Che la storia delle Doppelgangers sia sempre la stessa?

di CardoCampestre
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3. ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO

 


"Mi sono dovuta ambientare troppo in fretta, ho dovuto accettare troppe cose, rinunciare ad altrettante e convivere con persone che al momento non vorrei frequentare ma che si ostinano ad essere gentili con me. Come se fossi l'ennesima copia da salvare.
Odio la mia posizione, quella della piccola ragazzina appena arrivata che non riesce a trovare il suo posto poichè tutto quello che sta succedendo a me è già successo a lei parecchi decenni fa.
La povera piccola Elena Gilbert in balia della sua sfiga.
Ed io?
Io sono solamente la sua ennesima riproduzione. Riproduzione che si sente di troppo, usata e che prova a fare un po’ sua questa assurda storia.
A darmi un pò coraggio è lui, Damon.
Lui può starmi attorno come, quando e quanto vuole. Pare che anche questo faccia parte della storia di Elena e dell’altra uguale a me, Katherine. Pare che entrambe abbiano avuto una piccola scappatella con i fratelli Salvatore.
Quindi mi ritrovo improvvisamente circondata da Vampiri, Licantropi, Streghe, cacciatori di vampiri e due, dico due, Doppelganger identiche spiccicate a me, cosa alquanto imbarazzante dato che per uno strano e fastidioso caso del destino siamo tutte destinate a gironzolare attorno ai fratelli Salvatore.
Per prima è toccato a Katherine, vampira affascinante che seppe gestire entrambi i fratelli a suo piacimento per poi tramutarli in vampiri.. è stata talmente stupida da riuscire a perderli entrambi; dopo di lei la povera piccola vittima Elena ha avuto una storia con i due fratelli decidendo in fine di scegliere l’aitante, premuroso e affascinante Stefan. Ed ora, a quanto pare, ci sono io.
Io, che ho incontrato l’oceano più profondo ed il cielo più limpido negli occhi di Damon.
Ho incontrato la tempesta e la quiete del suo animo nei suoi gesti più piccoli.
L’indecisione e la tenacia nelle sue sopracciglia contratte.
Il terrore, l’Ira e la passione nelle sue vene gonfie dalla sete di sangue.
La voglia di essere amato e l'amore incondizionato nel suo volto che solo un’altra volta era stato così sereno da portare seria felicità nella sua vita.
La cosa che logora dentro, che mi fa piangere la notte, è che i miei capelli bruni, i miei occhi marroni, le mie labbra, addirittura le rughe che mi solcano la fronte quando sono preoccupata sono identiche a quelle delle ragazze che lui stesso ha amato, Katherine ed Elena. In fine, sono morta prima di poter accettare tutto questo.
Una morte veloce ed indolore, così mi hanno raccontato.
La morte di una ragazza imprudente e goffa che si spinge troppo all’interno del bosco e che fuggendo da un lupo solitario inciampa in una radice rotolando fino a tornare all’inizio del sentiero rompendosi l’osso del collo.
Da quel che so Katherine mi ha trovata e portata a casa Salvatore, atto che ha sorpreso tutti, tranne me. Lei mi è simpatica, è l'altra che proprio non sopporto.
Una volta sveglia mi è stato confidato che Damon, nel mezzo bicchiere di vino rosso che mi ha offerto al Grill ad ora di pranzo, ha versato del sangue di vampiro.
Quindi ora eccomi qui, viva (si fa per dire), vegeta e vampira ad affrontare ciò che la mia vita mi pone davanti.
Damon è convinto di  guarirmi con la cura che trovarono quando Elena  si è trasformata in vampira ma, se questa cura esiste davvero, devo utilizzarla per eliminare l’unica Doppelganger che non mi rinfacceranno di aver “curato”.
La più simpatica tra le due purtroppo, Katherine, vampiro da almeno 600 anni.
Le ammazzerei entrambe se solo potessi.
Non sopporto guardarle e non sopporto pensare al loro passato.
Mio malgrado curerò Katherine e, lo so per certo, Damon mi aiuterà".

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


CAPITOLO 1.
Caro diario…

Comincio con il presentarmi: Mi chiamo…


Chiusi con violenza il quadernino rosso che giaceva sul mio comodino e lo buttai sotto al letto borbottando qualcosa contro quella malsana idea che era venuta alla signorina Smith, poi mi stesi sul letto con la pancia in giù e ben spalmata su tutta l’area del materasso con le gambe e le braccia che occupavano ognuna un angolo del letto e la faccia piantata nel cuscino come ero solita fare quando mi lamentavo.
Susan, la ragazza che occupava il letto accanto al mio e mia cara amica, ridendo posò il libro che stava leggendo e venne a punzecchiarmi la schiena.
“Lasciami disperare in pace” dissi con la voce attutita dal cuscino.
“Su, non puoi reagire così” disse Sue sempre ridendo.
“Non sto reagendo in nessun modo, penso solo che obbligarmi a tenere un diario solo per capire perché nessuna famiglia chiede mai di me sia una cosa inutile. Non sono un caso patologico.. Presto diventerò maggiorenne ad andrò a vivere da sola da qualche parte” dissi girando la testa verso il letto di Sue.
“Non andrai da sola proprio da nessuna parte, vedrai che presto arriveranno due genitori, e magari anche qualche fratello, che cercherà una figlia proprio come te!”
“Sue, tu lo dici così facilmente perché tra tre giorni te ne andrai da questo posto e comincerai a vivere come una ragazza normale” le dissi guardandola.
Il fatto che dovessimo dividerci faceva male ad entrambe ma non ce l’eravamo ancora mai detto, aspettavamo l’ultimo abbraccio per piangere e salutarci.
Che poi era un caso eccezionale la durata della nostra amicizia perché di solito le ragazze venivano adottate da piccole, mentre noi ci avvicinavamo ai 17 anni e vivevamo nell’istituto d’accoglienza da quando avevamo memoria.
Proprio in quel momento Callie, la bimba di 8 anni che dormiva accanto a Susan, si avvicinò sedendosi al mio letto.
“La signorina Smith sta parlando al telefono con una mamma e un papà che verranno a vedermi” disse eccitata.
La guardai pensando a quando, da piccola, tutte le bimbe venivano scelte ed io no.. per fortuna c’era Susan sempre con me.
“Oh ma davvero? Magnifico” le dissi entusiasta “Devi mettere quel delizioso vestitino con i fiori che ti ha comprato la Smith, così capiranno che sei una peste solo quando ti porteranno a casa!” Callie rise, le scompigliai i capelli e lei sistemandosi salì sul suo letto e si perse nel suo mondo.

“Leggi ancora di vampiri, Susan?” chiese con tono di rimprovero la signorina Smith quando vide Sue in tenuta da casa, distesa sul letto a sfogliare le pagine dell’ultimo romanzo che aveva comprato al mercatino dell’usato il giorno prima con me nelle ore di tempo libero.
“Ehmm.. si signorina Smith, ma non è nulla di violento glielo assicuro!” disse mostrando la copertina scura del libro.
“Che sia violento o meno” riprese la signorina Smith “ Non si addice ad una fanciulla carina ed educata come te. Forza, tra qualche ora verranno a prenderti, vedi di farti trovare pronta” le disse appendendo la gruccia con il nuovo vestito di Susan sull’anta del nostro armadio in comune.
Una volta che la signorina Smith su fu allontanata mi girai verso Susan che stava arrossendo per ciò che era scritto sul libro.
“Oh Edward ti amo così tanto, lascia la tua Bella e passiamo l’eternità insieme” dissi imitando la sua voce e lanciandole il cuscino. Lei ridendo mise in salvo il libro e venne a vendicarsi.
La sera precedente mi aveva parlato fino alla nausea del suo nuovo libro, di quanto la prendesse e di quanto amasse i personaggi; io ne ero contenta perché avevamo imparato a vivere così fin da piccole ad essere amiche dei personaggi dei libri e a credere che tutte le storie si potessero avverare.
“La tua nuova famiglia dovrà avere più spazio per ospitare i tuoi libri che te!” dissi ridendo.
Le continuai a chiedere della sua famiglia e di ciò che avrebbe voluto fare mentre si vestiva e sistemava i capelli.
Pensai che era davvero bella.

Quando il campanello suonò la signorina Smith era già in posizione d’attacco dopo aver preparato il Thè e controllato l’aspetto di Susan.
Ovviamente non mi era concesso assistere all’incontro ma ascoltai tutta la conversazione seduta sull’ultimo gradino della scala che portava alle camere; proprio alla mia sinistra ad un metro da me c’era, aperta, la porta della stanza in cui Susan e la signorina Smith stavano incontrando una donna, un uomo ed una bimba piccola.
Parlarono della futura scuola che avrebbe frequentato Sue, della sua camera da letto, dei suoi nuovi nonni, delle passeggiate della Domenica, della casetta sull’albero e di tante altre cose che Sue stava avendo la fortuna di riuscire ad avere.
Dopo un’ora la Signorina Smith venne a chiamarmi per salutare la mia amica.
Vidi la sua nuova famiglia e sorrisi a tutti, erano dolci e buoni proprio come Sue che mi abbracciò come non aveva mai fatto prima e capii poco dopo perché.
Non ci avevano mai divise, quella era la prima volta che passavamo più di qualche ora l’una lontana dall’altra.
La stritolai nel mio abbraccio e le bagnai i capelli con le lacrime mente mi sentivo addosso lo sguardo degli adulti.
Quando la signorina Smith venne a dividerci lo sportello della candida macchina della nuova famiglia di Sue era aperto ed i suoi bagagli caricati.
Guardai andare via quella macchina in silenzio, con la testa bionda di Sue che piano piano scompariva.

Tornai in camera sentendo una grande stanchezza addosso e sdraiandomi sul letto mettendomi istintivamente sul fianco sinistro verso il letto che prima occupava la mia compagna, lo trovai vuoto.
Allora, senza troppe cerimonie, diedi le spalle a quel letto e mi addormentai proprio nel momento in cui, nella piccola stanza adiacente alla camerata delle ragazze che fungeva da studio, squillava il telefono.

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


CAPITOLO 2.

Mi svegliai di soprassalto, qualche notte dopo la partenza di Sue, a causa di uno strano sogno.
Sicuramente, pensai, mi sono fatta troppo prendere dal libro che stava leggendo Susan.
Mi asciugai il sudore freddo che mi si stava appiccicando addosso e, rigirandomi nel letto, sperai di non tornare a sognare canini appuntiti, sangue, boschi e occhi famelici.
Nel dormiveglia, prima di cadere in un sonno profondo, riaffiorò l’immagine di un corpo adagiato su un prato.
Era il mio cadavere pieno di sangue.

Quella mattina mi svegliai con il sole di Agosto che mi scaldava la nuca e la schiena; quando aprii gli occhi rimasi per qualche minuto a godere di quella sensazione paradisiaca e rilassante che mi stava distraendo dalla sensazione che, piano piano, si faceva largo nella mia testa. Un sogno che voleva essere ricordato ma di cui ricordai solo la strana sensazione di essere indifesa che mi portai dietro tutto il giorno.
Mi alzai dando le spalle al letto che una volta era stato di Susan, cosa che ormai era diventata un’abitudine, e, prendendo il beauty case nel primo cassetto del mio comodino, mi affrettai ad andare in bagno prima che la maggior parte delle ragazze della camerata si svegliasse.
Una volta di fronte allo specchio mi legai i lunghi capelli bruni e mi lavai i denti.
Guardandomi vidi che il mio volto risentiva della nottata passata mostrando ombre violacee sotto i miei occhi marroni e la pelle era come affaticata.

Scesi nella sala da pranzo, che era posizionata dal lato opposto rispetto alla sala che aveva ospitato qualche giorno prima la famiglia di Sue, appena fui pronta e trovai alcune delle ragazze che facevano colazione chiacchierando ed una Signorina Smith tutta intenta a stilare dei documenti.
Proprio quando mi sedetti accanto a lei bofonchiando un buongiorno ed addentando un biscotto mi disse serenamente :”Oggi qualcuno viene a farti visita”.
Il biscotto mi andò di traverso perché qualcosa mi diceva che non era una visita qualunque, dato che non ne avevo mai ricevute.
“C-cosa?” dissi tossendo. La Smith mi passò un bicchiere d’acqua.
“Una visita! Hanno chiamato la sera in cui Sue è andata via. Qualcuno vuole conoscerti!”
“Vogliono conoscere me!?” Perfetto, non ero molto estroversa e l’unica vera amica che io avessi mai avuto era da qualche parte con la sua nuova famiglia.
“Oh si, certo!” disse la Smith con un sorriso tirato e incoraggiante “Hanno chiesto espressamente di te, hanno usato persino il tuo cognome originario, pensa un po’! Qui qualcuno è davvero intenzionato a conoscerti!”
“Mi scusi?! Petrova? Mi hanno chiamata Petrova?” Questo si che era strano, sapevo di avere lontani parenti in Bulgaria ma nessuno aveva mai accennato a questo o tanto meno alla mia famiglia o, semplicemente, al mio vero cognome.
Non solo qualcuno chiede espressamente di me, ma usa un cognome che non ho mai dato per mio e che a malapena so di avere.
Pensato ciò solo una cosa avevo chiara nella mia mente: Chiunque fosse questa misteriosa persona che voleva conoscermi, io non avevo nessuna intenzione di conoscere lei o lui.
La Smith ebbe il buonsenso di aspettare che finissi il mio cappuccino per dirmi che un ragazzo sarebbe venuto a trovarmi proprio quel pomeriggio.
Il suo nome, mi disse, sarebbe stato Stefan Salvatore.

Proprio mentre posavo il piede sull’ultimo gradino della scala di marmo bianco della grande casa che ospitava me ed altre 10 ragazze orfane, il campanello suonò ed il cuore mi salì in gola quando una voce maschile rispose educatamente al saluto della signorina Smith.
“Prego, si accomodi pure, Signor Salvatore” disse la signorina Smith chiudendo la porta dopo aver fatto entrare un ragazzo alto e, molto attraente, non si poteva negarlo.
Ascoltare quella voce riportò alla mia mente la strava sensazione che avevo avuto la stessa mattina, quella del sogno che voleva essere ricordato; ma niente, continuavo semplicemente a sentirmi vulnerabile, come se mi sarei potuta ammalare da un momento all’altro.
Sapevo che il ragazzo mi stava guardando, per questo lasciai che i capelli mi ricadessero davanti al viso e con sguardo basso mi incamminai verso il salottino che solitamente ospitava le visite.
Mi affrettai a raggiungere la porta a vetri aperta quando vidi accanto ai miei piedi un paio di scarpe da ginnastica nere e, facendo salire lo sguardo sulla figura accanto a me, lunghe gambe avvolte da jeans scuri, una camicia bianca e, di fronte al mio viso, un paio di occhi che mi fissavano.
Rimasi lì, goffa e immobile, finchè con voce gentile il ragazzo mi disse :”Prego, prima le signore”.
Senza rispondere e tentando di darmi un tono mi diressi verso il centro della stanza dov’erano due poltrone ed un divano con fantasie floreali attorno ad un sofisticato tappeto color pastello su cui era un tavolino in mogano; non guardai più il ragazzo tentando di non dargli importanza.
La signorina Smith che si era accorta di tutte le dinamiche fece accomodare il ragazzo.
“Bene signor Salvatore, questa è Megan Petrova, la ragazza che mi ha chiesto di poter incontrare.”
Come unì il cognome Petrova al mio nome mi girai di scatto verso di lei.
La cosiddetta famiglia Petrova mi aveva abbandonata, non c’era motivo per cui io avrei dovuto portare quel cognome.. Ma qualcuno mi cercava con questo cognome ed ero abbastanza curiosa di capire perché.
Lo sguardo del ragazzo passò dalla signorina Smith a me ed alzandosi in piedi mi porse la mano :” Ciao Megan, io sono Stefan”.
Mi alzai in piedi di rimando e strinsi la grande mano del ragazzo :”Piacere di conoscerti Stefan” dissi lasciando subito la presa.
La stretta mi riportò alla mente immagini vivide del mio strano sogno che però stava cambiando in qualcosa di positivo.
Vita, non morte.
“Mi stai per portare via da questo posto, non è vero?” gli chiesi senza curarmi della presenza della signorina Smith.
“Si, molto probabilmente è così” disse deciso lui.
Da quel momento in poi, la sensazione di vulnerabilità che mi portavo dietro dalla mattina diventò un buco pesante nello stomaco e allo stesso tempo elettricità che fluiva nelle mie vene.

Sarei andata fino al fondo di quella storia ed avrei capito chi era Stefan Salvatore.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3. ***


Capitolo 3.

Era passata una settimana da quando Stefan Salvatore aveva messo piede nell’istituto che, fino a quel momento era stata la mia unica casa e punto di riferimento.
Contro il mio volere scesero lacrime quando, una per una, salutai le ragazze e Callie, la piccola peste che mi sarebbe mancata tremendamente. La signorina Smith si compose in un abbraccio che sembrò durare pochissimo, il più affettuoso mai ricevuto da un adulto.
Quel giorno di Settembre la Signorina Smith, nel suo abito da casa e con i capelli disordinati, rivelava finalmente la sua giovane età, solitamente nascosta dagli abiti quotidiani.
Ora ce ne stavamo in silenzio in macchina, io e Stefan.
Guardavo fuori dal finestrino senza accorgermi del cambiare del paesaggio, persa nei pensieri e nell’imaginario della mia nuova vita.
A quanto pare Stefan era il compagno di una mia lontana parente: Elena Gilbert, anche lei era stata adottata, sbarazzandosi così del cognome Petrova.
Sbuffai.
“Qualcosa non va?” disse alla mia sinistra una voce composta.
“Bhe.. Non so nulla di nulla. Non so come tu sia riuscito a conquistare la fiducia della Smith e, soprattutto, la mia.. ma vorrei proprio sapere dove stiamo andando e chi mi ritroverò ad avere come famiglia.”
“Ah, quindi sono riuscito a conquistare la tua fiducia? Non lo avrei mai detto dopo l’incontro della scorsa settimana!”
“Diciamo che portarmi via dall’istituto è stata una gran bella mossa, da quando sono rimasta senza la mia migliore amica aspettavo solo di poter andare via.. anche se non so ancora dove mi porterai esattamente.”
“Mystic Falls”
Sgranai gli occhi. “Come, scusa?”
“Mystic Falls” ripetette con un minuscolo sorriso sulle labbra.
“Perfetto, quella città non è molto più grande dell’istituto in cui ho vissuto per una vita intera. Ha davvero vasti orizzonti.”
“Oh, non puoi neanche immaginare cosa ti aspetta.”
“Certo, Mystic Falls. Promette davvero bene.”
Così la conversazione si esaurì, lasciando mi a pensieri come la nuova scuola, la mia casa e la vita solitaria che mi aspettava.

Quando arrivammo a Mystic Falls per strada c’erano molte più persone di quelle che avrei mai potuto immaginare. Mi accorsi subito che non erano in molti quelli che salutavano Stefan e lui non dava molta importanza alla cosa. Lo guardai aprendo la bocca, volevo dare voce ai miei pensieri e, magari, prenderlo un po’ in giro.. dopo tutto mi aveva appena presa in affidamento.
Feci per parlare quando lo vidi sorridere a mò di saluto.
Mi concentrai sulla strada ma difronte a noi non vidi nessuno.. eccola, qualche metro dopo, la causa del sorriso di Stefan.
Una ragazza dalla pelle chiara e dalla chioma bionda si sbracciava per salutarci. Si, stava proprio cercando il modo per apparire visibile.
“Non ci posso credere. Ma perché?”
Proprio vicino a quello che sembrava il palazzo principale della città la ragazza reggeva un cartello che mi dava il benvenuto. Come cominciare bene.
“Megan.. Lei è  Caroline. Ci teneva tanto a conoscerti.” Aveva un sorrisetto stampato in faccia, lo sbruffone.
Passammo davanti alla ragazza che porse al mio finestrino e bussò vivacemente, appiccicando quei suoi occhioni azzurri a me, come se volesse conoscere ogni particolare del mio viso.
Le sorrisi, non ero una tipa che dava molta confidenza, ma infondo questa Caroline sembrava simpatica. Mi girai verso Stefan, che aveva capito benissimo che genere di persona fossi.
“Ti stupirò, caro il mio tutore legale” così dicendo abbassai il finestrino.
In un attimo la chioma bionda fu su di me e due braccia attorno al mio collo.
“Ciao Caroline” dissi con la voce attutita dai capelli della ragazza e con il fiato corto dato lo stritolamento in corso.
“Oh mio Dio Stefan! Lei hai parlato di me? Ma guardati..” disse osservando ogni centimetro del mio viso “Sei davvero incredibile! Tutti vogliono conoscerti , organizzeremo una festa al Grill uno di questi giorni, o magari a casa vostra, Stefan! Non vedo l’ora! Già so che tipo di vestito potrebbe andarti bene, so cavarmela con certe brunette!” disse tutta felice. Battendo le mani dalla gioia si diresse verso un gruppo di persone ed io rimasi a bocca aperta.
“Certe brunette? Festa? Gli altri? E poi… ma come, va via così?” ero davvero sconcertata e sopraffatta da cotanto entusiasmo.
“E’ Caroline.. Fidati, imparerai a conoscerla.” Detto ciò si rimise alla guida, sfoderando di nuovo il suo sorrisetto.


Parcheggiammo vicino al portico di un’immensa villa con le mura in legno.
Scesi dalla macchina osservando la maestosità del palazzo.. “Tu, tu vivi qui?” chiesi avvicinandomi al portone.
Quando aprì la porta di casa di fronte a me si apriva l’immensità di un salotto, raggiungibile attraverso un breve corridoio.
“Casa tua” Mi disse Stefan poggiando la mia borsa vicino a un divano in pelle.
Osservavo tutto per memorizzare ogni minimo dettaglio dell’immensa casa.
Stefan mi disse che avrei potuto sceglier una stanza. Scelsi la più alta della casa, raggiungibile dopo un lungo gioco di porte e scale. Dalla finestra vedevo la gente di Mystic Falls girovagare velocemente e, nella piazza centrale, Caroline che era tutta intenta a preparare un qualcosa che sperai vivamente non fosse la mia festa di benvenuto.
Stefan  mi aveva lasciata un po’ sola, stavo per svuotare la piccola borsa con i miei pochi averi, quando ne fuoriuscì un quadernino rosso.
Il diario che mi aveva dato la signorina Smith.
Mentre dal piano di sotto provenivano rumori dalla cucina, sorrisi pensando a Stefan che preparava la cena.
Cercai una penna e la trovai in una grande cassettiera posta difronte al mio nuovo letto e cominciai a scrivere e scrivere, buttando giù tutte le emozioni di una ragazza appena adottata da un ragazzo poco più grande di lei, che abitava in una casa più grande di quanto avesse mai potuto immaginare, compagno di una sua lontana parente.
Continuai a scrivere, finalmente sicura che mi aspettava una nuova, meravigliosa vita, lì a Mystic Falls.

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