Unbreakable - Respirare Non Basta Per Vivere di Rebecca_Daniels (/viewuser.php?uid=309374)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 20th August 2013 ***
Capitolo 2: *** 21th August 2013 ***
Capitolo 3: *** 22nd August 2013 ***
Capitolo 4: *** 23rd August 2013 ***
Capitolo 5: *** 24th August 2013 ***
Capitolo 6: *** 25th August 2013 ***
Capitolo 7: *** 26th August 2013 ***
Capitolo 8: *** 29th August 2013 ***
Capitolo 9: *** 1st/3rd/6th September 2013 ***
Capitolo 10: *** 7th September 2013 ***
Capitolo 11: *** 8th September 2013 ***
Capitolo 12: *** 9th September 2013 ***
Capitolo 13: *** 10th September 2013 ***
Capitolo 14: *** 11th September 2013 ***
Capitolo 15: *** 22nd September 2013 ***
Capitolo 16: *** 23rd September 2013 ***
Capitolo 17: *** 29th September - 2nd/10th October 2013 ***
Capitolo 18: *** 15th/16th/24th October 2013 ***
Capitolo 19: *** 25th October 2013 ***
Capitolo 20: *** 26th/29th October 2013 ***
Capitolo 21: *** 31st October 2013 ***
Capitolo 22: *** 1st November 2013 ***
Capitolo 23: *** 2nd November 2013 ***
Capitolo 24: *** 5th November 2013 ***
Capitolo 25: *** 12th November 2013 ***
Capitolo 26: *** 25th December 2013 ***
Capitolo 27: *** 10th January 2014 ***
Capitolo 28: *** 11th/20th January 2014 ***
Capitolo 29: *** 23rd/29th January 2014 ***
Capitolo 30: *** 30th/31st January 2014 ***
Capitolo 31: *** 3rd/25th/27th February 2014 ***
Capitolo 32: *** 10th/15th March 2014 ***
Capitolo 33: *** 18th/20th March 2014 ***
Capitolo 34: *** 22nd March 2014 ***
Capitolo 35: *** 23rd March 2014 ***
Capitolo 36: *** 24th March 2014 ***
Capitolo 37: *** 27th March 2014 ***
Capitolo 38: *** 28th March 2014 ***
Capitolo 39: *** 31st March 2014 ***
Capitolo 40: *** 22nd April 2014 ***
Capitolo 1 *** 20th August 2013 ***
20th August 2013
Non sapeva ancora come fosse riuscita a trascinare Mia a
quella premiére. La gente era assiepata davanti le transenne
dell'Empire Cinema di Londra come se fosse in attesa per una svendita
dell'ultimo modello di I-phone e Leicester Square sembrava un campo di
battaglia durante il fatidico momento dell'assedio: pugni che volavano,
gomitate sulle costole che arrivavano da ogni dove, insulti rivolti
persino ai cugini di quarto grado e richiami ancestrali lanciati a
decibel illegali. Senza contare gli odori emanati da quelli che, per
ottenere un posto anche solo vagamente decente, avevano dovuto
campeggiare sotto il poco amichevole clima londinese per tre giorni e
tre notti. Lexi poteva sentire chiaramente quel mix di fragranze
assolutamente nauseabondo dato da panini imbottiti e unti del
McDonald's, lacca per capelli e “Feel The Rush”, il
profumo della band per cui era lì.
“Mi sa che questa volta non me la caverò con un
semplice cd per farmi perdonare...” pensò Lexi e
proprio in quel momento una Mia alquanto imbufalita diede voce ai suoi
pensieri.
-Non pensare neanche lontanamente che un misero cd dei The Cure, anche
se in versione deluxe o introvabile, possa ripagarmi per questa
tortura!! Tu come minimo dovrai fare la spesa per i prossimi cinque
mesi e lavare i piatti da qui al resto della tua misera vita!! Senza
contare che, in caso ne avessi bisogno, potresti anche rammendarmi i
calzini!! Nonostante le urla agghiaccianti che le ragazzine e le mamme
attorno a loro stavano emettendo, Lexi riuscì perfettamente
a sentire che cosa le sarebbe toccato sopportare per il resto dei suoi
giorni di convivenza con la sua migliore amica e la cosa non la
entusiasmava più di tanto: se entrambe fossero andate avanti
di quel passo, nell'arco di dieci anni sarebbero state ancora loro due,
sedute sul divano a guardare Britain's Got Talent, in un piovoso sabato
sera, circondate da gatti famelici e annegate in un mare di gelato e
brownies, con lei intenta a rammendare i calzini di Mia.
-Lexi, mi stai ascoltando?!?!
-Sì, ti sto ascoltando... E mi sembri alquanto esagerata! E'
solo un po' di folla!
-Lexi ho appena rischiato la vita a causa di un energumeno di
centottanta chili che cercava di fare una foto al bodyguard di questa
stupida band!!
-Zitta, se invece non vuoi essere linciata da un'orda di fan impazzite!
E comunque non sono una stupida band... Te l'ho già detto un
sacco di volte...
Vide gli occhi dell'amica roteare verso l'alto e un'espressione
sconsolata come a dire “che cosa ho fatto di male per
meritarmi questo” stamparlesi sulla faccia. Lexi
riportò la sua attenzione sulle vetrate illuminate
dell'imponente edificio davanti a lei, oltre il tappeto rosso ingombro
di persone vestite di tutto punto e decisamente indaffarate, per poi
incantarsi a guardare estasiata quell'enorme scritta a caratteri
cubitali che recitava “ The Rush: Our Lives”. Un
moto di orgoglio si impossessò di lei, neanche fosse stato
suo quel docu-film che sarebbe uscito nelle sale di tutto il mondo
nell'arco di dieci giorni. Neanche fosse stata la sua di vita ad aver
subito un cambiamento radicale in meno di tre anni, facendo arrivare
quei cinque giovani uomini ad uno straordinario successo planetario,
comprovato da premi, record e concerti sold out. Era ancora persa nel
suo deliro da fan, quando una massa di qualcosa come tre volte il suo
peso le si scaraventò addosso, tanto da farle temere che la
transenna con cui stava facendo amicizia ormai da più di
sette ore, avrebbe ufficialmente dato forfet, facendola spiaccicare al
suolo.
-Ehi!! Guarda dove metti quel sedere flaccidoso che ti ritrovi!!
Lexi sentì una mano aiutarla a rialzarsi da quella posizione
decisamente poco consona, in cui era piegata a metà sul duro
ferro della transenna, con i piedi a dieci centimetri da terra:
pensò che i salami si dovessero sentire esattamente
così per metà della loro vita. La donna alquanto
nerboruta e indubbiamente infastidita dalla frase di Mia si
avvicinò pericolosamente alla faccia pallida della sua
migliore amica, pronta con ogni probabilità a schiacciarla
come un moscerino. Lexi pensò di intervenire in soccorso di
Mia, ma uno dei bodyguard presenti sul tappeto rosso si
voltò nella loro direzione e con fare minaccioso,
arrivò giusto di fronte alle due contendenti. I capelli
biondi con le punte blu di Mia stavano svolazzando leggermente a causa
degli sbuffi di rabbia che le uscivano dalle narici, mentre le labbra
sottili e pittate di rosso fuoco si contraevano in un ghigno che
prometteva tutto, eccetto una resa veloce. La sua avversaria, alta
più o meno come due volte Mia e larga almeno cinque volte
lei, stava solo aspettando un'altra parola della ragazza per scattare e
fare di lei del delizioso ragù di ventiduenne di
Southampton.
-Che succede qui?
-Questa sottospecie di armadio a tre ante con spazio per le coperte ha
deciso di fare una frittata della mia migliore amica!
Lo sguardo severo dell'uomo in nero si posò su Lexi che,
dopo avergli lanciato un sorriso imbarazzato della serie “io
non centro nulla”, si rese conto essere uno dei bodyguard dei
ragazzi, Cal. Voleva urlare, saltargli addosso, chiedergli qualche
curiosità sui ragazzi, addirittura solo dirgli che
apprezzava tantissimo il fatto che si occupasse della sicurezza del suo
Lucas.
“Che poi non è nemmeno mio... Soprattutto ora che
c'è questa fantomatica Sophia che gli gira attorno... Ma
dico: perché non capisce che io sarei la donna perfetta per
lui?! Oddio, mi sembro una dodicenne in crisi ormonale...”.
-Signorine io direi che sia il caso di darsi una bella calmata... -
Signorine?! Ma se questa ha le dimensioni di un ariete da sfondamento!
-Ora ti distruggo, piccola nanerottola!!!
Lexi abbandonò i suoi pensieri non proprio maturi sul
“suo” Lucas per concentrarsi finalmente sulla scena
che si stava svolgendo davanti ai suoi occhi: una Mia fuori modo
infervorata stava tirando per i capelli una montagna di donna
altrettanto arrabbiata, che non si tratteneva dal tentare di strapparle
tutte le ciocche blu che si ritrovava in testa. Cal afferrò,
da oltre le transenne, la figura minuta di Mia per la vita,
allontanandola così dalle grinfie di quella megera
ingigantita, facendo sì che la gente attorno si spostasse di
qualche passo per evitare i calci che quella pazza aveva cominciato a
lanciare in direzione di Mia.
-Ora basta!! Lei- disse indicando la donna- venga con me...
Assisterà all'uscita dei ragazzi da un'altra postazione... E
tu- disse indicando Lexi- cerca di controllare i bollenti spiriti della
tua amichetta...
Lexi vide Mia lanciare uno sguardo di fuoco al bodyguard che, intanto,
l'aveva rimessa con i piedi a terra, per poi allontanarsi con
“l'armadio a tre ante con spazio per le coperte”.
Dopo che si fu sistemata il gilet scozzese che aveva sopra i vestito
maniche corte nero ed ebbe sbattuto un paio di volte a terra i fidati
anfibi neri, Mia decise di degnare Lexi della sua attenzione per
incenerirla sul posto, neanche fosse stata un mashmellow da cuocere su
un falò.
-Sappi che ora dovrai anche partecipare a tutte le cene con mia madre
che ci saranno nei prossimi vent'anni...
E quella era decisamente una punizione. Lexi avrebbe tanto voluto
soffermarsi a riflettere su come avrebbe fatto a trovare delle scuse
plausibili per saltare tutte quelle cene imbarazzanti e assolutamente
frustranti con la madre decisamente troppo perfetta di Mia, ma
un'esplosione di urla le fece intuire che il momento era arrivato.
Aspettava quell'esatto istante da praticamente una vita. Quell'istante
in cui finalmente i suoi occhi nocciola si sarebbero scontrati con
quelli dello stesso identico colore di lui e tutto avrebbe assunto un
significato. Quell'istante in cui Lucas Palmer avrebbe infine capito
come la sua anima gemella potesse essere solo ed esclusivamente lei:
Lexi Golder. Aveva impiegato tutta la mattina per scegliere che cosa
indossare, rovesciando il suo intero guardaroba sul letto bitorzoluto e
rovistando per tutto l'appartamento di Lexington Street che condivideva
con Mia, alla disperata ricerca della sua cintura preferita, per poi
scoprire che era finita dietro l'acquario con i pesci carnivori di
quella pazza che aveva per coinquilina. Tra tutto il caos che si era
generato sul pavimento di camera sua, era riuscita a rintracciare un
vestito leggero, maniche corte, con una stampa più o meno
optical, sui toni del marrone, del verde e del giallo, a cui aveva
abbinato la tanto sospirata cintura scamosciata nocciola, giusta sotto
il seno, delle scarpe in tipico stile inglese marroni anch'esse, in
abbinato alla piccola tracolla che aveva rubato qualche mese prima
dall'armadio di sua zia Daphne, a cui aveva “chiesto in
prestito” anche la collana lunga con l'acchiappa sogni, senza
cui non usciva più di casa. Avere una zia che del
sessantotto e di Woodstock aveva fatto la sua ragione di vita
comportava dei lati decisamente positivi, come un guardaroba pieno di
capi interessanti e un quantitativo indefinito di gioielli con storie
strabilianti alle spalle. Per completare il tutto, aveva anche deciso
di cedere alle insistenti richieste di Mia di permetterle un
“intervento di salvataggio”, come lo aveva definito
lei, suoi suoi capelli, che quindi, nonostante la pioggia incessante
che avevano sopportato per i tre giorni precedenti, erano raccolti in
una treccia morbida appoggiata sulla spalla, con alcuni boccoli castano
chiaro a caderle dalla parte opposta, per incorniciare il viso non
proprio sottile. Stava ancora ringraziando il cielo che il loro
appartamento fosse stato abbastanza vicino a Leicester Square da
permetterle di fare una doccia e poi darsi il cambio con Mia, come
avevano fatto negli ultimi tre giorni, quando un'ulteriore ondata
d'ansia la pervase. Quella premiere voleva dire tutto per Lexi e nulla
al mondo le avrebbe mai impedito di vedere Lucas e gli altri ragazzi
della band.
-Non ti agitare... E' solo l'ennesimo addetto a chissà quale
funzione che non possono svolgere loro da soli, perché
troppo famosi anche solo per respirare...
-Piantala Mia! Lo sai pure tu che loro sono rimasti gli stessi identici
ragazzi che erano tre anni fa,quando hanno vino Britain's Got Talent!
-Certo...
“Sono sempre quei cinque adorabili idioti che facevano i
video diary appollaiati su scale sempre diverse”...
-Smettila di farmi il verso!!
-Lo farei se non sentissi sempre le stesse identiche frasi uscire 24
ore su 24 dalla tua bocca!!
-Io non dico sempre le stesse cose!... Dico sul serio sempre le stesse
cose?!
-Sì... E sarei anche capace di sopportarlo, dato che ti
voglio bene come se fossi il mio amato paio di Doc Martin's... Se
però non parlassi costantemente di loro!!
Una ragazzina, che avrà avuto all'incirca dodici anni,
cominciò a saltellare vicino a lei e ad urlare ad una madre
sempre più stremata, che quello appena uscito non era solo
uno dei tanti personaggi appartenenti all'entourage che seguiva la band
dovunque nel loro tour mondiale, bensì si trattava di Pablo,
il loro primo addetto alla sicurezza, nonché ombra dei
ragazzi. Dove c'erano Lewis, Hugh, Nate, Zack e il suo Lucas, c'era
anche Pablo. Più o meno come per Mia e quel consunto paio di
anfibi neri che erano sempre appiccicati ai suoi piedi, tanto che Lexi
era quasi sicura di averla anche vista andare a letto con quei cosi
addosso, ma non aveva mai trovato il coraggio di chiedere conferma.
-Deve mancare poco...
-Come scusa?
La ragazza dai capelli mezzi blu stava tranquillamente divorando senza
un minimo di ritegno una sottospecie di panino vegetariano da cui stava
collassando a terra un'enorme foglia di lattuga, minacciando di
sporcare di olio qualsiasi cosa avesse toccato.
-Ma che cavolo fai?!
Lexi non poteva credere ai suoi occhi.
-Mangio, mi sembra evidente...
-Non puoi mangiare ad una pemiere!!
-Punto primo: noi non siamo ad una premiere, siamo spiaccicate su delle
transenne da tre estenuanti giorni, tanto che prima uno degli operai
che hanno montato il palco mi ha salutato, chiamandomi per nome...
Secondo: ad una premiere si può mangiare dato che le
telecamere sono puntate su quel maledettissimo tappeto rosso e non su
di me e il mio invitante panino...
Lexi non trovò nemmeno la forza di risponderle, dato che
l'istinto di ridere era assolutamente incontrollabile.
Scoppiò in una fragorosa risata che le fece guadagnare
più di qualche sguardo sconcertato dei presenti.
-Va bene, va bene... Lo trovi divertente... Allora: cos'è
che avevi detto, prima di proibirmi di mangiare?
-Che stanno arrivando. Se Pablo è qui, vuol dire che manca
poco all'arrivo di Lucas... Cioè, voglio dire: all'arrivo
dei ragazzi!
“Ed ecco che Mia ricomincia con gli sguardi
multi-significato...”.
-E quell'occhiataccia che dovrebbe significare?
-Che: uno, provo tanta pena per te... Due, da quanto ho capito in mezzo
ai tuoi deliri delle ultime tre settimane, sto tipo dovrebbe essere
fidanzato... Tre, quando mi ridarai la mia migliore amica?
Perché sinceramente comincia a mancarmi...
-Cretina!
Le diede una leggera pacca sulla spalla, almeno secondo i suoi
standard, dato che riuscì a far ondeggiare pericolosamente
il corpo non proprio giunonico di Mia, dando così il colpo
di grazia a quella foglia di lattuga, che si spiaccicò
platealmente davanti ai loro piedi.
-Ehi!! Quella era la mia insalata!! Costa un occhio della testa a
cespo!
-La smettessi di comprare cose biologiche e ti decidessi a farti
intossicare da conservanti chimici e chissà cos'altro, come
il resto del mondo, sarebbe tutto più semplice... Comunque
Lucas sembrerebbe aver trovato una nuova ragazza, ma questo non implica
che non possa accorgersi di come quella giusta sia io...
-Lexi, lo sai vero che...
-Lo so che lui non sa nemmeno della mia esistenza, non ancora almeno...
Dai, Mia... In fin dei conti abbiamo la stessa età, abbiamo
vissuto nella stessa città per la prima parte della nostra
vita, abbiamo frequentato le stesse scuole a Southampton, avevamo pure
degli amici in comune alle superiori! E poi io corrispondo in tutto e
per tutto al suo ideale di ragazza... Insomma, io lo guardo negli occhi
e lo capisco... So di essere giusta per lui da molto prima che
diventasse famoso...
Lexi guardò un'altra volta verso la fine di quel tappeto
rosso, dove già pronte ad attendere con gli sportelli aperti
c'erano cinque Range Rover nere, che avrebbero accompagnato i ragazzi
all'after party, solo dopo che avessero fatto una mezzora di autografi
con le fan che erano stati impossibili nella calca della prima sfilata
sulla passerella, quello stesso pomeriggio. Pablo gliel'aveva
confermato non appena anche Zach, il più ritardatario dei
cinque, aveva varcato le porte del teatro per assistere alla
proiezione.
“Il problema è proprio questo: a me lui piace da
prima che diventasse famoso...”.
Lexi era completamente cotta di Lucas Palmer da ormai qualcosa come
4015 giorni (ora in più ora in meno), ovvero dall'esatto
momento in cui aveva visto un bambino di undici anni, appena compiuti,
varcare la soglia della sua classe di italiano, il primo giorno di
scuola media, con i suoi capelli castani alzati in una piccola cresta,
lo zaino di Toy Story sulle spalle e un sorriso disarmante e
indicibilmente dolce ad incurvargli le labbra sottili.
L'aveva seguito dovunque, aveva frequentato i corsi opzionali
più impensabili pur di vederlo (memorabile era ancora la
volta in cui platealmente, davanti l'intera classe, il professore del
laboratorio di falegnameria le aveva chiesto che cosa ci facesse nel
suo corso una che non aveva la più vaga idea di come fosse
fatto un seghetto e lei aveva trovato il coraggio di rispondergli che
si era sempre sentita “in contatto” con il legno...
I suoi compagni avevano riso per venti minuti e lei era finita dal
preside). Una volta aveva pure cercato di fare il provino per una sorta
di gruppo di cheerleading, pur di poter avere qualche
possibilità in più di parlare con lui, che era
stato il capitano della squadra di basket della loro scuola dal secondo
anno. L'unico ostacolo che aveva ucciso i suoi sogni proprio sul
nascere era stata la sua irreversibile scoordinazione patologica, unita
ad un'avversione insormontabile per gli shorts della divisa. Quando era
andato a Britan's Got Talent, con quel suo amico metà
indiano, Zach, Lexi aveva pensato a come fosse semplicemente perfetto
su quel palco, con un microfono in mano e la sua voce controllata ed
emozionante amplifica in un'arena enorme. Poi a loro erano stati
aggiunti altri tre ragazzi, Hugh, Lewis e Nate, tutti e tre
presentatisi come solisti. Era così che si erano formati i
The Rush e da quella loro prima esibizione l'amore di Lexi per loro, ma
soprattutto per Lucas, era aumentato a dismisura. Certo, nel frattempo
era cresciuta, aveva avuto altre cotte, così come Lucas era
finito sulle prime pagine di tutti i giornali di gossip per i suoi
flirt e le sue presunte relazioni più o meno stabili.
Così come alcuni giorni prima della premiere era venuto a
galla che avesse trovato una nuova fiamma con cui condividere la sua
fantastica vita, ed ancora una volta quella ragazza non era Lexi.
Eppure, da quando la fama era diventata parte intrigante della sua
vita, Lexi aveva sviluppato l'insana convinzione che immerso in tutto
quel frastuono, lui avesse bisogno della sua piccola parte di
“normalità” e chi meglio della ragazza
della porta accanto, che gli era stata vicina sin dall'infanzia e che
lo conosceva per quello che era veramente?
-L'unico problema è che in undici estenuanti anni di
stalkeraaggio tu non gli abbia mai rivolto la parola... Ma che dico?
Non sei nemmeno mai riuscita ad entrare nel suo spazio vitale!
“Aspettate un attimo: ma cos'è questa voce
fastidiosa che interrompe i miei filmini mentali? Ah sì, la
simpatica della mia migliore amica sta dando aria alla bocca per
l'ennesima volta...”.
Adorava Mia con tutta sé stessa, ma per quanto riguardava
quella faccenda non c'era modo di trovare un accordo tra le loro
opinioni decisamente contrastanti: Mia era assolutamente convinta che
dovesse piantarla con tutta quella storia e andare avanti con la sua
vita, trovandosi un ragazzo che la conoscesse seriamente, mentre Lexi
sentiva che la sua vita, perlomeno sentimentale, era legata in qualche
strana maniera a quella band, o meglio a quel ragazzo carismatico e
dolce per cui aveva sopportato tre giorni di pioggia torrenziale e
tutte le lamentale estenuanti di Mia.
-Grazie per il tuo continuo supporto Mia... Veramente: come farei senza
di te che mi ricordi costantemente come il destino mi sia sempre stato
avverso nelle questioni di cuore?
-Mamma mia come sei tragica! Lo sai vero che al
“tuo” Lucas piacciono le ragazze solari e che
prendono la vita con leggerezza??
Fece finta di non aver notato le virgolette con cui aveva enfatizzato
quel “tuo” piuttosto ironico e le rispose come una
vera invasata avrebbe fatto, o anche come una ragazza perdutamente
innamorata avrebbe potuto fare, infondo la differenza non era proprio
così evidente.
-Con lui al mio fianco sarò solare come il sole e leggera
come una piuma...
-Basta, io ci rinuncio! Tu sei stata da Matt e ti sei lasciata
convincere a prendere quelle schifezze sintetiche con cui ultimamente
si diverte... Altro che ripetizioni sulla storia dell'Impero
Giapponese... Questa è l'unica spiegazione plausibile...
Per un decimo di secondo Lexi si sentì quasi in colpa per
tutto quello stress psicologico che aveva fatto subire più o
meno involontariamente a Mia negli ultimi undici anni di vita, poi
però le venne in mente come ora sarebbe stata costretta a
subirsi tutte le cene di famiglia dell'amica e quel briciolo di
compassione svanì immediatamente. Un boato veramente
assordante di urla si fece largo nei timpani già messi a
dura prova di Lexi, facendole intuire come fosse arrivato sul serio il
suo momento. Le porte in vetro dell'edificio davanti a loro si aprirono
con uno scatto deciso e la prima testa ad uscire fu quella di Zach,
accompagnato dalla sua novella futura moglie, Page: il matrimonio era
stato fissato per la primavera successiva e si presentava
già come uno degli eventi più attesi dell'anno.
Cappotto in cotone nero, che gli arrivava fino a metà gamba,
gilet di pelle con sotto una semplice maglietta bianca, pantalone nero
e Doc Martin's: se non fosse stato per metà indiano, sarebbe
benissimo potuto essere il fratello gemello di Mia. Il sorriso
strabiliante di Zach l'abbagliò per un attimo, ma venne
immediatamente riscossa dalle iridi azzurro ghiaccio di Lewis che
fecero capolino oltre la spalla del modello orientale. Con la sua
giacca doppiopetto nera, arrotolata sugli avambracci per permettere
agli stravaganti tatuaggi di far la loro comparsa, i pantaloni neri
tirati su, neanche avesse dovuto guadare il Tamigi, e i capelli castani
scompigliati sulla fronte in un acconciatura alquanto improbabile,
Lewis sembrava appena sceso dalla passerella della nuova collezione di
Topman e Lexi non poté fare a meno di pensare che fosse
semplicemente bellissimo. Ma, altrettanto bella e invidiabile era la
sua fidanzata storica, Ellie, una studentessa universitaria che aveva
sopportato di tutto pur di stare assieme a quell'eterno Peter Pan, che
l'amava come nessun altro al mondo. Vederli camminare mano nella mano
ad un'occasione pubblica era praticamente un miracolo, dato che
più e più volte avevano rischiato parecchio a
causa della gelosia delle fan, ma per Lexi era un motivo di gioia
ulteriore: erano perfetti assieme.
“Non capisco perché la gente trovi strano il fatto
che sia felice per le fortune che capitano nella vita di
altri...”.
Subito dopo, comparve oltre la soglia del cinema Hugh e il livello di
grida ed urla si fece
assolutamente insostenibile: lui era il preferito e quello
più popolare. A dimostrazione del fatto c'erano gli oltre
diciassette milioni di follower su Twitter, le incalcolabili copertine
scandalistiche che lo riguardavano e la sua netta predominanza come
protagonista principale di tre quarti delle fanfiction pubblicate sulla
band. A Lexi dispiaceva un poco che gli altri ragazzi fossero spesso
messi in secondo piano da tutto quell'interesse morboso per il
più giovane della band, soprattutto durante le interviste:
aveva ventuno anni e il mondo che pendeva dalle sue labbra carnose.
“Va bene: è oggettivamente bello e la sua voce non
ha nulla da invidiare a nessuno... Però la cosa bella
è che lui sia seriamente rimasto il ragazzo semplice che era
prima...”.
Fasciato nella sua camicia nera a cuoricini bianchi, con la giacca a
evidenziargli le spalle larghe ma non eccessive, i pantaloni skinny
neri a slanciare ancora di più la sua figura alta e magra, e
quegli orribili stivaletti di camoscio marrone che non si toglieva mai
(“Mia può dirmi quello che vuole, ma ha un sacco
di cose in comune con questi ragazzi...”), sembrava la
versione hipster del principe azzurro. Aiutato indubbiamente da quegli
occhi verdi e da quelle fossette adorabili che gli si formavano ogni
qualvolta sorridesse sinceramente, sembrava davvero appena uscito da
una favola. E purtroppo per la salute del cuore delle sue fan, lo
faceva molto spesso.
E poi eccolo: Lucas. O per meglio dire: il ragazzo per cui Lexi aveva
perso la testa, quello per cui avrebbe dato ogni sua singola lacrima ed
ogni suo sorriso, quello per cui sarebbe stata disposta a rinunciare a
tutto, pure alla sua tranquilla vita da studentessa di storia,
nonostante odiasse con tutta sé stessa lo stare al centro
dell'attenzione... Forse avrebbe cambiato pure sé stessa in
quelle piccole cose che a lui non sarebbero piaciute, benché
le sarebbe costato molto a livello di orgoglio. Non era mai riuscita ad
andare oltre a quella cotta adolescenziale che si era trasformata in un
amore platonico ormai troppo forte per essere smontato da una semplice
mano di donna intrecciata alla sua.
“Aspettate un attimo: di chi è quella
mano?!”.
Intrecciata alla grande mano di Lucas c'era quella magra di una ragazza
bella da mozzare il fiato, cosa che non sfuggì a nessuno dei
presenti, Mia inclusa.
-Ammazza!! Quella tipa è una figa pazzesca!!
Lexi avrebbe tanto voluto rispondere a Mia con una delle sue battute
piccate, ma i suoi occhi non riuscivano a staccarsi dalla figura
muscolosa di lui. Indossava un paio di semplici pantaloni neri, un
giubbotto di pelle dello stesso colore con la zip obliqua allacciata
quasi completamente, che evidenziava i pettorali e le spalle ben
definiti, una camicia bianca abbottonata fino all'ultimo bottone, su
cui spiccava una sottile cravatta nera, a ricordare un po' il suo stile
di qualche anno prima, di quando era ancora un ragazzino e non uno
splendido uomo quale era diventato con il passare del tempo. I capelli
castani erano corti ai lati della testa e portati indietro in una
cresta composta da probabilmente una buona dose di gel. Aveva lasciato
la barba un po' incolta, che andava a descrivere perfettamente la curva
dura della mascella e che con il suo chiaro-scuro metteva ancora
più in risalto quelle labbra rosee che Lexi si era trovata a
contemplare più e più volte negli ultimi undici
anni di vita. Conosceva ogni minimo particolare di quel volto, ogni
piccola imperfezione ed ogni dettaglio speciale, come quella voglia
molto simile ad un cuore che gli impreziosiva il collo.
-Dico: Lexi, ma l'hai vista?! Quella farà sicuramente la
modella!!
-Fa le campagne per i costumi della Sunset...
Le rispose distrattamente, dato che la sua testa, ma
soprattutto il suo cuore erano tutti concentrati sul ragazzo che stava
sfilando davanti a loro.
-Ecco dove l'avevo già vista! Mica se le sceglie male il
ragazzo...
Lexi continuò a guardare in direzione di Lucas, che ora
stava facendo qualche foto con alcune fan, avendo sempre la tanto
invidiata Sophia alle sue spalle, sperando che lui si voltasse nella
sua direzione per riuscire finalmente a far avverare quello che sperava
essere il suo destino: abbagliarlo con un solo sguardo. Sembrava
risplendere di luce propria quel ragazzo, persino le sue scarpe laccate
sembravano brillare sotto i potenti riflettori che illuminavano a
giorno il red carpet e tutto era assolutamente e semplicemente
perfetto. Niente avrebbe rovinato quel momento. Il loro momento.
Il suo momento.
Poi un bagliore più forte catturò l'attenzione di
Lexi, che si voltò verso la sua sinistra. Tutto quello che
accadde dopo avvenne nell'arco di cinque secondi, ma a Lexi sembrarono
un'intera vita, tanto che forse, la vita, gliel'avrebbero cambiata
davvero. Una ragazza di circa vent'anni, con un'espressione mista tra
il terrorizzato, l'arrabbiato e il folle, a soli cinque passi da Lexi,
stava puntando una pistola lucida e terrificante verso il tappetto
rosso. No, non verso il tappeto rosso, verso Sophia, la nuova ragazza
di Lucas, quella che lui, proprio in quell'istante, stava prendendo di
nuovo per mano, mettendosi così in mezzo alla traiettoria
del proiettile che sarebbe a breve partito.
“No! Colpirà lui! Non può
succedere!!!”.
La mente di Lexi sembrava correre come un treno, alla disperata ricerca
di una soluzione, mentre i riflettori illuminavano quella maledetta
pistola di riflessi sempre più inquietanti, mentre la mano
di quella pazza stava facendo sparare. Aveva dei residui di smalto
fucsia sulle unghie mangiucchiate e Lexi non sapeva nemmeno
perché l'avesse notato: forse per il contrasto che creava
con l'arma.
“Devo fare qualcosa... Ma cosa?! Perché diamine
nessuno si accorge di quello che sta succedendo?! Non vedono che
è vera?!?! Sono l'unica che qui abbia mai guardato
attentamente una puntata di CSI o di Castle?!... Avanti... Pensa Lexi,
pensa!!”.
Poi un'idea le balenò in testa, nello stesso momento in cui
uno scoppio assordante proruppe nell'aria attorno a loro e tutti i
presenti si abbassarono a terra, proteggendosi la testa. Tutti tranne
Lucas, Pablo e lei.
Il bodyguard si protese verso la pazza invasata che aveva appena
sparato, ma era decisamente troppo lontano per poter fare qualcosa. Le
gambe di Lexi scattarono da sole e in meno di un secondo
(“Sarò pure scoordinata, ma in velocità
ero la migliore...Nel salto agli ostacoli no,
però...”) si ritrovò davanti la canna
della pistola. Sentì qualcosa trapassarle la spalla
sinistra, lasciandole un dolore lancinante che le mozzò
completamente il fiato nei polmoni e facendo scendere una lacrima
solitaria sulla guancia. L'impatto la stava facendo voltare su
sé stessa, tanto che si ritrovò voltata verso le
vetrate ancora illuminate del cinema, e finalmente i suoi occhi si
scontrarono con quelli terrorizzati ed impauriti di un Lucas
assolutamente paralizzato da quella situazione surreale.
“Sono belli anche così...”.
C'era riuscita, aveva incrociato il suo sguardo con quello di lui,
certo, forse non nel modo in cui si era sempre immaginata, ma ce
l'aveva fatta. In vita sua era mai riuscita a fare qualcosa. Per un
secondo fu felice ed orgogliosa di sé stessa. Poi l'impatto
con il suolo freddo e bagnato dalla pioggia di Leicester Square
arrivò, con tutta la sua ineluttabile forza, tanto da far
rimbalzare il suo corpo a terra, prima di diventare quello che
sperò non essere il suo letto di morte.
“Mannaggia che pensieri tristi... Mia mi ammazzerebbe se lo
sapesse... Sempre che non lo faccia prima questa
pallottola...”.
Sentiva che le forze la stavano lentamente abbandonando e che le
riusciva sempre più difficile tenere gli occhi aperti e
prestare attenzione alle urla delle persone attorno a lei, agli ordini
che Pablo stava urlando, al pianto di Mia che arrivava sempre
più lontano... L'ultima cosa che vide furono un ciuffo
biondo leggermente scompigliato e due iridi celesti come il cielo
d'estate torturate in un'espressione di sgomento, apprensione e paura
che la fecero sorridere: gli occhi di Nate non avrebbero mai dovuto
prendere quelle sfumature, non gli si addicevano.
“Ma che diavolo si è messo addosso?? Come si fa ad
indossare un giubbotto da giocatore di football americano ad una
premiere?... Fortuna che hai quegli occhi che ti salvano,
Nate...”.
Questo fu l'ultimo pensiero che Lexi riuscì a formulare, poi
tutto divenne nero e freddo.
Come sarebbe stato da quel momento in poi.
Hi
sweethearts,
ho deciso -finalmente- di pubblicare questa perché mi
sentivo in colpa nel lasciarla rinchiusa in un'anonima cartella del pc.
Quindi ecco a voi la storia di Lexi, ovvero qualcuno che potresti
benissimo essere tu.... Grazie per essere arrivati a leggere fin qui:
lo apprezzo moltissimo e spero di poter conoscere la vostra opinione **
P.S. Gli aggiornamenti saranno uno alla settimana ^^
Rebecca Daniels xx
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** 21th August 2013 ***
21th August 2013
“Chi ha spento la luce?? Sul serio: io ho sempre odiato il
buio... Non mi è mai piaciuto... Forse perché
quel cretino di mio fratello David si divertiva a chiudermi nello
sgabuzzino, dicendomi che le scope avrebbero preso vita e mi avrebbero
tramortito e poi trasformata in un orribile mocio per i pavimenti...
Non sto scherzando: qualcuno accenda una maledettissima luce!! Chiunque
abbia potere sull'interruttore io vi avverto solo che quando mi viene
un attacco di panico divento intrattabile, piagnucolo, mi lamento,
parlo a vanvera e non ho più alcun controllo sui miei
condotti lacrimali... Poi non dite che non vi avevo avvertito!!
Avanti... Fate un po' di luce qui dentro... Oh... Grazie!!
Ora va molto meglio... Però è un pochino lontana
quella lucetta lì, eh?! Dico: vi costava tanto non usare
quelle stupide lampadine a risparmio energetico, che ci mettono venti
anni ad accendersi e che non fanno più luce di un
fiammifero? Adesso ho capito!! Mia: ci sei tu dietro a tutto questo!!
Tu sei l'unica che utilizza quelle inutili lampadine e soprattutto sei
l'unica persona che conosco che crede ancora nel surriscaldamento
globale.... Dai Mia... Rispondi... Oh, guarda... Sembra di stare in un
tunnel... Non è stata una grande scelta Mia, lo sai che non
mi piacciono nemmeno i tunnel... Insomma: tutta quella terra o
quell'acqua sopra e attorno a te, metti che crolli tutto come si fa??
Ma dimmi tu se posso essere così intelligente da pensare a
come dev'essere morire sotto quintali di terra, quando sono infilata in
un tunnel chissà dove, con una luce decisamente fioca e
troppo lontana per i miei gusti... Complimenti Lexi: hai appena
scoperto la via più veloce ed efficace per farti venire un
attacco di panico. Va bene Mia... Ho capito che vuoi farmela pagare per
averti trascinata alla premiere dei ragazzi, ma ora basta... Davvero,
non mi piace stare qui... E poi oggi dovevamo andare a fare shopping
per comprare quel bikini che avevi visto da H&M con le
frange... Mia?? Dai, che sarà mai stata un po' di folla,
qualche ragazzina urlante, una litigata con una montagna di donna, le
minacce di Cal?? Abbiamo visto Zach e Page, Lewis e Ellie, per non
parlare di Hugh!! E poi sono riuscita a vedere lui!! Ho visto il mio
Lucas! Mamma mia, sembrava risplendere sotto le luci di quei
riflettori... Era tutto così favoloso, così
giusto, come se ogni cosa avesse dei bagliori magici a renderla
perfetta... Fermi tutti: bagliori? Perché mi dice qualcosa
questa parola? Allora... Fai mente locale Lexi, pensa a che cosa
potrebbe ricordarti... Avanti... Bagliori... Bagliori... Poi un
bagliore attirò l'attenzione di Lexi ... La pistola!!! Ora
ricordo!! Quella pazza invasata voleva sparare a Sophia ma Lucas si era
messo in mezzo... Nessuno si accorgeva di nulla... Pablo non
interveniva... I miei piedi sono scattati da soli e la pallottola mi ha
colpito in pieno... Gli occhi terrorizzati di Lucas nei miei...
L'asfalto duro e freddo... Pablo che urla, Mia che piange... E poi Nate
con quella sua giacca oscena e i suoi occhi celesti e... E... Oddio
sono morta!! No, io non posso essere morta! Sono troppo giovane per
morire!! Voglio dire ho ancora un sacco di impegni in agenda, non ho
nemmeno stilato una lista delle 100 cose che dovrò
assolutamente fare prima di finire sotto terra!!! Non posso essere
morta... Sul serio, io...”.
-Dottore perché quella macchina sembra impazzita?! Che sta
succedendo alla mia bambina?!
-Stia tranquilla signora Golder... E' tutto normale. Gliel'ho detto:
sua figlia è in uno stato di coma vigile e questo vuol dire
che il suo cervello è perfettamente funzionante, ma che il
suo corpo non risponde agli stimoli che riceve...
“Ehi, ehi, ehi!! Quella è la voce di mamma!!!
Mamma mi senti?! Sono io: Lexi!!! Sto bene... Almeno credo, dato che se
sento la tua voce non dovrei essere morta... Mamma perché
non mi ascolti??!! Ma che ci fai te qui? Non dovresti essere dispersa
con la nonna in qualche lago della Cornovaglia a ricercare voi stesse??
Mamma, ma mi vuoi stare a sentire??!!... E questa voce di chi
è? Ha detto dottore? Quindi sono in ospedale? Ma per quale
diamine di motivazione mia mamma sta piangendo?... Magari se sto un
attimo zitta e mi concentro su di loro lo capisco...”.
-Vede... E' già tornato tutto apposto... Signora Golder...
-Mi chiami Karen...
-Vede Karen, sua figlia Lexi può sentire e percepire tutto
quello che le accade attorno, ma il trauma alla corteccia cranica che
ha riportato a causa del violento impatto con il suolo, fa si che il
suo corpo non riesca ad eseguire i comandi che il suo cervello gli
invia... Sarò sincero con lei: potrebbe volerci parecchio
tempo e non è detto che questo basti... Bisogna aspettare
innanzitutto che l'ematoma si riassorba e vedere se questo
sarà sufficiente a farla risvegliare... Solo in seguito
potremmo valutare i danni definitivi... Su, non faccia
così... Sono sicuro che ce la farà...
“Col cazzo: certo che ce la faccio tragico di un dottore!!
Ecco perché non ho mai sopportato i medici: hanno l'innata
capacità di far sembrare anche una banale vescica un inizio
di morte sicura... Neanche fossimo nel Medioevo, dove le disinfettavano
con la pipì!!... Dai mamma, non piangere... Adesso mi metto
un attimo d'impegno e torno a fare la figlia stramba che sono sempre
stata.... Ma smettila di piangere...”.
-Ma dico: le sembrano cose da fare?? Le sembra opportuno parlare della
situazione di Lexi davanti a lei?! E poi non poteva usare delle
perifrasi con la madre della paziente?! Ma dove l'ha presa lei la
laurea, Dottor Lawson?!
“Sempre sia lodato il cielo: ecco che arriva Wonder Mia in
mio soccorso! Digliene quattro amica, siamo tutti con te!! Anche
perché non ho la più pallida idea di quanti siamo
effettivamente qui dentro... Magari mi hanno dato il tunnel
personale... Dovrei informarmi...”.
-Signorina la prego di calmarsi... Le vorrei ricordare che siamo in un
ospedale e non al mercato dove è concesso urlare e dare
spettacolo.
“Attento caro il mio dottorino che sei estremamente vicino a
firmare la tua condanna a morte... Ma è mai possibile che in
una situazione come la mia continui a fare riferimenti
all'aldilà?? Devo ancora appurare io stessa se sono
più in qua che di là...”.
-Come ha detto, scusi?! Non so se lei abbia mai avuto a che fare con
qualche libro di psicologia clinica, ma di certo parlare delle
condizioni del paziente ai familiari, con il malato presente,
è tra le prime cose da non fare mai!
“Come non detto... Modalità
distruggo-chiunque-mi-venga-contro attivata: si prepari per la resa
finale dei conti caro il mio dottorino saccente...”.
-Quindi la prego, d'ora in poi, di venire a riferire le condizioni di
salute della mia amica direttamente a me... Mi occuperò io
di comunicarle alla famiglia... Credo sia meglio così per
tutti...
Lexi si immaginò una Mia con le guance leggermente tinte di
rosso per il nervoso che sicuramente le stava salendo dalle punte dei
minuscoli piedi, con i capelli svolazzanti per i frequenti scatti che
faceva con la testa quando era arrabbiata e, probabilmente, con un dito
puntato contro il petto del povero Dottor Lawson.
-Scusi se mi permetto, ma lei che titoli ha per vantare queste
competenze e queste pretese?
-Sono la figlia di un veterinario e, a quanto pare, sono più
preparata io ad avere a che fare con i pazienti, benché per
la maggior parte dei casi siano state cavie da laboratorio e uccellini
in fin di vita, che lei...
“Bene Mia: hai appena rovinato un discorso epocale con una
semplice frase... Un giorno alle Olimpiadi ci sarà anche la
specialità Come-Rovinarsi-Con-Le-Proprie-Mani e tu vincerai
la medaglia d'oro... Almeno qualcuno riconoscerà i tuoi
meriti...”.
-Signorina, sinceramente non mi sembra che lei possa permettersi...
“No!! Verbo sbagliato!! Allarme rosso!! Il dottorino vuole
buttarsi giù senza paracadute!!”.
-Io non posso permettermi?! Io non posso permettermi di fare cosa?!
Sentiamo!! La avverto che lei...
-Mamma!!
“Ditemi che non è vero... Vi prego: ditemi che
questa voce non è di...”
-David!! Sei qui finalmente!
“Come non detto... Peccato non poter aprire gli occhi. Mi
sarebbe piaciuto proprio tanto vedere la sua entrata trionfale da
Paladino Delle Sorelle In Fin Di Vita, con cotanto di tappeto rosso ai
suoi piedi...”.
-Si, sono arrivato con il primo volo che c'era di ritorno da Dublino...
“Oh che carino...Mi commuove proprio... Neanche fosse tornato
a piedi dall'Alaska...”.
-E sai come ho fatto a capire quale fosse la stanza? Ho seguito le
urla...
-Ciao anche a te David... Non ti stavamo aspettando...
“Benvenuti nella nuova sit-com della BBC, dal titolo In Una
Stanza D'Ospedale... Protagonisti principali sono: Mia, l'amica tutto
pepe che difende con forza qualsiasi causa le capiti a portata
d'orecchio, non ha importanza se sia vera o no, se sia sensata o meno,
lei sostiene tutto; David, il fratello perfetto, cocco di mamma, che
prova un'inspiegabile antipatia (peraltro ricambiata) nei confronti
dell'amica del cuore della sorella; Karen, la madre single che ha
cresciuto egregiamente due figli tutto fuorché semplici e
che non è mai stata abbastanza fortunata da trovare il vero
principe azzurro; il Dottor Lawson, medico che ancora non ha capito
bene con chi ha a che fare, ma non credo ci metterà ancora
molto... E non dimentichiamoci del motore dell'intera storia: Lexi,
ovvero me medesima, la ventiduenne di Southempton bloccata su un letto
d'ospedale, senza sapere bene ancora se sia viva o se debba mettersela
via ed arrendersi al fatto che non toccherà mai con mano i
capelli di Lucas Palmer... Non male, potrei fare la sceneggiatrice da
grande...”.
-Ed io non mi aspettavo di trovarti già qui, a litigare con
qualcuno, come fai sempre...
-Sono la migliore amica di tua sorella, David! E' il minimo che sia
già qui... Ma giusto, tu dovevi concludere i tuoi
importantissimi e schifosissimi affari, prima di trovare il tempo anche
solo di sapere se Lexi era viva o meno!!
-I miei “importantissimi e schifosissimi affari”
sono quelli che aiutano mia madre a mantenersi e che permettono alla
mia amata sorellina di continuare a studiare in quel suo inutile corso
di studi!
-Primo: il corso di studi di tua sorella è tutto
fuorché inutile!! Secondo: Lexi si mantiene da sola, con il
suo lavoro part-time in libreria e non ha bisogno dei tuoi soldi per
farcela!!
-Ah sì? E allora perché ha chiamato me per
chiedere un prestito per il regalo di compleanno di mamma?!
“Non per dire, ma questo è un colpo basso: lo
sapeva benissimo che si trattava solo di un prestito!! E poi qualcuno
vorrebbe essere così gentile da far loro presente che io
sono qui, giusto sotto di loro e che sento tutto??”.
-Ragazzi ora basta!! Lexi è qui e sente tutto... Penso che
sia stufa pure lei di sentirvi litigare...
“Grazie mamma... Sei la donna più saggia sulla
faccia della terra...”.
-Anche perché, secondo me, sarebbe tutto molto
più semplice se voi ammetteste i vostri sentimenti...
Insomma, quello che provate l'uno per l'altra...
“Come se non avessi detto nulla... Ma dico: da dove le
vengono certe idee?! Secondo me con la nonna in Cornovaglia si facevano
di quelle feste a base di funghi allucinogeni che nemmeno Matt potrebbe
sopportare...”.
-Mamma!! Ma che cosa dici?!
I can't take my eyes off
you... I know you feel the same way too...
-Mi scusi Karen, ma non credo che lei abbia ragione...
I can't take my eyes off
you... All it took was one look...
-Mia madre è completamente fuori strada!! Ma dico: io e te
non ci sopporteremmo nemmeno se fossimo l'ultimo uomo e l'ultima donna
rimasti sulla faccia della terra!
Can't take my eyes off
you... Oh, oh, oh, yeah...
-Vorrai dire l'ultima donna e l'ultimo energumeno privo di cervello,
con un ego grande tanto quanto l'Everest e una supponenza da fare
invidia a Paris Hilton...
So let the music play...
Can't take my eyes off you...
-Senti chi parla: Miss
Io-salverò-il-mondo-solo-perché-non-uso-detersivi-industriali...
Ridicola!!
“Diamine mamma!! Rispondi a quel maledettissimo cellulare!!
Ma chi me l'ha fatto fare di lasciarle il cd di High School Musical in
macchina... Sono dieci anni che ha sempre la stessa
suoneria!”
-Sentite: questo è un ospedale, ci sono delle regole di
comportamento da rispettare e voi le state infrangendo tutte! E
rispondete a questo cavolo di cellulare!
“Oh oh... Il dottorino carino si sta arrabbiando... Benvenuto
nella mia vita Dottor Lawson: pazzia assicurata in un mese e problemi
allo stomaco in una settimana... La cucina di mia madre è
terribile...”.
-Mi scusi... Rispondo subito... Sì, sì... Ma
certo che ti ho dato il numero corretto di stanza! Io non sono te!
Come?! No, che non può venire anche lei! Ma deve sempre
starti attaccata come una cozza?! Lasciamo perdere... Vieni con chi
vuoi... Va bene...
-Chi era mamma?
“E poi dicono che i primogeniti sono i più
intelligenti... Se trovassi il genio che ha detto questa cosa gli farei
volentieri conoscere mio fratello... Cambierebbe immediatamente
idea...Chi vuoi che sia fratellone se non il nostro amatissimo e
giovanile padre, che sicuramente si sarà voluto portare
dietro la sua fidanzata ventenne che potrebbe essere nostra sorella...
Ecco, parli del diavolo e...”
-Eccovi! Vi ho trovati finalmente!
-Oh mio Dio!! Ma com'è ridotta male!!
“Perfetto: ora siamo al completo?? Manca qualcun altro ad
affollare la stanza? Perché io, sinceramente, stavo proprio
bene nel mio tunnel personale... Ma perché diamine quella
luce non si avvicina un pochino?!”.
-Ciao Morgan... Kitty...
La voce di Karen suonò incredibilmente stanca e nervosa
quando salutò i nuovi arrivati.
-Ciao Karen... Come sta la piccolina??
“Senti ciccia, parliamone... Hai due anni più di
me: che cavolo mi tratti come se fossi una bambina di otto anni?!...
No, sta pure masticando la gomma con quel suo modo irritante...
Mannaggia, portatela via da qui prima che mi svegli e le ristrutturi la
faccia con tutta la malta che avrà addosso!”
-Mi sembra evidente come stia... E' distesa su un letto d'ospedale, con
una spalla bloccata per una ferita d'arma da fuoco,
un'infinità di tubi e aghi che le entrano ed escono
dappertutto e il cervello acceso ma che non comanda più il
suo corpo... Secondo te come sta?!
“No ti prego... No,Mia... Non lo fare...”.
Lexi poté sentire i singhiozzi della sua migliore amica
infrangersi sulle pareti della stanza decisamente troppo affollata, per
poi diventare sempre più lievi e concludersi con lo sbattere
di una porta.
-Tranquilli... Vado io...
David aveva parlato con un tono così dolce che per poco Lexi
non riuscì nemmeno a riconoscerlo. La porta si richiuse di
nuovo, questa volta con più delicatezza.
“Forse la mamma non è proprio così
fumata..”.
-Immagino che lei sia il padre... Io sono il dottor Lawson... Ho
già spiegato la situazione a sua...
“Fermo!! Non lo dire!!”.
-Ex moglie...
Ed eccola lì: sempre la stessa, imbarazzante situazione
carica di significati. Karen che guarda il suo ex marito, come a dirgli
che se fosse per lei le cose non sarebbero mai andate così,
e Morgan che osserva la sua ex moglie con quello sguardo colpevole per
la consapevolezza di aver gettato all'aria l'amore di una vita. Lexi
poteva anche immaginarsi quella bambola gonfiabile di Kitty che si
rimirava le unghie laccate di fucsia.
-Oh... Bene... Cioè... Io ora devo andare...
Tornerò più tardi per controllare la
situazione... Arrivederci...
-Come sta, Karen?
Il tono di suo padre era estremamente teso e le fece tornare in mente
quella volta in cui, a sette anni, si era rotta un braccio e Morgan si
era presentato a casa loro tre giorni dopo l'incidente: aveva detto di
aver fatto il prima possibile, ma sapevano entrambi che non era stato
così.
-Dobbiamo parlarne di fronte a lei?
Lexi sapeva che il riferimento non era sicuramente indirizzato a lei,
ma a Kitty, nonostante Mia non sarebbe stata contenta di sentire che
qualcuno parlasse della sua situazione clinica di fronte al suo letto.
-Kitty, amore... Potresti aspettarmi in macchina?
-Va bene... Ma fai presto...
“Fortuna che se ne è andata, altrimenti sentivo
già le mie mani prudere per la voglia matta di tirarle un
pugno... Povera mamma...”.
Quando la porta si fu richiusa alle spalle di Barbie California, Karen
riportò la sua attenzione sull'uomo che aveva di fronte,
chiedendosi per l'ennesima volta che cosa avessero sbagliato per
lasciare che la situazione finisse in quel modo.
-Allora? Quanto è grave?
-Abbastanza, Morgan... Ha un ematoma in testa che impedisce al cervello
di comandare il suo corpo... Finché quello non
sarà guarito, lei non potrà svegliarsi e forse,
anche in quel caso, non sarà più la stessa...
Perché, Morgan? Perché?!
Lexi udì i singhiozzi sommessi di sua madre, fino a quando
furono attutiti da un corpo che sicuramente li stava raccogliendo su di
sé: era quello di suo padre.
-Perché abbiamo cresciuto una ragazza d'oro che è
disposta ad aiutare anche chi non conosce come se fosse la persona
più importante della sua vita...
-Siamo stati bravi...
-Sei stata brava... Andrà tutto bene, vedrai...
“Oddio... Non mi avevano mai detto una cosa del genere...Sono
orgogliosi di me... Io... Io voglio avere un amore come il loro... E'
questo quello che sto cercando da una vita... Non importa cosa la vita
ti porti a fare, gli errori che tu possa commettere, le strade
sbagliate che tu possa intraprendere... Loro si ameranno sempre...
Anche io voglio un'amore così...”.
Lexi sentì qualcosa di freddo bagnarle una guancia: una
piccola lacrima stava solcando il suo volto. Non poteva ne bloccarla ne
nasconderla, ma a dire il vero non l'avrebbe fatto comunque: aveva
finalmente capito che quello che aveva sempre sognato, un amore vero e
sincero era possibile, doveva solo avere pazienza.
Hi sweethearts,
ecco il secondo
capitolo dove finalmente si cominciano a capire le varie parentele e
relazioni tra i personaggi. Ma vi assciuro che ne arriveranno molti
altri e le cose si complicheranno decisamente di più **
Spero di poter leggere qualche vostro parere perché ne ho
davvero bisogno...
Lots of love xx
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** 22nd August 2013 ***
22nd August 2013 Morning
“Annotazione a me stessa, da ricordare quando tutto questo
strazio sarà finito: quando sei in coma dormi... E nessuno
provi a dire che è come se avessi scoperto l'acqua calda,
perché sarei proprio curiosa di sapere quante persone
pensino che se uno si trova allo stato quasi vegetale mantenga le sue
funzioni di veglia e sonno... Io non lo sapevo e ora, invece,
sì... Quindi onore alla sottoscritta, che ora deve solo
trovare un modo utile per svegliarsi e poter far impallidire i
più grandi scienziati del pianeta con la sua straordinaria
esperienza extra-corporea... Magari vinco anche il premio Nobel per la
miglior scoperta scientifica... Forse così riuscirei pure a
far prendere un aereo a mia mamma... No, con ogni
probabilità sarebbe disposta a partire anche una settimana
prima, piuttosto che mettere piede su un
aggeggio-infernale-da-cui-non-posso-scendere-e-che-vola-
troppo-in-alto-per-i-miei-gusti... Testuali parole... Che poi, non vedo
dove stia il problema di volare a qualche migliaio di metri da terra:
se deve giungere la tua ora, arriva pure se stai stravaccata sul divano
del salotto di casa tua, sommersa da gelato e lacrime... O anche nel
disperato tentativo di realizzare il sogno di una vita ed incontrare la
tua anima gemella ad una premieré... Io lo dico per
esperienza... Ma che è tutta questa confusione?! Siamo in un
ospedale, per l'amore del cielo!! Oh mamma, sto cominciando a parlare
come la bisnonna Amelia...”.
La porta della stanza di Lexi si aprì con un sonoro colpo ed
un assordante rumore di tacchi sulle piastrelle del pavimento
cominciò a diffondersi per tutta la stanza. Karen Golder
fece la sua trionfale entrata nella camera della figlia in coma,
incurante dello sciagurato Dottor Lawson che cercava di tenere il suo
passo e che Lexi riconobbe per il caratteristico rumore della sua
cartelletta clinica che veniva aperta e per lo scatto quasi feroce
della penna che aveva sempre con sé.
-Signora le ho già...
-Mi chiami Karen, per favore...
-Karen, d'accordo... Senta, le ho già detto che non credo
sia la cosa migliore far venire qui tutta quella gente e le
telecamere... Insomma, l'equilibrio precario in cui si trova sua figlia
potrebbe fortemente risentirne e le condizioni potrebbero peggiorare...
-Ma ieri è stato lei a dirmi che gli stimoli dall'esterno
potrebbero far smuovere qualcosa dentro di Lexi e convincerla a
svegliarsi! E mi creda: non c'è niente che svegli di
più mia figlia di quei cinque ragazzi!!
“Fermi tutti! Cosa ha appena detto?! Sogno o son desta? Okay,
forse questa non era la frase più azzeccata, ma seriamente
ha detto le parole “telecamere” e “cinque
ragazzi”?! Oddio, vi prego: ditemi che non sta parlando sul
serio dei miei cinque ragazzi, che non si sta riferendo davvero ai The
Rush!! No... Non ci credo... Devo aver capito male... Magari il tunnel
dà allucinazioni uditive... Potrei aggiungerlo alla lista
delle mie fantastiche scoperte scientifiche che a breve
condividerò con il mondo...”.
-Karen, delle stimolazioni dall'esterno sono una cosa, far entrare una
troupe televisiva, cinque cantati famosi e annessi assistenti e body
guard nel mio ospedale, è tutt'altra! Glielo chiedo per
favore: non accetti... Immagini che caos si creerebbe là
fuori, se solo si sapesse che la band sarà qui... Orde di
fan impazzite bloccherebbero tutta l'area attorno all'edificio e ci
sarebbero disagi per chiunque...
-Dottor Lawson, io la capisco... Ma vede: se lei fosse costretto a
vedere suo figlio Seth su un letto di ospedale ed avesse la
possibilità, seppur minima, di vederlo riaprire gli occhi,
mi dica... Lei non farebbe di tutto per avverare quella minuscola
possibilità?? Io sono quasi certa che se Lexi potesse
sentire la voce di quei ragazzi dal vivo, potesse anche solo respirare
la loro stessa aria, tornerebbe da me immediatamente... Mi dica che
lei, per il suo Seth, non lo farebbe.
“Ed ecco che Karen Golder sfrutta le sue ineguagliabili doti
da psicologa mancata e da grande manipolatrice di menti, quale
è sempre stata, per ottenere quello che vuole... Alle volte
potrei quasi arrivare ad invidiare la sua sicurezza, ma non ora dato
che ha appena detto che vuole portare Hugh, Zack, Lewis, Nate ma
soprattutto Lucas da me!!! Odio non potermi muovere, perché
se solo potessi giuro sul loro primo EP che starei saltellando in giro
per la stanza come una cavalletta sotto qualche sostanza
stupefacente... Aspetta, ma se potessi muovermi non sarei qui... Non fa
niente, questi sono dettagli in confronto al fatto che vedrò
i The Rush!!! Potrei quasi imbarazzarmi per quello che ho appena
pensato...”.
-Le manca veramente tanto sua figlia, non è vero?
-Ogni singolo secondo di questi due interminabili giorni... Mi creda
quando le dico che non l'ho mai supportata in tutta questa assurda
faccenda dell'essere una fan sfegatata... Insomma: ha ventidue anni e
si comporta ancora come se ne avesse quindici...
“Non ci posso credere!! Sta seriamente tirando fuori questa
storia proprio ora?! Ma cosa diavolo devo fare per farle capire che
seguire un gruppo musicale, non implica per forza che sia rimasta
all'età mentale di un'adolescente! Io ho la mia vita, i miei
interessi e le mie amicizie... Non vedo dove sia il problema se i The
Rush facciano parte della mia vita, se il mio interesse più
grande sia supportarli in tutto quello che fanno e se la mia migliore
amica sia Mia... Okay, forse non dovevo formularlo così
questo pensiero, ma insomma il succo del discorso è sempre
quello: sono una normalissima ventiduenne con degli interessi
stravaganti!”.
-Si figuri che io non vedo girare un ragazzo per casa mia da quando ha
lasciato il suo fidanzatino delle medie!
Il Dottor Lawson non poté non lasciarsi sfuggire una piccola
risatina, che però non passò inosservata a Lexi.
“Ma che si ride questo! Dico: non ha mai sentito parlare di
ragazze serie che non si concedono al primo che capita, ma aspettano il
loro principe azzurro?! Che poi io non sto aspettando nessun tipo in
calzamaglia celeste e pennacchio... Sto solo attendendo che Lucas
Palmer si accorga della mia esistenza... E comunque, grazie tante
mamma, le tue parole mi rincuorano sempre tanto...”.
-Eppure è la mia bambina... Sa che le mancano pochissimi
esami per laurearsi? In storia... Lei mi dirà: che cosa le
serve una laurea in storia di questi tempi... Gliel'ho fatta anche io
questa domanda... E sa che cosa mi ha risposto?
Il Dottor Lawson scosse la testa osservando pacificamente quella donna
minuta e reattiva che aveva un volto sorridente, nonostante tutto, ma
segnato da piccole rughe, dovute quasi sicuramente ad una vita carica
di delusioni. Si chiese se molte di esse avessero a che fare con il suo
ex marito e la bambola gonfiabile con cui li aveva raggiunti il giorno
precedente, ma non osò proferire parola.
-Mi ha detto che studiava storia perché le piaceva avere la
certezza che ci fosse qualcuno che si ricordasse di tutte quelle
persone che avevano amato, pianto, sorriso e urlato proprio come stava
facendo lei in quel momento... Perché così sapeva
di non essere stata l'unica e che se ci erano passati loro, poteva
farcela anche lei...
“Quella è stata un gran risposta... Dovevo essere
in uno dei miei giorni pieni d'ispirazione...”.
Lexi senti qualcosa di umido e delicato posarsi sul dorso della sua
mano sinistra, immobilizzata su quel letto d'ospedale: erano le labbra
dolci di Karen che le lasciavano un bacio intriso di lacrime, che
avrebbe con tutta sé stessa voluto asciugare dal volto di
sua mamma. Il Dottor Lawson prese un profondo respiro, come se si
stesse per rassegnare ad un'idea che non lo allettava in alcuna maniera
ma che non aveva modo alcuno di evitare.
-Va bene...
-Come scusi?
La mano di Karen si strinse più forte attorno a quella di
Lexi, la quale cercò di prestare più attenzione
possibile a quello che il dottore stava per dire. In fin dei conti da
lui dipendeva la sua vita, e non intendeva solo la sua sopravvivenza,
ma anche quella sentimentale.
-Ho detto che va bene: può far venire qui la troupe e quel
gruppo che tanto piace a sua figlia...
-La ringrazio Dottor Lawson... Veramente.
-Mi chiami Andy, la prego...
-Allora, grazie mille Andy.
Se Lexi non avesse conosciuto bene sua madre avrebbe anche potuto
pensare che ci stesse provando con il medico che stava tentando di
salvarle la vita, ma appena sentì il rumore della porta
chiudersi capì che quelle non erano cose da Karen Golder.
-Ce l'abbiamo fatta, Lexi!!! Vedrai i tuoi adorati The Rush... Verranno
qui solo per te!!!
Dal rumore dei tacchi sulle piastrelle del pavimento, Lexi
intuì che come minimo stava saltellando sul posto come una
bambina di cinque anni davanti allo stand dello zucchero filato, ma se
avesse potuto lei avrebbe fatto molto peggio, quindi non poteva
lamentarsi.
-Ora, però, tu devi svegliarti, chiaro?? So che puoi
farcela, Lexi... Ora vado a contattare quel ragazzone robusto che mi ha
lasciato il numero per confermargli la loro visita... Ci vediamo tra un
po'...
Un bacio delicato si posò sulla sua fronte e il cervello di
Lexi si tramutò in uno shuttle pronto al decollo.
“Non ci posso credere: mia mamma ha il numero di telefono di
Pablo! Ma dico, stiamo scherzando per caso?! Io avrei ucciso per avere
quel numero ed ora lei lo può contattare per
confermare-laloro-visita... Per confermare... Oh mamma!! Oh mamma!!!
No!! Okay, respira... Forza Lexi, cerca di mantenere un po' di
autocontrollo altrimenti il respiratore non ti starà
più dietro... Ma che vada al diavolo anche il respiratore e
tutta sta matassa di tubi che ho addosso: io sto per incontrare i The
Rush!! Un momento: ma se io sono presa così, bloccata su
questo diamine di letto d'ospedale, peraltro scomodissimo, con i
capelli sicuramente arruffati, il trucco tutto sbavato e soprattutto
l'incapacità di aprire gli occhi a comando, come diamine
faccio ad “incontrarli”?! Non è giusto!
Sono quattro anni che aspetto questo momento ed ora non
potrò nemmeno verificare se gli occhi di Lewis siano
veramente più scuri di quelli Nate, se i ricci di Hugh si
stiano sul serio raddrizzando o se il tatuaggio che Zach ha sul
bicipite destro sia veramente una riproduzione di Page in miniatura o
magari se gli abbracci di Lucas siano accoglienti e rassicuranti come
ho sempre sognato... Per la prima volta, dopo undici anni di maratona,
dove sono sempre stata io quella che correva dietro a lui e che si
sentiva sempre un passo indietro -alle volte anche parecchi chilometri,
ma fa niente-... Per la prima volta è lui a venire da me ed
io cosa faccio?! Me ne sto distesa immobile senza avere la
più pallida idea di come fare ad aprire gli occhi o anche
solo respirare autonomamente! Perfetto: il mio obbiettivo giornaliero
sarà quello di trovare un modo il più veloce ed
efficace possibile per risvegliarmi, tornare ad essere padrona del mio
corpo ed incontrare finalmente i The Rush! Speriamo solo che Mia passi
di qua prima che arrivino i ragazzi, perché a mia madre
potrebbe anche non interessare molto, ma a me di farmi vedere come una
in fin di vita non ci penso nemmeno... Neanche se fosse la
verità... Quindi, amica mia, attiva i poteri della telepatia
delle sorelle nate da madri diverse e cerca di captare il mio richiamo:
ho bisogno di uno shampoo e di un restauro completo al
viso...Ora!!”.
Le infermiere si era susseguite per tutta la mattinata cambiandole un
quantitativo esorbitante di flebo, riempiendola di quello che Lexi era
quasi sicura essere un rapido modo per salutare definitivamente il suo
fegato. Non aveva mai assunto così tanti medicinali in vita
sua: il massimo delle sue malattie erano state le placche in gola e un
qualcosa di simile alla rosolia quando aveva pochi mesi, con l'unico
risultato di farla assomigliare ad una fragola coperta di puntini per
il suo quarto mese di vita su questa terra. Logicamente tutte le visite
al pronto soccorso che aveva fatto non erano incluse: la sua media di
infortuni più o meno gravi era di cinque all'anno per quanto
riguardava la fascia dai due ai dodici anni, e poi di tre per la fascia
dai tredici ai ventidue. L'ultimo era stata la lieve commozione
cerebrale che si era procurata quando il lampadario a forma di roccia
della camera di Mia le era allegramente caduto in testa, mentre cercava
di trovare una maglietta che le stesse bene dall'armadio dell'amica.
Mia le aveva detto che quello si chiamava karma, mentre per Lexi si era
trattato solamente della solita sfortuna che la perseguitava e che
aveva fatto sì che le viti decidessero di allentarsi
definitivamente proprio mentre lei passava di lì. Aveva
passato tutta quella mattinata alla disperata ricerca di una soluzione
al suo problema, ma le pareti di quel tunnel sembravano non lasciar
passare in alcun modo le illuminazioni geniali che di solito la
coglievano nei momenti critici.
“E questo è a dir poco un momento critico! Voglio
dire: quando mai mi ricapiterà di poter incontrare faccia a
faccia la band che seguo sin dalla sua formazione, senza fan urlanti
nei dintorni, senza pressioni di tempistiche da rispettare, senza
fidanzate a disturbare la nostra chiacchierata... Va bene, magari
così è un po' troppo, ma sta di fatto che se non
trovo un modo per uscire da questo tunnel nel più breve
tempo possibile, perderò la più grande occasione
della mia vita... Potrei seguire la luce e vedere che cosa
c'è oltre, ma ho come la sensazione che non sia la scelta
più azzeccata al momento... Insomma, nei telefilm ogni volta
che uno segue la luce va sempre a finire che ci lascia le penne ed io
non ho nessunissima intenzione di salutare questo posto... Certo,
magari di là sarà anche tutto uno scintillio e un
bagliore accecanti, ma io preferisco di gran lunga quel guizzo di luce
che si crea agli angoli degli occhi di Lucas ogni volta che sorride...
Oddio ecco che ritorna l'iperventilazione...”.
-Ma si può sapere che cosa combini?! Smettila di fare
pensieri osceni su quei cinque tipi, altrimenti la macchina
impazzirà e l'intero ospedale saprà che sei una
pervertita!!
Mia aveva fatto la sua comparsa nella stanza col suo solito modo per
niente discreto e creato apposta per mettere in imbarazzo chiunque la
conoscesse. Lexi sentì il rumore di qualcosa di delicato
sfracellarsi al suolo.
-Cazzo! Oh scusami Lexi!
“Certo, come se ora non dovessi più dire parolacce
perché io sono qualcosa di molto simile ad un vegetale... Ti
conosco cara, sapevo che non avresti resistito a lungo...”.
Mia non lo faceva apposta, ma non essendo una tipa violenta, nemmeno
nei confronti delle zanzare d'estate, l'unico modo che aveva per
sfogarsi era quello di parlare come uno scaricatore di porto della
più bassa specie, ma solo se messa sotto pressione dalle
circostante. O se nella stessa stanza c'era David.
-E' caduta tutta la tua trousse di trucchi a terra, ma ora rimedio...
Giuro... Ah, non si è rotto nulla per fortuna...
“La mia cipria nuova di Chanel! Per comprarla ho speso
praticamente tutta la mia paga settimanale! Che tra parentesi, questo
implica che la spesa la dovrai fare tu sta volta, poi ti
ridarò i soldi... Ah, giusto, io non mangerò a
casa per un po'... Anzi, a quanto pare non mangerò proprio
qualcosa che sia anche solo vagamente solido per un altro
pochino...”.
Non sapeva cosa fosse, ma Lexi sentì come un nodo salirle
dallo stomaco e cominciare a bloccarle la gola, rischiando quasi di
farla vomitare. La verità era che tutta quella situazione
cominciava a pesarle parecchio: il non poter mangiare schifezze
biologiche con la sua coinquilina, il non poter frequentare le ultime
lezioni dell'ultimo semestre di università prima della
laurea, il non riuscire nemmeno a muovere un dito per asciugare la
lacrima di rabbia che sicuramente stava solcando la sua guancia. Ora
poteva dare un nome a quel magone che la stava quasi soffocando: era
frustrazione, mista alla consapevolezza di essere inerme di fronte a
tutta quella situazione. Non avrebbe trovato un modo per svegliarsi da
quel coma, almeno non in tempo per l'arrivo dei ragazzi, ma non
perché non volesse, piuttosto perché non aveva la
più pallida idea di che cosa la bloccasse e le impedisse di
porre fine a quella tortura. Fortunatamente Mia non si era accorta di
quella lacrima e il suo fiume di parole distrasse Lexi da quelle
considerazioni sempre più deprimenti.
-Allora, tua madre mi ha chiamato sta mattina dicendomi che qualcuno
sarebbe venuto a farti visita... No, non cominciare di nuovo con tutti
i tuoi sdolcinati filmini mentali, che poi sto affare infernale va su
di giri ed io sono già sull'orlo di una crisi di nervi!
“Povera Mia... In questi giorni aveva anche l'esame di fine
praticantato al London Fashion College... Chissà come
sarà andato...”.
-Comunque, dato che so quanto ci tenevi ad incontrare sti cinque
tipetti e soprattutto, quanto volessi fare una buona impressione a
Lucas, ho pensato che fosse il caso di rimetterti un attimo in sesto
per il “grande evento”...
“Lascio stare la vena di sarcasmo contenuta nell'ultima parte
della frase e ringrazio il nostro legame di telepatia di sorelle nate
da madri diverse, dato che hai risposto al mio grido
d'aiuto...”.
-Inoltre non ce la facevo più a vederti ridotta come lo
straccio che usa la signora McGale, del terzo piano, per spolverare i
suoi preziosissimi vasi in ceramica... Che poi te l'ho mai detto che
secondo me uno di quelli è l'urna funeraria di suo marito?
Insomma, ha detto di avere due figli, ma con qualcuno dovrà
pure averli fatti e, per di più, quel vaso blu è
sempre il più splendente di tutti... Te lo dico io:
lì dentro ci sono le ceneri di quel pover'uomo che l'ha
sopportata per chissà quanti anni... Chissà se
era così scorbutica anche da giovane...
Se c'era una cosa della sua migliore amica che Lexi apprezzava
più di tutto il resto era la parlantina inesauribile. Era
come avere una radio sempre accesa, pronta a tirarti su di morale
quando ne avevi bisogno, o a riempirti la testa di sciocchezze come in
quel momento.
-Sta di fatto che sono decisissima a sistemarti un po'... Oddio, forse
sarebbe più opportuno dire che ho intenzione di trasformarmi
in Wonder Woman ed utilizzare i miei super poteri per compiere una
miracolosa ristrutturazione, ma forse saresti capace di mandarmi a quel
paese anche in queste condizioni. Non voglio rischiare.
Lexi sentì il familiare rumore della sua trousse di trucchi
che si apriva, degli ombretti che venivano tirati fuori ed appoggiati
su quello che presuppose essere il suo tavolino personale, i rossetti
che venivano stappati e i mascara fatti rotolare fuori.
“Non so nemmeno perché ho così tanti
trucchi... Non li uso praticamente mai, se non per il fondotinta, la
cipria e il rimmel... Perché diamine li compro, se tanto
l'unico essere maschile con cui ho contatti ravvicinati è
Matt, alias il ragazzo imbottito come una zucchina di allucinogeni??
Oh, giusto! Come dice sempre Kim Kardashian: la vita è una
sola, non si può passare inosservati! Va bene, è
un po' da sfigati, ma scusate io sono stata semplicemente previdente:
siccome sapevo che un giorno avrei incontrato i miei meravigliosi
ragazzi, mi sono preparata con tutto l'occorrente... Certo, non avrei
mai immaginato che ad usarlo su di me sarebbe stata Mia, ma diciamo che
poteva andarmi peggio...”.
-Ma si può sapere come fai?!
“No, non cominciare Mia... Ti prego...”.
-Dico: come cavolo fai a non sentirti in colpa ogni volta che apri
questo astuccio?? Insomma: sai quante povere cavie da laboratorio hanno
sofferto per permetterti di usare questo rossetto dal colore peraltro
improponibile? E quanti innocenti topolini saranno morti per
assicurarsi che la tua faccia non diventasse una mongolfiera
appena ti fossi messa su questo blush decisamente troppo rosa?!
“Dai Mia... Per favore, non cominciare con la tua solita
solfa su quelle impressionanti palle di pelo che sarebbero morte per me
e il mio mascara! Ho sempre controllato che non fossero stati testati
su alcun animale, ci tengo alle mie orecchie e sentirti lamentare tutto
il giorno le avrebbe solo uccise definitivamente...”.
La macchina che controllava i battiti del cuore di Lexi ebbe un piccolo
sussulto.
-Ho capito, ho capito... La smetto... Allora vediamo un attimo che
impresa impossibile mi aspetta...
Prese la spazzola dalla borsa gigantesca che si era portata dietro e
che per poco non era stata costretta a far controllare dalla sicurezza,
in entrata, e poi si mise a pettinare i capelli di Lexi, come se
fossero quelli della sua bambola preferita.
“Tre... Due... Uno...”.
-Sai che oggi ho fatto il test per certificare il mio stage?
“Benvenuti su Radio Mia: la stazione che non ti lascia mai
sola...”.
-Praticamente mi hanno solo chiesto di presentare i miei modelli e di
spiegare un po' perché avessi scelto proprio quelle linee e
quei colori... Nulla di ché insomma... Pensa che ho portato
anche quella foto che ti avevo scattato a Natale, ti ricordi? Quella
dove avevi il cappello da elfo e il mio vestito Una-Notte-Soltanto
addosso... Gli è piaciuto parecchio... Spero non ti
dispiaccia...
“No!! Quella foto no! Le avevo espressamente chiesto di
bruciarla, di darla da mangiare a quella palla di pelo che si ostina a
chiamare Ted il Criceto!! Sembro un aiutante di Babbo Natale in
versione film per soli adulti! Oh mamma che imbarazzo... E poi volete
sapere perché ho bisogno di svegliarmi da questo sonno
corporeo... Io ho una reputazione da mantenere lì
fuori.”
-Per riassumere: sono passata con il massimo dei voti... E la
costumista del London Music Hall mi ha chiesto se mi andrebbe di andare
a fare uno stage da lei per la prossima stagione teatrale... Penso che
accetterò... Non è mica un'occasione da poco!
“Wow! Ma è fantastico Mia!! Sono così
contenta per te!! E' l'occasione che aspettavi da una vita...Ti
abbraccerei se solo il mio corpo rispondesse ai miei
comandi...”
Cercò di fare dei boccoli il più ordinati
possibile che le ricadessero sulle spalle, per poi dedicarsi al viso.
Prese il fondotinta e con il pennellino cominciò a stendere
il prodotto. Lexi percepì finalmente una seppur minima
sensazione provenire dal suo corpo: era fredda e vagamente liquida,
probabilmente era il fondotinta che Mia le stava mettendo, ma la diede
una piccola speranza. Forse non tutto era perduto. Forse avrebbe potuto
per lo meno “sentire” i suoi ragazzi. Subito dopo
averle messo un leggero velo di cipria le disse:
-Ti avverto che ti metto solo un filo di mascara sulle ciglia e niente
altro, altrimenti non saresti per niente verosimile... Insomma: sei o
non sei in coma? L'aspetto da malaticcia un po' te lo devi tenere... E
lei che cos'ha da guardarmi così?? La mia amica mi sente
quindi è giusto che sappia come stanno le cose...
Una paziente dell'ospedale si era incautamente affacciata alla porta
della stanza di Lexi e aveva osato esprimere il suo dissenso per le
parole di Mia con una faccia sconcertata, che la ragazza dai capelli
biondi e blu non aveva assolutamente apprezzato.
-Fatto!! Certo, non sei Cara Delavigne ma, anche su un letto
d'ospedale, hai il tuo fascino...
“Questo, tradotto per i comuni mortali, significa che sono
presentabile... Fortuna che ho sprecato parecchio del mio tempo davanti
lo specchio sperando di trovare qualcosa di me che mi piacesse e quindi
so come posso apparire al momento... Spero solo che la
tonalità di fondotinta sia ancora quella giusta, nonostante
il pallidume da ragazza-in-coma... Wow: oggi sono in vena di fare
pensieri profondi, a quanto pare...”.
In quel preciso istante la porta della camera, benché fosse
già aperta, venne letteralmente spalancata per far entrare
una Karen tutta trafelata, che per poco non si scontrò con
Mia che stava sistemando tutti i prodotti di bellezza che aveva appena
finito di usare.
-Ah, sei qui!!
Mia la guardò palesemente stupita, non capendo bene con chi
stesse parlando la donna.
-Pensavo ti fossi dimenticata di passare!
-Signor Golder, quando mai mi sono dimenticata di sua figlia?
“Vediamo: ogni santissima volta che compio gli anni, dato che
sono sedici anni che sei convinta sia il 12 di Novembre, quando invece
è il 13... Per non parlare della volta in cui mi hai
trascinata a quella specie di concerto heavy-metal per vedere il tuo
fidanzato dell'epoca, abbandonandomi poi in mezzo a vichinghi barbuti
che bevevano birra da un corno, urlando come cavernicoli... O quella
volta in cui hai avuto la brillante idea di prendere parte alla marcia
contro l'uccisione delle balene e per poco non mi facevi linciare,
perché mi avevi dato la via sbagliata ed ero finita in mezzo
al corteo pro-caccia!!”.
-Hai fatto proprio un bel lavoro Mia... Brava, Lexi ne sarebbe
felice...
“No mamma... Non è che ogni volta che pronunci il
mio nome può tremarti la voce... Dai, prometto che torno tra
poco...”.
-Oh cavolo!... No, no,no... Cazzo, cazzo, cazzo!!!
-Che succede, Mia?!
“Infatti: che diamine sta succedendo? Perché la
sento rovistare così freneticamente dentro la sua
borsa?!”.
Mia lanciò a terra la borsa piena di trucchi e spazzole per
poi guardare con sguardo pieno di panico la signora Golder: aveva
appena combinato un disastro.
-Ho dimenticato a casa il suo profumo!!!
“Ah.. Ma è solo per il... Cosa?! Non hai portato
il mio Feel The Rush?! Ma dico: era l'unica cosa che ti ho detto che
avresti dovuto mettermi addosso in caso di incidente, morte prematura o
incontro con i ragazzi!!! E direi che queste tre condizioni si sono
avverate esattamente ora!!”.
-Beh, dai... Se vuoi puoi metterle il mio... Le è sempre
piaciuto...
-No, Karen... Lei non capisce! Mi ha fatto fare una sottospecie di
giuramento che le avrei spruzzato addosso quantitativi micidiali di
quel profumo in caso le fosse capitato qualcosa o avesse incontrato i
ragazzi... Un giuramento, capisce?! Aspetta Lexi... Forse ho avuto
un'idea... Ferma qui!
“E dove vuoi che vada Mia? Dimmi...”.
Lexi sentì la figura snella dell'amica correre fuori dalla
stanza, mentre Karen le sistemava il lenzuolo leggero sulle gambe.
-Certo che è proprio strana Mia... Non si direbbe mica che
fosse figlia di uno dei più brillanti avvocati di tutta
Londra...
“Non lo si direbbe per il semplice fatto che la madre di Mia
è come la perfezione fatta donna, mentre sua figlia
è un miscuglio indefinito di idee strampalate ed emozioni
travolgenti...”.
-Ce l'ho fatta!!
La ragazza stava rientrando nella stanza tendendo in mano, in modo
molto trionfale, neanche fosse stata la coppa per la Maratona di New
York, una boccetta trasparente, con un fiocchetto rosa attaccato al
tappo a forma di corona. Karen la guardò piuttosto confusa,
non riuscendo a capire come quell'oggetto potesse risolvere il suo
problema. -Ho dovuto promettere alla ragazzina che c'è nella
stanza affianco che avrà una foto con la band che ti piace,
ma almeno ora posso sommergerti con il tuo profumo preferito e quando
ti sveglierai non avrai voglia di uccidermi!
Il tono di voce euforico di Mia, fece venir voglia di ridere a Lexi,
dato che si era appena resa conto che la sua migliore amica aveva
praticamente derubato una ragazzina della sua boccetta di profumo, pur
di mantenere fede ad una promessa che le aveva fatto. Non sapeva se sul
suo volto si fosse formato un sorriso, ma era certa che i suoi battiti
cardiaci avessero fatto intuire qualcosa alla sua amica, dato che
disse:
-Grazie per aver apprezzato il mio gesto, ma non ti aspettare che
rifaccia una cose del genere ancora... Ho praticamente dovuto mettermi
in ginocchio per convincerla a darmi questo benedettissimo profumo, per
non parlare delle occhiatacce che sua madre mi ha lanciato!
“E poi mi si chiede perché ho scelto Mia come
migliore amica: mi sembra piuttosto ovvia come cosa... Avrà
anche rischiato di farmi linciare da una mandria di sostenitori della
caccia alle balene, ma se ho bisogno di lei, so che basterà
chiamarla... Oh mamma mia, quanto mi era mancato questo profumo... Il
loro profumo...”.
Mia stava letteralmente impestando la camera con quel profumo misto di
pompelmo rosa, bacche selvatiche, ribes rosso, gelsomino, fresia,
frangipani, muschio, legno e patchouli, tanto che quando il Dottor
Lawson fece la sua comparsa nell'ambiente non molto ampio, per poco non
ci rimase secco.
-Ma che diamine...? Signorina!! Apra immediatamente la finestra o
intossicherà l'intero reparto!!
“Caro il mio dottorino, se a lei non piacciono le fragranze
floreali può benissimo uscire da questa stanza... E poi qui
la paziente sono io, dovrei essere io quella che detta le regole e a
me, questo profumo, va benissimo!”
-Si calmi, Andy... Magari Mia ha esagerato un attimo con le dosi, ma
questo è il profumo preferito di mia figlia... Magari
potrebbe aiutarla a tornare da me, non pensa??
-Se la mette in questi termini...
“E brava la mia mamma... Ha capito il suo ascendente sul
dottorino e lo usa a suo favore... Alle volte vorrei veramente avere le
sue capacità di rigirare le persone, benché non
lo faccia mai con delle cattive intenzioni.... L'unica volta che c'ho
provato io con Mia è stato per convincerla a venire alla
premieré e guarda com'è andata a
finire...”. -Comunque bisogna aprire un po' le finestre, per
far cambiare l'aria... Lo dico per la salute di Lexi...
-Ti dico solo che il Dottore-So-Tutto-io ha appena fatto un sorrisino
piuttosto inebetito a tua madre... Vedi te se non ti conviene
svegliarti al più presto...
Lexi rise mentalmente -anche perché non poteva fare in altra
maniera- a quel commento sussurratole sull'orecchio da Mia: quella
ragazza era speciale tanto quanto le sue punte blu. Un sonoro stock
segnò che la finestra stava per essere aperta e poi....
“Oh mio dio, ma che cavolo?!...”.
Un boato di urla assordanti, molto simili a quelle della
premieré e di ogni altra occasione dove fossero coinvolti i
The Rush, si fece largo nella stanza dalle pareti celesti e bianche,
rifrangendosi su ogni oggetto presente al suo interno e
moltiplicandosi, quindi, d'intensità. Karen richiuse
immediatamente la finestra alle sue spalle e dopo essersi appoggiata al
muro con la schiena, trovò la forza di riprendersi e dire
qualcosa.
-Ma che cosa sta succedendo lì fuori?!
-Ero venuto qui esattamente per questo, per avvertirvi che una mandria
di fan impazzite è assiepata fuori dall'ospedale che canta e
fa cori da stadio per quella diavolo di band e per sua figlia...
La voce del dottore era piuttosto seccata, ma tentò di
nascondere il tutto con un sorriso molto più che cordiale
rivolto alla signora Golder.
-Mi dispiace di aver creato tutto questo scompiglio, ma sa che l'ho
fatto solo per...
-Per sua figlia... Per Lexi, lo so... Non si preoccupi Karen, abbiamo
dei validi addetti alla sicurezza che si stanno occupando di quelle
ragazzine...
“L'ho già detto che mi sta antipatico questo
tipo?! Insomma, chi è lui per definire quelle ragazze
gentilissime delle ragazzine? E se anche lo fossero, dove sarebbe il
problema? Stanno facendo dei cori da stadio per me... Voglio dire:
quando mai delle persone che non ho mai conosciuto in vita mia si
sarebbero prese la briga di venire fino sotto la finestra della mia
camera d'ospedale, per farmi sentire il loro appoggio? Mai, a meno che
non si parli delle Rushers... Quindi, stia attento a come parla di
loro, altrimenti giuro, che quando mi sveglio, gliele scateno tutte
contro!”.
-E sempre a questo proposito: in accettazione siamo sommersi di fiori,
pupazzi, cd, biglietti e regali di ogni genere... Tutti per sua
figlia... Ho pensato di lasciarli lì, per non invadere lo
spazio personale di Lexi....
-Io, invece, penso che sia il caso di portarli qui in camera da lei,
dato che sono suoi...
“Vai Mia! Corri all'attacco e riprenderti quello che
è tuo... Beh, mio a dire il vero... Ma al momento sono
piccolezze...”.
Mia lanciò uno sguardo di aperta sfida al dottore, che ormai
non sapeva più che cosa rispondere per non sembrare troppo
scortese agli occhi della signora Golder.
-Questo credo spetti deciderlo alla madre della paziente...
Le frecciatine e i raggi laser che i due si stavano lanciando da una
parte all'altra del letto di Lexi, fecero ridere leggermente Karen.
-Li porti pure qua, Andy... Le assicuro che a mia figlia piace trovarsi
nel disordine... Non ha mai visto la sua camera... E poi, un po' di
colore non fa mai male...
-Come vuole, Karen... Mando subito un'infermiera a portare tutto...
Quando il rumore scricchiolante delle scarpe del Dottor Lawson si fu
allontanato abbastanza, Lexi si mise in attesa del commento cattivo che
era sicura stesse per arrivare dalla bocca di Mia, ed infatti:
-Vi giuro che non lo sopporto! Sembra di star a parlare con David! Oh,
mi scusi Karen, ma ha lo stesso tono saccente di suo figlio... E tu non
ridere, che so che lo stai facendo anche se non puoi muovere la bocca!!
“Ehi, tranquilla... E va bene, stavo ridendo, ma solo
perché la tua insofferenza nei confronti di mio fratello
è a livelli assurdi, quasi peggio dei miei! No... Non
può seriamente avere ragione mia mamma...”.
Nella stanza era sceso un silenzio irreale, che fece bloccare anche i
pensieri dentro la testa di Lexi.
-Non le fa strano non sentire la risposta arguta che avrebbe
sicuramente dato? Magari con quel suo sguardo come per dire
“Che c'è? Mica ho detto chissà che
cosa!”...
-Già, manca anche a me... Spero veramente che questo
incontro abbia qualche effetto positivo: mi manca mia figlia...
In quel momento la porta della stanza fu aperta di nuovo per fare
entrare una delle infermiere del reparto con le braccia cariche di ogni
tipo di fiori, pensierini e doni che una persona avrebbe mai potuto
immaginare. Mia e Karen si offrirono subito di darle una mano, mentre
Lexi poteva percepire, oltre il rumore del loro muoversi per la stanza
e le urla delle fan provenienti dalla strada, anche un delicato profumo
di fiori che si mescolò con le quantità
esorbitanti di “Feel The Rush” che Mia aveva
spruzzato dovunque. Quell'attimo di calma apparente le fece rilassare
la mente per un attimo, dopo che era stata in modalità
iperattiva da quando aveva saputo dell'arrivo dei ragazzi e, cullata da
quella dolce fragranza e dal leggero brusio di sua madre, di Mia e
dell'infermiera, si abbandonò ad un sonno senza sogni.
22th
August 2013 Afternoon
Lexi sentì qualcosa di freddo che si posava sulla sua fronte
e lo riconobbe come l'anello di fidanzamento di sua madre: aveva tolto
la fede subito dopo che Morgan era andato via di casa, ma quell'anello
a forma di rondine era ancora sulla sua mano. Una Karen super
emozionata la stava osservando, carezzandole la fronte.
-Amore, svegliati... Stanno per arrivare...
“Ma perché io devo svegliarmi se tanto non posso
né aprire gli occhi, né muovermi o tanto meno
parlare? E poi che ne sanno loro se sono mentalmente presente oppure
no?? Mica cambia qualcosa all'esterno... Aspetta... Ma cos'è
che ha detto dopo “amore svegliati”??
Perché non sto mai attenta, cavolo!?...”.
-Non penso possa cambiare molto svegliarla oppure no... Insomma, non
può parlare né niente...
-Non dire così, Mia... Il dottor Lawson ha detto che
parlarle e tenerla impegnata serve per farla tornare da noi... E poi
sono quattro anni che aspetta questo momento... O sbaglio?
-Ha ragione, Karen... Insomma, sono quattro anni che io sento parlare
solo degli occhi di Lucas, del sorriso di Hugh, dello charme di Zach,
delle battute di Lewis e della risata di Nate... Quasi, quasi, pure io
non vedo l'ora di conoscerli personalmente... Solo per capire se Lexi
abbia esagerato come al solito con le descrizioni...
“Allora è vero. Stanno per arrivare.
Sarò nella stessa stanza con i The Rush. Lucas
sarà a pochi centimetri da me. Io... Io...”.
-Karen, sono arrivati...
La voce del dottor Lawson fece capolino dalla porta della stanza e dopo
che lui fu entrato una schiera di dieci persone fece il suo ingresso:
Pablo, il bodyguard che aveva salvato la vita a Mia; due cameraman,
muniti di due telecamere piuttosto ingombranti; un microfonista; Lewis;
Zach; Hugh; Nate; Lucas e... Sophia. Forse la faccia contratta in una
strabiliante espressione di shock di Mia poteva esser dovuta al fatto
che le descrizioni di Lexi non si fossero scostate di molto dalla
realtà, o che fossero tutti molto più
“maturi” di quanto avesse mai immaginato. O forse
ancora per l'espressione di sincera apprensione e profondo dispiacere
che si leggeva sui loro volti, non perfetti ma assolutamente attraenti.
I due cameraman si posizionarono uno attaccato alla parete, vicino alla
finestra, mentre l'altro giusto dietro le spalle di Karen, che ancora
non riusciva a capacitarsi di quello che le stava accadendo attorno,
non fosse stato per il fiato pesante dell'uomo che imbracciava la
telecamera. Pablo fece segno ai ragazzi di accomodarsi, mentre anche il
microfonista prendeva posto con il suo braccio culminante in una specie
di topo morto, che fece venire dei brividi di disgusto allo spirito
animalista che c'era dentro Mia. Lewis, il primo dei cinque, jeans
scuri risvoltati e canottiera nera slabbrata con fantasia che faceva
vedere tutti i tatuaggi che aveva sulle braccia, si fece avanti
sistemandosi nervosamente il cappello di lana grigia che aveva in
testa, nonostante fosse piena estate, mettendosi ai piedi del letto di
Lexi, sfiorando la sbarra di metallo fredda con le mani, come a
ricavarne una forza sconosciuta. Dietro di lui, Zach, pantaloni neri e
maglietta bianca, cercava disperatamente qualcosa su cui fissare la
propria attenzione, che non fosse la ragazza in coma di fronte a lui,
tanto che con qualche difficoltà riuscì a
sistemarsi vicino a Lewis, evitando la sedia che ingombrava il
passaggio tra il muro e il letto. Continuava a giocare con le mani,
tenendole davanti a lui, intrecciate, neanche fossero un amuleto da
sfregare per avere un po' di fortuna nel momento del bisogno. Hugh non
aveva dismesso il suo solito sorriso contagioso, ma l'aveva
ridimensionato ad uno più comprensivo e di supporto, che
indirizzò immediatamente a Karen. Le due catenine, che si
intravvedevano dalla camicia chiara lasciata aperta, tintinnavano,
scontrandosi tra di loro, mentre Hugh si fermava giusto davanti alla
figura inerme di Lexi, nascondendo le sue mani grandi e affusolate
dietro la schiena, dopo aver scompigliato i folti capelli mossi.
Lanciò un'occhiata al ragazzo che doveva essere dietro di
lui, ma che si era inspiegabilmente bloccato pochi passi dopo la porta.
Nate, occhiali da sole calcati sui capelli biondi, maglietta bianca con
maniche a tre quarti nere e bermuda di jeans, era come paralizzato da
quanto gli si presentava davanti gli occhi, ma quando sentì
il peso dello sguardo non solo di Hugh, ma anche degli altri presenti
su di lui, si mosse in direzione dei compagni di band, sempre con gli
occhi celesti fissi verso Lexi. Appena raggiunto Hugh, mise le mani in
tasca, tormentandone l'orlo con i pollici, incapace di trovare pace.
Lucas si fece avanti tenendo la sua mano intrecciata con quella della
ragazza per cui Lexi aveva rischiato la vita, Sophia. Nel suo paio di
jeans scuri e stretti, con la semplice maglietta blu, quasi sfigurava
vicino a quella donna estremamente bella, che faceva la modella per
professione e che mai, nemmeno una con tanta autostima, avrebbe anche
solo accettato il confronto. Figurarsi una come Lexi. Lucas strinse di
più la presa su quell'intreccio di mani e la ragazza in
pantaloni perla e camicetta senza maniche verde, scostò i
lunghi capelli castani dietro le spalle, portandosi una mano alla
bocca, non appena la visione di Lexi su un letto d'ospedale si
palesò anche davanti a loro. Mia non poté fare a
meno di pensare che, benché le dispiacesse per Lexi, quei
due stavano veramente bene assieme e il modo in cui ora Lucas le
cingeva la vita, di fronte a quel letto d'ospedale, era una chiara
dichiarazione d'amore. Eppure, in tutto questo, Lexi non
sentì altro che dei passi sul freddo pavimento della stanza.
Erano quattro lunghissimi anni che sperava in un momento del genere e
l'unica cosa che riuscì a sentire furono dei semplici e
banalissimi passi.
“Non ci credo... Non può essere... Avanti: cosa mi
serve ancora per farmi svegliare?! Ti prego, chiunque abbia in mano le
redini di tutta questa storia, fammi svegliare ora!! Prometto di pagare
l'affitto per i giorni che ho trascorso in questo confortevolissimo
tunnel, ma ora fammi tornare da mia madre, da Mia e dai The Rush!!! Per
favore, sono qui, di fronte a me ed io non posso nemmeno vederli!! Sono
quattro anni che aspetto questo momento... Io... Io voglio
svegliarmi...”.
Lexi voleva urlarlo, far sapere loro che ce l'aveva fatta, che era
sopravvissuta e che per il suo incredibile gesto, meritava come
ricompensa di poterli incontrare... Ma sentiva, dentro di
sé, che niente si stava smuovendo, che nulla cambiava, se
non per un'enorme tristezza e un'immensa delusione che stavano
crescendo dal profondo del suo cuore. Non era giusto e non riusciva ad
accettarlo. La stanza rimbombava di un silenzio surreale, che per
cinque casinisti come erano i The Rush era assolutamente impensabile,
infatti, dopo poco, Lewis prese la parola.
-Signora Golder...
-Chiamatemi Karen, per favore... Sono così felice che siate
qui...
Lexi voleva sapere, voleva capire che cosa stesse succedendo e fu
allora che Mia si ricordò del perché fosse
lì, abbassandosi vicino all'orecchio di Lexi.
-Sophia ha preso le mani di tua madre tra le sue e la sta consolando...
Io...
Non era mai stata a corto di parole, ma in quel momento Mia sentiva di
non riuscire a dare una descrizione veritiera di ciò che
stava accadendo in quella stanza, forse perché le sembrava
così surreale e difficile da credere. Ma sapeva altrettanto
bene che se non avesse fatto una descrizione minuziosa di quanto stava
accadendo in quel momento, Lexi l'avrebbe fatta fuori non appena si
fosse svegliata.
-Giuro che questa Sophia sembra veramente dolce... E Lucas continua a
tenere la mano sul suo fianco con fare molto protettivo... Lewis
è vicino a me, poi ci sono Zach, Hugh e Nate... Sai, per la
prima volta da quando ci conosciamo, sono costretta ad ammettere che le
tue descrizioni non sono state per niente esagerate... Sono veramente
dei gran bei pezzi di ragazzi... Soprattutto quel...
Mia si interruppe nell'esatto istante in cui sentì undici
paia di occhi puntati su di lei, dodici se si considerava anche il
microfonista intento a non perdere l'equilibrio con quel topo morto in
mano.
-I dottori dicono che può sentire tutto...
Le guance di Mia si colorarono di un vivo rosso, cosa che
tentò di nascondere con un colpo di tosse che le fece
abbassare la testa.
“Sempre sia lodato chi ti ha inventata Mia!! Sono quasi
sicura che Hugh le abbia lanciato uno dei suoi sorrisi ammalianti,
facendola arrossire come un semaforo... Forse non sarà
così male... Magari, sarà più o meno
come incontrarli, se Mia continuerà a farmi la
telecronaca...”.
-Infatti! Piacere, sono il dottor Lawson e mi occupo della salute di
Lexi...
-E di nasconderle tutti i regali che le vostre fan le hanno portato...
Forse il commento di Mia era stato pensato sottovoce, forse solo per
Lexi, ma il risultato fu quello che Lewis si lasciò sfuggire
una risata che venne subito bloccata da una sberla di Zach sulla gamba
e da un'occhiataccia di Lucas.
“Oddio: la risata di Lewis!! E' veramente bella!! Sapevo che
Mia avrebbe detto qualcosa che lo avrebbe fatto ridere... Lei non sa
tenere la lingua ferma e lui adora le frecciatine...”.
-Okay, va bene... Vedete, Lexi può sentire tutto ma il suo
copro non risponde agli stimoli che il cervello invia... E scusateci,
ma siamo ancora tutti abbastanza scossi per quanto è
successo...
-La capiamo signora... Karen , mi scusi... Anche noi non possiamo
ancora credere a quello che è successo. E' assurdo...
“Lucas... La sua voce... La sua dolce e calda voce... Non
è cambiata di nulla da quando frequentavamo la stessa
classe... Strano che non se ne sia ancora ricordato...”.
-Non so proprio come ringraziarla per quello che ha fatto... Io devo la
vita a sua figlia...
“E così, questa è la tua voce, cara la
mia perfetta Sophia, appena uscita dalla confezione di Barbie
Fashionista...”.
A confermare i suoi pensieri ci pensò Mia, che le
sussurrò:
-Dovresti vedere la sua faccia, Lexi... Se fosse un quadro si
intitolerebbe “La Gratitudine”...
“Fantastico! Grazie Mia, hai reso perfettamente l'idea... Il
ragazzo di cui sono perdutamente innamorata da undici anni ha appena
trovato la donna della sua vita ed io ho pure rischiato la mia, di
vita, per salvarla!! Ma cosa ho fatto di sbagliato per meritarmi
questo?! Cosa?! Magari, però, il mio gesto
potrebbe farlo dubitare... Insomma, non capita tutti i giorni di
trovare una persona che rischi letteralmente la propria vita per
salvare quella di qualcun altro... Forse Lucas si innamorerà
di me per quello che ho fatto... Non si sa mai che decida di venirmi a
trovare giorno dopo giorno per sapere come sta la sua salvatrice e poi,
grazie ai racconti dei miei familiari e dei miei amici, cominci a
trovarmi finalmente alla sua altezza e si innamori di me e
poi...”.
-Ed anche io le devo la vita: se non avesse salvato Sophia, per me
sarebbe stato come morire...
“... Non è possibile... Non è
seriamente possibile.... Io... No... Non posso aver buttato all'aria
undici anni, dico undici anni della mia misera vita da provinciale
qualunque, nonché quasi la mia stessa esistenza, per... Per
questo! Per una smielata, stucchevole e tremendamente dolce e intesa
dichiarazione d'amore per un'altra! Non è
possibile!!!”. La macchina che registrava il suo battito
cardiaco prese a suonare incessantemente, cercando di mantenere il
ritmo del suo cuore che ormai galoppava a suon di amarezza per quella
situazione e per l'ennesima cocente delusione d'amore. Forse la
più grande.
-Come mai le macchine sembrano impazzite? Quel timbro roco e dolce si
insinuò nei pensieri di Lexi, distraendola un istante, e ci
pensò sua madre a risolvere i dubbi di Hugh. -Penso sia un
modo di Lexi per poterci dire che vi ha sentiti...
-Sua figlia è una ragazza d'oro... Non tutti avrebbero fatto
lo stesso al posto suo... Io sono tenuto per lavoro ad occuparmi della
loro sicurezza, ma sua figlia ha rischiato la vita perché
è una fan...
-Grazie Pablo... Sapete: sono quattro anni che aspettava di
incontrarvi... Era a quella premieré solo per
quello...
Questa volta non ci provò nemmeno a bloccarla,
perché sapeva che non sarebbe servito a niente.
Perché sapeva che non poteva semplicemente bloccarla. Quella
lacrima scese imperterrita lungo la sua guancia leggermente truccata,
portandosi dietro non solo tutti gli sforzi di Mia per farla sembrare
almeno una pallida imitazione di una ragazza carina, ma anche una certa
tristezza per quella situazione e un po' di imbarazzo per quelle parole
che la riguardavano. Non se ne accorse nessuno, perché tutti
erano concentrati ad ascoltare le parole della signora Golder o a
contemplare quelle macchine che sembravano impazzite. Eccetto una
persona, che non aveva smesso di guardare il volto di Lexi dall'esatto
momento in cui era entrato nella stanza: Nate ebbe l'istinto di
sporgersi per raccogliere quella goccia che gli sapeva tanto di
tristezza, ma si trattenne dal farlo, dato che le telecamere erano
intente a filmare ogni loro gesto.
-Noi le dobbiamo tutto... Ma se lei sente ogni cosa, ci sono buone
probabilità che si riprenda, vero?
Le iridi irrimediabilmente verdi di Hugh si voltarono a guardare una
Mia sempre più concentrata a fare la telecronaca a Lexi, ma
quando la ragazza si sentì osservata alzò
involontariamente gli occhi verso di lui, rischiando di far tramutare
pure le punte dei capelli da blu cobalto a rosso carminio.
-Potevi dirmelo che uno di loro aveva due occhi da far paura!!
“Potevi ascoltarmi mentre ti parlavo di loro, invece di dirmi
che stavo perdendo il mio tempo... Anche se, a quanto pare, avevi
ragione tu...”.
-Beh... Diciamo che ci sono buone possibilità che si
riprenda... E' una guerriera Lexi...
-Ma dimmi: proprio la brutta copia di Ridge di Beautiful doveva
seguirti?? Un bel Patrick Dempsey no??
Come al solito il commento di Mia non era passato inosservato, anzi.
Questa volta era riuscita a farsi sentire anche da Hugh, che ora le
stava sorridendo divertito.
-E quanto potrebbe volerci?
“Finalmente qualcuno che fa la domanda giusta! Grazie Zach
per usare poche parole, ma sempre quelle più opportune...
Allora dottore: quanto ci vorrà perché mi
riprenda, dato che nemmeno con l'arrivo dei miei idoli che aspettavo da
quattro anni e la scoperta che Lucas non mi guarderà mai in
quella maniera, il mio corpo ha deciso di riprendere a sottostare ai
miei comandi?? Allora, dottor Lawson??”.
-Questo è difficile da dire... Dipende tutto da Lexi e da
come l'ematoma che si è formato alla base del suo cranio si
riassorbirà... Ma confidiamo tutti in lei...
-Quindi potrebbe anche non risvegliarsi?
Zach non riusciva proprio a guardarla quella ragazza che aveva
rischiato la vita per proteggere uno dei suoi migliori amici. Lui
stesso si era accucciato a terra quando aveva sentito lo sparo, mentre
lei era rimasta in piedi e aveva fatto qualcosa, anzi, più
di qualcosa: si era messa in mezzo alla traiettoria di una pallottola
per salvare la vita a Lucas. Perché lui se ne era accorto
subito di come il colpo avrebbe colpito lui e non Sophia, come invece
era nei progetti di quella squilibrata.
“Fate una statua a Zach Makil e alle sue domande
intelligenti... Le uniche che ho sentito fino ad ora...”.
-No... Si sveglierà,io questo lo so... Magari non
sarà più quella di una volta... Anzi, speravo che
accadesse proprio oggi, vedendovi, ma a quanto pare non è
ancora il momento...
-Vedrà che ce la farà, Karen... E' una ragazza
speciale: tornerà da voi...
La voce di Sophia era così calda e rassicurante che per un
istante persino Lexi si sentì confortata da quelle parole,
ma durò solo un attimo.
-Scusami Lexi, ma è veramente carina e gentile... E'
impossibile volerle male...
“Mia, sul serio, sto pensando di svegliarmi solo per
picchiarti selvaggiamente e ricordarti che sono io la tua migliore
amica e non Miss Perfezione 2013... Lasciamo perdere va'... Si dice che
se si ama una persona si è disposti anche a lasciarla
andare... Vorrà dire che dimostrerò il mio amore
per Lucas lasciandolo tra le braccia della vincitrice del concorso
Modella Più Dolce Del Pianeta... Peccato però:
pensavo che mettermi tra lui ed una pallottola che lo avrebbe ucciso
potesse essere un buon modo per far sì che si ricordasse di
me... Maledetto sarcasmo che non mi abbandona nemmeno
qua...”.
-Possiamo fare qualcosa per aiutarla??
Non era nello spirito di Lewis restarsene lì senza fare
nulla, specialmente se si sentiva così dannatamente in
debito con qualcuno.
“Devo smetterla di torturarmi per Lucas... Cavolo: ho i The
Rush a pochi passi da me e mi sto ancora lamentando! Che carino che sei
Lewis, ma no: non potete far nulla... A meno che non siate capaci di
procurarvi una cannuccia succhia ematomi cerebrali e non possiate fare
in modo che il vostro amico si innamori di me... Ed ecco che ci
risiamo...”.
-Potete parlarle... Sente tutto e penso che a mia figlia farebbe
piacere avere qualche parola d'incoraggiamento da voi...
Nella stanza calò di nuovo un silenzio pesante come il
tacchino che Karen si ostinava a fare ogni Natale, cercando di imitare
la ricetta di nonna Amelia: forse con un'accetta sarebbero riusciti a
tagliarlo.
“Mamma ma cosa ti viene in mente?! Dico: questo rientra nella
top five del manuale ComeMettere-In-Imbarazzo-Qualcuno!!... Sul serio:
io cosa ho fatto di male?! Insomma, ho appena scoperto che il ragazzo
per cui ho tenuto da parte il mio cuore per undici anni ha trovato la
donna perfetta per lui, e guarda caso non sono io... Aggiungiamoci poi
che ho incontrato la mia band preferita per modo di dire, dato che sono
bloccata su un letto d'ospedale, senza poterli vedere e abbracciare...
Ed ora mia madre li mette pure in imbarazzo dicendogli che dovrebbero
parlarmi... E l'unica domanda che rimane da fare è:
perché?! ”.
Lewis, che da sempre era stato il più propenso a risollevare
anche le situazioni più imbarazzanti e tese,
benché spesso lo facesse con battute non proprio adeguate
all'occasione, prese la parola e, avvicinatosi a Mia le chiese con uno
sguardo se poteva avvicinarsi. Mia non poté far altro che
spostarsi vicino al cameraman che era ancora immobilizzato vicino alla
finestra, sperando che il cuore della sua amica non perdesse troppi
battiti o non ricominciasse a schizzare come un pazzo appena uno di
quei ragazzi si fosse avvicinato a lei. Forse le conveniva cominciare
già a trovare qualche scusa plausibile. Lewis
avvicinò la mano al braccio di Lexi e quando le sue dita si
posarono sulla sua pelle nuda sentì il respiro bloccarsi.
“No... Il mio respiro non può bloccarsi,
perché non sono io a respirare autonomamente... Ma le sue
mani fredde e avvolgenti le sento eccome... Oddio: Lewis mi sta
sfiorando il braccio!! Sul serio Lexi: questo è il momento
per darsi una calmata e...”.
-Ehi Lexi... So che mi senti e voglio che tu sappia che ti aspettiamo
qui... Io e i ragazzi... Vogliamo vederti in prima fila ad uno dei
nostri concerti il più presto possibile... Non mollare...
“Io... Io non vedo l'ora... Ma perché mi sembra
che il cuore stia per rischiare di uscire dal petto?! Grazie Lewis, sul
serio...”.
Quando il tocco energico di Lewis si fu spostato dal braccio
di Lexi, venne presto rimpiazzato da quello caldo e leggero di Zach, di
cui riusciva a sentire persino il tipico odore da tabacco misto a
profumo da uomo.
-Ehi... Ehm, grazie per aver salvato il mio migliore amico... Ora non
mollare, però... Page ti saluta... A presto Lexi...
Le aveva parlato vicino all'orecchio, di modo che solo lui potesse
sentire quelle parole che gli erano costate una fatica immane,
perché tutto gli sembrava ancora così assurdo e
impossibile che trovare una frase opportuna da dire gli era parsa
un'impresa titanica. Lexi si beò di quel soffio caldo
sull'orecchio, come se non avesse aspettato altro per tutta la vita,
ringraziando mentalmente Zach per la sua proverbiale riservatezza e
quella splendida ragazza che stava per sposare e che l'aveva mandata a
salutare. Erano una delle coppie più dolci che lei avesse
mai visto. Sentì un ticchettio avvicinarsi alla
sua sinistra e ricollegò quel suono all'unico dei quattro
che indossava delle scarpe capaci di produrlo: Hugh e i suoi
inseparabili stivali in camoscio marrone erano a pochi centimetri da
lei, provocandole non pochi sbalzi ormonali. Era una ragazzo molto
gentile con tutti e a dir poco espansivo con le persone che gli
andavano a genio, così nessuno si stupì quando
intrecciò le sue dita lunghe e affusolate con quelle di
Lexi. Quella che però rischiò l'infarto
nonostante i sedativi e i farmaci con cui la imbottivano, fu proprio
lei che udì chiaramente i battiti del suo cuore farsi
più accelerati e sconclusionati, un po' come i suoi
pensieri.
“Io... Cioè, le sue dita tra le mie.... Insomma...
Ecco...”.
-Ehi principessa...
“Ma allora lo fai apposta?! Ma dico: ti sembrano cose da
sussurrare con quella maledettissima voce roca che ti ritrovi
all'orecchio di una povera disgraziata in fin di vita?! Questo vuol
dire darle il colpo di grazia!”.
-Guarda che io voglio vedere i bellissimi occhi che tieni nascosti
lì dietro, il prima possibile... Hai capito? Non deludermi,
Lexi...
“Altro che premio nobel per la miglior scoperta scientifica!
Quando mi sveglierò e avrò detto a tutto il
fandom quello che mi hai appena bisbigliato all'orecchio, caro il mio
Hugh, diventerò la ragazza-salvata-dalle-parole-di-
Hugh-Stime... Una celebrità praticamente!! Dio mi sto
rincretinendo per davvero...”.
Se i ragazzi fossero andati secondo l'ordine con cui Mia glieli aveva
descritti, a breve Lexi avrebbe dovuto sentire la voce di Nate riempire
la stanza, cosa che stranamente non era ancora avvenuta.
“Ma non solo in questo momento... Non ha praticamente mai
parlato e nemmeno riso... So che la situazione non è delle
più divertenti, ma sentire la sua risata sarebbe stato
fantastico... Chissà perché non ha mai aperto
bocca?...”.
I pensieri di Lexi furono bloccati questa volta da un tocco gentile che
si poggiava al dorso della sua mano destra, facendole capire che fosse
il turno di Sophia.
-Grazie mille, Lexi... Non potrò mai ringraziarti abbastanza
per quello che hai fatto per me... Ti sarò debitrice a
vita... Spero che tu ti possa svegliare presto, perché avrei
proprio voglia di conoscere la ragazza fantastica che sicuramente sei.
Magari potremmo anche diventare amiche...
“Credimi che se solo potessi conoscere anche un decimo di
quello che io penso sul tuo ragazzo, ti passerebbe all'istante tutta
questa assurda smania di essermi amica... Lo volete capire tutti che io
ho salvato Lucas e non te?! Che poi: vi immaginate me e Miss Perfezione
in un'intensa sessione di shopping per le strade londinesi? Io
sì, con lei che si prova i capi più alla moda e
che le calzano divinamente e la sottoscritta a fare da portaborse,
mentre le fumano le orecchie per l'invidia e la frustrazione... Un
quadretto delizioso...”.
Percepì le sue dita lasciarle il braccio e una figura farsi
più vicina: non ebbe bisogno nemmeno di sentirlo parlare o
di percepirne il tocco, poiché sapeva già chi
fosse. Lucas aveva un profumo indimenticabile, che Lexi aveva imparato
a studiare e riconoscere tra mille altri in quei lunghi anni di
osservazione nell'ombra, che aveva portato avanti alle superiori. Non
era cambiato di nulla: stesso mix di menta, cannella, arancia e
cuoio... Insomma aveva addosso sempre e comunque il suo One Million,
che sulla sua pelle diventava semplicemente il perfetto incrocio tra
freschezza e sensualità.
“Quanto mi era mancato il suo profumo... A dire il vero mi
era mancato lui... Insomma, il giorno prima frequentava la mia stessa
classe di falegnameria ed il giorno dopo si stava esibendo davanti a
fan impazzite su un palco più grande del mio appartamento...
Sì, mi mancava il mio Lucas...”.
Quando la sua mano sfiorò la pelle immobile di Lexi,
soffermandosi sul dorso della sua mano, tutti nella stanza poterono
sentire il “bip” della macchina farsi
più frequenti, segno inequivocabile che lei fosse
più presente che mai.
-Vorrei dire un sacco di cose, ma penso che la più
importante sia questa: grazie Lexi. Per aver salvato la mia vita e
quella della ragazza che amo... Grazie per aver rischiato
così tanto per una persona che non conosci e che ti ha
donato solo qualche canzone... Mia stava per aprire bocca e fargli
presente che lui la conosceva bene quella pazza squilibrata della sua
migliore amica, che erano undici anni che lei lo rincorreva in giro per
il mondo sperando che lui si accorgesse di lei, ma il cameraman le fece
segno di stare in silenzio per non rovinare il momento. - Grazie per
non aver avuto paura come invece ne abbiamo avuta tutti noi... Sei una
ragazza forte Lexi, non mollare proprio ora... La tua famiglia ti sta
aspettando... La tua amica ti sta aspettando... Pure i ragazzi non
vedono l'ora che tu ti svegli... Ma soprattutto io sto attendendo che
tu riapra gli occhi, per ringraziarti di persona... Forza Lexi...Io mi
fido di te...
La voce di Lucas si incrinò pericolosamente, così
decise di finire lì quel discorso che l'aveva sconvolto
più di quanto avesse mai potuto immaginare. La voce di Pablo
echeggiò nella stanza, annunciando che fosse giunto il tempo
di andare. Il dottor Lawson si offrì di accompagnarli fuori,
mentre tutti i ragazzi e Sophia salutavano la signora Golder con
abbracci e parole di incoraggiamento. Lexi sentì un
indistinto numero di passi uscire dalla sua stanza, accompagnati dalle
voci familiari di Karen e di Mia. Era sola, eppure le sembrava che ci
fosse ancora qualcuno con lei e fu in quel momento che
percepì una mano poggiarsi sulla sua, raccogliendola
completamente e un paio di labbra soffici e sottili lasciarle un casto
bacio sulla fronte. Poi la porta si chiuse alle spalle della figura
sconosciuta, lasciandola realmente da sola con il tornado di pensieri
che si stava abbattendo nella sua testa. Non le erano sembrate le
labbra né di sua mamma né di Mia, ma d'altra
parte non potevano essere di nessun altro e comunque al momento non le
importava granché, benché quello fosse stato uno
dei baci più dolci che avesse ricevuto negli ultimi cinque
anni della sua vita.
“Non si ricorda di me... Nemmeno quando ha sentito il mio
nome... Non sa chi sia, ma mi vuole ringraziare perché ho
salvato la sua ragazza... Mi aspetta e si fida di me solo
perché ho preso una pallottola al posto suo e non
perché si è accorto che sono quella ragazza che
lo ha fatto ridere con le mie figuracce in classe, che gli ha fatto
l'imbocca al lupo su Twitter quando ha partecipato alle prime
audizioni, che ha portato il primo cartello di supporto per la band ad
una puntata del programma, che ha visto quasi tutti i loro concerti a
Londra, che non ha mai smesso di sperare che i nostri sguardi si
incrociassero e che tu ti accorgessi finalmente di me... Almeno, non
avevo mai smesso di sperarci fino ad adesso...”. Si sentiva
stupida, sciocca ma soprattutto vuota. Vuota perché aveva
rischiato la propria vita per una persona che non sapeva nemmeno che
lei esistesse e che, con ogni probabilità, si sarebbe
dimenticato di lei appena il suo mondo avrebbe ricominciato a girare
per il verso giusto, mentre quello di Lexi si era bloccato del tutto.
Hi sweethearts **
Sono tornata dopo
più tempo del previsto, ma con un doppio capitolo, quindi
spero di essermi fatta vagamente perdonare ^^ Forse avrete notato che i
nomi non sono quelli reali, perché il racconto era nato come
storia generale, ma direi che sia piuttosto chiaro a chi facciano
riferimento... Spero di leggere qualche vostro commento,
perché ne avrei davvero bisogno...
Lots of Love xx
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** 23rd August 2013 ***
23rd
August 2013
Era tutto finito.
I ragazzi se ne erano andati da più di dieci ore, dato che
era appena passata la mezzanotte. Lo sapeva solo perché
aveva udito le infermiere fuori dalla sua camera darsi il cambio in
accettazione, dato che il buio che c'era davanti i suoi occhi era
sempre lo stesso, immutabile, da ormai tre giorni. Quando Mia e Karen
erano tornate nella sua stanza, dopo che i ragazzi se ne erano andati,
Lexi aveva fatto di tutto per non ascoltarle: non voleva sentire i
pigolii di sua madre su quanto quei cinque fossero adorabili; non
voleva ascoltare nessuna delle considerazioni che andavano dal cinico
all'adorante di Mia; ma soprattutto non voleva minimamente percepire
alcun accenno che riguardasse Lucas e Sophia. Solo pensare a loro le
faceva venir voglia di fare un passo avanti verso quella luce bianca
che continuava ad illuminare quel tunnel che la teneva intrappolata da
ormai troppo tempo.
“E' tutto finito...”.
Questo pensiero era stato l'unico a riempire la sua mente stanca ma
incapace di spegnersi, da quando i The Rush erano usciti dalla porta di
quella odiosa camera d'ospedale. Ed era per colpa di quell'insidioso
pensiero che, benché fosse scoccata la mezzanotte da un
pezzo, ancora non riusciva a dormire.
“Non ci posso credere di essere stata così
stupida... Insomma, sto per laurearmi in Storia e la mia media
ponderata è del 29.4! So a memoria gli alberi genealogici di
tutte le dinastie succedutesi al trono dell'Impero Giapponese!! Sono
una ragazza intelligente, per l'amor di dio, come cavolo ho fatto ad
essere così cretina?! Non è possibile... Siamo
sinceri: io capisco che nella mia adolescenza non ero proprio un fiore,
che avevo i brufoli e che i capelli sembravano un pagliaio con galline
in rivolta... Ma non ricordarsi completamente di me?! Lo so, non ero
popolare e la tappezzeria aveva più contatti di me con lui,
ma non pensavo di essere stata trasparente!!...”.
Forse era proprio quello che la feriva di più: il fatto che
Lucas non si fosse ricordato di lei. Come se tutta la fatica che aveva
fatto per seguirlo in quegli anni di scuola assieme fosse stata buttata
all'aria, per cosa? Per orde di fan impazzite, per concerti ogni notte
in una parte di mondo diversa, per una fidanza che sembrava la
reincarnazione della bellezza decantata dai poeti.
“Beh, forse anche io non mi sarei ricordata di me stessa se
ogni giorno vedessi migliaia di facce diverse e incontrassi centinaia
di persone che si aspettano che mi ricordi di loro... E poi, siamo
realisti: per quale motivazione si sarebbe dovuto ricordare di me? In
fin dei conti non ho nulla di particolare, sono una banalissima ragazza
di Southampton che vive con la sua migliore amica con le punte dei
capelli blu, con dei genitori divorziati ma ancora perdutamente
innamorati l'uno dell'altra, e una fissazione preoccupante per una boy
band di ventenni... Ah giusto: e che ha passato gli ultimi undici anni
della propria vita a sperare che un giorno, tutto questo, sarebbe stato
ricompensato da un suo bacio... Certo, altro che laurea in Storia...
Sono una deficiente completa...”.
Evidentemente qualche altra lacrima era scesa sulle sue guance, dato
che l'infermiera che periodicamente andava a controllare le sue
funzioni vitali, le disse:
-Ehi piccola! A me sembra che piangi un po' troppo spesso per la tua
giovane età... Non ti preoccupare, tornerai presto con
noi... E vedrai che tutto si sistemerà...
Non seppe perché, ma le parole affettuose di
quell'infermiera e la delicatezza con cui stava raccogliendo quelle
lacrime che sarebbero dovute restare segrete, la rincuorarono un poco e
Lexi riuscì finalmente ad abbandonarsi all'ennesimo sonno
senza sogni. Il rumore di un sacchetto di carta che veniva
accartocciato e lanciato contro quello che dedusse essere il cestino,
la svegliò e le fece sapere che non era più la
sola a riempire quella stanza.
-Allora... Cosa mi racconti di bello oggi, cara la mia Lexi??
La voce squillante della sua migliore amica sembrava impegnata nel
farsi strada tra quella che, senza ombra di dubbio, era una brioche
alla cioccolata. Conosceva quella ragazza da qualcosa come
un'eternità e non c'era stata mattina in cui non avesse
fatto colazione con il suo amato croissant straripante di crema al
cioccolato.
“E non ingrassa... Mai!”.
-Sai, penso che oggi venga qui tuo padre... Ieri ho sentito qualche
pezzo di una chiamata di tua madre con lui... Ma dimmi: si amano ancora
quei due, vero?? Kitty è solo una banale copertura per non
ho ancora bene capito cosa... Si vede lontano un miglio che a tuo padre
non piace...
“Non dirlo a me Mia... Io sono anni che tento di far aprire
gli occhi ad entrambi ma sembrano voler rimanere ciechi di fronte al
loro amore... Ma si può sapere perché diamine le
rispondo se tanto non sente un tubo di quello che dico??”.
-Spero solo che non si porti dietro quel fantoccio di tuo fratello,
perché sul serio non lo potrei reggere... Poi, non capisco
proprio come faccia ad avere così tanta autostima quel
ragazzo, quando in giro ci sono essere viventi come quel Hugh... Ma
dico: l'hai visto?!
“Si, Mia e meglio di te anche, ma ora potremmo sorvolare il
discorso The Rush? Sai, sarebbe ancora una ferita aperta...”.
-Cioè lancia di quegli sguardi che ti tramortiscono al suolo
anche se non sei una quindicenne con l'ormone impazzito! Senza offesa
logicamente...
“Vai tranquilla, tanto ormai... Peggio di
così...”.
-Allora: come sta la mia sorellina preferita?
David Golder fece la sua plateale entrata con in mano un mazzo di fiori
che per poco non gli cadde dalle mani quando vide la scena che gli si
presentò davanti: quella stramba della migliore amica di
Lexi, che al momento aveva indosso una gonna scozzese, i Doc Martins
consunti ed una camicetta bianca, che la facevano somigliare
terribilmente ad un manga giapponese, stava tranquillamente mangiando
una brioche sul letto d'ospedale di Lexi. Per di più lo
fulminò non solo con lo sguardo, ma anche con una delle sue
solite battute sarcastiche.
-Anche perché non ne hai altre.
-Come scusa?
-Ma sul serio: come fa ad avere così tanta autostima tuo
fratello? Comunque ho detto che per forza è la tua preferita
dato che non hai altre sorelle... Si chiama ironia, la conosci?
-Sì, la conosco, ma non riesco ad utilizzarla
così presto la mattina... Ma a quanto pare tu sei bravissima
in questo, dato il tuo incredibile livello di acidità.
-Si dà il caso che il mio “incredibile livello di
acidità”, come l'hai chiamato tu, ieri mi abbia
permesso di avere, oltre che uno svariato numero di sorrisi da parte di
Hugh, anche il suo numero di telefono!
Mia non seppe se fecero più rumore i fiori che David aveva
in mano quando caddero dalla sua presa per schiantarsi sopra il vassoio
contenete le fiale delle flebo per sua sorella, rovesciandolo tutto,
oppure le macchine che controllavano i battiti cardiaci di Lexi, che
sembravano essere impazzite.
“Cosa?! Le ha lasciato il numero?!”.
-Ti ha chiesto il numero?!
“Ehi fratellone: che diavolo centri tu in questa
conversazione?”.
-Esatto. Non serve che mi guardi con quella faccia da triglia! Mi ha
detto che così poteva tenersi informato sulle condizioni di
Lexi e, al tempo stesso, conoscere una ragazza ironica ed intrigante
come la sottoscritta...
Aveva calcato volontariamente i due aggettivi con cui quella bellezza
ambulante di Hugh l'aveva descritta, forse perché non le
sembrava ancora vero o perché un po' l'aveva fatta sentire
più bella, benché non avesse bisogno che fosse
lui a dirglielo, e magari per irritare ulteriormente quel saccente del
fratello della sua migliore amica che continuava a fissarla come se
fosse appena sbarcata da Venere.
“Ironica? Intrigante?! Ma che cavolo... Voglio dire, che
figata, ma Hugh e Mia?! Ma si è per caso capovolto il mondo
mentre io ero bloccata qui ed ora gli opposti si attraggono? E poi tu
non eri quella de: Le boy band? Io? Ma stai scherzando vero?! Sono solo
dei bambocci che al posto di disegnare su un foglio di carta come tutti
quelli della loro età, si tatuano di tutto sulla pelle!!
...”
-Pensa che mi ha persino detto che non devo pensare male...
Sì, insomma, che stia sfruttando la tua situazione come
semplice pretesto per sentirmi... Ha detto che ci tiene sul serio a
sapere come stai ed infatti questa mattina mi ha mandato il buongiorno
e mi ha subito domandato come stessi oggi. Al che gli ho risposto
che...
-Ma sul serio ti ha chiesto il numero??
“Oh mamma, vai avanti David! Noi stiamo già
risolvendo il problema di come si vestirà Mia per il loro
primo appuntamento e tu sei ancora che metabolizzi il fatto che le ha
domandato il numero? L'ho sempre detto che quella sveglia dei due sono
io... Allora: tu cosa gli hai risposto?!”.
-David ma non hai qualche industria da salvare con le tue doti da super
manager, oggi, così ti levi di torno?? Comunque, io gli ho
risposto che appena sarei arrivata in ospedale gli avrei fatto sapere
come stavi e lui mi ha detto che avrebbe aspettato tue notizie, ma che
intanto potevo dirgli come stavo io... Ti rendi conto?! E'
così dolce... Insomma, ci siamo scambiati solo qualche
messaggio ma è veramente attento ad ogni minimo particolare!
Pensa che prima mi ha detto che...
-Ma quindi tu gli hai dato il tuo di numero... Giusto?
“Oh sante flebo che mi cibano ogni giorno e mi faranno
diventare una balena arenata, ma cosa ho fatto di male per avere lui
come fratello?! Mia, ti prego, ignoralo e vai avanti...”.
Come se avesse capito quello che passava per la testa dell'amica, Mia
si sistemò meglio sulla sedia imbottita su cui era seduta e
prese la mano sinistra di Mia tra le sue, stringendola sempre di
più, man mano che il racconto procedeva.
-Ribadisco: vai a salvare qualche azienda in fin di vita e lasciami
raccontare a tua sorella quanto adorabile sia quel ragazzo! Insomma, ti
stavo dicendo... Prima mi ha scritto che gli piacciono da morire i
bracciali di canapa che avevo su ieri e che ne vorrebbe uno anche
lui... Ora, tu sai che cosa dicevo io circa i braccialetti di canapa,
vero?
“Che il primo che si fosse accorto di che materiale fossero
fatti, senza scambiarlo per del banale ed obbrobrioso cuoio, lo avresti
sposato... Sì, mi ricordo...”.
-Bene, lui se ne è accorto, quindi vuol dire che...
-Cosa dici tu sui braccialetti di cuoio?
“Mmm... Ma cos'hai dentro la testa David, coniglietti che
mangiano carote? Che immagine carina però... Basta, sto
divagando...”.
-Ecco, appunto... Poi mi chiedi perché non lo sopporto Lexi.
Ma dico, lo senti? Comunque, questo vuol dire che lui è
quello giusto capisci?!
In quel momento, mentre la presa sulla mano di Lexi stava quasi
diventando insopportabile, o almeno così pensava, dato che
sentiva diventare sempre più umidicce le mani dell'amica,
con ogni probabilità per lo sforzo di stringere, David si
riprese dal suo status di shock o ci cadde definitivamente dentro,
questo non lo sapeva bene nemmeno lui.
-Ma quello giusto per cosa?! Per fare di te l'ennesima tipa che si
porterà a letto senza neanche ricordarsi il tuo nome il
giorno dopo?! Ma cosa ti passa per la testa?! Quello vuole una sola
cosa da te e non sono di certo degli stupidi braccialetti di cuoio!
Lexi sentì il rumore della sedia che veniva trascinata sulle
piastrelle del pavimento, segno che Mia si era alzata, pronta a
fronteggiare quel cretino di suo fratello.
-Primo: i miei braccialetti non sono per niente stupidi e sono di
canapa! Secondo: che te ne frega a te se mi vuole solo portare a
letto?!
Stava praticamente urlando e la risposta che ricevette non fu data con
un'intenzione molto diversa.
-Me ne frega invece!!
David si pentì immediatamente di quello che aveva appena
detto, soprattutto quando nella stanza calò un silenzio
assordante, rotto unicamente dal suo respiro affannato, che riusciva a
sovrastare anche l'elettrocardiogramma che monitorava il cuore di Lexi.
Mia lo stava guardando con i suoi spettacolari occhi azzurri
spalancati, mentre il ventilatore accesso sopra le loro teste, faceva
svolazzare leggermente i capelli biondi, tanto che quelle punte blu gli
sembrarono i tentacoli di una splendida creatura del mare.
“Cosa?!”.
-Cosa?!
David si riprese da quelle fantasie decisamente inusuali per uno come
lui e cercò un modo per salvare quella situazione
imbarazzante in cui si era cacciato da solo. Fortuna che anni e anni di
bugie raccontate a clienti di tutto il mondo lo avevano temprato nel
mentire in maniera più che convincente.
-Certo che me ne frega... Sei la migliore amica di Lexi, è
come se fossi anche mia sorella... Insomma, mi sento in dovere di
tenere sott'occhio anche te.
Mia, per qualche ragione che le sfuggiva, a quelle parole si
rabbuiò non poco, forse perché le aveva appena
detto che la riteneva una bambina, o che dal suo punto di vista non era
capace di badare a sé stessa, quando invece era
dall'età di dieci anni che mandava avanti la sua vita da
sola, dato che sua madre era sempre stata troppo impegnata con la sua
importantissima carriera. Di una cosa era certa: non aveva
più voglia di restare nella stessa stanza con quel ragazzo
e, benché le dispiacesse per Lexi, prese la sua borsa da
terra e fece per andarsene.
-Bene, dato che secondo tuo fratello non sono capace di badare a me
stessa, vorrà dire che andrò a cercarmi un
baby-sitter... Magari che sia alto, moro, con degli occhi verdi
stupendi, che faccia il cantante e non abbia paura di avere a che fare
con una bambina!! Ci vediamo Lexi!
David fu travolto non solo da una furia tutta gonna scozzese e scarponi
da battaglia, ma anche da una folata di quel profumo alla vaniglia che
Mia portava da quando era piccola, quando ancora giocava con Lexi sulle
scale del porticato di casa, urlandogli contro perché lui si
divertiva a vivisezionare gli animali.
“Grazie mille David... Quando avrai finito di rovinare la mia
vita, dimmi pure, così comincio a raccogliere i
pezzi... No, aspetta, ormai non c'è proprio più
nulla da raccogliere...”.
Non riusciva a farne a meno: da quando i ragazzi erano usciti da quella
maledettissima porta che lei non poteva nemmeno vedere, non aveva fatto
altro che fare pensieri di quel tipo. Non ne poteva più di
non poter parlare, muoversi, anche solo ricambiare uno sguardo di sua
mamma o di Mia. Era stanca di quella situazione e voleva svegliarsi per
cambiare tutto della sua vita.
“Magari Matt non è così male come
sembra... Forse è un po' troppo fatto per i miei gusti, ma
si può cambiare per la persona che si ama, no?
Già, se mai lui sappia che cosa sia l'amore...”.
Un rumore sommesso alla sua sinistra, attirò la sua
attenzione: era come se qualcuno si stesse passando le mani tra i
capelli torturandoseli nervosamente, dopo essersi seduto sulla sedia
lasciata vuota da Mia.
-Ma si può sapere come fai?
“Fratellone: ma che ti sei fumato tu sta volta?”.
-Sul serio: come fai a farti amare dalle persone?
“Guarda che mi sa tanto che hai sbagliato interlocutore,
David... Io sono tutto fuorché la persona adatta con cui
parlare di queste cose... Ti basti sapere che ho una sola amica e il
resto del mondo non sa nemmeno della mia esistenza...”.
-Sì, insomma... Io sono un bel ragazzo...
“Di certo non ti manca l'autostima...”.
-Simpatico anche e sicuramente bravo nel mio lavoro... Ma la gente non
mi ama... Tu invece...
“Giuro che se comincia ad insultarmi lo picchio, fossi anche
costretta a farlo utilizzando la telecinesi, colpendolo con il braccio
di ferro che tiene su la flebo... Non è giornata, David, sul
serio...”.
-Tu invece conquisti le persone... Nonostante tutto...
“Lascio stare tutti i sottintesi a questa tua ultima frase,
perché mi sembri abbastanza scosso ed io sono sempre la tua
adorata sorellina minore...”.
-Voglio dire: mamma ti ama come la sua stessa vita, papà non
riesce a stare senza sapere come sta la sua piccolina per
più di due giorni... Mia, sarà anche pazza, ma lo
vedrebbe anche un cieco che ti vuole un bene dell'anima... Poi, ora,
persino quei tipi famosi sembrano essere diventati i tuoi
migliori amici! Dovresti vedere che cosa non hanno detto sul tuo gesto
eroico...
“Cosa?!... Come?!... Cosa hanno detto di me i The Rush?!
Perché nessuno mi riporta mai nulla! Io voglio sapere che
cosa hanno detto sulla sottoscritta!!”.
-Che poi devi spiegarmi una cosa: per quale dannata motivazione ti sei
messa in mezzo alla traiettoria di quella pallottola?
“Sai, ero un po' stressata allora ho pensato che farmi
sparare addosso fosse un buon modo per farmi una vacanza tutta spesata
in ospedale... Certo, poi ci si è messo di mezzo il coma, ma
insomma, poteva andarmi peggio... Tipo una camera con un'anziana bavosa
che tossiva tutta la notte e che aveva nipotini urlanti ed altrettanto
bavosi che venivano a trovarla...”.
-Se davvero mi senti, so di per certo che avrai appena fatto un
commento sarcastico, ti conosco Lexi... Ma sul serio: perché
l'hai fatto?
“Già: perché l'ho fatto? Vuoi la
verità David? Perché volevo che l'unica persona
che io abbia mai amato, mi amasse a sua volta... Ma non è
andata esattamente come avevo progettato... Quindi, vedi, non
è vero che tutti mi amano...”.
La stanza era tornata ad essere silenziosa come lo era stata per tutta
la notte e la testa di Lexi si riempì di nuovo di pensieri
che non avrebbero dovuto esserci.
-Sai Lexi-Lex, mi manchi...
L'ultima volta che suo fratello l'aveva chiamata così era
stato quando i loro genitori si erano separati: David la stava tenendo
tra le braccia, coccolandola e rassicurandola, dopo che lei era
scappata nella sua cameretta tra le lacrime. Aveva undici anni e pochi
giorni dopo avrebbe incontrato Lucas per la prima volta. Sentiva gli
occhi color ambra di David sul suo corpo inerme e si rese conto che
anche a lei mancava terribilmente suo fratello: da quando aveva
cominciato a fare il manager in giro per il mondo i rapporti tra di
loro si erano raffreddati, tanto da non sentirsi se non per questioni
di vitale importanza. David aveva solo due anni più di Lexi,
ma per lei erano sempre sembrati abbastanza per proteggerla dal mondo,
fino a quando non si era resa conto che nemmeno suo fratello poteva
fare qualcosa per riempire il vuoto che il divorzio dei suoi genitori
aveva lasciato dentro di lei.
“Mi manchi anche tu Dav... Ma dovresti seriamente smetterla
di litigare con Mia... Sul serio: è una ragazza adorabile e
potreste andare molto d'accordo... Se tu imparassi ad apprezzare
l'ironia e lei decidesse di non mordere chiunque faccia qualche
commento su di lei, ma si può fare...”.
-Sai: ho come l'impressione che tu stia cercando di persuadermi ad
essere più buono... Soprattutto nei confronti di quella tua
amica strana...
“Adesso che mi ci fai pensare potrei scrivere un libro quando
tutto questo sarà finito e diventare la nuova life-coach
delle celebrities di Hollywood, con tutto quello che avrò
imparato da questa esperienza straordinaria... Sarò
l'esempio di come donare la propria vita agli altri, comodamente
immersa in una vasca idromassaggio che si affaccia sull'Oceano
Pacifico, mi sembra logico... Sempre se tutto questo finirà
mai...”.
-Dio, è tardissimo! Scusami Lexi, ma devo andare: le mie
aziende non si mantengo sulla cresta dell'onda da sole... Ci vediamo
nei prossimi giorni sorellina...
Erano anni, se non addirittura secoli, che suo fratello non le dava un
bacio sulla fronte e la cosa stupì non poco Lexi, che per i
minuti successivi si chiese se seriamente ci sarebbe stato mai qualcosa
capace di risvegliarla, dato che nemmeno la visita dei The Rush e
quelle confessioni amorevoli di suo fratello avevano sortito alcun
effetto. Aveva trascorso le seguenti cinque ore a rimuginare sopra gli
stessi pensieri e a tentare di captare qualche discorso interessante
delle infermiere che si davano il cambio nella sua stanza. Aveva
cominciato a mancarle persino il suo monotono lavoro alla libreria.
“Chissà se qualcuno ha avvisato il Signor
Finnigan... Chissà se si ricorderà da solo di
prendere le pastiglie per la pressione... Ogni volta le imbucava in
posto diverso assieme al cappello e poi mi toccava fare la caccia al
tesoro per ritrovarli. Almeno però passavo il tempo...
Cavolo, pensavo che non avrei mai detto una cosa del genere, ma mi
mancano i pomeriggi di pioggia passati a chiacchierare con
quell'adorabile e stralunato Signor Finnigan... In fin dei conti i suoi
racconti erano parecchio avvincenti, non so quanto attendibili, ma
almeno ti facevano sognare... Già, sognare...”.
Lexi si chiese da quanto tempo fosse che non faceva un sogno, uno di
quelli che poi ti ricordi anche quando ti svegli, che ti fanno
arrossire o battere il cuore al solo pensarci, un sogno vero. Poi le
venne in mente che ormai non sognava nemmeno più a occhi
aperti, dato che gli ultimi eventi non avevano fatto altro che
contraddirla. Era stanca di stare in quella situazione, aveva voglia di
uscire e andare da Starbucks a prendere una frappuccino pieno di panna
con Mia, ascoltando la filippica del giorno della sua migliore amica
circa qualche campagna per il sociale o per il mondo che avrebbero a
tutti i costi dovuto sostenere; aveva persino voglia di sentire i
discorsi strampalati che Matt le avrebbe fatto durante le lezioni del
Signor Roundtown, magari a proposito di qualche complotto alieno che
avrebbe fatto sparire tutti i dinosauri dalla faccia della terra; aveva
voglia anche solo di poter tornare nella sua stanza, mettersi su gli
auricolari, far partire le canzoni dei The Rush e scrivere qualsiasi
cosa le passasse per la testa.
Invece, niente: bloccata su un letto d'ospedale con un fratello in
crisi esistenziale, un'amica alle prese con un flirt da prima pagina,
una madre idolatrata da un dottore piuttosto lunatico e una delusione
d'amore che non sapeva nemmeno da che parte cominciare a metabolizzare.
“Fantastico, direi... Meglio di così non potrebbe
andare...”.
Poi sentì la porta della stanza aprirsi e due paia di
scarpe, uno da ginnastica e l'altro con il tacco, che percorrevano il
breve tratto di piastrelle per arrivare al suo capezzale.
“Quindi abbiamo visite... Strano, mi sembrava che mamma fosse
a lavoro oggi e che Mia tornasse nel tardo pomeriggio... Ma potrebbe
essere che abbia perso la cognizione del tempo... Qui è
tutto così uguale.”.
-Ciao Lexi...
“Non può essere! No, devo per forza avere le
allucinazioni... Non si può trattare di...”.
-Sono Lucas...
Se le avessero detto solo quattro giorni prima che Lucas Palmer le
avrebbe tenuto la mano in quella maniera, come se fosse un fiore raro
fatto di qualche cristallo fragilissimo, Lexi sarebbe scoppiata in una
grassa risata, ma a quanto sembrava il destino aveva deciso che
qualcosa dovesse pur andare per il verso giusto nella sua vita.
“E questo formicolio alle punta delle dita? Cosa dovrebbe
essere? Aspetta, ma questo significa che io sento le mie dita!! Sto
sentendo le mie dita, dopo tre giorni di nulla assoluto!! Oddio, sapevo
che saresti stato tu a salvarmi, Lucas!! Lo sapevo! Oh mamma mia: mi
sento le dita!!”.
-C'è anche un'altra persona che ci teneva a vederti...
“Sicuramente è una donna dal rumore delle scarpe,
magari è mamma Kristy che vuole ringraziarmi per aver
salvato la vita al figlio... O una delle sue due sorelle...”.
-Ciao Lexi...
“No... Sul serio: no! Lo fai apposta allora, chiunque tu sia
che dirigi questa enorme e per niente divertente farsa!
Perché proprio lei?! Perché??”.
-Sono Sophia, la ragazza di Lucas...
“Tranquilla, marca pure il territorio... Se vuoi puoi anche
fargli la pipì sulla gamba, ma non penso che le infermiere
ne sarebbero molto contente.”.
-Sai, ieri c'era un po' troppa gente qui ed eravamo tutti ancora un po'
frastornati, quindi abbiamo pensato di venirti a trovare solo noi due,
con un po' più di calma...
“Ma cos'è: gli hai tagliato la lingua, che adesso
parli anche per lui?!”.
-Vedi, volevamo veramente ringraziarti per quello che hai fatto, su
serio...
“Beh, carina, se siete venuti fin qui, interrompendo la mia
interessantissima sessione di contemplazione di quanto schifo faccia la
mia attuale situazione, solo per ringraziarmi ancora, vi assicuro che
potevate farne anche a meno...”.
-Tutta quella storia ci ha fatto capire quanto siamo importanti l'uno
per la vita dell'altro e questo è come se ci avesse aperto
gli occhi...
“Fateli smettere vi prego! Io non ce la faccio, sul serio!!
Adesso mi alzo e le stacco ad uno ad uno tutti quei fluenti e brillanti
capelli castani che si ritrova in testa! Basta, abbiate
pietà di me!!”.
Lexi sentì le mani formicolare come non mai, tanto che per
un attimo le sembrò anche che il suo indice si stesse
muovendo.
-Ti siamo debitori del nostro primo “ti amo”...
-E non potremmo mai smettere di ringraziarti per questo...
Dopo che Lucas ebbe detto quella frase, si bloccò tutto. Il
movimento della sua mano, il formicolio, il tumulto di pensieri che
stava occupando tutta la sua testa. Ogni cosa si fermò.
L'unica cosa che occupava la mente di Lexi era la sensazione di freddo
che quella lacrima sfuggita da chissà dove e per
chissà quale motivo, le stava lasciando sulla guancia.
“Si sono detti ti amo a causa mia... Si sono detti ti amo ...
Va bene, mi arrendo... Questa è seriamente la cosa
più dolce che io abbia mai sentito... Voglio dire: chi sono
io per dirvi che non dovete stare assieme? Almeno so di aver fatto
qualcosa di buono con questa grande genialata del mettermi in mezzo ad
un tentato omicidio... Quindi: andate, amatevi e chiamatemi per fare la
vostra damigella d'onore...”.
A dire il vero quella punta di sarcasmo non celava alcun tipo di
invidia, di risentimento o di cattiveria nei confronti della coppia che
era andata a trovarla e quella lacrima ne era la perfetta conferma,
semplicemente le sembrava veramente che l'universo avesse deciso di
giocare con lei e la sua vita. Non aveva alcun diritto di odiare ne
l'uno ne l'altra perché, in fin dei conti, nessuno dei due
sapeva quelli che erano i suoi reali sentimenti e con ogni
probabilità, se anche ne fossero stati a conoscenza,
sembravano davvero destinati ad amarsi. Le ci sarebbe solo voluto un
altro po' per accettare la cosa, ma ce l'avrebbe fatta.
-Scusate se vi disturbo, ma fuori si sta radunando una gruppo piuttosto
numeroso di fan e fotografi... Pensavo lo voleste sapere.
Una delle infermiere del reparto aveva affacciato la testa dalla porta
per poterli informare dell'inconveniente, proprio mentre la mano di
Lucas si spostava dalle dita di Lexi per andare ad intrecciarsi con
quella di Sophia.
-La ringrazio... Alle volte mi chiedo sul serio fino a che punto siano
disposte ad arrivare... Soph, io vado a chiamare Jason e gli dico di
venirci a prendere all'entrata laterale... Ci vediamo Lexi...
I suoi passi riecheggiarono per la stanza dove era calato un silenzio
surreale, come se a dividere le due ragazze non ci fosse solo il fatto
che una delle due fosse in coma, ma proprio una muraglia di imbarazzo e
indecisione, che solo un moto di coraggio di Sophia riuscì a
spezzare.
-E va bene... Io posso immaginare il vero motivo per cui tu gli abbia
salvato la vita... Lo sappiamo sia tu che io che l'hai fatto solo per
Lucas ed è per questo che non posso che essere in
debito con te, probabilmente per tutta la vita, se sarò
tanto fortunata... Io lo amo veramente Lexi ed è solo grazie
a te se ora so che lui prova lo stesso... Quindi, sì...
Spero solo che tu possa essere felice per noi, per quello che hai
creato... Grazie Lexi...
Le dita sottili di Sophia sfiorarono leggermente il dorso della mano
fredda della ragazza distesa di fronte a lei, per poi uscire
silenziosamente dalla stanza, raggiungendo il suo Lucas.
“Già: il suo Lucas... La vuoi sapere una cosa,
chiunque ci sia ad ascoltarmi? Sono felice per loro... In fondo quella
ragazza sembra davvero presa da lui e per di più
è oggettivamente impossibile odiarla... Almeno avesse avuto
qualche difetto, ma niente! La perfezione fatta persona! La
reincarnazione della donna che ogni uomo vorrebbe avere al proprio
fianco!!.. Okay, la smetto... Sul serio: evidentemente era destino che
dovessero stare assieme, altrimenti la pallottola non avrebbe colpito
me ed ora magari Lucas starebbe piangendo la perdita della sua anima
gemella o un intero fandom si starebbe disperando per la prematura
scomparsa di un componente della band... Non ci voglio nemmeno
pensare... Meglio così... Almeno ora ho qualcosa da prendere
come punto di partenza per il lunghissimo processo di metabolizzazione
della delusione d'amore che mi sono appena presa... Sempre meglio di
niente, no?... Ma allora perché la luce si è
fatta un poco più vicina??”.
Hi sweetheart!
sono viva (circa,
meno, quasi...) e questo è un nuovo capitolo dove, siamo
onesti: la vita di Lexi fa sempre più schifo... Credo che
meriti un piccolo commento solo per sottolinearne il livello cosmico di
diststro, no?
Grazie per esser
arrivati a leggere fin qui **
Lots Of
Love xx
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** 24th August 2013 ***
24th
August 2013
Quando Morgan entrò nella stanza della figlia,
trovò l'ambiente completamente diverso da come lo aveva
visto il primo giorno in cui era stata ricoverata: sembrava che vi
fosse esploso un arcobaleno. Con ogni probabilità, Mia e
Karen erano passate per di là ed avevano apportato il loro
“tocco personale”, ma gli sembrava quasi
impossibile che due sole donne potessero portare dentro tante
cianfrusaglie come quelle che stavano soffocando quella stanza, un
tempo asettica. Decise di dare un'occhiata in giro e si rese conto che
non erano di Karen o di Mia tutti quei rigali e pensierini, ma di
ragazze e ragazzi di cui non aveva mai sentito il nome. Fu solo allora
che gli venne in mente l'articolo che aveva letto sulla prima pagina
del giornale nazionale quella mattina, al bar, tanto da chiedere a
Scott, il barista, se poteva lasciarglielo. Una foto piuttosto vecchia
di Lexi campeggiava a metà pagina, circondata da titoli a
caratteri cubitali che lodavano il suo gesto e da testimonianze di
“persone vicine alla ragazza”, di cui Morgan non
aveva mai sentito parlare. Sulla pagina affianco troneggiava una foto
enorme di quei cinque cantanti che piacevano tanto a sua figlia,
correlata dalle loro sensazioni circa la visita in ospedale che le
avevano fatto due giorni prima. Morgan non ne aveva voluto sapere di
prendere parte a quella farsa, poiché era esattamente
così che la riteneva: una banalissima trovata pubblicitaria,
che sarebbe venuta in mente anche al più pivello degli
agenti del mondo dello spettacolo. Così, lui aveva deciso di
starsene a casa e di aspettare che le acque attorno a sua figlia si
calmassero, benché anche quel pomeriggio avesse dovuto
pedinare due giornalisti che si erano appostati fuori dalle porte
dell'ospedale. Non riusciva a capire perché ci fosse tutto
quell'interesse morboso per la storia di Lexi, ma soprattutto non
riusciva a capire per quale dannatissima motivazione sua figlia avrebbe
dovuto fare un atto del genere, mettendo in pericolo la sua stessa
vita, per quella di chi? Di un qualsiasi cantante egocentrico e
montato, di cui nessuno si sarebbe ricordato più il nome
nell'arco di qualche anno? Gli sfuggiva sul serio il motivo della sua
scelta, così quando si sedette sulla scomoda poltrona di
pelle che era affianco al letto di Lexi, le prese una mano tra le sue,
stringendola un po' per farle sentire che fosse lì.
-Vorrei tanto mi dicessi il perché...
La voce preoccupata, stanca e con un accenno di rabbia di suo padre,
fece risvegliare Lexi dallo stato di dormiveglia in cui era caduta da
quando anche Sophia aveva lasciato la sua stanza un giorno prima. Non
le serviva alcuna spiegazione circa l'affermazione che Morgan aveva
fatto, carezzandole dolcemente il palmo della mano, dato che era
pienamente cosciente a che cosa si stesse riferendo. D'altra parte
gliel'aveva chiesto chiunque il motivo di quel gesto “eroico
e sconsiderato”, come lo avevano descritto tutti: da sua
mamma a Mia, da Sophia a suo fratello David. Persino l'infermiera che
si occupava più spesso delle sue flebo, quella stessa
mattina, le aveva rivolto la fatidica domanda e, sinceramente, ormai,
Lexi non sapeva più che cosa rispondere. Aveva pensato che
mettersi in mezzo alla traiettoria di quella pallottola fosse la cosa
giusta da fare, per un'infinita serie di motivi che però,
più li sciorinava al mondo, più le sembravano
sciocchi, inutili o addirittura sbagliati.
-Potevi lasciare tua mamma da sola... E anche Mia... E pure me...
Persino David ha bisogno di te!
Quella vena di rabbia che fino a prima Morgan era riuscito a contenere
e celare malamente, con quell'ultima frase era emersa del tutto: non
poteva credere che sua figlia fosse stata seriamente intenzionata a
gettare all'aria la sua vita per quella di una persona di cui non
sapeva nulla. Certo, poteva essere una ragazza estremamente altruista,
ma questo superava ogni limite per lui.
-Insomma: non hai pensato a noi?! A che cosa avremmo fatto se non fossi
stata così fortunata da cavartela con il coma?! Che poi,
è tutto da vedere, perché potresti anche non
essere più tu quando ti risveglierai... Io... Io non capisco
Lexi...
Sentì chiaramente la voce di suo padre incrinarsi e
l'istinto di alzare una mano per raccogliere quelle lacrime che stavano
rigando le sue guance segnate dagli anni, ma ancora rosee, si fece
quasi insopportabile. Ma Lexi non riusciva a muovere neanche un muscolo
e l'unica cosa che le rimaneva da fare era quella di pensare e sperare
che suo padre percepisse i suoi pensieri.
“Scusami papà... Non c'ho pensato... A dire il
vero ho pensato a un sacco di cose mentre tutto avveniva, ma non mi
siete mai venuti in mente voi o quali sarebbero potute essere le
conseguenze... Il ché non è molto normale, ora
che ci penso...”.
-Sul serio Lexi: io spero solo che tu sappia quanto sei importante per
me, la mamma, David e tutte le persone che ti vogliono bene...
“Papà basta che aggiungi Mia alla lista e siamo
apposto... Matt non penso riesca nemmeno a distinguere sua nonna dalla
sua ragazza tanto è fumato, quindi non credo possa far
testo... Okay, questo è piuttosto inquietante...”.
-E non dire che ce ne sono poche, perché oggi, mentre
accompagnavo Kitty dalla parrucchiera, e non fare battute cattive
perché ti conosco Lexi... Comunque mentre l'accompagnavo, mi
hanno fermato in cinque per chiedermi come stavi...
“Ma come fanno tutti a sapere che sto per fare qualche
commentino ironico? Sono veramente così tanto prevedibile?
Memo a me stessa per quando tornerò nel mondo dei vivi:
smetterla di essere ripetitiva e prevedibile come una canzone dei The
Wanted... Magari potrei diventare molto più diplomatica e al
posto di usare il mio sarcasmo, dare delle risposte molto politically
correct da far invidia alla Regina Elisabetta al tempo dello scandalo
di Carlo e Camilla...”.
-E a quanto pare ora sei il nuovo idolo di milioni di ragazzine in giro
per il mondo... Insomma, a quanto dice questo pupazzo a forma di carota
sei “La Miglior Fan Del Mondo”...
Non riuscì a trattenere una risata mentre rimetteva al
proprio posto, sul mobiletto, quel regalo sbucato da chissà
dove e fatto da chissà quale ragazzina persa per la stessa
band che piaceva a sua figlia.
-Io non so perché tu abbia messo in pericolo la tua vita per
quel ragazzo, ma spero solo una cosa Lexi: che tu sappia quanto ti
vogliamo tutti bene e che niente potrebbe rendere la nostra vita
invivibile come il fatto di perderti... Quindi, la prossima volta che
deciderai di salvare la vita a qualcuno, cerca di farlo solo se sei
sicura di non rischiare la tua...
Un leggero bacio si posò sulla sua fronte: Lexi
ricordò le labbra di suo padre come se fosse stato ieri,
quando, ancora nella sua casa a Southampton, aspettava ogni sera il
bacio della buona notte dai suoi genitori ed inspiegabilmente le
tornò in mente quello dello sconosciuto.
-Bene: chiariti questi punti di minor importanza, passiamo alle cose
essenziali... Lo sai che cosa mi ha detto quel tronfio del mio capo
oggi?!...
Suo padre cominciò la sua solita filippica su quanto fosse
perfido ed incapace il suo capo, circa quanto non capisse il reale
potenziale della sua invenzione per le energie rinnovabili, eccetera,
eccetera, eccetera, ma la testa di Lexi si era bloccata su un pensiero
che sembrava essersi incastrato tra i suoi pochi neuroni sani.
“Perché diamine non mi sono venuti in mente loro?
Sì, insomma: come mai non ho pensato, nemmeno per un attimo,
che sarei potuta morire pure io e che li avrei abbandonati?... Avanti
non può essere... Non posso aver così poca
considerazione della mia stessa vita... Pensa Lexi: che cosa ti
è passato per la testa in quel momento?”. Le
immagini riaffiorarono alla sua mente, questa volta però
senza spaventarla come era accaduto quando si era accorta di che cosa
le fosse successo, e scandagliò ogni singolo istante alla
disperata ricerca di un dettaglio, un particolare che le permettesse di
non credere a quel dubbio che la tormentava. Le tornò
davanti agli occhi lo scintillio della pistola, il rumore dello sparo,
l'aver pensato che era strano come nessuno facesse nulla, che nessuno
avesse mai visto una puntata di C.S.I e che non si accorgesse di come
quell'aggeggio fosse vero... Poi rivide i suoi piedi scattare, la
consapevolezza di non essere un asso nel santo in alto ma nella corsa
sì, il dolore lancinante alla spalla e tutte quelle
meravigliose sensazioni non appena il suo sguardo si era incrociato con
quello di Lucas. In quel momento una sola consapevolezza aveva riempito
la sua mente: ce l'aveva fatta, aveva finalmente incrociato quegli
occhi nocciola che aveva sospirato per gli ultimi undici anni e si
sentiva stranamente orgogliosa di sé stessa, per aver
portato a termine qualcosa nella sua vita e dannatamente viva.
Poi più nulla, il buio più completo.
Le sembrava ci fosse qualcos'altro da ricordare, ma non le sovveniva e
al momento non le importava più di tanto.
“Oddio che cretina... Davvero... Ma che cosa ho dentro la
testa? Stavo per gettare alle ortiche la mia vita... Dico, capisco che
non sono un capo di stato e nemmeno una cantante con milioni di fan al
seguito, ma è la mia vita! E' importante! O almeno dovrebbe
esserlo... Ma cosa c'è di sbagliato in me?... E poi
perché quella luce si è fatta ancora
più vicina? Sono tre giorni che chiedo che questo posto si
illumini un po' ed ora, in poche ore, si avvicina così
sfacciatamente? Adesso capisco che cosa dovevano provare quelli che
sono stati al Grande Fratello: ti senti una cavia da laboratorio, non
hai il controllo su nulla... Non puoi nemmeno decidere spontaneamente
di correre sulla ruota... Memo a me stessa per quando mi
sveglierò: appoggiare Mia nella sua prossima crociata per
salvare qualsiasi tipo di animale, carino o meno, che sia costretto in
un laboratorio...”.
Mentre Lexi si stava perdendo nei meandri dei suoi pensieri sempre
più sconclusionati, Morgan aveva concluso il suo discorso e
si stava apprestando per tornare a lavoro.
-Allora Lexi, ci sentiamo! Tua mamma mi ha detto che tra qualche ora
dovrebbe arrivare Mia, quindi non ti preoccupare che non ti lasciamo da
sola... Ma tu non lasciare soli noi... A domani...
Le diede un bacio sulla fronte e le carezzò amorevolmente
una guancia, per poi uscire dalla stanza. Lexi si ritrovò da
sola e si rese conto che non aveva minimamente degnato suo padre di un
briciolo di attenzione, ma era scusata: il suo cervello stava cercando
di trovare una giustificazione a tutta quella situazione.
Così lasciò che anche le seguenti due ore
trascorressero in balia della tempesta che aveva in testa, fino a
quando non sentì la voce squillante di Mia, provenire dal
corridoio.
-Senta, la vuole smettere di dirmi che cosa posso e non posso fare?! Si
tratta della mia migliore amica e se questo può aiutarla,
stia pur certo che io lo farò!!
Detto questo, Lexi udì un tonfo secco che
l'avvertì dell'arrivo di Mia nella sua stanza, con cotanto
di porta sbattuta in faccia a quello che non poteva essere altri che il
dottor Lawson.
-Ti giuro che io, quell'uomo, non lo sopporto! E' capace di rovinarmi
anche una bella giornata come questa!
“Una bella giornata come questa? Mia, ma ti senti
bene??”.
Mia appoggiò su uno dei mobiletti vicino al letto le casse
per l'I-pod che si era portata dietro direttamente dal loro
appartamento a Lexington Street, facendo cadere qualche pupazzo e
qualche biglietto di auguri, creando un trambusto enorme.
-Tutto bene qui?
La voce dell'infermiera che si era occupata di lei la notte precedente
attirò l'attenzione di Mia, che si voltò verso la
porta e le rispose sorridendo.
-Sì, sì... Grazie...
La porta si richiuse e Mia si lasciò cadere pesantemente
sulla poltrona che fino a qualche ora prima era occupata dal signor
Golder, lasciandosi andare ad un fiume di parole. -Oh mamma mia!! Lexi
non puoi capire: Hugh mi ha scritto per tutta la giornata!! Tutto
è cominciato parlando delle tue condizioni, poi di quanto tu
sia stata coraggiosa, al ché gli ho detto che tu sei una
loro fan da sempre, che tu sei stata una delle prime ragazze ad
aspettarli fuori dagli studi televisivi... E lui mi ha scritto che
infatti il tuo viso gli era familiare!!
“Caro Hugh... Le balle che inventa lui per provarci con una
ragazza sono senza fine...”.
-Ah, tranquilla: non gli ho detto nulla del tuo amore spassionato e
ossessivo per Lucas, anche perché penso sia abbastanza
pettegolo e che sarebbe corso a dirglielo...
“E per fortuna che non ci prova Lewis con te... Lui
sì, che è peggio del The Sun...”.
-Comunque, dopo un po' di chiacchiere banali...
“Tranquilla Mia: effettivamente, la mia salute, è
piuttosto banale... Nulla di ché... Non sono nemmeno distesa
su un letto d'ospedale ormai più di là che di
qua...”.
-Non che le tue condizioni non siano importanti, anzi,
però... Insomma, hai capito quello che volevo dire... Sta di
fatto che ad un certo punto mi dice che sentirci per messaggio gli
sembrava una cosa da adolescenti e che, visto che lui è a
Londra ancora per un po', potevamo vederci di persona. Ed io cosa
faccio: gli dico di no?! Ma certo che no!! Sarei stata un'idiota!!
“Ma che diamine... Bloccate questa giostra e fatemi scendere:
ora! Da quando in qua Mia esce con Hugh... Cioè, ma che
cavolo succede nel mondo??”.
-Sta di fatto che l'ho raggiunto per un caffè a casa sua...
E non fare la finta moralista che vedo già la tua predica
sul fatto che non si va mai a casa di un uomo al primo appuntamento,
perché: uno, non era un appuntamento e due, il luogo
è stato scelto per evitare giornalisti e fan, che da quando
è successo l'incidente, li stanno letteralmente tormentando.
Mia si sistemò meglio sulla poltrona, incrociando le gambe
sotto il sedere, incurante che i suoi inseparabili stivali fossero a
contatto con la superficie di pelle.
-Sai, non deve essere per niente facile convivere con tutta quella
fama... A me Hugh è sembrato estremamente solo, non fosse
per i ragazzi logico...
“Bene, il passo successivo sarà quello di vedere
volare dei maiali e sentire David che partecipa ad un'occasione di
famiglia senza dire che non può venire per
improrogabili-impegni-di-lavoro... Da quando in qua Mia fa dei discorsi
da fan devota, che nemmeno la sottoscritta potrebbe fare?”.
-Comunque, sono andata a bere questo benedettissimo caffè e,
ragazza mia, la sua casa è meravigliosa: semplice ma
estremamente personale.... Ci sono un sacco di opere d'arte moderna,
infatti mi ha detto che gli piace da pazzi andare a comprare creazioni
alle mostre... Altro che tuo fratello che mi ha preso in giro per dieci
giorni quando ha scoperto che avevo pagato 2000 sterline per un vaso di
uno degli artisti più avanguardisti del momento!
“Eccetto che sia risaputo come David sia un cretino, mi
preoccupa alquanto il fatto che nella mia mente si stia facendo largo
un'immagine piuttosto sdolcinata: tu e Hugh che guardate adoranti un
ammasso di ferraglia e gomma piuma che credete essere una grande opera
d'arte, mentre vi tenete per mano e vi sorridete... Giuro che se si
avvera, vado a fare la chiromante in un circo!”.
-Ma arriviamo al punto principale: ci siamo seduti sul suo divano di
pelle nera, con due tazze di caffè fumante, nonostante sia
Agosto, lui bello come non mai... Io ti giuro che non avrei mai pensato
di potermi infatuare di una super star internazionale, che fa urlare
milioni di ragazzine in preda agli ormoni e che per poco non mi faceva
uccidere da un armadio a quattro ante con spazio per le coperte durante
la premiere del suo primo film... Non è da me!! Ma lui non
è solo questo: è un ragazzo dolcissimo ed
intelligente ed estremamente interessante... Lexi: è tutta
colpa tua!!
“Cosa?! Che?! Ma si può sapere perché
una che sta realizzando il sogno di orde di ragazze in giro per il
mondo deve lamentarsi con me?! Ma dico Mia sei cretina o cosa??
Svegliati cara: è la volta buona che puoi trovare qualcuno
che sia non solo bello da morire, ma anche realmente interessato a te e
ti lamenti?!... Potrei sentirmi offesa... Come se il mio sacrificio non
fosse servito a nulla... Oddio, questa frase sapeva tanto da una
Giovanna D'Arco già legata allo spiedo...”.
Il battito cardiaco di Lexi aumentò improvvisamente, forse
per far capire meglio a Mia come non dovesse neanche lontanamente
lamentarsi per tutta quella situazione, dato che lei avrebbe pagato per
poterla vivere in prima persona.
-Lo so cosa stai pensando: che non dovrei lamentarmi ed infatti non ho
la minima intenzione di farlo. Comunque, arriviamo al succo del
discorso che, anche se non puoi parlare, mi sembri piuttosto sul
nervoso andante oggi... Ad un certo punto mi ha mostrato il giornale
con l'intervista che gli hanno fatto quando sono usciti dall'ospedale
l'altro giorno e ti posso assicurare Lexi che non ho mai letto qualcosa
di più dolce: quei ragazzi ti adorano! Non sto scherzando,
è come se fossi una loro amica dall'infanzia, come se...
“Certo: una loro amica dall'infanzia, eh? Cavolo, ed io che
pensavo di aver perso la mia adolescenza dietro ad uno solo di loro...
Ah, no, aspetta: Lucas è proprio quello che non si
è minimamente ricordato di me...”.
-Come se tu fossi la sesta componente del gruppo!! Zach ha detto che
non potrà mai dimenticare quello che hai fatto per loro e
che aspetta il momento in cui ti sveglierai per poterti ringraziare
personalmente... Lewis ha detto che non ti lasceranno mai e che
vorrebbe tornare a trovare non appena gli impegni di lavoro glielo
permetteranno... Nate ha detto che sei semplicemente stupenda... Lucas
e Sophia hanno ripetuto le solite frasi da innamorati inseparabili che
ti devono tutto il loro folgorante amore...
“Sì ecco... Questo potevi anche tralasciarlo Mia,
ma grazie comunque...”.
-E Hugh... Beh, Hugh è stato così carino...
“Perché ho la netta impressione che se aprissi gli
occhi adesso, mi troverei di fronte una Mia con lo sguardo
sbrilluccicoso, che si rigira una ciocca di capelli attorno ad un dito,
con aria sognante?? Mi sa tanto che mi sono giocata pure la migliore
amica...”.
La ragazza tentò di riaversi dal ricordo del pomeriggio
precedente passato con quel ragazzo sbucato fuori dal nulla ma che le
sembrava veramente un personaggio delle favole.
-Dicevo... Hugh mi ha riferito le sue parole ha voce, dicendo che il
tuo gesto l'ha fatto riflettere molto, non solo sull'affetto che le fan
provano per loro, ma anche su come le cose possano cambiare in fretta,
alle volte andando anche per il verso sbagliato... Ed è per
questo che poi mi ha chiesto se mi andava di andare a cena con lui,
domani sera... Il rumore ormai familiare e monotono delle macchine che
monitoravano Lexi sembravano quasi non essere capaci di sovrastare il
caos di pensieri ed emozioni che si stava creando nelle due ragazze e
che sembrava volersi espandere per tutta la stanza, come un'onda
elettromagnetica. Mia non poteva ancora credere a quanto le stesse
accadendo, lei, che per anni aveva sempre pensato che sarebbe stata
single fino ai trentanni, quando avrebbe incontrato un attivista di
Greenpeace e l'avrebbe seguito verso qualche parte dispersa del mondo
per proteggere qualche altrettanto sconosciuta specie animale, creando
nel mentre la sua collezione di abiti ecologici. Mentre Lexi era
semplicemente scioccata da come tutto quello che lei aveva sempre
desiderato per sé stessa, stesse ora accadendo a Mia. Non
che non fosse felice per lei, anzi, era stata la prima a dirle che
secondo il suo “modesto ed autorevole” parere loro
due avessero un sacco di cose in comune, solo che le sembrava come uno
scherzo del destino, una sorta di ironica presa in giro dell'Universo
nei suoi confronti. L'ennesima, se doveva essere onesta.
“Undici anni della mia vita a sognare che Lucas si accorgesse
di me e che si innamorasse con un solo sguardo, e in un giorno Mia
incontra Hugh, si scambiano due battute ed è colpo di
fulmine... Sì, direi che c'è decisamente del
sarcasmo qui...”.
-Ma ora giungiamo al reale problema del giorno... Anzi, sono due a dire
il vero. Primo: come diavolo mi vesto?! Secondo: come diavolo fai a
consigliarmi se non puoi parlare?! Mi spieghi come faccio io senza i
tuoi commenti cattivi sui miei abbinamenti? Cavolo, Lex mi manchi da
morire... Non solo per i consigli di moda, s'intende... Anche
perché quelli non li ascolto mai.
Lexi sapeva che Mia stava sorridendo, ripensando a tutte le
disquisizioni che avevano intrattenuto distese sul letto di camera sua,
sperando di trovare gli outfit perfetti per le serate più
disparate. Il più delle volte si concludevano con una lotta
a suon di cuscinate sul pavimento della camera e una scelta
dell'abbigliamento che ricadeva sulle prime cose che capitavano
sottomano.
-Però aspetta un attimo: il tuo battito cardiaco aumenta
quando qualcosa non ti va bene o ti fa innervosire, quindi forse sei
capace di controllarlo...
“Wow Mia... Non ci avevo pensato... Che sia
possibile?”.
-Facciamo una prova... Se è un no, non fare nulla. Se,
invece, è un sì, allora fai impazzire
quest'aggeggio infernale, okay?? Proviamo... Canottiera bianca e gonna
scozzese? “Per l'amor di dio, Mia!! Esci con Hugh Stime non
con il Principe Carlo!!”.
-Lo prendo per un no... Allora cosa mi dici di minigonna grigia e
maglione verde?
“Spero non sia quello colore carrarmato dei militari con cui
giocava David da piccolo e che noi gli rubavamo sempre,
perché è orribile...”.
-Bocciato pure questo... Va bene, senti questo: non puoi dirmi di no!
Pantalone nero stretto e maglia dei Rolling Stone, quella con
l'inconfondibile lingua!!
“Certo, così poi sembrate due gemelli al poso di
due futuri fidanzati... Mia, con ogni probabilità
sarà come si vestirà Hugh per uscire, quindi
direi di evitare...”.
-Ma si può sapere che problemi hai?! Mi hai già
bocciato tre outfit diversi!!! Evidentemente è il metodo che
non funziona... Facciamo l'ultimo tentativo, okay?
Mia si risedette a gambe incrociate sulla sedia e si
concentrò per poter trovare finalmente l'abbinamento giusto
che avrebbe risolto tutti i suoi problemi e che, soprattutto, avrebbe
ricevuto il placet di Lexi.
-Ci sono!! Vestito con spalline larghe nero che arriva a
metà coscia, cardigan senza maniche bianco, lungo fino al
sedere, immancabili Doc Martins e la tua tracolla nera con le
borchie... Allora??
“Sempre sia lodato! Sì, questo è quello
che intendevo! Aspetta, come faccio a far aumentare il mio battito...
Oddio, non lo so... Cavolo, devo pensare a qualcosa che mi faccia
arrabbiare o che mi faccia emozionare tanto... Tipo, tipo... Ci
sono!!”.
Il cardiofrequenzimetro cominciò ad agitarsi e Mia ottenne
la risposta tanto desiderata.
-Ce l'abbiamo fatta!! Abbiamo trovato un modo per comunicare!! Oddio,
sono così felice Lexi!!
“Sei un cavolo di genio Mia!! Fantastico, è
fantastico!!”.
Mia si gettò letteralmente sopra Lexi, per racchiuderla in
un abbraccio carico di affetto e di speranza, tanto che Lexi
riuscì persino a percepire il tipico profumo di mughetto
dell'amica.
-Ed ora, arriviamo alla sorpresa di oggi: ho parlato con il dottor
Lawson... Beh, a dire il vero ho mandato tua mamma a convincerlo, ma
questi sono dettagli... Sta di fatto che da oggi in poi, ovvero
finché non ti deciderai a svegliarti, potrai avere la musica
accesa per qualche ora al giorno. Ho già spiegato alle
infermiere come funzionano le casse e l'Ipod ma, soprattutto, cosa
devono metterti... Quindi io ora devo andare, perché devo
ancora finire alcuni bozzetti di due costumi di scena per domani, ma ti
lascio in buona compagnia... Ci vediamo Lex... Ti voglio bene! E grazie
per l'aiuto!!
Dopo averle lasciato un bacio sulla guancia, Mia collego l'Ipod
dell'amica alle casse, selezionò la sua playlist preferita e
lasciò che le note di Your Little Things riempissero
l'ambiente non più austero della stanza di Lexi. Quando la
porta si fu richiusa alle spalle di Mia, Lexi permise a quella melodia
conosciuta, a quelle parole familiari e a quelle voci stupende di
entrare nella sua testa portandole un po' di pace e
serenità, tanto che quando il pensiero di ciò che
era riuscito a farle aumentare il battito cardiaco, tornò ad
affacciarsi sulla sua mente, si ritrovò semplicemente a
sorridere, tra sé e sé. Involontariamente, solo
la sensazione delle dita di Lucas intrecciate alle sue aveva fatto
sì che il suo corpo rispondesse agli stimoli e questo poteva
significare unicamente una cosa: per far affievolire quell'amore ci
sarebbe voluto parecchio altro tempo. Lexi sperò solo che
quel tempo non equivalesse a quanto gliene sarebbe servito per
risvegliarsi dal coma.
Hi sweethearts,
ho deciso di
aggiornare già oggi perché questo è
solo un breve capitoletto di passaggio ** Aspettatevi una gran sorpresa
per il prossimo... A presto e grazie per aver letto fino a qui **
Lots Of Love xx
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** 25th August 2013 ***
25th
August 2013
Lexi sapeva perfettamente che il rumore di passi che sentiva nella sua
stanza era quello delle infermiere che si occupavano di lei, per
semplice fatto che: sua madre era andata quella stessa mattina a
trovarla e le aveva detto che sarebbe tornata solo in tarda serata,
dato che doveva fare un giro di parenti per dare loro il suo bollettino
medico ed organizzare i turni di visita.
“Il solo pensiero di avere qui tutti i parenti di mamma mi fa
venire i brividi... Il Cirque Du Soleil sarebbe più sobrio e
meno imbarazzante...”.
David non si sarebbe fatto vedere per almeno due giorni, secondo quanto
le aveva riferito Karen, poiché l'ultima volta che l'aveva
incrociato per casa le era sembrato piuttosto scosso.
“Ho come la netta impressione che tutto questo sconvolgimento
di mio fratello abbia a che fare con la discussione che ha avuto con
Mia... E a proposito di Mia, quella chissà dove si
sarà persa... Non credo che venga oggi, dovrà
farsi tutti i suoi rituali di bellezza per il grande appuntamento...
Anche se a me sembrano solo una maniera per giustificare un tentato
omicidio: quelle erbe che si spiaccica sulla faccia hanno un odore
nauseabondo, per me si soffocherà una volta o
l'altra...”.
Morgan aveva mandato l'ennesimo bouquet di girasoli, con bigliettino
annesso, che la solita infermiera gentile aveva depositato sul comodino
ormai straripante di mazzi identici.
“Io adoro quell'uomo, nonostante la colossale cavolata che ha
fatto di lasciare la mamma, ma dovrebbe averlo capito che se anche non
mi riempie di girasoli tutti i giorni, lo so lo stesso che mi pensa e
che non è colpa sua ma del lavoro, se non mi viene a fare
visita... Non cambierà mai... Come quando a dieci anni gli
dissi che andavo pazza per il Manchester City per farlo contento e lui
mi ha regalato, ad ogni compleanno, per i successivi dieci anni
l'abbonamento per tutte le loro partite di campionato e non... Fortuna
che ho scoperto l'esistenza di E-bay e che l'anno scorso mi ha colta
completamente impreparata sull'andamento della stagione e ha capito
che, forse, i miei gusti erano un po' cambiati...”.
Quindi, quando sentì la voce della solita infermiera, che
aveva capito chiamarsi Sarah, introdurre qualcuno nella sua camera, si
stupì parecchio, mettendosi subito ad ascoltare la voce del
nuovo arrivato.
-Ecco, venga... Non si preoccupi se la vede tutta intubata e attaccata
a così tante macchine, Lexi sta bene, deve solo
aspettare ancora un po' e poi trovare la forza per svegliarsi... Si
sieda qui, ecco...
“Certo, la fai facile te, cara la mia Sarah... Ma se fossi al
posto mio ti assicuro che non saresti così ottimista: qui
quella cavolo di luce si fa sempre più vicina e di vie per
tornare nel mondo dei vivi, io non ne vedo nemmeno
l'ombra...”.
-Oh, la ringrazio... E' stata gentilissima...
“Che poi, chissà perché io ti immagino
abbastanza rubiconda, con i capelli corti di un color mogano, un
sorriso dolce sempre dipinto sulle labbra e un piccolo fiore in panno
appuntato sul taschino della divisa, certamente rosa... Scusa Sarah,
forse ti ho un po' stereotipata... Magari, ne riparliamo quando mi
sveglio, eh?... Aspetta, ma questa è la voce... Non ci
credo!!”.
-Di nulla Signor Finnigan. Se ha bisogno di qualcosa, mi chiami... Sono
qui fuori.
L'infermiera rassicurò con la mano rosea e tonda l'anziano
signor Robert Finnigan, gestore di una delle più antiche e
polverose librerie di Notthing Hill, nonché datore di lavoro
di Lexi da ormai quattro anni. L'aveva presa a lavorare da lui per
qualche ora al pomeriggio, appena arrivata a Londra, quando lei ancora
non sapeva cosa volesse fare della sua vita e lui riusciva ancora a
ricordarsi dove metteva il basco scozzese che portava sempre con
sé. Con gli anni, le ore che Lexi trascorreva in quel
piccolo locale straripante di libri erano aumentate, tanto che se non
era all'università o in camera di Mia a fare qualche
sessione simil-psicanalitica, era rinchiusa lì dentro,
mentre il Signor Finnigan aveva cominciato a perdere più di
qualche colpo, lasciando che lei si occupasse ormai di tutto, eccetto
che della distribuzione dei volumi all'interno della libreria. Lexi
aveva più volte tentato di convincerlo a impilare
semplicemente i libri sugli scaffali, magari per autore o casa
editrice, ma lui si era sempre ostinato a portare avanti quel metodo
piuttosto contorto e ben poco utile di sistemarli, facendo
sì che solo lui riuscisse a rintracciare i volumi in caso di
necessità. Ma nonostante questo, ora non solo non si
ricordava più dove metteva il suo inseparabile basco, ma
aveva cominciato a dimenticarsi anche che giorno fosse o dove si
trovasse, cosa che spesso aveva fatto temere a Lexi che il Signor
Finnigan cominciasse a soffrire di Alzheimer. Lo sentì
tossire leggermente e poi cominciare a torturare il cappello con le
mani segnate dal tempo. Si sistemò la giacca leggera e poi
gli occhiali su naso: era pronto per parlare, o almeno sperava fosse
così. Ci aveva riflettuto parecchio se andare o meno a
trovare Lexi, ma in fin dei conti quella ragazza era quanto di
più simile ad una famiglia lui avesse, eccetto per sua
figlia Molly, che però abitava a Dover, e per di
più era una cara ragazza ed era sempre stata molto gentile
con lui.
-Ehm... Allora, signorina Lexi: che scherzi mi combina?
“Non ci credo... Il signor Finnigan è venuto fin
qui per farmi visita... Chissà quanti autobus
avrà dovuto prendere per arrivare all'ospedale... Dopo
quattro anni di lavoro assieme e di pomeriggi trascorsi a parlare di
qualsiasi cosa, mi chiama ancora Signorina Lexi... Con tutte le volte
in cui mi ha sentito lamentarmi della mia tragica vita sentimentale da
donna innamorata e non ricambiata...”.
-Quell'infermiera molto gentile... Sarah, sì, ha detto di
chiamarsi così... Sarah mi ha detto che sente tutto e che
quindi, se volevo, potevo parlarle... Come le è venuto in
mente di mettersi in mezzo ad una sparatoria?! Nemmeno il
più irresponsabile dei miei soldati durante la guerra del
Vietnam avrebbe compiuto un gesto così avventato...
Dopo che l'esercito l'aveva congedato con una medaglia al valore per
aver salvato la vita ad un intero villaggio di trecento persone, il
Signor Finnigan aveva deciso di dedicarsi corpo ed anima all'unica cosa
che realmente lo rendesse felice: i libri. Così, con la sua
adorata moglie aveva investito tutti i soldi dategli dalla corona
britannica in quella piccola libreria a Nottingh Hill, passando la sua
vita nel suo modo preferito, ovvero leggendo e sognando. Se c'era una
cosa fuori discussione era che quell'uomo fosse un abilissimo
cantastorie, capace di far risvegliare anche il cuore più
inasprito dalle casualità della vita. Un po' come quello di
Lexi in quel pomeriggio soleggiato di fine agosto. -Oh, signorina Lexi,
non sa quanto sia rimasto sconvolto quando mia figlia Molly mi ha
chiamato per chiedermi se avessi già appreso la terribile
notizia...
“Fantastico, ora persino la figlia del mio datore di lavoro
pensa che sono una pazza schizzata che si diverte a prendersi
pallottole sulle spalle per fare l'eroina... Chissà che cosa
penserà il mondo di me... A dire il vero, non sono molto
sicura di volerlo veramente sapere, mi sarebbero bastate già
le opinioni dei miei, di Mia e dei ragazzi...”
-Ha quasi rischiato di far finire me, all'altro mondo... Certo,
così avrei raggiunto la mia adorata Lily, ma non credo ne
sarebbe stata entusiasta... Sono sicuro, che prima vorrebbe che
trovassi qualcuno di valido che possa occuparsi della nostra
libreria...
Lexi sentiva la sua voce diventare sempre più lontana e
profonda, segno che si stava abbandonando ai ricordi e che presto una
nuova storia sarebbe cominciata e, stranamente, si ritrovò a
sperare che il Signor Finnigan le raccontasse qualcosa di
più della sua vita, come se, tutto d'un tratto, fosse
diventata un libro da cui imparare delle lezioni fondamentali.
Quell'uomo aveva vissuto così tante esperienze nella sua
esistenza che definirlo un “esperto della vita”
sarebbe stato quasi un eufemismo.
“Non mi ha mai parlato molto di sua moglie... So solo che
è morta parecchi anni fa, quando la loro figlia aveva circa
otto anni e che lui l'ha cresciuta praticamente da solo,
perché non ha più voluto nessuna donna al suo
fianco... Chissà perché...”.
-Sa, signorina Lexi: Lily adorava quella libreria... Era come se lei ci
mettesse la propria vita in quello che faceva... Ogni volume che
sceglieva di vendere, lo leggeva prima da cima a fondo,
perché voleva essere sicura che ne valesse la pena... Si
figuri, che quando cominciammo a tenere anche qualche rivista si
rifiutò di escludere quelle più osé,
sostenendo che anche quelle potessero essere di giovamento per
qualcuno... Ed ora ogni libro contenuto all'interno di quel piccolo
angolo di paradiso polveroso mi sembra una piccola parte del suo
sorriso, o un cristallo delle sue lacrime, un frammento dei suoi
pensieri... Quella libreria è la mia Lily...
La voce di Robert si incrinò per un secondo, prima di
ricominciare a tracciare le fila di quel racconto, che altro non era
che la storia della sua vita. In quell'istante Lexi non
riuscì a trattenere una lacrima e, per la prima volta, dopo
giorni, era una lacrima nuova. Non era stata creata da qualche
sentimento sepolto dentro di lei, da qualche emozione che lottava per
emergere dall'immobilità a cui era costretta, era invece una
placida esibizione di quanto quelle parole sentite avessero fatto
nascere dentro di lei.
-Lei era veramente speciale... Non solo amava i libri tanto quanto me,
ma amava la vita più di qualsiasi altra persona io abbia mai
incontrato... Non l'ho mai vista piangere in vent'anni di vita assieme,
eccetto quando stava per andarsene... E' stato un cancro... Era un male
incurabile per l'epoca, se le fosse capitato ora, probabilmente sarebbe
vicino a me a ridere di come mi ostini a portare il cappello, quando
non ho più capelli da tenere in ordine... Aveva una risata
spettacolare... Rise persino quando le chiesi di sposarmi... Avevo
messo il mio abito migliore, stanco di farmi vedere sempre in divisa o
con i vestiti da lavoro, e l'avevo portata nel ristorante
più costoso che ci fosse a Dover... Sa Lily era nata
lì, come me d'altra parte, ed è per questo che
mia figlia c'è voluta tornare... Ad ogni modo, eravamo sulla
terrazza che dava sull'Oceano, c'era un vento terribile che non ci
lasciava in pace, nonostante fosse il 12 Luglio e sembrava veramente
che tutto fosse contrario a farmi fare quella proposta di matrimonio...
Persino il cameriere sbagliò tutte le nostre ordinazioni...
Così, quando trovai il coraggio di inginocchiarmi davanti a
lei per dichiararmi, il vento mi fece sfuggire dalle mani il discorso
che avevo pazientemente preso in prestito dalle pagine dei suoi libri
preferiti e mi fece finire sulla camicia bianca un tovagliolo pieno di
sugo alla bolognese, macchiandola tutta... E mentre io guardavo
impotente il foglio volare via e la camicia macchiarsi,
sentì la sua risata cristallina e la sua voce dirmi delle
parole che mai dimenticherò: “Nessuna pagina di
nessun libro avrebbe mai potuto descrivere questa scena e nemmeno
quanto sia felice di dirti di sì...”... In quel
momento capii che la vita con lei sarebbe sempre stata così:
un sorriso continuo e lei non mi deluse mai... Amava la vita e non
è giusto che l'abbia persa così presto...
Ormai le lacrime che solcavano il volto di Lexi erano diventate un vero
e proprio torrente in piena, come anche le emozioni che sentiva
attraversarle il cuore intorpidito.
-Oh, che pessimo visitatore che sono... L'ho fatta piangere signorina
Lexi, mi dispiace... Sa, ci stavo pensando proprio l'altro giorno ed
ormai è un miracolo che me lo ricordi, ma mi piacerebbe
molto sapere se sarebbe interessata a diventare lei la proprietaria
della libreria... Insomma, ci lavora da molto, ha persino capito come
catalogo i libri e credo che le farebbe bene avere un'ancora di
sicurezza su cui fare affidamento in ogni momento... Un po' come lo era
per me la mia Lily...
“Ma che sto facendo... Sul serio: che diavolo sto facendo??
Quest'uomo mi ha appena detto che sua moglie avrebbe fatto di tutto per
poter vivere un giorno in più con suo marito e sua figlia ed
io ho rischiato di farmi uccidere per cosa? Già...
Perché l'ho fatto?? Ora sembra così difficile
trovare una risposta... Comunque sì, Signor Finnigan: mi
piacerebbe moltissimo prendere la sua libreria, logicamente spero non a
breve...”.
-Ma di questo avremmo tempo di parlarne, anche perché ora
vedo che ha altre visite...
Lexi era stata così presa dall'ascoltare il racconto del
Signor Finnigan da non essersi accorta che qualcun altro fosse entrato
nella stanza, appoggiandosi al muro poco distante dal suo letto e
sorridendo all'anziano signore, che si sporse verso di lei per poterle
sussurrare qualcosa all'orecchio.
-E se devo essere sincero, è pure un gran bel giovanotto!...
Beh, ragazzo, sarebbe così gentile da chiamarmi l'infermiera
per favore?? Grazie...
-Certo...
“Non posso aver veramente sentito quella voce... Non
può essere...”.
-Bene, signorina Lexi, io torno nel mio piccolo antro... Mi raccomando:
trovi anche lei qualcosa per cui amare la vita, non lasci che tutto le
sia indifferente...
-Eccomi qui, Signor Finnigan... Venga, l'accompagno alla fermata.
-Grazie mille, Sarah... Arrivederci... E a presto signorina Lexi...
“Arrivederci Signor Finnigan... E grazie...”.
Il rumore della porta che si chiudeva e di passi che si avvicinavano al
suo letto fecero sì che l'attenzione di Lexi si focalizzasse
di nuovo su quanto le stesse accadendo attorno, tanto da percepire un
leggero spostamento d'aria che le fece intuire come il nuovo visitatore
si fosse seduto sulla poltrona di pelle, che il Signor Finnegan aveva
appena lasciato libera. Tentò di richiamare alla memoria
quell'unica parola che aveva sentito uscire dalla bocca del nuovo
venuto, ma le risultava quasi impossibile credere che fosse davvero
lui.
-Ha raccontato una storia bellissima quel signore... Sei fortuna a
conoscerlo...
“Non mi sono sbagliata, è proprio lui... E
sì, mi sono accorta pure io solo ora di quanto fortunata sia
per avere una persona come lui nella mia vita...”.
-Beh, penso tu abbia capito chi sono... Ad ogni modo, sono Zach...
Zach, dei The Rush... Wow, ormai è diventato come un
cognome... E chi se lo sarebbe mai aspettato?
“Già, chi se lo sarebbe mai aspettato che mi
ritrovassi ad avere una sorta di conversazione illuminante con il mio
anzianissimo datore di lavoro e che uno dei miei idoli venisse a
trovarmi in ospedale?? Si chiama ironia della sorte Zach, facci
l'abitudine se stai vicino alla sottoscritta...”.
Il ragazzo si tolse il cappellino da baseball che aveva in testa,
appoggiandolo sulle gambe fasciate da un paio di pantaloni della tuta
grigi, per poi passarsi le mani nei folti capelli neri, decidendo che
era giunto il momento di chiedere a Louise, la loro parrucchiera, di
tagliarglieli. Giocando con la visiera del berretto bianco e blu, Zach
trovò finalmente le parole per rompere quel silenzio che si
era creato nella stanza: non che non lo apprezzasse, anzi, adorava
stare chiuso nella sua stanza della creatività, come l'aveva
chiamata lui, e dipingere quanto gli passava per la testa senza alcun
rumore a disturbarlo, ma in presenza di quella ragazza, lo metteva a
disagio. Come se lei fosse troppo per lui, come se il suo gesto
l'avesse resa una sorta di super eroe di cui si può solo
stare in contemplazione. Si riscosse da quei pensieri e finalmente
aprì bocca.
-Allora... Come va? No, scusa... Questa sì che era una
domanda idiota...
“Un pochino sì Zach, ma posso darti un consiglio??
Fai un respiro profondo e ricomincia da capo...”.
Come se lui fosse stato capace di sentirla o di leggere nella mente di
Lexi, prese l'ennesimo respiro profondo e riordinò le idee.
-Le infermiere mi hanno detto che le tue condizioni sono stabili... Mi
fa piacere, anche se speravo di arrivare qui e sentire che magari
piano, piano, ti stessi riprendendo... “Non sei l'unico Zach,
te lo assicuro... Ma a quanto pare la mia punizione in questa sorta di
gigantesco pensatoio è un po' più lunga del
previsto...”.
-Forse perché così mi sarei sentito un pochino
meno in colpa...
“Come scusa?? Meno in colpa?? Per quale diamine di
motivazione tu dovresti sentirti in colpa Zach?! Mica sei stato tu a
sfoderare una nove millimetri dalla borsetta, puntandola contro Lucas,
in mezzo ad una piazza gremita di gente, e sparando con l'intenzione di
uccidere!! Ci mancherebbe anche altro...”.
Dall'esatto istante in cui l'incidente era avvenuto e, a maggior
ragione, dopo che l'aveva vista in quel letto d'ospedale, Zach non era
più riuscito a togliersi quella sensazione di dosso, tanto
che si prese la testa tra le mani, appoggiando i gomiti sul letto di
Lexi per sorreggersi. Ormai gli sembrava di avere un blocco di cemento
armato al posto del cervello.
-Sul serio Lexi: mi dispiace! Sollevò il capo per guardarla:
gli appariva così indifesa con tutti quei tubi e quegli aghi
che la tenevano in vita, e ogni cosa gli sembrava ancora più
ingiusta. Posò una mano su quella di Lexi, stringendola
dolcemente.
-Non è giusto che tu abbia rischiato la vita per salvare uno
di noi... Non ha senso... E poi tutto quello che dicono di te... E'
assurdo!!
“Grazie per le belle parole Zach, sul serio, ma ora dimmi che
cosa scrivono su di me per favore, che, sai com'è, qui io
sono un po' fuori dal mondo... Wow, mi faccio pena da sola, questa
battuta era veramente terribile...”.
-Ci sono dei giornali che hanno fatto intere inchieste su di te e sulla
“Psicosi da The Rush”... Continuano a presentare le
nostre fan come delle pazze invasate, solo perché tu hai
avuto il coraggio e la prontezza di fare qualcosa!! Pensa che sono
addirittura arrivati a scrivere che tu ti sia gettata su quella
pallottola solo per attirare l'attenzione di Lucas, perché
saresti perdutamente innamorata di lui!! E' tutto uno schifo,
davvero...
Lexi per un attimo temette di perdere conoscenza, benché
sapesse di essere già in uno stato che definire cosciente
era un eufemismo.
“Non ci credo... Non possono seriamente pensare che abbia
fatto quello che ho fatto solo per... Aspetta: per cosa? Per attirare
l'attenzione di Lucas?? Ma stiamo scherzando, spero... Non ci posso
credere!! Mamma mia che voglia di urlare che ho in questo momento!! Ti
prego, fammi risvegliare ora e permettimi di mandare tutti in quel bel
paese che io conosco bene e in cui ormai non c'è
più posto... Ti prego fammi gridare quanto idioti siano e
quanto assurda sia tutta questa dannata situazione!! Io non sono
né una pazza, né un'invasata, okay?! Dovete
ficcarvelo in quella cavolo di testa!! Non lo so nemmeno io
perché l'ho fatto!!”.
Neanche a farlo apposta, i macchinari che controllavano il cuore sempre
più stremato di Lexi cominciarono ad impazzire, facendo
preoccupare parecchio Zach, che quasi per istinto, cominciò
ad accarezzare il braccio della ragazza distesa davanti di lui, come si
fa con i bambini piccoli che si sono persi al supermercato.
-Ehi Lexi, tranquilla... Noi sappiamo che non è
così, insomma siamo assolutamente sicuri che tu non l'abbia
fatto per un motivo così banale... Persino le nostre mamme
ti difendono su Twitter, oltre a chiederci costantemente come stai...
In fin dei conti, ti devono la vita dei loro preziosi bambini...
Le sorrise in quel suo modo tutto particolare, che gli faceva mettere
la lingua leggermente tra i denti e che illuminava di tante piccole
striature più chiare le sue iridi ambrate. Benché
Lexi non potesse vederlo, capì dall'inclinazione della sua
voce che le stava regalando uno dei suoi magici sorrisi e, avendolo
studiato a lungo in quegli ultimi quattro anni, se lo
immaginò identico sulle pareti di quel tunnel che la
circondava, facendola calmare immediatamente.
-Così va molto meglio... Anche se non ti conosciamo Lexi,
sappiamo bene che l'hai fatto spinta da un sentimento di
generosità verso il prossimo... E forse anche un po'
perché ti piace Lucas, ma questo non cambia le cose: sei una
persona splendida e non doveva capitarti nulla di tutto questo...
“Cavolo Zach, tu parlerai anche poco, ma quando lo fai centri
sempre il bersaglio, eh? Forse hai ragione: era semplice spirito
d'altruismo nei confronti del prossimo... Già, deve essere
così per forza...”.
-Wow, non era decisamente questo il motivo per cui ero venuto qui, ma
va bene... Anzi, è andata meglio di quanto immaginassi... A
dire il vero ero venuto per portarti un invito ufficiale per una cena
con tutti noi, non appena ti sarai ripresa... Ti porteremo a mangiare
in un ristorante rinomato che Nate adora e poi in qualche locale
carino, dove riceverai tutti i trattamenti da star che ti meriti e
avrai anche l'occasione di sopportarti i The Rush al gran completo per
un'intera serata... Quando me l'hanno detto mi sono chiesto se fosse
più una punizione o un premio... Beh, starà a te
deciderlo...
“Oh... Cioè, voglio dire... Oh... Un'intera serata
con voi... Sostanzialmente il sogno di ogni fan... Io... Grazie Zach...
Sul serio, non solo per la cena ma anche per essere passato...
Significa tanto per me...”.
-Lo so che una cosa del genere non potrà mai ripagare
ciò che hai rischiato per noi, ma spero sia solo il primo di
molti incontri... Sai Lexi, suonerà un po' macabra come
cosa, ma mi trovo bene a parlare con te... E' come se sentissi di
potermi fidare, mi sembri una ragazza apposto, una con cui si possa
fare una conversazione... Penso che andresti molto d'accordo con
Page... Sarebbe voluta venire anche lei oggi, ma aveva la prima
sessione di ricerca dell'abito da sposa. Cazzo sto per sposarmi...
Quelle parole fecero sorridere non solo Zach stesso, ma anche Lexi, che
non poté fare a meno di pensare a quanto dolce fosse quel
ragazzo che all'apparenza sembrava schivo, duro ed impenetrabile.
“L'opposto di quello che è in realtà...
Anche un cieco si accorgerebbe di quanto sia innamorato di Page... Non
me ne ero mai accorta, ma la sua voce diventa istintivamente
più soffice e calda quando parla di lei... Oddio, mi viene
da piangere! Mannaggia a te e alla tua favola d'amore Zach!”.
-E a proposito di coppie... Ho visto che la tua amica... Aspetta,
com'è che si chiama?? Mia vero? Sì, mi sembra che
Hugh mi abbia detto si chiami Mia... Anche lei sembra molto simpatica.
Forse un pochino eccentrica e dalla risposta piccata, ma non
è male e poi è riuscita a far colpo su quel
cascamorto di Hugh, il ché è tutto dire... Non
che lui ci provi con tutte, quella è solo l'idea che la
gente ha di lui, ma questa volta sembra che sia seriamente intenzionato
a trattarla con i guanti di velluto... Sta sera credo la voglia portare
al Fabric e non so se hai presente cosa sia il Fabric...
“Allora, Makil, io sarò anche una ragazza normale
o apposto, come dici tu, ma i locali di Londra li conosco pure io...
Certo, non li frequenterò tanto quanto voi, ma almeno per
fama so quali siano... Comunque hai capito Mr Hugh Stime: mi tratta
bene la ragazza, altroché... Fortuna che alla fine ha
ascoltato la sottoscritta e ha optato per il vestito nero... Pensa se
avesse deciso di mettersi su uno di quei suoi abbinamenti
improponibili... Alle volte mi chiedo come possa seriamente frequentare
il London Fashion College, mi sembra un mistero...”.
-Comunque, ho visto che qualcuno ti ha portato delle casse per
ascoltare la musica... Ho letto che molte volte ha aiutato pazienti
nelle tue stesse condizioni a risvegliarsi... Magari potrebbe essere
utile anche a te... Allora, vediamo che cosa c'è dentro
questo Ipod...
“No, ti prego no!! Oddio che imbarazzo!! Appena
avrà visto quella playlist tutta la sua stima nei miei
confronti svanirà in un nano secondo... Che poi non esistono
nemmeno i nani dei secondi, al diavolo!!”.
Ed eccola là: la sua risata molto simile al suono di piccoli
cristalli che si infrangono al suolo riecheggiò nella camera
di Lexi, dando conferma ai suoi peggiori presagi.
-Effettivamente, dovevo aspettarmelo... Hai una playlist tutta dedicata
a noi... Wow, non mi ricordavo nemmeno di aver mai cantato questa
canzone! Le hai proprio tutte... Pure i live!
“E la ragazza-in-coma vide svanire davanti ai suoi occhi
tutte le sue possibilità di essere presa in considerazione
dalla sua band preferita... Grazie, mi serviva... Anni di reputazione
buttati all'aria in un secondo...”.
-Potresti diventare la nostra manager... Forse ci conosci
più tu di lei... Allora, vediamo cos'altro hai qui dentro...
Eccoci qui: questa mi piace!
Welcome to Miami partì a tutto volume rischiando quasi di
far seriamente risvegliare Lexi, ma per lo spavento.
“Non c'è niente da fare Makil: truzzo eri e truzzo
resterai... Chissà, poi, perché ho quella canzone
dentro...”.
Il cellulare di Zach vibrò nella tasca dei pantaloni della
tuta, informandolo che un messaggio di Page lo richiamava ai suoi
doveri di futuro marito che a breve sarebbe partito per l'Australia,
lasciandola da sola con i preparativi per il grande evento.
-Cavolo, mancano un sacco di mesi al matrimonio e Page si sta
già facendo una marea di pare mentali... Non credo di
riuscire a sopravvivere... Fortuna che ho scelto Lucas come testimone
di nozze: almeno potrò contare su di lui per ogni evenienza,
perché se dovessi fare affidamento su uno degli altri tre
disgraziati, potrei stare fresco... Rischierei di trovarmi senza fedi
nuziali, ma con una enorme torta a forma di bomboletta spray al
ricevimento...
Al sentir pronunciare quel nome, lo stomaco di Lexi si sarebbe voluto
stringere in una morsa di emozione e risentimento, ma il suo corpo
continuava a non risponderle, quindi se lo immaginò
chiaramente nella sua mente: era un valido modo anche quello per dare
sfogo alle sue reazioni.
-Bene, allora io vado Lexi... Spero di riuscire a passare di nuovo,
magari anche con Page la prossima volta... O con uno dei ragazzi, che
tra parentesi ti salutano tutti. Allora a presto Lex... Spero non ti
dispiaccia se ti chiamo così... Ciao.
Lexi sentì la sua mano sinistra venir sollevata dal lenzuolo
su cui era stata posata per gli ultimi quattro giorni e due labbra
gentili lasciarci sopra un leggero bacio. Poi il rumore di passi le
fece capire che anche il suo ultimo speciale visitatore se ne era
andato.
“Mi ha chiamato Lex... Ma che cavolo... Se c'è una
cosa che non avrei mai immaginato era che Zach fosse un ragazzo
così loquace: voglio dire, mi ha praticamente raccontato
metà della sua attuale vita... Mica cose da poco... Per non
parlare del fatto che ha detto di fidarsi di me... Chi mai si
è fidato di me, oltre a Mia e la vecchietta dell'incrocio
tra Lisle Street e Whitcomb Street, che mi aspetta ogni domenica
mattina per attraversare la strada?? Certo, è anche vero che
la gente di solito, appena mi conosce, decide di assumermi come
discarica abusiva personale su cui riversare la loro dose quotidiana di
problemi esistenziali, ma nessuno mi aveva mai detto che si fidava di
me... Potevo essere io o chiunque altro... Lui invece ha detto che sono
apposto e che si sente libero di parlare proprio con me... Non mi era
mai capitato... Cavolo: pensa se quella pallottola mi avesse colpito
appena più a destra e fosse finita dritta nel mio cuore...
Non avrei mai vissuto nulla di tutto questo... Ma che diamine ho
fatto??”.
Hi sweethearts!
Ultimo capitolo prima
della sorpresona... Spero che la storia continui a suscitare un pochino
il vostro interesse, perché il meglie deve ancora venire ^^
Lots Of Love xx
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** 26th August 2013 ***
26
th August 2013
-Tuo fratello è un cretino!!!
“Oddio cos'è sta cosa?! Chi è che grida
in questa maniera?! Sta andando a fuoco l'ospedale e non mi hanno detto
nulla?! Un uragano si sta per abbattere sulla mia camera e nessuno si
è degnato di venirmi a salvare?! Un gigante sta per
schiacciarmi e nessun cavaliere su bianco destriero mi verrà
a recuperare?? Stare qui con il cervello perennemente acceso mi sta
facendo impazzire...”.
- Giuro che quando mi capiterà tra le mani lo
farò a cubetti e poi lo getterò in una gabbia di
leoni a dieta da un mese!!! Ma dimmi: quando Karen vi ha partoriti, ha
pensato che tanto il primo poteva essere una prova e che quindi dotarlo
di un cervello sarebbe stato inutile?! Perché è
l'unica spiegazione plausibile che mi viene in mente per quello che ha
fatto!! E' un idiota!! Un colossale, abominevole e stratosferico
cretino!!
“Oh, buongiorno anche a te Mia... Vai tranquilla,
che tanto: primo, non siamo in una camera d'ospedale; secondo, stai
solo parlando di mio fratello, anche se non hai tutti i torti; terzo,
non hai nemmeno appena rischiato di farmi venire l'infarto che avrebbe
posto fine a tutta questa storia... Ma dico: sei scema?! Siediti,
respira e comincia dal principio... E che cavolo: qui le regole le
detto io e le cose si fanno con un certo ordine!”.
Mia si rese conto che, forse, entrare come una furia leggendaria dentro
la stanza della sua migliore amica in coma vigile, non fosse stata
proprio la scelta più azzeccata, dato che il suo
elettrocardiogramma sembrava essersi trasformato in un tracciato
sismico. Si sedette su quella poltrona che ormai era
diventata la sua seconda casa e fece un respiro profondo, ma quando
cercò il punto esatto da cui cominciare a raccontare quanto
fosse successo la sera precedente, tutta la sua rabbia tornò
a galla, rischiando di farla sbottare di nuovo come un fungo atomico.
- Credimi quando ti dico che sei fortunata a non essere sua sorella
gemella, perché in quel caso non avresti potuto far finta di
non conoscerlo, ma così hai ancora qualche speranza! E'
un'idiota, un irreparabile idiota!!
“Ma si può sapere che cos'ha combinato?? Ho capito
che non hai mai sopportato David, soprattutto da quando ti ha detto che
la tua maglietta preferita di My Little Pony, di quando avevi cinque
anni, sembrava uno straccio per pulire per terra, ma questo mi sembra
troppo persino per te...”.
- Scusami Lexi... Sono entrata urlando come una pazza ed insultando
quel enorme cogli... Scusa, non volevo... Ti prometto che ora ti
racconto tutto da capo...
“Sempre sia lodato! Bene Mia: dimmi perché stai
progettando una morte lenta e dolorosa per il mio fratellone poco
sveglio??”.
- Sai che ieri dovevo uscire con Hugh, giusto??
“E certo che lo so!! Ma per chi mi hai presa: la prima
sprovveduta che passa per strada?! Dico: avevi un appuntamento galante
con uno dei miei idoli, mica con quell'ameba di Matt!!”.
- Odio questo tuo silenzio forzato... Comunque, mi sono preparata per
bene, come avevamo deciso assieme... Pensa che avevo persino impiegato
qualcosa come un'ora per far sì che i miei capelli fossero
decenti!! Avevo dei boccoli perfetti, che come saprai bene, farli stare
senza quelle cose chimiche che usi tu è praticamente
impossibile... Insomma, mi è venuto a prendere sotto casa...
Sì, proprio davanti il nostro adorato portoncino blu in
Lexington Street!! Lui e la sua Range Rover nera che, lasciamelo dire,
io non sarò una che fa caso a queste cose, ma quella
macchina è enorme!! Ma non è questo
l'importante... Insomma, mi apre lo sportello per farmi salire, mi dice
che sto benissimo con quel vestito... E sì, se te lo stai
chiedendo, io, Mia Winston sono arrossita come uno di quei segnali che
si mettono per avvisare che ci sono dei lavori in corso... Che
imbarazzo... Insomma, sta di fatto che era bello da star male... No,
Lexi così non va bene... Dai: da quando in qua o mi faccio
mettere in difficoltà da un paio di occhi verdi come l'erba
di Hyde Prk in un soleggiato pomeriggio di fine maggio?? Oddio, cosa mi
ha fatto quel ragazzo?! E' tutta colpa tua Lexi, è solo
colpa tua!!
“Ma dico: stai scherzando?? Per quale fantasiosa motivazione
dovrebbe essere colpa mia se quel gran pezzo di ragazzo è
bello come una divinità greca?! Ma senti questa... E poi la
chiamano migliore amica... Seh...”.
- Ed è anche colpa tua se hai un fratello che ha il cervello
di un celenterato!
“Ehi, ehi, ehi!! Ma cos'hai oggi?! Ti ha morso una
vipera?”.
- Scusami Lexi, veramente, ma non capisco perché... Non
riesco a trovare una spiegazione...
“Ma a cosa Mia?? A cosa?!?! Sento il mio povero cervello che
sta arrivando al punto di fusione...”.
Stava cercando le parole giuste per descrivere la serata allucinante
che aveva trascorso, dato che ancora le sfuggiva come fosse
sopravvissuta ad un'umiliazione del genere.
- Siamo arrivati in un ristorante molto carino e riservato, dove Hugh
aveva prenotato un tavolo in fondo alla sala, prima di portarmi al
Fabriq... Ho detto che era riservato il posto, vero?? Un cazzo!!
“Mia!!! Le parole!!”.
- Scusa, ma ci sta tutto! Ci stavamo sedendo, io non mi rendevo conto
nemmeno di essere a questo mondo tanto ero concentrata a perdermi nel
suo sorriso ammaliante, figurarsi se mi mettevo a guardare chi era
seduto ai tavoli! Sta di fatto che Hugh stava galantemente spostando la
sedia per farmi sedere e poi, bum! Ecco che quel coglione- scusami
sempre per le parole, ma ci stanno tutte- quel coglione di tuo fratello
sbuca alle spalle di Hugh in tutta la sua eclatante
imbecillità!! Voglio dire: che cosa gli passava per la
testa?! Voleva fare il paladino delle donzelle indifese che rischiano
di finire nelle mani di un maniaco seriale?! Io non so che cosa gli
frullasse per la testa, ma sono certa delle cretinate che gli ho
sentito dire, no, che dico, che gli ho sentito urlare subito dopo!!
“Cosa?! Ma che cavolo centra David con il tuo
appuntamento?!”.
- Ha cominciato a sbraitare dicendo che non poteva credere ai suoi
occhi, che ero un'ipocrita, che predico bene e razzolo male, che sono
finta fino all'osso del collo corto che mi ritrovo!! Ma dico: si
può sapere che cazzo vuoi dalla mia vita?! Ed è
esattamente quello che gli ho risposto, certo, omettendo le parolacce
perché ero in presenza di Hugh e in un ristorante elegante...
“Io l'ho sempre detto che l'hanno adottato... Dai, non
può essere davvero mio fratello... E' statisticamente
impossibile che possediamo gli stessi geni!”.
- E a quel punto, quel ragazzo meraviglioso che ora non
vorrà non dico vedermi, ma nemmeno sentir pronunciare il mio
nome, si è alzato in piedi e si è messo davanti a
tuo fratello... Era come vedere due duellanti a confronto... Solo che
uno somigliava molto a Patrick Dempsey quando deve salvare
Meredith in Grey's Anatomy, mentre l'altro sembrava più
Rasputin nel cartone di Anastasia! E indovina chi era il cretino di tuo
fratello?! Esatto, Lexi: quel personaggio verdognolo e rachitico che
perde pezzi dovunque!! “Mia, tu sei pazzesca...”.
- Quel cretino fronteggiava Hugh come se fosse una minaccia atomica,
mentre lui manteneva il suo innegabile aplomb e lo guardava con uno
sguardo indecifrabile... Finché non gli ha detto:
“Scusami: ma tu chi saresti?” e qui comincia la
tragedia, come se non fosse stato già abbastanza sentirlo
insultarmi per niente! Gli ha risposto: “Io sono David e non
solo sono il fratello di quella pazza che si è presa una
pallottola per salvare il vostro bel culetto ricco sfondato, ma sono
anche quello che si interessa di questa signorina qui!”....
Mia aveva riportato le esatte parole che aveva sentito uscire dalla
bocca di David in quel tono da padre arrabbiato e apprensivo che lei
non aveva mai sopportato, dato che il suo, di padre, se ne era andato
quando lei aveva dodici anni. Non gli aveva mai rimproverato nulla,
dato che pure Mia sarebbe scappata volentieri da sua madre, ma il suo
rapporto con le figure autoritarie era andato decisamente peggiorando
con il tempo: lei e le regole non avevano un grande feeling, figurarsi
con quelli che dovevano farle rispettare.
- Ma ti pare possibile?! Poi Hugh si è girato verso di me e
mi guardava come per cercare una spiegazione, ma cosa potevo dirgli se
nemmeno io sapevo che cosa stesse succedendo in quel momento? Non
potevo credere che avesse appena detto quelle parole!!...
Così, Hugh, si è voltato di nuovo verso di lui e
gli ha semplicemente detto: “ Intanto non credo che Lexi sia
pazza, ma hai ragione te: le dobbiamo la vita... Secondo, penso che Mia
sia grande abbastanza per scegliere chi frequentare...”...
“Mio fratello mi ha dato della pazza davanti a tutti... Ora,
io non dico di essere normale e di avere tutte le rotelle al loro posto
e ben oliate, ma dire che sono pazza di fronte a tutta quella gente e a
Hugh, per giunta!! Poi, viene qui, fa tanto il carino, dice che gli
manco... Ma che si fotta! Col cavolo che mi risveglio per uno che si
vergogna di me...”.
- E poi entrambi si sono voltati a guardarmi e tuo fratello mi sputa
addosso con una cattiveria incredibile questa frase. “Allora:
chi scegli?”... Io lì non ho più capito
nulla... “Che cosa ti ha detto?!?!”.
Mia stava tentando di contenere le lacrime, quelle che la sera
precedente aveva inghiottito a fatica per non mostrare il terremoto che
stava avvenendo all'interno del suo cuore. Avrebbe voluto urlargli
contro che era un imbecille, un cretino, che non poteva permettersi di
fare domande del genere, che non capiva che cosa centrasse lui con la
sua vita, che non trovava una spiegazione al comportamento che aveva
tenuto nei suoi confronti dopo l'incidente di Lexi. Ancora non riusciva
a spiegarsi quanto era accaduto il secondo giorno in cui la sua
migliore amica era stata ricoverata, quando lei era uscita dalla stanza
piangendo e, dopo pochi secondi, aveva sentito una mano grande e
accogliente appoggiarsi sulla sua spalla, mentre una figura che ben
conosceva si sedeva al suo fianco sulle scomodissime sedie di plastica
arancione. Era stato lì con lei a carezzarle la schiena per
una buona mezz'ora, tanto che ad un certo punto Mia aveva gettato
all'aria ogni barriera, tanto era sopraffatta da tutta quella
situazione, e si era immersa in un suo abbraccio caldo. E poi quella
scenata venuta fuori dal nulla, tutta quella... No, Mia non voleva
nemmeno pensare ad una cosa del genere: quella non poteva essere
gelosia. Cercò di fare l'ennesimo respiro profondo e di non
lasciare che le emozioni contrastanti che provava avessero la meglio su
di lei, ma aveva sempre avuto qualche difficoltà a contenere
il fiume di sentimenti che le scorreva costantemente dentro, quindi,
quando Mia aprì di nuovo la bocca per parlare, ne
uscì solo un sonoro singhiozzo.
“Mia ti prego... Calmati... Non è la fine del
mondo... No, okay, lo è e hai tutte le ragioni per piangere,
solo che è terribilmente frustrante non poterti abbracciare
e dirti che andrà tutto bene... Ti prego: nemmeno ora vuoi
lasciarmi svegliare?? Non vedi che ha bisogno di me??”.
- E la vuoi sapere una cosa? Non sapevo che rispondergli... Avevo gli
occhi pieni di comprensione, di pazienza e di promesse di Hugh da una
parte e quelle dannatissime iridi celesti che non sapevano far altro
che osservarmi con uno sguardo di sfida, di disprezzo, quasi, per aver
accettato uno stupidissimo invito, dall'altra... E sai
qual'è il colmo Lexi?! Che io mi sono sentita in colpa sul
serio!! Mi sono sentita in colpa per aver accettato l'invito di Hugh...
E credo che lui l'abbia capito, nonostante io abbia risposto a tuo
fratello che non ci fosse nulla tra cui scegliere... Lexi, non mi sono
mai sentita così tanto una schifezza come in quel momento.
Anche perché David se ne è andato, guardandomi
come se avessi appena ucciso una mandria di visoni per farmici una
pelliccia e Hugh è stato gentilissimo con me per tutto il
resto della serata, senza fare minimamente riferimento a quanto era
appena successo... Lexi: mi sento un tale schifo...
E poi eccola, la valanga di lacrime che si teneva dentro da troppe ore
ormai e che Mia avrebbe tanto voluto potessero esser raccolte da un
abbraccio caloroso della sua migliore amica, ma Lexi era ancora
lì, immobile e non sembrava aver intenzione di tornare da
lei. Così Mia lasciò che la sua testa cadesse
sulla pancia di lei e ben presto, il lenzuolo bianco che la copriva, si
macchiò di pesanti aloni di mascara.
“Oddio, no...Ti prego, Mia, non dirla nemmeno una cazzata del
genere! Tu sei tutto fuorché una schifezza... Al massimo
è quel cretino di mio fratello che vorrei capire che cos'ha
dentro la testa... ma a questo ci penserò dopo... Forza, non
piangere così tanto... Hugh avrà sicuramente
capito che tu non avevi alcuna colpa per l'accaduto e per quanto
riguarda il tuo senso di colpa... Beh, questo mi sembra il problema
maggioritario al momento... Ma tu cerca di calmarti... Aspetta: dai
battito, sono preoccupata per lei... Aumenta...”.
La macchinetta ebbe alcuni lievi sussulti, che fecero rialzare la testa
a Mia e la spronarono a riprendere fiato. Non le era mai capitato di
sentirsi così incerta su che cosa le stesse accadendo: lei
sapeva sempre a che punto della sua vita era, anche se, il
più delle volte era un punto morto. Poi, però,
parlava con Lexi e tutto si risolveva. Decise che nemmeno quella
situazione le avrebbe tolto la sua migliore amica. Si
asciugò le lacrime che ancora le bagnavano il volto e prese
una mano di Lexi tra le sue.
- Okay... Come diresti tu: “Analizziamo la
situazione”... Ma guarda te: tu stai ferma lì ed
io mi faccio le conversazioni da sola... Comunque, tornando a noi:
adesso mi devi spiegare per quale diamine di motivazione io mi sia
sentita in torto nel farmi trovare da David, fuori con un altro... Non
ha senso, come non ce l'ha neanche il fatto che mi sia quasi
dispiaciuto dargli quella risposta... Dispiaciuto, insomma, mi sembrava
di aver appena abbandonato un cucciolo di labrador sul ciglio
dell'autostrada, il 15 di Agosto... Capisci?? Forse era questo: della
semplice pena... Sì, la mia era della comunissima
compassione per la pessima figura che aveva appena fatto con Hugh!
Perché non c'ho pensato prima?!
“Certo Mia... E per lo stesso principio io sto saltando sul
mio letto d'ospedale, in vestaglietta a fiori bianchi e rosa,
perché Lucas mi ha chiesto di sposarlo... Direi che il tuo
ragionamento non funziona, sotto nessun punto di vista... Lo vedete da
lassù che qui c'è un urgente bisogno della
sottoscritta?? Perché, per quanto mi costi ammetterlo, la
mia migliore amica di sempre e il mio fratellone cerebroleso (anche se
qui, l'unica con reali problemi al cervello sono io, ma sorvoliamo), si
sono presi una bella sbandata l'uno per l'altra... E credo che solo il
mio provvidenziale intervento possa salvarli da un abisso di
infelicità e disperazione... Va bene, la sto facendo un po'
apocalittica, ma il succo è quello: non se lo diranno mai
questi due, sono decisamente troppo orgogliosi... Ma come hai fatto a
prenderti una sbandata per uno come David?! Dai, Mia: è da
cliché!! E poi avevi per le mani Hugh Stime, alias lo
scapolo d'oro d'Inghilterra!... Il mondo sta seriamente andando al
contrario...”.
- Mi sono fatta un sacco di problemi per nulla... Comunque Hugh
è stato veramente carino... A fine serata mi ha
riaccompagnata a casa e nel momento della buonanotte mi ha detto:
“Non è stata di certo una serata tranquilla... E
per una volta non è stata colpa mia!”... E poi mi
ha dato un dolcissimo bacio sulla guancia... Mi credi se ti dico che mi
sono sentita un'adolescente alle prese con la sua prima cotta
epocale??... Lo so, fai pure, ridi finché non posso
prenderti a cuscinate come avrei fatto normalmente... E giusto
perché voglio rovinarmi completamente, ti dico pure che non
mi lamenterò mai più quando metterai su le loro
canzoni: la voce di Hugh è... No, non posso stare seriamente
per dire una cosa del genere... Al diavolo, con ogni
probabilità non ti ricorderai nulla di tutto quello che ti
sto dicendo, quindi siamo sinceri: quella voce roca ti fa venire i
brividi, soprattutto quando ride... Hai mai visto le fossette che gli
si creano in mezzo alle guance??
“Benvenuta nella mia vita Mia!! Dimmi: secondo te ho passato
gli ultimi quattro anni della mia vita a seguire dovunque cinque tipi
qualunque?? Mi pensavi sul serio così cretina?! E poi,
perché ho la netta impressione che a breve ti
sentirò varcare quella soglia canticchiando una delle loro
canzoni??”.
Mia si rilassò sulla “sua” sedia e un
sorriso le comparve sul volto, dopo quasi una settimana di smorfie
tirate e guance arrossate per le lacrime. Nonostante l'irritante e
sconvolgente scenata di David, Mia non poteva che sorridere ripensando
all'appuntamento della sera precedente, poiché, per la prima
volta dopo troppo tempo, le sembrava di aver trovato una persona
piacevole capace di farla star bene con una semplice battuta. Anche se
lo sguardo di David continuava a tornarle in mente.
- Bene Lexi: è tempo che vada a casa, dato che Hugh mi ha
chiesto se mi andava di accompagnarlo a fare shopping oggi pomeriggio,
dato che sostiene che abbia un gusto molto simile al suo... Non
è pazzesco?! Ho trovato qualcuno che capisce il mio stile!
Ci sentiamo Lex!! Ti voglio un mondo di bene e ti aspetto qui, il
più presto possibile, okay? E se per caso quel coglione-
scusa- di tuo fratello passasse di qui, cerca di trovare un modo per
fargli intendere che è un cretino... Grazie Lex... Un
bacio...
Mia si alzò e, dopo aver dato un bacio sulla fronte della
sua migliore amica, si diresse fuori dalla porta.
“Ehi!! Ehi Mia!! Ferma!!! Cazzo, odio non poter parlare!!
Ecco, ho pure cominciato a dire parolacce!! Diamine devo dirle di stare
attenta! Se va fuori con Hugh vuol dire che sarà su tutto il
web in meno di dieci minuti e chiunque saprà di lei... Non
credo che Mia si renda conto di che cosa realmente implichi una cosa
del genere... Sarà sulla bocca di tutte le fan che ci sono
sul pianeta, esposta al giudizio di chiunque abbia un collegamento a
Internet... E Mia non è mai stata una che va a braccetto con
le critiche e le opinioni a priori... Spero solo che non si accorga di
nulla... Certo che però oggi c'è un silenzio
irreale qui dentro... Ora che quel vulcano se ne è uscito
dalla mia stanza, non si sente più nulla... Nemmeno Sarah
che informa le altre infermiere sulla mia situazione... Nulla... E'
abbastanza strana come cosa...”.
Lexi, oltre a risultarle quasi intollerabile quella sua situazione
d'impotenza, cominciava anche a non sopportare più tutto
quel silenzio. Ringraziava ogni volta che qualcuno decideva di entrare
nella sua stanza, fosse anche solo per cambiare qualche flebo,
perché questo le permetteva di distrarsi un attimo da quella
luce che sembrava avvicinarsi un poco ogni giorno. Ed era per questo
che sperava sempre che si ricordassero di accenderle la musica, di modo
che almeno qualcosa potesse tenerla lontana da quell'oblio di pensieri
che sembrava sempre dietro l'angolo, pronto ad inghiottirla.
“In questo momento pagherei oro per avere il mio caro Ipod
acceso... Mi ci vorranno secoli per riprendermi da tutta la roba che mi
ha raccontato Mia...”.
Lexi sentì la porta aprirsi leggermente e la voce allegra di
Sarah entrare nella camera.
- Non ti preoccupare... Entra pure... Le fa solo bene ricevere delle
visite...
“Parole sante Sarah, parole sante...”.
Dei passi pesanti, che non riusciva a ricollegare a nessuna delle
persone che finora erano andate a trovarla, fecero il loro ingresso
nell'ambiente spazioso della stanza di Lexi, lasciando che lo
scricchiolio delle scarpe da ginnastica rimbombasse dovunque, appena la
porta si fu chiusa. Poco dopo il rumore cessò e questo fece
intuire ad una Lexi sempre più interessata che quel qualcuno
si era fermato a parecchi passi di distanza dal suo letto.
“Possibile che abbia paura di avvicinarsi? Che sia la pazza
schizzata che ha sparato alla premieré che sia venuta a
vedere la sua opera?? No, mamma ha detto che l'hanno in custodia in
carcere, mentre è in attesa del processo... Ma allora chi
potrebbe essere?”.
Quel silenzio gli sembrava assordante. A lui non era mai piaciuta la
completa assenza di suoni e parole e forse era per questo che aveva
deciso di intraprendere quel lavoro. E vederla lì, nella
stessa posizione da bambolina di ceramica che aveva qualche giorno
prima, lo fece rabbrividire. Sembrava sul serio che quella ragazza non
stesse più vivendo e che tutto si fosse fermato alla
giornata della premieré, nell'attimo in cui quella maledetta
pallottola l'aveva colpita. Non riusciva a togliersi da davanti agli
occhi l'immagine di Lexi che cadeva sul selciato umido di Leichester
Square, mentre i loro sguardi si incrociavano. Era come se nel suo
cervello si fosse scattata un'istantanea di quel momento e si fosse
appesa al muro della sua memoria, tormentandolo notte e giorno e il
problema era che non riusciva a darsi una spiegazione. Insomma, quella
ragazza aveva compiuto un gesto straordinario, che lui, quasi
sicuramente, non avrebbe mai posseduto il coraggio di fare, o forse,
solo per le persone a cui teneva veramente ed era anche per questo che
non riusciva a fare un altro passo avanti: Lexi aveva dato la sua vita
per loro ed ora non le rimaneva altro che lo stare immobile in
un'inquietante stanza d'ospedale, circondata da un silenzio surreale
che secondo lui non aveva ragione di esserci. Da quanto avevano detto
la sua migliore amica e sua madre, Lexi doveva essere una ragazza piena
di energia e solare, di quelle che con un sorriso illuminavano la
stanza, una delle qualità che più lo attraevano
in una persona. Ed invece era lì, bloccata in quella
condizione che si vedeva lontano un miglio non le appartenesse, che non
fosse giusta. Si appoggiò con la schiena al muro, infilando
le mani nelle tasche come di solito faceva quando non sapeva come
comportarsi. Alle fan quello sembrava un gesto da ragazzo
sicuro di sé ed il più delle volte era anche
vero, ma non in situazioni come quella, dove l'unica cosa che gli
veniva da fare era stare in silenzio e guardare, cosa alquanto insolita
per uno che non riusciva a stare zitto e non ridere nemmeno nei momenti
in cui era d'obbligo farlo. Specialmente se i ragazzi erano nei
dintorni, come qualche mese prima, quando dovevano fare delle
interviste per l'uscita del film e Lewis, in combutta con Lucas,
continuavano a farlo ridere come un pazzo, tanto che Pablo lo aveva
minacciato di proibirgli di fare il red carpet vicino a Hugh, per fare
la fantastica coppia degli scapoli d'oro. Ma in quel momento i ragazzi
non c'erano e lui era da solo ad affrontare una situazione decisamente
insolita. L'unica cosa che gli venne in mente di fare, fu prendere un
respiro profondo e lasciare che la sua testa si abbandonasse sul muro
freddo: forse non sarebbe dovuto andare.
“Ehi... Chi è là?? Allora? Non lo sai
che è bene annunciarsi quando si entra nella stanza di una
ragazza in coma che non può aprire gli occhi e parlare??
Sai, farei volentieri gli onori da casa, ma sono un attimo
impossibilitata... Vuoi dirmi chi sei?! Mi sta venendo su l'ansia... E
adesso perché sospira? Direi che dal suo respiro potrebbe
essere un uomo, ma non ne sarei così certa... L'infermiera
che due gironi fa mi ha cambiato le lenzuola respirava come un trattore
in piena funzione durante la trebbiatura... Perché non
parli, eh? Ti prego... Rompi questo maledettissimo
silenzio...”.
Non poteva farci niente: il suo cuore, alle volte, o meglio, quasi
sempre, non rispondeva alla volontà del suo cervello,
mettendosi a battere all'impazzata, cosa che le macchine registrarono
immediatamente. Quando il rumore accelerato del battito cardiaco di
Lexi riempì lo spazio circostante, per poco non venne a lui
l'infarto: si era completamente perso nei meandri dei suoi pensieri.
Era veramente da tanto che non si fermava a valutare razionalmente
tutto quello che aveva e che viveva ogni giorno di quella vita che gli
sembrava ancora un sogno da cui si sarebbe svegliato, un giorno,
ritrovandosi nella sua cameretta di quand'era bambino, con ancora i
denti storti e una sola chitarra appoggiata al muro. Sperava solo di
non essere lui la causa di quella tachicardia anche se aveva il
presentimento che, invece, fosse proprio così: in fin dei
conti era entrato e si era appoggiato al muro, senza dire una sola
parola. Se fosse stato lui al suo posto sarebbe spaventato a morte.
Eppure non voleva parlare, non ce la faceva proprio, come se la sua
voce, quella che usava ogni santissimo giorno per cantare davanti a
migliaia di fan, che diceva complimenti e frasi dolci per realizzare il
sogno di qualcuna di esse, che sparava un sacco di idiozie con i
ragazzi, che sussurrava al suo nipotino appena nato che gli voleva un
bene dell'anima, quella stessa voce non ne voleva sapere di uscire per
parlare con lei. Si comportava un po' come il corpo di Lexi: non
eseguiva i comandi che arrivavano dal cervello. Aveva anche chiesto ai
ragazzi come avessero fatto loro, qualche giorno prima, a rivolgersi a
lei con tanta naturalezza e le risposte che aveva ricevuto lo avevano
lasciato basito: era come se stessero parlando con una loro amica. Ma
com'era possibile che considerassero quella ragazza una loro amica, se
neanche ci avevano mai parlato assieme e, soprattutto, dopo quello che
aveva fatto per loro? Zach gli aveva detto che per capirlo sarebbe
dovuto andare a trovarla in ospedale, magari senza di loro, di modo da
poter “sentire la vera Lexi”. Ogni tanto quel
ragazzo gli faceva paura: lui e i suoi discorsi simil filosofici che
lasciavano spiazzato chiunque, soprattutto quando a farteli era un
ragazzone tutto tatuato e con la sigaretta sempre in bocca. Inoltre gli
aveva rifilato anche un discorso piuttosto strano su come si fosse
sentito a suo agio a parlare con lei, come se riuscisse a capirlo
nonostante non potesse parlare. Era tutta colpa del suo
“fratellone maggiore” se ora era lì, in
piedi, in quella stanza asettica anche se piena dei regali che le fan
le avevano fatto, rischiando di far venire un infarto a quella ragazza.
Non poteva sopportare oltre il silenzio e quando il suo occhio cadde
sulle casse per I'Ipod, gli sembrò che qualcuno avesse
aperto la finestra e fatto entrare una ventata di aria fresca.
Si avvicinò al letto di Lexi cercando di non inciampare in
tutti quei fili che la tenevano in vita e prese l'Ipod tra le mani,
cominciando a scorrere i brani.
“Aspetta... Si sta avvicinando... Okay, dovrebbe essere al
mio fianco... Andiamo per esclusione allora: mamma e papà
non possono essere perché sono entrambi impegnati...Mia se
ne è appena andata... Potrebbe essere David, ma considerato
quanto successo ieri sera, sarebbe entrato urlando su come Mia lo
faccia imbestialire ogni volta... Che, tra parentesi, devo essere stata
proprio cieca per non essermi accorta di nulla! Comunque... Chi altro
potrebbe essere? Zach no, perché il suo profumo di sigarette
e incenso si sentirebbe a chilometri di distanza... Hugh nemmeno,
perché è fuori con Mia... Oddio, fa stranissimo
pensarlo, però credo che facciano proprio una bella coppia:
caro fratellone, mi sa che ti sei svegliato troppo tardi... Potrebbe
essere Lewis, ma non sarebbe di certo così discreto... Ma
certo: potrebbe essere Lucas!! Però avrebbe parlato,
insomma, è già venuto qui, sa che posso sentire
tutto e...”.
Eccola: finalmente aveva trovato la canzone che cercava, una delle sue
preferite. Quando aveva preso in mano l'Ipod di Lexi l'aveva fatto
quasi con la certezza statistica che quel pezzo sarebbe stato dentro ad
una delle sue playlist. Schiacciò “play”
e lasciò che Home di Michael Bublé si diffondesse
per la stanza.
“Oh... Io amo questa canzone... Ma soprattutto piango ogni
volta che la sento... Mi rivedo tutta la scena del Ballo del Ceppo in
Harry Potter e Il Calice di Fuoco, solo che al posto di Hermione
Granger a scendere le scale ci sono, con un meraviglioso abito da sera,
la luce soffusa di migliai di candele ad illuminare l'ambiente e
sull'ultimo scalino, ad attendermi, lui... Oh, di solito c'era Lucas,
ma credo che ora le cose siano cambiate... A dire il vero mi sento
cretina anche solo ad essermi persa in una fantasticheria simile... Ma
erano cose come questa che mi facevano addormentare la notte... Credere
che le cose, prima o poi, sarebbero andate meglio... Quindi, non so chi
tu sia, ma grazie...”. Qualcosa di brillante e delicato stava
scivolando lungo la guancia di Lexi e lui non riuscì a fare
a meno di poggiare la sua mano grande e diafana su quel lembo di pelle
ora leggermente umido per un singola, piccola lacrima, che sperava non
fosse di tristezza. Ma sapeva bene che chiunque fosse stato nella
situazione di quella ragazza sarebbe stato triste e ai suoi
occhi, questo, non era giusto. Raccolse la piccola perla trasparente
con il pollice e solo in quel momento si rese conto di quanto quel
contatto gli stesse dicendo, di come la sua pelle sembrasse essersi
risvegliata da un torpore durato anni.
“Ha della mani delicatissime anche se ha dei calli sulle
dita... Aspetta: calli sulle dita, questa canzone e questo profumo
leggero, di pulito... Ma allora è...”.
Quello era il momento giusto per andare: non riusciva più a
capire che cosa stesse provando e per quale diavolo di motivazione la
mano che ora ciondolava lungo il suo fianco stesse ancora formicolando
per quell'innocuo contatto. Ma di una cosa era certo, mentre si voltava
indietro, un'ultima volta, prima di uscire dalla stanza: sarebbe
tornato a trovarla. Perché voleva portarle quello che le
mancava: la felicità. E chi meglio di Nate Hanson poteva far
tornare il sole dopo una violenta tempesta??
I'M SOOOOO SORRY!!
salve donzelle che
siete giunte fino a qui e che magari avete aspettato per leggere questo
capitolo... E' stato un periodino difficile, io sono scema, etc, etc,
etc,... Mi ero persino dimenticata di aver cominciato a pubblicare
questa storia vecchissima... Grazie per aver letto. Sul serio. Fatemi
sapere che ne pensate FINALMENTE dell'arrivo di Nate/Niall xx
Lots of Love xx
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** 29th August 2013 ***
29th August 2013
Erano passati tre giorni da quando lo sconosciuto era entrato nella
camera di Lexi, lasciandola con una strana sensazione alla bocca dello
stomaco e una canzone che non le usciva più dalla testa. Un
piccolo sospetto su chi potesse essere le era sorto, ma in fin dei
conti, per quanto riuscisse ad accettare la stravagante idea che i The
Rush si fossero affezionati a lei o che, comunque, si sentissero in
debito nei suoi confronti, non credeva che sarebbero andati tutti a
trovarla. E poi lo sapevano tutti che Nate era un gran casinista e che
niente gli impediva di ridere e parlare anche quando non era il caso,
quindi quel silenzio le sembrava poco conciliabile con la sua
personalità. Perciò Lexi aveva trascorso le
seguenti tre giornate chiedendosi chi potesse essere seriamente quella
persona che era entrata nel più completo silenzio della sua
stanza, rompendolo finalmente con un po' di musica, anche se lei, nella
sua situazione non proprio comune, avrebbe preferito lo facesse
parlandole e mostrandole, così, chi fosse. Era sicura che
fosse un uomo, anzi, un “giovanotto piuttosto
attraente”, per citare le parole che Sarah aveva usato appena
dopo che lo sconosciuto se ne era andato, e questa poteva diventare una
buona prova a favore della sua tesi, assieme al fatto che la canzone
che aveva scelto fosse proprio uno dei brani che, fin dai tempi di
British's Got Talent, Nate aveva sempre detto di adorare.
In quel momento fece il suo ingresso nella stanza, come ogni
mezzogiorno, Sarah, per controllare che la sua paziente preferita
stesse bene. Erano nove giorni che quella ragazza era in coma e lei si
era ritrovata ad affezionarsi come mai le era capitato prima, come se
sentisse un legame particolare con Lexi. Indubbiamente anche lei era
rimasta sconvolta ed impressionata, come tutte le altre infermiere del
resto, dalla scelta coraggiosa che quella ragazza di quasi ventidue
anni aveva deciso di fare, ma d'altra parte poteva capirla bene: quando
era giovane lei, era stata una vera e propria goupies dei Duran Duran,
che ripensandoci ora, forse il termine più azzeccato, era
stalker. Sarah aveva fatto di tutto per poter entrare nelle grazie di
Simon Le Bon, l'unico uomo che fosse mai riuscito a farle spuntare un
sorriso sulle labbra anche quando le sembrava che il mondo stesse
cadendo letteralmente a pezzi, tanto che alle volte, pure suo marito,
quando erano più giovani, ci aveva rinunciato a tirarla su
di morale, limitandosi ad abbracciarla mentre la voce del cantante
preferito di sua moglie compiva il miracolo. Sarah sorrise
involontariamente a quel ricordo, capendo che dopo quasi trentacinque
anni, la sua passione per quella band non accennava minimamente ad
affievolirsi. Il fatto, poi, che Lexi conoscesse così bene
uno di loro (a meno secondo quanto le aveva spifferato Mia), rendeva
tutto ancora più speciale, perché, in fin dei
conti, era come se tutto fosse stato scritto nel destino, come se le
linee delle vite di quella ragazza e di quel gruppo di cantanti fossero
inspiegabilmente predestinate ad incontrarsi. Scosse la testa,
rendendosi conto che fare quel tipo di pensieri da adolescente
innamorata dei sogni non fosse proprio la cosa più indicata
per una signora di cinquantacinque anni come lei, eppure, in certi
momenti, soprattutto da quando Lexi era arrivata, a Sarah sembrava che
non fosse passato neanche un giorno da quando stava decidendo come
vestirsi per andare al primo concerto della sua band preferita.
Si mosse attorno al letto di Lexi, controllando i tracciati e poi
cambiando l'ennesima flebo, accorgendosi che l'I-pod appoggiato al
tavolino era completamente scarico. Lo prese e lo mise in carica.
- Allora, Lexi... Come stai oggi?? Lo sai che non ho mai visto
così tanti personaggi famosi come in questi nove giorni?
Ebbene sì, oggi è il 29 di Agosto... Ormai ci sto
facendo l'abitudine a venire a trovarti, anche se vorrei tanto un
giorno entrare da quella porta e trovarti seduta che mi saluti, mentre
magari osservi sconvolta tutti i fiori e regali che hai ricevuto... So
che succederà Lexi, spero solo avvenga presto, anche
perché vorrei farti qualche domanda...
“Buongiorno anche a te Sarah... Che giorno hai detto essere
oggi? Il 29, eh?... Il 29 Agosto... Perché mi sembra che
questa data debba ricordarmi qualcosa?? Avanti Lexi... Pensa, tanto
è l'unica cosa che puoi fare...”.
- Insomma, non so per quale motivazione, ma mi ricordi tanto me da
giovane... Sai, anche io sono stata fan di un gruppo... Anzi, aspetta,
dire che fossi una fan è decisamente riduttivo... Mio marito
ancora mi prende in giro ricordandomi la volta in cui mi scrissi su
tutto il corpo, con un pennarello indelebile, i versi delle canzoni di
Notorious... Chissà se sai chi sono i Duran Duran...
Riuscì finalmente a sistemare il dosaggio della flebo e
decise di prendersi un attimo per sé stessa e per quella
ragazza, dato che il Signor Gross non aveva di certo fretta di vedersi
cambiato il catetere. Si mise comoda sulla poltrona alla sinistra del
letto e cominciò a lisciare il lenzuolo che copriva il corpo
di Lexi.
“Ehi, Sarah, ma per chi mi hai preso?? Certo che so chi sono
i Duran Duran!! Pure io ho la mia cultura musicale... Ma sul serio ti
sei scritta tutti i testi di un loro album sul corpo?! Il mio massimo
è stato tappezzare una parete di camera mia con tre quarti
dei versi delle loro canzoni... Sarah: ti sei ufficialmente conquistata
il primo posto della mia personale classifica delle infermiere
più simpatiche...”.
- Sai che ti dico? Che rimango un po' qui con te... Oggi non
è ancora passato nessuno a trovarti e penso che tu ti stia
annoiando... Posso dirti una cosa Lexi? Tutti quei ragazzi che ti
vengono a fare visita sono veramente belli... Ma non belli in maniera
banale, ma affascinanti... Come se avessero sul serio una luce dentro a
farli risplendere. Hai decisamente dei buoni gusti, cara mia...
“Grazie Sarah: sapevo che prima o poi avrei incontrato
qualcuno capace di capire perché mi piacciano tanto quei
cinque ragazzi... Ma dimmi di te... Lexi, sveglia, lei non ti
sente...”.
- Come avrai capito, io, alla tua età, ero pazza per i Duran
Duran...
“Oh, vedi: abbiamo pure la tipica connessione da fan...
Guadagni sempre più punti cara la mia Sarah.”.
- Devo dire che sembrano anche parecchio ben assortiti... Insomma, ai
miei tempi i gruppi erano tutti piuttosto omogenei, stesse magliette,
stesso taglio di capelli che di solito stava veramente bene solo ad uno
di loro, stesso atteggiamento che doveva diventare una sorta di
“biglietto da visita”... Invece quei cinque
sembrano tutti diversi, con delle personalità ben sviluppate
e che non fanno nulla per nascondere. Quando li ho visti arrivare con
il cameraman, il microfonista e tutto il resto della troupe, ho subito
pensato “Ecco qua un gruppetto di avvoltoi che cerca di
aumentare la propria fama speculando sulle disgrazie di una povera
ragazza”...
“Ehi: piano con le parole, stiamo sempre parlando dei miei
The Rush...”.
- Ma mi sono immediatamente dovuta ricredere! Appena giunti di fronte
alla porta della tua stanza, quello che penso abbia origini indiane,
che l'altro giorno ho scoperto chiamarsi Zach ed essere veramente un
ragazzo a modo, si è voltato verso tutto l'entourage che li
seguiva e ha detto “Dovete entrare tutti per
forza?”, come se la cosa lo infastidisse parecchio...
Così, quello con capelli corti a spazzola, il ragazzo che
è arrivato con quella che sembrava una fotomodella a
braccetto, ha risposto subito “Direi anche di no... Mi sembra
il minimo che possiamo fare, lasciarle un po' di
tranquillità...”.
“Che carino che è Zach... Devo ammettere che l'ho
sempre un po' sottovalutato, invece mi sto ricredendo... E' molto
più attento e premuroso di quanto ci si possa mai aspettare
ed ora capisco perché dicano sempre che sia un po' come il
papà di Nate: lo consiglierà su tutto... E poi
Lucas... Cavolo, fa strano pensare che si sia preoccupato per me e non
poterci vedere niente di più, non avere più
ragioni per fantasticarci sopra... Ci teneva che la persona che ha
salvato la vita alla ragazza di cui è pazzamente innamorato,
ricevesse almeno un po' di rispetto in cambio... Grazie Lucas per il
pensiero... Cazzo!! Ecco che cosa mi ricordava il 29 di Agosto!! E' il
compleanno di Lucas oggi!! Come diavolo ho fatto a non pensarci prima?!
Da quando in qua il mio primo pensiero non è per lui?! Okay,
stare qui distesa come una lucertola al sole non mi fa bene... Mi
sembra quasi impossibile che, dopo aver passato gli ultimi undici anni
a cercare di fargli il regalo perfetto, sperando in vano di poterglielo
consegnare, ora mi ritrovi a non ricordarmi nemmeno che oggi sia nato
il ragazzo di cui sono stata innamorata per così tanto
tempo...”.
- Sono veramente dei ragazzi simpatici... Uno di loro mi ha anche fatto
un complimento per la collana che porto al collo... Mi ha detto che gli
ricordava casa... E' quello con i capelli ricci, pieno di tatuaggi
strani, che credo abbia una spiccata simpatia per la tua amica dai
capelli blu... Mia, giusto? Ah, ecco come si chiama: Hugh!! Un caro
ragazzo, sul serio... Ha un sorriso spettacolare... Per non parlare
degli occhi!
“A chi lo dici... La prima volta che li ho visti cantare, la
telecamera è rimasta qualcosa come dieci secondi ferma
immobile sui suoi occhi, per poi scendere sulle due fossette che
compaiono ogni volta che sta facendo qualcosa che adora ed è
felice... Per poco non morivo per asfissia, dato che mi ero dimenticata
di respirare per tutto il tempo dell'inquadratura... Ero rossa come un
peperone, tanto che David mi chiese se avessi bisogno di una bomboletta
d'ossigeno...”.
- Ma a dire il vero sono tutti molto gentili e vedere che si
interessano tanto a te, penso possa solo farti piacere... Certo,
è nulla rispetto a quello che tu hai fatto per loro, ma
è già qualcosa.
L'infermiera rimase un attimo in silenzio, contemplando il volto
forzatamente sereno della ragazza distesa sul letto di fronte a lei,
soppesando la possibilità di porle quella domanda a cui Lexi
non avrebbe potuto rispondere a voce, ma che le avrebbe potuto
provocare comunque una qualche reazione. Sarah decise di provare a dar
voce ai suoi dubbi, rischiando anche di mettere a soqquadro la
tranquillità apparente che regnava in quella stanza,
perché si vedeva lontano un miglio che quella ragazza era un
contenitore di energia pronto ad esplodere.
- E qui sorge spontanea la domanda: perché?
Perché l'hai fatto Lexi?
Si sarebbe aspettata di veder balzare alle stelle i valori vitali della
sua paziente preferita, ma nulla, nel tracciato delle macchine,
sembrò subire una qualche variazione.
- Quante volte ti hanno fatto questa domanda, eh? Penso almeno un
migliaio o comunque tutti quelli che sono venuti a trovarti...
“Esatto... Ogni singola persona che abbia varcato quella
soglia negli ultimi nove giorni mi ha posto sempre la stessa domanda...
Che fosse un mio parente, un semplice conoscente, uno dei ragazzi della
band o la mia migliore amica... La domanda è sempre quella:
perché? E la vuoi sapere una cosa, Sarah? Non lo so
più...”
- Sai, anche io ero persa per la mia band preferita, ma fare una cosa
del genere è quasi fuori da ogni concezione di affetto per
delle persone che non conosci... Io capisco dire “Sono tutto
per me... Mi hanno salvata... Darei la vita per loro...”,
pure io lo urlavo a squarcia gola ogni volta che mi trovavo con il
fanclub che avevo creato con alcune ragazze della mia città,
ma tu hai fatto molto di più... Tu hai messo a repentaglio
la tua vita per loro! Scusa, ma non riesco proprio a capire se sia un
atto di estremo coraggio o di preoccupante noncuranza per
ciò che ti è stato donato...
“Credo che questa sia una delle affermazioni più
intelligenti che io abbia sentito nell'ultima settimana. Sai Sarah: non
so se hai figli o meno, ma sono convinta che saresti o sei una
meravigliosa mamma... Comunque ci ho pensato parecchio negli ultimi
giorni e credo che la risposta corretta sia la seconda... Una
preoccupante noncuranza per quello che mi è stato donato...
Che siano le persone che mi stanno affianco e mi sopportano o la mia
passione inspiegabile per la storia o, a quanto pare, la mia stessa
vita... E ti assicuro che la cosa mi spaventa non poco...
Perché la domanda successiva non può essere che:
per che cosa hai vissuto fino ad adesso, se eri pronta a buttare tutto
in meno di cinque secondi??...”.
L'ultima volta che le era capitato era stato quando lo sconosciuto era
entrato nella sua stanza e aveva messo una delle sue canzoni preferite,
ma in quel momento quella lacrima che era caduta, aveva tutt'altro
significato rispetto a quello che stava assumendo ora. Quella melodia
l'aveva fatta sentire serena per il tempo di un battito di ciglia,
mentre la consapevolezza che le parole di Sarah avevano portato a
galla, la stava facendo cadere sempre di più in quel baratro
profondo che erano diventati i suoi pensieri. Così non
lasciò uscire solo una piccola goccia di quel mare in
tempesta che aveva dentro, bensì un'intera cascata di
piccoli frammenti di sofferenza che ormai la stavano lacerando da
quando si era accorta che cosa avesse fatto. Sarah si accorse della
reazione che aveva suscitato in Lexi e le parve praticamente
impossibile che una paziente nelle sue condizioni potesse essere a tal
punto presente da non solo comprendere le parole che le venivano
rivolte, ma anche rispondere secondo le emozioni del momento.
Prese un fazzoletto dalla tasca della divisa rosa e tamponò
delicatamente le guance di Lexi, come quando sua figlia era piccola e
le passava il balsamo alla menta sul petto per farla addormentare: con
una dolcezza ed una lentezza studiate apposta per rassicurare.
- Tranquilla Lexi... Vedrai che andrà tutto bene...
Qualsiasi la motivazione per cui l'hai fatto ora sei qui e devi
continuare a lottare per tornare dalle persone che ti vogliono bene...
Puoi ricominciare da capo... Hai una seconda possibilità...
Non sapeva perché, ma stava sussurrando quelle parole come
se dovesse tranquillizzare una bimba piccola dopo un terribile incubo,
come se quella ragazza distesa sulle candide lenzuola bianche non fosse
una semplice paziente, ma sua figlia Gemma. Lexi sentì una
mano morbida carezzarle i capelli, come se la volesse consolare per
tutti i mali della terra e, per un momento, si sentì
stranamente a casa, poi, la voce acuta di un'infermiera, proveniente
dal corridoio, ruppe quell'istante di pace.
-Sarah: il Signor Gross ti sta chiamando da dieci minuti
ininterrottamente! Ho provato a dirgli che il catetere glielo cambiavo
io, ma non ha voluto sentir ragioni...
- Tranquilla... Digli che arrivo subito...
L'infermiera si avviò per l'ennesima volta verso la camera
del Signor Gross, mentre Sarah risistemava le lenzuola di Lexi, che
quando si era appoggiata per rincuorarla, si erano leggermente
sgualcite.
- Scusami Lexi, ma devo andare da quel piccolo ometto pieno di vita per
essere vecchio come le fondamenta di Buckingham Palace, ma è
stato un vero piacere stare qui con te... Ci vediamo domani cara... E
non mollare mai...
Lexi sentì la porta richiudersi alle spalle della
sua nuova persona preferita in quell'ospedale, lasciando finalmente
campo libero alla sua mente: se voleva formulare le ipotesi
più disparate, quello era il momento.
“E va bene... Arriviamo ad una conclusione di tutta questa
storia, dato che sono nove infiniti giorni che sono qui dentro...
Chiunque sia venuto a farmi visita, mi ha posto sempre la stessa
domanda che ormai non voglio nemmeno più pensare,
perché mi fa venire il voltastomaco... All'inizio pensavo di
averlo fatto per salvare la vita a Sophia, anche se ad essere
completamente sinceri, era solo per salvare Lucas, alias il ragazzo di
cui sono perdutamente innamorata... O forse dovrei dire: ero
perdutamente innamorata, dato che non mi ricordavo nemmeno che oggi
fosse il suo compleanno... Comunque, dopo aver capito che non l'ho
fatto solamente per salvare loro due, ma che c'erano delle motivazioni
più profonde, è stato il turno di
papà, del Signor Finnigan,di Zach ed ora, di Sarah... Ed
ecco che qui il castello di carte crolla ed io mi ritrovo con una
certezza che farei volentieri a meno di avere... L'ho fatto
perché sostanzialmente della mia vita non me ne importa
granché... Ma, allora, la domanda me la pongo io: avevo un
sacco di cose di cui mi importava, perché gettare via
tutto?? Ho dei genitori che farebbero di tutto per me, certo, alle
volte non si ricordano sempre di avere un'altra figlia oltre a David,
ma quando lo fanno sanno essere decisamente carini; ho un'amica a cui
voglio un bene dell'anima e che, anche se non azzecca mai il
giorno del mio compleanno, mi sta comunque accanto in ogni situazione;
mi sto per laureare, presumibilmente a pieni voti, nella materia che
più amo al mondo e, se tutto andrà secondo i
piani, potrei avere anche un dottorato di ricerca nella mia
università; ho un lavoretto part-time che mi permette di
sentire tutte le strabilianti storie di quell'adorabile vecchietto...
Ero persino innamorata di un ragazzo! Dove diamine stava il problema?!
Certo, lui non sapeva nemmeno della mia esistenza, ma questo cosa
centra?... E' vero anche che ho passato gli ultimi undici anni ad
aspettare che un fantomatico qualcosa accadesse, ma insomma: chi non ha
mai aspettato l'occasione giusta che avrebbe dato la svolta alla
propria vita?!... Ma quanto cretina sei Lexi?? Non te ne rendi conto da
sola che ti sei appena risposta?... Oddio, ora parlo anche con me
stessa... Però ho ragione: era questo il problema. Ho
passato gli ultimi undici anni ad aspettare... Aspettare che mamma e
papà si rendessero conto che anche io avevo qualche merito
per cui potessero essere orgogliosi... Aspettare che Mia si ricordasse
di come alle volte anche io avessi bisogno di parlare con lei e non
solo di fare da orecchie ambulanti per tutte le vicissitudini che le
capitavano... Aspettare che fosse l'università a darmi una
possibilità di lavoro che mi meriterei a pieno titolo...
Aspettare che una di quelle straordinarie storie del Signor Finnigan
capitasse anche a me... Ed infine, ad aspettare che Lucas si accorgesse
di me... Non ho fatto altro che attendere... Ecco perché la
mia vita non mi sembrava abbastanza per pensarci due volte prima di
gettarmi verso una pallottola volante: perché non l'ho mai
vissuta... L'ho sempre vista scivolare via mentre restavo in attesa di
qualcosa... Ecco perché... Wow... Fa strano pensare una cosa
del genere... Non ci credo... Ho buttato all'aria ventidue anni
aspettando qualcosa e stavo per gettare via definitivamente la mia vita
in meno di cinque secondi...”.
Lexi era sconvolta dal risultato a cui quei pensieri l'avevano
condotta, incapace di assimilare un'informazione che sembrava un
segnale evidente di come tutto, nella sua breve esistenza su questo
pianeta, fosse stato solo un pallido riflesso di come realmente sarebbe
potuto essere. Ora, l'unica cosa che le interessava veramente era
capire quale fosse la soluzione a tutto quel caos che si era creato
nella sua vita dopo la premieré del film. Forse avrebbe
dovuto andare allegramente verso quella lucetta sempre più
accogliente che vedeva alla fine del tunnel e salutare tutto e tutti,
il più in fretta possibile... Ma questo avrebbe significato
non aver mai nemmeno tentato di vivere...
“Che cazzo dovrei fare?! Avanti: si accettano suggerimenti
anche dall'alto dei cieli... O dal profondo di questo fottuttissimo
tunnel!! Ma datemi un dannato consiglio!!... Fantastico, sto pure
diventando più volgare di Mia... Chissà che fine
avrà fatto quella pazza...”.
E come se qualcuno avesse deciso di dare risposta alla sua domanda,
David fece irruzione nella stanza. Peccato la domanda non fosse quella
giusta.
- Adesso tu mi devi spiegare che cosa cazzo passa per la testa di
quell'idiota della tua amica!!!
Si diresse immediatamente verso la poltrona in pelle, gettandovisi
letteralmente sopra: quella mattina non si era nemmeno fatto la barba,
figurarsi se poi si fosse pensato di mettere qualcosa di diverso da un
pantalone della tuta grigio e una maglietta nera, informe. Aveva ancora
quel dannato giornale di gossip in mano e non riusciva a togliere gli
occhi da quella foto. Non era niente di ché, ma c'era
comunque qualcosa che gli dava fastidio.
“Oh... Grazie... Fai pure... Tanto qui siamo in un porto di
mare... La gente entra, fa domande, sputa sentenze, mi sommerge con i
suoi problemi... Ed io cosa faccio?! Eh?! Io cosa dovrei
fare?!”.
David si passò una mano in mezzo ai capelli scompigliati e
poi tra la barba incolta che stava prendendo il sopravvento sul suo
viso: non sapeva che cosa gli stesse succedendo, ma di certo non gli
piaceva. Appoggiò il giornale sulle sue gambe e mise i
gomiti sul letto di Lexi, lasciando che la sua testa, sempre
più pesante, venisse sorretta dalle mani. Guardò
la sorella ancora per qualche secondo cercando di capire se avesse
qualche senso sfogarsi con un corpo che con ogni probabilità
non lo poteva nemmeno sentire, ma lui stava per esplodere ed aveva un
estremo bisogno di sua sorella, in qualsiasi forma potesse prestargli
aiuto.
- Sono pienamente cosciente del fatto che l'altra ti avrà
raccontato la sua versione di quanto è successo l'altra
sera, ma ti assicuro che non è affatto andata
così... Ed ora pure questo! La tua cara amichetta dai
capelli blu ha deciso di farsi fotografare assieme al suo nuovo
“fidanzatino” super milionario, che si sposta su
jet privati tutti i giorni per andare da una parte all'altra del globo,
mentre fanno shopping per le strade di Londra!!!
“Ho capito: i miei problemi possono aspettare... Che cavolo
stai dicendo David?? Mia su un giornale? Con Hugh?! Caspita lo sapevo
io che erano fatti l'uno per l'altra!! Chissà che cosa
staranno dicendo di lei le fan... Speriamo che non ci vadano
giù troppo pesante! Ma leggimi l'articolo no?! Che
aspetti?!”.
- Deve essersi fumata quel poco di cervello che le era rimasto!!
L'altra sera, dovevi vederla al ristorante... Sembrava una bambina al
parco giochi tanto le luccicavano gli occhi... E solo perché
quel coglioncello la aveva detto chissà quale commento
sdolcinato!! Non si accorgeva minimamente di come lui la stesse
sbranando con gli occhi!!
“Va bene... Ho capito che tu sei abbastanza perso per Mia,
benché mi sia ancora oscuro il momento in cui sia scoccata
la fatidica scintilla, ma non capisco perché serbi
così tanto odio nei confronti di Hugh... E' un ragazzo
apposto, sa come comportarsi con una donna, è bello da far
schifo e, senza ombra di dubbio, è un amante invidiabile...
Quindi: perché non essere semplicemente felici per la
sfacciata fortuna che ha avuto Mia e convivere pacificamente con questa
consapevolezza??”.
- Quel deficiente se la vuole solo portare a letto e lei lo guarda con
gli occhi a cuoricino!! Per non parlare di quello che stanno dicendo su
di lei tutte le invasate che seguono quella cavolo di band!! Dicono che
è una poco di buono, che non deve toccare il loro
“Hugh”, o come cazzo si chiama, che non
è quella giusta per lui... Io mi sto pure preoccupando per
la sua incolumità!!! E tutto questo per un coglione con i
capelli da donna e il corpo pieno di sgorbi!!!
“Io capisco che ti piaccia Mia, che le Rushers alle volte
possano essere un pochino, come dire, irruente ed inquietanti, che le
loro reazioni non siano state delle migliori... Ma tu non stai un po'
esagerando?? Da dove viene tutta la tua incontenibile cattiveria e,
oserei direi, invidia nei confronti di Hugh???”.
- Che almeno capissi che cosa ci trova in uno come lui?!
“Dimmi David, vuoi che te lo dica in ordine alfabetico,
d'importanza o casuale?? Però dovresti avere quelle due
giornate e mezze di tempo, perché sai, la lista è
piuttosto lunga... Ma dico: sei scemo?! Ora, sarai anche mio fratello e
per qualche strano motivo siamo legati da un rapporto di sangue ma
questo non mi impedisce di ricordarti che stiamo parlando di Hugh
Stime, alias uno degli scapoli d'oro d'Inghilterra e Universo
conosciuto... Per quanta autostima tu possa avere, con lui non esiste
paragone...”.
Dopo essersi appoggiato allo schienale della poltrona, David
cominciò a considerare seriamente per quale motivazione una
come Mia potesse essere interessata ad un personaggio come quello.
- Insomma, dubito che sia per la fama o per i soldi, per altro
assolutamente immeritati perché io devo ancora capire che
cosa facciano quelli nella vita... Comunque, Mia non mi sembra il
genere di ragazza che presta attenzione a questo tipo di cose... Non
penso nemmeno sia per gentilezza che ci esca assieme, dato che l'ho
vista rifiutare così tanti ragazzi da far invidia ad un
ufficio di collocamento... Quindi che cosa lo rende così
tanto speciale da aver attirato la sua attenzione??
“Non ci posso credere: da quando in qua il mio fratello
perfetto e con tutte le verità in mano non trova risposta ad
una sua domanda, ma soprattutto, si fa tutte queste paranoie per Mia??
Ho come la netta impressione che tu non ti sia preso solo una grande
cotta per lei, ma che stia cominciando a provare qualcosa di
più profondo... Fermi tutti: io non ho mai dato consigli di
cuore a mio fratello!! Io e lui non ci parliamo praticamente da anni!!
Tutta questa situazione sta scombinando i miei equilibri
esistenziali...”.
- Che poi: per quale cavolo di motivazione mi sto facendo tutti questi
problemi?? A me nemmeno interessa Mia!
“Certo ed io sono un flauto magico capace di attirare modelli
di Abercrombie ai miei piedi al primo fischio...”.
David guardò la sorella e gli sembrò di vedere la
sua solita espressione sarcastica stamparsi su quel volto immobile da
ormai troppo tempo, ma subito scosse la testa, dandosi dello stupido:
quello era un chiaro segno che stava uscendo di testa, a riprova del
fatto che a lui non interessasse sul serio che Mia uscisse con quel
tipo.
- La sai una cosa: ora non devo nemmeno preoccuparmi di sta cosa,
perché da quanto ho letto su questa spazzatura di giornale,
il tipo domani se ne va con tutto il suo gruppo in America per un
po'... Quindi, niente spilungoni che si aggirano con aria da Cavalier
Servente attorno a ragazze troppo ingenue per accorgersi della
realtà...
“Qualcuno mi dica perché quando hanno distribuito
i cervelli lui era al bagno ed io ero in prima fila... Vi giuro che
farei volentieri a meno del mio centodieci alla laurea
purché lui ci arrivasse a capire che è perso per
Mia, altrimenti potete sempre farmi svegliare ora e far sì
che gli illumini la via... Mi sembra una proposta valida,
no?”.
- Magari vado pure a parlarci, ora che quello lì se ne va
oltre oceano... Ma perché dovrei farlo, poi? Mica
è mia sorella!!
“Cazzo quanto sei idiota David!! Lui sarà pure
Hugh Stime, ovvero uno dei ragazzi più belli, affascinanti e
dolci che ci siano sulla faccia della terra, ma tu sfortunatamente sei
mio fratello e quindi hai la precedenza... Indi per cui vai da lei e
dille che ti interessa!!”.
- Secondo te dovrei andare, Lex?? Intendo a parlare con Mia... Solo per
metterla in guardia, dato che non mi ha dato retta quella sera al
ristorante...
“Ora concentrati Lexi... Esatto... Pensa a qualcosa che
faccia aumentare il tuo battito cardiaco... Forza, ci sarà
qualcosa... Oddio....”.
La frequenza cardiaca di Lexi aumentò di qualche battito,
cosa che per poco non fece balzare giù dalla sedia David che
non si aspettava minimamente di ricevere una risposta, tanto da
prenderle la mano sinistra e cominciare a stringerla a più
non posso.
- Cazzo, Lex!!! Tu mi senti sul serio!! Tu ci sei!!! Oh cazzo!! Devo
dirlo a mamma, a papà... A tutti... A Mia!! Comunque okay...
Ho recepito il messaggio: domani vado da lei e le parlo... Bene, ora
vado a riferire a mamma la lieta novella... Cazzo, mi senti Lex!!! Ti
voglio bene!
Dopo averle dato un bacio sulla fronte, si diresse di corsa fuori dalla
stanza, troppo euforico per rendersi conto che quella reazione era
più che normale per una paziente nello stato di Lexi.
Intanto lei era persa in quel qualcosa di nuovo che era appena
successo. Per la prima volta, da quando aveva capito di poter
comunicare in quella maniera con le persone che la venivano a trovare,
Lexi non aveva pensato a Lucas, alle sue parole, alle sue mani calde
che accarezzavano le sue congelate. Non aveva pensato al ragazzo di cui
era stata innamorata e probabilmente ancora lo era, negli ultimi undici
anni. Un'altra sensazione si era fatta largo nella sua mente ed aveva
fatto galoppare il suo cuore in maniera diversa, quasi nuova. Il tepore
di una mano grande e con qualche asprezza dovuta probabilmente ad
alcuni piccoli calli, si era magicamente impresso sulla guancia di
Lexi, come se fosse stata lì a raccogliere quella lacrima di
gratitudine, ancora una volta. Non sapeva come spiegarselo, ma quello
sconosciuto le aveva regalato un'emozione che non provava ormai
più da tempo, come se avesse risvegliato in lei un brivido
ormai assopito dallo scorrere incessante della sua vita. E se quel
visitatore misterioso era realmente chi pensava fosse, Lexi
sentì un'altra ondata di malinconia sommergerla da capo a
piedi.
“David ha detto che sarebbero partiti per l'America domani...
Io avevo letto che stavano via una settimana per promuovere il film
anche lì... E questo vuol dire solo una cosa: che nessuno di
loro verrà a trovarmi qui... E se la mia intuizione
è giusta, nemmeno Nate verrà a trovarmi per sette
lunghissimi giorni... Poi, sarà passato abbastanza tempo
perché ognuno di loro possa trovare una scusa plausibile per
tornare alla propria vita, senza più pensare a quanto
è accaduto... Ed io tornerò nel mio angolo buio
dove, a quanto pare, ho vissuto per gli ultimi ventidue anni... Chi
volete si ricordi della piccola pazza di Wolverhampoton che si
è gettata in mezzo ad una sparatoria per salvare una persona
di cui pensava di essere innamorata e di cui, invece, non sapeva
nulla?? Nessuno, vi rispondo io... Non se ne ricorderà
nessuno... E forse, dovrei dimenticarmi anche io...”.
Hi sweethearts **
Sono mancata per
troppo tempo e così cerco di farmi perdonare pubblicando
già un nuovo capitolo. Insomma: diciamo che un po' di nodi
personali della vita di Lexi vengono al pettine e che pure le cose tra
David e Mia cominciano a complicarsi più del dovuto.
Chissà dove finirà sta cosa con Nate/Niall... Ma
soprattutto: chissà se Lexi riuscirà a resistere
abbastanza per scoprirlo. Fatemi sapere che ne pensate e cosa vi
aspettate, se avete voglia... E grazie per aver letto **
Lots of Love xx
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** 1st/3rd/6th September 2013 ***
1st September 2013
Mia era passata per raccontare come stesse andando con Hugh, di come
lui fosse una delle persone più belle che avesse mai
incontrato, molto più profondo e divertente di quanto si
fosse mai immaginata. Non tralasciò nemmeno di dirle come si
sentissero ogni volta in cui lui aveva un momento libero e la
differenza di fuso orario glielo permetteva. Le aveva anche assicurato
che non si curava più di tanto di quello che la gente diceva
di lei sui Twitter, benché sembrasse essere diventata
l'argomento di disquisizione preferito delle fan: c'era chi la
difendeva a spada tratta e chi non la riteneva all'altezza. Lei, ad
ogni modo, viveva quella favola in piena spensieratezza e
tranquillità, non fosse per le costanti intromissioni di
David nella sua vita.
A quanto le aveva raccontato, neanche fosse una telenovelas argentina
degli anni novanta, il fratellone innamorato continuava a tartassarla
di telefonate per chiederle di vedersi poiché lei sembrava
non capire come stessero realmente le cose, quando invece, a parere di
Mia, l'unico a non vedere la realtà dei fatti era proprio
David. Oltre alla sua migliore amica e neo fidanzatina d'Inghilterra
era logicamente passato David in persona a lamentarsi del comportamento
immaturo che secondo lui teneva Mia, soprattutto da quando frequentava
quel “sbruffoncello”.
Ormai Lexi non sapeva nemmeno più se arrabbiarsi per tutti i
nomignoli che affibbiava a Hugh oppure riderne. Il più delle
volte spegneva il cervello e lo riaccendeva solo quando arrivavano
Karen, Morgan o Sarah a trovarla. Ormai quell'infermiera era diventata
parte integrante non solo di quella situazione surreale, ma anche della
famiglia, dato che ogni volta che doveva cambiarle qualche flebo o
controllarle i valori vitali, le usava come scuse per fermarsi un po'
con lei e raccontarle uno o due aneddoti divertenti della sua
giovinezza passata, facendola sentire un pochino più a casa.
Intanto, però, Lexi si tormentava sempre con la stessa
domanda: aveva ancora ragione a sperare di riuscire a risvegliarsi? E
più i giorni passavano, più trovare una risposta
diventava difficile.
3rd
September 2013
Non ne poteva più. Ormai era ferma in quel letto
d'ospedale da più di due settimane e cominciava a non sapere
più che cosa pensare sulle sue condizioni. Voleva alzarsi,
camminare, anche solo aprire gli occhi e questo significava che la
volontà di svegliarsi non le mancava, eppure non era
riuscita a riacquistare neanche un briciolo della sua padronanza
corporale, tanto che nemmeno il cuore rispondeva più agli
impulsi che gli mandava. Certo, a meno che non pensasse ad una
determinata cosa, che però aveva deciso di evitare
accuratamente. Con tutto quel tempo per pensare aveva sviluppato una
certa propensione per i filmini mentali a trama romanticosdolcinata che
già non erano mai stati un problema per lei, con tutta
quella assenza di impegni di alcun genere erano diventati letteralmente
il suo passatempo preferito.
“Basta: devo darci un taglio altrimenti qui non si va da
nessuna parte...”.
Aveva trascorso gli ultimi interminabili quattro giorni costruendo
storie plausibili che potessero giustificare in qualche maniera la sua
reazione spropositata per quell'insulso contatto con uno sconosciuto.
Logicamente, non si era limitata solo a questo, dato che la sua mente
aveva prodotto dei tracciati funambolici fino ad arrivare a ventilare
una ristretta lista di candidati che potessero prestare il volto allo
sconosciuto. Era passata per Lewis a Hugh, senza tralasciare Zach e
quel cerebroleso di Matt, che tutto sommato sarebbe pure potuto andare
a trovarla. Lucas era escluso a priori, anche perché si
sarebbe indubbiamente accompagnato alla sua
perfetta-sotto-ogni-puntodi-vista ragazza. E d'altra parte, l'opzione
che troneggiava in cima alla lista per plausibilità era solo
una: Nate. Forse per la canzone, per quei piccoli calli sulle dita, per
quel profumo così pulito e semplice. Ma tutto quel
silenzio non rispecchiava lui, anche se, a pensarci meglio, l'aveva
subito rotto facendo partire quel pezzo stupendo.
“Perché diamine non ha parlato, è
questo che non capisco... Che fosse spaventato?? Ma da cosa poi? Da una
ragazza bloccata su un letto d'ospedale che non può nemmeno
dire quello che pensa?!”.
Lexi non faceva altro che arrovellarsi il cervello su ipotesi,
possibilità, speranze ma la verità era che le
mancava terribilmente quel contatto, forse perché, per la
prima volta, dopo tanto tempo aveva sentito qualcosa. Non delle banali
farfalle nello stomaco o un po' di agitazione, ma una sensazione
diversa, come se la vita, quella vera, quella che si era appena accorta
di non aver mai vissuto, fosse tornata a scorrere nelle sue vene. Una
specie di fuoco divampato da una banale scintilla, una semplice carezza
sulla guancia. Ed ora ne sentiva una mancanza soffocante, come se solo
quella mano potesse darle l'ossigeno per continuare a respirare e non
quello stupido sondino che aveva attaccato al naso.
“Ma questo non ha senso... Insomma, non so nemmeno chi sia e
sembra che sia diventato la mia ancora di salvezza... Ma per favore
Lexi, torna in te!”.
La sua parte razionale stava cercando a tutti i costi di bloccare
quelle sciocche fantasie che sapeva non l'avrebbero portata da nessuna
parte, ma il suo cuore non vedeva l'ora che quei due giorni passassero
in fretta, per scoprire se lo sconosciuto fosse realmente chi pensava
lei e se sarebbe tornato a farle visita. Forse, in quel modo, avrebbe
ancora avuto una possibilità di sentirsi viva.
6th
September 2013
Era l'una e mezza di notte e non sapeva nemmeno se gli avrebbero dato
il permesso di entrare in ospedale, figurarsi di vederla. Era sceso
dall'aereo poco più di un'ora prima e, dopo aver
accontentato un piccolo gruppo di fan che si erano fermate ad
aspettarli fino a quell'ora, nonostante sarebbero dovuti arrivare in
serata, Nate aveva chiesto a Cal di accompagnarlo subito lì.
Una doccia fresca e il suo letto potevano decisamente aspettare, per
quanto lo riguardava, soprattutto dopo la settimana che aveva
trascorso. Doveva andare da lei, anzi, correre da lei, altrimenti
sarebbe impazzito.
Non sapeva come fosse stato possibile, ma per tutto l'intero scorrere
di quei sette giorni gli era sembrato di aver lasciato a a casa
qualcosa di sospeso, una promessa non mantenuta che pendeva sulla sua
testa come la spada di Damocle.
Il volto immobile di Lexi si era fissato davanti ai suoi occhi
costantemente, come un monito per ricordargli che aveva un compito da
portare a termine, perché in fin dei conti, Nate si sentiva
esattamente così: uno scolaro a cui era stata affidata una
ricerca per casa e che ha un tempo non troppo esteso per portarla a
termine. Non aveva la minima idea di quanti giorni, o mesi, o anni Lexi
sarebbe restata in quelle condizioni ma sapeva di aver la consegna di
scoprire perché lei non fosse felice e magari di far
cambiare le cose. Si era dato mentalmente dell'idiota più e
più volte in quella settimana, consapevole che quel senso di
obbligo nei confronti di quella ragazza non fosse per nulla normale e
nemmeno salutare, ma sia Lewis che Zach lo avevano rassicurato sul
fatto che era tutta colpa della sua estrema sensibilità e
capacità di immedesimazione. Eppure Nate non ne era
così tanto sicuro, altrimenti non avrebbe rivissuto tutta la
scena che era accaduta quel fatidico 20 Agosto, mentre percorreva il
red carpet a New York; altrimenti non avrebbe preso in mano la chitarra
alle tre di notte per cercare, non solo di combattere il jet-leg che
non lo abbandonava, ma anche di distrarre la sua mente dopo tre notti
insonni, passate a pensare a lei e alla sua storia; altrimenti non si
sarebbe ritrovato a bussare sul bancone della reception del reparto di
medicina per non svegliare nessuno con il frastuono del campanello,
alle due di notte.
Le pareti verdi attorno a lui sembravano quasi diventate bianche alla
pallida luce dell'unico led lasciato acceso sopra l'accettazione e Nate
era troppo nervoso per curarsi delle buffe ombre che il cappello che
aveva in testa creava sul bancone. Sentì dei passi alle sue
spalle e quando si voltò vide l'infermiera che aveva
incrociato anche quando era andato là da solo, la prima
volta. Sembrò riconoscerlo, perché gli fece un
sorriso, ma non per le motivazioni per cui di solito girava
con un bodyguard alle calcagna.
- Ciao... Nate, giusto?? Come posso esserti utile?? Non è un
po' tardi per una visita??
L'unica cosa a cui Nate riusciva a pensare era che quella donna
dall'aria tanto gentile e comprensiva non smentisse la sua natura
proprio quella sera e gli lasciasse finalmente vedere Lexi, altrimenti
non avrebbe chiuso occhio per tutto il tempo che ancora lo separava
dall'alba.
- Ho solo bisogno di vederla... Davvero...
Sarah non seppe dire se fosse la sua espressione preoccupata, il
sorriso tirato che tentò di farle per rassicurarla sulle sue
buone intenzioni o quello sguardo da animale in gabbia che cercava
disperatamente una via di fuga, ma gli sorrise di rimando e gli fece
segno di seguirla. Sentiva il suo respiro pesante alle spalle, come se
seriamente fosse stato in apnea per chissà quanto tempo e
solo in quel momento avesse ripreso a respirare. Aprì la
porta della stanza nella maniera più silenziosa possibile e
con la mano gli indicò di entrare, ma mentre le stava
passando davanti, gli disse:
- Ehi, Nate... Sono felice che tu sia passato...
Finalmente lo vide aprirsi in uno di quei sorrisi che più e
più volte aveva visto nei poster che qualche ragazzina
ricoverata aveva portato in reparto e, quando lo vide inoltrarsi
titubante nella stanza, ebbe quasi la certezza che ci fosse qualcosa di
diverso in quel semplice movimento. Se ne stava lì, a
qualche passo di distanza dal letto di Lexi, con il cappellino da
baseball tra le mani, osservando quella ragazza stupenda nella sua
assoluta semplicità, come se stesse cercando di carpirne
qualche segreto inconfessabile che nemmeno lei sapeva di custodire.
Sembrava veramente rapito da quella visione e Sarah sentì
una scia di brividi diffondersi sul suo corpo, come se quella scena
fosse carica di un significato più profondo che
però continuava a sfuggire forse persino ai diretti
interessati. Decise di lasciare che le cose andassero secondo la loro
propria volontà e chiuse, con un piccolo sorriso stampato
sulle labbra, la porta della camera.
Nate non riusciva a staccarle gli occhi di dosso, come se davanti a lui
ci fosse una calamita e non una ragazza di cui non sapeva assolutamente
nulla, se non che fosse una loro fan, che avesse deciso di rischiare la
vita per loro e che amasse Michael Bublé. Aveva la testa che
ronzava, le idee che vi si aggiravano dentro si scontravano le une con
le altre ed il risultato era che il tempo passava e lui se ne stava
lì fermo, immobile. Esattamente come lei.
La stanza era buia, se non per le luci al neon, posizionate sopra la
testiera del letto, che la illuminavano di una luminescenza tra il
divino e il sovrannaturale. Era come se tutto dovesse concentrarsi su
quel corpo inerme, come cristallizzato e per questo assolutamente
perfetto. Su quelle mani abbandonate ai lati del corpo formoso, ma
tonico, almeno da quanto poteva intuire sotto le pesanti lenzuola
bianche. Su quei capelli castani e leggermente mossi, che le ricadevano
morbidi ed ordinati, probabilmente dalla sua amica Mia, ad incorniciare
quel viso... Quello stesso viso che per sette giorni non aveva fatto
altro che popolare i suoi sogni, i suoi pensieri, la sua mente... Quel
viso che ora sembrava quasi contratto in una sorta di smorfia, come se
volesse far capire a tutti che le cose stavano peggiorando dentro di
lei, perché quella piccola traccia di sorriso che una
settimana prima Nate pensava di aver intravisto, era completamene
sparita. Le ciglia lunghe e incurvate naturalmente creavano delle
piccole ombre sulle palpebre chiuse, rendendola così simile
alla Bella Addormentata nel Bosco, distogliendo l'attenzione di Nate
dall'intreccio di tubi e sonde che cercavano di oscurarne la bellezza.
Perché, per quanto c'avesse provato, per quanto avesse
tentato di bloccare qualsiasi pensiero di quel tipo, data la situazione
particolare, non ce l'aveva fatta: Nate era rimasto strabiliato dalla
sua bellezza diversa. Non era la tipica ragazza con cui era abituato ad
uscire, dato che super modelle o attrici mozzafiato facevano
decisamente parte della lista, lei era particolare. Gli occhi
leggermente a mandorla, la bocca a cuore un poco carnosa, dei piccoli
nei sulle guance, il naso leggermente schiacciato la rendevano speciale
ai suoi occhi abituati a vedere qualsiasi tipo di bellezza. Eppure non
ne aveva mai vista una come quella che Lexi emanava e senza fare
assolutamente nulla. Nate scosse la testa per togliersi dalla testa
quei pensieri decisamente poco consoni al luogo e alla situazione e
decise di prendere il coraggio a quattro mani ed arrischiarsi a sedersi
sulla poltrona di pelle che vegliava costantemente su di lei.
Solo in quel momento Lexi percepì uno spostamento d'aria al
suo fianco sinistro e si rese finalmente conto di non essere
più sola in quella stanza perennemente silenziosa. Si era
addormentata a fatica anche quella sera, benché sapesse che
ore fossero solo in base ai turni di Sarah, che per quel giorno era
stata l'ultima a venire a controllarla, e sentire qualcuno al suo
fianco la fece preoccupare non poco. Di notte non poteva entrare
nessuno in teoria, ma evidentemente qualcuno aveva ricevuto un permesso
straordinario e Lexi sperò irrazionalmente che fosse lui. Lo
sapeva che non aveva senso tutto quello che la sua mente
impossibilitata stava producendo e che con ogni probabilità
era tutto frutto di quel dannato ematoma che non accennava a
riassorbirsi, ma Lexi aveva veramente il desiderio che quella persona
al suo fianco fosse lo sconosciuto.
“Avanti... Ti prego: parla!... Io non ce la faccio
più ad andare avanti così... Già hai
scombussolato la mia poco ordinaria vita con una semplice carezza e non
mi hai fatta dormire per giorni interi, ora vedi di non tirartela
troppo, per favore, e dimmi chi sei...”.
Nate continuava imperterrito a guardarla, mentre il suono cadenzato e
monocorde dell'elettrocardiogramma, aiutato dalla stanchezza del volo,
lo facevano cadere in una sorta di trance ammaliata, da cui non
riusciva più ad uscire. Poi le parole di Zach, come se
fossero lo schiocco delle dita di un terapeuta per far uscire
dall'ipnosi un paziente, lo riportarono alla realtà.
“Magari, la prossima volta, parlale... Non deve essere bello
sentire che c'è qualcuno vicino a te e non sapere chi
sia...”.
Doveva solo trovare la forza per rompere quel silenzio che ormai
portava avanti dalla prima volta in cui aveva messo piede in quella
stanza e che sembrava la via più semplice per poterle stare
vicino, ma soprattutto doveva decidere quali fossero le parole adatte
per presentarsi a colei che aveva dato la vita per uno dei suoi
migliori amici. Fece un profondo respiro e lasciò che la
bocca formulasse da sola la frase, senza passare prima per il cervello.
- Sono io...
Appena le parole si furono disperse nell'aria immobile della camera,
Nate si sentì un emerito idiota, dato che quella era tutto
fuorché la cosa giusta da dire: come avrebbe potuto sapere
Lexi di chi si trattasse, se non l'aveva mai incontrato di persona? Ma
c'erano un sacco di cose che Nate non sapeva della ragazza in coma
distesa davanti a lui, e tra queste c'era sicuramente il fatto che Lexi
sapesse riconoscere quale dei cinque fosse a cantare o a parlare solo
da un minimo accenno di voce. Era una di quelle persone che, appena
uscito il nuovo cd della loro band preferita, lo ascoltavano senza
guardare il libretto dei testi, di modo da tentare di capire da sole
chi cantasse quel determinato verso della canzone e gioire della
risposta corretta. Lexi avrebbe riconosciuto tra milioni la sua voce.
Adorava il modo in cui faceva i cori in tutti i ritornelli delle loro
canzoni, il suo timbro dolce e accattivante che riusciva a far venire i
brividi anche con un semplice vocalizzo, quel suo adorabile accento
irlandese che faceva suonare ogni parola in maniera speciale... La sua
risata semplicemente contagiosa e limpida che accompagnava ogni sua
intervista.
“Allora avevo ragione... Sei tu, Nate... Ma chi mi dice che
sei proprio il mio sconosciuto? Magari non avevi nulla da fare e sei
passato per di qua ed io ho solo perso la cognizione del
tempo...”.
Come a rispondere a tutte quelle mute domande, Nate disse:
- Voglio dire: sono Nate... Nate Hanson... E scusami per l'orario...
Si grattò la nuca, non riuscendo a sciogliere l'indecisione
su che cosa dire: aveva aspettato quel momento per una lunghissima
settimana ed ora non aveva la più pallida idea di come
comportarsi e la cosa non faceva che aumentare quella sensazione di
essere un emerito cretino che si portava dietro da giorni.
Optò per scusarsi per come si era comportato la prima volta,
dato che non aveva avuto nemmeno la decenza di presentarsi come si
doveva.
- Ma soprattutto scusami per l'altro giorno... Sono entrato e non mi
sono nemmeno presentato... Magari avrai anche preso paura... Scusami
ancora...
“Ma smettila di scusarti Nate! Sei stato l'unica nota
positiva in una settimana decisamente terribile...”.
In quel momento ebbe la conferma che quelle visite sarebbero state
molto più difficili del previsto: era vero, lui parlava e
alle volte straparlava, ma di solito le persone gli rispondevano, o per
lo meno gli intimavano di stare un po' in silenzio. Ora invece, avrebbe
dovuto parlare praticamente da solo e il fatto di non avere nessuno a
fermalo, gli avrebbe permesso di dire tutte le cretinate che gli
passavano per la mente, anche quelle che non si dovrebbero
assolutamente dire ad una sconosciuta. Ma si era preso quell'impegno,
voleva che quella ragazza potesse trovare un minimo di sorriso anche in
una situazione miserabile come la sua e che magari, invogliata da
qualche sua battuta esilarante, potesse trovare la forza per tornare
dai suoi cari. Però questo, con ogni probabilità,
era chiedere veramente troppo e si sentì doppiamente un
cretino. Nate appoggiò la schiena alla poltrona,
lasciò il cappello sul poggiolo e chiuse un attimo gli occhi
per fare ordine nel turbinio di idee che gli stava affollando il
cervello. Doveva solo lasciarsi andare, cercare di trovare un argomento
su cui avesse abbastanza sciocchezze da dire tanto da non rimanere
ancora un secondo di più in silenzio. Odiava quell'assenza
di rumori, perché faceva sembrare ogni cosa più
pesante ed opprimente. Quando finalmente la trovò
aprì di nuovo gli occhi e cominciò a parlare a
raffica.
- I ragazzi ti salutano tutti... A dire il vero è merito
loro se ora sono qui. Insomma, non so se te ne sei resa conto, ma la
prima volta che siamo venuti a trovarti io non ho mai parlato, se non
per quella risata fuori luogo... Lucas, per poco non mi staccava la
testa quando siamo usciti da questa stanza...
Al solo udire quel nome, il cuore di Lexi ebbe un piccolo sussulto, che
però passò inosservato anche alle macchine che lo
monitoravano, forse perché ormai si erano abituate anche
loro a quella naturale reazione.
- E' cambiata parecchio da quando ci sono stato... Insomma, cominciano
a non vedersi più le pareti...
E sorrise. Involontariamente, nonostante la tensione che stava
accumulando ormai da più di una settimana per quella
presenza nella sua vita che non era stata assolutamente programmata.
Sorrise perché quello che ora gli impediva di vedere il
colore delle pareti della stanza erano i regali delle loro fan, tutti i
pensieri più o meno ingombranti che tutte quelle ragazze
avevano dedicato a colei che aveva salvato i loro idoli. Un po'
surreale come pensiero, ma la cosa gli piaceva, perché era
un'arma in più da usare per farle tornare la voglia di
aprire gli occhi, tutto quell'affetto poteva tornargli seriamente
utile.
“Chissà che cosa c'è dentro alla mia
stanza... Mia sono secoli che non mi parla più di quello che
mi sta attorno... Ultimamente è un po' troppo concentrata
sulla sua vita sentimentale per ricordarsi di come sia stare in questa
situazione...”.
- Che poi, tu lo sai com'è questa camera?? Insomma, sei qui
da quanto?? Due settimane??
“Per la precisione diciassette giorni, Nate... Diciassette
lunghissimi giorni...”.
- Ci scommetterei la mia colazione che nessuno ti abbia mai detto
quanto affollato è questo posto... E dato che il
sottoscritto ha un sacco di tempo, mi prenderò l'onere di
descriverti che cosa ti circonda!
“Oddio Nate! La tua colazione è importante... E
poi dovresti andare a dormire... Il jetlag ti distruggerà
altrimenti...”.
Eppure, benché pensasse veramente che quel ragazzo avesse
bisogno di andare a casa e riposarsi, dopo un volo di tutte quelle ore,
non aveva alcuna voglia di sentir svanire la dolce sensazione di avere
qualcuno al suo fianco durante la notte e soprattutto non aveva nessuna
intenzione di rivedersi piombare addosso quel terribile silenzio che
l'accompagnava di solito. Le piaceva il suono della sua voce.
- E poi il jetlag non mi lascerebbe dormire comunque... Quindi, da cosa
partire... Direi da dove sei tu! Allora sei stesa su un letto
abbastanza ampio... Non come quello che avevo io la settimana scorsa a
New York. I piedi mi uscivano del tutto e sì che io non sono
di certo un colosso di ragazzo... Forse era stato progettato da dei
giapponesi... Sai che sono veramente piccoli?? E' anche per questo che
mi piace andare lì a fare concerti: mi sento sempre
così grande!! Ma non stavamo parlando di questo...
Nonostante il suo volto fosse congelato dal coma, dentro di
sé, Lexi stava sorridendo per quel modo buffo e
sconclusionato che aveva Nate di parlare, come se le cose da dire
fossero troppe e non potessero starci tutte nella stessa frase,
così si accalcavano, trasformandosi in un marasma difficile
da capire ma decisamente simpatico. Nate si passò una mano
sulla faccia e si guardò attorno, valutando da che cosa
fosse bene cominciare a descrivere: era come se fosse tornato indietro
nel tempo, quando ancora andava alle scuole elementari e la maestra gli
avesse affidato un tema del tipo “Descrivi la tua
cameretta”. Aveva sempre adorato scrivere le cose che lo
circondavano, solo se però gli era permesso di metterci
dentro un po' del suo, ovvero qualche drago o qualche super eroe che
avrebbero reso il tutto molto più divertente ed adatto alla
sua fervida fantasia. Lexi sembrava farlo tornare bambino e la cosa non
gli dispiaceva per niente.
- Poi vediamo... Vicino al tuo letto, c'è una poltrona
piuttosto comoda ed ampia in pelle marrone... Beh, è marrone
piuttosto sbiadito... Caffellatte direi... Sì,
ecco!!
“E ti pareva che trovava un paragone con il cibo... Sei unico
Nate Hanson ed ora io ho voglia di caffellatte! Che poi non mi
è nemmeno mai piaciuto...”.
- Poi c'è un piccolo carrello con un vassoio verde alla tua
destra ed una tavolo ampio in metallo davanti al letto... In fondo alla
stanza c'è un armadio enorme ed abbastanza inquietante in
plastica bianca e verde, ovvero dello stesso colore delle pareti della
stanza... La finestra è sempre sulla sinistra, vicino
all'armadio e ci sono delle luci abbastanza orribili ad illuminarti. Ma
la cosa bella è che sia il vassoio che il tavolino sono
completamente sommersi di regali, biglietti e palloncini, mentre il
davanzale è coperto da vasi pieni zeppi di fiori... E sono
praticamente tutti fatti dalle nostre Rushers... Sono molto carine e
protettive nei nostri confronti e, da quanto vedo, anche nei riguardi
di chi fa qualcosa per noi... Cos'altro dirti? Ah sì, io
sono seduto sulla poltrona, proprio qui...
“Nate so dove sei, sento il tuo...”.
E le prese la mano tra le sue, in un gesto veloce e incontrollato, che
lo lasciò basito a fissare quel nido che aveva creato
attorno alle dita di quella ragazza quasi sconosciuta.
“Calore... Cos'è questo?... Perché mi
sento così?...”.
Non capiva per quale dannata motivazione solo ora, con le sue mani
pallide a sfiorare quelle rosee di lei, si stesse sciogliendo quel nodo
all'altezza dello stomaco che l'aveva torturato per sette infiniti
giorni. Come se una palla infuocata fosse stata appena scoccata da un
arciere misterioso, puntando dritto al suo cuore ormai intorpidito
dalle relazioni sempre più superficiali che il suo lavoro
gli portava ad avere, come a volerlo liquefare e liberarlo da tutto
quello che di tossico c'era dentro. E semplicemente non era
più capace di distogliere lo sguardo da quel punto sul
lenzuolo candido in cui due vite sembravano incrociarsi e scontrarsi
per la prima volta: ma sarebbe anche stata l'ultima? Nate
riuscì a rinvenire da quel torpore incosciente in cui era
caduto ed allontanò la mano da quella di Lexi, che
avvertì una sorta di strano vuoto aprirsi dentro il suo
petto, come quando, “parlando” con Sarah, era
finalmente riuscita a capire per quale ragione si fosse gettata davanti
a quella pallottola.
- Scusa... Io... Non volevo... Insomma, non ci conosciamo nemmeno ed
io... Lasciamo stare va...
Non ce la faceva. Quella ragazza lo metteva terribilmente in confusione
e lui non era mai stato un asso con le donne. Certo, nei suoi ventidue
anni di vita ne aveva avute di relazioni, più o meno
importanti, anche se, ad esser sinceri, nemmeno così tante,
però nessuna l'aveva mai messo a tal punto in soggezione,
come se fosse terrorizzato dalla possibilità di sbagliare.
Ma che cosa?? E soprattutto: perché stava pensando delle
cose del genere?? Si passò di nuovo la mano sulla faccia,
questa volta sfregando un po' di più in attesa che magari
un'illuminazione divina lo cogliesse sul momento e gli mostrasse la
soluzione a tutti i suoi problemi, peccato che la grazia lui l'avesse
già ricevuta entrando in quella band e che quindi non
potesse sperare in molto altro. Forse era semplicemente il momento
adatto per andarsene, ma proprio mentre stava per alzarsi dalla sedia,
Sarah, l'infermiera che lo aveva lasciato entrare nonostante l'ora
tarda, fece quasi irruzione nella stanza e gli disse.
- Non ti preoccupare... E' importante anche il contatto fisico per i
pazienti in queste condizioni...
Nate ebbe la netta sensazione che lei fosse stata appollaiata dietro la
porta per tutto quel tempo e che, quindi, avesse assistito anche
all'ultima scena, ma fece finta di nulla. Sarah, infatti, vedendolo
così in difficoltà si era quasi sentita in
obbligo di intervenire. Non aveva alcuna intenzione di farsi i fatti di
Lexi o di quel giovanotto piuttosto famoso ma dalla faccia affidabile,
solo che le sembrava che nessuno dei due si accorgesse degli effetti
positivi che suscitava nell'altro. Forse, semplicemente, sognava troppo
e voleva per quella ragazza tutto il bene del mondo dato che aveva come
la vaga idea che dietro al suo gesto ci fosse molto di più
di un amore spassionato per una band. Ebbe, però, la
conferma di aver fatto qualcosa di utile quando vide Nate aprirsi in un
sorriso imbarazzato ed adorabile, per poi rimettersi comodo sulla
poltrona. Stava controllando, per altro inutilmente, i valori vitali di
Lexi, quando Nate decise di rompere quel silenzio che stranamente non
risultava fastidioso a nessuno dei tre.
- Sul serio?
Sarah si voltò a guardarlo con un'espressione abbastanza
interrogativa stampata sul viso rubicondo e Nate si rese conto di
essere stato, per l'ennesima volta, poco chiaro.
- Voglio dire: sul serio è utile il contatto fisico per i
pazienti come Lexi??
In quell'istante, quando quella voce che per tanto tempo aveva
ascoltato parlare d'amore attraverso dei versi, che aveva sentito dire
battute sciocche durante le interviste, che aveva udito trasformarsi in
una risata contagiosa più e più volte... Quando
quella voce calda e delicata accompagnò il suo nome fuori da
quelle labbra che si ricordava sottili e delicate, Lexi
sentì una sorta di scintilla accendersi dentro di lei. Come
quando si strofinava un fiammifero sulla sua scatola per farlo
infiammare, allo stesso modo quel nome detto da lui sembrava il primo
semaforo verde per un'ondata inarrestabile che Lexi sperava non si
fermasse più. Aveva un vago sapore di vita quella
sensazione.
- Sì, li aiuta parecchio... Si dice che gli faccia da
ricordo tangibile della dimensione presente, in caso siano capaci di
sentirci... E si direbbe che Lexi sia qui con noi... L'infermiera
indicò una piccola perla che stava scendendo lungo la
guancia che la ragazza volgeva verso Nate. Non l'aveva progettata
né voluta, ma anche quella volta non aveva alcuna intenzione
di fermarla. L'unica cosa che in quell'istante passava per la testa
sempre più stanca e confusa di Nate era il desiderio di
capire perché mai Lexi stesse piangendo, sperando vivamente
di non esserne lui la causa, dato che era andato lì per la
motivazione contraria.
- Perché piange? Ho fatto qualcosa di sbagliato??... Io non
volevo...
“Non piango per te, Nate... Ma per quello che mi fai
inspiegabilmente provare... Perché tutto questo non ha un
minimo di senso... Perché la mia vita non ha più
un briciolo di senso... Diglielo Sarah... Ti prego...”.
- Alle volte possono essere dei riflessi incondizionati dell'organismo,
ma il più delle volte si manifestano quando i pazienti
provano delle emozioni molto forti... Bene, io ho finito... Tu rimani
pure Nate... Quella lacrima è un buon segno...
Gli sorrise nella maniera più rassicurante possibile,
sperando che lui cogliesse il messaggio implicito che gli stava
mandando, poi uscì dalla stanza, lasciandoli di nuovo soli.
Nate riportò la sua attenzione su quella ragazza che gli
sembrava ogni secondo più adorabile e bisognosa di aiuto e
fece quello che aveva già azzardato in precedenza e che
aveva cambiato tutto. Allungò la mano fino a coprire la
guancia di Lexi per intero, di modo da raccogliere quella seconda
goccia di emozioni che lei gli regalava. Lexi
provò una vera e propria scossa partire dal punto che era
entrato in contatto con la pelle di Nate e diffondersi per tutto il suo
corpo, tanto che persino l'elettrocardiogramma, questa volta, ebbe un
sussulto.
- Ehi, Lexi... Se mi senti e so che lo fai... Beh, sappi che la
prossima volta che ci sarà una lacrima sul tuo viso
sarà perché ti avrò raccontato la
miglior barzelletta di sempre... Ma magari un'altra volta, okay? Ora
dovresti dormire, no?... Buonanotte Lexi...
La sua mano scese fino alla mano di lei, per far sì che le
loro dita si incrociassero, in maniera a dir poco perfetta. Lexi aveva
temuto che lui la stesse lasciando, che avesse saggiamente deciso di
andare a casa a riposare, ma dovette ricredersi quando, dopo alcuni
minuti sentì la presa sulla sua mano diventare meno decisa,
ma solo per lasciar spazio a quella pesantezza tipica del sonno. Nate
si era addormentato sulla poltrona con la mano ancora intrecciata a
quella di Lexi, che per la prima volta vide la sua notte illuminarsi di
un sogno vago ma che la lasciò stranamente serena: camminava
per le strade di Londra ma al suo fianco, non c'era come al solito Mia,
bensì un ragazzo sorridente, dagli occhi del color del cielo
in primavera e dalla stretta protettiva e rassicurante.
Sarah spense le luci della camera di Lexi con la certezza che quella
notte, qualcosa di speciale fosse avvenuto nella stanza numero 204.
Hi sweethearts,
sarebbero stati
tre capitoli separati, come forse avrete intuito, ma non potevo
aspettare oltre: volevo che Nate/Niall entrasse ufficialmente nella
vita di Lexi. Ho scritto questa storia qualcosa come tre anni e mezzo
fa e ci sono parti che, rileggendole, ancora mi fanno attorcigliare lo
stomaco. Spero tanto che trasmetta qualcosa anche a voi, nonostante la
caterva di imperfezioni che contiene, nonostante la tendenza ad essere
qualche volta banale o smielata, nonostante ora la riscriverei in
maniera completamente diversa... Ma all'epoca andava bene
così.
Vorrei tanto
sapere che cosa ne pensiate... Della storia, di un personaggio,
dell'idea... Qualsiasi cosa.
Grazie per aver
letto fin qui **
A presto
Lots Of
Love xx
|
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** 7th September 2013 ***
7th
September 2013
- Buongiorno... Mi scusi: possiamo entrare per vedere Lexi??
Sarah osservò quel ragazzo con una canottiera slabbrata, che
lasciava ben poco spazio all'immaginazione circa la conformazione del
suo fisico asciutto e dei suoi tatuaggi, e un cappello grigio di lana
calato in testa, che lasciava uscire solo un ciuffo di fluenti capelli
castani. Se non fosse stato dotato di quegli occhi celesti e
trasparenti che facevano capire il suo vero animo e se al suo fianco
non ci fosse stata quella ragazza molto delicata nell'aspetto e nei
modi, forse non l'avrebbe lasciato passare. Ma Sarah non era mai stata
tipo da farsi guidare dai pregiudizi nelle sue scelte, quindi gli
rivolse un sorriso sincero e gli disse:
- Certo... Venite...
Mentre entravano nella stanza, Sarah ebbe modo di notare il fare
protettivo con cui il ragazzo si rivolgeva a quella che
intuì essere la sua fidanzata, come se volesse proteggerla
ma al tempo stesso ne prendesse forza per sorridere al mondo.
- Eccoci qui... Ah, prima che mi dimentichi... Tu sei Lewis, giusto?
Fai parte di quella band, no? Perché sta notte il tuo amico
ha lasciato qui questo... Magari potresti ridarglielo tu... Grazie...
L'infermiera porse a Lewis qualcosa che gli sembrò a dir
poco familiare e che si sorprese di vedere in quel momento tra le sue
mani: il cappello che Nate aveva comprato durante il loro breve giro di
shopping a Parigi, cinque mesi prima. Alzò lo sguardo
dall'oggetto non tanto misterioso quanto fuori posto ed
incrociò gli occhi profondi e dolci di Ellie, che gli
lanciò di rimando un'occhiata altrettanto dubbiosa. La
domanda era solo una: che cosa ci faceva il cappello preferito di Nate
nella stanza di Lexi, se erano tornati solo la notte prima?
Come era logico, Lewis non riuscì a trattenere in alcun modo
la curiosità e si voltò verso l'infermiera per
chiederle spiegazioni, dato che sembrava che lei ne sapesse molto di
più di loro.
- Mi scusi...
- Dammi pure del tu... Io sono Sarah.
- Lewis, piacere... E lei è Ellie, la mia ragazza... Posso
farle una domanda??
- Certamente!
- Che cosa ci fa il cappello del mio amico qui?
La vide aprirsi in un sorriso sornione che diede conferma ai suoi
sospetti: quella donna sapeva molto di più di quanto avesse
detto finora.
- L'ha lasciato qui stanotte, quando è venuto a trovare
Lexi...
La faccia di Lewis poteva essere la perfetta rappresentazione dello
stupore, dato che l'ultima volta in cui aveva visto Nate era stato in
aeroporto ed aveva detto che sarebbe andato a casa immediatamente,
poiché era distrutto. Ma, a quanto pareva, doveva aver
cambiato radicalmente idea.
- Nate è stato qui?!
- Sì... Questa mattina, quando sono venuta a cambiare la
flebo, l'ho trovato qui che dormiva sulla poltrona, così
l'ho svegliato... Ma se ne è andato tutto di fretta,
bofonchiando cose di cui non ho capito il significato e lasciando qui
il cappello...
L'infermiera gli rivolse un altro sorriso che gli fece intuire come
sapesse dell'altro ma non avesse intenzione di dirglielo, per poi
uscire dalla stanza come se niente fosse. Lewis si voltò
allora verso l'unica persona che avrebbe potuto dargli delle
spiegazioni.
- E così Lexi, sta notte hai avuto compagnia eh??
Ma purtroppo era anche l'unica che non fosse nelle condizioni di dargli
quelle stesse risposte che andava cercando.
- Lewis, non credo che possa risponderti...
“Ma di chi è questa voce?? Ma sul serio
c'è Lewis qui?? E di che diamine stanno parlando?!... Ma
perché la gente, quando arriva qui, si dimentica le basilari
regole dell'educazione, tanto da non degnarsi nemmeno di
presentarsi??”.
Si voltò a guardare quella ragazza che gli aveva ispirato
simpatia sin dal primo momento, non solo perché aveva
salvato la vita praticamente a tutti loro, ma anche per quello che la
madre aveva raccontato loro, dipingendola come una ragazza semplice ma
non per questo banale.
- A proposito: io sono Lewis, come avrai capito, e lei è
Ellie, la mia ragazza... Ma penso tu lo sappia già.
- La smetti di pensare che il mondo sappia chi sono? Sarebbe meglio se
nessuno mi conoscesse, invece...
“Allora ho sempre avuto ragione io, alla faccia di tutte
quelle bambinette che continuavano a dire che tu fossi un'oca giuliva
attirata solo dalla fama di Lewis... Grazie Ellie, mi hai appena
dimostrato che sei la ragazza dolce e con i piedi per terra che ti ho
sempre reputata... E che ero un caso clinico senza vita sociale anche
prima dell'incidente...”.
- Scusalo Lexi... E scusa anche per la nostra irruzione nella tua
stanza... Lewis deve ancora imparare le buone maniere, nonostante la
vecchiaia incipiente...
- Ehi!! A chi stai dando del vecchio?! Io i miei ventiquattro anni li
porto benissimo!
“Oddio, ma sei veramente un rompi balle come dicono tutti...
Lascia in pace questa povera ragazza, Lewis... Un momento: ma
perché sto parlando con loro come se fossero miei amici da
sempre?? Non ha senso... Ma forse sono io a non avere senso, a questo
punto...”.
Lewis decise che stare in piedi a guardare quella ragazza non sarebbe
servito assolutamente a nulla, quindi si stravaccò sulla
poltrona, facendo segno ad Ellie di sedersi sulla sua gamba, offerta
che lei declinò gentilmente, preferendo una scomodissima
sedia di ferro e plastica. Il rumore della seduta che veniva spostata
da sotto il tavolo vero la destra del suo letto, fece capire a Lexi che
i due ragazzi avevano intenzione di rimanere con lei per un bel po' e
che quella non era una visita flash.
- Allora, tornando alle questioni importanti, perché il
cappello del bel irlandese era qui??
- Ma la vuoi smettere, Lewis?! Fatti i fatti tuoi per una volta e poi
perché non lo chiedi al diretto interessato? Non sarebbe
più semplice?
- Lo sai che non mi piacciono le cose semplici...
Lexi sentì una risata provenire da entrambi e si accorse che
non aveva mai preso in considerazione in vita sua l'idea che, anche
solo dall'intrecciarsi di due sorrisi un po' più rumorosi,
si potesse percepire la perfezione di una coppia e dalle loro risate,
le sembrò palese come Lewis e Ellie fossero nati per stare
assieme. Lewis l'aveva incontrata poco dopo l'inizio di quell'assurda
storia di British Got Talent, a cui lui aveva cominciato a credere solo
dopo che la loro primissima fan gli aveva mandato un tweet dicendogli
che non vedeva l'ora di sentirli cantare una loro canzone. Era stato
grazie a Hugh e alle sue sconfinate conoscenze in fatto di ragazze che
l'aveva conosciuta, proprio ad una festa dell'amico data in onore della
loro vittoria al talent show: dal primo istante era stato sicuro di
come lei sarebbe stata capace di tenergli testa e la cosa non aveva
fatto che confermarsi con il tempo. Spesso gli altri ragazzi si erano
lamentati di non riuscire a trovare qualcuno che non accontentasse ogni
loro richiesta solo perché facevano parte dei The Rush,
quindi Lewis ringraziava continuamente il cielo per aver trovato Ellie
sin dall'inizio di quel sogno che stavano vivendo, benché si
divertisse ancora a tormentarla.
“Cavolo... Riesco a sentire i loro sguardi complici anche in
queste condizioni... Sono veramente innamorati... Beati loro... Io
credo di non sapere nemmeno più come mi chiamo, figuriamoci
che cosa sia l'amore... Alla faccia della voglia di vivere che dovrebbe
farmi risvegliare...”.
- Giuro che io c'ho provato a fargli capire che non ha più
quattro anni, ma l'unico risultato che ho ottenuto è che non
lancia più le scarpe in aria quando arriva a casa... Una
tragedia insomma....
- In compenso, però, io ho ringiovanito lei e il suo spirito
da vechietta in fresca... Dai, ammettilo Ellie: se non ci fossi io,
gireresti per strada con un maglioncino infeltrito di lana rosa, gli
occhiali calati sul naso anche se ci vedi benissimo e delle scarpe
ortopediche orrende!!
- Ora mi capisci quando dico che ha quattro anni?! Ha ancora le stesse
fantasie assurde che potrebbe produrre un bambino dell'asilo!
- Ribadisco: mi mantengo giovane... Allora Lexi- Lex, che cosa ci
racconti?? Perché io è un po' che non ti vengo a
trovare e, per quanto non sappia che cosa sia successo questa notte con
il mio piccolo Nate, so per certo che Zach non è uomo da
gossip e che Hugh vive su un altro pianeta, quindi credo sia il caso di
farti un piccolo bignami di come stanno realmente le cose nella
famiglia dei The Rush...
Ellie si abbassò di un poco verso Lexi, tanto che lei
riuscì a percepire il soffio caldo delle suo respiro
sull'orecchio, per sussurrale:
- Benvenuti alla nuova puntata di Lewis Tompson: tutto su tutti!!
Lexi sarebbe scoppiata a ridere, ma quel dannato ematoma non le
permetteva neanche di respirare da sola, quindi dipinse le note di
quella risata nella sua testa.
- Ti ho sentita, ma farò finta di nulla... Diamo inizio alle
danze! Primo gossip della giornata, che ha smesso di essere tra i trend
mondiali su Twitter solo tre giorni fa, ma unicamente perché
noi eravamo in America, signori e signore: Hugh e Mia!!
Altresì noti come “Miugh”... Che,
diciamocelo chiaramente, hanno un acronimo terrificante, eppure,
nonostante questo, sembrerebbe che la loro frequentazione -slash-
relazione stia andando a gonfie vele, per la disperazione della maggior
parte delle fan. Io, per parte mia, non posso far altro che essere
felice per loro ed ammettere che sono veramente carini come coppia,
benché non siano ancora ufficialmente assieme... Che poi,
perché dico?? Perché non palesare il tutto e
dirlo chiaramente che sono una coppia?!
- Forse perché non sono così precipitosi come
siamo stati noi all'epoca e ci stanno andando con i piedi di piombo...
Anche se dire che Hugh faccia qualcosa di ponderato è come
credere che un giorno Pablo non sia costretto a nascondervi l'X-box per
farvi fare le prove...
“Ah ah ah... Carina questa, Ellie... Comunque è
esattamente la stessa probabilità che Mia faccia qualcosa di
meditato... Dire che si siano trovati, sarebbe una
banalità... Però ha stupito pure la sottoscritta
che non abbiano già dichiarato la loro storia... Insomma,
escono da più di due settimane ormai e lo sanno
già tutti... E in fin dei conti hanno un sacco di cose in
comune, sembrano fatti l'uno per l'altra... Non capisco dove sia il
problema...”.
- Appunto, quindi qui gatta ci cova e prometto solennemente che
scoprirò cosa i due piccioncini ci nascondono!
- Lascialo stare Lexi.. E' più forte di lui: i fatti suoi
non riesce proprio a farseli... Pensa che una volta ha tentato di
corrompere una delle gemelle, le sue sorelline più piccole,
per scoprire il nome del fidanzato di Charlie, sua sorella di mezzo...
Il problema è che c'è pure riuscito!!
“Oddio, ma sei pazzesco Lewis!! Nemmeno Mia è
così invadente... E ti assicuro che è capace di
essere piuttosto pedante... Come quella volta in terza elementare,
quando venne a sapere che c'era un ragazzino che mi piaceva e, siccome
io non volevo confessarle chi fosse, tappezzò tutto il mio
banco, la mia sedia, il mio diario e pure il mio indifeso panino al
salame con post-it che dicevano Dimmi-Chi-E'!!! Quel giorno non potei
nemmeno fare merenda... E pensare che si trattava sempre e solo di
Lucas!”.
- Un biglietto per il concerto di Justin Bieber e si è
risolto tutto... E comunque sei tu che non ti interessi alla vita delle
persone che ti stanno accanto... Io lo faccio solo per poterle aiutare
al meglio!
Ellie alzò gli occhi a cielo, conscia del fatto che quella
disquisizione non si sarebbe di certo conclusa con la loro visita a
quella ragazza per cui non riusciva a capire che sentimenti provava.
Ammirazione? Referenza? Confusione? Disaccordo? Non sembrava venirne a
capo e con Lewis che continuava a parlare incessantemente, come il suo
solito, sarebbe stato comunque impossibile.
- Come la volta in cui Hugh si è messo con quella cantante
americana di cui non voglio pronunciare nemmeno il nome... Se non fossi
intervenuto io...
- Loro due sarebbero ancora assieme!
- Ma non felicemente, perché tanto lui non l'amava ed io
gliel'ho fatto capire giusto in tempo!
- Tu gli hai detto che lei lo tradiva con qualsiasi cosa respirasse!!!
- Ehi!! La mia è stata solo una differente rappresentazione
della realtà, ma assolutamente a fin di bene!!
- Sei incorreggibile, Lewis... Sul serio...
“Allora è così che è
andata!! Non ci posso credere: Hugh e Tay si sono lasciati solamente
perché tu non hai tenuto la tua boccaccia chiusa?! Erano una
coppia bellissima!! La sottoscritta c'è rimasta malissimo
quando l'ha saputo, perché Hugh sembrava così
giù in quel periodo... Ma dimmi te se è
possibile... Sei una pettegola Lewis, sul serio... Sto veramente dando
della pettegola ad uno dei miei cantanti preferiti?? Ma che problemi ho
io?...”.
- Comunque, non stavamo facendo il processo della Santa Inquisizione al
qui presente, che si preoccupa solo della felicità dei
propri amici...
- Sabotandone le relazioni...
- Farò finta di non aver sentito il tuo commento, Ellie...
Sta di fatto che Hugh e Mia devono darsi una mossa ad ufficializzare il
tutto, dato che i media stanno già andando giù di
supposizioni... Ma ora passiamo a qualcun altro... Ad esempio Zach e
Page e la frenesia per il matrimonio... Dico: gli hai visti
ultimamente? Sembra debbano sposarsi domani, tanto sono agitati!
- Lo saresti anche tu se il tuo matrimonio venisse presentato da
chiunque come l'evento più importante del prossimo anno...
“Ellie tu sei una santa non una fidanzata... Ma devi sempre
spiegargli tutto??”.
- Ma che centra?? Insomma, devono sposarsi loro due, mica tutta quella
gente che perde il suo tempo a scrivere articoli idioti su riviste a
dir poco ridicole! Lo sai vero che noi ci sposeremo su una spiaggia
dispersa in mezzo all'Oceano Atlantico, con pochi intimi come
invitati??
- Di questo ne discuteremo in un altro momento, sta di fatto che
vorrò proprio vederti quando Zach ti pregherà in
ginocchio di accompagnarlo a comprare il completo e voi tutti dovrete
vestirvi secondo i dettami di Page o della sua wedding planner, se
avrai ancora il coraggio di parlare così... Vi
metterà tutti in riga....Ed io riderò un sacco...
“Ah ah ah... Mi dispiace ridirtelo Lewis, ma anche su questo
punto ha decisamente ragione Ellie... Insomma, Page e Zach hanno
l'attenzione di tutti i media puntata su di loro, quindi è
più che normale che si sentano un po' sotto pressione...
Chissà se per la data del loro matrimonio mi sarò
svegliata o se magari... Basta, meglio non pensarci...”.
- E sentiamo: perché tu rideresti un sacco??
- Perché conoscendo Page sceglierà come colore
portante della cerimonia una delle innumerevoli tinte di rosa o fucsia
per cui tanto impazzisce e vedervi tutti e cinque strozzati da una
cravatta rosa shocking sarà molto divertente...
- Io non mi metterò mai una cravatta rosa!
- Nemmeno se questo fosse l'unico modo per fare da testimone a Zach??
- Beh, credo che in quel caso sarei costretto...
- Appunto... Quindi...
- Quindi cosa??
- Quindi io riderò un sacco!
A proposito di risate, un suono cristallino e delicato
riempì la stanza di Lexi, che fino a qualche secondo prima
era sede di un dibattito piuttosto acceso ed assurdo tra i due
fidanzati. Ellie era scoppiata a ridere, contenta di aver vinto
l'ennesima contesa con Lewis: da quando stava con lui aveva imparato ad
utilizzare l'ironia e l'intelligenza in ogni loro chiacchierata, fosse
anche per stuzzicarlo un pochino e vedere se alla fine l'avrebbe
ricompensata proprio come stava facendo in quel momento, con una delle
sue doti migliori: il sorriso. Quando Lewis sorrideva ogni cosa poteva
smettere di esistere, perché tutto ciò di cui
Ellie aveva bisogno era contenuto in quella dolcissima curva che le sue
labbra sottili assumevano. Lexi cominciava ad abituarsi a quel continuo
battibeccarsi tra i due, anche perché era sempre
più convinta che quando si creavano delle pause di silenzio
fosse solo per dar loro il tempo di scambiarsi quegli sguardi e quei
sorrisi che mostravano all'altro tutto l'amore che provavano e la cosa
la metteva vagamente in imbarazzo. A dire il vero, però,
Lexi cominciava proprio a sentirsi fuori luogo, o per meglio dire,
esclusa da quella situazione. Non perché Lewis e Ellie non
fossero abbastanza coinvolgenti, anzi, sentire loro parlare era come
assistere ad una puntata di Made In Chelsea in presa diretta, ma il
problema stava esattamente nel sentimento che li legava: loro si
amavano e Lexi, di quello, non sapeva assolutamente nulla. Beh, magari
proprio nulla no, ma ne conosceva solo gli aspetti più
“dolorosi”.
“Quelli del seguire una persona per anni senza che questa si
accorga anche solo lontanamente di te... Sperare che tutto possa
cambiare a tuo favore e poi capire che il tuo sentimento non
sarà mai corrisposto... Questo genere di cose...”.
E come se Lewis le avesse letto la mente, ma nel verso sbagliato,
disse:
- Lasciamo perdere e cambiamo argomento, va... Arriviamo alla nuova
coppietta, fresca fresca di formazione... Prego Ellie: rullo di
tamburi...
- Ma non ci penso nemmeno... Siamo in un ospedale!
- E questo cose dovrebbe significare: che bisogna rinunciare agli
effetti base per creare una sana suspance?? Non credo proprio...
Così cominciò a tamburellare le mani sul letto di
Lexi, aumentando lo stato di ansia che si stava via via impadronendo
sempre più di lei, dato che aveva un'idea piuttosto chiara
di dove sarebbe andato a parare Lewis. Quando smise, il cuore di Lexi
perse distintamente un battito.
- Lucas e Sophia!! Quei due sono diventati come le cocorite:
inseparabili! Da dopo l'incidente, sembra che non possano
più vivere l'uno senza l'altra... Lucas in maniera
particolare, dato che non fa che parlare di lei, sempre che non stia
messaggiando con lei o non ci sia direttamente insieme...
La testa di Lexi si era bloccata ancora alle prime tre parole: Lucas e
Sophia. Non riusciva a capire come, dopo tutto quello che era successo,
dopo le dichiarazioni smielate che avevano fatto proprio al suo
capezzale, dopo aver deciso che quel capitolo della sua vita era
completamente concluso, ancora avesse quelle reazioni esagerate nel
sentirli nominare assieme.
“Forse è tutta colpa del fatto che per tanti anni
sono stata innamorata di lui ed ora, disinnamorarsene sta richiedendo
più tempo del previsto... Che poi: si può
smettere consciamente di amare qualcuno? Ho tanta paura che non sia
affatto possibile...”.
- Insomma: senza di Sophia, Lucas Palmer non è nulla! Pensa
che l'altro giorno...
“Per favore no... Ora basta... Non credo di essere pronta per
sentirmi descrivere la loro meravigliosa, fantasmagorica e
assolutamente perfetta vita assieme... Per favore...”. In
quel momento, per delle motivazioni che non le erano per nulla chiare,
Ellie sentì l'esigenza impellente di bloccare il suo ragazzo
dal raccontare a Lexi qualsiasi cosa potesse riguardare Lucas e la sua
nuova ragazza.
- Lewis basta! Non credo che sia una buona idea raccontarle... Insomma,
dirle queste cose... La annoierebbero e basta e penso che nelle sue
condizioni sia già annoiata abbastanza...
- Ma perché, scusa? Gli ha salvato la vita, è
giusto che sappia che cosa ha comportato il suo gesto!
Fu solo allora che Ellie comprese per quale ragione avesse fatto bene a
bloccare la lingua troppo lunga di Lewis: quella ragazza distesa
davanti a lei, con tubi e flebo che le uscivano da ogni dove, da ormai
più di due settimane, non aveva salvato Lucas e Sophia. Lei
aveva salvato il ragazzo per cui con ogni probabilità aveva
una cotta enorme e per cui, dato che era arrivata a mettere a rischio
la sua stessa vita, provava qualcosa di più forte. Magari
anche amore. Quindi no, non doveva sapere nulla della vita che i due
piccioncini stavano tranquillamente trascorrendo grazie al suo gesto
eroico. Perché aveva infine che era decisamente eroico
quello che aveva fatto, almeno agli occhi di Ellie: pure lei avrebbe
messo a repentaglio la sua vita per Lewis, ma solo perché lo
amava più di ogni altra cosa al
mondo.
- Lewis, per una volta, fidati di me e lascia stare...
Perché non le racconti invece di quello che ha combinato
Pablo durante la premieré del film??
“Grazie Ellie... Grazie mille... Non so perché tu
l'abbia bloccato dal dirmi qualsiasi cosa, ma sul serio: grazie... Non
ce l'avrei fatta a sopportare altri racconti su quanto loro due si
amino e siano felici... E' decisamente ancora troppo
presto...”.
Lewis si lanciò nel racconto di come il loro affidabilissimo
bodyguard si fosse trovato in difficoltà per colpa di una
giornalista decisamente troppo invadente e pignola, che continuava a
fargli domande personali sui ragazzi, tanto che, esasperato da tutta
quell'insistenza, aveva detto che Nate di prima mattina si lavava i
denti con uno shottino di Jack Daniels e per convincerla che non fosse
vero e che non doveva parlarne in nessun articolo c'aveva messo
qualcosa come tutta la serata ed aveva anche dovuto procurarle dei
biglietti per la proiezione del film. Quando una delle infermiere di
turno fece la sua comparsa nella stanza per il controllo di routine dei
parametri vitali, Lewis e Ellie decisero che fosse giunta l'ora di
andare.
- Bene, credo sia arrivato il momento per togliere il disturbo...
Prometto che io e Ellie ti verremo a trovare il più presto
possibile, sicuramente prima di partire per il tour australiano.
Staremo via un bel po' di tempo...
Lewis si alzò dalla sedia, facendo cadere il berretto di
Nate che aveva appoggiato sulle sue gambe. Lo raccolse da terra e con
il suo incorreggibile sorrisino malizioso disse:
- Prima che mi dimentichi: riporterò al legittimo
proprietario anche questo souvenir che ti aveva inconsciamente
lasciato... Logicamente dopo aver fatto le debite indagini.
- Lewis piantala! Impara a farti una vita tua, invece di occuparti di
quella degli altri! Andiamo va...
Lewis si diresse verso la porta e si voltò all'ultimo per
salutare ancora una volta Lexi.
- Allora ci vediamo Lexi- Lex... Scusa, tu non vieni?
Ellie, infatti, era rimasta vicino al letto di Lexi, aspettando che il
fidanzato impiccione uscisse dalla stanza.
- Ti raggiungo subito, Lewis... Tu vai a prendere la macchina,
così evitiamo che le fan ti vedano... Vai!!
La porta di richiuse alle spalle di Lewis e, quando anche l'infermiera
fu uscita dalla stanza, Ellie trasse un profondo respiro che non
passò inosservato alle orecchie ormai sensibilissime di
Lexi, non più molto convinta di quello che stava per dire.
- Va bene... Noi non ci conosciamo, anzi io non so proprio nulla di te
Lexi, quindi, forse, non dovrei nemmeno permettermi di dirti quello che
sto per dirti, ma non so... Mi sembra giusto... In fin dei conti hai
salvato la vita al mio ragazzo e ai suoi amici... Quindi, stavo
dicendo... Non perderti dietro a Lucas... Lo so, non dovrei essere io a
dirti queste cose, ma credo di aver capito perché tu ti sia
gettata su quella pazza... Tu volevi salvare lui, perché ti
piace vero?? Magari non ho capito nulla e sto dicendo una cretinata e
se è davvero così, sappi che non lo
racconterò a nessuno e che non ti sto giudicando in alcun
modo... Ma ti prego solo di una cosa: non lasciare che il tuo
sentimento non corrisposto ti butti giù... E' pieno di
ragazzi lì fuori e sono sicura ci sia anche quello giusto
per te... Oddio, sto parlando come mia nonna...
“Tranquilla Ellie, deve essere l'aria che si respira qui
dentro, perché pure io invecchio a vista
d'occhio...”.
- Bene, me ne vado, prima di dire altre sciocchezze... Ci vediamo
Lexi... E grazie!
La porta si richiuse e per la prima volta nelle ultime dodici ore, Lexi
rimase da sola nella sua stanza d'ospedale.
Forse aveva ragione Ellie e doveva semplicemente dimenticarsi di Lucas,
di quello stupido sentimento che ancora la tormentava e magari si
sarebbe pure dovuta scordare di tutta quella storia della boyband,
dell'amore per la musica e, perché no, anche di quello
spassionato interesse per la vita degli altri che la sua laurea in
storia le permetteva di portare avanti. Prendere a cuore l'esistenza di
qualcun altro, vivo o morto che fosse, non risolveva i problemi di
quella vita che lei non stava vivendo, men che meno in quel momento.
Forse bastava scordare tutto e seguire quella luce, quella che
stranamente si stava avvicinando ogni giorno un poco di più
a lei, illuminando il tunnel che ormai era diventato la sua casa da
quel 20 Agosto.
“D'altra parte, Ellie potrebbe avere ragione anche su un
altro punto all'ordine del giorno: che li fuori ci sia il ragazzo
giusto per me... Magari è sempre stato lì ed io
non me ne sono mai accorta perché ero troppo concentrata a
sprecare la mia vita sbavando su un computer... No, aspetta, l'unico
uomo nella mia vita degli ultimi undici anni., oltre a papà
e David, è Matt e direi che proprio non è il caso
di fare un pensierino su di lui... Però potrebbe sempre
essere il nuovo farmacista... O il ragazzo che consegna le pizze...
Okay, questo sarebbe seriamente un cliché... E poi mi ha
visto nei miei outfit peggiori... Tipo la volta in cui Mia ha mandato
me ad aprire la porta, solo perché Snooky stava per ricevere
la proposta di matrimonio su Jersey Shore, benché avessi la
faccia impiastricciata di una crema ai cetrioli piuttosto appiccicosa e
gommosa e i bigodini in testa... In quell'istante ho capito come si
doveva
essere sentito quel poverino di Frankenstein quando girava per
strada... E comunque è biondo... Insomma, i tipi con i
capelli color del grano d'estate non sono mai rientrati nelle mie
preferenze... Lucas è castano, di quel colore simile alle
caramelle al caramello... Che bella allitterazione... Però
anche Nate è biondo... Tinto, ma biondo... Chissà
perché si colora i capelli, non che stia male, soprattutto
dal momento che fanno risaltare ancora di più quegli occhi
chiari che si ritrova... E' quasi difficile definirne il colore... Tra
l'azzurro del cielo nei disegni dei bambini dell'asilo, il celeste del
ghiaccio che si forma sopra il laghetto di Hyde Park a gennaio e il blu
del mare delle Tenerife... Ma nulla a confronto con quelli cioccolato
fuso di Lucas... No, anzi, non hanno nemmeno sempre la stessa
tonalità... Cambiano se è arrabbiato o confuso, o
in uno di quei momenti di assoluta dolcezza che non ha mai avuto nei
miei riguardi... Forse ha seriamente ragione Ellie: dovrei smettere di
pensare a lui e guardami attorno...”.
Eppure, ogni volta che Lexi tentava di convincersi di questa nuova
prospettiva da adottare, sembrava valutare tutte le opzioni eccetto
una: quella del ragazzo che aveva trascorso un'intera notte a tenerle
al sicuro la mano, rimanendo là per lei e per quel suo
proposito di farla sorridere che si era ripromesso di portare a
termine. Ma Lexi, di tempo, ne aveva ancora molto, sperando che quella
luce non si avvicinasse troppo presto.
Hi sweethearts**
piccolo
capitoletto per superare: a) il lunedì, che per me
è assolutamente micidiale b) il fatto che domani sia San
Valentino (benché io sia ormai entrata nell'ottica del "San
Valentino che??") c) ringraziare la dolce anima pia che ha avuto la
pazienza e la voglia di lasciare un suo importantissimo pensiero su
questa storia (GRAZIE xx)
E' un capitolo di
passaggio, dove finalmente compare Lewis/Louis che come ben si capisce
è assieme ad una dolce Ellie/Eleanor (ripeto: quando ho
scritto questa storie le cose erano DECISAMENTE diverse) e che fa un
po' quello che faceva sempre all'epoca: rompere le uova nel paniere. Ma
va bene così: credo che Lexi abbia già abbastanza
pensieri tristi per la testa da necessitare di un po' di svago ^^
Fatemi sapere che
ne pensate e grazie per continuare a leggere **
Lots of Love xx
|
Ritorna all'indice
Capitolo 11 *** 8th September 2013 ***
8th September 2013
-Allora: come sta la mia ragazza preferita??
“Buongiorno anche a te Sarah... Dimmi che oggi è
la giornata giusta e che io mi sveglierò da questo
frustrante coma vigile... Per favore...”.
- Cosa mi racconti di bello oggi?? Ieri ho visto che ti è
venuta a far visita una simpatica coppietta... Molto carini ed
affiatati... Lei deve avere una pazienza infinita per sopportarlo, ma
quel Lewis sembra veramente innamorato perso di lei... Sai, tutto
sommato ci sono delle persone piuttosto interessanti che ti vengono a
trovare, come se emanassero un'aurea positiva... Oh ma senti che
sciocchezze sto dicendo!! Deve essere tutta colpa dell'amore che si
percepisce ogni volta che si entra qui dentro... Proprio come ieri
mattina...
Lexi la sentì sistemarsi vicino a lei, sulla solita
poltrona, dopo aver leggermente aperto la finestra: ormai aveva preso
la gentile abitudine di fermarsi a parlare un po' con lei, ogni volta
che faceva il giro delle visite alla mattina, sostenendo che gli altri
pazienti potessero aspettare cinque minuti, se questo le permetteva di
farle un po' di compagnia: una sorta di piccolo segreto solo loro. Era
come se Sarah avesse deciso di prenderla sotto la sua aura protettiva,
per occuparsi di lei in tutto e per tutto, e da quanto poté
presto scoprire Lexi, anche in campo sentimentale.
- E a proposito di questo... E' stato molto gentile quel ragazzo,
Nate... E' venuto a trovarti di notte e poi è stato qui a
farti compagnia fino a quando non sono entrata io a disturbarvi... Un
po' mi è dispiaciuto...
“Ma che disturbato e disturbato, Sarah! Che cosa diavolo
vai a pensare?? A dire il vero non so nemmeno io
perché sia venuto da me, dopo tutte quelle ore di volo e per
far cosa poi? Insomma, perché si ostinano tutti a continuare
a venire qui?? Io, tanto, non mi sveglio e loro fanno solo la figura
degli idioti che parlano da soli...”.
Ed eccola ancora lì, destinata a passare l'ennesima giornata
senza poter dire nulla, senza poter respirare l'aria fresca di inizio
settembre, senza poter tornare ad essere la vera Lexi. Si sentiva
terribilmente di cattivo umore.
“Non so per quanto ancora resisterò... Capissi
almeno dove si trova la via d'uscita, dico... Ci sarà un
maledettissimo modo per andarmene da questo tunnel e se non
è per la via che mi riporterà alla vita, sapessi
almeno dove si trova l'altra...”.
- Sai, ha proprio un bel sorriso... Sembra così genuino e
solare... Decisamente quello che manca in questa stanza... Eccetto quei
ragazzi famosi, tutte le altre persone che mettono piede qui dentro
sembrano lo facciano solo per trovare qualcuno su cui riversare i loro
problemi... Non dico che non sia giusto, ma non ti aiutano per nulla...
A conferma delle parole dell'infermiera, fece la sua comparsa sulla
soglia della stanza David che della sua proverbiale perfezione ormai
aveva perso ogni traccia.
Da quando la sorella era entrata in coma e lui era tornato da Dublino
per controllare che per lo meno fosse ancora viva, la sua vita sembrava
essere passata per una sessione intensiva dentro un frullatore. Non
riusciva più a decifrare quali fossero le sue prerogative,
cosa dovesse fare ogni giorno, appena sveglio, addirittura gli sembrava
impossibile scegliere se bere caffè o tea. Era semplicemente
diventato la personificazione dell'indecisione ed anche quella mattina
c'aveva messo venti minuti prima di decidere se andare o meno a trovare
Lexi in ospedale, tanto che pure in quel momento, appoggiato allo
stipite della porta, non era ancora sicuro di aver fatto la scelta
adeguata.
- Oh, guarda... Hai visite... Buongiorno David...
- Vorrei tanto lo fosse...
“Oddio no... Ci mancava pure lui oggi... Colui che sono ben
dieci giorni che non fa una visita a sua sorella...”.
- Molto bene... Verrò a controllare che tutto sia apposto
fra una mezz'oretta... E mi assicurerò che non abbia
allagato la camera...
L'ultima parte Sarah gliel'aveva sussurrata all'orecchio facendo finta
di sistemarle il lenzuolo che la copriva, facendo quasi sorridere Lexi,
se le sue labbra fossero state in grado di rispondere ai comandi del
suo cervello. Passò di fianco a quel che rimaneva del
ragazzo aitante che aveva visto il giorno in cui Lexi era stata
ricoverata e andò nella camera della signora Marple, che
sicuramente si era già lamentata con altre cinque infermiere
perché si sentiva trascurata. David trasse un respiro
profondo cercando di recuperare, forse dalle punte dei piedi, la forza
fisica e psicologica per arrivare fino alla poltrona in pelle. Si
faceva decisamente schifo da solo: lui, che era sempre stato il primo
in tutto, quello che poteva avere il mondo ai suoi piedi schioccando
solo due dita della mano, che sarebbe potuto diventare chiunque gli
fosse passato per la testa, che non si era mai tirato indietro da
nulla, ora stava lasciando che la vita lo facesse suo succube.
Guardò avanti a sé per la prima volta dopo giorni
e vide il suo riflesso sulla finestra aperta, rischiando quasi di non
riconoscere quel ragazzo trasandato che lo stava fissando di rimando:
aveva dei pantaloni grigi della tuta che come minimo erano due taglie
più grandi della sua, una maglietta nera logora, gli stessi
indumenti dell'ultima volta in cui era stato lì, e un
cappello di lana grigio che copriva i capelli disordinati e di un
biondo ormai opaco. Senza contare la barba incolta che incorniciava una
smorfia di disgusto che gli si era dipinta sulle labbra, dopo aver
visto quella visione. Scosse la testa e si diresse con passi pesanti
verso la sorella, che ormai stava diventando sempre più
insofferente a quel silenzio che praticamente tutti si ostinavano a
protrarre per tempi leggendari ogni volta che entravano nella sua
stanza. Sedutosi sulla sedia, si passò qualcosa come una
decina di volte le mani sulla faccia stanca, cercando di ricreare un
ordine mentale che non era certo di sapere dove avesse smarrito.
- Dimmi che cosa sto sbagliando...
La verità era che, dal momento in cui era uscito dalla
camera della sorella, dopo aver deciso di andare a parlare con Mia,
tutto aveva cominciato ad andare per il verso sbagliato. Lui era
partito con tutte le buone intenzioni di questo mondo, aveva pure
optato per tornare ad essere il giovane uomo impeccabile in giacca
sportiva e camicia di cui i suoi genitori erano tanto orgogliosi, per
presentarsi davanti a casa di lei e parlarle. Solo che quando c'era
arrivato, una Range Rover lustrata in ogni minimo orifizio occupava il
parcheggio giusto davanti la porta di casa di Lexi e Mia. Non gli era
servito nemmeno suonare il campanello per scoprire chi ne fosse il
proprietario, dato che, nel momento in cui stava per scendere dalla sua
banalissima Mini Cooper, il portone blu si era aperto, mostrandogli in
presa diretta una scena degna dell'Oscar come miglior sceneggiatura
romantica. Hugh stava salutando Mia con un dolcissimo e passionale
bacio sulle labbra, mentre le sue mani grandi e premurose si prendevano
la briga di fasciare e assaporare ogni parte del corpo della ragazza
con cui era cresciuto. Ma ciò che lo aveva fatto nascondere
come un piccolo ladro dietro la prima buca delle lettere che aveva
trovato, era stato notare lo sguardo adorante con cui Mia aveva
osservato quel suo rivale assolutamente imbattibile andarsene a bordo
della sua costosissima macchina di lusso. Lui non l'aveva mai ricevuto
uno sguardo del genere ed in quell'istante si era reso conto che forse
non l'avrebbe nemmeno mai meritato. Era tornato a casa e da quel
momento c'era rimasto, sperando che tutta quella massa nebulosa ed
intricata di pensieri si dissolvesse o per lo meno assumesse una forma
coerente. Ma i giorni erano passati e lui era nella stessa identica
situazione di quel pomeriggio: incapace di scegliere se cedere a quel
sentimento che probabilmente provava nei confronti della migliore amica
di sua sorella o continuare a cercare una qualche scusa plausibile per
nascondere l'evidenza. Peccato che la sua fantasia stesse per esaurirsi
e di banali motivazioni per autoconvincersi non riuscisse
più a trovarne.
- Sono andato da lei, sai?? Quel pomeriggio intendo... Era con quel
coglione... Sembrava una scena da film... Ed io... Io non lo so...
“Ma si può sapere di che diamine stai parlando?!
David, già hai interrotto una conversazione parecchio
costruttiva con Sarah, almeno cerca di fare un discorso coerente
cavolo!... Oggi non è sul serio giornata...”.
- Insomma, sono dieci fottuttissimi giorni che non esco di casa e che
sono ridotto così!!
“Tranquillo fratello, tanto io sono sveglia e nel pieno delle
mie facoltà, quindi posso vedere perfettamente come sei
preso... Ma sei cretino?!”.
- Sembro la brutta copia di Russel Crowe dopo una notte di bagordi! Io
non sono così, ma a dire il vero, ormai, non so proprio
più chi sono...
Si abbandonò sulla poltrona, con la testa appoggiata allo
schienale, fissando un soffitto che non poteva dargli nessuna risposta
e che al massimo poteva fargli da specchio per quello che lui aveva
nella testa: un immenso nulla.
“Che cavolo sta succedendo qui?? Prima i ragazzi che
continuano a venire a farmi visita, poi Mia che sparisce per due
giorni, presumo perché sia tornato Hugh, ed ora mio fratello
che accorre da me per avere dei consigli di vita... Sul serio: volete
farmi trapassare molto più velocemente del
previsto??”.
- Vorrei solo capire per quale dannata motivazione non riesco
più a prendere una decisione... Anzi, ad essere sinceri, una
decisione l'ho presa, anche se ora mi sembra la più
sbagliata che potessi fare... Certo, dopo quella di aver fatto la
deplorevole sfuriata durante il loro primo appuntamento... Mi sono
concesso un anno di aspettativa dal lavoro... Pensavo di rimanere qui,
con mamma, papà e te... Magari cercare di recuperare tutto
quello che ho perso negli ultimi quattro anni... Ma ora credo che me ne
andrò lontano... Cosa ci faccio qui, eh Lexi-Lex??
“Che cosa cazzo hai fatto?!?! Ma allora ti si è
fulminato sul serio il cervello!! Tu non avresti mai lasciato il tuo
preziosissimo lavoro di prestigio per cosa, poi?? Un momento di
sconforto? Ma con chi diavolo sto parlando io?? Tu non sei il mio
sempre perfetto e puntuale fratello!! Ridammelo
immediatamente!”.
Si risollevò dalla pelle sempre più calda della
poltrona e appoggiò i gomiti sul letto della sorella:
avrebbe tanto voluto che lei gli desse un consiglio, fosse anche solo
una battuta sarcastica o un accenno di battito accelerato, ma nulla:
restava lì, impassibile al mondo. Forse nemmeno a Lexi
importava che cosa lui facesse della sua vita, forse doveva solamente
sparire da Londra per un bel po' e cercare di capire quali fossero le
sue prerogative e i suoi desideri. Ma se entrambe le cose si potevano
concentrare nel volto di una singola persona, come poteva preparare la
valigia e partire per chissà quanto, sapendo che lei sarebbe
stata tra le braccia di un altro??
- Sai qual'è il problema: che non riesco a decidermi a
partire... E sai perché non riesco a prendere questa
decisione?!
“Immagino che tu stia per dirmelo David...”.
- Mia!
“Cosa?!?!... Alt!! Cosa diamine hai detto??? L'hai ammesso?!
Il mio fratellone non-mi-impegno
-perché-io-non-ho-bisogno-di-cose-stupide-come-l'amore ha
appena ammesso di non riuscire a partire per colpa di una ragazza???
No, non di una ragazza qualunque, ma di Mia!!! Magari non è
proprio una giornata così pessima...”.
- E sai di chi è la colpa?! Tua!!
“Come non detto... Certo, scaricate pure su di me le vostre
frustrazioni... Tanto io sono la povera imbecille che non si
può difendere...”.
- Se tu non ti fossi trovata lei come migliore amica io ora non sarei
qui a piangermi addosso, come un'idiota...
“Partendo dal presupposto che tu sei un'idiota per ben altre
motivazioni che il fatto di essere qui a confessarmi la tua cotta per
Mia, vorrei solo farti presente che senza di lei tu non avresti nemmeno
una sorella... Se non fosse stato per Mia, sarei già morta
almeno una decina di volte... Tipo quella domenica, quando eravamo in
quinta elementare, in cui mamma aveva fatto dei biscotti con le palline
argentate come decorazioni ed io per poco non mi stavo soffocando con
una di quelle... Oppure come quando, in seconda media, mi ha
salvato dall'andare sotto un tir perché il cretino della
classe aveva urlato di aver visto Jesse McCartney dall'altra parte
della strada... Quindi dovresti ringraziarmi per averla portata nella
nostra vita... Anche perché ha indubbiamente dato un po' di
colore alla tua noiosissima esistenza... Ad esempio, io ho appena
scoperto che pure tu hai un cuore e non è mica una cosa da
poco, eh?...”.
- Scusami Lex... E' che non riesco a capire che cosa cazzo mi stia
succedendo... Io non sono mai stato legato a nessuno, non mi sono mai
fatto problemi a lasciare una ragazza perché la mia vita mi
stava portando da un'altra parte... Ed ora?? Ora non riesco nemmeno a
decidere se alzarmi o meno dal letto la mattina, perché
tanto a lei non importa...
Non sapeva più che cosa fare, perché le sue
emozioni, quelle che neanche sapeva di avere, stavano lentamente
prendendo il sopravvento su di lui e l'unica soluzione era lasciare che
uscissero indisturbate.
- Lei ha lui... Ha quel tipo che sembra perfetto per lei... Sai che ho
passato gli ultimi dieci giorni a guardare ogni servizio sulle riviste
che parla di loro, ogni foto che gira su web, ogni singolo commento che
scrivono sulla loro storia? E tutti dicono che sono la coppia
dell'anno... Che sono fatti per stare assieme... Ma dico io: che cazzo
ne sanno quelli di chi sia perfetto per stare con Mia?? Loro non la
conoscono minimamente... Non sanno che è venuta a svegliarmi
alle tre di notte, quando al tuo compleanno di terza elementare un
ragno era entrato nel suo sacco a pelo, per chiedermi se potevo
buttarlo fuori... Solo che io lo uccisi e lei non mi parlò
per una settimana... Non sanno che la prima volta che si è
fatta le punte dei capelli di un altro colore era solo
perché aveva perso una scommessa con me... Non sanno che,
ogni tanto, quando è stanca, le piace cenare con latte e
biscotti... Loro non sanno nulla di tutto questo... E soprattutto
scommetto che quella grandissima testa di minchia del suo ragazzo iper
famoso non sappia nulla di chi sia Mia veramente!!
Ed eccole lì: due pesanti lacrime di rabbia che stavano
tracciando il loro percorso su quel volto scavato da un'esperienza mai
provata prima, com'era l'amore per David.
“Non ci posso credere... Fra un po' non le so nemmeno io
queste cose su Mia... Ma l'hai seriamente studiata per tutti questi
anni senza mai accorgerti di quello che provavi per lei?? Come diamine
hai fatto fratellone?? Sul serio... Oddio, mi stai quasi facendo
provare un certo sentimento di pena nei tuoi confronti... Ti
abbraccerei se potessi, ma sai com'è: qui hanno deciso di
tenermi bloccata ancora per un po'... Però una cosa posso
farla..”.
David percepì un piccolo sbalzo nella frequenza cardiaca di
Lexi ed ebbe la conferma che gli serviva di non essere solo in tutto
quel delirio che gli stava sconvolgendo la testa: almeno sua sorella,
nonostante tutte le differenze che li caratterizzavano, era ancora
lì per lui. Ora doveva solo capire che cosa farsene di
quelle lacrime e di quella nuova consapevolezza. Si asciugò
come meglio poteva quell'espressione emotiva che non era mai stato
abituato a vedere su sé stesso e puntò le sue
iridi celesti sul volto sempre più pallido della sorella: si
vedeva che Mia non era passata negli ultimi due giorni,
perché non riusciva a scorgere neanche una minima traccia di
trucco sul volto della sorella.
- Io non posso partire... Ma non posso nemmeno rimanere qui a non fare
assolutamente nulla, altrimenti uscirò di testa e non credo
sia un bene per nessuno...
Erano sempre stati diversi lei e David, più o meno come
Giove e la Luna. Lui era quello bello, affascinante, con i capelli
biondi e gli occhi di un azzurro che arrivava dritto, dritto dai geni
del nonno Joshua, il padre di Morgan, capace di conquistare tutti con
uno sguardo, che non aveva mai avuto difficoltà a fare
amicizia con nessuno, ma che anzi, aveva la gente che faceva a gara per
farsi notare da lui ed entrare nella sua cerchia degli eletti; capitano
della squadra di calcio alle superiori, fidanzato con la ragazza
più popolare della scuola, realizzato nel lavoro appena
uscito dal prestigiosissimo college che aveva frequentato a Oxford. Lei
era quella che chiunque, nella sua famiglia, si dilettava a definire
“normale”, né bella né
brutta, né intelligente né stupida, né
pesce né carne, come continuava a dire la bisnonna Amelia a
Karen, ogni volta che pensava che Lexi non la sentisse. Invece Lexi
sentiva tutto e ci stava male, con la consapevolezza che quelle parole
fossero fin troppo vere. A riprova c'era quel fisico né
filiforme né formoso, quei capelli castani né
lisci né dritti, quel suo carattere né semplice
né patologico. Insomma: era un'eterna indecisione su cosa
lei fosse ed in questo perpetuante stato di dubbio su sé
stessa, Lexi aveva speso tutta la sua adolescenza a seguire un ragazzo
che mai l'aveva degnata di uno sguardo, a coltivare un'unica sola
amicizia, quella con Mia, ringraziando il cielo che ci fosse almeno
quella, a credere che la sua vita non sarebbe mai stata nulla di
particolare e a lasciare che fosse quella degli altri a diventare il
fulcro del suo interesse. Chi si sarebbe mai degnato di prestare
attenzione a quella piccola pallida Luna, se potevano tutti essere
abbagliati dai meravigliosi colori e dai giganteschi anelli
di un bellissimo Giove? Così Lexi aveva imparato a vivere
nell'ombra di David, a rispondere come un automa a tutte quelle oche
che cercavano di farsela amica solo per poter avere il numero di
telefono di suo fratello e a crearsi un'esistenza il più
lontano possibile dalla sua ombra. Ma ora suo fratello era
lì da lei, probabilmente innamorato perso della sua migliore
amica tutto fuorché convenzionale e con la testa piena di
dubbi esistenziali che non lo avevano mai sfiorato in tutta la sua
vita.
- Voglio solo una risposta, Lex... E se non me la puoi dare te che mi
hai sempre fatto notare tutti i miei errori, anche se io non ti ho mai
dato ragione, dove la posso trovare?... “Dentro di te,
zuccone che non sei altro... L'unico posto dove troverai la risposta a
tutto sto marasma è dentro di te... Io posso solo darti
delle indicazioni... O meglio, potrei farlo se solo mi svegliassi da
questo sonno imposto...”.
- Magari la casa sul lago della bisnonna Amelia potrebbe essere il
luogo adatto per cercare una soluzione a tutto questo... Una
settimana... Sì, una settimana solo io e la natura
incontaminata... Oddio, non avrei mai pensato di dire una stupidata del
genere... Che ne dici Lex?
“Del fatto che avere un lato sensibile ti sembri una cosa
stupida o della tua idea di perderti per i boschi della brughiera
scozzese senza alcun tipo di bussola ad orientarti?? Credo che sia una
buona idea... Speriamo ti aiuti...”.
Un piccolo cenno dell'elettrocardiogramma e David ebbe la conferma che
sperava di ottenere.
-Allora: come va qui dentro?? Devo tirare fuori il salvagente?
Sarah era entrata nella stanza portando la sua solita carica di
positività che sembrava essere rimasta uno dei pochi momenti
di ossigeno per l'umore di Lexi e si avvicinò al letto della
sua paziente preferita.
- No... Non serve... Anzi, levo il disturbo... Grazie Lexi...
Ed ecco che un bacio inaspettato si posò sulla fronte di
Lexi, ricordandole che, nonostante tutta la fatica che avesse fatto
negli anni passati per essere la “sorella di...”,
quel ragazzo in difficoltà era pur sempre suo fratello e gli
voleva un bene dell'anima. David si avviò verso la porta e,
dopo essersela chiusa alle spalle, si diresse verso casa per preparare
le valige, ma prima aveva un'altra cosa da fare: andare a ricordare a
quella ragazza che gli aveva fatto perdere la testa che lui, qualsiasi
cosa sarebbe successa, sarebbe stato lì.
- Allora: si è deciso ad ammettere di essersi innamorato
della tua migliore amica?? Perché sai, mi sembra piuttosto
palese... Ma la figlia della mia vicina di casa mi ha detto che adesso
quel Hugh si frequenta con Mia, o sbaglio??
“Ma era così eclatante quello che David prova per
Mia?! Ma io dov'ero in tutto sto tempo??? Mah... Comunque
sì, Sarah... I due si frequentano e l'ultima volta che ho
sentito la mia migliore amica sembrava fossero anche piuttosto
affiatati..”.
- A proposito: che fine ha fatto la tua amica?? Ormai saranno due o tre
giorni che non la sento insultare il Dottor Lawson...
Un qualcosa di molto simile ad un sorriso sarcastico stava sorgendo dal
profondo dell'animo di Lexi ed era sicura che non fosse una cosa
positiva, soprattutto perché si riferiva alla sua amica
più cara. Ma erano due giorni che Mia non si faceva sentire
e l'avrebbe anche capita e compresa se fosse stato per qualche impegno
improrogabile di lavoro o con la sua famiglia dissestata, ma era
sparita per Hugh Stime. Insomma, certo: era una buona motivazione per
sparire dalla faccia della terra per due lunghissime giornate, ma non
dalla vita della sua migliore amica.
- Magari sarà stata impegnata... Sta di fatto che per me,
quei due... Intendo Mia e tuo fratello... Sono fatti per stare
assieme...
“Perfetto: se persino tu ti sei resa conto di questa loro
innata natura a combaciare, che li conosci da meno di un mese, come
diavolo ho fatto io, in quasi vent'anni di amicizia, a non
accorgermene?! Forse non sono stata proprio una sorella presente... No,
non sono decisamente mai stata una sorella presente, considerando che
la maggior parte delle volte in cui trascorrevo più di due
ore con David, finivo per avere annotati a mente almeno dieci modi per
farlo fuori senza che la polizia potesse mai arrivare a me...
Fantastico: ho anche appena scoperto di essere una pessima sorella...
Che giornata di merda, ragazzi... Ecco, sono pure scurrile
ora!!...”.
Qualcuno bussò alla porta e Sarah alzò la testa
verso il nuovo visitatore: una faccia preoccupata di donna fece
capolino dalla porta, chiedendo permesso ed entrando con una grazia di
cui la figlia sembrava essere la diretta erede.
- Buongiorno Sarah...
- Buongiorno Karen... Come stai oggi??
- Il negozio non mi dà tregua, soprattutto da quando hanno
cominciato ad andare di moda quei cappelli a tesa larga... I Fedora,
hai presente?? Orde di ragazze e ragazzi che si mettono pure in coda
per comprarli... E pensare che io sono stata la prima ad averli solo
perché Lexi ha insistito tantissimo che li prendessi, dato
che era certa che quel Hugh avrebbe fatto tendenza portandoli... Ha
sempre avuto un certo fiuto per le tendenze, la mia Lexi...
Una mano delineò l'ovale del viso di Lexi e poi si
posò sul dorso della sua mano destra: le mancava
terribilmente poter ricambiare un abbraccio di sua madre.
- Sembra essere una ragazza speciale... - Lo è Sarah... Lo
è... Ed ora non puoi capire quanto mi senta in colpa per
tutte quelle volte che da stupida quale sono le ho detto che non stava
facendo nulla della sua vita, che la stava sprecando in cerca di una
storia passata che non aveva nulla a che fare con la sua presente...
Non sai come mi stia pentendo di tutte quelle sciocchezze che io le
propinavo ogni volta che veniva a casa per il pranzo della domenica,
pur di non lasciarmi da sola... Morgan, invece, è sempre
stato molto più “artistico” e spesso,
quando stavamo ancora assieme, mi rimproverava perché ero
troppo severa con la sua Lexi...
“Oh sì... Mi ricordo... Ti diceva che avevo una
sensibilità diversa dalla norma e che questo mi rendeva
speciale rispetto a tutti gli altri bambini... Mi faceva sentire come
una principessa quando diceva quelle cose... E comunque non avevi tutti
i torti quando mi propinavi quelle tue teorie... Magari le metodologie
non erano le più adatte, dato che sembrava di star a sentire
una predica ogni santissimo pranzo, ma sostanzialmente avevi ragione:
stavo facendo scorrere la mia vita lontano da me, come se non mi
riguardasse... E credimi che non me ne sono mai resa così
tanto conto quanto in questo ultimo periodo... Vorrei un sacco poterti
dire che hai perfettamente ragione, mamma... E abbracciarti come non
faccio da tanto, troppo tempo... Oddio: questa non è
veramente giornata....”.
Sarah vide che quella conversazione stava facendo incrinare sempre di
più la voce e lo spirito di Karen, quindi pensò
che fosse il caso di cambiare discorso, magari portandole qualche buona
notizia.
- Lo sai che Lexi sta avendo dei piccoli miglioramenti graduali? Ho
notato che quanto aveva detto tuo figlio David è vero:
riesce a comunicare con chi le sta parlando. A quanto pare, se le si
fanno delle domande specifiche, riesce a controllare il suo battito
cardiaco in modo da poter rispondere... E questo significa solo una
cosa: che Lexi è perfettamente cosciente!
Finalmente, dopo settimane di conoscenza con quella donna, Sarah
poté vedere un barlume di felicità comparire
nelle iridi castane di Karen e pensò che Lexi dovesse aver
preso molto da lei, dato che entrambe sembravano due combattenti e mai
disposte a perdere la speranza.
- Oddio, Sarah! Ma questo... Questo è fantastico!! Voglio
dire: la mia Lexi c'è... E' qui con me!! Aspetta, vediamo se
mi sente... Lexi, amore mio...
La sua mano destra fu stritolata da quella della madre, che intanto,
con la mano libera, le carezzava la testa con fare concitato, come a
volerle far capire che lei aveva estremamente bisogno di potersi
aggrappare a quella minima speranza.
- Amore di mamma, mi senti?? Ti prego... Dimmi che ci sei...
“Certo che ci sono mamma... E per il momento, nonostante la
giornata, non ho intenzione di andarmene...”.
Ormai sapeva che cosa dovesse fare per poter rendere noto ai suoi
visitatori che lei era lì con loro e che non vedeva l'ora di
poterli riabbracciare tutti: si concentrò su quelle mani a
contatto con le sue, ma non quelle di Karen, quelle di lui... Quelle di
Nate... Su quelle labbra delicate che le avevano donato un leggero ma
dolce bacio sulla fronte... Quella voce che avrebbe riconosciuto tra
mille altre...
-E' permesso??
Le macchine impazzirono, registrando un picco di frequenza cardiaca
sulla soglia dell'attacco di cuore, cosa che fece balzare Karen sul
posto, spaventata da quella reazione improvvisa.
- Ma che succede, Sarah?!
“Non può essere... Deve per forza essere
un'allucinazione... Insomma: non ha senso che...”.
- Va tutto bene Karen... Vieni pure avanti Nate!
Non riuscì in nessuna maniera a trattenersi dal fare un
sorrisino compiaciuto, che non sfuggì al povero Nate, che
entrò a passo insicuro nella stanza di Lexi, le mani calate
dentro le tasche dei jeans chiari e abbassati sulla vita, con una
maglietta maniche corte dei Ramones, di un candore poco distante da
quello della sua pelle, che si era leggermente scurita dopo le ore di
sole californiano. Era fermo vicino al muro, con una sensazione di
disagio crescente causata dalla presenza di altre persone, oltre a
Lexi, nella stanza: paradossalmente, era tutto più semplice
se erano solo lui e lei, lì dentro. Solo quando Sarah aveva
incoraggiato Nate ad entrare, Karen sie era accorta della sua presenza
e si era voltata nella sua direzione con ancora un'espressione di misto
gioia e spavento dipinta sul volto: la reazione di Lexi l'aveva
decisamente sconvolta. Finalmente Karen aveva il piacere di rincontrare
uno di quei ragazzi tanto “carini e gentili”, come
li aveva definiti durante tutte le interviste che era stata costretta a
sopportare in quelle ultime tre settimane, e si stupì di
vedere proprio lui. Tra tutti, il biondino le era sembrato quello meno
maturo e più impacciato di tutti, come se non sapesse bene
come affrontare la situazione, come se non avesse ancora realizzato che
cosa fosse successo e volesse solo scappare da quella camera. Eppure,
ora, se lo trovava là davanti, con un sorriso tra
l'imbarazzato e lo spettacolare, che Karen ebbe difficoltà a
ricollegarlo con l'idea che sia era fatta di lui: come mai non si
ricordava che Lexi gli avesse mai parlato di lui??
Nate si rese conto che forse era il caso di presentarsi alla madre di
Lexi, dato che durante il loro primo incontro, Karen era ancora sotto
shock per l'attentato alla figlia e lui non sapeva nemmeno se fosse
ancora in grado di parlare e formulare un pensiero compiuto.
- Buongiorno signora Golder... Sono Nate...
Le porse la mano affinché potesse stringerla e ben presto si
ritrovò a racchiudere nella sua una versione solo un poco
più consumata dal tempo della mano di Lexi: stesse dita
delicate ed affusolate, che aveva tenuto intrecciate alle sue per una
notte intera. Karen sorrise di rimando a quel giovanotto che
sprigionava una solarità che da troppo tempo non vedeva
aleggiare in quella camera d'ospedale e nella sua vita in generale. Per
lei, Lexi era anche questo: la sua fonte di spensieratezza, di
leggerezza, di sorrisi... Era la sua piccolina in codini e pigiamino
con le renne che, ogni vigilia, decorava un biglietto diverso per
ringraziare Babbo Natale dei regali che le avrebbe lasciato quella
notte.
- Piacere di rivederti Nate...
“Io... Allora non ho le allucinazioni... Allora è
qui veramente... Io...”.
In quel preciso istante, la porta si aprì di nuovo ed il
dottor Lawson fece la sua comparsa all'interno della stanza,
interrompendo quel momento che stava diventando sempre più
imbarazzante: forse per lo sguardo complice di Sarah, per le guance
sempre più rosse di Nate che non sapeva più che
dire o magari per Karen che non riusciva a capacitarsi di come la
figlia si fosse fatta sentire in quella maniera.
-Karen: buongiorno!! Stavo proprio aspettando lei...
“E chissà perché... Ma dico: non ha
nulla di meglio da fare che venire a provarci con mia madre??...
Dov'è Mia quando serve?”.
- Oh, buongiorno Andy...
- Potrebbe venire un attimo con me? Dovrebbe firmare delle carte per la
permanenza di Lexi...
- Certamente... Torno subito Lexi, ma tanto ti lascio in buona
compagnia...
E detto questo diede un bacio alla figlia e rivolse a Nate un sorriso
spontaneo che lo fece sentire un pochino meno fuori luogo.
- Il tuo amico, Lewis, ti ha ridato il cappello?? L'altra mattina sei
fuggito così di fretta che non ho fatto a tempo a fermarti
per ricordartelo...
Nate non sapeva per quale strana motivazione, ma gli sembrava che
quell'infermiera fosse dotata di una sorta di super potere che le
permettesse di leggere nella sua mente, o meglio, nel suo cuore,
scovando anche dei sentimenti che nemmeno lui pensava di provare. Si
grattò nervosamente la nuca, come era solito fare quando era
a disagio e le sorrise sempre più in imbarazzo, assumendo
quell'espressione che sua madre si ostinava a definire
“adorabile” e per cui le fan impazzivano.
- Sì... Scusami se non ti ho nemmeno salutata, ma... Ma ero
in ritardissimo e...
- Tranquillo: volevo solo assicurarmi che avessi avuto indietro il tuo
cappello... Bene... Io devo andare: la signora Marple mi sta aspettando
per completare le parole crociate...
L'infermiera fece per uscire, ma quando si ritrovò sulla
soglia della porta, si voltò verso Nate e con un sorriso
complice gli disse:
-A proposito... Puoi venire quando vuoi a trovare Lexi... Anche di
notte, se ci sono io di turno... Un giorno sì e uno no...
Buona giornata Nate...
E detto questo, se ne uscì teatralmente dalla stanza,
lasciando Nate leggermente a bocca aperta: era una sua impressione o
era uscita come quelle dive del teatro di posa degli anni cinquanta??
Scosse la testa, scacciando quel pensiero assurdo e si sedette sulla
poltrona accanto a Lexi, che gli sembrava sempre più
destinata a diventare la sua seconda casa. La poltrona, non Lexi.
Scosse nuovamente la testa per il secondo pensiero senza senso
nell'arco di tre minuti e finalmente puntò quegli occhi
decisamente troppo azzurri per essere umani, verso la figura distesa
davanti a lui. Odiava ammetterlo, ma ogni volta che andava a trovarla
gli sembrava che fosse sempre un passo più lontana e la cosa
lo spaventava parecchio, perché lei non poteva andarsene...
Almeno non finché lui non avesse scoperto per quale strana
motivazione sentisse l'esigenza di andare a trovarla, benché
quello fosse un pensiero abbastanza egoistico.
- Allora Lexi... Cosa mi racconti oggi?? Anzi, prima che mi dimentichi,
lasciami dire una cosa...
Stava per darsi mentalmente dell'idiota per la milionesima volta da
quando aveva messo piede dentro quella stanza, ma poi si disse che in
fin dei conti lei poteva sentirlo e magari, se ne avesse avuto
veramente la possibilità, gli avrebbe anche risposto. O,
forse, lo faceva dentro la sua testa, nonostante la sua blocca fosse
chiusa a chiave da quel suo stato di coma. Nate ci sperava parecchio,
perché così si sarebbe sentito un pochino meno
stupido a chiacchierare con lei.
- Mi dispiace per essere scappato così, l'altra mattina...
Dio, sembra che mi stia scusando per essermene andato dopo una scopata
di una notte, senza lasciare nemmeno un bigliettino... Non che sia mai
successo, eh!! Insomma, almeno un appunto lo lascio sempre...
Cioè, non che accada così spesso!! Oh, cazzo, ma
perché non sto un po' zitto... Semplicemente non ci
riusciva.
Lexi non riusciva in alcuna maniera a resistere un secondo di
più in quel pessimo umore che le aleggiava attorno ormai da
troppo tempo, ogni qual volta quel ragazzo entrasse nella sua stanza.
Non ce la faceva ed era grata a Nate di questo, perché le
sue visite le sembravano sempre di più come delle boccate
d'ossigeno per la sua anima.
“Perché diciamocelo: è indubbiamente
simpatico... Ed anche piuttosto imbranato e ciarlone, caratteristiche
di cui anch'io sono fiera portatrice... Poi me lo immagino, mentre si
accorge di aver detto decisamente più del dovuto e comincia
a torturasi le unghie, mangiucchiandosele... Tra tutti, lui
è sempre stato il più
“piccolo” del gruppo... L'ha detto anche Zach che
per lui è come un fratello minore...”.
Nate non resistette un attimo di più e cominciò a
tirare da una parte all'altra quel ciuffo biondo ormai troppo lungo che
lo rendeva così simile ad uno di quegli angioletti eterei e
furbetti dei quadri del secondo Quattrocento, per poi passare al suo
antistress preferito: le unghie. Chiunque, all'interno del loro staff,
aveva provato a farlo smettere con quel vizio orribile di mangiarsi le
unghie, ma l'unico risultato era stato quello di riuscire a
controllarsi per lo meno in pubblico, ma appena era da solo e il
nervosismo aveva la meglio, sembrava che le sue dita fossero attirate
da quelle labbra sottili e rosee. Dato che stava rischiando di darsi
dello sciocco ancora ed ancora, decise di parlare, lasciando nuovamente
che i suoi pensieri avessero la meglio su tutti gli strani pensieri che
gli riempivano la mente.
- Sai... Non so che cosa tu sappia realmente su di me Lexi... Insomma,
so che sei una fan e che ci segui dagli esordi, ma i giornali e il
mondo non sanno proprio tutto di Nate Hanson... E per fortuna, direi...
“Oh, tranquillo che io so abbastanza cose sul tuo conto: Nate
Hanson, nato e cresciuto fino ai diciannove anni a Mullingar, in
Irlanda del Nord, con il padre Bob e il fratello Gregory... Amante
della musica sin da piccino, hai imparato a suonare la chitarra solo
perché te ne regalarono una a sei anni, ma da quel momento
non l'hai più abbandonata... Adori mangiare qualsiasi cosa
sia commestibile, specialmente tutto ciò che esce dalle
cucine di Nandos e tu sei l'unico della band a non avere un singolo
tatuaggio, perché hai paura degli aghi... Soffri di
claustrofobia e adori da morire esibirti dal vivo, specialmente se puoi
suonare tu...Altro?? Ah, sì: ti hanno sbattuto fuori
dall'aula, alle elementari, perché cantavi canzoni
tradizionali irlandesi durante le lezioni...”.
Lexi non si stava nemmeno rendendo conto che negli ultimi venti minuti
non avesse minimamente pensato alla sua situazione o a come tutto le
sembrasse sempre più nero.
- Magari saprai tutto quello che ho detto io o quei cretini dei ragazzi
sul sottoscritto, ma ci sono sicuramente un sacco di cose che non
sai... Ma penso che sia giusto che tu senta da me medesimo chi sono...
Quindi Lexi è con immenso piacere e viva soddisfazione che
ho l'onore di presentarti il vero Nate James Hanson!
Nate fece un leggero inchino, nonostante fosse seduto, con cotanto di
mano svolazzante che andò prontamente a cozzare contro
quella di Lexi, che bloccò una sua risata interiore per quel
tono così simile a quello che l'annunciatore utilizzava per
presentarli a British's Got Talent. Fu un attimo: Nate prese
delicatamente le dita di Lexi tra le sue, carezzandone in maniera
estremamente dolce il dorso della mano con il suo pollice grande. Un
sorriso gli spuntò sulle labbra, facendolo sentire come
quando sua mamma gli diceva che aveva fatto qualcosa di bello e che era
orgogliosa di lui, mentre nella mente di Lexi compariva l'immagine di
quelle mani che spesso aveva visto scorrere sulla tastiera della
chitarra durante le performance live della band, passare con ogni
accortezza possibile sulla sua pelle sempre più diafana,
come se stesse suonando una delle loro canzoni più lente e
introspettive.
- Allora... Stavamo dicendo... Mi chiamo Nate James Hanson...Il secondo
nome lo devo al bisnonno, mentre il nome al nonno... Forse avrei
preferito il contrario, ma con il tempo mi sono accorto che almeno Nate
non è un nome così diffuso e che quindi, almeno
per quello, ero un po' speciale...
“Ma tu sei speciale per un sacco di altre motivazioni!
Insomma, sei un bel ragazzo, hai una risata contagiosa, sei solare
e...”.
- Sai... Forse vedendomi ora non si direbbe, ma quando ero piccolo ero
estremamente insicuro... Insomma, non che fossi timido o cosa: parlavo
di continuo e facevo sempre un gran chiasso... Ma se qualcuno mi avesse
mai chiesto che cosa volessi fare da grande, avrei risposto che il
cantante sarebbe stato bello ma non ce l'avrei mai fatta... Poi, ho
incontrato i ragazzi e tutto è cambiato...
Fu così che Lexi venne a conoscenza della vera storia dei
The Rush, quella che nessun giornale, nessun account di update, nessuno
eccetto loro cinque poteva conoscere. Ma soprattutto, fu
così che Lexi venne a sapere chi fosse realmente quel
ragazzo di ventidue anni che, sorprendente come un fiocco di neve in
piena estate, stava trasfigurando quell'assurda condizione di
“non vita”, in attimi di preziosa
serenità, di cui lei non poté far a meno di
diventarne dipendente.
Hi sweethearts!
Scusate il ritardo,
ma almeno ritorno un capitoletto breve ma intenso. Finalmente le
situazioni e, soprattutto, i personaggi cominciano ad evolvere: David
è nel bel mezzo di una crisi esistenziale e Nate... Beh:
Nate entra ufficialmente nella vita di Lexi. Non so voi ma a me, anche
a distanza di anni, quei due fanno ancora una certa tenerezza ** Spero
che il personaggio di Sarah vi piaccia perché
sarà un po' il piccolo angelo custode di Lexi da qui in
avanti...
Grazie per aver
letto e grazie se deciderete di farmi sapere che ne pensate della
storia o del capitolo (qui o su Twitter https://twitter.com/93ONED
) **
A presto.
Lots of Love xx
|
Ritorna all'indice
Capitolo 12 *** 9th September 2013 ***
9th September 2013
Era la prima giornata di pioggia dopo settimane caratterizzate da uno
splendente sole, decisamente inusuale per il clima londinese e Mia era
di un umore più nero delle nuvole che affollavano il cielo
fuori dalla stanza della sua migliore amica. Le finestre erano
rigorosamente sigillate, nemmeno stesse infuriando una tempesta, ma la
caposala era stata irremovibile: se piove, si chiude tutto e non si
lascia entrare nemmeno uno spiffero d'aria. Le mancava il respiro quel
giorno, ma era una sensazione che non era sorta entrando in ospedale,
ma che se l'era sentita appiccicata addosso da quando aveva aperto gli
occhi nel loro appartamento di Lexington Street, quello che ormai gli
sembrava irrimediabilmente troppo vuoto senza Lexi. Era come se la sua
vita avesse deciso di attaccarsi a lei come la nebbia in una di quelle
scure mattine di metà Novembre e non avesse alcuna
intenzione di lasciarsi vivere da lei, per quel giorno. Quindi aveva
deciso di infilarsi un paio di leggings vecchi di secoli, una felpa
sformata che pure un lottatore di sumo avrebbe potuto trovare enorme
per la sua stazza ed i fidati Doc Martin's, tirando su i capelli sempre
più lunghi e mossi in uno chignon disordinato che faceva
ricadere dovunque le punte blu. Se un solo paparazzo l'avesse
fotografata in quelle condizioni, sarebbe stata la fine della sua
carriera da stilista, quindi aveva saggiamente optato per parcheggiare
nei sotterranei dell'ospedale e prendere l'ascensore. Non poteva
credere di doversi preoccupare che qualcuno fosse appostato sotto casa
sua per immortalare con uno scatto qualsiasi cosa la riguardasse,
neanche fosse un fenomeno da baraccone, ma era pienamente consapevole
di che cosa avrebbe implicato uscire con Hugh Stime dei The Rush quando
aveva accettato il suo invito, quindi non poteva che darsi la colpa per
ogni noiosa situazione che si era trovata ad affrontare nelle ultime
tre settimane. Dalle foto di loro due che facevano shopping in un
negozio di abiti usati, che poi era stato letteralmente preso d'assalto
dalle fan, a quelle di loro due che si salutavano teneramente, fuori da
casa sua, prima che lui partisse per l'America... Senza contare quelle
in cui lei era andata a prenderlo all'aeroporto o quelle in cui lui
usciva di soppiatto, neanche fosse stato un ladro o la Pantera Rosa,
dall'appartamento di Mia, dopo averle portato il regalo che le aveva
comprato nella Grande Mela. Un braccialetto. Un semplice filo di oro
bianco con un piccolo ciondolo a forma di forbici. In diamanti. In una
scatoletta marchiata Tiffany&Co. Mia se lo stava ancora
rigirando tra le mani, mentre guardava fuori dalla finestra della
stanza di Lexi e non aveva smesso di farlo da quando Hugh l'aveva
aiutata, molto premurosamente, a metterlo indosso. Pesava un sacco quel
gioiello, non tanto per il suo peso effettivo, dato che era talmente
sottile da sembrare pure fragile, quanto per il significato emotivo che
si portava dietro. Era come se, oltre al paio di forbici, ci fosse
stato appeso anche un macigno di cento tonnellate con una targhetta a
recitare: "Possibile fidanzata di Hugh Stime”. Una sorta di
condanna a morte. Mia sospirò per l'ennesima volta da quando
quella terribile giornata era cominciata, sperando di scacciare lontano
da sé non solo quello stupido pensiero, ma anche quel
maledetto senso d'oppressione che non la lasciava in pace. Si
voltò verso la sua migliore amica a cui aveva appena fatto
un dettagliato resoconto dei suoi ultimi tre giorni, mentre le metteva
il suo smalto preferito sulle unghie, quello verde mela, e si risedette
sulla poltrona.
-Sinceramente non capisco perché la gente sia
così tanto interessata alle persone con cui quei ragazzi
escono... In fin dei conti, sono dei normalissimi ventenni che hanno un
lavoro un po' particolare... No, okay... E' un discorso idiota,
però sta cosa comincia un po' a pesarmi... Io non voglio che
la gente mi conosca perché sono la ragazza dì, ma
perché ha apprezzato il mio gusto particolare e la mia
originalità nel creare abiti...
“Mia faranno anche questo... Certo che l'aiuto di Hugh
potrebbe esserti veramente utile a far partire la tua carriera...
Oggettivamente parlando... E poi è una cosa che hanno dovuto
sopportare tutte... Magari potresti parlare con Ellie... Credo ti
sarebbe molto utile... Certo, vai così Lexi: tanto lei sente
tutte le perle di saggezza che le stai spillando... Che
amarezza...”.
Mia si perse a contemplare il volto sempre più diafano di
Lexi e si chiese quando mai avrebbe potuto rivedere le sue iridi del
colore delle castagne, così diverse da quelle celesti di suo
fratello. A dire il vero, Mia si chiese se avrebbe mai avuto la
possibilità di rivederle e basta, perché
più passavano i giorni, più sentiva la sua amica
sempre più lontana e la cosa cominciava a turbarla
parecchio. Quindi, forse, era il caso di dirle tutto, ma proprio tutto,
quello che le passava per la testa in quel momento, dato che si
trattava sempre della sua migliore amica, quella che se solo avesse
potuto parlare e muoversi, avrebbe saltato per tutta la stanza in preda
ad una crisi isterica appena Mia gli avesse mostrato il braccialetto e
che poi le avrebbe dato della cretina perché aveva quella
faccia corrucciata e non stava dando di matto come ogni persona sana di
mente. Ma Mia aveva la testa piena di ben altro che l'euforia per quel
regalo.
-La vuoi sapere la verità Lexi??
“A quanto pare sono qui per questo, Mia... A breve
sarò dotata anche di serratura a doppia mandata e doppio
fondo, come ogni forziere segreto deve avere... Sono la magica custode
di tutte le vostre preziosissime confidenze... Mamma mia, quanto
sarcasmo oggi... Devo starci attenta...”.
- Pesa... Il braccialetto intendo... Mi sembra di avere una di quelle
palle da carcerati che si vedono nei Topolini... Come se volesse
portarmi a terra... Lo so, non sono normale, ma quando mai lo sono
stata??
“Ed eccolo qui l'annoso problema: Mia Winston e la sua fobia
per le parole per sempre. .. E qualsiasi oggetto che gliele possa anche
solo lontanamente suggerire... Mi viene il dubbio che non ti
passerà mai, Mia...”.
E di nuovo le sue mani andarono a tormentare il piccolo ciondolo
iridescente che Hugh le aveva molto galantemente regalato. Forse non
significava nulla per lui, che sembrava essere un ragazzo d'altri
tempi, capace di corteggiare una donna con ogni mezzo gli fosse
concesso, senza diventare mai eccessivo. Ma per lei aveva un
significato ben preciso, che le causava quel senso di oppressione che
la stava torturando da quella mattina.
- Lo so cosa stai pensando: eccola di nuovo con i suoi sofismi sul per
sempre e sul fatto che ogni gioiello regalato da un ragazzo sia un
chiaro riferimento a quello... Ma scusa: è la
verità!! Gioiello significa spendere un sacco di soldi, il
che implica che ci tiene parecchio per privarsi dei
bigliettoni necessari per comprarsi l'ultimo Fifa, il che significa che
quello che c'è tra noi sta diventando importante, che a sua
volta significa che c'è una vaga possibilità di
“per sempre” in agguato... Semplice!!
“Ma quindi: se io mi metto lo smalto verde allora vuol dire
che c'è una vaga possibilità che mi trasformi in
una mela?? Cavolo, devo stare attenta a quando mi metto
quello marrone... Ma che cazzo stai dicendo, Mia?!”.
- Lexi... Io non so che fare... Insomma, Hugh è perfetto...
Sul serio!! E' simpatico, un po' perso per le nuvole, galante, attento
ad ogni particolare... Con un incredibile senso estetico... E poi ha
quell'adorabile modo di non riuscire a terminare un discorso...
Diciamocelo: è me al maschile!!
“Modesta come sempre, Mia...”.
- Quando sono con lui non smetto mai di ridere e poi, benché
tu sappia quanto io poco sopporti fiori, orsacchiotti e sdolcinature
varie, con lui è diverso... E' romantico in una maniera che
non dà fastidio nemmeno a me... Ma...
“No, Mia! Non può esserci un ma... Dopo tutta
questa minuziosa descrizione di questo meraviglioso ragazzo, avresti
pure il coraggio di dirmi che c'è anche un ma?! Non esiste
capisci?! Nemmeno nei miei più contorti ed inutili trip
mentali potrebbe sussistere un ma ad un ragazzo come Hugh!!”.
Per l'ennesima volta cambiò posizione sulla sedia,
raggomitolando le ginocchia al petto e cercando di fare un po' di
chiarezza tra quelle parole che le giravano per la testa e che non
sapeva bene da dove spuntassero fuori.
- Ma c'è qualcosa che non va... E non mi chiedere cosa,
perché non ne ho una fottuttissima idea, okay?! Mi sta
scoppiando il cervello a furia di pensarci! Non ha un solo difetto, se
non quello di essere un personaggio famoso, che poi non è
nemmeno un difetto perché è quello che lo rende
felice, ma... Ah, ma perché deve esserci sempre un
“ma” grande come un condominio in ogni mia
relazione?!
“Dimmi: pillola amara o pillola dolce?? La verità
o quello che vuoi sentirti dire? Dato che materialmente non posso
deliziarti con nessuna delle tue, almeno a mente ti
propinerò la realtà dei fatti. Nessuno dei tipi
con cui sei stata era quello giusto. Oggettivamente parlando, il primo
della lista, quel tipo con le lentiggini e gli occhiali di guscio di
tartaruga... Aspetta: com'è che si chiamava?? Ah
sì, George... Oddio, che tipo... Voleva a tutti i costi che
tu non dicessi più parolacce, perché non si
addiceva ad una ragazza del tuo rango sociale... Ti sei arrabbiata
così tanto che gli hai rovesciato il gelato in faccia e poi
sei corsa da me per raccontarmi tutto... E avevi solo undici anni!!...
E poi c'è stato Francis... Lui sì che era quanto
di più lontano ci potesse essere da te... Figlio di un
potente industriale, mai utilizzato una lampadina a basso consumo in
vita sua e con la convinzione radicata che i visoni fossero stati
creati in laboratorio solo per fare le pellicce di sua madre... Credo
di non aver mai riso così tanto come quando l'hai mollato la
notte di San Valentino, dopo aver visto che il suo regalo era un
week-end in una spa, dove usavano solo prodotti chimici... Ma non
dimentichiamoci di Carl, altrimenti detto
Colui-Che-Parlava-Alle-Tute-DaGinnastica... In due anni di relazione
non si è mai presentato a casa nostra con indosso qualcosa
di diverso da una tuta da ginnastica, preferibilmente in acetato...
Però lui almeno ti piaceva seriamente, ma non ti meritava...
Non ti valorizzava in nessuno dei tuoi aspetti... Ma ora hai Hugh, che
per tua stessa ammissione è perfetto per te... Eppure
c'è ancora qualcosa che non ti torna... Ed io dico: apri gli
occhi cara mia...”.
- So che stai facendo mentalmente la rassegna dei miei ex, e sto
ringraziando il cielo che tu non possa parlare in questo momento,
perché non lo sopporterei... Ma vorrei veramente che tu mi
dessi uno di quei tuoi speciali consigli illuminanti... Quelli che mi
liberano la testa da tutta la nebbia che c'è dentro... Uno
dei tuoi consigli da amica, Lexi.... Fu in quel momento che Lexi ebbe
un impeto di volontà che le fece battere talmente forte il
cuore da dare la parvenza che qualcosa si stesse muovendo, che le cose
stessero finalmente per cambiare, tanto che Mia si mise seduta bene,
pronta per chiamare Sarah in caso il miracolo stesse per succedere. Ma
Lexi lo sapeva che quella era solo l'ennesima ondata di frustrazione
che la faceva andare in tachicardia e che non cambiava di una virgola
la sua penosa situazione. Aveva così tanta voglia di poter
parlare con Mia, di abbracciarla, di dirle che doveva svegliarsi e
rendersi conto di chi fosse veramente l'uomo giusto per lei. Voleva
anche solo condividere con lei l'euforia per il fatto che i suoi idoli
fossero diventati anche delle presenze fisicamente attive nella sua
vita. Ma il suo corpo non rispondeva e Lexi sentiva altre lacrime
rigarle il viso, e sperava che fossero bollenti come il sangue che le
scorreva nelle vene per tutta la rabbia che aveva cominciato a covare.
American Idiot dei Green Day partì a tutto volume nella
stanza sempre più ricolma di oggetti e Mia dovette lottare
con la sua enorme borsa per recuperare il cellulare, prima che quella
disperata caccia al tesoro gli facesse perdere la chiamata. Lo estrasse
trionfalmente dal fondo della tasca centrale e rispose senza
controllare chi fosse.
- Pronto?
Ogni volta che quella voce le arrivava alle orecchie un senso di
fastidio e di stretta allo stomaco si faceva largo dentro di lei e
doveva prendere almeno due respiri profondi prima di rispondergli,
soprattutto dopo quella strana conversazione che avevano avuto nei
corridoi dell'ospedale e quella scenata al ristorante.
- Ciao David... Che vuoi?
“David?! Fratello-ameba- in-crisi-mistica si è
deciso a fare qualcosa?!”.
- Cosa?! No, che non posso!! Ho altri progetti per oggi pomeriggio che
cercare un nuovo sapone per tua sorella!! Con tutto il rispetto per
Lexi, ma mi pare che quello che abbia vada benissimo!
“No, okay... Forse Fratello-ameba-in-crisi-mistica non
è sufficiente... Dovrei aggiungerci anche un
E-con-un-cervello-grande-come-una-nocciolina... Ma che cavolo ha dentro
la testa?!”.
- David, senti: vai al diavolo okay?! Io mi occupo di tua sorella
più di quanto tu abbia mai fatto in tutta la tua vita,
quindi: no, non mi sento per nulla in colpa se oggi pomeriggio esco con
il MIO ragazzo famoso!!
“Ahia! Questa deve aver fatto male... Povero David...
Però se l'è cercata...”.
Mia pigiò con così tanta forza sullo schermo
dell'Iphone che per poco non rischiò di rompere i cristalli
liquidi e lo gettò sul letto di Lexi. Si alzò di
scatto dalla sedia e tornò alla finestra, nonostante fosse
completamente sigillata e la cosa facesse aumentare a dismisura il suo
nervosismo: aveva bisogno di uno di quei caffè ipercalorici
che solo Starbucks sapeva fare e che solo a guardarli potevano
aumentare la sua massa corporea di almeno tre etti. Fece un respiro
profondo e tornò vicino al letto per recuperare il cellulare
e mandare un messaggio a Hugh chiedendogli se, prima di andare a casa
sua, si sarebbero potuti fermare a prendere un frappuccino: come
previsto, la risposta affermativa arrivò immediatamente.
Aveva ancora dieci minuti prima che lui arrivasse a prenderla, quindi
decise di sputare fuori l'ultimo dubbio che la stava tormentando. -
Secondo te, oggettivamente parlando come abbiamo sempre fatto noi, io
riuscirò mai ad avere una relazione senza un
“ma” che gli si appiccichi addosso e che
smetterà di farmi avere questa dannata paura del per
sempre?? Lexi avrebbe tanto voluto rassicurare la sua amica che se
aveva un'unica paura era quella di soffrire per amore, ma sapeva che a
quella domanda, anche se fosse stata capace di parlare, non avrebbe
potuto dare una risposta.
“Lo sai anche te Mia che finché non cominci ad
innamorarti delle persone invece che dell'essere innamorati non
troverai mai il ragazzo giusto e ci sarà sempre una qualche
motivazione per tirare il freno a mano... Wow, che poetica che
sono...”.
Mia stava per aggiungere altro, quando si sentirono dei leggeri colpi
sulla porta e, ancora prima che questa si aprisse, avrebbe potuto dire
chi vi fosse dietro: quella gentilezza ed eleganza nel bussare
rispecchiavano perfettamente la personalità di Hugh.
- Posso entrare?
- Certo, vieni pure... Stavo raccontando a Lexi come fossero andati gli
ultimi giorni...
“Ritieniti fortunata che non posso spiaccicare parola,
altrimenti avrei appena sfornato una simpaticissima battuta sarcastica
che mi avrebbe fatto vincere un tuo impagabile sguardo omicida...
Oddio, come mi manca tutto questo...”.
Hugh entrò con la sua solita andatura da piccolo lord
inglese mista alla spontanea noncuranza che lo caratterizzava e si
sedette sul bordo del letto, ai piedi di quella figura immobile come
l'aveva vista l'ultima volta. Il pensiero di quella visita a dir poco
traumatica e tutte le cose che erano cambiate in quel mese, lo
sconvolsero non poco, ma si riprese in fretta, non appena la mano di
Mia si posò sulla sua spalla. Quella ragazza aveva la
straordinaria capacità di farlo sorridere solo con un
semplice sguardo.
- Allora, come sta la mia piccola Lexi?
Brividi. Quelli erano brividi e la cosa lasciò Lexi
decisamente stupefatta e attonita: com'era possibile che nella sua
condizione provasse una sensazione così forte e travolgente,
quasi come quando Lucas le aveva sfiorato la mano? O anche come quando
Niall aveva raccolto una piccola lacrima sulla sua guancia? Che sarebbe
potuta guarire solo grazie alla presenza di quei ragazzi? Lexi non era
sicura, ma quelle parole di Hugh l'avevano fatta sentire avvolta da una
strana aurea di affetto e tenerezza che le era capitato raramente di
provare.
- Oggi ha deciso di fare silenzio stampa e di non rispondermi in
nessunissima maniera...
Detto questo indossò quella sua tipica espressione
imbronciata che le faceva corrugare la fronte e strizzare le labbra
sottili, facendo ridere sommessamente Hugh: adorava quando faceva la
bambina e gli permetteva di prendersi cura di lei, anche se erano dei
momenti più unici che rari, dato il suo caratterino
deciso.
- Magari perché non le hai raccontato cose interessanti...
Un piccolo pugno sulla spalla e Mia stava già sorridendo di
nuovo, perché, in fin dei conti, con lui tutto era semplice
ed il tempo passava sempre troppo in fretta. Dopo averla presa per la
vita e averle dato un casto e dolce bacio sulle labbra, Hugh fu
costretto a riportarla alle realtà.
- Mia, so che vorresti restare qui ancora un po' ed anche a me
piacerebbe, ma se dobbiamo andare a comprare le cose che mi servono per
il tour, è meglio se ci sbrighiamo, altrimenti poi Cal non
ci può più accompagnare...
Mia fece un cenno di assenso con la testa e poi prese la borsa e il
cellulare. Si avvicinò alla guancia di Lexi e, prima di
darle un bacio di commiato, le sussurrò:
- Spero solo di chiarirmi le idee... Torna presto da me Lex...
- Prometto di trattartela bene, okay Lexi?? Ci vediamo... Svegliati
presto che non vedo l'ora di sentire qualche racconto imbarazzante su
Mia che solo la sua migliore amica può conoscere...
Le labbra delicate e calde di Hugh si posarono sulla fronte di Lexi per
salutarla e stranamente quel tocco le parve familiare nei modi, come se
fosse un gesto che compivano da sempre. Il ragazzo circondò
la vita di Mia con un braccio, con quel fare protettivo e al tempo
stesso incoraggiante che le permetteva di non sentirsi mai in gabbia, e
si diressero assieme verso il parcheggio sotterraneo dove avevano
parcheggiato le loro macchine.
Lexi era di nuovo sola, ma in quel momento, oltre a tutti i pensieri
che solitamente affollavano la sua mente, si erano anche aggiunti
quelli su Mia e Hugh. Su come lui fosse molto più preso di
lei in quella strana relazione che avevano creato. Su come quel ragazzo
fosse speciale anche solo per il semplice fatto di guardare il mondo
con una genuinità che la spiazzava... Quella che lei pensava
di aver perso in un punto non ben definito della sua vita. Il tempo
passava senza lasciar traccia ed eccoli di nuovo lì, quei
pensieri che ormai le facevano compagnia più di chiunque
altro, eccetto per...
-Un giorno o l'altro entrerò qui dentro e
spalancherò quella finestra, in barba al carceriere che
sostituisce Sarah!!
Eccetto per Nate. Ogni volta che varcava la soglia della sua stanza,
Lexi riprendeva a respirare, certo non materialmente magari, ma con
l'anima, benché le apparisse assurdo anche solo pensarlo. La
sua voce di qualche ottava più alta rispetto a quelle
solitamente concesse in un ospedale, ebbe la straordinaria
capacità di spazzare via tutto il turbinio di pensieri che
aleggiava nella mente di Lexi, per riempire la sua testa solo di quel
suono e di quel calore che anche delle semplici parole sapevano
suscitare.
- Allora: mi hanno detto che hai ricevuto un sacco di visite negli
ultimi giorni... Ma sono più che sicuro che nessuna
è stata apprezzata quanto le mie!
Sorrideva. Lexi sapeva che stava sorridendo mentre le diceva quelle
frasi che sulla bocca di chiunque altro sarebbero suonate come
supponenti, perché l'aveva osservato parecchie volte durante
le interviste, notando come incurvasse quelle labbra delicate e di
qualche tonalità più scure delle guance quando
diceva qualcosa che lo divertiva. Si sorprese di come sapesse
così tante cose sul bel irlandese senza averci mai fatto
veramente caso, dato che la sua attenzione era sempre e comunque
focalizzata solo su una persona: Lucas Palmer. Il solo pensiero di
quelle mani grandi che sfioravano le sue e dell'incrinatura che la sua
voce assumeva ogni qualvolta dovesse dire qualcosa di serio, la
riportarono in un tunnel che conosceva fin troppo bene, da cui,
però, le parole confuse di Nate la trascinarono
immediatamente fuori.
- Ma a parte questa sciocchezza che ho appena detto, Zach mi ha
raccomandato di informarti che non si è dimenticato di te e
che, appena Page avrà deciso di lasciargli qualche giorno di
ferie dalla “tortura dei preparativi”... Cito
testuali parole... Beh, verrà a trovarti perché
deve raccontarti delle cose... Non ho capito bene, perché
poi Lewis mi ha distratto con un sacchetto proveniente da Nando's e
sì... Insomma... Il nutrimento prima di tutto no?!
“Ah ah ah ah ah....”.
Lexi non poteva crederci ma stava ridendo. Rideva nonostante si
trovasse in quella dannata situazione che i medici chiamavano coma
vigile, ma che per lei era solo un'insopportabile prigione. Eppure lei
stava ridendo per le parole di Nate. Per la sua straordinaria
spontaneità contagiosa; per il fatto che non fosse l'unica a
dire le cose sbagliate al momento sbagliato; per il suo essere
assolutamente vero e sincero in ogni gesto e in ogni parola. Nate si
chiese se ormai non stesse seriamente perdendo la testa con tutta
quella storia dell'andare a trovarla ogni volta che poteva per riuscire
a “salvarla”, anche se non sapeva ancora da che
cosa di preciso e non l'avrebbe scoperto finché quella
ragazza speciale non si fosse svegliata. Più passava del
tempo con lei più sperava che avvenisse il prima possibile.
Si sedette sul letto, giusto vicino alla gamba di Lexi, stanco di
sprofondare dentro quella poltrona informe e le prese la mano sinistra
tra le sue: ormai era diventato un gesto naturale e spontaneo che non
lo turbava più. Ma lo stesso non si poteva dire per Lexi,
che ancora sentiva sempre la stessa tensione crearsi in lei, come se
quel ragazzo fosse una calamita per la sua energia vitale, capace di
riattivarla solo con un semplice contatto.
- Bene, ora che ho svolto anche i compiti che mi aveva dato Zach,
passiamo alle cose divertenti... Tipo che l'altro giorno, mentre
stavamo registrando... Perché stiamo concludendo l'album
nuovo, lo sapevi?? Comunque, stavamo registrando un ritornello tutti
assieme e Hugh si è bloccato per rispondere ad un messaggio
che credo fosse di Mia, smettendo improvvisamente di cantare... Allora
Zach l'ha fulminato con lo sguardo perché stava facendo una
fatica bestia a tenere quella nota e in quel modo avremmo dovuto
ricominciare tutto da capo, ma il cretino di Hugh non si stava
accorgendo di nulla!! Così, Zach, ancora cantando, si
è spostato vicino a lui e gli ha tirato uno scappellotto,
solo che non ci è andato giù leggero e Hugh
è andato a sbattere con la capoccia sul microfono, mentre io
scoppiavo a ridere come un cretino e Lewis diceva a tutti che era
troppo vecchio per sopportare certe idiozie e che si sarebbe ritirato a
vita eremitica a breve... Insomma, so che detta così non fa
ridere, quindi ti ho portato la registrazione che abbiamo fatto...
Aspetta...
Nate prese il telefono dalla tasca dei pantaloni, si alzò
per collegarlo alle casse e schiacciò play. In pochi secondi
la stanza fu riempita da una melodia nuova e a tal punto diversa da
quello che era il normale sound dei The Rush, che Lexi rimase
assolutamente spiazzata: che cosa stavano combinando quei cinque per il
nuovo album?? Era come se fosse un ritmo country mescolato con delle
sonorità più rock ed alcuni accenti pop, dati
dalla scorrevolezza del testo. Lexi stava tentando di ascoltarne il
testo, quando la musica fu coperta dal suono sordo della testa di Hugh
che cozzava contro il microfono e dalla baraonda che gli altri quattro
avevano scatenato subito dopo. Ma ancora una volta i sensi di Lexi
furono attirati dall'unico suono che realmente sembrava contare per
lei: la risata contagiosa e spensierata di Nate. La stessa che stava
riproducendo dal vivo solo per lei, regalandole un momento di
innaturale serenità a cui non sapeva dare una vera e propria
spiegazione.
- Vero che così è molto più
divertente??
Questa volta si sedette sulla parte destra del letto, di modo da poter
cambiare canzone dal suo Iphone: con una mano teneva il cellulare e con
l'altra carezzava il dorso di quella di Lexi, facendo su e
giù per le curve delle nocche sempre più diafane.
- In questo modo hai avuto anche una piccola anteprima del nostro nuovo
sound... Che te ne pare? Siamo un po' cresciuti?? Non hai idea di
quanto ci stiamo divertendo mentre registriamo... Molto più
delle altre volte... Certo, è anche decisamente
più faticoso perché cantiamo agli orari
più impensabili e nei luoghi più strampalati,
però è molto più coinvolgente...
Stiamo scrivendo tutti dei brani... Lewis e Lucas ne hanno buttati
giù un sacco... E pure Hugh ed io... Pensa che ho fatto
un'intera canzone con i McFly, ma ti pensi?! E' assurdo!!!
“Sono più di tre anni che sei entrato nel
sfavillante mondo dello showbiz e ancora hai la capacità di
emozionarti per una collaborazione con qualche cantante? Nate Hanson
credo tu sia rimasto lo stesso bambino che scriveva sulla scrivania
della sua cameretta che voleva diventare un cantante e che i sogni si
realizzavano davvero, solo se lo si vuole davvero... Come hai fatto a
mantenere questa tua genuinità, nonostante
tutto??”.
Cercando di contenere il sorrido ebete che gli si era stampato sulla
faccia a sol pensiero di potersi esibire negli stadi di tutto il mondo,
suonando e cantando una canzone che aveva scritto e composto lui
stesso, Nate cercò di recuperare il filo del discorso.
- Comunque, quella che hai sentito si intitola Happily ... Appena
l'avremmo conclusa te la farò sentire... E a proposito di
musica: che ne dici se mentre parliamo... Beh, se mentre ti sommergo di
stupidate per tenerti compagnia, metto su anche un po' di musica??
Così magari ti faccio scoprire qualche bella canzone...
“ Happily. .. Mi piace il titolo... Anche se è
l'esatto opposto di come sto vivendo io in questo momento, ma
pazienza... Comunque piano con le parole Mr Lepricauno Irlandese, anche
io ho i miei dignitosi gusti musicali... Non insinuare
nulla...”.
Senza attendere una risposta che purtroppo non sarebbe mai potuta
arrivare, Nate selezionò la sua playlist preferita e la fece
partire, mettendo il volume ad un livello tale da permettergli di
parlare tranquillamente. Quella era anche la selezione musicale che
ascoltava più di frequente e che lo accompagnava nei suoi
lunghi spostamenti in bus, da una città all'altra del mondo
mentre erano in tour. Il primo brano era la sola ed inconfondibile
Hotel California degli Eagles, altrimenti noti come la sua band
preferita di tutti i tempi: lo sapeva chiunque fosse a conoscenza di
chi fosse Nate Hanson e la cosa lo rendeva più che
orgoglioso, dato che, quando aveva avuto la straordinaria
opportunità di incontrarli di persona, l'anno prima, il
bassista Randy Meisner lo aveva ringraziato per la
pubblicità che stava facendo loro tra tutte le nuove
generazioni in giro per il globo, regalandogli anche una sonante pacca
sulla spalla. Gli bastava pensare a quel momento per capire come
dovevano sentirsi tutte le ragazzine che andavano ai loro concerti e
urlavano fino a perdere la voce: l'avrebbe fatto lui stesso, se solo i
ragazzi non l'avrebbero successivamente preso in
giro.
- Ecco a te una delle canzoni più belle di sempre, Lexi...
“Oddio Nate... Ti prego... Io posso capire che tu sia un loro
fan sfegatato, ma cadermi così sullo scontato no, dai...
C'avrei messo una mano sul fuoco che avresti scelto questa come prima
canzone... Fattelo dire: sei prevedibile... Non mi hai stupito Mr
Hanson...”.
Nate osservò il volto marmoreo di Lexi e gli
sembrò di scorgervi una piccola nota di insoddisfazione,
come se quella scelta musicale non l'avesse colpita affatto. Dopo
essersi dato dell'idiota per aver visto una cosa che sicuramente non
poteva essere, decise comunque di cambiare canzone ed optò
per Fly Me To The Moon di Frank Sinatra. Se quel pezzo non la
convinceva, Nate avrebbe seriamente cominciato a dubitare dei suoi
gusti in fatto di musica.
“Alzo le mani di fronte al solo ed unico Frank.... Scelta un
po' di popolo, ma indubbiamente valida...”.
Faceva quelle considerazioni come se lui fosse stato capace di sentire
i suoi pensieri, ma in fin dei conti era come se le cose funzionassero
veramente così, perché Nate scorse un impossibile
cenno di approvazione sul volto della ragazza e mise l'Iphone vicino
alle casse, sistemandosi meglio sul letto di Lexi.
- Allora Lexi... Cosa ti stavo raccontando?? Ah sì,
dell'album... Ma non parliamo di quello... Piuttosto: lo sai che tra un
po' riprendiamo il tour?! Ebbene sì, partiamo per
l'Australia per un mese... Infatti dovrei anche andare a comprare le
ultime cose che mi servono, dato che ripartiamo tra tre giorni...
“Nate: ti pare che non sappia che dobbiate ripartire per il
tour?? Io?! La vostra fan numero uno?!... Aspetta: cos'hai detto??
Quand'è che ripartite?”.
Nate si fermò un attimo a pensare che cosa gli servisse per
quel viaggio così lungo, ma la sua attenzione fu attirata da
uno strano innalzarsi della frequenza dei battiti cardiaci di Lexi,
come se qualcosa non le andasse bene o la preoccupasse particolarmente.
Allora gli venne in mente: lei sentiva tutto, capiva tutto e di
conseguenza aveva magari anche fatto affidamento alla promessa che lui
stesso le aveva fatto. Istintivamente strinse la sua mano attorno a
quella di lei, come a volerle confermare quello che stava per dire
anche con il linguaggio del corpo.
- Ehi! Calma... Non ti abbandonerei mai, Lexi... Ti ho promesso che ti
farò compagnia finché non avrai deciso di tornare
da noi ed io le mantengo le promesse... Potrei, vediamo... Giusto!
Potrei chiedere a Mia di portarti qui il computer e fare qualche
chiamata via Skype... No, che dico! Non qualche, almeno una al
giorno!!... Io non ti lascio Lexi... Non lo farei mai...
Non sapeva da dove quelle parole fossero uscite, non sapeva nemmeno di
averle mai pensate, ma sembrava che ogni qual volta entrasse in quella
stanza il suo cervello andasse a farsi un giro alle Bahamas e lasciasse
libero sfogo al cuore.
“Io... Nate... Insomma... Grazie... Non so
veram...”.
Il pensiero si bloccò nel bel mezzo di quel nulla cosmico
ripieno di tormenti che era diventata la sua mente da dopo l'incidente
e solo perché due labbra gentili e bollenti si erano posate
sulla sua fronte, come a suggellare quelle parole che aveva lasciato
galleggiare per l'enorme stanza. Nate aveva seguito l'impulso, come
quella ragazza gli suggeriva di fare con la sua obbligata
immobilità e aveva espresso sotto forma di dolce bacio
quella promessa che aveva tutte le intenzioni di mantenere: non
l'avrebbe lasciata e l'avrebbe resa felice, qualsiasi fosse il prezzo
da pagare.
Hi sweethearts!
Eccomi con uno dei
capitoli a cui tengo di più, sostanzialmente
perché Nate e Lexi stanno diventando i Nexi che daranno
gioie (ma non solo)... E soprattutto perché Nate comincia a
fare le prime promesse e credetemi: quelle saranno il fulcro di tutto.
Ma basta spoiler:
direi che Mia e Hugh mettono già abbastanza ansia per conto
loro **
Grazie per aver letto
fino a qui e spero davvero che possiate aver voglia di farmi sapere che
ne pensate.
Lots Of Love xx
|
Ritorna all'indice
Capitolo 13 *** 10th September 2013 ***
10th September 2013
Sua madre era tornata qualche minuto dopo che Nate le aveva dato quel
speciale bacio sulla fronte, senza però interrompere le
chiacchiere del biondino che era andato avanti a raccontare la sua vita
e gli stravaganti eventi che la caratterizzavano a madre e figlia,
entrando così ufficialmente a far parte della famiglia
Golder. Lexi aveva pensato, stupendosi lei stessa, di come fossero
almeno dieci mesi che non sentiva ridere Karen in quella maniera
così spontanea e per nulla artificiosa e le era venuto un
fortissimo istinto di aprire gli occhi e ringraziare quel ragazzo che
sembrava migliorare la vita a chiunque incontrasse. Ma nemmeno
quell'esigenza aveva sortito alcun effetto e Lexi si ritrovava per
l'ennesima mattinata a sentire solamente la voce di Sarah che le
raccontava le ultime lamentele del marito sulla destinazione per le
loro vacanze.
- Non gli va mai bene nulla, capisci cara?! Si tratta solo di un
banalissimo weekend, nemmeno dovessimo trasferirci per sempre! Cosa gli
costa assecondarmi per una volta e portarmi a Parigi?! No, che lui deve
a tutti i costi andare a fare delle inutilissime degustazioni di vini
in Toscana... Che almeno gli piacesse il vino, non ne capisce un fico
secco!!
Lexi avrebbe probabilmente riso per le parole esasperate di Sarah, ma
quella mattina era estremamente nervosa, come se un'opprimente
sensazione che qualcosa dovesse accadere le schiacciasse il petto.
Diventava sempre più difficile rimanere vigile durante la
giornata, anche perché quella luce che nei primi giorni di
coma era piccola e lontana, si stava facendo sempre più
prossima al punto in cui Lexi pensava di essere e non la rendeva per
nulla tranquilla. Gli unici momenti in cui ormai riusciva a prestare un
po' di attenzione al mondo che le girava attorno erano quando riceveva
delle visite o meglio: quando qualcuno della sua famiglia o Nate, la
andavano a trovare. Persino le parole della gentilissima infermiera
cominciavano a diventare sempre meno interessanti, ma non per colpa
sua, ma per quello stato emotivo di apatia che si impossessava di Lexi
sempre più spesso, come se trovare una via di fuga non
facesse più parte del suo destino. Sarah si prese un secondo
per osservare la ragazza che ormai le sembrava di conoscere alla
perfezione, ma qualcosa le sembrò diverso quel giorno: era
come se fosse persa. Ebbe un brutto presentimento e
controllò l'attività celebrale di Lexi, notando
come non fosse più così frequente com'era nel
primo periodo, decidendo quindi che fosse il caso di informare il
Dottor Lawson per procedere con una tac di controllo al fine di vedere
a che punto fosse l'ematoma che la teneva bloccata in quella
situazione. Stava per uscire dalla stanza, quando dei leggeri
colpi sulla porta attirarono la sua attenzione. Ormai era
abituata a veder arrivare persone a qualsiasi ora del giorno e della
notte in quella camera d'ospedale, senza contare che il più
delle volte era quella pazza della sua amica o uno di quei cinque
ragazzi super famosi. Anche se ultimamente il visitatore che si era
reso più presente nella vita di Lexi era stato sicuramente
Nate. Quel ragazzo era un toccasana per chiunque girasse attorno alla
“bella addormentata”, come le piaceva chiamarla con
le altre infermiere, ma soprattutto era una benedizione per lei. Le
raccontava tutto quello che gli accadeva, facendola ridere di gusto,
dato che ogni ora passata con lui corrispondeva ad una serie di picchi
cardiaci e cerebrali. Ma colui che aveva bussato alla porta di Lexi era
l'ultima persona che Sarah si sarebbe mai immaginata di veder arrivare
e che forse, ammettendolo solo in cuor suo, anche l'ultima che avrebbe
voluto vedere vicino alla sua “bella addormentata”.
Lucas James Palmer era in piedi sulla soglia di quella camera
d'ospedale, rigirandosi svogliatamente il cappello da baseball tra le
mani sottili, mentre si guardava attorno con aria incuriosita: era
quasi un mese che non entrava più in quel luogo e dire che
era cambiato sarebbe stato un eufemismo. Ogni superficie orizzontale,
eccetto il letto di Lexi, era ricoperto di fiori, pupazzi, cd e regali
di ogni genere e la cosa fece sorridere Lucas, dato che era certo
fossero pensieri mandati dalle loro fan per quella ragazza che aveva
salvato la vita a tutti loro. Ma soprattutto a lui. Si sentiva un po'
in colpa per non essere più andato a trovarla da
quell'ultima volta con Sophia, ma d'altra parte sarebbe partito per
l'Australia tra meno si quarantotto ore e doveva sfruttare ogni momento
possibile per stare con la ragazza che amava. Sarah diede un piccolo
colpo di tosse per attirare l'attenzione del ragazzo che sembrava
essersi perso nei suoi pensieri e solo quando il suo volto sorridente
si voltò verso di lei, gli fece un breve cenno per dirgli di
avvicinarsi ed uscì dalla stanza. C'era qualcosa che non le
piaceva in lui, ma non perché le sembrasse una brutta
persona, solo che se la vera motivazione per cui Lexi aveva fatto quel
gesto era stata per l'amore che provava nei suoi confronti, non credeva
fosse la cosa migliore che lui stesse in quella stanza. Ma magari lei
si sbagliava e ricevere quelle attenzioni avrebbe fatto solo bene alla
sua bella addormentata.
Lucas attraversò lentamente la stanza ingombra e si sedette
sulla poltrona che era vicino al letto di Lexi, appoggiando il cappello
sul lenzuolo candido. Aveva una ragione specifica per essere
lì e doveva solamente prendere fiato per poter cominciare il
discorso che si era preparato con cura. Lexi non riusciva a capire chi
potesse essere andato a trovarla, anche se in un primo momento aveva
pensato potesse trattarsi di Nate, ma di sicuro Sarah non gli avrebbe
riservato quell'accoglienza fredda e distaccata che aveva tenuto con il
nuovo visitatore. Magari era un suo qualche parente lontano con cui
avrebbe potuto benissimo lasciare che lo stato d'incoscienza prendesse
il sopravvento.
- Ciao Lexi...
Poi il mondo si bloccò. Più di quanto non avesse
già fatto nelle ultime tre settimane. E Lexi
cercò una sola ragione per cui tutta quella situazione
dovesse essere reale e non l'ennesimo frutto della sua fervida
immaginazione, che più e più volte le aveva
giocato brutti scherzi, facendole credere che ci fosse una
possibilità anche per lei... Che anche lei sarebbe potuta
entrare a far parte della vita dell'unico ragazzo di cui fosse mai
stata innamorata. Aveva investito così tanto tempo a sperare
che le cose, un giorno, si sistemassero anche per lei, che prima o poi
lui si sarebbe reso conto di come quella ragazza normale, se non per la
sua voglia matta di capire le persone fin nei loro aspetti
più nascosti, pronta a tutto per le persone a cui voleva
bene, fosse sempre stata lì per lui... Che fosse stato Lucas
Palmer dei The Rush o semplicemente Luc, il ragazzino dalla faccia
tonda che spesso i bulletti della scuola prendevano di mira, fino a
quando non era stato lui a spaventare uno di loro con una mossa di
difesa personale che aveva imparato da un amico di sua sorella maggiore
e Lexi ancora si ricordava lo sguardo fiero ed orgoglioso di chi ci
stava riuscendo a prendere finalmente in mano la sua vita... Si
riscosse da quei ricordi quando quella ragione tanto agognata
arrivò sotto forma di leggera carezza sul dorso della
sua mano sinistra e Lexi ebbe la conferma che quello sarebbe
stato il giorno, che lei si sarebbe svegliata con o senza ematoma,
perché non poteva lasciare che tutto quello accadesse senza
che lei ne fosse partecipe, senza che potesse finalmente dirgli che
cosa provasse per lui da undici lunghissimi anni.
- Come stai?... Scusa se non sono potuto essere al tuo fianco per tutto
questo tempo, ma sai... Il tour è ancora in pieno
svolgimento ed era veramente tanto tempo che non vedevo le persone a
cui voglio bene... Però poi, l'altra sera, mentre stavo
preparando la valigia, mi sono reso conto che non potevo partire
nuovamente senza aver salutato una persona altrettanto importante per
me....
A Lexi quelle parole suonavano tanto come un balsamo lenitivo per tutte
le ferite che la vita le aveva inferto e che per anni aveva tenuto
nascoste agli occhi del mondo, perché il suo grande amore
stava parlando con lei e di lei, trattandola come se fosse una persona
importante della sua vita, dicendole che una speranza di
felicità c'era anche per lei.
- Insomma... Hai rischiato la tua vita per salvare la nostra... La
mia... E questo credo sia un gesto d'amore enorme, Lexi...
La mente di Lexi non riusciva a stare al passo con quello che sentiva
scoppiare dentro il suo cuore, non distingueva più le
emozioni che esplodevano una dopo l'altra come se fosse la notte di
Capodanno e un'infinità di fuochi d'artificio avesse
cominciato a riempire il cielo, rompendo un silenzio durato troppo
tempo e illuminando un sentimento nascosto troppo a lungo. Lucas si era
accorto di che cosa lei sentisse per lui, di quell'amore incondizionato
sorto per sbaglio in un giorno di metà settembre in una
classe di un'anonima scuola media di Wolverhampton. Tutte le frasi che
gli aveva sentito dire sulla sua relazione con Sophia sembravano non
essere mai state nemmeno pronunciate all'interno di quella stanza,
perché lui ora era lì a tenerle la mano ed era
tutto ciò che importava. Non poteva credere a ciò
che le stava succedendo e l'unica cosa che Lexi voleva veramente in
quel momento era potersi svegliare per contemplare quelle iridi che era
sicura stessero diventando di un liquido e profondo color cioccolato,
capaci di attirarla e non lasciarla andare mai più. Voleva
che i suoi occhi si aprissero, che la sua bocca si scongelasse, che le
sue dita fredde potessero rispondere a quel contatto bollente e
prezioso, come aveva sempre sognato... Come aveva sempre pensato
potesse essere la felicità. Sentì il sangue
pulsare nelle vene, come se volesse svegliare ogni cellula che
componeva il suo corpo, come quando era in discoteca ed una canzone di
Calvin Harris partiva a tutto volume: ogni tessuto si attivava e
seguiva quel ritmo incalzante che scandiva attimi impregnati di vita.
- Posso dire con certezza che sei la mia salvatrice... Una sorta di
ancora di salvezza...
Se non si fosse risvegliata e non avesse urlato al mondo, ma
soprattutto a lui, ciò che stava dirompendo dentro la sua
anima, Lexi sarebbe certamente impazzita, così
cominciò a sentire un piccolo formicolio alle mani, uno di
quelli promettenti, quelli che mandano un chiaro segnale.
“Chissà se sente anche lui tutta l'energia che mi
sta scorrendo dentro...”.
- E sai perché? Perché prima dell'incedente stavo
vagando senza una meta... Senza un porto sicuro a cui far riferimento
quando tutto il frastuono, che questa vita comporta, mi sommergeva...
Stavo dimenticando chi fossi sul serio... Non sapevo più che
fine avesse fatto quel bambino con lo zaino di Toy Story, che era
terrorizzato dal primo giorno alle scuole medie... Dio, sembrano
passati secoli....
“Ti ricordi anche questo?! Sul serio?? Non ci posso
credere... Insomma... Pensavo di essere l'unica ad avere memorizzato
quel piccolo particolare... La tua faccia era così
spaventata... Eppure sorridevi lo stesso... In quel modo
così dolce, che non hai mai perso nel corso degli anni...
Perché io l'ho sempre saputo che, sotto sotto, sei ancora
quel bambino insicuro...”.
Lucas sorrise al ricordo di come tutto fosse cambiato in maniera
così drastica, in un tempo che a lui era sempre parso
infinito, ma che corrispondeva a non più di una decina di
anni. Non poteva credere di esser stato così insicuro ed
impacciato quando era piccolo, soprattutto confrontandosi con l'idea
attuale che aveva di sé stesso: un ragazzo deciso,
soddisfatto della sua vita, sicuro di chi fosse diventato e grato di
aver ottenuto ciò per cui aveva lavorato sodo. A distrarlo
da quelle considerazioni sulla sua persona, fu un improvviso picco
delle pulsazioni del cuore di Lexi. Si voltò ad osservarne
il volto e vide una lacrima scendere indisturbata sulla sua guancia e
senza pensarci troppo su, la raccolse con un dito, sentendone la
freddezza scontrarsi con il calore delle sue mani.
Lexi pensò che quello fosse il momento... Che tutte quelle
tre settimane passate a lambiccarsi il cervello distesa su un letto
d'ospedale, potessero diventare sopportabili se quella fosse stata la
ricompensa... Aveva aspettato undici lunghissimi anni per quelle
parole, per quel tocco, per quelle attenzioni... Doveva solo
svegliarsi.
Il dito indice della mano sinistra, quella su cui Lucas aveva
riapoggiato il morbido palmo, ebbe un impercettibile sussulto: forse un
millimetro l'avrebbe potuto quantificare, ma a Lexi sembrava di averlo
sentito e la cosa la riempì ancor di più di
determinazione. Lexi aveva salvato la vita a lui ed ora Lucas stava
facendo lo stesso con lei.
“Non è forse così che accade tra due
persone innamorate??”.
- Poi sei arrivata tu... E mi hai aperto gli occhi...
Lexi sentì quel dito muoversi nuovamente, un pochino di
più, perché ciò che Lucas le stava
dicendo la faceva sentire viva come mai prima di allora, come non
pensava di poter essere e la cosa le piaceva, le dava speranza per il
futuro, quello di cui lei aveva sempre avuto paura e per cui non aveva
mai lottato.
- Mi hai fatto capire che cosa contasse davvero... E sai
cos'è che mi serve davvero per vivere bene ed essere felice
sul serio??
Quando aveva tentato di parlargli per la prima volta, Lexi aveva
passato i due pomeriggi precedenti a fare le prove di un eventuale
dialogo chiusa in camera sua con Mia, di modo che David non potesse
entrare e prenderle in giro. Era stato durante il primo sabato
dall'inizio della prima media, durante la pausa pranzo. Lucas non
conosceva ancora molti ragazzini, ma più di qualche ochetta
aveva già messo gli occhi su lui e il suo incantevole
sorriso. Erano in giardino e Lexi aveva preso dieci respiri profondi,
si era fatta spingere a forza da Mia e gli era praticamente finita a
due centimetri dal cadergli addosso. Lucas era di schiena e, solo
quando Lexi si era schiarita la voce due volte, lui si era voltato e
l'aveva accolta con uno dei suoi tipici sorrisi dalla dolcezza
travolgente. Ma proprio mentre Lexi stava per presentarsi, il suo
futuro migliore amico, Andy Samuels, gli aveva battuto una pacca sulla
spalla e si era presentato. In meno di due secondi la piccola Lexi lo
aveva visto allontanarsi con il suo nuovo compagno di giochi ed aveva
capito che per certe persone, nella vita, le cose non andavano sempre
come speravano.
Averlo a pochi centimetri dal suo viso, a dichiararle che grazie a lei
aveva trovato sé stesso, faceva felice non solo la Lexi di
ventidue anni, laureanda in storia, con pochi progetti e un miliardo di
sogni, una sola grande amica e un unico travolgente amore, ma anche
quella ragazzina di undici anni che non aveva potuto parlare con la sua
prima cotta per un cattivo scherzo del destino.
- Mi serve Sophia e l'amore che ci lega...
Rumore di vetri che si infrangono.
Schegge dovunque, capaci di infilzare ogni tessuto del suo cuore,
facendolo sanguinare copiosamente e senza sosta.
Un dolore lancinante e senza fine che si propagava come un'onda dal
centro del suo petto fino alla punta di quelle dita che lui ancora
sfiorava.
E poi il buio.
Assoluto.
Completo.
Avvolgente e, soprattutto, senza via d'uscita.
Quello che aveva cominciato a volere qualche giorno prima... Quello che
sapeva essere l'unica soluzione ad un dolore che era prevedibile.
Come aveva anche solo potuto sperare che lui stesse parlando di lei,
che quelle parole fossero riferite ad una stupida ragazzina di cui non
sapeva nemmeno dell'esistenza prima che rischiasse la sua vita per
niente. Perché solo in quel momento Lexi capì che
aveva giocato alla Roulette Russa con la sua vita per... Per niente.
Per qualcosa che non avrebbe mai avuto, per un sentimento che non
sarebbe mai stato corrisposto, per un sogno di felicità che
non sembrava appartenerle in nessuna sua forma. Doveva accettarlo. Ma
faceva tremendamente male e l'immagine di quella ragazzina di undici
anni che si rifugiava nel bagno con il volto rigato dalle lacrime, si
fece spazio in quel nulla soffocante. Non poteva credere che fosse
successo di nuovo, che avesse permesso che il mondo la ferisse a tal
punto da non trovare più una sola via di fuga da quel dolore
lancinante che la stava torturando. Si era sempre riservata dall'avere
dei sogni veri, dal vivere seriamente la sua vita e l'aveva fatto
seguendo un corso di storia che le permetteva di occuparsi
dell'esistenza degli altri, per trascurare la sua, decidendo di amare
un ragazzo che non avrebbe mai avuto veramente e che quindi non
comportava dei veri pericoli, avendo una sola amica per non essere
delusa da troppe persone... Poi tutto era cambiato...
Inconsapevolmente, nell'esatto istante in cui le sue gambe erano
scattate in avanti e quel proiettile le aveva trapassato la spalla.
Perché non si era fermato lì, non le aveva creato
solo un solco nella pelle, ma aveva perforato la sua armatura arrivando
direttamente alla sua anima... L'aveva bucata lasciando che le emozioni
si confondessero, che i sogni prendessero vigore, che le speranze si
risvegliassero... Ed aveva creduto in quel sentimento per Lucas, in
quelle nuove amicizie che stava sviluppando, nonostante fosse su un
letto d'ospedale, senza poter parlare... Era a terra, in quel tunnel
che ormai era diventata la sua casa, senza sapere come e se si sarebbe
mai rialzata, dato che tutto in lei sembrava essere un vecchio relitto
dopo una potente deflagrazione. Pezzi sfilacciati che si spargevano in
ogni dove, incapaci di rimettersi assieme...
Lucas se ne era andato, dopo averle raccontato ogni cosa sulla sua
spettacolare relazione con Sophia e come avesse fatto dei progetti di
vita con lei...
Sarah era passata a controllarla ed aveva chiamato d'urgenza il medico
per farle l'ennesima tac e notare come l'ematoma si stesse lentamente
riassorbendo, ma la sua attività cerebrale fosse quasi
sparita...
Karen era corsa al suo capezzale in fretta e furia, non capendo per
quale ragione la figlia si stesse lasciando andare così, che
cosa ci fosse di sbagliato e l'aveva sentita parlare sia con Morgan che
con David, che era disperso in qualche sperduto bosco vicino alla casa
di campagna della nonna Amelia...
Mia era arrivata verso sera ed aveva passato quasi due ore a consolare
una Karen piangente e preoccupata, sperando che la sua migliore amica
decidesse di ricominciare a lottare per la sua vita...
Ma Lexi non sentì nulla. Né le parole
d'incoraggiamento, né le carezze d'affetto, né i
singhiozzi d'apprensione di chi le voleva bene. Sullo schermo nero
delle sue palpebre chiuse vedeva ancora quella ragazzina di undici anni
con il cuore spezzato e la sua testa cominciò a vagare in
mezzo ai ricordi e a quello che era stata la linfa della sua vita fino
a quel 20 Agosto: la storia. Il corso incessante del tempo nei secoli,
le invenzioni e le guerre ma soprattutto i personaggi di quell'infinita
rappresentazione teatrale sul palco del mondo. La figura eterea e
maestosa di una Didone leggendaria si fece largo in quel tunnel sempre
più illuminato e Lexi non poté trattenersi dal
fare quelle considerazioni che il suo subconscio le suggeriva: c'erano
troppe similitudini con quella donna per ignorarle del tutto. Didone
era stata sedotta ed abbandonata, come in una qualsiasi storia d'amore
tragico che si rispetti, ma ciò che realmente la rendeva
diversa da tutte le altre e così simile a lei era quel suo
aver macchiato indelebilmente la sua vita con quell'amore pericoloso
eppure così impetuoso. Ma altrettanto irruento era stato lo
scempio che si era sentita cadere addosso appena il suo Enea se ne era
andato, così come anche quel sentimento di disperazione che
l'aveva colta e l'aveva portata tra le sue braccia fino all'unica
soluzione possibile: la morte. Che fosse anche per Lexi la risoluzione
a tutto?? Che anche lei dovesse seguire il percorso che molte donne nel
corso della storia avevano tragicamente intrapreso per colpa
dell'amore?? Non possedeva le forze per rispondere a quella domanda, ma
di una cosa era certa: la luce si era fatta sempre più
vicina e sembrava chiamarla come le sirene con Ulisse, come se fosse
l'unica promessa di pace che il destino avesse mai avuto intenzione di
rispettare.
Lexi lasciò cadere le armi e si lasciò andare,
conscia di non poter sopportare una battaglia del genere, scivolando in
uno stato di pericolosa apatia, in cui nemmeno le voci che provenivano
dal corridoio potevano penetrare.
-Buona sera Sarah... Beh, forse dovrei dire buona notte dato
l'orario...
- Già... Come mai così tardi oggi?
L'infermiera non riuscì a trattenere un leggero accenno di
rancore nella sua risposta, ma lo sguardo confuso del ragazzo le fece
capire che gli doveva per lo meno qualche spiegazione e che comunque
non fosse colpa sua quel repentino peggioramento di Lexi. A dire il
vero non era certa nemmeno che la ragione risiedesse nella visita di
quel Lucas, ma il sospetto era troppo forte per ignorarlo.
- Scusami Nate... Solo che oggi le condizioni di Lexi sono peggiorate
tantissimo e non riesco a capirne il motivo...
- Che significa “peggiorate”?!
Sapeva bene che la sua espressione era di pura ansia, ma non gli
importava: ormai conosceva quella donna abbastanza per fidarsi a far
trapelare tranquillamente le sue emozioni. Fino al giorno prima stava
bene, per quanto possa stare “bene” una ragazza
nelle sue condizioni, ma Nate aveva la certezza che fosse con lui, al
suo fianco a lottare, per tornare alla vita. Cos'era potuto succedere
di così drammatico in sole ventiquattro ore??
- L'ematoma si sta riassorbendo, ma la sua attività
cerebrale è praticamente cessata... Nate, io...
Cosa voleva dire che la sua attività cerebrale era quasi
cessata? Nate non lo sapeva ma gli bastava guardare in faccia Sarah per
capire che fosse qualcosa di grave e, allo stesso modo, all'infermiera
bastava guardare quel volto pallido per notare l'apprensione che si
stava facendo largo dentro di lui.
- Non è...
- No, no!! Stai tranquillo...
Appoggiò una mano sul braccio leggermente muscoloso di Nate,
come si fa con i bambini per rassicurarli che tutto andrà
bene e per Sarah, ormai, quel ragazzo era un po' come un figlio.
- Non è nulla di definitivo... Sembra solo che abbia deciso
di smettere di lottare...
Al sentire quelle parole, Nate trovò una certa
difficoltà a respirare, come se le particelle d'aria fossero
diventate dei macigni: non poteva neanche pensare che Lexi stesse
gettando la spugna. Lui aveva una promessa da mantenere, per
sé stesso e soprattutto per lei.
- Grazie Sarah...
Stava per entrare nella stanza, ma si fermò di colpo,
voltandosi di nuovo verso l'infermiera che stava per finire il suo
turno, per farle una domanda che gli era giusto balenata in testa.
- E' venuto a trovarla qualcuno oggi?
Sarah mutò il suo sguardo sempre bonario in uno
più duro, che lo stupì nuovamente.
- Oltre a sua madre e Mia, è venuto un tuo compagno di
band... Credo fosse Lucas....
- Ah... Grazie Sarah... Buona notte... E arrivederci... Io domani parto
per l'Australia e torno tra più di un mese.... Prenditi cura
di Lexi, per favore...
- Certo Nate... E tu fai impazzire più fan che puoi, senza
dimenticarti della numero uno...
E detto questo, si diresse con un sorriso sereno verso lo spogliatoio.
Appena ebbe messo piede dentro la stanza, Nate ebbe la certezza di come
qualcosa fosse cambiato, perché era come se tutto fosse
terribilmente e innaturalmente fermo. Scrollò un poco le
spalle per scacciare quella brutta sensazione che l'aveva assalito e si
sedette sul letto di Lexi, a destra, vicino alle casse per la musica,
ma specialmente lontano da quella poltrona: aveva come l'impressione
che sedendosi lì sarebbe stato troppo lontano da lei.
- Ehi Lexi... Che cosa mi combini?? Sarah mi ha detto che ti sei
arresa... Ma dai, insomma... Lo sappiamo entrambi che tu non lo faresti
mai, vero Lexi-Lex??
Le strinse la mano com'era solito fare, ma questa volta tutto era
diverso: era fredda, impassibile... Lontana.
- Io ti ho fatto una promessa: che non ti avrei mai lasciato,
perché dovevo riuscire a farti sorridere, ma se sei tu
quella che se ne va, io come faccio, eh?? A chi racconto tutte le
stupidate che mi succedono e a chi posso propinare le mie deliranti
playlist senza che questi si lamentino?? Non che ti preferisca muta,
anzi!! Pagherei oro per sentirti parlare e per vederti sorridere...
Sì, soprattutto questo...
Strinse un poco di più la presa attorno a quella mano che
gli sembrava così familiare, ma non ci fu nessun cambiamento
e Nate ebbe la pesante conferma che quanto detto da Sarah fosse vero:
Lexi non era più lì con lui. Si portò
il dorso della mano della ragazza alle labbra e vi posò un
delicato bacio, che fece durare più a lungo di quanto avesse
mai fatto in precedenza, perché non si era mai arreso in
vita sua, soprattutto per inseguire i suoi sogni o per mantenere un
impegno preso, e non l'avrebbe fatto nemmeno quella volta.
- Diamine: ed io domani devo partire!!... Come faccio ad andare sapendo
che tu non continuerai a combattere?! Che magari, quando
tornerò tu... Tu non... No, non posso nemmeno pensarci! Lexi
ormai ti considero una mia cara amica... Ed io mi occupo dei miei
amici... Quindi troverò il modo di tenermi in contatto con
te, anche a costo di tartassare di chiamate Mia... Ma io non ti lascio
Lexi... Però tu devi promettermi che farai lo stesso...
Voleva solo che gli desse qualche cenno d'assenso, un battito cardiaco,
un picco di attività cerebrale... Qualsiasi cosa. Ma Lexi
era lontana anni luce dalle parole di Nate, racchiusa nel suo bozzolo
fatto di disperazione, di dolore, di amarezza e di una buona dose di
fili di rassegnazione. Quando non ottenne nulla, Nate
riadagiò la mano di Lexi sul letto, conscio che avrebbe
dovuto lottare più di quanto avesse immaginato, ed anche se
non sapeva per quale strana motivazione si fosse impuntato
così tanto sul voler salvare quella ragazza, ora era
più deciso che mai.
Hi sweethearts!
Okay. Questo capitolo
è... Siamo onesti: è un pugno nello stomaco. Ma
insomma: le cose stavano andando troppo bene ed un po' di angst ci sta
sempre, no? Forse no, ma come preannunciato, le cose per Lexi
non saranno mai semplici e forse è per questo che mi ci sono
affezionata tanto. Spero siate voi a fare le debite considerazioni sui
personaggi che sono intervenuti in questo capitolo, ma spero anche
abbiate pietà per alcuni di loro (*cough* Lucas/Liam
*cough*).
E niente: Payne
è diventato papà, Louis si è esibito
al suo primo festival e H... STA PER BUTTARE FUORI IL PRIMO SINGOLO!!
Scusate, un attimo di euforia estemporanea ^^
A presto e grazie per
leggere questa storia **
Lots Of Love xx
|
Ritorna all'indice
Capitolo 14 *** 11th September 2013 ***
11th September
Morgan entrò nella stanza della figlia e si
chiese come fosse potuto accadere un cambiamento così
repentino delle sue condizioni, dato che l'ultima volta in cui era
andato a trovarla gli sembrava fosse anche migliorata. Ed invece gli
bastò appoggiare la sua mano su quella della figlia per
capire come le cose fossero cambiate ed in peggio: era fredda,
distante, lontana da tutto e da tutti. Sembrava come se non avesse
più voglia di tornare da lui, dal suo papà.
Morgan si diede dello stupido per aver pensato una cosa del genere di
Lexi, ma quella sensazione non accennava a svanire, eppure dovette
accantonarla non appena qualcun altro entrò nella stanza.
Non aveva più portato Kitty con lui durante le sue visite,
forse consapevole che se solo sua figlia avesse potuto parlare lo
avrebbe insultato in qualsiasi lingua del mondo: non era mai stata una
persona violenta, ma la sua nuova compagna di vita non le era mai
andata a genio... E ad essere sinceri, cominciava a non sopportarla
più neppure lui.
Karen fece il suo silenzioso ingresso nella camera della figlia, dato
che anche i suoi fidatissimi tacchi erano ormai diventati parti
integrante dell'armadio, dimenticati lì per le troppe
preoccupazioni. Si stava lasciando andare, doveva ammetterlo, ma tutta
quella situazione non faceva che rendere ancora più
traballanti le già precarie colonne su cui si reggeva la sua
vita, fatta di un matrimonio fallito, due figli che amava alla follia
ma che non erano mai stati semplici e un negozio che era diventato il
centro delle attenzioni di chiunque non avesse neanche minimamente
sentito parlare di lei e della sua famiglia prima dell'incidente, ma
che ora sembrava diventato un amico di vecchia data. Era stanca e non
faceva più nulla per nasconderlo e Morgan non
poté non notarlo nell'esatto istante in cui si rese conto
chi fosse il nuovo visitatore: avrebbe mandato via chiunque, per stare
con la sua Lexi.
Chiunque eccetto Karen.
- Ciao Karen... Come stai?
Lo sguardo che ricevette in risposta fu molto più eloquente
di mille parole e gli fece abbassare gli occhi, in cerca di un qualcosa
di interessante sul lenzuolo candido, pur di non dover dire a voce
quelle scuse che entrambi aspettavano di sentire. Quelle per aver fatto
una domanda decisamente fuori luogo; ma anche quelle per essersene
andato quando i loro figli erano ancora piccoli, per aver detto cose
che non pensava sulla sua relazione con quella che all'epoca era sua
moglie, per aver preferito uno stile di vita che non lo rappresentava
pur di scappare da qualche responsabilità. Di scuse ne
avrebbe volute sentire parecchie Karen, ma il troppo orgoglio di
entrambi non li aveva mai portati a chiarirsi, solamente a sbattersi le
porte in faccia e ad imparare a convivere con il tempo.
- Credi che ce la farà? Dico: a tornare da noi?
Morgan avrebbe tanto voluto poterle dire quelle parole rassicuranti che
in situazioni del genere era sempre bene avere a portata di mano, come
le pastiglie per il mal di testa dopo una sbronza colossale, quelle che
lui si prendeva quando era giovane o pure oggi con quegli amici, che
come lui, non erano mai cresciuti veramente. Ma stavano parlando della
vita di sua figlia e quelle frasi gli sembravano così
sciocche e prive di scopo alcuno, così si limitò
a dire quello che realmente pensava.
- La verità, Karen? Non lo so... Non ne sono più
così sicuro... Insomma, hanno detto che l'ematoma si sta
riassorbendo... E allora perché il suo cervello sembra
essere morto?! E poi guardala... Sembra che non ci sia
più... Che non ci senta più...
La donna si avvicinò a quell'uomo che era seduto sul letto
accanto alla loro figlia, quello stesso uomo che per anni aveva odiato
con tutto il suo cuore ma che ora sembrava essere l'unico in grado di
capire che cosa stesse passando in quel momento. Sapeva quanto Morgan
amasse Lexi e questo pensiero l'aveva sempre rincuorata nel corso degli
anni, dandole la certezza che, almeno per lei e David, ci sarebbe stato
ad ogni costo. Ora, forse, sperava che ci fosse anche per lei, per
dargli una spalla su cui piangere che non fosse quella della migliore
amica ventiduenne di sua figlia.
- Ho la tua stessa paura... Sembra che abbia smesso di lottare... Ma io
non posso pensare ad una vita senza di lei... E' mia figlia diamine!!
Voglio che continui a dirmi che avevo torto quando alle elementari le
dicevo che le femminucce portavano solo la gonna... Voglio che non
smetta di dirmi che sono pesante ogni volta che le chiedo se abbia il
ragazzo... Voglio che mi riempia la testa di parole su quella band del
cavolo... Voglio che torni da me, Morgan...
Non riuscì più a trattenerle e una valanga di
lacrime pesanti come rocce si riversò fuori dal suo cuore di
madre, per marchiarle guance e finire sulla camicia in jeans dell'uomo
di fronte a lei, che l'aveva racchiusa in un abbraccio avvolgente.
Forse era giunto il momento di affrontare quella chiacchierata che
avevano lasciato in sospeso per troppo tempo, forse dovevano decidersi
a non sprecare ancora neanche un attimo di quella vita che sembrava
poter svanire da un momento all'altro, forse...
-Buongiorno Kar... Ah, scusate...
Il dottor Lawson era entrato nella stanza con la baldanza di chi sa di
star a fare ogni passo giusto verso la meta: erano giorni che notava i
cambiamenti di atteggiamento che Karen aveva dimostrato nei suoi
confronti e la cosa gli aveva fatto immenso piacere. Quella donna gli
piaceva indubbiamente e al tempo stesso era quasi certo che anche lei
lo trovasse un uomo interessante. Ma allora cosa significava quello??
Perché la trovava piangente tra le braccia del suo ex
marito, dopo tutto quello che gli aveva raccontato sul suo conto??
Quell'uomo l'aveva ferita e abbandonata, come poteva preferirlo a lui?
Proprio ora che era sul punto di chiederle di uscire a cena, tanto da
aver già preparato un discorso ad hoc per demolire quei
dubbi etici sull'accettabilità di un'offerta di quel tipo in
una situazione del genere, con la figlia in coma. Gli avrebbe
sicuramente detto di sì ed ora questo. Non sapeva come
comportarsi, dato che non poteva rivendicare alcun diritto su di lei,
se non quello di esserle stato accanto in quelle ultime tre settimane.
Karen si staccò a malincuore dall'abbraccio confortante di
Morgan, cosciente di aver appena confuso parecchio le idee di Andy, ma
d'altra parte anche le sue erano piuttosto confuse, quindi erano tutti
sulla stessa barca.
- Buongiorno Andy... Lexi deve fare dei controlli?
- No, no tranquilla... Ero solo venuto a vedere come fosse la
situazione...
L'occhiata eloquente che lanciò a Karen fece ribollire il
sangue nelle vene a Morgan, tanto da stupirsi lui stesso di quella
reazione decisamente esagerata: ma quello sguardo carico di significato
che si stavano scambiano non gli piaceva per nulla e lo faceva sentire
escluso dalla vita di Karen, cosa che non gli era mai andata a genio
anche se era stato lui stesso a determinarla.
- La situazione è stabile... Purtroppo...
Il dottor Lawson avrebbe fatto volentieri a meno di rivolgere la parola
a quell'uomo, ma sembrava che l'ex marito di Karen fosse decisamente
intenzionato a dargli del filo da torcere, non sapendo
però che lui era pronto a rispondere ad ogni attacco.
- Io direi per fortuna, Signor Golder... Lexi è peggiorata
abbastanza per essere passate sole ventiquattro ore...
- E chissà perché è peggiorata
tanto...
- Sta insinuando forse qualcosa, Signor Golder?!
Il viso del dottor Lawson era estremamente, anzi, troppo vicino a
quello di Morgan e Karen decise che fosse giunto il momento di porre
fine a quel ridicolo teatrino prima che potesse degenerare
ulteriormente.
- Va bene, va bene... Ora basta, uomini delle caverne... Non
c'è bisogno di ulteriore rabbia qui dentro... Basta quella
di Lexi...
Andy sì voltò a guardare la donna come se non
capisse che cosa volesse dire con quelle parole, mentre Morgan
abbassò lo sguardo colpevole, sapendo bene quanto Karen
avesse ragione.
- Non ci vuole un genio per rendersi conto che qui non c'è
mia figlia... La mia bambina non avrebbe mai smesso di lottare... E
conoscendola è abbastanza arrabbiata per tutta questa
situazione...
- Non le è mai piaciuto stare ferma... Il fatto di dover
star seduta tutto quel tempo era l'unico motivo per cui non sopportava
andare a scuola... Dove sei Lexi?
L'uomo aveva appoggiato la mano grande e avvolgente su quella di sua
figlia, chiedendosi se mai avrebbe sentito ricambiata quella stretta.
Aveva perso così tanto della sua vita e solo in quel momento
se ne rendeva pienamente conto, consapevole, forse, di essere arrivato
troppo tardi. Il dottor Lawson si rese conto che la sua presenza in
quella stanza fosse diventata di troppo, nonostante le sue speranze
più rosee che si era fatto per quel giorno. Karen non
sarebbe mai uscita con lui, almeno non finché la figlia si
sarebbe trovata in quelle condizioni e l'ex marito fosse stato nelle
vicinanze. Uscì dalla stanza senza dire una parola, ma
osservando lo sguardo colmo di attenzione e di comprensione che Karen
stava lanciando di nascosto a quell'uomo che lui vedeva solo come un
avversario da abbattere, mentre per lei sembrava essere uno scoglio su
cui far presa durante una tempesta. Karen si riscosse da quella
contemplazione solo quando la porta della camera di Lexi
sbatté leggermente, facendole presente che Andy se ne era
andato senza dire nulla, ma non si curò più di
tanto del fatto, poiché Morgan sembrava essersi seriamente
pentito per tutto quello che era accaduto negli ultimi dieci anni.
Così prese il coraggio a quattro mani, come solo lei sapeva
fare nelle situazioni più difficili, o almeno era quello che
le diceva sempre Lexi, che invece aveva sempre paura di rischiare, e si
avvicinò a Morgan.
- Ho bisogno di un tea per rilassarmi... Ti andrebbe di accompagnarmi,
Morgan?
L'uomo voltò la testa talmente di scatto che se non si fosse
ostinato a dire di essere ancora giovane, avrebbe ammesso come i suoi
cervicali stessero chiedendo pietà, e si scontrò
con la sincerità e la determinazione delle iridi scure di
Karen: era stato di quello sguardo fiero e coraggioso di cui si era
innamorato un giorno di troppi anni prima, mentre faceva il tutor ad un
gruppo di matricole del college che entrambi frequentavano. Come al
solito era stata lei a prendere in mano la situazione, come quando
aveva deciso che fosse giunto il momento di porre un punto al loro
matrimonio. Come al solito Morgan non poteva che esserne più
che felice, perché lui non era mai stato capace di prendere
una sola decisione in via sua, se non quella di chiederle di sposarlo,
scelta che non aveva mai rimpianto.
- Certo che mi va... Ci vediamo Lexi...
Lasciò un bacio sulla fronte della figlia ed uscì
con quella che si rese conto essere l'unica donna che avesse mai amato
realmente.
Lexi non aveva sentito nulla di quanto fosse successo attorno a lei da
quando aveva deciso che nulla valesse più la pena di
dannarsi per risvegliarsi. Non aveva coscienza di chi andasse a
trovarla, di chi le parlasse, di quello che Sarah le raccontava ogni
volta che andava a cambiarle la flebo... Non sentiva nulla e non voleva
sapere nulla.
Il buio in cui era sprofondata le bastava e, se avesse capito come
fare, l'avrebbe voluto attorno a sé per sempre.
Hi sweethearts!
Capitolo di passaggio
che quindi pubblico subito, perché voglio che la storia
proceda velocemente, dato che le novità sono quasi dietro
l'angolo. So che magari a voi non interesserà nulla di
Morgan, Karen o del Dottor Andy (lui non lo sopporto neppure io *lol*),
però credo che sia importante che anche le persone attorno a
Lexi crescano, continuino le loro vite ed in qualche modo, cambino
anche l'esistenza sospesa di Lexi stessa. Quindi eccovi un po' di sani
drammi familiari a cui però vi giuro che seguirà
un capitoletto niente male (e sì, tornerà anche
Nate **).
Spero di sentire le
vostre impressioni e a presto.
P.S. Grazie per aver
letto
Lots Of
Love xx
|
Ritorna all'indice
Capitolo 15 *** 22nd September 2013 ***
22nd September 2013
Mia ormai non sapeva più cosa fare: erano passati
undici giorni e Lexi non era migliorata nemmeno di un briciolo. Anzi,
se possibile la sua situazione sembrava peggiorare a vista d'occhio,
dato che l'attività cerebrale era completamente assente.
Ormai trovava difficile anche andarla a trovare, dato che ogni volta le
sembrava di entrare nella camera ardente della sua amica:
perché tra un cadavere e quel copro vuoto che somigliava
tremendamente alla sua Lexi, non c'era nessuna differenza. Diventava
sempre più complicato parlarle e far finta di nulla,
comportandosi come se lei fosse ancora lì, ed ogni sera
tornava nel loro appartamento senza un pezzetto di cuore che lasciava
in quell'ospedale. Si ritrovava a sommergere Hugh con le sue
preoccupazioni e la sua frustrazione sempre maggiore, in quell'ora che
lui si impegnava tanto per trovare ogni giorno pur di sentirla su
Skype, per starle vicino nonostante si trovasse dall'altra parte del
mondo. Quel ragazzo era semplicemente la reincarnazione del Principe
Azzurro e sopportava tutti i suoi frequenti sbalzi d'umore come se
fosse una cosa normale, inclusa nel contratto del perfetto fidanzato
che sicuramente aveva firmato. Nonostante l'Australia e la sua scaletta
serrata lo stancassero più del previsto, qualche sera prima
le aveva raccontato di come fosse riuscito a prendersi un pomeriggio
libero da trascorrere in spiaggia giocando a pallavolo e prendendo il
sole con Lewis, aggiungendo che secondo lui avrebbe dovuto prendersi
anche lei qualche giorno di pausa, soprattutto da tutte quelle
inconcludenti visite in ospedale. Non le stava di certo dicendo di
abbandonare la sua migliore amica, ma secondo lui aveva bisogno di un
po' di distrazione per recuperare “un'equilibrata prospettiva
della vita”. Così le aveva detto, paragonandola
anche a quel cretino di Lucas: secondo Hugh stava vivendo un po' troppo
ossessivamente e spasmodicamente la sua relazione con Sophia e la cosa
stava preoccupando tutti. Persino Zach, che era quello che di solito
sentiva maggiormente la mancanza di Page quando erano in tour, lo aveva
rimproverato di aver completamente perso la bussola per quella ragazza
e che la loro relazione non fosse sana, dopo averlo visto quasi urlare
contro una delle ragazze che si occupava di organizzare i loro
spostamenti, perché non aveva ancora prenotato il volo di
Sophia per raggiungerli.
Mia avrebbe voluto tanto raccontare quei piccoli gossip a Lexi, ma
aveva come l'impressione che parlare di Lucas fosse un tabù
e che la sua recente visita prima di partire avesse influito sulle
condizioni dell'amica: quel ragazzo non le aveva mai ispirato alcun
tipo di fiducia, nemmeno quando erano bambini e Lexi si ostinava a
vederci un'infinità di qualità che secondo lei
non esistevano. Non che gli stesse antipatico a pelle, gli aveva
concesso più e più volte il beneficio del dubbio,
solo che le sembrava avere un carattere terribilmente malleabile dalle
persone con cui si circondava, persone che con il tempo non avevano
fatto che peggiorare la sua situazione, aiutate anche dalla fama e dal
successo. Ora non le sembrava altro che un ragazzino venuto fuori dal
nulla che aveva, invece, ottenuto tutto e convinto che tutto
quello potesse durare per sempre. Le faceva strano pensare che ci fosse
una minima probabilità di andare d'accordo con i compagni di
band del suo ragazzo, ma si era dovuta ricredere e li aveva invece
piacevolmente rivalutati come delle persone affidabili, simpatiche e
molto alla mano. Eppure lo stesso Hugh le aveva confessato che c'era
aria di tempesta tra di loro e che prima o poi qualcuno sarebbe
scoppiato. Ma tornando a Lucas, per essere del tutto sinceri, Mia
l'avrebbe trovato antipatico in ogni caso, solo per il fatto di aver
inferto così tante ferite al cuore e all'autostima di Lexi
negli ultimi undici anni, da ridurli a due pezzi di groviera, mentre
lei faceva di tutto per farglielo dimenticare. Ancora non poteva
credere che lui non l'avesse riconosciuta, era semplicemente
inconcepibile.
Anche quel giorno si era ritrovata a farle un breve riassunto
di quella che era stata la sua giornata precedente, dall'esatto momento
in cui aveva messo un piede fuori da quella stanza, fino a quando non
era crollata dal sonno, appena terminata la chiamata con Hugh, ma alla
fin fine aveva cominciato a lavorare al pc per la nuova collezione che
doveva portare, lasciando che il silenzio riempisse la stanza. Era
seduta sulla solita poltrona marrone, con il computer sulle gambe e una
matita tra i capelli, quando sentì il suo cellulare
squillare. A fatica si chinò per rintracciarlo nella borsa
che era posata a terra, vicino a suoi piedi, rischiando pure di far
cadere il portatile e, quando finalmente riuscì a
controllare chi la stesse cercando alle nove di mattina, vide un nome
piuttosto conosciuto. Rispose però con un tono di voce
sorpreso, dato che quella persona sarebbe dovuta essere a lavorare in
quel momento, anche se definire come “lavoro”
ciò che faceva era decisamente un ossimoro.
- Che ci fai al telefono con me a quest'ora??
- Buonasera anche a te, meravigliosa donzella... Anzi, buongiorno, dato
che da te è mattina..
- Appunto Hugh... E tu, se non sbaglio, a quest'ora dovresti essere su
un palco a far urlare migliaia di ragazzine assatanate...
Sapeva perfettamente che dicendo così l'avrebbe fatto
sorridere, consapevole di come, alla fine, pure lei si fosse innamorata
delle loro canzoni e avesse, tutto sommato, un buon rapporto con le
fan: forse era per il fatto che fosse tutto fuorché una
ragazza ordinaria, che di “canonico” non avesse
proprio nulla e che fosse l'emblema della perfezione che risiede nelle
imperfezioni. Era per questo che dentro a Hugh stava crescendo sempre
di più la voglia di rendere il tutto ufficiale, anche se non
era più sicura di che cosa si trattasse. Si riscosse da quei
pensieri troppo impegnativi e cercò di trovare una risposta
ironica da darle: era sempre stimolante parlare con Mia e la cosa lo
intrigava parecchio.
- E tu, se non sbaglio, a quest'ora dovresti essere parecchio
preoccupata per tutte le proposte di matrimonio che ho già
ricevuto...
Rise a quella frase di Hugh, come faceva ogni qualvolta lui le
rispondesse a tono, dandole una certa soddisfazione nel conversare con
lui: era per questo che lo trovava un ragazzo interessante e per cui
aveva ceduto nell'ammettere che alcune loro canzoni non era poi
così male, cosa che lui aveva subito interpretato come una
resa incondizionata. - Beh, spero abbiano preso il numeretto
all'elimina-code, perché la poligamia in Inghilterra non
è legale e dovranno aspettare ognuna il proprio turno...
Hugh rise in quella sua maniera cristallina dall'altro capo del
telefono e Mia sentì un sorriso spontaneo spuntarle di
riflesso sulle labbra: la cosa le stava sfuggendo di mano e non le
piaceva per nulla. Però il fatto di averlo ad una distanza
tale, le faceva sentire una mancanza strana e nuova: come quella che si
prova per una persona a cui si vuol bene.
- Glielo dirò appena salirò sul palco. Comunque,
ti chiamavo per sapere se sei da Lexi, in questo momento...
Mia rivolse uno sguardo stanco all'amica impassibile nel suo sonno
senza reazioni e rispose alla domanda del suo ragazzo.
- Sì... Come ogni mattina da quando siete partiti per
l'Australia e da quando ha deciso di cadere in un mutismo cerebrale che
rende tutto molto più frustrante...
Hugh sapeva perfettamente quanta fatica e sofferenza costasse a Mia
vedere la sua migliore amica ridotta in quelle condizioni, dato che le
loro chiamate cominciavano sempre con un resoconto delle sue visite a
Lexi, ma forse aveva la soluzione per risollevare un attimo la
situazione.
- So quanto sia difficile per te, piccola... Ma forse ho un rimedio a
tutti i nostri problemi!
- Devo preoccuparmi?
-Ma che cacchio dici Hugh! Io voglio solo parlare con Lexi!
La ragazza poté riconoscere chiara ed inconfondibile la voce
dell'irlandese che parlava a pochi passi da Hugh, facendola sorridere
un poco: aveva notato come Nate si fosse preso a cuore la sua Lexi e la
cosa non poteva farla che felice, dato che sembrava seriamente
interessato a lei, come se volesse conoscerla benché lei non
potesse rispondergli in nessun modo. Era andato lì
praticamente tutti i giorni e, da quanto le avevano raccontato Sarah e
Karen, le aveva fatto ascoltare un sacco di musica, le aveva raccontato
tonnellate di episodi divertenti della sua vita con i ragazzi, come
volesse strapparle un sorriso dovunque si trovasse in quel momento Lexi
e l'aveva trattata come se fosse la ragazza più interessante
del pianeta, riuscendo anche ad ottenere più di qualche
battito cardiaco accelerato e pure un paio di lacrime, in risposta. A
dire il vero, era rimasta un po' delusa quando, in quegli ultimi undici
giorni, lui non si fosse minimamente fatto sentire ma era come sicura
che si fosse tenuto aggiornato sulle condizioni di Lexi tramite Hugh.
Quindi non poté far altro che dire a quella testa similmente
riccia:
-Fammi parlare con il piccolo lepicauno, dai...
Sentì il cellulare passare di mano in mano e poi la voce
allegra di Nate proruppe indisturbata attraverso l'apparecchio.
- Scusalo: è cretino... Comunque, ciao Mia!
- Ciao anche a te, Nate! E tranquillo... Lo so per esperienza quanto
possa essere cretino...
- Vi ricordo che io sono ancora qui!!
- Ed io ti ricordo che questa è una chiamata privata!
- Beh, allora fattele con il tuo cellulare le tue “chiamate
private”!! Ah, no... Aspetta: non hai il numero di Mia!
Dopo aver roteato gli occhi al cielo ed aver controllato che per
qualche miracolosa ragione Lexi non avesse deciso di dare segni di
vita, Mia disse:
- Okay, basta!! Dimmi tutto Nate... Avevi bisogno?
Dall'altra parte della linea ci furono dieci secondi buoni di silenzio,
che si stava caricando di un numero impressionante di significati:
dall'imbarazzo all'indecisione, dalla paura alla voglia di chiudere la
chiamata, conscio di stare a fare una pazzia. Dopo un respiro profondo
e quella che Mia presuppose essere una pacca sulla spalla da parte di
Hugh, Nate si decise a parlare nuovamente.
- So che potrà suonare un po' come una cosa da pazzi...
Anzi, con ogni probabilità lo è... E se mi vorrai
dire di no, ti capirò perfettamente... Perché,
insomma... Non è una cosa molto normale e...
Non essendo mai stata l'emblema della pazienza e della delicatezza, Mia
interruppe quell'infinito preambolo con una battuta che
lasciò spiazzato un Nate già abbastanza in
difficoltà.
- Nate, a meno che tu non voglia chiedermi di fare una cosa a tre con
Hugh, puoi parlare tranquillamente...
Rassicurato dalla risatina divertita di Hugh, che seguì
all'affermazione della sua ragazza, Nate respirò di nuovo e
riprese a parlare.
- No, no,no!! Non è nulla del genere! Volevo solo chiederti
se potessi farmi parlare tramite Skype con Lexi...
L'aveva detto talmente tanto velocemente che Mia aveva dovuto
schiacciare il tasto “rewind” della sua memoria a
breve termine e riascoltare le parole del ragazzo a rallentatore per
capirle bene.
Allora non si era dimenticato di lei.
Quando Mia ebbe formulato questo pensiero, un altro fece capolino nella
sua testa decisamente iperattiva che però decise di mettere
subito in un cassetto della sua testa, per non perdersi
neanche un istante di quella conversazione e, magari, per scoprire
qualcosa di più sul perché di quella richiesta.
Si mise comoda sulla poltrona, accavallando le gambe ed appoggiando
schiena e testa sulla fredda pelle marrone, cominciando a giocherellare
con una ciocca di capelli sempre più blu.
- Così vorresti parlare con Lexi, tramite Skype... E' questo
che mi stai chiedendo Nate?
Dopo un attimo di esitazione, Nate rispose con un tono piuttosto
incerto: per caso non aveva sentito ciò che le aveva appena
detto??
- Sì... Esatto... E' per cas...
- E perché vorresti parlare con lei?? Insomma, credo che
Hugh ti tenga informato sulle sue condizioni e, come ben sai, Lexi non
parla... Quindi mi sto chiedendo: perché vuoi
parlare con una persona che non ti può rispondere??
Sentì chiaramente la risata di Hugh arrivare dritta, dritta
alle sue orecchie, dall'altra parte del mondo, dato che con ogni
probabilità aveva capito che cosa stesse tentando di fare
Mia, conscia di aver messo in difficoltà il ragazzo.
- Beh... Perché... Insomma... Mia, ma saranno fatti miei?!
- Ehi, ehi, ehi!! Stai calmo piccolo irlandese!! La mia era solo una
domanda innocente...
- Scusami... E' solo che... E' solo che le avevo promesso che non
l'avrei lasciata mai e poi me ne sono andato dall'altra parte del mondo
per colpa del tour, sapendo bene che lei non stesse più
lottando e... Ed io le mantengo le mie promesse... Ecco, sei contenta
ora??
Mia sentì in quelle parole molto più di quanto
avesse mai immaginato di poterci leggere: erano accorate, sentite e
soprattutto urgenti, come se il bene di Lexi fosse seriamente una
priorità per quel ventiduenne milionario e osannato da
chiunque sulla faccia della terra. Forse fu per la nota sincera che la
sua voce aveva assunto che Mia si fidò abbastanza di Nate da
fargli una confidenza che aveva maturato negli ultimi giorni e che
aveva condiviso solo con Hugh.
- Sì, ora sì... Sai Nate: sono preoccupata... Sto
seriamente pensando che non tornerà più da me ed
io... Io non riesco nemmeno a concepirla una cosa del genere...
Lei è la mia metà, capisci?? Che cosa
faccio io senza la mia Lexi??
Sapeva di averlo sconvolto con quella confessione inaspettata, ma non
si aspettava di certo delle parole rassicuranti in cambio, dato che non
avrebbero comunque sortito alcun effetto.
- Fammi parlare con lei Mia... Solo questo... Io la voglio vedere
sveglia tanto quanto te... Voglio avere l'onore di conoscerla
davvero...
- Chiamami su Skype tra due minuti....
Chiuse la chiamata e, dopo aver appoggiato il pc sulla poltrona, prese
carrello ricoperto di regali dal lato destro del letto di Lexi.
Spostò tutti i pupazzi, i disegni, i fiori e i biglietti per
terra e sul tavolo, prese il vassoio da letto che copriva il carrello e
lo sistemò ai lati delle gambe di Lexi, per poi metterci
sopra il computer. La chiamata arrivò dopo pochi secondi e
Mia la accettò immediatamente, sporgendosi davanti lo
schermo per parlare.
- Io vi lascio soli... Quando avete finito, dì a Hugh di
mandarmi un messaggio... Trattamela bene Nate...
Uno sguardo blu ghiaccio perforò Mia fin nel profondo, quasi
a giuramento della serietà con cui stava prendendo quella
raccomandazione, fissandosi poi sulla figura immobile davanti a lui.
Vista da quella prospettiva sembrava ancora più bella agli
occhi di Nate, perché le labbra delicate e leggermente
screpolate a causa delle flebo di antibiotici formavano delle perfette
dune da percorrere con i polpastrelli, delicatamente e con dolcezza. Le
ciglia erano lunghe e incurvate, come a voler portare la sua bellezza
verso l'alto e la voglia di sentirle sulle proprie guance lo stava
facendo diventare paonazzo. Nate si riscosse da quei pensieri poco
consoni e cercò di ritrovare la voce per parlare, dato che
la sua bocca era improvvisamente diventata secca.
- Hugh, mi prenderesti una bottiglietta d'acqua? Perché qui
in Australia fa veramente caldo ed io...
- Guarda che se volevi stare da solo, bastava dirlo... Ci vediamo tra
un po', Principe Azzurro...
Appena fu rimasto solo, Nate perse completamente il coraggio. Non
sapeva che cosa stesse facendo, ne per quale motivazione lo stesse
facendo ma, soprattutto, non sapeva che cosa intendesse Hugh con quelle
parole. Lui non era un “Principe Azzurro”: non era
perfetto, non era elegante e tanto meno sarebbe stato capace di portare
qualcuno in salvo, anche se le loro fan continuavano a ripetere
continuamente che lui e i ragazzi “le avevano
salvate”. Ma da chi? E da che cosa?? Avrebbe tanto voluto
chiederlo a qualcuna di loro, ma sarebbe risultato stupido ai loro
occhi e c'aveva messo così tanto per non sentire
più quell'insicurezza di fronte ad un pubblico di
più di cinque persone che non si sarebbe mai cacciato in una
situazione del genere da solo.
Si riscosse da quei pensieri decisamente inutili in quel momento e si
ritrovò di nuovo a fissare quella ragazza che era entrata
per sbaglio nella loro e, soprattutto, nella sua vita poco
più di un mese prima scombinando ogni sua
priorità, tanto da fargli chiedere alla sua migliore amica
di poter parlare con lei nonostante si trovasse dall'altra parte del
mondo e stesse per salire su un palco, davanti a migliaia di persone.
Tutto quello era decisamente assurdo.
- Ciao Lexi... Come stai?
Per l'ennesima volta si chiese come diamine facesse a risultare
così banale, scontato ed idiota ad ogni conversazione che
tentava di avere con lei: gli sembrava sul serio che il suo cervello
cadesse in una buca di sabbie mobili, facendo sì che
più cercasse di uscire dalle sue stesse stupidaggini,
più ne rimanesse soffocato. Era una sensazione frustrante. -
Scusami... Io... Non so nemmeno perché sono qui a parlarti
in questo momento... Insomma, ti avevo promesso che sarei
rimasto con te sempre e poi... Poi me ne sono andato... Per undici
giorni... Cazzo, so persino quanti sono?!
Non si era minimamente reso conto di aver contato quanti giorni fossero
passati da quando l'aveva salutata l'ultima volta, dopo aver trascorso
qualche ora a parlarle di lui, seduto sul suo letto, sfiorando il dorso
di quella mano che gli era diventata così familiare. Non si
era accorto di quanto desiderasse, invece, conoscere la sua di storia,
quello che la rendeva felice, che la faceva ridere, che la faceva
piangere anche se lui non l'avrebbe mai voluta veder versane neanche
una lacrima. Nate non aveva avuto la più piccola impressione
che Lexi gli fosse mancata in quella maniera così pesante,
dato che gli sembrava letteralmente che da quando avesse cominciato
quella chiamata, il suo petto si fosse liberato di un peso, tanto da
permettergli finalmente di respirare. Ad essere completamente sinceri,
Nate non sapeva nemmeno da dove uscissero tutti quei pensieri profondi
e sdolcinati, ma a quanto pareva facevano parte di lui.
- Scusa per la volgarità... E' solo che... Diamine, non lo
so nemmeno io Lexi!! In fin dei conti perché dovrei sentirmi
in colpa per non averti chiamato?? Sto facendo il mio lavoro qui,
quindi sono giustificato no?? Ma che diavolo sto dicendo?! Una promessa
è una promessa e va rispettata ad ogni costo...
Era da quello che le sembrava un tempo incalcolabile che non cercava
più un contatto con il mondo esterno, lasciandosi cullare da
quel buio assoluto che era diventato tutto il suo mondo, dopo la visita
di... Lexi non riusciva a pensarne nemmeno il nome, anche se a dire il
vero, non riusciva proprio più a pensare, in generale. Il
suo cervello si era addormentato e nulla sembrava in grado di
sollecitarlo a risvegliarsi. Eppure qualcosa stava disturbando il suo
nulla completo, come se un rumore stesse cercando di trapassare i suoi
timpani per arrivare al cervello. Era un rumore altalenante, come se
avesse delle inflessioni: alte poi basse, poi più concitate
ed infine più dolci, come in quel momento.
- Specialmente se la promessa l'ho fatta a te, Lexi...
Il ragazzo si tolse per un secondo il cappello dei Leakers che aveva in
testa, passandosi una mano nervosa sulla faccia e tra i capelli biondi,
ma dalle radici castane, rendendoli ancora più disordinati,
per poi rificcarsi in testa il cappello, come uno sorta di barriera
protettiva dalle sue stesse parole.
Il solo ricordare gli faceva venire i brividi.
- Tu hai rischiato la tua vita per noi... Sai che, alle volte, ancora
adesso, prima di addormentarmi, mi viene un flash di quella tremenda
scena...
Lexi sentiva che quello non era un rumore qualunque, che assomigliava
tanto ad una voce... Una voce maschile.
Ma fu subito buio di nuovo, perché la paura che fosse
quella voce scatenava un dolore che la stordiva
prepotentemente, facendola richiudere nel suo guscio di nulla.
- Io stavo uscendo dalle porte a vetri del cinema ed avevo visto che le
cose non stavano procedendo per il verso giusto... Che qualcosa di
brutto stava accedendo....
Ma una sensazione, dentro di Lexi, le stava suggerendo che non era la
stessa voce, che forse avrebbe dovuto provare ad ascoltarla, come non
aveva fatto con tutte le altre durante quel tempo che le era sembrato
incalcolabile.
- Le facce delle persone nella piazza erano delle maschere di puro
terrore... Tutti stavano correndo ed urlando... Poi ho sentito quel
rumore assordante...
No, non era decisamente la sua voce. Era più cristallina,
meno roca... Forse più sincera. Lexi era ancora indecisa se
dare una possibilità a quel contatto con il mondo attorno a
lei, ma le sembrava che quel rumore la stesse richiamando, che le
dicesse di seguirlo e di lasciare che le parole entrassero dentro di
lei.
- Lewis stava trascinando Ellie a terra... Zach si era gettato sopra
Page per proteggerla da quello che solo dopo due secondi buoni
riuscì a capire essere un proiettile... E poi c'era Pablo
che correva verso la folla, con la mano protesa verso qualcosa...
La conosceva quella voce, l'aveva sentita spesso nei giorni prima del
buio in cui si era rifugiata, ma non solo... Anche attraverso le cuffie
del suo Ipod mentre andava a lezione, dagli altoparlanti del pc mentre
studiava per qualche esame, dall'autoradio mentre andava con Mia al
cinema... E Lexi ricominciò a pensare, senza nemmeno
rendersene conto.
- E poi... Poi...
Forse non doveva dirle quelle cose o forse, più
semplicemente, non riusciva lui a tirarle fuori dalla sua bocca
perché ancora gli facevano stringere il cuore in una morsa
di terrore, di tristezza e, perché no, di senso di colpa.
Perché quando aveva visto quella ragazza lanciarsi sulla
traiettoria del proiettile si era anche sentito in buona parte
responsabile di quello che stava accadendo, dato che se quella ragazza
non c'avesse tenuto così tanto a loro, non avrebbe mai
compiuto un atto del genere... O forse sì?? Ma ora quella
ragazza era Lexi e tutto era cambiato: quel senso di colpa era
aumentato a dismisura, tramutandosi in voglia di aiutare in ogni modo
possibile e a quella domanda che lo tormentava voleva che fosse lei,
con la sua stessa voce, a dargli una risposta. Così il suo
tono si incrinò, per quella frustrazione, quel rimorso che
si portava dentro e che non aveva mai detto a nessuno,
perché sarebbe stato assurdo provare una cosa del genere per
una sconosciuta. Ma lei era Lexi ed aveva giocato la sua vita
per salvare la loro.
- Poi ho visto te, Lexi... Ho visto quella dannata pallottola finire
dritta sulla tua spalla... I tuoi capelli volare via per l'impatto,
come se un piccolo tornado li avesse mossi... Poi il tuo corpo si
è voltato e... E...
Quella lacrima calda che sentì scendere lungo la sua guancia
ormai non più completamente liscia, segno che
l'età adulta fosse ormai arrivata anche per lui, gli fece
capire che non l'aveva affatto superata. Si era ripetuto più
e più volte che gli sarebbe bastato andarla a trovare quando
gli fosse possibile, che gli sarebbe stato sufficiente parlarle e
magari regalarle qualche sorriso qualora si fosse svegliata, ma in quel
momento la verità gli sembrò così
lampante che si diede mentalmente dello stupido: aveva visto molto di
più dentro quella ragazza in quel tragico 20 Agosto e nulla
sarebbe valso a fargli dimenticare quello che vi aveva scorto, se non
conoscerla veramente e capire il suo segreto.
- I tuoi occhi Lex... I tuoi occhi erano così...
Così: felici... Come potevano essere felici in un momento
come quello?! Cazzo Lex, pagherei oro per sapere che cosa li faceva
brillare così tanto!! Sembrava che tu stessi toccando il
cielo con un dito ed io... Io non capisco!
Si passò una mano sulla faccia, cacciando via tutte quelle
lacrime dispettose che continuavano a tartassargli le guance.
- E un secondo dopo eri a terra... E quegli occhi non erano altro che
uno specchio vuoto... E io li ho sognati per notti intere i tuoi occhi
Lexi... Sperando di vederli riaccendersi...
Nate.
Lexi non aveva più dubbi.
Quella voce era di Nate e nulla le avrebbe potuto dire il contrario.
“Ha sognato i miei occhi... Ha visto il mio sguardo quando mi
hanno sparato...”.
Ed eccola come un fulmine a ciel sereno, in un tranquillo pomeriggio di
mezza estate: la consapevolezza che l'ultima cosa su cui i suoi occhi
ormai vitrei avevano poggiato lo sguardo erano state quelle iridi
angelicamente celesti che si stavano ora affacciando sul sipario nero
della sua mente. Come un faro nella notte tempestosa. Come quella luce
che per troppo tempo era stata in fondo al tunnel, ma che ora si stava
inesorabilmente avvicinando. Erano gli occhi di Nate quelli che aveva
visto per ultimi e, stranamente, questa cosa le faceva...
Sì, poteva definirlo piacere.
Come se quella nuova consapevolezza le stesse lentamente scaldando il
corpo, come un fuoco lento, per arrivare proprio lì, dove
tutto aveva inizio: il suo cuore. Nate c'era stato fin da quell'ultimo
momento nel “mondo dei vivi” e le aveva promesso
che non l'avrebbe mai lasciata sola.
“E sta mantenendo la promessa... Lui è
qui...”.
Quel fuoco fatto di sicurezza di avere qualcuno al proprio fianco,
anche se non fisicamente; fatto di certezza nella parola di qualcuno
che era entrato per sbaglio nella sua vita; fatto di un affetto che non
aveva mai provato prima... Quel fuoco incendiò
improvvisamente il suo cuore e un bip acuto ed intermittente
cominciò a farsi sentire nella stanza silenziosa, segno
tangibile che Lexi fosse tornata a combattere, questa volta forse anche
per Nate.
Hi sweethearts!
Ve l'avevo detto
che sarebbe stato un capitoletto con i contro fiocchi. Ma
chissà se sarà davvero la svolta di tutto?? Per
questo dovrete aspettare il prossimo aggiornamento. Ma intanto: che mi
dite di questa chiamata? Come procedono per voi le cose?
Perché per me, che l'ho scritto e riletto dopo due anni,
sono ancora difficili da gestire... Della serie che mi potrei esser un
pochino commossa **
Spero di sapere
presto qualche vostro parere sui Nexi e di potervi ringraziare
personalmente per leggere questa storia...
Non mi resta che
dirvi "a presto" con un altro capitoletto niente male ^^
P.S. se volete trovarmi, poetet farlo su Twitter ( @93ONED per
l'account di fangirl o su @FraFbusanel per la me un pochino
più seria/che fangirleggia su altre cose)
Lots
Of Love xx
|
Ritorna all'indice
Capitolo 16 *** 23rd September 2013 ***
23rd September 2013
Quando aveva sentito quel rumore insistente, il giorno prima,
interrompere quel monologo lacrimoso che stava facendo, per poco non
aveva urlato. Di certo, Nate si era ritrovato a fare un balzo
spaventato sulla sedia su cui era seduto, ma soprattutto a sentire una
gioia spropositata farsi padrona del suo corpo, parecchio scosso.
Non poteva credere che Lexi avesse ricominciato a combattere, eppure
quella mattina (quella che da lui era mattina, mentre a Londra era
ormai pomeriggio inoltrato) avevano saputo da Hugh, tramite un
messaggio di Mia, che anche l'encefalogramma finalmente dava di nuovo
segni di attività, benché lui avesse sempre
saputo che quella ragazza non avrebbe mai gettato la spugna
così facilmente. O almeno ci sperava. Perché lui,
di Lexi, conosceva ben poco eppure la curiosità diventava
sempre più cocente. Hugh non gli raccontava molto di quello
che si diceva con la sua nuova ragazza, ora peraltro ufficiale, dato
che si scrivevano pubblicamente anche su Twitter, e forse era meglio
così: Hugh non era capace di raccontare qualcosa senza
impiegarci almeno mezz'ora più del dovuto e perdendosi per
lo meno dieci volte nell'intrico dei suoi pensieri. Quindi forse
avrebbe semplicemente dovuto chiedere a Mia di raccontargli qualcosa
della sua migliore amica, ma non era ancora abbastanza in confidenza
con quella ragazza perché si fidasse a tal punto: se c'era
una cosa che aveva capito sin dalla loro prima visita, era che Mia
fosse assolutamente iperprotettiva nei confronti di Lexi e che se non
le si fosse stati simpatici a pelle, avere a che fare con quella
meravigliosa ragazza sarebbe stato sostanzialmente impossibile.
Fortunatamente, loro si erano potuti giocare la carta del fascinoso ed
ammaliante Hugh, ma questo non li aveva resi esenti dal doversi
sottoporre al vaglio della “Sfinge” come la
chiamava scherzosamente Lewis: se non le piacevi anche solo
lontanamente, potevi scordarti di avere a che fare con Lexi.
Però sembrava una ragazza alla mano, oltre che estremamente
stravagante, ma Nate a quello era abituato, considerata la
band di pazzi in cui si trovava. Avevano più tatuaggi
assurdi e senza senso loro, di un qualsiasi murales per le strade di
Bradford, non sapevano fare una sola intervista che avesse un filo
logico e che non comprendesse qualche battuta fuori luogo, qualche
caduta imbarazzante o una risposta capace di mettere in
difficoltà anche il più esperto degli
intervistatori. C'era mancato veramente poco che, il giorno in cui
avevano avuto la straordinaria possibilità di incontrare la
Regina, Lewis non le scoppiasse a ridere in faccia pur di vincere una
stupida scommessa con Zach: fortuna che poi quest'ultimo aveva
rinunciato immaginando quello che Pablo, ma soprattutto, sua madre
avrebbe detto di loro il giorno dopo.
Quindi sì, aveva deciso: avrebbe cercato di entrare
abbastanza in confidenza con Mia, tanto da poterle chiedere qualcosa di
personale su Lexi. Nate era anche abbastanza soddisfatto del suo piano
d'azione, dato che era già riuscito ad ottenere il permesso
di farsi dare il suo numero di cellulare da Hugh, di modo da poterla
contattare ogni volta che volesse parlare con Lexi tramite Skype, cosa
che stava facendo anche quella sera, un'ora prima del concerto.
Dopo tre squilli, Mia riuscì a rintracciare il cellulare
dalla borsa e riconobbe la faccia sorridente del piccolo irlandese che
lampeggiava sullo schermo con la richiesta per accettare la chiamata.
Gli aveva dato il suo numero senza pensarci due volte, la mattina
precedente, perché appena era entrata in camera di Lexi ed
aveva visto che le macchine sembravano come impazzite, gli aveva
chiesto che cosa fosse successo e lui le aveva semplicemente risposto,
con una faccia più che scioccata, che le aveva solamente
parlato. Dopo aver chiamato Sarah di corsa ed aver interrotto la
chiamata con Nate, si era resa conto che il ragazzo aveva gli occhi
parecchio arrossati e la faccia stanca, come se avesse pianto ma non lo
volesse dar a vedere e tutto questo non aveva fatto altro che aumentare
la sua curiosità. Così, quando Hugh le aveva
chiesto se potesse dare il suo numero a Nate, aveva quasi
ringraziato la sua buona sorte: in quella maniera avrebbe
scoperto che cosa stesse succedendo tra il bel biondino e la sua
migliore amica, tornata quasi del tutto da lei.
- Ehi Nate!! Qual buon vento!
Si rimirò le unghie, quel giorno di un sgargiante blu
elettrico in onore del lieto evento e si appoggiò allo
schienale della poltrona, preparandosi ad un primo interrogatorio.
- Buongiorno anche a te Mia! Sì, perché
lì è mattina...
- Esatto Lepricauno... Proprio come ieri... Ed a proposito di ieri...
- Ma si può sapere perché mi chiami Lepricauno,
Mia??
- Vediamo... Forse perché: sei irlandese, sei un finto
biondo e ridi un sacco... Sì, credo sia per questo!
Sorrise soddisfatta della sua risposta, dimenticandosi per un attimo
del suo reale progetto per quella chiamata.
- Ehm... Okay, credo che siano delle valide motivazioni... Comunque, io
ti chiamavo perché...
- A proposito di “ti chiamavo per”... Ieri, con
tutta l'euforia del momento, mi sono dimenticata di chiedertelo...
Dimmi, Nate: che cosa le stavi raccontando quando ha avuto quella
reazione??
Nate rimase decisamente sorpreso dalla schiettezza della ragazza
dall'altra parte della cornetta, ma non si sarebbe certo aspettato
niente di meno, dopo la descrizione dettagliata che gliene
aveva fatto Hugh ed, anzi, pensò che fosse l'occasione
perfetta per farsela amica.
- Vuoi la verità, Mia?
Dopo aver sfoderato il miglior sorriso di trionfo che le riuscisse,
facendo inarcare quelle labbra dipinte di rosso e lasciando che gli
occhi celesti le si illuminassero di emozione, rispose con una
malcelata trepidazione.
- Certo Nate... La verità e nient'altro che la
verità!
- Stavo parlando della sparatoria...
Per poco il cellulare non cadde dalle mani di Mia: tutto si sarebbe
potuta immaginare, qualsiasi risposta avrebbe voluto sentirgli
pronunciare, tranne quella. Perché quel pomeriggio era
ancora dentro le sue ossa con tutta la paura, il terrore e il senso
d'impotenza che si era portato dietro, senza lasciarle mai realmente il
tempo di metabolizzarlo. Aveva temuto di perdere la sua migliore amica
per sempre ed in un certo senso era stato così, dato che
nessuno le aveva mai assicurato che prima o poi avrebbe riavuto
indietro la Lexi di quel 20 Agosto. Non ne aveva mai parlato nemmeno
con Hugh, figurarsi con sua madre o con qualcun altro. Così
ebbe qualche difficoltà a parlare, lasciando che le parole
uscissero un po' meno sicure e spavalde di quanto avessero fatto in
precedenza.
- E... E perché?
- Perché... Perché...
Nate ci si era ficcato da solo in quel circolo di “Facciamo a
chi si espone di più con l'altro” e non poteva
tirarsi indietro proprio in quel momento, in cui rischiava seriamente
di conquistarsi la fiducia di Mia. Ed in fin dei conti, non ce la
faceva più a tenersi tutto dentro neppure lui. Fece un
respiro profondo e lasciò che le parole uscissero da sole,
anche se magari confuse e poco coerenti.
- Perché non ce la facevo più, Mia.
Perché nell'ultimo mese non ho fatto altro che vedere i suoi
occhi comparire nella mia testa ogni volta che tento di dormire...
Perché mi sembra surreale che si sia buttata su quella
pallottola senza pensarci due volte per cinque idioti come noi...
Perché forse non l'avrei fatto nemmeno io ed il suo coraggio
mi ha spiazzato... Perché....
- Ho capito... Ho capito, Nate...
Non sapeva ancora bene che cosa stesse succedendo, ma quel
ragazzo si stava mostrando come una persona di cui potersi fidare
veramente e la cosa la stupì parecchio, specialmente
considerando che fino a qualche settimana prima non ne poteva
più nemmeno di sentir nominare i loro nomi. Ma mai come in
quel momento, Mia si rese conto che le cose potessero cambiare
più in fretta di quanto si fosse aspettata e questo la
spaventava parecchio.
- E' solo che... Io... Io non ne riesco ancora a parlare...
- Beh, se mai ti sentissi pronta... Insomma, io sono qui Mia, ecco...
Dire che era imbarazzato probabilmente sarebbe stato un gentile
eufemismo, ma ormai, ogniqualvolta si parlasse, menzionasse o anche
solo gli venisse in mente Lexi, il suo atteggiamento cambiava
completamente, come se uscisse una parte di lui che nemmeno sapeva di
possedere.
Mia si riscosse dal torpore fatto di ricordi e spiacevoli situazioni
che quella confessione stava portando lentamente a galla e
recuperò il suo solito tono sicuro e fermo.
- Va bene Lepricauno, ti sei conquistato il permesso di parlare con
Lexi anche questa volta...
- Mia, non ti stavo chiedendo il permesso a dire il vero...
- Stai attento a come parli, Lepricauno: ricordati che sono io a
gestire le telefonate che riceve la qui presente ragazza-in-coma...
Scosse la testa e si passò una mano bianca tra i capelli,
cercando di sistemare il ciuffo senza che Louise, la loro parrucchiera,
dovesse impazzire con phon e spazzole. Per quel giorno avrebbe dovuto
accantonare i suoi piani da spia inglese per scoprire qualcosa di
più sulla personalità e il passato di Lexi.
- Mia... Mi faresti parlare con Lexi, ora?
Sorrise a quella nota d'impazienza nella voce del ragazzo e decise che
avrebbe scoperto qualcosa di più su di lui non solo da Hugh,
ma anche con qualche ulteriore conversazione simile a quella che
avevano appena intrattenuto, nei giorni successivi: era quasi sicura
che quelle chiamate sarebbero presto diventate una routine.
- Certo che sì Lepricauno.... Ecco qua: tutta tua...
Mise il pc con cui stava lavorando sul vassoio per il cibo, attesa la
richiesta di chiamata ed uscì dalla stanza, dove
trovò Sarah ad attenderla.
- Stavo per entrare a cambiare le lenzuola, ma ho sentito che eri al
telefono con Nate e ho pensato di aspettare...
- Che cosa ne pensi di lui?
La domanda stupì parecchio Sarah, anche se si era abituata
alla schiettezza e alla sfrontatezza di quella ragazzina dalle punte
dei capelli blu e dagli occhi della stessa disarmante
tonalità.
- Che ci si può fidare, Mia... Sembra che ci tenga veramente
a Lexi...
E con quell'ulteriore tassello da aggiungere al suo mosaico di
informazioni, Mia si diresse verso le macchinette per prendere un tea
caldo, mentre il bel Lepricauno intratteneva la sua migliore amica.
- Allora Lexi, mi hanno detto che sei tornata a combattere!
Non era ancora convinta di essere “tornata a
combattere”, come sosteneva Nate, ma sapeva che sentire la
sua voce le faceva venir voglia di pensare e cercare di rispondergli:
forse perché non le chiedeva solo quando si sarebbe
svegliata o magari perché le raccontava sempre qualcosa di
nuovo e divertente, pezzi della sua fantastica vita, piena di
esperienze e ricordi che lei non avrebbe posseduto in un'intera
esistenza. Era come essere tornata a vivere attraverso le esperienze
degli altri, come aveva sempre fatto, fin da quando era bambina,
prestando sempre le sue orecchie a chiunque ne avesse avuto bisogno.
Senza ombra di dubbio, era proprio da quella sua naturale propensione
che si era poi sviluppato quell'amore totalizzante per lo studio della
storia e per la musica: entrambe raccontavano la vita e le emozioni di
qualcuno che non era lei.
- Sai, quando ieri ho sentito quel coso cominciare a suonare come una
sirena rotta, ho pensato che ti stessi per svegliare... Sì,
insomma, come in una di quelle scene da film in cui quando la ragazza
racconta dell'incidente al ragazzo di cui è innamorata e che
è in coma, questo rivive tutto e si ricorda di lei e si
sveglia all'improvviso... Dai, hai capito no?...
“Nate, questo vorrebbe dire che tu saresti una ragazza
innamorata ed io il tuo fidanzato?? Ma che film guardi?!...”.
- No, aspetta... Non intendevo dire che io sia l'innamorato e tu...
Okay, lascia stare... Devo dire a Lewis che la smetta di farmi vedere
quei film smielati del cavolo...
Forse era il fatto di sentirlo imbarazzato nel mostrare quelli che
potevano essere dei sentimenti o magari era perché aveva
come la sensazione che volesse fare bella figura con lei, ma che
più ci provasse e più facesse invece peggio,
eppure non avrebbe mai giurato di poterlo sentire così
spontaneo come in quel momento. In quelle settimane, Lexi aveva
imparato a conoscere un Nate non completamente, ma senza ombra di
dubbio, abbastanza diverso da quello che era abituata a vedere nelle
interviste e nei concerti. La sua insicurezza, quella che nemmeno
quando aveva fatto le audizioni era uscita allo scoperto, sembrava
volersi impadronire di lui ogni qualvolta dovesse rivolgerle la parola,
facendogli dire frasi imbarazzanti o fuori luogo e Lexi immaginava che
questo facesse sì che le sue guance candide si tingessero di
una qualche vaga tonalità di rosa, accompagnando un bagliore
nuovo nell'azzurro liquido dei suoi occhi. Il ricordo di quello sguardo
decretò un piccolo balzo del suo cuore, una sorta di tacita
reazione che non aveva provato con nessuno, se non quando aveva
incrociato lo sguardo con...
“No... Lui se ne è andato per sempre dalla mia
testa e dal mio cuore... Per sempre...”.
- Allora... Qualcuno ti fa ancora ascoltare un po' di sana musica Lexi
Lex?? Secondo me no... Lo so che senti la mia mancanza lì in
quella stanza sempre così silenziosa... Che poi, che ne so
io: magari pure tu mi trovi pesante e fastidioso quando comincio a
parlare a vanvera, proprio come ora... Lucas me lo dice sempre che sono
logorroico, anche se secondo me quello che parla di più tra
di noi è sicuramente Lewis, perché...
Le parole di Nate continuavano a riempire la stanza di Lexi, ma la
mente della ragazza si era fossilizzata su quel nome detto
distrattamente ma che per lei assumeva sembianze sempre più
mostruose, come se potesse essere una sorta di richiamo per demoni che
nemmeno lei pensava di poter nascondere.
-... Lui ti racconta proprio tutto! Del tipo che entra in bus ed
esordisce ogni santa mattina dicendo: “Ragazzi non sapete che
storia vi devo raccontare!!” e va avanti a sparare parole per
interi quarti d'ora senza una minima pausa!!...
“Chissà se si è vagamente reso conto
delle parole che mi ha detto... Chissà se ha saputo di come
mi aveva ridotto... Chissà se si chiederà mai
perché io l'abbia fatto sul serio quello stupidissimo
gesto...”.
- Ma non stavamo parlando di questo... Insomma, io non so mica se ti
dà fastidio sentirmi parlare così tanto e l'unico
modo per scoprire questa e tante altre cose, sarebbe quello di
svegliarti e parlarmi Lexi, lo sai vero?? Perché io ho sul
serio una marea di domande da farti e mi serve la tua collaborazione...
“Che cos'hai detto Nate??”.
- Magari ho sbagliato tutto su di te... Magari sei l'esatto opposto
dell'idea che mi sono fatto di te!
E nuovamente, la mente di Lexi fu catapultata su quella voce allegra e
dolce che le faceva compagnia ormai da più di un mese e fu
come se il marasma che il solo pensare al nome di Lucas le aveva fatto
nascere dentro, stesse per essere messo a tacere da un flauto magico:
Nate aveva uno strano ascendente su di lei e piano, piano se ne stava
accorgendo.
“... E che cosa pensi di me, Nate?...”.
Improvvisamente sembrava che l'opinione di quel ragazzo dai capelli
fintamente biondi e dagli occhi trasparenti potesse essere l'ago della
bilancia per Lexi: come se il suo giudizio potesse decretare la
possibilità o meno per lei di risvegliarsi. In fin dei
conti, non sapeva più chi fosse, non aveva la più
pallida idea di che cosa le piacesse, che cosa non sopportasse con
tutto il suo cuore, se fosse anche solo capace di odiare e in che cosa
credesse fermamente. Non sapeva più nulla di sé
stessa da quando le sue gambe avevano deciso per lei e si era ritrovata
distesa sul cemento freddo e duro di Leicester Square, scontrandosi con
la limpidezza degli occhi di Nate. Quindi sì, sperava con
tutta sé stessa che l'opinione del bel irlandese potesse
darle qualche informazione su chi fosse, benché non la
conoscesse per nulla.
“E' tutto così paradossale... Sto cercando
conferme in qualcuno che, in teoria, non sa nulla di me...”.
- Sai... Non c'ho messo molto a farmi un'idea di te... Basta sentire
quello che dicono tua mamma o Mia sul tuo conto... O anche il fatto che
Zach ti adori... Insomma: quel ragazzo fa una fatica tremenda a fidarsi
di chiunque e poi arrivi tu, con cui non ha nemmeno mai parlato, e
boom!! Sei la sua confidente... Mia sembra non possa sopravvivere senza
di te, come se fossi la sua gemella separata alla nascita... E tua
mamma... Beh, lei ti adora... Un giorno, era in corridoio che prendeva
un caffè quando sono arrivato per venirti a trovare e
sembrava come persa in qualche pensiero troppo lontano da
raggiungere... Non volevo disturbarla, però è
stata lei a vedermi e a farmi segno di avvicinarmi... E sai che cosa mi
ha detto?? Che non era giusto... Non era giusto che finalmente il tuo
sogno si stesse realizzando e che tu non potessi godertelo appieno...
Allora le ho chiesto di che sogno stesse parlando, ma lei ha
semplicemente sorriso, come se fosse irreale quello che stava accadendo
e mi ha detto che, forse, un giorno, l'avrei scoperto...
Così, intanto, ho scoperto invece che sei una ragazza piena
di sogni, o almeno con un grande sogno... E che sei terribilmente
ironica, perché Mia non fa altro che ripetere come le
manchino le tue battute... Che adori la storia per il fatto che ti
permette di scoprire e dare importanza alla vita di qualcuno che non
c'è più... E beh, so anche che sei una nostra fan
dagli inizi... Ma, in fin dei conti, non è questo che voglio
scoprire di te... Voglio sapere se veramente i tuoi occhi si illuminano
quando sei felice... Se tra le tue canzoni preferite ce n'è
qualcuna delle nostre e qual'è quella che ascolteresti per
il resto della tua vita... Se arrossisci quando sei in imbarazzo e se
il tuo cuore comincia a correre, come fa adesso, quando qualcuno ti
parla a cuore aperto... Se ti piace ascoltare sul serio quello che le
persone hanno da darti... E se sei felice della tua vita... Ecco,
questo vorrei sapere di te, Lexi: ma come faccio se non apri quegli
occhi e non mi parli??
“Sai Nate? Mi stai facendo tornare voglia di aprirli sul
serio gli occhi... L'ultima volta che ho visto il tuo sguardo sembrava
una maschera di terrore e sconcerto... Quell'azzurro era come un mare
in tempesta... Letteralmente... E non era giusto... Non per colpa mia,
almeno...”.
- Senti... Ti andrebbe di ascoltare una cosa in anteprima? E'...
Sì, insomma, è una cosa che sto scrivendo con
Hugh e volevo sapere che cosa ne pensi... Ma sii sincera, niente
reazioni esagerate se non la ritieni buona abbastanza...
Lexi sentì chiaramente il rumore della sedia su cui era
seduto che si spostava sul pavimento e poi i suoi passi chi si
allontanavano di poco dal computer, per prendere quella che qualche
secondo dopo riconobbe essere la sua chitarra. Adorava le canzoni in
cui Nate poteva suonare dal vivo, perché ogni volta era come
se lo avessero appena liberato nel suo habitat naturale: lui era un
tutt'uno con quello strumento e nessuno avrebbe potuto togliergli la
felicità che gli si leggeva in volto quando lo teneva tra le
mani.
- Eccomi... Allora, ti ricordi quella registrazione che ti avevo fatto
sentire? Quella dove Hugh sbatteva la testa sul microfono?
“ Happily
... Come dimenticarsi il titolo di una vostra canzone, se per lo
più l'ho pure ascoltata in anteprima?! Sono sempre una
Rusher , Hanson, non te lo dimenticare... Anche alla mia veneranda
età”.
Non sapeva come, ma improvvisamente il fatto di pensare non era
più un peso per lei, anzi, aveva voglia di farlo e
soprattutto aveva voglia di ascoltare quella canzone. L' aver
finalmente voglia di “fare qualcosa” la stava
stordendo non poco, poiché era come se i suoi sensi, per lo
meno quelli non compromessi dall'ematoma che non se ne era ancora
andato, si stessero risvegliando solo per poter ascoltare quello che la
voce di Nate stava per raccontarle sotto forma di note e versi. Le
sembrava di essere una gemma che dopo essere stata per troppo tempo
nascosta sotto la neve, finalmente riusciva a vedere i primi raggi di
sole grazie al disgelo.
“Ma da quando in qua io mi paragono ad una gemma?! Hanson,
che cosa mi stai facendo.??..”.
- Insomma, quella siamo riusciti a finirla, ma oggi voglio farti
sentire quella che abbiamo registrato il giorno del mio compleanno...
“Il giorno del tuo...?? Oh porca miseria! Ma che cacchio di
giorno è oggi?! Tu compi gli anni il 15 di Settembre...
Questo vuol dire che siamo almeno il...”.
- Se te lo stai chiedendo, il mio compleanno era il 15 ed oggi
è il 23 Settembre...
“Per quanto diamine di tempo sono stata assente?? E
soprattutto: da quanto cazzo sono bloccata in questo
letto?!”.
Poteva sentire la frustrazione salire nuovamente dal profondo di quel
cuore che era sicura essere stato ridotto in frantumi qualche settimana
prima, come se fossero delle esalazione nocive provenienti da rovine
abbandonate chissà quanti millenni prima. Non poteva ridursi
in quello stato di nuovo, non ce la faceva a sopportare quelle ondate
di tristezza nuovamente... Ma la voce di Nate la riportò
all'esterno di quel circolo vizioso di pensieri auto-distruttivi.
- E sì, te ne sei stata nel tuo angolino un po'
troppo... Quindi è tempo che tu ascolti qualcosa di nuovo e
che mi dica che cosa ne pensi... Forza...
I primi accordi decisamente country si diffusero per la stanza,
accompagnati dalla voce di Nate che a Lexi apparve come...
“Come un balsamo...”.
- ... You tell me that
you're sad and lost your way... You tell me that your tears are here to
stay... But I know you're only hiding... And I just wanna see you...
E poi quella sensazione che ogni parola dolce e delicata
che stava uscendo dalle labbra di Nate, parlasse di lei, della sua
storia, di quello che lui aveva letto dentro di lei senza averci mai
nemmeno parlato assieme...
“Ma che sto dicendo?! Non è
possibile...”.
-... You tell me that
you're hurt and you're in pain... And I can see your head is held in
shame... But I just wanna see you smile again... See you smile again...
Non solo raccontavano di lei, ma esprimevano un desiderio chiaro che
Nate sapeva avrebbe colto perfettamente durante il ritornello: aveva
composto quel testo pensando a lei, pensando alla Lexi che gli sembrava
di aver scorto durante quel fugace incontro di sguardi, quella che le
persone che le volevano bene gli avevano descritto, quella che lui
aveva deciso di far sorridere di nuovo...
-... Oh I will carry you
over... Fire and water for your love... And I will hold you closer Hope
your heart is strong enough... When the night is coming down on you...
We will find a way through the dark...
E poi tutto si fermò.
Nate non riusciva a trovare il respiro per poter continuare a cantare,
come se quei pochi versi gli avessero tolto ogni barriera e si fosse
reso conto di qualcosa che non gli sembrava nemmeno immaginabile,
figurarsi possibile: stava cominciando a provare qualcosa per Lexi.
Ma non poteva essere, semplicemente.
Come faceva a pensare di poter provare dei sentimenti, di qualsiasi
genere fossero, per una ragazza con cui non aveva scambiato che uno
sguardo?? Eppure, guardarla su quel letto, immobile per quello che non
sapeva se essere uno scherzo del destino o una scelta consapevole, con
il cuore che batteva all'impazzata e una lacrima ad impreziosirle il
viso sempre più etereo, gli faceva stringere lo stomaco in
quella maniera strana, che non gli era possibile ricondurre alla fame e
le sue mani sudavano così tanto che persino la chitarra, sua
fedele compagna, sembrava voler fuggire il più lontano
possibile da quella situazione.
“Io...Oddio... Io... Non so cosa pensare... Sto
piangendo...”.
Era l'unica cosa di cui fosse pienamente consapevole e che le dava una
via di fuga dal significato pesante di quelle parole. Ogni singola
sillaba uscita dalle labbra di Nate, che lei ricordava essere rosee e
sottili, era diventata una marchiatura a fuoco su quelle macerie che
prima aveva cercato, a fatica, di mettere a tacere, come se il loro
compito fosse quello di ricostruire qualcosa che lei non poteva neanche
sperare di vedere ancora senza piangere lacrime amare. Ed invece stava
piangendo, ma per quella che le era suonata come una promessa d'aiuto,
come una promessa ad essere sempre al suo fianco, a volerla capire per
renderla felice. Non sapeva come gestire tutto quello,
poiché non si era mai ritenuta all'altezza dell'affetto di
nessuno, figurarsi di quello di Nate Hanson, una delle persone
più speciali e belle, per quanto quell'aggettivo fosse
banale, che lei avesse mai incontrato sul suo cammino. Avrebbe tanto
voluto svegliarsi, poter guardare quei suoi occhi cristallini e
leggervi la sincerità di quelle parole, la conferma che
stessero parlando anche di lei...
Avrebbe voluto fiondarsi in uno dei suoi proverbiali abbracci e sentire
il calore che quei versi le avevano solo fatto intuire ma che sapeva
fosse celato nel loro significato. Voleva poter riavere indietro la sua
vita per vederla trasformarsi in qualcosa di nuovo, con Nate a
sorriderle e a dirle che si sarebbe stato per lei, che l'avrebbe
stretta più vicino a sé, sperando che il suo
cuore fosse forte abbastanza...
“Ma forse sto solo credendo di nuovo in qualcosa di
impossibile... Come sempre...”.
Più Nate la osservava più sentiva che seriamente
qualcosa dentro di lui stava cambiando, come se solo in quel momento le
parole che aveva scritto due settimane prima stessero assumendo un
significato, una nuova luce sotto cui essere lette. Il camerino era
deserto, perché i ragazzi sapevano come preferisse restare
solo quando parlava con lei e la cosa gli fece sospettare che loro
avessero intuito molto più di quanto dessero a vedere. Tutte
le battute di Lewis sul fatto che avesse la testa sempre tra le nuvole,
come se fosse seriamente l'angioletto che le fan vedevano in lui, tutti
quei consigli non richiesti ma decisamente utili che Zach continuava a
dargli, persino gli sguardi eloquenti che Hugh gli indirizzava
ogniqualvolta gli desse informazioni su Lexi... Tutto quello stava
assumendo un senso nella testa più che confusa di Nate,
lasciando però che il suo cuore battesse impazzito alla
ricerca di una spiegazione valida. Doveva dire qualcosa,
perché se Lexi era tornata a combattere ed era lì
ad ascoltarlo, sperava anche fosse per lui.
- Io... Sai... Insomma... Magari cantata solo da me non fa lo stesso
effetto, però spero ti sia piaciuta lo stesso... Io...
Sì, io l'ho scritta pensando a te... Volevo che lo
sapessi....
Ed in quel preciso istante Lexi perse i sensi.
Tutto divenne difficile da seguire: i pensieri scappavano dalla sua
mente, le lacrime continuavano a scorrere indisturbate sulle sue guance
e il suo cuore prese a battere nel disperato tentativo di star dietro a
quelle emozioni, ma dovette cedere. Bloccandosi.
Sarah corse preoccupata dentro la stanza, seguita a ruota da una
trafelata Mia con ancora il bicchiere di plastica pieno di tea, in
mano. Il cercapersone dell'infermiera aveva improvvisamente cominciato
a fischiare, così come anche le macchine che erano collegate
al corpo di Lexi, segno che qualcosa stesse andando storto.
Spostò repentinamente il pc da sopra il letto e lo diede in
mano ad una Mia sempre più sconvolta, per poi afferrare il
defibrillatore, aiutata da altre due infermiere e dal dottor Lawson,
che era accorso appena ricevuta la chiamata.
Il cuore di Lexi si era bloccato e per due interminabili minuti tutto
divenne buio.
Il mondo si era fermato attorno e dentro di lei, come se la fine fosse
giunta, con la sua sentenza incontrovertibile di vita o di morte.
Le piastre del defibrillatore mandarono la prima scarica di scosse al
cuore di Lexi che però non diede segni di vita.
Le lacrime scendevano sul volto di Mia, nel vano tentativo di darle
qualcosa per tenersi legata alla realtà di quanto stesse
succedendo alla sua migliore amica e non accasciarsi sul pavimento.
Sarah caricò la seconda scarica di scosse, più
potenti, pregando qualsiasi divinità ci fosse ad ascoltarla
che quella ragazza a cui si era straordinariamente affezionata non
perdesse così presto la sua battaglia, perché era
destinata a fare grandi
cose.
Le mani del dottor Lawson tentavano di praticare il massaggio cardiaco
più efficace che avessero mai fatto, affondando nel petto
della ragazza per cercare di acchiappare ogni singola speranza di
poterla riportare dalla madre.
Nate sentiva ogni cosa. Il pc era stato maldestramente appoggiato
sull'angolo del tavolo, davanti il letto di Lexi, girato,
però, verso il muro, senza che la chiamata fosse stata
interrotta. Poteva udire ogni singhiozzo di Mia, ogni incitamento che
Sarah stava facendo, ogni ordine che il dottor Lawson dava alle
infermiere, ogni segnale di scarica del defibrillatore e quel bip
acuto, monotono, assoluto che sembrava urlargli come tutto fosse
finito.
Si ritrovò a piangere sulla cassa di quella chitarra che
giaceva ancora inerme tra le sue mani, quella stessa chitarra con cui
aveva composto la sua canzone per Lexi, quella con cui aveva aperto il
suo cuore scoprendo di provare qualcosa per lei... Per colei che ora lo
stava lasciando senza avergli mai dato il permesso di ringraziarla per
avergli fatto comporre la sua prima canzone, per avergli salvato la
vita, per avergli mostrato come anche solo uno sguardo potesse cambiare
un'intera esistenza.
Poi un bip e un secondo di silenzio.
E poi ancora un altro bip. E finalmente la voce del dottor Lawson.
- E' tornata... Ce l'ha fatta...
Sarah andò immediatamente ad abbracciare una Mia
raggomitolata sul pavimento, sussurrandole che Lexi ce l'aveva fatta
ancora una volta, che quella ragazza non l'avrebbe distrutta nessuno.
Per Nate quel suono sintetico fu la più bella melodia che le
sue orecchie avessero mai udito, meglio di qualsiasi canzone o di
qualsiasi suono... Forse solo la voce di Lexi sarebbe potuta suonare
più perfetta al suo udito e il sapere che aveva ancora la
possibilità di sentirla gli fece venire i brividi.
L'avrebbe portata fuori da quel buio, avrebbero trovato una strada
assieme e le avrebbe cantato quella canzone guardandola negli occhi.
Ora sapeva anche quale fosse il titolo perfetto: Through The Dark.
Una sola cosa aveva berciato in mezzo al turbinio di nero e colori che
era esploso davanti agli occhi di Lexi una volta che il suo cuore aveva
smesso di battere: un celeste purissimo, simile alle
tonalità dell'acqua alla sorgente, brillante come i riflessi
del ghiaccio sotto un eterno sole polare. Era il colore degli occhi di
Nate e fu la sola cosa che Lexi tentò di raggiungere in una
corsa disperata, forse senza speranza, che la portò, invece,
a far battere ancora quel suo cuore sempre più provato ma
pronto ad essere curato.
Hi sweethearts!!
vorrei poter dire
un sacco di cose, ma credo che questo infinito capitolo sia
più che sufficiente. Insomma, non so voi, ma io sono
piuttosto provata... Ora che l'ho riletto ed anche quando l'ho
composto, sono finita per piangere: sono pessima, lo so ^^ In caso non
fosse chiaro, ormai i Nexi sono diventati "qualcosa". Che cosa, mi
piacerebbe saperlo da voi **
Posso solo dirvi
che d'ora in poi non ci saranno più molti capitoli di
"passaggio" e che tutto comincia ad ingranare: ma per arrivare dove???
GRAZIE infinite per
continuare a leggere questa storia e soprattutto per il tempo che
dedicate nel farmi sapere che cosa ne pensate (sì, parlo
proprio di te _namelessmarti xx).
Al prossimo
capitolo.
Lots Of Love xx
|
Ritorna all'indice
Capitolo 17 *** 29th September - 2nd/10th October 2013 ***
29th September 2013
Le funzioni vitali di Lexi erano tornate nella norma dopo quel
pericoloso episodio di qualche giorno prima, se non per un'intensa
attività cerebrale ogni qualvolta ci fosse qualcuno a
parlarle e a tenerle compagnia, anche se Sarah si era accorta chi fosse
la vera causa di tutto quel subbuglio dentro la mente della ragazza e
non aveva alcun problema a parlarne continuamente anche con la diretta
interessata, come se potesse darle una qualche sorta di risposta
affermativa.
- Avanti Lexi... Non fare la finta tonta con la zia Sarah... Ormai sei
qui da più di un mese e posso dire di conoscerti un po' come
le mie tasche, quindi non ci provare... So che quell'attacco di cuore
è stato causato da qualcosa di esterno e sono anche certa
che abbia a che fare con quel Nate!
“Ma cosa vuoi che ti dica Sarah? Eh?! Sì, ho
rischiato di morire perché Nate Hanson, uno dei ragazzi
più dolci e oggettivamente carini del pianeta, membro della
band per cui ho una passione malata da quattro anni, mi ha dedicato una
canzone?! Cacchio, credo che qualunque fan, al mio posto, avrebbe avuto
come minimo un attacco cardiaco!! Non c'è nulla di
più.... Non può esserci nulla di
più...”.
- Perché guarda che ho pure provato a chiedere a Mia se
avesse scoperto qualcosa, ma lui nulla!! Muto come un pesce!! Non dice
una singola parola sull'accaduto ed, anzi, fa pure lo gnorri!! Ma sappi
che qui gatta ci cova, cara mia...
“Sarah, ma che diamine stai farneticando, me lo dici?! Nate
è semplicemente un ragazzo dolcissimo che ha deciso di farmi
sapere che mi è vicino in questo difficile momento, a modo
suo... Wow, questa mi è venuta fuori proprio bene... Dovrei
appuntarmela da qualche parte perché potrebbe sempre
tornarmi utile con Mia e il suo prossimo attacco di supposizioni su di
lui...”.
Anche la sua migliore amica aveva presto cominciato a fare illazioni su
quello che secondo lei stava accadendo tra i due, immaginando
impossibili risvegli e mirabolanti storie d'amore, ma Lexi sapeva come
tutto quello fosse non solo altamente improbabile, ma addirittura
impossibile.
“Anche se...”.
- Insomma: quale altro membro di quella band ti chiama tutti i
santissimi giorni, prima del concerto, per sapere come stai e
raccontarti la sua giornata??? E non dire che è solo per
“tenerti compagnia”, perché gli altri
ragazzi chiedono a Hugh come stai e finisce lì... Fidati
della zia Sarah: qui si sta muovendo qualcosa!!
“Sì, tu attorno al mio letto, rischiando di farmi
prendere una bronchite tanto sei agitata... Ma che avete
tutti?!”.
Doveva ammetterlo: dopo quel terrificante episodio, Lexi si sentiva
diversa. Non avrebbe saputo dire se per l'agghiacciante consapevolezza
di aver rischiato seriamente di non poter più riabbracciare
sua madre e Mia o per la confortante certezza di avere Nate ad
aspettare che lei si risvegliasse. Era come se avesse un nuovo amico su
cui poter fare affidamento, per cui combattere al fine di riuscire ad
aprire di nuovo gli occhi, poiché, in un certo qual modo, si
sentiva legata a lui da una promessa e lei, le promesse, le manteneva.
Quindi era tornata non solo ad essere presente mentalmente, ma anche a
fare della sana ironia dentro la sua testa, cosa che le era
terribilmente mancata.
Un po' sentiva la nostalgia per la vecchia Lexi, quella che era prima
di cominciare a lasciarsi sfuggire la vita dalla mani, senza fare nulla
per trattenerla, ma forse, non era mai stata veramente diversa da
quella ragazza che si era gettata su una pallottola per poter avere lo
sguardo che sperava le avrebbe cambiato la vita e per provare
“quel” brivido che non aveva mai sentito scorrere
dentro di lei. Ormai aveva ripensato anche troppe volte al
perché avesse compiuto quel gesto ed era arrivata alla
conclusione che era vero, l'aveva fatto perché profondamente
convinta che la sua vita non valesse abbastanza e che quel gesto,
forse, avrebbe fatto cambiare le cose, anche se non sapeva nemmeno lei
come. Voleva solo sentire qualcosa di nuovo, diverso dalla dolorosa
coscienza di non essere corrisposta in quel sentimento impossibile che
era il suo amore, differente dalla sua routine di emozioni che non si
discostava di molto dall'apatia, qualche minuscolo guizzo di
felicità regalatole da Mia e da un briciolo di
serenità momentanea concessole dalla storia e dalla musica.
Null'altro.
E Lexi era stanca di tutto quello, così quel giorno aveva
agito, senza minimamente preoccuparsi delle conseguenze. Ma ora aveva
perfettamente presente che cosa quel suo gesto avesse scatenato e
l'unica azione che ora le sembrava valesse la pena di fare era quella
di svegliarsi dal suo stato di coma: per sua mamma, per Mia, ma
soprattutto per sé stessa e per potersi dare la
possibilità di rimettere in sesto la sua vita.
- Bene piccola, ora esco, perché, dato che questa mattina
Mia non riesce a venire, ha chiesto a me di preparare il computer per
la chiamata giornaliera di Nate... E ripeto: giornaliera!
Lexi la sentì prendere il pc ed accenderlo, dopo averlo
posizionato sul solito vassoio, sopra le sue gambe.
- Ah... Eccolo qua il signorino... Buongiorno Nate!
- Beh, qui è sera ormai, ma buongiorno anche a te Sarah!
L'infermiera stava per uscire dalla schermata della finestra di Skype,
quando decise di tentare un'ultima carta per scoprire che cosa fosse
successo il giorno dell'arresto cardiaco.
- Senti un po', Nate... Non è che per caso, se non mi
ritieni troppo indiscreta e se non è troppo personale...
Dico, non è che potresti dirmi che cosa stavi facendo o
dicendo a Lexi quando ha avuto quel piccolo incidente, cinque giorni
fa???
Gli dedicò il suo miglior sorriso rassicurante ma appena
vide quello beffardo del ragazzo dall'altra parte dello schermo,
capì immediatamente che non avrebbe ottenuto alcun tipo di
risposta, o per lo meno non quella che voleva lei.
- Come ho detto, ormai più di mille volte anche a Mia:
è un segreto tra me e Lexi...
- Lo sapevo... Ho ragione io!! Altroché se ho ragione io!!
E detto questo uscì dalla stanza, non prima di aver sentito
quel ragazzo con le precise sembianze di un principe azzurro delle
fiabe, dire con voce bassa e delicata, quasi soffice:
- Ciao piccola, come stai oggi??
2nd
October 2013
“Chissà se poi Page avrà deciso di che
colore fare tutte le decorazioni per il matrimonio... Nate non mi ha
più detto nulla...”.
Lexi era tranquillamente persa nei suoi pensieri che ormai giravano
praticamente tutti attorno alla quotidianità decisamente
anormale della famiglia che erano diventati per lei i The Rush, quando
una voce realmente familiare la interruppe: David era entrato in tutto
il suo lamentoso splendore nella sua stanza, logicamente senza nemmeno
chiedere il permesso.
- Ma si può sapere che mi combini?!
“Tranquillo fratellone, se volevi aspettare anche il prossimo
arresto cardiaco per venirmi a trovare e magari non trovarmi neanche
più qua, potevi fare pure...”.
David si grattò il mento, facendo un po' di fatica nel
districarsi con le dita in mezzo a quel groviglio di barba che si era
fatto crescere: quello stile decisamente trasandato lo stava
cominciando ad intrigare ed inoltre era perfettamente abbinato al luogo
dove aveva trascorso le ultime settimane. Si sedette sulla solita
poltrona e prese tra le sue mani quella della sorella, lasciandole un
bacio leggero sul dorso.
“David, ma che cavolo...”.
- Mi dispiace se non sono potuto arrivare prima, ma ci sono stati dei
problemi per prenotare il volo di ritorno...
“Il volo di ritorno, da dove?? Che cacchio stai dicendo
David??”.
Gli occhi del ragazzo si fecero improvvisamente lucidi, ripensando al
posto che aveva appena lasciato e a tutto c'ho che vi aveva visto.
- Sai quando ad inizio Settembre ti dissi che sarei andato alla casa
sul lago, della nonna Amelia, per una settimana?? Beh, ci sono
andato... Per due giorni: poi il tempo uggioso e tutta
quell'inattività mi stavano distruggendo, così ho
prenotato un biglietto aereo, destinazione: Cambogia...
“Che cosa hai fatto?! Tu vorresti dirmi che sei andato
seriamente...”.
- Esatto sorellina: sono andato tre settimane in Cambogia... In un
piccolo paesino che si chiama Samraong e ho fatto volontariato... Ho
lavorato in un orfanotrofio, cercando di sistemare, per quanto poco, le
strutture decadenti dove quei bambini sono costretti a vivere...
Un sorriso increspò le labbra di un giovane uomo che ormai
aveva ben poco a che fare con il ragazzino pieno di sé e
carico di certezze che aveva visto sua sorella finire su un letto
d'ospedale per salvare qualcuno. Tutta quella miseria, quel bisogno, ma
soprattutto quella forza di volontà e quei sorrisi pieni di
speranza, avevano acceso dentro di lui qualcosa, come se fossero stati
la miccia per far esplodere un ordigno: si era liberato di tutto quello
che era per diventare un uomo nuovo.
- E sono cambiato Lexi, sul serio...
“Io... Ti credo David... Insomma, il mio fratellone saccente
e tronfio non avrebbe mai preso un aereo per andare dall'altra parte
del mondo ad aiutare delle persone di cui non sa nulla e senza
ottenerne nulla in cambio...”.
- Lo so che potrà suonare un po' scontato, ma è
successo veramente... Sono andato lì senza sapere che cosa
diamine stessi facendo, perché avevo ventisei anni e nulla
tra le mani se non il mio bell'aspetto e il mio lavoro... E certamente,
uno potrebbe dire: e di che ti lamenti?! Ma io mi sono accorto che non
era questo l'importante... Quando... Quando Mia si è messa
con quel tipo, io sono andato in panne perché mi
è sembrato di non sapere più nulla... Io non
avevo mai provato nulla per lei, giusto? E allora perché mi
dava così tanto fastidio vedere il braccio di quel tipo
attorno alla sua schiena?? Per il semplice fatto che non mi ero mai
fermato a riflettere su che cosa avessi seriamente bisogno nella mia
vita... Ma ora l'ho capito Lexi! Ho capito che ho bisogno di Mia per
poter sapere di aver qualcuno sempre al mio fianco su cui contare... Ho
bisogno di cominciare a prendermi cura anche un'altra persona che non
sia me stesso... Ho bisogno di creare qualcosa di solido e duraturo e
che mi faccia star bene... Senti: ho persino la barba!
Fece arrivare i polpastrelli di Lexi sul suo viso irsuto e si chiese se
la sorella potesse sentire qualcosa.
“David... Io non so che dire, sul serio... Sembri
così... Così diverso da mio fratello.... Ma non
mi dispiace affatto...”.
Dopo aver intrecciato le dita con quelle della sorella, appoggiandole
al lenzuolo candido, aggiunse con un tono decisamente più
consono alla sua vecchia
personalità.
- Ma non pensare che non abbia più intenzione di fare il
sedere a quel damerino hipster, chiaro?? Io ho ancora il mio fascino,
confermato anche dalle donne cambogiane che mi apprezzavano
parecchio... Quindi è bene che il cantante finto-alternativo
si prepari a sparire dalle scene, perché David Golder
è pronto a tornare...
A Lexi venne leggermente da ridire, in quanto sapeva perfettamente fino
a che punto potesse essere cocciuto suo fratello e, dalle sue parole,
sembrava molto intenzionato ad ottenere ciò che voleva.
“Un po' mi dispiace per Hugh, ma so che tu ti prenderai cura
di Mia come nessun altro saprebbe fare e... E: oh mio dio, che cosa
diavolo sto dicendo?!? Nate mi sta dando alla testa...”.
- Comunque, mamma mi ha detto che anche tu hai un compagno
“speciale” ultimamente...
Se solo fosse stata nelle sue condizioni normali, con ogni
probabilità sarebbe arrossita avvicinandosi pericolosamente
al colore di un peperone, mentre così solo il battito del
suo cuore avrebbe potuto parlare per lei, ma aveva più o
meno imparato a controllarlo, senza rischiare che David scoprisse
tutto.
“Ma tutto cosa?? Non so veramente più che cosa mi
passi per la testa... E' solo che ora Nate ha pure cominciato a
chiamarmi piccola e ogni giorno ricevo una sua chiamata su Skype...
Cioè, sta mattina è dovuto andare Zach a
chiamarlo per ricordagli che avevano un concerto da fare... Io...
Basta, Lexi!! Datti una calmata e piantala di fantasticare!”.
- Lo sai che con me non puoi mentire, Lexi-Lex... Anche se non siamo
mai stati molto “uniti”, per così dire,
mi sono sempre accorto quando ti piaceva qualcuno... Tipo con il
ragazzo delle pizze!!
“David, tu non ti sei mai accorto proprio di un fico secco!!
Se c'hai messo ventidue anni per accorgerti di essere innamorato di
Mia!! Quella perspicace, tra i due, sono io...”. - Comunque,
insomma, c'è un ragazzino che ti gira attorno e ti chiama
tutti i giorni...
“Ma che è sta cosa?! Nemmeno papà mi ha
mai fatto il terzo grado per sapere con chi uscivo... Certo,
bisognerebbe prendere in considerazione il fatto che papà
non fosse mai a casa, perché troppo concentrato su Kitty, e
che io ho avuto un solo grande amore e per altro platonico, ma sono
delle piccole clausole insignificanti.... E poi Nate non è
un ragazzino!”.
- L'ho sempre detto che quella band era deleteria per te... Prima tutti
quei soldi spesi per comprare cd e biglietti per concerti alle quattro
del pomeriggio...
“Questo non è assolutamente vero!!”.
- Poi l'arrivo del famoso Hugh che tenta di portare via Mia... Ed ora
pure il suo compagno di band che ti chiama tutti i giorni e che ti fa
una corte spudorata, secondo quanto mi dice mamma!!
“Primo: non credo che mamma abbia usato questa terminologia;
secondo: Nate non sta facendo proprio alcun tipo di corte!! Ma si
può sapere perché siete tutti fissati con questa
stravagante idea?!”.
Il cuore di Lexi ebbe un leggero balzo e David capì di aver
toccato un tasto dolente.
- Va bene, ho capito: c'ho azzeccato ma devo smetterla... Okay... Ma ti
dico solo una cosa: se veramente è stato lui a farti tornare
ad usare quel tuo cervellino bacato ed iperattivo -sì, mamma
mi teneva aggiornato anche se ero in mezzo al nulla- allora sappi che
mi sta già simpatico...
Non aveva mai aspettato il parere o la benedizione di suo fratello per
poter provare qualcosa per qualcuno, ma quella volta le fece
stranamente piacere, come se potesse essere un ulteriore punto a favore
per Nate.
“Fermi tutti!! Ma quale punto a favore?!?! E
perché mai dovrebbe piacermi Nate?! Oddio, ma che mi
prende... No, no e poi no! Non posso permettermi di ricominciare tutto
da capo...”.
- Senti sorellina: io devo andare ora, perché non
riconquisterò mai Mia standomene qui seduto a parlare con
te, per quanto possa essere piacevole sapere che il tuo cuoricino sta
battendo più velocemente per qualcuno...
Rise come non faceva da anni e come aveva imparato a fare di nuovo
stando in mezzo ai bambini di Samraong e alla loro speciale
capacità di vedere speranza dovunque.
- Prometto di venire a trovarti il prima possibile... Anche
perché, sinceramente, spero di vederti riaprire i tuoi begli
occhioni color cioccolato nell'arco di poco tempo... Ti voglio bene
Lexi-Lex... E sì, rinunciaci: sono diventato molto
più affettuoso!
Lexi sentì una risata salirle dal profondo del cuore,
soprattutto quando la barba incolta del fratello le
solleticò la fronte, mentre le dava un tenero bacio. Appena
fu rimasta sola, l'immaginazione di Lexi, che era stata in silenzio per
troppo, troppo tempo, si perse nei meandri di uno dei suoi mirabolanti
film mentali che spesso, nella sua vita passata, le erano sembrati un
porto sicuro in cui rifugiarsi quando tutto diventava difficile.
“Io giuro che non capisco che cosa stia succedendo a tutti...
Insomma: perché sono così fissati con questa
storia di Nate?? E' vero, mi è stato particolarmente vicino
in questa situazione assurda, ma anche gli altri ragazzi non sono stati
da meno... Sono venuti a trovarmi e mi avranno ringraziato almeno un
milione di volte, anche se non aveva senso che lo facessero...
Avrebbero potuto semplicemente venirmi a trovare con le telecamere,
promettermi un posto fronte palco ad un loro concerto e firmarmi
qualche gadget, per poi sparire nel nulla... Invece sono tornati, si
sono interessati, hanno sconvolto la mia vita e quella della mia
migliore amica... Che poi lui mi abbia dedicato una canzone stupenda...
Ehi, ehi, ehi!! Frena un attimo, Lexi!!... Dio, parlo pure in terza
persona... Va bene, analizziamo la cosa con calma... Allora, Nate si
è mostrato molto interessato alla mia situazione e dire che
non mi faccia piacere, sarebbe come sostenere che i suoi occhi non
siano di un azzurro assuefante... Ma che cavolo mi sta succedendo?! E'
solo che, da quando ha cominciato a chiamarmi piccola, tutto
è diventato strano... Cioè, io mi sento strana e
lui... Lui è speciale... Dai: chi mi aveva mai dedicato una
canzone?! E chi avrebbe voglia di scoprire se quando rido mi si
illuminano anche gli occhi?! E chi... Okay, direi che il concetto sia
più che chiaro... Ma diamine: ultimamente mi parla con un
tono di voce così gentile ed interessato, e quando ride...
Oddio, quando ride è semplicemente perfetto! E io sto
andando fuori di testa, cosa che non necessitavo di aggiungere alla
lista dei miei problemi attuali... Non posso permettermelo... Non di
nuovo... Se c'è una cosa che ho imparato da tutta questa
situazione è che non bisogna mai innamorarsi di una
pop-star... Sì, decisamente questa è una lezione
bella che imparata...”.
10th
October 2013
- Ehi piccola!! Buongiorno!! Oggi siamo a Christchurch,
Nuova Zelanda! Lo so che ti sto chiamando un po' più tardi
rispetto al solito, ma per colpa del fuso orario ho pensato fosse
meglio aspettare la fine del concerto, altrimenti da te sarebbe stato
troppo presto...
“Buona notte a te Nate! E grazie per aver pensato alle mie
ore di sonno e non alle tue... Che carino.... Lexi, no!! Non ci pensare
nemmeno!! Ed eccoci qui, punto e a capo: sto di nuovo parlando in terza
persona e sto fantasticando su di lui... Cacchio...”.
- Tu non hai idea di che concerto sia stato, Lexi!! Insomma: sembrava
di essere tornati agli inizi! Il posto era un piccolo auditorium, che
avrà tenuto forse cinquemila persone...
“E tu lo chiami piccolo?! Scusa, ma io sono abituata a
parlare al massimo davanti ad un professore e al suo assistente,
durante gli esami, mentre tu ti esibisci ogni sera di fronte a
ventimila ragazze urlanti... Giusto...”.
- E quando abbiamo cantato Little Things, cavolo... Mi vengono ancora i
brividi se ci penso... Ogni persona che era lì dentro stava
cantando con noi... Ho seriamente rischiato di scoppiare a piangere
durante il mio assolo... Per fortuna che Hugh mi ha aiutato...
“Come al concerto in cui c'ero io... Anche lì la
tua voce si è incrinata sullo stesso punto e tutta l'arena
ha cantato al posto tuo... Ancora mi ricordo i tuoi occhi lucidi sui
maxi schermi...”.
-Chi mi sta nominando invano??
Lexi sentì il rumore di un pezzo di stoffa che veniva
scostato e si chiese se Nate non le stesse parlando dalla sua cuccetta
sul tour bus. Ma la sua intuizione venne presto smentita dalla voce
sempre allegra di Nate:
-Si può sapere chi ti ha dato il permesso di infilarti sotto
il mio piumone?
- Nessuno, ma sono mezzo ignudo e qui dentro si congela... Ma stai
cercando di trasformare la stanza in una cella frigorifera?!
- Hugh, vai fuori dalle balle, per favore!
- Intanto, grazie per quel “per favore”...
Dirò a Bob che ti ha cresciuto bene... Ma ora dimmi: che
stai facendo di tanto riservato in questa ghiacciaia??
“Cavolo Hugh sei veramente identico a Mia: due impiccioni di
prima categoria, cacchio!!”.
- Non so se noti, ma starei parlando con Lexi...
Cos'era quella?? Una leggera nota di fastidio era comparsa nella sua
voce, senza che lui volesse, eppure il fatto di avere Hugh
lì con lui e che quel bussare insistente alla porta gli
stesse dicendo che presto si sarebbe aggiunto qualcun altro,
lo facevano leggermente innervosire: quello era il suo momento di stare
con Lexi e sì, lo aveva aspettato per tutta la giornata.
-Allora: che sta succedendo qui dentro?!
Un Lewis decisamente euforico era entrato, anche lui senza permesso,
nella stanza, gettandosi letteralmente la porta alle spalle e lasciando
pure la porta aperta.
- Ma sei per caso nato in barca?
- No, perché?
- Non te l'hanno detto che le porte si chiudono, dopo essere entrati da
qualche parte?!
- Ma che centra questo con il fatto di essere nato in barca?
Un verso di pura frustrazione uscì dalle labbra di Nate,
cosa che fece insospettire non poco Lewis, con cui, solitamente, non
faceva altro che ridere. Ci pensò Hugh a chiarire le cose.
- Lascia stare Lewie... Te lo spiegheremo quando sarai più
grande...
Lexi riconobbe il rumore di un cuscino che finiva dritto in faccia ad
un Lewis più che indignato, dato il grido di guerra che
lanciò subito dopo, probabilmente pronto a ricambiare il
trattamento ricevuto. Ma prima che potesse fare qualsiasi cosa,
l'entrata drammatica di Zach attirò l'attenzione di tutti.
- Ditemi che cosa mi passava per la testa quando ho chiesto a Page di
sposarmi?! Ditemelo, vi prego!!!
Dal rumore, un altro peso morto si era gettato sul letto di Nate, che
Lexi sperava vivamente essere matrimoniale, e la cosa la fece parecchio
ridere: aveva sperato per anni di sapere che cosa facessero i The Rush
quando non erano su un palco o circondati da telecamere ed ora poteva
tranquillamente seguirlo in diretta, senza alcuno sforzo. Avrebbe tanto
voluto vederli.
Nate, invece, non vedeva l'ora che evaporassero tutti dalla sua camera
d'albergo, ma vista la piega che la situazione stava assumendo,
dubitava sarebbe accaduto tanto in fretta. Quando Hugh e Lewis
cominciavano con i loro battibecchi esistenziali era meglio mettersi
comodi e aspettare. Il primo a parlare fu proprio il fidanzato di Mia.
- Il fatto che la ami alla follia e che vuoi averla al tuo fianco per
il resto della vita?
- Questa suona più come una condanna che come una valida
motivazione...
- Ancora mi sto chiedendo come faccia Ellie a stare con te... L'ho
sempre detto che è una santa... E che tu sei un coglione...
- Ehi! Vacci piano con i complimenti che potrei arrossire...
Nonostante tutto, quella stupida risposta fece ridere Nate e quando
Lexi sentì quel suono ormai familiare, le venne da sorridere
di rimando, come se fosse un riflesso incondizionato: il suo corpo
rispondeva spontaneamente a quella risata, come facevano i reagenti in
chimica.
“Ho come l'impressione di star a ricadere nella fossa con
tutti e due i piedi... Ma che paragone felice per una nelle mie
condizioni...”.
Un battito più accelerato del suo cuore fece sobbalzare il
tracciato dell'elettrocardiogramma, che emise un suono stridulo,
facendo zittire tutti quelli che erano in una stanza d'albergo nel bel
mezzo della Nuova Zelanda, dall'altra parte del mondo.
- Cos'è stato? Zach si era bloccato un secondo prima di
lanciarsi anche lui sul letto di Nate e a rispondere al suo sguardo
sospettoso, ci pensò quindi Hugh, che invece non sembrava
per nulla sorpreso da quell'interruzione: Mia gli aveva detto che da
quando Nate l'aveva chiamata, Lexi sembrava più presente che
mai.
- Nate è su Skype con Lexi....
- Che cosa?! E non ci hai detto nulla?! Dammi qua!!
Il ragazzo dal ciuffo castano sempre più lungo ed
indisciplinato, afferrò d'impeto il pc, dalle gambe di Nate,
e se lo mise in grembo, con gli occhi azzurri accesi da un guizzo di
entusiasmo. In quel momento l'irlandese pensò di eliminare
fisicamente dalla faccia della terra Lewis Tompson.
- Ehi Lexi- Lex!! Come va?! Non mi dire che il nostro piccolo
Lepricauno ti stava ancora annoiando raccontandoti come sia andato
l'ennesimo concerto!!
- Ehi!! Io non annoio proprio nessuno!! Anzi, sono di grande compagnia,
vero Lexi??
Lexi avrebbe seriamente voluto vederli in quel momento: a contendersi
le sue attenzioni, quelle che nessuno, eccetto Mia e Matt, aveva mai
voluto e che ora, anche volendo, non avrebbe potuto concedergli. Alle
volte la vita era semplicemente ingiusta, ma questo non significava che
non ci fossero valide motivazioni per continuare a cercare una
soluzione a tutto. L'aveva imparato da Nate e da tutte quelle storie
che le aveva raccontato in ore e ore di chiacchierate di cui lei gli
era immensamente grata. Così, l'unica cosa che
poté fare per risollevare la reputazione del suo amico, fu
quella di far accelerare leggermente il suo battito cardiaco.
“Perché Nate è solo questo: un amico...
Un fantastico, insostituibile e perfetto amico...”
- Visto?!
Nate si riappoggiò con la schiena sulla testiera del letto,
increspando le labbra sottili in un sorrisetto soddisfatto: Lexi era
lì per lui e la cosa lo faceva sentire al settimo cielo.
- Fermi tutti: lo vedo solo io?
Zach si era finalmente seduto su un lato del letto ed ora riusciva a
vedere chiaramente Lexi.
- Che cosa??
Come al solito, benché volesse passare per quello che sapeva
sempre tutto, Lewis non era sufficientemente attento ai particolari,
specialmente quando si trattava di relazioni.
- Il sorriso ebete che ha Nate in questo momento...
- Ma si può sapere che cosa volete dalla mia vita?!
Hugh incrociò le braccia al petto e fu il suo turno di
sorridere compiaciuto: non sapeva bene se per il fatto di essere giunto
a quella conclusione prima di tutti gli altri o solo perché
era contento per Nate.
- Io me ne sono accorto da un bel pezzo... Pensa che quando sono
entrato, poco prima di voi, stava per sbranarmi perché
l'avevo disturbato durante la sua preziosa chiamata con Lexi...
- Oddio: è vero!! Il nostro Irlandese si sta...
- Ma la piantate di dire cazzate, per favore?!?!
- E' persino arrossito!!
- Lewis, preparati a morire...
Zach ebbe appena il tempo di afferrare il computer dalle gambe di Lewis
e di sedersi per terra, ai piedi del letto, prima che quei due
scalmanati cominciassero a fare la lotta: ventidue e ventiquattro anni
persi per la nebbia.
“Non ci posso credere!! Ma allora non solo l'unica che
è circondata da pazzi visionari!! La cosa mi solleva un
poco, anche se non aiuta per nulla nel mio intento di rimanere con i
piedi ben piantati a terra...”.
Mentre Hugh, tentava di sgusciare fuori dal piumone per potersi mettere
in salvo, Zach ne approfittò per parlare con Lexi.
- Ciao bellissima, sono Zach!
“Sempre sia lodato chiunque ci sia lì sopra per il
fatto che non posso arrossire... Ciao anche a te Zach...”.
- So che hai passato un brutto periodo, ma che ora le cose vanno
meglio... Ne sono veramente felice! E so anche che qualcuno ti ha
dedicato una canzone... Beh, a dire il vero, non l'ha ammesso con
nessuno, ma lo sappiano tutti che Through
The Dark parla di te... Quando ce l'ha fatta sentire mi
è parso di conoscere per la prima volta una parte di Nate
che non avevo mai visto... Si vedeva che quelle parole venivano dal
profondo e che stupivano pure lui...
Improvvisamente la confusione che Hugh, Nate e Lewis stavano facendo in
sottofondo sparì, cancellata non solo dalla voce bassa e
calda di Zach, ma soprattutto dal significato delle parole che le stava
dicendo.
“Non mi sono immaginata nulla... Quella canzone è
per me... Nate ha scritto seriamente una canzone per me...”.
- Senti Lexi, io non so che cosa stia succedendo tra voi due, ma di una
cosa sono certo: il Nate che è in tour con noi qui, in
Australia, non è lo stesso che c'era in America o in giro
per l'Europa... Non so cosa tu gli abbia fatto Lexi, ma grazie... Non
l'ho mai visto sorridere così tanto: sembra che sia la Festa
di San Patrizio ogni giorno!!!
- Zach che cazzo stai facendo con il mio computer?!
- Calmati principe azzurro: nessuno vuole portarti via la tua damina...
Il bel ragazzo di origini indiane si perse in una risata liberatoria,
che gli fece dimenticare tutto lo stress accumulato negli ultimi giorni
a causa dei preparativi per il matrimonio. Sentì il pc che
gli veniva tolto furiosamente dalle mani e si voltò per
osservare un Nate tutto accaldato, rosso in volto e con i capelli
biondi scompigliati, lanciarsi nuovamente sul letto, dove Hugh aveva
trovato un angolino neutro dove rifugiarsi. Si voltò
dall'altra parte della stanza e notò che Lewis era
altrettanto scompigliato ed affannato, con ancora un cuscino tra le
mani e se ne stava in piedi, davanti la porta del bagno, come
in attesa che il nemico lo attaccasse nuovamente.
- Fortuna che Lexi non può dire quello che sta
pensando ora...
“Fidati Zach che se poteste sentire il trambusto che ho io in
testa in questo momento, prendereste talmente tanta paura, da darvela a
gambe levate...”.
Hugh, a quella battuta di Zach, alzò un secondo la testa
dallo schermo del suo Iphone e fu tanto fortunato da cogliere
lo sguardo di Nate in quel preciso istante: si poteva leggere lontano
un miglio quanto fosse palpabile il suo desiderio di sapere che cosa
passasse per la mente di Lexi e la cosa gli fece capire definitivamente
che il suo amico era ormai perso nel bosco insidioso dell'amore. Gli
era sempre piaciuto far quel genere di considerazioni, ma che Lewis non
lo venisse a sapere altrimenti sarebbero stati mesi di prese in giro
ininterrotte.
- Che ne dite se ci leviamo dalle palle e andiamo a fumarci una
sigaretta? Così il principino se ne sta un po' da solo con
la sua amata...
Dopo che ebbe evitato un cuscino spuntato fuori da chissà
dove e lanciato da Nate con il chiaro intento di spiaccicarglielo in
faccia, Lewis si diresse verso la porta, facendo un breve cenno a Zach
che si alzò subito da terra e lo seguì fuori
dalla porta: ci teneva al biondino, anche se tinto, ed aveva capito
pure lui quanto avesse aspettato quel momento per chiacchierare solo
con Lexi.
- Salutami Lexi... A domani Nate...
Hugh gli lasciò una pacca sulla spalla e, mezzo nudo com'era
entrato, se ne stava anche uscendo, chiudendosi la porta dietro alle
spalle muscolose ed abbronzate. Lexi lo sentì prendere un
respiro profondo e buttare fuori tutta l'aria che aveva dentro e, senza
spiegarsi come, era quasi certa che stesse sorridendo: infatti Nate si
lasciò presto andare ad una risata liberatoria.
- Ora hai capito che manicomio è qui, ogni santissimo
giorno?!
“Sono veramente fuori di testa quei tre, ma diciamo che
l'avevo già intuito, tranquillo...”.
- Allora piccola: di cosa stavamo parlando, prima dell'invasione??
Forse era per quel “piccola” a cui non riusciva
seriamente ad abituarsi, perché le sembrava tanto
come un sogno che scorreva di fronte ai suoi occhi e che viveva con la
paura di risvegliarsi, anche se nel suo caso era esattamente
ciò che voleva, stava di fatto che ogni singola volta in cui
Nate usava quell'appellativo, il cuore di Lexi accelerava di uno o due
battiti, facendosi sentire.
Quando anche quella volta, il cardio-frequenzimetro fece un battito
più veloce degli altri, Nate sorrise, consapevole di essere
stato lui con quella sua abitudine di chiamarla
“piccola” a provocarlo. L'aveva notato
qualche giorno prima e ancora non riusciva a credere di essere
veramente lui la causa di quelle piccole variazioni: avendo a che fare
con Lexi ogni giorno, per almeno un'ora, e prima di partire per il
tour, ancora di più, si era allenato nel notare tutto, anche
il più minuto ed insignificante cambiamento. Ogni minima
variazione in quella ragazza era diventata per Nate una briciolo di
speranza a cui aggrapparsi, sperando che la stessero finalmente
conducendo da lui.
- Ah, sì! Insomma: è stato un concerto speciale,
veramente... Quasi mi ha ricordato quello di Londra... Uno dei primi
che abbiamo fatto all'O2... Quella volta ho seriamente faticato a
trattenere le lacrime, cavolo... Chissà se c'eri anche tu...
“Sì, che c'ero!! Io ero lì Nate e sono
qui anche ora... E vorrei così tanto che tu lo
sapessi...”.
- Comunque piccola, torno tra venti giorni.. Chissà se
magari ti sarai già svegliata e potrò finalmente
parlarti di persona... Perché non credere che ti libererai
di me tanto facilmente, eh? Wow, questa suonava più come una
minaccia che come una promessa... Mi faccio ansia da solo...
Ancora una volta la fece ridere e le fece sorgere la malsana speranza
che per davvero lui sarebbe stato lì con lei, una volta
aperti gli occhi.
“Magari potrebbero essere i suoi spettacolari occhi celesti
quelli che vedrò per primi... No, no, no!!! Ma che diavolo
sto pensando?! Non l'ho ancora capito che le cose non vanno come nei
telefilm degli anni Novanta, dove la povera sfigata che si risveglia
dal coma, lo fa solo perché l'uomo della sua vita gli ha
confessato amore eterno?!?! Dio, che idiota che sono...”.
Nonostante tutto quello che le era successo, il fatto di essere
arrivata persino a rischiare la sua vita per uno sguardo suo, il fatto
di aver semplicemente gettato all'aria la sua intera vita sentimentale
per un amore che palesemente non sarebbe mai potuto essere, anche se
lui non fosse mai diventato quello che era, il fatto di aver sempre
sperato che quel bambino potesse trasformarsi nel suo principe azzurro;
benché tutto questo fosse accaduto, il cuore di Lexi ancora
si ostinava a credere che le favole potessero esistere e che Nate
potesse forse essere il Lancillotto della situazione: non certo un
principe, ma non per questo meno degno di essere amato. Eppure, questa
volta, qualcosa di diverso c'era in Lexi: un passato doloroso ed una
consapevolezza acquisita con il rischio di perdere tutto il resto,
entrambi a pesare sulla volontà del suo cuore e a
condizionarne le decisioni. Sapeva di non potersi permettere
un altra frattura, altrimenti sarebbe stata per sempre e con ogni
probabilità era anche questo uno dei motivi per cui Lexi non
riusciva a svegliarsi: e se facendolo avesse scoperto che tutto quello
era ancora una volta frutto della sua fantasia e del suo inguaribile
romanticismo? Non poteva rischiare così tanto, per quanto le
promesse di Nate le fossero sembrate sincere.
Hi sweethearts!!
Tre capitoletti tutti
assieme, sostanzialmente perchè: 1) Non vedo l'ora che
accada "qualcosa" 2) Mi piace dare parecchio da leggere, di modo che
possiate avere più materiale su cui ragionare o anche solo
gustare. Grazie per aver letto fino a qui e spero che questi piccoli
attimi di "normalità" (più o meno, quasi ^^)
possano avervi in qualche modo fatto sorridere. Il ritorno di David dal
suo viaggio mistico vi assicuro che avrà conseguenze
rilevanti molto presto, mentre per quanto riguarda i Nexi.... Eh. Che
ne pensate di tutte queste paure di Lexi? Comprensibili o
ingiustificate? Mi piacerebbe molto sapere il vostro parere **
Grazie ancora e a
presto per il prossimo aggiornamento
Lots Of Love xx
|
Ritorna all'indice
Capitolo 18 *** 15th/16th/24th October 2013 ***
15th October 2013
- Ma ti rendi conto?! Mi spieghi come faccio io, da sola, senza l'aiuto
di nessun altro, a fare sette costumi di scena?! E per di
più da cigno, capisci?! Da cigno, per l'amor di dio!!!
Implica quantitativi esorbitanti di piume, piumette, piumone, tulle e
brillantini che tu non hai nemmeno idea!!! Non ce la farò
mai...
Lexi aveva passato gli ultimi venti minuti a subirsi
l'infinito e lagnoso monologo di Mia sulla cattiveria e
“stronzaggine” della capo costumista, per non
parlare della “poca stabilità mentale”
(sempre testuali parole) della direttrice del balletto, che cambiava
idea sui costumi di scena almeno tre volte al giorno, costringendola a
fare e disfare lo stesso tutù di continuo.
A dire il vero, la mente di Lexi era tutto fuorché
concentrata sulla sua migliore amica in crisi esistenziale, che
continuava a torturarsi le punte blu dei capelli, mentre faceva
ciondolare le gambe dalla solita poltrona, ormai infossata per le
troppe persone che vi si erano sedute sopra. Lexi non riusciva a
smettere di pensare a come poche ore prima, durante la chiamata, Nate
le forse parso strano, come se ci fosse qualcosa a turbarlo, ma l'unico
modo che aveva per scoprirlo, dato che non poteva chiederlo
direttamente a lui, era sperare che Hugh ne parlasse con Mia e che
quella ciarlona le riferisse tutto. Ma le sembrava altamente
improbabile, dato che era così concentrata a parlare del suo
lavoro, da non essersi nemmeno resa conto che qualcuno fosse entrato
nella stanza.
“E non un qualcuno qualsiasi, direi... Si prevedono fuochi
d'artificio...”.
-Sono sicuro che ce la farai...
Ci mancò veramente poco che Mia non cadesse dalla poltrona:
era così tanto concentrata nel narrare la sua epopea
lavorativa, che non aveva visto entrare David nella stanza dove si
trovava sua sorella. O almeno, quel ragazzo le sembrava David, ma non
era completamente sicura. La barba castano chiara incolta, la maglietta
bianca che si vedeva spuntare da una camicia in flanella a quadrettoni
blu e rossi, i jeans leggermente larghi, che cadevano perfettamente sui
fianchi magri. I capelli del colore della sabbia bagnata,
così diversi da quelli di Lexi, erano appoggiati
delicatamente sulla sua fronte, ad incorniciare uno sguardo che Mia non
gli aveva mai visto prima, se non forse due mesi prima, mentre la
consolava sulle scomode sedie di un anonimo corridoio di quello stesso
ospedale. Ma allora era solo un pallido riflesso di quello che aveva di
fronte in quel momento: il blu dei suoi occhi era a tal punto liquido
che Mia credette potesse tramutarsi in un oceano in cui si sarebbe
volentieri tuffata per esplorarne le profondità e scovarne i
tesori. Vi poteva scorgere un fuoco ed una determinazione che quasi la
misero in soggezione, ma quella nota di dolcezza mescolata ad interesse
le fecero invece provare un brivido alla base della schiena che la
lasciò completamente senza parole.
David riconobbe lo stupore nello sguardo delle stesse
tonalità del suo e seppe di aver fatto breccia nel muro di
pregiudizi che lo separavano da Mia da troppo tempo: ora doveva solo
lasciare che il nuovo David, o meglio, che il vero David parlasse.
“Ragazzi, ci siete?? Che è tutto sto silenzio??...
E se si fossero uccisi con uno sguardo?!...”.
- Allora... Come stai Mia?
La ragazza si riprese dallo shock iniziale e, dopo essersi seduta in
maniera normale sulla poltrona ed aver accavallato le gambe fasciate da
un paio di jeans neri, si prese tutto il tempo per tornare al suo
atteggiamento usuale nei confronti di David.
- Al massimo dovrei chiedertelo io, dato che sei tu quello che
è sparito per quasi un mese, mentre sua sorella era da sola
su un letto d'ospedale!
David stava per ribattere nella stessa maniera piccata, ma si morse la
lingua dicendosi che così non sarebbe andato lontano e che
doveva solo lasciare che Mia finisse di sfogare tutta la sua cattiveria
nei suoi confronti.
- Dove diamine sei stato in tutto questo tempo, eh David?!
Quello era il momento adatto per dare l'affondo e nulla avrebbe fermato
David dal raggiungere il suo obbiettivo: cancellare il risentimento e
la freddezza che lo separavano da Mia.
- Sono stato a Samarong, Cambogia... Ho trascorso tre settimane
lì, aiutando la gente del posto, facendo quello di cui c'era
bisogno...
L'espressione di shock e di incredulità che si dipinse sul
volto di Mia fece esplodere dentro di lui una bomba che era stata
innescata molto tempo prima e che non aspettava che un piccolo gesto da
parte di quella ragazza per brillare in tutta la sua potenza e farlo
sentire ancora vivo.
“Vai così fratello!! Questo sì che si
chiama sganciare la bomba al momento giusto!”.
- Tu sei stato...
- Sì, Mia e sono cambiato... No, non mi rispondere che sono
le solite cose che si dicono dopo un'esperienza del genere,
perché io sono partito da qui senza sapere nemmeno per quale
motivazione dovessi alzarmi la mattina e sono tornato con uno scopo, un
progetto e un'incredibile voglia di realizzarlo...
Non si era sbagliata quando aveva pensato che quello non fosse il
solito David, quello che conosceva da quando era piccola e che per anni
non aveva fatto altro che criticare. L'uomo che Mia stava fronteggiando
era una persona nuova che sembrava intendere ogni singola parola che
usciva dalla sua bocca e la cosa la stava lasciando senza parole, come
ipnotizzata dalla storia che le stava raccontando.
“Wow... Okay, mi hai spiazzato David... Chissà la
faccia che ha Mia in questo momento”.
- Ho capito che stavo sbagliando praticamente tutto... Non avevo un
vero amico, né una passione sincera che mi spingesse a fare
il mio lavoro... Ma soprattutto non avevo una persona con cui
condividere le mie giornate...
Lexi poteva benissimo immaginare nella sua testa quella scena surreale
che si stava svolgendo attorno a lei: una camera, un tempo asettica e
fredda, ora ricolma di regali, pupazzi e fiori; lei distesa su un letto
candido, nella sua ineluttabile immobilità; Mia seduta sulla
poltrona di pelle marrone, cercando di tenere a bada le gambe che
sicuramente si stavano muovendo in maniera frenetica, sbattendo gli
immancabili stivali sul pavimento; e David in piedi, a pochi passi dal
suo letto, con le mani infilate nelle tasche posteriori dei jeans per
cercare di non torturarle davanti a Mia, come era solito fare quando
era estremamente nervoso. I loro occhi della stessa tonalità
che si scontravano in maniera talmente tanto profonda e significativa
che se qualcun altro fosse stato presente all'interno della stanza, si
sarebbe sentito tremendamente di troppo.
“Un po' mi ci sento pure io, in più... Ma non ho
molte alternative... A meno che non mi svegli proprio ora e dica: Oh,
scusate! Vi lascio subito soli... Oddio!! Questo sì che
sarebbe divertente!.. Ma che cavolo penso? Focalizzati Lexi,
focalizzati!!”.
- Credo che sia il caso di dirtelo Mia... Non importa quello che
deciderai di fare o come reagirai. Capirei anche se volessi rimanere
con quel tipo lì...
- David, che cosa stai dicendo??
- Dico che sono innamorato di te, Mia... Dico che non posso
più far finta di non aver bisogno del tuo sorriso la mattina
per svegliarmi... Dico che non riesco a trovare un senso nella mia
giornata se non so che avrò la possibilità di
litigare con te... Dico che non so più chi sono senza la tua
voce che mi riempie di insulti e critiche, mostrandomi dove sbaglio...
Almeno secondo te...
Nonostante tutte quelle parole che stava sentendo le sembrassero
assolutamente surreali, Mia non poté trattenersi dal fare
una leggera risata che subito fece sorridere anche David,
perché d'altra parte, se lei rideva lui non poteva far altro
che sorridere di rimando. Erano un po' come le maree con le fasi
lunari: si attraevano e si respingevano, rimanendo comunque fatalmente
legate le une alle altre. David aveva cominciato a gesticolare,
incapace di sfogare il nervosismo e l'ansia in altra maniera: e se Mia
gli avesse detto che era pazzo, matto da legare? O peggio, che non
provava lo stesso per lui, cosa che, obbiettivamente, era
più che plausibile dato che stava assieme a quel tipo
perfetto.
- Io ho bisogno di te Mia... E sono serio. Quando ho visto le prime
foto di te con quello lì...
- Si chiama Hugh... Non voleva contraddirlo o fargli perdere la
pazienza, anche perché voleva che continuasse a parlare, ma
si sentiva lo stesso in debito con Hugh e tutte le meravigliose
emozioni che le aveva regalato fino a quel momento.
L'unica cosa che David si sentì di fare fu prendere un bel
respiro profondo e lasciare che quella frecciatina gli scivolasse
addosso: non poteva sprecare anche quell'occasione. “Ma
quella cos'era?? Incertezza? Rassegnazione? Mia, non starai per caso
cedendo?? Balla la samba mentalmente... Oddio, no, sto di nuovo
parlando in terza persona!!”.
- Quando ho visto le tue prime foto con lui, beh... Ho pensato che non
me ne importasse nulla... Ma poi la mia attenzione è caduta
sulle vostre mani intrecciate... Sullo sguardo con cui ti stava
guardando... Sul sorriso bellissimo che avevi tu... E mi sono
incazzo... Chiedi a Lexi!! Sono corso qui ed ero fuori di testa,
perché volevo esserci io al suo posto!! Volevo essere io a
farti sorridere così!! Non un tipo sbucato fuori dal nulla
che non sa un cazzo di te!! Dimmi: sa che hai paura dei ragni?! Che non
sopporti quando la gente ti parla senza guardarti negli occhi?! Che
quando non riesci a disegnare, ti metti ad ascoltare Ed Sheeran anche
se non lo ammetteresti nemmeno sotto tortura?! Lo sa che da piccola
venivi da me, quando quel bulletto a scuola ti diceva che eri strana?
Avrebbe tanto voluto che stesse zitto, che non dicesse nessuna di
quelle verità che le stava mettendo sotto gli occhi, non
voleva che le facesse capire come anche lei avesse sempre saputo che a
Hugh mancasse qualcosa. Ma non qualche qualità o qualche
dote particolare, semplicemente non era David. Mia non voleva sentirlo,
perché quello avrebbe complicato ogni cosa ed avrebbe fatto
tremare tutto il suo mondo.
- Io ti amo Mia e ti ho sempre amata... C'ho solo messo diciannove
fottutissimi anni per capirlo... Ma ora sono qui e ci sarò
per sempre...
Quando le prime lacrime scesero sulla sua guancia, mischiandosi con i
capelli che le nascondevano il volto, Mia non si stupì: le
stava aspettando e sapeva che presto sarebbero arrivate. Aveva passato
la sua vita a far finta di nulla, che quel ragazzino impertinente,
spocchioso ed estremamente carino, nonché fratello della sua
migliore amica, fosse la persona più lontana da lei sulla
faccia della terra. Aveva sprecato così tante energie
nell'auto-convincersi di non poter provare nulla di più per
lui che non fosse insofferenza e nervosismo, ma la realtà
era che si sentiva attratta da David come le calamite a forma di cuore,
sul frigo della cucina. Lo sapeva da quel primo San Valentino di undici
anni prima: Lexi si era appena presa da qualche mese la sua epocale
cotta per Lucas ed anche quel pomeriggio stavano parlando di lui e di
come avesse regalato dei cioccolatini a Brittany, senza ricevere il
bigliettino che Lexi gli aveva lasciato sul banco e che il suo amico
Andy aveva gettato nel cestino. In quel momento era entrato nella sua
cameretta, senza bussare, David e aveva detto ad entrambe che erano
delle sciocche a sperare che uno così fosse il ragazzo
giusto per loro e che dovevano aspirare a qualcuno di meglio, qualcuno
che le facesse sentire importanti ogni giorno. Poi se ne era andato,
sbattendo la porta e comportandosi come se nulla fosse successo. Solo
con il passare degli anni, Mia aveva capito che quella frecciatina era
indirizzata a lei e che quello era stato uno dei rari momenti in cui
aveva potuto vedere il vero David: quello premuroso, che combatteva per
ciò che amava e che sapeva anche ragionare. Ma non aveva
dato ascolto a quella vocina nella sua testa che le diceva come, forse,
il fratello della sua migliore amica fosse quello giusto per lei e non
l'aveva fatto molte altre volte, nel corso degli anni, specialmente
quando, per qualche caso del destino, si ritrovavano solo loro due a
parlare, spogliandosi quasi involontariamente di ogni maschera che
indossavano. E non le aveva dato retta nemmeno due mesi prima, appena
dopo il ricovero di Lexi, quando lui l'aveva rincorsa fuori, in
corridoio, per accertarsi di come stesse. Avevano parlato ed erano di
nuovo solo loro due: Mia e David. Nessun ruolo da rivestire, nessuna
bugia. Solo loro due. Poi era arrivato Hugh e tutto si era fatto
più complicato, facendole credere che lui fosse la persona
giusta con cui creare un futuro, almeno nell'immediato, e ne era ancora
convinta, nonostante quelle lacrime che le rigavano il volto.
David si sarebbe aspettato qualsiasi reazione, ma non quel pianto
sommesso che lo stava letteralmente distruggendo. Voleva abbracciarla,
dirle che sarebbe andato tutto bene, che lui era lì, ora, ma
qualcosa, nella sua testa, gli diceva che fosse meglio starle lontano e
lasciare che si sfogasse.
Alzò la testa per osservare quel ragazzo che era sempre
stato parte della sua vita ma che solo in quel momento aveva deciso di
metterla sotto sopra, come un uragano d'estate sulle coste di Miami,
lasciando che il nero, del mascara colato, si fondesse con il blu,
delle punte dei suoi capelli appiccicati al volto. Le aveva detto che
l'amava e che ci sarebbe sempre stato per lei: ma avrebbe aspettato
tutto il tempo che Mia avrebbe impiegato per capire che cosa stesse
succedendo e che cosa volesse veramente dalla sua vita? E Mia era
pronta per mettere tutto in discussione e rischiare di perdersi nel
caos dei suoi sentimenti, senza, questa volta, avere Lexi al suo fianco
a farle da guida?
Gli occhi di David la guardavano preoccupati ma con una sicurezza di
ciò che le aveva appena detto che la fecero sentire
protetta.
- Dammi solo un po' di tempo...
David rimase a bocca aperta, un po' per la consapevolezza di aver fatto
breccia nel muro che Mia aveva costruito attorno al suo cuore per non
permettergli di entrare e un po' per la sorpresa nel sentire quelle
parole: ci avrebbe pensato, ma non era detto che avrebbe scelto lui,
alla fine.
- Tutto il tempo che vuoi... Io sono qui... Ti aspetto...
L'amore che riconobbe nelle note della sua voce, in quell'aprire le
braccia per accoglierla in un abbraccio che si accorse di desiderare
con tutta sé stessa, quel celeste liquido carico di promesse
e di aspettative, fecero crollare Mia definitivamente. Fu costretta a
prendere la borsa e correre fuori da quella stanza, lungo i corridoi,
nel parcheggio, senza fermarsi fino a quando non fu nella sua auto. Se
solo fosse rimasta un secondo di più lì dentro
sarebbe finita tra quelle braccia forti e tutto sarebbe finito: non
avrebbe ragionato, avrebbe agito d'impulso e, benché
l'avesse fatto per tutta una vita, quella volta non poteva
permetterselo. Amava entrambi, non c'erano dubbi: doveva solo capire
senza chi non poteva continuare a vivere.
16th
October 2013
La mente di Lexi stava ancora scansionando le parole che David aveva
detto, forse più a sé stesso che a lei, dopo che
Mia se ne era andata via, piangendo: “Aspetterò
anche per sempre...”.
Lexi credeva di sapere che cosa significasse aspettare qualcuno per
sempre, dato che lei aveva speso gli ultimi undici anni della sua
esistenza ad attendere qualcuno che non si era mai nemmeno accorto
della sua presenza sulla superficie terrestre. Ma quando aveva sentito
quelle parole uscire dalla bocca di David aveva capito che possedevano
tutto un altro significato, estremamente lontano da quello che lei vi
aveva sempre attribuito. Ciò che David intendeva, andava
oltre quello che ogni persona non innamorata avrebbe mai potuto
concepire: implicava un'attesa nonostante tutto, nonostante le brutte
giornate o i momenti di sconforto; implicava un aspettare anche quando
la vita dava tutte le possibilità di andare avanti;
implicava attendere non solo con il pensiero sempre puntato sull'altra
persona, ma soprattutto con il cuore... Implicava che, prima o poi, la
metà della mela sarebbe arrivata e tutto avrebbe trovato il
proprio posto.
Mentre per lei non era stato così.
Quegli undici anni li aveva spesi sognando epocali incroci di sguardi
che non erano mai avvenuti, immaginando primi baci che non potevano
esistere neanche nel mondo delle fiabe, ancorandosi al ricordo di
qualcosa che non c'era mai stato. Perché lei, con Lucas, non
aveva condiviso nulla se non la stessa aria durante le lezioni a scuola
o lo stesso fuso orario, quando non era in giro ad esibirsi per il
mondo. Lexi non era mai stata sotto la stessa luce di Lucas, non
avrebbe mai potuto dire di possedere un momento in cui le loro vite si
erano realmente incrociate e che sarebbe potuto essere l'inizio di
tutto. Fino al giorno della premieré. Fino a quell'incidente
che le aveva cambiato la vita.
“Ho sperato così tanto che Lucas fosse il ragazzo
giusto per me, convinta di amarlo, da non rendermi mai conto di che
cosa sia il vero amore... Poi, un giorno, entra mio fratello nella mia
camera d'ospedale e dice tutte le cose che io avrei voluto sentirmi
dire in un'intera vita... E la mia migliore amica si mette a piangere
perché, insomma, ammettiamolo: anche lei è pazza
di lui... Le loro vite si sono incrociate davvero, perché
hanno parlato, hanno condiviso qualcosa insieme... E se ora
sarà destino, allora vivranno una favolosa storia d'amore, e
se non dovesse andare così... Beh: pazienza! Ma almeno ci
hanno provato... Io invece... Io pensavo di sapere che cosa fosse
l'amore e che cosa volesse dire aspettare qualcuno per sempre, invece
non ho fatto altro che escludermi qualsiasi possibilità di
scoprirlo davvero...”.
Ma Lexi non poteva sapere che spesso, in amore, non bisognava per forza
essere in coppia ad aspettare per sempre: bastava che uno dei due lo
facesse e che l'altro, al momento giusto, si desse la
possibilità di vedere tutto quello che l'altra persona aveva
fatto per lui. Ed ormai era indubbio che Nate stesse aspettando da
tanto, troppo tempo, di parlare con lei.
24th October
2013
- E così, piccola... Ah, a proposito: torniamo tra sette
giorni!! Non vedo l'ora! Il tour qui è stato assolutamente
pazzesco, però ho una voglia matta di rivedere il mio letto,
riabbracciare Theo, il mio meraviglioso nipotino e, soprattutto, di
stringere la tua mano... No, non prendermi per pazzo, è solo
che ci stavo pensando giusto questa mattina: è
più di un mese che non ti vedo di persona e mi manca sentire
le tue dita tra le mie... Mi facevano capire che esisti davvero... Non
che tu non esista, non era questo quello che volevo dire... Cazzo, ma
perché ogni volta che cerco di fare un discorso serio,
finisco sempre per dire delle stupidate colossali?!
“Perché sei tenero fuori dalle maniere ed io sto
cominciando a ragionare come un'adolescente alla sua prima cotta,
aiuto! Qualcuno mi salvi!!”.
Ogni volta che riuscivano a collegarsi via Skype, Lexi e Nate creavano
il loro mondo personale: lui le raccontava letteralmente di tutto e lei
cercava di farsi sentire presente con la sua frequenza cardiaca, per
quanto poco le fosse possibile. Tutto il resto spariva ed ogni
interferenza da parte di qualcuno (ormai Nate doveva nascondersi nei
luoghi più improbabili per non essere rintracciato da uno
dei quattro energumeni, anzi, tre, perché Lucas non aveva
mai insistito per parlare con lei), diventasse motivo di stizza per
entrambi. Volevano rimanere loro due e basta, tutto il resto era solo
d'impiccio.
Ma quel giorno, Lexi doveva fare la risonanza magnetica
settimanale per controllare lo stato di riassorbimento
dell'ematoma, così Sarah entrò nella stanza senza
farsi troppi problemi e si sporse davanti lo schermo per annunciare la
sua apparizione anche a Nate.
- Buongiorno biondino! Come va oggi?
- Ciao Sarah! Bene, grazie... Te?
- Non c'è male, dai... Dove ti esibirai tra un po'?
- Oggi siamo di nuovo a Sidney, per il secondo concerto di fila qui...
Ne mancano pochi, prima che possa tornare a casa.
- Ah sì?? E quando dovresti tornare? Che così mi
faccio dare il turno di notte, in caso volessi fare qualche altra
improvvisata...
Nate rise, osservando la faccia complice della donna che lo scrutava
dall'altra parte dello schermo: se la ricordava anche lui, quella
notte. Era stata una vera pazzia presentarsi alle due del mattino,
appena tornato dall'America, con una faccia da invasato, sperando di
poter vedere Lexi, ma fortunatamente aveva incontrato Sarah, che
aveva letto nei suoi occhi la sua esigenza e le sue buone
intenzioni. Ancora non credeva a tutte le pazzie che aveva fatto e che
stava facendo per quella ragazza con cui non aveva mai neanche parlato,
eppure gli sembra tutto assolutamente normale se si trattava di Lexi.
- No, no prometto di venire ad un orario decente, questa volta... Anche
se non vedo l'ora di stringere la sua mano tra le mie...
Sapeva che quelle cose potevano suonare piuttosto smielate alle
orecchie di chiunque, ma sapeva anche che di Sarah si poteva fidare,
specialmente perché aveva come l'impressione che lei sapesse
molto più di quanto lasciava intendere. Era stata lei , la
prima a dirgli qualche parola di supporto per convincerlo a parlare con
Lexi ed era sempre lei che lo aiutava a mantenersi in contatto con la
ragazza anche quando Mia non poteva.
- Credo che ne senta la mancanza anche lei... Qui, come al solito, sono
tutti troppo convinti che bastino le parole per farle sapere che sono
presenti ma, alle volte, una stretta di mano o un bacio sulla fronte
sono molto più di un intero poema in rima...
“Sai Sarah: comincio a credere che tu abbia ragione... Se
ripenso a tutto il tempo che ho trascorso qui le cose che
più mi sono rimaste impresse, oltre alla canzone di Nate e
alla prima visita dei ragazzi, sono state le carezze e i baci che mi
lasciavano quelli che venivano a trovarmi... Era come avere un contatto
vero, più profondo e sincero con loro... E beh, le labbra di
Nate sono una cosa stupenda...”.
Improvvisamente il cuore di Lexi fece un balzo e tutti se ne accorso,
tanto che Sarah non poté trattenersi dal ridacchiare
sommessamente: se sul serio Lexi poteva sentire e percepire tutto, come
sostenevano i medici e come lei sperava, allora quella ragazza si era
presa un'enorme cotta per il bel cantante irlandese dal sorriso allegro
e, senza ombra di dubbio, il sentimento era più che
ricambiato.
- Va bene... Credo sia ora di andare... Tornerò tra un po'
per portarla a fare la risonanza.
Detto questo, uscì di nuovo dalla stanza stando ben attenta
a chiudere la porta, dato che era capitato spesso che qualche fan si
infiltrasse nel reparto per andare a trovare Lexi e sperare di trovarci
qualcuno dei ragazzi. Era una situazione piuttosto surreale, ad essere
sinceri e Sarah era abbastanza preoccupata di come Lexi avrebbe
affrontato tutto quello, una volta svegliata. Nonostante tutto,
però, sperava tantissimo che quel momento arrivasse il prima
possibile.
Hi sweethearts!
Mi ero detta: ma
sì, pubblichiamo tre capitoletti assieme dato che non sono
lunghissimi... Solo che mi sono accorta dopo che genere di fardello
emotivo si portasse dietro il primo! Sorry ** Ammetto che, mentre
scrivevo questa storia, ho cominciato ad affezionarmi davvero troppo a
qualsiasi personaggio e scrivere questa scena tra David e Mia
è stata quasi una liberazione... Spero davvero che vi abbia
trasmesso almeno un po' del sollievo provato da David nel confessarsi e
un pizzico dello stravolgimento che ha sconvolto Mia ^^
Per quanto
riguarda Lexi, lei è sempre intenta nelle sue elucubrazioni
mentali circa il significato della vita e dell'amore e dei massimi
sistemi del mondo... Fortuna che c'è Nate a tenerla con i
piedi per terra. Ma per quanto ancora?
Spoiler:
preparatevi al primo terremoto.
Grazie a chiunque
legga questa storia e a chi dona un po' del suo tempo per recensirla:
siete speciali **
Lots Of Love xx
|
Ritorna all'indice
Capitolo 19 *** 25th October 2013 ***
25th October 2013
- Credo di aver fatto un disastro, Lexi!!!
“Che cos'è successo sta volta Mia?? Hai bucato
come una fetta di Emmental l'ennesimo figurante del teatro?
Perché questa solfa me l'hai già propinata la
settimana scorsa e, sinceramente, comincio a pensare che dovrebbero
rivestirli di gommapiuma quei poveretti, prima di farli passare sotto
le tue mani...”.
Lexi sarebbe andata avanti a fare della terribile ironia sugli istinti
voodoo di Mia, ma sentì il suo respiro affannato e il
ticchettare nervoso dei suoi stivali con il tacco sul pavimento, segno
che qualcosa non andava davvero. Quando parlò di nuovo, Mia
si chiese seriamente se sarebbe riuscita ad arrivare alla fine di quel
racconto perché sapeva di aver commesso un errore enorme e
che, con ogni probabilità, si stava giocando qualsiasi
possibilità di far risvegliare la sua migliore amica. Ma
doveva dirglielo, prima che le cose degenerassero ulteriormente.
- Ho fatto un disastro, Lexi-Lex... Ho rovinato tutto...
“Ah, okay... Allora hai scelto tra David e Hugh?? Tranquilla,
Mia: andrà tutto bene, chiunque dei due tu scelga... Anche
se non sarà il mio fratellone la tua scelta, lo
capirò... Insomma, la sua improvvisa redenzione ha lasciato
senza parole anche me, quindi posso capire i tuoi eventuali dubbi su di
lui... Mentre Hugh, beh lui è assolutamente adorabile, oltre
che...”.
Mia prese un respiro profondo e si passò le mani tra i
capelli biondi, ancora arruffati per la nottata passata al telefono con
Hugh, cercando di capire che cosa fosse successo e come potessero
risolvere la situazione, senza trovare una via d'uscita. Mise una
ciocca ribelle dietro le orecchie e cominciò a parlare.
- Ho detto tutto a Hugh...
“Quindi hai scelto David?!?! Oddio sono così
felice!!! Ammetto che non mi sarei mai aspettata un finale del genere,
però ne sono felicissima!!”.
- Ho detto a Hugh che sei innamorata di Lucas dalla prima media...
“Insomma: adesso saremmo anche parenti e... E... Che cos'hai
detto Mia??”.
- Stavamo parlando del nulla e poi lui mi ha chiesto se andasse tutto
bene, perché mi sentiva strana ed io non sapevo cosa
rispondergli, perché cacchio!
“... Mia: che cos'hai detto a Hugh?... ”.
- Non potevo dirgli che avevo la testa in palla perché il
fratello della mia migliore amica, per cui ho cercato di nascondere i
miei sentimenti per un'intera vita, mi aveva detto una settimana prima
che mi amava e che mi avrebbe aspettato per sempre!!... Cazzo, sono
dieci giorni che io non capisco più nulla di quello che
faccio e che mi sento malissimo, dato che mi sembra di prendere in giro
Hugh... Comunque stavo cercando una risposta ed ho cominciato a parlare
a vanvera, dicendo che anche io volevo trovare l'amore vero, che non ce
la facevo più a non avere nessuno con cui condividere le mie
esperienze... Ero in completo panico Lexi, capiscimi!! Mi stavo
arrampicando sugli specchi e... E...
“E che cosa, Mia?!”.
- E ad un certo punto ho detto: “Non voglio trovarmi come
Lexi, che è innamorata del tuo amico Lucas da undici
anni!!”... Mi dispiace Lexi!! Non avrei mai dovuto dirlo, lo
so!! Scusami!!! Mi sono subito morsa la lingua, solo che poi Hugh mi ha
chiesto che cosa intendessi con quella frase... Io ho provato a far
finta di non aver detto nulla, ma...
“Hai detto a Hugh che io... Che io...”.
Non riusciva più a capire che cosa succedesse dentro e
attorno a lei, tutto si stava confondendo e diventando pericolosamente
sfocato: le sue sensazioni, le sue emozioni, i suoi pensieri.
- Ma lui ha insistito dicendo di aver sentito quello che avevo detto,
ma che voleva capire che cosa intendessi... Così,
stupidamente, ho pensato che non ci fosse nulla di male a raccontargli
un po' la tua storia...
Mia continuò a riportarle che cosa si fosse lasciata
sfuggire con Hugh, ma Lexi era concentrata su tutt'altro: che cosa
sarebbe successo ora? Che effetto le faceva sapere che, forse, Lucas
era venuto a conoscenza di quello che lei provava per lui? Tutti quelli
che l'avevano conosciuta, avrebbero pensato che il suo gesto fosse
stato dettato dai suoi sentimenti per Lucas?? E, soprattutto, che cosa
avrebbe pensato Nate, se l'avesse scoperto??
Il sol pensiero che Nate potesse esser venuto a conoscenza di quella
parte della sua storia fece sorgere in Lexi un soffocante e
inarrestabile senso di colpa, che si fermò all'altezza della
gola, rischiando di bloccare il passaggio dell'aria nonostante l'aiuto
del respiratore artificiale. Sapeva che non aveva un minimo di senso
logico quel suo sentirsi sbagliata, nel torto, come se avesse appena
ucciso qualcuno, ma era esattamente quello che provava: Nate le aveva
promesso che sarebbe stato lì per lei, per poter vederla
risvegliarsi, per capire quale fosse la vera motivazione che l'aveva
spinta ad avventarsi su quella pallottola, ma ora? Ora sarebbe rimasto
comunque, nonostante l'apparente scoperta che tutto quello era stato
dettato dall'amore di Lexi per uno dei suoi migliori amici,
benché lei sapesse che non fosse affatto quella la vera
ragione?
“Non posso perderlo... Non voglio perderlo...”.
Non era ancora sicura che Nate lo fosse venuto a sapere, ma la sola
possibilità che lui potesse abbandonarla la stava facendo
cadere nello stesso baratro che l'aveva inghiottita un mese prima,
perché solo in quell'istante aveva preso consapevolezza di
quanto Nate fosse importante per lei... Di come fosse diventato la sua
prima e maggiore ragione per continuare a lottare. Lexi era pienamente
cosciente che se lui l'avesse abbandonata in quella battaglia, lei non
avrebbe perso solo quel combattimento con l'ematoma che la bloccava su
quel letto, ma anche la sua guerra con la vita. Aveva combattuto con
tutta sé stessa per tornare a riprendere in mano la sua
esistenza, ma solo perché sapeva che la voce allegra e
rassicurante di Nate sarebbe stata lì ad incitarla,
perché la sua mano grande e delicata, l'avrebbe accompagnata
attraverso ogni ostacolo, perché quella risata l'avrebbe
risollevata ogni qualvolta fosse caduta, stremata dallo sforzo...
Perché quelle labbra gentili, calde, leggermente rotte dal
nervosismo di non poterle ancora parlare, l'avrebbero fatta arrivare a
credere che ci fosse una valida motivazione per continuare a vivere,
nonostante tutto, solo lasciando che raccogliessero l'ennesima lacrima
che avrebbe solcato la sua guancia.
La mente di Lexi non percepiva nessuna delle parole che Mia stava
sputando fuori nel disperato tentativo di trovare un senso a quello che
aveva fatto, perché era tutta concentrata sulla nuova
folgorante verità che aveva colpito non solo lei, ma anche
il suo cuore.
“Mi sono presa una cotta per Nate...”.
Ma questa volta Lexi sapeva che era diverso, che lui non se ne sarebbe
andato, che avevano condiviso dei momenti assieme, benché in
una situazione decisamente particolare, sapeva che senza di lui non
sarebbe mai arrivata dove era ora, ad un passo dal potersi risvegliare.
Ma adesso tutto rischiava di scivolarle nuovamente dalle mani,
disperdendosi come sabbia al vento.
-... Il problema è che questa non è la cosa
peggiore...
Lexi prestò di nuovo attenzione alla sua presunta migliore
amica, lasciando per un momento da parte quella dilaniante voglia di
sentire le mani calde di Nate sfiorarle la guancia, per dirle mutamente
che tutto sarebbe andato per il verso giusto.
- Dio, Lexi, non sai quanto mi dispiaccia!! Ma sono stata una cogliona,
veramente!! E lo sono tuttora!!!
“Dimmi che non l'ha scoperto... Ti prego dimmi che tra sei
giorni tornerà da me... Ti prego...”.
Voleva piangere, ma quelle stupide lacrime non accennavano a voler
uscire, come per dispetto, per dirle che tanto, anche se avesse pianto,
le cose non sarebbero cambiate. - Mentre
io e Hugh stavamo parlando al telefono, lui l'aveva messo in vivavoce
e... E Nate è entrato nella stanza senza che uno dei due se
ne accorgesse... Mi dispiace un mondo Lexi!!
“Ti scongiuro, Mia... Dimmi che non ha sentito nulla... Ti
pre-...”.
Ormai nemmeno i pensieri riuscivano più ad assumere una
forma precisa, ad avere un contorno definito ed aleggiavano inermi
nella testa di Lexi, incapaci di trovare una via per uscire dall'ondata
di dolore che l'aveva pervasa da capo a piedi.
- Ha sentito tutto...
Era arrivato come un sussurro, Lexi non sapeva se perché Mia
non avesse più nemmeno la forza per parlare, consapevole di
ciò che aveva appena fatto, o se perché lei ormai
era troppo lontano da lì per percepire distintamente quello
che le stesse accadendo intorno. Un bozzolo di dolore si era fatto
spazio dentro di lei, avvolgendo tutto, indistintamente: cuore,
pensieri, emozioni, sentimenti, ricordi... Nulla aveva più
una sua essenza, era tutto un marasma soffocato dentro alla tela
appiccicosa di quel dolore che sembrava essere la costante della sua
vita. La separazione dei suoi genitori, la sua mancanza di coraggio
nell'affrontare qualsiasi decisione, l'avere una sola ed unica amica,
l'aver inseguito un amore impossibile e non corrisposto, sempre e solo
quel dolore che l'aveva fatta nascondere sempre di più dai
riflettori della vita, preferendo rimanere a guardare invece che
sperimentare.
Per la prima volta, da quel 20 Agosto, sentiva una vera e propria
sensazione fisica: un peso sul petto si stava facendo sempre
più presente, schiacciandole le costole, i polmoni, il
cuore...
“Forse dovrei seguire quella luce... Ha aspettato tanto per
avermi con sé... In fin dei conti, lei c'è stata
sempre... Mentre tutti gli altri, prima o poi, se ne sono
andati...”.
Era l'unico pensiero che riusciva a fare, mentre camminava, non sapeva
nemmeno lei come, verso quel bagliore sempre più maestoso,
lasciando che nella sua stanza il dottor Lawson accorresse affannato
per cercare di rianimarla, che Sarah le urlasse di non abbandonarla di
nuovo, che tutto il mondo continuasse a vivere senza di lei, che, in
verità, non aveva mai cominciato a vivere davvero.
Hi sweethearts!
Eccoci qui. Il
primo vero terremoto. Vi assicuro che ogni volta che leggo questo
capitolo, mi scende almeno una lacrima. Capitolo breve ma intenso Avrei
così tante cose da dirvi, su Lexi, su quello che prova e sui
suoi ragionamenti, ma credo che lascerò a voi lo spazio per
dire a me ciò che ne pensate... Lo pubblico ora
perché magari, per Pasquetta (ergo lunedì) saremo
tutti talmente ripieni di cioccolato da poter sopportare le conseguenze
di quanto successo in questo capitolo, magari con un nuovo
aggiornamento.
Grazie mille per
aver letto fino a qui e grazie perché permettete a Lexi e
alla banda di poco normali che si porta dietro di tenervi compagnia.
A presto e Buona
Pasqua **
Lots Of Love xx
|
Ritorna all'indice
Capitolo 20 *** 26th/29th October 2013 ***
26th October 2013
Era ancora attaccata a quelle macchine, ne sentiva il rumore
costante e cadenzato che un tempo l'aveva spesso irritata.
Lo sapeva perché percepiva i pianti e i discorsi di chi la
andava a trovare.
Era persino tornato il Signor Finnigan, nonostante pure lui avesse
avuto i suoi begli acciacchi, dovuti all'età. Aveva sentito
i singhiozzi di Mia assopirsi sulla spalla di suo fratello che, questa
volta, era subito accorso, ancora prima dei suoi genitori, che non
facevano altro che cercare una scusa per non lasciare che la loro
sofferenza personale trovasse conforto in quella dell'altro. Pure le
domande, fatte forse al vento, del dottor Lawson le erano arrivate alle
orecchie, quando si chiedeva come fosse possibile che il giorno prima
desse chiari segnali di miglioramento e poi fosse accaduto tutto
quello.
Arresto cardiaco.
Il secondo.
Più potente.
Più rischioso.
Poteva essere definitivo, ma l'aveva recuperata per un soffio.
Lexi sapeva che cosa fosse stato quel soffio, ma il solo ripensarci
rischiava di ucciderla di nuovo. Aveva pensato alla promessa di Nate e
alle parole della canzone che le aveva dedicato, benché
fosse consapevole che anche quello, ormai, se ne fosse andato per
sempre dalla sua vita. Non aveva lottato per restare in vita,
semplicemente il suo corpo aveva risposto da solo, ma la sua mente era
ancora immersa in una pozza di dolore e senso di perdita che, lo
sapeva, nulla avrebbe mai lenito.
Come aveva sospettato, Nate non aveva chiamato: solo per sentire il
rumore della chiamata di Skype continuava a prestare un minimo di
attenzione alla realtà attorno a lei, altrimenti avrebbe
lasciato che la luce la inghiottisse per sempre. Sperava che,
nonostante tutto, lui decidesse di mantenere quella promessa, che
rimanesse con lei per portarla fuori dalle tenebre. Che combattesse il
fuoco e l'acqua per lei, che tornasse per stringerla più
vicino, sperando che il suo cuore fosse forte abbastanza. Lo desiderava
così tanto, che riusciva a rimanere a galla in quel vuoto
che sentiva dentro, perché lui non c'era più.
29th
October 2013
Perché continuasse ad aspettare che quel computer si
illuminasse con una richiesta di chiamata, non lo sapeva neanche lei,
forse perché, nel corso degli anni, l'aspettare era
diventato la sua condizione d'esistenza ed insisteva nel farlo, senza
rendersene conto. Ed era per questo che quel giorno sentì le
parole di Mia, senza che queste arrivassero però ad
attaccare il suo involucro di dolore.
- So che magari non lo vorrai sentire... E, sinceramente, ora come ora,
non so nemmeno più se mi senti... Ma te lo dico lo stesso...
Tanto abbiamo capito che sono un disastro e che non riesco mai a fare
la cosa giusta, quindi... Sta mattina ho sentito Hugh e mi ha detto che
le cose stanno degenerando lì e che non vede l'ora di
tornare... Mi ha raccontato che durante il concerto, ieri notte, Nate e
Lucas non si sono nemmeno guardati in faccia e che Nate faceva di tutto
per evitarlo, tanto che quando gli è stato chiesto di
imitare i suoi compagni di band da una delle fan, ha fatto tutti
eccetto Lucas ed anzi, stava pure per dire che non aveva nessuna
intenzione di imitare “uno stronzo come lui”, ma
Hugh gli ha tolto di mano il microfono... Allora, mentre stavano
tornando in camera, Lucas gli ha chiesto che cosa avesse e, cazzo, non
ti dico che cosa non è successo dopo!!
Lexi era certa solo di una cosa: non voleva sentire che cosa fosse
accaduto dall'altra parte del mondo, ma sembrava che il suo cervello
avesse deciso, anche lui, di seguire l'esempio del resto del suo corpo
e di non assecondare i comandi che lei gli mandava.
- Anzi, no: te lo dico Lexi! Te lo dico perché voglio che ti
risvegli per tirarmi uno schiaffo e dirmi che ho combinato un casino
enorme e che sono una cretina! Per farla breve: Nate ha cominciato ad
urlare e a dirgli che era un coglione, che non poteva essere stato
così stupido e cieco per tutto quel tempo... Al
ché Lucas, che non sapeva assolutamente di che cosa Nate
stesse parlando, gli ha chiesto delle spiegazioni e le ha ricevute:
eccome, se le ha ricevute! Nate gli ha letteralmente sputato addosso
tutto quello che aveva scoperto su di te, su quello che provavi per
Lucas, su tutte le pazzie che avevi fatto per farti notare, su quanto
lo avessi aspettato, mentre tutti gli altri, Hugh, Lewis, Zach e tutta
la crew stava là, ad ascoltare attonita... Ma il peggio deve
ancora venire Lexi... Dio, non avrei mai pensato che potesse succedere
una cosa del genere!
Non credeva di riuscire a sopportare oltre quel racconto, ma sapeva che
Mia non si sarebbe fermata, non se lei non si fosse alzata da quel
letto per tapparle la bocca. Davanti agli occhi le apparivano le
immagini di un Nate stravolto che urlava contro un Lucas scioccato
dalle sue parole, forse confuso e le sembrava che il suo cuore si fosse
ristretto di alcune taglie, facendole un male assurdo.
- Quando Lucas gli ha detto che non aveva la minima idea di quello di
cui Nate stesse parlando, l'irlandese l'ha guardato con uno sguardo di
puro odio, dicendogli che era un ingrato... Poi Lucas, senza nemmeno
rendersi conto di star a dirlo ad alta voce, si è lasciato
sfuggire una frase del tipo “Ed io che le ho detto tutte
quelle cose...” E poi: boom!! Hugh ha detto che è
stato un attimo e si sono ritrovati a guardare una scena da film
dell'orrore: Nate stava tirando un sinistro da paura dritto al naso di
Lucas!! Poi ha cominciato ad urlare cose senza senso... Che era colpa
di Lucas se avevi avuto il primo crollo, che era uno stronzo, che ti
aveva distrutta, che avevi gettato all'aria la tua vita per salvare un
pezzo di merda... Lewis e Hugh sono dovuti andare in due per tenerlo
fermo, uno per parte, e portarlo fuori dalla stanza... Zach c'ha messo
dieci minuti per far fermare il sangue che Lucas continuava a
perdere... Lexi: che cazzo è successo con Lucas e Nate?!
Porca miseria, svegliati e rispondimi!!! Dimmi che sono una cretina,
una stupida, che mi odi, ma rispondimi!!
Mia voleva piangere ancora ed ancora, ma non le erano rimaste
più lacrime in corpo, dato che le aveva versate tutte sulla
spalla di David. Già. David. Un altro problema di cui non
aveva tempo di occuparsi e che sembrava non voler trovare una
soluzione.
Ma che cosa avrebbe dovuto rispondere Lexi? Che si era
involontariamente ritrovata ad essere la causa del possibile
scioglimento dei The Rush? Che non riusciva a capire la reazione di
Nate? Che si sentiva una schifezza perché, senza nemmeno
aver mai fatto nulla, era riuscita a ferirlo?? Che, nonostante avesse
causato tutto quel caos, l'unica cosa di cui le importasse seriamente
sarebbe stato poter sentire ancora le labbra dolci di Nate sulla sua
fronte? Avrebbe potuto svegliarsi e dire tutto quello che le passava
per la testa, ma ormai non aveva più motivazioni per
provarci, perché anche l'ultima persona di cui si era fidata
e che sembrava essersi interessata a lei, se ne era andata. Certo,
aveva tutte le più buone motivazioni per farlo, ma Lexi non
riusciva ad accettarlo.
Mia prese un respiro profondo, cercando di ricacciare indietro quella
nausea che la tormentava da quando la sua bocca si era lasciata
sfuggire l'unico segreto che avrebbe dovuto portare con sé
nella tomba, se fosse stato necessario. Quanto stava per dire a Lexi
sarebbe stato mille volte peggio di quanto le avesse riferito fino a
quel momento.
- Lo sai qual'è la cosa peggiore Lexi? E' che a tutte quelle
domande posso rispondere benissimo da sola.... E sai
perché?? Perché oggi pomeriggio ho parlato con
Nate, o meglio, lui mi ha chiamata ancora sconvolto da quello che era
successo... Da lui erano le tre e non aveva ancora chiuso occhio...
“Nate...”.
Sì, aveva pensato il suo nome. Aveva pensato a lui. Aveva
pensato al suo tocco gentile che raccoglieva una lacrima
fuggitiva, alle labbra calde che la salutavano, alle dita che le
carezzavano il dorso della mano, alla voce che non sentiva da quello
che le sembrava un tempo eterno. E le mancava. Le mancava come non le
era mai mancato nessuno in vita sua, come l'aria che sarebbe dovuta
entrare nei suoi polmoni, attraverso la sua gola, ma che ormai non lo
faceva più da due mesi... Le mancava come passare le sue
serate a casa da sola, mentre Mia era fuori a far festa con qualcuno di
appena conosciuto, la musica a riempire il piccolo appartamento, la sua
tazza di tea caldo tra le mani e i libri che raccontavano la storia di
migliaia di persone che avevano lasciato il segno, come sognava di fare
lei... Le mancava come il calore che si respirava in casa Golder a
Natale, quando i suoi genitori erano ancora assieme e non si
nascondevano il loro amore incondizionato... Le mancava come la sua
stessa vita, quella che non aveva mai vissuto prima dell'incidente ma
che non vedeva l'ora di cominciare a far contare sul serio... Le
mancava e basta.
- Mi ha detto che aveva capito tutto... Che poi era tornato a parlare
con Lucas e che si era fatto raccontare tutto quello che ti aveva
detto, durante la sua ultima visita... Lexi, io non sarò
forse la persona più indicata per dirtelo,
perché, considerata la mia situazione attuale, non posso di
certo fare la morale a nessuno, ma spero tanto che tu non abbia
intenzione di perderti ancora dietro a quello stronzo di Lucas,
soprattutto dopo quello che ho scoperto da Nate... Quel discorso
smielato che ti ha fatto su lui e Sophia... Dio, se penso che
è stato lui a farti avere il primo attacco di cuore! Quanto
vorrei averlo ora per le mani e picchiarlo fino a rovinargli quel
faccino strafottente e fintamente dolce che si ritrova!!
“Ha scoperto anche questo allora??”.
Lexi non poteva pensare che Nate credesse che lei fosse ancora
innamorata di Lucas, perché, ad essere completamente onesti,
non lo era mai stata veramente. Lo aveva capito solo dopo essersi presa
una pallottola sulla spalla anche per salvare la sua vita, ma
soprattutto, lo aveva capito dopo aver conosciuto Nate. Forse nemmeno
il loro era amore, anzi, quasi certamente non lo si poteva definire
come tale, ma tutte quelle piccole attenzioni, quell'essere sempre
presente al suo fianco, quel suo rassicurarla e dirle che tutto, per
una volta, sarebbe andato bene: beh, quello, a Lexi sembrava
terribilmente simile a quello che la gente chiamava amore. Era
così presa da quel pensieri su Nate, da non essersi nemmeno
resa di conto di star effettivamente pensando di nuovo.
- Lexi, io avrò fatto un casino enorme, ma credimi: credo
sia meglio così... Sai, Nate, ad un certo punto, ha detto
una frase che non ho capito... Tipo che ora comprendeva finalmente il
tuo sorriso... Boh... Io non lo so che cosa stia succedendo tra di voi,
ma fidati di me quando ti dico che non è normale... Tutto
questo suo attaccamento nei tuoi confronti, le chiamate, la canzone...
Sì, perché non pensare che gli altri ragazzi non
se ne siano resi conto che quella canzone l'ha scritta per te... Io non
l'ho sentita, ma Hugh mi ha detto che è molto speciale e
profonda ... Lexi, qualsiasi cosa stia succedendo dentro di te, per
favore torna da noi... Da me, da David, dai tuoi genitori... E anche da
Nate... Me l'ha detto prima di riattaccare: lui ti sta ancora
aspettando...
Forse la stava ancora aspettando, ma come poteva sapere con che animo
lo stesse facendo? Lexi non voleva che lui pensasse in alcuna maniera
che il suo cuore appartenesse a qualcun altro. Non aveva nemmeno senso
quel pensiero se doveva vedere le cose sotto una prospettiva anche solo
vagamente logica, ma in quella situazione, di logico e razionale non
c'era mai stato nulla. Dal momento stesso in cui aveva dato l'input
alle sue gambe per muoversi in direzione della pistola, tutto era
diventato un susseguirsi di eventi senza senso apparente, che le
avevano però procurato un insieme di emozioni che mai aveva
provato prima e che le stavano facendo gustare quello che un'esistenza
sfrutta al massimo poteva diventare. Nate si era rivelato per lei molto
più di quanto si sarebbe mai immaginata, forse proprio per
quella sua promessa di restarle sempre accanto, qualunque cosa sarebbe
successa nelle loro vite e quella sua frase, detta quasi in confessione
a Mia, poteva essere la prova più importante del suo voler
mantenere la parola data.
Ma allora cos'era quella sensazione di fastidio che sentiva morderle
insistentemente la base dello stomaco? Forse le sarebbe bastato fare un
ultimo sforzo di sincerità con sé stessa per
capire la fonte di quell'emozione apparentemente fuori luogo, ma che
aveva delle radici molto più profonde. Forse,
però, era arrivato il tempo per Lexi di farlo quello sforzo
ulteriore e decisivo per poter capire, per poter trovare una
spiegazione.
“... Avanti... Cosa aspetto a dirlo?... In fondo lo so
perfettamente perché mi dà così tanto
fastidio che Nate sia venuto a sapere ciò che provavo per
Lucas... Basta solo trovare il coraggio di ammetterlo... Ma che
conseguenze avrebbe farlo? Rimanere delusa di nuovo? Cadere per
l'ennesima volta in una situazione senza lieto fine, né
assicurato né auspicato? Donare un'altra volta tutte le mie
attenzioni a qualcuno che ormai appartiene ad un mondo troppo lontano
dal mio?... Forse, eppure mi sembra che con lui potrebbe essere
diverso... Che stupida che sono: qualsiasi ragazza innamorata si
nasconderebbe dietro ad una scusa del genere... Oddio!! L'ho detto...
Oddio: non posso!!! No, no, no e poi no!! Io non... Io non mi sto... Ma
perché deve essere così tanto frustrante non dire
la verità?! Al diavolo: mi sto innamorando di Nate James
Hanson!!! Ecco... Ed ora cosa ne ho ricavato? Un bel nulla,
perché lui è stupidamente convinto che a me
piaccia ancora quel cretino, montato e assurdamente innamorato di una
tipa perfetta, del suo compagno di band! Cazzo quant'è
frustrante!! Io non ne posso più, sul serio! Sono stanca di
dover sottostare agli eventi, di non poter far andare le cose come
voglio io, di non riuscire a dire quello che penso veramente! Sono
stanca... E ciò di cui avrei davvero bisogno ora,
è Nate...”.
Mia si risedette su quella poltrona di cui ormai non sopportava
più neanche la vista e si chiese se mai lei cose si
sarebbero sistemate. Appoggiò la testa allo schienale e
chiuse gli occhi, sperando che quell'uragano che le stava sconvolgendo
la mente decidesse di lasciarla stare. Aveva ancora davanti agli occhi
il momento in cui Lexi l'aveva convinta ad accompagnarla a quella
stupidissima premieré di cui non le interessava
assolutamente nulla e di cui avrebbe volentieri fatto a meno. Ma doveva
così tanto a quella ragazza che era entrata nella sua vita
quando ancora erano delle bambine e che, poi, non se ne era mai
più andata. Doveva così tanto a quella ragazza
che forse, solo dopo tutti quegli eventi surreali, aveva capito di non
conoscere affatto. Non l'aveva mai ascoltata veramente, non aveva mai
prestato attenzione a quei suoi infiniti discorsi su Lucas. Non aveva
mai creduto che quel suo sentimento per lui potesse averla fatta
soffrire così tanto. L'aveva capito solo con le parole di
Nate che, quasi inspiegabilmente, sembrava conoscerla più di
lei che le era sempre stata accanto. Quando aveva sentito
ciò che Lucas le aveva detto ed aveva ricollegato ogni cosa,
tutto le era apparso immediatamente più chiaro: Lexi aveva
passato undici anni della sua vita ad aspettare qualcuno che non
sarebbe mai arrivato, amandolo comunque e non avendo nessuno a farle
capire come stesse sprecando i suoi anni migliori. Sentì una
lacrima scenderle lungo la guancia e, dopo aver riaperto lentamente gli
occhi ed aver preso la mano di Lexi tra le sue, riuscì a
dire quell'unica parola che le sembrava un primo passo per rimediare ai
suoi errori.
- Scusa Lexi... Scusa...
Hi sweethearts!
Eccoci qui con
due capitoletti insieme, per non lasciare troppa suspance, che
onestamente piace fino ad un certo punto ^^ Spero che abbiate passato
una splendida Pasqua e che questo aggiornamento vi dia un pochino di
speranza sulla situazione di Lexi. Non è andata da nessuna
parte, fortunatamente, ma c'è davvero mancato un pelo, cosa
che ha creato un po' di scompiglio dall'altra parte del mondo (LOL).
Precisando di essere una persona tendenzialmente non violenta, non ho
potuto proprio trattenermi dal permettere a Nate di sfogarsi un attimo
sul naso di Lucas *ooooops*. Spero anche che dopo aver letto, diate
un'altra possibilità a Mia che, è indubbio abbia
combinato un casino cosmico, ma sta sul serio cercando di rivedere
tutta la sua amicizia con Lexi, ammettendo i suoi innumerevoli errori.
Grazie per aver
letto fino a qui: è importantissimo per me, come lo sono i
vostri pareri..
Lots Of Love xx
|
Ritorna all'indice
Capitolo 21 *** 31st October 2013 ***
31st October 2013
-Ehi, principessa, come va oggi??
La voce profonda di Morgan riempì la stanza stranamente
silenziosa: da quando Mia aveva fatto la grande confessione e Lexi
aveva avuto il secondo collasso, nessuno si era più permesso
di mettere su della musica, come se anche una banale melodia potesse
peggiorare quella situazione. Aveva sentito solo pianti, lamenti,
ammissioni di colpevolezza e altre confessioni di cui avrebbe
volentieri fatto a meno, lasciando che il resto del tempo fosse invaso
da un'assenza di rumore decisamente soffocante che non faceva altro che
rendere quell'attesa ancora più snervante.
Lexi non ne poteva più di aspettare e voleva sentire la voce
di Nate rompere quella spessa coltre di silenzio, riportando la sua
mente a galla dal pozzo di dolore in cui si era dispersa.
Eppure, in quella mattinata decisamente troppo fredda per essere solo
fine Ottobre, anche il suono della voce di suo padre si
rivelò essere una piacevole sorpresa. Il rumore della
coperta che veniva lisciata per fargli un po' di posto affianco al
corpo inerme della figlia, fece trattenere per un attimo il fiato a
Lexi: solo Nate si era preso la libertà di sedersi al suo
fianco, per esserle il più vicino possibile.
Inevitabilmente, a quel ricordo seguì un'altra fitta di
dolore che non l'aiutò a rimanere concentrata su quanto
Morgan stesse dicendo.
- Lo sai che giorno è oggi?? Il 31 Ottobre... E' Halloween,
Lexi... Sono passati due mesi e undici giorni e siamo ancora qui... Non
ci posso credere.
Con gli eventi delle ultime settimane, Lexi aveva perso il conto dei
giorni e solo allora si accorse che, in teoria, Nate sarebbe dovuto
tornare con i ragazzi il giorno dopo e che la fine della sua attesa era
molto più vicina di quanto avesse immaginato.
Dopo essersi riscosso dalla consapevolezza di non veder sorridere sua
figlia da più di dieci settimane, Morgan prese la mano di
Lexi tra le sue ed osservandola, si ritrovò a pensare che
fosse molto più simile alla sua di quanto si fosse mai reso
conto. Le linee che ne marcavano il dorso, le nocche in evidenza ma non
per questo spigolose, le dita non troppo lunghe ma sottili, in qualche
modo eleganti, gli fecero scendere una lacrima solitaria lungo la
guancia. Persino la genetica gli diceva che tra loro due c'erano
più cose a legarli di quanto lui pensasse, benché
spesso non avesse mai capito come Lexi potesse essere sua figlia di
sangue: lei così pensierosa, lui assolutamente sconsiderato;
lei così perspicace nei confronti dei sentimenti degli
altri, lui decisamente incapace di capire persino i suoi; lei
così dotata di un’ironia sottile e decisamente
divertente, lui dalla battuta facile e, spesso, scontata; lei la luce,
lui la notte. Non potevano essere più diversi Lexi e Morgan
eppure ancora si ricordava quando, da piccola, la portava in giro per
le case del vicinato a fare dolcetto o scherzetto, anche se andava
sempre a finire che a Lexi dispiaceva troppo per le persone che non
avevano dolciumi da darle e convinceva, con i suoi occhioni o con una
battutaccia, sia lui che David a non fare alcun tipo di scherzo. Quella
bambina li aveva sempre messi in riga.
- Te lo ricordi quell’anno in cui ti volesti vestire a tutti
i costi da Bloody Mary perché l’avevi appena
studiata a scuola e tutti ti scambiavano continuamente per una semplice
principessa?? Non ti ho mai vista così tanto arrabbiata come
quella sera… Gettasti addirittura tutti i dolcetti nella
spazzatura, senza lasciarne neanche uno a David… Ci misi
venti minuti per farlo smettere di piangere! Eri tosta già
all’epoca…
Era pienamente consapevole di aver perso così tanto della
vita di sua figlia, ma Morgan aveva tutta l’intenzione di
recuperare il tempo perduto, se solo lei gliel’avesse
concesso e soprattutto se solo si fosse risvegliata. Ormai,
benché continuasse a ripetere a chiunque glielo chiedesse,
specialmente a Karen, che Lexi ce l’avrebbe fatta, cominciava
a perdere le speranze non tanto che lei potesse riaprire gli occhi,
quanto che volesse farlo: in fin dei conti, quel fastidioso dottor
Lawson aveva detto che dipendeva tutto da lei e dalla sua
volontà, dato che l’ematoma lentamente si stava
riassorbendo.
- E so che lo sei ancora, ma mi chiedo se tu abbia voglia di tornare a
fare la vita che facevi prima… Sai, ho parlato molto con tua
madre in queste ultime settimane e ho scoperto un lato di te che non
avevo la minima idea esistesse… Sei innamorata dello stesso
ragazzo da dieci anni, Lexi?! E lui non ti ha mai guardato?! Ed
è pure uno di quelli a cui hai salvato la vita?!
“Ehi, intanto erano undici anni e sì, non mi ha
mai nemmeno calcolata di striscio… Wow: ho pensato
all’imperfetto… Ormai fa veramente parte del mio
passato… Fermi un attimo: sto pensado, punto.”.
- Ora si capiscono un sacco di cose… Cioè, io non
le capisco ancora bene, ma credo che l’amore e la
fedeltà per me rimarranno sempre un qualcosa di
oscuro… Insomma, credo tu conosca i miei problemi con la
monogamia e tutto quello che ci va dietro…
Aveva lasciato sua moglie per quelle che non era altro che delle
ragazzine poco più che ventenni e, per essere del tutto
onesti, nemmeno quando stava ancora con lei era mai stato uno stinco di
santo, anche se doveva ammettere che alla fine tornava sempre da lei,
da Karen. L’unica donna che era certo di aver amato
seriamente. Forse era anche per quello che le attenzioni del dottorino
sampientone gli davano fastidio, ma lui aveva Kitty, quindi non poteva
fare o dire nulla.
- Ma dimmi una cosa: secondo te, quel dottor Lawson ci sta provando con
tua madre? Perché dal mio punto di vista si sta prendendo un
po’ troppe libertà…
Lexi, se fosse stata di un umore un pochino meno tetro, avrebbe riso
dei vani tentativi di suo padre per nascondere il fatto che fosse
ancora innamorato pazzo di Karen, ma sinceramente, tutto quel perdere
tempo facendo finta che quei sentimenti non ci fossero, che si potesse
vivere bene anche ignorandoli come stavano facendo sia lui che Mia con
David, la faceva piuttosto arrabbiare. Se lei si fosse potuta alzare da
quel letto, proprio in quel preciso istante, si sarebbe fiondata al suo
computer, avrebbe selezionato l’unico contatto utile di Skype
e avrebbe sommerso Nate di una confessione che sarebbe potuta durare
minuti, ore, giorni, forse anche tutta l’eternità:
tanto, chi le avrebbe dato un limite?? L’importante sarebbe
stato avere l'occasione per dirglielo. Prima che fosse troppo tardi. Ma
forse, era già troppo tardi.
- Insomma, anche Karen mi sembra un po’ troppo indulgente nei
suoi confronti… Lui è il tuo medico, dovrebbe
essere professionale e non sfruttare il momento difficile che tua madre
sta passando, per approfittarsi di lei! Poi le gli dà pure
corda e quel tipo continua imperterrito... Insomma: qualcuno dovrebbe
dirglielo che sta sbagliando!!
“Come qualcuno dovrebbe dire a tutti voi che dovete smetterla
di parlarmi dei vostri problemi di cuore, perché io sono
stanca... Ma seriamente stanca... Non ce la faccio più a
sentirvi lamentare di quello che vorreste fare, delle cose che vorreste
dire, delle emozioni che continuate a provare e che non vorreste mai
dimenticare... Basta!! Io non ce la faccio più! Io, quelle
poche cose che vorrei fare, non le posso fare, le parole che vorrei
dire non le posso dire, le emozioni che vorrei provare non solo non le
posso dimenticare, ma non posso nemmeno dire di poterle sentire... Io
non ho più nulla e voi continuate a sbattermi davanti agli
occhi la vostra felicità... E chi se ne frega se solo
metaforicamente!!”.
Avrebbe solo voluto aprire gli occhi e capire se tutto quello che le
era successo negli ultimi due mesi fosse stato reale o se, per
l'ennesima volta, avesse lavorato troppo d'immaginazione. Avrebbe solo
voluto sentire Nate che, con tocco rassicurante mentre le prendeva la
mano, le diceva che sarebbe andato tutto bene. A dire il vero le
bastava anche solo che mettesse su un po' di musica e lasciasse che
fosse quella a parlare per loro.
- Okay... Sto esagerando... In fin dei conti tua madre ha la sua vita e
sono stato io a decidere di uscirne...
L'amarezza del tono con cui aveva pronunciato quella frase fece
spavento pure a Morgan, che si chiese se le scelte che aveva preso
negli ultimi dieci anni di vita fossero state anche solo vagamente
giuste, perché in quel momento gli sembrava di avere tra le
mani unicamente una manciata di rimorsi per aver colto occasioni che
sapeva già non l'avrebbero condotto da nessuna parte. Doveva
prendere aria. E chiamare Karen. Sì, soprattutto quello.
- Lexi... Senti... Io ora devo andare, okay? Devo fare un paio di
telefonate... Sì, insomma... Sapere se magari tua madre ha
bisogno di qualcosa, cose così...
Nonostante tutto, Lexi fu quasi sollevata nel sentire suo padre
pronunciare quella frase: se lei non poteva vivere felicemente una
storia d'amore, non doveva significare che non potesse gioire per le
persone attorno a lei che avevano quella fortuna. Specialmente se si
trattava dei suoi genitori. In tutta sincerità, aveva sempre
sperato che Karen e Morgan potessero un giorno riavvicinarsi e parlarsi
francamente, ammettendo quello che entrambi sapevano di provare l'uno
per l'altra sin dal loro mirabolante primo incontro, più di
trent'anni prima. Karen le aveva raccontato che stava osservando
tranquillamente l'Oceano Atlantico, da uno dei parapetti del Brighton
Pier, mentre le risate delle sue amiche vicino a lei le arrivavano
quasi ovattate, tanto era immersa nella sua contemplazione. Era in
vacanza con i suoi genitori e “sembrava che nulla, nella mia
vita, potesse andare meglio”, come aveva detto Karen quel
pomeriggio di metà estate, quando una curiosissima Lexi di
appena quattro anni le aveva chiesto come avesse conosciuto il suo
papà. Poi aveva visto un ragazzetto camminare con aria
svogliata sulla sabbia, mentre l'acqua gli bagnava le caviglie lasciate
libere dai pantaloni arrotolati, calciando ogni tanto un sassolino.
Teneva le mani nelle tasche dei pantaloni più stretti che
Karen avesse mai visto, mentre il leggero venticello che si era alzato,
le permetteva di intravvedere il suo
fisico scolpito attraverso la maglietta bianca che portava, sotto un
giubbino di pelle nera, nonostante fosse piena estate. Lui aveva
sollevato la testa per un secondo solo ed i loro sguardi si erano
immediatamente incrociati, come attratti da due calamite. Karen aveva
raccontato di aver sentito un brivido percorrerle la schiena ed era
quasi sicura non fosse colpa della brezza estiva che le scompigliava i
capelli e la gonna. Lexi si ricordava che, sentendo le parole della
madre, aveva pensato a come anche lei avrebbe tanto voluto incontrare
il suo principe azzurro grazie ad uno sguardo magico come quello che si
erano scambiati sua madre e suo padre.
“Forse è da quel momento che ho cominciato a
credere a tutta la storia dell'amore a prima vista e allo sguardo che
l'avrebbe fatto innamorare di me... Che sciocca che sono stata... Ho
speso undici anni della mia vita a fare letteralmente di tutto per
farmi notare da lui e speravo che una semplice occhiata potesse
cambiare tutto... Alle volte mi chiedo come sarebbe andata la mia vita
senza tutte queste favole sfavillanti e queste speranze illusorie... Di
certo non mi troverei distesa su questo letto da più di due
mesi ormai... E, con ogni probabilità, avrei pure un ragazzo
ad aspettarmi a casa la sera, per abbracciarmi e chiedermi
com'è andata la giornata... Forse avrei più
amiche e qualche interesse un poco più proficuo di quello
per una band per adolescenti e per persone vissute secoli fa... Magari
sarei anche più magra e sicuramente più sicura di
me... Ma se c'è una cosa che ho imparato studiando per tutti
questi anni la vita degli altri, è che non si scrive la
storia con i 'se' e con i 'ma' ... Lla mia vita è stata solo
un susseguirsi di attese che qualcosa accadesse, di nottate a pensare
che cosa sarebbe potuto succedere 'se...' e di eterni monologhi per
convincermi a non agire mai veramente, troppo concentrata a calcolare
tutti i 'ma' possibili... Un' esistenza passata ad attendere un
banalissimo e semplicissimo sguardo che poi è arrivato,
così: dal nulla... E com'è arrivato, se ne
è anche andato, senza lasciare la minima traccia. Sembra che
ogni cosa che io abbia il coraggio di fare venga iscritta sul libro del
tempo, peccato che nel mio caso sia sempre fatta di granelli di sabbia
fine che con un solo colpo di vento o una piccola onda, vengono
spazzati via e gettati nel nulla... Eppure un altro sguardo mi
è rimasto in testa e sembra non volersene andare
più, come se questo sia stato inciso a fuoco nel mio cuore,
marchiandolo per sempre... Quegli occhi celesti non si possono
dimenticare. Quel terrore ad incresparne le screziature più
scure, la coscienza di non poter far nulla per me... Anche se alla
fine, è stato proprio lui quello che ha fatto più
di tutti... E' stato Nate a ripetermi ogni singolo giorno che non
vedeva l'ora di incontrarmi sveglia per poter sentire la mia voce, per
sapere se sono seriamente come mi descrivono gli altri, per potermi
parlare guardandomi negli occhi, per capire le motivazioni di quel
lampo nel mio sguardo, poco prima che mi sfracellassi al suolo... Ah,
no... Giusto... L'ha già scoperto... O meglio, ha scoperto
quello che pensano tutti ma che non è assolutamente la
verità... Non per me almeno... Non più. Forse
deve andare semplicemente cosi. Forse io non lo vivrò mai
quello sguardo fatale... Non avrò mai la mia favola
d'amore...”.
Lexi non si era nemmeno accorta che la porta della sua camera si era
richiusa dietro le spalle di un Morgan più determinato che
mai a riprendersi quello che aveva sempre saputo essere suo.
Hi sweethearts!
Piccolo capitolo di
passaggio prima di ricominciare con i batticuori (si spera ^^). Lo so,
lo so: sarete sfinite come Lexi di sentir chiunque vada a trovarla
lamentarsi della propria vita, ma credo che alle volte finisca sul
serio per andare così: siamo troppo concentrati su noi
stessi per poter cogliere le sfumature di chi ci sta attorno. Povera
Lexi ** Mentre scrivevo questo capitolo, ricordo di essermi chiesta se
fosse davvero possibile innamorarsi con un solo sguardo o se, in
generale, un singolo scambio di occhiate possa cambiare radicalmente il
corso degli eventi... Voi che ne pensate?? Piccola curiosità
**
Grazie per aver letto
fino a qui, per aver inserito la storia tra le seguite e le ricordate e
per continuare a lasciare il vostro prezioso parere **
Lots Of Love xx
|
Ritorna all'indice
Capitolo 22 *** 1st November 2013 ***
1st November 2013
Non sapeva cosa fare.
Era seduto in macchina, nel parcheggio sotterraneo dell'ospedale, da
più di venti minuti e non riusciva a prendere una
stupidissima decisione: scendere o non scendere da lì. Da
quello dipendeva tutto, il resto sarebbe venuto di conseguenza. O
almeno così sperava Nate dato che, da quando aveva sentito
quella conversazione tra Mia e Hugh, nulla sembrava più
avere un filo logico, come se il suo mondo si fosse rovesciato e
nessuno l'avesse avvertito. Si sentiva come un pesce messo dentro la
centrifuga della lavatrice e tirato fuori, mentre gli occhi di tutti
erano puntati su di lui per capire se fosse sopravvissuto al turbinio
oppure no. Nate era quasi sicuro di non aver superato la prova e che
quella marea di emozioni che l'avevano travolto nell'esatto istante in
cui aveva scoperto che lei era innamorata di Lucas, lo stessero ancora
torturando come un condannato a morte, senza però lasciargli
il via libera per l'aldilà.
Voleva solo che la sua testa smettesse di pulsare talmente forte da non
farlo dormire, nemmeno durante tutte le ore di viaggio in aereo che
aveva affrontato il giorno prima. Come se tutto quello non bastasse, il
jet-leg lo stava tormentando più del solito, tanto che Nate
fu costretto a passarsi più volte le mani sul volto,
cercando di svegliarsi e di prendere una decisione definitiva.
Doveva andare.
In fin dei conti era arrivato fino a lì, nonostante la sua
faccia sembrasse quella di uno che aveva una terribile sbornia da
smaltire, con occhiaie violacee che facevano risaltare in maniera quasi
inquietante il colore cinereo dei suoi occhi. Si sistemò il
cappellino di lana blu che aveva calato sulla testa, si avvolse meglio
nella felpa grigia come il cielo di Londra che l'aveva accolto al suo
risveglio e spense la radio: oramai pure la voce di Nick Grimshaw gli
risultava insopportabile, poiché neppure il suo straparlare
riusciva a distrarlo. Aveva la mente così piena di pensieri,
che nemmeno si era reso conto di essere arrivato di fronte alla
reception del reparto di medicina generale e di aver di fronte proprio
l'ultima persona che aveva il coraggio di affrontare, dopo Lexi, anche
se in quel caso era aiutato dal fatto che lei non potesse rispondergli
e guardarlo negli occhi, rischiando di smentire ogni bugia che ancora
si ostinava a crearsi in testa. Sarah lo stava osservando con uno
sguardo strano, come se lo stesse rimproverando per qualcosa di cui era
quasi certo non avere alcuna colpa, o per lo meno sperava fosse
così. Fece un breve cenno del capo per indicargli che poteva
entrare nella stanza, ma era fredda e distaccata, anche un'idiota se ne
sarebbe accorto, eppure in quel momento non poteva occuparsi dei cambi
di umore dell'infermiera: aveva un piano da portare a termine e non
poteva permettersi ulteriori esitazioni.
Appena mise un piede dentro la stanza numero 224 si rese immediatamente
conto che le cose non erano più come le aveva lasciate un
mese prima. L'aria che vi si respirava sembrava fredda, quasi glaciale,
come se non vedesse un raggio di sole da almeno due ere geologiche;
l'atmosfera era immobile, bloccata in uno stato di quiete surreale che
gli fece venire i brividi, nonostante la felpa pesante che aveva
indosso; i regali che un tempo riempivano ordinatamente la stanza,
regalandole un guizzo di colore, erano ammassati in malo modo sul
tavolo di fronte al letto, lasciando che il bianco asettico
predominasse su tutto. Fece altri tre passi all'interno della stanza ed
il tavolino con sopra il computer e le casse si palesarono davanti a
lui, prima che il mondo si bloccasse per ciò che vide dopo.
Dov'era finita la ragazza che aveva pianto quando gli aveva dedicato
una canzone? Quella che aveva visto per un intero mese tramite la
webcam di un pc e che sperava potesse sentirlo vicino, nonostante la
distanza??
Quella non era la sua Lexi.
Quello era solo l'involucro della ragazza meravigliosa che lui aveva
deciso di aspettare e veder risvegliarsi, per poterla sentir ridere e
sorridere. Quei pensieri non avevano senso eppure erano gli unici che
riuscisse a districare nel caos che era il suo cervello.
Era bloccato a meno di un metro dal letto e Lexi poteva perfettamente
percepire che ci fosse qualcuno nella sua stanza.
“No. Non è qualcuno qualsiasi... E'
lui...”.
Questa sola consapevolezza le fece riattivare improvvisamente e per un
solo breve secondo il cervello, che ebbe un picco ben evidenziato sul
monitor alla sua destra. Nate non poté fare a meno di
trasalire a quel rumore, perché era quasi certo di esser
stato lui a causarlo, solo che non riusciva a capire come lei avesse
fatto a riconoscerlo.
Per Lexi, però, era tutto più semplice. Solo lui
tratteneva il respiro in quella maniera ogni volta che entrava nella
sua camera, ancora come se fosse la prima volta; solo lui strofinava
nervosamente i pollici sui bordi rovinati delle tasche dei jeans,
quando era estremamente nervoso, facendo un rumore tutto particolare;
solo lui si fermava sempre sullo stesso punto, a pochi passi dal suo
letto, come se avesse trovato il suo angolo di osservazione preferito.
Solo lui le faceva sentire qualcosa, pur non facendo nulla.
Era ancora fermo su quella stessa piastrella da qualcosa come cinque
minuti buoni ed improvvisamente gli venne alla mente una delle prime
visite che le aveva fatto, ormai tre mesi prima e si sentì
uno stupido risentendo le parole che Zach gli aveva detto quando aveva
raccontato ai ragazzi come si fosse comportato. Era stato un cretino a
non dirle chi fosse e pure in quel momento si sentiva lo stesso un
emerito imbecille, ma per ben altre motivazioni. Un sorriso dolceamaro
gli increspò le labbra sottili, consapevole di quante cose
fossero successe da quel loro primo “incontro”,
anche se non era sicuro si potesse definire proprio così.
Era veramente sicuro di quello che voleva fare? Era certo che fosse la
scelta giusta e non un'abominevole cazzata?
Su una cosa Hugh aveva ragione: se non ci provava, non avrebbe mai
saputo quale sarebbe stato il risultato.
Nate estrasse l'Iphone dalla tasca dei jeans, collegò il
cavetto delle casse e cercò nervosamente il brano che gli
serviva. I piedi non ne volevano sapere di stare fermi, continuando
imperterriti a battere un ritmo sconosciuto sul pavimento, come se
sapessero che scappare da quella stanza fosse la soluzione migliore.
Finalmente trovò il brano che cercava e schiacciò
play, con le mani che tremavano più del dovuto,
benché sapesse che in quel momento non c'era spazio per
alcun tipo di esitazione. Era la versione completa di Through The Dark,
quella che sarebbe finita anche nell'album e che le aveva dedicato via
Skype qualche settimana prima. Ancora non poteva crederci di aver
scritto una canzone per una ragazza: non l'aveva fatto nemmeno per le
sue fidanzate reali, come poteva esser arrivato a tanto per una
sconosciuta? Ma con Lexi era tutto diverso, tutto nuovo, come se avere
a che fare con lei implicasse uno sforzo e un impegno maggiori del
normale, come se fosse troppo delicata o addirittura importante per
trattarla come una ragazza qualunque. Figurarsi che nella sua testa non
era mai stata nemmeno etichettata nella categoria
“fan”, era passata direttamente in quella...
Già: in che categoria di ragazze rientrava Lexi??
Solitamente, quando cominciava a sentire quel tipo di emozioni, quelle
che fanno sudare le mani all'inverosimile e che costringono il cervello
a spegnersi per concentrarsi solo sul proprio battito cardiaco
accelerato, c'aveva almeno scambiato qualche parola con quella ragazza
che gliele causava, ma con Lexi non era stato possibile. Tutto si era
basato su altro: sulle oscillazioni dei suoi battiti cardiaci, sui
brividi che provava ogni volta che le sfiorava una mano, sulla bellezza
che lo travolgeva ogni qualvolta osservasse il suo viso immobile.
Era lì ferma anche quel giorno, eppure a Nate parve che un
terremoto stesse scuotendo quella camera da capo a piedi, rischiando di
farlo cadere da un momento all'altro. Non sapeva nemmeno lui quando gli
fosse balzata in testa quell'idea, era solo certo del fatto che avesse
bisogno di farlo, fosse anche solo per sperare di chiarirsi le idee.
La canzone era quasi arrivata alla fine del primo ritornello e Lexi non
aveva più alcun dubbio su chi ci fosse al suo fianco, fermo
a pochi passi dalla sua mano bloccata sul soffice lenzuolo, quella mano
che avrebbe tanto desiderato muovere e far intrecciare con quella di
Nate, che era andata ora a sfiorarla, come se fosse un prezioso fiore
leggendario. Il suo tocco era esattamente come lei ricordava: delicato,
attento, ma non per questo meno reale e vitale. Ecco: Nate per Lexi era
“vitale”. Era quella parte di gioia di vivere che
lei pensava di aver perso, quel sorriso che raramente aveva visto
spuntare sul suo volto prima dell'incidente, quella
sincerità che non aveva mai avuto il coraggio di usare
né con le persone che aveva accanto, né tanto
meno con sé stessa. E tutto questo Lexi riusciva a
percepirlo da quelle dita sottili che continuavano a tracciare dei
cerchi immaginari sul dorso della sua mano e che improvvisamente la
sollevarono per farla combaciare con un paio di labbra che sembravano
fatte di batuffoli di cotone, tanto erano soffici. Lexi era certa che
le avesse torturate con i denti per tutti i minuti precedenti quella
visita, ma nonostante questo per lei erano la cosa più
perfetta che potesse esistere al mondo.
La musica continuava a riempire l'aria, a farsi materia di sentimenti
che nessuno dei due riusciva ad esprimere: chi per paura, chi per colpa
del destino.
Non riusciva a pensare ad altro che al tocco di Nate che la teneva
legata al presente, stranamente conscia di quello che stava succedendo
al suo corpo, come se le sue labbra fossero state un flauto magico
capace di risvegliarlo.
Nate sentì il battito di Lexi farsi sempre più
veloce ed il fatto che fosse lui a causarle quell'effetto lo
incoraggiò ad arrischiarsi con il passo successivo: c'aveva
pensato e ripensato troppo a lungo per non sapere che cosa fare, una
volta dato avvio a quel piano folle. L'avrebbero anche potuto
denunciare, ma a lui non importava nulla delle conseguenze,
perché in quel momento c'erano solo lui, Lexi e quei
sentimenti che non lo lasciavano più dormire la notte.
Lasciando la sua mano intrecciata a quella di lei, appoggiò
un dolce bacio sull'incavo del braccio, proprio dove le vene erano
più chiare e lasciate scoperte dal camice a maniche corte,
per poi salire lentamente fino alla spalla e posarne un altro anche
lì. Ora veniva la parte più difficile, lo sapeva
benissimo, ma doveva continuare. Con la mano libera spostò
con cura i lunghi capelli di Lexi dietro l'orecchio destro, di modo che
la linea gentile della sua mandibola fosse tutta disponibile ai suoi
occhi ormai assuefatti da tanta bellezza. Quella ragazza gli appariva
meravigliosa proprio per quei piccoli particolari che la rendevano
assolutamente unica e per questo speciale più di ogni altra.
“Io... Io non capisco... Nate che cosa...”.
Il cervello di Lexi non riusciva più a tenere il passo con
le emozioni che il suo cuore produceva, lasciando che uno stato di
confusione la sopraffacesse, tanto da renderle praticamente impossibile
qualsiasi tipo di pensiero coerente. Quel piccolo gesto di sistemarle i
capelli dietro un orecchio l'aveva sognato così tante volte
stesa sul suo letto, che fosse nella sua cameretta di quand'era bambina
o in quella che aveva nell'appartamento di Lexington Street, che quasi
le parve di rivivere qualcosa di già accaduto. Ma in tutte
quelle fantasie era stata la mano immaginaria di un Lucas Palmer
qualsiasi a compierlo e non quella premurosa, gentile e reale di Nate.
Era come se ogni cellula del corpo di Lexi si fosse svegliata dal
torpore mortale in cui era caduta per rispondere colpo su colpo a
quelle ondate di emozioni che lui le trasmetteva.
Con una perizia estrema, che non gli era mai appartenuta, Nate scelse
il punto perfetto in cui lasciare un ennesimo bacio, tanto che la
canzone era ormai arrivata alla conclusione del suo secondo ritornello.
Giusto all'inizio di quella linea delicata, appena sotto il lobo
dell'orecchio, Nate stampò quel bacio che fece letteralmente
andare in tilt il cervello di Lexi.
Una scarica elettrica si diffuse per tutta la sua spina dorsale,
lasciandola quasi senza fiato, se non fosse stato per le macchine
artificiali che la tenevano in vita.
Era giunto il momento di trasformare quella malsana esigenza, che era
nata dopo l'ondata di gelosia che l'aveva investito a causa di quella
famosa telefonata, in una realtà. Nate strinse
più forte la presa sulla mano di Lexi, tanto che le sue
nocche divennero quasi bianche per lo sforzo e prese un profondo
respiro, sperando che tutto andasse per il verso giusto, anche se a
dire il vero, non sapeva nemmeno lui quale fosse la giusta direzione di
tutta quell'assurda storia.
Lexi capì subito da quella stretta che qualcosa d'importante
stava per accadere: mai Nate aveva serrato così forte le
dita contro le sue, come a non volerle permettere di scappare da lui,
di andarsene. Ma a Lexi ormai risultava anche solo assurdo pensare di
potersi allontanare da Nate e da tutto ciò che era diventato
per lei.
Quello era il momento.
Ora o mai più.
… And you
don't need... You don't need to worry... And you will see it's easy to
be loved... I know you wanna be loved...
Quando Nate poggiò le sue labbra rosse su quelle rosa
pallido di Lexi un'esplosione si scatenò all'interno della
camera numero 224. Le macchine che controllavano le funzioni vitali di
Lexi impazzirono letteralmente, cominciando ad emettere suoni sempre
più striduli e frequenti. La musica raggiunse il suo apice
massimo, con un sovrapporsi melodioso delle voci di tutti e cinque i
componenti dei The Rush, amplificate dalla potenza degli strumenti che
le accompagnavano. Ma ciò che realmente fece esplodere la
stanza fu la potenza delle emozioni che Nate e Lexi stavano provando
dentro di loro. Ogni singola parte del loro essere era concentrata su
quel minimo contatto di epidermidi e l'intero universo era collassato
su quel piccolo gesto che stava cambiando la vita di due persone.
Era esattamente come Nate l'aveva immaginato durante quelle notti
insonni passate a pensare solo ed esclusivamente a lei.
Era esattamente come Lexi si era sempre immaginata dovesse essere il
bacio del Principe Azzurro. Era ciò che aveva sperato tutto
quel tempo, era ciò per cui aveva donato il suo cuore alla
persona sbagliata ma che ora era stato rapito dal miglior essere umano
che lei avesse mai incontrato. Era come esser entrata nel mondo di
favole e racconti incantanti che sua madre le leggeva da bambina,
facendo tutte le voci più strane per rendere i personaggi il
più reali possibili, pur di farla addormentare con un
sorriso sulle sue piccole labbra. Per anni aveva sperato che quelle
figure splendenti e leggiadre che riempivano i suoi sogni di bambina
potessero entrare nella sua vita, accompagnarla a scuola e renderla
bella ed interessante agli occhi dell'unico bambino che aveva catturato
il suo cuore. Ma presto aveva capito che nemmeno quella magia l'avrebbe
aiutata nell'ottenere le sue attenzioni e gli anni le avevano insegnato
che difficilmente i sogni si realizzavano, così Lexi aveva
smesso di sognare per sé stessa, per il suo futuro, per il
suo cuore da donare a qualcuno. Aveva pensato di essere innamorata, ma
nulla, assolutamente nulla, avrebbe mai eguagliato ciò che
stava provando in quel preciso istante. Dal profondo del suo corpo
poteva sentire un calore bruciante espandersi in ogni parte di lei,
tanto che credette di essere sul punto di svegliarsi, perché
più di ogni altra cosa avrebbe voluto poter ricambiare quel
bacio. Il bacio dell'unica persona che era stata al suo fianco senza
nemmeno conoscerla; il bacio di colui che si era presentato ai piedi
del suo letto ad ore improponibili solo per vederla; il bacio di chi
l'aveva chiamata, benché fosse dall'altra parte del mondo,
tutti i giorni; il bacio di colui che le aveva scritto la
più bella canzone di sempre; il bacio di quell'unico ragazzo
che le aveva cambiato la vita. Voleva che quel calore diventasse
energia motrice per il suo corpo, capace di farle aprire gli occhi e
vedere quelli di colui che continuava a tenere appoggiate le labbra
sulle sue, in un modo così delicato ed attento da farla
sentire semplicemente speciale. Ecco, Nate era capace di farla sentire
come nessun'altra ragazza sulla faccia della terra, come se lei avesse
un qualcosa di tanto prezioso e raro dentro di sé da poter
meritare le sue attenzioni e la sua dolcezza.
“Fammi svegliare... Ti prego: fammi svegliare
ora!!!”.
Le macchine erano letteralmente impazzite, tanto che Sarah
entrò quasi correndo all'interno della stanza e rimase
bloccata a pochi passi dal letto, vedendo quella scena decisamente
surreale. Non poteva credere ai propri occhi, soprattutto quando Nate
si allontanò dal volto della sua Lexi con un'espressione
sconvolta a tramutargli il volto perfetto, come se il suo mondo fosse
appena collassato in quel gesto sconsiderato che aveva compiuto. Non
riuscì a dire nulla, perché Nate
scappò dalla stanza di tutta fretta, come se l'unica
soluzione per quell'immensa confusione che gli stava azzerando il
cervello fosse allontanarsi dalla fonte che la causava, senza aver
ancora capito che la sorgente di tutto quello stava nel suo cuore ed in
quello che, nonostante i suoi sforzi per non ammetterlo, provava per
Lexi.
Sarah si affrettò ad iniettare un sedativo nella flebo della
ragazza, di modo che i battiti cardiaci rallentassero e nessun altro si
allarmasse e volesse sapere che cosa stesse accadendo dentro la camera
224: era già troppo che lei avesse visto quella scena,
figurarsi se qualcuno come il Dottor Lawson lo fosse venuto a sapere.
Quando finalmente il farmaco fece effetto, si sedette sulla poltrona
accanto a Lexi e le prese la mano sinistra tra le sue, per cercare di
rassicurarla su quello che le stava succedendo.
- Che cosa state combinando voi due?? Me lo volete spiegare?! E' una
settimana che vi comportate tutti in maniera strana! Prima tutte quelle
urla su una fantomatica chiamata che avrebbe rovinato tutto; poi Mia
che ogni volta che si presenta qui sembra aver appena pianto l'intero
Oceano Atlantico e non si degna di rispondere che per monosillabi; poi
il signorino irlandese che non si fa sentire per giorni e tu che cadi
in uno stato catatonico, dopo l'ennesimo collasso cardiaco... Ed ora mi
ritrovo a correre in camera tua, per imbottirti di sedativi,
perché lui ti sta baciando?! Ma dico: che cosa avete nella
testa voi?!?! Sei in coma signorina, non in un centro vacanze, dovresti
andarci piano con le emozioni...
Lexi avrebbe forse riso per la confusione e l'apprensione
dell'infermiera, se la sua mente non fosse stata completamente
concentrata su quel bacio che le aveva sconvolto la vita e che aveva
fatto scappare da lei l'unica persona di cui ormai le interessasse
veramente. Solo quando aveva sentito le labbra di Nate appoggiarsi alle
sue aveva capito quanto fosse intenso e scalpitante, dentro di lei, il
desiderio di risvegliarsi e tornare a vivere, perché quella
sensazione di pura elettricità che l'aveva sconvolta da capo
a piedi le aveva fatto capire il valore della vita.
“Sono sempre stata convinta che vivere volesse dire
respirare, mangiare, pensare, ogni tanto sorridere e sognare... Ma
ora... Ora ho seriamente capito che cosa significhi essere vivi... Quel
bacio è stato come una pillola di concentrato di
vitalità, che ha messo in ombra qualsiasi cosa io abbia
fatto o sperimentato prima... Qualcosa di simile l'avevo vissuto solo
ascoltando le loro voci cantare dal vivo, con quel brivido di star a
cogliere il momento presente e la volontà di non lasciarlo
mai fuggire via... Ma quel bacio... Wow... Io credo di non aver mai
provato nulla del genere... Anzi, io non ho mai provato qualcosa di
così forte e travolgente... Mi sento come se fossi appena
stata sulle montagne russe in mezzo allo spazio e senza ossigeno da
respirare... Assurdo... Ed io... Io avrei voluto così tanto
poter rispondere a quel bacio... Io...”.
I pensieri di Lexi si dissolsero in due lacrime pesanti che si fecero
largo tra le palpebre chiuse, subito accompagnate da altrettante
compagne, ugualmente pesanti e cariche di frustrazione ed emozione.
Voleva svegliarsi come mai prima da quando tutto quel disastro era
successo, ma il suo corpo sembra essere insensibile anche ad un
sentimento potente come quello che provava per Nate. Ormai non aveva la
più pallida idea di chi invocare per aver un minimo segno di
miglioramento delle sue condizioni, tanto che l'insidioso pensiero che
le cose non sarebbero mai più cambiate cominciò a
strisciare sul fondo della sua coscienza, ma Lexi lo
schiacciò immediatamente con una brillante immagine degli
occhi e del sorriso di Nate, capaci oramai di risollevarla in qualsiasi
occasione. Si accorse, allora, che non voleva riaprire gli occhi
solamente per poter osservare dal vivo quel celeste angelico che si
ricordava essere il colore delle sue iridi, ma soprattutto per dirgli
grazie. Per esserle stato accanto durante tutto quel tempo. Per averle
mostrato che cosa fosse la vera vita. Per averle regalo emozioni
impagabili che si erano impresse a fuoco nella sua memoria. Per averla
fatta ridere e sorridere. Per averle stretto la mano quando tutto
sembrava irreparabile. Per aver asciugato le sue lacrime incontrollate.
Anche solo per aver scelto una delle sue canzoni preferite, la prima
volta che le aveva fatto visita da solo. Voleva semplicemente dirgli
grazie. Ma quello stupido ematoma glielo impediva e Lexi stava
cominciando a sentire sempre di più il peso dela sua
situazione schiacciarle il petto. Ma avrebbe combattuto per lui e per
quegli occhi che ancora riempivano la sua testa in flash splendenti.
Hi sweethearts!
E niente: sto
piangendo troppo per buttare giù qualsiasi cosa.
Vi lascio con una
delle frasi che a me stanno più a cuore: "Per credere
nell'amore, bisogna scriverne".
Spero di avervi
lasciato un po' di amore con questo capitolo: sarebbe il regalo
più prezioso **
Grazie per essere
arrivate fino a questo punto
Always:
Lots Of
Love xx
|
Ritorna all'indice
Capitolo 23 *** 2nd November 2013 ***
2nd November 2013
- Si può sapere che diavolo ti è passato per la
testa ieri?!
Sarah l'aveva praticamente strattonato dietro il bancone
dell'accettazione del reparto in cui si trovava Lexi, rischiando quasi
di fargli rovesciare il cestino delle cartacce a terra, aumentando
magari lo stato di irritazione nei suoi confronti. Non capiva per quale
strana motivazione lo stesse trucidando con quello sguardo dagli
intenti omicidi, quando l'unica cosa che aveva fatto era stata seguire
ciò che gli suggeriva il cuore. Insomma, Nate era cosciente
dei rischi che aveva corso: se solo fosse entrato qualcun altro al
posto di Sarah in quel momento sarebbe stato con ogni
probabilità a cercare con l'avvocato della casa discografica
di non far scoppiare un putiferio mediatico per un'accusa, per altro
infondata, di molestie ad incapace d'intendere e di volere. Ma qualcuno
ai piani alti lo aveva assistito, quindi non capiva davvero il motivo
di tanta irruenza.
- Hai vagamente presente che se fosse entrata una qualsiasi delle altre
infermiere o addirittura il Dottor Lawson, quel tuo bel faccino pallido
ora sarebbe sulle prime pagine di tutte i giornali e non di certo per
aver vinto qualche prestigioso premio musicale?!
Esattamente quello che Nate aveva appena pensato, eppure era ancora
convinto di aver fatto la scelta più giusta: in quelle poche
frazioni di secondo in cui le loro labbra si era scontrate, anche se a
lui era parso durare un'eternità, aveva provato qualcosa che
non sentiva più da troppo tempo. Una sorta di scarica
elettrica che si era diffusa per tutto il suo corpo ed era quasi certo
di aver avvertito un leggerissimo accenno di movimento delle labbra di
Lexi, motivo per cui si trovava così di buon mattino nel
reparto di medicina donne, nonostante il jet-leg lo stesse uccidendo.
- Dovevo farlo Sarah... Sul serio: dovevo...
L'infermiera si ritrovò a fissare una scena che le fece
parecchia tenerezza: quel ragazzino di appena ventidue anni, con un
assurdo cappellino blu calato sulla fronte, la maglietta rosa antico
che usciva da una felpa più grande di due taglie, dei
pantaloni stretti dentro a delle scarpe che le ricordavano tanto quelle
dei clown per la loro grandezza, le riportò alla mente come
ci si sentiva ad essere persi per qualcuno. Chiunque si sarebbe
accorto, anche lontano un miglio, che quel ragazzo aveva più
di una cotta per una ragazza con cui non aveva mai neanche parlato, ma
che aveva rischiato tutto per salvare la vita. Forse era per quello
sguardo così profondo e significativo, che non gli aveva mai
visto prima, o per quel tono di voce che lasciava intendere una
sincerità quasi lacerante, che Sarah si ritrovò a
sorridere e a dirgli l'impensabile.
- Ho capito Nate... Ma fa attenzione la prossima volta!
- La pro... La prossima volta?!
Sapeva perfettamente di averlo messo in difficoltà, lo
notò dal rossore che si diffuse velocemente sulle guance
altrimenti candide e dalle mani che iniziarono a torturare i bordi
delle tasche dei jeans chiari con impazienza, ma aveva visto il
tracciato cerebrale di Lexi del giorno prima, da quando il bel
irlandese era entrato nella stanza fino al momento in cui era corso via
e non poteva negare che ci fosse più di qualche collegamento
con i progressi che la ragazza faceva ogni qualvolta le cose andassero
bene con lui. Era stata scettica pure lei all'inizio, ma i monitoraggi
e gli esami che le avevano fatto confermavano quest'impressionante e
stravagante teoria: se Nate si prendeva cura di lei e le stava accanto,
Lexi migliorava in maniera tangibile e costante. Quindi sì,
Sarah aveva intenzione di farsi paladina e protettrice di quella storia
a suo parere meravigliosa, rischiando anche di andare contro il
regolamento dell'ospedale e le ire del Dottor Lawson.
- Non fare quella faccia da adolescente in erba che viene trovato dalla
madre con delle riviste poco consone sotto il letto! Lo sappiamo
entrambi che provi qualcosa di forte per quella ragazza ed è
altrettanto innegabile che, non ho ancora capito per quale astrusa
motivazione, se tu sei nei paraggi lei stia decisamente meglio, quindi
io ti avverto, caro il mio bel cantante irlandese... Tu mi stai
simpatico, okay? Credo che tu abbia un gran bel faccino e, tutto
sommato, anche la testa sulle spalle, ma azzardati ancora una volta a
farle promesse che poi non mantieni o ad abbandonarla e giuro che te la
dovrai vedere con me, chiaro??
Non voleva suonare così minacciosa con quelle parole, ma
evidentemente l'affetto che provava per Lexi sembrava aver preso il
sopravvento ed il suo istinto da mamma chioccia era uscito in tutta la
sua pericolosa maestosità, facendo indietreggiare di un
passo un allibito Nate che si vide puntato contro un dito grassottello
e roseo giusto sotto il naso. Quel discorso se lo sarebbe aspettato dal
padre di Lexi, non di certo da un'infermiera che, come lui, non l'aveva
mai nemmeno conosciuta di persona. Eppure questo gli fece capire come
poco si fosse sbagliato nel vedere tutta quella bellezza che
riscontrava ogni volta che sentiva parlare di Lexi o la vedeva ferma su
quel letto d'ospedale.
Fece un cenno d'assenso con la testa, incapace di trovare delle parole
che potessero anche solo delineare il marasma di sentimenti che stava
provando e dopo aver ricevuto il benestare di Sarah, tramite un suo
sorriso a dir poco materno, si diresse finalmente verso la camera di
Lexi.
Aveva sperato di trovarla vuota se non per quella meravigliosa ragazza
di cui si stava invaghendo sempre di più, ma rimase deluso
quando, aperta la porta, sentì un tono di voce che aveva
udito anche troppo in quegli ultimi tre anni e mezzo.
-Ehi Nathan!!! Che ci fai qui?!
Nate avrebbe volentieri risposto male a Lewis,ma il problema
era che, nonostante quell'assurdo nome che non aveva nulla a che fare
con quello che sua madre gli aveva datoe soprattutto nonostante la sua
presenza decisamente inopportuna all'interno della stanza, gli sorrise
lo stesso, perché con Lewis Tompson non si poteva fare
altrimenti. Lui, con le sue iridi di un celeste qualche
tonalità più scuro di quello di Nate e la
strampalata idea di tatuarsi anche il mondo sul corpo, era una fonte
inesauribile di risate, battute e atteggiamenti poco opportuni che
rendevano la vita di tutti quelli che gli stavano attorno molto
più interessante.
Si sedette sul letto di Lexi, dalla parte opposta a quella dove si
trovava la poltrona con Lewis seduto sopra, ed incurante dello sguardo
quasi allibito dell'amico, intrecciò una mano con quella di
Lexi lasciandoci un leggero bacio, prima di riappoggiarla sul lenzuolo
e continuare a carezzarla. Voleva che sapesse che lui era
lì, che era tornato nonostante tutto quello che era successo
il giorno prima e che non se ne sarebbe più andato,
esattamente come le aveva promesso.
- Secondo te Tommo?? Sono venuto a trovare lei...
Quella speciale dolcezza con cui aveva fatto scivolare fuori dalle
labbra sottili la parola “lei” fece saltare un
battito al cuore di Lexi, che appena ne aveva percepito la presenza si
era come rianimata: ormai non aveva neanche più senso
fingere che lui non avesse quell'effetto su di lei.
Lewis rise per quel rumore stridulo della macchina, conscio del fatto
che fosse stato proprio il suo amico a causarlo e quando
rialzò la testa verso Nate lo ritrovò a
contemplare con sguardo indubbiamente sognante Lexi, come se volesse
curarla ed aiutarla a svegliarsi con l'energia del suo pensiero. Non
l'aveva mai visto così. Insomma, per lui Nate era sempre
stato quello che rideva per ogni cretinata che lui diceva, quello che
aveva un sorriso da dedicare a tutti e che non si era mai preoccupato
di che cosa la gente pensasse delle sue scelte. Forse, fra tutti loro,
era quello più entusiasta e pieno di energie, non che gli
altri non lo fossero, Lewis per primo amava alla follia il suo lavoro e
tutto ciò che esso comportava, ma lo spirito con cui Nate lo
affrontava ogni giorno era spesso stato d'aiuto a tutti nei momenti
più difficili. Era anche per questo che una settimana prima
si era preoccupato seriamente nel vedere la sua reazione alla scoperta
che Lexi fosse innamorata di Lucas da sempre e quello poteva dire solo
una cosa: Nate teneva veramente troppo a quella ragazza.
- Sai, le stavo raccontando di quando i ragazzi dei 5SOS sono saliti
sul palco carichi di fette di torta e ce le hanno spiaccicate addosso
mentre cantavamo Teenage Dirtbang... Che bastardi!
- Cavolo, quella torta era fantastica!! Panna e cioccolato!! Capisci
Lexi?! Dolcissima panna mixata a cioccolato purissimo da far invidia a
quelle che prepara mia nonna!! “Non avevo alcun dubbio che ti
sarebbe piaciuta persino una torta spiaccicata sulla
faccia...”.
- Infatti... Era talmente tanto buona che ti sei dimenticato di fare il
tuo assolo perché eri troppo concentrato a leccarti la
faccia!! Credo di non aver mai riso così tanto!
- Ma se ho detto che era buona come quella di mia nonna vuol dire che
era superlativa ed una torta superlativa non si spreca
così!!!
“Non ci posso credere!! Oddio!! Ho fatto quasi la stessa
identica cosa quando ero in seconda media!! Era scoppiata una guerra di
cibo in mensa e, mentre tutti i miei compagni cercavano di
giustificarsi con i professori, io ero l'unica che continuava a
mangiare la crostata che si era spappolata dovunque... Era divina!!!
Mia ancora ride ogni volta che ne parliamo, dicendo che sembrava non
mangiassi da due mesi, tanto ero concentrata...”.
- Tu sei un pozzo senza fondo Nate!! Ti mangeresti anche le tue
chitarre se non ti servissero durante i concerti.
- Non è mica colpa mia se ho un metabolismo veloce!
- E un cervello lento...
- Ehi!!
Lexi li sentì scoppiare a ridere come due bambini piccoli e
le sembrò una delle cose più belle che avesse mai
udito in vita sua e quel suono era a tal punto contagioso che fece
ridere a crepapelle anche lei, benché potesse farlo solo
attraverso il sobbalzare del suo ritmo cardiaco.
- Abbiamo fatto ridere pure la nostra cara Lexi, a quanto pare! Oppure
sta impazzendo perché non vede l'ora che ci leviamo dalle
palle... Non saprei...
- Sta ridendo.
La certezza con cui Nate aveva fatto quell'affermazione
stupì non solo sé stesso, ma anche Lewis che lo
guardò come se si fosse appena trasformato nell'incredibile
Hulk davanti i suoi occhi.
- Come fai ad esserne sicuro?
Già: come faceva ad esserne sicuro? Anche Lexi era curiosa
di conoscere la risposta e Nate decise di lasciar da parte ogni riserva
nel parlare, solo perché lesse negli occhi dell'amico un
sincero interesse e nessuna traccia di presa in giro o di scetticismo.
- Ho imparato a riconoscere i diversi battiti del suo cuore...
Si perse nuovamente nella contemplazione di quella ragazza ai suoi
occhi assolutamente perfetta e continuò a parlare, incurante
della presenza di Lewis nella stanza.
- Se sono lenti e costanti ti sta ascoltando... Se salta un battito,
vuol dire che è sorpresa... Se accelerano improvvisamente e
rimangono così per più di tre secondi vuol dire
che è emozionata, felice e che, forse, sta ridendo... Se poi
diventano scostanti bisogna chiamare qualcuno, perché le
emozioni sono state troppo forti...
Non si era accorto neanche lui di aver prestato così tanta
attenzione al semplice rumore di una macchina, ma capì che
quello era stato il suo unico modo per poter comunicare con lei in quei
lunghissimi mesi, tanto che ancora si ricordava la prima volta in cui
Lexi gli aveva fatto capire che era lì con lui e che lo
ascoltava. Si riscosse da quel ricordo e si voltò in
direzione di Lewis, che lo stava ancora fissando interessato ed
impressionato.
- Ma scusa: tu che ci fai qui??
Lewis rise tranquillo a quella domanda ovvia e gli rispose con un suo
tipico sorriso strafottente stampato sulle labbra.
- Semplice: sono venuto a fare un resoconto dell'ultimo mese alla mia
carissima Lexi, raccontandole anche i fatti importanti e non solo che
cosa abbiamo mangiato a pranzo e a cena, come sicuramente ti sarai
limitato a fare tu...
Detto quello, si appoggiò allo schienale della poltrona,
intrecciò le mani sulla pancia e si godette la faccia
allibita di Nate. A dire la verità era andato lì
per vedere quali fossero le reali condizioni di Lexi, dato che le
ultime notizie che aveva ricevuto tramite Hugh non erano state tra le
più rosee. Ma quando era arrivato in quella stanza, un'ora e
mezza prima, Sarah, l'infermiera che aveva scoperto seguire sempre
Lexi, lo aveva informato sugli ultimi miglioramenti e su come fossero
andate veramente le cose in quell'ultimo mese in cui erano stati in
tour, compreso il fatto che molti dei cambiamenti erano dovuti quasi
esclusivamente alle azioni di Nate. Non che Lewis non se lo aspettasse,
in fin dei conti era stato il primo a notare che qualcosa stesse
succedendo nella testa del biondino ed era stato sempre lui a notare
come dopo ogni chiamata via Skype con lei, Nate risultasse decisamente
più sereno e solare, ma mai e poi mai avrebbe immaginato che
tra i due si potesse esser creato un legame del genere. Non credeva
nemmeno fosse proprio possibile avere un legame con una persona che
stava distesa su un letto, immobile, senza poter parlare o anche solo
respirare autonomamente, e soprattutto senza averci mai neppure
scambiato uno sguardo. Eppure, era anche vero che sia Nate che Zach e,
perché no, anche lui stesso, si sentivano stranamente in
sintonia con Lexi, quasi come se la conoscessero da sempre e fosse
parte della loro ristretta cerchia di amici che avevano mantenuto da
quando la fama aveva cambiato la loro vita. Lewis fu riportato alla
realtà dalla risata rumorosissima di Nate, che sembra non
ridere da almeno una settimana tanta confusione stava facendo,
così si rimise seduto in maniera quasi umana e lo
guardò confuso.
- Si può sapere che cos'hai da ridere??
- Ma dico: ti sei visto?! Ti sei spalmato su quella sedia, tenendoti la
pancia, come se fossi Babbo Natale il giorno di Santo Stefano!!!
- Mi stai dando del grassone vestito di rosso?!
- No, ti sto dicendo che sembravi così buffo da farmi ridere
una sacco!
E riprese a sghignazzare come se non avesse più occasione di
farlo in futuro, facendo risollevare anche l'umore di Lexi, che
nell'ultimo periodo era stato a dir poco altalenante. “Quanto
mi era mancato il suono allegro della sua risata... E'
così... Così... Sì,
contagiosa...”.
- Ringrazia il cielo che ti voglia un bene dell'anima Irlandese,
altrimenti avresti già fatto una brutta fine...
- Cos'è: avrei sperimentato il terribile e potentissimo
pugno alla Tommo- Tompson? Ah ah ah...
- Ridi, ridi... Ma guarda che c'è gente che ha
paura di avere a che fare con me!
- Lewis andavi in giro con un paio di pantaloni rosso fuoco e le
bretelle fino all'altro giorno, non credo che un paio di tatuaggi fatti
a caso ti facciano diventare un duro...
Lo sguardo fintamente infastidito che Lewis lanciò a Nate lo
fece ridere ancora, oltre che fargli ottenere un pugno decisamente
forte sul braccio, ormai leggermente muscoloso grazie alle sessioni di
palestra fatte durante l'ultimo mese di tour. A dire il vero, aveva
cominciato ad allenarsi per non pensare a Lexi tutto il santissimo
giorno, anche se andava sempre a finire che Marc doveva richiamarlo sul
pianeta terra prima che si tirasse il bilanciere sui piedi. Inoltre,
quei muscoli gli erano anche stati stranamente utili quando la malsana
idea di tirare un pugno in pieno viso a Lucas gli era balzata in testa
e gli era pure sembrata una cosa intelligente. Ancora non ci credeva di
aver seriamente fatto a botte con lui, anche se tecnicamente, per sua
fortuna, era stato solo lui a darle ed il palestrato del gruppo non
aveva risposto.
Nel frattempo Lexi si godeva quella scena di straordinaria
normalità tra i due ragazzi, avverando con ogni
probabilità il sogno di metà fan della band:
chiunque avrebbe pagato per vederli scherzare così
spontaneamente, come se fuori da quella stanza non ci fosse un intero
mondo di ragazze adoranti ad attenderli.
- Ehi, prima stavo girando un po' su Twitter e mi sono capitate
sott'occhio le foto di quando mi hai piazzato quelle due tette enormi
di plastica davanti al naso... Cavolo! Erano così grandi che
non vedevo nemmeno le corde della chitarra!!
- Nate....
- E quella volta in cui mi hanno lanciato un gigantesco reggiseno di
pizzo azzurro?!
- Nate...!
- Ho provato a farci alcuni palleggi, ma pesava troppo tanto era grande
e...
- Nate! Per l'amor di dio, c'è Lexi che ascolta!!!
- Oh cazzo!!
Come se fosse ancora alle scuole elementari e avesse appena detto una
parolaccia davanti la maestra, Nate si coprì la bocca con le
mani facendo ridere Lewis come un pazzo, tanto che dovette tenersi la
pancia ed accasciarsi sulla poltrona per poter tentare di respirare
ancora.
Lexi stava ridendo ormai come non faceva più da un sacco di
tempo, anche se ancora si chiedeva come fosse possibile ridere in
quelle condizioni, eppure il suo corpo sembrava provare le stesse
sensazioni che percepiva quando guardava qualche loro intervista su
YouTube per tirarsi su di morale dopo l'ennesima giornata assolutamente
uguale a quella precedente, se non per qualche idea strampalata di Mia.
- Sei un cretino Nate, giuro! Aspetta che la racconti a Zach e vedrai
quanto ti prederemo per il culo!
- Ah beh! Perché tu sei Mister Finezza, vero??
- Per lo meno io ho un qualche titolo, Gambe di Gallina!
Lexi sapeva già che sarebbero andati avanti all'infinito con
quella ilare conversazione sul nulla, ma il rumore di un paio di scarpe
con un piccolo tacco, li interruppe sul più bello.
-State veramente avendo uno dei vostri battibecchi senza senso davanti
a Lexi?? Ma non credete che abbia già abbastanza problemi
senza voi due che le riempite la testa di assurdità??
La voce leggera di Ellie riempì la stanza, riportando subito
un po' di sanità mentale all'interno di quel luogo, dato che
nemmeno Lexi si poteva dire completamente nel pieno delle sue
facoltà mentali: si stava godendo ogni singola battuta di
quella conversazione come se fosse manna nel deserto, annotando tutto,
magari per quel futuro libro che voleva scrivere appena si fosse
svegliata.
- E' stato Lewis a cominciare!
- Non avevo alcun dubbio che fosse colpa sua...
- Ma non è vero!! A chi vuoi credere: al tuo amorino
dolcioso o a quell'irlandese sguaiato?!
Ellie si avvicinò alla poltrona dove era seduto
scompostamente il suo ragazzo e dopo avergli dato un casto bacio sulle
labbra, gli disse sorridendo candidamente:
- Decisamente a Nate... In questi casi è sempre colpa tua!
- Questa me la lego al dito piccoletta, sappilo...
- Ha solo detto la verità, Tommo... L'Irlandese ha sempre la
meglio!
- Se non fossimo in ospedale ti farei vedere io chi ha la meglio tra
noi due!
- Ma la volete piantare per una volta?! Siete peggio di due bambini
delle elementari! Scusali Lexi, ma non hanno la minima idea di che cosa
voglia dire contenersi...
Percepì la gentile e fresca mano di Ellie appoggiarsi sul
dorso della sua, in un gesto di complicità femminile che le
era abbastanza sconosciuto, dato che Mia era tutto fuorché
una ragazza definibile come “femminile”: era stato
solo grazie alle insistenze di Lexi che aveva indossato il primo paio
di scarpe con il tacco di tutta la sua vita, nonostante facesse la
costumista e mangiasse pane e moda tutti i santissimi giorni.
“Tranquilla Ellie... Almeno portano un po' di vita in questo
mortorio di camera... Ultimamente è stata abbastanza dura
stare qui dentro, soprattutto senza le chiamate di Nate a vivacizzare
le mie giornate...”.
Lexi si chiese per un secondo per quale motivazione si ostinasse a
rispondere a ciò che le dicevano dall'esterno, ma era come
se volesse ribadire anche a sé stessa che la sua
priorità, in quel momento, era svegliarsi il prima possibile
e riuscire a conoscerle davvero quelle meravigliose persone e
riprendere in mano la sua vita.
- Ma voi due che ne direste di continuare la vostre interessantissima
conversazione in corridoio per qualche minuto??
Lexi si chiese per quale motivo quella ragazza, che sapeva essere
esteticamente strabiliante e pure estremamente simpatica, avesse
implicitamente chiesto a Lewis e Nate di rimanere da sola con lei,
quando nello stesso momento la faccia dubbiosa e le parole di Nate
espressero a voce lo stesso identico dubbio.
- Ma perché dovremmo uscire scusa?
Ellie lanciò un'occhiata eloquente ad un confuso Lewis che
sembrò cancellare in un secondo la nebbia che gli aleggiava
nel cervello per illuminarsi in viso e rispondere.
- Perché... Perché... Perché qui diamo
fastidio ed io ho voglia di qualcosa da mangiare tra parentesi... Il
jet leg mi sta uccidendo... Dai, non dirmi che non hai fame!!! Su
andiamo!
Lewis si alzò velocemente dalla poltrona e prese per un
braccio Nate, trascinandolo fuori dalla porta e senza lasciargli il
tempo di ribellarsi o anche solo di lamentarsi. Quando finalmente la
situazione all'interno della stanza si fu tranquillizzata ed Ellie non
udì più la voce squillante di Lewis trapassare i
muri sottili dell'ospedale, si sedette al posto del suo fidanzato
chiacchierone e strinse leggermente la stretta attorno la mano magra di
Lexi: si chiese se fosse sempre stata così magra e fragile
come le appariva in quel momento, o se fosse una di quelle ragazze con
tutte le curve al loro posto, di quelle che attiravano i ragazzi. Non
avrebbe saputo dirlo, perché lei di quella ragazza bloccata
su un letto d'ospedale da quattro mesi non sapeva assolutamente nulla
eppure le ispirava fiducia, specie dopo che aveva avuto modo di parlare
con Lewis e di assistere alla scena di prima. Era rimasta apposta in
silenzio ad ascoltare le parole di Nate, curiosa di verificare se
quelle che le erano sembrate delle assurde fantasie di Lewis
fossero invece delle fondate verità: e così era
stato. Se mai avesse sentito un ragazzo descrivere con tale precisione
il modo di ridere o di rispondere della propria fidanzata avrebbe detto
senza alcun dubbio che ne era innamorato perso. Eppure com'era
possibile che Nate si fosse perso, o addirittura, innamorato di una
ragazza con cui non aveva mai realmente parlato? Ellie non ne aveva la
più pallida idea, ma sperava che qualsiasi tipo di legame si
fosse creato tra di loro potesse aiutare Lexi a risvegliarsi e,
perché no, poter vedere come sarebbero andate le cose.
- Allora Lexi: finalmente da sole... Ti prego di non prendermi per
pazza per aver cacciato fuori quei due, ma alle volte fanno talmente
tanto rumore che mi confondono le idee....
“Tranquilla Ellie... Insomma, è un piacere anche
per me avere qualche ragazza della mia età con cui
parlare... Specialmente da quando Mia non fa altro che chiedermi scusa
o stare in silenzio se viene a trovarmi...”.
- Comunque, sono qui perché ho alcune cose da dirti... So
che l'ultima volta che ti ho detto una cosa del genere poi mi sono
messa a parlare come mia nonna e a dirti di non abbatterti per un
sentimento non corrisposto, ma prometto di non essere così
pedante questa volta.
Ellie prese un respiro profondo e poi riprese a parlare con il tono di
voce più serio che aveva mai usato in vita sua.
- Lexi, io non ho la più pallida idea di quello che
sia successo negli ultimi mesi, specialmente da quando i ragazzi sono
andati in tour, ma quella pettegola di mio moroso mi ha raccontato di
come... Sì, insomma, di come si comporti Nate nei tuoi
confronti... E credo di aver avuto la conferma alle mie teorie dopo
averlo sentito parlare prima...
La mente di Lexi era totalmente concentrata sulle parole di Ellie e su
quella possibilità che aveva tanto sperato diventasse
realtà, ma che aveva paura anche solo di immaginare e se
avesse potuto avrebbe anche trattenuto il fiato, ma le macchine non
glielo permettevano.
- So che suonerà strano, ma io conosco Nate da ormai quattro
anni ed è uno dei migliori amici di Lewis, quindi devi
credermi quando ti dico che non l'ho mai sentito parlare
così di nessuna ragazza... Mai una volta nella vita aveva
dedicato una canzone a qualcuna con cui si stava frequentando...
Quindi, per quanto assurdo possa sembrare, credo che tu gli sia entrata
nel cuore Lexi e se per caso avessi ancora qualche dubbio sul
perché dovresti svegliarti, beh: fallo anche solo per lui...
Per Nate... Perché se ho ragione- e fidati: difficilmente
sbaglio in questi casi- dargli la possibilità di mostrarti
quello che prova per te sarà la scelta più giusta
che tu abbia mai fatto nella tua vita... Ovviamente dopo quella di
esserti gettata su quella pallottola impazzita... Per questo non
smetterò mai di ringraziarti...
Ellie concluse con un sorriso sincero quel discorso che le era venuto
spontaneo, pensando a come avesse ringraziato il cielo che qualcuno
fosse intervenuto quel giorno per salvare la vita a tutti loro ed, in
primis, al suo Lewis. Ancora sentiva la paura scorrerle nelle vene se
ripensava a quelle frazioni di secondo in cui era successo tutto: le
urla, il rumore assordante dello sparo e il braccio forte di Lewis che
la gettava a terra, schiacciandola con il suo corpo. Si era voltata
giusto un attimo prima che il corpo del loro salvatore toccasse il
cemento duro di Leicester Square ed aveva ringraziato mentalmente
quell'angelo, sperando che non fosse morto. Solo dopo aveva scoperto
trattarsi di una fan e, nello specifico, di Lexi, cosa che l'aveva
fatta scoppiare in singhiozzi ancora più forti.
- Qui ti stanno aspettando tutti Lexi... Specialmente qualcuno dalla
capigliatura bionda e due occhioni strepitosamente celesti...
Lexi sapeva che Ellie stesse sorridendo, ormai aveva imparato a capirlo
dall'inclinazione che assumeva la voce di chi l'andava a trovare, ma
non era la sola a farlo, perché quelle sue affermazioni
avevano acceso dentro di lei una nuova fiamma, fatta di determinazione
e desiderio che si trasformarono in una piccola impercettibile lacrima,
che scese invisibile lungo la sua guancia.
“Nate mi sta aspettando... Nate mi sta
aspettando...”.
Era l'unico pensiero che rimbombava dentro la sua testa, come un
traguardo da raggiungere, un obbiettivo per cui voleva lottare per la
prima volta in vita sua. In quel momento una testa mora fece capolino
dalla porta e chiese il permesso di rientrare per salutare Lexi e
accompagnare la sua donzella a casa.
- Ehi bellezza, ci vediamo presto... Prometto di tornare ad aggiornarti
il prima possibile!! Ciao Lexi...
- Giuro solennemente di accompagnarlo ogni volta che vorrà
venire qui per assicurarmi che non ti riempia la testa con una marea di
chiacchiere inutili... A presto Lexi... Ti aspetto...
Come al solito Ellie le aveva detto quelle ultime parole a pochi
centimetri dall'orecchio, lasciandole poi un amichevole bacio sulla
guancia che fece sentire Lexi stranamente serena, come se seriamente la
vita che la stava aspettando, qualora si fosse svegliata, sarebbe stata
a dir poco fantastica. Quando il rumore della porta lasciò
che la sua eco si diffondesse per la stanza, Lexi si chiese se fosse
nuovamente rimasta sola o se qualcuno, anzi, quel qualcuno, fosse
rimasto ancora un poco con lei. Perché, in fin dei conti,
avevano una questione piuttosto spinosa da affrontare dato che,
nonostante lei non potesse parlare, i suoi sentimenti fossero ancora
quelli di una ventiduenne quasi normale che era stata baciata da uno
dei ragazzi più belli e straordinari al mondo. Non poteva
credere di aver sul serio pensato una cosa del genere: si fece paura da
sola.
“Quindi ti conviene essere rimasto nei paraggi Mr Hanson,
altrimenti potrei svegliarmi e venirti a cercare!”.
Un colpo imbarazzato di tosse attirò la sua attenzione,
seguito da un leggero spostamento d'aria che fece giungere alle sue
narici quel profumo che sapeva proprio di Nate.
- Ehm... Finalmente soli, eh?
A Lexi venne abbastanza da ridere, perché le sembrava di
vederselo lì, impalato nel mezzo della stanza, le mani nelle
tasche dei jeans stretti e chiari, che spostava il peso da un piede
all'altro cercando qualcosa di intelligente da dirle, ma scartando ogni
volta quello che gli passava per la testa. Come un bambino delle
elementari alla prese con la sua prima cotta: semplicemente adorabile.
“Chissà perché non mi sono
mai soffermata più di tanto su di lui... Eppure, ogni volta
che penso a lui, mi ricordo ogni minimo particolare del suo volto, i
suoi modi di fare così spontanei e solari, i suoi
tic quando è nervoso... E' come se il mio cuore fosse stato
tutto concentrato su Lucas, ma qualcosa di Nate attirasse l'attenzione
del mio subconscio... Ma che diamine sto pensando?! In fin dei conti so
praticamente tutto di tutti loro, anche se averci a che fare mi ha
fatto scoprire un sacco di lati nuovi che solo le persone vicino a loro
possono sapere... Tipo che Zach parla molto più di quanto si
potesse mai immaginare e che, tra tutti, è decisamente il
più sensibile... Che Hugh ha una dolcezza dentro di
sé che si può intravvedere nei suoi modi, ma che
ti travolge letteralmente se entri nella stretta cerchia delle sue
amicizie, senza contare che è anche molto più
stralunato di quanto sembri normalmente... E Lewis è una
vera pettegola ma solo perché vuole il meglio per
i suoi migliori amici... Beh, poi c'è Lucas... A dire il
vero di lui avrei volentieri fatto a meno di sapere molti segreti, ma
presumo fosse inevitabile dal momento che mi sono presa una pallottola
sulla spalla e sono finita in coma per salvargli la vita... E poi, per
essere del tutto sinceri, lui è un bravo ragazzo e
soprattutto è innamorato perso della sua ragazza... Che poi
non sia io la fortunata, questa è tutt'altra
storia...”.
Nate si decise a levare le radici che ormai gli erano cresciute tanto
era stato fermo sullo stesso punto della stanza e si sedette sul bordo
del letto di Lexi. Era vero che il giorno prima aveva recuperato tutto
il coraggio che aveva dalle punte dei piedi fino alle punte dei capelli
fintamente biondi, per poter fare quello che aveva fatto ma quella era
ben altra situazione. Sapeva che Lexi comprendeva ciò che la
gente e, specialmente, lui gli diceva ma non era certo di voler sapere
la risposta a quella domanda, benché sapesse fosse il
momento di affrontarla.
- Va bene, credo sia il caso di andare direttamente al sodo della
questione... Come se fosse un uovo, per capirci... Ma che sto
dicendo...
Scosse la testa per la sequela di sciocchezze che continuava ad
uscirgli di bocca e blocco i suoi occhi cristallini sulla mano delicata
di Lexi, chiedendosi se tutta quella fragilità che lui
vedeva in quel corpo bloccato da mesi, la rispecchiasse veramente
oppure no. La prese tra le sue mani e subito il suo cuore
rallentò quella corsa impazzita che aveva intrapreso appena
si era ritrovato da solo con lei, come se quel semplice contatto
potesse trasportarlo in un mondo parallelo dove ci fossero solo lui e
Lexi, senza fan alle volte troppo opprimenti, senza scadenze
inflessibili da rispettare, senza nessuno a dirgli come si dovesse
sentire nei confronti di una ragazza che non aveva mai, secondo loro,
conosciuto. Erano solo loro due e lo spettro di un amore che Nate
sperava concluso dopo le dolorose parole che le erano state rivolte.
- Lexi... Voglio solo sapere se sei ancora innamorata di Lucas... Se
mai mi dovessi in qualche modo dire di sì, ti prometto che
non ti abbandonerò... Ho fatto una promessa e la voglio
mantenere a tutti i costi, ma ho bisogno di sapere... Perché
sento che le cose stanno cambiando per me, anche se è ancora
tutto così confuso...
“No!! Non provo più nulla per lui! E forse non
l'ho mai nemmeno amato veramente Lucas... Credevo che pensare
costantemente ad una persona e sapere ogni sua minima mossa ed ogni sua
parola fosse amore, ma non è così... Quello che
provo solo sentendo il suono della tua voce ed immaginando il tuo
sorriso, quello è amore... Quindi non pensare più
a nulla di ciò che hai sentito, perché io credo
di essermi innamorata di te, Nate, e non ho nemmeno più
paura ad ammetterlo, per quanto possa sembrare da pazzi...”.
- Quindi te lo chiedo ora e non lo farò mai più,
sei ancora innamorata di Lucas? Se è un no, fammelo
capire...
Nate continuava a guardarla, sperando che l'elettrocardiogramma desse
qualche segno, che lei gli facesse capire come le sue paure fossero
infondate, che non si fosse preso una “sbandata”,
come l'aveva definita suo fratello Greg quando gliene aveva parlato,
per una ragazza il cui cuore apparteneva già a qualcun
altro, anzi, ad uno dei suoi migliori amici. Se pensava di avergli
tirato pure un pugno per lei, gli venivano ancora i brividi.
Eppure nulla, nessun segno, nessun battito cardiaco accelerato, nessuna
lacrima, niente di niente mentre il suo, di cuore, si stava lentamente
stringendo sempre di più, come se la linfa vitale che lo
irrorava si fosse improvvisamente prosciugata.
Lexi sapeva perfettamente che Nate stava attendendo un suo segno, ma
non voleva che fosse un banale battito cardiaco a dirgli che non
provava più nulla per Lucas, voleva che sapesse che lui era
l'unico nella sua vita, per quanto strana e surreale potesse essere.
Voleva fare qualcosa di speciale, voleva rispondere a quella sua
domanda avvicinandosi il più possibile, voleva tornare da
lui il più in fretta possibile.
Era leggero, quasi indistinto, non molto diverso dallo scorrere
incessante del sangue dentro le vene, eppure aveva qualcosa di speciale
con sé: era un formicolio strano alla mano destra, quella
che Nate stava stringendo. Le sembrò che le sue dita
stessero letteralmente andando a fuoco, come se una marea di formiche
brucianti le scorresse sotto la pelle e la sensazione della pressione
delle mani di Nate sulla sua si fece sempre più chiara e
persistente, segno che il suo corpo riceveva dei segnali dal
cervello e vi rispondeva. Lexi concentrò tutta la sua
attenzione, la sua forza di volontà e, soprattutto, ogni
singola goccia del suo desiderio di vederlo su quelle dita infuocate e
fu tutto un attimo.
Nate non poteva crederci. Forse era tutto frutto della sua
immaginazione e di quella disperata voglia che lei gli desse una
risposta affermativa, ma quando puntò i suoi occhi dubbiosi
sulla mano sotto di lui si rese conto di come tutto fosse dannatamente
reale: Lexi stava stringendo la sua mano. Non aveva importanza se si
trattava di un solo dito, un'ondata di gioia, sollievo ed eccitazione
lo pervase da capo a piedi, tanto che saltò giù
dal letto , inginocchiandosi davanti a quell'intreccio di dita che, per
quanto debole, era indubbiamente un miracolo. Cominciò a
baciare la mano di Lexi e poi si fiondò istintivamente sulle
sue labbra, lasciandoci più di un semplice bacio a stampo,
colmo di tutto quello che Nate stava provando in quel momento, sperando
che potesse rispondere anche a quello, ma la sua bocca era ancora
fredda immobile.
- Oddio Lexi!!! Sei qui piccola!! Devo chiamare, qualcuno... Io...
Oddio!!! Hai stretto la mia mano!! Io... Torno subito!!
Lexi sentì la sua mano appoggiarsi di nuovo sul lenzuolo e
quasi le venne da ridere, se non fosse stata anche lei troppo sconvolta
dal fatto di essere risuscita a far muovere le sue dita.
“Il mio corpo sta reagendo... Ce la stai facendo bello!!!
Così mi piace! Ora dobbiamo fare solo un altro passo e farmi
aprire pure gli occhi... Su dai! So che ce la possiamo
fare!!”.
Pochi secondi dopo l'entusiasmo di Nate era diventato quello di tutto
il reparto e specialmente di Sarah, che corse letteralmente
nella stanza di Lexi, come se stesse partecipando alla finale olimpica
dei 100 m.
- Lexi?! Lexi ci sei?!
- Sì che c'è!!! Mi ha stretto la mano!!! Lo
giuro! Lei... Lei ha stretto la mia mano ed io... Oh Cristo!!!!
Lexi poteva quasi immaginarselo mentre si passava quelle mani grandi
tra i capelli, tirandoli sulle punte quasi volesse straparli,
camminando su e giù per la stanza che le sembrava sempre
più affollata dai rumori che sentiva.
-Ma si può sapere che sta succedendo qui dentro?!
“Ah beh, ci mancava solo lei dottorino dei miei stivali... Mi
sa che manca sempre meno al momento in cui le dirò che deve
lasciare stare mia madre... Non vedo l'ora, guardi!”.
- Ha stretto la mano!! Cioè: ha stretto la mia mano!!
- E lui chi diavolo è?!
- Sono Nate Hanson uno dei...
- Uno degli amici più stretti di Lexi!!
L'occhiata complice che l'infermiera lanciò a Nate gli fece
capire che quello era il momento perfetto per tenere la bocca chiusa e
mettersi in disparte, aspettando che gli confermassero il fatto che non
fosse completamente impazzito e che Lexi stesse sul serio tornando da
lui.
- Chiunque sia, lo voglio fuori di qui... Anzi: voglio tutti fuori di
qui!!!
“Ehi dottorino, guarda che se non fosse per lui io non avrei
mai fatto tutta questa fatica immane per muovere quel dannatissimo
dito! Vedi di andarci piano...”.
Quando tutte le innumerevoli infermiere del reparto e Nate furono
usciti dalla stanza, il Dottor Lawson prese in mano i tracciati che
Sarah aveva appena stampato e che gli stava porgendo, curioso di vedere
se Lexi si stesse riprendendo sul serio o se fosse stata tutta una
fantasia di quello che a lui era sembrato solo un ragazzino esagitato.
Sarah stava aspettando con apprensione il responso, trattenendo il
respiro e continuando a spostare lo sguardo dal Dottor Lawson a Lexi
che, ora, sembrava essere tornata quella degli ultimi quattro mesi. Ma
ormai qualcosa era cambiato dentro di lei: sapeva di poterci riuscire,
di poter tornare da Nate e nulla l'avrebbe più intralciata.
- Allora?!
- Si è legata parecchio a questa paziente, non è
vero signora Stones???
- Potrebbe anche essere, ma non ci vedo nulla di male... E lei??
- No, nemmeno io... A meno che questo non la spinga a far trasgredire
le regole per favorire qualcuno...
L'infermiera odiava con tutto il suo cuore quello sguardo fintamente
cordiale che nascondeva la peggior attitudine di sempre: Andy Lawson le
era sempre sembrato un serpente con le gambe ed anche in quel momento
avrebbe fatto volentieri a meno di avere quella conversazione. Sapeva
perfettamente a che cosa si stesse riferendo il dottore, dato che era
certa che qualche sua collega decisamente meno umana di lei gli avesse
spifferato tutte le visite illecite e le chiamate su Skype che aveva
concesso a Nate nell'ultimo periodo, ma non aveva alcuna intenzione di
farsi mettere all'angolo da lui.
- Non ho la più pallida idea su che cosa si stia riferendo
Dottore... Ma se sta parlando di Nate, le posso assicurare che la sua
presenza qui era a scopi prettamente terapeutici... Come può
constatare lei stesso...
Glielo disse con il sorriso più amabile che le fosse
possibile, conscia del fatto che non potesse darle torto in alcuna
maniera: era stata la presenza di quel ragazzo a scatenare una tale
reazione in Lexi.
- Va bene... Come vuole lei... In ogni caso bisogna avvisare la
famiglia, ma a questo ci penserò io. Intanto lei continui a
monitorare la situazione.
Detto questo uscì dalla stanza, permettendo a
Sarah di esplodere come un gavettone che scontra con il cemento
incandescente di un'autostrada d'estate.
- Porca miseria quanto poco sopporto quell'uomo!! Non riesco seriamente
a capire chi pensa di essere!!!
“Sono pienamente d'accordo con te Sarah... E ti pareva che
doveva occuparsene lui di avvisare la mia famiglia?! Dirà
che è tutto merito suo e si vanterà con mia
madre... Bleah....”.
Un rumore tenue attirò l'attenzione di Lexi, che
percepì la presenza di Nate di nuovo nella stanza: ormai il
suo profumo sembrava esser diventato l'unico odore che il suo naso
percepisse distintamente.
- Allora???
Poteva percepire perfettamente la tensione nella sua voce, la paura che
tutto quello che fosse successo nell'ultima mezz'ora fosse stato tutto
frutto della sua immaginazione e questo fece riscaldare nuovamente il
cuore di Lexi, perché voleva dire che lui ci teneva sul
serio a lei, che la sua presenza lì non era dovuta a nessun
senso del dovere o a qualche malsana convinzione di essere in debito
con lei. Perché sì: nonostante tutto quello che
Nate avesse fatto per lei e, soprattutto, nonostante quel bacio che
ancora le faceva chiudere lo stomaco al sol pensiero, aveva paura che
lui se ne sarebbe andato, lasciando dietro di sé l'ennesima
scia di schegge da cui Lexi non sapeva se sarebbe riuscita a rialzarsi.
- Allora sta tornando da noi, Nate... Ti ha sul serio stretto la
mano...
L'infermiera si avvicinò all'orecchio di quel ragazzo che
non riusciva a smettere di sorridere, come quando gli avevano
detto quei tre “sì”, regalandogli la
possibilità di fare del suo più grande sogno il
suo lavoro, e per non farsi sentire da Lexi, che ora era ufficialmente
quasi cosciente, gli sussurrò all'orecchio:
-Complimenti ragazzino... Ci sei riuscito...
Nate osservò la figura rubiconda dell'infermiera uscire
dalla camera e si chiese a che cosa si riferisse con quelle parole, ma
la sua mente era tutta indirizzata verso qualcos'altro o, meglio,
qualcun altro. Lexi stava lottando per lui e finalmente si cominciava a
vedere anche qualche risultato: la stretta delle sue dita
delicate attorno alla sua mano sarebbe stata una cosa che non avrebbe
mai dimenticato.
- Sono così orgoglioso di te Lexi....
Forse era per il tono a dir poco commosso con cui lo disse o magari per
il fatto che quella frase, Lexi, l'aveva sentita pronunciare ben poche
volte nella sua vita e quasi mai rivolta a lei. I suoi genitori erano
riusciti a dirglielo solo dopo che l'avevano vista su un letto
d'ospedale, in pericolo di vita e dopo essersi gettata su una
pallottola; Mia non era mai stata tipa che si profondeva in grandi
affermazioni di affetto e solitamente era lei quella che raggiungeva i
grandi traguardi tra le due, quindi quelle parole non gliele aveva mai
dette; il Signor Finnigan, una volta, le aveva espresso tutte le sue
“sincere congratulazioni” per essere riuscita a
superare a pieni voti un esame che preparava da mesi... Ma mai nessuno
le aveva detto quelle parole semplicemente per il fatto di essere
lì. Quel ragazzo le aveva insegnato tutto: da che cosa
volesse dire sorridere veramente al significato pieno di
“sorprendere” qualcuno con un semplice gesto e per
il puro scopo di donargli un momento speciale; le aveva mostrato come
fosse possibile essere in pace con sé stessi, apprezzarsi,
volersi bene e, perché no, anche amarsi, con i propri
difetti, le proprie debolezze ed insicurezze, e tutto questo solo
raccontandogli la sua storia. Nate si sedette sul bordo del letto, come
ormai era solito fare per sentirla più vicina e le prese la
mano tra le sue, disegnando piccole figure astratte che forse
rispecchiavano il marasma di emozioni che solo lei gli sapeva donare.
- Sai che cosa mi disse mio padre pochi secondi prima di salire sul
palco per fare il mio provino?? Ero assolutamente terrorizzato
dall'idea di poter mandare tutto a monte, di giocarmi la mia unica
occasione magari sbagliando qualche stupida nota... Così gli
chiesi che diamine ci facessi io lì, un ragazzino di
diciannove anni che non aveva mai cantato di fronte a qualcun altro che
non fosse la sua famiglia... Lui mi prese le spalle, puntò i
suoi occhi celesti dritti nei miei e mi disse: “Lo senti?? Lo
senti il tuo cuore che batte?? Ecco: continuerà a farlo
finché inseguirai i tuoi sogni... Credici sempre e fino in
fondo Nate... Segui il tuo cuore...”... Me lo ripeto ogni
singola volta in cui devo salire su un palco per esibirmi.
Nate sorrise a quel ricordo e guardando Lexi, lì, che
combatteva per svegliarsi, pensò fosse giusto dirglilo.
-Quindi, segui il tuo cuore Lexi e torna da me...
“Hai ragione Nate... E dovrò ringraziarti fino
alla fine dei miei giorni per questo: tu mi hai insegnato a sentire il
mio cuore... Quello che pensavo fosse andato in frantumi per sempre e
che non sarebbe nemmeno più riuscito a rimettersi insieme
per continuare a farmi respirare... Tu hai raccolto tutti i pezzi, li
hai sistemati al loro posto e li hai ridipinti con una nuova
speranza... Tu mi hai insegnato a vivere di nuovo... Ti amo
Nate...”.
Hi sweethearts!
Capitolo lungo ma
fondamentale. Le cose procedono. Eccome, se procedono. Quando scrivevo
questi capitoli, sentivo di essermi legata ai Nexi come ad una coppia
di amici che finalmente, dopo anni di amori sbagliati e sentimenti
nascosti, si permettono di confessarsi reciprocamente il loro amore.
Diciamo che ho pianto tanto mentre buttavo giù queste righe,
ecco **
Lewis ed Ellie sono
diventati importanti con il tempo, perché ognuno di loro
(membri della band compresi) porta qualcosa di nuovo nella vita di
Lexi, mentre Sarah: beh, lei è un portento ^^
Grazie per aver
letto fino a qui e per lasciarmi i vostri pareri: mai come in questo
momento, sono essenziali per me.
Come sempre
Lots Of Love xx
|
Ritorna all'indice
Capitolo 24 *** 5th November 2013 ***
5th November 2013
- Sai Lexi, potrei arrabbiarmi per questa tua assoluta mancanza di
riguardi nei miei confronti... Insomma: hai stretto la mano a Nate, a
tua mamma e persino a David e a me no?! Ma dico: per quanto pensi di
rimanere ancora arrabbiata con me, Lexi-Lex?? No, dimmelo,
così mi preparo psicologicamente per un'attesa eterna,
più di quella alle poste...
Ad essere sincera, Lexi non era più arrabbiata con Mia da
circa due secondi dopo che Nate si era presentato in tutta la sua
bellezza ai piedi del suo letto, ma aveva deciso di farla penare ancora
un po'. Giusto per vendicarsi un attimo di tutto quello che aveva
sopportato negli ultimi sedici anni di vita.
Mia si spostò la massa di capelli biondi con le onnipresenti
punte blu sulla spalla sinistra e si voltò in direzione di
Lexi, sempre seduta sulla solita poltrona di pelle marrone: le sembrava
che il tempo si fosse fermato improvvisamente e l'avesse riportata
indietro di quattro mesi, quando Sarah le aveva dato il permesso di
entrare per la prima volta nella stanza di Lexi. Ancora si ricordava il
terrore che le scorreva nelle vene mentre la portavano via in
ambulanza, le ore seduta fuori ad aspettare che qualcuno le dicesse
qualcosa, il fare poco simpatico del Dottor Lawson nel comunicare a lei
e a Karen quali fossero le effettive condizioni di Lexi. E poi quelle
braccia che l'avevano accolta nel bel mezzo di un corridoio deserto,
quando non aveva più retto alla tensione e le lacrime
avevano cominciato a scendere. Non si sarebbe mai potuta dimenticare le
sensazioni che aveva provato quando David l'aveva rassicurata e
consolata: era come se si fosse sentita tranquilla per la prima volta
in vita sua, come se ogni tassello del puzzle avesse trovato il proprio
posto. Ma con David nulla era mai stato semplice dato che erano
entrambi troppo orgogliosi per ammettere quello che sentivano l'uno per
l'altra e mettere da parte tutti gli screzi e i vecchi rancori che
avevano costellato la loro conoscenza. Eppure, dopo la spiazzante
confessione di David proprio in quella stessa stanza, più di
qualcosa era cambiato per Mia. In primo luogo, si erano dati una
possibilità, prima con un poco impegnativo caffè
al bar sotto l'ospedale, poi con un vero e proprio appuntamento ed in
quelle ore passare assieme, a Mia era sembrato che tutto avesse assunto
una prospettiva nuova, in cui ogni cosa diventava semplice e spontanea:
niente imbarazzi, nessuna spiegazione superflua, solo tante chiacchiere
e sorrisi, con qualche intreccio di mani. Le era sembrato
così dannatamente naturale stare con lui, forse proprio
perché si conoscevano da una vita.
- Sai, non ho ancora baciato tuo fratello...
“Oh no, no, no, no!!! Non voglio sapere nulla dei vostri
intrallazzi vari ed eventuali... Se hai intenzione di creare un
triangolo amoroso con Hugh e David, ti prego: lasciamene
fuori!!!”.
- Insomma... Non mi sembrava corretto nei confronti di Hugh... Quando
è tornato è subito venuto a trovarmi.... Ed
è stato così dolce... Cacchio, Lexi: io non so
che diamine fare!!!
“Ho come la netta impressione che le mie suppliche non
saranno ascoltate... Avanti donna: comincia da capo e fammi un quadro
generale della situazione...”.
- Vedi... David è stato il ragazzo di cui sono stata
innamorata da sempre... Lo so che probabilmente ti
sconvolgerà saperlo, ma è così... E
con lui ogni cosa viene spontanea e mi sento così bene
quando sono con lui... Ma dall'altra parte c'è Hugh che
è assolutamente speciale e sembra capirmi alla perfezione
e... E....
Sì, per la prima volta in vita sua, Mia stava piangendo
lacrime di frustrazione e quando Lexi sentì un mano umida
riafferrare le sue dita, capì che l'amica era veramente in
difficoltà. Erano quattro mesi che stava aspettando al suo
capezzale di poter riottenere quei consigli con cui Lexi sapeva
chiarificarle ogni volta qualsiasi situazione complicata e credette che
quello fosse il momento giusto per farle sapere che lei era al suo
fianco. Si dovette concentrare abbastanza, ma la voglia di sapere di
nuovo asciutte le guance dell'amica la spinse a muovere debolmente le
dita della mano sinistra questa volta, facendo quasi urlare Mia.
-Oddio Lexi!! Ci sei!! Mi vuoi ancora bene!!!
Una massa non indifferente di vestiti e capelli le si gettò
addosso in un enorme abbraccio che lei poté percepire solo
per lo spostamento d'aria e per la pressione sul suo corpo, ma
nonostante questo, si sentì immediatamente meglio.
“Cretina, certo che ci sono!!! Io ci sarò sempre
per te...”.
Il significato di quelle parole la colpì in un attimo di
incredibile verità: la sua amicizia con Mia era l'unica cosa
che l'aveva tenuta a galla in quegli ultimi anni in cui sapeva di aver
smesso di provarci. Mia era stata il salvagente che non le aveva
permesso di andare a fondo, chiedendo i suoi consigli, i suoi abbracci,
alle volte, anche solo un sorriso di approvazione, facendola sentire
utile e dandole un motivo per andare avanti. Mia era stata il muro su
cui aveva dipinto i suoi impossibili sogni d'amore con Lucas e colei
che le aveva, nonostante tutto, dato una speranza che forse un giorno
sarebbe stata tra le sue braccia, anche quando la fama lo aveva
definitivamente allontanato dalla sua città e da lei.
“Chissà se si sarà accorta di quello
che sta succedendo tra me e Nate... Oddio, mi si stringe lo stomaco
solo al pensiero di lui... E' peggio di quando avevo dodici anni,
caspita!!”.
E dato che le sue radici irlandesi si facevano sentire nelle maniere
più disparate, appena Lexi ebbe pensato ai suoi occhi
celesti e all'allegria della sua risata, Nate comparve sulla soglia
della stanza e chiese il permesso di entrare. Non aveva intenzione di
perdersi nemmeno un secondo che poteva trasformarsi nell'occasione di
vedere Lexi riaprire gli occhi.
Mia non si stupì per nulla di vedere la faccia sorridente e
raggiante del cantante biondo del gruppo, dato che Hugh l'aveva
ravvisata su tutto quello che era successo e poi chiunque l'avrebbe
capito che quel ragazzo era assurdamente perso per Lexi: i suoi occhi
si erano come illuminati quando aveva visto che la sua stretta era
ricambiata, per quanto debolmente.
- Ti sta stringendo la mano...?!
Mia non avrebbe saputo dire se fosse una domanda o un'affermazione, in
ogni caso gli sorrise e gli fece un cenno di assenso con la testa:
ancora non poteva credere che Lexi l'avesse perdonata.
Nate non si prese nemmeno la briga di chiedere a Mia se potesse restare
o meno, se stesse interrompendo un qualche momento cruciale o no,
poiché aveva troppa voglia di stare con Lexi, fosse anche
solo per guardarla stringere la mano della sua migliore amica. Inoltre,
ormai aveva creato un certo rapporto con Mia per le motivazioni
più disparate: quella rivelazione che lei gli aveva
involontariamente fatto; la chiacchierata chiarificatrice che avevano
avuto qualche giorno dopo e tutte quelle successive, perché,
benché non avesse più chiamato Lexi su Skype
durante quella terribile settimana, si era tenuto informato sulle sue
condizioni direttamente da lei; e poi perché Mia era una
delle persone più simpatiche che avesse mai conosciuto,
nonostante le cose con Hugh non stessero proprio andando per il verso
giusto. Nonostante la sua vita negli ultimi quattro mesi non fosse
stata decisamente tra le più normali, Nate si era comunque
preoccupato di seguire gli sviluppi della vita dei suoi quattro
fratelli e le ultime conversazioni con il “piccolo”
del gruppo non erano state tra le più rosee. Gli aveva
confessato di aver la terribile sensazione che lei si stesse
allontanando e che fosse distante anni luce da lui, quasi
inafferrabile, anche se continuava a comportarsi come la ragazza
fantastica che per lui era sempre stata. Per la prima volta in vita
sua, Nate aveva affermato di capire come si potesse sentire in quel
momento Hugh, pensandolo sul serio: la sola idea che Lexi potesse
risvegliarsi e, magari, non ricordarsi di lui e di quello che fosse
successo tra loro, qualunque cosa fosse, gli apriva una sorta di
voragine dilaniante che sembrava volerlo inghiottire in un battito di
ciglia, ma lui la richiudeva immediatamente immaginando quelle dita
gentili che avevano stretto la sua mano. Si sedette sul bordo del
letto, il suo posto preferito, tanto che ormai le infermiere avevano
capito di sistemare Lexi in maniera tale che lui potesse accomodarsi
tranquillamente al suo fianco. Gli sembrava che tutti avessero capito
che cosa stesse accadendo tra di loro, tranne lui stesso.
- Allora... Come va??
- Ora bene...
Nate la vide abbassare lo sguardo su quelle dita che sfioravano il
dorso della mano di Mia e un sorriso le illuminò il viso,
tanto che anche a lui venne da sorridere di rimando per quel genere di
amicizia che conosceva fin troppo bene, quella senza cui non potresti
vivere o anche solo respirare, quella che ti fa apprezzare ogni singolo
istante della propria esistenza. Lui aveva la fortuna di provarla con
quattro diverse persone e la cosa lo fece sentire dannatamente
fortunato. Così si arrischiò a fare una domanda
che forse, in altre circostanze, non avrebbe avuto il coraggio di fare.
- Mia, che cosa sta succedendo con Hugh? Se... Se vuoi dirmelo,
certo...
Lo osservò con uno sguardo strano, come se stesse cercando
di capire per quale motivazione gli stesse facendo quella domanda, ma
subito dopo si rilassò e, guardandolo dritto negli occhi,
gli rispose. Erano di un azzurro più scuro dei suoi, quasi
blu ad osservarli bene e la cosa gli fece venire in mente la
descrizione che proprio Mia gli aveva fatto delle iridi di Lexi:
“un marrone caldo, avvolgente, quasi cioccolato fondente con
delle screziature gianduia, più chiare, capace di farti
sentire amato e al sicuro in un solo istante”. E Nate non
vedeva l'ora di potersi perdere sotto quegli occhi che immaginava
splendidi.
- Non lo so Nate... Insomma, penso tu sappia quanto perfetto e dolce
sia quel ragazzo...
- Fidati: ha anche lui dei difetti, ma non credo sia il caso di
elencarli ora, anche perché alcuni potrebbero essere
piuttosto imbarazzanti... Tipo il fatto che...
“Nate non ora!! Chiudi quella boccuccia di rosa che ti
ritrovi, su, che io voglio capirci qualcosa...”.
- No, nulla... Dicevi??
“Oh, bene: ora siamo anche telepatici... Bravo irlandese...
Così mi piaci... E non solo così... Oddio, ma che
sto pensando?!”.
- Dicevo che per quanto lui sia una delle persone più
speciali e meravigliose che abbia mai incontrato nella mia vita, non
sarà mai... Insomma...
“Come mio fratello...”.
- Come quel David... Ho ragione??
Mentre Lexi si stupiva di come Nate potesse sapere dell'esistenza di
David e, specialmente, di quello che potesse esserci tra lui e la sua
migliore amica, dato che lei stessa c'aveva messo secoli e un coma di
ormai quattro mesi per capirlo, Mia non si scompose nel sentir arrivare
il migliore amico del suo ragazzo ideale a quella conclusione. Negli
ultimi tempi David era stato notevolmente presente nella sua vita e
pure i giornali se ne erano resi conto, non lasciando molto spazio ad
equivoci e spiegazioni. Non aveva tradito Hugh ma le voci giravano e
tutti si ricordavano ancora la scenata che David aveva fatto al
ristorante, durante il loro primo appuntamento, facendosi
così conoscere da tutta la band. Ormai non aveva
più senso nasconderlo agli altri e tanto meno a
sé stessa: era innamorata di David Golder da quando aveva
sei anni, da quando era diventato il suo eroe segreto che di
giorno faceva finta di odiarla quando era con le sue amichette e di
notte la salvava dai ragni malefici ed era decisamente giunta l'ora di
rivelare quel segreto al mondo.
- Già... Io voglio un bene dell'anima a Hugh e forse sarebbe
anche l'uomo della mia vita se quel posto non fosse già di
qualcun altro...
Il solo fatto di averlo detto ad alta voce le fece capire che era
seriamente così, che David era l'uomo che avrebbe voluto
affianco a lei per il resto dei suoi giorni o finché non si
fossero scannati per l'ennesima sciocchezza su cui avrebbero preteso di
avere ragione entrambi, ma anche in quel caso sarebbero finiti col fare
pace ancora ed ancora, perché avevano indubbiamente bisogno
l'uno dell'altra.
“Wow... Voglio dire: wow! Chi diamine sei tu?? Che ne hai
fatto della mia migliore amica che odiava i legami duraturi e non
voleva sentir parlare del per sempre per nessuna ragione al mondo??...
Sono fiera di te, Mia... E vorrei un sacco potertelo dire a
voce.”
Gli occhi di Mia si riempirono di una determinazione che Nate non aveva
mai visto in nessuno se non in Lucas quando aveva deciso che loro
sarebbero andati lontano e gli disse più convinta che mai e
già con la borsa in mano:
- Sapete che vi dico?? Che devo andare... Ho alcune questioni da
chiarire e delle dichiarazioni da fare e...
- E credo che tu debba andare... Ora!
Nate sapeva perfettamente che quello avrebbe significato la fine della
storia tra Mia e Hugh ma glielo leggeva negli occhi che era innamorata
persa del fratello di Lexi e con ogni probabilità,
conoscendo entrambi, sarebbero anche stati capaci di rimanere buoni
amici. Anzi, sicuramente sarebbe finita così.
“Grazie Nate per aver detto esattamente quello che stavo
pensando... Speriamo solo che David non combini qualche disastro e che
finalmente quei due riescano a trovarsi... Dio, come sono felice per
lei! Non avrei mai pensato di poterlo dire ma: mio fratello
è meglio di Hugh Stime dei The Rush... Ma d'altra parte non
avrei nemmeno mai immaginato che sempre uno di loro mi stringesse la
mano, nell'eterna attesa che io mi risvegli dal coma... Direi che il
mondo sta decisamente andando al contrario...”.
- Credo che Hugh capirà... Spero solo che Mia sia felice. Se
lo merita davvero...
La porta si era appena rischiusa quando Nate parlò e il
fatto che si fosse affezionato così tanto alla sua migliore
amica faceva come intuire a Lexi che le cose sarebbero andate veramente
bene qualora si fosse svegliata, perché avrebbe avuto al suo
fianco delle persone fantastiche che l'avrebbero circondata con il loro
affetto.
“Sempre che a Nate piaccia anche la mia versione da
sveglia... Insomma: magari potrebbe cambiare completamente idea, ma
d'altra parte non potrei neanche fargliene una colpa, dato che neppure
io mi sopporterei... Speriamo vada tutto bene...”.
Non sapeva come spiegarselo, ma una sorta di sesto senso le stava
suggerendo che un cambiamento era più vicino di quanto
potesse immaginare, che il punto di svolta stava arrivando e che
avrebbe sorpreso tutti.
Hi sweethearts!
Primo: sedate i
bollenti spiriti, perché manca ancora un pochino **
Secondo: scusate
davvero per l'attesa infinita, ma al momento sto cercando di tenere in
piedi tre lavori contemporaneamente e tutta la serie di persone che
inspiegabilmente fanno riferimento alla sottoscritta per le ragioni
più varie ^^
Spero che questo
capitolino abbia sedato le vostre antipatie nei confronti di Mia (si,
parlo delle tue -namelessmarti **) e che niente, stiate anche voi
sperando che Nexi sopravvivano alla vita che li aspetta.
Se siete arrivate a
leggere fino a qui, vi ringrazio immensamente e spero di sentire presto
qualche vostro parere.
Lots Of Love xx
|
Ritorna all'indice
Capitolo 25 *** 12th November 2013 ***
12th November 2014
- Allora amore di mamma: chi compie ventidue anni oggi????
“Mamma non è possibile che ogni santissimo anno,
il giorno del mio compleanno, tu dica sempre le stesse identiche cose!
Sto seriamente cominciando a pensare che tu soffra di demenza senile,
nonostante la giovane età...”.
- La mia bambina compie gli anni oggi!!!
Il silenzio che seguì nella stanza fece intuire a Lexi che
sua madre non stesse affatto bene: negli ultimi giorni l'aveva spesso
sentita parlare fuori dalla camera con magari qualche parente di come
la situazione stesse cominciando a diventare difficile da sostenere e
che l'avvicinarsi del compleanno della figlia non l'aiutava per nulla.
Lexi avrebbe tanto voluto porre fine all'inquietudine e all'attesa
della madre, ma era come se il suo corpo le stesse dicendo che mancasse
poco ma che non fosse ancora il momento. Non poteva far altro che
aspettare.
- Quanto vorrei vederti sbuffare e rintanarti sotto le coperte come eri
solita fare quando dicevo questa stupidissima frase...
Lexi sentì la mano della madre intrecciarsi alla sua e le
labbra screpolate della donna appoggiarsi sul dorso per lasciarle un
bacio affettuoso e stanco.
- Mi manchi così tanto piccola mia...
Lexi mosse, per quello che poté, le dita ma ormai era stanca
di quel minimo contatto: voleva di più ma non le era
concesso. In quel momento un chiacchiericcio assordante fece irruzione
nella stanza, accompagnato da quella che Lexi riconobbe essere l'intera
famiglia The Rush. Poteva distinguere chiaramente la risata acuta di
Lewis, quella decisamente più sommessa di Zach, i richiami
potenti della voce di Alberto (uno dei bodyguard) a far silenzio, le
risposte sarcastiche di Ellie su come fosse inutile dire le cose a loro
e la risata gentile di Sophia, accompagnata da una battuta insensata
detta dal tono roco di Hugh. E poi non potevano mancare le
raccomandazioni di Lucas, con quella sua voce calda e rassicurante.
Quella che le aveva fatto perdere la testa e che ora non le sembrava
nulla in confronto all'allegria e alla gioia di quella di Nate.
“A proposito: dov'è Nate??”.
Non ne aveva sentito il profumo, ne il rumore della risata quindi non
doveva essere con l'allegra combriccola, anche perché
altrimenti si sarebbe già fiondato a prenderle una mano tra
le sue.
- Buongiorno signora Golder!!
- Oh ti prego Lewis, chiamami Karen per favore... Mi fai sentire
tremendamente vecchia altrimenti...
- Lei è tutto fuorché vecchia, Karen...
- Gentile e bugiardo come sempre Zach!
“Il fatto che mia madre tratti i miei idoli come se fossero
figli suoi è abbastanza inquietante ad essere sinceri, ma se
penso che l'altro giorno ha chiesto a Nate se gli andava di pranzare
con lei, di modo che potesse raccontargli qualche episodio imbarazzante
della mia vita, senza che io andassi in iperventilazione, non dovrei
nemmeno stupirmi... Uno non può nemmeno stare in coma
tranquillo, che c'è sempre qualcuno pronto a raccontare le
peggiori cose!”.
- Allora ragazzi... E ragazze...
La donna fece un cenno di saluto e un sorriso anche alle fidanzate di
due quinti della band, dato che ormai conosceva piuttosto bene anche
loro, o per lo meno Ellie. Tre giorni prima si era presentata da sola
durante l'orario di visita, mentre Karen stava decidendo che capi
comprare per il negozio e Lexi le aveva ascoltate chiacchierare per ben
due ore, ininterrottamente, tanto che così Ellie era venuta
a sapere dell'imminente compleanno.
- Che cosa vi porta qui, di buon mattino, tutti assieme??
- Abbiamo saputo che qualcuno compiva gli anni, così ci
siamo presi una pausa dalla sala di registrazione e siamo venuti a
portare il nostro regalo.... Spero non le dispiaccia....
- Certo che no Lucas... E credo non dispiaccia nemmeno a Lexi....
Erano passati quasi due mesi da quando Lucas era andato a trovarla in
ospedale prima di partire per l'Australia e altrettanti da quando le
aveva detto quelle frasi che avevano rischiato di ucciderla una seconda
volta. Ma in quel momento anche Lexi era felice di saperlo
lì con gli altri, nonostante avesse scoperto tutto quello
che lei aveva fatto per lui negli ultimi undici anni, il sentimento
forte che aveva provato nei suoi confronti e che la reale motivazione
di quel gesto sconsiderato fosse stata proprio l'amore che nutriva nei
suoi confronti.
“Ma è tutto passato, ora... Quello fa parte di
ciò che è stato... Sono felice che tu sia qui
Lucas e che con Sophia vada tutto bene... Sul serio...”.
Per lui non era stato facile accettare quanto fosse successo in
Australia: prima il comportamento incomprensibile di Nate, poi le
rivelazioni e quel pugno che mai si sarebbe aspettato di ricevere da
lui ed, infine, il senso di colpa che l'aveva assillato per giorni,
dopo aver capito che erano state le sue parole a rischiare di far
morire nuovamente Lexi, come se non avesse già rischiato
abbastanza per lui. C'erano volute infinite chiacchierate con Zach e
Lewis per capire che, in fin dei conti, lui non poteva sapere quali
fossero i reali sentimenti di Lexi e che non aveva fatto nulla
di sbagliato, se non forse non accorgersi di quella ragazzina che
sembrava aver fatto di tutto per farsi notare da lui mentre erano a
scuola assieme. C'aveva ripensato, Lucas, a quel periodo ed aveva
scavato nella sua memoria per cercare di ritrovare qualche immagine,
qualche momento, anche solo un flash di Lexi nel suo passato e c'era
riuscito. Gli erano venute in mente svariate occasioni in cui il volto
sorridente di una ragazzina dai lunghi capelli castani e gli occhi
leggermente a mandorla compariva nelle sue vicinanze o in fondo alla
classe, alla recita di fine anno, alla vendita annuale dell'usato. Lei
c'era sempre stata e lui non l'aveva mai notata. Aveva quindi deciso
che in una maniera o nell'altra si sarebbe fatto perdonare, anche se
non sapeva ancora di preciso come.
Zach si intromise in quel flash back e lo riportò alla
realtà.
- Page non è potuta venire perché oggi aveva le
prove con le ragazze, dato che stanno per andare in tour pure loro...
Ma mi ha detto che ti devo invitare ufficialmente al nostro matrimonio
che....
- Rullo di tamburi prego!!!
Lewis aveva cominciato a percuotersi le cosce come fossero dei tamburi,
ma fu subito stroncato nel suo entusiasmo da Ellie.
- E stai zitto un po'!
Inspirando a fondo, Zach cercò di non badare a
quell'inopportuno del suo compagno di band e di non concentrarsi sul
sottile strato di ansia che stava emergendo dal fondo del suo stomaco a
causa di quel matrimonio che stava per diventare un vero e proprio dato
di fatto.
- Avrà luogo Sabato 22 Aprile 2014!
- Oddio: avete scelto la data?!?! Che bello!!!
- Sì, Ellie... Ieri sera sia io che Page abbiamo preso in
mano le nostre agende ed abbiamo confrontato tutti gli impegni ed
è saltato fuori questo giorno...
- Vorrai dire che avete fatto collimare i vostri impegni, le
coincidenze astrali, le paturnie cosmiche di Pablo, le superstizioni di
Page e poi avete trovato la data...
Hugh e la sua ironia non si lasciavano mai sfuggire un'occasione per
catturare l'attenzione di tutti.
- Sostanzialmente sì, ma l'importante è che ce
l'abbiamo fatta!
- Sono davvero contenta per voi, Zach...
- Eh... Pure lui è contentissimo, non lo vedi Soph?? Ora se
la sta facendo addosso perché sta diventando tutto
più reale!!
- Ma non perdi mai una buona occasione per tenere quella boccaccia
chiusa Lewis??
- A me sembrava che ti piacesse questa boccaccia, l'altra sera o
sbaglio amore?
-Sei un cretino Tommo: un irrecuperabile cretino!
Quando la voce di Nate irruppe nella stanza, tutto il resto scomparve
nella mente di Lexi ed ogni particella del suo corpo si
focalizzò su di lui, l'unico che aveva seriamente aspettato
di sentir parlare da quando Sarah le aveva fatto presente che quella
mattina era il suo ventiduesimo compleanno.
- Mi stavo proprio chiedendo dove fosse finito il fidan...
- Ben arrivato Nate!!! Allora direi che siamo al completo e possiamo
dare il nostro regalo a Lexi!
Ellie sperava che il calcio sugli stichi che aveva appena tirato al
cretino del suo ragazzo gli facesse capire che doveva tenere la bocca
chiusa, ma dalle lamentele che suscitò, capì di
non aver ottenuto l'effetto sperato.
- Ma perché mi hai tirato un calcio?
A salvare la pazienza di Ellie, ci pensò Lucas, che si
ritrovò a ripetere a Lewis quello che tutti gli dicevano da
quando aveva un anno e mezzo: purtroppo era stato parecchio precoce
nell'imparare a parlare e da allora non si era più fermato.
- Perché dovresti imparare a non dare fiato ai polmoni ogni
volta che ne hai voglia...
- Ma che avete tutti contro di me, oggi?!
Nate superò il folto gruppo di persone e si diresse a
salutare Karen con due baci sulle guance, ricambiati da un forte
abbraccio per quel ragazzo che, in fin dei conti, per lei era stato un
po' una fonte di positività e di speranza: una colonna
portante in un edificio pericolante. L'aveva cominciato a conoscere
meglio durante qualche chiamata su Skype, ma specialmente da quando era
tornato. Più e più volte, infatti, le aveva
regalato parole di conforto e sorrisi rassicuranti, capaci di scaldare
il cuore a chiunque. Karen non sapeva per quale motivazione quel
ragazzo prestasse così tante attenzioni a sua figlia, non
che gli altri membri del gruppo non lo facessero, ma lui... Lui aveva
un modo così dolce di rapportarsi con Lexi, che a Karen
pareva volesse quasi prendersene cura.
- Buongiorno Karen! Come sta oggi??
- Bene, ora che ci siete qui anche voi...
Nate scorse negli occhi della donna un velo di dolore più
profondo del solito e poté facilmente comprenderne il
motivo, così la strinse un poco di più a
sé e le sorrise, per poi riattraversare il gruppo di amici e
sedersi al suo posto, quello affianco alla ragazza che compiva gli anni
e che gli aveva decisamente sconvolto la sua vita: le due cose non
erano per forza in ordine d'importanza.
- Allora: chi è che le consegna il suo regalo??
“A me basta averti qui... E' il più bel regalo di
sempre... No... Non posso aver pensato una cosa del genere, dai...
Faccio 22 anni e vedo ancora coniglietti rosa che saltellano dovunque
euforici, neanche fossero in overdose da zucchero filato...”.
- Se posso, lo vorrei fare io...
Sapevano tutti che cosa significasse una cosa del genere: Hugh
c'avrebbe impiegato almeno un quarto d'ora per dire qualsiasi cosa
dovesse dire, ma nessuno gli tolse quella piccola soddisfazione.
Ottenuto il consenso da tutti, Hugh prese la mano libera di Lexi e
cominciò con il suo lunghissimo discorso.
- Allora Lexi... Sei entrata nella nostra vita in una maniera un po'...
Beh, direi che strana sarebbe un eufemismo, ma credo vada bene
comunque... Insomma, ci hai salvato la vita e noi tutti non potremmo
mai ringraziarti abbastanza... Ci ricordiamo ancora tutti di quel
momento...
Un silenzio pesante calò sulla stanza, come se il flusso
spazio-temporale si fosse congelato ed i presenti fossero tornati tutti
indietro nel tempo, rivedendo davanti ai loro occhi quel terribile 20
Agosto. Nate strinse la presa, come a voler rassicurare Lexi che nulla
del genere sarebbe più accaduto, finché lui fosse
rimasto al suo fianco.
A rompere quel silenzio teso ci pensò, fortunatamente,
Lewis.
- Hu... Vai avanti...
- Sì, scusate... Insomma: abbiamo pensato di regalarti
qualcosa che ci legasse per sempre, tutti noi che eravamo lì
quel giorno e che siamo qui ora... Beh, eccetto Pablo che adesso
è all'asilo per vedere la recita di Grace, ma mi ha fatto
promettere che ti avrei portato anche i suoi auguri... Lucas, mi
passeresti il cofanetto?
Lucas estrasse dalla tasca la custodia in velluto blu che aveva
accuratamente scelto con Zach, Sophia e Nate due giorni prima:
c'avevano messo ben due ore per trovare tutto ciò di cui
avevano bisogno, ma il gioielliere si era dimostrato a dir poco
paziente, forse per il solo fatto che erano tre quinti del famoso
gruppo The Rush. Hugh lasciò la mano di Lexi ed
aprì il cofanetto tentando, con qualche
difficoltà a causa della grandezza delle sue mani, di
estrarre il braccialetto che le avevano regalato. Lo mise al polso
sinistro di Lexi e sistemò i ciondoli che vi erano appesi di
modo che si potessero vedere bene.
- Allora: questo è un braccialetto come forse avrai
capito... Beh, non è proprio solo un braccialetto,
è il nostro braccialetto... Ognuno di noi ha scelto un
ciondolo diverso che lo rappresentasse, così ci avrai sempre
con te...
“Oh... Grazie... Io... Io non so cosa pensare... Non ci posso
credere... Sono io che devo tutto a voi... Alla vostra musica che mi ha
fatto andare avanti... Alle persone straordinarie che siete e che mi
sono state vicine in questi mesi infiniti... Io...
Grazie...”.
Avrebbe tanto voluto poterli ringraziare a voce, ma sapeva che il suo
corpo non era pronto, così strinse leggermente la mano di
Hugh, facendo sussultare in maniera lieve i piccoli preziosi che erano
attaccati al braccialetto. Due pesanti lacrime le rigarono le guance,
dando il via ad una serie infinita di pianti all'interno della camera
224: Ellie non riuscì più a trattenersi e
finì per riempire la maglia bianca di Lewis di mascara,
mentre Karen cercò di bloccare quel diluvio universale in
miniatura che le stava irrigando il volto con un fazzolettino che
Sophia le aveva gentilmente porto.
“Oddio! Ma che è sta cosa!! Io non sono
così piagnucolosa! Tutta questa situazione mi sta facendo
diventare come una donna incinta in preda agli ormoni... Ho bisogno di
uscire da questo tunnel il prima possibile, dico davvero...”.
Sentì i polpastrelli leggermente rovinati di Nate asciugarle
le lacrime dal viso: stavano lavorando incessantemente al nuovo album e
tutti quei piccoli calli erano segno che buona parte delle musiche
sarebbe stata composta anche da lui, cosa che inorgoglì
particolarmente Lexi. Sapeva quanto significasse per Nate avere la
propria musica, scritta e composta da lui, con l'aiuto degli altri
ragazzi, dentro il prossimo album.
Ellie cercò di ricomporsi e con voce ancora malferma disse:
-Però bisognerebbe spiegare a Lexi a chi corrispondono i
diversi ciondoli, no??
- Giusto! Lo faccio io...
Lucas, il ragazzo dall'aspetto sempre più simile a quello di
un Bboy di strada, con pantaloni larghi, sneakers ai piedi e camicia
allacciata in vita, si mise al posto di Hugh ed afferrò la
mano di Lexi. Gli occhi cristallini di Nate erano puntati su quella
scena e nella stanza era calata una strana tensione che tutti sapevano
a che cosa imputare ma che nessuno aveva il coraggio di proferire ad
alta voce: era la prima volta che Nate e Lucas si trovavano assieme,
nella stessa stanza, con Lexi. Lucas sentì uno sguardo
strano puntarsi su di lui ed alzando la testa incontrò
quello corrucciato di Nate, allora gli sorrise e gli fece
un'occhiolino: quello era il segnale che avevano concordato tra loro
cinque quando, ancora all'alba del loro successo, si comunicavano in
discoteca che lasciavano il via libera all'amico per provarci con
quella ragazza. Una sorta di “patto di cessione della
preda” come l'aveva chiamato Lewis all'epoca, facendo quasi
disgustare Hugh e il suo animo da galantuomo del Settecento. Nate gli
sorrise a sua volta e scosse la testa divertito, facendo trarre un
sospiro di sollievo a tutti i presenti, eccetto Karen che era ancora
troppo concentrata sulle sue lacrime e che era all'oscuro di tutto.
“Wow! So che non dovrei dirlo, che non è carino e
che non sono cose che una brava persona farebbe, ma... Porca miseria,
cazzarola!! Non sono mai stata contesa tra due ragazzi in vita mia,
figurarsi da due splendori come loro!!! Okay... Basta, la smetto...
Dicevi Lucas?”.
- Allora, vediamo cosa abbiamo qui... Primo di tutti: uno scudo per il
nostro omone di fiducia, altrimenti detto padre putativo, altrimenti
ancora conosciuto come Pablo.. Poi.. Beh, questa è una
bomboletta di vernice spray e ci tengo a precisare che non è
una bottiglia di deodorante per ambiente come ha osato insinuare
qualcuno...
- Io non ho detto proprio un bel niente!
“Lewis sei una cosa impossibile... Veramente! Uno scassa
palle cosmico!”.
- Seh, come no...
Ormai Zach c'aveva rinunciato: Lewis era un caso perso.
- Ad ogni modo, come potrai immaginare questo rappresenta Zach,
considerata la sua passione per i manga e i graffiti, più
tutte le...
- Credo che lo sappia già Luc.
- Giusto: hai ragione... Vediamo, allora subito dopo c'è un
omino stilizzato sullo skate, inderogabilmente messo vicino a quello di
Zach, perché altrimenti il signorino Lewis Ho Ventiquattro
Anni Ma Mi Comporto Come Se Ne Avessi Cinque Tompson non era
contento...
- Mamma mia come sei pesante Lucas: ho capito che volevi starci tu
vicino a Zach, ma fattene una ragione! Io sono meglio!
Oltre all'occhiata omicida di Lucas, il moro dagli occhi di ghiaccio
ricevette l'ennesimo scappellotto in testa questa volta proprio da
Zach, consapevole di quanto infantile potesse essere quel ragazzo
quando ci si metteva d'impegno e nessuno gli dava un freno.
- Dopo di ché ci sono un girasole, un rossetto e un cuore...
Immagino sia facilmente comprensibile che non rappresentino nessuno di
noi ragazzi...
- Io non ne sarei così sicura: Hugh usa più
rossetto di Page!
- Non è rossetto, è un burrocacao!! Ho le labbra
delicate Ellie, dovresti saperlo!
- Ed enormi, quindi ne deve usare tanto...
“Nate dai!!! Povero Hugh!!”.
Quando si furono ricomposti ed ebbero smesso di ridere e fare la loro
solita confusione, Lucas riprese la sua descrizione del braccialetto,
tutto concentrato sul suo compito.
- A parte le battute idiote, questi sono di Ellie, Page e Sophia, dato
che anche loro hanno condiviso quel momento con noi...
- E soprattutto ci teniamo a te come se fossi una nostra amica, Lexi,
vero?
- Decisamente...
Sentir dire quelle cose dalle due ragazze accese un nuovo calore dentro
Lexi, all'altezza del cuore, dove di solito sentiva nascere i moti di
affetto nei confronti di Mia: ci si sentiva così ad avere
delle amiche?
- Bene, possiamo andare avanti... Allora, con un meraviglioso snapback,
ci sono io...
“Modesto come sempre Lucas... Sei unico, sul
serio...”.
- E poi sarei io quello vanitoso...
- Faccio finta di non aver sentito Zach, perché ti voglio
bene... Poi c'è Hugh con una piccola rondine... Ed infine,
ultima ma decisamente non meno importante, una chitarra... Non sto
nemmeno qui a dire chi l'ha scelta... Odio essere banale.
- Ma che ti sei fumato amico? Per me tutto il gel che ti metti in testa
ti fa male... Dev'essere cancerogeno!
E mentre Lucas e Lewis continuavano la loro insulsa disputa,
coinvolgendo anche gli altri, persino Karen, Nate si
avvicinò all'orecchio di Lexi per sussurrarle qualcosa che
potesse restare solo tra di loro.
Quando le sue labbra morbide entrarono a contatto con la pelle del lobo
del suo orecchio, Lexi credette di sentire un vero e proprio formicolio
dove le due epidermidi si toccavano, come se il suo corpo si
risvegliasse solo sotto il tocco pieno di quella che sperava essere
passione di Nate.
- La mia chitarra è sempre stata la mia musa ed il mio unico
amore... Ma ora rappresenta anche te, che sei diventata la mia musa
più speciale e il mio più grande amore... Ti amo
piccoletta...
“E tu sei diventato il mio unico sorriso... Ti amo anche io
Nate...”.
Era stato sussurrato, ma al contempo, iscritto nei grandi libri del
tempo e della storia. Era il loro segreto e l'avrebbero custodito per
sempre.
Hi sweethearts!
Ho deciso di
pubblicare per tre ragioni: 1)Non sono riuscita a prendere i biglietti
per quel dannatissimo spettacolo che è Harry Styles, quindi
dovevo tirarmi su di morale 2)Oggi è stato il primo momento
libero dopo l'ultimo aggiornamento 3)Avevo voglia di diffondere un po'
di amore perché ne scorgo la mancanza dovunque
Detto questo, spero
che rimaniate ancora con me, che continuiate a seguire questa storia
perché manca davvero poco e poi... Nulla sarà
più come prima.
Intanto
però godetevi questa piccola prima dichiarazione e tutte le
smancerie e le lacrime di questo capitolo dolceamaro.
Grazie mille. Spero
di sentirvi presto **
As always
Lots Of Love xx
|
Ritorna all'indice
Capitolo 26 *** 25th December 2013 ***
25th December 2013
Era passato più di un mese dal suo compleanno, ma Mia si
ostinava a portare avanti la sua promessa/regalo: ogni giorno, si
presentava da lei alle sette, non importava che impegni avesse in
agenda, le sistemava i capelli che erano sempre più lunghi e
scuri e la truccava leggermente. La giustificazione era stata:
“ Adesso che hai un ragazzo devi essere sempre
presentabile” e quindi Lexi, ancora bloccata su quel letto,
non poteva ribellarsi in alcuna maniera.
- Quindi, ho seriamente pensato di rompergli quell'assurdo macchinario
per fare le spremute in testa! Ma dico: secondo quale principio
ambientalista per farti una spremuta dovresti usare una cosa che
è stata fatta con tanto petrolio quanto un intero giacimento
in Iraq!!!
Mentre le raccontava la sua ennesima litigata assurda con David e che,
come al solito, si era conclusa con una nottata di passione,
particolare che Lexi avrebbe fatto volentieri a meno di sapere, Mia
continuava ad arricciarle le punte dei capelli castani che ormai erano
arrivati quasi a metà busto. Qualcuno bussò alla
porta e il sopraccitato uomo che aveva rischiato di ritrovarsi la testa
rotta da uno spremiagrumi fece la sua comparsa nella stanza.
- Parli del diavolo...
- E spunta il più bell'angelo che ti potesse mai capitare di
incontrare!
“Nonostante la conversione all'altruismo, l'autostima
è rimasta sempre la stessa... Non cambi mai David, sul
serio...”.
- Potrei dire una cosa ma non lo farò, perché
altrimenti dopo ti arrabbieresti...
David si passò una mano tra la barba biondo scuro che aveva
deciso di farsi crescere per acquisire un fascino più
maturo, almeno a detta sua, e si avvicinò alla sua ragazza.
- Ovvero???
Mia lo guardò dritto negli occhi azzurri come i suoi,
chiedendosi come potesse essere veramente fratello di Lexi, che di
chiaro aveva solo la carnagione, pronta per dirgli quello che sapeva
avrebbe scatenato l'ennesima sfuriata di David che avrebbe avuto una
durata prevista di tre minuti.
- Vorrei farti presente che io ero assieme al ragazzo numero dodici
nella top cento degli uomini più belli viventi sul pianeta,
stilata da People... Giusto per dire...
- Che cosa vorresti insinuare?? Che lui sia meglio di me solo
perché una stupida rivista per oche da giardino l'ha messo
al dodicesimo posto?!?!
Lexi sapeva anche senza vederla che Mia aveva assunto la sua posizione
da “ripeti quello che hai detto se ne hai il
coraggio”, una mano piantata sul fianco e un movimento della
testa che faceva ondulare inspiegabilmente i capelli biondi e blu.
- E così sarei un'oca da giardino??
Il tono con cui l'aveva detto e lo sguardo di fuoco con cui lo stava
trapassando parte per parte, fecero intuire a David di essersi messo in
un mare di guai, tanto da correre subito ai ripari.
- No! Io non intendevo che tu sei un'oca da giardino, insomma... Hai
capito quello che volevo dire, no?!
Silenzio.
“Mia dai... Così lo uccidi poveretto... Sei un
cretino fratellone...”.
Mia scoppiò a ridere in una fragorosa risata dopo aver visto
la faccia altamente preoccupata del suo ragazzo e si
avvicinò per schioccargli un bacio a stampo che lui accolse
con sorpresa.
- Sei un cretino lo sai??
Era ad un soffio dal viso di David e lui poteva contarne addirittura le
lunghe ciglia coperte di mascara, perdendosi però in quelle
iridi che finalmente guardavano solo lui: ancora non gli sembrava vero
di esser riuscito a conquistarla.
- Se sei te a dirmelo, va bene... E comunque: buon natale amore...
“Oddio! Anche io voglio che qualcuno mi faccia gli auguri
così!! No, Lexi non è il momento di fare questo
tipo di pensieri...”.
Si stavano tranquillamente scambiando effusioni, incuranti del fatto
che Lexi potesse raggiungere il limite massimo di sopportazione di
smancerie, rischiando pure di svegliarsi, quando un colpo di tosse
chiaramente fatto di proposito li fece staccare.
- Salve ragazzi... E buon Natale anche a voi!!!
Mia si avvicino al suo irlandese preferito e lo salutò con
un caloroso abbraccio, anche per riscaldarlo dal gelo che regnava su
Londra da almeno una settimana. La neve non dava tregua a nessuno e
Nate c'aveva messo più del previsto ad arrivare in ospedale:
voleva essere il primo a farle gli auguri di buon Natale, anche
perché avevano da poco passato il loro quinto mesiversario,
o comunque cinque mesi da quando si erano conosciuti e lui era stato un
poco assente a causa dell'avvicinarsi della data d'uscita dell'album.
- Ehi Nate! Buon Natale anche a te!
Nate e David strinsero la mano e si diedero una pacca sulla spalla,
come erano abituati ormai a fare. Le cose tra loro non erano mai state
difficili, forse per il fatto che Mia e Hugh erano riusciti a rimanere
amici e per il piccolo ma essenziale particolare che chiunque avesse
detto a David quanto quel ragazzo forse miracolosamente diventato
importante per Lexi.
- Allora: cosa mi raccontate di bello piccioncini??
- Stavamo pensando di andare via per il weekend di capodanno, ma non
sappiamo come fare con Lexi... Insomma, per quanto quell'uomo sia un
cretino, il dottor Lawson ha detto che le sue funzioni cerebrali sono
sempre più attive e che anche le risposte agli stimoli
fisici sono positive, quindi...
- Non vorremmo perderci il grande momento...
“Dio, ora si concludono pure le frasi a vicenda: che
schifo!”.
Nate guardò per un attimo Lexi e si chiese se lui ci sarebbe
stato quando quegli occhi sarebbero tornati a vedere la luce,
poiché con l'avvento del nuovo anno gli impegni sarebbero
ripresi e tra la promozione del nuovo album, il tour negli stadi di
tutto il mondo e il matrimonio di Zach, non sapeva dove avrebbe trovato
il tempo per lei, anche se avrebbe fatto di tutto pur di riuscirci.
- Sì, posso capire... Ma magari, se prenotate in qualche
location qui vicino, potreste tornare in caso ci fossero degli sviluppi
positivi... Potrei consigliarvi dei posti carini!
- Sarebbe perfetto lepricauno!! Grazie mille!
Mia si rifiondò su di lui, per abbracciarlo, facendolo
ridere con quella sua risata cristallina e rumorosa che metteva di buon
umore chiunque la sentisse. Lexi in primis.
“Ehi amica: giù le mani... Lui è
mio!”.
- Aspetta che ti lascio... Non vorrei mai che qualcuno diventasse
geloso!
“Telepatiche come sempre noi due...”.
- Ad ogni modo Lexi, noi siamo passati solo per portarti il nostro
regalo che potrai benissimo aprire dopo con Nate, dato che dobbiamo
andare a comprare il gelato per il pranzo... Tua madre e mia madre
hanno deciso di fare una grande rimpatriata e la cosa ci preoccupa
parecchio, ad essere sinceri...
- Soprattutto perché ci sarà anche nostro
padre... Ma tu per caso sai che cosa diamine sta succedendo tra quei
due?? Passano un sacco di tempo assieme ultimamente... “Credo
che entrambi abbiano deciso di ascoltare i loro cuori David... Oddio
che romantica che sono oggi... Tutta colpa tua irlandese e di voi due
piccioncini!”.
- Senza contare che l'ultima volta che ho visto tuo padre con Kitty,
lui non la stava praticamente calcolando neanche di striscio mentre lei
gli parlava di qualche nuovo cosmetico che voleva comprarsi...
Logicamente testato su chissà quanti poveri topini di
laboratorio, che non avevano fatto niente di male se non nascere nel...
- Okay, okay amore! Prima che tiri fuori gli artigli, è
meglio se andiamo... Ci vediamo Lexi Lex! Stammi bene Nate!
- Ciao Lex, ci vediamo presto... Ti voglio bene! E ciao anche a te
lepricauno!!
“Anche io ti voglio bene pazza che non sei
altro...”.
Una volta che furono usciti e che Nate fu rimasto da solo con Lexi, si
sedette al suo posto e prese in mano il regalo che Mia aveva portato
per lei: sembrava pesante e non capiva che cosa potesse essere, fino a
quando, una volta scartato il pacchetto, un paio di casse nuove e
decisamente più potenti fecero la loro comparsa tra le mani
del ragazzo, che le osservò con un sorriso splendido che
andava da un orecchio all'altro. Non sapeva come, ma sembrava proprio
che Mia gli avesse letto nel pensiero, dato che il suo regalo per Lexi
altro non era che un ascolto in anteprima esclusiva del loro nuovissimo
album.
- Allora: Mia e David ti hanno regalato delle utilissime
casse nuove... E dico utilissime perché, beh: lo so che
forse è un poco scontato come regalo, ma ci tenevo davvero
che tu fossi la prima ad ascoltare il nostro nuovo album,
perché... Beh, perché quasi tutte le canzoni in
cui ho collaborato alla creazione parlano di te e quindi, mi sembrava
il minimo che tu fossi la prima ad ascoltarle... Spero ti piacciano...
Nate fece partire la prima canzone, quella che avevano appena immesso
nel mercato come singolo, lasciando poi che la playlist scorresse per
concentrarsi sulle emozioni che Lexi stava provando e che lui aveva
imparato ad interpretare.
Quando la “loro” prima canzone, Through The Dark,
riempì la stanza, le dita di Lexi si strinsero attorno a
quelle di Nate, consapevole del fatto che lui quella promessa l'aveva
mantenuta e che le era stato sul serio accanto per condurla fuori dalle
tenebre piombatele addosso quasi cinque mesi prima. Sentirla
con tutte le armonizzazioni delle voci dei ragazzi fece scorrere un
brivido di euforia lungo il corpo di Lexi.
“Dopo tutto questo tempo, mi fanno ancora lo stesso identico
effetto: sono sempre stati una sorta di impulso vitale nella monotonia
della mia vita e credo che non si smentiranno mai... Anche se,
indubbiamente, ascoltarlo con la mano di Nate Hanson intrecciata alla
mia è tutt'altra storia...”.
- Sono contento che ti piaccia piccola...
Istintivamente le dita lasciarono la presa e Nate si
irrigidì all'improvviso, chiedendosi che cosa avesse
sbagliato, se fosse stato solo un riflesso involontario, se fosse
stanca, se magari dovesse interpretarlo come un segno di cedimento o se
fosse andato troppo oltre. Era così snervante non sapere che
cosa volessero dire le reazioni di Lexi alle volte: voleva parlarle,
sentire la sua voce, capire i suoi pensieri e le sue intenzioni. Voleva
sapere di non essere diventato completamente pazzo, perché
spesso era esattamente così che si sentiva: un ragazzo di
ventidue anni, con milioni di fan sparse in giro per il mondo, che
aveva la possibilità di vivere il suo sogno e che si era
perdutamente innamorato di una ragazza che aveva salvato la vita ad uno
dei suoi migliori amici, tanto da dedicarle due canzoni.
Già, perché ne aveva scritta un'altra per lei e
la cosa assurda era che non le aveva mai nemmeno parlato.
Fortunatamente c'erano i ragazzi, specialmente Hugh e Zach che
continuavano a dirgli che un legame del genere era possibile e che, in
fin dei conti, era sempre stato lui a dire che la sua ragazza sarebbe
stata una principessa dalla risata facile e dal carattere deciso: e
più decisa di Lexi, Nate non aveva conosciuto nessuno.
“Scusa Nate... E' che... Non sono abituata... Sembra tutto
così nuovo... Io... Devo solo imparare a fidarmi e che tutto
questo trambusto di emozioni è assolutamente
normale...”.
Ma Nate aveva fatto una promessa e strinse quella mano tra le sue
grandi, rassicuranti, con quei polpastrelli ruvidi che carezzavano la
pelle delicata di Lexi, gli stessi che avevano faticato per potersi
esibire sui più grandi palchi del mondo vibrandosi sulle
corde della sua chitarra.
- Beh... Questa è Happily
...
Lexi si riprese dalle farfalle nelle stomaco che la stavano torturando
per quel semplice contatto, conscia del fatto che quelle sensazioni non
le avrebbe dovute provare dato lo stato in cui riversava, e si
concentrò sulle parole della canzone. La melodia era
decisamente sul genere dell'altra, con parecchio folk e qualcosa di pop
al suo interno, tanto da diventare irrimediabilmente orecchiabile e
coinvolgente. Non ebbe bisogno di mettersi ad ascoltare il suono delle
voci che proveniva dalle nuove casse che Mia le aveva regalato,
perché Nate cominciò a canticchiare con la sua
voce melodiosa e leggera il testo che lui stesso aveva scritto. Lexi lo
capì subito: quelle parole parlavano non solo di lei, ma di
loro due, di quello che era successo nell'ultimo mese e di quello che
voleva sarebbe successo una volta che lei fosse tornata da lui.
You don't understand,
you don't understand... What you do to me when you hold his hand... We
were meant to be but a twist of faith... Made it so, we had to walk
away...
Nate intrecciò meglio le sue dita con quelle di Lexi e
lasciò che la sua voce riempisse la stanza, mescolandosi con
quelle dei compagni.
- I don't care what
people say when we're together... You know I wanna be the one to hold
you when you sleep... I just want it to be you and I forever... I know
you wanna leave... So come on baby be with me so happily...
“Ma sta parlando sul serio di me e...??”.
- Questa l'abbiamo scritta io e Hugh... Beh, l'idea è venuta
a me quando... Sì, insomma, quando ho sentito quello che Mia
diceva di te e Lucas... Non so perché ma ero geloso...
Incredibilmente geloso di uno dei miei migliori amici, che tra
parentesi non ti aveva mai nemmeno degnata di uno sguardo....
Cioè, no! Non era questo che volevo dire!! Che cazzo...
Ormai Lexi c'aveva fatto l'abitudine: se diventava nervoso cominciava a
straparlare e dire cose che non pensava assolutamente e che, il
più delle volte, erano tremendamente fuori luogo, ma era
adorabile anche per questo. Era Nate, punto, e questo a Lexi bastava.
- Non so che cosa mi fosse preso quella sera, ma era come se lui avesse
qualcosa che pensavo dovesse essere mio... Il ché, oltre a
suonare terribilmente contorto, è pure assurdo,
perché io non so nemmeno se mi vuoi e... Cazzo, c'ha ragione
Lewis quando dice che mi sto rincretinendo... Ed è tutta
colpa tua, piccoletta, sappilo.
Per la prima volta in vita sua Lexi era felice di avere la colpa di
qualcosa, specialmente se questo implicava essere la causa della
gelosia di un ragazzo come Nate.
“Non avrei mai detto di essere una tipa che avrebbe
apprezzato la gelosia, ma in questo momento mi sembra una buona prova
del fatto che lui ci tenga a me e... Oh porca miseria, a chi voglio
darla a bere?!?!?! Sono euforica come quella mattina di Natale, quando
mia mamma mi fece trovare sotto l'albero la collezione completa di
damine dell'Ottocento in abiti d'epoca!! Quanto sono
nerd...”.
L'aveva scritta dopo aver sentito quella chiamata e dopo aver cercato
di capire meglio la situazione, parlando per un'ora con Mia, quasi un
mese prima. Imbracciata la chitarra, aveva buttato giù le
prime parole che gli erano salite dal cuore, lasciando che assumessero
la forma e il ritmo che volevano, incurante perfino del sound
decisamente inusuale che stava creando con le dita: l'influenza di
tutta quella musica indie e folk che gli faceva ascoltare continuamente
Hugh stava dando i suoi frutti. Ed era stato proprio il suo amico
riccioluto ad aiutarlo a completare quella canzone, quando anche
lui si era trovato nella stessa situazione con Mia, ad
eccezione del fatto che lei aveva letteralmente scelto di stare con
l'altro di cui parlava il testo. L'amore giocava brutti scherzi e
nessuno più di Nate poteva saperlo: essere innamorato di una
ragazza con cui non aveva mai intrattenuto una conversazione era come
sperare di poter trovare la sorpresa preferita nell'ovetto Kinder:
un'impresa titanica. Nate era piuttosto orgoglioso del risultato e la
reazione che stava ricevendo da Lexi non faceva che confermargli quel
forte presentimento che il nuovo album sarebbe stato un successo: mai
come quella volta avevano messo in gioco loro stessi nel processo
creativo che li aveva coinvolti dalla stesura dei testi alla scelta
delle melodie. Quelle canzoni parlavano di loro e di quanto fosse
successo nella loro vita, specialmente dopo l'incidente. Si distese
affianco a Lexi, lasciando che i piedi ciondolassero giù dal
letto e si tolse la felpa, dato che ogni volta che si metteva al suo
fianco gli sembrava di trasformarsi in una torcia umana capace di
riscaldare l'intero globo terrestre. Mise un braccio attorno alla testa
di Lexi e cominciò a tracciare linee casuali sulla sua
spalla sinistra con la punta delle dita, mentre lasciava dei baci
leggeri su quei capelli morbidi e castani che l'avevano da subito
catturato per quell'aurea di dolcezza che donavano al volto di Lexi.
Era bella e non poteva farci nulla: avrebbe pagato oro per poterla
veder sorridere, magari per una sua battuta stupida o per il semplice
suono della sua risata. Magari anche Lexi rideva in qualche maniera
particolare e contagiava chiunque le fosse stato vicino, Nate non lo
sapeva, ma era determinato a scoprirlo.
- Voglio che siamo solo tu ed io... Per sempre... Voglio renderti
felice Lexi, sul serio... Ora devi solo aprire gli occhi,
perché io sono qui ad aspettarti... Buon Natale piccoletta.
Glielo aveva sussurrato all'orecchio, quasi come se le sue parole
potessero trasformarsi in un soffio leggero ed arrivare direttamente al
suo cuore e per la prima volta Lexi ebbe la certezza che il momento di
svegliarsi si stava avvicinando davvero perché quello era
tutto ciò che aveva sempre sperato di sentirsi dire.
Hi sweethearts!!
Eccoci qui:
sopravvissuta più o meno ad un'altra settimana, vi dedico
questo capitolo che beh: è a dir poco importante. Lo
è per Mia e David, che come avrete capito sono ufficialmente
una coppia, ma lo è soprattutto per i Nexi. Quando ho
cominciato a scrivere questa storia, Happily non era ancora uscita,
così come Through The Dark, ma quando le ho sentite
sembravano fatte apposta per il racconto di Lexi e Nate, cosa che mi ha
spronato a scrivere ancora... Ma questo, vi avverto, è un
punto di svolta. Dal prossimo capitolo niente sarà
più lo stesso.
Grazie per aver
letto fino a qui e grazie per le vostre preziosissime recensioni.
A presto.
As always
Lots Of Love xx
|
Ritorna all'indice
Capitolo 27 *** 10th January 2014 ***
PART II
10th January 2014
-Allora Lexi: dicci come è successo?!?!
Era forse la millionesima volta che le facevano quella domanda ed
ancora non aveva escogitato una risposta plausibile, perché
cosa fosse successo non lo sapeva nemmeno lei.
“Cosa dovrei dire??? Che un giorno mi sono sentita strana e
che mentre ascoltavo una canzone, che ora non ricordo, mi sono
svegliata ed ho visto la faccia della mia migliore amica che mi
guardava sconcertata e piangeva, mentre si teneva per mano con mio
fratello con cui si è sempre odiata, da che io abbia
memoria?!”.
- Non lo so come sia successo... Io... Sì, insomma... Io...
- Scusate, ma la mia amica è appena stata dimessa
dall'ospedale, dopo essere stata in coma per cinque mesi... Ha bisogno
di riposo e nessun tipo di emozione forte, quindi vi pregherei di
lasciarci andare a casa e di rispettare la sua privacy e la sua
salute... Grazie e buona giornata.
Si sentì spingere avanti dalla mano sicura di Mia in mezzo a
quella folla di giornalisti e fotografi affamati di novità
che si era assiepata fuori dall'entrata dell'ospedale nel momento
stesso in cui si era risvegliata, tre gironi prima. Lexi si chiese come
mai la sua amica avesse tutta quella dimestichezza con la stampa e come
mai loro la conoscessero così bene, ma in quei giorni erano
successe troppe cose strane per preoccuparsi anche di quello,
così decise di non fare domande, dato che il mal di testa
aveva già ricominciato a torturarla. Il dottor Lawson le
aveva assicurato che era assolutamente normale avere tutte quelle
frequenti emicranie e che presto sarebbero passare, soprattutto
perché i valori degli esami erano apposto, come anche
l'elettroencefalogramma. Le avevano detto che era “Sana come
un pesce!”, a meno a detta dell'infermiera che aveva scoperto
averla assistita per tutto quel tempo e che le avevano detto chiamarsi
Sarah. Era talmente persa nel marasma che le turbinava per la testa che
nemmeno si accorse di essere giunta di fronte al portoncino blu di
Lexington Street. Finalmente qualcosa che le risultava davvero
familiare.
- Ed eccoci qui!! Bentornata a casa Lexi!!
Quel posto non era cambiato di una virgola da quando vi era uscita
quella mattina del 20 Agosto, dopo essersi data una sistemata per il
grande giorno della premiere. Scacciò immediatamente dalla
testa quel ricordo: non si sentiva ancora pronta per affrontare tutto
quello. Mia si era imposta con sua madre perché tornasse
subito a vivere con lei nel loro appartamento ed era riuscita, come
sempre, ad averla vinta a patto che Karen potesse stare da loro almeno
per la prima settimana e che poi avesse libero accesso alla casa in
qualsiasi momento avesse avuto voglia di vedere sua figlia.
Logicamente, Lexi non aveva avuto voce in capitolo. Ne su quello ne
sulla quantità di informazioni che le erano state riversate
addosso negli ultimi tre giorni solo per prepararla alla sua uscita
dall'ospedale, che si era rivelata molto più traumatica di
quanto avesse mai potuto immaginare. Tutti quei regali, quei messaggi
su Twitter e gli articoli di giornale, per non parlare dei paparazzi e
dei giornalisti che facevano di tutto per avere una sua intervista,
l'avevano altamente destabilizzata, senza contare poi la scoperta che
la sua migliore amica e suo fratello, che ora sembrava totalmente
un'altra persona, si erano messi assieme e che pure i suoi genitori
stavano riallacciando i loro rapporti.
Era stata assente per cinque mesi e la vita attorno a lei si era
completamente rivoluzionata. Quindi, vedere che la sua camera era
esattamente come l'aveva lasciata la fece sentire immediatamente
più tranquilla e a suo agio: lì sapeva come
muoversi, in che posto cercare le cose e, soprattutto, sapeva chi era.
Tutti continuavano a chiederle come stesse, se si sentisse bene, ma la
verità era che Lexi non ne aveva la più pallida
idea. Di nuovo.
Si sedette sul letto, con le gambe incrociate e le spalle appoggiate
alla testiera, lasciando che il cuscino si sgualcisse sotto il suo
sedere, prendendosi qualche secondo per guardarsi attorno, quando la
porta si aprì quel poco che bastava per far comparire gli
occhi azzurri e familiari di Mia.
- Tutto bene? Hai bisogno di qualcosa??
- Sì, mamma... Tutto bene.
- Te l'ho già detto che quasi, quasi ti preferivo muta?
- Almeno dieci volte da quando mi sono svegliata... Ma tranquilla: non
mi offendo.
- Vuoi da bere, qualcosa da mangiare, una rivista?
- Una rivista, Mia?? Ma sei seria?? L'unica cosa di somigliante ad una
rivista qui dentro è il catalogo dell'Ikea!
Mia le fece la linguaccia, anche se dentro di sé stava
pensando con quanta cura avesse setacciato tutta casa per far sparire
ogni traccia di giornali di gossip che potessero parlare di Lexi o
della sua relazione con Hugh: tutto doveva essere come se quei cinque
mesi non fossero mai trascorsi, almeno finché Lexi non
avrebbe ricordato da sola. Questo era quanto le aveva detto il dottor
Lawson una volta constatato come Lexi non avesse alcun tipo di ricordo
in merito a quel tempo trascorso in ospedale, aggiungendo che nessuno
avrebbe dovuto rivelarle nulla per evitare ogni tipo di emozione forte,
capace di scompensare l'equilibrio fisiologico precario in cui si
trovava la sua migliore amica, specialmente dopo i due collassi
cardiaci che aveva avuto. Mia aveva cercato di opporsi, di scovare una
soluzione di compromesso, ma sia lui che Sarah erano stati
irremovibili: avrebbe dovuto ricordare tutto da sola e se non ci fosse
riuscita, loro non avrebbero potuto farci nulla.
- Sei simpatica come sempre... Allora io vado a fare una doccia, poi
magari ci guardiamo un bel film: che ne dici?
- Sì, credo si possa fare... Ma lo scelgo io!!
- Va bene, va bene... Solo perché sei convalescente.
Quando la porta si richiuse alle spalle di Mia, Lexi sentì
un brivido percorrerle la schiena, come se quel rumore fosse familiare
ma al contempo diverso da qualcosa che le sembrava far parte del suo
passato. Scosse la testa e la sua attenzione cadde sull'ipod che Mia le
aveva gentilmente fatto trovare sul comodino affianco al letto. Lo
afferrò e lo accese, senza infilare le cuffiette. Una delle
prime canzoni dei The Rush era in riproduzione ed un sorriso si dipinse
sul volto di Lexi quasi automaticamente, come se gli angoli della sua
bocca rispondessero ad un comando preimpostato a cui non poteva
disobbedire.
“Wow... L'ultima volta che l'ho ascoltato era mentre
aspettavo di vederli alla premiere... Prima di... Di quello...
Chissà che cosa ne hanno pensato loro del mio gesto... Mi
riterranno una pazza, anche se Mia sostiene che mi siano venuti a
trovare qualche volta e che mi abbiano invitata a loro primo concerto
negli stadi... Io so solo che non ho avuto notizie di nessuno di loro
da quando mi sono svegliata... Però, il solo pensiero che
Lucas sia stato nella mia stessa stanza sapendo che ci fossi anche io,
mi sembra una cosa surreale... Pagherei anche solo per esser certa che
lui sia cosciente della mia esistenza, dopo undici anni...”.
Dall'altra parte della città, Nate non ci poteva credere.
C'era mancato veramente poco perché urlasse contro Mia e
Sarah quando, una volta corso su per le scale che aveva appena percorso
dopo essere stato in compagnia di Lexi per quasi quattro ore ed aver
scoperto che si era finalmente svegliata, gli avevano detto che non
poteva vederla. Sarah lo aveva dovuto allontanare di forza e chiamare
Hugh perché lo andasse a prendere, dato che era talmente
scosso da non riuscire neppure a guidare. Appena si era seduto sul
sedile di pelle della macchina dell'amico e compagno di band, era
esploso in una pianto senza ritegno che voleva cercare di lenire la
fitta di dolore che si stava diffondendo dentro di lui. Si era preso la
testa tra le mani, strapazzando e tirando quei capelli castani che, un
po' per abitudine ed un po' per piacere alle fan, continuava a tingere
di biondo sulle punte, sperando così di svegliarsi da
quell'incubo assurdo in cui sperava di esser stato intrappolato.
Aveva aspettato cinque mesi, si era affezionato, forse aveva cominciato
a provare qualcosa di più per quanto potesse suonare
inquietante ed assurdo, ma quando era arrivato il momento per cui tanto
aveva pregato: fine.
Tutto era finito.
Hugh l'aveva abbracciato e aveva lasciato che si sfogasse sulla sua
spalla senza alcuna fretta, per poi riaccompagnarlo a casa, dove era
rimasto rintanato per i seguenti tre giorni, cancellando qualsiasi
impegno, anche quelli con i ragazzi. Se non poteva vedere lei, non
voleva vedere nessuno.
Sapeva che era appena tornata nel suo appartamento con Mia, che molto
gentilmente gli mandava aggiornamenti in tempo reale su come stesse e
su che cosa facesse Lexi, ma lui si sentiva senza forze. Steso in quel
letto a due piazze che solitamente gli sembrava altamente attraente, ma
che in quel momento gli appariva troppo grande e vuoto per lui, prese
il cellulare ed entrò su Twitter, cercando qualcosa con cui
distrarsi. Il cielo, però, doveva avercela con lui. Tutto su
quel dannato social network parlava di Lexi e del suo miracoloso
risveglio, con illazioni su un possibile ritorno di fiamma tra Mia e
Hugh ed espressioni di felicità per il ritorno alla vita
dell'eroina di tutto il fandom. Foto di quel sorriso che aveva sperato
di essere lui a far spuntare sul viso di Lexi per cinque mesi,
riempivano la sua timeline, rischiando di farlo impazzire, tanto che si
ritrovò a lanciare l'Iphone ai piedi del letto, incurante
del fatto che si sarebbe potuto frantumare al suolo.
- L'ho baciata cazzo!! Io l'ho baciata e lei ha praticamente risposto,
ed ora non si ricorda nulla! Le ho dedicato due fottutissime canzoni e
non si ricorda nulla!!
Stava urlando da solo nel bel mezzo di una casa che stentava a
riconoscere, forse per il fatto che negli ultimi mesi aveva passato
più tempo all'estero ed in quella stanza d'ospedale che tra
quelle quattro mura. Aveva pianto abbastanza il giorno in cui si era
svegliata e lui non era mai stato tipo che si lasciasse andare
così tanto ai sentimenti, per lo meno quelli tristi e
deprimenti. Nate sorrideva sempre e faceva ridere gli altri, con la sua
gioia di vivere, i suoi ventidue anni vissuti spensieratamente, con la
sua voglia di affrontare ogni giorno come se fosse il più
bello della sua vita. Eppure, in quel momento, tutto ciò che
avrebbe voluto fare era correre da lei e chiederle se veramente,
nemmeno dopo averla baciata, si ricordasse di che cosa fosse successo
tra loro. Oppure gli sarebbe anche bastato avere qualcosa da prendere a
pugni.
Si sentiva un emerito imbecille per aver creduto a tutte quelle teorie
sul fatto che lei lo potesse sentire, che fosse mentalmente presente.
- Dannata Sarah!! Ed io cretino che ti ho ascoltato e ho continuato a
leggere ogni lacrima, ogni battito accelerato come delle risposte alle
mie azioni!! Che cretino...
Si lasciò cadere sul letto, osservando il soffitto grigio
come il suo umore, fino a quando il campanello non lo
avvertì che aveva visite. Svogliatamente si alzò
ed andò verso la porta, dove Zach lo stava aspettando con
una faccia decisamente preoccupata, cosa che capitava piuttosto di
rado, dato che era la persona più riservata ed
imperscrutabile che Nate avesse mai conosciuto.
- Ah... Ciao.
- Wow... Direi che non sono proprio la persona che ti aspettavi di
vedere.
- No, scusa Zach, è che... Nulla, vieni: entra pure.
Si sedettero sul divano di pelle nera, mentre la pioggia iniziava a
scrosciare imperterrita sulle grandi vetrate che formavano un'intera
parete del salotto, confondendo le figure longilinee delle
piante del giardino su cui si affacciavano. Nate alzò il
termostato e cominciò a rigirare nervosamente il piccolo
telecomando tra le mani, con una crescente voglia di frantumarlo in
mille pezzi, se non fosse stato per una provvidenziale mano di Zach che
glielo portò via per appoggiarlo sul basso tavolino di
vetro. Nate lo rimase a fissare per qualche secondo: era perfetto come
sempre quel ragazzo, capelli neri tenuti indietro da un beanie
altrettanto scuro, giacca di pelle dello stesso colore sopra una maglia
bianca che faceva risaltare il fisico asciutto che aveva sempre avuto,
anche quando erano dei bimbetti di diciotto anni che credevano di poter
dominare il mondo con due sorrisi ed un po' di moine. Avevano imparato
presto che non sarebbe sempre stato così ed erano cresciuti
assieme, affrontando tutto e cominciando a lavorare su di loro e su
quello che volevano fosse il loro progetto musicale. Erano maturati
davvero e una prova certa era quella piccola fedina che Zach portava
all'anulare destro, simbolo del suo imminente matrimonio con Page.
- Ma davvero ti sposi tra quattro mesi?
Zach lo guardò un attimo sorpreso, ma poi sembrò
decidere di non fare domande e seguire il bizzarro flusso di pensieri
dell'amico.
- Sì... E, sinceramente, non vedo l'ora.
Era sempre stato un ragazzo di poche parole ma sapeva che i suoi amici
avevano imparato a conoscerlo e a capire che quello non era un modo per
allontanarli, ma solo un'occasione in più per lasciare che
loro si raccontassero di più a lui e gli permettessero di
star loro vicino.
- Ti invidio, sai?
Ecco: quella era una cosa che il bel anglo-indiano non avrebbe mai
pensato di sentire dalla voce di Nate, ovvero una delle persone
più semplici e pure che avesse mai avuto la fortuna di
incontrare. Lo riteneva come un fratello minore e voleva che per lui ci
fosse solo il meglio ed era proprio per questo che si trovava
lì, in quel momento, poiché sapeva come potesse
star male per la storia di Lexi. A dire il vero, c'erano rimasti male
un po' tutti, perché speravano veramente che lei potesse
svegliarsi e mantenere quel legame che sembrava inspiegabilmente
essersi creato con ognuno di loro, ma i miracoli sono rari e loro
avevano già ricevuto quello che gli spettava.
- Perché?
Nate appoggiò la schiena al divano e lasciò che
la testa cadesse sullo schienale, contemplando per l'ennesima volta il
soffitto: avrebbe dovuto dipingerlo di qualche altro colore,
perché quel grigio non faceva che deprimerlo maggiormente.
- Perché così avrai qualcuno da cui tornare ogni
volta che finiremo un tour... Qualcuno da chiamare quando scenderai dal
palco ogni sera... E questo per tutta la vita... E' bello, no?
Rimase in silenzio per qualche secondo, grato del fatto che Zach non
gli facesse domande ma aspettasse che fosse lui a spiegarsi meglio.
- Sai cos'è assurdo? Che io l'ho provato con lei per questi
cinque mesi... Non vedevo l'ora di accendere il pc e chiamarla per
raccontarle che cosa fosse successo durante i concerti... Figurati che,
nonostante avessi scoperto fosse innamorata pazza di Lucas, non
riuscivo ad aspettare un secondo di più per tornare da
lei...
- Non riesci nemmeno a dire il suo nome.
Non era una domanda: era un'affermazione. Una di quelle che cadono come
un meteorite nei film di fantascienza e fanno cambiare le sorti del
mondo. Solo che quello non era un film e la vita di Nate era cambiata
sul serio, ma in peggio. Non poteva nemmeno pensarlo il suo nome,
specialmente dopo che erano stati categorici sul divieto di raccontarle
qualsiasi cosa riguardasse quei mesi a meno che non fosse lei a
chiederlo o, meglio ancora, a ricordarselo, altrimenti la sua salute
né avrebbe risentito e questa era l'ultima cosa che Nate
avrebbe mai desiderato per lei .
- No... Non ce la faccio.
Trasse un profondo respiro e sentì Zach mettersi
nella sua stessa posizione, al suo fianco, come a dirgli che lui
sarebbe stato lì anche tutta la notte se ne avesse avuto
bisogno, aspettando che tutto trovasse una giusta prospettiva, ma era
come se per Nate, quella volta, fosse impossibile vedere il lato
positivo della situazione. E questo non era decisamente da lui.
- Io non sono uno che si arrende Zach, lo sai... Ma in questo caso non
posso fare nulla, neanche se lo volessi... E cazzo se vorrei andare
sotto quel portone blu e urlarle che merito almeno di vederla sorridere
una volta!
Una lacrima dispettosa scese lungo la sua guancia leggermente rossa per
la foga con cui aveva parlato e per quella sensazione d'impotenza che
gli schiacciava il petto, impedendogli di respirare normalmente, i
pugni a stritolare il tessuto morbido dei pantaloni della tuta.
In quel momento, Zach si rese conto di quanto la situazione fosse molto
peggio di quanto tutti loro pensassero: avevano sottovalutato la reale
entità del problema, credendo che Nate si fosse
semplicemente affezionato a Lexi, come d'altra parte era accaduto a
tutti loro, eccetto per il fatto che lui si fosse letteralmente
innamorato di quella ragazza. Come se tutto ciò
non bastasse, Zach era quasi certo fosse la prima volta che
all'irlandese capitasse di innamorarsi. Innamorato di una persona con
cui non aveva mai parlato, di cui non aveva mai visto gli occhi ma che
aveva dato la vita per loro: era tremendamente meraviglioso. Gli
riusciva difficile immaginare di innamorarsi di Page senza averne mai
sentito la voce squillante o senza essersi perso in quel celeste
sconvolgente che aveva trovato solo nei suoi occhi, eppure per Nate era
stato così.
Continuarono a contemplare il soffitto grigio ancora per qualche
minuto, in completo silenzio, fino a quando Zach non decise di dar voce
ai suoi pensieri, sperando di aiutare in qualche modo l'amico.
- Potrebbe ricordare... Se ha provato quello che senti tu per lei,
nessuna amnesia potrà nasconderglielo per sempre.
Forse Zach aveva ragione e sempre forse, un giorno Lexi
avrebbe potuto ricordare: ma lui sarebbe stato capace di aspettare e
magari saperla insieme a qualcun altro? Non sapeva nemmeno se sarebbe
stato capace di vederla di persona e trattenersi dall'abbracciarla o
stringerle quella mano che negli ultimi mesi era diventato il loro modo
per comunicare, figurarsi vederla tra le braccia di un altro ragazzo.
Era un silenzio carico di significati quello che era sceso tra di due
amici, interrotto solo dal rumore costante della pioggia sulle
finestre. Dopo quella che ad entrambi sembrò
un'eternità, Zach disse:
-Dovresti ridipingere questo soffitto: è deprimente.
E detto questo si alzò per prendere due birre dal frigo:
quello era solo l'inizio.
Hi sweethearts!
Pubblico oggi
perché: 1) non volevo più aspettare 2) non avro
tempo di farlo per tutto il weekend ^^
Okay. Passiamo
alle cose importanti. LEXI SI E' SVEGLIATA!!! YEEEEE!! Lo so che non
state gioendo con me e so anche che mi starete maledicendo in diciotto
lingue diverse, ma sono sicura della mia scelta. Non poteva svegliarsi
e BOOM: ha la vita che ha sempre desiderato. Troppo semplice. A dir
poco irreale (e di irreale qui ne abbiamo già a palate**).
Quindi sì: Lexi è sveglia e non ricorda un fico
secco. Nate sta soffrendo. Il resto della gente non sa che fare. Bella
vita di merda, ma alle volte va così ^^
Spero non siate
troppo arrabbiate per lasciare un commento e che mi facciate sapere che
ne pensate: ora comincia tutta un'altra storia.
Grazie per essere
arrivate fin qui e spero rimaniate per il vero divertimento,
perché lexi da sveglia è tutto fuorché
un personaggio semplice **
As always
Lots Of Love xx
|
Ritorna all'indice
Capitolo 28 *** 11th/20th January 2014 ***
11th January 2014
Quel pomeriggio sembrava che l'Antartide avesse
deciso di
trasferirsi a Londra e Lexi non si era ancora tolta la salopette di
pail blu che usava come pigiama durante i mesi più freddi,
lasciando che persino le briciole delle fette biscottate con la
marmellata che aveva mangiato a colazione facessero il nido tra le
pieghe del tessuto. Le avevano detto che doveva stare a riposo ed era
esattamente ciò che stava facendo, forse solo in maniera
più spudorata del previsto. Aveva scoperto che Mia stava
lavorando non solo nel teatro del Royal Ballet, l'accademia di danza,
ma che stava pure stilando dei bozzetti per una sua personale linea di
moda, dato che un amico conosciuto qualche mese prima le poteva
procurare degli agganci per la futura settimana della moda che sarebbe
stata di lì a poco.
Logicamente, Mia si era ben guardata dal rivelarle il nome di quel suo
“amico”, dato che altri non era che Hugh Stime, il
quale non si era tirato indietro dall'offrirle lo stesso il suo aiuto e
le sue conoscenze nel campo della moda nonostante le cose tra loro
fossero finite. Anche se, ad essere sinceri, tra loro non era mai stato
messo un vero e proprio punto definitivo, forse anche per il fatto che
Hugh era un ragazzo troppo speciale per lasciarselo sfuggire e Mia non
aveva alcuna intenzione di perdere un amico come lui, a maggior ragione
in quel momento: lui era l'unico a dargli qualche informazione
attendibile su come stesse il piccolo irlandese. E da quanto aveva
capito, dire che era ridotto uno straccio sarebbe suonato ancora come
un complimento. Si era affezionata anche lei a Nate, soprattutto
perché era evidente come dietro tutte quelle sue attenzioni
per Lexi ci fosse qualcosa di più profondo di un semplice
senso di gratitudine e le faceva male pensare che lei non si ricordasse
nulla di ciò che quel ragazzo aveva passato pur di aiutarla
a tornare dalle persone che le volevano bene.
Quando finalmente Karen era andata via, convinta da una Lexi piuttosto
stanca ed incuriosita dal fatto che sua madre dovesse casualmente
preparare una cena proprio il giorno del suo anniversario di matrimonio
con suo padre, lasciò che il pigiamone diventasse un
tutt'uno anche con il tessuto del divano e della coperta che si era
messa sulle gambe. Con i capelli raccolti in un'improbabile chignon e
completamente struccata era, senza ombra di dubbio, la visione meno
attraente della storia evolutiva delle donne, ma la cosa la toccava ben
poco: si sentiva stanca e ad essere sincera anche abbastanza inutile.
Un sacco di giornalisti avevano chiamato per ottenere una sua
intervista in esclusiva, ma Mia aveva sempre risposto loro che era
troppo presto e che, con ogni probabilità, Lexi non avrebbe
mai condiviso quella traumatica esperienza con dei giornali
scandalistici. Le bastavano già le milioni di domande che
riceveva su Twitter e Facebook ogni santissimo giorno. Si rese conto in
quel momento che non aveva ancora controllato che cosa avessero scritto
i ragazzi circa l'incidente e come stessero dopo cinque mesi
dall'accaduto. Mia era in cucina tutta intenta a fare una delle sue
tisane imbevibili alle erbe, così Lexi ne
approfittò ed afferrò il cellulare in mano,
cominciando a girovagare sui profili prima di Zach, poi di Lewis e di
Hugh, tanto da accorgersi che tutti ora la seguivano, e finalmente,
quello che più a lei interessava: Lucas. Dopo tutto quello
che era successo, la sua testa sembrava ancora essere focalizzata solo
ed esclusivamente su quel ragazzo.
“Si è fatto crescere la barba... Ed è
ancora più muscoloso dalle foto che vedo qui... Devono
essere in Australia... Oddio che sorriso!”.
Scorse velocemente tutti i tweet fino ad arrivare a quelli del giorno
della premiere: neanche da mettere in dubbio che il tono fosse
completamente cambiato da prima a dopo la sparatoria. Ma più
leggeva quanto Lucas avesse scritto in quei mesi, più si
sentiva pesante ed inutile. La sua vita era andata avanti ed, anzi,
sembrava che quel “brutto incidente”, come lo aveva
chiamato lui, gli avesse aperto gli occhi su come fosse importante
tenersi strette le persone che si amava veramente e per lui, tra quelle
persone, c'era sicuramente la sua adorata Sophia. E lei che cos'era
allora? Lexi non poté più leggere nulla di tutto
quello e nemmeno sopportare la vista delle foto di loro due in vacanza,
in qualche località esotica, che Lucas aveva gentilmente
appena postato, neanche sapesse che lei fosse lì a
controllare il suo profilo. Quando si diceva che il destino poteva
giocare brutti scherzi.
Stava per spegnere tutto, quando si ricordò che non aveva
dato un'occhiata all'account di Nate. Un brivido le percorse la
schiena, come se quel nome ricordasse qualcosa di particolare al suo
corpo, ma non vi fece molto caso: magari era colpa del freddo e si
sarebbe fatta dare una tazza di quel miscuglio indefinito che Mia si
stava preparando. Sembrava che qualcosa lo turbasse parecchio negli
ultimi tre giorni, perché il suo ultimo tweet diceva
“Come quel
giorno, rischio di perderti ancora...” , mentre
prima sembrava la persona più felice sulla faccia della
terra.
“Magari si sarà trovato una ragazza... Chiunque
sia è molto fortunata, lui è una persona d'oro...
Ed è anche diventato più bello, se fosse mai
possibile... Sembra come più adulto... Chissà che
sarà successo nelle loro vite in questi mesi...”.
-Che stai facendo?!?!
L'espressione allarmata di Mia le fece temere di aver fatto qualcosa di
male, ma non le sembrava dato che stava semplicemente usando il suo
cellulare.
-Tengo in mano il mio cellulare??
- Ma non puoi!! Cioè... E'... E'...
- E' cosa?!
Lexi non capiva cosa ci fosse di sbagliato nel controllare come stesse
il mondo tramite una stupidissima app del suo cellulare, mentre Mia
stava disperatamente cercando una scusa plausibile per allontanare la
sua migliore amica dall'oggetto più pericoloso per la sua
salute. Se era già stata su Twitter poteva essere la fine,
ma le sembrava piuttosto tranquilla, quindi non doveva aver ancora
letto nulla di compromettente, ma questo non escludeva che lei dovesse
ragionare ed anche in fretta.
- E' pericoloso per te!
- Pericoloso?! Mia ma che cacchio c'hai messo dentro a quel beverone
lì: allucinogeni?
- No, cretina... E' pericoloso per la tua salute. Richiede troppa
concentrazione e il tuo cervello è ancora provato da quanto
è successo... Il dottor Lawson mi ha fatto promettere che
non avresti toccato il cellulare o il computer per almeno due
settimane... E pure la televisione la puoi guardare per brevi periodi
di tempo!!
Non sapeva da dove le fosse uscita una cosa del genere ma Lexi ne
sembrò convinta, tanto da rimettere giù il
cellulare e da infagottarsi meglio nelle coperte per bere l'infuso che
le aveva portato. Mia si sedette sulla poltrona che lei stessa aveva
riposizionato vicino al divano, dopo lunghe discussioni con Lexi,
quando l'avevano comprata: secondo quella cocciuta della sua amica
doveva stare dalla parte opposta del salone, in un angolo
“come ogni poltrona che si rispetti”, le aveva
detto, anche se poi si era dovuta arrendere al fatto che in quel modo,
chiunque vi si fosse seduto, non avrebbe mai potuto guardare la
televisione perché troppo lontano. Lexi stava bevendo
tranquillamente l'infuso caldo, facendo le sue solite facce buffe
quando si scottava la lingua e Mia si chiese come avrebbero fatto a
superare i prossimi mesi. Sapeva perfettamente che Nate non se ne
sarebbe stato con le mani in mano ancora per molto, anzi: da quanto le
aveva detto Hugh, stava già pensando di fare una
spettacolare piazzata sotto il loro portone blu, sperando di far
tornare la memoria a Lexi e che a trattenerlo ci fosse unicamente la
paura che potesse star male di nuovo e per giunta, a causa sua questa
volta. Doveva trovare un modo per proteggere la sua migliore amica e al
tempo stesso farle tornare i ricordi di tutto ciò che era
successo in quei cinque mesi perché un legame speciale come
quello che aveva creato con quel piccolo irlandese che non l'aveva
abbandonata per un solo istante, non poteva svanire in quel modo.
- Mia ci sei??
Per poco non fece cadere la tazza che aveva inconsciamente appoggiato
sul poggiolo della poltrona arancione: si era completamente persa nei
suoi pensieri e non aveva sentito una sola parola di quello che Lexi le
aveva detto.
- Sì, sì ci sono... Mi avevi chiesto qualcosa?
La vide farsi insicura, come quando doveva chiedere qualcosa di cui si
vergognava e che le costava una fatica enorme: in certi aspetti del suo
carattere e del suo modo di fare, Lexi non era minimamente cambiata da
quando aveva sei anni. Ogni volta che dovevano entrare in mensa e
mettersi in fila faceva sempre andare avanti Mia perché non
le piaceva essere la prima e rischiare di fare qualche figuraccia,
anche se alla fine le faceva comunque.
- Sì, insomma... Mi stavo chiedendo se... I ragazzi
sono mai venuti a trovarmi?
I suoi occhi color cioccolato erano così carichi di speranza
e di paura per quella che poteva essere la risposta che Mia si chiese
se fosse il caso di dirle qualcosa. Non aveva pensato che Lexi potesse
porle così tanto presto una domanda del genere ed ancora una
volta si trovò ad improvvisare una risposta che, forse,
avrebbe meritato maggiore attenzione.
- Te l'ho già detto: certo che sono venuti! Voglio dire: ti
aspettano a Wembley per la prima data del loro tour negli stadi!
“Un concerto... Mi sono meritata l'ingresso gratis ad un loro
concerto...”.
La delusione sul volto dell'amica era così palese che Mia si
diede della stupida per essere stata così poco attenta:
sicuramente Lexi aveva capito che fossero andati una volta sola a farle
visita e che si fossero tolti dall'impiccio con un banale biglietto per
un concerto. Era vero che non poteva dire che cosa fosse accaduto sul
serio durante quei mesi, ma non poteva nemmeno permetterle di pensare
che quei cinque ragazzi avessero preso sotto gamba ciò che
aveva rischiato per loro.
- Lexi, sono venuti tutti a trovarti appena avevano un minuto libero
dai loro impegni... Lewis veniva quasi sempre con Ellie e ti
raccontavano un sacco di episodi divertenti che erano successi durante
il tour... Hugh ti portava sempre qualcosa dai posti dove erano
andati... Lo vedi quel piccolo portachiavi fatto a forma di surf? Te
l'ha portato lui dall'Australia...
Ancora si ricordava quanto l'avesse preso in giro per quel ridicolo
regalo che sicuramente era stato fatto in Cina e non in Australia, ma
lui sosteneva che era il pensiero a contare e con uno dei suoi
meravigliosi sorrisi dotati di fossette l'aveva convinta. Ora, non
poteva far altro che dargli ragione.
- Zach ogni volta che veniva chiedeva di stare da solo con te,
perché voleva parlarti...
Forse stava dicendo un po' troppo, ma non riusciva a credere che Lexi
si fosse persa tutto questo, ma ad ogni modo si trattenne dal parlarle
dell'invito a nozze che aveva ricevuto.
- Anche Lucas è venuto a trovarti... Con Sophia... Sai:
è una ragazza molto dolce e ti portava sempre dei fiori
nuovi ogni volta che passavano.
- Neanche fossi morta...
“So che è un commento cattivo, ma quella tipa non
mi va giù... Insomma: loro sono tutti felici, che vivono la
loro splendida storia d'amore in qualche luogo soleggiato dell'Oceano
Atlantico e tutto perché io ho rischiato la mia vita per
lui!! Che non si è ancora accorto della mia
esistenza...”.
- Lexi non dire così! Quei due si amano, perché
non lo vuoi capire?!
Il suo tono era risultato più frustrato e infastidito del
dovuto e se ne accorse immediatamente dall'espressione incredula che
comparve sul volto di Lexi: l'aveva ferita dicendole quelle cose, ma
Mia voleva soltanto farle capire che non doveva perdersi dietro ad uno
che per undici anni l'aveva ignorata, perché aveva il
principe azzurro ad aspettarla dietro l'angolo della sua memoria, se
solo si fosse ricordata qualcosa.
- No, non lo capisco! Anzi: non lo capirò mai!! Io lo amo
Mia e lo amerò per sempre! Credo che andrò a
riposare...
Detto questo, si alzò dal divano e si diresse in camera sua,
sbattendo la porta. Il cellulare di Mia vibrò nella tasca
dei jeans neri attillati che aveva indosso e quando vide che era un
messaggio di Nate le si strinse il cuore: non aveva fatto a tempo a
dire a Lexi tutto quello che quel ragazzo aveva fatto per lei durante
quel lunghissimo coma e quanto l'avesse amata come mai Lucas avrebbe
potuto fare.
- Spero solo che tu possa ricordare Lexi-Lex... Lo spero davvero...
20th
January 2014
Se gli avessero detto che l'amore faceva così
male, non
sarebbe mai entrato in quella stanza d'ospedale alle due di notte, dopo
un viaggio transoceanico in aereo, per poterla vedere.
Aveva ancora quello stramaledetto telecomando in mano e gli occhi fissi
sul televisore al plasma spento, concentrato a perdersi in quella
faccia che non era più la sua. O almeno, non quella del
ragazzo che aveva visto l'ultima volta che si era osservato allo
specchio quel fatidico sette gennaio, quando avrebbe dovuto vivere uno
dei giorni più belli della sua vita ed invece, si era
rivelato essere il peggiore in assoluto. Era arrivato a chiedersi per
quale dannata motivazione avesse comprato un televisore a
così alta definizione, perché durante
quell'intervista infinita era riuscito a vedere ogni singolo bagliore
di emozione in quegli occhi che per cinque mesi aveva sognato di
contemplare. Voleva spegnere, sul serio: era arrivato addirittura a
prendere in mano il telecomando e a trovare con le dita il pulsante
giusto, poi però il suo volto imbarazzato e timidamente
sorridente aveva illuminato lo schermo e Nate si era incantato. Per
quindici minuti era quasi sicuro di non aver mai sbattuto le palpebre,
perché aveva aspettato così tanto per sentirla
parlare, rispondere educatamente alle domande con un velo di
intelligente e piccata ironia quando diventavano troppo personali, per
vedere quelle labbra rosse e a cuore inarcarsi in un sorriso sereno e,
forse, felice, per poter anche solo sentirla respirare.
Quindici minuti in cui si era completamente, perdutamente e pazzamente
innamorato di nuovo di Lexi Golder.
Non si era sbagliato su nulla: quella ragazza era la persona per cui il
più delle volte aveva rifiutato la compagnia di modelle
mozzafiato e di colleghe altrettanto attraenti. Nulla delle donne con
cui aveva avuto a che fare poteva reggere il confronto con quella
ragazza che non aveva mai smesso di torturarsi le mani per tutta la
durata dell'intervista, come faceva lui nei primi tempi in cui la fama
li aveva investiti. Quel suo modo di spostare casualmente i capelli
mentre parlava, come se fosse un espediente studiato per attirare
l'attenzione su altro che non fosse il rossore che le colorava
leggermente le guance, segno di un carattere delicato ma non per questo
meno forte. L'intelligenza con cui aveva risposto alle sottili
insinuazioni dell'intervistatrice e le battute che con molta
naturalità aveva fatto, la rendevano la persona perfetta con
cui trascorrere non solo una piacevole serata, ma anche tutta una vita
fatta di folli conversazioni sull'esistenza e il senso delle cose al
chiaro di luna o di mirabolanti progetti per il futuro. Per
non parlare di quegli occhi. Nate chiuse le palpebre e si
lasciò cadere sul divano: li poteva ancora vedere sullo
sfondo nero della pelle, così profondi eppure limpidi,
sinceri fino al punto di spaventarti ma al tempo stesso capaci di
celare un segreto, quello stesso segreto che lui aveva aspettato cinque
mesi di scoprire e che ora non avrebbe mai conosciuto.
- Perché non puoi ricordare, Lexi?! Perché,
cazzo!
Il suo cellulare prese a suonare impazzito: forse era l'ennesima
chiamata di lavoro che riceveva, ma non gli interessava per niente.
Eppure si costrinse a rispondere dato che sicuramente era Lucas che gli
avrebbe chiesto dove diavolo fosse finito. Ed infatti.
-Sì può sapere che cazzo di fine hai fatto Nate?!
La riunione per il lancio dell'album è iniziata mezz'ora
fa!!
Lo sapeva. Lo sapeva bene. Ma quando la pubblicità
dell'intervista in diretta con Lexi “La ragazza che ha
salvato i The Rush” era andata in onda tra uno spot per
detersivi e l'altro non era riuscito a far altro che sedersi sul divano
e lasciare che le chiavi della macchina scivolassero per terra.
- Ho avuto da fare...
- Nate tutto bene??
Tra loro poteva essere successo quello che era successo, ma Lucas
rimaneva comunque quello più premuroso di tutti e poi si
erano completamente chiariti rispetto all'accaduto, quindi Nate non si
stupì nel sentire una forte nota di apprensione nella sua
voce.
- No.
Ecco: l'aveva ammesso.
Erano passati tredici giorni da quando Lexi si era svegliata e
dall'ultima volta in cui l'aveva vista e lui non si era mai sentito
così perso in vita sua. Mai.
- Facciamo così: io dico che stai male e poi passo da te,
okay?
- Grazie Luc.
Sapeva che non c'era bisogno di aggiungere altro, così
terminò la chiamata e si distese con un cuscino sopra la
testa, sperando che quello fosse tutto un incubo e che stesse per
finire.
Il campanello suonò due volte prima che Nate si svegliasse
dal sonno senza sogni in cui era caduto ed andasse ad aprire: Lucas, in
maglietta bianca, felpa e pantaloni della tuta neri, era affiancato da
uno bellissima Sophia anch'essa in leggings neri e maglione collo alto
color panna che arrivava a metà coscia, riscaldando il
colore castano dei lunghi capelli lisci che a Nate ricordarono
spaventosamente quelli di Lexi. Scosse la testa per scacciare quel
pensiero e li accolse in casa. Ormai si era abituato a vederla in giro,
perché dovunque ci fosse Lucas al novanta per cento c'era
anche Sophia e sinceramente la cosa non gli dispiaceva affatto: anche
se all'inizio poteva sembrare una ragazza chiusa e riservata, in
realtà era estremamente dolce ed anche un'ottima
ascoltatrice, bisognava solo conquistarsi la sua fiducia.
Nate non ci aveva messo molto ad ottenere un posto speciale nel cuore
della ragazza così, quando Lucas le aveva detto che sarebbe
passato dall'amico perché era preoccupato per lui, Sophia si
era proposta per accompagnarlo. Non ci voleva un genio per immaginare
come potesse stare il bel irlandese dopo aver ricevuto la notizia di
non poter vedere Lexi.
- Okay... Direi che qui serve del tea. Vado a farlo... Tranquillo Nate,
conosco casa tua.
Mentre Lucas cominciava a tirare fuori il bollitore dalla credenza,
Sophia si sedette accanto a Nate e cercò di capire se in
qualche modo potesse essergli utile e dallo sguardo vacuo che il
ragazzo continuava a tenere verso i calzini bianchi che aveva indosso,
decise che almeno un tentativo valeva la pena farlo.
- Dimmi solo in una scala da “ci penso sempre e sto
male” a “non ha più senso neanche
mangiare” a che punto sei tu.
Nonostante tutto, Nate le regalò un briciolo di sorriso che
le fece capire come forse non avesse fatto male ad andare da lui:
magari, il parere di una ragazza in quel momento poteva aiutarlo
più di una serie di pacche sulle spalle dei suoi amici,
anche se sapeva che non si sarebbero limitati a quello.
- La verità?
Due occhi di un celeste velato di lacrime la osservarono in cerca di
una risposta affermativa, come se sentisse seriamente il bisogno di
liberarsi di quella verità che gli pesava sul petto come un
macigno al piede di un condannato a morte. Sophia annuì e
Nate prese quel segno come il via libera per lasciarsi andare: lei
avrebbe capito, ne era certo.
- Forse è anche peggio di “non ha più
senso mangiare” perché qui non ha più
nemmeno senso alzarsi dal letto... Lo so che suonerà
esagerato, anche perché: dai cazzo!! Guarda cos'ho io! Un
lavoro da sogno, delle fan meravigliose, tutti gli agi che voglio e un
carattere che mi ha sempre permesso di godermi tutto fino all'ultimo...
Ed ora?? Ora sono un'ameba per colpa di una ragazza con cui non ho mai
parlato! Ma che minchia sto facendo, Soph?!
- Ci ha salvato la vita, Nate... Tu sei un ragazzo che cerca una donna
sincera, allegra e che sia altruista e beh: direi che Lexi incarna
tutte queste caratteristiche...
- E tu come fai a saperlo?!
- Prima ho visto la sua intervista...
Un sorriso amaro si stirò sul volto di Nate e Sophia
capì quale fosse la reale motivazione per cui Nate non si
fosse presentato alla riunione.
- Anche io... E non avrei dovuto.
- Sapevi che sarebbe stata in quel programma?
Lo vide strofinarsi per l'ennesima volta le mani sul viso e poi sui
pantaloni della tuta, come se quel gesto potesse aiutarlo a sciogliere
il nodo allo stomaco che non lo lasciava in pace.
- Sì, Mia mi aveva avvertito che era stata costretta ad
accettare a rilasciare un'intervista, altrimenti i giornali non
l'avrebbero mai lasciata in pace. Ma non ero pronto, dico sul serio...
Insomma, ho aspettato cinque mesi per sentirla parlare ed ora posso
farlo solo attraverso uno schermo e...
- E nulla è come avresti voluto.
- Non per quanto riguarda lei... E vuoi sapere qual'è la
cosa strana?! Ho visto quella dannata intervista e mi sono
letteralmente innamorato di lei... Di nuovo... Io ho bisogno di
parlarle, di stringere quella mano che per cinque mesi è
stato il mio appoggio sicuro, oltre alla mia famiglia...
Quando fu la mano affusolata di Sophia a posarsi sul suo ginocchio,
Nate sentì un'ulteriore stretta al petto poiché
sperava sul serio che quelle dita delicate fossero di Lexi, ma le
sorrise comunque, grato di avere quel contatto fisico con qualcuno che
potesse capire come si sentisse. Nemmeno per lei e Lucas le cose erano
state semplici, specialmente nei primi tempi, quando le fan non avevano
accettato in alcuna maniera la loro relazione e si era ritrovata da
sola, con un Lucas confuso ed incapace di difendere ciò a
cui teneva veramente. Stavano assieme da quasi cinque mesi quando lui
l'aveva lasciata rifilandole le peggiori scusanti e sorprendendo tutti,
tanto che più volte Nate gli aveva chiesto che cosa fosse
successo per spingerlo a fare una scelta così drastica. Poi
erano partiti per il tour in America e Lucas era resistito due
settimane: a metà luglio Sophia li aveva raggiunti in
Arizona ed era rimasta con loro per qualche giorno, giusto il tempo di
sistemare la situazione e di rendersi conto di quanto avessero bisogno
l'uno dell'altra. Quindi sì: aveva ben presente la
sensazione che le cose non fossero per nulla come le si erano
immaginate.
- Magari ricorderà... Non è detto che tutto sia
perduto... Avete in programma di incontrarla?
- No... Non finché l'album non esce, perché
vogliono che sia un evento mediatico di grande rilievo ed ora tutta la
pubblicità deve essere concentrata sulla nostra musica... E
poi non le farebbe bene, sarebbero troppe emozioni forti, troppo presto.
Si riprese la testa tra le mani, chiedendosi come avrebbe fatto a
sopravvivere tutto quel tempo senza poterla nemmeno incontrare.
- Non l'hai neanche mai sentita?
- Solo un tweet, ieri...
- Sul serio?!?!? E non mi dici nulla?!
Era stato tutto così veloce che nemmeno se ne era reso
conto. Lexi aveva scritto un tweet con il testo di una loro vecchia
canzone, che diceva “ If
we could only turn back time... ” e lui non
aveva resistito a risponderle. Sapeva che non avrebbe dovuto, che
probabilmente l'avrebbe fatta agitare, anche se lui non era Lucas, ma
non era riuscito a bloccare le sue dita dal fare quello che il suo
cuore gli suggeriva: smielato ma dannatamente vero. Ora era cosciente
del fatto che tutte le volte in cui aveva detto nelle interviste che
era un tipo romantico e che avrebbe fatto di tutto per la ragazza che
amava, diceva dannatamente sul serio. “ @Lexi_Lex Vorrei che non fosse
accaduto nulla di quello che hai dovuto passare, ma ringrazio di aver
conosciuto una ragazza speciale come te xx ”.
Scritto ed inviato. La risposta era arrivata un minuto più
tardi, segno che Lexi aveva le notifiche attivate per i loro account,
di modo da sapere in tempo reale qualora tweettassero qualsiasi cosa, e
per poco Nate non si era strozzato con la RedBull che stava bevendo:
erano solo 140 caratteri ma gli sembrarono come il testo della
più bella canzone d'amore di sempre. “ @NateOfficial riprenderei la
stessa decisione anche ora, perché io vi ho salvati una
volta ma voi l'avete fatto per anni...Grazie Nate xx ”.
Quando ebbe finito di raccontarlo, Sophia si asciugò
discretamente una lacrima che era sfuggita al suo controllo, cercando
di non farsi vedere da un Nate perplesso, dato che quella reazione non
se la sarebbe mai aspettata.
- Va tutto bene?
Sophia si voltò verso il suo fidanzato che era appena
rientrato in soggiorno, facendogli segno di sì con la testa
e riferendogli quello che Nate le aveva appena raccontato.
- E' una ragazza davvero speciale... Dovreste andare a trovarla, dico
davvero. Se lo merita e Nate ha bisogno di vederla...
- Non possiamo ora, Soph. Il dottor Lawson sostiene che non sia ancora
pronta...
- Beh, allora fate qualcosa per mostrarle che siete al suo fianco e che
pensate a lei nonostante tutti i vostri impegni! Lucas: glielo dovete.
- Ti prego, amico... Io devo vederla o farle sapere che ci sono.
- Magari potremmo mandarle un video messaggio...
Mentre Sophia incoraggiava quell'idea e Lucas cercava di non versarsi
addosso il tea che aveva preparato ripescando il cellulare dai
pantaloni per chiamare Pablo, la mente di Nate stava già
andando oltre. Le avrebbe scritto su Twitter, tutti i giorni. Avrebbe
trovato il modo per tornare nella sua vita, con o senza l'aiuto della
sua memoria.
Hi sweethearts!!
spero che stiate
bene, perché per quanto mi riguarda le uniche gioie qui
arrivano dal nuovo incredibilmente strepitoso album di Styles (e dai
suoi outfit**), da Horan e la sua chitarrina e Payne che par essere
sempre più lanciato nel ruolo di piccolo Usher del 2017 **
Anyway, entriamo
nel merito della II parte di questa storia e cominciando a vedere un
po' di sano angst in azione: Mia si sta scervellando per trovare una
soluzione, Lexi sta ricadendo nei vecchi errori e Nate... Niente, Nate
mi fa una gran pena ^^
Grazie infinite per
aver recensito lo scorso capitolo e per continuare a dedicare a questa
storia del tempo **
Spero di sentirvi
presto.
Lots Of Love xx
|
Ritorna all'indice
Capitolo 29 *** 23rd/29th January 2014 ***
23rd January 2014
Era il quarto giorno consecutivo che Lexi riceveva il
buongiorno da Nate tramite messaggio privato su Twitter e la cosa le
faceva strano. Non solo per il fatto che uno dei suoi idoli le
augurasse una buona giornata e poi rispondesse ai suoi messaggi come se
la ritenesse una cosa realmente interessante da fare, ma specialmente
per quella sensazione di abitudine che le suscitavano quelle parole,
come se le avesse già sentite e facessero parte di un
passato che lei sapeva di non aver mai vissuto.
O almeno questo pensava Lexi mentre rispondeva all'ennesimo messaggio
di Nate, che le aveva inviato una foto della copertina dell'album nuovo
che sarebbe uscito dopo solo una settimana, cercando di trovare
qualcosa che non suonasse banale. La la verità era che nella
sua vita si era sempre sentita solo una ragazza normale, con qualche
grillo strano per la testa e una ridottissima propensione all'essere
popolare. Aveva paura di risultare scontata agli occhi del bel
irlandese e per qualche oscura motivazione le faceva parecchia paura il
fatto che lui potesse trovarla poco interessante.
Stava di nuovo andando oltre con le congetture e per esperienza
personale sapeva di doversi fermare finché era in tempo:
aveva perso undici anni dietro a un ragazzo che nonostante tutto quello
che aveva rischiato per lui, non era riuscita aggiudicarsi altro che
140 caratteri (a suo parere, di contenuta gioia per il suo risveglio)
seguendo qualche sciocca fantasia circa il principe azzurro e un amore
che durava per sempre.
Tutta la sua sequela di deprimenti e fantasiose congetture fu
interrotta dall'arrivo di una notifica su Twitter: l'account ufficiale
dei The Rush l'aveva menzionata in un tweet. Senza pensarci due volte
andò a controllare e trovò un link con vicino
scritto “Questo
è per te @Lexi_Lex! ”.
- Lexi hai per caso visto quei due sacchi di iuta che ho portato a casa
l'altro giorno?!?!
“Non è possibile... Loro... Loro...”.
- Lexi mi hai sentito?! Hai per caso... Ehi!! Che succede?!?!
Mia si fiondò letteralmente sul divano, al fianco di Lexi,
incapace di individuare una valida motivazione per cui la sua amica si
fosse trasformata in un fiume in piena. Non che fosse una cosa strana
dato che, anche se non le aveva ancora chiesto nessuna spiegazione,
l'aveva sentita più e più volte singhiozzare
nella sua camera, di notte, quando pensava che lei non la sentisse, ma
quell'appartamento aveva le pareti fatte di carta velina ed ogni
lacrima era suonata alle orecchie di Mia come una pugnalata. La
sensazione che qualcosa nella sua amica non fosse al proprio posto
l'aveva avuta dal primo istante in cui aveva visto tutti quei regali
accantonati su un tavolo nella sua camera d'ospedale, come se fossero
un segno tangibile di quanto in fretta la gente si dimenticasse di
tutto e Mia aveva sviluppato il timore che Lexi si sentisse
abbandonata. Aveva il cellulare in mano e continuava a fissarlo neanche
fosse stato un oggetto magico, mentre un'infinità di lacrime
scendeva imperterrita sul suo volto. Le mise una mano sulla spalla e
dal sussulto che ottenne come risposta, Mia capì che non si
era nemmeno resa conto della sua presenza: doveva essere successo
qualcosa di grave e nelle sue condizioni di salute non era affatto
positivo.
- Lexi perché piangi?? Che cos'è successo??
Senza dire una parola, perché tanto non sarebbe in ogni caso
riuscita a trovarle, Lexi fece ripartire il video messaggio che i
ragazzi le avevano inviato. Erano con ogni probabilità
all'aeroporto di Heathrow, da quanto si poteva intuire dalle
enormi vetrate alle loro spalle che mostravano un cielo nuvoloso e
degli aerei pronti al decollo, mentre in sottofondo una voce annunciava
un volo in partenza per New York. Nonostante fossero in tenuta da
viaggio, che per i più consisteva in pantaloni della tuta,
felpa e cappello calato sulla testa (eccezion fatta per Hugh, che
sembrava come sempre appena uscito da un catalogo di moda per hipster),
erano tutti assolutamente ed inspiegabilmente splendidi. Lucas stava
guardando dritto in camera e parlava a nome di tutti con quel
suo tipico fare da uomo maturo e sicuro che l'aveva affascinata sin dal
primo istante in cui l'aveva visto varcare la soglia della loro scuola,
ancora prima che lui in primis acquistasse fiducia in sé
stesso e capisse che meraviglioso ragazzo sarebbe diventato.
- Ehi Lexi!! Siamo in partenza per New York come puoi ben vedere...
- E allora che lo dici a fare?!
Lewis, con quel suo sorriso furbo che spesso ingannava la marea di
intervistatori con cui avevano a che fare tanto da lasciarli con un
palmo di naso quando lanciava frecciatine a dir poco spiazzanti, aveva
come sempre interrotto Lucas, facendo ridere tutti gli altri.
- Perché mi piaceva dirlo, okay?! Okay. Ad ogni modo...
Gli occhi di Lexi erano tutti concentrati sul ragazzo che continuava a
parlare, tanto che carpire il senso delle sue parole le richiedeva uno
sforzo non indifferente.
- Ad ogni modo???
Vedendo che il più responsabile del gruppo si stava
alterando, Hugh prese in mano la situazione e disse:
- Ad ogni modo volevamo solo farti sapere che siamo felicissimi che tu
ti sia risvegliata e che non vediamo l'ora di conoscerti meglio.
La dolcezza con aveva pronunciato quella semplice frase fece scendere
il doppio delle lacrime dagli occhi di Lexi, come se anche l'ultima
diga fosse crollata e il fiume delle sue emozioni stesse straripando
impetuosamente. Il tutto era aggravato dal sorriso costante e
rassicurante di Zach che le stava comunicando la sua impazienza di
poterla conoscere più di quanto un'intera lettera avrebbe
mai potuto fare. Poi la sua attenzione fu calamitata da un paio di
occhi color del ghiaccio che brillavano di una determinazione strana:
Nate non le era mai parso così deciso in vita sua.
- E come prima cosa abbiamo deciso di mandarti una copia in anteprima
del nostro terzo album Midnight Dreams ... Sappi che l'abbiamo scritto
anche per te.
- Oddio...
Mia si mise una mano davanti la bocca, pregando tutte le
divinità presenti ai piani superiori che il lepricauno non
aggiungesse altro. Per fortuna arrivò Lewis a concludere il
messaggio.
- Quindi a presto Lexi!! Ti vogliamo bene!! Ciao!!!!
Le due ragazze erano sedute immobili, l'una accanto all'altra, sul loro
sformato divano arancione, con le lacrime ad imperlargli le guance e la
testa mai così tanto piena di pensieri, congetture ed
illuminazioni. Mia era assolutamente incredula: Nate era sul serio
più deciso che mai a riottenere indietro la
“sua” Lexi e quella frase dove diceva che l'album
l'avevano scritto anche per lei fece sorgere una forte
curiosità circa quelle canzoni dove era quasi convinta si
potessero tracciare le tappe del loro percorso in quegli ultimi cinque
mesi. Quel ragazzo la amava alla follia e la sua amica non poteva
rendersene conto.
Al suo fianco, Lexi piangeva per quell'uragano di emozioni che la stava
sconvolgendo da capo a piedi: aveva sbagliato tutto. Quella sua paura
di essere stata dimenticata, di essere irrimediabilmente sola, era
stata spazzata via dalle loro parole e dai loro sorrisi. Per non
parlare della constatazione che le stava facendo torturare le mani come
se volesse staccarsele.
- Sa che esisto...
- Come scusa?
- Lucas sa che esisto...
Non poteva crederci. Mia sapeva perfettamente quanto quelle poche
parole volessero dire per la sua migliore amica, ma d'altro canto, era
anche cosciente di quanto fosse tutto sbagliato e di come avrebbe
dovuto far qualcosa di modo che Lexi si accorgesse del ragazzo che
l'amava davvero.
- Si Lexi... Ma hai sentito che cos'ha detto Nate?? Dico: l'hai
ascoltato bene?!
Le prese il cellulare dalle mani e fece ripartire il video dal momento
in cui il bel irlandese aveva preso la parola, alzando il volume al
massimo.
- Non serve che lo metti a palla: non sono mica sorda come una
carampana!! Ho capito quello che ha detto... E' stato molto carino...
Lo sono stati tutti, a dire il vero.
- No, Lexi, cacchio: hai visto con che occhioni ti stava parlando
Nate?!
Lo sguardo che ricevette in risposta le fece capire che era ben lontana
dall'ottenere qualsiasi tipo di risultato.
- Non sarà mica che ti piace Nate, vero?! Ma se fino a
cinque mesi fa non li potevi nemmeno vedere ed ora che fai?! Sbavi
dietro ad uno di loro?? Certo che sei strana Mia, parecchio... E poi tu
non eri l'anima gemella di Zach? Alla premieré avevi
già progettato il tuo abito da sposa con i Doctor Martins in
abbinata anche per lui!
- Ti ricordi della premieré?!
Forse una speranza c'era. Magari con qualche indizio in più
si sarebbe ricordata anche altro, oltre le sciocchezze che si erano
dette quel giorno.
- Certo che mi ricordo della premieré! Mi ricordo tutto, per
filo e per segno, fino al momento dello sparo...
Ormai Lexi c'aveva pensato così tante volte, specialmente
nelle ultime notti insonni, che non le suscitava più alcun
tipo di emozione parlare di quanto era accaduto.
- E qual'è ultima immagine che ti è rimasta in
testa?
- Lucas che si getta sulla sua ragazza, di cui non voglio pronunciare
il nome, per proteggerla...
Mia stava per ribattere con una rispostaccia su quanto fosse infantile,
ma il campanello suonò e si offrì volontaria per
andare ad aprire dato che altrimenti si sarebbe scatenata una litigata
infinita: Lexi era cocciuta come poche persone al mondo e quando si
impuntava su una cosa era letteralmente impossibile farle cambiare
idea.
Dopo aver alzato gli occhi al cielo per la faccia scocciata che Mia le
aveva riservato, l'attenzione di Lexi ricadde sullo schermo del
cellulare che le mostrava la faccia bloccata nell'atto di parlare di
Nate. Era sorridente come sempre ma i suoi occhi sembravano raccontarle
un'altra storia, quella di un ragazzo che era estremamente impaziente
ed anche un poco malinconico, facendola stupire di come riuscisse a
leggerne le emozioni così facilmente. Il cellulare
segnò l'arrivo di un altro messaggio privato su Twitter. Era
di Nate. “Spero
che il video ti abbia fatto piacere e fammi sapere che cosa ne pensi
dell'album xx”.
Lexi voleva rispondere ma un altro messaggio comparve sullo schermo,
lasciandola parecchio confusa. “P.s. Quando dicevo che l'abbiamo
scritto per te, volevo dire che parla anche di te... Sentilo tuo Lexi,
perché lo è...”.
Non sapeva che cosa rispondere.
Era come se quelle parole avessero un significato segreto a cui non le
fosse permesso di accedere e la cosa la turbava parecchio. “Grazie Nate... Buon viaggio x”.
Era stata fredda, lo sapeva perfettamente, ma le relazioni
interpersonali non erano mai risultate essere il suo forte, d'altra
parte aveva una sola amica. Si era sempre vista un po' come una Jane
Austen del ventesimo millennio, una Giovanna D'Arco 2.0. Un'emarginata
sociale con grandi passioni ed un mondo interiore capace di inghiottire
quello che le stava attorno ed un'incapacità cronica
nell'avere a che fare con le persone, specialmente se erano di sesso
maschile. Eccetto Matt, ma lui non faceva testo, dato che per quanto ne
sapeva lei poteva essere in qualche comune dispersa nel centro Europa
cercando di ritrovare la via di casa in mezzo a tutta la nebbia
dell'erba che si era fumato.
In volo verso l'altra parte dell'Oceano Atlantico, Nate stava
cominciando a perdere la speranza.
Forse scioccamente aveva pensato che Lexi, sentendo quelle parole e
leggendo il suo messaggio potesse capire quanto lui ci tenesse a lei e
che magari qualcosa si risvegliasse nella sua mente, ma dalla risposta
che aveva ottenuto era chiaro che nulla fosse successo. Non avrebbe
più riavuto la donna che amava, non solo per il fatto che
lei non si ricordava ciò che aveva fatto in quei cinque
mesi, ma soprattutto perché era innamorata di un altro.
Dieci minuti dopo avergli augurato buon viaggio, aveva scritto un
tweet: “ Lui
sa che esisto...” . Purtroppo per Nate, quel
“lui” altri non poteva essere che Lucas e la cosa
lo feriva più di quanto avrebbe mai potuto immaginare.
-Ehi, va tutto bene??
Hugh si sedette al suo fianco, gli occhiali da sole calati sugli occhi
verdi ed un'improbabile cappello a tesa larga che gli schiacciava i
capelli ai lati della testa, facendoli uscire come delle ali. La
camicia stile Ace Ventura che indossava, logicamente sbottonata fino a
metà petto, l'avrebbe fatto ridere in una giornata
qualsiasi, ma quel pomeriggio non aveva voglia nemmeno di respirare.
- Credo che non si ricorderà mai di me...
L'altro rimase in silenzio per un po', mentre l'aereo sobbalzava
leggermente per un vuoto d'aria, poi appoggiò la testa al
comodo schienale di pelle beige e rispose tranquillamente:
-Potresti sempre riconquistarla.
Si sarebbe aspettato un po' più di entusiasmo da parte di
Nate, ma a quanto poteva capire le cose erano più complicate
di quanto gli apparivano: il suo amico stava male sul serio, di quel
male che lui non aveva mai conosciuto, perché non era mai
stato innamorato davvero. Forse sarebbe potuto accadere con Mia, ma lei
non gliene aveva lasciato il tempo ed in ogni caso non si era mai
sentito legato in quel modo a lei.
- Non servirebbe a nulla Hugh... E' innamorata di Lucas come lo
è stata negli ultimi undici anni ed io non posso farci
niente.
Avrebbe tanto voluto confortarlo, dirgli che i giochi non erano chiusi,
che anche lei, come tutto il resto del mondo, era innamorata dei suoi
capelli biondi a spazzola, dei suoi occhi brillanti e della sua risata
contagiosa, anche se non lo sapeva ancora. Ma lo sguardo con cui Nate
stava guardando fuori dal finestrino le nuvole incombenti che li
stavano inghiottendo, gli suggerì che non sarebbe servito a
nulla.
- Allora cerca di andare avanti.
La testa di Nate si voltò di scatto verso di lui e lo
osservarono in silenzio per qualche istante: era inusuale quel suo
essere taciturno e Hugh avrebbe tanto voluto rivederlo sorridere. Prima
di appoggiare la testa allo schienale e chiudere gli occhi, gli disse
soltanto:
-Ci proverò.
29th
January 2014
Mia ci mise qualche secondo per mettere a fuoco chi aveva di fronte ed
almeno un minuto prima di avere una qualsiasi reazione. Quello non era
decisamente il momento adatto per ricevere delle visite e loro non
erano assolutamente le persone adatte per mettere piede
nell'appartamento di Lexington Street quel pomeriggio. Lexi
sembrava in preda ad un altro dei suoi fin troppo frequenti attacchi di
sconforto e quella poteva solo essere la ciliegina sulla torta.
-Ciao Mia!
La voce solare di Ellie non migliorò di molto il marasma di
pensieri che infuriava sotto la chioma bionda e blu di Mia, alla
disperata ricerca di una soluzione che non prevedesse alcun omicidio
prima di cena, dato che affianco alla splendida ragazza di Lewis c'era
Sophia, altrimenti detta “Colei Che Non Deve Essere
Nominata”. O almeno, Lexi continuava a chiamarla
così, benché Mia continuasse a farle notare
quanto fosse esagerata ed infantile, ma lei era l'ultima ad avere voce
in capitolo.
- Ciao Ellie... Come mai da queste parti?
L'espressione leggermente dispiaciuta sul volto della ragazza fece
immediatamente pentire Mia del tono freddo e distaccato che aveva
utilizzato, ma non sapeva sul serio più che santi invocare
per togliersi da quel pasticcio e sicuramente, di lì a
qualche secondo, Lexi sarebbe comparsa con il suo pigiamone della nonna
con le mucche disegnate sopra per vedere che fine avesse fatto. Mia
pensava già alle possibili vie di fuga per evitare una morte
certa. Quella non era assolutamente una bella giornata, che capitava
per giunta dopo una settimana altrettanto orribile a causa,
nell'ordine: di Lucas, dell'università, dei frequenti mal di
testa che la torturavano e di Nate. Al sol pensiero dell'irlandese a
Mia venne l'urticaria, dato che aveva improvvisamente smesso di
scrivere a Lexi e di chiederle informazioni, segno che si stesse
godendo il suo soggiorno negli Stati Uniti o che fosse ricaduto magari
in qualche crisi mistica sulle sue possibilità con Lexi.
Mentre ancora si stava chiedendo perché non esistessero
degli esseri di sesso maschile con ancora un po' di autostima e delle
idee chiare in testa, Ellie riprese a parlare un po' più
incerta rispetto a prima.
- Per caso vi disturbiamo? Se non è un buon momento,
ripassiamo magari un altro giorno...
Proprio quando stava per risponderle che magari non era davvero la
giornata adatta, la voce petulante di Lexi arrivò alle sue
orecchie, giusto pochi secondi prima che la sua figura goffa e dispersa
nel tessuto sformato del pigiama facesse il suo trionfale ingresso nel
corridoio d'entrata.
- Mia ma chi...
Le morirono le parole in bocca e il cucchiaio pieno di gelato che aveva
appena ingurgitato ricadde sonoramente nella vaschetta che teneva tra
le mani.
“Ho il nemico in casa...”.
Fu l'unico pensiero che riuscì a formulare prima di rendersi
conto di come non fossero ad armi pari: lei era in pigiama, struccata,
con i capelli raccolti in una treccia arruffata e le pantofole con i
pinguini ai piedi mentre Sophia indossava un elegante cappotto beige,
che arrivava a metà delle lunghe gambe fasciate in una paio
di pantaloni neri, come lo stivaletto tacco dieci che aveva ai piedi. A
Lexi sembrò di poter vomitare i quintali di gelato che aveva
mangiato in quell'ultima settimana tutti sul tappetino con su scritto
Welcome, giungendo alla conclusione che mai come in quel momento quella
scritta fosse inappropriata.
-Ciao Lexi!
Solo allora si accorse dell'altra ragazza che aspettava fuori dalla
porta e ne riconobbe immediatamente il volto elegante e dolce di Ellie,
la fidanzata storica di Lewis. Improvvisamente quel tono di voce
gentile e quelle due parole le fecero girare la testa, cominciando a
rimbombarle nel cervello, neanche avesse un megafono all'interno della
scatola cranica. Le aveva già sentite, ma non era possibile
perché non aveva mai incontrato quella ragazza prima di quel
momento.
“Deve essere qualche effetto collaterale di tutti gli
zuccheri che ho mangiato ultimamente”.
-Ehm... Ciao.
Il silenzio imbarazzante che si venne a creare subito dopo fece pentire
le due ragazze di essersi recate lì quel pomeriggio. Era
stata Sophia stessa a proporlo sperando che magari, sentendo parlare di
Nate e di qualcosa che riguardava i ragazzi, Lexi potesse recuperare un
piccolo pezzo di memoria, risollevando così la situazione.
Ma forse non era stata una grande idea.
Mia si sentì in dovere di salvare la situazione
così si mise a fare le presentazioni, neanche fosse Anne
Hathaway ne “Il Diavolo Veste Prada”.
- Allora Lexi, come avrai forse capito loro sono Ellie e Sophia e sono
qui perché... Perchè...
Non era mai stata brava a raccontare bugie e già il fatto di
mentire a Lexi su Nate le stava facendo perdere i capelli, non aveva
intenzione di restare calva prima dei settant'anni. Fortunatamente
Sophia prese le redini di quella situazione a dir poco difficile:
d'altra parte era tutta colpa sua se si era creata.
- Perché ci tenevamo a conoscerti di persona e a
ringraziarti per quello che hai fatto.
Lexi si chiese se il sorriso che ricevette alla fine di quella pacata
risposta fosse vero e, purtroppo, fu costretta a constatare che era
quanto di più autentico avesse visto nell'ultima settimana,
sicuramente più della pubblicità per lo
sbiancatore di denti che le avevano propinato almeno milioni di volte
nelle ore passate ad ubriacarsi di televisione. Forse doveva concedere
una possibilità a quella ragazza dai fluenti capelli castani
e dalla strabiliante sicurezza in sé stessa. In fin dei
conti, escludendo le condizioni disperate in cui versava lei in quel
preciso istante, non erano poi così diverse e Lexi non
sapeva ancora dire se fosse una cosa positiva o negativa.
- Prego... Venite dentro.
Le fece passare, lasciando che Mia si occupasse degli onori di casa,
offrendosi di preparare uno dei suoi strani intrugli con qualche
biscotto biologico, mentre lei cercava di rendersi perlomeno
presentabile.
Ellie e Sophia si sedettero sul divano arancione, sprofondando come dei
grissini nella Nutella, dato che ormai non rimaneva molto delle molle
che un tempo sostenevano le sedute. Mia tornò poco dopo con
un vassoio di biscottini a forma di albero e spense il televisore
perennemente impostato su Mtv o su qualche programma per spose,
spostando la poltrona più vicino alle ragazze.
- Abbiamo sbagliato a venire qui??
Il volto preoccupato di Ellie, che si era seduta di fronte a lei, fece
sorridere Mia più del dovuto forse perché, per la
prima volta da quando Lexi si era svegliata, non si sentiva
più sola nel dover affrontare tutta quella situazione e
l'intricata rete di bugie che aveva dovuto costruire.
- No, anzi... Vi ringrazio tantissimo per essere qui ragazze.
Tese le orecchie per essere sicura che Lexi fosse ancora chiusa in
camera sua impegnata a fare chissà cosa, per poi continuare
a dire quei pensieri che ormai la stavano soffocando.
- Io non ce la faccio più, Ellie... Lo dico con il cuore che
mi si stringe, ma tutte queste bugie non le riesco più a
sopportare... Vi rendete conto che ho dovuto modificare le impostazioni
della sua applicazione di Twitter per far sì che non
uscissero risultati riguardanti me e Hugh o le foto di Nate che andava
a trovarla di continuo??
Le lacrime minacciavano prepotenti di uscire da un momento all'altro,
ma Mia sapeva che quel momento di libertà sarebbe durato
ancora per poco e che, una volta tornata nella stanza Lexi, la commedia
sarebbe dovuta ricominciare. Ma a dire il vero, quella cosa le appariva
a tutti gli effetti una tragedia.
- Ora ci siamo noi, Mia. Dico davvero: non dovrai fare più
tutto da sola, perché vogliamo aiutarti. Non solo
perché non ne possiamo più di vedere Nate come
un'ameba che respira solo per inerzia, ma perché
è giusto che Lexi abbia la felicità che le
spetta... Soprattutto dopo quello che ha fatto.
Sophia sapeva benissimo le reali motivazioni che avevano spinto quella
ragazza ai suoi occhi tremendamente coraggiosa a compiere un atto del
genere, ma non le interessavano perché voleva che anche Lexi
potesse sentirsi come si sentiva lei quando lo sguardo pieno d'amore di
Lucas la riscaldava, lo stesso che aveva anche Nate quando la guardava
in ospedale.
Quelle parole ebbero immediatamente effetto sull'animo scoraggiato di
Mia, che le sorrise dolcemente, ringraziandole entrambe per quell'aiuto
provvidenziale, mentre una Lexi ora fasciata in un paio di jeans scuri
ed avvolta in un maglione di lana chiara con delle renne verdi
intarsiate davanti fece il suo ingresso nel salotto: il viso era
leggermente corrucciato e la cosa fece insospettire Mia. Stava
meditando qualcosa e non riusciva a carpire di che cosa si trattasse,
ma non dovette aspettare molto perché appena Lexi si fu
seduta sul tappeto, nell'angolo tra la poltrona e il divano,
cominciò a parlare con voce bassa, come se non fosse
convinta nemmeno lei di quello che stava per dire, mentre si torturava
le mani, che ben presto divennero tutte rosse.
- Credo che sia giusto che lo sappiate...
“Devo dirlo... Non ha importanza se questa sarà
l'unica volta in cui vedrò queste ragazze o se diventeranno
le mie migliori amiche: io devo dirlo, altrimenti imploderò
a breve...”.
- Soprattutto tu, Sophia... Io ho fatto quello che ho fatto
perché sono innamorata di Lucas. Non nel senso che mi piace
da un po', nel senso che ne sono perdutamente innamorata da quando
avevo undici anni e non ho mai sentito per nessun altro quello che
provo per lui... Ma lui è felicemente fidanzato con te ed
ora so che è la cosa migliore che potesse capitargli.
Alzò lo sguardo e tutto ciò che vide furono tre
ragazze che sarebbero potute essere le sue coinquiline decisamente
scioccate dalle sue parole: come diavolo era arrivata a quel punto non
lo sapeva nemmeno lei. Quando aveva visto il sorriso sincero di Sophia
era stato come se qualcosa dentro di lei si fosse acceso, come se le si
dovesse aprire la cartella di un qualche ricordo correlato nella testa,
ma nulla fosse accaduto. Magari era solo stanchezza, ma davanti allo
specchio di camera sua si era chiesta se valesse la pena continuare a
vivere come aveva fatto fino a quel giorno, sprecando il suo tempo ed i
suoi sentimenti per un ragazzo che evidentemente aveva trovato la sua
anima gemella, rischiando di non trovare mai la metà della
mela che spettava a lei. Aveva passato così tanto tempo a
dire di essere innamorata di Lucas che affermare ad alta voce come
fosse arrivato il momento di chiudere tutto le fece uno strano effetto:
si sentiva stranamente più leggera, con un'enorme zavorra in
meno ad appesantirle le spalle. Al contrario, il silenzio che era
calato nel salotto del suo appartamento le parve fatto di piombo tanto
era massiccio e palpabile, così decise di essere lei a
romperlo con una palla da demolizione, nemmeno fosse stata Miley Cyrus.
“Okay, forse il paragone non è dei migliori, ma il
concetto è quello... Ehi, ma da quand'è che parlo
da sola io??”.
- Ragazze vi prego: respirate, perché io il massaggio
cardiaco non lo so fare. L'ultima volta che c'ho provato con un
manichino, l'infermiere mi ha detto che sarebbe morto ventisette volte
in tutto il tempo che c'avevo messo io per schiacciargli le costole...
Ma dico io: mica sono l'incredibile Hulk! Non trituro gabbie toraciche
per professione... Sentì la risata lieve ed allegra di Ellie
riempire la stanza, accompagnata da quella delle altre due,
risollevando in un attimo l'atmosfera che si era creata.
- Anche a me hanno detto la stessa identica cosa! Anzi, con me han
tenuto a precisare che avrebbe fatto a tempo anche a prendersi un
cappuccino con un muffin, mentre io cercavo il punto giusto dove
mettere le mani. Ma scusa: se poi magari non premo nel punto giusto?!
Rischio che mi sputi fuori l'intestino!
- Ma che schifo El!
- Oddio che impressione!!
- Non fare quella faccia Mia! E comunque è la stessa cosa
che ho pensato io quando l'ho fatto! Cosa avrei fatto se mi fossi
trovata tra le mani le budella di un tipo, come la Young su
quell'episodio di Gray's Anatomy?!
Fu in quel momento che Sophia si illuminò di scatto,
rispondendo pronta.
- Anche tu l'hai vista?! Io ti giuro che me la ricordo ancora e sono
passati secoli da quando l'hanno mandata in onda...
Fu così che quattro ragazze che avevano intrapreso quattro
strade completamente diverse nella loro vita si ritrovarono a
scontrarsi con interessi in comune, esperienze condivise ed una serie
notevole di risate contagiose che sembravano non essere destinate a
finire: Lexi avrebbe descritto così quella situazione. Ellie
e Sophia erano lì da quasi due ore quando Lexi si accorse
che, per la prima volta da quando aveva memoria, aveva parlato per
così tanto tempo con delle ragazze che non fossero Mia,
trovandosi anche estremamente a suo agio: erano speciali e si sentiva
fortunata per averle incontrate. Il come fosse accaduto sarebbe stata
una strabiliante storia che forse avrebbero raccontato ai loro nipotini
in un altrettanto freddo pomeriggio di fine gennaio, tra diversi
decenni. Era come se in quel momento Lexi stesse capendo finalmente che
cosa fosse sempre mancato nella sua vita: la felicità. Aveva
visto quella degli altri, era qualche volta stata contenta per
sé stessa, aveva forse anche sorriso in maniera sincera
quando aveva visto i The Rush a qualche concerto, ma non era mai stata
davvero felice. Le sembrò che quei ventidue anni di vita le
fossero irrimediabilmente scivolati via dalle mani, come l'acqua di un
ruscello sulle rocce lisce su cui scorreva senza lasciare segno
apparente, quando in realtà le stava corrodendo e ne stava
cambiando le forme per sempre: lei era stata uno di quei massi che
avevano subito passivamente tutto ciò che la vita voleva
fare di lei, ma era giunto il momento di cominciare a vivere
quell'esistenza invece di osservarla da lontano.
- Bene ragazze, mi dispiace fare la guastafeste, ma è
tardissimo ed io sta sera ho una cena in centro con mia sorella ed il
suo nuovo fidanzato... Una gioia, davvero. Ma i miei doveri da sorella
minore me lo impongono.
- Se ti può consolare Sophia, io non ho mai avuto una
sorella maggiore, ma un fratello sì e credimi: è
tutto fuorché una passeggiata di salute!
- Che peraltro è pure il fidanzato della tua migliore amica!
Povera Lexi-Lex!
Di nuovo, quel pomeriggio, Lexi sentì la testa cominciare a
girare e tutto farsi nero. Sembrava che un blackout le avesse tolto
qualsiasi capacità di pensare o agire e che un tunnel
l'avesse inghiottita. Durò solo qualche secondo quella
sensazione eppure era certa che quelle parole lei le avesse
già sentite pronunciate da una voce che non fosse stata
quella di David o di Mia. Doveva chiamare il Dottor Lawson e capire che
cosa diamine le stesse succedendo.
- Lexi va tutto bene??
Il volto preoccupato della sua migliore amica riapparve leggermente
sfocato davanti ai suoi occhi e le ci volle tutta la sua buona
volontà per non vomitare in quel preciso istante.
- Sì, sì... Sono solo stanca, scusatemi... Ma non
è nulla, tranquille.
- Facciamo così: noi adesso ti lasciamo riposare e magari ci
sentiamo tra qualche giorno così possiamo vederci di nuovo,
che ne dici?
- Credo che sia perfetto Ellie... A presto ragazze e... Beh, grazie per
essere venute.
- Era il minimo che potessimo fare.
Sophia le sorrise sincera e Lexi non poté far altro che
ricambiare altrettanto spontaneamente.
Dopo essere uscite dall'appartamento di Lexington Street, Ellie e
Sophia ebbero la sensazione di aver fatto la cosa giusta che i ragazzi
fossero d'accordo o meno: anche se Lexi non avesse mai ricordato che
cos'era successo durante quegli ultimi cinque mesi, doveva comunque
entrare a fare parte delle loro vite, specialmente di quella di Nate.
Lexi era in camera sua, al buio da circa due ore, dopo che le ragazze
se ne erano andate vie, e solo allora si decise a prendere in mano il
telefono e comporre il numero del Dottor Lawson: era stato lui a dirle
di chiamarla in qualsiasi momento per qualsiasi cosa, forse per merito
anche dell'aura di sacralità che sembrava circondarla solo
per aver salvato la vita a delle celebrità. Rise di
quell'amara constatazione e si chiese se si dovessero sentire
così Nate, Hugh, Lewis, Zach e Lucas ogni qualvolta qualcuno
li avvicinasse. Rispose dopo cinque squilli e Lexi ebbe subito la
certezza che il dottore fosse stato impegnato in qualche
attività a dir poco faticosa per aver quel genere di
fiatone, poi guardò l'ora sulla sveglia a forma di kebab e
si rese conto che erano le dieci di sera: si disse che non era il caso
di porsi tante domande su che cosa stesse realmente facendo, altrimenti
non avrebbe più dormito la notte. Sentì il rumore
di una porta che si chiudeva alle spalle del dottore, il fruscio di una
vestaglia in seta che veniva indossata e delle cicale lontane che
frinivano.
“Da quando in qua il mio udito è così
tanto sviluppato?? Che il colpo alla testa abbia liberato il miei super
poteri ed ora mi stia tramutando in WonderWoman??”.
La voce leggermente meno affannata del dottore, ma comunque troppo
stridula per un uomo della sua età, la riscosse dalla
stupidità dei suoi pensieri.
-Pronto, chi è?
-Buonasera Dottore, sono Lexi... Lexi Golder...
-Oh... Oh! Sì! Ciao Lexi... E' successo qualcosa? Stai
bene??
-Sì, cioè, non lo so...
Ora che doveva spiegare a voce che cosa le stesse succedendo non
riusciva a trovare non solo le parole ma nemmeno le sensazioni che
aveva provato in quei momenti. Forse aveva sbagliato a disturbarlo.
-Lexi tranquilla: dimmi solo che succede... Hai problemi fisici o ti
senti strana... Cosa?
“Mi sento strana? Come faccio a rispondere a questa domanda
se non sono mai stata normale? Al massimo posso dirgli se mi sento
più strana del solito... E' come chiedere a Cupido se si
sente innamorato: lui al massimo potrà dirti se è
più innamorato.... Ma che problemi ho???”.
-Lexi tutto bene??
-Sì... Insomma, negli ultimi giorni mi è capitato
di avere come dei blackout... Tutto si faceva nero e mi sembrava di
aver già rivissuto quella sensazione e magari di aver
già sentito certe parole... Boh.. Sto per caso impazzendo??
Il dottor Andy Lawson non poté fare a meno di sorridere a
quella domanda: forse le speranze non erano proprio così
perse, magari qualcosa Lexi si sarebbe potuta ricordare di quel coma
anche se non ne vedeva l'utilità. Eppure, se la sua mente
stava facendo tutta quella fatica per rimettere assieme i pezzi, doveva
esserci una motivazione importante sotto.
-Puoi stare tranquilla Lexi... Alle volta capita alle persone che sono
state per così tanto tempo in coma vigile di avere qualche
flashback di quel periodo. Ma non è nulla di cui
preoccuparsi. In caso diventassero più insistenti, nei
prossimi giorni mi richiami e facciamo un elettroencefalogramma per
controllare che tutto sia apposto e che magari tu non abbia bisogno di
qualche seduta con lo psicologo per aiutare questi ricordi a tornare a
galla... Ma per il momento puoi dormire sonni tranquilli.
Forse non era proprio la risposta che sperava, ma per il momento si
dovette accontentare di quella e fare buon viso a cattivo gioco.
-Va bene... Allora ci sentiamo dottore... E scusi per il disturbo.
-Chiamami pure Andy e dammi del tu, per favore... Ad ogni modo
buonanotte e a presto!
Lexi si ributto sul letto morbido, domandandosi che cosa sperava di
ottenere davvero con quella chiamata.
“Su internet dicevano che quasi tutti quelli che stanno in
coma vigile per qualche periodo poi si ricordano praticamente tutto
quello che è successo... Ma perché allora io no??
E perché nessuno cerca di farmelo tornare in mente? Di
solito i parenti dei tipi senza memoria non vanno da loro con quintali
di album fotografici, cd pieni di canzoni significative e giornali di
gossip?? Perché con me nessuno ci prova? Pure Mia fa finta
che quei cinque mesi non siano mai trascorsi... L'ultima volta che le
ho chiesto che cosa avesse fatto in tutto quel tempo senza di me, per
poco non soffocava nel disperato tentativo di trovare una risposta...
Non è mai stata capace di dire bugie. E pure mia mamma non
è da meno: da quando in qua il buco di negozio che gestisce
è diventato uno dei luoghi sacri della moda londinese solo
perché era in qualche modo legato a me?? Mah... Mi stanno
sicuramente nascondendo qualcosa e vorrei tanto sapere cosa... Poi,
obbiettivamente parlando, mi sembra parecchio strano che i ragazzi non
si siano mai fatti vivi in tutti questi mesi... Insomma: non li
conoscerò tutti di persona, però credo che
più di qualche visita me l'abbiano fatta e non solo quella
con le telecamere che ho visto di nascosto da Mia l'altro giorno... Che
poi: perché diamine nascondermi una cosa del genere?! Devo
capirci di più... A dire il vero vorrei solo ricordare,
anche se ora come ora è più importante cercare di
vivere la mia vita davvero... Non l'ho mai fatto.”
La testa di Lexi era a tal punto piena di pensieri e di mal di testa
per quelli che decise di etichettare come
“flashback” che si assopì ancora con il
telefono in mano, cercando di trovare un modo per riprendersi non solo
i suoi ricordi, ma anche la sua vita, ignara che qualcuno, dall'altra
parte dell'Oceano, stesse invece smettendo di lottare per la sua
felicità.
Hi sweethearts!!!
Primo: grazie per
la pazienza che avete nell'aspettare gli aggiornamenti. Motivo per cui
d'ora in poi posterò capitoli un pochino più
lunghi per dare un po' di soddisfazione a tutti **
Ad ogni modo,
arriviamo alla storia: Mia sta mostrando una pazienza da santa e Lexi
sembra essere in preda a sbalzi d'umore peggiori di quelli di una donna
incinta ^^ La comparsa di Ellie e Sophia è stata qualcosa su
cui ho ragionato molto, soprattutto circa il fatto se fosse plausibile
o meno... Ma in fin dei conti, loro due ragazze d'oro e credo che Lexi
abbia bisogno di ripartire dalle cose più basilari (come
delle sane amicizie) per ricominciare a vivere.
Per quanto riguarda
i Nexi... Questi hanno delle tempistiche che fanno pena, davvero^^
Grazie mille per le
vostre splendide recensioni.
Lots Of Love xx
|
Ritorna all'indice
Capitolo 30 *** 30th/31st January 2014 ***
30th January 2014
Era sbagliato. O almeno gli sembrava assolutamente sbagliato,
perché lui aveva fatto una promessa, anche se la persona con
cui l'aveva stretta non si ricordava nulla di quanto le avesse detto.
Nulla di loro.
Se mai ci fosse stato un loro.
Nate continuava a pensare e ripensare alle parole che aveva sussurrato
all'orecchio di Lexi più e più volte in quella
camera d'ospedale, quell'impegno ad aspettarla e ad essere
lì solo per lei, chiedendosi se mai avrebbe potuto
assaporare il gusto dolce di un bacio ricambiato. Ma aveva deciso di
andare avanti, perché le cose sarebbero state troppo
complicate se anche lei si fosse ricordata di lui e di quei mesi
passati al suo fianco, se anche solo si fosse innamorata di lui da
capo, ogni cosa sarebbe stata difficile per loro e lo stress da
sopportare troppo. I media non avrebbero avuto altro interesse che per
loro e quella storia strappalacrime tra il cantante famoso e la fan
pazza che aveva rischiato la vita per salvare la sua. Però
ai suoi occhi Lexi non era mai risultata pazza, ma assurdamente
coraggiosa. Continuava a pensare a lei, a quel sorriso spettacolare che
aveva visto solo in televisione, a quel bagliore di meraviglia che
aveva illuminato i suoi occhi di un marrone familiare ma non meno
ipnotizzante. La sua mente non la smetteva di giocargli brutti scherzi
e di fargli comparire flash di quell'intervista davanti agli occhi, il
suono della sua voce nelle orecchie, la sensazione delle sue mani
delicate che stringevano le sue rovinate dalla chitarra, mentre cercava
di non finire troppo presto nella camera d'albergo di quella ragazza
anonima che gli stava appiccicata da tutta la sera e che non era nulla
in confronto a Lexi. Ne sentiva la voce suadente vicino all'orecchio,
lo champagne che aveva bevuto nelle ore precedenti stava entrando in
circolo stordendolo al punto giusto perché i suoi occhi
azzurri si facessero opachi, velati da un alone che non era fatto solo
di alcol, ma di tristezza: quella di non poter avere la donna di cui si
era innamorato tra le sue braccia, ne quella notte ne mai.
Solitamente stava attento a non farsi beccare dai paparazzi,
perché tra tutti era quello che meno sapeva come gestire i
media ed i suoi affari di cuore, ma quella sera ogni cosa sembrava non
trovare la giusta traiettoria, come se una folata di vento avesse
scombinato tutti i pezzi del puzzle che con tanta cura si erano
già sparpagliati. Neanche si accorse del rumore delle
macchine fotografiche che scattavano, mentre se ne usciva dal locale
troppo affollato che Zach aveva scelto, per andare all'albergo di
quella ragazza di cui forse non si sarebbe ricordato nemmeno il nome
l'indomani. Solo un nome ed un volto tenevano impegnata la sua mente,
gli unici che non poteva avere.
31st
January 2014
Il grande giorno era arrivato e Lexi si sentiva strana.
Benché negli ultimi due giorni non avesse avuto altri
flashback, la sensazione che qualcosa stesse per accadere si era
impossessata di lei dall'esatto istante in cui la sveglia era suonata,
segnando per lei l'inizio del 31 Gennaio. Il postino arrivò
alle nove di mattina e la trovò già posizionata
vicino al campanello, pronta a scendere di corsa le scale per ricevere
il suo pacchetto. Dovette trattenersi per non aprirlo mentre ancora
risaliva le scale e solo quando si trovò da sola in camera
sua decise di scartare l'involucro di carta da pacchi marrone e
crogiolarsi nella sensazione di avere tra le mani la copia fisica del
terzo album dei The Rush. Osservò la copertina come se fosse
l'ottava meraviglia del mondo e si chiese se quella sensazione di
orgoglio e di stupefazione sarebbe mai sparita o anche solo diminuita.
Erano tutti e cinque dannatamente belli e affascinanti da togliere il
fiato, ognuno in maniera differente.
Lewis, i capelli castani lasciati cadere sulla fronte, come quando era
più giovane, ad ingentilirgli il volto ormai da uomo maturo
con un po' barba, il maglione di calda lana grigia tirato su sugli
avambracci, lasciando spazio ai tatuaggi assurdi che aveva deciso di
farsi per dare sfogo all'irrequieto spirito libero che albergava dentro
di lui, il solito sorriso furbo ad inarcargli le labbra sottili.
Zach e la sua inseparabile giacca di pelle nera, senza cui non sarebbe
stato lui, il bel indiano dal fascino tenebroso come il colore scuro
dei suoi morbidi capelli, che nascondeva un animo estremamente
altruista e gentile, come i tratti di quel viso perfetto che spesso si
illuminava con uno spettacolare sorriso, con tanto di lingua in mezzo
ai denti; la sua bellezza era semplicemente destabilizzante.
Hugh, con il suo cappello a tesa larga che raccoglieva i capelli mori
ormai troppo lunghi per assumere una qualsiasi forma definita, ma che
erano in perfetta sintonia con la camicia celeste lasciata sbottonata
fino a metà petto, di modo che le due rondini tatuate ai
lati dello sterno e la farfalla sullo stomaco avessero un accesso alla
libertà, quella che il suo sorriso con fossette lasciava
intuire a chiunque lo guardasse.
Lucas, gli occhi brillanti di una luce che partiva dal sorriso sulle
labbra e che illuminava tutto il suo viso, aveva la tipica camicia in
flanella a quadrettoni bianchi e neri, arricciata sulle maniche
perché quella piuma che aveva tatuata sul braccio doveva
vedersi, doveva mostrare a tutti il suo animo delicato, leggero, come
la penna di una fenice.
Per una volta l'ultimo a catturare la sua attenzione non era stato
Lucas, ma Nate. Lui con quella maglia bianca che si confondeva con la
sua pelle d'alabastro, i pantaloni skinny chiari sulle gambe magre, con
un buco sul ginocchio sinistro che metteva in mostra la cicatrice rosea
di un'operazione fatta un anno prima. Tutto in lui era speciale, dalle
mani piccole ma forti casualmente intrecciate in grembo, ai capelli
castani schiariti sulle punte tirati un po' verso l'alto e un po'
lasciati ricadere sulla fronte leggermente corrugata per l'enorme
sorriso che gli impreziosiva il volto.
Lexi aveva sempre pensato che il sorriso di Nate avesse qualcosa di
speciale, come se fosse capace di contagiare chiunque vi si imbattesse
tanto da migliorargli la giornata. O almeno con lei aveva sempre avuto
quest'effetto.
Si decise a mettere il cd dentro lo stereo che aveva sul mobile di
fronte il letto ed incurante del fatto che Mia potesse essere ancora
immersa nel mondo dei sogni, alzò il volume al massimo.
Furono i 50 minuti e 47 secondi più intensi della sua vita.
“Okay, magari subito dopo il momento in cui ho avuto la
geniale idea di sventare un attentato, prendendomi una pallottola sulla
spalla e finendo in coma vigile per cinque infiniti mesi...”.
Fu un attimo e di nuovo tutto si fece scuro.
Una canzone che si intitolava
Through The Dark era cominciata da qualche secondo quando
la testa di Lexi prese a girare vorticosamente e si ritrovò
come catapultata dentro un tunnel nero da cui sentiva provenire quella
stessa melodia, solo che le appariva più semplice, come se
fosse suonata da una semplice chitarra ed una voce sembrava cantare le
stesse parole, ma tutto era troppo lontano e Lexi percepì
come una scarica di energia che si impadroniva del suo cuore,
troncandole il respiro.
Quando riaprì gli occhi ci mise più di qualche
attimo per scorgere distintamente i contorni degli oggetti che le
stavano attorno, mentre delle fitte lancinanti le trapassavano la testa
da parte a parte, tanto che dovette massaggiarsi più volte
le tempie per cercare un po' di sollievo. Tutto quello non aveva alcun
senso: come poteva pensare di aver già sentito quella stessa
canzone se non l'aveva ascoltata nessun altro eccetto chi l'aveva
composta? No, non poteva essere eppure a Lexi sembrò davvero
di ricordare non solo quella melodia inconfondibile ma anche quelle
stesse parole cantate da una voce familiare ma non distinguibile.
Avrebbe fatto carte false per capire che cosa stesse succedendo dentro
al suo cervellino bacato, ma decise di aspettare almeno di aver sentito
tutto l'album dato che aveva penato anche troppo per ascoltare qualche
loro nuova canzone.
“E poi Nate ha detto che questo album l'hanno scritto per
me... Che parla di me... Forse è per questo che mi sono
sentita così vicina a quella canzone... Perché
parla di me... Ma che sto dicendo?! Lexi torna con i piedi per terra e
capisci una volta per tutte che a ventidue anni suonati un ragazzo come
Lucas o come Nate non si innamorerà mai di te!!! Oddio, ho
ripreso a parlare in terza persona...”.
Eppure, nonostante stesse facendo di tutto per abbandonare quel suo
lato da adolescente romantica che faceva parte di lei da sempre e che
sembrava la maggior causa di tutti i suoi problemi, una fitta di dolore
e tristezza la provò comunque quando vide quelle foto su
Twitter. Voleva scrivere un messaggio privato a Nate per dirgli quello
che pensava dell'album , di come si fosse innamorata di ogni singola
canzone, di come avesse forse intuito quale potesse essere il testo che
parlava di lei e di come gli fosse infinitamente riconoscente, ma i
tweet che riempivano la schermata del suo telefono la distrassero. Era
vero, non lo sentiva da qualche giorno, più precisamente da
quando erano volati in America e non credeva che questa cosa potesse
pesarle più di tanto, anche se in quelle ultime mattine,
svegliarsi e non trovare il suo buongiorno, immaginandosi un suo
sorriso sincero e contagioso ad accompagnarlo, l'avevano lasciata con
l'amaro in bocca. Ma come doveva imparare a non sperare più
nel lieto fine con il principe azzurro, avrebbe dovuto anche capire che
fidarsi delle persone in maniera immediata ed aspettarsi qualcosa da
loro era altrettanto deleterio che aspettare qualcuno vestito in
calzamaglia celeste nel ventunesimo secolo.
Dovunque campeggiavano foto di Nate con quella che doveva essere come
minimo una modella, dalle lunghe gambe magre ed abbronzate a sorreggere
un fisico a dir poco perfetto che culminava in un abbagliante sorriso
Mentadent che fece venire la pelle d'oca a Lexi. Tanta bellezza
concentrata in una sola ragazza poteva ritenersi un vero e proprio
affronto, specialmente perché il mondo era pieno di donne
normali che avrebbero dato qualsiasi cosa per possedere solo un
briciolo di quello charme e di quel carisma, nati da una solida
autostima. Quindi sì, una buona percentuale di Lexi si stava
corrodendo per l'invidia mentre la restante parte si dava della stupida
per tutta quella marea di emozioni che delle semplici foto le stavano
suscitando.
O la sua amica era diventata più silenziosa della Pantera
Rosa o Lexi era decisamente troppo concentrata a fissare le foto di
quella coppia perfetta da far venire il voltastomaco, le stesse che
anche lei aveva appena scoperto.
Persino il colore dei loro capelli era abbinato. Si diresse verso la
camera della sua coinquilina e la trovò seduta sul letto, le
gambe incrociate ed il cellulare in mano e Mia si accorse di
quanto Lexi fosse troppo "piccola" per sopportare tutto quello.
- Lexi-Lex va tutto bene?? Perché non stai saltando come uno
scimpanzé in giro per la camera, urlando quanto quel cd sia
perfetto? Devo preoccuparmi?
Lexi si mise ad osservare la figura sinuosa e slanciata della sua
migliore amica bionda, gli occhi terribilmente azzurri capaci di
incantare chiunque e quei denti perfetti e bianchissimi che la facevano
assomigliare terribilmente a quella ragazza delle foto. Solo che lei
era Mia ed era la sua migliore amica a cui poteva dire tutto, anche
quell'infinità di paranoie e pensieri senza filo logico che
le stavano centrifugando il cervello.
-Secondo te, troverò mai qualcuno che mi voglia anche se non
sono bella in nessuna maniera speciale e se non ho un briciolo di
autostima?
Per la prima volta, da quando Lexi era tornata a vivere nel loro
appartamento, Mia si chiese se non le fosse sfuggito qualcosa della sua
migliore amica, se quella ragazzina di ventidue anni, seduta con le
gambe incrociate al centro del suo piumone fastidiosamente arancione,
il cellulare ora lasciato vicino ai piedi come se contenesse un mostro,
non le avesse nascosto per tutto quel tempo un lato di sé.
La loro amicizia era sempre stata estremamente importante per entrambe,
ma era come se fosse cresciuta in quell'ultimo periodo, forse
perché Mia aveva provato la sensazione di poterla perdere
mentre Lexi aveva abbattuto qualche muro che da sempre la accompagnava,
dopo aver rischiato di non aprire più gli occhi. La vide
così fragile e spaesata che non poté far altro
che sedersi al suo fianco ed abbracciarla di slancio, stupendosi di
come la sua Lexi, sempre restia a qualsiasi tipo di contatto fisico
spontaneo, si rifugiasse tra le sue braccia. Quando sentì il
suo collo delicato bagnarsi per le lacrime di Lexi e le scapole
dell'amica, che ancora si vedevano dopo tutti quei mesi di
alimentazione artificiale, si scontrarono con il suo petto, scosse da
singhiozzi troppo tristi anche per un cuore sempre positivo come quello
di Mia, sentì l'aria mancarle.
-Ehi, ehi... Lexi, calma... Va tutto bene...
In risposta ricevette solo una stretta più serrata attorno
alle sue spalle e il peso di un corpo quasi svuotato poggiarsi sul suo
petto: non sapeva bene cosa fare, non era mai stata brava con le parole
benché parlasse sempre tantissimo, ma quelle situazioni la
lasciavano come intontita, incapace di recuperare la frase giusta da
dire. Poi le tornò in mente la domanda che Lexi le aveva
fatto poco prima di mettersi a piangere e davanti agli occhi le si
presentarono tutte le volte in cui aveva sbirciato dentro la stanza
dell'amica in coma, quando un certo cantante irlandese dal sorriso
contagioso si prendeva cura di lei, aspettando che si svegliasse.
- Certo che c'è qualcuno che ti amerà Lexi... E
non è vero che non sei bella in nessuna maniera speciale. Tu
sei speciale sotto ogni punto di vista.
In quel momento non le importò nulla se il Dottor Lawson le
avesse fatto promettere di non parlare mai di ciò che fosse
successo durante i mesi di degeza dell'amica, voleva a tutti i costi
che Lexi sapesse come ci fosse qualcuno pronto ad amarla se solo lei
gli avesse dato il via libera, con o senza la memoria di quegli ultimi
cinque mesi.
- E non lo dico perché sono la tua migliore amica e senza di
te la mia vita farebbe schifo, ma perché in questi mesi
molte altre persone ti hanno apprezzato per la ragazza meravigliosa che
sei e me lo sono venute a dire...
Sentì chiaramente Lexi trattenere il respiro ed
effettivamente quell'affermazione aveva catturato l'attenzione del
cuore troppo stanco di Lexi.
- Una volta, una persona mi ha detto che anche se non ti aveva mai
conosciuto, poteva percepire quanto tu fossi speciale dalle parole di
chi ti stava attorno, perché era come se senza di te il
mondo si sarebbe potuto spegnere da un momento all'altro...
Avrebbe tanto voluto aggiungere che poi quella persona le aveva anche
confessato di essersi innamorato di Lexi, ma quello Mia non glielo
poteva dire, non ancora almeno. Ad ogni modo, le sue parole ebbero
l'effetto sperato perché per lo meno Lexi smise di
singhiozzare ed alzò gli occhi gonfi per le lacrime appena
versate nella sua direzione, un piccolo bagliore ad illuminare quel
color cioccolato che era tutto suo. Speciale, come lei.
- Scusa se non ho visto prima quanto stavi male Lexi... Mi dispiace
così tanto di non averti aiutato nella maniera che meritavi.
Ora era lei quella a cui si stavano riempiendo gli occhi di lacrime
dettate dalla consapevolezza di non aver ripagato la sua amica di tutto
l'amore che lei, invece, le aveva donato incondizionatamente in ogni
istante della loro amicizia. Abbassò lo sguardo, incapace di
trattenere ancora a lungo quei barlumi di rimorso che volevano uscire a
tutti i costi, ma si ritrovò a fissare le sue mani candide
racchiuse in quelle leggermente olivastre di Lexi. Lei e quello smalto
sempre colorato perché così le sembrava
“di essere più sé stessa” o
almeno così le aveva detto un giorno, forse quando erano
ancora delle piccole bambine che giocavano a fare le donne in carriera
nelle loro camerette, dopo scuola.
- Mia non piangere ti prego, che se no allaghiamo casa... Non ti devi
dispiacere di nulla, okay? Sei stata la migliore amica che
avrei mai potuto desiderare al mio fianco e sono io che ti devo
ringraziare, perché senza di te non avrei vissuto nemmeno
quel poco che ho fatto... Quindi grazie, davvero.
Quando un sorriso sincero e pieno di dolcezza, di quelli che Mia sapeva
essere i più belli che Lexi poteva donare, fece la sua
comparsa si sentì immediatamente meglio e capì
che la sua amica stava finalmente cominciando a dare una svolta alla
sua vita e sperò davvero di poterla vedere presto felice. Si
asciugarono entrambe le lacrime e Mia non riuscì
più a contenere la sua curiosità circa il motivo
per cui non l'avesse trovata a saltellare per la contentezza di quel
nuovo album tra le mani.
- Posso chiederti una cosa?
- Certo, spara! Okay, non in senso letterale per favore, che non
è piacevole per nulla.
Il fatto che avesse ricominciato a fare battute ironiche anche
sull'incidente, diede un'ulteriore conferma a Mia di potersi
arrischiare a porre quella domanda. Ma dovette ricredersi presto.
- Perché avevi quella faccia da funerale quando sono
entrata? L'album fa schifo??
Vide lo sguardo di Lexi farsi nuovamente triste, come se una piccola
parte di lei, sempre pronta a prendere il sopravvento, fosse destinata
ad essere infelice a vita. Le fece male di nuovo vederla
così e si affretto ad aggiungere:
-Ma se non vuoi dirmelo non fa nulla, sul serio!
Lexi scosse leggermente la testa e con un sorriso stanco le porse il
cellulare sbloccato sulla home di Twitter. Foto del bel irlandese
riempivano tutto lo schermo. L'unico problema era che si trovava in
dolce compagnia.
- Ma che cazzo fa sto cretino?!
Benché stesse facendo finta di non sapere nulla, non era
comunque riuscita a trattenersi e sperava davvero che quel piccolo
lepricauno mezzo tinto avesse una valida giustificazione per quegli
scatti, altrimenti sarebbe salita lei stessa sul primo volo per New
York e l'avrebbe ridotto in tanti coriandoli verdi e arancioni da usare
il prossimo Martedì Grasso.
- Mia non serve che tu reagisca così... A dire il vero, non
so nemmeno perché a me dia così tanto fastidio.
Magari perché sembrava quello più interessato al
fatto che mi fossi risvegliata, ma questo, come al solito, non
significa nulla... Lui ha la sua vita, così come tutti gli
altri ragazzi del gruppo e direi che sia già tanto che
Sophia ed Ellie siano venute a trovarmi l'altro giorno... Ma va bene
così, davvero... Devo solo imparare a vivere la mia di vita,
ora.
Fu quello il momento in cui Mia ebbe paura che Lexi e Nate
non si sarebbero mai ritrovati, che forse nemmeno quell'amore
incondizionato che lui nutriva per lei potesse sopravvivere al buio di
una mente senza ricordi e ad una mancanza di autostima quasi
patologica. Eppure sperava lo stesso che loro ci riuscissero,
perché il sorriso che aveva visto sul viso di Nate mentre
Lexi gli stringeva la mano era qualcosa che poteva essere descritto
solo con la parola amore. Quell'amore che lei aveva avuto il coraggio
di provare veramente solo negli ultimi mesi, quello che aveva nutrito
di nascosto anche da sé stessa e di cui ora non avrebbe mai
fatto a meno. Ancora una volta si sentì estremamente
fortunata per quello che aveva e decise che non se ne sarebbe rimasta
con le mani in mano, perché se c'era una cosa che desiderava
più di tutto era veder sorridere Lexi.
La vide alzarsi improvvisamente dal letto, come se un porcospino
l'avesse punta sul sedere, e Lexi si chiese se la sua amica fosse
sempre stata così iperattiva, perché a quanto si
ricordava Mia faceva fatica solo per le questioni imminenti e che le
interessavano.
- Lexi, scusa ma devo andare a fare una cosa... Sì,
insomma... Hai capito no? Ci vediamo dopo e staccati dal quel cavolo di
cellulare e piuttosto ascolta il nuovo cd: ti ricordo che l'ha scritto
per te!!
Un turbinio di vestiti, capelli biondi e blu ed urla
abbandonò la camera di Lexi senza che potesse proferire
parola, lasciandole una montagna di domande a ronzarle per la testa.
- Okay, sapevo che era strana ma questo supera ogni limite... E poi che
significa che “l'ha scritto per me”?? E chi
sopratutto?! Ah che fatica...
Si lasciò cadere sul letto e schiacciò play sul
telecomando dello stereo per far ripartire l'album a tutto volume. Ed
ancora, sempre su quello stesso brano, il suo cervello si
eclissò in un ricordo che non poteva essere tale,
perché non le sembrò di averlo mai vissuto, ma la
voce che riempiva quello spazio chiuso e senza fine, dove una luce
sembrava attirarla a sé, diventava sempre più
udibile, ma non abbastanza perché Lexi riuscisse a capire a
chi appartenesse. Come al solito, durò solo qualche frazione
di secondo, e quando riuscì a tornare lucida le parole della
canzone si insinuarono alle porte della sua attenzione, bloccandole il
respiro.
... Oh I will carry you
over... Fire and water for your love... And I will hold you closer Hope
your heart is strong enough... When the night is coming down on you...
We will find a way through the dark.. .
Implacabile, una lacrima scese lungo la sua guancia destra, segno che
quelle parole fossero arrivate a destinazione. Perché su
quello Nate era stato sincero: avevano scritto di lei e quel testo era
la sua storia. Era lei quella persa nel buio, quella che stava
combattendo per poter tornare a vivere... Ma chi era quella persona che
l'avrebbe stretta più vicina a sé, sperando che
il suo cuore fosse forte abbastanza e con cui avrebbe trovato la strada
per uscire dall'oscurità? Non sapeva se chi avesse scritto
quei versi gli avesse dato un senso più profondo di quello
che si poteva carpire ad un primo ascolto, ma se fosse stato
così chiunque avesse steso quelle parole in musica stava
raccontando la storia della sua vita. Quell'essere triste per aver
perso la propria strada, quelle lacrime che erano lì per
restare, quel dolore che non le permetteva più di sorridere
erano gli ingredienti della sua vita, o almeno della sua vita prima di
quel 20 Agosto. Quel giorno aveva preso una decisione, forse avventata,
ma aveva fatto per la prima volta qualcosa che la rendesse viva, che le
facesse sentire il peso leggero del suo respiro come qualcosa da
sperimentare fino in fondo e da non dare per scontato. L'aveva fatto
per amore ed ora sperava che come una profezia quella canzone si
avverasse, mettendo al suo fianco una persona che avrebbe lottato per
vederla sorridere ancora, per insegnarle ad amare di nuovo, in maniera
vera e piena, che l'avrebbe condotta fuori dal buio delle sue
insicurezze. Mentre ancora lo stereo diffondeva le voci armonizzate dei
The Rush, Lexi si lasciò cullare in sonno pieno di sogni,
costellato da una mano calda e rassicurante che racchiudeva la sua,
proteggendola ed accompagnandola verso una luce che non riusciva a
capire da dove venisse. Poco prima di svegliarsi, un paio di iridi
vive, piene di vita ed amore, del colore del mare d'estate, le
riempirono la testa. Aprì gli occhi di colpo e si accorse di
come fosse già mezzogiorno e avesse dormito per due ore
buone.
Fu un attimo: senza pensarci due volte, prese in mano il cellulare e
cercò il numero in rubrica.
Il suo interlocutore rispose al terzo squillo.
- Pronto dottore? Sì, sono Lexi... Credo che sia il caso di
fare quell'elettroencefalogramma...
Hi sweethearts!!
Avete presente
quando ho detto che il tempismo non fa parte dei Nexi: ecco, questa ne
è l'ennesima prova. Spero solo non vi siate arrabbiate
troppo con Nate, perché sì, ha fatto una
stronzata però mettetevi nei suoi panni... No, va bene: l'ha
combinata grossa ^^.
Per quanto
riguarda Lexi invece, vi posso solo dare il benvenuto sulle sfavillanti
montagne russe che sono diventate le sue emozioni... Che ne pensati di
questi flash??? Staremo a vedere **
Grazie mille per i
vostri pareri e per continuare a leggere questa storia **
Lots Of Love xx
|
Ritorna all'indice
Capitolo 31 *** 3rd/25th/27th February 2014 ***
3rd February 2014
Alla fine non era andata proprio come se l'aspettava.
Quella splendida ragazza che aveva conosciuto qualche sera prima si
chiamava Charlie ed era una modella per qualche stilista di cui Nate
logicamente non ricordava il nome. Si era fermata anche a fare
colazione l'indomani e si erano scambiati pure i numeri. Era
indubbiamente bella da lasciare a bocca aperta chiunque la vedesse,
tanto che nessuno dei ragazzi, eccetto Hugh, si era lasciato sfuggire
l'occasione per fare commenti di ogni tipo, ma soprattutto era anche
abbastanza intelligente e gentile. Sorrideva spesso, più per
cordialità che per reale spirito di simpatia, ma ci si
poteva parlare senza problemi, caratteristica che Nate apprezzava
parecchio in una donna. Il problema era solo uno: aveva fatto una
così attenta analisi di quella ragazza solo per vedere in
che cosa somigliasse e in che cosa fosse dissimile a Lexi.
Sapeva che era da pazzi fulminati fare una cosa del genere, ma era
stato più forte di lui: ogni paio di occhi non erano mai
abbastanza luminosi come i suoi, ogni sorriso non era sincero come il
suo, ogni gesto non era dolce e buffo come quelli che compiva lei.
Era seduto sul davanzale dell'albergo dove alloggiavano, con una tazza
di caffè tra le mani, di quelli annacquati americani
perché altrimenti i suoi nervi non avrebbero retto
ancora per molto, e guardava assorto il panorama di uno spettacolare
Central Park che si svegliava con le prime luci dell'alba. Anche quella
notte non aveva chiuso occhio, ma non per la compagnia di Charlie, che
la sera prima lo aveva salutato perché aveva un servizio
fotografico a Miami e non sarebbe tornata prima di due giorni,
bensì perché senza la presenza della ragazza al
suo fianco, la mente di Nate era volata direttamente dall'altro lato
dell'Oceano, più precisamente in un appartamento dal portone
blu di Lexington Street, Londra.
Il cd era uscito da ormai tre giorni ma di Lexi nessuna traccia. Le
aveva esplicitamente chiesto di dirgli che cosa ne pensasse del loro
ultimo lavoro, specificando che erano per lei quelle canzoni e,
sinceramente, non vedeva l'ora di sapere se avesse colto quali
parlassero di lei e se avesse ricordato qualcosa. Internet l'aveva
rassicurato circa il fatto che la musica aiutasse parecchio le persone
affette da perdita di memoria a recuperare qualche frammento del loro
passato e Nate sperava davvero che almeno quelle melodie familiari
risvegliassero qualcosa in lei. Ma d'altra parte era stato lui quello a
decidere di andare avanti, di cercare in un'altra donna ciò
che non avrebbe mai potuto avere da Lexi, quindi non poteva e non
doveva più aspettarsi nulla da lei. Tutta la sua
speranza su come le cose potessero risolversi in un istante si era
oscurata, come quella nuvola che ora stava coprendo il primo timido
sole di un'altra faticosa giornata newyorkese. Era come se fossero
diventati due estranei, benché Nate potesse ancora sentire
il calore delle labbra di Lexi sulle sue, quando gli era
sembrato che anche lei ricambiasse quel piccolo contatto che per lui
era tutto. Gli mancava come l'ossigeno ad una candela accesa dentro una
campana di vetro: si sarebbe presto spento e non sapeva dire per quanto
avrebbe continuato a resistere.
La suoneria del suo cellulare lo risvegliò da quello stato
di malinconia in cui era caduto e che non faceva certo parte di lui. Lo
prese e, senza osservare il mittente della chiamata, rispose.
-Pronto?
-Dimmi: ti sei bevuto il cervello tutto in un colpo lepricauno?!?!
La voce decisamente troppo alta per quell'ora della mattina di Mia gli
perforò il timpano, arrivando a rimbalzare sulle pareti
quasi vuote del suo cuore troppo esposto.
- Mia, che cosa stai dicendo??
- Che cosa sto dicendo io?!?! Tu devi essere imbecille sul serio,
allora! Cristo, Nate!! Ma ti sei reso conto di che foto girano sul
web?!?! Pensi che Lexi sia cieca?!
Ed eccola lì, chiara davanti ai suoi occhi per troppo tempo
accecati da sentimenti che non riusciva a comprendere, la conseguenza
delle sue azioni: si era appena giocato forse l'unica
possibilità che aveva con Lexi.
Un nodo alla gola gli impedì di parlare e rispondere a
quelle accuse che, per sua sfortuna, erano più che motivate.
- Non sai cosa dire eh? Non ci posso credere...
Ad essere sinceri non ci poteva credere nemmeno lui che le cose
potessero andare peggio di come già stavano andando e mai
come in quel momento desiderò che quel 20 Agosto non fosse
mai esistito.
- Mia mi dispiace... Davvero... Io... Io non so che cosa mi stia
succedendo...
- Oh, fammi un piacere Nate! Risparmiati la solita storia del
“io non volevo farlo”, “è
tutto un malinteso”, “non è come
sembra”! Potrei prendere un aereo ed attraversare un oceano
solo per picchiarti!
- Se mi porti Lexi, va bene...
Un sospiro dall'altro capo del mondo gli fece capire che non era
l'unico a voler far tornare le cose come erano prima, anche se non
c'era mai stato un vero e proprio “prima”: lui Lexi
non l'aveva mai conosciuta davvero eppure era certo che fosse stata con
lui da sempre.
- Perché l'hai fatto, Nate? Lexi ha visto le foto ed anche
se non me l'ha detto esplicitamente, si vedeva lontano mille miglia che
c'è rimasta male.
- Mia io non ce la faccio ad andare avanti così... Non mi
posso permettere di avere questa faccia da cane bastonato quando devo
esibirmi davanti a migliaia di persone. E poi ho capito che, se anche
lei ricordasse quento è successo, non potremmo lo stesso
avere un futuro assieme... Insomma: io sono quello che sono mentre lei
è una ragazza normale... Sarebbe troppo complicato. Scusa
Mia, ma devo andare... Ci sentiamo.
Chiuse la conversazione senza aspettare risposta e lanciò il
cellulare sul letto, perdendosi a guardare quel grigio cielo newyorkese
che non aveva alcuna intenzione di aprirsi in una bella giornata.
Avrebbe voluto confessarle tutto, dirle che la verità era
che si sentiva inferiore ed inadatto per lei. Era stata innamorata di
Lucas per undici anni e Nate era più che convinto che non
potesse offrirle nulla di paragonabile. Per di più lui era
quello che era, un cantante troppo famoso che non poteva uscire per
strada senza creare qualche incidente, mentre lei era una ragazza
normale, di quelle che sono speciali nella loro quotidianità
e che il mondo di Nate avrebbe solo rovinato.
Loro non erano due rette parallele. Per loro un momento in cui si erano
sfiorati, toccati, in cui avevano addirittura colliso c'era stato,
però poi non si erano trasformate in un unico percorso. Non
erano destinati ad essere un tutt'uno: erano due linee incidenti che
non si sarebbero mai più rincontrate. E Nate doveva andare
avanti per le sue fan e per lei, che aveva messo in pericolo la sua
vita per potergli permettere di continuare a vivere il suo sogno.
25th
February 2014
Il tempo era passato incredibilmente lento e Lexi non sapeva
più cosa fare della sua vita. Sapeva di dover tornare
all'università, ma era come se qualcosa la bloccasse: era
stanca di occuparsi delle vite degli altri, non le bastava
più, voleva essere lei la prima a vivere qualche emozione.
Eppure, tra le prediche del Dottor Lawson sul fatto che dovesse stare
ancora a riposo e sulla paura di essere fermata da qualche fan per
strada, Lexi non usciva di casa se non per andare a pranzo da sua madre
o alle visite in ospedale. Ne aveva una quel pomeriggio per vedere i
risultati della tac che aveva fatto qualche giorno prima, ma la
prospettiva non l'allettava particolarmente dato che il dottore le
avrebbe detto sempre le stesse cose, ovvero che anche se non si fosse
ricordata nulla di quei cinque mesi, non avrebbe avuto alcuna
importanza.
Stava sistemando casa, dato che Mia era corsa fuori urlando che aveva
qualche importante riunione per una linea di moda sua, Lexi non aveva
capito bene, e che era in estremo ritardo, quando il campanello di casa
suonò. Credette che fosse di nuovo lei e che si fosse
dimenticata qualcosa, così non chiese nemmeno chi fosse.
Dopo tre minuti una voce familiare, ma per niente femminile, si fece
udire dall'ingresso.
-Ma non ti ho insegnato a chiedere chi è prima di aprire?!
La figura non molto alta di Morgan Golder fece la sua apparizione nel
salotto con una finta espressione di rimprovero dipinta sul volto
leggermente più segnato dal tempo rispetto all'ultima volta
in cui Lexi lo aveva visto. Non sapeva per quale arcano motivo, ma
sembrava che suo padre avesse deciso di ritornare a far parte
delle loro vite, specialmente in quella di sua madre, ma come al solito
Lexi si diede come giustificazione che qualcosa fosse successo durante
quei cinque mesi in cui lei era stata in vacanze forzate e sperava
tanto che qualcuno, prima o poi, le facesse un riassunto attendibile di
tutto quello che si era persa.
Morgan si tolse la solita giacca di pelle e si passò una
mano tra i capelli brizzolati, ora a spazzola: doveva ammettere che il
taglio suggeritogli da Karen lo soddisfaceva parecchio e si chiese come
avesse fatto senza di lei tutti quegli anni.
-Ed io ti non ti ho mai detto che devi avvisare prima di piombare in
casa di qualcuno?
Quelle parole smorzarono un poco il buon umore di Morgan , ma d'altra
parte non poteva di certo incolpare Lexi per quelle parole taglienti:
si era perso praticamente tutta la sua adolescenza, non poteva
pretendere che le cose tornassero normali tutto all'improvviso. Si
sedette sul rovinatissimo divano arancione e fece segno alla figlia di
sedersi.
- Noto con piacere che la tua vena sarcastica è sempre
presente.
- Quella fa parte di me, dovresti saperlo... Ah, no, scusa: tu non
c'eri negli ultimi dieci anni della mia vita.
- Lexi, per favore...
Incassò nuovamente il colpo per quella frase che aveva
sentito milioni di altre volte, solo che gli occhi spenti e tristi con
cui Lexi gliel'aveva sputata addosso quel giorno lo fecero
rabbrividire, perché nessun padre, per quanto spesso poco
presente, vorrebbe sapere triste la propria figlia. Lexi si sedette sul
divano, ad una distanza di sicurezza, ma lui le prese una mano tra le
sue e decise che la bella notizia che era venuto a comunicarle avrebbe
potuto aspettare qualche minuto. Quando si accorse che Lexi non
opponeva resistenza al contatto, la guardò negli occhi per
donarle quell'affetto che per troppo tempo le aveva fatto mancare.
- Dimmi la verità, pulcino: come stai?
Sentendo quello stupido nomignolo con cui la chiamava quando era
piccola e voleva a tutti i costi stare sulle sue spalle per poter
scoprire il mondo da un posto privilegiato, ogni muro che aveva dentro
crollò e le lacrime fluirono come una cascata dagli occhi
color terra di Lexi. Senza esitare un secondo, le braccia di un padre
ritrovato si chiusero attorno al corpo di quella figlia che nascondeva
un mondo dentro e che aveva solo bisogno dell'affetto che meritava e
che non le sarebbe mai dovuto mancare. I singhiozzi divennero sempre
più forti e Morgan si chiese se le persone attorno a Lexi
avessero mai conosciuto la vera lei o se ne avessero saggiato solo gli
aspetti che concedeva di vedere, senza mai pretendere altro.
- Ehi pulcino, respira... Dimmi cosa c'è che non va... Io
sono qui... Sono qui davvero e non me ne vado.
Il petto di Lexi si alzò per trarre un respiro
più profondo e riemergere da quell'abbraccio inaspettato e
per questo, forse, così prezioso. Cerò di
asciugarsi la faccia e tirò sul col naso in quella maniera
infantile che aveva sempre fatto sorridere Morgan, arricciando quel
naso a patatina che aveva ereditato da lui, concedendosi un mezzo
sorriso quando lui le poggiò una mano grande e rassicurante
sulla gamba accoccolata sul divano.
- Rimani per davvero questa volta?
Quello sguardo carico di speranza fece stringere il cuore dell'uomo in
una stretta micidiale fatta di rimorsi e senso di colpa, che si sciolse
quando si rese conto di avere un'altra possibilità e che non
l'avrebbe sprecata per nulla al mondo.
- Sì, Lexi, per davvero... Ed ho intenzione di chiedere a
tua madre di sposarmi... Di nuovo.
Lo sapeva perfettamente che aveva appena lanciato una bomba nel bel
mezzo del salotto di casa di Lexi, lo capì dal suo silenzio
attonito e dalla sua espressione incredula. Temette di aver sbagliato a
dirglielo così presto, che forse avrebbe dovuto aspettare il
suo perdono completo, se mai l'avesse ottenuto, ma amava Karen come mai
prima in vita sua e non poteva resistere senza saperla sua per sempre.
Per davvero, questa volta. Due braccia troppo esili rispetto all'ultima
volta che l'aveva stretta tra le sue braccia, due mesi prima, gli
cinsero il collo, sommergendolo in abbraccio inaspettato che lo
lasciò senza fiato, specialmente quando quelle poche parole
gli arrivarono alle orecchie.
- Oddio!! Sono così felice per voi!! Lo sapevo che sarebbe
successo, lo sapevo!!
E pianse di nuovo Lexi, questa volta di gioia, perché per
tutta la sua adolescenza aveva sperato che i suoi genitori tornassero
assieme, che ammettessero entrambi di aver commesso uno sbaglio
perché quando la sera Karen le dava il bacio della buona
notte e le assicurava che un giorno il principe azzurro sarebbe
arrivato, le si velavano gli occhi di lacrime al ricordo di come la
vita l'avesse fatta allontanare dal suo di principe. Fu un attimo,
ancora tra le braccia di quell'uomo che era tornato ad essere a tutti
gli effetti suo padre, con gli occhi chiusi ed un pensiero che non si
ricordava di aver mai fatto prima di quel momento, ma che invece
sembrava appartenerle. Era di nuovo in quel tunnel e la sua mente le
diceva questo:
“...Io voglio avere un amore come il loro... E' questo quello
che sto cercando da una vita... Non importa cosa la vita ti porti a
fare, gli errori che tu possa commettere, le strade sbagliate che tu
possa intraprendere... Loro si ameranno sempre... Anche io voglio
un'amore così...”.
Lexi scrollò leggermente la testa per togliersi di torno
quel pensiero che non credeva di aver mai formulato e decise che non le
sarebbe importato nulla di quello che il Dottor Lawson le avrebbe detto
quel pomeriggio: lei voleva ricordare quei cinque mesi e nulla
l'avrebbe fermata.
Si fece accompagnare da Morgan alla visita, dato che si era offerto
volontario, ma entrò da sola nello studio del dottore
poiché che non aveva detto ancora a nessuno di quei flash
che stavano diventando sempre più insistenti.
-Oh, ciao Lexi! Prego, accomodati pure... Allora: come va oggi?
Seduta in quello studio di un bianco accecante e terribilmente
asettico, Lexi si chiese se a quella domanda sarebbe mai riuscita a
rispondere anche solo con un semplice “bene”, ma si
era risvegliata da un coma di cinque mesi, quindi aveva delle buone
speranze.
-Diciamo che và. Oggi, addirittura, stavo parlando con mio
padre e mi è come sembrato di pensare una cosa che sapevo di
non aver mai pensato, o almeno non da sveglia. L'espressione
indecifrabile del dottore fece preoccupare parecchio Lexi, quando
invece, quel misto di irritazione e di insofferenza era dato solamente
dal fatto che avesse appena nominato l'uomo che gli aveva rubato Karen,
anche se rubato forse non era il termine più corretto,
considerando che si trattava del suo ex marito. Ad ogni modo si
costrinse ad essere il più professionale possibile e prese
in mano la Tac che aveva prescritto a Lexi qualche giorno prima.
-Credo che sia normale Lexi. Ho qui i risultati della Tac e...
-Sto impazzendo?!
-Ma no!! Cosa dici?! No, che non stai impazzendo Lexi, anzi, a quanto
pare il tuo cervello si sta dando un gran da fare per ricordare.
“Io sto cosa? Fermi tutti: questo significa che tutti quei
flashback sono...?”.
-Sì, Lexi, hai capito bene: quelli che tu definisci
flashblack non sono altro che ricordi dei cinque mesi che hai passato
in stato di coma vigile. Sembrerebbe proprio che la tua mente voglia a
tutti i costi riappropriarsi di quei pezzi del tuo passato e a questo
proposito, vorrei consigliarti di...
La voce del dottor Lawson divenne solo un sottofondo lontano ed
indistinto che non arrivava più alle orecchie della ragazza,
ormai persa nella sua bolla di congetture e domande a cui dare
risposta.
“Quindi quella voce, quelle canzoni e quei pensieri sono
miei... Li ho vissuti davvero... Io non ero sola in quei mesi... Ma
allora: chi c'era al mio fianco? E' come se dovessi saperlo, se fosse
sulla soglia della mia memoria, ma continuasse a
nascondersi...”.
-Lexi? Lexi, mi stai ascoltando?
-No, mi scusi dottor Lawson... Cioè, Andy: è solo
che fa strano pensare di potermi ricordare quello che è
successo mentre il mio corpo era come morto.
-Beh, come stavo cercando di spiegarti, non otterrai mai delle immagini
nitidissime di quello che hai vissuto, ma alcune sensazioni, le voci,
magari qualche frase o qualche odore potrebbero tornare a farti visita.
Ad ogni modo credo che dei farmaci possano risolvere la situazione...
Metteranno tutto a tacere.
-E se io volessi ricordare?
L'espressione piuttosto infastidita e quasi compassionevole che
ricevette come risposta non le piacquero per nulla, ma rimase comunque
ad ascoltare.
-Lexi, sinceramente, non credo che ti possa portare qualche giovamento
ricordare quei mesi. Sei ancora fisicamente debole, il tuo cuore ha
subito due attacchi cardiaci nell'arco di pochissimo tempo e tutte
quelle emozioni ti debiliterebbero e basta. Lascia perdere, lo dico per
la tua salute.
“Quella di cui non mi sono minimamente curata quando ho
deciso di prendermi una pallottola in piena spalla per salvare la vita
ad un ragazzo con cui non ho praticamente mai parlato? Direi che spetta
a me decidere che cosa farne...”.
-Fidati di me Lexi. So cos'è meglio per te.
Sapeva perfettamente che a Mia quel dottore non stava per nulla
simpatico, e sinceramente stava cominciando anche a capirne le
motivazioni: tutto quello che diceva lui doveva essere oro colato e la
cosa le dava parecchio fastidio. Nessuno poteva sapere cosa fosse
meglio per lei, dato che Lexi stessa non ne aveva la più
pallida idea. Salutò l'affascinante ed irritante dottore ed
uscì dal suo studio alla ricerca di Morgan, che
però non vide. Si guardò un po' intorno, fino a
quando non si accorse che appoggiata sullo stipite dell'ambulatorio
poco lontano da dove si trovava lei, c'era una signora tutta intenta a
sorriderle. La vide avvicinarsi nella sua direzione, tanto che Lexi si
chiese se fosse il caso di scappare a gambe levate: ma era
un'infermiera, quindi almeno in teoria si poteva fidare.
-Ciao Lexi. Ti ricordi di me?
Altro sorriso enorme e qualcosa scattò nella sua testa: di
nuovo lo stesso nero, di nuovo quel tunnel e una voce identica a quella
che aveva appena udito che la salutava, proprio nello stesso modo
tranquillo e al tempo stesso allegro e pieno di vita. Poi la sensazione
di qualcosa a sfiorarle il dorso della mano, delle dita paffute e
leggermente segnate dagli anni, ma calde, terribilmente calde ed
accoglienti, quasi materne. Lexi riaprì gli occhi e si
trovò a fissare quelle stesse mani che aveva appena sentito,
che toccavano realmente le sue. Non seppe perché ma una
lacrima scese dispettosa sulla sua guancia, portandosi dietro un po' di
mascara. L'infermiera dal volto sorridente e gentile, con due
meravigliose fossette ai lati della bocca solcata da qualche ruga, le
asciugò il viso e l'accompagnò a sedersi sulle
sedie dove, fino ad una mezz'ora prima, era seduto Morgan.
-Sono Sarah... L'infermiera che ti seguiva quando eri qui.
-Sì, mi ricordo di lei... O meglio, la mia testa vorrebbe
ricordarselo ma io non so come aiutarla... Mi scusi, non volevo
disturbarla, stavo solo cercando mio padre.
La donna sorrise di nuovo e Lexi non poté far altro che
lasciarsi contagiare dalla tranquillità che trasmetteva:
chissà se magari le aveva fatto lo stesso effetto quando era
in coma.
-Stai tranquilla, Lexi: ne ho passate di peggio con te! Tuo padre
è andato un attimo a prendersi un caffè dato che
non uscivi più e mi ha chiesto di dirtelo... Ma ad ogni
modo: come stai tu?
Quella donna sembrava interessata davvero a sapere come andassero le
cose e Lexi si sentì libera di rispondere senza nascondere
nulla.
-Non molto bene a dire il vero. Spesso mi capita di avere dei balckout
al cervello che mi fanno ricordare cose che io non penso di aver mai
fatto e il Dottor So Tutto Io Fidati Della Mia Super Intelligenza
Lawson dice che dovrei prendere dei farmaci per far smettere tutto,
perché sono troppo debole per ricordare... Ma io voglio
farlo! Voglio sapere che cos'è successo in quei mesi! Ho
come l'impressione che lì ci sia la chiave per riprendere in
mano la mia vita... Starà pensando che sono pazza, vero? Sa
che le dico: che, forse, ha pure ragione. Sono pazza o comunque non
normale...
L'espressione che Lexi si sarebbe aspettata di scorgere sul viso della
donna era fatta di compassione, di preoccupazione in parte e per lo
più di pena, ma non vi lesse nulla del genere. La stava
guardando come se la capisse e le desse ragione, come se sapesse
più di quanto le stava per dire ma qualcosa la trattenesse
dal rivelarle tutto.
-Essere “non normali”, come dici tu, non
è un difetto Lexi, anzi. È qualcosa di cui andare
fieri. E credimi se ti dico che non sei pazza... Sai cosa credo? Credo
sia il caso che tu vada da uno psicologo, in modo che tu riesca ad
imparare a gestire questi episodi, senza che ti vengano attacchi di
panico o forti emicranie e magari potresti anche ricordare qualcosa e
trovare la chiave di cui parli... Tieni: questo è il numero
di una mia cara amica che potrebbe aiutarti. Fidati di te stessa, Lexi.
So che ce la puoi fare. Avrebbe voluto chiederle come potesse esserne
così sicura, come facesse a sapere così tante
cose su di lei, ma la voce di Morgan le impedì ulteriori
domande.
-Ah sei qui! Allora com'è andata?
-Bene... Sì, bene...
La risposta distratta di Lexi fece voltare Morgan in direzione della
simpatica infermiera che con un sorriso sempre rassicurante gli disse:
-Credo che sia stanca. E' meglio che tu vada a casa Lexi. Ci vediamo...
E buona fortuna.
Le strinse per un'ultima volta la mano e a Lexi sembrò che
quel gesto avesse fatto parte della sua routine per molto tempo, tanto
naturale le era parso. Uscì dall'ospedale con la testa da
un'altra parte e si fece riaccompagnare a casa da Morgan, con in borsa
un bigliettino da visita che diceva “Dottoressa Athena Lang,
psicologa e psicoterapeuta”, impaziente di poterla chiamare e
prendere il primo appuntamento.
Non salutò nemmeno Mia, che era tutta concentrata sulla sua
macchina da cucire, immersa in chilometri di tessuto saten fucsia che
avrebbero fatto venire il voltastomaco persino a Lady Gaga e si diresse
a passo svelto in camera sua, dove prese il cellulare dalla borsa
assieme al piccolo cartoncino color panna e fece un bel respiro
profondo. Doveva sistemare la sua vita e quello era un buon modo per
cominciare.
-Pronto? Studio della Dottoressa Athena Lang, con chi parlo?
La voce decisamente troppo gioiosa e alta per una donna che Lexi aveva
immaginato filiforme, impassibile ed alquanto elegante, le fece
cambiare idea, tanto che una figurina rubiconda e solare, con dei
capelli sale e pepe ricci, si fece spazio nella sua mente iperattiva,
dandole ulteriore conferma di come avesse bisogno di parlare con
qualcuno di qualificato.
“Mi ricorda tanto l'infermiera che ho incontrato prima in
ospedale.. Come ha detto di chiamarsi? Simone? No...
Aspetta...”.
-Pronto?? C'è qualcuno?!
“Sarah! Ecco come... Oh, devo rispondere!”.
-Sì, sì... Ci sono!
-Oh bene... E il tuo nome è...?
-Lexi! Lexi Golder, per la precisone.
-Oh mio dio! Io ti conosco... Cioè non te personalmente, ma
conosco la tua storia! Allora Lexi, cosa ti spinge a chiamarmi?
Per una frazione di secondo ebbe come l'impressione che farsi
analizzare da una persona che non sembrava essere tanto più
“normale” di lei non fosse una grande idea, ma era
stanca di essere quella normale o di cercare di esserlo, quindi decise
di fidarsi della donnina rubiconda e dal sorriso rassicurante che si
era piazzata nella sua testa.
-Vede, io vorrei prendere appuntamento per parlare con lei...
Un'infermiera, si chiama Sarah, mi ha dato il suo numero e mi chiedevo
se...
-Certo che sì! Cara Sarah: è da un po' che non ci
sentiamo, forse perché l'ultima volta che ci siamo viste
l'ho letteralmente lasciata in mutande, giocando a poker! Ad ogni modo,
hai detto che vorresti fare quattro chiacchiere con me: molto bene! Che
ne dici di dopodomani??
Non si era aspettata così poco preavviso, ma l'aveva detto
lei stessa che voleva cominciare a sistemare la sua vita, quindi tanto
valeva mettersi subito a lavoro.
-Va bene, perfetto... A dopodomani, allora.
-Alle dieci! Ti aspetto Lexi! Baci!!!
La telefonata terminò così in fretta che quando
Mia sbucò con la testa dentro la camera per chiedere con chi
stesse parlando, Lexi aveva già messo via il cellulare,
facendo finta di nulla.
-Con nessuno... Stavo solo pensando ad alta voce che forse è
giunto il momento di togliere un po' di poster dalle pareti.
Non era ancora pronta per dire a qualcuno, anche se si trattava di Mia,
che voleva andare da una psicologa, ma forse era davvero pronta per
togliere almeno dalla sua camera ogni evidenza della Lexi passata.
- E allora che l'operazione Disinfestiamo Questa Camera abbia inizio!!!
- I miei poster non sono dei parassiti!
- Fidati: quelli che ci sono fotografati sopra sì! Quindi,
mettiamoci al lavoro!!
27th
February 2014
Se qualcuno avesse detto a Lexi che si sarebbe trovata a ventidue anni,
in una freddissima mattinata di fine febbraio, a suonare il campanello
dello studio di una psicologa che l'avrebbe aiutata a gestire
i postumi alquanto strampalati di un coma durato cinque mesi, non gli
avrebbe mai creduto. Ma a quanto sembrava, la vita aveva parecchie
sorprese in serbo per Lexi, proprio a partire dallo strano personaggio
che andò ad aprirle la porta. Era almeno quindici centimetri
più bassa di Lexi, il che la faceva assomigliare molto ad un
australopiteco, almeno questa fu l'immagine che si piazzò
nella sua mente appena la vide affacciarsi con quel viso rotondo e
sorridente. Più che una psicologa le diede tanto
l'impressione di essere una di quelle cuoche che lavoravano negli asili
pubblici, abbastanza robusta, con un sorriso stampato sul viso roseo e
rubicondo, un paio di occhialetti arancioni appoggiati sul naso e
sorretti da una cordicella di perline, con uno chignon di capelli
biondi decisamente scompigliato. Bastò un sorriso
più accennato quando riconobbe chi fosse la nuova arrivata e
a Lexi stette già simpatica.
Era sempre stato così: le persone o le piacevano a pelle
oppure avrebbero avuto parecchie difficoltà a farle cambiare
idea.
-Buongiorno cara! Tu devi essere Lexi! Eh sì: ho visto un
sacco di tue foto sui giornali, ma nessuna ti rende davvero giustizia:
sei splendida, davvero! Ma vieni dentro, su, che fuori si gela...
La signora Athena Lang non le lasciò nemmeno il tempo di
imbarazzarsi per quei complimenti decisamente inaspettati, che le fece
strada verso l'interno del suo studio: era una stanza accogliente, di
dimensioni modeste a cui si accedeva dopo un breve corridoio pieno di
quadri che riportavano le lettere A.L. come firma.
“Quindi è anche una pittrice... Andrebbe d'accordo
con Zach. Ma che diamine sto pensando?”.
La luce aranciata che si dipanava da due lampade ai lati della stanza,
rendeva quell'ambiente raccolto molto simile ad un nido e la cosa
piacque parecchio a Lexi che, senza esitazione, ad un cenno della donna
sorridente, si accomodò su una delle comode poltrone
damascate che occupavano gran parte della stanza. Una piccola scrivania
piena di fogli, libri e cd cercava di ricavarsi un po' di spazio vicino
alla parete di sinistra, mentre un tappeto morbido si stendeva per
metà stanza, invogliando a togliersi le scarpe e i calzini,
per sentirne la consistenza con i piedi. O almeno Lexi l'avrebbe fatto
volentieri. Una musica di sottofondo, fatta di rumori della foresta e
scosciare di ruscelli, si diffondeva per lo studio, evitando che i
silenzi diventassero troppo pesanti da sopportare o imbarazzanti,
facendo rilassare immediatamente Lexi che la mancanza di parole non
l'aveva mai sopportata molto, perché la lasciava sola con i
suoi pensieri, il più delle volte a dir poco pericolosi.
-Allora Lexi, ti piace qui?
“In che senso se mi piace qui? Perché se non mi
piacesse il suo studio cosa farebbe: lo cambierebbe per
me??”.
-Ci stai pensando troppo. Qui esiste solo una regola: dire sempre e
solo quello che si sente... Senza riflettere se sia giusto o sbagliato,
quello si impara a farlo dopo, prima è necessario sapere che
cosa si ha dentro per sistemarlo.
Era lì da meno di cinque minuti e si era già resa
conto di aver sempre sbagliato tutto nella sua vita: neanche male come
inizio.
-Sì, mi piace. E' accogliente...
-Puoi sederti come vuoi, l'importante è che tu stia
comoda... Puoi anche toglierti le scarpe. Ho visto che il mio tappeto
persiano ti attira parecchio.
La dottoressa Lang era seduta di fronte a lei, un po' sprofondata nella
vecchia poltrona, con i suoi pantaloni neri e la tunica dello stesso
arancione degli occhiali, gli abiti leggermente spiegazzati per quella
posizione, eppure risultava perfettamente a suo agio e dal tono con cui
l'aveva detto, Lexi intuì che quel tappetto fosse sul serio
suo e che l'avesse comprato in qualche mercatino del Medio Oriente,
durante un meraviglioso viaggio alla ricerca di sé stessa.
Facendo quello che le aveva detto la dottoressa, Lexi si tolse le
scarpe, tastò un poco la morbidezza di quel tappeto che era
batuffoloso esattamente come se l'era immaginato e poi
incrociò le gambe sulla poltrona, prendendo un enorme
cuscino che era appoggiato sullo schienale per portarselo in grembo.
Così si sentì perfettamente a suo agio e,
stranamente, al sicuro.
-Allora Lexi, vuoi sapere che cosa so io di te?
Dalla sua espressione sorpresa, Athena si rese conto che la giovane
ragazza che le sedeva di fronte, protetta sotto ogni punto di vista,
sia fisico che emotivo, da cuscini e barriere di delusioni e paure, non
si aspettava un approcciò così diretto ma con lei
le cose funzionavano in quel modo: le persone che parlavano con lei non
erano pazienti, ma individui con una storia e con quasi sempre la
consapevolezza che chi gli stava di fronte avesse già
un'idea ben formata su di loro. Invece Athena voleva conoscerli per
come si vedevano loro e poi fargli capire che cosa fossero realmente.
All'epoca, aveva funzionato anche con lei che, in quel momento, si
rivedeva parecchio nel sorriso cordiale e negli occhi spenti di Lexi.
-Sì, credo di sì...
Si tolse gli occhiali da lettura dal naso a patata e lasciò
che penzolassero sul tessuto morbido della tunica che indossava e che
aveva comprato su una bancarella in uno dei tantissimi mercatini che
aveva visitato ed amato a Mumbai, quando ancora si chiamava Bombay.
-Vediamo un po': so che hai ventidue anni compiuti a Novembre, che sei
del segno dello scorpione, che ti mancano pochi esami per laurearti in
Storia, che la tua migliore amica si chiama Mia, che i tuoi colori
preferiti sono l'arancione e il verde, che lavoravi part-time in una
piccola libreria a Nothing Hill...
Fino a quel punto aveva detto solo cose vere e che non potevano essere
messe in discussione, tanto che Lexi non si sentì per nulla
esposta nell'udirla snocciolare tutti quei fatti che la riguardavano,
ma la parte difficile doveva ancora arrivare.
-So anche che i tuoi genitori si chiamano Karen e Morgan, che si sono
separati quando tu eri una bambina e che tuo padre si è
messo assieme ad una ragazza molto più giovane,
allontanandosi da te e da tuo fratello David quasi definitivamente...
So che non hai molte amiche, anzi, che la sola persona con cui hai
qualche tipo di rapporto un poco più stretto è
Mia e che sei irrimediabilmente persa per una band che si chiama The
Rush e per cui hai rischiato la vita, pur di salvare la loro... Ho
detto bene?
Vedersi servire un quadro così schietto e ben poco indorato
della propria vita avrebbe fatto male a chiunque, ma a Lexi
sembrò quasi una pugnalata in pieno petto: non era
più molto sicura di aver preso la decisione giusta ad andare
lì. Si limitò ad annuire, con una sorta di nodo
alla gola che premeva per soffocarla e costringerla a buttare fuori
ancora quelle lacrime che ultimamente aveva visto scorrere troppo
spesso sul suo viso, mentre era in presenza di altre persone.
-Quello che non so e che mi piacerebbe capire è
perché...
Già: perché?
Era il quesito che sempre aveva tormentato Lexi, che aveva passato
praticamente tutta la sua vita a chiedersi che cosa ci facesse lei su
quel pianeta che tutti chiamavano terra e sembravano capaci di
sfruttare al meglio, quando lei, invece, riusciva solo a stare
lì e guardarli vivere. Eppure, in quel momento, le parve
come se quella domanda gliel'avesse già posta qualcun altro,
ma non riusciva a ricordarsi chi e soprattutto quando.
-Vuole sapere il perché di cosa?
Non ricevendo risposta dalla donna di fronte a lei, ma solo un ostinato
silenzio di attesa, Lexi sentì una chiara sensazione di
fastidio farsi largo dal profondo del suo stomaco e finalmente la
riconobbe: era frustrazione e di nuovo le sembrò di
conoscerlo in ogni sua sfumatura quel sentimento, così
lasciò che le parole uscissero da sole, senza alcun tipo di
freno, incurante delle conseguenze che avrebbero potuto avere.
-Vuole sapere il perché non abbia altre amiche oltre a Mia?
O perché abbia ricominciato a parlare con mio padre solo un
mese fa? O perché non abbia mai avuto un ragazzo serio? O
perché mi sia gettata su quel proiettile senza pensarci due
volte? Lo vuole veramente sapere?
Il tono della sua voce si era inevitabilmente alzato ed una serie
incessante di lacrime calde aveva cominciato a scorrere sulle sue
guance, ma Lexi non se ne curò, troppo presa dalla frenesia
di poter cavalcare l'onda di quella possibilità di dire le
cose come stavano veramente, per la prima volta, anche a sé
stessa.
-Perché non sapevo che cosa significasse vivere e non mi
importava nulla se avessi smesso da un momento all'altro.
Ecco: l'aveva detto ed improvvisamente si sentì
più leggera.
Il macigno di quel segreto inconfessabile si era appena tolto
dal suo cuore per cadere pesantemente sul prezioso e morbido tappeto
persiano della dottoressa Lang. Non era abituata ad avere tutto quello
spazio dentro di sé e la cosa la spaventò a tal
punto che dovette stringere più forte al petto il grande
cuscino damascato che teneva in grembo, cercando di non far scivolare
fuori i pezzi rimasti del suo cuore. Era esposta come mai prima
d'allora ed aveva paura che le cose potessero scivolarle delle mani,
perché aveva seriamente pensato che tutto quel dolore e
quella frustrazione potessero annientarla un giorno o l'altro, eppure
era riuscita a buttarli fuori.
-Perché non ti importava?
La voce della dottoresse Lang arrivò bassa e carezzevole
alle orecchie di Lexi, che però era già persa nel
solito turbinio di pensieri che la lasciava affaticata e priva di
speranza, ma decise quella volta di seguirlo ad alta voce, rispondendo
magari anche alla domanda che le era stata posta.
-Alle volte mi sembrava davvero che non avesse importanza se io mi
fossi alzata dal letto oppure no, come se tanto il mondo sarebbe andato
avanti lo stesso, indipendentemente se io avessi respirato ancora o
no... Ho sempre vissuto nell'ombra, sono stata innamorata di Lucas, uno
dei The Rush, per undici fottutissimi anni e vorrei tanto dire che mi
sono buttata su quella pazza solo perché lo amavo alla
follia e avrei dato la mia vita per lui... Anzi, magari mentre lo
facevo pensavo pure una cosa del genere, ma se ora mi fermo a
rifletterci su, so perfettamente che non l'ho fatto per quello... So
che ho visto gli sguardi terrorizzati di tutti, le cose che andavano a
rallentatore e nessuno che pensava di fare qualcosa di utile e poi...
Poi...
Le lacrime divennero troppe persino per lei che ne aveva versate
parecchie in quei ventidue anni di vita, ma sempre di nascosto da
sguardi indiscreti o amichevoli. Quello era il suo segreto.
Una scatola di fazzolettini di carta comparì di fronte ai
suoi occhi appannati e, quando alzò la testa, un sorriso
rassicurante e straordinariamente comprensivo si prese cura di quel
momento difficile.
-Grazie.
Dopo averne presi un pochi ed essersi calmata un attimo, con ormai il
naso rosso e le palpebre belle gonfie, Lexi riprese a far fluire quel
torrente impetuoso di considerazioni ed emozioni che la stava
sommergendo da troppo tempo.
-Ho solo pensato che così qualcuno si sarebbe accorto di me
e che avrei finalmente fatto qualcosa di utile con la mia vita...
Ed eccola là: la consapevolezza che non si fosse mai sentita
abbastanza, che non avesse mai fatto abbastanza, che non fosse
semplicemente all'altezza della vita.
“Wow... E' strano. Mi sento vuota... Ora basta solo che non
mi rivolga un qualche sguardo di compassione o pena perché
non so come potrei reagire... Non sono emotivamente stabile al momento,
o forse non lo sono proprio mai stata...”.
Invece quello che si trovò davanti furono due occhi nocciola
molto simili ai suoi, solo più maturi e sicuri che le cose
si sarebbero sistemate, certi che lei ce l'avrebbe fatta. Le
ricordarono per contrasto quelli di Lucas, il giorno della sparatoria:
della stessa identica tonalità, ma così diversi
per tutte le emozioni di puro terrore e stupore che vi aveva letto
dentro. Era riuscita a conquistarsi la sua attenzione quella volta, ma
non era bastato per farlo innamorare di lei e ad essere sinceri, Lexi
si rese conto che non era nemmeno quello che voleva davvero.
-Ti sei resa conto che hai sempre parlato all'imperfetto? Come se fosse
una cosa passata, che non ti riguarda più o che, comunque,
stai cercando di superare?
Lexi non ci aveva fatto minimamente caso, ma la dottoressa Lang aveva
ragione, su più fronti: non solo aveva parlato al passato
perché quegli eventi erano accaduti ormai sei mesi prima, ma
perché non le sembrava più di essere quella
ragazza, la stessa che aveva pensato quelle cose. Non che avesse
cominciato a vivere la sua vita ogni giorno come se fosse l'ultimo,
forse quello non sarebbe mai riuscita a farlo, ma le cose stavano
cambiando e poteva benissimo sentire il ritmo potente di una marcia
incessante dentro di lei.
-Lexi, quello che senti dentro è giustissimo. Quel senso di
frustrazione dato dal sapere, dentro di te, che potresti fare e dire
molto di più e, perché no, anche meritare di
più, mentre invece non fai altro che vedere le occasioni
andarsene senza che tu le abbia colte, è giusto... Ma
credimi se ti dico che le cose non saranno sempre così.
Arriverà il momento in cui pretenderai di creartelo il tuo
posto in questo mondo e non aspetterai che sia qualcun altro ad
affidartelo... Il momento in cui non avrai più paura di
provare qualcosa di diverso da un amore platonico e ti lascerai andare
ad un sentimento vero, fatto di mani che si intrecciano e di sguardi
capaci di perdersi l'uno nell'altro... E sinceramente credo che questo
momento sia arrivato per te. Non in tanti avrebbero rischiato la loro
vita per salvare quella di qualcun altro, senza ottenere nulla in
cambio, perché anche se in quell'istante ti interessava poco
della tua persona, credimi che quasi nessuno si sarebbe messo tra
quella pallottola e quei ragazzi. Lexi, tu hai deciso che la tua vita
era meno importante della loro e questo è un segno di grande
spirito di sacrificio e di abnegazione, entrambe qualità che
ora sono difficili da trovare... Hai salvato loro per salvare la vita
di migliaia di ragazze che come te li supportano, permettendo che i
loro sorrisi illuminassero ancora le vite di quelle giovani donne...
Sì, mi sono informata se te lo stai chiedendo ed
è per questo che sono convinta che ogni persona
lì fuori vorrebbe ringraziarti per ciò che hai
fatto e non si dimenticherà mai di te. Io non dico che si
debba sventare un omicidio per essere ricordati e fare qualcosa della
propria vita, ma tu l'hai fatto e questo ha segnato solo l'inizio della
nuova persona che puoi essere Lexi... Le persone a cui vuoi bene e che
ti vogliono bene ti ricorderanno comunque, perché sei una
ragazza speciale e te lo si legge negli occhi brillanti che hai... Devi
solo imparare a non aver paura di provare, perché solo se ci
si tenta si rischia di riuscire. Ed in ogni caso, il tentativo
sarà valsa tutta la tua vita.
Forse non era molto professionale, ma Athena non era mai stata
professionale un solo giorno della sua vita da psicologa, o almeno non
come se lo aspettavano i manuali che per anni aveva studiato,
così lasciò che quella ragazza dai lunghi capelli
castani ed un sorriso dolce e contagioso, si alzasse dalla poltrona su
cui si era nascosta e l'abbracciasse come se le avesse appena salvato
la vita.
-Grazie... Davvero...
Stava ancora piangendo Lexi, ma erano lacrime di sollievo, come se
davvero le cose da quel momento sarebbero potute andare meglio. Magari
qualcuno, fra un paio di secoli, avrebbe studiato la sua vita come lei
amava fare con i personaggi che riempivano i suoi testi
dell'università. O magari sarebbe rimasta nel cuore di chi
l'aveva conosciuta davvero e sinceramente cominciava a pensare che le
sarebbe bastato quello.
Si sciolse da quell'abbraccio a dir poco inusuale per una persona come
lei che dava veramente poca confidenza agli estranei, ma si disse che
quella era la vecchia Lexi e che ora bisognava cominciare tutto da
capo.
-Allora Lexi, che ne dici di parlarmi un po' di questi flashback che
ogni tanto vengono a farti visita?
Trascorsero la seguente ora a parlare di tutto quello che Lexi era
riuscita a ricordare e a come si sentisse durante e dopo quei momenti
di alienazione dalla realtà. La dottoressa Lang le
insegnò qualche semplice tecnica di rilassamento da attuare
qualora i flashback la sconvolgessero più del dovuto e le
disse che si sarebbero trovate la settimana successiva per imparare
come gestirli al meglio.
Quando Lexi uscì dal piccolo ed accogliente studio della
dottoressa, l'aria fredda di fine febbraio che minacciava neve le
sferzò impietosa il viso ancora leggermente arrossato dal
pianto, ricordandole come la vita vera fosse un pochino più
difficile di quanto potesse sembrare dentro quelle quattro mura sicure.
Vide un gruppo di ragazze che stava passando sul marciapiede dall'altro
lato della strada ed il suo primo istinto fu quello di nascondersi,
perché non era ancora abituata a tutte quelle attenzioni da
parte della gente, ma i suoi tentativi di mimetizzazione con l'asfalto
non ebbero grandi risultati, tanto che il gruppetto cominciò
a confabulare e poi a farsi strada verso di lei. Sarebbe potuta
scappare, come faceva quasi sempre, oppure smetterla di essere
così paurosa e provare qualcosa di nuovo.
“Se le cose si fanno difficili posso sempre dire che ho un
impegno e scappare...”.
Prese un profondo respiro e sorrise alle cinque ragazze di circa
diciassette anni che aveva di fronte: poteva farcela.
-Tu sei Lexi Golder, vero?
Chiese una di loro, forse quella più intraprendente.
-Sì, sono io...
-Oddio ciao!!
-Ciao. Piacere di conoscervi ragazze...
-Piacere nostro, Lexi!!!
-Oddio non ci credo!
Un turbinio di mani da stringere e guance da baciare si
fiondò su Lexi che cercò di gestire la cosa al
meglio delle sue possibilità da imbranata cronica quale era.
-Posso chiederti una cosa?
Quella più intraprendete riprese la parola, guardandola
dritta negli occhi. I suoi erano di un verde salvia molto simile a
quello di Hugh. Era pronta per rispondere ad una domanda
sull'incidente? Non l'avrebbe mai scoperto finché non avesse
provato, quindi fece segno di sì con la testa.
-Perché l'hai fatto? Insomma: capisco che ti piacciano, ma
diamine hai rischiato la tua vita per loro!
“Magari evitiamo tutta la parte del non mi interessava molto
della mia vita e del volevo essere ricordata, e teniamoci sul
soft...”.
-Perché non era giusto che migliaia di ragazze si trovassero
senza un motivo per sorridere solo per la pazzia di una persona.
Ed era così. Davvero.
-Grazie Lexi!
Un paio di braccia magre si allacciarono al suo collo e la strinsero
con così tanta gratitudine che credette di poterne rimanere
soffocata, ma era una sensazione bellissima che Lexi non aveva mai
provato e che la faceva sentire viva sul serio. Non poté far
altro che sorridere Lexi, mentre scattava un selfie con quelle ragazze,
mentre le salutava e mentre guidava verso il suo appartamento dal
portone blu in Lexington Street. Sorrideva alla vita e sentiva che,
forse, quella poteva anche essere chiamata felicità.
Hi sweethearts!
Capitolo a dir poco
lungo (praticamente tutto febbraio) ma volevo che poteste vedere i
passi avanti che sta facendo Lexi. Ho scritto questa parte ormai tre
anni fa e vi assicuro che le lacrime sono scese nonostante sia passato
così tanto tempo... Lexi è uno dei personaggi a
cui sono più legata tra tutti quelli di cui ho scritto e
spero sul serio che possiate volerle almeno un po' del bene che le
voglio io ^^
E se da una parte
abbiamo una Lexi che rimette assieme i pezzi della sua vita (salutiamo
Morgan e la notizia shock del matrimonio O.O'), dall'altra abbiamo Nate
che sembra trovare particolarmente interessante il disfare
completamente quello che ha. Un po' i suoi timori nel portare Lexi nel
suo mondo sono comprensibili, ma non so se del tutto giustificabili.
Voi che ne pensate?
Grazie mille per
aver letto fin qui e per le preziosissime recensioni **
A presto (spero)
Lots Of Love xx
|
Ritorna all'indice
Capitolo 32 *** 10th/15th March 2014 ***
10th March 2014
La chiamata arrivò in un noioso pomeriggio di inizio Marzo,
mentre Lexi tentava di riprendere in mano alcuni appunti presi ormai
più di nove mesi prima, per recuperare gli ultimi esami
prima della laurea. Non aveva più voglia di rimandare quello
per cui aveva lavorato negli ultimi tre anni e poi studiare riempiva
quelle giornate infinite in cui non si sentiva ancora pronta ad uscire
di casa ed essere costantemente fermata da qualche fan della band. Era
andata altre due volte dalla dottoressa Lang e le cose cominciavano
decisamente a migliorare: le aveva spiegato alcune tecniche per
controllare i flashback e, nelle prossime sedute, le aveva promesso che
avrebbero iniziato a parlare di quello che si ricordava per dedurne
qualcosa di concreto.
Un timidissimo sole, che illuminava i fogli fittamente scritti di Lexi,
entrava dalla finestra leggermente socchiusa del salotto e la stava
distraendo più del dovuto. Da quando aveva tenuto quella
conversazione nello studio della dottoressa Lang si sentiva strana, era
come se tutto il suo passato interesse per la vita delle persone
vissute molto prima di lei si fosse tramutato in una spasmodica voglia
vivere la sua di vita, rendendo ostico qualsiasi tentativo di
concentrazione. Così, quasi trasse un sospiro di sollievo
quando il suo cellulare, appoggiato sul divano accanto ai suoi piedi,
iniziò a diffondere nell'aria tiepida le note di Through The Dark.
L'aveva messa come suoneria il giorno stesso in cui aveva ascoltato
l'album, perché in fin dei conti, anche se Nate non si era
più fatto vivo, era convinta che quella canzone fosse per
lei. O almeno, Lexi la sentiva sua. -Pronto?
-Pronto Lexi? Sono Pablo... Pablo Higgins.
Cinque secondi di silenzio in cui il cervello di Lexi si accese come
una lampadina e le fece rendere conto chi fosse davvero il suo
interlocutore.
-Oh, buongiorno signor Higgins.
-No, no, no Lexi! Chiamami solo Pablo, per l'amor di Dio! Hai salvato
la vita ai miei ragazzi, dovrei essere io a darti del lei! Ma, saltiamo
tutte queste sciocchezze da galateo e dimmi invece come stai?!
La familiarità con cui le stava parlando era decisamente
disarmante, ma Lexi decise di assecondarlo e capirne di più:
non aveva forse deciso di vivere la sua vita fino in fondo? -Io sto
bene, sì... Sto ricominciando a prendere in mano libri ed
appunti per l'università dato che la mia vita deve andare
avanti, giusto?
-Giustissimo cara! Ma credo che tu possa concederti una piccola pausa
dallo studio per un pomeriggio, no?
-Sì... Penso, di sì... Ma perché
dovrei?
-Perché ho una super sorpresa per te! Voglio dire: hai
aspettato anni per poter incontrare di persona i ragazzi e l'unica
volta in cui è accaduto, tu eri stesa su un letto d'ospedale
senza poter fare o dire nulla, quindi direi che è giunto il
momento di rimediare!
“Ehi, ehi, ehi! Fermi tutti! Pablo, il manager dei The Rush
in persona, mi chiama per dirmi che non è giusto io abbia
ottenuto un solo incontro così e che dunque... No, dai.. Non
può essere... Sarebbe assurdo...”.
-Spero tanto tu sia libera questo sabato, perché cinque
ragazzoni rompi scatole e molto riconoscenti desidererebbero
incontrarti!
Ed eccola là, la notizia che aveva aspettato per gli ultimi
quattro anni e che le fece ricordare qualcosa, di nuovo.
Era ormai nel familiare tunnel nero e la sensazione di non riuscire a
svegliarsi nonostante lo volesse con tutte le sue forze, cominciava a
farle mancare il respiro, ma ciò che le tornò in
mente, in maniera stranamente chiara, era la voce di sua madre che le
annunciava l'arrivo dei The Rush.
Prima che potesse annegare in quella tristezza che la stava sommergendo
per non poterli incontrare davvero, uscì dal ricordo e
respirò a fondo. La luce era diventata un pochino
più forte e cominciava a scaldarle le gambe, lasciando un
piacevole tepore che si diffuse per tutto il corpo.
-Lexi? Tutto bene?
-Sì, sì, è solo che fa strano pensare
di poterli incontrare davvero... Grazie Pablo, grazie davvero.
-Lo prendo per un sì, allora!! Non vedo l'ora di rivederti
Lexi ed anche i ragazzi, credimi! Un'auto passerà a
prenderti verso le tre per potarti nel luogo dell'incontro... E stai
tranquilla: sarà una cosa molto semplice ed informale, anche
perché organizzare qualcosa di sofisticato con quei cinque
è assolutamente impossibile... Bene: allora a sabato Lexi!!
Buona giornata!!!
-Okay... Buona giornata anche a te Pablo!
Il silenzio.
Solo le particelle di polvere che fluttuavano per il salotto,
illuminate dalla luce, a farle compagnia e quel fastidiosissimo
ticchettio dell'orologio a forma di balena che Mia si ostinava a tenere
appeso sopra la televisione.
Il rumore era tutto dentro di lei.
Ce l'aveva fatta, no? Era riuscita ad avere la possibilità
di incontrarli e, perché no, di conoscerli. Si sarebbe
dovuta sentire pienamente ed infinitamente felice.
“Ma allora perché mi sento
così?”.
Era una sensazione di terrore subdolo che si espandeva dal fondo del
suo stomaco, diffondendosi in ogni cellula del suo corpo, rimanendo
nascosto in un angolo, ma costantemente presente. Lexi avrebbe tanto
voluto capire da dove sbucasse fuori quella paura irrazionale, di non
sapeva nemmeno lei cosa. Il suo sguardo cadde sull'album che i ragazzi
le avevano fatto avere in anteprima e che ormai aveva consumato: era
appoggiato sul tavolino basso, in mezzo a maree di bozzetti di Mia e
fogli di appunti sulla gerarchia matriarcale delle società
primitive, eppure un fascio di luce cadeva esattamente su di lui, come
ad indicare la risposta a tutto.
-Ed ora?
Era quella la domanda che la terrorizzava: che cosa avrebbe fatto dopo?
Gli ultimi quattro anni erano trascorsi cercando di andare avanti, tra
concerti in cui era sempre troppo lontana o anonima per essere notata e
nuovi album che dopo tre mesi diventavano vecchi e la spingevano a
voler qualcosa di nuovo; tra l'inseguire un amore lontano ed
impossibile e la certezza che, non arrivando mai a ottenerlo, avrebbe
potuto continuare a sognarlo, senza cercare altri sogni per cui
lavorare.
-E adesso che faccio? Lucas ha trovato la donna della sua vita ed io li
incontrerò davvero... E poi? Poi cosa mi rimarrà?
Perché sono stata così stupida da non crearmi un
sogno mio in tutti questi anni?
Non cercò di fermarle quelle lacrime, poiché
sapeva già che sarebbe stato inutile e frustrante,
così le sentì cadere pensanti sui fogli
appoggiati sulle sue gambe, cominciando a confondere le parole scritte
con una grafia minuscola, quasi fossero anche loro impaurite del mondo
come la mano che le aveva tracciate. La dottoressa Lang le aveva detto
di assecondare le sue emozioni, ma che cosa sarebbe successo se un
giorno non fosse stata capace di gestirle? Sarebbe finita alla deriva,
senza la luce di un faro a guidarla verso un porto sicuro?
Di nuovo il buio.
Di nuovo lo stesso tunnel che ormai aveva imparato a conoscere. Solo
che questa volta una voce le giungeva più chiara alle
orecchie, come se però fosse emessa da un computer, mentre
una chitarra cercava di suonare il più dolce possibile.
“ ... Hope
your heart is strong enough... When the night is coming down on you...
We will find a way through the dark... Io... Sai...
Insomma... Magari cantata solo da me non fa lo stesso effetto,
però spero ti sia piaciuta lo stesso... Io... Sì,
io l'ho scritta pensando a te... Volevo che lo sapessi...”.
Lexi riaprì gli occhi e sbatté le palpebre un
paio di volte, incapace di credere a quanto avesse appena rivissuto.
Quello era Nate, ne avrebbe riconosciuto la voce dolce e allegra anche
in mezzo ad una folla urlante. Quel ragazzo era strano, parecchio
strano. L'aveva sempre reputato una persona interessante da conoscere,
una di quelle capaci di farti ridere solo con la loro presenza
all'interno di una stanza, con un'innata propensione per fare figuracce
e l'adorabile capacità di far sì che tutti si
affezionino a loro. E quel ricordo sembrava confermare la sua ipotesi,
ma l'atteggiamento che aveva tenuto nei suoi confronti nelle ultime due
settimane non poteva che smentirla. Non le aveva più scritto
su Twitter, ne' risposto e non si contavano più le sue foto
con ragazze sempre diverse nei locali più disparati di New
York: quello non era il vero Nate, lo sapeva lei, lo sapevano tutte le
altre fan.
Ma soprattutto lo sapeva lui, che in quel preciso momento, si stava
chiedendo come fosse finito ad essere etichettato “lo
sciupafemmine” del gruppo nell'arco di dieci giorni. Nate, le
ultime due notti, le aveva trascorse in camera di Hugh,
poiché non riusciva più a stare in quelle stanze
d'albergo troppo grandi e vuote per i suoi gusti. Fortunatamente,
l'amico aveva accettato di buon grado, anche perché sembrava
odiare parecchio quel viavai di ragazze alle prime ore dell'alba, che
poi si trasformava inevitabilmente in una sequela infinita di foto e di
illazioni su Twitter. Così, come quasi tutti i pomeriggi da
quando erano arrivati nella Grande Mela, erano in attesa che li
andassero a prendere per l'intervista del giorno, Hugh seduto sul letto
a petto nudo e i capelli ormai troppo lunghi legati in un codino, che
smanettava con il cellulare e lui appoggiato con la fronte sulla
finestra fredda, cercando tra il traffico dell'ora di punta un segno
che gli chiarisse le idee.
-Lexi ha appena tweettato...
La voce di Hugh lo riscosse dal torpore che la nebbia di pensieri ormai
familiare gli faceva provare quasi costantemente e lo guardò
con uno sguardo vacuo, che preoccupò parecchio il bel
inglese.
-Nate: ho detto che Lexi ha tweettato! Non mi chiedi che cosa?
-Dovrei?
Lo vide alzarsi ed incedere ad ampie falcate verso di lui, agevolato
dalle gambe lunghe che madre natura gli aveva regalato, cosa che invece
non aveva fatto con lui, impedendogli anche solo di pensare di fuggire
da lì. Hugh gli si parò davanti e, come se tutto
il furore di prima fosse sparito in un soffio di vento freddo, si
sedette sulla poltrona vicino alla finestra ed indicò a Nate
di occupare quella di fronte: era giunto il momento di fare quattro
chiacchiere.
-Sì, dovresti... Perché è vero che le
cose non sono state semplici per voi e che con ogni
probabilità, senza rendermene conto, sono stato io il primo
a dirti di andare avanti ma non pensavo ti saresti ridotto
così! Sei lo spettro di te stesso Nate! E poi che cazzo sono
tutte quelle tipe che entrano ed escono dalla tua stanza ogni mattina?!
-E da quando in qua tu usi questo linguaggio?
-Sono serio, Nate! Non mi avresti mai dato una risposta del genere tre
mesi fa...
-Tre mesi fa avevo ancora lei!!!
Nate si trovò in piedi, le braccia aperte come a voler dire
quanto ovvia fosse quell'affermazione, la voce troppo alta per una
pacata chiacchierata tra amici e uno sguardo frustrato più
eloquente di tutto il resto. Si risedette stancamente sulla poltrona,
lasciando che le mani torturassero i capelli sempre meno biondi che Lou
avrebbe impiegato altri dieci minuti a sistemare, prima di andare in
onda. Era stanco e non aveva più una singola idea sul da
farsi.
-Ce l'avresti ancora, se solo volessi...
Hugh si era alzato, incamminandosi verso la porta della camera, forse
anche lui stanco di tutta quella situazione ed incapace di trovare una
soluzione. Poi, però, si fermò sulla soglia e,
voltandosi velocemente verso Nate, gli disse:
-Leggi che cos'ha scritto...
Mentre il rumore del legno che schioccava sotto la spinta di Hugh
riempiva la stanza, Nate prese il cellulare dalla tasca e
andò sul profilo di Lexi. Le parole che lui aveva composto
per lei, campeggiavano in quel piccolo spazio bianco che era l'ultimo
tweet spedito. Che si fosse ricordata? O che avesse capito come quella
canzone fosse per lei? In entrambi i casi, nulla avrebbe potuto
semplificare le cose: lei era una ragazza normale, per quanto lo
potesse essere una persona come Lexi, capace di ammaliare con un solo
sorriso, mentre lui era quello che era. Quindi no: non l'avrebbe avuta
lo stesso.
15th
March 2014
-Questo o quello verde?
-Escludendo il fatto che non è banalmente verde, ma verde
petrolio, direi questo...
-Escludendo il fatto che sei pignola come mia nonna Amalia, puoi per
favore toglierti quel sorriso sornione dalla faccia, Mia? E' abbastanza
irritante.
Lexi tornò in camera sua, gettando il vestito di pizzo
bordeaux che teneva tra le mani sul letto e cominciando a togliersi il
pigiama con cui aveva pensato di presentarsi all'incontro: che
differenza avrebbe fatto, in fin dei conti?
-Si può sapere che succede Lexi? E' da quando hai ricevuto
quella chiamata che sei irritabile come una donna in pieno travaglio!
Lo sguardo inceneritore che Lexi lanciò alla ragazza
appoggiata sulla porta ed intenta ad annegare un cornetto al cioccolato
dentro una tazza di tea, fece capire ad entrambe che qualcosa non
andava e che fosse giunto il tempo di una chiacchierata a cuore aperto
tra amiche. Peccato che nessuna delle due fosse proprio un asso nel
fare la prima mossa, ma quel silenzio carico di aspettative
snervò definitivamente Lexi, che si lasciò cadere
pesantemente sul letto, con ancora addosso i pantaloni consunti del
pigiama ed uno sguardo perso ne vuoto. Istintivamente, si
coprì la faccia con le mani, rischiando di rovinare lo
smalto rosa antico (a detta di Mia) che aveva appena impiegato venti
minuti a mettere, cercando di distrarsi dall'inevitabile.
Sentì il corpo di Mia gettarsi sulle lenzuola ancora sfatte,
facendola rimbalzare leggermente: l'aveva sempre pensato che quel
materasso fosse troppo morbido per chiunque, ma sarebbe stata un'illusa
a pensare di poter dare la colpa a quello per le ultime cinque notti
passate completamente insonni. -Io non credo di farcela.
Ecco: l'aveva detto.
Quando quel giorno Mia era tornata a casa e Lexi le aveva dato la
favolosa notizia, in meno di cinque minuti il cervello di Lexi aveva
cominciato a lavorare correttamente ed una serie infinita di dubbi,
domande, paure, insicurezze e discorsi senza senza senso si era
indaffarata ad occuparle la testa, rendendo la prospettiva di
incontrare i The Rush tutto fuorché una favola. Si tolse le
mani dalla faccia e le intrecciò sulla pancia nuda:
nonostante fosse solo Marzo, quel giorno faceva particolarmente caldo,
come se anche il clima stesse impazzendo assieme a lei. Dopo un ultimo
morso al croissant, Mia girò di poco la testa di modo da
poter osservare meglio l'espressione dell'amica e si accorse di non
averla mai vista così tanto stanca come in quel preciso
momento. Le guance un poco scavate, continuavano a tirarsi sotto la
stretta quasi compulsiva della mandibola; la fronte si aggrottava ad
ogni respiro, come se questo portasse con se ondate travolgenti di
pensieri; occhiaie violacee erano ben visibili sotto gli occhi
leggermente gonfi, segno che anche quella notte fosse trascorsa
piangendo ed ascoltando il suo Ipod. Lo sentiva benissimo quando
accadeva, ma negli anni aveva imparato come fosse meglio lasciarla sola
in quei momenti, sapendo quanto si vergognasse a farsi vedere
così.
-Lexi, ne abbiamo già parlato: è solo uno stupido
incontro. Con ogni probabilità vi stringerete la
mano, vi scambierete qualche frase di circostanza e farete delle foto
che finiranno su tutti i siti internet possibili. Fine della storia!
Cercò di suonare il più convincente possibile, ma
sapevano entrambe che non sarebbe affatto andata così:
conoscevano quei cinque ragazzi abbastanza bene per poter dire con
certezza che non si sarebbero limitati a “qualche frase di
circostanza”. Ad essere sincera, Mia sperava davvero tanto
che nessuno di loro se ne uscisse con la fatidica domanda riguardante
la motivazione per cui l'avesse fatto, ma ne dubitava fortemente, forse
perché, nella loro situazione, lei avrebbe fatto
altrettanto.
-Lo sai che non sarà così, Mia... Siamo sinceri:
Lewis parla anche per buchi da cui non dovrebbero uscire suoni
articolati...
-Ma che volgare che sei Lexi!!
L'aveva detto ridendo, ma sapeva di aver messo in imbarazzo Lexi, che
infatti si stava accorgendo della frase ambigua che aveva appena
pronunciato, alzandosi di scatto a sedere e guardandola sconcertata:
quando faceva così era adorabile e non poteva credere che
Nate se la sarebbe davvero fatta sfuggire.
-Non intendevo quello, cretina!!! Io pensavo alle orecchie! Sei uno
strazio, Mia...
-E tu irrimediabilmente imbarazzante!
-Io non sono imbarazzante!!
-Vogliamo parlare del reggiseno che hai addosso?!
Adesso erano entrambe sedute e la faccia demoralizzata con cui Lexi si
guardò il petto fece scoppiare a ridere Mia, tanto da
costringerla a ributtarsi sul letto e tenersi la pancia.
-Che cos'ha che non va?! I pinguini sono bellissimi!
-Sì, se avessi dodici anni Lexi... Hahahahahaha!!! Ma che
caz...
Mia non riuscì a finire la frase perché fu
soffocata da una raffica di cuscinate che, una sempre più
scarmigliata, Lexi non si risparmiava di lanciarle. Quando entrambe
furono ad armi pari, cominciò una lotta all'ultima risata
soppressa da un cuscino, che se il cellulare di Lexi non avesse
cominciato a squillare sarebbe sicuramente finita per metterle a
soqquadro la camera. Lo ritrovò sommerso tra le coperte e
quando rispose, aveva il fiato corto, i capelli trasformati in un
pagliaio e lo smalto del tutto rovinato.
-Pronto?... Sì, tutto bene... Io stavo solo... Nulla, dimmi
Pablo... Anticipare l'incontro? Di un'ora? Quindi... Oh... Ehm... Okay,
ora devo andare... Ciao! Abbiamo un problema.
-Un altro?!
-Mia: mi vengono a prendere tra quaranta miseri minuti!
Sguardo d'intesa tra Mia e Lexi, di quelli che si scambiavano da quando
avevano sei anni ed avevano capito che in due era più
divertente combinare malanni e più semplice sfuggire alla
punizione.
-Allora all'opera!!!
Trentacinque minuti, una seduta di trucco intensivo, sette cambi
d'abito, un incontro di pugilato con il phone e due paia di calze rotte
dopo Lexi stava vagabondando come un'anima in pena per il salotto,
mentre Mia cercava di recuperare le forze dalle punte dei piedi per
dirle di calmarsi, come se non glielo avesse ripetuto già un
milione di volte. -Mi stai consumando il pavimento così!
Piantala di andare avanti e indietro, Lexi!
-Sono nervosa, okay? Sono dannatamente e fottutamente nervosa...
-Guarda: non l'avevo capito.
Lo sguardo inceneritore che ricevette in risposta fece capire a Mia di
riservare il sarcasmo per altre occasioni e di trovare una soluzione a
quel fascio di nervi iperattivo che si ritrovava come migliore amica.
La blocco per le braccia quando le passò affianco e la fece
voltare nella sua direzione.
-Adesso ti siedi ed aspetti che quel cavolo di campanello...
Non ebbe tempo di terminare la frase, perché un suono per
nulla armonioso riempì la stanza ed avvisò
entrambe dell'arrivo della macchina. Che fosse pronta o meno il momento
era arrivato e l'opzione di tirarsi indietro non era contemplata.
-Non ce la faccio.
Mia si rese conto che Lexi era letteralmente terrorizzata da
quell'incontro e non ne riusciva a capire bene le motivazioni.
Lexi invece le aveva tutte elencate in ordine d'importanza davanti ai
suoi occhi sbarrati e non riusciva a far altro che scorrerle
freneticamente.
-Ora tu apri quelle orecchiette a punta che ti ritrovi e mi ascolti.
Le mani sulle spalle dell'amica e il celeste affilato del suo sguardo
puntato nel marrone cioccolato di Lexi, come a volerlo fondere
per incastonare quelle parole dentro di lei. -Sei una persona speciale
e chiunque abbia la possibilità di conoscerti lo capisce.
Sono sicura che loro ti adoreranno proprio come faccio io e a me non
hai nemmeno salvato la vita, fai te... Ora vai da loro e sii
semplicemente te stessa!
Lexi avrebbe tanto voluto dirle che le voleva bene, che si sentiva
fortunata ad averla come amica, ma si limitò a sorriderle e
ad annuire, sperando che Mia le leggesse nel pensiero come faceva
sempre. Piegò e mise in un cassetto della sua mente la lista
dei motivi per cui fosse terrorizzata da quel pomeriggio,
afferrò la sua fidata tracolla marrone ed una giacca di
jeans leggera, ed uscì di casa, mentre Mia le urlava dalle
scale di divertirsi e di comportarsi bene.
“Nemmeno dovessi andare ad un rave... Alle volte è
più iper protettiva di mia madre... Cazzo mia
mamma!!”.
In quel momento si rese conto di non averla avvisata dell'incontro con
i ragazzi tanto era stata impegnata a farsi paranoie su paranoie,
così mandò un messaggio veloce a Mia per
chiederle di farlo al posto suo, mentre un Pablo tutto sorridente si
stava avvicinando a lei.
-Ciao Lexi! E' un piacere rivederti!
-Almeno questa volta sono sveglia!
“Ma che cazzo ho detto?! E' meglio se mi do una controllata e
conto fino a undicimila prima di dire qualsiasi cosa...”.
Con sua grande sorpresa, però, sentì la risata
roboante di Pablo diffondersi nell'aria frizzante di quel pomeriggio
per poi stringerla, altrettanto inaspettatamente, in un abbraccio.
-Grazie Lexi! Grazie davvero.
Non poteva commuoversi o il mascara sarebbe colato sulle sue guance
trasformandola in una maschera di Halloween in meno di due secondi,
così ricambiò quella stretta potente e
cercò di cambiare discorso.
-E' un piacere anche per me, conoscerti Pablo. Allora: dove mi porti?
Si staccarono e Lexi gli rivolse un sorriso dei suoi, quelli semplici
ma incisivi, che rimangono dentro le persone che li ricevono, tanto che
Pablo si trovò a pensare a come quella ragazza fosse
veramente un dono venuto dal cielo per tutti loro, senza ombra di
dubbio.
-Ti porto in un posto speciale che sono sicuro ti piacerà.
Le aprì lo sportello posteriore della berlina nera con cui
era andato a prenderla e cominciarono a scorrazzare per Londra,
attirando gli sguardi dei passanti per strada: evidentemente, i
finestrini oscurati dovevano fare il loro effetto sulla
curiosità della gente. Le strade illuminate dal primo timido
sole di una primavera che stranamente sembrava aver voglia di arrivare,
sfrecciavano davanti agli occhi brillanti di Lexi, ormai giunta a
quello stato emotivo dove si è pronti ad accettare qualsiasi
cosa possa accadere. Non era rassegnazione e nemmeno fibrillazione.
Forse c'era un accenno di curiosità ed un pizzico di
tensione, ma sicuramente era qualcosa di nuovo che Lexi non aveva mai
sperimentato e la cosa le andava bene così.
Si fermarono davanti ad un enorme palazzo fatto di vetrate e metallo,
capace di catturare i raggi del sole di Londra rendendoli mille volte
più brillanti: una sorta di monito per chi ci entrava di
come quella fosse la sede di una delle più famose case
discografiche di successo al mondo. Pablo le aprì lo
sportello sempre con quel sorriso enorme stampato sul volto, quasi
fosse lui quello che stava per incontrare il suo gruppo musicale
preferito e la accompagnò attraverso le porte girevoli di
vetro e l'ampio atrio gremito di persone che si voltarono tutte nella
loro direzione. Lexi non si sentiva così tanto osservata da
quando era uscita dall'ospedale tre mesi prima ed era stata assediata
da una folla inferocita di paparazzi. Nemmeno l'unica intervista che
l'avevano convinta a rilasciare le era sembrata una tortura quanto
attraversare quei dieci metri di marmo incerato, prima di nascondersi
dentro l'ascensore che Pablo aveva chiamato per loro. Si
appoggiò, senza farci molto caso, alla parete di legno scuro
ed osservò il suo riflesso sullo specchio che faceva da
soffitto. Una sola domanda le affollava la mente, pulsando a caratteri
cubitali dentro alla sua testa.
“Che vita è questa??”.
Come si era ritrovata lei, anonima ventiduenne con un sacco di grilli
per la testa e nessuna luna sotto cui frinire, a frequentare case
discografiche di alto livello per incontrare cinque star
internazionali, dopo essere stata prelevata dal suo appartamento da una
vera e propria guardia del corpo? Doveva esserle sfuggito qualche
passaggio e l'avrebbe volentieri cercato nei meandri della sue infinite
congetture mentali, se la voce di Pablo non l'avesse richiamata a
quella strana realtà che stava vivendo.
-Non ti devi preoccupare, Lexi. Anche se può non sembrare,
sono ragazzi normali, dico davvero... Al massimo sono più
casinisti ed infantili, ma credo che con te si comporteranno bene!
Altro sorriso incoraggiante da parte dell'uomo, altra fitta di
apprensione dritta allo stomaco di Lexi. Lo sapeva bene che erano
ragazzi come tutti gli altri, con uno di loro c'aveva frequentato la
stessa scuola per tutta l'adolescenza, la sostanziale differenza stava
nel fatto che: per uno aveva avuto una cotta colossale per undici anni
della sua esistenza, un altro le aveva più o meno
esplicitamente dedicato una canzone del loro ultimo album ed aveva
sostanzialmente salvato la vita a tutti loro. Sì, quello non
rendeva le cose più semplici. Le porte dell'ascensore si
aprirono e Lexi si trovò di fronte un lungo corridoio dalle
pareti bianche interrotte da qualche porta in vetro che si affacciava
su numerosi uffici, da cui un numero non ben precisato di persone si
stava sporgendo per poterla vedere di persona e salutarla. Non sapeva
come comportarsi, ma soprattutto maledì mentalmente Mia che
l'aveva costretta a mettersi un paio di decoltè nere con
tacco dieci che la rendevano pericolosamente instabile sulla moquette
grigia che ricopriva il pavimento. Sorrideva e non poteva far altro che
continuare a riavviarsi i capelli sempre più lunghi con la
mano libera da borsa e giacca, tralasciando il fatto che fosse
sudatissima ed appiccicosa.
“Che figura ci farò quando dovrò
presentarmi? Ma forse lo sanno già chi sono... No, loro lo
sanno già chi sono... Oddio che ansia... Respira Lexi, su...
Che cosa ti ha detto la dottoressa Lang? Controlla il respiro e tutto
andrà bene... Inspira ed espira... Inspira ed espira...
Inspira e”.
-Lexi? Dai pure la giacca a Lucy, siamo arrivati!
Si riscosse da quello stato di trance in cui sembrava essere caduta e
consegnò distrattamente la giacca di jeans ad una donna
sulla quarantina, con un caschetto alquanto alla moda ed un paio di
occhiali dalla montatura rossa, che la stava guardando con uno sguardo
tra l'ammirato ed il timoroso: che fosse lei a farle quell'effetto?
-Scusi, signorina Golder?
“Mi ha dato davvero del lei?? Oddio che ansia!”.
-Mi chiami pure Lexi, la prego...
Dal nulla, tra le mani della donna, comparvero una penna ed un
blocchetto per gli appunti, di quelli costosi che Lexi aveva sempre
sognato di possedere una volta che il suo primo romanzo storico sarebbe
diventato un best seller in almeno dieci paesi europei, e ben presto se
li ritrovò sotto il naso, mentre l'impiegata della Psyco
Records le chiedeva:
-Oh, okay Lexi... Potresti farmi una dedica ed un autografo per le mie
due gemelle? Sono due tue grandi fan, ti ammirano così tanto
e questo sarebbe il regalo di compleanno perfetto per loro!
-Lucy per favore! Lasciala respirare! Ha un incontro importante che la
aspetta!
-No, no... Va bene. Come si chiamano?
-Oh che gentile! Debra e Missy...
-Allora... A Debra e Missy un enorme augurio di buon compleanno ed un
abbraccio! Lexi xx... Può andare bene?
Pablo intanto aveva aperto la porta dello studio di Simon, il fondatore
della casa discografica, dove si sarebbe tenuto l'incontro, esponendo
così Lexi allo sguardo di cinque ragazzi a dir poco
spiazzati. Era vero: l'avevano vista parlare e respirare autonomamente
durante quell'intervista che aveva rilasciato qualche tempo prima, ma
l'ultima volta che l'avevano vista di persona Lexi era distesa su un
letto d'ospedale, un camice bianco come abbigliamento e una marea di
cavi che le uscivano da naso e braccia, un pallore impressionante a
caratterizzarne il volto. Quella che avevano di fronte a loro, mentre
firmava con un piccolo sorriso e un po' di incertezza nelle mani un
autografo, era tutt'altra persona e ad ognuno di loro fece un effetto
diverso.
Lewis non faceva altro che pensare che fosse più bella di
quanto se la ricordasse e che Ellie avesse avuto ragione quando gli
aveva detto che era una ragazza davvero gentile ed alla mano, lo poteva
capire da come si stava comportando con quella donna che non aveva mai
visto prima in vita sua.
Zach si perse a contemplare le movenze leggermente impacciate con cui
Lexi faticava a destreggiarsi tra borsa, blocchetto per gli appunti,
penna e capelli che continuavano, indisciplinati, a caderle davanti al
volto. Era una persona spontanea e ben poche volte gli era capitato di
incontrarne, così si sentì infinitamente
sollevato da quella constatazione perché era stato
fortunato: se mai Lexi si fosse ricordata qualcosa, le sue confessioni
sarebbero state al sicuro perché di lei sentiva di potersi
fidare davvero. L'unica domanda che affollava la testa di Lucas era:
come aveva fatto a non accorgersi mai di Lexi? Insomma, doveva dare
ragione a Sophia quando lo aveva chiamato, dopo la sua visita
nell'appartamento di Lexington Street, per dirgli che era stato un
cretino a lasciarsela sfuggire. Non solo perché era una
ragazza indubbiamente bella ma anche perché sembrava
dannatamente interessante da conoscere e lui non l'aveva mai degnata
neanche di uno sguardo per undici interi anni. Forse era cieco e non lo
sapeva. Hugh aveva appena mandato un messaggio a Mia per dirle che Lexi
era arrivata ed aveva già fatto colpo su tutti. Lui in
primis. Quella ragazza gli era stata simpatica dal primo istante, anche
se non c'aveva mai realmente avuto nulla a che fare, eppure dai
racconti che la sua ex ragazza gli aveva fornito si era fatto un'idea
piuttosto precisa di Lexi ed osservandola con quella donna non poteva
far altro che confermare la sua prima impressione: era speciale ed
averla nella propria vita doveva essere davvero qualcosa di unico. Fu
per questo che decise di trovare un modo per farcela stare il
più a lungo possibile.
Sapeva che si sarebbe dovuto dare malato. O dire che gli era morto un
gatto che non possedeva. Oppure inventare un'improvvisa invasione
aliena sopra casa sua. In ogni caso, Nate sapeva che non sarebbe dovuto
andare all'incontro di quel pomeriggio. Il motivo era semplice: ci
sarebbe stata lei. Colei di cui non riusciva più nemmeno a
pronunciare il nome e che ora era a pochi passi da lui, in tutto il suo
disarmante splendore. Non assomigliava a nessuna delle modelle con cui
se l'era spassata nelle ultime settimane, non aveva nulla in comune con
le donne con cui aveva avuto a che fare in tutta la sua vita, non
poteva essere messa a paragone con la compagna dei suoi sogni.
Lexi era semplicemente unica ed in quel momento Nate se ne rese conto
con una stretta dolorosa allo stomaco. Il vestito a maniche corte di
pizzo bordeaux le fasciava perfettamente il busto e il seno piccolo che
aveva, per poi aprirsi in una gonna leggermente gonfia, fino a
metà coscia. Le calze nere ed i tacchi non stavano avendo un
effetto positivo sul cervello già in panne di Nate e, come
se tutto questo non fosse già abbastanza, ci si mise pure il
sorriso imbarazzato e dannatamente sensuale che dedicò alla
donna con gli occhiali rossi, mentre le riconsegnava penna e
blocchetto. Poi si voltò verso di loro e Nate
capì di essersi perdutamente innamorato di una ragazza con
cui non aveva mai parlato per la terza volta nell'arco di sette mesi.
Li aveva seguiti per quattro anni.
Era andata a tutti i concerti che le sue scarse finanze le avevano
permesso.
Aveva fatto follie per i The Rush, tra cui quella di prendersi una
pallottola in piena spalla e restare in coma per cinque mesi, ed ora
erano davanti a lei, finalmente. Ed erano stranamente normali. Cinque
ragazzi che avrebbero benissimo potuto essere suoi compagni
d'università.
Questa nuova consapevolezza la lasciò interdetta per qualche
secondo: che avesse idealizzato troppo quei cinque individui tanto da
non ricordarsi più che fossero persone vere? La risposta
arrivò chiara e lampante come il sorriso radioso che Hugh le
stava rivolgendo, lasciandola senza fiato. Perché
sì, per quattro anni aveva vissuto in funzione di quella
band; per quattro anni aveva smesso di pensare che il tempo stesse
scorrendo anche per lei, che la vita andasse avanti nonostante lei
fosse bloccata in una gabbia che si era creata da sola, fatta di paure
e sogni infranti; per undici anni era stata innamorata di una ragazzo
di cui non sapeva realmente nulla e che ora la guardava vagamente
imbarazzato, forse in cerca di una scusa plausibile da rifilarle
qualora le cose si fossero fatte imbarazzanti tra di loro. Ma ora quel
tempo era passato. Non poteva riscrivere la sua vita degli ultimi
quattro anni, ma poteva sempre decidere con che colori dipingere il
futuro che si apriva davanti a lei e che stava assumendo delle
tonalità sempre più azzurre, come gli occhi di
Nate, puntati nei suoi. Lexi si trovò in
difficoltà sotto quello sguardo che sembrava voler dire
molto più di quanto lei riuscisse a capire, così
interruppe quel contatto con lui e si concentrò su un Pablo
sempre più indaffarato con delle bottigliette d'acqua
apparse da chissà dove che entrava nella stanza, sorridendo
come se non fosse una delle situazioni più strane di sempre.
- Allora: avete già fatto le presentazioni?
Un silenzio indeciso cadde sulla sala e l'uomo, dopo aver appoggiato le
bottiglie sul tavolo di vetro alla destra di Lexi, si voltò
a guardarli stupito.
- Ma si può sapere che vi prende? Avete perso la lingua
oggi?
Hugh scosse la massa ormai informe di capelli mossi che si ritrovava
davanti agli occhi e sorrise a quell'ovvietà detta dalla
loro guardia del corpo: il vero problema era che nessuno di loro sapeva
bene come comportarsi ed essendo lui quello che di solito sistemava le
situazioni difficili, decise di farsi coraggio e sciogliere tutta
quella tensione.
- Direi che non ci sia bisogno di molte presentazioni, Pablo.
Però un abbraccio a Lexi lo darei volentieri!
“Aspetta: com'è che si fa a respirare?? Qualcuno
ha un manuale di istruzioni per l'uso dei polmoni? No? Peccato...
Vorrà dire che avrò un collasso a breve! Oh, ma
piantala Lexi! Ed ecco che riparlo con me stessa in terza persona...
Diventerò mai una persona normale?”.
A quella domanda Lexi non ebbe il tempo di rispondere,
perché Hugh si era avvicinato a lei con il suo imponente
metro e ottantacinque di altezza e la camicia aperta fino a
metà a lasciar intravvedere la catenina che indossava sempre
e i svariati tatuaggi che gli coprivano la pelle e che la stavano
vagamente imbarazzando. L'accolse letteralmente tra le sue braccia
forti e per un attimo il cuore di Lexi si bloccò,
perché quell'abbraccio era esattamente come se l'era sempre
immaginato: rassicurante, protettivo e affettuoso oltre ogni limite
sopportabile.
- Sono felice che tu sia qui... Grazie.
Quel sussurro roco soffiato sull'orecchio la lasciò
così destabilizzata che nemmeno si accorse dell'avvicinarsi
di Lewis e Zach, il secondo decisamente più a suo agio del
primo.
- Ciao Lexi! E' bello riuscire a parlarti e sapere che ora puoi anche
rispondere!
Non riuscì a trattenersi dal ridere Lexi, mentre ancora
scambiava con Lewis un abbraccio piuttosto impacciato, non essendo
nessuno dei due un grande amante del contatto fisico. D'altra parte,
Ellie l'aveva avvertita su quanto, alle volte, potesse essere
imbarazzante il suo ragazzo. Quando Zach le fu abbastanza vicino, Lexi
poté sentire l'odore di tabacco pizzicarle il naso,
mescolandosi però con un dolce aroma di vaniglia che
sicuramente proveniva dallo shampoo che usava, forse rubato a Paige,
creando una fragranza inebriante, proprio come aveva sempre pensato
Lexi. Le stava regalando uno di quei suoi sorrisi tra l'enigmatico ed
il cordiale che facevano sciogliere chiunque li ricevesse, tanto che fu
costretta ad abbandonarsi alle sue braccia per convincersi che fosse
tutto reale e non l'ennesimo sogno.
- Ciao Lexi... Sono davvero felice che tu sia qui... Davvero.
Nel suo tono di voce, la ragazza vi scorse una sincerità
così profonda da lasciarla senza fiato, nemmeno le avesse
confessato di essersi innamorato di lei. Zach era destabilizzante e non
l'aveva mai capito davvero, anche se lui sembrava esserci riuscito con
lei in meno di un secondo.
E poi fu il turno di Lucas.
Che avrebbe dovuto fare? Che avrebbe dovuto dire? Che cosa si
aspettavano tutti che accadesse?
“Sinceramente non mi interessa... Non ha senso vergognarsi
per un sentimento come quello che provavo per lui... Basta solo che me
ne convinca prima che si avvicini troppo...”.
- Ciao Lexi...
“Oh Lucas, perché non hai fatto come tutti gli
altri e mi hai abbracciato senza rovinare tutto con le parole? Adesso
come ne usciamo da quella che certamente sarà una delle
conversazioni più imbarazzanti di sempre?!”.
-Ciao Lucas...
Lexi sorrise, perché nonostante tutto era finalmente
riuscita ad avere quegli occhi nocciola posati solo ed unicamente su di
lei.
“Ho come la sensazione di averla già pensata
questa cosa... Non ora Lexi, concentrati!”.
Lucas sorrise in quella maniera un po' sghemba, che le ricordava il
bambino di undici anni che aveva varcato la soglia della sua classe in
prima media, con il suo zainetto di Toy Story e lo stesso sorrisetto,
semplicemente felice della vita, sconvolgendole l'esistenza per sempre.
Era strano ripensare a tutto quello che aveva fatto per quel ragazzo,
ad ogni sogno che aveva riempito le sue notti da adolescente, a tutte
le lacrime versate per la subdola consapevolezza che lui non si sarebbe
mai accorto di lei. Invece si era sbagliata, perché in quel
momento era il centro del mondo di Lucas. Ed in quello stesso momento,
tra le sue braccia possenti, una sensazione di pace si diffuse nel suo
corpo, non perché avesse trovato il suo posto nell'universo,
ma come se quel gesto suggellasse la fine di una sezione della sua vita
e lasciasse andare una parte di lei, permettendole finalmente di
voltare pagina.
- Sono contento di conoscerti davvero... Non potrò mai
ringraziarti abbastanza, Lexi.
La presa del ragazzo si fece più potente, come se volesse
farle capire quanto davvero sentisse quelle parole che le stava
dicendo, tanto che Lexi non poté far altro che stringere a
sua volta il tessuto della camicia di jeans che si stava tirando sulle
spalle muscolose di Lucas.
- Lo stai già facendo, Lucas.
Era vero: quell'abbraccio le stava donando qualcosa che aveva cercato
per così tanto tempo, da diventare abbastanza per
ricompensare un coma durato cinque mesi ed una pallottola sulla spalla.
Era libera da quell'amore platonico che si era radicato dentro di lei
negli ultimi undici anni, soffocandole il cuore con le sue radici
robuste ed intricate, come quelle di un baobab.
Era rimasto solo Nate.
Se le sue mani avessero potuto chiedergli pietà, l'avrebbero
già supplicato di smettere quella tortura dall'istante
successivo l'entrata di Lexi in quella stanza. E quell'abbraccio tra
lei e Lucas, non lo aiutava per nulla a calmare i suoi nervi
decisamente troppo tesi, per nessuna motivazione ragionevole. Ma Nate,
oramai, aveva capito che di ragionevole e razionale in quella
situazione non c'era rimasto proprio nulla quindi continuò
indisturbato a martoriarsi le pellicine vicine alle unghie, mentre la
mascella si irrigidiva assieme alla stretta di Lexi sulla camicia di
Lucas. Non doveva esserne geloso, ma non gli riusciva il contrario e
sia Hugh che Zach se ne erano accorti, dato che le occhiate preoccupate
rivoltegli erano tutto fuorché discrete. Ma non avrebbe
fatto nulla, se l'era ripromesso quando aveva saputo dell'incontro con
lei, perché sapeva come quel giorno fosse importante per
Lexi e non aveva alcuna intenzione di rovinarglielo. Almeno in quello
poteva ancora esserle utile: le avrebbe donato un perfetto pomeriggio
con i suoi idoli. Non doveva vedere come uno di loro fosse solamente
una statuina di terracotta frantumatasi al suolo tempo prima e
riattaccata con la colla per l'occasione.
Quando distolse l'attenzione dalle sue mani, Nate si accorse che lo
stavano fissando tutti, Lexi compresa, con uno sguardo indecifrabile ad
oscurarle vagamente le iridi color delle castagne appena mature.
Che fosse bello, Lexi non ne aveva mai dubitato. E quel
giorno, la semplice maglietta nera che indossava non faceva altro che
accentuare maggiormente il candore della sua pelle, la luce del sole
che entrava dalle grandi vetrate rendere più soffici i
capelli lasciati ricadere sulla fronte, stranamente più
lunghi del solito, i jeans chiari e skinny aderire in maniera quasi
illegale alle gambe magre e sode. Ma gli occhi furono ciò
che attirò nuovamente l'attenzione di Lexi sul volto del
ragazzo: un vortice blu-azzurro di emozioni che si scontravano e si
incastravano l'una all'altra, in un'intricata matassa seducente che li
stava sconvolgendo. Impazienza, insofferenza, gioia, dispiacere,
dolcezza, apprensione, rassegnazione. Lexi ne sarebbe stata sicuramente
inghiottita se Zach non avesse dato una leggera spinta sulla schiena di
Nate per farlo avanzare, costringendolo a voltarsi verso di lui per
fulminarlo, rompendo quel contatto visivo. Si avvicinò a
Lexi come un condannato a morte camminava verso la sedia elettrica,
consapevole che, quando la scarica sarebbe arrivata, avrebbe portato
con sé un male insopportabile ed assurdo.
E così fu per Nate un volta che fu abbastanza vicino per
poter vedere le screziature nel rosa delle labbra di Lexi, le stesse
che tre mesi prima aveva baciato e che l'avevano tormentato in sogno
tutte le notti dal suo risveglio. Era di dieci centimetri
più alto di Lexi, ma i tacchi facevano si che il loro nasi
fossero praticamente alla stesso livello e che i loro respiri si
fondessero in una maniera del tutto nuova. Strana. Troppo intima.
Lexi rimase stordita dalle sensazioni che Nate le stava causando: il
suo corpo sembrava rispondere a quello di lui come se lo conoscesse da
sempre, come se quella vicinanza fosse il riprendere un discorso
lasciato in sospeso in un tempo di cui lei forse non ricordava nulla.
Ed il suo profumo di fresco e pulito, che le stava inebriando
l'olfatto, era dannatamente familiare.
Poi accadde di nuovo. Il tunnel. Un paio di labbra sottili e delicate
che si posavano sulla sua fronte per lasciarle un bacio dolce ed
innocente, tanto da scatenarle una scia di brividi sulla pelle,
nonostante il suo corpo non rispondesse ai comandi del cervello e
quello stesso profumo a riempire l'aria attorno a lei.
Ma quando Lexi riaprì gli occhi, i brividi c'erano davvero
sulle sue braccia e le labbra posate sulla sua fronte erano quelle di
Nate.
“Non è possibile... Non dire cretinate Lexi... Ad
averti lasciato quel bacio potrebbe essere stato
chiunque...”.
Eppure, in quel momento, l'inspiegabile stretta allo stomaco che la
stava attanagliando non era dovuta ad una persona qualunque, ma ad un
bellissimo Nate Hanson che si stava allontanando da lei a testa bassa,
senza averle detto una sola parola. Era strano. Era sbagliato. Ma la
fece sentire dannatamente viva.
Nate guardava fuori dalla vetrata, verso una Londra che si stava
risvegliando come i suoi sentimenti dopo aver sfiorato la pelle
delicata di Lexi, incapace di accettare la verità che gli si
era appena palesata davanti agli occhi: la lacrima che aveva visto
nascere sul suo viso e il battito accelerato che aveva percepito mentre
le baciava la fronte, volevano dire più di quanto
sembrasse, perché se solo un semplice contatto come quello
poteva scatenare una reazione del genere, lui doveva starle lontano,
per il suo benessere. Doveva mettere da parte quel briciolo di speranza
che ancora serbava dentro di lui di poterla riconquistare e
dimenticarsi tutto quello che anche un semplice sguardo di Lexi gli
faceva nascere dentro. Per la sua salute e per la normalità
che era giusto lei conservasse. E pensò di sentirsi come
Icaro, quello della mitologia greca di cui Hugh gli aveva raccontato
qualche giorno prima. Dopo aver raggiunto l'ebrezza di volare tanto
vicino al sole da potersi burlare dell'insipido mondo ai suoi piedi,
aveva visto le ali sciogliersi sulle sue spalle, condannandolo a
precipitare nell'oceano. Così Nate si era beato del sapore
di un paio di labbra che non gli sarebbero mai appartenute, aveva
sfidato la sorte donando il suo cuore a qualcuno che non l'aveva mai
conosciuto davvero ed ora non poteva far altro che contemplare i suoi
resti galleggiare sul mare di bugie che si sarebbe dovuto raccontare
per sopravvivere.
- Allora: ci sediamo?
La voce del suo vecchio primo amore arrivò provvidenziale
alle orecchie di una Lexi confusa dal comportamento di Nate,
così si sedettero sul divano ad L color malva che copriva la
parte inferiore della vetrata e che era riscaldato da un tiepido sole
primaverile, donando un'aurea di serenità a chiunque
illuminasse.
- Io mi siedo vicino a Lexi.
La ragazza fu costretta a voltarsi verso Hugh, il quale si era messo al
suo fianco neanche fosse una guardia del corpo.
- E perché scusa? Io devo chiederle un sacco di roba!
Lewis lo guardava indignato, incapace di non cadere nella solita rete
di battibecchi che ogni volta si scatenava con il riccio.
- Ragazzi vi prego! Non cominciate...
A Lexi venne quasi da sorridere quando vide l'espressione esasperata
sul volto di Lucas e ringraziò mentalmente Zach per riuscire
a portare un po' di ragionevolezza in quella situazione surreale.
- E comunque Lexi ha due fianchi. Potete mettervi uno per parte.
La testa di Lexi scattava da uno all'altro, chiedendosi quanti anni
avessero in realtà: ventuno, ventidue e ventiquattro
primavere oppure cinque? Optò per la seconda, sorridendo per
l'assurdità della faccenda: se pensava a tutte le volte in
cui sua madre le aveva detto che era troppo vecchia per perdersi ancora
dietro ad una boyband di ragazzini, cominciava anche a credere che
avesse sul serio ragione. Per lo meno la consolava la consapevolezza di
aver scelto un gruppo di persone decisamente simpatiche su cui
investire tempo e soldi.
- E tu dove vorresti metterti Nate? Tanto, ormai, qui è la
fiera dell'infantilità...
Cinque paia di occhi si concentrarono su di lui, che però
era perso in una contemplazione senza poesia delle strade londinesi
sotto i suoi piedi.
- Lascialo stare, Luc.
Il ragazzo mulatto prese Lucas sotto braccio e lo convinse a sedersi
sul lato corto del divano e Lexi si sentì leggermente a
disagio, come se loro sapessero qualcosa di cui lei, invece, doveva
essere tenuta all'oscuro. Si sedette vicino a Zach, che le sorrise
sincero, per poi essere affiancata subito dopo da Lewis, che le si
lanciò praticamente addosso pur di arrivare prima di Hugh.
Rimaneva giusto un posto per Nate, ma il ragazzo non sembrava
intenzionato ad unirsi al gruppo, rimanendo in piedi, leggermente
discostato dal divano.
- Allora, Lexi, toglimi una curiosità: qual'è
stata la prima cosa che hai pensato quando ti hanno sparato?
Il rumore dello scappellotto che si schiantò sulla nuca del
povero Lewis fu così forte da rimbombare nella stanza enorme
in cui erano, lasciando tutti interdetti, fino a quando la voce roca di
Hugh non riempì quel vuoto.
- Ma allora sei cretino davvero! Ma come fa Ellie a sopportarti? Ti
avevamo esplicitamente detto “Non fare domande
inopportune” e tu che fai? La domanda più
inopportuna di sempre...
-A dire il vero, avrebbe potuto chiedermi perché mi sono
presa un proiettile sulla spalla al posto vostro... Quello sarebbe
stato imbarazzante.
Non se lo sarebbe mai aspettata. Nessuno in quella stanza si sarebbe
mai aspettato di sentire Lexi stessa tirare in ballo l'argomento
più spinoso e al tempo stesso più allettante che
si mischiava tra le varie possibilità di conversazione. Ma
lei si sentì stranamente sollevata di aver avuto tutto quel
coraggio, ora doveva solo trovare un modo per scongelare quei poveretti
che la fissavano in difficoltà, senza sapere che cosa dire.
E poi, lo sguardo di ghiaccio con cui Nate la stava trafiggendo,
cominciava a congelarla dentro.
-Ragazzi, davvero: va tutto bene. Cioè, forse non va bene
che una tipa vada in giro con una pistola e spari a caso alla gente, ma
quello che ho fatto lo rifarei immediatamente. Voi non avete neanche
idea di quante volte mi abbiate aiutato in questi ultimi quattro anni,
così ho solo pensato di ricambiare il favore... Si
può dire che siamo pari, no?
No, non erano pari. Almeno non secondo Nate che si voltò di
scatto verso la porta, come pronto ad oltrepassarla da un momento
all'altro. Tutto quel discorso per lui non aveva senso,
perché nessuno avrebbe dovuto rischiare la vita per qualcuno
che non aveva fatto altro che inseguire i propri sogni avendo la
sfacciata fortuna di riuscire a realizzarli. Non Lexi che era
così speciale e non se ne accorgeva. Hugh si rese conto
dell'improvvisa reazione del biondo e cercò di trovare
qualcosa da dire che lo dissuadesse dall'abbandonare la stanza: sapeva
che stava impazzendo dalla voglia di urlare quello che sentiva dentro e
che si stava però trattenendo per il bene di Lexi, ma doveva
cercare di nasconderlo meglio di come stava facendo.
- Credimi, noi non potremmo mai ricambiare un gesto come
quello che hai fatto tu, Lexi. Sei stata coraggiosa. Ma soprattutto hai
dimostrato un altruismo che in pochi hanno al giorno d'oggi...
- Da quando in qua fai questi discorsi filosofici?
- Tu sei un caso disperato Lewis...
- Ma che ho detto di male, ora?! Insomma: stai parlando come quando
abbiamo incontrato il principe William e Kate! Con tutto il
rispetto per Lexi, ma anche se fai meno il lecchino risulti
orsacchiottoso lo stesso...
- E ci risiamo...
Dall'affermazione sussurrata di Zach, Lexi ebbe la conferma che quelle
discussioni senza senso fossero decisamente all'ordine del giorno per
quei due.
- Io non sono orsacchiottoso, smettila di dirlo! Sei tu quello che
chiamano “boo bear”...
- Io ho un sacco di soprannomi, se è per questo. Devo per
caso ricordarti quello che ha a che fare con il mio...
Come al solito Lucas intervenne prima che fosse troppo tardi.
- No! Non serve!! Per l'amor del cielo, abbiamo una ragazza qui!
- Come se non avesse mai sentito certe cose...
-Grazie Lucas, ma sono cresciuta con un fratello maggiore ed i suoi
amici che giravano per casa: ne ho sentite anche di peggio... E poi
sono una vostra fan, certe cose le so prima di voi.
- Cazzo, c'hai ragione!
-Già.
Le venne da sorridere e lo stesso fece Zach che, durante tutto quel
teatrino, se ne era stato bello tranquillo a godersi la scena e che
sembrava quello più consapevole di come potesse sentirsi
Lexi in quel momento, tanto da continuare a lanciarle sguardi complici.
-Sei stata stupida, invece.
La sua voce era risuonata più dura persino di quanto fosse
nella sua mente, ma Nate non riusciva più a trattenersi dal
dire quello che gli passava per la testa, nonostante fosse la cosa
sbagliata da fare.
-Come scusa?
Lexi si era voltata verso quel ragazzo dalle spalle larghe sottolineate
dalla maglietta attillata e gli occhi pieni di emozioni di cui non
poteva saper di essere la causa. Hugh si passò nervosamente
una mano tra i capelli lunghi, rassegnato all'idea che stesse per
accadere l'inevitabile, mentre Lucas cercava di fare cenni di diniego a
Nate con la testa, sperando di convincerlo a tapparsi la bocca. Zach
scosse la testa, conscio che poi avrebbe dovuto fare una lavata di capo
a quel piccolo irlandese troppo innamorato.
-Sei stata stupida a fare quello che hai fatto. Per noi, poi...
-E perché scusa?
-Perché non ci conosci! E noi non conosciamo te! Non avresti
dovuto rischiare la tua vita per cinque idioti come noi! Sei stata
dannatamente stupida, Lexi!!
-Lo credi davvero Nate?! Pensi davvero che sia stata una sciocca nel
cercare di dimostrare quanto tenga a voi? Forse voi non mi conoscete,
ma io so qaunto mi bastava per prendere una decisone del genere!
Lexi si era involontariamente alzata in piedi, facendo preoccupare
tutti i presenti: su una sola cosa era stato perentorio il Dottor
Lawson, ovvero niente emozioni forti e loro le stavano procurando
esattamente quelle.
-Ma cosa credi di sapere, eh?! Solo perché hai letto qualche
intervista e ascoltato un po' più attentamente le nostre
canzoni non significa che ci conosci sul serio e non potevi pensare
davvero che fossimo abbastanza da meritarci il sacrificio della tua
vita! Anche Nate si era spostato dal ciglio del suo burrone che si
affacciava su Londra per cadervi definitivamente dentro, incrociando lo
sguardo infuocato e ferito di Lexi.
Erano uno di fronte all'altra, a separarli solo il divano e un muro di
non detti che stava crescendo come una muraglia impenetrabile.
-Allora, se la pensi così, credo sia il caso che me ne vada!
Non aveva mai perso la pazienza in vita sua, mai urlato contro qualcuno
eppure lo stava facendo davvero, sentendosi strana, forse quasi libera,
benché le facesse un male cane metabolizzare le parole che
proprio Nate le aveva appena rivolto.
-Tranquilla: me ne vado io.
E detto questo se ne uscì sbattendo la porta.
Il silenzio che si creò dentro la stanza subito dopo era un
misto di imbarazzo, incredulità, rabbia e tristezza. Lexi
non sapeva che nome dare a quella voragine che si stava lentamente
aprendo al centro del suo petto, inghiottendo qualsiasi cosa si
trovasse nei paraggi. Doveva andarsene anche lei o si sarebbe
sgretolata davanti alle statue di cera che ancora fissavano sconcertati
la porta. Quella stessa porta che si stava riaprendo per far entrare un
Pablo più confuso che mai e decisamente preoccupato.
-Ma che è successo?
“Già: cos'è successo? Qualcuno me lo
spieghi perché non credo di averlo nemmeno lontanamente
capito... Chi era quello? Non di certo il ragazzo che mi ha mandato
quei tweet qualche mese fa...”.
Ci pensò come sempre Hugh a sistemare le cose.
- Diciamo che Nate non stava molto bene... Dico sul serio, Lexi: non so
cosa gli sia preso.
Le sfiorò una mano con le sue dita lunghe ed eleganti,
sorridendole in quella maniera dolce che rispecchiava perfettamente il
suo animo: non aveva mai conosciuto nessuno di più gentile e
attento al prossimo quanto Hugh. Istintivamente, Lexi si
ritrovò a stringere la mano del ragazzo dai capelli lunghi e
i tatuaggi incomprensibili, sentendosi subito meglio.
Lei non si era sbagliata su di loro, aveva scommesso la sua vita per le
persone giuste ed ora doveva solo farlo capire a Nate. Doveva
riuscirci.
- Lexi, che ne dici di raccontarci qualcosa di te? Vogliamo conoscerti
anche noi.
E a quel sorriso di Lucas che per tanti, troppi anni non aveva saputo
resistere, cedette di nuovo per cominciare a prendersi quello che le
spettava davvero: la sua vita come l'aveva sempre immaginata.
Hi sweethearts!
Ed eccoci qui.
BOOOM!!! I Nexi si incontrano da svegli e.... Ed è solo un
gran disastro -.-" Insomma: oltre che le tempistiche sbagliate, questi
due sembrano avere anche le convinzioni sbagliate e boh: io la vedo
sempre più ardua. Ma mai disperare, no?
Quando ho scritto
questo capitolo, era piuttosto incerta su come far andare le cose,
specialmente su cosa far dire a Lexi (per non farla sembrare una pazza
invasata) e a Nate (che obbiettivamente parlando non è
capace di gestire lo stress emotivo, dato che non farebbe parte del suo
carattere). Quindi mi piacerebbe davvero sapere che cosa ne pensate di
questo primo approccio da "svegli" **
Ps. Grazie infinite
per essere giunte fin qui: questa storia sta diventando uno dei pochi
punti fissi al momento e sapere di poterla condividere con voi mi
dà sicurezza.
A presto
Lots Of Love xx
|
Ritorna all'indice
Capitolo 33 *** 18th/20th March 2014 ***
18th March 2014
Erano trascorsi due giorni dall'incontro con i ragazzi, ma
le sue notifiche su Twitter e Instagram non la smettevano di aumentare
a ritmo esponenziale, specialmente da quando Lucas aveva postato la
foto che aveva scattato con lei schiacciata tra un loro abbraccio a
panino e Hugh l'aveva costretta a pubblicare la battuta pessima che
aveva fatto sui capelli di Lewis, ma che l'aveva fatto ridere come un
matto per dieci minuti buoni. Con sua sorpresa, però, era
stato Zach il primo a scriverle pochi minuti dopo aver lasciato il
maestoso palazzo della loro casa discografica: si scusava per il
comportamento di Nate, dicendole che era un periodo difficile e che lui
era davvero la persona splendida che tutti pensavano.
“L'unico problema è che è stato Zach
Sono Bello Come Una Divinità Greca E Non Sono Neanche
Lontanamente Terreno Makil a pormi le sue scuse e non il diretto
interessato... Non capisco ancora perché si sia comportato
così... Forse mi sono immaginata tutto e quella dannata
canzone non è per me... Forse dovrei semplicemente, ancora
una volta, voltare pagina ed andare avanti...”.
Il telefono suonò per la milionesima volta da quando quelle
cavolo di foto erano finite online e Lexi decise opportunamente di
metterlo silenzioso. Si alzò dal divano su cui era
stravaccata e si diresse verso il bagno, ma nella sua lenta avanzata
strascicata fu bloccata da una Mia decisamente preoccupata, neanche se
il suo intero set da cucito fosse stato rubato da una mandria di
lepricauni impazzati.
-Che succede?
-Devo dirti una cosa Lexi...
-Non sei incinta vero? Perché sono decisamente troppo
giovane per diventare zia!
-Ma si può sapere che cosa ho fatto di male per meritarmi
te?
Roteò gli occhi al cielo, con fare drammatico, ma la
verità era che Mia si trovava in bilico tra il puro terrore
e l'ansia impellente. Una ragazza che aveva conosciuto mentre faceva il
tirocinio come costumista a teatro e che in quel momento lavorava come
consulente di moda per Seveenten Magazine, le aveva confidato che sul
numero in uscita il giorno dopo ci sarebbe stato un articolo
su un presunto ritorno di fiamma tra lei e Hugh, il che implicava solo
che tutto il mondo cybernetico sarebbe tornato a parlarne e che Lexi
avrebbe scoperto tutto. Finalmente. Sì, perché
quella bugia stava letteralmente corrodendo le budella di Mia, che non
aveva mai mentito, almeno non consapevolmente, a Lexi in
tutta la loro decennale amicizia.
-Mia cosa dovevi dirmi di così importante? Mi scapperebbe la
pipì ed avrei quindici capitoli di iconografia medievale ad
aspettarmi, quindi se facciamo in fretta sarebbe meg...
-Sono stata assieme a Hugh!
Lo aveva sostanzialmente urlato ma la cosa l'aveva fatta sentire subito
più leggera, anche se la faccia sconvolta di Lexi non la
rassicurava per nulla. Forse avrebbe dovuto indorare un attimo di
più la pillola o farla per lo meno sedere.
-Tu... Ma... Io... Tu... Hugh...??
-Compra una vocale Lexi. Sì, ho avuto una storia con Hugh ma
è durata solo due mesi e per tua informazione ci siamo
lasciati in ottimi rapporti perché entrambi sapevamo che
siamo troppo simili per stare insieme e che io sono innamorata persa di
tuo fratello... Quindi ora è tutto chiarito!! Puoi andare in
bagno. Ciao Lexi!
Due secondi dopo Mia la stava letteralmente scavalcando e scappando
chissà dove, dato che il loro appartamento era grande quanto
il salotto di una casa normale. Ci vollero ben cinque secondi prima che
Lexi si riprendesse dallo shock della notizia ed inseguisse Mia per
tutto il salotto, come se fossero le reincarnazioni di Tom e Jerry. Mia
correva facendo svolazzare i capelli biondi con le punte ora rosso
fuoco dappertutto, mentre Lexi cercava di non stramazzare al suolo
saltando giù dal divano su cui era salita per tagliarle la
strada, ululando che era stata una traditrice a non dirle niente per
tutto quel tempo. Con ogni probabilità la vecchietta del
piano di sotto stava già chiamando la polizia. Solo quando
ormai anche l'ultimo cuscino era volato per aria e il divano arancione
si era abbassato di altri cinque centimetri a causa dei loro salti, Mia
alzò le mani in segno di resa e si voltò verso
l'amica per parlarle anche se con il fiato corto.
- Diciamo che firmiamo le carte dell'armistizio e ci facciamo un tea?
-Diciamo che ora ti arrendi senza condizioni e mi racconti tutto
dall'inizio alla fine??
Non aveva molta scelta Mia, quindi si lasciò cadere su
quello che era rimasto del loro divano e sospirò sconfitta.
-Almeno me lo prepari un tea?
-Va bene, ma solo perché sono gentile con i miei prigionieri
di guerra.
Quando Lexi tornò con due tazze fumanti tra le mani e le si
sedette accanto, incrociando le gambe come quando da bambine giocavano
con le Barbie (beh, Lexi ci giocava, Mia cercava costantemente di
creare dei vestiti vegetali che non inquinassero l'ambiente, estirpando
tutte le piante di casa Golder), le venne da sorridere. Forse erano
stati tutti degli sciocchi a non dirle quello che era successo davvero
durante quei cinque mesi passati in coma, perché Lexi era
decisamente una delle donne più forti che Mia avesse mai
conosciuto e sarebbe stata perfettamente in grado di reggere quelle
notizie. Quasi sicuramente tutto sarebbe stato più semplice.
-Allora: parti dall'inizio e lascia i particolari piccanti per ultimi.
- Ma sei seria?!
-Sei stata assieme ad uno degli scapoli più ambiti
dell'intero globo terrestre e non vorresti dirmi com'è a
letto?!?! Ma io cosa ti ho sopportato a fare tutti queste anni??
- E tu da quando in qua sei diventata così volgare, scusa??
Il coma ti ha fatto male amica mia, dico sul serio.
-Esagerata come sempre... Dai: dimmi com'è scoccata la
scintilla.
Trascorsero la seguente ora e mezza seguendo lo stesso schema: Mia
raccontava qualche aneddoto della sua relazione e Lexi si esprimeva
tramite urla, risate sguaiate, facce sconvolte e frasi di
incredulità. Era andata persino a recuperare il cellulare
per controllare tutte le loro paparazzate sul web, rimanendone
parecchio esaltata. Mia stava giusto arrivando alla conclusione della
loro relazione, quando il cellulare di Lexi segnò l'arrivo
di un messaggio. Lo prese distrattamente e solo quando non riconobbe il
numero chiese a Mia di bloccarsi un attimo.
“Possiamo
parlare? Nate xx”.
-Non è possibile...
- Lexi-Lex che succede? Chi è?
-E' Nate. Dice che vuole parlare...
- Beh?! Che aspetti? Rispondigli, no?
-Dovrei farlo? Dopo quello che mi ha detto?
- Magari vuole chiarire... Lexi, credimi: lui non è
così. Non è il ragazzo chiuso che tratta male
qualcuno a cui deve tutto. Tu dovresti essere la prima a saperlo!
-Il problema è come fai ad esserne così sicura tu.
Non riusciva a comprendere come Mia, che fino ad un anno prima non
sapeva nemmeno affibbiare il nome giusto alla faccia corrispondente, a
meno che non si trattasse di Lucas, ora affermasse con tanta sicurezza
che Nate fosse un ragazzo d'oro.
Quello fu il momento in cui Mia credette di essere sul punto di cedere:
voleva dirle tutto e risolvere quella situazione definitivamente. Che
importanza poteva avere che fosse lei a ricordare o che qualcun altro
le ridesse quei pezzi di memoria che le appartenevano? Ma ci
pensò un attimo di troppo, perché Lexi si
alzò dal divano e disse senza possibilità di
replica:
-Se vuole parlare con me per scusarsi, deve fare ben altro che mandarmi
un messaggio. Fino a quel momento, per me sarà come se non
esistesse.
E pronunciata la sua perentoria sentenza se ne andò in
cucina per prendere altro tea.
Mia decise di dover fare qualcosa, qualsiasi cosa potesse aiutare la
sua migliore amica a trovare ciò che realmente le mancava
per essere felice: l'amore vero. Così prese il suo Iphone e
mandò un messaggio a Hugh senza pensarci più di
tanto, dicendogli di incalzare Nate il più possibile
perché cercasse di scusarsi in qualche maniera un pochino
più originale.
20th
March 2014
-Chi è?
-Il fioraio!
Mia sorrise istintivamente, sapendo già chi poteva
essere il mittente di quel mazzo di fiori, così corse in
cucina ed interruppe Ellie che stava raccontando qualche aneddoto sul
suo ultimo shopping primaverile alla disperata ricerca di un regalo da
fare a Lewis per l'anniversario.
- Ti vogliono giù Lexi!
-Ma chi cavolo...?
-Vai giù cacchio!!
Lexi si alzò con la sua solita camminata da cammello
depresso e si diresse verso l'androne del condominio, lasciando le due
ragazze da sole, sedute attorno al tavolo della cucina. Ellie
guardò per un attimo la ragazza dai capelli biondi e rossi
per carpirne la motivazione del sorriso sornione che le decorava il
viso, ma non ne ricavò nulla, quindi optò per
chiedere direttamente.
-Ma chi è?
-Il fiorista.
- E perché lo dici con quel sorrisone stampato in faccia?
- Perché so per chi sono quei fiori e chi li manda!
L'espressione compiaciuta di Mia si ampliò a tal punto che
Ellie fu costretta a trattenersi a sua volta dal ridere: era indubbio
che quella ragazza sarebbe stata capace di conquistare anche il mondo
se solo si fosse messa d'impegno a progettare uno dei suoi infallibili
piani.
- Cioè: tu vorresti dirmi che quel mazzo di fiori
è di...?
-Nate.
Una testa bionda ed una mora si voltarono di scatto verso la porta
della cucina dove un mazzo di girasoli arancioni aveva parlato.
- Ellie, scusa, tu per caso hai visto chi ha parlato?
-Molto simpatica Mia, davvero...
Lexi sbucò fuori dalla dozzina di fiori che sorreggeva a
fatica in mezzo a tutto quel tulle rosso con una faccia così
corrucciata che Ellie scoppiò a ridere questa volta senza
contegno.
- Allora: cosa vuole il tuo ammiratore ben poco segreto?
Dopo aver piazzato il bouquet di dimensioni gigantesche su un vaso che
sua madre si era ostinata a lasciarle lì “per
qualsiasi evenienza”, come se quello fosse l'appartamento di
due dive del cinema che ricevevano omaggi floreali ogni due per tre
invece che di due anonime studentesse universitarie, Lexi si
lasciò cadere su una sedia con un sospiro, prima di
rispondere con un annoiato:
-Non lo so.
Mia si voltò sconvolta nella sua direzione, già
con il cellulare pronto in mano per mandare un messaggio a quell'idiota
di un irlandese.
- Non ha lasciato alcun biglietto?!
-Certo.
- E che c'era scritto sopra??
-Non lo so, non l'ho letto.
- E perché?!
A risolvere il mistero ci pensò Ellie, che
afferrò al volo il bigliettino e lo lesse ad alta voce.
- “Spero che questo ti faccia capire che qui di stupido ci
sono solo io... Chiamami se vuoi... Nate xx”... Ma
è stato super carino!!
-Ellie togliti quegli occhi a cuoricino, perché tanto non
significa nulla. Chissà a quante altre ragazze
avrà scritto una cosa del genere...
- Nessuna per la precisione.
La ragazza dal fisico straordinario e dalla pazienza infinita,
caratteristiche non in ordine d'importanza, incrociò le mani
sopra al tavolo e puntò i suoi enormi occhi da cerbiatta
dritti, dritti in quelli a mandorla di Lexi, come se fosse sul punto di
rivelarle una verità sacramentale.
- Lexi conosco quel ragazzo da quattro anni ed è una delle
persone più limpide che io abbia mai incontrato. Non
è assolutamente capace di mentire e credimi se ti dico che
non ha mai mandato dei fiori ad una ragazza dandosi così
esplicitamente dello stupido... Ci tiene davvero a scusarsi... Dagli
una possibilità.
Forse fu lo sguardo dannatamente sincero con cui Ellie le aveva parlato
o forse il fatto che quelli fossero i suoi fiori preferiti e che quel
gesto l'avesse sorpresa parecchio, dato che lei non era mai stata una
di quelle ragazze fortunate che ricevevano quel genere di attenzioni a
gironi alterni. Così si alzò e disse che sarebbe
tornata presto. Chiuse la porta della camera alle sue spalle e prese il
cellulare dalla scrivania, cercando il numero di Nate.
Uno squillo.
“Sono ancora in tempo per mettere giù.”
Due squilli.
“Non so nemmeno perché lo sto
facendo...”.
Tre squilli.
“Si fa pure attendere... Adesso metto
giù!”.
Quattro squilli.
“Ora bas...”.
-Lexi!!
Nate cercò di togliersi i cavi dell'amplificatore dal piede
dove si erano avvinghiati come una medusa, passandosi una mano tra i
capelli, leggermente frastornato: che il consiglio di Zach avesse
funzionato davvero?
-Era ora!
Si trovò a pensare che forse le cose non sarebbero state
proprio così semplici come aveva immaginato, ma d'altra
parte nulla era facile o lineare se si trattava di Lexi. Era un
paradosso vivente quella ragazza: da un lato la normalità
personificata di cui lui sentiva di aver bisogno per sopravvivere alla
frenesia della sua vita, dall'altro un enigma con le gambe che
rischiava di intricarsi ancora di più alla minima parola
sbagliata. E a proposito di parole, Nate si accorse di essersi
dimenticato di rispondere, così cercò di
rimediare.
-Scusami, stavo suonando...
-State provando?
-No, no stavo strimpellando da solo, in casa.
Calò un silenzio imbarazzante in cui Nate si sedette sul
divano di pelle sfregandosi la mano libera dall'Iphone sui pantaloni
della tuta, sperando di asciugare il sudore freddo che la sola voce di
Lexi gli aveva causato. Non poteva permettersi di fare altre stupidate,
lo sapeva bene.
-Allora... Hai ricevuto i miei fiori?
-Perspicace Hanson.
Non voleva suonare così tanto caustica con quel commento, ma
non sapeva bene che cosa dire, tanto che il cuscino che si era messa in
grembo stava soffrendo le pene dell'inferno sotto le sue mani nervose.
Nate non si aspettava una risposta del genere, non rientrava nell'idea
di Lexi che si era formata nella sua testa, ma si rese conto che era
solo colpa sua perché era stato lui a ferirla e, per di
più, consapevolmente. Decise di rischiare il tutto per
tutto.
-Senti Lexi: mi dispiace davvero. Non lo sto dicendo solo per darti il
contentino, io non penso minimamente quello che ho detto... Qui,
l'unico stupido sono stato io per aver parlato senza pensare.
-Nate lo so che ti dispiace. Quello che non capisco è
perché pensi quelle cose.
-Ma io non le penso Lexi!!
La sua voce si era fatta leggermente più alta, probabilmente
per sopperire all'irrazionale istinto di alzarsi, prendere le chiavi
della macchina e fiondarsi sotto quel portone blu per dimostrarle come
l'unica cosa che pensava di lei fosse quanto stupenda risultasse ai
suoi stupidi occhi. Lexi si distese sulla trapunta leggera e verde mela
che si ostinava a tenere fino a metà luglio, nonostante il
caldo cominciasse già a farsi sentire attraverso le pareti
di quella camera che più e più volte l'aveva
vista fantasticare su come sarebbe stato parlare con loro. La vecchia
Lexi sarebbe impazzita per una cosa del genere, ma quella nuova? Che
cosa sentiva stando al telefono con quel ragazzo che non aveva
più i contorni di un nome scritto su un album, ma delle
labbra sottili tirate in un sorriso, un naso a patata arricciato e due
occhi celesti a dir poco brillanti che l'avevano trapassata con la loro
tempesta?
-Nate, se c'è una cosa che ho imparato dai libri di storia
è che quando si è arrabbiati, si dice quasi
sempre la più sincera verità. E' per questo che
io mi arrabbio poco...
La testa bionda del ragazzo si appoggiò alla pelle del
divano, stufa di tutte quelle parole che la stavano riempiendo quando
l'unica cosa che davvero voleva era liberarsi di tutto, grazie alla
sensazione travolgente delle labbra di Lexi sulle sue.
-Forse dovresti farlo più spesso... Così la gente
saprebbe davvero chi ha davanti.
-Una stupida che butta all'aria la propria vita per dei tipi che si
è illusa di conoscere?
Altro silenzio che si dipanava nel salotto di casa Hanson e nella
camera al terzo piano di Lexington Street, da una parte carico della
durezza di quelle parole dette per frustrazione e dall'altra del dolore
di sentirsi attaccare su l'unica scelta fatta volontariamente in tutta
una vita.
Nate sospirò e cercò di chiarire che cosa gli
fosse passato per la testa mentre la sua bocca assemblava quelle parole
secondo strutture sbagliate.
-No, assolutamente...
-E cosa vedrebbero allora Nate?
Improvvisamente quella risposta sembrava essere diventata fondamentale
per il cuore ormai intorpidito di Lexi. Era come se dalle parole di
quel ragazzo sbucato quasi fuori dal nulla, ma che continuava a
ripresentarsi in troppi flash di quei cinque mesi passati a dormire,
potesse dipendere la visione che lei avrebbe avuto della nuova
sé stessa. E la cosa le faceva dannatamente paura.
-Una persona speciale...
Tre parole chi si posarono come dolci piume sugli occhi e sulla bocca
di Lexi, costringendoli a chiudersi per trattenerle il più
possibile. L'unica cosa a sfuggire furono due lacrime proprio dagli
angoli di quegli occhi che non potevano far altro che rispecchiare
delle iridi fatte di cielo. Le raccolse velocemente con una mano e
decise che per quel giorno era stato abbastanza, specialmente
perché non riusciva a capire bene che cosa stesse succedendo
con Nate. Doveva preservarsi da un'altra delusione, non aveva
più cerotti per curare certe ferite.
-Devo andare ora... Ciao Nate.
-Aspetta, Lexi! Aspetta!
-Dimmi.
-Se c'è una cosa che io ho imparato dai libri è
che le parole dette a voce volano via, mentre quelle scritte rimangono
per sempre... Ci sentiamo Lexi.
Quando l'eco dell'ultimo respiro di Nate fu svanito dalle sue orecchie,
Lexi lasciò cadere il cellulare sul letto e
contemplò il soffitto per quelli che le parvero secoli, tre
sole parole a riempirle ogni pensiero.
-Ehi, va tutto bene?
La voce delicata di Ellie la risvegliò dallo stato di trance
in cui era caduta e la fece scattare a sedere sul letto come una molla.
- Scusa: non volevo spaventarti!
-No, no tranquilla. Sono io che mi sono persa su un altro
pianeta....
- Hai parlato con Nate?
-Secondo te che significa che le parole dette volano via, ma che quelle
scritte rimangono per sempre?
La faccia sconvolta che le rivolse in un primo momento Ellie
ricordò a Lexi che si conoscevano da troppo poco tempo
perché la ragazza fosse abituata a queste domande del tutto
estemporanee che spesso le uscivano di bocca senza che potesse
fermarle, ma si ricompose in fretta e cercò di darle una
risposta soddisfacente. Forse, però, fece molto di
più.
- Beh... Considerando quello che è successo e che stiamo
parlando di Nate, ovvero della persona più semplice che
conosca, credo che intendesse dire come le parole che ha detto non
significhino nulla, mentre quelle che ha scritto per te siano quelle
che contano davvero... Almeno credo.
-Ellie Celder tu sei un assoluto genio!!
E senza accorgersene la stava abbracciando come un tempo avrebbe fatto
solo con Mia: le cose stavano cambiando, lei stava cambiando ed il
testo di una canzone, forse, avrebbe potuto aiutarla a ricostruire il
puzzle della sua memoria per farle rintracciare il punto di partenza di
tutti quei cambiamenti.
Hi sweethearts!!
Eccocci qui con un
nuovo capitolo (avverto già che spero di riuscire ad
aggiornare anche domani, perchè il capitolo merita
parecchio). Che dire? I Nexi cominciano ad interagire, nelle maniere
forse più astruse ed impacciate, ma almeno è
qualcosa. Poi, personalmente parlando, sono molto contenta che Mia
abbia raccontato tutto a Lexi, perché temevo sul serio che
sarebbe esplosa ^^
P.S. Grazie Ellie per
esser sempre presente nei momenti cruciali **
Fatemi sapere che
cosa ne pensate e grazie per essere arrivate fino a qui
Lots Of Love xx
|
Ritorna all'indice
Capitolo 34 *** 22nd March 2014 ***
22nd
March 2014
-Quindi
mi stai dicendo che sei quasi sicura sia di questo Nate la voce che
senti nei flash?
-Sa
dottoressa Lang...
-Non
la smetterai mai di darmi del lei, vero??
-No,
non credo. La mia mamma mi ha educato troppo bene...
La
dottoressa Lang sorrise a quella frase detta con un tono volutamente
infantile. Lexi era anche quello: battute sarcastiche ed improvvise
affermazioni da bambina di quattro anni.
-Ad
ogni modo, sono quasi certa che lui sia venuto a trovarmi molte
più
volte rispetto a quelle che Mia mi ha confermato... E' una sorta di
sensazione, non so spiegarmi bene. -Posso farti una domanda
Lexi?
Il
volto improvvisamente curioso ma sottilmente tirato della dottoressa
Lang le fece temere che quella sarebbe stata una delle tipiche
domande “spinose”, come la psicologa adorava
definirle e che
l'avrebbe sicuramente messa in difficoltà. Ma si fidava di
quella
donna perennemente tutta vestita d'arancione e le concesse di entrare
per l'ennesima volta nella sua testa.
-Come
descriveresti Nate?
-Fisicamente?
-Lexi
mi avrai fatto vedere quintali di foto loro: so com'è
fisicamente!!
-Scherzavo,
scherzavo...
Il
fatto di vederla sorridere ed essere così a suo agio nel suo
studio,
tranquillizzò la dottoressa Lang su come ancora una volta
sarebbe
riuscita a vedere dentro quella ragazza nascosta dietro a chilometri
di spessi muri fatti di maschere, paure ed insicurezze. Ma Lexi le
stava dando gli strumenti per abbatterli tutti, forse perché
ne era
stanca anche lei. -Vediamo... Nate è Nate. Insomma:
è difficile da
descrivere un ragazzo come lui... Se dovessi parlarle di Lewis le
direi che è un logorroico burlone dallo spiccato interesse
per gli
affari degli altri... Per Hugh le direi che è un ragazzo dal
cuore
d'oro, capace di essere felice con pochissimo... Zach è la
persona
più taciturna che abbia mai incontrato, ma anche quella a
cui
racconterei tutti i miei segreti e se ti degna della sua fiducia,
allora devi solo considerarti fortunato... Poi beh, Lucas è
di una
dolcezza infinita e, soprattutto, si preoccupa per tutti,
sempre...
-E
Nate?
-Nate
è... Speciale.
Lexi
si appoggiò con la testa allo schienale morbido della
poltrona,
sistemandosi meglio il cuscino a fiori che teneva in grembo, sopra le
gambe incrociate: come poteva trovare delle parole vagamente adeguate
per descrivere Nate? Poi le venne in mente.
Un
giorno di qualche anno prima, mentre accompagnava sua madre in
cimitero, poco dopo la morte di nonna Lucy, si erano fermate dal
fioraio per prendere qualche fiore da mettere sulla tomba. Karen era
andata letteralmente a colpo sicuro ed aveva comprato tre rose di un
intenso color blu notte, che aveva fatto legare assieme con un nastro
di raso dello stesso colore. Quando Lexi le aveva chiesto
perché
proprio quella tonalità, Karen l'aveva guadata dritto negli
occhi e
le aveva raccontato di come sua madre Lucy, un giorno di tanti anni
prima, quando ancora la giovane Karen doveva incontrare lo
scapestrato Morgan che le avrebbe rapito il cuore, le avesse detto
come il colore più speciale per una rosa fosse il blu, e
come questo
significasse l'essere estremamente unico e speciale. Se mai un
ragazzo gliene avesse regalate un mazzo, allora quello poteva essere
l'uomo da sposare. Non per nulla, quando Morgan l'aveva chiesta in
sposa, lungo il bagnasciuga della stessa spiaggia dove si erano
incontrati, si era presentato con una dozzina di spettacolari rose
blu. Quindi sì: Lexi aveva trovato il modo per descrivere
Nate.
-Lei
sa qual'è il significato delle rose blu?
La
dottoressa fece un cenno d'assenso con la testa e Lexi si
sentì
legittimata a continuare la sua profonda metafora per descrivere quel
ragazzo che era letteralmente piombato nella sua vita nel modo
più
stravagante possibile.
-Ecco:
Nate è come una rosa blu. E' rara da trovare e quando si
è così
tanto fortunati, bisogna tenersela stretta e curarla con
attenzione... Ma al tempo stesso, essendo una rosa, per sua natura ha
le spine e bisogna stare attenti... Nate è così.
Ho come la
sensazione che potrebbe essere la persona più speciale che
io abbia
mai conosciuto ma anche quella che potrebbe ferirmi di più.
Eppure,
benché io non lo conosca, ho quasi la certezza che non mi
farà mai
del male... Almeno non intenzionalmente.
-E
come fai a dirlo?
-Aspetti.
Lexi
appoggiò il cuscino per terra, si alzò dalla
poltrona in cui si era
sostanzialmente inabissata e prese la borsa dall'angolo della stanza.
Tirò fuori l'ipod dal fondo, assieme ad un foglio piegato in
quattro
che porse alla dottoressa Lang. Appena lo ebbe dispiegato davanti a
sé, vide il testo di una canzone che non conosceva. Alcuni
versi
erano sottolineati con l'evidenziatore arancione, mentre altri erano
addirittura cerchiati con la matita. Guardò con sguardo
interrogativo una Lexi tutta concentrata nel dipanare il groviglio di
nodi che erano diventate le sue cuffiette. Quando ci fu riuscita, ne
passò una alla dottoressa, che la prese senza fare domande
ma
aspettando che fosse Lexi stessa a darle una spiegazione a tempo
debito. Premette play, senza dire nulla, ed ascoltò quella
canzone
per la milionesima volta. La dottoressa Lang ascoltava quelle voci
incantevoli, scorrendo con lo sguardo le parole tracciate sul
foglio e comprendendo, sillaba dopo sillaba, nota dopo nota, che cosa
stesse tentando di dirle Lexi. Quando la musica finì e le
ebbe
restituito la cuffietta, Lexi si risedette sulla sua poltrona e
riprese il fidato cuscino in grembo.
-L'ha
scritta per me...
Il
tono di voce decisamente troppo orgoglioso ed emozionato sorprese
persino Lexi, figurarsi la dottoressa Lang a cui risultò
difficile
trattenersi dal sorridere compiaciuta: che si fosse accorta del non
molto contenibile interesse della ragazza per Nate era scontato, ma
vederle quel barlume di esaltazione nello sguardo la
incoraggiò
parecchio.
-Non...
Non lo sto dicendo per vantarmi, cioè... Io non volevo dire
che sono
speciale o che so io... Insomma, ha capito no?
-Stai
tranquilla Lexi! Con me puoi permetterti di essere quanto vanesia
vuoi, in ogni caso credo di aver colto il succo del discorso. Ha
scritto per te una canzone che contiene una notevole promessa: quella
di restarti accanto, di accompagnarti attraverso tutte le
difficoltà
non solo per farti uscire dal coma, ma anche per farti uscire da un
altro tipo di oscurità... E tu sei certa che
rispetterà questa
promessa, perché lo ha già fatto e continua a
farlo. Ho detto
bene?
-Credevo
di essermi immaginata tutto.
Lexi
trasse un respiro profondo e si sentì estremamente sollevata
dalla
conclusione che la dottoressa Lang le aveva fornito: Nate era davvero
un'ancora a cui appoggiarsi, doveva solo trovare un modo per farlo
senza rischiare di innamorarsi di nuovo di un ragazzo che non avrebbe
mai potuto avere, anche se una lontana vocina interiore continuava a
sussurrarle che ormai fosse già troppo tardi per
quello.
-A
proposito: mi faresti un cd con alcune loro canzoni? Non sono mica
male sti ragazzini...
Athena
Lang sentì finalmente ridere di cuore la sua paziente
più illustre
e capì perché chiunque l'avesse incontrata, anche
solo per pochi
secondi, la ritenesse una ragazza speciale: era contagiosa la sua
felicità e potersene beare sembrava un vero e proprio
regalo.
Quando
Lexi uscì nella pioggia torrenziale che stava annaffiando
Londra, si
chiese cosa le fosse passato per la testa quella mattina decidendo di
indossare un paio di scarpe di tela. Poteva distintamente udire il
chiacchiericcio delle paperelle che si stavano facendo il bagnetto
nelle sue scarpe, nonostante lo scrosciare della pioggia le riempisse
i timpani a tal punto da non permetterle quasi di sentire il rumore
di una macchina a tutta velocità che inchiodò
giusto qualche
istante prima di centrarla in pieno, sul passaggio pedonale.
Alzò la
testa di scatto verso quei fari abbaglianti di una macchina enorme e
decisamente costosa, già pronta per sommergere con un fiume
di
ingiurie chiunque fosse il guidatore, ma quando lo sportello si
aprì
rimase letteralmente senza parole, tanto che l'ombrello a pois di Mia
le cadde di mano.
-Lexi!
Il
tono di voce apprensivo del ragazzo ormai fradicio tanto quanto lei,
scatenò l'ennesimo flashback e tutto divenne buoi per un
attimo:
quell'inclinazione preoccupata in una voce solitamente
gioviale
l'aveva già sentita mentre era in coma, anzi, le
sembrò come se
fosse stata proprio quella voce a farla tornare vagamente
cosciente.
Scosse
la testa e con essa una miriade di gocce di pioggia che si erano
incastrate sulle lunghe ciglia, rimandando ad un altro momento la
spiegazione di quanto avesse visto: ora doveva coprire di insulti
quel ragazzo che continuava a sconvolgerle la vita.
-Ma
sei scemo?! Dico: chi ti ha dato la patente?! Un babbuino?! Potevo
morire! Di nuovo!!
Quel
poco velato riferimento al fatto che lui fosse già stato la
causa
una volta di una sua possibile dipartita, fece sentire Nate davvero
una persona orribile e gli diede la conferma che un qualsiasi
confronto con Lexi, nonostante la loro telefonata del giorno prima,
sarebbe stato un'impresa epocale. Chiuse lo sportello della Range
Rover e senza curarsi minimamente della pioggia che gli stava facendo
appiccicare la maglietta grigia al petto, cercò di sistemare
la
situazione.
-Lexi,
non ti avevo vista, davvero! Come stai??
Fece
qualche passo avanti, sistemandosi meglio il cappello da baseball che
aveva calato sulla testa, per proteggersi da quel tempaccio che
sembrava fatto apposta per rendere il tutto più difficile.
Il
pensiero che fosse stata Lexi con tutta la sua rabbia a scatenare
l'acquazzone lo fece ridere involontariamente, ma se ne
pentì subito
quando rialzò il viso a pochi centimetri da quello di lei e
si sentì
incenerire.
-Ti
faccio tanto ridere, Hanson?
-No,
no... No! Lexi, dico sul serio: come stai?!
Nate
allungò una mano per sfiorarle un braccio, ma Lexi fu
più veloce e
si scansò di lato, con un'espressione che agli occhi del
ragazzo
risultò disgustata, ma che in realtà era
terribilmente
sorpresa.
“Che
cosa vuoi da me, Nate? Dimmelo...”.
Forse
avrebbe dovuto dar libera voce ai suoi pensieri, ma non poteva, non
aveva la forza di fidarsi ancora di qualcuno che non conosceva
davvero.
-Sto...
Sto bene... Devo andare ora.
Il
traffico dell'intera Londra sembrava essersi concentrato davanti lo
studio della Dottoressa Lang, creando una sinfonia di suoni, fatto di
strombazzare di clacson e di rombare di motori, che si stava
mescolando con il rumore costante della pioggia, ma nulla sembrava
sovrastare il pulsare del cuore di Nate mentre vedeva Lexi
allontanarsi. Non poteva lasciare che se ne andasse da lui ancora,
fosse stato anche solo per quella giornata. Così la
rincorse,
lasciando la macchina in mezzo la strada, incurante degli insulti
urlati dai finestrini abbassati negli accenti più disparati,
e
riuscì a raggiungerla giusto prima che sparisse tra la folla
del
marciapiede.
Lexi
si sentì afferrare la mano e la prima reazione fu quella di
voltarsi
di scatto per interrompere quel contatto indesiderato, ma il suo
passato le mandò un altro messaggio e le fece percepire
quella
stretta come stranamente familiare.
“Non
può essere... Non posso ricordarmi qualcosa che non
è possibile sia
successo...”.
-Aspetta
Lexi!
Lo
sguardo di Nate era troppo complesso da decifrare per Lexi, che ne
rimase a dir poco stupita: sembrava preoccupato, nervoso e
speranzoso. Ma speranzoso per cosa? -Sei in macchina?
-No.
Quella
mano attorno al suo polso stava serrando la stretta, non in maniera
possessiva ma protettiva.
-Ti
viene a prendere qualcuno?
-No!
Nate ma che diavolo vuoi?!
Nonostante
avesse alzato la voce, la sua mano era rimasta ferma dov'era,
incapace di interrompere un contatto che stava diventando sempre meno
sbagliato per il suo subconscio.
-Se
vuoi ti do un passaggio...
Perché
a Lexi sembrava di trovarsi di fronte ad un piccolo esemplare di
labrador al canile quando vede entrare una famiglia in cerca di un
animale e spera che la scelta ricada su di lui? Come faceva a dirgli
di no? Poi le venne in mente le parole dure con cui si era concluso
il loro ultimo incontro e d'istinto ritirò la mano da quella
stretta
troppo intima. -Lexi, per favore: sta diluviando ed io devo passare
da quelle parti... Accetta...
“In
fin dei conti se sto un altro po' sotto la pioggia mi spunteranno le
pinne...”
-Va
bene.
L'aveva
detto talmente tanto a bassa voce che Nate fece fatica a sentirlo
sotto lo scrosciare incessante della pioggia sull'asfalto, ma gli
occhi improvvisamente gentili ed imbarazzati di Lexi diedero conferma
alle sue speranze. Le fece strada con la mano e la seguì,
perdendosi
nella contemplazione dei capelli lunghi e castani che si erano
appiccicati al leggero giubbotto di jeans che indossava, del tutto
bagnati. L'affiancò dal lato del passeggero per aprirle lo
sportello
e si accorse che alcuni ciuffi le ricadevano fastidiosi sul viso e
l'irrazionale istinto di spostarli gli fece prudere le mani, ma
dovette trattenersi prima di giocarsi quella che poteva essere la sua
seconda possibilità. Una volta che Lexi fu salita a bordo,
tornò
dal lato del guidatore e chiese scusa con un gesto agli automobilisti
in coda, controllando se ci fossero stati paparazzi in giro: forse
era stato abbastanza fortunato quella volta. Si tolse il berretto da
baseball, che lanciò sui sedili posteriori del suv, e mise
in moto,
immettendosi nel traffico congestionato di una Londra all'ora di
punta.
Il
silenzio nell'abitacolo si poteva tagliare con un coltello,
così
Nate optò per mettere un po' di musica e Rather
Be dei
Clean Bandit si diffuse per l'abitacolo.
L'ironia
della situazione non sfuggì a Lexi, che riportò
la sua attenzione
sul ragazzo che stava guidando tranquillamente al suo fianco: con
tutti i posti che c'erano sulla faccia della terra quello, a
differenza di quanto sosteneva la canzone, era l'ultimo in cui Lexi
si sarebbe voluta trovare.
“Cacchio,
i capelli bagnati e schiacciati sulla fronte gli stanno un sacco
bene... Ma che diavolo sto pensando?!”.
Scosse
la testa per togliersi da davanti gli occhi l'immagine delle sue mani
tra quei capelli castanobiondi e tornò a guardare la pioggia
che
scivolava veloce lungo la superficie del finestrino, cercando una
maniera efficace per imbrigliare la sua fervida immaginazione.
-Hai
freddo?
La
domanda colse Lexi completamente alla sprovvista, anche se poteva
considerarsi tra le più adatte alla situazione dato che
erano
entrambi bagnati fradici e fuori sembrava esser tornato
l'inverno, ma lei quel genere di attenzioni e di premure nei suoi
confronti non le aveva mai sperimentate, quindi le ci vollero dieci
secondi buoni prima di riuscire a rispondere.
-Un
po', a dire il vero.
-Lo
immaginavo: hai le gambe che tremano...
Gli
occhi di Lexi caddero sulle sue gambe e si accorse di come
sembrassero effettivamente possedute da un qualche genere di
spiritello dispettoso. Le bloccò all'istante con le mani, ma
il
contatto delle calze bagnate sulla pelle la fece rabbrividire
all'istante, suscitando un sorriso divertito e mal celato di Nate,
che intanto aveva azionato il riscaldamento al massimo.
-Ti
fa tanto ridere Hanson?
-No,
no scusa.
Improvvisamente
era tornato serio e la sua fronte si era corrucciata, come se stesse
tentando di risolvere una difficile equazione ma gli mancasse la
formula chiave. Il silenzio tornò a farsi pesante
all'interno della
macchina e a Lexi sembrò mancare l'aria: quel ragazzo la
faceva
stare sulle spine e la sensazione non le piaceva per nulla.
-Puoi
pure lasciarmi all'inizio di quella strada, poi vado a piedi.
Nate
le lanciò un'occhiata fatta di incredulità e puro
panico che lasciò
Lexi ancora più interdetta ed infastidita per la sua
incapacità di
decifrare quel ragazzo dagli occhi troppo splendenti per essere
reali.
-Ma
sta diluviando ancora...
-Ti
ho già disturbato troppo Nate.
Il
sentirsi chiamare per nome ebbe su di lui l'effetto di una doccia
fredda, tale da fargli imbracciare tutto il coraggio di cui disponeva
e tentare il tutto per tutto pur di riuscire a sentirle pronunciare
ancora quelle quattro lettere che lo identificavano.
-Ormai
è ora di pranzo e conosco un posto qui vicino che fa dei
tacos
divini. Ti andrebbe di farmi compagnia?
Ecco,
l'aveva fatto. L'amo era stato gettato e con esso anche tutto il suo
coraggio, quindi ora poteva solo sperare che Lexi
accettasse.
“Cosa?!
Che?! Dove?! Credo di non aver capito molto bene... Oh, non fare la
finta tonta signorina, hai capito benissimo: ti ha appena invitato
fuori a pranzo! Quindi sbrigati a dargli una risposta! Oddio, sto
parlando di nuovo in terza persona...”.
-Prometto
solennemente che penserò sempre prima di parlare.
Quella
battuta spiazzò ulteriormente Lexi, ma il sorriso con cui
Nate
l'aveva accompagnata le fece capire che era il suo personalissimo
modo per chiederle ancora scusa per ciò che le aveva detto
l'ultima
volta in cui si erano visti. Fu proprio quella buffa ed adorabile
espressione che assumeva Nate ogni qualvolta ridesse che la fece
accettare: vedergli arricciare il naso e sentir riverberare la sua
risata contagiosa ancora per qualche volta non le sarebbe dispiaciuto
più di tanto.
Quando
la macchina si fermò di fronte ad uno dei tanti Nando's che
la città
di Londra ospitava, Lexi guardò Nate esterrefatta: non
poteva averlo
fatto davvero.
-Non
ci credo.
-Cosa?
La
faccia perplessa del finto biondo rischiò di farla ridere,
ma si
sforzò di mantenere l'aria scandalizzata che aveva
assunto.
-Mi
hai portato davvero a pranzo da Nando's?
-Perché:
hai gusti più sofisticati?!
“Dalla
perplessità all'allarmismo in meno di un decimo di
secondo...
Complimenti Hanson per la varietà di
espressioni...”.
Lexi
stava ridendo dentro di sé, ma ancora una volta
cercò di restare
impassibile.
-No,
ma fa strano constatare che tu mangi davvero da Nando's tutte le
volte che puoi. Se penso che hai avuto anche il coraggio di dirmi che
non ti conosco affatto...
Quando
Nate ebbe compreso il velato riferimento alla loro precedente
conversazione, si lasciò andare ad una risata
liberatoria.
-Ma
lo sanno anche i sassi che io sopravviverei solo con il loro
cibo!
-Beh,
era comunque qualcosa che io sapevo e che era giusta! Quindi, un
punto per me.
E
detto questo, scese dalla macchina, stando attenta a non finire di
nuovo dentro una pozzanghera, dato che le sue scarpe si erano quasi
finalmente asciugate.
Nate
la osservò mentre si dirigeva verso la porta a vetri del
locale, per
poi voltarsi e aspettare che lui la raggiungesse, e si chiese che
cosa avrebbe fatto se anche quella volta le cose fossero andate male:
non avrebbe più saputo dove sbattere la testa.
Lexi
alzò le sopracciglia, chiedendogli implicitamente che cosa
stesse
aspettando e Nate non se lo fece ripetere due volte. Rinchiuse in un
cassetto molto nascosto della sua mente tutte le prospettive negative
per quella giornata e, concentrandosi sul sorriso della ragazza che
aveva aspettato per cinque mesi, scese dalla macchina.
Quando
entrò nel locale riscaldato, Nick, il proprietario, gli
andò
incontro per salutarlo, stringendolo in una morsa letale che lo
lasciò senza fiato per alcuni secondi.
-
Nate! Vecchio mio! Come stai?? Oh, ma vedo che hai compagnia
oggi!
Nate
diede un'occhiata alla ragazza con i capelli ancora mezzi bagnati,
tutta concentrata a torturare il braccialetto che le avevano regalato
per il compleanno, evidentemente a disagio per le attenzioni che
stava ricevendo.
-
Piacere: io sono Nick, il proprietario di questo locale ed amico
d'infanzia di Nate!!
“Ma
perché deve urlare ogni frase che dice? Così ci
guardano
tutti...”.
Nonostante
l'istinto di tappargli la bocca, gli strinse invece la mano facendo
un sorriso di cortesia: se era amico di Nate, non poteva essere
proprio così male.
-Piacere,
Lexi.
-
Oh, ma tu sei quella Lexi!! Che onore averti qui!! Se Nate mi avesse
avvertito del vostro arrivo, vi avrei fatto trovare un'accoglienza
più calorosa!
“Più
caloroso di essere fissati da almeno cinquanta persone con tacos
ricoperti di salsa gocciolante tra le mani?? Credo sia più
che
sufficiente...”.
Fortunatamente
Nate fu più diplomatico nella risposta.
-
Sai, è stata una cosa a dir poco imprevista,
ecco...
I
due si scambiarono un fugace sguardo che li fece ridere entrambi,
ripensando all'imprevisto di quella mattina, ovvero l'ennesimo
mancato incidente mortale.
-
Piuttosto, hai un posto tranquillo per noi?
Non
seppe bene per quale motivazione, ma sentire Nate pronunciare la
parola “noi” fece contorcere le budella a Lexi,
come se in quelle
tre semplici lettere fossero racchiuse infinite promesse ed infiniti
non detti.
-
Certo!! Prego, da questa parte!!
E
mentre le teste di cinquanta persone li seguivano nella saletta
riservata del locale, Nate sentì il bisogno fisico di
proteggere
Lexi da tutte quelle attenzioni indesiderate, tanto da metterle una
mano sul fianco e spingerla davanti a lui.
Il
fatto di avere quella mano calda e grande appoggiata sul suo fianco
sinistro, non solo le stava mandando in panne il cervello, ma la
faceva sentire viva come mai prima di quel momento. Ogni cellula del
suo corpo sembrava essersi concentrata su quel piccolo lembo di pelle
sotto la mano di Nate e nemmeno gli sguardi indagatori delle persone
le risultavano più fastidiosi.
“Che
diavolo mi sta succedendo?? Non posso farlo... Non posso permetterlo
di nuovo...”.
Entrarono
in una saletta con una parete completamente fatta di vetro, ma
coperta da una sottile tenda di organza color crema che rendeva
l'ambiente luminoso e accogliente, nonostante le nuvole all'orizzonte
si stessero accumulando per scatenarsi in un secondo round. Cinque
tavolini apparecchiati per due occupavano la stanza, con tovaglie
rosse e oro a coprirli, e graziosi cestini di vimini pieni di
differenti tipi di pane e grissini che facevano da centrotavola. Le
venne da sorridere perché quello era esattamente il genere
di posto
che avrebbe immaginato per un tipo come Nate. Il fatto che poi fosse
anche il suo locale ideale non voleva prenderlo in considerazione in
quel momento.
Nick
si stava avvicinando alla sedia di Lexi per scostargliela, ma Nate,
che era ancora dietro di lei, fu più veloce e la fece
accomodare con
un sorriso dolce sulle labbra sottili. Nessuno le aveva mai scostato
la sedia per farla sedere, ma ad essere completamente sinceri,
nessuno l'aveva mai nemmeno quasi investita, quindi, nel cervello
iperattivo di Lexi, tutta quella gentilezza era un modo come un altro
per farsi perdonare. Nonostante le parole della canzone tornassero ad
occuparle la mente come un picchetto di operai in sciopero ogni volta
che incontrava lo sguardo di Nate.
Quando
anche lui si fu accomodato, Nick porse ad entrambi due menù
e disse
che sarebbe tornato a breve con un aperitivo offerto dalla casa e
pronto per prendere le loro ordinazioni. Il silenzio che
calò nella
sala divenne a dir poco insostenibile quando il tintinnare dei
braccialetti di Lexi, dovuto all'incessante movimento della gamba su
cui il suo braccio era appoggiato, fu il solo rumore a scandire lo
scorrere dei secondi.
-Scusami.
Nate
l'aveva quasi sussurrata quella parola, ma tra di loro ebbe l'effetto
di una bomba: abbatté le barriere che si erano create in
quei due
fugaci contatti che avevano avuto, mettendo sotto i loro occhi come
fosse giunto il momento di parlare apertamente. E furono proprio i
loro occhi, cioccolato contro ghiaccio, a scontrarsi per primi e a
cercare un punto di fusione.
-Per
cosa?
-Per
tutto.
Un
sorriso ironico comparve sul volto di Lexi: a lei le situazioni serie
facevano ridere, non poteva farci nulla.
-Quindi
intendi: per avermi dato della stupida, avermi accusato di non
conoscervi, aver chiesto il mio numero in giro senza domandare prima
il mio permesso e aver quasi rischiato di investirmi?
I
motivi li aveva elencati tutti sulle punte delle dita, guardandosi
attorno con espressione concentrata, come se non volesse dimenticarne
neanche uno, mentre la faccia di Nate diventava sempre più
scioccata
ed incredula.
-Va
bene, va bene, va bene!! Ho capito! Sono stato un vero coglione con
te, lo ammetto. E mi dispiace davvero Lexi...
-Lo
so Nate. E stavo scherzando, tranquillo.
-
Ecco a voi qualche mini tortillias con salsa piccante e alle erbe!
Spero vi piaccia! Siete pronti per ordinare?!
Mentre
Lexi si stava ancora chiedendo come quel ragazzo riuscisse ad
emettere ogni frase come se fosse un'esclamazione di gioia a decibel
decisamente troppo elevati, Nate le chiese:
-Posso
ordinare io per entrambi? Ti fidi di me?
Solitamente
non avrebbe mai lasciato che un ragazzo decidesse per lei che cosa
mangiare, ma il sorriso gentile e leggermente imbarazzato con cui
Nate glielo stava chiedendo la fece sentire stranamente coccolata da
quel gesto ed annuì con la testa, incapace di dire altro.
Che cosa
le stesse facendo quel ragazzo, rimaneva un mistero. Lo ascoltava
parlare con fare esperto, come se si trattasse di una questione di
vitale importanza e, per quanto Lexi fosse pienamente convinta che
per lui il cibo fosse sacro, le parve che volesse fare una buona
impressione. Su di lei.
“Okay,
ora sto decisamente superando ogni limite
consentito!”.
-Lexi,
tutto bene?
Era
talmente persa nella contemplazione di un temerario raggio di sole
che, lottando contro le nuvole, stava illuminando i capelli a dir
poco soffici di Nate che non si era minimamente resa conto di come
lui le avesse appena chiesto che stesse facendo in quella zona della
città quella mattina.
-Sì,
sì... Mi avevi chiesto qualcosa?
-Ero
solo curioso di sapere che ci facessi vicino a Chancery
Lane...
Improvvisamente,
la ciotolina piena di sala piccante divenne a dir poco interessante e
il cervello di Lexi cominciò a correre impazzito,
scartabellando
tutte le scuse che aveva utilizzato nella sua misera esistenza per
trovarne una appropriata all'occasione, con scarsi risultati.
-Ehi,
se non vuoi dirmelo non fa nulla... Era per parlare un po'. Non sono
un grande amante del silenzio.
Si
passò una mano tra i capelli troppo lunghi per i suoi gusti,
in quel
modo imbarazzato ed estremamente carino che fece sorridere di rimando
Lexi.
-Perché
sorridi?
“Oddio,
non me sono neanche resa conto...”.
-Perché
neanche io sopporto il silenzio quando c'è qualcuno con
me... E' un
sacco imbarazzante ad essere sinceri.
Allora
sorrise anche Nate: forse non sarebbe stato così difficile
come
pensava.
-Una
volta ero in ascensore con Lewis. Insomma, credo tu sappia quanto
logorroico sia, specialmente quando ha qualche storia nuova da
raccontare... Ad ogni modo, con noi c'era anche uno dei collaboratori
di Simon e...
Nate si perse a raccontare uno dei tanti aneddoti
che riguardavano la band e che, ne era quasi certo, le avesse
già
raccontato quando lei era in coma. Ma la cosa non gli pesava,
perché
ora era tutto diverso: poteva osservarne le reazioni; vedere i suoi
occhi brillare e socchiudersi, accentuando ancora di più la
loro
forma a mandorla, quando trovava qualcosa molto divertente; veder
ridisegnare le sue labbra rosse a cuore in un sorriso, mentre
ascoltava finalmente la sua risata riempire quella stanza come il
sole in un'alba di metà giugno, risvegliando ogni cosa. Il
suo cuore
compreso.
“Come fa? Come fa ad essere così spontaneo,
solare... Felice?! Sembra che la vita gli sorrida costantemente e che
lui non possa fare a meno di contraccambiare... Ed è
dannatamente
contagioso, cacchio! Forse potrebbe insegnarmi ad essere
così
felice... Ma che sto dicendo?! Non devo più fare affidamento
su
nessuno... Eppure quegli occhi cristallini sembrano il regalo
più
bello che si possa desiderare...”.
-A proposito di Pablo: ti ha
già mandato i biglietti per il primo concerto a Wembley?
Lexi
tornò con i piedi per terra e si concentrò sulla
domanda di Nate:
non le era arrivato nulla, ma sapeva che il concerto sarebbe stato di
lì a dieci giorni, solo che non le era neanche passato per
l'anticamera del cervello di preoccuparsi di prendere i biglietti.
Considerando che erano andati in vendita quando lei era ancora in
coma e che di solito quei cinque disgraziati facevano sold out in
meno di cinque minuti, aveva perso le speranze molto tempo fa di
vederli per quell'anno: sarebbe stato il primo tour loro che si
perdeva. O forse no.
-No, non mi è arrivato nulla, perché?
-Oh, si sarà dimenticato con tutto quello che ha da fare...
E mi
chiedi anche perché Lexi? Davvero??
-Beh, sì... Insomma...
-Insomma nulla! Mi sembra il minimo che tu sia presente al nostro
primo concerto negli stadi! E a dire il vero, a tutti quelli a cui
vorrai venire... Te l'abbiamo promesso, ricordi?
Appena ebbe
detto quella frase, si morse la lingua: di tutti gli argomenti che
poteva tirare in ballo, quello era l'ultimo della lista. Come diavolo
gli era saltato in mente di chiederle se si
ricordasse qualcosa
di quei cinque mesi passati in coma, quando chiunque gli aveva detto
di non farlo per nessuna motivazione?! Si sarebbe giocato anche la
sua seconda chance. Ma la reazione di Lexi lo tranquillizzò
immediatamente.
-Non me lo ricordo, ma ora so che l'avete fatto.
Gli sorrise dolce e si chiese da dove sbucasse tutta quella
sicurezza in una situazione del genere, ma forse era solo merito di
Nate e del suo talento naturale per far sentire a proprio agio
chiunque. Così decise di chiedergli una cosa che non aveva
avuto il
coraggio di domandare nemmeno agli altri ragazzi: al massimo non le
avrebbe risposto. -Nate, posso chiederti una cosa?
-Certo!
-Che
cosa significano i ciondoli del braccialetto?
Fece tintinnare i
nove piccoli pensagli che le impreziosivano il braccio destro e Nate
notò per la seconda volta il bracciale che lui stesso si era
preoccupato di comporre.. Le sue labbra si curvarono in un sorriso
spontaneo e sottilmente malinconico nel ricordare il giorno in cui
gliel'avevano donato: le aveva sussurrato ad un orecchio che l'amava,
anche se in quel momento gli sembrava fosse accaduto in un universo
parallelo.
-Allora: beh, lo scudo è Pablo. Zach ha la bomboletta
spray che Lewis aveva scambiato per un deodorante, mentre lui ha
l'omino sullo skate... Poi il girasole è di Ellie, il
rossetto di
Page, il cuore di Sophia, lo snapback di Lucas, la rondine di Hugh
e...
Lexi prese tra le dita la chitarra e concluse la frase al
posto suo.
-E la tua chitarra...
I loro occhi si scontrarono
e per un attimo il tempo si bloccò.
Nate ebbe come l'impressione
che tutto fosse tornato a quel 20 Agosto di quasi un anno prima e che
quella davanti a lui fosse la ragazza a cui avevano sparato al posto
loro. E sperò che anche in quelle iridi stesse andando in
onda il
film di quei cinque mesi successivi e che la pellicola della memoria
di Lexi si stesse riavvolgendo nel giusto verso. Ma era troppo presto
o, forse, era semplicemente impossibile.
-Grazie Nate.
Notò
la fugace pennellata di delusione che oscurò per un attimo
le iridi
cristalline di Nate, ma cercò di non farsi condizionare:
voleva
essere sincera, per una volta in vita sua e dire quello che pensava
davvero. Senza riserve.
-Dico sul serio: grazie per tutto...
Certo non per il quasi incidente... Sto scherzando! Tranquillo: non
porto così tanto rancore io. Di solito avrei detto che sono
una tipa
che perdona, ma non dimentica, però non credo di poterlo
più dire,
data la mia situazione...
Lo vide scoppiare a ridere come un
bambino di tre anni quando di fronte al suo cartone animato preferito
e si chiese se fosse stata proprio lei a suscitare quella risata
perfetta. -Tu sei pazzesca Lexi! Comunque scusa, vai pure avanti...
-Escludendo la mia memoria, volevo solo dirti che voi siete stati
davvero importanti per me... Lo so che ve l'ho detto un milione di
volte, ma lo penso sul serio. Quando mi sono resa conto che questo
braccialetto era vostro davvero e che Mia non aveva mentito, mi sono
sentita importante per la prima volta in vita mia e... Ops, forse
questo non avrei dovuto dirlo.
Quando la vide mettersi le mani
sottili davanti le labbra serrate, gli occhi sgranati e l'espressione
di una bambina piccola che si era appena lasciata sfuggire il segreto
della sua migliore amica, Nate non riuscì più a
pensare lucidamente
e le sfiorò una mano, prendendola tra le sue.
-No, Lexi... Ti
prego: dimmi questo ed altro. Dimmi qualsiasi cosa ti passi per la
testa... Dimmi che cosa vorresti diventare, che cosa sogni, che cosa
ti fa sorridere e cosa piangere... Che cosa ti fa corrucciare la
fronte in quell'espressione che fai spesso e che cosa ti manca...
Era il discorso più appassionato che qualcuno le avesse mai
fatto. No, era il discorso più appassionato che qualcuno
avesse mai
fatto nella storia delle dichiarazioni d'amore umane. E lei ne aveva
studiati di leggendari discorsi d'amore nei suoi libri di storia, a
centinaia, forse anche a migliaia... Ma nulla le sembrò
paragonabile
a quello. E se fosse stata la vecchia Lexi le avrebbe trattenute
quelle lacrime dispettose che avevano deciso di rigarle il volto, le
avrebbe bloccate appena oltre la soglia delle sue ciglia, ma non lo
fece. La nuova Lexi voleva sentire ogni emozione fino alla fine,
perché ne aveva già perse troppe e la sensazione
della mano calda e
rassicurante di Nate che le asciugava gentile la guancia, era
decisamente troppo perfetta per non essere vissuta fino all'ultima
goccia di essenza.
Era dannatamente bella e così vicina a lui,
il viso appoggiato al palmo della sua mano, gli occhi ad imprigionare
i suoi, le labbra rese ancora più rosse e desiderabili
dall'eccesso
di emozione: voleva baciarla come mai prima di allora, più
di quando
era in ospedale. Voleva amarla.
I loro volti si avvicinarono,
mentre il pollice ruvido di Nate carezzava con spirali immaginarie la
guancia di Lexi.
E lei lo sentì.
Percepì chiaramente quel
flash che stava arrivando a portarle altri frammenti di quello che
era stato, ma lo bloccò, perché in quel preciso
istante voleva solo
godere il presente del respiro caldo di Nate sulle sue labbra
tremanti.
-Ecco il pranzo!!!
La voce squillante di Nick ruppe
la cupola di vetro in cui si erano rifugiati, cuori esposti in un
mondo che non si faceva scrupoli a cacciarli e i due furono costretti
a separarsi. Lexi prese a torturarsi i braccialetti, la testa un
miscuglio di pensieri e il corpo un turbinio di emozioni, mentre Nate
si chiedeva per quanto ancora avrebbe resistito dal baciare quella
ragazza che lo aveva travolto e stravolto come un temporale estivo.
Cominciarono a mangiare e Nate pensò di dover rompere quel
silenzio
in una qualche maniera, perché non poteva sopportare un
secondo di
più il rumore dei pensieri suoi e di Lexi.
-Allora, hai ripreso
l'università?
Lexi gli sorrise riconoscente per quella prontezza
d'animo che lei non aveva mai posseduto e che in quel momento le
stava trasmettendo e si lasciò andare ad una dettagliata
descrizione
di come fosse sempre più difficile concentrarsi sullo
studio, quando
l'unica cosa che voleva fare era vivere ogni secondo qualcosa
di
nuovo. Non le era mai capitato e le risultava difficile anche da
spiegare, eppure Nate sembrava capire perfettamente di che cosa gli
stesse parlando e la conversazione procedeva tranquilla, spostandosi
poi sugli argomenti più disparati.
Si stavano conoscendo
davvero, come Lexi e Nate, due ragazzi di ventidue anni che avevano
visto le loro vite incrociarsi ed intrecciarsi, forse anche
complicarsi, come i fili di un paio di cuffiette: sarebbero riusciti
a districare il loro passato, le loro insicurezze ed i divieti
autoimposti, per confluire in un'unica strada? Quando Lexi
sentì
ridere Nate per l'ennesima volta a quella che lei non credeva fosse
una frase divertente e che aveva detto quasi per caso, si rese conto
che non si era sbagliata: quel ragazzo era speciale sotto ogni punto
di vista ed averlo vicino era come potersi beare del calore e della
luce rassicurante del sole in un giorno d'inverno, monito che
l'estate sarebbe tornata prima o poi. Bastava solo avere fiducia e
pazienza. Ma lei poteva permettersi di aspettare ancora e di
rischiare la sua fiducia per qualcuno che conosceva così
poco?
Stava pensando a questo mentre lo vedeva immergere il suo
muffin al cioccolato dentro la crema chantilly che era nel suo
piatto.
-Ehi! Questa è mia!
-Dai Lexi, solo un pochino! E'
troppo buona! Prova.
Senza darle il tempo di risponderle, immerse
di nuovo il soffice dolce dentro la crema che si era spalmata sul
piatto di fronte a lei e glielo portò alla bocca. Non poteva
credere
che stesse vivendo davvero una situazione di quel genere: anche un
cretino si sarebbe accorto di come l'atmosfera fosse cambiata nella
stanza, di come gli occhi di Nate si fossero fatti improvvisamente
più scuri, di come il respiro di Lexi fosse diventato
irregolare...
Ma per cosa? Addentò il muffin, cercando di non mordergli le
dita,
ma Nate fu più veloce e le sporcò la punta del
naso con la crema,
lasciandola imbambolata a guardarlo.
-Che cos'hai fatto?!
-Io?
Assolutamente nulla... Sei tu che non sei capace di mangiare.
Il
sorriso beffardo che stava curvando le sue labbra sottili fece
impazzire Lexi, che passò il dito tra la crema chiara e,
prima che
Nate avesse il tempo di accorgersi di che cosa stesse succedendo, gli
sporcò il viso, tracciando una striscia dolce e appiccicosa
sulla
guancia. Lui la guardò scioccato , preparandosi per
contrattaccare,
lo sguardo determinato che la fece ridere come una bambina, quando
Nick rientrò nella sala, scuro in volto, facendoli bloccare
entrambi.
-C'è un problema...
Nate, ancora con la
crema che colava sulla guancia, si voltò a guardarlo con un
sorriso
accondiscendente stampato sulle labbra e gli chiese cosa ci potesse
essere di così grave.
-Ci sono cinque paparazzi qui fuori e
almeno una quindicina di fan... Sono mortificato.
“Ed ecco come
finisce il nostro spensierato pranzo... Dovevo aspettarmelo che cose
come questa non potessero andare bene fino alla fine... Ma di cosa mi
lamento, se non volevo nemmeno vederlo fino a questa
mattina?!”.
Ma Nate non aveva alcuna intenzione di rovinare quella giornata
che si stava rivelando una tra le
migliori
della sua vita nell'ultimo anno. Si rivolse a Nick con molta
tranquillità, il sorriso ancora sulle labbra, focalizzato
sul far
vedere a Lexi come ogni situazione sarebbe sembrata una sciocchezza
se l'avessero affrontata assieme: fosse stato un gruppo di fan o il
recupero della sua memoria, non gli importava, perché loro
potevano
farcela.
-Non fa nulla Nick, davvero. Sono abbastanza tranquille?
-Sì, sì... Stanno aspettando che tu esca. Il
problema sono i
paparazzi...
-Mmm... Hai un'uscita sul retro?
-Sì, dalla
cucina.
-Okay... Lexi tu che vuoi fare?
“Che?? Cosa??
Perché lo chiede a me?? E in che senso che cosa voglio fare
io??”.
Nate si accorse della sua faccia perplessa, così le sorrise
dolce e le spiegò le due possibilità tra cui
poteva scegliere.
-Puoi uscire dal retro ed aspettarmi in macchina, ti do le chiavi
per aprirla. Oppure...
-Oppure?
-Possiamo uscire assieme e tu
dovresti portare un po' di pazienza.
Lo sapevano perfettamente
entrambi che cosa implicasse la seconda opzione: illazioni di ogni
genere e forma su Twitter e su qualsiasi sito scandalistico della
rete nell'arco di dieci minuti, aumento dell'attenzione sulla vita di
Lexi e il rischio di mettere sotto i riflettori qualcosa che non
sapevano nemmeno che cosa fosse e se ci fosse. Ma l'avrebbero fatto
assieme. Forse fu quel ”assieme” a farla decidere o
il fatto che,
in ogni caso, non avrebbe permesso che fosse qualcun altro a definire
quello che loro erano, così Lexi decise di uscire con lui
dalla
porta principale.
-Credo di aver usufruito per troppo tempo di
quella sul retro.
Nate le sorrise raggiante, come se avesse
davvero capito che cosa significasse quella frase, come se avesse
deciso di renderlo partecipe di un altro passo importante della sua
vita: se la gente voleva interessarsi a lei, lo facesse pure,
perché
non aveva più motivi per nascondersi. Nate si
alzò e Lexi lo imitò,
prendendo la borsa dallo schienale della sedia, mentre lui chiedeva a
Nick di avvisare le ragazze che sarebbe uscito di lì a poco
ma che
avrebbero dovuto mantenere un certo ordine se l'avessero voluto
incontrare. Si avviarono verso la porta, ma prima che Lexi potesse
superarlo, Nate la bloccò per un braccio e la fece voltare
verso di
lui. Erano a pochi centimetri di distanza, gli occhi di Lexi giusti
all'altezza di quelle labbra che prima erano così vicine
alle sue da
farla avvampare al solo pensiero. Nate la guardava con uno sguardo
che non le riusciva di interpretare.
-Forse, però, prima è
meglio togliere questo...
Prese un tovagliolo dal tavolo e le
strofinò piano il naso, pulendolo dai residui di crema che
erano
rimasti appiccicati, per poi passarlo anche sulla sua guancia.
Avrebbe potuto baciarla, nessuno li avrebbe interrotti quella volta,
ma Nate sapeva che non era ancora il momento giusto: voleva
che
lei si fidasse del tutto di lui e capisse quanto ci tenesse a lei. Le
sorrise dolcemente e le prese la mano, intrecciando le loro dita in
un nodo che non si sarebbe mai dovuto spezzare se fosse dipeso da
lui.
-Pronta?
-Pronta.
Ed era vero. Si sentiva pronta. Ma
non solo per affrontare un gruppo di fan e dei paparazzi, ma per
fidarsi di quel ragazzo che aveva avuto il coraggio di dirle come
fosse stata stupida a rischiare la sua vita, solo perché lui
la
considerava troppo preziosa per essere gettata al vento pur di
salvare le loro. Di quel giovane uomo che stava camminando attraverso
il locale e fuori da quella porta non davanti di lei, non
conducendola come fosse una bambina piccola bisognosa di una guida,
ma al suo fianco, come un compagno di viaggio con cui condividere
qualsiasi cosa la vita gli offrisse. Si fidava di Nate come non si
era mai fidata di nessuno e non perché lo conoscesse da
chissà
quanto tempo, ma perché la sua pelle, le sue cellule le
stavano
dicendo che quella mano aveva stretto la sua più di quanto
lei
potesse immaginare ed era stata creata per farlo da quel momento fino
a quando lei glielo avesse permesso.
Hi
sweethearts!!
Non
mi dilungherò molto, sostanzialmente perché sto
piangendo come una
fontana, però alcune cose ci tengo a dirle. Questo capitolo
è uno
dei miei preferiti in assoluto. Punto. Fine. No, scherzo. Lo adoro
perché, per una volta, sembra che le tempistiche di questi
due
coincidano a sufficienza per regalare un pizzico di magia ad un
giorno qualunque. Poi ci sono un sacco di situazioni un po' "da
film" (mi sono lasciata un pochino andare la mano, ma dopo
più
di duecento trenta pagine ne avevamo bisogno tutte^^) come quella
della pioggia con il mezzo incidente, le lacrime, la crema sul
viso... Però penso sia giusto così. E' giusto per
Lexi che vuole
vivere la sua favola o semplicemente la sua vita ed è giusto
per
Nate che vuole vivere il suo amore. Basta. Mi eclisso.
Fatemi
sapere che ne pensate perché in questo caso ci tengo
tantissimo, sul
serio**
A
presto e grazie
Lots
Of Love xx
|
Ritorna all'indice
Capitolo 35 *** 23rd March 2014 ***
23rd March 2014
-Lo sai vero che devi raccontarmi tutto?!?!
Lexi non fece nemmeno la fatica di alzare la testa dal cuscino su cui
era sprofondata per capire di chi fosse quella richiesta con nessuna
via di scampo.
-Vieni dentro, dai...
Mia si stupì dell'arrendevolezza con cui Lexi si stesse per
prestare a quell'interrogatorio, ma ancora di più non
riuscì a decifrare il sorriso ebete che le stava storpiando
la faccia: dov'era finita la sua migliore amica che il più
delle volte assomigliava ad una Lucia Mondella infilzata??
Solo quando un corpo di cinquanta chili scarsi si scaraventò
sul suo letto, facendo cigolare la testiera, Lexi si diede la pena di
mettersi a sedere, le gambe incrociate e un cuscino sprimacciato sulla
pancia: la dottoressa Lang sarebbe stata orgogliosa di lei.
-Allora: cosa vuoi sapere?
-Prima una domanda.
Mia la stava guardando dal basso, la testa appoggiata sulle mani e i
gomiti che sprofondavano sulla coperta verde, assieme al resto del suo
corpo: era dannatamente seria e circospetta, tanto da far preoccupare
leggermente Lexi per quale potesse mai essere la domanda.
-Che ne hai fatto della Lexi che conoscevo? Quella che prima di
raccontare qualcosa doveva ricevere una richiesta in carta bollata e
che, in quel caso, mi concedeva solo un testo bucato?
-Te l'ho mai detto che sei cretina?! Comunque quella Lexi è
andata a farsi una vacanza ed ha lasciato qui una nuova Lexi che ha un
sacco di cose per la testa e un estremo bisogno di un consiglio da
parte della sua migliore amica...
Essere così sincera circa i suoi sentimenti non la faceva
sentire per nulla a proprio agio, tanto che dovette abbassare lo
sguardo allontanandolo da quelle iridi troppo simili a quelle di Nate,
altrimenti le sarebbe davvero stato impossibile raccontare tutto quello
che era successo.
-Secondo te, è possibile fidarsi di qualcuno senza
conoscerlo?
-Intendi tanto da raccontargli tutto di te?
-Tanto da affidargli la mia stessa vita...
“Va bene, forse detta così suona un po' male...
Sembra una di quelle battute che mettono nei film giusto prima della
pubblicità... Forse è per questo che Mia mi sta
guardando così tanto male.”
-Lexi che stai dicendo? Scusa, ma non credo di capire...
-Ho incontrato Nate ieri... A dire il vero mi ha quasi investita con la
macchina, ma poi mi ha offerto un passaggio perché diluviava
ed eravamo entrambi fradici... Poi, dato che era quasi ora di pranzo,
ci siamo fermati a mangiare nel ristorante di un suo amico d'infanzia
ed eravamo solo noi due in una saletta appartata e abbiamo parlato e
riso un sacco, poi lui mi ha sporcato il naso con la crema chantilly ed
io ho fatto lo stesso con la sua guancia ed eravamo così
dannatamente vicini, soprattutto quando mi ha pulito con un tovagliolo
perché il suo amico ci aveva appena detto che fuori si era
radunato un gruppo di fan e fotografi e dovevamo andare via... E lui mi
ha chiesto se ero pronta ad uscire con lui e quando gli ho detto di
sì, mi ha preso per mano e poi io non ho più
capito nulla, sapevo solo che mi fidavo completamente di lui.
Lo sguardo allibito e la bocca spalancata in una O perfetta fecero
capire a Lexi di esserci andata giù un po' troppo pesante
con la quantità di informazioni rivelate in una volta sola
così attese pazientemente un qualche segno di vita da parte
della ragazza distesa vicino a lei. La vide mettersi seduta, coprendo
le gambe magre con il vestito gitano che indossava, cercando di
assumere una posa comoda per guardarla dritta negli occhi e, sperava
Lexi, dire finalmente qualcosa.
Invece Mia trasse un profondo respiro, cercando di contenere la
felicità che stava provando nell'aver sentito come Nate
fosse tornato sui suoi passi e stesse finalmente facendo la cosa
giusta.
-Ma cos'è successo dopo che siete usciti dal ristorante?
Quella domanda lasciò Lexi leggermente interdetta,
poiché si sarebbe aspettata tutt'altra reazione, ma
soprattutto perché nemmeno lei sapeva bene come rispondere.
-Siamo usciti mano nella mano e lui sembrava non avere alcuna
intenzione di lasciarmi andare, i flash delle macchine ci hanno
letteralmente investiti e le fan hanno cominciato a gridare il suo nome
e poi anche il mio. D'istinto mi era venuto spontaneo togliere la mano,
ma lui l'ha stretta ancora di più, borbottando qualcosa su
come avrebbe dovuto portarsi dietro Alberto anche a pranzo... Dopo di
che ha semplicemente sorriso alla fan, chiedendogli se potevano
mettersi in ordine così poteva fare una foto con tutte e
solo allora mi ha lasciato, mentre i paparazzi continuavano a scattare,
ma ogni tanto si voltava per sorridermi e controllare che non fossi
scappata, almeno poi mi ha detto così... Io mi sono
rintanata vicino al muro del ristorante, cercando di rendermi
invisibile come il mio solito, ma quella gente sembrava davvero
interessata a me, tanto che pure qualche fan mi ha salutata ed io credo
di aver risposto con una delle mie migliori facce da pesce lesso, tanto
ero frastornata... Finché, ad un certo punto, quando Nate
aveva quasi finito di farsi selfie con ognuna, una di loro ha proposto
di farsi una foto assieme a me ed io che potevo fare?! Sono stata
praticamente circondata nell'arco di due secondi da ragazze di ogni
età che sorridevano e mi ringraziavano per quello che avevo
fatto... Così ho sorriso anche io e poi...
-C'è anche un poi?! Ma quando pensavi di dirmi tutta sta
roba?!?! Un giorno o l'altro, quando tornerò a casa da
lavoro, scoprirò che sei diventata imperatrice dell'universo
senza che me ne rendessi neanche conto!
-Posso continuare?
-Sì, sì, per l'amor del cielo, non vorrei mai
ritardare il momento in cui hai ucciso un drago a tre teste con la sola
forza del pensiero!
-Sei proprio stupida. Comunque, fatta la foto siamo saliti in
macchina...
-Tutto qui??
-Ma stai zitta?! Poi mi chiedi perché non ti racconto mai
nulla!
-Scusa, scusa! Ora mi cucio la bocca.
-Insomma: siamo saliti in macchina ed è calato un silenzio
tombale, fino a che ci siamo guardati e boom!
-E' esplosa la macchina?!?!?!
-Ma sei deficiente?! Certo che no! Cos'ho fatto di male io per
meritarmi te? Siamo scoppiati a ridere come due pazzi, stavamo
piangendo entrambi dalle risate e nessuno dei sue sapeva per quale
dannata motivazione stessimo ridendo!
Al sol pensiero un sorriso le si stampò in faccia e una
strana sensazione la pervase da capo a piedi: era quasi sicura fosse
felicità.
-Dopo di che mi ha riaccompagnata a casa e mi ha salutata con un bacio
sulla fronte... Tempo due secondi mi aveva già mandato un
messaggio per dirmi che sperava di ricontrarmi presto, senza dovermi
per forza prendere sotto con la macchina. Ecco tutto.
Mia la osservò per un paio di secondi, sfogliando anni e
anni di pagine di ricordi condivisi con Lexi per cercare un altro
momento in cui l'aveva già vista così, ma non ne
trovò neanche uno. La sua amica intimorita dalla sua stessa
ombra, goffa e qualche volta decisamente troppo persa nel suo mondo si
era trasformata in una ragazza dagli occhi brillanti per un'emozione
che sembrava scuoterla da dentro, capace finalmente di esprimere
ciò che le riempiva la testa e pronta a vivere davvero. Ne
fu così felice, che rischiò di mettersi a
piangere lei stessa, non fosse stato per Lexi che la stava implorando
con i suoi occhi di cioccolato fuso di dire qualcosa.
-Wow. Dico davvero. Lui ti piace...
“Perché deve sempre andare dritta al
punto???”.
-E questo tuo silenzio mi fa capire che ti piace pure tanto!! Ma
è meraviglioso Lexi-Lex!
-No, non lo è per nulla...
Tutta la gioia di un attimo prima scivolò via dal volto di
Mia mentre osservava la sua amica stringersi di più al petto
il cuscino, nonostante lo stesse già stritolando.
-Che intendi?
-Intendo che ho già perso undici anni dietro ad un tipo che
non sapeva nemmeno che io esistessi e non era nemmeno famoso
all'epoca... Ora, siamo obbiettivi per un secondo: io non potrei mai
piacere ad uno come Nate ed una vita con lui sarebbe praticamente
impossibile per una ragazza come me, che l'unica sicurezza che ha
è quella di essere un cataclisma ambulante.
Non poteva credere a quello che sentiva. Non poteva permettere che Lexi
rinunciasse per l'ennesima volta ad essere felice a causa delle sue
stupide paure irrazionali e per il suo passato di relazioni
fallimentari, per non dire, inesistenti.
-Lexi basta! Ora stammi bene a sentire: tu ti meriti di essere felice e
di stare con lui, okay? Smettila di dire che non sei fatta per questa o
quella vita: come fai a dirlo se non l'hai neanche mai provata?! Dagli
una cazzo di possibilità, rischia per una volta! E poi,
andiamo: ti ha scritto che non vedeva l'ora di rivederti dopo due
secondi che eri scesa dalla sua macchina!! Gli piaci Lexi, fidati!
-E allora perché non mi ha baciata?
Già, perché diamine Nate non l'aveva baciata? Mia
cercava di trovare una risposta e l'unica che le venne in mente fu:
-Con tutto quello che hai passato, magari non gli sembrava opportuno
baciarti al vostro primo appuntamento. Che, tra parentesi, non era
nemmeno del tutto ufficiale... Sai, Nate mi sembra uno di quelli che ci
tiene a fare le cose per bene.
-Forse hai ragione... Ma se ti sbagliassi? Se fosse interessato a me
solo per quello che ho fatto? Insomma, magari è solo gentile
e sono io che vedo coniglietti rosa dove non ne esistono...
-Ma?
Lo sguardo che la sapeva lunga di Mia la mise con le spalle al muro:
era la sua migliore amica da sempre, quindi non aveva senso nasconderle
qualcosa.
-Ma mi viene da fidarmi di lui a pelle! Ed è una cosa che
capita davvero raramente...
-Su questo posso confermare, dato quanto c'hai messo per fidarti di
Matt!
-Ed ho fatto pure male... A proposito: tu sai dove sia finito?
-Diciamo che l'ultima volta che ho avuto sue notizie tu eri ancora nel
magico mondo di Lexilandia e mi ha solo detto che andava in Scozia da
alcuni suoi amici, perché il tuo incidente l'aveva
“sconvolto nel profondo”, cito testuali parole...
-Hai dato un nome al mio tunnel?
-Senti, dovevo trovare un modo per affrontare la cosa: speravo che
almeno tu ti stessi divertendo! A proposito, so che non te l'ho mai
chiesto, ma visto che siamo in vena di confidenze, credo che
correrò questo rischio: ti sei più ricordata
qualcosa? Di quei mesi intendo?
La domanda lasciò Lexi leggermente interdetta,
perché sembrava unicamente rafforzare la sua idea che tutti
loro sapessero qualcosa di cui lei non era a conoscenza e che si
ricollegava a quei cinque mesi in cui lei era rimasta in coma. Ma Mia
sembrava realmente interessata e, magari, anche lei avrebbe potuto
scoprire qualcosa in più circa quei flash che ormai
diventavano sempre più insistenti e nitidi. La dottoressa
Lang sarebbe stata doppiamente orgogliosa di lei, quando glielo avrebbe
detto.
-No...
La delusione che si dipinse sul volto della sua amica, anche se per una
sola manciata di secondi, le fece capire che davvero c'era qualcosa che
lei non sapeva e che voleva scoprire il prima possibile, fosse anche
stata costretta ad andare dalla psicoterapeuta tutti i giorni.
-Non del tutto, almeno... Ma ho dei flash, dei momenti in cui magari un
rumore, un odore, una sensazione mi fanno tornare alla mente delle
scene che so di non aver mai vissuto e che quindi devono appartenere a
quei cinque mesi... E' per questo che vado dalla dottoressa Lang. Detta
così sembra che faccia parte di una puntata di Medium, ma
giuro che non è nulla di straordinario!
Mia stava per ribattere che invece era una delle più belle
notizie che avesse ricevuto nell'ultimo periodo, dopo quella del suo
risveglio e dell'amore di David per lei, quando il telefono di Lexi si
mise a squillare come impazzito sulle note a dir poco festanti di Happily: non
sapeva perché, ma quella canzone la faceva sentire
stranamente felice. -Pronto? Oh! Ehm, ciao Nate...
Senza un minimo di ritegno, le sue guance si tinsero di rosso e
l'istinto di nascondere la faccia dentro il cuscino divenne quasi
insopportabile, ma le urla di gioia di Mia la fecero tornare con la
testa attaccata al collo e la voglia di usare quel cuscino per
soffocarci il viso dell'amica.
-Sì, c'è anche Mia, qui... Ma non so per quanto
ancora resterà... Oh, no, perché potrei farla
fuori io.
Le lanciò un'occhiata truce per cercare di farla stare
calma, ma Mia non si diede per vinta.
-Ciao Nate!! Come stai?
Lexi fu costretta a mettere la chiamata in vivavoce, così
che la risata cristallina che Nate le stava regalando andò a
riempire la sua stanza, rendendola quasi più luminosa.
-Bene, grazie... Te Mia? Tutto apposto?
-Non mi posso lamentare, specialmente oggi che la mia migliore amica ha
deciso di aprire il suo piccolo e dolce cuoricino con la sottoscritta
per raccontarmi...
-Zitta!
Improvvisamente Mia si trovò sovrastata dal corpo non certo
leggerissimo di Lexi, che stava sostanzialmente tentando di soffocarla
senza neanche tante difficoltà. Nate continuava a ridere
come se quello fosse lo show più divertente che avesse mai
visto, o meglio, sentito dato che udiva solo le urla soffocate di Mia e
gli insulti di Lexi.
-Nate aiuto!!
-Non vedo perché dovrei aiutarti: te la sei cercata Mia
Winston!
-Basta! Pietà, pietà!! Se mi lasci libera me ne
vado!
-Fatta!
Lexi si alzò dal copro ormai spiaccicato di Mia e le permise
di andarsene dalla camera, sistemandosi il vestito stropicciato e
regalandole una linguaccia degna di una bambina dell'asilo. Lexi scosse
la testa e si concentrò sulla voce allegra che proveniva dal
ricevitore che aveva riportato all'orecchio e che sembrava essere
diventata improvvisamente più seria e un poco più
insicura.
-Sai, mi stavo chiedendo se per caso ti andasse di...
-Sì!
“Ma che diamine ho in testa?!?! Dov'è finita la
cara e vecchia regola del fare le misteriose per accrescere
l'interesse?? Ma chi voglio prendere in giro, che non sono neanche
capace di mentire a mia mamma quando mi chiede se ho mangiato verdure
almeno due volte a settimana?! Sono un caso disperato, c'è
poco da fare...”.
-Cioè: sì, dimmi pure.
-Stavo per chiederti se ti andasse di passare per casa mia e guardare
un film, una cosa tranquilla... E ci tengo a precisare che ti avrei
proposto di andare a fare un giro, ma dato il trambusto di ieri ho
pensato che magari ti andasse di evitare altre raffiche di flash.
La risatina nervosa che le riservò subito dopo rese palese a
Lexi come Nate ci tenesse davvero a fare bella impressione su di lei e
la costrinse a pensare che non ci fosse nulla di più dolce
di quel suono.
“Decisamente smielata come cosa, ma dannatamente
vera...”.
Venti minuti dopo, un cambio di vestiti veloce e una mini litigata con
Mia sulla vitale questione se si dovesse mettere il rossetto o meno,
Lexi stava aprendo il portoncino blu del suo condominio in Lexintong
Street, coperta da un vestitino nero a fiorellini che le arrivava a
metà coscia, un paio di sandali che non l'avrebbero protetta
dalla pioggia che minacciava di riversarsi su di lei nel giro di
qualche secondo, il fidato giubbino di jeans che Lewis le aveva
confessato di invidiarle, la tracolla di pelle a penderle in precario
equilibrio dalla spalla e un sorriso inebetito, e senza rossetto, a
decorarle il viso.
Nate non poté trattenersi dal pensare che sembrasse una di
quelle ragazze che le fashion blogger fermavano per strada per
catturarne lo stile e pubblicarne la foto su Instagram, ricevendo
milioni di like, perché con il vento a farle scivolare i
lunghi capelli castani davanti il viso, dando anche vita al leggero
vestito che indossava, era straordinariamente bella.
Rallentò istintivamente, mentre raggiungeva in macchina il
portone da cui lei era appena uscita, per poterla osservare meglio,
mentre ancora non si era accorta del suo arrivo ed era semplicemente
Lexi: una delle ragazze più normali che avesse mai
conosciuto eppure una delle donne più sorprendenti che gli
si fossero mai avvicinate. Tutto in lei era speciale, dal modo in cui
si scostava con noncuranza i capelli dalla spalla, all'impazienza che
trapelava dal piede che teneva un ritmo immaginario sull'asfalto della
strada, dalla scintilla di emozione che si poté leggere nei
suoi occhi appena lo videro arrivare, al sorriso timido ma dannatamente
attraente che gli riservò quando lui scese dalla macchina
per aprirle la portiera del lato del passeggero.
-Buongiorno Lexi.
-Buongiorno Nate.
E gli sorrise ancora, incapace di dissimulare quella
felicità che si impadroniva di lei ogni qualvolta Nate fosse
nei paraggi, sentendosi però meno sola quando anche sul
volto del ragazzo si aprì un sorriso spontaneo e
incredibilmente brillante. Il rumore dello sportello di Nate che si
chiudeva la riportò con i piedi per terra, ma quello che
disse poco dopo la catapultò letteralmente in quel tunnel di
flash che stava diventando sempre più fitto quando si
trovava in sua compagnia.
-Allora piccola, hai preferenze sul film da vedere?
Forse non avrebbe dovuto dirlo. Forse quello era stato un tremendo
passo falso che l'avrebbe fatta scappare immediatamente dalla macchina,
senza dargli nemmeno il tempo di rimangiarsi quello stupido nomignolo
con cui l'aveva chiamata. Forse doveva ricordarsi che Lexi non era la
sua “piccola”, almeno non più da quando
si era svegliata e che non era nemmeno detto che lei ricambiasse i suoi
sentimenti, perché lui invece ne era più che
sicuro: si stava innamorando di lei ancora ed ancora e nulla l'avrebbe
fatto tornare sui suoi passi.
Ma la mente di Lexi era persa ad inseguire una voce così
tanto simile a quella di Nate, che la chiamava in quella stessa maniera
e che sembrava provenire da un computer, suscitandole una scarica di
brividi che ancora poteva sentire su di sé. Così
sorrise a quel pezzo di memoria che si stava aggiungendo all'enorme
puzzle che aveva in testa, a cui mancava solo la chiave per decifrarlo
del tutto: chi era quel ragazzo che per tutti quei mesi le era stato
accanto? Ma quello non era il momento per pensarci, ora doveva vivere
il suo presente, quello che Nate le stava regalando proprio in quel
momento. Così gli rispose con fare serio:
-Assolutamente no, eccetto horror, thriller, film con trame basate su
gente che si picchia e basta, quelli che prevedono una tipa semi nuda
che combatte in maniera a dir poco irrealistica contro qualche triade
asiatica e i film di Wes Anderson.
Nate la guardò stravolto, incerto se prenderla sul serio o
se sperare che stesse scherzando.
-Non dicevo sul serio, Nate! Eccetto che per i film di Wes Anderson:
quelli non li sopporto davvero, scusa...
Nate scoppiò a ridere, scosse la testa e mise in moto, certo
che quello sarebbe stato un pomeriggio a dir poco interessante.
Lexi avrebbe potuto dire che quella fosse la casa di Nate anche senza
sapere che lui ne fosse il proprietario: c'erano chitarre appese su
tutta la parete lunga del soggiorno, mentre l'altra era fatta da ampie
porte-finestre che davano su un giardino ormai in fiore data la bella
stagione che si stava avvicinando. Un televisore decisamente
sproporzionato per qualsiasi persona normale svettava su una delle
pareti corte, sovrastando un'intera mensola carica di premi e targhe. I
dischi di platino erano appesi lungo la parete delle scale, che
portavano al secondo piano. Due enormi divani in pelle nera occupavano
la maggior parte della stanza ma un morbido tappeto di lana bianca
istigava chiunque vi entrasse a togliersi le scarpe e camminarvi a
piedi scalzi, spostando anche il piccolo tavolino di vetro che vi stava
al centro. Ma più di tutto, ad attirare la sua attenzione,
fu la chitarra che Lexi sapeva essere la sua preferita, quella rossa e
bianca, elettrica, dal suono “energico” come
l'aveva definito lui stesso durante un'intervista, che svettava
orgogliosa sul suo sostegno, pronta per essere collegata
all'amplificatore poco distante per creare nuove melodie ed esprimere
quello che albergava dentro Nate. Lexi si rese conto che avrebbe pagato
oro per poter assistere ad uno di quei momenti, quando magari era sera
e Nate imbracciava la sua inseparabile compagna per creare qualcosa di
nuovo e dare magari un senso a qualcosa di vecchio.
-Allora, considerando che quando sono in pausa dal tour passo
metà del mio tempo a guardare partite di calcio e l'altra
metà a fare barbecue, la scelta di film non è
delle più ampie ma magari possiamo vedere che cosa fanno per
tv... Che ne dici?
Nate alzò la testa dal mobiletto sotto i premi su cui aveva
accatastato tutti i suoi dvd e la ritrovò a fissare quasi
incantata la sua piccola, o meglio quella che per lui era sempre stata
la sua piccola fino a quando Lexi non era entrata nella sua vita,
rivoluzionando le sue priorità.
-Lexi?
-Scusa, è solo che... Componi mai quando sei a casa?
Quella domanda lo lasciò spiazzato per un attimo, ma si
riprese subito per evitare che lei pensasse di essere stata indiscreta
chiedendogli quella cosa, perché a dire il vero non avrebbe
potuto fargli domanda più bella: adorava parlare di musica,
specialmente della sua musica.
-Sì, quasi sempre a dire il vero... Soprattutto di sera o se
sono annoiato o arrabbiato...
-E qualche canzone che hai scritto qui è mai finita in un
album?
-Beh, a dire il vero la maggior parte delle canzoni le scriviamo mentre
siamo in tour, ma ce ne sono alcune di cui magari l'idea è
nata qui e che poi sono finite su un cd... Hai presente quella che ho
scritto con i McFly?
-I Would!
Adoro quella canzone, mi istiga a ballare in modo imbarazzante.
Nate la guardò come se fosse un fantasma e le chiese:
-Tu balli?!
-A parte il fatto che potrei offendermi per il tono sconcertato con cui
l'hai detto, no, io non ballo o almeno non nel vero senso del parola...
Diciamo che mi dimeno, ecco... -Sono sicuro che tu sia fantastica anche
quando balli in modo imbarazzante...
Si guardò istintivamente attorno, per assicurarsi di essere
l'unica persona oltre a Nate nella stanza, perché quello era
un complimento in piena regola e non le sembrava possibile fosse
rivolto proprio a lei.
-Sì Lexi, sto parlando con te. Dovresti seriamente
cominciare a ficcarti in testa che sei una ragazza davvero speciale e
che le persone farebbero a gara per averti nella loro vita.
Lexi lo fissò, sentì la mandibola abbassarsi e
gli occhi aprirsi a palla: non era mai stata capace di gestire le
attenzioni della gente, figurarsi quelle di un ragazzo come Nate, tanto
che per poco non si strozzò con la sua stessa saliva quando
lo vide avvicinarsi pericolosamente a lei, gli occhi cristallini
incastrati nei suoi cioccolato.
Voleva baciarla per farle capire quanto la desiderasse, quanto fosse
pronto a prendersi cura della sua insicurezza cronica, sommergendola di
complimenti giorno e notte se fosse stato necessario.
Erano uno di fronte all'altra, i respiri a mischiarsi nel silenzio
della casa, come una melodia che si stava formando solo per loro, per
raccontare quella comunione di anime che è raro trovare
sulla terra perché appartiene di più al cielo.
-Posso chiederti una cosa?
-Certo...
Istintivamente Nate le prese una mano e cominciò a
carezzarne il dorso con il pollice, facendo sentire i brividi a Lexi
fin nelle ossa: le sarebbe preso un infarto a breve se non avesse
trovato un modo per uscire da quella situazione.
-Balleresti con me?
Quella rientrava decisamente nelle richieste più assurde che
avesse mai fatto nella sua vita, ma contrariamente a quanto sarebbe
stato ragionevole fare, non voleva allontanarsi da quel corpo magro ma
solido che sembrava essere stato messo al suo fianco per sorreggerla.
Voleva sentire il calore di Nate sulla sua pelle, perdersi nel suo
profumo che aveva un ché di bosco alle prime luci dell'alba,
fresco, inebriante e dannatamente seducente. Voleva avere il suo primo
ballo con un vero principe azzurro, perché Nate si stava
rivelando esattamente quello: il ragazzo che compare in tutte le favole
più famose, quello che si accorge della ragazza snobbata da
tutti nelle commedie americane per adolescenti, quello che nei libri
sembra sempre essere troppo perfetto ed inarrivabile e che poi si
scopre essere alla ricerca della più banale
normalità in una ragazza.
-Con molto piacere.
Il suo accento irlandese diventava più evidente quando era
felice, Lexi se ne era accorta ancora la prima volta che avevano
parlato assieme e la cosa la fece abbassare lo sguardo sui suoi piedi,
chiedendosi quando fosse stata così tanto attenta a quei
piccoli dettagli di Nate. Sciolse a malincuore il loro intreccio di
dita, ma solo per raggiungere lo stereo già collegato
all'Ipod e far ripartire la canzone che stava ascoltando poco prima di
andarla a prendere in macchina: era talmente agitato, che l'album di Ed
Sheeran gli era parso l'unica soluzione per calmare i nervi. Le prime
note di Even My Dad
Does Sometimes cominciarono a riempire la stanza, facendo
immediatamente venire un nodo allo stomaco di Lexi: quella canzone
significava più di quanto potesse mai spiegare a parole,
perché parlava per lei e di lei sotto così tanti
punti di vista che le lacrime rischiarono di farsi largo sulle sue
guance. Ma la mano che Nate le stava porgendo le apparve come un'ancora
di salvezza da quelle lacrime e, forse, anche da sé stessa e
da quel suo passato in cui non si riconosceva più e che le
sembrava un macigno pronto a trascinarla affondo. L'afferrò
e ricambiò il sorriso che il bel ragazzo le stava
rivolgendo, come se fosse stata la pietra più preziosa
dell'universo e lui avesse il privilegio di tenerla tra le mani.
Nate portò quella mano sul suo petto, tra i loro due corpi,
all'altezza di quel cuore che era letteralmente impazzito. Non poteva
credere davvero che stesse succedendo, che potesse poggiare la sua mano
bollente alla base della schiena di Lexi e sentirla rilassarsi
improvvisamente, appoggiare la testa sulla sua spalla, respirando sul
suo collo e risvegliando in lui emozioni che non credeva nemmeno fosse
legittimo provare: avvolgenti, totalizzanti e piene. Nulla nella sua
vita sarebbe stato paragonabile a quello. Nessun concerto, nessun
premio vinto, nessuna ragazza avrebbero potuto eguagliare la
possibilità di stringere quel corpo delicato e al tempo
stesso segnato da mille cicatrici, perché lo faceva sentire
semplicemente e totalmente felice.
Il battere incessante e accelerato del cuore di Nate divenne la
più bella melodia che Lexi avesse mai sentito, meglio di
ogni canzone, di ogni parola, di ogni storia che le fosse mai stata
raccontata, perché quella era la sua favola. Per
così tanto tempo era stata impaurita di guardare
l'orizzonte, perdendo ogni speranza che la sua vita potesse essere
qualcosa di davvero speciale, fino a quando non era arrivato lui. Nate
con i suoi sorrisi straordinari, le sue risate rumorose, i suoi occhi
infiniti e le sue braccia rassicuranti. E che senso poteva avere essere
terrorizzati da una linea lontana tra terra e cielo se lui l'avesse
tenuta per mano mentre vi si avvicinavano? C'era un verso specifico di
quella canzone che l'aveva sempre fatta sentire profondamente capita e
alle volte, un po' meno sola: so
don't wipe your eyes, tears remind you you're alive .
Perché c'erano davvero stati momenti in cui, negli ultimi
undici anni, aveva pensato di essere ancora viva solo per le lacrime
che le rigavano il volto quando di notte fissava la luna fuori dalla
finestra e si chiedeva se quella solitudine che si impossessava di lei
ogni volta sarebbe mai finita, se quella malinconia che l'abbracciava
quando si metteva sotto le coperte fosse normale. Poi certo, c'era
sempre stata Mia con la sua instancabile parlantina e la sua patologica
necessità di far ridere chiunque, ma quando era da sola per
Lexi diventava davvero difficile trovare una motivazione per respirare
ed allora ringraziava il cielo che fosse un meccanismo spontaneo del
proprio corpo.
Forse fu solo una semplice coincidenza o magari Nate aveva sentito il
respiro di Lexi cominciare a farsi irregolare, le spalle scuotersi
impercettibilmente e la prima lacrima bagnargli la maglietta fina, ma
gli occhi ormai velati di familiari lacrime di Lexi si ritrovarono a
perdersi in un oceano di comprensione e affetto che la sommersero
completamente. Nate cercò di catturare tutti quei frammenti
dell'anima di Lexi con i pollici di entrambe le mani, sorreggendole il
volto verso di lui e definendone la forma delicata per curare quelle
ferite che, lo sapeva, erano molto più in
profondità. Fu solo allora che si lasciò
avvolgere dall'intensità di quegli occhi color cioccolato
capendo che tra loro due non era solo Lexi quella che aveva bisogno di
essere salvata, ma anche lui. Quelle iridi ancora lucide per il pianto,
gli mostrarono come lei lo stesse salvando dalla parte peggiore di
sé: quella che stava dimenticando che cosa fosse davvero
importante, che cosa significasse sacrificarsi per qualcuno a cui si
teneva davvero, che cosa volesse dire dare la vita per amare sul serio.
Lexi gli stava permettendo di amare qualcuno incondizionatamente e la
cosa lo faceva sentire bene, come mai prima di allora. Nessuno gli
aveva mai concesso di mostrarsi così forte e debole allo
stesso tempo davanti a lui, di scoprire ogni ferita che solcava la sua
anima e lasciare che lui vi ponesse delle bende, di sentire che un suo
sorriso poteva lenire un affronto della vita. Forse era quello che le
loro fan intendevano con quelle loro lunghissime lettere di
ringraziamento, i regali, i tweet accorati per fargli sapere che senza
di loro non ce l'avrebbero fatta a sopravvivere: Nate si era dovuto
innamorare per capirlo. Perché, sì, quello che
provava per la ragazza tra le sue braccia, con le labbra a pochi soffi
dalle sue, era decisamente amore e non aveva più senso
negarlo. Lei era la normalità nel suo straordinario, l'amore
in una vita di emozioni innominabili, ciò che aveva cercato
per un'intera esistenza.
Voleva baciarlo come mai aveva desiderato fare con nessun altro
ragazzo. Voleva scoprire che cosa significasse ricevere il primo bacio
del principe azzurro, che sapore avesse rispetto a quello di un
qualsiasi altro ragazzo, come ci si sentisse a confondere le proprie
labbra con quelle della persona che si ama. Ecco, l'aveva pensato,
quindi era ufficiale: si era innamorata di Nate. Solo che in quel
momento non le venne neanche in mente che fosse Nate “dei The
Rush”, che fosse uno degli under venticinque più
ricchi e influenti del pianeta, che potesse avere stuoli infiniti di
ragazze ai suoi piedi con un solo schiocco di dita, perché
lei non si era innamorata di lui ma di Nate. Solo Nate. E non le venne
nemmeno in mente che si conoscevano da troppo poco tempo per poter
perdere così tanto la testa per lui, che il suo cuore si
sarebbe disintegrato definitivamente se solo le cose non fossero andate
tutte per il verso giusto, che quello era un rischio che non poteva
concedersi. L'unica cosa a cui riusciva a pensare era che voleva
baciarlo come mai prima d'ora e che nulla gliel'avrebbe impedito. Il
respiro caldo di Nate sulle sua labbra la fece rabbrividire di piacere
e avvicinare la bocca di qualche millimetro a quella di lui, che ormai
non riusciva a pensare ad altro che a quanto desiderasse risentire il
sapore di quel bacio dentro di lui.
Una scampanellata.
Breve ed incisiva.
Due secondi di silenzio in cui Nate e Lexi si guardarono vagamente
spaesati, indecisi se riprendere da dove erano stati interrotti o far
svanire in un battibaleno tutta la magia del momento.
Un'altra scampanellata.
Più lunga ed insistente.
Continuarono a guardarsi, immobili, la rassegnazione negli occhi di
Lexi e la frustrazione in quelli di Nate.
Solo quando il suo Iphone si mise a suonare impazzito American Idiot
sul divano, Nate lasciò il viso dubbioso di Lexi per
rispondere senza guardare il mittente della chiamata: quella suoneria
era decisamente personalizzata.
-Spero tu abbia una buona motivazione per chiamarmi, Tompson.
Lo sguardo non proprio fintamente scocciato di Nate fece ridere Lexi,
dato che solo Lewis Tompson poteva avere un tempismo così
terrificante.
-Mi vuoi aprire?!?! Siamo qui fuori da dieci minuti!!
-Cinque Lewis, sono solo cinque...
La voce di Ellie riuscì ad arrivare anche a Lexi, che si
lasciò cadere pesantemente sul divano, scoppiando
definitivamente a ridere: che cosa avevano fatto di male per meritarsi
quello?
-Adesso ti apro, rompiballe!
Nate chiuse la chiamata, pigiò il bottone di apertura del
portoncino e si voltò verso Lexi.
-Ti giuro che mi dispiace...
La sua espressione da cucciolo bastonato fece quasi intenerire Lexi,
che gli sorrise e cercò di rincuorarlo come meglio poteva.
-Tranquillo Nate: se c'è una cosa che ho capito in questi
mesi è che cercare di arginare Lewis è solo tempo
perso.
-Almeno tu l'hai capito subito... Noi ci abbiamo messo tre anni ed
ancora vorremmo mandarlo a quel paese ogni volta che....
-Guarda che ti sento!!
La voce squillante del diretto interessato perforò la porta
blindata, eliminando ogni traccia di atmosfera romantica che era
rimasta ad aleggiare per aria. Lexi si alzò senza pensarci
ed andò ad aprire la porta, lasciando finalmente senza
parole quel logorroico di Lewis. Ma durò poco, troppo poco.
-E tu che ci fai qui?!
-E' un piacere anche per me rivederti, Lewis.
-Ciao Lexi! Come stai?!
Le braccia di Ellie si allacciarono immediatamente al collo di Lexi,
senza lasciarle neanche il tempo di rispondere, ma tutto quell'affetto
la faceva sentire apprezzata e non ne era per nulla abituata.
-Sto bene, grazie... Te? Hai ancora la pazienza necessaria per
sopportarlo?
-Guarda, lasciamo stare che oggi sta rischiando davvero tanto. Gli
avevo appena detto: magari è il caso di chiamarlo Nate prima
di piombargli in casa di punto in bianco, ma pensi che mi abbia dato
ascolto? Manco morto! Mi dispiace di avervi disturbato.
Lexi si voltò verso Nate, arrivato alle sue spalle e che ora
stava sorridendo accondiscendente ad Ellie, come per farle capire che
sapeva perfettamente che cosa significasse avere a che fare con Lewis,
così lei si sentì legittimata a parlare anche per
lui, benché quella non fosse casa sua.
“Ma magari potrebbe diventarlo... Che cazzo sto
pensando?!”.
-Non c'è nessun problema Ellie, davvero... Stavamo tentando
di scegliere che film guardare a dire il vero.
-Seh, come no?! Guardate che vi abbiamo visto dalla finestra che
stavate facendo i cattivi bambini!
Il rumore di un schiaffo lasciato sul braccio di Lewis
rimbombò per tutta la stanza e le conseguenti minacce di
Ellie di uccidere il suo ragazzo seguirono senza troppa timidezza. -Che
ne dite di preparare qualcosa da mangiare e guardare sto benedetto
film?
Nate riportò la conversazione su qualcosa di meno
compromettente e sorrise complice a Lexi, che prese i primi tre dvd che
trovò nel mobiletto sotto il televisore, ringraziando il
cielo che nessuno di essi fosse un horror.
-Lexi, vieni a darmi una mano in cucina per favore?
Seguì Nate nella stanza affianco, ma questo non le
impedì di sentire comunque il commetto tra l'euforico e lo
sconcertato di Lewis che diceva:
-Sa persino dove sono i dvd, capisci?! Questi ci nascondono qualcosa!
Entrò nella modernissima cucina in acciaio e legno bianco di
casa Hanson, mentre ancora scuoteva il capo con un mezzo sorriso sulle
labbra per quanto aveva appena sentito, quando due braccia
l'afferrarono per i fianchi, facendola scontrare con il petto ben
disegnato di Nate. Il calore che il suo corpo diffondeva si fece largo
lungo la schiena di Lexi sotto forma di una scia infinita di brividi
che le mozzarono il fiato, specialmente quando il suo soffio gentile e
fresco si infranse in quel punto sensibile appena sotto l'orecchio,
costringendola a pensare che l'inferno esistesse e non fosse proprio
così male.
-Anche se è durato poco, è stato fantastico
ballare con te...
La sua voce solitamente cristallina si era arrochita di qualche tono,
assumendo delle tonalità più rudimentali, come
l'acqua che scorre tra i sottoboschi inesplorati da forma umana,
costringendo le mani di Lexi a stringersi attorno alle braccia
forti ma delicate di Nate per restare in piedi nonostante le emozioni
travolgenti. Non lo sentiva solo vicino a lei, ma lo sentiva dentro di
lei, sotto la sua pelle, dove nessuno era mai arrivato: qualcosa che
non le era mai capitato e che, forse, non le sarebbe mai successo di
nuovo. Percepì le sue labbra bollenti sul collo, scintilla
di quello che di lì a poco si sarebbe trasformato in un
incendio dove nulla sarebbe sopravvissuto, dove ogni barriera sarebbe
caduta e le loro anime si sarebbero rigenerate in una comunione
più alta che non aveva bisogno di parole per esprimersi,
perché si era creata molti mesi prima, quando Lexi poteva
solo sentire ciò che accadeva al di fuori del suo corpo
immobilizzato e Nate aveva deciso di prendersi cura di una ragazza di
cui non sapeva nulla, ma che l'aveva cambiato dentro.
Sarebbe potuto accadere se la voce troppo alta ed ormai insopportabile
di Lewis non li avesse raggiunti dal soggiorno per reclamare del cibo,
costringendoli a staccarsi con un sorriso divertito stampato sui volti
incandescenti. Trascorsero la serata guardando un film che Lewis aveva
definito come “assolutamente incredibile” e che,
invece, Nate si chiedeva come avesse fatto a pensare seriamente di
comprarlo tanto era brutto, ma quello passò in secondo piano
rispetto alle risate, ai commenti sarcastici, alle frecciatine poco
velate e al continuo stuzzicarsi che si era scambiato con Lexi. Era
come se fossero attratti l'uno verso l'altra da una calamita, tanto che
sembrò spontaneo ad entrambi ritrovarsi accoccolati sul
divano, mezzi addormentati, mentre i titoli di coda brillavano sullo
schermo del televisore al plasma. Lexi aveva la testa appoggiata sul
petto di Nate, le gambe rannicchiate sotto il sedere, una mano stretta
sulla maglietta di lui all'altezza del cuore, come per non farlo
scappare, anche se non ce ne sarebbe stato motivo, perché
carezzarle il braccio sembrava esser diventata quasi una necessita per
lui. Le lasciava dolci baci tra i capelli, cullandola come faceva
Morgan quando era piccola e si svegliava nel bel mezzo della notte
perché aveva fatto qualche incubo. Nate, dal canto suo, non
riusciva a capacitarsi di come solo quel suo respirare lento e regolare
sul suo petto potesse mandarlo così tanto fuori di testa.
Gli sembrava di adempiere ad un compito più alto che gli era
stato affidato da un'entità superiore, forse il protettore
delle anime ferite come quella di Lexi, e questo lo faceva stare bene:
le aveva promesso che ci sarebbe sempre stato, che l'avrebbe
accompagnata fuori delle tenebre e benché fosse stato
difficile e avesse anche pensato di gettare la spugna, non l'aveva
fatto ed ora quello era il premio. Il calore ormai familiare del corpo
di Lexi era ciò di cui aveva davvero bisogno, non
solo in quel momento, ma in ogni istante della sua vita.
Lewis e Ellie se ne erano andati qualche minuto prima, accampando una
scusa che non era nemmeno lontanamente plausibile, ma a Nate non
interessava altro che quell'involucro fragile e al tempo stesso
indistruttibile che teneva tra le braccia. Lexi era un concentrato di
ossimori, una contraddizione continua e spesso sfiancante, ma lui
l'amava proprio per quello: era una ragazza come tante altre, eppure
nulla con lei sembrava ordinario.
Spense il televisore, allungò le gambe sul tavolino e si
perse a contemplare il volto di Lexi alla tenue luce della luna. Gli
tornò alla mente quello stesso viso, qualche mese prima,
illuminato da un pallido e freddo neon bianco e come gli fosse sembrato
ugualmente meraviglioso, ma ora che era sereno, che la sua fronte si
corrucciava leggermente quando Nate le baciava i capelli, che le sue
labbra si schiudevano per far passare quel filo d'aria che per troppo
tempo le era stato fornito da una macchina, ora era innegabilmente
perfetta. Perfetta mentre dormiva sul suo petto.
-Buona notte piccola... Ti amo...
Non sapeva se lei lo avesse sentito, ma non gli importava
perché gli bastava poterla tenere tra le sue braccia e
sperare che non decidesse mai di portare via il suo sorriso dalla sua
vita.
Hi sweethearts!
Eh niente: oggi va
così. Va che non ho ottenuto il codice per la presale e
quindi non so se mai vedrò H in concerto (spero che voii
siate riuscite a prendere i biglietti); va che sono stremata dal
lavoro; va che è un periodo un po' così... E va
che sono stranamente contenta di aver scritto questo capitolo. Credo
sia uno dei più profondi e personali sui Nexi,
sostanzialmente perché quando sono assieme è come
se cadessero tutte le barriere che normalmente le persone indossano per
sopravvivere al mondo e si lasciassero invece vedere esattamente per
come sonno. Credo sia questo uno dei motivi per cui sono
così legata a Nexi: quando sono assieme, non mostrano alcuna
paura ad essere incondizionatamente loro stessi.
Grazie mille per
essere arrivate a leggere fino a qui e spero sul serio di poter sapere
che cosa ne pensiate voi di Lexi e Nate **
P.S. Avverto che non
manca molto alla fine ma ci sono ancora molti imprevisti all'orizzonte
^^
A presto
Lots Of Love xx
|
Ritorna all'indice
Capitolo 36 *** 24th March 2014 ***
24th March 2014
Ormai Lexi l'aveva capito: nella vita, le cose non erano destinate a
durare.
Mai.
O almeno non per le persone come lei, che della vita avevano sempre
avuto paura e non c'erano mai uscite a bere una birra assieme.
A Lexi nemmeno piaceva la birra.
Quindi non si era stupita più di tanto quando il suo
cellulare era letteralmente impazzito a causa delle notifiche di
qualsiasi social network a cui fosse iscritta, tutte per metterle sotto
il naso il cartello con la scritta “fine” sotto
forma di fotografie e un articolo di giornale del The Sun. Non aveva
importanza se Mia avesse fatto irruzione dentro camera sua dicendole
che non doveva credere a nulla di ciò che stava circolando
in quel momento, ancora prima che lei potesse chiederle qualcosa.
Non aveva importanza che persino Ellie e Sophia avessero provato a
mandarle almeno cinque messaggi a testa per convincerla che tutta
quella era una bufala, che loro lo sapevano perché c'erano
già passate.
Non le interessava neanche il fatto che David avesse telefonato per
chiedere a Mia se fosse il caso che andasse a prendere quel
“coglione irlandese senza palle e con le orecchie a
punta” a calci in culo.
Ma soprattutto, non voleva nemmeno sapere che la persona che era
rimasta attaccata al campanello per circa un'ora, quella mattina, era
il coglione in questione, che supplicava di poter salire per spiegare
come stessero davvero le cose.
A Lexi bastavano le parole di quella modella che sosteneva di essere
“l'attuale ragazza di Nate Hanson”, ma ancora di
più le erano bastate le mani di lui sulla sua schiena
candida e longilinea mentre l'accompagnava in quella che sapeva per
certo essere la sua stanza d'albergo. Perché se lo sentiva
che quelle foto non erano modificate, che le sue labbra che fino alla
sera prima avevano lasciato dolci baci sulla sua testa si erano posate
chissà dove sul corpo perfetto di quella ragazza. Lo sentiva
dentro di lei, così come percepiva chiaramente di avere un
enorme voragine al posto del cuore.
D'altra parte, a che cosa le serviva continuare a provare emozioni se
l'unica cosa che le era concesso sentire era rammarico, rabbia,
delusione ed un costante, lancinante dolore? Era stanca.
Dannatamente e irreparabilmente stanca.
Quella battaglia con la vita lei non l'avrebbe mai vinta. Con un po' di
fortuna, forse, sarebbe riuscita a sopravvivere ed arrivare alla fine
della corsa, ma il podio non l'avrebbe mai nemmeno visto con il
binocolo.
Il fatto che fosse capace di formulare pensieri vagamente sarcastici,
nonostante fosse avvolta nella sua coperta pelosa, con ancora il
pigiama addosso, da quella mattina e fossero ormai le cinque del
pomeriggio, le diede la certezza di essere per lo meno ancora viva.
“Non posso crederci....”.
Con ogni probabilità era la ventimilionesima volta che lo
pensava eppure, mentre fissava la sua lampada fluorescente cambiare
colore ogni quindici secondi, non le sembrava possibile formulare
nessun altro tipo di frase nella sua testa.
Si era lasciata fregare un'altra volta.
Anzi, forse quest'ultima era stata anche peggio, perché se
con Lucas aveva solo sprecato undici anni della sua vita, con lui
c'aveva impiegato un mese per fidarsi ma aveva messo in gioco
praticamente tutto quello che le era rimasto. Si era ripromessa di non
perdersi più per qualcuno che sapeva già non
avrebbe ricambiato, ma lui si era impuntato. Aveva fatto di tutto per
conquistarsi la sua fiducia, per farle abbattere tutte le barriere che
aveva precariamente costruito pur di salvaguardare gli ultimi frammenti
di cuore che le erano rimasti e che erano ancora capaci di amare. Lui
l'aveva braccata con i suoi sorrisi falsamente sinceri, la sua risata
dannatamente contagiosa, con quegli occhi che le avevano promesso
quelle attenzioni di cui aveva sempre sentito bisogno e quando le
spalle di Lexi avevano sfiorato il muro, lui l'aveva colpita.
Senza pietà.
A sangue freddo.
E continuando a sorriderle.
Aveva aspettato tutto il giorno che le sue care amiche arrivassero a
farle visita e quando, infine, sentì le sue guance bagnarsi
ed il cuscino inumidirsi sotto il peso delle lacrime, le parve quasi di
sentirsi meglio. Ma durò giusto un istante,
perché poi, con il loro significato, la portarono ancora
più giù, inghiottendola in un turbine di
singhiozzi da cui non credeva di aver più la forza di
uscire.
Quella sensazione le era così familiare che Lexi non si
accorse nemmeno di essere finita di nuovo nel turbine del tunnel dei
flashback, dove tutto divenne nero, stretto, troppo stretto, quasi
soffocante, voci indistinte che arrivavano da lontano e
l'incapacità di dargli un volto, perché che senso
aveva ricordare a chi appartenessero se nessuna di loro sarebbe stata
la sua?
Se solo non fosse stata troppo intontita dal dolore dell'ennesima
rottura del proprio cuore, si sarebbe resa conto di come la memoria di
quei cinque mesi stesse bussando alle porte della sua mente, per
ricomporre quel puzzle che per troppo tempo aveva cercato di
completare, non riuscendo a trovare il pezzo mancante. Era
lì, a portata di mano, il nome, ma soprattutto, il viso di
quell'unica persona che avrebbe dato senso a tutto, ma Lexi non aveva
più le forze per inseguire altre chimere, altri sogni dalle
ali fragili che si sarebbero spezzate dopo poche sferzate nell'aria
gelida che l'attorniava da una vita. Non era stata una bambina
infelice, sua madre non le aveva mai fatto mancare niente e suo padre,
tutto sommato, le aveva dato un primo assaggio di come l'amore delle
persone non fosse da dare mai per scontato. Persino il fatto di poter
considerare solo Mia come vera e propria amica non le era mai sembrato
un limite, perché l'aveva sempre fatta sentire protetta. E
ad essere sinceri, nemmeno il rapporto di odio-amore che aveva
sviluppato con David poteva definirsi catastrofico.
Eppure, Lexi non era mai stata felice.
Ora che ci pensava, neanche quando si era lanciata per salvare Lucas da
quel proiettile e si era sentita utile, poteva dire di essere stata
felice.
Non dopo aver provato la sensazione di avere la mano di Nate a
sfiorarle il braccio, per poi intrecciarsi con la sua.
Non dopo aver impresso il calore dei suoi baci sulla fronte come un
marchio indelebile nella sua memoria.
Non dopo aver ballato con lui, misurando i suoi respiri con i battiti
del cuore di Nate, scoprendoli sincronizzati.
Quella era stata la felicità.
Ora lo sapeva e non poteva credere che fosse tutto finto, ma
soprattutto che fosse destinato a finire da sempre.
Dannatamente effimero.
Un po' come le esistenze di tutti quegli esseri umani che lei aveva
studiato sui manuali di storia solo come numeri del grado di migliaia o
addirittura milioni: chi si ricordava davvero chi fossero stati, quali
fossero state le loro frasi più famose, chi avessero amato?
Nessuno. Avevano solcato il suolo terrestre giusto il tempo di
diventare cifra e poi erano spariti. Effimeri anche loro come Lexi,
come le sue possibilità di essere felice, come l'amore che
aveva rincorso per tutta una vita e che non aveva mai nemmeno sfiorato
con un dito.
E dopo le lacrime, mentre il sole tramontava al di là della
finestra di camera sua, lasciando Londra in una dolce e tiepida notte
di primavera, arrivò la certezza di essere stata una stupida
per averci anche solo sperato, per aver dato fiducia all'ennesimo
ragazzo che era semplicemente troppo per lei, per aver messo a rischio
tutto pur di sentirsi speciale. Come poteva avere ventidue anni suonati
e non aver ancora capito che certe persone nascono normali e lo
rimangono fino alla fine dei loro giorni, mentre altre vengono al mondo
per essere speciali ed essere ricordate anche quando il loro tempo
sulla terra sarà finito?
Così, infine, sopraggiunse anche la sensazione di sentirsi
inutile e la pervase da capo a piedi, costringendola a rannicchiarsi su
sé stessa e coprirsi il viso con le mani, perché
almeno il suo riflesso sullo specchio alla parete non potesse
rigettarle in faccia tutto quello che pensava di lei.
Alla fine tutto si fermò: la sua testa, il turbinio di
pensieri che la riempiva, persino le lacrime si seccarono sulla pelle
delle guance, tendendola all'inverosimile.
Ed eccolo: il vuoto.
Non era rimasto nulla di lei se non un organo che pulsava dentro la sua
gabbia toracica, mantenendola in vita, ma non facendola vivere davvero,
perché quella battaglia Lexi sapeva di averla persa ed aveva
deciso di alzare bandiera bianca.
24th
March 2014 Evening
Mia si lasciò cadere pesantemente sul divano arancione a cui
Lexi era inspiegabilmente affezionata e trasse un lungo e profondo
sospiro.
Era sfinita.
Il suo cellulare non aveva smesso un solo secondo di suonare, per non
parlare di quello di Lexi che era stata costretta a spegnere a
metà pomeriggio, rischiando altrimenti di impazzire. Aveva
passato l'intera giornata a rassicurare tutti che Lexi stava bene, che
era semplicemente stanca e non voleva vedere nessuno. Ma tutti sapevano
e nessuno si era davvero fatto fregare dalle frasi di circostanza che
lei aveva tentato di rifilare a chiunque chiedesse qualcosa: lei, le
bugie, non era mai stata capace di dirle.
Così alla fine c'aveva rinunciato ed era scoppiata al
telefono, camminando sue e giù per le scale della loro
palazzina per non farsi sentire da Lexi, con l'ultima persona con cui
avrebbe mai pensato di poterlo fare e fu grata del peso che fece
piegare il divano già precario al suo fianco, offrendole poi
una birra ghiacciata: Hugh sapeva perfettamente di che cosa avesse
bisogno in quel momento.
-Come stai?
-Lei sta malissimo, Hugh... Non l'ho mai vista in questo stato, sembra
quasi sia catatonica e...
-Mia... Ho chiesto come stai tu.
-Oh, scusa...
Si ritrovò a fissare il vetro verde della bottiglia,
rigirandosela tra le dita, rendendosi conto che non lo sapeva: negli
ultimi otto mesi tutta la sua vita era sostanzialmente
ruotata attorno a Lexi.
-Io... Io non lo so ad essere sincera. Credo di essere stanca Hugh,
davvero stanca...
Lo vide prendere un sorso della sua birra e si ritrovò a
pensare che chiunque avrebbe potuto definire come
“sue” quelle labbra rosee e carnose, sarebbe stata
una persona fortunata.
-Lo so Mia e penso tu ne abbia tutto il diritto. Non hai fatto altro
che prenderti cura di Lexi da quando tutta questa storia è
iniziata...
-Sai cos'è che mi fa più rabbia?
Non aveva importanza se i loro discorsi non seguissero un filo logico,
perché tra loro era sempre stato così:
spontaneità allo stato puro.
-No, cosa?
-Che ho come l'impressione di non sapere chi sia davvero Lexi, cazzo!
La conosco da sedici fottutissimi anni ed ora non ho la più
pallida idea del perché in quella stanza ci sia un'ameba
invece che la mia migliore amica!!
Aveva provato a tenere la voce ferma, ma che senso aveva quando la
rabbia, la frustrazione e il senso di colpa la stavano travolgendo da
dentro? Scacciò con un gesto stizzito le lacrime che le
rigarono il viso, ma le sue braccia furono bloccate da un abbraccio
avvolgente e pieno di comprensione che solo persone come Hugh potevano
dare. Si ritrovò stretta al suo petto lasciato scoperto
dalla camicia bianca troppo aperta, le catenine a schiacciarsi sui
bizzarri tatuaggi e il profumo di tea verde dei suoi capelli
decisamente troppo lunghi a riempirle le narici.
-Va tutto bene... Shhh... Ci sono qui io...
Mia sapeva che a dire quelle parole e a stringerla in quel modo ci
sarebbe dovuto essere David, ma non riusciva a sentirsi in colpa,
perché aveva bisogno di Hugh in quel momento e niente
l'avrebbe fatta allontanare dal suo abbraccio confortante.
Cercò di calmarsi, facendo qualche respiro profondo e
lasciando che la sua mente si concentrasse solo sulla mano grande e
premurosa di Hugh che stava scorrendo lungo tutta la sua
schiena.
-Come va?
Si allontanò dal suo petto, giusto per creare lo spazio
necessario per guardarlo in quegli occhi verdi che erano sempre stati
la sua debolezza e si asciugò il viso, sorridendo
leggermente: si sentiva meglio.
-Un po' meglio...Grazie Hugh...
-La vuoi sapere una cosa divertente Mia?
-Se servirà a farmi sentire meno uno schifo, allora
sì.
Hugh le regalò uno di quei delicati sorrisi con le fossette
che le facevano ricordare come anche lei, segretamente, avesse un
debole per le cose dolci.
-Sono gay.
La mandibola di Mia si spiaccicò a terra, o per lo meno,
rischiò davvero di sfiorare il suolo tanto si
aprì per lo stupore: il suo ex, che tra l'altro era anche
uno dei ventunenni più desiderati del pianeta, le aveva
appena dichiarato di essere gay. E non era certo un problema, solo che
Mia non se lo aspettava. No, quella era una bugia: i sentori
sul fatto che non fosse proprio etero le erano venuti eccome,
specialmente quando si ritrovavano a parlare ore e ore di notte come se
fossero due amiche più che una coppia. -Wow...
-Già, è stata la stessa identica cosa che ha
detto Lucas quando lo ha scoperto... Mentre Zach si è
limitato ad un “lo sapevo già” e Lewis
ha sostanzialmente dato di matto e si è incazzato...
-Si è incazzato?!
Non riusciva a vedere una valida motivazione per cui una persona come
Lewis dovesse aver perso la testa perché il suo migliore
amico gli avesse confessato la sua omosessualità.
-Non perché sono gay, ma perché non l'aveva
capito da solo e si è sentito esattamente come te: un
pessimo amico.
Ed era davvero così: Mia non era riuscita a dirlo ad alta
voce ma aveva pensato di essere esattamente quello, una pessima amica
che non conosceva fino in fondo una delle persone che considerava
più importanti nella sua vita.
-Ma, come ho detto anche a lui, siete tutto fuorché dei
pessimi amici... Anzi. Siete le persone che più ci sono
state affianco e che per questo motivo volevamo proteggere... E parlo
anche per Lexi, perché so che pensa la stessa identica
cosa... Alle volte capita di voler preservare quelli a cui teniamo di
più dai nostri demoni interiori... Non che il mio essere gay
sia mai stato un problema, ma volevo esserne completamente sicuro io,
prima di dirlo a tutti... E penso che anche Lexi abbia le sue ombre da
affrontare e che non voglia farti preoccupare... Ma credimi quando ti
dico che mai come ora ha bisogno di te.
Se doveva essere completamente sincera, sarebbe bastato anche solo il
suo sorriso rassicurante per farla calmare, ma quel discorso stava
aiutando notevolmente. Così si ritrovò a
sorridere a sua volta e una domanda sorse spontanea sulle sue labbra,
dopo aver bevuto un lungo sorso di birra.
-Non è che sono stata io a farti scoprire di essere gay,
vero?
La risata cristallina che ricevette in risposta le confermò
di non essere stata lei la causa di quella scoperta esistenziale.
Almeno quello.
Era mezzanotte passata quando Mia chiuse la porta alle spalle di Hugh,
ringraziandolo ancora per tutto quello che aveva fatto per lei. Spense
le luci del salotto e si diresse verso camera sua, ma un silenzio
inquietante proveniente dalla stanza di Lexi la fece bloccare a
metà corridoio. Se la sua migliore amica aveva lottato per
tutto quel tempo contro qualcosa di cui lei non aveva nemmeno
sospettato, ora che lo sapeva non l'avrebbe più lasciata
sola in quella battaglia.
Aprì la porta e vide il corpo di Lexi rannicchiato su un
lato del letto, completamente immobile, rivolto verso la finestra
socchiusa. Senza dire una parola, si distese sul materasso troppo
rigido per i suoi gusti, si mise su un fianco vicino a Lexi e
coprì entrambe con la coperta.
Per la prima volta da quando era entrata in quella stanza
sentì Lexi respirare.
Hi sweethearts!
Eh lo so... Le cose
belle non durano per sempre (semicit di Love You Goodbye che
è stata scritta molto dopo la creazione di questo capitolo
^^). Così i problemi sono tornati ed i Nexi non erano
abbastanza forti per sopravvivere a tutto questo. Prevedibile? Forse.
Inevitabile? Anche no. Però credo serva a Lexi per
comprendere come abbia ancora molto su cui lavorare e a chi le sta
attorno che ci sono ancora molte parti di lei che non conoscono.
Fatemi sapere che ne
pensate, perché la fine è molto vicina.
A presto
Lots Of Love xx
|
Ritorna all'indice
Capitolo 37 *** 27th March 2014 ***
27th
March 2014 - Early morning
Doveva
aspettarselo, no?
Era stato il primo a dire che tutta
quella storia non avrebbe portato né lui né Lexi
da qualche parte se
non dritti verso un fallimento preannunciato. Insomma: una ragazza
come lei con uno come lui? Come aveva potuto anche solo pensare che
avrebbe funzionato? Si era ripromesso di farla sorridere davvero, di
non permettere a
niente e a nessuno di negarle una ragione valida per svegliarsi ogni
mattina con la voglia di affrontare la giornata ed, invece, l'unico
risultato che era riuscito ad ottenere era stato quello di averla
distrutta del tutto. Si sentiva una letterale merda per quello.
-Smettila.
La voce di Zach gli fece alzare la
testa dal tavolo di fronte a lui, dove l'aveva lasciata cadere non
sapeva bene nemmeno lui quando. Nate era seduto su quella sedia da
almeno venti minuti e non aveva la più pallida idea di che
cosa
avesse detto la loro vocal coach per tutto quel tempo. Neanche
avessero in programma il più importante concerto della loro
carriera
nell'arco di tre giorni. Come faceva ad essere così stupido?
-Dico sul serio: smettila.
Nate scosse il capo e portò finalmente
la sua attenzione sul bel indiano in piedi davanti a lui: gli altri
ragazzi sembravano esser usciti dalla sala prove per una pausa.
-Se mi dicessi di far cosa, forse
potrei provarci.
Zach afferrò la prima sedia che gli
capitò a tiro, la girò e vi si sedette a
cavalcioni, istigando Nate
a ragionare su come per lui risultasse tutto estremamente facile.
-Nate, dico sul serio: piantala di
tormentarti in questa maniera. Non aiuti né te stesso
né tanto meno
lei.
-Lei...
Zach valutò come il suo amico fosse
letteralmente preda di quello che lui, purtroppo o per fortuna,
conosceva fin troppo bene: era innamorato perso e non sembrava
esserci via di fuga. O per lo meno, non era contemplata la fuga di
Lexi, cosa che invece la ragazza sembrava intenzionata a fare dato il
completo mutismo dopo l'uscita di quello stupido articolo. Sapeva
quanto potesse essere difficile per una persona al di fuori del loro
ambiente comprendere una cosa del genere, ma aveva davvero sperato
che l'intelligenza della ragazza prevalesse su quelle fasulle
insinuazioni. Evidentemente, però, non aveva tenuto conto di
quale
ruolo fondamentale potesse giocare l'insicurezza in una donna.
-Lei?
Attese che Nate terminasse il suo
ragionamento, ma sembrava perderne continuamente il filo oppure
essere troppo spaventato per trarne le dovute conclusioni. Lo vide
trarre un profondo respiro e poi:
-Lei non mi vuole.
-Questa è una stronzata.
Nate sgranò gli occhi a quella frase
detta con una schiettezza estrema perfino per uno diretto come Zach e
si chiese se avesse stremato così tanto tutti coloro che gli
volevano bene tanto da portarli all'esaurimento.
-Siamo onesti: è stato un incidente di
percorso, okay? Pensi che io e Page non ne abbiamo mai avuti? L'ho
tradita, Nate ed è probabilmente l'unica cosa di cui mi
pentirò a
vita... Ma lei mi ha perdonato e ha fatto sì che perdonassi
anche me
stesso. Non puoi però aspettarti che Lexi capisca
ciò che è
successo davvero e quello che provi per lei, stando qui a torturare
le palle a chiunque ti stia accanto con quella faccia da cane
bastonato.
E detto quello si alzò, estraendo una
sigaretta dal pacchetto che aveva sempre nella tasca dei pantaloni,
uscendo dalla stanza forse per raggiungere Lewis a fumare e sperare che
tutta quella negatività gli scivolasse di dosso come fumo
dalle
labbra.
Nate rimase a fissare la sedia lasciata
vuota dal compagno di band e lasciò che la consapevolezza di
esser
stato un letterale peso per chi gli stava attorno si sedimentasse
dentro di lui. Stranamente, però, questo non gli
provocò alcun
senso di rammarico, ma solo una stramaledetta impellente voglia di
riprendere in mano la sua vita così come era stata prima di
quel 20
Agosto.
Un'unica clausola avrebbe fatto eccezione: nella sua
esistenza ci voleva anche Lexi. A costo di doverla rassicurare su
qualsiasi ragazza incontrasse per strada e che parlasse di lui; a
costo di ricordarle tutti i giorni quanto fosse speciale e
meravigliosa ai suoi occhi; a costo di trascinarla fuori dal buio ad
ogni
incidente della vita, mostrandole la luce che poteva appartenerle se
solo si fosse data quella possibilità. L'avrebbe avuta nella
sua
vita a costo di lottare per far cambiare quel mondo in cui era
inserito affinché ci fosse un posto anche per lei.
27th
March 2014
-Pensi di darlo quell'esame?
-Non lo sinceramente... Ma credo di sì... Magari,
così, riesco pure a concludere qualcosa nella mia vita...
Mia si voltò verso il tavolo della cucina e vide quello che
era rimasto di Lexi: un corpo svuotato di ogni speranza che stava
spalmando con quintali di marmellata all'arancia una misera fetta
biscottata, annegando in un oceano di amara autoironia. Aveva scoperto
più di Lexi in quegli ultimi due giorni che in sedici anni
di amicizia, compreso il fatto che stesse andando dalla psicologa da
almeno tre mesi non solo per recuperare la memoria ma anche per fare
chiarezza nel caos che aveva dentro praticamente da sempre. Era stata
proprio la dottoressa Lang a consigliarle di spronare Lexi in quelle
attività che di solito la facevano stare bene, pur di
riuscire a trascinarla fuori da quella stanza che l'aveva inghiottita
per un'intera giornata.
-Vorrei ricordarti che hai finito anche la mia marmellata biologica, se
è per questo.
Le fece una linguaccia e finalmente vide apparire qualcosa che poteva
assomigliare alla brutta copia di un sorriso: sarebbe stato un percorso
lungo, ma l'avrebbero affrontato assieme.
-Oggi pensavo di andare a trovare il Signor Finnigan...
-Come mai?
Lexi non vedeva il Signor Finnigan da almeno due mesi, dato che
l'ultima volta che si erano incontrati lei era stata letteralmente
assalita dalle fan, fuori dalla sua libreria ed aveva preferito evitare
altri shock al suo povero cuore. Ora però sentiva di aver
bisogno di parlare con qualcuno che non sapesse nulla di quello che le
era successo da quando si era svegliata e che l'avrebbe trattata come
se fosse stata la ragazza che era prima dell'incidente.
Perché ormai si era costretta ad aprire gli occhi e vedere
le cose per com'erano davvero: una serie di dolorose conseguenze che
scaturivano da un primo enorme sbaglio, commesso in quel fatidico 20
Agosto.
-Voglio solo vedere come sta... E magari riprendermi il mio posto di
lavoro, no?
Se quella frase gliel'avesse detta solo due giorni prima, Mia era
sicura vi avrebbe letto la speranza di potersi mantenere autonomamente
e magari risparmiare qualcosa per realizzare qualche progetto futuro.
Quella mattina, invece, negli occhi di Lexi vi lesse la rassegnazione
ad una vita che non voleva più vivere e che avrebbe
solamente subito. -Sì, beh... Se credi possa piacerti...
Lexi non si sforzò nemmeno di sorridere: si alzò
semplicemente dalla sedia, mise il coltello nel lavandino e si diresse
in camera sua per prepararsi. Non si guardava allo specchio da
più di quarantotto ore, ma quando lo fece le
sembrò fosse passato molto più tempo. Forse il
mocio con cui Mia stava pulendo il bagno aveva un aspetto migliore del
suo, ma la cosa, per la prima volta, non la sfiorò davvero.
Arrivò alla libreria del Signor Finnigan quando ormai il
sole era al suo massimo ed infatti, lo trovò intento a
chiudere il registratore di cassa per andare a mangiare qualcosa a
casa, prima del suo solito riposino. Chissà come aveva fatto
in tutti quei mesi senza Lexi che lo chiamava alle quattro del
pomeriggio per ricordargli che doveva aprire il negozio.
-Signorina Lexi! Che piacere vederla. Come sta?
Forse fu il sorriso cordiale che gli si dipinse sul volto stendendo
qualche ruga e facendone comparire altre centinaia, o più
semplicemente l'affetto che mise in ogni parola a far crollare Lexi di
nuovo. Le lacrime scesero pesanti su sentieri che conoscevano fin
troppo bene, facendola bloccare nel bel mezzo della libreria.
-Ehi, signorina Lexi! Non faccia così... Su, si calmi...
Venga qui...
Due braccia fragili la circondarono e la sorressero quando Lexi si
lasciò andare ad un pianto liberatorio. Ormai le sembrava
davvero di essersi tramutata in una fontana: era quasi imbarazzante. Ci
vollero più di cinque minuti prima che riuscisse a
ricomporsi e guardare attraverso quegli occhi che ormai erano due
patate il volto preoccupato del suo anziano datore di lavoro.
-Che succede di così terribile da meritare le sue lacrime,
signorina Lexi? Anzi, sa che le dico? Che me ne parla mentre pranziamo,
le va?
-Volentieri, signor Finnigan.
I camerieri del ristorantino all'angolo ormai conoscevano perfettamente
i gusti del decennale proprietario della libreria più
pittoresca di Nottingh Hill, ma sapevano altrettanto bene chi fosse
Lexi: quella notizia, nonostante fossero passati ormai otto mesi, era
ancora motivo di chiacchiere.
-Allora: mi vuole dire che cosa succede?
-Signor Finnigan si è mai sentito come se non avesse uno
scopo nella vita?
-E' questo che la preoccupa signorina Lexi?
-Signor Finnigan, potrebbe chiamarmi solamente Lexi? Ormai sono anni
che ci conosciamo...
-Hai ragione Lexi, ma allora anche tu devi chiamarmi solamente Robert.
Affare fatto?
Le porse la sua mano dalla pelle diafana, che lasciava intravvedere
tutte le vene dalle diverse sfumature di viola. Lexi la strinse ed
acconsentì alla sua richiesta.
-Ad ogni modo Lexi, se può consolarti sono sicuro sia
normale avere un periodo del genere...
-Allora io devo essere anormale, perché è una
vita che mi sento così... Così...
-Persa?
-Esatto.
-Lexi io ho fatto la guerra del Vietnam e fidati: so cosa stai
provando... Quando sei su un campo di battaglia e ti guardi attorno,
senza ricordarti nemmeno perché sei lì, allora
l'unica cosa che puoi sentirti è perso.
-Mi dispiace, Robert... Io non volevo assolutamente dire che...
-Ehi, ehi, Lexi. Non sto dicendo che hai sbagliato. Io avevo una
motivazione reale per sentirmi così, quindi non immagino
nemmeno come tu riesca a gestire il sentirti in questo modo senza
sapere neanche il perché... Ma posso confessarti una cosa?
-Certo.
-Io alla fine l'ho trovata la mia bussola...
-Lily.
-Sono così tanto prevedibile?
-No, Robert: è solamente innamorato.
Il sorriso nostalgico che si distese sul volto dell'anziano uomo
costrinse Lexi a fare altrettanto, fosse stato solo per non lasciarlo a
vagare in quel ricordo dolce-amaro senza nessuno al suo fianco.
-E tu Lexi? Sei mai stata innamorata?
-Se me l'avesse chiesto tre giorni fa, le avrei risposto che forse, per
la prima volta in vita mia, mi stavo arrischiando a capire che cosa
significasse amare davvero, ma ora... -Ora cosa?
-Ora ho semplicemente capito che io non sono fatta per amare... E
soprattutto per essere amata.
Lexi abbassò lo sguardo sul bicchiere ancora pieno di succo
all'ananas che aveva ordinato, facendolo ruotare distrattamente tra le
mani mentre cercava disperatamente un modo per bloccare il nodo alla
gola che le riempiva gli occhi di lacrime.
-Non dire così Lexi! Noi uomini siamo creati per amare. E'
il nostro unico vero scopo nella vita... Ed è anche l'unica
cosa che ci rende felici. Certo, è indubbiamente la missione
più impegnativa che una persona possa intraprendere e il
più delle volte, richiede un impegno e una dedizione quasi
totalizzanti, ma ne vale la pena. E' un po' come una scalata: la strada
può essere lunghissima ed impervia, ma una volta in cima, la
vista è spettacolare...
-Sarà anche come dice lei Robert, ma io non la vedo nemmeno
la cima... Non ho mai provato come ci si senta ad essere amati ed ogni
qual volta decido di arrischiarmi a concedere fiducia alle persone,
queste irrimediabilmente mi abbandonano.
-Forse perché non sono la persona giusta...
-La prego, non se ne venga fuori anche lei con la storia che per
trovare il principe azzurro bisogna prima baciare un quantitativo
innumerevole di rospi, perché per quello basta
già mia madre.
-Tua madre è una donna molto intelligente se ti ha detto una
cosa del genere. Vedi Lexi, le persone hanno la naturale tendenza ad
infrangere la nostra fiducia e a lasciarci delle cicatrici addosso, ma
questo perché sono umane anche loro... Però non
significa che sarà sempre così e che tutti
faranno lo stesso. Non punire qualcuno che potrebbe amarti con tutto
sé stesso per gli errori commessi da qualcun altro.
“E se avesse ragione?”.
-Dovrebbe scrivere libri di auto aiuto Robert: potrebbe fare i soldi.
-Oh a me non interessano i soldi... Che cosa me ne farei io?? Mi
interessa molto di più vedere felice te.
Il sorriso paterno che le rivolse le ricordò quanto tempo
era trascorso dall'ultima volta che aveva parlato con suo padre e
decise che uno di quei giorni lo avrebbe chiamato per uscire a pranzo
anche con lui. Magari si sarebbe potuta unire a loro anche Karen, dato
che sembrava le cose fra loro stessero andando alla grande.
-Grazie Robert.
-Di nulla cara... Ed ora mangiamo, su.
Parlare con il Signor Finnigan le aveva ridonato un po' di
tranquillità, o per lo meno uno stato d'animo che le
permettesse di riprendersi il suo posto di lavoro part-time fino a
quando non si fosse laureata. Fu solo per quel traguardo che non era
poi più così tanto sicura di volere ma che aveva
inseguito ormai per troppo tempo per pensare anche minimamente di
gettare la spugna, che si costrinse ad andare in biblioteca a studiare
per uno degli ultimi esami che le mancavano prima della tesi.
Ritrovò il suo solito tavolo vicino alla finestra, quello
che dava sul giardino sempre ben curato e tranquillo in cui lei si
perdeva a contemplare il trascorrere delle stagioni, stranamente libero
per essere metà pomeriggio, come se non stesse aspettando
che lei. Vi appoggiò sopra il bicchiere di tea che aveva
preso alle macchinette, ancora fumate e pieno di zucchero da
sciogliere, per poi riempirlo con il pc ed una marea di fogli tra
appunti e dispense. Quando si sedette ed il sole arrivò ad
illuminarle il volto con i suoi raggi sempre più caldi, le
parve che il tempo si fosse riavvolto come il nastro di una vecchia
videocassetta e l'avesse riportata indietro esattamente ad un anno
prima, quando su quello stesso tavolo si era ritrovata a perdere due
ore di studio per tweettare la grande news che era appena uscita: i The
Rush stavano realizzando un docufilm che sarebbe uscito nelle sale solo
nell'Agosto successivo. Un sorriso dolceamaro le incrinò le
labbra, incerta se ridere per le stupide speranze che si ricordava di
aver istigato nella sua mente circa Lucas o se piangere per come le
cose erano andate realmente. Tra le due scelse la via che tutta quella
storia le aveva insegnato ad intraprendere: scrollò le
spalle e smise di pensare. La decima discendenza degli imperatori di
Giappone l'attendeva impaziente.
Erano le sei e mezza quando il suo cellulare cominciò a
vibrare come impazzito, segnalandole una chiamata da parte di Nate.
Non riusciva nemmeno a pensare di sentire la sua voce,
perché già solo veder comparire il suo nome sul
display del cellulare le stava provocando una reazione esagerata di
odio, risentimento, frustrazione e senso di vuoto che rischiava di
metterla K.O. Eppure...
-Pronto?
-Hai risposto!
La sua voce era molto più vellutata di quanto Lexi si
ricordasse, anche se la nota di sorpresa e sollievo per avergli
risposto la rendevano leggermente acuta. Il fatto che conoscesse tutte
le sfumature della sua voce mostrò a Lexi quanto si fosse
buttata a capofitto in quella conoscenza, sommergendola nuovamente con
un'ondata di autocommiserazione.
-Già.
Silenzio.
Un terrificante silenzio ostile che Nate non sapeva più come
gestire. Si era ostinato a fare lui quella chiamata al posto di Pablo o
di qualcun altro dei ragazzi e tutto per quella minuscola
possibilità di sistemare le cose che continuava ad
ossessionarlo da quando tutto era andato a rotoli. Le parole uscirono
da sole prima che potesse anche solo ragionarle un secondo.
-Mi disp...
No.
Non di nuovo.
Quella sensazione di soffocamento che partiva dallo sterno e si
diffondeva fino all'ultimo alveolo dei bronchi, facendole mancare
completamente l'aria, stava per inghiottirla di nuovo, ma lei non era
nella sua stanza al sicuro da sguardi indiscreti e con la sua coperta a
coprire le miliardi di schegge in cui si sarebbe frantumata.
-No! Non lo dire nemmeno.
La sua voce era risuonata più forte del previsto e qualche
testa si voltò nella sua direzione.
-Lexi, io...
-Se non hai altro da dirmi, io devo andare.
-No! No. Aspetta...
Nate non cercò nemmeno di nascondere il tono di supplica che
la sua voce aveva assunto, perché avrebbe fatto qualsiasi
cosa pur di tenere Lexi attaccata a quello stupido telefono il
più allungo possibile.
-Volevo sapere quanti biglietti ti servono per il concerto di
lunedì a Wembley... Sai, dato che mancano solo tre giorni,
Pablo voleva essere sicuro che avessi tutto l'occorrente per tempo, sia
per te che per...
-Non ci vengo.
Facevano rumore i cuori che si infrangevano o erano come quegli alberi
che cadevano in una sterminata foresta senza orecchio umano ad udirli?
Nate capì in quel momento che potevano suonare
più o meno come il crollo di un edificio minato nelle sue
fondamenta dalle scosse inarrestabili di un terremoto. E lasciavano la
stessa desolazione.
Ad essere sincera, Lexi si era completamente dimenticata del concerto,
ma la risposta era sorta spontanea sulle sue labbra: non voleva
andarci. Ed in quel momento capì anche che non voleva
più avere nulla a che fare con i The Rush, con il gossip,
con le fan, con la dottoressa Lang e con tutto quello che poteva
vagamente avere a che fare con Nate e quello stupido 20
Agosto.
Avrebbe riposto tutto in un cassetto della sua memoria, l'avrebbe
riposto il più lontano possibile dal suo cuore e avrebbe
sperato con tutta sé stessa che il tempo se lo trascinasse
via sulle correnti del suo inesorabile scorrere.
Trascorsero quaranta secondi abbondanti prima che uno dei due si
decidesse a rompere quel silenzio surreale e, stranamente, fu Lexi a
farlo.
-Ora, io... Devo andare. Ciao Nate.
Il cellulare le cadde con un tonfo sordo sul tavolo in legno scuro,
attutendo fortunatamente il colpo sulle pile di fogli sparsi davanti a
lei, seguito a ruota da due pesanti lacrime salate, ma Lexi non se ne
rese neanche conto. Il suo sguardo era rivolto verso il cielo ormai
interamente striato dai colori del tramonto, mentre il sole si
rifletteva sulle placide acque del piccolo stagno della biblioteca,
facendone brillare la superficie e riportando alla mente di Lexi il
sorriso e gli occhi cristallini di quel ragazzo il cui solo
pronunciarne il nome era stato come infilzarsi un pugnale nel cuore e a
cui, con ogni probabilità, aveva appena dato il suo ultimo
addio.
Hi sweethearts!
Lo so. Capitolo
dolce amaro. O solo amaro, forse? Già. E pensare che la
parte di Nate è stata aggiunta dopo, sostanzialmente
perché mi sembrava mancasse qualcosa dal suo punto di
vista... Ma la verità è che ormai non
è rimasto più nulla. Niente di Lexi, niente delle
promesse di Nate e, forse, nemmeno dei Nexi... Mancano tre capitoli
alla fine (di cui uno assolutalmente di passaggio) quindi
chissà che cosa succederà... Mantenere le
speranze o gettarle? Fatemi sapere che cosa vorreste voi...
A presto e grazie
di tutto. Davvero.
Lots Of Love xx
|
Ritorna all'indice
Capitolo 38 *** 28th March 2014 ***
28th March 2014
-Devo spaccargli la faccia?
-David ma non eri entrato nella fase peace and love della tua vita??
Dov'è finito il tuo spirito hippie?
-E' stato risucchiato da quello di fratello maggiore preoccupato per la
sua sorella ameba preferita.
-Ehi... Sono io quella che ti chiama ameba, non puoi arrogarti questo
diritto.
-Almeno so che sei ancora capace di arrabbiarti per qualcosa.
-Non sei simpatico David... Per nulla...
-Infatti: sono preoccupato.
Lexi alzò la testa dal manuale di storia che stava
sottolineando con un evidenziatore arancione sbiadito tanto quanto la
sua voglia di affrontare quella conversazione per l'ennesima volta.
Ormai, chiunque le avesse fatto visita, l'avesse chiamata o anche solo
le avesse spedito un piccione viaggiatore non faceva altro che dirle
come fosse spenta, che doveva reagire, che non poteva far finta di non
stare male e che non la riconoscevano più.
La voglia di urlare in faccia a tutti che erano loro a non averla mai
conosciuta davvero le bruciava in gola, ma mandava giù e
risolveva tutto con un sorriso finto. Non che fossero state
così tante le persone che si erano preoccupate per lei, ma
erano decisamente più di quante se ne sarebbe mai aspettata
Lexi. I The Rush sapevano essere particolarmente invadenti se si
mettevano d'impegno. Alla quarta chiamata di Lewis, Lexi aveva deciso
di spegnere il cellulare e di far dire a Mia che stava male, motivo per
cui ora si ritrovava a guardare il viso preoccupato di suo fratello
sbucare dalla porta delle camera. Più lo guardava e
più si chiedeva come potessero essere davvero fratelli o
anche solo parenti: lui alto, quasi biondo, occhi chiari ed un sorriso
splendente; lei bassina, quasi mora, occhi banalmente marroni e un
sorriso strampalato che le faceva arricciare in maniera imbarazzante il
naso. Un simpatico scherzo del destino insomma.
-Dai entra.
Lexi si mise a sedere sul letto su cui era stravaccata fino a qualche
secondo prima, spostando la massa di libri e fogli che lo copriva quasi
completamente per permettere a David di sederlesi affianco. Il contatto
con la pelle scoperta del suo braccio la fece in qualche modo sentire
immediatamente più tranquilla.
-Comunque prima ero serio sull'andare lì e prenderlo a
pugni... Lo sai che lo farei se me lo chiedessi.
-Per quanto l'idea potrebbe essere allettante, non sarebbe giusto. Ma
non ho voglia di parlarne ora.
-E quando ne avrai voglia?
-Potrebbe essere anche mai, per quanto ne so... Senti David ho chiuso
con tutta quella storia e l'ultima cosa di cui ho bisogno in questo
momento è che qualcun altro mi faccia la morale su quanto
stia sbagliando, perché tanto sembra essere destino che io
non ne faccia una giusta.
Non aveva nessuna intenzione di suonare così acida, ma le
parole erano uscite prima ancora che potesse metterle in ordine ed in
fin dei conti David era pur sempre suo fratello ed era suo dovere
subirsi anche quel lato del suo carattere.
-La vuoi sapere una cosa Lexi-Lex?
-Non mi corrompi solo usando il mio nomignolo, sappilo...
David piantò i suoi occhi chiari in quelli color cioccolato
di Lexi, facendole domandare per l'ennesima volta come potessero essere
davvero fratelli, perché le differenze erano così
palesi da stordirla alle volte. Poi però vide il sorriso
dolce e vagamente indulgente che le stava rivolgendo, quello che sua
mamma le riservava ogni volta in cui si presentava in cucina convinta
che non avrebbe passato l'ennesima impossibile verifica di matematica o
quando la domenica a pranzo gli faceva l'elenco infinito di libri che
non sarebbe mai riuscita a studiare per l'esame del mese seguente, e si
sentì incredibilmente legata a lui. Perché quel
sorriso lo riservava anche lei a Mia quando si lamentava per qualcosa
che non credeva di essere capace di fare e che, invece, come al solito,
le sarebbe venuto fuori perfettamente: era il tipico sorriso
d'incoraggiamento della famiglia Golder. Un marchio di fabbrica.
-Penso che tu sia molto più forte di quanto credi Lexi...
Voglio dire: hai rischiato la vita per dei ragazzi che praticamente non
conoscevi! E no, non rifilarmi di nuovo la storia del
“è stato un errore, io non centro nulla con
loro” perché lo sai benissimo anche tu che non
è così! Tu sei speciale Lexi perché
hai la straordinaria capacità di far sentire chiunque ti
stia vicino una persona importante e non è una dote che
possiedono in molti, credimi... Ma penso sia giunto il momento di
capire che anche tu sei importante. E lo so che a dirtelo vorresti
fosse un certo cretino irlandese con i capelli tinti, ma ora come ora
ti devi accontentare del tuo vecchio e meraviglioso fratellone e
fidarti di me.
Quello forse era il discorso più lungo e personale che David
le avesse mai fatto, anche se Lexi aveva come la sensazione che non
fosse il primo, una sorta di eco di un ricordo che però non
riusciva ad afferrare, ma decise di non curarsene perché
l'espressione convinta di suo fratello la faceva decisamente ridere.
-Tu sei tutto pazzo, lo sai? Ora capisco perché sei
innamorato di Mia.
-Diciamo che siamo parecchio sulla stessa lunghezza d'onda... Allora:
me lo dai un abbraccio?
-Ma sei sicuro di sentirti bene?!
-Vuoi dirmi che in tutti questi anni non ti è ancora passata
la fobia del contatto fisico?! Ma che problemi hai?! -
Ehi, dov'è finito tutto il tuo discorso da “sei
una persona importate” eccetera, eccetera?
-In fondo a questo abbraccio: forza, vieni a prendertelo!!
-David abbiamo 22 e 24 anni, ti prego...
-Dammi questo cavolo di abbraccio o giuro che pubblicherò su
qualsiasi social network possibile ed immaginabile la foto del tuo
dodicesimo compleanno!!
-Non oseresti mai.
-Vuoi scommettere?!
-Va bene, va bene... Diamoci questo abbraccio e facciamola finita.
Quando le braccia forti di David si strinsero attorno a Lexi, si
sentì improvvisamente al sicuro ed anche un pochino meno
vuota, benché quel calore non avesse nulla a che fare con
quello della pelle di Nate. Il sol pensiero dei suoi occhi cristallini
costrinse Lexi a nascondere il viso nell'incavo del collo di David,
sperando di poter soffocare le lacrime che minacciavano di farla
annegare.
Hi sweethearts!
Questo
è il famoso capitolo di passaggio, che però
(nonostante la brevità) credo sia essenziale. Insomma:
mancano sostanzialmente due capitoli (il prossimo
sarà decisivo ma credo lo pubblicherò quando
avrò il mood più giusto ** entro
mercoledì prossimo, in ogni caso.... Sono già
emozionata^^) e bisogna che si comincino a tirare le fila.... E poi
David non compariva da decisamente troppo tempo e, tutto sommato, lui
ha sempre tenuto un posto speciale nel mio cuore. Un po' per la sua
confusione cosmica un po' per il suo atteggiamento vagamente
strafottente. Fatemi sapere che ne pensate e preparatevi.
Io ancora non ci
credo che siamo arrivate a questo punto. Wow.
A presto
Lots Of Love xx
|
Ritorna all'indice
Capitolo 39 *** 31st March 2014 ***
31st March 2014
Era il giorno del primo concerto in un Wembley stadium completamente
sold out.
Una pietra miliare per la carriera di qualsiasi cantante, specialmente
per uno che faceva parte di una boyband nata da uno dei tanti talent
show che riempivano i palinsesti televisivi.
Un sogno che diventava realtà.
Quel sogno che da bambino aveva inseguito con tutte le sue forze,
suonando la chitarra giorno e notte, incurante dei calli sotto le dita
e dei rimproveri di sua madre.
Ma per Nate, quel sogno, non sembrava avere più alcun senso
se non poteva viverlo con lei. Perché senza Lexi nulla aveva
più senso.
Era al centro del mastodontico palcoscenico su cui avevano finito di
fare il soundcheck qualche ora prima, le luci abbaglianti dei fari
dello stadio gli scaldavano la pelle con un calore che non gli
ricordava nulla, mentre una trentina di uomini vestiti di nero
continuavano ad aggirarsi indaffarati sul parterre per finire di
sistemare le ultime cose, lanciandogli qualche occhiata scettica. Che
cosa ci facesse lui lì, all'una di notte, per loro era un
mistero, mentre per Nate era l'unica soluzione che gli era balzata in
testa quando si era rigirato per la quattordicesima volta nel letto
senza riuscire a prendere sonno.
Si era alzata una leggera brezza umida che lo fece rabbrividire,
nonostante i jeans lunghi e stretti e la felpa pesante che aveva
afferrato al volo prima di salire in macchina. Si ricordava ancora
quando era entrato, quattro anni prima, dalla galleria che gli stava
giusto di fronte e si era chiesto che cosa avrebbe spinto i giudici a
dare una possibilità proprio a lui invece che a chiunque
altro tra le migliaia di persone che si erano presentate quel giorno.
Si era detto che lui aveva lo stesso diritto di stare su quel palco che
avevano loro e che nulla gli poteva impedire di darsi una chance
concreta per realizzare il suo sogno.
E ci era riuscito.
Non da solo, ma con quattro ragazzi assurdamente diversi da lui eppure
perfettamente compatibili: per voce, presenza scenica e carattere. Era
stato il destino o chiunque ci fosse ai piani superiori. Ed aveva
pensato che fosse stato per merito di una volontà superiore
anche il fatto che l'ultima persona che Lexi avesse guardato negli
occhi quel giorno fosse stato lui e non Lucas. Perché se
c'era una cosa che Nate non poteva dimenticarsi erano quelle iridi
color cioccolato cristallizzate da un'emozione che per mesi si era
chiesto cosa fosse. Solo in quel momento riusciva finalmente a capirla:
era la consapevolezza di essere stata utile a qualcuno, di aver fatto
qualcosa della propria vita e di essere stata notata dalla persona a
cui aveva dedicato undici anni della sua esistenza. E non importava se
questo voleva dire morire, per Lexi quella consapevolezza valeva il
prezzo da pagare.
Si passò una mano tra i capelli attorcigliati, peggiorando
solo la situazione: aveva rovinato tutto.
Anzi, peggio, era riuscito a fare l'esatto opposto di quello che erano
i suoi piani. Grazie ai suoi stupidi errori Lexi si era sentita per
l'ennesima volta “una delle tante”, come se non
fosse niente di speciale, quando invece lei era tutto. O per lo meno,
era tutto per Nate.
Improvvisamente gli sembrò che l'aria attorno a lui avesse
assunto il peso specifico del piombo, solo per schiacciarlo al suolo e
Nate non tentò nemmeno di contrastare quella forza: si
sedette sul pavimento freddo del palco e chiuse gli occhi. Non sapeva
più cosa fare per risolvere la situazione, aveva come la
sensazione che Lexi non si sarebbe più fidata di lui, forse
nemmeno se avesse ricordato tutto quello che era successo nei mesi in
cui era stata in coma.
-Basta pensare Nate: ti sta uscendo del fumo dalle orecchie...
Era talmente perso nel suo personale universo di sensi di colpa che non
aveva sentito i passi pesanti di Pablo avvicinarsi per sedersi affianco
a lui.
-Forse hai ragione: dovrei proprio smettere di pensarci.
-Sono invadente se chiedo a che cosa stavi pensando? O meglio, a chi
stavi pensando...?
-A Lexi. Stavo pensando a Lexi... Strano vero? A quanto pare non ho
fatto altro negli ultimi otto mesi...
La mano forte e paterna di Pablo si abbatté sulla sua
spalla, stringendola in un segno di affetto che fece sentire Nate
ancora peggio: quelle attenzioni e quella comprensione doveva riceverle
Lexi, non lui.
-Ho fatto un disastro Pablo... Un enorme cazzata con lei...
-Nate, ragazzo mio: mi spieghi che diamine ci fai qui se l'unica cosa
che vuoi è sistemare le cose?
-Non me lo permetterà... Non mi vuole più vedere.
Ne me, ne i ragazzi... Ha rinunciato a tutto.
-E tu hai rinunciato a lei?
Già: lui aveva rinunciato a Lexi? All'unica ragazza che
l'avesse mai tenuto sveglio la notte per comporre melodie su melodie?
All'unica donna che era diventata tutto per lui ancora prima di fargli
perdere la testa con un suo sorriso? All'unica persona di cui si fosse
mai innamorato?
No, lui non aveva rinunciato a lei ma si era già giocato
tutte le sue chance, l'aveva ferita troppo per rimediare, anche se
sapeva che nonostante tutto avrebbe cantato ogni sera quelle due
canzoni pensando al suo sorriso e ai suoi occhi brillanti che lui era
riuscito a spegnere.
Si accorse di essere rimasto solo sul palco, quando le luci
cominciarono a spegnersi attorno a lui ed uno dei tecnici gli stava
urlando di scendere, perché dovevano chiudere. A malincuore
abbandonò la superficie fresca del palco e si diresse verso
la sua macchina, fuori dallo stadio.
Le loro cinque facce campeggiavano sulla facciata imponente
dell'edificio e Nate capì che ce l'aveva fatta, aveva
realizzato il suo sogno e nonostante tutto, un brivido di adrenalina
gli percorse la schiena, facendolo sentire vivo. Troppo presto,
però, arrivò anche la consapevolezza che quella
sensazione non era nulla in confronto al momento in cui Lexi si era
addormentata tra le sue braccia qualche giorno prima, facendolo sentire
l'uomo più felice sulla faccia della terra. Salì
in maccchina e guidò nel silenzio assordante dei suoi
pensieri verso casa.
Lexi si svegliò con un mal di testa atroce quel giorno.
Non era riuscita a chiudere occhio per tutta la notte, neanche fosse
stata agitata per qualcosa. L'unica motivazione che avrebbe potuto
farle stringere lo stomaco come se dovesse strozzarsi da un momento
all'altro, l'aveva definitivamente eliminata con una chiamata qualche
giorno prima.
Niente concerto, niente The Rush e niente Nate.
Il solo pensare quel nome le fece provare una fitta lancinante alla
testa, tanto che si portò una mano alla fronte cercando di
convincere il suo cervello a non esplodere a breve. Il programma per la
giornata l'aveva pensato con attenzione maniacale la sera prima assieme
a Mia, mentre si strafogavano di gelato al mascarpone davanti a Little
Pretty Liars: niente social network, niente blog di gossip, niente
giornali scandalistici e niente giri per il centro che non fossero
strettamente necessari e solo nelle ore più tranquille. Non
voleva incontrare fan di nessun tipo e men che meno sentirsi far
domande sul gruppo o sul concerto, perché non credeva di
poterlo sopportare. Lei aveva chiuso con quella storia e sperava tanto
che anche il mondo se lo mettesse in testa velocemente una volta per
tutte.
-Stai bene?
Lexi alzò lo sguardo e vide la testa ormai metà
bionda e metà verde di Mia fare capolino dalla porta: le
mancavano solamente le palline di Natale ed era pronta per prendere il
posto dell'abete che mettevano solitamente davanti a Buckingham Palace.
Eppure era comunque dannatamente bella. Persino fare quella
constatazione ovvia le diede una fitta lancinante all'altezza delle
tempie.
-Mi sembra di avere un esercito di bufali inferociti in testa.
-Benché io sia contro i farmaci testati sugli animali, ti
vado a prendere un'aspirina...
Avrebbe volentieri alzato gli occhi al cielo, ma il solo pensiero le
provocò l'ennesima fitta, così dovette rinunciare
persino a quella piccola soddisfazione: quella giornata era cominciata
malissimo. Mia sparì dietro la porta, lasciandola aperta e
Lexi poté sentire un dolce aroma di tea verde che si
diffondeva dalla cucina. Il sole splendeva sempre più
intenso dalla tenda appena scostata della finestra, donando alla stanza
e a tutti gli oggetti arancioni che la riempivano una luce calda che
avrebbe rasserenato chiunque. Invece Lexi si sentiva estranea a
quell'atmosfera di pace, come se non avesse il biglietto per varcarne i
cancelli e potesse solo assistervi da fuori.
Un sorriso amaro le increspò le labbra perché
quel biglietto era stata lei a rifiutarlo e l'unica persona che poteva
incolpare per tutto era, come sempre, solo sé stessa.
-Ecco a te.
Una tazza di tea fumante e una piccola pastiglia bianca fecero capolino
nella sua visuale. Li prese, ringraziando Mia con una smorfia che
doveva essere un sorriso e mandò giù una lunga
sorsata di bevanda assieme alla pillola. Sperava solo facesse effetto
in fretta.
-Credi che secondo te dovrei tornare al mio blu?? Ieri David mi ha
detto che assomiglio ad un pino...
Mia si era seduta sul bordo del letto e giocherellava sovrappensiero
con le punte colorate dei suoi capelli.
-E da quand'è che tu ascolti quello che dice mio fratello?
-Beh...
Non aveva mai visto Mia così in difficoltà: ora
stava letteralmente torturando le lenzuola con le mani piene di anelli
e non la guardava in faccia. Sembrava quasi non le stesse dicendo
qualcosa.
-Mia non è che mi stai nascondendo qualcosa vero?!
-Io... Che? No!! Cioè...
-Mia Winston dimmi tutto, ora!
Improvvisamente sembrava che tutti i bufali nella sua testa si fossero
ammutoliti per scoprire che cosa stesse tramando la sua migliore amica
che ora la stava guardando con l'espressione più seria di
sempre.
-Diciamo che ieri sera, mentre stavo spostando la giacca di tuo
fratello dalla mia macchina da cucire, dato che la mette sempre nei
posti meno indicati, potrei aver accidentalmente fatto cadere quello
che era contenuto nella tasca...
-Oh mio dio. Oh mio dio!! OHMIODIO!!!
Lexi stava letteralmente saltando sul letto senza riuscire bene a
realizzare che cosa stesse succedendo davvero, anche se l'immagine di
un oggetto si faceva largo nitida ed inequivocabile nella sua testa che
continuava a rimbombare come il cielo allo scoccare della mezzanotte
del 31 Dicembre.
-E sì, era una scatolina di velluto blu ed io...
-OH MIO DIO DIVENTEREMO COGNATE!!!!
Quello Lexi l'aveva proprio urlato, perché insomma: quante
possibilità potevano esserci che la sua migliore amica di
sempre finisse per sposare il suo insopportabile ma insostituibile
fratello?? Poche, lo sapeva e per un istante si sentì
incredibilmente fortuna.
Poi, però, notò la faccia di Mia e l'unica
emozione che vi scorse fu panico puro. Si sistemò di fronte
a lei, le prese le mani tra le sue in un moto di affetto che era
decisamente insolito per una come Lexi, che era una campionessa
nell'evitare il contatto fisico, e la guardò negli occhi.
-Non sei felice?
-Sì... Sì che lo sono! Non mi fraintendere Lexi:
io sono la persona più felice di questa terra che David
voglia passare il resto della sua vita con me, è solo che...
-Il resto della tua vita ti fa paura perché sembra davvero
un sacco di tempo.
Mia abbassò la testa, lo sguardo sulle loro mani intrecciate
e sorrise: alle volte le veniva il dubbio che lei e Lexi fossero
davvero dotate di telepatia.
-Già... E' una cosa stupida vero?
-No, per nulla. Insomma: chi non avrebbe paura del per sempre?
Però vedila così: è solo un insieme di
attimi che trascorrerai con la persona giusta per te, che ami e che ti
ama ogni momento di più. Tutta la tua vita
passerà più in fretta di quanto tu possa
pensare...
Fu allora che si rese conto di una verità fondamentale: la
sua vita stava passando e lei non la stava vivendo.
Di nuovo.
Ed improvvisamente la stanza divenne soffocante e troppo piccola per
quella sconvolgente consapevolezza. Stava sbagliando tutto per
l'ennesima volta, come se nemmeno il fatto di aver preso una pallottola
sulla spalla ed essere rimasta in coma per cinque mesi fosse servito a
smuoverla dall'apatia in cui era caduta.
-Alle volte mi chiedo se ti ascolti mai quando parli...
-Perché?
Lexi si sforzò di riportare la sua attenzione su Mia,
arginando momentaneamente quella piccola crisi di panico che minacciava
di esplodere di lì a qualche secondo.
-Perché dai alla gente degli ottimi consigli, che
però tu non segui mai.
-Io... Io...
“Io non sono così coraggiosa.”.
Solo il suono del telefono le impedì di dichiarare ad alta
voce quella scomoda verità su sé stessa e gliene
fu immensamente grata: quella giornata era stata già
abbastanza faticosa perché fossero solo le dieci di mattina.
Si alzò velocemente dal letto rischiando di finire a terra
come un pero cotto, dato che un potente giramento di testa le rese le
gambe molli come budini., ma riuscì a mascherare il fatto
facendo finta di essere inciampata sulle lenzuola: l'ultima cosa che le
serviva erano le cure apprensive di Mia. Afferrò il
cellulare e rispose senza guardare di chi fosse il numero apparso sul
display: sicuramente non era nessuno di interessante.
-Pronto?
-Ehi amore!
-Ciao mamma...
-Sei già sveglia?
-Sono le dieci passate ma'... Dove dovrei essere?
-No, non so... E' solo che... Visto che giorno è oggi...
-Mamma lo so che giorno è oggi e ho intenzione di viverlo
esattamente come tutti gli altri giorni della mia vita.
“In completa apatia... No, basta!!”.
-Oh beh certo, certo. Ma sai, stavo pensando, che è davvero
tanto tempo che non ci vediamo ed oggi viene qui anche tuo padre a
pranzo, così magari potreste fare un salto sia tu che tuo
fratello...
-Mamma: dovete dirci qualcosa?
Una sorta di subdola speranza cominciò a farsi spazio tra
tutte le ragnatele di quella parte di cuore che Lexi aveva sempre
riservato per il giorno in cui i suoi genitori sarebbero tornati
assieme. Perché se c'era una cosa di cui era sicura nella
sua vita, era che Karen e Morgan fossero destinati a stare assieme per
prendersi cura l'uno dell'altra, perdonando magari gli sbagli che
entrambi avevano commesso in passato. Le bastava osservare lo sguardo
adorante con cui suo padre guardava sua madre, lo stesso che rivedeva
in David quando guardava Mia o notare come il sorriso di Karen e della
sua migliore amica brillassero un poco di più quando i loro
compagni erano nei paraggi, per capire che quello era puro e semplice
amore. Forse non era perfetto, ma era il tipo di amore che Lexi aveva
sempre cercato ma che ormai aveva perso le speranze di poter trovare.
-Insomma, ecco...
-Mamma?!
-Sì, dobbiamo dirvi qualcosa ma è una cosa bella,
okay?... Non puoi dirle
semplicemente che vogliamo riprovarci?! ... Zitto Morgan!
Così rovini tutto!
La voce di suo padre era giunta allegra e potente dall'altro capo del
telefono, dato che probabilmente stava preparando una delle sue nuove
ricette vegane in cucina, dove sua madre teneva il telefono.
-Farò finta di non aver sentito nulla okay? So che David e
Mia devono andare a pranzo con alcuni amici ma per il pomeriggio sono
liberi...
“Da quand'è che faccio da segretaria alla coppia
di piccioncini?! Oh, giusto: da quando non ho più una vita
mia... Solo perché non l'hai voluta tu! Non è
vero! E' stato lui a rovinare tutto!!...”
-Lexi ci sei?
-Si, scusa mamma...
“Devo smetterla di farmi i dialoghi interiori: questa cosa
comincia a diventare inquietante... Inquietante è il fatto
che tu non voglia ammettere nemmeno con te stessa che lui ti manca da
morire e che se solo lo chiamassi...”.
-Basta!
Mia si voltò verso di lei, guardandola sconvolta: forse non
l'aveva solo pensato.
-Lexi, amore, tutto bene? Basta cosa??
L'apprensione nel tono di Karen le fece chiudere gli occhi e trarre un
profondo respiro: doveva trovare una soluzione a quella stupida vocina
dentro la sua testa che le diceva cose che non voleva sentirsi dire o
sarebbe impazzita a breve.
-Niente, c'era Mia che insisteva per... Per... Per cambiare le lenzuola
del letto... Nulla di che. Comunque magari passiamo per cena, che ne
dici?
-Oh, va bene! Perfetto! Allora a stasera! Un bacio e salutami Mia.
Mise giù il ricevitore ed appoggiò la fronte sul
muro freddo: il mal di testa era tornato peggio di prima ed ogni volta
che chiudeva gli occhi le sembrava di avere dei flash di luce strani
che le procuravano un certo fastidio.
-Cambiare le lenzuola, eh?
Aprendo un solo occhio, vide una Mia piuttosto sfocata dirigersi verso
la porta, mentre la guardava con aria scettica. Forse le si leggeva in
faccia che non stava proprio bene.
Nate tirò le punte bionde dei capelli verso l'alto per
l'ennesima volta nell'arco degli ultimi dieci minuti, ma senza ottenere
l'effetto sperato: lo specchio del camerino continuava a restituirgli
un riflesso che non poteva essere il suo. Da dove venivano fuori quelle
borse sotto gli occhi? E quel brufolo giusto in mezzo agli occhi? Non
che fosse uno attento a queste cose ma quel brufolo era davvero enorme
e lui non era mai stato un tipo che sfogava lo stress in quelle
maniere. Ora che ci pensava, lui non era mai stato davvero stressato in
tutta la sua vita. Almeno finché lei non era entrata nella
sua esistenza. Ed eccolo lì, a ripensare a lei, no, a
continuare a pensare a lei, dato che dalla notte precedente non aveva
mai davvero smesso di farlo. Lexi si era trasformata in una sorta di
chiodo fisso che gli trapanava il cervello senza dargli alcuna via di
scampo.
-Guarda che ti cadono.
-Che?
-Se ti tocchi i capelli anche solo un'altra volta, ti cadranno tutti.
-Lewis non sparare stronzate, su! Tu te li sistemi ogni cinque secondi
e sono ancori tutti attaccati...
-Ehi, lepricauno: non mordere per favore.
-Non rompere Lewis...
Una mano piccola e dal deciso odore di tabacco si appoggiò
sulla sua spalla, poco prima che il viso spigoloso e preoccupato del
suo amico impiccione facesse capolino nella sua visuale.
-Che succede Nate?
Poteva mentire alla prima persona che aveva conosciuto quando era stato
ammesso nello show che gli avrebbe cambiato la vita? No, non poteva e
sinceramente non ne aveva nemmeno voglia.
-Non viene, Lewis... Lei non viene. Lì fuori ci saranno
quasi 80'000 cazzutissime persone ma non lei, capisci?! Lei non...
Le lacrime scesero prima che potesse anche solo pensare di fermarle e
così si ritrovò immerso in un abbraccio
soffocante e protettivo di cui fu infinitamente grato. Non poteva
farcela da solo. Stettero così per almeno un intero minuto,
in completo silenzio cosa assolutamente inusuale per Lewis, fino a
quando il ragazzo non lo allontanò da sé ma solo
per guardarlo dritto negli occhi e dirgli quello di cui forse aveva
bisogno.
-Verrà Nate... Lei verrà, me lo sento.
-E... E come fai a dirlo?
-Perché sei stato tu a farla svegliare e anche se lei non lo
sa ancora, è legata per sempre a te. Dille che la stai
aspettando. Tentare un'ultima volta ti farà almeno dire di
averci provato fino all'ultimo.
Se Lewis ci credeva così tanto, perché non poteva
anche lui aggrapparsi a quella piccola speranza che gli stava porgendo?
Prese il telefono, si allontanò da Lewis senza degnarlo di
una spiegazione e si sedette su uno dei divanetti nel corridoio che di
lì a qualche ora lo avrebbe condotto di fronte ad uno stadio
sold out per suonare i pezzi che lui stesso aveva composto pensando a
lei.
-Pensa Nate, pensa...
Ed ecco che arrivarono come un lampo in un cielo limpido.
Le parole scivolarono fuori dalle sue dita e dentro quel tweet che
sperava davvero lei vedesse perché in quel momento nella
testa si stava svolgendo il film della loro
“conoscenza” in ospedale, quando aveva trovato la
sua musa e mettere in musica e parole ciò che provava non
era mai stato così semplice.
"I promised you I'll get
you Through The Dark... I still hope you'll be here so we can live
Happily...”.
Lo inviò senza nemmeno rileggerlo.
Doveva solo aspettare che, con o senza la memoria di quello che si era
creato tra loro durante i mesi passati in ospedale, Lexi si fidasse
ancora di lui e di quello che entrambi avevano sentito in quei giorni
in cui si erano conosciuti, a quegli sguardi sotto la pioggia, a quelle
carezze prima di cadere addormentati sul divano, a quei baci quasi
scoccati che ancora gli bruciavano sulle labbra.
-Lexi, allora io vado... Ci vediamo sta sera a cena dai tuoi. Segui
strettamente il nostro piano e vedrai che sopravviverai anche a oggi.
Capito?
-Sì, mamma.
-Non sei simpatica Lexi.
-Oh no, sono molto simpatica... Sei tu che non cogli il mio senso
dell'umorismo.
-Guarda: è meglio che vada prima di assalirti con un
abbraccio da orso che potrebbe farti venire l'urticaria...Un bacio!
Mia si fermò un attimo sulla porta di casa e si
voltò verso Lexi, che era appollaiata sul divano con un
libro aperto in mano.
-Lexi...
-Si?
-Mi prometti che starai bene?
-Ci proverò... Vai!
La sua migliore amica le regalò un sorriso incerto e poi, in
un turbinio di capelli biondi e verdi, se ne uscì di casa,
chiudendosi la porta alle spalle.
Improvvisamente l'appartamento divenne silenzioso e Lexi si rese conto
di una cosa: non era per nulla opportuno che lei rimanesse in casa da
sola, immersa nel silenzio con la testa che invece sembrava essere
finita nel bel mezzo di un concerto heavy metal. Prese il computer,
scelse l'unica playlist che non conteneva canzoni dei The Rush, dato
che quello sarebbe stato decisamente il colpo di grazia e si rimise a
leggere cercando di concentrarsi sull'amore idilliaco della
protagonista invece che sulle rovine dalla sua vita sentimentale.
“E' tutta colpa mia...”.
La sua concentrazione era durata addirittura dieci secondi, prima che
la solita fastidiosa vocina che aveva capito essere la sua coscienza e
che ora parlava pure in prima persona, tornasse a tormentarla.
-Okay, così non funziona. Non posso far finta che oggi non
sia il fatidico giorno e che il mondo al di fuori di questo
appartamento non esista... Vediamo che si dice in giro...
La promessa fatta a Mia di cercare di stare bene si frantumò
nell'esatto istante in cui premette l'icona di Twitter nell'elenco dei
siti preferiti e una montagna di tweet sul concerto di quella sera
invase la schermata del pc.
-Oh.
Un anno prima sarebbe stata lei quella a postare foto della coda al di
fuori dello stadio, sperando di potersi accaparrare un posto sotto il
palco all'apertura dei cancelli. Sarebbe stata in fibrillazione da
settimane, avrebbe già costretto Mia a comprarsi dei tappi
per le orecchie perché ogni discorso, nei giorni precedenti
a quell'evento, sarebbe finito per focalizzarsi sul concerto. E poi
avrebbe vissuto uno dei momenti migliori della sua vita cantando a
squarciagola le canzoni di un album che erano almeno tre settimane che
non aveva più la forza di ascoltare. Le sembrava tutto
così lontano. Fino ad un anno prima, andare a concerti e
condividere quell'esperienza con migliaia di ragazze come lei era
l'unica cosa che contava davvero oltre a sua madre, Mia e la storia.
Erano attimi di pura gioia di cui faceva scorta per superare l'inverno
che circondava costantemente il suo cuore. Ma in quell'anno era
successo di tutto e lei era cambiata.
O forse si era soltanto spenta, dopo aver scoperto che nemmeno
ciò che le dava più soddisfazione era immune da
provocarle cocenti delusioni.
Ricaricò la home del sito e si accorse che le ragazze erano
letteralmente in subbuglio per un tweet di uno di loro. Era vero, aveva
ceduto a controllare come stessero andando le cose al di fuori delle
sue quattro mura protette, ma era sicura di riuscire a gestire delle
informazioni che riguardassero direttamente loro e magari proprio lui?
-No, non sono così masochista. Non volontariamente almeno...
Chiuse in fretta la pagina web e riprese il libro in mano.
-Nathaniel hai per caso visto il mio cappello??
Lewis fece irruzione nel corridoio fino a cinque secondi prima deserto,
dove Nate aveva cercato un rifugio da domande scomode e da tutto il
caos che stava imperversando a poche ore dal concerto.
-No, non l'ho visto. Perché?
Era quello il bello di Lewis: un attimo prima era il fratello maggiore
che ti rassicurava su come tutto sarebbe andato per il verso giusto ed
il secondo dopo era tornato ad essere il solito rompipalle scalmanato.
-Perché credo di averlo lasciato a casa tua, l'ultima volta
che sono venuto lì ed avevo promesso a mia sorella che
l'avrei messo su al concerto stasera... Cazzo! Questa volta mi ammazza!
-Ma si può sapere perché ti ricordi sempre tutto
all'ultimo minuto?
-Allora, lepricauno: intanto...
-Ragazzi è ora di fare l'ultimo soundcheck, venite.
Pablo era comparso in tutta la sua imponente presenza fisica nel
corridoio sempre più affollato e teneva in mano l'archetto
che di solito Nate usava quando doveva cantare i brani in cui suonava
la chitarra.
-Cazzo!!
Due facce attonite si girarono verso di lui, che era letteralmente
saltato su dal divanetto verde bottiglia su cui era seduto.
-Ho dimenticato il mio plettro porta fortuna a casa! Io non suono senza
quello.
-Nate non fare il bambino, su...
-Pablo non ci pensare nemmeno! Me lo ha regalato mio padre il giorno
delle mie audizioni, non posso pensare di suonare il mio primo concerto
in uno stadio sold out con un plettro che non sia quello.
-E fortuna che ero io quello che si ricordava tutto all'ultimo
minuto...
-Lewis: lo rivuoi oppure no il tuo cappello?
Avendo capito l'antifona, Lewis prese sottobraccio Pablo e
cominciò a fare quello che gli veniva meglio al mondo, oltre
cantare: raggirare le persone.
-Vedi Pablo, se tu lasci andare il nostro piccolo Nathaniel a prendere
il suo plettro ed il mio cappello tutto questa sera filerà
liscio, io me lo sento... Se invece ci costringerai a salire su quel
palco senza i nostri amuleti, allora stasera sarà una strage
degli innocenti, l'apertura del Vaso di Pandora sarà nulla a
confronto e niente, dico niente, ci salverà dal fallimento!
-Quanta erba hai fumato?
-Poca, ma rimane il fatto che il lepricauno deve andare a recuperare
plettro e cappello a casa sua, altrimenti siamo spacciati... Okay, era
una battuta pessima.
Nate si passò una mano sulla faccia, ormai sull'orlo di una
crisi di nervi, non sapendo nemmeno lui se fosse per l'aver dimenticato
una delle cose a cui tenesse di più o se perché
Lexi non aveva ancora dato segni di ripensamento.
-Chiamo Alberto per dirgli di accompagnarti... Ti do un'ora di tempo,
in caso contrario mando la swat a recuperarti, chiaro?
Nate si lanciò su Pablo e lo abbracciò talmente
forte da rischiare di fargli perdere l'equilibrio, per poi correre
lungo il corridoio fino ad una delle porte sul parcheggio retrostante
lo stadio: era senza fiato ma vedere Alberto già al posto di
guida su uno dei loro Range Rover neri gli diede la forza necessaria
per fiondarvisi dentro e dire:
-A casa mia, il più velocemente possibile!
L'angolo appuntito del libro le si era letteralmente conficcato nel
fianco, quando le era caduto dalle mani. Si doveva essere addormentata
senza accorgersene e per poco non le prese un colpo quando si accorse
di che ore fossero. Erano le sette di sera ed in meno di mezzora Lexi
si sarebbe dovuta trovare dall'altra parte della città per
assistere al nuovo inizio di una vita assieme per i suoi genitori: non
ce l'avrebbe mai fatta. Come se non bastasse, quel sonnellino non aveva
fatto altro che peggiorare la situazione del suo mal di testa dato che,
non solo le tempie continuavano a pulsare facendole presente ogni
battito del suo cuore, ma un'intricata matassa di immagini non la
smetteva di riaffiorarle davanti agli occhi, residui forse di qualche
sogno senza senso che doveva aver fatto. Si sentiva come dentro ad uno
di quei souvenir a forma di palla di vetro che bisognava scuotere per
veder scendere la neve: lei era letteralmente nel bel mezzo di una
bufera.
Afferrò il cellulare e chiamò senza quasi nemmeno
rendersene conto un taxi, mentre cercava di capire che fine avesse
fatto la porta di camera sua: possibile che qualcuno l'avesse spostata?
Si infilò su la prima cosa che le capitò sotto
mano: era un vestito leggero, maniche corte, con una stampa
più o meno optical, sui toni del marrone, del verde e del
giallo, a cui fu costretta ad abbinare una cintura scamosciata nocciola
giusta sotto il seno, per non rischiare di sembrare un sacco patate
(nemmeno si era accorta di essere dimagrita così tanto
nell'ultimo periodo). Si infilò gli stivaletti marroni che
erano sotto il letto e la collana lunga con l'acchiappa sogni che non
si ricordava minimamente perché non avesse più
messo, dato che un tempo era la sua preferita. Mentre ancora cercava di
infilare il portafoglio e il cellulare nella tracolla,
afferrò un elastico e si mise di fronte allo specchio per
sistemare la zazzera di capelli che aveva in una morbida treccia
laterale. Fu in quell'istante che una terribile sensazione di
deja-vù le corse lungo la spina dorsale facendola
impietrire.
20 Agosto di un anno prima.
Quello stesso specchio.
Dei vestiti fin troppo simili.
Un'altra lei.
Il campanello la riportò a sé stessa e Lexi si
costrinse a lasciare quell'immagine di una lei che non era
più capace di riconoscere, nonostante esteriormente le
somigliasse parecchio.
Uscire dallo stadio era stato più semplice del previsto e il
traffico verso il centro della città era stranamente
scorrevole, così appena mise piede in casa e gli occhi gli
caddero immediatamente su plettro e cappello si disse che quelli
dovevano essere dei segni del destino. Li afferrò al volo,
pronto a rimettersi in macchina dato che sembrava esserci un vero e
proprio ingorgo in direzione dello stadio, ma la sua attenzione fu
catturata da qualcosa appoggiato sul poggiolo del divano. Evidentemente
Linda, la sua governante, era andata a ritirare il bucato e fino a qui
non c'era nulla di strano. Ciò che invece lo fece tornare
sui suoi passi per avvicinarsi al divano fu il capo in cima alla pila:
lo avrebbe riconosciuto dovunque. Era quel giubbotto. Quello della
premiere del film. Quello della sparatoria che aveva fatto entrare Lexi
nella sua vita.
Nate non poté far altro che pensare che forse anche quello
era un segno e che se anche non lo fosse stato non avrebbe avuto
importanza, perché afferrò quel giubbotto e se lo
mise addosso lo stesso, per avere Lexi con lui su quel palco nonostante
tutto.
31st
March 2014 19:25
-Ma non può fare una strada che non passi per lo stadio?!
La pazienza di Lexi era davvero al limite, non solo perché
sarebbe arrivata in ritardo a cena dai suoi, ma soprattutto
perché quel dannato autista aveva scelto l'unica strada che
lei gli aveva accuratamente suggerito di evitare. Come poteva restare
calma se era ad appena venti minuti di distanza dallo stadio in cui ci
sarebbe stato anche lui? -Signorina è tutto bloccato. E'
meglio che si calmi ed entri nell'ordine delle idee che
arriverà in ritardo... Tutta colpa di questo stupido
concerto.
-Stupido sarà lei...
-Come scusi? -Nulla, nulla...
Lexi appoggiò il gomito sulla sporgenza interna dello
sportello e si sorresse la testa sempre più pesante ed
intontita con la mano: fuori dal finestrino centinaia di macchine erano
incolonnate ordinatamente sulle quattro corsie che si diramavano nelle
due direzioni di marcia, come una colonia di piccole formiche
laboriose. Poteva vedere chiaramente ogni passeggero al loro interno e
si accorse che la maggior parte di loro erano ragazze che sarebbero
andare al concerto e una piccola fitta di invidia la trafisse.
Durò solo un attimo però: era stata lei a
rifiutare tutto quello, forse con delle buone motivazioni o forse solo
per paura.
-Alberto non esiste un'altra strada? Se non sono lì entro un
quarto d'ora è la volta buona che Plablo mi castra.
-Mi dispiace Nate, ma è bloccato dappertutto... A quanto
pare le persone famose non possono permettersi di dimenticare le cose a
casa.
Nonostante la tensione che continuava a fargli muovere senza sosta la
gamba, Nate rise a quella battuta del suo bodyguard e si chiese se
davvero ce l'avrebbe fatta ad arrivare in tempo per salire su quel
palco. Era come se l'intera città di Londra avesse deciso di
concentrarsi in quel tratto di strada tutta nello stesso momento per
bloccarlo lì e farlo soffocare in quella sorta di apnea
emotiva che lo circondava. Gli venne in mente che una volta, forse
all'alba della loro carriera, poco prima di uno dei loro concerti in
giro per il Regno Unito, Hugh aveva tentato di insegnargli una tecnica
di rilassamento con l'unico risultato di innervosirsi notevolmente e di
farlo ridere di gusto. Nate non era fatto per quel genere di cose: lui
le emozioni voleva viverle fino in fondo, sentire lo stomaco che si
contorceva quando prendeva in mano la chitarra un secondo prima che le
luci sul palco si accendessero, percepire la sua testa farsi sempre
più leggera mano a mano che le urla delle loro fan si
facevano più forti, riuscire a contare i battiti del suo
cuore che rincorreva chissà che cosa ogni volta che Lexi
sorrideva.
Ed eccola là.
Sempre fissa nel suo cervello, inchiodata al suo cuore, mescolata alla
sua anima.
Lexi era dovunque ed era tutto e Nate ne era così tanto
assuefatto che credette di vederla nel taxi nero che era fermo
dall'altro lato della strada, aspettando che il traffico si sbloccasse.
-Non può essere...
-Che cosa?
Si sedette meglio sul sedile, schiacciando quasi la faccia contro il
finestrino perché non poteva credere ai suoi occhi,
perchè semplicemente non poteva essere.
Lexi era lì, i capelli in una treccia come il giorno della
sparatoria e gli sembrò indossasse anche un vestito
dannatamente simile. Ma il suo sguardo era diverso, triste e perso a
contemplare qualcosa che sembrava essere troppo lontano
perché lei potesse raggiungerlo.
-Dimmi che la vedi anche tu. Dimmi che quella è Lexi!
-Ma chi? Nate che cosa stai... Oh sì, è proprio
lei.
Era dannatamente splendida e Nate poté contare chiaramente i
suoi battiti cardiaci, sapendo però che quella volta stavano
correndo verso di lei.
La testa continuava a pulsarle come se volesse esplodere da un momento
all'altro e il finestrino lasciato aperto dal tassista lasciava entrare
tutto il trambusto della strada, compresi i rumori insopportabilmente
forti di una cantiere a pochi metri da loro.
“Maledizione, ma ce l'avete tutti con me oggi?! Oddio la
testa...”.
L'ennesima fitta le fece chiudere gli occhi e quando li
riaprì tutto era diventato sfocato, come immerso in una
nebbia che non si poteva trovare nemmeno a Londra in quel periodo
dell'anno.
Ma lo vide comunque.
Come avrebbe fatto a non vedere quegli occhi puntati su di lei che
sembravano non aver mai guardato altro in vita loro?
Come avrebbe fatto a non notare quei capelli biondi scompigliati di cui
poteva ancora sentire la consistenza soffice tra le dita?
Ma soprattutto come avrebbe potuto dimenticare quel giubbotto?
“Ma io quel giubbotto non l'ho mai visto... No, aspetta un
attimo è quello che aveva indosso alla...”.
Lexi non ebbe il tempo di concludere quel pensiero, perché
l'espressione di Nate divenne una maschera di terrore che gli era
troppo familiare. Nel momento esatto in cui i suoi occhi dalle iridi
celesti come il cielo d'estate furono torturate da un moto di sgomento,
apprensione e paura che non gli si addiceva per nulla, Lexi
sentì un rumore secco e fragoroso provenire dal lato della
strada: un enorme tubo in ghisa era caduto sull'asfalto.
Fu come uno sparo.
E tutto divenne buio.
La pallottola che volava come a rallentatore... Pablo che era troppo
lontano per fare qualsiasi cosa... Una scelta da prendere... Lucas che
si parava davanti a Sophia... Lo scatto quasi istintivo delle sue
gambe... Il dolore lancinante di qualcosa che le trapassava la
spalla... Il sorriso che le compariva sulle labbra perché
aveva finalmente combinato qualcosa di utile in vita sua... L'impatto
improvviso con l'asfalto duro e bagnato... E quegli stessi occhi
azzurri impauriti e sconvolti ma dannatamente belli che lo salvavano
per essersi messo un giubbotto da giocatore di football americano ad
una premiere... E poi un fiume di sensazioni. Il panico dei primi
momenti di coma, la voglia di urlare, le lacrime di sua madre e suo
padre, di Mia e David... E poi Sarah, tutte le chiacchiere che le aveva
regalato per farle compagnia... Il signor Finnigan e... Oddio, non
poteva essere...
-Non può essere...
-Come scusi??
La voce del tassista non raggiunse minimamente la sfera d'interesse di
Lexi perché ora tutto stava tornando ad essere chiaro, ogni
flash assumeva contorni definiti, la testa sembrava sul punto di
esplodere ma non importava perché ora ricordava. Tutto.
Sentì una lacrima scendere sulla sua guancia, lenta e fredda
proprio come quelle che ora sapeva di aver versato in quei cinque mesi
e il ricordo del calore di una mano che le asciugava dolcemente la
costrinse a toccarsi istintivamente quel lembo di pelle che un tempo
era stato graziato con il suo tocco. Le sue dita corsero poi alle sue
labbra diventate improvvisamente bollenti perché anche loro
ricordavano di un bacio che avevano aspettato per mesi e che alla fine
lui aveva trovato il coraggio di darle.
Lui.
Lui che le aveva scritto praticamente un intero album di canzoni.
Lui che aveva scoperto come lei fosse sempre stata innamorata di un
altro ma che non si era arreso.
Lui che era andato contro ogni logica e si era innamorato di lei senza
nemmeno conoscerla davvero.
Lui che aveva rispettato chissà quale patto per non
confessarle tutto quello che aveva fatto per lei mentre era in coma.
Lui che le aveva promesso di restarle accanto per scoprire il motivo di
quel sorriso fatto nel momento più tragico della sua vita e
che le aveva assicurato ne sarebbero usciti assieme.
Lui che le aveva detto “ti amo”.
Lui che era diventato tutto e che per lei aveva sconvolto la sua
esistenza senza pensarci due volte.
Lui che le aveva fatto vivere davvero la sua vita.
Lui che l'aveva riportata alla vita.
Lui che era Nate Hanson.
E se ne era appena sparito in mezzo al traffico sulla sua Range Rover,
verso uno stadio pieno di ragazze che avrebbero pagato per essere al
posto di Lexi, per esibirsi per qualcuno che lo avrebbe apprezzato
davvero e che non avrebbe gettato la spugna alla prima
difficoltà come aveva fatto lei.
-Devo andare da lui... Io, io devo andare da lui. Devo andare da lui!
-Come scusi?
-Devo andare da lui!!
Ormai Lexi era praticamente saltata sul sedile, incapace di contenere
la sua impazienza e se quel dannato autista non avesse fatto inversione
di marcia il più in fretta possibile sarebbe scesa dal taxi
ed avrebbe raggiunto lo stadio di corsa, se fosse stato necessario per
arrivare a lui.
-Ma da lui chi?!
-Da Nate! Vada allo stadio, presto!!!
-Okay, okay... Lei è parecchio strana, lo sa?
-E lei non deve mai esser stato innamorato in vita sua.
Si lasciò cadere sul sedile del taxi ed una strana calma la
avvolse: aveva ricomposto il puzzle, aveva trovato il pezzo mancante
non solo della sua memoria ma anche dalla sua esistenza, la chiave per
farne qualcosa di speciale. Aveva trovato Nate.
Quando arrivò allo stadio aveva ben dieci minuti di ritardo
e la faccia di uno che aveva appena incontrato il fantasma del suo
passato e c'aveva fatto una spassosa chiacchierata a quattrocchi, tanto
che Pablo non trovò neanche il coraggio per rimproverarlo,
ma piuttosto gli chiese che cosa avesse visto di così
sconvolgente.
-Lexi.
-Lexi?! Dove? Quando?! Ma sta venendo qui?!?!
-Stava andando nella direzione opposta. Non verrà.
Scosse la testa e lanciò il cappello in mano ad un Lewis che
gli stava andando incontro del tutto ignaro di quello che era successo
e che cercò di capirci qualcosa, senza ottenere alcuna
risposta.
Non poteva credere che quella fosse davvero la sua Lexi: sembrava
spenta, senza quella luce negli occhi a mandorla che l'aveva fatto
innamorare una seconda volta guardando quella stupida intervista. Era
un involucro vuoto e lui aveva fallito su tutti i fronti. Le uniche
cose che gli erano rimaste erano la musica e le sue fan: non poteva
permettersi di deludere anche loro. Sarebbe salito su quel palco ed
avrebbe cantato come se fosse stata l'ultima volta, come se Lexi fosse
stata in prima fila, perché ormai Lexi e la musica erano
diventate una cosa sola per lui.
Arrivò allo stadio dopo ben venti minuti: forse i
più lunghi di tutta la sua vita, dato che finalmente aveva
un obbiettivo da perseguire ed era impaziente di raggiungerlo. I gate
erano ormai quasi vuoti e dall'interno dello stadio provenivano le urla
delle fan e i bassi della band di apertura: doveva sbrigarsi.
-Biglietto prego.
Un omone enorme, vestito tutto di nero e con un cipiglio per nulla
amichevole ed incline al dialogo le si parò davanti e la
mise di fronte all'unico vero ostacolo di tutta quella faccenda:
entrare nello stadio. O per lo meno farlo senza dover uccidere
qualcuno.
“Pensa Lexi, pensa....”.
-Vede io sono con Pablo. Sono Lexi, la ragazza che si è
presa la pallottola sulla spalla per salvare Lucas. Pablo mi sta
aspettando.
-Senti piccola, sai quante altre ci hanno provato a rifilarmi la stessa
identica storiella oggi? Almeno abbiate la cura di lasciare stare
quella povera ragazza...
-Ehi, ma io sono davvero Lexi Golder! Se vuole le faccio vedere la
carta d'identità, io...
-Dico davvero: non mi interessa chi tu sia. Devi avere il biglietto per
entrare.
-Oh dannazione!
Lexi sbatté i piedi per terra e poi cercò
furiosamente nella borsa per trovare il cellulare: c'era solo una
persona che poteva tirarla fuori da quell'impaccio.
-Avanti, rispondi Pablo... Forza...
-Ehi! Sono Pablo e questa è la mia segreteria telefonica: se
ci tenete tanto a lasciarmi un messaggio, parlate dopo il
“bip”. Saluti!!!
-Ma che cazzo! Non è possibile che l'unica volta in cui
decido di fare qualcosa nella mia vita, l'universo mi si metta contro,
dai!
L'esasperazione era arrivata ad un livello tale che ormai persino
urlare non era più sufficiente a farla sfogare. Ma
attirò invece l'attenzione della sua soluzione.
-Lexi?! Lexi sei tu?
Si voltò verso l'entrata dello stadio, a più di
duecento metri da lei e dall'energumeno che non la voleva far passare e
vide un angelo che la salutava. O semplicemente Alberto, in quel
momento non aveva senso sottilizzare.
-Oddio Alberto! Ciao! Sono così felice di vederti!! Oddio
non ci credo! Io devo...
Ormai lui aveva raggiunto i cancelli ed aveva salutato i ragazzi della
sicurezza con un cenno del capo, come si fa tra veri machi, o almeno
questo fu l'inutile pensiero che le passò per la testa.
-Ma che ci fai qui fuori?
Ecco: quella era un'ottima domanda. Le prime note del video di
introduzione dei ragazzi si stavano diffondendo ad altissimo volume in
tutta l'area circostante e Lexi sentiva l'esigenza di esserci,
perché glielo doveva. Per Nate.
-Alberto, io devo entrare. Dico davvero: devo andare a quel concerto.
Devo vedere Nate e...
-E che cosa ci fai lì fuori, allora?! Ragazzi lei
è con me...
La prese sottobraccio e la condusse all'interno dello stadio. Si
sarebbe tanto voluta girare ed urlare a quei tipi che aveva ragione lei
e che era davvero chi diceva di essere, ma si limitò a
fargli una linguaccia che l'energumeno più grosso
accettò scuotendo semplicemente il capo. Alle volte aveva
davvero ventidue anni per nulla.
Erano entrati in uno dei corridoi che conducevano al parterre, ma lo
stadio era enorme e la strada le sembrava davvero infinita, tanto che
si chiese se non avrebbe perso un polmone prima di arrivare sotto il
palco. Lexi sentì il rimbombare ritmico della batteria di
Josh giungerle attutito dai muri che la separavano dal vivo dell'azione
ed ormai era quasi convinta di aver il cuore in gola: quando si era
sentita così emozionata l'ultima volta?
“Mmm, tipo quando mi sono presa una pallottola sulla spalla
ed ho salvato la vita ad un paio di persone? Okay, forse non
è caso di pensarci ora...”.
Si erano fermati di fronte ad una porta anti-panico e Lexi sentiva la
musica penetrare in lei dalle suole degli stivali fino alle punte dei
capelli: voleva entrare lì dentro e vedere i suoi occhi e il
suo sorriso, perché voleva che lui sapesse, voleva che Nate
scoprisse quanto gli fosse riconoscente.
“E anche che io credo di....”.
-Sei pronta?
La voce decisamente più alta rispetto al normale di Alberto
la distrasse da quel pensiero che le stava provocando una certa
tachicardia, costringendola a ricollegarsi con la realtà.
-Sì.
Non era mai stata così pronta in vita sua, mai
così sicura di qualcosa.
E poi la porta davanti a lei si aprì.
Fu il delirio.
Decine di migliaia di voci, di volti, di mani si mescolavano in quello
stadio immenso, facendola sentire allo stesso tempo piccola e parte di
qualcosa di magnifico: si era dimenticata che cosa volesse dire andare
ad un loro concerto. Ed una scarica di adrenalina le corse lungo tutto
il corpo, facendola sentire viva, davvero. Sentiva le voci dei ragazzi
che si sormontavano e si mescolavano nella settima canzone del loro
concerto, ma Lexi non aveva il coraggio di alzare gli occhi verso il
palco. Sapeva, anzi, sentiva gli sguardi delle ragazze sedute sugli
spalti vicino al corridoio dove lei stava entrando, seguita da Alberto,
che si facevano più acuti: sicuramente sarebbe finita su
Twitter nell'arco di due minuti, ma non le importava. Vide Lou e tutto
lo staff dei ragazzi nelle vicinanze della regia, a lato del mainstage,
separati dal resto delle fan sul parterre e lesse la gioia negli occhi
di Pablo. Appena gli fu a portata di mano la soffocò in un
abbraccio da orso che per poco non la fece cadere a terra, per poi
urlarle nell'orecchio:
-Sapevo che saresti venuta! Lo sapevo!!
Già: perché tutti lo sapevano e lei no?
Perché tutti erano a conoscenza di quello che era successo
in quei cinque mesi e nessuno le aveva mai raccontato nulla? Era divisa
in due: da una parte l'irresistibile voglia di volgere la sua
attenzione verso il palco e perdersi in quelle iridi celesti che
l'avevano salvata; dall'altra la voglia di scoprire perché
fosse rimasta all'oscuro di tutto per così tanto tempo,
creandole un'infinità di problemi di cui avrebbe volentieri
fatto a meno. Ma come sempre, ci pensò Pablo a risolvere la
situazione.
-Dimmi che ti sei ricordata tutto...
Un'ondata di lacrime minacciava di bagnarle le guance nel giro di due
secondi perché quello era davvero troppo, per chiunque.
Pablo le si avvicinò e la prese per le spalle, guardandola
dritta negli occhi e le disse l'ultima cosa che le serviva sapere per
decidersi a rischiare il tutto per tutto.
-Lui voleva dirtelo... Tutti noi volevamo, ma i medici ci hanno detto
che era troppo pericoloso per il tuo equilibrio emotivo, ma erano
cazzate: dovevamo raccontarti tutto... Mi dispiace Lexi!
Sentiva il cellulare vibrare impazzito dentro la borsa, forse a causa
di tutte le notifiche di Twitter che le stavano arrivando o per le
chiamate di sua madre e di Mia, ma non le importava nulla
perché quello che Pablo le aveva appena urlato contro per
colpa della musica altissima era la cosa più importante che
potesse mai dirle.
“Voleva dirmelo... Lui voleva dirmelo...”.
Forse gli sorrise, forse gli disse anche grazie mentre si sganciava
dalla sua presa, Lexi non riusciva a capire bene che cosa stesse
facendo, perché l'unico punto che stava diventando il suo
centro gravitazionale era su quel palco e stava splendendo come un
diamante in mezzo ad una montagna di carbone.
Era dannatamente stupendo.
Da togliere il fiato.
La maglia bianca, senza maniche, lasciava scoperti i muscoli tesi delle
braccia, mentre suonava la sua Gibson rossa e avorio. I pantaloni neri,
stretti attorno alle gambe magre, sembravano fatti apposta per farlo
sembrare una dannata rockstar: i capelli con il ciuffo in aria,
leggermente arruffati perché chissà quante volte
vi aveva passato le mani in mezzo a causa del nervosismo; le gocce di
sudore che gli imperlavano leggermente la fronte per lo sforzo di
rendere quella serata assurdamente memorabile per chiunque fosse in
quello stadio; il sorriso sghembo che gli stava decorando le labbra
sottili e arrossate per le migliaia di volte in cui le aveva morsicate
poco prima di salire sul palco; e i suoi occhi... I suoi occhi erano
l'infinito. Ed erano tutto. Le promesse che le aveva fatto, la speranza
che le aveva donato, la gioia che le aveva assicurato sarebbe tornata
nella sua vita, l'amore per quello che faceva e per chi gli voleva
bene. L'azzurro brillante delle sue iridi era la vista più
spettacolare che Lexi avesse mai avuto occasione di guardare e si
sentì fortunata. Perché se davvero per una volta
la sua vita stava andando per il verso giusto e lei stava tentando di
viverla davvero, allora lui si sarebbe accorto di lei. “Lexi,
ma secondo te? In mezzo a sessanta mila persone si accorge proprio
di...”.
-Sei qui.
Quelle sessanta mila persone che Lexi era assolutamente convinta
l'avrebbero nascosta ai suoi occhi, ora erano tutte concentrate su di
lei e per poco non si sentì esplodere la faccia, ma non per
loro. Per Nate. Per quel pesce lesso che la stava fissando a bocca
aperta nel bel mezzo di un palco mastodontico, illuminato a giorno da
migliaia di fari. Ma era il pesce lesso più bello che avesse
mai visto.
Non riuscì a farci nulla perché due lacrime
dispettose ed assolutamente inopportune decisero di scendere comunque
lungo il suo viso, che era appena finito sui maxi schermi ai lati del
palco: se il suolo non l'avesse inghiottita in quel preciso istante,
soccombendo al peso dell'imbarazzo che stava provando, non sarebbe
accaduto mai più. Ma forse aveva parlato troppo presto.
Zach si avvicinò ad un Nate completamene impietrito e gli
batté una mano sulla spalla, sorridendogli come solo chi
sapeva di aver sempre avuto ragione su tutto poteva fare e con ogni
probabilità gli sussurrò all'orecchio anche un
“te l'avevo detto” che i microfoni intercettarono
lo stesso. Ma fortunatamente tutti erano troppo concentrati ad
ascoltare quello che Hugh stava dicendo, fosse anche solo per sbloccare
quella situazione surreale.
-Bene gente! Questa sera ci ha fatto il grandissimo onore di donarci la
sua presenza una delle ragazze più coraggiose che noi cinque
abbiamo mai avuto occasione di incontrare!! Dobbiamo tutto a lei,
letteralmente! Quindi fate un bel applauso di benvenuto alla sola ed
unica Lexi Golder!!
Ecco: quello era il momento adatto per essere ingurgitata dal prato
dello stadio e sperare di non tornare in superficie prima delle due
seguenti ere geologiche. Un intero stadio stava urlando il suo nome ed
applaudendo e Lexi credette davvero di star a sognare perché
tutto quell'affetto e quell'amore lei non se li meritava, non potevano
essere per lei... In fin dei conti aveva solo fatto quello che chiunque
altro al posto suo si sarebbe sentito in dovere di fare. Ma forse per
tutta quella gente non era così. Forse aveva davvero fatto
qualcosa di straordinario. Forse non era così normale come
credeva.
-Fatevi sentire, forza!!
Quello era Lucas che poi le mimò un
“grazie” con un sorriso grato che le fece stringere
il cuore, perché anche lui le voleva bene. Lucas non solo
sapeva chi fosse ma l'apprezzava come persona e la riteneva degna di
tutta quell'attenzione.
“Assurdo....”.
Lewis si avvicinò al punto dov'era e la salutò
toccandosi leggermente il cappello, come un gentleman d'altri tempi e
la fece sorridere, perché lui era così: genuino e
sé stesso fino all'ultima fibra del fluente ciuffo di
capelli castani che gli contornava il volto.
-Okay, okay... Un attimo di silenzio per favore.... Vorrei... Vorrei
dire due cose prima della prossima canzone.
La voce calda e stranamente impacciata di Nate si fece sentire sopra il
rumore assordante degli applausi e della grida e tutto lo stadio
sembrò sparire in un solo colpo. Erano solo lui e lei, uno
di fronte all'altra, le luci che illuminavano ogni sfumatura di
emozione che gli si imprimeva sul viso, le mani di entrambi che
torturavano qualcosa, lui il plettro portafortuna, lei il braccialetto
che loro le avevano regalato.
Era la resa dei conti.
Era uno di quei momenti in cui sembrava che tutta la loro vita non
fosse stata che un lungo, contorto percorso per giungere lì,
in quel preciso istante da vivere.
Era Il Momento.
-Questa canzone io... Beh, io l'ho scritta per te Lexi... Per te, che
sei una delle donne più forti che io abbia mai conosciuto...
Non che ne abbia incontrate così tante, però
insomma, voglio dire...
-Vai avanti Nate!
Quello era stato Lewis a parlare e per una volta Lexi gli fu grata per
la sua boccaccia incapace di stare zitta.
-Lexi, quando ho visto quella pallottola colpirti ed ho notato il
sorriso che avevi dipinto sul volto mi sono chiesto
perché... Ed ho continuato a chiedermelo per tutti quei
cinque dannatissimi mesi in cui eri bloccata su un letto d'ospedale ed
ora non mi interessa se i dottori mi hanno obbligato a non raccontarti
nulla, io non ce la faccio più... Perché so che
tu c'eri quando ti ho cantato per la prima volta questa canzone, quando
ti ho promesso che avrei scoperto il perché di quel sorriso
e che ti avrei aiutata a tornare a sorridere ancora, quando ti ho detto
che ti amavo.
Il cuore di Lexi si bloccò per un attimo e la consapevolezza
di quelle due parole sussurrate dalle sue labbra a poca distanza dalle
sue, mentre l'ormai familiare odore di disinfettante della stanza
d'ospedale veniva coperto dal suo profumo, si fece largo in lei ed
altre lacrime si aggiunsero a quelle che erano cadute poco prima,
accompagnate questa volta da un sorriso. Uno di quelli incondizionati,
che non si potevano fermare nemmeno se ci provava con tutte le forze,
perché dovevano sorgere ed illuminare anche uno stadio
acceso per un concerto.
-Io ti amo Lexi Golder, perché sei ciò che di
più speciale sia mai capitato nella mia vita e questa
canzone è per te. E' per noi. Questa è Through The Dark!
I suoi occhi furono tutto quello che Lexi vide davvero. Quegli occhi
l'avevano salvata. Quelle mani l'avevano guidata attraverso il buio di
un tunnel che non sembrava finire mai. Quelle labbra l'avevano tenuta
ancorata alla realtà per cui doveva combattere. Quella voce
era stata il suo conforto, la sua gioia, la sua vita ed ora stava
cantando solo per lei la promessa che le aveva fatto più di
sette mesi prima e che aveva mantenuto appieno. Nonostante tutto.
Nonostante tutti.
Oh I will carry you over
Fire and water for your
love
And I will hold you closer
Hope your heart is strong enough
When the night is coming down on you
We will find a way through the dark...
Lexi era viva. Si sentiva viva davvero.
Hi sweethearts!
Eccoci qui.
Penultimo capitolo. Non credevo sarei mai arrivata a questo punto. Non
pensavo che qualcuno avrebbe seguito questa storia che ha subito sempre
e solo rifiuti (in primis dalla sottoscritta, che non l'ha
più toccata per un anno intero dopo averla finita). Quindi
non posso che dirvi GRAZIE. Dal profondo del mio cuore. Grazie anche da
parte dei Nexi. Di quel Nate(Niall) che ha appena dichiarato al mondo
il suo amore per Lexi, incurante del fatto che così lei
sarebbe finita al centro di una vera e propria bufera mediatica, che
così chiunque avrebbe potuto dire la sua sulla loro storia.
Di quel Nate che ha finalmente capito come l'amore possa superare
tutto, anche i lati negativi della fama e le insicurezze croniche di
una ragazza. Ma soprattutto, grazie da parte di Lexi. Quella vecchia e
quella nuova. E specialmente quella che spera di avervi fatto vivere
l'emozione surreale ed indimenticabile di sentirsi dire che si
è amati da qualcuno di speciale.
Stranamente, questo
è stato uno dei capitoli che ho scritto con più
facilità, forse perché avevo chiara questa scena
sin dall'inizio della storia o forse semplicemente perché
volevo anche io che i Nexi riuscissero a rincontrarsi come si deve. E'
stata una liberazione per tutti. Una riconferma (per me che faccio
molta fatica) che continuare a credere nell'amore ha i suoi vantaggi.
Spero davvero di
sapere le vostre opinioni, i vostri pareri e le vostre critiche: ve lo
aspettavate così? Speravate in qualcos'altro? Fatemi sapere
**
Grazie ancora,
davvero e al prossimo (ed ultimo) capitolo.
A presto
Lots Of Love xx
|
Ritorna all'indice
Capitolo 40 *** 22nd April 2014 ***
22nd April 2014
Era una giornata stranamente calda per essere solo la fine
di Aprile,
ma a quanto pareva anche l'inclemente clima inglese aveva deciso di
concedere una tregua per il matrimonio dell'anno.
Lexi chiuse la finestra della sua camera e si diresse verso lo specchio
che era a pochi passi dal letto, stando ben attenta a non rompersi una
caviglia sul marasma di scarpe che aveva sparpagliato su tutto il
pavimento. Il vestito lungo in chiffon rosa cipria che Page aveva
scelto per le damigelle aveva un gentile scollo a cuore, a dar
movimento al corpetto ci pensavano vari strati di tessuto plissettato,
mentre la vita era alta e segnata da una fascia di raso nero che dava
all'abito un tocco personalizzato anche dello sposo, che altrimenti
sarebbe impazzito in mezzo a tutte quelle tonalità di
rosetta che si sapeva non essere proprio il suo colore. Ancora le
rimbombavano nelle orecchie i commenti di Mia quando aveva visto il
vestito, tra cui uno circa il fatto che se fosse toccato a lei far la
damigella per Page sarebbe impazzita, perché il rosa non si
intonava proprio per niente con il verde dei suoi capelli. Le
sfuggì una risata che non passò inosservata alla
ragazza in piedi sulla porta, fasciata in un meraviglioso vestito blu
elettrico che le arrivava giusto fino ai piedi e che aveva tutto
un'elaborato intreccio di pizzi dello stesso colore sulla parte delle
spalle e del decolté: Lexi si chiese come avesse fatto a
confezionarselo con una sola giornata di lavoro. Ma quella ragazza era
Mia Winston e per lei nulla era impossibile.
-Come fai ad essere così dannatamente bella?
Lexi si voltò nella sua direzione chiedendosi se fosse seria
ma quando vide l'espressione tutta concentrata con cui la stava
guardando capì che Mia non stava assolutamente scherzando.
-Grazie, ma lo sei anche tu... E per la cronaca, credo che David sia un
uomo dannatamente fortunato a sposarti.
Le faceva ancora strano pensare che nell'arco di un anno la sua
migliore amica sarebbe diventata anche sua cognata, ma le faceva ancora
più strano vedere Mia arrossire in quel modo quando nominava
il matrimonio o David, forse perché non l'aveva mai vista
davvero innamorata come era in quel momento.
-Va bene, cambiamo argomento. Tipo: perché non ti siedi che
ti sistemo i capelli??
-Ai suoi ordini, capo.
Lexi si sedette sul bordo del letto e lasciò che Mia si
mettesse all'opera.
-Mi fa piacere notare come il tuo sarcasmo sia tornato...
-Ehi, non ti lamentare: ti ho temprata alla vita con tutte le mie
battute sarcastiche, quindi dovresti solamente essermene grata.
Mia le tirò appositamente i capelli e Lexi le rispose con
una poco delicata gomitata sulle costole, dato che era all'altezza
giusta: le era mancato stuzzicarsi fino allo sfinimento con Mia. Ma a
quanto pareva non era la sola a cui era mancato qualcosa.
-Sai Lexi, finalmente ti vedo felice e questo non sai quanto questo mi
renda altrettanto felice. Insomma, non che prima non ti volessi bene ma
sembrava davvero che non fossi più tu... Mentre ora, beh sei
davvero qui con me ed io... Sono solo contenta che tu sia tornata.
Lexi sentì una lacrima che cercava di scappare ma la
bloccò immediatamente, perché se solo avesse
osato sbavare il make up che Mia le aveva appena fatto impiegando tutti
i suoi trucchi rispettosi dell'ambiente con ogni probabilità
l'avrebbe uccisa sul serio. Però si girò verso di
lei e si aggrappò alla sua vita, stringendola come forse mai
aveva fatto in vita sua perché le possibilità di
trovare un'amicizia come la loro erano meno di una su un milione, ma
loro ce l'avevano fatta e Lexi ne era immensamente orgogliosa.
-Grazie a te per non avermi abbandonato.
Lo pensava davvero e voleva dirglielo da così tanto tempo
che quando quelle parole uscirono dalla sua bocca le sembrò
quasi che un macigno si fosse spostato dal suo stomaco e si
sentì più leggera.
-Senti un po'... Ma al matrimonio dovrò cercare qualcuno con
cui farti ballare oppure ti arrangerai?
Lexi sapeva perfettamente che quello era tutto un espediente per
scoprire qualcosa sulla situazione tra lei e Nate, ma non aveva alcuna
intenzione di caderci, anche perché non aveva la
più pallida idea di che cosa rispondere: erano amici o erano
qualcosa di più? Si stavano conoscendo oppure erano
già assieme? La sua mente vagava nella nebbia più
assoluta e di una sola cosa era sicura: da quando si era presentata a
quel concerto nulla era più stato lo stesso.
-Allora?!
-Staremo a vedere...
E con quella risposta evasiva si alzò dal letto per vedere
che cosa avesse combinato Mia sulla sua testa: tutto sommato i capelli
raccolti in uno chignon morbido, con ciuffo e boccoli vari che
scendevano sulle sue spalle non era per niente male, quindi le sorrise
riconoscente: tanto sapeva che se l'era presa per non aver soddisfatto
la sua curiosità. -Senti un po' piccola bacarozza che non
sei altro, io ho il diritto di...
Il campanello risuonò per tutto l'appartamento e Lexi le
sorrise sorniona.
-Salvata ancora una volta dal provvidenziale campanello.
-Lo sai che sto cominciando a pensare che tu abbia un qualche pulsante
che lo faccia suonare ogni volta che io tento di scoprire qualcosa di
interessante??
-Tu sei pazza, lo sai vero?
Mia recuperò giacca e borsetta e lo stesso fece Lexi, mentre
scendevano le scale cercando di non uccidersi su quei tacchi
decisamente troppo alti.
-Non è vero, sei tu che sei un genio del male e faresti di
tutto per non dirmi quello che voglio sapere!
Uscirono in Lexington Street e i raggi di uno sfrontato sole di fine
Aprile accarezzarono loro la pelle lasciata scoperta dai vestiti da
cerimonia e Lexi si sentì bene, estremamente bene.
-Si può sapere che avete da discutere voi due?
-Ancora mi chiedo come facciamo ad essere fratelli io e te, sai?
-Perché queste domande apocalittiche di domenica mattina,
Lexi Lex?
-Perché io sono obbiettivamente troppo intelligente per
essere imparentata con te.
Lexi gli fece la linguaccia, mentre David le teneva aperta la porta
della sua Mini Cooper per farla salire, ma poi si voltò
verso di lui e gli posò un poco usale bacio sulla guancia,
sussurrandogli un “Stai benissimo così”
che, strano ma vero, lo fece arrossire. Da quando aveva ricordato tutto
non aveva potuto fermare il suo affetto per suo fratello dal crescere
esponenzialmente, come se non fosse già aumentato abbastanza
dal momento in cui si era risvegliata ed aveva scoperto che era insieme
a Mia. Quando si riscosse dai suoi pensieri, Lexi quasi si
pentì di quello che aveva pensato, perché la
vista di David e Mia che si baciavano per poco non le fece venir voglia
di dar vita ad un inspiegabile fenomeno di autocombustione che le
avrebbe evitato quella scena.
-Ehm... Scusate se vi disturbo, ma ci sarebbe anche altra gente qui...
Mia si staccò dalle labbra di suo fratello, pensiero che
fece rabbrividire nuovamente Lexi e si voltò con un sorriso
assassino stampato in faccia.
-Tu sei l'ultima che può parlare, dato che hai ricevuto una
dichiarazione d'amore davanti a sessanta mila persone e ti ostini
ancora a non volermi raccontare nulla!
“Va bene, questa me la sono cercata...”.
Era solo che Lexi non aveva la più pallida idea, per
l'ennesima volta, di come interpretare il fatto. Mentre la Mini di
David correva indisturbata per le strade poco fuori Londra,
inoltrandosi nella fortunatamente soleggiata campagna inglese, Lexi si
perse a ripensare a tutto quello che le era capitato da quella sera.
Dopo la fine del concerto era letteralmente stato il delirio. Solo
grazie a Pablo era riuscita a raggiungere il backstage, dove era stata
sommersa da abbracci di persone che non era sicura di aver mai visto in
vita sua e se anche fosse stato non avrebbe avuto il tempo materiale
per riconoscerle. Tra gli altri, era riuscita anche a vedere sia Sophia
che Ellie e Lucas, Hugh, Lewis e Zach, il quale le aveva ufficializzato
l'invito al suo matrimonio, anche se, parole sue, “Ti avevo
già invitato quando tu facevi la Bella
Addormentata”. A quanto pareva, la voce che la sua memoria
fosse tornata si era sparsa piuttosto velocemente e Lexi non sapeva che
fare se non sorridere ed annuire, in balia di tutta quella gente
euforica ed agitata. Non capiva bene per cosa, se lo fossero per lei o
per il primo concerto del tour andato perfettamente, ma non le
importava granché perché una mano che le
risultò immediatamente familiare si strinse con fermezza
attorno al suo polso e la condusse lungo un corridoio infinito e poi
dentro un bagno. Con tutti i posti dove aveva sperato di parlargli, il
bagno non era decisamente in cima alla lista, ma in quel momento anche
Azkaban sarebbe andata bene. La sensazione della sua mano bollente che
si stava lentamente intrecciando con la sua le stava dando alla testa e
non era più molto sicura di riuscire a reggersi in piedi.
Nate era davanti a lei, completamente sudato, la maglia senza maniche
bianca che si era attaccata in maniera poco opportuna ai suoi
addominali appena accennati e i capelli erano così
scompigliati che Lexi dovette stringere la mano libera a pugno per
frenare la voglia di sistemarglieli. La tirò un poco
più vicina a sé e Lexi si sentì
avvolgere dal suo profumo e non si ricordò bene se avesse
mai inspirato altro oltre a quello in tutta la sua vita. Erano a pochi
centimetri l'uno dall'altra e lei non riuscì a trattenersi
dall'appoggiare una mano sul suo petto ampio che si alzava sempre
più irregolarmente più lei si avvicinava. L'idea
di essere lei a causargli quella reazione l'aveva lasciata senza fiato
e si era dovuta letteralmente appoggiare a lui per poter continuare a
stare in piedi. Non riusciva a staccare gli occhi da quelli di Nate,
come se il sol pensiero potesse farla ricadere dentro quel tunnel senza
fine da cui lui stesso l'aveva trascinata fuori. Contenevano tutte le
tonalità del blu e dell'azzurro e Lexi era quasi certa che
stessero diventando irreparabilmente più scure mano a mano
che la sua attenzione si focalizzava sempre di più sulla
bocca di Lexi, ormai ad un soffio dalla sua. La sua testa, per la prima
volta da quando Lexi aveva memoria, si spense completamente e tutto
quello che riuscì a percepire furono i battiti accelerati e
sincronizzati dei loro cuori. Una di quelle scene da film, una
situazione degna dei migliori romanzi rosa e lei l'aveva vissuta
davvero. Niente rimorsi, niente paure, niente dubbi: solo una voglia
matta di baciare quelle labbra irresistibili. E lo fece.
-Perché stai sorridendo, tu là dietro?
La voce di Mia la riportò al presente e Lexi scosse la testa
per accantonare, giusto il tempo necessario di rispondere, quelle
sensazioni che le facevano ancora attorcigliare lo stomaco.
-Niente, niente... Sono solo contenta.
Ed era vero: era contenta. Di averlo baciato per prima, di aver sentito
prima lo stupore e poi il sollievo sulle labbra di Nate e di aver
bagnato quel bacio con delle lacrime di gratitudine per cui sapeva non
si sarebbe mai vergognata. Perché se c'era una cosa che
aveva imparato in quel mese trascorso con Nate era che non aveva senso
preoccuparsi della vergogna, del sentirsi inadatti, del timore di
perdere tutto: la vita andava vissuta al momento, così come
veniva, altrimenti non ci sarebbe stato più nulla da
raccontare. E come avrebbero fatto una storica e un cantautore senza
nulla da narrare? Quando Nate gliel'aveva detto, erano entrambi seduti
sul divano di casa sua, Lexi con le gambe accoccolate al suo petto, la
testa appoggiata sulla sua spalla e le labbra di Nate a darle baci
distratti tra i capelli: non erano stati tanti i momenti in cui si
erano ritrovati così vicini, ma quei pochi erano tutti
impressi nella memoria di Lexi come fossili nella pietra. Stavano
parlando di qualcosa di stupido o che forse avrebbe rivoluzionato il
mondo, le loro conversazioni danzavano sempre sul filo,
perché in fin dei conti le migliori idee nascevano quasi
sempre da battute fatte per caso, questa era un'altra verità
di cui Nate era fermamente convinto e che, alla fine, era riuscita a
contagiare anche lei e Lexi non poteva far altro che ridere. Era
proprio mentre rideva, asciugandosi addirittura una lacrima, che Nate
le aveva suggerito di vivere la vita come veniva, di non lasciare che
niente più la bloccasse, perché loro due avevano
il compito di raccontare storie, ma per essere credibili dovevano per
lo meno averne vissute alcune. Lexi aveva smesso di ridere e l'aveva
guardato davvero, come se fino a quel momento si fosse semplicemente
limitata a vederlo e basta e si accorse di amarlo sul serio. Ma non
perché fosse bello da togliere il fiato, perché
le era rimasto accanto durante i mesi di coma o perché le
stava facendo vivere una vera e propria favola... Lo amava
perché sentiva che erano destinati a stare assieme. Anche se
Lexi non si fosse mai lanciata su quella pallottola, se lui non fosse
stata l'ultima persona ad incrociare il suo sguardo, se lei avesse
continuato a credere di essere innamorata di Lucas, nulla di tutto
questo, alla fine, l'avrebbe tenuta lontano da Nate. Si sarebbero
trovati, in un modo o nell'altro, forse in quel preciso momento o quasi
al termine del loro percorso su questa terra, non avrebbe avuto
importanza perché si sarebbero incontrati. E si sarebbero
appartenuti, esattamente come Lexi sentiva di appartenere a lui in
quell'istante perfetto in cui c'erano solo loro al mondo. Non era
riuscita a dirglielo, ma non aveva importanza: sapeva che Nate sentiva
le stesse identiche cose e questo le bastava.
Il rumore dello sportello del passeggero che si chiudeva con irruenza
la fece sobbalzare ed uscire da quel torpore in cui pensare a Nate la
portava ogni volta. Si sentiva come un'adolescente alla sua prima cotta
e non poteva che esserne felice.
Scese dalla macchina di David, salutò la coppietta felice e
si diresse direttamente nella piccola depandance in fondo al giardino
della maestosa villa dove Zach e Paige avevano deciso di sposarsi. In
lontananza poteva scorgere l'enorme gazebo in legno bianco ricoperto di
fiori sotto cui si sarebbe svolta la cerimonia, assieme a un centinaio
di invitati che stava già prendendo posto nelle eleganti
sedute disposte ordinatamente: Page sarebbe stata divina camminandovi
in mezzo, sul lunghissimo tappeto bianco tappezzato di petali di rosa
che la stava aspettando. Come previsto, dentro alla depandance regnava
il caos: Ellie e Sophia, anche loro fasciate in abiti rosa antico dalle
fatture differenti, stavano correndo da una parte all'altra del piccolo
salottino in stile Luigi XIV, mentre una nube di ragazze e donne in
coloratissimi abiti tradizionali indiani giravano attorno alla sposa
senza lasciarle lo spazio per respirare. Lexi ancora si ricordava due
settimana prima, alla cena di prova, quando Page si era premurata di
presentarle una per una tutte le sorelle, le zie e le cugine di Zach,
rischiando di ubriacarla a suon di nomi ed aneddoti: lei aveva sorriso,
annuito, stretto tante – troppe- mani e poi si era rifugiata
da Ellie e Sophia che le avevano fatto i complimenti per essere
sopravvissuta.
-Oddio sei arrivata! Dimmi che dentro la pochette hai qualcosa di
più forte di succo all'arancia, ti prego!
Caitlin, la sorella appena maggiorenne di Page, era fasciata in un
abito nero e rosa che Lexi era sicura di aver visto all'ultima sfilata
di Elie Saab e aveva una faccia sconvolta. Essere la testimone non
doveva risultarle come una passeggiata di salute.
-Mi dispiace Cait, ma in borsa ho solo fazzoletti e cellulare. Si
può sapere che sta succedendo?
-La rimbambita di mia madre si è dimenticata della stupida
tradizione che la sposa deve indossare qualcosa di nuovo, qualcosa di
vecchio e qualcosa di blu... E indovina che cosa non abbiamo noi?!
Qualcosa di blu! Ellie e Sophia lo stanno cercando dappertutto, ma le
millemila donne di casa Makil stanno solo facendo agitare Page
più del dovuto. Lexi si guardò attorno, anche lei
in cerca di qualcosa di blu e poi: ecco la soluzione al problema
esattamente sotto i suoi occhi. Si tolse il braccialetto che i ragazzi
le avevano regalato e sganciò il ciondolo a forma di
rossetto che avrebbe dovuto rappresentare proprio Page: era laccato in
smalto blu, cosa c'era di meglio?
-Signore, scusate? Signore, per favore...
Tutte continuavano ad urlarsi contro in un turbine senza senso di
parole.
“Fai un bel respiro...”.
-Silenzio!!
Tutte si voltarono verso di lei ed Ellie e Sophia le fecero timidi
cenni di saluto. Ma quello che catturò la sua attenzione fu
la sposa al centro della stanza che ora era possibile ammirare in tutto
il suo splendore. Page indossava un abito a sirena tutto interamente di
pizzo, con uno strascico infinito e lo scollo a barchetta. Sembrava una
dea con i lunghi capelli biondi sistemati su una spalla in morbidi
boccoli e una corona di mughetti a impreziosirle l'acconciatura. Le
venne in mente una frase di Hugh che durante un'intervista aveva
risposto che per lui la cosa più sexy che una donna potesse
mai indossare era il suo sorriso e quello di Page avrebbe illuminato
l'intero universo.
-Grazie signore... Per prima cosa: Page sei assolutamente magnifica.
Secondo: credo di aver la soluzione al vostro problema.
Fece penzolare il ciondolo di fronte ai loro occhi increduli e le loro
espressioni di sollievo le causarono un automatico innalzamento degli
angoli delle labbra in un sorriso a dir poco imbarazzante. Page le si
fece vicina e le prese le mani tra le sue.
-Ma è il tuo ciondolo, Lexi...
-Me l'avete regalato per simboleggiare la vostra amicizia nei miei
confronti e gli amici fanno questo: si aiutano. Quindi prendilo e poi
me lo restituirai quando sarai ufficialmente la Signora Makil.
Page non le diede nemmeno il tempo di finire la frase che le
saltò letteralmente addosso, incurante del vestito da
migliaia di sterline che stava indossando o del fatto che
così sarebbero potute finire entrambe per rotolare a terra.
Lexi la strinse a sé e pensò che nulla di tutto
quello sarebbe appartenuto alla vecchia Lexi ma che le avrebbe fatto
decisamente bene.
Dopo quaranta minuti, di cui venti spesi per far andare ai propri posti
tutte le donne di casa Makil, il corteo nuziale formato dalla sposa,
le sue testimoni Christiane e Caitlin, Sophia, Ellie e Lexi,
in qualità di damigelle, riuscì finalmente ad
incamminarsi verso il gazebo dove tutti gli invitati ed un
emozionatissimo e strabiliantemente affascinante Zach le stavano
aspettando. Mentre percorreva quella piccola navata naturale, segnata
solo dal tappeto bianco cosparso di petali e da archi di fiori che lo
sovrastavano creando una romantica galleria di edere e gigli, Lexi si
rese conto di essere inspiegabilmente emozionata. Forse era per
l'atmosfera di trepidante gioia e di fervente impazienza che si
respirava in quel momento, guardando i sorrisi e le piccole lacrime che
solcavano i volti degli invitati, ma la verità Lexi la
capì quando arrivò davanti all'altare e i
testimoni dello sposo comparvero davanti di lei.
Non vedeva Nate da cinque giorni e le era sembrato di impazzire
davvero.
Ogni cellula del suo corpo sembrò risvegliarsi da un torpore
in cui Lexi non si era nemmeno accorta di essere caduta e
sentì un calore poco familiare salirle alle guance: che
stesse arrossendo? Nate era in piedi di fronte a lei, dall'altra parte
della coppia di sposi, le mani allacciate davanti che si strofinavano
l'una sull'altra come era sua abitudine fare quando era estremamente
nervoso, fasciato in un completo grigio scuro, i pantaloni che cadevano
perfettamente sulle sue gambe magre, la camicia bianca che risaltava
sul gilet stretto, la cravatta a righe bianche e rosa che mostrava il
segno onnipresente di Page. I capelli in cui Lexi adorava passare le
dita in mezzo, erano leggermente troppo lunghi per essere tirati su,
tanto da rendere la forma del suo viso vagamente più
affilata e quasi più adulta, anche se era comunque
ammorbidita da un'espressione che lei non gli aveva mai visto
colorargli il volto. Sembrava ammaliato. Quello era l'unico aggettivo
che le veniva in mente ma non riusciva a capire da che cosa o, meglio,
da chi.
Poi se ne accorse.
Era lei.
Nate era semplicemente incantato a contemplarla. E Lexi si
sentì bella come mai prima di allora, felice fuori dal
normale e dall'umanamente consentito, leggera come una foglia d'autunno
libera di seguire le correnti, improvvisamente privata di tutte le sue
paure, di quelle insicurezze e incertezze che l'avevano sempre ancorata
a terra. Si sentì amata sotto quello sguardo fatto di
tonalità fredde e pure come i ghiacci dell'Artide.
Così sorrise e Nate fece altrettanto, stipulando un accordo
che era solo loro e che non necessitava di null'altro se non del loro
reciproco impegno ad amarsi con tutti loro stessi.
La cerimonia durò circa un'ora e nessuna delle damigelle si
trattenne dal piangere al momento delle promesse, dato che Zach aveva
avuto la brillante idea di scrivere praticamente una specie di canzone
che aveva tramortito tutte per l'amore di cui era impregnata. Mentre i
due neo sposini si incamminavano lungo la navata, Hugh si
incamminò a braccetto con una sognante Caitlin dietro di
loro, seguiti a ruota da Lucas e Sophia. Nate fece alcuni passi avanti
e le offrì il suo braccio, che Lexi prese con un piccolo
inchino facendolo ridacchiare, mentre Lewis e Ellie si posizionavano
dietro di loro. Erano ormai a metà navata, quando Nate si
avvicinò al suo orecchio e, soffiandole piano sul collo, le
disse:
-Sei meravigliosa...
Per la seconda volta in quella giornata Lexi si sentì andare
letteralmente a fuoco, ma non solo la faccia, tanto che dovette
stringere la presa attorno al suo braccio per non cadere rovinosamente
a terra. Lo guardò e gli sorrise grata per qualcosa che non
aveva la più pallida idea di come esprimere. Ma come sempre,
come quando lei era distesa su un letto di ospedale incapace di
prendere controllo del proprio corpo, Nate capì lo stesso e
lei gliene fu immensamente grata.
Si erano trasferiti per il rinfresco in un mastodontico tendone che era
stato allestito nel giardino antistante la villa, occupato su tre lati
da una quarantina di tavoli rotondi preparati per ospitare dieci
persone, lasciando così al centro della sala un'ampia pista
da ballo messa in risalto dal pavimento a scacci rosa e neri, che erano
una delle punte d'orgoglio di Page per quanto riguardava la
presentazione generale del matrimonio. O almeno così le
aveva spiegato Hugh mentre prendevano posto al loro tavolo, giusto a
lato dell'enorme scacchiera. A quanto pareva, sia Zach che Page si
erano trovati concordi sul posizionare tutti i loro amici alla stessa
tavolata, tanto che nell'arco di pochi secondi si creò un
vero e proprio finimondo per decidere chi si sarebbe seduto vicino a
chi. Fortunatamente, anche in quel caso, Page era stata più
previdente e conoscendo gli amici del suo neo marito, aveva
già assegnato ad ognuno un posto, così Lexi si
trovò seduta in mezzo tra Nate e Mia, la quale aveva
affianco David, che a sua volta aveva Caitlin, poi Hugh, Lewis, Ellie,
Sophia ed infine Lucas. Non voleva nemmeno immaginare quanto tempo
c'avesse impiegato per pensare una disposizione del genere, ma se Lewis
non si era ancora lamentato allora ne era valsa la pena.
-Secondo voi Page avrà istruito i camerieri
perché ci portino un numero massimo di bottiglie di
champagne?
-Lewis che diavolo stai dicendo?
-Ellie conosci abbastanza Page per sapere che sarebbe capace di farlo:
sputa il rospo!
-Io e Sophia non vi diremo nulla.
-Soph... Amore mio, luce dei miei occhi, splendore dei miei giorni...
-Lucas non ci provare nemmeno: anche se lo sapessi, non te lo direi.
-Non capisco perché vi importi così tanto del
bere...
-Forse perché non tutti si divertono solo contemplando le
decorazioni floreali della sala, Hugh!
-Mi dispiace dirlo, ma concordo con Lewis...
-Grazie Mia: sapevo che io e te ci saremmo capiti al volo!
-In caso avesse messo il veto, vado a prendervele io all'open bar: non
mi conosce ancora abbastanza per aver allargato il divieto anche a me.
-David, ho appena capito perché Mia abbia scelto te al posto
di Hugh...
-Ahia! Questo era un colpo basso... Ma detto da te Tompson, non ci
poteva aspettare altro: l'altezza non è mai stata il tuo
forte...
La prima risata che arrivò alle sue orecchie fu quella di
Nate, che la stava guardando come se gli avesse appena rivelato
l'esistenza di un universo parallelo nel suo guardaroba, invece che
aver detto una battuta assolutamente banale. Ma a quella seguirono le
risate di tutti gli altri ed un tovagliolo rosa che le
schivò la testa solo di qualche millimetro lanciato senza
ombra di dubbio da un Lewis ferito nell'orgoglio, che poi
però si unì all'ilarità generale. E
Lexi si prese un secondo per guardare ciò che la stava
circondando, o meglio, per osservarlo e imprimerselo nella testa in
maniera indelebile. Mai si sarebbe immaginata di poter meritare tutto
quello: degli amici che ridevano alle sue battute, che la volevano
nella loro vita come se la sua presenza fosse stata essenziale; un
fratello con cui aveva recuperato un rapporto che forse non c'era mai
stato davvero ma che ora sembrava essere diventato un pilastro portante
a cui potersi sorreggere in caso di necessità; una migliore
amica che aveva riscoperto ed apprezzato veramente solo dopo quel
fatidico giorno e che aveva dimostrato una costanza nei suoi confronti
che Lexi ora sapeva essere più unica che rara. E poi c'era
lui. Il ragazzo che le aveva restituito la vita sotto così
tanti punti di vista che Lexi per un attimo si sentì
sopraffatta ed una lacrima calda le scappò prima che potesse
fermarla.
-Ehi, babe... Va tutto bene?
La mano che prontamente era andata sulla sua schiena, carezzandola
delicatamente, le ricordò che lui era lì per lei,
c'era stato e ci sarebbe stato anche in futuro, perché
gliel'aveva promesso e Lexi aveva deciso di fidarsi completamene di
quelle sue parole.
-Sì, sì... Io... Stavo solo pensando a quanto
fortunata sono per avervi nella mia vita.
Nate si fece più vicino, tanto che i loro nasi quasi si
sfiorarono e in un sussurro udibile solo a lei, le disse:
-Sei così speciale...
E le lasciò un bacio dolce sulle labbra, come quello che con
ogni probabilità avevano ricevuto le principesse delle
favole che leggeva da piccola ed in quel momento non le
importò nemmeno se la sua testa sembrasse abitata da
coniglietti rosa ed unicorni arcobaleno, perché era felice e
questo giustificava tutto.
Avevano mangiato per quella che le era sembrata un'eternità,
scoprendo che davvero Page aveva messo un tetto massimo alle bottiglie
di vino da far arrivare al loro tavolo, ma c'aveva pensato Zach a
risolvere la situazione, permettendo a Lewis di raggiungere la tanto
sperata allegria alcolica che lo trasformò in un vero e
proprio fenomeno da baraccone: Lexi aveva riso così tanto
che le guance ora le dolevano. Ormai all'orizzonte, tra gli alberi di
melo che circondavano il lato ad ovest della villa, il sole stava
tramontando ed una leggera brezza si era alzata, tanto che Lexi si mise
addosso la giacca che Nate aveva lasciato sulla sedia vuota accanto a
lei. Era sparito da più di un'ora e Lexi stava cominciando a
chiedersi che fine avesse fatto, ma la sua attenzione fu catturata
dallo svolazzare di abiti e sorrisi che si avvicendavano sulla pista da
ballo, ormai gremita. Era rimasta seduta da sola al tavolo,
perché tutte le coppie si erano lanciate in pista, dopo che
gli sposi avevano fatto il loro primo ballo e Lexi aveva sfruttato la
scusa di sistemarsi il vestito per asciugarsi una lacrima di
commozione. Non poteva farci nulla: era romantica per natura e non
sarebbe mai cambiata, era più forte di lei. Per di
più era quasi sicura che l'ematoma che aveva albergato nel
suo cervello per cinque mesi avesse seriamente compromesso i suoi
condotti lacrimali: l'avrebbe chiesto a Sarah appena si fossero
sentite.
Sorrise, sorseggiando un bicchiere di champagne che Lucas le aveva
gentilmente versato poco prima mentre Sophia era andata a ballare con
una delle cuginette più piccole di Page e si
guardò attorno. Rischiò quasi di soffocarsi per
colpa delle risate quando vide come Caitilin non riuscisse a tenersi il
suo cavaliere per più di un ballo, dato che una fila quasi
infinita di signore più o meno anziane richiedevano
l'attenzione di Hugh, fosse anche per una sola canzone. Si era quasi
decisa a raggiungerlo per alleviare la sua insofferenza, quando la
musica si bloccò e il microfono della band emanò
un fischio da far accapponare la pelle.
-Ehm... Scusate.
Le ci volle meno di un secondo per riconoscere quella voce ma quasi
cinque per riprendere a respirare.
“Che diavolo sta facendo?! I discorsi del testimone e degli
amici dello sposo li hanno già fatti... Perché
diamine ha quel microfono in mano? Non è nemmeno
ubriaco!”.
La folla si bloccò sul posto e l'attenzione dell'intero
padiglione si rivolse verso il palco, mentre i camerieri accendevano
centinaia di candele sbucate da chissà dove. Il cuore di
Lexi perse qualche battito anche se non le era ancora ben chiaro che
cosa stesse accadendo, ma lo sentiva, lo percepiva nell'aria e nel
formicolio che le scorreva lungo la schiena che qualcosa stava per
succedere e non vedeva l'ora di scoprire che cosa fosse.
-Buonasera, buonasera a tutti... So che starete pensando che sono
ubriaco ma vi assicuro che non è così, ma anzi
volevo ringraziare Zach e Page per avermi dato il permesso di fare
quello che sto per fare: siete straordinari e vi voglio bene!
I due sposi, abbracciati al centro della pista, si strinsero ancora di
più l'uno all'altra ed alzarono i loro calici in direzione
di un Nate sempre più impacciato, che rispose con un piccolo
inchino, facendo sorridere Lexi. Forse aveva bevuto più di
quanto credeva.
-Non vi ruberò molto tempo, perché so che volete
tutti tornare a divertirvi ma ho bisogno di fare una cosa e beh,
insomma, credo che... Sì, ecco...
-Nate fallo e basta!!
La voce decisamente troppo alta di Lewis si levò dal mezzo
della folla e risatine si diffusero nell'aria, mischiandosi con una
leggera fragranza di agrumi emanata dalle candele. -Sì, per
una volta hai ragione Lewis... Vorrei chiamare al centro della pista la
signorina Lexi Golder. Forza Lexi, vieni...
Con un gesto della mano indicò il centro della scacchiera
che improvvisamente si era svuotato di tutti i ballerini che l'avevano
riempita fino a pochi attimi prima ed altrettanto improvvisamente
più di quattrocento paia di occhi si rivolsero nella sua
direzione facendole desiderare che una botola si aprisse di colpo sotto
la sua sedia, per inghiottirla in men che non si dica. Vide il sorriso
incoraggiante e decisamente divertito di Mia e si rese conto che la sua
migliore amica sapesse perfettamente che cosa stesse succedendo ed
allora, tutti quei messaggi mandati senza farsi vedere, le domande
strane circa il suo sentirsi in imbarazzo davanti alla gente, assunsero
finalmente un senso. Si costrinse ad alzarsi, mentre la giacca
scivolava lenta dalle sue spalle e sperò davvero di riuscire
a raggiungere il centro della pista da ballo senza inciampare sul
vestito o, peggio ancora, sui suoi stessi piedi. Vedeva gli sguardi
della gente seguirla ed andare da lei a quel pazzo dannatamente bello
che se ne stava in maniche di camicia arrotolate, la cravatta ed il
gilet abbandonati chissà dove, i capelli vagamente sconvolti
dalle mani che chissà quante volte li avevano toccati e
tirati, nella vana speranza di calmarsi. Se ne stava lì,
sotto la luce di due piccoli riflettori e delle candele a bordo palco,
uno sgabello dietro di lui e il microfono vicino alle labbra piegate in
un sorriso. Era una delle scene più belle che Lexi avesse
mai visto, come se si fosse trovata davvero dentro una di quelle favole
che leggeva quando era piccola o ad un gran ballo dello Zar di Russia,
al tempo della famiglia Romanov: semplicemente magico.
-Forse saprete tutti chi è Lexi Golder, l'avrete magari
letto sui giornali o sentito alla radio o retwettatto su Twitter... Ma
vorrei mi concedeste l'onore di dirvi chi è Lexi per me.
La sua voce suonava calda ed intima, come se stesse parlando solo a lei
e non ad altri quattrocento sconosciuti. Le sorrise e Lexi si morse il
labbro perché la voglia di baciarlo l'aveva travolta senza
che se ne fosse resa nemmeno conto e, forse, non le sarebbe importato
nemmeno di essere in pubblico se solo lui fosse stato un poco
più vicino.
-Vi direi una bugia se vi raccontassi che Lexi era per me una
sconosciuta, solo una delle centinaia di facce che aspettavano fuori
dal cinema, in quel 20 Agosto... Perché io l'avevo notata.
Forse non mi crederete, non l'ho mai rivelato nemmeno a lei, ma mentre
stavo aspettando di varcare quelle porte di vetro l'avevo vista ridere
ed è per questo che la stavo guardando quando c'è
stato lo sparo... Ed ho visto il suo sguardo quando è stata
colpita e...
La sua voce si incrinò, come se potesse sentire su
sé stesso il dolore di quella pallottola che penetrava nella
sua pelle e Lexi fece un passo avanti, perché vederlo
così le stava lacerando il cuore e facendo più
male di qualsiasi proiettile.
-E non dimenticherò mai il suo sorriso... Lo stesso che ho
sperato di rivedere per cinque lunghissimi mesi, mentre facevo di tutto
per riportarla da me... Perché la verità
è che ero diventato dipendente dal suo sorriso e lo volevo
rivedere ancora ed ancora, farlo mio ed esserne l'unica causa...
Stupido, vero?
Si grattò la testa, come se si stesse imbarazzando per le
sue stesse parole e fu allora che Lexi le sentì salire agli
occhi. Calde ed inaspettate cominciarono a scendere silenziose lungo le
sue guance e non cercò nemmeno di fermarle,
perché nel frattempo stava sorridendo come Nate aveva
sperato di vederla fare per mesi.
-Eppure, non so come, ci sono riuscito... E' tornata da me. Forse
perché è una delle donne più
coraggiose e caparbie che io abbia mai conosciuto, ma è
tornata da chi la stava aspettando, solo che all'inizio non poteva
essere mia... Non si ricordava di me. Che strano gioco del destino,
vero? Eppure sapevo che non potevo darmi per vinto... Le avevo fatto
una promessa e mai come quella volta volevo mantenerla. Ho sbagliato...
Diamine se ho sbagliato! Ma per questo ti chiedo scusa Lexi, dico
davvero: ogni lacrima che hai versato per colpa mia prometto che d'ora
in poi la ripagherò con ore di felicità.
Perché è questo che voglio d'ora in avanti:
essere la causa di ogni tuo sorriso, le braccia che ti sosterranno se
mai ne avrai bisogno, il tuo promemoria che la vita vale la pena di
essere vissuta, anche se alle volte fa schifo... Perché tu
sei fantastica, speciale... Tu sei semplicemente Lexi. Ed è
per te che ho scritto questa canzone. Spero non vi dispiaccia se ve la
faccio sentire... Beh, questa è per te piccola.
Tra le lacrime, Lexi lo vede sistemare il microfono sull'asta che era
apparsa chissà da dove assieme alla sua fidata chitarra,
sedersi sullo sgabello che aveva notato poco prima e schiarirsi la
voce. Qualcuno fischiò in segno d'incoraggiamento, ma per il
resto la sala rimase in un assoluto silenzio ammirato.
E poi cominciò a muovere le sue mani segnate da anni di
pratica su quelle corde che potevano essere benissimo quelle del suo
cuore e a parlare di lei, della sua storia e di quello che lui vedeva
nel loro futuro.
She finds it hard to trust
someone,
She's heard the words
cause they've all been sung.
She's the girl in the
corner,
She's the girl nobody
loved.
But I can't, I can't,
can't stop thinking about you everyday,
And you can't, you
can't, you can't listen to what people say.
They don't know you
baby,
Don't know that you're
amazing,
But I'm here to stay.
When you lose your way
and the fight is gone,
Your heart starts to
break
And you need someone
around now.
Just close your eyes
while I put my arms above you,
And make you
unbreakable.
She stands in the rain,
just to hide it all.
If you ever turn around,
I won't let you fall down now.
I swear I'll find your
smile,
And put my arms above
you,
And make you
unbreakable.
I'll make you
unbreakable.
Cause she's the girl
that I never had,
She's the heart that I
wanted bad.
The song I heard on the
radio
That made me stop and
think of her.
And I can't, I can't, I
can't concentrate anymore.
And I need, I need,
Need to show her what
her heart is for,
It's been mistreated
badly,
Now her world has
started falling apart,
Falling apart.
When you lose your way
and the fight is gone,
Your heart starts to
break
And you need someone
around now.
Just close your eyes
while I put my arms above you,
And make you
unbreakable.
She stands in the rain,
just to hide it all.
If you ever turn around,
I won't let you fall down now.
I swear I'll find your
smile,
And put my arms above
you,
And make you
unbreakable.
You need to know that
somebody's there all the time,
I'd wait in line, and I
hope it yours.
I can't walk away 'til
your heart knows,
That it's beautiful.
Oh, I hope it knows,
It's beautiful.
When you lose your way
and the fight is gone,
Your heart starts to
break
And you need someone
around now.
Just close your eyes
while I put my arms above you
And make you
unbreakable.
She stands in the rain,
just to hide it all.
If you ever turn around,
I won't let you fall down now.
I swear I'll find your
smile,
And put my arms above
you,
And make you
unbreakable.
Cause I love, I love, I
love, I love you darling.
Yes I love, I love, I
love, I love you darling.
And I'll put my arms
around you,
And make you unbreakable.
Sì, lo amava e non c'erano dubbi sul fatto.
E non aveva più importanza il fatto che fossero in un
padiglione pieno di sconosciuti, al matrimonio più
paparazzato dell'anno, che tutti ne avrebbero parlato chissà
per quanto tempo.
Nulla aveva importanza se non la voglia irrefrenabile di raggiungerlo e
dirgli ciò che provava in quel momento.
Lexi si mise a correre su quel pavimento a scacchi rosa e neri, i
tacchi a schioccare in mezzo agli applausi che erano scoppiati un
istante dopo che la canzone era terminata e non si fermò
fino a quando non fu davanti a Nate, che era sceso per raggiungerla.
Si perse per un secondo nella purezza paralizzante delle sue iridi
chiare e si chiese se fosse davvero pronta per fidarsi a tal punto di
qualcuno da affidargli tutta la sua nuova e rivalutata vita... Ma
d'altra parte, anche se non ne fosse stata completamente sicura, ormai
era già successo, nell'istante esatto in cui Nate era
entrato dentro quella stanza d'ospedale ed aveva fatto partire la sua
canzone preferita, sfiorandole delicatamente la mano.
Lui c'era stato, c'era e ci sarebbe stato.
Si lanciò su di lui e giusto ad un soffio dalle sue labbra
glielo disse:
-Ti amo, Nate.
Lo baciò come se fosse stata l'alba di un nuovo mondo o come
se fosse stato l'ultimo giorno della terra così come
l'avevano conosciuta, ma in fondo non aveva grande importanza.
Perché Lexi era pazzamente innamorata, dannatamente felice,
ma soprattutto si sentiva viva.
The End... Or
just the Beginning...
Hi
sweethearts!!!!
Eccoci dunque alla
fine. O forse, solo all'inizio.
Quando ho scritto
questo ultimo capitolo del racconto di Lexi ho percepito l'ormai
familiare senso di vuoto che mi assale ogni qualvolta concluda una
storia, ma in questo caso è stato affiancato dalla strana
sensazione che, in realtà, la storia non sia mai finita
davvero. I Nexi continuano ancora ad albergare nel mio cuoricino,
nonostante siano passati più di tre anni e di cose ne siano
cambiate parecchie.
Per prima cosa
direi che sia doveroso un COSMICO GRAZIE a chiunque abbia letto,
commentato o anche solo scorso velocemente questa storia (e
sì, parlo soprattutto di te @_namelessmarti che hai avuto la
pazienza, la passione e il coraggio di condividere con me non solo le
tue opinioni, ma anche pezzi della tua personale storia: sei una
ragazza davvero speciale **).
In secondo luogo,
vorrei ringraziare quei cinque disgraziati (sì, pure Zayn
nonostante i miei rapporti difficili con gli abbandoni), per avermi
sostanzialmente dato un biglietto sempre valido per fuggire dalla
realtà.
In terzo luogo vi
informo che i Nexi vi salutano dal loro nido d'amore e che sperano di
sentire presto i vostri pareri sul loro viaggio assieme.
Infine, volevo solo
ricordarvi che la sottoscritta scrive un po' di tutto (qualche Larry,
tanti racconti ed ultimamente più di qualche storia su Joe
Sugg per motivazioni x ^^) e che dunque sarebbe felicissima di
ritrovarvi anche lì, perché so già che
mi mancherete un sacco -.-
Detto questo, non
mi resta che ringraziarvi ancora, ricordarvi che mi potete trovare
anche su twitter at @93ONED e niente
Lots Of Love xx
Rebecca_Daniels
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=3478756
|