Almost without notice

di domaris
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Buoni propositi ***
Capitolo 2: *** Lasciando andare il passato ***
Capitolo 3: *** Un posto in cui stare ***



Capitolo 1
*** Buoni propositi ***


Note:  questa storia è dedicata a Joy ed è esclusivamente colpa sua se l'ho scritta. O forse è colpa mia che le ho fatto conoscere questo mondo ed ora pago pegno. E' il mio primo tentativo di slash, fatemi sapere cosa ne pensate!

Buoni propositi

Tony sedeva sull'orlo della scrivania, con le gambe distese e le caviglie incrociate, mentre raccontava agli amici le storie che aveva appreso dai marinai durante il tempo trascorso in mare. Rilassato e soddisfatto di essere al centro dell'attenzione, si godeva il momento di gloria, sicuro che dal giorno successivo i colleghi avrebbero ripreso a trattarlo come al solito. Si guardò attorno, cercando cambiamenti nell'ufficio in cui aveva lavorato per sette anni, esclusi gli ultimi quattro mesi. Sembrava tutto come sempre, a parte la sua scrivania, molto più ordinata di come era solito tenerla, ma con tutti i suoi oggetti in bella vista, comprese le riviste. Ducky, McGee e Ziva pendevano dalle sue labbra e lui era più che lieto di accontentarli mentre con la coda dell'occhio seguiva i movimenti di Gibbs al piano di sopra, intento a parlare con Vance.
Osservare il capo era per lui un'abitudine consolidata da sette anni di pratica. Era il modo migliore per prevenire le sue richieste e, sul campo, per coprirgli le spalle o porsi tra lui e il pericolo. Sin dai primi tempi in cui aveva lavorato per lui l'aveva sentita una propria responsabilità, maggiormente in seguito quando, con l'allargarsi del team, lui era divenuto ufficialmente l'agente anziano, il braccio destro di Gibbs.
Inevitabilmente ripensò alla solitudine e al disagio vissuto nei mesi in cui era rimasto esiliato in mare. Come avesse sentito costantemente gli sguardi dei marinai su di sé, quasi fosse stato possibile che, nonostante la frenetica attività delle portaerei, ci fosse stato qualcuno con nient'altro da fare che tenere d'occhio il “poliziotto della nave”. Aveva odiato quella sensazione di sentirsi spiato, osservato, analizzato. Solo nell'angusto spazio della propria cabina o nel piccolo ufficio aveva avuto la possibilità di restare solo, un lusso su una nave della marina, dove le attività si riducevano a malapena nelle ore notturne. Avevano continuato a dirgli che ci si sarebbe abituato, che con il tempo non avrebbe più fatto caso al costante frastuono dovuto al passaggio degli aerei, che il fascino della vita in mare era anche quello di non essere mai soli, ma Tony aveva odiato tenacemente il rumore, la folla, gli spazi stretti, il forte odore di mare impregnato nei vestiti, l'impossibilità di riuscire a concentrarsi su qualcosa. Aveva sempre saputo di non essere tagliato per quella vita e gli era mancata ogni giorno di più quella che si era lasciato indietro. Quattro mesi prima aveva accettato il trasferimento come la giusta punizione per la morte di Jenny, ma aveva avuto abbastanza tempo per rendersi conto che nulla di quello che avrebbe potuto fare avrebbe fatto la differenza. Aveva sperato che anche gli altri fossero giunti alla stessa conclusione, ma non lo poteva sapere nemmeno adesso, non era una cosa che si potesse chiedere.
Quando Gibbs aveva ripreso nella sua squadra Ziva e McGee si era sentito tagliato fuori, impossibilitato a sapere se il capo stava provando davvero, come diceva, a riavere anche lui, o se era stato lieto che il suo incarico lo tenesse lontano da Washington.
Gibbs stava scendendo le scale proprio in quel momento, assorto nei propri pensieri. Ma il grido di Abby lo costrinse a distogliere l'attenzione.
- Tony! Sei tornato per restare, vero? - il grido della giovane Goth fu seguito dal forte abbraccio della ragazza che lui ricambiò con pari entusiasmo.
Con Abby tra le braccia, una presenza familiare e rassicurante, Tony rise felice, lo sguardo rivolto a Gibbs che nel frattempo li aveva raggiunti. Era la sua reazione che importava davvero.
- Trasferito a Washington con effetto immediato, Vance me lo ha appena confermato.

Gibbs fece un cenno di assenso, sollevato, spostò per un attimo lo sguardo verso il piano superiore, grato che Vance avesse preso la decisione giusta. Riportò lo sguardo ai suoi ragazzi, di nuovo insieme come una grande famiglia. Gibbs sospirò, dopo sette anni era stato sconcertante non avere Tony a coprirgli le spalle, a dissipare la tensione con le sue battute e le sue citazioni di film. In quei quattro mesi si era reso conto di quanto con il tempo avesse finito con il contare sull'intuito e le capacità del suo agente e quanto la sua assenza fosse negativa sia per il morale della squadra che per il suo. Guadandolo adesso, rilassato e allegro, ripensò per un attimo alle poche volte in cui gli aveva parlato in videoconferenza, il sorriso tirato, lo sguardo sfuggente. E poi la gioia, che non aveva saputo mascherare, quando lui e Ziva lo avevano raggiunto a Cartagena. Lui stesso aveva sorriso mentre l'israeliana si faceva avanti per abbracciare il collega, mentre Tony da sopra la spalla della ragazza, gli lanciava uno sguardo perplesso ma felice di una così plateale dimostrazione di affetto. Per un attimo aveva provato l'impulso di abbracciarlo anche lui, ma il buon senso aveva prevalso e si era limitato a dire, nel suo solito tono burbero, che c'era molto da fare e nessun tempo da perdere.
D'impulso tese la mano verso il giovane. Tony alzò lo sguardo, scrutando attentamente nel suo, tutta la sua sorpresa riflessa negli occhi. Gibbs annuì e sorrise nel vedere la gioia diffondersi sul viso di DiNozzo mentre comprendeva la portata di quel gesto e lo accettava insieme a quella simbolica stretta di mano.

Tony si guardò attorno, gli altri erano andati tutti via. Si alzò e fece il giro della scrivania cercando il telefono. Sarebbe andato in hotel, in attesa di trovare un nuovo appartamento da affittare. Stava per chiamare un taxi quando una figura familiare gli si parò davanti.
- Pronto ad andare a casa, DiNozzo? - gli chiese Gibbs, facendolo sussultare.
- Appena trovo un posto dove dormire qui in zona, - rispose il giovane aprendo un cassetto in cerca della rubrica telefonica.
Gibbs si sporse e richiuse il cassetto, prima che Tony potesse guardarci dentro.
- Capo? - gli chiese confuso.
- Andiamo, DiNozzo, e ricordati che se mi allaghi di nuovo il bagno ti butto fuori senza pensarci due volte, - sentenziò con tono severo.
Tony sorrise per l'ennesima volta. Era tornato a casa, Gibbs lo rispettava e, nonostante i guai che gli aveva combinato nelle occasioni precedenti, era pronto ad ospitarlo a casa propria. Non avrebbe potuto essere più felice, nemmeno se di punto in bianco...
Si morse la lingua e censurò i propri pensieri.
Avrebbe ripreso a flirtare con tutte le donne che gli capitavano a tiro, doveva solo stare attento a non esagerare con Ziva. L'israeliana aveva sviluppato un certo attaccamento nei suoi confronti e non voleva illuderla, non avrebbe cercato un coinvolgimento con una collega nemmeno se fosse stato realmente interessato, la disastrosa breve relazione con Paula Cassidy gli aveva insegnato quanto la regola dodici di Gibbs fosse valida.
Ripensò con nostalgia a Kate. Con lei non aveva avuto nessuna necessità di stare attento. Si capivano e litigavano, flirtavano e scherzavano consapevoli che si trattasse solo di un gioco, un bluff a beneficio di Gibbs. Kate era stata come una sorella per lui e, nonostante fingesse di essere scandalizzata dai suoi comportamenti, lo capiva come nessun altro era mai riuscito a fare. Lei aveva intuito il suo segreto e gli aveva offerto un perfetto paravento dietro al quale nasconderlo e nello stesso tempo aveva coperto se stessa. Era ironico a ben pensarci, lui e Kate, così diversi eppure entrambi attratti come falene verso la luce dalla stessa persona.
Si passò una mano tra i capelli, sospirando. Era stanco ma doveva concentrarsi e indirizzare i propri pensieri in tutt'altra direzione.
- DiNozzo!
Tony strinse gli occhi e abbassò la testa d'istinto, sicuro che sarebbe presto venuta in contatto con la dura mano di Gibbs. Passarono alcuni secondi senza che accadesse nulla prima che osasse riaprire gli occhi.
Gibbs aveva dipinto sul viso un sorriso ironico e compiaciuto e il giovane si sentì mancare il fiato nell'incrociarne lo sguardo.
- Devo portarti via di qui di peso o ti decidi a muovere quelle gambe?
Tony sperò vivamente di non essere arrossito e si affrettò a seguire il capo, prima che mettesse in pratica la minaccia.

Gibbs frenò l'impulso di colpire DiNozzo alla nuca con uno scappellotto. Il giovane era abbastanza provato da quattro mesi di vita in mare, avrebbe dovuto avere un po' di pazienza con lui. Un sorriso ironico gli sfuggì dalle labbra mentre uscivano dall'ascensore. Il suo livello di tolleranza non era mai stato particolarmente alto e Tony aveva l'innata capacità di testare i suoi limiti.
Il giovane era insolitamente silenzioso durante il tragitto in auto e, quando Gibbs arrischiò un'occhiata nella sua direzione, scoprì che si era addormentato.
Un'ombra gli passò sul viso mentre ripensava a tutto quello che aveva passato negli ultimi anni: le volte in cui era quasi morto, la fallimentare missione sotto copertura a cui lo aveva sottoposto Jenny, la morte di Kate, Paula, e infine quella di Jenny che aveva portato all'incarico sulle portaerei Reagan e Seahawks.
Involontariamente ricordò anche qualcos'altro: l'espressione incredula e ferita del giovane quando lui, tornato dal Messico, aveva ripreso il suo posto a capo del team senza una parola, e quella smarrita di quel giorno di novembre dell'anno prima, quando incurante della propria salute Tony si era tuffato in acqua per salvare lui e Maddie Tayler. Non lo aveva nemmeno ringraziato eppure il giovane agente aveva continuato a lavorare con lui e a coprirgli le spalle con lo stesso entusiasmo di sempre.
SI rese conto che era giunto il momento di dare qualcosa in cambio. Non avrebbe fatto nulla di plateale ma avrebbe seguito la strada intrapresa meno di un'ora prima, quando impulsivamente aveva stretto la mano del giovane.
Parcheggiò di fronte a casa e spense il motore. Il suo passeggero era ancora addormentato e colse l'occasione per osservarlo, alla luce del lampione stradale.
DiNozzo non era più il ragazzo indisciplinato che aveva portato via alla polizia di Baltimora sette anni prima, anche se talvolta ne aveva ancora tutta l'aria. Il giovane uomo seduto accanto a lui era un investigatore esperto e lo avrebbe trattato con il rispetto che meritava. Non ci sarebbero più stati scappellotti, e questa era una sfida verso se stesso e la propria capacità di essere paziente e di rinunciare alle vecchie abitudini. Era un marine, poteva farcela.

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Capitolo 2
*** Lasciando andare il passato ***


Lasciando andare il passato
Guidare l'auto che suo padre aveva finito di ricostruire per lui era un piacere, ma da quando aveva lasciato la cittadina avvertiva un senso di vuoto, di solitudine. Forse era perché aveva finalmente fatto pace con suo padre, dopo diciassette anni di silenzioso rancore. O forse perché tornare a Stillwater aveva riportato a galla lo struggente ricordo di Shannon come l'aveva conosciuta, giovane e luminosa, piuttosto che della donna sorridente ma triste per il troppo tempo che trascorrevano divisi a causa del suo lavoro.
Soltanto li, nella cittadina in cui era cresciuto e dove aveva conosciuto il grande amore della sua vita, si era reso conto di essere pronto a lasciar andare il passato e metterselo alle spalle. Un sorriso amaro, più simile ad un ghigno, apparve per un attimo sulle sue labbra. Per essere il miglior agente del Servizio Investigativo della Marina si era dimostrato decisamente lento ad imparare la lezione. C'erano voluti tre divorzi, diverse relazioni con donne a cui non avrebbe nemmeno dovuto avvicinarsi, come Jenny Shepard e Hollis Mann e infinite ore spese nello scantinato a costruire barche che non avrebbero mai visto il mare. Anni sprecati ad illudersi di poter riavere quella vita che era finita per sempre il giorno in cui Shannon e Kelly erano morte. Ed ora che la rabbia che lo aveva accompagnato per tutti questi anni si era affievolita, improvvisamente, si sentiva solo.
Forse avrebbe dovuto portare qualcuno con sé durante il viaggio di ritorno. Ma conoscendo la sua squadra...
Abby avrebbe trovato la stazione radio più rumorosa possibile, Ziva avrebbe insistito a voler guidare l'auto, McGee avrebbe fatto la bella statuina aggrappato alla maniglia sopra al finestrino e DiNozzo lo avrebbe irritato a morte con le sue inutili chiacchiere e di quelle ne aveva già abbastanza, dato che due settimane non gli erano bastate per trovare un appartamento di suo gusto dove trasferirsi.
Sospirò, ricordando di una giovane profiler che sapeva sempre quando era il momento di tacere. Kate Todd era stata una compagna ideale per i viaggi in auto, disposta a discutere dei casi in corso o di quelli irrisolti alternativamente a momenti di confortevole silenzio.
Strinse più forte il volante, preso da un senso di rabbia impotente per il modo in cui la sua vita era stata stroncata da un bastardo vendicativo. Erano trascorsi più di tre anni da allora ma Kate aveva lasciato un ricordo indelebile in tutti quelli che l'avevano conosciuta.
L'insegna di una stazione di servizio a pochi chilometri da dove si trovava, attrasse la sua attenzione. Si sarebbe fermato a prendere un caffè.

Tony stava cercando di guidare senza prestare troppa attenzione ai suoi compagni, ma non era facile. Abby gridava per sovrastare il rumore della musica che ascoltava in cuffia e Ziva, essendo seduta accanto a lui e rivolta all'indietro, gli gridava nelle orecchie per rispondere. McGee per fortuna interveniva soltanto quando Abby lo colpiva sul braccio, distogliendolo solo temporaneamente dallo schermo del computer. In quel momento invidiava Gibbs, solo su quel gioiellino di macchina, senza nessuno a disturbarlo.
L'improvvisa vibrazione che avvertì sul fianco interruppe i suoi pensieri. Automaticamente sganciò il cellulare dalla cintura e rispose senza nemmeno guardare il display, non aveva dubbi su chi stesse chiamando.
- DiNozzo, fermati alla prossima stazione di servizio, - si sentì ordinare, prima di avvertire l'inconfondibile click della comunicazione interrotta.
- Allora, cosa voleva Gibbs? - chiese Ziva che aveva riconosciuto la voce.
Tony glielo disse scrollando le spalle, chiedendosene lui stesso il motivo. Di solito era piuttosto rapido nell'immaginare cosa volesse da lui il capo ma in questo momento, con il caso chiuso e i colpevoli consegnati alle autorità locali, non aveva proprio idea di cosa avesse in mente. Cinque minuti più tardi svoltò e andò a parcheggiare davanti al piccolo caffè annesso alla stazione, accanto all'auto di Gibbs. L'ex marine li stava aspettando appoggiato alla carrozzeria, una tazza di caffè in mano.
Tony scese dall'auto sorridendo e stirandosi come un gatto.
- Ti siamo mancati, capo? - chiese rimanendo a distanza di sicurezza. Non aveva ancora ricevuto scappellotti da quando era tornato dall'incarico in mare e voleva riuscire ad evitarlo ancora per un po' se possibile.
- Dai le chiavi a Ziva, tu prosegui con me. Voglio rivedere il caso Henderson, - rispose Gibbs con un tono che non ammetteva repliche.
Il resto del gruppo, avute le chiavi dell'auto di servizio, si affrettò ad entrare nel caffè. Gibbs gettò la tazza ormai vuota nel cestino lì accanto e risalì in macchina, impaziente di ripartire.
Tony guardò per un momento verso il caffè con una punta di rimpianto, poi si affrettò a salire a sua volta e ad allacciare la cintura di sicurezza, mentre il capo già stava partendo.
Viaggiarono in silenzio per qualche minuto, poi Gibbs decise che ne aveva abbastanza dell'espressione imbronciata del giovane.
- Dietro al tuo sedile c'è un sacchetto. Vedi di non lasciare briciole in giro o questo fine settimana la ripulisci dentro e fuori.
Il giovane non badò alla minaccia, si sporse per prendere il sacchetto e un sorriso gli illuminò il viso quando vide le ciambelle e la soda.
- Grazie capo, sapevo che non mi avresti lasciato morire di fame!
Gibbs si limitò a grugnire in risposta, mascherando così un sorriso. Era facile far contento DiNozzo, il giorno prima era sembrato un ragazzino davanti all'albero di natale solo per l'inattesa opportunità di fare un giro per Stillwater e scoprire qualcosa del suo passato. In effetti la curiosità del giovane era il motivo per cui inizialmente non aveva voluto portarlo con sé. Ma la prima sera, a tavola con suo padre, Ziva e McGee, si era reso conto che gli sarebbe piaciuto presentare al suo vecchio anche il resto della squadra. Per questo, invece di avvalersi del recalcitrante aiuto della polizia locale, aveva fatto venire Abby e Tony. E poi il giovane gli avrebbe tenuto il muso per così tanto tempo che avrebbe finito per rinunciare alla risoluzione di non dargli scappellotti.

DiNozzo nel frattempo si stava godendo lo spuntino il più lentamente possibile, mentre cercava di ricordare il caso che il capo voleva rivedere. Finita l'ultima ciambella si leccò le dita e, automaticamente, posò lo sguardo sulle mani di Gibbs, strette sul volante. L'ex marine aveva mani grandi e forti, callose a causa di tutto il lavoro manuale che amava fare. Quelle mani, capaci di uccidere e al tempo stesso di costruire dal nulla una barca, lo affascinavano e gli ispiravano una moltitudine di fantasie che era sempre più difficile tenere nascoste. Si chiedeva quanto ci avrebbe messo a cacciarlo da casa sua e dal team se avesse saputo che talvolta fantasticava su di lui in termini ben diversi da quelli di un capo, un collega o un amico. Doveva trovare in fretta un posto in cui trasferirsi o sarebbe diventato matto a cercare di reprimere l'attrazione che provava da sempre per l'altro uomo.
Per scacciare quei pensieri dalla sua mente attaccò a parlare, ricapitolando il caso Henderson. Gibbs lo interrompeva di tanto in tanto, con domande e supposizioni proprie fino a quando non ebbero più nulla da dire in proposito ed entrambi si rifugiarono nel silenzio.

La cosa successiva di cui Tony si rese conto era una mano che, posata sulla sua spalla, lo scuoteva con fermezza. Aprì gli occhi e si guardò attorno, confuso. Infine posò lo sguardo su quello di Gibbs, sorpreso di trovarvi un'espressione che non sapeva decifrare al posto di quella infastidita che si era aspettato.
- Avanti DiNozzo, è ora di andare a dormire in un letto comodo, - gli disse lasciandolo andare.
Il giovane deglutì e cercò di scacciare i pensieri che quella mano calda e la frase appena udita avevano risvegliato. Si affrettò a scendere dall'auto, prendere il proprio bagaglio e a scappare in casa, intenzionato a farsi una doccia gelata per calmarsi.
20 aprile 2009
Note: grazie a tutti quelli che hanno letto la prima storia, in particolare a quelli che l'hanno messa tra i loro preferiti o tra le storie da seguire: spero di non deludervi!

x Lights: grazie di esserti avventurata a leggere questa storia e per averla recensita così entusiasticamente! La verità è che l'avevo già scritta in parte, prima che Joy mi convincesse a farla diventare una slash, quindi è davvero molto "blanda", spero di riuscire a non farti fuggire a gambe levate quando le cose si faranno più intense! ^__^

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Capitolo 3
*** Un posto in cui stare ***


Note: ringrazio di cuore Lights e Akane per le bellissime recensioni alle 'puntate' precedenti. E mi scuso per non aver ancora risposto! La storia nel suo complesso è ormai pianificata (dovrebbero essere non più di dieci capitoli) ma sto attraversando un momento di crisi in cui proprio non riesco a scrivere, infatti questo capitolo era pronto e disponibile da tempo sul mio LiveJournal ma avevo dimenticato di pubblicarlo qui.

Un posto in cui stare
Gibbs stava lavorando alla barca da ore con l'intento di sciogliere la tensione accumulatasi durante l'ultimo caso. Lavorava metodicamente mentre ripensava allo psicopatico che aveva ucciso tre persone per diventare famoso senza riuscirci. All'ultimo momento infatti Vance aveva acconsentito a non rivelare alla stampa il nome e la faccia del serial killer. La sola cosa che seccava l'ex marine era di non essere stato presente quando glielo avevano comunicato.
Si fermò per versarsi un goccio di bourbon nel caffè quando una rivista sul cinema gettata in un angolo attirò la sua attenzione. Aveva detto mille volte a DiNozzo di non abbandonare la sua roba in giro per casa ma senza risultati. Invariabilmente rispondeva raccogliendo le sue cose con un'espressione contrita che non durava più di trenta secondi e le abbandonava nella stanza successiva. A Gibbs non importava realmente. Era ormai un mese che Tony viveva con lui in attesa di trovare un appartamento in cui trasferirsi e nonostante il disordine, le incessanti chiacchiere e il grande televisore a schermo piatto apparso nel suo soggiorno, doveva ammettere almeno con se stesso che la presenza del giovane rendeva più piacevole tornare a casa. Non che DiNozzo non riuscisse ad essere fastidioso, soprattutto sul lavoro. Nelle ultime due settimane non aveva fatto altro che irritare i colleghi, flirtare e comportarsi come un idiota abbastanza spesso da rendergli difficile mantenere il proposito di non prenderlo a scappellotti. Con una smorfia ripensò a quello che aveva detto a Ducky un paio di giorni prima. Tony a volte era una spina nel fianco ma il suo bisogno di ricevere attenzione non era un problema, era al contrario parte del fascino che esercitava sugli altri. Di sicuro le donne andavano pazze per quella sua aria di vulnerabilità.
Un rumore di passi al piano di sopra distolse Gibbs dai suoi pensieri e un attimo dopo Tony apparve sulla porta. Aveva un cartone di pizza in una mano, due birre nell'altra e una scatoletta ricoperta di velluto tenuta sotto al braccio.
- Ho pensato che probabilmente non avevi ancora mangiato, - disse fermandosi in cima alle scale e rivolgendogli un sorriso appena accennato.
Gibbs gli fece cenno di scendere, pur mantenendo un'espressione sospettosa.
Il giovane posò la pizza e le birre su uno dei banconi meno ingombri di attrezzi e si accomodò su un altro, indifferente ai trucioli e alla segatura che imperava ovunque, mettendo la scatoletta fuori vista prima di servirsi di una fetta della sua pizza preferita.
L'ex marine lo squadrò per un attimo, sorpreso che non fosse passato a cambiare quel costoso completo con qualcosa di più pratico prima di raggiungerlo. Da come stava mangiando probabilmente la fame aveva avuto la meglio.
- Sia chiaro, non pago la lavanderia per i tuoi vestiti italiani, - dichiarò prima di servirsi a sua volta.
Tony rise senza smettere di masticare e inevitabilmente finì con il tossire.
- DiNozzo! - Lo apostrofò irritato, allontanando la pizza dal giovane.
- Scusa capo, non ho avuto tempo di mangiare oggi e l'idea che ha Vance di un rinfresco lascia molto a desiderare, - rispose appena riuscì nuovamente a parlare.
- Non eri obbligato a restare, - constatò seccamente Gibbs.
Il giovane sospirò, questo era uno dei tanti argomenti delicati da trattare con il capo e non era sicuro di riuscire a farlo senza provocarlo. Probabilmente questa sarebbe stata la volta buona che lo avrebbe cacciato da casa e per quanto gli dispiacesse l'idea di non poter più condividere il tempo libero con Gibbs, sarebbe stato un sollievo non doversi più nascondere costantemente dietro ai flirt e le buffonate. Ma c'era una parte di lui che si ribellava all'idea e stava cercando una risposta che rimandasse l'inevitabile.
Un sorriso irriverente gli illuminò il viso.
- Avanti, capo! Come potevo perdermi la faccia di Vance quando ha scoperto che non c'eri? A proposito, ti vuole nel suo ufficio domattina e non credo che sia per consegnarti la medaglia di agente dell'anno, dato che ce l'ho qui io, - terminò prendendo la scatoletta e tendendogliela.
Gibbs guardò la scatola con fastidio.
- Cosa ti fa pensare che la voglia? - chiese a denti stretti.
Tony rispose con tono neutro.
- Abby ha detto che hai tu la cassaforte con le altre.
L'ex marine lo guardò per un attimo come se avesse perso tutte le rotelle, poi si voltò di scatto e andò a rovistare nei ripiani sotto le scale. Era stata Abby a svuotare la scrivania di DiNozzo quattro mesi prima, ma quando Gibbs aveva visto la scatola cassaforte in un angolo del laboratorio aveva deciso di prenderla in custodia personalmente. A lui non importava nulla del contenuto ma Tony ci teneva, anche se nessuno di quei riconoscimenti recava il suo nome. Dopo qualche minuto tornò indietro trionfante, con la piccola cassaforte tra le mani.
- Riprenditela, - disse semplicemente.
Il giovane lo guardò intensamente, come a chiedere conferma ma l'espressione di Gibbs lo persuase a tacere. Aprì il coperchio e aggiunse la scatola alle altre, poi richiuse e per un attimo rimase lì, indeciso su cosa fare.
- Finisci quella pizza. Non voglio essere tormentato da Ducky perché non ti do abbastanza da mangiare, - gli ordinò con il solito tono burbero.
Tony non se lo fece dire due volte e riprese a mangiare con gusto, mentre l'altro uomo tornava alla barca. Finita la pizza appoggiò la schiena al muro con un sospiro di soddisfazione e rimase lì, a guardarlo impegnato a fissare un oblò alla cabina. Talvolta riusciva a coinvolgerlo in una discussione, quando Gibbs era abbastanza rilassato e soddisfatto dal lasciar cadere per un po' la maschera di rude ex marine, ma gli piacevano anche le serate come questa, quando il silenzio veniva infranto solo dal vecchio televisore in bianco e nero.
Quasi sussultò quando Gibbs lo sfiorò per raggiungere un attrezzo accanto a lui,
prendendolo alla sprovvista. Si rese conto che stava giocando con il fuoco, restare in quella casa era troppo rischioso per lui.
Chiuse per un attimo gli occhi, cercando in sé il coraggio di staccarsi dall'illusione di intimità che lo circondava. Quando li riaprì l'altro uomo era fermo davanti a lui e lo fissava con uno sguardo curioso e indecifrabile.
- Qualcosa non va? - gli chiese l'ex marine.
Tony si trincerò dietro uno dei suoi sorrisi.
- Niente capo, stavo solo chiedendomi se potessi darmi mezza giornata libera domani.
L'espressione dell'altro divenne sospettosa.
- Per fare cosa? - gli chiese con tono duro.
Il giovane al contrario cercò di mostrarsi allegro.
- Pensavo di dare una seconda occhiata a quell'appartamento a Georgetown.
Gibbs grugnì prima di replicare.
- Quello per cui l'altro giorno hai impiegato mezzora a spiegarmi quanto è piccolo e sprovvisto di connessione internet?
- Non credevo che avessi prestato attenzione, - esclamò incapace di mascherare la sorpresa, prima di affrettarsi ad aggiungere:
- Sarebbe solo per qualche tempo, in attesa di trovare un posto migliore.
Tony smise di respirare quando l'altro uomo fece un passo avanti, invadendo il suo spazio personale.
Gibbs scrutò attentamente negli occhi del giovane, cercando di capire l'improvvisa volontà di andarsene che contrastava con il modo in cui aveva entusiasticamente invaso alcune parti della casa, rendendole proprie. Non riusciva a decifrare quel timore di cui a malapena riusciva ad intuire la presenza ma era sicuro di una cosa.
- Hai già un posto in cui stare, - gli disse indicando con una mano lo spazio che li circondava.
Tony scosse la testa, cercando di schiarirsi le idee.
- Preferirei andarmene prima di essere riuscito a darti definitivamente sui nervi, - rispose con un mezzo sorriso per mascherare la serietà del momento.
L'ex marine strinse i denti, cercando di controllare l'impulso di sbraitargli contro.
- DiNozzo, se avessi voluto liberarmi di te solo perché sai darmi sui nervi, avresti lasciato l'NCIS prima ancora di metterci piede!
L'espressione ferita sul volto di Tony durò solo un attimo ma non passò inosservata.
Gibbs si sporse in avanti, le mani sul bancone ai lati delle ginocchia del giovane, il tono di voce basso e sicuro.
- Tony, quello che sto cercando di dirti è che puoi restare tutto il tempo che vuoi.
Gli occhi del giovane si dilatarono dalla sorpresa e un grande sorriso gioioso proruppe sul suo volto. Avrebbe voluto dire qualcosa ma aveva un nodo in gola ed era troppo tentato di azzerare la breve distanza che lo separava dall'altro uomo per potersi muovere.
Un mezzo sorriso soddisfatto apparve sulle labbra di Gibbs che si raddrizzò e ripose un paio di attrezzi prima di tornare a rivolgersi a lui.
- Andiamo DiNozzo, si è fatto tardi.
Lui scese sbadigliando dal bancone, prese la piccola cassaforte e si avviò verso la scala, seguito da Gibbs che dopo aver dato un'occhiata divertita al completo nero ricoperto di segatura gli diede una pacca sul sedere.
- Non voglio sporcizia di sopra, - fu la sua spiegazione.
Tony lo guardò con sospetto, ma non disse nulla, era improvvisamente troppo stanco per pensare o porsi domande sulla mano posata sull'incavo della sua schiena che lo spingeva gentilmente su per le scale.

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