The destiny? di vavvina_95love03 (/viewuser.php?uid=850005)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il ritorno della Paladina ***
Capitolo 2: *** Sorpresa! ***
Capitolo 3: *** Sei proprio tu, tu? ***
Capitolo 4: *** Un invito molto speciale. Cosa ci riserva il futuro? ***
Capitolo 5: *** Ricordi lontani ***
Capitolo 6: *** Pranzo in famiglia ***
Capitolo 7: *** Una giornata piena di sorprese ***
Capitolo 8: *** Decisioni ***
Capitolo 9: *** Il grande giorno! ***
Capitolo 10: *** È questo un addio? ***
Capitolo 11: *** Verso una nuova avventura ***
Capitolo 12: *** Verità nascoste. E vissero tutti felici e contenti? ***
Capitolo 1 *** Il ritorno della Paladina ***
Capitolo
1 – Il ritorno della paladina.
Erano già passati più di sette anni
dal
giorno in cui Alice e Tarrant si erano detti addio di fronte a quello
specchio.
Dopo
essere riusciti a salvare la famiglia
Altocilindro e tutto Sottomondo, il Cappellaio le aveva detto che un
giorno si
sarebbero nuovamente incontrati; ma quel giorno non era ancora arrivato
ed
Alice si sentiva sempre più sola ed arrabbiata con
sé stessa per aver lasciato
Tarrant per la seconda volta e per non avergli confessato i propri
sentimenti.
Si
dava della stupida ogni giorno, ma
sapeva anche che non aveva avuto scelta. Non poteva abbandonare sua
madre al
proprio destino e non poteva permettere che Hamish Ascot rovinasse la
sua
famiglia.
Odiava
da morire quel “Lord” da quattro
soldi e non aveva mai conosciuto una famiglia così
detestabile e
doppiogiochista come la loro (a parte ovviamente il defunto padre di
Hamish,
Lord Ascot); ma poco importava. Alice e sua madre erano riuscite in
poco tempo
a farla in barba a tutte quelle persone che, come gli Ascot, speravano
in un
loro fallimento. Infatti, la loro neofondata Compagnia Navale, la
“Kingsleigh
& Kingsleigh”, già dai suoi
primi mesi di vita, divenne una delle
Compagnie più importanti ed influenti di tutta
l’Inghilterra. Tant’è che anche
la Regina in persona spesso organizzava feste a palazzo per onorare i
servigi
commerciali e i profitti che la Compagnia portava in tasca alla Nazione
britannica.
***
La
Wonder era appena tornata da una nuova
spedizione, che aveva condotto il suo Capitano e la sua ciurma, fino al
lontano
Giappone e dalla quale avevano portato a Londra nuove spezie, stoffe,
piante e
chi ne ha più ne metta!
Proprio
quella sera, la Regina Vittoria aveva
deciso di organizzare una festa, in onore della Compagnia, alla quale
erano
stati invitati tutti i componenti dell’equipaggio della
Wonder.
Alice
si trova per l’appunto nella reggia
di sua Maestà nel bel mezzo della festa più
sfarzosa a cui avesse mai preso
parte; quando il fato, o più semplicemente una farfalla dal
colore blu acceso, quasi
fosse fluorescente, le passò accanto e cominciò a
svolazzare per i corridoi del
palazzo e la ragazza, senza pensarci due volte, si mise a seguirla,
finché non
si ritrovò in un immenso giardino pieno di fiori dai
variopinti colori.
Notò
che la farfalla, nella quale oramai
aveva riconosciuto il Brucaliffo, svolazzava proprio sopra al pelo
dell’acqua
di un'enorme fontana che, ad occhio e croce, doveva aver più
di un secolo, anche
se, le costanti cure dei giardinieri, non lo davano a vedere.
Il
Brucaliffo cominciò a volteggiare in
tondo, fino a quando non si decise e si tuffò.
Alice corse subito al bordo
della fontana e,
con grande stupore, non vide il suo riflesso specchiarsi sul pelo
dell’acqua ma
una terra lontana... Era Wonderland! Il posto nel quale desiderava
tornare da
anni.
Osservando
il Regno dall’alto pensò che se
si fosse tuffata e il portale avesse funzionato, avrebbe fatto proprio
un bel
volo come la volta precedente. Anche se, c’era da dire, che
quella volta,
fortunatamente, era atterrata incolume nei giardini della Regina Mirana.
La
giovane non sapeva cosa fare. Tornare
alla festa e dimenticare quello che aveva appena visto o tuffarsi e
sperare in
un altro atterraggio fortuito? Andarsene o tuffarsi e poter
così rivedere
l’unica persona della quale non si era mai dimenticata e per
la quale il suo
cuore continuava a battere ogniqualvolta pensava al suo volto, al suo
sorriso,
al suo modo di essere così semplice e naturale…?
«Oh,
Alice quando mai ti ricapiterà! Non
puoi perdere quest’unica occasione che ti si presenta dopo
più di sette anni...», si disse per autoconvincersi
cominciando a fare
qualche passo indietro dalla fontana.
Aspettò
qualche secondo. Fece un profondo
respiro ed infine prese la rincorsa pronta a tuffarsi per la terza
volta (o
meglio per la quarta volta) in quel magico Mondo...
“Alice,
non potevi permetterti di perdere quest’unica occasione che
ti permetterà,
finalmente, di rincontrarlo dopo anni! Non dopo tutto quello che lui ha
fatto
per te…” pensò la nostra
Paladina mentre precipitava verso il suolo di
Sottomondo…
N.A.
(gennaio 2021)
Ciao a tutti!
Dopo quattro anni dalla
pubblicazione di questa storia (che è stata fino ad ora la
mia unica long), ho
deciso di rispolverarla per risistemare, il più possibile,
vari ed eventuali
errori grammaticali e verbali. Ho apportato anche leggere modifiche ai
dialoghi
che comunque non andranno ad influenzare il racconto
“originale”.
Ovviamente ci tengo ancora ringraziare chi aveva letto e recensito i
capitoli a mano a mano che uscivano nel lontano 2016 e chi a distanza
di anni
si sia ritrovato a leggerla per la prima volta.
Vi chiedo scusa già da ora se magari i personaggi di
Wonderland e del
Sopramondo non saranno caratterialmente fedeli a quelli del film, io
ciò ho
provato a mantenerli tali, ma ahimè, non è di
sicuro facile mantenere tali
Alice e Tarrant visto che, come avrete intuito, ho deciso di portare la
loro
storia verso il “romanticismo” (tra virgolette
ovviamente), quindi in alcuni
punti potrebbero risultare, soprattutto Alice, un po’ OCC
rispetto a quanto
abbiamo visto nei film… spero, ovviamente, che non sia
troppo “eccessivo” (ma
non credo di averlo reso tale).
Per chi si ritroverà a
leggerla per la prima volta, se voleste
lasciarmi una recensione sarei molto felice di riceverla, se no vi
ringrazio
comunque per la sola lettura… E noi ci risentiamo
all’ultimo capitolo! :D
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Capitolo 2 *** Sorpresa! ***
Capitolo
2 – Sorpresa!
Alice, dopo essersi tuffata nella fontana,
stava precipitando al suolo con una velocità inimmaginabile.
Di conseguenza iniziò
ad urlare dal terrore ed i suoi occhi si serrarono strettamente quando,
improvvisamente,
sentì il suo corpo rimbalzare…
"Oh…
Devo ammettere che è stato un
atterraggio più morbido di quanto mi aspettassi. Molto
più morbido anche di
quello dell’ultima volta”,
pensò tenendo ancora gli occhi chiusi.
Piano,
piano, si decise ad aprire il primo
occhio ed a seguire il secondo e quando mise a fuoco il paesaggio
attorno a
lei, rimase sbalordita dal constatare che non era atterrata su un campo
di
fiori o su un prato di caramelle (se mai ce ne fosse stato uno a
Wonderland).
No, quella su cui Alice era caduta era una soffice ed enorme nuvola
bianca.
«Non
ci posso credere… E adesso come faccio
a scendere a terra!? Perché ogni volta che vengo a
Sottomondo, ci arrivo sempre
in modi diversi l’uno dall’altro!». Stava
iniziando a farsi prendere dal
panico, quando una voce catturò la sua attenzione...
«Guardate!
Ma quella non è la Paladina di
Wonderland!?!» disse la voce misteriosa alle sue spalle.
La
ragazza si girò in direzione di quella
voce e quello che vide la lasciò senza parole…
Quelle che aveva di fronte a sé
erano delle enormi tartarughe volanti, che al posto delle pinne avevano
delle
enormi ali con le quali potevano librarsi in aria come degli uccelli.
«Ma
voi volate! Che cosa buffissima» disse
Alice sovrappensiero non rendendosi conto di aver parlato ad alta voce.
«Come
ti permetti a consideraci buffi!» le
rispose di rimando una delle tartarughe volanti, che riprese subito la
parola:
«Sarai anche la Paladina di Wonderland, ma vedo che nessuno
si è preso la briga
di insegnarti la buona educazione! Non vedo proprio perché
dovremmo riportare a
terra questa ragazza! La Regina non ci aveva affatto detto che fosse
così
maleducata!» disse la Signora Tartaruga rivolgendosi, sul
finire della frase,
alle sue compagne.
Alice
si sentì un po’ offesa dalle accuse
mosse dalla tartaruga, ma non fece in tempo a ribattere, che
un’altra tartaruga
prese la parola.
«Suvvia
Jenevieve, non essere così scortese.
La nostra Alice ha fatto un lungo volo per arrivare fin qui e
sicuramente ne
sarà rimasta frastornata. E poi la Regina Mirana ci ha
chiesto di scortarla
fino al palazzo incolume onde evitare un altro atterraggio fortuito
come
l’altra volta. Comunque»
disse rivolgendosi per la prima volta ad Alice «il mio nome è Gaston ed
è un immenso piacere ed onore
fare la conoscenza della Paladina di Wonder. E come ho appena ricordato
a
Jenevieve», la
quale lo fulminò con la sguardo, «siamo qui per scortavi sana e salva,
fino a terra» e così
dicendo le si affiancò facendole segno di salire sul proprio
guscio.
«Grazie»
gli disse Alice con un sorriso e,
mentre saliva in groppa a Gaston, aggiunse rivolta a Jenevieve:
«E se ho
arrecato delle offese verso qualcuno vi chiedo scusa, non ne avevo
alcuna
intenzione».
«Hmph…
Troppo facile chiedere scusa così…»
borbottò quest’ultima.
La
giovane non diede troppo peso alle sue
parole in quanto lo stormo aveva appena lasciato la soffice nuvola per
iniziare
a scendere in picchiata verso terra. Involontariamente Alice
iniziò ad urlare e
si aggrappò a Gaston pregando di riuscire a mantenere salda
la presa sul suo guscio.
Pochi
secondi dopo Gaston toccò terra.
«Ehi,
Alice», disse dolcemente la tartaruga.
«Puoi aprire gli occhi. Coraggio, siamo atterrati!».
La
ragazza aprendo lentamente gli occhi
poté constatare che effettivamente avevano finalmente
toccato terra.
«Avreste
almeno potuto avvisarmi del vostro
metodo di atterraggio» disse mentre si teneva ancora
saldamente al guscio del
suo nuovo amico.
«Ahahah,
ma dove starebbe il divertimento
nel volare, se ogni tanto non si provano sulla propria pelle delle
forti
emozioni!» le rispose allegramente di rimando la tartaruga.
«Forza, non tardare
oltre. Ci sono delle persone che ti stanno aspettando e che non vedono
l’ora di
rivederti. Non credo sia degno, per una valorosa Paladina come te,
farle
attendere ancora a lungo».
Alice
scese dall’enorme guscio e poggiò finalmente
i propri piedi al suolo. «Ha ragione. Grazie di tutto Gaston
e anche a tutti
voi» disse rivolgendosi allo stormo che volteggiava sopra le
loro teste. «Senza
il vostro aiuto sarei ancora su quella nuvola a guardare Marmorea
dall’alto».
«Figurati
cara, speriamo di rincontrarci
presto, magari per un altro volo ancora più
adrenalinico!» le sorrise l’amico.
E
mentre lo stormo riprendeva il volo e
Alice li salutava con un sorriso, sperò, in cuor suo, di non
dover mai più
salire sul guscio di Gaston o su quello di un’altra tartaruga
volante.
Qualche
minuto dopo la ragazza si guardò attorno
e riconobbe il viale che portava al castello della Regina Mirana,
così si
incamminò in quella direzione fino a quando, ad un certo
punto, non sentì una
strana presenza alle sue spalle, come se qualcuno la stesse seguendo.
Si
girò di scatto ma non vide nessuno,
decise quindi di non darci troppo peso e di continuare a camminare, ma
quando
si rigirò nuovamente verso il palazzo si ritrovò
faccia a faccia con due grandi
occhi ed un sorriso a mezza luna enorme.
«Aaah!»
gridò facendo un salto indietro. «Stregatto,
mi hai spaventata!» disse poi mentre si portava una mano al
petto all’altezza
del cuore che aveva iniziato a battere più velocemente.
«Oh,
mia cara Alice, non era mia intenzione
spaventarti così o forse sì...? La
verità è che l’idea era così
allettante che
non ho saputo resistere» sghignazzò il gatto
mentre volteggiava in aria. «Noto
con piacere che alla fine sei riuscita a tornare! Sai, scommetto la mia
bella
coda, che tra tutte le persone che ci saranno ad attenderti, ce ne
sarà una che
appena ti vedrà sì prenderà, per la
sorpresa, un bell’infarto» disse con un
sorriso enorme.
Alice,
ingenuamente, non capì a cosa
alludesse lo Stregatto.
Chi
si sarebbe preso un infarto nel
rivederla? Non era di certo la prima volta che piombava in quel Mondo e
poi la
Regina Rossa non rappresentava più un pericolo per
Sottomondo, quindi di sicuro
non poteva essere lei… E mentre la ragazza rimuginava sulle
parole del gatto,
questi le si affiancò, «Forza andiamo, non vorremo
fa attendere la Regina
Mirana».
Arrivarono
a palazzo qualche minuto più
tardi e delle rane, che ricoprivano il ruolo di paggi di corte, li
condussero
all’interno della reggia nel salone principale, laddove
Mirana e gli altri la
stavano aspettando.
Alice,
subito dopo essere stata annunciata,
entrò nella sala e non appena vide tutti i suoi amici si
mise a piangere di
gioia; non pensava minimamente che dopo tutti quegli anni lontana da
loro, li
avrebbe potuti nuovamente vedere.
C’erano
proprio tutti: i gemelli Pincopanco
e Pancopinco, che non facevano altro che ripetere al contrario ogni
frase che
dicevano, il Leprotto Marzolino, che appena era entrata le aveva
scaraventato
addosso una tazza di thè, e che lei aveva prontamente
schivato, il Bianconiglio
e Mally, che le diedero il ben tornata, quest'ultima alzando la propria
spada
al cielo, Bayard il segugio, che le saltò addosso facendola
cadere
rovinosamente a terra per poterle leccare la faccia in segno di
benvenuto e
infine la Regina Mirana affiancata, Alice stentava a crederci, alla
sorella
Iracebeth, che le diede il benvenuto a palazzo.
La
ragazza pensò che ormai, in tutti quegli
anni, le due sorelle avessero del tutto chiarito il malinteso e che ora
convivessero in pace, o almeno così sperava.
La
Regina Bianca le se avvicinò e
l’abbracciò forte. «Che bello poterti
riavere qui a Saggezzilandia, non sai
quanto ci sei mancata dolce Alice! L’ultima volta che te ne
sei andata, non ho
avuto l’occasione di poterti salutare e mi sarebbe
dispiaciuto non averti potuto
avere qui a corte in questi giorni tanto speciali, soprattutto ora che
la pace
e l’amore sono tornati nel Regno. E tutto questo non sarebbe
stato possibile se
non fosse stato per il tuo coraggio e il tuo aiuto. Vedi, abbiamo
riaperto un
passaggio dal tuo Mondo al nostro, perché qui, a Sottomondo,
si sta per
svolgere una ricorrenza molto speciale…».
Mentre
Alice ascoltava la Regina, non
smetteva di guardarsi intorno con la coda dell’occhio e
notò che tra tutte le
persone che erano lì in quel momento, ne mancava una.
Mirana
doveva aver intuito i pensieri
dell’amica, perché subito le disse:
«Sai, non gli abbiamo detto niente del tuo
arrivo, volevamo che tu gli facessi una sorpresa! Dopo la tua partenza
era così
giù che nemmeno la sua famiglia, finalmente ritrovata, era
riuscita a tirargli
su il morale…».
Alice
si preoccupò. «Ma adesso sta bene?
Voglio dire,
non è caduto in depressione
come l’altra volta?!?» chiese la ragazza allarmata.
«No,
per fortuna. Gli bastava pensare che
tu fossi a casa con la tua famiglia e che fossi felice. Fortunatamente
col
tempo si è ripreso ma, ahimè, non è
più stato quello di un tempo, anche se
c’è
da dire che la sua moltezza non l’ha mai abbandonato. Se vuoi
andare a
trovarlo, lo troverai nella sua casa a cilindro, in cima alla collina,
intento
a lavorare a dei nuovi cappelli proprio in vista della ricorrenza di
cui ti ho
appena accennato. Sono sicura che appena ti vedrà
rimarrà pietrificato dalla
gioia!» disse la regina molto allegramente.
«Oppure,
gli prenderà un infarto per la
sorpresa…» si intromise lo Stregatto scoppiando a
ridere.
Alice
salutò tutti quanti e promise a
Mirana che non appena avesse salutato il Cappellaio, sarebbe tornata
per ascoltare
in cosa consisteva la ricorrenza che le aveva accennato e
perché era stata
invitata per festeggiarla.
La
strada verso la casa del Cappellaio
sembrava non finire mai, e Alice era così impaziente di
rivedere il suo amico
più caro, che si mise a correre a perdifiato su per la
collina e non appena
arrivò alla porta, si sporse verso la finestra per dare
un’occhiata all’interno
nella speranza di vedere il Cappellaio.
Quando
finalmente lo vide, chino sul tavolo
da lavoro mentre realizzava uno dei suoi tanti cappelli, proprio come
le aveva
detto la Regina, un piccolo sorriso fece capolino sulle sue rosee
labbra e non riuscendo
più a trattenersi bussò alla porta.
***
Sentendo bussare alla porta, Tarrant lasciò il proprio
lavoro e si chiese chi
mai a quell'ora era venuto a disturbarlo visto che aveva chiaramente
espresso
il desiderio di essere lasciato in pace durante il proprio lavoro.
“Giuro
che se è quella rompiscatole di
una Lepre, non risponderò delle mie azioni. E se la prendo,
la faccio arrosto…”
pensò un Cappellaio alquanto stressato e mentre si
avvicinava all’uscio della
porta cominciò a borbottare: «Lepre dei mie
stivali, se sei venuta qui per
rovinare nuovamente il mio lavoro con la tua
pazz…» le parole gli morirono in
bocca quando, aprendo la porta, non si ritrovò di fronte il
Leprotto Marzolino,
come aveva immaginato, ma bensì l’unica persona al
mondo che mai avrebbe
pensato di rivedere dopo tutti quegli anni.
«SORPRESA!»
urlò Alice con quanto fiato
aveva in gola.
“Per
mille Ciciarampa! La mia dolce
Alice è proprio qui, qui! Davanti a me…!”
fu il suo ultimo pensiero prima
di cadere rovinosamente a terra per la bellissima sorpresa.
|
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Capitolo 3 *** Sei proprio tu, tu? ***
Capitolo
3 – Sei proprio tu, tu?
Alice
bussò alla porta del Cappellaio. Era molto eccitata
all’idea di rivedere il suo
più caro amico e mentre lo stava attendendo, lo
sentì parlottare tra sé.
«Lepre
dei miei stivali, se sei venuta qui
per rovinare nuovamente il mio lavoro con la tua
pazz…».
Tarrant
aprì la porta ed Alice urlò.
«SORPRESA!».
Il
Cappellaio, preso di sorpresa,
stramazzò a terra e la ragazza spaventata per la reazione
esagerata del suo
amico, si precipitò subito al suo
fianco. “Lo
Stregatto, alla fine, non aveva tutti i torti”,
pensò mentre soccorreva
l’amico, «Cappellaio… Cappellaio, mi
senti?!? Ti prego apri gli occhi. Sono io
Alice».
Tarrant,
dopo qualche secondo, riaprì gli
occhi sentendosi chiamare da una voce tanto delicata quanto preoccupata
e si
portò una mano dietro alla testa, dove aveva preso una bella
botta dopo la
caduta e non appena il suo sguardo si focalizzò sugli occhi
di Alice,
incominciò a balbettare proprio come un bambino eccitato che
non riesce a
trovare le parole.
«Alice…?»,
domandò alla fine con sguardo
incredulo. «Oh, ho capito… Brutto birbante di uno
Stregatto. Pensavi che non me
ne sarei accorto! Eheheh, devo ammettere che l’imitazione di
Alice ti è venuta
molto meglio dell’ultima volta che hai preso le mie sembianze
per farti
tagliare la testa. Sei migliorato, lo devo
ammettere…» e mentre parlava si mise
a sedere.
Alice,
che non riusciva seguire i suoi
ragionamenti contorti, decise di prendere parola:
«Cappellaio, sono proprio io,
io. Alice! Sono tornata!».
Tarrant,
che ormai si era di nuovo rimesso
in piedi, cominciò a guardarsi intorno spaesato, come se
stesse cercando
qualcosa o qualcuno e alla fine parlò cercando di non
guardare negli occhi la
ragazza che aveva di fronte.
«Non
posso crederci! Devo aver sbattuto
talmente tanto forte la testa, che sono sicuro di essere diventato
ancora più
matto di prima! Ho le allucinazioni, perché veramente mi
sembra di averti qui
davanti a me, ma tu non puoi essere qui! Cioè, tu te ne sei
andata. Sei tornata
nel tuo Mondo molto tempo fa! Sto forse
impazzendo…?!?» e finalmente la guardò
negli occhi «No… Questo deve essere
senz’altro un sogno. Ora mi sveglio…» e
cominciò
a prendersi a schiaffi, nella speranza di potersi svegliare.
Non
potendo sopportare oltre
l’autolesionismo del suo amico, con fermezza Alice gli
afferrò un braccio nel
tentativo di fermare l’ennesimo auto schiaffo.
«Cappellaio,
sono proprio io. Non stai sognando
e ti posso assicurare che non stai diventato più
pazzo…» e così dicendo Tarrant
smise di dimenarsi e, con gli occhi che tornarono al naturale colore
verde
brillante, sorrise alla sua dolce Alice.
«Sei
proprio tu, tu…!». Questa volta non era
una domanda, ma un’affermazione e dopo alcuni secondi
trascorsi a guardarsi
intensamente negli occhi, che per i due parvero anni, finalmente si
abbracciarono.
Per
loro non erano mai servite le parole
per capirsi, era sempre stata una questione di sguardi e di gesti e
quell’abbraccio diceva tutto quello che in quegli anni
avevano provato…
Tristezza, solitudine, ma anche soddisfazioni e gioie…
Una
volta sciolto l’abbraccio, Tarrant incatenò
i suo grandi occhi verdi in quelli della sua amica. «Oh, mia
dolce e cara e
Alice, non sai quanto ho sperato di poterti rivedere in questi anni;
anche solo
per un’istante, ma forse è per questo che non ci
siamo mai incontrati nei
giardini della memoria o nel castello dei sogni…
Perché tu alla fine sei
riuscita di nuovo a ritornare da me! Cioè, volevo dire» si corresse velocemente, «sei riuscita di nuovo a ritornare a
Marmorea! Deve
essere proprio il destino non
trovi?».
Alice
che, prima che il Cappellaio si
correggesse, era arrossita leggermente, si affrettò a
rispondergli. «Già,
a volte il destino può giocare brutti scherzi, ma forse in
questo caso ci ha
voluto fare un bel regalo».
«Un
bellissimo regalo!» la corresse il
Cappellaio sorridendole.
***
Intanto a palazzo, le due Regine, la Rossa e la
Bianca, si stavano consultando.
«Credi
che sia stata una buona idea farla
tornare a Sottomondo una quarta volta per una cosa così
futile come una
celebrazione?» disse Iracebeth.
«Non
essere sciocca sorella, credevo che
fosse più che giusto far tornare nuovamente la Paladina per
poter festeggiare
tutti insieme, visto che per una volta qui a Marmorea e in tutto
Sottomondo non
c’è alcuna minaccia dietro
l’angolo».
Mirana cercò di
non nominare il vero motivo
dei prossimi festeggiamenti, ma questo non servì poi a molto
visto che
Iracebeth sapeva perfettamente quale anniversario si stava per
festeggiare...
«Sai…
mi consola sapere che tutta Marmorea
festeggerà il ventesimo anniversario del giorno
Gioiglorioso. Che poi» aggiunse a denti stretti «se non ricordo male, coincide
esattamente con la mia
sconfitta e il mio esilio nell’Aldilander!» disse
la Regina di Cuori ormai
rossa in viso come un pomodoro.
«Sorellona,
non ti alterare. Lo sai che non
è affatto un bene per tua test-… Cioè,
volevo dire… Non ti agitare, sappiamo
tutte e due che non era tua intenzione diventare quello che sei
diventata e…»
provò a calmarla la Bianca.
«Su
questo hai perfettamente ragione! È stata
solo tutta colpa tua e della tua presunzione!»
ribatté la sorella maggiore.
«Presunzione?!?
Oh Iracebeth, sappiamo
tutte e due che eravamo solo delle bambine e comunque non rivanghiamo
il
passato, ormai non lo si può più cambiare e anche
volendo abbiamo già visto
quali potrebbero essere le conseguenze se ci provassimo e a nessuno va
di
ripetere l’esperienza. Soprattutto al tuo amato che, se ti
ricordi bene, ci ha
quasi lasciato le lancette» le rispose la minore perdendo per
un attimo la sua
consueta calma.
Iracebeth
sembrò calmarsi, perciò la Bianca
riprese il suo discorso più dolcemente. «E
comunque lo sai che nello stesso
giorno mi sposerò e non volevo che la Paladina di
Wonderland, nonché mia più
cara amica, mancasse a questo giorno tanto speciale!» le
disse volteggiando per
la stanza per andare a prendere un invito di matrimonio finemente
decorato,
poggiato sulla scrivania.
«E
tu lo sai che quando questo giorno
finirà lei ritornerà nel suo Mondo?! E, per
quanto non mi dispiaccia, sono sicura
che tra tutti gli abitanti di Marmorea ce ne sarà uno in
particolare che
soffrirà ancora più di prima. Soprattutto se tra
i due in questi giorni
succedesse qualcosa. In fin dei conti, Alice non è
più la bambina che piombò a
Wonderland anni fa… Lo sai questo, vero?»
ringhiò la Rossa distogliendo lo
sguardo dalla sorella e guardando fuori dalla finestre in direzione
della casa
a forma di cilindro che si poteva scorgere in lontananza da quel lato
del
castello.
Mirana,
guardando a sua volta nella stessa
direzione, sapeva che la sorella aveva ragione. Alice, dopo le
celebrazioni,
sarebbe con molta probabilità tornata nel suo Mondo e
Tarrant sarebbe piombato nuovamente
in uno stato di profonda tristezza, forse ancora più cupa
dell’ultima volta;
ma è anche vero che nessuno poteva prevedere quale
futuro li avrebbe
aspettati. Solo il Tempo poteva
dircelo. Perciò, distogliendo
lo sguardo da quella casa, concluse quella breve discussione.
«Beh, lo sai, non
sempre le cose vanno come ci si aspetta, non possiamo sapere con
certezza cosa
ci potrebbe accadere tra un’ora o domani, figuriamoci nel
prossimo futuro…» e, con
l’invito ormai in mano, uscì dalla stanza
lasciando Iracebeth immersa nei suoi
pensieri…
***
Alice e il Cappellaio, che si trovavano sdraiati sul prato sotto ad una
quercia
secolare poco distante dalla casa di quest’ultimo, avevano
passato le ultime
ore a parlare del più e del meno.
La
ragazza aveva raccontato all’amico tutte
le sue avventure per mare e tutti i meravigliosi posti che aveva
visitato, le
varie culture dei diversi Paesi, i cibi tradizionali e chi ne ha
più ne metta.
Il
Cappellaio, d’altro canto, rimase
affascinato dai racconti della ragazza e vedendola illuminarsi
ogniqualvolta
nominava il mare e la sua nave, la Wonder, non
poté non pensare al fatto
che avesse fatto la scelta migliore, quel giorno di quasi diciassette
anni prima,
quando l’aveva lasciata andare. Quando poi gli aveva
raccontato tutti i
tentativi (ovviamente miseramente falliti) che gli Ascot avevano
architettato
per poter distruggere la sua Compagnia Navale, si era messo a ridere.
Non
riusciva a credere che nel mondo della sua dolce Alice potessero
esistere persone
così meschine. Beh, forse qualcuna, in fin dei conti,
esisteva e anche nel loro
Mondo era esistita e soprattutto esisteva ancora visto e considerato
che era la
sorella maggiore della Regina di Marmorea, ma forse oggi la Regina
Rossa non
era poi così cattiva (se si sorvolava su tutte le teste che
aveva fatto tagliare
durante la sua dittatura conclusasi ormai dieci anni orsono...), ora
che era di
nuovo in pace con sé stessa e con il mondo.
“Quella
capocciona maledetta…” si
ritrovò a pensare Tarrant. “Ma, se
non fosse stato per lei, a
quest’ora io ed Alice saremmo stati qui sdraiati sul prato a
parlare degli anni
passati?” a destarlo dai suoi confusi pensieri ci
pensò ancora una volta la
sua amica.
«E
con la tua famiglia? Come è stato
ritrovarli dopo tanti anni? Tu e tuo padre vi siete riappacificati?
Sai, quel
giorno è successo tutto così in fretta che non
abbiamo potuto parlare molto».
Era
vero, quel giorno dopo aver salvato
Sottomondo e i suoi genitori, Alice aveva dovuto riattraversare lo
specchio
quasi subito. Dopotutto anche lei doveva tornare a casa dalla sua
famiglia e
poi doveva sistemare alcune faccende con quella sottospecie di omuncolo
di nome
Hamish Ascot.
Quel
giorno gli aveva dovuto dire veramente
addio e per poterla far tornare a casa serenamente, le aveva promesso
che si
sarebbero rincontrati. Se qualcuno gli avesse chiesto se lui ci credeva
veramente ai Giardini delle memoria o al Palazzo dei sogni, lui avrebbe
sicuramente risposto che nella vita ogni persona ha bisogno di credere
in
qualcosa per poter andare avanti, che sia essa un Dio o una vita dopo
la morte
o la speranza di rivedere qualcuno in un altro Mondo, come quello dei
sogni… e
lui in quel Mondo, quando la mano di Alice aveva lasciato la sua, aveva
iniziato a crederci fermamente.
«Sai,
dopo tanti anni pensando che
fossero morti, sapere che alla fine tu mi credevi ed essere riusciti di
conseguenza a ritrovarli e a salvarli, beh... è stato il
più bel regalo che la
Paladina di Wonderland potesse farmi. Credo che non ti potrò
mai ringraziare
abbastanza» le rispose sorridendole.
Alice
lo guardò a sua volta, quello che le
aveva appena detto l’aveva fatta arrossire. Lei aveva
intrapreso quel viaggio
per poter salvare il suo amico più caro, non credeva che
fosse veramente
possibile salvare la sua famiglia, ma sapeva che, indipendentemente, ce
l'avrebbe messa tutta anche se era una cosa impossibile. Dopotutto non
poteva
certamente permettere che il Cappellaio lasciasse quel Mondo per
sempre…
“Forse
dovrei dirgli ciò che provo in
questo momento, ma se lo facessi sicuramente non potrei e non vorrei
più
tornare a casa e se non tornassi nel mio Mondo cosa penserebbero mia
madre a
mia sorella, non posso di certo fargli un torto come questo…
Che cosa devo
fare? Ho sempre pensato d’istinto a come vivere la mia vita,
ma ora dovrei
lasciarmi guidare dai miei sentimenti o dalla mia testa…?”,
ma i pensieri
di Alice vennero interrotti dall’arrivo di una creatura assai
più strana delle
tartarughe che l’avevano riportata a terra…
N.A. (Gennaio 2021)
Ciao a tutti! Piccolo
accorgimento… Nella prima versione avevo deciso
che gli anni passati tra il Sottomondo e il Mondo di Alice fossero gli
stessi
(quindi 7 anni dall’ultimo film e 10 anni dal primo). Poi
però, rileggendola
dopo qualche anno, mi sono resa conto che non funzionava con
ciò che era
l’espediente che volevo mettere su per il continuo della
storia e per questo ho
deciso di raddoppiare gli anni che sono invece passati nel Sottomondo.
Per
quanto riguarda il numero di anni passati nel Mondo di Alice dal giorno
Gioiglorioso, ho deciso il numero 10 in base ai 7 anni che sono passati
dall’ultimo film (che ho deciso io) e dagli anni che sono
passati tra i due
film (3 anni, così ho letto su Wikipedia).
Comunque, nei prossimi capitoli,
spiegherò meglio, o almeno ci proverò,
come funziona il Tempo a Wonderland.
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Capitolo 4 *** Un invito molto speciale. Cosa ci riserva il futuro? ***
Capitolo
4 – Un invito molto
speciale. Cosa ci riserva il futuro?
“Forse dovrei dirgli ciò che
provo in
questo momento, ma se lo facessi sicuramente non potrei e non vorrei
più
tornare a casa e se non tornassi nel mio Mondo cosa penserebbero mia
madre a
mia sorella, non posso di certo fargli un torto come questo…
Che cosa devo
fare? Ho sempre pensato d’istinto a come vivere la mia vita,
ma ora dovrei
lasciarmi guidare dai miei sentimenti o dalla mia testa…?”.
I
pensieri di Alice vennero interrotti
dall’arrivo di una creatura assai più strana delle
tartarughe che l’avevano
riportata a terra. Essa aveva il corpo di un leone mentre le ali e la
testa
assomigliavano a quelle di un’aquila reale. “Che creatura bizzarra”
pensò istintivamente mentre questa gli
atterrava davanti.
«È un griffone, o meglio
un mini-griffone» le spiegò il
Cappellaio come se avesse letto nel pensiero dell’amica.
«Il suo nome è Lucille
ed è una dei messaggeri reali della Regina Mirana».
La
ragazza, riscossasi dai suoi pensieri,
si rivolse a Lucille: «Davvero!? Questo vuol dire che hai un
messaggio per noi da parte
della Regina?».
Il
mini-griffone le fece un cenno d’assenso
e con il becco tirò fuori da una borsa due lettere, una per
Alice ed una per
Tarrant.
«Grazie
mille Lucille» disse il Cappellaio
mentre prendeva la sua lettera e porgeva l’altra
all’amica.
«Non
c’è di che Tarrant! Spero di vederti
presto a palazzo», gracchiò Lucille volandosene
via così come era venuta e lasciando
i due nuovamente soli.
«Chissà
cosa ci sarà scritto» disse Alice,
e mentre aprì la busta non poté che rimanere
piacevolmente di sorpresa da
quello che era scritto sul finissimo biglietto bianco e oro.
Il
biglietto, infatti, altro non era che un
invito ad un matrimonio e non ad un matrimonio qualunque, ma a quello
della Regina
Mirana di Marmorea e del Principe Edward VII di Crystaland.
«La
regina Mirana si sposa!?!» esclamò
Alice.
Tarrant,
sghignazzando, pensò che alla fine
anche ad Alice era stata fatta una piccola sorpresa.
«Vediamo
che cosa dice…» riprese la giovane
mentre apriva del tutto l’invito.
Il
foglio era ornato da una cornice di
ghirigori color oro al cui interno era stata utilizzata una calligrafia
in
corsivo molto fine. “Sicuramente
sarà la
calligrafia della Regina Mirana” pensò
Alice. E l’invito così recitava:
****************************************
La
regina Mirana di Marmorea
e
il Principe Edward VII di Crystaland.
Sono
lieti di invitare la Paladina di Wonderland, Alice
Kingsleigh, al matrimonio reale che si terrà il prossimo
venerdì durante la giornata
dell’anniversario del
“Giorno
Gioiglorioso”.
Il
matrimonio si svolgerà alle ore 16.30 presso i giardini
reali di Saggezzilandia.
****************************************
«Qui c’è scritto che si
sposa il prossimo
venerdì» disse
ad alta voce rivolgendosi al Cappellaio, «Ma, aspetta, è tra
quattro giorni!» esclamò infine.
«Già,
a quanto pare la Regina ci teneva
moltissimo a celebrare le sue nozze con te al suo fianco. Sai, sei la
sua più
cara amica e poi ha pensato bene di celebrarle proprio il giorno
dell’anniversario dalla sconfitta del Ciciarampa, il Giorno Gioiglorioso! Quale miglior giorno
per poter invitare a due
fantasmagoriche feste la Paladina di Wonderland! Non trovi
cara?!?». Le disse
il Cappellaio riprendendo subito la parola senza lasciarle il tempo di
ribattere, «L’unica cosa che mi rende un
po’ perplesso è il perché la Regina
abbia scelto le 16.30 come orario per la
cerimonia…».
Alice
lo fissò confusa. «E per quale motivo
ti renderebbe perplesso?» chiese.
«Ma
mi pare ovvio mi cara! La cerimonia non
durerà solamente dieci minuti. Così, di sicuro,
supereremo di gran lunga l’ora
del tè!» ribatté il Cappellaio con un
tono abbacchiato.
Nell’ascoltare
l’assurda spiegazione del
suo amico, Alice non riuscì più a trattenersi e
scoppiò a ridere. Se sua madre l’avesse
vista ridere in quel modo di fronte ad una persona senza contenersi,
probabilmente
l’avrebbe rimproverata per il suo comportamento poco
appropriato e poco educato,
ma Alice era una ragazza troppo genuina e sapeva che con Tarrant poteva
essere
sempre sé stessa.
«Cosa
ci trovi così tanto da ridere? Non è
per niente divertente!» disse con tono fintamente offeso il
Cappellaio.
«No,
non è per niente divertente hai
ragione» gli rispose Alice facendogli il verso mentre si
asciugava una lacrima
che le era scesa dall’occhio destro per le troppe risate, e
con un sorriso
sincero aggiunse, «Sai, ci scommetterei la mia nave che la
Regina avrà
sicuramente organizzato un matrimonio in stile “Ora del tè” solo ed
esclusivamente per te, Mally e Thackery…».
Tarrant,
d’altro canto, era rimasto abbagliato
da quel dolce sorriso, che per lui era ancora più bello dei
fiori che sbocciavano
in primavera. Era un sorriso sincero e pieno
d’amore… e lui era innamorato
della sua dolce Alice ormai da molto tempo e per quanto possa sembrare
strano
aveva iniziato ad entrargli nel cuore già dal loro
primissimo incontro, quando
lui era solo un bambino, e poi nuovamente quando, ormai adulto, stava
per
andare all’incoronazione della principessa Iracebeth, e lei
gli aveva detto che
si sarebbero rincontrati nuovamente quando lui sarebbe stato
più vecchio e lei
più giovane; cosa che effettivamente, qualche anno dopo
quello stravagante
incontro, successe. Infatti, durante i primi anni di tirannia della
Regina di
Cuori, nel loro Mondo piombò una bambina di appena dieci
anni che aveva
iniziato a chiamare quel posto il “Paese delle
Meraviglie”.
Ovviamente
il tipo di amore che Tarrant
provava per quella bambina era diverso, quasi fraterno, da quello che
invece
aveva iniziato a covare per la giovane donna che qualche anno
più tardi fu
chiamata prima a porre fine al Regno della Regina Rossa e poi per
salvare lui
dalla sua depressione e per aiutarlo nella disperata ricerca della sua
famiglia. Non poteva non ammettere con sé stesso che quella
piccola ed
innocente bambina era diventata prima una ragazza molto graziosa e poi
una
donna bellissima, piena di ambizioni, di coraggio e di valore e che era
entrata
silenziosamente nel suo cuore e da lì non se ne sarebbe
più andata.
Aveva
capito che i suoi sentimenti per lei
andavano oltre la semplice amicizia quando le aveva dovuto dire addio
dopo la
sconfitta del Ciciarampa e successivamente, quando era ritornata a
Sottomondo,
sperava di avere un’occasione per confessargli i propri
sentimenti con la
speranza di non farla allontanare da lui, ma anche in quel caso non
c’era stato
il tempo.
“Che
cosa buffa, non c’era stato il Tempo…”
pensò tra sé e sé, e ora che erano
lì, sdraiati sotto ad un albero secolare ad ascoltare il
canto degli uccelli e
il leggero soffio del vento tra le foglie dei rami
dell’albero, senza alcuna
minaccia imminente, il Tempo
sembrava
essersi fermato.
«Ah
ah ah… Molto spiritosa»
le rispose infine il Cappellaio «Comunque.
In fin dei conti, sperare non costa niente. Sono sicuro che la Regina
Mirana ci
sorprenderà con un degno ricevimento!» e
così dicendo volse nuovamente lo
sguardo verso il cielo che ormai si stava tingendo di arancione.
«Se posso
chiedere, dove passerai la notte?» aggiunse dopo un
po’.
La
risposta di Alice non si fece attendere.
«Credo a palazzo. Sai ho detto alla Regina Mirana che, non
appena ti avessi
salutato, sarei ritornata a palazzo per sentire di questa ricorrenza
tanto
speciale; anche se ormai credo di aver scoperto già tutto ed
anche il perché essa
sia tanto speciale».
Tarrant
si alzò in piedi e tese una mano all’amica
per aiutarla ad alzarsi. «Allora credo che sia meglio
incamminarci prima che
faccia buio. Non è educato far aspettare una Regina, anche
se, trattandosi di
Mirana, non è persona da prendersela per così
poco. Ma, come ben avrai visto, a
palazzo vive anche un’altra Regina… la
Capocc-».
«Cappellaio!»
lo rimbeccò Alice.
«Capocciona
maledetta!» disse tutto d’un
fiato Tarrant con sguardo furbo, come per dirle di contraddirlo se
anche lei
non la pensasse così.
I
due si guardarono intensamente e anche se
Alice non trovava educato quello che aveva detto l’amico, in
effetti, non
poteva negare a sé stessa di pensarla come lui. E infatti,
poco dopo, si misero
a ridere e a braccetto, si diressero verso il palazzo.
***
Pochi
minuti più tardi erano ormai arrivati
alla porta del palazzo e, come di consueto, vennero fatti entrare da un
paggetto che li condusse fino al salone principale dove le due Regine
li
stavano attendendo.
«Benvenuto
Tarrant e bentornata anche a te
Alice» esclamò la Regina Bianca alzandosi con
grazia dal trono. «Allora…» disse,
rivolgendosi al Cappellaio, «Ti abbiamo fatto una bella
sorpresa, non trovi?».
Tarrant
guardò prima Alice e poi tornò a
rivolgere lo sguardo alla Regina «Certamente vostra
Maestà. È stata una così
bella e sorprendente sorpresa, che ci ho messo qualche minuto a capire
che si
trattasse proprio della mi-» si interruppe
bruscamente e,
arrossendo lievemente, si corresse alla svelta «Volevo dire, della nostra cara Alice».
«Oh,
Tarrant, quante volte ti devo dire che
puoi tranquillamente chiamarmi Mirana, siamo amici da tanto tempo,
queste
formalità ormai non trovi che siano superflue?»
gli rispose allegramente. «Comunque,
mi fa davvero piacere che ti abbia così tanto
sorpreso!» gli disse euforicamente
la Bianca facendo un piccolo applauso.
Iracebeth,
alla vista di tutta quella pura
allegria, roteò gli occhi al cielo ed emise un piccolo
sbuffo, come per
richiamare all’ordine e alla compostezza la sorella minore.
«Tornando
a noi Alice», disse Mirana rivolgendosi
ora all’amica e appoggiandole, con molta grazia, la mano
sulla sua spalla, «Mi
farebbe davvero piacere averti, in questi giorni qui a palazzo come
nostra
ospite e poi ho anche delle cose molto importanti da dirti…
Cose che comunque possono
tranquillamente aspettare anche domani» aggiunse in
fretta. «Accetteresti?».
Alice
guardò prima Mirana e poi Iracebeth,
come per capire se anche lei fosse d’accordo con la sorella,
ed infine tornò
con lo sguardo verso la prima. «Se per la Regina Iracebeth e
per Voi non è di
alcun disturbo accetterò più che volentieri il
vostro invito».
Mirana
le sorrise «Non sei di alcun
disturbo cara e come per Tarrant, anche per te vale la questione delle
formalità. Dammi pure del tu tranquillamente» e
voltandosi verso l’ingresso
della sala dove sostava sull’attenti uno dei suoi tanti paggi
aggiunse, «Mio
caro Vlab, sai dirmi per caso per che ora verrà servita la
cena?».
Il
paggio, prima di rispondere, fece un
leggero inchino alla Regina, «Mia regina, la cena
verrà servita a tavola tra
pochi minuti».
«Bene,
allora potresti andare a dire ad
Angelica di preparare un posto in più a tavola e allo chef
di preparare un
piatto in più da servire che stasera avremo a cena la nostra
cara Alice?», gli
domandò sorridendogli calorosamente, salvo poi ricordarsi
della presenza del
Cappellaio. «Oh, che sbadata. Aspetta un secondo Vlab».
Il paggio si fermò e Mirana si rivolse al Cappellaio con un
sorriso «Tarrant,
vorresti unirti anche tu a cena con noi?».
«Ti
ringrazio infinitamente mia Regina, ma
ho un appuntamento per cena con la mia famiglia ed a proposito di
appuntamenti,
credo che se non mi sbrigo arriverò nuovamente in ritardo e
poi chi lo sente
più mio padre» ironizzò dando
un’occhiata all’orologio a pendolo in fondo alla
sala.
«Mi
sembra giusto. Vorrà dire che sarà per
un’altra
occasione. Bene Vlab»
disse tornado a rivolgersi alla
piccola rana «puoi
andare, grazie».
Il
paggio si inchinò nuovamente ed uscì
dalla stanza saltellando.
«Bene!
Sarà meglio che mi congedi anch’io. Con
permesso»
e il Cappellaio si inchinò alle due Regine «Vi auguro una buona cena e una
buona serata», poi rivolgendosi
ad Alice aggiunse «Spero di riuscirti a vedere anche domani
cara Alice, così
magari potrei finalmente presentarti alla mia famiglia, sai sono sicuro
che a
loro farebbe molto piacere conoscerti!».
Alice
guardò la regina Mirana come per chiederle
il permesso di andare a trovare la famiglia Hightopp,
l’indomani.
«Ma
certo cara, non c’è alcun problema, non
appena domani mattina avremmo parlato potrai andare a trovare la
famiglia
Altocilindro», le disse dolcemente.
«Ti
ringrazio», rispose Alice.
«Perfetto,
allora passerò domattina prima
dell’ora di pranzo. Mia madre sarà felicissima di
poterti ospitare a pranzo» e
prima di andarsene si sporse verso Alice per sussurrarle «A domani mia cara Alice» e
infine le
regalò un fuggente bacio sulla guancia.
Tarrant
era appena uscito quando la Regina
Rossa, che era stata in silenzio per tutto il tempo, sbottò
«Santo cielo quanto
zuccherosa e mielosa è stata questa conversazione?! Non ne
potevo più».
Mirana
si mise a ridere mentre Alice
fulminava la Rossa con lo sguardo. Anche se era di nuovo tornata ad
essere
buona, o almeno così sperava la ragazza, non aveva per
niente cambiato i suoi
modi bruschi.
«Suvvia
Iracebeth, non dire così. Scommetto
che anche tu e il tuo sposo, il Tempo, per quanto tu non voglia
ammetterlo,
siete così a casa…» la prese in giro la
sorella.
«Il
Tempo e la Regina Rossa si sono sposati?!?»
domandò incredula Alice.
«Non
vedo come questo possa interessarti
ragazzina!» rispose acidamente la Rossa.
Ma
la Bianca prese subito le difese
dell’amica «Sorella! Non sono questi i modi! Sai
che sono solita a tollerare
tutto, ma certi modi proprio non mi vanno giù!».
Mirana
si era appena espressa con un tono
di voce più autoritario del solito ed Alice poté
finalmente constatare che le
due sorelle, in fin dei conti, qualcosa in comune ce
l’avevano ma era anche
vero che la Regina Bianca era molto più garbata della prima
ed infatti, un
secondo dopo, era di nuovo la solita e premurosa Regina che tutti
conoscono e
amano.
«E
poi Alice non è più una ragazzina, ormai
è una bellissima donna, che sta sbocciando in tutto il suo
splendore!», le
disse la Regina Mirana accarezzandole la guancia.
«Ed
ecco che ritorna ad essere la solita Regina
smielata e sentimentale» e rivolgendosi poi alla ragazza la
Rossa aggiunse, «Anche
se non dovrebbero essere fatti tuoi, se proprio vuoi saperlo, ci siamo
sposati
due anni dopo il “piccolo incidente” con il
tempo…», disse con
voce stridula e arrossendo.
“Si,
proprio un “piccolo incidente””,
si ritrovò a pensare Alice.
La
conversazione venne interrotta
dall’arrivo di Vlab, che annunciò la cena e le tre
donne si avviarono verso la
sala da pranzo.
Una
volta sedute a tavola, la Regina Mirana
a capotavola, la sorella alla sua destra ed Alice alla sua sinistra, i
camerieri iniziarono a servire loro i primi, che consistevano uno in
una
squisita vellutata di zucca e piselli leggermente speziata e, subito a
seguire,
in un risotto leggermente al dente aromatizzato alla menta. Anche come
secondi furono
serviti piatti di sole verdure, sia grigliate che ripiene.
«Spero
che il menù vegetariano non sia un
problema Alice, ma vedi con il mio stile di vita non mangio alcun tipo
di
carne; personalmente non riuscirei a sopportare di porre fine ad
un’innocente
creatura per potermene cibare» gli disse la Bianca.
«Ergo,
se vuoi della carne qui non ne
troverai, è il motivo per cui ceno o pranzo qui poche volte»
rispose Iracebeth «Se mangiassi qui ogni
giorno credo che potrei impazzire».
«Sai
perfettamente che se vuoi delle carne
puoi benissimo chiederla» controbatté la sorella.
«E
vedere le tue facce disgustate mentre mi
godo il pasto? No grazie!» la schernì la Rossa.
Alice,
che stava sorridendo leggermente a
seguito del dibattito un po’ assurdo delle due e onde evitare
di farle
continuare ad oltranza sull’argomento, intervenne dicendo
loro che non c’era
alcun problema, che anzi aveva trovato tutto molto buono e che nemmeno
al
palazzo della regina Vittoria, nel suo Mondo, si mangiava
così bene.
«Ti
ringrazio Alice, lo chef Jamal è uno
dei migliori qui a Marmorea. Sono sicura che i complimenti della
Paladina gli
faranno molto piacere!» concluse la Bianca.
Terminata la cena, che si era conclusa con un
classico dessert: gelato alla panna con fragole, Iracebeth
salutò la sorella ed
Alice e si diresse verso la stanza del grande orologio per poter
tornare a casa
da suo marito.
«Vive
ancora dentro l’orologio?» chiese
Alice, riferendosi al Tempo, quando la Regina Rossa se ne fu andata.
«Certamente!» le rispose
Mirana «Non
può per nessun motivo al
mondo lasciare incustodito il tempo; soprattutto dopo il guaio che
abbiamo
combinato l’ultima volta. Non vuole avere ulteriori problemi,
ma sai, credo che
per il mio matrimonio farà una piccola
eccezione…».
Alice
si ricordò solo in quel momento di
cosa il Tempo le aveva detto prima della sua partenza…
«Tutto
bene Alice?» le chiese la Bianca
mentre si dirigevano verso le stanze da letto degli ospiti
«Sei diventata molto
silenziosa» constatò.
«Mi
sono ricordata improvvisamente delle
ultime parole che io e il Tempo ci siamo scambiati prima della mia
partenza»
disse la ragazza.
«Davvero?
E che vi siete detti?».
«Beh,
in pratica lui mi ha detto di “non
tornare più” qui, a
Sottomondo».
La
regina si mise a ridere di gusto alle
parole di Alice e, non appena arrivate dinanzi alla porta della stanza
della
ragazza, le disse «Stai tranquilla, credo che si stesse solo
prendendo gioco di
te e, se così non fosse, credo che dovrà farsene
una ragione. Sai sono sicura e
ci scommetterei la mia corona, che te lo abbia detto nella speranza che
non
venissero fuori altri guai e se poi avesse usato il suo dono, avrebbe
saputo
che tu saresti potuta ritornare un giorno!».
Alice
guardò interdetta la Regina e le
chiese: «Quale dono?».
«Il
Tempo è in grado di vedere nel passato,
nel presente e nel futuro, se avesse usato questo su ultimo dono credo
che ti
avrebbe vista arrivare» e così dicendo le due
entrarono nella stanza. «Questa è
la stanza degli ospiti, spero che possa piacerti Alice».
Alice
si guardò intorno, la stanza era
molto luminosa, aveva un letto a baldacchino a due piazze e mezza con
delle
lenzuola di seta azzurre molto raffinate e delle coperte con ricami
molto
accurati; vi era anche una porta che portava ad un bagno personale,
molto più
grande di un bagno che ci si aspetterebbe di trovare in una stanza
degli ospiti;
un armadio, che la Regina aprì facendo vedere ad Alice che
per l’occasione le
aveva fatto preparare un sacco di vestiti, compreso il vestito da
cerimonia per
il matrimonio, e per finire, una portafinestra e un balconcino, che
davano su
uno dei giardini del palazzo.
Dalla
finestra si poteva ammirare una vista
dall’alto della città di Saggezzilandia ed in
lontananza si potevano scorgere
delle montagne, che vista l’ora tarda risultavano in ombra.
La
Regina si avvicinò ad Alice che stava
ammirando con occhi meravigliati la bellissima vista, «Bello
vero? Amo questo
panorama, trovo che sia uno dei migliori che si possano scorgere dal
palazzo!».
«Si,
trovo che sia bellissimo» le rispose di rimando Alice che
stava ancora
guardando fuori dalla finestra, il sole ormai era già
tramontato da un pezzo ma
le luci erano una cosa incantevole. «Posso chiederle una
cosa?».
La
Regina guardò curiosa l’amica, «Certo
dimmi pure cara».
La
giovane prese fiato e guardò l’amica,
«Se posso chiedervelo, come avete conosciuto il principe
Edward?».
La
Bianca le sorrise «Credo che sia meglio
che tu ora vada a riposarti; devi essere molto stanca, questa giornata
deve
essere stata molto lunga e piena di emozioni. Ti racconterò
tutto domani dopo
la colazione, promesso» diede un piccolo bacio sulla fronte
dell’amica e si
incamminò verso la porta per lasciarle un po’ di
tranquillità.
«Prima di
dimenticarmene», si volse
nuovamente verso Alice. «La camicia da notte la troverai
nella cassapanca ai
piedi del letto e nel bagno ci sono gli asciugamani già
pronti nel caso tu
voglia rinfrescarti un po’ prima di andare a dormire; i
vestiti li hai visti e non
ti fare alcun tipo di problema ad usarli, te li ho fatti cucire apposta
su
misura per te! Bene, spero di non aver dimenticato niente»
sorrise soddisfatta,
«Buonanotte Alice! Ci vediamo domattina».
Stava
per andarsene quando Alice, alla
quale era tornata in mente una frase detta poco prima dalla Regina nei
confronti del Tempo, la fermò «Regina Mirana
potrei farle un’ultima domanda.
Più che altro una curiosità».
La
Bianca, che stava ormai per chiudersi la
porta alle spalle, si bloccò ed incuriosita si
voltò verso Alice, «Certo, dimmi
pure».
«Prima
avete detto che il Tempo non usa il
suo ultimo dono, quello della “visione”
del futuro, come mai? Nel senso, se lo avesse usato, molto
probabilmente quello
che successe, oramai sette anni fa, si sarebbe potuto
evitare», disse
riflettendoci su.
«Si,
forse hai ragione, ma sai il futuro è
un tempo molto insidioso. Il passato è come un tempo fermo,
dal quale abbiamo
imparato che non c’è alcun modo di poterlo
cambiare e dal quale si può solo
imparare per non commettere gli stessi errori nel futuro; il presente
invece è
un tempo sempre in movimento, dove ogni singola scelta può
far cambiare gli
avvenimenti del futuro e di conseguenza nemmeno il Tempo può
sapere con
certezza cosa succederà e proprio perché esistono
numerose possibilità nel
futuro di ognuno di noi, in esso risulta molto difficile poterci
viaggiare e
modificarlo o anche solo consultarlo. Per questo motivo il Tempo non
usa quel
suo dono; dopotutto, per quanto ne so, tu potevi anche scegliere di non
seguire, quella notte di sette anni fa, il Brucaliffo nello
specchio» le spiegò
Mirana.
Alice
ascoltò il tutto con molta
attenzione, la Regina aveva pienamente ragione.
«E
poi credo che al Tempo non piaccia
guardare nel futuro. Così può godersi quello che
verrà, sia bello che brutto.
Non trovi, cara, che la vita sarebbe noiosa se si conoscesse
già come andrebbe
a finire?» le domandò la Regina.
«Immagino
di sì» le rispose Alice.
Mirana
le sorrise per un’ultima volta e le
diede di nuovo la buonanotte per poi chiudersi la porta alle spalle
lasciando la
ragazza da sola.
Dopo
essersi rinfrescata ed essersi
infilata la camicia da notte, Alice si mise finalmente a letto. Le
sembrava che
fosse passata un’eternità dall’ultima
volta che aveva poggiato la testa su di
un morbido cuscino.
“La
regina ha ragione, la vita sarebbe davvero noiosa se si conoscesse
già il
proprio futuro. Ma nonostante questo, sarei comunque molto curiosa di
sapere,
almeno un pochino, cosa questo futuro mi riserva”,
si ritrovò a pensare la
ragazza prima di sprofondare nel mondo dei sogni.
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Capitolo 5 *** Ricordi lontani ***
Capitolo
5 – Ricordi lontani
Subito
dopo aver appoggiato la propria testa sul morbido cuscino, la mente di
Alice si
svuotò completamente e piano piano scivolò nel
mondo dei sogni. La sensazione
fu come di cadere nel vuoto ma per fortuna, anche in
quell’occasione, pronta a
salvarla dalla rovinosa caduta a terra, fu soccorsa dal suo nuovo amico
Gaston.
Nel sogno, si ritrovò improvvisamente in compagnia di
Tarrant e insieme stavano
volando verso l’alba. E mentre la realtà del suo
sogno proseguiva, l’Alice in
carne ed ossa, sdraiata sul letto e nel mondo di Morfeo, si
portò le ginocchia
al petto e strinse tra le braccia il cuscino affianco sorridendo
beatamente di
quel meraviglioso sogno.
Quando
si
svegliò la mattina seguente erano ormai le nove passate e
qualcuno stava
bussando alla porta.
«Avanti»
disse portandosi il lenzuolo al petto e cercando di mettere un
po’ d’ordine
alla matassa disordinata che i suoi capelli avevano assunto durante la
notte.
«Buongiorno
signorina Alice, spero di non averla svegliata. Le ho portato la
colazione». Era
Angelica, una delle cameriere di Mirana e che aveva conosciuto durante
la
serata precedente. Aveva con sé un piccolo carrello con
all’interno una
quantità di cibo che poteva bastare per almeno altre quattro
persone e Alice si
chiese come avrebbe fatto a mangiare tutto quel ben di Dio.
«Tranquilla
Angelica, ero sveglia già da qualche minuto» le
mentì cercando di nascondere,
miseramente, uno sbadiglio. «Colazione a letto?»
chiese infine.
«Certo,
la
Regina Mirana mi ha chiesto di portarvela e visto che non sapeva che
cosa preferisse,
ha deciso di riempirle personalmente il vassoio con tutto
ciò che il cuoco ha
preparato stamane», rispose cordialmente la cameriera.
«Grazie.
La
Regina è premurosa come sempre. Solo che mi sembra un
po’ troppo imbandita come
colazione per una sola persona».
«Stia
tranquilla, non è obbligata a mangiare tutto» le
sorrise Angelica. «Le lascio
fare colazione con tranquillità e quando ha finito lasci
pure tutto sul
carrello, passerò più tardi a mettere in ordine
la camera».
Alice
si
stava apprestando a scendere dal letto per recuperare la vestaglia
quando si ricordò
che quella mattina avrebbe dovuto parlare con Mirana.
«Angelica, scusami. Per caso la Regina ti ha
detto a che ora e dove la dovrei incontrare questa mattina?».
«Oh, che
sbadata, me ne stavo completamente dimenticando!»
esclamò la cameriera portandosi
una mano alla bocca. «Mi ha detto di dirle che la
riceverà nel giardino della
tavola rotonda di pietra, che si trova nella parte est del castello,
basterà
che scenda le scale, prenda il corridoio dei quadri paesaggistici e poi
gira a
sinistra. Troverà infine la porta che la condurrà
al giardino».
Alice
si
era leggermente persa, dopotutto era stata a palazzo solo altre due
volte prima
di quella, ma in entrambe le occasioni non aveva di certo potuto fare
una
visita dettagliata del castello e poi l’ultima volta ci era
stata quasi sette
anni prima.
Per
non
far perdere altro tempo ad Angelica, le disse che aveva capito e le
chiese
l’ora dell’incontro e per fortuna aveva quasi due
ore per fare colazione,
prepararsi e cercare il posto indicatole.
Quando
Angelica uscì dalla stanza, si alzò, si mise la
vestaglia che aveva preparato
vicino al letto la sera precedente e si avvicinò al vassoio
della colazione.
Non riusciva a capacitarsi di tutto quel cibo. Sapeva benissimo che non
sarebbe
mai riuscita a mangiare tutto quello che c’era ma i
pasticcini alla crema, i
biscotti glassati di varie forme (alcune delle quali raffiguravano
anche i loro
amici), le piccole torte, i cupcake e tutti i dolci che si possano
immaginare, erano
lì che la fissavano con aria invitante. Alla fine, decise di
optare per qualche
pasticcino alla crema e qualche biscotto glassato, accompagnati
rigorosamente
con una tazza di thè fumante aromatizzato alla vaniglia.
Conclusa
la colazione iniziò a prepararsi e, aprendo
l’armadio, optò di indossare un
semplice abito celeste con qualche piccolo fiocco blu sulle spalle e
del pizzo
dello stesso colore sull’orlo della gonna. Ovviamente lo
indossò senza
corsetto.
Mancava
ancora un’ora all’incontro con Mirana,
perciò decise di incominciare ad
avviarsi per non arrivare in ritardo, visto che doveva ancora capire
come
arrivare al giardino. Cercò di ricordarsi le istruzioni di
Angelica. Si diresse
così verso le scale e cominciò a scenderle.
Arrivata al piano terra, si accorse
che i corridoi che poteva prendere erano solo tre e tutti e tre erano
pieni di
quadri alle pareti «E adesso dove vado?».
Non
ricordandosi precisamente quello che le aveva detto la cameriera, Alice
decise
di proseguire per il corridoio che aveva davanti a sé. Alla
parete di quel
corridoio erano appesi numerosi ritratti di persone e molto
probabilmente ritraevano
tutte le persone più importanti di Marmorea, se non
addirittura di tutta
Wonderland. In uno Alice riconobbe i genitori delle Regine e qualche
quandro
più avanti c’erano raffigurati i ritratti sia di
Mirana che di Iracebeth,
entrambe in giovane età e tutte e due ritratte nel giorno
della loro
incoronazione. “Solo che
l’incoronazione
della Regina Rossa non è andata come tutti speravano”,
si ritrovò a pensare.
Alla
fine
del corridoio Alice giunse ad una porta che le era stranamente molto
familiare,
anche se non sapeva spiegarsi il perché, e senza pensarci
troppo decise di
aprila. In fondo alla stanza riconobbe il grande orologio dentro il
quale
vivevano il Tempo ed Iracebeth. L’orologio segnava appena le
10:07 e Alice
avrebbe avuto tutto il tempo di tornare indietro a provare anche gli
altri due
corridoi per poter giungere al giardino ma inspiegabilmente le venne
una gran
voglia di andare a trovare il suo amico.
«Manca
ancora un po’ di tempo alle undici, ce la posso ancora fare
se faccio un saluto
veloce al Tempo e poi di corsa cerco il luogo
dell’incontro» si disse tra sé e
sé, mentre apriva lo sportello del pendolo, che altro non
era che una porta. Una
volta dentro se la chiuse alle spalle. “Spero
che la Regina Rossa sia da qualche altra parte, se mi dovesse trovare
qui sono
sicura esploderebbe di rabbia”.
Dopo
aver
attraversato il lungo percorso ad ostacoli fatto di vari ingranaggi
(chiedendosi
se la Rossa, ogniqualvolta che tornava a casa, doveva fare tutto quel
percorso
o se esista una via alternativa), Alice arrivò
all’interno delle mura del tempo
e la prima faccia amica che
incontrò era proprio quella del piccolo Wilkins.
«Wilkins!
Che bello rivederti!» esclamò.
Il
piccolo
robottino, intento a sistemare un piccolo ingranaggio di uno dei tanti
orologi
della sala, udendo il suo nome provenire da una voce diversa da quella
del suo
capo si spaventò ed emise un piccolo urletto. «E
tu chi sei?» chiese girandosi
e riportandosi gli occhiali caduti sul piccolo naso cilindrico.
«Sono
io,
Alice! Non ti ricordi di me? Ero stata qui quasi sette anni
fa».
Wilkins
ci
pensò un attimo e a quanto pare qualche rotella
tornò nella giusta posizione,
perché ad un tratto fissò la ragazza e
spalancò la bocca. Non fece in tempo a
dire niente perché da lontano una voce familiare che lo
stava cercando risuonò
tra le mura.
«WIIILKIIIINS!».
Il
Tempo
era ormai giunto nella sala e trovandosi Alice davanti rimase anche lui
come
pietrificato. «Ma io a te non avevo detto di non ritornare
più?».
Alice
non
sapeva come rispondergli, non si aspettava certo
un’accoglienza così, ma in
effetti era vero che lui gli aveva chiesto di non tornare.
Vedendo
che
la ragazza non rispondeva l’uomo del tempo prese
di nuovo la parola.
«Quando eri venuta qui la prima volta, eri una ragazza molto
chiacchierona e
molto insistente e volevi a tutti i costi aver ragione e farmi perdere
me
stesso… Spero tu non sia tornata per un nuovo viaggio. No,
perché questa volta
ho preso delle precauzioni maggiori con l’aiuto dei miei
fidati sottoposti: i
secondi, i minuti e le ore!».
Alice
si
rilassò un po’ vedendo che il Tempo le stava
sorridendo. «No, questa volta farò
la brava. E comunque l’altra volta era una questione di vita
o di morte» ci
tenne a precisare.
«Lo
so, ma
giocare col passato, anche se non è quello che hai fatto tu,
non è mai un bene.
Presto arriva quel momento per tutti. Anche se alla fine per fortuna si
è risolto
tutto per il meglio!».
“Già”
si ritrovò a pensare la Paladina. «Ho
saputo che tu e Iracebeth vi siete sposati! Congratulazioni! Deve
essere una convivenza
molto movimentata» disse infine per cambiare discorso.
«Ah.
Ah. Ah.
Be’ ci abbiamo messo un po’ dopo quello che aveva
combinato, ma poi ho capito
che tutti sbagliano. Dopotutto non sono tutti molto precisi come me e i
miei
orologi» e mostrò ad Alice i
vari
orologi nella stanza che continuavano imperterriti a ticchettare. «E alla fine, gli ho dato una
seconda possibilità. In
fin dei conti ero già cotto di lei da prima che mi rubasse
la cronosfera, anche
se a lei non sembrava importare» si portò una mano
dietro la testa, come per
mettere mano ai suoi ingranaggi e poi cambiò discorso.
«Fammi indovinare, la
Regina Mirana ti ha invitata al matrimonio».
«Si…»
Alice spalancò gli occhi come terrorizzata. «Oh
santo cielo, che ore sono?!?».
Il
Tempo
aprì il suo mantello per dare un’occhiata al suo
orologio incorporato «Sono le
10.55» affermò infine soddisfatto.
«Le
10.55?
Sono completamente in ritardo! Non riuscirò mai ad arrivare
in tempo!».
«Si?»
chiese il Tempo che si era momentaneamente distratto osservando il
lavoro di
Wilkins.
Alice
rimase un secondo interdetta, poi comprese «No. In tempo. Non intendevo voi».
«Ma
io sono
il tempo. E ora sciò,
che qui abbiamo
da lavorare, non farmi perdere altro me stesso» e
così dicendo spinse
leggermente Alice verso la porta e si diresse verso il piccolo aiutante.
«A
presto
signorina Alice!» gli urlò di rimando Winkils.
«Winklis,
non perdere me medesimo! Ti ho detto prima che quegli orologi vanno
sistemati
col fuso orario di Coraldopoli. Avanti…» gli
urlò di rimando il suo capo.
Alice,
che
stava correndo verso l’uscita, quando improvvisamente
andò a sbattere contro
qualcosa, o meglio contro qualcuna.
«Tu?»
esclamò la Rossa. «Che diamine ci fai tu qua
dentro? Non dovresti essere da
qualche altra parte?».
«Credo
di
essermi persa, Maestà» le rispose Alice.
«Credi di esserti
persa…» Iracebeth
assottigliò gli occhi «O ti sei persa o non ti sei
persa. Il credo non accettabile. E
poi tu non me
la racconti giusta. Ti conosco sei sempre stata una
ficcanaso!».
«Io
non
sono una ficc-» provò a ribattere.
«Si
che lo
sei! E adesso basta! Non ho intenzione di ascoltarti, la cosa non mi
interessa.
Mia sorella ti sta aspettando. Sai che sarebbe buona educazione
presentarsi
puntuali agli appuntamenti?» e le disse rifilandole un
sorrisetto che sembrava
più un ghigno. «Ah, se fossi io la Regina non te
la farei passare liscia. Una
volta uscita ritorna verso le scale e vai a destra e poi il primo
corridoio a
sinistra. La porta di condurrà ai giardini. Hai capito o te
lo devo scrivere?».
“Per
quanti passi avanti abbia fatto, la Regina Rossa non
cambierà mai fino in fondo;
rimarrà sempre una persona po’ dispotica”
pensò la ragazza. «Certamente, ho
capito. La ringrazio» le fece un breve inchino per poi
voltarsi e ricominciare
a correre.
***
Mentre
aspettava Alice, Mirana era immersa nei suoi pensieri. Si chiedeva se
avesse
fatto la cosa giusta a riportare la sua amica a Sottomondo. Sapeva
benissimo
quello che Tarrant provava per lei e sapeva che Alice nutriva per lui
un
profondo affetto; aveva paura che quando Alice sarebbe ritornata nel
suo mondo
il suo più caro amico non si sarebbe più ripreso.
Infatti, se Alice avesse
deciso di andarsene, non sarebbe mai più potuta ritornare
indietro… I suoi
pensieri vennero bruscamente interrotti dalla voce affannata della
ragazza.
«Regina
Mirana, vi chiedo scusa. Mi sono persa e nel cercare la porta del
giardino sono
finita nella sala del grande orologio e colta dalla voglia di rivedere
il Tempo
sono entrata e ho perso un po’ di lui…
Cioè volevo dire un po’ di tempo
e…»
Alice stava ansimando per la corsa e per riprendere fiato
appoggiò le mani alle
ginocchia.
«Alice
cara tranquilla, non è affatto un problema» le
sorrise di rimando la Regina. «Mi
fa piacere che tu l’abbia potuto vedere prima del matrimonio.
Ora, come
anticipato ieri, ti voglio spiegare come si svolgerà la
giornata, ti va?».
«Certamente!»
rispose prontamente la Paladina.
«Perfetto,
accomodati pure» così dicendo Mirana le fece segno
con la mano di sedersi di
fianco a lei. «Bene. Come ben sai tra tre giorni ci
sarà il ventesimo
anniversario del giorno Gioiglorioso e nel pomeriggio il matrimonio».
Alice
la
interruppe la sua interlocutrice. «Come sarebbe a dire
“ventesimo anniversario”?».
La
Bianca
si rese subito conto che nessuno aveva spiegato ad Alice che il tempo,
nel loro
Mondo, scorreva in maniera diversa, rispetto al Mondo di sopra.
«Oh, Alice. Pensavo che
qualcuno te ne avesse
già parlato. Vedi il tempo qua sotto scorre in modi assai
strani, rispetto al
vostro Mondo di sopra. Per esempio, a volte possono passare diversi
anni nel nostro
Mondo, mentre nel vostro possono essere passati solo pochi mesi o
viceversa,
qui passa una settima e per voi sono passati diversi mesi e a volte,
anche se
piuttosto raro e insolito, i due Mondi viaggiano sulla stessa lunghezza
di
tempo. Il nostro scorrere del tempo come avrai intuito è
assai imprevedibile e
bizzarro, ma non dipende da noi. Noi non ce ne accorgiamo
nemmeno».
«In
che senso non ve ne
accorgete?» le domandò la ragazza oramai
incuriosita.
«Nel
senso che queste,
chiamiamole per modo di dire, leggi, anche se sarebbe più
corretto dire il
“caso”, vengono “regolate” dal
Mondo di mezzo. Quello che divide i nostri due
Mondi».
«Quindi,
secondo questo
“caso”, io sarei in realtà stata lontano
da questo Mondo per ben diciassette
anni!» non poteva crederci che il Cappellaio avesse vissuto
in quello stato di
turbamento per così tanti anni. Molti di più di
quanti ne avesse vissuti lei
stessa. E quello che non riusciva a capire è
perché lui non glielo avesse
detto.
«Non
cruciarti più di
tanto Alice» le rispose. E poi, come se le avesse letto nel
pensiero aggiunse:
«Probabilmente Tarrant non ha voluto dirtelo per non
turbarti, ma sappi che ora
che sei qui, sono sicura che tutti questi anni per lui non siano mai
passati. È
una persona che tende a vivere nel presente. Guarda al passato solo
quando è
molto turbato e ora non ha più motivi per farlo».
«Capisco,
cercherò
allora di non pensarci più di tanto mentre sono in sua
compagnia. Prima,
comunque, di riprendere il discorso da dove ti ho interrotta, posso
farti
un’altra domanda?».
«Certamente
cara Alice, tutto quello che vuoi».
«Se
sono
passati diciassette anni dall’ultima volta che sono stata
qui. Come mai voi
tutti non sembrate invecchiati per niente?». Dopotutto era
una domanda più che
lecita visto che lei, in quegli ultimi sette anni vissuti nel suo
mondo, aveva
perso il suo visino tanto giovane quanto acerbo, per assumere uno
sguardo più
maturo e più da donna.
«Immaginavo
che prima o poi mi avresti posto questa domanda» le sorrise
la Bianca. «Come il
tempo è bizzarro anche il nostro invecchiare lo
è. Rispetto a voi noi
invecchiamo più lentamente; per cui possiamo, per
così dire, dimostrare
l’aspetto di un trentenne e avere in realtà
più di 150 anni».
Alice
non
poteva credere alle sue orecchie. Chissà quanti anni aveva
in realtà il suo
amato Cappelaio. Si ripromise un giorno di chiederglielo, dopotutto era
sempre
stata prima una bambina e poi una donna sempre curiosa su come
funzionavano le
cose nel Mondo. «È al quanto incredibile venire a
conoscenza di questi fatti.
Sarei quasi curiosa di chiederti quanti anni hai in realtà
ma presumo che non
sia cortese chiedertelo…».
«Credo
che
se lo sapessi, rimarresti ancora più sbalordita» e
così dicendo le rivolse un
sorriso un po’ birbante accompagnato da un fugace occhiolino.
«Se non hai altre
curiosità posso continuare il discorso da dove lo avevamo
lasciato pocanzi».
«Per
il
momento non è ho. Ti prego, continua pure» e le
fece segno di proseguire.
«Dunque,
dove eravamo rimasti…» la Regina ci
pensò qualche secondo tamburellandosi un
dito sulle labbra. «Ah sì, ora ricordo, ti stavo
illustrando come si svolgerà
la giornata. Allora… La mattina in pratica ci
sarà un’enorme parata. Visto e
considerato che sarai presente, cavalcherai il Grafobrancio con indosso
la tua
armatura, che verrà lucidata per l’occasione e che
ti verrà consegnata la
mattina stessa. Ci saranno molte persone che vorranno conoscerti e
ringraziarti
di persona visto che hanno saputo del tuo arrivo. Invece, per il
pomeriggio, la
cerimonia si svolgerà nei giardini del palazzo e come hai
visto ieri sera il
tuo abito è già pronto nell’armadio.
Inoltre, oggi vorrei chiederti se ti
andrebbe di essere la mia damigella nonché mia testimone di
nozze» le sorrise
la Bianca.
Alice
era
rimasta piacevolmente interdetta davanti alle parole della Regina.
«Io? Ma ne
siete sicura?».
«Certamente,
sei una delle mie più care amiche e anche il Principe Edward
è pienamente
d’accordo e gli farebbe davvero piacere. Gli ho tanto parlato
di te durante
questi anni che non vede l’ora di conoscerti di persona.
Ovviamente non voglio
obbligarti…».
«Ne
sarei
onorata Mirana» la interruppe Alice sorridendole.
«Se
non
sbaglio ieri sera non eri curiosa di sapere come io e il Principe
Edward ci
siamo conosciuti?» le domandò la Bianca.
Alice
arrossì appena e la Regina non poté far altro che
sorridere di fronte
all’improvviso imbarazzo della Paladina di Wonder.
«Mi piacerebbe molto!»
rispose infine.
«Va bene, ma non è nulla di
straordinario cara»
asserì infine Mirana.
La
Regina
le raccontò che lei e il principe Edward in
realtà si conoscevano da tutta la
vita. Lui è più grande di lei di soli due anni ed
è il secondo genito degli
attuali sovrani di Crystaland, che altri non sono che la sua madrina e
il suo
padrino. «Giocavamo sempre assieme quando con la famiglia
andavamo a trovarli o
quando loro venivano a trovare noi. Sai credo che mia sorella fosse
gelosa di
noi, dopo tutto hanno entrambi la stessa età e lui sin da
piccolo era un
ragazzo molto bello. Ma a me non è mai importata
più di tanto la sua bellezza
esteriore e quando ero piccola non pensavo certo al fatto che un giorno
mi
sarebbe piaciuto trascorrere il resto della mia vita con lui.
È una persona
molto simpatica e abbiamo praticamente lo stesso carattere».
«Eravate
promessi sposi già da bambini?» le chiese Alice.
Mirana
sorrise alle sue parole «No. A dire la verità lui
era promesso ad un’altra
donna. I miei genitori erano dell’idea che i matrimoni
combinati, per quanto
portino soldi e più stabilità in un regno, non
siano giusti nei confronti dei
due giovani. Ma i sovrani di Crystaland non erano del loro stesso
avviso».
«E
cosa è
cambiato?» domandò ormai curiosa la ragazza.
«Qualche
giorno prima del matrimonio Edward mi ha dichiarato il suo amore e io
ho fatto
lo stesso. Ci siamo baciati» Mirana arrossì al
ricordo di quel giorno tanto
lontano e Alice distolse il suo sguardo per lasciarle un po’
di intimità nel
ricordo di quel momento. «Il giorno dopo è andato
dai suoi genitori dicendogli
che mi amava e che, anche se non sarebbe salito al trono dopo la morte
dei suoi
genitori in quanto saranno suo fratello maggiore e la sua consorte a
regnare su
Crystaland, avrebbe abdicato, in ragione del fatto che
l’unica donna che amava
ero io ed era con me che voleva sposarsi e vivere il resto della sua
vita».
«Un
gesto
molto romantico» constatò Alice immaginandosi la
scena.
«Si,
ma
per quanto i sovrani di Crystaland siano nostri amici da tanti anni,
non hanno
visto di buon occhio l’atto del loro secondo genito. E
così, visto che le nozze
furono annullate a causa del suo amore verso di me, hanno deciso di non
avere
più rapporti né con loro figlio né con
me e il mio regno. Abbiamo in tutti i
modi provato a parlarci, ma non hanno voluto darci ascolto»
disse tristemente.
«Ora Edward vive da una sua lontana parente al di
là del regno di Marmorea,
arriverà a palazzo il giorno prima delle nozze,
così vuole la tradizione».
«Deve
essere dura andare contro alla propria famiglia…»
rifletté Alice.
«Credo
che
tu abbia ragione, ma se tu ami una persona con tutta te stessa non
vorresti a
tutti i costi vivere per sempre al suo fianco?» le fece notare
l’amica. «Io avrei fatto lo stesso per lui,
avrei rinunciato
al mio regno per lui».
E
mentre
la Regina le parlava, ad Alice venne in mente Tarrant, anche lei
avrebbe
lasciato tutto per rimanere al suo fianco?
In
quel
momento le due vennero raggiunte da Vlab. «Mia Signora.
Alice» disse facendo un
inchino ad entrambe. «È giunto il Cappellaio a
palazzo. Dice che è pronto a
portare la signorina Alice a pranzo dai suoi genitori».
«Grazie
di
averci avvisate Vlab. Vai pure a dire a Tarrant che Alice lo
raggiungerà
subito». Vlab si inchinò nuovamente e se ne
andò via saltellando verso il
palazzo. «Cara, spero che ti troverai bene a pranzo! La
famiglia Hightopp è una
delle famiglie più accoglienti di tutta Saggezzilandia!
Quando ero più piccola
capitava spesso che andassimo dalla madre del Cappellaio per merenda;
sai
faceva delle torte molto buone e sia io che mia sorella eravamo molto
golose.
Scommetto che per il tuo arrivo avrà preparato un pranzo con
i fiocchi» le
sorrise la Regina. «Su vai, non far attendere oltre il
Cappellaio».
Alice
non
se lo fece ripetere due volte, salutò la Regina e si
incamminò nella direzione
presa da Vlab.
Appena
giunse all’ingresso vide il Cappellaio parlare allegramente
con Beyard e il
Bianconiglio. Alice fece un largo sorriso, prese la rincorsa e
saltò sulle
spalle dell’amico, il quale non aspettandoselo minimamente,
finì a terra con un
tonfo portandosi dietro anche la ragazza.
«Alice!
Birichina, non si fanno certi assalti alle spalle di persone non
preparate»
disse Tarrant, sempre col sorriso sulle labbra, mentre si alzava e
porgeva una
mano all’amica per aiutarla a rimettersi in piedi.
«Ero
talmente felice di rivederti che non ho resistito» gli disse
mentre lo
abbracciava.
«Bene
Alice, sei pronta a conoscere finalmente la mia famiglia? È
da quando li
abbiamo salvati che speravo di farteli conoscere! Mia madre, quando
ieri sera
le ho detto che saresti venuta a pranzo da noi, era al settimo cielo. E
sono
sicuro che ha passato tutta la mattina ai fornelli».
«Non
vedo
l’ora di conoscerli, questa volta il tempo
sembrerebbe non correrci dietro».
«Hai
perfettamente ragione mia cara!» disse con voce squillante il
Cappellaio.
I
due,
dopo aver salutato Beyard e il Bianconiglio, si incamminarono verso il
piccolo
paese della città di Saggezzilandia dove si trovava la casa
della famiglia
Altocilindro.
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Capitolo 6 *** Pranzo in famiglia ***
Capitolo
6 – Pranzo in famiglia
Mano a
mano che si avvicinavano alla casa degli Altocilindro, Alice aveva
iniziato a
sentirsi nervosa; si chiedeva come avrebbe dovuto comportarsi. Aveva
conosciuto
sia Zanik che sua moglie nel passato e chissà se si
ricordavano in qualche modo
di lei, quella ragazza che era piombata in casa loro assieme al piccolo
Tarrant, il quale voleva a tutti i costi che il padre le facesse un
cappello.
Arrivati
alla porta d’ingresso Tarrant bussò e ad aprire fu
una ragazza, probabilmente
di appena qualche anno più giovane rispetto ad Alice.
«Ciao
fratellone, che bello vederti! Mamma mi aveva detto che oggi saresti
passato
per pranzo con un’amica».
«Ciao
sorellina! Anche per me è bello rivederti dopo
così tanto tempo». I due si
abbracciarono stringendosi forte, poi il Cappellaio, sciolto
l’abbraccio,
riprese: «Claire, ti presento Alice, la paladina di
Wonderland, nonché mia più
cara amica!».
Claire
sorrise alla ragazza e dopo nemmeno due secondi
l’attirò a sé in un forte
abbraccio. «Non sai che bello incontrarti! Mamma non mi aveva
affatto detto che
oggi a pranzo ci sarebbe stata colei che ci ha salvato la vita anni fa!
Non sai
quanto avrei voluto ringraziarti! Ma ora posso farlo! Quindi,
grazie!».
Qualche
secondo dopo sciolsero l’abbraccio e dopodiché la
giovane si fece da parte per
farli entrare. «Il pranzo sarà pronto tra qualche
minuto, accomodati pure e fai
come se fossi a casa tua, io vado a dare una mano alla mamma»
e prima di andare
verso la cucina si rivolse nuovamente al fratello. «Ah
Tarrant, papà ha detto
che dopo pranzo vorrebbe parlarti».
«Ok
Claire, ma adesso dov’è?» le chiese il
Cappellaio.
«Attualmente
è giù in paese con Thomas e Jack a comprare delle
stoffe, ma credo che tra poco
arriveranno» e così dicendo Claire se ne
andò in cucina.
Alice
e il
Cappellaio rimasero soli in salotto e Tarrant si offrì di
portarla a fare un
piccolo girò della casa, mentre aspettavano e durante il
tour i due finirono
nella piccola bottega nel retro la casa, dove il padre di Tarrant,
Zanik,
creava i suoi bellissimi cappelli.
«Me
la
ricordo questa bottega» affermò Alice.
«Davvero?
Non mi ricordo di avertici mai portata. Oppure sono diventato talmente
matto da
essermene dimenticato?» chiese un Cappellaio perplesso.
«Tranquillo,
non sei più matto del solito» gli sorrise Alice e
vedendo il suo amico
rilassarsi alle sue parole, riprese: «Quando sono tornata
indietro nel tempo,
ti ho incontrato quando eri solo un bambino, avrai avuto circa dieci
anni, io
dovevo andare al castello per capire cosa era successo alle sei di sera
di quel
giorno, da aver spezzato del tutto il legame tra le due future Regine
di
Marmorea e, mentre stavo per andare a palazzo, sei piombato
tu». Un altro
piccolo sorriso solcò le labbra di Alice al ricordo di quel
giorno tanto
lontano, che lei non riusciva ancora a credere di averlo vissuto per
davvero,
poi riprese il racconto. «Mi dicesti che avevo una testa
perfetta e che tuo
padre avrebbe potuto farmi un cappello adatto solo per me. E senza
chiedermi se
mi andasse, mi presi per mano e mi guidasti verso la tua casa. E
niente, lì ho
incontrato per la prima volta i tuoi genitori; mi chiedo se loro si
ricordino di
me».
«Io
credo
di sì. Sei una donna straordinaria, credo che sia difficile
potersi dimenticare
di te. E io lo so bene».
Le ultime
parole del Cappellaio erano state sussurrate, come se le avesse dette
più a sé
stesso che ad Alice. Successivamente ritornò il solito
burlone ed aggiunse: «A
parte me, a quanto pare io mi sono completamente dimenticato di averti
conosciuta» disse ridacchiando e portandosi una mano alla
testa.
«Già,
e non
so se dovrei sentirmi offesa della cosa…» gli
rispose la ragazza stando al suo
gioco.
Proprio
in
quell’istante i due vennero chiamati da Claire, che
comunicò a loro che il
pranzo era in tavola e che Zanik e gli altri erano ritornati. Alice e Tarrant si diressero
in sala da pranzo
e prima di accomodarsi a tavola, la ragazza venne abbracciata da tutti
i
presenti, ad eccezione di Zanik che per ringraziarla si
limitò a stringerle la
mano molto calorosamente sorridendole, i quali la ringraziarono per
quello che
aveva fatto per il regno e per la loro famiglia e che senza il suo
aiuto
probabilmente non si sarebbero mai più ricongiunti,
né fisicamente né
spiritualmente come una famiglia unita.
Una
volta
a tavola, Alice poté assaggiare le straordinarie pietanze
che la madre e la
sorella del Cappellaio avevano preparato.
Durante
il
pranzo parlarono tutti del più e del meno. Alice venne a
sapere che Claire non
viveva in quella casa con la famiglia, ma abitava in un altro paese e
che
tornava a casa solo raramente ed in occasioni speciali, come il
matrimonio
della Regina Mirana. Jack e Thomas, i due gemelli, che erano anche i
più giovani,
si dicevano invece molto interessati a partire e a viaggiare; volevano
esplorare tutta Wonderland e magari aprire una piccola bottega dove
vendere
oggetti e cibi di altri paesi. Alice si rivedeva molto in quei due
ragazzi,
anche lei amava viaggiare ed esplorar. E mentre le risate e le
chiacchiere
riempivano la sala da pranzo, sia Zanik che sua moglie, rivelarono ad
Alice che
si ricordavano di lei e, nonostante l’avessero già
ringraziata di tutto nemmeno
un’ora prima, colsero l’occasione per ringraziarla
ulteriormente.
Concluso
il pasto, tutta la famiglia si spostò in salotto, ad
eccezione di Alice e Sam,
la moglie di Zanik. La ragazza si era infatti offerta di aiutare la
donna a
rimettere a posto la sala da pranzo e la cucina nonostante
quest’ultima si
fosse rifiutata dicendole che non era affatto necessario visto che era
un’ospite.
Mentre
Sam
lavava i piatti ed Alice li asciugava per poi rimetterli nella
credenza, la
prima le chiese com’era la vita nel suo mondo, che cosa
faceva, com’erano i
suoi genitori e più in generale com’era la sua
vita. Alice non poté non pensare
al fatto che Tarrant assomigliasse in maniera impressionante a sua
madre. Avevano
entrambi la stessa luce nei loro occhi verde smeraldo, lo stesso
sorriso, la
stessa curiosità e lo stesso modo di sognare. Invece, dal
padre aveva preso lo
stesso amore per la creazione dei cappelli, con in aggiunta il suo
tocco di
personalità e si rese conto che della famiglia Altocilindro,
lui era l’unico
che sembrava portare avanti quella tradizione di famiglia, che, a detta
di
Zanik, durava da secoli.
I
pensieri
di Alice vennero interrotti dalla voce melodiosa di Sam.
«Dev’essere bellissimo
viaggiare alla scoperta di nuovi posti… Anche i gemelli
sognano questo tipo di
esperienze e io vorrei tanto potergli dire di prendere in spalla il
loro zaino
e di partire; dopotutto sono grandi ormai, ma come madre è
difficile lasciarli
andare. Quando Tarrant si allontanò dalla nostra famiglia
anni fa, per me fu un
colpo al cuore, non riuscivo a guardami allo specchio pensando di non
essere
riuscita a fare niente per fermalo, ma per fortuna grazie al tuo aiuto
siamo di
nuovo una famiglia… Credo che non riusciremo mai a
sdebitarci con te». Una
piccola lacrima rigò il viso della donna ed Alice la
abbracciò cercando di
consolarla.
«Credo
che
lasciare andare i propri figli non sia una cosa facile per una madre.
Anche mia
madre, all’inizio, non riusciva a capire questo mio desiderio
di vivere la mia
vita in modo indipendente, ma alla fine siamo riuscite a capirci e lei
mi ha
dato tutto il suo appoggio. Sono convinta che lei sia stata e che lo
è tutt’ora
una madre fantastica per i suoi figli. Sa, prima stavo pensavo che lei
e
Tarrant vi somigliate più di quanto potreste mai
immaginare». Alice le sorrise
come a tranquillizzarla e una volta sciolto l’abbraccio
tornarono a finire il
loro lavoro, per poi ricongiungersi in salotto con il resto della
famiglia.
In
salotto
Alice si accorse della mancanza del Cappellaio e di Zanik. Claire, come
se
avesse letto nella mente della ragazza, le riferì che i due
erano nella bottega
a parlare di non si sa che cosa e che presto sarebbero tornati per il
tè e il
dolce.
Il
pomeriggio passò velocemente tra chiacchiere e risate e
verso le quattro il Cappellaio
ed Alice si congedarono. Sam disse alla ragazza che non vedeva
l’ora di
rivederla al matrimonio.
Mentre
percorrevano il viale verso il castello, Tarrant prese Alice per mano.
«La mia
famiglia è stata molto felice di ospitarti, gli hai fatto
una bella
impressione, ed anche a mio padre sei piaciuta molto»
affermò.
Alice
sorrise a quell’affermazione e subito dopo chiese al
Cappellaio di cosa lui e
suo padre avessero parlato durante il pomeriggio nella bottega. Tarrant
parve
irrigidirsi per un’istante, ma subito dopo si riprese e con
la sua solita
allegria le rispose.
«Mio
padre, mi ha chiesto di prendere in mano la bottega Hightopp. Mi ha
detto che
per lui è arrivato il momento di ritirarsi, addirittura di
viaggiare. Ti pare
una cosa strana? No, perché mio padre da ché lo
conosco non è mai stato
appassionato di viaggi, men che meno mia madre. Sarebbe una cosa troppo
strana,
ma forse è meglio così, è la loro vita
dopotutto…» il Cappellaio era diventato
un fiume in piena di parole, che pian piano diventarono senza senso,
con frasi
del tutto scollegate tra di loro e che non centravano più
niente con
l’argomento principale della conversazione.
«Cappellaio!»
Alice richiamò l’amico alla realtà, ed
egli si bloccò all’istante borbottando
qualche scusa per poi riprendere il discorso.
«E
niente,
non so cosa fare, gli ho detto che dovevo pensarci, ma lui mi ha detto
che non
c’era niente a cui pensare, già lavoro con i
cappelli e non vede su cosa dovrei
pensare. Come ben sai io e lui la vediamo in modo molto diverso su
quest’arte e
so che nei primi tempi lui sarà lì a
“supervisionare”» lo disse mimando le virgolette con le
dita «il mio lavoro e che discuteremo su
tutto. Tu cosa ne
pensi cara Alice?» domandò improvvisamente un
Cappellaio divenuto ormai serio
ad Alice che non lo aveva mai visto sotto quella luce.
«Penso
che
tu dovresti fare quello che più ti fa sentire bene, ma sono
sicura che tuo
padre sarebbe felice di sapere che la cappelleria Hightopp
continuerebbe a
vivere nelle mani di suo figlio e non di un estraneo. Credo anche che
entrambi
dobbiate trovare un punto di incontro e che tu quindi non dovresti
rifiutare l’offerta,
ma dovresti… non so, rivoluzionare il mondo dei cappelli
come hai sempre fatto
e per finire sono molto sicura che a tuo padre piaccia la tua visione
sulla
creazione e la realizzazione dei cappelli, solo che a quanto ho potuto
vedere è
una persona molto orgogliosa che ha paura ad esternare i suoi
sentimenti» e così
dicendo strinse di più la mano del Cappellaio. «E
poi perché sarebbe strano se
tua madre e tuo padre partissero per un viaggio, voglio dire, hanno
figli che
ormai sono grandi e pieni di moltezza da vendere! È anche
vero che forse qualcuno
di loro ha un po’ troppa moltezza visto che beve troppi
tè al giorno e fa un
po’ il matto…» disse cominciando a
ridere e sciogliendo un po’ la serietà del
Cappellaio, che presto cercò di vendicarsi delle frecciatine
di Alice,
cominciando a rincorrerla per farle il solletico…
***
Una volta
giunti al castello, il Cappellaio strinse Alice in un abbraccio e le
diede un
piccolo bacio sulla fronte facendo arrossire la ragazza. Infine, si
salutarono
e Tarrant le promise che molto presto le avrebbe fatto una meravigliosa
sorpresa e andandosene le fece l’occhiolino sorridendo.
Dopo
la cena,
che era risultata essere più movimentata di quella del
giorno prima a causa
della Regina Rossa che aveva deciso di rimproverare alla sorella il suo
modo di
comportarsi quando nel Regno succedevano cose che richiedevano
più mano ferma
ed autorità, Alice si buttò a letto e
cominciò a pensare alla giornata appena
trascorsa. Mancavano ormai solo tre giorni al matrimonio e si chiedeva
che cosa
sarebbe successo dopo. Sarebbe ritornata nel suo mondo dovendo dire
nuovamente
addio a Tarrant? O questa volta avrebbe deciso di rimanere con lui?
La
ragazza
non riuscì ad arrivare ad una conclusione, così
chiuse gli occhi e sprofondò in
un mondo di sogni. Non sapeva che da lì a qualche ora,
avrebbe vissuto una
giornata indimenticabile…
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Capitolo 7 *** Una giornata piena di sorprese ***
Capitolo
7 – Una giornata piena di sorprese
La sera
prima Alice era andata a letto ponendosi diverse domande sul suo
prossimo
futuro. La notte stava passando tranquilla, mentre la ragazza sognava
posti
colorati e pieni di magia, proprio come i sogni che faceva da bambina,
quegli
stessi sogni che, una volta sveglia, andava a raccontare al suo amato
padre,
colui che amava più di tutta la sua vita, colui per il quale
avrebbe fatto di
tutto; ma i suoi sogni vennero ben presto interrotti da un
interminabile
bussare e, mentre si ridestava dal letto, si chiese chi mai potesse
essere.
Avendo
le
tende chiuse, inizialmente pensò che fosse già
mattina e che Angelica fosse
venuta a portargli la colazione. Perciò si alzò,
si mise la vestaglia e si
diresse, ancora assonnata, verso la porta per aprirla, ma con grande
stupore
della ragazza, alla porta non c’era nessuno e a giudicare
dall’assordante
silenzio che alleggiava nei vari corridoi, doveva essere ancora troppo
presto
affinché qualcuno si fosse già alzato.
Mentre
Alice richiudeva la porta, chiedendosi se quel rumore se lo fosse solo
sognata,
i battiti ricominciarono, ma questa volta si rese conto che il bussare
non
proveniva dalla porta, ma bensì dalla portafinestra che dava
sul balcone.
Un
po’
intimorita, si avvicinò alla tenda, per poi accostarla molto
lentamente per
vedere chi mai l’avesse destata dai suoi sogni e
l’avesse buttata giù dal letto
così presto. E
quando spostò la tenda,
sul suo viso si formò un piccolo sorriso perplesso.
A
bussare
alla finestra altri non era che il Cappellaio, il quale stava in groppa
a
Gaston, la tartaruga volante che l’aveva accompagnata a terra
due giorni prima.
Tarrant le sorrideva come sempre e con le mani le mimò di
aprire la finestra,
in modo da poter parlare.
«Ma
cosa
ci fate qui a quest’ora del mattino?»
domandò Alice a bassa voce, una volta
aperta la portafinestra.
«Caso
mai
a quest’ora della notte, cara Alice, eh-eh-eh»
disse il Cappellaio facendole
l’occhiolino.
Alice,
dal
canto suo, sbuffò appena e roteò gli occhi
pensando che era stata ridestata dai
suoi sogni a causa delle strane stravaganze dell’amico. Ma
non fece in tempo a
ribattere che Tarrant riprese a parlare mantenendo il suo solito
buonumore e il
suo solito sorriso che gli conferivano sempre di più
l’aria da matto. «Cara
amica mia, ma non ti ricordi cosa ti ho detto la scorsa
sera?».
«Attualmente
non ho la mente abbastanza lucida, mio caro Cappellaio. Sai
com’è, qualcuno mi
ha buttata giù dal letto alle… Ma che ore
sono?!?» domandò con aria assonnata e
furiosa.
Il
Cappellaio, non rispose alla sua ultima domanda, ma sempre sorridendole
riprese
il suo discorso «Biricchina, come puoi non ricordarti che ti
ho promesso di che
ti avrei sorpresa e, per l’appunto, sono qui per
questo!» disse ormai euforico
pensando a quello che aveva in mente per la ragazza.
«E
dovevi
proprio farmi una sorpresa prima dell’alba Cappellaio? Non
potevi aspettare,
che ne so, tra qualche ora!?!» così dicendo la
fanciulla si era riavvicinata al
letto e ci si era tuffata sopra pesantemente portandosi poi un cuscino
in
testa, come per dire all’amico di lasciarla dormire e di
ritornare più tardi.
Tarrant,
dal canto suo, aveva cominciato a capire che forse non era stata una
buona idea
svegliarla a quell’ora della notte, ma non poteva aspettare
oltre, perciò scese
dal dorso di Gaston con un balzo, il quale rise avendo intuito quello
che stava
per succedere, e, avvicinandosi ad Alice, la prese di peso in braccio
per
portarla verso il la terrazzina.
La
ragazza
aveva così iniziato a dimenarsi protestando. Ma il
Cappellaio sembrò non
badarci più di tanto mantenendo la sua aria sempre allegra
e, con molta grazia,
l’adagiò sulla groppa della tartaruga e, una volta
salito anche lui dietro di
lei, le disse di reggersi forte non appena Gaston prese il volo.
La
tartaruga partì come un razzo, facendo urlare Alice e
facendo invece ridere
come un matto il Cappellaio. La ragazza dopo pochi secondi
urlò con quanto
fiato aveva nei polmoni, «Se lo state facendo per farmi
svegliare del tutto, vi
posso assicurare che sono completamente sveglia ora! Ti prego Gaston
rallenta!».
Gaston
rallentò
la sua andatura e ancora ridendo chiese scusa alla ragazza, chiedendole
poi
successivamente se quella partenza non fosse stata un vero sballo.
Alice,
una
volta ripresa e sistematasi i cappelli, si voltò verso il
Cappellaio con aria
furiosa. Lui per proteggersi portò le mani avanti,
«Cara non ti arrabbiare…» le
disse sorridendo nervosamente.
La
ragazza
invece sembrava fin troppo furiosa, «Dammi una buona ragione
per cui io non ti
debba scaraventare giù nel vuoto proprio in questo
momento».
Il
Cappellaio parve pensarci un po’, poi si ricompose e le
rispose, «Perché sono
il tuo più caro amico e perché sono il matto
più divertente di tutta
Wonderland?» ma Alice sembrava non demordere e
perciò aggiunse «E perché sono
sicuro che questa sorpresa ti piacerà un sacco! E nel caso
così non fosse, avrai
il permesso di buttarmi giù di sotto» le disse con
la mano destra alzata a modo
di giuramento.
«Così
va
meglio» gli sorrise Alice. «E dimmi, in che cosa
consiste questa sorpresa?».
«Ma
come! Se
si chiama sorpresa ci sarà un motivo mia cara ed io non ho
alcuna intenzione di
rovinartela!» gli rispose l’amico sorridendole
sempre più allegramente.
Dopo circa
due ore di viaggio, durante le quali Alice si era addormenta tra le
braccia del
Cappellaio, si sentì scuotere teneramente per le spalle.
Una
volta
aperti gli occhi, quello che vide la lasciò a bocca aperta e
senza parole per
la meraviglia. Davanti a loro si estendeva l’oceano e
guardando verso
l’orizzonte si poteva ammirare il sole di un rosso fuoco che
stava sorgendo
proprio in quel momento. Tutto l’oceano stava brillando ed
era pieno di
sfumature, dall’azzurro all’arancio, dal rosso e
perfino al viola chiaro; così
come il cielo, pieno dei colori dell’alba.
Alice
aveva già visto, durante i suoi viaggi per mare, una
vastità di albe, tutti diversi
tra di loro, ma questa era di sicuro la più bella che avesse
mai visto e di
sicuro la più magica. Dietro di lei, il Cappellaio, che era
rimasto in silenzio
per tutto il tempo, le disse a bassa voce e al settimo cielo
«Sorpresaaa!».
La
Paladina si voltò e gli sorrise, «Grazie mille
Tarrant è bellissimo, avevi
ragione è stata una sorpresa spettacolare!».
«Quindi
non mi scaraventerai giù da Gaston, facendomi fare un volo
di almeno
cinquecento metri e un bagno nell’oceano?» le
domandò scostandola di poco da sé
e guardandola come per supplicare pietà.
«Assolutamente
no Cappellaio, come potrei dopo questo!» disse rivolgendo di
nuovo lo sguardo
verso quello spettacolo mozzafiato, che avevano dinanzi.
«Grazie a tutti e due
ragazzi» aggiunse.
«Non
c’è di ché Alice, l’idea
è stata di
Tarrant, e a me ha fatto davvero piacere poterlo aiutare a
realizzarla» gli
disse Gaston.
I
tre
rimasero li sospesi in aria per diversi minuti ad ammirare quella
moltitudine
di scintillii e colori e nel frattempo Alice si era riadagiata con la
schiena
contro il petto del Cappellaio, facendo ogni tanto dei sospiri di
meraviglia. Ed
anche Tarrant, che a quel contatto così intimo, se
così si poteva considerare,
inizialmente si era irrigidito, ora si godeva rilassato il meraviglioso
paesaggio.
Dopo aver
assistito alla meravigliosa alba, Gaston e Tarrant riportarono Alice a
palazzo,
non prima di averle fatto prendere un accidente a causa del
divertimento che
provava Gaston all’esperienza dell’alta
velocità e averle fatto fare un tour
dall’alto di buona parte del regno di Marmorea, passando dai
prati pieni di
coloratissimi fiori, ai boschi e ai piccoli villaggi, superando infine
vaste
colline verdeggianti.
Arrivati
nuovamente al balcone della ragazza, il Cappellaio scese dalla groppa
della
testuggine e porse una mano ad Alice per aiutarla a scendere.
«Ancora
grazie per la fantastica sorpresa Cappellaio» gli disse
continuando a tenere le
sue mani nelle sue e facendogli uno dei suoi sorrisi più
luminosi; poi si voltò
anche verso Gaston per poterlo ringraziare e perciò
lasciò le mani del
Cappellaio per poter accarezzare la testa dell’enorme
testuggine. «E grazie
anche a te! Mi ha fatto davvero piacere poterti rivedere, ma ti prego,
se mai
ci dovesse essere un’altra volta in cui io dovrò
volare sulla tua groppa, promettimi
che volerai ad una velocità normale, credo che altezza
più velocità non sia la
mia accoppiata preferita…» gli disse sorridendo.
«È
stato
un enorme piacere madamigella e cercherò di mantenere la
promessa se mai ce ne
sarà l’occasione» le sorrise Gaston, il
quale fece poi segno a Tarrant che era
arrivato il momento di lasciare Alice da sola per potersi preparare.
Il
Cappellaio, come osservò la ragazza, sembrava essere
diventato molto teso,
rispetto a qualche istante prima, infatti con voce quasi tremante, fece
una
proposta ad Alice, la quale pensò che le sorprese in quella
giornata sembrassero
non finire mai.
«Mi-
mia
car- cara Alice» disse nervosamente, per poi prendere un
profondo respiro «Ti
andrebbe questa sera di venire a cena da me?».
«Mi
stai
forse chiedendo un appuntamento?» chiese Alice, che era
vistosamente arrossita.
Intanto
Gaston dietro di loro aveva sorriso per il coraggio del Cappellaio.
«Beh,
sì…
Si potrebbe dire di sì!» le rispose Tarrant.
Alice
non
ci mise molto a rispondere e con un timido sorriso gli rispose di
sì e a quell’unica
parola, Tarrant, parve di nuovo tornare in sé e forse anche
più matto di prima,
infatti prese Alice tra le braccia e le fece fare dei giri insieme a
lui,
gridando di gioia che la sua Alice aveva accettato di venire a cena a
casa sua.
Subito dopo, visto il giramento di testa a causa di tutto quel
volteggiare, si
fermò e fece di nuovo toccare i piedi a terra ad Alice, la
quale sorrideva
ancora per la reazione un po’ esagerata del suo Cappellaio,
il quale, in pochi
secondi, risalì in groppa a Gaston,
«Verrò a prenderti verso le sette di questa
sera, se per te va bene».
«È
perfetto» gli rispose Alice sorridendogli.
«Perfetto!
Forza Gaston portami a casa più veloce del vento! Devo
mettermi subito ai
fornelli per preparare la cena più buona che Alice abbia mai
assaggiato in
tutta la sua vita!» disse euforicamente.
Gaston
prese in parola il Cappellaio e in pochi secondi partì quasi
alla velocità
della luce verso la casa dell’amico. Alice poté
sentire le urla del Cappellaio
che si perdevano in lontananza e sorrise all’idea che quei
due, in fondo, non
sarebbero mai cambiati.
***
Tarrant era
arrivato a casa da qualche ora e non aveva fatto altro che cercare tra
i vari
libri di ricette, che aveva preso in prestito dalla madre, vari piatti
che
avrebbe potuto cucinare quella sera per la sua Alice. Ogni ricetta che
leggeva
sembrava essere più difficile della precedente e lui non era
mai stato molto
bravo in cucina, a meno che non si trattasse di dolci per il
tè.
Dopo
diverse ore con il naso tra i libri, senza aver concluso nulla, decise
di
dedicare il pomeriggio alla sua attività preferita: la
realizzazione di un
cappello speciale per la sua Alice. Si spostò dunque nella
sua piccola bottega
nel retro della casa a cilindro e si mise al lavoro tra le varie stoffe
colorate per cercare quella perfetta che potesse rispecchiare appieno
la
semplicità di Alice e pensò che un cappello con
base gialla paglierino potesse
essere la scelta migliore. Prese quindi il cappello con i bordi quasi
arricciati verso l’alto e cominciò a decorarlo
tenendo sempre a mente il tema
della semplicità. Come decori utilizzò dei nastri
color castano chiaro, che dal
centro si diramavano verso l’esterno; successivamente
aggiunse l’ultimo tocco,
prese due pezzi di tulle, uno dello stesso colore del nastro appena
usato e uno
della stessa tonalità dell’alba vista durante
quella mattina, un’arancio con
varie sfumature. Con le due stoffe decise di formare un unico fiore che
avrebbe
posizionato nella parte anteriore del cappello, leggermente decentrato;
con il
tulle marroncino fece il centro del fiore, mentre con il tulle color
arancio fece
la parte della corolla.
A
lavoro
finito guardò il risultato e sorrise soddisfatto, prese una
scatola che potesse
contendere il cappello e la chiuse con vari nastri colorati facendo
fiocchetti
ovunque. Non vedeva l’ora di consegnare il suo regalo alla
sua Alice ed era
molto eccitato all’idea della faccia che avrebbe fatto.
Quando
si
ridestò dal suo lavoro si accorse che si erano fatte
già le sei di sera e lui
non aveva ancora iniziato a preparare niente. Preso
dall’agitazione si portò le
mani alle labbra e cominciò a mordicchiarsi le unghie, non
sapendo che cosa
poter preparare in così poco tempo, visto che tra meno di
un’ora sarebbe dovuto
andare a prendere Alice a palazzo.
Di
corsa
tornò in cucina e decise che, come il cappello doveva
rispecchiare la
semplicità, anche la cena sarebbe stata molto semplice, ma
sofisticata allo
stesso tempo, o almeno così sperava…
***
Alice
aveva passato tutta la mattinata a girare per il palazzo e ad ammirare
i vari
giardini e le varie sculture e quadri che aveva trovato nel castello.
Nel
pomeriggio invece aiutò la Regina Mirana nei vari
preparativi della parata e
del matrimonio; aveva saputo che nel pomeriggio seguente sarebbe
arrivato a
palazzo il futuro sposo, visto che ormai mancavano solo due giorni al
grande
evento.
Durante
i
vari preparativi si era aggiunta anche la Regina Rossa, la quale
cercava di
proporre varie idee alla sorella, tutte una più stravagante
dell’altra, la
quale ogni volta rifiutava nel modo più gentile possibile,
sperando di non
offenderla, cosa che invece fallì miseramente, infatti la
Rossa si fece prendere
da una crisi isterica, come solo lei era capace di fare e Mirana fu
costretta
ad accettare alcune delle sue proposte pur calmarla almeno un
po’.
Per
fortuna, il pomeriggio passò velocemente e quando Alice
disse alle due Regine
che quella sera non avrebbe cenato in loro compagnia, ma che era stata
invitata
a cena dal Cappellaio, la Bianca esultò felicemente battendo
le mani e
dicendole che non c’era nessun problema e che era molto
felice per lei, mentre
la Rossa sbuffò e roteò gli occhi al cielo come
annoiata della cosa.
Arrivarono
presto le sette di sera, ed Alice si trovava insieme a Mirana nella
sala del
trono. Per l’occasione la Regina aveva suggerito alla ragazza
di indossare un
delizioso abito color verde pastello con varie sfumature. Tutto il suo
look,
dall’abito all’acconciatura, che la Bianca aveva
insistito di farle,
rispecchiava la semplicità della ragazza.
«Secondo
me, appena il Cappellaio ti vedrà, rimarrà senza
parole dalla tua bellezza mia
cara Alice» le aveva detto la Regina.
«Ti
ringrazio, se dovesse succedere il meritò sarà
tutto vostro Maestà».
«Figurati,
quello che ti ho dato è solo e fatto sono un semplice abito
ed una semplice
acconciatura, sei tu che rendi queste cose così semplici
bellissime!» le disse
la Regina poggiandole le mani sulle spalle e sorridendole.
Poco
dopo
arrivò alla porta il paggio Vlab. «Mia Regina. Il
Cappellaio è giunto a palazzo
per accompagnare la Signorina Alice a cena».
«Ti
ringrazio Vlab» rispose la Bianca. «È
giunto il momento di andare mia cara. Ti
auguro una bellissima serata e poi domani mi dovrai assolutamente
raccontare
com’è andata!» le sorrise facendole un
occhiolino complice.
Alice,
dal
canto suo, arrossì violentemente e balbettò un
sì, per poi seguire Vlab verso
l’ingresso del palazzo dove Tarrant la stava attendendo con
in mano un mazzo di
fiori colorati appena colti.
La
ragazza
si accorse che, non appena l’aveva vista, aveva spalancato,
forse con poca
grazia, la bocca. Alice sorrise ed arrossì appena a sua
volta e, quando gli si
avvicinò, con la mano riaccompagnò la mascella
del suo amico Cappellaio al suo
posto.
«Sei
incantevole Alice!» disse Tarrant deglutendo e portandosi una
mano sul colletto
come per prendere aria.
«Grazie
Cappellaio» sussurrò un po’ imbarazzata
Alice. «Ma è anche merito di Mirana».
«Certo,
però la bellezza di una persona è qualcosa che la
Regina non può donare mia cara»
le sorrise arrossendo per poi porgerle il proprio braccio come un vero
cavaliere
ed Alice accettò il suo invito sorridendogli a sua volta.
Giunti
all’abitazione a forma di cilindro, Alice sentì
provenire dalla casa una
vastità di profumi diversi e sfiziosi, il Cappellaio doveva
essersi veramente
impegnato per quella serata.
«Prego
mia
cara, fai pure come se fossi a casa tua» le disse
l’amico.
Alice
era
stata solo una volta in quella casa, quando il Cappellaio era stato
male e
rischiava di morire, ma se la ricordava ancora alla perfezione. La
scala a
chiocciola che portava verso la camera da letto, il salotto, la porta
che
sicuramente portava alla cucina, visto il profumo sfizioso che giungeva
da
quella direzione, e un’altra porta che dava, molto
probabilmente, su una
bottega per la realizzazione dei cappelli, che però non
aveva mai visto. Alice
pensò che quella casa, anche se piccola, era molto
accogliente, una casa che
dava quasi la sensazione di protezione.
A
ridestarla dai suoi pensieri ci pensò il Cappellaio che
entrò in salotto per
avvisarla che la cena era ormai pronta. La ragazza era molto curiosa di
scoprire che cosa Tarrant le avesse preparato e una volta entrata in
cucina
(che fungeva anche da sala da pranzo) vide la tavola completamente
imbandita da
ogni tipo di leccornia, dalle tartine salate ai dolci.
Il
Cappellaio le accostò la sedia da vero gentiluomo per
aiutarla ad accomodarsi e
le servì come antipasto dei crostini al salmone affumicato,
con alla base un
formaggio cremoso che si scioglieva in bocca. Come primo, invece, aveva
preparato del riso aromatizzato ai petali di rosa e per secondo dei
filetti di
branzino con salsa di ribes e mandorle.
Durante
tutta la cena i due chiacchierarono del più e del meno.
Alice rise ai racconti
del Cappellaio alle prese con un Leprotto un po’ troppo fuori
di testa che
entrava nella sua bottega a rovinargli il proprio lavoro, oppure delle
giornate
che passava con i suoi amici a gironzolare per i boschi alla ricerca di
stravaganze e giocando con ogni cosa che poteva capitargli a tiro,
oppure
inventando ogni volta nuovi giochi. Gli promise anche che presto
l’avrebbe
portata con loro e che si sarebbe sicuramente divertita.
Alice
si
sentiva serena e a proprio agio insieme al suo Cappellaio, era una
sensazione
piacevole, proprio come essere a casa. Forse era questo che si provava
quando si
incontrava la persona giusta, la persona con la quale si decide di
passare il
resto della propria vita, ma Alice non lo poteva sapere, lei non aveva
mai
provato una sensazione simile e quindi non sapeva come poterla
riconoscere.
«E
ora mia
cara, è arrivato il momento dei dolci!»
esultò felice il Cappellaio.
«I
dolci?
Ce né più di uno?» domandò
quasi incredula la ragazza.
«Ma
certamente! Sono la mia specialità della serata! Rimarrai a
bocca aperta non
appena li vedrai! E ovviamente verranno serviti con una rigorosa e
fumante
tazza di tè!». Tarrant era ormai al settimo cielo
e aveva cominciato a
saltellare per la cucina intento a recuperare i vari piatti che
contenevano i
dolci e gli occhi di Alice si illuminarono vedendo la cura con cui il
Cappellaio aveva preparato e posizionato i dolci sui piatti, proprio
come se
avesse dovuto decorare un cappello.
Insieme
al
tè, portò in tavola, una volta sparecchiata e
riapparecchiata con le posate e i
piattini dei dolci, una millefoglie di lingue di gatto e crema
diplomatica
ripiena con deliziose fragoline e more di bosco; in un altro piatto
invece
c’erano delle fragole ricoperte di cioccolato bianco e delle
arance candite
ricoperte col cioccolato fondente; in un altro ancora dei tortini al
cioccolato
con salsa mou e ancora dei budini al latte con salsa al frutto della
passione e
per concludere in grande stile un’enorme torta rotonda alle
mele decorata a sua
volta con mele caramellate che formavano piccole rose che ricoprivano
tutta la
superficie della torta.
«Oh
Tarrant, ti sei davvero superato questa sera! Anche la cena era
fantastica e
scommetto che questi dolci saranno un’esplosione di
sapori!» gli disse alice
con occhi meravigliati da tante leccornie.
«Ti
ringrazio mia cara! Ed ora addolciamoci con questi dolcetti!»
disse portando in
aria le braccia in segno di esultanza. «Da che cosa desideri
iniziare mia dolce
Alice?» le sorrise dolcemente.
Alice
guardò con occhi luccicanti l’enorme torta alle
mele e timidamente, con un
sorriso, la indicò al Cappellaio, che a sua volta le sorrise
porgendogliene una
fetta, accompagnata da una tazza fumante di tè aromatizzato
alla menta.
La serata
passò velocemente e i due commensali erano pieni, sia di
cibo che di felicità e
forse il Cappellaio era più pimpante del solito. Verso le
undici Tarrant
riaccompagnò Alice al castello.
Era
ormai
sera inoltrata e si era alzata una leggera brezza. Alice, che aveva
addosso un
vestito che la fasciava al petto lasciandole scoperte le spalle,
rabbrividì. Il
Cappellaio se ne accorse e si sfilandosi la sua giacca bordeaux la
appoggiò con
delicatezza sulle spalle della ragazza per riscaldarla mentre
percorrevano la
strada acciottolata che conduceva al castello.
Durante
quella passeggiata serale i due ammirarono le varie costellazioni e
Alice si
sorprese nel constatare che Tarrant conoscesse i significati di ognuna
di esse.
Alcune di quelle spiegazioni fecero sorridere Alice, che si
avvicinò sempre di più
al Cappellaio, il quale, al fine di scaldarla, portò un
braccio attorno alle
spalle della fanciulla e la strinse più vicina a
sé.
Erano
arrivati ormai all’ingresso del palazzo. «Grazie
mille per la fantastica serata
Cappellaio». Alice lo abbracciò e
inspirò a fondo il suo profumo che sapeva di dolci
e di tinture per i cappelli.
Anche
Tarrant inspirò il dolce profumo dei suoi capelli,
“violette”
pensò. «È stato un piacere dolce
Alice…» le disse
scostandosi di poco dall’abbraccio per poterla guardare negli
occhi.
Alice,
in
quel momento, non capì che cosa stesse per succedere.
Qualcosa di magico
sembrava alleggiare intorno a loro. C’era come una forte
attrazione tra i due,
come se fossero stati delle calamite girate nei poli opposti e che si
attraevano
l’una all’altra.
Il Cappellaio si stava lentamente avvicinando al
suo
viso. La mente di Alice parve come annebbiarsi e lentamente chiuse gli
occhi e
così fece pure Tarrant.
Qualche
istante dopo le loro labbra si incontrarono e i due si scambiarono un
dolce e
tenero bacio. Il primo per entrambi…
***
POV ESTERNO
Lei era
lì, accostata alla finestra che dava sull’ingresso
principale del castello, non
si sarebbe dovuta trovare lì a quell’ora, ma aveva
avuto da fare nella
biblioteca reale per tutta la sera. Vide il Cappellaio e Alice ridere e
scherzare come due stupidi e si chiese come potessero due persone
adulte
comportarsi come due bambini, soprattutto la seconda che non era matta
quanto
il primo. Nonostante non le interessasse che cosa stessero facendo quei
due,
rimase ad osservarli molto interessata, roteando gli occhi al cielo ad
ogni
tipo di smancerie ed effusione che i due si scambiavano (come quel loro
abbraccio) e poi assistette a quel bacio…
La
Regina
Rossa presagì che quel bacio non avrebbe portato a nulla di
buono
nell’immediato futuro…
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Capitolo 8 *** Decisioni ***
Capitolo
8 – Decisioni
Quando la
sera precedente era ritornata in camera, le sembrava ancora di vivere
in un
sogno. Aveva davvero baciato il Cappellaio?
Per
tutta
la notte, Alice, non fece altro che rigirarsi nel letto pensando alle
ultime
ore trascorse e continuando a chiedersi se quello che era successo
fosse stata
una buona idea. Lei dopo tutto non faceva parte di quel Mondo, non
poteva
rimanere a Wonderland e presto, molto presto, sarebbe ritornata nel suo
di Mondo
e avrebbe dovuto dire nuovamente addio al suo amato Cappellaio per la
terza
volta (quarta se si contava anche la prima volta che era stata a
Wonderland
quando era ancora una bambina). Lei aveva una sua vita a Londra, aveva
una
famiglia, sua madre e sua sorella e aveva una nave con una ciurma
pronta a
seguirla e a salpare con lei per ogni tipo di nuova avventura e lei
amava navigare
e scoprire nuovi luoghi, se avesse avuto anche solo una
possibilità di
scegliere tra il suo Mondo e Sottomondo, che cosa avrebbe scelto?
Fu
con
queste domande e pensieri che si addormentò a notte ormai
inoltrata, sognando
passaggi nelle fontane, inseguimenti da parte di pirati, occhi verdi e
brillanti pieni di vita e creature magiche… Per sua fortuna,
i suoi incubi
vennero interrotti dal gentile bussare di Angelica, che, oltre alla
colazione,
le portava anche un piccolo annuncio da parte della Regina Bianca.
«Buongiorno
Alice, avete passato una buona serata in compagnia del
Cappellaio?» chiese la
cameriera mentre appoggiava il piccolo vassoio sul comodino accanto al
letto.
Alice,
che
senza darlo a vedere si stava riprendendo dalla notte agitata,
arrossì
violentemente al pensiero di quel bacio, ma visto che Angelica sembrava
non
essersene accorta si schiarì la voce e le rispose.
«Certamente, è stato molto
premuroso come sempre».
«Mi
fa
piacere» le sorrise. «Prima di dimenticarmene, la
Regina Mirana ha richiesto la
vostra presenza nella sala del trono subito dopo la
colazione».
«Grazie
Angelica, sai per caso di cosa si tratta?» le rispose di
rimando la ragazza.
«Certamente,
oggi ci saranno le prove per l’abito da sposa».
Alice
rimase come incantata e si ricordò che il giorno seguente
Mirana si sarebbe
sposata con il principe Edward, coronando così il suo sogno.
Quando
finì di fare colazione, si iniziò a preparare e
una volta arrivata davanti
all’armadio stracolmo di vestiti colorati, decise di
scegliere un abito a
pantalone, molto simile al vestito che aveva portato dalla Cina molti
anni
prima e che aveva indossato al ricevimento a casa degli Ascot, solo con
colori
differenti.
Quel
giorno trovare la sala del trono non fu affatto difficile, ormai
conosceva il
castello come le sue tasche e non si sarebbe più persa
neanche se fossero
passati altri vent’anni. Prima di entrare nella sala, decise
di bussare per
rispetto e dall’altra parte della porta le giunse la voce
ovattata della Regina
Bianca «Avanti».
«Buongiorno!»
la salutò Alice.
«Buongiorno
a te Alice» le sorrise Mirana. «Passato bene la
serata?».
«Certamente
Maestà» le sorrise Alice.
«Sono
veramente contenta per te mia cara! Dovrai assolutamente raccontarmi
ogni cosa
appena avremmo finito» squittì la Bianca, che nel
frattempo si stava dirigendo
assieme alle sarte dietro ad un separé per poter provare il
vestito.
L’unica
persona, in tutta la stanza, che sembrava non sprizzare gioia da tutti
i pori, era
proprio la Regina Rossa, la quale non aveva fatto altro che squadrare
dall’alto
in basso la povera Alice mettendola sempre più in
soggezione. «E allora la
serata è andata bene?» disse ad un certo punto col
suo tono acuto ed altezzoso.
«S-sì!»
balbettò un po’ la ragazza. Alice non si era mai
fatta intimidire da Iracebeth,
eppure quel suo tono, quel suo modo di osservarla, come se stesse
decidendo la
prossima mossa da fare. Riusciva a leggere tutto questo solo
osservandola.
La
Rossa
continuava a tamburellare le dita sui braccioli del suo trono a forma
di cuore,
gli occhi sempre più assottigliati, le labbra leggermente
schiuse. Alla fine si
ricompose e con il suo solito tono neutro disse soltanto
«Bene, vedi solo di
non mettere nei casini Sottomondo, ragazzina!».
Alice
avrebbe voluto ribattere a tono, ma quella specie di dibattito venne
interrotto
sul nascere dalla voce della Bianca. «Allora che ve ne pare
ragazze?» disse al
settimo cielo la Regina di tutta Saggezilandia.
Alice,
come anche Iracebeth, anche se quest’ultima non lo diede a
vedere, rimase
abbagliata dalla bellezza diafana di Mirana. L’abito era uno
dei più belli che
avesse mai visto, nemmeno nel suo Mondo si confezionavano abiti
così belli. Era
rigorosamente bianco, con la gonna ampia con tanto di strascico; il
corpetto
era ricoperto da piccole perline e da piccoli diamanti.
“Forse a simboleggiare il regno di Crystaland
dal quale proveniva il principe Edward”
pesò Alice.
«Siete
bellissima Maestà!» squittirono le sarte battendo
le mani euforiche e Alice
pensò che avessero espresso appieno anche il suo pensiero.
«Grazie
ragazze, ma se lo sono è tutto merito del vostro lavoro
straordinario!».
«È
molto
bello Mirana, vi sta d’incanto ed esalta tutta la vostra
bellezza e semplicità»
intervenne Alice che aveva preso tra le sue mani le mani della Bianca.
«Certo,
certo… è tutto bellissimo! Non ho dubbi che
quello smidollato che ti sei scelta
come futuro marito ne rimarrà estasiato»
gracchiò la Rossa, ormai rispesasi
dall’iniziale shock. «E comunque lo sappiamo tutte
che l’abito che indossai io
al mio matrimoni con il mio Tik Tok
era favoloso ed all’altezza di una grande Regina!»
concluse trionfante.
«Un
abito
molto sopra alle righe, proprio come lei» sussurrò
la Bianca all’orecchio
dell’amica, che cercò di trattenere una risata,
senza riuscirci granché.
«Che
hai
da ridere tu?!?» disse Iracebeth indicandola con suo piccolo
ed affusolato dito
indice.
«Niente
vostra Altezza…» ribatté la Paladina
tornando seria.
«Sarà
meglio per te!» le rispose la Rossa grugnendo.
La
Bianca,
cercando di calmare un po’ gli animi, cominciò a
spiegare nei minimi dettagli
come la cerimonia si sarebbe svolta e nel mentre le sarte ripresero a
lavorare
sul vestito che la Regina ancora indossava, per renderlo sempre
più perfetto. Disse
ad Alice che anche se la tradizione voleva che fosse un regnante a
celebrare il
matrimonio, come lei aveva fatto per la sorella al suo matrimonio, nel
suo caso
sarebbe stato il prete di Marmorea, che aveva già celebrato
l’incoronazione
delle due sorelle e al quale la Bianca era molto legata.
«E
la
Regina Iracebeth che cosa farà durante la
cerimonia?» chiese la ragazza
cercando di non farsi sentire dalla Rossa intenta a leggere un enorme
libro che
sembrava contenere vari incantesimi.
«Mia
sorella avrà l’importante compito di fare un
discorso durante la cerimonia,
credo una specie di buon augurio. Spero solo che non esageri
conoscendola…»
sospirò sorridendole e guardando affettuosamente la sorella
maggiore. «Sai
Alice, Iracebeth è davvero cambiata dall’ultima
volta che l’hai vista. Solo che
anni ad essere scorbutica non si possono cancellare con uno schiocco di
dita.
Racy ha paura a mostrarsi per quello che è realmente, dolce
ed affettuosa. Che
io sappia lo diventa molto quando è da sola col suo Tik Tok, ma davanti agli altri per lei
è molto più facile indossare
quella sua maschera di… di superiorità, credo,
come se niente la potesse
sfiorare. Ma io so che non è così»
sorrise malinconica la Bianca.
«Credo
che
voi abbiate ragione Mirana» disse solo Alice osservando anche
lei la Rossa, la
quale sentendosi stranamente osservata chiuse di colpo il libro che
stava
consultando e guardò storto sua sorella e la ragazza.
«Che
avete
da guardare?! Non avete niente di meglio da fare? Una povera Regina non
può più
leggere in santa pace? Io me ne vado nella biblioteca
reale…» disse alzandosi
di scatto ed avviandosi verso la porta.
«Racy per favore…»
provò a fermala la
sorella.
Prima
di
uscire la Rossa rivolse un ultimo sguardo ed un’ultima parola
ad Alice «E tu, Alice,
ricordati ciò che ti ho detto
prima, non mettere nei guai Marmorea», per poi andarsene in
direzione della
biblioteca reale.
«Che
cosa
intendeva dire?» chiese quasi ingenuamente la Bianca.
«Non
ne ho
la minima idea» le rispose a sua volta Alice.
Dopo più
di due ore, l’abito da sposa di Mirana era finalmente
ultimato ed era ormai
pronto per il giorno seguente: il giorno delle tanto attese nozze della
sovrana
di Marmorea.
Mentre
si
dirigevano verso il giardino la Regina disse ad Alice che nel
pomeriggio
sarebbe giunto a palazzo il principe Edward, anche lui per poter
prendere parte
agli ultimi preparativi e soprattutto per conoscere l’amica
più cara della sua
futura moglie.
«Mi
sento
molto lusingata» rispose Alice.
«Non
devi
cara. Edward ogni tanto si fa un po’ prendere dalle
circostanze. Sono diverse
settimane che non ci vediamo e non vedo l’ora che
arrivi».
Alice
quasi non riconosceva la sua amica, quando si parlava del principe il
suo umore
saliva alle stelle, forse era quello che faceva capire che una persona
era
innamorata o semplicemente era dovuto anche all’aria che si
respirava visto l’imminente
matrimonio.
Sul
loro
cammino si materializzò all’improvviso, dal nulla,
uno dei loro più cari amici.
«Stregatto,
che piacere vederti!» disse la Regina, per nulla spaventata
dall’ingresso del
gatto.
«Maestà,
Alice. Vi ho sentito parlare e non ho saputo resistere»
rispose girando su sé
stesso e facendo un enorme sorriso a mezzaluna.
«Tranquillo Stregatto, n-».
«Regina
Mirana! Regina Mirana!».
La frase della Bianca era stata interrotta da
Angelica, la quale stava chiamando molto affannosamente, per colpa
della corsa
che stava facendo, la Regina.
«Angelica.
Che succede?» si rivolse a lei molto preoccupata Mirana.
Angelica,
che aveva arrestato la sua corsa davanti ai tre, cercò di
riprendere fiato
appoggiandosi con le mani alle ginocchia e dopo qualche secondo
sembrò essersi finalmente
ripresa. «Maestà, il principe Edward VII di
Crystaland è arrivato! E non è
solo!».
La
Bianca
corrugò lo sguardo «Che vuol dire che non
è solo Angelica?».
«Il
Re e
la Regina di Crystaland, sono giunti anche loro a palazzo con il
figlio. Vostra
sorella, la Regina Iracebeth, attualmente li sta intrattenendo nella
sala del
trono e mi ha chiesto di venirvi a chiamare immediatamente. Pare che i
sovrani
di Crystaland vogliano parlarvi del matrimonio di domani»
disse tutto d’un
fiato la ragazza.
«Va
bene
Angelica, grazie per avermi avvertita». Mirana
sembrò aver ritrovato la sua compostezza,
che fino a pochi secondi prima sembrava aver perduto alla notizia
dell’arrivo a
palazzo dei genitori del suo futuro sposo.
Alice
si
ricordava che qualche giorno prima Mirana le aveva raccontato che i
sovrani di
Crystaland non vedevano di buon occhio il loro matrimonio e che il
principe
Edward, pur di sposarla, se n’era andato abdicando al trono
come successore di
suo fratello.
«Sarà
meglio che vada, non è cortese fare aspettare i nostri
ospiti» sorrise la
Bianca. «Alice, Stregatto, vogliate perdonarmi».
«Nessun
problema vostra Maestà. Spero possiate risolvere il
problema» le sorrise
Stregatto.
Poco
dopo
i due rimasero da soli nel giardino circondati dalle variopinte rose
disposte
ai lati del piccolo sentiero ed Alice si sentì
improvvisamente osservata dallo
Stregatto, che accortosene gli rivolse un sorriso mellifluo.
«Mia cara piccola
Alice, in verità sono venuto a palazzo a portarti un
messaggio…».
«Un
messaggio?
E da parte di chi?» chiese incuriosita la ragazza.
«Ma
non
immagini nemmeno chi potrebbe mai avermi mandato qua, sapendo che lo
avrei
preso in giro a vita?» sorrise il gatto.
Alice
ci
pensò un po’ su. «Credo di aver capito
chi ti manda…» e gli sorrise.
«È il
Cappellaio, non è così?».
«Ho
sempre
detto che hai intuito mia cara... Ti sta aspettando al vecchio mulino
storto,
ti ricordi come ci si arriva mia cara?».
Lo Stregatto
non faceva altro che continuare a girare su sé stesso,
continuando a scomparire
e a ricomparire in punti diversi e facendo un po’ girare la
testa alla povera
Alice. «Si, credo di ricordarmi dove di trova» gli
rispose prontamente.
«Nel
caso,
segui sempre il sentiero e alla Grande Quercia prendi il sentiero che
va a
destra…», Mentre parlava il suo corpo scompariva
lentamente, ad eccezione
dell’enorme sorriso che invece rimase sospeso in aria per
alcuni secondi, per
poi scomparire a sua volta.
«Stregatto…?»
Alice si guardò in torno nella speranza di vederlo
ricomparire «Sempre il
solito, non cambierà mai…»
borbottò tra sé e sé.
***
Durante il
cammino verso il mulino, Alice rimuginò sulle parole dello
Stregatto. “Perché aveva
detto che avrebbe preso in giro
a vita il Cappellaio per averla mandata a chiamare? Sicuramente sapeva
qualcosa
che a lei sfuggiva…”.
Era
talmente immersa nei suoi pensieri che non si accorse della
biforcazione del
sentiero e andò a sbattere in piena faccia contro la Grande
Quercia che lo
Stregatto le aveva indicato.
«Ehi!
Ragazzina stai un po’ attenta a dove cammini!»
disse una voce un po’ rauca, che
ricordava molto quella di un anziano.
«Chi
ha
parlato?» chiese un po’ sorpresa rimettendosi in
piedi.
«Io!
Chi vuoi
che abbia parlato sciocca di una ragazzina! Mi vieni addosso e non mi
chiedi
neanche scusa! Che modi sono questi!?».
Alice
si
fece un po’ indietro in modo da vedere la figura intera
dell’albero e si
accorse che la Grande Quercia la stava fissando con occhi assai furenti
e con i
rami incrociati davanti al tronco, come in attesa di scuse da parte
della
ragazza. Scuse che non tardarono ad arrivare.
«Chiedo
scusa, non stavo prestando attenzione alla strada da quanto ero immersa
nei
miei pensieri…» si affrettò a dire la
giovane.
«Tsk»
fu
l’unica risposta della pianta.
«Non
badarci più di tanto vecchio mio» una farfalla blu
sgargiante si appoggiò con
delicatezza ad uno dei fiori che spuntavano alla base della Grande
Quercia.
«Alice è sempre stata una ragazza con la testa fra
le nuvole, anche quando
arrivò qui la prima volta da bambina e chiamava questo posto
“Il Paese delle Meraviglie”…».
«Brucaliffo!»
esclamò Alice molto sorpresa.
«Alice,
l’ultima volta che ti ho visto mi chiedevo se fossi diventata
più sveglia
dell’ultima volta che ti sono venuto a prendere e per fortuna
lo sei diventata…».
Alice
non
sapeva che ribattere, perciò il Brucaliffo riprese il suo
discorso.
«Ti
vedo
molto turbata, non tutti vanno a sbattere contro gli alberi, a meno che
nel tuo
Mondo non sia normale… Comunque sia, sono venuto a cercarti
per ricordarti che
domani sarà il tuo ultimo giorno a
Sottomondo…».
«L’ultimo
giorno?! Che significa?» gli rispose allarmata Alice.
«Sciocchina.
Significa che dovrai ritornare a casa, non puoi rimanere qui per
sempre… A meno
che tu non voglia rimanere…» le disse guardandola
di sottecchi.
«Io
non lo
so» rispose la ragazza molto confusa.
«Che
cosa
non sai?» la sollecitò il Brucaliffo.
«Se
sono
davvero pronta ad andarmene. Sono molta confusa in questi ultimi
giorni, non so
cosa si giusto fare o non fare».
«Credo
che
dovrai prendere una decisione. Il tempo
non aspetta nessuno». Il Brucaliffo si rimise in volo e con
qualche spinta di
ali si posizionò proprio davanti alla faccia di Alice.
«Ricordati, solo tu sei
padrona del tuo destino, solo tu puoi scegliere, ma qualsiasi cosa tu
sceglierai ci sarà sempre qualcuno che ne
soffrirà, è inevitabile. Credo che tu
sappia già che “Non si
vive per
accontentare gli altri”» e
così dicendo la farfalla si allontanò ed Alice
rimase di nuovo da sola, o meglio rimase in compagnia della Grande
Quercia.
«Un
ottimo
consiglio quello del Brucaliffo. Spero che tu non lo sprecherai. Ed ora
di
grazia dov’eri diretta? Così da poterti
indirizzare e tornare a dormire in
santa pace» disse scorbutica la Quercia.
«Dal
Cappellaio, al mulino storto» rispose Alice sovrappensiero.
«Prendi
il
sentiero a destra» e così dicendo con uno dei
grandi rami indicò il sentiero
alla ragazza.
«Grazie!».
«Non
c’è
di che!» disse infine rimettendosi in posizione per poter
tornare a dormire.
***
Intanto
nella sala del trono la Regina Mirana, il principe Edward e la Regina
Iracebeth
stavano parlando con i sovrani di Crystaland. Tutti e tre speravano che
quell’assurda decisione da parte dei due coniugi, di chiudere
i ponti con il
loro Regno e con il loro secondo genito, potesse finalmente giungere ad
una
conclusione.
A
prendere
parola per primo fu il Re August Edward VI, «Regina Mirana,
Regina Iracebeth,
siamo giunti fin qui dal lontano regno di Crystaland per potervi
parlare. In
particolare per poter parlare con voi Regina Mirana e al vostro futuro
sposo,
nostro figlio». Il Re era una persona molto robusta e stoica,
con una folta
barba bruna e capelli molto lunghi castani raccolti in una coda di
cavallo
bassa. Il suo tono, per quanto volesse sembrare tranquillo, appariva
invece
burbero e autoritario. «Quello che avete deciso voi e nostro
figlio non è
affatto degno di una sovrana e di un principe, voi dovreste essere
d’esempio
per i vostri sudditi e dovreste essere i primi a convenire alle
regole!»
«Re
August, se perm-», provò ad intervenire Mirana, ma
venne interrotta bruscamente
da un’alzata di mano del Re, come a intimarla di lasciarlo
finire di parlare.
«Non
ho
ancora finito. Quello che avete fatto è imperdonabile, per
fortuna mio figlio
non è il legittimo erede al trono, visto che questo
andrà di diritto al mio
primo genito, ma, come potrete ben aver intuito, non ho affatto
apprezzato la
sua decisione di abdicare e di voltare le spalle alle sue
responsabilità da
principe. Come anche il fatto che abbia lasciato la sua futura sposa il
giorno
prima delle nozze per poter stare con voi…».
«Caro,
forse adesso state esagerando, non siamo venuti qui per questo
ricordi?» cercò
di rabbonirlo la Regina Camilla, poggiandogli una mano sul braccio.
«Camilla,
se non facciamo noi un discorsetto a questi due, come potranno mai
governare un
regno! Qualcuno deve pur mettergli del sale in zucca!» disse
alzando le spalle
ed indicando con aria quasi innocente i due futuri sposi.
«Caro!
Ti
sembrano cose da dire!?» rispose furente la moglie.
«Ben
detto! Io sto con il Re August, qualcuno dovrebbe metterti un
po’ di sale in
zucca sorellina! Ah Ah Ah» rise di gusto la Rossa.
A
rimettere ordine nella sala fu la Regina Camilla, che con compostezza
batté le
mani per richiamare tutti e per ritornare al discorso in questione, che
questa
volta fu lei a continuare. «Quello che mio marito ed io
volevamo dirvi… è che
ci dispiace per quello che è successo anni fa. Non avevamo
il diritto di
scegliere una moglie a nostro figlio, dopotutto con suo fratello
è stato molto
diverso, visto che sia lui che la contessina Rachael erano
già innamorati l’uno
dell’altra. Quello che però più ci ha
adirato, è stata più che altro la vostra
tempistica, proprio il giorno prima del matrimonio! Era normale che sia
io che
mio marito eravamo adirati ed è successo quel che
è successo».
La
Regina
Camilla era una donna veramente minuta, con un corpo molto esile, ma
era una
donna molto regale, una donna che si faceva rispettare, forse anche
più del
marito. «Se non è troppo tardi, vorremmo chiedere
il vostro perdono, ad
entrambi. Lo so avremmo dovuto farlo molto tempo prima, ma
l’orgoglio ce lo ha
impedito».
Mirana
sentì come un grosso peso dal cuore svanire lentamente,
finalmente i due regni
potevano di nuovo tornare a collaborare come una volta e sia lei che
Edward
avrebbero avuto la benedizione dei due sovrani, che erano sia per
Mirana che
per Iracebeth, come dei secondi genitori.
«Madre,
Padre!
Anche io vi chiedo scusa, forse mi sono comportato da immaturo e mi
pento di
non aver avuto il coraggio di essere venuto io a chiedervi scusa in
prima
persona. Spero che domani sarete anche voi presenti al nostro matrimonio» e prendendo la sua futura sposa
tra le braccia,
aggiunse «Noi ne saremmo veramente
onorati!».
«Certamente
figliolo!» gli rispose il padre.
Tutti,
ad
eccezione di Iracebeth che si chiedeva ancora che ne era stato del
discorso
tutto autoritario del Re August e della sua proposta di mettere un
po’ di
ordine e disciplina nel Regno, si strinsero in forte abbraccio.
***
Nel
mentre, al mulino storto, Alice e il Cappellaio stavano prendendo il
tè con i
loro amici, Mally ed il Leprotto. Avevano passato tutto il pomeriggio a
parlare
e scherzare e ad Alice, tutte le volte che stava assieme a quei tre, le
sembrava di finire in un manicomio di matti, anche se la cosa non le
dispiaceva
affatto. Adorava le loro bizzarrie.
«E
così
domani è il grande giorno della parata! Sei pronta Alice per
marciare fiera sul
Grafobrancio, come la Paladina di Marmorea!?»
esultò il Ghiro.
«Parata!
Parata! Parata!» continuò invece a gridare
saltando il Leprotto.
«Suvvia
ragazzi, Alice sa perfettamente quello che dovrà fare
domani! E sarà
meravigliosa con l’armatura in groppa a quel felino troppo
cresciuto!» disse intervenendo
Tarrant che stava versando un altro po’ di tè ad
Alice. «Oh, che smemorato! Me
ne stavo per dimenticare dolce Alice, ho una sorpresa per te!
L’altra sera non
ho avuto occasione di dartela».
«Che
cosa?» chiese Alice.
«Questo!»
le disse porgendole una scatola tutta infiocchettata.
«Aprilo! E spero che ti
piaccia!».
Alice
sorrise all’amico e prendendo in mano la scatola,
iniziò a slegare i vari
fiocchetti, in modo da poterla aprire. Quello che vi trovò
dentro la lasciò
senza parole. Tarrant le aveva confezionato uno splendido cappello,
Alice non
aveva mai visto tanta bellezza e tanta semplicità tutta
insieme.
«Coraggio!
Indossalo, vediamo come ti sta!» la incitò il
Cappellaio.
«Con
questo vestito? Non credo che ci starà a pennello»
gli fece notare Alice.
«Pennello!» si
intromise la Lepre Marzolina
guardando con occhi fissi la ragazza.
Tarrant
alzò gli occhi al cielo e lo ignorò rivolgendosi
nuovamente all’amica. «Allora
ti guarderò solo dal collo in su, cancellando completamente
il tuo corpo».
E
così
dicendo portò le braccia in avanti tenendo le mani aperte e
le dita incollate
l’una all’altra, in modo da
“coprire” in prospettiva il corpo di Alice, la
quale sorrise alla stramberia dell’amico, per poi indossare
il cappello. Tutti
e tre i suoi amici rimasero affascinati dalla sua bellezza.
«Cappello…»
disse un Leprotto con gli occhi un po’ fuori dalle orbite.
Mentre
Mally aggiunse: «Wow Alice, ti sta davvero bene! Dovresti
indossarlo al
matrimonio di domani! Scommetto che l’abito che la regina ti
ha fatto
confezionare starà a pennello col cappello! Oh, ho fatto una
rima come quelle
del Cappellaio!» rise il Giro.
«Sì,
credo
che potrebbe calzarci con l’abito!» confermò
Alice. «Grazie
Cappellaio, è davvero bellissimo!» aggiunse
prima di sporgersi dal suo posto per poterlo abbracciare.
***
Quella
sera, sia il Cappellaio che Alice vennero invitati a cena a palazzo
assieme ai
sovrani di Crystaland ed al principe Edward.
Alice
era
molto felice per Mirana, quando quest’ultima le
raccontò che finalmente i due
Regni erano tornati in buoni rapporti e che i suoi futuri suoceri
avevano
perdonato sia lei, che loro figlio e che l’indomani avrebbero
preso parte alla
parata ed alla cerimonia. Mirana era emozionata, ma più di
lei lo era Edward,
che quando l’aveva conosciuta, non aveva fatto altro che
chiedergli del
Sopramondo, dei suoi viaggi, ma soprattutto del giorno in cui aveva
ucciso il
Ciciarampa e del giorno in cui Sottomondo aveva quasi rischiato di
scomparire,
a causa della compromissione del tempo, provocando in entrambi i casi
l’irritazione della sua futura cognata.
Da
quello
che Alice aveva capito, Mirana ed Edward erano veramente fatti
l’uno per
l’altra, si dice che gli opposti si attraggono, ma a volte
può capitare che ad
attrarsi siano persone affini tra loro. Edward amava follemente Mirana
ed Alice
glielo leggeva negli occhi, i quali si illuminavano ogni volta che la
Regina
Bianca gli faceva un sorriso, oppure ogni volta che chiedeva una sua
opinione
su una cosa qualunque. Aveva anche notato che, per quanto Iracebeth
facesse
ogni tanto delle piccole battute poco carine nei confronti della
sorella, non
poteva far a meno di sorridere vedendola felice, come lei lo era con il
suo Tik Tok.
La serata
volò e Alice si ritrovò in compagnia del
Cappellaio mentre camminavano lungo i
corridoi del castello. Avevano detto agli altri che avrebbero fatto una
passeggiata nei giardini prima di rivedersi l’indomani. Ma
invece dei giardini,
alla fine optarono per la balconata che dava verso le montagne.
Il
sole
stava tramontando e l’aria era leggermente frizzantina. Il
panorama era
bellissimo, le montagne, ricoperte di neve sulla cima, riflettevano i
colori
del tramonto.
«E
così
domani è il grande giorno!» annunciò il
Cappellaio.
«Già,
domani molto probabilmente a quest’ora sarò
diretta verso casa…» gli rispose
Alice appoggiandosi con i gomiti alla balconata dandogli le spalle per
ammirare
il paesaggio.
Tarrant
improvvisamente si fece molto serio. «Sai, te lo chiesi
già una volta, molto
tempo fa. Per la precisione la seconda volta che tu tornasti a
Sottomondo ed
eri ormai diventata una giovane adulta… Ti avevo detto che,
se volevi, saresti potuta
restare…». Alice si voltò a guardarlo
con aria sorpresa ed il cuore a mille. «Potresti
restare se tu lo volessi, mia dolce e cara Alice… Potresti
restare con me…»
concluse avvicinandosi lentamente a lei.
«Cappellaio,
io non lo so» gli rispose confusamente e tristemente la
giovane donna.
«Che
cos’è
che ti blocca Alice» le chiese dolcemente accarezzandole i
capelli e
portandoglieli dietro all’orecchio.
«Tarrant…
io ho paura» confessò infine.
«Oh
Alice,
ho tanta paura anch’io! Così tanta, che credo di
poter impazzire sempre di più»
ormai il volto del Cappellaio era sempre più vicino a quello
della ragazza. «Alice…
Io ti amo…» gli disse infine.
Alice
non
sapeva che cosa rispondergli, era come paralizzata, il suo cervello
sembrava
non ragionare più. Quella frase… Il Cappellaio le
aveva detto che l’amava! E
poi la sua vicinanza la stava confondendo sempre di più. Il
suo corpo però
decise di sua spontanea volontà di annullare quella poca
distanza che c’era tra
il loro visi in modo da poterlo finalmente baciare. Bacio a cui il
Cappellaio
rispose subito, poggiando una mano sul fianco della fanciulla e una
dietro alla
nuca, mentre Alice allacciava le sue braccia al collo di lui;
così facendo i
loro corpi divennero come un tutt’uno e, allo stesso tempo,
il bacio si
approfondiva sempre di più, divenendo sempre più
intimo.
«Ehm
ehm…!!!».
Qualcuno
alle loro spalle cominciò a tossire, come a reclamare la sua
presenza.
I
due si
separarono di scatto rossi in volto. Rossi come i capelli del loro
interlocutore, o meglio della loro interlocutrice.
«Ma bene… vedo che avete
scambiato questa
balconata per una stanza da letto! Se volevate dare spettacolo tanto
valeva
andare nella piazza del paese. Non trovate?» disse schietta
la Rossa.
«Cappelliere, vattene! Devo parlare da sola con la
ragazza».
«Maestà
io…» provò il Cappellaio.
«Non
hai
sentito quello che ti ho detto!?» lo zittì
Iracebeth.
«Certamente
Maestà! Me ne vado. Con permesso» e
così dicendo, se ne andò senza guardare in
faccia nessuno, con lo sguardo fisso sul pavimento di marmo e la fronte
corrugata.
«Veniamo
a
noi due. Non ero stata abbastanza chiara questa mattina, quando ti ho
detto di
non causare guai?» Iracebeth stava ormai diventando
più rossa del sole che
tramontava alle spalle di Alice.
«Ecco
io…
non capisco che cosa vuole dirmi, che cos’è che ho
fatto!» replicò Alice.
«Che
cos’hai fatto…? Nel mio studio! Forza
cammina!» così dicendo si incamminò a
passo di marcia, seguita da una sempre più confusa ed
imbarazzata Alice. «Guarda
te se devo essere io a sistemare i guai di quell’impiastro di
mia sorella, come
se lei non conoscesse le poche e semplici regole di questo
Mondo…» borbottò una
volta arrivata davanti alla porta dello studio.
«Quale
regola?» chiese Alice che non aveva potuto fare a meno di
ascoltare il
borbottio della Regina.
«Entra!
Ti
spiegherò ogni cosa, anche se è giusto che tu
sappia che non lo faccio per te o
per il tuo cappelliere, sia chiaro!» le riferì la
Rossa in modo acido ed
arrogante.
***
Il
Cappellaio, che era appena stato cacciato dal castello in malo modo
dalla
Regina Rossa, si era seduto su una delle panchine del giardino e teneva
in mano
un fiore che continuava a rigirarsi tra le dita pensando al bacio di
poco
prima. La sua Alice lo aveva baciato, bacio che non era assolutamente
paragonabile
a quello della sera precedente. Questo voleva forse dire che anche lei
lo
amava? Che sarebbe rimasta con lui per sempre? Eppure, quando le aveva
confessato i suoi sentimenti, non gli aveva risposto niente, o meglio,
sì,
aveva risposto con quel bacio, ma sentiva che la sua Alice era molto
turbata,
che dentro di sé non aveva ancora preso una decisione.
Il
fatto
di non sapere, però, con esattezza quello che la ragazza
pensava lo mandava
fuori di testa, lui voleva sapere. Se Alice avesse deciso di non
rimanere a
Sottomondo perché voleva tornare dalla sua famiglia lo
avrebbe capito e, se
così fosse stato, questa volta le avrebbe chiesto di poter
venire con lei, non
sapeva come, non sapeva nemmeno se era possibile ma, se lei veramente
ricambiava i suoi sentimenti, l’avrebbe seguita anche in capo
al mondo, o
meglio, in capo ad un altro mondo!
Decise
quindi
che non c’era più tempo da perdere, doveva avere
una risposta alla sua domanda
quella sera stessa. Tutti lo conoscevano, e tutti sapevano che il
Cappellaio
non era una persona molto paziente. Perciò si diresse di
nuovo al castello, in
direzione dello studio della Rossa. Prima di andarsene aveva sentito la
Regina
urlare alla sua Alice di seguirla nel suo studio per parlarle. Parlare
di cosa
poi, Tarrant non se lo sapeva spiegare. Che cosa aveva Iracebeth da
dire alla
sua Alice, lei che non sopportava minimamente la ragazza.
La
porta
dello studio era leggermente aperta, e dentro di esso la Rossa ed Alice
stavano
parlando. Tarrant si appoggiò al muro per ascoltare i loro
discorsi, sapeva
benissimo che origliare non era corretto, ma il loro argomento lo aveva
colpito
nel profondo del cuore, che piano piano stava andando a
pezzi…
«Quindi
è
deciso! Tornerai nel tuo mondo domani stesso. Forse non riuscirai a
partecipare
al matrimonio di mia sorella… ma sono sicura che nel caso
decidessimo di
procedere così, se ne farà una ragione»
affermò la Rossa.
«Certamente,
ne sono consapevole. Se è come dite voi non ho altra scelta,
non posso lasciare
mia madre e mia sorella, sono la mia famiglia e non meriterebbero una
mia
improvvisa scomparsa…» rispose sommessamente Alice.
Le
voci
delle due donne, giungevano ovattare ma chiare alle orecchie del povero
Cappellaio.
«Bene!
Domani lo riferiremo anche agli altri, ormai è
tardi!» concluse Iracebeth.
«Va
bene
Maestà. Solo, una cosa…» la interruppe
Alice.
«Che
cosa
c’è adesso?!» rispose esasperata la
Regina.
«Non
voglio
che il Cappellaio lo sappia. Lui non capirebbe…»
le riferì Alice con un groppo
in gola.
«Il
cappelliere? Ah! Per me puoi fare quello che vuoi! La decisione
è la tua e a me non mi importa se glielo vuoi dire
o meno!».
Tarrant
aveva ormai il cuore a pezzi. Come aveva potuto la sua Alice fargli
quello. Non voleva
che lui sapesse che se ne sarebbe
andata l’indomani? In questi giorni lo aveva forse preso in
giro?! Forse gli
piaceva prendersi gioco dei suoi sentimenti? No, lei non poteva essere
l’Alice
di cui si era innamorato! Quell’Alice era un’altra
persona. E, col cuore a
pezzi, il Cappellaio si allontanò dallo studio per dirigersi
verso casa.
No,
non
avrebbe mai perdonato Alice per quello che gli aveva fatto…
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Capitolo 9 *** Il grande giorno! ***
Capitolo
9 – Il grande giorno!
Era
arrivato il grande giorno! Il giorno in cui si sarebbe celebrato
l’anniversario
del giorno Gioiglorioso, il giorno in cui la Regina Mirana ed il
Principe
Edward VII si sarebbero sposati ed infine il giorno in cui Alice
avrebbe preso
in mano il suo destino…
Tutta
Marmorea era in fermento quella mattina. La maggior parte degli
abitanti si
erano svegliati alle prime luce dell’alba per poter preparare
tutto nei minimi
particolari, sia per la parata che per il matrimonio del secolo. Ognuno
dava
una mano come poteva e ogni dove si respirava aria di festa e di
allegria.
Tutti erano felice ed allegri. Tutti, tranne un uomo, un cappellaio.
Come
la
maggior parte dei suoi compaesani, si era alzato anche lui di buona
mattina, o
più correttamente si era alzato dal letto dopo una notte
completamente insonne.
Non aveva fatto altro che pensare al tradimento della sua Alice ed al
motivo
per cui lei non volesse parlargliene. In quel momento era impegnato a
sistemare
i festoni assieme ai suoi due amici più fidati, il Leprotto
e il Ghiro.
«Cappellaio,
ma che cosa ti prende questa mattina!? Che fine ha fatto tutta la tua
allegria
per queste festosità?» chiese il Ghiro.
«Sto
bene
Mally, è solo che questa notte non ho dormito molto bene.
Tutto qua…» rispose
infastidito Tarrant.
Il
Ghiro
decise che era meglio non ribattere e di lasciare in pace il suo amico.
Se era
così nervoso, doveva essere successo qualcosa di molto
grave. Il leprotto
invece, continuava a saltellare a destra e a sinistra
ininterrottamente,
continuando ad andare a sbattere contro agli abitanti intenti a
sistemare gli
ultimi dettagli, causando, ogni tanto, qualche piccolo disastro.
Intanto,
in una delle tante stanze del palazzo, Alice si stava preparando per la
parata.
Assieme all’aiuto di Angelica, si stava infilando
l’armatura, messa a lucido
per l’occasione. Il Grafobrancio era già pronto
nella stalla con la sua
armatura ed aspettava trepidante il suo cavaliere.
«Alice,
va
tutto bene?» le chiese Angelica. «Avete una faccia
come se non dormiste da
parecchi giorni» le fece notare la cameriera mentre le
chiudeva l’armatura.
«No
Angelica, va tutto bene, è che oggi è una
giornata molto importante e
particolare e sono un po’ agitata. Tutti qui»
rispose di rimando la ragazza
facendole un sorriso un po’ tirato. Nessuno doveva sapere
quello che sarebbe
successo di lì a poche ore.
La
Paladina di Wonderland si stava dirigendo verso le stalle, dove
l’attendeva il
suo fidato Grafobrancio e lungo la strada ebbe modo di incrociare molte
persone, tutte intente a sistemare gli ultimi ritocchi per la cerimonia
che si
sarebbe tenuta nel pomeriggio e che al suo passaggio non perdevano
l’occasione
di sorriderle e di salutarla, augurandole una buona mattinata e una
meravigliosa parata. Alice amava la spontaneità e la
vitalità di quelle
persone, così diverse dagli uomini e dalle donne a cui era
abituata nel suo Mondo.
Si, Sottomondo le sarebbe mancato troppo.
Era
finalmente giunta nella stalla del Grafobrancio, il quale
l’accolse lanciandosi
su di lei e leccandole la faccia, emettendo suoni gutturali di
felicità e
scodinzolando la piccola coda freneticamente, proprio come un cane fa
con il
suo padrone. «È bello anche per me
rivederti!» rise Alice, carezzandogli il
capo con una mano, mentre con l’altra si aiutava a rimettersi
in piedi.
In
tutta
risposta il felino le si strusciò sempre di più
contro, chiedendo ulteriori
coccole. Alice si ricordava ancora la paura che aveva avuto la prima
volta che
aveva incontrato quella creatura così gigante, la quale le
aveva ferito un
braccio dopo che Mally gli aveva staccato un occhio e ora il solo
pensiero a
quel giorno di tanti anni prima la faceva sorridere.
Le
risate
di Alice e le fusa del Grafobrancio, vennero interrotte da un leggero
tossicchiare. La ragazza, presa alla sprovvista, si acquietò
all’istante,
subito seguita dal felino e girandosi trovò
all’ingresso il suo adorato
Cappellaio.
«Tarrant!»
esclamò.
«Alice»
le
rispose freddamente il Cappellaio. «Mi hanno riferito che ti
trovavi nelle
stalle e di venirti ad avvisare che la parata sta per
iniziare».
«Certamente!
Grazie Tarrant» sorrise Alice, che non poté non
notare il comportamento
insolito dell’amico. «Va tutto bene
Cappellaio?» chiese poi, un po’
preoccupata.
«Certo!
Va
tutto meravigliosamente! Cosa mai potrebbe andare storto?» le
occhiaie del
Cappellaio si facevano ad ogni frase sempre più scure,
così come anche la sua
pelle che iniziava perdeva i suoi colori vivaci; ed Alice ogni
qualvolta che
ciò accadeva, ne era sempre spaventata.
«Cappellaio,
calmati ti prego!» lo supplicò.
Tarrant,
che sembrava essersi ripreso da uno stato di trance, guardò
di nuovo Alice
negli occhi e l’unica cosa che riuscì a dirle, era
che si sarebbero dovuti
muovere per non arrivare in ritardo, per poi uscire dal box in cui si
trovavano
lei e il Grafobrancio.
Che
cos’era successo?
Perché
quel comportamento?
Aveva
forse
ferito in qualche modo il suo Cappellaio?
Mentre
Alice si poneva queste domande, era salita in groppa al fidato felino
per
dirigersi all’ingresso del castello, da dove sarebbe partita
la parata.
La
parata
era una moltitudine di colori, di musica, di danze, di canti e chi ne
ha più ne
metta. Tutti si stavano divertendo, tutti alla vista di Alice
esultavano e la ringraziavano
a gran voce, per il suo coraggio e per le volte che aveva salvato
Sottomondo e
anche se Alice sorrideva a quelle persone e salutava come se niente
fosse
successo pochi minuti prima, la sua mente era rimasta in quel box, alle
parole
fredde e distaccate che Tarrant le aveva rivolto.
Non
riusciva a darsi pace, voleva ad ogni costo scoprire che cosa fosse
successo
tra di loro e glielo avrebbe chiesto subito dopo la parata; non poteva
e non
voleva partire senza prima risolvere quell’assurda e strana
situazione che si
era venuta a creare.
Come lei,
anche Tarrant non riusciva per niente a divertirsi… E
sì che aveva aspettato
quella festa per 365 giorni! Ma il suo cuore e la sua mente non
riuscivano a
fare a meno di pensare al comportamento della “sua”
Alice. No, non l’avrebbe
mai perdonata. Di questo ne era sicuro. L’avrebbe evitata
fino a quando non se
ne sarebbe ritornata nel suo Mondo, dove magari l’aspettava
un valoroso Lord
pronto per sposarla…
La
festa
proseguì per tutta la mattinata e al suo culmine, tutti gli
abitanti si
ritrovarono riuniti nella piazza centrale della grande fontana, dove
vennero
lanciati in aria numerosi palloncini e fuochi colorati. Quello fu
l’unico
istante in cui sia Alice, che Tarrant, non pensarono
all’enorme problema dei
loro cuori…
***
Di ritorno
a palazzo, Alice lasciò nelle mani degli stallieri il suo
fidato Grafobrancio,
per potersi precipitare a chiedere delle spiegazioni al suo Cappellaio,
non
prima di aver salutato come si doveva il grosso felino.
Stava
correndo per i corridoi del castello alla ricerca di Tarrant, al quale
era
stata data una delle camere degli ospiti per potersi preparare
all’imminente
matrimonio della Regina di Marmorea. Alice non aveva più
fiato nei polmoni, ma
non si sarebbe di certo arresa, voleva trovare il suo amico per
potergli
chiedere delle spiegazioni a proposito del suo comportamento
così distaccato di
poche ore prima.
Quando
finalmente
arrivò davanti alla porta della stanza assegnata a Tarrant,
non mancò, nonostante
la sua agitazione, di essere educata e di bussare, invece di entrare di
prepotenza,
cosa che però avrebbe fatto se il Cappellaio le avesse
chiesto di essere
lasciato da solo.
«Chi
è?»
domandò una voce attutita dalla spessa porta.
«Sono
Alice!»
rispose di rimando la ragazza con voce ancora affannata. «Per
favore
Cappellaio, fammi entrare! Ti devo parlare!»
esclamò.
Passarono
alcuni secondi, che per Alice furono interminabili, prima di sentire la
voce di
Tarrant che le acconsentiva di entrare.
Indossava
una giacca e dei pantaloni color viola, un gilet arancio e una camicia
color
panna. Molto probabilmente era l’outfit che la Regina gli
aveva fatto
confezionare in occasione del matrimonio. Appoggiato su un tavolino
c’era anche
l’immancabile cappello a cilindro che Tarrant doveva aver
preparato per
l’occasione, ovviamente anch’esso in perfetto
abbinamento con il suo
abbigliamento. Alice invece, non aveva ancora indossato il suo abito
per la
cerimonia, aveva preferito togliersi l’armatura e correre dal
suo amico.
«Che
cosa
vuoi?» gli chiese Tarrant distogliendo da lei lo sguardo per
posarlo fuori
dalla finestra.
«Volevo
chiederti che cosa ti è preso stamattina e anche adesso,
visto che mi stai
trattando con la stessa distanza… È per caso
successo qualcosa?» Alice si era
avvicinata a lui appoggiandogli una mano sulla spalla, per farlo girare
verso
di lei e per poterlo guardare negli occhi.
«Come
se
tu non lo sapessi, vero?!» Tarrant si stava nuovamente
arrabbiando, ma non
avrebbe perso il controllo come quella mattina; no, non lo avrebbe
permesso.
«No,
non
lo so! Spiegamelo per favore!» anche Alice aveva alzato
leggermente la voce, non
sopportava quel comportamento infantile che a volte prendeva il
sopravvento nel
suo amico.
«Vuoi
che
te lo spieghi!?» il Cappellaio afferrò per i polsi
la ragazza avvicinandosela
bruscamente al suo viso «Ho sentito tutto! Ogni singola
parola! Non sono un
completo stupido Alice! Ti ho sentita mentre con la Regina di Cuori
decidevate
il tuo prossimo ritorno nel TUO Mondo! Ho sentito come l’hai
supplicata di non
farmi sapere niente! Cosa credi, che non lo avrei scoperto? Che sarei
stato in
silenzio? Non ti è bastato spezzarmi il cuore le altre
volte? No, dovevi per
forza farlo una terza volta! Ma sai che cosa ti dico? Che non mi
importa più
niente di te! Per me ormai è come se non esistessi, sarebbe
stato tutto più
facile se tu non fossi mai piombata a Wonderland!»
così dicendo lasciò i polsi
della ragazza, la quale era rimasta scioccata da quella confessione e,
afferrando il suo amato cilindro, uscì dalla stanza
chiudendosi la porta alle
proprie spalle, lasciando così Alice da sola e in lacrime in
quella stanza che
sembrava diventare sempre più fredda, nonostante la calda
giornata.
Alice
non
era riuscita ad interrompere il soliloquio del Cappellaio, non era
riuscita a
dargli le dovute spiegazioni, ma sapeva che se l’avesse fatto
lo avrebbe perso
per sempre, anche se forse lo aveva già perso per
sempre… Ora si chiedeva:
tutto ciò di cui aveva discusso con la Regina Rossa sarebbe
servito a qualcosa?
La
ragazza
non riusciva a fermare i fiotti di lacrime che le uscivano dagli occhi,
così
come anche i suoi singhiozzi che rimbombavano in quella stanza troppo
grande
per la giovane che se ne stava rannicchiata in un angolo ombroso.
In
quel
momento, le due Regine e il Principe Edward, si ritrovarono a passare
per il
corridoio adiacente alla porta della stanza e, attirati dai singhiozzi
della
ragazza, decisero di la porta senza pensarci due volte, trovando
così un’Alice
completamente devastata.
Mirana
si
portò le mani alla bocca coprendo un
“oh” spaventato e scioccato. «Oh santo
cielo, Alice! Che cosa ti è successo!?» le chiese
infine, molto preoccupata, la
Bianca portandosi al suo fianco e inchinandosi alla sua altezza per
poterla
abbracciare e consolare.
«Ni-
Niente Maestà, va, va tut- tutto bene…»
provò a mentire la ragazza.
«Non
dire
sciocchezze! Chi ti ha fatto piangere in questo modo?»
continuò la Bianca.
«Cosa
vuoi
che le sia successo Sorellina! È sempre stata una ragazzina
debole e priva di
carattere. AH-AH» la schernì la Rossa, che
sembrava non provare alcun moto di tenerezza
nei suoi confronti.
«Racy!»
la
rimproverò la sorella e in tutta risposta la Rossa
alzò gli occhi al cielo.
«Allora
ragazzina. Si può sapere che cosa ti è successo?
Non farci perdere tempo!»
sbuffò la maggiore delle sorelle.
Alice
guardò la Rossa con gli occhi ormai gonfi ed arrossati,
«Maestà, potrei
parlarle in privato?» chiese infine.
Tutti
i
presenti, comprese Iracebeth, guardarono stupiti Alice. La Bianca si
chiedeva
come mai la sua amica volesse parlare proprio con sua sorella e non con
lei.
Sicuramente c’era qualcosa sotto ma non si volle preoccupare
più di tanto, dopo
tutto si trattava di Alice e lei aveva sempre tutto sotto controllo,
anche in
situazioni come quelle. «Certamente cara» le
sorrise Mirana, posandogli un
bacio sul capo. «Io ed Edward andiamo a prepararci, ci
vediamo dopo».
Non
appena i due futuri coniugi le lasciarono da sole, la Rossa
parlò. «Allora, che
hai da dirmi in privato?» chiese assottigliando gli occhi in
direzione della
giovane.
«Maestà…»
iniziò Alice.
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Capitolo 10 *** È questo un addio? ***
Capitolo
10 – È questo un addio?
Mancavano
poco più di due ore al grande evento della giornata. Se gli
ultimi preparativi
per la parata avevano messo in agitazione i più, gli ultimi
ritocchi per il
matrimonio avevano fatto impazzire tutti!
Ogni
persona, animale o creatura, correva avanti e indietro per il castello,
nell’intento di ultimare tutti i dettagli e per fare in modo
che quella
giornata sarebbe rimasta per sempre nelle memorie del Regno di
Marmorea. Anche
gli amici più fidati della Regina Mirana si stavano dando da
fare come
potevano. I due gemelli Pincopanco e Pancopinco erano intenti preparare
lo
striscione con i nomi dei due futuri sposi.
«Mettiamo
prima il nome della Regina Mirana!» esclamò
Pincopanco.
«No,
mettiamo prima il nome del Principe Edward!»
ribatté il fratello Pancopinco.
«La
Regina!».
«Il
Principe!».
«Ragazzi,
dateci un taglio! Oppure volete che venga lì e vi infilzi
con la mia spada?!» esclamò
infastidito Mally, che con l’aiuto di Bayard stava portando i
piatti verso i
tavoli. «E comunque ad un matrimonio si è soliti
mettere per primo il nome
della sposa! E ora avanti che c’è ancora tanto da
sistemare!».
I due
fratelli erano rimasti in silenzio per tutti il tempo, ma non appena
Mally e
Bayard se ne andarono, Pincopanco spintonò scherzosamente il
fratello,
affermando: «Visto. Avevo ragione io!».
«Solo
questa volta non darti tante arie fratello!» rispose
prontamente Pincopanco,
con ilarità.
Anche
il
Leprotto, stava dando, come poteva una mano, o meglio una zampa;
infatti,
assieme all’amico Bianconiglio, stavano attaccando tutti i
vari festoni e
ghirlande di fiori presso il gazebo, dove si sarebbe tenuta la
cerimonia. I due
erano infatti i più qualificati a svolgere il compito, visto
che erano in grado
di compiere salti alti, grazie alla loro particolare muscolatura delle
zampe
posteriori.
Tutti
erano impegnati in un’attività, tutti ad eccezione
di Tarrant, il quale si era
seduto su una panchina del vasto giardino reale, il più
lontano possibile da
tutto quel trambusto. Non voleva stare lì in mezzo agli
altri e dover fingere
che tutto andava per il meglio, già quella stessa mattina
era stata una tortura
per lui, che era una persone che più di tutte le altre
mostrava i propri
sentimenti e che, a causa delle sue occhiaie nere, li rendeva anche
pienamente
visibili.
Era
lì
seduto su quella panchina, immersa tra i fiori, rose bianche, a pensare
allo
“scontro” che aveva avuto qualche ora prima con
Alice. Ripensare a quei pochi minuti
gli faceva male al cuore e una lacrima solitaria scese dal suo occhio
sinistro
per solcare la sua guancia e cadere sulla sua mano. A quella prima
lacrima se
ne susseguirono altre. Il Cappellaio stava piangendo, era una cosa che
non
capitava spesso, lui era il Re dei burloni, lui era il Re delle feste,
era
colui che aveva inventato la deliranza,
lui era l’allegria fatta a persona! Ma in quel momento,
però, la sua moltezza
venne meno. Era successo solo un’altra volta prima di
all’ora, quando i suoi
genitori erano stati uccisi, o così credeva fino a qualche
anno prima, dalla
Regina Rossa.
Tra
i vari
singhiozzi che uscivano dalla sua bocca e i vari pensieri che
affollavano la
sua mente, Tarrant non si accorse dell’arrivo di una persona
molto importante
nella sua vita, fino a quando quest’ultima non gli
appoggiò una mano sulla
spalla per cercare di consolarlo e di capire che cosa lo affiggesse.
Il
Cappellaio sussultò al tocco di quella mano sulla propria
spalla, ma quando si
girò per scoprire a chi appartenesse, rimase di sasso, ma
allo stesso tempo
sorpreso, di trovarsi davanti suo padre.
«Padre…»
sussurrò il Cappellaio.
«Figliolo,
che cosa succede?» gli chiese Zanik.
Suo
padre
non era mai stato un uomo di molte parole, soprattutto con lui. I due
erano
molto spesso in imbarazzo quando si trovavano da soli nella stessa
stanza, a
meno che non si parlava di cappelli; unico argomento su cui riuscivano
a
conversare fluidamente.
«Non
è
niente padre. Niente di importante» si affrettò a
rispondergli.
«Figlio
mio, non mi sembra che sia “niente
di
importante”! Sei distrutto e la tua espressione ne
è la conferma!» esclamò
l’uomo. «Per favore, so di non essere un padre
molto espansivo e loquace,
soprattutto con te, ma sono tuo padre e anche se ormai sei grande tu
resti
sempre mi figlio e come genitore ho il compito di aiutarti e
sostenerti…».
Tarrant
alla fine sembrò convincersi delle parole del padre e dopo
aver tirato su col
naso, come un bambino, gli raccontò tutto per filo e per
segno quello che era
accaduto tra lui ed Alice in quella settimana, arrivando anche alla
sera
precedente, a quando l’aveva sentita parlare con la Regina
Rossa e a quello
stesso pomeriggio, quando avevano discusso
animatamente.
Zanik
ascoltava e ogni tanto annuiva a quella storia e, non appena il figlio
finì di
raccontare la sua versione dei fatti, prese la parola.
«Voglio chiederti una
cosa riguardo agli ultimi avvenimenti, figliolo».
«Certamente»
rispose Tarrant un po’ titubante.
«Tu
mi hai
raccontato ad Alice la tua versione dei fatti?».
«Sì,
è
così» gli rispose Tarrant cominciando a capire
dove il padre volesse andare a
parare.
«Bene.
E
non ti sei posto il problema di sentire anche la versione della povera
Alice?»
gli chiese infine confermando così il suo pensiero.
Il
Cappellaio rimase spiazzato dalla domanda del padre, in effetti poche
ore prima
lui si era avventato su di lei non lasciandole la
possibilità di esporre i
propri fatti. Non aveva voluto ascoltarla, troppo orgoglioso di
sé stesso.
«No,
non
gliel’ho chiesto» rispose abbassando lo sguardo
verso le proprie mani strette a
pugno sui pantaloni.
«Figliolo»
riprese Zanik appoggiandogli la propria mano su quella del figlio,
«Io credo
che qualunque cosa stia succedendo tra te ed Alice, debba essere
risolta il
prima possibile. Forse c’è un motivo, se ha deciso
di non dirti della sua
partenza. Magari è qualcosa di cui tu ignori…
Queste figliolo sono solo
supposizioni, l’unica persona che potrà darti
tutte le informazioni del caso,
si trova a palazzo e la stai perdendo».
Tarrant
sollevò lo sguardo verso il viso del padre,
«No…».
«E
allora corri
figliolo. Vai a raggiungerla. Vai a chiarire con lei prima che sia
troppo tardi».
Furono
le
ultime parole che Zanik rivolse al figlio, prima di vederlo alzarsi e
correre
verso il castello. Un piccolo sorriso spuntò sulle sue
labbra. Suo figlio stava
diventando un uomo a tutti gli effetti, senza però perdere
la sua moltezza.
***
Intanto
a
palazzo…
Alice
sperava di riuscire ad assistere al
matrimonio della Regina Mirana, nonché sua più
cara amica, ma Iracebeth le
aveva detto che non c’era più tempo da perdere e
che doveva andare prima che
fosse stato troppo tardi. Le due raggiunsero così la sala
del trono dove la
Regina Bianca, il Principe Edward e il Tempo, le stavano aspettando.
In
quello
stesso momento due gemelli molto pazzerelli alla ricerca di Alice,
passarono
proprio davanti alla porta del salone che era stata lasciata
leggermente aperta
e, incuriositi, si misero all’ascolto, senza dimenticarsi di
spintonarsi ogni
due per tre per poter vedere meglio entrambi la scena.
«Quindi
è
deciso…» disse Mirana avvicinandosi ad Alice e
prendendo le sue mani nelle
proprie, stringendogliele appena.
«È così Vostra
Maestà. Mi dispiace tanto non
poter assistere alle vostre nozze».
Mirana
era
rimasta commossa dalle parole dell’amica, «Suvvia
Alice» la strinse a sé in un
abbraccio. «È una cosa che devi fare, lo sappiamo
tutti. E ora non puoi tardare
all’appuntamento. So che con il cuore sarai sempre qua con
noi!» disse
staccandosi dalla ragazza e asciugandosi una lacrima che le era
sfuggita.
«Mi
raccomando Alice, ricorda di tenere sempre d’occhio il me stesso» le disse il Tempo.
«Bene!
Ora
che abbiamo finito con tutti questi piagnistei e raccomandazioni, puoi
andare
Alice!» li interruppe la Rossa.
«Iracebeth…»
la riprese dolcemente la sorella.
«No
Maestà, la Regina Iracebeth ha perfettamente ragione, non
c’è più molto tempo».
«Ben
detto! Finalmente qualcuno che mi ascolta!»
affermò la Rossa.
«Bene,
si
ritorna a casa…» concluse Alice.
I
due
gemelli erano rimasti pietrificati davanti a quella scena. Alice se ne
stava
andando e per di più senza salutare nessuno di loro!
Perché?
Vedendo i presenti della sala dirigersi verso
l’uscita i due si fecero prendere dal panico, non volevano
affatto essere
scoperti lì ad origliare.
«Da
questa
parte!» affermarono i due all’unisono indicando due
luoghi differenti e finendo
per scontrarsi di faccia e cadere a terra. La porta venne aperta dalla
Regina
Iracebeth, che avendo udito delle voci, non si sorprese di trovare
davanti alla
porta i due.
«Oh!
Guarda un po’ chi abbiamo qui! I due Panzoni,
o meglio i due spioni…».
«Maestà…»
dissero entrambi con voce tremante.
«Adoro
mettere in soggezione le persone… ah ah ah!» disse
felicemente la Rossa.
«Avete
sentito tutto?» si intromise Alice.
«Beh,
più
o meno abbiamo capito che te ne stai andando Alice»
affermò Pancopinco, seguito
dall’annuire del fratello.
«Non
doveva essere rivelato a nessuno, per favore, non fatene parola per il
momento»
gli chiese la ragazza.
I
due si
guardarono negli occhi prima di annuire alla loro amica che,
sorridendogli, li
abbracciò per poi salutarli e dirigersi verso
l’ingresso del castello, seguita
dalle due Regine e dai due uomini.
***
Tarrant
stava correndo in direzione della stanza di Alice, era ormai senza
fiato quando
svoltando l’angolo del corridoio, si scontrò con i
due fratelli, finendo tutti
e tre rovinosamente a terra.
«Ahia
che
botta!» disse il Cappellaio alzandosi e massaggiandosi il
fondoschiena.
«Cappellaio!»
esclamarono Pincopanco e Pancopinco in coro, ancora per terra.
«Ragazzi,
sto cercando Alice, l’avete per caso vista?» gli
chiese preoccupato.
I
due si guardarono per qualche secondo e poi
tornarono a guardare l’amico.
«Noi
non
abbiamo visto proprio nessuno» affermò Pancopinco,
facendo l’occhiolino al
fratello.
Ma Pincopanco, non afferrando le reali intenzioni
del fratello, si affrettò a ribattere. «Ma come?
Qualche minuto fa noi abbiamo
vist-» uno scappellotto lo colpì in pieno sul
collo, e alzano lo sguardo verso
il fratello non ci mise più di un secondo a chiedergli:
«Per quale ragione al
mondo mi hai picchiato!?».
«Che
cosa
ci ha detto Alice prima? Di non dire a nessuno che l’avevamo
vista!» gli
ricordò spazientito Pancopinco.
«Ah
già, è
vero! Me ne ero dimenticato! Eh-Eh» esclamò
Pincopanco.
Il
Cappellaio stava perdendo letteralmente la pazienza. «Allora
voi due sapete
dove si trova!? Si o no?!».
«Sì»
rispose Pincopanco.
«No»
rispose Pancopinco.
Tarrant
iniziò del tutto a perdere il controllo e le occhiaie nere,
prima sparite,
tornarono ad incombere sulla sua faccia, facendo spaventare non poco i
due.
«È
andata
da quella parte!» dissero infine i due abbracciandosi ed
indicando,
stranamente, la stessa direzione.
Tarrant
ritornò alla “normalità” e li
ringraziò per la loro disponibilità con il suo
solito umorismo.
«Cappellaio!
Non so se riuscirai a vederla! Alice sta partendo!»
esclamarono i due
all’unisono.
Ma
Tarrant
sentì appena queste parole, visto che aveva già
ricominciato a correre, ma
nonostante tutto riuscì ad afferrare ogni singola parola di
ciò che avevano
appena esclamato i due gemelli, e quelle parole gli perforarono il
cervello. La
sua Alice stava per andarsene e lui non sapeva se sarebbe riuscito a
raggiungerla…
***
Alice
diede un ultimo abbraccio a Mirana, prima di salire in groppa a Gaston
che
l’avrebbe portata verso la luna che si vedeva in lontananza.
La luna, chi
l’avrebbe mai detto che quella sarebbe stata la sua via per
ritornare a casa…
«Buona
fortuna Alice» le disse la Regina Bianca.
«Grazie
Mirana, ne avrò bisogno» le sorrise Alice; poi si
rivolse a Gaston: «Forza, è
arrivato il momento. Non credevo che te lo avrei mai detto, ma oggi ho
bisogno
che tu usi tutta la tua velocità che hai in corpo amico
mio…» gli disse
aggrappandosi per bene al guscio.
«Sarà
fatto madamigella. L’avevo detto io che presto avresti
apprezzato la mia
velocità» e così dicendo Gaston
spiccò il volo.
***
Poco
distante Tarrant vide Gaston partire in quarta verso la luna. Era
arrivato
troppo tardi, non era riuscito a fermarla, non era riuscito a chiarirsi
con lei
e non era riuscito a dirgli che qualunque fossero i motivi della sua
partenza,
lui avrebbe voluto venire con lei a costo di lasciare il suo Mondo per
sempre per
poter vivere al suo fianco.
Ormai
sfiancato, il Cappellaio si accasciò a terra in ginocchio e
con quanto fiato
aveva in gola, prima di abbandonarsi del tutto alle lacrime,
gridò
disperatamente il suo nome:
«ALICEEEE….!!!!!».
E
nonostante Alice fosse ormai troppo lontana da terra e Gaston stesse
andando ad
una velocità esagerata, tanto da tappargli le orecchie,
riuscì comunque a
sentire quell’urlo straziante che il suo Cappellaio, il suo
Tarrant, aveva
appena evocato verso di lei.
“Ti
prego Tarrant… presto ti sarà tutto
più
chiaro, abbi fiducia in me…”. E come il
suo amato sulla terra ferma, anche
agli angoli dei suoi occhi si formarono calde lacrime che
però, vennero
trascinate via dal vento che sferzava imponente sulla sua faccia
arrossata…
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Capitolo 11 *** Verso una nuova avventura ***
Capitolo
11 – Verso una nuova avventura.
Si trovava lì, in quel giardino, tanto
familiare quanto estraneo e stava fissando la fontana dalla quale era
da poco
riemersa.
Presto
avrebbe dovuto spiegare alle guardie
di palazzo, che cosa ci faceva nel giardino della regina
d’Inghilterra in pieno
pomeriggio e perché era tutta bagnata dalla testa ai piedi;
ma non gli
importava, aveva una missione da portare a termine e sapeva che il
tempo, in
quell’occasione, non le sarebbe per niente stato amico.
Una
volta ridestata dai suoi pensieri,
decise di incamminarsi verso l’enorme reggia, nella speranza
che le sarebbe
venuta presto in mente una brillante idea per spiegare
l’accaduto e non finire
nuovamente in un manicomio.
Come
previsto, all’uscita dai giardini,
incontrò una delle guardie, la quale vedendola ridotta ad
uno straccio e
barcollante su propri passi, decise di dare l’allarme ed
aiutarla ad entrare.
«Santo
cielo madamigella, che cosa le è
successo!» le chiese la guardia, mentre l’aiutava
ad entrare nella veranda del
palazzo.
Era
strano che non le venisse chiesto, come
prima cosa, cosa accidenti ci facesse all’interno dei
giardini, ma vista la
situazione la ragazza preferì continuare nella sua abbozzata
commedia.
«Non
me lo ricordo. L’ultima cosa che
ricordo è di essere uscita durante la festa a prendere una
boccata d’aria e poi
il vuoto…» sì così poteva
andare, dopo tutto a guardare fuori dovevano essere circa
le tre del pomeriggio e lei era scomparsa solo la sera precedente,
dopotutto le
prime volte che era stata a Sottomondo a lei erano sembrati giorni, ma
nel suo
mondo erano passate solo poche ore, o almeno Alice sperò che
anche quella volta
fosse stato come le precedenti.
“Il
tempo scorre in modo imprevedibile a Sottomondo Alice. Le prime volte
ti è
sempre andata bene, ma questa volta potresti non essere altrettanto
fortunata
al tuo ritorno in superficie…” quella
voce non faceva altro che rimbombare
nella sua testa come un eco strozzato.
“Proprio
un bel paragone hai affibbiato alla voce della Regina Rossa”,
un piccolo e
sfuggevole sorriso le solcò le labbra a quel pensiero.
Nel
mentre, la guardia che l’aveva trovata
e che l’aveva aiutata a sedersi su un piccolo divano da
giardino, era corsa
subito a chiamare i soccorsi. Alice sentiva che stava perdendo troppo
tempo, ma
non poteva muoversi e rovinare così i suoi piani come se
niente fosse, quindi
decise che era meglio attendere e continuare a fingere.
Presto
una voce familiare giunse alle sue
orecchie. Era molto spaventata, ma Alice poteva scorgere nella sua voce
anche
una nota di sollievo. Non appena la donna la raggiunse, si
buttò in ginocchio
davanti alla ragazza per essere alla sua stessa altezza e per poterla
abbracciare e per constatare che fosse ancora tutta intera, nonostante
i
vestiti completamente fradici.
«Madre…»
sussurrò la fanciulla contro al
petto di Lady Kingsley.
«Grazie
al cielo sei viva, bimba mia…»
calde lacrime le solcarono il viso ormai segnato dagli anni.
Alice,
sentendo le lacrime della madre,
ebbe un brutto presentimento e l’unico modo per scoprire se
quel pensiero era
la realtà, era porgere alla madre un’unica
fatidica affermazione.
«Madre» si districò
dall’abbraccio giusto per poterla
guardare in viso. «Sono
solo passate poche ore».
Il
viso di Helen Kingsley si rabbuiò per un
istante, prima di proclamare la risposta che la ragazza tanto attendeva.
«Alice,
ma cosa dici?! Non sono passate
poche ore dalla tua scomparsa! Oh Santo Cielo bambina mia…
Sono settimana che
nessuno ha più notizie di te!» le disse
prendendole il viso pallido tra le mani.
Alice
impallidì. “Settimane?!”.
Sua
madre riprese a parlarle, mentre con
una mano le accarezzava il viso e i capelli, come a tranquillizzare un
cucciolo
ferito ed indifeso, anche se Alice era solo rimasta spiazzata da quella
rivelazione. «Ti abbiamo cercato ovunque Alice. Perfino la
stessa Regina in
persona ha fatto ricorso ai suoi uomini più fidati per
cercarti, visto che eri
sparita durante la una Sua festa. In un primo momento ho pensato anche
che tu e
signor Harcourt, visto che nemmeno lui era più alla festa,
foste scappati
chissà dove. Conoscendoti, poteva essere da te, prendere e
sparire per
settimane. Ma Harcourt era semplicemente tornato a casa e quando ha
saputo
della tua scomparsa non si è dato pace. Così come
tua sorella. Io sono rimasta
qua, nella speranza di ricevere notizie il prima possibile
e… Oh, tesoro mio…»
strinse
nuovamente la figlia in un
abbraccio «Ho
temuto di non rivederti mai più e che qualcuno ti avesse
fatto del male… Grazie
al Cielo, c’è qualcuno lassù che ha
ascoltato le mie preghiere».
Tra
i pensieri di Alice, che per un momento
aveva dimenticato il suo principale scopo, sorse una domanda:
perché sua madre
pensava che lei e James Harcourt, potessero essere scappati insieme?
Ma, quel
pensiero fugace lasciò presto la sua mente, per poter dar
ascolto all’ultima
domanda della madre, quella che la guardia che l’aveva
“salvata”, non le aveva
posto.
«Ma
dove sei stata per tutto questo
tempo?!» chiese infine Lady Kingsley.
«Non
lo so madre. È tutto molto confuso…»
fu l’unica frase che Alice riuscì a dire a sua
madre, prima che nella veranda
entrarono la Regina e un medico, pronto ad accertarsi delle reali
condizioni
della ragazza. E dopo tutto non poteva certo dire alla madre dove era
stata
realmente in quelle settimane, anche se per lei erano passati solo
pochi
giorni.
***
Dal giorno del suo ritorno a Londra erano
già passati nove giorni ed Alice non era ancora riuscita a
parlare con sua
madre, la quale, dopo aver appreso dal medico di corte che molto
probabilmente la
ragazza aveva perso la memoria di quelle ultime settimane a causa del
profondo
shock subito a seguito di un suo presunto rapimento, si era buttata a
capofitto
nel lavoro dell’attività della Compagnia navale.
Alice
si chiedeva ancora da dove il medico
potesse aver tirato fuori l’idea del rapimento, proprio nella
reggia della
Regina d’Inghilterra, che era risaputo essere uno dei posti
più sorvegliati dai
soldati e dalle guardie di tutta l’Inghilterra, e come i suoi
presunti rapitori
fossero poi riusciti, senza farsi vedere, a riportarla nel luogo del
rapimento
senza chiedere nemmeno un riscatto. Non se lo sapeva proprio spiegare.
Durante
quegli interminabili giorni, in cui
il tempo sembrava riderle in faccia, oltre alla sorella, molti uomini
del suo
equipaggio erano venuti a trovarla a casa e, tra questi, anche il suo
più caro
amico James, il quale si fermava sempre fino a tardi e si premurava di
preparare
qualcosa di caldo al suo Capitano, visto l’assenza dalla
madre che era
impegnata a gestire la Compagnia al posto della figlia in attesa che
quest’ultima si rimettesse in forma.
Era
la sera del nono giorno quando Lady
Kingsley, entrò in casa e vide i due giovani chiacchierare e
sorridere sereni,
come se quello che era avvenuto nelle ultime settimane non fosse mai
successo. Era
bello per Helen vedere di nuovo sua figlia sorridere e per ogni secondo
che
passava, ferma sull’uscio della porta ad osservarli, si
convinceva sempre di
più che James sarebbe stato un amante e un marito perfetto
per la sua bambina
più piccola. L’uomo che, con molta
probabilità, sarebbe riuscito a colmare quel
vuoto che la perdita di suo marito, nonché padre delle sue
adorate figlie, aveva
provocato in Alice.
La
donna, prima di entrare in cucina, si
schiarì la voce, per palesare la sua presenza
all’interno della stanza e i due
giovani tornarono quieti, come due bambini che erano stati beccati a
chiacchierare durante una lezione di storia.
James
Harcourt, che liberò il suo posto al
tavolo per offrirlo alla padrona di casa, a cui servì subito
la cena a base di un
bel brodo caldo; proprio quello che le ci voleva per sciogliere la
tensione
accumulata in quei giorni e che sapeva che presto avrebbe riaccumulato
quando
avrebbe parlato di “affari” e del futuro con la
figlia, che in quel momento le
sedeva di fronte.
Era
ormai tardi quando James se ne andò da
casa Kingsley e Helen non aveva potuto non notare che i due si erano
scambiati
un caloroso abbraccio sull’uscio della porta. Sapeva che era
arrivata l’ora di
parlare con Alice, solo che non sapeva che anche sua figlia era
intenzionata a
farlo.
Helen
si spostò in salotto, facendo segno
alla ragazza di seguirla e di sedersi accanto a lei sul vecchio divano.
«Alice,
ti devo parlare» iniziò solenne la
madre.
«Anche
io madre vi devo parlare di una cosa
importante» le rispose la figlia.
La
signora Kingsley rimase molto sorpresa
della cosa, ma continuò comunque come se non ne fosse
sorpresa.
«Alice,
come ben sai, ormai sto diventando
vecchia e seguire le spedizioni della Wonder, per me sta diventando
molto
faticoso. Ciononostante non abbandonerò subito la Compagnia Kingsley & Kingsley, credo per il
momento di riuscire a seguire ancora la parte finanziaria ed
economica» disse
sorridendo alla figlia, per poi riprendere il filo.
«Perciò, come tuo secondo,
è anche compito mio trovare un qualcuno che possa
sostituirmi durante le
prossime e future spedizioni e che sono sicura ti seguirà
anche in capo al
mondo e del quale io possa fidarmi ciecamente. Proprio per questo
voglio
nominare come mio successore il Signor Harcourt. Sono convinta che lui
sarà per
te un perfetto braccio destro!» disse infine. “E forse anche qualcosa di più in futuro”,
queste parole però non le
disse ad alta voce, ma le pensò intensamente, come se
più le pensasse, più quel
suo pensiero e desiderio sarebbe diventato realtà.
Alice
dal canto suo era rimasta un attimo
scioccata. Sua madre voleva lasciare il ruolo di secondo al comando, ma
un
altro pensiero arrivò prepotente nella sua mente, non solo
presto avrebbe
lasciato la sua famiglia e la sua vita nel Sopramondo, ma avrebbe
dovuto
lasciare per sempre anche la sua adorata Wonder, l’ultimo
dono di suo padre,
senza poter salpare in un’ultima avventura.
Helen
vedendo il volto perso della figlia
pensò che stesse semplicemente digerendo la notizia appena
datale, perciò si
alzò dal divano, scordandosi che la ragazza aveva accennato
a qualcosa di
importante da dirle e se ne andò augurandole la buona notte
e avvisandola che
l’indomani pomeriggio ci sarebbe stata una nuova spedizione
verso l’America del
Sud, spedizione che avrebbe visto l’annuncio del nuovo
secondo in comando.
Alice
si riprese dalla trance, ma non fece
in tempo a dire niente a sua madre che si era già chiusa la
porta della sua
camera alle spalle. Prima di andare anche lei a letto,
guardò l’orologio,
segnava la mezzanotte e ventitré minuti e sembrava non
volersi fermare, il suo
tempo stava per scadere, aveva poco più di undici ore, prima
che tutto questo
scomparisse dalla sua vita per sempre.
***
Il giorno seguente, Alice e sua madre si
erano alzate di buona ora ed erano già scese al porto, alla Kingsley & Kingsley, per
preparare
il primo viaggio della Wonder dopo settimane. Tutto
l’equipaggio era impegnato
a procurare le provviste per il lungo viaggio in mare alla volta del
Nuovo Mondo.
Ognuno correva avanti e indietro per il molo, su e giù dalla
nave; ad Alice
quel continuo avanti e dietro, in maniera concitata e frenetica, faceva
venire
alla mente i suoi amici di Sottomondo alle prese con i preparativi del
matrimonio e della parata. Solo lei, sua madre e James, si trovavano
all’interno dell’edificio che ospitava
l’ufficio della Compagnia navale,
intenti a studiare le carte nautiche e il miglior percorso da svolgere,
per
evitare di rimanere senza viveri, visto il lungo viaggio.
Alice
era molto distratta e tutti,
all’interno di quella stanza se ne accorsero.
«Capitano,
va tutto bene? Se non se la
sente ancora a salpare, magari potremmo aspettare ancora qualche
giorno»
propose James.
Sempre
così preoccupato per lei, si ritrovò
a pensare Alice. Quanto avrebbe voluto dargli quello che tanto voleva,
quanto
avrebbe voluto provare per lui quello che lui provava per lei da anni,
ma al
cuore non si comanda e Alice provava per il suo nuovo secondo in
comando solo
una profonda ammirazione ed amicizia. Cosa che a James sembrava andare
più che
bene.
«Sì
James, va tutto bene» mentì. Sperava di aver
mascherato bene le sue emozioni,
ma sua madre se ne accorse immediatamente.
«Signor
Harcourt» proferì la donna.
«Sì,
signora Kingsley» e si rivolse
gentilmente James.
«Potrebbe
cortesemente lasciarci da sole
per qualche minuto? Potrebbe andare intanto a dare una mano al resto
della
ciurma per gli ultimi preparativi» affermò infine.
«Certamente!
Signora Kingsley. Capitano,
con permesso.» fece un veloce inchino per poi uscire dalla
stanza.
Helen
guardò la figlia con aria turbata,
come se sapesse che presto sarebbe scoppiata una tempesta, proprio
dentro all’ufficio.
«Che
cosa succede Alice? Ti ho vista molto
distratta negli ultimi giorni. E mi sembra che tale distrazione e
ansia, se mi
concedi, aumentino ogni secondo che passa, o mi sbaglio?» le
domandò la madre.
Alice
sapeva che non poteva più aspettare,
era arrivato il momento della verità e sapeva quanto questa
potesse fare male,
sia a lei, che a sua madre. «Non vi sbagliate
Madre».
«Coraggio
Alice, parla. Lo sai che non
abbiamo tutto il giorno. Se è una cosa importante, di vitale
importanza, è
meglio scrollarsela di dosso subito, prima di salpare!» la
incoraggiò la donna.
Alice,
in un primo momento non riuscì a
trovare le parole. Come poteva dirle che se ne sarebbe andata per
sempre e che,
con molta probabilità, non l’avrebbe mai
più rivista. Poi, un’illuminazione,
poteva iniziare col perché, con il motivo per il quale stava
facendo tutto
quello. «Madre, mi sono innamorata…».
Alice
guardò Helen negli occhi e quello che
vi scorse fu, in un primo momento stupore, quasi, avrebbe osato dire,
incredulità. Poi però i suoi occhi si riempirono
di lacrime, come se non osasse
più sperare che sua figlia si potesse innamorare e lei
sapeva perfettamente a
chi la sua bambina si stava riferendo e a chi fosse il fortunato. E
forse era
per quello che era nervosa quando le aveva detto che avrebbe lasciato
l’incarico a James.
«Oh,
bambina mia… è...» non riusciva a
trovare
le parole «È meraviglioso!
Sono sicura
che tu e il Signor Harcourt, voglio dire James, formerete una coppia
straordinaria e in un futuro non molto lontano, avrete una splendida
famiglia!
Non sai quanto sono contenta per te, figlia mia. So che è
brutto da dire,
soprattutto se detto da una madre alla propria figlia, ma non ci
speravo più
che tu trovassi l’amore! Ora invece mi sento come
sollevata…».
Alice
odiava l’idea di doverle tarpare le
ali, ma non poteva far andare avanti quel monologo, mancava poco
più di un’ora
alla sua partenza.
«No,
madre». Helen si bloccò all’istante e
fissò la figlia. «Non mi sono innamorata di James
Harcourt» Alice le sorrise.
«James, è un uomo fantastico e sono sicura che
presto troverà una donna che lo
sappia amare come solo lui può meritare, ma io mi sono
innamorata di un
Cappellaio…».
La
signora Kingsley rimase per qualche
istante con la bocca spalancata a mezz’aria. Incredula a
quello che le sue
orecchie avevano appena udito uscire dalle labbra della figlia.
“Un cappellaio”,
continuava a ripetersi
nella testa come un mantra. Aveva sentito che al cuore non si
comandava, che
quando l’amore bussava alla porta del cuore era difficile non
aprirgli. Ma un cappellaio…
In cuor suo Helen non
riusciva ad accettarlo, ma cercò di non darlo a vedere alla
figlia. Al
contrario di quest’ultima, lei era molto brava a nascondere
le proprie emozioni
e i propri timori.
«E
io lo conosco Alice?» chiese, cercando
di rimanere calma ed impassibile.
«No,
madre. Non lo conoscete» le rispose
Alice ormai più rilassata.
Helen
da quella risposta riuscì ad intuire che
nessuno, nemmeno Margaret, conosceva quell’uomo. E per un
istante, un singolo
istante, un pensiero balenò nella sua mente: “E se tutta questa storia centrasse con il periodo
coincidente alla sua
scomparsa?”. Poi però guardò
bene sua figlia e capì infine che il pensiero
precedente non era propriamente corretto. “No,
è qualcosa che va avanti da molto tempo, un qualcosa
però che è venuto a galla
in questo ultimo periodo”.
La
donna si riscoprì essere spaventata,
aveva notato che Alice non aveva ancora finito il suo discorso e che
stava solo
aspettando che la madre le dicesse qualcosa, qualsiasi cosa, prima di
poter
continuare.
«Immagino
che nessuno lo conosca, vero?» vide la figlia annuirle con la
testa. «Qualcosa
mi dice che quello che stai per dirmi sarà più
doloroso di uno schiaffo»
concluse.
«Madre,
lui non è di qui» le rispose con
calma Alice.
«Che
cosa vorresti dire?».
«Voglio
dire che non è di Londra, non è
dell’Inghilterra, non è…» non
poteva dirglielo, non le avrebbe mai creduto. «Io
voglio vivere con lui, ma questo implica che io, voi e Margaret, non ci
rivedremo per un po’ di tempo… forse, non ci
rivedremo mai più» disse infine.
L’ultima
frase l’aveva sussurrata appena e
piccole lacrime premevano agli angoli degli occhi di Alice, pronte per
uscire,
ma la ragazza non voleva ancora lasciarsi andare al pianto, doveva
resistere,
doveva farsi forza e doveva far capire a sua madre che era la cosa
migliore per
lei, che era la sua vita e che finalmente aveva trovato con chi
condividerla (sperando
che lui la volesse ancora al suo ritorno), anche se questa scelta la
costringeva a prendere una dolorosa decisione.
“Il
Destino” si ritrovò a pensare.
Helen
si trovava ad essere senza parole, ma
ben presto si riscosse. «Che significa che “forse
non ci rivedremo mai più”
Alice?» sua madre sembrava furiosa. «Alice, devi
spiegarmi che cosa vuoi dire, perché io non ti riesco
proprio a capire! Voglio
conoscere quest’uomo! Mi chiedo che razza di uomo sia, un
uomo che non permette
alla propria compagna, di vedere la
sua famiglia! E mi chiedo come tu ti sia potuta innamorare di lui e a
permettergli una cosa simile!» era ormai furibonda.
«Lui
non c’entra niente madre. Non è colpa
sua. È una cosa che non dipende né da me
né da lui e nemmeno da voi; sono le
circostanze che ce lo impongono…» le disse la
figlia.
Alice
si avvicinò alla madre, diede una
veloce occhiata all’orologio appeso alla parete, la nave
sarebbe dovuta salpare
tra meno di venti minuti e anche lei, come la “sua”
Wonder, sarebbe “salpata” verso una nuova
avventura; prese tra
le sue mani le mani della madre e le strinse forte, come ad infonderle
ed infondersi,
coraggio.
Helen
strinse a sua volta le mani della
figlia, il suo istinto materno le diceva che presto, molto presto,
troppo
presto, le avrebbe detto addio. Lei non poteva permetterglielo. Ma poi
Alice le
disse un’unica frase. Una frase che le fece capire che ormai
la sua bambina,
tanto bambina non lo era più.
«Fidatevi
di me. Madre…».
Ed
Helen, si sarebbe fidata. Con le lacrime
agli occhi, strinse a sé la sua Alice.
La
sua Alice, che presto, forse, non
avrebbe mai più rivisto.
La
sua Alice, che presto avrebbe vissuto
una nuova vita.
La
sua Alice, che aveva incontrato un uomo col
quale condividere la sua vita.
La
sua Alice…
Le
due si staccarono dall’abbraccio, con
ancora gli occhi rossi e gonfi, entrambe si sorrisero. Alice diede
un’ultima
occhiata all’orologio: “Ancora
quindici
minuti”. Guardò nuovamente sua madre, la
quale capì al volo cosa la figlia
avesse in mente e con un sorriso, annuì a quella proposta
non detta a parole.
***
James Harcourt, stava camminando pensieroso
sul ponte della Wonder, aveva dato le ultime istruzioni agli uomini
della
ciurma prima di salpare per quel lungo viaggio e tutti loro stavano
solo
attendendo che il Capitano salisse a bordo, per poi poter
così issare l’ancora
e partire alla volta dell’America del Sud.
Vide
in lontananza Alice e sua madre correre
a perdifiato lungo il molo.
«Forza
ciurma!» esclamò rivolgendosi agli
uomini a bordo della Wonder «Stiamo per salpare! Iniziamo a
tirare su
l’ancora!».
***
Il tempo stava per finire, se lo sentiva, ed
Alice aveva paura di non fare in tempo a portare a termine
l’ultimo compito,
quello che riguardava il futuro della compagnia navale Kingsley
& Kingsley.
Helen,
correva al fianco di sua figlia e, nonostante
non fosse più così giovane, riusciva a tenere il
passo, o meglio se lo
imponeva, sapeva che quelli potevano essere gli ultimi minuti in sua
compagnia,
anche se poi non si capacitava del perché e del come potesse
essere possibile
che non l’avrebbe, con molta probabilità, rivista
mai più, ma, anche se quella
prospettiva non le piaceva, amava sua figlia e voleva per lei solo il
meglio e
il suo bene! Se lei era sicura di quello che stava facendo e che era
quello che
voleva veramente, allora lei l’avrebbe sempre appoggiata, non
avrebbe più
commesso gli errori del passato.
Le
due riuscirono a salire a bordo della
Wonder e a fermare gli uomini intenti ad issare l’ancora.
James, rimase per un
secondo interdetto: «Capitano, che cosa succede?»
nella sua voce c’era
preoccupazione.
«James»
disse fermamente Alice, anche se
con un po’ di fiatone a causa della corsa. «Vi devo
assolutamente parlare. Per
favore seguitemi nella cabina di comando» e così
dicendo, con passo veloce, si
avviò per prima verso il luogo indicato.
«Certamente
Capitano» ed anche James la
seguì.
Una
volta fuori da occhi indiscreti, Alice
iniziò a parlare dandogli del tu, avendo deciso che le
formalità da quel
momento in poi non avrebbero più fatto parte del suo modo di
essere.
«James,
devo dirti una cosa molto
importante e purtroppo non ho più tutto il tempo che credevo
di avere e una mia
conoscente ora mi direbbe con la sua
voce stridula che lo sto ulteriormente sprecando in chiacchiere futili
e che
dovrei andare subito dritta al sodo». Alice si
ritrovò a ridere alle sue
parole, trascinando con sé anche il suo amico James, il
quale trovava quelle
parole un po’ buffe, pronunciate dal suo capitano.
«Quello che voglio dirti,
prima che il tempo scada, è che ti voglio bene! In questi
anni sei sempre stato
al mio fianco, ci siamo difesi a vicenda, durante gli attacchi dei
pirati,
durante le persecuzioni legali, infondate, da parte della famiglia
Ascot.
Insomma, sei il migliore amico che una persona possa mai desiderare e
io non
pensavo che in questa vita, in questo Mondo, ne avrei mai trovato uno.
Ma per
fortuna, qualcuno ti ha messo lungo il mio cammino.
«Io
so, quello che tu provi per me»
vide James arrossire ed abbassare lo sguardo «e ti chiedo scusa, ma proprio non
posso provare per te
gli stessi sentimenti che tu provi per me. Il vero motivo è
che io ho trovato
la persona a cui donare il mio cuore molto tempo fa, ma sono stata
troppo
stupida e troppo cieca da rendermene conto, perdendola per ben due
volte; ma il
destino» e James rialzò lo
sguardo per poterla guardare negli
occhi. «Mi è
venuto in contro un’ultima volta, mi ha dato
un’ultima possibilità di scelta. E
io ho preso la scelta, questa volta, di seguirlo…
«Sono
sicura che presto incontrerai una fantastica ragazza che
saprà apprezzarti per
quello che sei e che ricambierà i tuoi sentimenti e in quel
momento capirai che
tutto quello che sta avvenendo adesso sarà stata la scelta
più giusta per
entrambi» Alice guardò James negli occhi ed infine
aggiunse «Riesci a capirmi?».
James
le sorrise, le prese le mani nelle
proprie ed infine le rispose: «Certo Alice, vi capisco, anzi,
ti capisco, sono sicuro che se
è il
cuore a guidare le nostre azioni, prenderemo sempre la decisione
giusta!».
Alice
lo abbracciò. Non era la prima volta
che lo abbracciava, ma in quel momento capì che quella era
bensì l’ultima volta
che avrebbe sentito le sue braccia strette al suo corpo. Prima di
sciogliere
l’abbraccio gli chiese un ultimo favore, come suo Capitano.
«James»
sussurrò.
«Ditemi
Capitano».
«Ho
bisogno di chiederti un’ultima cosa, prima
di lasciare l’incarico di Capitano della Wonder».
«Qualunque
cosa per te, Alice» le sorrise.
«Ho
bisogno che quando non ci sarò più, tu
possa badare a mia madre, visto che non so quando potrò
rincontrarla. So che
c’è Margaret che si prenderà cura di
lei, le ho scritto una lettera qualche
giorno fa dove le ho spiegato tutto, ma visto che ha intenzione di
continuare a
dirigere la parte economica della Kingsley&Kingsley e che mia
sorella non
ama molto la zona portuale, so che rimarrà qua tutta sola e
la cosa mi
preoccupa molto…».
Era
ancora stretta nell’abbraccio di James
e lo sentì prendere un enorme respiro. «Certamente
Alice, non ti devi
preoccupare» le accarezzò i capelli e poi si
sciolse dall’abbraccio continuando
a sorriderle, «Hai la mia parola».
Alice
capì che anche quell’ultima preoccupazione
era finalmente risolta, poi però diede una fugace occhiata
all’orologio: “Cinque
minuti”.
«Un’ultima
cosa. Ma per dirtela, dobbiamo
andare subito sul ponte!». Prese James per mano e correndo lo
trascinò in mezzo
agli altri uomini dell’equipaggio che stavano cercando di
capire che cosa stava
succedendo.
Alice
salì su una scatola di legno, contenente
alcune spezie da vendere nel Nuovo Mondo, per ergersi sopra al suo
equipaggio.
«Signori!»
esclamò «Un attimo di attenzione
per favore. Oggi, come mio ultimo giorno da Capitano della
Wonder…»
tra i presenti
si sollevò un mormorio di
sorpresa «voglio ringraziarvi personalmente
per essere stati al
mio fianco durante tutte le nostre avventure per mare! Siete stati un
equipaggio, dei compagni e degli amici, veramente straordinari! Senza
di voi la
Wonder non avrebbe mai visto così tanti luoghi e il sogno di
mio padre non si
sarebbe mai realizzato! Grazie! Grazie di cuore veramente! Ma, come
ogni grande
sogno, presto le cose finiscono ed è arrivato il momento per
me di appendere o
meglio, passare il mio “cappello” da Capitano ad un
uomo che io e, sono
convinta che anche voi la pensiate come me, reputo il mio
più degno successore,
colui che vi guiderà in nuove avventure per mare, la cui
prima, salperà a
breve».
Tutti
guardarono Alice, sorpresi, nessuno
tra di loro se lo aspettava, il loro Capitano li avrebbe lasciati,
nessuno in
quel momento osava aprire bocca, erano tutti concentrati sulla ragazza
in
attesa dell’annuncio del futuro Capitano e magari anche di
qualche altra
spiegazione.
«Per
questo, è con immenso onore e con
immensa fiducia, che lascio il ruolo di Capitano dalla Wonder, a colui
che da
oggi avrebbe addirittura dovuto sostituire mia madre come secondo in
comando…
James Harcourt!» esclamò infine Alice.
James
rimase senza parole, mentre tra
l’equipaggio si faceva eco un fragoroso applauso, misto a
urla di
felicitazioni, per il nuovo Capitano. Non riusciva a credere che quel
giorno
aveva scalato, non una, ma ben due posizioni, senza sapere della
posizione di
secondo al comando. Guardò il suo ex Capitano che si era
unita all’applauso
generale e nel mentre si stava avvicinando alla madre, anche lei
intenta ad
applaudire. Vide poi le due abbracciarsi, come sa da un momento
all’altro Alice
sarebbe potuta scomparire proprio sotto i loro nasi.
E
così fu.
Alice
si era unita all’applauso che si era
levato per il suo annuncio. Stava sorridendo a James, quando
sentì una forte
fitta che si propagò per tutto il suo corpo.
Il
tempo ormai era scaduto, stava per
lasciare il suo Mondo per iniziare una nuova vita. Si
avvicinò alla madre. Sentiva
che ormai le sue forze stavano venendo a meno, mancava poco, lo sapeva,
pochi
secondi… La abbracciò e prima di scomparire per
sempre tra le sue braccia (e
tra lo stupore generale), le disse un’ultima cosa.
Un’ultima cosa che risultò
più come un sospiro del vento.
«Ti
voglio bene, mamma…».
Helen
si ritrovò ad abbracciare l’aria e
una lacrima le solcò il viso «Ti voglio bene
anch’io, bambina mia…».
Perché sì,
alla fine Alice sarebbe stata per sempre la sua bambina…
L’equipaggio
nel mentre era rimasto
sconvolto da quello che i loro occhi avevano appena visto. Il loro ex
Capitano,
la loro Alice, si era appena volatilizzata nel nulla…
Per
anni avrebbero raccontato
quell’avvenimento sovrannaturale alle persone che
incontravano durante i loro
viaggi, e per anni nessuno credette a quella storia. Per chi non aveva
assistito a quell’avvenimento, la ragione più
plausibile era che si era
trattata di un’allucinazione di massa dovuta allo shock e che
la povera Alice
era spirata tra le braccia della madre a seguito di una malattia che se
la
stava portando lentamente all’altro Mondo…
James fu l’unica
persona, a parte la
Signora Kingsley, che quel giorno sorrise. È vero, non aveva
ben capito che
cosa fosse successo, ma sapeva in qualche modo che tutto era collegato
con il
breve colloquio avuto prima nella cabina del capitano e che in cuor suo
la sua
amica era andata in un posto migliore accanto al suo amato.
Alla fine si
ritrovò a pensare che non era
riuscito a ringraziarla per quell’enorme regalo che le aveva
appena fatto… Gli
aveva appena ceduto il suo ruolo da Capitano e gli aveva regalato la
sua amata
Wonder… Ma, vedendola scomparire come un qualcosa di magico,
iniziò a
ringraziarla con il cuore perché, ci avrebbe scommesso il
suo nuovo cappello da
Capitano, che lei lo avrebbe sentito, ovunque si trovasse in quel
momento… E
sempre col cuore, le augurò tutta la felicità di
questo e di tutti gli altri
Mondi che potevano esistere. Perché sì, Alice,
per il suo cuore così generoso,
meritava solo il meglio…
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Capitolo 12 *** Verità nascoste. E vissero tutti felici e contenti? ***
Capitolo
12 – Verità nascoste. E vissero tutti felici e
contenti?
Dopo la partenza di Alice, il Principe
Edward, decise che era meglio per tutti che la cerimonia delle nozze
fosse
rinviata di qualche settiman, per permettere alla sua amata di
riprendersi e di
sperare che la fortuna facesse il resto.
Mirana
si era ritrovata completamente
d’accordo con il suo futuro sposo e così anche
tutto il popolo di Marmorea. La
Regina e il Principe speravano che Alice avrebbe fatto in tempo, ma,
non
potendo rivelare nulla a nessuno, non potevano attendere troppi giorni.
Conoscevano lo scorrere del tempo che divideva il Sopramondo dal loro e
per
loro pochi giorni, potevano essere anni sopramondiani e viceversa.
A
distanza di un mese dalla partenza della
ragazza, tutti si stavano impegnando a completare gli ultimi
preparativi per il
matrimonio reale. A palazzo, in molti, specialmente Angelica, si erano
accorti
che le due Regine, ma specialmente la Bianca, passavano molto tempo
all’interno
della stanza degli incantesimi, dove a loro era stato proibito, o
meglio
ordinato, dalla Regina Rossa, di non entrare fino a nuovo avviso e di
sicuro
non avrebbero disobbedito agli ordini.
La
cerimonia si sarebbe tenuta all’interno
della sala del trono, mentre il rinfresco nei giardini di palazzo, dove
in
molti stavano allestendo i vari tavoli.
Angelica,
vedendo la Regina Mirana uscire dalla
stanza proibita, come l’avevano iniziata a chiamare da
lì a qualche giorno i
domestici, le corse incontro. «Vostra
Maestà!».
Mirana
si volse verso la sua
interlocutrice. «Angelica!» disse con aria molto
tranquilla e muovendo in
cerchio le mani, come a scacciare un insetto.
«Regina
Mirana è tempo di prepararsi per le
vostre nozze, non vorrete far attendere il vostro sposo
sull’altare…» le
sorrise.
«È
già l’ora?» rispose sorpresa la Bianca
fissando sconsolata la stanza delle pozioni.
Angelica
vedendo lo sguardo assente della
sua Regina non sapeva che cos’altro aggiungere, aveva visto
che dopo la
partenza di Alice era caduta in uno stato di tristezza, mista ad ansia.
«Maestà,
va tutto bene?».
«Si
Angelica, tutto bene!» le sorrise quasi
forzatamente. «Forza! È tempo di andare a
prepararsi, non vorrei mai far
attendere il mio futuro marito proprio oggi! Alice non vorrebbe questo,
ne sono
sicura» disse quest’ultima frase quasi sussurrando,
ma trovando più energia in
sé stessa.
***
La cerimonia di nozze si era appena
conclusa e tutti gli invitati, dopo aver riso e pianto durante gli
scambi delle
promesse dei neo sposi, ora si stavano davvero scatenando.
C’era chi ballava in
pista, chi si divertiva a fermare la gente e a fare battute, chi si era
lanciato
sul ricco buffet e chi come lui, l’unico in tutto quel
giardino riccamente
decorato a festa, era rimasto seduto al proprio tavolo e con aria
spaesata e
poco interessata osservava i novelli sposi, la Regina e il Re di
Marmorea, che
insieme al resto dei loro amici si stavano scatenando con danze
popolari.
Un
breve sospiro di rassegnazione uscì
dalle sue labbra, nella sua testa si stava scatenando una furente
tempesta,
quello che era successo era anche colpa sua, ma lui aveva preferito
dare tutta
la colpa del caso ad Alice perché sapeva che sarebbe stato
molto più facile. “Più
facile un accidente!” pensò
sbuffando una seconda volta più sonoramente.
Anche
se era immerso nei suoi più cupi
pensieri, sentì che la musica era cambiata, ora i musicisti
stavano suonando
una ballata molto più allegra e sentì tutti i
suoi amici e i suoi compaesani,
urlare e ridere sempre più forte, mentre i loro movimenti
andavano a ritmo con
la musica. Tarrant, dopo un tempo che sembrava interminabile,
alzò lo sguardo
verso la pista da ballo come attirato da una strana forza e vide Mirana
che gli
stava sorridendo, ma poi osservò meglio e si rese conto che
in realtà la Regina
stava guardando qualcuno che si trovava dietro di lui.
Una
presenza si stava avvicinando sempre di
più alle sue spalle e lui non osava girarsi per vedere di
chi si trattava.
All’improvviso
la musica si fermò di colpo,
tutti coloro che prima stavano ballando si erano voltati nella stessa
direzione
della Regina Mirana, uno sguardo tra l’incredulità
e la felicità solcò il loro
viso. Poi sentì il suo corpo che veniva preso alla
sprovvista da un qualcosa, o
meglio un qualcuno, che gli si era
aggrappato alle spalle. Non aveva ancora visto la persona che gli si
era
aggrappata alla schiena come una piovra, ma appena
pronunciò: “SORPRESAAA!” non
gli serviva girarsi per sapere che quel qualcuno
altri non era che la sua cara Alice.
***
I due finirono ben presto gambe all’aria,
visto che il Cappellaio non se lo aspettava e per questo perse
l’equilibrio dalla
sedia. Ed Alice, poco dopo essere caduta, si accorse che Tarrant si era
schiantato al suolo erboso in piena faccia, senza alcuna
possibilità di potersi
proteggersi con le mani in quanto bloccate nella stretta morsa della
ragazza.
«Oh
Santo Cielo! Cappellaio stai bene?»
Alice si era alzata di scatto dal corpo immobile dell’amico.
Il
Cappellaio sembrava come pietrificato al
suolo e tutti i presenti al matrimonio avevano cominciato ad
accerchiarsi
introno a lui per capire se fosse svenuto. Alice si
inginocchiò all’altezza del
suo viso e delicatamente scostò i capelli dalla faccia di
Tarrant.
«Tarrant,
tutto bene?» sussurrò preoccupata,
mentre poggiava una mano sulla sua fronte. Forse aveva un po’
esagerato quella
volta.
Ma,
all’improvviso, il Cappellaio, come
rianimato da una nuova forza, si rialzò di scattò
e guardò intensamente Alice,
come se in quel giardino ci fossero solo loro due, e gridò
di gioia mettendosi
a ballare la deliranza, coinvolgendo subito dopo la ragazza e
prendendola
successivamente tra le braccia per farla volteggiare.
Alice
rise come non aveva mai riso in tutta
la sua vita, finalmente era felice, si trovava a casa.
«Sei
tornata!» urlava Tarrant, ridendo
contemporaneamente. «La mia Alice è
tornata!» disse ancora, riappoggiando Alice
a terra. «Ma, aspetta! Sei veramente tu, tu?».
Questa volta sul suo viso si
formò un’espressione perplessa, dopotutto aveva
visto con i suoi stessi occhi, Alice
andarsene sulla groppa di Gaston.
«Sì
Cappellaio! Sono proprio io!» e capendo
a cosa il suo amico stava pensando aggiunse «E questa volta
sono qui per
restare…».
Il
Cappellaio e gli altri loro amici, che
erano accorsi intorno a loro, rimasero sorpresi nell’udire
quelle parole. A
rovinare il momento magico che si stava creando, ci pensò la
Rossa che,
arrivata al fianco della sorella e al nuovo membro della famiglia
reale, il Re
Edward, con la sua solita voce stridula esclamò:
«Finalmente ce l’hai fatta!
Pensavo che non saresti mai più tornata indietro…
Ammetto però che una parte di
me sarebbe stata felice di non averti più tra i piedi, ma
per tua fortuna è
solo una piccola parte; per la precisione quella ancora arrabbiata per
le volte
che mi hai messo i bastoni tra le ruote…» la
guardò con sguardo fulmineo. «Però
ammetto che sei veramente una forza della natura, tornare indietro nel
proprio
corpo con lo spirito non era una cosa facile. Sono veramente sorpresa
e, qui lo
dico e poi non lo ripeterò più, sono davvero
fiera di te».
Le
ultime parole uscirono strozzate e
sussurrate da parte di Iracebeth, ma tutti i presenti riuscirono a
sentirle
chiaramente e tutti rimasero davvero sbalorditi che, parole come
quelle,
potessero uscire dalle sue labbra e soprattutto rivolte verso la sua
vecchia
nemica.
Se
il Cappellaio e tutti gli altri rimasero
come pietrificati a quelle parole, Mirana, Tempo Edward e la stessa
Alice le
sorrisero calorosamente, come a constatare che la Rossa ormai era
davvero
cambiata.
«Grazie
Iracebeth. Porterò sempre nel cuore
queste tue parole» le sorrise Alice prendendosi un
po’ gioco di lei.
A
Mirana scese una piccola lacrima mentre
guardava la sua più cara amica e sua sorella finalmente
vicine, ma il momento
idilliaco venne interrotto da Tarrant il quale, ripensando alle ultime
parole
della Regina Rossa rivolte alla sua Alice, non poté fare a
meno di chiedere:
«Scusatemi se interrompo tutta questa magia ma, Vostra
Maestà, che cosa
volevate dire con “pensavo che non
saresti mai più tornata indietro” e
“tornare
indietro nel proprio corpo con lo spirito”?».
Anche
se questa domanda era rivola alla
Rossa, Alice sapeva che era suo dovere spiegargli di persona quello che
era
realmente successo, perciò fece un profondo respiro ed
iniziò a raccontare
tutto per filo e per segno a tutti i suoi amici rimasti
all’oscuro, ma
soprattutto al suo Cappellaio.
«È
iniziato tutto il giorno prima del
matrimonio e della parata. Ti ricordi?» disse Alice rivolta a
Tarrant «Quella
sera tu mi dicesti che mi amavi, ma io non ero riuscita a trovare il
coraggio
di risponderti…».
Tarrant
ci rimuginò un po’ su, ed infine
fece un cenno affermativo col capo «Sì, me lo
ricordo».
«Quella
sera» Alice riprese parola
continuando a guardarlo, «La Regina Iracebeth ci interruppe e
mi chiese di
seguirla. Sinceramente non sapevo a che cosa andavo incontro quella
sera, non
immaginavo quello che di lì a breve sarebbe
successo».
«Dopo
avervi visto sbaciucchiare qualche
giorno prima» proruppe la Rossa, «Ho voluto fare
qualche ricerca. Come ben sai,
mio caro cappelliere, la tua
adorata
Alice, non è una sottomondiana come noi altri e per quanto
me ne potessi
infischiare del vostro rapporto e della vostra storia, qualcosa dentro
di me,
forse lo stesso qualcosa che mi ha fatto pronunciare quelle parole
troppo
sdolcinate nei sui confronti»
ed indicò Alice «mi ha
spinta a cercare informazioni sul viaggio che separa il nostro Mondo
dal loro.
E sai che cosa ho scoperto?» chiese rivolgendosi a Tarrant il
quale,
leggermente confuso, scosse prima la testa in segno positivo, e subito
dopo la
scosse più energicamente in segno di negazione, corrugando
leggermente anche i
lineamenti del volto.
«Ma
certo che non lo sai! Sciocco d’un
cappelliere senza cervello!» l’apostrofò
la Rossa. «Il libro di uno dei più
potenti maghi di tutti i tempi che visse anni fa nel Sottomondo, il
grande mago
Hornest, per la precisione, diceva che un sopramondiano poteva arrivare
nel
Sottomondo, solo grazie all’aiuto di speciali messaggeri di
Wonder».
«Speciali
messaggeri come lo sono il nostro
caro Bianconiglio e Brucaliffo» aggiunse Mirana interrompendo
la sorella e
sorridendo ai due amici presenti in cerchi attorno a loro.
La
Rossa, che odiava essere interrotta
durante i suoi discorsi alzò gli occhi al cielo e suo marito
cercò invano di
calmarla. «Certo sorellina, grazie per
l’interruzione, credo che tutti qua
c’erano arrivati anche senza le tue sottolineature»
prese poi un lungo respiro,
cercando di calmarsi e poi riprese il suo discorso da dove era stata
interrotta
poco prima. «Il mago Hornest, nel suo libro, spiega che un
sopramondiano, può
viaggiare dal suo mondo al nostro, per un totale di quattro volte,
e…».
«Un
totale di quattro volte?!?» proruppe il
Cappellaio che, con quell’affermazione, non fece altro che
interrompere
nuovamente la Rossa la quale dall’esasperazione
diventò rossa proprio come i
suoi capelli e, se solo fosse stato possibile, le sarebbe potuto uscire
anche
del fumo dalle sue orecchie per quanto era arrabbiata.
«Sì!
Quattro volte! Hai qualche cosa da
ridire su questo?!?» disse acida rivolgendosi al Cappellaio.
«Beh,
Vostra grazia» cercò di rabbonirla
«Facendo qualche conto…» chiuse gli
occhi e cominciò a muovere le labbra senza
far fuoriuscire alcun suono e corrugando ogni tanto la fronte e gli
occhi nel
cercare di non perdere i passaggi che la sua mente, un po’
matta, stava facendo
in quel momento. Poi aprì finalmente gli occhi e li
posò sulla sua Alice,
«Alice è la quinta volta che ritorna a Marmorea,
voi avete appena detto che si
può solo quattro volte, ma la mia Alice è
ritornata per la quinta volta! Non
può essere possibile! Quel libro e voi vi siete sicuramente
sbagliati!».
Alice
si portò una mano alla faccia dalla
disperazione, scuotendo leggermente la testa, mentre la Rossa, ormai
spazientita, cercò, in modo molto
“calmo”, di spiegare il tutto. «Se la
smettesse tutti di interrompermi forse entro il prossimo anno
riusciremo a
finire di raccontare questa storia!».
Il
Cappellaio fece segno di sì con la testa
e cercò di evitare di aprire bocca.
«Bene,
forse ci siamo capiti! Allora, dove
ero rimasta…» cercò di ricordarsi la
Rossa.
«Alla
spiegazione del misterioso quarto
ritorno di Alice» le ricordò Tarrant.
«Sì, giusto!
Come tutti sapete, un
sopramondiano può benissimo decidere di rimanere nel nostro
mondo, se lo
desidera; cosa che Alice mi ha confidato durante la nostra
chiacchierata di
quella sera, che mi risulta essere stata origliata da
qualcuno…» e squadrò
malamente il Cappellaio, ma nel momento in cui stava per riprendere a
parlare,
Alice le appoggiò una mano sul braccio, per poter raccontare
lei quella parte
di storia, cosa che la Rossa le permise di fare più che
volentieri.
«Tarrant,
io desideravo tanto poter
rimanere qui insieme a tutti voi, non volevo ritornare nel mio Mondo
sapendo
che sarebbe stata l’ultima volta, che vi avrei rivisti. Che
ti avrei rivisto… Ma
capiscimi, non potevo nemmeno scomparire dal mio Mondo senza salutare
la mia
famiglia e senza darle le dovute spiegazioni, sul perché io
non sarei stata più
presente. Ero ad un bivio della mia vita e la Regina Iracebeth, mi ha
posto
davanti una scelta; una scelta rischiosa, una scelta che poteva
risultare anche
fatale per me. E questo è il motivo per il quale non ho
voluto metterti al
corrente della situazione. Ti conosco, so che non mi avresti mai
permesso di
mettere in pericolo la mia vita, se questo voleva dire vivere con te.
Tu
avresti preferito lasciarmi andare e soffrire, piuttosto che non
vedermi mai
più tornare…» Alice guardò
Tarrant negli occhi. Raccontare quella dolorosa
decisione, le faceva ritornare alla mente tutto quello che era successo
tra di
loro.
Il
Tempo mise una mano sulla spalla di
Alice nel cercare di tranquillizzarla e prese in mano il discorso.
«Sul libro
del mago, c’era scritto che esisteva una pozione. Una pozione
che permetteva di
scindere il proprio corpo in due completamente uguali tra loro; con
l’unica
eccezione che il doppione avrebbe avuto una forza fisica dimezzata
rispetto al
corpo originale. Quella pozione, oltre a permettere lo sdoppiamento
della
persona, fa viaggiare l’anima dal corpo principale al secondo
corpo, facendo
cadere il primo in uno stato di coma. Da quel momento in poi, il
secondo corpo
ha un tempo limitato per poter, diciamo, agire; Alice sarebbe ritornata
nel suo
Mondo con quel corpo e avrebbe avuto un limite di tempo di circa
otto/dieci
giorni, prima di dissolversi nel nulla…».
«Dissolversi
nel nulla!?» chiese Tarrant
sconvolto guardando Alice, come a cercare una qualche rassicurazione
che quello
che stava ascoltando era tutto falso.
«Sì
Tarrant, dissolversi nel nulla»
confermò Alice, che riprese a parlare al posto del Tempo
«Purtroppo, la pozione
non era neanche scritta sul libro e quindi con l’aiuto del
Tempo e della Regina
Mirana, abbiamo dovuto fare un piccolo viaggio nel passato, per poter
incontrare il mago in persona e poterla così preparare.
Durante la
preparazione, il mago Hornest ci ha rivelato che la parte
più pericolosa non
era la smaterializzazione del corpo, ma il ritorno dell’anima
al corpo
originale. Se questa pozione viene utilizzata all’interno di
un unico Mondo,
l’anima torna senza alcun problema al suo proprietario, ma se
questa avviene in
due mondi diversi, l’anima potrebbe non riuscire a tornare e
perdersi tra i due
Mondi, vagando per l’eternità; di conseguenza il
corpo rimasto in coma, lo
sarebbe rimasto fino al raggiungimento della sua
morte…» Alice abbassò gli
occhi e guardò il terreno. «Era per questo motivo
che non volevo rivelarti
niente, se te lo avessi detto, me lo avresti impedito, ma io lo
desideravo così
tanto, era l’unico modo…».
Il
Cappellaio la guardò confuso, la sua
Alice aveva fatto tutto quello per poter vivere con lui e invece lui
non si era
fidato di lei e dei sentimenti che lei provava nei suoi confronti,
“Che razza di stupido che sono stato!”
si
rimbeccò mentalmente. «Quindi, quel giorno, la
persona che se ne è andata su
Gaston…».
«Sì
Tarrant, ero io nel corpo del mio doppione. Ho preso la pozione subito
dopo la
parata, speravo di aspettare dopo il matrimonio della Regina Mirana e
del
Principe Edward, ma quello che stava succedendo fra di noi mi ha fatto
capire
che non c’era più tempo. Ho provato a ritornare il
prima possibile da voi, ma
il tempo della pozione, come ci ha spiegato il mago può
variare, soprattutto se
ci si trova da un’altra parte... Tarrant, mi dispiace per
quello che ti ho
fatto passare, forse avrei dovuto parlartene…» si
scusò Alice.
«Tu
non ti devi scusare» con due dita alzò
il viso di Alice, che stava ancora fissando il suolo, in modo da
poterla
guardare in volto. «L’unica persona qui che lo deve
fare sono io. Ti ho
trattata male, non ho avuto fiducia in te quando me l’hai
chiesta e ho subito
pensato che mi avessi preso in giro fin da quando ti ho aperto il mio
cuore. E
invece è tutto il contrario… per favore perdonami
Alice!».
Gli
occhi di Alice si stavano riempiendo di
lacrime, ma non voleva mettersi a piangere davanti a tutti i suoi amici
e
davanti a tutti i cittadini di Marmorea, per cui, senza neanche
pensarci e
anche per nascondere il suo viso da tutti quelli sguardi, si
buttò tra le braccia
del suo amato Cappellaio, con la consapevolezza che tutto si era
risolto per il
meglio e che finalmente avrebbe potuto iniziare una nuova vita al suo
fianco.
Tarrant,
dal canto suo, strinse a sé la sua
amata, coccolandola e sussurrandole parole dolci, nel tentativo di
tranquillizzarla ed Alice, stretta tra le sue braccia, in quel giorno
tanto
pieno di sorprese, lasciò tutti i presenti, in primis il
Cappellaio, completamente
sbalorditi dalle sue parole.
«Cappellaio…».
«Dimmi
Alice» le rispose Tarrant,
continuando a carezzarle i capelli.
«Non
ti ho ancora dato una risposta…»
riprese la ragazza.
«A
che proposito?» le chiese confuso il
Cappellaio.
«Alla
tua confessione…» concluse lei.
Tarrant
si immobilizzò all’istante e Alice
si districò dall’abbraccio per poterlo guardare
nei grandi occhi verdi che in
quel momento erano spalancati dalla sua affermazione.
Tutti
i presenti intorno a loro pendevano
dalle labbra di Alice. «Anche io ti amo!».
Intorno
a loro esplose un boato di
applausi, insieme a qualcuno che si mise ad urlare i propri auguri alla
nuova
coppia ma, per loro due, tutte quelle esclamazioni arrivano alle loro
orecchie
ovattate; in quel momento era come se esistessero solo loro due e
nessun altro.
Tarrant
prese delicatamente tra le mani il
viso della sua dolce Alice e, sempre con la stessa delicatezza, senza
vergognarsi di essere al centro dell’attenzione generale, le
accostò un dolce e
casto bacio, come a sigillare per sempre quella promessa.
«Oh
santo cielo! Ma è mai possibile che io
debba sempre assistere a tutta questa sdolcinatezza!» si
indignò la Regina di
Cuori.
Il
Tempo sorridendo a sua moglie, la prese
tra le braccia e le stampò un lungo e approfondito bacio
davanti a tutti i
presenti. Bacio che la Rossa di certo non respinse.
Anche
Mirana e il neo sposo, Re Edward, si
unirono alle due coppie scambiandosi a loro volta un dolce bacio e
successivamente proclamarono che la festa ora sarebbe stata ancora
più grande e
invitarono tutti i presenti a scatenarsi nelle danze.
Tutti gli invitati prima di fiondarsi in
pista, dove gli orchestrali avevano già iniziato a suonare,
fecero gli auguri
alla nuova coppia e tra questi vi erano anche i genitori di Tarrant.
«Congratulazioni
ragazzi!» esclamò Zanik
abbracciando il figlio e baciando Alice sulla guancia, seguito subito
dalla
moglie e dagli altri suoi figli.
«Sono
veramente contenta che tu entrerai a
far parte della nostra famiglia! Sono sicura che mio figlio non poteva
scegliere una compagnia migliore di te!» le disse Sam, tra
una lacrima e l’altra.
«E
noi praticamente avremmo una nuova
sorella da oggi!» esclamarono in coro i due gemelli.
«Ragazzi
un po’ di contegno!» li rimbeccò
il padre, senza però che il sorriso gli abbandonasse il
volto.
«Lo
sapevo che questo giorno sarebbe
arrivato! Fratellino sono veramente felice per voi due!»
disse Claire
abbracciando il fratello, che ricambiò volentieri.
Ai
sette si aggiunsero poi gli attuali
sovrani di Marmorea, che chiesero ai due di seguirli per qualche
momento nella
sala del trono. Alice e Tarrant salutarono la famiglia di lui e poi
raggiunsero
Mirana e gli altri.
«Maestà!»
esclamò Tarrant.
«Alice,
so che per arrivare a questo
momento hai affrontato una prova davvero molto
difficile…» iniziò Mirana. «E
tutti noi siamo d’accordo che per il momento sia giusto che
tu te la goda! Dopo
tutto non c’è alcuna fretta,
ma…» Mirana cercò con lo sguardo suo
cognato, per
chiedere a lui di continuare il discorso.
«Come
ben sai, cara la mia piccola Alice,
le tue lancette» il Tempo fece il segno delle lancette che
scorrono con le mani
«Non sono più correttamente al loro
posto!».
«Affinché
tu diventi una sottomondiana a
tutti gli effetti» continuò Mirana,
«dovremmo preparare una nuova pozione,
seguendo la ricetta che ci ha consegnato il mago Hornest, ma i vari
ingredienti
non sono per niente facili da trovare, alcuni non si trovano nemmeno
più nel
nostro tempo e per questo dovrai compiere dei viaggi nel passato per
poterteli
procurate».
«Non
riesco a capire, Vostre Maestà» disse
Tarrant.
«La
tua Alice è una sopramondiana,
giusto!?» esclamò la Rossa.
«Sì»
le rispose il Cappellaio.
«Bene,
come tale, il suo tempo scorre
diversamente rispetto al nostro! Razza di zuccone! Non è che
rimanendo qui, le
sue lancette, come dice il mio Tik Tok, si sistemeranno da sole, hanno
bisogno
di un piccolo aiuto per poterle permettere di vivere più a
lungo qui con noi!
Oppure vuoi che la tua Alice muoia di vecchiaia prima di te?»
lo rimbeccò la
maggiore delle due Regine.
Tarrant
sbiancò a quella possibilità e si
affrettò a rispondere di no alla Regina.
«Visto,
un po’ di buon senso ce l’hai anche
tu!» l’apostrofò Iracebeth.
«Racy…»
la guardò la Bianca cercando di
calmarla. «Per il momento, non c’è
alcuna fretta, godetevi la festa, poi ne
riparleremo nei prossimi giorni. Ci state?» chiese ai due
Mirana.
«Certamente
Mirana» le sorrise Alice.
«Perfetto!
Allora possiamo tornare tutti
alla festa! Forza!» esclamò la Regina con
vivacità.
***
Alla festa, Alice non riuscì a trattenere
le risate, vedendo il suo amato Tarrant muoversi a passi di danza con i
suoi
più cari amici, il Leprotto e i due gemelli. Con molta
probabilità, si ritrovò
a pensare, quei passi erano una nuova versione della deliranza.
Distogliendo
lo sguardo dalla pista da
ballo, dove anche le Regine e i due Re, avevano iniziato a scatenarsi,
Alice
ripensò alla sua vecchia vita, alle persone che aveva
lasciato, a sua madre e a
sua sorella. Pensò a come se la stessero cavando James e il
suo vecchio
equipaggio, certamente viaggiare le sarebbe mancato parecchio, magari
avrebbe
chiesto ai fratelli di Tarrant se qualche volta avrebbe potuto
esplorare le
terre di Wonderland insieme a loro. Le sarebbe davvero piaciuto
viaggiare per
Sottomondo e scoprire nuovi posti. E poi pensava alle persone che
invece aveva
trovato, ai suoi amici, alla famiglia di Tarrant, che l’aveva
ormai accolta
come una figlia e alla famiglia che un giorno avrebbe formato con il
suo amato
Cappellaio.
Sì,
fare delle scelte dolorose, a volte, ci
può portare incontro al dolore ma a volte, invece, ci
può portare verso la
felicità e lei aveva trovato proprio quest’ultima
e per questo si sentiva la
persona più fortunata al mondo.
***
Il sole stava ormai tramontando su Marmorea
e Alice sentì una mano appoggiarsi delicatamente sulla sua
spalla, sapeva
perfettamente a chi appartenesse quella mano.
«Tarrant!»
disse girandosi con un luminoso
sorriso.
«Vogliamo
fare un giro?» le propose il suo
amato.
«Certamente!»
gli rispose di rimando.
Il
Cappellaio aiutò Alice ad alzarsi dalla
sedia e, mano nella mano, si incamminarono lungo i giardini andando
incontro al
tramonto.
Durante
la passeggiata i due rimasero per
la maggior parte del tempo in silenzio, beandosi del leggero suono
della musica
che continuava alle loro spalle e della reciproca compagnia. Erano
talmente
uniti nell’anima che potevano anche non parlarsi per capirsi
l’un l’altra.
Dopo
qualche minuto che camminavano,
decisero di sedersi ad ammirare gli ultimi raggi del sole che
scomparivano
dietro le montagne.
Tarrant
si mise ad ammirare il dolce
profilo della sua Alice, non riusciva a crederci che lei aveva scelto
proprio
lui. «Alice», la chiamò spezzando
così il loro lungo silenzio.
La
ragazza si voltò verso di lui osservandolo in attesa.
«So che a breve dovremmo
partire per quel viaggio alla ricerca degli ingredienti per la tua
pozione e…»
vedendo lo sguardo di Alice, decise di spiegarsi meglio
«Certo, hai capito
benissimo» le
sorrise, «“dovremmo”,
al plurale. Perché questa
volta non ti lascerò sola e non riuscirai a liberarti
così facilmente di me. Dopo
tutto è anche un mio compito proteggerti»
allungò una sua mano al volto della
sua amata per portarle una ciocca di capelli dietro
l’orecchio.
«Va
bene Cappellaio, questa volta sarai
accontentato» gli sorrise Alice. Un sorriso che lo
contagiò in pieno.
Tarrant
abbassò leggermente lo sguardo
verso le loro mani intrecciate, poi, dopo aver preso un lungo sospiro,
tornò a
guardarla intensamente negli occhi, prima di pronunciare quella tanto
attesa
domanda.
«Alice…
dopo che avremmo ritrovato tutti
gli ingredienti e che avremmo rimesso nel giusto ordine le tue
lancette… Mi
vorresti sposare e diventare così la Signora
Hightopp?».
Alice
sentì il suo cuore perdere qualche
battito, non poteva credere alle sue orecchie! Tarrant le aveva appena
chiesto
di sposarlo! Calde lacrime di gioia iniziarono a formarsi ai lati dei
suoi
occhi, in quel momento non poté non pensare che in quelle
ultime settimane
aveva pianto come mai prima d’ora, e con un enorme sorriso e
cercando inutilmente
di asciugarsi le lacrime che avevano iniziato a rigarle le guance,
rispose di
sì.
«Sì!
Certo che lo voglio!» Alice si fiondò
tra le braccia del suo amato.
«Alice,
mia dolce e cara Alice, non sai
quanto tutto questo mi renda felice!» anche il Cappellaio non
era riuscito a
trattenere le lacrime dalla gioia e mentre la stringeva tra le sue
braccia, le
sollevò il viso per poterla baciare.
***
Dopo che il sole aveva ormai lasciato
spazio alla notte, tra le braccia del Cappellaio, Alice decise di
fargli una
piccola domanda che le frullava in testa da quando Mirana e il Tempo
del
problema dello scorrere del tempo tra i loro mondi e di come i
sottomondiani
vivano più a lungo, e quindi invecchino più
lentamente dei sopramondiani.
«Cappellaio?».
«Hmmm?»
le rispose di rimando Tarrant.
«Posso
farti una domanda?».
«Tutto
quello che vuoi!».
«Ma
tu quanti anni hai?».
La risposta a quella piccola curiosità
della nostra Alice non arrivò mai… Ma, dopo
tutto, alcuni misteri non possono
essere svelati… Tuttavia, una cosa è certa. Alice
era intenzionata a scoprire
l’unico grade mistero a cui teneva veramente…
Sapeva
che nel Sottomondo, a Wonderland,
erano vissuti diversi potenti maghi, ed era più che certa
che uno di loro,
magari durante uno dei suoi futuri viaggi nel passato per trovare gli
ingredienti per la sua pozione che le avrebbe permesso di vivere
più a lungo
con il suo adorato Cappellaio, le avrebbe svelato un modo per poter
tornare un
giorno nel suo ex Mondo, magari assieme a Tarrant, per poter rivedere
ancora
una volta la sua famiglia. Per poter rivedere ancora una volta sua
madre…
N.A.
(gennaio
2021)
Ciaoooo
a
tutti!!!! Ebbene sì! Siamo arrivati alla fine di questa
storia! Sono un po’
triste, ma alla fine tutto prima o poi arriva ad una fine e non si
può fare
niente…
Visto che è la
mia ultima nota autore, sarò breve…
Inizio
a
ringraziare tutte le persone che hanno seguito questa mia piccola
follia, che
hanno recensito e che hanno solo letto! Grazie di cuore veramente!
Ammetto che
chi l’ha letta prima che mi mettessi a revisionarla non so
come abbia fatto a
non recensirmi tutti i vari errori di battitura e di tempi verbali (e
sono
sicura che qualche errore sia rimasto, per cui vi chiedo scusa).
Rispetto
all’originale non ho cambiato molto, ho voluto seguire un
suggerimento di
un’ultima recensione che mi è arrivata nel 2020,
che mi faceva notare come a
Wonderland non ci sono regole scritte e quindi, visto che nella storia
“originale” non davo spazio ad un possibile ritorno
di Alice nel mondo di
sopra, ho voluto, alla fine, lasciare un finale aperto…
questo purtroppo non
vuol dire che tornerò a scrivere un seguito di questa
fic… in realtà non
scriverò più niente, perché non ho
più il tempo… ci tenevo solo a rimettere un
po’ a posto la storia e correggere il tiro di una scrittura
che era stata
precipitosa e senza troppe revisioni prima di pubblicare i vari
capitoli… Per
cui voglio lasciare al lettore completo spazio di immaginazione.
Ringrazio
ancora infinitamente chi lesse la “prima versione”
pubblicata e chi, a distanza
di anni, ha trovare questa storia a cui ha voluto dare una
possibilità di
lettura.
GRAZIE
<3
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