Everything Has Changed

di Fandoms_Are_Life
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter 1: Wildest dreams ***
Capitolo 2: *** Chapter 2: Shattered ***



Capitolo 1
*** Chapter 1: Wildest dreams ***


Dopo un lungo ed uggioso inverno, New York si era finalmente arresa al piacevole tepore di maggio. Tutti quanti erano più energici al pensiero dell'estate imminente: c'era gente che faceva jogging, persone che si concedevano uno spuntino fuori programma acquistando un hot dog da una delle bancarelle poste ai lati della strada, famiglie occupate a comprare gli ultimi oggetti a loro utili prima di partire per una lunga e rilassante vacanza.
Jay Black osservava con il suo perenne sorriso stampato sulle labbra quella massa di sconosciuti, cercando di immaginare quali potessero essere le loro vite. Chissà, magari l'uomo che aveva appena svoltato l'angolo con un'espressione guardinga in volto stava cercando di capire se qualche investigatore privato pagato dalla moglie lo stesse seguendo per scattare fotografie di lui con la sua amante. Forse l'anziana signora che aveva appena acquistato un chilo di mele dal fruttivendolo sorrideva in modo talmente smagliante perché a pranzo venivano a trovarla i nipoti e lei stava pensando di cucinare per loro una squisita torta di mele.
Lo squillo insistente del suo cellulare lo riportò alla realtà. Si guardò intorno per vedere se scorgeva qualche poliziotto nelle vicinanze e, dopo averne appurato la totale assenza, si decise finalmente a portarsi l'apparecchio all'orecchio ed a rispondere. - Pronto?
- Black, proprio oggi dovevi venire in ritardo? Ho tra le mani un affare colossale e se questo tuo comportamento me lo farà perdere, giuro che stavolta ti licenzio in tronco!
Jay sospirò cercando di non essere udito ed alzò mentalmente gli occhi al cielo. Il suo capo, Jacob Valderrama, era sempre il solito: si scaldava tanto per un piccolo ritardo, arrivando addirittura a minacciarlo di toglierli il posto, per poi elogiarlo ogni qualvolta un servizio fotografico fatto da lui faceva guadagnare un mucchio di soldi alla sua agenzia, la Black Star.
- Abbi pazienza, Jack, sto per arrivare. - Lui era uno dei pochi ad essere così tanto in confidenza col capo, e proprio per questo motivo si era attirato prima l'ammirazione e poi l'invidia di molti suoi colleghi. Jay, però, non ci badava: si limitava a svolgere al meglio il suo lavoro ed a vivere appieno ogni singolo minuto che gli era stato concesso da Dio.
- Sarà meglio per te che sia così - borbottò Valderrama, prima di chiudere bruscamente la chiamata. A quel punto, Jay decise di smetterla di osservare le persone che si affaccendavano intorno a lui e pigiò sull'acceleratore. In cinque o massimo dieci minuti, dipendeva dal traffico, sarebbe giunto davanti alla sede della Black Star.
Nel frattempo, pensò alle parole di Jacob: aveva menzionato un affare colossale, e lui non era solito esagerare su qualcosa del genere, per cui era chiaro che la persona con cui Jay avrebbe avuto a che fare era di un certo rilievo. Questo pensiero lo spinse a cercare di raggiungere il più presto possibile l'ufficio del suo capo. Solo in tal modo la sua curiosità poteva essere placata.
Come aveva previsto, in meno di un quarto d'ora arrivò a destinazione. Parcheggiò la sua Ford Anglia nel solito posto che l'auto occupava e si diresse a passo spedito all'interno dell'edificio in cui lavorava, al numero 333 di Mamarock Ave.
Prese l'ascensore e premette il tasto che conduceva all'ultimo piano. Fortunatamente, era da solo all'interno del cubicolo, così non dovette sforzarsi di intrattenere una conversazione con uno dei dipendenti per non far scendere tra di loro quel silenzio imbarazzante che tanto odiava.
Non appena giunse dove voleva, non si prese nemmeno la briga di bussare: entrò di volata all'interno dell'ufficio, e trovò Jacob Valderrama seduto alla scrivania.
- Alla buon'ora! Siediti, ragazzo, e cerca di capirmi alla svelta, perché una volta finito di ascoltarmi dovrai fiondarti al numero 555 della Venticinquesima Ovest, più precisamente al sesto piano.
- Come vuoi. Adesso, però, spiegami tutto.
- Dunque, credo che tu abbia già sentito parlare di Grace Hart, quella giovane modella trasferitasi a New York circa tre mesi fa che ha già ottenuto un successo planetario.
Jay socchiuse gli occhi. Sì, gli era capitato di leggere qualcosa del genere su di un giornale e di aver ascoltato distrattamente un servizio televisivo in cui si parlava di questa fantomatica Grace Hart, ma non vi aveva mai prestato parecchia attenzione. Annuì ugualmente, aspettando che il suo capo andasse avanti.
- Be', il suo agente, un tale Cade Webb, mi ha contattato stamattina presto per propormi di aumentare la visibilità della sua cliente con un servizio fotografico fatto da uno dei miei migliori dipendenti, ed ho subito pensato a te. Gli ho fatto il tuo nome e gli ho detto che avresti accettato senz'altro, perciò adesso tu prendi la macchina, ti dirigi all'indirizzo che ti ho indicato poco fa e chiedi di lui. Ti riceverà nel suo ufficio e potrete parlare con calma di tutti i dettagli.
Con un ulteriore cenno d'assenso, Jay si alzo dalla sedia e si avviò in direzione della porta. Si girò per parlare con Jacob un'ultima volta, mentre la sua mano era appoggiata alla maniglia. - Vedrai che farò come al solito un ottimo lavoro e farò guadagnare all'agenzia così tanti soldi che sarai praticamente costretto ad assumermi in maniera definitiva, Jack. - Con un sorriso, si congedò ed uscì, scontandosi con la segretaria del suo capo, miss Ward, facendole cadere di mano tutti i fogli che la giovane stava portando nel suo cubicolo.
- Scusa, Jasmine. - Si chinò per aiutarla e gli capitò tra le mani un disegno su cui era raffigurato un lungo abito in fantasia floreale chiara, dalla linea morbida, con una cintura in vita e le maniche ampie che arrivavano fino al gomito.
- Cavolo, questo è proprio bello! L'hai fatto tu? - si trovò a chiedere alla timida ventenne dai capelli castani raccolti sulla nuca e dagli occhi verdi nascosti dietro un paio di lenti spesse, che subito arrossì.
- S-sì… ma non è nulla di importante. - Si affrettò a toglierglielo dalle mani ed a sparire nel suo ufficio, senza fargli neanche un cenno di saluto.
Jay si affrettò a scuotersi ed a dirigersi nuovamente verso il parcheggio per recuperare la sua macchina e fiondarsi all'indirizzo datogli da Jacob.
Salutò distrattamente tutti coloro che incontrava sul suo cammino e salì nella sua auto, impostando il navigatore in modo che gli facesse sapere qual era la strada più breve per raggiungere il numero 555 della Venticinquesima Ovest.
In men che non si dica, si trovava a svoltare in viuzze di cui non sospettava nemmeno l'esistenza pur di arrivare presto all'appuntamento che gli era stato fissato dal suo capo.
Una volta giunto a destinazione, entrò nell'imponente edificio che si ergeva all'indirizzo che gli era stato assegnato ed entrò nuovamente in ascensore, stavolta, però, in compagnia di un uomo di mezza età.
- A che piano va? - chiese Jay.
- Quarto - disse a mezza voce lo sconosciuto. Jay premette il pulsante numero quattro in modo da far scendere prima il signore. Non scambiarono una parola durante tutto il tragitto. L'uomo sembrava molto preoccupato riguardo a qualcosa che probabilmente solo lui sapeva. Jay, osservandolo, si accorse che si trattava dello stesso sconosciuto che aveva visto quella mattina mentre si guardava attorno con fare sospettoso. Non appena giunse a questa conclusione, però, le porte dell'ascensore si aprirono, e l'uomo corse fuori da esso.
A quel punto, Jay premette il pulsante numero sei, sperando che il trabiccolo in cui si trovava si sbrigasse a condurlo a destinazione. Fortunatamente, dopo neanche mezzo minuto si trovava in un corridoio a lui completamente sconosciuto.
Si guardò intorno e scorse un ragazzo che si avviava nella sua direzione. - Ehi, scusa! - esclamò per attirare la sua attenzione. - Sai dirmi dove posso trovare Cade Webb? - domandò.
- Ultima porta a destra - rispose il ragazzo, prima di tornare ad occuparsi dei fatti propri.
Jay si diresse così dove gli era stato indicato e si trovò davanti ad una porta con su scritto a grandi lettere “Webb”. Bussò ed attese che qualcuno gli confermasse di poter entrare.
Quando udì un: - Avanti -, non se lo fece ripetere due volte e spalancò l'uscio.
Seduto dietro alla propria scrivania, si trovava un uomo di circa quarant'anni, completamente calvo, che già teneva i suoi occhi, di un azzurro intenso, puntati su Jay. Quest'ultimo, però, non si scompose: chiuse la porta e si voltò per cominciare a parlare con l'agente, accorgendosi solo in quel momento di una terza persona presente nella stanza.
Per un attimo, si scordò persino come si respirava, totalmente rapito dalla figura seduta su un divanetto addossato ad una parete dell'ufficio. Era una ragazza molto giovane, di circa vent'anni. La carnagione olivastra da lontano non presentava alcun tipo di imperfezione. I capelli neri le ricadevano ai lati del viso in boccoli naturali. Le iridi, grigie come l'acciaio, lo osservavano senza particolare interesse. Bastava un solo aggettivo per descrivere la donna: surreale. Jay, che di certo non aveva di che lamentarsi, visto che era stato dotato di una pelle talmente chiara da sembrare quasi luminosa, dei capelli biondo cenere e due occhi azzurri come il ghiaccio, si sentì per la prima volta inadeguato nei confronti di qualcun altro, e quella situazione lo mise a disagio.
- Accomodati pure, Jay. È questo il tuo nome, giusto?
Si riscosse dal suo momentaneo torpore e si rivolse al quarantenne che attendeva una sua risposta. - Sì, signore.
Una volta seduto, chiese: - Avete già in mente qualcosa riguardo al servizio fotografico?
- A dir la verità, è già tutto pronto. Manca solo un abito per la fase finale, ma sono certo che troveremo una soluzione.
Uno sbuffo proveniente da dietro le spalle fece voltare Jay. La ragazza si era alzata in piedi. Indossava una maglietta nera di cotone, a maniche corte, con un piccolo scollo, un paio di pantaloncini neri aderenti, da ciclista, con sotto dei leggins neri, e delle scarpe da ginnastica. Si avviò nella loro direzione, lasciando abbandonata sul divano la sua borsa di pelle nera. - È da una settimana che dici sempre la stessa cosa, ma del nuovo abito nemmeno l'ombra. Non voglio che il mio servizio fotografico venga rovinato per questo particolare. - Aveva una tono di voce deciso, tagliente, ed il suo discorso non ammetteva repliche. Sarebbe stato difficile avere a che fare con lei, ma Jay non si scoraggiò, ed anzi, sorrise senza farsi vedere: dopotutto, il carattere della ragazza sembrava molto simile al suo.
- Di che tipo di abito avete bisogno? - chiese, più per mostrarsi interessato al discorso che perché gli importasse veramente.
- Uno con una fantasia primaverile, preferibilmente lungo, ma non so proprio dove trovarlo al momento - confessò Webb, accarezzandosi la pelata. La ventenne, innervosita da questa sua dichiarazione, cominciò a tamburellare con le dita sul ripiano della scrivania, storcendo la bocca in una smorfia di disappunto.
All'improvviso, a Jay balenò in mente il disegno che aveva visto meno di un'ora fa in mezzo a tutti i fogli che trasportava Jasmine, la segretaria del suo capo, e disse: - Credo di sapere dove trovare una bozza rappresentante l'abito in questione, ma non so quanto tempo ci vorrà per cucirlo.
- I nostri sarti possono mettersi al lavoro anche subito e finire in poco più di un paio d'ore - esclamò Webb, in estasi per l'affermazione fatta da Jay. Persino la giovane si concesse di distendere le labbra in un sorriso.
- Magnifico, allora! Lasciatemi solo fare una chiamata e sarà tutto sistemato. - Compose in fretta il numero di Jasmine ed attese. Al quinto squillo, la voce della ragazza gli invase l'orecchio: - Sì, Jay?
- Senti, Jas, ci sono un paio di persone interessato al disegno che ho visto stamattina, quello dell'abito - disse, sperando che la segretaria non rifiutasse.
- Cosa?! Ti avevo detto che non era nulla di importante!
- Fidati, è importantissimo, invece. Di' a Jack che devi fare una commissione per me e presentati all'ultima porta a destra del sesto piano del numero 555 della Venticinquesima Ovest - le riferì.
- No, Jay, non posso… - cominciò Jasmine, venendo poi bruscamente interrotta.
- Spiacente, non accetto rifiuti. - Detto ciò, Jay chiuse la chiamata. Alzando lo sguardo, annunciò: - Sono certo che si farà viva a momenti. Nel frattempo, perché non mi parlate in modo più approfondito del servizio?
- Può farlo Grace. Io adesso devo andare ad avvertire i sarti di prepararsi per cucire un altro abito. - Cade Webb si alzò e si diresse fuori dal suo ufficio, lasciando soli i due ventenni.
Il silenzio fra loro durò pochi secondi, prima che la ragazza cominciasse a parlare: - Io e Cade abbiamo pensato che è già giunto il momento per me di posare per un calendario. Dal servizio fotografico che mi farai tu, sceglieremo le dodici diapositive migliori e le manderemo…
- Così presto? - la interruppe Jay. - Voglio dire, sono solo tre mesi che lavori per la DNA Model Management è già il tuo agente ritiene che tu sia pronta?
Grace lo fulminò con lo sguardo. - Cosa c'è, non mi ritieni capace di fare il mio lavoro? - disse in tono stizzoso.
- Be', non ti ho mai vista all'opera, quindi non posso esprimermi, ma secondo me è troppo affrettato. Insomma, d'accordo, sei già molto popolare, ma credo che dovresti aspettare ancora un po' - si spiego Jay, mantenendosi sempre rilassato.
- Perfetto. Andrò a riferire la tua opinione a Cade, così l'accordo con la tua agenzia salterà e tu le farai perdere un milione di dollari. - Si avviò decisa verso la porta.
- Un milione…? - boccheggiò Jay, prima di alzarsi dalla sedia di scatto ed afferrarle un braccio. - Ferma!
Grace si voltò, osservando con un cipiglio confuso il punto di contatto tra di loro. Jay si affrettò ad allentare la stretta, ma non lasciò andare la ragazza. - Ripensandoci, forse è il momento giusto. In fondo, come ho già detto prima, sei molto popolare, no?
La Hart roteò gli occhi, prima di esclamare: - Hai intenzione di lasciarmi andare oppure desideri rimanere incollato a me in eterno? Non fraintendermi, ti capisco se l'ultima opzione è quella giusta, ma, oltre a non essere condivisa da me, potrebbe rivelarsi scomoda per il servizio fotografico che stiamo per affrontare.
Jay si allontanò da Grace, guardandola con le sopracciglia inarcate. La giovane sembrava convinta delle parole che aveva pronunciato, quasi come se desse per scontato che tutto il mondo pendesse dalle sue labbra. Eh sì, lei e Jay erano davvero molto simili!
Cade spalancò la porta, dando ai due la notizia dell'arrivo di Jasmine. - I sarti hanno già cominciato a lavorare. Non ci vorrà molto, almeno spero. Ad ogni modo, siete liberi per le prossime due ore. Per adesso, potete andare.
Non se lo fecero ripetere. Uscirono fuori dall'ufficio di Webb e si diressero insieme verso l'ascensore. Jay premette il pulsante che portava all'ingresso e lui e Grace attesero pazientemente di arrivare a destinazione.
- Fa' bene il tuo lavoro - disse la ventenne, non degnandosi nemmeno di guardarlo.
- L'ho sempre fatto, e stavolta non sarà un'eccezione. Sono il miglior fotografo in circolazione, tanto per fartelo sapere.
- Vedremo - si limitò a commentare Grace, uscendo in tutta fretta dall'ascensore.
- A dopo! - esclamò Jay. Intravide Jasmine uscire scendere le scale e le chiese se aveva bisogno di un passaggio fino alla Black Star. La ragazza
rifiutò con un sorriso, cogliendo anche occasione per ringraziarlo della proposta che le aveva fatto.

- Hanno detto che ho ottime capacità per diventare una stilista! - disse, con la voce incrinata dall'emozione e gli occhi che le brillavano.
Jay le fece l'occhiolino e la salutò, raccomandandole di dire a Jacob che sarebbe tornato a casa per farsi una doccia e che tra due ore il servizio fotografico avrebbe avuto inizio.
Entrò in macchina ed impostò sul navigatore l'indirizzo per casa sua, dato che non conosceva bene quella zona della città e rischiava di perdersi mentre cercava di arrivare a Staten Island.
Durante tutto il percorso, non smise per un solo istante di pensare a quegli occhi grigio perla, domandandosi se, dopo quel servizio fotografico, avrebbe mai più rivisto Grace Hart. Una piccola parte di lui sperava proprio di sì.

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Capitolo 2
*** Chapter 2: Shattered ***


Le due ore di pausa concesse dall'agente Webb erano quasi del tutto terminate quando Jay, dopo essersi lavato e sbarbato accuratamente, si rimise in moto, stavolta alla guida di un furgoncino, poiché tutta la sua attrezzatura non sarebbe mai potuta entrare nella Ford Anglia, dirigendosi nuovamente verso la sede della DNA Model Management. A metà strada, però, gli arrivò un messaggio che lo informava del fatto che la location in cui si sarebbe dovuto tenere il servizio fotografico era la villa di proprietà di Webb, situata al numero 28 di Brooklyn Heights. Disattivò così il navigatore e si avviò verso il distretto di Brooklyn.
Per il giovane fotografo non fu difficile trovare l'abitazione dell'agente della giovane modella. Era enorme, costruita con marmo bianco di Carrara, il più pregiato al mondo, e vi erano presenti numerosissime finestre ed un giardino. Il cancello era già aperto, così Jay si introdusse senza difficoltà e seguì il sentiero che conduceva al garage. Una volta parcheggiata il furgone, cominciò a guardarsi intorno, nella speranza di individuare almeno un volto familiare.
Ad un certo punto, sentì una voce provenire da qualche decina di metri di distanza da dove si trovava lui. Si incamminò seguendo quel piccolo indizio e si trovò davanti ad una piscina. Sul bordo, si trovavano due figure. Una era Cade Webb, intento a discutere animatamente con qualcuno al telefono, e l'altra era Grace Hart. Stavolta indossava un abito fantasia, nei toni del bianco, verde ed azzurro, che le arrivava al ginocchio, stretto in vita, con un gonna dalla linea morbida, tutta plissettata, ed una profonda scollatura a V, con spalline sottili trasparenti. Aveva abbinato anche dei sandali azzurri e verdi, con cinturino alla caviglia, ed una piccola pochette bianca. Jay si ritrovò nuovamente a fissarla quasi sbalordito, come se non credesse che qualcuno del genere, a parte lui, potesse esistere, ma si riscosse non appena la giovane donna si accorse della sua presenza.
Si avviò nella loro direzione per informarli che l'attrezzatura si trovava nel furgoncino e per domandare chi avrebbe potuto aiutarlo a sistemarla, quando Webb chiuse la chiamata e, seguendo lo sguardo della modella, si rese conto che il fotografo era arrivato.
- Ah, Jay, sei qui! Purtroppo devo dirti che dovrai attendere ancora un po' prima di poter cominciare il tuo lavoro, poiché il resto della mia équipe si è trovato bloccato dal traffico. Mi hanno comunque informato che non sono lontani, e che saranno qui al massimo fra mezz'ora. Io ne approfitto per terminare alcune cose che avevo lasciato in sospeso. Nel frattempo, voi due potete rimanere qui ed attendere il loro arrivo. - Detto ciò, Webb si diresse deciso all'interno della sua villa, lasciando Jay e Grace da soli.
Inizialmente, tra il fotografo e la modella calò il silenzio. Il ventiduenne, che aveva sempre odiato momenti del genere, pensò freneticamente a come interromperlo, e l'unica idea che gli venne in mente era, seppur banale, un modo per rompere il ghiaccio.
Si voltò verso la giovane e, sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi, le tese la mano. - Non ci siamo ancora presentati. Il mio nome è Jay Black.
La ragazza gliela strinse e disse: - Grace Hart. - Detto ciò, corrugò la fronte. - Scusa, hai detto Black?
Jay si irrigidì. Doveva averlo riconosciuto. Annuì meccanicamente.
La risposta di Grace lo spiazzò. - Allora forse siamo parenti. - In risposta allo sguardo interrogativo lanciatole dal fotografo, spiegò: - Anche il cognome di mia madre è Black.
Il giovane si mostrò sorpreso. D'altronde, però, il suo era un cognome piuttosto comune in tutta America, perciò decise di rivelarle di chi era figlio. - Quindi sei imparentata con Atreus Black.
La sua era più un'affermazione che una domanda, ma la modella scosse il capo. - Il milionario? Certo che no! Lo saprei se fosse così. - Poi alzò la testa di scatto ed incrociò gli occhi del ventiduenne. - Perché, tu sì?
Jay fece un cenno d'assenso, prima di dichiarare: - È mio padre.
A questa notizia la ragazza evidentemente non era preparata. Lo squadrò da capo a piedi prima di affermare: - Ho visto alcune sue foto su dei giornali, ed effettivamente tu gli assomigli.
Jay cercò di non dare a vedere il fastidio che gli provocava quella frase mascherando la sua irritazione con un altro sorriso. - Sì, me lo dicono spesso.
Questo scambio di battute gli fece venire in mente che, poco lontano da dove si trovava lui ora, era situato il cimitero di Green-Wood, e decise che, dopo aver comprato un mazzo di fiori, sarebbe passato di lì.
I suoi pensieri furono interrotti dall'arrivo di Cade Webb. - Eccoli, sono qui! Jay, puoi andare a prendere la tua attrezzatura.
Il fotografo non se lo fece ripetere due volte e tornò in direzione del suo furgone. Accanto ad essa, si trovavano alcuni uomini che l'avrebbero aiutato a trasportare tutto ciò di cui aveva bisogno fino al luogo in cui si sarebbe dovuto tenere il servizio fotografico.
- Qualcuno di voi deve prendere alcuni dei fondali pieghevoli, non più di tre ciascuno. Altri, invece, dovranno occuparsi di riflettori ed ombrelli. Nel frattempo, io porterò i treppiedi e monopiedi.
In circa un quarto d'ora sistemarono tutto e furono pronti per svolgere il servizio fotografico.
Erano necessari numerose fotografie prima che una di queste venisse approvata dall'agente della modella, e Grace doveva provare diverse pose, anche sotto consiglio di Jay.
Trascorsero ore intere durante le quali ci furono solo piccole pause per permettere a tutti di sfamarsi prima di riprendere il lavoro, che termino verso sera.
L'équipe, dopo aver aiutato Jay a rimettere tutta l'attrezzatura al proprio posto, venne congedata da Cade Webb, che subito dopo si diresse verso il fotografo. - Potresti darci un passaggio fino alla DNA Model Management? Gli esperti devono fare gli ultimi ritocchi alle foto.
Il giovane annuì, ma spiegò all'agente che prima sarebbe dovuto passare dal fioraio ed al cimitero. Webb non batté ciglio e disse che avrebbe aspettato, proponendogli però di non spendere soldi e di prendere i fiori direttamente da uno dei vasi che lui stesso teneva in casa. Jay accettò di buon grado la sua proposta e scelse un bouquet che sarebbe piaciuto molto alla persona sulla cui lapide lo avrebbe poggiato.
Grace raggiunse i due uomini poco dopo. Si era cambiata per l'ultima volta nel corso di quell'estenuante giornata, ed era palesemente esausta.
Dopo che entrambi si furono accomodati all'interno del furgoncino, Jay ripartì, diretto verso Green-Wood. Ci arrivò in circa una ventina di minuti, e chiese ai passeggeri di attendere per un momento. Dopodiché, si avviò all'interno della grande struttura, alla ricerca di una tomba a lui purtroppo molto familiare.
Non appena la trovò, vi poggiò il mazzo di fiori e fece qualche preghiera, cercando di ignorare il dolore che gli provocava vedere una delle poche persone che aveva sempre creduto in lui in quello stato.
Dopo aver terminato, si girò per tornare al furgone, e per poco non andò a sbattere contro Grace Hart.
- Lei chi è? - domandò la ragazza con gli occhi puntati sul ritratto della donna posto sulla sua lapide, incuriosita.
Jay rispose con voce atona: - Mia madre.
La modella ebbe un sussulto, ed i suoi occhi si posarono per un momento sul viso del giovane fotografo, prima di spostare lo sguardo. - Mi dispiace, non volevo… È
solo che a volte tendo ad essere piuttosto… - Si morse il labbro. - … sfacciata, ecco.

Suo malgrado, Jay sorrise e scrollò le spalle. - Capita anche a me. - Dopodiché, si voltò nuovamente verso la tomba della donna che se ne era andata ben tredici anni
prima. Improvvisamente, desiderò raccontare a quella ragazza, benché fosse praticamente una sconosciuta, qualcosa sulla sua vita.

- Si chiamava Victoria Sterling, ed era una delle aiuto-segretarie di mio padre. - Un sorriso malinconico si aprì sul suo volto. - Si amavano molto, e prima della sua… - Deglutì, restio a pronunciare quella parola. - … dipartita, il rapporto tra me e mio padre era buono. - Si rabbuiò di colpo. - Dopo, nulla è stato più come prima. - Sospirò. - Avevo solo nove anni quando è successo. Un tumore al cervello se l'è portata via senza che nessuno potesse fare più nulla. Era ad uno stadio troppo avanzato.
Una volta terminato quel fiume di parole, dedicò nuovamente la sua attenzione alla ragazza, chiedendosi se si fosse annoiata o meno. La trovò che lo fissava con uno sguardo indecifrabile. Incerto, provò a farle una domanda personale. - Sei molto legata alla tua famiglia?
Grace tentennò un po' prima di annuire lentamente. - Anche se ho preso una strada diversa da quella che avevano pianificato per me, siamo comunque rimasti in buoni rapporti. - Fece una breve pausa, poi ricominciò a parlare. - Mio padre, Alexander, è uno stimato medico del Lenox Hill Hospital. È lì che lui e mia madre Autumn, un'ostetrica, si sono ritrovati dopo essersi conosciuti anni prima. Avrebbero voluto che la mia carriera fosse simile alla loro, ma io non sono mai stata portata per la medicina, al contrario di mia sorella Amber. - Un caldo sorriso le illuminò il volto dopo quell'affermazione. - Ha diciassette anni, ed è una delle migliori studentesse che abbia mai conosciuto. Una volta concluse le scuole superiori a Flint, la nostra città natale, la ospiterò a casa mia, dato che vuole frequentare la Columbia University. Sono certa che diventerà un'ottima infermiera. È il suo sogno da sempre.
Jay ascoltò attentamente Grace parlare della sua famiglia, e si accorse che sembrava molto più rilassata di prima. Doveva avere davvero uno splendido rapporto con i suoi familiari. Si sorprese ad invidiarla un po' sotto questo aspetto, prima di darsi mentalmente dell'idiota. Innanzitutto, non era colpa di Grace se il con i suoi genitori andava tutto a meraviglia mentre il rapporto tra lui e suo padre si stava sgretolando a poco a poco. E poi, da quando era lui ad invidiare qualcuno? Solitamente accadeva il contrario.
Scosse la testa per cercare di scacciare quei pensieri dalla mente e si avviò, affiancato da Grace, nel luogo in cui aveva parcheggiato il furgone.
- Mi dispiace se ti ha disturbato. Ho provato a fermarla, ma ha voluto seguirti ugualmente - disse Webb, fulminando con lo sguardo la giovane modella, che fece finta di nulla.
- Non c'è problema, non mi ha creato nessun disturbo. - Detto ciò, ripartì, diretto verso il numero 555 della Venticinquesima Ovest.
Non appena arrivò a destinazione, Webb scese dal furgoncino. Grace, però, si trattenne ulteriormente. Jay le chiese se aveva bisogno di qualcosa e lei, sussurrando, disse: - Mi sei abbastanza simpatico. Che ne dici di vederci domani alle undici al bar La Lanterna di Vittorio, quello italiano?
Il fotografo inarcò le sopracciglia. - Non ci sono problemi, ma non capisco il motivo.
Per la prima volta in quella giornata, Grace Hart arrossì. - Be'… i miei migliori amici sono partiti per un viaggio, e non so di preciso quando torneranno. Mi manca scambiare due chiacchiere con qualcuno e, visto che oramai noi due sappiamo alcune cose private l'uno dell'altra, pensavo che potremmo provare a diventare… amici,
ecco.

Jay sorrise, sornione. - È un appuntamento?
- Assolutamente no! - quasi gridò la modella. - Senti, fai finta che non ti abbia detto niente, ok?
Fece per scendere dalla macchina, ma il fotografo la trattenne per un braccio, proprio come aveva fatto quella stessa mattina nello studio del suo agente. I loro occhi si incrociarono un'ultima volta, prima che lui si decidesse a lasciarla andare.
- A domani - disse, e non appena la giovane scese, ripartì a tutta velocità verso casa.
Subito dopo il suo arrivo, il telefono squillò. Jay guardò il display e vide sopra il nome del suo capo.
- Jack, sono appena tornato a casa dopo il servizio e sono distrutto. Di qualsiasi cosa si tratti, credo che possa essere rimandata a domani - sbuffò, stravaccandosi sul divano ed accendendo la televisione.
- Rilassati, Jay. Ho solo bisogno di sapere com'è andata la giornata - disse all'altro capo del telefono la voce di Jacob Valderrama.
- Come al solito, ho fatto un ottimo lavoro. Cade Webb, l'agente di Grace, ha detto che gli esperti devono fare solo alcuni ultimi ritocchi alle foto e poi si farà il calendario.
- Magnifico! Sapevo di poter contare su di te! Ci vediamo domani alle nove!
Fece per riattaccare, ma Jay lo interruppe. - Senti, io alle undici avrei un impegno, quindi…
- Un impegno di che genere? - lo interruppe Jacob, con fare indagatore.
- È una cosa privata - gli rispose il ragazzo, mantenendosi sul vago.
- Qualcosa mi dice che ha a che fare con una certa modella…
- Non capisco di cosa tu stia parlando - scherzò Jay, sapendo che il suo capo oramai lo conosceva troppo bene.
La risata di Jacob lo raggiunse. - Va bene, domani farò un'eccezione, ma solo perché sei tu e perché mi è appena arrivata un'e-mail in cui Cade Webb si complimenti del, e qui cito testualmente, “sublime lavoro” da te svolto, chiedendo inoltre se saresti disponibile a fare altri servizi fotografici per Grace. Ovviamente, do per scontato che tu accetti la proposta.
- Esattamente. Sai bene che non mi tiro mai indietro, Jack.
- Sì, soprattutto quando come incentivo c'è una delle ragazze più belle di New York, se non addirittura la più bella.
Risero insieme, prima di salutarsi.
Una volta chiusa la chiamata, Jay decise di fare zapping, visto che il programma che stavano trasmettendo in quel momento sul canale che preferiva non lo entusiasmava particolarmente.
Quando si ritrovò sulla CNN, vide che stavano trasmettendo un servizio proprio su Grace Hart. Incuriosito, decise di ascoltarlo.
“Grace Hart è una giovane ragazza di ventuno anni arrivata a New York solo tre mesi fa da una cittadina che si trova a quattro ore di distanza dalla Grande Mela, Flint in Pennsylvania. Nonostante le poche ore di viaggio che si debbano affrontare, nella città natale della giovane modella sembra di trovarsi letteralmente in un altro mondo rispetto alla City.
La giovane Grace è cresciuta in una famiglia composta da quattro persone: il padre, Alexander Hart, era un medico che lavorava per il Lenox Hill Hospital prima di tornare a Flint per esercitare la libera professione. Stessa cosa si può dire della madre, Autumn Black, ostetrica che ha seguito il marito nel suo trasferimento. Grace è la loro primogenita, e quattro anni dopo è nata la giovane Amber, oggi studentessa liceale appena diciassettenne molto legata alla sorella e con un futuro da infermiera assicurato, a detta degli abitanti del posto.
Per quanto riguarda la vita privata dell'affascinante modella, non sappiamo altro. Grace, infatti, è molto riservata su certi argomenti, e non abbiamo trovato nessuno disposto a parlarci dei suoi amici o di un suo eventuale fidanzato.
Dopodomani stesso, comunque, la signorina Hart concederà un'intervista alla nostra emittente televisiva. Non perdetevela, amici telespettatori!”
Jay spense la televisione e decise di ordinare una pizza per cena. Nel frattempo, però, continuò a pensare al servizio giornalistico che aveva appena visto. Era già al corrente della maggior parte delle informazioni, ma il fatto che della vita privata di Grace non si sapesse altro lo incuriosì. Si ripromise di fare qualche domanda alla giovane il giorno dopo, non preoccupandosi affatto di poter sembrare maleducato. Inoltre, si segnò mentalmente che la modella avrebbe rilasciato un'intervista, e decise di non volersela perdere per niente al mondo.
Quella ragazza gli riempiva la testa di domande, inutile negarlo. Jay era curioso di scoprire se i loro caratteri erano affini come gli era sembrato oppure se Grace fosse una ventunenne come le altre. In tal caso, ne era cero, il suo interesse per lei sarebbe definitivamente scemato, ed i loro rapporti sarebbero stati prettamente lavorativi.
Jay, però, in cuor suo, sapeva che non sarebbe andata così.

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