mentre il ferro della sua stessa spada gli spuntava in modo macabro dalla schiena.
Midori, incapace di sostenere il peso dell’uomo, era caduta in ginocchio, ma non aveva osato mollare la presa sull’elsa dell’arma che l’anno prima l’aveva sfigurata e che ora passava da parte a parte il corpo del suo torturatore. I suoi occhi grigi incontrarono quelli dell’ex marito, trasudando odio e disprezzo. Gli sputò in faccia, lui in risposta vomitò un fiotto di sangue.
- Mi hai distrutto la vita – sibilò la diciottenne. – Ora io ho preso la tua.
Imagawa gorgogliò qualcosa, ebbe un paio di spasmi, poi, finalmente, il respirò lo abbandonò, la sua testa si accasciò contro il petto, occhi e bocca ancora spalancati.
Un po’ a fatica, Midori lo lasciò cadere di lato, per poi estrarre la katana puntando un piccolo piede contro il rozzo corpo senza vita.  
Il volto della ragazzina era dipinto di un’indecifrabile espressione, come se non riuscisse a rendersi pienamente conto di quanto fosse appena accaduto.
Freya si alzò frastornata, tremando dalla testa ai piedi. Reika le si avvicinò, mentre Yori abbracciava la più giovane del gruppo con fare protettivo, conducendola poi fuori dalla stanza.
Rivoli di sangue colavano lentamente da un taglio sotto la spalla destra della guerriera.
- Ehi principessa, tutto a posto?
La biondina si morse il labbro, cercando invano di nascondere gli occhi lucidi.
- Mi… mi hai mandata qui a… io non…
- Lo so cosa ti hanno fatto, dopo aver messo a cuccia le guardie che mi hanno sbarrato la strada sono rimasta qui fuori ad ascoltare mentre Midori preparava la nebbia d’incenso. Abbiamo fatto più in fretta possibile, non potevamo entrare così a caso e…
- QUEL COSO MI HA FATTA SPOGLIARE DAVANTI A TUTTI! – gridò la ventunenne stringendo i pugni. – Mi ha toccata, insultata, mi ha detto che sono grassa, brutta, con gli occhi a palla e le orecchie a sventola! Non mi sono mai sentita tanto umiliata in vita mia! Gli hai tagliato la mano perché mi ha tirato uno schiaffo, ma fidati se ti dico che lo schiaffo è stata la cosa che mi ha fatto meno male!
La guerriera aggrottò la fronte: - Ti sei offesa perché uno che non merita di esser definito umano, un insignificante violento pezzo di merda che vale meno di un insetto ha detto che sei brutta e grassa? Ti importa tanto l’opinione di un tale essere? A me ha detto che sembro una mucca, eppure non mi…
- Se a te non importa niente di nessuno non significa che io debba pensarla allo stesso modo! – ribatté Freya con rabbia. – Io non sono come te, d’accordo?
- E non devi nemmeno esserlo – replicò calma l’altra. – Quello che sto cercando di dirti è che l’opinione di qualcuno che conta meno di zero vale quanto il rutto di una formica. E soprattutto, anche tu fossi veramente brutta, grassa, deforme o altro, non devi mai permettere a nessuno di farti vergognare di te stessa. Vali automaticamente di più di coloro che perdono tempo a offendere e giudicare.
La duchessina ammutolì per qualche istante, non sapendo come rispondere alle parole della ragazza più grande. Poi, però, strinse tanto forte i pugni da imprimersi il segno le unghie nella carne.
- Tu mi hai usata. Mi hai… mi hai mandata qui come esca… quell’essere avrebbe potuto violentarmi e…
- Perché pensi abbia fatto venire Yori con te? Solo per far funzionare l’intera recita? Se quel merdoso avesse osato spingersi troppo oltre lei l’avrebbe fermato, a costo di mandare a monte il piano. Non sono mai stata disposta a sacrificarti fino a quel punto, se vuoi saperlo. Anche se… mi dispiace davvero per quello che hai dovuto sopportare, mi rendo conto di essere stata insensibile. Non ti chiederò mai più di fare una cosa del genere, d’accordo?
Freya cercò invano di frenare il mento tremante, pensando disperatamente a qualche insulto da rivolgere alla compagna, anche solo per scaricare tutta la tensione del momento. Voleva fargliela pagare in qualche modo, provare a tenerle il broncio e gridarle che la odiava, ma fu un’altra sensazione, molto più forte, a prendere il sopravvento, portandola a scoppiare in lacrime e affondare il volto contro il seno morbido della guerriera.
Lo stomaco le si serrò in una morsa non appena sentì le braccia di lei serrarsi attorno al suo busto, per poi accarezzarle con una mano la lunga chioma bionda.



- Siamo state un tantino impulsive – ammise Yori, restituendo la spada al capitano Hiro. Si era tolta l’elmo, lasciando cadere i capelli rossi sulle spalle. La reazione sbigottita dell’uomo fu pienamente comprensibile.
- Avete fatto un macello – rispose la moglie più anziana di Imagawa, quella con i capelli sciolti e il kimono rosa. – Però potete ritenervi fortunate: nessuno amava nostro marito, anzi. Il popolo mostrava già da tempo cenni di malcontento, era un feudatario crudele e incapace. Senza contare quanto fossero orribili le sue guardie più fidate: un manipolo di sadici e violenti stupratori che abusavano regolarmente del proprio potere.
- E chi prenderà il suo posto adesso? – domandò Midori con voce atona.
La seconda moglie le rivolse un sorriso: - Il comandante dell’esercito è fratello del precedente feudatario, Kobayashi. Al momento è impegnato in una spedizione, ma tornerà nei prossimi giorni. Suppongo che l’onore verrà offerto a lui, come doveva essere prima che Imagawa venisse nominato successore al posto suo.
La terza moglie abbassò timidamente lo sguardo: - Voglio… voglio ringraziarvi per quello che avete fatto. Vedete… prima che Imagawa mi prendesse con prepotenza, ero promessa in sposa a Hiro… adesso che il mio carceriere è morto potremo finalmente sposarci.
Il capitano la abbracciò, anche se il suo sguardo pareva rabbuiato: - Oggi il mio senso del dovere è stato duramente messo alla prova. Avrei dovuto fermarvi, ma, mentre il mio padrone veniva attaccato, mi sono venute in mente le urla della mia adorata Amane quando quel mostro la violentava e io dovevo restare fuori dalla stanza, di guardia, senza poter fare nulla. Suppongo dovrò affrontare le conseguenze delle mie azioni, però…
- La colpa dev’essere attribuita allo spirito vendicativo dell’ex moglie di Imagawa – sentenziò Midori. – Mettila così: contro un fantasma hai potuto fare ben poco, se non mettere in salvo almeno le mogli del tuo signore.
- Meriti un’occasione per essere felice, Hiro – gli sorrise Yori. – E… scusa se ti ho mentito. Se la cosa può consolarti, una volta un demone mi ha davvero sputato dell’acido in faccia. Solo che non mi sono sciolta perché… beh, sono di metallo.
Il capitano aprì la bocca per rispondere, ma era troppo sconvolto e scioccato per poter replicare qualcosa.
Freya, che era rimasta in silenzio per tutto il tempo, emise un lungo sospiro, senza scostarsi da Reika che le circondava le spalle con il braccio sano.
- Penso dovremmo andare. Non è saggio farsi trovare qui.
- La principessina ha ragione – annuì la ragazza dai capelli azzurri. – Usciremo dal passaggio segreto che abbiamo utilizzato io e Midori per entrare. Capitano, mie signore, vi auguriamo buona fortuna.



- Ti fa male?
Reika si lasciò sfuggire un sorrisetto: - Nah, è solo un graffio. Mi ha presa di striscio.
Freya annuì appena, pulendo la ferita superficiale con un fazzoletto bagnato.
Il gruppetto si era appostato in un piccolo bosco poco distante dal feudo di Imagawa, sedendo sul tronco di un grosso albero caduto: Midori teneva tra le mani la katana dell’ex marito, persa in chissà quali pensieri, mentre Yori, unica in piedi, osservava con fare assorto le tinte vermiglie del tramonto.
Improvvisamente, la ragazza di metallo parve scuotersi, voltandosi verso la sorella maggiore: - Quasi dimenticavo! Indovina un po’ cosa mi ha detto Hiro mentre chiacchieravamo scortando Freya dal suo signore? La Squadra dei Sette ha espugnato stamattina il feudo di Akamatsu.
- Il feudo di Akamatsu? – ripeté Reika, accendendosi d’entusiasmo. – Non è lontano da qui!
- La Squadra dei Sette?
Midori interruppe le proprie riflessioni, rivolgendo alle due figlie di Sasaki Shigen uno sguardo scettico: - Chi cavolo sono questi Sette? Ogni tanto li ho sentiti nominare dagli idioti che attraversavano il mio sentiero…
- Mercenari assassini – rispose Freya, sistemando la borsa medica sulla sella del cavallo che le aveva attese con pazienza. – Pure un po’ fuori di testa. So che uno ha una spada strana e che un altro è andato a letto con Reika. Magari sono la stessa persona, non lo so.
La ragazza guerriera si lasciò sfuggire una risata: - Decisamente no, Jakotsu, il ragazzo con la spada che si allunga e piega, non gradisce affatto la compagnia femminile.
- Come sono fatti questi tizi? – domandò Midori, poggiandosi la katana in grembo.
Reika si morse il labbro, alzando lo sguardo verso il cielo: - Mh, dunque… il loro capo si chiama Bankotsu, è un ragazzino che avrà sì e no l’età di mio fratello Kaito. Nonostante sia uno sbarbatello di bassa statura possiede una forza notevole, considerato che maneggia senza problemi un’alabarda più grande di lui.
- Supponiamo abbia una relazione amorosa con quell’enorme spadone – ridacchiò Yori.
- Sì, esatto. Poi c’è un gigante di nome Kyokotsu, ad essere sinceri non mi è sembrato nulla di speciale, a meno che non conservi qualche dote nascosta. Oltre a essere enorme e fisicamente forte non ha dato dimostrazione di abilità eccezionali. Non sottovaluterei invece Mukotsu: è un nanerottolo anziano e bavoso, però crea veleni micidiali.  E la cosa divertente è che il suo corpo pare essere immune a qualsiasi tipo di tossina. Poi ci sono Renkotsu e Suikotsu: il primo è una sorta di vice-comandante, fa affidamento sul proprio arsenale di armi e la propria intelligenza per combattere, bravo stratega e persona interessante; Suikotsu invece è… un po’ fatico a definirlo, pare un concentrato di rabbia e istinto animale, eccezionale nel corpo a corpo, la sua arma sono due guanti artigliati che gli permettono di bagnarsi le mani con il sangue dei nemici.
- E poi c’è Ginkotsu – sì intromise Yori sorridendo. – Lui è davvero un qualcosa di sorprendente!
- Oh sì, assolutamente da vedere – replicò la maggiore. – Non avessi mai incontrato Yori avrei faticato a credere alla sua esistenza: in parte umano, in parte arsenale vivente. Dev’essere stato costruito da una persona estremamente all’avanguardia.
- La stessa persona che ha costruito Yori? – azzardò Freya, un po’ titubante.
Le due sorelle si scambiarono un’occhiata eloquente.
- Ti confesso che ci abbiamo pensato più volte – ammise Reika. – Però ci farebbe un po’ strano: pur condividendo alcune caratteristiche, Ginkotsu e Yori sono estremamente diversi. Innanzitutto, lui non è intelligente e preciso quanto lei, possiede un vocabolario poco ampio e, nonostante rappresenti una meraviglia della modernità, in confronto a mia sorella appare quasi… rozzo. Inoltre, in lui sono presenti parti umane, mentre in Yori no, lei è fatta interamente di metallo, metallo tra l’altro diverso da quello che compone la parte inumana del corpo di Ginkotsu. Ad ogni modo, se mai li incontreremo ancora, penso proveremo a indagare un po’ sulla cosa.
- Capito – mormorò Freya, mentre le due compagne sedute si alzavano, pronte a riprendere il cammino. – Ma… potrei sapere chi tra loro ti sei portata a letto?
Reika e Yori scoppiarono a ridere, mentre Midori si stringeva nelle spalle, volgendo uno sguardo torvo in direzione del sentiero.
- Perdonatemi se vi interrompo ma… quindi posso venire con voi? Non ho un posto dove stare…
La ragazza più grande annuì, senza smettere di sorridere: - Se vuoi unirti alla spedizione per noi va bene. Questa notte potremmo fermarci al villaggio di Shingu, non penso sia sicuro dormire all’aperto.
Freya represse un brivido, sistemando il kimono bianco e rosa in una sacca: - Anche se occupa spazio in più questo me lo tengo. Le tre mogli di Imagawa non sembravano aver nulla in contrario nel cedermelo.
- Basta che non ti porti alla mente la brutta esperienza vissuta – replicò Reika.
La duchessina si morse il labbro, accarezzando distrattamente la criniera del cavallo: - Correremo altri pericoli, vero?
La guerriera si lasciò sfuggire un sorrisetto: - Vuoi la verità? Probabilmente andrà da così a peggio, principessa. Ma farò il possibile per tenerti al sicuro.
La ventunenne strinse i pugni, mentre un pensiero insistente si faceva strada nella sua testa. Parlò ancora prima di rendersene conto: - Io non voglio più aver bisogno di altre persone per sentirmi al sicuro. Voglio essere in grado di difendermi da sola. Io… vorrei che mi insegnassi a combattere…





***
Angolo dell’Autrice: Ecco qua il nuovo capitolo!
Devo ammettere che mi è dispiaciuto non ricevere più alcuna recensione con gli ultimi due, mi domando se magari la storia non abbia fatto perdere interesse. Ad ogni modo, penso di continuare a pubblicarla.
Lo so, i Sette tardano ad arrivare, io stessa non vedo l’ora di farli apparire, portate pazienza.
Spero che questo capitolo, più lungo del solito, vi sia piaciuto.
Grazie per aver letto.
Tinkerbell92


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