Continuare a vivere

di Crystal25396
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Continuare a vivere ***
Capitolo 2: *** Un bianco Natale ***
Capitolo 3: *** Appuntamento ***



Capitolo 1
*** Continuare a vivere ***


RATING: Verde
GENERE: Introspettivo, Sentimentale
NOTE: Nessuna
AVVERTIMENTI: Nessuno
PERSONAGGI: Ai Haibara/Shiho Miyano, Mitsuhiko Tsuburaya, Shinichi Kudo/Conan Edogawa
TRAMA: L’antidoto per l’APTX4869 è pronto ed è giunto il momento di tornare alla vecchia vita.
Purtroppo, però, Mitsuhiko ascolta involontariamente una conversazione fra Ai, Conan e il dottor Agasa, scoprendo così tutta la verità sui suoi due amici. Come reagirà alla notizia? E come si comporterà davanti alla persona per cui da tempo ha iniziato a provare dei forti sentimenti?













 

CONTINUARE A VIVERE
 







Sono uno stupido.
Me lo ripeto ormai da giorni, senza stancarmi.
Sono uno stupido.
Mi sono innamorato della ragazza sbagliata e ora sento un dolore terribile al cuore. Ho anche perso l'appetito.
Sono un vero stupido.
Probabilmente la cosa migliore da fare sarebbe dimenticarla, ma non ci riesco. Vorrei farlo, vorrei poter ricominciare da capo, come se niente fosse accaduto. Ma è più forte di me, non ce la faccio.
Mi chiedo cosa possa pensare di me dopo quello che è successo. Probabilmente mi odierà.
No, forse no.
Sono quasi sicuro che stia ridendo di me. Perché sono un bambino, un moccioso ai suoi occhi. Un piccolo ficcanaso che ha origliato una conversazione fra lei, il dottor Agasa e Conan. Sempre che possa chiamarlo ancora così. Forse anche lui si sta prendendo beffe di me. Lo hanno fatto entrambi. E io che mi fidavo di loro. Pensavo di conoscerli, invece mi sbagliavo. Io non sapevo niente di loro.
Niente.
Quando si sono accorti che avevo ascoltato tutta la loro conversazione, sono scappato via. Non sono più uscito di casa da quella volta. I miei genitori e mia sorella credono che io sia malato. In realtà sto bene fisicamente, ma dentro sono a pezzi.
Ayumi e Genta sono venuti a trovarmi ieri dopo scuola. Hanno provato a chiedermi come sto e a tirarmi su di morale, ma non ci sono riusciti.
Ad Ai e Conan, invece, non ho nemmeno aperto la porta. Non ho voluto vederli, ne tantomeno parlare con loro, in particolar modo con Ai.
Ho bisogno di stare da solo e di pensare.
Mi sento tradito.
Mi sento a pezzi.
Mi sento preso in giro da uno dei miei migliori amici e dalla persona di cui mi sono innamorato. Perché adesso non so più cosa pensare di loro.
Ho riflettuto a lungo sulle parole che si sono detti. Faccio ancora fatica a crederci. E' tutto così irreale, mi sembra di essere finito in un film. Però ha un senso. E' come se fosse la formula risolutiva di un puzzle. Adesso molte cose mi sono più chiare e finalmente riesco a rispondere a tutte quelle domande che mi ero posto in passato e a cui non ero mai riuscito a dare una risposta. Domande e ipotesi che mi ero fatto tante volte, ma che alla fine avevo sempre scacciato dalla mia mente perché troppo assurde.
Invece, ciò che pensavo non era tutto completamente sbagliato.
Conan non è un bambino. Non è un semplice studente delle elementari appassionato di gialli e dal quoziente intellettivo molto alto. Lui è un liceale, il ragazzo che Ran ha aspettato senza sapere che in realtà non l'ha mai lasciata. Il detective del liceo Teitan, lo Sherlock Holmes del terzo millennio. Ecco perché sa così tante cose. Ecco perché parla come un adulto. Ecco perché usa un modulatore di voce a forma di farfallino. Ecco perché tiene così tanto a Ran e cerca di ignorare i sentimenti di Ayumi. Perché lui è Shinichi Kudo.
E non è l'unico. Perché anche Ai non è come noi. Non è una bambina che ama comportarsi da adulta. Lei lo è proprio. Lei è una ragazza, molto più grande di me. Una scienziata, da quel che ho capito.
E' la ragazza di cui mi sono innamorato, che mi ha conquistato con la sua grinta, la sua forza, i suoi sorrisi così rari ma belli da mozzare il fiato e l'alone di mistero che l'ha sempre circondata, fin dalla prima volta che l'ho vista.
E adesso mi ha spezzato il cuore. Perché io sono un bambino e lei è una donna.
Non si potrà mai innamorare di uno come me.
 
-Mitsuhiko! C'è Ran che è venuta a trovarti con un suo amico!
 
La voce della mamma mi arriva alle orecchie destandomi dai miei pensieri.
Ran.
Lei non sa niente. Chissà come si comporterebbe se fosse nei miei panni. Potrei chiederglielo. In fondo, lei potrebbe capirmi, anche se la sua situazione è opposta alla mia. Ma non ho intenzione di svelarle la verità. La farei solo soffrire e capendo ciò che si prova, non voglio che ciò accada.
 
Sento bussare alla porta della mia stanza e una voce femminile dire:
-Mitsuhiko, sono io, Ran. Sono venuta a vedere come stai. Sai, credo di capire cosa stai passando. Ti manca Conan, vero?
 
A queste parole mi alzo dal letto su cui sono seduto e mi avvicino alla porta. Voglio sentire quello che ha da dire.
 
«Sai, manca tanto anche a me» continua lei quando sente che mi sono appoggiato con la schiena alla porta.
«Per me era come un fratellino e anche se sono passati solo tre giorni da quando ha raggiunto i suoi genitori in America, non c'è un solo momento in cui io non pensi a lui. Però devi capire che bisogna andare avanti. I tuoi amici sono in pensiero e lo sono anche io, perché mi sono affezionato a tutti voi della squadra dei Giovani Detective. Mi dispiace vederti così giù. Vorrei poter fare qualcosa. Ti va di parlare?»
 
Non rispondo subito alla domanda. Mi prendo qualche secondo per rielaborare ciò che ha detto. Come mi aspettavo, Conan non le ha detto niente. Sa la stessa cosa che sanno anche a scuola: Conan è tornato in America dai suoi genitori. Crede che io stia male per questo, ma non è così. Conan non se n'è andato. Non veramente. E' tornato ad essere quello che era una volta. Un liceale. E' tornato ad essere Shinichi Kudo.
 
«Mitsuhiko?» mi richiama lei. Sento che poggia una mano sulla porta, come per farmi sentire che mi è vicina.
 
«No.» dico senza nemmeno accorgermene.
«Scusa Ran, ma non mi va di parlare.»
 
La sento allontanare la mano dalla porta e parlare a bassa voce con qualcuno. Poi dei passi che scendono le scale. Ran deve essere tornata al piano di sotto. Mi dispiace di averla trattata in modo brusco, ma non avrei saputo come comportarmi davanti a lei.
 
«Mitsuhiko... Sono io.»
Non è Ran che parla. E' un ragazzo. Mi sembra di aver già sentito quella voce e riesco ad intuire facilmente di chi si tratti. Dallo strusciare sulla porta, capisco che si è messo nella mia stessa posizione: seduto per terra con la schiena poggiata alla porta.
 
«Conan?» chiedo per avere conferma.
«Si, sono io.» mi risponde dopo una breve pausa.
«Anche se immagino che ora il tuo nome sia Shinichi Kudo.» replico con un tono di amarezza mal celato nella voce.
«Già...» conferma lui.
 
Rimaniamo in silenzio ancora per un po'. Ran ha ragione, inizio a sentire il bisogno di parlare con qualcuno. Ma non con una persona qualsiasi. Ci sono due persone con cui ho bisogno di sfogarmi e di ascoltare ciò che hanno da dire. Una di queste due persone è Conan.
 
Mi alzo in piedi e apro la porta.
Avevo visto Shinichi solo un paio di volte, ma era esattamente come lo ricordavo. La copia esatta di un Conan adolescente senza occhiali. Come avevamo fatto tutti noi a non notare la somiglianza? I capelli tagliati nello stesso identico modo, gli stessi occhi colorati di un blu acceso, l'espressione esattamente uguale a quella che prima apparteneva ad un bambino di 7 anni.
 
Shinichi mi guarda fisso, senza dire una parola, aspettando che sia io a fare la prima mossa. Lo faccio entrare e richiudo subito la porta. Vado a sedermi sul letto e lui sulla sedia della mia scrivania, ponendola esattamente davanti a me.
Nessuno dei due parla. Io non so' che dire. L'avevo fatto entrare perché sentivo il bisogno di parlargli, ma ora non ho idea di come comportarmi. Non so cosa dire e lui pare essere nella mia stessa situazione. Entrambi senza parole, ma con una valanga di domande, risposte, dubbi e confessioni che vorticano nella nostra testa.
Mi decido ad alzare lo sguardo che prima avevo tenuto fisso sulle miei mani che si stavano torturando già da cinque minuti, e lo fisso su Conan.
Devo rompere il ghiaccio. Non l'ho fatto entrare per poterlo guardare e rimanere in silenzio.
 
«E'… Strano.» esordisco con voce tremante.
«Fa uno strano effetto sapere che sei sempre tu.»
 
Lo vedo accennare un sorriso.
«E' strano anche per me parlare liberamente con te, ora che ho recuperato il mio vero aspetto. Specialmente perché adesso sai tutta la verità.» dice.
 
Passa qualche altro secondo di silenzio, poi ricomincia a parlare.
«Chiedi pure.»
«Cosa?» domando sorpreso da quell'affermazione.
«Quello che vuoi. Immagino avrai tante domande da farmi.» risponde.
 
E' vero, ne ho moltissime da fare, ma ora non so che cosa dire. Le domande sono talmente tante che in questo momento non me ne viene in mente nessuna. Nella mia testa sono tutte sottosopra. Intrecciate e accavallate fra di loro. Devo riflettere. Andare per gradi. So che posso farcela.
 
«Sai, ci ho pensato molto in questi tre giorni. Devo esserti sembrato molto patetico. In fondo sono solo un ragazzino paragonato a te. Lo siamo tutti: io, Genta e Ayumi.» inizio a dire. Lo vedo aprire la bocca per replicare, ma riprendo subito la parola, non lasciandogli il tempo di parlare.
«Però... Forse questo è stato in particolare all'inizio. E' tanto tempo che sei uno di noi e conosco molto bene Conan. Lui ci vuole bene, siamo i suoi amici e non ci abbandonerebbe mai. Per nessun motivo. Quindi la mia prima domanda è questa: Shinichi e Conan sono molto diversi tra loro? Non mentirmi però.»
 
«Non avrei motivo di mentire.» afferma con quello sguardo serio e determinato che ormai ho imparato a conoscere.
«E' vero, all'inizio vi consideravo una palla al piede, dei bambini curiosi con l'innata capacita di cacciarsi nei guai. Ma poi vi ho conosciuti bene. Mi avete accettato nel vostro gruppo. Puoi immaginare quanto sia stato difficile per me far finta di essere un bambino, dover continuamente recitare con tutti. Eppure con voi tre ho scoperto di non esserne capace. Riuscivo ad essere me stesso. Quindi no. A differenza di altri, voi Giovani Detective avete conosciuto il vero me stesso.»
 
«Tornerai mai ad essere Conan?» chiedo di getto.
«No.» risponde senza mezzi termini.
Una stretta al cuore. Fa male. Cerco di trattenere le lacrime. Non voglio piangere, non davanti a lui.
«Quindi ti dimenticherai di noi?» domando con voce roca.
«Questo mai. Non potrei mai farlo. Resterò con voi, solo con un corpo e un nome diverso.»
 
Tiro su rumorosamente il naso. Ho gli occhi lucidi, ma sono riuscito a trattenere le lacrime. Faccio un respiro profondo, per cercare di calmarmi e finalmente pongo una domanda che mi frulla per la testa da quando abbiamo iniziato a parlare, ma che non ho ancora avuto il coraggio di porre.
 
«Lei chi è veramente?»
Conan mi guarda inizialmente spaesato, ma subito riesce a capire a chi mi sto riferendo.
«Il suo vero nome è Shiho Miyano. E' una scienziata.»
«Ha già preso quel farmaco che vi restituisce il vostro corpo o volete aspettare qualche giorno per non destare sospetti a scuola?» chiedo.
«Nessuna delle due cose.»
 
Spalanco gli occhi. Credo di aver capito male, ma lo sguardo di Conan mi dice che invece ho capito benissimo.
«Cosa significa?» domando confuso come non mai.
Conan mi sorride comprensivo.
«Significa che non prenderà l'antidoto dell'APTX4869, il farmaco che ci ha trasformati in due bambini.»
 
Non riesco a stare fermo e salto giù dal letto, avvicinandomi a passi lenti verso Conan. Mi fermo quando ormai siamo a pochi centimetri di distanza l'uno dall'altro.
«Cosa vuoi dire... Perché non lo prenderà?
«Dovresti chiederlo direttamente a lei.» mi risponde incrociando le braccia al petto.
«Non voglio parlarle.» sussurro abbassando la testa.
 
Fra di noi torna il silenzio.
No, non voglio vederla. Non ancora. Non me la sento, non ce la faccio.
 
«Ora posso fartela io una domanda?» mi sento domandare. Annuisco con la testa.
«Perché sei scappato dopo aver ascoltato la conversazione fra me, Ai e il dottor Agasa?
Mi stringo nelle spalle. Non ci avevo mai pensato. Perché ero scappato? Sarebbe stato più logico rimanere e farmi spiegare tutto. Invece no, quando il dottor Agasa aveva aperto la porta e gli occhi di tutti e tre, terrorizzati, si erano puntati su di me, ero scappato.
«Non lo so...» ammetto.
«Come non lo sai?» dice con un tono di voce sorpreso che mi fa improvvisamente saltare i nervi.
«Ho detto che non lo so, va bene!? Dimmelo tu, visto che sei un detective!» gli urlo in faccia senza controllarmi.
 
«E' successo qualcosa fra te e Ai, giusto?» afferma con calma. Quelle parole mi provocano un brivido dietro la schiena. Rivedo improvvisamente i suoi occhi spaventati che mi fissano. Erano quelli che avevano più di tutti attirato la mia attenzione. Quelli che mi avevano spinto a correre via.
 
«Credo che tra te e Ai sia successo qualcosa, qualcosa che già di suo ti fa sentire imbarazzato, ma che sommato a quanto hai scoperto, ti mette talmente a disagio che non hai il coraggio di guardarla negli occhi. Ho ragione?»
Non rispondo alla domanda, ma il rossore che invade il mio volto parla da se.
«Cos'è successo fra voi?» chiede poggiando i gomiti sulle gambe e allungandosi in avanti.
«Non ci arrivi?»dico sentendomi avvampare ancora di più.
«Per quanto sia bravo nelle deduzione, dal punto di vista sentimentale sono molto più imbranato di quanto sembri.» mi spiega con un tono che non riesce a celare una nota di disapprovazione. Conan odia ammettere le sue debolezze. Deve aver fatto uno sforzo enorme per dirmi quella piccola frase.
 
«E' successo una settimana fa.» dico con il cuore che batte all'impazzata. Sento che potrebbe uscirmi dal petto da un momento all'altro.
«Eravamo entrambi i responsabili della classe quel giorno, quindi eravamo da soli.» continuo a raccontare.
«Era qualche giorno che pensavo di dirglielo, così mi sono fatto coraggio e lungo la strada di ritorno, quando ci stavamo per separare... Ecco, io… Mi sono dichiarato.»
 
Silenzio. Conan mi guarda allibito e io sento le guance andarmi a fuoco.
Lo vedo mettersi più comodo sulla sedia, poggiare una mano sotto il mento e chiudere gli occhi, esattamente come quando sta riflettendo sulla risoluzione di un caso.
«Ora è tutto chiaro.» dice dopo un po' aprendo gli occhi ed alzandosi in piedi.
«Chiaro cosa?» chiedo curioso.
«Avevo ragione prima. Dovresti parlare con lei.» afferma con convinzione.
«Ma sei matto? Morirei di vergogna ancor prima di parlare!» esclamo.
«Lei non ti ha risposto, vero?» chiede cercando conferma.
«No. Ha abbassato lo sguardo e se n'è andata. Non mi ha detto più niente e da allora mi ha ignorato.» rispondo ricordando la sua figura che si allontana dandomi le spalle.
«Se la mia deduzione è corretta, devi andare da lei e parlarle. No Mitsuhiko, le mie labbra sono cucite.» mi anticipa intuendo la domanda che sto per porgli.
«Vai da lei e parlate. Sia dei tuoi sentimenti, sia del perché non vuole prendere l'antidoto. Sono sicura che è esattamente questo che lei sta aspettando.»
 
Mi ha convinto. Senza pensarci su due volte mi tolgo il pigiama e mi infilo il primo paio di pantaloni e la prima maglietta che mi capita. Conan ha ragione. Devo parlare con lei, chiarire la situazione. Non posso continuare a rimandare, o ci starei male ancora di più.
 
Apro la porta e scendiamo di corsa le scale.
«Mitsuhiko!» esclama mia madre appena mi vede.
«Scusa mamma, devo uscire un attimo.» le dico guardandola serio.
Vedo Ran avvicinarsi a Conan. Lui le dice qualcosa all'orecchio e sul suo volto si dipinge uno sguardo prima intenerito e poi determinato.
«Non si preoccupi signora. Ci pensiamo noi a riaccompagnarlo a casa.» afferma rassicurando mia madre. Poi mi prende per mano e seguiti a ruota da Conan, usciamo di casa e iniziamo a correre verso la casa del dottor Agasa.
 
Corro a per di fiato, fiancheggiato da Ran e Shinichi, entrambi con un sorriso sul volto. Ma sono troppo occupato a correre il più veloce possibile per preoccuparmene. Ci vogliono dieci minuti, ma alla fine arriviamo davanti la casa dove abita.
Voglio parlarle ora, prima che cambi di nuovo idea. Mi scambio uno sguardo d’intesa con Conan, che non perde tempo e suona il campanello.
 
«Shinichi! Ran! Mitsuhiko! Che ci fate qui?» esclama sorpreso il dottor Agasa facendoci entrare. Quando la porta viene chiusa alle mie spalle, Ai entra nel salotto.
In quel momento, tutto attorno  a me svanisce. Le gambe iniziano a tremarmi e le mie convinzioni a cedere.
Lei mi guarda con quegli occhi che non fanno trapelare la minima emozione. Occhi azzurri. Occhi in cui solo ora noto una luce molto più adulta e matura per appartenere ad una semplice bambina di otto anni.
Mi accorgo che Conan e Ran hanno trascinato via il dottor Agasa, lasciandoci soli, solo quando lei mi invita a sedermi sul divano accanto a lei.
Sento le guance tingersi nuovamente di rosso, ma nonostante le gambe tremanti faccio come mi ha detto.
 
«Da dove vuoi cominciare?» chiede lei guardandomi come se niente fosse. La invidio. Io non riesco a staccare gli occhi dalle mie scarpe. Vorrei poter celare i miei sentimenti e le mie emozioni come lei, ma è più difficile di quando immaginassi.
«Conan mi ha detto che non vuoi prendere l’antidoto per tornare normale.» inizio col dire.
«Si, è vero.» mi conferma.
«Posso sapere il perché?» domando alzando leggermente lo sguardo.
Ai ci mette qualche secondo prima di rispondere.
«La mia vita non è stata esattamente il massimo che uno possa desiderare. I miei genitori sono morti quando ero piccola, mia sorella maggiore è stata uccisa e io costretta a studiare e lavorare per un’organizzazione che non ci ha pensato su due volte prima di rinchiudermi in una cella, mentre discutevano sulla mia sorte. Sono cresciuta senza l’affetto di nessuno se non quello di mia sorella. E non ho mai avuto degli amici. Da quando sono diventata Ai Haibara, però, le cose sono cambiate. Il dottor Agasa mi ha accolta in casa sua e adesso è come un padre per me. Sono andata a scuola e mi sono fatta degli amici. Mi sono divertita, ho vissuto tante piccole avventure e finalmente ho iniziato a vedere il mondo a colori. Sai Mitsuhiko, quando la tua vita è priva di emozioni e sentimenti, se non quello dell’odio e dell’invidia, tutto ti appare grigio. Vivere o morire non fa alcuna differenza. Voi Giovani Detective, il dottor Agasa, Ran, la signorina Kobayashi, Sonoko, i nostri compagni di classe, tutti voi mi avete fatta sentire amata. Ho iniziato a vivere dal momento in cui Shiho Miyano ha lasciato spazio ad Ai Haibara. Anche se adesso non corro più alcun pericolo e gli uomini che mi cercavano sono stati annientati, non ho intenzione di tornare adulta. Voglio continuare a vivere questa vita come sto facendo adesso e ricominciare da capo. Voglio continuare ad essere Ai Haibara.»
 
Durante il suo discorso, noto una luce nuova nei suoi occhi, una luce mai vista prima. Occhi che brillano di felicità, di speranza. Non immaginavo che la sua vita fosse stata tanto difficile, ascoltare anche se brevemente la sua storia mi ha fatto capire quanto quella ragazza sia forte. Me ne sono innamorato ancora di più.
La guardo ammirato, letteralmente a bocca aperta. Lei mi sorride. Un sorriso vero, puro, sincero.
 
«Quindi non tornerai adulta?» chiedo conferma, perché in verità ancora non ci credo. Sembra troppo bello per essere vero.
«No, Mitsuhiko.»
«E rimarrai con noi? Con me, Genta e Ayumi?»
«Si, esatto.»
 
Non riesco più a trattenermi a quelle parole. La vista mi si appanna e sento le guance bagnarsi. Sto piangendo. I singhiozzi si fanno sempre più forti. Provo ad asciugarmi gli occhi con la manica della maglia, ma non c’è niente da fare, perché appena le asciugo queste si ribagnano subito. Non c’è verso di fermare i singhiozzi e le lacrime. Le ho trattenute troppo a lungo in questi ultimi giorni e ora ho bisogna di sfogarmi.
«Ai…» dico tra un singhiozzo e un altro mentre tento di asciugare le lacrime con il dorso della mano.
«Che c’è?» chiede lei, che nel frattempo ha continuato a guardarmi con uno sguardo così dolce da farmi esplodere il cuore.
«Posso… Posso abbracciati?»
 
Lei non mi risponde, ma si limita ad allargare le braccia e stringermi forte, mentre io mi lascio completamente andare, ricambiando l’abbraccio e affondando il viso sulla sua spalla. Tra un singhiozzo e l’altro continuo a pronunciare il suo nome, come se il solo dirlo mi infondesse coraggio. Perché lei è il mio primo vero amore, una delle mie migliori amiche, e perché non ci lascerà. Continuerà a stare con noi, ad essere la nostra Ai.
 
Quando le lacrime smettono finalmente di scendere e riesco a calmare i singhiozzi, io e Ai sciogliamo quel lungo e confortevole abbraccio.
Ha gli occhi lucidi. Credo di averla fatta commuovere.
Rimaniamo in un silenzio imbarazzante per qualche minuto. Io sono ancora scosso da piccoli singulti e ho gli occhi tutti arrossati.
Ai fruga nella sua tasca e tira fuori un fazzoletto che mi porge. Lo prendo e mi soffio il naso. Ne avevo bisogno. Ora sto meglio.
Faccio per alzare lo sguardo per mostrarle che sto meglio e che ora i miei sorrisi sono più tranquilli, ma qualcosa di morbido mi tocca l’estremità dell’occhio, dove una lacrima era rimasta attaccata alle ciglia.
E’ Ai. Mi sta dando un bacio.
Non riesco a muovermi, paralizzato dalla sorpresa. Quando il suo viso si allontana dal mio, la vedo sorridere dolcemente, mentre il mio volto è tornato nuovamente ad infuocarsi.
 
«Siamo ancora troppo piccoli per essere fidanzati.» dice improvvisamente, cogliendomi totalmente di sorpresa. Si alza dal divano lasciandomi di sasso e dirigendosi verso la scala che porta alla sua stanza. Prima di salire i gradini, però, si volta nuovamente verso di me, prendendo nuovamente parola:
«Per il momento vorrei che rimanessimo amici, proprio come lo siamo stati fino ad ora. Fra qualche anno, però, se ciò che provi per me sarà ancora vivo, accetterò volentieri di diventare la tua ragazza, perché credo che io stia cominciando ad innamorarmi di te.»

 
 
 



***
Angolo dell’autrice.
Questa fic è il risultato di un’ispirazione che mi è venuta un fine settimana, mentre sarei dovuta essere con la testa china sul libro di chimica e non a soddisfare la mia sete di scrittura davanti al PC.
Spero che la storia sia piaciuta. Ho sempre amato la coppia Ai x Mitsuhiko, anche se non sempre viene ben vista dai fan, ma io la trovo davvero bella. Tra l’altro non ne ho trovata nemmeno una su di loro, quindi spero di essere stata all’altezza delle aspettative di chi ama questa coppia come me.
Prima che me lo diciate, voglio specificare che Mitsuhiko continua a chiamare Shinichi “Conan” perché è abituato e non riesce ancora a riferirsi a lui con il suo vero nome. Mettetevi nei suoi panni: già uno dei vostri migliori amici è diventato improvvisamente un diciassettenne, non vi suonerebbe ancora più strano chiamarlo con un altro nome?
E poi sono curiosa di sapere cosa ne pensate della scelta su Sherry, del fatto che abbia deciso di continuare a vivere come Ai Haibara.
Spero di poter leggere qualche recensione. Nel frattempo, io torno a studiare. Ciao!
 
-Crystal-

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Capitolo 2
*** Un bianco Natale ***




RATING: Verde
GENERE: Introspettivo, Sentimentale, Triste
NOTE: Nessuna
AVVERTIMENTI: Nessuno
PERSONAGGI: Ai Haibara/Shiho Miyano, Mitsuhiko Tsuburaya, Nuovo Personaggio
TRAMA: L'Organizzazione è stata sconfitta e mentre Shinichi, tornato adulto, si è poi sposato con Ran, Ai ha diciso di non prendere l'antidoto. Sono passati 10 anni da allora, ma dimenticare i tempi in cui rispondeva ancora al nome di Shiho non è facile, specialmente a Natale. Per fortuna c'è qualcuno che non ha la minima intenzione di lasciarla sola.


PRIMA CLASSIFICATA AL CONTEST DI NATALE 2015 INDETTO DALLA PAGINA FACEBOOK "I 999 MOTIVI PER ADORARE KAITO KUROBA".










 
UN BIANCO NATALE
 
 
 
 
 
 
 
Quella mattina, quando il sole era sorto accarezzando con i suoi tiepidi raggi la città di Tokyo, gli abitanti si erano risvegliati avvolti da una candida coltre di neve.
Ne era caduta moltissima, non si assisteva ad una nevicata del genere da undici anni, secondo i notiziari. Molte scuole ed uffici erano rimasti chiusi e i bambini si erano riversati nelle strade dei loro quartieri, organizzando battaglie a palle di neve o realizzando buffi e stravaganti pupazzi di neve, coinvolgendo molto spesso anche ragazzi più grandi.
 
Seduta su di un’altalena, Ai si dondolava lentamente, osservando i volti sorridenti dei bambini che giocavano.
Quando era piccola, quando rispondeva ancora al nome di Shiho, non aveva mai avuto modo di divertirsi così.
In America non aveva amici, era sempre stata da sola. Tutti la temevano e la allontanavano. Perfino i professori, nonostante fossero sbalorditi dalle sue capacità, provavano un senso di timore nei suoi confronti. All’età di 10 anni, quando gli altri bambini giocavano e si divertivano, lei era chiusa nella sua stanza a studiare libri che perfino un professore universitario avrebbe trovato complicati. Si era laureata in Chimica con il massimo dei voti a 13 anni e l’Organizzazione l’aveva subito messa a lavorare nella divisione droghe come scienziata altamente qualificata. Aveva continuato la sperimentazione e il perfezionamento dell’APTX4869 per ben cinque anni.
Per il divertimento non c’era mai stato tempo.
 
Una folata di vento gelido la fece rabbrividire e con la mano si sistemò la sciarpa, affondandovi il volto arrossato per il freddo.
 
Aveva ripreso, molto debolmente, a nevicare e i bambini nel parco erano se possibile, ancora più euforici di prima.
Non riusciva a capire cosa ci trovassero di così bello nella neve. Lei l’aveva sempre trovata fredda e malinconica. Ogni volta le infondeva una gran tristezza.
Perché neve significava Natale e, per lei, Natale significava solitudine.
In America il Natale era molto più sentito che in Giappone - dove aveva solo un significato commerciale che non religioso. Lì le strade e le case erano sempre addobbate a festa. I vari cori dei quartieri passeggiavano nelle vie più affollate intonando canti natalizi e grossi omoni vestiti di rosso con una folta e palese barba finta erano disseminati un po’ ovunque, agitando in aria una piccola campana e distribuendo auguri a destra e a manca.
E poi c’era sempre un gran trambusto. Tutti indaffarati per gli acquisti degli ultimi regali di Natale o riversati nei supermercati o nei negozi di alimenti, intenti a spendere il meglio possibile per un cenone in famiglia con i fiocchi.
Cosa poteva mai trovarci di bello nel Natale lei, che una famiglia non l’aveva più? Certo, aveva sua sorella, ma lei era in Giappone, a condurre una vita tutto sommato normale, circondata da amici e con un ragazzo che amava disperatamente. La sentiva di rado e ancora più sporadicamente avevano modo di incontrarsi.
Il Natale per lei era un giorno come gli altri, in cui le persone erano solamente ancora più fastidiose del solito.
 
Fece per darsi una spinta in avanti, ma la mente la riportò alla realtà quando sentì le catene dell’altalena bloccate e la neve che non le ricadeva più sul volto.
Alzò lo sguardo e si ritrovò a fissare gli occhi sorridenti di Mitsuhiko, che la osservavano dolcemente. Con una mano teneva bloccata una delle catene dell’altalena e con l’altra teneva sollevato un ombrello azzurro, di modo che potesse coprire entrambi dalla neve, che continuava incessantemente a cadere.
 
«Ciao» la salutò, gli occhi ancora incatenati ai suoi. «Che ci fai qui fuori al freddo?»
«Niente di particolare. Stavo pensando.» le rispose lei abbassando la testa.
«E tu?» gli domandò poi, continuando a fissare un punto non ben definito davanti a sé.
«Ti cercavo. Conan ha bisogno del nostro aiuto.»
«Conan?» ripeté Ai voltandosi e notando solo in quel momento un bambino di circa tre anni aggrappato ai pantaloni del ragazzo. Era avvolto in un cappotto grigio e la testa fasciata da un cappellino di lana, che metteva in risalto i suoi grandi occhi azzurri.
«E tu cosa ci fai qui?» domandò rivolta al bambino, che fece un passino avanti, rimanendo però fortemente aggrappato a Mitsuhiko.
«Ti ceccavo.» ripeté lui a bassa voce. «Mitsuhiko ha promesso di accompagnammi a compare un regalo per mamma e papà, però…» disse lasciando la frase in sospeso.
«Però non sai cosa regalare a tuo padre, ho indovinato?» completò la frase Ai con un sospiro.
«Tu sei quella che lo conosce meglio, Ai.» intervenne Mitsuhiko poggiando una mano sulla testolina del piccolo Conan. «Forse tu puoi aiutarlo più di me.»
«Non saprei…» disse Ai guardando pensierosa il bambino.
«Ti prego, zia Ai!» lo implorò il bambino abbracciandole di slancio le gambe e lanciandole uno sguardo supplichevole.
Era impossibile dire di no, a quel punto.
«E va bene, ti aiuterò.» si arrese alzandosi dall’altalena a prendendolo per mano «Shinichi stravede per te, qualsiasi cosa gli regalerai lo renderà felice. Potremmo iniziare dal negozio di articoli sportivi e poi passare in libreria, che ne dici?»
«Sì!» esultò il bambino iniziando a correre, trascinando Ai verso la strada che conduceva ai negozi.
 
Da lontano Mitsuhiko, li osservò allontanarsi, sorridendo soddisfatto. Aveva fatto bene a portare il piccolo Conan da Ai, quel bambino riusciva sempre a sollevarle il morale. Per quanto continuasse a negarlo, era palese che Ai fosse molto affezionata al figlio di Shinichi e Ran, era sempre pronta a farsi in quattro per aiutarlo e quella volta non avrebbe certo fatto eccezione.
E poi era certo che starle vicino in quel periodo dell’anno e distrarla un po’ le avrebbe fatto solo che bene. Aveva notato come Ai fosse sempre molto solitaria nel periodo di Natale e da quando, dieci anni prima,  aveva scoperto la sua storia, non era stato molto difficile intuire il perché.
Si era ripromesso che le sarebbe rimasto accanto e che non l’avrebbe mai lasciata sola, specialmente a Natale.
Ciò che desiderava di più era questo: vederla sorridere e farla sentire amata.
 
«Muoviti Mitsuhiko, o ti lasciamo qui!»
«Arrivo!» gridò chiudendo l’ombrello e raggiungendoli di corsa.
E preso per mano il piccolo Conan, i tre si allontanarono chiacchierando, mentre la neve aveva ormai smesso di cadere sulla città.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
***
Angolo dell’Autrice
In questo periodo di crisi per me (e spero che questo non abbia influito troppo sulla scrittura, sia come forma che come linguaggio e grammatica), sono comunque riuscita a scrivere questa breve storiella sulla mia coppia preferita, sfruttando come scusa e come stimolo un contest di Natale.
(E a questo proposito... Prima questa storia non faceva parte di una raccolta, l'ho aggiunta qui - come avevo scritto nelle note - solo a contest finito, cancellando quella pubblicata singolarmente, in modo da avere più ordine fra le storie.)

Passiamo ai chiarimenti sulla storia.
Parlando di tempo, ho posto che da quando l'Organizzazione è stata eliminata sono passati 10 anni e dall'arrivo di Ai a questo fatto ne è passato uno. Facendo due conti veloci, abbiamo che dall'arrivo di Ai sono passati 11 anni, quindi in questa storia lei ha 19 anni e Mitsuhiko 18. E se ve lo state chiedendo, il fatto che "non si assisteva ad una nevicata del genere da undici anni" non è un caso ;)
Il Conan che compare nella storia, invece, come avrete capito, è il figlio di Shinichi e Ran.
Bene, a parte questo non saprei che altro dire...
Spero che la storia sia piaciuta :)
A presto e Buon Natale Anno a tutti!
 
-Crystal-

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Capitolo 3
*** Appuntamento ***


RATING: Verde
GENERE: Romantico, Fluff
NOTE: Nessuna
AVVERTIMENTI: Nessuno
PERSONAGGI: Ai Haibara/Shiho Miyano, Mitsuhiko Tsuburaya
TRAMA: L’organizzazione è stata annientata e a differenza di Shinichi, Shiho da deciso di continuare a vivere come Ai. Mitsuhiko si è dichiarato ad Ai e ha scoperto tutta la verità pochi giorni prima che ciò accadesse, senza poi ricevere una vera risposta da parte di Ai. Sono passati sette anni da quel giorno e Mitsuhiko ha deciso che è giunto il momento di farsi di nuovo avanti.

 
 
 
 
 






 
APPUNTAMENTO
 
 

 
 
Mitsuhiko sollevò per l’ennesima volta lo sguardo verso il grande orologio che troneggiava in cima al campanile della scuola media, accorgendosi che dall’ultima volta che aveva controllato erano passati solo 42 secondi. E lui era in anticipo di più di 30 minuti.
Fece un respiro profondo e si poggiò una mano tremante sul petto.
Cavoli, quello non poteva essere un cuore… Era molto più simile ad un tamburo! Lo sentiva perfettamente, aveva l’impressione che dovesse uscirgli dal petto da un momento all’altro. Non ricordava di essersi mai sentito così agitato. Aveva lo stomaco in subbuglio, la gola secca, le mani tremanti e le guance che sembrava dovessero prendergli fuoco da un momento all’altro.
 
Diede un altro sguardo all’orologio e deglutì a vuoto.
Venti minuti. Ancora venti minuti e lei l’avrebbe raggiunto. Sarebbero stati assieme. Da soli.
Non che fosse la prima volta, ma era sempre stato diverso. Quello era il loro primo appuntamento. Certo, non stavano insieme, ma quando due persone escono da sole per la prima volta significa che c’è la volontà di trasformare l’amicizia in qualcosa di più. Giusto?
Quel giorno non sarebbe riuscito a guardarla come faceva sempre. E’ vero, si era accorto di provare qualcosa per lei già da tempo, ma in quella circostanza… Era tutto assolutamente diverso. Senza contare che lei sapeva benissimo quello che lui provava: non solo era palese, ma glie lo aveva anche detto esplicitamente anni prima.
E in tutto ciò, lei aveva accettato di uscire con lui. Ecco, questo cambiava tutto.
 
«Ciao.»
Una voce femminile a lui ben nota lo fece sobbalzare improvvisamente.
«A-Ai!» disse voltandosi di scatto, mentre la ragazza davanti a lui lo fissava con un’alzata di sopracciglio.
«Scusa, è molto che aspetti?» domandò lei.
«Ma no, figurati, sono appena arrivato.» rispose portandosi nervosamente una mano dietro la nuca.
Ai lo fissò con un’aria non molto convinta, sospirando poi divertita.
«Bene allora. Andiamo?»
 
Mitsuhiko annuì silenziosamente e dopo essersi affiancato ad Ai si diressero verso il quartiere commerciale. Mentre camminavano nessuno dei due disse una sola parola e Mitsuhiko non resistette dal posare lo sguardo sulla ragazza. A prima vista, chiunque avrebbe detto che Ai era rimasta sempre uguale in quegli anni e in effetti non era cambiata poi molto da quando l’aveva vista per la prima volta, sette anni prima. Eppure a lui sembrava sempre più bella.
 
«Perché mi guardi così?» domandò Ai notando gli occhi del ragazzo fissi su di lei.
«Cosa? Ah, niente, scusa…» rispose subito arrossendo violentemente e spostando l’attenzione sulle sue scarpe. Ma che diavolo stava facendo? Si stava rendendo ridicolo.
 
«Mitsuhiko, non c’è bisogno che tu sia così agitato.»
«Agitato io? Ma certo che no, cosa vai a pensare?» le disse ridacchiando.
«E’ già la seconda volta che mi menti.» gli fece notare con tono lapidario, come era suo solito fare.
«Come?»
«Prima. Non eri appena arrivato, non sei mai andato via. Sei rimasto ad aspettarmi da quando sono finite le lezioni, non ti sei mai allontanato. E fanno due ore di attesa.»
«Ecco, io…»
«Ascoltami. Capisco che tu sia un po’ nervoso, ma vorrei che fossi il solito Mitsuhiko. Perché non provi a vedere tutto non come un appuntamento, ma un’uscita fra amici? Potrebbe aiutarti a rilassarti e-»
«Non se ne parla.» la interruppe bruscamente fissandola con sguardo deciso. Il tono che aveva usato aveva fatto voltare Ai sorpresa. Non aveva urlato, ma aveva pronunciato quelle parole con voce ferma e sicura. Che fine aveva fatto il timido ragazzino di quattordici anni di poco prima? Possibile che solo con quella semplice frase fosse riuscito ad apparirle non più come un ragazzino, ma come un giovane uomo?
«Non voglio che questa sia un’uscita tra amici.» continuò.
«Neanche io, ma-» Ai si fermò improvvisamente, accorgendosi troppo tardi di quello che aveva appena pronunciato.
 
«Che cosa hai detto?» domandò Mitsuhiko sorpreso, un barlume di speranza negli occhi.
«Niente, non ho detto niente. Andiamo dai.» disse voltandosi e riprendendo a camminare a passo spedito.
«Non è vero, ti ho sentita. Ripeti quello che hai detto!» le urlò dietro.
«Non ho detto niente!»
«Bugiarda!» la stuzzicò nuovamente raggiungendola di cosa, un sorriso stampato sulle labbra.
Camminavano continuando a stuzzicarsi scherzosamente a vicenda, senza neanche accorgersi che tutta la tensione prima sovrana, era ora svanita.
 
Pochi minuti dopo arrivarono davanti all’ingresso della pista di pattinaggio. Quando c’erano stati la prima volta con Ayumi e Genta, Mitsuhiko aveva notato che Ai si era divertita come non mai. Al solito, lei aveva nascosto la cosa dietro l’inespressività e l’apparente espressione priva di emozioni, ma ad un occhio attento come il suo non erano sfuggiti i rari sorrisi che si erano fatti spazio sul suo volto. Portarla lì era stata l’idea migliore che potesse avere, si sarebbe senza dubbio divertita.
Vi fu solo un piccolissimo particolare che si rese conto troppo tardi di non aver considerato: il suo rapporto con il pattinaggio era più o meno lo stesso che Genta aveva con la dieta.
Era una frana totale.
 
«Potevamo anche andare da un’altra parte, se non sai pattinare.» disse Ai aiutando Mitsuhiko a rialzarsi dopo che era finito a gambe all’aria per la quinta volta in meno di due minuti.
«Assolutamente no. Qui va benissimo, devo solo capire cosa c’è che non va con questi cosi.» rispose aggrappandosi al corrimano del bordo pista e facendo un cenno con il capo ai suoi piedi.
«Non c’è niente che non va nei tuoi pattini, sei solo troppo teso, ecco tutto.»
«Per te è facile. Sei davvero troppo brava.»
«Non esagerare, ci sono persone molto più brave di me in pista. Ora lasciati andare e prova a tenerti in equilibrio.»
Con un po’ di timore, Mitsuhiko lasciò la presa, ma appena cercò di avanzare, non riuscì più a controllare le proprie gambe e in un attimo si ritrovò – di nuovo – con il sedere per terra.
«Ti pareva…» borbottò massaggiandosi il posteriore dolorante.
«Perché non torni in pista? Io sarò lì seduto a guardarti.» provò a suggerire. Se continuava così si sarebbe messo solo ancor più nel ridicolo.
«Neanche per sogno.»rispose Ai con tono autoritario.
«Siamo ad un appuntamento, ricordi? Dobbiamo fare qualcosa assieme.» continuò porgendogli la mano. Mitsuhiko la afferrò per tirarsi su, ma subito dopo sentì il proprio cuore fare una piccola capriola, quando si accorse che no, lei non aveva alcuna intenzione di lasciare la presa.
 
Lei lo fissò soddisfatta, continuando a tenergli la mano.
«Vedi? Ora riesci a stare in equilibrio. Adesso ricorda, non muoverti come se dovessi camminare. Prova invece ad immaginare di dover strusciare i piedi su un pavimento lucido, come se volessi scivolare.» disse affiancandolo e stringendogli con più forza la mano ogni qual volta che lo sentiva sbilanciarsi. Senza rendersene conto, Mitsuhiko acquistò sempre più scioltezza e anche quando riuscì a curvare, lei non lasciò mai la sua mano. Continuarono a pattinare assieme, chiacchierando del più e del meno. Mitsuhiko riuscì perfino a strapparle qualche piccola risata quando, dopo aver messo male il piede, cadde a terra portando con se Ai.
Il tempo sembrò volare e solo per caso si accorsero che l’ora di cena si stava avvicinando e che era arrivato il momento di tornare a casa.
 
«Mi spiace che non siamo riusciti a fare nient’altro. Avevo pensato di andare in un altro paio di posti, ma alla fine abbiamo passato tutto il tempo sulla pista da pattinaggio.» stava dicendo Mitsuhiko, le mani nelle tasche per proteggerle dal freddo autunnale che con il calar della sera si iniziava ad avvertire.
«Non importa. Sono stata bene.» rispose Ai senza scomporsi troppo. Nonostante avesse imparato a lasciarsi andare, aveva sempre un po’ di timore nel mostrare troppo apertamente i propri sentimenti e stati d’animo.
«Sul serio?» chiese lui speranzoso.
«Sul serio. Mi piacerebbe tornarci un giorno. Con te.»
«Sul serio?»
«Sì Mitsuhiko.» rispose lasciandosi scappare un piccolo sorriso «Sul serio.»
Incredibile fu la felicità che riempì il cuore del ragazzo. Era andata bene. Avevano passato un bel pomeriggio, solo loro due, e Ai aveva perfino ammesso di essersi divertita. Non poteva sperare in qualcosa di più bello, si sentiva talmente felice che credeva di poter toccare il cielo alzando solo un dito.
Accompagnò Ai fino a casa e quando fu il momento di salutarsi si scoprì nuovamente un po’ a disagio.
«Grazie Mitsuhiko» gli disse «E’ stato bello.»
«Mi fa piacere.» le rispose con un sorriso. Non gli erano sfuggiti quegli angoli della bocca leggermente alzati.
«Allora ci vediamo domani a scuola?» le chiese, non ottenendo però alcuna risposta. Ai lo fissava immobile, i profondi occhi azzurri fissi sui suoi.
Che aveva fatto adesso?
Quello sguardo lo metteva a disagio, che doveva fare? Cosa voleva che facesse? Non riusciva a capire.
«Ehm… Perché mi fissi così?»
 
La vide rilassarsi e ridacchiare sotto i baffi.
«Non importa.» disse con uno sguardo che Mitsuhiko non seppe ben identificare. Era… Dolcezza quella che leggeva nei suoi occhi?
«Faccio io» gli disse.
E da quelle parole fu un attimo. Un attimo che Mitsuhiko visse come al rallentatore, senza riuscire a muoversi.
 
Ai si avvicinò, gli poggiò le mani sul petto e in punta di piedi toccò le sue labbra con le proprie.
Fu un semplice e casto bacio.
Talmente rapido, che Mitsuhiko a stento si rese conto di quello che stava succedendo.
 
«A domani» disse poi, staccandosi da lui ed entrando in casa.
 
Mitsuhiko rimase per qualche istante - anche se lui avrebbe giurato che fossero dei giorni – fermo sempre nello stesso punto, senza muovere un muscolo. Quando finalmente si decise a sbattere le palpebre, abbassò lo sguardo e terra e portò una mano al volto, le dita a sfiorargli le labbra.
Lo aveva baciato.
Ai lo aveva baciato.
Non era stato un sogno, era successo davvero. Aveva sentito il lieve tocco delle sue labbra, il suo respiro sul volto, il suo profumo che gli inebriava i sensi…
 
Sollevando lo sguardo, Mitsuhiko si voltò di scatto e si diresse verso casa, correndo fra le strade di Beika, un sorriso ad illuminargli il volto.
 
Era successo davvero, non l’aveva immaginato.
 
Sentiva il cuore talmente ricolmo di gioia, che credeva sarebbe potuto esplodere da un momento all’altro.
Sfrecciava lungo le vie incurante degli sguardi curiosi dei passanti. Sentiva il bisogno di correre, correre più che poteva. Il perché non lo sapeva nemmeno lui.
 
Quella notte, Mitsuhiko sognò di nuovo quella pista di pattinaggio. E sognò di essere di nuovo lì, con lei, mentre volteggiavano felici. Mano nella mano.

 
 
 






 
 
***
Angolo dell’autrice.
E’ davvero un sacco di tempo che non pubblico qualcosa su EFP, l’università mi ha tenuta occupata e spero che questo lungo periodo in cui sono stata ferma non abbia influito troppo negativamente sul mio stile di scrittura.
Sentivo il bisogno di infischiarmene un attimo dello studio e di scrivere qualcosa e questo è quello che ne è venuto fuori. Un’altra shot sulla coppia AixMitsuhiko (a cui credo sia venuto il momento di dare un nome. Che ne dite di MitsuAi?), perché continuo a pensare che sia un’ingiustizia che non venga quasi mai presa in considerazione.
Passando alla storia…
Sono stata indecisa fino all’ultimo se inserire o no quel bacio, ma ad un certo punto nella mia mente la scena aveva preso vita… E alla fine le mie dita sono andate da sole :p
A parte questo non so davvero che altro dire.
Spero davvero che la storia non faccia troppo schifo. Come ho già detto, sono un po’ fuori allenamento.
Alla prossima!
(Sì, perché ho intenzione di sfornare altre storie su questa coppia, preparatevi u.u)
 
-Crystal-

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