The Witch and the Hundred Knights

di MrMurkrow
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sometimes it rains in the desert ***
Capitolo 2: *** The World, The Flesh and The Devil ***



Capitolo 1
*** Sometimes it rains in the desert ***


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Era una notte orrenda.
Nelle terre di Staph era insolito vedere piogge di quell’intensità. Tuttavia forti ed inusuali correnti d’aria provenienti da occidente si erano abbattute durante il giorno sulle formazioni rocciose vicine alla costa, lasciando così l’entroterra sotto la parte sbagliata dell’ombra pluviometrica. In poche ore, l’aria calda ed umida aveva provato strenuamente a superare quella imponente barriera geologica, ma tutto fu inutile. Espansa e raffreddata, l’aria si condensò, originando gonfie e minacciose nuvole cariche di pioggia.
 L’acqua si abbatteva sulle mura della base dell’organizzazione con fare quasi iracondo. Una infinità di gocce tempestavano la roccia calcarea, quasi a voler far breccia per inondare e strappar via con la forza l’enorme quantità di atrocità pensate e commesse in quel luogo, lontano ed oscuro al resto del mondo.
L’ora non era così tarda come l’oscurità generata dal brutto tempo lasciava ad intendere. In tutto l’edificio erano state accese le numerose candele e braci posizionate ad hoc per il proseguimento delle attività quotidiane all’interno dello stabile. Le vivaci braci erano l’unica cosa che rallegrava l’ambiente che, altrimenti, sarebbe stato più lugubre e spoglio di quanto non apparisse durante il giorno. Non vi erano sfarzosi ornamenti come quadri ampi un’intera parete rappresentanti grandi battaglie, tavoli e sedie di legno pregiato con motivi reali, appariscenti vasi multicolore o sfarzose armature rifinite nel dettaglio, lungo i corridoi e le sale del quartier generale dell’organizzazione. Tutto era al limite dell’essenziale, qualunque cosa non fosse strettamente necessaria o utile era tagliata fuori dalla vista. Le poche comodità del posto erano riservate ai ranghi alti dell’organizzazione, ma, anche in questo caso, era tutto molto spartano. Le ragioni di ciò erano molteplici: in primo luogo era per non generare dissenso nelle guerriere. Era certo facile creare malcontento facendo vivere le malcapitate nella nuda roccia e poi, una volta chiamate nell’edificio principale, mostrandole lo sfarzo in cui potevano vivere i ranghi alti. Una sobrietà tale serviva ad infondere fiducia nelle sottoposte, instillando in loro un senso di rispetto verso coloro che, seppur non scendendo in prima persona sul campo di battaglia, le guidavano da una posizione di comando priva delle stesse comodità che a loro mancavano. In secondo luogo era per gli stessi manovali e tutta la forza lavorativa dell’organizzazione stessa. Privati dello sfarzo e sotto severe regole e tabelle di marcia da seguire, avrebbero avuto meno inclinazione al poltrire o ad essere meno efficienti nei loro rispettivi ruoli. Ad onor del vero vi erano molteplici altre ragioni, specialmente dal punto di vista prettamente economico e politico. Tra queste si può menzionare il fatto che gran parte degli introiti ricavati dalle missioni erano devoluti a potenziare la strumentazione medica e scientifica della struttura, oltre al fatto che bisognava evitare qualsiasi potenziale rimando alla vera natura dell’organizzazione e di coloro che beneficiavano del loro operato molto al di là del mare.
Un paio di fulmini attraversarono le nubi, rombando e illuminando per qualche istante il corridoio principale della divisione scientifica del complesso. Un giovane uomo minuto e smilzo trasalì, colto di sorpresa dal fatto fece cadere la sua torcia rischiando di bruciarsi un piede. Ripresosi dallo spavento, mugugnò qualche insulto e raccolse in fretta e furia la torcia. Un altro trio di fulmini  si fece largo nel cielo e uno di questi si scaricò a terra con un gran fragore. Ancora una volta il poveretto sobbalzò sul posto, stavolta mantenendo però salda la presa sulla torcia, la cui rossa luce sparì per un attimo sotto il lampo di luce bianca che invase l’ala.
Si sentirono multiple voci stridule provenire da una porta qualche metro addietro al giovane. Questi si portò con celerità ad essa e diede un paio di colpi al legno per avere il permesso di entrare.
Una voce grave e stizzita gli rispose: “Entra”.
Quello eseguì senza troppe esitazioni. La sala interna era grande e ben illuminata da numerosi lumi appesi con dei ganci in ferro alle pareti. Sul fondo della stanza era stipate numerose novizie Claymore, alcune erano così giovani da far tenerezza alla sola vista. Erano sedute su lunghe panche in legno particolarmente consumato, segno che avevano certamente accolto prima di loro, molte altre generazioni di guerriere. Molte tremavano, alcune si abbracciavano tra loro, altre nascondevano la testa tra le ginocchia e c’era perfino chi piangeva. Una in particolare era seduta su una sedia realizzata con sostegni in ferro che mostravano i primi segni della ruggine lungo le gambe. Teneva poggiato su uno scomodo bracciolo il braccio sinistro a cui era attaccato un ago il quale era collegato ad una flebo contenente qualche tipo di medicina ignoto allo smilzo. La faccia della piccola bambina era attraversata da smorfie di dolore e sofferenza, ma nonostante tutto si sforzava per non emettere alcun grido. L’unico che ne risentiva di ciò era il bracciolo destro che veniva stritolato dalla mano destra della novizia, emettendo scricchiolii poco rassicuranti. Davanti alla giovane stava seduto su uno sgabello, in egual misura scomodo e antiquato, una figura completamente fasciata in abiti neri che cadevano pesanti lungo tutta la sua forma.
Senza voltarsi verso l’ospite appena entrato, la figura domandò, con la stessa voce irritata di prima, “Desideri ragazzo?”
Distogliendo lo sguardo dalle fanciulle, lo smilzo fece qualche passo in avanti per essere completamente visibile al suo interlocutore nel caso si voltasse, “Avevo sentito delle grida”, fece quello cercando di dare un tono saldo alla sua voce, “Pensavo che stesse avendo problemi con le novizie mastro Dae”
Il nero individuo era Dae, scienziato capo della divisione di recupero dell’organizzazione. Un uomo di considerevole potere e spicco all’interno dei ranghi alti. Aveva le mani in pasta ovunque, ogni guerriera passava sotto le sue cure almeno una volta nella vita, talvolta persino senza rendersene conto. Gestiva ogni aspetto della creazione delle guerriere e di ogni altra arma che l’organizzazione creava per i suoi scopi. Il suo contributo era così fondamentale che era ancora stato impossibile, dopo tutti quegli anni, trovare qualcuno con lo stesso genio, l’ambizione e il coraggio per guidare il reparto scientifico. Ogni passo in avanti o indietro sulla tabella di marcia era calcolato con estrema cura da quell’uomo che poneva il progresso e il successo scientifico delle sue creazioni prima della vita di chiunque. Dae, per certi versi, era persino più influente di Rimuto, testa principale dell’organizzazione, quando si trattava di prendere decisioni strategiche ed organizzative, specie quando si trattava degli Abissali.
Quel giorno stava esaminando le novizie che avrebbero formato la prossima generazione di Claymore. Erano ancora in piena fase di recupero dal trapianto della carne e del sangue Yoma. Era quindi d’obbligo monitorare il loro stato per recuperare e registrare anche il minimo dato utile che poteva servire alla divisione scientifica durante futuri esperimenti. Come era prevedibile la sopravvivenza di molte era in bilico. Quasi l’ottanta percento di quelle giovani non sarebbe risultata idonea a diventare una guerriera e perciò sarebbe stata scartata dall’organizzazione…con tutti i significati derivati che questa affermazione significava. Dae era solito fare delle sedute di test con le novizie da solo, per quanto questo comportasse una mole di dati enorme da ricavare, egli traeva piacere dal plasmare le sue creature fin dai primi passi. Inoltre non era raro che individuasse da subito quali tirocinanti si sarebbero distinte negli anni a venire nella caccia agli Yoma.
“Nessun grosso problema”, rispose rimanendo composto sul suo sgabello, “Solo qualche sciocco lamento di troppo che non vuole cessare”, alzò poi la mano sinistra e disegnò nell’aria dei cerchi con l’indice, “Potrei capire se fossero di dolore, ma si sta cadendo nella banale paura della natura e dei suoi sfoghi periodici…non sono certo queste le guerriere che vorrei”, concluse lanciando un paio di occhiate velenose con suo volto sfigurato verso un paio di ragazzine dai capelli lunghi che cercavano di confortarsi a vicenda.
Il giovane provò una stretta allo stomaco nel sentire con quale sdegno la voce di Dae parlava di quelle che erano poco più che delle bambine. Tuttavia non era suo compito preoccuparsi delle novizie né tantomeno esprimere pareri su come condurre un lavoro che non era neanche il suo. Veniva pagato per eseguire lavori manuali ben lontani da quel tipo di responsabilità, perciò mise a tacere quei pensieri e fece per congedarsi con il suo superiore.
Un'altra sequela di tuoni e fulmini squarciarono l’aere, luci e tuoni ruppero nuovamente la tranquillità del tamburellio della pioggia sulla roccia esterna a cui seguirono immediatamente nuove urla spaventate delle giovani.
Non appena le grida lasciarono posto nuovamente al silenzio della sala e al tremolio dei piccoli corpi delle tirocinanti, Dae tirò un lungo sospiro, si mise ritto in piedi tenendo entrambe le mani salde sul suo bastone e, per la prima volta, gettò uno sguardo verso lo smilzo. Questi era rimasto bloccato sulla porta, guardando, attraverso un buco sul fondo della parete, come la forte pioggia non accennasse a diminuire di intensità la sua caduta. Quando egli sentì il peso dello sguardo di Dae su di se, si voltò e, con un po’ di imbarazzo per quella disattenzione, chiese: “Ehm..voleva chiedermi qualcosa mastro Dae?”
Il metà sinistra del volto del vecchio scienziato, deturpato per ragioni sconosciute al giovane, gli diede un senso di disgusto e orrore, mentre la parte destra sembrava emanare un senso di calma malvagità.
Dae, nonostante la voce raschiasse un po’ nella gola, parlò in tono pacato, “Sapresti dirmi l’ora?”
Lo smilzo fece un attimo mente locale portandosi l’indice della mano destra al mento e perdendo lo sguardo nei pensieri, qualche attimo dopo disse convinto “Posso dirle con certezza di aver iniziato il mio turno di ronda dall’edificio principale pochi minuti dopo la diciottesima ora della giornata mastro Dae. Solitamente mi ci vuole circa un’altra ora per completare il giro della zona assegnatami camminando a passo leggero. Tuttavia ho perso del tempo per recuperare la torcia e gli altri strumenti per accendere i fuochi lungo il percorso, quindi converrei che adesso sia almeno la ventesima ora passata del giorno”
Dae, finito di ascoltare la spiegazione dell’uomo, ponderò alcune opzioni. Volse, dopo circa un minuto, lo sguardo verso le tirocinanti, in particolar modo verso la poveretta legata alla flebo che ormai dava segni di evidente affaticamento, ed infine ritornò al suo interlocutore.
“A quanto pare per oggi sarò costretto a interrompere i test qui”, una nota di disappunto si fece largo nella sua voce, “Purtroppo queste creature sono troppo spaventate dal temporale per concentrarsi su di me e quella sulla sedia è ormai sfinita. Fammi la cortesia di riportarle ai loro alloggi, io devo recarmi agli archivi prima di terminare questa giornata di lavoro”
“Non c’è problema mastro Dae”, rispose quello con serietà quasi innaturale, “Completate pure i vostri incarichi, scorterò io queste novizie nelle loro stanze”
Da qui i due si divisero. Liberata la giovane dalla flebo e caricatasela in braccio, il giovane raccolse il resto delle tirocinanti in una fila indiana e le condusse attraverso i bui corridoi verso le loro stanza.
Dae invece, salutate le piccole con occhiate quasi prive di sentimento e con movimenti lenti delle mani, si recò nella direzione opposta alla piccola comitiva verso gli archivi.
Il vecchio non lo diede a vedere più di tanto, ciononostante sia il tempo che il conseguente abbandono dei test stavano influendo negativamente sul suo umore. Il suo passo fu, infatti, più grave del solito e il ticchettio ritmico del suo bastone sulla pavimentazione, fu abbastanza forte da essere percepito per un paio di minuti buoni dalla compagnia che si era lasciato alle spalle. Tuttavia sorrise all’idea di avere un lasso di tempo maggiore del solito da spendere negli archivi. Gli archivi erano forse il luogo meno frequentato e più polveroso dell’intero complesso dell’organizzazione. Dae era l’unico visitatore abituale, tanto che era il possessore di una delle sole tre chiavi che vi davano accesso. Tra gli enormi e lunghissimi scaffali vi erano stipati migliaia di documenti contenenti dati, resoconti, rapporti e relazioni dettagliate su qualsiasi attività svolta dall’organizzazione negli svariati decenni di presenza in quel continente. Tra le svariate sezioni, una in particolare era molto cara a Dae: la sezione in cui aveva personalmente raccolto gli eventi più strani e significativi avvenuti tra le sue creature. Questo ovviamente includeva gli eventi del risveglio degli Abissali, la tragica fine di Cassandra la Mangiapolvere e il massacro di Rockwell, ma vi erano molti altri avvenimenti che magari per importanza, portata o mero interesse non erano ricordati tra i ranghi dell’organizzazione e delle guerriere.
Non gli ci volle molto per trovarsi dinanzi al pesante portone che dava accesso agli archivi. Frugò rapidamente in una tasca interna della sua veste e ne estrasse un scintillante chiave tanto pulita e lucida da sembrare d’argento. La infilò con decisione nella toppa e i successivo movimenti nella serratura fecero scricchiolare in modo secco e grave i pistoni del lucchetto. L’archivio era, tra le altre cose, una delle poche stanze del quartier generale a non avere buchi nella roccia per far passare la luce al suo interno, ne viene da se che fosse un luogo perennemente immerso nel buio. Per questo motivo, immediatamente sulla destra dell’ingresso, erano presenti un paio di torce con tanto di strumenti per l’accensione delle stesse. Una volta entrato, Dae aspettò di avere tra le mani la torcia accesa prima di richiudere la pesante porta. Fatto ciò si districò tra gli innumerevoli scaffali con tale precisione da evidenziare quanto fosse abituale di quel luogo. In fondo alla sala vi era una scrivania, stranamente bella e pulita per il posto in cui si trovava, in cui era solito sedersi per sbrigare le sue scartoffie e leggere.
Passò quasi un’ora da quando si era messo a lavorare al rumore che lo distrasse dalle sue carte. Aspettò qualche secondo per capire se avesse sentito male o meno e qualche istante dopo il rumore si ripetè. Qualcuno stava bussando alla porta. Era insolito che qualcuno si palesasse mentre era impegnato negli archivi ed era ancora più inusuale che fosse qualcuno senza la chiave d’accesso agli archivi.
Con svogliatezza Dae si alzò dalla vecchia sedia consunta su cui era seduto e si avviò verso l’ingresso. Una volta aperta si ritrovò davanti a se un volto conosciuto.
L’uomo era alto, con indosso i tipici abiti neri da coordinatore, un cappello che nascondeva la testa calva e un paio di occhiali dalle lenti scure.
Sollevò appena il cappello con la mano sinistra in cennò di saluto, “Buonasera Dae. Gelida serata! Perfetta per un po’ di lavoro negli archivi vero?”
Il vecchio scienziato accennò un sorriso beffardo, ma non invitò ancora l’uomo ad entrare nella stanza, “Buonasera a te Luvr. Ogni serata è una buona serata per la scienza”, esclamò proclamando quella che, dopotutto, era la sua verità, “Piuttosto non è una buona serata per quelli come te che non dovrebbero starsene a poltrire al riparo della pioggia”
Rimettendo a posto il cappello e facendo un ghigno rispose quello, “Non essere severo. La mia protetta ha terminato la missione assegnatagli, perciò sono tornato sotto sue pressioni per averne di nuove. E’ una tipa che non vuol stare con le mani in mano sai com’è..”, tornò a sorridere verso il vecchio e continuò, “Siccome ho fatto tardi, potrò ricevere solo domani le mie nuove direttive, così ho pensato di passare per farti un saluto..”
“E per continuare a soddisfare la tua curiosità immagino, vero?”, lo interruppe Dae, anticipando il resto della frase.
“Può anche darsi…”, fece l’uomo in nero mentre la fiamma della torcia di Dae rifletteva sulle lenti dei suoi occhiali con fare sinistro, “Allora posso entrare?”
“Ma certo! Perché no? Una bella chiacchierata era quello che ci voleva, tanto avevo concluso di sistemare e trascrivere tutti i risultati dei test di oggi”
Dae e Luvr avevano uno strano rapporto di amicizia, se così si poteva definire. Luvr era mosso da una insaziabile curiosità verso il lavoro di Dae, cosa che probabilmente a molti sarebbe risultata quantomeno sospetta visti i dettagli che a volte richiedeva. Tuttavia quale fosse il vero proposito dietro a tale desiderio di conoscenza non importava al vecchio scienziato che, anzi, godeva molto al discutere con il coordinatore del suo lavoro. Vuoi che fosse per egocentrismo vuoi perché era uno dei pochi con cui riusciva ad avere delle conversazioni più stimolanti che con il resto dei beoti che abitavano il quartier generale.
Una volta richiusa la porta alle spalle di Luvr, Dae gli fece strada lungo gli scaffali fino alla scrivania. Entrambi si sederono, il primo si trovò una seconda sedia lasciata ad impolverarsi in un angolo a sinistra della scrivania e il secondo riprese posto alla scrivania.
“Quindi, cosa posso fare per te oggi, mio caro Luvr?”, chiese lo scienziato appoggiando i gomiti sul tavolo e squadrando l’uomo in nero mentre spolverava la sedia recuperata poco prima.
“In verità stavolta non sono tanto interessato ai successi dei tuoi esperimenti, tanto quanto invece ai tuoi ‘fallimenti’, se mi permetti di passarmi il termine”, rispose l’interlocutore sedendosi e appoggiando la gamba destra sulla sinistra.
“Oooh”, esclamò il vecchio con certo stupore intrecciando le mani, “E perché mai ti interesserebbero tali, sia ben chiaro rari, avvenimenti? Dubito che per qualcuno come te possano risultare interessanti dati di Claymore mancate in preda alle febbri del risveglio o giovani dalle potenzialità inesistenti dal colore dei capelli non dell’argento…”
“Mi hai frainteso”, lo fermò il calvo appoggiando il gomito sinistro sulla scrivania sulla quale erano ancora impilati i fogli su cui Dae aveva trascritto i dati odierni, “Riformulerò quindi la frase: Oggi sono interessato a conoscere quali delle tue creature ed esperimenti hanno dato risultati che le altre alte capocce dell’organizzazione considererebbero dei fallimenti”
Un sorriso sarcastico si allargò in quello che rimaneva della bocca del capo scienziato, il quale si alzò e scomparve per qualche secondo dietro uno scaffale poco lontano dalla scrivania. Ne tornò con in mano un pesante tomo rosso, con piccole venature decorate del color dell’oro, ma senza etichette che ne identificassero la natura del contenuto.
Ripreso il posto che occupava in precedenza, Dae aprì il librone e iniziò a spulciarlo con minuzia, “Questo è un tomo molto speciale. Racchiudo al suo interno i resoconti delle missioni, per così dire, fallimentari agli occhi di Rimuto e al resto del Consiglio”, Luvr poteva quasi giurare di aver visto un guizzo di gioia attraversare l’occhio nella parte di volto scarnificato del vecchio, “Alcune certamente le conoscerai già: la Condanna di Teresa del Sorriso, la Catastrofe di Luisella…ma altre sono sicuro che ne hai sentito parlare ben poco, per non dire che non ne sai nulla”
“Di certo ormai sai come stuzzicare la mia curiosità Dae”, disse il coordinatore già pregustando la bontà di quelle affermazioni.
Per tutta risposta, il vecchio ridacchiò e iniziò ad elencare una serie di eventi, in parte anche per solleticare ancora di più l’interesse del suo interlocutore, “Allora, vediamo un po’… l’evento della Separazione delle Catene…no, troppo lungo … il giorno del contatto con l’Esterno …sicuramente non adatto per una serata del genere …. La voracità della Creatura del Lago Nero me la tengo per una prossima volta … Ah ecco!”, esclamò trionfante rivolgendosi a Luvr, “La Strega e i Cento Cavalieri! Sono più che sicuro che questo evento catturerà perfettamente il tuo desiderio di sapere”
“Il nome è un tantino altisonante non trovi? Non che gli altri siano da meno…Sembrano molto titoli di fiabe”, fece Luvr schernendo quello che a conti fatti era un suo superiore.
“Che cosa sono le fiabe se non storie ricche di pathos in cui mostri ed impavidi guerrieri si danno battaglia all’ultimo sangue? Inoltre non mi andava di segnarle sotto un comune numero, dopotutto questi eventi sono parte delle mie creature più interessanti”, rispose immediatamente quello, con voce stranamente aulica.
Luvr per tutta risposta si fece scappare un sorriso largo tutta la faccia, “Touchè. Bene, sono tutto orecchi…stupiscimi”
“Non sarò certo io a farlo”, fece Dae mentre si apprestava a leggere la prima riga di quel rapporto, “Sono un semplice narratore degli eventi, ci penseranno loro a stupirti…Inoltre non fraintendere tu stavolta…Come ben saprai i mostri e i guerrieri di cui parliamo son ben reali e nessun dato sarebbe stato trascritto su questi fogli se non fosse certamente accaduto”
Dae posò l’indice della mano destra sul foglio, si schiarì leggermente la voce e iniziò a raccontare, “Era una notte buia e tempestosa, la generazione era la cinquantatreesima e la guerriera nostra protagonista era il numero sette e si chiamava Aileen…”
Fuori dall’edificio, un fulmine attraversò le montagne con un fragore, come se neanche il cielo volesse ricordare quella tragica storia.






N.d.M. 

Ho cercato di rendere la visione del territorio in maniera più realistica possibile, ma non essendo meteorologo non posso certificare al 100% che il risultato sia corretto. Inoltre la divisione temporale tra le varie generazioni di Claymore ed in generale di tutto il mondo in cui si sviluppano le vicende, non è affatto chiara per la mancanza di riferimenti temporali precisi. Spero perciò di non aver essermi sovrapposto ad altri eventi già avvenuti nella normale continuity. 
Un saluto ;)

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Capitolo 2
*** The World, The Flesh and The Devil ***


2- The World, the Flesh and the Devil
 
 
“Esistono due tipi di futuro: il futuro del desiderio e il futuro della sorte. Il problema è che la ragione umana non è mai stata capace di separare i due concetti”
 
 
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Era una notte buia e tempestosa, più che normale in una serata d’autunno. La pioggia, a dispetto dell’aspetto dei cumulonembi, cadeva quasi con leggerezza sul paese di Boden. L’acqua scorreva placidamente lungo i tetti spioventi delle case, ricadendo verso il basso in velocità e generando pressappoco invisibili cascate. Nonostante il tempo, la piazza centrale dell’insediamento era affollata anche se non certo della più piacevole delle compagnie. Per quanto vestissero di abiti umani, zanne e artigli tradivano la vera natura dei locali. Incuranti della pioggia, se ne stavano li a guardare in cagnesco una figura poco più bassa di loro ed, all’apparenza, più gracile. Non fosse stato per la famigerata grande spada che portava sulla schiena, avrebbero sicuramente avuto più ardore nel gettarvisi contro, dopotutto il vantaggio numerico era dalla loro parte: ben otto massicci Yoma adulti la circondavano. Vivevano in quel posto da quasi sei mesi ormai e, sebbene il loro numero si era andato a moltiplicare durante quell’arco di tempo, erano riusciti a mantenere un profilo abbastanza basso da permettergli di non vivere di stenti.
Il fatto di essere dei mostri privi di compassione e cacciatori di uomini non gli aveva certo impedito di mettere in atto una organizzazione abbastanza efficiente per procurarsi il cibo senza dettare troppo sospetto. Ad esempio, uno di loro era diventato parte della squadra di cacciatori del borgo. Fu piuttosto facile, bastava avere conoscenze base di come seguire le tracce della fauna e essere un minimo abili nel preparare trappole o utilizzare un arco. Nessuno perciò ebbe da ridire nell’avere una mano in più durante le battute di caccia, anzi ci volle pochissimo perché lo yoma fosse ben integrato all’interno di quel gruppo di avventurieri. Tutto questo giocò enormemente a favore del mostro, gli bastava veramente un istante per passare da cacciatore di conigli a quello di interiora umane. Così accadde che il marito della fruttivendola venisse apparentemente attaccato da un orso, che il povero figlio dei Lange diventasse orfano di padre poiché questi stava inseguendo un cervo su un terreno sconnesso ed una roccia instabile lo aveva colpito alla testa, oppure ancora che il vecchio Taino fosse accidentalmente morto dissanguato a causa di un malfunzionamento di una sua trappola che, mentre veniva preparata, gli aveva mozzato il braccio.
Oltre a ciò che lo yoma recuperava sul luogo dell’omicidio, i bastardi avevano preso l’abitudine di scavare la fossa dove venivano seppelliti i morti più -freschi- così da non perdere neanche un osso del loro faticoso operato. Ciò era reso possibile da uno dei loro simili, il quale aveva preso il posto di prete locale. Con tale autorità poteva celebrare la cerimonia di sepoltura in giornata, per supportare tale pratica era riuscito ad inculcare nella mente dei poveri abitanti locali il fatto che lo spirito del defunto non avrebbe potuto raggiungere il paradiso celeste se non tumulato entro ventiquattro ore.
Questa tipo di organizzazione era ramificata in tutto il luogo, in tal modo riuscivano anche a gestire possibili sospetti e fughe di notizie, sminuendole o rassicurando i coinvolti nella faccenda che era tutto solo una terribile disgrazia. Certamente non erano sempre perfetti, infatti quando ormai molte persone iniziarono ad abbandonare il paese poiché visto come maledetto dalla cattiva sorte, persero qualsiasi tipo di pianificazione ed iniziarono a commettere sempre più errori e così non poterono più impedire l’invio di una richiesta di soccorso verso le Claymore.
 
L’atmosfera era tesa. Sebbene dall’entrata in scena della donna dagli occhi d’argento fossero passati solo un paio di minuti, agli occhi degli yoma parvero almeno dieci che quella se ne stava ferma in mezzo a loro a osservarli, in attesa forse che facessero la prima mossa. L’unica eccezione era la pioggia, la quale continuava a calare imperterrita su quella immobile scena non curandosi di possibili vintori o vinti.
Aileen sbuffò con impazienza. Tutta quella strada percorsa e pioggia presa solo per qualche yoma di basso livello. Chiuse gli occhi, espanse i sensi ed iniziò a identificare tutti gli yoki presenti nella piazza.
“Uno, due, tre..”, iniziò a contare senza troppo zelo. I primi tre erano a circa quindici metri difronte a lei. Tutti i muscoli tesi in posizione difensiva, pronti a subire un assalto frontale. Altri tre erano a poco più di nove metri dietro di lei chiudendogli una possibile via di fuga, rannicchiati sulle zampe posteriori e preparati a scattare per ghermirla alle spalle. Gli ultimi due erano posizionati rispettivamente alla sua destra e sinistra, pronti ad allungare gli artigli e colpirla in quelli che sarebbero stati punti ciechi se fosse balzata in avanti. Mentalmente gli riconobbe che erano piuttosto preparati per essere un gruppo di semplici mostri. Di sicuro erano il gruppo di yoma più organizzati che avesse affrontato sin ora, escludendo i Risvegliati chiaramente.
“Solo otto di voi in tutto? Pensavo qualcosa di peggio vista la descrizione nella richiesta d’aiuto..”, fece con disappunto, lanciando uno sguardo glaciale dritto negli occhi ai tre nemici che aveva dinanzi.
Mentre due di quelli ebbero un fremito di terrore, il terzo al centro del trio ghignò e rispose bellicoso, “Non ti sopravvalutare Strega, noi non siamo affatto simili a quelli che hai affrontato sinora!”
“Certo, certo..”, sussurrò tra se e se Aileen mentre afferrava l’elsa della lama con la mano destra.
La claymore emise il famigliare sibilo di quando veniva estratta in modo lento e calcolato. La strega non le fece toccare terra, così le gocce di pioggia iniziarono una corsa lungo tutto il corpo della spada, disegnando quella che pareva un’intricata ragnatela. Saltavano poi la cresta centrale per accumulandosi sulla punta della lama per infine ricadere a terra come un’unica massa sferica d’acqua.
I tre demoni posizionati difronte alla ragazza si prepararono a riceverla, consci del fatto che, se la strega fosse saltata contro di loro per primi, si sarebbe trovata la schiena totalmente esposta all’attacco dei loro compagni. L’idea, in breve, era provocarla per indurla ad attaccare frontalmente così da chiuderla in una manovra a tenaglia e concludere quello scontro nel più breve tempo possibile. L’idea magari avrebbe potuto funzionare con una Claymore di basso grado, più per forza di numero che per astuzia, ma, per loro sfortuna, quella che si trovavano a combattere era tutt’altro che una cacciatrice inesperta.
Contrariamente al loro piano infatti, la strega balzò all’indietro dirigendosi verso quelli che dovevano essere i suoi assaltatori. I tre, vedendola caricare a schiena scoperta, le si avventarono contro spinti dall’istinto e dalla furia, ignorando che le posizioni di preda e predatore si erano appena invertite.
Aileen iniziò ad eseguire una piroetta verso destra, accompagnando nel movimento la spada con tutto il corpo. Una volta compiuto mezzo giro, estese completamente il braccio destro così da coprire un ampio raggio con la sua arma. In tal modo, mentre la ragazza completava il giro su se stessa, la lama incrociò le braccia e le teste degli yoma che, ormai nel mezzo dello slancio, non poterono cambiare direzione per evitare quella orrenda sorte. Il primo perse entrambe le mani dal palmo in su e dalla fronte tagliata a metà uscì parte della materia grigia. Al secondo, la claymore si conficcò all’altezza degli occhi separando la testa in due parti. Non sentì neanche dolore. Al terzo infine toccò ricevere il colpo alla base del collo, il quale troncò vertebre, midollo spinale e trachea. La ragazza atterrò appena davanti ai corpi mutilati e immersi in una pozza di sangue violaceo. Non si soffermò neanche un secondo a contemplare il risultato del suo attacco. Si voltò di scatto e deviò con il medio della spada due tentacoli partiti dalla mano del mostro che prima gli stava sulla destra.
Il gruppo di demoni si era già riorganizzato: il trio che poco prima era sulla difensiva ora si lanciava in una carica a testa bassa, mentre gli altri due rimanevano ai lati della precedente formazione attaccandola da lontano con i loro tentacoli.
Aileen si gettò sulla destra schivando altri due estensioni di dita demoniache. Si diede poi uno slancio davanti a se caricando a sua volta contro i tre, ma, non appena vi fu faccia a faccia, saltò oltre loro eseguendo una capriola. I tre, spiazzati dalla rapidità del movimento, scivolarono nella terra bagnata e furono costretti ad affondare le unghie nel fango per ritrovare l’equilibrio. Così facendo la giovane dagli occhi d’argento ebbe campo libero verso quei due tiratori. Scattò verso quello più vicino a lei e in un attimo gli fu addosso. Fece calare un fendente fulmineo verso il braccio armato dello yoma mozzandoglielo di netto tra le urla di dolore disumane di quello. La spada però non terminò li il suo movimento, quando stava per toccare terra Aileen fece ruotare l’elsa di piatto e sfrutto l’inerzia per riportare la lama verso l’alto e troncare il busto del suo avversario. Inquietanti suoni di ossa rotte e muscoli strappati attraversarono l’aria coprendo per un secondo le grida del nemico ormai morente.
Paralizzato dalla brutalità dell’attacco, il secondo demone provvisto di tentacoli non riuscì ad utilizzare un colpo preventivo per impedire alla donna di avventarsi su di lui. La Claymore non aspettò che avesse ripensamenti e si diresse verso di lui con un grande impeto. Alzò la spada all’altezza del seno e si fiondò sullo sterno del mostro, trapassandolo da parte a parte. La forza del colpo fu tale da far terminare la carica contro una casa, impalando così l’avversario alla parete. Il muscolo cardiaco esplose letteralmente sotto la violenza dell’impatto.
Gli ultimi tre nemici intanto avevano chiuso nuovamente la distanza con la guerriera e si preparavano al confronto diretto. Aileen liberò la pesante arma dal muro con forza terminando il movimento con un fendente laterale smembrando il corpo del primo malcapitato dalla spalla sinistra fino all’altezza dell’anca destra. Proseguendo in mezzo ai fiotti di sangue, parò, usando tutto il forte della spada come scudo, il violento attacco di artigli del primo yoma sulla sinistra e allontanò il secondo tirandogli un calcio ben assestato sul muso. Ottenuto questo vantaggio, la strega girò su se stessa liberando una sciabolata discendente che dissezionò i due tanto intrepidi quanto sciocchi nemici.
Ormai zuppa dalla pioggia, Aileen tornò al centro della piazza e iniziò a guardarsi intorno in cerca di qualche segno di vita. Mentre era impegnata in questa azione, mostruose figure balzarono giù dai tetti delle case circostanti dritte verso di lei. La luna illuminò la scena rivelando altri cinque demoni inferociti pronti a divorarla.
In quel momento gli yoma erano sicuri di aver la vittoria in pugno. La Claymore gli dava le spalle e non pareva essersi ancora accorta di loro. L’avrebbero uccisa, ne avrebbero violentato il corpo per poi mutilarlo in tutte le maniere a loro conosciute, infine sarebbero scappati passando ad un nuovo villaggio da tormentare e in cui nutrirsi…o almeno questo era quello credevano.
“Oh! Finalmente siete voluti uscire allo scoperto”, disse Aileen ancora dando le spalle ai nemici, “Sinceramente avreste fatto meglio ad unirsi con i vostri compagni nell’attacco precedente…Avreste potuto persino ferirmi”
In quel momento fu come se la pioggia si fosse fermata. Un profondo senso di paura trascinò la rabbia e la sicurezza dei demoni nell’oblio. Una ondata gelida gli attraversò le vene ed una sensazione di impotenza riempì l’animo di ciascuno di loro. Era come se una forza invisibile li stesse stritolando dall’interno, privandoli delle loro forze e lasciandoli inermi dinanzi a possibili attacchi. Si sentivano come già morti, eppure, sebbene abbandonarono l’idea di attaccare la strega, atterrarono al suolo senza grosse ripercussioni. Si guardarono a vicenda e constatarono che, stranamente, erano ancora vivi. Stavano per riprendere un po’ d’animo quando la voce della donna interruppe i loro pensieri.
“Non sogghignate”, li ammonì la Claymore freddamente.
Girandosi poi lentamente verso di loro, li squadrò con uno sguardo severo. I suoi occhi erano come i loro, iridi dorate e pupille strette in una fessura.
“Siete già morti dopotutto..”, concluse, camminando lentamente verso il punto in cui erano atterrati i quattro.
Quelli provarono a reagire. Cercarono di buttarsi contro di lei, liberare gli artigli e affondare i denti nelle sue carni, ma invece rimasero immobili sul posto. Presi dallo sgomento iniziarono a urlare, cercavano di dimenarsi, ordinavano ai loro corpi di muoversi, utilizzando sempre più forza, sempre più yoki, ma i muscoli non rispondevano ed, anzi, ad ogni nuovo tentativo quelli si facevano più saldi nella loro posizione.
Infine capirono che la loro fine era vicina ed iniziarono ad insultare la strega. Gli davano della maledetta, della puttana, insultavano sua madre, i suoi parenti e qualcuno persino bestemmiò gli dei.
Aileen non si fece attendere oltre. Alzò la spada al cielo e pose fine alla miserabile vita di quei quattro scherzi della natura.
 
 
 
 
 
 
 
“Quindi era una esperta nel manipolare lo yoki del nemico”, esclamò d’un tratto Luvr sistemandosi il cappello sulla testa.
“Una delle migliori di sempre”, confermò Dae girando pagina del tomo, “Contrariamente all’abilità dell’attuale numero tre dell’organizzazione, Aileen era solita applicare la costrizione dello yoki sui suoi bersagli. Silenziosamente stabiliva un contatto con l’energia diabolica avversaria e la comprimeva pian piano che il combattimento andava avanti. Solitamente, quando il bersaglio si accorgeva di ciò che stava succedendo, la nostra numero sette aveva schiacciato la forza avversaria diramandosi in tutto il corpo nemico. A quel punto era inutile tentare di liberarsi, visto che il controllo sul fisico era ormai in mano di Aileen. Inoltre, anche se avessero compreso in tempo gli effetti della tecnica, la Claymore avrebbe comunque mantenuto un vantaggio tattico, avendo soppresso o disperso gran parte delle energie avversarie”
“Impressionante”, ammise l’altro, mentre portava l’indice sinistro sul ponte degli occhiali per sistemarli meglio sul naso, “Però tutto questo potere ed era solo la numero sette? Sembra più una candidata adatta al numero dieci o superiore. Mi suona abbastanza irrealistico che non ci fosse qualche motivazione particolarmente rilevante dietro ciò”
Il vecchio scienziato posò i gomiti sulla scrivania ed intrecciò le dita delle mani, “Ovviamente”, confermò al suo interlocutore con un veloce cenno d’assenso del capo, “Innanzitutto per quanto la sua abilità fosse incredibilmente efficace su nemici semplici, era di gran lunga meno performante sui risvegliati. Non perché fossero più resistenti a subire la costrizione dello yoki, ma per questioni puramente di tempo”
Luvr inclinò un sopracciglio, non capendo dove Dae volesse andare a parare, fortunatamente quello non fece attendere la spiegazione.
“I risvegliati, come ben sai, possiedono molta più energia diabolica dei normali yoma, questo significa in termini pratici che Aileen necessitava di una lasso di tempo molto superiore per avere un controllo completo sul corpo avversario. Ciò si traduceva in scontri più lunghi e complessi da gestire poiché doveva cercare di sopprimere lo yoki nemico mentre tentava di non morire affrontando quei colossi. Inoltre, se non mostrava difficoltà a gestirne un alto numero  di yoma semplici, in combattimenti contro risvegliati non poteva controllare più di un corpo completo alla volta, il che chiaramente limitava molto la sua utilità su scontri in scala più ampia. Tuttavia, bisogna riconoscerle che mostrò di poter gestire più risvegliati contemporaneamente, prendendo il controllo solo di uno o massimo due arti per coppia di mostri per un breve periodo”
“Capisco... Quindi era molto più comodo che avesse un gruppo che sostenesse questa sua linea d’azione. Effettivamente, in una caccia vera e propria si compongono delle squadre da quattro o cinque guerriere. E’ facile immaginarla impegnata nelle retrovie mentre le sue compagne tengono occupato il mostro”, asserì il coordinatore.
“Perspicace”, si complimentò il capo del reparto scientifico rivolgendogli un sorriso sardonico, “Tuttavia, il vero motivo per cui non la portammo più vicina all’organizzazione come numero dieci o come più alto rango, era la sua seconda e maggiore qualità: l’intelligenza. La ragazza era tutto fuorchè una sciocca. Era curiosa e acuta, cercava spesso di venire a conoscenza dei dettagli del mio lavoro o altri dettagli legati all’organizzazione. Inoltre questa sua qualità si rifletteva sul campo di battaglia. Di per se non era una leader eccezionale, ma il pensiero tattico che aveva mostrato a più riprese le era valso il rispetto delle sue compagne che le affibbiarono il titolo di Aileen la Mente Splendente. Più il tempo andava avanti e più acquisiva consapevolezza del luogo in cui si trovava, degli yoma e dell’organizzazione. Non era come le altre guerriere, creature nate dai miei esperimenti, fortificate dall’odio e con il solo scopo di eliminare i demoni da queste terre…no, lei si poneva le domande giuste…E lo sai anche tu Luvr, chi si fa le domande giuste può trovare le risposte giuste e quel qualcuno non avrà certo vita lunga nel nostro mondo”
“Umpft! Mi ricorda qualcuno..”, bofonchiò l’interlocutore, mentre si infilava le mani nelle tasche dei pantaloni con fare soddisfatto.
Appagata la curiosità di Luvr, Dae si schiarì la voce e riprese a leggere.
 
 
 
 
 
 
Boden sembrava una città fantasma. Sicuramente erano presenti ancora cittadini, i quali, molto probabilmente, avevano anche assistito al feroce scontro avvenuto pochi minuti prima, ma la paura doveva ancora stringergli il cuore non permettendogli di muovere un passo fuori dalle loro abitazioni. Aileen camminava a passo lento lungo quella che doveva essere la strada principale del borgo. Muoveva la testa a destra e a sinistra ritmicamente cercando l’abitazione del capovillaggio per congedarsi dal luogo con la solita frase di rito per quelle occasioni.
La pioggia aveva anche smesso di cadere, concedendo una tregua dopo il gran fanfare scoppiato poco prima.
Ad un certo punto, si aprì la porta di una casa posizionata sulla sinistra della strada ed vi si sporse un uomo alto, robusto e con una barba curata come solo quella dei re, ma il vestiario, decisamente più adatto ad un modesto benestante che ad un reale, ne tradiva la vera natura. Quello fece segno alla ragazza di entrare, cosa che non tardò ad eseguire.
Entrata all’interno, fu accolta da una calda vampata proveniente dal camino posto in fondo alla sala. Richiusa la porta alle sue spalle, potè notare come l’arredamento fosse elegante nella sua semplicità: vi erano due poltrone foderate e una piccola panca in legno che si chiudevano a semicerchio davanti al piccolo focolare, un tavolo imbandito con un candelabro a quattro braccia al suo centro e vi era persino un quadro sulla parete destra raffigurante un bel paesaggio al tramonto. La Claymore non riuscì a fare a meno di sentire una nostalgica e familiare sensazione di casa, cosa che le riempì il volto di un ampio sorriso. In fondo alla stanza, stazionanti sullo stipite di un ingresso che probabilmente dava sulla cucina, vi erano altre quattro persone, due uomini e due donne che emisero un vociare carico di sospetto alla vista della giovane che sorrideva. Aileen, richiamata da quel brusio, incrociò lo sguardo con quel gruppetto e rivolse anche a loro quella espressione felice. Quelli, in tutta risposta, si contrassero spaventati per poi venire spediti nell’altra stanza da un rimprovero dell’uomo robusto di prima. Quest’ultimo la invitò a seguirlo al piano superiore prendendo una scala posizionata a sinistra della sala.
Il piano di sopra era meno arredato del precedente, ma mostrava ugualmente un certo gusto estetico. Una grande scrivania era posizionata poco distante dalle scale e mostrava segni di dedizione al dettaglio e cura in ogni sua parte. Non doveva essere molto vecchia ed, in ogni caso, si vedeva che era tenuta particolarmente cara anche dal suo padrone. Dietro di essa, fissata alla parete, c’era la pelle di un orso lunga almeno tre metri. Chiunque avesse abbattuto quel bestione di certo meritava un encomio persino da una Claymore.
Il nerboruto si mise a sedere sulla sedia della scrivania e invitò la ragazza a fare lo stesso, la quale rifiutò gentilmente sapendo che, ad ogni modo, quell’incontro sarebbe stato breve.
“Mi scuso per il comportamento di quei quattro poco fa”, fece lui in tono veramente dispiaciuto, “Spero non ti abbiano infastidito. Comunque io sono Burk, il borgomastro”
“Non si preoccupi”, rispose Aileen, presentandosi a sua volta e muovendo la mano in cenno di diniego, “Mi capita spesso. Sarei rimasta stupida del contrario, mi creda”
Burk distolse l’attenzione dalla guerriera e portò la sua mano ad aprire uno scompartimento sulla destra della scrivania, da li ne estrasse un sacco ricolmo di monete che tintinnarono sonoramente una volta posate sul piano superiore della scrivania, “Ecco il compenso pattuito. Ci sono tutti”, confermò in tono a metà tra il severo e riluttante, “Ho quasi dovuto svuotare i guadagni di sei mesi, ma confermo che ne è valsa la pena, visto l’impeccabile servizio offerto”
Il primo cittadino volse uno sguardo inquisitorio verso Aileen. Aveva spesso sentito dire che le Claymore fossero molto giovani e abili, ma non si era mai immaginato che entrambe le cose andassero di pari passo. La guerriera che gli stava difronte, poco più alta di un metro e settanta centimetri, indossava una uniforme completamente bianca che vantava vari pezzi di armatura d’acciaio rinforzato in più punti. Gambiere e scarpe sembravano quasi un tutt’uno con gli arti e persino le manopole sembravano naturali estensioni del suo corpo. L’unica cosa fuori posto sembravano gli spallacci, i quali, sebbene curvi, si espandevano più verso l’esterno piuttosto che scendere lungo le braccia come nelle armature classiche. Nota aggiuntiva era il piccolo drappo retto da un aggancio metallico che copriva parzialmente il fodero della spada, pareva completamente fuori posto, a meno che non fosse stato inserito con l’esplicito intento di fare scena. In tutto ciò, mancava in modo ovvio la cotta di maglia o qualsiasi altra protezione per quanto riguardasse busto, cosce o testa, così, ad un occhio inesperto, sembrava che le guerriere andassero più a farsi macellare che uccidere dei demoni. Inoltre il peso di quelle componenti avrebbe dovuto mettere a dura prova il fisico della giovane, che invece sembrava non sembrava in alcun modo mostrare segni di fatica nell’indossare tale singolare completo.
Ciò che colpì di più Burk era il viso di Aileen: occhi e cappelli erano entrambi argentei, le malelingue affermavano che fossero diventati di quel colore per via di patti stretti con i demoni stessi per acquisire le loro straordinarie capacità di combattimento. I capelli erano lunghi oltre le scapole ed erano raccolti in una coda da un piccolo nastro azzurro posizionato alla base della nuca. Sulla parte sinistra del viso, diversi lunghi ciuffi si estendevano fino alla guancia e poco sotto il labbro destro era presente un sottile e netta cicatrice.
Non badando all’ispezione che il suo interlocutore stava perpetrando con lo sguardo, la Claymore rispose con la sua collaudata frase, “Più tardi passerà un uomo in abiti neri a ritirare la cifra concordata. A noi guerriere non ci è permesso ritirare il pagamento di persona”
L’uomo, che persino da seduto la superava in altezza, aggrottò le sopracciglia in tono turbato, “Come capirò che è l’uomo giusto?”, poi aggiunse con una punta di sincera curiosità, “Inoltre, se mi è permesso di chiedere, perché mai non vi è permesso di ritirare personalmente la vostra ricompensa?”
La ragazza assecondò il borgomastro e soddisfò il suo interesse, “Si presenterà a voi come mio tutore, nominando espressamente il mio nome. Viene da se che, ora che mi sono presentata, saprete dire subito se lui è l’uomo giusto a cui affidare la preziosa valuta”, si passò una mano sulla guancia per sistemarsi meglio la ciocca di capelli, “Per quanto riguarda la seconda domanda, si dice che fosse una delle prime regole imposte alle Claymore perché non si sapeva ancora se ci si poteva fidare dei mezzidemoni. Credo persista tutt’oggi solo per abitudine, ma in fondo in fondo credo che preferiscano rimanere loro quelli che gestiscono la contabilità”, concluse, con un genuino sorriso e piantando le mani sul bacino.
Burk rimase abbastanza colpito dal modo di fare della guerriera. Aveva sentito molte storie riguardo alle streghe dagli occhi d’argento, in tutte erano descritte come peggio degli stessi demoni a cui davano la caccia tanto nella lotta quanto nell’atteggiamento, ma quella che aveva davanti sembrava tutto fuorchè una temibile assassina.
-Probabilmente le Claymore sono come tutte le persone normali-, pensò,-ve ne sono di cordiali come ve ne sono di burbere-
“Mi tolga lei, invece, una curiosità borgomastro”, chiese d’improvviso la ragazza indicando il petto dell’uomo, “Dove avete trovato l’ametista che portate al collo?”
Burk fu colto alla sprovvista da quella insolita domanda. Non si aspettava certo che ad una guerriera come quella interessassero certi ninnoli. Era una pietra di quarzo violacea di forma irregolare che emetteva diversi piccoli e brevi scintillii. Probabilmente una varietà non dall’alto valore vista la forma e le venature di altri minerali all’interno.
“Questa?”, fece prendendola tra le mani e mostrandola ad Aileen, “Niente di particolare. E’ un gioiello che si tramanda a tutti i borgomastri, apparteneva al nostro vero primo cittadino. Leggenda vuole che sia stato lui ad uccidere l’orso di cui vedete la pelle alle mie spalle”, si tirò infine indietro e affondò la schiena sulla sedia con stanchezza, “Una specie di portafortuna per coloro che devono compiere scelte difficili per il bene della comunità”
“In questo caso vi ha consigliato bene, dopotutto hanno mandato per aiutarvi”, fece la Claymore in tono amichevole.
“Forse..”, rispose lui aggrottando la fronte, “Probabilmente avrei dovuto seguire il consiglio cittadino e mandare prima la richiesta…magari avrei evitato di perdere altri amici e di far piangere molte famiglie”, concluse stringendo con forza la pietra nel palmo della mano destra.
“Se non avevate prove certe della presenza di demoni nella cittadina, credo abbiate fatto bene a non inviare una richiesta prematuramente. Dopotutto il nostro servizio, come avete accennato in precedenza, non è affatto economico e in caso di falsa segnalazione avreste dovuto comunque pagare parte della somma come risarcimento”, cercò di rincuorarlo la strega, anche se non nel migliore dei modi, mentre si avvicinava ad una libreria posta sulla destra della stanza.
Burk la seguì con lo sguardo, “Capisco…suppongo che sia andato tutto per il meglio dunque…”
“So di non aver diritto di chiederglielo borgomastro”, fece Aileen in tono scusante, “Ma vorrei avere il permesso di portar via questo libro con me”
Il volume a cui faceva riferimento era leggermente consumato sui bordi, ma con la parte frontale della copertina ancora pulita su cui era inciso a grandi lettere l’argomento trattato al suo interno.
L’uomo non aveva interesse nel contenuto del libro perciò non ebbe di che protestare, anzi, fu lui stesso a consegnargli il volume, abbinato ad una piccola cinghia per legarselo intorno alla vita, come piccolo extra per l’abilità mostrata contro gli yoma.
 
 
 
 
 
 
Poco più tardi, lungo la strada all’esterno del paese, Aileen incrociò il suo responsabile. Tale Tussad che, come ogni altro uomo dell’organizzazione, amava andarsene in giro fasciato nei suoi abiti neri, lasciando visibili giusto gli occhi. Era appollaiato su un grosso masso posto sul bordo sinistro del sentiero.
Non appena la vide arrivare, saltò giù dal suo trespolo, “Ti sei fermata ancora una volta oltre i tempi previsti”, la rimproverò quello, lasciando trasparire l’ira dai suoi occhi, “E perché diamine ti stai portando appresso l’ennesimo libro?”
La ragazza aveva l’insolita abitudine, specie tra le guerriere, di raccattare libri di ogni genere e tipologia dai vari villaggi in cui svolgeva le sue missioni. Tramite questo espediente era riuscita a sviluppare una cultura e conoscenza molto più ampia di quella offerta durante l’addestramento. Leggeva con avidità non appena ne aveva l’occasione, conscia del fatto che qualunque materiale recuperato le sarebbe poi stato sottratto. Difatti, l’organizzazione non le consentiva l’accumulo di quel materiale poichè, a detta loro, non era strettamente necessario allo svolgimento dei suoi compiti. Un chiaro segno che quegli uomini che l’avevano creata non desideravano certo che le ragazze espandessero il loro modo di vedere il mondo. Pensare era pericoloso.
“Sei troppo severo”, fece la guerriera confrontandolo con sguardo dolce, “Se avevi fretta potevi entrare nel villaggio e tagliare corto di persona”, lo sfidò, “Per quanto riguarda il libro…Lo sai che viaggiare da un posto ad un altro mi annoia! Leggere è l’unico modo che ho di ammazzare il tempo”
L’uomo in nero fece un passo in avanti e, visibilmente inviperito, alzò il tono della voce, “L’unica cosa che tu devi ammazzare sono gli yoma! Non mi pare che ti abbiamo addestrato per lavorare in una biblioteca!”
La Claymore non rispose, si limitò a portare la mano davanti alla bocca e sbadigliare esageratamente, sperando stizzire ancora di più il suo coordinatore. Cosa che puntualmente avvenne.
Tussad digrignò i denti, “Sei impossibile..”, disse scuotendo la testa, “Ad ogni modo, dirigiti a Lido, nelle terre di Toulouse. Li formerai una squadra con altre tre guerriere, di cui una ad una cifra per una missione speciale”
L’insolita scelta di parole smosse la curiosità della ragazza, “Cosa intendi dire con -missione speciale-?”
“Dovrete scortare un importante carico verso la città Santa di Rabona. So cosa stai pensando…è vero, è una missione che non capita spesso vista la destinazione e la tipologia di incarico, ma il denaro muove tutto, no?”, gli rispose l’uomo in nero ridacchiando, “Ora muoviti! Grazie al tuo cianciare con questi villici sei già in ritardo sulla tabella di marcia”
Aileen non fece altre domande, sapeva che non avrebbe ottenuto altro dalla bocca di Tussad. Tirò un lungo sospiro e iniziò ad incamminarsi verso Lido.

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