Swan's Gem

di Persefone3
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. Alone ***
Capitolo 2: *** II. How We Met: Drawing Lessons ***
Capitolo 3: *** III. Your Blue Eyes on Me ***
Capitolo 4: *** IV. My Name is Killian, Mine instead Emma ***
Capitolo 5: *** V. Trying to spend time with you ***
Capitolo 6: *** VI. Becoming Emma & Killian ***
Capitolo 7: *** VII. A Penny For Your Thoughts ***
Capitolo 8: *** VIII. Close More Than Ever ***
Capitolo 9: *** IX. When You Need, I’ll be There For You ***
Capitolo 10: *** X. Drawing Projects ***
Capitolo 11: *** XI. What We Share ***
Capitolo 12: *** XII. Beautiful Girl ***
Capitolo 13: *** XIII. Just Normal Things ***
Capitolo 14: *** XIV. The Fairy Tale Exhibition ***
Capitolo 15: *** XV. A Ghost from the Past ***
Capitolo 16: *** XVI. Crumble ***
Capitolo 17: *** XVII. The Real World ***
Capitolo 18: *** XVIII. A Call in the Middle of the Night ***
Capitolo 19: *** XIX. Operation Swan (part one) ***
Capitolo 20: *** XX. Operation Swan (part two) ***
Capitolo 21: *** XXI. The Dark Swan ***
Capitolo 22: *** XXII. A Broken Heart ***
Capitolo 23: *** XXIII. Well Job Done, Emma! ***
Capitolo 24: *** XXIV. Sorry ***
Capitolo 25: *** XXV. My Way Back To You ***
Capitolo 26: *** XXVI. Hearts Full of True Love ***
Capitolo 27: *** XXVII. Last Chance ***
Capitolo 28: *** XXVIII. Reckoning Day ***
Capitolo 29: *** XXIX. There’s No Place Like Home ***



Capitolo 1
*** I. Alone ***


I.  Alone
- Ancora complimenti signor Jones. La sua mostra di dipinti è davvero eccezionale, una delle migliori degli ultimi anni. E lei è solo un esordiente.

Killian Jones aveva perso il conto degli sconosciuti che gli avevano fatto i complimenti per la sua mostra. Quella con cui stava parlando, però, era una persona importante. Non ne ricordava minimamente il nome ma David, il suo fidato amico e agente, gli aveva detto che scriveva su qualche importante rivista del settore.
- I suoi quadri – proseguì l’uomo – sono meravigliosi, non c’è che dire. Quello che mi ha colpito più di tutti, e non sono il solo dato che ha vinto, è il famoso Swan’s  Gem. Pur essendo fatto solo con del carboncino è un vero capolavoro
- La ringrazio davvero, è un piacere sentirle pronunciare delle parole così lusinghiere per me. Ammetto di essere molto legato a quel quadro e non solo per la vittoria.
- Si vede mi creda. Ha un tratto unico che non ho riscontrato in nessuna delle altre sue opere. Arguisco che ci sia un legame particolare tra lei, il dipinto e il soggetto.

Colpito ed affondato. Killian cercò di sorridere per evitare di rispondere a quella domanda. Il legame che aveva con la sua opera era del tutto particolare. Non era stata creata per essere esposta, al contrario era una cosa del tutto privata ed era per questo che, in molti, avevano colto quell’intimità che veniva fuori da ogni singolo tratto. Era stato David ad insistere per esporlo in pubblico. A dir la verità la fama era arrivata proprio grazie ad esso e alla vittoria che aveva ottenuto al concorso nazionale di belle arti. Tutti si fermavano alla bellezza del dipinto, ma il rapporto che Killian aveva con esso era molto più complesso e profondo: uno strano misto di amore e odio che avrebbe dovuto, in teoria, non varcare mai i confini del suo appartamento. In teoria. Nella pratica, le cose erano andate in maniera ben diversa. Proprio quando lo stava per fare a brandelli era intervenuto David che, come altre volte prima di allora, lo aveva aiutato a uscire dal suo guscio. Era riuscito a prenderlo nel verso giusto e a trasformare, ancora una volta, la rabbia, la frustrazione e la negatività in qualcosa di positivo e produttivo. E proprio David lo aveva iscritto al concorso a sua insaputa, tanto che quando era arrivata la raccomandata che ne annunciava la vittoria, per un attimo Killian credette che qualcuno gli avesse fatto uno scherzo di pessimo gusto.
Da quel momento la sua vita era stata un continuo crescendo: c’era stata la prima mostra a Washington, la seconda a Philadelphia, la terza a San Francisco, fino ad arrivare a New York e a Boston. E proprio Boston era stata l’ultima tappa, la città dove si trovava ora, la città in cui quel quadro era stato realizzato e nessuno lo sapeva.
Davanti alla finestra a vetri della galleria Blanchard che lo aveva ospitato e con un bicchiere di champagne in mano, stava ripensando a tutto questo. Si era guadagnato l’attenzione delle riviste specializzate grazie al suo stile pulito e deciso, per la semplicità delle linee e la carica espressiva dei soggetti. Ad aggiungere quel pizzico di magia c’era poi il suo passato e la sua menomazione. Era subito balzato agli onori della cronaca il suo burrascoso passato. Già perché lui prima di essere pittore era stato fotografo: un giovane e promettente fotografo cui piacevano la bella vita e le belle donne. I suoi sogni di gloria si erano schiantati contro un albero una fredda notte di novembre. Nel terribile incidente avevano perso la vita il suo migliore amico August, la sua fidanzata di allora Milah e la sua mano sinistra. Era seguito un periodo buio fatto di alcol e sballo. Come era prevedibile, la sua carriera di promettente fotografo, con all’attivo diverse personali, era stata stroncata ancora prima che potesse accennare a formarsi. Unica traccia visibile erano gli attestati di vittoria di alcuni concorsi universitari. Niente più.
Il vetro della finestra era rigato da grosse gocce di pioggia. Killian portò il bicchiere alla bocca e inghiottì una dose abbondante di champagne. I suoi occhi blu erano persi nel tramonto bostoniano. Si era sempre raccontato nell’ultimo anno che da solo stava bene, che non aveva bisogna di nessuna per essere felice. Cazzate. Sapeva che erano tutte cazzate e il continuare a ripetersele non le rendeva vere.

- Killian – disse David sulla porta della stanza – qui è tutto a posto. Possiamo tornare in albergo. L’agenzia mi ha detto che è riuscita a bloccare la vendita del tuo vecchio appartamento. Puoi occuparlo da domani se credi.
- Benissimo David. Credo che non aspetterò domani. Ho una copia delle chiavi. Ci andrò da stasera.
- Ne sei sicuro?
- Assolutamente. Quella è casa mia. Non posso fuggire per sempre da me stesso.
- D’accordo ma ricordati che puoi sempre cambiare idea in ogni momento.

Killian rimase in attesa che David si fosse allontanato per assicurarsi di essere davvero solo. Posò il bicchiere sul tavolo e si diresse dove troneggiava il suo capolavoro. Quando giunse nella stanza, il disegno era ancora illuminato dai faretti da esposizione. Pur conoscendolo a memoria, lo osservò attentamente. Ritraeva una giovane donna poco più piccola di lui, appoggiata ad una finestra di quello che era il suo appartamento. Il corpo sinuoso e perfetto, fasciato in un bellissimo lungo abito da sera rosso, era esaltato dal tratto del carboncino così come la profonda e intensa espressione del viso, forte e fragile allo stesso tempo. I lunghi capelli biondi erano raccolti in uno chignon su cui erano fermati dei piccoli punti luce e lo sguardo era rivolto verso l’esterno. Quanto aveva amato quei magnetici e combattivi occhi verdi? Infinitamente. Non era passato un solo giorno senza che il suo ricordo lo avesse attraversato almeno una volta: il tempo passato insieme, le risate, la complicità. Ma subito dopo, dove era passata la gioia, il dolore riversava la sua forza dirompente. Aveva creduto di essere abbastanza forte da poter fare a meno di lei. Lei però non era mai stata un mero bottino per il suo ego di maschio né tanto meno lo squallido palio di una scommessa tra uomini davanti a una pinta di birra. Lei era stata la sua luce, la sua speranza, il suo disincanto e la gioia di tornare a sorridere. O meglio era questo che aveva provato standole accanto in quel periodo prima di perderla irrimediabilmente. Perché che Killian avesse perso la sua Emma era evidente: di lei era rimasto solo quel quadro.

Al Rabbit Hole, il televisore era sempre acceso. In uno dei più squallidi bar di Boston vigeva una sola regola: non fare troppe domande. Gli avventori erano tutti intenti nei loro affari. Solo una ragazza era al bancone davanti al suo bicchiere di rhum. Era stato lui ad iniziarla ai piaceri alcolici di quel drink. Lui che era sembrato essere il cattivo ragazzo, quello sbagliato, da evitare e che invece si era rivelato essere l’unico a tenere davvero a lei che, invece, lo aveva perso irrimediabilmente. Gli occhi verdi di Emma Swan si alzarono immediatamente sul monitor non appena la speaker pronunciò il nome di Killian Jones. Stava per andare in onda un servizio sulla mostra che era stata aperta da pochi giorni alla galleria Blanchard. Il suo sguardo si posò immediatamente su gli occhi blu dell’uomo e sull’espressione del suo viso. Pensare che una volta era lei a decidere quale espressioni quel viso avrebbe assunto. Si mise in ascolto del servizio.
 
“Killian Jones è senza dubbio il miglior esordiente degli ultimi tempi. Trent’anni appena compiuti e vanta già una decina di personali in tutto il paese. La sua fama è stata ancora più incrementata grazie alla sua storia di talentuoso fotografo maledetto. È stato, infatti, a seguito di un incidente stradale che il giovane Jones ha perso la mano sinistra e la sua carriera. Questo però non gli ha impedito di tornare ad uno dei suoi primi amori, la pittura, e donarci una delle migliori opere degli ultimi tempi lo Swan’s Gem…”
 
La telecamera inquadrò immediatamente il dipinto ed Emma si calò ancora di più il cappello sulla testa per evitare di essere riconosciuta. Una lacrima silenziosa rigò il suo viso. Ricordava tutto di quel giorno: l’odore di cannella nella casa di Killian, i suoi attenti occhi blu concentrati a ritrarla sul foglio, la tensione dei muscoli del suo braccio impegnato nel guidare il carboncino sul foglio. Era passato poco più di un anno, ma la Emma di quel disegno era ormai un lontano ricordo e sicuramente non aveva niente a che fare con la donna ora seduta al bancone. Prese lo shot di rhum e lo vuotò tutto d’un fiato. No, quella Emma lì non esisteva davvero più.

- Emma smettila di rimanere lì impalata – disse Boe il proprietario del locale – il tuo turno inizia tra dieci minuti e mi raccomando vedi di sorridere e renderti disponibile con i clienti. Ho ricevuto molte lamentele negli ultimi tempi. Che ti succede tesoro?
-Mi succede che se ne approfittano troppo!
-Fai la cameriera in nightclub! E anche se ci sono le ballerine sul palco, lo sai come funzionano certe cose, quindi se non ti sta bene te ne puoi anche andare!

Emma si alzò dal bancone sommessa, non poteva andarsene e lui lo sapeva. Aveva bisogno dei soldi, non poteva certo campare di aria.

Quando Killian aprì la porta d’ingresso della sua vecchia casa, tutto era esattamente dove l’aveva lasciato. Fece cadere a terra il borsone nell’ingresso e si chiuse la porta alle spalle. Era tutto fermo ai giorni in cui Emma aveva frequentato quella casa. Improvvisamente si sentì le spalle pesanti e una strana spossatezza nel corpo. Andò a stendersi sul divano. La sua giacca nera di pelle sarebbe stata più che sufficiente in caso di freddo.
Stava fissando il soffitto da un paio di minuti con lo sguardo perso quando la sua mano corse velocemente alla tasca posteriore dei jeans che aveva indossato prima di uscire dalla galleria. Ne tirò fuori una fotografia consumata che ritraeva Emma e lui proprio su quel divano intenti a ridere. L’aveva scattata col cellulare e l’aveva fatta stampare per averla sempre con sé. Chiuse gli occhi e come se quell’ultimo anno fosse un nastro, lo riavvolse per viverlo ancora una volta.  

Angolo dell'autrice:
Lo confesso: avevo iniziato a scrivere questa storia prima della ff sull'UW, ma poi per tutta una serie di motivi l'ho lasciata un momento in pausa. L'idea mi è venuta scrivendo la Shot di Ottobre dela raccolta annuale. Insomma io Killian ce lo vedo proprio come artista e disegnatore. Mi sono quindi detta di voler sviluppare questa tematica in maniera un po' più articolata e poi era da molto che volevo cimentarmi con una AU. Dato il centellinamento dei nostri amati CS anche nella serie, mi sentivo in crisi di astinenza da questi due! XD
Detto questo, conto di postare settimanalmente e credo di mantenere fisso il lunedì come scadenza, impegni permettendo ovviamente. Non so ancora quanti capitoli saranno alla fine, ma spero di averne presto un'idea. 
Un bacione
Persefone
 

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Capitolo 2
*** II. How We Met: Drawing Lessons ***


II. How We Met: Drawing Lessons
 
Doveva ricordarsi di fargliela pagare a David. Estorcergli una scommessa mentre era mezzo ubriaco era stata una mossa davvero bassa. Lo conosceva fin troppo bene e sapeva esattamente quali erano le sue debolezze e come sfruttarle a suo vantaggio. Killian aveva ancora un leggero mal di testa, ultimo strascico della clamorosa sbronza che gli aveva fatto prendere a tradimento. Eppure avrebbe dovuto capirlo subito, sin da quando lo aveva visto avvicinarsi con una bottiglia sana di Zapoca. E lo aveva fregato come un ragazzino alle prime armi. Ricordava poco o niente del resto della serata se non qualche vago eco di risate senza un motivo preciso. Sapeva solo che la mattina dopo, ovvero poco più di un paio d’ore prima, David si era presentato alla sua porta sbattendogli in faccia un foglio, vergato di suo pugno, in cui si impegnava a frequentare un corso di disegno alla prestigiosa Galleria Blanchard.
 
- Ma sei impazzito? Perché dovrei frequentare un corso di disegno? E poi alla prestigiosa Galleria Blanchard! Come diavolo ci sei riuscito?
- È presto detto, la figlia della Signora Eva, Mary Margaret è la mia nuova fidanzata. L’altra sera mia suocera ha visto qualche tuo schizzo di quando andavamo all’università e così ho fatto la mia mossa. E poi sarebbe un vero spreco mandare queste tue capacità alla malora.
- Ne abbiamo già parlato. Grazie all’eredità di mio fratello Liam e alle sue rendite non ho bisogno di lavorare.
- Appunto! Non puoi oziare così tutto il santo giorno. Devi uscire, vedere gente! E poi sai che tuo fratello adorava i tuoi disegni.
- David, ho una mano sola se non te ne fossi accorto.
- Lo so bene amico, ma per impugnare una matita ne occorre una e a te è rimasta proprio quella giusta.
- Sai che tirare in ballo mio fratello vuol dire fare il gioco sporco, vero?
- Certo che lo so! Ma se ti convincerò comunque ad andare, mi sentirò meno in colpa perché è davvero per una buona causa.
 
La fronte corrucciata di Killian si rilassò immediatamente. Quello che più ammirava in David era la sua naturale propensione alla sincerità estrema, qualità che lo aveva sempre inchiodato alle sue responsabilità.
 
- Una lezione – sentenziò Killian secco – andrò ad una sola lezione.
- Una lezione è meglio di niente, quindi andata – rispose David.
 
Seduto in quel bistrot del centro, Killian stava aspettando di entrare alla galleria per la lezione. Data la sua idiosincrasia per gli orari, David lo aveva accompagnato con un’ora di anticipo: gli aveva promesso che sarebbe andato e la sua parola valeva ancora qualcosa, per questo David era andato via tranquillo.
Davanti a lui la tazza di caffè era quasi vuota. Stava osservando il blocco di fogli immacolati da disegno e il set di matite. Era dai tempi dell’università che non ne toccava una. Aveva usato spesso questa sua vena artistica per abbordare le ragazze. In fondo era proprio così che aveva conosciuto Milah. La fotografia era venuta solo in un secondo momento, quando Milah aveva manifestato la sua insofferenza nel rimanere ferma per delle ore, e poi per la sua attività di modella erano più utili i servizi fotografici che degli sciocchi ritratti. E ora tutta la faccenda aveva un sapore strano: Milah lo aveva allontanato dal disegno e ora, in un certo senso, ce lo aveva riportato.
I suoi occhi corsero immediatamente alla protesi della mano sinistra. Erano davvero lontani gli anni e la spensieratezza di quei tempi. Dopo la morte della sua fidanzata, Killian si era definitivamente trasformato in un ombroso uomo egoista cui interessava solo di se stesso. Il lento processo era iniziato con la morte di suo fratello qualche mese prima. E anche se quel lato oscuro non era completamente superato, se non altro aveva imparato a conviverci grazie anche al sostegno di David in persona.  Nonostante si fosse fatto terra bruciata intorno dopo quel maledetto incidente, David era l’unico che era rimasto a togliergli le castagne dal fuoco quando necessario. Non lo aveva mai abbandonato al suo destino, l’unico che con lui non si era mai arreso. Lo era andato a raccattare in ogni tipo di situazione: da quando era troppo sbronzo per guidare fino a quando lo aveva fatto uscire di prigione perché sorpreso a guidare in stato di ebbrezza. Gli doveva molto e proprio in nome di questa lealtà non poteva proprio sottrarsi all’unica richiesta che l’amico gli aveva fatto. In fondo due ore di disegno le poteva gestire senza problemi. Due ore sole e poi ne sarebbe stato fuori.

Stava distrattamente osservando i passanti dall’altro lato della strada, quando una frettolosa chioma bionda attirò la sua attenzione. La ragazza era di spalle, ma sapeva certamente come farsi notare in quei semplici e attillati jeans. Killian la vide sparire dietro una porta che di lì a pochi minuti avrebbe attraversato anche lui. Guardò l’orologio da polso: mancavano venti minuti all’inizio della lezione, presentarsi prima non sarebbe stato un problema perché Mary non sapeva che lui era un ritardatario cronico, o meglio sperava che David avesse tenuto la bocca chiusa. Sarebbe entrato con la scusa della lezione e l’avrebbe cercata, magari era un’allieva anche lei.
Una strana frenesia si impossessò di lui. Buttò giù l’ultimo sorso di caffè, prese le sue cose e corse alla galleria Blanchard. Prima di entrare si specchiò nella vetrina del negozio d’abbigliamento affianco. Il suo aspetto da bello e tenebroso era in grande spolvero. Si passò una mano per sistemare il ciuffo ribelle e poi oltrepassò la porta della galleria d’arte.

Entrò con passo spedito e sicuro, stato d’animo che sparì non appena si accorse che della bionda ragazza non vi era traccia. Si guardò intorno in cerca di quei attillati jeans.
 
- Posso aiutarla?
 
Davanti a lui si parò una giovane donna, capelli neri a caschetto e un sorriso dolce. Quella doveva essere sicuramente Mary Margaret.
 
- Salve, mi chiamo Jones, Killian Jones …
- E così finalmente ti conosco! – disse la donna ampliando il sorriso ancora di più – piacere di conoscerti, David mi ha parlato molto di te. Io sono Mary Margaret.
 
La ragazza allungò la mano per stringerla.
 
- Piacere Mary Margaret– rispose Killian porgendo il braccio con la protesi – anche io ho sentito molto parlare di te.
- Sei qui per la lezione di disegno, vero?
- Già, vedo che David ti ha informata.
- Ma certo, l’ho pregato molto di convincerti a venire. Vieni, ti presento mia madre Eva.
 
La donna lo prese per un braccio e lo condusse al bancone, proprio vicino alla cassa. Killian continuò a guardarsi intorno cercando, tra i pochi presenti, le fattezze di quella bellissima ragazza.
 
- Mamma! Guarda chi è arrivato!
 
Dal retrobottega emerse una distinta signora ancora molto bella ed elegante.
 
- Salve – disse Killian schiarendosi la voce – sono Killian Jones
- Ah sì! Il talentuoso amico di David, ho visto molti quadri a casa del suo amico. Lei è davvero molto portato, mi creda.
- La ringrazio signora, purtroppo sono passati anni da quando disegnavo e temo di essere decisamente fuori allenamento.
- Modesto, disegnare è come andare in bicicletta, una volta imparato non si dimentica. E ora si accomodi nell’aula, la lezione comincerà tra non molto.
 
Mary Margaret indicò a Killian una stanza dove accomodarsi nell’attesa. Non appena Killian vi mise piede notò immediatamente la luminosità dell’ambiente e di come fosse adatto per disegnare. Si sedette a uno degli ultimi tavoli. Gli era sempre piaciuto rimanere in fondo alle aule, qualunque fosse la loro destinazione, gli permetteva di passare inosservato ma allo stesso tempo aveva tutti sotto controllo. Si sedette ad una delle sedie. Era sicuro che quella biondina avesse attraversato la porta della galleria, ma dove era finita allora? La stanza iniziò a riempirsi di altre persone e ogni volta che la porta si apriva Killian sperava sempre di intravvedere una bionda chioma. Quando vide entrare Mary Margaret capì che la classe era al completo. Come può una galleria inghiottirsi una persona?
 
- Buon pomeriggio e benvenuti – esordì Mary Margaret – siamo tutti quindi possiamo tranquillamente iniziare la nostra lezione. Sono Mary Margaret e dirigo con mia madre Eva la galleria d’arte. Siamo qui oggi per imparare qualcosa in più sul disegno.
 
Killian iniziò a guardare distrattamente fuori dalla finestra: non era mai stato un allievo molto attento. Odiava le spiegazioni, rendevano la distrazione a portata di mano.
 
- … Non mi dilungherò molto. – stava dicendo Mary Margaret – per la prima lezione voglio vedere cosa sapete fare. Per questo vi assegnerò un compito particolare.
 
La testa di Killian si girò verso la donna che si era avvicinata ad una porta che non aveva minimamente notato nonostante fosse rimasto in quella stanza per più di venti minuti.
 
- Puoi uscire ora. – disse Mary bussando con le nocche alla porta.
 
Quando si aprì, Killian sgranò gli occhi: comparve una bellissima ragazza dai capelli biondi e dagli occhi verdi. Era sicuramente la ragazza che aveva attirato la sua attenzione al caffè. Si sistemò sulla sedia e si concentrò su di lei. Indossava sempre i suoi semplici jeans e una casacca blu abbastanza attillata. I biondi capelli erano raccolti in una lunga coda di cavallo. Trucco acqua e sapone, con tanto mascara sulle ciglia e un filo di lucidalabbra per rosare appena la bocca.
 
- Vi presento Emma Swan. Sarà la nostra modella oggi pomeriggio e non solo. Pregherei Emma di sedersi al centro dell’aula su quella poltrona.
 
La ragazza andò a sedersi esattamente dove le era stato indicato.
 
- La vedete tutti? – chiese Mary Margaret
 
La classe rispose affermativamente in coro.
 
- Bene – proseguì l’insegnante – fino alla fine della lezione voglio che facciate un ritratto del volto di Emma, solo del volto nella prospettiva in cui siete, il che vuol dire che non potete chiederle di spostarsi o girarsi dalla vostra parte. Ora Emma, cortesemente, fissa un punto sul fondo dell’aula e rimani concentrata su di esso.
 
Fu in quel momento che gli occhi verdi della ragazza incontrarono quelli oceano di Killian per poi andarsi a posare sulla sedia vuota accanto a lui.
 
- Cominciate pure.
 
Killian prese immediatamente la matita ed aprì l’album. Non aveva più la mano allenata di una volta ma di certo non aveva bisogno di tutto quel tempo per ritrarla. Con suo immenso stupore, la mano correva sicura sul foglio. Più la guardava, più sentiva qualcosa di magnetico attirarlo verso quegli smeraldi. Aveva appena finito di ritrarre la sua acconciatura che si accorse che Emma aveva lo sguardo rivoto da un’altra parte. Ebbe la tentazione di fare notare ciò all’insegnate, magari attraverso una battuta sarcastica, il suo forte, quando realizzò che tra tutti Emma stava guardando proprio lui e nessun’altro. Killian ricambiò lo sguardo accennando un sorriso, ma la ragazza, come se fosse stata colta in flagrante, tornò a fissare la sedia vuota accanto a lui.

Killian guardò il suo schizzo. Ne era abbastanza soddisfatto ma sentiva che aveva ancora voglia di disegnare. Senza farsi notare da nessuno girò il foglio e cominciò a fare un altro ritratto di Emma. Aveva appena terminato di definirne la forma del viso e degli occhi quando sentì la presenza di Mary Margaret.
 
- Lo so – disse più brusco di quanto avesse voluto – la prospettiva qui va migliorata, finisco gli occhi e poi mi concentro su quella parte.
- David non stava esagerando. Sei un vero talento Killian, il tuo ritratto è il migliore che ho visto questo pomeriggio. Bravo!
 
Killian fece in modo che i fogli del suo album fossero ben serrati tra loro. In quell’ora e mezza che era trascorsa aveva buttato giù due ritratti di Emma. Quella donna gli aveva fatto tornare la voglia di disegnare con un solo seducente sguardo.
 
- Perfetto le due ore finiscono qui. Portate i disegni a casa e lavorateci, ne parleremo a lezione la prossima settimana. Ringraziamo Emma con un applauso e le diamo appuntamento alla settimana prossima.
 
La ragazza fece un teatrale gesto d’inchino prima di sparire nuovamente dietro la porta sul fondo. L’aula iniziò a svuotarsi lentamente e quando bilia fu in prossimità dell’uscita, si avvicinò a Mary Margaret.
 
- Bene Mary, è stato molto interessante. Grazie davvero.
- Spero di essere riuscita a convincerti a tornare anche la prossima settimana. - Killian la guardò meravigliato – David mi ha detto che è riuscito a convincerti solo per la prima lezione. 
- Sarò onesto. Io non volevo proprio venire, ma David non mi aveva mai chiesto un favore, quindi non potevo tirarmi indietro. Mi sono divertito comunque. Magari ci penso a tornare.
 
Aveva salutato Mary Margaret ed era uscito in strada.

Aveva passato tutta la settimana a ripensare a quella bella ragazza. Aveva preso l’album e aveva continuato a ritrarla cercando di ricordare ogni particolare di quel viso. E più disegnava e più si sentiva bene, centrato su onde positive. Voleva tornare per rivederla, per cercare di conoscerla. Aveva iniziato a contare i giorni che lo separavano dal giovedì successivo, il giorno della lezione.

E alla fine giovedì giunse in punta di piedi. Killian aveva puntato la sveglia del cellulare e quella che aveva sul comodino per impedirsi di fare tardi. Stava miracolosamente per uscire in orario, quando qualcuno bussò alla sua porta.
 
- E ora chi sarà dannazione?
 
Quando Killian aprì la porta, si ritrovò davanti David.
 
- Ciao amico, tutto bene.
- Alla grande, cosa ci fai qui?
- Niente di particolare, passavo e ho pensato di andarci a bere una cosa insieme, che ne dici?
- Sai che sono sempre disponibile, ma oggi sono di fretta. Ho un appuntamento.
- E cosa diavolo è successo? Tu che hai un appuntamento! Un eventone! E dove devi andare?
 
Dargli la soddisfazione di aver avuto ragione sulle lezioni da disegno era da escludere a priori.
 
- Devo fare dei giri in centro
- Killian non ti starai cacciando in qualche guaio vero?
- Assolutamente no, parola di pirata.
- Capitan Uncino, tu non me la racconti giusta … te lo ripeto, che devi fare?
 
Fu solo in quel momento che David vide l’album da disegno spuntare dalla borsa del suo amico.
 
- Ma non mi dire, stai tornando alla galleria Blanchard per le lezioni di disegno.
- Non è come pensi.
- E dove altro potresti andare con un album da disegno? – ribatté David sorridendo.
- Ti ho detto che non è come pensi!
- Come no! – disse David allontanandosi fischiettando.
- E ora dove vai?
- Tolgo il disturbo. Non voglio che tu faccia tardi. E non osare negare, se andrai lo saprò, Mary Margaret mi dice tutto.
- E va bene hai vinto. La scorsa settimana non mi sono trovato male, quindi ho deciso di andare anche alla seconda lezione. Ma mi annoierò e sicuramente la prossima settimana rimarrò a casa.
- Sì certo – rispose David dalla tromba delle scale – a te ti si compra solo chi non ti conosce. E comunque buona lezione. E so che ci andrai anche la prossima settimana.
 
Killian sorrise: per quell’uomo era davvero come un libro aperto.
 
- Ti chiamo quando torno a casa e ricordami di offrirti una birra!
 
Killian prese le chiavi del suo appartamento e si diresse alla galleria. Era bello avere di nuovo qualcosa da fare, ma soprattutto era bello il fatto che avrebbe avuto ancora una volta la possibilità di incontrare e ritrarre una bellissima fanciulla di nome Emma Swan.

ANGOLO DELL'AUTRICE:
Allora eccoci qui con il secondo capitolo! Sì, pariamo con un lungo flashback che ci racconta quello che è successo prima, come si sono conosciuti e cosa è successo tra loro. Ma non scordate quel povero Killian addormentato sul divano perchè, finito il flash back proprio da lì riprenderemo :)
David è riuscito a convincere Killian a frequenatare un corso di disegno e qui ha incontrato la sua bella musa, ora dobbiamo capire come Emma reagirà a queste attenzione del bel tenebroso Jones! XD
Vi anticipo che nel prossimo capitolo scopriremo qualcosa in più sulla storia della nostra dolce Emma e su come ha iniziato a lavorare da Mary Mrgaret.
Io non ho parole per ringraziarvi dell'affetto che avete dimostrato per l'inizio di questa nuova storia! Davvero! Spero che anche questo seconda capitolo possa piacervi altrettanto!
La prossia settimana ci aspetta una puntata da infarto e io non vedo l'ora di morire infartata con i nostri piccioncini!
Un bacione e a lunedì prossimo
Persefone

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Capitolo 3
*** III. Your Blue Eyes on Me ***


III. Your Blue Eyes On Me
 
Emma stava andando alla galleria Blanchard con passo svelto e deciso. Stringeva in mano un bicchiere di carta di Starbucks, l’unica fonte di calore in quella fredda mattina di settembre. Odiava fare tardi in generale e da quando aveva iniziato a lavorare dai Blanchard, quasi tre anni fa, era una cosa che le dava ancora più fastidio. Doveva molto a Mary Margaret e alla sua famiglia e il minimo che potesse fare era essere impeccabile nei loro confronti.
L’aveva conosciuta all’università: l’aveva vista a lezione qualche volta, avevano scambiato qualche parola cordialmente ma niente di più. L’aveva completamente persa di vista quando era iniziato il suo calvario con Neal Gold. Ripensare alla sua storia con Neal era come auto infliggersi un pugno allo stomaco. Erano passati anni, ma ancora non riusciva a perdonarsi il fatto di essere stata così ingenua e stupida da cadere nelle maglie di un uomo più grande e navigato di lei.
Neal era il giovane assistente del Professor Gold, titolare della cattedra di storia dell’arte. Tra le studentesse aveva molto successo: camminando per i corridoi le era capitato spesso sentirle fantasticare sul giovane assistente del professore. Emma era iscritta al primo anno di letteratura, grazie alla borsa di studio che le era stata assegnata alle scuole superiori. Quando aveva ricevuto la lettera di ammissione, non c’era nessuno con lei. Nella stanza della casa famiglia, da cui era entrata ed uscita varie volte, era completamente sola e seduta sul suo letto. Aveva aperto la busta e iniziato a leggere con calma. L’assegno garantiva la copertura dell’intera retta universitaria e del vitto. L’università le aveva poi assegnato a titolo agevolato una stanza negli alloggi del campus. Unica condizione per mantenere l’assegno era avere una media molto alta e non risultare in ritardo con gli esami. Avrebbe potuto prendere possesso della sua stanza al campus una settimana prima dell’inizio delle lezioni in modo da potersi ambientare facilmente prima dell’inizio dell’anno accademico. Aveva preso la busta e l’aveva posata sul comodino per prendere il calendario, appeso alla parete su cui era poggiata la testiera del letto, e segnare la data in cui avrebbe finalmente lasciato quel maledetto orfanotrofio una volta per tutte.
Aveva contato i giorni, le ore, i minuti, i secondi e poi quel giorno era finalmente arrivato. L’ultima domenica in orfanotrofio, Emma l’aveva trascorsa facendo i bagagli. Le sue poche cose erano entrate tutte in due scatoloni. Nel primo vi erano tutti i suoi vestiti, mentre nel secondo c’era i suoi pochi effetti personali: la copertina che l’aveva avvolta appena nata prima di essere abbandonata sul ciglio di una strada, i suoi anelli, qualche quaderno e i suoi amatissimi libri ovviamente. Una delle assistenti sociali si era offerta di accompagnarla al campus e aiutarla con il trasloco. Dopo che ebbero portato gli scatoloni dentro, l’aveva salutata educatamente e poi si era voltata senza più guardarsi indietro. Quel capitolo della sua vita era finalmente chiuso.

Quando Neal aveva iniziato a manifestare un certo interesse per lei, ad Emma non sembrava vero. Un uomo così raffinato e dai modi così educati si era interessato proprio a lei, una semplice ragazzina. Col tempo aveva scoperto che il giovane assistente era il figliastro di Gold e che gestivano insieme la più prestigiosa galleria d’arte della città, la “Gold Deal”. Era stato proprio Neal il primo a convincerla a posare per dei quadri. Grazie poi alla partecipazione a vari eventi organizzati nella loro galleria, Emma era stata notata da più di un artista che le aveva chiesto di posare anche per loro. Quel piccolo lavoretto le garantiva una piccola somma per potersi togliere anche qualche sfizio. Ovviamente qualcuno le aveva anche chiesto di posare un po’ più nuda, ma lei si era sempre rifiutata, per evitare di compromettere in qualche modo la sua borsa di studio con qualche scandalo.
Stava andando tutto benissimo, Neal sembrava amarla davvero e si sentiva felice insieme a lui. Per questo il tragico risveglio fu ancora più traumatico e duro da digerire. Una mattina qualunque si erano presentati alla sua porta due agenti di polizia che avevano iniziato a farle tutta una serie di domande su Gold e suo figlio. Davanti alle sue piuttosto evasive risposte, le avevano intimato di seguirla alla stazione di polizia per un interrogatorio più approfondito.
Dal detective Carter era venuta sapere finalmente cosa stava succedendo. Gold e suo figlio avevano fatto perdere le loro tracce nel cuore della notte, prima che la loro galleria e il loro operato fosse passato sotto la lente d’ingrandimento di un’accurata serie di controlli. A loro carico erano state sporte moltissime denunce da parte di giovani e sconosciuti artisti che si erano visti sottrarre delle loro opere ed essere esposte nella galleria Gold a nome di altri. Emma sentì la gola farsi secca. Neal le aveva chiesto più volte di depositare delle cartelline ad alcuni indirizzi della città. Le aveva sempre raccomandato di non aprirle e di non farsi vedere da nessuno. Quando gli aveva chiesto spiegazioni, l’uomo era rimasto sempre sul vago, cercando di tranquillizzarla. Era questa la cosa che bruciava di più ad Emma: l’amore che provava per quel ragazzo l’aveva resa cieca a qualunque segnale di pericolo. E poi Neal aveva sempre detto che suo padre, grazie al suo nome, poteva far chiudere un occhio a chiunque.
I sospetti del detective si erano concentrati si di lei in quanto la persona più vicina alla famiglia Gold. Erano seguiti due giorni di interrogatori serratissimi. Il detective Carter aveva cercato di farla crollare in tutti i modi, convinto che la ragazza sapesse molto di più di quanto stava lasciando intendere. Era convinto che fosse lei il corriere che smistava la refurtiva e che fosse stata anche profumatamente pagata. Ma dai controlli bancari sul conto della giovane, non erano stati registrati movimenti sospetti. La stanza del campus era stata rivoltata come un pedalino e anche lì la scientifica non aveva trovato soldi contanti o tracce che avrebbero potuto ricondurla direttamente ai loschi affari della famiglia Gold.
 
- Bene signorina Swan. A quanto pare ci ha detto il vero. Non è risultato niente a suo carico o comunque un collegamento diretto con gli affari di Neal e suo padre. Per ora la lascio andare. Inutile dire che se si mettono in contatto con lei dovrà informarci se non vuole che la sua posizione si aggravi ulteriormente in questa faccenda. 
- Io non ho nulla da nascondere detective. Vi ho detto tutto quello che sapevo.
 
Emma stava per alzarsi quando Carter le fece cenno di rimanere seduta.
 
- Un’ultima cosa signorina Swan.
 
Il detective porse ad Emma un foglio con una lunghissima serie di conti lasciati da Neal a nome della giovane. Era la sua ultima carta per cercare di convincere Emma a collaborare del tutto. La ragazza aveva guardato il detective stupita e confusa.
 
- Non capisco, detective. Io non sono mai stata in questi posti. Cosa vuol dire?
- Questa, signorina, è la lista di tutti i debiti che il giovane Gold ha lasciato a suo carico. Posti esclusivi in cui non ha mai pagato un solo centesimo di conto.
- Ma non è possibile!
- A quanto pare sì … ovviamente vogliono tutti essere pagati e hanno tutta l’intenzione di rifarsi su di lei signorina.
- Ma io non ho tutto questo denaro a disposizione! Non so nemmeno come sono fatti trentamila dollari!
- Allora credo che l’unico modo per evitare questo malinteso sia che il suo caro amico Neal torni in città e si lasci processare, spiegando la sua estraneità ai fatti.
 
Emma aveva abbassato lo sguardo, aveva capito dove voleva andare a parare il detective. Ma lei non sapeva dove fosse andato Neal e di conseguenza quella lunga lista di debiti l’avrebbe dovuta ripagare lei.

Una volta fuori dalla stazione di polizia, sentì il peso del mondo crollarle addosso. Era stata raggirata dall’uomo che amava e da cui credeva di essere amata. Si era approfittato della sua ingenuità, della sua fiducia, del suo amore. Era ovvio che un uomo come Neal non poteva provare qualcosa di sincero per una semplice creatura come lei. Ma il peggio doveva ancora palesarsi. Non aveva fatto in tempo a mettere piede nella sua stanza che il rettore l’aveva convocata nel suo ufficio. Qui le era stato comunicato che, a causa del suo coinvolgimento in quella brutta storia, le veniva revocata la borsa di studio oltre all’espulsione immediata dal campus. Aveva un paio di ore per radunare le sue cose e lasciare libera la stanza. In poco più di 48 ore aveva perso tutto quello che aveva faticosamente costruito fin lì. Un secondo e la sua vita era crollata come un castello di carte. Mentre usciva con le sue poche cose dal campus, sapeva solo una cosa: non avrebbe mai più messo piede in quel maledetto orfanotrofio. Con i pochi spiccioli che aveva in tasca poteva permettersi solo una misera stanza. Avrebbe ricominciato da lì innalzando un muro tra lei e il mondo.

Era stato mentre lavorava nell’ennesimo bar per ripagare quell’immensa lista di debiti che aveva incontrato Mary Margaret. Dopo che la galleria Gold aveva chiuso i battenti, quella della sua famiglia aveva acquistato molta notorietà e prestigio. Emma l’aveva riconosciuta subito e aveva fatto di tutto per doverla servire al tavolo, ma invano. Quando il titolare le aveva fatto chiaramente capire che non poteva rifiutarsi di servirla, pena il licenziamento, si era avvicinata al tavolo della donna.
 
- Ha deciso cosa prendere signorina? – disse Emma in tono serio.
 
Mary Margaret alzò lo sguardo su di lei e rimase sbalordita. Tutti conoscevano Emma Swan e la sua storia al campus e l’ultima persona che si sarebbe aspettata di ritrovarsi davanti era proprio lei.
 
- Emma ? – chiese incerta – tu sei Emma Swan, giusto?
- In persona, signorina Mary Margaret Blanchard
- Cosa ci fai qui?
- Mi pare evidente. Allora ha deciso cosa ordinare?
- Mi dispiace davvero molto per quello che ti è successo. Per quello che possa valere, ho creduto subito che fossi innocente. Conosco bene Neal e gli intrighi di suo padre e tu non mi sei mai sembrata il tipo da mezzucci. Eri la migliore del tuo corso, non avevi bisogno della protezione di quei due.
- Ascolta, sarò franca e diretta: smettila di compatirmi. Detesto le persone che lo fanno. Guardarmi dall’alto in basso della vostra agevolata posizione di persone per bene mi disgusta quasi quanto quello che quei due mi hanno fatto. E ora la prego di dirmi cosa ordina, il locale è pieno e non posso perdere troppo tempo con lei.
 
Quello scatto d’orgoglio aveva colpito nel profondo Mary Margaret e non aveva fatto altro che rafforzare in lei la convinzione che Emma fosse stata una vittima inconsapevole della macchinazioni della famiglia Gold. Quei maledetti avevano cercato di compare con l’inganno la galleria della sua famiglia e solo per una mera circostanza fortunata non erano caduti anche loro nella trappola. Era tornata a casa e aveva raccontato tutto a sua madre Eva e a suo padre Leopold. Aveva insistito con loro che avevano bisogno d’aiuto alla galleria e che Emma, nonostante avesse frequentato il corso di letteratura, era molto preparata anche in arte, come la sua altissima media accademica aveva dimostrato. Aveva poi spiegato loro di come fosse rimasta vittima della famiglia Gold. Alle obiezioni dei suoi, Mary Margaret aveva posto una strenua resistenza: l’unico errore di Emma Swan era stato innamorarsi e fidarsi delle persone sbagliate.
Qualche giorno dopo si era ripresentata al caffè dove Emma lavorava e l’aveva invitata a sedersi accanto a lei.
 
- Sto lavorando, non posso.
- Hai problemi con il tuo capo? Ci penso io.
- Lascia stare. Aspettami qui un momento. Dico ad Ashley di sostituirmi per qualche minuto.
 
Erano davanti a due cioccolate da un paio di minuti e nessuna delle due aveva aperto bocca.
 
- Sarò franca Emma, come lo sei stata tu con me. Ho bisogno di una collaboratrice alla galleria d’arte che mi aiuti e gestisca la mia agenda. Inutile dirti che lo stipendio sarà molto più alto di quello che prendi qui.
- Ma sei completamente impazzita? Non sai chi sono?
- Certo che lo so.
- E allora perché lo fai?
- Perché mi fido di te. è strano ma da quando ti ho vista la prima volta a lezione, ho avuto la sensazione di conoscerti bene.
- Ma se non ci siamo neanche mai parlate!
- Certe cose si sentono a pelle Emma, e il mio istinto non fallisce mai. E poi io credo tu sia innocente.
- Davvero?
Conosco bene la famiglia Gold. I miei genitori hanno rischiato di perdere tutto per colpa loro.
- Ascolta, non ci metteranno molto i tuoi clienti o i tuoi collaboratori a scoprire tutto del mio passato. A me non importa, non mi interessa cosa pensa la gente, ci ho fatto l’abitudine, ma per i vostri affari potrebbero esserci ripercussioni.
- Di questo non devi preoccuparti. Le persone si fideranno del tuo lavoro se lo farai seriamente. Accetti?
- Ammetto che mi stai tentando, ma c’è ancora una cosa che devi sapere. Gran parte del mio stipendio è destinato a ripianare una infinita lista di debiti che Neal mi ha lasciato, la polizia controlla ogni mio introito e mi tiene d’occhio qualora tornassero a farsi vivi.
- Capisco.
- Vuoi ancora assumermi?
- Senza alcun dubbio.
 
Da quel giorno Emma aveva trovato non solo un impiego più dignitoso e redditizio per venire fuori dagli strascichi di quella situazione, ma la famiglia Blanchard l’aveva accolta calorosamente e non aveva mai smesso di mostrare in lei piena fiducia. Con il primo stipendio, Emma era riuscita a lasciare la topaia in cui viveva e a trasferirsi in una piccola pensione chiamata Granny’s, gestita da un’anziana signora, Granny appunto. Era un po’ decentrata rispetto a dove si trovava la galleria, ma in confronto a dove aveva vissuto sino a quel momento, sembrava un albergo a cinque stelle.

Così avevano iniziato una proficua collaborazione in cui Emma dava tutta se stessa per meritare e ripagare la fiducia che Mary Margaret aveva riposto in lei. Chiacchierando, Emma le aveva raccontato a grandi linee quello che era successo con Neal e degli anni dell’università. Era uscito anche il fatto che aveva posato spesso e per quel motivo la sua amica le aveva chiesto di partecipare alle sue lezioni di disegno. Erano diventate amiche nel corso del tempo e a parte lei, Emma non la sciava avvicinare nessuno. Si era chiusa in se stessa rendendo suo il motto bada a te stesso e non verrai mai ferito. E questo dispiaceva a Mary Margaret perché se c’era una persona che valeva la pena conoscere era proprio Emma. Intelligente, forte, perspicace ma anche sensibile e vulnerabile. Perché dietro quegli occhi da dura, Mary aveva colto la paura della sua amica in più di un’occasione.

Mentre si stava cambiando per prendere parte alla lezione di disegno, Emma stava ripensando a tutto quello che nella sua vita era cambiato fino a quel momento. Le piaceva posare per gli allievi di Mary Margaret, ma c’era dell’altro. Qualcosa, o meglio qualcuno aveva attirato la sua attenzione: nella fattispecie due occhi blu come l’oceano sul fondo dell’aula. Posando aveva imparato ad osservare bene gli occhi di chi la stava ritraendo: era stata scrutata con indifferenza, con desiderio, con invidia, ma mai con la delicatezza di quelle iridi azzurre. Lo aveva osservato bene il suo proprietario. Non aveva l’aria di un bravo ragazzo, ma dopo Neal aveva imparato bene che l’apparenza spesso inganna.  Ma questo non significava che lo avrebbe conosciuto, anzi. Con gli uomini lei aveva chiuso.   

ANGOLO DELL'AUTRICE:
Allora, da dove iniziare per mettere due parole di fila di senso compiuto? Dopo la puntata c'ho il cuore frantumato in un milione di pezzi. E' stata esaltate e struggente allo stesso tempo, quello che si sono detti, come si sono toccati ... #ciscapocciodatuttoilgiorno, E mi dispiace per tutti gli altri, ma come i CS non c'è davvero nessuno, con quel trasporto, quel setimento ... e poi Jen e Col si sono esaltati ... mamma mia ...
Il mio misero capitolo, rimane misero se state ancora in una valle di lacrime come me. 
Come promesso, continuiamo con il flashback e stavolta esploriamo un po' il passato della nostra piccola e dolce Emma.
Perdonate se sono meno loquace del solito, ma torno a piangere a rivedere la scena in un angolo e con una montagna di cioccolata.
A lunedì prossimo!
Persefone
    

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Capitolo 4
*** IV. My Name is Killian, Mine instead Emma ***


  IV. My Name is Killian, Mine instead Emma
 
Killian stava uscendo incredulo dalla terza lezione di disegno. Aveva retto. E più si diceva che quella sarebbe stata l’ultima lezione a cui partecipava, più si radicava in lui la consapevolezza e la voglia di tornare. E sì, Emma era un ottimo incentivo a frequentare le lezioni. Era così bello ritrarla. Disegnarla gli infondeva una strana tranquillità interiore, si sentiva proprio centrato, quadrato, vittima di una tranquillità che non credeva possibile trovare nuovamente dentro di sé. Non aveva mai parlato con quella ragazza, non conosceva i suoi pensieri, il suono della sua voce, o il profumo della sua pelle, ma qualcosa lo attirava verso di lei. Attrazione che sapeva bene essere reciproca, anche se lei faceva di tutto per non darlo a vedere. Aveva cercato di essere l’ultimo ad abbandonare l’aula per cercare di incrociarla e magari scambiare qualche parola con lei.
 
- Killian! sei ancora qui?
 
La voce di Mary Margaret lo fece sussultare.
 
- No – provò a giustificarsi Killian raccattando le sue cose – stavo giusto andando via.
 
Mary Margaret non aveva certo ignorato gli sguardi che la sua amica aveva scambiato con quell’uomo. Aveva provato a parlare con Emma, la quale si era categoricamente rifiutata di affrontare l’argomento. Ma Mary Margaret era sicura dell’inequivocabile linguaggio non verbale tra quei due, ed era ben decisa a sondare il terreno. Se non riusciva a convincere Emma, magari Killian era più disponibile.
 
- Ascolta, David mi sta aspettando fuori per un aperitivo. Che ne dici di unirti a noi?
- Non mi piace fare il terzo incomodo, ma grazie lo stesso.
- Ma non dire sciocchezze! Mi farebbe davvero piacere. Insomma ormai io e David stiamo stabilmente insieme, e quindi è normale uscire con i nostri amici.
- Va bene, ma vi lascio presto, scommetto che in due avrete molte cose da dirvi.
 
Mary Margaret scoppiò a ridere e lo trascinò fuori.

Nel lounge bar davanti alla galleria, c’era molta confusione. Davanti ai loro drink, l’atmosfera tra i tre amici sembrava molto rilassata.
 
- Allora Killian – esordì a freddo Mary Margaret – un bel ragazzo come te non ha nessuna fidanzata?
La domanda a bruciapelo fece mandare il cuba libre per traverso a Killian che tossì rumorosamente.
 
- Mary!  - intervenne David – ma cosa ti viene in mente?
- Non preoccuparti David – disse Killian asciugandosi la bocca – è tutto a posto. Non sto con nessuna Mary, al momento sono solo.
- Non ne avrai una fissa forse, ma non ci credo che non ci sia nessuna.
- Mi dispiace deluderti, ma è proprio così
 
Questa prima informazione piacque molto a Mary Margaret: Emma era sola, lui anche e non c’era nessun motivo perché non si avvicinassero.
 
- Sai David, avevo chiesto anche ad Emma di unirsi a noi, ma mi ha detto che aveva ancora del lavoro da sbrigare. È rimasta in ufficio.
 
A quella osservazione, le antenne di Killian si attivarono. Emma era ancora alla galleria, quindi.
 
- Peccato – proseguì Mary Margaret – poteva essere una bella occasione per tutti per distrarsi un po’.
 
Le seguenti due ore trascorsero in assoluta armonia e permisero a Killian e Mary Margaret di conoscersi meglio. David aveva chiaramente parlato molto del suo amico alla sua fidanzata, ma era contento di vedere che i due si trovassero e andassero d’accordo. Dopo aver finito il suo drink, Killian si alzò dal tavolo e si infilò il cappotto
 
- Credo che per me sia davvero ora di andare e lasciarvi giustamente soli. Grazie Mary Margaret, è stato davvero un piacere e spero che potremo replicare presto.
- Assolutamente mi farebbe piacere.
 
Killian si congedò dal tavolo ed uscì dal locale per dirigersi al parcheggio. La notte era piuttosto fresca per essere i primi giorni di settembre. Si tirò su il bavero della giacca di pelle nera e infilò le mani in tasca. Camminava lentamente verso la sua macchina, d’altronde non aveva nessuno a casa che reclamava la sua presenza. Aveva appena sbloccato le portiere quando una voce femminile risuonò nel parcheggio.
 
- Dannazione! Ma proprio stasera mi dovevi lasciare a piedi?
 
Killian alzò lo sguardo e scorse, poche macchine oltre la sua, una figura vagamente familiare uscire da un maggiolino giallo. La figura sbatté forte la portiera e si appoggiò alla macchina cercando di calmarsi. Come la luce del lampione illuminò il volto della sagoma, il cuore di Killian si accese come un fuoco di artificio. Era lei, quella voce era proprio di Emma. Richiuse la macchina e si avvicinò.
 
- Serve aiuto? – le chiese non appena le fu vicino.
 
La ragazza si girò di scatto verso di lui e lo investì con uno dei suoi seducenti sguardi.
 
- No grazie.
- Se la macchina non parte, posso dare un’occhiata
- Non c’è bisogno che si disturbi, so benissimo cavarmela da sola.
- Come sei ostinata, Emma Swan. Perché non vuoi farti aiutare?
 
Come Emma sentì pronunciare il suo nome, si soffermò ad osservare meglio quel viso nella penombra del parcheggio.
 
- Come sai il mio nome? Ci conosciamo?
 
Killian si avvicinò ancora in modo che anche il suo viso fosse illuminato completamente dal lampione.
 
- Sono Killian, Killian Jones.
 
I suoi occhi blu li avrebbe riconosciuti ovunque.
 
- Sei uno dei frequentanti del corso di disegno di Mary Margaret.
- Esatto – rispose lui allungando la mano con la protesi – piacere di conoscerti.
- Piacere Killian, io sono Emma – disse lei stringendo la mano e accorgendosi della protesi – ma questo già lo sai.
- Cosa è successo?
- Il mio maggiolino non vuole saperne di accendersi.
- Lasciami dare un’occhiata al motore.
- Non ti preoccupare, non vorrei … insomma … tu …
 
Killian capì immediatamente che Emma stava facendo riferimento alla sua protesi e la vide arrossire.
 
- Non è un problema sai …  ascolta sarò franco e diretto: non me ne intendo di motori, ma un mio amico meccanico fa proprio al caso nostro, è il migliore della città.
- Mi verrà a costare una fortuna allora!
- Ci parlo io, non ti preoccupare
- Grazie ma la risposta è sempre no.
- Andiamo Emma, ti faccio fare un prezzo di favore.
- Io non ti conosco e tutta questa gentilezza mi puzza. Se credi di rimorchiarmi per stasera ti sbagli di grosso, non sono un trofeo da vincere. Ho visto come mi guardi a lezione.
 
La ragazza aveva un bel caratterino. E per quanto lui fosse abituato ad avere tutte ai suoi piedi, erano proprio le donne che gli tenevano testa quelle che suscitavano il suo interesse più profondo.
 
- Ma davvero Swan? Parliamo di come tu guardi me quando credi che nessuno se ne accorga?
 
Le guance di Emma avvamparono: allora se ne era accorto!
 
- Comunque – proseguì lui – non posso lasciarti qui. Ti accompagno a casa e domani chiamo Ben per far vedere l’auto.
- E da quando in qua saresti un gentiluomo?
- Lo sono sempre. Allora, abbiamo un accordo?
 
Emma lo guardò ancora un momento. Dopo la storia di Neal aveva imparato a fidarsi del suo superpotere in fatto di menzogne. Anche se era sincero, la sua razionalità le stava suggerendo di allontanarsi da quell’uomo, mentre il suo istinto la stava spingendo nella direzione opposta.
 
- Mi vedo costretta ad accettare la tua offerta. Ma non pensare che ti perderò di vista per un solo momento.
- Mi dispererei se lo facessi. Una donna bella come te merita tutta la mia piena attenzione.
- E meno male che non ci stavi provando!
- Allora vieni con me o no?
 
Emma seguì titubante Killian nel parcheggio. Si fermarono davanti a una grossa bmw nera e dopo aver fatto scattare la serratura, Killian la invitò ad entrare. Dopo essersi accomodati e dopo aver fatto partire la radio, l’uomo mise in moto.
 
- Allora, dove abiti?
- Non c’è bisogno di accompagnarmi fino a casa. La prima stazione della metropolitana andrà benissimo.
- Non ci penso proprio! – rispose Killian stranamente serio – è tardi e non posso lasciarti così!
- So badare a me stessa, credimi
- Non lo metto in dubbio e infatti non è delle tue capacità di autodifesa che non mi fido, ma degli altri membri del mio genere.
 
A quel punto Emma non riuscì più a trattenere una risata. Killian si voltò un momento verso di lei e quando la vide sorridere, qualcosa dentro di lui si mosse prepotentemente.
 
- Finalmente! Mi chiedevo quando sarei riuscito a vedere il tuo volto rilassarsi e sciogliersi.
- Va bene, per stasera hai vinto. Ho una stanza in affitto in una piccola pensione si chiama Granny’s, è vicino a quel grande parco, poco fuori il centro.
- Ho presente il parco.
- Perfetto, lasciamo lì. La pensione è a meno di 100 metri
- Inutile insistere per accompagnarti fino sotto il portone vero?
- Verissimo.
- D’accordo, come desidera signorina.
 
L’atmosfera nell’abitacolo divenne improvvisamente calda e accogliente. Emma sentì la genuina gentilezza dell’uomo che era accanto a lei. Magari non sarebbe andata oltre quello, ma era un attimo davvero speciale, come se una connessione profonda si stesse instaurando tra di loro in maniera tacita. Forse era stato un Don Giovanni nel passato, ma ora non stava facendo nulla più del dovuto. Ed era la prima volta che un uomo mostrava una così attenta premura nei suoi confronti.
Come giunsero davanti al parco, Killian fermò la macchina.
 
- Per placare la tua coscienza, lo vedi quello stabile illuminato?
 
Emma indicò un edificio a poca distanza da loro.
 
- Lo vedo
- Ecco io mi dirigo lì.
- Siamo arrivati allora.
- Esattamente. Mi spiace solo averti fatto allungare la strada.
- Ma no, figurati! Il mio appartamento non dista poi molto da qui.
 
Emma poggiò la schiena sul sedile e lo guardò attentamente un’ultima volta.
 
- Vivi solo? – chiese così senza pensarci troppo. Silenzio. – Scusa, hai ragione. Non sono affari miei. Non so neanche perché ti ho fatto questa domanda. Ad ogni modo, grazie del passaggio.
 
Emma aveva appena aperto la portiera quando Killian la trattenne per un braccio.
 
- Aspetta non scappare così! Neanche buonanotte mi dici?
- Non sto scappando – rispose una Emma visibilmente in imbarazzo – e comunque non volevo essere indiscreta prima.
 
Killian sorrise. Riuscire a rendere nervosa una ragazza così, nutriva non poco il suo ego e, ovviamente, se ne compiacque.
 
- Non sei stata indiscreta e comunque sì, vivo solo.
- Non dovevi rispondermi per forza, non era necessario.
- Allora, domani chiamo il mio amico meccanico. Lasciami il tuo numero, appena so qualcosa ti faccio sapere.
- Ora si spiega tutto … ecco dove volevi andare a parare!
 
Emma uscì stizzita dalla macchina, seguita a ruota da un più che confuso Jones.
 
- Emma aspetta, ti prego. Non è come credi.
- Voi siete tutti uguali! Non sei poi tanto diverso dagli altri uomini che ho incontrato.
- Ma come faccio a darti notizie se non mi lasci un recapito telefonico a cui rintracciarti?
 
Touché Swan. Touché. Ma non gliela avrebbe data vinta comunque.
 
- Sai perfettamente dove lavoro. Puoi benissimo venire alla galleria. Il mio turno inizia alle 9:30. Possiamo vederci al caffè che è lì di fronte.
- Ma Ben non apre prima delle 9:00.
- Facciamo colazione insieme e poi lo chiami. È la mia ultima offerta, prendere o lasciare.
- D’accordo Swan, hai vinto. A domani mattina allora! Buonanotte!
-. Notte a te, Jones!


ANGOLO DELL'AUTRICE:
Eccoci, un po' in aticipo, ma ci siamo. Ho realizzato che domani ho una giornata pienissima, ergo ho deciso di pubblicare stasera, anche per ingannare l'attesa per questa puntata ... a parte gli spoiler tragici, i nostri sono .... da scapoccio .... #gioia
Alla fine i nostri piccioncini sono riusciti ad incontrarsi, a parlarsi oltre che guiardarsi. Emma è già sulla difensiva, ma Jones sa come prenderla e sa come farsi strada tra le sue mura. Il caso ci ha messo lo zampino e grazie ad un guastod el maggiolino, Killian è potuto intervenire, sarà questo l'inizio di qualcosa tra loro? #vedremo
Grazie a tutti per le letture, le recensioni e le visualizzazioni #veadoronacifra
La prossima settimana è l'ultima prima del finale di stagione ... e io non vedo l'ora di scoprire dove andremo la prossima stagione.
Un bacione grandissimo e a lunedì prossimo
Persefone

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Capitolo 5
*** V. Trying to spend time with you ***


V. Trying to spend time with you
 
Al tavolo del bar, Emma stava tormentando la panna della sua cioccolata calda. Aveva fatto bene a fidarsi di quell’uomo? Ci aveva rimuginato su tutta la notte. Mentre era intenta a fissare il soffitto, i tratti del volto di Killian sembravano disegnarsi su di esso senza difficoltà. Dopo Neal aveva avuto qualche relazione amorosa senza impegno ma le aveva irrimediabilmente distrutte tutte. Una cosa l’aveva capita però: quando credi che una cosa sia sbagliata, lo è per davvero. Ecco, era quello il problema. In Killian non sentiva niente di sbagliato. Ma l’ultima volta che si era fidata completamente di un uomo era finita tutt’altro che bene e anche allora non aveva sentito che ci fosse niente di sbagliato. No, non ci sarebbe caduta un’altra volta. Avrebbero sistemato la faccenda del maggiolino e poi ognuno sarebbe andato per la propria strada.
Guardò l’orologio da polso. Nove e un quarto. Sta a vedere che le loro strade si sarebbero divise ancora prima di risolvere la faccenda della macchina? Era in ritardo. Magari la buca della sera gli aveva fatto cambiare idea. Meglio, almeno se lo sarebbe levato dalla testa più in fretta. Prese il cellulare e iniziò a cercare su internet un meccanico in zona.

Quell’odioso suono. Killian sentiva la suoneria della sveglia martellargli il cervello. Ma perché stava suonando? Allungò un braccio sul comodino per farla tacere. Infilò la testa sotto al cuscino e si girò dall’altro lato per continuare a dormire. Improvvisamente sentì qualcosa rotolare accanto al suo naso. La afferrò e la osservò: era una matita. Che ci faceva una matita nel letto? Tirò fuori la testa per guardarsi intorno. Sull’altro lato c’era il suo album aperto con l’ennesimo ritratto di Emma in bella vista. Lo aveva fatto la sera precedente per combattere l’insonnia e poi doveva essersi addormentato a un’ora imprecisata. Prese il foglio tra le mani. Emma … Emma … un momento! Si girò immediatamente verso la sveglia. Otto e un quarto. Ecco perché l’aveva puntata! Aveva appuntamento con lei quella mattina! E stava facendo tardi! La sveglia sul cellulare sottolineò quanto fosse in ritardo. Si alzò velocemente per tuffarsi sotto la doccia. Non poteva mandare a monte l’unica occasione che era riuscito a procurarsi con lei.

Emma stava per cliccare su uno dei nomi che erano apparsi su google, quando la porta del caffè si aprì facendo entrare un Killian visibilmente in affanno.
 
- Signor Jones! Buongiorno! – lo accolse Ruby la cameriera.
- Buongiorno Ruby – rispose lui con le mani sulle ginocchia cercando di riprendere fiato – è già andata via la ragazza bionda che lavora alla galleria d’arte qui di fronte? Ha gli occhi verdi, si chiama Emma.
-. Emma Swan?
- Brava! Proprio lei!
- Be’ se avevate un appuntamento, le consiglio di trovare una buona scusa quando la vedrà
- No! Non dirmi che è andata via!
- Non ancora, è seduta a quel tavolo, ma non credo sarà di buon umore.
 
Ruby stava indicando un tavolo a cui era seduta una sbigottita Emma che aveva assistito a tutta la scena a bocca aperta.
 
- Meno male!
 
Killian si avvicinò al tavolo e si lasciò cadere su una delle sedie di fronte ad Emma.
 
- Non dirmelo … sei per caso venuto a piedi? – chiese Emma sarcastica
- Spiritosa! Sono uscito di corsa e ho parcheggiato la macchina …
- Non è un transatlantico?
- Come lo vuoi chiamare va bene, dicevo ho parcheggiato lontano. E lo ammetto, sono un uomo pieno di qualità ma con gli orari sono un completo disastro.
- Modesto … cosa vuoi da bere?
- Un caffè estremamente nero ed estremamente lungo grazie.
 
Emma fece cenno alla cameriera di servire loro il caffè.
 
- Sono davvero felice che non te ne sia andata.
 
Gli occhi di Killian si fermarono ad osservarla. Vestiva sempre in modo semplice: jeans, maglioncino bianco e giacca di pelle rossa. Nessuna scollatura né centimetri di pelle in vista. Ma era più sensuale lei così di moltissime donne che, in succinti abitini, si erano date a lui.
 
- Perché mi guardi così? Ho qualcosa che non va?
- Assolutamente! – rispose Killian distogliendo lo sguardo.
 
E in quel momento l’uomo si accorse che sul display del cellulare di Emma era visualizzata una lista di meccanici della zona.
 
- Cercavi un meccanico? Ma come, ti avevo detto che ci avrei pensato io!
- Lo so, ma questo me lo hai detto ieri sera.
- Sono un gentiluomo santo cielo! Non mi sarei mai rimangiato la parola data!
- E io come potevo saperlo? Avevamo appuntamento per le 9 e sei arrivato con venti minuti di ritardo, a dir la verità non pensavo saresti più venuto
- Oh giusto. Hai perfettamente ragione. Ecco cosa faremo. Prendo un sorso di caffè, così che la caffeina possa rendermi abbastanza lucido da poter mettere insieme due parole di senso compiuto. Poi chiamo Ben.
 
Killian afferrò la sua tazza e diede una lunga sorsata prima di alzarsi nuovamente.
 
- Torno subito, scusami.
 
Emma vide Killian allontanarsi per appartarsi in un angolo a telefonare. Fece illuminare il display del suo telefonino. Nove e venti. Era davvero ora di avviarsi. Dannato Jones, lo hai fatto apposta ad arrivare tardi? Non importava. Emma prese una penna dalla sua borsa e uno dei tovaglioli di carta. Scrisse qualcosa prima di alzarsi e andare a lavorare.

Quando Killian tornò al tavolo e lo trovò vuoto ci rimase malissimo. Era riuscito a parlare con Ben. Si erano accordati per un appuntamento al parcheggio, dove era rimasto il maggiolino, per l’ora di pranzo, in modo che anche Emma potesse essere presente. Ma a cosa era servito se poi non poteva comunicarlo alla diretta interessata? Poteva presentarsi alla galleria, ma a che ora sarebbe andata a pranzo? La sua delusione fu spazzata via quando, sotto la sua tazza, vide un tovagliolino piegato con cura e con su scritto il suo nome. Lo aprì.
 
“Scusami. Purtroppo non posso proprio rimanere o farò tardi. La pausa pranzo è dalle 13.00 alle 14.00. In caso avessi altri impegni o il tuo amico non fosse disponibile, ti lascio il mio numero di cellulare.
Emma.”

Killian sorrise. Aveva il suo numero di telefono. E poi il suo cellulare squillò ancora. Rispose.
 
- Dimmi tutto Ben! Spostare alle 13:30? Sarebbe anche meglio! Va bene, ci vediamo dopo.
 
Felice come un bambino, Killian decise di andare a fare un giro per negozi per ingannare l’attesa del pranzo.


Alle 13 in punto, la porta della galleria Blanchard si aprì.
 
- Siamo chiusi per pranzo – rispose Mary Margaret senza neanche voltarsi – saremo più che felici di servirla alla riapertura.
- Ciao Mary Margaret
- Killian! cosa ci fai qui?
 
La donna uscì subito dal bancone e gli andò incontro.
 
- Sto cercando Emma
- È ancora in ufficio, stava finendo di sbrigare alcune pratiche. È successo qualcosa?
- Niente di particolare, ma avevamo appuntamento per pranzo.
- Ma davvero? – disse Mary con viso raggiante – non sapevo usciste insieme!
 
Per fortuna di Killian, la porta che dava agli uffici si aprì interrompendo quell’imbarazzante momento. Mary Margaret si girò immediatamente verso Emma lanciandole uno sguardo che, a parole, sarebbe suonato come … cosa non mi hai detto cara mia? Le guance di Emma resero visibile il suo imbarazzo.
 
- Ciao Emma, scusami se sono venuto qui.
- Ma non hai trovato il messaggio?
- Siamo già ai messaggi? – chiese Mary Margaret sempre più felice – scusatemi, non sono affari miei. Comunque tranquilli, non badate assolutamente a me!
- Mary non è come pensi!
- Io non penso nulla!
- Non è vero! Ieri ho avuto un guasto alla macchina e ho incrociato Killian che mi ha gentilmente offerto aiuto. Non iniziare a volare con la fantasia.
- Ma io vi credo eh!
- Ti prego Killian, andiamo prima che Mary possa immaginarsi una storia tipo la principessa ribelle e il pirata.
 
Emma affrettò il passo verso l’uscita e Killian la seguì a ruota. Non appena furono fuori e lontani di qualche passo si fermò improvvisamente.
 
- La principessa ribelle?
- Sì è così che le piace prendermi in giro.
- Ne devo dedurre che mi vede come un pirata.
- Questo non lo so, ho azzardato io quel paragone.
 
Lo aveva paragonato a un pirata. Strano. Solo David lo faceva di solito e sicuramente non ne aveva parlato con Emma.
 
- E comunque scusala. È un’ottima amica ma è fissata con l’amore. Mi spiace se ti ha messo in imbarazzo.
- Ma figurati, principessa ribelle. Hai mangiato?
 
Emma gli lanciò uno sguardo di ammonimento.
 
- Non ancora. A che ora arriva il tuo amico, pirata?
- Alle 13:30.
- Muoviamoci allora, non ho molto tempo. E non chiamarmi principessa.
- Tu invece puoi chiamarmi pirata quanto vuoi.
 
Ben stava trafficando nel cofano del maggiolino di Emma da circa dieci minuti.  
 
- Allora cosa mi dice? – chiese Emma
- Da quando tempo non lo fai controllare? – rispose Ben pulendosi le mani con uno straccio.
- Non saprei, non mi ha mai dato problemi.
- Così su due piedi, direi che il motore ha qualcosa che non va. Devo portarla in officina.
- Accidenti! Ma a me la macchina serve!
- Non ti preoccupare …
- Toh – intervenne Killian – Emma sono le 13:45, non stai facendo tardi?
- E qui?
- Ci penso io. Non ti preoccupare – rispose Killian spingendola dolcemente ad avviarsi alla galleria
 
Emma si allontanò titubante. Era abituata a sbrigare le sue cose da sola, senza l’aiuto di nessuno e lasciare che fosse qualcun altro a darle una mano era una sensazione strana. Quando fu andata via, Killian si rivolse nuovamente a Ben.
 
- Quanto tempo dicevi che ti occorre per la macchina?
- Uno, due giorni massimo.
- E se ti chiedessi di andare più piano?
- Ma l’hai sentita?
- Ben … te lo devi spiegare o ci arrivi da solo?
- Ma non dirmelo, il vecchio, caro Killian Jones è tornato
- Non credo, voglio solo avere un pretesto per passare del tempo con lei. Allora, quanto tempo?
- Una settimana senza farla insospettire.
- Andrà bene, grazie.
- Ma figurati. Ora però me la porto in officina.
 
Appoggiato alla sua macchina, Killian stava aspettando che Emma uscisse dalla galleria. Era stato più cauto stavolta: non voleva dare un’altra possibilità a Mary Margaret di ricamare con la fantasia. Aveva scritto ad Emma che era fuori ad aspettarla con le novità. La risposta era stata breve e concisa, ma già che il numero fosse giusto lo fece sentire bene.
Quando Emma lo vide avvolto nella sua giacca di pelle nera, notò immediatamente come il blu dei suoi occhi fosse esaltato dal nero. Era bello, molto bello.
 
- Dimmi che mi porti buone notizie
- Sarà pronta tra una settimana.
- Ma Ben aveva detto che non era nulla!
- Già ma una volta in officina, il danno si è rivelato più grande del previsto.
- Questa non ci voleva! Dovrò rassegnarmi alla metropolitana.
- Per questo sono qui. Ti accompagno io!
- Non posso proprio approfittare così della tua cortesia
- Se mi sto offrendo, tu non ti stai approfittando di niente!
- Accetto solo perché domani dovrò svegliarmi all’alba per non fare tardi a lavoro!
- Non dovrai, ci sarò io ad aspettarti
- Sei completamente pazzo!
- Preferisco galante mascalzone – replicò Killian aprendole la portiera della macchina.

Emma salì in macchina sorridendo. Certamente a quell’uomo non mancava il senso dell’umorismo.



ANGOLO DELL'AUTRICE:
Anche questa settimana ho anticipato a domenica ... scusate, ma sono davvero impaziente del finale di stasera che devo riempire le ore in qualche modo! XD
E così il nostro caro Killian sta cercando in tutti i modi di passare un po' di tempo con la nostra Emma chiedendo aiuto al suo amico meccanico, almeno ha una scusa per presentarsi a casa sua senza risultare molesto o uno stalker! Accetterà la nostra Emma? Lo respingerà? #chissàchilosa
Grazie davvero a tutti voi che seguite e recensite, lo hiatius è alle porte e come sempre spero di poetrvi fare un po' di compagnia in attesa di nuovi disagi.
Un bacio e incrociamo le dita per sopravvivere *gli spoiler cs sono da nirvana, vediamo tutto il resto*
Persefone

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Capitolo 6
*** VI. Becoming Emma & Killian ***


VI. Becoming Emma & Killian
 
Borsa, chiavi, cappello. Emma afferrò le ultime cose al volo. Aveva fatto tardi. Per la prima volta da quando lavorava alla galleria era in ritardo. E tutto per colpa del suo maggiolino. E di Killian. Avvolta nella sua sciarpa, uscì di fretta di casa.

Dopo che Killian l’aveva lasciata davanti al portone la sera prima, si era dovuta scontare con la curiosità di Granny.
- Non dirmi Emma, è la prima volta che ti vedo in compagnia di un uomo da quando sei qui.
- Ti prego Granny, non è come pensi.
- Ragazza mia, sei così giovane e bella e lui anche visto da qui pare uno schianto e rapito da te.
- Ma davvero?
- Senti se viene qui e chiede di te e tu non lo vuoi vedere, ci vado io a bere una cosa con lui!
 
Emma si era diretta stizzita nella sua stanza. Aveva fatto una doccia bollente cercando di non pensare più a lui, ma il caldo sorriso di Killian le aveva fatto compagnia per tutta la serata. Più si girava nel letto, più i dettagli dell’uomo le tornavano alla memoria: il suo profumo, la sua ironia, la sua scaltrezza, la sua dolcezza.
Cercando di cancellare le emozioni di quella notte, si avviò a passi veloci alla fermata dell’autobus, senza badare molto a quello che la circondava.
 
- Buongiorno Emma! – disse una voce alle sue spalle.
 
Non era possibile. Emma si voltò, sorpresa, verso la figura che aveva appena superato.
 
- Ti ho detto che sarei venuto! – continuò un sorridente Killian.
 
- Ma io credevo scherzassi Jones! E poi cosa ne è della tua allergia agli orari?
- Tre sveglie. Sono la cura giusta. E poi non scherzo mai su queste cose. Avanti, monta in macchina!
 
Emma guardò l’orologio. Non avrebbe mai fatto in tempo e tanto valeva approfittare della sua gentilezza.
 
- D’accordo, ma solo stamattina!
- Bene allora monta a bordo! Benvenuta sulla Jolly Roger!
- Sei tutto suonato Jones!
 
E invece Killian si fece trovare all’uscita quella sera, il giorno dopo e quello dopo ancora. Tutte le volte Emma si era ripetuta che quella sarebbe stata l’ultima, ma quando se lo ritrovava davanti sorridente, le mancava il coraggio di rifiutare le sue gentilezze. Si comportava in modo strano per cercare l’avventura di una notte, avventura che lei non era minimamente disposta a concedersi. Ne aveva incontrati molti di uomini così, nelle rare volte che aveva deciso di allentare un po’ la corda, e non aveva mai concesso più di una notte. E poi perché mai anche lui ne avrebbe voluta più di una?
Alla galleria, Mary Margaret aveva notato un cambiamento nella sua amica. E sapeva che c’entrava l’amico di David. Se lo sentiva. E così dopo averla tormentata per giorni era riuscita a farla cedere e confidarsi con lei. Non che Emma non volesse parlare, ma non era abituata a condividere le proprie insicurezze con un’altra persona. Nella pausa pranzo erano rimaste nel retrobottega con un tramezzino e dell’aranciata.
 
- Fammi capire, da quattro giorni si presenta ogni mattina per accompagnarti e poi la sera ti riaccompagna a casa?
- Esatto. Ed io stupida non riesco mai a dirgli di no. E la cosa mi infastidisce con me stessa.
- Ma è una cosa romanticissima!
- Mary, ti prego! Non iniziamo o la smetto subito di parlare con te!
- Il tuo comportamento non mi stupisce comunque, perché tu … - si interruppe temendo di essere andata oltre quei confini che Emma voleva mantenere a tutti i costi
- Perché io … cosa?
- Lascia perdere
- No, dillo, cosa faccio?
- Cerchi di proteggere te stessa. Stai innalzando un muro.
 -Solo perché non mi lascio andare?
- Emma che tu non riesca a dirgli di no, è indicativo di qualcosa.
- Che cosa di grazia?
- Quello che è chiaro come il sole per tutti tranne che per te. E cioè che tu provi qualcosa per lui.
- Andiamo! Lo conosco appena!
- Ecco, un altro muro.
- Non ci sono muri!
- Davvero?
- Non ci vedo niente di male nell’essere cauti.
- Vero, ma il muro che innalzi ti terrà al riparo dal dolore, però ti terrà lontana anche dal’amore.
 
Emma non seppe che replicare a quella lucida osservazione. Le due donne finirono il pranzo in silenzio non tornando più sull’argomento. Mary la guardò benevola: ecco un altro maledetto muro tra la sua amica e la possibilità di credere che, anche per lei, un lieto fine fosse anche solo possibile.
In un baleno arrivò giovedì e Killian era impaziente di andare alla galleria per la lezione di disegno. Aveva lasciato Emma alle nove e un quarto e poi aveva ricevuto una telefonata molto importante. Oggi più che mai aveva un buon motivo per riaccompagnarla a casa. Era più impaziente del solito, ma quando si aprì la porta per far entrare Mary, cercò di darsi un contegno.
 
- Buon pomeriggio a tutti – esordì Mary Margaret – cambio di programma. Emma non può essere con noi oggi, quindi ho dovuto cambiare l’argomento della lezione di oggi.
 
Killian era sbalordito. Possibile che le fosse successo qualcosa di imprevisto? E se davvero era così perché non gli aveva detto nulla? Infilò la mano in tasca per stringere il mazzo di chiavi: Ben aveva finito la macchina e lui era andato a ritirarla.
 
- Io non so davvero come ringraziarti amico – aveva detto Killian a Ben
- Di niente Killian, è stato un piacere. E comunque quella è una ragazza tosta. Ti sei messo proprio in un bel casino, considerando che potresti avere tutte le donne che vuoi ai tuoi piedi.
- Colpito e affondato. Quanto ti devo?
- Una sciocchezza, ma se paghi tu e non le dici niente, cosa che sono sicuro farai, ti uccide. E poi verrebbe qui. L’ho capita al volo. Per questo offre la casa. Sei uno dei miei clienti migliori, non posso davvero permettermi di perderti.
 
Risero entrambi
 
- Sam! – riprese Ben – prepara il maggiolino!
 
Dopo essere uscito dall’officina, Killian aveva lasciato la sua macchina e aveva guidato il maggiolino fin sotto casa di Emma. Aveva visto Granny seguire ogni sua mossa da dietro le tendine. Quella donna era davvero affezionata ad Emma se era così protettiva nei suoi confronti. Dopo aver lasciato la macchina proprio davanti all’entrata del B&B, era tornato a recuperare la sua di auto e poi si era diretto a pranzo, tanto valeva restare in zona della galleria. Aveva in serbo proprio una bella sorpresa per Emma.
Passò tutta la lezione con la testa da un’altra parte. Era preoccupato per lei. Da quando si preoccupava così di una persona che non era lui? Quella donna lo aveva stregato, questo era senza dubbio quello che gli era successo. Il suo malumore si manifestava nella cronica insoddisfazione per i bozzetti che stava buttando giù.
Passando tra i banchi, Mary aveva notato l’inquietudine di Killian. Le venne da sorridere. Quei due potevano negarlo al mondo intero, ma non a lei: erano legati da qualcosa di davvero speciale. E lei lo sentiva, proprio come aveva sentito che David era l’uomo giusto. Si avvicinò a Killian sorridendo.
 
- Tutto bene? Oggi sei piuttosto distratto – osservò lei notando gli schizzi sul blocco – non è da te.
- Una brutta giornata, scusami.
 
Killian la guardò titubante. Se c’era una persona che poteva sapere qualcosa su Emma, quella era proprio Mary Margaret. Doveva sapere perché lei non era presente.
 
- Emma? Come mai non è qui? – chiese con tutta la naturalezza che riuscì a sfoderare, molto poca a dir la verità.
 
Mary si aspettava quella domanda. L’aveva sentita aleggiare nell’aria non appena si era avvicinato a lui. Aveva colto una sfumatura diversa nel tono della sua voce. Non era l’amico a chiedere, ma uno spasimante che non trova l’altra metà della sua anima.
 
- Ha avuto un contrattempo
- Le è successo qualcosa stamattina, dopo che l’ho lasciata qui davanti? Sta bene?
- Calma, Killian. Va tutto bene, è rimasta in ufficio con mia madre. Stavano lavorando a un nuovo progetto per la galleria. La vedrai alla chiusura, tranquillo.
 
Mentre Mary si dirigeva alla cattedra, il volto di Killian si rilassò all’istante. La donna si fermò un momento di spalle e poi si girò con l’intenzione di voler fare un annuncio.
 
- Benissimo – prese la parola Mary – voglio dirvi una cosa. Come sapete quest’anno per la nostra galleria è molto importante: festeggiamo trent’anni di attività. Volevamo celebrare la ricorrenza in maniera speciale e chiederemo ad ognuno di voi di darci una mano. Tenetevi pronti dunque e ci aggiorniamo nelle prossime settimane. Grazie e alla prossima settimana.
 
Killian radunò le sue cose velocemente. Voleva aspettare Emma fuori e darle quelle chiavi. E non solo. Voleva invitarla a bere qualcosa con lui, da soli. Mary lo seguì con lo sguardo. Qualcosa stava bollendo in pentola.
Come la vide comparire sulla soglia della porta si sentì sollevato. Era felice di vederla.
 
- Killian – disse Emma – anche stasera?
- Come sempre. Sono o no il tuo Jervis?
- Io purtroppo non sono né bella né intelligente come Peggy Carter. Bella serie però, grazie del consiglio.
- Di niente. Ne vedo a bizzeffe. Magari una volta ne scegliamo una insieme e la guardiamo.
- Un giorno magari
 
Killian tirò fuori la mano dalla tasca a pugno chiuso.
 
- Ho una cosa per te
- Davvero?
 
Aprì la mano per mostrarle le chiavi del maggiolino.
 
- È pronto.
- Finalmente! – rispose Emma prendendo le chiavi in mano – dove è parcheggiata?
- Sotto casa tua.
- Stai scherzando
- No, no. Anzi la tua padrona di casa mi ha squadrato da capo a piedi. Le puoi dire che non ho cattive intenzioni con te?
- Non dovevi disturbarti così.
- Non sei mai un disturbo, Swan. Pensavo lo avessi capito.
- Almeno dammi il conto del meccanico.
- Non mi devi nulla.
- Non posso accettare davvero. Ti prego, non costringermi a rimettere le distanze tra noi.
- Ben non ha voluto nulla, davvero. Ha detto che è un omaggio della casa per i nuovi clienti.
- Non me la racconti giusta.
- Ascoltami, perché non ce ne andiamo a bere qualcosa per festeggiare?
- Io e te?
- Vedi qualcun altro?
 
Proprio in quel momento si aprì la porta della galleria, da cui uscirono Mary e David.
 
- Ragazzi – disse Mary – cosa ci fate qui?
 
Killian attirò l’attenzione di David e gli fece capire che voleva rimanere solo con Emma quella sera.
 
- Killian mi ha riportato il maggiolino.
- Fantastico! Già che siamo tutti qui, perché non andiamo a bere qualcosa tutti insieme? – propose Mary
 
Killian lanciò uno sguardo verso David: non erano quelli i piani della serata.
 
- Amore – intervenne David – credo che …
- Se Killian non ha nulla in contrario – intervenne Emma – per me non ci sono problemi.
 
Tutti si girarono verso Killian in attesa di una risposta.
 
- Muoviamoci allora – rispose l’uomo capendo che era l’unica cosa da fare.
 
Mentre si dirigevano verso uno dei locali dall’altra parte della strada, Killian si avvicinò a Emma camminandole a fianco.
 
- La mia offerta resta sempre valida. Ti porto fuori una di queste sere.
 
Emma arrossì senza rispondere.

Dopo essere riusciti ad occupare un tavolo e ad accomodarsi, ordinarono subito il primo giro di shot. La serata si prospettava tranquilla e infatti trascorse nel massimo dell’allegria e della giovialità. Tra risate e aneddoti che mettevano in imbarazzo il malcapitato di turno. La presenza di Mary aiutò Emma a sentirsi a suo agio e a lasciarsi andare, complice anche qualche bicchierino. La musica molto alta aveva avuto il grande vantaggio di far avvicinare molto Emma e Killian. Quel contatto molto più stretto ed intimo stava piacendo ad entrambi e lo attuavano in maniera del tutto naturale. Si vedeva dai loro gesti che una certa complicità e connessione, non solo era nata, ma si stava rafforzando. All’ennesimo giro di shot, David alzò il bicchiere in alto.
 
- A questa serata! – disse allegro.
 
Aveva notato anche lui l’affiatamento tra i due e ne era felice per il suo amico. Aveva capito che era interessato ad Emma e che quell’interesse era genuino, come non gli capitava da anni ormai. Anche gli altri lo stavano imitando, quando qualcuno urtò il braccio di Emma. Il contenuto del bicchiere si rovesciò sul vestito della bionda.
 
- Accidenti!
 
La responsabile dell’urto si voltò immediatamente per scusarsi. Quando incrociò gli occhi di Emma, improvvisamente iniziò a ridere.
 
- Ma io ti conosco! Tu sei Emma Swan! Frequentavamo lo stesso corso di letteratura.
- Credo che mi abbia preso per un’altra persona – rispose Emma cercando di mantenere la calma.
- No, no. Sono sicura! Daisy! Guarda chi c’è! La biondina che è stata al centro di quello scandalo qualche anno fa in facoltà. C’era di mezzo anche il professor Gold e suo figlio. Se la spassava con Gold Junior, me li ricordo benissimo i pettegolezzi che giravano.
 
La ragazza si allontanò e si rituffò nella folla. Killian vide Emma irrigidirsi improvvisamente. La tranquillità di pochi istanti prima fu spazzata via da una strana e violenta inquietudine.
 
- Scusatemi – disse Emma alzandosi prendendo la sua borsa – vado un momento in bagno.
- Torno subito – disse Mary seguendo a ruota la sua amica.
 
Quando aprì la porta del bagno, Mary lo trovò vuoto. Dietro una delle porte sentì qualcuno piangere. Era lei ne era sicura.
- Emma – disse avvicinandosi alla porta – va tutto bene?
- Dammi solo un momento. Mi calmo e me ne vado a casa in taxi.
- Non ce ne è bisogno.
- Non capisci, ora lui sa qualcosa che non volevo sapesse. Non riuscirò mai a liberarmi di questa storia.
- Ascolta, lui è ancora lì, preoccupato per te e non di quello che ha detto quella ragazza.
- Non cercare di farmi stare meglio, è inutile. Lasciami stare!
- Come vuoi. Ma se cambi idea siamo sempre lì.


ANGOLO DELL'AUTRICE:
Le domeniche di hiuatus non piacciono, sopratutto la prima T.T
La nostra  cara Emma alla fine non solo ha accettato l'aiuto e il passaggio di Killian il primo giorno ma anche tutti gli altri ... ci ha preso gusto la ragazza, anche se si farebbe ammazzare prima di ammetterlo XD
Ho iniziato un mega rewatch di Ouat e il dialogo tra Emma e Mary me lo ero completamente scordato! Stupendissimo!
E poi la botta finale. Lei non voleva che lui sapesse questa cosa per ovvi e vari motivi, ma onestamente credete che Jones rimarrà con le mani in mano? :P
Grazie ancora a tutti per le letture, recensioni e inserimenti. :D
Alla prossima settimana! 
Persefone

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Capitolo 7
*** VII. A Penny For Your Thoughts ***


VII. A Penny For Your Thoughts

Killian e David si stavano guardando perplessi. Erano entrambi dispiaciuti per quel repentino cambio di atmosfera. Nessuno dei due aveva la più pallida idea di quello che la ragazza aveva detto, ma data la reazione di Emma, era senz’altro qualcosa che la metteva a disagio.
 
- Tu sai chi è questo Gold o suo figlio? – chiese Killian fissando il suo bicchiere ormai vuoto.
- Non direttamente. Ma Mary e la sua famiglia li conoscono molto bene. Avevano una prestigiosissima galleria d’arte, oltre alla cattedra universitaria, che ha chiuso in fretta e furia. Mary e la sua famiglia hanno avuto un sacco di problemi a causa loro. Gold padre ha persino cercato di togliere alla famiglia Blanchard la galleria.
- E adesso dove sono questi due gentiluomini?
- Sono fuggiti in Canada a quanto pare. Erano collegati a un grosso traffico di opere d’arte, ma sono riusciti a lasciare il paese prima che i federali riuscissero a interrogarli.
 
Killian stava ascoltando distrattamente le parole di David. Non riusciva a togliersi dalla testa il volto scosso di Emma. Per lei quel periodo della vita era ancora una ferita aperta. La capiva però. Se qualcuno le avesse raccontato a bruciapelo e con tale superficialità quella che era stata la sua vita dopo l’incidente, se ne sarebbe vergognato allo stesso modo. Sentì dentro il bisogno e la voglia di tranquillizzarla, di farle capire che lui era davvero l’ultima persona a poterla giudicare. Ma allo stesso tempo non aveva alcuna intenzione di mettere a repentaglio quello spiraglio tra loro o comunque qualunque cosa stesse nascendo, ci teneva troppo. Ma quando Mary tornò al tavolo, non seppe trattenersi oltre dal fare domande.
 
- Emma?
- È in bagno, ma non vuole vedere nessuno. Ha detto che prenderà un taxi per tornare a casa.
- Non passa neanche a salutarci?
- E' molto scossa e non vuole vedere nessuno. È una persona straordinaria, ma quando ha paura si allontana e smette di fidarsi di tutti quelli che le sono attorno.
- E questo ha a che fare con quello che ha detto quella ragazza?
- Conosco la storia di Emma, ma credo spetti a lei decidere se parlarne o  meno.
- Senza alcun dubbio. Sarà meglio che vada anche io. Ci vediamo ragazzi e grazie della serata.
 
Mary e David si guardarono.
 
- Certo che come Cupido facciamo proprio schifo – disse David finendo il suo bicchierino.
- Io non ci giurerei
 
Mary indicò a David un Killian di spalle con il telefono in mano.
 
- Mi era sembrato strano che si arrendesse così. Quello è il caro Killian Jones che speravo tanto venisse alla luce.
 
Dopo essersi allontanato dagli altri, Killian non aveva esitato un minuto: voleva parlare con Emma. Stava cercando di chiamarla al cellulare, quantomeno per offrirsi di riaccompagnarla a casa. Era in attesa che rispondesse, quando la vide seduta al bancone del bar con una tequila in mano. Si diresse da lei immediatamente.

L’aspro del limone era odioso, ma ogni bicchiere di tequila boom boom, degno di questo nome, non poteva esserne sprovvisto. Emma era al terzo bicchiere. Non amava affogare i dispiaceri nell’alcol ma essere catapultata di nuovo, e suo malgrado, in quel periodo della sua vita, l’aveva scossa non poco. Il dolore che per tanti anni aveva nascosto, era riemerso violentemente, di getto. Non era in grado di sopportarlo ancora una volta. Buttò giù tutto il contenuto del bicchiere e poi passò al limone cercando di pensare ad altro. Con la coda dell’occhio vide qualcuno sedersi allo sgabello accanto a lei. Il barman si avvicinò al nuovo arrivato per prendere l’ordinazione.
 
- Cosa posso servirle signore?
- Quello che sta bevendo la signorina.
 
Sapeva cosa voleva quell’uomo. Quanti avevano iniziato ad approcciare con lei in quel modo? Tanti. E a tutti aveva dato irrimediabilmente buca. E quello sarebbe stato il prossimo a finire nella lista degli scaricati.
 
- Mi ascolti attentamente – disse Emma girandosi verso l’uomo.
 
La frase rimase sospesa a mezz’aria quando si accorse che era Killian la persona che le si era seduta accanto.
 
- Killian … cosa ci fai qui?
- Avevo voglia di una tequila proprio come te.
- Lasciami sola per favore
- Non ci penso proprio, non con tutto quell’alcol nelle vene. Fidati ho una certa esperienza.
- Non sono una bambina! – rispose lei minacciandolo con il bicchiere in mano
- Lo so bene – replicò lui disarmandola – e non ti fermerò. Ma come hai finito ti riaccompagno a casa.
 
Davanti alla fermezza dell’uomo, Emma non ebbe la forza emotiva e fisica di contrapporsi a lui, quindi lo lasciò fare. Killian la prese per mano e la condusse fuori dal locale. Era risoluto ma gentile allo stesso tempo. Il freddo era pungente ed Emma rabbrividì.
 
- Hai freddo?
- Un po’ ma se cammino mi scaldo
 
Senza pensarci due volte, Killian si sfilò la giacca di pelle e la posò sulle spalle di Emma.
 
- Meglio così no? E ora andiamo.
 

Nell’abitacolo regnava il silenzio. Giunti al primo semaforo rosso, Killian si voltò verso il sedile del passeggero. Emma si era addormentata, sicuramente a causa della tequila. Così indifesa e vulnerabile, senza la sua maschera da dura, era ancora più bella. La lasciò dormire.
Erano arrivati da Granny già da un po’, ma era troppo bello guardarla dormire così. Purtroppo non potevano passare il resto della notte in quella macchina. Cioè a lui non sarebbe dispiaciuto, ma Emma non sarebbe stata dello stesso avviso una volta sveglia. Si decise quindi a svegliarla.
 
- Emma, tesoro, svegliati. Siamo arrivati.
- Arrivati dove?
- Al tuo appartamento
- Ancora cinque minuti – disse lei girandosi su un fianco
- Ti raffredderai così
- No, no! – replicò lei coprendosi con il giubbotto di pelle
- Benissimo, non mi lasci altra scelta.
 
Killian scese dalla macchina e si diresse verso la portiera del passeggero. La aprì e sostené Emma quando lo sportello smise di reggerla.
 
- Che intenzioni hai? – chiese Emma
- Portarti a casa, che domande! E se non ci vuoi andare con le tue gambe, ti ci porterò in braccio.
 
Killian la cinse con le braccia ed Emma sentì un improvviso calore avvolgerla dolcemente. Mai nessuno era stato così premuroso con lei, neanche Neal durante i primi tempi della loro relazione, quando era qualcosa di genuino ancora.
 
- Aspetta – sussurrò debolmente
- Che c’è? – chiese lui preoccupato
- Se Granny ci vede entrare così, domani mi farà un mucchio di domande a cui non ho la minima intenzione di rispondere.
- Quindi cosa suggerisci?
 
Emma prese la borsa che era rimasta per terra e ne estrasse un mazzo di chiavi.
 
- Queste sono le chiavi della mia stanza. La porta sul retro dovrebbe essere ancora aperta. Entriamo da lì. Saremo subito agli ascensori.
- Come desidera signorina.
 
Killian la prese in braccio e si avviò verso la porta sul retro. Emma appoggiò la testa alla sua spalla e gli circondò il collo con le braccia.
 
- Sono pessima, ti sto facendo faticare e tu …
- Smettila di dire stupidaggini!
 
Giunto alla porta sul retro, cercò di aprirla con la spalla. Fortunatamente era socchiusa.
 
- Almeno era aperta.
- Gli ascensori sono rotti e la mia stanza è al terzo piano.
- Ho capito. Andiamo prima che faccia l’alba.
 
Killian iniziò a salire le scale facendo attenzione ad Emma. Le rampe erano piuttosto corte, non ci mise molto.
 
- Tesoro aiutami con le chiavi – disse una volta giunto davanti alla porta del piccolo appartamento.
 
Emma si destò per un breve momento. Infilò la chiave nella toppa e la fece girare. Una volta dentro, Killian era indeciso se adagiarla sul divano o sul letto.
 
- La mia stanza è la seconda porta del corridoio.
- Meglio che ti lasci lì allora.
 
L’ultimo ricordo di Emma fu il dolce contatto con il soffice materasso e la mano di Killian che le adagiava una coperta addosso. Bella quella sensazione, davvero bella.
Emma si svegliò di soprassalto con la gola arsa e la testa che girava leggermente. Come diavolo era arrivata a casa? Immagini confuse di Killian che la raggiungeva  al bar del locale e poi riaccompagnava a casa erano sbiadite e si confondevano tra loro nella sua mente. Decise che niente le avrebbe fatto bene come un bicchiere d’acqua per spegnere la sete e la confusione nella sua testa. Non ne aveva azzeccata una quella sera con lui: era riuscita a collezionare una serie di figuracce una dietro l’altra. A passi lenti si diresse in cucina. Non aveva bisogno di accendere le luci, cosa che avrebbe peggiorato il suo latente mal di testa. Arrivata in salotto, però, decise di accendere la piccola lampada da tavolo sul mobiletto. Illuminò immediatamente la figura che era seduta sul divano addormentata.
 
- Maledizione! Chi ha acceso la mattina?
 
Emma si avvicinò al divano. Un assonnato Killian stava lentamente uscendo dal torpore del sonno stropicciandosi gli occhi.
 
- E tu cosa ci fai qui?
- Scusa amore, mi devo essere addormentato. Volevo sedermi solo un momento prima di rimettermi in macchina. Sei leggera, ma tre piani con te in braccio sono sempre tre piani. Me ne vado subito.
 
Emma arrossì. Allora non aveva sognato di essere tra le sue braccia, ci era proprio stata.
 
- Ma no, hai fatto bene. Non mi sarei mai perdonata se ti fossi messo alla guida stanco.
- Ohhhhhhh se non ti conoscessi bene, direi che ti stai preoccupando per me, Swan.
- Ma possibile che mi fai pentire ogni volta di essere gentile con te?
- Ma questo non ti fa desistere dall’esserlo comunque! Ad ogni modo, ho abusato fin troppo della tua ospitalità. È tempo per me di andare.
- Non vuoi neanche una tazza di caffè molto lungo e molto nero?
 
Killian sorrise nel sentirle ripetere le sue stesse parole. Forse una piccola breccia in quei freddi muri di pietra che la circondavano aveva iniziato a farla.
 
- Vada per il caffè allora.
 
Dieci minuti dopo, erano entrambi seduti sul divano a chiacchierare pacatamente, anche se Emma con una punta di imbarazzo per quello che era accaduto e per come si era comportata. Killian vide nel volto della donna che quell’ombra non si era ancora dissipata del tutto e la preoccupava. Nel bel mezzo della conversazione, si alzò per andare a prendere uno dei grandi bicchieri country, posati sul lavandino.
 
- Che stai facendo? 
- Un penny per i tuoi pensieri.
- Ma stai scherzando?
- Al contrario, sono serissimo! Inizio io! Conosci le regole giusto?
 
Killian prese il suo porta monete e lo posò sul tavolinetto davanti al divano. Posò il bicchiere e poi tirò fuori una moneta. La fece rimbalzare prima sul tavolo e poi finì dritta nel bicchiere.
 
- Perfetto! Allora, vediamo … cosa ti sta passando per la testa in questo preciso momento Swan?
 
Emma tentennò un momento. Aveva capito a cosa mirava con quel gioco: sincerità. Aprirsi con una persona che non fosse Mary era davvero un passo nel vuoto, ma Killian aveva fatto di tutto per cercare di farle capire che lui era lì per lei. Per fortuna, il cuore fu più rapido della mente.
 
- Che dovrei ringraziarti per quello che hai fatto per me stasera. Avresti potuto approfittare della situazione e non lo hai fatto, anzi.
 
Killian abbassò lo sguardo. A quel punto Emma si alzò dal divano e sparì dietro la porta del corridoio. Ritornò in salotto pochi istanti dopo con un portamonete in mano. Sbalordito, Killian stava seguendo con attenzione le sue mosse. Emma si sedette di nuovo accanto a lui e fece rimbalzare una moneta nel bicchiere. D’accordo Killian, pensò la ragazza, giochiamo al tuo gioco.
 
- Perché hai abbassato gli occhi?
 
Killian sapeva di dover rispondere con sincerità proprio come aveva fatto lei.
 
- Perché se mi avessi incontrato un paio di anni fa, probabilmente avresti avuto ragione.
 
Emma fece rimbalzare ancora una moneta nel bicchiere.
 
- Perché stasera è stato diverso, allora?
- Perché sarò anche un pirata, come ti piace definirmi, ma ho dei buoni principi. Così quando vincerò il tuo cuore, Emma, e lo vincerò, non sarà stato un inganno. Sarà perché tu vuoi me.
 
Emma rimase senza parole. Aveva chiaramente intuito che l’interessamento per lei da parte dell’uomo, non era semplicemente di amicizia, ma sentirlo pronunciare era tutta un’altra faccenda. E poi perché uno così avrebbe dovuto essere attratto da una come lei, in fin dei conti?
 
- Io non so che dire.
- Non devi dire niente. Ma mi hai chiesto una cosa e io ti ho risposto sinceramente, tutto qui. Non cambia niente tra noi né mi aspetto qualcosa di più.
- Anche se non posso darti quello che cerchi?
 
Killian sorrise. L’aveva capita. Odiava le cose affrettate e lui per la prima volta aveva tutta l’intenzione di essere paziente. In fondo aveva tutto il tempo del mondo per aspettarla e per la miseria, lo avrebbe fatto.
 
- Non ho nessun tipo di fretta. Mi piace prendere le cose con calma quando si tratta di te.
 
Emma tirò fuori un’altra moneta e la fece rimbalzare nel bicchiere. Forse non sarebbero mai andati oltre l’amicizia ma aveva voglia di conoscerlo, di scoprire cosa c’era dietro quegli occhi blu, perché sicuramente di tempeste ne avevano viste e affrontate tante.
 
- È la mia ultima moneta. Chi sei veramente tu Killian Jones? E chi eri prima?
 
Killian rimase colpito dalla domanda così diretta e schietta.
 
- Diciamo che la mia vita non è sempre stata così tranquilla e regolare come in questo momento. Mio padre ha abbandonato me e mio fratello Liam quando eravamo bambini. Mia madre non l’ho mai conosciuta: Liam mi ha detto che è morta dandomi alla luce.
 - Mi dispiace.
- Sei la prima persona cui lo racconto, neanche David sa di questa storia. Per fartela breve, un giorno io e mio fratello ci siamo svegliati e lui non c’era più. In quel periodo, subito dopo il suo abbandono, mi sentivo come se fossi in acqua, cercando di rimanere a galla mentre qualcosa stava cercando di trascinarmi giù sul fondo. È stato orribile.
- Capisco cosa hai provato, ma almeno avevi Liam.
 
Killian notò immediatamente il velo di tristezza che era calato sul viso di Emma. Tirò fuori un’altra moneta e la fece rimbalzare nel bicchiere.
 
- Che intendi con capisco cosa si prova?
- Sono stata abbandonata sul ciglio di una strada appena nata, i miei genitori naturali non hanno avuto nemmeno l’accortezza di lasciarmi in ospedale o qualcosa del genere. Sono stata sbattuta da una casa famiglia a un’altra, da una famiglia adottiva ad un’altra. Nessuno ha mai voluto tenermi per più di sei mesi. Mi sentivo proprio come una bambina smarrita, senza nessuno, e probabilmente mi ci sento ancora. Pensavo che sarebbe sempre stato così. Di notte piangevo nel sonno perché volevo avere i miei genitori vicino e non riuscivo proprio a capire perché mi avessero abbandonata.
 
La voce incrinata di Emma aveva tradito le sue emozioni. Il perché quella ragazza fosse così chiusa in se stessa, era ora piuttosto chiaro. Ma Killian sentiva che quella era solo parte della storia.
 
- Oh Emma – disse lui dolcemente – io fortunatamente avevo mio fratello a sostenermi, lui c’è sempre stato per me. Non sarei mai sopravvissuto senza di lui. Tu invece non avevi nessuno. Posso solo immaginare quanto possa essere stato difficile.
- È passato ormai. Sono riuscita a lasciare l’orfanotrofio e comunque non hai finito di rispondere alla mia domanda Jones – replicò Emma asciugandosi gli occhi – chi sei veramente?
- Una persona che sta cercando di essere migliore di quello che è stata fino ad ora.
- Nobile proposito. Ed ora credo che sia per te ora di andare.
 
Emma tirò fuori le monete dal bicchiere e restituì quelle che aveva fatto rimbalzare Killian.
 
- Tienilo così il bicchiere Emma, ti ricorderà quello che ci siamo detti e cosa ha significato per noi questa chiacchierata. Spero non te ne sia pentita.
 
Emma lo guardò prima di accompagnarlo alla porta.
 
- No. A volte è più facile aprirsi con chi si conosce poco, il rischio di essere giudicati severamente è minore. Comunque buonanotte. Spero di rivederti a lezione la prossima settimana.
- Non mancherò.
 
Emma aspettò di vederlo sparire nella tromba delle scale prima di chiudere la porta. Era stata una serata particolare ma una cosa era certa: dopo quella chiacchierata non erano più le stesse persone di prima, non erano più due semplici conoscenti, erano qualcosa di diverso. Quanto diverso lo dovevano ancora scoprire.




ANGOLO DELL'AUTRICE:
Arivojo Ouat ora!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Mi ricompongo ... allora, non avevate certo pensato che un tipo come Jones se ne sarebbe stato buono buono in un angolino, vero?
Testona lei, ma pure lui non è da meno! E quindi ha fatto di tutto per riaccompagnarla a casa e che dire gli è andata benissimo, visto che è riuscito a stabilire un contatto pèrofndo con lei. Ho in mente questa scena di loro che parlano a cuore a perto facendo rimbalzare monetine nel bicchiere da un sacco di tempo, avevo pensato addirittura di farci una shot sopra, magari di loro che si raccontano del passato, ma credo che anche così non sia male!
E ora Emma cosa farà continuerà ad aprirsi o la paura avrà ancora il sopravvento? Restate con me perchè ne stiamo per vedere delle belle!
Grazie a tutti per letture, inserimenti e recensioni #veseama come direbbe qualcuna che conosco! XD
Un bacione
Persefone

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Capitolo 8
*** VIII. Close More Than Ever ***


VIII. Close More Than Ever
 
Quando Killian aveva oltrepassato quella porta, aveva sentito dentro un misto di paura ed eccitazione. Neanche nelle sue più rosee speranze aveva immaginato un simile epilogo per la serata. Aveva visto negli occhi di Emma la voglia di lasciarsi andare e allo stesso tempo la paura di mettersi nelle mani di qualcun altro. La conosceva bene quella paura, aveva accompagnato anche lui per moltissimo tempo. Ma quando i suoi occhi si erano posati su Emma Swan, quelle nuvole si erano diradate di colpo. Dopo un’apatia durata anni, aveva ritrovato un motivo per alzarsi e riprendere il suo camino, per riempire ore che erano sempre sembrate così vuote ed inutili. Non appena aveva sentito scorrere di nuovo quella linfa vitale dentro di sé, vi si era abbandonato senza pensarci troppo, come se fosse la cosa più naturale e giusta del mondo. Ma Emma era diversa. E la paura di Killian, mentre scendeva le scale, era che la ragazza sarebbe tornata a chiudersi a riccio, a ripristinare quelle distanze di sicurezza che la preservavano dal mondo esterno. Sapeva che spettava a lei ora la prima mossa. Lui poteva solo attendere che tale mossa si palesasse.

Quel giovedì Emma non aveva posato per la lezione di disegno, ma era rimasta in aula ad aiutare Mary con i suoi allievi. La notizia del corso si era sparsa in città e il numero dei frequentanti era cresciuto così tanto che Mary le aveva chiesto aiuto per seguire tutti. Emma e Killian si erano guardati per gran parte del tempo. Emma aveva girato un po’ tra i banchi prima di andare a sedersi accanto a lui sul fondo dell’aula. Killian non aveva distolto l’attenzione dalla natura morta che stava disegnando ed Emma lo stava osservando curiosa.
 
- Mary ha proprio ragione, sei bravissimo.
- Grazie – disse lui sorridendo e continuando a disegnare.
 
La presenza di Emma accanto a lui lo stava spingendo a dare il meglio.
 
- Mi piacerebbe proprio vedere qualche tuo disegno, pirata Jones.
- Vuoi vedere un tuo ritratto Swan? E se proprio devi chiamami Capitano – chiese lui malizioso.
 
Emma arrossì. Dannato pirata, in quello era bravissimo. Ma la curiosità di Emma era davvero tanta. Mary aveva avuto parole entusiastiche per quei ritratti che lei non aveva mai visto. Come la vedevano quegli occhi blu come l’oceano?

Dopo che l’aveva riaccompagnata a casa non aveva avuto il coraggio di chiamarlo. Era stata davvero bene, nonostante tutto, ma era proprio quella sensazione a paralizzare le sue azioni. Si era scoperta con quell’uomo, gli aveva raccontato cose che a Mary aveva confidato solo dopo molto tempo e non tutto a dir la verità. Ma lasciarsi andare con lui era stato così facile, come se fosse in grado di leggerla dentro. Era in grado di capirla come se lei fosse stata un libro aperto. L’aver avuto esperienze molto simili, aveva permesso questa loro connessione. Col passare dei giorni aveva sentito forte il vuoto della sua assenza. Per questo non era riuscita a resistere alla fine e si era seduta accanto a lui.
 
- Io veramente …
- Non c’è bisogno di arrossire così, te li mostro volentieri.
 
Killian tirò fuori dalla sua borsa un secondo album e lo porse ad Emma. Era pieno di suoi ritratti. E non solo c’erano quelli delle lezioni, ma anche altri in macchina, probabilmente erano momenti della passata settimana. L’ultimo la ritraeva seduta sul divano con un portamonete in mano ed un bicchiere pieno di spiccioli sul tavolinetto.
 
- Sai che ho seguito il tuo consiglio? Ho lasciato così il bicchiere e l’ho poggiato su una mensola della libreria. Sta molto bene e mi mette di buon umore.
- Mi fa piacere
- E comunque sono davvero molto belli. Non sembro neanche io!
- È così che io ti vedo, Swan. È un ritratto, non una fotografia. Sta qui la differenza. So quello che dico, ho sperimentato entrambe le cose. La foto ferma un istante che il fotografo coglie, ma il disegno richiede forse un pizzico in più di tuo.
- Ti intendi anche di fotografia?
- Ero un fotografo prima dell’incidente – rispose Killian sollevando la protesi
- Oh. Be’ mi piacerebbe vedere anche qualche foto allora
 
Mary li osservò da una delle gradinate. Sembravano davvero perfetti l’uno per l’altra.

Emma e Killian avevano continuato a parlare per tutto il resto della lezione in maniera così fitta, che Mary aveva dovuto richiamare più volte all’ordine la loro indisciplina. Erano ormai usciti tutti e Killian stava finendo di sistemare le sue cose. Emma era a pochi passi da lui e stava seguendo i suoi gesti.
 
- Non preoccuparti – disse Killian quando si era accorto che era rimasta accanto a lui – se hai da fare, non aspettarmi.
- Il fatto è che mi stavo chiedendo una cosa.
- Posso esserti utile?
- Be’ direi proprio di sì, visto che volevo sapere se la tua offerta di andare a bere qualcosa era ancora valida.
 
A Killian cadde tutto dalle mani per la sorpresa. Si chinò immediatamente a raccogliere tutto per cercare di governare le sue emozioni. A quel punto l’imbarazzo prese il sopravvento in Emma.
 
- Scusami ho detto una cosa stupida, fai finta che non abbia aperto bocca.
 
Aveva sceso solo pochi gradini quando sentì una mano afferrarle il braccio. Dopo la sorpresa, Killian era più che intenzionato a cogliere al volo quell’occasione.
 
- Fermati, certo che è ancora valida! Solo credevo dovessi chiedertelo io – rispose lui sorridendo.
- Dovevo aspettarmelo che un pirata come te fosse piuttosto all’antica. Voglio essere sincera, però. Non è un appuntamento. Niente implicazioni, vorrei semplicemente conoscerti ancora un po’.
 
Killian sorrise dolcemente. Avrebbe preferito qualcosa di più serio, ma sapeva benissimo che questa richiesta era esattamente il segnale che stava aspettando, un primo mattone che era riuscito a togliere da quell’alto muro. E se doveva toglierne uno per volta era pronto a prendersi tutto il tempo.
 
- Mi va bene ma a una sola condizione.
- Sentiamo.
- Organizzo io la serata e ti vengo a prendere a casa. Sabato potrebbe andare?
- Sì, non ho impegni.
- Passo a prenderti per le 17. Starò alle tue regole Swan. Non voglio le formalità e gli imbarazzi di una cena, quindi credo che un aperitivo possa andare più che bene per iniziare. Ci stai?
- Andata per sabato!
 
Mentre scendeva le scale della pensione quel sabato, il cuore di Emma aveva iniziato a battere forte. Aveva passato gran parte della mattinata a scegliere cosa mettere. Aveva messo in chiaro lei che non era un appuntamento, ma dentro era nata la voglia di sentirsi un po’ più femminile per quell’occasione. Non voleva indossare i soliti abiti né tanto meno qualcosa di troppo vistoso. Alla fine aveva optato per vestito nero lucido a maniche corte, pantacollant e scarpe con un po’ di tacco. Era perfetto, elegante e sobrio allo stesso tempo.  Un filo di trucco e poi aveva indossato un comodo cappotto rosso.  Quando entrò nella hall, Granny fu sbalordita.
 
- Wow, sei la sorella gemella di Emma Swan? Oppure Emma Swan ha un appuntamento?
- Granny non è un appuntamento. Esco a bere una cosa con un amico.
- Un amico moro, occhi azzurri, bmw nera e di nome fa Killian?
- Ma non ti si può nascondere nulla! E comunque non fargli il terzo grado la prossima volta!
- Io? Ho solo fatto qualche domandina, poteva essere benissimo un pazzo che minacciava una delle mie pensionanti.
- Perché non ti credo neanche un po’?
 
Nel vialetto si sentì il rumore di una macchina avvicinarsi e poi spegnersi. Emma scostò una delle tendine. Vide Killian uscire dall’auto. Indossava un paio di pantaloni neri, camicia nera e giacca di pelle nera. Si stava avvicinando all’entrata.
 
- Io vado allora!
- Buon divertimento! E non dimenticarti di sorridere! Sarà ai tuoi piedi in un attimo!
 
Quando Killian la vide uscire dalla soglia della porta, rimase senza parole. Era davvero stupenda nella sua semplicità.
 
- Ciao Emma – disse baciandola su una guancia. Non aveva bevuto nemmeno un goccio e sentiva già la testa girare.
- Ciao Killian – rispose lei ricambiando. Aveva un profumo davvero inebriante.
- Pronta per andare?        
- Assolutamente!
 
Le aprì della portiera della macchina per farla accomodare. Dopo averla richiusa salì dal lato guidatore e mise in moto.
Quindici minuti dopo stavano varcando la soglia del Red Pub, uno dei migliori locali della zona. Parlavano e ridevano rilassati, come se nel locale non ci fossero che loro. Avevano rotto il ghiaccio e l’imbarazzo iniziale nella sola maniera possibile per loro: con ironia, stuzzicandosi a vicenda.
 
- Allora cosa vi porto da bere? – chiese il cameriere avvicinandosi al loro tavolo.
- Per me rhum, grazie.
- Perché la cosa non mi sorprende affatto? Nel personaggio fino alla fine – commentò Emma sfogliando il menu.
- Per lei signorina? -  disse il cameriere.
- Cosa prenderà invece la bella principessa? – replicò Killian in tono canzonatorio
- Esattamente quello che prendi tu!
- Tesoro, io bevo rhum liscio e non annacquato.
 - E questo dovrebbe spaventarmi? Comunque un Daiquiri andrà più che bene.
 
Lo guardò con sfida. E la cosa gli piaceva come non mai. Non cercava né di adularlo né di compiacerlo.
 
- Prima che tu vada – disse Killian al cameriere – portaci anche qualcosa da mettere sotto i denti. Siamo a stomaco vuoto e per nulla al mondo mi sognerei di farle girare la testa, a  meno che non sia io a provocare ciò, ovviamente.
 
Il cameriere si allontanò visibilmente imbarazzato.
 
- Smettila di fare lo spaccone o me ne torno in taxi
- Dici che sto esagerando?
 
Emma non fece in tempo a rispondere che il cameriere arrivò con i bicchieri di rhum e dei salatini.
 
- Ehi amico, tutto qui? così mi fai fare brutta figura!
 
Il cameriere iniziò a farfugliare delle scuse.
 
- Facciamo così, ora torni in cucina e ci fai portare fuori qualche fritto degno di questo nome.
 
Il povero cameriere si allontanò velocemente per accontentare le nuove richieste.
Per quanto Emma avesse cercato di rimanere seria, quando il ragazzo fu abbastanza lontano, iniziò a ridere sommessamente. E Killian la seguì a ruota.
 
- Dici che sono stato troppo duro con quel poveretto?
- Forse giusto un pochino.
- Fortuna che non sono davvero ad un appuntamento, o mi avrebbe fatto fare una pessima figura.
 
Emma arrossì. Per quanto si erano ripetuti che non fosse un appuntamento, entrambi sapevano che non erano neanche lì come semplici amici. Fu però Killian a togliere entrambe dall’imbarazzo di tutto quel non detto.
 
- Ti ho portato una cosa.
 
Tirò fuori da una sacca che aveva portato con sé, e che Emma non aveva mia smesso di guardare con curiosità, un album. Lo porse ad Emma, ma prima che lei potesse afferrarlo lo trasse indietro.
 
- Ho una sola condizione da porre. Vedi tesoro, mi sei molto simpatica ma se sfogli l’album non mangiare. Le dita impiastricciate non sono contemplate.
- Ricevuto capitano.
 
Emma si pulì le mani con un tovagliolo e poi iniziò a sfogliare l’album. Si era aspettata che fossero altri disegni, invece erano fotografie. Era incredibile, il tocco di Killian era inconfondibile, il suo occhio, il suo modo di vedere i soggetti, il suo gusto raffinato e ricercato. Mai uno scatto banale o stereotipato.
 
- Pensavo ti avrebbe fatto piacere, visto che l’ultima volta eri molto curiosa.
- Sei incredibile davvero. C’è qualcosa che non sai fare Jones?
- Anche se ci fosse qualcosa, non te lo direi mai!
 
Una delle ultime foto ritraeva una ragazza bruna con gli occhi chiari, slanciata, molto bella, molto femminile, in un modo in cui Emma non si era mai sentita. Era seduta su una panchina e accanto a lei c’era un altro uomo dagli occhi castani.
 
- Per essere tuo fratello, non ti somiglia molto!
 
Killian si mise a ridere.
 
- Questo non è mio fratello Swan.
 
Prese l’album dalle mani della donna e le mostrò l’ultima fotografia. Ritraeva un giovane uomo dai capelli più chiari ma con lo stesso colore di occhi di Jones.
 
- Questo è mio fratello Liam. Era un botanico, sai. Amava avventurarsi nelle foreste più impervie per catalogare nuove piante. Voleva essere il nuovo Darwin. In uno dei suoi viaggi si è ferito con una pianta dal veleno mortale nel bel mezzo della giungla. I suoi compagni di spedizione non hanno potuto fare altro che riportarmi il suo corpo senza vita. Il veleno era arrivato al cuore in pochi minuti. Gli indigeni chiamavano quel veleno Sognombra. Suggestivo eh?
- Mi dispiace per tuo fratello.
 
Killian tornò alla pagina su cui si era soffermata Emma.
 
- Questi invece sono August e Milah. Erano il mio migliore amico e la mia fidanzata.
- Erano?
- Ti sarai chiesta, immagino, perché porto una protesi.
- Non sei tenuto a dirmelo, davvero.
- Ma voglio farlo. Se hai voglia di ascoltarmi.
- Certo.
- Dopo la morte di mio fratello, ho passato un periodo difficile. Frequentavo solo August, Milah e David. Una sera avevamo bevuto molto. Per fartela breve, la macchina su cui viaggiavo con August e Milah è uscita di strada schiantandosi contro un albero. A parte un gran botto e un dolore lancinante al braccio sinistro, non mi ricordo molto. Mi sono risvegliato in ospedale con David al mio fianco. È toccato a lui dirmi che Milah e August erano morti sul colpo. Quanto a me ero stato abbastanza fortunato: in fondo ci avevo rimesso solo una mano. Il resto te lo lascio immaginare. Mi sono ritrovato in una spirale alquanto distruttiva per un bel po’.
 
Emma afferrò il bicchiere per bere un po’ del suo cocktail. Di certo, non si era aspettata una confessione così. La sincerità che quell’uomo sapeva dimostrarle era disarmante. E Emma sapeva, nel profondo, che una spiegazione per come si era comportata quella sera con Mary e David la meritava.
 
- Tu invece ti sarai chiesto perché io abbia reagito in quel modo quella sera.
- Ma no, è acqua passata ormai
 
Emma lo guardò dritto negli occhi.
 
- Mi deludi Jones. Le bugie non lo sai dire e io scopro sempre chi mente. Consideralo il mio superpotere. Lo so che te lo sei chiesto, te l’ho letto in fondo agli occhi.
- Non è che voglio farmi gli affari tuoi, ma mi ha colpito la tua reazione, mi ci sono rivisto.
 
Emma sorseggiò un altro goccio di Daiquiri.
 
- Ovviamente quella ragazza non ha mentito né mi ha confusa con qualcun’altra. Cinque anni fa ho conosciuto Neal Gold. Ero una giovane studentessa universitaria del corso di letteratura. Avevo appena lasciato la casa famiglia e per una volta la vita sembrava sorridermi. Ero ingenua, non vedevo la malizia nelle persone. Mi sono innamorata di lui. è stato il primo uomo della mia vita. L’ho amato senza riserve, donandomi come mai avevo fatto prima. Ma le cose belle non fanno parte di me. Quello che volevo, quello che pensavo di poter avere non era evidentemente nei piani di Emma Swan. Un bel giorno è sparito nel nulla, lasciandomi in balia dei suoi casini, casini che forse una parte di me aveva intuito inconsciamente. Ho perso la borsa di studio e sono stata espulsa dal college. Mi sono ritrovata sola, con una brutta nomina e una lista infinita di debiti da pagare. Volevo solo sparire in quel periodo e così ho fatto. Mi sono arrangiata e attorcigliata in un tunnel di solitudine che mi stava distruggendo. Quando credevo che non ne sarei mai venuta fuori, è comparsa Mary Margaret a trascinarmi in salvo. Ha avuto fiducia in me, mi ha dato una seconda possibilità. Devo molto alla sua famiglia.
- Deve essere una donna davvero speciale. Anche David me ne parla sempre in maniera entusiasta. Da quando stanno insieme è davvero felice.
- Mary fa quell’effetto.
- E tu Swan, che effetto fai?
- Forse quello di allontanare da me tutti. Mi chiedo perché ancora tu non sia scappato a gambe levate in effetti.
- Scappare? E chi vorrebbe mai scappare da te? E chi lo ha fatto, credimi non ha capito niente!
- Sei un adulatore consumato!
- No, dico semplicemente la verità.
 
Passarono le successive due ore a parlare, a conoscersi a testarsi, a ridere, a creare una connessione e una fiducia che mai avrebbero creduto possibile. Non erano altro che due anime spezzate che avevano trovato per la prima volta qualcuno che le comprendesse a pieno, le paure, i timori, la gioia, le emozioni. E quella sensazione di non essere più soli li aveva pervasi ed inebriati, facendo perdere loro la cognizione del tempo. Perché nell’anonima folla che popola il mondo, loro si erano riconosciuti e scelti, anche se questo ancora non lo avevano capito appieno. Tutte le regole che Killian aveva imparato sul corteggiare una donna erano state spazzate via in un lampo. Per la prima volta non era lo sciupafemmine ad avere il controllo, ma un Killian che l’uomo aveva creduto sepolto in quell’ammasso di lamiere con la sua mano.

Dal canto suo, Emma più parlava più si sentiva a suo agio. Le difese che l’avevano sempre protetta dal mondo con lui vacillavano pericolosamente. E la cosa la spaventava e la eccitava allo stesso tempo. Sentiva come di conoscere da sempre la persona seduta di fronte a lei. Quegli occhi blu che aveva notato sin dal loro primo incontro, avevano qualcosa di magico e speciale, un potere di capirla meglio di chiunque altro, persino di Mary. E questo perché avevano vissuto  le stesse cose, non doveva spiegare come ci si sentiva in determinate situazioni, lui sapeva quello che si provava. Avrebbe potuto confidargli qualunque cosa e lei non avrebbe battuto ciglio nel mettersi a nudo. Ed era proprio a questo punto che soggiungeva la paura. Paura di aprirsi e rischiare perché una cosa così bella non poteva accadere proprio a lei.

Erano le ventuno e trenta passate quando si rimisero in macchina per tornare indietro. Si sentivano bene ed era la sola cosa importante. Era stato un crescendo per tutta la serata. La radio stava mandando qualche canzone rock.
 
- Vediamo cosa fanno su qualche altra stazione – disse Emma sporgendosi verso la radio.
- Non ti azzardare assolutamente! Downtown Train di Rod Stewart è una delle mie canzoni preferite!
- Ah sì? E se non ti ascolto che fai, mi fai camminare sul ponte della tua nave?
- Non sei affatto spiritosa sai?
 
Le loro risa si interruppero bruscamente non appena entrarono nel vialetto della pensione di Granny. Davanti all’edificio c’erano due autobotti dei pompieri, un’ambulanza e una volante della polizia.
 
- Mio dio, cosa è successo qui?
 
Emma si precipitò fuori dall’auto seguita a ruota da Killian.



ANGOLO DELL'AUTRICE:
Questa settimana sono molto in anticipo,ma rischiavo di far slittare la pubblicazione a metà settimana e mi sono sentita cattivissima ... così ve la lascio di sabato :D
Avete visto, questo due sono usciti insieme! No, non era un appuntamento ... no, mica ... solo loro due hanno creduto a questa barzelletta! XD
Ho spiegato cosa faceva Liam e il botannico è la cosa meno assurda che mi è venuta in mente per giustificare la sua morte con la Sognombra! Spero no sia forzata come cosa, ma davvero non mi è venuto in mente di meglio. La canzone che sentono in macchina è una delle mie preferite dello zio Rod, conto di inserire qui e lì qualche altro riferimento musicale, visto che mi aiuta molto nella stesura dei capitoli :D
La serata è filata liscia tra loro e lui le ha mostrato qualche foto e finalmente si sono chiariti sui motivi he avevano spinto Emma a regire il quel modo la prima volta. 
E poi alla fine pare che da Granny sia scoppiato il pandemonio, che sarà successo? Spero davvero che piaccia quello che sto mettendo a punto!
Come sempre grazie di tutto: lettire, recensioni e Inserimenti! #grazissimante
Un bacio e alla prossima settimana
Persefone


 

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Capitolo 9
*** IX. When You Need, I’ll be There For You ***


IX. When You Need, I’ll be There For You
 
La pensione stava bruciando. I pompieri avevano perimetrato l’edificio per agevolare le operazioni di soccorso. Emma iniziò a cercare Granny preoccupata. Provò a superare il nastro ma uno dei pompieri la bloccò.
 
- Dove crede di andare signorina?
- Mi lasci passare!
- I pompieri sono ancora a lavoro e questo non è un’esercitazione né tanto meno un gioco.
- Lei non capisce io alloggio in quella pensione!
- Il suo nome?
- Emma Swan.
 
Il pompiere estrasse un elenco con i nominativi dei pensionanti.
 
- Va bene signorina Swan, quando i miei colleghi avranno finito, potrà controllare di persona lo stato delle sue cose.
- E la signora Granny?
- È una parente?
- No
- E allora non sono tenuto a darle informazioni. Aspetti qui.
 
In quel momento uno dei colleghi richiamò l’attenzione del pompiere che stava parlando con lei. Quando lo vide allontanarsi, Emma cercò di oltrepassare il nastro.
 
- Dove credi di andare? Hai sentito cosa ha detto! – disse Killian trattenendola.
 
L’uomo era rimasto in disparte per tutta la discussione. Al primo rifiuto del pompiere stava per intervenire, ma Emma aveva risposto a tono a quell’uomo non lasciandogli nessuna possibilità di intervenire.
 
- Non me ne starò qui con le mani in mano! Voglio sapere come sta Granny!
 
L’ardore di Emma accese Killian. Impetuosa e indomita, quella donna sapeva esattamente cosa voleva e non si sarebbe fermata senza averla ottenuta.
 
- E va bene – disse prendendola per mano ed oltrepassando il nastro – ma niente colpi di testa, intesi?
 
Emma annuì e poi iniziarono a cercare tra la folla Granny. La individuarono dopo una decina di minuti tra i salvati che stavano ricevendo le prime cure dai paramedici, intervenuti sul posto con i pompieri. L’anziana donna era un po’ ammaccata e avvolta in una coperta termica. Emma corse subito a stringerla.
 
- Granny! Stai bene? Cosa è successo qui?
- Emma tesoro! Stai bene per fortuna! Ma dove eri finita? I pompieri stanno evacuando l’intero edificio!
- Killian mi stava riaccompagnando a casa quando ho visto tutto questo casino.
- La mia pensione, i risparmi di una vita intera mia e di mio marito.
 
La voce di Granny si incrinò per l’emozione.
 
- Cosa è successo?
- Pare che un incendio sia scoppiato nell’edificio accanto e abbia danneggiato parte della pensione. Almeno è questo quello che i pompieri mi hanno detto. Per avere un’idea precisa del danno, però, devono spegnere tutto l’incendio e fare un sopralluogo.
- Mi dispiace tantissimo, Granny, so quanto ci tenevi.
- Spero solo che l’assicurazione copra tutti i danni o sono davvero rovinata.
 
Quando l’incendio fu domato definitivamente, uno dei pompieri stava spiegando a Granny che nonostante fosse bruciata una buona parte dell’edificio, non c’erano danni strutturali gravi. Era necessario però mettere in sicurezza quello che era sopravvissuto al fuoco e avviare i lavori di ristrutturazione.

Emma abbracciò Granny ancora. Killian era rimasto in disparte ad osservarle. Era chiaro che tra le due donne c’era un legame molto stretto.
 
- Vado a prendervi qualcosa di caldo signore – disse Killian
- Non c’è bisogno Killian, grazie di tutto, davvero. Torna a casa, non voglio esserti di peso.
- Granny io non ce la faccio più con questa storia! Dille qualcosa tu! – disse Killian rivolgendosi complice alla signora.
- Ha la testa dura la ragazza!
- E ora scusatemi, ma due caffè ve li siete meritati.
 
Quando Killian tornò con due bicchieri di carta in mano, vide Emma seduta nel suo maggiolino con una pila in mano ed un giornale aperto. Si avvicinò immediatamente e bussò al finestrino.
 
- Ehi è tutto a posto? Dov’è Granny?
 
Emma uscì dall’abitacolo.
 
- I medici hanno consigliato di portarla in ospedale per dei controlli di routine, per l’assicurazione sai.
- Ma vi hanno detto quando potete tornare a prendere le vostre cose?
- Non prima di domani.
 
Solo in quel momento Killian si accorse della pagina che Emma stava consultando. La guardò preoccupato.
 
- Nella classifica dei guai in cui mi sono cacciata, dormire in macchina non arriva neanche in top ten – replicò Emma sorridendo.
- Vuoi davvero dormire in auto?
- Se non trovo di meglio, ma qui intorno non ci sono molti posti in cui dormire e il mio stipendio non mi permette di avvicinarmi troppo al centro.
- Senti se le cose stanno così, io ho una stanza in più.
- Grazie, ma come coinquilina sono pessima. Non fa per me. Funziono meglio da sola.
- Emma, è la soluzione migliore. Il mio appartamento è molto spazioso, ti assicuro che avrai il tuo spazio.
- Non insistere, per favore. Sei davvero molto gentile, ma me la cavo da sola.
 
Dal tono della voce, Killian capì che insistere sarebbe stato controproducente. E non aveva tutti i torti. Non poteva sempre recitare la parte del salvatore. A lei piacevano i suoi spazi e la sua indipendenza e lui non poteva essere così invadente. Dovette, però, fare lo stesso un grosso sforzo su se stesso per fare quello che Emma aveva chiesto.
 
- D’accordo. Ma ti prego, se avessi bisogno di qualunque cosa, chiamami. E non dire che mi disturbi. La notte dormo poco.
- Va bene. Vado da Granny in ospedale e poi cerco di inventarmi qualcosa.
 
Emma aveva aspettato nella sala d’attesa dell’ospedale una buona mezz’ora, prima di poter andare da Granny. La stava aiutando a rivestirsi. Fortunatamente a parte qualche escoriazione non aveva subito grosse ferite. Era stata dunque dimessa.   
 
- Grazie Emma, davvero.
- Non dirlo neanche Granny.  Ti accompagno volentieri da tua nipote.
- E tu dove passerai la notte?
- Per il momento in macchina finché non troverò una soluzione.
- E Killian te lo ha lasciato fare?
- Killian non deve avere il controllo della mia vita. Ma si era offerto di ospitarmi
- Benedetta ragazza, ma perché fai così? Quanto tempo pensi di poter tirare la corda prima che si stufi di correrti dietro?
- Non mi corre dietro! Ma perché lo pensate tutti?
- Perché si vede Emma! Scommetto che anche Mary te lo ha detto. È assurdo negarsi qualcosa che si vuole fortemente.
- Io non voglio niente.
- Lascia che ti dica una cosa ragazza mia, non avere nessuno che si ama è la peggiore maledizione possibile. E non lo dico tanto per dire. Meriti di essere felice. Dovresti smetterla di punire te stessa per quello che è successo.
 
Mentre Emma, stava guardando Granny percorrere il vialetto sottobraccio a sua nipote, sentì una strana morsa attanagliargli lo stomaco. Aveva fatto centro, quella donna. Il motivo per cui  era restia a lasciarsi andare con Killian era perché stava ancora punendo se stessa per la sua ingenuità con Neal. Ovviamente non erano la stessa persona. Ma lei sì. Mise in moto per andare a farsi un giro, la notte era ancora lunga. Era ferma al semaforo, quando si accorse dei bicchieri di caffè rimasti in macchina. E il dolce viso di Killian prese forma nell’ombra. E per la prima volta sentì la solitudine non come una scelta ma come un peso. Durante la loro chiacchierata al bar, Killian le aveva detto dove abitava. Non ci pensò due volte e ripartì con una meta ben precisa nella mente.

Killian stava guardando nervosamente il cellulare. Voleva chiamarla, sapere dove fosse. Era molto preoccupato per la sua testardaggine. Dormire in macchina non era la soluzione migliore per una ragazza. Si stava maledicendo per non aver insistito di più e per aver accettato passivamente il suo volere, pur sapendo che era una decisione sbagliata. Guardò ancora l’orologio: mezzanotte e mezza. Doveva fare qualcosa o non se lo sarebbe mai perdonato. Prese la giacca e si diresse verso la porta, quando sentì qualcuno bussare timidamente. E chi poteva essere a quell’ora? Che le fosse successo qualcosa?
I suoi dubbi e le sue ansie furono spazzate via quando se la ritrovò davanti, con gli occhi bassi.
 
- Emma!
- Scusa se ti disturbo a quest’ora. Quella stanza è ancora disponibile?
 
Killian sentì una gioia incontenibile esplodergli nel petto.
 
- Ma certo entra.
 
Se Killian avesse dato retta al suo primo impulso l’avrebbe presa e baciata sulla porta senza curarsi di nulla. Era sollevato di vederla e soprattutto galvanizzato dal fatto che si fosse presentata alla sua porta di sua spontanea volontà. Questo voleva dire che anche lei sentiva qualcosa, sapeva che tra loro c’era qualcosa di speciale. Si fece da parte e la lasciò entrare.
 
- Accomodati sul divano – disse lui – vuoi qualcosa da bere?
- No grazie – rispose Emma sedendosi.
 
Killian si sedette accanto a lei in attesa che continuasse a parlare.
 
- Per quanto ami la solitudine, stanotte non avevo voglia di stare sola con me stessa.
- Capisco. Mary non era in casa?
- Non lo so. Se fossi andata da lei, mi avrebbe sommerso di domande. Tu non hai paura dei miei lunghi silenzi, Killian. Non so perché ma è così e io sinceramente non ho la forza di dare risposte ora come ora.
- Granny come sta?
- Bene. L’hanno dimessa e l’ho accompagnata da sua nipote.
- Ha una nipote?
- Già una ragazza della mia età con cui non va molto d’accordo.
- Ora capisco perché tiene tanto a te.
 
Il telefono di Emma squillò.
 
- Scusami.
 
Killian la vide allontanarsi e parlare piano al telefono. La conversazione durò pochi minuti Tornò a sedersi accanto a lui non appena ebbe chiuso il telefono.
 
- La polizia ha detto che domani posso andare a prendere le mie cose. Ti prometto che non abuserò della tua ospitalità e mi cercherò una sistemazione provvisoria.
 
Killian si avvicinò a lei, le labbra a pochi centimetri dalle sue. Per un attimo dimenticò cosa voleva dirle. Voleva solo le sue labbra e stringerla per farle dimenticare quella sensazione di precarietà che la stava attanagliando. Se esisteva davvero una donna perfetta per lui, quella era sicuramente Emma Swan.
Anche la mente di Emma si stava lasciando trasportare dalle emozioni. Oltre ai suoi bellissimi occhi, era l’odore della sua pelle ad inebriarla, un dolce misto di velata malinconia, rhum e salsedine. Più lo respirava e più in lei si rafforzava la voglia di sentirlo su di sé. Cosa mai aveva fatto quell’uomo per stregarla così, per farle crollare le sue certezze, le sue difese? Perché per quanto aveva provato a resistergli, davanti ai suoi occhi si sentiva nuda, vulnerabile ma allo stesso tempo al sicuro. Quando le prese la mano, Emma sentì la passione esplodere dolcemente. Non era la prima volta che lo faceva, ma ora c’era qualcosa di più profondo.
 
- Puoi rimanere qui tutto il tempo che ti serve, te lo ripeto – stavolta il tono della voce era più morbido, più suadente.
- Va bene, hai vinto. Posso chiederti ancora una cosa?
- Spara Swan.
- Mi accompagneresti domani a prendere quello che resta delle mie cose?
- Con molto piacere. E ora vado a prepararti la stanza. Sarai esausta. È meglio se ti metti a dormire un po’.
 
La mattina dopo, arrivarono alla pensione abbastanza presto. Nonostante i danni, Granny era sempre al suo posto. Come la vide entrare in compagnia di Killian si sentì immediatamente sollevata.
 
- Buongiorno Emma, buongiorno Killian.
- Buongiorno Granny – rispose Emma abbracciandola – come stai?
- Meglio. Sei venuta a prendere le tue cose?
- Esatto e mi sono portata un aiutante.
- Bene Granny – intervenne Killian – dove posso trovare qualche scatolone?
- Nel ripostiglio. Corridoio, prima porta a destra.

La donna aspettò che Killian si fosse allontanato per tornare a rivolgersi alla ragazza.
 
- Noto con piacere che ieri hai seguito il mio consiglio.
- Per ora mi sono limitata al fatto di accettare il suo aiuto, per il resto non so.
- Se non altro è un inizio.
 
Killian tornò dopo pochi minuti con un paio di scatole di cartone da montare.
 
- Nastro adesivo, Granny, per favore
- Subito – rispose la donna frugando in uno dei cassetti del bancone della reception
- Bene Swan e ora mettiamoci a lavoro.
 
Killian rimase stupefatto dalle poche cose che Emma aveva con sé. La ragazza gli spiegò che Granny affittava mini appartamenti già arredati e che lei non aveva fatto molti acquisti negli ultimi due anni. Emma chiese a Killian di occuparsi della libreria mentre lei avrebbe pensato all’armadio e al vestiario.
 
- Se le mie cose sono troppe, posso mettere tutto in deposito fino a che non mi sistemo per bene
- Non sognarti di buttare soldi così! La stanza degli ospiti è molto spaziosa e ho una cantina che sarà grande quanto questo appartamento.
- D’accordo allora. Non ci metterò molto a riempire le valigie. Mi porto via lo stretto necessario per ora e poi vengo a prendermi il resto.
- Certo per te non è un problema traslocare – disse Killian osservando l’armadio di Emma.
- Il fatto è che non amo avere molte cose.
- A parte libri
- Esatto. Carichiamo tutto nel tuo portabagagli e poi andiamo.
- Dove hai messo il maggiolino?
- Nel posto macchina che mi hai detto questa mattina. Jones, siamo sicuri che non è un problema?
- Sicurissimo.
 
Emma lo guardò interrogativa, era ovvio che voleva qualche delucidazione in più.
 
- Se appartiene a qualche cuore che hai infranto, non credo sarà contenta di sapere che lo occupa una che, ai suoi occhi, potrebbe essere una rivale.
 
Killian iniziò a ridere.
 
- Se uno spasso, lo sai? Comunque per placare i tuoi sensi di colpa quel posto macchina è sempre mio.
- Davvero? E oltre al transatlantico cosa parcheggi, l’elicottero?
- Ma sai Swan, che mi hai appena dato un’idea?
- Sei sempre il solito!
- Dicevo quel posto macchina è sempre il mio. Mio fratello aveva comparto due appartamenti adiacenti quando l’azienda che dirigeva aveva preso il volo. Uno per me e uno per lui. Dopo la sua morte ho ereditato l’appartamento, che ora è chiuso e le quote dell’azienda. Il posto è assegnato con l’appartamento, quindi non stiamo facendo niente di male.
- E l’appartamento di Liam non lo usi?
- No. È chiuso dal giorno della sua morte, ma non riesco neanche a venderlo. Come ti ho detto è quello proprio adiacente al mio.
 
Calò un malinconico silenzio tra loro.
 
- Bene Killian, muoviamoci. Ci sono ancora molte cose da fare.
 
Un’ora dopo, Emma e Killian stavano portando l’ultima borsa dalla macchina all’appartamento di Killian. L’uomo sapeva che tutto quel via vai avrebbe insospettito le sue non alquanto discrete vicine. Si era aspettato di vederle comparire da un momento all’altro, e invece non se ne era vista neanche l’ombra. Stava per tirare un sospiro di sollievo, quando la più temuta di tutte fece capolino dalla porta.
 
- Signor Jones!
 
Killian si maledì per non essere stato più veloce a chiudersi la porta di casa alle spalle.
 
- Signora Leroy, come sta? – disse voltandosi e parandosi davanti ad Emma che rimase in completo silenzio.
- Molto bene, grazie e lei?
- Tutto bene.
- Ho visto gran movimento, ci sono novità?
 
La donna cercò di vedere la ragazza che Killian stava disperatamente cercando di celare alla sua vista. Rassegnato, l’uomo fece le presentazioni.
 
- Signora Leroy, le presento Emma Swan.
 
Emma porse educatamente la mano alla signora che strinse con notevole curiosità.
 
- È la prima volta che vedo una donna entrare nel suo appartamento, è la sua fidanzata? È molto carina sa!
 
Emma arrossì vistosamente.
 
- No signora, c’è stato un equivoco – rispose lei timidamente
- Be’ ha praticamente traslocato da lui. Comunque mi congratulo con lei, signorina. Finalmente è riuscita a far mettere a posto la testa a questo scapestrato giovanotto! Mi ricordo che dava un gran bel da fare al povero signor Liam.
 
Emma guardò divertita un Killian vistosamente in imbarazzo e desideroso di tagliare corto quella conversazione.
 
- Signora Leroy, Emma non è la mia fidanzata, ma una mia carissima amica e starà da me per qualche tempo.
- Ah non è la sua fidanzata?
- No.
- Oh … allora domani viene mia nipote perché non viene a prendere un thè da noi e fate conoscenza? Mi creda è una ragazza straordinaria.
- Vorrei tanto, signora, ma ho già un impegno con Emma. E ora ci scusi.
 
Killian aprì velocemente la porta e spinse dolcemente Emma dentro.
 
- Buona giornata, signora – disse prima di chiudere
- Buona giornata a voi.
 
Non appena la porta si fu chiusa alle loro spalle, Emma iniziò a ridere.
 
- Scusami Emma, ma il vicinato qui è un po’ particolare.
- Ho notato. Quella donna ci stava tenendo sotto stretta sorveglianza.
- Scusa se ti ha messo in imbarazzo.
- Di niente.
 
Killian si avvicinò al mobiletto dell’ingresso ed estrasse da uno dei cassetti un mazzo di chiavi.
 
- La tua copia delle chiavi così che tu possa muoverti in piena libertà.
- Grazie.
- Ho poggiato tutto di là. Sistemati con comodo. Se ti serve una mano sono di qua.
 
E per la prima volta da quando l’aveva incontrato, Emma fece una cosa che mai aveva fatto prima: lo abbracciò.
 
- Grazie, davvero. So di averlo ripetuto un milione di volte, ma non sono abituata a tutte queste attenzioni.
 
Killian non riuscì ad articolare una risposta di senso compiuto, che Emma si staccò da lui e scomparve nel corridoio dietro la porta della stanza degli ospiti. Averla tra le braccia anche solo per un istante era stato fantastico.

Nella sua stanza, Emma si stava guardando intorno. Era ben tenuta con un bagno tutto per lei. Iniziò a sistemare le sue cose e per la prima volta nella sua vita si sentì parte di qualcosa.

A pomeriggio inoltrato, Emma si riaffacciò in salotto. Killian era seduto sul divano a fare zapping. Era stato così discreto da lasciarle sistemare le sue cose nel massimo della tranquillità e della riservatezza. Emma voleva fare qualcosa per lui, ringraziarlo in qualche modo. Si avvicinò.
 
- Ho sistemato tutto. E questo lo metto qui – disse Emma poggiando il bicchiere pieno di monete su una mensola della libreria.
 
Killian era stato così gentile da farle posto per i suoi libri.
 
- Bene. Hai fame? – rispose lui spegnendo il televisore.
- Un po’ a dir la verità.
- Ordiniamo un po’ di pizza?
- Se permetti, la cena la preparo io. Per ringraziarti.
 
Killian la vide alzarsi e sparire dietro la porta della cucina. Avrebbe cucinato per lui. E quel calore che sembrava sparito con la morte di Liam tornò a scaldarlo di nuovo, perché da moltissimo tempo anche lui non era più abituato a ricevere attenzioni da qualcuno.

ANGOLO DELL'AUTRICE:
Eccoci!
Ebbene sì, ora vivono sotto lo stesso tetto!! A Granny non è successo nulla, ma è stata proprio lei a spingere Emma a mettere in discussione i suoi paletti e se ancora non ha accettato quello che prova se non altro si è lasciata aiutare da un Killian che si stava mangiando le mani pur di esserele utile!
E poi la signora Leroy ... scusate ma io ci sto ridendo da sola: immaginatevo Brontolo con la cipolla in testa e il suo caratterino, sempre pronto ad interrompere i nostri amatissimi nelle loro effusioni! XD
Diciamo che siamo a metà di questa prima parte della storia. Concluderò il flashback e poi riprenderò la storia nel presente ... e non sarà così fluffosa ... XD
Grazie davvero a tutti come sempre per lettire, affetto, recensioni e inserimenti!
Un bacione
Persefone
 

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Capitolo 10
*** X. Drawing Projects ***


X. Drawing Projects
 
Mary stava spiegando qualcosa a proposito della prospettiva, ma gli occhi di Killian e la sua mente erano ancora concentrati su Emma e sulla cena che aveva preparato per lui qualche giorno prima.

Dopo averla vista sparire in cucina, si era ricordato di avere il frigorifero semi- vuoto. In poche parole, stava per fare la figura dello scapolo incallito, la cui dispensa assomigliava pericolosamente al deserto dei tartari. Si precipitò in cucina preoccupato.
 
- Emma, aspetta non credo di …
 
La trovò china davanti al frigorifero aperto, intenta a scrutare la desolazione che vi era dentro.
 
- Non ho fatto la spesa oggi, non credevo di avere ospiti e mi arrangio con il take away. Ecco perché avevo proposto la pizza.
- Tranquillo, ho visto frigoriferi ridotti anche peggio. E poi sono brava con gli avanzi: gli ultimi anni in orfanotrofio ero la più grande e ho cucinato spesso di nascosto per i più piccoli con le rimanenze. Ma domani andiamo al supermercato.
- Mi pare ovvio.
- E poi mi dici quanto ti devo per l’affitto della stanza.
- Eh?
- Ci ho pensato tutto il pomeriggio. Sarei una stupida a negare che appoggiarmi qui, mi farebbe davvero molto comodo. Ma non voglio essere trattata come un’ospite.
- Non ti chiederò mai un affitto, neanche sotto tortura.
- Allora dividiamo le spese. Voglio contribuire. È la mia unica condizione per restare.
 
Killian la guardò un momento. Aveva capito quello che intendeva: era un modo per esprimere gratitudine e rifiutarglielo sarebbe stato scortese.
 
- Andata.
- Bene e ora diamoci da fare.
 
Poco più di mezz’ora dopo erano seduti a tavola davanti ad un pasticcio di carne. Era ottimo e Killian lo stava mangiando davvero di gusto, cosa che rallegrò non poco Emma.
 
- Giuro, domani puoi comprare tutto quello che vuoi. È ottimo!
- Sono davvero contenta – rispose Emma sorridendo.
 
Killian era ancora perso dietro al ricordo di quel sorriso, quando Mary richiamò l’attenzione dell’aula.
 
- Devo fare una comunicazione importante. Ricorderete senz’altro quando vi ho detto che vari progetti erano in cantiere per celebrare i trent’anni di attività della galleria. Ebbene, una riguarda proprio voi. Vorremmo indire un concorso per selezionare un esordiente che avrà un’occasione speciale: vedere esposto un proprio quadro durante il party che daremo per festeggiare.
 
Dopo il silenzio, l’intera classe iniziò a vociare.
 
- Le regole del concorso sono le seguenti – proseguì Mary – Il quadro deve avere come tema il mondo delle fiabe. Il disegno va consegnato entro e non oltre martedì della prossima settimana. Spero di poter annunciare il vincitore il prossimo giovedì a lezione. Un’ultima cosa: non importa la tecnica che usiate o come strutturerete il disegno. Esprimete liberamente la vostra fantasia. In bocca al lupo a tutti e spero partecipiate numerosi.
 
Emma, David, Killian e Mary erano rimasti nell’ufficio di Emma in attesa che quest’ultima finisse di sbrigare alcune pratiche prima di fermarsi a prendere un aperitivo.
 
- Per me questa storia delle fiabe è un po’ troppo fanciullesca. È stata un’idea tua Mary vero? – esordì Killian d’un tratto.
- A dir la verità no. È stata Emma ad avere l’idea.
 
Killian si maledisse in silenzio e David stava cercando di reprimere una risata sotto i baffi.
 
- Tranquillo Jones, non ti chiudo fuori casa per questo – rispose Emma serafica
- Che mi sono perso? – chiese David perplesso
- Niente. Granny ha subito un incendio ed Emma si appoggia da me per un po’ – intervenne Killian
- Ti do un consiglio Emma, se vuoi fargliela pagare nascondi il caffè appena alzato. Vedrai … - replicò David
 
Si misero tutti a ridere.
 
- Spiritoso – disse Killian avvicinandosi al suo amico – smettila di farmi fare brutte figure – sussurrò perché solo lui potesse sentirlo.
- Da quando in qua hai segreti con me? – replicò David.
- Te lo avrei detto, ma Emma voleva parlare prima con Mary
- Ohhh
- Comunque – disse Mary riguadagnando l’attenzione di tutti – se qui c’è una persona che sa tutto di fiabe, quella è proprio Emma.
 
Tutti si voltarono verso di lei che era seduta alla scrivania.
 
- Non esagerare Mary! Diciamo che per un periodo è stato un argomento che mi ha presa molto.
- Se non mi sbaglio dopo quel seminario organizzato da Gold padre, volevi farne addirittura oggetto della tua tesi di laurea. Certo poi è successo quel che è successo e …
 
Mary non ebbe il coraggio di finire la frase: tutti sapevano a cosa stava alludendo.
 
- Illuminami Swan – disse Killian cercando di cambiare argomento – perché mi sbaglio a proposito delle favole?
- Semplicissimo Jones: le fiabe non sono altro che residui di riti iniziatici, derivazioni mitologiche che rimandano ad istituti sociali del passato, ad intricate simbologie che rispecchiano i moti profondi dell’inconscio, i sogni e le paure umane.
- Come sei seria, Swan. E poi?
- L’uditorio, cui queste storie erano rivolte, era formato sia da adulti che da bambini. Come ha ricordato lo studioso Stith Thompson le fiabe erano la principale forma di intrattenimento degli adulti e solo di recente sono state relegate al mondo dell’infanzia.*
 
Nella stanza era calato un interessato silenzio e l’attenzione era tutta rivolta verso Emma.
 
- È una cosa molto suggestiva messa così – disse David
- Io e mamma abbiamo trovato l’idea pazzesca – intervenne Mary – e così abbiamo deciso di farne il tema di questo anniversario.
- Era ovvio che su di te trovasse terreno fertile – replicò Killian.
- Io adoro le fiabe infatti! E la mia preferita è Biancaneve
- Non ci crederai – riprese Killian – ma me lo aspettavo. Quindi questo fa di David il principe azzurro.
- Molto divertente Jones, davvero – rispose David sarcastico – vogliamo palare di te pirata?   
- Pirata? – sottolineò Mary sorpresa
- Sì cara e non uno qualunque, ma niente di meno che Captain Hook! Gli assomiglia al caro vecchio capitano.
- Sta zitto Charming!
- Non ci penso proprio, Hook! Lo vedi è un pirata
 
Emma era rimasta in disparte per tutta la discussione e se la stava ridendo sotto i baffi.
 
- Swan, tu non sei esentata dal giro di confessioni. Avanti spara, qual è il tuo personaggio preferito?
 
Tutti la stavano fissando curiosi.
 
- Ecco … veramente …
- Andiamo non farti pregare – la incalzò Killian.
- La mia favola preferita è lo schiaccianoci e il re dei topi di Hoffman.
 
I tre si guardarono perplessi.
 
- Lo so – proseguì Emma – non è una storia molto conosciuta, almeno non quanto il balletto di Ciaikovskij da cui è tratto. Uno degli ultimi natali che passai in orfanotrofio lo trasmisero in tv e me ne innamorai. Adoravo Maria, la protagonista, una ragazzina che viene catapultata in un mondo fantastico e il fatto che alla fine diventasse la regina delle bambole. Sarà che io non ne ho mai avuta una da piccola …
 
Il cervello di Killian aveva registrato ogni informazione su quel nuovo tassello di quel mosaico che era Emma Swan.
 
- Ma è stato tanto tempo fa – proseguì Emma – veniamo alle cose serie, parteciperai Killian?
- Non lo so, non sono poi così ferrato in materia. Ci penserò ma non prometto nulla.
 
Il giorno dopo Emma, durante la pausa pranzo, stava fissando la vetrina della libreria a pochi passi dalla galleria. Adorava quel negozio e i pochi soldi che si prendeva il lusso di spendere erano proprio in libri. I suoi occhi non volevano staccarsi da un grande libro di fiabe con la copertina rossa e pregiate lettere incise nel cuoio. C’era una volta. Era un tomo rettangolare molto elegante e mentre lo osservava ripensava a Killian e a quello che aveva visto la scorsa notte. Lui non aveva fatto mistero dei suoi problemi di sonno, problemi che erano comparsi con la morte di Liam e che si erano acutizzati dopo l’incidente. Aveva l’abitudine di rimanere sveglio fino a tarda notte ed Emma più di una volta lo aveva visto in salotto, quando credeva di essere solo. Spesso era al tavolo a disegnare qualcosa. E proprio questo stava facendo anche la scorsa notte, ma aveva attorno un gran numero di fogli appallottolati intorno.
 
- Così non va! – lo aveva sentito dire e strappare l’ennesimo foglio per buttarlo via
 
La palla di carta era finita sulla soglia della porta. Senza fare rumore, Emma l'aveva raccolta ed era tornata in camera. Una volta seduta sul letto l’aveva aperta: raffigurava un capitan Hook alle prese con Peter Pan di cui non era evidentemente soddisfatto. Un dolce sorriso si disegnò sul viso di Emma: alla fine aveva deciso di partecipare. E proprio per questo sentiva che doveva fare qualcosa per lui e quel libro poteva essere utile. Aveva un’idea in mente.

Da quando era rientrata, non aveva fatto altro che aspettare il momento per attuare il suo piano. Il problema era che Killian non le aveva detto niente. Gli album da disegno, che erano sempre aperti sul tavolo del salotto, erano ora chiusi così come le matite negli astucci. Killian era piuttosto sfuggente e non espansivo come sempre. Era evidente che qualcosa lo preoccupava.Avevano passato la serata tranquillamente ma non con il solito brio cui si erano abituati e che Emma riteneva fosse la parte migliore della giornata.

La donna si stava rigirando nel letto pensierosa. C’era una sola cosa che poteva conciliarle il sonno in quel frangente: un rettangolino di cioccolato. Più di una volta Killian l’aveva presa in giro per questo. Silenziosamente stava attraversando il corridoio dell’ingresso, quando una pallina di carta la colpì in piena faccia.
 
- Ahi! – disse cercando di non urlare troppo
- Emma! – rispose Killian voltandosi – scusami! Non sapevo fossi sveglia! Oddio è colpa mia! La luce ti da fastidio? Sto facendo troppo rumore?
- Non mi hai svegliata, tranquillo – rispose lei massaggiandosi la fronte – avevo voglia di cioccolato come sempre. Che stavi facendo?
 
Killian si era parato davanti al tavolo ed Emma stava cercando di vedere cosa volesse nascondere.
 
- Niente di particolare
- Perché non vuoi farmi vedere?
- Sono solo dei bozzetti, niente di importante.
 
Emma riuscì a scartarlo e ad avvicinarsi al tavolo. Killian però la raggiunse subito e chiuse l’album con un certo impeto, cosa che spiazzò Emma.
 
- Scusami – disse lei in imbarazzo – non volevo essere invadente. Torno a dormire
- Emma aspetta … non volevo
 
Ma prima che Killian potesse scusarsi, la vide sparire nel corridoio e poi nella sua stanza. Nella testa di Emma si erano affollati mille pensieri: forse Granny aveva ragione, aveva tirato troppo la corda.

Il pomeriggio successivo, Killian stava nervosamente controllando l’orologio. La stava aspettando. Doveva scusarsi con lei. Aveva passato tutta la mattinata a rimproverarsi per quello scatto d’impazienza. Aveva frainteso tutto. Il punto era che la sua partecipazione al concorso doveva essere una sorpresa.  Ma proprio quando aveva avuto più bisogno del suo talento, questo sembrava averlo abbandonato. Ed era stata Emma ad andarci di mezzo e l’averla tratta così proprio non se lo perdonava. La porta si aprì improvvisamente e lui si precipitò ad andarle incontro.
 
- Finalmente sei tornata! È tutto il giorno che ti aspetto.
- A me Killian? è successo qualcosa?
- Volevo chiederti scusa per essere stato così scortese con te l’altra sera. Non avevo intenzione di ferirti.
 
Emma mise le chiavi in borsa.
 
- Forse sono io che devo chiedere scusa a te. Non volevo essere invadente, davvero.
 
Killian le lasciò il tempo di togliersi il cappotto e poi la prese per mano.
 
- Killian che stai facendo?
 
La condusse al tavolo dove gli album erano aperti su di esso.
 
- Il fatto è che volevo partecipare al concorso indetto dalla galleria, ma non riesco a disegnare come vorrei.
 
Emma si sedette al tavolo e Killian iniziò a mostrarle i bozzetti che aveva fatto in quelle serate. Non era brutti, ma Emma capì immediatamente a cosa Killian faceva riferimento: mancava quel quid a renderli speciali ed unici.
 
- Posso dirti quale è la mia impressione?
- Devi, non so più dove sbattere la testa. Ci sto per rinunciare.
- Sei troppo legato alla visione tradizionale delle storie. Scegliamone una innanzitutto.
- Volevo fare una tela su un duello tra Capitan Hook  e Peter Pan.
- Benissimo. Aspettami qui torno subito.
 
Emma andò nella sua stanza e tornò in salotto con in mano un libro rosso e un cd.
 
- Che hai in mente?
- Liberare la tua fantasia.
 
Emma andò ad accendere lo stereo.
 
- Metto la suite dello schiaccianoci come sottofondo. Io la trovo molto rilassante.
- E poi?
- Ora ti rilassi – proseguì Emma sedendosi al tavolo ed aprendo il libro – e segui solo la mia voce. C’era una volta …
 
Killian era completamente cullato dal dolce suono della voce di Emma. La sua mente iniziò a svuotarsi completamente di figure fatte, luoghi comuni. Nella sua testa iniziò a farsi strada un’idea. Aprì gli occhi e si mise a disegnare. Era incredibile, ma la sua mano sembrava avere una volontà sua e la voce di Emma, così sicura, infondeva fiducia anche a lui. Averla vicino e come supporto, lui che si era chiuso al mondo e che, a parte David, non aveva fatto entrare più nessuno, nessuna donna soprattutto dopo la sua adorata Milah. Ma quegli occhi verdi sapevano essere così magnetici, così sensuali, così invitanti. Anzi tutto di lei era invitante.

Sul tavolo c’erano i resti di una frugale cena ed Emma era alle sue spalle intenta ad osservare il disegno. Il mento era poggiato sulla spalla di Killian e da lì stava studiando il risultato finale. Killian stringeva il foglio nella mano. Aveva una voglia matta di lei, della sua bocca, della sua pelle. La voleva con tutto se stesso, come mai gli era successo prima e non era solo una voglia fisica a muoverlo, quella che lo avrebbe spinto a farla sua anche su quel tavolo in quel momento, ma qualcosa di molto più profondo ed intenso. Un sentimento che coinvolgeva anima e corpo allo stesso tempo e allo stesso modo.
 
- Lo sai, ti somiglia questo pirata – disse Emma distogliendo Killian dal flusso delle sue emozioni.
- Dici?
- Sembra quasi che i ruoli siano invertiti: che Hook sia il pirata buono e Pan un demone bambino pronto a chissà quale piano.
- In un certo senso è così che io vedo questi due.   
- Quindi Hook sarebbe un buono e Pan un cattivo?
- Mi piacerebbe che anche tu vedessi Hook per quello che realmente è: non un pirata con una mano sola e con problemi di alcol, ma un uomo d’onore.
- Ci stai riuscendo sai?
 
Killian si alzò dalla sedia e afferrò Emma per la vita. La attirò a sé, fronte contro fronte.
 
- Grazie. Senza di te non ci sarei mai riuscito
- Non ho fatto niente – rispose Emma arrossendo.
 
La temperatura iniziava a farsi piuttosto calda tra loro, come quando si avvicinavamo un po’ troppo l’uno all’altra.
 
- Questo non è vero e lo sai – le sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio
 
Il cuore di Emma stava battendo all’impazzata. Killian la stava guardando in modo così sensuale che si stava sciogliendo tra le sue braccia. Un tocco dolce e gentile ma non per questo meno carico di desiderio e passione. E lei tutto quello che desiderava era abbandonarsi incondizionatamente a quella passione. Per la prima volta da moltissimo tempo, Emma staccò la spina alla razionalità e lasciò agire il suo istinto, il suo cuore.
 
- Bene vediamo allora quello che possiamo fare – disse Emma fissando le sue labbra
- Io ho un’idea in mente.
- Forse ho capito.
 
Emma si sollevò sulle punte e lo baciò come aveva voglia di fare fin da quando era rientrata a casa. come le loro labbra si toccarono, la passione repressa esplose violenta tra loro, spaventandoli per intensità e trasporto. Dopo il primo momento di smarrimento, Killian si lasciò andare a quell’emozione e la strinse ancora di più a sé. Emma, dal canto suo, era eccitata e spaventata allo stesso tempo. In un primo momento si lasciò trasportare completamente da quell’impeto, ma quando intravide quel confine che l’avrebbe portata oltre il punto di non ritorno si tirò indietro, stordita e confusa.
 
- Ora è meglio che vada a dormire o domani sarà un dramma alzarsi – disse Emma stringendo forte ancora la presa sul colletto della sua maglietta.
- Come desideri.
- Buona notte Killian
- Buona notte Emma.

* La spiegazione che Emma fornisce è tratta dal saggio "Fiabe" di Francesca Lozzato.

ANGOLO DELL'AUTRICE:
Sì alla fine ce l'hanno fatta. Si sono baciati XD
Ma ora il problema vero è: cosa succede dopo?
Allora spero che l'idea sulla mostra e sul quadro vi sia piaciuta. Si tratta di una delle prime idee con cui ho sviluppato l'intera storia, almeno per quanto riguarada questa prima parte. 
Non mi stancherò mai di disagiare su quel primo bacio a Neverland, primo perchè è stato il primo Cs moment e poi perchè per me fu totalmente insaspettato. E io ho adorato essere sorpresa così! XD
Grazie a tutti per letture, inserimenti e recensioni! Ve adoro 'na cifra
Un bacione
Persefone
 

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Capitolo 11
*** XI. What We Share ***


XI. What We Share
 
- L’ho baciato.
- Come? Chi?
 
Che Emma fosse strana, Mary lo aveva capito subito, non appena aveva messo piede alla galleria. Ma da questo ad una confessione del genere ce ne correva.
 
- Killian, ho baciato Killian.
 
Il volto di Mary si illuminò.
 
- Davvero? e come è successo?
- Non lo so … mi sentivo bene … lo stavo aiutando per il suo quadro. Aveva finito e mi sono appoggiata alla sua spalla …
- Voleva dire qualcosa?
- È stato solo un bacio.
- Lo so cosa stai facendo. Non vuoi sperare ma dovresti farlo: quando baci qualcuno, non è mai per caso, soprattutto nel modo in cui avete fatto voi.
- Perché mi stai dicendo tutto questo?
- Perché te lo meriti un lieto fine. E ogni lieto fine, seppur diverso per ognuno di noi, inizia sempre allo stesso modo: con la speranza.
 
- L’ho baciata.
 
David non credeva ai suoi occhi. Davanti a lui c’era un Killian nervoso e teso per quello che era successo. Era insicuro e vulnerabile, un uomo lontanissimo da quello che era diventato e che David aveva temuto di non rivedere più. Nel bar c’erano solo loro.
 
- Cosa hai fatto? – ripeté esterrefatto
- L’ho baciata va bene? Ieri sera. Stavamo flirtando, credo, ma non come facciamo sempre, lei era più attraente del solito e mi sembrava fosse ben disposta, o meglio così ho pensato … ma poi stamattina è stata più fredda e sfuggente. Ho fatto un casino!
- Ma è stata solo un bacio no?
- Il punto non è tanto il bacio in sé, ma quello che ha portato alla luce.
- E sarebbe?
- Non avrei mai pensato di dimenticare il mio primo amore, la mia Milah. Non avrei mai creduto di poter trovare qualcun’altra prima di incontrare lei.
- Oh amico lascia che te lo dica: sei fantasticamente fregato!
 

Ormai l’aperitivo era diventato un rituale settimanale per loro. Killian e David stavano aspettando che Mary ed Emma ultimassero la chiusura per poter andare a bere tutti insieme. Ma Mary aveva qualcosa in mente. Aveva parlato con David. Era ovvio che per nessuno dei due quello era stato un semplice bacio, ma sapeva anche che erano tutti e due troppo spaventati per compiere un ulteriore passo in avanti. Ma il momento era decisivo: o si buttavano ora, o lo avrebbero rimpianto per tutta la vita.
Intorno al tavolo, stavano inaugurando il primo giro di shot.
 
- Allora – chiese David – hanno aderito molti al concorso?
- Io e mamma non ci possiamo lamentare. Avremo un gran bel da fare.
- Sono davvero curioso. Qua solo Emma ha visto il disegno presentato da Killian.
 
L’assist di David era perfetto e Mary lo colse al volo.
 
- A proposito Emma, hai in mente qualcosa per il tuo compleanno?
 
Killian si strozzò con il rhum a quella notizia.
 
- Compleanno? – ripeté sbalordito - E comunque un giorno mi farai morire a forza di dare notizie così metre bevo ...
 
Emma lanciò un’occhiataccia a Mary.
 
- Sì – continuò Mary come se niente fosse – venerdì 23 ottobre la nostra Emma compie 28 anni.
- Perché non me lo hai detto Swan?
- Perché non lo festeggio.
- Ma come sarebbe a dire?
- Quello che hai appena sentito! E no, non azzardatevi ad organizzare qualcosa!
 
Erano appena rientrati in casa ed Emma non aveva voluto sentire ragioni né tanto meno tornare sull’argomento compleanno.
 
- Non guardarmi così Killian! ti ho detto di no!
- Ma perché? Mica dobbiamo fare un cenone!
- No e non insistere! Mi vuoi fare un regalo? Non farmi festeggiare!
 

Killian era nervoso. Il grande giorno era arrivato. Mary avrebbe annunciato il nome del vincitore e lui non aveva desistito dall’idea di festeggiare Emma. Gli serviva, però, una copertura. L’idea gli era venuta in mente il giorno prima, quando si era imbattuto nel manifesto pubblicitario della stagione in corso al Boston Opera House.
Mary entrò in aula subito seguita da Emma, che si diresse subito verso il posto vuoto accanto a Killian.
 
- Buon pomeriggio, prendete posto grazie. Sono molto lieta di annunciarvi che abbiamo selezionato un vincitore.
 
Dopo pochi istanti comparve la signora Eva che trasportava un treppiedi coperto da un telo.
 
- Il vincitore – proseguì Mary pronta a scoprire il quadro – è il signor Killian Jones con il suo Hook versus Pan.
 
Nell’aula esplose un sonoro applauso. Killian, incredulo, si ritrovò a stringere una felicissima Emma che si stava congratulando con lui.
 
- Sapevo che ce l’avresti fatta! Congratulazioni! – disse Emma abbracciandolo forte
- È tutto merito tuo, senza di te non avrei combinato nulla – rispose lui ricambiando il calore dell’abbraccio – e ora non puoi negarmi di festeggiare domani sera. Non accetterò un rifiuto come risposta.
- Va bene Killian festeggeremo la tua vittoria!
 
E poi i due furono separati dalla folla di colleghi che si stava congratulando con il vincitore.


Venerdì pomeriggio. Emma stava rientrando a casa dopo il lavoro. La giornata non aveva riservato particolari sorprese. Killian si era limitato a prepararle la colazione e a farle gli auguri quella mattina. Nessun gesto eclatante e la cosa, in fondo al cuore, le aveva lasciato una punta di delusione. Erano rimasti d’accordo per uscire a festeggiare almeno la sua vittoria, ma non le aveva ancora fatto sapere dove e come. La casa era stranamente silenziosa e quieta.
 
- Killian? ci sei?
 
Non fece in tempo a togliersi il cappotto che qualcuno suonò alla porta. Quando la aprì, Emma si trovò davanti un fattorino e una grossa scatola con un fiocco rosso di seta.
 
- Buonasera, la signorina Emma Swan?
- In persona.
- Questo pacco è per lei.
 
Il ragazzo entrò in casa e sistemò la scatola sul divano.
 
- Aspetti ci deve essere un errore, io non ho ordinato nulla.
- Questo non lo so. Io ho solo il compito di recapitarle il pacco e basta. Arrivederci.
 
Quando il fattorino se ne fu andato, Emma iniziò a studiare la scatola. Sul fiocco rosso c’era appuntato un bigliettino.
 
“Lo so. Ti starai facendo mille domande in quella tua testolina, ma dovrai fidarti di me, Swan. Hai detto che avresti fatto tutto quello che ti avrei chiesto, per cui eccoci qui. Aprilo. Sarò da te per le 19:00. Spero tu non abbia cambiato idea.
Killian”
 
Emma era sempre più confusa. Sciolse il nastro e aprì il pacco. Un lungo abito da sera rosso ne venne fuori. Era bellissimo con il bustino a cuore e la gonna ampia. Femminile e semplice proprio come lei. Emma se lo posò addosso per provarlo. Si sentì davvero come una principessa. Ma poi eccola, la paura di godere degli attimi felici cercare di riprendere il controllo su di lei. La destò dal suo stato di eccitazione.
 
- Che diavolo hai in mente Jones?
 
Era ovvio cosa aveva in mente. Emma ripose l’abito nella scatola con cura e lo portò nella sua stanza.

Davanti alla porta del suo appartamento, un Killian in smoking era visibilmente nervoso. Il momento della verità era infine giunto. Si trovava a un bivio: o stava per fare la più grossa figuraccia della sua vita o tutto il contrario. Nascose la rosa che aveva preso dietro la schiena e poi suonò. Gli attimi che trascorsero dal suono del campanello ai primi passi verso la porta, gli sembrarono infiniti. Quando si aprì la porta, però, fu ampiamente ripagato di tutta quell’attesa. Una stupenda Emma era venuta ad aprirgli, fasciata nell’abito rosso che le aveva fatto recapitare. L’aveva sorpresa più di una volta davanti alla vetrina di quella boutique del centro ad osservarlo ammirata. Aveva i capelli raccolti in uno chignon, un cerchietto di punti luce tra i capelli e labbra rosso intenso da amare disperatamente.
 
- Sei stupenda Swan
- Tu sei …
 
Emma non lo aveva mai visto così elegante. Era bellissimo e pieno di fascino.
 
- Lo so – rispose lui ammiccante.
 
Killian le porse la rosa rossa. Era felicissimo di vedere che si era fidata di lui e che non si era tirata indietro. Aveva preparato per lei una serata speciale e aveva tutta l’intenzione di farle capire che non era un gioco tra loro, ma una cosa molto seria. E non avrebbe mai ringraziato abbastanza Mary per avergli dato quell’opportunità.
 
- Wow hai fatto proprio le cose in grande.
 
Emma prese la rosa e l’annusò. Aveva un profumo inebriante.
 
- Ho la sua mano milady?
- Ma certo – disse Emma porgendola a lui.
- E allora muoviamoci.
 
Killian portò la mano sotto al suo braccio e si incamminarono.
 
- Dove mi stai portando?
- Ogni cosa a suo tempo.
 
Fuori del palazzo una limousine nera li stava aspettando con l’autista al lato dello sportello passeggeri aperto.
 
- Grazie Bob, ci penso io.
- Come desidera signor Jones, aspetto una sua parola per partire.
- E questo cosa significa? – disse Emma sorpresa
- Che la principessa ha la sua carrozza per stasera. E non si trasformerà in una zucca a mezzanotte.
 
Killian la fece accomodare in macchina e poi la raggiunse passando dall’altro lato della macchina. Emma era stupita. Non aveva mai viaggiato a bordo di una macchina così lussuosa. Davanti a lei c’era un tavolinetto con due coppe, una bottiglia di champagne e molte tartine. Come le fu accanto, Killian diede il segnale all’autista perché partisse. Poi si dedicò a versare nelle coppe lo champagne per brindare.
 
- A noi – disse porgendo ad Emma uno dei bicchieri.
- Questo è davvero troppo Killian. Cioè è tutto bellissimo
- Niente per te è troppo. E non abbiamo ancora finito.
 
Estrasse dall’interno della giacca una busta e la diede ad Emma.
 
- Credo ci sia scritto il tuo nome su questa busta. Auguri!
- E no Jones! Mi avevi fatto una promessa!
- Sai che non sto mai a sentire … avanti, aprilo.
 
Emma prese la busta con mani tremanti e l’aprì con il cuore che iniziava a martellarle nel petto. Quanto tempo era passato dall’ultima volta che un uomo si era dimostrato così galante con lei e pieno di attenzioni? Ma fu quando capì il contenuto della busta che tutte le sue emozioni emersero prepotentemente anche sul suo viso. E Killian adorava essere l’artefice di quelle emozioni in lei.
 
- Sono due prenotazioni per la prima dello schiaccianoci al Boston Opera House!
- È il mio regalo per te, mi sembra di ricordare che sia una delle tue opere preferite e mi ha aiutato con il quadro per il concorso.
 
Emma si strinse a lui con impeto e gratitudine. Ecco il motivo dell’abito elegante e della macchina. E lei si sentiva incredibilmente donna quella sera, come non lo era stata mai.
 
- Ci impiegheremo un’oretta ad arrivare a teatro, sarà meglio mangiare qualcosa nell’attesa. Bob ci verrà a riprendere una volta finito lo spettacolo per riportarci a casa.
 
Emma si sentiva nervosa tra tutte quelle luci e quelle paillettes, ma al braccio di Killian si sentiva al contempo al sicuro. Lui sembrava così a suo agio in quel circolo mondano e faceva di tutto per infonderle sicurezza.
 
- Hai uno charme che la maggior parte delle donne presenti pagherebbero per averne almeno un pizzico.
- Mi vuoi far arrossire a tutti i costi?
- Vado a cambiare le prenotazioni con i biglietti, aspettami qui. C’è un po’ di ressa.
 
Killian le baciò la mano e poi si allontanò sorridente. Alle spalle di Emma, due occhi stavano seguendo ogni loro movimento. Li aveva individuati quando erano scesi dalla macchina e li aveva seguiti per tutto il tempo.

Si era appoggiata a una delle colonne in attesa che Killian tornasse quando qualcuno la chiamò.
 
- Emma, tesoro cosa ci fai qui?
 
Emma riconobbe immediatamente l’uomo dalla voce e si sentì morire dentro. Ancora una volta quando credeva che le cose potevano andare, qualcosa la riportava con i piedi per terra. Facendo appello a tutto il suo autocontrollo, si girò.
 
- Neal. Cosa ci fai tu qui? Anche in Canada hanno capito di che pasta siete fatti tu e tuo padre?
- Dal tono della tua voce, arguisco che ancora sei arrabbiata con me.
- Perspicace. Mi hai lasciata con una montagna di debiti da ripianare. Cosa ti aspettavi un caloroso abbraccio come se niente fosse?
- Hai ragione. Ti farà piacere sapere che io e mio padre abbiamo chiarito la nostra posizione e che ti ho sollevata da ogni responsabilità.
- Era ora, visto che non sapevo nulla!
- Visto che le cose sono a posto, mi stavo chiedendo se anche tra di noi le cose potevano aggiustarsi.
- Ascolta non ho voglia di parlarne con te.
 
Emma stava guardando nervosamente verso la biglietteria. L’ultima cosa che voleva era ferire Killian nel vederla non con un altro qualunque, ma proprio con Neal.
 
- Ah già il tuo accompagnatore. È una cosa seria?
- Non sono affari tuoi e ora vattene.
- Perché? Che differenza fa se ci vede insieme? – si avvicinò a lei con fare piacente
- Non voglio – replicò Emma schernendosi – e ora lasciami in pace.
 
Emma si allontanò da lui e si diresse verso la biglietteria. Voleva Killian vicino per allontanare i fantasmi del suo passato. Neal non la perdeva d’occhio un momento. Raggiunse Killian dopo pochi secondi ancora sconvolta.
 
- Emma che succede? – chiese lui preoccupato
- Niente. Ci avviamo?
 
Killian sapeva che stava mentendo come sapeva che non voleva parlarne. Sperò che qualunque cosa fosse successo non avrebbe pregiudicato il resto della serata.

Si accomodarono in un palchetto a loro interamente riservato. Killian, da gentiluomo, fece accomodare Emma per prima e poi si sedette accanto a lei. Nella luce soffusa, la donna sentiva gli occhi di Neal seguire ogni loro movimento. Dopo pochi minuti lo individuò nella folla, intento a fissarli. Emma si voltò un momento verso Killian, che stava leggendo il libretto messo a loro disposizione. Fortunatamente non sembrava essersi accorto di nulla. Istintivamente si strinse a lui, cercando il suo braccio. Non voleva far ingelosire Neal, non le interessava nulla di lui, ma i fantasmi che l’avevano inseguita per tanto tempo si stavano riaffacciando in lei minacciosi. E inaspettatamente Killian fece passare un braccio intorno alla sua vita e la avvicinò a sé ancora di più.
 
- Non so perché quell’uomo ci sta fissando. Ci segue da quando abbiamo salito le scale per venire qui. Se ti ha infastidita in qualche modo, non esitare a dirmelo che lo sistemo come merita.
 
Emma poggiò la fronte sulla sua spalla. Prese un respiro profondo e poi iniziò a parlare.
 
- Quello è Neal Gold.
- Cosa? Emma guardami negli occhi. Ha fatto qualcosa che non doveva? Scendo e giuro che gli faccio pentire di aver rimesso piede in America!
 
Killian stava per alzarsi come una furia. Ci mancava quello stronzo a rovinare la serata che lui aveva preparato con cura per lei. Non glielo avrebbe permesso, a costo di scendere e prenderlo a pugni davanti a tutti. Aveva fatto una discreta pratica nelle risse da bar nei bassifondi di Boston. Emma però lo trattenne accanto a sé.
 
- Non lasciarmi sola, ti prego. Quell’uomo ha rovinato gli ultimi cinque anni della mia vita. Non voglio che mi rovini un giorno di più, e soprattutto non questo.
 
Killian la guardò negli occhi. Aveva ragione: il modo migliore di farla pagare a quel tizio era dimostrare che non era riuscito a turbare la loro serata in nessun modo. Le sorrise dolcemente e tornò ad abbracciarla.

Dalla sua posizione Neal abbassò lo sguardo. La Emma che aveva lasciato sarebbe corsa subito da lui, ma non la donna che aveva avuto di fronte pochi istanti prima. Lo aveva dimenticato e ora c’era un altro accanto a lei.

Per tutto lo spettacolo Emma e Killian si erano stretti l’uno all’altro. Si stavano raccontando che lo facevano per fare dispetto a Neal, ma come poteva vederli nel buio della sala? Ed era stato proprio quel buio il custode dei loro gesti, delle carezze, degli sguardi che si erano scambiati, delle parole sussurrate nell’orecchio per non disturbare, ma che avevano avuto il vantaggio di farli stringere ancora di più, come se i loro corpi sentissero chiaro il bisogno di quel contatto tra loro. Lui la stava corteggiando e lei si stava facendo corteggiare. Brillavano come stelle e ne erano felici.

Una volta che le luci si rialzarono la magia che li aveva uniti nel buio non svanì. Oramai si erano scordati di Neal persi come erano l’uno nell’altro. Killian la riprese sottobraccio e la condusse verso l’uscita.  

Nella limousine c’era silenzio, ma Emma era felice. Killian lo leggeva nei suoi occhi limpidi e sinceri.
 
- Sono felice di vederti così Emma. Davvero.
- Io non so davvero come ringraziarti. È stato tutto bellissimo. E poi lo schiaccianoci!
- Adoro i tuoi occhi che brillano e poi era proprio questo il mio scopo: farti passare una bella serata.
 
Emma stava aspettando Killian davanti al portone. Stava ringraziando Bob e gli stava dando una buona mancia. Quando la raggiunse il suo corpo fu scosso da un brivido, lo stesso che aveva avvertito la volta che l’aveva riaccompagnata a casa dopo aver scoperto di Neal. E lì capì che non era il freddo l’artefice, ma la vicinanza di Killian.
 
- Muoviamoci, sei così fredda.
 
Era quasi mezzanotte quando rimisero piede nel loro appartamento. La serata era volata fin troppo velocemente, ulteriore conferma che il tempo trascorso insieme era stato piacevole. Ma Killian voleva di più. E nella semi oscurità del soggiorno gli sembrò che quegli occhi verdi volessero la stessa cosa. E senza chiedere il permesso, Killian la baciò ancora appassionatamente. Più la baciava e più sapeva che stavolta non si sarebbe accontentato di quello. Emma stava rispondendo al suo bacio, anche se lui sentiva serpeggiare sulle sue labbra una certa tensione. Killian portò una mano sullo chignon di Emma per slegarle i capelli: era l’apoteosi della sensualità quando li portava lunghi sulle spalle. Lei capì subito quale fosse il significato sottinteso di quel gesto e sentì una vertigine di piacere mista a paura. La cosa non sfuggì a Killian, che sciolse le labbra dalle sue per permetterle di assorbire quello che era appena successo tra loro.
 
- Cosa c’è Emma? Quello che sto facendo ti rende nervosa? – le chiese dolcemente
- Un po’.
- Sai che non voglio farti fare niente che anche tu non voglia.  
- Lo so, ma ho paura.
- Se vuoi che mi fermi lo farò e se vuoi rifiutarmi va bene, ci sta. Ma ti prego, fallo perché non provi per me lo stesso sentimento che io provo per te, che sto provando per te in questo momento, e non per paura di quello che invece senti.
- Killian non ho paura di quello che provo per te. Ho paura che se mi lascio andare ai miei sentimenti, ti perderò irrimediabilmente come ho perso tutte le persone cui ho tenuto nella mia vita. Ed io morirei se questo dovesse succedere.
- Non mi perderai mai, te lo giuro – le baciò la fronte e poi ancora le labbra.
- Non fare promesse che non puoi mantenere – disse lei cercando di allentare la sua stretta.
- Non riesci davvero ad immaginare alcuna possibilità con me?
- Ma non lo capisci che è l’esatto opposto? Ho paura proprio perché lo voglio.
- Davvero?
- Sì. E nell’esatto momento in cui mi lascerò tutto alle spalle, tutto avrà inizio.
- Questa è musica per le mie orecchie. Fidati di me e credimi: non c’è nulla di cui avere paura nel nostro futuro. Non smetterò mai di credere in noi.
 
Killian la baciò ancora per suggellare quella promessa. Stavolta le labbra di Emma risposero senza tentennamenti. E poi la magia ebbe inizio. Emma sciolse il suo chignon e lasciò ricadere i lunghi capelli sulle spalle, assecondando quello che era stato il desiderio di Killian.
 
 - Vorrei fare l’amore con te. – disse Killian d’impeto - Ti desidero da sempre, dalla prima volta che ti ho vista entrare alla galleria. Sapevo che eri diversa, che eri fatta per me come io lo sono per te.
 
Emma arrossì ma i suoi occhi erano pieni di eccitazione e desiderio.
 
- Anche io ti voglio.
 
A quelle parole la frenesia di Killian divenne davvero incontenibile. Senza staccare le labbra da lei, la prese in braccio e iniziò a camminare verso il corridoio.
 
- Che fai? – chiese Emma sorpresa
- Ti porto via principessa.
 
E senza darle il tempo di replicare la condusse nella sua stanza.


ANGOLO DELL'AUTRICE:
Direi che questi due ormai ci sono dentro fino al collo ...
Allora finalmente si sono lasciati andare a quello che provano. Spero di no aver ecceduto nel romanticismo e nel miele ma mi mancano loro carini e coccolosi. Il vestito rosso di Emma dovrebbe essere simile a quello del finale di stagione della terza serie. Spero davvero vi sia piaciuta l'idea del teatro e del balletto come regalo di compleanno di Killian, ma temo non sopravviverà ancora una vota a una notizia bomba di Mary mentre beve XD!
Abbiamo anche incorciato un personaggio che finora è rimasto sullo sfondo: il caro Neal Gold. Apparizione sporadica? Avrà in mente qualcosa? Vedremo.
Ora c'è da scoprire cosa è successo oltre quel corridoio e lo faremo nel prossimo capitolo ... #stop.
Come sempre grazie davvero di tutto!! Davvero!
Un bacione grandissimo
Persefone

p.s e stasera è uscito il titolo della 6x01 ... hello disagio my old friend ...
 

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Capitolo 12
*** XII. Beautiful Girl ***


XII. Beautiful Girl
 
Killian non aveva staccato gli occhi da Emma nemmeno per un secondo, mentre lei dormiva serena e tranquilla tra le sue braccia. Si erano guardati negli occhi complici e felici finché quelli di Emma avevano ceduto al sonno. Tutto quello che lui era riuscito a fare, da quel momento in poi, era stato guardarla con amore. Ed erano le parole di un vecchio telefilm a tornargli alla mente: capisci di amare veramente qualcuno, quando puoi passare tutta la notte seduto accanto al camino e guardarlo dormire*. Non erano accanto ad un camino, ma nudi nel suo letto, eppure solo ora capiva cosa esattamente quella frase volesse dire. Le ravviò i capelli perché voleva guardare ancora quel viso che era stato così espressivo fino a pochi minuti prima e la fece sistemare meglio sul suo petto. Dopo quella sera, non era più possibile negare quello che realmente c’era tra loro. Perché lei era la donna che lo aveva trascinato in salvo da se stesso. Emma era la prima che Killian accoglieva nella sua casa e nel privato della sua stanza. Prima di lei, i suoi fugaci e brevi sprazzi di passione li aveva sempre consumati al di fuori di quelle mura, che per lui rappresentavano la parte più profonda ed intima di se stesso. Se fosse stato davvero Capitan Hook, sarebbe stata davvero la sua nave e ne sarebbe stato infinitamente geloso. Ma con Emma era stato tutto diverso, i suoi schemi di seduzioni prestabiliti erano saltati tutti e stravolti completamente. Niente di quello che aveva fatto con lei era rientrato in una ritualità di gesti e parole che aveva usato anche con altre. Nell’esatto momento in cui aveva oltrepassato la soglia della sua stanza con lei in braccio, il mondo e il muro che anche lui aveva intorno si era sgretolato per sempre.

L’aveva adagiata sul letto e poi la sua mano era corsa veloce alla cerniera laterale dell’abito di Emma. Vuoi per l’impazienza, vuoi per l’emozione, era stata necessaria la guida di Emma per tirarla giù.
 
- Chi è nervoso ora? – disse lei con un sorriso malizioso sulle labbra
- Be’ Swan, è questo l’effetto che fai. Punti dritta alla parte migliore di me, quella genuina, libera da tutti gli schemi prestabiliti.
- Bene, perché è esattamente quello che voglio: sceglierò sempre di vedere il meglio che c’è in te.
- E io con te.
 
Si era poi rituffato sulle sue labbra e aveva lasciato la sua mano correre dolce sul corpo di lei. La frenesia era mista a desiderio ed entrambi lasciarono l’istinto libero di esprimersi senza esitazioni. Killian fece scivolare l’abito di Emma che rimase coperta solo del suo intimo. La guardò con desiderio infinito.
 
- Pizzo rosso, Swan? E volevi tenerlo tutto per te?
- Assolutamente no, come vedi. E per quello che ho in mente, tu non sei ancora pronto.
- Puoi fare tutto quello che vuoi. Non saprei come oppormi.
 
E sorridendo Emma aveva iniziato ad aiutarlo a togliere le sue barriere.

L’aveva amata con tutto se stesso e ne era davvero valsa la pena. Nel momento esatto in cui era diventato una sola anima con lei, aveva capito che tutto quello che gli era accaduto in quegli ultimi anni, anche le cose più brutte, avevano avuto un unico scopo: condurlo da lei in quel momento e con quel bagaglio di vissuto. Si era sentito traboccare di felicità. E la voglia di lei non si era esaurita con le gioie del sesso. L’aveva voluta vicino a sé anche dopo, quando Emma, avvolta nel lenzuolo, si era fatta da parte in un angolo del letto, come a volergli dare spazio o schermirsi.
 
- Dove vai? – le aveva chiesto riportandola vicino a sé.
- Veramente non voglio …
 
Emma non era, evidentemente, abituata alla dolcezza del dopo e lui questo lo aveva capito subito. Le avrebbe fatto vedere quanto poteva essere dolce e appagante anche quel momento.
 
- È qui che ti vorrò sempre Emma, accanto a me. Su di me.
 
Emma aveva affondato il viso nel suo petto e si era abbandonata ancora una volta a lui.
Ed ora era eccola lì. Indifesa e fiduciosa tra le sue braccia.
Killian capì di avere sulle spalle un grosso credito di fiducia nei suoi confronti. Fiducia che aveva paura di deludere. Perché quell’oscurità che in lui aveva gridato forte per anni non era svanita, ma solo acquietata. Aveva paura di non essere alla sua altezza, perché per lei voleva essere un uomo migliore di quello che era stato finora. Ma in molti si erano dati da fare perché potesse avere un futuro e lui era dannatamente intenzionato a volerne uno. Con lei.
Per la prima volta, da anni, sentì il sonno impadronirsi di lui e farlo cedere. Era questa l’ennesima magia che Emma Swan aveva compiuto su di lui.

Quando Emma iniziò a svegliarsi, il mattino dopo, capì immediatamente di non essere nella sua camera. Si tirò su per guardarsi intorno. Era rimasta a dormire nella stanza di Killian tutta la notte. Guardò il suo corpo nudo e ben avvolto tra le coperte, segno che lui aveva avuto la premura di coprirla bene dopo essersi alzato. Per un attimo Emma aveva avuto creduto di essere riuscita a lenire quella sua inquietudine notturna. Data la sua assenza nel letto, così non era stato. Eppure la notte che avevano appena passato era stata importante per entrambi, questo era ormai innegabile.
Nel momento in cui si era lasciata andare a lui si era sentita rinascere. La Emma impaurita aveva lasciato il posto ad una Emma intrepida e affamata di amore. E lui era stato così accogliente e travolgente allo stesso tempo. Le aveva mostrato una passione tempestosa, una passione che arde ma non logora, che brucia ma che allo stesso tempo asseconda invece di prendere a senso unico. Perché Killian si era preso cura di ogni parte di lei quella notte. E lei aveva sentito il desiderio dilagare dentro, nutrito da dolci parole sussurrate nell’orecchio mentre si univano in maniera così indissolubile. Erano state parole calde e avvolgenti così come i suoi baci e le sue carezze, parole che aveva ricambiato con lo stesso dolce ardore poco prima di abbandonarsi dentro di lui e che avevano fatto in modo che anche lui si abbandonasse dentro di lei.
Nel ricordare quelle intense emozioni, Emma sentì le guance andare a fuoco. Non poteva essersi esaurito tutto in quella sola notte di passione. E allora perché non era rimasto accanto a lei? Come se si fosse destata da un sogno, sentì dei rumori provenire dalla cucina. E fu in quel momento che notò la sua vestaglia a fiori ai piedi del letto. L’ennesima premura di lui. Ma quella paura che era stata spazzata via dalle spinte dell’amore tornò prepotente in lei e a suggerirle di chiedersi se quella fosse davvero una premura o un velato invito ad andarsene. Cercò di scacciare quel cervellotico pensiero. Si alzò e dopo aver indossato la vestaglia, raggiunse Killian.

Nella cucina la radio era accesa e stava mandando Beautiful Girl degli INXS. Emma l’aveva ascoltata spesso in macchina con Killian mentre l’accompagnava alla galleria. Era un buon segno visto che la metteva sempre quando era di buonumore. Lui era davanti ai fornelli intento a preparare la colazione per tutti e due. Se c’era una cosa che la faceva impazzire di lui, era quel suo modo di tenere il tempo non solo con la testa o con il piede, ma praticamente con tutto il corpo, come se fosse animato da un’energia tutta particolare. Non si era accorto della sua presenza. Meglio. Emma rimase a guardarlo un momento prima di decidersi ad entrare.
 
- Buongiorno – disse lei con filo di voce timida
- Buongiorno – disse lui voltandosi con uno stupendo sorriso disegnato sul volto – hai dormito bene?
- Sì ma tu forse no … mi dispiace … forse sarei dovuta tornare di là
 
Killian capì subito che quelle parole erano dettata dalla residua paura di Emma a godere della felicità. Aveva passato una notte intera a cercare di spegnere quella paura e così avrebbe continuato a fare fino a farla sparire del tutto.
 
- Non dire sciocchezze, ho dormito benissimo con te.
 
Afferrò la cintura della vestaglia e l’attirò a sé. Come sentì che Emma era nuda sotto la vestaglia, il desiderio si riaccese in lui forte. Si tuffò sulle sue labbra per spegnere o, forse, incrementare quel desiderio, desiderio che Emma sentì premere non solo sulle sue labbra.
 
- E poi – proseguì Killian – dovevi rimanere da me. Non ti avrei mai permesso di scappare via. Spero che tu capisca che non è più un gioco tra noi, anzi forse non lo è mai stato.
 
Killian sentì Emma rilassarsi tra le sue braccia e perdersi nella sua stretta. Ma l’idillio fu spezzato nel momento in cui gli occhi di Emma si posarono sull’orologio da parete della cucina.
 
- Oh santo cielo! – disse staccandosi da lui – è tardissimo! Non arriverò mai in tempo alla galleria!
 
Ma Killian fu più rapido di lei ad imprigionarla ancora a sé. Non aveva la minima intenzione di lasciarla andare via.
 
- Mary mi ha detto che sono anni che non ti prendi un giorno di ferie e non credo che crollerà la galleria se ti rubo per un giorno.
- Hai parlato con Mary? Lei sapeva?
- Diciamo che ho ventilato l’ipotesi di una tua assenza a causa del mio regalo di compleanno.
 
Proprio in quel momento la radio stava mandando il ritornello della canzone degli INXS.
 
- E dai – proseguì Killian strofinando il naso sul collo di Emma – Beautiful Girl … stay with me … stay with me …
 
Davanti al più dolce e suadente sorriso che un uomo le avesse mai rivolto, la donna capì che non sarebbe mai stata in grado di opporsi.
 
- Sarai la mia rovina, Jones. Torno subito.
- Ci conto molto – replicò lui stampandole un bacio sulla guancia prima di lasciarla telefonare.
 

Emma aveva appena attaccato con Mary quando Killian la raggiunse in salotto con una tazza di caffè bollente in mano.
 
- Tutto a posto con Mary? – le chiese porgendole la tazza
- Sì, ho tutta la giornata libera – rispose Emma sorseggiando il suo caffè.
- Visto, allora non era poi una tragedia.
 
Killian sovrappose la sua mano su quella di Emma che teneva il manico della tazza e la guidò verso la sua bocca per bere del caffè. La guardò con immutato desiderio, alzando il sopracciglio come solo lui sapeva fare. E quel tic faceva impazzire Emma. La stava sfidando e lei aveva tutta l’intenzione di rispondere a tono. Si appoggiò al tavolo, lasciando intravvedere una gamba nuda dallo spacco della vestaglia. Killian sentì il sangue accendersi nelle vene per il desiderio, ed Emma questo lo aveva capito fin troppo bene.
 
- Allora Jones, ieri sera è stato il gentiluomo a portarmi a teatro e tutto il resto, quindi mi sorge spontanea una domanda: che fine ha fatto il pirata? Si è ritirato?
 
Stava di nuovo flirtando con lui. Killian la spinse di più contro il tavolo.
 
- Oh Swan, è ancora qui – poi proseguì vicino al suo orecchio – e mi sta dicendo che muore dalla voglia di prenderti e amarti proprio ora, anche su questo tavolo. Che dici principessa, sei disposta a correre il rischio?
 
Emma circondò con le braccia il collo di Killian e fece aderire ancora di più i loro corpi carichi di desiderio.
 
- Il tuo sesto senso che ti dice?
 
Killian slacciò la cintura di Emma e lasciò che la vestaglia si aprisse sul corpo perfetto della donna. La studiò con desiderio e poi incrociò i suoi occhi.
 
- Ho sempre saputo che c’era un piccolo pirata in te, Swan.
 
E poi tra loro fu ancora elettricità pura.


Emma era intenta ad osservare Killian mentre chiudeva la porta di casa. Avevano convenuto che era meglio uscire e fare quattro passi o avrebbero passato tutto il giorno chiusi in casa. Erano giunti a questa conclusione quando Emma aveva cercato di andare a fare una doccia, ma Killian l’aveva bloccata sulla porta del bagno per baciarla ancora.
 
- Fammi andare o non ci muoveremo mai.
- Fammi un favore, chiuditi dentro o ti garantisco che non arriverai mai a quella doccia.
 
Era immersa nei suoi pensieri: la sera precedente c’era stato lo champagne, il vestito, la limousine a rendere tutto più facile, a far girare loro la testa. Ma quella mattina no. Ed era stato altrettanto coinvolgente e passionale. Non voleva solo una notte e neanche lei. E quello che c'era stato tra loro non era stato dettato dalle circostanze, era proprio dentro di loro.
Killian le aveva preso la mano e stavano camminando lungo il corridoio quando la porta della signora Leroy si aprì improvvisamente. Emma cercò di nascondere le loro mani intrecciate, ma Killian la trattenne nella sua presa salda e sicura.
 
- Buongiorno signor Jones! Signorina Emma – esordì la signora Leroy osservando le loro mani.
- Buongiorno – rispose Killian – tutto bene?
- Non c’è male. Ma voi state sicuramente meglio: ho visto ieri la macchina, i vestiti eleganti
- Be’ era un’occasione speciale, visto che era il compleanno di Emma.
- Da come eravate stretti l'uno all'altra sembravate tutto tranne che amici, lo dico per voi. - replicò la signira maliziosa.
- Credo che questo potrà essere oggetto della prossima riunione di condominio, ma fino a quel momento ci scusi, dobbiamo proprio andare.
 
Si allontanarono sicuri verso l’ascensore. La signora Leroy non li perdeva di vista un momento. Quando giunsero davanti all’ascensore, Killian si fermò di spalle così che solo Emma potesse vedere i movimenti della vicina.
 
- Che sta facendo? – chiese Killian complice
- Sta cercando altri indizi su di noi oltre alle nostre mani intrecciate.
- Capisco. Che ne dici se le diamo quel che vuole?
- Lo sai che lo saprà tutto il palazzo nel giro di pochi minuti.
- Ma almeno non dovremo ripeterlo a tutti.
- E anche tu hai ragione.
 
Fu in quel momento che Killian la baciò con trasporto solevandola leggermente da terra. La porta della signora Leroy si chiuse con forza per attaccarsi al telefono e riferire tutto anche agli altri. Quando anche la porta dell’ascensore si aprì, Killian la spinse dentro.
 
- Missione compiuta Swan!
- Tu sei tutto pazzo.
- Di te sicuramente!
 
Il cielo di Boston era limpido. Avevano lasciato la macchina non lontano dal Boston Common. Prima di iniziare a passeggiare per il parcoo, si erano fermati in un piccolo fast food per prendere qualcosa da mangiare. Avevano consultato attentamente il menu e stavano per entrare, quando una cameriera, dopo aver finito di sparecchiare uno dei tavoli, aveva urtato Killian di proposito.
 
- Scusa Jones.
- Figurati Stacey 

Emma notò immediatamente lo sguardo che i due si erano scambiati: tagliente quello di lei, leggermente imbarazzato quello di lui.
 
- La conosci? – chiese di getto senza pensare.
- Sì, ma no sapevo lavorasse qui.
- Ho capito – rispose Emma conciliante – che ne dici se mentre compri qualcosa, vado a cercare un bel posticino vicino al lago?
- Te  ne sarei grato.
- Bene. Comunque è tutto il giorno che muoio dalla voglia di un toast al formaggio. Giusto perché tu lo sappia.
 
Emma baciò Killian sulla guancia prima di allontanarsi allegra verso il parco.

Mentre Killian camminava con il loro pranzo in mano, sperò ardentemente che Emma si fosse dimenticata di quel piccolo incidente. Ne aveva combinati di casini primi di incontrarla e Stacey era stato uno di questi. Ma quando vide Emma sorridente e seduta sulla riva del lago che si sbracciava per farsi notare, cancellò quei pensieri negativi. La raggiunse e si sedette accanto a lei altrettanto sorridente.
 
- Toast al formaggio, proprio come piace a te.
- Patatine?
- Anelli di cipolla – rispose resoluto Killian
- Bene, ti stavo mettendo alla prova
 
Avevano da poco addentato i loro panni, quando la curiosità bussò ancora una volta nell’animo di Emma.
 
- Allora, come mai quella cameriera era così stizzita con te?
- Residui dei miei giorni da pirata
- E questo cosa significa esattamente?
- Onestamente non mi ricordo
- Ahah
- È tutto quello che devi sapere
- Mi stai nascondendo qualcosa, dunque
- Non so cosa dire – rispose lui visibilmente imbarazzato.
 
Quella spensieratezza che fino a pochi secondi prima era nell’aria si dissolse immediatamente. Killian teneva gli occhi basi e fissi sul terreno, mentre Emma si era irrigidita per quel muro di Killian. Non era stata la gelosia ad aver mosso la sua domanda, o meglio non era stata la motivazione principale a farla formulare. Era la voglia di sapere quante più cose poteva di lui. E si sarebbe fatto bastare anche un non sono pronto a parlarne con te, ma una bugia non l’avrebbe mai potuta accettare.
 
- Stammi a sentire attentamente – esordì seria – che tu non voglia parlarmi di qualcosa del tuo passato mi sta bene. È il fatto che tu mi menta in proposito che non mi piace. Niente bugie. Me ne hanno racconate troppe. E questo la sai benissimo.
- Hai ragione – ammise Killian – e ti chiedo scusa. Ma non mi piace ricordare quel periodo della mia vita. Vorrei mostrarti solo la versione migliore di me e non l’uomo che ero.
- L’uomo d’onore dietro il pirata, ora capisco tutto.
- Tu non hai idea di quanto sia facile ricadere nell’oscurità che mi ha inghiottito e questo è un incombente promemoria. Non voglio deluderti, tengo troppo a te, a noi.
 
Il serio volto di Emma si sciolse in un sorriso. Quando Killian vide Emma rasserenarsi sentì la tensione scivolare via. Le afferrò la mano e vi depose un tenero bacio. A quel punto, Emma si gettò su di lui facendolo cadere sulla schiena.
 
- Sei un testone. Non sei più quella persona. Qualunque cosa tu abbia fatto, non cambierà le cose tra noi. Voglio solo che tu sappia che se e quando avrai voglia di raccontarmi quella parte della tua vita, io sarò pronta ad ascoltarti, proprio come tu hai fatto con me.
- Riponi molta fiducia in me.
- Sì. Mi piacciono le persone che si impegnano a cambiare e che trovano il loro buon cuore lungo la strada.
 
Killian la strinse ancora a sé. Rimasero a godersi il caldo sole del pomeriggio prima di rincasare.

Nella stanza di Killian, Emma stava radunando le sue cose. Su una sedia era adagiato il vestito rosso che aveva indossato la sera precedente. Emma lo prese ed andò a specchiarsi. Era davvero bellissimo e a lei sarebbe piaciuto avere un’altra occasione di indossarlo per lui. Era così assorta nei suoi pensieri che non aveva sentito Killian uscire dal bagno. Si era fermato a guardarla incantato. E poi aveva notato quello che aveva intenzione di fare.
 
- Cosa stai facendo? – chiese entrando nella stanza
- Stavo raccogliendo le mie cose.
- E perché? Per riportarle qui stasera?
- Stasera?
- Non vorrai farmi dormire da solo, spero.
- E se fossi io a voler dormire da sola?
- In questo caso devo darmi da fare per farti cambiare idea.
 
Si misero a ridere entrambi.
 
- Posso chiederti una cosa?
- Dimmi.
- Mi piacerebbe farti un ritratto con questo vestito. Saresti la mia Regina delle bambole. Non dirmi di no, ti prego.
 
Senza rispondere, Emma iniziò a cambiarsi davanti a lui.
 
- Vuoi che tiri su i capelli?
- Sì. Vado a preparare tutto l’occorrente di là. Quando hai fatto, raggiungimi.
 
Quando Emma fece capolino in salotto, Killian aveva sistemato il cavalletto davanti alla grande finestra del soggiorno. Sul tavolo erano pronte due tazze di cioccolata calda, il cui aroma aveva inondato tutta la stanza.
 
- Visto che dovrai stare ferma, ho pensato di addolcire il tutto
 
Emma bevve la sua cioccolata.
 
- Allora Jones, cosa hai in mente?
 
Killian la condusse accanto alla finestra e iniziò a spiegarle la sua idea. Si era appena seduto alla sedia e stava per dirle qualcosa ma Emma lo precedette.
 
- Mi raccomando – disse lei imitando la voce di lui – tieni gli occhi fissi su di me e cerca di non muoverti.**
- Spiritosa e comunque capisco quando stai citando qualcosa.
- non è questo quello che stavi per dirmi?
- Sì, ma io sono più bravo di quella mezza calzetta lì.
- Vedremo.
 
Emma vide il viso di Killian farsi serio ed iniziare a disegnare. E in quel momento percepì netta la consapevolezza di aver fatto la scelta migliore della sua vita.

* La battuta è della terza serie di Dawson's Creek (la mia serie preferita in assoluto) la pronunacia la nonna di Jen in una punata ma non mi ricordo quale. Sorry.
** Avrete tutti capito che è una battuta dal film Titanic: Jack la pronuncia poco prima di inizare a fare il ritratto a Rose ;P

ANGOLO DELL'AUTRICE:
Scommetto che avrete tutti pensato che quei due avessero passato la notte a mangiare patatine! XD
No, Persefone, non ci fai affatto ridere ... Scusate avete ragione.
Allora direi che si sono lasciati andare abbastanza e hanno rubato un giorno al mondo. (We could steal time just for one day, avrebbe cantato il caro zio David Bowie). 
Buona parte del capitolo mi è venuta in mente ripensando al fatto che Colin aveva dichiarato da qualche parte che Hook sarebbe stato un appassionato di INXS. Da quel moomento ho sempre immaginato Killian canticchiare questa canzone mentre gironzola intorno ad Emma ( https://www.youtube.com/watch?v=aH986VE47M8 qui il link qualora non conosceste la canzone).
Starete pensando ... Persefone se ci stai drogando così la mazzata è dietrissimo l'angolo ...
Vorrei smentirvi ma ... diciamo che la mazzata non è dietrissimo, ma dietro l'angolo sì ... dobbiamo iniziare a tornare dal Killian del primo capitolo.
Il prossimo capitolo sarà ancora tranquillo, promesso, ma poi cominceremo a capire qualcosa in più di quello che è succeso tra loro
Grazie come sempre di tutto e spero che sia tutto di vostro gradimento!
Un bacione
Persefone

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Capitolo 13
*** XIII. Just Normal Things ***


 XIII. Just Normal Things
 
Lunedì mattina ed Emma era sotto la doccia. Aveva optato per una doccia decisamente fredda per riportarsi con i piedi per terra. Aveva vissuto gli ultimi due giorni con Killian come in una bolla di sapone. Avevano passato tutto il fine settimana lasciando fuori della porta dell’appartamento tutto il resto del mondo.

Killian aveva terminato le bozze del ritratto in poche ore. Lo aveva visto intento a disegnare un sacco di volte, ma quel giorno la stava guardando in maniera ancora più intensa del solito. Erano più uniti, più complici: lui tratteggiava sicuro le dolci forme della donna di cui era innamorato e lei continuava a sentirsi incredibilmente donna, come mai prima. Killian aveva un fisico asciutto e atletico, braccia forti e avvolgenti che sapevano posarsi su di lei con una delicatezza e una passione tali che in un solo altro frangente potevano essere notati: mentre ritraeva lei. Quella mano e quel braccio che l’avevano stretta con tanto ardore, si muovevano veloci e leggeri sul foglio da disegno.

La domenica, complice il temporale che non aveva smesso di rovesciarsi sulla città, l’avevano passata tra letto e divano, carezze e televisione, dispetti, a fare l’amore ogni volta che l’istinto prendeva il sopravvento su di loro, a stuzzicarsi. Pioveva talmente forte che uscire non avrebbe avuto alcun senso, cosa che Killian aveva avuto modo di sperimentare sula propria pelle.

Erano le 10:30 e la voglia di baci e coccole era alternata da una gran voglia di caffè alla cannella. Mentre Emma stava pigramente nascondendosi tra le coperte, Killian era balzato in piedi e si stava infilando in fretta e furia una tuta da ginnastica.
 
- Dove vuoi andare Jones?
- A prenderti del caffè alla cannella. Lo vuoi e io vado a prendertelo.
- Ma dove vai che fuori piove! Anche se il bar è qui sotto ti bagnerai!
- Quelle due gocce? Ho affrontato tempeste ben peggiori.
- Questa storia del pirata ti sta sfuggendo di mano, sai?
- E se anche fosse? L’importante è che tu riesca sempre a vedere Killian, per il resto non ho affatto problemi.
 
Le aveva rubato ancora un bacio a fior di labbra prima di andare via lasciandola nel letto. Era tornato venti minuti dopo, con due bicchieri in mano ma bagnato fino al midollo. Emma era prima esplosa a ridere nel vederlo così e poi si era personalmente assicurata che nessun indumento bagnato fosse rimasto addosso al suo uomo. Tutto quello di cui ora aveva bisogno era una bella doccia ristoratrice. Lo aveva condotto in bagno ed era rimasta nei paraggi della doccia qualora avesse avuto bisogno di qualcuno che gli insaponasse la schiena, cosa che puntualmente era accaduta.

Dopo il pranzo, che Emma aveva voluto a tutti i costi cucinare perché era con il cibo che amava viziarlo, Killian era tornato a lavorare al ritratto, mentre quest’ultima era sdraiata sul divano con una tazza di the caldo e avvolta in un piumone. Poi improvvisamente Killian aveva posato la matita su tavolo per osservare meglio il suo lavoro.
 
- Ci siamo, è finito.
 
Si era alzato e aveva tirato fuori dalla libreria una cornice a giorno. Vi aveva sistemato il disegno e poi era andato a reclamare il suo posto sotto il piumone. Emma prese il quadro per osservarlo meglio.
 
- È davvero stupendo. Hai già pensato ad un titolo?
- Pensavo a Swan’s Gem perché sei davvero una gemma e un cigno ovviamente. E ora se permetti voglio immortalare questo momento.
 
Emma era arrossita. Killian allora tirò fuori il cellulare. Azionò la fotocamera e scattò una foto di loro due. In quel momento non avrebbe mai pensato che quella foto sarebbe stata consumata dalla mancanza di lei.
 
- E ora – proseguì lui – credo sia ora di portare le tue cose da me.
- Ti ho già detto che non c’è nessuna fretta. Già viviamo sotto lo stesso tetto, direi che è abbastanza.
- No che non lo è, anche se so che non ti senti a tuo agio con le cose veloci. Non voglio prometterti mari e monti, ma voglio solo vivere fino in fondo quello che c’è tra noi. Ti sto solo chiedendo di scoprirlo insieme. E poi non sopporterei l’idea di averti così vicina e non poterti stringere.
- Certo che ho voglia di scoprirlo insieme, ma a un patto.
- Spara principessa
- Le scatole pesanti le porti tu, pirata!
 
Avevano così iniziato a portare le cose di Emma di là. Farle posto nell’armadio era stato piuttosto semplice dato che Killian ne occupava solo la metà. In poco tempo tutto di quella stanza parlava di loro. Il comodino che Emma aveva usato, da spoglio, si era riempito di libri, una sveglia e Killian era perfino riuscito a trovare una lampadina nuova per l’abatjour.
 
- Ora che abbiamo sistemato devo confessare una cosa
 
Killian era tutt’orecchi.
 
- La mia sveglia domani suona alle 7:00.
- Cosa????????
- Mi hai capita benissimo – disse lei sorridendo – ancora sicuro che sia stata una buona idea farmi traslocare qui?
 
Killian si avvicinò a lei serio.
 
- Che giorno è oggi?
- Domenica, perché?
- Ah le faccio io le domande. Che ore sono?
 
Emma si sporse per vedere la sveglia sul comodino.
 
- Le 17.
 
Killian la afferrò per la vita e la fece cadere nel letto ridendo.
 
- Abbiamo ancora tempo. molto tempo prima di pensare alla sveglia che potremmo usare in un’infinità di modi. E io voglio sperimentarli tutti con te.
- Sei incredibile!

E si abbandonarono ancora l'uno all'altra.
 
Emma chiuse il rubinetto dell’acqua. Non c’era ombra di dubbio: quel lunedì mattina le era piombato addosso a tradimento. Aveva sempre adorato lavorare alla galleria, ma la prospettiva di rimettersi a letto accanto a lui era altrettanto allettante. Nella, ormai, loro stanza, aveva lasciato Killian dormire. Quando la sveglia sul cellulare aveva iniziato a vibrare  si era sbrigata a disattivarla per non disturbarlo. Si era girata dalla sua parte e lo aveva osservato alcuni istanti prima di alzarsi. Aveva sperato che la doccia le riportasse la lucidità ma non era servita quasi a niente.

Davanti allo specchio del bagno stava osservano la sua immagine riflessa. E le sembrò di sentire Killian sussurrare qualcosa nel suo orecchio facendole correre un brivido lungo la schiena. Era stato tutto bellissimo ma non potevano tenere il mondo fuori per ancora molto. E proprio questo la rendeva nervosa. Iniziò ad asciugarsi e poi si vestì.

Entrò in punta di piedi nella stanza per prendere la sua borsa e aveva appena attraversato il corridoio, quando un familiare odore di caffè investì le sue narici. Si voltò incuriosita verso il tavolo, dove c’era Killian ad aspettarla.
 
- Niente caffè amore? mi era sembrato di capire che ti fosse praticamente impossibile alzarti dal letto senza.
 
Emma trasalì. Killian non solo era in piedi, cosa di cui non si era minimamente accorta presa come era dai suoi pensieri, ma era anche pronto per uscire.
 
- Da quando in qua ti alzi presto la mattina? Credevo dormissi di là
- Oh diciamo che la tua lunga doccia mi ha dato tempo anche se devo ammettere è stata davvero una grande tentazione raggiungerti. Comunque sono sceso e ti ho portato questo.
 
Killian porse ad Emma uno dei due bicchieri di carta.
 
- La cameriera avrà creduto di avere una visione vedendoti in piedi così presto.
- Non nego di fare un certo effetto
- Uhm – Emma afferrò il bicchiere e si incamminò verso la porta.
- Ehi che fai mi lasci indietro? Ti accompagno.
 
Emma stava per replicare ma Killian fu più veloce di lei.
 
- Lo so che vuoi i tuoi spazi e io sono più che intenzionato a rispettarli. Non è da me comportarmi così, il che mi stupisce, hai davvero della magia Swan. Ma solo per stamattina, lascia che ti accompagni. Non voglio ancora separarmi da te.
 
Killian poggiò la fronte su quella di Emma in quello che ormai era diventato un gesto del tutto naturale. Dal canto suo, Emma gli circondò la vita con un braccio e lo strinse a sé.
 
- E allora muoviamoci.
 

Arrivarono alla galleria stretti in un abbraccio. Avevano lasciato la macchina un po’ più lontano per poter fare quattro passi insieme. Si fermarono davanti alla galleria e due attenti occhi non li perdevano di vista. Quando Mary li aveva visti avvicinarsi in quel modo era stata davvero felice per la sua amica. Erano davvero fatti l’uno per l’altra.
 
- Siamo arrivati – disse Killian.
- Già
- Allora lo dirai a Mary?
- Cosa?
- E dai che hai capito.
- E tu lo dirai a David?
- Siamo onesti: non c’è niente di sbagliato in quello che ci sta succedendo. Lo capisci che sarebbe sciocco nasconderlo.
- Certo che lo so. E infatti volevo parlarle, ma di cosa non so perché non è del tutto chiaro neanche a me.
 
Killian distolse lo sguardo da lei
 
- Emma lo sai, ho cercato di fartelo capire in tutti i modi sta a te ora decidere se viverlo o no. Non mi accontenterò di averti nel privato del mio appartamento. Se decidiamo di andare fin fondo lo faremo a viso aperto.
 
Emma si strinse a lui con impeto. Quell’uomo era davvero speciale e lei non doveva essere così spaventata.
 
- Dirò a Mary che voglio impegnarmi ad essere felice con te.
 
L’espressione di Killian si rasserenò immediatamente. Era un passo, un altro muro che veniva abbattuto.
 
- Bene, allora buona giornata amore. Ci vediamo stasera – le depose un dolce bacio sulla fronte prima di avviarsi verso casa.
 

Emma aveva appena poggiato la sua borsa alla scrivania quando si ritrovò i curiosi occhi di Mary puntati addosso.
 
- Buongiorno Mary
- Buongiorno Emma. Sbaglio o quello era Killian? il tuo maggiolino è di nuovo dal meccanico?
- Non sei divertente. Certo che era lui e il maggiolino va come una Ferrari.
- Ti ho cercata questo weekend, ma ho trovato il cellulare sempre staccato – rispose sorridente
 
Ahi Emma, ahi!
 
- Ti serviva qualcosa di lavoro?
- No, ma dopo la tua chiamata di sabato, non ti ho più sentita ed ero curiosa di sapere come era andata la serata. Quando David ha cercato Killian e anche il suo cellulare era staccato, ho capito tutto.
- Capito cosa?
- Andiamo Emma, era chiaro che eravate insieme e non volevate essere disturbati. Allora?
- Onestamente?
- Ovvio
- È stato un weekend a dir poco fantastico. Perfetto sotto ogni punto di vista. Mi ha portato alla prima dello schiaccianoci per il mio compleanno e poi da lì in poi è stato un crescendo.
- Sono davvero felice per te!
- Non ha avuto occhi che per me e io per lui.
- Non dirmi che c’è un ma nell’aria …
- È questo il punto! Non c’è un ma. Mi ha ricoperta di attenzioni, premure, abbiamo fatto l’amore in un modo tale che non credevo neanche fossi capace di fare. Non mi ero mai sentita così presa da un uomo.
- E questo ti spaventa
- Quando sono sola sì. Con lui mi dimentico di tutto, mi fa dimenticare tutto. Il problema è che sono così abituata ad aspettarmi il peggio dalle persone che il suo modo di fare mi spiazza.
- Ma è tutto normale, l’amore è così. Quando lo trovi, quando lo provi non puoi più farne a meno. È in quel momento che scatta la magia. E questa magia è nei vostri occhi. Ma devi cominciare a crederci anche tu. Io ci credo.
- E come mai?
- Hai presente quella bellissima fontana che è davanti alla biblioteca comunale?
- Sì certo
- Conosci la sua leggenda?
- No. E qualcosa mi dice che stai per raccontarmela
- Si racconta di un ragazzo di nome Henry che durante l’ultimo conflitto mondiale aveva usato la sua ultima moneta per esprimere un desiderio: che la pace tornasse in tutto il mondo. Aveva lanciato la moneta nella fontana e aveva sperato che la sua preghiera fosse accolta, cosa che accadde poco dopo. Da quel giorno le persone hanno iniziato ad imitare Henry per vedere realizzati i propri desideri più profondi.
- È quello che hai fatto per fare in modo di incontrare David? Lanciare una moneta nella fontana? – replicò Emma sarcastica.
 
Mary la guardò con rimprovero. Lei era seria mentre Emma non sembrava prendere sul serio le sue parole. Il suo sguardo fu così loquace ed intenso che Emma si pentì subito del suo gratuito sarcasmo.
 
- Scusa – continuò Emma abbassando gli occhi
- Ricordo come era il tuo viso prima di incontrare Killian. Eri sempre triste, anche se non lo davi a vedere. Prima di staccare rimani sempre un momento alla tua scrivania a raccogliere i pensieri. Ed è in quel momento che ti lasci completamente andare. I tuoi occhi parlano molto più di quanto tu creda. Un giorno eri particolarmente triste, non so perché ed è stato in quel momento che mi sono ricordata della leggenda della fontana. Sono uscita e sono andata ad imitare il giovane Henry. Mai come allora avevo capito che ti sentivi sola ed è stato allora che ho desiderato che anche tu ti sentissi completa. E sai cosa è successo qualche giorno dopo?
- Killian ha messo piede nella galleria.
- Eccola la magia di cui ti parlavo prima. Magari sarebbe successo comunque, magari no non lo so. Ma io credo che qualcosa di magico abbia condotto Killian alla galleria in quel momento.
- Dice che mi ha vista entrare prima della lezione e di essere entrato perché sperava fossi una delle tue allieve.
- Lo vedi. È la magia dell’amore, del vero amore.
 
A quelle parole Emma sentì gli occhi inumidirsi. Nessuno aveva mai fatto una cosa del genere per lei. strinse la sua amica in un caloroso abbraccio.
 
- Grazie, Mary di tutto. non so cosa farei senza di te
 
Rimasero così per qualche momento prima di riprendere a lavorare.
 

- Allora Killian, spero per te che sua davvero importante o stavolta ci rimetto davvero il posto – esordì David sedendosi di fronte a Killian nel caffè vicino al suo studio.
- Andiamo, essere figlio del proprietario dello studio di avvocati avrà pur dei vantaggi
- Il fatto che mi occupi della gestione dei tuoi affari, mi darebbe una gran mano nel giustificare le mie assenze. Allora siamo qui per affari?
- No
- Appunto -  David fece cenno alla cameriera per una tazza di caffè.
- O meglio non proprio.
- Ohhhh ma non dirmi. Allora parliamo a carte scoperte. Credo proprio sia ora che facciamo due chiacchiere sulle reali intenzioni che hai con lei.
- Non puoi avermelo chiesto, è davvero troppo vecchio stile! E poi sei suo padre o amico mio?  - replicò Killian confuso 
- Sono sempre amico tuo, ma dimentichi che conosco la tua reputazione. Emma non è una conquista qualunque, è la più cara amica di Mary. Se fai casini senza motivo mi metti nei guai con Mary e non voglio, così come non voglio perderti.
- Sai che non rischierei mai così tanto per una che considero un semplice bottino. Qualunque cosa diventeremo dipenderà da lei quanto da me. Ti assicuro che Emma non potrebbe essere in mani migliori.
- Sono quelle che mi spaventano ora come ora.

David guardò un confuso Killian per qualche momento, poi esplose a ridere.
 
- Accidenti è proprio una cosa seria, sei nervoso! Stavo scherzando amico, sono davvero felice per voi! E dai telefoni staccato arguisco che il week end sia andato bene!
 
Killian rise anche lui. lo aveva fregato con tutte le scarpe e lui ci era cascato come un ingenuo, altra magia di Emma.
 
- Puoi dirlo forte, amico. A gonfie vele!
- E di questo sono più che contento. Anche se scherzavo ti prego comunque di fare attenzione con Emma.
- Ti ricordi cosa mi hai detto prima di incontrare Mary?
- Ti riferisci a quando mio padre ha cercato di sistemarmi con la figlia di uno dei suoi soci per interesse?
- Precisamente.
- Ti ho detto che quel calvario mi stava facendo dubitare dell’esistenza del vero amore.
- Ecco prima di incontrare Emma mi sentivo così. E hai avuto ragione quando, dopo aver incontrato Mary, mi hai spronato ad avere fiducia nella persona giusta, che sarebbe arrivata prima o poi. Anche per me quando l’ho incontrata è cambiato tutto. Andrei in capo al mondo per lei.
- E lei per te suppongo.
- Non lo so, ci sono molte complicazioni.
- Mary mi ha detto che dopo Neal non ha più voluto nessuno accanto, se ti ha lasciato entrare nel suo mondo, qualcosa di buono la devi aver combinata.
 
Bevvero il loro caffè in silenzio.
 
- E ora vado o mio padre mi licenzia davvero, anche se ha detto che adora Mary e che non potevo trovare persona migliore.
- Certo David e grazie di tutto.
- A dopo amico
 
Davanti alla galleria Killian stava aspettando che Emma staccasse. Non aveva resistito ad aspettarla a casa. sperava davvero che la cosa non infastidisse la sua dolce metà. La vide uscire dal retrobottega e dirigersi verso la porta con Mary. Era raggiante.
 
- Ciao Emma
- Killian cosa ci fai qui?
- Ti sono venuto a prendere, perché è così che le cose vanno nella quotidianità
 
Emma guardò Mary
 
- Tranquilla, David sarà qui tra poco
- Sicura?
- Ma certo Emma, e ora vai! – Mary spinse Emma verso Killian
- Una sera però – replicò Emma – tu e David venite a cena da noi. Perché così vanno le cose nella quotidianità
 
Emma si strinse al suo amore e si avviarono verso casa felici. Perchè era così che andavano le cose nella loro straordinaria normalità

ANGOLO DELL'AUTRICE:
Ciao! Scusate il ritardo! Avevo il capitolo in cartaceo ma non sono riuscita a passarlo al pc prima. Ci siamo un altro capitolo pieno di fluff. Lo avete visto? Iniziate a salutarlo il fluff che dal prossimo cominceremo ad addentrarci nel vivo di questa prima parte, che dovrebbe contare altri tre capitoli e poi finirà questo lunghissimo flashback. Abbiamo visto il ritorno sula terra dei nostri piccioncini e delle loro paure che ogni tanto tornano a galla, fortuna che gli amici sanno farci ragionare XD
Spero che il capitolo non risulti troppo pesante e /o noioso stile spiegone, ma ci tenevo ad esplorare un pochino dipiù la fase del ritorno alla realtaà.
Detto questo, grazie a tutti per le letture, recensioni e inserimenti! La pausa è lunghissima ma noi sopravviveremo!
Un bacio grandissimo
Persefone
 

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Capitolo 14
*** XIV. The Fairy Tale Exhibition ***


XIV. The Fairy Tale Exhibition
 
La lezione di disegno era appena terminata e Killian stava aspettando che Emma uscisse dal camerino per tornare a casa. Era stata la lezione più lunga, complicata e faticosa di tutte per lui, mentre Emma doveva essersi sicuramente divertita molto.

La mattina era iniziata come sempre con la solita valanga di baci che si scambiavano prima che lei uscisse per andare a lavorare. Era seduta sulle sue gambe ed era radiosa come sempre.
 
- A oggi pomeriggio principessa.
- A proposito – disse Emma rubandogli un altro bacio – oggi a lezione devi proprio venire?
- Perché mi fai questa domanda? Non sono mai mancato ed è un record che ho intenzione di portare avanti.
- Di certo non hai bisogno di lezioni e ora che siamo insieme non hai più bisogno di una scusa per vedermi
- Insieme … quanto mi piace quando usi quella parola non puoi sapere, ma non mi distrarrà dal fatto che mi vuoi depistare da oggi pomeriggio, perché?
- Ecco Mary non vuole mai anticipare l’argomento della lezione successiva, ma credo che stavolta tu debba sapere. Il fatto è che il tema di oggi è il nudo femminile.
- Cosa? – replicò lui rischiando di rovesciare tutto il caffè sul tavolo.
- Lo sai come funzionano queste cose. Non hai mai ritratto un nudo femminile? Sicuramente all’università ti sarà successo!
- All’università la modella in questione non era la mia fidanzata!
- È esattamente per questo che ti sto chiedendo di saltare la lezione.
- Ma è proprio per questo che DEVO venire.
- Ma chi vuoi che mi guardi?
- Emma te lo vuoi mettere in testa che sei una donna, una bella donna che non passa di certo inosservata? E non ridere, sono serissimo!
- Avanti chi sarebbero questi ammiratori?
- Tanto per cominciare c’è Robert in seconda fila, rimane imbambolato a guardarti per tutto il tempo e poi c’è Steve, il ragazzo con quella orrenda giacca di pelle marrone, che in un paio di occasioni ha anche cercato di avvicinarsi. Fa il vago ma …
- Andiamo, sei geloso capitano?
- E perché mai dovrei esserlo? Anche se so che hai un debole per gli uomini in giacca di pelle.
 
Emma lo zittì con un ultimo bacio.
 
- Ho capito, cercare di farti desistere non è possibile. Ci vediamo oggi pomeriggio capitano e non farli camminare sul ponte della tua nave. Sono assolutamente innocui.
 
Quando Emma era entrata in accappatoio in aula, si era aspettata di tutto tranne quello che stava vedendo: Killian seduto in prima fila proprio davanti a Robert e Steve. Aveva lasciato le retrovie per la prima linea.
 
- Bene – aveva detto Mary – inizieremo lo studio del corpo umano. Sistemati di spalle Emma, grazie.
 
Mentre Emma si era appena seduta e stava scoprendo la schiena, Killian non la perdeva di vista un solo istante, cercando di coprire la visuale agli altri due. Si sentì un completo idiota quando notò sulla schiena della sua donna il laccio del costume da bagno. Emma lo aveva preso in giro e sicuramente se la stava ridendo di gran gusto.


Quando la vide riemergere dal camerino, Killian non poté fare a meno di notare il sorriso sul suo bel viso.
 
- Scommetto che hai riso di gran gusto tutto il giorno.
- Non so di cosa parli. No, non è vero. La tua faccia è stata qualcosa di incredibile. E poi in prima fila ..
 
Killian la lasciò ridere per un po’ tenendole il muso.
 
- Ci fermiamo a mangiare qualcosa prima di tornare a casa? Hai molto da farti perdonare e io ho già in mente come.
 
Killian la attirò a sé suadente.
 
- Vorrei, ma non posso. Devo trattenermi. C’è ancora molto da fare per il party e Mary mi ha chiesto una mano per l’organizzazione.
- Vi fermate molto?
- Non saprei. So che c’è anche David magari mi faccio dare uno strappo da lui al ritorno.
- Perché non dici loro di venire a cena da noi? Ordiniamo un paio di pizze e poi voi vi mettete a lavorare mentre io e David promettiamo di lasciarvi in pace.
- Davvero?
- Ho l’aria di uno scherza? – replicò lui alzando un sopracciglio
- Grazie! – disse Emma stampandogli un bacio sulla guancia - Corro subito a dirlo a Mary!
 
E così dopo mezz’ora, i quattro stavano entrando nell’appartamento di Killian. David aveva le pizze in mano e le stava posando sul tavolo della sala da pranzo, Mary ed Emma stavano poggiando i loro pc portatili sul divano e Killian stava accendendo le luci in cucina. In pochi minuti la tavola fu apparecchiata per la cena.
 
- Complimenti – disse Mary sedendosi – hai una casa bellissima Killian!
- Oddio sono pessimo! Scusa Mary è la prima volta che vieni e non ti ho fatto fare neanche un giro per la casa.
- E allora che aspetti? – intervenne Emma prendendo le posate dalle mani di Killian– qui ci penso io.
 
Avevano appena concluso il giro, quando Mary notò sopra il divano un disegno raffigurante Emma. Era bellissima. Si avvicinò per osservarlo meglio.
 
- È il tuo unico lavoro appeso. È bellissimo, complimenti.
- Grazie. Non nego di esserne molto soddisfatto.
 
E poi la voce di Emma li richiamò a tavola per mangiare.

Mentre David e Killian stavano concludendo la cena con un buon goccio di whiskey, Mary ed Emma si stavano preparando una tazza di caffè per affrontare la lunga notte di lavoro. Emma notò subito lo sguardo pensieroso della sua amica.
 
- Ehi, è successo qualcosa? – chiese Emma porgendole la tazza.
- No – rispose Mary scuotendosi – o meglio non ancora.
 
Mary prese la tazza e andò a sedersi vicino a David. Emma la imitò e andò a sedersi vicino a Killian.
 
- Killian – esordì Mary ad un tratto – hai altri disegni, per caso? Ma tuoi, non di quelli che fai a lezione
- Sì, perché?
- Avresti qualcosa in contrario a mostrarmeli?
- Assolutamente no!
 
Killian si alzò e dalla libreria tirò fuori una cartellina con i suoi disegni. La porse a Mary perché la esaminasse. Killian guardò Emma e poi David ma anche loro erano completamente ignari di quello che stava accadendo.
 
- Sarò sincera – disse Mary dopo un attento esame di alcuni disegni – e ti sto parlando da gallerista e non da amica. Hai un talento eccezionale. Quando ci siamo conosciuti la tua tecnica era ancora un po’ grezza, ma il tuo tratto è davvero migliorato. Il ritratto che hai fatto ad Emma è da esposizione e non sto esagerando. Anche qui c’è molto materiale interessante su cui lavorare. Quindi ho intenzione di farti una proposta. Vediamo come reagiscono i critici invitati al party sul tuo quadro e su quel ritratto, se mi permetterai di esporlo. Se la loro risposta sarà positiva, ti propongo una personale nella mia galleria. Che ne dici?
- Io veramente non so che dire. Per me sono solo schizzi, un passatempo. Non credevo potessero essere di un qualche valore.
- Io credo che andranno a ruba. Fermo restando che potrai sempre decidere quali opere mettere in vendita e quali no. Ti chiederò una percentuale sui guadagni ovviamente
- Io non me ne intendo di queste cose
- Ma io sì – rispose David – posso curare i tuoi affari in tal senso.
- Emma, tu che ne pensi?
 
Emma rimase spiazzata da tale domanda. Era la prima volta che Killian la chiamava in causa su una cosa così importante.
 
- Credo che tu abbia tutte le carte in regola per provarci. Mary è una professionista seria nel suo lavoro, puoi fidarti e sono sicura che David farà lo stesso al di là dell’amicizia che vi lega. Facciamo come dice Mary. Vediamo cosa ne pensano e poi muoviamoci di conseguenza.
- Allora è deciso – disse Killian alzando il bicchiere – a noi.
 
Il giorno del party era finalmente arrivato. Emma si stava preparando con cura per la serata. Aveva scelto per l’occasione un lungo abito celeste stretto in vita, con una generosa scollatura e dei bellissimi fiori da campo ricamati. Era riuscita a tenere nascosto il vestito per fargli una sorpresa. Stava finendo si raccogliere i capelli in una lunga coda, quando Killian in smoking entrò nella stanza di colpo.
 
- Ma perché questo dannato papillon non vuole sistemarsi? Emma ti spiace …
 
Come Killian alzò lo sguardo e la vide fasciata nel suo abito da sera rimase senza parole.
 
- Era esattamente la reazione che volevo suscitare. Che succede?
- Mi potresti aiutare per favore? Non riesco a fare il nodo con questa stupida mano finta – rispose stizzito.
 
Emma si avvicinò a lui e iniziò a sistemare il papillon. Poteva sembrare un gesto sciocco o banale, ma vivendo con lui aveva capito quanto potesse diventare difficile anche una semplice azione come quella. Killian detestava non essere autosufficiente. La prima volta si era precipitata ad aiutarlo e solo dopo aveva capito di quanto si sentisse a disagio nel chiedere aiuto in quel modo. La seconda volta era stata più accorta e la terza era stato proprio Killian a chiederle aiuto. E così Emma aveva imparato i suoi tempi e lasciava che fosse lui a decidere quando aveva bisogno di aiuto e quando invece riusciva a cavarsela anche da solo.
 
- Ecco fatto – disse sistemandogli bene il colletto della camicia – sei perfetto.
- Grazie.
- Sei nervoso per stasera?
- Un po’ Emma. Se davvero i miei disegni piacessero ne sarei davvero molto contento. Ma se questo non dovesse accadere ho paura di deludere le persone che in me hanno creduto. Tu più di tutte.
- Qualunque cosa accada la affronteremo insieme. E se i tuoi quadri non dovessero piacere pazienza. Per me lo Swan’s Gem resterà sempre il più bel ritratto che mi sia stato fatto.
 
La galleria era stata organizzata come una vera e propria sala d’esposizione. Mary ed Emma avevano fatto davvero un ottimo lavoro. Sul fondo c’erano tre tavoli con un generoso buffet per gli ospiti e bevande di ogni tipo. Killian fece il suo ingresso con Emma al braccio. I suoi occhi corsero immediatamente all’angolo dove erano esposti i suoi quadri. Erano ben disposti ed illuminati in modo da esaltarli ancora di più. C’erano già alcune persone ad osservare curiosi il suo lavoro.
 
- Guarda – disse Emma entusiasta – i tuoi lavori hanno attirato l’attenzione più del cibo gratis!
 
Killian iniziò a ridere di gusto. Le passò un braccio intorno alla vita e la strinse a sé ancora di più.
 
- Ma come ci riesci, Swan? Come fai ad allentare la tensione come se niente fosse?
 
Emma passò a sua volta il braccio attorno alla vita del suo uomo.
 
- Uno dei due deve sdrammatizzare quando serve – gli posò un bacio sulla guancia.
- Ecco i piccioncini – disse David facendosi strada tra la folla verso di loro con un bicchiere in mano.
- Tutto bene principe azzurro, dov’è Mary?
- È impegnata a fare pubbliche relazioni, cosa in cui io sono piuttosto negato. A proposito, Emma ti stava cercando.
- La raggiungo subito.
 
Emma, a malincuore, si sciolse dall’abbraccio di Killian per raggiungere la sua amica. La trovò dove David aveva detto.
 
- Mi cercavi Mary?
- Emma! Siete qui, bene! Hai visto i quadri di Killian? Stanno riscuotendo un grande successo. Sono tutti curiosi di sapere di chi siano. Lo presenterò ufficialmente durante la premiazione. Si è preparato un discorso, vero?
 
Fu in quel momento che Emma capì perché, nonostante tutto, aveva da ore la sensazione di essersi scordata qualcosa di importante da fare.
 
- Emma, Killian sa della premiazione e del discorso vero?
- Me ne sono dimenticata, non so come  ma me ne sono dimenticata. E ora?
- Va bene, non posso chiamarlo e fargli fare una figuraccia. Diglielo subito che c’è ancora un po’ di tempo.
 
Mentre stava tornando verso Killian, Emma si stava tormentando. Come diavolo aveva potuto scordarsi una cosa del genere? Certo c’erano stati i preparativi e Killian l’aveva coinvolta in un mucchio di cose. Quell’uomo le mandava in confusione il cervello. Lo individuò esattamente dove l’aveva lasciato. Stava parlando con David, ma stavolta aveva due bicchieri pieni di champagne in mano. La stava aspettando.
 
- Eccoti qui – disse Killian come la vide avvicinarsi – ma dove eri finita?
 
Senza proferire una sola parola, Emma lo afferrò per un braccio e lo trascinò in un angolo.
 
- Ehi, ma cosa fai? Non ho fatto niente di male, giuro.
- Lo so che non hai fatto niente. Scusaci David.
 
Quando furono appartati, Emma lo lasciò andare.
 
- Tesoro, che ti succede?
- Devo dirti una cosa.
- Oddio così mi preoccupi. Hai un figlio di cui non mi hai mai parlato?
- Non è il momento di scherzare. Ecco io non ti ho detto che Mary ha intenzione di premiarti per il concorso e vuole che tu dica qualche parola
 
Killian impallidì.
 
- Non se ne parla proprio.
- Killian ti prego. Lo so avrei dovuto dirtelo e mi spiace, ma Mary dice che i tuoi quadri stanno riscuotendo molto successo.
 
Killian la guardò un momento. Era sinceramente dispiaciuta.
 
- Io non sono bravo con le parole e con i discorsi.
- Nemmeno io, ma possiamo inventarci qualcosa?
 
La serata era quasi al termine. Mary si avvicinò al microfono per prendere la parola.
 
- Signori, spero che la serata sia stata fin qui di vostro gradimento. È per me un grande piacere aver festeggiato insieme a voi questa importante ricorrenza. Da un paio di mesi nella mia galleria si tiene un corso di disegno. Ho chiesto ai miei allievi di disegnare qualcosa per questa serata. I due quadri che avete ammirato stasera appartengono all’autore e vincitore del concorso. Sono felice di annunciare che presto, molto presto sentirete ancora parlare di lui, con una personale proprio qui. I due quadri si intitolano Hook versus Pan e Swan’s Gem. Signore e signori vi presento Killian Jones.
 
Mary invitò Killian a salire sul palco. Un ultimo fugace sguardo alla sua Emma e poi a prendere per le corna quel toro. Si avvicinò al microfono sfoggiando un passo sicuro. Aveva concordato un piano di massima con Emma.
 
- Grazie Mary. Sarò sincero, non sono molto bravo con le parole, quindi sarò breve. Se stasera sono qui, lo devo a tre persone: a David che mi ha fatto conoscere la galleria, a Mary e la sua famiglia che mi hanno dato la possibilità di disegnare e alla persona che ha reso tutto questo possibile.
 
Killian la guardò dritta negli occhi come se fossero soli in quella sala piena di gente. Così come era salito sul palco ne era sceso raggiungendo Emma tra il pubblico.

Stavano dando fondo agli ultimi bicchieri di champagne quando qualcuno si avvicinò a loro.
 
- Signor Jones, permetta che mi presenti? Mi chiamo Agravaine e sono un avvocato.
 
Il nuovo arrivato porse la mano a Killian.
 
- Salve – rispose Killian freddo.
 
Gli occhi di quell’uomo non gli piacevano. E soprattutto non gli piaceva il modo in cui si stavano posando su Emma.
 
- Questa bella signorina – proseguì Agravaine – deve essere la famosa persona che ha reso tutto possibile. Noto una certa somiglianza con la ragazza del quadro. Posso sapere il suo nome?
 
L’uomo sfiorò i capelli di Emma. Killian la avvicinò di più a sé. Prima di rispondere Emma si strinse al suo braccio: quell’uomo non piaceva neanche a lei.
 
- Emma Swan.
- Che bellissimo nome. Allora – disse tornando a rivolgersi a Killian – sarò conciso come piace a lei. Quanto vuole per entrambi i suoi quadri?
- I quadri non sono in vendita.
- Forse non mi ha capito. Uno dei miei clienti è un facoltoso collezionista d’arte. Sono sicuro che sarà più che propenso a pagarle la giusta somma per entrambe le opere. E anche qual cosina in più, questa bella ragazza va viziata come si deve. E il mio cliente potrebbe aiutarla in questo.
- Ma davvero? e come si chiamerebbe questo caritatevole benefattore? – rispose sarcastico
- Mi spiace ma il mio cliente ama l’anonimato. Mi occuperò io della transazione, di questo non deve preoccuparsi. Vogliamo metterci d’accordo sul prezzo?
- Qui se c’è qualcuno che non ha capito, quello è lei. I quadri non sono in vendita e so esattamente cosa fare con Emma. E con questo abbiano finito. Ci scusi.
 
Killian prese Emma e si allontanò immediatamente da quello sgradevole individuo. Agravaine non li perse di vista un momento. Sapeva esattamente cosa fare.


A notte fonda, l’avvocato stava guardando gli ultimi invitati lasciare la galleria. Per ultimi uscirono due coppie. Mary Margaret e David e Killian in compagnia di Emma. Estrasse dalla tasca del suo cappotto il cellulare. Aprì la galleria con le foto dei due quadri che aveva fotografato. Sapeva che il suo cliente li avrebbe trovati di suo gusto. Compose un numero di cellulare.
 
- Arthur sono io. Sono stato al party della galleria Blanchard proprio come avevi chiesto. Ho trovato qualcosa di molto interessante, ma il novellino di turno si crede già chissà chi. La signorina Blanchard ha in mente di fargli fare una personale tra poco meno di un mese quindi hai poco tempo per agire. Ti mando subito le foto.
 
Nella sua villa, Arthur stava osservando le foto che il suo avvocato e fidato braccio destro gli aveva mandato. Aveva ragione quei quadri erano molto belli e avrebbero fatto un figurone nella sua collezione privata. Le foto erano accompagnate anche da un laconico messaggio di testo.
 
“Ho provato a tastare il terreno. Il pivellino dice che non sono in vendita”
 
Aveva una sola regola: prendersi tutto quello che voleva. Se questo pivello non voleva vendere, avrebbe trovato un altro modo per avere quei quadri. Portò alla bocca il bicchiere e bevve un sorso di brandy. Al tavolo con lui i suoi commensali lo stavano guardando intimoriti e con riverenza. Posò sul tavolo il cellulare con le foto aperte.
 
- Signori, ho un lavoro per uno di voi. Vogliate lasciarmi solo con due dei miei più cari amici. Gold padre e Gold figlio.
 
Non appena la sala si fu svuotata Arthur si avvicinò ai due.
 
- Carissimi amici, poiché io ho fatto un favore a voi ungendo qualche meccanismo per potervi riavere sul suolo americano, ora sono io che chiedo un piccolo favore a voi.
- Di cosa si tratta? – rispose Gold
- Ecco alla galleria Blanchard sono stati presentati due quadri. Li voglio nella mia collezione.
 
Arthur porse ai due il cellulare per mostrare le foto. Il primo mostrava un duello tra quello che sembrava essere un duello tra Peter Pan e Hook, ma fu quando mostrò loro il secondo che Neal sentì come un dolore lancinante dentro: il quadro ritraeva Emma nel vestito rosso che le aveva visto indossare a teatro. Aveva capito che tra quei due c’era una complicità forte, come lui non aveva mai avuto con Emma. Ma fu la foto successiva a fargli più male. Agravaine aveva spedito anche alcune foto del party. In questa Emma e Killian si stringevano l’uno all’altra in un modo molto più intenso di come avevano fatto a teatro, segno che tra loro la relazione si era fatta ancora più intima. Emma aveva un bellissimo sorriso e lo guardava intensamente, ampiamente ricambiata.
 
- Conosco la modella Arthur. Si chiama Emma Swan.
- La stessa Emma Swan che hai piantato in asso per dartela a gambe in Canada?
- Proprio lei. potrebbe tornarci utile.
- E come di grazia? – rispose Arthur sedendosi in una delle sedie – non credo abbia molta voglia di vederti ora come ora. Mi sa che si sta divertendo molto con questo Killian Jones.
- Lascia fare a me. So che tasti premere.
- Ne sei sicuro? Perché vedi se fallisci ti posso assicurare che l’unico posto sicuro su questo pianeta per te e tuo padre sarà una bara sepolta sotto mezzo metro di terra.
- Avrai i tuoi quadri. E in cambio cancellerai anche gli altri debiti che abbiamo con te.
 
Gold padre stava osservando la scena in silenzio.
 
- Rumple tu che dici? – chiese Arthur
- Mio figlio ha un buon fiuto per gli accordi proprio come me. allora ne abbiamo uno Arthur?
- Assolutamente sì. Voglio quei quadri prima della mostra o non sarà poi così facile sottrarli.
- Sappiamo come funziona – rispose Neal – la maggior parte dei quadri te li abbiamo procurati noi. Quello che no sai è che era proprio la nostra cara Emma a consegnarli ai tuoi scagnozzi. Anche se lei questo non lo ha mai saputo. Sospettato che ci fosse qualcosa di losco, ma era troppo innamorata di me per fare domande.
- E ora come farai a convincerla ad aiutarti?
- Vedi Emma ha così paura di perdere le persone che ama che prima o poi finisce sempre per allontanarle.
- Spiegati meglio.
- Semplicissimo: minaccerò di distruggere la sua felicità. E allora sì che sarà disposta ad aiutarci. 


ANGOLO DELL'AUTRICE:
Scusatemi. Avrei dovuto postare una settimana fa, ma gli impegni sono stati troppi e non sono riuscita a finire prima il capitolo. Conto di tornare alla regolarità di sempre, impegni permettendo. Lo so che mi starete odiando: vi ho illuso con un inizio molto fluff e avrete pensato ... Persefone ci sta prendendo per il naso ... e poi BAM alla fine scopriamo chi metterà i bastoni tra le ruote ai due. Non potevo lasciargli fare una comparsata perchè il nostro caro Neal è parte integrante del casino che sto architettando ... hihihihihihi ... ed Emma sarà messa in mezzo nella maniera più dolorosa per lei. Ma killian direte voi? Killian sarà lì ... #prestosapretetutto.
Come dicevo in linea di massima mancano due capitoli alla fine del flashback e poi torneremo al presente. Spero davvero che questa struttura del testo non sia troppo artificiosa.
Un bacio a tutti e grazie come sempre dell'affetto!
Alla prossima settimana
Persefone

Bonus: questo è il vestito che indossa Emma per il party. La tipa mi sembra familiare, ma non ricordo dove l'ho già vista ... assomiglia moltissimo ad Emma però ... chissà perchè ...

https://www.google.it/search?q=jennifer+morrison+abito+blu+a+fiori&espv=2&biw=1517&bih=714&source=lnms&tbm=isch&sa=X&ved=0ahUKEwivvuGGz4nOAhXEPhQKHVU8BNwQ_AUIBigB&dpr=0.9#tbm=isch&q=attends+the+alice+%2B+olivia+By+Stacey+Bendet+And+Neiman+Marcus+Present+See-Now-Buy-Now+Runway+Show+at+NeueHouse+Los+Angeles+on+April+13%2C+2016+in+Hollywood%2C+California.&imgrc=l9QMeU2VgiNVGM%3A

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Capitolo 15
*** XV. A Ghost from the Past ***


XV. A Ghost from the Past
 
 “Ti avevo promesso che ci saremmo visti per pranzo, ma il cigno che abbiamo visto l’altro giorno al lago mi sta facendo impazzire. Saprò farmi perdonare. Promesso.
Killian
P.S Ti lascio la mia cartellina. Spero mi aiuterai a scegliere gli ultimi bozzetti.”
 
Il telefono di Emma era poggiato sul tavolo mentre lei era tutta intenta a sfogliare la cartellina di pelle. Killian le aveva affidato i suoi bozzetti perché lo aiutasse a scegliere gli ultimi lavori per la personale. Era fissata per il mese successivo e, nonostante si fosse messo a lavorare di buona lena, c’era ancora molto da fare. Disegnava ovunque e in qualunque momento e lei stava facendo di tutto per assecondare la sua spinta creativa. Spesso si era portato l’album da disegno e le matite anche in camera da letto, mentre aspettava che Emma uscisse dal bagno per stendersi accanto a lui. E nel momento in cui veniva raggiunto, dopo averle mostrato cosa stava buttando giù, smetteva di lavorare per dedicarsi solo a lei. A loro.
 
Emma era indecisa tra uno scorcio del parco e una panoramica dalla balconata del teatro in cui l’aveva portata ormai quasi due mesi addietro. Era così concentrata che non si accorse della presenza che la stava osservando e che si andò a sedere al suo tavolo senza essere invitata.
 
- Ciao piccola
 
Emma trasalì. Neal Gold. Chiuse immediatamente la cartellina e puntò gli occhi su di lui.
 
- Non avevo alcuna intenzione di parlare con te due mesi fa e ora ne ho meno voglia di allora- replicò secca
 
Ripose la cartellina con cura nella borsa, sapeva bene cosa faceva Neal con i quadri. Prese il cellulare e fece per alzarsi.
 
- Con calma – replicò Neal trattenendola a sedere – è ancora presto per andare.
- Lasciami. Mi stai facendo male.
 
Neal allentò la presa sul suo braccio.
 
- Ti sto solo chiedendo due minuti. Che cosa sarà mai?
- Ma io non ho niente da dirti – rispose Emma mentre Neal la forzava a tornare seduta di fronte a lui
- Come va con il tuo bel tenebroso? Come si chiama? Vediamo … ah sì! Jones, Killian Jones!
- E tu come sai il suo nome? – chiese Emma esterrefatta.
 
Neal rovesciò la tazza che era rimasta coperta sul tavolo e si fece versare del caffè dalla cameriera.
 
- So molte cose di lui, mi sono informato diciamo.
 
Neal tirò fuori da una tracolla che aveva una cartellina piena di informazioni su Jones. La aprì e iniziò a sfogliarla proprio sotto gli occhi di Emma.
 
- Come hai fatto ad averla? E soprattutto perché? – chiese Emma indicando la cartellina.
- Questo non è affare ti riguarda.
 
Gli scagnozzi di Arthur e soprattutto quell’Agravaine sapevano davvero scavare e trovare tutto quello che volevano. Ci avevano messo solo un paio di giorno a reperire tutto quello che si sapeva su Killian Jones.
 
- Te lo sei scelto tormentato, ma del resto come poteva essere differente? Sapevi che dopo l’incidente ha passato un periodo piuttosto sregolato? Anzi, molto sregolato. Donne e alcol a fiumi. Passava da un bicchiere all’altro con la stessa facilità con cui passava da un letto ad un altro.
- Conosco il passato di Killian
- Anche i particolari piccanti ti ha detto? Perché credimi non si è fatto mancare nulla.
- Appartiene al suo passato.  Non è più quella persona.
- Ma non dirmi, sei così sciocca di credere che sia cambiato per te? Sei ancora una bambina in questo. Cosa ti fa pensare di essere diversa dalle altre? Il fatto che vi frequentate da più di un mese, il che devo ammettere è un record per lui, o che vivete sotto lo stesso tetto?
 
Emma sgranò di nuovo gli occhi.
 
- Sì, so anche questo. Lascia che ti faccia una domanda: sei davvero sicura che in questo momento sia a casa invece di farsela con una qualunque cameriera in un qualunque bar? Non escluderei nemmeno quello che è vicino al suo appartamento.
 
Emma sapeva di non dovergli permettere di avere il sopravvento, di minare le sue certezze. Quello che aveva con Killian era una cosa ben più profonda di un’avventura. Neal aveva già distrutto il suo passato, doveva impedirgli di distruggere anche il suo futuro.
 
- Senti se stai cercando di farmi dubitare di lui, risparmia il fiato – ringhiò
- Wooowwww adoro quando soffi così come una gatta
 
Neal allungò una gamba sotto il tavolo per sfiorare quella di Emma che si ritrasse immediatamente.
 
- Non osare toccarmi!
- Accidenti, dove è finita la Emma che non sapeva mai dirmi di no?
- Non esiste più
- Non essere sciocca, pensi che un paio di notti tra le braccia di quel tipo, abbiano davvero cancellato chi tu sia veramente? Io lo so chi sei Emma Swan, lo so bene.
- Non ho alcuna intenzione di continuare questa conversazione.
 
Emma si alzò. Non era minimamente disposta a sopportare la sua presenza un momento di più.
 
- Per ora Emma, ma ci vedremo presto.
- Io non penso proprio.
 
Emma si allontanò dal tavolo ed uscì dal bar senza voltarsi indietro. L’unica cosa da fare era cercare di dimenticare quello spiacevole incontro il più in fretta possibile.

Quando rimise piede in casa quella stessa sera, il senso di inquietudine che l’aveva accompagnata per tutto il resto della giornata, non si era minimamente affievolito. Si stava togliendo il cappotto quando Killian la chiamò dalla cucina. Mentre si dirigeva verso di essa, sentiva che la Emma che era stata stava prendendo il sopravvento sulla Emma che era diventata. Si scontrò quasi con lui sulla soglia tanta era la sua agitazione. E in quel preciso momento, per evitare che la paura avesse la meglio su di lei, lo attirò a sé con decisione per baciarlo disperatamente. Cercò di ancorarsi a lui, alle sue labbra, al suo amore, perché fermasse l’oscurità che dentro stava cercando di prendere il controllo del suo cuore. Affondò le dita nei suoi capelli e inalò il suo profumo a pieni polmoni.
 
- Emma va tutto bene? – chiese lui spiazzato staccandosi per poterla guardare negli occhi.
- Sto bene – rispose lei con un filo di voce – sono solo un po’ stanca. Vado a farmi una doccia prima di metterci a tavola.
 
Killian la vide allontanarsi con lo strano presentimento che qualcosa l’aveva turbata. Quella notte Emma amò e si fece amare con ancora più passione del solito.

Ora di chiusura. Erano tutti al bancone sorridenti. Emma per prima. Erano passati un paio di giorno da quel maledetto incontro con Neal. Non si era più fatto vivo: doveva aver capito. Dopo il nervosismo dei primi giorni, che aveva cercato di mascherare a Killian come stanchezza, si era convinta che si trattava di un episodio isolato. Era tornata a rilassarsi e a sorridere come la Emma di sempre, con grande sollievo di Killian, che l’aveva sommersa di attenzioni. Aveva attribuito quel malumore al fatto che si era troppo concentrato sul lavoro trascurandola.
Dalla strada Neal stava osservando il nauseante quadretto che stava andando in scena alla galleria. La sua prima chiacchierata con Emma era stata esplorativa. Era testarda e teneva davvero a quel tizio, perché poi non lo aveva ancora capito. Non si era certo aspettavo di essere riaccolto da lei a braccia aperte, ma neanche con tutta quella ostilità. Tra loro, in fondo, c’era stata solo qualche piccola incomprensione. Aveva assolutamente bisogno di quei quadri e se Emma non era disposta ad aiutarlo con le buone, sarebbe rientrato nella sua vita come uno schiacciasassi finché non avesse ottenuto quello che voleva. Sì, era decisamente tempo di porre fine a quel nauseante quadretto felice.
 
- Bene Killian – disse Mary sfogliando la cartellina con i bozzetti – direi che abbiamo tutto quello che ci serve. Pensi di essere pronto per la data fissata?
- Penso proprio di sì. Anche a costo di lavorare la notte.
 
Emma guardò orgogliosa Killian. Era una cosa bellissima quella che stava accadendo. Appoggiò la fronte sulla sua spalla, quando il campanello della porta suonò.
 
- Ci penso io – rispose Emma dirigendosi verso il bancone – voi continuate pure.
 
Quando giunse davanti al cliente in attesa sentì la paura tornare ad attanagliargli il cuore: era Neal. Cosa voleva? Quell’innaturale silenzio attirò l’attenzione di tutti i presenti. Mary, riconosciuto il visitatore, si avvicinò immediatamente alla sua amica che era rimasta impietrita.
 
- Cosa vuoi qui Neal?
 
Come quel nome fu pronunciato, tutti si voltarono verso il nuovo arrivato. Gli occhi di David si puntarono su Killian e sulla sua mascella vistosamente contratta. Era innegabile che l’amore di Emma lo aveva calmato e cambiato in meglio, ma sapeva anche che l’animo rissoso del suo amico era sempre in agguato, specialmente quando qualcosa minacciava quello a cui teneva di più. Gli si fece vicino.
 
- Mary Margaret Blanchard. – Neal la osservò attentamente – Tutti dicono che sia la cortesia la prima cosa che si nota. Dovrò impegnarmi a sfatare questa falsa credenza.
- Non mi interessa cosa farai. Fuori dalla mia galleria.
- Non sono qui per te, anche se tra poco anche la mia galleria riaprirà. Sai giusto il tempo di chiarire alcuni piccoli fraintendimenti. Comunque sono qui per parlare con Emma.
 
Neal aveva appena mosso un passo verso la sua ex che Killian scattò verso di lui come una molla. David lo trattenne per un braccio per farlo ragionare.
 
- Aspetta, non fare cose avventate
- Togliti di mezzo!
 
Ma fu la pronta risposta di Emma a fermare Neal.
 
- Non abbiamo niente da dirci
 
Emma vide Killian fermarsi. Cercò di tranquillizzarlo con gli occhi.
 
- Io non credo proprio – replicò Neal senza staccare gli occhi da lei
- L’hai sentita – ringhiò Killian raggiungendo Emma.
 
Gli occhi di Neal si accesero. Gli informatori di Agravaine sapevano essere più accurati di qualunque servizio segreto uno volta sguinzagliati. Il punto debole di Killian era proprio Emma. La miccia era accesa, doveva solo farla esplodere. Si rivolse solo a lui ignorando Emma.
 
- Non ci siamo presentati. Neal Gold – disse serafico porgendogli la mano – sono l’ex di Emma. E tu chi sei?
 
Killian lo fissò furioso. Strinse Emma più forte.
 
- Sai benissimo chi sono stronzo. E io so benissimo chi sei tu. A teatro non ci hai staccato gli occhi di dosso un momento.
- È sempre bello lasciare un segno, anche se noto un certo acredine nel tuo tono di voce. Se è per quello che ti ha raccontato Emma, col tempo, ammesso che tu ne abbia con lei, imparerai che ama essere un tantino teatrale.
 
Emma vide la rabbia divampare negli occhi di Killian. Fu lei questa volta a stringerlo a sé. Doveva impedirgli di fare qualche sciocchezza.
 
- Lo so che ti piace recitare questo ruolo da pseudo eroe – proseguì Neal – Killian Jones ma non lo sei. Ed Emma sembra un angelo biondo ma dentro non lo è affatto. Io la conosco bene, molto bene. Ti ha detto che ci siamo già parlati qualche giorno fa? Dal lampo nei tuoi occhi deduco di no
- Se non l’ha fatto avrà avuto i suoi buoni motivi.
- Piccola, hai segreta con la persona con cui dici di stare così bene?
 
Emma sentì il corpo di Killian irrigidirsi. Era sul punto di esplodere, teso come non mai nello sforzo di non cedere. Gli accarezzò teneramente il viso e cercò i suoi occhi.
 
- Ehi, guardami. Va tutto bene. Non mi ha fatto niente. E non te l’ho detto proprio per evitare questo – disse lei dolcemente
- Oh non farti incastrare da quegli occhioni Killian, anche se so per esperienza che è difficile resisterle quando fa così.
 
Lo sguardo di Killian si spostò da Emma a Neal e poi tornò su di lei. Emma gli sfiorò il viso di nuovo per rassicurarlo ancora.
 
- Guarda me, non guardare lui. Fammi sentire cosa vuole e poi ce ne andiamo a casa.
- Non ti lascio sola con lui!
- Non mi accadrà nulla, fidati di me.
 
Killian indugiò ancora un momento su Emma, se le fosse accaduto qualcosa non se lo sarebbe mai perdonato. Ma aveva fiducia in lei. Si avvicinò quindi a Neal.
 
- Se osi toccarla te la vedrai con me.
- Oh quando la toccavo io, si accendeva con niente, anzi mi bastava sfiorarla. Ha ancora l’abitudine di toccarsi i capelli quando ha voglia di fare l’amore? Con me lo faceva sempre.
 
Killian scattò verso di lui. David gli fu subito vicino per trattenerlo.
 
- Lascia stare Killian, vuole solo provocarti
 
Emma gli fu di nuovo vicino. Doveva allontanarlo da Neal assolutamente.
 
- Fai come ti ho detto, per favore. Solo per questa volta – disse lei cercando di calmarlo
- Emma …
- Fidati di me, fidati di noi. – lo guardò con gli occhi lucidi.
- Va bene, ma sono qui fuori se ti occorre qualcosa
 
Killian la baciò e poi si lasciò guidare fuori da David, non prima di aver mollato una spallata a Neal mentre si dirigeva verso la porta. Lo guardò con rabbia sempre crescente.
 
- Non scenderò al tuo squallido livello, Emma non se lo merita. Ma stai molto attento a quello che dici o quello che fai. Ti assicuro che saprò come fartela pagare.
 
Neal aspettò che tutti fossero usciti prima di tornare a rivolgersi ad Emma che lo guardava torvo.
 
- Che bel caratterino
- Tu lo hai provocato! Si può sapere perché hai deciso di perseguitarmi? Ti ho già detto che non abbiamo nulla da dirci.
- E invece mi starai a sentire attentamente. Un mio amico ha visto i quadri di Killian al party di Mary, ma sfortunatamente la tua fiamma si è rifiutata di vendere.
- Quel viscido avvocato, ho capito di chi stai parlando.
- Il viscido avvocato si chiama Agravaine e lavora per un noto collezionista conosciuto con il soprannome di Arthur. Devi procurarmi quei quadri.
- Ma ti ha dato di volta il cervello? Non farò mai una cosa del genere!
- Emma la mia non è una domanda. Lo devi fare e basta. Quanto sa Killian del tuo passato?
- E questo cosa c’entra?
- E se gli raccontassi tutto? Di quando con la scusa di fare da modella ti insinuavi nella vita di quei poveri artisti in erba e mi davi dritte su cosa procurarmi, oppure di quando eri proprio tu a consegnare agli scagnozzi di Arthur la merce rubata
- Non ho fatto niente di tutto ciò
- E invece sì, ma era più comodo non farmi domande e godere dei soldi.
- Killian non ti crederà
- Lo farà – Neal tirò fuori dalla borsa una cartellina con il nome di Emma – e se anche non lo facesse, mi basterà insinuargli il dubbio. Da piccolo diventerà sempre più grande, fino a farlo vacillare.
- Perché mi stai facendo questo?
- Perché voglio corrompere il tuo amore portando alla luce i tuoi più oscuri segreti, segreti che io conosco benissimo. Vedo il senso di colpa sul tuo viso, so che ti ossessiona e so che posso usarlo a mio vantaggio.
- Non farò mai quello che mi chiedi. Gli parlerò e insieme troveremo il modo di impedirti di farci del male.
- Prima che succeda, stai sicura che Arthur invierà qualcuno a fare del male a lui o a chi ti sta attorno: Mary, David, Granny …
- Non azzardarti a metterli in mezzo
- Uh, sei molto affezionata ad ognuno di loro.
- Troverò il modo di fermarti.
- No, non lo troverai. La scelta sta a te. Procurami quei quadri o le persone che ami e soprattutto Killian faranno una brutta fine. Hai il mio numero, aspetto una tua telefonata
 
E così come era entrato nella galleria, Neal se ne andò. Nel più squallido vicolo di Boston aveva appuntamento con uno degli uomini di Arthur per avere aggiornamenti. Lo stava aspettando appoggiato ad una parete.
 
- Neal, buonasera. Che mi dici?
- Percival. Ho appena parlato con Emma.
- Ci aiuterà?
- Credo che abbia bisogno di essere convinta ancora un po’.
- Benissimo, ci penso io ad ammansirla.
 
Quando rientrarono nel loro appartamento, Emma e Killian non avevano ancora scambiato una sola parola. Quando Neal era uscito dalla galleria, Killian si era precipitato dentro da lei. Emma aveva cercato di rassicuralo che Neal non si sarebbe fatto più vivo, ma sapeva di mentirgli. Aveva capito che era turbato per l’accaduto dal suo sguardo duro e serio. La paura che aveva lasciato alle spalle nel momento in cui aveva deciso di fidarsi di Killian ruggì forte dentro di lei. Non sarebbe mai riuscita a liberarsi di quel pesante passato.
Vide Killian andare in bagno. Non si meritava una cosa del genere, non dopo tutto quello che aveva fatto per lei. Lo seguì.

Mentre Killian si sciacquava la faccia, i pensieri vorticavano nella sua testa. Non era preoccupato per il fatto che Emma e Neal si fossero incontrati a sua insaputa, ma per il fatto che quest’ultimo volesse tornare a forza nella vita di Emma e di conseguenza nella loro vita. Non dubitava dei sentimenti di Emma, ma quelle interferenze potevano essere deleterie per il loro rapporto. Si asciugò il viso mentre cercava di trovare una soluzione, quando dallo specchio vide la figura di Emma ferma alla porta.
 
- Ehi – disse lui – che succede?
- Questo me lo devi dire tu – rispose Emma abbassando gli occhi
 
Killian la abbracciò. Era tesa come un violino per tutto quello che era successo in quell’assurda serata.
 
- Non sono arrabbiato perché non mi hai detto di aver visto Neal, ma non voglio che si metta tra noi.
- Mi dispiace. Questo è un mio problema che non dovrebbe avere ripercussioni sulla nostra relazione. Ti prometto che non lo permetterò.
- Lo so e so anche che qualunque cosa succederà troveremo insieme una soluzione per venirne fuori.
 
Emma sorrise a Killian ma nella parte più profonda di sé cominciava a maturare l’idea che la soluzione di quel problema spettasse a lei sola. Si lasciò condurre a letto come se la questione fosse finita lì mentre la sua testa stava disperatamente cercando di elaborare una via d’uscita.           

ANGOLO DELL'AUTRICE:
Lo so, mi state odiando. Neal si è preso un bel po' di libertà con Emma cercando di far vacillare la sua storia con Killian. Per il momento hanno retto, ma ha fatto la sua comparsa un altro personaggio Percival. So cosa vi state chiedendo ... Persefone, ma questi sono i personaggi della tavola rotonda e di conseguenza della 5a ..
Allora diciamo che buona parte di questa long nasce dal fatto che mi sarebbe piaciuto affrontare le dinamiche della 5a in un contesto senza magia. Quindi la seconda parte, dalla quale ci separa un solo capitolo, ruoterà attorno a ciò. Spero davvero di riuscire a tirare fuori qualcosa di buono.
Come sempre grazie a tutti per letture, recensioni e inserimenti! 
Un bacione grandissimo
Persefone

                                    

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Capitolo 16
*** XVI. Crumble ***


XVI. Crumble
 
Emma stava scaricando il maggiolino con le buste della spesa. Quella sera aveva in mente di cucinare qualcosa di davvero speciale. Killian aveva ultimato tutti i quadri da esporre con una settimana di anticipo. Aveva lavorato sodo giorno e notte ed Emma si era completamente dedicata a lui nel tempo che non era alla galleria. Lo aveva viziato, lo aveva spronato quando si era ritrovato sul punto di mollare tutto e lo aveva consolato quando la frustrazione gli era sembrata insormontabile. Che il legame e la connessione tra loro fosse forte, lo si era capito sin dall’inizio ma ora era cresciuta e maturata ulteriormente. Non erano due bambini ovviamente, anche se a volte si comportavano come tali, e questo aveva fatto sì che il loro rapporto si rinsaldasse in maniera tanto intensa. Per questo aveva voglia di festeggiare, senza togliere che proprio quel giorno erano esattamente quattro mesi che stavano insieme. Con le buste in mano, stava già organizzando nella sua testa il da fare in cucina quando qualcuno la afferrò per un braccio e la trascinò in un vicolo isolato. Aveva invano cercato di urlare ma prima di potersi rendere conto di quello che realmente le stava accadendo, si era ritrovata con le spalle al muro e con un coltello puntato alla gola. L’altra mano del suo aggressore era premuta contro la sua bocca mentre con il corpo la pressava sempre più contro il muro. L’uomo che Emma si ritrovò addosso era molto agile e ben piazzato, non aveva alcuna possibilità di sfuggirgli.
 
- Ciao Emma Swan, come stai? – sussurrò lui feroce.
 
Allentò la presa sulla bocca per permetterle di parlare.
 
- Chi sei tu? Come sai il mio nome?
- So molte cose su di te. Puoi chiamarmi Percival. Diciamo che abbiamo un amico in comune che ti rifiuti di aiutare – rispose premendo ancora il coltello sul suo collo.
 
Emma capì immediatamente a chi Percival stava facendo riferimento. Aveva sperato che le minacce di Neal si rivelassero vuote, come molte delle sue parole del resto. Evidentemente stavolta c’era davvero qualcuno di grosso in mezzo.
 
- Neal non è mio amico.
- Ma sì che lo è. E anche se così non fosse è amico mio. Mi ha raccontato che stai facendo la difficile con lui. Lo sai che gli amici vanno aiutati nel momento del bisogno? Peccato che la situazione ci abbia portati a questo punto, sei anche molto carina. Potevamo divertirci.
- Lasciami immediatamente! – replicò Emma cercando di divincolarsi.
- Ecco che fai la stronza, quindi devo tornare ai metodi di prima – tornò a premere il coltello sulla gola di lei – questo è un avvertimento innocuo: so dove abiti, so con chi abiti, conosco le vostre abitudini. Fai quello che devi o mi assicurerò personalmente di infilare questo coltello nella pancia del tuo amato. Mi hai capito sgualdrinella?
 
Paralizzata dalla paura, Emma sentiva il cuore a duemila nel petto.
 
- Ho già detto a Neal che non posso farlo senza che gli altri capiscano.
- Sei una ragazza intelligente, sono sicuro che troverai un modo. Hai tempo fino alla sera prima della mostra. Se entro mezzanotte non ti fai trovare con i quadri al vecchio ponte ferroviario, puoi dire addio a tutto quello che hai costruito fin qui. E non provare a fuggire: non riusciresti ad arrivare al primo svincolo per l’autostrada.
 
Improvvisamente Percival mollò la presa su Emma e si dileguò nel vicolo, lasciandola ancora attonita e spaventata con le buste a terra.

In ascensore, Emma aveva cercato di darsi una calmata. Aveva raccolto la spesa come meglio aveva potuto e ora, davanti allo specchio, stava cercando di coprire i segni sulla sua gola con la sciarpa. Se Killian li avesse visti si sarebbe insospettito e lo avrebbe così esposto ad un rischio che non era minimante disposta a fargli correre. Arrivata davanti alla porta di casa aveva preso un profondo respiro prima di aprire.
 
- Sono tornata!
 
Killian fece capolino dalla porta della cucina.
 
- Giusto in tempo per una cioccolata!
 
A Killian bastò un rapido sguardo alla sua donna per capire che c’era qualcosa che non andava. Si avvicinò di un passo.
 
- Va tutto bene? – continuò avvicinandosi ancora di più.
- Certo – rispose Emma cercando di non insospettirlo
 
Killian si avvicinò ancora e fu in quel momento che notò le buste della spesa ammaccate, le calze di Emma rotte e dei strani segni sul suo collo.
 
- Cosa diavolo è successo? – disse togliendole la sciarpa – questi sono dei segni, e poi le tue calze …
- Sto bene, sto bene
- Non dirmi che sei passata per quel maledetto vicolo!! Ti ho detto un milione di volte che è pericoloso!
 
Emma capì che Killian le aveva offerto un insperato assist. Lo avrebbe sfruttato a suo vantaggio.
 
- Hai ragione, ci sono passata.
- Dannazione Emma!! Se ti avevo detto di non farlo c’era un motivo!!
 
Killian la aiutò a togliersi il cappotto e la fece sedere su una delle sedie del salotto. Poi andò in bagno per prendere la cassetta del primo soccorso. Si inginocchiò e cominciò a disinfettarle il taglio sulla gamba. Poi passò ad osservare i segni sul collo.
 
- Come hai fatto a farti questi?
- Due ragazzini hanno provato a rubarmi la borsa, la portavo a tracollo. Sono caduta a terra è solo lo sfregamento della tracolla. Sono solo malconcia ma sto bene.
- Dovremmo andare a fare una denuncia alla polizia.
 
La polizia proprio no. Se era vero che gli uomini di Percival controllavano ogni loro mossa, era assolutamente fuori discussione recarsi da loro.
 
- Assolutamente no. La borsa non me l’hanno presa e sto bene.
- Ti prego Emma, morirei se ti succedesse qualcosa - Killian la strinse forte a sé.
- È tutto passato. Veramente.
 
La guardò ancora un momento. Era ancora chiaramente scossa per l’accaduto.
 
- Va bene, ma se succede ancora una volta. Ti porto dalla polizia e non voglio sentire questioni. Vieni a prendere la cioccolata.
- La spesa! Delle cose vanno in frigo!
- Prima penso a te, poi a tutto il resto.
 

Il freddo della lama sulla gola e l’impossibilità di muoversi. Per quanto avesse tentato, ogni suo sforzo si era rivelato inutile. Proprio come l’altra volta. La mano premuta sulla sua bocca la stava soffocando. Aveva provato paura? Molta. Ma questa paura si era trasformata in puro terrore quando dietro alla figura di Percival, Emma aveva visto comparire Killian. Perché era lì? Come aveva fatto a trovarla? Sapeva che se si fosse avvicinato a loro, Percival non avrebbe esitato un solo minuto per trafiggerlo a morte. Doveva impedirglielo. Aveva cercato di urlare con tutto il fiato che aveva in gola, ma le sue corde vocali erano come paralizzate e la voce non voleva saperne di uscire. Più cercava di gridare, più Killian si avvicinava. Quando fu a pochi passi da loro, Percival si era accorto della nuova presenza. Le aveva rivolto uno sguardo di compiacimento prima di voltarsi verso di lui. Prima che Killian potesse rendersene conto, Percival lo aveva pugnalato al fianco. La bianca felpa che indossava aveva subito iniziato a macchiarsi di rosso vivo. E fu solo in quel momento che a Emma sembrò che la sua voce tornasse a funzionare. Urlò il suo nome disperatamente.
Le ci volle un po’ per rendersi conto di essere al buio con gli occhi sbarrati. Si era tirata su dal letto come una molla, il respiro affannato, il sudore scivolarle addosso e l’adrenalina a mille pompata nelle vene. Il suo urlo aveva svegliato anche Killian che ora, accanto a lei, dopo aver acceso l’abatjour, cercava di calmarla.
 
- Amore mio – disse lui abbracciandola – sono qui, proprio vicino a te.
 
Killian le baciò una spalla per farle sentire la sua presenza. Ma Emma sembrava ancora presa dalle allucinazione del suo sogno. Si guardava attorno guardinga. Le passo una mano sul viso per poi scendere fino al petto. Oltre ad essere sudata, il cuore sembrava volesse esploderle nel petto, segno che ancora la paura non era svanita nonostante si fosse svegliata.
 
- Emma guardami – disse afferrandole delicatamente il viso – siamo nella nostra stanza, nella nostra casa. Sei al sicuro qui.
 
Emma lo guardò con gli occhi sgranati, incapace di articolare ancora una sola parola. Quando però capì che non era più nel suo sogno e che quel dolce tocco sul suo viso era proprio del suo Killian, gli occhi le si riempirono di lacrime. Killian la strinse ancora strofinandole la schiena per cercare di calmarla ulteriormente.
 
- Vado a prenderti un asciugamano.
 
Aveva appena messo una gamba fuori dal letto quando Emma lo trattenne per una mano.
 
- Non mi lasciare, ti prego.
- Non ti lascio – rispose lui tornando vicino a lei – sono proprio qui. Ma bevi almeno un po’ d’acqua, ti farà bene. Prendo il bicchiere dal mio comodino.
 
Dopo aver sorseggiato l’acqua, Emma iniziò a calmarsi e a tornare lucida. Non vi erano dubbi sul significato del suo sogno. Non poteva esporre Killian a quel pericolo a qualunque costo.
 
- Vuoi dirmi cosa hai sognato? – disse lui interrompendo il flusso dei suoi pensieri
 
Emma abbassò lo sguardo e scosse la testa.
 
- So cosa vuol dire avere incubi e avere paura di addormentarsi. Sentiti libera di dirmi tutto.
 
Emma gli accarezzò il viso e Killian capì che non era pronta a parlarne.
 
- Va bene – proseguì lui – ora torniamo a sdraiarci.
 
La fece adagiare di nuovo sulla schiena stretta nel suo abbraccio. Le fece poggiare la testa nell’incavo del suo braccio e continuò ad accarezzarle la schiena. Era ancora sudata come non mai. Afferrò un lembo del lenzuolo ed iniziò a tamponarle amorevolmente il viso, ancora lucido per il sudore.
 
- Così va meglio no?
 
Emma annuì con la testa e lasciò che il suo amore la avvolgesse completamente.
 
- Grazie – sussurrò con un filo di voce
- Lo sento quando il tuo cuore è inquieto, anche se non vuoi ammetterlo, ed è compito mio, beh almeno spero lo sia, proteggerlo a qualunque costo – le baciò la fronte – e ora torna a dormire.
- Ho paura di tornare in quell’incubo e non riuscire a venirne fuori.
- Non succederà
- Come fai a dirlo?
- Non ti ho mai vista fallire. E poi quando hai paura non devi fare altro che guardare dentro di te per trovare la forza. Siamo più coraggiosi di quanto crediamo. Fidati di me. Mi assicurerò che niente possa succederti.
 
Emma lo guardò con gli occhi pieni di lacrime. Avrebbe voluto più di ogni altra cosa lasciarglielo fare, ma la sua vita era appesa a un filo. Aveva dentro un fardello che era solo suo e che per la sicurezza di tutti non poteva condividere con nessuno. E nella sua testa iniziò a maturare l’idea che se davvero voleva salvarlo, c’era una sola cosa da fare: allontanarsi.

In quell’ultima settimana, Emma non aveva fatto altro che pensare e ripensare alle parole di Percival. Altalenava tra momenti in cui voleva confessare tutto a Killian ad altri in cui si vedeva costretta a fare quello che Neal e suo padre volevano facesse. Ogni volta che lui la toccava o la guardava con i suoi intensi occhi azzurri, Emma si sentiva morire dentro dal senso di colpa. Dal canto suo Killian, aveva attribuito l’umore altalenante di Emma a quello che era successo in quel vicolo. Per questo aveva cercato di essere il più comprensivo possibile con lei.

Ma a lungo andare tutta quella situazione e tutto quel peso stavano consumando Emma, anche se faceva di tutto per nasconderlo agli altri. Due giorni prima dell’inaugurazione, però, Emma capì di dover agire, di dover proteggere il suo vero amore a qualunque costo, anche il più doloroso. Con la morte nel cuore si accinse a mettere in pratica il suo piano il giorno seguente.

Emma era appena tornata dalla galleria. Killian era rimasto a lavorare ancora un po’ per cercare di sistemare gli ultimi dettagli. I quadri erano già stati trasportati dai Blanchard tranne lo Swan’s Gem. Per qualche strano motivo, Emma era riuscita a convincere Killian a portare il quadro il giorno dopo. Tirò fuori dalla borsa una bottiglia di rhum: sapeva quanto piaceva a Killian. Più di una sera si erano abbandonati a qualche bicchierino per ridere insieme. Andò in camera da letto per rifarsi il trucco e per indossare qualcosa di più attillato, così da essere sicura di avere la completa attenzione di Killian.

Quando lui tornò, la trovò seduta al tavolo con la bottiglia e due bicchieri pronti. Era bella da levare il fiato
 
- Ciao amore. A che devo l’onore?
- Pensavo che visto l’importanza di domani, stasera potevamo fare un po’ di baldoria per festeggiare.
 
Killian si sfilò la giacca di pelle. Emma lo stava guardando in modo che era davvero difficile resisterle. E il rhum le scioglieva quella sensualità di cui non sempre era consapevole di avere. Si avvicinò al tavolo.
 
- Rhum di prima qualità. Vuoi fare le cose in grande.
- So quanto ti piace e poi la ricorrenza è importante.
- Se non ti conoscessi bene, direi che vorresti farmi ubriacare, il che è stata la mia tattica per molto tempo. non c’è che dire ho avuto una pessima influenza su di te.
 
Emma riempì i due bicchieri e poi li fece tintinnare.
 
- Salute capitano – disse portando il bicchiere alla bocca e non staccando gli occhi da Killian.
 
Sperava di riuscire a farlo bere abbastanza da farlo addormentare. Allora sì che avrebbe avuto tutto il tempo per mettere in pratica il suo piano. E così avvenne. Tra alcol e stanchezza, era crollato piuttosto presto. Emma aveva appena fatto in tempo a metterlo al letto. lo stava aiutando ad adagiarsi quando la afferrò per un braccio e la attirò a sé.
 
- Dannazione, domani avrò un mal di testa con i fiocchi. Speriamo che la sbornia mi sia passata la sera.
- Che succede capitano, non riesci a reggere il rhum?
- Non dire sciocchezze, lo reggo benissimo – fece appena in tempo a replicare prima di addormentarsi.
 
Quando Emma capì che si era addormentato, fu investita in pieno dalla tristezza e dal dolore per quello che ora doveva fare. Con la morte nel cuore si chinò su di lui e lo baciò dolcemente sulle labbra.
 
- Ti amo Killian Jones.
 
Con gli occhi pieni di lacrime, iniziò a radunare le sue cose facendo molta attenzione a non svegliarlo. Prima di andare via, lasciò un bigliettino accanto a lui. Immaginava il suo viso quando ne avrebbe letto il contenuto, ma doveva rendere tutto credibile. Non pensava nemmeno una delle parole che vi aveva scritto ovviamente. Chiudersi la porta del loro appartamento alle spalle fu la cosa più difficile da fare: stava rinunciando a quella che era stata la parte più sana e felice della sua vita, ma c’era la seconda parte del piano da attuare. Si diresse alla galleria per prendere l’Hook vs Pan. Lo Swan’s Gem era già nella sua macchina. Conosceva così bene la galleria che sarebbe stato semplice eluderne i controlli. E così fu infatti: ne uscì venti minuti dopo esserne entrata con quello che cercava. Si diresse quindi all’appuntamento con Percival.
 
- Sei arrivata – disse l’uomo come la vide arrivare al ponte – mi hai stupito, già pensavo di dover venire a fare casino. Neal invece ha detto che avresti ceduto prima o poi. Devo ricordarmi di pagargli da bere.
- Ecco quello che mi avete chiesto – disse Emma porgendo due tubi da disegno – io ho rispettato la mia parte dell’accordo. Ora spetta a voi.
- Bisogna vedere cosa c’è qui dentro.
 
Percival aprì i tubi per controllarne il contenuto. Il cuore di Emma, nel frattempo, batteva all’impazzata.
 
- Ma brava, allora ci si vede in giro principessina.
 
Non appena rientrò nel maggiolino, Emma premette l’acceleratore a tavoletta. Aveva poco tempo per mettere più chilometri possibili tra lei e Boston. O meglio tra lei e Arthur. Perché lui di sicuro, a differenza di Percival, avrebbe sicuramente riconosciuto che quelli che aveva tra le mani erano dei falsi, così come Neal e suo padre del resto. Il vero Swan’s Gem era ancora a casa di Killian mentre l’originale dell’Hook vs Pan era in macchina con lei. Doveva sbrigarsi. Il giorno dopo il furto alla galleria Blanchard avrebbe fatto il giro dei notiziari, mettendo al sicuro gli altri dalle ire di Arthur. Solo così avrebbe potuto salvarli da una situazione che sentiva solo come una sua colpa.    


ANGOLO DELL' AUTRICE:
E con questo capitolo si chiude il lungo flashback che ha cercato di raccontare gli inizi della storia tra Emma e Killian. Sapevate che si erano lasciati sin dall'inizio, ora conoscete come e perchè. Emma alla fine ha fatto l'unica cosa che sa fare in questi casi: caricarsi tutto sulle spalle e scapparebda tutto quello che ama di più.
Non odiatemi. C'è po' di angst da sopportare. Ora torniamo a quel povero Killian del primo capitolo. La prima metà della storia è quindi conclusa. Spero davvero vi sia piaciuta.
Grazie a tutti per essere arrivati fin qui ma tranquilli ci aspetta tanto ancora se avrete la pazienza e la voglia di seguirmi anche in questa seconda parte.
Intanto gli spoiler che escono mi stanno piacendo assai, sopratutto i miei feels capitan cobra si sono esaltati dopo quel duello di spade ...
La pianto di blaterare invano e ci sentiamo la prossima settimana!
Persefone  

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Capitolo 17
*** XVII. The Real World ***


XVII. The Real World
 
Le prime luci dell’alba illuminarono il bigliettino che Killian aveva accanto a sé sul divano. In quelle poche ore di sonno che era riuscito a fare, aveva rivissuto tutto. Non era passato un giorno senza che lei fosse entrata almeno una volta nei suoi pensieri. Lo prese in mano per rileggerlo ancora, come se non ne conoscesse a memoria ogni singola parola.
 
“Da sempre il mio desiderio più grande è stato quello di trovare una casa. Nel corso della mia vita non mi sono mai sentita parte di niente. Pensa a te stesso e nessuno ti ferirà. Vivere con te è stato come essere in un sogno, ma c’è una cosa che ho imparato: casa è quel posto che quando lo lasci, ti manca e basta. Questa è la tua casa, non la mia ed io continuerò a scappare finché non proverò questo.
Scusami.
Emma”
 
Aveva passato tutta la notte sul divano. Non era proprio riuscito a stendersi in camera, nel loro letto. L’ultima volta che vi aveva dormito, ci si era svegliato solo, con la sveglia di Emma che suonava all’impazzata peggiorando il suo mal di testa. L’aveva pregata di spegnerla, ma per qualche strano motivo, Emma non aveva voluto ascoltarlo. Si era quindi girato dalla sua parte per convincerla a fermare quel suono, ma quando si era voltato aveva capito di essere solo nel letto. Sul cuscino aveva trovato solo quel biglietto. Ricordava benissimo cosa aveva provato quando aveva iniziato a capire: smarrimento, paura, inquietudine. Perché Emma se ne era andata via così? Le cose stavano andando piuttosto bene, cosa poteva essere cambiato in una notte? C’era solo una spiegazione: era dentro un incubo. Si alzò e spalancò l’armadio: vuoto. Emma aveva portato via gran parte delle sue cose. Si attaccò al cellulare per chiamarla: spento. Si sedette a terra incredulo. Emma non poteva averlo abbandonato nel cuore della notte senza una spiegazione. Perché non ne aveva parlato con lui? Stava ancora cercando di mettere in fila i pensieri quando il cellulare iniziò a squillare. Era lei questa. Doveva essere lei. E invece no. Era Mary. Se c’era qualcuno che potesse aiutarlo a capire, però, quella era proprio lei.
 
- Pronto?
- Buongiorno Killian. Mi spiace chiamarti così presto. Non conosco un modo semplice per dirtelo quindi andrò dritta al punto …
- Avanti dimmi cosa ti ha detto Emma senza giri di parole, non sono un bambino. Io comunque proprio non capisco.
 
Mary rimase un momento interdetta al telefono. Di tutte le reazioni che si era aspettata, quella non aveva alcun senso.
 
- Lei ancora non sa niente.
- Capisco che sia tua amica, ma come può non sapere niente? È stata lei a fare la prima mossa, a lei stanno le spiegazioni.
- Spiegazioni? Prima mossa? Ma di che diavolo stai parlando?
- Mary andiamo perché fai finta di cadere dal pero?
- Io cadere dal pero? Ma sei impazzito? Come può saperlo già Emma se è lì con te!
 
A quella risposta Killian capì che stavano parlando di due cose diverse e che Mary era allo scuro di quello che aveva fatto Emma. Il motivo della sua chiamata era quindi un altro.
 
- Sapere cosa? – riprese cercando di capire cosa voleva dire Mary.
- C’è stato un furto alla galleria stanotte. Sono mortificata non so come sia potuto succedere. Non ho la più pallida idea di chi possa essere stato.
- Cosa? – chiese Killian agitato – che hanno preso?
- Hook vs Pan. La polizia è già qui. Sto sporgendo la denuncia in modo da poter avviare le pratiche per l’assicurazione. Vogliono parlare anche con te ed Emma ovviamente.
- C’è David lì con te?
- Sì
- Digli di occuparsi di tutto. Io non ho la testa ora.
 
Dal tono di voce, Mary capì che c’era qualcos’altro che aveva investito Killian quella mattina. E che aveva a che fare con Emma in qualche modo.
 
- Mi passi Emma per favore?
- Non posso.
- Perché prima pensavi che sapessi qualcosa? Che sta succedendo?
 
Silenzio.
 
- Emma se ne andata. Mi ha piantato nel cuore della notte con un bigliettino.
- Non è possibile, è uno scherzo?
- Vorrei che lo fosse, più di ogni altra cosa.
- Hai provato a chiamarla al cellulare?
- È sempre staccato.
- Tu come stai?
- Esattamente lo schifo che pensi … e ora scusami … ma non ho davvero voglia di parlare
- Aspetta Killian ...
 
E prima che Mary potesse aggiungere un’altra parola, Killian aveva interrotto la chiamata. La sua faccia doveva essere davvero stravolta, perché David le si era avvicinato chiedendo cosa stesse succedendo.
 
- Emma ha lasciato Killian stanotte. Se ne è andata di punto in bianco.
- No, dannazione no!!
 
David afferrò il cellulare per richiamare Killian. Sapeva bene quanto l’io del suo amico potesse essere distruttivo in questi frangenti. Soprattutto in caso di abbandono.
 
- Andiamo Jones, rispondimi!!
- Vedrai che ora si calma – provò a rassicurarlo Mary
- Non si calmerà. Conosco Killian, la sua paura più grande è legata all’abbandono e tutte le volte che lo ha subito le conseguenze sono state devastanti. E il fatto che non mi risponda è preoccupante.
- Magari gli serve solo un momento
- Non deve ricadere nel baratro dell’oscurità che si porta dentro. L’ultima volta è riuscito a uscirne per miracolo. Non so se riuscirà anche questa volta ad allontanarla da lui.  Appena finisco qui con la polizia, vado da lui. Scusami, ma devo assicurarmi che non faccia sciocchezze.
- Ma certo, chiamami poi per favore.
 
Dopo che David si fu allontanato, Mary aveva provato a contattare Emma senza successo. Ci avrebbe provato per giorni, incredula ancora che la sua amica avesse potuto mandare in frantumi la sua unica possibilità di essere felice.

Quando David aveva messo piede nell’appartamento del suo amico, aveva trovato le luci spente e lui seduto al divano, visibilmente ubriaco, con un bicchiere in mano e una bottiglia di rhum vuota a terra. Il ritratto di Emma a terra e lui che lo fissava da chissà quanto tempo.
 
- Killian sono io – aveva detto David avvicinandosi
 
Killian aveva appena girato la testa verso di lui.
 
- Che vuoi?
- Vedere come stai.
- Ancora non ho fatto sciocchezze per il momento. Ma sto per rimediare.
 
Gettò il bicchiere a terra che si frantumò. Ne raccolse un coccio ben appuntito e si diresse verso il quadro con l’intento di sfregiarlo. David si precipitò a fermarlo
 
- Calma amico, non fare stronzate! – cercò di disarmarlo.
 
Killian si accasciò ai piedi del quadro con gli occhi pieni di lacrime.
 
- Se ne è andata capisci? Il mio amore non è stato abbastanza e come potevo essere io alla sua altezza?
- Sei sconvolto, lo capisco. Ma quello che ha fatto Emma è inspiegabile. E comunque non è che distruggendo il quadro la farai tornare.
- Non so se lo odio questo quadro o se lo amo come quando l’ho disegnato.
- Un quadro distrutto non può riempire il vuoto di un cuore spezzato.
- Sai qual è la cosa peggiore? È che nonostante mi abbia spezzato il cuore, io continuo ad amarla lo stesso, anche adesso che dovrei essere arrabbiato.
- Ti rialzerai amico, come hai sempre fatto.
 
Era stato per mostrare a Killian come anche dal dolore potesse nascere una buona opportunità per il futuro, che lo aveva iscritto al concorso di belle arti. E la vittoria sembrava aver definitivamente calmato un Killian che dopo il primo momento di smarrimento, e qualche mese in cui si era perso, aveva ripreso la strada della normalità.

Doveva alzarsi dal divano e costringersi a fare qualcosa. Aveva i suoi album dietro e le sue matite. In quel lungo periodo, il disegno era stata la sola terapia che avesse funzionato, meglio di qualunque medicina segnata dai medici. Aveva ripreso a dormire poco la notte ed era qui che entrava in gioco il disegno. Anche se i suoi disegni aveva spesso un soggetto ricorrente: lei. Aveva provato di tutto per togliersela dalla testa, anche tornare quello di prima, ma era stato inutile. Lei era con lui in ogni momento. Alla fine non aveva potuto fare altro che accettare quell’assente presenza nella sua vita. Per questo non aveva voluto accanto a sé un’altra donna. Aveva capito a sue spese che il vero amore non era facile, ma una volta trovato era impossibile da sostituire. Per sua fortuna, il campanello lo riportò definitivamente con i piedi per terra. Quando aprì la porta si ritrovò davanti David con la loro colazione.
 
- Buongiorno – disse David sedendosi al tavolo del salotto
- Volevi assicurarti che non avessi dato fuoco alla casa? – replicò Killian sedendosi di fronte a lui
- Mi bastava anche un grazie David non c’è di che– addentò la ciambella
- Per farmi da tata? Scherzo …
- Allora come è andata?
- Come era prevedibile. Non ho chiuso occhio. Ma mi abituerò a questa casa vuota.
- Ci sono ancora cose di Emma?
- Poca roba, Granny si è portata via tutto dicendo che la stanza nella sua pensione era stata fermata da Emma e che aveva ricevuto un bigliettino chiedendo di radunare lì le sue cose.
- Lo so che sei stato notti intere davanti da Granny sperando di vederla.
- E allora sai anche che non l’ho mai vista e nemmeno Granny se è per questo. Ma l’affitto è sempre arrivato regolarmente per i primi tempi. Quando ha smesso di riceverlo, non ha avuto il cuore di buttare le cose di Emma. Non so di preciso dove le ha sistemate.
- Credi sia mai tornata da lei?
- Io so solo che da me non è tornata.
- Dopo un anno credevo l’avessi ormai accettato.
- L’ho accettato. Il problema è che non mi sono ancora rassegnato al fatto di vederla entrare da quella porta e dirmi che è stato tutto uno scherzo.
 
David sorseggiò il caffè. Sapeva quanto Killian avesse sofferto e continuava a soffrire per quell’abbandono. Più volte si era interrogato anche con Mary su quali potevano essere stati i motivi che avevano spinto Emma a quel gesto.
 
- Ad ogni modo – proseguì Killian – sarà meglio ora che ti dedichi completamente a Mary. Già vi ho separato abbastanza tra il concorso e le mostre che ne sono scaturite, nelle sue condizioni poi.
- Ormai la pancia è evidente
- Dedicati a lei, altrimenti va a finire che arriverà quasi il momento del raccolto e non ti ricorderai nemmeno di aver piantato.
- Che la tua vena di doppi sensi sia ancora lì, mi fa stare tranquillo.
- Se lo dici tu! E ora mi godo il caffè.
 

Il detective Graham Humbert era stato una delle migliori reclute del suo corso. Aveva brillantemente superato tutti gli esami e si stava avviando ad una rapida carriera in polizia. Era intelligente, affascinante, aveva intuito e non si tirava mai indietro. La sua completa dedizione al lavoro lo aveva portato ad una vita piuttosto solitaria, ma ora di tempo ne aveva eccome. Seduto alla sua scrivania, stava sfogliando uno dei fascicoli appena arrivati. Il freddo iniziava a farsi sentire e l’umidità stava tormentando la ferita sulla gamba. La sua esperienza sul campo si era interrotta una sera di un anno prima durante un conflitto a fuoco con due rapinatori. Durante l’operazione era stato gravemente ferito alla gamba destra. Dopo un lungo periodo di riabilitazione si erano aperte per lui le porte dell’ufficio, delle scartoffie e della noia. Adattarsi a quel nuovo stile di vita era stato piuttosto complicato. Era un uomo abituato all’azione e tutta quella sedentarietà non faceva per lui. Col passare del tempo però, volente o nolente, aveva dovuto abituarsi. Era stato il capitano Jonson a trovargli l’incarico giusto. Date le sue spiccate doti di ragionamento e deduzione, lo aveva messo a capo della piccola unità che si occupava dei casi irrisolti e di quelli che venivano riaperti. Il capitano ci aveva giusto. In poco meno di un anno era riuscito a chiudere più di qualche caso. Il suo turno preferito era quello di notte. Nella centrale semi-vuota il suo cervello sembrava ragionare meglio, trovare connessioni e fare collegamenti.

Addentò l’ultimo involtino primavera che aveva preso al take away a pochi passi della centrale. Stava rileggendo gli ultimi rapporti per un caso quando qualcuno bussò alla porta.
 
- Avanti
 
Un giovane agente fece il suo ingresso.
- Detective Humbert, mi scusi se la disturbo, ma le dovrei parlare un momento.
 
- Ma certo agente, mi dica pure.
- Sa che stanotte siamo dovuti intervenire al Rabbit Hole.
- Ho sentito qualcosa dal capitano Jonson
- Ordinaria amministrazione ovviamente. Stavamo sedando una rissa tra ubriachi. Sfortunatamente nella colluttazione è rimasta ferita anche una delle cameriere. I medici le hanno prestato soccorso sul posto. Ora qui per finire la deposizione.
- Bella storia agente, ma io che centro?
- Il fatto è che la signorina chiede di lei.
- Di me? Ne sei sicuro?
- Assolutamente
- E perché mai?
- La ragazza è sola, non so che dirle.
- La faccia passare.
 
Due minuti dopo, davanti a Graham era seduta una ragazza bionda dagli espressivi occhi verdi. Indossava un’attillata uniforme e trucco pesante. Si conoscevano bene, molto bene.
 
- Lo so Graham, scusa, ma non posso guidare con la gamba così. Mi serve un passaggio e non sapevo a chi chiedere.
- Purtroppo ho da fare stasera, Emma
- Neanche cinque minuti mi puoi dedicare?
- Emma lo sai come funziona
- Ci ho provato – disse alzandosi – a proposito questa mia visita qui, potrebbe non finire nel mio fascicolo, vorrei che nessuno sapesse che sono a Boston
- Se mi dici perché, lo faccio
- Ho capito, vado. Speriamo di trovare un taxi. Ho anche lasciato il cellulare al locale.
 
Emma fece un passo zoppicando vistosamente.
 
- Va bene Emma – disse Graham facendola risedere – vado a vedere se un agente può accompagnarti.
 
Fuori della porta, il detective si stava dirigendo nella sala comune, quando l’agente che aveva annunciato Emma lo aveva fermato per dargli il cellulare della donna. Graham lo guardò un momento nella sua mano.

Il dossier di Emma Swan era sempre stato sul suo tavolo. L’aveva conosciuta durante un normale controllo e da allora era l’unica persona con cui lei era in contatto. C’era qualcosa nella storia di quella ragazza che non lo convinceva. Era stato uno dei primi casi su cui aveva lavorato. Per un certo periodo era stata una vera e propria ossessione. Lo aveva studiato fin nei minimi dettagli. Emma aveva fatto nove mesi di carcere a Phoenix per ricettazione. La polizia aveva ritrovato della refurtiva nella sua macchina a seguito di una telefonata anonima. E questa era la prima cosa strana. Nel maggiolino della ragazza erano stati ritrovati degli orologi. Quando gli agenti l’avevano portata via, non aveva opposto la minima resistenza, anzi ammettendo tutto. Durante il periodo di reclusione non aveva mai dato problemi. Una volta uscita era tornata a Boston e aveva iniziato a lavorare nel Rabbit Hole. Da allora la sua vita era sempre stata scandita dai turni al bar. Niente amici, niente uomini, nessun conoscente. Sembrava sola. E anche questo aveva fatto insospettire Graham. Della sua vita prima di Phoenix aveva scoperto poco e niente. Sapeva che era cresciuta in una casa famiglia e che aveva frequentato per un periodo la galleria Blanchard e che era stata chiamata a testimoniare su alcuni traffici della famiglia Gold quando era stata all’università. In un giornale locale aveva trovato una foto di Emma, vestita elegantemente in un abito blu, abbracciata a un uomo moro dagli occhi celesti. La didascalia sotto riportava il nome di Emma e quella di un certo Killian Jones. Dal loro atteggiamento dovevano esse stati molto intimi. Aveva parlato con Emma più volte cercando di capire come fossero andate le cose veramente. Aveva solo ottenuto la conferma che lei e Killian erano stati insieme per un certo periodo. Sui motivi che l’avevano portata a separarsi da lui, era rimasta sempre piuttosto evasiva. E non parlava neanche dei suoi rapporti con la famiglia Gold, punto questo molto interessante per Graham visto che padre e figlio erano ancora ricercati non solo in America ma anche in Canada dopo un'altra rocambolesca fuga, gurada caso poco prima dell'arresto di Emma. Era riuscito a tirarle fuori qualcosa, ma niente che potesse essergli utile per dare nuovo impulso alle indagini aperte ancora sui due. Era sicuro che dietro al mutismo di Emma si nascondesse la profonda volontà di difendere qualcuno da qualcosa, forse proprio lo stesso Killian. E per proteggerlo era stata incastrata. Era stata l’ostinazione della ragazza davanti a tutte le sue domande che lo aveva convinto di quell’intuizione. Emma diceva di non avere nessuno. Era il momento di appurarlo. Aprì il cellulare di lei. Sulla rubrica c’era un solo nome: quello di Killian Jones. Era l’una passata, forse l’uomo dormiva. O forse non gli sarebbe mai più capitata un’occasione così per cercare di capire la verità.

Quando tornò nella sua stanza, Graham sapeva che quello che aveva messo in moto non poteva più essere cambiato. E sapeva anche che Emma si sarebbe arrabbiata, ma lui doveva scoprire la verità.
 
- Allora Graham?
- Tra un una mezz’ora massimo, potrai andare a casa.
- Grazie.
 
Aspetta a ringraziarmi Swan, pensò Graham, aspetta di vedere chi ho chiamato per farti venire a prendere.


ANGOLO DELL'AUTRICE:
Eccoci qui, questa settimana molto in anticipo sulla tabella di marcia, ma sarò fuori per il ponte di ferragosto e il capitolo era pronto, quindi perchè aspettare? ;P
Questo capitolo apre la seconda parte della storia e abbiamo visto come ha reagito il povero Killian alla scoperta dell'abbandono di Emma. Decisamente non bene. Ma fortuna c'è sempre David a parare i colpi. E poi sappiamo cosa è successo ad Emma nell'anno "mancante". #sentochemistatemaledicendo ...
E poi abbiamo fatto la conoscenza di un nuovo personaggio che sarà molto attivo: il detective Graham! Non ho mai usato questo personaggio prima quindi spero di renderlo come merita. Abbiamo visto che conosce Emma e abbiamo visto che per lei è un buon amico. E chi avrà chiamato? #gosthbustergingleon 
Non ci stanno mettendo molto a rincontrarsi a quanto pare ... bisognerà vedere ora come reagiranno!
Grazie davvero a tutti per letture, recensioni e inserimenti. Spero che anche questa seconda parte possa piacervi quanto la prima!
Buone vacanze e buona anguria a tutti!
Persefone

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Capitolo 18
*** XVIII. A Call in the Middle of the Night ***


XVIII. A Call in the Middle of the Night
 
Era notte fonda e Killian era tormentato come un’anima in pena. Aveva percorso in lungo e in largo il salotto di casa cercando di staccare la testa. Aveva addirittura cercato di fare tardi in qualche locale notturno, tanto per stordirsi un po’. Ma non appena aveva messo piede in uno di essi, la confusione che vi regnava lo aveva fatto desistere immediatamente. Non era più quell’uomo e neanche tutta quella confusione lo avrebbe distratto dal rumore dei suoi pensieri. Rassegnato era rincasato. Avrebbe dato tutto per un buon bicchiere di rhum, ma aveva promesso a David di rimanere sobrio. Dopo quella maledetta mattina di un anno fa, gli aveva fatto giurare che non si sarebbe più dato al rhum in quel modo. Lo aveva accontentato ma con delle rare eccezioni. E quella era potenzialmente una sera rischiosa, una sera in cui probabilmente non sarebbe mai riuscito a fermarsi in tempo. Decise di sedersi al tavolo e disegnare un po’. Era l’unica cosa che riusciva a placarlo quando la voglia di bere sembrava impossibile da dominare. Tutto inutile. Aveva dentro una strana inquietudine, ma non era la solita, quella con cui aveva imparato a convivere da un anno a questa parte. Stavolta c’era qualcosa di diverso, come uno strano presentimento. Si strofinò il naso come se quel gesto potesse scrollare quegli assurdi pensieri dalla sua mente.
Si era appena seduto sul divano con un libro, ovviamente di Emma, in mano quando il suo cellulare iniziò a vibrare sul bracciolo. Sul display un numero sconosciuto. Killian fece mente locale su chi poteva essere lo scocciatore di turno: qualche fidanzato in odore di corna? Impossibile; quella sera aveva chiacchierato con qualche ragazza, ma era più che sicuro di non aver lasciato a nessuna il suo numero; peggio, magari era qualche vecchia conquista decisa a togliersi qualche sassolino dalla scarpa. Chiunque fosse, lui non era in vena di discutere con nessuno. Posò il cellulare sul bracciolo e nel fare ciò urtò il libro che vi aveva posato per occuparsi del telefono. Il libro cadde a terra aprendosi sulla prima pagina: l’inconfondibile calligrafia di Emma aveva segnato la data di inizio del libro. E quando il ricordo di Emma sembrò sopraffarlo, capì che doveva fare qualcosa per venirne fuori, fosse anche rispondere a quel maledetto telefono.
 
- Pronto? – disse con voce piuttosto scocciata
- Parlo con il signor Killian Jones?

Killian rimase interdetto: era la voce di un uomo ed era stranamente tranquilla per essere quella di un uomo che ha appena scoperto di essere stato tradito.
 
- Dipende. Con chi parlo?
- Sono il detective Graham Humbert del terzo distretto di Boston. Allora è lei Killian Jones?
- Temo proprio di sì. Come ha fatto ad avere il mio numero detective? Le giuro che non ho fatto nulla.
- Lo so bene questo. La chiamavo per avere un’informazione.
- Se posso essere d’aiuto.
- Conosce una ragazza di nome Emma Swan?
 
Un colpo di cannone avrebbe fatto meno rumore di quella notizia. Killian si sentì come investito da un tir in corsa .
 
- Signor Jones? – aggiunse il detective a causa del silenzio – mi sente?
- Sì, mi scusi. Conosco una persona con quel nome.
- Bionda, occhi verdi, media statura, snella, molto bella.
 
Killian ebbe un moto di rabbia nel sentire Emma descritta in maniera così precisa da un altro uomo anche se per motivi professionali. O no, c’era qualcosa nella voce di quell’uomo, come se la conoscesse al di là del suo lavoro.
 
- Sì corrisponde alla descrizione. Perché me lo chiede?
- È qui alla stazione di polizia.
 
Il cuore di Killian iniziò a battere furiosamente. Dopo un anno di silenzio e di infruttuose ricerche, ecco che Emma aveva trovato un modo tutto suo per riaffacciarsi nella sua vita.
 
- Potrebbe venire a prenderla? – proseguì il detective
- Cosa ha combinato?
- Nulla, ma è stata coinvolta, suo malgrado, in una piccola colluttazione e non può guidare.
- È stata lei a dargli il mio numero? E poi non può farla riaccompagnare da uno dei suoi agenti?
- È l’unico numero che ho trovato sul suo cellulare e non ho agenti disponibili. Rischia di dover passare la notte qui.
 
Il primo istinto di Killian fu quello di riattaccare, ma poi i suoi occhi tornarono al libro. La immaginò seduta accanto a lui si quel divano, con quel libro in mano e la voglia di rivederla si fece fortissima.
 
- Mi dia il tempo di arrivare detective.
 
Nel suo ufficio, Graham stava fissando un’ignara Emma. Sapeva di aver osato troppo e che lei probabilmente non lo avrebbe perdonato tanto facilmente. Era però l’unico modo per cercare di convincerla a collaborare fino in fondo. Non era fiero di quello che aveva fatto, ma nel suo mestiere aveva presto imparato che, a volte, il fine giustifica i mezzi.
 
- Ma quanto ci mette il tuo agente? Non vedo l’ora di stendermi un po’.
- Sta arrivando Emma, sta arrivando.
 
Tra casa sua e il distretto di polizia c’erano all’incirca trenta minuti di macchina. E in quel lasso di tempo, Killian aveva avuto più di una volta la tentazione di girare la macchina e tornarsene a casa. La notizia che Emma era a Boston lo aveva sconvolto non poco. Aveva così disperatamente desiderato di rivederla che ora non era poi così sicuro di sentirsi pronto ad affrontarla. Quel detective aveva detto che aveva solo il suo numero. Non sapeva se gioirne o esserne arrabbiato, perché voleva dire che Emma non aveva potuto chiamarlo, ma che non aveva voluto farlo. La tentazione di chiamare David e Mary era stata fortissima, ma alla fine non lo aveva fatto. Aveva abusato fin troppo del loro tempo e della loro disponibilità. Parcheggiò la macchina a pochi passi dalla stazione di polizia. Prese un respiro profondo ed aprì lo sportello. Pronto o meno stava per rivederla.

Emma stava dando i primi segni di impazienza quando qualcuno bussò alla porta dell’ufficio di Graham.
 
- Era ora! – disse Emma raccogliendo le sue cose.
- Avanti!
 
Quando a Killian fu dato il permesso di entrare nell’ufficio del detective, sentì la mano tremare sulla maniglia. Era stato facile trovare quell’ufficio, infinitamente meno trovare il coraggio di bussare. Si era aspettato di tutto, ma non quello che si ritrovò davanti. Della sua Emma, della donna di cui si era innamorato perdutamente, era rimasto ben poco. Ora aveva davanti una donna stretta in un abito attillato e provocante, con i capelli lunghi e un trucco molto marcato sul viso. A stento l’avrebbe riconosciuta per strada.
Dal canto suo, Emma si era alzata dalla sedia senza neanche guardare negli occhi la persona che stava entrando. Si era girata verso il nuovo arrivato impaziente di essere riaccompagnata a casa. Quando aveva finalmente alzato lo sguardo e lo aveva riconosciuto aveva sentito dentro una forte emozione mista a paura.
 
- Non è possibile – fu tutto quello che riuscì a dire lei – tu cosa diavolo ci fai qui?
- Dovresti dirmelo tu – rispose fermo Killian – sei tu che mi hai fatto chiamare.
 
A quelle parole, Emma capì immediatamente che c’era Graham dietro a quell’incontro. Si girò verso di lui come una furia.
 
- Sei stato tu! Non ci posso credere, sei stato tu!! – proruppe furiosa.
- Emma, calmati – provò Graham a replicare.
- Calmarmi? Come hai potuto farmi questo? Come ti sei permesso di farmi questo?
 
Killian rimase in silenzio. Era chiaro che Emma non aveva avuto alcuna intenzione di chiamarlo o vederlo. Si sentì uno sciocco per essersi illuso, per un momento, che qualcosa tra loro poteva essere ancora salvato.
 
- Ho capito, non sono il benvenuto qui. Sa detective ho fatto una cazzata a venire. Me ne vado.
- Aspetti un momento signor Jones – disse Graham alzandosi – e tu Emma stammi bene a sentire: non ho agenti disponibili al momento così ho pensato che …
- Ma tu non dovevi pensare! – replicò lei secca – me lo dovevi dire e mi sarei arrangiata da sola, non prendere iniziative!
- Puoi arrangiarti tranquillamente Swan, io me ne vado.
 
Killian stava per uscire mentre Emma stava tornando alla sedia, quando una fitta alla caviglia la fece barcollare. E quando vide la smorfia di dolore sul quel viso che aveva amato immensamente, tutto quello che era stato il risentimento nei suoi confronti si cancellò per un istante. La rabbia si spense lasciando il posto alla preoccupazione per lei. Perché potevano litigare, battibeccare e non parlarsi per tantissimo tempo, ma sostenerla era un istinto innato in lui. Ed Emma quando sentì il corpo di Killian entrare in contatto con il suo, provò una gioia immensa, incontenibile: le dava ancora quella bellissima sensazione di completezza. Ma si lasciò andare a queste emozioni solo per un momento. La posta in gioco era troppo alta.
Graham osservò la scena attentamente. C’era ancora qualcosa di saldissimo tra quei due, qualcosa che il tempo aveva forse arrugginito, ma non di certo scalfito. E su questo contava per convincere Emma a fare il suo dovere.
 
- Stai attenta – disse Killian aiutandola a rimettersi seduta.
 
Emma si sedette distogliendo lo sguardo da lui. Non ce la faceva a guardarlo in quegli occhi che aveva amato fino alla follia. Fu questo il segnale per Graham di tornare in scena.
 
- Vediamo di calmarci tutti. Signor Jones, potrebbe cortesemente attendere fuori un momento?
- Ormai sono qui.
- La ringrazio davvero.
 
Quando Emma e Graham furono di nuovo soli, la donna tornò a prendersela con lui.
 
- Questa non te la perdono Humbert! Come hai potuto? Ti ho già detto che basto io per le tue indagini!
- Non credo proprio Emma, visto che non mi racconti tutto.
- Ti ho raccontato l’indispensabile. Hai fatto ricerche su di lui per avere il suo numero? Ti avevo espressamente chiesto di lasciare fuori le persone che frequentavo qui a Boston! Erano questi i patti.
- Non ho fatto nessuna ricerca, sei stata tu a servirmi il numero su un piatto d’argento.
 
Graham guardò il cellulare tra le mani di Emma e lei capì. Lo strinse forte. Aveva fatto di tutto per tagliare i ponti con la sua vecchia vita a malincuore. Dopo il carcere aveva vagato un po’ per il paese in modo da far perdere le sue tracce, ma poi il richiamo di Boston e della felicità che qui aveva assaporato era stato più forte di tutto, anche della prudenza e del buon senso. Aveva ovviamente cambiato zona e sia era confusa tra la fauna dei locali notturni per sparire. Perché per mantenere l’anonimato si poteva sempre contare sulla discreta confusione dell’ambiente. Aveva, però, pensato mille volte a cancellare quel numero dal cellulare, ma ora per un motivo ora per un altro non l’aveva mai fatto. Quel numero e la possibilità di chiamarlo erano stati il suo unico appiglio per non affogare nella disperazione e nel dolore. Sapeva che nonostante il dolore di cui era stata causa, se avesse chiamato lui si sarebbe precipitato a salvarla. Dopo la sua fuga aveva immediatamente cambiato il suo di numero: i tentativi di contattarla di Mary e Killian erano stati pressanti e per non cadere in tentazioni aveva optato per il cambio. Il suo viso fu rigato da una lacrima a quel ricordo.
 
- Dovevo cancellarlo quel numero e dovevo aspettarmi che prima o poi avresti fatto il piedi piatti anche con me.
- Ho fatto semplicemente il mio lavoro
- E quale, ficcanasare nella mia vita senza autorizzazione?
- Sai benissimo che non è così. Non posso allontanarmi quando sono di servizio. Io faccio lavoro di ufficio e ho cercato di contattare un tuo conoscente. Ho seguito il regolamento.
- Strano che te ne ricordi proprio ora del regolamento, non so quante volte lo hai infranto con me.
- E ho sempre sbagliato! Il fatto che siamo amici non ti rende immune dalle regole. Quindi ora sta a te: o torni con lui o il primo agente disponibile rientrerà tra due ore dal suo giro di pattugliamento.
- Bravo, te la sei architettata proprio bene. Non ho altra scelta, non mi lasci altra scelta.
 
Emma si alzò e aprì la porta dell’ufficio: prima lo affrontava prima avrebbe potuto sfogarsi in solitudine.

Per tutto il tempo che Killian aveva aspettato fuori, era sicuro di essere prossimo ad un infarto. Era lei per davvero. Nel delirio che lo aveva accompagnato fino alla centrale, aveva anche pensato ad uno scherzo di pessimo gusto. E forse lo avrebbe preferito, o magari no. Non sapeva nulla in quel momento. Fortunatamente il rumore della porta che si apriva gli impedì di rispondersi a quella domanda. Ne uscirono Emma e il detective Humbert.
 
- Ci scusi per l’attesa – esordì l’uomo – dovevamo finire il rapporto. Allora, potrebbe cortesemente riaccompagnare la signorina Swan a casa?
 
Killian guardò Emma negli occhi. Lei sostenne il suo sguardo per poco. Lui ci aveva capito poco di quella nottata, ma era sicuro di meritarsi una spiegazione. Ed era del tutto intenzionato ad averla in un modo o nell’altro.
 
- Certamente detective – rispose sicuro per poi rivolgersi ad Emma – andiamo? La macchina non è lontana.
 
Emma annuì con la testa e poi si avviò verso l’uscita zoppicando vistosamente.

C’era silenzio nella macchina ed Emma sapeva che Killian la stavo guardando. Era ovvio che si sentiva spaesato di fronte a quella nuova versione di lei. E lei sapeva di dover tenere fino alla fine quel personaggio che aveva scelto di interpretare. Si rilassò e suadente allungò una mano sulla sua coscia. sapeva cosa fare per allontanarlo da lei.  
 
- Mi ricordo che per arrivare al cuore di un pirata bisogna puntare al suo fegato. Che ne dici di un bicchierino?
 
Killian arrestò la macchina bruscamente: di certo non si era aspettato una reazione del genere. La sua Emma non giocava a fare la femmina fatale. Ma a quel tocco il suo corpo aveva risposto in maniera incontrovertibile: eccitazione. No, non poteva cederle così.
 
- Credo la cosa più importante sia riaccompagnarti a casa. Allora dove abiti?
- Andiamo Killian, un bicchierino che sarà mai.
- L’ultima volta che mi hai fatto bere è finita male e non voglio ripetere l’epsperienza. Ma se proprio non puoi farne a meno, nel cruscotto c’è la mia fiaschetta di rhum, se ti accontenti.
- Ecco il pirata che ricordo.
 
Emma si chinò in maniera provocante a prendere la fiaschetta. Sapeva di avere i suoi occhi addosso. Avrebbe dato qualunque cosa per gettare la maschera e buttarsi tra le sue braccia, ma non poteva. Doveva spaventarlo e allontanarlo da lei. Mostrargli una Emma diversa da quella di cui si era innamorato era l’unico modo per continuare a proteggerlo, nonostante il goffo tentativo di Graham. Non doveva tornare a cercarla.
 
- Perchè fai così? - chiese lui
- Che ti piaccia o no, questa sono io ora. 
- Ma questa non sei tu! Cosa è successo quella dannata sera di quasi un anno fa?
 
Emma buttò giù una lunga sorsata di rhum per cercare di affogare la sua voglia di lui e per non cedere alla voglia di dirgli tutto.
 
- Rispondimi per la miseria! – continuò Killian – me la merito una spiegazione dopo quello che mi hai fatto!
- Vorrei poterlo fare
- Puoi dirmi tutto – il tono si era momentaneamente addolcito
 
E a quel punto Emma sapeva esattamente cosa fare: Killian le aveva sempre detto che si era innamorato di lei perché era diversa dalle altre. E lei ora doveva essere esattamente come le altre.
 
- Sono stanca di parlare. Allora vogliamo divertirci un po’?
 
Emma si protese verso di lui e Killian reagì esattamente come lei sperava facesse. Si ritrasse. Non era decisamente quella la sua Emma.
 
- Scusa Swan. Questo, magari, è ciò che credi di essere, ma io non sono così. E ora dimmi dove devo lasciarti.
 
Emma lo guardò con un emblematico sorriso. Neanche lui era fortunatamente cambiato dopo tutto. 

Quando Emma rimise piede nella sua squallida stanza, si gettò sul letto in un piano irrefrenabile. Era riuscita a convincere Killian a lasciarla in una via parallela al fatiscente palazzo che abitava. Sperava di averlo convinto a lasciarla in pace. Sperava, niente più. Decise di sdraiarsi prima di pensare alla prossima mossa da fare.

Nel suo appartamento, Killian era ancora sconvolto. L’aveva rincontrata e come era diventata era davvero inspiegabile. C’era qualcosa di strano in lei, qualcosa di sfuggente. Non poteva continuare ad essere il suo punto interrogativo. Doveva trovare un modo per rivederla e capire. A qualunque costo.

ANGOLO DELL'AUTRICE:

Eccoci!!
Allora finiti i bagordi della settimana di ferragosto siamo di nuovo qui.
Eccoli che si sono reincontrati nostri e come era prevedibile non è stato un incontro sereno davanti ad una tazza di cioccolata.
Graham ha fatto un passo azzardato ma non aveva molte altre scelte se vuole scoprire davvero cosa si porta dentro Emma. Credo che il nostro detective provi qualcosa per la nostra cara Emma ... ma potrei sbagliarmi ... ;P
Sono entrambi sconvolti da questo incontro proprio perchè è stato inaspettato.
Grazie a tutti per le letture e le recensioni. Spero che anche questo sia di vostro gradimento.
Un bacione
Persefone

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Capitolo 19
*** XIX. Operation Swan (part one) ***


XIX. Operation Swan (part one)
 
Aveva affondato il viso nel cuscino tutta la notte cercando di reprimere le lacrime. Rivederlo era stato troppo. Troppo intenso, troppo straziante, troppo pericoloso. Si asciugò il viso con la manica della maglietta e poi andò in bagno per una doccia. Doveva andarsene di lì, immediatamente. Si sarebbe arrangiata nel maggiolino se necessario, ma era meglio non dare punti di riferimento e cambiare ogni sera. Si infilò un paio di jeans e una maglietta. Tirò fuori dal piccolo armadio a muro un borsone e iniziò a riempirlo con le sue cose. Lo aveva sempre fatto e così sarebbe sempre stato nella sua vita. Aveva ormai finito, quando nell’armadio non era rimasto altro che la sua giacca di pelle rossa. La indossò con calma e ripensò alla persona da cui l’aveva ricevuta in dono.
Cleo Fox era l’unica assistente sociale con cui era riuscita a stabilire un rapporto. Era stato il suo passato da bimba sperduta a riuscire a metterla in comunicazione con la giovane Swan. Quella bambina taciturna aveva scoraggiato molti ma non lei. Era stata proprio Cleo ad accompagnarla al campus universitario. Avevano appena finito di scaricare gli scatoloni ed era quindi giunto il momento dei saluti. Niente parole sdolcinate, solo un lungo abbraccio di incoraggiamento. Avevano entrambe gli occhi lucidi.
 
- Tutti questi anni e ancora non mi hai detto cosa rappresenta per te questo giacchetto di pelle che porti praticamente sempre – aveva detto Emma prima di sciogliersi dal suo abbraccio.
 
Cleo iniziò a ridere. Emma le aveva posto quella domanda un milione di volte e il motivo per cui non le aveva mai risposto era dato dal fatto che questo non sarebbe stato professionale. Ma Emma ora non era più una ragazza dell’orfanotrofio e quindi poteva essere sincera con lei.
 
- È un’armatura. La mia giacca è un’armatura. Dato che da qui in poi sarai sola, lascia che ti dia un consiglio non da assistente sociale, ma da amica.
- Sono sempre stata sola, Cleo.
- Sola in una struttura che in un certo senso ti ha protetta dalla strada. Ora non c’è più nessuna rete, nessun programma statale cui appigliarti. Sei davvero sulle tue gambe. Sei una ragazza molto intelligente, ma sei altrettanto emotiva. A volte ti lasci trasportare dalle emozioni e non pensi lucidamente. Devi imparare a proteggerti e a trovare la tua armatura.
- Non credo che qui le vendano, ma posso sempre provare alla facoltà di storia medievale.
- Spiritosa.
 
Cleo aveva aperto lo sportello della macchina e aveva tirato fuori una busta che le aveva porto senza esitazioni.
 
- Ecco perché ci ho pensato io. Ho sempre pensato che il rosso ti donasse.
 
Dentro la busta, c’era una giacca di pelle rossa fiammante. Lì per lì Emma non vi aveva dato molto peso, anzi. Ma era stato dopo quello che Neal le aveva fatto e l’aver saputo che Cleo aveva perso la vita mentre stava cercando di aiutare una ragazzina finita nei guai che le cose erano cambiate. Lo aveva infilato una sera buia quando il dolore sembrava insormontabile e da allora l’aveva sempre con sé.

Si specchiò ancora un momento prima di sistemarsi la giacca perché le calzasse bene.
 
- Mi hai dato questa giacca perché mi proteggesse dagli altri e così è stato, Cleo sai. Ma da quando conosco Mary, Killian e David serve a ricordarmi che è mio dovere proteggere le persone cui tengo. A qualunque costo. E ora è davvero tempo di andare.
 
Uscì dalla stanza e si diresse al suo maggiolino. Ancora una volta la sua casa sarebbe stata la strada. Nel portabagagli c’erano ancora i resti della sua vita felice in scatole che non aveva più aperto.


Due giorni. Era il tempo che Killian aveva resistito prima di piombare a casa di David. Si era presentato così, con una scatola di pasticcini e farfugliando qualche incerta parola. David lo aveva fatto accomodare in casa immediatamente e Mary si era subito precipitata a preparare del caffè.
 
- Ho visto Emma – disse ad un certo punto a freddo.
 
David dovette aiutare Mary con il vassoio perché non le cadesse dalle mani.
 
- Quando? – chiese Mary sedendosi
- Due giorni fa
- Dove?
- Alla centrale di polizia. Lo so che avevo promesso di lasciarvi in pace, ma se non ne parlo con qualcuno vado al manicomio.
 
E così Killian aveva raccontato loro quello che era successo, come aveva trovato Emma, di quanto fosse diversa dalla donna che tutti avevano conosciuto e ricordavano.
 
- Tu Mary, la conosci meglio di tutti. Cosa può esserle successo?
- Io sono esterrefatta quanto te, Killian. Non è da Emma comportarsi così.
- Ho paura di chiederti se l’hai cercata ancora – intervenne David
- E come potevo rintracciarla? Non ho il suo numero e di certo non potevo presentarmi alla centrale a chiedere informazioni. Sono solo passato spesso lungo la strada cui l’ho lasciata, ma non l’ho più vista.
- Tu come ti senti? – chiese Mary
- Sono confuso. Credevo che rivederla mi avrebbe permesso di andare avanti in qualche modo, ma non è così. Ho provato a dirmi che quella non è più la mia Emma, ma qualcosa dentro mi spinge sempre verso di lei. Devo parlarle in qualche modo.
 
Mary lo guardò. Quell’uomo doveva smettere di aggrapparsi al ricordo di Emma se voleva continuare a vivere. Lei aveva smesso di cercare una risposta al comportamento di Emma quando aveva capito che non l’avrebbe portata a riavere indietro la sua amica. Emma aveva scelto di lasciarsi tutti alle spalle ed era ora il momento che la nuova situazione fosse accettata definitivamente. Per il benessere di tutti i presenti. Doveva scuotere Killian in qualche modo.
 
- Magari è lei che non vuole parlare con te.
- Mary – intervenne David – non ti sembra di essere un po’ dura?
- No – lo interruppe Killian – ha ragione. Il detective ha detto che ha trovato il mio numero sul suo cellulare. Non ha mai chiamato ed è chiaro che non vuole essere trovata.
- Lo so che è difficile, - riprese Mary - ma è il caso di lasciarsi Emma alle spalle. E lo so che detto da me suona incredibile. Quando ho scoperto di aspettare un figlio, la prima persona cui ho pensato è stata Emma. Mi sarebbe piaciuta averla a fianco a me in questo momento così particolare. Lei adora i bambini, sa sempre come trattarli e sarebbe stata una zia straordinaria. Ma ha scelto di non esserci e credo che sia giunto il momento per noi di lasciarla andare e rispettare la sua scelta.
 
Nella stanza calò il silenzio.
 
- Hai ragione. Devo lasciarla andare. – rispose Killian serio.
- Vai a casa – rispose Mary – e cerca di lasciarti tutta questa storia alle spalle. Pensa a te.
 
Killian fu il primo ad alzarsi dal tavolo e dopo aver salutato David abbracciò Mary.
 
- Mi raccomando Mary riposati. Anche se mia nipote decide di ballare come se fosse in discoteca.
 
Risero tutti. Era davvero ora di cercare di tornare alla normalità.


La calma e la serenità dei suoi migliori amici avevano stemperato un po’ l’inquietudine di Killian. Dal giorno dopo si era dedicato al lavoro e alla sua nipotina in arrivo. Aveva cercato di ridare un ritmo regolare alla sua vita e anche in casa ormai si sentiva completamente a suo agio. Non aveva di certo scordato Emma in un colpo solo, ma tenere la testa occupata gli permetteva di non pensare sempre a lei, di non fare sì che fosse risucchiato dal suo ricordo.
Stava sciacquando la tazza del caffè quando sentì il campanello suonare. La caffeina prima di andare a dormire non era un toccasana per il suo sonno, ma non poteva farne a meno. Niente lo distendeva come una buona tazza di caffè. Controllò l’orario sull’orologio a muro della cucina. Ventuno e un quarto. Fece rapidamente mente locale: e chi poteva essere? Sicuramente uno di quei noiosi porta a porta che da giorni sembravano aver preso di mira il palazzo, ma non era un po’ troppo tardi? Doveva ricordarsi di far presente ai vicini che non dovevano lasciare il portone aperto. Lo ignorò. E quello smise di suonare. Ma poi fu la volta di una fragorosa bussata alla porta con le mani. No, non era decisamente un porta a porta. Prese un canovaccio per asciugarsi la mano e poi andò ad aprire.

Graham sapeva che era una mossa azzardata ma doveva provare. Non aveva notizie di Emma da un paio di giorni e la cosa era strana, se non addirittura preoccupante. All’inizio non vi aveva dato peso: poteva essere arrabbiata per quello che aveva fatto, per aver chiamato quel Jones. Ma era quel prolungato silenzio a preoccuparlo e quell’ostinato negarsi al telefono. E poi c’era stata la soffiata di un suo fidato informatore: girava voce che Neal Gold fosse in città. Al quarto giorno non aveva resistito ed era andato al Rabbit Hole e lì gli avevano confermato che la ragazza non si faceva vedere da un paio di giorni. Il campanello d’allarme era definitivamente suonato forte. Sapeva di non potersi rivolgere a uno dei suoi colleghi. Nessuno lo avrebbe seguito ancora nel caso Swan, senza contare il fatto che era stato il suo stesso capo a vietargli espressamente di perdere altro tempo dietro a quella vecchia storia, anche se poteva portare ai Gold. C’erano solo due cose da fare: la prima era prendersi delle ferie arretrate per poter lavorare con calma, la seconda era cercare di contattare l’unica persona che potesse aiutarlo con Emma. Dopo una breve ricerca aveva trovato l’indirizzo di Killian Jones. Dopo aver consegnato il foglio ferie e recuperato tutto il materiale su Emma, Graham era uscito dalla stazione. Prima di andare da Killian doveva trovare Emma, non poteva continuare ad agire alle sue spalle. Ma quando a sera inoltrata si era ritrovato con un pugno di mosche in mano, aveva capito di non poter più tentennare. Per questo si era ritrovato davanti alla porta di Jones.
Quando Killian aprì la porta e si ritrovò quel detective davanti rimase stupito. Era davvero l’ultima persona che si aspettava di trovare dietro alla porta di casa sua.
 
- Buona sera signor Jones, la disturbo?
- Non sa quanto vorrei risponderle sì
- Posso entrare un momento? – riprese Graham cercando di ignorare l’irritante ironia del suo interlocutore.
- Perché?
- Vorrei parlarle un momento.
- E se le dico no, che fa, torna con un mandato?
- Se mi dice di no, mi ritroverò nei guai e potrei non essere l’unico.
- La sua visita ha a che fare con Emma? Risparmi il suo tempo non l’ho più vista o sentita da quella sera.
 
Killian fece per chiudere la porta, ma Graham lo bloccò.
 
- La prego. Non sarei qui se non fosse importante.
- Ha visto quanto sono tesi i rapporti tra noi. Mi creda, non le sarei di nessun aiuto.
- Ma nessuno conosce Emma come lei.
- Io conoscevo un’altra Emma
- E non vuole sapere la verità allora?
 
Killian ripensò alle parole di Mary. La sua testa stava facendo di tutto per seguirle ma era il suo cuore a non darsi pace. La ragione poteva aver vinto la prima battaglia ma non l’intera guerra. Si era illuso di poter ignorare di averla rivista, che non l’avrebbe mai più rivista, ma sul suo comodino c’era sempre quel bicchiere country con le monete che vi avevano fatto rimbalzare dentro la sera che l’aveva riaccompagnata a casa; la tazza che Emma usava per fare colazione era sempre pulita e al suo posto nella credenza; la disegnava ancora nel cuore della notte quando nessuno poteva vederlo. E capì che non sarebbe mai riuscito a togliersela dalla testa. Avrebbe potuto raccontarsi ora e sempre tutte le bugie che voleva, ma la verità era una e una soltanto: non c’era routine che avrebbe potuto riempire il vuoto del suo cuore spezzato. Eppure nonostante tutto il dolore e la rabbia che nel tempo erano emersi e che avevano preteso da lui un prezzo altissimo, non erano riusciti ad avere la meglio sull’uomo che in lui credeva ancora nell’amore. E lui ci credeva ancora disperatamente.
 
- Entri detective – disse piano – non so se potrò aiutarla ma almeno la starò a sentire.
- Mi chiami Graham, signor Jones
- Bene Graham, io allora sono solo Killian
 
Lo fece accomodare in casa. Aveva notato subito il suo passo claudicante mentre gli faceva segno di accomodarsi al tavolo del soggiorno. Graham, invece, notò immediatamente una foto di Emma su uno dei ripiani della libreria.
 
- Il mio istinto mi dice che quando era a Boston un anno fa deve aver trascorso qui molto tempo.
 
Acuto il detective.
 
- Davvero e da cosa lo deduce?
- Lei è stato fuori città per quasi un anno e questa casa sembra immobile nel tempo, come se dovesse conservare il ricordo di qualcuno.
 
Decisamente acuto. Killian si avvicinò al mobiletto del bar e tirò fuori una bottiglia di whiskey irlandese con due bicchieri. Poi si sedette di fronte a Graham.
 
- Se dobbiamo parlare di Emma – disse versando il whiskey nei bicchieri – ho bisogna di qualcosa di molto forte. Vuoi farmi compagnia?
- Volentieri.
 
Aveva appena bagnato le labbra al suo bicchiere, quando Killian rivolse la prima domanda a Graham.
 
- Cosa hai fatto alla gamba? Se posso chiedere.
 
Tempo per stabilire una relazione. Graham sapeva come funzionavano le cose: Killian stava cercando di capire se poteva fidarsi di lui. Se riusciva a guadagnare la sua fiducia, aveva qualche speranza di ritrovare Emma.
 
- Sono rimasto coinvolto in una sparatoria mentre ero di servizio. Ora mi occupo principalmente di scartoffie.
- E perché un detective che si occupa di scartoffie si prende tutto questo disturbo per Emma?
- Domanda da un milione di dollari a cui non è facile rispondere.
- Ho tutta la notte e un sacco di bottiglie di scorta, quindi tranquillo, comincia pure a vuotare il sacco. Ho capito bene che la tua chiamata dell’altra sera non era un puro caso.
 
Non era davanti ad uno stupido. E Graham lo sapeva.
 
- Ok. Basta nascondersi dietro un dito. Ti ho chiamato perché speravo potessi aiutarmi con Emma.
- Amico, hai chiamato davvero la persona sbagliata.
- Dopo l’altra sera speravo che almeno tu potessi convincere Emma ad aiutarmi. Tiene molto a te e alla tua opinione.
- E questo come fai a dirlo.
- Diciamo che l’ho testato con mano.
 
Da quella frase Killian capì immediatamente che l’interesse di Graham forse non era del tutto professionale. E che i rapporti tra lui ed Emma andavano ben oltre quelli lavorativi. Preferì non approfondire ulteriormente l’argomento per il momento. Graham studiò attentamente il viso di Killian. Colse esattamente la reazione che voleva: stuzzicare il suo sentimento per Emma.
 
- Senti tutti questi giri di parole non mi piacciono, arriviamo dritti al punto.
- Emma sembra svanita nel nulla e devo trovarla prima che ci riesca qualcun altro.
- E chi sarebbe interessato ad Emma?
- Neal Gold. Ho avuto una soffiata.
 
A quel nome Graham vide Killian irrigidirsi.
 
- Lo conosci? – proseguì il detective
- Purtroppo sì.
- Cosa sai di lui?
- L’ho visto solo due volte. La prima volta Emma ed io non stavamo ancora insieme. Lo abbiamo incrociato una sera a teatro. La seconda volta è venuto alla galleria dove lavorava Emma. Tra il primo e il secondo incontro saranno passati un paio di mesi.
- E questa seconda volta tu ed Emma stavate già insieme, giusto?
- Giusto. Ma il punto non è la mia storia con Emma. Il punto è perché Neal Gold, ammesso che sia in città, cerca Emma? E ancora, perché questa storia interessa tanto un detective della polizia?
- Io mi occupo di casi irrisolti, lo sapevi?
- Ammetto che la mia storia con Emma sia un caso irrisolto, ma la tua unità non ha cose più serie a cui pensare?
- Neal Gold e suo padre sono ricercati non solo qui in America, ma anche in Canada.
- Allora perché non corri a prenderli se hai avuto la soffiata?
- Perché sono solo voci e poi nessuno sarebbe disposto a testimoniare in un processo.
- Io sapevo che avevano risolto i loro problemi con la giustizia un anno fa, tant’è che era potuto rientrare in America.
- Le prime accuse sono cadute, sospetto grazie alla corruzione di qualche pubblico ufficiale. Poi sono emersi nuovi elementi che hanno portato a nuove accuse: tra queste c’è il traffico di opere d’arte. Pare che avessero un gran giro di affari. È stato il furto alla galleria Blanchard a dare nuovo impulso alle indagini.
- Il furto del mio quadro.
- Ho letto i rapporti della polizia e gli interrogatori del tuo avvocato e della proprietaria, che ora mi risulta siano sposati e in ottimi rapporti con te.
- Senti quel giorno è stato uno dei più brutti della mia vita: ho perso in un colpo solo la donna della mia vita e uno dei miei quadri più importanti.
 
Graham sollevò lo sguardo sulla parete oltre il divano. Il famoso Swan’s Gem era appeso.
 
- Be’ comunque non ti ha impedito di sfondare. Ma torniamo a noi. Di certo saprai che Emma e Neal hanno avuto una relazione.
- Certo che lo so. Emma mi raccontò tutto.
- I primi traffici dei Gold risalgono proprio a quel periodo. Quando sono fuggiti la prima volta, Neal lasciò Emma in balia degli eventi. Ho letto bene i rapporti dei miei colleghi. Emma è stata addirittura sospettata di favoreggiamento, per questo ha perso la borsa di studio al college.
- Sapevo anche questo. Ma continuo a non capire.
- Non sto dicendo che Emma sapesse, ma è stata nel giro suo malgrado. Avrà sicuramente visto e sentito qualcosa che potrebbe tornare utile alle indagini. Potrebbe essere la testimone chiave per far arrestare quei due. A me non vuole dare retta, per questo ho pensato che almeno tu potessi farla ragionare. Mi ha parlato di voi. Speravo riuscissi ad aggirare i suoi insormontabili muri.
- Questi non sono i suoi muri. E poi se anche fossero gli stessi, una volta ero in grado di abbatterli, ora non lo so più.
- Emma non mi ha mai detto perché è finita tra voi e dalla tua rigidità capisco che è ancora un tasto dolente. Siamo sicuri che non sia niente di sanabile?
- Emma mi ha lasciato un anno fa nel cuore della notte senza una spiegazione. O meglio mi ha lasciato un enigmatico biglietto a cui non sono mai riuscito a dare un significato. Il perché i nostri rapporti sono tesi, dovrebbe esserti chiaro. Non posso aiutarti e qui finisce la nostra conversazione.
 
Killian si alzò dal tavolo per accompagnare Graham alla porta, ma il detective non sembrava minimamente intenzionato a mollare.
 
- Sapevi che ha fatto nove mesi di carcere? - Graham provò a giocarsi il tutto per tutto.
- Cosa?
- A Phoenix per ricettazione. Hanno trovato della merce rubata nel suo maggiolino. Degli orologi.
- Deve essere proprio caduta in basso per darsi al furto
- Io credo sia stata incastrata. Forse proprio da Neal Gold.
- Se è un trucco per cercare di impietosirmi, risparmia il fiato, non attacca.
- È tutto qui. Puoi leggere se vuoi – rispose Graham tirando fuori una cartellina dalla sua borsa
 
Killian rimase in piedi cercando di assorbire quella notizia. Emma era stata in carcere. Se davvero era innocente come sosteneva Graham doveva aver passato un periodo infernale. E questo poteva spiegare in parte il perché del suo radicale cambiamento.
 
- Senti – disse Killian – non sarò un detective come te, ma una cosa credo di averla capita: il tuo interesse per lei non è del tutto professionale e se vuoi davvero fare colpo su di lei non sarò di certo io a darti una mano. Il perché lo puoi ben capire da solo.
 
Graham si alzò dal tavolo.
 
- E qui ti sbagli. Sto facendo tutto questo non perché il mio interesse non sia professionale, tutt’altro. Emma merita la verità. Capisco che per te sia troppo da digerire in un colpo solo, ma non ho molto tempo. Prenditi qualche ora per pensarci. Se cambi idea, mi troverai a questo numero.
 
Graham gli porse un bigliettino da visita.
 
- Niente distretto? Mi sorprendi.
- Sono in ferie.
 
Quella notte Killian non chiuse occhio. Sapeva di non potersi confidare con David e con Mary: avrebbero fatto di tutto per farlo desistere. Era questo il punto: lui non voleva desistere, voleva vederla ancora e trovare finalmente la verità. Solo così sapeva di poter andare avanti e uscire definitivamente da quell’inferno. Ma cosa sarebbe successo se quella verità sarebbe stata troppo per lui? Era sicuro di voler scoprire i reali motivi che avevano spinto Emma a quel gesto? Come avrebbe reagito se Emma avesse pronunciato davvero quelle parole che lui aveva così paura di sentire? In quell’anno si era dato una sola spiegazione plausibile per l’abbandono di Emma: lei alla fine aveva scelto Neal. Ma quello che Graham gli aveva raccontato aveva mescolato le carte in tavola ed era ovvio che le cose non erano andate come lui aveva sempre creduto, come a lui aveva fatto comodo credere.


Quella stessa notte una figura stavano entrando al Rabbit Hole. Era ora di chiusura e e Boe stava finendo di contare l’incasso quando qualcuno si avvicinò al bancone.
 
- Siamo chiusi amico, torna domani.
- Ciao Boe.
 
L’uomo alzò lo sguardo sul nuovo venuto: ragazzo giovane.
 
- Chi sei? – chiese Boe
- Mi chiamo Neal . Mi occorre il tuo aiuto per trovare questa donna. – mostrò la foto di una donna bionda – si chiama Emma Swan.
- Non lavora più qui.
- Conosci tante persone nell’ambiente. Sono sicuro che è da qualche altra parte.
- E perché dovrei aiutarvi?
- Ci ha fatto il tuo nome Arhur. Ha detto che gli devi qualche favore.
 
A quel nome Boe rabbrividì.
 
- D’accordo. Vedrò di farvi sapere qualcosa il prima possibile.   


Era l’alba quando finalmente Killian prese la sua decisione. Aspettò un orario decente prima di chiamare Graham.
 
- Detective Graham – rispose un’assonnata voce all’altro capo del telefono.
- Sono Killian Jones.
- Buongiorno Killian – sbadigliò - direi che sei un tipo mattutino, ma mi sembra più probabile che tu non abbia chiuso occhio tutta la notte. Emma mi diceva che gli orari non sono il tuo forte.
 
Killian incassò il colpo. Lo infastidiva quel modo che Graham aveva di rapportarsi ad Emma. Era geloso? Sì lo era, eccome. Ma per ora bisognava ritrovare Emma, ci sarebbe stato tempo anche per chiarire quel punto.
 
- Ci ho pensato tutta la notte. Ti aiuterò a trovare Emma. Voglio delle risposte e solo lei può darmele.
- Lo so. Preoccupiamoci di trovarla. Il mio informatore mi farà sapere il prima possibile se le voci su Neal sono vere o meno.
- Cosa hai in mente?
- Raggiungimi nel mio appartamento e preparati a dirmi tutto quello che ti viene in mente, anche il più piccolo dettaglio potrebbe rivelarsi fondamentale.
- È quello che sta scritto sul bigliettino?
- Indovinato amico.
- Arrivo allora
- Benvenuto a bordo amico, l’operazione Swan comincia ufficiosamente ora.
 
Killian riagganciò il telefono con una nuova consapevolezza dentro e si preparò per raggiungere Graham. Voleva arrivare fino in fondo a quella storia ed era pronto a tutto per raggiungere il suo scopo. Perché un uomo che non lotta per quello che vuole, merita solo ciò che ottiene. 


ANGOLO DELL'AUTRICE:
Eccoci!! Anche se in zona Cesarini!
A voi il nuovo capitolo! Comincia un po' di azione. Abbiamo visto la reazione a caldo di emma e Killian. 
Killian ci ha provato a fare finta di niente, ma niente non riesce proprio a non pensare alla sua Swan. E abbiamo visto come sopsetti che graham abbia un debole per la sua donna. Per il momento ha deciso di rimandare la discussione perchè ritrovare Emma è più importante.
E poi è tornato Neal, anche lui sule tracce di Emma. Ho come la sensazione che abbia capito il trucco che la bionda gli ha tirato ...
Nel prossimo capitolo vedremo come Killian e Graham si metteranno a cercare Emma e ci sarà qualche gradito, spero, ritorno.
Grazie a tutti per letture, recensioni e inserimenti #sietesempreunagioia
Un bacione e alla prossima settimana 
Persefone

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Capitolo 20
*** XX. Operation Swan (part two) ***


XX. Operation Swan (part two)
 
Killian aveva passato le successive due ore nel salotto di Graham. Sul tavolo c’era tutto quello che il detective era riuscito a mettere insieme su Emma e su un block notes aveva appuntato tutto quello che Killian gli aveva raccontato. In un primo momento lo aveva lasciato parlare senza interromperlo, aveva capito quanto per lui fosse doloroso rivivere quei momenti. Poi aveva iniziato a fargli discrete domande sempre più precise per cercare di inquadrare bene tutto. Si erano confrontati a lungo su dove iniziare le ricerche. Dopo un lungo dibattere non erano ancora giunti ad un accordo. Per cercare di schiarirsi le idee Graham alla fine aveva deciso di preparare un caffè. Killian lo aveva visto sparire in cucina e lo sentì armeggiare con la caffettiera. Si prese del tempo per riflettere un momento tra sé. Emma sembrava sparita nel nulla. Ricordava bene il giorno in cui Granny era venuta personalmente a prendere le cose di Emma. Dopo il suo, quello era l’unico indirizzo certo di Emma. Aveva appurato che Graham non conosceva l’esatto attuale indirizzo di Emma e che le volte che l’aveva riaccompagnata si era fatta lasciare sulla stessa strada che aveva indicato a lui.
 
- Insito Graham – disse ad un certo punto – per me dobbiamo partire da Granny.
- La vecchia proprietaria di casa di Emma? Sai perfettamente che non sarebbe mai tornata in un luogo così familiare. Tu stesso mi hai detto che non è mai tornata lì.
- Vero, ma Emma si fidava di lei. Potrebbe sapere o ricordare qualcosa che a noi è sfuggito.
- Tu sei sicuro, invece, che Mary ti abbia detto tutto.
- Sicurissimo. Quando Emma se ne è andata abbiamo parlato per ore cercando di capire cosa poteva averla spinta ad un gesto del genere. Abbiamo parlato sinceramente cercando di mettere insieme quante più cose potevano esserci utili.
- D’accordo – disse Graham uscendo dalla cucina e porgendogli una tazza di caffè – non mi sembra che abbiamo molte altre alternative. Quindi cominceremo da lì.
 

Quando lo aveva visto comparire sulla porta della sua pensione, Granny lo aveva abbracciato calorosamente. Sapeva quanto Killian avesse sofferto per l’abbandono di Emma. Lo aveva visto serate intere fermo nella sua bmw in attesa che la donna comparisse. Avevano parlato qualche volta, poi aveva semplicemente smesso di venire.
 
- È davvero un bel posto – disse Killian staccandosi da lei – mi spiace che i miei impegni non mi abbiano permesso di partecipare alla riapertura.
- Non fa niente, ormai sei una persona importante. Sono cose che succedono.
- Ti presento un mio amico, si chiama Graham. Possiamo parlare un momento?
 
Granny aveva lasciato alcune disposizioni alla nipote Ruby, che ora la aiutava a tempo pieno, e fece cenno ai due uomini di seguirla a uno dei tavoli del bistrot che aveva ristrutturato.
 
- Immagino tu abbia capito perché sono qui.
- Emma. Il tuo chiodo fisso. Ma oggi come allora sono costretta a ripeterti le solite cose: non ho sue notizie.
- Signora Granny – intervenne Graham – io non sono un semplice amico di Killian, ma un detective.
- Che significa? – replicò la donna agitata – che sta succedendo?
- È quello che vorremmo sapere anche noi – rispose calmo Graham – è sicura di non poterci aiutare? Anche il più piccolo particolare potrebbe rivelarsi utile.
- Vorrei aiutarvi, ma davvero non so niente di più di quanto Killian già sa.
- D’accordo – e poi rivolto a Killian – ci abbiamo provato se non altro.
 
Stava per alzarsi, quando Killian lo trattenne per un braccio.
 
- Se non hai notizie di Emma, potrei riavere i miei disegni?
 
Graham lo guardò perplesso. Di che diavolo stava parlando?
 
- Quali disegni? Che storia è questa?
- Mentre ero in giro per i miei impegni, ho inviato qui un paio di disegni sperando che Emma fosse tornata. Da quanto ci hai raccontato non è mai venuta, quindi sono ancora qui. Posso riaverli?
 
Granny distolse lo sguardo. Bingo.
 
- Granny, non ho bisogno del superpotere di Emma per capire che non ci stai dicendo tutto
- Io non ho più quei disegni.
- Allora l’hai vista! – sbottò Killian – perché non ce lo hai detto?
 
La donna sembrava chiaramente intenzionata a non voler proseguire con il suo racconto e il suo scatto di impazienza non avrebbe certamente aiutato a migliorare la situazione. Prese un respiro profondo e provò a calmarsi.
 
- Ascoltami – riprese più calmo – qua non c’entra la storia che c’era tra Emma e me, è importante. Hai presente Neal Gold? Oltre ad esse l’ex di Emma è un ricercato. Graham ha avuto una soffiata: pare sia in città e sulle tracce di Emma. Dobbiamo trovarla prima noi. Qualunque cosa tu le abbia promesso devi dircelo.
- Aspettatemi qui. – rispose lei dopo un momento di esitazione.
 
La donna si alzò e tornò pochi minuti dopo con un bigliettino in mano. Sopra vi era appuntato un nome e un indirizzo.
 
- Poco dopo la sua improvvisa partenza, Emma mi ha chiamata per dirmi di prendere le sue cose e spedirle a un indirizzo che mi avrebbe fornito in un secondo momento. Poi per un lungo periodo non l’ho più sentita, fino a due mesi fa. Mi ha chiamata da un telefono pubblico e mi ha chiesto di spedirle tutto a questo indirizzo. Pochi giorni dopo mi sono arrivati per posta dei soldi per il disturbo.
- E ovviamente ti ha detto di non dirlo a nessuno. – continuò Killian.
- Esatto. Non ho fatto domande, sai come era fatta. Le ho preparato le scatole e le ho inviate a questo indirizzo. Ci ho messo anche i tuoi disegni. E così ho fatto ogni volta che me li hai mandati.
 
Graham prese il biglietto. Sopra vi era l’indirizzo di un quartiere di periferia vicinissimo alla strada in cui Emma si faceva riaccompagnare. E poi c’era un nome: Lilith Page.
 
- Credi che questa Lilith sia una sua amica? – chiese Graham
- No – rispose Killian – Emma era un tipo molto riservato. Se davvero non voleva farsi trovare, avrà dato un nome falso. E in questo quartiere non chiedono documenti. Abbiamo una pista ora.
- E allora cosa aspettiamo?
- Sono nei guai detective? – chiese Granny
- Assolutamente no, signora. E ora muoviamoci.
 
I due uomini si alzarono velocemente dal tavolo. Ma prima di seguire Graham, Killian si fermò un momento da solo con Granny.
 
- Spero tu non sia arrabbiato con me. Ho solo fatto quello che lei mi aveva chiesto. Ho pensato che con un po’ di tempo a disposizione sarei riuscita a convincerla a tornare sui suoi passi.
 
La donna iniziò a piangere e Killian la abbracciò calorosamente.
 
- No assolutamente. Hai fatto quello che ti aveva chiesto. Non ti biasimo.
- Spero riuscirete a trovarla. E spero che le cose tra voi si aggiustino, qualunque sia stato il motivo della vostra separazione.
- Vedremo Granny. Per ora l’importante è trovarla prima di quel bastardo di Neal.
 
Raggiunse la macchina di Graham pochi minuti dopo aver lasciato Granny. Ma prima che potesse salire, il detective si parò davanti a lui.
 
- Cos’è questa storia dei disegni? Perché non me l’hai detto?
- Non credevo fosse importante.
- Andiamo! Non prendermi in giro! Ti avevo chiesto di non nascondermi nulla!!
- Non volevo che sfruttassi ancora quello che provo per Emma. Non quando anche tu provi qualcosa per lei.
- Sfruttare? Killian lo capisci che questo non è il momento di pensare a queste cose? Possibile che sei così accecato da non capire che la possiamo trovare solo se lavoreremo come una squadra? Non dobbiamo essere amici per forza, ma per trovarla dobbiamo collaborare! E per riuscirci dobbiamo essere semplicemente noi stessi, che ti piaccia o no!
 
Killian lo guardò colpevole.
 
- Lo so.
- E allora tralasciamo queste faccende e occupiamoci solo di Emma.
- Hai ragione.
- C’è altro che devo sapere?
- No.
- Sicuro?
- Sicurissimo
- E allora vediamo di andare a controllare le cose a questo indirizzo.
 

Quando arrivarono a destinazione si trovarono davanti a uno squallido palazzo. Diedero un’occhiata sui citofoni. Tra tutti i nomi scritti quello di Lilith Paige non compariva da nessuna parte.
 
- Sei sicuro che l’indirizzo sia giusto? – chiese Killian impaziente
- Certo! E credo anche di aver capito quale sia l’appartamento.
- Ma se qui quel nominativo non compare da nessuna parte!
 
Graham indicò un citofono senza nome.
 
- Ecco la nostra donna
- Magari è sfitto
- Sono un detective e scovare persone che non vogliono essere trovate è il mio campo. Emma è molto riservata e non ama mettersi in mostra, sarebbe da lei fare una cosa del genere.
 
Suonarono. Nessuna risposta.
 
- Detective lo dicevo che era sfitto.
 
In quel momento uscì una persona e prima che il portone si richiudesse Graham lo bloccò con un piede.
 
- Scopriamo se è vero.
 
Le scale di quel palazzo erano fatiscenti e piene di immondizia. C’era molta puzza e degrado in giro.
 
- L’appartamento che cerchiamo dovrebbe essere al terzo piano – disse Graham cercando di coprirsi il naso -  questo posto è una vera maledizione, sarà meglio sbrigarci.
 
Trovarono l’appartamento facilmente. Bussarono a lungo senza ricevere risposta. Stavano per desistere quando uno dei vicini venne fuori.
 
- C’è qualche problema? Mi state disturbando!
- Salve – intervenne Graham dopo aver letto l’impazienza sul volto del suo compagno – stiamo cercando questa ragazza. La conosce?
 
Mostrò al vicino una foto di Emma. 
 
- Non è qui – rispose brusco l’uomo – non si fa vedere da un paio di giorni.
- E lei come fa a saperlo? – chiese Killian
- Non sento i suoi odiosi tacchi nel corridoio da ieri sera. Comunque io comincerei da qualcuno dei suoi clienti nei locali in cui lavorava, non mi meraviglierei se fosse finita in qualche motel
 
Killian lo afferrò per la vestaglia e lo sbattè al muro. Non sopportava sentire Emma essere additata in quel modo.
 
- Calma Killian! – cercò di intervenire Graham senza successo.
- Bada a come parli.
- Calma amico, ad ogni modo nessuno sentirà la sua mancanza. Era una tipa strana, solitaria, una di quelle a cui vuoi stare ad un chilometro di distanza.
- Non me ne frega niente di quello che pensi, ma non voglio sentirti dire queste cose. Ti abbiamo fatto una domanda, ora cerca di pensare bene alla risposta.
- Al Rabbit Hole avete provato?
- Sì, il mio amico ci è stato e anche lì ci hanno detto che è un po’ che non si fa vedere. Altro?
- Al Neverland Club?
- Dove? – chiese Graham sorpreso.
- Al Neverland Club. È lì che lavora nei giorni pari.
- Come sappiamo che non ci stai prendendo in giro?
 
L’uomo tirò fuori dalla tasca un pacchetto di fiammiferi del locale.
 
- L’ho vista lavorare qui.
 
Killian afferrò il pacchetto di fiammiferi e lasciò andare l’uomo che prontamente rientrò in casa. Quindi si rivolse a Graham.
 
- Tu lo sapevi?
- No! Altrimenti ci sarei andato!
- Cosa sta nascondendo?
- Troviamo questo posto e cerchiamo di scoprirlo.
 
Emma era appena entrata in un piccolo motel di cui aveva già scordato il nome. Prima di andare al Neverland club aveva bisogno di una doccia. Graham sapeva del Rabbit Hole, ma non di quell’altro posto. L’unico modo per non essere trovata era stare in più posti, senza contare che al Neverland Club la conoscevano come Lilith. Sicuramente il suo silenzio lo aveva insospettito e sicuramente aveva coinvolto anche Killian, perché chiamarlo altrimenti? Meglio non pensarci ancora su. Si sedette sul letto e iniziò a togliere alcuni vestiti dal borsone. Tra le mani le capitarono i disegni di Killian che Granny le aveva fatto recapitare. Erano stati la sua sola compagnia e la sua tortura. Erano dei suoi ritratti accompagnati sempre da una sola frase che le aveva spezzato e le spezzava ancora il cuore: “Dove sei? Mi manchi”. Se li strinse al petto e prima che i sentimenti potessero annegarla decise di andare a farsi quella famosa doccia.


Killian e Graham avevano cenato in una tavola calda non lontano dal Neverland Club. Avevano cercato di riordinare le idee su quello che avevano scoperto. Dall’informatore di Graham ancora nessuna notizia, segno che Neal non era ancora stato visto. Si erano appostati davanti al club in attesa che aprisse e con la speranza di vedere Emma entrare.
 
- Se ci vede al locale bruceremo anche questo posto, forse sarebbe meglio incontrarla strada facendo – disse ad un certo punto Graham.
- Sono d’accordo. Facciamo così. Io mi metto in quella tavola calda. Quando finisce il turno esco e faccio finta di incontrarla per strada lontana dal Neverland Club per non farla insospettire.
- Sei un civile, non sei preparato a queste cose. Che succede se perdi la testa come hai fatto con quell’uomo oggi pomeriggio?
- Hai ragione, sono stato impulsivo, ma non con lei. Fidati di me.
- Va bene, ma non farmene pentire. Io ti aspetto in uno dei vicoli.
- Sarebbe meglio di no.
 
Graham saltò sulla sedia.
 
- Killian che diavolo hai in mente?
- Se ci vede entrambi siamo fregati, per questo credo sia meglio dividerci.
- Non facciamo scherzi!
- Ascoltami è un buon piano. Mi faccio vivo io.
- È una pazzia!
- No, è un buon piano e funzionerà. Sai dove lavora, se succede qualcosa torniamo insieme.

Graham poggiò la testa fra le mani pensieroso. Era rischioso,troppo rischioso, ma era anche l’unico modo per cercare di arrivare ad Emma senza insospettirla. Killian poteva averla incontrata casualmente per strada e poteva cercare di stabilire un contato con lei. In fondo lo aveva chiamato proprio per questo.
 
- Va bene. Mi fido di te, non farmene pentire.
- Allora d’accordo.
 
Neal era in una stanza non molto lontano dal Rabbit Hole. Stava aspettando la telefonata di Boe. Proprio come aveva detto Arthur era bastato fare il suo nome per convincere il gestore ad aiutarlo. Tutto sommato Arthur era stato clemente con lui e suo padre. Dopo aver scoperto che i quadri portato da Percival erano dei falsi, si era arrabbiato molto. E ora toccava a lui rimettere a posto i cocci se voleva rivedere suo padre. Dopo il carcere, di Emma si erano perse le tracce. Era stata brava, ma il suo tempo a disposizione stava terminando. Aveva cercato di convincere Arthur a lasciargli in mano l’intera faccenda da risolvere, ma il collezionista non era uomo che si poteva raggirare senza pagare un prezzo. Ed Emma lo aveva pagato. Stava ripensando al suo viso, a quella determinazione e ostinazione che aveva dimostrato nel voler proteggere a tutti i costi quell’uomo. Se non avesse dato retta a suo padre, se si fosse imposto … invece le aveva spezzato il cuore e l’aveva lasciata, o meglio abbandonata al suo destino. Era il suo rimpianto più grande. Per questo quando aveva visto nei suoi occhi quei sentimenti così forti per un altro uomo non ci aveva visto più. E ora era troppo tardi per tornare indietro. Lo squillo del telefono lo ridestò dai suoi pensieri.
 
- Pronto? … Boe … Bravo, Arthur aveva ragione. Il Neverland Club? Non lo conosco … sì, ho carta e penna, dammi l’indirizzo. Ci penso io.
 
Riagganciò e poi compose un altro numero.
 
- Sono io Percival, mi occorre una cortesia. Se mi aiuti, intercederò per te con Arthur. Devi rintracciarmi l’indirizzo di una commessa che lavora al Neverland Club, si fa chiamare Lilith Page ma è la nostra cara Emma Swan. Certo. Aspetto tue notizie allora.
 
Nella tavola calda, Killian era al suo quarto caffè. Dal terzo in poi lo aveva allungato con un po’ di rhum dalla sua fiaschetta. Aveva fissato la strada per ore ma di lei ancora nessuna traccia. Da quando Graham lo aveva lasciato solo, gli aveva spedito solo qualche sms per tenerlo informato sugli sviluppi. Ma quella lunga attesa lo stava logorando. E se fosse stato l’ennesimo buco nell’acqua? Meglio non pensarci.
Aveva appena finito di vuotare la tazza, quando un familiare passo attirò la sua attenzione. Eccola finalmente. Aveva i capelli appuntati sulla nuca e stretti in una treccia, un cappotto nero e rossetto rosso intenso. Non riusciva proprio ad abituarsi a quella nuova Emma. La vide entrare nel locale. Guardò l’orologio: dieci meno un quarto. Sicuramente non avrebbe finito prima delle tre. Tirò fuori dalla sacca un libro per cercare di leggere un po’. Dopo dieci minuti lo rimise a posto. Sentiva dentro una strana smania. Non sarebbe mai riuscito ad aspettare l’orario di chiusura. Voleva vederla. Aveva promesso a Graham di non fare colpi di testa, ma lui ora non c’era. E la tentazione era forte, troppo forte per resistere. Si alzò e lasciò i soldi sul tavolo.
Niente si sarebbe messo tra lui ed Emma quella notte, niente e nessuno.
 
ANGOLO DELL'AUTRICE:
Eccoci con la seconda parte dell'operation Swan e l'hanno trovata ... più o meno ... hanno capito dove vive e dove lavora ora dove solo beccarla! XD
Killian la vuole incontrare da solo e convince Graham a mettere in atto questo stratagemma. Ma lui è un impulsivo cronico e ovviamente non poteva attenersi al piano generale ... no, lui doveva fare di testa sua come sempre!
Abbiamo ritrovato la nostra Granny nella sua nuova pensione con succulenti notizie su Emma. E grazie ai disegni il nostro duo irlandese ( a proposito grazie Lely per averli soprannominati così ... XD) è riuscito a proseguire.
Ora Killian ha deciso di entrare in quel locale e ho come la sensazione che tra poco ci saranno scintille nell'aria °chissàperchèpoi
Grazie come sempre a tutti per letture, inserimenti e recensioni che sono davvero uno spettacolo da leggere #veadorocomesemprenacifrissima
Un bacione e alla prossima settimana
Persefone 

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Capitolo 21
*** XXI. The Dark Swan ***


XXI. The Dark Swan
 
La musica del locale era assordante. C’era molta gente ed individuare Emma sarebbe stata un’impresa tutt’altro che semplice. Prima, però, doveva trovare un tavolo a cui sedersi. Si fece largo tra la folla e riuscì ad accaparrarsene uno. Gli occhi di tutti i presenti erano incollati sulle ballerine che si stavano esibendo sul palco. Nessuno aveva fatto caso a lui. Killian si guardò intorno per un po’. Doveva essere lì da qualche parte. Gli si avvicinò una cameriera che non aveva minimamente notato. Iniziò a pulire il tavolo e poi gli chiese cosa voleva ordinare.
 
- Cosa le porto da bere signore?
- Rhum liscio grazie.
- Arriva subito.
 
Il suo drink era arrivato pochi minuti dopo e, senza perdere di vista nessuno, Killian iniziò a sorseggiarlo.

Lo aveva quasi finito tutto e di lei non c’era ancora nessuna traccia. Stava per ordinarne un altro, quando finalmente la vide. Stava servendo uno dei tavoli sul fondo della sala. Era molto espansiva con i clienti, distolse lo sguardo per un momento. Si tirò su il bavero della giacca di pelle per cercare di confondersi ancora di più. Emma fortunatamente non sembrava averlo visto. La donna si avvicinò al bancone per prendere un’altra ordinazione e poi si diresse ad  uno dei tavoli accanto a lui.Stava per tornare al bancone, quando Killian la chiamò per l’ordinazione.
 
- Desidera signore? – disse Emma distrattamente
- Un altro rhum per favore.
 
E fu solo allora che Emma alzò lo sguardo. Davanti a lei c’era Killian.
- Killian! Cosa diavolo ci fai qui?
 
- No, Emma cosa ci fai tu qui! Io ho frequentato posti del genere, ma tu non sei il tipo
- Senti, non abbiamo niente da dirci, quindi vattene o mi metterai nei guai!
- Lo so che l’ultima volta sono stato un po’ brusco e mi dispiace. Non mi aspettavo di vederti così cambiata. Ma vorrei parlare ancora un po’ con te.
- Non so se te ne sei accorto, ma sto lavorando.
- Cinque minuti, ti prego
 
A loro si avvicinò subito un uomo alto e ben piazzato, sicuramente uno dei buttafuori del locale.
 
- Che succede qui Lily?
 
Killian guardò Emma. Ci aveva preso: lei aveva usato un nome falso per lavorare lì.
 
- Niente Joe è tutto a posto.
- Allora smettila di perdere tempo e torna a lavorare.
- Senti Joe – intervenne Killian – voglio parlare cinque minuti da solo con Lily e senza scocciature. Sai com’è, sembra un bel bocconcino. Pensi di poter chiudere un occhio? – allungò all’uomo una banconota da 50 dollari.
- Cinque minuti e basta.
 
Killian invitò Emma a sedersi davanti a lui.
 
- Vedo che non scherzavi affatto quando dicevi di essere un frequentatore di questi posti. Sai bene come funzionano le cose.
- La cosa non dovrebbe sorprenderti. Quello che sorprende me è vederti così. Io davvero non so più chi è la persona che ho di fronte a me.
 
Emma cercò di mantenere un po’ di autocontrollo.
 
- Oh Killian … sai che non riesco a nasconderti nulla, se mi fai quegli occhioni dolci.
- Appunto, alla Emma che conoscevo io non piacevano questi giochetti.
- Già – rispose Emma sospirando – sono diversa ora, Killian.
- Su questo non ci sono dubbi.
- Vedi prima ero ferita, chiusa, critica. Adesso vedo le cose in maniera più chiara. Non sono più spaventata. Sono migliore.
- Qui ti sbagli di grosso.  Mi piaceva come eri prima, mi piacevano i tuoi muri e mi piaceva essere l’uomo che riusciva a farli abbassare.
- Che ti piaccia o no, Killian quella donna non c’è più! E i cinque minuti sono finiti! Se permetti ho da fare.
 
Emma si alzò di scatto per tornare al suo lavoro. Killian rimase seduto ancora qualche minuto. Emma sentiva il suo sguardo su di sé. Decise allora di mostrare ancora quella donna che spaventava tanto Killian. Si avvicinò a dei clienti. E quando Killian vide quell’uomo toccarla in un modo tutt’altro che rispettoso, si alzò per andarsene. Voleva uscire non solo dal locale, ma da tutta quella storia. Si precipitò fuori a respirare un po’ di aria fresca, sperando che gli facesse tornare la lucidità. Provava un dolore indescrivibile nel vedere la sua Emma così, ma forse doveva davvero rassegnarsi all’idea che la donna di cui era innamorato era davvero sparita. Doveva avvertire Graham: voleva uscire da quella storia. Se voleva sapere la verità su Emma, doveva arrangiarsi. Compose il numero del detective.
 
- Graham sono io. Ho fatto un casino. Mi tiro fuori.
- Calma Killian – rispose il detective dall’altra parte del telefono – come sarebbe a dire?
- Sarebbe a dire che ho chiuso con questa storia.
- Dove sei?
- Davanti al locale.
- Hai parlato con lei?
- Sì.  E ho sbagliato tutto.
- Killian ascoltami, Emma si comporta così per qualcosa che lei e solo lei ha fatto. Dove è finita la tua voglia di verità? Lo sai che non posso farcela da solo!
- Ma lei non vuole essere sincera con me! non si fida di me!
- Smetti di concentrarti su di te e pensa a lei. Ho osservato attentamente il suo sguardo in centrale quando sei venuto a prenderla. Sai cosa ci ho visto? Rimpianto. Di te. quindi ora torna dentro e cerca di capire cosa sta espiando. Dalle un buon motivo per parlarti. Ci sentiamo più tardi.
 
Killian si fermò a respirare un momento la fredda aria della notte. Si sentiva completamente destabilizzato. Non sapeva che misure prendere con lei perché quella sua ostinazione sembrava incrollabile. Poi gli tornarono in mente le parole che Emma gli aveva detto al lago durante il loro primo giorno insieme: sceglierò sempre di vedere il meglio che c’è in te. Emma lo aveva fatto e ora spettava a lui. Rientrò. Ormai era in ballo e doveva tentare il tutto per tutto.

Individuò subito Emma. Stava sparecchiando uno dei tavoli e due uomini la stavano osservando. La stretta divisa che indossava lasciava davvero poco all’immaginazione. Si stava dirigendo verso di lei, quando vide uno dei due uomini alzarsi e urtare di proposito Emma. 
 
- Caspita, è colpa mia? Scusa bellezza. – disse l’uomo chinandosi per aiutare Emma
- Non fa niente
- Ma guarda, ti ho sporcato il vestito. Aspetta ti aiuto – prese lo strofinaccio ed iniziò a pulire Emma.
 
Emma reagì immediatamente con disgusto a quel tocco tutt’altro che innocente. Odiava essere toccata così dagli uomini e in tanti ci avevano provato. Lo odiava prima e dopo Killian lo odiava ancora di più. Il suo tocco era sempre stato incredibilmente delicato. Davanti a quella scena la convinzione di Killian si fece ancora più forte: eccola finalmente la sua Emma. Si precipitò da lei.
 
- Smettila, non ne ho bisogno – disse Emma cercando di dissuadere quell’uomo
- Ma no carina – insistette lui
- Ti ho detto che non mi serve aiuto.
- Lasciala stare immediatamente – intervenne Killian spintonando quell’uomo.
 
Aiutò poi Emma a rialzarsi.
 
- Stai bene? – le chiese
 
Emma annuì con la testa. Stava per allontanarla quando l’uomo respinto tornò a farsi sotto.
 
- E tu che vuoi?
- Te lo ripeto: lasciala stare.
- Altrimenti?
- Beh …
 
Killian alzò gli occhi al cielo e poi gli mollò un pugno sulla faccia lasciando tutti i presenti basiti. L’uomo si rialzò e si avventò su Killian per rendergli pan per focaccia.
 
- Questa me la paghi bastardo!
 
Presa dal panico, Emma cercò immediatamente di fermare la rissa sul nascere.
 
- Killian, ti prego! – disse cercando di fermarlo
 
Fortunatamente intervenne prontamente Joe a separare i due contendenti.
 
- Che diavolo succede qui? – chiese spazientito.
- Questo tizio mi ha aggredito senza motivo. Stavo solo aiutando la vostra cameriera.
- Parlando? – urlò Killian – la stavi importunando! Ti aveva detto chiaramente di lasciarla stare!
- È vero Lily? – chiese Joe
 
Emma abbassò lo sguardo incerta. Cosa doveva fare? Far buttare fuori Killian sperando che non tornasse più? Era quella la cosa razionale da fare, ma quando si era precipitato con quell’impeto, aveva sentito davvero il suo Killian tornare da lei. No, non poteva essere così meschina fino a questo punto con lui. Lo aveva già fatto soffrire abbastanza e gli mancava il cuore di infierire ancora.
 
- È vero Joe. Killian stava cercando di aiutarmi.
- Ah è il tuo amichetto di prima. Senti io non voglio problemi e tu sei una che di danni ne fa a bizzeffe. Quindi raccatta le tue cose e vattene. Sei licenziata – le disse minaccioso
- No, amico – intervenne Killian – è lei che se ne va!
 
Prese Emma per mano e la attirò a sé. Ma Joe non era intenzionato a fargliela passare così liscia.
 
- Capiamoci amico, cerchi rogna? Perché io ho proprio voglia di sgranchirmi un po’ le mani.
- Ma davvero? Non sarò certo io a tirarmi indietro.
 
A quel punto Emma capì che la situazione poteva degenerare davvero in fretta. Decise di intervenire.
 
- Adesso ci diamo tutti una calmata. Vado a prendere le mie cose.
- E il tuo amico si accomoda fuori o neanche sua madre sarà in grado di riconoscerlo.
- Io non mi muovo di un passo senza di lei.
- Fa’ come ti dice. – intervenne Emma - Ci vediamo fuori.
 
Killian la guardò un momento e poi si diresse verso l’uscita per aspettarla.

Appoggiato al muro, stentava ancora a crederci. Quando l’aveva stretta a sé la magia e la felicità che aveva provato la prima volta non si erano affievoliti nonostante la rottura e la lontananza. Era quella la donna che aveva amato così profondamente e che probabilmente amava ancora. Non era troppo tardi e i suoi muri potevano aver cambiato colore ma erano sempre gli stessi. Li aveva abbattuti una volta e lo avrebbe fatto di nuovo se necessario.
Quando Emma uscì dalla porta lo squadrò da capo a piedi e poi iniziò a camminare a grandi passi verso uno dei vicoli. Killian la seguì subito, senza esitare un momento.
 
- Emma aspetta!
- Jones ho appena perso il lavoro a causa tua, che altro vuoi da me?
 
Killian si fermò. E lì capì che quello era il momento che poteva portare una svolta.
 
- Volevo solo ringraziarti per prima. Potevi scaricarmi tutto addosso ma non l’hai fatto.
- Non devi dire nulla.
- E poi volevo chiederti scusa per quello che ti ho detto, per come te l’ho detto.
- Quindi ancora non hai accettato quella che sono ora.
- È un po’ più complicato di così. Ma sei più di quello che vuoi far apparire. Sei ancora tu, hai voluto proteggermi. Eccola la vera Emma, quella che non potrai mai negare di essere. Ed è per quella te che voglio sapere cosa ti è successo.
- Non ha più importanza e ora lasciami stare.
- Tutta questa determinazione e non hai il coraggio di rispondere a una singola domanda! E io te la rifaccio ancora fino alla nausea: perché te ne sei andata?
 
Emma lo guardò seria. Non si era ancora rassegnato, non era riuscito a farlo desistere, a farlo indietreggiare di un solo passo. Era davvero determinato ad arrivare fino in fondo. Sapeva, inoltre, che la sua resistenza stava arrivando al limite. Non sarebbe riuscita a respingerlo ancora una volta. Perché più di ogni altra cosa lei voleva perdersi nel suo amore. Dopo di lui c’era stato solo buio e silenzio. Sentiva i suoi muri scricchiolare pesantemente come la prima volta, ma ora ne era molto più consapevole e meno spaventata. E poi ripensò alle minacce di Neal. Si voltò per andarsene, prima che fosse troppo tardi.
 
- So che sei ancora lì Emma, - urlò Killian con tutto il fiato che aveva in gola - e so che nonostante tutto hai sempre le tue ragioni!
 
A quelle parole Emma sentì di non poter continuare a mentire ancora. Lui sapeva, la sentiva come nessuno mai prima. E di colpo il cuore parlò più velocemente della ragione.
 
- È vero, le ho!  - disse – vuoi sapere perché sto facendo tutto questo? – proseguì voltandosi verso di lui – lo sto facendo per te.
 
Killian ed Emma si fissarono per un momento. A quelle parole il cuore dell’uomo vacillò. Cosa voleva dire quella frase? Era lui la causa del cambiamento di Emma? Cosa aveva fatto per portarla su quella strada? Emma dal canto suo sapeva di aver parlato troppo. Abbassò lo sguardo.
 
- Cosa vuoi dire esattamente? – chiese Killian più dolcemente avvicinandosi a lei – devo capire Emma, ti prego. Dimmelo e basta.
- La cosa non è semplice. – rispose Emma cercando di trattenere le lacrime.
- Qualunque cosa ti abbia spinta a fare ciò – disse lui prendendole la mano – qualunque peccato tu stia cercando di espiare, non può essere peggiore di quello che ho fatto io nella mia vita.
- Credi sia la stessa cosa?
- So cosa vuol dire avere il cuore colmo di oscurità, l’ho sentita agitarsi dentro di me, divorarmi l’esistenza. Ho trascorso molti anni a lottare contro i miei demoni interiori e sono riuscito a liberarmene a fatica. E lo sai quando li ho scacciati definitivamente?
- Quando Killian?
- Quando ti ho incontrata. Stando con te ho capito che tutti i peccati possono essere perdonati se ami qualcuno e se qualcuno ti ama. E io ti amo Emma Swan.
 
Emma capì in quel momento che non sarebbe riuscita a portare avanti la sua farsa. Killian aveva diritto alle sue spiegazioni e magari se gli avesse raccontato la verità avrebbe potuto capire, comprendere, perdonarla forse? Neal non era più una minaccia. Non si era fatto più sentire, forse il pericolo era davvero passato.
 
- Quindi vuoi proprio sapere la verità, qualunque sia il suo prezzo?
- Sì Emma
- Allora vieni con me, c’è qualcosa che devo farti vedere.
 
Emma prese la mano di Killian e la strinse forte. Killian, dal canto suo, si lasciò guidare al maggiolino senza fare domande. Partirono in silenzio nel cuore della notte verso l’appartamento di Emma. Mentre guidava, la donna si convinse sempre più di non poter fingere, non ora che Killian aveva confessato di amarla. Perché anche lei lo amava e non aveva mai avuto il coraggio di dirglielo apertamente per paura che le cose tra loro potessero cambiare. Era ora di smettere di avere paura, perché lo rivoleva indietro, rivoleva lui, il loro amore e la loro vita insieme. Ed era giunto il momento di riprendersi tutto quello che le avevano strappato così violentemente.
 
Nel vicolo accanto all’edificio che stava tenendo d’occhio, Neal stava aspettando che lei si facesse viva. Sapeva tutto ormai, il suo nome di copertura, quale era il suo appartamento e a che piano. Era bastato allungare una lauta mancia a uno dei vicini per avere un calco della serratura dell’appartamento di Emma e fare una copia delle chiavi. L’avrebbe sorpresa nel momento in cui si sarebbe sentita più sicura. Guardò ancora l’orologio e poi vide il maggiolino giallo di Emma fermarsi sul lato della strada. Era inconfondibile. Si preparò ad agire, ma quando vide che con lei c’era un uomo, e non uno qualunque ma Killian Jones, si stupì di quell’inaspettato colpo di fortuna. Poteva davvero sfruttare la situazione e trarne il massimo vantaggio con un piccolo cambiamento di programma. Aveva fatto un giro ricognitivo in casa di Emma senza trovare quello che cercava: la versione originale dell’ Hook vs Pan. Era riuscito a dare solo un’occhiata veloce in giro perché non la facesse insospettire e poi aveva lasciato socchiusa la finestra dello stanzino che dava sulla scala antincendio. Sarebbe entrato da lì e li avrebbe colti alla sprovvista. Doveva avere l’originale se voleva salvare suo padre.

ANGOLO DELL'AUTRICE:
Buongiorno e buona domenica a tutti, una delle ultime senza ouat per fortuna!
Con il problema dei server mi si è complicato un po' tutto ... se qualcuno mi ha scritto e non ho risposto chiedo scusa perchè purtroppo le visualizzavo a singhiozzi e spesso non potevo proprio rispondere. Dove ho potuto l'ho fatto in privato.
Allora ... Killian il colpo di testa lo ha fatto ... ma ala fine ha pagato direi! XD
Inizialmente credeva di non farcela ma poi grazie al supporto di Graham entra e fa quello che sa fare meglio ... Correre da Emma! XD
E le difese di Emma finalmente hanno iniziato a cedere ... per quanto ci abbia provato ad allontanarlo è più forte di lei: a lui proprio non sa dire di no. Pare decisa a dirgli tutto per ricominciare insieme ... e poi Neal è in agguato ... e il duo non si è sciolto eh, è solo un attimo separato 
Come sempre grazie di tutto!!
Un bacione e alla prossima settimana
Persefone

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Capitolo 22
*** XXII. A Broken Heart ***


XXII. A Broken Heart
 
L’appartamento di Emma era davvero piccolo e spoglio. Killian lo notò subito. La donna posò la borsa sul divano e poi lo invitò a sedersi al tavolo. Si diresse, quindi, a uno degli sportelli della credenza per tirare fuori una bottiglia e due bicchieri.
 
- Emma, siamo qui perché hai detto di volermi dire qualcosa. Non ho voglia di bere.
- Il fatto è che scoprire la verità non è così facile come sembra.
- Starò al tuo gioco, tesoro. A patto che tu smetta di parlare per enigmi.
 
Fu in quel momento che Emma si accorse di quanto i suoi vestiti puzzassero di alcool.
 
- Quel tizio mi ha rovesciato addosso di tutto. E in tutto quel casino non ti ho nemmeno ringraziato.
- Credevi davvero che ti avrei lasciato in balia di quell’uomo?
- Diciamo che non me lo aspettavo. Puoi biasimarmi dati i nostri trascorsi?
 
Si studiarono un momento ancora, incerti se fidarsi definitivamente l’uno dell’altra.
 
- Ascolta – proseguì Emma – vado a darmi una ripulita e poi prometto che risponderò a tutte le tue domande.
- Va bene. Ti aspetterò qui.
 
Killian la vide sparire nel corridoio e dopo poco sentì l’acqua scorrere in bagno. Si fermò a riflettere un momento. Finalmente stava per scoprire la verità. Tutto quell’ultimo anno stava per avere un senso alla fine. Prese la bottiglia che Emma aveva lasciato sul tavolo e uno dei bicchieri. Stava per riempirselo quando sul divano notò qualcosa. Si assicurò che lei fosse ancora in bagno prima di avvicinarsi per capire cosa fosse. Quando lo tirò fuori da sotto la borsa di Emma, si rese finalmente conto di cosa fosse: un quaderno. Non doveva aprirlo e questo lo sapeva benissimo, ma la tentazione di sapere qualcosa di lei in quell’anno fu più forte. Si accomodò sul divano e aprì il quaderno con mano tremante. Quello che vi trovò dentro lo lasciò completamente spiazzato: erano ritagli di tutte le interviste che aveva rilasciato in quell’anno. C’erano non solo quelle che erano state pubblicate sui quotidiani locali ma anche quelle delle riviste specializzate. Le pagine erano state tagliate con cura e attaccate con estrema precisione. Allora non era vero che non le importava nulla di lui, come aveva cercato di farle credere. Se aveva ritagliato tutti quegli articoli, voleva dire che provava per lui ancora qualcosa, la cura che ci aveva messo non poteva essere spiegata in nessun altro modo. Per la prima volta da quando l’aveva rivista, il suo cuore si abbandonò all’idea che non era troppo tardi, anzi, per usare le parole che Mary amava ripetere, non era mai troppo tardi. Quella era la premura della sua Emma senza ombra di dubbio. Ma fu solo quando arrivò all’ultima pagina che sentì una vera fitta al cuore.

“Dove sono? Vorrei dirti che sono sempre vicino a te, anche se non è così.
Mi manchi anche tu.”
 
La frase era scritta a penna e sembrava una risposta diretta alle domande che lui le aveva lasciato sui suoi disegni. Non c’era dubbio. Alzò di nuovo la testa verso il corridoio e dentro di lui la voglia di stringerla si fece ancora più forte. Si alzò e seguì il raggio di luce che filtrava da una delle porte del corridoio.

Emma era davanti allo specchio del bagno. Si era tolta quegli odiosi vestiti e il puzzo dell’alcool. Si era poi infilata qualcosa di più comodo: jeans e maglioncino bianco, qualcosa che sicuramente avrebbe indossato la vecchia Emma e che avrebbe messo Killian più a suo agio. Si fermò a pensare che aveva proprio quei vestiti la mattina che Killian l’aveva raggiunta per colazione la prima volta. Un leggero sorriso si disegnò sul suo viso. Guardò, quindi, il suo volto allo specchio. Il pesante trucco era piuttosto sbiadito, come una maschera che stava scivolando via sotto la pioggia. Non poteva raccontare tutto a Killian in quelle condizioni, o meglio non voleva. Aveva portato la sua maschera per più di un anno ma solo in quel momento ne percepì la reale pesantezza che aveva provato nell’indossarla ogni singolo giorno. Killian meritava delle risposte, è vero, ma dalla Emma che aveva sempre conosciuto, quella vera che non aveva mai smesso di gridare in lei per non finire nel dimenticatoio. Prese una delle salviettine struccanti da una delle ante della specchiera ed iniziò a passarla sulle labbra per spegnere il colore intenso del rossetto. E fu in quel momento che si accorse della presenza di Killian alle sue spalle. La vide riflessa in un angolo dello specchio, gli occhi di lui su di lei come era solito fare prima, quando tutto era a posto.
 
- Killian – disse sorpresa – che succede?
 
Killian si destò da quello stato di trance in cui era caduto. Amava guardarla fare le cose quando credeva di non essere vista. Era ancora più bella in quei momenti. Si era lasciato andare a quella debolezza che sempre si era concesso quando stavano insieme. Lo aveva riportato indietro, ad emozioni e gesti lontani ma non sbiaditi del tutto. E poi aveva indossato di nuovo i suoi vestiti, quelli che avevano contribuito a farlo innamorare perdutamente di lei, della vera lei.
 
- Scusami – rispose come per giustificarsi – non volevo spaventarti
- Figurati, ho quasi finito, sono subito da te
 
A quel punto Killian si avvicinò, prese la salviettina dalle mani di Emma e iniziò a passarla sul viso della donna come le aveva visto fare fino a pochi istanti prima. Emma fu scossa da un brivido. Non solo il suo sguardo era sempre lo stesso, ma anche il suo tocco: così gentile, così premuroso, caldo e appassionato, nonostante tutto.
 
- Cosa stai facendo? – gli chiese con un filo di voce
- Ti sto aiutando – le rispose sorridendo dolcemente – e ora non muoverti.
 
Emma chiuse gli occhi per permettergli di continuare con le sue premure. Si lasciò completamente cullare dai suoi gesti come se fossero tornati ai vecchi tempi. Era una cosa che Killian aveva fatto spesso con lei nel bagno di casa sua, a volte ridendo e altre come preludio di qualcosa di ancora più dolce ed intimo. Rimandava a un tempo di risate, carezze, sussurri. Sentiva tutte quelle emozioni attraverso la mano di Killian sul suo viso. Poi improvvisamente si fermò.
 
- Ho finito Swan, ora puoi aprire gli occhi.
 
Emma ubbidì. Quando il verde dei suoi occhi si perse in quello blu di Killian, capirono entrambi che non erano pronti ad accettare la perdita di quello che c’era stato tra loro e che ancora li univa in maniera così forte.
 
- Eccola la donna che stavo cercando. La donna che amo e che forse un tempo ha provato qualcosa di simile per uno come me.
 
A quelle parole tutti i muri di Emma crollarono definitivamente. Le aveva provate tutte per allontanarlo, ma nonostante tutto lui continuava ad amarla. Nel vicolo non lo aveva detto sull’onda dell’emozione. Lo aveva appena ammesso una seconda volta. E di certo lei non poteva più ignorare l’importanza di quelle parole pronunciate in maniera così sentita e sincera, anzi.
 
- Oh Killian …
 
Emma gli afferrò il viso tra le mani e lo baciò con passione, tutta quella che per un anno intero aveva cercato di seppellire in fondo al suo cuore e che ora, invece, era esplosa incontenibile.
 
- Anche io ti amo – continuò lei appoggiando la fronte sulla sua
 
Killian la strinse ancora più forte e la baciò di nuovo. La sua mano corse veloce, desiderosa e affamata sul fianco di Emma. La spinse dolcemente contro la porta del bagno affinché i loro corpi potessero aderire senza indugi. Era una sensazione inebriante per entrambi, anche se qualcosa incombeva ancora sulla loro felicità. Ed Emma lo sapeva, lo sentiva anche meglio di lui. Doveva dirgli tutto. Se voleva regalarsi un nuovo inizio con lui, doveva raccontargli come erano andate realmente le cose. Fermò la sua mano prima che potesse insinuarsi sotto il suo maglioncino. Ci sarebbe stato tempo anche per quello.
 
- Aspetta. Prima di questo ci sono delle cose che devi sapere. Non posso più rimandare. Ti spiace aspettarmi di là? Devo fare ancora una cosa.
- Va bene Swan, ma non metterci troppo.
 
Da uno spiraglio della porta dello stanzino, Neal aveva assistito impotente a tutta la scena. Se quei due si fossero riconciliati, per lui era finita. Addio quadro e addio vantaggio su Emma. Doveva impedirlo a tutti i costi. Non c’era più posto per lui nel cuore di Emma, ma doveva cercare di evitare di aggiungere il danno alla beffa. Stava per uscire dal suo nascondiglio, quando vide Killian allontanarsi e lasciare Emma da sola nel corridoio. Eccolo il colpo di fortuna che non guasta mai. Le scivolò alle spalle nella penombra del corridoio e le tappò la bocca con la mano.
 
- Zitta – sussurrò premendole la canna di una pistola tra le costole – e adesso muoviti piano verso il tuo bel cavaliere.
 
In salotto Killian era frastornato: troppe emozioni e così contrastanti tra loro in una notte sola. Ma su un punto aveva la massima certezza: aveva ritrovato finalmente l’altra parte della sua anima e non poteva esserne più felice. Potevano davvero ricominciare tutto da capo insieme. Una volta che Emma gli avesse raccontato i motivi che l’avevano spinta a fuggire in quel modo, avesse esternato le sue paure più profonde, avrebbero trovato sicuramente un modo per rimettere insieme i pezzi della loro relazione. Si passò una mano sulle labbra. Avevano ancora impresso il suo sapore, la sua passione, il suo impeto. E gli aveva detto che lo amava. Quanto aveva sperato di sentirle pronunciare quelle parole! Aveva vissuto un incubo che ora stava assumendo i tratti di un sogno, di un bellissimo sogno.
Sentì i suoi passi leggeri nel corridoio e si ridestò da quello stato di eccitazione. Emma fece il suo ingresso in salotto con qualcosa di strano. Killian notò subito il volto teso e teso.
 
- Va tutto bene? – le chiese avvicinandosi
- Sì, certo – rispose Emma cercando di essere il più disinvolta possibile.
 
Ma prima che Killian potesse replicare, una voce parlò alle spalle di Emma.
 
- Te lo avevo detto di non farti incastrare dai suoi occhioni, amico!
 
Neal sbucò da dietro la porta brandendo una pistola puntata su Emma.
 
- E tu cosa cazzo ci fai qui? – ruggì Killian
- Vengo a chiudere i conti
 
Spinse Emma sul divano, tenendola sempre sotto tiro e poi fece cenno a Killian di raggiungerla.
 
- Stai bene? – chiese Killian una volta sul divano
- Più o meno
 
La strinse a sé. Aveva il terrore negli occhi. Poi tornò a scrutare Neal.
 
- Siete proprio carini sapete – riprese Neal – davvero, proprio fatti l’uno per l’altra.
 
Aveva l’arma sempre ben puntata su di loro.
 
- Insomma si può sapere cosa altro vuoi da noi? – replicò Killian
- Domanda da un milione di dollari. Da voi due insieme proprio niente, ma da Emma è tutta un’altra storia.
 
Killian guardò perplesso Emma. A cosa diavolo stava alludendo quel farabutto?
 
- Non ti è bastato tutto il male che le hai già fatto? – rispose Killian tornando a rivolgersi a Neal.
- Veramente non ho ancora iniziato a farle del male.
 
Neal spostò la mira da Emma a Killian. A quel punto la donna scattò in piedi. Tutti gli sforzi di un anno intero stavano per andare in frantumi. Neal poteva volere una e una sola cosa da lei: l’originale del quadro che le aveva chiesto di rubare un anno fa.
 
- Non fargli del male! – si precipitò a dire Emma
- Emma non badare a noi, scappa! – intervenne Killian
- Non azzardarti a muovere un passo – replicò Neal – o gli pianto una pallottola nel petto senza pensarci troppo su. Non scherzo.
- Va bene – rispose Emma conciliante – cosa vuoi?
- Lo sai cosa voglio
- Non capisco di cosa tu stia parlando
 
Emma stava temporeggiando. Killian non poteva venire a sapere la verità in questo modo.
 
- Visto che fai la difficile, mi vedo costretto a ricorrere le maniere forti.
 
Neal iniziò a camminare verso Killian con la pistola puntata.
 
- Alzati!
- Se non lo faccio che fai, mi spari?
- No, peggio. Molto peggio – rispose Neal e poi puntò l’arma contro Emma – e ora alzati!
 
A quel punto Killian si vide costretto ad ubbidire. Non poteva mettere in pericolo così la vita di Emma. Per il momento doveva fare quello che voleva Neal e cercare di guadagnare tempo per elaborare una via d’uscita. Si alzò con calma e iniziò a camminare quando la porta che si aprì improvvisamente. Ci fu un momento di confusione ma prima che Killian potesse fare qualunque cosa, si ritrovò un’altra pistola puntata addosso.
 
- Stai bene Neal?
- Che ci fai qui Percival? – rispose lui
- Non ti ho visto più uscire e pensavo avessi bisogno di una mano.
- Renditi utile allora. Lega le mani al nostro amico e andiamo in macchina.
 
Percival fece inginocchiare Killian per poterlo immobilizzare. Tutto si svolse sotto occhi atterriti di Emma. Aveva, ovviamente, riconosciuto subito Percival. Come poteva scordare l’uomo che l’aveva minacciata tanto apertamente?

Killian cercò inutilmente di divincolarsi ancora, ma Percival estrasse dal giubbotto un coltellino serramanico e glielo puntò alla gola.
 
- Stai fermo! O ti assicuro che la cicatrice che hai sulla guancia non resterà sola a lungo.
 
Emma sentì la paura crescere di momento in momento. E subito, le tornò alla mente l’incubo che un anno prima l’aveva scossa. Era ancora vivido nella sua mente e in quell’anno più di una volta aveva tormentato il suo sonno. E ora stava tremendamente divenendo realtà. Killian si girò verso di lei e, solo quando capì quanto fosse agitata, smise di fare resistenza.
 
- E ora – disse Neal – togliamo il disturbo. Se lo vuoi rivedere vivo, ci vediamo tra due ore al ponte ferroviario.
- Neal ti prego lascialo andare.
- Assolutamente no Emma.
 
Neal si avvicinò a Killian e lo afferrò per le braccia. lo fece alzare ed iniziò a farlo indietreggiare verso la porta.
 
- A proposito Jones, ti ha detto che è stata proprio lei a rubarti il quadro un anno fa?
- Ma falla finita Neal! Stai mentendo!
- Oh no caro mio è la verità. Ecco perché ti ha mollato. Era in combutta con me sin dall’inizio. Sono stato io a chiedergli il quadro. Ti avevo avvisato Killian, Emma non è l’angioletto che vuole apparire.
 
Killian guardò Emma incredulo, spiazzato. Stava cercando nei suoi occhi una smentita o comunque una spiegazione diversa. Il suo silenzio era più assordante di un urlo.
 
- È vero Emma? – le chiese con un filo di voce
- Mi dispiace tanto – rispose lei tra le lacrime – ma non avevo altra scelta.
- No! Deve esserci un’altra spiegazione.
- Difficile da digerire eh? – intervenne Neal – ma vedi, Emma era una specialista. Pensi di essere stato il primo ad essere stato abbordato da lei in questo modo? È così che facevamo affari insieme. Te l’ha fatto sotto il naso e neanche te ne sei accorto, preso come eri.
 
Killian la guardò con risentimento ora era tutto chiaro.
 
- Ecco perché te ne sei andata. Volevi tenermi lontano dalla verità. Come hai potuto farmi questo?
- Io … lascia che ti spieghi …
- Ah ah ah – intervenne Neal – per noi è arrivato il momento di andare.
 
L’ultima cosa che Emma vide furono gli occhi di Killian pieni di risentimento uscire dalla porta. Si sentì morire. Aveva frainteso tutto del suo gesto. Se solo gli avesse parlato prima, se si fosse lasciata aiutare da lui, se non fosse stata così codarda. Neal non poteva vincere così facilmente. Si accasciò sul divano impietrita, paralizzata dalla paura. Il quadro era sempre stato con lei, ma non poteva cedere così al ricatto. Nella sua disperazione capì di non potercela fare da sola e se voleva riconquistare la fiducia di Killian doveva fare la cosa giusta. Iniziare a dire la verità. Afferrò il cellulare e si asciugò le lacrime. Una persona sola poteva aiutarla. E la chiamò.

Graham stava aspettando impaziente la telefonata di Killian. Dopo la prima si era subito messo in macchina e si era portato nella zona del Neverland Club. Aveva provato a richiamare Killian, ma il telefono ora squillava a vuoto, ora risultava staccato. Stava iniziando ad innervosirsi davvero, quando finalmente il suo telefono iniziò a suonare. Lo estrasse dalla tasca e avviò la comunicazione.
 
- Era ora! Ma dove eri finito!
- Graham … sono io.
 
Quando il detective riconobbe la voce di Emma capì immediatamente che doveva essere successo qualcosa.
 
- Emma! Che succede?
- Ho bisogno del tuo aiuto. Puoi venire da me subito? 



ANGOLO DELL'AUTRICE:
Lo so che starete pensando seriamente di uccidermi, quindi lo dico: c'è da soffrire ancora un pochetto ... la buona notizia è che si tratta dell'ultimo picco di angst, promesso!
Ovviamente le cose non potevano andare lisce, Neal non lo avrebbe mai permesso ed ecco che Killian è venuto a sapere una parte della verità. Dall'ultima persona al mondo da cui avrebbe voluta sentirla. Emma ha, però, finalmente capito che il fare tutto di testa sua non ha giovato e che se vuole ora salvare Killian deve chiedere aiuto e qui entra in gioco Graham :D
Io non so davvero come ringraziarvi per tutte le letture e recensioni! Finalmente è giunta l'ultima domenica senza ouat!! Dalla prossima lo sclero tornerà a regnare sovrano!
Un bacione grandissimo
Persefone

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Capitolo 23
*** XXIII. Well Job Done, Emma! ***


XXIII. Well Job Done, Emma!

Aveva un mal di testa feroce.  Neal e Percival lo avevano condotto fino ad una macchina scura e dopo che ne ebbero aperto lo sportello, lo fecero entrare a forza. Aveva appena ripreso i sensi e tutto nella sua mente era annebbiato. Era con Emma e poi Neal era piombato nell’appartamento. E poi la tremenda verità era venuta a galla. Sentì una fitta di dolore non solo alla testa ma anche nell’anima e una rabbia improvvisa esplose dentro. Era vorace, feroce, corrodeva le sue vene. Quell’ammissione bruciava come non mai. Era stata lei a rubare il quadro in combutta con Neal. Da quanto erano d’accordo? Dall’inizio? Aveva detto che lo amava, era vero o faceva ancora parte del gioco? Non gli importava più, sapeva solo che lei si era presa tutto. Quell’onda oscura che credeva di aver spento definitivamente con Emma, era tornata a bruciare in lui prepotentemente e anche con più vigore di prima. Non l’avrebbe mai perdonata per questo.
 
Quando Graham arrivò davanti all’appartamento di Emma, trovò la porta semi-aperta. La aprì del tutto con molta cautela ed entrò. Era buio dentro
 
- Emma! Sono io, dove sei? – chiamò
 
E poi la scorse sdraiata sul divano: immobile, spaventata, occhi sbarrati, atterriti. Si avvicinò immediatamente a lei per sincerarsi delle sue condizioni.
 
- Cosa è successo? – le chiese sfiorandola dolcemente
- Quello che temevo. Quello che ho disperatamente cercato di evitare per un intero anno.
 
Graham la aiutò a tirarsi su.
 
- Vado a prenderti un bicchiere d’acqua.
 
Emma lo vide allontanarsi e tornare poco dopo con un bicchiere in mano. Se voleva salvare Killian doveva raccontagli tutto. E così fece.
 
- Quindi avevo ragione – disse Graham quando Emma ebbe finito – lo stavi proteggendo da Neal.
- Era l’unico modo per salvarlo.
- E non hai pensato alle conseguenze?
- Non potevo permettere che corresse qualche rischio. Mi avevano fatto delle minacce serie che non potevo ignorare.
- Adesso abbiamo un grosso problema.
- Lo so. Non credevo sarebbe successo tutto questo. Ho pensato che se mi fossi isolata lui sarebbe stato al sicuro. Ho provato anche a far perdere le mie tracce per un po’. Quando, però, quei poliziotti hanno ritrovato la refurtiva nella mia macchina, ho capito che mi avevano trovata e quello era il loro modo per vendicarsi dei falsi. Ho pensato che se avessi pagato il loro scotto, Killian sarebbe stato al sicuro.
- Emma, dovevi raccontarmi tutto.
- E rischiare di mettere a repentaglio anche la tua vita? No. Credevo che il modo migliore per gestire questa situazione fosse isolarmi. Mi sono comportata come una stupida, ora lo so!
- È vero, ma ora basta recriminare e piangersi addosso dobbiamo sistemare questo casino.
- E come?
- Hai con te il quadro?
 
Emma distolse lo sguardo.
 
- Lo vuoi salvare o no, Emma? Smettila di essere così testarda e lascia che ti aiuti! Ma perché appena le cose si fanno difficili, ti ostini a fare tutto da sola? Non ce la puoi fare questa volta.
- Perché lo vuoi fare? Sai cosa provo per lui, cosa lui, spero, provi ancora per me anche dopo che questa storia sia finita.
- Ma non lo capisci? Prima di essere un detective, sono amico tuo. Voglio che tu sia felice anche se non con me. E ora raccontami tutto.
 

Nella macchina erano rimasti solo Killian e Neal. Periva stava facendo un giro per assicurarsi che nessun malcapitato intruso disturbasse il loro scambio.
 
- Immagino – disse Killian ad un certo punto – che sarai fiero di te. Eravate d’accordo sin dall’inizio?
 
Neal rise sonoramente.
 
- Non ho alcuna intenzione di rispondere alle tue domande. Mi serve solo il tuo quadro per riavere mio padre. Arthur non ha gradito il tuo rifiuto, per questa è entrata in gioco Emma. Sai, voleva anche il ritratto della tua bella in quel vestito rosso, ma avendo partecipato al concorso, è bruciato.
- Perché pensi che lo abbia lei?
- Semplice. Ci ha rifilato due falsi. Pensava di fregarmi, io che le ho insegnato tutto. Ad ogni modo chi prova a fregarmi fa una brutta fine.
- Quindi … tra voi non è mai finita …
 
Neal rise di nuovo.
 
- Sei geloso per caso? Vorrei tu avessi ragione, ma purtroppo non è così.
- Allora perché Emma avrebbe dovuto aiutarti?
- Ma non è ovvio? Per te! quello che ti ho detto è vero, lei era la mia complice ai tempi dell’università. E mi amava. Ma tu … tu sei stato diverso
- Spiegati meglio!
 
In quel momento Percival aprì la portiera della macchina.
 
- È qui. Ho visto il maggiolino avvicinarsi
- Perfetto, si va in scena!
 
Emma aveva fatto tutto il viaggio dal suo appartamento al ponte di ferro con il cuore in gola. Era preoccupatissima per Killian, per quello che Neal aveva voluto fargli credere. Non riusciva proprio a togliersi dalla testa come i suoi occhi l’avevano guardata. Doveva fare di tutto per rimediare a quella situazione. Lo aveva fatto per salvargli la vita, questo non poteva non contare nulla. Mentre guidava intravide Percival farle dei gesti per farla fermare. Tirò il freno a mano. Sapeva che era pericoloso, molto pericoloso. Ripensò alle parole di Graham nel suo appartamento.
 
- Ti hanno dato un appuntamento?
- Al ponte della ferrovia con il quadro.
- Riesci a recuperarlo in tempi brevi?
 
Emma si era alzata dal divano e si era diretta nello sgabuzzino. Ne era uscita pochi minuti dopo con un porta disegni telescopico.
 
- Ma non mi hai detto che Neal è spuntato proprio da lì?
- Esatto
- E come ha fatto a non notarlo?
- Lui non sapeva di dover cercare. Cosa facciamo ora?
- Andrai all’appuntamento, ci saremo anche noi.
- No, è troppo pericoloso per Killian
- Non lo sarà. Chiamerò il distretto, parlerò con il mio capo per organizzare l’operazione. Non temere. Saremo con te, seguiremo ogni tuo passo e sentiremo tutto. Li arrestiamo e mettiamo fine a questa storia.
- Mi fido di te Graham.
 
E così era stato. Graham aveva avvertito il distretto e un paio di agenti si erano precipitati a casa sua con dell’attrezzatura da spia. Le avevano sistemato un mini auricolare nell’orecchio e una telecamera nascosta nella borsa. Erano state prese tutte le precauzioni possibili, ma lei era ancora nervosa.
 
- Rilassati Swan – disse una voce nell’auricolare
- Graham? Ma non dovevi rimanere alla centrale
- E perdermi lo spettacolo? Non se ne parla proprio! C’è qui con me il mio capo, il capitano Jonson. Sarà lui a guidarti. Fidati è molto esperto.
- Va bene – rispose Emma non molto convinta.
- Emma mi sente? – chiese Jonson
- Perfettamente.
- Benissimo. Ora lei esce e fa quello che avevamo concordato. Non appena Killian sarà vicino a lei, lo afferri e mettetevi al riparo dietro il maggiolino. Al resto pensiamo noi.
- D’accordo.
 
Emma afferrò la borsa e poi aprì la portiera della macchina. fece appena in tempo a fare qualche passo che la macchina davanti a lei le sparò gli abbaglianti addosso. Emma si coprì gli occhi per cercare di non essere abbagliata.
 
- Stia tranquilla, Emma è una tattica per innervosirla. Cammini senza esitazioni e si attenga a quanto concordato.  
 
Emma continuò a camminare fino a quando i fari non furono abbassati. Quando i suoi occhi si erano riabituati alla semi oscurità del posto, scorse Neal appoggiato al cofano con un beffardo sorrisetto sulle labbra.
 
- Eccoti qui, dolcezza. Allora hai il mio quadro?
 
Emma tirò fuori dalla borsa il porta disegni e lo mostrò a Neal.
 
- Dov’è Killian?
- È nella macchina tranquilla. Ha la faccia un po’ ammaccata ma sta bene.
- Cosa gli hai fatto? – chiese lei agitata
- Calmati Emma – disse Jonson dall’auricolare – vuole solo innervosirti e ci sta riuscendo. Fate lo scambio e poi allontanatevi.
- Ho dovuto calmarlo un po’, diciamo.
- Fammi andare da lui.
 
Emma mosse un passo ma Neal la trattenne per un braccio.
 
- Percival, porta qui il nostro amico!
 
Emma vide Percival aprire la portiera e tirare fuori un Killian legato e malconcio. La sua espressione era dura.
 
- Me la pagherai per quello che gli hai fatto credere! - ruggì Emma contro Neal
- Be’ se posso darti un consiglio, datti da fare. Il tuo fidanzato è alquanto arrabbiato e infastidito con te.
- Ti odio!
 
Quando Killian e Percival furono a pochi passi da loro, Emma non riuscì a trattenere ulteriormente le sue emozioni.
 
- Killian! stai bene?
- Sì, Swan – rispose freddo – mettiamo fine a questa pagliacciata per favore. Comincio ad averne le scatole piene.
 
Distolse lo sguardo da Emma. Non riusciva proprio a guardarla negli occhi dopo tutto quello che era successo. Emma capì il suo stato d’animo e percepì la rabbia nei suoi confronti. A conti fatti, se la meritava in parte.
 
- Allora, pensiamo alle cose serie. Ora aprì il tubolare e fammi vedere il disegno. Non è che non mi fidi, ma sai com’è, l’ultima volta non sei stata di parola.
- Fai come ti pare, io me ne vado.
 
Emma afferrò Killian per il braccio ed iniziò a camminare verso il maggiolino.
 
- Ferma dove sei – disse Percival puntandole la pistola contro.
 
Emma si fermò spaesata. Quello era uno sviluppo imprevisto.
 
Nella macchina civetta Jonson e Graham stavano seguendo tutto dal monitor.
 
- Dannazione! Quel Percival è proprio una testa calda! – disse Graham
 
Jonson iniziò a parlare alla radio alle altre unità appostate nella zona.
 
- Uomo armato, ripeto uomo armato e i due civili sono ancora lontani dal maggiolino. Squadra due mi ricevi?
- Sì capitano.  – risposero dalla radio
- Siete dietro ai soggetti armati?
- Si capitano, pronti ad entrare in azione.
- Va bene allora al mio tre.
 
Jonson guardò Graham, che iniziava ad essere visibilmente preoccupato.
 
- Spero che quella ragazza abbia sangue freddo. Ora dipende tutto da lei.
 

Emma non sapeva davvero cosa fare e Killian non sembrava voler collaborare con lei, anzi. si faceva toccare a malapena da lei. Emma sentiva la rabbia dell’uomo nei suoi confronti come non mai.
 
- Emma – disse Jonson – ascoltami attentamente. Cambio di programma. Al mio tre afferra Killian e gettatevi a terra. Ho una squadra dietro la macchina di Neal e Percival. Faranno da diversivo. Raggiungete il maggiolino il prima possibile. I miei uomini vi scorteranno via. Allora … respira e segui la mia voce … uno … due … tre …
 
Emma afferrò Killian per un braccio e lo trascinò a terra. Dei poliziotti armati fecero immediatamente irruzione dietro Neal e Percival che presi alla sprovvista non riuscirono a reagire prontamente.
 
- Armi a terra! – gridò uno dei poliziotti puntando su di loro l’arma – inginocchiatevi faccia a terra! Subito!
 
Emma afferrò Killian per un braccio e iniziò a trascinarlo verso il maggiolino.
 
- Emma che cazzo sta succedendo?
- Dobbiamo raggiungere il maggiolino!
 
Approfittando della confusione, corsero velocemente alla macchina. Dopo pochi istanti due poliziotti sbucarono da uno dei cespugli vicini. Uno dei poliziotti sciolse i polsi di Killian e poi si preparò per portarli al sicuro.
 
- Venite con noi!
 
Emma e Killian obbedirono senza fare domande. I due poliziotti li scortarono fino alla macchina di Graham e di Jonson. Li fecero salire nei sedili posteriori e poi raggiunsero i colleghi.
 
- State bene? – chiese Graham girandosi verso di loro – ottimo lavoro Emma.
 
Emma sorrise e poi rivolse lo sguardo verso il suo Killian che la guardò con disprezzo.
 
- Ottimo, davvero! – ripeté sarcastico e si girò dall’altra parte.
- Capitano – si sentì una voce alla radio – uno dei soggetti lo abbiamo immobilizzato mentre l’altro è riuscito a scappare con l’auto.
- Arriviamo. Predisponete posti di blocco ovunque. – rispose Jonson – passo e chiudo
 
Quando tornarono vicino al maggiolino, Neal era ammanettato e immobilizzato a terra. Una volante lo portò via subito. Graham si unì al resto della squadra per lasciare un momento a Emma e Killian. dal tono dell’uomo capì era venuto a sapere la verità e non l’aveva presa bene.
Emma e Killian rimasero in disparte a guardare il lavoro della polizia. Un poliziotto si era avvicinato a loro per stilare il rapporto e porre alcune domande di routine. Poi per fortuna li avevano lasciati soli. Emma si avvicinò a Killian per toccarlo ma lui si scansò. Emma provò a fare finta di niente, era ancora sconvolto e quel comportamento era più che normale.
 
- Sono contenta che tu stia bene
- E pensi che questo basti a mettere a posto le cose? E ora dimmelo, eri d’accordo con lui sin dall’inizio?
- No, Killian. Come puoi pensare una cosa del genere?
- E pensi che dopo tutto quello che ho scoperto stanotte io ti creda?
- Sono stata costretta a fare tutto questo per proteggerti.
- Perché non mi hai detto subito la verità, allora? sai qual è la cosa bella? Non c’è stato un solo momento in cui io non abbia creduto in te, in cui non abbia avuto fiducia in te! Ma tu chiaramente non hai creduto in me se mi hai taciuto tutto. Perché ora dovrebbe essere diverso?
- Ti ricordi del futuro che mi avevi detto di non temere? Possiamo ancora averlo. Lo voglio con te. è nostro, ma lo devi volere anche tu.
- C’è stato un tempo in cui lo avrei voluto più di ogni altra cosa al mondo, ma ora non lo so più.
- Non parli sul serio
- Sei stata tu a scegliere di tenermi lontano dalla verità e queste ne sono le conseguenze.
- Non capisci, ti avevano minacciato. Volevo solo proteggerti dal mio passato.
- E come rubandomi? Come hai potuto farmi questo? potevi parlarmi, credi che non ti avrei aiutata a venirne fuori? Che non ti avrei dato io stesso il quadro per salvarti?
- Mi dispiace …
- È tardi per dispiacersi … e per quanto riguarda il nostro futuro insieme, ora puoi anche dirgli addio!
 
Killian girò le spalle lasciando Emma gelata a quelle parole. Era serio, maledettamente serio. Lo aveva deluso davvero. Vide Killian chiedere ad un poliziotto di essere riaccompagnato in centrale. Salì su una delle volanti lasciandosi tutto alle spalle.
Quando vide Emma di nuovo da sola, Graham si avvicinò con il porta disegni.
 
- Killian si è scordato questo – disse il detective ad Emma
- Dovrai riportarglielo
- Pensavo volessi essere tu a ridarglielo.
- Non mi vuole più vedere – sussurrò Emma con le lacrime agli occhi.
 
E fu in quel momento che l’uomo prese il posto del poliziotto. Graham afferrò Emma e la strinse a sé. Era un abbraccio pieno di sottointesi, ma dalla reazione del corpo di Emma, l’uomo capì che niente sarebbe potuto esserci con lei di più intimo di quello che attualmente c’era tra loro. L’innamorato si fece da parte per lasciare spazio all’amico sincero.
 
- Vedrai che tutto si aggiusta. – disse asciugandole le lacrime
- Ho fatto un casino pazzesco, non so se ci riuscirò
- Intanto hai un motivo per rivederlo – rispose Graham porgendole il porta disegni.
- Graham io non so davvero come ringraziarti per tutto
- Non devi. Ora devo interrogare Neal, spero che riusciremo a farlo cantare per benino. Tu pensa solo a Killian ora.
 
Graham chiamò un agente perché la riaccompagnasse a casa e che rimanesse di pattuglia almeno quella notte per precauzione. La vide partire nella notte e capì che era giusto così. Emma apparteneva a Killian e viceversa, non poteva esserci spazio per nessuno tra loro.

Quando arrivò al distretto di polizia, Killian non si era ancora calmato. Troppe emozioni, troppe verità, la sua testa era sul punto di esplodere. Stava attraversando il lungo corridoio quando fu raggiunto da David.
 
- Mi sono precipitato qui subito dopo la tua chiamata, che diavolo è successo Killian? Gli agenti mi hanno detto che hai passato un brutto quarto d’ora. E dov’è Emma?
 
A quel nome Killian scattò come una molla.
 
- Non la voglio più sentir nominare per stasera. Ti spiego tutto in macchina. portami a casa o mi attacco a una bottiglia di rhum fino a cadere in coma etilico, giuro!
- Va bene, va bene ma sta calmo.
 
David prese Killian per un braccio e lo condusse alla macchina. Erano appena usciti dal parcheggio della polizia, quando Killian buttò fuori la verità tutta d’un fiato come se potesse fare meno male.
 
- E stata Emma a rubare il quadro alla galleria un anno fa.
 
David inchiodò di botto a quella rivelazione.
 
- Andiamo Killian, sei serio?
- Serissimo, Neal me lo ha detto.
- E tu gli credi?
- Me lo ha confermato lei.
- Ma questo è impossibile. Senti sei uno straccio, vieni da me. anche Mary deve essere informata.
- Ma nelle sue condizioni, ormai è quasi alla fine dell’ottavo mese, deve riposare – replicò Killian
- Lo sai quanto ha sofferto. Quella sera Emma non ha abbandonato solo te, ma anche lei, merita di sapere la verità.
- Hai ragione.
 
David guidò verso casa senza più aprire bocca. Mezz’ora dopo aver parcheggiato l’auto nel vialetto, Mary, Killian e lui si ritrovarono nel salotto di casa Nolan-Blanchard a fare i conti con una verità sconvolgente che non avevano minimamente messo in conto. Emma Swan era una ladra e oltre al quadro aveva rubato anche la loro fiducia. Non era facile da accettare, anzi.    
 
Percival era riuscito a seminare i poliziotti neanche lui sapeva come. Tornò al Rabbit Hole e Boe lo fece accomodare in una stanzetta al primo piano.
 
- Finché vuoi, poi restare qui.
 
Quando fu di nuovo solo chiamò Arthur. Sicuramente non sarebbe stato contento di quello sviluppo.
 
- Pronto capo, sono Percival.
- Carissimo, allora, abbiamo il mio quadro.
- In realtà è sorto un problema. Hanno arrestato Neal e io sono scappato per miracolo.
- Siete due incapaci! Sei da Boe?
- Sì
- Rimani lì buono fino a che non ti do istruzioni.
 
Dopo aver riattaccato, Arthur era alquanto infastidito. Quella storia si stava prolungando da troppo tempo. in quel momento entrò il suo fidato braccio destro.
 
- Tutto a posto? – chiese Agravine
- No. Hanno arrestato Neal. Agravaine lo dovrai difendere tu. Devo sapere e tienimi informato.
- D’accordo. Ma come posso avvicinarlo senza insospettire nessuno?
- Neal chiamerà qui chiedendomi aiuto.
 
Dopo pochi minuti il suo cellulare squillò.
 
- Visto, che ti dicevo? Pronto Neal … so tutto … domani mando Agravaine. Se vuoi che tuo padre abbia salva la vita dovrai seguire le sue istruzioni alla lettera.



ANGOLO DELL'AUTRICE:
Prima di tutto ... BUON OUAT DAY a tutti!! *o* Finalmente ci siamo, da stasera si riaprono i giochi!!
Ora io volo otto metri sopra il cielo dal rilascio del primo sp che mi ha fatto rasentare l'infarto ... sin dall'inizio ... solo a sentire gli schiocchi dei loro baci ... ehm ...
Allora, non uccidetemi ... siamo ancora nella fase ... sono molto ma molto incazzato con te Swan e non ho intenzione di renderti le cose facili ... Ho detto che volevo riprendere le dinamiche della 5a quindi la supermaretta era prevista ... ma siate saldi marinai ... tutte le tempeste passano ... Perse' ma noi dobbiamo sopravvivere se vogliamo vederne la fine ... avete ragione ... stringete i denti!! ;P
Ora le cose sono molto complicate, ma Emma ha capito che deve aprirsi se lo rivuole indietro e farà di tutto per riconquistare la sua fiducia!!
Come sempre grazie a tutti per letture, recensioni e inserimenti! Ci stiamo avviando verso la parte finale della storia, comunque! :D
Un bacione e che il disagio sia con noi!
Persefone

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Capitolo 24
*** XXIV. Sorry ***


XXIV. Sorry
 
Quando Emma aprì gli occhi, stringeva ancora il portadisegni. Dopo aver visto Killian allontanarsi, aveva risposto a qualche altra domanda e poi era stata riaccompagnata al suo appartamento. Come Graham le aveva detto, un agente era rimasto sotto le sue finestre per precauzione. Si era lasciata cadere sul letto esausta. L’adrenalina e la paura l’avevano tenuta su, ma ora si sentiva come svuotata. Si era addormentata praticamente subito. Lui era stato il suo ultimo pensiero prima di chiudere gli occhi e il primo ora che li aveva riaperti. Non era certo questo il modo in cui aveva immaginato che le cose sarebbero andate. Doveva spiegarli molte cose, perché non era come Neal aveva cercato di fargli credere.
Afferrò il telefono per chiamarlo.

Killian era rientrato a casa in compagnia di David. In macchina gli aveva spiegato tutto quello che era successo in quella lunghissima notte. Si era seduto al tavolo del salotto e non aveva aperto più bocca. David gli aveva fatto compagnia per un po’. Killian aveva risposto laconicamente alle domande del suo amico e, da quando era rimasto solo, non si era più mosso. Nella sua testa rimbombava una sola domanda: perché? Se davvero Emma era una vittima, perché non gli aveva raccontato niente? Si sentiva preso in giro, forse anche usato, ma soprattutto aveva sentito la rabbia esplodere dentro, quella rabbia che era rimasta come anestetizzata da un anno a questa parte. Emma non gli aveva parlato perché non lo aveva ritenuto all’altezza della situazione. Eccola lì, la sua più grande paura prendere forma davanti ai suoi occhi. Non si era rivelato abbastanza, per questo era tornata da Neal. Doveva essere andata sicuramente così.
Il cellulare sul tavolo iniziò a suonare. Era lei. No, non aveva nessuna intenzione di parlarci, per dire cosa poi? Non aveva alcuna voglia di sentire le sue vuote scuse. Girò il telefono per farlo smettere di suonare.

Emma aveva provato a richiamarlo altre due volte, senza successo. Alla prima chiamata a vuoto aveva pensato che magari stesse ancora dormendo, ma ora era chiaro che non voleva risponderle. E anche questo comportamento ci stava. La stava giustamente ripagando con la sua moneta. Ma nonostante questo, si sentì tremendamente impotente, come se fosse in balia di nuovo degli eventi. Iniziò a preparare la macchinetta del caffè e poi qualcuno bussò. Si avviò alla porta.
 
- Chi è? – chiese titubante
- Sono Graham.
 
Emma aprì.
 
- Caffè a domicilio signorina
- Appena in tempo lo stavo preparando.
 
Lo fece accomodare in casa. Dalle occhiaie e dal viso stanco, Graham capì che Emma aveva dormito poco e male. Era evidentemente preoccupata e questo poteva voler dire che le cose tra lei e Killian erano ancora tesissime, se non peggio.
- Allora – disse Graham dopo aver sorseggiato un po’ di caffè – avete parlato?
- Purtroppo no. Non credo si fidi più di me. E non posso nemmeno dargli tutti i torti
- Te lo ha detto lui?
- Diciamo che me lo ha fatto capire. Si nega al telefono.
- Ma hai sempre il disegno.
- Andiamo Graham, non posso piombare in casa sua così.
- E allora che fai rinunci?
- Non riesco a credere di stare parlando con te di queste cose!
- Emma finora Killian ha avuto da te tante parole e un fatto: l’abbandono. Se quello che provi è davvero così forte. dimostraglielo. Vai da lui. è un rischio che devi correre, lo capisci questo?
- Hai ragione. Sai che ti dico? Ci vado subito, prima che cambi idea.
- Ecco brava! Fammi sapere poi!
 
Dopo che Graham l’aveva lasciata sola, Emma si era preparata per uscire. Aveva guidato fino all’appartamento di Killian sicura su quello che doveva fare, ma quando era arrivata davanti al portone, tutta la sua convinzione aveva iniziato a vacillare. Strinse la cinghia della borsa nera dove aveva messo il disegno. Affrontare di nuovo quegli occhi duri e indagatori non era semplice. E i sensi di colpa non avevano fatto altro che divorarla sempre più. Non aveva altra soluzione che prendere il problema di petto. Si accodò a una coppia che stava entrando e si diresse all’appartamento di Killian. Quando percorse il corridoio che conduceva alla porta dell’appartamento, una forte nostalgia la colse. Le tornarono in mente flash di quando rientravano insieme carichi di spesa, delle risate, della bella sensazione che aveva provato rientrando dopo una lunga giornata di lavoro. Quanto gli era mancato quel posto e il suo calore? Da morire. Arrivò davanti all'appartamento che stava cercando e bussò. La porta si aprì dopo alcuni interminabili secondi. Killian la squadrò da capo a piedi.
 
- Ah sei tu. Cosa vuoi? – chiese freddo.
- Volevo sapere se stavi bene.
- Sto bene, grazie.
 
Fece per chiudere la porta.
 
- Aspetta un momento – disse Emma cercando di fermare la porta – so che sei arrabbiato con me e ne hai anche tutti i diritti, ma volevo parlarti, spiegarmi. Hai detto che volevi la verità.
- Ora vuoi parlare? Ho già sentito tutto quello che dovevo.
- Le cose non sono andate come ha detto Neal. Ti sei fatto un’idea sbagliata. Ti prego, lascia che entri e ti spiego tutto.
 
Il primo istinto di Killian fu quello di sbatterle la porta in faccia. Poi, però, decise di voler vedere fino a che punto Emma avrebbe negato una verità che, ormai, era sotto gli occhi di tutti. Si fece da parte per farla entrare, cosa che Emma fece subito.
 
- Senti non ho molto tempo, ho da fare questa mattina, quindi sbrigati.
- Non puoi essere ancora così tanto arrabbiato con me, se mi hai fatto entrare: vuol dire provi ancora dei sentimenti.
 
Emma si avvicinò per cercare di accarezzargli il viso. Killian si scansò.
 
- Certo che provo dei sentimenti per te: rabbia, delusione, devo continuare?
- Non dici sul serio, lo so.
- Non credevo, ma la scorse notte mi ha fatto aprire gli occhi sai. Ora finalmente ti vedo per quella che realmente sei: un’ancora. Ho capito che non eri altro che una bellissima bionda distrazione, ma ora sono un uomo libero.
- Fidati di me, le cose non sono andate come Neal ha detto, se solo tu mi facessi spiegare …
- E come posso fidarmi ancora di te? hai una vaga idea di come mi sono sentito la mattina che te ne sei andata senza motivo? La paura e il dolore che ho provato quando ho capito che mi avevi abbandonato? E sai benissimo quello che ho passato! Quanto mi fa paura l'abbandono e il rifiuto!
- Credimi mi sia piaciuto farlo? E poi lo so bene come ci si sente, per tutta la vita sono stata abbandonata!
- Io non ti avrei mai abbandonata
- Ti ho già detto che mi dispiace, ma mi conosci, quando ho paura mi allontano e smetto di fidarmi delle persone che ho intorno.
- Non ti giustifica e comunque, se proprio lo vuoi sapere, è  questo il tuo problema!
- Che intendi dire?
.- Hai così paura di perdere le persone che ami che finisci per allontanarle. Ecco perché distruggerai sempre la tua felicità.
 
Emma si irrigidì a  quelle parole. Mai Killian era stato così duro con lei.
 
- Non lo pensi davvero, perché mi stai dicendo tutto questo?
- Perché voglio ferirti come tu hai ferito me.
- Non ti mentirò più, te lo prometto. Io ti amo, anche se ora mi stai dicendo queste cose, e tu ami me. Me lo hai detto ieri sera.
- No, il Killian Jones che ti ha detto quelle parole non era altro che un affettuoso cagnolino malato d’amore. Quell’uomo te lo sei lasciato alle spalle un anno fa e ieri notte gli hai dato definitivamente il colpo di grazia! E ora vattene, non abbiamo nient’altro da dirci.
 
A quelle parole, Emma non riuscì più a trattenere le lacrime. Abbassò la testa. Lo aveva davvero perso irrimediabilmente.
 
- D’accordo, ma se cambiassi idea …
- Non credo proprio – replicò lui voltandole le spalle.
 
Emma aprì la porta e con la morte nel cuore uscì da quello che per lei era sempre stato un rifugio e la cosa più vicina ad una casa che avesse mai avuto.

Quando si ritrovò in strada, non aveva alcuna voglia di tornare in quel buco di appartamento. E poi doveva trovare un nuovo lavoro. Con i risparmi che aveva a disposizione non avrebbe potuto andare avanti ancora per molto. Salì in macchina e iniziò a guidare senza una meta precisa. Sentì improvvisamente lo stomaco brontolare per la fame. Controllò l’orologio sul cruscotto: mezzogiorno. Calcolando che non aveva mangiato nulla a colazione, la reazione del suo corpo era più che giustificata. Posteggiò il maggiolino e poi spedì a Graham un messaggio con le ultime novità. Quando uscì si rese conto che il suo inconscio l’aveva portata nell’altro luogo a lei caro: la galleria. Sorrise amara. La sua testa a volte sapeva tirale davvero dei brutti scherzi. Osservò la galleria da lontano, era aperta. Per un attimo ebbe la tentazione di entrare, ma capì di non essere pronta a subire un altro rifiuto nella stessa mattinata. Entrò nel bistrot antistante il suo vecchio posto di lavoro e rimandò la decisione.

Mary stava tornando dalla pausa pranzo. L’ennesima ragazza che aveva in prova si stava rivelando un completo disastro. Dopo la fuga di Emma, si era occupata da sola della galleria, ma ora, con la bambina in arrivo,  doveva assolutamente trovare qualcuno che la aiutasse. Si chiuse la porta alle spalla stancamente e accarezzò la sua pancia. Da quando avevano scoperto il sesso, lei e David avevano immediatamente scelto il nome: Eva come sua madre. Come al solito Vicky, la ragazza in prova, non riusciva ad essere puntuale. Con la velocità concessa dal suo pancione, iniziò a risistemare il bancone affinché fosse pronto per la riapertura.

Emma era rimasta al tavolo a fissare la galleria per tutto il tempo. Aveva visto Mary uscire per la pausa  pranzo e aveva notato subito la dolce novità. Sentì un tuffo al cuore. La sua amica aspettava un bambino e aveva così coronato il suo desiderio di formare una famiglia tutta sua. Immaginò cosa le avrebbe detto se fosse stata accanto a lei e in quel momento capì quanto Mary le era mancata. Sapeva che non aveva nessun buon motivo per starla a sentire, ma Emma sentiva il bisogno di confidarsi con qualcuno e poi doveva anche a lei delle scuse. Quando la vide rientrare, si alzò dal tavolo decisa a raggiungerla. Dato che c’era, tanto valeva togliersi il dente anche con lei.

Il ritardo di Vicky era davvero troppo per essere ignorato e Mary si vide costretta non solo a riprenderla quando si sarebbe presentata, ma anche ad invitarla a trovare un nuovo lavoro. Era chiaro che non poteva fidarsi a lasciarle la galleria una volta che fosse andata in maternità. Guardò impaziente l’orologio. Mancavano solo cinque minuti alla riapertura. Sentì qualcuno bussare. Quella poteva essere solo che lei. Mary andò ad aprire decisa a dirgliene quattro. La sua sorpresa non passò di certo inosservata quando si accorse che a bussare non era stata Vicky, ma Emma.
 
- Ciao Mary – iniziò Emma guardando in basso.
- Emma? – domando sorpresa – cosa ci fai qui?
- Ecco io … so che dopo quello che ti ho fatto non sarai felice di vedermi, ma volevo chiederti scusa per tutto. Forse ti sembreranno solo parole … sentimi sto farfugliando cose senza senso … ti lascio alle tue cose … scusa il disturbo.
 
Emma si voltò per andarsene ma Mary la fermo.
 
- Ho ancora un paio di minuti, la vuoi una tazza di te? – disse Mary facendosi da parte per farla entrare.
 
Emma si girò stupita. E una fioca speranza si riaccese nel suo cuore.  

Dopo aver dato le ultime disposizioni a Vicky, che, nel frattempo, si era fatta viva, Mary aveva fatto accomodare Emma nel suo ex ufficio e stava preparando due tazze di the bollente. Seduta lì e aspettando che Mary tornasse, Emma stava cercando di capire da che parte cominciare per provare a raccontarle tutto. Non era ancora riuscita a riordinare le idee, quando la porta si aprì e Mary entrò con le due tazze. Emma notò immediatamente che erano le stesse che usavano quando avevano lavorato insieme.
 
- A te – disse Mary sedendosi di fronte a lei .
- Sono davvero pessima – esordì Emma afferrando la tazza – non ti ho nemmeno fatto le congratulazioni. Sai già di che sesso è?
- Una bambina
- Scommetto che Eva sarà al settimo cielo. Avete già deciso come chiamarla?
- Proprio quello di mia madre
- Ne sarà felicissima, immagino.
- Lo spero.
- Scherzi? Perché non dovrebbe esserlo? – a Emma sembrò di riassaporare le loro chiacchiere insieme.
- Ah già, tu non lo sai. Mia madre è venuta a mancare poco prima che scoprissi di essere incinta.
- Mi dispiace – balbettò Emma imbarazzata – non lo sapevo. Come è successo?
- Una feroce malattia ce l’ha strappata troppo presto e comunque te lo avrei detto se solo avessi saputo dove fossi.
 
Emma incassò la velata frecciatina. Era giusto, non si era di certo aspettata che Mary la accogliesse a braccia aperte e, per quanto avesse cercato di dominarsi, era chiaro che anche lei aveva sofferto per la sua assenza. Basta girare intorno al problema, tanto valeva affrontare la cosa a viso aperto.
 
- So che chiederti scusa ora non vale più di tanto. E so anche che non hai nessun buon motivo per perdonarmi né tanto meno pretendo che tu lo faccia così su due piedi. Già che mi hai fatto entrare è molto. Ti chiedo solo di starmi a sentire. Poi se lo riterrai opportuno me ne andrò senza più tornare.
- Mi stai chiedendo molto.
- Ne sono consapevole
- Sarò sincera, ho sempre pensato di non voler avere più niente a che fare con te, ma per mia madre eri come una seconda figlia. Se fosse stata qui, mi avrebbe detto di starti a sentire prima di prendere qualsiasi decisione. È esattamente quello che farò. Non posso prometterti oltre.
- Per me è già molto.
 
Così Emma iniziò a raccontarle tutto, senza omettere nulla. Dalla reazione di Killian, aveva imparato che se voleva riconquistare la fiducia delle persone care, doveva mettersi completamente a nudo con tutte le sue debolezze e le sue vulnerabilità. E così le parlò dello sporco ricatto di Neal, di come lei avesse pensato di poterlo gestire senza coinvolgere nessuno, e poi erano arrivate le minacce vere verso le persone che aveva intorno. Le raccontò dell’episodio di Percival sotto casa di Killian, delle sue minacce, della paura che le aveva attanagliato il cuore e spento la ragione. Era in questo contesto che aveva maturato la decisione di mettere in scena il furto alla galleria, di consegnare i falsi e far perdere le sue tracce. Poi c’era stato il carcere per ritorsione, la solitudine e poi aveva conosciuto Graham.

Mentre Emma parlava, Mary la ascoltava attentamente. Quell’ultimo anno non era stato un inferno solo per loro, ma anche, e forse soprattutto, per lei. Capiva i motivi che l’avevano spinta ad agire così e il senso di colpa che la stava consumando. Sentì che la complicità tra loro, malgrado tutto, non era finita. Aveva subito forse una battuta d’arresto, ma era ancora forte. Si alzò e la abbracciò.
 
- Oh Emma … se solo ti fossi confidata …
- Lo so, sono stata una stupida a non fidarmi di voi e ora ne pago tutte le conseguenze
- Killian? Quando è rientrato, David mi ha raccontato tutto. A proposito come stai?
- Fisicamente bene.
- Hai provato a raccontargli tutto come hai fatto con me?
- Non mi ha lasciato il tempo di spiegargli nulla. Neal ha provato a fargli credere che eravamo d’accordo, ma non è vero. Non capisco perché si ostina così.
- Devi capire che Killian ha dentro molto dolore inespresso. Non è mai riuscito a trovare un motivo per mettersi il cuore in pace con te. Per quanto abbiamo cercato di stargli vicino, non è riuscito a metabolizzare tutto fino in fondo. Ora ha trovato un canale in cui riversare tutta la rabbia e la frustrazione che aveva dentro.
- Oggi ho provato a restituirgli l’originale del suo quadro. L’ho tenuto io al sicuro per tutto questo tempo. Non ha voluto ascoltarmi. Mi ha detto delle cose molto dure, non che non abbia ragione, ma eravamo sul punto di riconciliarci l'altra notte. Ho rovinato tutto.
 
Emma iniziò a piangere.
 
- Se vuoi dimostrargli che si sbaglia devi collaborare in pieno alle indagini, lo sai questo?
- E ritrovarmi faccia a faccia con Neal?
- Emma cosa è più importante per te?
- Lui, più di ogni altra cosa. Hai ragione. telefonerò a Graham e gli dirò che voglio collaborare in pieno.
 
A quel punto Emma ebbe un’idea.
 
- Ho anche bisogno del tuo aiuto, Mary.
 
Emma estrasse dalla borsa il porta disegni
 
- Per favore, vai da lui e riportargli questo. Non vorrà parlarmi ma è giusto che lo abbia indietro.
- Emma mi metti in una posizione difficile.
- Lo capisco, ma ti prego, a te darà ascolto. Potresti dirgli che domani sarò al Red Pub per le 20 ad aspettarlo qualora volesse chiarimenti? O di chiamarmi per farmi sapere quando e dove incontrarmi.
- Vedrò quello che posso fare Emma, ma non ti prometto nulla. Ad ogni modo, quando questa storia sarà finita, hai voglia di tornare qui?
- Non dici davvero?
- Non affiderei la mia galleria a nessun’altro.
- Ne sarei onorata.
 
Nel frattempo alla centrale, Graham aveva interrogato Neal per tutto il giorno. L’uomo aveva parlato poco ed era stato raggiunto immediatamente da uno strano avvocato di nome Agravaine. A Graham quell’uomo aveva fatto subito una brutta impressione. Da quando aveva iniziato ad assistere Neal non avevano cavato più un ragno dal buco. Si erano solo susseguite una serie di accuse nei confronti di Emma da verificare. Avevano subito capito che il loro testimone chiave era lei e stavano facendo di tutto per screditarla. E, in effetti, se fossero finiti davanti al giudice così, Emma avrebbe passato un brutto quarto d’ora. Se solo anche lei fosse stata più disposta a collaborare. E in quel momento ricevette un sms da Emma. Era disposta a raccontargli davvero tutto. Gli stava dando appuntamento per il giorno dopo alle 20 al Red Pub. Sperava che anche Killian li raggiungesse, così avrebbe ripetuto quell’orrenda storia una sola volta. Graham chiuse il cellulare. Forse non proprio tutto era perduto.
 
Nel suo studio Arthur stava riflettendo sul da farsi. Le notizie di Agravaine non erano buone. Emma rappresentava un pericolo serio, ma finché avesse tenuto la bocca chiusa avevano ancora del tempo per cercare di venirne fuori nella maniera meno dannosa possibile.  Sapeva che qualcuno aveva ancora un conto in sospeso con la cara Emma Swan ed era questo il momento di sfruttare tale leva. Si riattaccò al telefono.

- Percival, sono io … ho un lavoro per te. Fai in modo che Emma tenga la bocca chiusa. Mi fido, non farmene pentire ancora. Mi raccomando.



ANGOLO DELL'AUTRICE:
Per cominciare, BUON OUAT DAY A TODOS nel reame!! La premiere è stata stupenda per me e non vedo l'ora di vedere la nuova puntata!!
Allora lo so che mi starete cazziando perchè ancora non ho fatto riconciliare questi due, ma gioverebbe il fatto se vi dicessi che questo è il punto più basso e che da ora in poi c'è solo la risalita? 
Killian è stato ancora molto duro con lei, è ancora molto scosso per quello che è successo, per questo ha reagito così. Se non altro Emma ha ritrovato Mary con la quale si è confidata davvero per la prima volta. Direi che Mary torna a pieno titolo a fare quello che ha fatto nella prima parte della storia: Cupido! XD
Riuscirà a convincere Killian a incontrarla? Lo scopriremo nel prossimo capitolo!
A proposito di capitoli ... ho buttato giù una scaletta di massima e diciamo che alla fine mancano cinque o sei capitoli, non di più, quindi siamo davvero quasi alla fine anche qui. Spero davvero che la storia vi sia piaciuta e vi stia piacendo fino alla fine.
Un grazie enorme a tutti per letture, recensioni e inserimenti! #veadoronacifra
Un bacionissimo e alla prossima settimana
Persefone
 
 

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Capitolo 25
*** XXV. My Way Back To You ***


"Remembering
Your touch
Your kiss
Your warm embrace
I'll find my way back to you
If you will be waiting
(The Promise, Tracy Chapman)

XXV. My Way Back To You
 
Killian stava nervosamente scarabocchiando qualcosa sul suo blocco da disegni. Aveva passato tutta la notte e gran parte della mattina a cercare di mettere insieme una composizione decente, senza successo. La sua testa non faceva altro che focalizzarsi sulla sua Emma. Era dilaniato tra la rabbia e l’amore. Lasciò cadere la matita sul tavolo e ripensò a quella volta che lei era riuscita a calmarlo leggendogli una favola. Conservava ancora il libro rosso che le aveva regalato. Lo aveva portato con sé nei suoi viaggi e ora era sul suo comodino. E poi eccola la rabbia prendere il sopravvento per tutto quello che avevano perduto. Buttò a terra tutto quello che c’era sul tavolo. Ma perché il tempo non si era fermato a quando era felice con lei? Colpì il tavolo con un pugno tanto forte da sbucciarsi leggermente le nocche. E per la prima volta dopo un anno calde lacrime sgorgarono dai suoi occhi.

Mary stava fissando da dieci minuti il citofono di Killian. Aveva nascosto il porta disegni in una delle buste del grande negozio per bambini che, guarda caso, era proprio lì vicino. Sperava in questo modo di confondere le acque sul vero motivo della sua visita. Suonò sperando nella sua buona stella.
 
- Sì? – rispose un Killian piuttosto abbattuto
- Sono Mary!
- Ciao! Ti apro subito!
 
Quando la porta suonò, Killian aveva appena finito di risistemare il salone dal casino che aveva creato. Si diresse alla porta.
 
- Ciao! – disse Mary abbracciandolo calorosamente
- Ciao! Dove te ne vai a spasso con la mia nipotina preferita?
- Ero nei paraggi per delle spese. La stanza della piccola è ormai quasi finita, ci mancavano giusto due o tre cosette – rispose lei indicando le buste del negozio.
- E David ti manda sola?
- David non lo sa che sono uscita. Scusa se piombo in casa tua così, ma sono passata davanti al tuo citofono e …
- Ma hai fatto benissimo!! Posso offrirti qualcosa?
- Un succo di frutta! Se c’è all’arancia mi fai la donna più felice del pianeta!
- Ecco perché non invidio David in questo momento!!
 
Killian tornò dalla cucina con due bicchieri e una certezza: Mary non era passata per caso. Non era da lei presentarsi così e la conosceva ormai abbastanza bene da sapere che mentire non era proprio il suo forte. Per rivolgersi a lui, la questione doveva essere piuttosto delicata e forse riguardava proprio il vecchio caro David. Meglio andarci con i piedi di piombo.
 
- Tutto bene ieri sera poi? – chiese lui cauto
- Sì, non appena è tornato a casa David mi ha raccontato tutto.
- Non sapevo chi chiamare in quel momento
- Ma no, figurati. Come stai?
- Non lo so come sto, davvero. è stata una notte strana, mi è sembrato di stare sulle montagne russe senza cintura di protezione. Ma alla fine la verità l’ho scoperta. Ancora non posso credere che sia stata Emma a rubare il quadro per Neal.
- È incredibile infatti. Te lo ha detto proprio lei questo?
- Non sono uno stupido, Mary. Almeno non fino a questo punto: li so mettere insieme i pezzi quando serve.
- Ma magari le cose non stanno proprio così.
 
Killian guardò Mary un momento. Era evidente ormai che la sua visita non era stata una casualità. Tanto valeva giocare a carte scoperte allora.

- Perché sei venuta Mary? C’è qualcosa che non va nel tuo comportamento.
- Va bene, hai ragione. Basta girare attorno alle parole.

Mary frugò in una delle buste e ne tirò fuori un porta disegni. Lo porse a Killian perché lo aprisse.
 
- Cosa significa?
- Secondo te?
 
Killian tolse il tappo con calma. Tirò fuori un foglio e lo srotolò con delicatezza: era il suo quadro.
 
- Ma questo è il mio quadro! Come hai fatto ad averlo? Perché Graham non me lo ha portato direttamente a me?
- Perché non è da lui che l’ho ricevuto.
- Come sarebbe a dire? Se non è stato lui come hai fatto ad averlo?
 
Mary prese un respiro profondo prima di iniziare con la verità.
 
- Me lo ha portato ieri Emma.
 
Killian sgranò gli occhi.
 
- Mi ha detto – proseguì Mary – che ieri era passata per restituirtelo e parlare, ma non hai voluto starla a sentire.
- Fantastico … - rispose lui sarcastico alzandosi dal tavolo.
- Lo so che non è facile, ma perché non provi almeno a lasciare che si spieghi?
- Lasciare che si spieghi? Mary dopo tutto il male che ci ha fatto, ora la difendi pure? – scattò
- Non la sto difendendo, Killian. Ha sbagliato è vero, ma ieri è venuta da me e mi ha raccontato tutto.
- E tu le credi?
- Sì le credo
- Sei davvero l’ultima persona da cui mi sarei aspettato di sentire una cosa del genere! Sei stata tu a dirmi di guardare avanti!
- E non lo rinnego! Ma quello che sto cercando di dirti è che ieri era venuta per chiederti scusa ancora una volta. Tutti possiamo commettere degli errori e tu più di tutti dovresti sapere quanto è importante cercare di rimediare. Soprattutto quando il pentimento è sincero. E lei era sincera.
- Se tu riesci a perdonarla, ti ammiro. Non chiedermi, però, di fare altrettanto con la stessa facilità!
- Pensi che sia stato facile? No, non lo è stato! Quando me la sono trovata davanti, avrei voluto voltarle le spalle come lei aveva fatto con noi. Ma poi ho capito quanto doveva esserle costato presentarsi alla mia porta, correndo il rischio di vedersela sbattere in faccia. Ha avuto coraggio.
- E dove era tutto questo coraggio un anno fa?
- Credi che non lo abbia pensato anche lei? Che non conviva con questo peso addosso? Non ti sto chiedendo di perdonarla su due piedi. Ti sto solo chiedendo di ascoltarla e poi prendere la tua decisione. Lo dico per te, i rimpianti sono duri da digerire.
- Capisco quello che stai facendo e non te ne voglio per questo, ma mi stai chiedendo troppo. E poi non capisco come le cose possano essere diverse.
- Comprendo quanto possa essere facile prendersela con lei in questo momento. Il tuo risentimento ha trovato una valvola di sfogo, ma tu sei meglio di così. Lo so. Non lasciare che l’orgoglio abbia la meglio.
- Senti, tutto quello che posso fare ora è prometterti di pensarci su, non di più. – rispose Killian alzandosi.
- È già qualcosa. Se volessi parlarle, Emma mi ha detto che stasera sarà al Red Pub dalle 20 e, qualora tu non potessi, di farle sapere quando e dove sei disposto ad incontrarla. E ora tolgo il disturbo.
 
Con l’agilità concessa dal suo pancione, Mary si alzò dalla sedia, raccolse le buste e si avviò all’uscita.
 
- Aspetta – disse Killian afferrando la giacca – ti accompagno giù. Sei in macchina?
- Sì, ho parcheggiato qui vicino.
- Bene.
 
Quando Killian rientrò era ancora più confuso di quando era uscito. Il fatto che Mary si fosse esposta così per Emma lo aveva spiazzato non poco. È vero, Mary era più incline al perdono di lui, ma sapeva quanto aveva sofferto anche lei. L’abbandono di Emma aveva segnato entrambi e solo loro due sapevano quanto poteva essere stato doloroso. Si sedette al tavolo e osservò il suo disegno. Era stato conservato con estrema cura. Era Emma, allora, che lo aveva sempre avuto. Non lo aveva dato a Neal e non lo aveva neanche rivenduto. Era come se avesse aspettato un momento per restituirglielo. A quale Emma doveva credere allora? Si prese la testa tra le mani. Perché doveva essere tutto così maledettamente difficile?
 

Venti e dieci. Graham era seduto al bancone del Red Pub. Aveva con sé blocco e registratore: Emma, finalmente, si era decisa a collaborare a pieno con la sua polizia. E stava per rendere una deposizione completa che sarebbe servita a formalizzare le accuse contro Neal e la cricca di Arthur.
 
- Graham? – lo chiamò una voce alle sue spalle – che ci fai qui?
 
Il detective si voltò sorpreso.
 
- Killian! Sto aspettando che Emma torni dal bagno.
- Credevo fosse sola
- Hai riavuto il quadro? – cercò di cambiare discorso Graham
- Si
- Prendi qualcosa da bere anche tu
 
Killian si sedette. Aveva passato tutto il pomeriggio a tormentarsi sulla decisione da prendere. Non era stato facile, ma alla fine aveva convenuto che Mary aveva ragione. Avrebbe sentito le sue ragioni e solo dopo avrebbe preso una decisione. Si era preparato a quell’incontro con un filo di nervosismo, come se avesse un appuntamento e trovare Graham lì non era di certo quello che si era aspettato. E poi quei due continuavano a sentirsi e vedersi, dato che il caso era stato riaperto e affidato proprio a Graham. E fu così che la rabbia si tinse con una punta di gelosia.
 
- Scommetto – disse Killian dopo aver sorseggiato del rhum – che non vedevi l’ora di correre a consolarla.
- Scusa? – replicò Graham interdetto
- Voglio dire, ti starai facendo avanti con lei come spalla su cui piangere.
- Lo sai che a volte sai essere davvero uno stronzo col botto, Jones? Per chi mi hai preso?
- In questo momento così delicato sarà più vulnerabile e tu la starai aiutando a venirne fuori …
- Faccio finta di non aver sentito per non mollarti un pugno in faccia!
- Guarda che l’ho capito che Emma ti piace! Ho visto come la guardi!
- Fammi indovinare, ti urta che un altro uomo la guardi con desiderio, vero?
- Quello che mi da fastidio non ti riguarda!
- Qui se c’è qualcuno confuso sui proprio sentimenti non è di certo Emma, né tanto meno io, ma proprio tu!!
- Ora vorresti negare di provare qualcosa per lei?
- Non è questo il punto!
- Ah no?
- Emma è il punto e quello che prova lei! Non nego di averci provato
- Allora lo ammetti!
- Ma so riconoscere una causa persa. Te lo vuoi mettere in testa che lei vuole solo te? E non da ieri, ma da sempre!
 
Killian afferrò il suo bicchiere e bevve ancora.
 
- Quando l’ho conosciuta – proseguì Graham – ho sentito subito che era una persona speciale, ma sentivo anche che si portava dentro un grande peso. Abbiamo iniziato a frequentarci per un periodo, non che mi avesse mai mandato segnali espliciti, ma a me non importava. Una sera l’ho portata qui. Ci stavo provando in maniera più esplicita? Sì. Ad un certo punto l’ho baciata – vide la mascella di Killian irrigidirsi – e sai cosa è successo dopo?
- Ho come la sensazione che stai per dirmelo
- Mi ha chiamato con il tuo nome. Si è ritratta subito, dicendomi che non poteva darmi quello che stavo cercando. E poi ha iniziato a raccontarmi di quello che le era successo da quando era uscita di carcere. Mi ha raccontato qualcosa di voi, di quando anche tu l’avevi portata qui, di quanto eri ancora importante per lei.
 
Killian, per la prima volta, si sentì un completo idiota. Come aveva potuto non collegare che Emma gli aveva chiesto di raggiungerlo nello stesso bar che era stato il luogo del loro primo appuntamento? Abbassò gli occhi. Fortunatamente ci pensò Emma a porre fine a quel momento imbarazzante.
 
- Che succede qui? – chiese guardando i due
- Nulla! E comunque finalmente sei arrivata! Ci stavi mettendo una vita in bagno – rispose Graham
 
Emma li invitò a prendere le loro cose e ad accomodarsi a uno dei tavoli più appartati. Disse al cameriere di portarle un analcolico. Per tutto il tempo gli occhi di Emma erano rimasti fissi su Killian. ancora non credeva possibile che fosse davvero davanti a lei. si sedette tra i due uomini e poi cercò di sfoggiare uno dei suoi sorrisi migliori.
 
- Sono felice tu sia qui – disse sfiorando la mano di Killian
- Diciamo che il tuo ambasciatore è stato persuasivo. E grazie per avermi fatto riavere il quadro.
- Era la cosa giusta da fare. se avessi potuto te lo avrei restituito prima.
- Ascolta Emma, voglio essere sincero. Sono qui per sentire quello che hai da dirmi, non posso prometterti altro per il momento.
- Me lo farò bastare. E ora sono pronta a cominciare Graham.
- Per cosa? – chiese Killian sorpreso.
- A rendere una deposizione completa su quello che è successo.
 
Il detective fece partire il registratore ed Emma iniziò a raccontare tutto: come aveva conosciuto Neal all’università; come l’aveva convinta a posare per giovani artisti in erba per sapere esattamente quali erano le loro opere; come aveva intuito i loschi traffici che coinvolgevano tutta la famiglia Gold.
 
- Quindi – chiese Graham – trafficavano in opere d’arte già ai tempi della prima fuga?
- Sì. Era per loro un’attività parallela. Puntavano agli esordienti in quanto più inesperti e più facili da raggirare. Ero io a fornire una descrizione delle loro opere. Mi usavano in questo senso. All’epoca ero ingenua, ho voluto far finta di non vedere tutti quei segnali di pericolo, solo dopo ho ricollegato tutti i pezzi.
- Sai per chi lavoravano?
- So che uno dei loro più grossi clienti era un tale che chiamavano Arthur. Credo sia lo pseudonimo di un facoltoso uomo d’affari col pallino dell’arte, ma di più non so.
- Mi segno il nome e incarico qualcuno alla centrale di fare una ricerca su questo tizio. Continua.
 
Graham spedì immediatamente un sms con il nome e le istruzioni per una ricerca immediata.

Emma proseguì raccontando nei dettagli quello che era successo l’anno passato, di come Neal l’aveva riavvicinata la prima volta a teatro; di come si era rifatto vivo un paio di mesi dopo e di come, in quell’occasione, le aveva fatto capire di avere molte informazioni sulla sua vita e quella di Killian.
 
- All’inizio credevo volesse fare il gradasso. Era solito gonfiare un po’ le cose per darsi un peso, per questo non ti ho detto niente – disse Emma rivolgendosi direttamente a Killian per la prima volta – anche dopo la sua piazzata alla galleria credevo avrebbe desistito. Ero stata chiara dopo tutto: non avrei mai fatto quello che mi chiedeva. Dopo quella volta è sparito per un altro po’ di tempo e io ho iniziato a rilassarmi e a credere di potermi lasciare questa storia alle spalle. Poi è arrivato quel maledetto giorno.
- Quale giorno? – chiese Killian istintivamente
- Ti ricordi quella volta che sono tornata a casa dicendo che due ragazzi avevano provato a derubarmi?
 
Killian ci pensò un momento e poi nella sua mente riaffiorò nitido il ricordo.
 
- Ma certo! Avevi le calze rotte e un vistoso segno sul collo. Un momento … era una balla?
- Sì – rispose lei abbassando lo sguardo
- Che era successo allora?
- Ero appena scesa dal maggiolino con la spesa. Volevo prepararti qualcosa di speciale per festeggiare. Avevi appena finito di mettere insieme tutti i quadri della personale. Insomma sono stata aggredita da un tizio che diceva di essere amico di Neal. Mi ha spinta in un vicolo e mi ha puntato un coltello alla gola. Non riuscirò mai a dimenticare quelle luride mani su di me.

Fu in quel preciso momento che qualcosa dentro Killian iniziò a cambiare. Aveva ascoltato in silenzio tutto il racconto fin lì e piano piano aveva iniziato a capire la paura che Emma aveva provato, la sua vergogna per quello che aveva fatto in passato e ora la paura vera.
 
- Cosa ti ha fatto? – chiese Graham tradendo anche lui il nervosismo per quella risposta.
- Mi ha detto che se non aiutavo Neal avrebbe fatto del male a tutti quello che amavo proprio con quel coltello. Era serio e lì ho capito che non potevo più far finta di niente.
- E hai continuato a tenere tutto per te?
- Già. Avevo paura che se avessi raccontato tutto, le persone che avevo intorno avrebbero iniziato a guardarmi con occhi diversi e io non l’avrei sopportato.
 
Era chiaro che quest’ultima frase era indirizzata proprio a Killian, che capì al volo il riferimento.
 
- Sapresti riconoscere quest’uomo?
- Perfettamente. Era il tizio che era con Neal al parcheggio. Si fa chiamare Percival.
- Se riesco a mandare tutti dentro gliela levo a forza questa mania di chiamarsi in codice con i nomi della tavola rotonda, giuro!   
- A proposito, lo avete preso?
- Non ancora, ma stai tranquilla, ha le ore contate.
 
Non era vero. Quel Percival era riuscito a far perdere le sue tracce in pochissime ore, segno che aveva una fidata rete di persone che lo aiutava nella latitanza, ma non era il caso di spaventare Emma in un momento così delicato.

Emma si soffermò ancora un momento a guardare Killian per cercare di capire cosa stesse passando nella sua testa in quel momento. Era imbarazzato, rigido, confuso. L’uomo sentiva dentro maturare tutti questi sentimenti e iniziava a rendersi conto che aveva permesso alla rabbia e al risentimento di offuscare il suo giudizio. Emma aveva sbagliato a non parlarne con lui, ma ne iniziava a capire i sentimenti, la vergogna per qualcosa che era stata e che voleva tenere lontano da loro.
 
- Un ultimo punto – disse Graham – sei stata nove mesi in prigione per ricettazione, giusto?
- Assolutamente corretto.
- Avevi rubato tu quella merce?
- No. È stata messa di proposito nel mio maggiolino come ritorsione per quello che avevo fatto.
- A chi?
- Ai Gold e a Arthur. È vero, il furto alla galleria è stata opera mia, ma ho dato loro dei falsi dell’Hook versus Pan e dello Swan’s Gem. E poi ho abbandonato la città. Sapevo di avere poco tempo prima che si accorgessero dello scambio. Sapevo che Mary avrebbe denunciato il furto. Questo avrebbe garantito l’estraneità degli altri al mio gesto.
- Quindi hai fatto 9 mesi di  carcere da innocente.
- Già.
- Perché allora hai deciso di parlare proprio ora?
- Perché la verità è la sola strada che conosco per trovare il modo di ritornare dalle persona che amo.
 
Nel pronunciare quella frase, Emma fissò nuovamente Killian. Era di nuovo con lui che stava parlando indirettamente. Il silenzio fu interrotto dallo squillo del cellulare di Graham.
 
- Detective Humbert … capisco … arrivo subito.
 
Riagganciò.
 
- Scusatemi – proseguì – ma pare ci siano degli sviluppi. Uno dei nostri informatori pare abbia qualcosa da raccontare. Devo scappare. Vi tengo aggiornati.
 
Una volta soli, né Emma né Killian riuscirono a dire altro.
 
- Credo sia ora anche per me di andare – disse ad un tratto Emma – ho abusato fin troppo del tuo tempo. Grazie. Se volessi parlare ancora chiamami.
 
Emma si alzò e Killian, rispondendo ad un gesto istintivo, la fermò.
 
- Aspetta, vengo con te. ti accompagno.
 
Una volta fuori del locale,  Killian iniziò a guardarsi intorno alla ricerca del maggiolino.
 
- Dove hai parcheggiato?
- Veramente sono a piedi. Graham mi ha dato uno strappo. Ma non preoccuparti non ci metto molto a tornare al mio buco.
- Saranno almeno venti minuti di camminata! No, non ti lascio andare sola, ti accompagno.
- Non è necessario, veramente
- E invece sì, per favore.
 
A quella preghiera così accorata, Emma non seppe davvero dire no.

Erano giunti a metà strada, quando Killian non riuscì più a trattenersi dal porle una domanda che lo stava assillando.
 
- Posso chiederti una cosa?
- Tutto quello che vuoi.
- Mi ricordo che la sera che sei stata aggredita hai fatto un incubo. Allora non mi raccontasti cosa avevi sognato. Era collegato a quello che ti era successo?
- Dovevo ricordarmelo che sei un tipo davvero perspicace. Ho sognato che Percival mi stava minacciando in quel vicolo e poi tu sei arrivato. Ti ha fatto del male davanti ai miei occhi. Mi sono sentita così impotente e frustrata. Ma avrei fatto qualunque cosa per proteggerti, credimi.
- Ti ho ascoltata molto attentamente. E una cosa mi dispiace più di tutte. Da quando ti conosco, ho sempre avuto l’impressione che ti portassi sulle spalle un grosso peso. Ho sperato che pur nelle diversità, ti saresti fidata di te. ti avrei aiutato volentieri a portarlo, sai. Non mi sarei tirata indietro. Ma forse la verità è che non vuoi qualcuno con cui condividerlo.
 
Arrivarono al palazzo di Emma pochi minuti dopo. Nessuno dei due aveva aggiunto altro. Ma quando Emma fece per uscire, Killian sentì che non voleva ancora separarsi da lei. si offrì di accompagnarla fino all’appartamento. Salirono le scale in silenzio uno davanti all’altro, cercando di mettere ordine nei loro pensieri e nel loro cuore. Si salutarono senza farsi vuote promesse. Killian aspettò che Emma sparisse dietro la porta prima di andarsene. Ma quando la donna rimise piede nel suo appartamento, c’era ancora un problema da affrontare. Il salotto era completamente a soqquadro.
 
- Cosa diavolo è successo qui? – chiese Killian
- Non ne ho la più pallida idea.
- Sarà meglio aspettare in macchina l’arrivo di Graham allora.
 

Arthur era al telefono con Agravaine che lo stava aggiornando.
 
- Come procede? – chiese all’avvocato
- Neal sta eseguendo alla lettera le mie istruzioni. Certo la deposizione di Emma non giova a nostro favore, ma riusciremo a screditarla come tester. Con i suoi precedenti non dovrebbe essere troppo difficile.
- Conto su di voi. E poi Percival si sta occupando di lei. stasera mi ha telefonato che ha fatto un po’ di casino nel suo appartamento, tanto per farle capire che le stiamo ancora col fiato sul collo. Ha chiamato la polizia ma questo non lo fernìmerà. Quella donna non può scappare per sempre da noi.


ANGOLO DELL'AUTRICE:
Buona domenica e buon Ouat day, di una puntata che sarà da sballo ... già solo quelle due cosette che sono uscite sono da morire ... figuriamoci tutto il resto ....
Allora finalmente il tanto atteso chiarimento è alla fine è arrivato! Emma ha avuto finalmente la possibilità di spiegare tutto e ovviamente il cuore di Killian ha capito subito lei e quanto sia stato un cretino lui! XD
Abbiamo anche scoperto che Graham il filo ad Emma lo ha fatto davvero, ma che ha ricevuto un sonoro due di picche!! XD
E poi Percival ... ha battuto un colpo, uno degli ultimi.
Ho come la sensazione che Killian non rimarrà a guardare questa volta come sempre. E lo scopriremo subito nel prossimo capitolo.
Il titolo del capitolo l'ho preso da una delle mie canzoni preferite di Tracy Chapman. Lo scorso anno, durante l'angst delle puntate a mille, era praticamente la mia colonna sonora, la mia speranza che prima o poi tutto si risolvesse ... (a voi il link https://www.youtube.com/watch?v=cQ0kh3k0LKE)
Come sempre grazie di tutto, affetto, letture, recensioni e inserimenti. :D
Un abbraccio
Persefone

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Capitolo 26
*** XXVI. Hearts Full of True Love ***


"I wish I was a sailor with someone awaits for me
I wish I was the verb to Trust and neve let you down"
(Wishlist, Pearl Jam)

 
 
XXVI. Hearts Full of True Love
 
La polizia aveva ormai terminato quasi tutti i rilievi nell’appartamento. Emma era stata interrogata non solo da Graham, ma anche da altri due agenti. Per tutto il tempo, Killian era rimasto al suo fianco. Non l’aveva lasciata neanche per un momento. Voleva che lei sentisse la sua vicinanza, il suo supporto.
 
- Qui abbiamo quasi finito – disse Graham
- È stato Percival, cercava il quadro. Credevo che ormai lo avreste preso in poco tempo.
- Purtroppo non è così. E credo proprio che questo sia un avvertimento. Fortunatamente non eri in casa, ma non puoi rimanere qui.
- E dove vuoi che vada?
- Da me – intervenne deciso Killian
 
Emma e Graham lo guardarono stupiti.
 
- Emma non può rimanere qui – proseguì Killian guardando il detective – e poi Percival ha visto quanto ero arrabbiato con lei. Non verrebbe mai a cercarla da me.
- Potrebbe funzionare – rispose Graham.
- No, un momento …
 
Ma Emma non riuscì a proseguire perché Graham la interruppe subito.
 
- Nessuno deve sapere dove la porti però. Uscite e girate un po’ a vuoto in macchina. Lasceremo il maggiolino qui così da confondere le acque.
- D’accordo.
 
Killian prese Emma per mano e la portò via.


Era ormai notte fonda quando Killian fece entrare Emma nel suo appartamento. Ed Emma provò un’intensa emozione a rimettervi piede. Aveva portato con sé una borsa preparata su due piedi e poi erano usciti di soppiatto cercando di attirare meno attenzione possibile. Killian aveva fatto come Graham aveva detto: aveva girato a vuoto per una quarantina di minuti prima di parcheggiare sotto il suo palazzo. Con un gesto familiare, lui accese la luce della cucina.
 
- Vuoi qualcosa di caldo? – le chiese
- No e grazie ancora
- Smettila di ripeterlo. Non ti avrei mai lasciata in quella situazione. Sicura di non volere nulla?
- Sì. Sono piuttosto stanca, ti spiace se mi sdraio un po’?
- Assolutamente no. Vado a prepararti la stanza.
- Non scomodarti, conosco la strada e dove si trova l’armadio della biancheria. Buonanotte.
 
Rimasto solo, Killian fissò il divano e il suo cuscino che lì era posato. Decisamente non poteva dormire lì quella notte. Troppe spiegazioni da dare ad Emma sul fatto che non riusciva proprio a dormire senza di le in quel letto, se lo avesse sorpreso. Prese il cuscino e andò a stendersi nella sua stanza.

Iniziò a piovere. Pioveva e c’erano forti tuoni. Non era mai riuscita a dormire col temporale. Quando aveva disfatto la borsa, Emma si era resa conto di non aver portato nulla per la notte. Titubante, era andata a bussare alla porta di Killian per farsi prestare qualcosa, nonostante avesse trovato una sua maglietta in uno dei cassetti dell’armadio. Aveva troppa voglia di vederlo ancora un momento. Killian le aveva dato una sua maglietta a mezzemaniche. A lei sarebbe arrivata poco sotto la vita. Nell’istante in cui Emma l’aveva indossata, dopo essere tornata nella sua stanza, aveva sentito l’inconfondibile profumo della sua pelle. Inebriante e sensuale come sempre. Si era stesa ma non era riuscita a prendere sonno subito. Era stato a seguito di un forte tuono che si era svegliata e non era più riuscita a riaddormentarsi. Aveva già dormito nella stanza degli ospiti, ma ora quella stanza le sembrava così fredda soprattutto se paragonata a quella così calda dall’altra parte del corridoio, quella in cui aveva dormito e amato Killian.
Killian.
Quanto avrebbe voluto essere con lui in quel momento.


Iniziò a piovere. Pioveva e c’erano forti tuoni. Killian sapeva quanto i temporali rendessero Emma inquieta nel sonno. Spesso, proprio in quel letto, si era stretta a lui per cercare di calmarsi. Una notte gli aveva addirittura raccontato che la sua paura del temporale risaliva ai tempi dell’orfanotrofio. E di come un ragazzino più grande di lei aveva provato, una volta, anche ad approfittare di quella paura. Da allora, ogni volta il boato dei tuoni la riportava indietro a quell’asettica stanza dell’orfanotrofio, mentre tentava di sfuggire a quelle mani che avevano cercato di afferrarla senza permesso.
 
- Ci sei riuscita a sfuggirgli? – le aveva chiesto piuttosto imbarazzato
- Per fortuna sì. Cleo, l’unica assistente sociale di cui mi fidavo, non aveva ancora staccato. Mi sono nascosta dietro di lei, quando quel ragazzo mi aveva raggiunta nel corridoio. Mi ha fatto raccontare tutto e per fortuna mi ha creduto. È rimasta con me tutta la notte e quel ragazzo è stato poi allontanato. Ma quella sensazione di repulsione non l’ho mai superata del tutto. Per questo mi sento a disagio con il contatto fisico a volte, soprattutto se irruento o improvviso.
 
Killian l’aveva stretta ancora di più. Quando si era trattato di fare l’amore non ci erano mai andati piano, o meglio non sempre. Emma, però, lo aveva sempre seguito nelle tempeste amorose senza esitazioni, ma ora capiva bene perché le piaceva anche essere accarezzata con lentezza.
 
- Emma, se me lo avessi detto io …
- Tu cosa?
- Sarei stato più attento
- Non sei quel ragazzo. E poi tu sei l’unico con cui non mi sono mai sentita a disagio in nessuna circostanza.Anzi.
 
Cercò di allontanare quel ricordo girandosi su un fianco. Si rimproverò di essere uno sciocco sentimentale, anche se questo non lo avrebbe mai ammesso davanti a lei. Fissò il libro rosso di fiabe che era sul comodino. Lo stava per afferrare, quando sentì dei leggeri passi nel corridoio. Riconobbe subito il lieve passo di Emma. Stava valutando l’idea di alzarsi anche lui, quando sentì che i passi si erano fermati alla sua porta, che si aprì poco dopo. Killian alzò lo sguardo e se la ritrovò davanti: bella, sensuale con solo la sua maglietta addosso, le gambe nude e i capelli sciolti sulle spalle. Una leggera tensione sul viso, forse a causa proprio di quel temporale.
 
- Che succede? – le chiese cauto
 
Senza rispondere, Emma si avvicinò al letto e tirò le lenzuola di quello che era stato, un tempo, il suo lato. Si rannicchiò in un angolo. Killian la lasciò fare, incredulo e un po’ stordito da quel comportamento così esplicito. Sentì dentro la voglia irrefrenabile di toccarla. Capendo lo stupore dell’uomo, Emma sorrise.
 
- Non riesco a dormire, il temporale sai. E stare sola in quella stanza non mi aiuta. Qui sono sempre riuscita a dormire. Ascolta – proseguì sfiorandogli il braccio – so che hai ancora tanti buoni motivi per avercela con me, nonostante le mie spiegazioni. Però ti prego, non mandarmi via.
 
Killian non seppe cosa risponderle. Era felice di averla lì, questo non poteva negarlo. Anche lui avrebbe voluto raggiungerla di là, ma lei era stata più veloce o forse più consapevole di quello che voleva e meno timorosa di ammetterlo apertamente. Era il ricordo del sapore della passione tra loro a tormentarlo, a non farlo dormire, ad aver provato a spingerlo verso di lei. Nel corso della serata, mentre Emma si spiegava, aveva iniziato a vergognarsi della sua reazione nei suoi confronti. Ovviamente quello che gli bruciava non era il furto in sé, ma il fatto che Emma non si fosse confidata con lui. E data l’impulsività che aveva mostrato, forse aveva fatto anche bene. Non sarebbe stato all'altezza di aiutarla.
 
- Ti ricordi – proseguì lei dolcemente – cosa ti ho scritto sul bigliettino che ti ho lasciato prima di andarmene?
- Vorrei averlo dimenticato, ma non posso. è stata l’ultima cosa che mi è rimasta di te.
- Non era del tutto una bugia, sai?
 
Killian si irrigidì e, di tutta risposta, Emma si avvicinò ancora di più prima di riprendere a parlare.
 
- In questo anno, ho capito dove davvero mi sentivo a casa: né alla galleria, né da Granny e nemmeno in questa appartamento. Ma qui – disse lei accarezzandogli il petto.
 
Emma si strinse tra le sue braccia, affondando il viso rigato di silenziose lacrime nel suo petto. Intrecciò le gambe nude e ancora fredde a quelle calde di Killian. E in quel momento tutto quello che lui riuscì a fare fu assecondare e lasciarsi andare a quell’emozione.
 
- Non importa dove siamo – continuò lei alzando il viso – purché insieme. Non riesco più a stare sola come prima. Mi sei mancato in un modo che non credevo possibile.
- Anche tu mi sei mancata da morire – rispose lui stringendola ancora di più e lasciando cadere una lacrima a sua volta.
 
Emma si avvicinò di più al suo viso e lo accarezzò ancora.
 
- Il fatto è che ho indossato la mia armatura per così tanti anni, che a volte mi dimentico di non averne bisogno quando sono con te. 
 
A quelle parole Killian si lasciò andare completamente a quell’innato istinto di amarla al di là di tutto. Unì le labbra alle sue con impeto. Rispondendo al sentimento che lo stava animando, Emma lo spinse sulla schiena perché potesse essere lei a guidare il desiderio.
 
- Emma … - esitò per un momento Killian
- Shhhhh capitano, non c’è niente da dire. Per stanotte sarò io il timoniere della tua nave. Lasciati amare.
 
Emma indugiò ancora un momento nel mare dei suoi occhi e poi si sfilò la maglietta. Era nuda sotto di essa. Era così bella, così appassionata che Killian capì di non poterle resistere, perché non voleva resisterle. Si protese in avanti e si rituffò sulle sue labbra. Un sensuale sorriso di assenso si dipinse sul viso di Emma, quando lo sentì reagire come sperava. Perché il fuoco del loro amore poteva essersi affievolito per un momento, ma lei era più che determinata a farlo divampare di nuovo, come era giusto che fosse. Lo aiutò a sfilarsi a sua volta la maglietta, a fare in modo che i loro corpi riscoprissero quel muto linguaggio che avevano imparato l’uno dall’altro e che li aveva uniti indissolubilmente. Quando Killian fece scorrere la mano sulla sua schiena, Emma rovesciò la testa all’indietro per il piacere. E in quel preciso momento, l’incertezza, le paure, i dubbi si dissolsero per un momento. Quella magia tra loro si liberò intensa come sempre. Fu in nome di quella passione repressa per così tanto tempo che si amarono freneticamente. Era difficile arginare quell’ondata di emozioni che avevano cercato di contenere sin dalla prima volta che si erano rivisti. Perché nell’esatto momento in cui i loro sguardi si erano incrociati di nuovo, in entrambi era fiorita la consapevolezza  che nulla tra loro poteva cambiare.
Killian affondò la mano nei suoi morbidi capelli biondi e la baciò mordendole dolcemente un labbro quando alla fine si smarrì definitivamente dentro di lei. Ed Emma, dal canto suo, si strinse ancora più forte a lui quando lo seguì con lo stesso impeto. Lasciarono che il sonno li sorprendesse così, vulnerabili e stretti ancora nel loro abbraccio.

Quando Killian riaprì gli occhi non aveva la minima idea di che ore potessero essere. Si girò piano verso il comodino per non svegliare Emma. Era lì che dormiva accanto a lui proprio come la prima volta che era stata sua. Eppure, acquietata la passione, il tarlo della sua inadeguatezza aveva ripreso a tormentarlo. E quell’atto d’amore puro che aveva appena consumato con lei, non aveva fatto in modo di spazzarlo via, come era nelle intenzioni di Emma, ma lo aveva nutrito a dismisura. Ora che il suo cuore aveva ruggito era la testa che non voleva smettere di lavorare: Emma aveva rischiato tutto per lui e lui come l’aveva ripagata? Con parole al vetriolo che avrebbe voluto cancellare. E nonostante questo, lei si era donata a lui ancora con la stessa immutata fiducia di sempre. Si vergognò come mai nella sua vita, ennesima riprova che Emma non era mai stata una qualsiasi da portarsi a letto senza badare alle conseguenze. E non era stato proprio dolce fino a quel momento, sapeva quanto lei amasse la dolcezza in quei frangenti. Aveva assecondato se stesso invece di condividere.
Fece per alzarsi, ma Emma lo abbracciò da dietro per fermarlo.
 
- Dove vai? – gli chiese posando le labbra sulla sua schiena.
- Non preoccuparti torna a dormire.
- Anche se è tanto che non dormiamo insieme, so ancora riconoscere quando sei inquieto.
 
Killian si girò verso di lei con gli occhi bassi. Emma si protese per cercare di rassicurarlo con un bacio. Bacio che Killian evitò di ricambiare.
 
- Che ti succede?
- Ne abbiamo passate tante
- E qual è il problema?
- Io sono il problema – rispose lui sciogliendosi dal suo abbraccio – tu hai attraversato l’inferno per me e io non ho fatto altro che ricoprirti di parole che, ora, darei tutto per poter cancellare.
- Abbiamo fatto entrambi degli errori.
- Ma sono stato io quello debole. Avrei dovuto capire e invece mi sono fatto risucchiare dalla rabbia. Sono tornato ad essere quello di un tempo. Non hai idea di quanto sia facile ricadere nella propria oscurità. E stanotte ho capito che non sono forte quanto te, Emma. Sono debole.
- Non alla fine, perché alla fine hai mostrato la tua forza. è grazie a quel coraggio se sono qui.
- Tu non capisci. Ho fatto tante cose nella mia vita, ho ceduto alla mia oscurità molte volte e mi ci è voluto molto tempo per respingerla. Mi è bastata una parola per farmi risucchiare ancora da essa in maniera così virulenta. La verità è che ti aspetti molto da me e io non mi sento all’altezza.
- Lascia che questo sia io a giudicarlo. Se davvero fosse così, non sarei qui per te ora.
- È questo il punto. Non so se me lo merito.
- Non lo pensi davvero.
 
Centrato il problema. Killian si alzò dal letto ed iniziò a vestirsi sotto gli increduli occhi di Emma.
 
- Se è la mia presenza a non farti dormire, torno di là.
- Emma questo non ha niente a che fare con te.
- Ti sei pentito di quello che c’è stato tra noi stanotte?
- Assolutamente no, ho paura che tu possa pentirtene una volta che avrai capito che razza d’uomo sono.
- No, non posso pentirmene, perché io ti ho perdonato tutto. Fai altrettanto con te stesso.
 
Emma lo vide uscire dalla stanza e dirigersi alla porta. Ma solo quando sentì la pesante porta d’ingresso chiudersi, si lasciò ricadere nel letto con gli occhi pieni di lacrime.

Era ancora buio quando Killian si ritrovò a camminare per le strade silenziose. Fortunatamente aveva smesso di piovere. Prima di uscire aveva preso la sua giacca di pelle nera. Aveva affondato le mani nelle tasche e vi aveva trovato la sua fiaschetta. Era ancora piena di rhum. Non aveva voglia di entrare in un bar, così decise di proseguire fino al parco che era a pochi passi dal suo appartamento. Una panchina e il freddo della notte sarebbero andati più che bene per cercare di fare ordine nei suoi pensieri.
Non avrebbe saputo dire dopo quanto tempo quel barbone si mise accanto a lui, ma sicuramente aveva adocchiato la sua fiaschetta e quella era stato il pretesto per sedersi. Era un uomo di mezza età con un enorme cappotto addosso.
 
- Nottata fredda eh? – disse l’uomo
- Abbastanza.
- Be’ alla tua età avrei preferito farmi scaldare il sangue da una donna e non di certo da una fiaschetta.
- Temo che stasera dovrò accontentarmi. E anche tu, se hai un bicchiere.
 
L’uomo tirò fuori da una delle tasche del cappotto un ammaccato bicchiere di plastica. Lo porse a Killian che lo riempì di rhum.
 
- Peccato. Non per il rhum eh, ma per le donne. Ormai non mi guardano più, ma quanto mi piaceva stringerle a me per tutta la notte. Desideravo quasi che il sole non sorgesse più. Mi chiamo Archie e grazie.
- Figurati amico. Io sono Killian.
- Non credo che la fiaschetta possa darti una mano sai.
- Che vorresti dire?
- Che si può nascondere un tesoro sepolto o una mano vincente a poker, ma non uno sguardo tormentato dall’amore, neanche una fiaschetta di buon rhum.
- Fantastico, non credo di aver chiesto consigli.
- Scusa deformazione professionale. Nella mia precedente vita, quella prima della strada intendo, ero un terapeuta. Dare consigli faceva parte del mio lavoro. Ed ero anche piuttosto bravo
- E poi allora cosa è successo?
- Insicurezza. Ho conosciuto una donna.
- Appunto.
- Anche tu stai così per una donna in particolare?
- Diciamo di sì.
- Non l’ho solo conosciuta, l’ho corteggiata e me ne sono innamorato perdutamente.
- Fammi indovinare – chiese Killian sorseggiando altro rhum – ti ha dato il due picche?
- Tutt’altro! Mi ha ricambiato, ricoperto di un amore travolgente, mi ha anche sposato.
- E allora l’insicurezza?
- Per una volta nella mia vita avevo tutto quello che avevo sempre desiderato oltre al lavoro. Ma invece di ascoltare i consigli che io stesso davo ai miei pazienti, mi sono lasciato risucchiare dall’insicurezza. Vivevo nel terrore che mia moglie scoprisse che poi non ero così in gamba come credeva, che prima o poi l’avrei irrimediabilmente delusa, che non sarei mai stato abbastanza per lei e che probabilmente avrebbe rimpianto qualche suo vecchio amore, anche se sbagliato.
 
Quelle parole colpirono Killian come un pugno allo stomaco. Quello sconosciuto aveva descritto in maniera quasi chirurgica quello che era il suo stato d’animo.
 
- Poi cos’è successo?
- L’ho delusa. O meglio ho fatto in modo che fosse delusa da me. L’ho allontanata per paura nonostante mi avesse disperatamente chiesto di restarmi vicino, che lei avrebbe sempre visto il meglio di me. Ma io niente. Ricorderò sempre il suo viso il girno in cui firmammo le carte del divorzio. Un paio di anni dopo l’ho rivista per strada. Era bella come sempre, sorridente. In quel momento ho capito che l’aveva persa perché la paura aveva avuto la meglio, non perché io non fossi abbastanza. Mi avvicinai, dovevo dirglielo che avevo fatto il più grosso errore della mia vita. L’avevo quasi raggiunta, quando ho visto un uomo avvicinarsi, prenderla per mano e baciarla su una guancia. In quel momento ho capito che per me non c’era più spazio nella sua vita. Credevo che sarebbe rimasta ad aspettarmi e così avevo trascurato i suoi sentimenti. In questo l’avevo delusa. Da quel giorno niente ha avuto più senso per me.
- Perché mi stai dicendo questo?
- Perché in te ho rivisto l’uomo che ero. Ma tu sei ancora in tempo.
- Come fai a saperlo? Non sai niente di me.
- Se avessi passato il punto di non ritorno, probabilmente saresti mio compagno di bevute fisso e non uno occasionale. Basta che tu risponda ad una semplice domanda: che tipo di uomo vuoi essere?
- Vorrei fosse così facile. Comunque vorrei che mi vedesse come un uomo di onore. Ci amiamo molto, ma lei si merita un futuro che io ho paura di non poterle offrire. E se questa felicità fosse solo un'illusione?
- Corri da lei e non preoccuparti delle aspettative. L’amore vero non vi bada. E poi hai mai pensato che l'importante non è il modo in cui le cose finiscono, ma come le viviamo? Insomma il fatto di poter finire sotto un bus non ti impedisce di uscire di casa tutti i giorni, giusto? E ora scusami, è davvero ora di tornare tra i miei cartoni.
 
L’uomo prese un ultimo sorso di rhum e poi lasciò Killian solo, che guardò in direzione del suo appartamento. Quell'uomo aveva ragione, dannatamente ragione.Si alzò e corse immediatamente a casa.  Sperava solo che non fosse troppo tardi.   

Emma era rimasta nel letto di Killian ancora qualche minuto. Se neanche l’amore poteva superare la diffidenza di Killian, c’era davvero poco altro da fare. Aveva distrutto tutto. Si alzò dal letto e si rinfilò la maglietta che era finita ai piedi nel letto. Si asciugò le lacrime dal viso e poi risistemò le lenzuola. Era ora di ritornare nella sua stanza. A piedi nudi camminò lungo il corridoio. Stava per tornare da lei, quando si accorse che la porta che conduceva all’altro appartamento era aperta. Per tutto il tempo che era stata in quella casa, non aveva mai visto l’altro appartamento, quello che una volta era stato di Liam. Si avvicinò alla porta e la oltrepassò. Nel nuovo ambiente era tutto coperto da teli. Emma si guardò intorno e poi notò un’altra porta semi-aperta. Seguendo un istinto inspiegabile in lei, si avvicinò anche a questa seconda porta. L’aprì. Quando accese la luce, la sorpresa fu enorme. Era piena di disegni. Killian doveva aver adibito quella stanza a studio. Quello che colpì Emma soprattutto, fu la constatazione che appesi alle pareti c’erano molti suoi ritratti. L’ultimo recava la data del giorno prima.

Killian rientrò in casa senza fare rumore. Si precipitò immediatamente nella sua stanza ma la trovò vuota. Emma forse era tornata nell’altra camera. Si diresse immediatamente lì. Non poteva indugiare ancora. Ma anche quella stanza la trovò vuota. Per un secondo ebbe la paura che Emma, a causa del suo rifiuto, avesse deciso di andarsene. E poi si accorse anche lui della porta comunicante aperta. Si affacciò nell’altro appartamento e notò una luce che filtrava da una delle porte socchiuse. Quando fu giunto sulla soglia, vide Emma dentro, intenta a d osservare i suoi quadri. Per fortuna non era andata via e lui non poteva più aspettare. Entrò.
Emma sentì la porta aprirsi e si girò immediatamente. Killian la raggiunse e senza ulteriori indugi la baciò appassionatamente.
 
- Mi dispiace Emma per tutto. In questi giorni hai visto un uomo che speravo non conoscessi mai. Quello che mi ha condotto sul ciglio del burrone pochi anni fa.
- Oh Killian, io ti ho perdonato, fallo anche tu.
- È esattamente quello che voglio fare. Ma ho bisogno anche del tuo aiuto. Avrei voluto essere un uomo migliore per te, più forte.
- Sarò sempre qui per te, amore mio. E lo sei già. Sei qui, ora. Eccola la tua forza.
 
Emma prese la mano di Killian e se la portò sul viso.
 
- Se ti stai ancora preoccupando per prima, non sei stato irruento. Nessuno mi ha mai toccata delicatamente come hai fatto tu. Mi mancava il tuo tocco.
- Io un tocco delicato? Sai benissimo che fino a pochi anni fa sarei potuto essere uno degli avventori di quei bar in cui hai lavorato.
- Non mi importa chi eri, ma chi sei stato con me, chi sei con me. E il modo in cui mi tocchi mi fa sentire sempre speciale.
 
Killian la abbracciò ancora più forte.
 
- Ti amo principessa ribelle e sempre ti amerò.
- Ti amo anche io capitano. E sempre ti amerò.
 
Rimasero così per qualche momento, assaporando la rinnovata promessa del loro amore che non sarebbe stato scalfito da niente.
 
- Mi aiuti a venire fuori da questa situazione? – chiese Emma
- D’ora in poi sarò sempre al tuo fianco.
 
La baciò ancora e la adagiò sul divano che era proprio dietro di loro. Aveva voglia di unirsi a lei con una nuova consapevolezza.
 
- Prima sei stata tu ad amare me, ora lascia che sia io a farlo come piace a te.


ANGOLO DELL'AUTRICE:

Scusate il ritardo questa settimana, ma eccoci ancora qui.
Mi sono fatta perdonare? Li ho rimessi insieme come promesso! :D
Finalmente questi due zucconi si sono lasciati andare definitivamente. Non era semplice appianare tutto quello che c'è stato tra loro ma diciamo che la risalita è ormai piena. Ho voluto che anche Killian fosse un po' preso dai sensi di colpa perchè alla fine ha capito di aver reagito male (da maschio direi io XD) e il fatto che Emma avesse ancora fiducia in lui lo ha destabilizzato non poco. Spero vi sia piaciuta anche questa comparsata di Archie sotto mentite spoglie ( non riesco a uscire dal loop della 6x03 ... e pare che anche la prossima sia da sballo ... e angst ... ':D)
A occhio e croce mancano solo tre capitoli alla fine, quindi sto per smettere di torturarvi!! XD
Grazie come sempre di tutto e per tutto!!
Un bacione grandissimo e alla prossima settimana
Persefone 
 

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Capitolo 27
*** XXVII. Last Chance ***


XXVII. Last Chance
 
Le prime luci del mattino sorpresero Killian a tracciare con il dito il profilo di Emma che, amorevole, lo guardava divertita. Avevano capito presto di non poter passare sul divano il resto della notte, soprattutto quando si resero conto che il calore dei loro corpi non sarebbe stato sufficiente a scaldarli ancora per molto. Per questo Killian l’aveva presa in braccio e riportata tra le calde coperte del loro letto.
Il suo dito stava scivolando dal naso alle labbra, le stesse che erano state così generose con lui, per poi indugiare sul pomo d’Adamo. Ma fu quando il suo dito iniziò a percorre lo sterno che Emma non riuscì a trattenersi dall’esternare il suo piacere. E più sentiva Emma apprezzare quel suo gioco, più lui aveva voglia di continuare. Proseguì, dunque, lentamente sempre più in basso e più scendeva, più sentiva il corpo di Emma tendersi per il desiderio.
 
- Siamo molto reattive questa mattina, e non hai neanche un goccio di caffeina nelle vene.
- Diciamo che stamattina, la caffeina nelle vene sei tu
 
Killian continuò a scendere, galvanizzato da quelle parole, fino all’ombelico. E la sua intenzione era quella di scendere ancora. Emma, rispondendo ad un istinto ormai innato, schiuse dolcemente le gambe, come a pregustare le dolci torture che di lì a poco sarebbero seguite.
 
- Potrei farlo tutta la vita sai?
- Cosa? – rispose lei maliziosa
- Questo.
 
Fu allora che Killian sostituì al dito le sue labbra. E stavolta Emma non riuscì davvero a soffocare il gemito di piacere.
 
- Siamo insaziabili
- Comprendimi, abbiamo un intero anno da recuperare …
- Come desidera signorina
 
Killian la guardò con desiderio ma invece di proseguire nella discesa risalì su fino alle labbra, che baciò ancora e ancora.
 
- Questo è barare capitano
- E chi ha detto che ho finito? Anche se credo sarebbe meglio alzarci. Sai benissimo che siamo in grado di rimanere sotto le coperte tutto il giorno.
- Strano, mi sembrava di ricordare che fosse una delle tue attività preferite
- Stare in un letto con te? Puoi dirlo forte! Il punto è che poi non ti lascerei mai andare via e lo capisci da te, questo non rientra nelle buone maniere di un gentleman
- Ohhhh gentleman, a proposito hai fame? Ieri non abbiamo mangiato nulla e diciamo che la nottata è stata piuttosto intensa. Che ti preparo per colazione?
- Lo sai cosa mi piace.
- Allora è esattamente quello che avrai.
 

Emma stava controllando la cottura dei pancake. Era stata lei la prima a entrare in doccia e poi si era dedicata alla colazione. Si meravigliò nello scoprire che Killian non aveva spostato una sola cosa. Tutto era dove ricordava. Aveva da poco girato i pancake, quando lui la raggiunse in accappatoio.
 
- Quanto ti manca? Qui ho quasi finito – disse Emma sorseggiando un po’ di caffè.
 
Quanto era familiare tutto questo. Era mancato ad entrambi perché nella loro relazione l’uno si era sempre preso cura dell’altro. Killian si perse dietro al profumo dei pancake appena fatti.
 
- Credevo che non avrei mai più sentito questo odorino e questo calore, fortuna che mi sbagliavo.
 
Emma si appoggiò a lui che le cinse la vita. Sapevano ormai che niente li avrebbe più separati, non avrebbero permesso che succedesse ancora. Si appartenevano l’uno all’altra più che mai. E poi quel maledetto cellulare iniziò a suonare come per riportarli alla realtà.
 
- È il mio – disse Killian – torno subito.
 
Quando Emma lo vide riapparire in cucina, stava servendo nei piatti i pancake e le uova strapazzate. Killian aveva il viso teso e preoccupato.
 
- Che succede?
- Era Graham. Ha detto che ha provato a chiamarti.
- Devo aver lasciato il telefono silenziato, dannazione. Lo richiamo.
- Non serve. Ha detto che sta venendo qui per parlarti.
 

Il detective li raggiunse dopo una buona mezzora.
 
- Allora, cosa sta succedendo? – chiese Emma
- Sono qui – disse Graham – per informarvi che è stata fissata la data del processo per la fine di ottobre.
- Tra poco più di due settimane. Sono stati veloci.
- Abbiamo preso Neal in flagranza di reato, era difficile contestare le nostre accuse. Ma per i reati precedenti la tua testimonianza è fondamentale per l’impianto d’accusa. Dovrai ripeterla in aula. Ma dovrai essere pronta: gli avvocati della difesa cercheranno di screditarti.
- Testimonierò. Spero poi di chiudere definitivamente con tutta questa faccenda.
 
Emma abbassò lo sguardo e Killian le accarezzò la schiena per calmarla.
 
- Conosco il procuratore che si occupa del caso, vorrebbe parlare ancora con te per chiarire alcuni punti della tua deposizione. Vuole incontrarti tra due ore.
- Vado a prepararmi.
 
Emma baciò la guancia di Killian e poi si voltò per andare in camera e finire di prepararsi.
 
- Vengo con te alla centrale – disse ad un certo punto Killian
- Non se ne parla! Non posso esporti così.
- Credono di avere gioco facile perché pensano che tu sia sola. Non lo sei.
- Non è il momento di fare colpi di testa – intervenne Graham.
- Voglio solo accompagnarla.
 

Emma stava rispondendo da due ore alle domande del procuratore.
 
- Neal sostiene che siete sempre rimasti in contatto e che non ti ha mai minacciato.
- E allora perché Percival avrebbe dovuto aggredirmi in quel vicolo?
- Neal sostiene che Percival non ha fatto niente di tutto ciò. In aula questo potrebbe essere un passaggio delicato della tua testimonianza. Sei sicura che non hai nulla che attesti l’aggressione? Un certificato medico per esempio.
- Non sono voluta andare in ospedale, anche se Killian mi aveva detto di farlo.
- Chi è questa persona?
- È il mio compagno. Quando sono tornato a casa c’era lui.
- Dove si trova ora?
- È qui fuori.
- Vedremo cosa si può fare.
 
Nel frattempo, fuori dello studio del procuratore, Killian stava aspettando nervosamente che Emma uscisse. Era entrata alquanto agitata, anche se aveva fatto di tutto per nasconderlo. Era assorto nelle sue preoccupazioni quando fu raggiunto da Graham.
 
- Come va? – chiese il detective
- È ancora dentro.
- Ascolta, Percival è ancora in libertà ed Emma è il testimone chiave dell’accusa. La sua deposizione in aula è fondamentale. Sono preoccupato. Metto due agenti in borghese sotto il tuo appartamento, soprattutto ora che sei venuto allo scoperto.
- Ma se non mi ha visto nessuno!
- Meglio non rischiare, la faccenda è davvero troppo delicata. Non dirle niente, però. È già abbastanza tesa di suo.
 
In quel momento la porta del procuratore si aprì e ne uscì una provata Emma, che si abbandonò immediatamente tra le braccia di Killian.
 
- Signor Jones – disse il procuratore – posso parlare con lei un minuto?
 

Dietro uno degli angoli dello spazioso e caotico corridoio, Agravine aveva visto tutto. Ecco dove era Emma e soprattutto con chi era. Si allontanò verso una zona ancora più appartata per chiamare Arthur.
 
- Sono io. Il processo è fissato per fine ottobre. E so dove si trova Emma Swan. Se testimonia in aula per noi si mette male, molto male. Manda Percival a casa di Jones.
 

L’aria di ottobre era frizzante e tutto aveva una sfumatura di arancione: non solo l’autunno stava sbocciando ma Halloween era nell’aria. Emma aveva contato i giorni che la separavano dalla sua deposizione al processo. Due giorni, mancavano solo due giorni. Killian le era stato sempre vicino, si era preso cura di lei in ogni modo possibile come, del resto, avrebbe voluto fare sin dall’inizio. L’aveva osservata attentamente negli ultimi giorni e più la data si avvicinava, più la tensione saliva.
Emma era seduta al tavolo del soggiorno e stava ricontrollando nervosamente i documenti del processo. Killian era accanto a lei e aveva voglia di distrarla per un po’ dalle sue preoccupazioni.
 
- Emma conosci quei fogli a memoria.
- Lo so, m ho paura di fare casino.
- Senti perché non usciamo a fare quattro passi?
- Sarei scontrosissima. Non sono dell’umore adatto.
- Mary e David hanno organizzato una festa per Halloween. Non vorrai presentarti così? Andiamo a sceglierci qualcosa da mettere.
- Io ce l’ho il costume perfetto. Con questa faccia sarei uno zombie da fare invidia a qualunque film dell’orrore.
- Non ci può fare male un po’ d’aria fresca.
- Sai che ti dico, hai ragione.
 
L’agente Stone e la sua partner stavano sorseggiando un caffè caldo quando videro Emma e Killian uscire dal portone di casa. Era stato piuttosto semplice tenerli d’occhio in quelle due settimane. Emma si recava alla galleria tutti i giorni mentre Killian usciva un po’ più tardi. La sera rimanevano quasi sempre in casa. Uscirono dall’auto e si accinsero a seguirli. Peccato che non fossero gli unici. Percival aveva piantonato l’appartamento di Killian sin da subito e aveva notato ovviamente gli agenti. Doveva agire con molta cautela. Emma non doveva per nessun motivo arrivare a quell’aula di tribunale.
Emma e Killian camminavano ignari lungo la strada. Stretti l’uno all’altro, stavano ammirando le colorate vetrine dei negozi con tutti gli addobbi di zucca.
 
- Allora, hai deciso da cosa mascherarti? – chiese Emma sorridendo- 
- Pensavo di assecondare il mio lato piratesco.
- Non dirmelo!
- Qualche giorno fa ero nell’appartamento di Liam e stavo rovistando tra degli scatoloni, non mi ricordo neanche per quale motivo. Insomma in una delle scatole ho trovato un vecchio costume da pirata. Me lo aveva regalato poco prima di partire per il suo ultimo viaggio. Ho pensato che sarebbe stato carino per la festa.
- Direi che è perfetto! Come è fatto?
- C’è un lungo pastrano nero, pantaloni neri di pelle
- … Interessante …
- Camicia nera e gilet rosso ricamato
- Mancano gli accessori!
 
L’attenzione di Emma fu catturata subito dalla merce esposta in una delle vetrine della cartoleria: tra i vari oggetti spiccavano una collana con due inconfondibili ciondoli da pirata, una spada e un teschio e accanto tre grandi anelli uno più bello dell’altro.
 
- Guarda che belli, Killian! Entriamo! Per me ti starebbero benissimo!!
 

L’agente Stone non li aveva persi di vista un solo momento. Quando li vide entrare nel negozio si fermò a pochi passi per tenere sotto controllo la situazione.
 
- Bill – disse Kelly la sua collega – prendiamoci un caffè, quei due potrebbero rimanere lì per delle ore.
 
Si avvicinarono ad un chiosco per prendere un bicchiere. Anche Percival aveva seguito la coppia ed era stato attento a non attirare su di sé l’attenzione dei due poliziotti. Doveva agire. Studiò la posizione del negozio e la distanza dei due poliziotti. Doveva sfruttare il fatto che quei due fossero tra la gente, la confusione poteva giocare dalla sua parte. Doveva colpirli appena usciti dal negozio, l’effetto sorpresa sarebbe stato dalla sua.


Emma era rimasta così affascinata dagli accessori che aveva provato a convincere Killian ad indossarli anche fuori del negozio. Il loro bottino aveva visto accrescersi anche di un orecchino.
 
- Mamma mia capitano … se fossimo soli …
- Temo dovrai aspettare fino a casa
- Almeno la catenina puoi tenerla
 
Emma si avvicinò a lui. Gli sistemò i ciondoli sul petto aprendogli un po’ la camicia.
 
- Sei perfetto così
 
Killian stava ancora ridendo quando misero piede fuori dal negozio. Erano tornati a stringersi e il fatto che il viso di Emma fosse finalmente meno teso lo rendeva davvero felice. Sarebbe stato disposto anche a girare vestito da pirata in quel momento se poteva distrarla un momento dalle sue preoccupazioni. Ad un certo punto, uno sconosciuto li urtò
 
- Stai attento amico! – disse Killian che si era proteso in avanti per proteggere Emma dall’irruenza di quel tizio.
- Mi scusi davvero.
 
Lo sconosciuto alzò il viso e in quel momento Emma lo riconobbe subito. Era Percival. Non fece in tempo a urlare che l’uomo si avventò su di lei con un coltello in mano. Killian, però, non si fece cogliere alla sprovvista e si gettò immediatamente su Emma.
Stone e Kelly stavano sorseggiando il loro caffè quando videro un uomo urtare Emma e Killian.
 
- Kelly, sta succedendo qualcosa.
 
Avevano quasi raggiunto i due quando videro l’uomo estrarre il coltello e avventarsi su Emma. Si precipitarono immediatamente verso di loro.


Emma sentì il corpo di Killian franarle addosso. Caddero a terra. Con la coda dell’occhio vide Percival allontanarsi e subito dopo un uomo gettarsi al suo inseguimento. Si girò subito verso Killian per capire cosa fosse successo.
 
- Killian, stai bene?
 
L’uomo però non accennava a muoversi. Tirò su la mano dal suo torace e solo in quel momento si accorse che era piena di sangue.
 
- No! No! Qualcuno mi aiuti!! - gridò disperata
 
Tra la folla si fece subito strada una donna che si avvicinò immediatamente.
 
- Signorina Swan? Sta bene?
- Per favore mi aiuti!
- Io sì, ma lui è  stato ferito.
- Emma … - chiamò Killian
- Non parlare … sei stato ferito.
 
Emma adagiò Killian a terra. Sul fianco aveva una ferita d’arma da taglio. La donna estrasse un cellulare e chiamò immediatamente il 911.
 
- Sono l’agente Kelly Foster mandate immediatamente un’ambulanza c’è un ferito di arma da taglio.
 
Emma, nel frattempo, cercò di tamponare la ferita di Killian con la sua sciarpa.
- Andrà tutto bene amore mio, ma devi restare con me, hai capito? Abbiamo un futuro da vivere insieme.
 
- Sarò felice di sapere che ne hai uno.
- Ma non è abbastanza per me!! Io lo voglio con te e non ci può essere strappato di nuovo, non lo permetterò!
 
I paramedici dovettero toglierla di peso affinché potessero prestare le prime cure a Killian. Era salita in ambulanza e non aveva capito un granché di quello che le era successo intorno. Per lei la cosa importante era solo Killian. Il medico del pronto soccorso aveva preso in consegna la barella e lei era stata costretta a rimanere nella sala d’aspetto. Seduta su una delle sedie, si sentiva inerme e spaventata proprio come nel suo incubo. Improvvisamente sentì una mano poggiarsi su una delle sue spalle.
 
- Emma?
 
La donna alzò il viso e tra le lacrime mise a fuoco il viso di Graham. Come diavolo ci era arrivato Graham? E in quel momento si rese conto che doveva dirgli di Percival.
 
- Graham, io … noi … stavamo camminando e Percival … - ma le lacrime e la paura furono più forti.
 
Graham la strinse forte.
 
- So tutto. Sono stato io a mettere l’agente Stone e l’agente Foster sotto casa vostra. Temevo proprio questo. Lui come sta?
- È stato ferito, ma non so nulla, non vogliono dirmi nulla. Se gli succede qualcosa la mia vita è finita. Non posso perderlo.
- Lo so. Comunque c’è anche una buona notizia. Stone è riuscito a prendere Percival e ad arrestarlo. Aveva ancora il coltello sporco di sangue in tasca, è davvero finita.
- Sarà finita quando potrò parlare con Killian e quando sarò sicura che nessuno potrà più farci del male.
- Ho avvertito David sarà qui tra poco. Vado a vedere se posso sapere qualcosa in più.
 
Emma si lasciò ricadere sulla sedia. Dopo un tempo imprecisato, sentì la porta della sala d’aspetto aprirsi di nuovo.
 
- Emma!!
 
Mary si affrettò a stringerla subito. E David dopo di lei.
 
- Mary! Non dovevi nella tua condizione. Il parto potrebbe avvenire a momenti
- Non dire sciocchezze! Graham ci ha detto cosa è successo, come state?
- Io bene … ma Killian … - e gli occhi di Emma tornarono a riempirsi di lacrime.
- Sta tranquilla – disse David – ha la pellaccia dura. Lo conosco. Non si arrenderà facilmente.
 
La porta che dava sul pronto soccorso si aprì nuovamente e ne uscì Graham.
 
- Non sono riuscito a sapere nulla – disse Graham – ma mi hanno detto che un medico dovrebbe arrivare a momenti.
 
E così fu. Dopo pochi istanti furono raggiunti da un medico.
 
- Come sta? – chiese Emma saltando i preamboli.
- Vede signorina dal tracciato …
- Non mi addolcisca la pillola, dottore, mi dica come sta!
 
L’uomo chiuse la cartella clinica e guardò Emma dritto negli occhi.
 
- La buona notizia è che abbiamo fermato l’emorragia e che la ferita non ha toccato organi vitali, ma ha perso molto  sangue. Se supera la notte senza complicazioni, possiamo considerarlo fuori pericolo già da domani.
- È sveglio?  – chiese Emma
- Per il momento lo abbiamo sedato. È meglio che andiate a riposarvi qualche ora.
- Non se ne parla – disse Emma – io resto con lui. Dove si trova la sua stanza?
- Terza porta a destra del corridoio.
 
Emma oltrepassò la porta lasciando tutti gli altri dietro.

Quando entrò nella stanza, vedere Killian così fermo nel letto fu un vero colpo, lui che, invece, durante il sonno era solito muoversi più di lei. Avvicinò una sedia al letto e sistemò le coperte perché fosse ben coperto. I macchinari davano i parametri vitali dell’uomo stabili. Tutto sembrava tranquillo. Emma gli sistemò i capelli sulla fronte e si accorse che l’uomo aveva ancora al collo la collana da pirata. Sarà il mio portafortuna le aveva detto prima di uscire da quella cartoleria. Sperò davvero che fosse così.
 
- Stammi bene a sentire capitano. Non ti abbandonerò mai, capito? Quindi ora passeremo insieme questa dannata notte e poi ce ne torneremo a casa nostra, torneremo alla nostra quotidianità, alle nostre schermaglie, alla nostra passione. Perché quando ti sveglierai tornerai ad essere l’uomo che sei sempre stato: l’uomo che amo e che mi ama a sua volta.



ANGOLO DELL'AUTRICE:
Buongiornooooo!!! In attesa dei sub ecco a voi il terzultimo capitolo. So che mi starete odiando per quello che ha fatto Percival ... ha spiedinato il povero Hook ... ma non dovrebbe essere una cosa grave ... forse ... giuro che se superano questa non li torturo più. XD
Se la cosa può consolarvi avevo progettato di infierire un po' di più, ma poi ho pensato che mi avreste ucciso sul serio, quindi ho avuto la mano leggera ... XD
la buona notizia è che abbiamo preso anche Percival! 
Certo li ha colpito ora che erano insieme, ma il fiuto da detective di Graham potrebbe averli salvati ...
che dire ... io non sto più nella pelle ... sono curiosissima della puntata ...
Un bacione e a alla prossima settimana
Persefone

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Capitolo 28
*** XXVIII. Reckoning Day ***


 XXVIII. Reckoning Day
 
Emma si svegliò di soprassalto quando sentì qualcuno sfiorarle il braccio. I suoi occhi corsero immediatamente a Killian, sperando fosse lui. Ma l’uomo era ancora immobile nel letto. Poi si accorse della persona che le era affianco. David l’aveva raggiunta.
 
- David? – disse Emma sbadigliando – che ore sono?
- Sono quasi le tre.
- E siete rimasti fuori tutto questo tempo? Mary non può affaticarsi così! Ero così preoccupata per Killian che non sono uscita a dirvi nulla. Scusatemi.
- Ci ha pensato il medico di guardia. E Mary è a casa, tranquilla.
- E tu dovresti essere con lei. Se ci sono novità vi chiamo.
 
Solo in quel momento Emma notò una borsa accanto alla sua sedia.
 
- E quella? – gli chiese.
- Prima di riportare Mary a casa ci siamo fermati nel vostro appartamento. Sapeva che non ti saresti mossa di qui, così ti ha fatto una borsa con un cambio. Tra un paio di ore devi andare in tribunale.
- C’è ancora molto tempo, potevi venire con comodo.
- Lo so, ma non riuscivo a dormire, così ho deciso di fare quattro passi.  
 
David prese una sedia e si sedette accanto a Emma. Rimasero in silenzio per qualche minuto.
 
- Non hai la più pallida idea di quanto tu sia riuscita a cambiargli la vita – disse di getto.
 
Emma lo guardò esterrefatta.
 
- Dici? A me sembra di avergli portato solo che guai. Se è in questo letto di ospedale è colpa mia.
- Emma, è in questo letto d’ospedale perché ti ama da impazzire. Non avrebbe mai permesso a quel tizio di farti del male.
- Ma non doveva pagare questo prezzo – replicò Emma stringendo la mano di Killian.
- È lui che lo ha scelto. E tu devi abituarti all’idea di essere importante per qualcuno. E per lui sei molto importante. Io me lo ricordo bene che uomo era prima di conoscerti. Era barricato in se stesso, spaventato e il suo cuore era ben attento a non lasciarsi andare all’amore.
- Anche io mi sentivo così prima di incontrarlo. Ma credo che tra noi due, sia lui quello più coraggioso: non ha esitato un momento a palesare i suoi sentimenti mentre io ci ho messo una vita prima di ammettere i miei.
- È un testardo pirata cui piacciono le sfide. Adorava i tuoi silenzi, perché gli raccontavano di te molto meglio delle parole. Per la prima volta si è specchiato negli occhi di un’altra persona, lo hai fatto sentire parte di qualcosa. Per questo non ha mai smesso di credere in te, anche quando ti ha urlato contro di tutto. O forse sopratutto per quello
 
Emma abbassò la testa per sfiorare con le labbra la mano di Killian.
 
- Per me l’unica cosa che conta ora è che stia bene.
 
David la osservò un momento. E capì che era tempo per lui di andare.
 
- Ora vado, non voglio lasciare Mary troppo da sola.
- Stai tranquillo. Se ci sono novità vi chiamo.
- Ah Mary mi ha detto che nella borsa ha messo qualcosa per farti passare il tempo.
- Non so cosa voglia dire, ma grazie lo stesso.
 
Quando Emma rimase di nuovo sola aprì la borsa. Mary aveva pensato proprio a tutto. C’era un cambio d’abito più comodo e un vestito più serio per il processo. Già il processo. L’idea di lasciarlo solo proprio non le andava giù, ma sapeva anche che se Killian fosse stato sveglio le avrebbe detto di andare e non preoccuparsi peri lui.
Si chinò su di lui per posare un lieve bacio sulla sua fronte. Nel suo libro di favole sarebbe bastato questo a farlo tornare da lei, ma le regole del mondo vero erano ben diverse da quelle della Foresta Incantata. Avrebbe dato qualunque cosa per avere quel libro con lei in quel momento.
Quando tornò a sedersi, la borsa cadde a terra. Emma trasalì un momento e poi guardò ancora Killian. Neanche stavolta aveva mosso un muscolo. Si chinò a raccogliere la borsa e in quel momento notò che c’era ancora qualcosa dentro. La aprì per bene e vide il libro di fiabe. Sorrise: ecco a cosa aveva alluso David prima di andare via. Mary e la sua fiducia nella speranza: credeva davvero fosse la magia più potente di tutte.
 
- Dato che non ho più sonno – disse rivolgendosi a Killian – ti darebbe fastidio se leggessi un pochino? No? Va bene, ma se dovessi annoiarti dimmelo e smetto subito. Mi metto qui vicino a te.
 
Emma si sedette sul bordo del letto e aprì il libro. Fece scorrere le pagine fino al capitolo in cui Biancaneve e Il Principe Azzurro si erano incontrati per la prima volta.
 
- Adoro questa parte della storia …  “Mentre il principe rincorreva a cavallo il ladro nella foresta insidiosa, la promessa sposa, nel frattempo, metteva il broncio e si chiedeva … ma quando il principe vide Biancaneve non servirono parole per esprimere ciò che avevano nei loro cuori. Dunque fu lì, nella penombra del Troll Bridge che nacque il loro amore e lì capirono che se la vita li avesse separati avrebbero sempre …
- Trovato il modo di ritrovarsi a vicenda.
 
Fu appena un soffio, ma a Emma non sfuggì. Alzò immediatamente gli occhi e si ritrovò quelli azzurri di Killian piantati addosso.
 
-Non puoi proprio dire che non stavo ad ascoltarti! E non mi ha mai annoiato questa storia– le disse accennando un sorriso
 
Gli occhi di Emma si riempirono di lacrime.
 
- Killian! – disse gettandosi tra le sue braccia – sei tornato da me!
- Sempre, amore mio. Sempre.
 
Emma non ebbe il tempo di dire altro che nella stanza entrarono di corsa il medico e due infermieri.
 
- Bentornato signor Jones – disse il medico controllando i suoi riflessi.
- Signorina – continuò una delle infermiere rivolta ad Emma – la prego di attendere fuori. Le diremo noi quando potrà rientrare.
 
Emma guardò ancora Killian che con un cenno di assenso della testa la rassicurò a fare quello che l’infermiera aveva detto. Quando si ritrovò nel corridoio si sentì improvvisamente stanca ma allo stesso tempo sollevata. Barcollò un momento prima che un’altra infermiera l’aiutasse a sedersi.
 
- Si sente bene signorina?
- Mai stata meglio.
- Posso fare qualcosa per lei?
- Niente. Vado a prendere qualcosa da mangiare e starò bene.
- Le macchinette sono proprio oltre quella porta.
 
Emma la ringraziò e poi si diresse ai distributori. C’erano ancora due cose da fare: avvertire David e Graham che Killian era fuori pericolo.

Quando fu certa che le infermiere avevano finito, decise di rientrare nella stanza. Erano le cinque passate ormai. Killian era stato estubato e sembrava riposare tranquillamente. Emma tornò a sedersi accanto a lui e in quel momento si sentì afferrare la mano.
 
- Emma …
- Sono qui amore mio, ti ho svegliato?
- Affatto – rispose lentamente – tu stai bene?
- Adesso sì.
- Perché dici adesso? – replicò Killian cercando di tirarsi su – quel tizio è riuscito a ferirti?
- No – rispose Emma riadagiandolo sui cuscini – ma ora che ti sei svegliato è tutto a posto.
- Sapevo che questo ciondolo da pirata mi avrebbe portato fortuna. Vieni qui.
 
Killian allargò le braccia perché Emma si stendesse accanto a lui.
 
- Oggi è il giorno della deposizione, vero?
- Esatto. non affaticarti però.
- Era Percival l’uomo che ci ha aggredito? - continuò lui 
- Proprio lui. Fortunatamente Graham aveva messo due agenti sotto casa e lo hanno preso.
- La tua posizione ora dovrebbe essere chiara in tribunale.
- Lo spero.
- Perché non chiudi gli occhi per un’oretta? Sarai stanca anche tu.
 
Quando Killian si girò verso Emma la trovò già addormentata. Era il suo turno di riposare ora. La coprì con il lezuolo e poi chiuse anche lui gli occhi.
 
Alle otto in punto qualcuno bussò alla porta di Killian. Puntuali come orologi erano arrivati Graham per scortare Emma al processo e David per tenere compagnia a Killian fino al ritorno di Emma. I tre uomini stavano amabilmente chiacchierando quando Emma uscì dal bagno vestita di tutto punto.
 
- Sei pronta Emma? – chiese Graham
 - Assolutamente. Andiamo a mettere fine a tutta questa storia.
- Ora che sei qui, posso informarvi che abbiamo messo sotto torchio Percival e che, vedendosi alle strette, ha vuotato il sacco. Stanotte i miei uomini hanno fatto una visitina alla villa del ricco uomo d’affari soprannominato Arthur per accertamenti. Sarà una dura battaglia legale, ma la procura saprà assicurarlo alla giustizia. Per questo Emma la tua testimonianza è più importante che mai.
- Farò quello che devo fino in fondo.
 
La mano di Killian non aveva smesso di stringere quella di Emma per un solo momento.
 
- Allora io vado.
 
Baciò Killian sulla bocca. E lui sentì sulle labbra di lei un velo di tensione.
 
- Andrà tutto bene amore mio. Ti aspetto qui.
 

L’aula del tribunale era molto silenziosa. Emma stava aspettando il suo turno in una saletta attigua. Stava cercando di tenere sotto controllo la tensione e messaggiare con Killian l’aveva aiutata a rimanere calma. Poi uno degli addetti del tribunale le aveva chiesto di accomodarsi in aula per l’inizio del processo. Quando vide entrare Neal sentì la rabbia esploderle dentro. Quell’uomo aveva cercato non solo di distruggere la sua storia d’amore, ma era anche coinvolto nel ferimento dell’uomo di cui era innamorata. Si costrinse a non guardarlo. Dopo le formule preliminari, il processo fu aperto.
 
- Chiamo a testimoniare al banco per l’accusa la signorina Emma Swan.
 
Al suo nome calò il silenzio nell’aula. Emma si alzò lentamente e si diresse verso il banco per prestare giuramento. Con la coda dell’occhio vide Neal abbassare lo sguardo e per la prima volta.

Ripetere la sua storia davanti a quegli sconosciuti fu tutt’altro che semplice. La difesa aveva cercato di sminuire i sentimenti che l’avevano legata a Killian e per la prima e unica volta durante la deposizione, Emma perse un po’ della sua calma.
 
- Signorina Swan – chiese Agravaine – non le sembra di essere un po’ troppo accondiscendente nei confronti dell’amore? Io credo che lei si leghi agli uomini per convenienza. È stata con il mio assistito perché aveva una posizione e a quanto mi risulta il signor Jones è benestante.
- Obiezione vostro onore! Questo non ha a che fare con il processo.
- Accolta.
- Mi scusi – riprese Agravaine – quello che voglio dimostrare è che la testimonianza della tester potrebbe essere non così tanto attendibile.
- Falso vostro onore – replicò il procuratore – vuole solo screditarla 
- Avvocato – intervenne il giudice – ancora un altro intervento così e la ammonisco formalmente. E ora proseguiamo con l’interrogatorio.
 
Quando uscì dal palazzo di giustizia, Emma era stremata, ma molto più leggera. Il procuratore l’aveva rassicurata che la sua testimonianza era stata fondamentale e che aveva respinto alla grande le obiezioni della controparte. C’erano buone speranze che la corte accogliesse tutte le loro istanze di accusa.
 
- Complimenti signorina Swan. Non le rubo altro tempo, so che ha da fare – le disse il procuratore prima di salutarla.
- La ringrazio.
 
Fu raggiunta poco dopo da Graham.
 
- Ottimo lavoro Swan e credo che la tua deposizione basterà anche per il processo di Percival.
- Graham io davvero non so come ringraziarti per tutto.
- Smettila, e ora torniamo in ospedale o Killian mi ucciderà.
 

Era la sera di Halloween. Emma aveva parcheggiato il maggiolino nel vialetto davanti casa di Mary. Accanto a lei Killian rideva divertito per le battute di quello sciocco programma radiofonico.
 
- Sei sicuro di stare bene? – gli chiese preoccupata.
- Sì, stai tranquilla.
- Sei uscito due giorni fa dall’ospedale, forse dovevamo rimanere a casa.
- E perderci la festa? Neanche per sogno! E quando mi sarebbe capitato di rindossare questo costume e vedere te con questo bellissimo abito bianco?
 
Alla fine Killian era riuscito a convincere Emma a indossare un bianco vestito di tulle che ricordava molto il lago dei cigni. Naturalmente accanto a lui, vestito da pirata, splendeva ancora di più.
 
- Sei bellissima – le disse sistemandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio
 
Emma arrossì. Non era mai stata più felice e sperò che nulla avrebbe più stravolto quella felicità.
 
- La fasciatura è abbastanza stretta?
- Sì Emma, stai tranquilla.
- Il fatto è che non sono brava come Jane, l’infermiera dell’ospedale. A dir la verità, però, sono contenta che abbia smesso di metterti le mani addosso. Era così felice di occuparsi di te.
 
Killian rise di cuore e i punti della ferita tirarono leggermente, cosa che fece comparire una leggera smorfia sul suo viso.
 
- Ecco lo sapevo! – disse Emma preoccupata – è stata davvero una pessima idea! Ma perché ti ho dato retta?
 
Killian le afferrò la mano e fece in modo che le loro dita si intrecciassero saldamente.
 
- Smettila ora di preoccuparti e pensiamo solo a divertirci.
 
David e Mary avevano addobbato la casa con molte zucche e festoni. L’imminente parto di Mary aveva impedito loro di organizzare qualcosa di più articolato, ma avevano tutti voglia di festeggiare quel tanto agognato ritorno alla normalità. Il pancione di Mary era entrato nel nono mese e tutti aspettavano con impazienza la nascita della bambina. Per i loro costumi, i due avevano optato per una rivisitazione di una delle coppie più affiatate delle fiabe: Biancaneve e il principe azzurro. Dopo aver accolto calorosamente in casa Emma e Killian, si erano riuniti intorno al tavolo. C'era, però, ancora un posto vuoto.
 
- Stiamo aspettando qualcuno? – chiese Emma
- Sì – disse Mary – dovrebbe arrivare a momenti. Allora Emma raccontami della signora Leroy. Killian mi ha detto che ti ha placcata per circa un’ora per sapere che fine avevi fatto
- Lasciamo stare Mary, quella donna deve essere  un agente segreto sotto copertura! Ha voluto sapere tutto, fortuna che Killian è arrivato in mio aiuto e mi ha strappato alle sue grinfie!
 
Risero tutti calorosamente. Stavano alzando i bicchieri per brindare quando qualcuno bussò alla porta.
 
- Ecco il nostro ultimo ospite – disse David alzandosi per andare ad aprire.
 
Dopo pochi istanti fece ritorno in salotto seguito da Graham.
 
- Perfetto – constatò Mary – adesso ci siamo davvero tutti! Non è molto originale per te vestirti da poliziotto!
- Lo so Mary, ma vengo direttamente dalla centrale. Il giudice ha depositato la sentenza del processo proprio questo pomeriggio.
 
Nella stanza calò il silenzio e la mano di Emma corse subito a stringere quella di Killian.
 
- Non tenerci sulle spine, amico – intervenne quest’ultimo.
 
Il viso di Graham si allargò in un sorriso.
 
- Sono stati tutti condannati. Per Arthur si dovrà aprire un processo parallelo per traffico di opere d’arte in cui saranno imputati anche i Gold, Percival, che deve rispondere anche di aggressione e Agravine per favoreggiamento. Era lui che faceva da collegamento tra Arthur e Nel, anche quando quest'ultimo era in carcere.
 
Killian abbracciò stretta Emma.
 
- È finita amore mio, non devi temere più nulla da quella gente.
 
Emma di tutta risposta gli sfiorò dolcemente le labbra come per suggellare quell’affermazione.
 
- C’è di più – proseguì Graham – Emma è stata riconosciuta a tutti gli effetti come una vittima di tutta questa storia per cui il Giudice le ha riconosciuto un risarcimento per danni morali per il ricatto e un risarcimento per i nove mesi di carcere ingiustamente subiti.
- Davvero? – rispose Emma stupita
- Assolutamente.
- Bene – disse Mary – e ora mettiamoci a tavola.
 
La cena fu consumata nella più scoppiettante allegria che, però, ad un certo punto fu bruscamente interrotta da un lamento da parte di Mary. David le fu subito vicino.
 
- Respira profondamente – disse David facendola sedere – vado a prendere la macchina. Emma ti prego stalle vicino.
 
Emma si avvicinò immediatamente a una spaventata Mary.
 
- Stai bene?
- Credo proprio che la bambina stia per nascere. Aiutami a cambiarmi non posso presentarmi così in ospedale.
 
Mary fece per alzarsi, ma una nuova fitta di dolore la fece sedere. Emma la aiutò a non cadere.
 
- Temo che non ci sia tempo, Mary. Almeno sappiamo che la piccola ha ripreso da te la propensione alle favole, dato che vuole nascere così.
 
David tornò dopo pochi minuti. Con l’aiuto di Graham sollevò Mary per trasportarla in macchina. Emma e Killian li seguirono fuori e dopo in auto fino al pronto soccorso.

Quando gli infermieri li videro entrare conciati a quel modo non poterono trattenersi dal ridere, scatenando una più che ansiosa reazione di David. Mary era stata fatta sedere su una sedia a rotelle e trasferita in sala parto. Per gli altri c’era stata una lunga attesa sulle sedie della sala d’aspetto.

Eva Nolan nacque alle due e mezza del primo di novembre dopo ben quattro ore di travaglio. Al vetro del nido si erano accalcati tutti per dare il benvenuto alla nuova arrivata. Ma fu quando vide Killian con la bambina tra le braccia, il giorno dopo, che ad Emma  si strinse il cuore. Si scoprì ad amarlo più che mai e a desiderare di costruire qualcosa di davvero solido con lui.
 
- Tutto bene Swan? – le chiese Killian come furono dentro il loro appartamento.
- Sì, sono molto felice per Mary.
- Lo vedo.
- Sono giorni che vorrei dirti una cosa ma non ho mai trovato in momento adatto, quindi lo faccio ora. Stavo pensando di risegnarmi all’università e terminare il mio corso di studi con una parte dei soldi che mi hanno riconosciuto. Sarebbe un problema per te?
- E perché mai? Mi pare un’ottima idea!
 
Killian aveva notato gli opuscoli che Emma stava consultando in quei giorni, ma era stato discreto dal non forzarla a parlare.
 
- Se mi riconoscono gli esami passati dovrei metterci meno di un anno.
- Prenditi tutto il tempo necessario.
- Ovviamente continuerò a lavorare alla galleria.
- Hai in programma di segnarti il prossimo semestre?
- Sarebbe l’idea generale.
- Allora dobbiamo sbrigarci.
- A fare che?
- Voglio ristrutturare l’appartamento e anche quello di Liam.
- Cosa?
- Questa non è più solo casa mia, ma nostra. E non voglio che le cose qui possano farti pensare che io sia legato al mio passato. Abbiamo l’occasione di avere un nuovo inizio e voglio che lo sia davvero.
 - Oh Killian …
- Andremo a scegliere mobili nuovi per la nostra stanza, per la cucina per il salotto per tutto. Voglio costruire con te uno spazio che sia nostro. E poi voglio risistemare l’appartamento di Liam. Vorrei ricavare uno studio per me e uno per te e una stanza degli ospiti.
- Ma qui già ne abbiamo una.
- Be’ quella potrebbe servirci più avanti se decidessimo … sai … di …
 
Emma vide Killian arrossire vistosamente per la prima volta.
 
- Decidessimo cosa?
- Di smettere di prendere precauzioni e avere un bambino.
 
L’emozione spezzò il fiato di Emma.
 
- Vuoi avere dei figli da me? – chiese lei incredula.
- Sì, lo desidero tanto. Ovviamente – riprese Killian - questo non deve minimamente interferire con il tuo percorso di studi, avremo tempo per tutto qualora anche tu volessi. Che ne pensi?
 
Emma lo zittì con un bacio.

- Lo voglio Killian, più di ogni altra cosa.



ANGOLO DELL'AUTRICE:
Buongiorno a tutti e buon Ouat Day!
La mattina è iniziata ballerina, almeno qui da me a Roma e spero che a parte lo spavento stiate tutti bene.
Allora come avete visto Killian è vivo e vegeto e lotta insieme a noi! XD
Non si è fatto male alla fine ed Emma ha finalmente messo fine al capitolo più doloroso della sua vita. Alla fine sono stati presi tutti. Lo so, magari vi aspettavate qualche scena di azione, ma ho preferito mantenere il focus su Emma e Killian, sul loro ritrovato amore #romanticismoacannone.
Mi è sempre piaciuto il modo in cui Mary e David si sono riconosciuti nella prima serie e mi è sembrato carino riprenderlo qui anche per Emma e Killian.
Ci siamo, questo è il penultimo capitolo, quindi il prossimo sarà l'epilogo. Ho in mente molto fluff per questi due, in fondo se lo sono meritato e anche voi che non mi avete ucciso fin qui! XD
Grazie a tutti per letture, recensioni e inserimenti, davvero siete una forza!
Un bacio e alla prossima settimana ... se questa puntata Hook centrica non mi uccide
Vi abbraccio forte
Persefone

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Capitolo 29
*** XXIX. There’s No Place Like Home ***


XXIX. There’s No Place Like Home
 
La ristrutturazione dell’appartamento era durata più del previsto. Era stato soprattutto svuotare la loro casa quello che aveva richiesto più tempo e poi avevano dovuto modificare il corridoio che collegava i due appartamenti. A Killian era dispiaciuto non aver potuto aiutare Emma con gli scatoloni, ma lei era stata irremovibile. Solo quando il medico le aveva assicurato che la ferita era ormai guarita, si era convinta a lasciarsi aiutare.

Sebbene Killian non avesse mai parlato di soldi con lei, Emma aveva insistito per contribuire alle spese della ristrutturazione con quello che le era rimasto del risarcimento.
 
- Non serve – le aveva detto una sera a letto – ci penso io.
- No Killian – aveva replicato tirandosi su – se davvero vuoi che sia il nostro appartamento devo contribuire. E poi non saprei come spendere meglio questi soldi. Sono nati dalla sofferenza ed io voglio investirli in qualcosa che invece mi rende felice.

E così aveva ceduto.

Ora che i lavori erano finiti, era davvero soddisfatto. Avevano scelto insieme tutto: dalle tende ai mobili, alla tinta per le pareti agli scaffali per il suo studio di disegno. Emma aveva insistito per fornirlo delle migliori attrezzature da disegno e Killian si era premurato di farle trovare, nella stanza accanto, tutto quello che le sarebbe stato utile per i suoi studi. Ma quando aveva capito che non sarebbero riusciti a rimanere separati in quelle due stanze, Killian aveva richiamato la ditta di costruzioni per abbattere il muro divisorio e fare una parete a vetri. Emma era rimasta con un palmo di naso quando era tornata dalla galleria.
 
- E questo che significa?
- Che non hai più bisogno di studiare per terra per stare con me. Così potrai vedermi disegnare quando vuoi per distrarti un po’.
 
Emma lo aveva abbracciato forte.

- Sei incredibile!
- Lo so, e tu mi ami per questo!
 
Killian era intento a finire di preparare la tavola, mentre Emma era corsa alla scrivania per appuntarsi un’idea che le era venuta in testa per la sua tesi sulle fiabe. Era presissima e lui lo sapeva bene. Ma quella era una giornata particolare: la piccola Eva stava per compiere sei mesi ed era ora di inaugurare ufficialmente il nuovo appartamento. Per questo avevano invitato a pranzo Mary e David.
Prima di allontanarsi Emma si era raccomandata per il tacchino che aveva messo in forno.

- Tra un’ora se non sono ancora tornata, toglilo dal forno
- Ricevuto

E da quel momento Emma era rimasta a scrivere. Killian la immaginava sommersa dalle sue carte e dai suoi quaderni di appunti che erano tenuti in maniera scrupolosissima. Decise di andare a chiamarla quando il campanello della porta suonò. Dovevano essere sicuramente Mary e David. Andò ad aprire.
 
- Ciao Killian! – disse Mary con la piccola in braccio
- Ciao Mary! Eva amore di zio, come stai?
 
Killian prese la bimba in braccio e li fece accomodare in casa.
 
- Ah perfetto, io ormai non conto più nulla – disse David dopo aver chiuso il passeggino.
- David sei geloso per caso? Non pensavo tenessi così tanto a me. – rispose Killian
- Lo sai che non ti trovo poi così male.
- Eh lo so tendo a fare quell’effetto alle persone.
- Ok ora non esageriamo
 
Mary li guardò divertita.
 
- Perché Emma non è qui a godersi questa scenetta? – chiese
- Sta finendo di buttar giù qualche idea per l’ultimo capitolo della tesi. Arriva subito.
- Sta lavorando sodo eh?
- Già. E ancora mi chiedo come abbia fatto a destreggiarsi tra i lavori, la galleria e gli esami. Ho paura che si stressi troppo.
- Te lo ha detto lei?
- No, ma ieri sera ha avuto una crisi. Ci ho messo molto a calmarla. Stava dando di matto per le tavole che ho fatto apposta per lei. Era agitatissima che qualcuno potesse riprodurle senza il mio consenso. A un certo punto ha anche iniziato a piangere.
- Se sapessi che ci state provando, direi che quello aveva tutta l’aria di essere uno sbalzo ormonale.
 
L’osservazione fece trasalire Killian. Fortunatamente, però, Mary non ebbe il tempo di accorgersene perché Emma fece il suo ingresso in salotto.
 
- Ehi! Scusatemi! Killian vi ha fatto fare un giro? – chiese Emma prendendo in braccio Eva – che ve ne pare?
- È bellissima – rispose Mary entusiasta.
 
Killian osservò attentamente il corpo di Emma, possibile che Mary avesse ragione ed Emma avesse taciuto con lui una cosa del genere?
Quel pensiero lo aveva accompagnato per tutto il resto del giorno, ma solo quando si ritrovarono soli in cucina ebbe il coraggio di parlarle a viso aperto. Le si avvicinò per aiutarla a sistemare i piatti nella lavastoviglie. Non aveva smesso di osservarla per tutto il tempo, cosa che non sfuggì ad Emma.
 
- Perché mi guardi così?
- Niente di particolare, ma mi chiedevo se fosse tutto a posto. Sei un po’ strana in questi giorni.
 
Emma posò l’ultima stoviglia nell’elettrodomestico e abbassò lo sguardo. Sapeva che non poteva nascondere nulla a Killian. Poteva riuscire a mentire a tutti gli altri ma non a lui. Sapeva sempre quando c’era qualcosa in lei.
 
- Ho un ritardo.
 
Non lo avevano detto a nessuno che stavano provando ad avere un bambino già da un po’. La casa era ormai pronta, Mary era tornata a lavorare e la sua tesi era quasi finita. Non c’erano davvero motivi validi per rimandare ulteriormente quello che era un loro grosso desiderio. Un’altra cosa che nessuno sapeva era che quella frase era già stata pronunciata da Emma.
 
- Davvero? – chiese Killian emozionato – di quanto?
- Quasi due settimane
- È magnifico! Hai fatto il test?
- Non ancora – rispose lei abbassando lo sguardo.
- Perché?
- Lo sai.
- Emma il fatto che ci sia già successo una volta e che poi si sia rivelato un normale ritardo, non significa nulla. Lo ha detto anche il dottore che sono cose che succedono. E noi stiamo bene, niente ci impedisce di avere figli.
- Me ne rendo conto, ma ti ricordi quanto è stata forte la delusione la volta scorsa? E se fosse di nuovo solo stress?
 
Killian l’abbracciò.
 
- Se sarà ancora solo stress, vuol dire che dovrò impegnarmi di più per farti rilassare.
 
Emma accennò un sorriso.
 
- Domani – riprese Killian – come prima cosa andiamo a compare il test e ci leviamo ogni dubbio.
 
E in quel momento Emma capì che non avrebbe sopportato una lunga notte di attesa. Si staccò da lui e lo portò verso la loro stanza.
 
- Perché siamo qui?
 
Emma tirò fuori dalla cassettiera un test di gravidanza.
 
- Lo avevi già comprato?
- Sì, ieri pomeriggio ma non ho ancora trovato il coraggio di farlo.
 
Killian la baciò dolcemente sulla fronte.

- Ascolta, qualunque sia il risultato io sarò qui con te. Sempre.
- D’accordo. Allora leviamocelo ora questo dubbio. Non dovrei metterci più di tre minuti.

Emma era entrata in bagno e da quel momento il cuore di Killian aveva iniziato a battere all’impazzata. Poi, ad un certo punto, sentì Emma muoversi e la porta aprirsi. Se la ritrovò davanti con gli occhi spalancati e il test ancora umido in mano.
 
- È positivo – gli disse con un filo di voce.
- Davvero?
- Sì, Killian. Le linee rosa sono due. Aspettiamo un bambino.
 

Il giorno che si recarono a fare la prima ecografia erano molto emozionati. Ma questa volta lo erano ancora di più: avrebbero finalmente saputo il sesso del nascituro. Erano ormai avvezzi alla routine di quelle visite. Emma che si accomodava sul lettino della ginecologa, il rumore dei macchinari, la tensione, il freddo del gel sulla pancia. Emma aveva sempre voluto la sua mano come conforto. Stavolta, però, le loro dita intrecciate tradirono un filo di nervosismo in più.
 
- Emma – disse la ginecologa sedendosi davanti al monitor – come andiamo?
- Abbastanza bene. Le nausee si stanno attenuando per fortuna
- Mi raccomando il peso.
- Non si preoccupi, ora come ora non è un problema mi creda.
 
La dottoressa posò il sonar sulla pancia di Emma ed iniziò la visita.
 
- Allora, ecco la testa, le braccia, il cuoricino … sentite come batte?
 
Killian aumentò la stretta sulla mano di Emma. Non era mai stato così emozionato in vita sua.
 
- È una locomotiva! – riprese la dottoressa – fin qui tutto a posto. Ora scendo, se non volete sapere il sesso, ditemelo ora.
- Siamo pronti, dottoressa ci dica tutto.
- Allora – disse lei proseguendo – ecco le gambe. È girato bene, vediamo se riesco a capire con chi stiamo parlando.
 
Ci fu un attimo di silenzio.
 
- Date il benvenuto a un bel maschietto! Avete già pensato a come chiamarlo?
- Liam – rispose Emma prontamente lasciando Killian esterrefatto.
 
Quando la dottoressa li lasciò soli, Killian si portò alle labbra la mano di Emma.
 
- Grazie, amore, ma abbiamo tutto il tempo.
- Per cosa?
- Il nome del bambino.
- Sei contrario? – chiese lei preoccupata – mi sembrava il nome più adatto.
- Certo che non sono contrario, ma non voglio impormi.
- Credo che Liam Jones suoni troppo bene per pensare a qualcos’altro.
 
Killian l’abbracciò.
 
- Va bene, andiamo ora.
 
Quei nove mesi passarono velocemente. I primi otto a dir la verità, perché il nono a Emma sembrò infinito. La stanza del piccolo era ormai pronta, il fasciatoio era pieno di pannolini, asciugamani, tutine, borotalco in crema. Anche discutere la tesi con il pancione era stato dolce. Killian amava dire che il piccolo Liam aveva già finito gli studi ancor prima di nascere.
Da quando aspettavano il bambino, Killian aveva addirittura riscoperto il suo amore per la fotografia. Aveva ricominciato per gioco e poi aveva continuato, incoraggiato da Emma che nonostante la sua iniziale ritrosia, si lasciava fotografare senza problemi. E sulla libreria non potevano mancare tutte quelle foto. Avevano addirittura iniziato a fare degli album che raccoglievano gli scatti migliori, alternati a schizzi appositamente disegnati per il bambino. Avevano così raccontato come si erano conosciuti, perché il piccolo sapesse come la sua mamma e il suo papà si erano incontrati e innamorati. Accanto alla culla c’era anche il libro rosso di fiabe ed Emma si era immaginata lei o Killian o entrambi seduti a leggere storie al bambino per farlo addormentare.Ormai passava la maggior parte del tempo facendo scale per cercare di accelerare l’apertura del parto. E Killian era stato un compagno amorevole e affettuoso, sempre pronto a viziarla ma anche a spronarla se necessario. Questo aveva regalato loro una straordinaria serenità nel vivere quel momento.

Per questo quando lo svegliò in piena notte, piuttosto agitata, Killian credette di essere ancora dentro ad un sogno. Ma come aveva letto un velo di panico negli occhi di Emma, era tornato lucido.
 
- Che succede amore?
- Credo che il bambino stia per nascere. Ahi!
 
Killian ricordava bene come era andata con Mary e sapeva cosa fare. Si vestì in fretta ed aiutò Emma ad alzarsi.
 
- Ho paura, se dovesse succedere qualcosa al piccolo?
- Andrà tutto bene Emma, stai tranquilla.
- Ti prego non lasciarmi sola dentro. Voglio solo te.
- Sarò con te tutto il tempo, non ti lascerò un momento, lo prometto.
 
Il tragitto in ospedale era sembrato eterno. Killian aveva avuto appena il tempo di avvertire David e Graham prima di raggiungere Emma in sala travaglio. Un’infermiera gli diede un camice da indossare e solo un pronto aiuto di David, giunto nel frattempo, gli aveva impedito di legarsi come un salame.
 
- David che devo fare dentro? – gli chiese prima di oltrepassare la porta della corsia – tu ci sei passato prima di me.
- Stalle vicino. E preparati, non sarà una passeggiata neanche per te. E soprattutto dì addio alle dita per almeno un paio di ore!
 
Nel corridoio, Killian sentiva solo i lamenti di Emma. Quando entrò nella stanza la vide già in camice, i lunghi capelli sudati e che chiedeva ad un infermiera se potevano chiamarlo.
 
- Sono qui tesoro – le disse avvicinandosi
- Dammi la mano ti prego.
 
Emma iniziò a stringere con tutte le sue forze e lui capì a cosa aveva alluso David.
 
Passarono le successive due ore così. Nonostante il dolore, nonostante le strette, Killian non si era mosso dal suo posto neanche per un istante. Avrebbe voluto volentieri farsi carico di una parte di quel dolore che Emma stava affrontando da sola.
Poi la ginecologa e l’ostetrica iniziarono a parlare fitto tra loro.
 
- Emma ci siamo quasi – la incoraggiò la dottoressa.
- Non ce la faccio più.
- Ma sì che ce la fai! Respira ora, ci siamo quasi. Stai andando alla grande.
 
Emma cercò gli occhi di Killian perché la rassicurassero.
 
- Coraggio amore mio, l’ultimo sforzo. Stai andando benissimo.
- E tu che ne sai? Hai mai partorito prima?
- No … ma …
- Appunto! Non credo di poter reggere ancora un’altra fitta.
- Io sono convinto di sì. La mia Emma è fortissima, sei straordinaria. Ce la possiamo fare.
 
E poi arrivò la nuova fitta.
 
- Bene Emma – disse la dottoressa – una bella spinta ora! Spingi!
 
E facendo appello alle sue ultime forze, Emma spinse più forte che poté. Improvvisamente il dolore cessò di colpo e lei ricadde sul lettino esausta, con la mano di Killian ad accarezzarle la fronte madida di sudore. Dopo un attimo di silenzio si sentì il fragoroso vagito di un neonato.
 
- Eccolo qui, vi presento il piccolo Liam  - disse la dottoressa avvolgendo il piccolo in un telo.
- Come sta? – chiese Emma
- Benissimo, guarda tu stessa.
 
La dottoressa le poggiò sul seno quel piccolo fagottino.
 
- Ciao Liam, sono Emma, la tua mamma. Benvenuto piccolo mio.
 
Il bambino alzò il visino prima verso sua madre e poi verso suo padre. Emma fece lo stesso e si ritrovò vicino un Killian completamente ammutolito dall’emozione e con gli occhi pieni di lacrime.
 
- Prendilo Killian, prendilo in braccio.
- Eh?
- Andiamo, sei il suo papà, prendilo in braccio.
 
Emma sistemò il piccolo nelle braccia del padre e rimase a guardarli.
 
- Ciao giovanotto, io sono il tuo papà.
 
E fu con quella tenera immagine negli occhi di suo figlio e del suo uomo che Emma cedette alla stanchezza.
 
Killian aveva un enorme mazzo di fiori in mano e stava percorrendo il corridoio dell’ospedale. Finalmente quel giorno Emma e Liam avrebbero potuto lasciare l’ospedale. Mary aveva insistito per organizzare una piccola festicciola di benvenuto e li stava aspettando a casa. Killian, invece, non faceva altro che pensare a quando sarebbero stati soli, a quando finalmente li avrebbe riavuti di nuovo tra le braccia, come la prima notte in ospedale, quando aveva dormito nel letto con Emma e la culla del piccolo lì vicino, pronto per essere allattato. Alla faccia delle notti in bianco. Aveva già predisposto tutto nella loro stanza perché accogliesse il piccolino e le sue necessità.
La porta della stanza era socchiusa. Vide Emma dentro, pronta, con Liam in braccio mentre stava cercando di calmarlo. Lo stava cullando dolcemente nella copertina che lui aveva comprato il giorno prima. Credendo di essere ancora sola, Emma esternò ad alta voce i suoi pensieri.
 
- Se un anno e mezzo fa mi avessero detto che sarei riuscita a fare tutto questo, li avrei presi per pazzi. Ma ne è davvero valsa la pena: ho te, tuo padre e una famiglia che mi vuole bene e a cui voglio bene. Sono davvero felice ora, non potrei chiedere di meglio. Siete voi il mio lieto fine.
 
Killian sentì una fitta al cuore. Finalmente era riuscito ad abbattere quei muri una volta per tutte. E in quella stanza c’era il suo di lieto fine. Alla fine se lo era guadagnato anche lui. In quel momento decise di farsi avanti. Bussò.
 
- Avanti
 
Entrò un raggiante porgendo i fiori ad Emma.
 
- Buongiorno – le disse sfiorandole le labbra.
- Buongiorno! Grazie dei fiori.
- Sei pronta? Scommetto che Liam non vede l’ora di entrare nella sua nuova stanza.
- Prontissima – disse Emma preoccupandosi di coprire bene Liam e poi scivolare giù dal letto.
- Piano Emma, ti prego, hai ancora i punti.
- Non preoccuparti.
- Fammi prendere Liam, lo porto io in macchina.
 
Emma passò il bambino a Killian e si strinse al suo braccio felice.
 
- Direi che siamo davvero pronti. È ora di tornare a casa.
 
Ne avevano passate tante in quell’anno e mezzo, ma sapevano di aver costruito qualcosa di davvero importante e robusto. Nonostante l’amore, non sarebbero di certo mancate le discussioni o le divergenze, ma le relazioni sono fatte anche di questo. E tutto si può affrontare se si è insieme. Questa lezione l’avevano imparata entrambi.Si avviarono con passo spedito verso l’uscita.
Erano davvero impazienti di tornare al loro appartamento, perché, in fin dei conti, nessun posto è come Casa.  


ANGOLO DELL'AUTRICE:
Grazie,
è la prima parola che mi viene in mente. Davvero. 
Per la pazienza di aver letto fin qui
Per il non avermi ucciso strada facendo con tutto quell'angst
Per non aver mai mollato questa storia
Per avermi fatto sempre sapere cosa ne pensavate e cosa poteva essere migliorato
Per le letture, le recensioni e gli inserimenti
per l'entusiasmo
Nei miei piani originali non doveva essere così lunga questa ff ma l'appetito viene scrivendo e così mi sono lasciata andare un po' la mano. Chi ha letto altre storie saprà che per me Killian sarà padre di una bambina prima o poi. E allora, Persefine, perchè qui è diventato un maschietto? Semplice: mi piaceva rispettare il sesso delle primogeniture originali. Mary ha avuto una femmina ed Emma, invece, un maschietto.
Personalmente mi sono divertita molto a scrivere questa ff e da molto tempo avevo in progetto di cimentarmi con una AU. Questo mi ha permesso di prendermi molte più libertà su personaggi e vicende. Non so di preciso quando tornerò a pubblicare qualcosa, sinceramente. Ho qualche idea in mente ma mi voglio prendere un po' di tempo per riordinare le idee.
bene Ciancio alle Bande XD la prima parte di stagione è nel vivo ed io non vedo l'ora di vedere cosa hanno in serbo per noi.
Un bacione e ci leggiamo in giro
Con immenso affetto
Persefone

 

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