Un marito all'improvviso

di Rebecca04
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


 
Storia scritta a quattro mani con mary del!
I capitoli dovrebbero essere quattro alla fine.
Sono presenti anche accenni di Perwaine.
FF leggera, tutta da ridere :) Buona lettura!
 

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Un marito all'improvviso


Merlin sbuffò per l'ennesima volta, appoggiando il mento sul piano della scrivania.
Perché avesse acconsentito all'idea strampalata di Gwaine era ancora un mistero... Eppure, ora, i due erano i responsabili di una (quasi) avviata agenzia matrimoniale; avevano già ricevuto due inviti a matrimoni che, modestia a parte, erano tutto merito loro.
Si raddrizzò sulla sedia e afferrò sicuro di sé il mouse: era giunto il tempo di combinare qualche appuntamento.
Gwaine lo guardò con un ghigno divertito dalla sua scrivania, come avesse fatto a trascinare l'amico in quel progetto non lo aveva ancora capito. Sapeva di essere un grande persuasore, ma la verità era che, in fondo in fondo, a Merlin quell’idea era sempre piaciuta. Fece una pallina con un foglio di carta e la lanciò, colpendo la testa dell’altro ridendo. - Eddai, Merls! Non fare quella faccia, sei felice del tuo lavoro, ammettilo!
- Non mi sarei mai immaginato con l'arco di cupido fra le mani se è questo che intendi! - replicò Merlin scherzosamente, alzando gli occhi dallo schermo e incrociando quelli dell'amico.
- Quando diventeremo famosi voglio due uffici separati. - Rise, rilanciando la pallina e colpendo la libreria alle spalle dell'altro.
- Mai noi siamo già famosi! E poi non riusciresti mai a stare senza di me - disse Gwaine convinto.
- Siamo stati fortunati. Praticamente Leon ci sta mandando tutti i suoi amici da quando ha trovato l’anima gemella grazie a noi. Compreso Percival… - Merlin sorrise, sbattendo le ciglia un paio di volte.
- Già, peccato che tutti gli appuntamenti che ho organizzato per Percival siano stati un fiasco! - Gwaine si passò una mano tra i capelli ridendo tra sé e sé, ovviamente lui sapeva benissimo del perché tutti gli appuntamenti fallivano miseramente.
Appena lo aveva visto aveva deciso che il povero Percival avrebbe dovuto essere suo; quell'armadio di due metri tutto muscoli e tenerezza lo aveva colpito, e così aveva organizzato una serie di appuntamenti con i personaggi più disparati, sperando che lui si stancasse e smettesse di essere loro cliente: doveva conservare un minimo di professionalità e non poteva uscire con lui finché non si fosse ritirato dalla sua agenzia.
- Sì, certo. Fai l’innocente - brontolò l’altro. - Potresti parlargli chiaro e uscirci insieme invece di presentargli gente strana. Un paio non li hai pure pagati per sembrare pazzi? - domandò confuso Merlin, mentre si alzava per cambiare il cartello sulla porta vetri d’ingresso da “chiuso” ad “aperto”.
- Non so di cosa tu stia parlando! E ti ricordo che sono un professionista serio, non andrei mai in giro a pagare la gente - disse, negando tutto e fingendo un'espressione innocente.
Merlin gli lanciò un'occhiataccia, ma fece finta di niente e sospirò, mentre la porta a vetri si spiaccicava contro il suo naso.
- Ehi! - Si lamentò, mentre una figura avvolta in un lungo cappotto si infiltrava nell'ufficio.
- Nessuno le ha mai insegnato che non bisogna starsene nascosti dietro a una porta? - disse il biondo, mentre si toglieva il cappotto, per poi porgerlo a Merlin. - Tenga. Lo appenda pure, e mi raccomando stia attento a non sgualcirlo!
Merlin avrebbe voluto rispondere subito, ma una manica gli era rimbalzata in bocca.
- Non sono una guardarobiera - soffiò poco dopo, mentre portava l'indumento all'attaccapanni dell'ingresso, scrutando l'intruso.
Completo senza una grinza, gemelli ben in vista, sicuramente uno dell'ufficio di contabili due piani sopra di loro, che credeva ancora che al posto dell'agenzia ci fosse la caffetteria.
- Non penso potremmo esserle d'aiuto, qui - sottolineò con un pizzico di insolenza il moro.
- Questa non è forse un’agenzia matrimoniale? - chiese Arthur perplesso, era sicuro che quello fosse l'indirizzo che gli aveva dato Leon, e il nome fuori dalla porta non gli lasciava dubbi.
- Mm, sì - replicò alla sprovvista Merlin, sperando che il biondo non fosse un cliente.
- Bene, allora sono nel posto giusto! - Quel tipo era veramente strano pensò Arthur, sembrava uscito direttamente da uno di quei film su elfi e folletti. Non aveva mai visto due orecchie così grandi, oltretutto continuava a fissarlo imbambolato e gli stava facendo perdere un mucchio di tempo. - Cosa aspetta? Si muova, non ho tutto il giorno, non ho tempo da perdere.
- Io al momento sono impegnato, ma il mio collega... - Merlin si voltò a guardare Gwaine, ma l'amico si era coperto il viso con uno dei dépliant dell'agenzia. Vigliacco! - Come non detto, mi segua. - Il moro sorpassò la scrivania di Gwaine e si sedette alla sua postazione, osservando il biondo sedersi sulla sedia rossa a conchiglia di fronte a lui.
- Io sono Merlin.
- Io sono Arthur Pendragon, dannazione questa sedia è scomodissima! Non ne avete una più comoda? - Lui era abituato alla comoda poltrona del suo ufficio, gli sarebbe di sicuro venuto un bel mal di schiena.
- Al momento è l'unica che abbiamo. Mi dica cosa l’ha condotta qui signor Pendragon - pronunciò frettolosamente il moro.
- Mi dica, secondo lei cosa può condurre un uomo in un’agenzia matrimoniale? - In che razza di agenzia lo aveva mandato Leon??
Merlin si morse il labbro, mentre poteva immaginare Gwaine trattenere le risate a pochi passi da lui. Questo Arthur gli sembrava tanto tipo da considerare solo la sua immagine riflessa come dolce metà.
- Quindi lei cerca moglie..?
Arthur tamburellò nervosamente le dita sulla scrivania, di sicuro suo padre avrebbe preferito che si trovasse una moglie, non che lui non ci avesse provato, anzi, ma ormai aveva capito che le donne non gli interessavano.
- Non proprio, diciamo che le donne non fanno per me. Sto cercando un uomo.
- Ah. - Merlin rimase un attimo di sasso e poi ricominciò a cliccare sullo schermo del pc. - Caratteristiche particolari?
Il biondo ci pensò su un istante. - Sì, direi di bell'aspetto, buona posizione sociale, non mi piacciono piercing e tatuaggi. Mi raccomando che non sia più alto di me, occhi chiari e orecchie non troppo grandi - proferì sicuro.
Merlin alzava un sopracciglio a ogni caratteristica che Arthur aggiungeva, osservandolo male quando tirò in ballo le orecchie. - Richieste modeste... - pronunciò ironico.
Arthur ignorò il commento dell'altro, continuando a elencare le caratteristiche che preferiva. - Poi mi piacerebbe che masticasse un po' di legge, visto che sono avvocato. - Di certo non voleva ritrovarsi con un uomo che non sapesse nemmeno cosa fosse una legge, o peggio ancora che fosse del tutto ignorante in materia.
- Ma non crede di esigere un po' troppo? - domandò il moro, pentendosene un secondo dopo.
- Mi dica lei sa qual è la differenza tra una norma e una legge? - chiese il biondo, sicuro che l'altro non sapesse la risposta.
- No - rispose Merlin, afferendo un plico di fogli da sotto la scrivania. - Visto che si intende di legge, questo è il nostro contratto.
- Ecco, vede? Se portassi uno come lei alle cene coi miei colleghi capisce che figura ci farei? - spiegò Arthur, afferrando il plico di fogli per poi cominciare a sfogliarlo.
- Ma perché ha scelto proprio la nostra agenzia?? - chiese Merlin, cercando di contenere il nervosismo.
- Comincio a chiedermelo anche io, comunque è stato il mio amico Leon a consigliarmela, spero solo di non dovermi pentire di averlo ascoltato - sbuffò in risposta Il biondo. Quel Merlin aveva tutta l'aria di essere un incompetente, ma non aveva altra scelta, doveva fidarsi, era l'unica possibilità che aveva per trovare un uomo.
Il moro sgranò gli occhi; l'idea di cacciare il biondo gli era già apparsa più di una volta nella testa, ma ora non poteva più farlo.
Leon era stato un ottimo cliente e il matrimonio stava facendo un favolosa pubblicità all'agenzia. Per non parlare del fatto che l'uomo avesse chiesto aiuto al catering e al fiorista consigliati da Gwaine, facendo guadagnare una percentuale anche a loro. Avrebbe voluto tanto infossarsi nella sua sedia a conchiglia e sperare che fosse tutto un incubo.
- Oh, Leon, sì. Fantastica persona - sussurrò. - Ma è proprio sicuro ti voler cercare marito?
- Concordo pienamente con lei, dopotutto Leon è uno dei miei migliori amici. - Lui e Leon si conoscevano da quando erano bambini, e si divertivano a fingere di essere il re e il suo fidato cavaliere. Crescendo erano rimasti buoni amici: Leon era una persona onesta e leale su cui si poteva sempre contare. - Riprendendo il discorso, sì, sono proprio sicuro di voler trovare marito, altrimenti non mi troverei qui non le pare? - disse Arthur. - Piuttosto lei è proprio sicuro di riuscire a trovarmi un marito? Non mi da l'impressione di essere uno tanto competente.
- Dipende se riuscirò a camuffare il suo car… - Merlin si interruppe quando la porta a vetri si aprì di nuovo e vide Gwaine saltare sull’attenti.
- ‘Giorno - bofonchiò Percival, facendo qualche passo lontano dall’entrata.
Il biondo si voltò per vedere chi fosse entrato, e riconobbe il suo amico; non lo vedeva da un po’ di tempo, visto che ultimamente era molto impegnato col lavoro. Si alzò andandogli incontro.
- Percival, e da un po’ che non ci vediamo, come ti vanno le cose? - domandò, stringendogli la mano. - Sono qui perché cerco marito, e tu come mai se qui, ancora problemi con la timidezza? - Percival era sempre stato un timidone, e per questo non era mai riuscito a trovare nessuno. Non si meravigliava affatto che si fosse rivolto a un’agenzia matrimoniale.
- Io? No, ho fatto progressi - tossicchiò l’amico, mentre le guance si colorivano. - Comunque ti troverai benissimo qui. - Percival guardò intorno a sé e appena i suoi occhi inquadrarono Gwaine si illuminò. - Sono davvero gentili - sospirò.
- Beh, è stato un piacere rivederti. Adesso però devo proprio andare perché il lavoro mi chiama, spero di rivederti per un caffè una di queste sere - disse Arthur guardando l'orario sul suo orologio, doveva tornare in ufficio, si era fatto tardissimo.
- Ma non può andarsene! Mi deve dare i suoi dati e documenti - ribatté Merlin da dietro il biondo. Sperando di trovare qualcuno con questi tremila requisiti.
Arthur frugò nella tasca dei pantaloni e si riavvicinò all’altro. - Tenga, questo è il mio biglietto da visita. Chiami la mia segretaria, le darà tutti i dati necessari. - Gli porse il biglietto e si avviò all'uscita, fermandosi davanti alla porta in attesa e osservando il moro. Quando vide che l'altro non accennava ad alzarsi dalla sedia roteò gli occhi al cielo sbuffando. - Si può sapere cosa sta aspettando? Mi porti il mio cappotto.
Merlin era sul punto di lanciargli contro il mouse, ma tempestivamente Gwaine si alzò dalla sedia e allungò l’indumento al nuovo cliente.
- Avrà presto nostre notizie.
Arthur si infilò il cappotto, notando che era completamente sgualcito. - Il suo collega avrà presto notizie dalla mia lavanderia. Gli farò mandare il conto, visto che ha fatto sgualcire il mio cappotto - minacciò uscendo, chiudendosi la porta alle spalle.
- Pure! - Merlin si alzò in piedi appena l'altro varcò la soglia. - Non lo voglio come cliente. Arrogante, cafone e prepotente, come fa a essere amico di Leon?? - domandò a Gwaine, per poi accorgersi di Percival, che stava facendo di tutto per rimanere neutrale. - Scusa Percival, non volevo essere offensivo...
- Non ti preoccupare Merlin, Arthur non riesce mai ad andare a genio alla prima impressione. Una volta conosciuto cambierai idea, vedrai.
- Merls, un cliente è sempre un cliente, senza contare che è amico di Leon. - Si intromise Gwaine, tentando di calmare il collega.
- Come vuoi tu - disse a denti stretti il moro, per poi tornare alla sua scrivania contemplando il biglietto da visita.
- Ehm, vogliamo tornare a noi? - commentò Gwaine, attirando l'attenzione di Percival, fissandolo raggiante.
- Sì, scusa. Hai detto che avevi un nuovo interessato, giusto? - Percival si sedette, osservando attentamente l'altro.
Merlin sorrise alla scenetta tra i due e tornò al suo monitor: doveva trovare un pretendente per il nuovo affiliato e liberarsene il prima possibile.
 
▪▪▪
 
Era passato qualche giorno dal primo incontro con “Arthur Pendragon, dannazione questa sedia è scomodissima!”, e Merlin aveva fatto del suo meglio per trovare un partner con tutte le caratteristiche che cercava, ma si era rivelato impossibile.
Inoltre ogni volta che si immaginava un uomo di fianco al biondo temeva per l’incolumità del poveretto; chissà che commenti avrebbe ricevuto…
Alzò la cornetta del telefono e digitò il numero dell’ufficio dell’avvocato, almeno la sua segretaria era gentile.
Quella sera aveva programmato uno speed-dating in un locale della zona ed era deciso a far capire ad Arthur che doveva provare a conoscere anche persone che a prima vista non lo colpivano.
 
Il biondo entrò nel locale perfettamente in orario, ammirando l’ambiente intorno a sé. Quel Merlin aveva un minimo di gusto dopo tutto: la luce era soffusa, affidata a lampadari a candelabro che pendevano dal soffitto, e risaltava in modo perfetto tra il rosso scuro e il nero delle pareti.
Tavolini sottili, per due persone, si dislocavano per tutto l’ambiente, accompagnati da poltrone in velluto nero.
Finalmente qualcosa di comodo! Arthur sorrise, notando l’addetto dell’agenzia apprestarsi verso di lui avvolto in una giacca nera. Sarebbe stato anche decente, se non fosse stato per la t-shirt verde fluo che si intravedeva sotto il doppio petto.
- Mi fa piacere che sia venuto. - Merlin gli si avvicinò e sorrise. - Le spiego come funziona, ok?
- D'accordo, ma se posso darle un consiglio, quella maglietta è orribile e il colore è fuori moda. - Gli consigliò Arthur, con un ghigno divertito.
Merlin perse tutto l'entusiasmo della serata. - Grazie per il suggerimento, comunque avrà cinque minuti per ogni persona che si siederà di fronte a lei. Avrà anche un campanello sul tavolo e potrà suonarlo nel caso capisse che la persona non fa per lei. Ha capito?
- Certo che ho capito, ma per chi mi ha preso, per uno stupido? - sbuffò innervosito il biondo.
Merlin si girò di spalle e iniziò a camminare verso la saletta adibita allo speed-dating senza rispondere.
- Mi segua, il suo tavolo è il numero sei.
Arthur lo seguì senza proferire parola, cercando di contenersi.
Una volta arrivato al suo tavolo si accomodò, facendo un cenno d'assenso a Merlin, e aspettò che l'evento avesse inizio, scrutando interessato il campanello tipico delle vecchie hall di hotel.
Poteva sbagliarsi, ma gli era sembrato che Merlin fosse scocciato dalla sua presenza.
Il moro si posizionò al centro della stanza e diede ufficialmente il via all'evento. Si diresse poi verso il bancone del locale e fece partire una lunga fila di ragazzi, che occuparono tutti i tavoli, mentre lui osservava la situazione.
Notò Arthur bocciare due degli uomini senza nemmeno attendere il loro nome. Sospirò, cercando di focalizzarsi sugli altri, ma di nuovo il campanello al tavolo sei suonò.
Merlin si alzò dallo sgabello dove era seduto e marciò al tavolo dell'avvocato, accomodandosi; Arthur lo fissò male e subito suonò il campanello.
- La smetta - intimò il moro, rubandogli di mano l'attrezzo.
- Sbaglio o è stato lei a dirmi che posso suonare il campanello se capisco che la persona non è adatta a me? - lo accusò il biondo, lanciandogli un’occhiataccia. Non era colpa sua se tutti i tizi che si sedevano al suo tavolo non erano adatti a lui.
- Ma non ci prova nemmeno a conoscerli... Scommetto che non si ricorda neanche il nome di uno dei tre!
Effettivamente Arthur non ricordava i nomi, perché non li aveva nemmeno ascoltati prima di suonare il campanello, ma non voleva darla vinta al moro, così buttò fuori il primo nome che gli venne in mente.
- E invece me lo ricordo, quello coi capelli ricci si chiamava Nick.
- Ha pure il coraggio di mentire. Sicuramente sarà un buon avvocato... Che avevano che non andava?
- Ma li ha visti? Avevano il quoziente intellettivo di una gallina. Per non parlare di come erano vestiti, e uno di loro aveva anche un tatuaggio - spiegò Arthur.
- Non può eliminare una persona per un tatuaggio o senza darle il tempo di presentarsi. Da adesso fino alla fine dell'evento le sequestro il campanello - chiarì il moro.
- Ehi, si fermi, non può farlo… E io come faccio a eliminare le persone? - Lo fermò il biondo, cercando di fargli cambiare idea. Aveva come il vago sospetto che il moro avesse preso un po' troppo a cuore il suo caso, con la chiara intenzione di trovagli in fretta un uomo per liberarsi di lui.
- Certo che posso. Ascolterà per intero tutti e cinque i minuti di ogni concorrente. - Merlin sorrise e si alzò dal tavolo tenendo con sé il campanello. - Buon proseguimento. - Si defilò, guardando con la coda dell'occhio il broncio del biondo.
Arthur si adagiò pesantemente sulla sedia e seguì il percorso dell'altro fino al bancone. Non aveva urlato solo per non destare l'attenzione, perché sicuramente c'era una legge che vietava il furto dei campanelli allo speed-dating.
Come aveva osato poi quel Merlin, nessuno lo ostacolava, e ora ci provava lui.
Il dito batteva ritmato sul tavolo, ma non avendo più il magico attrezzo per liberarsi dai noiosi pretendenti fu costretto ad ascoltarli uno per uno.
Aveva guardato nervosamente il piercing al sopracciglio del primo che era arrivato, non badando nemmeno a cosa avesse detto. Con il secondo aveva tentato di stabilire una conversazione sul furto del campanello, ma l’uomo non era sembrato molto interessato...
Il terzo e il quarto erano più alti di lui, quindi scartati a prescindere e invece scoprì che il sesto era un laureando in diritto, attento agli avvenimenti del mondo socio-economico.
Sorrise di riflesso all'ultimo dei candidati, visto che la fine della tortura era vicina.
Proprio mentre stavano parlando del più e del meno gli occhi di Arthur incrociarono quelli del moro, intenti a scrutarlo mentre sorseggiava un cocktail azzurrognolo.
Quel tipo non era nemmeno professionale, non si potrebbe bere durante il lavoro; sperava tanto che gli andasse di traverso.
Anche l'ultimo turno si concluse e il biondo si rilassò, mentre tutti si alzavano a congratularsi con Merlin per la serata.
L'organizzatore aveva salutato i partecipanti ed era rimasto sorpreso nel vedere Arthur immobile al tavolo; probabilmente rivoleva il suo campanello.
Si accostò alla sedia di fronte a lui e sorrise. - Trovato qualcuno di interessante?
- No, e per colpa sua sono stato costretto ad ascoltarli tutti. È stata una noia mortale.
Ma Arthur gliela avrebbe fatta pagare, eccome se lo avrebbe fatto.
Merlin bofonchiò e si sedette, avvicinando il campanello ad Arthur. - Non mi sembra pronto per un matrimonio, sa?
- Non ho bisogno del suo parere, piuttosto mi trovi un uomo decente. - Arthur afferrò il campanello, iniziando a giocherellarci, poteva anche essere infantile, ma gli piaceva da morire. Quasi quasi poteva portarselo a casa, come premio per la noiosa serata.
- Ho notato che col numero sei ha parlato volentieri, o sbaglio? - tentò Merlin.
- Si ma solo perché era un laureando in diritto, e almeno ho potuto ascoltare qualcosa di interessante - ammise Arthur.
- Potrebbe interessarle un appuntamento con lui? Voi due da soli? - domandò trepidante Merlin.
- Certo che no, conoscerà anche il diritto ma è terribilmente noioso - precisò il biondo.
Merlin non aveva mai avuto così tanta voglia di affogare i suoi dispiaceri nell'alcool. Scrutò Arthur dubbioso. - Cercherò di nuovo nel nostro archivio qualcuno coi suoi requisiti.
- Sperando che nel suo archivio c'è ne sia uno decente - disse l'altro alzandosi. - Ad ogni modo la chiamerò in ufficio per sapere se ci sono novità. Adesso devo proprio andare buona serata. - Si avviò verso l'uscita, lanciando un’ultima occhiata a Merlin: se sperava di liberarsi di lui tanto facilmente si sbagliava di grosso.
Il moro gli sorrise e lasciò cadere la fronte sul tavolo appena l'altro uscì; doveva trovare assolutamente qualcuno alla svelta.
 
▪▪▪
 
Aredian entrò nello studio Pendragon ignorando del tutto i clienti nella sala d’attesa, per poi attraversare la stanza prima dell’ufficio di Arthur, dove Freya tentò invano di fermarlo.
Spalancò la porta dell’ufficio dell’avvocato e sorrise. - Arthur!
Il biondo si voltò di colpo, notando il notaio e la sua segretaria proprio dietro di lui.
- Mi spiace tanto signor Pendragon, ho tentato di fermarlo ma…
- Tranquilla Freya. Lasciaci soli - pronunciò lentamente, facendo cenno alla segretaria di andarsene.
La ragazza annuì e uscì, chiudendo le porta dell’ufficio.
- Mi scuserai se non ho preso appuntamento. - Aredian avanzò, togliendosi il cappello che gli adornava il capo, poggiandolo sulla scrivania in noce dell’altro. - Ogni volta che entro qui dentro rimangono affascinato dal gusto di tuo padre. - I suoi occhi si focalizzarono sulla vetrina alle spalle dell’avvocato, adornata da libri e soprammobili di ogni tipo.
- Non mi aspettavo una tua visita. Non così presto almeno - chiarì il biondo.
- Presto? Dell'anno a disposizione ti è rimasto solo un mese, o non te ne ricordi?
Arthur deglutì e si sedette sulla comoda poltrona in pelle, invitando Aredian a prendere posto di fronte a lui.
- Oh, non posso trattenermi. Mi chiedevo se ci fosse già un candidato per l’altare. Rischi di perdere l’attività che tuo padre ha così faticosamente fatto nascere. - Il tono non era certo quello di un amico preoccupato.
- Certo - replicò immediatamente Arthur. - Questa azienda rimarrà alle mie redini.
- Lo spero per te. So quanto ci sei affezionato… - L’uomo ghignò, riposizionandosi il cappello sulla testa, e si allontanò dalla scrivania. - Grazie a tua sorella e al suo matrimonio avete salvato la residenza fuori Londra. È già una buona notizia. - Si aggiustò il soprabito e afferrò il pomello in ottone della porta. - Non vedo l’ora di vedere il futuro sposo, allora. A presto. - Uscì senza nemmeno aspettare la risposta del biondo, sorridendo fra sé e sé; quell’azienda sarebbe stata presto sua.
Arthur prese in mano la cornetta un secondo dopo l’uscita del notaio, tenendo premuto il tasto tre per far partire la chiamata rapida.
- Agenzia Cuori Solitari, qui parla Merlin.
- È lei, razza di incompetente, è riuscito a trovarmi qualcuno si o no? - chiese Arthur seccato, senza neanche dire chi era, ma era più che sicuro che l'altro lo aveva riconosciuto lo stesso.
- Signor… Pendragon? - domandò Merlin.
Arthur alzò gli occhi al cielo. - Possibile che con le orecchie che si ritrova non riesca neanche a riconoscere la mia voce? - sbuffò spazientito.
- La metto un attimo in attesa - disse sbrigativo il moro, per poi coprire con una mano la parte sotto della cornetta. - Gwaine, è la diciottesima telefonata in due giorni... Non lo sopporto più.
- Mi dispiace Merls, ma dovrai sopportarlo ancora un po', un cliente è sempre un cliente. - Lo ammonì Gwaine, trattenendo a stento una risata.
- Allora perché non lo gestisci tu, uhm?? Tanto a lui non cambia niente...
- Forse sarebbe meglio, visto che lei mi sta solo facendo perdere tempo - sbottò il biondo, che dall'altra parte della cornetta aveva sentito ogni parola di quello che si erano detti i due.
Merlin tentò di fare appello al buon umore che lo aveva accompagnato fino a quel momento.
- Penso di aver trovato qualcuno in grado di sopportarla. È un uomo molto gentile e paziente. Avvocato ovviamente - pronunciò il moro, una volta ripresa all'orecchio la cornetta.
Arthur ignorò il commento di Merlin. - Era ora, spero solo che non sia un altro di quei tipi noiosi dello speed-dating. - Ormai si aspettava di tutto.
- Le piacerà sicuramente, vedrà. - E speriamo che lei piaccia a lui... - Organizzo per la prossima settimana, che dice?
- No, la prossima settimana è troppo tardi, veda di organizzare prima. - Dopo la visita di Aredian era entrato nel panico, non poteva permettersi di perdere altro tempo.
- Ok, vedrò di combinare per domani. Un caffè per cominciare le può andar bene?
- Sì, può andar bene, lasci detto alla mia segretaria dove e l'orario, appena organizza tutto. - Arthur riattaccò senza neanche aspettare la risposta dell'altro.
- Cafone! - urlò Merlin dall’altra parte, attirando nuovamente l’attenzione di Gwaine.
- Scusa - borbottò il moro, mentre iniziava a cercare tra i fascicoli che aveva sulla scrivania quello del pretendente; doveva essere quello giusto a ogni costo.
 
Merlin era riuscito ad architettare il primo incontro in un piccolo bar vicino entrambi gli uffici degli avvocati.
Era così in ansia che credeva di essere lui a dover incontrare la potenziale metà della sua vita.
Oswald era già al tavolo, mentre tentava di distrarsi leggendo il menù, e lui scrutava l’ingresso, attendendo Arthur.
Il biondo si presentò alle dodici in punto al bar indicato da Merlin ed entrò osservando tutti i presenti, chiedendosi quale fosse l'uomo designato. Appena vide il moro vicino al bancone gli si avvicinò. - Allora, qual è il tizio di cui mi ha parlato?
Merlin sorrise e indicò il tavolino nell'angolo del locale. - Si chiama Oswald.
Il biondo si voltò, e non appena vide il suo vecchio rivale seduto al tavolo per poco non gli venne un infarto. - Non se ne parla nemmeno, quel tizio non fa per me, mi dispiace ma non se ne fa niente - chiarì, per poi dirigersi verso l'uscita.
- Come? Ma perché? Ha tutti i suoi requisiti. Dove sta andando?? - Merlin prese Arthur per una manica del cappotto, fermandolo. - Ora ci va a parlare, che lo voglia o no.
- Se lo può scordare. Quel tizio è un mio ex rivale di tribunale, e per giunta ha anche vinto la causa. - La vena sul collo di Arthur iniziò a pulsare prepotentemente.
Merlin non riuscì a nascondere un sorriso. - E solo per questo non vuole nemmeno sentire che ha da dire?
- E le sembra poco? Era la mia prima causa, è stato terribilmente umiliante. - Arthur si passò una mano tra i capelli cercando di calmarsi. - Lei è un incompetente, avrebbe dovuto informarsi su per quale studio lavorasse.
Merlin si ricompose, cercando in tutti i modi di mettersi nei panni dell'altro, ma non ci riusciva: Arthur era troppo una testa di fagiolo!
- Dovrebbe andare lì comunque, forse potrebbe anche aiutarla nel su lavoro, se l’ha già battuta.
- Non ho bisogno di aiuto da quello per il mio lavoro, e per sua informazione sono già un avvocato di successo! - gridò Arthur fuori di sé dalla rabbia, stringendo i pugni. - E adesso si tolga dai piedi, ha già fatto abbastanza danni.
- Bene, sa che le dico? Non la voglio più vedere nella mia agenzia. Se lo trovi da solo uno disposto a sposarla - replicò il moro.
Quelle parole fecero riflettere il biondo, a cui era appena venuto in mente un modo per risolvere tutti i suoi problemi. Afferrò il moro per un braccio, cominciando a trascinarlo con sé verso il suo studio, che si trovava a cinque minuti dal bar. - Lei adesso viene con me nel mio ufficio, dobbiamo discutere di una clausola importante del contratto.
- Guardi che non cambio idea. E mi lasci… - rispose a tono Merlin, tentando di frenare l’andatura dell’avvocato.
Arthur non si lasciò intimorire dalle proteste dell'altro, continuando a trascinarlo per la strada.
Entrò nel suo studio tirandosi dietro il moro; per fortuna la sua segretaria era in pausa pranzo. Aprì la porta del suo ufficio, richiudendosela alla spalle una volta che furono entrati.
- Alla lista dei suoi difetti devo aggiungere la pazzia. - Merlin lo guardò di sottecchi. - E per ripeterglielo un’ultima volta: lei non è più mio cliente!
- Stia pur tranquillo, non ho più bisogno di trovare un uomo che mi sposi. - Arthur lo guardò con un ghigno a metà tra il diabolico e il divertito. Prese il contratto dal cassetto della sua scrivania e lo gettò nel cesto dei rifiuti: aveva avuto una grande idea. - Perché mi sposerà Lei.
- Che? Ma ha bevuto??
- Mio padre ha imposto come clausola, nel suo testamento, che io mi sposi entro l'inizio del prossimo mese, e se non lo faccio perderò l'eredità - spiegò il biondo. - Perciò, volente o nolente lei mi sposerà.
- Con tutto il rispetto per suo padre... Si cerchi qualcun altro. Io non ho nessuna intenzione di sposarla! Non sono minimamente interessato a uno come lei - disse conciso il moro, credendo che tutto fosse ancora una scherzo.
- Non faccia il timido, sono sicurissimo che lei sia gay - commentò Arthur.
Merlin rimase immobile per qualche secondo. - Io me ne vado, lei si sposi chi vuole..! - Si incamminò verso l'ingresso.
- Farò causa alla sua agenzia. - Lo minacciò l'avvocato, sicuro che questo lo avrebbe fermato.
L'altro si arrestò, voltandosi verso il biondo. - Non può farlo.
Arthur gli rivolse un sorriso compiaciuto. - Nel suo contratto c'è scritto che l'agenzia si impegna a trovare un compagno per la vita, ma visto che lei mi ha mandato via prima di farlo, la sua agenzia è in torto.
Merlin lo fissò e poi sbiancò: aveva ragione.
- Le ridarò la caparra! - Si affrettò a dire.
- Troppo tardi, avrebbe dovuto pensarci prima. Sa benissimo che se facessi causa contro di voi entro il prossimo mese chiudereste i battenti - annunciò trionfante il biondo.
- Ma lei non sarebbe così crudele, giusto? - bofonchiò Merlin, anche se già intuiva la risposta.
- Dipende tutto da lei, o mi sposa o può dire addio alla sua bella agenzia. - A questo punto Arthur lo aveva messo con le spalle al muro, non era da lui arrivare a tanto, ma doveva salvare l'eredità di suo padre dalle grinfie di Aredian.
Merlin squadrò Arthur dal basso all'alto. Doveva essere sicuramente un brutto scherzo...
Uscì senza girarsi, doveva parlare con Gwaine e cercarsi un avvocato, uno sano di mente!
 
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Speriamo che il capitolo vi sia piaciuto.
Come già detto in totale dovrebbero essere quattro. Aggiorneremo ogni settimana, più o meno.

*Aredian in Merlin è il cacciatore di streghe, mentre qui è il notaio che minaccia Arthur.
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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Eccoci qua col nuovo capitolo!
Ricordo che la storia è scritta a quattro mani con mary del!
Un bacione a chi ha recensito :)
E un grazie a chi ha aggiunto la storia alle preferite, ricordate o seguite.
Buona lettura!
 
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Gwaine alzò gli occhi dal suo pollo al mandarino take-away quando sentì una brusca frenata. Sarebbe tornato a mangiare tranquillamente se non avesse visto Merlin parcheggiare piò storto della torre di Pisa, per poi rotolare fuori dall'auto.
- Gwaine! - urlò il moro, una volta entrato nell'agenzia, dopo aver rischiato di inciampare almeno tre volte.
- Merls, sembra che ti stia inseguendo un fantasma, si può sapere che ti è successo? - chiese l'altro, addentando un pezzetto di carne.
- Ho fatto un casino - disse, avvicinandosi alla scrivania dell'amico col fiato corto. - Ho cacciato l'avvocato!
Gwaine per poco non si strozzò col pollo. - Cosa? Sai benissimo che non puoi farlo. Almeno non prima di avergli trovato un compagno, il contratto va rispettato.
- Ma io non credevo fosse una cosa così fiscale... Credevo fosse una baggianata detta da lui, esagerata come lui - puntualizzò. - Non può farci niente, giusto?
- E invece sì Merls, può farci causa e trascinarci in tribunale. Lui è un avvocato e lo sa benissimo - spiegò il castano sospirando; il moro li aveva messi proprio in un bel guaio.
Merlin iniziò a camminare avanti e indietro sul parquet, ma di certo le rotelle nella sua testa si muovevano più veloci. Non credeva di essere così tanto in torto marcio.
Forse se avesse spiegato che Arthur l'aveva ricattato potevano ancora cavarsela. Aveva bisogni di testimoni!
Si fermò. - Oswald! Ho lasciato Oswald al bar, mi prenderà per incompetente. Potrebbe testimoniare per il ricatto!
- Quale ricatto?  Di che accidenti stai parlando? - domandò l'amico confuso: doveva assolutamente cercare di calmare Merlin e farsi spiegare tutto per bene, non ci stava capendo più nulla. - Adesso ti calmi, ti siedi, e mi spieghi tutto, ok, Merls?
- Ha detto che se non lo sposo ci farà causa. Ma possiamo incastrarlo! Questo è ricatto, ne sono sicuro.
- E perché mai dovrebbe volere che tu lo sposi? - chiese l'altro perplesso.
- Ha parlato di una clausola nel testamento di suo padre... Per l’eredità!
Gwaine ci rifletté su, anche se il tutto sembrava alquanto strano, forse se dimostravano che l'avvocato li ricattava avevano ancora qualche speranza di cavarsela, sempre ammesso che Merlin avesse una prova, ma cominciava a dubitarne: il biondo era troppo furbo per lasciarsi incastrare. - Hai qualche prova del ricatto?
- Beh, eravamo nel bar, però mi ha trascinato fuori e portato nel suo ufficio... Oh.
- Lo sapevo, è troppo furbo per lasciarsi incastrare. È per questo che ti ha trascinato nel suo ufficio, per fare in modo che nessuno potesse sentire. - Non avevano niente in mano, nemmeno una misera prova.
Merlin si impuntò davanti alla scrivania dell’altro. - Sarà solo uno scherzo di cattivo gusto, giusto? Non ci farà causa. Dopo tutto non si è mai sentito di un ricatto del genere, no? - sbiascicò, cercando appoggio da Gwaine.
- Ma sì, scherzava, forse voleva solo vendicarsi perché tu lo hai cacciato - disse l’altro, tentando di rassicurarlo. - Forse, però, è meglio provare a sentire lo stesso un avvocato, per non essere impreparati.
Merlin annuì, un tantino rincuorato. - Ritorno a prendere Oswald e ne parlo con lui, va bene?
- Va bene. - Gwaine sperava solo che tutto andasse per il meglio.
 
▪▪▪
 
Arthur aprì la porta a vetri dell’agenzia sicuro di sé, lasciando che si scostasse del tutto prima di entrare.
Merlin lo scrutò subito titubante, ma tentando di non darlo a vedere ancorò le mani alla scrivania, rizzandosi nella poltrona a conchiglia.
Oswald era stato oltremodo gentile nel cercare di aiutarlo: lo aveva ascoltato senza batter ciglio, anche dopo l’appuntamento andato a vuoto, ma per quanto il moro sottolineasse il particolare del ricatto, non avendo prove o testimoni, in torto sembrava essere solo la loro agenzia.
- ‘Giorno - pronunciò il biondo, appendendo da sé il cappotto all’attaccapanni.
Anche Gwaine si era fermato alla comparsa dell’altro, guardandolo con gli occhi più cupi che potesse fare.
L’avvocato sorrise e si diresse alla scrivania del moro, adagiando la ventiquattrore nera sul pianale.
- Ho un documento per lei, signor Emrys. È così che si chiama, giusto? Merlin Emrys.
L’altro non distolse lo sguardo da quello di Arthur, afferrando il foglio che il biondo aveva recuperato dalla valigetta lucida.
- Nel caso non lo sapesse è un’ingiunzione - continuò l’avvocato in tono vittorioso.
- In..ingiunzione? - borbottò Merlin. - Perché?
- È semplice. La sua agenzia non ha mantenuto l'impegno di trovarmi un compagno, per cui chiedo un lauto risarcimento, oppure si andrà in tribunale - spiegò.
- Lauto quanto significherebbe? - replicò il moro.
- Centomila sterline. - Arthur era più che sicuro che Merlin avrebbe finito per cedere di fronte a una somma del genere.
Il moro fissò immediatamente Gwaine, che stava letteralmente friggendo sulla sedia.
- Possiamo… Parlare? Da soli - aggiunse, rivolgendosi ad Arthur.
- D'accordo, qui vicino c'è una pasticceria, parleremo lì - concesse il biondo, per poi prendere la valigetta e il cappotto, dirigendosi all’uscita.
- Cosa pensi di fare, Merls? - chiese Gwaine, non appena rimasero soli.
Merlin non voleva che tutto il lavoro fatto da lui e Gwaine andasse sprecato, soprattutto per un suo sbaglio.
- Beh, un altro matrimonio non potrebbe fare altro che giovare all'agenzia, no? - mugugnò, cercando di mandare giù il rospo che aveva in gola.
- Non c'è n'è bisogno, troveremo un’altra soluzione. - L’amico non voleva perdere la loro agenzia, ma non voleva nemmeno costringere l’altro a sposarsi, avrebbe voluto tanto poter fare qualcosa contro l’avvocato.
- Lascia che ci parli. Forse riuscirò a cavarmela.
- Va bene, ma sta attento e non fare nulla di affrettato. - Gli suggerì Gwaine.
- Certo. - Merlin prese il suo giacchetto e uscì sospirando. Ma in che guaio si era cacciato?
 
Il moro osservava Arthur portare piccoli bocconi di torta alla bocca, rendendo sempre più rosse le labbra a causa delle fragole.
La pasticceria era semideserta a quell'ora, e i due erano comunque rintanati in uno dei tavolini laterali, vicino alle ampie vetrate.
- La smetta di mangiare e mi dica che ha in mente - iniziò Merlin.
- Questo vuol dire che accetta la mia proposta? - chiese il biondo, per poi mangiare un altro boccone di torta in tutta tranquillità, come se nulla fosse.
- Voglio prima capire che ha in mente - disse sbrigativo l'altro. - Sono ancora convinto che sia solo un brutto scherzo.
- Si rilassi, non vorrà farsi venire una ruga prima del matrimonio, vero? - Lo stuzzicò Arthur, osservandolo con un sorrisetto divertito.
Merlin cacciò via tutte le parole inopportune che aveva in testa. - Non capisco, non ha amici a cui chiedere questo “favore”?
Arthur si ripulì le labbra con un tovagliolo prima di rispondere. - Secondo la clausola io dovrei sposarmi per amore, e non per convenienza, altrimenti perderei tutto lo stesso - rispose all'altro. - Se sposassi un amico il notaio capirebbe subito che è un matrimonio fittizio. Anzi, a questo proposito, in futuro dovrebbe cercare di essere più amorevole se vogliamo rendere la cosa credibile.
Amorevole? Merlin lo fulminò con lo sguardo. - Ma chi sarebbe questo notaio? - chiese, stranamente incuriosito.
- È il vecchio socio di mio padre, che spera di mettere le mani sulla sua attività. - Il solo pensiero di Aredian seduto alla sua scrivania fece rabbrividire il biondo.
- Ah. - Il moro scrutò l'altro attentamente. Avrebbe potuto contattare questo tipo e dirgli tutta la verità, ma avrebbe fatto sicuramente infuriare l’avvocato. - Che ne dice se le trovo qualcun altro da sposare?
Arthur scoppiò in una fragorosa risata. - Le piacerebbe, vero? Ma purtroppo il tempo stringe, e non posso permettermi di cercare qualcun altro.
- Beh, allora sappia che io non sarò per niente amorevole - chiarì Merlin, mentre la cameriera si avvicinava. - Accetto solo per salvare l'agenzia.
Quando notò la cameriera avvicinarsi Arthur pensò che quello fosse il momento adatto per testare la loro credibilità come coppia. Sorridendo sotto i baffi afferrò la mano del moro di forza, per poi cominciare ad accarezzarla.
- Volete qualcosa d’altro? - domandò gentilmente la commessa.
- Sì, vorremmo quel dolce a forma di cuore, sa, il mio fidanzato è incredibilmente romantico - proferì il biondo, continuando ad accarezzare la mano di Merlin.
Il moro sorrise alla cameriera, facendo un lieve cenno d'assenso, anche se nel frattempo conficcava le unghie nella carne del biondo, amareggiato di averle così corte.
- Arriva subito. - La ragazza camminò via, tornando al bancone del locale.
- Mi lasci, è un ordine - soffiò adirato il moro.
- E allora perché mi fa i grattini? - Arthur sapeva che gli stava solo conficcando le unghie nella mano, tuttavia voleva godersi la sua reazione, provocare l'altro lo divertiva.
Merlin avvampò, ritraendo da sé la mano, quasi colpendo il porta tovaglioli. - Non si azzardi neppure a crederlo. Lei non mi interessa e non mi interesserà mai. E ora, se permette, me ne tornerei a casa mia. Mi chiami il giorno del matrimonio.
- Lei andrà sì a casa, ma per preparare le sue cose. Voglio che venga a vivere con me fino al matrimonio, come un normale fidanzato. - Il biondo era più che sicuro che l'altro avrebbe protestato.
- Cosa? Non ci penso minimamente, non fa parte dell'accordo e non può obbligarmi a fare una cosa del genere. E poi che dovrei dire ai miei amici e ai miei famigliari?
- Dica loro la verità, che viene a vivere con me, e che vogliamo sposarci.
Merlin sospirò, cercando di restare calmo. - Dopo che avrà avuto la sua eredità annulleremo tutto, giusto? Sarà come se noi due non ci fossimo mai incontrati… - La cosa si stava ingigantendo: avrebbe dovuto mentire ai suoi genitori, ai suoi amici e cambiare casa.
- Esatto, tra tre settimane ci sposeremo. Il tempo di ottenere la mia eredità e annulleremo il matrimonio, e ovviamente lei dovrà prendersi la colpa del fallimento. Le farò anche firmare un contratto prematrimoniale, giusto per essere sicuro che lei non chieda niente una volta che ci separeremo. - Il biondo espose le sue condizioni come un vero avvocato, negando ogni appello.
- No - pronunciò secco il moro. - Lei si prenderà la colpa del fallimento. Io ho un'agenzia matrimoniale, che figura ci farei? Poi non vedo perché dovrei firmarle un contratto prematrimoniale, visto che lei non mi ha dato nessuna garanzia sul fatto che ritirerà l'ingiunzione.
- Un Pendragon mantiene sempre la parola data, ritirerò l'ingiunzione può starne certo - promise. - Ma lei firmerà il contratto, non voglio doverla mantenere, o non vorrei che chiedesse dei soldi.
- E per la colpa? Va bene che sia sua? - richiese Merlin.
- Neanche per idea. Sono un avvocato di fama, non posso di certo fare una figuraccia del genere. Oltretutto io mi prenderei la colpa del fallimento ma sarebbe lei a lasciarmi. Le pare che Arthur Pendragon possa essere lasciato da un uomo?
- Beh, prima dovrebbe trovarselo... - replicò Merlin divertito. - Comunque su questo non sono disposto a contrattare. Dirò che aveva un amante o che era impotente, come preferisce.
- Non si azzardi neanche a pensare di poter dire che io sia impotente! - gridò Arthur, rosso di rabbia.
- Non c'è bisogno che si scaldi, succede a molti uomini, sa? - Merlin trattene a stento le risate, mentre le sopracciglia del biondo si inarcavano.
- Stia attento a quello che dice, posso sempre dimostrarle che non sono impotente obbligandola ad assolvere i suoi doveri coniugali durante la nostra prima notte di nozze - minacciò Arthur.
Il moro si ammutolì, guardandolo dubbioso. Ne sarebbe stato capace? In fondo che sapeva di lui, a parte l'arroganza innata.
- Lei non ha nemmeno il senso dell'umorismo. E sia ben chiaro che se solo prova a sfiorarmi non arriverà intero al matrimonio. - Mise in chiaro, alzandosi subito dopo. - Andrò a radunare le mie cose. - Si mosse dal tavolo dopo uno sbuffo dell’avvocato, incrociando la cameriera.
- Come? Non rimane col suo fidanzato? - chiese lei sorpresa.
- Un imprevisto al lavoro - disse Merlin. - Comunque è meglio se la torta la porta indietro. Il mio fidanzato è già abbastanza grasso - dichiarò entusiasta, riprendendo a camminare. Non si era mai sentito così bene in vita sua.
 
▪▪▪
 
Due giorni erano passati dall'ultima conversazione col biondo, e ora Merlin si trovava davanti alla casa, o sarebbe più appropriato dire reggia, Pendragon.
Arthur aveva lasciato aperto il cancello della proprietà e il moro si era avventurato fino all'ingresso principale, parcheggiando l'auto nel vialetto.
Merlin si apprestò a raggiungere la porta, tenendo con sé solo la borsa-trasportino per animali, suonando il campanello.
Arthur aprì, facendo entrare il moro in casa. - Era ora che arrivasse, non le sembrano un po' troppi due giorni?
- Scusi se dovevo dare qualche spiegazione ai miei famigliari. E mia madre preme per conoscerla... - commentò rammaricato Merlin. Per non spifferare sul fatto che Gwaine avesse avuto l'idea di rapire l'avvocato e farlo sparire.
- Venga, le faccio fare un giro per farla ambientare, andrà a prendere dopo il resto dei bagagli - disse il biondo incamminandosi.
Merlin cominciò a seguirlo all’interno di un enorme salone, per poi svoltare subito a sinistra. E lì si ritrovò davanti alla cucina più grande che avesse mai visto, forse migliore di quella di un ristorante. - Wow. - Adocchiò i favolosi piani in marmo nero e gli elettrodomestici praticamente nuovi.
- Sono contento che le piaccia, visto che dovrà diventare il suo regno. Io non cucino, perciò toccherà a lei farlo. - Aveva intenzione di affidare dei compiti al moro, giusto per tenerlo impegnato, e poi non poteva stare in casa sua credendo di soggiornare in un albergo.
- Che? Mi ha preso per il suo cuoco personale? - Merlin aggrottò la fronte.
- Non penserà di starsene in casa mia a poltrire?
- Guardi che anche io ho un lavoro. Comunque come vuole, mi divertirò a servirle i pranzi. - Sorrise, si sarebbe vendicato a modo suo.
Proprio mentre il biondo stava per replicare un uggiolio si diramò dal trasportino di Merlin.
- Cosa diamine è stato? - chiese il biondo, alzando un sopracciglio.
- Lancelot - disse felice il moro. - Aprendo la borsa in stoffa, permettendo al cucciolo di affacciarsi al nuovo ambiente. - Il mio cane.
Un cane in casa sua? Quel tipo aveva portato un cane in casa sua, e se c'era una cosa che non sopportava erano i cani; la bestia doveva sparire questo era poco ma sicuro.
- Niente cani in casa mia, la bestia se ne deve andare.
- Se lo caccia me ne vado anche io. - Merlin afferrò il cucciolotto e lo alzò a livello del viso di Arthur. - Come potrebbe mandarlo via? - domandò, mentre Lancelot allungava la lingua verso l'avvocato.
Arthur non fece in tempo a rispondere che il cane iniziò a leccargli il viso, riempiendolo di bava. - Ma è disgustoso, lo faccia sparire subito, o giuro che lo faccio portare al canile. - Gli ordinò.
- Come vuole. Noi abbandoniamo questa casa. - Merlin riadagiò il cagnolino nella borsa e fece dietrofront. - Addio!
- E va bene, il cane può restare, ma dovrà stare in gabbia - impose il biondo, non intendeva lasciarlo libero di scorrazzare.
Merlin continuò a marciare come se non avesse sentito nulla. - Non penso di aver sentito bene..!
- Non intendo lasciarlo libero di girare nella mia casa, resterà chiuso in gabbia e la sera dormirà in giardino.
Il moro ormai era alla porta, intento a capire come si togliessero tutti quei chiavistelli. - Mi faccia uscire.
- Se lascia questa casa farò chiudere la sua agenzia. - Gli intimò Arthur, non intendeva cedere sulla questione del cane.
- E io sarò presente quando il notaio si prenderà la sua attività - replicò il moro; Lancelot non era una condizione trattabile.
Arthur sospirò arreso, lanciando occhiatacce al moro e al cane; non aveva altra scelta, dove accettare di avere quel cucciolo di Beagle bavoso per casa.
- D'accordo, il cane potrà girare libero per casa, ma lo tenga a bada o finisce in canile.
Merlin sorrise, prendendo il cagnolino e lasciandolo libero per terra. - Stia tranquillo, è educato.
Lancelot scodinzolò felice, scivolando sulle piastrelle bianche del salone. Come Arthur non riuscisse a trovarlo adorabile era un mistero.
Il cucciolo corse poi incontro al biondo, iniziando ad abbaiare e scodinzolare attorno alle sue gambe, addentando un pezzo dei suoi pantaloni.
- Faccia qualcosa, non lo vede che il suo cane mi sta aggredendo? Sparisci bestiaccia, sciò sciò, via - ripeté Arthur, ma il cane non ne voleva sapere di lasciarlo in pace.
- Aggredendo? Questa è buona. - Merlin si avvicinò e liberò la stoffa dalle grinfie del cucciolo. - Devi stare lontano da questo brutto signore - disse a Lancelot, afferrandolo tra le braccia. - Lui vuole portarti al canile.
- È lì che i cani devono stare. - Ora aveva del lavoro da sbrigare nel suo studio e non poteva più stare a perdere tempo. - Vada a prendere i suoi bagagli, si sistemi, e poi prepari la cena. Io ho del lavoro da fare nel mio studio e non voglio essere disturbato fino all'ora di cena, è chiaro? E faccia stare zitto quel coso, abbaia fin troppo per i miei gusti.
Merlin preferì tacere o sarebbero usciti solo insulti dalla sua bocca. - La mia stanza dove sarebbe?
Arthur si impedì con tutte le forze di ridere, non aveva ancora detto al moro che avrebbe condiviso la stanza con lui, e se lo conosceva almeno un po', poteva già immaginare la sua reazione. - Lei starà nella mia stanza, dividerà la camera con me, e visto che dobbiamo sembrare davvero fidanzati, dormirà con me.
- Mi sbagliavo sul suo senso dell'umorismo - rispose immediatamente il moro, per poi capire che non era una battuta. - Non penso che qualcuno ci spierà mentre dormiamo, o sbaglio?
- Nemmeno a me piace l'idea di dover dormire con lei, ma tre volte alla settimana viene qui una donna di servizio. Il notaio la conosce e potrebbe farle domande, perciò è meglio non rischiare, quindi niente storie - replicò il biondo.
- E dove sarebbe questa stanza? - gracchiò Merlin. La convivenza stava già diventando alquanto difficile.
- Salga al primo piano, è la prima porta a destra. - Arthur si avviò verso una delle porte al piano terra, aprì e se la richiuse alle spalle, sperando di riuscire a lavorare in santa pace.
Merlin borbottò e brontolò, ma ormai il suo futuro marito era scomparso. Passò le successive due ore a sistemare i bagagli, mentre Lancelot esplorava ogni pollice della nuova casa.
- Ti piace qui, Lance?
Lancelot si sedette ai piedi del padrone, scrutandolo armeggiare nell'armadio della camera da letto.
Arthur gli aveva lasciato scritto in un biglietto che poteva collocare le sue cose nel primo cassettone e nel ripiano in alto a destra del guardaroba.
Se avesse seguito queste istruzioni? Certo che no. Aveva occupato più spazio che poteva, anche spostando i vestiti del biondo.
Poi fu più che entusiasta di mettere la cuccetta di Lance di fianco al letto, anche se l’altro sarebbe stato sicuramente contrario.
Per quanto riguardava tutti i prodotti da toilette dell'avvocato il moro già vedeva il posto ideale, ma si limitò a raggrupparli in una sola anta della specchiera.
- Direi che siamo a buon punto - commentò Merlin, osservando il cucciolo rotolarsi nella cuccia. - Andiamo a preparare la cena. - Si diresse velocemente in cucina con Lance a seguito, pronto per cucinare.
Arthur sentì un buon profumo invadere il suo studio, evidentemente Merlin aveva preparato la cena. Diede una rapida occhiata all'orologio a pendolo nel suo studio: si era fatto tardi. Mise a posto le sue carte e spense le luci uscendo. 
Si diresse in cucina, dove trovò il moro ad armeggiare con delle pentole; la tavola era già apparecchiata e ovviamente la bestia gli corse incontro festosa.
- Ma si può sapere cosa vuoi da me, cagnaccio? Sparisci, vai dal tuo padrone.
Merlin sussultò alla voce improvvisa, voltandosi. - Guarda che finché rimarrò qui sarà anche il tuo cane. - Tirò fuori l'arrosto dal forno, adagiandolo sulla tavola. - Spero sia di tuo gradimento, futuro maritino - cinguettò.
- Ha fatto bene a darmi del tu, glielo avrei giusto chiesto a cena. Stiamo per sposarci, e non possiamo continuare ancora a darci del lei se vogliamo essere credibili. - Arthur osservò l'arrosto nel suo piatto, cominciando a nutrire dei dubbi. - Chi mi assicura che sia commestibile, o peggio ancora che tu non l'abbia avvelenato?
- Se non ti fidi della mia cucina puoi saltare la cena, caro. Di sicuro non ti farebbe male. - Merlin tagliò la sua fetta d'arrosto e iniziò a mangiare sorridente.
- Stai per caso insinuando che sono grasso, Merlin? - Come si permetteva, lui era in perfetta forma; cominciò a tagliare stizzito un pezzo di arrosto.
- Sì - pronunciò risoluto il moro, mangiando tranquillamente.
Intanto Lance si era avvicinato al biondo, allungandosi, in modo da avere le zampette appoggiate sulla coscia dell'avvocato.
- Beh, almeno a me il grasso non è finito nelle orecchie. - Lo prese in giro Arthur, per poi accorgersi con orrore che il cane gli stava sbavando sui pantaloni, e sembrava guardarlo come in attesa di qualcosa.
- Dovresti allenarti, le tue frecciatine sono monotone. - Il moro continuò a mangiare come se l'altro non avesse detto niente. - Comunque dovremmo un po' parlare di noi, se questa domestica ci chiederà qualcosa...
Lancelot appoggiò il musetto sulla gamba di Arthur, mostrando due occhietti languidi, ma il biondo per una volta decise di lasciar perdere il cane: Merlin aveva ragione, dovevano imparare a conoscersi. Nimueh e Aredian avrebbero potuto fare domande, meglio essere preparati.
- Ok, parliamo.
- Dovremmo discutere dei nostri lavori. E almeno le nostre vicende famigliari, che dici? Io ho studiato a Cambridge - disse il moro per cominciare.
- Sì, lo so, hai una laurea in psicologia. Anche se a dire il vero la cosa mi ha sorpreso molto, vista la tua ignoranza, Merlin. Non mi sembri nemmeno bravo a capire le persone. - Come facesse il moro ad avere una laurea non riusciva proprio a capirlo, a quanto pare era pieno di sorprese. - Scommetto che l'hai comprata.
Gli occhi del moro brillarono di rosso e il coltello con cui stava tagliando l’arrosto assunse un’aria interessante. - Se non fosse per la mia laurea, non comprata, le avrei già lanciato contro le posate. Ciò non toglie che lei, cioè tu, tu sia una testa di fagiolo!
Arthur rispose prontamente all'insulto. - E nonostante la laurea, tu resti sempre un idiota!
- Bene. - Merlin posò forchetta e coltello. - Ora che sappiamo cosa uno pensa dell'altro... Come è scattata la scintilla tra noi?
 
Merlin e Arthur più che parlare discussero: ogni cosa che diceva uno dei due non andava bene all'altro. Ad un certo punto si stoppavano a vicenda, senza nemmeno aspettare che l’altro aprisse bocca.
Dopo circa venti minuti si erano solo accordati sul loro primo incontro: per evitare troppa confusione avevano deciso di utilizzare l'appuntamento all'agenzia come colpo di fulmine, visto che se Aredian avesse indagato avrebbe trovato l'adesione del biondo al programma dell'agenzia matrimoniale.
Dopodiché decisero di passare alle dati importanti e alle loro preferenze e, infine, cominciarono a parlare delle loro famiglie.
Arthur raccontò al moro che sua madre Ygraine insegnava pianoforte al conservatorio, ed era morta di parto quando lui era nato, suo padre invece era un avvocato proprio come lui, ma a causa di un infarto era venuto a mancare un anno prima.
Sua sorella Morgana, di un anno più grande, dirigeva un piccolo giornale, e si era trasferita a vivere col marito Mordred nella villa accanto alla loro. L'apice venne raggiunto quando Merlin iniziò a raccontare della sua famiglia: sua madre Hunith e suo padre Balinor erano due contadini, che possedevano una piccola fattoria fuori città, dove lui era cresciuto. Per tutta risposta Arthur era scoppiato a ridere, dando a Merlin del bifolco.
A quel punto il moro decise che ne aveva abbastanza, piantò in asso il biondo e si avviò nella loro camera, seguito fedelmente da Lance.
Arthur lo raggiunse dopo aver pulito controvoglia la cucina, si sentiva stanchissimo: era stata una lunga giornata e voleva solo mettersi a letto per farsi una bella dormita.
Entrò in camera sua senza neanche bussare, convinto che ormai il moro dormisse, invece lo trovò intento a spogliarsi.
- Perché non hai bussato? - replicò d'istinto Merlin, coprendosi il torso con uno dei cuscini. - Esci - continuò infastidito.
- Non puoi cacciarmi fuori dalla mia stanza, comunque non ti guardo, tranquillo. Non c'è bisogno di fare la pudica verginella - replicò Arthur sospirando.
- Prepotente - sussurrò Merlin. - Almeno voltati. - Si infilò rapidamente la maglia del pigiama.
Arthur si girò, incrociando le braccia in attesa che il moro finisse di cambiarsi. Peccato che non riuscì a resistere alla tentazione di dare un’occhiata; quando lo vide togliersi i pantaloni pensò che avesse proprio un sedere niente male, ma distolse immediatamente lo sguardo quando si accorse che Merlin lo aveva scoperto.
- No, continua pure! - gridò il moro, facendo svegliare Lance, già addormentato nella cuccetta. - Hai forse visto qualcosa che ti aggrada? - domandò retorico, mentre si allacciava il cordone dei pantaloni in vita.
- Non stavo guardando. - Si difese il biondo, completamente rosso in viso.
- Bugiardo, avevi gli occhi fissi sul mio fondoschiena.
- Perché mai dovrei guardarti il fondoschiena?
- Perché sei un asino - disse Merlin, accomodandosi sotto le coperte.
Arthur sbuffò entrando in bagno, solo poche ore e gli insulti erano già una quotidianità. Iniziò a cercare le sue cose, ma non riusciva più a trovare niente: il moro gli aveva spostato tutto.
- Merlin! Dove diamine sono andate a finire le mie cose? - Gli urlò dal bagno.
- Nell'anta di sinistra!
- E chi ti ha dato il permesso di spostarle?
- Ho dovuto fare posto per le mie, di cose, tesoro - rispose Merlin divertito.
- Le tue cose occupano anche metà della mia anta, amore - calcò Arthur infastidito.
- Oh, ma tanto tu mi perdoni tutto, no?
- Ma certo caro. - Gli rispose Arthur, rientrando in stanza, notando il cane sdraiato beatamente al suo posto accanto a Merlin. - Bestiaccia, scendi immediatamente dal mio letto, va’ via.
- Non gli urlare contro, Arthur. - Il moro adagiò il cagnolino nella cuccia, accarezzandolo. - Appena dorme ti sposto - bisbigliò nell’orecchio del cucciolo.
- Se osa di nuovo salire sul mio letto giuro che andrà a dormire in giardino - promise il biondo, infilandosi sotto le lenzuola.
 
▪▪▪
 
Gli occhi del biondo si aprirono all'unisono del suonare della sveglia.
Tentò di stiracchiarsi ma avvertì un peso sul braccio, per poi scoprire che Merlin si era avvolto a polpo intorno ad esso, e ci stava pure sbavando su; perché la bava di Lancelot non era stata abbastanza...
Arthur cominciò a strattonare il moro cercando di svegliarlo, ma a quanto pare, non ne voleva proprio sapere.
- Merlin, avanti, svegliati, o giuro che ti butto giù dal letto.
L’altro aprì piano gli occhi, strofinandoseli e girandosi dalla parte opposta ad Arthur. - Lasciami dormire, non ho chiuso occhio con te che scalciavi.
- Ma se hai dormito beatamente sul mio braccio, e poi tu russi, e sbavi più del tuo cane. - Gli rinfacciò il biondo.
- Che? - Merlin si liberò dalle coperte osservandosi intorno. - Io non russo. E non sbavo. Comunque è questo il modo di dare il buongiorno alla proprio metà?
- Oh, scusa amore, vuoi che ti dia un bacio? - chiese divertito Arthur.
- Non provarci nemmeno - replicò il moro, alzandosi dal letto.
- Altrimenti che mi fai?
- Non ti piacerebbe saperlo. - Merlin lo guardò minaccioso, per poi chinarsi e svegliare Lancelot. - Tutto bene cucciolotto?
Il cagnolino sbadigliò, per poi rizzarsi sulle zampe e scuotersi, abbaiando sonoramente.
- Lascia perdere la bestiaccia e vammi a preparare un caffè. - Gli ordinò l'altro mentre si alzava.
- Non sono il tuo servo - sbuffò Merlin, prendendo Lancelot in braccio. - Io farò il caffè per me, e se ne avanzerà potrai berlo - borbottò, uscendo dalla porta.
- Bifolco! - Gli urlò dietro Arthur.
- Non penso ne avanzerà di caffè! - urlò il moro in risposta dal corridoio.
 
Merlin aveva preparato il caffè e a malincuore notò che ne era avanzata una tazza. Lancelot aveva la testolina affondata nella ciotola di croccantini e mangiucchiava felice, mentre di Arthur ancora non c'era traccia; mai conosciuto un uomo così lento.
Il moro uscì dalla cucina a tutta velocità. - Arthur! Ma dove sei finito??
- Sono in salone, allora arriva o no questo caffè? - Aveva bisogno di una buona dose per cominciare al meglio la giornata.
- Io non te lo porto di certo! - continuò Merlin, seguendo la voce del biondo. - Dovresti imparare il rispetto per gli altri, sai?
Nel frattempo Nimueh era arrivata e stava aprendo la porta dell'ingresso con la copia di chiavi che il biondo le aveva dato in caso non fosse in casa.
- E tu dovresti imparare ad essere meno insolente e a fare quello che ti viene detto di fare - replicò l'avvocato. - Già che ci sei, portami anche il giornale, amore.
- Amore un paio di... - E fu lì che Nimueh spalancò la porta, trovandosi i due davanti.
Arthur preso dal panico cercò subito di salvare le apparenze: afferrò Merlin saldamente per il sedere e diede anche una leggera palpata; se doveva morire per quello che stava facendo tanto valeva farlo alla grande, e lo zittì con un bacio.
Il moro sgranò gli occhi e strinse d’istinto le mani alle spalle del biondo, mentre l’altro si divertiva a tastarlo ovunque. Quando avvertì la lingua di Arthur cercare di farsi strada dentro la sua bocca serrò i denti, sentendo l’avvocato mugolare di dolore e staccarsi subito dopo.
Una volta libero vide la domestica immobile all’ingresso, intenta a scrutarli.
- Sono Merlin, il fidanzato di Arthur. - Sorrise alla ragazza, incollandosi poi all’orecchio del biondo. - Stasera sei morto, Arthur Pendragon. 
 
▪▪▪

Fortunatamente siamo riuscite ad aggiornare abbastanza presto (ma non succederà sempre così u.u)
Comunque ci siamo accorte che quattro capitoli sono un po' pochini e probabilmente saranno almeno cinque.
Speriamo che il capitolo vi sia piaciuto! E che abbiate trovato Lancelot adorabile :)
A presto. 

Ps: lo so che la storia è ambientata a Londra e la Torre di Pisa è in Italia, ma non mi veniva in mente niente di "storto" d'inglese ^^'

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Ben ritrovati!
Ricordo che la storia è scritta a quattro mani con mary del.
Grazie a chi ha recensito e anche a chi ha inserito la storia tra le preferite, ricordate o seguite!
Buona lettura :)

▪▪▪

Merlin era rincasato in anticipo, deciso a vendicarsi con una cenetta alquanto particolare: aveva in mente di prendere cavallette fritte al takeaway cinese lì vicino e spacciarle all'avvocato come verdure in pastella.
Era già pronto a uscire, ma il cielo pieno di nuvoloni lo stava scoraggiando, e Lancelot raggomitolato al suo piede faceva capire che una tempesta era in arrivo.
Tirò i vari chiavistelli al portone e tornò in cucina a pensare sul da farsi.
Le cose quelle mattina, a parte il bacio, erano andate abbastanza bene con la domestica, anche se pure lei non adorava il cucciolo.
Almeno con la donna di fronte a loro Arthur non si era potuto rifiutare di dargli una copia delle chiavi di casa, mentre lui sogghignava felice.
Dopo quella scenetta era uscito per il lavoro, sperando di riuscire a distrarsi in compagnia di Gwaine.
Sentì l'inconfondibile rumore del BMW di Arthur nel vialetto e capì che il suo momento di tranquillità era finito.
Il biondo prese le chiavi dalla tasca dei suoi pantaloni, avviandosi verso la porta, ma quando le infilò per aprila notò con disappunto che non ci riusciva; le luci di casa erano accese: Merlin doveva essere già rientrato ed evidentemente l'idiota aveva messo i chiavistelli. Arthur cominciò a bussare per farsi aprire.
- Merlin - chiamò. - Hai messo i chiavistelli alla porta, toglili e fammi entrare.
Il moro avvertì un certo trambusto e si diresse all'ingresso.
- Si può sapere che hai da urlare? - domandò verso la porta.
- Hai messo i chiavistelli, idiota. - Gli gridò l'altro.
- Dunque? - replicò Merlin sorridente, accostandosi alla porta, mentre Lance faceva lo stesso, battendo le zampette contro il legno.
- Non posso entrare in casa, se non li togli.
- Un bel problema... - commentò il moro, mentre Lance lo guardava con due occhietti languidi.
- Tu dovresti stare dalla mia parte. Chi è che ti da il cibo qui, uhm? - sussurrò al cagnolino.
Arthur sbuffò irritato, ci voleva così tanto per togliere quei maledetti chiavistelli e aprirgli? Tra l'altro sentiva la bestiaccia graffiare contro la porta, era sicuramente più intelligente del padrone pensò. - Vuoi muoverti ad aprire, sì o no?
- Non finché non lo chiederai gentilmente - ribatté.
- Merlin, per favore, puoi aprirmi la porta? - tentò il biondo.
- No, ma grazie per averlo chiesto in modo educato. - Iniziò a ridere, appoggiandosi al muro per non perdere l'equilibrio.
- Apri subito questa porta! - incominciò a gridare Arthur inferocito, appena sarebbe entrato in casa gliela avrebbe fatta pagare, lo giurò su sé stesso.
Merlin continuò a ridere, mentre i primi tuoni annunciavano il temporale.
- Non ci penso nemmeno, così ti rinfrescherai un po' le idee.
- Perché mai dovrei rinfrescarmi le idee?
- Volevi far dormire Lancelot in giardino vedrai cosa si prova - disse Merlin serio. Questa vendetta era più divertente delle cavallette fritte, e combinava sia quella per la palpata, sia quella per il modo in cui il biondo trattava il cucciolo.
- Non vorrai davvero farmi dormire in giardino, spero?
Merlin si mise una mano sulla bocca per non ridere e sgattaiolò via, portando con sé Lancelot.
Gli avrebbe aperto, ma una mezz'oretta fuori all'aria aperta poteva giovargli.
A quanto pare quell'idiota non aveva intenzione di aprirgli, e per giunta si era messo anche a piovere, non aveva scelta, doveva entrare dalla finestra sopra il garage: lui la lasciva sempre aperta, e dubitava che il moro fosse stato così intelligente da chiuderla.
Arthur corse a perdifiato sotto la pioggia, inzuppandosi completamente per arrivare al garage, e con sollievo trovare la finestra ancora aperta. Fortunatamente non si trovava tanto in alto: con un salto sarebbe riuscito benissimo ad aggrapparsi al davanzale. Il biondo afferrò la balconata con le mani e si arrampicò, provando ad issarsi, ma il marmo era bagnato e non appena appoggiò un piede finì per scivolare, imprecando tra sé e sé.
Merlin ascoltò lo scrosciare dell'acqua farsi più rumoroso e tornò alla porta, togliendo in fretta i catenacci, ma quando la spalancò Arthur non c'era più.
Si sporse e vide due gambe penzolare dalla finestra sopra il garage e fu assalito dal panico.
Corse il più velocemente possibile nella lavanderia, che faceva da collegamento tra il garage e la casa, affacciandosi al davanzale.
- Arthur! Ma che ti è saltato in mente?? - domandò allibito, allungando le mani per aiutare l'altro.
Arthur afferrò le mani del moro ed entrò finalmente in casa, completamente fradicio. In quel momento gli venne in mente un modo per fargliela pagare e pareggiare i conti.
- Stai bene? - chiese Merlin, mentre osservava il biondo immobile.
L’altro si avvicinò velocemente al moro e lo afferrò, issandoselo in spalla; adesso toccava a lui fare il bagno.
- Arthur! Mettimi giù, non è divertente! - Merlin si agitò tra le grinfie del biondo. - Ti avrei aperto prima o poi... - tentò di giustificarsi.
- Non ci penso nemmeno! - replicò divertito l'altro, dandogli due sonore pacche sul sedere e avviandosi verso il bagno.
- Questa me la paghi! Mi rivolgerò a un avvocato serio, non uno come te - sbottò il moro, continuando a dimenarsi.
- Sto morendo di paura, Merlin.
- Sei un insopportabile asino! Che vuoi farmi?? - Osservò Arthur spalancare la porta della camera da letto e temette il peggio.
Arthur aprì la porta del bagno entrando. - Ti farà bene rinfrescarti un po' le idee. - Lo avvertì, scoppiando a ridere.
- Ma che... - Merlin non finì di parlare perché vide la doccia avvicinarsi pericolosamente e si aggrappò d'istinto al termosifone a parete vicino all'ingresso, per fortuna spento. - Mettimi giù!
- Visto che mi hai fatto stare sotto la pioggia fredda adesso capirai cosa si prova. - Lo scimmiottò l'altro, usando le sue stesse parole. - Molla quel termosifone, subito!
- Non ci penso nemmeno! - Il moro si avvinghiò di più.
- Adesso vediamo se lo lasci o no! - minacciò Arthur, iniziando a palpargli il sedere divertito, sicuro che Merlin si sarebbe difeso.
L’altro divenne color pomodoro, lasciando il termosifone e appoggiando una mano sulla spalla del biondo per reggersi e l’altra sul suo fondoschiena, bacchettando quella dell’altro. - Smettila, è una zona privata!
- La conservi per qualcuno in particolare, Merlin? - chiese l'altro ridendo.
- Di certo non per te! - ringhiò. - E ora lasciami!
- Oh no, prima ti porto a fare la doccia. - Arthur si avvicinò alla cabina e aprì il rubinetto sull'acqua fredda.
- Non puoi farlo! Sono sicuro che tu stia violando qualche legge!
Arthur ghignò, e con ultimo sforzo fece entrare il moro nella doccia, mentre l'acqua fredda lo bagnava completamene. - Ben ti sta! Adesso siamo pari.
Merlin si spostò subito dal getto, abbassando la maniglia per fermare l'acqua.
- Tu... - Indicò il biondo con ancora il dito gocciolante. L'avrebbe ucciso nel sonno. - Sta lontano da me se ci tieni alla tua vita. - Lo guardò infuriato per poi scavalcarlo e andare in camera da letto.
- Eddai amore, non ti arrabbiare, possiamo sempre fare pace a letto stasera! - urlò Arthur, continuando a ridere.
- Non meriti una risposta. - Merlin prese un asciugamano e se lo passò sui vestiti fradici, tentando di asciugarsi. - Voglio tornare a casa mia.
- Così mi ferisci, tesoro - rispose il biondo, fingendo un'aria sofferente.
Merlin prese un cambio di vestiti e camminò verso Arthur, scrutandolo dal basso all'alto. - Devo cambiarmi, spostati dalla porta.
- Scordatelo, io da qui non mi muovo, puoi cambiarti tranquillamente, tanto ho già visto abbastanza. - Arthur trattenne un'altra risata; i vesti bagnati del moro aderivano perfettamente al suo corpo, lasciando intravedere quello che c'era sotto.
Merlin si coprì agli occhi indagatori dell’altro. - Sei una testa di fagiolo! - gridò, per poi andarsene borbottando verso la lavanderia. Non erano ancora sposati ma già desiderava l'annullamento.
 
▪▪▪
 
Il moro continuava a osservare Arthur di sottecchi, mentre si versava da bere. Per cena aveva riscaldato l'arrosto del giorno prima e Lancelot era di nuovo appiccicato al biondo per provare a scroccarne un pezzetto.
Per quanto continuava a ripetersi che non gli doveva importare l'altro stava diventando sempre più pallido.
Arthur guardò la bestiaccia appoggiata sulle sue gambe: evidentemente voleva un po' di arrosto. Sospirò alzandosi, prese un piatto e ci mise dentro un pezzetto di carne. - Ecco qua, bestiaccia, ti ho accontentato. Adesso va via!
- Sei stato gentile - vociferò il moro, ammirando Lance mangiare l’arrosto. - Stai bene? - aggiunse.
- Sto benissimo, ecciù - starnutì il biondo poco dopo.
- Mi sembra che tu abbia preso freddo - commentò Merlin, scrutandolo. A lui non doveva importare, Arthur era un adulto e poteva benissimo gestirsi da solo.
- Già, e di chi è la colpa?
- Io ho aperto la porta quando ha iniziato a diluviare. Sei tu che hai deciso di arrampicarti sui muri - soffiò il moro.
- Io non mi sarei arrampicato sui muri se tu non mi avessi lasciato fuori. - Gli fece presente il biondo.
- Come vuoi, ma prendi qualcosa. Si vede che non stai bene. - Merlin sparecchiò la sua parte di tavola e si avviò verso il corridoio. - Io vado in soggiorno - precisò.
- Ti stai preoccupando per me? - chiese il biondo, alzando un sopracciglio.
- Non esagerare. Divido il letto con te, non voglio prendermi un accidenti anche io, tutto qui. - Era ovvio che gli importava! Anche se Arthur era un asino pervertito non voleva che stesse male, almeno non troppo...
- Me ne vado a letto, domani è sabato e non andrò in ufficio, dormirò un po' in più. - Arthur cominciava a non sentirsi bene per niente.
- Meglio, finisco io qui. - Si allontanò dalla porta e cominciò a sparecchiare. - E prendi un'aspirina, almeno.
 
▪▪▪
 
Merlin si svegliò alle sette come tutti i giorni; il suo corpo non voleva capire che il sabato e la domenica l'agenzia era chiusa.
La notte precedente era andato a letto tardi e nel buio totale non era riuscito a capire le condizioni del biondo.
Accese la lampada sul comodino e il suo sguardo si fissò sull'altro.
- Arthur. - Si alzò dal letto, spostandosi dalla parte dell'altro. - Arthur, svegliati.
- Brucia, sta bruciando tutto, spegnete l'incendio! - iniziò a delirare il biondo.
- Arthur. - Merlin lo scosse. - Quanto sei sudaticcio. - Gli appoggiò una mano sulla fronte. - Scommetto che non hai preso l'aspirina, eh, testone?
- Merlin, chiama il notaio, devo fare testamento, sto per morire, lo sento - ansimò l'altro, ormai completamente preso dalla febbre, stava per morire ne era più che sicuro.
- Oh, certo. - Il moro sorrise, scomparendo verso il bagno e ritornando in un lampo. - Apri la bocca.
Arthur fece come l'altro aveva chiesto, aprì la bocca, e lasciò che l'altro facesse entrare il termometro.
- Hai freddo o caldo? - domandò il moro una volta ripreso il termometro, notando che Arthur aveva gli occhi mezzi aperti. - Dovresti cambiarti e farti una doccia. Solo trentotto e sembra che stia morendo...
- Sento terribilmente caldo - farfugliò il biondo, continuando a sudare.
- Che ne dici di una doccia rinfrescante? Mentre io cambio il letto.
- Accompagnami, non credo di riuscire a reggermi in piedi. - Arthur si alzò dal letto barcollando, ma subito si aggrappò a Merlin.
Il moro lo scortò fino alla doccia. - Posso fidarmi o rischio di finire sotto l'acqua anche io? - chiese, mentre apriva il getto per regolare la temperatura.
- Non ne ho la forza fidati, esci che devo spogliarmi.
Pudica verginella. - Ok, io intanto sistemo fuori. E ti preparo qualcosa di caldo. - Merlin uscì e cambiò le lenzuola del letto ormai fradice. Stava per andare in cucina ma si fermò, ritornando verso l'armadio e prendendo una t-shirt pulita e un paio di pantaloni di Arthur.
Scostò piano la porta del bagno e appoggiò gli indumenti sul lavandino, cercando di non squadrare troppo intensamente la figura sotto la doccia.
Arthur uscì dopo qualche minuto. Notò con stupore gli indumenti che gli aveva preparato il moro: era di sicuro entrato mentre stava facendo la doccia e di sicuro aveva anche sbirciato. Uscì dal bagno, e si rinfilò sotto le coperte; se la testa non gli avesse fatto così male avrebbe potuto pensare a qualche battuta decente.
Merlin rientrò con un vassoio in mano, appoggiandolo sul comodino. Nel frattempo Lancelot si era svegliato e aveva seguito il moro ovunque, ma ora si sporgeva verso il letto, sfregando il naso contro le dita del biondo.
- Ti ho preparato un thè caldo e portato anche qualche biscotto. Così dopo puoi prendere qualcosa per la febbre.
Arthur si rialzò, appoggiandosi con la schiena alla testata del letto: non aveva tanta fame, ma Merlin aveva ragione, doveva mangiare o non avrebbe potuto prendere niente per abbassare la febbre.
Il moro gli sorrise e poi mise Lance sul letto, lasciando che si accucciasse di fianco al biondo. - Gli piaci proprio - commentò, mentre prendeva il vassoio e lo disponeva sulle gambe dell'altro.
- Lui sì che ne capisce, a differenza del padrone. - Arthur accarezzò la testolina di Lancelot, alla fine la bestiaccia non era poi tanto male pensò, forse potevano andare addirittura d'accordo.
Merlin alzò un sopracciglio. - Bevi e mangia. Io torno tra poco con l'aspirina, poi puoi provare a dormire un altro po'.
Il biondo si ricordò di aver lasciato le aspirine nel suo studio qualche sera prima: gli era venuto un terribile mal di testa mentre lavorava e aveva dimenticato di rimetterle a posto. - Merlin, credo di aver lasciato le aspirine nel mio studio l'altra sera, cercale lì. - Gli indicò.
- Ok, ok. Tu mangia intanto, e non dare biscotti a Lance. - Camminò via, dirigendosi verso lo studio.
Intanto il cucciolo aveva già addolcito gli occhietti, osservando sbavando i biscotti sul vassoio.
Merlin aprì la porta dello studio e cercò per un buon minuto la luce, riuscendo a trovare l'interruttore dopo vari tentativi.
Si accostò alla scrivania e sbuffò: era piena di carte e fascicoli.
Fu mentre spostava uno di quelli che il suo sguardo scivolò sul proprietario dell’incartamento: Gilli Ring.
Aveva sentito parlare del giovane in alcuni servizi in tv: il padre era morto e l'azienda per cui lavorava aveva cercato in tutti i modi di appropriarsi dei brevetti di quest'ultimo.
Aprì la cartellina e vi spiò all'interno, arrivando alla parcella dell'avvocato. E lì, con assoluto stupore, scoprì che Arthur non aveva chiesto un centesimo al giovane.
Rimise a posto le carte e vide le aspirine sotto un altro fascicolo. Le prese e se ne andò, imponendosi di indagare appena ne avrebbe avuto il tempo.
Spalancò la porta della camera e colse Arthur dare un pezzetto di biscotto a Lance.
- Che stai facendo?
- Mi ha fatto gli occhi teneri, e non ho saputo resistere. - Si giustificò il biondo.
- Disse quello che lo voleva portare al canile. - Lo prese in giro il moro. - Hai mangiato?
- Sì, ma non avevo tanta fame - confessò.
- Basta poco, ma le medicine non vanno prese a stomaco vuoto. - Allungò l'aspirina ad Arthur e poi si sedette di fianco a lui, indicando il bicchiere d'acqua sul vassoio. Visto che la prima volta non aveva preso il farmaco era meglio aspettare e controllare.
Arthur deglutì l'aspirina sotto l'occhio vigile di Merlin, poi riappoggiò il bicchiere sul vassoio. Apprezzava che il moro si stesse prendendo cura di lui, e anche se non lo avrebbe mai ammesso, era veramente preoccupato per lui. - Merlin?
- Si? - Scrutò l'altro, mentre accarezzava Lancelot.
- Grazie.
Merlin lo fissò sorpreso, credendo di aver sognato quella parola.
Si tirò su e spostò di nuovo il vassoio, per poi rimboccare le coperte al biondo. - Ora cerca di riposarti, stai ricominciando a vaneggiare.
 
Il moro riapparì in camera solo diverse ore dopo e Arthur dormiva, accompagnato da Lance.
Appoggiò un nuovo vassoio vicino al letto e sentì la fronte del biondo: l’aspirina sembrava aver funzionato, ma sembrava comunque agitato.
Arthur afferrò con forza una mano di Merlin. - Per chiunque sia riservato il tuo sedere, è un uomo fortunato - ammise, ricominciando a delirare.
- Quanto mi piacerebbe avere un registratore. - Il moro sorrise.
Appena sentì la voce dell’altro il biondo si svegliò di colpo, riprendendo conoscenza. - Hai detto qualcosa?
- No, sei tu che hai detto, e cito fedelmente: per chiunque sia riservato il tuo sedere, è un uomo fortunato. - Merlin sorrise di nuovo, compiaciuto, e afferrò la ciotola di zuppa dal comò. - Mettiti comodo.
- Non ho mai detto una cosa del genere, avrai sentito male - negò con forza Arthur, diventando ancora più rosso.
- Oh, no. Ho sentito benissimo. - Si sedette sul letto. - Tirati su. Ho preparato un toccasana per l’influenza.
- Deliravo per la febbre, non sapevo quello che stavo dicendo - tentò di difendersi l'altro, per poi osservare la ciotola nelle mani di Merlin; sembrava brodo, ma l'odore non gli piaceva affatto. - Non sarà una di quelle zuppe che preparate voi bifolchi quando siete ammalati, vero?
- Da come parli sembra che tu non abbia ricevuto abbastanza sculacciate da piccolo. - Merlin immerse il cucchiaio nella scodella e lo spostò verso il biondo. - Apri.
- Prima voglio sapere cos'è - piagnucolò Arthur.
- Zuppa di pollo - chiarì il moro. - È buona.
- Bleah, non la voglio, non mi piace - disse il biondo, coprendosi con le coperte.
- Arthur Pendragon - disse rigido Merlin. - Abbassa le lenzuola e comportati da uomo.
- Guarda che non sono un bambino. - Gli ricordò Arthur, uscendo dalle coperte e mettendo il broncio.
- Come vuoi, ora apri. - Avvicinò il cucchiaio alle labbra dell’altro.
Arthur sospirò rassegnato, il moro sembrava non volersi arrendere. - Va bene, la mangio, ma me la pagherai.
 
▪▪▪
 
Merlin si accomodò sul divano nel soggiorno, afferrando il telecomando. Con Arthur a letto aveva il monopolio della televisione. Sistemò Lancelot accanto a sé e sorrise. - Ci siamo liberati per un po' di lui, Lance.
Dopo aver passato tutto il sabato a letto, Arthur si sentiva in perfetta forma; si alzò dal letto scoccato mezzogiorno e si accorse che Merlin gli aveva lasciato il pranzo in camera. Mangiucchiò qualcosa e poi scese dal letto sgranchendosi, e infilò velocemente un paio di jeans restando a torso nudo.
Quando entrò in cucina per riporre gli avanzi di Merlin non vi era traccia, ma sentiva provenire dal salotto la voce della televisione.
Si addentrò nel soggiorno; al centro due divani in pelle marrone riscaldavano l'ambiente, accompagnati del prezioso tappeto persiano su cui era posti.
Il moro era seduto su quello centrale, di fronte alla televisione, e poggiava i piedi sul tavolino in legno presente sul tappeto.
Per non parlare della bestiaccia, che era indaffarata a farsi le unghie sulla pelle del divano. Eppure il sontuoso lampadario in cristallo doveva far capire al moro che non si trovava più nella sua fattoria.
- Bifolco, guarda che non sei nella tua fattoria. Togli immediatamente quei piedi dal mio tavolino. - Lo rimproverò il biondo. - E fai scendere il cane, con quelle dannate unghie mi sta bucando il divano.
Merlin si allarmò alla voce, ma poi si tranquillizzò, non degnando l'altro di uno sguardo. - Noto che stai meglio - borbottò, abbassando i piedi. - Lance non sta facendo niente, tranquillo.
Arthur sbuffò andandosi a sedere accanto al moro, prese il telecomando, e iniziò a fare zapping tra i vari canali.
- Ehi, io stavo guardando il mio programma. - Meriln lo fissò in malo modo. - E perché sei a torso nudo??
- Che c'è di male? I miei pettorali ti distraggono? - chiese il biondo con un ghigno divertito, aveva beccato il moro intento a guardarli un paio di volte.
- Niente affatto. Ho visto di meglio - replicò. - Ma ieri avevi la febbre e dovresti coprirti.
- Bugiardo! Ti ho visto che li guardavi.
- Come? - domandò stranito Merlin. - Ti ho già detto che tu non mi interessi e non mi interesserai mai.
- Ah sì, e chi è che ieri ha sbirciato mentre facevo la doccia? - Gli rinfacciò l'altro provocandolo.
- Io non ho sbirciato. Ti ho portato solo i vestiti puliti, e aggiungerei che ho fatto bene, visto che da solo non sai nemmeno metterti una maglia.
Arthur iniziò a ridere, Merlin era un pessimo bugiardo. - Sei ancora più carino quando arrossisci. - Lo prese in giro.
- Lance, mordilo - pronunciò deciso il moro, ma il cucciolo lo guardò spaesato, accoccolandosi alla coscia del biondo.
- Hai visto? Mi adora - gongolò Arthur soddisfatto.
- Traditore - soffiò Merlin al cagnolino. - Comunque ribadisco che tu non sei il mio tipo.
- Sei pazzo di me, ammettilo! - continuò a stuzzicarlo il biondo, che quasi piangeva dal ridere.
- No - concluse secco Merlin. - E ora ridammi il telecomando.
- Se lo vuoi, devi riprendertelo. - Lo sfidò Arthur, nascondendolo dietro di lui.
Merlin sorrise e un attimo dopo si tuffò su di lui, allungando le mani per afferrare il telecomando. - Asino!
Arthur gli afferrò le mani bloccandogliele. - Che cosa pensi di fare?
- Mollami.
- Oh no, prima devi ammettere di aver sbirciato ieri - impose Arthur divertito.
- Io non ho visto davvero nulla, forse hai un problema di dimensioni?
- Risposta sbagliata Merlin. - Il biondo cominciò a fargli il solletico con una mano, mentre con l'altra gli teneva ancora bloccate le mani.
- Smettila. Mi fai... Il solletico - piagnucolò tra una risata e l'altra. - Io non ho sbirciato!
Arthur stava per ribattere, ma il suono del cellulare lo interruppe. Lasciò il moro e si alzò per andare a rispondere infastidito: chi diamine lo chiamava di domenica? E con insistenza per giunta.
Afferrò il telefono e con stupore lesse sul display il nome di Gaius: il custode del suo cottage fuori città.
- Gaius, è forse successo qualcosa?
- Arthur? - domandò l'uomo.
- Sì, sono io, che è successo? Non saranno entrati i ladri per caso?
- Arthur? - ripeté il custode, sistemandosi il telefono all'orecchio.
Il biondo roteò gli occhi. - Santo cielo Gaius, parla, sono io!
- Ah, Arthur. C'è stato un guasto al sistema idraulico.
- Verrò a dare un’occhiata, dammi un’ora e sono lì, ok?
- Certo. Sono riuscito a rimediare in qualche modo. Ti aspetto - disse prima di mettere giù.
- Che succede? - Merlin squadrava Arthur perplesso.
- Era Gaius, il vecchio custode del mio cottage. Pare ci sia stato un guasto, e devo andare a dare un'occhiata - spiegò il biondo, passandosi una mano tra i capelli.
- Hai un cottage?
- Sì, fuori città.
- Quindi dobbiamo andare a controllare questo guasto..?
- Dobbiamo? - chiese Arthur, alzando un sopracciglio.
- Stavi male fino a poche re fa, non ti lascio andare da solo.
- Ti stai preoccupando per me, Merlin?
- Ti ho già detto di no. - Merlin prese in braccio Lance e si alzò dal divano. - Pensi di vestirti o verrai così?
Arthur sospirò arreso, quando Merlin si metteva in testa una cosa non c'era verso di fargli cambiare idea. - Sbrigati a vestirti, o ti lascio qui!
- Disse quello a petto nudo. - Il moro sorrise e si dileguò ridendo.
 
- Sai già che guasto è? - proferì Merlin, tenendo ben stretto Lance, per l'occasione avvolto nella sua mantellina invernale.
- Un guasto a un tubo idrico. - Arthur osservò Lance avvolto nella mantellina. Il moro era il solito esagerato, si vestiva a strati lui e costringeva anche il cane a farlo, non faceva poi così freddo. - La mantellina era proprio necessaria?
- Certo, non voglio che si ammali. - Notò Arthur fermare l'auto lungo un sentiero sterrato, vicino una piccola abitazione. - È questa? - domandò stranito, se l'aspettava più, più da Pendragon.
- No, questa è la casa di Gaius.
- Il guardiano?
- Esatto!
E mentre Arthur rispondeva il moro vide un uomo sulla settantina avvicinarsi lentamente.
- Lui??
- Sì, è lui. - Il biondo scese e raggiunse Gaius; sembrava invecchiato dall'ultima volta che lo aveva visto. Abbracciò il vecchio salutandolo. - Gaius, vecchio mio, è da un po' di tempo che non ci vediamo, eh?
- Già, Arthur.
Merlin aveva seguito il biondo vicino al custode. - Salve, io sono Merlin. Il fidanzato di Arthur.
- Oh, felice di vedere che ha finalmente messo la testa a posto - confessò sorridente Gaius, per poi accarezzare Lancelot. - Avete già adottato, vedo.
- Allora, Gaius, vogliamo andare a controllare questo guasto? - cercò di cambiare argomento il biondo.
- Uh, sì. - L'uomo iniziò a camminare e gli altri due lo seguirono, Merlin con un sorriso a trentadue denti.
- Costerà chiamare un idraulico di domenica - commentò il moro.
- Non c'è ne sarà bisogno, me ne occuperò io stesso.
Gaius fissò il biondo titubante. - Arthur, forse è meglio se ascolti il tuo futuro marito.
- Malfidati! Vi ho detto che c'è la faccio benissimo da solo - rispose, mettendo quasi un broncio: non riusciva proprio a capire perché fossero così preoccupati.
- Caro, calmati. - Il moro gli appoggiò una mano sulla spalla appena arrivarono alle porte del cottage. - Grazie Gaius, se avessimo bisogno ci faremo sentire.
L'uomo sorrise. - Certamente. - Si accostò a Merlin. - Nel caso ho il numero di un mio amico che potrebbe risolvere il problema. - Fece un cenno a entrambi e si allontanò piano, lungo il sentiero che collegava le due abitazioni.
- È simpatico - pronunciò il moro.
Osservò il legno chiaro del cottage e la terrazza che circondava l'ingresso: tutto ispirava tranquillità. Ancora più mozzafiato era la balconata del secondo piano, coperta dalle travi del tetto. - È davvero bello.
- Lo progettò interamente mia madre, era il suo posto preferito, veniva sempre qui quando aveva un problema, o era giù di morale - disse il biondo, con po' di tristezza nel ricordare la madre: lui non l'aveva mai conosciuta, era stato suo padre a raccontarglielo. - Dai, entriamo.
Merlin gli passò una mano sulla schiena, dolcemente. - Ok.
Si avviarono all'interno e il moro rimase piacevolmente colpito dagli interni, curati e sobri. Il salone era enorme, ma l'ambiente era reso molto accogliente: difronte al camino era stato posizionato una comodo divano, mentre da un lato vi era una piccola libreria, sui cui scaffali erano riposti diversi libri. Questo spiegava la presenza di una lampada da lettura e una sedia regolabile accanto al camino.
Entrambi si tolsero i cappotti e Merlin lasciò a terra Lancelot, che iniziò ad annusare ogni mobile.
- Gaius ha detto nel bagno, giusto? - disse.
- Sì, seguimi. - Arthur salì rapidamente le scale oltre il salone.
In pochi istanti erano nel favoloso bagno al primo piano. Dritto davanti a sé Merlin vide subito due comodi lavandini, infossati in un pesante mobiletto in legno scuro. Di fronte a loro era collocata una vasca da bagno, resa lucente dalla luce proveniente dalla finestra. Alla fine, quella che sembrava un’altra camera, era solo la cabina doccia, coperta da una tenda.
Arthur aprì le ante del mobile in legno, fortunatamente aveva lasciato proprio lì la sua cassetta degli attrezzi. - Sarà il tubo di questo lavandino, mi ha dato qualche problema anche tempo fa. - Si chinò per vedere meglio.
- Sei sicuro di riuscire a cavartela?
- Certamente - confermò sicuro Il biondo.
Merlin si inginocchiò accanto a lui, scrutando gli attrezzi. - Se hai bisogno sono qui.
- Mi passeresti la chiave inglese?
- Che misura? Io ne vedo tre.
- Quella media.
Merlin prese l'utensile e glielo allungò dentro il mobiletto. - Va bene? - Non poteva sapere che aveva quasi accecato il biondo.
- Merlin, stai attento, per poco non mi accecavi. - Si lamentò il biondo afferrando l'attrezzo.
- Oh, scusa. Hai capito qual è il problema?
- Forse sì! - Arthur cominciò ad armeggiare con il tubo, ma dopo un bel po’ non era ancora riuscito a venirne fuori, sbuffando per l'ennesima volta.
- Ti passo qualcos'altro? - domandò il moro.
- Sì, passami la chiave più grande per favore.
Merlin prese la chiave inglese e questa volta si infilò accanto al biondo, strisciando a un passo da lui. - Tieni, non volevo rischiare di colpirti. - Gli sorrise.
Arthur cominciò a sudare freddo: avere il moro a un palmo da lui lo deconcentrava. Cercò di non pensarci, ma poco dopo uno schizzo d'acqua lo colpì in pieno viso. - Maledizione! - imprecò, tentando di fermare il getto.
- Oddio. - Merlin uscì da sotto il lavandino. - Vado a chiamare Gaius - pronunciò alla svelta.
- Non c'è n'è bisogno, ho tutto sotto controllo - ribadì Arthur, prima di essere colpito da un nuovo getto d'acqua.
- Sbaglio o si sta allagando tutto? - Il moro si alzò in piedi, scorgendo la pozza all'interno del mobile.
- Va bene, va a chiamare Gaius, ma sbrigati!
Merlin annuì e corse il più velocemente possibile, prima che il tubo si rompesse del tutto.
 
▪▪▪
 
- Appena l'idraulico riaprirà l'acqua ti preparo qualcosa di caldo. - Merlin assicurò l'asciugamano attorno al biondo, per poi prendere quello più piccolo che aveva tra le mani e cominciare a strofinarlo sui capelli dell'altro. - Per fortuna che Gaius è riuscito a rintracciarlo.
- Avevo tutto sotto controllo, ti dico! - precisò il biondo, ancora una volta.
- Certo... Per questo sembri un pulcino inzuppato. E non urlare.
- Merlin! È stata colpa tua, mi hai distratto! - Si difese l'altro indignato.
- E cosa avrei mai fatto per distrarti? Io ti stavo aiutando. - Finì di asciugargli i capelli sbuffando. - Dopo proviamo di nuovo la febbre.
- Tanto per stasera non possiamo tornare a casa. - Fuori i primi fiocchi stavano iniziando a cadere e Gaius aveva annunciato che il meteo prevedeva una bufera.
- Lo so, un'altra tua brillante idea, andare via senza consultare il meteo - borbottò Merlin. - Farò tardi al lavoro domani.
- Gwaine se la caverà benissimo un paio di ore senza di te.
- E io cosa dovrei indossare stanotte? Non ho il pigiama - replicò indispettito.
- Puoi sempre dormire in mutande, tanto abbiamo il riscaldamento. - Ghignò il biondo divertito.
- Sicuramente non aspettavi altro, eh? - Appoggiò una mano sulla fronte di Arthur.
- Non so di cosa tu stia parlando.
Merlin alzò un sopracciglio ma fece finta di niente. - Non sei caldo, per fortuna. Vado a vedere cosa c’è in dispensa per la cena - chiarì, per poi alzarsi, seguito dallo sguardo dell’altro.
 
▪▪▪
 
Merlin si svegliò solo nel letto.
Si avvolse nel lenzuolo e scese le scale, dopo aver visto che in bagno non c'era nessuno. - Arthur? Lance?
La cucina era come la sera prima, con ancora i piatti sporchi nel lavello.
Sentì l'abbaiare di Lancelot provenire dal giardino e si sbrigò a vestirsi, uscendo qualche minuto dopo. - Lance?
Ovviamente il cucciolo non poteva dargli retta, troppo intento a scorrazzare tra la neve seguito dal biondo.
Merlin ammirava i due giocherellare, anche se la cosa sembrava sospetta; prima il biondo lo minacciava poi ci giocava insieme...
Il cagnolino si accorse di lui e gli corse incontro scodinzolante.
- Ehi, ti stai divertendo?
Arthur notò Merlin imbambolato come sempre, mentre accarezzava Lance, sorrise e raccolse un po' di neve. Fece una bella palla compatta e la lanciò addosso al moro, scoppiando a ridere a crepapelle.
- Ehi! - Merlin lo fissò furioso. - Non iniziare una guerra che non puoi vincere, Pendragon.
- Sto tremando di paura! - Lo prese in giro Arthur, per poi colpirlo con un'altra palla.
- Preparati a essere sconfitto! - replicò il moro, cominciando ad ammucchiare la neve.
Gaius si affacciò alla finestra richiamato dalle voci e si pulì gli occhiali più volte per credere a ciò che stava vedendo: Arthur correva sorridente rincorso da Merlin e dal cucciolo.
- Finalmente quello giusto - sospirò fra sé e sé.
▪▪▪

Speriamo che il capitolo vi sia piaciuto!
Questo era proprio dedicato a loro due, ma nel prossimo torneranno anche gli altri personaggi :)
A presto

Per il cottage ci siamo ispirate a questa foto:
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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Eccoci qui!
Un bacione a chi ha recensito e un abbraccio a chi ha inserito la storia tra le preferite, ricordate o seguite :)
Ricordo che la ff è scritta a quattro mani con mary del.
Avviso che molto probabilmente i capitoli saranno sei, non cinque.
Buona lettura! E preparatevi a tante sorprese...
 
▪▪▪


- E anche oggi è finita! - Merlin appoggiò la pila di moduli appena compilati sulla scrivania. - Non sei felice Gwaine?
L’amico annuì. - Com'è che oggi ancora non ti sei lamentato di dove ti ha palpato Arthur? - chiese con un sorriso a trentadue denti, mentre chiudeva il suo computer, soddisfatto per il lavoro svolto.
- Come? - Il moro lo fissò stranito. - Io non mi lamento sempre, e poi è da qualche giorno che non succede. Fortunatamente - aggiunse all'ultimo secondo.
Gwaine cercò di trattenersi dal ridere: era convinto che invece al moro stesse iniziando a piacere Arthur, e di conseguenza le sue palpate. - Non è che invece inizia a interessarti il nostro avvocato?
- Mi meraviglio di te, Gwaine. E no, non ho e non avrò mai anche solo un minimo di simpatia per quell'uomo - disse convinto, per poi infilarsi il giacchetto. - Ora andrei a casa.
- Stai cercando di convincere me o te stesso? - Lo punzecchiò Gwaine, mettendosi a ridere. - Andiamo Merls, con me non devi fingere.
- Quella sorta di avvocato voleva farci chiudere, nel caso non te lo ricordassi - pronunciò indispettito. - Ci vediamo lunedì, buon weekend. - Uscì dopo un accenno di sorriso. Qui stanno impazzendo tutti. Sbuffò tra sé e sé.
 
▪▪▪
 
Arthur rincasò felice, con due borse di pesce appena pescato: un suo cliente possedeva un piccolo peschereccio e non potendo permettersi di pagarlo gli assicurava pesce fresco tutte le settimane.
Alla porta trovò Lance ad accoglierlo scodinzolante e liberò una mano per accarezzargli la testolina.
- Merlin, sono tornato!
Il moro si alzò dal divano del soggiorno e si diresse all’ingresso. - Sì, Lance stava abbaiando… Cos’è questo odore??
- Pesce appena pescato - spiegò il biondo entusiasta, stampandogli un bacio sulla guancia, per poi accorgersi subito dopo della gaffe fatta, assumendo uno strano colorito di rosso.
Merlin rimase come suo solito imbambolato - Mi hai baciato? - domandò dopo qualche secondo. - È il bacio del ben tornato da maritino? - formulò poi, sorridendo.
Arthur ci rifletté un minuto sopra; non sapeva che scusa inventare, non poteva ammettere di averlo fatto spontaneamente, anche perché nemmeno lui aveva capito bene perché lo avesse fatto. - Ma che dici, volevo solo farti sentire meglio l'odore del pesce! - Si difese.
L'altro alzò un sopracciglio. - Certo.
- Ho come l'impressione che tu non l'abbia sentito abbastanza bene - replicò il biondo, preparandosi ad impuzzolentirlo per bene, abbracciandolo coi vestiti impregnati.
- Arthur! Mollami! Dovrò farmi la doccia.
- Prima però la faccio io - ghignò il biondo, per poi sganciargli le borse e iniziare a correre per le scale.
- Sei peggio di un bambino! - gridò Merlin, osservando la sagoma dell'altro scomparire verso il secondo piano. Guardò con fare perplesso le borse che erano finite nelle sue mani, mentre anche Lancelot si allontanava.
- Non te la darò vinta! - Lasciò il pesce a terra e imboccò le scale, raggiungendo Arthur in camera velocemente. - Non pensare di cavartela.
- Questo lo vedremo! - Gli urlò l’altro, precipitandosi velocemente verso il bagno, chiudendosi la porta alle spalle. - Mi dispiace caro, dovrai aspettare - gongolò trionfante da dietro la porta.
- Apri subito - intimò il moro, picchiettando sul legno. - O do da mangiare il pesce a Lance!
- Dai, amore, non fare così. Se vuoi la facciamo insieme la doccia. - Lo provocò il biondo; si divertiva troppo a farlo.
- Non ti sopporto! Lo sai, vero? - replicò Merlin sbuffando. - Almeno muoviti.
- Non è vero, lo so che sei pazzo di me. E poi ho intenzione di fare una lunga doccia.
- Asino - farfugliò il moro, per poi tornare di sotto per sistemare il pesce in frigorifero. Ad arrivare al matrimonio gli sarebbe venuto un attacco nervoso.
Risalì di sopra un quarto d’ora dopo, sperando che l'altro avesse finito; avendo sistemato il cibo puzzava ancora di più.
Arthur era già sdraiato sul letto, intento a leggere alcuni fascicoli con Lance seduto al suo fianco.
- Potevi dirmelo che avevi finito - borbottò Merlin, entrando e guardandolo male. - E tu vergognati - disse verso il cane.
- Era più divertente lasciarti aspettare - ammise il biondo.
Merlin soffiò ed entrò in bagno, quasi inciampando nei vestiti del biondo. - Io non ti faccio la lavatrice! Sia ben chiaro. - Iniziò a spogliarsi mentre apriva il getto dell'acqua.
- Scommetto che non la sai nemmeno fare - asserì sicuro Arthur, anche se una parte di lui sperava fermamente il contrario.
- Di certo sono più bravo di te - rispose il moro, per poi infilarsi nella doccia.
 
Fu esattamente dopo due minuti che Lance si spostò dal fianco del biondo e si intrufolò sotto al cuscino, mentre il cantare di Merlin si diffondeva dal bagno.
Arthur posò i suoi fascicoli sbuffando, ormai non riusciva più leggere: non solo il moro cantava sotto la doccia, ma era pure stonato, una lagna terribile. Lanciò un’occhiata a Lance nascosto sotto al cuscino, nemmeno lui riusciva più a sopportare quell'orribile lamento, pensò sorridendo.
Si alzò dal letto deciso a divertirsi un po'. Afferrò il cellulare e si avvicinò cautamente alla porta del bagno. Una volta che fu vicino aprì il registratore e premette “play”.
Quando sentì che Merlin stava per uscire si rigettò velocemente sul letto, fingendo un’aria innocente.
L’altro rientrò in camera completamente avvolto nell'accappatoio, scrutando immediatamente Arthur.
- Potevi provare a preparare la cena.
- E perdermi il tuo concerto canoro? Neanche per idea - commentò il biondo, vedendo finalmente Lance uscire da sotto il cuscino.
Le guance di Merlin divennero color pomodoro. - Si sentiva?
Arthur scoppiò in una irrefrenabile risata. - Sei così stonato che credo ti abbia sentito mezzo vicinato.
Il moro lo fissò assottigliando gli occhi. - Scommetto che tu sia intonatissimo!
- Sicuramente più di te, persino Lance si è nascosto - continuò a ridere il biondo, mettendosi una mano sulla bocca per trattenersi.
- Voi due non vi intendete di musica e ora andatevene, che devo vestirmi...
- Se non ci credi puoi ascoltare con le tue stesse orecchie. - Arthur cercò la registrazione, premette play e immediatamente la voce di Merlin che cantava “Hot N Cold” si diffuse per tutta la stanza, tra le risate del biondo.
- Cancellala! - urlò il moro, rosso per la rabbia e per l'imbarazzo.
- Neanche per sogno, ho intenzione di usarla come suoneria per il mio cellulare.
E in quel momento Merlin si dimenticò di essere solo in accappatoio, saltando sul letto per afferrare il cellulare. - Cancellala o dirò a tutti che sei impotente!!
Arthur cercò di difendersi dall’altro, che cercava in tutti i modi di afferrare il cellulare senza riuscirci. Fu proprio mentre erano intenti a fare la lotta sul letto che la cintura dell'accappatoio del moro si sciolse, facendo aprire l’indumento davanti al biondo, che rimase per un attimo sbigottito.
- Fai pure, ma dovresti richiudere prima il tuo accappatoio. - Gli fece notare Arthur, quasi sul punto di morire dalla risate.
Merlin si richiuse a bozzolo l'indumento con le mani. - Basta - dichiarò, alzandosi dal materasso paonazzo. - Con questo ti sei giocato il contratto prematrimoniale!
- Beh, per quello che ho visto ne è valsa la pena - continuò a provocarlo Arthur.
La fortuna del biondo fu che Merlin non avesse niente da lanciare fra le mani. - Io vado a vestirmi e poi cenerò da solo - decretò. - E ora esci da questa camera!
Arthur si alzò dal letto mugugnando, tanto avrebbe convinto l’altro a cenare con lui lo stesso, ma decise che per il momento poteva permettersi un'altra piccola provocazione. - Va bene, me ne vado, tanto ho già visto tutto - pronunciò ammiccando.
Gli occhi del moro si tinsero di rosso e si sbrigò a togliersi una ciabatta e a tirarla contro l'asino prima che uscisse.
 
Merlin scese le scale abbastanza calmo, soprattutto perché, mentre si vestiva, si ripeteva in testa il brontolare di Arthur dopo essere stato colpito dalla ciabatta.
Appena sorpassò l'ultimo gradino il suonare del citofono al cancello lo allarmò. - Aspetti visite? - domandò alla cieca, non sapendo dove fosse Arthur.
- No, non aspetto nessuno - rispose il biondo dalla cucina.
Il moro si avvicinò alla porta e alzò la cornetta del citofono. - Casa Pendragon, chi cerca?
- Merlin! Tesoro, sei tu.
- Mamma? - chiese scioccato il moro. - Chi ti ha dato l'indirizzo??
- È stato Gwaine, ma gli ho detto di non dirtelo. Volevamo farti una sorpresa.
- Volevamo??
- Sì, c'è anche papà. Ci apri?
- Sì, sì, vi apro. - Il moro sospirò e premette il bottone del cancello. - Arthur!
Il biondo raggiunse Merlin all'ingresso, sentendosi chiamare. - Allora, si può sapere chi è?
- Ci sono i miei genitori - disse senza nemmeno una pausa il moro.
- Che cosa? E perché non mi hai detto che venivano? - urlò Arthur, abbassando poi subito la voce, rendendosi conto che avrebbero potuto sentirlo.
- Non sapevo che sarebbero venuti. Mi hanno fatto una sorpresa.
- Ci mancava solo la cena coi suoceri - brontolò il biondo contrariato.
- Pensavi di sposarmi senza nemmeno conoscerli? - replicò indispettito Merlin.
- Non rientrava nei piani, me li sarei risparmiati volentieri.
- Vedi di comportati in modo adeguato - sussurrò il moro, per poi aprire la porta e trovarsi i suoi genitori a pochi passi.
- Merlin! - Hunith corse ad abbracciare il figlio. - Mi sembri più magro - mormorò la donna, lasciandolo e osservandolo da capo a piedi. - Stai mangiando?
- Mamma, sì, io...
- Non importa. Ho portato tutto da casa. - Hunith indicò Balinor, intento a trasportare una serie di vaschette salva alimenti fuori dall'auto. - Mi sei mancato tanto. - Ristrinse a sé il figlio, guardando con la coda dell'occhio Arthur.
Merlin si lasciò cullare nell'abbraccio per poi staccarsi. - Mamma, lui è Arthur, il mio fidanzato.
- È un piacere conoscerla signora Emrys, io sono Arthur Pendragon. - Si presentò il biondo, facendole il baciamano come un vero galantuomo.
Nello stesso momento Balinor entrò dalla porta con una pila di vaschette fin sotto il mento. Arthur si presentò allungando la mano, ma il suocero invece di stringerla la ignorò completamente, con disappunto del biondo, che cercò lo sguardo di Merlin interrogativo.
 - Merlin, figliolo, ti dispiacerebbe darmi una mano? - chiese Balinor.
- Certo, papà. - Il moro prese un paio di recipienti dalla mani del padre. - Lui è Arthur, il mio fidanzato - ritentò, mentre anche Hunith fissava incoraggiante il marito.
- Balinor Emrys. - Si presentò, rifiutandosi di nuovo di stringere la mano allungata del biondo. - E per la cronaca, non mi sono mai piaciuti gli avvocati - pronunciò brusco.
Hunith sospirò e Merlin sorrise impacciato ad Arthur. - Vi facciamo vedere la cucina! Così apparecchiamo e ceniamo.
La madre annuì, mentre Balinor squadrava di sottecchi il biondo.
- Da questa parte. - Merlin iniziò a camminare, facendo cenno di seguirlo.
 
Il moro passò al padre il vassoio col roastbeef. - Allora...
- Vogliamo sapere come è accaduto - finì Hunith entusiasta. - Questo matrimonio così improvviso, ci ha colto di sorpresa.
- Tra me e Merlin è stato colpo di fulmine. Abbiamo capito di essere innamorati, perciò ci siamo detti che non aveva senso aspettare. - Arthur osservò il pezzo di roastbeef nel suo piatto, stranamente gli era difficile mentire con la madre di Merlin, lei sembrava leggerlo dentro.
- Come accadde a noi - commentò Hunith, cercando di far sorridere il marito, che sbuffò non curante.
- Arthur è un buon avvocato, papà - cercò di sostenere Merlin.
- Quelli come lui non fanno nulla per niente, e sono abituati a difendere solo quelli che possono pagarli profumatamente - sbottò Balinor, intenzionato a non cambiare la sua posizione.
- Arthur non è così. Ha accettato casi senza volere nulla in cambio - disse deciso il moro, stringendo la mano del biondo sul tavolo. - Vero, tesoro? - Ne era più che certo. Dopo il fascicolo di Gilli Ring aveva fatto un paio di domande a Freya, la segretaria di Arthur, scoprendo anche il lato altruista dell'avvocato.
- Certo, amore - confermò il biondo, stringendo di rimando la mano del moro. - Io cerco di aiutare tutti i miei clienti, anche quelli che non possono pagarmi. Sono loro ad insistere per ripagarmi in qualche modo… Un mio cliente fa il pescatore e mi offre pesce fresco tutte le settimane - spiegò orgoglioso; Uther di certo non avrebbe approvato, ma adesso non c'era più, e lui poteva gestire il lavoro a modo suo.
- Vedi, caro. - Hunith diede una leggera gomitata al marito. - Merlin non avrebbe mai scelto un uomo non generoso verso il prossimo.
Balinor sembrò ricredersi a quelle parole, forse questo Arthur era veramente diverso dagli altri, pensò, osservandolo per qualche minuto; sembrava veramente sincero. Era disposto a fare un passo indietro con lui, ma sul fatto di cedergli la mano di suo figlio non era convinto. Lui era un uomo all'antica e toccava a lui decidere se dare in sposo suo figlio o no. - Ammettiamo che tu sia un bravo avvocato, cosa ti fa credere che voglia concederti la mano di mio figlio?
Merlin diventò rosso. - Papà, - tossicchiò imbarazzato -  Arthur è una brava persona e non siamo nel Medioevo...
- Non intendo cedere, figliolo. Io sono tuo padre e devo fare quello che è giusto. Stasera torni a casa con noi, non mi piace che viviate insieme prima del matrimonio - impose il padre, intenzionato a non cedere su quella questione.
- Ti avevo detto di non tirare fuori questa storia. Merlin è adulto, ormai - chiarì Hunith, mentre il moro si stampava una mano sul viso sperando di scomparire.
- Una madre le da sempre vinte, ma un padre serve a mettere un freno e a disciplinare un figlio. Merlin tornerà a casa con noi, su questo non si discute - ribatté il marito convinto, per poi guardare il figlio, che sicuramente avrebbe avuto da ridire.
- Papà, io e Arthur ci sposeremo tra meno di due settimane e ci sembra opportuno condividere più momenti insieme possibile - pronunciò Merlin.
- Che ti sposi è tutto da vedere, prima il tuo fidanzato deve chiedermi la tua mano.
Merlin guardò Arthur supplichevole, come a intimargli di fare qualcosa.
Il biondo sospirò, non aveva scelta, doveva chiedere la mano del moro, altrimenti niente matrimonio e di conseguenza niente eredità. - Signor Emrys, io amo Merlin con tutto me stesso, e le chiedo di concedermi la sua mano. - Cercò di sembrare deciso.
Balinor era più che convinto a dire di no, ma la scena che si presentò davanti ai suoi occhi un minuto dopo gli fece cambiare di colpo idea: Lance aveva cominciato a guaire per attirare l'attenzione, sentendosi trascurato, e Arthur lo aveva preso subito in braccio coccolandolo.
- D'accordo, te lo concedo, puoi sposare mio figlio, ma se lo farai soffrire ti spezzerò le gambe.
- Caro, non esagerare. Non vorrai che succeda come quando Merlin si offrì per la bancarella dei baci alla fiera, giusto? - domandò Hunith.
- Mamma. - La interruppe il moro. - Comunque pensiamo di fissare la cerimonia per il tre febbraio.
- Finalmente potrò dire una data agli invitati. E ho chiesto a Will di fare la torta.
Merlin quasi si strozzò alle parole della madre: lui e Arthur avevano pensato a una cerimonia privata con poche persone, non a una matrimonio sfarzoso. E poi Will?
- Non penso che chiedere al mio ex di fare la torta sia una grande idea. Poi volevamo sposarci qui, a Londra, con pochi invitati.
- La penso come Merlin, noi vogliamo sposarci a Londra con una cerimonia intima, però potremmo, ecco... Fare un rinfresco con qualche parente in più - precisò il biondo, non credendo alle proprie parole.
L’altro lo fissò stranito, mentre i suoi genitori sembravano rallegrati della cosa.
- E a noi non lasci niente da organizzare? - chiese Hunith. - Dopo tutto ci si sposa solo una volta nella vita - sentenziò.
Le labbra del moro si incurvarono verso il basso per un secondo, ma subito ripresero la forma di un sorriso. - Esatto. Comunque preferiamo farlo qui perché con gli agganci della mia agenzia non ci costerà quasi nulla e ci farà un’ottima pubblicità - tentò di giustificarsi.
Balinor alzò leggermente il calice in segno di approvazione, mentre il biondo ora osservava il tutto preoccupato: aveva trascinato Merlin in una terribile farsa.
 
▪▪▪
 
Merlin si coricò dopo aver sistemato Lance sul letto; i genitori se ne erano andati da circa un'ora.
Per fortuna dopo aver tirato in ballo l'agenzia Hunith e Balinor non avevano più obiettato: sapevano quanto lui ci tenesse alla nuova attività.
Lancelot scosse le orecchie e la medaglietta del nuovo collarino tintinnò, svegliando il moro dai suoi pensieri.
- Te l'avevo detto che la medaglietta era troppo grande - commentò Merlin, mentre Arthur usciva dal bagno.
- Già - rispose il biondo senza capire, troppo intento a rimuginare su quello che era successo: si sentiva terribilmente in colpa per aver costretto Merlin a sposarlo, a causa sua aveva dovuto mentire anche ai suoi genitori. Sulla carta sembrava semplice, ma una volta entrati in gioco i sentimenti tutto si era fatto complicato. - Mi dispiace, credimi, io non avrei dovuto trascinarti in questa storia.
- Come? Ma di che stai parlando? - Il moro si voltò perplesso.
- Parlo del matrimonio, e delle bugie che ti ho costretto a dire a causa mia stasera - replicò dispiaciuto l'altro.
- Pensavi non ci fossero conseguenze? - Merlin si infilò sotto le coperte, voltandosi dall'altra parte.
- Pensavo solo alla mia eredità, il resto non mi importava.
- Beh, almeno a starmi vicino sei migliorato - sussurrò il moro.
- Ehi, adesso non ti allargare - scherzò Il biondo.
- Già, sei ancora un mezzo asino - borbottò Merlin girandosi, notando il disastro che Arthur aveva combinato coi bottoni del pigiama. - Chissà se al matrimonio riuscirai a vestirti decentemente... - disse mentre si alzava, avvicinandosi all'altro.
- Sono perfettamente in grado di vestirmi - pronunciò Arthur indignato.
- Sì - disse sorridente Merlin, mentre iniziava a slacciargli i bottoni del pigiama. - Perfettamente - borbottò, imitando l'altro.
- A proposito di vestirsi decentemente, lo hai uno smoking per domani sera, vero? - Era stata organizzata una cena di beneficenza per la sera dopo, a cui avrebbero partecipato molti personaggi importanti, e soprattutto quell'avvoltoio di Aredian, che quasi sicuramente si aspettava che Arthur arrivasse da solo.
- Perché? Cosa c'è domani sera? - domandò il moro, mentre appoggiava le mani sui pettorali del biondo.
- Quella cena di beneficenza di cui ti ho parlato l'altro giorno, ricordi?
- Non mi hai parlato di nessuna cena... - Merlin cominciò piano a scendere con le mani, fino ad arrivare al basso ventre, liberando l'ultimo bottone mal abbottonato.
Arthur sbuffò, eppure era sicuro di averglielo detto. - Domani sera c'è un importante cena di beneficenza a cui dobbiamo partecipare - spiegò per poi sorridere compiaciuto. - Ammettilo, ti piacciono i miei pettorali, altrimenti non li staresti palpando con la scusa dei bottoni.
Il moro lo ignorò del tutto, stringendo la stoffa all'altezza dell'ombelico dell'altro. - Sei ingrassato - decretò.
- Oh, ma tanto io ti piaccio anche grasso, vero?
- Per niente. - Merlin finì di riallacciare i bottoni e si sedette sul letto, accarezzando Lance.
- Come mi piace quando fai il difficile, ma non c'è nulla di male ad ammettere che ti piaccio, sai? - Si pavoneggiò il biondo.
- Sei alquanto patetico - commentò Merlin, avvolgendosi nelle coperte. - E comunque ho avuto uomini molto più attraenti di te.
- Sì, certo, come no. Scommetto che erano dei bifolchi del tuo paese.
- No - schioccò con la lingua il moro. - Se sei curioso ti scrivo i recapiti - pronunciò divertito.
- I recapiti? Perché quanti ex hai? - Sicuramente il moro stava mentendo, pensò il biondo.
Merlin sorrise e si voltò dall'altra parte. - Oh, non fare il geloso, tesoro.
- Non sono geloso! Ma devo sapere con quanti uomini è stato il mio fidanzato. - Lui non era geloso, neanche per sogno, però il pensiero di Merlin con qualcun altro lo rendeva nervoso e non riusciva proprio a spiegarsi il perché.
- Non serve che urli, amore. Ora sto con te, è questo che importa - cinguettò il moro.
- Ma sta zitto, Merlin! - ordinò il biondo con un broncio, infilandosi sotto alle coperte. - Tornando alla cena, scommetto che tu non sappia nemmeno così sia uno smoking, te ne comprerò uno io domani.
- Ce l’ho, tranquillo - rispose il moro. - Notte, caro.
- Conoscendoti scommetto che sarà un modello fuori moda. - Lo prese in giro Arthur, ricordandosi della maglia verde fluo di Merlin allo speed-dating. - Ah, avrei bisogno che mi lavassi le camicie bianche da indossare sotto lo smoking, per favore. Buonanotte, amore.
 
▪▪▪

 
La sera dopo Arthur tornò un'ora prima dal lavoro: la cena era prevista per le nove e voleva avere tutto il tempo di prepararsi con calma. Merlin gli aveva lavato le camicie come aveva chiesto, doveva solo scegliere quale indossare, ma quando aprì l'armadio per poco non gli venne un infarto.
- Merlin! - gridò, la vena sul collo iniziò a pulsargli e gli prese anche uno strano tic all'occhio.
Il moro si affacciò dal bagno, dove stava finendo di sistemarsi. - Mi hai chiamato?
- Le mie camicie sono rovinate! - continuò a gridare il biondo. - Guarda qua, sono diventate rosa!
- Ah, sì. Volevo giusto parlarti dell'incidente...
- Un incidente? Non sei nemmeno capace di fare una lavatrice!
- Ehi - replicò Merlin innervosito. - Potevi anche fartela da solo.
- Di sicuro l'avrei saputa fare meglio di te! - Arthur controllò tutte le camicie sperando che almeno una fosse salva, ma erano tutte rovinate, e non ne aveva una bianca da mettere.
Merlin sospirò, passandosi una mano sulle tempia destra. - Mi dispiace - disse sincero. - Te le ripago, ok? Non volevo di certo rovinartele.
- Non voglio che me le ripaghi, ma io adesso cosa metto sotto lo smoking?
- Beh, mettine una rosa. Ormai le hai tutte così.
- Peccato che non siano rosa, ma a chiazze rosa. - Gli fece notare Arthur.
- Sono sicuro che le chiazze vadano di moda... - mugugnò il moro.
- E tu sei un esperto di moda vero, Merlin?
Il moro sorrise imbarazzato alzando gli zigomi, senza dire nulla.
Arthur sospirò rassegnato, non poteva di certo presentarsi alla cena in quello stato… Avrebbe chiesto a suo cognato di prestargliene una. - Finisci di preparati, io vado da mia sorella per vedere se Mordred me ne presta una delle sue. Ma da oggi in poi stai lontano dalla lavatrice!
- Ok, ok. Dirò a Nimueh di farla lei la prossima volta.
 
▪▪▪
 
Merlin osservò stupito le colonne corinzie in marmo che si alzavano fino al soffitto, interamente decorato da sottili giochi di forme e ghirigori.
La stanza del ricevimento era ampia quasi come la reggia di Arthur e illuminata da antichi lampadari.
Ogni tavolo vantava un candelabro argenteo, arricchito da rose bianche, e il corredo per la cena brillava su tovaglie rosse.
Il moro si sentì improvvisamente a disagio nel suo smoking di seconda mano, rimanendo leggermente dietro all’altro, almeno la sua futura nuora aveva dato buca.
Arthur si accorse che Merlin era nervoso, e in fondo lo capiva: lui non era abituato a quell’ambiente e a quelle persone, era come un pesce fuor d'acqua.
- Merlin, cerca di stare tranquillo, ok? - Cercò di rassicurarlo il biondo. - Devi solo essere te stesso.
- Capito - rispose il moro, sentendo una mano appoggiarsi sul suo completo blu.
- Merls, ti sta bene lo smoking - disse Gwaine sorridente.
- Gwaine? - Il moro lo guardò dubbioso. - Che ci fai qui?
- Percival mi ha chiesto di accompagnarlo. - Gli indicò l'uomo intento a parlare con delle persone.
- Oh, finalmente vi siete decisi a uscire insieme. Si è ritirato dall’agenzia? - Merlin gli sorrise, mentre, senza rendersene conto, avvolgeva le mani al braccio di Arthur.
- Giusto stamattina, con una telefonata al mio numero privato. Che ci vuoi fare, nessuno resiste al mio fascino - asserì sicuro il castano.
- Dopo tutta la gente matta che gli hai fatto incontrare non gli sarai sembrato più così strano. - Il moro rise, ancorandosi di più all'altro.
Gwaine brontolò qualcosa di incomprensibile e si avvicinò a Merlin per non farsi sentire da Arthur, ora intrattenuto da un cameriere.
- Allora, come va col nostro avvocato? Da come lo stringi direi che ormai sei innamorato. - Gli bisbigliò in un orecchio.
- Che?! - Il moro lasciò di colpo l'altro. - Ti ho detto di smetterla con questa idea - soffiò, scostandosi da Arthur, tirando con sé Gwaine.
- Non capisco che cosa ci sia di male - disse l’amico, che restava fermamente convinto della sua idea.
- Smettila - intimò il moro, visto che Arthur sembrava essersi accorto di nuovo che qualcosa non andava, lanciando occhiate a ogni pausa del cameriere. - A che tavolo siete? - domandò, cercando di cambiare discorso.
- Siamo al tuo stesso tavolo - confermò Gwaine; avrebbe potuto continuare a tormentare Merlin sui suoi sentimenti per tutta la serata.
L'altro sospirò. - Vedi di non parlare a vanvera o ti riempirò di calci alle caviglie.
 
La cena fu alquanto snervante per Merlin: quei tre si comportavano come “amiconi”, cincischiando su di tutto e di più.
Insomma, doveva ricordare lui a Gwaine che Arthur li stava ricattando? E che aveva profanato varie zone del suo corpo con palpate più o meno gradite??
Almeno era felice per Percival: il ragazzone sembrava davvero a suo agio con Gwaine al suo fianco.
Uno degli organizzatori salì sul palchetto allestito alla fine della sala, schiarendosi la voce per attirare l’attenzione.
Arthur gli aveva detto che ci sarebbe stata un'asta muta, ossia vari oggetti sarebbero stati messi in vendita, ma le offerte, scritte su un apposito foglietto e consegnate al banditore, rimanevano segrete agli altri invitati; chi avrebbe offerto di più si sarebbe aggiudicato l'oggetto.
L’uomo annunciò che le offerte sarebbero state raccolte prima dell’arrivo del dolce e subito dopo avrebbe annunciato i vincitori dell’asta.
Merlin entrò per primo nella sala utilizzata per esporre gli oggetti, mentre gli altri erano ancora fermi al tavolo.
Scrutò le vetrine che proteggevano gli articoli più preziosi, ma la sua attenzione fu catturata da un vecchio giradischi. Si accostò all'oggetto, osservandolo il più vicino possibile.
- Ti piace? - chiese Arthur raggiungendolo, vedendo che si era fermato a osservare l'oggetto più del necessario.
- Mio padre ne aveva uno simile, ma fummo costretti a venderlo - spiegò Merlin.
- Capisco. Aspetta qui, torno subito, ok? - Arthur aveva deciso di fare un'offerta per quel giradischi; voleva regalarlo a Merlin visto quanto gli piaceva, e in qualche modo voleva anche farsi perdonare per averlo ricattato.
- Certo - replicò il moro, restando davanti al giradischi mentre il biondo si allontanava.
 
- Come fa uno come lei ad apprezzare un oggetto simile?
Merlin si voltò, osservando l'uomo che aveva pronunciato quella frase sistemarsi accanto a lui. - Scusi? Ci conosciamo? - domandò, cercando di tenere un tono educato.
- Il mio nome è Aredian - disse, senza nemmeno allungare la mano per presentarsi. - Il suo presunto fidanzato le avrà parlato di me, immagino.
- Lei è il notaio che ha in mano il testamento del padre di Arthur. - Scrutò l’altro; quegli occhi glaciali sembravano non staccarsi da lui.
- Vedo che è sveglio per essere un contadinotto di provincia - commentò Aredian sorridente.
- Chi le ha dato il diritto di informarsi su di me? - replicò con astio Merlin.
- Oh, non si arrabbi... Avrei riconosciuto comunque i suoi modi da provincialotto, per non parlare del completo che indossa. Scommetto che usa lo stesso da ormai secoli - puntualizzò il notaio, mentre Merlin stringeva le spalle, aggiustandosi la giacca sul torso.
- Sicuramente di seconda mano - aggiunse, vedendo l'altro a disagio.
Merlin avrebbe voluto replicare, ma la rabbia si era trasformata in un pesante senso di amarezza, il cui gusto amaro gli stringeva le corde in gola. Forse se non fossero state parole veritiere sarebbe riuscito a rispondere a tono.
- La vede quella lampada laggiù. - Aredian indicò un lume da scrivania a qualche passo da loro. - Di certo lei con il suo gusto la troverà incantevole, ciò che non sa è che un falso. Il vetro che ne compone il paralume non è altro che puro fondo di bottiglia. Quella lampada è come lei a questa cena: sciatta - concluse l'uomo ghignando.
Merlin si sentì bollire e raggelare il sangue nello stesso istante. Si allontanò dall'uomo e si diresse all'uscita della sala, ritrovandosi nel corridoio che portava all'ingresso.
Recuperò velocemente il suo cappotto dalla guardarobiera e uscì nel cortile che conduceva al parcheggio, sperando che Gwaine e Percival potessero dargli un passaggio a casa.
Quando Arthur tornò nella sala vide Merlin scappare via, e sembrava sconvolto, ma il biondo non riusciva a capirne il motivo. Lo seguì fino all'uscita senza nemmeno fermarsi a prendere il cappotto, e quando finalmente lo raggiunse lo trovò intento a trafficare col cellulare.
- Merlin, cos'è successo? Perché sei scappato via?
Il moro rimase girato verso il parcheggio. - Niente, non è successo niente. Mi serve un passaggio a casa - mormorò, mentre le dita tremolavano sullo schermo del cellulare.
Il biondo afferrò il telefono dalle mani di Merlin, accorgendosi che tremava; non credeva alle sue parole, doveva essere successo qualcosa mentre lui si era allontanato. - Dimmi la verità, lo vedo che sei sconvolto, stai tremando - disse, cercando di farlo parlare.
- Ho incontrato Aredian. E non è stato gentile - sillabò il moro.
- Aredian è una carogna senza scrupoli, e qualunque cosa abbia detto non dargli peso. - Gli suggerì il biondo, cercando di calmarlo.
- Per te è facile. - Merlin si voltò finalmente verso Arthur. - Non ti ha appena paragonato a qualcuno fuori posto. E il peggio è che ha ragione - confessò, tra l'amareggiato e l'arrabbiato.
- Io non sono d'accordo, tu vali molto più di tutte quelle persone là dentro messe assieme. E se c'è una cosa fuori posto è lui. - Il biondo si passò una mano tra i capelli: non sopportava di vedere Merlin in quello stato, avrebbe volentieri dato un pugno in faccia a quella carogna.
- Strano, detto da uno che mi da del bifolco due giorni su tre. - Il moro smorzò una risata, alzando gli occhi al cielo.
- Lo sai che è soltanto un modo per prenderti in giro, e poi sono troppo orgoglioso per ammettere quanto vali. - Si difese Arthur.
Merlin fissò il biondo negli occhi. - Perché? Quanto valgo? - chiese incuriosito.
- Molto più di quanto avrei mai immaginato - ammise Arthur imbarazzato.
Il moro rimase senza parole, accostandosi all'altro. - Non me l'hai mai detto.
Arthur sorrise. - Non volevo darti questa soddisfazione.
- Perché sei una testa di fagiolo? - domandò.
- Adesso non esageriamo - disse l'altro, cercando di fingersi offeso.
- Sbaglio o stai arrossendo? - chiese il moro, avvicinandosi di più.
Arthur avrebbe voluto ribattere, ma in quel momento sentiva di dover ringraziare il moro in qualche modo: da quando l’altro era entrato nella sua vita si sentiva un uomo migliore. - Grazie di tutto, Merlin.
L’altro lo guardò sorridente, annullando la distanza fra di loro. Appoggiò le labbra su quelle calde del biondo, se pur fossero fuori al freddo.
Assaporò piano ogni sfaccettatura di Arthur, come già aveva immaginato di fare da giorni. Sentì il braccio dell’altro cingergli la vita e spingerlo contro di sé, approfondendo quel bacio.
Si staccarono piano, dopo che Merlin ricevette un leggero morso sul labbro dal biondo.
- Scusa, credevo di aver visto Aredian osservarci - pronunciò il moro, indietreggiando di qualche passo.
- Certo, come no. Ammettilo, volevi baciarmi. - Lo provocò come al solito Arthur.
Merlin lo squadrò con uno sguardo senza speranza. - Torniamo dentro, o ti prenderai di nuovo l'influenza. - Si avviò all'ingresso, tentando di nascondere la felicità per ciò che era appena successo.
Arthur lo seguì subito: non gli andava di beccarsi di nuovo l'influenza, e soprattutto non voleva dover mangiare di nuovo la zuppa di pollo di Merlin; anche se il moro non lo aveva ammesso, non era per Aredian che lo aveva baciato, ne era più che sicuro.
Entrambi si risedettero al tavolo, dove Gwaine e Percival li stavano aspettando per gustare il dolce.
- Avete fatto qualche offerta? - Percival sorrise, facendo notare che il banditore si stava apprestando al microfono del palco.
- Sì, ne ho fatta una - confermò il biondo all'amico, sperando che fosse riuscito a vincere.
- A cosa? - Merlin alzò un sopracciglio, mentre l'organizzatore continuava a parlare.
- Se vinco lo vedrai. - Gli bisbigliò Arthur.
Il moro sbuffò, arricciando il naso, ma iniziò ad ascoltare interessato la lista dei vincitori.
- E con l’offerta di centocinquanta sterline si aggiudica l’oggetto 2231, un giradischi vintage, il signor Arthur Pendragon. Un applauso anche a lui, come agli altri acquirenti della serata - concluse l’uomo.
Merlin si voltò verso il biondo elettrizzato, non riuscendo a celare quanto fosse sorpreso.
- Ho visto quanto ti piaceva e così ho pensato di vincerlo per te - commentò Arthur. - Sei contento?
Merlin annuì, mentre intrecciava la sua mano con quella dell’altro.
Gwaine intanto ghignava divertito. - Bhe, Merls, il primo regalo dal tuo sposo! - commentò ammiccando. Ormai i due erano ben oltre una semplice recita.

▪▪▪

Speriamo che il capitolo vi sia piaciuto!
Come avrete notato nella ff Balinor è vivo e abbastanza bacchettone/protettivo con Merlin.
Ah, per chi fosse curioso Merlin mentiva, non ha decine di ex XD
A presto :)

Ps: la canzone citata è "Hot N Cold" di Katie Perry.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Ben ritrovati!
Un abbraccio a chi ha recensito e un grazie a chi ha inserito la storia tra le preferite, ricordate o seguite!
Ricordo che la ff è scritta a quattro mani con marydel.
Buona lettura :)
▪▪▪

Merlin sbuffò, osservando gli scaffali dell'enorme negozio prolungarsi all'infinito; Hunith lo stava pressando per la lista dei regali e il moro era stato costretto a cedere, anche se la cosa non lo faceva di certo felice.
Squadrò Arthur intento a studiare il reparto "argenteria", con già in mano la pistola leggi codice a barre.
- Niente di costoso, in fondo divorzieremo presto - commentò.
- Va bene, niente argenteria, ma sei sempre il solito guastafeste - brontolò il biondo, che decise di passare al reparto elettrodomestici.
Per prima cosa scelse un gigantesco televisore per il suo salotto, poi fu la volta di una nuova macchina da caffè e di un forno, dopo di che iniziò a prenderci gusto, perdendo il controllo: mezz'ora dopo aveva aggiunto quasi tutto il reparto.
Il moro vide la lista sul display della sua pistola aumentare vertiginosamente, e subito raggiunse il biondo.
- Che hai fatto??
- Ho scelto i nostri regali. - Lo informò l’altro soddisfatto.
- A cosa ti serve un forno? Tu non sai nemmeno usare un microonde - chiese scettico Merlin.
Ad Arthur quasi uscì il fumo dalle orecchie. - Io so usare benissimo il microonde! - gridò offeso.
- Due sere fa l'hai fatto quasi esplodere perché ci hai messo dentro una vaschetta in alluminio. - Il moro si avvicinò allo scaffale e utilizzò la pistola per decurtare il forno dalla lista nozze. - Ora devo sistemare il casino che hai fatto con gli altri articoli...
- Beh, se è per questo, tu non sai usare la lavatrice. - Lo provocò Arthur, per poi continuare. - Infatti ne ho scelta una super tecnologica, almeno impari.
Merlin rispose togliendo il mega schermo dalla lista, sorridendo compiaciuto, infilandosi poi la pistola nella tasca dei jeans come un vero pistolero western. - Potresti imparare anche tu, sai?
Appena il moro si voltò, Arthur aggiunse di nuovo il televisore, non aveva intenzione di rinunciarci. - Io sono già capace di usarla, e il televisore non si tocca - impose.
- Smettila di fare l'asino. - Merlin si accostò all'altro e afferrò la sua pistola. - Dammela.
- Non ci penso nemmeno! - Il biondo serrò la presa intorno alla pistola. - Anzi, ho appena visto un regalo di nozze che mi piace - ghignò divertito, afferrando la sua pistola per passarla sul fondoschiena del moro in modo da aggiungerlo alla lista.
- Ma che fai?? - Merlin si allontanò. - Sei un... - sospirò. - Non trovo nemmeno una parola per descriverti. Comunque questo, - si voltò, esibendo il suo fondoschiena, - non lo avrai mai!
- Come fai a esserne così sicuro? - chiese ridendo l'altro.
Il moro non rispose nemmeno, ricominciando a depennare dalla lista gli elettrodomestici scelti dall'altro.
Arthur cercò di impedirglielo, ma Merlin eliminò quasi tutto quello che aveva scelto dalla lista; allora decise di approfittare della distrazione del moro, vendicandosi con una piccola palpatina. - Te lo avevo detto di non esserne così sicuro - gli sussurrò all'orecchio ridendo.
Il moro scattò in avanti, finendo per urtare lo scaffale e ritrovandosi con un frullatore tra le mani per non farlo finire a terra. - Provaci ancora una volta e aggiungerò una cintura di castità alla lista - disse conciso.
- Fai pure, basta che poi tu mi dia la chiave - rispose Arthur, continuando a ridere sonoramente.
- Guarda che la cintura è per te... E la chiave la terrei io - chiarì, riposizionando l'elettrodomestico.
- Ti piacerebbe avermi tutto per te, vero? - insinuò l'altro. - E poi qui non vedo cinture di castità.
Merlin si passò una mano sul viso rassegnato: discutere con un asino l'avrebbe portato a risultati più apprezzabili. - Tu sei già mio - borbottò, capendo che sarebbe stato meglio tacere.
Arthur rimase sorpreso da quelle parole. - Ah sì, e da quando io sarei tuo? -  domandò perplesso.
- Siamo fidanzati - replicò convinto Merlin. - Fino a quando non mi tradirai.
- Lo siamo solo per finta. - Gli fece presente Arthur. - E poi potrei anche già averti tradito - ricominciò a provocarlo, sperando che si ingannasse da solo.
- Come? - chiese Merlin in tono deluso. - Mi hai tradito?
- Mi pare che non avessimo stabilito di esserci fedeli, o sbaglio?
- No, certo che no. - Il moro riprese in mano la pistola. - Vado al reparto arredi interni - proferì deluso.
- Merlin? - Lo chiamò Arthur prima che si avviasse. - Non lo farei mai, ti stavo solo provocando.
- Oh, grazie - pronunciò rassicurato l’altro. - In effetti sarebbe difficile trovare qualcun altro che ti sopporti - scherzò.
- Ma se io sono tuo, allora anche tu sei mio. Perciò anche il tuo fondoschiena mi appartiene - rifletté il biondo, camminando verso il moro. - Perciò posso palpartelo - ghignò, dando una tastatina, per poi scoppiare a ridere di nuovo.
Merlin si lasciò scappare un mugugnio traditore. - Almeno non in pubblico - sussurrò, assicurandosi che nessuno li osservasse. - E ora lasciami fare la lista - borbottò.
 
▪▪▪
 
Merlin tolse le chiavi dalla serratura dell'agenzia e prese in spalla Lance, pronto per la passeggiata di pausa pranzo; anche se era sabato aveva dovuto sistemare alcune faccende in sospeso.
Will arrivò giusto in quel momento. Hunith gli aveva commissionato la torta per il matrimonio e voleva discutere con Merlin dei dettagli, ma non era l'unico motivo per cui si trovava lì: aveva bisogno di chiarirsi con lui.
- Non sei cambiato per niente, Merlin, ti trovo in ottima forma.
- Will? - chiese sorpreso il moro voltandosi. - Che ci fai qui? - Si chinò per lasciare a terra Lancelot, già assicurato al guinzaglio.
- Tua madre mi ha chiesto di fare la torta per il tuo matrimonio - spiegò Will. - E sono qui per discutere dei dettagli.
- Sì, me l’ha detto. - Merlin rimase un attimo fermo a osservarlo. - Hai fatto tanta strada solo per una torta? Comunque scegli pure tu, mi fido di te.
Will cominciò a giocherellare nervosamente con le mani: non sapeva da che parte cominciare quel discorso, per strada se lo era ripetuto più volte, ma avere Merlin davanti a lui rendeva tutto più difficile. - No, hai ragione, non sono qui solo per quello, avevo bisogno di parlarti - confessò.
- Non vedo di cosa... Abbiamo tentato di parlare diverse volte e non abbiamo mai trovato un punto d'incontro. Dirò a mia madre di cercare qualcun altro, se la cosa ti crea problemi.
- Merlin, io ti amo ancora, sono disposto a trasferirmi in città se vuoi, ma dammi un'altra possibilità. - Lo supplicò Will, afferrandogli le mani, ignorando quella che aveva detto l’altro.
Il moro indietreggiò liberandosi dalla stretta di Will. - Io mi sto per sposare. E sono sicuro che tu faccia tutto questo solo perché ora sto con un altro.
- Sì, con uno che conosci da quanto? Da un mese? - Will si riavvicinò a Merlin, cercando di fargli capire che si sbagliava.
- Cosa cambia? Io... Io lo amo, è questo che conta - disse d'impeto il moro, ammettendo una parte dei sentimenti che cercava di tenere nascosti.
Quelle parole furono uno schiaffo in faccia per l'altro, ma non voleva arrendersi così. - Pensi davvero che tre anni passati insieme possano essere paragonati a un solo mese?
- Tu non capisci... Con te è sempre stata una sfida. Dovevi sempre paragonarti a qualcun altro, senza mai essere te stesso.
- Quello che non capisco è perché avete tanta fretta di sposarvi, come se aveste qualcosa da nascondere - insinuò l’ex.
- Non abbiamo niente da nascondere, Will - replicò secco Merlin.
- Non ci credo che tu mi abbia dimenticato. Il primo amore non si scorda mai, e io per te lo sono stato. - tentò di giocarsi l'ultima carta, sperando di riuscire a convincerlo a concedergli un'altra possibilità.
- Certo che non ti ho dimenticato, ma sono deciso ad andare avanti. Io sto con Arthur ora.
- Riproviamoci ancora una volta - replicò non curante Will.
- Io terrò sempre a te, ma solo come amico - chiarì Merlin. - Adesso dovrei andare...
Ma l'altro glielo impedì: lo afferrò e lo baciò; sperava che quel bacio facesse riaffiorare nel moro i suoi vecchi sentimenti per lui, e i bei ricordi che avevano vissuto assieme.
- Will! - Merlin lo allontanò, spingendolo lontano da sé. - Ho detto basta. Torna a casa.
Il moro iniziò ad avviarsi per il marciapiede che costeggiava l'agenzia, camminando senza girarsi.
Senza che lo sapesse Arthur lo stava già aspettando in macchina poco più avanti, sconvolto per quello che aveva visto: era convinto che tra lui e Merlin stesse nascendo qualcosa, che il moro ricambiasse quei sentimenti che aveva capito di provare, ma si era sbagliato, Merlin non lo amava, ne era sicuro ormai. Avrebbe voluto girare la macchina e andare via da lì, ma il moro ormai lo aveva quasi raggiunto.
Lance cominciò ad abbaiare verso l’auto e l’altro si accorse di Arthur, correndo verso il BMW.
- Ehi, sei in anticipo - disse, mentre apriva lo sportello per salire.
- Già, non ho molto tempo, così sono uscito in anticipo - pronunciò seccato il biondo, mentre metteva in moto la macchina.
- Ok. - Merlin sorrise. - Lance non vede l'ora di sgranchirsi le zampette - commentò.
- Digli di non sgranchirsele sul sedile della mia auto. - Lo riprese acido Arthur.
- È successo qualcosa? - domandò confuso Merlin. Di solito il biondo non era così brusco con il cucciolo.
- Niente che ti possa interessare.
Il moro rimase sbigottito dalla reazione dell'altro, ma non perse tempo, appoggiando la sua mano vicino quella del biondo. - Sicuro?
Arthur ritirò subito la mano bruscamente. - Ti ho già detto che non c'è niente di cui parlare.
- Capito - pronunciò sottotono Merlin, voltandosi verso il finestrino, aspettando di arrivare al parco.
 
Arrivarono circa dieci minuti dopo; Arthur parcheggiò ed entrambi scesero dall'auto senza dire nemmeno una parola.
Merlin si schiarì la voce, tentando di attirare l'attenzione. - C'è un chioschetto qui vicino... Vuoi che ti prenda qualcosa? Un tramezzino, o un panino?
- No, grazie, non ho fame. - Dopo quello che aveva visto aveva perso completamente l'appetito.
Il moro si mordicchiò leggermente il labbro: Arthur era strano e non riusciva a capire il perché. Poteva anche trattarsi delle nozze, ormai mancavano pochi giorni.
- Vado a prendere l'acqua per Lance alla fontana. Lo tieni tu intanto? - Allungò il guinzaglio verso l'altro.
- D'accordo, vai pure - concesse Arthur. Afferrò il guinzaglio e si sedette su una panchina lì vicino, osservando il moro andare via.
Lancelot iniziò a tirare, cercando di invogliare il biondo a giocherellare. Quando si accorse che non funzionava si coricò a pancia all'aria per guadagnarsi un po' di coccole, ma Arthur non lo degnava di uno sguardo.
Abbaiò un paio di volte e infine saltò sulla panchina, in grembo al biondo, sporcandogli di terra il cappotto.
- Scendi subito! Guarda cosa hai fatto! - urlò Arthur, ripulendosi l’indumento.
Lance guaì e saltò giù, nascondendosi dietro i piedi in ferro della panchina mentre Merlin ritornava con l'acqua.
Il moro osservò il cagnolino e poi il biondo. - L'hai sgridato?
- Non l'ho sgridato, gli ho solo detto di scendere dalla panchina. Mi stava sporcando il cappotto. - Si innervosì l'altro.
- A me sembra spaventato - continuò Merlin.
Arthur guardò l'orologio al suo polso, aveva ancora un po' di tempo, ma voleva solo andare via da lì: non riusciva più a sopportare la compagnia del moro. - Devo tornare in ufficio.
- Ma siamo appena arrivati - brontolò l'altro. - Si può sapere che hai oggi?
- Non ho niente, devo solo tornare al lavoro.
- Sono passati solo venti minuti. - Merlin prese Lancelot in braccio e si sedette accanto ad Arthur. - Sei in ansia per il matrimonio?
La parola matrimonio fece venire in mente mille pensieri ad Arthur; aveva bisogno di stare da solo e di pensare. - No.
- Va bene. - Merlin si alzò, tenendo con sé il cucciolo. - Mi accompagni a casa prima di tornare allo studio? - Evidentemente il biondo non voleva confidarsi con lui in quel momento.
- Certo, non posso lasciarti andare a piedi - rispose Arthur, con ovvietà.
 
▪▪▪
 
Merlin continuava a girovagare davanti all'ingresso senza sosta, rigirandosi il cellulare nelle mani: era già tre volte che chiamava il biondo e non rispondeva.
Arthur arrivò poco dopo, parcheggiò la sua macchina e si avviò verso casa, trovando il moro ad aspettarlo con la porta spalancata. Non era riuscito a concludere niente a lavoro: aveva passato tutto il pomeriggio a rimuginare su quella situazione e su Merlin.
- Ti stavo aspettando - disse felice il moro, lasciandolo entrare e abbracciandolo appena varcò la soglia, stringendo le mani lungo la schiena dell'altro. - Credevo ti fosse successo qualcosa. - sospirò, distanziando il viso per guardarlo negli occhi.
Arthur sciolse l'abbraccio, togliendo le mani di Merlin dalla sua schiena. - Come vedi sto bene. Sono stanco, vado a fare una doccia per rinfrescarmi - disse, avviandosi in casa.
- Aspetta. - Merlin afferrò il braccio del biondo. - Non vuoi niente da cena? Ti preparo qualcosa - propose preoccupato.
- Ho già mangiato in ufficio. Vado su e poi torno a lavorare nel mio studio. - Si liberò dalla presa di Merlin, per poi dirigersi al piano superiore.
- Ok... - mugugnò il moro lasciato solo. Forse aveva fatto qualcosa di sbagliato senza accorgersene?
Arthur era riuscito a rilassarsi almeno un po’ con la doccia e quando uscì dalla bagno trovò Lance accoccolato sul letto, evidentemente lo aveva raggiunto per avere un po' di coccole. Si sedette accanto a lui, accarezzandolo: era stato troppo duro con lui al parco, ma era così nervoso che se la sarebbe presa con chiunque.
- Beato te, che non hai problemi - sussurrò al cagnolino.
 
Merlin scostò piano la porta; l'altro non dava cenno di vita da quasi un'ora.
Lancelot si mosse appena al rumore, ma non aprì gli occhietti, continuando a dormire; Arthur era ancora in accappatoio, con il cagnolino stretto sotto il suo braccio.
Il moro sorrise, mentre il cucciolo iniziava a leccare le dita del biondo nel sonno.
Prese una coperta dall'armadio e coprì i due, lasciando un bacio sulla guancia dell'altro. - Buonanotte.
 
▪▪▪
 
Il giorno dopo Arthur si svegliò all'alba; si sentiva più stanco di quando si era addormentato, ma aveva preso la sua decisione. Cercò di muoversi, notando come fosse incastrato tra Lance e Merlin, e dopo numerose manovre riuscì ad alzarsi, osservando un attimo i due prima di scendere.
Entrò in cucina e preparò il caffè per lui e per il moro, sperando di aver preso la scelta giusta.
Merlin iniziò a strofinare il naso contro il cuscino dieci minuti dopo, annusando nell'aria l'odore dei chicchi macinati. Si stiracchiò, facendo svegliare anche il cucciolo, che quasi rotolò giù dal letto.
Ha cucinato? Si chiese sbigottito, mentre si sfregava gli occhi prima di alzarsi.
Si diede una rinfrescata al viso in bagno e poi corse in cucina, quasi inciampando in Lancelot lungo le scale; Arthur doveva di sicuro essere di buon umore.
- Buongiorno - pronunciò il biondo appena vide il moro, per poi indicargli la tazza sul tavolo. - Ho fatto il caffè, bevilo, e poi raggiungimi nel mio studio. Dobbiamo parlare.
Una tremolio scosse il corpo di Merlin a quelle parole: non gli erano mai piaciute. - Va bene - mormorò, prendendo la tazza di caffè.
Arthur fece un cenno di approvazione e uscì, mentre Merlin sorseggiava la bevanda nervoso, non riuscendo a gustarsi nemmeno una goccia.
Raggiunse il biondo quasi subito, trovandolo seduto alla sua scrivania. - Sono qui.
- Siediti - disse Arthur, indicando la sedia davanti a lui; non sapeva bene come cominciare, sentiva una fitta al cuore, ma la sua testa gli diceva che quella era la cosa giusta da fare.
Merlin ubbidì, sorridendo timidamente. - Vuoi finalmente dirmi che succede?
- Il matrimonio è annullato - pronunciò tutto d’un fiato il biondo, guardandolo negli occhi.
- Cosa? - squittì il moro, ancorandosi alla sedia.
- Non ci sarà nessun matrimonio - ripeté Arthur.
Merlin lo guardò come a domandargli se fosse serio. - Stai scherzando, giusto?
Arthur strinse i pugni fino a sbiancare le nocche. - No, sono serio.
Il moro si alzò di scatto, non credendo a ciò che aveva sentito. - Tu, tu... Tu non puoi farlo. Mi hai ricattato per sposarti! Non puoi cambiare idea!
- Sì, e ho sbagliato, non avrei dovuto ricattarti. Tu devi sposarti per amore e non perché sei costretto. - Arthur cercò di fargli capire le sue motivazioni; era per l’altro che lo stava facendo, perché lui si era innamorato di Merlin, pur non volendo ammetterlo, e non voleva vederlo rinunciare alla persona che amava. - Prenderemmo in giro solo gli altri e noi stessi se ci sposassimo.
- E l'hai capito dopo quasi tre settimane di convivenza forzata? - domandò Merlin, appoggiando di getto le mani sulla scrivania.
- Mi dispiace - rispose pentito il biondo. - Ma adesso sei libero, è quello che hai sempre voluto.
- No! - replicò sicuro di sé il moro. - Non finirà così.
- Ti ho già detto che mi dispiace. Non farò causa contro di voi se è questo che ti preoccupa, cosa altro vuoi? - chiese Arthur.
- Beh... - Merlin lo fissò. - Voglio i danni - sentenziò. - Doveva trovare una scusa per rimanere lì, non voleva più lasciare la casa del biondo e, ancora di più, il biondo.
- Va bene, li avrai. - Arthur prese il blocchetto degli assegni che teneva nel cassetto della scrivania. - Quanto vuoi?
- Che? - urlò l’altro, per poi tossicchiare, cercando di darsi un contegno. - Non puoi darmeli così, senza opporti. Ti sei rammollito all'improvviso?
Arthur si passò le mani sul viso esasperato. - Non riesco a capire perché fai tutte queste storie, prendi i soldi e ritorna alla tua vita.
- Non ti libererai di me facilmente - decretò il moro risedendosi.
- Cosa vorresti fare, sentiamo?
- Capire perché sei così testa di fagiolo, ma la cosa richiederebbe anni.
- Merlin, non rendere le cose più complicate. - Arthur si fermò un attimo, cercando un modo per convincerlo. - Torna da lui e cerca di essere felice.
Il moro lo squadrò dubbioso. - Lui, chi?
- Il ragazzo che hai baciato ieri fuori dalla tua agenzia. - Gli spiegò il biondo, ricordando con malumore il bacio tra i due.
- Spiegami, tu mi vedi baciare un tizio e credi che sia l'amore della mia vita? E comunque era il mio ex, che non si convince della fine del nostro rapporto.
- Ma resta il fatto che l'hai baciato! - urlò Arthur accusandolo.
- È stato lui a baciarmi, io l'ho respinto. - Si difese il moro.
- Perciò non sei innamorato di lui? - Gli domandò l'altro speranzoso.
- Certo che no - pronunciò sicuro Merlin.
- Quindi ho passato una giornata terribile per nulla! - pensò il biondo ad alta voce, senza accorgersene.
- Per i sensi di colpa? - chiese stranito il moro.
- Sì, mi sentivo in colpa. - Si affrettò a dire Arthur, voltandosi di spalle con la sedia girevole, in modo che il moro non potesse guardarlo in faccia.
- Sei sicuro che sia per questo? - Merlin si avvicinò al biondo, appoggiando le mani sullo schienale e accostandosi col suo viso a quello dell'altro.
- Certamente, quale altro motivo avrei? - negò ancora, incominciando a sudare per la vicinanza di Merlin.
- Non lo so, forse eri geloso? - sussurrò il moro nell'orecchio di Arthur.
- Non dire stupidaggini, tu puoi baciare chi vuoi.
- Quindi se stasera uscissi per andare in un locale tu mi lasceresti uscire?
- No! - sbottò Arthur. - Cioè, siamo fidanzati, e se qualcuno ti vedesse?
Merlin sorrise e si posizionò davanti a lui, sentiva di averlo in pugno. - Immagina qualcun altro toccare il mio fondoschiena - sbuffò divertito.
- Sei sleale! - Il biondo corrugò la fronte. - E adesso dovrei andare a lavoro - disse, cercando di uscire da quella situazione.
- Ma se è domenica, tesoro - cinguettò il moro, sedendosi sulle ginocchia di Arthur. - Non ti va di passarla col tuo futuro maritino? - gongolò.
- Merlin, alzati, o giuro che non risponderò di me. - Lo avvertì il biondo.
- Allora penso che non mi muoverò da qui. - Si avvicinò di più all'altro. - In fondo sono tuo, no? - disse provocatorio.
Arthur non se lo fece ripetere due volte; appena il moro si avvicinò di più gli afferrò il mento e si fiondò sulle sue labbra.
Merlin non oppose resistenza, lasciando al biondo libero accesso, lo desiderava tanto quanto lui.
L’altro lo strinse più forte a sé, mentre si imponeva nella bocca altrui, saggiando in contemporanea le labbra sottili di Merlin.
Il moro si staccò accaldato. - Non so come, ma mi sono innamorato di un asino come te - mormorò.
Arthur sorrise. - Beh, io mi sono innamorato di un bifolco. A conti fatti, direi che sono messo peggio. - confessò a sua volta.
Entrambi si guardarono per qualche secondo, senza dire nulla, cercando di metabolizzare quella situazione.
- Dovresti smetterla di chiamarmi così - brontolò Merlin per primo, tentando di distanziarsi.
- È solo un nomignolo affettuoso, ma non ti chiamerò più così se non vuoi. - Arthur lo riafferrò. - Dove pensi di andare?
Il moro alzò gli zigomi felice. - Da nessuna parte - bisbigliò, schioccando un bacio sullo spigolo delle labbra del biondo.
- Meglio così, perché non ho intenzione di lasciarti andare via. - intimò Arthur, per poi poggiare una mano dietro il collo di Merlin e condurlo di nuovo verso di sé, trascinandolo in una serie di baci; non credeva che ci fosse la possibilità che l'altro ricambiasse i suoi sentimenti.
Il moro lo fissò per qualche attimo mentre riprendeva fiato: tutto sembrava ingarbugliato, invece erano lì, insieme. E tutti e due volevano esattamente la stessa cosa.
Lance entrò nello studio esattamente in quel momento, interrompendo i due.
- Oh no, non ora - pronunciò il biondo contrariato.
- Dovrà fare i bisogni - aggiunse Merlin. - Perché non vai tu? Intanto io vado su e ti aspetto. - Sorrise, accarezzando la mano dell'altro.
Arthur sospirò. - D'accordo, ti raggiungo tra cinque minuti - promise, dandogli un bacio a fior di labbra.
Merlin si alzò e diede un leggero pat-pat sulla testolina del cucciolo prima di sgattaiolare di sopra, mentre Lancelot continuava a fissare il biondo scodinzolante.
Arthur farfugliò qualcosa tra sé e sé, per poi infilarsi veloce il cappotto e uscire in giardino seguito da Lance, sperando che facesse in fretta.
Sfortunatamente il cucciolo gli fece perdere più tempo del previsto: dieci minuti dopo non si era ancora deciso a fare i suoi bisogni, ma un'occhiata omicida di Arthur sembrò fargli cambiare idea.
Rientrarono finalmente in casa e Lance sembrava intenzionato a volerlo seguire in camera a tutti i costi, così il biondo fu costretto a riportalo giù per ben tre volte imprecando; all'ultimo, per fortuna, riuscì a convincerlo usando un piatto di biscotti per cani.
- Credevo ti fossi perso - commentò Merlin appena vide il biondo entrare in camera da letto. - O che avessi cambiato idea.
- Lance voleva per forza salire in camera, ma sono riuscito a convincerlo - spiegò soddisfatto il biondo.
- Però, ormai, credo che la magia del momento sia passata - sospirò divertito il moro, stendendosi sul letto.
- Stai scherzando, vero? - chiese Arthur alzando un sopracciglio, per poi buttarsi accanto a lui.
Merlin scosse la testa, ma non riuscì a trattenere una risata.
- Ah sì, è così? Adesso ti faccio vedere io. - Arthur gli saltò addosso bloccandolo sotto di lui. - Iniziò a lasciarli una scia di baci lungo il collo, mordicchiando appena la pelle, intanto che l’altro si rilassava completamente.
- Tornata? La magia? - domandò, con una scintilla negli occhi.
- Forse… - mormorò il moro.
Il biondo gli lasciò le mani e afferrò l’elastico dei pantaloni di Merlin, abbassandolo lentamente.
- Sei provocatorio pure a letto, testa di - boccheggiò, sentendo la mano di Arthur toccare all’interno del tessuto.
- Lo sai che mi piace provocarti - replicò il biondo.
 
- Sentiamo... - Arthur strinse a sé il corpo di Merlin coperto dal lenzuolo. - Sei ancora convinto che io sia impotente? - chiese con un ghigno soddisfatto.
Il moro sorrise, lasciando che l'altro sfregasse dolcemente la punta del naso contro il suo collo. - Diciamo che hai dissipato gran parte dei miei dubbi - rispose.
- Come sarebbe a dire gran parte? - domandò quasi offeso Arthur, dandogli un pizzicotto su un fianco per vendetta.
- Sto scherzando. - Si giustificò Merlin, coprendosi subito il fianco. - È stato perfetto - sussurrò voltandosi.
- Beh, da come gridavi, non avevo nessun dubbio. - Lo provocò come al solito il biondo, scoppiando a ridere.
- Io non stavo gridando, ti stavo dando indicazioni - borbottò Merlin.
- Oh sì, di più Arthur, più forte. - Lo scimmiottò l’altro, imitando la sua voce divertito.
- Credo di essermi sbagliato sui miei sentimenti per te - commentò infastidito il moro.
- Non è vero, lo so che sei innamorato di me - pronunciò sicuro il biondo, stringendolo di nuovo.
- Lo sapevo che non avrei dovuto dirtelo - sussurrò Merlin, dandogli un bacio sul braccio con cui lo avvolgeva.
- Invece sono contento che tu l'abbia fatto - confessò Arthur, dandogliene uno sulla spalla nivea.
Merlin indietreggiò, toccando con la schiena il petto nudo di Arthur. - Lo senti anche tu? Sembra Lance o sbaglio?
Arthur provò a sentire meglio, ed effettivamente sentiva Lancelot guaire dal piano di sotto; un brutto presentimento si affacciò nella sua testa. - I biscotti non possono avergli fatto male, vero? - chiese preoccupato.
Il moro si voltò verso di lui. - Quanti gliene hai dati?
- Un piatto intero - confessò il biondo.
- Cosa?? - Merlin saltò giù dal letto, cominciando a raccogliere i suoi vestiti. - I cani sono ingordi, Arthur. Rischia di scoppiare.
- Ma io volevo solo distrarlo, non credevo li avrebbe mangiati tutti - disse, rivestendosi in fretta, sempre più preoccupato. - Non volevo fargli del male.
Merlin lo guardò arrabbiato. - Mettiti qualcosa d'altro. Dobbiamo andare dal veterinario, non puoi venire in pigiama.
 
▪▪▪
 
Dopo la corsa dal veterinario avevano dovuto aspettare ore prima di poter portare a casa Lance: erano dovuti intervenire e tenerlo in osservazione per un po', ma per fortuna era andato tutto per il meglio.
Rientrarono poco prima di cena e Merlin riscaldò qualche avanzo della sera prima per mangiare in fretta.
Adesso erano entrambi seduti sul divano, Arthur voleva avvicinarsi al moro, ma temeva che fosse ancora nervoso per quello che era successo. - Merlin? Sei ancora arrabbiato? - tentò.
Il moro avvolse il cucciolotto a sé. - Lo so che non hai fatto apposta, ma non è un ricordo che avrei voluto associare alla prima volta che abbiamo fatto l'amore...
- Mi dispiace. - Si scusò ancora una volta il biondo, accarezzando la testolina di Lance, guardando poi Merlin. - Non te ne sei pentito, vero?
- No. - Il moro si spostò appena, lasciando un bacio sulle labbra dell'altro. - La prossima volta sta più attento.
Lancelot intanto aveva messo il musetto sulla coscia di Arthur, facendo gli occhietti teneri, probabilmente già alla ricerca di biscotti.
Arthur strinse il moro a sé sorridendo. - Se tuo padre lo sapesse non credo che mi permetterebbe ancora di sposarti - ammise divertito.
- Probabile - chiarì il moro. - Comunque, pensavo a una cosa...
- Che cosa? - chiese il biondo curioso.
- Il matrimonio. Se non sarà più una cosa fasulla vorrei che fosse diverso - proferì, appoggiandosi all'altro.
- Ci ho pensato anche io. Credo che dovremmo rimandarlo, voglio organizzare un matrimonio come si deve - spiegò Arthur.
- No, non sapremmo che dire agli invitati. E Aredian potrebbe insospettirsi.
Arthur però non era dello stesso parere: voleva fare le cose con calma e per bene, senza nessuna fretta. - Per gli invitati troveremo una scusa e Aredian si prenderà l'azienda.
Il moro rimase sorpreso a quella parole, ma felice. Si scostò, osservando Arthur negli occhi. - Non la darò vinta a quella serpe. Noi ci sposeremo il tre febbraio, riuscirò a organizzare il matrimonio che desideriamo.
- Si, ma io non te l'ho nemmeno chiesto come si deve. - Gli fece notare l'altro.
- Penserò a un modo per farti perdonare. - Merlin gli ammiccò. - Penso sia ora di andare a letto. - Fece un leggero cenno verso Lance, che faticava a tenere gli occhietti aperti.
- Bene, andiamocene a dormire. - Anche lui era stanco, ma mentre camminava continuava a pensare alla proposta di matrimonio: voleva fare qualcosa di particolare, che non fosse scontata, e gli era già venuta in mente un'idea.

▪▪▪

Speriamo che il capitolo vi sia piaciuto! Non doveva andare esattamente così, ma abbiamo preferito lo scoppio di passione.
A presto con l'ultimo :)

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Eccoci qua con l'ultimo capitolo!
Un bacio a chi ha recensito e un grazie a chi ha inserito la storia tra le preferite, ricordate o seguite!
Non avremmo mai creduto che sareste stati così tanti :)
Ricordo che la ff è scritta a quattro mani con marydel.
Buona lettura!
Ps: portate un attimino pazienza per eventuali errori, l'abbiamo appena finito...

▪▪▪

- Ti hanno risposto per i fiori, Gwaine? - domandò Merlin, rimanendo attaccato al telefono.
- Al fiorista sono avanzati dei crisantemi da un funerale. - Gli comunicò Gwaine ghignando, mentre incrociava le braccia dietro alla testa.
Il moro gli lanciò un'occhiata omicida. - Prenotali per il tuo, ci sarà presto - commentò.
L'amico scoppiò a ridere. - E dai Merls, rilassati!
- Come faccio?? Mancano tre giorni e non abbiamo ancora fiori e torta. E mia madre sta chiamando uno a uno gli invitati dell'ultimo momento! Per fortuna Arthur ha trovato la sala per il ricevimento.
- Guarda che scherzavo, col fiorista è tutto a posto, devi solo passare a scegliere i fiori. - Lo tranquillizzò il castano, vedendolo andare nel panico totale.
Merlin sorrise e sospirò, per poi guardare l'altro. - Non ti uccido solo perché sei il mio testimone.
- Soprattutto perché senza di me saresti perso - asserì Gwaine sicuro, per poi osservare Merlin incredulo. - E pensare che Arthur nemmeno lo sopportavi, invece guardati adesso.
- Chi dice che io lo sopporti adesso - scherzò Merlin, non volendo darla vinta all'altro.
- Ah, io l'ho sempre saputo che eri innamorato di lui. - Si fermò un attimo il castano, per poi continuare trionfante. - L'unico che non voleva ammetterlo eri tu.
L'altro lo fulminò di nuovo. - Sono stato vittima delle circostanze - borbottò Merlin.
- Andiamo, Arthur è senza dubbio un bell'uomo. E poi sono sicuro che sotto sotto le sue palpate ti siano sempre piaciute. - Lo provocò Gwaine, trattenendo a stento una risata.
Merlin non fiatò, radunando le sue cose. - Io vado a dare la buona notizia dei fiori. E nel frattempo valuterò se cambiare testimone - soffiò.
- Contrariamente a te, io non ho problemi ad ammettere che se non fosse stato per il mio Perci ci avrei fatto un pensierino - confessò l'altro divertito.
Il moro lo fissò stranito e poi iniziò a ridere. - Ci sentiamo dopo, Gwaine.
- Fossi in te non riderei, secondo me le sue clienti la pensano come me - insinuò l'amico prima che il moro uscisse.
Merlin alzò un sopracciglio ma se ne andò comunque; ad Arthur non interessavano le sue clienti...
 
▪▪▪
 
Il moro spalancò la porta dell'ufficio di Arthur come un fulmine. - Ho trovato i fiori! - urlò, per poi rendersi conto che l'altro non era da solo. Osservò la donna avvinghiata a lui dai tacchi ai riccioli scuri; Gwaine aveva ragione, le clienti ci provavano.
Arthur si staccò dall'abbraccio di Morgana: era passata a trovarlo in ufficio e quando aveva saputo dal fratello che il matrimonio non era più una finzione, ma che lui e Merlin si amavano, lo aveva abbracciato contenta.
- Merlin, non ti aspettavo così presto, sei in anticipo.
- Sì, ma se disturbo torno più tardi - replicò infastidito il moro.
- Ma che dici, perché mai dovresti disturbare? - chiese il biondo perplesso.
- Hai una cliente - replicò Merlin, indicando la donna con lo sguardo.
- Ma lei non è una cliente. - Gli spiegò Arthur.
- E allora che ci fa con te nel tuo ufficio? - sbottò.
- Si può sapere che ti prende? - Il biondo non riusciva a capire l'atteggiamento di Merlin, lui era felice di potergli finalmente presentare sua sorella.
- Niente - commentò Merlin. - Volevo parlati del matrimonio, se hai tempo - chiarì.
Arthur osservò il moro e sembrava infastidito: effettivamente lo aveva visto abbracciato a una donna e non poteva sapere che si trattasse di Morgana, non la conosceva. - È per l'abbraccio? Guarda che posso spiegarti tutto - disse, ridendo della grottesca situazione in cui si trovava.
Morgana che fino a quel momento era rimasta ad ascoltare si unì al fratello con un ghigno divertito, suo cognato già gli piaceva.
- Allora spiegami, tesoro - borbottò l’altro.
Morgana si avvicinò al moro senza neanche aspettare che il fratello replicasse, allungando la sua mano perfetta e curata verso Merlin. - Sono Morgana Pendragon, la sorella di Arthur. - Si presentò con un ampio sorriso.
- Oh. - Il moro strinse la mano imbarazzato. - Merlin - replicò, fissando Arthur come a dirgli: “Potevi dirlo prima”.
- Sono contenta che mio fratello abbia finalmente trovato qualcuno che lo faccia rigare diritto - pronunciò la mora, guardando perfidamente il biondo.
Merlin sorrise. - Questo te lo posso garantire.
- Ma sentilo - sbuffò Arthur, quei due sembravano già diventati perfettamente complici.
Morgana e Merlin si voltarono a scrutarlo contrariati.
- Qualcosa da obiettare? - pronunciò il futuro marito.
- Sì, io non ho bisogno di qualcuno che mi faccia rigare diritto - obiettò, guardandoli con un broncio.
- È decisamente insopportabile quando fa così - mormorò Morgana.
- Io lo trovo tenero invece. - Il moro sorrise e in quell'istante la sorella capì che i due erano perfetti insieme.
- Quando avrete finito potremmo parlare del matrimonio? Grazie. - Arthur si sedette alla sua scrivania stizzito.
Merlin gli si avvicinò, abbassandosi per dargli un bacio sulla guancia. - Ho trovato i fiori.
Morgana sorrise alla scena, gli aveva ricordato di quando lei e Arthur erano piccoli. - Sai, mi fa tornare in mente quando eravamo piccoli e nostro padre ti rimproverava. Ti nascondevi sotto al tuo letto e piangevi, ma smettevi appena ti davo un bacio.
Arthur diventò completamente rosso. - Non è mai successa una cosa del genere. - Si affrettò a negare imbarazzato.
- Dovevi essere cento volte più tenero - commentò il moro. - Mi farai vedere qualche vostra foto da piccoli? - chiese curioso a Morgana.
- Certo, vieni a prendere un thè da me uno di questi giorni. Ci divertiremo, vedrai - ghignò Morgana.
- Azzardati a mostragli una sola foto e ti uccido! - La minacciò il biondo, guardandola con aria truce.
- Arthur. - Lo rimbeccò Merlin. - Non parlare così a tua sorella.
- Merlin ha ragione, dovresti ascoltarlo fratellino - replicò divertita Morgana.
- Sta zitta, strega. - Si difese l’altro.
Il moro gli tirò una guancia, rimproverandolo con gli occhi.
- Ahia! Merlin non sono un bambino, piantala. - Si lamentò l'altro, massaggiandosi la parte lesa.
- Allora parliamo del matrimonio, devi aiutarmi con la torta.
- Sì, a questo proposito, non sono riuscito a trovare una sala per il ricevimento - confessò il biondo. - Però ho chiamato tua madre e abbiamo trovato un'alternativa. Faremo il rinfresco alla fattoria.
- Sì, mi sembra una buona idea. - Si intromise Morgana. - E poi Arthur si troverebbe a suo agio tra cavalli, mucche e asini.
L'altro rimase a fissarlo sbigottito, cercando di non ridere per il commento della sorella. - Sei serio?
- Mai stato più serio - confermò il biondo, ignorando Morgana.
- Di sicuro ci sarà tutto il paese - farfugliò il moro.
- Non importa. - Lo rassicurò Arthur. - Ma se non vuoi cercherò qualcos'altro.
- No, va bene. - Merlin stampò un bacio sulle labbra del biondo. - Hai fatto un buon lavoro.
- Allora, ti serviva il mio aiuto per la torta? - chiese Arthur, stringendolo dolcemente.
- Sì, ho telefonato a tutte le pasticcerie nei dintorni ma nessuna è disponibile. Che dici di Will? - tossicchiò.
- Non se ne parla nemmeno, piuttosto ci sposiamo senza. - Si infervorò l'altro.
- Ok, ok - rispose il moro sospirando.
- La faccio io. - Si offrì Morgana, infondo era sempre stata bravissima coi dolci, e avrebbe fatto una torta matrimoniale perfetta.
- Sai cucinare? - domandò stranito Merlin: i Pendragon a quanto sapeva erano negati ai fornelli.
- Certo che sì, non tutti i Pendragon sono disastrosi in cucina - rispose la mora entusiasta, lanciando uno sguardo divertito al fratello. - Arthur può confermartelo, lui è il primo a ingozzarsi coi miei dolci.
- Davvero? - Il moro sorrise all'altro.
Arthur sospirò sconfitto. - A malincuore devo ammettere che ha ragione, è davvero brava - confermò, per poi lanciare un’occhiataccia alla sorella. - Ma per la cronaca, io non mi ingozzo!
- Ah sì? E tutti quei chili in più come li spieghi? - chiese Morgana, trattenendosi per non ridergli in faccia. - Se continui così il tuo abito da sposo non ti entrerà.
- Non possiamo rischiare, Arthur - mormorò Merlin in tono di rimprovero.
- Smettetela con questa storia, io sono in perfetta forma. E il mio vestito mi entrerà benissimo. - Li fulminò entrambi.
- Va bene, però stasera ci mangiamo un'insalata, ok? - Merlin gli diede un altro bacio per convincerlo.
- Ok, però possiamo sempre eliminare le calorie in più con un po' di ginnastica - aggiunse Arthur allusivo.
Il moro gli diede una leggera gomitata. - Iniziamo con l'insalata poi si vedrà - dichiarò, dirigendosi verso Morgana. - Che ne dici di uscire a pranzo per parlare della torta?
- Volentieri, non ho impegni per pranzo - accettò contenta la cognata, mentre Arthur sbuffava.
 
▪▪▪
 
Merlin rientrò qualche ora più tardi; dopo il pranzo aveva deciso di passare dal fiorista, per assicurarsi che Gwaine non avesse prenotato davvero dei crisantemi.
Rimase sorpreso quando, aprendo la porta, Lance non gli corse in contro abbaiando: del cucciolo non c'era traccia.
Pensò che lui e Arthur fossero rintanati nello studio, così si avviò verso la camera.
- Arthur? - proferì entrando.
Ma nello studio non c'era traccia dei due; Merlin si guardò in torno ed era tutto stranamente in ordine. Si avvicinò alla scrivania e notò una freccia adesiva che indicava la scatola posta sopra il pianale.
Il moro l'aprì curioso e ci trovò dentro un libro di diritto base. Si rigirò il libro tra le mani, alzando un sopracciglio perplesso, per poi notare una scritta in fondo alla scatola. “Sei ignorante... ”
- Arthur! - Merlin uscì dallo studio infastidito, lasciando la scatola da scarpe lì dov’era. - Guarda che potrei annullare il matrimonio per questo. - Iniziò a salire le scale, sicuro che l’altro fosse a ridere di sopra.
Era così sovrappensiero per la scatola da non notare la seconda, sbattendoci contro il mignolo.
- Ahi! - Si chinò per massaggiarsi il piede, guardando già male la scatola da scarpe. La aprì in fretta, ma non conteneva nulla, accorgendosi poi che la “sorpresa” era attaccata al retro del coperchio: una sua foto da piccolo alla fattoria, contornata dalla frase “Sei un bifolco”.
- Gentile - commentò ad alta voce. - È stata mia madre a dartela? - chiese.
Non ricevendo risposta riprese a camminare fino alla camera da letto e aprì la porta quasi furioso. - Arthur, esci fuori, non è divertente…
Si precipitò a controllare in bagno; nemmeno lì c'era traccia del biondo, ma trovò un'altra scatola accanto alla doccia.  All'interno ci trovò un mp3 e si mise subito gli auricolari premendo play: immediatamente la sua voce che cantava gli rimbombò nelle orecchie.
Li tolse stizzito, per poi leggere la frase sul fondo della scatola. “Canti sotto la doccia, ma sei stonato.”
- Vorrei sentire te cantare, scommetto che sei un usignolo.
Brontolò sonoramente per altri due minuti e poi decise di tornare al piano terra per strangolare l’altro. Scrutò in tutte le stanze fino ad arrivare alla lavanderia, dove una freccia indicava la cesta dei panni sporchi. Si avvicinò e tolse il coperchio con uno scatto fulmineo, sperando che niente lo colpisse. Fortunatamente la cesta conteneva solo le ex camicie bianche del biondo, ormai a chiazze rosa, con un biglietto che recitava: “Sei pericoloso”.
- Divertente! - borbottò, notando poi che la finestra eri semi aperta. Squadrò il giardino dal vetro e vide una scala sotto alla balconata. - Stai scherzando? Vuoi che mi uccida? - domandò aprendo i vetri.
Ma anche questa volta il moro non ebbe nessuna risposta; dopo qualche minuto, con un po' di fatica, riuscì a mettere i piedi sul primo gradino della scala. Incominciò a scendere cautamente, cercando di guardare di sotto il meno possibile, tirando un sospiro di sollievo quando finalmente toccò terra.
La scatola, questa volta, era posizionata sottosopra, ai piedi della scala, e sulla base il messaggio diceva “Sei vendicativo... ”.  Merlin ebbe un brutto presentimento, c'era qualcosa di strano pensò, ma decise di sollevarla comunque.
Il presentimento si rivelò fondato, perché non appena alzò la scatola lo spruzzino posizionato sotto di essa scattò, cominciando a schizzarlo con l'acqua.
- E io sarei quello vendicativo? - urlò col volto fradicio. - Ti avviso che non farai ginnastica per almeno un mese! - continuò, scorgendo una serie di frecce che puntavano verso il retro del giardino.
Merlin cominciò a seguire le frecce, ma si fermò quando intravide una scatola tra i cespugli. La tirò fuori e la aprì aspettandosi una nuova frase negativa, rimanendo sorpreso quando dentro ci trovò un termometro. Lo spostò e lesse il messaggio sul fondo. “Ma sai prenderti cura di me”. Sorrise, riappoggiando la scatola a terra. - Avevo giusto idea di farti zuppa di pollo stasera - scherzò, riprendendo a camminare.
Più avanti scorse una nuova scatola e si sedette sui gradini davanti all'entrata sul retro per aprirla; dentro vi era della neve artificiale, di quella che puoi comprare nei barattoli e fare tu stesso. Merlin tolse la neve dalla scatola, lasciandosela scivolare tra le mani, e sorridendo lesse la frase sul fondo. “Mi hai fatto fare cose che non pensavo di fare più, come fare la guerra con le palle di neve.”
- Ti ricordo che ho vinto io quella battaglia - puntualizzò il moro ridendo. - Avevi neve persino nei pantaloni.
Lasciò la scatola sui gradini e felice riprese a seguire le frecce, aspettando di trovare la prossima scatola. Quando la trovò e la aprì quasi si commosse: Arthur ci aveva messo una foto che ritraeva loro due con il piccolo Lance, intento a leccargli la faccia.
Merlin prese la foto, ma sul fondo non vi era nessuna frase; rigirò la scatola dentro e fuori e solo dopo qualche minuto capì che il biondo doveva averla scritta nel retro della foto. “Mi hai reso una persona migliore… ”.
Riprese a comminare più velocemente, cercando di raggiungere in fretta la fine di quel percorso, ma poco prima di arrivare sul retro trovò un'ultima scatola; all’interno c'era la pistola leggi prezzo che avevano usato per scegliere i regali.
Il moro si chiese sorridendo come facesse Arthur ad averla: doveva essersela sicuramente fatta prestare. La prese tra le mani e divertito lesse l'ultima frase. “Adesso il tuo fondoschiena è mio!”.
- Sto per sposare un asino - disse Merlin, appoggiandosi alla porta, scoprendo che era aperta. Entrò, seguendo di nuovo una scia di frecce fino al salone, dove il biondo lo stava aspettando.
Non appena lo vide arrivare Arthur sorrise emozionato. - Finalmente, è un'ora che ti aspetto, o forse è da una vita - ammise.
- Ti sei salvato dagli insulti solo per questa frase - pronunciò il moro.
- Su, vieni qui. - Il biondo allungò una mano verso Merlin, invitandolo ad avvicinarsi.
L'altro accettò, trovandosi il naso di Arthur contro il suo subito dopo.
- So che ormai stiamo già per sposarci, ma non volevo farlo senza prima avertelo chiesto come si deve - spiegò Arthur, per poi inginocchiarsi davanti a Merlin.
- Che fai? - Il moro tentò di distanziarsi ma l’altro non glielo permise.
- Merlin Emrys, - cominciò il biondo. - Io ti amo e voglio passare con te il resto dei miei giorni. Vuoi concedermi lo straordinario onore di diventare tuo marito?
Merlin sorrise e annuì impacciato. - Lo voglio - bisbigliò.
Arthur si rialzò e in un attimo fu sulle labbra del moro, iniziò a baciargliele e morderle possessivo, per poi passare nella sua bocca.
L’altro si staccò un attimo per riprendere fiato. - Credi di esserti meritato un po' del mio fondoschiena? - commentò, baciando piano il collo di Arthur.
L’altro sorrise. - A questo proposito, ho portato Lance da Morgana. Che ne dici se ci chiudessimo un paio di ore in camera a fare ginnastica? - propose, iniziando a palpare il sedere del moro.
- Due ore? Per me ti sopravvaluti - rispose Merlin, cercando di non ridere.
- Tu mettimi alla prova. - Lo provocò il biondo.
- Accetto la sfida. - Il moro sorrise. - Mi porti in camera in braccio? - domandò divertito.
- Con molto piacere. - Arthur lo prese in braccio senza farselo ripetere due volte, per poi avviarsi in camera da letto.
 
▪▪▪
 
Merlin quasi non riusciva a tenere in mano la forchetta dalla fatica: quella giornata era stata un incubo.
Lance aveva quasi fatto inciampare Morgana mentre stava trasportando la torta, e dopo una sfuriata del moro si era nascosto per due ore, facendo morire il padrone per i sensi colpa...
Gwaine era sparito per quasi mezza giornata, non dando più notizie di sé, ma soprattutto delle bomboniere. Per non parlare di Arthur, che aveva convinto all'ultimo il giudice di pace a spostare direttamente tutta la cerimonia alla fattoria per essere più comodi.
Sospirò, convinto che sua madre stesse ancora aggiustando fiori e festoni per accogliere tutta la gente del paesino.
Quello che Merlin non poteva sapere era che i suoi genitori invece erano appena arrivati fuori alla villa di Arthur, intenti a parcheggiare l'auto.
- È tua sorella? - chiese Merlin al biondo.
Arthur diede una rapida occhiata fuori dalla finestra. - No, sono i tuoi genitori. - Gli comunicò.
- Come?? Oddio, sarà andata a fuoco la fattoria! Siamo senza location! - Si portò le mani al volto disperato, lasciando cadere le posate.
- Esagerato! - scoppiò a ridere l'altro.
- Non osare ridere - scandì Merlin, guardandolo male. - E vai ad aprire!
Arthur si avviò verso l'entrata, tolse i catenacci e aprì la porta trovandosi davanti i genitori di Merlin. - Signori Emrys, è forse successo qualcosa? - domandò facendoli entrare.
- Siamo venuti a prendere Merlin - borbottò Balinor bruscamente.
Hunith roteò gli occhi al cielo. - Buonasera, Arthur. -  Lo salutò. - Mio marito è un po' all'antica - disse, come a giustificarsi.
Arthur sospirò, il padre di Merlin era fin troppo all' antica. - Stia tranquilla, capisco.
- Che succede? - Il moro raggiunse l’ingresso.
- Figliolo, prepara le tue cose, stanotte torni a dormire a casa - impose il padre autorevole.
Merlin lo osservò perplesso. - Non c'è bisogno di portarmi via...
- Secondo la tradizione gli sposi non devono dormire insieme la notte prima del matrimonio. - Gli spiegò Balinor per poi continuare. - E tu la rispetterai senza fare storie.
- Tu lo sai che Merlin è un uomo maturo, vero, caro? - chiese Hunith al marito.
- Io sono suo padre, e finché non sarà sposato dovrà fare quello che dico io - ribadì convinto.
- Sono troppo stanco per fare qualsiasi cosa stasera, papà - tentò di convincerlo Merlin.
Arthur stava per intromettersi, ma giusto in quel momento notò il succhiotto sul collo del moro: se il suocero lo avesse visto di sicuro avrebbe fatto saltare le nozze, o peggio ancora lo avrebbe ucciso. Iniziò a gesticolare cercando di far capire all’altro di coprirsi, ma sembrava non capire.
- Caro, stai male? - Hunith si avvicinò al futuro genero.
- No, sto benissimo signora Emrys. - La rassicurò il biondo, continuando a gesticolare.
Merlin guardò Arthur, credendo che davvero stesse male, ma poi capì, appoggiandosi una mano sul collo.
- Non pensi che io possa restare qua stasera, papà? - ritentò. - Arthur non mi toccherà, chiedi a lui.
- Signor Emrys, le assicuro che non ho intenzioni malevole - tentò di convincerlo il biondo.
Ma Balinor era irremovibile, non aveva nessuna intenzione di lasciargli passare insieme la notte prima delle nozze: la tradizione andava rispettata. - No, non puoi restare qui, prendi le tue cose e sali in macchina.
Merlin sbuffò e fissò la madre per chiederle aiuto.
- Avanti, caro, non dirmi che non ti fidi di Merlin? - chiese Hunith.
- Infatti - aggiunse il moro.
- Vergognati! È così che rispetti tuo padre? - domandò Balinor ammonendolo, per poi dargli uno scappellotto dietro alla testa.
- Ahio - replicò il figlio. - Va bene, ho capito. Ma sappi che non sono d'accordo - pronunciò indispettito.
- E neanche io - aggiunse Hunith, prendendo Merlin sotto braccio.
- Che voi siate d'accordo o no la tradizione va rispettata - sentenziò Balinor, guardando severo la moglie e il figlio. - E non voglio più sentire una parola!
Il moro si diresse verso le scale malcontento. - Arthur, vieni a darmi una mano col bagaglio?
- Sì, certo, andiamo - Lo seguì il biondo.
Merlin sorrise ed entrambi salirono in camera. - Mi spiace per mio padre.
- Tranquillo, ma non puoi convincerlo in qualche modo? - chiese Arthur, non volendo separarsi da lui.
- L'hai sentito... - commentò l'altro, mentre cercava la valigia con cui era arrivato a casa del biondo.
- Vengo a prenderti io appena si addormenta - propose il biondo. - Non riesco più a dormire senza averti vicino a me - aggiunse, abbracciandolo da dietro.
- Smettila - replicò ridendo Merlin, per poi cominciare a riempire la valigia.
- Perciò non posso venire a prenderti? - ritentò l'altro.
- No. - Merlin gli posò un bacio sulle labbra. - Ma mi ricorderò di questa conversazione quando dirai che ti do fastidio.
- In realtà non l'ho mai pensato veramente - confessò l'altro. - Ma almeno stanotte potrò dormire senza il tuo russare nelle orecchie - scherzò il biondo.
- E io senza i tuoi calci - rispose il moro, chiudendo la valigia.
- Io non scalcio - asserì Arthur.
- Come no. - Merlin gli spinse vicino la valigia. - Puoi portarla giù - disse, mentre si annodava un foulard rosso al collo.
- Per fortuna non l'ha visto - pensò il biondo ad alta voce, afferrando il bagaglio.
- Già, mi baci troppo - ammise ridendo.
- Preparati, amore, ho intenzione di riempirti di succhiotti in futuro - minacciò l’altro divertito.
- Lo sospettavo. - Merlin gli sorrise. - Penso di aver preso tutto.
- Allora andiamo, prima che tuo padre salga a prenderti. - Gli suggerì il biondo.
- Non vuoi un ultimo bacio? - offrì Merlin.
In tutta risposta Arthur si fiondò sulle labbra del moro, cominciando a succhiargliele: adorava l’essenza dell’altro.
 
▪▪▪
 
Merlin si squadrò nello specchio della sua vecchia camera, continuando ad aggiustarsi lo smoking blu cobalto.
- Nervoso? - domandò Hunith, affacciandosi alla porta.
Il moro annuì. - Il papillon non si decide a venire bene - aggiunse.
La madre sorrise e si accostò a lui, aggiustando il farfallino in modo perfetto. - Sai, ieri sera mi sono alzata per prendere da bere e ti ho sentito parlare al telefono.
- Oh, sì, volevo avere conferma del…
- Tranquillo, tesoro. - Lo interruppe Hunith. - Io non sono papà. Non devi darmi spiegazioni. - Sorrise. - Si vede che vi amate.
L’altro arrossì leggermente, abbottonandosi il doppio petto. - Sarà meglio andare, o penserà che ho cambiato idea.
- Non lo penserebbe mai - replicò la madre, sistemando le rifiniture nere lungo lo smoking di Merlin. - Comunque tuo padre è già in macchina, andiamo.
 
Arthur continuava a camminare lungo la saletta che accostava il salone della cerimonia, facendo svolazzare la giacca blu a ogni passo.
- Così puzzerai come un maratoneta quando arriverà Merlin - disse Gwaine ridendo, guadagnandosi un’occhiataccia da Perci.
- Fammi dare uno sguardo alla fascia Arthur, mi sembra che si sia spostata di nuovo - proferì l’amico.
- No! Va benissimo - sentenziò il biondo, sistemandosela da sé. - Questo papillon mi sta strozzando - aggiunse, quasi slacciandoselo.
- Qualcuno è nervoso… - sussurrò Gwaine roteando gli occhi.
Il telefono di Arthur vibrò nei pantaloni del completo e si affrettò a prenderlo, sorridendo come un ebete subito dopo.
Aprì la porta e si affacciò alla sala centrale, normalmente adibita alle assemblee del paesino, aspettando di vedere il suo sposo entrare.
- Se ho capito qualcosa del tuo futuro suocero non vedrai Merlin finché non sarai in posizione davanti al giudice di pace.
Arthur si voltò verso Gwaine, incenerendolo con gli occhi, anche se probabilmente aveva ragione.
 
Balinor strinse saldamente l’avanbraccio del figlio. - Figliolo, voglio che tu sappia che mi fido di te. - Gli disse commosso. - E poi ho visto di peggio del tuo futuro marito - ammise.
Il moro sorrise rassicurato. - Grazie papà, ma cerca di non minacciare Arthur quando mi lascerai davanti a lui - suggerì.
Il biondo continuava a fissare la porta che conduceva all’ingresso: Merlin doveva essere già dall’altra parte.
Osservò tutti i presenti e si accorse che molti di quei volti gli erano sconosciuti; come aveva detto l’altro era venuto quasi tutto il paese. Si fermò un attimo su sua sorella, intenta a sorridere raggiante accanto a Mordred, anch’egli felice.
La porta si spalancò e Merlin fece capolino da essa, assicurato al padre.
Balinor squadrò la sala e poi iniziò a camminare lungo il tappetto azzurro che divideva le due schiere di sedie, coperte per l’occasione da imbottiture bianche con nastri blu, visto che non erano proprio tutte uguali.
Per fortuna le pareti della sala erano azzurre, anche se sia Merlin che Arthur erano sicuri che Hunith sarebbe stata capace di ridipingerle; alti vasi contenenti rose bianche scandivano ogni fila di sedie.
Merlin continuò a fissare Arthur per tutto il tragitto, distraendosi solo quando sentì Lance abbaiare dal grembo di sua madre.
Quando furono davanti al giudice Balinor lasciò il figlio ad Arthur. - Quando ti ho concesso la mano di mio figlio ti ho fatto una promessa e adesso voglio rinnovarla: fallo soffrire e ti spezzerò le gambe. - Lo avvertì.
Merlin si allarmò, notando anche la faccia di Alice, il giudice di pace, sussultare.
- Stia tranquillo, mi prenderò cura di lui - promise Arthur, lanciando un sorriso al moro.
Appena il suocero si fu allontanato si accostò all'orecchio di Merlin. - Sei bellissimo, ma ti preferisco senza vestiti. - Gli sussurrò sorridente.
- Asino - mormorò il moro, sorridendo poi al giudice, che iniziò la cerimonia.
 
▪▪▪
 
Alice sorrise a entrambi, finendo finalmente il sermone di venti minuti, e cominciando la parte del giuramento. 
- Per questo io ti chiedo, Arthur Pendragon, vuoi sposare il qui presente Merlin Emrys? - domandò.
- Sì, lo voglio - pronunciò sicuro il biondo.
- E tu, Merlin Emrys, vuoi sposare il qui presente Arthur Pendragon?
Il moro sorrise. - Sì, lo voglio.
Arthur prese l'anello dal cuscino che Alice gli porse, voltandosi poi verso Merlin.
- Prometto che da oggi io e te saremo una cosa sola, sia nei momenti di gioia che di dolore, niente ci separerà, perché tu sei colui che voglio amare per sempre - pronunciò, infilando l'anello all'anulare sinistro del moro.
Merlin prese l'anello del compagno e afferrò la sua mano. - Prometto di starti vicino nel momento del bisogno e di prendermi cura di te, resterò per sempre al tuo fianco, perché sei l'uomo che amo - disse, infilando l'anello.
- E per i poteri di cui sono investita, io vi dichiaro marito e marito. Ora potete baciarvi - concluse Alice.
Arthur strinse a sé Merlin per la vita, cercando di limitarsi a un leggero bacio a stampo, ma il moro collocò le sue mani sul viso dell'altro, approfondendo quel bacio.
 
▪▪▪
 
Merlin appoggiò la testa sulla spalla di Arthur mentre si guardava intono. I "Druidi", l'associazione di agricoltori a cui faceva capo suo padre, avevano allestito per il matrimonio il capannone che usavano per la fiera di paese, completo di pavimentazione in simil parquet.
Hunith era riuscita a aggiungere il suo tocco, intrecciando rami d'edera ai pali che reggevano la struttura.
Tavoli di varie forme e dimensioni riempivano lo spazio, adornati con tovaglie blu ricamate; per fortuna le sedie erano state trovate tutte in bianco. I centrotavola avevano le stesse rose della cerimonia e Merlin aveva trovato all'ultimo delle spettacolari lanterne, che illuminavano ogni angolo.
- È meraviglioso - sussurrò Arthur, guardandosi intorno stupito, era rimasto letteralmente a bocca aperta quando era entrato.
- Mia madre si è superata - commentò il moro, continuando a muoversi sulla piccola pista seguendo l'altro.
- Già, è tutto perfetto - osservò il biondo.
Continuarono a ballare per un bel po', coinvolgendo anche gli invitati, ma Arthur cominciò a innervosirsi quando vide Will avvicinarsi. - Che ci fa lui qui? - domandò stizzito.
- Avrà dato una mano, non ci badare. - Merlin diede un leggero bacio al marito. - Dopo tutto ho sposato te, no?
- Non voglio averlo tra i piedi lo stesso. Anzi vado a dirgli di andarsene - decise Arthur.
- Non fare scenate. - Lo ammonì il moro, stringendo la presa sulla sua spalla.
Il biondo stava per ribattere, ma fu interrotto proprio da Will, che nel frattempo si era accostato a loro.
- Posso chiedere un ballo allo sposo? - chiese sorridendo l’ex. - Voglio solo scusarmi per l'altra volta, giuro - aggiunse, vedendo Merlin titubare.
- Mi dispiace ma è già impegnato, cercati un altro per ballare - rispose Arthur, stringendo più forte il moro a sè.
Merlin sospirò, distanziandosi dal marito. - Perché non vai a prenderti qualcosa da bere? - propose.
Arthur lo fulminò con lo sguardo: suo marito aveva deciso di ballare con il suo ex. - D'accordo, vado al buffet - concesse, per poi allontanarsi.
Il rinfresco, che vantava da antipasti ad assaggi di pasta e secondi, era stato allestito in fondo alla sala, e per l'occasione era stato usato un lungo tavolo, coperto da tovaglia ricamata bianca e blu.
Il bere, invece, veniva servito dal barista del piccolo angolo bar proprio lì accanto.
Il biondo raggiunse Gwaine e Perci, intenti a bere e mangiare, senza perdere d'occhio il moro.
- Vi siete appena sposati e Merls ti ha già abbandonato per un altro? - pronunciò Gwaine inghiottendo una tartina.
Arthur sperò tanto che si strozzasse. - Faresti meglio a non parlare mentre mangi, potrebbe andarti di traverso.
- E dai, non te la prendere, volevo solo sdrammatizzare. - Si difese il castano ridendo.
- Anche se ora si stanno abbracciando - mugugnò Percival.
A quelle parole il biondo guardò verso la pista, l'altro aveva ragione, Will teneva stretto a sé suo marito, che glielo stava permettendo. Si precipitò in pista, quasi rosso dalla rabbia, staccando subito Merlin dall'altro, riprendendoselo. - Penso che il ballo sia durato abbastanza - decretò.
- È meglio se vai a prenderti qualcosa al buffet, Will - chiarì il moro sorridendogli.
Will annuì, per poi allontanarsi, lasciandoli finalmente soli.
- Prima che tu dica qualcosa, sappi che voleva solo congratularsi per il matrimonio.
- Non pensi di avergli concesso un po' troppo? Prima ti fai baciare e adesso abbracciare - disse contrariato Arthur.
- Lo sai che mi ha baciato senza che io volessi, e questo era solo un abbraccio tra vecchi amici. Ci conosciamo da quando eravamo piccoli, ci tengo a lui - disse Merlin. - Ma sai che ho scelto te.
- Lo so, ma non sopporto che qualcun altro ti tocchi - ammise il marito.
- Tenterò di non avvicinarmi a nessuno - replicò sorridente, appoggiando un bacio sulla fronte del biondo.
 
▪▪▪
 
Merlin si posizionò dietro la torta a più livelli afferrando il coltello; Morgana si era davvero impegnata, e i piani rotondi del dolce erano adornati da nastri blu, che il biondo era intento a scrutare.
- Che fai? - chiese confuso il moro.
- Osservavo quei nastri - spiegò con un ghigno. - Pensavo che potremmo portaceli a casa, per stanotte. - Gli sussurrò all'orecchio.
- Ah. - Il moro gli sorrise. - Va bene…
Impugnò saldamente il coltello. - Ora sorridi per le foto, tesoro. - Posizionò la punta metallica in cima alla torta.
Arthur mise la sua mano su quella di Merlin stringendola e insieme cominciarono il taglio. Grazie a un paio di aiutanti in pochi minuti tutti ebbero il dolce, e mentre gli sposi si sedevano al tavolo centrale Gwaine si alzò in piedi con in mano un calice di champagne.
- Voglio fare un brindisi - disse. - Quando si sono visti Merlin e Arthur non si sopportavano... Ma poi le palpate dell'avvocato hanno fatto effetto. Uh, senza scordarci del ric...
- Hai bevuto troppo - concluse Percival, facendo riaccomodare l’altro, mentre Balinor lanciava un'occhiataccia ad Arthur.
- Quello che Gwaine voleva dire è che a volte gli opposti si attraggono. Un brindisi agli sposi!
 
▪▪▪
 
Arthur aprì la porta continuando a tenere Merlin tra le sue braccia; per fortuna avevano dato solo un giro di chiave. Camminò velocemente attraverso l'androne e si preparò a fare le scale.
- Sei sicuro di farcela? Il rinfresco è stato lungo e stancante... - proferì il moro.
- Sicurissimo, fa parte dei miei doveri coniugali portare lo sposo oltre la soglia di casa - asserì Arthur, prima di far sbattere il piede di Merlin vicino al corrimano.
- Ahio! Siamo già in casa, e io voglio arrivare sano in camera, quindi mettimi giù.
- Non ci penso nemmeno, è colpa del tuo fondoschiena, mi distrae. - Si giustificò il biondo.
- Ovviamente è colpa mia - blaterò il moro, spostando una mano verso il cavallo dell’altro. - Hai preso i nastri?
- Sì, sono nella tasca dei miei pantaloni - ghignò Arthur sorridendo. - Ma quanto hai mangiato oggi? Sei pesantissimo stasera.
- Guarda che frasi così hanno lasciato mariti a bocca asciutta - commentò il moro.
- Ma tu non mi lasceresti mai a bocca asciutta, vero? - chiese il biondo, entrando finalmente in camera e poggiando Merlin sul letto.
- Potrei... - ghignò, iniziando a slacciarsi il completo.
- Mi piace quando fai il difficile, lo trovo eccitante - commentò Arthur, tirando fuori i nastri dalla tasca dei suoi pantaloni.
- Allora, come vuoi usarli? - chiese il moro.
- È semplice, li userò per legarti al letto completane nudo - spiegò l’altro, gettandosi sul materasso.
- Penso che opporrò resistenza - disse Merlin stuzzicandolo.
- Oh, io penso proprio di no - sussurrò il biondo sicuro. - Hai intenzione di spogliarti da solo o devo farlo io?
- Tu? - propose.
Arthur non se lo lasciò ripetere due volte e incominciò a spogliarlo velocemente. Quando ebbe finito, restò a guardarlo per qualche minuto. - Te l'ho già detto che sei bellissimo, vero? - chiese, iniziando a legare piano le mani dell’altro alla testata del letto.
- Non abbastanza - chiarì Merlin, avvicinandosi per mordicchiargli le labbra. - Ma hai tutta la notte per ricordarmelo.
 
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Merlin si rotolò nelle coperte, ma quando comprese che nessuno lo aveva calciato per le ultime due ore aprì di scatto gli occhi.
Si strofinò le palpebre e poi i polsi indolenziti, mettendo a fuoco la visuale. - Arthur?
Fu mentre si stava per alzare che sentì i passi del biondo lungo le scale, vedendo poi una mano cercare di aprire la porta.
- Buongiorno, signor Pendragon - pronunciò Arthur sorridente mentre entrava. Appoggiò il vassoio con la colazione accanto a Merlin, per poi stampargli un bacio sulle labbra.
- Mi sono meritato la colazione a letto? - Il moro sorrise, osservando il menù; Arthur era riuscito pure a bruciare un semplice toast.
- Sì, ma sappi che è colpa del tostapane se si è bruciato il toast. - Ci tenne a precisare il biondo.
- Ed è colpa sempre del tostapane per le uova carbonizzate? - chiese sorridendo, prendendo un sorso di succo d'arancia.
- No, è colpa di Lance che mi ha distratto - borbottò Arthur.
- Tu sei sempre innocente, eh? - Merlin gli diede un leggero bacio sul collo. - Dovrei farmi una doccia...
- Prima però ho una piccola sorpresa - disse il biondo sorridente.
- Oh, ok. Devo chiudere gli occhi?
- Si, chiudili e non sbirciare. - ordinò Arthur, e l'altro lo ascoltò.
Si tirò su piano dal letto, aprendo la porta per lasciare entrare i due cuccioli di Beagle. - Adesso puoi aprirli.
Merlin dischiuse gli occhi, vedendo due code scodinzolanti attorno ai suoi piedi. - Ci vedo doppio? - domandò confuso.
- Oh no, ci vedi benissimo. - Lo rassicurò il biondo, prendendo in braccio la cucciola. - Ti presento Ginevra.
- È stupenda, Arthur. - Merlin le accarezzò la testolina. - Ma rischiamo di diventare presto nonni.
- Ehi, io sono troppo giovane per diventare nonno - protestò.
Il moro sorrise e prese in braccio Lance prima che iniziasse a lamentarsi. - Direi che siamo al completo ora.
- Sono completamente d'accordo. - Gli diede ragione il biondo. - Lance non voleva stare di sotto perché si sentiva solo, ma adesso che ha compagnia potremo fare ginnastica in santa pace.
- E io che credevo fosse stato un gesto romantico, invece tu pensi solo alla ginnastica - brontolò Merlin.
- Beh, l'hai detto tu che devo dimagrire. - Si difese Arthur.
- Vorrà dire che da domani stai a dieta - ghignò l'altro.
- Preferisco la ginnastica. - Si lamentò il biondo, mettendogli il broncio.
- Se te la meriterai - sbuffò il moro.
- Certo che me lo merito, nessuno ti ama quanto me - replicò borbottando Arthur.
Merlin sorrise, accostandosi all'altro. - Ti amo anch'io.
 
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I due stavano per scambiarsi un bacio, ma in quell'esatto momento Merlin ricevette una leccata da Ginevra e Arthur da Lance, finendo per guardarsi spaesati e scoppiare a ridere. - E vogliamo bene anche ai nostri cuccioli - aggiunse il moro.
- Già - rispose Arthur, stringendo Merlin e i cagnolini a sé.
 
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Grazie ancora a tutti i lettori! Speriamo che l'ultimo capitolo vi sia piaciuto :)
Ringrazio la mia socia marydel, che si merita un applauso per tutto il lavoro che ha fatto.
A presto! 
Ps: l'idea della proposta è stata un'idea di mary, che ha preso spunto dalla serie tv Che dio ci aiuti!  

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