Illegal blinde side.

di Katies_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Heart Village. ***
Capitolo 2: *** Goodbye Joshua. ***



Capitolo 1
*** Heart Village. ***


 1 Heart Village.


Correvo, velocemente con il fiato a pieni polmoni, il respiro accelerato. 
Gli occhi gonfi, e lucidi che mandavano giù quelle lacrime che bruciavano lungo le mie guance. 
Sentivo il cuore battere, velocemente, come se stesse per scoppiarmi dentro il petto. 
Lungo quella stradina poco illuminata del quartiere di Heart Village, correvo ignorando tutto ciò che avevo intorno. 
Sentivo il freddo entrarmi nelle ossa. 
Da lontano, vidi una piccola folla di ragazzi fuori da quel locale, grande, dove la musica cessó, e le sirene dell'ambulanza, e della polizia avevano rotto il silenzio, e il mormorio delle persone. 
Mi fermai di scatto, respirando a fatica. 
Mi ritrovai quei occhi addosso, tutti si voltarono verso di me. 
Avevano delle espressioni sconvolti, alcuni abbassarono gli occhi, io li guardai uno ad uno, ma mi soffermai alle due figure di spalle differenti tra loro.  
Li riconobbi.
Fissavano vicini , il punto dove la polizia si era soffermata, e dove i due soccorritori, stavano per stendere un lenzuolo bianco sopra il corpo senza vita di un ragazzo. 
-Joshua, Joshua..- mormorai ricominciando a correre, raggiungendolo.
Nessuno parlò. 
Vidi solo le due figure voltarsi verso di me, mentre avevo raggiunto quasi il centro della stradina, dove c'era immerso in una pozza di sangue, Joshua. 
Ma non lo raggiunsi, perché delle braccia possenti ed enormi mi bloccarono. 
-Babe, non c'è niente da vedere.- disse, un ragazzo esageratamente alto, due metri e venti, dalla corporatura abbastanza robusta, che mi sollevo stadi da terra mettendosi davanti a me.
-No, lui ha bisogno di noi .. Joshua!- urlai con tutta la voce che avevo in gola. 
Con tutta me stessa cercai di scappare dalle braccia di Big Mike, ma fu tutto inutile perché lui era più forte di me, intravidi solo che lo avvolsero fin sopra la testa con il lenzuolo. 
-No, no, no..- dissi più volte aggrappandomi con le mani sulla maglia del gigante davanti a me, per quanto stavo tirando la stoffa della maglia si sarebbe strappata.
-Shh, babe..- mi ripeteva tenendomi e affondando la sua mano tra i miei capelli, scombinandoli. 
Ero troppo presa dal mio dolore per accorgermi che le sue guance dal viso grassottello, erano avvolte dalle lacrime. 
Persi i sensi, improvvisamente, caddi tra le braccia grasse di Big Mike che mi afferrò , sollevandomi del tutto. 
Per me divenne tutto buio. 
 
Non sentivo più freddo, però il mal di testa non cessavo, mi sentivo senza forze, e aprendo lentamente gli occhi mi accorsi che non mi trovavo tra le mura della Black House, ma in una camera d'ospedale. 
Vuota, è piccola ma calda. 
Mi accorsi che avevo un'ago infilzato sul braccio destro collegato ad una bottiglietta che sembrava una clessidra. 
Sei tubicini all'interno delle narici che mi aiutavano a respirare meglio, ero attaccata ad una macchina che segnava il mio battito cardiaco regolare. 
Indossavo ancora i miei vestiti, ma il mio corpo era avvolto da quelle lenzuola sdraiata su quel letto non molto comodo.
Posso gli occhi stanchi fuori dalla finestra, mi accorsi che era quasi l'alba.
Avevo trascorso le ultime ore della notte lì dentro.
Non riuscivo molto a muovere il mio corpo, ero troppo fragile per farlo. 
Ma voltandomi mi accorsi che c'era qualcuno che era rimasto a farmi compagnia. 
Big Mike, seduto su quella poltrona vicino al letto. 
Era crollato dalla stanchezza, sovrastato dal dolore. 
Lo osservai . 
Il suo esser così grande sia fuori che dentro, mi divertiva ancora. 
La sua bontà mi rallegrava ogni volta che mi abbracciava, la sua taglia extralarge  che per me non era mai stata un problema, era il ragazzo più bello che avessi mai conosciuto.
La sua barba che contornava il suo viso, lo rendeva uomo sopra quel l'aspetto da ragazzo giovane. 
I pochi capelli neri che coprivano la sua testa.
I suoi grandi occhi marroni mi guardarono.
-Babe..- Mormoró, chinandosi con la schiena verso di me.
Io cercai di tirar fuori le parole mantenendo la calma, e controllando le lacrime.
- Non c'è l'ha fatta vero?- dissi spezzando quel silenzio.
Rimanendo in quella posizione quasi incapace di muovermi per via dei tubi che mi tenevano attaccata alle macchine.
Big Mike, con quel l'espressione distrutta, abbasso gli occhi  scuotendo il capo più volte tenendo le labbra completamente serrate.
Fu in quel momento che socchiusi gli occhi dopo aver assimilato il tutto.
Una lacrima rigò la mia guancia.
Senti la mia piccola mano stretta dalla sua , calda e grande.
Che le copriva appena.
Rimasimo così, insieme, condividendo il dolore che ci aveva colpiti per la perdita di nostro fratello, Joshua di appena ventidue anni. 
Ha perso la vita a causa di una rissa di quartiere per dei piccoli affari di criminalità, di cui aveva sempre fatto parte fin da piccolo, ma era sempre stato appassionato per il football  non c'erano giorni c'è dopo la scuola andasse nel cortile sotto casa  a lanciare il suo pallone di pezza insieme ai suoi amici, voleva entrar a far parte della squadra dei Red Hocks , che tifavamo ogni sabato sera davanti la televisione e il cibo del McDonald.
Aveva una sensibilità per le persone che a volte faceva paura, era solare e intraprendente, sempre proprio a far sorridere la gente che incontrava per strada.
Era considerato il bambino più bello del quartiere per i suoi grandi occhi ambrati, per i suoi capelli neri sbrizzolati, e per i suoi denti perfetti, ma crescendo qualcosa è andato storto. 
Ha lasciato il suo pallone di pezza chiuso nella scatola con tutti i suoi ricordi dentro l'armadio di camera sua, e non ha osato più riaprirla, perché aveva imparato a giocare con altro, la pistola e i coltellini tascabili erano diventati gli unici strumenti che usava per giochi che facevano male, e in quella notte freddosa di dicembre aveva perso la vita in una sparatoria tra due bande , per debiti mai saldati. 
Era il suo compleanno, lo stavo aspettando nella nostra piccola casa in centro della periferia del Haert Village, con la torta alle nocciole la sua preferita che io avevo preparato tutto il pomeriggio, per i suoi ventidue anni. 
Ma non ha più fatto ritorno a casa. 


 

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Capitolo 2
*** Goodbye Joshua. ***


2. Goodbye Joshua Ero uscita da quella stanza d'ospedale, e mi ritrovavo in piedi con ancora poche forze ma a sufficienza per esser presente, alla commemorazione di mio fratello Joshua. Eravamo venuti i suoi amici più stretti, e la nostra vicina di casa anziana , Aibleen, che si era presa cura di noi per tutto questo tempo ma era troppo anziana per accorgersi delle nostre vite. Piccola di statura, capelli bianchi che teneva sempre legati ad uno chignon ben ordinato. Il viso completamente rugoso, degli occhiali tondi che nascondevano i suoi occhi piccoli e castani. Il lungo vestito nero che copriva le imperfezioni del suo corpo creati dal tempo che passava su di lei. Le sue piccole mani rugose che tremavano per la sua malattia che le avevano diagnosticata all'età di sessant'anni. Ma era lì, al mio fianco che mi teneva sotto braccio, mentre io tenevo gli occhi fissi sulla fredda lapida grigia. " Joshua Oner, 1993-2016." E la sua foto sopra, sorridente, l'aveva scattata per i suoi sedici anni, per la patente, era così entusiasto quel giorno che mi portò in macchina in giro per San Francisco,completamente vuota illuminata dalle sue mille luci. Ricordo ancora quella notte che rise per tutto il tempo durante il viaggio, dove mi portò al piccolo campo per battermi ad una partita di football, e per la sconfitta mi regalò una rosa rossa colta nel giardino più vicino. Chiusi gli occhi a quel pensiero i brividi percorsero la mia schiena. Sentivo il vento accarezzare i miei lunghi capelli che avevo lasciato sciolti ondulati cadermi fin sotto il seno. Come se lo avessi sentito lì vicino a me. Ma c'erano loro due, Big Mike, che teneva il capo basso mentre ogni amico stringeva la sua mano grande, e poco più distante c'era, Ross. Che guardava da lontano, non amava affrontare il dolore, lui lo gestiva in modo diverso, mi voltai per guardare la sua figura. Teneva tra le sue labbra rosee la sigaretta accesa incastrata, aspirando il fumo a pieni polmoni, incontrai i suoi grandi occhi castani ma velati dalla tristezza che lui cercava di nascondere. Spalle larghe, fisico palestrato ma non molto, alto, con pochi capelli quasi rasati, e la sua pelle all'altezza del braccio sinistro ricoperta di tatuaggi. Teneva le labbra serrate, il dolore lo stava lacerando, essendo il fratello maggiore tutto ricadeva su di lui, Ross Oner, era la pecora nera della famiglia, lo era sempre stato fin da piccolo. Continuo a fissarlo mentre lui si tiene lontano dalla perdita che avevamo subito perché per uno come lui, era una sconfitta. Ross, ha sempre avuto un carattere che lo ha reso diverso da ognuno di noi. Mentre lo guardavo ricordai tutte quelle notti che la polizia chiamava a casa dicendo che era stato arrestato dopo un'inchiesta di droga, o perché avesse scagliato un pugno ad un'ufficiale o per rissa, passava maggior parte del suo tempo tra le sbarre che alla Black House. Non è mai riuscito a cambiare la sua vita e migliorare se stesso, avercela contro il mondo intero ormai era diventato il suo lavoro. Ma era un fratello presente. Ross, abbasso lo sguardo e indossando i suoi occhiali neri, ci voltò le spalle. Si allontanò sotto i miei occhi e quelli di Big Mike, Finalmente arrivai davanti al portone grande, dalle vetrate pulite. Aprendo la porta, entrai, trovando le due ragazze, che come me, facevano le cameriere. Akexandra e Scottie. Le conoscevo da circa cinque mesi, ed erano una buona compagnia ma nient'altro non ero un tipo del tutto socievole, amavo la mia solitudine. Alessandra, smise di pulire il bancone e mi rivolse i suoi grandi occhi castani su di me, i suoi capelli folti e ricci corti sistemati, la sua statura bassa, il septum che portava al naso incastrato. -Mi dispiace per tuo fratello..- disse con tono dispiaciuto, io la guardai prima di proseguire verso il ripostiglio. -Grazie.- mormorai risultando dura, ma era l'effetto del mio dolore mandai giù week modo alla gola guardandola, mi sorrise, ma in quel momento non pensai ad altri che tutte le volte che si era concessa a Ross senza ricevere nulla dalla parte sua. Stare al fianco di mio fratello non era facile. -Stai bene?- mi chiese Scottie, la ragazza dalla statura media. Dai capelli raccolti in freccine che piccole sembravano capelli naturali, erano castani chiari come i suoi occhi. Indossavano entrambe il grembiule nero legato in vita da un nodo ben saldo. -Si, grazie._ mormorai quasi sforzando le parole oltre che al sorriso. Sospirai. Mi diressi verso il ripostiglio, chiusi la porta. Scoppiai in lacrime, perché continuavo a fingere che tutto andava bene? Io ero a pezzi , la mia vita lo era, la mia famiglia lo era. Portai una mano sulle mie labbra, in modo da zittire la crisi di pianto che mi avvolse ,nel silenzio, mi lasciai cadere per terra con la schiena premuta contro la parete. Piansi come se ogni muscolo del corpo facesse male. Come se il bruciore al petto potesse essere guarito, ma tutto faceva così male che non ero più in grado di accertare la perdita di Joshua.

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