Unbreakable - Respirare Non Basta Per Vivere

di Rebecca_Daniels
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 20th August 2013 ***
Capitolo 2: *** 21th August 2013 ***
Capitolo 3: *** 22nd August 2013 ***
Capitolo 4: *** 23rd August 2013 ***
Capitolo 5: *** 24th August 2013 ***
Capitolo 6: *** 25th August 2013 ***
Capitolo 7: *** 26th August 2013 ***
Capitolo 8: *** 29th August 2013 ***
Capitolo 9: *** 1st/3rd/6th September 2013 ***
Capitolo 10: *** 7th September 2013 ***
Capitolo 11: *** 8th September 2013 ***
Capitolo 12: *** 9th September 2013 ***
Capitolo 13: *** 10th September 2013 ***
Capitolo 14: *** 11th September 2013 ***
Capitolo 15: *** 22nd September 2013 ***
Capitolo 16: *** 23rd September 2013 ***
Capitolo 17: *** 29th September - 2nd/10th October 2013 ***
Capitolo 18: *** 15th/16th/24th October 2013 ***
Capitolo 19: *** 25th October 2013 ***
Capitolo 20: *** 26th/29th October 2013 ***
Capitolo 21: *** 31st October 2013 ***
Capitolo 22: *** 1st November 2013 ***
Capitolo 23: *** 2nd November 2013 ***
Capitolo 24: *** 5th November 2013 ***
Capitolo 25: *** 12th November 2013 ***
Capitolo 26: *** 25th December 2013 ***
Capitolo 27: *** 10th January 2014 ***
Capitolo 28: *** 11th/20th January 2014 ***
Capitolo 29: *** 23rd/29th January 2014 ***
Capitolo 30: *** 30th/31st January 2014 ***
Capitolo 31: *** 3rd/25th/27th February 2014 ***
Capitolo 32: *** 10th/15th March 2014 ***
Capitolo 33: *** 18th/20th March 2014 ***
Capitolo 34: *** 22nd March 2014 ***
Capitolo 35: *** 23rd March 2014 ***
Capitolo 36: *** 24th March 2014 ***
Capitolo 37: *** 27th March 2014 ***
Capitolo 38: *** 28th March 2014 ***
Capitolo 39: *** 31st March 2014 ***
Capitolo 40: *** 22nd April 2014 ***



Capitolo 1
*** 20th August 2013 ***


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20th August 2013



Non sapeva ancora come fosse riuscita a trascinare Mia a quella premiére. La gente era assiepata davanti le transenne dell'Empire Cinema di Londra come se fosse in attesa per una svendita dell'ultimo modello di I-phone e Leicester Square sembrava un campo di battaglia durante il fatidico momento dell'assedio: pugni che volavano, gomitate sulle costole che arrivavano da ogni dove, insulti rivolti persino ai cugini di quarto grado e richiami ancestrali lanciati a decibel illegali. Senza contare gli odori emanati da quelli che, per ottenere un posto anche solo vagamente decente, avevano dovuto campeggiare sotto il poco amichevole clima londinese per tre giorni e tre notti. Lexi poteva sentire chiaramente quel mix di fragranze assolutamente nauseabondo dato da panini imbottiti e unti del McDonald's, lacca per capelli e “Feel The Rush”, il profumo della band per cui era lì.
“Mi sa che questa volta non me la caverò con un semplice cd per farmi perdonare...” pensò Lexi e proprio in quel momento una Mia alquanto imbufalita diede voce ai suoi pensieri.
-Non pensare neanche lontanamente che un misero cd dei The Cure, anche se in versione deluxe o introvabile, possa ripagarmi per questa tortura!! Tu come minimo dovrai fare la spesa per i prossimi cinque mesi e lavare i piatti da qui al resto della tua misera vita!! Senza contare che, in caso ne avessi bisogno, potresti anche rammendarmi i calzini!! Nonostante le urla agghiaccianti che le ragazzine e le mamme attorno a loro stavano emettendo, Lexi riuscì perfettamente a sentire che cosa le sarebbe toccato sopportare per il resto dei suoi giorni di convivenza con la sua migliore amica e la cosa non la entusiasmava più di tanto: se entrambe fossero andate avanti di quel passo, nell'arco di dieci anni sarebbero state ancora loro due, sedute sul divano a guardare Britain's Got Talent, in un piovoso sabato sera, circondate da gatti famelici e annegate in un mare di gelato e brownies, con lei intenta a rammendare i calzini di Mia.
-Lexi, mi stai ascoltando?!?!
-Sì, ti sto ascoltando... E mi sembri alquanto esagerata! E' solo un po' di folla!
-Lexi ho appena rischiato la vita a causa di un energumeno di centottanta chili che cercava di fare una foto al bodyguard di questa stupida band!!
-Zitta, se invece non vuoi essere linciata da un'orda di fan impazzite! E comunque non sono una stupida band... Te l'ho già detto un sacco di volte...
Vide gli occhi dell'amica roteare verso l'alto e un'espressione sconsolata come a dire “che cosa ho fatto di male per meritarmi questo” stamparlesi sulla faccia. Lexi riportò la sua attenzione sulle vetrate illuminate dell'imponente edificio davanti a lei, oltre il tappeto rosso ingombro di persone vestite di tutto punto e decisamente indaffarate, per poi incantarsi a guardare estasiata quell'enorme scritta a caratteri cubitali che recitava “ The Rush: Our Lives”. Un moto di orgoglio si impossessò di lei, neanche fosse stato suo quel docu-film che sarebbe uscito nelle sale di tutto il mondo nell'arco di dieci giorni. Neanche fosse stata la sua di vita ad aver subito un cambiamento radicale in meno di tre anni, facendo arrivare quei cinque giovani uomini ad uno straordinario successo planetario, comprovato da premi, record e concerti sold out. Era ancora persa nel suo deliro da fan, quando una massa di qualcosa come tre volte il suo peso le si scaraventò addosso, tanto da farle temere che la transenna con cui stava facendo amicizia ormai da più di sette ore, avrebbe ufficialmente dato forfet, facendola spiaccicare al suolo.
-Ehi!! Guarda dove metti quel sedere flaccidoso che ti ritrovi!!
Lexi sentì una mano aiutarla a rialzarsi da quella posizione decisamente poco consona, in cui era piegata a metà sul duro ferro della transenna, con i piedi a dieci centimetri da terra: pensò che i salami si dovessero sentire esattamente così per metà della loro vita. La donna alquanto nerboruta e indubbiamente infastidita dalla frase di Mia si avvicinò pericolosamente alla faccia pallida della sua migliore amica, pronta con ogni probabilità a schiacciarla come un moscerino. Lexi pensò di intervenire in soccorso di Mia, ma uno dei bodyguard presenti sul tappeto rosso si voltò nella loro direzione e con fare minaccioso, arrivò giusto di fronte alle due contendenti. I capelli biondi con le punte blu di Mia stavano svolazzando leggermente a causa degli sbuffi di rabbia che le uscivano dalle narici, mentre le labbra sottili e pittate di rosso fuoco si contraevano in un ghigno che prometteva tutto, eccetto una resa veloce. La sua avversaria, alta più o meno come due volte Mia e larga almeno cinque volte lei, stava solo aspettando un'altra parola della ragazza per scattare e fare di lei del delizioso ragù di ventiduenne di Southampton.
-Che succede qui?
-Questa sottospecie di armadio a tre ante con spazio per le coperte ha deciso di fare una frittata della mia migliore amica!
Lo sguardo severo dell'uomo in nero si posò su Lexi che, dopo avergli lanciato un sorriso imbarazzato della serie “io non centro nulla”, si rese conto essere uno dei bodyguard dei ragazzi, Cal. Voleva urlare, saltargli addosso, chiedergli qualche curiosità sui ragazzi, addirittura solo dirgli che apprezzava tantissimo il fatto che si occupasse della sicurezza del suo Lucas.
“Che poi non è nemmeno mio... Soprattutto ora che c'è questa fantomatica Sophia che gli gira attorno... Ma dico: perché non capisce che io sarei la donna perfetta per lui?! Oddio, mi sembro una dodicenne in crisi ormonale...”.
-Signorine io direi che sia il caso di darsi una bella calmata... - Signorine?! Ma se questa ha le dimensioni di un ariete da sfondamento!
-Ora ti distruggo, piccola nanerottola!!!
Lexi abbandonò i suoi pensieri non proprio maturi sul “suo” Lucas per concentrarsi finalmente sulla scena che si stava svolgendo davanti ai suoi occhi: una Mia fuori modo infervorata stava tirando per i capelli una montagna di donna altrettanto arrabbiata, che non si tratteneva dal tentare di strapparle tutte le ciocche blu che si ritrovava in testa. Cal afferrò, da oltre le transenne, la figura minuta di Mia per la vita, allontanandola così dalle grinfie di quella megera ingigantita, facendo sì che la gente attorno si spostasse di qualche passo per evitare i calci che quella pazza aveva cominciato a lanciare in direzione di Mia.
-Ora basta!! Lei- disse indicando la donna- venga con me... Assisterà all'uscita dei ragazzi da un'altra postazione... E tu- disse indicando Lexi- cerca di controllare i bollenti spiriti della tua amichetta...
Lexi vide Mia lanciare uno sguardo di fuoco al bodyguard che, intanto, l'aveva rimessa con i piedi a terra, per poi allontanarsi con “l'armadio a tre ante con spazio per le coperte”. Dopo che si fu sistemata il gilet scozzese che aveva sopra i vestito maniche corte nero ed ebbe sbattuto un paio di volte a terra i fidati anfibi neri, Mia decise di degnare Lexi della sua attenzione per incenerirla sul posto, neanche fosse stata un mashmellow da cuocere su un falò.
-Sappi che ora dovrai anche partecipare a tutte le cene con mia madre che ci saranno nei prossimi vent'anni...
E quella era decisamente una punizione. Lexi avrebbe tanto voluto soffermarsi a riflettere su come avrebbe fatto a trovare delle scuse plausibili per saltare tutte quelle cene imbarazzanti e assolutamente frustranti con la madre decisamente troppo perfetta di Mia, ma un'esplosione di urla le fece intuire che il momento era arrivato. Aspettava quell'esatto istante da praticamente una vita. Quell'istante in cui finalmente i suoi occhi nocciola si sarebbero scontrati con quelli dello stesso identico colore di lui e tutto avrebbe assunto un significato. Quell'istante in cui Lucas Palmer avrebbe infine capito come la sua anima gemella potesse essere solo ed esclusivamente lei: Lexi Golder. Aveva impiegato tutta la mattina per scegliere che cosa indossare, rovesciando il suo intero guardaroba sul letto bitorzoluto e rovistando per tutto l'appartamento di Lexington Street che condivideva con Mia, alla disperata ricerca della sua cintura preferita, per poi scoprire che era finita dietro l'acquario con i pesci carnivori di quella pazza che aveva per coinquilina. Tra tutto il caos che si era generato sul pavimento di camera sua, era riuscita a rintracciare un vestito leggero, maniche corte, con una stampa più o meno optical, sui toni del marrone, del verde e del giallo, a cui aveva abbinato la tanto sospirata cintura scamosciata nocciola, giusta sotto il seno, delle scarpe in tipico stile inglese marroni anch'esse, in abbinato alla piccola tracolla che aveva rubato qualche mese prima dall'armadio di sua zia Daphne, a cui aveva “chiesto in prestito” anche la collana lunga con l'acchiappa sogni, senza cui non usciva più di casa. Avere una zia che del sessantotto e di Woodstock aveva fatto la sua ragione di vita comportava dei lati decisamente positivi, come un guardaroba pieno di capi interessanti e un quantitativo indefinito di gioielli con storie strabilianti alle spalle. Per completare il tutto, aveva anche deciso di cedere alle insistenti richieste di Mia di permetterle un “intervento di salvataggio”, come lo aveva definito lei, suoi suoi capelli, che quindi, nonostante la pioggia incessante che avevano sopportato per i tre giorni precedenti, erano raccolti in una treccia morbida appoggiata sulla spalla, con alcuni boccoli castano chiaro a caderle dalla parte opposta, per incorniciare il viso non proprio sottile. Stava ancora ringraziando il cielo che il loro appartamento fosse stato abbastanza vicino a Leicester Square da permetterle di fare una doccia e poi darsi il cambio con Mia, come avevano fatto negli ultimi tre giorni, quando un'ulteriore ondata d'ansia la pervase. Quella premiere voleva dire tutto per Lexi e nulla al mondo le avrebbe mai impedito di vedere Lucas e gli altri ragazzi della band.
-Non ti agitare... E' solo l'ennesimo addetto a chissà quale funzione che non possono svolgere loro da soli, perché troppo famosi anche solo per respirare...
-Piantala Mia! Lo sai pure tu che loro sono rimasti gli stessi identici ragazzi che erano tre anni fa,quando hanno vino Britain's Got Talent!
-Certo...
“Sono sempre quei cinque adorabili idioti che facevano i video diary appollaiati su scale sempre diverse”...
-Smettila di farmi il verso!!
-Lo farei se non sentissi sempre le stesse identiche frasi uscire 24 ore su 24 dalla tua bocca!!
-Io non dico sempre le stesse cose!... Dico sul serio sempre le stesse cose?!
-Sì... E sarei anche capace di sopportarlo, dato che ti voglio bene come se fossi il mio amato paio di Doc Martin's... Se però non parlassi costantemente di loro!!
Una ragazzina, che avrà avuto all'incirca dodici anni, cominciò a saltellare vicino a lei e ad urlare ad una madre sempre più stremata, che quello appena uscito non era solo uno dei tanti personaggi appartenenti all'entourage che seguiva la band dovunque nel loro tour mondiale, bensì si trattava di Pablo, il loro primo addetto alla sicurezza, nonché ombra dei ragazzi. Dove c'erano Lewis, Hugh, Nate, Zack e il suo Lucas, c'era anche Pablo. Più o meno come per Mia e quel consunto paio di anfibi neri che erano sempre appiccicati ai suoi piedi, tanto che Lexi era quasi sicura di averla anche vista andare a letto con quei cosi addosso, ma non aveva mai trovato il coraggio di chiedere conferma. -Deve mancare poco...
-Come scusa?
La ragazza dai capelli mezzi blu stava tranquillamente divorando senza un minimo di ritegno una sottospecie di panino vegetariano da cui stava collassando a terra un'enorme foglia di lattuga, minacciando di sporcare di olio qualsiasi cosa avesse toccato.
-Ma che cavolo fai?!
Lexi non poteva credere ai suoi occhi.
-Mangio, mi sembra evidente...
-Non puoi mangiare ad una pemiere!!
-Punto primo: noi non siamo ad una premiere, siamo spiaccicate su delle transenne da tre estenuanti giorni, tanto che prima uno degli operai che hanno montato il palco mi ha salutato, chiamandomi per nome... Secondo: ad una premiere si può mangiare dato che le telecamere sono puntate su quel maledettissimo tappeto rosso e non su di me e il mio invitante panino...
Lexi non trovò nemmeno la forza di risponderle, dato che l'istinto di ridere era assolutamente incontrollabile. Scoppiò in una fragorosa risata che le fece guadagnare più di qualche sguardo sconcertato dei presenti.
-Va bene, va bene... Lo trovi divertente... Allora: cos'è che avevi detto, prima di proibirmi di mangiare?
-Che stanno arrivando. Se Pablo è qui, vuol dire che manca poco all'arrivo di Lucas... Cioè, voglio dire: all'arrivo dei ragazzi!
“Ed ecco che Mia ricomincia con gli sguardi multi-significato...”.
-E quell'occhiataccia che dovrebbe significare?
-Che: uno, provo tanta pena per te... Due, da quanto ho capito in mezzo ai tuoi deliri delle ultime tre settimane, sto tipo dovrebbe essere fidanzato... Tre, quando mi ridarai la mia migliore amica? Perché sinceramente comincia a mancarmi...
-Cretina!
Le diede una leggera pacca sulla spalla, almeno secondo i suoi standard, dato che riuscì a far ondeggiare pericolosamente il corpo non proprio giunonico di Mia, dando così il colpo di grazia a quella foglia di lattuga, che si spiaccicò platealmente davanti ai loro piedi.
-Ehi!! Quella era la mia insalata!! Costa un occhio della testa a cespo!
-La smettessi di comprare cose biologiche e ti decidessi a farti intossicare da conservanti chimici e chissà cos'altro, come il resto del mondo, sarebbe tutto più semplice... Comunque Lucas sembrerebbe aver trovato una nuova ragazza, ma questo non implica che non possa accorgersi di come quella giusta sia io...
-Lexi, lo sai vero che...
-Lo so che lui non sa nemmeno della mia esistenza, non ancora almeno... Dai, Mia... In fin dei conti abbiamo la stessa età, abbiamo vissuto nella stessa città per la prima parte della nostra vita, abbiamo frequentato le stesse scuole a Southampton, avevamo pure degli amici in comune alle superiori! E poi io corrispondo in tutto e per tutto al suo ideale di ragazza... Insomma, io lo guardo negli occhi e lo capisco... So di essere giusta per lui da molto prima che diventasse famoso...
Lexi guardò un'altra volta verso la fine di quel tappeto rosso, dove già pronte ad attendere con gli sportelli aperti c'erano cinque Range Rover nere, che avrebbero accompagnato i ragazzi all'after party, solo dopo che avessero fatto una mezzora di autografi con le fan che erano stati impossibili nella calca della prima sfilata sulla passerella, quello stesso pomeriggio. Pablo gliel'aveva confermato non appena anche Zach, il più ritardatario dei cinque, aveva varcato le porte del teatro per assistere alla proiezione.
“Il problema è proprio questo: a me lui piace da prima che diventasse famoso...”.
Lexi era completamente cotta di Lucas Palmer da ormai qualcosa come 4015 giorni (ora in più ora in meno), ovvero dall'esatto momento in cui aveva visto un bambino di undici anni, appena compiuti, varcare la soglia della sua classe di italiano, il primo giorno di scuola media, con i suoi capelli castani alzati in una piccola cresta, lo zaino di Toy Story sulle spalle e un sorriso disarmante e indicibilmente dolce ad incurvargli le labbra sottili.  L'aveva seguito dovunque, aveva frequentato i corsi opzionali più impensabili pur di vederlo (memorabile era ancora la volta in cui platealmente, davanti l'intera classe, il professore del laboratorio di falegnameria le aveva chiesto che cosa ci facesse nel suo corso una che non aveva la più vaga idea di come fosse fatto un seghetto e lei aveva trovato il coraggio di rispondergli che si era sempre sentita “in contatto” con il legno... I suoi compagni avevano riso per venti minuti e lei era finita dal preside). Una volta aveva pure cercato di fare il provino per una sorta di gruppo di cheerleading, pur di poter avere qualche possibilità in più di parlare con lui, che era stato il capitano della squadra di basket della loro scuola dal secondo anno. L'unico ostacolo che aveva ucciso i suoi sogni proprio sul nascere era stata la sua irreversibile scoordinazione patologica, unita ad un'avversione insormontabile per gli shorts della divisa. Quando era andato a Britan's Got Talent, con quel suo amico metà indiano, Zach, Lexi aveva pensato a come fosse semplicemente perfetto su quel palco, con un microfono in mano e la sua voce controllata ed emozionante amplifica in un'arena enorme. Poi a loro erano stati aggiunti altri tre ragazzi, Hugh, Lewis e Nate, tutti e tre presentatisi come solisti. Era così che si erano formati i The Rush e da quella loro prima esibizione l'amore di Lexi per loro, ma soprattutto per Lucas, era aumentato a dismisura. Certo, nel frattempo era cresciuta, aveva avuto altre cotte, così come Lucas era finito sulle prime pagine di tutti i giornali di gossip per i suoi flirt e le sue presunte relazioni più o meno stabili. Così come alcuni giorni prima della premiere era venuto a galla che avesse trovato una nuova fiamma con cui condividere la sua fantastica vita, ed ancora una volta quella ragazza non era Lexi. Eppure, da quando la fama era diventata parte intrigante della sua vita, Lexi aveva sviluppato l'insana convinzione che immerso in tutto quel frastuono, lui avesse bisogno della sua piccola parte di “normalità” e chi meglio della ragazza della porta accanto, che gli era stata vicina sin dall'infanzia e che lo conosceva per quello che era veramente?
-L'unico problema è che in undici estenuanti anni di stalkeraaggio tu non gli abbia mai rivolto la parola... Ma che dico? Non sei nemmeno mai riuscita ad entrare nel suo spazio vitale!
“Aspettate un attimo: ma cos'è questa voce fastidiosa che interrompe i miei filmini mentali? Ah sì, la simpatica della mia migliore amica sta dando aria alla bocca per l'ennesima volta...”.
Adorava Mia con tutta sé stessa, ma per quanto riguardava quella faccenda non c'era modo di trovare un accordo tra le loro opinioni decisamente contrastanti: Mia era assolutamente convinta che dovesse piantarla con tutta quella storia e andare avanti con la sua vita, trovandosi un ragazzo che la conoscesse seriamente, mentre Lexi sentiva che la sua vita, perlomeno sentimentale, era legata in qualche strana maniera a quella band, o meglio a quel ragazzo carismatico e dolce per cui aveva sopportato tre giorni di pioggia torrenziale e tutte le lamentale estenuanti di Mia.
-Grazie per il tuo continuo supporto Mia... Veramente: come farei senza di te che mi ricordi costantemente come il destino mi sia sempre stato avverso nelle questioni di cuore?
-Mamma mia come sei tragica! Lo sai vero che al “tuo” Lucas piacciono le ragazze solari e che prendono la vita con leggerezza??
Fece finta di non aver notato le virgolette con cui aveva enfatizzato quel “tuo” piuttosto ironico e le rispose come una vera invasata avrebbe fatto, o anche come una ragazza perdutamente innamorata avrebbe potuto fare, infondo la differenza non era proprio così evidente.
-Con lui al mio fianco sarò solare come il sole e leggera come una piuma...
-Basta, io ci rinuncio! Tu sei stata da Matt e ti sei lasciata convincere a prendere quelle schifezze sintetiche con cui ultimamente si diverte... Altro che ripetizioni sulla storia dell'Impero Giapponese... Questa è l'unica spiegazione plausibile...
Per un decimo di secondo Lexi si sentì quasi in colpa per tutto quello stress psicologico che aveva fatto subire più o meno involontariamente a Mia negli ultimi undici anni di vita, poi però le venne in mente come ora sarebbe stata costretta a subirsi tutte le cene di famiglia dell'amica e quel briciolo di compassione svanì immediatamente. Un boato veramente assordante di urla si fece largo nei timpani già messi a dura prova di Lexi, facendole intuire come fosse arrivato sul serio il suo momento. Le porte in vetro dell'edificio davanti a loro si aprirono con uno scatto deciso e la prima testa ad uscire fu quella di Zach, accompagnato dalla sua novella futura moglie, Page: il matrimonio era stato fissato per la primavera successiva e si presentava già come uno degli eventi più attesi dell'anno. Cappotto in cotone nero, che gli arrivava fino a metà gamba, gilet di pelle con sotto una semplice maglietta bianca, pantalone nero e Doc Martin's: se non fosse stato per metà indiano, sarebbe benissimo potuto essere il fratello gemello di Mia. Il sorriso strabiliante di Zach l'abbagliò per un attimo, ma venne immediatamente riscossa dalle iridi azzurro ghiaccio di Lewis che fecero capolino oltre la spalla del modello orientale. Con la sua giacca doppiopetto nera, arrotolata sugli avambracci per permettere agli stravaganti tatuaggi di far la loro comparsa, i pantaloni neri tirati su, neanche avesse dovuto guadare il Tamigi, e i capelli castani scompigliati sulla fronte in un acconciatura alquanto improbabile, Lewis sembrava appena sceso dalla passerella della nuova collezione di Topman e Lexi non poté fare a meno di pensare che fosse semplicemente bellissimo. Ma, altrettanto bella e invidiabile era la sua fidanzata storica, Ellie, una studentessa universitaria che aveva sopportato di tutto pur di stare assieme a quell'eterno Peter Pan, che l'amava come nessun altro al mondo. Vederli camminare mano nella mano ad un'occasione pubblica era praticamente un miracolo, dato che più e più volte avevano rischiato parecchio a causa della gelosia delle fan, ma per Lexi era un motivo di gioia ulteriore: erano perfetti assieme.
“Non capisco perché la gente trovi strano il fatto che sia felice per le fortune che capitano nella vita di altri...”.
Subito dopo, comparve oltre la soglia del cinema Hugh e il livello di grida ed urla si fece
assolutamente insostenibile: lui era il preferito e quello più popolare. A dimostrazione del fatto c'erano gli oltre diciassette milioni di follower su Twitter, le incalcolabili copertine scandalistiche che lo riguardavano e la sua netta predominanza come protagonista principale di tre quarti delle fanfiction pubblicate sulla band. A Lexi dispiaceva un poco che gli altri ragazzi fossero spesso messi in secondo piano da tutto quell'interesse morboso per il più giovane della band, soprattutto durante le interviste: aveva ventuno anni e il mondo che pendeva dalle sue labbra carnose.
“Va bene: è oggettivamente bello e la sua voce non ha nulla da invidiare a nessuno... Però la cosa bella è che lui sia seriamente rimasto il ragazzo semplice che era prima...”.
Fasciato nella sua camicia nera a cuoricini bianchi, con la giacca a evidenziargli le spalle larghe ma non eccessive, i pantaloni skinny neri a slanciare ancora di più la sua figura alta e magra, e quegli orribili stivaletti di camoscio marrone che non si toglieva mai (“Mia può dirmi quello che vuole, ma ha un sacco di cose in comune con questi ragazzi...”), sembrava la versione hipster del principe azzurro. Aiutato indubbiamente da quegli occhi verdi e da quelle fossette adorabili che gli si formavano ogni qualvolta sorridesse sinceramente, sembrava davvero appena uscito da una favola. E purtroppo per la salute del cuore delle sue fan, lo faceva molto spesso.
E poi eccolo: Lucas. O per meglio dire: il ragazzo per cui Lexi aveva perso la testa, quello per cui avrebbe dato ogni sua singola lacrima ed ogni suo sorriso, quello per cui sarebbe stata disposta a rinunciare a tutto, pure alla sua tranquilla vita da studentessa di storia, nonostante odiasse con tutta sé stessa lo stare al centro dell'attenzione... Forse avrebbe cambiato pure sé stessa in quelle piccole cose che a lui non sarebbero piaciute, benché le sarebbe costato molto a livello di orgoglio. Non era mai riuscita ad andare oltre a quella cotta adolescenziale che si era trasformata in un amore platonico ormai troppo forte per essere smontato da una semplice mano di donna intrecciata alla sua.
“Aspettate un attimo: di chi è quella mano?!”.
Intrecciata alla grande mano di Lucas c'era quella magra di una ragazza bella da mozzare il fiato, cosa che non sfuggì a nessuno dei presenti, Mia inclusa.
-Ammazza!! Quella tipa è una figa pazzesca!!
Lexi avrebbe tanto voluto rispondere a Mia con una delle sue battute piccate, ma i suoi occhi non riuscivano a staccarsi dalla figura muscolosa di lui. Indossava un paio di semplici pantaloni neri, un giubbotto di pelle dello stesso colore con la zip obliqua allacciata quasi completamente, che evidenziava i pettorali e le spalle ben definiti, una camicia bianca abbottonata fino all'ultimo bottone, su cui spiccava una sottile cravatta nera, a ricordare un po' il suo stile di qualche anno prima, di quando era ancora un ragazzino e non uno splendido uomo quale era diventato con il passare del tempo. I capelli castani erano corti ai lati della testa e portati indietro in una cresta composta da probabilmente una buona dose di gel. Aveva lasciato la barba un po' incolta, che andava a descrivere perfettamente la curva dura della mascella e che con il suo chiaro-scuro metteva ancora più in risalto quelle labbra rosee che Lexi si era trovata a contemplare più e più volte negli ultimi undici anni di vita. Conosceva ogni minimo particolare di quel volto, ogni piccola imperfezione ed ogni dettaglio speciale, come quella voglia molto simile ad un cuore che gli impreziosiva il collo.
-Dico: Lexi, ma l'hai vista?! Quella farà sicuramente la modella!!
-Fa le campagne per i costumi della Sunset...
 Le rispose distrattamente, dato che la sua testa, ma soprattutto il suo cuore erano tutti concentrati sul ragazzo che stava sfilando davanti a loro.
-Ecco dove l'avevo già vista! Mica se le sceglie male il ragazzo...
Lexi continuò a guardare in direzione di Lucas, che ora stava facendo qualche foto con alcune fan, avendo sempre la tanto invidiata Sophia alle sue spalle, sperando che lui si voltasse nella sua direzione per riuscire finalmente a far avverare quello che sperava essere il suo destino: abbagliarlo con un solo sguardo. Sembrava risplendere di luce propria quel ragazzo, persino le sue scarpe laccate sembravano brillare sotto i potenti riflettori che illuminavano a giorno il red carpet e tutto era assolutamente e semplicemente perfetto. Niente avrebbe rovinato quel momento. Il loro momento.
Il suo momento.
Poi un bagliore più forte catturò l'attenzione di Lexi, che si voltò verso la sua sinistra. Tutto quello che accadde dopo avvenne nell'arco di cinque secondi, ma a Lexi sembrarono un'intera vita, tanto che forse, la vita, gliel'avrebbero cambiata davvero. Una ragazza di circa vent'anni, con un'espressione mista tra il terrorizzato, l'arrabbiato e il folle, a soli cinque passi da Lexi, stava puntando una pistola lucida e terrificante verso il tappetto rosso. No, non verso il tappeto rosso, verso Sophia, la nuova ragazza di Lucas, quella che lui, proprio in quell'istante, stava prendendo di nuovo per mano, mettendosi così in mezzo alla traiettoria del proiettile che sarebbe a breve partito.
“No! Colpirà lui! Non può succedere!!!”.
La mente di Lexi sembrava correre come un treno, alla disperata ricerca di una soluzione, mentre i riflettori illuminavano quella maledetta pistola di riflessi sempre più inquietanti, mentre la mano di quella pazza stava facendo sparare. Aveva dei residui di smalto fucsia sulle unghie mangiucchiate e Lexi non sapeva nemmeno perché l'avesse notato: forse per il contrasto che creava con l'arma.
“Devo fare qualcosa... Ma cosa?! Perché diamine nessuno si accorge di quello che sta succedendo?! Non vedono che è vera?!?! Sono l'unica che qui abbia mai guardato attentamente una puntata di CSI o di Castle?!... Avanti... Pensa Lexi, pensa!!”.
Poi un'idea le balenò in testa, nello stesso momento in cui uno scoppio assordante proruppe nell'aria attorno a loro e tutti i presenti si abbassarono a terra, proteggendosi la testa. Tutti tranne Lucas, Pablo e lei.
Il bodyguard si protese verso la pazza invasata che aveva appena sparato, ma era decisamente troppo lontano per poter fare qualcosa. Le gambe di Lexi scattarono da sole e in meno di un secondo (“Sarò pure scoordinata, ma in velocità ero la migliore...Nel salto agli ostacoli no, però...”) si ritrovò davanti la canna della pistola. Sentì qualcosa trapassarle la spalla sinistra, lasciandole un dolore lancinante che le mozzò completamente il fiato nei polmoni e facendo scendere una lacrima solitaria sulla guancia. L'impatto la stava facendo voltare su sé stessa, tanto che si ritrovò voltata verso le vetrate ancora illuminate del cinema, e finalmente i suoi occhi si scontrarono con quelli terrorizzati ed impauriti di un Lucas assolutamente paralizzato da quella situazione surreale.
“Sono belli anche così...”.
C'era riuscita, aveva incrociato il suo sguardo con quello di lui, certo, forse non nel modo in cui si era sempre immaginata, ma ce l'aveva fatta. In vita sua era mai riuscita a fare qualcosa. Per un secondo fu felice ed orgogliosa di sé stessa. Poi l'impatto con il suolo freddo e bagnato dalla pioggia di Leicester Square arrivò, con tutta la sua ineluttabile forza, tanto da far rimbalzare il suo corpo a terra, prima di diventare quello che sperò non essere il suo letto di morte.
“Mannaggia che pensieri tristi... Mia mi ammazzerebbe se lo sapesse... Sempre che non lo faccia prima questa pallottola...”.
Sentiva che le forze la stavano lentamente abbandonando e che le riusciva sempre più difficile tenere gli occhi aperti e prestare attenzione alle urla delle persone attorno a lei, agli ordini che Pablo stava urlando, al pianto di Mia che arrivava sempre più lontano... L'ultima cosa che vide furono un ciuffo biondo leggermente scompigliato e due iridi celesti come il cielo d'estate torturate in un'espressione di sgomento, apprensione e paura che la fecero sorridere: gli occhi di Nate non avrebbero mai dovuto prendere quelle sfumature, non gli si addicevano.
“Ma che diavolo si è messo addosso?? Come si fa ad indossare un giubbotto da giocatore di football americano ad una premiere?... Fortuna che hai quegli occhi che ti salvano, Nate...”.
Questo fu l'ultimo pensiero che Lexi riuscì a formulare, poi tutto divenne nero e freddo.
Come sarebbe stato da quel momento in poi.
   
Hi sweethearts,
ho deciso -finalmente- di pubblicare questa perché mi sentivo in colpa nel lasciarla rinchiusa in un'anonima cartella del pc. Quindi ecco a voi la storia di Lexi, ovvero qualcuno che potresti benissimo essere tu.... Grazie per essere arrivati a leggere fin qui: lo apprezzo moltissimo e spero di poter conoscere la vostra opinione **
P.S. Gli aggiornamenti saranno uno alla settimana ^^

Rebecca Daniels xx

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Capitolo 2
*** 21th August 2013 ***


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21th August 2013




“Chi ha spento la luce?? Sul serio: io ho sempre odiato il buio... Non mi è mai piaciuto... Forse perché quel cretino di mio fratello David si divertiva a chiudermi nello sgabuzzino, dicendomi che le scope avrebbero preso vita e mi avrebbero tramortito e poi trasformata in un orribile mocio per i pavimenti... Non sto scherzando: qualcuno accenda una maledettissima luce!! Chiunque abbia potere sull'interruttore io vi avverto solo che quando mi viene un attacco di panico divento intrattabile, piagnucolo, mi lamento, parlo a vanvera e non ho più alcun controllo sui miei condotti lacrimali... Poi non dite che non vi avevo avvertito!! Avanti... Fate un po' di luce qui dentro... Oh...  Grazie!! Ora va molto meglio... Però è un pochino lontana quella lucetta lì, eh?! Dico: vi costava tanto non usare quelle stupide lampadine a risparmio energetico, che ci mettono venti anni ad accendersi e che non fanno più luce di un fiammifero? Adesso ho capito!! Mia: ci sei tu dietro a tutto questo!! Tu sei l'unica che utilizza quelle inutili lampadine e soprattutto sei l'unica persona che conosco che crede ancora nel surriscaldamento globale.... Dai Mia... Rispondi... Oh, guarda... Sembra di stare in un tunnel... Non è stata una grande scelta Mia, lo sai che non mi piacciono nemmeno i tunnel... Insomma: tutta quella terra o quell'acqua sopra e attorno a te, metti che crolli tutto come si fa?? Ma dimmi tu se posso essere così intelligente da pensare a come dev'essere morire sotto quintali di terra, quando sono infilata in un tunnel chissà dove, con una luce decisamente fioca e troppo lontana per i miei gusti... Complimenti Lexi: hai appena scoperto la via più veloce ed efficace per farti venire un attacco di panico. Va bene Mia... Ho capito che vuoi farmela pagare per averti trascinata alla premiere dei ragazzi, ma ora basta... Davvero, non mi piace stare qui... E poi oggi dovevamo andare a fare shopping per comprare quel bikini che avevi visto da H&M con le frange... Mia?? Dai, che sarà mai stata un po' di folla, qualche ragazzina urlante, una litigata con una montagna di donna, le minacce di Cal?? Abbiamo visto Zach e Page, Lewis e Ellie, per non parlare di Hugh!! E poi sono riuscita a vedere lui!! Ho visto il mio Lucas! Mamma mia, sembrava risplendere sotto le luci di quei riflettori... Era tutto così favoloso, così giusto, come se ogni cosa avesse dei bagliori magici a renderla perfetta... Fermi tutti: bagliori? Perché mi dice qualcosa questa parola? Allora... Fai mente locale Lexi, pensa a che cosa potrebbe ricordarti... Avanti... Bagliori... Bagliori... Poi un bagliore attirò l'attenzione di Lexi ... La pistola!!! Ora ricordo!! Quella pazza invasata voleva sparare a Sophia ma Lucas si era messo in mezzo... Nessuno si accorgeva di nulla... Pablo non interveniva... I miei piedi sono scattati da soli e la pallottola mi ha colpito in pieno... Gli occhi terrorizzati di Lucas nei miei... L'asfalto duro e freddo... Pablo che urla, Mia che piange... E poi Nate con quella sua giacca oscena e i suoi occhi celesti e... E... Oddio sono morta!! No, io non posso essere morta! Sono troppo giovane per morire!! Voglio dire ho ancora un sacco di impegni in agenda, non ho nemmeno stilato una lista delle 100 cose che dovrò assolutamente fare prima di finire sotto terra!!! Non posso essere morta... Sul serio, io...”.
-Dottore perché quella macchina sembra impazzita?! Che sta succedendo alla mia bambina?!
-Stia tranquilla signora Golder... E' tutto normale. Gliel'ho detto: sua figlia è in uno stato di coma vigile e questo vuol dire che il suo cervello è perfettamente funzionante, ma che il suo corpo non risponde agli stimoli che riceve...
“Ehi, ehi, ehi!! Quella è la voce di mamma!!! Mamma mi senti?! Sono io: Lexi!!! Sto bene... Almeno credo, dato che se sento la tua voce non dovrei essere morta... Mamma perché non mi ascolti??!! Ma che ci fai te qui? Non dovresti essere dispersa con la nonna in qualche lago della Cornovaglia a ricercare voi stesse?? Mamma, ma mi vuoi stare a sentire??!!... E questa voce di chi è? Ha detto dottore? Quindi sono in ospedale? Ma per quale diamine di motivazione mia mamma sta piangendo?... Magari se sto un attimo zitta e mi concentro su di loro lo capisco...”.
-Vede... E' già tornato tutto apposto... Signora Golder...
-Mi chiami Karen...
-Vede Karen, sua figlia Lexi può sentire e percepire tutto quello che le accade attorno, ma il trauma alla corteccia cranica che ha riportato a causa del violento impatto con il suolo, fa si che il suo corpo non riesca ad eseguire i comandi che il suo cervello gli invia... Sarò sincero con lei: potrebbe volerci parecchio tempo e non è detto che questo basti... Bisogna aspettare innanzitutto che l'ematoma si riassorba e vedere se questo sarà sufficiente a farla risvegliare... Solo in seguito potremmo valutare i danni definitivi... Su, non faccia così... Sono sicuro che ce la farà...
“Col cazzo: certo che ce la faccio tragico di un dottore!! Ecco perché non ho mai sopportato i medici: hanno l'innata capacità di far sembrare anche una banale vescica un inizio di morte sicura... Neanche fossimo nel Medioevo, dove le disinfettavano con la pipì!!... Dai mamma, non piangere... Adesso mi metto un attimo d'impegno e torno a fare la figlia stramba che sono sempre stata.... Ma smettila di piangere...”.
-Ma dico: le sembrano cose da fare?? Le sembra opportuno parlare della situazione di Lexi davanti a lei?! E poi non poteva usare delle perifrasi con la madre della paziente?! Ma dove l'ha presa lei la laurea, Dottor Lawson?!
“Sempre sia lodato il cielo: ecco che arriva Wonder Mia in mio soccorso! Digliene quattro amica, siamo tutti con te!! Anche perché non ho la più pallida idea di quanti siamo effettivamente qui dentro... Magari mi hanno dato il tunnel personale... Dovrei informarmi...”.
-Signorina la prego di calmarsi... Le vorrei ricordare che siamo in un ospedale e non al mercato dove è concesso urlare e dare spettacolo.
“Attento caro il mio dottorino che sei estremamente vicino a firmare la tua condanna a morte... Ma è mai possibile che in una situazione come la mia continui a fare riferimenti all'aldilà?? Devo ancora appurare io stessa se sono più in qua che di là...”.
-Come ha detto, scusi?! Non so se lei abbia mai avuto a che fare con qualche libro di psicologia clinica, ma di certo parlare delle condizioni del paziente ai familiari, con il malato presente, è tra le prime cose da non fare mai!
“Come non detto... Modalità distruggo-chiunque-mi-venga-contro attivata: si prepari per la resa finale dei conti caro il mio dottorino saccente...”.
-Quindi la prego, d'ora in poi, di venire a riferire le condizioni di salute della mia amica direttamente a me... Mi occuperò io di comunicarle alla famiglia... Credo sia meglio così per tutti...
Lexi si immaginò una Mia con le guance leggermente tinte di rosso per il nervoso che sicuramente le stava salendo dalle punte dei minuscoli piedi, con i capelli svolazzanti per i frequenti scatti che faceva con la testa quando era arrabbiata e, probabilmente, con un dito puntato contro il petto del povero Dottor Lawson.
-Scusi se mi permetto, ma lei che titoli ha per vantare queste competenze e queste pretese?
-Sono la figlia di un veterinario e, a quanto pare, sono più preparata io ad avere a che fare con i pazienti, benché per la maggior parte dei casi siano state cavie da laboratorio e uccellini in fin di vita, che lei...
“Bene Mia: hai appena rovinato un discorso epocale con una semplice frase... Un giorno alle Olimpiadi ci sarà anche la specialità Come-Rovinarsi-Con-Le-Proprie-Mani e tu vincerai la medaglia d'oro... Almeno qualcuno riconoscerà i tuoi meriti...”.
-Signorina, sinceramente non mi sembra che lei possa permettersi...
“No!! Verbo sbagliato!! Allarme rosso!! Il dottorino vuole buttarsi giù senza paracadute!!”.
-Io non posso permettermi?! Io non posso permettermi di fare cosa?! Sentiamo!! La avverto che lei...
-Mamma!!
“Ditemi che non è vero... Vi prego: ditemi che questa voce non è di...”
-David!! Sei qui finalmente!
“Come non detto... Peccato non poter aprire gli occhi. Mi sarebbe piaciuto proprio tanto vedere la sua entrata trionfale da Paladino Delle Sorelle In Fin Di Vita, con cotanto di tappeto rosso ai suoi piedi...”.
-Si, sono arrivato con il primo volo che c'era di ritorno da Dublino...
“Oh che carino...Mi commuove proprio... Neanche fosse tornato a piedi dall'Alaska...”.
-E sai come ho fatto a capire quale fosse la stanza? Ho seguito le urla...
-Ciao anche a te David... Non ti stavamo aspettando...
“Benvenuti nella nuova sit-com della BBC, dal titolo In Una Stanza D'Ospedale... Protagonisti principali sono: Mia, l'amica tutto pepe che difende con forza qualsiasi causa le capiti a portata d'orecchio, non ha importanza se sia vera o no, se sia sensata o meno, lei sostiene tutto; David, il fratello perfetto, cocco di mamma, che prova un'inspiegabile antipatia (peraltro ricambiata) nei confronti dell'amica del cuore della sorella; Karen, la madre single che ha cresciuto egregiamente due figli tutto fuorché semplici e che non è mai stata abbastanza fortunata da trovare il vero principe azzurro; il Dottor Lawson, medico che ancora non ha capito bene con chi ha a che fare, ma non credo ci metterà ancora molto... E non dimentichiamoci del motore dell'intera storia: Lexi, ovvero me medesima, la ventiduenne di Southempton bloccata su un letto d'ospedale, senza sapere bene ancora se sia viva o se debba mettersela via ed arrendersi al fatto che non toccherà mai con mano i capelli di Lucas Palmer... Non male, potrei fare la sceneggiatrice da grande...”.
-Ed io non mi aspettavo di trovarti già qui, a litigare con qualcuno, come fai sempre...
-Sono la migliore amica di tua sorella, David! E' il minimo che sia già qui... Ma giusto, tu dovevi concludere i tuoi importantissimi e schifosissimi affari, prima di trovare il tempo anche solo di sapere se Lexi era viva o meno!!
-I miei “importantissimi e schifosissimi affari” sono quelli che aiutano mia madre a mantenersi e che permettono alla mia amata sorellina di continuare a studiare in quel suo inutile corso di studi!
-Primo: il corso di studi di tua sorella è tutto fuorché inutile!! Secondo: Lexi si mantiene da sola, con il suo lavoro part-time in libreria e non ha bisogno dei tuoi soldi per farcela!!
-Ah sì? E allora perché ha chiamato me per chiedere un prestito per il regalo di compleanno di mamma?!
“Non per dire, ma questo è un colpo basso: lo sapeva benissimo che si trattava solo di un prestito!! E poi qualcuno vorrebbe essere così gentile da far loro presente che io sono qui, giusto sotto di loro e che sento tutto??”.
-Ragazzi ora basta!! Lexi è qui e sente tutto... Penso che sia stufa pure lei di sentirvi litigare...
“Grazie mamma... Sei la donna più saggia sulla faccia della terra...”.
-Anche perché, secondo me, sarebbe tutto molto più semplice se voi ammetteste i vostri sentimenti... Insomma, quello che provate l'uno per l'altra...
“Come se non avessi detto nulla... Ma dico: da dove le vengono certe idee?! Secondo me con la nonna in Cornovaglia si facevano di quelle feste a base di funghi allucinogeni che nemmeno Matt potrebbe sopportare...”.
-Mamma!! Ma che cosa dici?!
I can't take my eyes off you... I know you feel the same way too...
-Mi scusi Karen, ma non credo che lei abbia ragione...
I can't take my eyes off you... All it took was one look...
-Mia madre è completamente fuori strada!! Ma dico: io e te non ci sopporteremmo nemmeno se fossimo l'ultimo uomo e l'ultima donna rimasti sulla faccia della terra!
Can't take my eyes off you... Oh, oh, oh, yeah...
-Vorrai dire l'ultima donna e l'ultimo energumeno privo di cervello, con un ego grande tanto quanto l'Everest e una supponenza da fare invidia a Paris Hilton...
So let the music play... Can't take my eyes off you...
-Senti chi parla: Miss Io-salverò-il-mondo-solo-perché-non-uso-detersivi-industriali... Ridicola!!
“Diamine mamma!! Rispondi a quel maledettissimo cellulare!! Ma chi me l'ha fatto fare di lasciarle il cd di High School Musical in macchina... Sono dieci anni che ha sempre la stessa suoneria!”
-Sentite: questo è un ospedale, ci sono delle regole di comportamento da rispettare e voi le state infrangendo tutte! E rispondete a questo cavolo di cellulare!
“Oh oh... Il dottorino carino si sta arrabbiando... Benvenuto nella mia vita Dottor Lawson: pazzia assicurata in un mese e problemi allo stomaco in una settimana... La cucina di mia madre è terribile...”.
-Mi scusi... Rispondo subito... Sì, sì... Ma certo che ti ho dato il numero corretto di stanza! Io non sono te! Come?! No, che non può venire anche lei! Ma deve sempre starti attaccata come una cozza?! Lasciamo perdere... Vieni con chi vuoi... Va bene...
-Chi era mamma?
“E poi dicono che i primogeniti sono i più intelligenti... Se trovassi il genio che ha detto questa cosa gli farei volentieri conoscere mio fratello... Cambierebbe immediatamente idea...Chi vuoi che sia fratellone se non il nostro amatissimo e giovanile padre, che sicuramente si sarà voluto portare dietro la sua fidanzata ventenne che potrebbe essere nostra sorella... Ecco, parli del diavolo e...”
-Eccovi! Vi ho trovati finalmente!
-Oh mio Dio!! Ma com'è ridotta male!!
“Perfetto: ora siamo al completo?? Manca qualcun altro ad affollare la stanza? Perché io, sinceramente, stavo proprio bene nel mio tunnel personale... Ma perché diamine quella luce non si avvicina un pochino?!”.
-Ciao Morgan... Kitty...
La voce di Karen suonò incredibilmente stanca e nervosa quando salutò i nuovi arrivati.
-Ciao Karen... Come sta la piccolina??
“Senti ciccia, parliamone... Hai due anni più di me: che cavolo mi tratti come se fossi una bambina di otto anni?!... No, sta pure masticando la gomma con quel suo modo irritante... Mannaggia, portatela via da qui prima che mi svegli e le ristrutturi la faccia con tutta la malta che avrà addosso!”
-Mi sembra evidente come stia... E' distesa su un letto d'ospedale, con una spalla bloccata per una ferita d'arma da fuoco, un'infinità di tubi e aghi che le entrano ed escono dappertutto e il cervello acceso ma che non comanda più il suo corpo... Secondo te come sta?!
“No ti prego... No,Mia... Non lo fare...”.
Lexi poté sentire i singhiozzi della sua migliore amica infrangersi sulle pareti della stanza decisamente troppo affollata, per poi diventare sempre più lievi e concludersi con lo sbattere di una porta.
-Tranquilli... Vado io...
David aveva parlato con un tono così dolce che per poco Lexi non riuscì nemmeno a riconoscerlo. La porta si richiuse di nuovo, questa volta con più delicatezza.
“Forse la mamma non è proprio così fumata..”.
-Immagino che lei sia il padre... Io sono il dottor Lawson... Ho già spiegato la situazione a sua...
“Fermo!! Non lo dire!!”.
-Ex moglie...
Ed eccola lì: sempre la stessa, imbarazzante situazione carica di significati. Karen che guarda il suo ex marito, come a dirgli che se fosse per lei le cose non sarebbero mai andate così, e Morgan che osserva la sua ex moglie con quello sguardo colpevole per la consapevolezza di aver gettato all'aria l'amore di una vita. Lexi poteva anche immaginarsi quella bambola gonfiabile di Kitty che si rimirava le unghie laccate di fucsia.
-Oh... Bene... Cioè... Io ora devo andare... Tornerò più tardi per controllare la situazione... Arrivederci...
-Come sta, Karen?
Il tono di suo padre era estremamente teso e le fece tornare in mente quella volta in cui, a sette anni, si era rotta un braccio e Morgan si era presentato a casa loro tre giorni dopo l'incidente: aveva detto di aver fatto il prima possibile, ma sapevano entrambi che non era stato così.
-Dobbiamo parlarne di fronte a lei?
Lexi sapeva che il riferimento non era sicuramente indirizzato a lei, ma a Kitty, nonostante Mia non sarebbe stata contenta di sentire che qualcuno parlasse della sua situazione clinica di fronte al suo letto.
-Kitty, amore... Potresti aspettarmi in macchina?
-Va bene... Ma fai presto...
“Fortuna che se ne è andata, altrimenti sentivo già le mie mani prudere per la voglia matta di tirarle un pugno... Povera mamma...”.
Quando la porta si fu richiusa alle spalle di Barbie California, Karen riportò la sua attenzione sull'uomo che aveva di fronte, chiedendosi per l'ennesima volta che cosa avessero sbagliato per lasciare che la situazione finisse in quel modo.
-Allora? Quanto è grave?
-Abbastanza, Morgan... Ha un ematoma in testa che impedisce al cervello di comandare il suo corpo... Finché quello non sarà guarito, lei non potrà svegliarsi e forse, anche in quel caso, non sarà più la stessa... Perché, Morgan? Perché?!
Lexi udì i singhiozzi sommessi di sua madre, fino a quando furono attutiti da un corpo che sicuramente li stava raccogliendo su di sé: era quello di suo padre.
-Perché abbiamo cresciuto una ragazza d'oro che è disposta ad aiutare anche chi non conosce come se fosse la persona più importante della sua vita...
-Siamo stati bravi...
-Sei stata brava... Andrà tutto bene, vedrai...
“Oddio... Non mi avevano mai detto una cosa del genere...Sono orgogliosi di me... Io... Io voglio avere un amore come il loro... E' questo quello che sto cercando da una vita... Non importa cosa la vita ti porti a fare, gli errori che tu possa commettere, le strade sbagliate che tu possa intraprendere... Loro si ameranno sempre... Anche io voglio un'amore così...”.
Lexi sentì qualcosa di freddo bagnarle una guancia: una piccola lacrima stava solcando il suo volto. Non poteva ne bloccarla ne nasconderla, ma a dire il vero non l'avrebbe fatto comunque: aveva finalmente capito che quello che aveva sempre sognato, un amore vero e sincero era possibile, doveva solo avere pazienza
.


Hi sweethearts,
ecco il secondo capitolo dove finalmente si cominciano a capire le varie parentele e relazioni tra i personaggi. Ma vi assciuro che ne arriveranno molti altri e le cose si complicheranno decisamente di più ** Spero di poter leggere qualche vostro parere perché ne ho davvero bisogno...
Lots of love xx

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Capitolo 3
*** 22nd August 2013 ***


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22nd August 2013 Morning




“Annotazione a me stessa, da ricordare quando tutto questo strazio sarà finito: quando sei in coma dormi... E nessuno provi a dire che è come se avessi scoperto l'acqua calda, perché sarei proprio curiosa di sapere quante persone pensino che se uno si trova allo stato quasi vegetale mantenga le sue funzioni di veglia e sonno... Io non lo sapevo e ora, invece, sì... Quindi onore alla sottoscritta, che ora deve solo trovare un modo utile per svegliarsi e poter far impallidire i più grandi scienziati del pianeta con la sua straordinaria esperienza extra-corporea... Magari vinco anche il premio Nobel per la miglior scoperta scientifica... Forse così riuscirei pure a far prendere un aereo a mia mamma... No, con ogni probabilità sarebbe disposta a partire anche una settimana prima, piuttosto che mettere piede su un aggeggio-infernale-da-cui-non-posso-scendere-e-che-vola- troppo-in-alto-per-i-miei-gusti... Testuali parole... Che poi, non vedo dove stia il problema di volare a qualche migliaio di metri da terra: se deve giungere la tua ora, arriva pure se stai stravaccata sul divano del salotto di casa tua, sommersa da gelato e lacrime... O anche nel disperato tentativo di realizzare il sogno di una vita ed incontrare la tua anima gemella ad una premieré... Io lo dico per esperienza... Ma che è tutta questa confusione?! Siamo in un ospedale, per l'amore del cielo!! Oh mamma, sto cominciando a parlare come la bisnonna Amelia...”.
La porta della stanza di Lexi si aprì con un sonoro colpo ed un assordante rumore di tacchi sulle piastrelle del pavimento cominciò a diffondersi per tutta la stanza. Karen Golder fece la sua trionfale entrata nella camera della figlia in coma, incurante dello sciagurato Dottor Lawson che cercava di tenere il suo passo e che Lexi riconobbe per il caratteristico rumore della sua cartelletta clinica che veniva aperta e per lo scatto quasi feroce della penna che aveva sempre con sé.
-Signora le ho già...
-Mi chiami Karen, per favore...
-Karen, d'accordo... Senta, le ho già detto che non credo sia la cosa migliore far venire qui tutta quella gente e le telecamere... Insomma, l'equilibrio precario in cui si trova sua figlia potrebbe fortemente risentirne e le condizioni potrebbero peggiorare...
-Ma ieri è stato lei a dirmi che gli stimoli dall'esterno potrebbero far smuovere qualcosa dentro di Lexi e convincerla a svegliarsi! E mi creda: non c'è niente che svegli di più mia figlia di quei cinque ragazzi!!
“Fermi tutti! Cosa ha appena detto?! Sogno o son desta? Okay, forse questa non era la frase più azzeccata, ma seriamente ha detto le parole “telecamere” e “cinque ragazzi”?! Oddio, vi prego: ditemi che non sta parlando sul serio dei miei cinque ragazzi, che non si sta riferendo davvero ai The Rush!! No... Non ci credo... Devo aver capito male... Magari il tunnel dà allucinazioni uditive... Potrei aggiungerlo alla lista delle mie fantastiche scoperte scientifiche che a breve condividerò con il mondo...”.
-Karen, delle stimolazioni dall'esterno sono una cosa, far entrare una troupe televisiva, cinque cantati famosi e annessi assistenti e body guard nel mio ospedale, è tutt'altra! Glielo chiedo per favore: non accetti... Immagini che caos si creerebbe là fuori, se solo si sapesse che la band sarà qui... Orde di fan impazzite bloccherebbero tutta l'area attorno all'edificio e ci sarebbero disagi per chiunque...
-Dottor Lawson, io la capisco... Ma vede: se lei fosse costretto a vedere suo figlio Seth su un letto di ospedale ed avesse la possibilità, seppur minima, di vederlo riaprire gli occhi, mi dica... Lei non farebbe di tutto per avverare quella minuscola possibilità?? Io sono quasi certa che se Lexi potesse sentire la voce di quei ragazzi dal vivo, potesse anche solo respirare la loro stessa aria, tornerebbe da me immediatamente... Mi dica che lei, per il suo Seth, non lo farebbe.
“Ed ecco che Karen Golder sfrutta le sue ineguagliabili doti da psicologa mancata e da grande manipolatrice di menti, quale è sempre stata, per ottenere quello che vuole... Alle volte potrei quasi arrivare ad invidiare la sua sicurezza, ma non ora dato che ha appena detto che vuole portare Hugh, Zack, Lewis, Nate ma soprattutto Lucas da me!!! Odio non potermi muovere, perché se solo potessi giuro sul loro primo EP che starei saltellando in giro per la stanza come una cavalletta sotto qualche sostanza stupefacente... Aspetta, ma se potessi muovermi non sarei qui... Non fa niente, questi sono dettagli in confronto al fatto che vedrò i The Rush!!! Potrei quasi imbarazzarmi per quello che ho appena pensato...”.
-Le manca veramente tanto sua figlia, non è vero?
-Ogni singolo secondo di questi due interminabili giorni... Mi creda quando le dico che non l'ho mai supportata in tutta questa assurda faccenda dell'essere una fan sfegatata... Insomma: ha ventidue anni e si comporta ancora come se ne avesse quindici...
“Non ci posso credere!! Sta seriamente tirando fuori questa storia proprio ora?! Ma cosa diavolo devo fare per farle capire che seguire un gruppo musicale, non implica per forza che sia rimasta all'età mentale di un'adolescente! Io ho la mia vita, i miei interessi e le mie amicizie... Non vedo dove sia il problema se i The Rush facciano parte della mia vita, se il mio interesse più grande sia supportarli in tutto quello che fanno e se la mia migliore amica sia Mia... Okay, forse non dovevo formularlo così questo pensiero, ma insomma il succo del discorso è sempre quello: sono una normalissima ventiduenne con degli interessi stravaganti!”.
-Si figuri che io non vedo girare un ragazzo per casa mia da quando ha lasciato il suo fidanzatino delle medie!
Il Dottor Lawson non poté non lasciarsi sfuggire una piccola risatina, che però non passò inosservata a Lexi.
“Ma che si ride questo! Dico: non ha mai sentito parlare di ragazze serie che non si concedono al primo che capita, ma aspettano il loro principe azzurro?! Che poi io non sto aspettando nessun tipo in calzamaglia celeste e pennacchio... Sto solo attendendo che Lucas Palmer si accorga della mia esistenza... E comunque, grazie tante mamma, le tue parole mi rincuorano sempre tanto...”.
-Eppure è la mia bambina... Sa che le mancano pochissimi esami per laurearsi? In storia... Lei mi dirà: che cosa le serve una laurea in storia di questi tempi... Gliel'ho fatta anche io questa domanda... E sa che cosa mi ha risposto?
Il Dottor Lawson scosse la testa osservando pacificamente quella donna minuta e reattiva che aveva un volto sorridente, nonostante tutto, ma segnato da piccole rughe, dovute quasi sicuramente ad una vita carica di delusioni. Si chiese se molte di esse avessero a che fare con il suo ex marito e la bambola gonfiabile con cui li aveva raggiunti il giorno precedente, ma non osò proferire parola.
-Mi ha detto che studiava storia perché le piaceva avere la certezza che ci fosse qualcuno che si ricordasse di tutte quelle persone che avevano amato, pianto, sorriso e urlato proprio come stava facendo lei in quel momento... Perché così sapeva di non essere stata l'unica e che se ci erano passati loro, poteva farcela anche lei...
“Quella è stata un gran risposta... Dovevo essere in uno dei miei giorni pieni d'ispirazione...”.
Lexi senti qualcosa di umido e delicato posarsi sul dorso della sua mano sinistra, immobilizzata su quel letto d'ospedale: erano le labbra dolci di Karen che le lasciavano un bacio intriso di lacrime, che avrebbe con tutta sé stessa voluto asciugare dal volto di sua mamma. Il Dottor Lawson prese un profondo respiro, come se si stesse per rassegnare ad un'idea che non lo allettava in alcuna maniera ma che non aveva modo alcuno di evitare.
-Va bene...
-Come scusi?
La mano di Karen si strinse più forte attorno a quella di Lexi, la quale cercò di prestare più attenzione possibile a quello che il dottore stava per dire. In fin dei conti da lui dipendeva la sua vita, e non intendeva solo la sua sopravvivenza, ma anche quella sentimentale.
-Ho detto che va bene: può far venire qui la troupe e quel gruppo che tanto piace a sua figlia...
-La ringrazio Dottor Lawson... Veramente.
-Mi chiami Andy, la prego...
-Allora, grazie mille Andy.
Se Lexi non avesse conosciuto bene sua madre avrebbe anche potuto pensare che ci stesse provando con il medico che stava tentando di salvarle la vita, ma appena sentì il rumore della porta chiudersi capì che quelle non erano cose da Karen Golder.
-Ce l'abbiamo fatta, Lexi!!! Vedrai i tuoi adorati The Rush... Verranno qui solo per te!!!
Dal rumore dei tacchi sulle piastrelle del pavimento, Lexi intuì che come minimo stava saltellando sul posto come una bambina di cinque anni davanti allo stand dello zucchero filato, ma se avesse potuto lei avrebbe fatto molto peggio, quindi non poteva lamentarsi.
-Ora, però, tu devi svegliarti, chiaro?? So che puoi farcela, Lexi... Ora vado a contattare quel ragazzone robusto che mi ha lasciato il numero per confermargli la loro visita... Ci vediamo tra un po'...
Un bacio delicato si posò sulla sua fronte e il cervello di Lexi si tramutò in uno shuttle pronto al decollo.
“Non ci posso credere: mia mamma ha il numero di telefono di Pablo! Ma dico, stiamo scherzando per caso?! Io avrei ucciso per avere quel numero ed ora lei lo può contattare per confermare-laloro-visita... Per confermare... Oh mamma!! Oh mamma!!! No!! Okay, respira... Forza Lexi, cerca di mantenere un po' di autocontrollo altrimenti il respiratore non ti starà più dietro... Ma che vada al diavolo anche il respiratore e tutta sta matassa di tubi che ho addosso: io sto per incontrare i The Rush!! Un momento: ma se io sono presa così, bloccata su questo diamine di letto d'ospedale, peraltro scomodissimo, con i capelli sicuramente arruffati, il trucco tutto sbavato e soprattutto l'incapacità di aprire gli occhi a comando, come diamine faccio ad “incontrarli”?! Non è giusto! Sono quattro anni che aspetto questo momento ed ora non potrò nemmeno verificare se gli occhi di Lewis siano veramente più scuri di quelli Nate, se i ricci di Hugh si stiano sul serio raddrizzando o se il tatuaggio che Zach ha sul bicipite destro sia veramente una riproduzione di Page in miniatura o magari se gli abbracci di Lucas siano accoglienti e rassicuranti come ho sempre sognato... Per la prima volta, dopo undici anni di maratona, dove sono sempre stata io quella che correva dietro a lui e che si sentiva sempre un passo indietro -alle volte anche parecchi chilometri, ma fa niente-... Per la prima volta è lui a venire da me ed io cosa faccio?! Me ne sto distesa immobile senza avere la più pallida idea di come fare ad aprire gli occhi o anche solo respirare autonomamente! Perfetto: il mio obbiettivo giornaliero sarà quello di trovare un modo il più veloce ed efficace possibile per risvegliarmi, tornare ad essere padrona del mio corpo ed incontrare finalmente i The Rush! Speriamo solo che Mia passi di qua prima che arrivino i ragazzi, perché a mia madre potrebbe anche non interessare molto, ma a me di farmi vedere come una in fin di vita non ci penso nemmeno... Neanche se fosse la verità... Quindi, amica mia, attiva i poteri della telepatia delle sorelle nate da madri diverse e cerca di captare il mio richiamo: ho bisogno di uno shampoo e di un restauro completo al viso...Ora!!”.
Le infermiere si era susseguite per tutta la mattinata cambiandole un quantitativo esorbitante di flebo, riempiendola di quello che Lexi era quasi sicura essere un rapido modo per salutare definitivamente il suo fegato. Non aveva mai assunto così tanti medicinali in vita sua: il massimo delle sue malattie erano state le placche in gola e un qualcosa di simile alla rosolia quando aveva pochi mesi, con l'unico risultato di farla assomigliare ad una fragola coperta di puntini per il suo quarto mese di vita su questa terra. Logicamente tutte le visite al pronto soccorso che aveva fatto non erano incluse: la sua media di infortuni più o meno gravi era di cinque all'anno per quanto riguardava la fascia dai due ai dodici anni, e poi di tre per la fascia dai tredici ai ventidue. L'ultimo era stata la lieve commozione cerebrale che si era procurata quando il lampadario a forma di roccia della camera di Mia le era allegramente caduto in testa, mentre cercava di trovare una maglietta che le stesse bene dall'armadio dell'amica. Mia le aveva detto che quello si chiamava karma, mentre per Lexi si era trattato solamente della solita sfortuna che la perseguitava e che aveva fatto sì che le viti decidessero di allentarsi definitivamente proprio mentre lei passava di lì. Aveva passato tutta quella mattinata alla disperata ricerca di una soluzione al suo problema, ma le pareti di quel tunnel sembravano non lasciar passare in alcun modo le illuminazioni geniali che di solito la coglievano nei momenti critici.
“E questo è a dir poco un momento critico! Voglio dire: quando mai mi ricapiterà di poter incontrare faccia a faccia la band che seguo sin dalla sua formazione, senza fan urlanti nei dintorni, senza pressioni di tempistiche da rispettare, senza fidanzate a disturbare la nostra chiacchierata... Va bene, magari così è un po' troppo, ma sta di fatto che se non trovo un modo per uscire da questo tunnel nel più breve tempo possibile, perderò la più grande occasione della mia vita... Potrei seguire la luce e vedere che cosa c'è oltre, ma ho come la sensazione che non sia la scelta più azzeccata al momento... Insomma, nei telefilm ogni volta che uno segue la luce va sempre a finire che ci lascia le penne ed io non ho nessunissima intenzione di salutare questo posto... Certo, magari di là sarà anche tutto uno scintillio e un bagliore accecanti, ma io preferisco di gran lunga quel guizzo di luce che si crea agli angoli degli occhi di Lucas ogni volta che sorride... Oddio ecco che ritorna l'iperventilazione...”.
-Ma si può sapere che cosa combini?! Smettila di fare pensieri osceni su quei cinque tipi, altrimenti la macchina impazzirà e l'intero ospedale saprà che sei una pervertita!!
Mia aveva fatto la sua comparsa nella stanza col suo solito modo per niente discreto e creato apposta per mettere in imbarazzo chiunque la conoscesse. Lexi sentì il rumore di qualcosa di delicato sfracellarsi al suolo.
-Cazzo! Oh scusami Lexi!
“Certo, come se ora non dovessi più dire parolacce perché io sono qualcosa di molto simile ad un vegetale... Ti conosco cara, sapevo che non avresti resistito a lungo...”. Mia non lo faceva apposta, ma non essendo una tipa violenta, nemmeno nei confronti delle zanzare d'estate, l'unico modo che aveva per sfogarsi era quello di parlare come uno scaricatore di porto della più bassa specie, ma solo se messa sotto pressione dalle circostante. O se nella stessa stanza c'era David.
-E' caduta tutta la tua trousse di trucchi a terra, ma ora rimedio... Giuro... Ah, non si è rotto nulla per fortuna...
“La mia cipria nuova di Chanel! Per comprarla ho speso praticamente tutta la mia paga settimanale! Che tra parentesi, questo implica che la spesa la dovrai fare tu sta volta, poi ti ridarò i soldi... Ah, giusto, io non mangerò a casa per un po'... Anzi, a quanto pare non mangerò proprio qualcosa che sia anche solo vagamente solido per un altro pochino...”.
Non sapeva cosa fosse, ma Lexi sentì come un nodo salirle dallo stomaco e cominciare a bloccarle la gola, rischiando quasi di farla vomitare. La verità era che tutta quella situazione cominciava a pesarle parecchio: il non poter mangiare schifezze biologiche con la sua coinquilina, il non poter frequentare le ultime lezioni dell'ultimo semestre di università prima della laurea, il non riuscire nemmeno a muovere un dito per asciugare la lacrima di rabbia che sicuramente stava solcando la sua guancia. Ora poteva dare un nome a quel magone che la stava quasi soffocando: era frustrazione, mista alla consapevolezza di essere inerme di fronte a tutta quella situazione. Non avrebbe trovato un modo per svegliarsi da quel coma, almeno non in tempo per l'arrivo dei ragazzi, ma non perché non volesse, piuttosto perché non aveva la più pallida idea di che cosa la bloccasse e le impedisse di porre fine a quella tortura. Fortunatamente Mia non si era accorta di quella lacrima e il suo fiume di parole distrasse Lexi da quelle considerazioni sempre più deprimenti.
-Allora, tua madre mi ha chiamato sta mattina dicendomi che qualcuno sarebbe venuto a farti visita... No, non cominciare di nuovo con tutti i tuoi sdolcinati filmini mentali, che poi sto affare infernale va su di giri ed io sono già sull'orlo di una crisi di nervi!
“Povera Mia... In questi giorni aveva anche l'esame di fine praticantato al London Fashion College... Chissà come sarà andato...”.
-Comunque, dato che so quanto ci tenevi ad incontrare sti cinque tipetti e soprattutto, quanto volessi fare una buona impressione a Lucas, ho pensato che fosse il caso di rimetterti un attimo in sesto per il “grande evento”...
“Lascio stare la vena di sarcasmo contenuta nell'ultima parte della frase e ringrazio il nostro legame di telepatia di sorelle nate da madri diverse, dato che hai risposto al mio grido d'aiuto...”.
-Inoltre non ce la facevo più a vederti ridotta come lo straccio che usa la signora McGale, del terzo piano, per spolverare i suoi preziosissimi vasi in ceramica... Che poi te l'ho mai detto che secondo me uno di quelli è l'urna funeraria di suo marito? Insomma, ha detto di avere due figli, ma con qualcuno dovrà pure averli fatti e, per di più, quel vaso blu è sempre il più splendente di tutti... Te lo dico io: lì dentro ci sono le ceneri di quel pover'uomo che l'ha sopportata per chissà quanti anni... Chissà se era così scorbutica anche da giovane...
Se c'era una cosa della sua migliore amica che Lexi apprezzava più di tutto il resto era la parlantina inesauribile. Era come avere una radio sempre accesa, pronta a tirarti su di morale quando ne avevi bisogno, o a riempirti la testa di sciocchezze come in quel momento.
-Sta di fatto che sono decisissima a sistemarti un po'... Oddio, forse sarebbe più opportuno dire che ho intenzione di trasformarmi in Wonder Woman ed utilizzare i miei super poteri per compiere una miracolosa ristrutturazione, ma forse saresti capace di mandarmi a quel paese anche in queste condizioni. Non voglio rischiare.
Lexi sentì il familiare rumore della sua trousse di trucchi che si apriva, degli ombretti che venivano tirati fuori ed appoggiati su quello che presuppose essere il suo tavolino personale, i rossetti che venivano stappati e i mascara fatti rotolare fuori.
“Non so nemmeno perché ho così tanti trucchi... Non li uso praticamente mai, se non per il fondotinta, la cipria e il rimmel... Perché diamine li compro, se tanto l'unico essere maschile con cui ho contatti ravvicinati è Matt, alias il ragazzo imbottito come una zucchina di allucinogeni?? Oh, giusto! Come dice sempre Kim Kardashian: la vita è una sola, non si può passare inosservati! Va bene, è un po' da sfigati, ma scusate io sono stata semplicemente previdente: siccome sapevo che un giorno avrei incontrato i miei meravigliosi ragazzi, mi sono preparata con tutto l'occorrente... Certo, non avrei mai immaginato che ad usarlo su di me sarebbe stata Mia, ma diciamo che poteva andarmi peggio...”.
-Ma si può sapere come fai?!
“No, non cominciare Mia... Ti prego...”.
-Dico: come cavolo fai a non sentirti in colpa ogni volta che apri questo astuccio?? Insomma: sai quante povere cavie da laboratorio hanno sofferto per permetterti di usare questo rossetto dal colore peraltro improponibile? E quanti innocenti topolini saranno morti per assicurarsi che la tua  faccia non diventasse una mongolfiera appena ti fossi messa su questo blush decisamente troppo rosa?!
“Dai Mia... Per favore, non cominciare con la tua solita solfa su quelle impressionanti palle di pelo che sarebbero morte per me e il mio mascara! Ho sempre controllato che non fossero stati testati su alcun animale, ci tengo alle mie orecchie e sentirti lamentare tutto il giorno le avrebbe solo uccise definitivamente...”.
La macchina che controllava i battiti del cuore di Lexi ebbe un piccolo sussulto.
-Ho capito, ho capito... La smetto... Allora vediamo un attimo che impresa impossibile mi aspetta...
Prese la spazzola dalla borsa gigantesca che si era portata dietro e che per poco non era stata costretta a far controllare dalla sicurezza, in entrata, e poi si mise a pettinare i capelli di Lexi, come se fossero quelli della sua bambola preferita.
“Tre... Due... Uno...”.
-Sai che oggi ho fatto il test per certificare il mio stage?
“Benvenuti su Radio Mia: la stazione che non ti lascia mai sola...”.
-Praticamente mi hanno solo chiesto di presentare i miei modelli e di spiegare un po' perché avessi scelto proprio quelle linee e quei colori... Nulla di ché insomma... Pensa che ho portato anche quella foto che ti avevo scattato a Natale, ti ricordi? Quella dove avevi il cappello da elfo e il mio vestito Una-Notte-Soltanto addosso... Gli è piaciuto parecchio... Spero non ti dispiaccia...
“No!! Quella foto no! Le avevo espressamente chiesto di bruciarla, di darla da mangiare a quella palla di pelo che si ostina a chiamare Ted il Criceto!! Sembro un aiutante di Babbo Natale in versione film per soli adulti! Oh mamma che imbarazzo... E poi volete sapere perché ho bisogno di svegliarmi da questo sonno corporeo... Io ho una reputazione da mantenere lì fuori.”
-Per riassumere: sono passata con il massimo dei voti... E la costumista del London Music Hall mi ha chiesto se mi andrebbe di andare a fare uno stage da lei per la prossima stagione teatrale... Penso che accetterò... Non è mica un'occasione da poco!
“Wow! Ma è fantastico Mia!! Sono così contenta per te!! E' l'occasione che aspettavi da una vita...Ti abbraccerei se solo il mio corpo rispondesse ai miei comandi...”
Cercò di fare dei boccoli il più ordinati possibile che le ricadessero sulle spalle, per poi dedicarsi al viso. Prese il fondotinta e con il pennellino cominciò a stendere il prodotto. Lexi percepì finalmente una seppur minima sensazione provenire dal suo corpo: era fredda e vagamente liquida, probabilmente era il fondotinta che Mia le stava mettendo, ma la diede una piccola speranza. Forse non tutto era perduto. Forse avrebbe potuto per lo meno “sentire” i suoi ragazzi. Subito dopo averle messo un leggero velo di cipria le disse:
-Ti avverto che ti metto solo un filo di mascara sulle ciglia e niente altro, altrimenti non saresti per niente verosimile... Insomma: sei o non sei in coma? L'aspetto da malaticcia un po' te lo devi tenere... E lei che cos'ha da guardarmi così?? La mia amica mi sente quindi è giusto che sappia come stanno le cose...
Una paziente dell'ospedale si era incautamente affacciata alla porta della stanza di Lexi e aveva osato esprimere il suo dissenso per le parole di Mia con una faccia sconcertata, che la ragazza dai capelli biondi e blu non aveva assolutamente apprezzato.
-Fatto!! Certo, non sei  Cara Delavigne ma, anche su un letto d'ospedale, hai il tuo fascino...
“Questo, tradotto per i comuni mortali, significa che sono presentabile... Fortuna che ho sprecato parecchio del mio tempo davanti lo specchio sperando di trovare qualcosa di me che mi piacesse e quindi so come posso apparire al momento... Spero solo che la tonalità di fondotinta sia ancora quella giusta, nonostante il pallidume da ragazza-in-coma... Wow: oggi sono in vena di fare pensieri profondi, a quanto pare...”.
In quel preciso istante la porta della camera, benché fosse già aperta, venne letteralmente spalancata per far entrare una Karen tutta trafelata, che per poco non si scontrò con Mia che stava sistemando tutti i prodotti di bellezza che aveva appena finito di usare.
-Ah, sei qui!!
Mia la guardò palesemente stupita, non capendo bene con chi stesse parlando la donna.
-Pensavo ti fossi dimenticata di passare!
-Signor Golder, quando mai mi sono dimenticata di sua figlia?
“Vediamo: ogni santissima volta che compio gli anni, dato che sono sedici anni che sei convinta sia il 12 di Novembre, quando invece è il 13... Per non parlare della volta in cui mi hai trascinata a quella specie di concerto heavy-metal per vedere il tuo fidanzato dell'epoca, abbandonandomi poi in mezzo a vichinghi barbuti che bevevano birra da un corno, urlando come cavernicoli... O quella volta in cui hai avuto la brillante idea di prendere parte alla marcia contro l'uccisione delle balene e per poco non mi facevi linciare, perché mi avevi dato la via sbagliata ed ero finita in mezzo al corteo pro-caccia!!”.
-Hai fatto proprio un bel lavoro Mia... Brava, Lexi ne sarebbe felice...
“No mamma... Non è che ogni volta che pronunci il mio nome può tremarti la voce... Dai, prometto che torno tra poco...”.
-Oh cavolo!... No, no,no... Cazzo, cazzo, cazzo!!!
-Che succede, Mia?!
“Infatti: che diamine sta succedendo? Perché la sento rovistare così freneticamente dentro la sua borsa?!”.
Mia lanciò a terra la borsa piena di trucchi e spazzole per poi guardare con sguardo pieno di panico la signora Golder: aveva appena combinato un disastro.
-Ho dimenticato a casa il suo profumo!!!
“Ah.. Ma è solo per il... Cosa?! Non hai portato il mio Feel The Rush?! Ma dico: era l'unica cosa che ti ho detto che avresti dovuto mettermi addosso in caso di incidente, morte prematura o incontro con i ragazzi!!! E direi che queste tre condizioni si sono avverate esattamente ora!!”.
-Beh, dai... Se vuoi puoi metterle il mio... Le è sempre piaciuto...
-No, Karen... Lei non capisce! Mi ha fatto fare una sottospecie di giuramento che le avrei spruzzato addosso quantitativi micidiali di quel profumo in caso le fosse capitato qualcosa o avesse incontrato i ragazzi... Un giuramento, capisce?! Aspetta Lexi... Forse ho avuto un'idea... Ferma qui!
“E dove vuoi che vada Mia? Dimmi...”.
Lexi sentì la figura snella dell'amica correre fuori dalla stanza, mentre Karen le sistemava il lenzuolo leggero sulle gambe.
-Certo che è proprio strana Mia... Non si direbbe mica che fosse figlia di uno dei più brillanti avvocati di tutta Londra...
“Non lo si direbbe per il semplice fatto che la madre di Mia è come la perfezione fatta donna, mentre sua figlia è un miscuglio indefinito di idee strampalate ed emozioni travolgenti...”.
-Ce l'ho fatta!!
La ragazza stava rientrando nella stanza tendendo in mano, in modo molto trionfale, neanche fosse stata la coppa per la Maratona di New York, una boccetta trasparente, con un fiocchetto rosa attaccato al tappo a forma di corona. Karen la guardò piuttosto confusa, non riuscendo a capire come quell'oggetto potesse risolvere il suo problema. -Ho dovuto promettere alla ragazzina che c'è nella stanza affianco che avrà una foto con la band che ti piace, ma almeno ora posso sommergerti con il tuo profumo preferito e quando ti sveglierai non avrai voglia di uccidermi!
Il tono di voce euforico di Mia, fece venir voglia di ridere a Lexi, dato che si era appena resa conto che la sua migliore amica aveva praticamente derubato una ragazzina della sua boccetta di profumo, pur di mantenere fede ad una promessa che le aveva fatto. Non sapeva se sul suo volto si fosse formato un sorriso, ma era certa che i suoi battiti cardiaci avessero fatto intuire qualcosa alla sua amica, dato che disse:
-Grazie per aver apprezzato il mio gesto, ma non ti aspettare che rifaccia una cose del genere ancora... Ho praticamente dovuto mettermi in ginocchio per convincerla a darmi questo benedettissimo profumo, per non parlare delle occhiatacce che sua madre mi ha lanciato!
“E poi mi si chiede perché ho scelto Mia come migliore amica: mi sembra piuttosto ovvia come cosa... Avrà anche rischiato di farmi linciare da una mandria di sostenitori della caccia alle balene, ma se ho bisogno di lei, so che basterà chiamarla... Oh mamma mia, quanto mi era mancato questo profumo... Il loro profumo...”.
Mia stava letteralmente impestando la camera con quel profumo misto di pompelmo rosa, bacche selvatiche, ribes rosso, gelsomino, fresia, frangipani, muschio, legno e patchouli, tanto che quando il Dottor Lawson fece la sua comparsa nell'ambiente non molto ampio, per poco non ci rimase secco.
-Ma che diamine...? Signorina!! Apra immediatamente la finestra o intossicherà l'intero reparto!! 
“Caro il mio dottorino, se a lei non piacciono le fragranze floreali può benissimo uscire da questa stanza... E poi qui la paziente sono io, dovrei essere io quella che detta le regole e a me, questo profumo, va benissimo!”
-Si calmi, Andy... Magari Mia ha esagerato un attimo con le dosi, ma questo è il profumo preferito di mia figlia... Magari potrebbe aiutarla a tornare da me, non pensa??
-Se la mette in questi termini...
“E brava la mia mamma... Ha capito il suo ascendente sul dottorino e lo usa a suo favore... Alle volte vorrei veramente avere le sue capacità di rigirare le persone, benché non lo faccia mai con delle cattive intenzioni.... L'unica volta che c'ho provato io con Mia è stato per convincerla a venire alla premieré e guarda com'è andata a finire...”. -Comunque bisogna aprire un po' le finestre, per far cambiare l'aria... Lo dico per la salute di Lexi...
-Ti dico solo che il Dottore-So-Tutto-io ha appena fatto un sorrisino piuttosto inebetito a tua madre... Vedi te se non ti conviene svegliarti al più presto...
Lexi rise mentalmente -anche perché non poteva fare in altra maniera- a quel commento sussurratole sull'orecchio da Mia: quella ragazza era speciale tanto quanto le sue punte blu. Un sonoro stock segnò che la finestra stava per essere aperta e poi....
“Oh mio dio, ma che cavolo?!...”.
Un boato di urla assordanti, molto simili a quelle della premieré e di ogni altra occasione dove fossero coinvolti i The Rush, si fece largo nella stanza dalle pareti celesti e bianche, rifrangendosi su ogni oggetto presente al suo interno e moltiplicandosi, quindi, d'intensità. Karen richiuse immediatamente la finestra alle sue spalle e dopo essersi appoggiata al muro con la schiena, trovò la forza di riprendersi e dire qualcosa.
-Ma che cosa sta succedendo lì fuori?!
-Ero venuto qui esattamente per questo, per avvertirvi che una mandria di fan impazzite è assiepata fuori dall'ospedale che canta e fa cori da stadio per quella diavolo di band e per sua figlia...
La voce del dottore era piuttosto seccata, ma tentò di nascondere il tutto con un sorriso molto più che cordiale rivolto alla signora Golder. 
-Mi dispiace di aver creato tutto questo scompiglio, ma sa che l'ho fatto solo per...
-Per sua figlia... Per Lexi, lo so... Non si preoccupi Karen, abbiamo dei validi addetti alla sicurezza che si stanno occupando di quelle ragazzine...
“L'ho già detto che mi sta antipatico questo tipo?! Insomma, chi è lui per definire quelle ragazze gentilissime delle ragazzine? E se anche lo fossero, dove sarebbe il problema? Stanno facendo dei cori da stadio per me... Voglio dire: quando mai delle persone che non ho mai conosciuto in vita mia si sarebbero prese la briga di venire fino sotto la finestra della mia camera d'ospedale, per farmi sentire il loro appoggio? Mai, a meno che non si parli delle Rushers... Quindi, stia attento a come parla di loro, altrimenti giuro, che quando mi sveglio, gliele scateno tutte contro!”.
-E sempre a questo proposito: in accettazione siamo sommersi di fiori, pupazzi, cd, biglietti e regali di ogni genere... Tutti per sua figlia... Ho pensato di lasciarli lì, per non invadere lo spazio personale di Lexi....
-Io, invece, penso che sia il caso di portarli qui in camera da lei, dato che sono suoi...
“Vai Mia! Corri all'attacco e riprenderti quello che è tuo... Beh, mio a dire il vero... Ma al momento sono piccolezze...”.
Mia lanciò uno sguardo di aperta sfida al dottore, che ormai non sapeva più che cosa rispondere per non sembrare troppo scortese agli occhi della signora Golder.
-Questo credo spetti deciderlo alla madre della paziente...
Le frecciatine e i raggi laser che i due si stavano lanciando da una parte all'altra del letto di Lexi, fecero ridere leggermente Karen.
-Li porti pure qua, Andy... Le assicuro che a mia figlia piace trovarsi nel disordine... Non ha mai visto la sua camera... E poi, un po' di colore non fa mai male...
-Come vuole, Karen... Mando subito un'infermiera a portare tutto...
Quando il rumore scricchiolante delle scarpe del Dottor Lawson si fu allontanato abbastanza, Lexi si mise in attesa del commento cattivo che era sicura stesse per arrivare dalla bocca di Mia, ed infatti:
-Vi giuro che non lo sopporto! Sembra di star a parlare con David! Oh, mi scusi Karen, ma ha lo stesso tono saccente di suo figlio... E tu non ridere, che so che lo stai facendo anche se non puoi muovere la bocca!!
“Ehi, tranquilla... E va bene, stavo ridendo, ma solo perché la tua insofferenza nei confronti di mio fratello è a livelli assurdi, quasi peggio dei miei! No... Non può seriamente avere ragione mia mamma...”.
Nella stanza era sceso un silenzio irreale, che fece bloccare anche i pensieri dentro la testa di Lexi.
-Non le fa strano non sentire la risposta arguta che avrebbe sicuramente dato? Magari con quel suo sguardo come per dire “Che c'è? Mica ho detto chissà che cosa!”...
-Già, manca anche a me... Spero veramente che questo incontro abbia qualche effetto positivo: mi manca mia figlia...
In quel momento la porta della stanza fu aperta di nuovo per fare entrare una delle infermiere del reparto con le braccia cariche di ogni tipo di fiori, pensierini e doni che una persona avrebbe mai potuto immaginare. Mia e Karen si offrirono subito di darle una mano, mentre Lexi poteva percepire, oltre il rumore del loro muoversi per la stanza e le urla delle fan provenienti dalla strada, anche un delicato profumo di fiori che si mescolò con le quantità esorbitanti di “Feel The Rush” che Mia aveva spruzzato dovunque. Quell'attimo di calma apparente le fece rilassare la mente per un attimo, dopo che era stata in modalità iperattiva da quando aveva saputo dell'arrivo dei ragazzi e, cullata da quella dolce fragranza e dal leggero brusio di sua madre, di Mia e dell'infermiera, si abbandonò ad un sonno senza sogni.
     



22th August 2013 Afternoon


Lexi sentì qualcosa di freddo che si posava sulla sua fronte e lo riconobbe come l'anello di fidanzamento di sua madre: aveva tolto la fede subito dopo che Morgan era andato via di casa, ma quell'anello a forma di rondine era ancora sulla sua mano. Una Karen super emozionata la stava osservando, carezzandole la fronte.
-Amore, svegliati... Stanno per arrivare...
“Ma perché io devo svegliarmi se tanto non posso né aprire gli occhi, né muovermi o tanto meno parlare? E poi che ne sanno loro se sono mentalmente presente oppure no?? Mica cambia qualcosa all'esterno... Aspetta... Ma cos'è che ha detto dopo “amore svegliati”?? Perché non sto mai attenta, cavolo!?...”.
-Non penso possa cambiare molto svegliarla oppure no... Insomma, non può parlare né niente...
-Non dire così, Mia... Il dottor Lawson ha detto che parlarle e tenerla impegnata serve per farla tornare da noi... E poi sono quattro anni che aspetta questo momento... O sbaglio?
-Ha ragione, Karen... Insomma, sono quattro anni che io sento parlare solo degli occhi di Lucas, del sorriso di Hugh, dello charme di Zach, delle battute di Lewis e della risata di Nate... Quasi, quasi, pure io non vedo l'ora di conoscerli personalmente... Solo per capire se Lexi abbia esagerato come al solito con le descrizioni...
“Allora è vero. Stanno per arrivare. Sarò nella stessa stanza con i The Rush. Lucas sarà a pochi centimetri da me. Io... Io...”.
-Karen, sono arrivati...
La voce del dottor Lawson fece capolino dalla porta della stanza e dopo che lui fu entrato una schiera di dieci persone fece il suo ingresso: Pablo, il bodyguard che aveva salvato la vita a Mia; due cameraman, muniti di due telecamere piuttosto ingombranti; un microfonista; Lewis; Zach; Hugh; Nate; Lucas e... Sophia. Forse la faccia contratta in una strabiliante espressione di shock di Mia poteva esser dovuta al fatto che le descrizioni di Lexi non si fossero scostate di molto dalla realtà, o che fossero tutti molto più “maturi” di quanto avesse mai immaginato. O forse ancora per l'espressione di sincera apprensione e profondo dispiacere che si leggeva sui loro volti, non perfetti ma assolutamente attraenti. I due cameraman si posizionarono uno attaccato alla parete, vicino alla finestra, mentre l'altro giusto dietro le spalle di Karen, che ancora non riusciva a capacitarsi di quello che le stava accadendo attorno, non fosse stato per il fiato pesante dell'uomo che imbracciava la telecamera. Pablo fece segno ai ragazzi di accomodarsi, mentre anche il microfonista prendeva posto con il suo braccio culminante in una specie di topo morto, che fece venire dei brividi di disgusto allo spirito animalista che c'era dentro Mia. Lewis, il primo dei cinque, jeans scuri risvoltati e canottiera nera slabbrata con fantasia che faceva vedere tutti i tatuaggi che aveva sulle braccia, si fece avanti sistemandosi nervosamente il cappello di lana grigia che aveva in testa, nonostante fosse piena estate, mettendosi ai piedi del letto di Lexi, sfiorando la sbarra di metallo fredda con le mani, come a ricavarne una forza sconosciuta. Dietro di lui, Zach, pantaloni neri e maglietta bianca, cercava disperatamente qualcosa su cui fissare la propria attenzione, che non fosse la ragazza in coma di fronte a lui, tanto che con qualche difficoltà riuscì a sistemarsi vicino a Lewis, evitando la sedia che ingombrava il passaggio tra il muro e il letto. Continuava a giocare con le mani, tenendole davanti a lui, intrecciate, neanche fossero un amuleto da sfregare per avere un po' di fortuna nel momento del bisogno. Hugh non aveva dismesso il suo solito sorriso contagioso, ma l'aveva ridimensionato ad uno più comprensivo e di supporto, che indirizzò immediatamente a Karen. Le due catenine, che si intravvedevano dalla camicia chiara lasciata aperta, tintinnavano, scontrandosi tra di loro, mentre Hugh si fermava giusto davanti alla figura inerme di Lexi, nascondendo le sue mani grandi e affusolate dietro la schiena, dopo aver scompigliato i folti capelli mossi. Lanciò un'occhiata al ragazzo che doveva essere dietro di lui, ma che si era inspiegabilmente bloccato pochi passi dopo la porta. Nate, occhiali da sole calcati sui capelli biondi, maglietta bianca con maniche a tre quarti nere e bermuda di jeans, era come paralizzato da quanto gli si presentava davanti gli occhi, ma quando sentì il peso dello sguardo non solo di Hugh, ma anche degli altri presenti su di lui, si mosse in direzione dei compagni di band, sempre con gli occhi celesti fissi verso Lexi. Appena raggiunto Hugh, mise le mani in tasca, tormentandone l'orlo con i pollici, incapace di trovare pace. Lucas si fece avanti tenendo la sua mano intrecciata con quella della ragazza per cui Lexi aveva rischiato la vita, Sophia. Nel suo paio di jeans scuri e stretti, con la semplice maglietta blu, quasi sfigurava vicino a quella donna estremamente bella, che faceva la modella per professione e che mai, nemmeno una con tanta autostima, avrebbe anche solo accettato il confronto. Figurarsi una come Lexi. Lucas strinse di più la presa su quell'intreccio di mani e la ragazza in pantaloni perla e camicetta senza maniche verde, scostò i lunghi capelli castani dietro le spalle, portandosi una mano alla bocca, non appena la visione di Lexi su un letto d'ospedale si palesò anche davanti a loro. Mia non poté fare a meno di pensare che, benché le dispiacesse per Lexi, quei due stavano veramente bene assieme e il modo in cui ora Lucas le cingeva la vita, di fronte a quel letto d'ospedale, era una chiara dichiarazione d'amore. Eppure, in tutto questo, Lexi non sentì altro che dei passi sul freddo pavimento della stanza. Erano quattro lunghissimi anni che sperava in un momento del genere e l'unica cosa che riuscì a sentire furono dei semplici e banalissimi passi. 
“Non ci credo... Non può essere... Avanti: cosa mi serve ancora per farmi svegliare?! Ti prego, chiunque abbia in mano le redini di tutta questa storia, fammi svegliare ora!! Prometto di pagare l'affitto per i giorni che ho trascorso in questo confortevolissimo tunnel, ma ora fammi tornare da mia madre, da Mia e dai The Rush!!! Per favore, sono qui, di fronte a me ed io non posso nemmeno vederli!! Sono quattro anni che aspetto questo momento... Io... Io voglio svegliarmi...”.
Lexi voleva urlarlo, far sapere loro che ce l'aveva fatta, che era sopravvissuta e che per il suo incredibile gesto, meritava come ricompensa di poterli incontrare... Ma sentiva, dentro di sé, che niente si stava smuovendo, che nulla cambiava, se non per un'enorme tristezza e un'immensa delusione che stavano crescendo dal profondo del suo cuore. Non era giusto e non riusciva ad accettarlo. La stanza rimbombava di un silenzio surreale, che per cinque casinisti come erano i The Rush era assolutamente impensabile, infatti, dopo poco, Lewis prese la parola.
-Signora Golder...
-Chiamatemi Karen, per favore... Sono così felice che siate qui...
Lexi voleva sapere, voleva capire che cosa stesse succedendo e fu allora che Mia si ricordò del perché fosse lì, abbassandosi vicino all'orecchio di Lexi.
-Sophia ha preso le mani di tua madre tra le sue e la sta consolando... Io...
Non era mai stata a corto di parole, ma in quel momento Mia sentiva di non riuscire a dare una descrizione veritiera di ciò che stava accadendo in quella stanza, forse perché le sembrava così surreale e difficile da credere. Ma sapeva altrettanto bene che se non avesse fatto una descrizione minuziosa di quanto stava accadendo in quel momento, Lexi l'avrebbe fatta fuori non appena si fosse svegliata.
-Giuro che questa Sophia sembra veramente dolce... E Lucas continua a tenere la mano sul suo fianco con fare molto protettivo... Lewis è vicino a me, poi ci sono Zach, Hugh e Nate... Sai, per la prima volta da quando ci conosciamo, sono costretta ad ammettere che le tue descrizioni non sono state per niente esagerate... Sono veramente dei gran bei pezzi di ragazzi... Soprattutto quel...
Mia si interruppe nell'esatto istante in cui sentì undici paia di occhi puntati su di lei, dodici se si considerava anche il microfonista intento a non perdere l'equilibrio con quel topo morto in mano.
-I dottori dicono che può sentire tutto...
Le guance di Mia si colorarono di un vivo rosso, cosa che tentò di nascondere con un colpo di tosse che le fece abbassare la testa.
“Sempre sia lodato chi ti ha inventata Mia!! Sono quasi sicura che Hugh le abbia lanciato uno dei suoi sorrisi ammalianti, facendola arrossire come un semaforo... Forse non sarà così male... Magari, sarà più o meno come incontrarli, se Mia continuerà a farmi la telecronaca...”.
-Infatti! Piacere, sono il dottor Lawson e mi occupo della salute di Lexi...
-E di nasconderle tutti i regali che le vostre fan le hanno portato...
Forse il commento di Mia era stato pensato sottovoce, forse solo per Lexi, ma il risultato fu quello che Lewis si lasciò sfuggire una risata che venne subito bloccata da una sberla di Zach sulla gamba e da un'occhiataccia di Lucas.
“Oddio: la risata di Lewis!! E' veramente bella!! Sapevo che Mia avrebbe detto qualcosa che lo avrebbe fatto ridere... Lei non sa tenere la lingua ferma e lui adora le frecciatine...”.
-Okay, va bene... Vedete, Lexi può sentire tutto ma il suo copro non risponde agli stimoli che il cervello invia... E scusateci, ma siamo ancora tutti abbastanza scossi per quanto è successo...
-La capiamo signora... Karen , mi scusi... Anche noi non possiamo ancora credere a quello che è successo. E' assurdo...
“Lucas... La sua voce... La sua dolce e calda voce... Non è cambiata di nulla da quando frequentavamo la stessa classe... Strano che non se ne sia ancora ricordato...”.
-Non so proprio come ringraziarla per quello che ha fatto... Io devo la vita a sua figlia...
“E così, questa è la tua voce, cara la mia perfetta Sophia, appena uscita dalla confezione di Barbie Fashionista...”.
A confermare i suoi pensieri ci pensò Mia, che le sussurrò:
-Dovresti vedere la sua faccia, Lexi... Se fosse un quadro si intitolerebbe “La Gratitudine”...
“Fantastico! Grazie Mia, hai reso perfettamente l'idea... Il ragazzo di cui sono perdutamente innamorata da undici anni ha appena trovato la donna della sua vita ed io ho pure rischiato la mia, di vita, per salvarla!! Ma cosa ho fatto di sbagliato per meritarmi questo?! Cosa?! Magari, però, il  mio gesto potrebbe farlo dubitare... Insomma, non capita tutti i giorni di trovare una persona che rischi letteralmente la propria vita per salvare quella di qualcun altro... Forse Lucas si innamorerà di me per quello che ho fatto... Non si sa mai che decida di venirmi a trovare giorno dopo giorno per sapere come sta la sua salvatrice e poi, grazie ai racconti dei miei familiari e dei miei amici, cominci a trovarmi finalmente alla sua altezza e si innamori di me e poi...”.
-Ed anche io le devo la vita: se non avesse salvato Sophia, per me sarebbe stato come morire...
“... Non è possibile... Non è seriamente possibile.... Io... No... Non posso aver buttato all'aria undici anni, dico undici anni della mia misera vita da provinciale qualunque, nonché quasi la mia stessa esistenza, per... Per questo! Per una smielata, stucchevole e tremendamente dolce e intesa dichiarazione d'amore per un'altra! Non è possibile!!!”. La macchina che registrava il suo battito cardiaco prese a suonare incessantemente, cercando di mantenere il ritmo del suo cuore che ormai galoppava a suon di amarezza per quella situazione e per l'ennesima cocente delusione d'amore. Forse la più grande.
-Come mai le macchine sembrano impazzite? Quel timbro roco e dolce si insinuò nei pensieri di Lexi, distraendola un istante, e ci pensò sua madre a risolvere i dubbi di Hugh. -Penso sia un modo di Lexi per poterci dire che vi ha sentiti...
-Sua figlia è una ragazza d'oro... Non tutti avrebbero fatto lo stesso al posto suo... Io sono tenuto per lavoro ad occuparmi della loro sicurezza, ma sua figlia ha rischiato la vita perché è una fan...
-Grazie Pablo... Sapete: sono quattro anni che aspettava di incontrarvi... Era a quella premieré solo per quello... 
Questa volta non ci provò nemmeno a bloccarla, perché sapeva che non sarebbe servito a niente. Perché sapeva che non poteva semplicemente bloccarla. Quella lacrima scese imperterrita lungo la sua guancia leggermente truccata, portandosi dietro non solo tutti gli sforzi di Mia per farla sembrare almeno una pallida imitazione di una ragazza carina, ma anche una certa tristezza per quella situazione e un po' di imbarazzo per quelle parole che la riguardavano. Non se ne accorse nessuno, perché tutti erano concentrati ad ascoltare le parole della signora Golder o a contemplare quelle macchine che sembravano impazzite. Eccetto una persona, che non aveva smesso di guardare il volto di Lexi dall'esatto momento in cui era entrato nella stanza: Nate ebbe l'istinto di sporgersi per raccogliere quella goccia che gli sapeva tanto di tristezza, ma si trattenne dal farlo, dato che le telecamere erano intente a filmare ogni loro gesto.
-Noi le dobbiamo tutto... Ma se lei sente ogni cosa, ci sono buone probabilità che si riprenda, vero?
Le iridi irrimediabilmente verdi di Hugh si voltarono a guardare una Mia sempre più concentrata a fare la telecronaca a Lexi, ma quando la ragazza si sentì osservata alzò involontariamente gli occhi verso di lui, rischiando di far tramutare pure le punte dei capelli da blu cobalto a rosso carminio.
-Potevi dirmelo che uno di loro aveva due occhi da far paura!!
“Potevi ascoltarmi mentre ti parlavo di loro, invece di dirmi che stavo perdendo il mio tempo... Anche se, a quanto pare, avevi ragione tu...”.
-Beh... Diciamo che ci sono buone possibilità che si riprenda... E' una guerriera Lexi...
-Ma dimmi: proprio la brutta copia di Ridge di Beautiful doveva seguirti?? Un bel Patrick Dempsey no??
Come al solito il commento di Mia non era passato inosservato, anzi. Questa volta era riuscita a farsi sentire anche da Hugh, che ora le stava sorridendo divertito.
-E quanto potrebbe volerci?
“Finalmente qualcuno che fa la domanda giusta! Grazie Zach per usare poche parole, ma sempre quelle più opportune... Allora dottore: quanto ci vorrà perché mi riprenda, dato che nemmeno con l'arrivo dei miei idoli che aspettavo da quattro anni e la scoperta che Lucas non mi guarderà mai in quella maniera, il mio corpo ha deciso di riprendere a sottostare ai miei comandi?? Allora, dottor Lawson??”.
-Questo è difficile da dire... Dipende tutto da Lexi e da come l'ematoma che si è formato alla base del suo cranio si riassorbirà... Ma confidiamo tutti in lei...
-Quindi potrebbe anche non risvegliarsi?
Zach non riusciva proprio a guardarla quella ragazza che aveva rischiato la vita per proteggere uno dei suoi migliori amici. Lui stesso si era accucciato a terra quando aveva sentito lo sparo, mentre lei era rimasta in piedi e aveva fatto qualcosa, anzi, più di qualcosa: si era messa in mezzo alla traiettoria di una pallottola per salvare la vita a Lucas. Perché lui se ne era accorto subito di come il colpo avrebbe colpito lui e non Sophia, come invece era nei progetti di quella squilibrata.
“Fate una statua a Zach Makil e alle sue domande intelligenti... Le uniche che ho sentito fino ad ora...”.
-No... Si sveglierà,io questo lo so... Magari non sarà più quella di una volta... Anzi, speravo che accadesse proprio oggi, vedendovi, ma a quanto pare non è ancora il momento...
-Vedrà che ce la farà, Karen... E' una ragazza speciale: tornerà da voi...
La voce di Sophia era così calda e rassicurante che per un istante persino Lexi si sentì confortata da quelle parole, ma durò solo un attimo.
-Scusami Lexi, ma è veramente carina e gentile... E' impossibile volerle male...
“Mia, sul serio, sto pensando di svegliarmi solo per picchiarti selvaggiamente e ricordarti che sono io la tua migliore amica e non Miss Perfezione 2013... Lasciamo perdere va'... Si dice che se si ama una persona si è disposti anche a lasciarla andare... Vorrà dire che dimostrerò il mio amore per Lucas lasciandolo tra le braccia della vincitrice del concorso Modella Più Dolce Del Pianeta... Peccato però: pensavo che mettermi tra lui ed una pallottola che lo avrebbe ucciso potesse essere un buon modo per far sì che si ricordasse di me... Maledetto sarcasmo che non mi abbandona nemmeno qua...”.
-Possiamo fare qualcosa per aiutarla??
Non era nello spirito di Lewis restarsene lì senza fare nulla, specialmente se si sentiva così dannatamente in debito con qualcuno.
“Devo smetterla di torturarmi per Lucas... Cavolo: ho i The Rush a pochi passi da me e mi sto ancora lamentando! Che carino che sei Lewis, ma no: non potete far nulla... A meno che non siate capaci di procurarvi una cannuccia succhia ematomi cerebrali e non possiate fare in modo che il vostro amico si innamori di me... Ed ecco che ci risiamo...”.
-Potete parlarle... Sente tutto e penso che a mia figlia farebbe piacere avere qualche parola d'incoraggiamento da voi...
Nella stanza calò di nuovo un silenzio pesante come il tacchino che Karen si ostinava a fare ogni Natale, cercando di imitare la ricetta di nonna Amelia: forse con un'accetta sarebbero riusciti a tagliarlo. 
“Mamma ma cosa ti viene in mente?! Dico: questo rientra nella top five del manuale ComeMettere-In-Imbarazzo-Qualcuno!!... Sul serio: io cosa ho fatto di male?! Insomma, ho appena scoperto che il ragazzo per cui ho tenuto da parte il mio cuore per undici anni ha trovato la donna perfetta per lui, e guarda caso non sono io... Aggiungiamoci poi che ho incontrato la mia band preferita per modo di dire, dato che sono bloccata su un letto d'ospedale, senza poterli vedere e abbracciare... Ed ora mia madre li mette pure in imbarazzo dicendogli che dovrebbero parlarmi... E l'unica domanda che rimane da fare è: perché?! ”.
Lewis, che da sempre era stato il più propenso a risollevare anche le situazioni più imbarazzanti e tese, benché spesso lo facesse con battute non proprio adeguate all'occasione, prese la parola e, avvicinatosi a Mia le chiese con uno sguardo se poteva avvicinarsi. Mia non poté far altro che spostarsi vicino al cameraman che era ancora immobilizzato vicino alla finestra, sperando che il cuore della sua amica non perdesse troppi battiti o non ricominciasse a schizzare come un pazzo appena uno di quei ragazzi si fosse avvicinato a lei. Forse le conveniva cominciare già a trovare qualche scusa plausibile. Lewis avvicinò la mano al braccio di Lexi e quando le sue dita si posarono sulla sua pelle nuda sentì il respiro bloccarsi.
“No... Il mio respiro non può bloccarsi, perché non sono io a respirare autonomamente... Ma le sue mani fredde e avvolgenti le sento eccome... Oddio: Lewis mi sta sfiorando il braccio!! Sul serio Lexi: questo è il momento per darsi una calmata e...”.
-Ehi Lexi... So che mi senti e voglio che tu sappia che ti aspettiamo qui... Io e i ragazzi... Vogliamo vederti in prima fila ad uno dei nostri concerti il più presto possibile... Non mollare...
“Io... Io non vedo l'ora... Ma perché mi sembra che il cuore stia per rischiare di uscire dal petto?! Grazie Lewis, sul serio...”.
Quando il tocco energico di Lewis si fu spostato dal  braccio di Lexi, venne presto rimpiazzato da quello caldo e leggero di Zach, di cui riusciva a sentire persino il tipico odore da tabacco misto a profumo da uomo.
-Ehi... Ehm, grazie per aver salvato il mio migliore amico... Ora non mollare, però... Page ti saluta... A presto Lexi...
Le aveva parlato vicino all'orecchio, di modo che solo lui potesse sentire quelle parole che gli erano costate una fatica immane, perché tutto gli sembrava ancora così assurdo e impossibile che trovare una frase opportuna da dire gli era parsa un'impresa titanica. Lexi si beò di quel soffio caldo sull'orecchio, come se non avesse aspettato altro per tutta la vita, ringraziando mentalmente Zach per la sua proverbiale riservatezza e quella splendida ragazza che stava per sposare e che l'aveva mandata a salutare. Erano una delle coppie più dolci che lei avesse mai visto.  Sentì un ticchettio avvicinarsi alla sua sinistra e ricollegò quel suono all'unico dei quattro che indossava delle scarpe capaci di produrlo: Hugh e i suoi inseparabili stivali in camoscio marrone erano a pochi centimetri da lei, provocandole non pochi sbalzi ormonali. Era una ragazzo molto gentile con tutti e a dir poco espansivo con le persone che gli andavano a genio, così nessuno si stupì quando intrecciò le sue dita lunghe e affusolate con quelle di Lexi. Quella che però rischiò l'infarto nonostante i sedativi e i farmaci con cui la imbottivano, fu proprio lei che udì chiaramente i battiti del suo cuore farsi più accelerati e sconclusionati, un po' come i suoi pensieri.
“Io... Cioè, le sue dita tra le mie.... Insomma... Ecco...”.
-Ehi principessa...
“Ma allora lo fai apposta?! Ma dico: ti sembrano cose da sussurrare con quella maledettissima voce roca che ti ritrovi all'orecchio di una povera disgraziata in fin di vita?! Questo vuol dire darle il colpo di grazia!”.
-Guarda che io voglio vedere i bellissimi occhi che tieni nascosti lì dietro, il prima possibile... Hai capito? Non deludermi, Lexi...
“Altro che premio nobel per la miglior scoperta scientifica! Quando mi sveglierò e avrò detto a tutto il fandom quello che mi hai appena bisbigliato all'orecchio, caro il mio Hugh, diventerò la ragazza-salvata-dalle-parole-di- Hugh-Stime... Una celebrità praticamente!! Dio mi sto rincretinendo per davvero...”.
Se i ragazzi fossero andati secondo l'ordine con cui Mia glieli aveva descritti, a breve Lexi avrebbe dovuto sentire la voce di Nate riempire la stanza, cosa che stranamente non era ancora avvenuta.
“Ma non solo in questo momento... Non ha praticamente mai parlato e nemmeno riso... So che la situazione non è delle più divertenti, ma sentire la sua risata sarebbe stato fantastico... Chissà perché non ha mai aperto bocca?...”.
I pensieri di Lexi furono bloccati questa volta da un tocco gentile che si poggiava al dorso della sua mano destra, facendole capire che fosse il turno di Sophia.
-Grazie mille, Lexi... Non potrò mai ringraziarti abbastanza per quello che hai fatto per me... Ti sarò debitrice a vita... Spero che tu ti possa svegliare presto, perché avrei proprio voglia di conoscere la ragazza fantastica che sicuramente sei. Magari potremmo anche diventare amiche...
“Credimi che se solo potessi conoscere anche un decimo di quello che io penso sul tuo ragazzo, ti passerebbe all'istante tutta questa assurda smania di essermi amica... Lo volete capire tutti che io ho salvato Lucas e non te?! Che poi: vi immaginate me e Miss Perfezione in un'intensa sessione di shopping per le strade londinesi? Io sì, con lei che si prova i capi più alla moda e che le calzano divinamente e la sottoscritta a fare da portaborse, mentre le fumano le orecchie per l'invidia e la frustrazione... Un quadretto delizioso...”.
Percepì le sue dita lasciarle il braccio e una figura farsi più vicina: non ebbe bisogno nemmeno di sentirlo parlare o di percepirne il tocco, poiché sapeva già chi fosse. Lucas aveva un profumo indimenticabile, che Lexi aveva imparato a studiare e riconoscere tra mille altri in quei lunghi anni di osservazione nell'ombra, che aveva portato avanti alle superiori. Non era cambiato di nulla: stesso mix di menta, cannella, arancia e cuoio... Insomma aveva addosso sempre e comunque il suo One Million, che sulla sua pelle diventava semplicemente il perfetto incrocio tra freschezza e sensualità.
“Quanto mi era mancato il suo profumo... A dire il vero mi era mancato lui... Insomma, il giorno prima frequentava la mia stessa classe di falegnameria ed il giorno dopo si stava esibendo davanti a fan impazzite su un palco più grande del mio appartamento... Sì, mi mancava il mio Lucas...”.
Quando la sua mano sfiorò la pelle immobile di Lexi, soffermandosi sul dorso della sua mano, tutti nella stanza poterono sentire il “bip” della macchina farsi più frequenti, segno inequivocabile che lei fosse più presente che mai.
-Vorrei dire un sacco di cose, ma penso che la più importante sia questa: grazie Lexi. Per aver salvato la mia vita e quella della ragazza che amo... Grazie per aver rischiato così tanto per una persona che non conosci e che ti ha donato solo qualche canzone... Mia stava per aprire bocca e fargli presente che lui la conosceva bene quella pazza squilibrata della sua migliore amica, che erano undici anni che lei lo rincorreva in giro per il mondo sperando che lui si accorgesse di lei, ma il cameraman le fece segno di stare in silenzio per non rovinare il momento. - Grazie per non aver avuto paura come invece ne abbiamo avuta tutti noi... Sei una ragazza forte Lexi, non mollare proprio ora... La tua famiglia ti sta aspettando... La tua amica ti sta aspettando... Pure i ragazzi non vedono l'ora che tu ti svegli... Ma soprattutto io sto attendendo che tu riapra gli occhi, per ringraziarti di persona... Forza Lexi...Io mi fido di te...
La voce di Lucas si incrinò pericolosamente, così decise di finire lì quel discorso che l'aveva sconvolto più di quanto avesse mai potuto immaginare. La voce di Pablo echeggiò nella stanza, annunciando che fosse giunto il tempo di andare. Il dottor Lawson si offrì di accompagnarli fuori, mentre tutti i ragazzi e Sophia salutavano la signora Golder con abbracci e parole di incoraggiamento. Lexi sentì un indistinto numero di passi uscire dalla sua stanza, accompagnati dalle voci familiari di Karen e di Mia. Era sola, eppure le sembrava che ci fosse ancora qualcuno con lei e fu in quel momento che percepì una mano poggiarsi sulla sua, raccogliendola completamente e un paio di labbra soffici e sottili lasciarle un casto bacio sulla fronte. Poi la porta si chiuse alle spalle della figura sconosciuta, lasciandola realmente da sola con il tornado di pensieri che si stava abbattendo nella sua testa. Non le erano sembrate le labbra né di sua mamma né di Mia, ma d'altra parte non potevano essere di nessun altro e comunque al momento non le importava granché, benché quello fosse stato uno dei baci più dolci che avesse ricevuto negli ultimi cinque anni della sua vita.
“Non si ricorda di me... Nemmeno quando ha sentito il mio nome... Non sa chi sia, ma mi vuole ringraziare perché ho salvato la sua ragazza... Mi aspetta e si fida di me solo perché ho preso una pallottola al posto suo e non perché si è accorto che sono quella ragazza che lo ha fatto ridere con le mie figuracce in classe, che gli ha fatto l'imbocca al lupo su Twitter quando ha partecipato alle prime audizioni, che ha portato il primo cartello di supporto per la band ad una puntata del programma, che ha visto quasi tutti i loro concerti a Londra, che non ha mai smesso di sperare che i nostri sguardi si incrociassero e che tu ti accorgessi finalmente di me... Almeno, non avevo mai smesso di sperarci fino ad adesso...”. Si sentiva stupida, sciocca ma soprattutto vuota. Vuota perché aveva rischiato la propria vita per una persona che non sapeva nemmeno che lei esistesse e che, con ogni probabilità, si sarebbe dimenticato di lei appena il suo mondo avrebbe ricominciato a girare per il verso giusto, mentre quello di Lexi si era bloccato del tutto.



Hi sweethearts **
Sono tornata dopo più tempo del previsto, ma con un doppio capitolo, quindi spero di essermi fatta vagamente perdonare ^^ Forse avrete notato che i nomi non sono quelli reali, perché il racconto era nato come storia generale, ma direi che sia piuttosto chiaro a chi facciano riferimento... Spero di leggere qualche vostro commento, perché ne avrei davvero bisogno...

Lots of Love xx

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Capitolo 4
*** 23rd August 2013 ***


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23rd August 2013


Era tutto finito.
I ragazzi se ne erano andati da più di dieci ore, dato che era appena passata la mezzanotte. Lo sapeva solo perché aveva udito le infermiere fuori dalla sua camera darsi il cambio in accettazione, dato che il buio che c'era davanti i suoi occhi era sempre lo stesso, immutabile, da ormai tre giorni. Quando Mia e Karen erano tornate nella sua stanza, dopo che i ragazzi se ne erano andati, Lexi aveva fatto di tutto per non ascoltarle: non voleva sentire i pigolii di sua madre su quanto quei cinque fossero adorabili; non voleva ascoltare nessuna delle considerazioni che andavano dal cinico all'adorante di Mia; ma soprattutto non voleva minimamente percepire alcun accenno che riguardasse Lucas e Sophia. Solo pensare a loro le faceva venir voglia di fare un passo avanti verso quella luce bianca che continuava ad illuminare quel tunnel che la teneva intrappolata da ormai troppo tempo.
“E' tutto finito...”.
Questo pensiero era stato l'unico a riempire la sua mente stanca ma incapace di spegnersi, da quando i The Rush erano usciti dalla porta di quella odiosa camera d'ospedale. Ed era per colpa di quell'insidioso pensiero che, benché fosse scoccata la mezzanotte da un pezzo, ancora non riusciva a dormire.
“Non ci posso credere di essere stata così stupida... Insomma, sto per laurearmi in Storia e la mia media ponderata è del 29.4! So a memoria gli alberi genealogici di tutte le dinastie succedutesi al trono dell'Impero Giapponese!! Sono una ragazza intelligente, per l'amor di dio, come cavolo ho fatto ad essere così cretina?! Non è possibile... Siamo sinceri: io capisco che nella mia adolescenza non ero proprio un fiore, che avevo i brufoli e che i capelli sembravano un pagliaio con galline in rivolta... Ma non ricordarsi completamente di me?! Lo so, non ero popolare e la tappezzeria aveva più contatti di me con lui, ma non pensavo di essere stata trasparente!!...”.
Forse era proprio quello che la feriva di più: il fatto che Lucas non si fosse ricordato di lei. Come se tutta la fatica che aveva fatto per seguirlo in quegli anni di scuola assieme fosse stata buttata all'aria, per cosa? Per orde di fan impazzite, per concerti ogni notte in una parte di mondo diversa, per una fidanza che sembrava la reincarnazione della bellezza decantata dai poeti.
“Beh, forse anche io non mi sarei ricordata di me stessa se ogni giorno vedessi migliaia di facce diverse e incontrassi centinaia di persone che si aspettano che mi ricordi di loro... E poi, siamo realisti: per quale motivazione si sarebbe dovuto ricordare di me? In fin dei conti non ho nulla di particolare, sono una banalissima ragazza di Southampton che vive con la sua migliore amica con le punte dei capelli blu, con dei genitori divorziati ma ancora perdutamente innamorati l'uno dell'altra, e una fissazione preoccupante per una boy band di ventenni... Ah giusto: e che ha passato gli ultimi undici anni della propria vita a sperare che un giorno, tutto questo, sarebbe stato ricompensato da un suo bacio... Certo, altro che laurea in Storia... Sono una deficiente completa...”.
Evidentemente qualche altra lacrima era scesa sulle sue guance, dato che l'infermiera che periodicamente andava a controllare le sue funzioni vitali, le disse:
-Ehi piccola! A me sembra che piangi un po' troppo spesso per la tua giovane età... Non ti preoccupare, tornerai presto con noi... E vedrai che tutto si sistemerà...
Non seppe perché, ma le parole affettuose di quell'infermiera e la delicatezza con cui stava raccogliendo quelle lacrime che sarebbero dovute restare segrete, la rincuorarono un poco e Lexi riuscì finalmente ad abbandonarsi all'ennesimo sonno senza sogni. Il rumore di un sacchetto di carta che veniva accartocciato e lanciato contro quello che dedusse essere il cestino, la svegliò e le fece sapere che non era più la sola a riempire quella stanza.
-Allora... Cosa mi racconti di bello oggi, cara la mia Lexi??
La voce squillante della sua migliore amica sembrava impegnata nel farsi strada tra quella che, senza ombra di dubbio, era una brioche alla cioccolata. Conosceva quella ragazza da qualcosa come un'eternità e non c'era stata mattina in cui non avesse fatto colazione con il suo amato croissant straripante di crema al cioccolato.
“E non ingrassa... Mai!”.
-Sai, penso che oggi venga qui tuo padre... Ieri ho sentito qualche pezzo di una chiamata di tua madre con lui... Ma dimmi: si amano ancora quei due, vero?? Kitty è solo una banale copertura per non ho ancora bene capito cosa... Si vede lontano un miglio che a tuo padre non piace...
“Non dirlo a me Mia... Io sono anni che tento di far aprire gli occhi ad entrambi ma sembrano voler rimanere ciechi di fronte al loro amore... Ma si può sapere perché diamine le rispondo se tanto non sente un tubo di quello che dico??”.
-Spero solo che non si porti dietro quel fantoccio di tuo fratello, perché sul serio non lo potrei reggere... Poi, non capisco proprio come faccia ad avere così tanta autostima quel ragazzo, quando in giro ci sono essere viventi come quel Hugh... Ma dico: l'hai visto?!
“Si, Mia e meglio di te anche, ma ora potremmo sorvolare il discorso The Rush? Sai, sarebbe ancora una ferita aperta...”.
-Cioè lancia di quegli sguardi che ti tramortiscono al suolo anche se non sei una quindicenne con l'ormone impazzito! Senza offesa logicamente...
“Vai tranquilla, tanto ormai... Peggio di così...”.
-Allora: come sta la mia sorellina preferita?
David Golder fece la sua plateale entrata con in mano un mazzo di fiori che per poco non gli cadde dalle mani quando vide la scena che gli si presentò davanti: quella stramba della migliore amica di Lexi, che al momento aveva indosso una gonna scozzese, i Doc Martins consunti ed una camicetta bianca, che la facevano somigliare terribilmente ad un manga giapponese, stava tranquillamente mangiando una brioche sul letto d'ospedale di Lexi. Per di più lo fulminò non solo con lo sguardo, ma anche con una delle sue solite battute sarcastiche.
-Anche perché non ne hai altre.
-Come scusa?
-Ma sul serio: come fa ad avere così tanta autostima tuo fratello? Comunque ho detto che per forza è la tua preferita dato che non hai altre sorelle... Si chiama ironia, la conosci?
-Sì, la conosco, ma non riesco ad utilizzarla così presto la mattina... Ma a quanto pare tu sei bravissima in questo, dato il tuo incredibile livello di acidità.
-Si dà il caso che il mio “incredibile livello di acidità”, come l'hai chiamato tu, ieri mi abbia permesso di avere, oltre che uno svariato numero di sorrisi da parte di Hugh, anche il suo numero di telefono!
Mia non seppe se fecero più rumore i fiori che David aveva in mano quando caddero dalla sua presa per schiantarsi sopra il vassoio contenete le fiale delle flebo per sua sorella, rovesciandolo tutto, oppure le macchine che controllavano i battiti cardiaci di Lexi, che sembravano essere impazzite.
“Cosa?! Le ha lasciato il numero?!”.
-Ti ha chiesto il numero?!
“Ehi fratellone: che diavolo centri tu in questa conversazione?”.
-Esatto. Non serve che mi guardi con quella faccia da triglia! Mi ha detto che così poteva tenersi informato sulle condizioni di Lexi e, al tempo stesso, conoscere una ragazza ironica ed intrigante come la sottoscritta...
Aveva calcato volontariamente i due aggettivi con cui quella bellezza ambulante di Hugh l'aveva descritta, forse perché non le sembrava ancora vero o perché un po' l'aveva fatta sentire più bella, benché non avesse bisogno che fosse lui a dirglielo, e magari per irritare ulteriormente quel saccente del fratello della sua migliore amica che continuava a fissarla come se fosse appena sbarcata da Venere.
“Ironica? Intrigante?! Ma che cavolo... Voglio dire, che figata, ma Hugh e Mia?! Ma si è per caso capovolto il mondo mentre io ero bloccata qui ed ora gli opposti si attraggono? E poi tu non eri quella de: Le boy band? Io? Ma stai scherzando vero?! Sono solo dei bambocci che al posto di disegnare su un foglio di carta come tutti quelli della loro età, si tatuano di tutto sulla pelle!! ...”
-Pensa che mi ha persino detto che non devo pensare male... Sì, insomma, che stia sfruttando la tua situazione come semplice pretesto per sentirmi... Ha detto che ci tiene sul serio a sapere come stai ed infatti questa mattina mi ha mandato il buongiorno e mi ha subito domandato come stessi oggi. Al che gli ho risposto che...
-Ma sul serio ti ha chiesto il numero??
“Oh mamma, vai avanti David! Noi stiamo già risolvendo il problema di come si vestirà Mia per il loro primo appuntamento e tu sei ancora che metabolizzi il fatto che le ha domandato il numero? L'ho sempre detto che quella sveglia dei due sono io... Allora: tu cosa gli hai risposto?!”.
-David ma non hai qualche industria da salvare con le tue doti da super manager, oggi, così ti levi di torno?? Comunque, io gli ho risposto che appena sarei arrivata in ospedale gli avrei fatto sapere come stavi e lui mi ha detto che avrebbe aspettato tue notizie, ma che intanto potevo dirgli come stavo io... Ti rendi conto?! E' così dolce... Insomma, ci siamo scambiati solo qualche messaggio ma è veramente attento ad ogni minimo particolare! Pensa che prima mi ha detto che...
-Ma quindi tu gli hai dato il tuo di numero... Giusto?
“Oh sante flebo che mi cibano ogni giorno e mi faranno diventare una balena arenata, ma cosa ho fatto di male per avere lui come fratello?! Mia, ti prego, ignoralo e vai avanti...”.
Come se avesse capito quello che passava per la testa dell'amica, Mia si sistemò meglio sulla sedia imbottita su cui era seduta e prese la mano sinistra di Mia tra le sue, stringendola sempre di più, man mano che il racconto procedeva.
-Ribadisco: vai a salvare qualche azienda in fin di vita e lasciami raccontare a tua sorella quanto adorabile sia quel ragazzo! Insomma, ti stavo dicendo... Prima mi ha scritto che gli piacciono da morire i bracciali di canapa che avevo su ieri e che ne vorrebbe uno anche lui... Ora, tu sai che cosa dicevo io circa i braccialetti di canapa, vero?
“Che il primo che si fosse accorto di che materiale fossero fatti, senza scambiarlo per del banale ed obbrobrioso cuoio, lo avresti sposato... Sì, mi ricordo...”.
-Bene, lui se ne è accorto, quindi vuol dire che...
-Cosa dici tu sui braccialetti di cuoio?
“Mmm... Ma cos'hai dentro la testa David, coniglietti che mangiano carote? Che immagine carina però... Basta, sto divagando...”.
-Ecco, appunto... Poi mi chiedi perché non lo sopporto Lexi. Ma dico, lo senti? Comunque, questo vuol dire che lui è quello giusto capisci?!
In quel momento, mentre la presa sulla mano di Lexi stava quasi diventando insopportabile, o almeno così pensava, dato che sentiva diventare sempre più umidicce le mani dell'amica, con ogni probabilità per lo sforzo di stringere, David si riprese dal suo status di shock o ci cadde definitivamente dentro, questo non lo sapeva bene nemmeno lui.
-Ma quello giusto per cosa?! Per fare di te l'ennesima tipa che si porterà a letto senza neanche ricordarsi il tuo nome il giorno dopo?! Ma cosa ti passa per la testa?! Quello vuole una sola cosa da te e non sono di certo degli stupidi braccialetti di cuoio!
Lexi sentì il rumore della sedia che veniva trascinata sulle piastrelle del pavimento, segno che Mia si era alzata, pronta a fronteggiare quel cretino di suo fratello.
-Primo: i miei braccialetti non sono per niente stupidi e sono di canapa! Secondo: che te ne frega a te se mi vuole solo portare a letto?!
Stava praticamente urlando e la risposta che ricevette non fu data con un'intenzione molto diversa.
-Me ne frega invece!!
David si pentì immediatamente di quello che aveva appena detto, soprattutto quando nella stanza calò un silenzio assordante, rotto unicamente dal suo respiro affannato, che riusciva a sovrastare anche l'elettrocardiogramma che monitorava il cuore di Lexi. Mia lo stava guardando con i suoi spettacolari occhi azzurri spalancati, mentre il ventilatore accesso sopra le loro teste, faceva svolazzare leggermente i capelli biondi, tanto che quelle punte blu gli sembrarono i tentacoli di una splendida creatura del mare.
“Cosa?!”.
-Cosa?!
David si riprese da quelle fantasie decisamente inusuali per uno come lui e cercò un modo per salvare quella situazione imbarazzante in cui si era cacciato da solo. Fortuna che anni e anni di bugie raccontate a clienti di tutto il mondo lo avevano temprato nel mentire in maniera più che convincente.
-Certo che me ne frega... Sei la migliore amica di Lexi, è come se fossi anche mia sorella... Insomma, mi sento in dovere di tenere sott'occhio anche te.
Mia, per qualche ragione che le sfuggiva, a quelle parole si rabbuiò non poco, forse perché le aveva appena detto che la riteneva una bambina, o che dal suo punto di vista non era capace di badare a sé stessa, quando invece era dall'età di dieci anni che mandava avanti la sua vita da sola, dato che sua madre era sempre stata troppo impegnata con la sua importantissima carriera. Di una cosa era certa: non aveva più voglia di restare nella stessa stanza con quel ragazzo e, benché le dispiacesse per Lexi, prese la sua borsa da terra e fece per andarsene.
-Bene, dato che secondo tuo fratello non sono capace di badare a me stessa, vorrà dire che andrò a cercarmi un baby-sitter... Magari che sia alto, moro, con degli occhi verdi stupendi, che faccia il cantante e non abbia paura di avere a che fare con una bambina!! Ci vediamo Lexi!
David fu travolto non solo da una furia tutta gonna scozzese e scarponi da battaglia, ma anche da una folata di quel profumo alla vaniglia che Mia portava da quando era piccola, quando ancora giocava con Lexi sulle scale del porticato di casa, urlandogli contro perché lui si divertiva a vivisezionare gli animali.
“Grazie mille David... Quando avrai finito di rovinare la mia vita, dimmi pure, così comincio a raccogliere i pezzi... No, aspetta, ormai non c'è proprio più nulla da raccogliere...”.
Non riusciva a farne a meno: da quando i ragazzi erano usciti da quella maledettissima porta che lei non poteva nemmeno vedere, non aveva fatto altro che fare pensieri di quel tipo. Non ne poteva più di non poter parlare, muoversi, anche solo ricambiare uno sguardo di sua mamma o di Mia. Era stanca di quella situazione e voleva svegliarsi per cambiare tutto della sua vita.
“Magari Matt non è così male come sembra... Forse è un po' troppo fatto per i miei gusti, ma si può cambiare per la persona che si ama, no? Già, se mai lui sappia che cosa sia l'amore...”.
Un rumore sommesso alla sua sinistra, attirò la sua attenzione: era come se qualcuno si stesse passando le mani tra i capelli torturandoseli nervosamente, dopo essersi seduto sulla sedia lasciata vuota da Mia.
-Ma si può sapere come fai?
“Fratellone: ma che ti sei fumato tu sta volta?”.
-Sul serio: come fai a farti amare dalle persone?
“Guarda che mi sa tanto che hai sbagliato interlocutore, David... Io sono tutto fuorché la persona adatta con cui parlare di queste cose... Ti basti sapere che ho una sola amica e il resto del mondo non sa nemmeno della mia esistenza...”.
-Sì, insomma... Io sono un bel ragazzo...
“Di certo non ti manca l'autostima...”.
-Simpatico anche e sicuramente bravo nel mio lavoro... Ma la gente non mi ama... Tu invece...
“Giuro che se comincia ad insultarmi lo picchio, fossi anche costretta a farlo utilizzando la telecinesi, colpendolo con il braccio di ferro che tiene su la flebo... Non è giornata, David, sul serio...”.
-Tu invece conquisti le persone... Nonostante tutto...
“Lascio stare tutti i sottintesi a questa tua ultima frase, perché mi sembri abbastanza scosso ed io sono sempre la tua adorata sorellina minore...”.
-Voglio dire: mamma ti ama come la sua stessa vita, papà non riesce a stare senza sapere come sta la sua piccolina per più di due giorni... Mia, sarà anche pazza, ma lo vedrebbe anche un cieco che ti vuole un bene dell'anima... Poi, ora, persino quei  tipi famosi sembrano essere diventati i tuoi migliori amici! Dovresti vedere che cosa non hanno detto sul tuo gesto eroico...
“Cosa?!... Come?!... Cosa hanno detto di me i The Rush?! Perché nessuno mi riporta mai nulla! Io voglio sapere che cosa hanno detto sulla sottoscritta!!”.
-Che poi devi spiegarmi una cosa: per quale dannata motivazione ti sei messa in mezzo alla traiettoria di quella pallottola?
“Sai, ero un po' stressata allora ho pensato che farmi sparare addosso fosse un buon modo per farmi una vacanza tutta spesata in ospedale... Certo, poi ci si è messo di mezzo il coma, ma insomma, poteva andarmi peggio... Tipo una camera con un'anziana bavosa che tossiva tutta la notte e che aveva nipotini urlanti ed altrettanto bavosi che venivano a trovarla...”.
-Se davvero mi senti, so di per certo che avrai appena fatto un commento sarcastico, ti conosco Lexi... Ma sul serio: perché l'hai fatto?
“Già: perché l'ho fatto? Vuoi la verità David? Perché volevo che l'unica persona che io abbia mai amato, mi amasse a sua volta... Ma non è andata esattamente come avevo progettato... Quindi, vedi, non è vero che tutti mi amano...”.
La stanza era tornata ad essere silenziosa come lo era stata per tutta la notte e la testa di Lexi si riempì di nuovo di pensieri che non avrebbero dovuto esserci.
-Sai Lexi-Lex, mi manchi...
L'ultima volta che suo fratello l'aveva chiamata così era stato quando i loro genitori si erano separati: David la stava tenendo tra le braccia, coccolandola e rassicurandola, dopo che lei era scappata nella sua cameretta tra le lacrime. Aveva undici anni e pochi giorni dopo avrebbe incontrato Lucas per la prima volta. Sentiva gli occhi color ambra di David sul suo corpo inerme e si rese conto che anche a lei mancava terribilmente suo fratello: da quando aveva cominciato a fare il manager in giro per il mondo i rapporti tra di loro si erano raffreddati, tanto da non sentirsi se non per questioni di vitale importanza. David aveva solo due anni più di Lexi, ma per lei erano sempre sembrati abbastanza per proteggerla dal mondo, fino a quando non si era resa conto che nemmeno suo fratello poteva fare qualcosa per riempire il vuoto che il divorzio dei suoi genitori aveva lasciato dentro di lei.
“Mi manchi anche tu Dav... Ma dovresti seriamente smetterla di litigare con Mia... Sul serio: è una ragazza adorabile e potreste andare molto d'accordo... Se tu imparassi ad apprezzare l'ironia e lei decidesse di non mordere chiunque faccia qualche commento su di lei, ma si può fare...”.
-Sai: ho come l'impressione che tu stia cercando di persuadermi ad essere più buono... Soprattutto nei confronti di quella tua amica strana...
“Adesso che mi ci fai pensare potrei scrivere un libro quando tutto questo sarà finito e diventare la nuova life-coach delle celebrities di Hollywood, con tutto quello che avrò imparato da questa esperienza straordinaria... Sarò l'esempio di come donare la propria vita agli altri, comodamente immersa in una vasca idromassaggio che si affaccia sull'Oceano Pacifico, mi sembra logico... Sempre se tutto questo finirà mai...”.
-Dio, è tardissimo! Scusami Lexi, ma devo andare: le mie aziende non si mantengo sulla cresta dell'onda da sole... Ci vediamo nei prossimi giorni sorellina...
Erano anni, se non addirittura secoli, che suo fratello non le dava un bacio sulla fronte e la cosa stupì non poco Lexi, che per i minuti successivi si chiese se seriamente ci sarebbe stato mai qualcosa capace di risvegliarla, dato che nemmeno la visita dei The Rush e quelle confessioni amorevoli di suo fratello avevano sortito alcun effetto. Aveva trascorso le seguenti cinque ore a rimuginare sopra gli stessi pensieri e a tentare di captare qualche discorso interessante delle infermiere che si davano il cambio nella sua stanza. Aveva cominciato a mancarle persino il suo monotono lavoro alla libreria.
“Chissà se qualcuno ha avvisato il Signor Finnigan... Chissà se si ricorderà da solo di prendere le pastiglie per la pressione... Ogni volta le imbucava in posto diverso assieme al cappello e poi mi toccava fare la caccia al tesoro per ritrovarli. Almeno però passavo il tempo... Cavolo, pensavo che non avrei mai detto una cosa del genere, ma mi mancano i pomeriggi di pioggia passati a chiacchierare con quell'adorabile e stralunato Signor Finnigan... In fin dei conti i suoi racconti erano parecchio avvincenti, non so quanto attendibili, ma almeno ti facevano sognare... Già, sognare...”.
Lexi si chiese da quanto tempo fosse che non faceva un sogno, uno di quelli che poi ti ricordi anche quando ti svegli, che ti fanno arrossire o battere il cuore al solo pensarci, un sogno vero. Poi le venne in mente che ormai non sognava nemmeno più a occhi aperti, dato che gli ultimi eventi non avevano fatto altro che contraddirla. Era stanca di stare in quella situazione, aveva voglia di uscire e andare da Starbucks a prendere una frappuccino pieno di panna con Mia, ascoltando la filippica del giorno della sua migliore amica circa qualche campagna per il sociale o per il mondo che avrebbero a tutti i costi dovuto sostenere; aveva persino voglia di sentire i discorsi strampalati che Matt le avrebbe fatto durante le lezioni del Signor Roundtown, magari a proposito di qualche complotto alieno che avrebbe fatto sparire tutti i dinosauri dalla faccia della terra; aveva voglia anche solo di poter tornare nella sua stanza, mettersi su gli auricolari, far partire le canzoni dei The Rush e scrivere qualsiasi cosa le passasse per la testa.
Invece, niente: bloccata su un letto d'ospedale con un fratello in crisi esistenziale, un'amica alle prese con un flirt da prima pagina, una madre idolatrata da un dottore piuttosto lunatico e una delusione d'amore che non sapeva nemmeno da che parte cominciare a metabolizzare.
“Fantastico, direi... Meglio di così non potrebbe andare...”.
Poi sentì la porta della stanza aprirsi e due paia di scarpe, uno da ginnastica e l'altro con il tacco, che percorrevano il breve tratto di piastrelle per arrivare al suo capezzale. “Quindi abbiamo visite... Strano, mi sembrava che mamma fosse a lavoro oggi e che Mia tornasse nel tardo pomeriggio... Ma potrebbe essere che abbia perso la cognizione del tempo... Qui è tutto così uguale.”.   
-Ciao Lexi...
“Non può essere! No, devo per forza avere le allucinazioni... Non si può trattare di...”.
-Sono Lucas...
Se le avessero detto solo quattro giorni prima che Lucas Palmer le avrebbe tenuto la mano in quella maniera, come se fosse un fiore raro fatto di qualche cristallo fragilissimo, Lexi sarebbe scoppiata in una grassa risata, ma a quanto sembrava il destino aveva deciso che qualcosa dovesse pur andare per il verso giusto nella sua vita.
“E questo formicolio alle punta delle dita? Cosa dovrebbe essere? Aspetta, ma questo significa che io sento le mie dita!! Sto sentendo le mie dita, dopo tre giorni di nulla assoluto!! Oddio, sapevo che saresti stato tu a salvarmi, Lucas!! Lo sapevo! Oh mamma mia: mi sento le dita!!”.
-C'è anche un'altra persona che ci teneva a vederti...
“Sicuramente è una donna dal rumore delle scarpe, magari è mamma Kristy che vuole ringraziarmi per aver salvato la vita al figlio... O una delle sue due sorelle...”.
-Ciao Lexi...
“No... Sul serio: no! Lo fai apposta allora, chiunque tu sia che dirigi questa enorme e per niente divertente farsa! Perché proprio lei?! Perché??”.
-Sono Sophia, la ragazza di Lucas...
“Tranquilla, marca pure il territorio... Se vuoi puoi anche fargli la pipì sulla gamba, ma non penso che le infermiere ne sarebbero molto contente.”.
-Sai, ieri c'era un po' troppa gente qui ed eravamo tutti ancora un po' frastornati, quindi abbiamo pensato di venirti a trovare solo noi due, con un po' più di calma...
“Ma cos'è: gli hai tagliato la lingua, che adesso parli anche per lui?!”.
-Vedi, volevamo veramente ringraziarti per quello che hai fatto, su serio...
“Beh, carina, se siete venuti fin qui, interrompendo la mia interessantissima sessione di contemplazione di quanto schifo faccia la mia attuale situazione, solo per ringraziarmi ancora, vi assicuro che potevate farne anche a meno...”.
-Tutta quella storia ci ha fatto capire quanto siamo importanti l'uno per la vita dell'altro e questo è come se ci avesse aperto gli occhi...
“Fateli smettere vi prego! Io non ce la faccio, sul serio!! Adesso mi alzo e le stacco ad uno ad uno tutti quei fluenti e brillanti capelli castani che si ritrova in testa! Basta, abbiate pietà di me!!”.
Lexi sentì le mani formicolare come non mai, tanto che per un attimo le sembrò anche che il suo indice si stesse muovendo.
-Ti siamo debitori del nostro primo “ti amo”...
-E non potremmo mai smettere di ringraziarti per questo...
Dopo che Lucas ebbe detto quella frase, si bloccò tutto. Il movimento della sua mano, il formicolio, il tumulto di pensieri che stava occupando tutta la sua testa. Ogni cosa si fermò. L'unica cosa che occupava la mente di Lexi era la sensazione di freddo che quella lacrima sfuggita da chissà dove e per chissà quale motivo, le stava lasciando sulla guancia.
“Si sono detti ti amo a causa mia... Si sono detti ti amo ... Va bene, mi arrendo... Questa è seriamente la cosa più dolce che io abbia mai sentito... Voglio dire: chi sono io per dirvi che non dovete stare assieme? Almeno so di aver fatto qualcosa di buono con questa grande genialata del mettermi in mezzo ad un tentato omicidio... Quindi: andate, amatevi e chiamatemi per fare la vostra damigella d'onore...”.
A dire il vero quella punta di sarcasmo non celava alcun tipo di invidia, di risentimento o di cattiveria nei confronti della coppia che era andata a trovarla e quella lacrima ne era la perfetta conferma, semplicemente le sembrava veramente che l'universo avesse deciso di giocare con lei e la sua vita. Non aveva alcun diritto di odiare ne l'uno ne l'altra perché, in fin dei conti, nessuno dei due sapeva quelli che erano i suoi reali sentimenti e con ogni probabilità, se anche ne fossero stati a conoscenza, sembravano davvero destinati ad amarsi. Le ci sarebbe solo voluto un altro po' per accettare la cosa, ma ce l'avrebbe fatta.
-Scusate se vi disturbo, ma fuori si sta radunando una gruppo piuttosto numeroso di fan e fotografi... Pensavo lo voleste sapere.
Una delle infermiere del reparto aveva affacciato la testa dalla porta per poterli informare dell'inconveniente, proprio mentre la mano di Lucas si spostava dalle dita di Lexi per andare ad intrecciarsi con quella di Sophia.
-La ringrazio... Alle volte mi chiedo sul serio fino a che punto siano disposte ad arrivare... Soph, io vado a chiamare Jason e gli dico di venirci a prendere all'entrata laterale... Ci vediamo Lexi...
I suoi passi riecheggiarono per la stanza dove era calato un silenzio surreale, come se a dividere le due ragazze non ci fosse solo il fatto che una delle due fosse in coma, ma proprio una muraglia di imbarazzo e indecisione, che solo un moto di coraggio di Sophia riuscì a spezzare.
-E va bene... Io posso immaginare il vero motivo per cui tu gli abbia salvato la vita... Lo sappiamo sia tu che io che l'hai fatto solo per Lucas ed è per questo che non posso che essere in  debito con te, probabilmente per tutta la vita, se sarò tanto fortunata... Io lo amo veramente Lexi ed è solo grazie a te se ora so che lui prova lo stesso... Quindi, sì... Spero solo che tu possa essere felice per noi, per quello che hai creato... Grazie Lexi...
Le dita sottili di Sophia sfiorarono leggermente il dorso della mano fredda della ragazza distesa di fronte a lei, per poi uscire silenziosamente dalla stanza, raggiungendo il suo Lucas.
“Già: il suo Lucas... La vuoi sapere una cosa, chiunque ci sia ad ascoltarmi? Sono felice per loro... In fondo quella ragazza sembra davvero presa da lui e per di più è oggettivamente impossibile odiarla... Almeno avesse avuto qualche difetto, ma niente! La perfezione fatta persona! La reincarnazione della donna che ogni uomo vorrebbe avere al proprio fianco!!.. Okay, la smetto... Sul serio: evidentemente era destino che dovessero stare assieme, altrimenti la pallottola non avrebbe colpito me ed ora magari Lucas starebbe piangendo la perdita della sua anima gemella o un intero fandom si starebbe disperando per la prematura scomparsa di un componente della band... Non ci voglio nemmeno pensare... Meglio così... Almeno ora ho qualcosa da prendere come punto di partenza per il lunghissimo processo di metabolizzazione della delusione d'amore che mi sono appena presa... Sempre meglio di niente, no?... Ma allora perché la luce si è fatta un poco più vicina??”.



Hi sweetheart!
sono viva (circa, meno, quasi...) e questo è un nuovo capitolo dove, siamo onesti: la vita di Lexi fa sempre più schifo... Credo che meriti un piccolo commento solo per sottolinearne il livello cosmico di diststro, no?
Grazie per esser arrivati a leggere fin qui **
Lots Of  Love xx

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Capitolo 5
*** 24th August 2013 ***


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24th August 2013



Quando Morgan entrò nella stanza della figlia, trovò l'ambiente completamente diverso da come lo aveva visto il primo giorno in cui era stata ricoverata: sembrava che vi fosse esploso un arcobaleno. Con ogni probabilità, Mia e Karen erano passate per di là ed avevano apportato il loro “tocco personale”, ma gli sembrava quasi impossibile che due sole donne potessero portare dentro tante cianfrusaglie come quelle che stavano soffocando quella stanza, un tempo asettica. Decise di dare un'occhiata in giro e si rese conto che non erano di Karen o di Mia tutti quei rigali e pensierini, ma di ragazze e ragazzi di cui non aveva mai sentito il nome. Fu solo allora che gli venne in mente l'articolo che aveva letto sulla prima pagina del giornale nazionale quella mattina, al bar, tanto da chiedere a Scott, il barista, se poteva lasciarglielo. Una foto piuttosto vecchia di Lexi campeggiava a metà pagina, circondata da titoli a caratteri cubitali che lodavano il suo gesto e da testimonianze di “persone vicine alla ragazza”, di cui Morgan non aveva mai sentito parlare. Sulla pagina affianco troneggiava una foto enorme di quei cinque cantanti che piacevano tanto a sua figlia, correlata dalle loro sensazioni circa la visita in ospedale che le avevano fatto due giorni prima. Morgan non ne aveva voluto sapere di prendere parte a quella farsa, poiché era esattamente così che la riteneva: una banalissima trovata pubblicitaria, che sarebbe venuta in mente anche al più pivello degli agenti del mondo dello spettacolo. Così, lui aveva deciso di starsene a casa e di aspettare che le acque attorno a sua figlia si calmassero, benché anche quel pomeriggio avesse dovuto pedinare due giornalisti che si erano appostati fuori dalle porte dell'ospedale. Non riusciva a capire perché ci fosse tutto quell'interesse morboso per la storia di Lexi, ma soprattutto non riusciva a capire per quale dannatissima motivazione sua figlia avrebbe dovuto fare un atto del genere, mettendo in pericolo la sua stessa vita, per quella di chi? Di un qualsiasi cantante egocentrico e montato, di cui nessuno si sarebbe ricordato più il nome nell'arco di qualche anno? Gli sfuggiva sul serio il motivo della sua scelta, così quando si sedette sulla scomoda poltrona di pelle che era affianco al letto di Lexi, le prese una mano tra le sue, stringendola un po' per farle sentire che fosse lì.
-Vorrei tanto mi dicessi il perché...
La voce preoccupata, stanca e con un accenno di rabbia di suo padre, fece risvegliare Lexi dallo stato di dormiveglia in cui era caduta da quando anche Sophia aveva lasciato la sua stanza un giorno prima. Non le serviva alcuna spiegazione circa l'affermazione che Morgan aveva fatto, carezzandole dolcemente il palmo della mano, dato che era pienamente cosciente a che cosa si stesse riferendo. D'altra parte gliel'aveva chiesto chiunque il motivo di quel gesto “eroico e sconsiderato”, come lo avevano descritto tutti: da sua mamma a Mia, da Sophia a suo fratello David. Persino l'infermiera che si occupava più spesso delle sue flebo, quella stessa mattina, le aveva rivolto la fatidica domanda e, sinceramente, ormai, Lexi non sapeva più che cosa rispondere. Aveva pensato che mettersi in mezzo alla traiettoria di quella pallottola fosse la cosa giusta da fare, per un'infinita serie di motivi che però, più li sciorinava al mondo, più le sembravano sciocchi, inutili o addirittura sbagliati.
-Potevi lasciare tua mamma da sola... E anche Mia... E pure me... Persino David ha bisogno di te!
Quella vena di rabbia che fino a prima Morgan era riuscito a contenere e celare malamente, con quell'ultima frase era emersa del tutto: non poteva credere che sua figlia fosse stata seriamente intenzionata a gettare all'aria la sua vita per quella di una persona di cui non sapeva nulla. Certo, poteva essere una ragazza estremamente altruista, ma questo superava ogni limite per lui.
-Insomma: non hai pensato a noi?! A che cosa avremmo fatto se non fossi stata così fortunata da cavartela con il coma?! Che poi, è tutto da vedere, perché potresti anche non essere più tu quando ti risveglierai... Io... Io non capisco Lexi...
Sentì chiaramente la voce di suo padre incrinarsi e l'istinto di alzare una mano per raccogliere quelle lacrime che stavano rigando le sue guance segnate dagli anni, ma ancora rosee, si fece quasi insopportabile. Ma Lexi non riusciva a muovere neanche un muscolo e l'unica cosa che le rimaneva da fare era quella di pensare e sperare che suo padre percepisse i suoi pensieri.
“Scusami papà... Non c'ho pensato... A dire il vero ho pensato a un sacco di cose mentre tutto avveniva, ma non mi siete mai venuti in mente voi o quali sarebbero potute essere le conseguenze... Il ché non è molto normale, ora che ci penso...”.
-Sul serio Lexi: io spero solo che tu sappia quanto sei importante per me, la mamma, David e tutte le persone che ti vogliono bene...
“Papà basta che aggiungi Mia alla lista e siamo apposto... Matt non penso riesca nemmeno a distinguere sua nonna dalla sua ragazza tanto è fumato, quindi non credo possa far testo... Okay, questo è piuttosto inquietante...”.
-E non dire che ce ne sono poche, perché oggi, mentre accompagnavo Kitty dalla parrucchiera, e non fare battute cattive perché ti conosco Lexi... Comunque mentre l'accompagnavo, mi hanno fermato in cinque per chiedermi come stavi...
“Ma come fanno tutti a sapere che sto per fare qualche commentino ironico? Sono veramente così tanto prevedibile? Memo a me stessa per quando tornerò nel mondo dei vivi: smetterla di essere ripetitiva e prevedibile come una canzone dei The Wanted... Magari potrei diventare molto più diplomatica e al posto di usare il mio sarcasmo, dare delle risposte molto politically correct da far invidia alla Regina Elisabetta al tempo dello scandalo di Carlo e Camilla...”.
-E a quanto pare ora sei il nuovo idolo di milioni di ragazzine in giro per il mondo... Insomma, a quanto dice questo pupazzo a forma di carota sei “La Miglior Fan Del Mondo”...
Non riuscì a trattenere una risata mentre rimetteva al proprio posto, sul mobiletto, quel regalo sbucato da chissà dove e fatto da chissà quale ragazzina persa per la stessa band che piaceva a sua figlia.
-Io non so perché tu abbia messo in pericolo la tua vita per quel ragazzo, ma spero solo una cosa Lexi: che tu sappia quanto ti vogliamo tutti bene e che niente potrebbe rendere la nostra vita invivibile come il fatto di perderti... Quindi, la prossima volta che deciderai di salvare la vita a qualcuno, cerca di farlo solo se sei sicura di non rischiare la tua...
Un leggero bacio si posò sulla sua fronte: Lexi ricordò le labbra di suo padre come se fosse stato ieri, quando, ancora nella sua casa a Southampton, aspettava ogni sera il bacio della buona notte dai suoi genitori ed inspiegabilmente le tornò in mente quello dello sconosciuto.
-Bene: chiariti questi punti di minor importanza, passiamo alle cose essenziali... Lo sai che cosa mi ha detto quel tronfio del mio capo oggi?!...
Suo padre cominciò la sua solita filippica su quanto fosse perfido ed incapace il suo capo, circa quanto non capisse il reale potenziale della sua invenzione per le energie rinnovabili, eccetera, eccetera, eccetera, ma la testa di Lexi si era bloccata su un pensiero che sembrava essersi incastrato tra i suoi pochi neuroni sani.
“Perché diamine non mi sono venuti in mente loro? Sì, insomma: come mai non ho pensato, nemmeno per un attimo, che sarei potuta morire pure io e che li avrei abbandonati?... Avanti non può essere... Non posso aver così poca considerazione della mia stessa vita... Pensa Lexi: che cosa ti è passato per la testa in quel momento?”. Le immagini riaffiorarono alla sua mente, questa volta però senza spaventarla come era accaduto quando si era accorta di che cosa le fosse successo, e scandagliò ogni singolo istante alla disperata ricerca di un dettaglio, un particolare che le permettesse di non credere a quel dubbio che la tormentava. Le tornò davanti agli occhi lo scintillio della pistola, il rumore dello sparo, l'aver pensato che era strano come nessuno facesse nulla, che nessuno avesse mai visto una puntata di C.S.I e che non si accorgesse di come quell'aggeggio fosse vero... Poi rivide i suoi piedi scattare, la consapevolezza di non essere un asso nel santo in alto ma nella corsa sì, il dolore lancinante alla spalla e tutte quelle meravigliose sensazioni non appena il suo sguardo si era incrociato con quello di Lucas. In quel momento una sola consapevolezza aveva riempito la sua mente: ce l'aveva fatta, aveva finalmente incrociato quegli occhi nocciola che aveva sospirato per gli ultimi undici anni e si sentiva stranamente orgogliosa di sé stessa, per aver portato a termine qualcosa nella sua vita e dannatamente viva.
Poi più nulla, il buio più completo.
Le sembrava ci fosse qualcos'altro da ricordare, ma non le sovveniva e al momento non le importava più di tanto.
“Oddio che cretina... Davvero... Ma che cosa ho dentro la testa? Stavo per gettare alle ortiche la mia vita... Dico, capisco che non sono un capo di stato e nemmeno una cantante con milioni di fan al seguito, ma è la mia vita! E' importante! O almeno dovrebbe esserlo... Ma cosa c'è di sbagliato in me?... E poi perché quella luce si è fatta ancora più vicina? Sono tre giorni che chiedo che questo posto si illumini un po' ed ora, in poche ore, si avvicina così sfacciatamente? Adesso capisco che cosa dovevano provare quelli che sono stati al Grande Fratello: ti senti una cavia da laboratorio, non hai il controllo su nulla... Non puoi nemmeno decidere spontaneamente di correre sulla ruota... Memo a me stessa per quando mi sveglierò: appoggiare Mia nella sua prossima crociata per salvare qualsiasi tipo di animale, carino o meno, che sia costretto in un laboratorio...”.
Mentre Lexi si stava perdendo nei meandri dei suoi pensieri sempre più sconclusionati, Morgan aveva concluso il suo discorso e si stava apprestando per tornare a lavoro.
-Allora Lexi, ci sentiamo! Tua mamma mi ha detto che tra qualche ora dovrebbe arrivare Mia, quindi non ti preoccupare che non ti lasciamo da sola... Ma tu non lasciare soli noi... A domani...
Le diede un bacio sulla fronte e le carezzò amorevolmente una guancia, per poi uscire dalla stanza. Lexi si ritrovò da sola e si rese conto che non aveva minimamente degnato suo padre di un briciolo di attenzione, ma era scusata: il suo cervello stava cercando di trovare una giustificazione a tutta quella situazione. Così lasciò che anche le seguenti due ore trascorressero in balia della tempesta che aveva in testa, fino a quando non sentì la voce squillante di Mia, provenire dal corridoio.
-Senta, la vuole smettere di dirmi che cosa posso e non posso fare?! Si tratta della mia migliore amica e se questo può aiutarla, stia pur certo che io lo farò!!
Detto questo, Lexi udì un tonfo secco che l'avvertì dell'arrivo di Mia nella sua stanza, con cotanto di porta sbattuta in faccia a quello che non poteva essere altri che il dottor Lawson.
-Ti giuro che io, quell'uomo, non lo sopporto! E' capace di rovinarmi anche una bella giornata come questa!
“Una bella giornata come questa? Mia, ma ti senti bene??”.
Mia appoggiò su uno dei mobiletti vicino al letto le casse per l'I-pod che si era portata dietro direttamente dal loro appartamento a Lexington Street, facendo cadere qualche pupazzo e qualche biglietto di auguri, creando un trambusto enorme.
-Tutto bene qui?
La voce dell'infermiera che si era occupata di lei la notte precedente attirò l'attenzione di Mia, che si voltò verso la porta e le rispose sorridendo.
-Sì, sì... Grazie...
La porta si richiuse e Mia si lasciò cadere pesantemente sulla poltrona che fino a qualche ora prima era occupata dal signor Golder, lasciandosi andare ad un fiume di parole. -Oh mamma mia!! Lexi non puoi capire: Hugh mi ha scritto per tutta la giornata!! Tutto è cominciato parlando delle tue condizioni, poi di quanto tu sia stata coraggiosa, al ché gli ho detto che tu sei una loro fan da sempre, che tu sei stata una delle prime ragazze ad aspettarli fuori dagli studi televisivi... E lui mi ha scritto che infatti il tuo viso gli era familiare!!
“Caro Hugh... Le balle che inventa lui per provarci con una ragazza sono senza fine...”.
-Ah, tranquilla: non gli ho detto nulla del tuo amore spassionato e ossessivo per Lucas, anche perché penso sia abbastanza pettegolo e che sarebbe corso a dirglielo...
“E per fortuna che non ci prova Lewis con te... Lui sì, che è peggio del The Sun...”.
-Comunque, dopo un po' di chiacchiere banali...
“Tranquilla Mia: effettivamente, la mia salute, è piuttosto banale... Nulla di ché... Non sono nemmeno distesa su un letto d'ospedale ormai più di là che di qua...”.
-Non che le tue condizioni non siano importanti, anzi, però... Insomma, hai capito quello che volevo dire... Sta di fatto che ad un certo punto mi dice che sentirci per messaggio gli sembrava una cosa da adolescenti e che, visto che lui è a Londra ancora per un po', potevamo vederci di persona. Ed io cosa faccio: gli dico di no?! Ma certo che no!! Sarei stata un'idiota!!
“Ma che diamine... Bloccate questa giostra e fatemi scendere: ora! Da quando in qua Mia esce con Hugh... Cioè, ma che cavolo succede nel mondo??”.
-Sta di fatto che l'ho raggiunto per un caffè a casa sua... E non fare la finta moralista che vedo già la tua predica sul fatto che non si va mai a casa di un uomo al primo appuntamento, perché: uno, non era un appuntamento e due, il luogo è stato scelto per evitare giornalisti e fan, che da quando è successo l'incidente, li stanno letteralmente tormentando.
Mia si sistemò meglio sulla poltrona, incrociando le gambe sotto il sedere, incurante che i suoi inseparabili stivali fossero a contatto con la superficie di pelle.
-Sai, non deve essere per niente facile convivere con tutta quella fama... A me Hugh è sembrato estremamente solo, non fosse per i ragazzi logico...
“Bene, il passo successivo sarà quello di vedere volare dei maiali e sentire David che partecipa ad un'occasione di famiglia senza dire che non può venire per improrogabili-impegni-di-lavoro... Da quando in qua Mia fa dei discorsi da fan devota, che nemmeno la sottoscritta potrebbe fare?”.
-Comunque, sono andata a bere questo benedettissimo caffè e, ragazza mia, la sua casa è meravigliosa: semplice ma estremamente personale.... Ci sono un sacco di opere d'arte moderna, infatti mi ha detto che gli piace da pazzi andare a comprare creazioni alle mostre... Altro che tuo fratello che mi ha preso in giro per dieci giorni quando ha scoperto che avevo pagato 2000 sterline per un vaso di uno degli artisti più avanguardisti del momento!
“Eccetto che sia risaputo come David sia un cretino, mi preoccupa alquanto il fatto che nella mia mente si stia facendo largo un'immagine piuttosto sdolcinata: tu e Hugh che guardate adoranti un ammasso di ferraglia e gomma piuma che credete essere una grande opera d'arte, mentre vi tenete per mano e vi sorridete... Giuro che se si avvera, vado a fare la chiromante in un circo!”.
-Ma arriviamo al punto principale: ci siamo seduti sul suo divano di pelle nera, con due tazze di caffè fumante, nonostante sia Agosto, lui bello come non mai... Io ti giuro che non avrei mai pensato di potermi infatuare di una super star internazionale, che fa urlare milioni di ragazzine in preda agli ormoni e che per poco non mi faceva uccidere da un armadio a quattro ante con spazio per le coperte durante la premiere del suo primo film... Non è da me!! Ma lui non è solo questo: è un ragazzo dolcissimo ed intelligente ed estremamente interessante... Lexi: è tutta colpa tua!!
“Cosa?! Che?! Ma si può sapere perché una che sta realizzando il sogno di orde di ragazze in giro per il mondo deve lamentarsi con me?! Ma dico Mia sei cretina o cosa?? Svegliati cara: è la volta buona che puoi trovare qualcuno che sia non solo bello da morire, ma anche realmente interessato a te e ti lamenti?!... Potrei sentirmi offesa... Come se il mio sacrificio non fosse servito a nulla... Oddio, questa frase sapeva tanto da una Giovanna D'Arco già legata allo spiedo...”.
Il battito cardiaco di Lexi aumentò improvvisamente, forse per far capire meglio a Mia come non dovesse neanche lontanamente lamentarsi per tutta quella situazione, dato che lei avrebbe pagato per poterla vivere in prima persona.
-Lo so cosa stai pensando: che non dovrei lamentarmi ed infatti non ho la minima intenzione di farlo. Comunque, arriviamo al succo del discorso che, anche se non puoi parlare, mi sembri piuttosto sul nervoso andante oggi... Ad un certo punto mi ha mostrato il giornale con l'intervista che gli hanno fatto quando sono usciti dall'ospedale l'altro giorno e ti posso assicurare Lexi che non ho mai letto qualcosa di più dolce: quei ragazzi ti adorano! Non sto scherzando, è come se fossi una loro amica dall'infanzia, come se...
“Certo: una loro amica dall'infanzia, eh? Cavolo, ed io che pensavo di aver perso la mia adolescenza dietro ad uno solo di loro... Ah, no, aspetta: Lucas è proprio quello che non si è minimamente ricordato di me...”.
-Come se tu fossi la sesta componente del gruppo!! Zach ha detto che non potrà mai dimenticare quello che hai fatto per loro e che aspetta il momento in cui ti sveglierai per poterti ringraziare personalmente... Lewis ha detto che non ti lasceranno mai e che vorrebbe tornare a trovare non appena gli impegni di lavoro glielo permetteranno... Nate ha detto che sei semplicemente stupenda... Lucas e Sophia hanno ripetuto le solite frasi da innamorati inseparabili che ti devono tutto il loro folgorante amore...
“Sì ecco... Questo potevi anche tralasciarlo Mia, ma grazie comunque...”.
-E Hugh... Beh, Hugh è stato così carino...
“Perché ho la netta impressione che se aprissi gli occhi adesso, mi troverei di fronte una Mia con lo sguardo sbrilluccicoso, che si rigira una ciocca di capelli attorno ad un dito, con aria sognante?? Mi sa tanto che mi sono giocata pure la migliore amica...”.
La ragazza tentò di riaversi dal ricordo del pomeriggio precedente passato con quel ragazzo sbucato fuori dal nulla ma che le sembrava veramente un personaggio delle favole.
-Dicevo... Hugh mi ha riferito le sue parole ha voce, dicendo che il tuo gesto l'ha fatto riflettere molto, non solo sull'affetto che le fan provano per loro, ma anche su come le cose possano cambiare in fretta, alle volte andando anche per il verso sbagliato... Ed è per questo che poi mi ha chiesto se mi andava di andare a cena con lui, domani sera... Il rumore ormai familiare e monotono delle macchine che monitoravano Lexi sembravano quasi non essere capaci di sovrastare il caos di pensieri ed emozioni che si stava creando nelle due ragazze e che sembrava volersi espandere per tutta la stanza, come un'onda elettromagnetica. Mia non poteva ancora credere a quanto le stesse accadendo, lei, che per anni aveva sempre pensato che sarebbe stata single fino ai trentanni, quando avrebbe incontrato un attivista di Greenpeace e l'avrebbe seguito verso qualche parte dispersa del mondo per proteggere qualche altrettanto sconosciuta specie animale, creando nel mentre la sua collezione di abiti ecologici. Mentre Lexi era semplicemente scioccata da come tutto quello che lei aveva sempre desiderato per sé stessa, stesse ora accadendo a Mia. Non che non fosse felice per lei, anzi, era stata la prima a dirle che secondo il suo “modesto ed autorevole” parere loro due avessero un sacco di cose in comune, solo che le sembrava come uno scherzo del destino, una sorta di ironica presa in giro dell'Universo nei suoi confronti. L'ennesima, se doveva essere onesta.
“Undici anni della mia vita a sognare che Lucas si accorgesse di me e che si innamorasse con un solo sguardo, e in un giorno Mia incontra Hugh, si scambiano due battute ed è colpo di fulmine... Sì, direi che c'è decisamente del sarcasmo qui...”.
-Ma ora giungiamo al reale problema del giorno... Anzi, sono due a dire il vero. Primo: come diavolo mi vesto?! Secondo: come diavolo fai a consigliarmi se non puoi parlare?! Mi spieghi come faccio io senza i tuoi commenti cattivi sui miei abbinamenti? Cavolo, Lex mi manchi da morire... Non solo per i consigli di moda, s'intende... Anche perché quelli non li ascolto mai.
Lexi sapeva che Mia stava sorridendo, ripensando a tutte le disquisizioni che avevano intrattenuto distese sul letto di camera sua, sperando di trovare gli outfit perfetti per le serate più disparate. Il più delle volte si concludevano con una lotta a suon di cuscinate sul pavimento della camera e una scelta dell'abbigliamento che ricadeva sulle prime cose che capitavano sottomano.
-Però aspetta un attimo: il tuo battito cardiaco aumenta quando qualcosa non ti va bene o ti fa innervosire, quindi forse sei capace di controllarlo...
“Wow Mia... Non ci avevo pensato... Che sia possibile?”.
-Facciamo una prova... Se è un no, non fare nulla. Se, invece, è un sì, allora fai impazzire quest'aggeggio infernale, okay?? Proviamo... Canottiera bianca e gonna scozzese? “Per l'amor di dio, Mia!! Esci con Hugh Stime non con il Principe Carlo!!”.
-Lo prendo per un no... Allora cosa mi dici di minigonna grigia e maglione verde?
“Spero non sia quello colore carrarmato dei militari con cui giocava David da piccolo e che noi gli rubavamo sempre, perché è orribile...”.
-Bocciato pure questo... Va bene, senti questo: non puoi dirmi di no! Pantalone nero stretto e maglia dei Rolling Stone, quella con l'inconfondibile lingua!!
“Certo, così poi sembrate due gemelli al poso di due futuri fidanzati... Mia, con ogni probabilità sarà come si vestirà Hugh per uscire, quindi direi di evitare...”.
-Ma si può sapere che problemi hai?! Mi hai già bocciato tre outfit diversi!!! Evidentemente è il metodo che non funziona... Facciamo l'ultimo tentativo, okay?
Mia si risedette a gambe incrociate sulla sedia e si concentrò per poter trovare finalmente l'abbinamento giusto che avrebbe risolto tutti i suoi problemi e che, soprattutto, avrebbe ricevuto il placet di Lexi. 
-Ci sono!! Vestito con spalline larghe nero che arriva a metà coscia, cardigan senza maniche bianco, lungo fino al sedere, immancabili Doc Martins e la tua tracolla nera con le borchie... Allora??
“Sempre sia lodato! Sì, questo è quello che intendevo! Aspetta, come faccio a far aumentare il mio battito... Oddio, non lo so... Cavolo, devo pensare a qualcosa che mi faccia arrabbiare o che mi faccia emozionare tanto... Tipo, tipo... Ci sono!!”.
Il cardiofrequenzimetro cominciò ad agitarsi e Mia ottenne la risposta tanto desiderata.
-Ce l'abbiamo fatta!! Abbiamo trovato un modo per comunicare!! Oddio, sono così felice Lexi!!
“Sei un cavolo di genio Mia!! Fantastico, è fantastico!!”.
Mia si gettò letteralmente sopra Lexi, per racchiuderla in un abbraccio carico di affetto e di speranza, tanto che Lexi riuscì persino a percepire il tipico profumo di mughetto dell'amica.
-Ed ora, arriviamo alla sorpresa di oggi: ho parlato con il dottor Lawson... Beh, a dire il vero ho mandato tua mamma a convincerlo, ma questi sono dettagli... Sta di fatto che da oggi in poi, ovvero finché non ti deciderai a svegliarti, potrai avere la musica accesa per qualche ora al giorno. Ho già spiegato alle infermiere come funzionano le casse e l'Ipod ma, soprattutto, cosa devono metterti... Quindi io ora devo andare, perché devo ancora finire alcuni bozzetti di due costumi di scena per domani, ma ti lascio in buona compagnia... Ci vediamo Lex... Ti voglio bene! E grazie per l'aiuto!!
Dopo averle lasciato un bacio sulla guancia, Mia collego l'Ipod dell'amica alle casse, selezionò la sua playlist preferita e lasciò che le note di Your Little Things riempissero l'ambiente non più austero della stanza di Lexi. Quando la porta si fu richiusa alle spalle di Mia, Lexi permise a quella melodia conosciuta, a quelle parole familiari e a quelle voci stupende di entrare nella sua testa portandole un po' di pace e serenità, tanto che quando il pensiero di ciò che era riuscito a farle aumentare il battito cardiaco, tornò ad affacciarsi sulla sua mente, si ritrovò semplicemente a sorridere, tra sé e sé. Involontariamente, solo la sensazione delle dita di Lucas intrecciate alle sue aveva fatto sì che il suo corpo rispondesse agli stimoli e questo poteva significare unicamente una cosa: per far affievolire quell'amore ci sarebbe voluto parecchio altro tempo. Lexi sperò solo che quel tempo non equivalesse a quanto gliene sarebbe servito per risvegliarsi dal coma.
     


Hi sweethearts,
ho deciso di aggiornare già oggi perché questo è solo un breve capitoletto di passaggio ** Aspettatevi una gran sorpresa per il prossimo... A presto e grazie per aver letto fino a qui **
Lots Of Love xx

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Capitolo 6
*** 25th August 2013 ***


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25th August 2013





Lexi sapeva perfettamente che il rumore di passi che sentiva nella sua stanza era quello delle infermiere che si occupavano di lei, per semplice fatto che: sua madre era andata quella stessa mattina a trovarla e le aveva detto che sarebbe tornata solo in tarda serata, dato che doveva fare un giro di parenti per dare loro il suo bollettino medico ed organizzare i turni di visita.
“Il solo pensiero di avere qui tutti i parenti di mamma mi fa venire i brividi... Il Cirque Du Soleil sarebbe più sobrio e meno imbarazzante...”.
David non si sarebbe fatto vedere per almeno due giorni, secondo quanto le aveva riferito Karen, poiché l'ultima volta che l'aveva incrociato per casa le era sembrato piuttosto scosso.
“Ho come la netta impressione che tutto questo sconvolgimento di mio fratello abbia a che fare con la discussione che ha avuto con Mia... E a proposito di Mia, quella chissà dove si sarà persa... Non credo che venga oggi, dovrà farsi tutti i suoi rituali di bellezza per il grande appuntamento... Anche se a me sembrano solo una maniera per giustificare un tentato omicidio: quelle erbe che si spiaccica sulla faccia hanno un odore nauseabondo, per me si soffocherà una volta o l'altra...”.
Morgan aveva mandato l'ennesimo bouquet di girasoli, con bigliettino annesso, che la solita infermiera gentile aveva depositato sul comodino ormai straripante di mazzi identici.
“Io adoro quell'uomo, nonostante la colossale cavolata che ha fatto di lasciare la mamma, ma dovrebbe averlo capito che se anche non mi riempie di girasoli tutti i giorni, lo so lo stesso che mi pensa e che non è colpa sua ma del lavoro, se non mi viene a fare visita... Non cambierà mai... Come quando a dieci anni gli dissi che andavo pazza per il Manchester City per farlo contento e lui mi ha regalato, ad ogni compleanno, per i successivi dieci anni l'abbonamento per tutte le loro partite di campionato e non... Fortuna che ho scoperto l'esistenza di E-bay e che l'anno scorso mi ha colta completamente impreparata sull'andamento della stagione e ha capito che, forse, i miei gusti erano un po' cambiati...”.
Quindi, quando sentì la voce della solita infermiera, che aveva capito chiamarsi Sarah, introdurre qualcuno nella sua camera, si stupì parecchio, mettendosi subito ad ascoltare la voce del nuovo arrivato.
-Ecco, venga... Non si preoccupi se la vede tutta intubata e attaccata a così tante macchine,  Lexi sta bene, deve solo aspettare ancora un po' e poi trovare la forza per svegliarsi... Si sieda qui, ecco...
“Certo, la fai facile te, cara la mia Sarah... Ma se fossi al posto mio ti assicuro che non saresti così ottimista: qui quella cavolo di luce si fa sempre più vicina e di vie per tornare nel mondo dei vivi, io non ne vedo nemmeno l'ombra...”.
-Oh, la ringrazio... E' stata gentilissima...
“Che poi, chissà perché io ti immagino abbastanza rubiconda, con i capelli corti di un color mogano, un sorriso dolce sempre dipinto sulle labbra e un piccolo fiore in panno appuntato sul taschino della divisa, certamente rosa... Scusa Sarah, forse ti ho un po' stereotipata... Magari, ne riparliamo quando mi sveglio, eh?... Aspetta, ma questa è la voce... Non ci credo!!”.
-Di nulla Signor Finnigan. Se ha bisogno di qualcosa, mi chiami... Sono qui fuori.
L'infermiera rassicurò con la mano rosea e tonda l'anziano signor Robert Finnigan, gestore di una delle più antiche e polverose librerie di Notthing Hill, nonché datore di lavoro di Lexi da ormai quattro anni. L'aveva presa a lavorare da lui per qualche ora al pomeriggio, appena arrivata a Londra, quando lei ancora non sapeva cosa volesse fare della sua vita e lui riusciva ancora a ricordarsi dove metteva il basco scozzese che portava sempre con sé. Con gli anni, le ore che Lexi trascorreva in quel piccolo locale straripante di libri erano aumentate, tanto che se non era all'università o in camera di Mia a fare qualche sessione simil-psicanalitica, era rinchiusa lì dentro, mentre il Signor Finnigan aveva cominciato a perdere più di qualche colpo, lasciando che lei si occupasse ormai di tutto, eccetto che della distribuzione dei volumi all'interno della libreria. Lexi aveva più volte tentato di convincerlo a impilare semplicemente i libri sugli scaffali, magari per autore o casa editrice, ma lui si era sempre ostinato a portare avanti quel metodo piuttosto contorto e ben poco utile di sistemarli, facendo sì che solo lui riuscisse a rintracciare i volumi in caso di necessità. Ma nonostante questo, ora non solo non si ricordava più dove metteva il suo inseparabile basco, ma aveva cominciato a dimenticarsi anche che giorno fosse o dove si trovasse, cosa che spesso aveva fatto temere a Lexi che il Signor Finnigan cominciasse a soffrire di Alzheimer. Lo sentì tossire leggermente e poi cominciare a torturare il cappello con le mani segnate dal tempo. Si sistemò la giacca leggera e poi gli occhiali su naso: era pronto per parlare, o almeno sperava fosse così. Ci aveva riflettuto parecchio se andare o meno a trovare Lexi, ma in fin dei conti quella ragazza era quanto di più simile ad una famiglia lui avesse, eccetto per sua figlia Molly, che però abitava a Dover, e per di più era una cara ragazza ed era sempre stata molto gentile con lui.
-Ehm... Allora, signorina Lexi: che scherzi mi combina?
“Non ci credo... Il signor Finnigan è venuto fin qui per farmi visita... Chissà quanti autobus avrà dovuto prendere per arrivare all'ospedale... Dopo quattro anni di lavoro assieme e di pomeriggi trascorsi a parlare di qualsiasi cosa, mi chiama ancora Signorina Lexi... Con tutte le volte in cui mi ha sentito lamentarmi della mia tragica vita sentimentale da donna innamorata e non ricambiata...”.
-Quell'infermiera molto gentile... Sarah, sì, ha detto di chiamarsi così... Sarah mi ha detto che sente tutto e che quindi, se volevo, potevo parlarle... Come le è venuto in mente di mettersi in mezzo ad una sparatoria?! Nemmeno il più irresponsabile dei miei soldati durante la guerra del Vietnam avrebbe compiuto un gesto così avventato...
Dopo che l'esercito l'aveva congedato con una medaglia al valore per aver salvato la vita ad un intero villaggio di trecento persone, il Signor Finnigan aveva deciso di dedicarsi corpo ed anima all'unica cosa che realmente lo rendesse felice: i libri. Così, con la sua adorata moglie aveva investito tutti i soldi dategli dalla corona britannica in quella piccola libreria a Nottingh Hill, passando la sua vita nel suo modo preferito, ovvero leggendo e sognando. Se c'era una cosa fuori discussione era che quell'uomo fosse un abilissimo cantastorie, capace di far risvegliare anche il cuore più inasprito dalle casualità della vita. Un po' come quello di Lexi in quel pomeriggio soleggiato di fine agosto. -Oh, signorina Lexi, non sa quanto sia rimasto sconvolto quando mia figlia Molly mi ha chiamato per chiedermi se avessi già appreso la terribile notizia...
“Fantastico, ora persino la figlia del mio datore di lavoro pensa che sono una pazza schizzata che si diverte a prendersi pallottole sulle spalle per fare l'eroina... Chissà che cosa penserà il mondo di me... A dire il vero, non sono molto sicura di volerlo veramente sapere, mi sarebbero bastate già le opinioni dei miei, di Mia e dei ragazzi...”
-Ha quasi rischiato di far finire me, all'altro mondo... Certo, così avrei raggiunto la mia adorata Lily, ma non credo ne sarebbe stata entusiasta... Sono sicuro, che prima vorrebbe che trovassi qualcuno di valido che possa occuparsi della nostra libreria...
Lexi sentiva la sua voce diventare sempre più lontana e profonda, segno che si stava abbandonando ai ricordi e che presto una nuova storia sarebbe cominciata e, stranamente, si ritrovò a sperare che il Signor Finnigan le raccontasse qualcosa di più della sua vita, come se, tutto d'un tratto, fosse diventata un libro da cui imparare delle lezioni fondamentali. Quell'uomo aveva vissuto così tante esperienze nella sua esistenza che definirlo un “esperto della vita” sarebbe stato quasi un eufemismo.
“Non mi ha mai parlato molto di sua moglie... So solo che è morta parecchi anni fa, quando la loro figlia aveva circa otto anni e che lui l'ha cresciuta praticamente da solo, perché non ha più voluto nessuna donna al suo fianco... Chissà perché...”.
-Sa, signorina Lexi: Lily adorava quella libreria... Era come se lei ci mettesse la propria vita in quello che faceva... Ogni volume che sceglieva di vendere, lo leggeva prima da cima a fondo, perché voleva essere sicura che ne valesse la pena... Si figuri, che quando cominciammo a tenere anche qualche rivista si rifiutò di escludere quelle più osé, sostenendo che anche quelle potessero essere di giovamento per qualcuno... Ed ora ogni libro contenuto all'interno di quel piccolo angolo di paradiso polveroso mi sembra una piccola parte del suo sorriso, o un cristallo delle sue lacrime, un frammento dei suoi pensieri... Quella libreria è la mia Lily...
La voce di Robert si incrinò per un secondo, prima di ricominciare a tracciare le fila di quel racconto, che altro non era che la storia della sua vita. In quell'istante Lexi non riuscì a trattenere una lacrima e, per la prima volta, dopo giorni, era una lacrima nuova. Non era stata creata da qualche sentimento sepolto dentro di lei, da qualche emozione che lottava per emergere dall'immobilità a cui era costretta, era invece una placida esibizione di quanto quelle parole sentite avessero fatto nascere dentro di lei.
-Lei era veramente speciale... Non solo amava i libri tanto quanto me, ma amava la vita più di qualsiasi altra persona io abbia mai incontrato... Non l'ho mai vista piangere in vent'anni di vita assieme, eccetto quando stava per andarsene... E' stato un cancro... Era un male incurabile per l'epoca, se le fosse capitato ora, probabilmente sarebbe vicino a me a ridere di come mi ostini a portare il cappello, quando non ho più capelli da tenere in ordine... Aveva una risata spettacolare... Rise persino quando le chiesi di sposarmi... Avevo messo il mio abito migliore, stanco di farmi vedere sempre in divisa o con i vestiti da lavoro, e l'avevo portata nel ristorante più costoso che ci fosse a Dover... Sa Lily era nata lì, come me d'altra parte, ed è per questo che mia figlia c'è voluta tornare... Ad ogni modo, eravamo sulla terrazza che dava sull'Oceano, c'era un vento terribile che non ci lasciava in pace, nonostante fosse il 12 Luglio e sembrava veramente che tutto fosse contrario a farmi fare quella proposta di matrimonio... Persino il cameriere sbagliò tutte le nostre ordinazioni... Così, quando trovai il coraggio di inginocchiarmi davanti a lei per dichiararmi, il vento mi fece sfuggire dalle mani il discorso che avevo pazientemente preso in prestito dalle pagine dei suoi libri preferiti e mi fece finire sulla camicia bianca un tovagliolo pieno di sugo alla bolognese, macchiandola tutta... E mentre io guardavo impotente il foglio volare via e la camicia macchiarsi, sentì la sua risata cristallina e la sua voce dirmi delle parole che mai dimenticherò: “Nessuna pagina di nessun libro avrebbe mai potuto descrivere questa scena e nemmeno quanto sia felice di dirti di sì...”... In quel momento capii che la vita con lei sarebbe sempre stata così: un sorriso continuo e lei non mi deluse mai... Amava la vita e non è giusto che l'abbia persa così presto...
Ormai le lacrime che solcavano il volto di Lexi erano diventate un vero e proprio torrente in piena, come anche le emozioni che sentiva attraversarle il cuore intorpidito.
-Oh, che pessimo visitatore che sono... L'ho fatta piangere signorina Lexi, mi dispiace... Sa, ci stavo pensando proprio l'altro giorno ed ormai è un miracolo che me lo ricordi, ma mi piacerebbe molto sapere se sarebbe interessata a diventare lei la proprietaria della libreria... Insomma, ci lavora da molto, ha persino capito come catalogo i libri e credo che le farebbe bene avere un'ancora di sicurezza su cui fare affidamento in ogni momento... Un po' come lo era per me la mia Lily...
“Ma che sto facendo... Sul serio: che diavolo sto facendo?? Quest'uomo mi ha appena detto che sua moglie avrebbe fatto di tutto per poter vivere un giorno in più con suo marito e sua figlia ed io ho rischiato di farmi uccidere per cosa? Già... Perché l'ho fatto?? Ora sembra così difficile trovare una risposta... Comunque sì, Signor Finnigan: mi piacerebbe moltissimo prendere la sua libreria, logicamente spero non a breve...”.
-Ma di questo avremmo tempo di parlarne, anche perché ora vedo che ha altre visite...
Lexi era stata così presa dall'ascoltare il racconto del Signor Finnigan da non essersi accorta che qualcun altro fosse entrato nella stanza, appoggiandosi al muro poco distante dal suo letto e sorridendo all'anziano signore, che si sporse verso di lei per poterle sussurrare qualcosa all'orecchio.
-E se devo essere sincero, è pure un gran bel giovanotto!... Beh, ragazzo, sarebbe così gentile da chiamarmi l'infermiera per favore?? Grazie...
-Certo...
“Non posso aver veramente sentito quella voce... Non può essere...”.
-Bene, signorina Lexi, io torno nel mio piccolo antro... Mi raccomando: trovi anche lei qualcosa per cui amare la vita, non lasci che tutto le sia indifferente...
-Eccomi qui, Signor Finnigan... Venga, l'accompagno alla fermata.
-Grazie mille, Sarah... Arrivederci... E a presto signorina Lexi...
“Arrivederci Signor Finnigan... E grazie...”.
Il rumore della porta che si chiudeva e di passi che si avvicinavano al suo letto fecero sì che l'attenzione di Lexi si focalizzasse di nuovo su quanto le stesse accadendo attorno, tanto da percepire un leggero spostamento d'aria che le fece intuire come il nuovo visitatore si fosse seduto sulla poltrona di pelle, che il Signor Finnegan aveva appena lasciato libera. Tentò di richiamare alla memoria quell'unica parola che aveva sentito uscire dalla bocca del nuovo venuto, ma le risultava quasi impossibile credere che fosse davvero lui. 
-Ha raccontato una storia bellissima quel signore... Sei fortuna a conoscerlo...
“Non mi sono sbagliata, è proprio lui... E sì, mi sono accorta pure io solo ora di quanto fortunata sia per avere una persona come lui nella mia vita...”.
-Beh, penso tu abbia capito chi sono... Ad ogni modo, sono Zach... Zach, dei The Rush... Wow, ormai è diventato come un cognome... E chi se lo sarebbe mai aspettato? “Già, chi se lo sarebbe mai aspettato che mi ritrovassi ad avere una sorta di conversazione illuminante con il mio anzianissimo datore di lavoro e che uno dei miei idoli venisse a trovarmi in ospedale?? Si chiama ironia della sorte Zach, facci l'abitudine se stai vicino alla sottoscritta...”.
Il ragazzo si tolse il cappellino da baseball che aveva in testa, appoggiandolo sulle gambe fasciate da un paio di pantaloni della tuta grigi, per poi passarsi le mani nei folti capelli neri, decidendo che era giunto il momento di chiedere a Louise, la loro parrucchiera, di tagliarglieli. Giocando con la visiera del berretto bianco e blu, Zach trovò finalmente le parole per rompere quel silenzio che si era creato nella stanza: non che non lo apprezzasse, anzi, adorava stare chiuso nella sua stanza della creatività, come l'aveva chiamata lui, e dipingere quanto gli passava per la testa senza alcun rumore a disturbarlo, ma in presenza di quella ragazza, lo metteva a disagio. Come se lei fosse troppo per lui, come se il suo gesto l'avesse resa una sorta di super eroe di cui si può solo stare in contemplazione. Si riscosse da quei pensieri e finalmente aprì bocca.
-Allora... Come va? No, scusa... Questa sì che era una domanda idiota...
“Un pochino sì Zach, ma posso darti un consiglio?? Fai un respiro profondo e ricomincia da capo...”.
Come se lui fosse stato capace di sentirla o di leggere nella mente di Lexi, prese l'ennesimo respiro profondo e riordinò le idee.
-Le infermiere mi hanno detto che le tue condizioni sono stabili... Mi fa piacere, anche se speravo di arrivare qui e sentire che magari piano, piano, ti stessi riprendendo... “Non sei l'unico Zach, te lo assicuro... Ma a quanto pare la mia punizione in questa sorta di gigantesco pensatoio è un po' più lunga del previsto...”.
-Forse perché così mi sarei sentito un pochino meno in colpa...
“Come scusa?? Meno in colpa?? Per quale diamine di motivazione tu dovresti sentirti in colpa Zach?! Mica sei stato tu a sfoderare una nove millimetri dalla borsetta, puntandola contro Lucas, in mezzo ad una piazza gremita di gente, e sparando con l'intenzione di uccidere!! Ci mancherebbe anche altro...”.
Dall'esatto istante in cui l'incidente era avvenuto e, a maggior ragione, dopo che l'aveva vista in quel letto d'ospedale, Zach non era più riuscito a togliersi quella sensazione di dosso, tanto che si prese la testa tra le mani, appoggiando i gomiti sul letto di Lexi per sorreggersi. Ormai gli sembrava di avere un blocco di cemento armato al posto del cervello.
-Sul serio Lexi: mi dispiace! Sollevò il capo per guardarla: gli appariva così indifesa con tutti quei tubi e quegli aghi che la tenevano in vita, e ogni cosa gli sembrava ancora più ingiusta. Posò una mano su quella di Lexi, stringendola dolcemente.
-Non è giusto che tu abbia rischiato la vita per salvare uno di noi... Non ha senso... E poi tutto quello che dicono di te... E' assurdo!!
“Grazie per le belle parole Zach, sul serio, ma ora dimmi che cosa scrivono su di me per favore, che, sai com'è, qui io sono un po' fuori dal mondo... Wow, mi faccio pena da sola, questa battuta era veramente terribile...”.
-Ci sono dei giornali che hanno fatto intere inchieste su di te e sulla “Psicosi da The Rush”... Continuano a presentare le nostre fan come delle pazze invasate, solo perché tu hai avuto il coraggio e la prontezza di fare qualcosa!! Pensa che sono addirittura arrivati a scrivere che tu ti sia gettata su quella pallottola solo per attirare l'attenzione di Lucas, perché saresti perdutamente innamorata di lui!! E' tutto uno schifo, davvero...
Lexi per un attimo temette di perdere conoscenza, benché sapesse di essere già in uno stato che definire cosciente era un eufemismo.
“Non ci credo... Non possono seriamente pensare che abbia fatto quello che ho fatto solo per... Aspetta: per cosa? Per attirare l'attenzione di Lucas?? Ma stiamo scherzando, spero... Non ci posso credere!! Mamma mia che voglia di urlare che ho in questo momento!! Ti prego, fammi risvegliare ora e permettimi di mandare tutti in quel bel paese che io conosco bene e in cui ormai non c'è più posto... Ti prego fammi gridare quanto idioti siano e quanto assurda sia tutta questa dannata situazione!! Io non sono né una pazza, né un'invasata, okay?! Dovete ficcarvelo in quella cavolo di testa!! Non lo so nemmeno io perché l'ho fatto!!”.
Neanche a farlo apposta, i macchinari che controllavano il cuore sempre più stremato di Lexi cominciarono ad impazzire, facendo preoccupare parecchio Zach, che quasi per istinto, cominciò ad accarezzare il braccio della ragazza distesa davanti di lui, come si fa con i bambini piccoli che si sono persi al supermercato.
-Ehi Lexi, tranquilla... Noi sappiamo che non è così, insomma siamo assolutamente sicuri che tu non l'abbia fatto per un motivo così banale... Persino le nostre mamme ti difendono su Twitter, oltre a chiederci costantemente come stai... In fin dei conti, ti devono la vita dei loro preziosi bambini...
Le sorrise in quel suo modo tutto particolare, che gli faceva mettere la lingua leggermente tra i denti e che illuminava di tante piccole striature più chiare le sue iridi ambrate. Benché Lexi non potesse vederlo, capì dall'inclinazione della sua voce che le stava regalando uno dei suoi magici sorrisi e, avendolo studiato a lungo in quegli ultimi quattro anni, se lo immaginò identico sulle pareti di quel tunnel che la circondava, facendola calmare immediatamente.
-Così va molto meglio... Anche se non ti conosciamo Lexi, sappiamo bene che l'hai fatto spinta da un sentimento di generosità verso il prossimo... E forse anche un po' perché ti piace Lucas, ma questo non cambia le cose: sei una persona splendida e non doveva capitarti nulla di tutto questo...
“Cavolo Zach, tu parlerai anche poco, ma quando lo fai centri sempre il bersaglio, eh? Forse hai ragione: era semplice spirito d'altruismo nei confronti del prossimo... Già, deve essere così per forza...”.
-Wow, non era decisamente questo il motivo per cui ero venuto qui, ma va bene... Anzi, è andata meglio di quanto immaginassi... A dire il vero ero venuto per portarti un invito ufficiale per una cena con tutti noi, non appena ti sarai ripresa... Ti porteremo a mangiare in un ristorante rinomato che Nate adora e poi in qualche locale carino, dove riceverai tutti i trattamenti da star che ti meriti e avrai anche l'occasione di sopportarti i The Rush al gran completo per un'intera serata... Quando me l'hanno detto mi sono chiesto se fosse più una punizione o un premio... Beh, starà a te deciderlo...
“Oh... Cioè, voglio dire... Oh... Un'intera serata con voi... Sostanzialmente il sogno di ogni fan... Io... Grazie Zach... Sul serio, non solo per la cena ma anche per essere passato... Significa tanto per me...”.
-Lo so che una cosa del genere non potrà mai ripagare ciò che hai rischiato per noi, ma spero sia solo il primo di molti incontri... Sai Lexi, suonerà un po' macabra come cosa, ma mi trovo bene a parlare con te... E' come se sentissi di potermi fidare, mi sembri una ragazza apposto, una con cui si possa fare una conversazione... Penso che andresti molto d'accordo con Page... Sarebbe voluta venire anche lei oggi, ma aveva la prima sessione di ricerca dell'abito da sposa. Cazzo sto per sposarmi...
Quelle parole fecero sorridere non solo Zach stesso, ma anche Lexi, che non poté fare a meno di pensare a quanto dolce fosse quel ragazzo che all'apparenza sembrava schivo, duro ed impenetrabile.
“L'opposto di quello che è in realtà... Anche un cieco si accorgerebbe di quanto sia innamorato di Page... Non me ne ero mai accorta, ma la sua voce diventa istintivamente più soffice e calda quando parla di lei... Oddio, mi viene da piangere! Mannaggia a te e alla tua favola d'amore Zach!”.
-E a proposito di coppie... Ho visto che la tua amica... Aspetta, com'è che si chiama?? Mia vero? Sì, mi sembra che Hugh mi abbia detto si chiami Mia... Anche lei sembra molto simpatica. Forse un pochino eccentrica e dalla risposta piccata, ma non è male e poi è riuscita a far colpo su quel cascamorto di Hugh, il ché è tutto dire... Non che lui ci provi con tutte, quella è solo l'idea che la gente ha di lui, ma questa volta sembra che sia seriamente intenzionato a trattarla con i guanti di velluto... Sta sera credo la voglia portare al Fabric e non so se hai presente cosa sia il Fabric...
“Allora, Makil, io sarò anche una ragazza normale o apposto, come dici tu, ma i locali di Londra li conosco pure io... Certo, non li frequenterò tanto quanto voi, ma almeno per fama so quali siano... Comunque hai capito Mr Hugh Stime: mi tratta bene la ragazza, altroché... Fortuna che alla fine ha ascoltato la sottoscritta e ha optato per il vestito nero... Pensa se avesse deciso di mettersi su uno di quei suoi abbinamenti improponibili... Alle volte mi chiedo come possa seriamente frequentare il London Fashion College, mi sembra un mistero...”.
-Comunque, ho visto che qualcuno ti ha portato delle casse per ascoltare la musica... Ho letto che molte volte ha aiutato pazienti nelle tue stesse condizioni a risvegliarsi... Magari potrebbe essere utile anche a te... Allora, vediamo che cosa c'è dentro questo Ipod...
“No, ti prego no!! Oddio che imbarazzo!! Appena avrà visto quella playlist tutta la sua stima nei miei confronti svanirà in un nano secondo... Che poi non esistono nemmeno i nani dei secondi, al diavolo!!”.
Ed eccola là: la sua risata molto simile al suono di piccoli cristalli che si infrangono al suolo riecheggiò nella camera di Lexi, dando conferma ai suoi peggiori presagi.
-Effettivamente, dovevo aspettarmelo... Hai una playlist tutta dedicata a noi... Wow, non mi ricordavo nemmeno di aver mai cantato questa canzone! Le hai proprio tutte... Pure i live!
“E la ragazza-in-coma vide svanire davanti ai suoi occhi tutte le sue possibilità di essere presa in considerazione dalla sua band preferita... Grazie, mi serviva... Anni di reputazione buttati all'aria in un secondo...”.
-Potresti diventare la nostra manager... Forse ci conosci più tu di lei... Allora, vediamo cos'altro hai qui dentro... Eccoci qui: questa mi piace!
Welcome to Miami partì a tutto volume rischiando quasi di far seriamente risvegliare Lexi, ma per lo spavento.
“Non c'è niente da fare Makil: truzzo eri e truzzo resterai... Chissà, poi, perché ho quella canzone dentro...”.
Il cellulare di Zach vibrò nella tasca dei pantaloni della tuta, informandolo che un messaggio di Page lo richiamava ai suoi doveri di futuro marito che a breve sarebbe partito per l'Australia, lasciandola da sola con i preparativi per il grande evento.
-Cavolo, mancano un sacco di mesi al matrimonio e Page si sta già facendo una marea di pare mentali... Non credo di riuscire a sopravvivere... Fortuna che ho scelto Lucas come testimone di nozze: almeno potrò contare su di lui per ogni evenienza, perché se dovessi fare affidamento su uno degli altri tre disgraziati, potrei stare fresco... Rischierei di trovarmi senza fedi nuziali, ma con una enorme torta a forma di bomboletta spray al ricevimento...
Al sentir pronunciare quel nome, lo stomaco di Lexi si sarebbe voluto stringere in una morsa di emozione e risentimento, ma il suo corpo continuava a non risponderle, quindi se lo immaginò chiaramente nella sua mente: era un valido modo anche quello per dare sfogo alle sue reazioni.
-Bene, allora io vado Lexi... Spero di riuscire a passare di nuovo, magari anche con Page la prossima volta... O con uno dei ragazzi, che tra parentesi ti salutano tutti. Allora a presto Lex... Spero non ti dispiaccia se ti chiamo così... Ciao.
Lexi sentì la sua mano sinistra venir sollevata dal lenzuolo su cui era stata posata per gli ultimi quattro giorni e due labbra gentili lasciarci sopra un leggero bacio. Poi il rumore di passi le fece capire che anche il suo ultimo speciale visitatore se ne era andato.
“Mi ha chiamato Lex... Ma che cavolo... Se c'è una cosa che non avrei mai immaginato era che Zach fosse un ragazzo così loquace: voglio dire, mi ha praticamente raccontato metà della sua attuale vita... Mica cose da poco... Per non parlare del fatto che ha detto di fidarsi di me... Chi mai si è fidato di me, oltre a Mia e la vecchietta dell'incrocio tra Lisle Street e Whitcomb Street, che mi aspetta ogni domenica mattina per attraversare la strada?? Certo, è anche vero che la gente di solito, appena mi conosce, decide di assumermi come discarica abusiva personale su cui riversare la loro dose quotidiana di problemi esistenziali, ma nessuno mi aveva mai detto che si fidava di me... Potevo essere io o chiunque altro... Lui invece ha detto che sono apposto e che si sente libero di parlare proprio con me... Non mi era mai capitato... Cavolo: pensa se quella pallottola mi avesse colpito appena più a destra e fosse finita dritta nel mio cuore... Non avrei mai vissuto nulla di tutto questo... Ma che diamine ho fatto??”.   




Hi sweethearts!
Ultimo capitolo prima della sorpresona... Spero che la storia continui a suscitare un pochino il vostro interesse, perché il meglie deve ancora venire ^^
Lots Of Love xx

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Capitolo 7
*** 26th August 2013 ***


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26 th August 2013

-Tuo fratello è un cretino!!!
“Oddio cos'è sta cosa?! Chi è che grida in questa maniera?! Sta andando a fuoco l'ospedale e non mi hanno detto nulla?! Un uragano si sta per abbattere sulla mia camera e nessuno si è degnato di venirmi a salvare?! Un gigante sta per schiacciarmi e nessun cavaliere su bianco destriero mi verrà a recuperare?? Stare qui con il cervello perennemente acceso mi sta facendo impazzire...”.
- Giuro che quando mi capiterà tra le mani lo farò a cubetti e poi lo getterò in una gabbia di leoni a dieta da un mese!!! Ma dimmi: quando Karen vi ha partoriti, ha pensato che tanto il primo poteva essere una prova e che quindi dotarlo di un cervello sarebbe stato inutile?! Perché è l'unica spiegazione plausibile che mi viene in mente per quello che ha fatto!! E' un idiota!! Un colossale, abominevole e stratosferico cretino!!
“Oh, buongiorno anche a te Mia...  Vai tranquilla, che tanto: primo, non siamo in una camera d'ospedale; secondo, stai solo parlando di mio fratello, anche se non hai tutti i torti; terzo, non hai nemmeno appena rischiato di farmi venire l'infarto che avrebbe posto fine a tutta questa storia... Ma dico: sei scema?! Siediti, respira e comincia dal principio... E che cavolo: qui le regole le detto io e le cose si fanno con un certo ordine!”.
Mia si rese conto che, forse, entrare come una furia leggendaria dentro la stanza della sua migliore amica in coma vigile, non fosse stata proprio la scelta più azzeccata, dato che il suo elettrocardiogramma sembrava essersi trasformato in un tracciato sismico.  Si sedette su quella poltrona che ormai era diventata la sua seconda casa e fece un respiro profondo, ma quando cercò il punto esatto da cui cominciare a raccontare quanto fosse successo la sera precedente, tutta la sua rabbia tornò a galla, rischiando di farla sbottare di nuovo come un fungo atomico.
- Credimi quando ti dico che sei fortunata a non essere sua sorella gemella, perché in quel caso non avresti potuto far finta di non conoscerlo, ma così hai ancora qualche speranza! E' un'idiota, un irreparabile idiota!!
“Ma si può sapere che cos'ha combinato?? Ho capito che non hai mai sopportato David, soprattutto da quando ti ha detto che la tua maglietta preferita di My Little Pony, di quando avevi cinque anni, sembrava uno straccio per pulire per terra, ma questo mi sembra troppo persino per te...”.
- Scusami Lexi... Sono entrata urlando come una pazza ed insultando quel enorme cogli... Scusa, non volevo... Ti prometto che ora ti racconto tutto da capo...
“Sempre sia lodato! Bene Mia: dimmi perché stai progettando una morte lenta e dolorosa per il mio fratellone poco sveglio??”.
- Sai che ieri dovevo uscire con Hugh, giusto??
“E certo che lo so!! Ma per chi mi hai presa: la prima sprovveduta che passa per strada?! Dico: avevi un appuntamento galante con uno dei miei idoli, mica con quell'ameba di Matt!!”.
- Odio questo tuo silenzio forzato... Comunque, mi sono preparata per bene, come avevamo deciso assieme... Pensa che avevo persino impiegato qualcosa come un'ora per far sì che i miei capelli fossero decenti!! Avevo dei boccoli perfetti, che come saprai bene, farli stare senza quelle cose chimiche che usi tu è praticamente impossibile... Insomma, mi è venuto a prendere sotto casa... Sì, proprio davanti il nostro adorato portoncino blu in Lexington Street!! Lui e la sua Range Rover nera che, lasciamelo dire, io non sarò una che fa caso a queste cose, ma quella macchina è enorme!! Ma non è questo l'importante... Insomma, mi apre lo sportello per farmi salire, mi dice che sto benissimo con quel vestito... E sì, se te lo stai chiedendo, io, Mia Winston sono arrossita come uno di quei segnali che si mettono per avvisare che ci sono dei lavori in corso... Che imbarazzo... Insomma, sta di fatto che era bello da star male... No, Lexi così non va bene... Dai: da quando in qua o mi faccio mettere in difficoltà da un paio di occhi verdi come l'erba di Hyde Prk in un soleggiato pomeriggio di fine maggio?? Oddio, cosa mi ha fatto quel ragazzo?! E' tutta colpa tua Lexi, è solo colpa tua!!
“Ma dico: stai scherzando?? Per quale fantasiosa motivazione dovrebbe essere colpa mia se quel gran pezzo di ragazzo è bello come una divinità greca?! Ma senti questa... E poi la chiamano migliore amica... Seh...”.
- Ed è anche colpa tua se hai un fratello che ha il cervello di un celenterato!
“Ehi, ehi, ehi!! Ma cos'hai oggi?! Ti ha morso una vipera?”.
- Scusami Lexi, veramente, ma non capisco perché... Non riesco a trovare una spiegazione...
“Ma a cosa Mia?? A cosa?!?! Sento il mio povero cervello che sta arrivando al punto di fusione...”.
Stava cercando le parole giuste per descrivere la serata allucinante che aveva trascorso, dato che ancora le sfuggiva come fosse sopravvissuta ad un'umiliazione del genere.
- Siamo arrivati in un ristorante molto carino e riservato, dove Hugh aveva prenotato un tavolo in fondo alla sala, prima di portarmi al Fabriq... Ho detto che era riservato il posto, vero?? Un cazzo!!
“Mia!!! Le parole!!”.
- Scusa, ma ci sta tutto! Ci stavamo sedendo, io non mi rendevo conto nemmeno di essere a questo mondo tanto ero concentrata a perdermi nel suo sorriso ammaliante, figurarsi se mi mettevo a guardare chi era seduto ai tavoli! Sta di fatto che Hugh stava galantemente spostando la sedia per farmi sedere e poi, bum! Ecco che quel coglione- scusami sempre per le parole, ma ci stanno tutte- quel coglione di tuo fratello sbuca alle spalle di Hugh in tutta la sua eclatante imbecillità!! Voglio dire: che cosa gli passava per la testa?! Voleva fare il paladino delle donzelle indifese che rischiano di finire nelle mani di un maniaco seriale?! Io non so che cosa gli frullasse per la testa, ma sono certa delle cretinate che gli ho sentito dire, no, che dico, che gli ho sentito urlare subito dopo!!
“Cosa?! Ma che cavolo centra David con il tuo appuntamento?!”.
- Ha cominciato a sbraitare dicendo che non poteva credere ai suoi occhi, che ero un'ipocrita, che predico bene e razzolo male, che sono finta fino all'osso del collo corto che mi ritrovo!! Ma dico: si può sapere che cazzo vuoi dalla mia vita?! Ed è esattamente quello che gli ho risposto, certo, omettendo le parolacce perché ero in presenza di Hugh e in un ristorante elegante...
“Io l'ho sempre detto che l'hanno adottato... Dai, non può essere davvero mio fratello... E' statisticamente impossibile che possediamo gli stessi geni!”.
- E a quel punto, quel ragazzo meraviglioso che ora non vorrà non dico vedermi, ma nemmeno sentir pronunciare il mio nome, si è alzato in piedi e si è messo davanti a tuo fratello... Era come vedere due duellanti a confronto... Solo che uno somigliava molto a  Patrick Dempsey quando deve salvare Meredith in Grey's Anatomy, mentre l'altro sembrava più Rasputin nel cartone di Anastasia! E indovina chi era il cretino di tuo fratello?! Esatto, Lexi: quel personaggio verdognolo e rachitico che perde pezzi dovunque!! “Mia, tu sei pazzesca...”.
- Quel cretino fronteggiava Hugh come se fosse una minaccia atomica, mentre lui manteneva il suo innegabile aplomb e lo guardava con uno sguardo indecifrabile... Finché non gli ha detto: “Scusami: ma tu chi saresti?” e qui comincia la tragedia, come se non fosse stato già abbastanza sentirlo insultarmi per niente! Gli ha risposto: “Io sono David e non solo sono il fratello di quella pazza che si è presa una pallottola per salvare il vostro bel culetto ricco sfondato, ma sono anche quello che si interessa di questa signorina qui!”....
Mia aveva riportato le esatte parole che aveva sentito uscire dalla bocca di David in quel tono da padre arrabbiato e apprensivo che lei non aveva mai sopportato, dato che il suo, di padre, se ne era andato quando lei aveva dodici anni. Non gli aveva mai rimproverato nulla, dato che pure Mia sarebbe scappata volentieri da sua madre, ma il suo rapporto con le figure autoritarie era andato decisamente peggiorando con il tempo: lei e le regole non avevano un grande feeling, figurarsi con quelli che dovevano farle rispettare.
- Ma ti pare possibile?! Poi Hugh si è girato verso di me e mi guardava come per cercare una spiegazione, ma cosa potevo dirgli se nemmeno io sapevo che cosa stesse succedendo in quel momento? Non potevo credere che avesse appena detto quelle parole!!... Così, Hugh, si è voltato di nuovo verso di lui e gli ha semplicemente detto: “ Intanto non credo che Lexi sia pazza, ma hai ragione te: le dobbiamo la vita... Secondo, penso che Mia sia grande abbastanza per scegliere chi frequentare...”...
“Mio fratello mi ha dato della pazza davanti a tutti... Ora, io non dico di essere normale e di avere tutte le rotelle al loro posto e ben oliate, ma dire che sono pazza di fronte a tutta quella gente e a Hugh, per giunta!! Poi, viene qui, fa tanto il carino, dice che gli manco... Ma che si fotta! Col cavolo che mi risveglio per uno che si vergogna di me...”.
- E poi entrambi si sono voltati a guardarmi e tuo fratello mi sputa addosso con una cattiveria incredibile questa frase. “Allora: chi scegli?”... Io lì non ho più capito nulla... “Che cosa ti ha detto?!?!”.
Mia stava tentando di contenere le lacrime, quelle che la sera precedente aveva inghiottito a fatica per non mostrare il terremoto che stava avvenendo all'interno del suo cuore. Avrebbe voluto urlargli contro che era un imbecille, un cretino, che non poteva permettersi di fare domande del genere, che non capiva che cosa centrasse lui con la sua vita, che non trovava una spiegazione al comportamento che aveva tenuto nei suoi confronti dopo l'incidente di Lexi. Ancora non riusciva a spiegarsi quanto era accaduto il secondo giorno in cui la sua migliore amica era stata ricoverata, quando lei era uscita dalla stanza piangendo e, dopo pochi secondi, aveva sentito una mano grande e accogliente appoggiarsi sulla sua spalla, mentre una figura che ben conosceva si sedeva al suo fianco sulle scomodissime sedie di plastica arancione. Era stato lì con lei a carezzarle la schiena per una buona mezz'ora, tanto che ad un certo punto Mia aveva gettato all'aria ogni barriera, tanto era sopraffatta da tutta quella situazione, e si era immersa in un suo abbraccio caldo. E poi quella scenata venuta fuori dal nulla, tutta quella... No, Mia non voleva nemmeno pensare ad una cosa del genere: quella non poteva essere gelosia. Cercò di fare l'ennesimo respiro profondo e di non lasciare che le emozioni contrastanti che provava avessero la meglio su di lei, ma aveva sempre avuto qualche difficoltà a contenere il fiume di sentimenti che le scorreva costantemente dentro, quindi, quando Mia aprì di nuovo la bocca per parlare, ne uscì solo un sonoro singhiozzo.
“Mia ti prego... Calmati... Non è la fine del mondo... No, okay, lo è e hai tutte le ragioni per piangere, solo che è terribilmente frustrante non poterti abbracciare e dirti che andrà tutto bene... Ti prego: nemmeno ora vuoi lasciarmi svegliare?? Non vedi che ha bisogno di me??”.
- E la vuoi sapere una cosa? Non sapevo che rispondergli... Avevo gli occhi pieni di comprensione, di pazienza e di promesse di Hugh da una parte e quelle dannatissime iridi celesti che non sapevano far altro che osservarmi con uno sguardo di sfida, di disprezzo, quasi, per aver accettato uno stupidissimo invito, dall'altra... E sai qual'è il colmo Lexi?! Che io mi sono sentita in colpa sul serio!! Mi sono sentita in colpa per aver accettato l'invito di Hugh... E credo che lui l'abbia capito, nonostante io abbia risposto a tuo fratello che non ci fosse nulla tra cui scegliere... Lexi, non mi sono mai sentita così tanto una schifezza come in quel momento. Anche perché David se ne è andato, guardandomi come se avessi appena ucciso una mandria di visoni per farmici una pelliccia e Hugh è stato gentilissimo con me per tutto il resto della serata, senza fare minimamente riferimento a quanto era appena successo... Lexi: mi sento un tale schifo...
E poi eccola, la valanga di lacrime che si teneva dentro da troppe ore ormai e che Mia avrebbe tanto voluto potessero esser raccolte da un abbraccio caloroso della sua migliore amica, ma Lexi era ancora lì, immobile e non sembrava aver intenzione di tornare da lei. Così Mia lasciò che la sua testa cadesse sulla pancia di lei e ben presto, il lenzuolo bianco che la copriva, si macchiò di pesanti aloni di mascara.
“Oddio, no...Ti prego, Mia, non dirla nemmeno una cazzata del genere! Tu sei tutto fuorché una schifezza... Al massimo è quel cretino di mio fratello che vorrei capire che cos'ha dentro la testa... ma a questo ci penserò dopo... Forza, non piangere così tanto... Hugh avrà sicuramente capito che tu non avevi alcuna colpa per l'accaduto e per quanto riguarda il tuo senso di colpa... Beh, questo mi sembra il problema maggioritario al momento... Ma tu cerca di calmarti... Aspetta: dai battito, sono preoccupata per lei... Aumenta...”.
La macchinetta ebbe alcuni lievi sussulti, che fecero rialzare la testa a Mia e la spronarono a riprendere fiato. Non le era mai capitato di sentirsi così incerta su che cosa le stesse accadendo: lei sapeva sempre a che punto della sua vita era, anche se, il più delle volte era un punto morto. Poi, però, parlava con Lexi e tutto si risolveva. Decise che nemmeno quella situazione le avrebbe tolto la sua migliore amica. Si asciugò le lacrime che ancora le bagnavano il volto e prese una mano di Lexi tra le sue.
- Okay... Come diresti tu: “Analizziamo la situazione”... Ma guarda te: tu stai ferma lì ed io mi faccio le conversazioni da sola... Comunque, tornando a noi: adesso mi devi spiegare per quale diamine di motivazione io mi sia sentita in torto nel farmi trovare da David, fuori con un altro... Non ha senso, come non ce l'ha neanche il fatto che mi sia quasi dispiaciuto dargli quella risposta... Dispiaciuto, insomma, mi sembrava di aver appena abbandonato un cucciolo di labrador sul ciglio dell'autostrada, il 15 di Agosto... Capisci?? Forse era questo: della semplice pena... Sì, la mia era della comunissima compassione per la pessima figura che aveva appena fatto con Hugh! Perché non c'ho pensato prima?!
“Certo Mia... E per lo stesso principio io sto saltando sul mio letto d'ospedale, in vestaglietta a fiori bianchi e rosa, perché Lucas mi ha chiesto di sposarlo... Direi che il tuo ragionamento non funziona, sotto nessun punto di vista... Lo vedete da lassù che qui c'è un urgente bisogno della sottoscritta?? Perché, per quanto mi costi ammetterlo, la mia migliore amica di sempre e il mio fratellone cerebroleso (anche se qui, l'unica con reali problemi al cervello sono io, ma sorvoliamo), si sono presi una bella sbandata l'uno per l'altra... E credo che solo il mio provvidenziale intervento possa salvarli da un abisso di infelicità e disperazione... Va bene, la sto facendo un po' apocalittica, ma il succo è quello: non se lo diranno mai questi due, sono decisamente troppo orgogliosi... Ma come hai fatto a prenderti una sbandata per uno come David?! Dai, Mia: è da cliché!! E poi avevi per le mani Hugh Stime, alias lo scapolo d'oro d'Inghilterra!... Il mondo sta seriamente andando al contrario...”.
- Mi sono fatta un sacco di problemi per nulla... Comunque Hugh è stato veramente carino... A fine serata mi ha riaccompagnata a casa e nel momento della buonanotte mi ha detto: “Non è stata di certo una serata tranquilla... E per una volta non è stata colpa mia!”... E poi mi ha dato un dolcissimo bacio sulla guancia... Mi credi se ti dico che mi sono sentita un'adolescente alle prese con la sua prima cotta epocale??... Lo so, fai pure, ridi finché non posso prenderti a cuscinate come avrei fatto normalmente... E giusto perché voglio rovinarmi completamente, ti dico pure che non mi lamenterò mai più quando metterai su le loro canzoni: la voce di Hugh è... No, non posso stare seriamente per dire una cosa del genere... Al diavolo, con ogni probabilità non ti ricorderai nulla di tutto quello che ti sto dicendo, quindi siamo sinceri: quella voce roca ti fa venire i brividi, soprattutto quando ride... Hai mai visto le fossette che gli si creano in mezzo alle guance??
“Benvenuta nella mia vita Mia!! Dimmi: secondo te ho passato gli ultimi quattro anni della mia vita a seguire dovunque cinque tipi qualunque?? Mi pensavi sul serio così cretina?! E poi, perché ho la netta impressione che a breve ti sentirò varcare quella soglia canticchiando una delle loro canzoni??”.
Mia si rilassò sulla “sua” sedia e un sorriso le comparve sul volto, dopo quasi una settimana di smorfie tirate e guance arrossate per le lacrime. Nonostante l'irritante e sconvolgente scenata di David, Mia non poteva che sorridere ripensando all'appuntamento della sera precedente, poiché, per la prima volta dopo troppo tempo, le sembrava di aver trovato una persona piacevole capace di farla star bene con una semplice battuta. Anche se lo sguardo di David continuava a tornarle in mente.
- Bene Lexi: è tempo che vada a casa, dato che Hugh mi ha chiesto se mi andava di accompagnarlo a fare shopping oggi pomeriggio, dato che sostiene che abbia un gusto molto simile al suo... Non è pazzesco?! Ho trovato qualcuno che capisce il mio stile! Ci sentiamo Lex!! Ti voglio un mondo di bene e ti aspetto qui, il più presto possibile, okay? E se per caso quel coglione- scusa- di tuo fratello passasse di qui, cerca di trovare un modo per fargli intendere che è un cretino... Grazie Lex... Un bacio...
Mia si alzò e, dopo aver dato un bacio sulla fronte della sua migliore amica, si diresse fuori dalla porta.
“Ehi!! Ehi Mia!! Ferma!!! Cazzo, odio non poter parlare!! Ecco, ho pure cominciato a dire parolacce!! Diamine devo dirle di stare attenta! Se va fuori con Hugh vuol dire che sarà su tutto il web in meno di dieci minuti e chiunque saprà di lei... Non credo che Mia si renda conto di che cosa realmente implichi una cosa del genere... Sarà sulla bocca di tutte le fan che ci sono sul pianeta, esposta al giudizio di chiunque abbia un collegamento a Internet... E Mia non è mai stata una che va a braccetto con le critiche e le opinioni a priori... Spero solo che non si accorga di nulla... Certo che però oggi c'è un silenzio irreale qui dentro... Ora che quel vulcano se ne è uscito dalla mia stanza, non si sente più nulla... Nemmeno Sarah che informa le altre infermiere sulla mia situazione... Nulla... E' abbastanza strana come cosa...”.
Lexi, oltre a risultarle quasi intollerabile quella sua situazione d'impotenza, cominciava anche a non sopportare più tutto quel silenzio. Ringraziava ogni volta che qualcuno decideva di entrare nella sua stanza, fosse anche solo per cambiare qualche flebo, perché questo le permetteva di distrarsi un attimo da quella luce che sembrava avvicinarsi un poco ogni giorno. Ed era per questo che sperava sempre che si ricordassero di accenderle la musica, di modo che almeno qualcosa potesse tenerla lontana da quell'oblio di pensieri che sembrava sempre dietro l'angolo, pronto ad inghiottirla.
“In questo momento pagherei oro per avere il mio caro Ipod acceso... Mi ci vorranno secoli per riprendermi da tutta la roba che mi ha raccontato Mia...”.
Lexi sentì la porta aprirsi leggermente e la voce allegra di Sarah entrare nella camera.
- Non ti preoccupare... Entra pure... Le fa solo bene ricevere delle visite...
“Parole sante Sarah, parole sante...”.
Dei passi pesanti, che non riusciva a ricollegare a nessuna delle persone che finora erano andate a trovarla, fecero il loro ingresso nell'ambiente spazioso della stanza di Lexi, lasciando che lo scricchiolio delle scarpe da ginnastica rimbombasse dovunque, appena la porta si fu chiusa. Poco dopo il rumore cessò e questo fece intuire ad una Lexi sempre più interessata che quel qualcuno si era fermato a parecchi passi di distanza dal suo letto.
“Possibile che abbia paura di avvicinarsi? Che sia la pazza schizzata che ha sparato alla premieré che sia venuta a vedere la sua opera?? No, mamma ha detto che l'hanno in custodia in carcere, mentre è in attesa del processo... Ma allora chi potrebbe essere?”.
Quel silenzio gli sembrava assordante. A lui non era mai piaciuta la completa assenza di suoni e parole e forse era per questo che aveva deciso di intraprendere quel lavoro. E vederla lì, nella stessa posizione da bambolina di ceramica che aveva qualche giorno prima, lo fece rabbrividire. Sembrava sul serio che quella ragazza non stesse più vivendo e che tutto si fosse fermato alla giornata della premieré, nell'attimo in cui quella maledetta pallottola l'aveva colpita. Non riusciva a togliersi da davanti agli occhi l'immagine di Lexi che cadeva sul selciato umido di Leichester Square, mentre i loro sguardi si incrociavano. Era come se nel suo cervello si fosse scattata un'istantanea di quel momento e si fosse appesa al muro della sua memoria, tormentandolo notte e giorno e il problema era che non riusciva a darsi una spiegazione. Insomma, quella ragazza aveva compiuto un gesto straordinario, che lui, quasi sicuramente, non avrebbe mai posseduto il coraggio di fare, o forse, solo per le persone a cui teneva veramente ed era anche per questo che non riusciva a fare un altro passo avanti: Lexi aveva dato la sua vita per loro ed ora non le rimaneva altro che lo stare immobile in un'inquietante stanza d'ospedale, circondata da un silenzio surreale che secondo lui non aveva ragione di esserci. Da quanto avevano detto la sua migliore amica e sua madre, Lexi doveva essere una ragazza piena di energia e solare, di quelle che con un sorriso illuminavano la stanza, una delle qualità che più lo attraevano in una persona. Ed invece era lì, bloccata in quella condizione che si vedeva lontano un miglio non le appartenesse, che non fosse giusta. Si appoggiò con la schiena al muro, infilando le mani nelle tasche come di solito faceva quando non sapeva come comportarsi.  Alle fan quello sembrava un gesto da ragazzo sicuro di sé ed il più delle volte era anche vero, ma non in situazioni come quella, dove l'unica cosa che gli veniva da fare era stare in silenzio e guardare, cosa alquanto insolita per uno che non riusciva a stare zitto e non ridere nemmeno nei momenti in cui era d'obbligo farlo. Specialmente se i ragazzi erano nei dintorni, come qualche mese prima, quando dovevano fare delle interviste per l'uscita del film e Lewis, in combutta con Lucas, continuavano a farlo ridere come un pazzo, tanto che Pablo lo aveva minacciato di proibirgli di fare il red carpet vicino a Hugh, per fare la fantastica coppia degli scapoli d'oro. Ma in quel momento i ragazzi non c'erano e lui era da solo ad affrontare una situazione decisamente insolita. L'unica cosa che gli venne in mente di fare, fu prendere un respiro profondo e lasciare che la sua testa si abbandonasse sul muro freddo: forse non sarebbe dovuto andare.
“Ehi... Chi è là?? Allora? Non lo sai che è bene annunciarsi quando si entra nella stanza di una ragazza in coma che non può aprire gli occhi e parlare?? Sai, farei volentieri gli onori da casa, ma sono un attimo impossibilitata... Vuoi dirmi chi sei?! Mi sta venendo su l'ansia... E adesso perché sospira? Direi che dal suo respiro potrebbe essere un uomo, ma non ne sarei così certa... L'infermiera che due gironi fa mi ha cambiato le lenzuola respirava come un trattore in piena funzione durante la trebbiatura... Perché non parli, eh? Ti prego... Rompi questo maledettissimo silenzio...”.
Non poteva farci niente: il suo cuore, alle volte, o meglio, quasi sempre, non rispondeva alla volontà del suo cervello, mettendosi a battere all'impazzata, cosa che le macchine registrarono immediatamente. Quando il rumore accelerato del battito cardiaco di Lexi riempì lo spazio circostante, per poco non venne a lui l'infarto: si era completamente perso nei meandri dei suoi pensieri. Era veramente da tanto che non si fermava a valutare razionalmente tutto quello che aveva e che viveva ogni giorno di quella vita che gli sembrava ancora un sogno da cui si sarebbe svegliato, un giorno, ritrovandosi nella sua cameretta di quand'era bambino, con ancora i denti storti e una sola chitarra appoggiata al muro. Sperava solo di non essere lui la causa di quella tachicardia anche se aveva il presentimento che, invece, fosse proprio così: in fin dei conti era entrato e si era appoggiato al muro, senza dire una sola parola. Se fosse stato lui al suo posto sarebbe spaventato a morte. Eppure non voleva parlare, non ce la faceva proprio, come se la sua voce, quella che usava ogni santissimo giorno per cantare davanti a migliaia di fan, che diceva complimenti e frasi dolci per realizzare il sogno di qualcuna di esse, che sparava un sacco di idiozie con i ragazzi, che sussurrava al suo nipotino appena nato che gli voleva un bene dell'anima, quella stessa voce non ne voleva sapere di uscire per parlare con lei. Si comportava un po' come il corpo di Lexi: non eseguiva i comandi che arrivavano dal cervello. Aveva anche chiesto ai ragazzi come avessero fatto loro, qualche giorno prima, a rivolgersi a lei con tanta naturalezza e le risposte che aveva ricevuto lo avevano lasciato basito: era come se stessero parlando con una loro amica. Ma com'era possibile che considerassero quella ragazza una loro amica, se neanche ci avevano mai parlato assieme e, soprattutto, dopo quello che aveva fatto per loro? Zach gli aveva detto che per capirlo sarebbe dovuto andare a trovarla in ospedale, magari senza di loro, di modo da poter “sentire la vera Lexi”. Ogni tanto quel ragazzo gli faceva paura: lui e i suoi discorsi simil filosofici che lasciavano spiazzato chiunque, soprattutto quando a farteli era un ragazzone tutto tatuato e con la sigaretta sempre in bocca. Inoltre gli aveva rifilato anche un discorso piuttosto strano su come si fosse sentito a suo agio a parlare con lei, come se riuscisse a capirlo nonostante non potesse parlare.  Era tutta colpa del suo “fratellone maggiore” se ora era lì, in piedi, in quella stanza asettica anche se piena dei regali che le fan le avevano fatto, rischiando di far venire un infarto a quella ragazza. Non poteva sopportare oltre il silenzio e quando il suo occhio cadde sulle casse per I'Ipod, gli sembrò che qualcuno avesse aperto la finestra e fatto entrare una ventata di aria fresca.
Si avvicinò al letto di Lexi cercando di non inciampare in tutti quei fili che la tenevano in vita e prese l'Ipod tra le mani, cominciando a scorrere i brani.
“Aspetta... Si sta avvicinando... Okay, dovrebbe essere al mio fianco... Andiamo per esclusione allora: mamma e papà non possono essere perché sono entrambi impegnati...Mia se ne è appena andata... Potrebbe essere David, ma considerato quanto successo ieri sera, sarebbe entrato urlando su come Mia lo faccia imbestialire ogni volta... Che, tra parentesi, devo essere stata proprio cieca per non essermi accorta di nulla! Comunque... Chi altro potrebbe essere? Zach no, perché il suo profumo di sigarette e incenso si sentirebbe a chilometri di distanza... Hugh nemmeno, perché è fuori con Mia... Oddio, fa stranissimo pensarlo, però credo che facciano proprio una bella coppia: caro fratellone, mi sa che ti sei svegliato troppo tardi... Potrebbe essere Lewis, ma non sarebbe di certo così discreto... Ma certo: potrebbe essere Lucas!! Però avrebbe parlato, insomma, è già venuto qui, sa che posso sentire tutto e...”.
Eccola: finalmente aveva trovato la canzone che cercava, una delle sue preferite. Quando aveva preso in mano l'Ipod di Lexi l'aveva fatto quasi con la certezza statistica che quel pezzo sarebbe stato dentro ad una delle sue playlist. Schiacciò “play” e lasciò che Home di Michael Bublé si diffondesse per la stanza.
“Oh... Io amo questa canzone... Ma soprattutto piango ogni volta che la sento... Mi rivedo tutta la scena del Ballo del Ceppo in Harry Potter e Il Calice di Fuoco, solo che al posto di Hermione Granger a scendere le scale ci sono, con un meraviglioso abito da sera, la luce soffusa di migliai di candele ad illuminare l'ambiente e sull'ultimo scalino, ad attendermi, lui... Oh, di solito c'era Lucas, ma credo che ora le cose siano cambiate... A dire il vero mi sento cretina anche solo ad essermi persa in una fantasticheria simile... Ma erano cose come questa che mi facevano addormentare la notte... Credere che le cose, prima o poi, sarebbero andate meglio... Quindi, non so chi tu sia, ma grazie...”. Qualcosa di brillante e delicato stava scivolando lungo la guancia di Lexi e lui non riuscì a fare a meno di poggiare la sua mano grande e diafana su quel lembo di pelle ora leggermente umido per un singola, piccola lacrima, che sperava non fosse di tristezza. Ma sapeva bene che chiunque fosse stato nella situazione di quella ragazza sarebbe stato triste e  ai suoi occhi, questo, non era giusto. Raccolse la piccola perla trasparente con il pollice e solo in quel momento si rese conto di quanto quel contatto gli stesse dicendo, di come la sua pelle sembrasse essersi risvegliata da un torpore durato anni.
“Ha della mani delicatissime anche se ha dei calli sulle dita... Aspetta: calli sulle dita, questa canzone e questo profumo leggero, di pulito... Ma allora è...”.
Quello era il momento giusto per andare: non riusciva più a capire che cosa stesse provando e per quale diavolo di motivazione la mano che ora ciondolava lungo il suo fianco stesse ancora formicolando per quell'innocuo contatto. Ma di una cosa era certo, mentre si voltava indietro, un'ultima volta, prima di uscire dalla stanza: sarebbe tornato a trovarla. Perché voleva portarle quello che le mancava: la felicità. E chi meglio di Nate Hanson poteva far tornare il sole dopo una violenta tempesta??




I'M SOOOOO SORRY!!
salve donzelle che siete giunte fino a qui e che magari avete aspettato per leggere questo capitolo... E' stato un periodino difficile, io sono scema, etc, etc, etc,... Mi ero persino dimenticata di aver cominciato a pubblicare questa storia vecchissima... Grazie per aver letto. Sul serio. Fatemi sapere che ne pensate FINALMENTE dell'arrivo di Nate/Niall xx
Lots of Love xx

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Capitolo 8
*** 29th August 2013 ***



Image and video hosting by TinyPic 29th August 2013



Erano passati tre giorni da quando lo sconosciuto era entrato nella camera di Lexi, lasciandola con una strana sensazione alla bocca dello stomaco e una canzone che non le usciva più dalla testa. Un piccolo sospetto su chi potesse essere le era sorto, ma in fin dei conti, per quanto riuscisse ad accettare la stravagante idea che i The Rush si fossero affezionati a lei o che, comunque, si sentissero in debito nei suoi confronti, non credeva che sarebbero andati tutti a trovarla. E poi lo sapevano tutti che Nate era un gran casinista e che niente gli impediva di ridere e parlare anche quando non era il caso, quindi quel silenzio le sembrava poco conciliabile con la sua personalità. Perciò Lexi aveva trascorso le seguenti tre giornate chiedendosi chi potesse essere seriamente quella persona che era entrata nel più completo silenzio della sua stanza, rompendolo finalmente con un po' di musica, anche se lei, nella sua situazione non proprio comune, avrebbe preferito lo facesse parlandole e mostrandole, così, chi fosse. Era sicura che fosse un uomo, anzi, un “giovanotto piuttosto attraente”, per citare le parole che Sarah aveva usato appena dopo che lo sconosciuto se ne era andato, e questa poteva diventare una buona prova a favore della sua tesi, assieme al fatto che la canzone che aveva scelto fosse proprio uno dei brani che, fin dai tempi di British's Got Talent, Nate aveva sempre detto di adorare.
In quel momento fece il suo ingresso nella stanza, come ogni mezzogiorno, Sarah, per controllare che la sua paziente preferita stesse bene. Erano nove giorni che quella ragazza era in coma e lei si era ritrovata ad affezionarsi come mai le era capitato prima, come se sentisse un legame particolare con Lexi. Indubbiamente anche lei era rimasta sconvolta ed impressionata, come tutte le altre infermiere del resto, dalla scelta coraggiosa che quella ragazza di quasi ventidue anni aveva deciso di fare, ma d'altra parte poteva capirla bene: quando era giovane lei, era stata una vera e propria goupies dei Duran Duran, che ripensandoci ora, forse il termine più azzeccato, era stalker. Sarah aveva fatto di tutto per poter entrare nelle grazie di Simon Le Bon, l'unico uomo che fosse mai riuscito a farle spuntare un sorriso sulle labbra anche quando le sembrava che il mondo stesse cadendo letteralmente a pezzi, tanto che alle volte, pure suo marito, quando erano più giovani, ci aveva rinunciato a tirarla su di morale, limitandosi ad abbracciarla mentre la voce del cantante preferito di sua moglie compiva il miracolo. Sarah sorrise involontariamente a quel ricordo, capendo che dopo quasi trentacinque anni, la sua passione per quella band non accennava minimamente ad affievolirsi. Il fatto, poi, che Lexi conoscesse così bene uno di loro (a meno secondo quanto le aveva spifferato Mia), rendeva tutto ancora più speciale, perché, in fin dei conti, era come se tutto fosse stato scritto nel destino, come se le linee delle vite di quella ragazza e di quel gruppo di cantanti fossero inspiegabilmente predestinate ad incontrarsi. Scosse la testa, rendendosi conto che fare quel tipo di pensieri da adolescente innamorata dei sogni non fosse proprio la cosa più indicata per una signora di cinquantacinque anni come lei, eppure, in certi momenti, soprattutto da quando Lexi era arrivata, a Sarah sembrava che non fosse passato neanche un giorno da quando stava decidendo come vestirsi per andare al primo concerto della sua band preferita.
Si mosse attorno al letto di Lexi, controllando i tracciati e poi cambiando l'ennesima flebo, accorgendosi che l'I-pod appoggiato al tavolino era completamente scarico. Lo prese e lo mise in carica.
- Allora, Lexi... Come stai oggi?? Lo sai che non ho mai visto così tanti personaggi famosi come in questi nove giorni? Ebbene sì, oggi è il 29 di Agosto... Ormai ci sto facendo l'abitudine a venire a trovarti, anche se vorrei tanto un giorno entrare da quella porta e trovarti seduta che mi saluti, mentre magari osservi sconvolta tutti i fiori e regali che hai ricevuto... So che succederà Lexi, spero solo avvenga presto, anche perché vorrei farti qualche domanda...
“Buongiorno anche a te Sarah... Che giorno hai detto essere oggi? Il 29, eh?... Il 29 Agosto... Perché mi sembra che questa data debba ricordarmi qualcosa?? Avanti Lexi... Pensa, tanto è l'unica cosa che puoi fare...”.
- Insomma, non so per quale motivazione, ma mi ricordi tanto me da giovane... Sai, anche io sono stata fan di un gruppo... Anzi, aspetta, dire che fossi una fan è decisamente riduttivo... Mio marito ancora mi prende in giro ricordandomi la volta in cui mi scrissi su tutto il corpo, con un pennarello indelebile, i versi delle canzoni di Notorious... Chissà se sai chi sono i Duran Duran...
Riuscì finalmente a sistemare il dosaggio della flebo e decise di prendersi un attimo per sé stessa e per quella ragazza, dato che il Signor Gross non aveva di certo fretta di vedersi cambiato il catetere. Si mise comoda sulla poltrona alla sinistra del letto e cominciò a lisciare il lenzuolo che copriva il corpo di Lexi.
“Ehi, Sarah, ma per chi mi hai preso?? Certo che so chi sono i Duran Duran!! Pure io ho la mia cultura musicale... Ma sul serio ti sei scritta tutti i testi di un loro album sul corpo?! Il mio massimo è stato tappezzare una parete di camera mia con tre quarti dei versi delle loro canzoni... Sarah: ti sei ufficialmente conquistata il primo posto della mia personale classifica delle infermiere più simpatiche...”.
- Sai che ti dico? Che rimango un po' qui con te... Oggi non è ancora passato nessuno a trovarti e penso che tu ti stia annoiando... Posso dirti una cosa Lexi? Tutti quei ragazzi che ti vengono a fare visita sono veramente belli... Ma non belli in maniera banale, ma affascinanti... Come se avessero sul serio una luce dentro a farli risplendere. Hai decisamente dei buoni gusti, cara mia...
“Grazie Sarah: sapevo che prima o poi avrei incontrato qualcuno capace di capire perché mi piacciano tanto quei cinque ragazzi... Ma dimmi di te... Lexi, sveglia, lei non ti sente...”.
- Come avrai capito, io, alla tua età, ero pazza per i Duran Duran...
“Oh, vedi: abbiamo pure la tipica connessione da fan... Guadagni sempre più punti cara la mia Sarah.”.
- Devo dire che sembrano anche parecchio ben assortiti... Insomma, ai miei tempi i gruppi erano tutti piuttosto omogenei, stesse magliette, stesso taglio di capelli che di solito stava veramente bene solo ad uno di loro, stesso atteggiamento che doveva diventare una sorta di “biglietto da visita”... Invece quei cinque sembrano tutti diversi, con delle personalità ben sviluppate e che non fanno nulla per nascondere. Quando li ho visti arrivare con il cameraman, il microfonista e tutto il resto della troupe, ho subito pensato “Ecco qua un gruppetto di avvoltoi che cerca di aumentare la propria fama speculando sulle disgrazie di una povera ragazza”...
“Ehi: piano con le parole, stiamo sempre parlando dei miei The Rush...”.  
- Ma mi sono immediatamente dovuta ricredere! Appena giunti di fronte alla porta della tua stanza, quello che penso abbia origini indiane, che l'altro giorno ho scoperto chiamarsi Zach ed essere veramente un ragazzo a modo, si è voltato verso tutto l'entourage che li seguiva e ha detto “Dovete entrare tutti per forza?”, come se la cosa lo infastidisse parecchio... Così, quello con capelli corti a spazzola, il ragazzo che è arrivato con quella che sembrava una fotomodella a braccetto, ha risposto subito “Direi anche di no... Mi sembra il minimo che possiamo fare, lasciarle un po' di tranquillità...”.
“Che carino che è Zach... Devo ammettere che l'ho sempre un po' sottovalutato, invece mi sto ricredendo... E' molto più attento e premuroso di quanto ci si possa mai aspettare ed ora capisco perché dicano sempre che sia un po' come il papà di Nate: lo consiglierà su tutto... E poi Lucas... Cavolo, fa strano pensare che si sia preoccupato per me e non poterci vedere niente di più, non avere più ragioni per fantasticarci sopra... Ci teneva che la persona che ha salvato la vita alla ragazza di cui è pazzamente innamorato, ricevesse almeno un po' di rispetto in cambio... Grazie Lucas per il pensiero... Cazzo!! Ecco che cosa mi ricordava il 29 di Agosto!! E' il compleanno di Lucas oggi!! Come diavolo ho fatto a non pensarci prima?! Da quando in qua il mio primo pensiero non è per lui?! Okay, stare qui distesa come una lucertola al sole non mi fa bene... Mi sembra quasi impossibile che, dopo aver passato gli ultimi undici anni a cercare di fargli il regalo perfetto, sperando in vano di poterglielo consegnare, ora mi ritrovi a non ricordarmi nemmeno che oggi sia nato il ragazzo di cui sono stata innamorata per così tanto tempo...”.
- Sono veramente dei ragazzi simpatici... Uno di loro mi ha anche fatto un complimento per la collana che porto al collo... Mi ha detto che gli ricordava casa... E' quello con i capelli ricci, pieno di tatuaggi strani, che credo abbia una spiccata simpatia per la tua amica dai capelli blu... Mia, giusto? Ah, ecco come si chiama: Hugh!! Un caro ragazzo, sul serio... Ha un sorriso spettacolare... Per non parlare degli occhi!
“A chi lo dici... La prima volta che li ho visti cantare, la telecamera è rimasta qualcosa come dieci secondi ferma immobile sui suoi occhi, per poi scendere sulle due fossette che compaiono ogni volta che sta facendo qualcosa che adora ed è felice... Per poco non morivo per asfissia, dato che mi ero dimenticata di respirare per tutto il tempo dell'inquadratura... Ero rossa come un peperone, tanto che David mi chiese se avessi bisogno di una bomboletta d'ossigeno...”.
- Ma a dire il vero sono tutti molto gentili e vedere che si interessano tanto a te, penso possa solo farti piacere... Certo, è nulla rispetto a quello che tu hai fatto per loro, ma è già qualcosa.
L'infermiera rimase un attimo in silenzio, contemplando il volto forzatamente sereno della ragazza distesa sul letto di fronte a lei, soppesando la possibilità di porle quella domanda a cui Lexi non avrebbe potuto rispondere a voce, ma che le avrebbe potuto provocare comunque una qualche reazione. Sarah decise di provare a dar voce ai suoi dubbi, rischiando anche di mettere a soqquadro la tranquillità apparente che regnava in quella stanza, perché si vedeva lontano un miglio che quella ragazza era un contenitore di energia pronto ad esplodere.
- E qui sorge spontanea la domanda: perché? Perché l'hai fatto Lexi?
Si sarebbe aspettata di veder balzare alle stelle i valori vitali della sua paziente preferita, ma nulla, nel tracciato delle macchine, sembrò subire una qualche variazione.
- Quante volte ti hanno fatto questa domanda, eh? Penso almeno un migliaio o comunque tutti quelli che sono venuti a trovarti...
“Esatto... Ogni singola persona che abbia varcato quella soglia negli ultimi nove giorni mi ha posto sempre la stessa domanda... Che fosse un mio parente, un semplice conoscente, uno dei ragazzi della band o la mia migliore amica... La domanda è sempre quella: perché? E la vuoi sapere una cosa, Sarah? Non lo so più...”
- Sai, anche io ero persa per la mia band preferita, ma fare una cosa del genere è quasi fuori da ogni concezione di affetto per delle persone che non conosci... Io capisco dire “Sono tutto per me... Mi hanno salvata... Darei la vita per loro...”, pure io lo urlavo a squarcia gola ogni volta che mi trovavo con il fanclub che avevo creato con alcune ragazze della mia città, ma tu hai fatto molto di più... Tu hai messo a repentaglio la tua vita per loro! Scusa, ma non riesco proprio a capire se sia un atto di estremo coraggio o di preoccupante noncuranza per ciò che ti è stato donato...
“Credo che questa sia una delle affermazioni più intelligenti che io abbia sentito nell'ultima settimana. Sai Sarah: non so se hai figli o meno, ma sono convinta che saresti o sei una meravigliosa mamma... Comunque ci ho pensato parecchio negli ultimi giorni e credo che la risposta corretta sia la seconda... Una preoccupante noncuranza per quello che mi è stato donato... Che siano le persone che mi stanno affianco e mi sopportano o la mia passione inspiegabile per la storia o, a quanto pare, la mia stessa vita... E ti assicuro che la cosa mi spaventa non poco... Perché la domanda successiva non può essere che: per che cosa hai vissuto fino ad adesso, se eri pronta a buttare tutto in meno di cinque secondi??...”.
L'ultima volta che le era capitato era stato quando lo sconosciuto era entrato nella sua stanza e aveva messo una delle sue canzoni preferite, ma in quel momento quella lacrima che era caduta, aveva tutt'altro significato rispetto a quello che stava assumendo ora. Quella melodia l'aveva fatta sentire serena per il tempo di un battito di ciglia, mentre la consapevolezza che le parole di Sarah avevano portato a galla, la stava facendo cadere sempre di più in quel baratro profondo che erano diventati i suoi pensieri. Così non lasciò uscire solo una piccola goccia di quel mare in tempesta che aveva dentro, bensì un'intera cascata di piccoli frammenti di sofferenza che ormai la stavano lacerando da quando si era accorta che cosa avesse fatto. Sarah si accorse della reazione che aveva suscitato in Lexi e le parve praticamente impossibile che una paziente nelle sue condizioni potesse essere a tal punto presente da non solo comprendere le parole che le venivano rivolte, ma anche rispondere secondo le emozioni del momento.
Prese un fazzoletto dalla tasca della divisa rosa e tamponò delicatamente le guance di Lexi, come quando sua figlia era piccola e le passava il balsamo alla menta sul petto per farla addormentare: con una dolcezza ed una lentezza studiate apposta per rassicurare.
- Tranquilla Lexi... Vedrai che andrà tutto bene... Qualsiasi la motivazione per cui l'hai fatto ora sei qui e devi continuare a lottare per tornare dalle persone che ti vogliono bene... Puoi ricominciare da capo... Hai una seconda possibilità...
Non sapeva perché, ma stava sussurrando quelle parole come se dovesse tranquillizzare una bimba piccola dopo un terribile incubo, come se quella ragazza distesa sulle candide lenzuola bianche non fosse una semplice paziente, ma sua figlia Gemma. Lexi sentì una mano morbida carezzarle i capelli, come se la volesse consolare per tutti i mali della terra e, per un momento, si sentì stranamente a casa, poi, la voce acuta di un'infermiera, proveniente dal corridoio, ruppe quell'istante di pace.
-Sarah: il Signor Gross ti sta chiamando da dieci minuti ininterrottamente! Ho provato a dirgli che il catetere glielo cambiavo io, ma non ha voluto sentir ragioni...
- Tranquilla... Digli che arrivo subito...
L'infermiera si avviò per l'ennesima volta verso la camera del Signor Gross, mentre Sarah risistemava le lenzuola di Lexi, che quando si era appoggiata per rincuorarla, si erano leggermente sgualcite.
- Scusami Lexi, ma devo andare da quel piccolo ometto pieno di vita per essere vecchio come le fondamenta di Buckingham Palace, ma è stato un vero piacere stare qui con te... Ci vediamo domani cara... E non mollare mai...
 Lexi sentì la porta richiudersi alle spalle della sua nuova persona preferita in quell'ospedale, lasciando finalmente campo libero alla sua mente: se voleva formulare le ipotesi più disparate, quello era il momento.
“E va bene... Arriviamo ad una conclusione di tutta questa storia, dato che sono nove infiniti giorni che sono qui dentro... Chiunque sia venuto a farmi visita, mi ha posto sempre la stessa domanda che ormai non voglio nemmeno più pensare, perché mi fa venire il voltastomaco... All'inizio pensavo di averlo fatto per salvare la vita a Sophia, anche se ad essere completamente sinceri, era solo per salvare Lucas, alias il ragazzo di cui sono perdutamente innamorata... O forse dovrei dire: ero perdutamente innamorata, dato che non mi ricordavo nemmeno che oggi fosse il suo compleanno... Comunque, dopo aver capito che non l'ho fatto solamente per salvare loro due, ma che c'erano delle motivazioni più profonde, è stato il turno di papà, del Signor Finnigan,di Zach ed ora, di Sarah... Ed ecco che qui il castello di carte crolla ed io mi ritrovo con una certezza che farei volentieri a meno di avere... L'ho fatto perché sostanzialmente della mia vita non me ne importa granché... Ma, allora, la domanda me la pongo io: avevo un sacco di cose di cui mi importava, perché gettare via tutto?? Ho dei genitori che farebbero di tutto per me, certo, alle volte non si ricordano sempre di avere un'altra figlia oltre a David, ma quando lo fanno sanno essere decisamente carini; ho un'amica a cui voglio un bene dell'anima e che, anche se non azzecca mai  il giorno del mio compleanno, mi sta comunque accanto in ogni situazione; mi sto per laureare, presumibilmente a pieni voti, nella materia che più amo al mondo e, se tutto andrà secondo i piani, potrei avere anche un dottorato di ricerca nella mia università; ho un lavoretto part-time che mi permette di sentire tutte le strabilianti storie di quell'adorabile vecchietto... Ero persino innamorata di un ragazzo! Dove diamine stava il problema?! Certo, lui non sapeva nemmeno della mia esistenza, ma questo cosa centra?... E' vero anche che ho passato gli ultimi undici anni ad aspettare che un fantomatico qualcosa accadesse, ma insomma: chi non ha mai aspettato l'occasione giusta che avrebbe dato la svolta alla propria vita?!... Ma quanto cretina sei Lexi?? Non te ne rendi conto da sola che ti sei appena risposta?... Oddio, ora parlo anche con me stessa... Però ho ragione: era questo il problema. Ho passato gli ultimi undici anni ad aspettare... Aspettare che mamma e papà si rendessero conto che anche io avevo qualche merito per cui potessero essere orgogliosi... Aspettare che Mia si ricordasse di come alle volte anche io avessi bisogno di parlare con lei e non solo di fare da orecchie ambulanti per tutte le vicissitudini che le capitavano... Aspettare che fosse l'università a darmi una possibilità di lavoro che mi meriterei a pieno titolo... Aspettare che una di quelle straordinarie storie del Signor Finnigan capitasse anche a me... Ed infine, ad aspettare che Lucas si accorgesse di me... Non ho fatto altro che attendere... Ecco perché la mia vita non mi sembrava abbastanza per pensarci due volte prima di gettarmi verso una pallottola volante: perché non l'ho mai vissuta... L'ho sempre vista scivolare via mentre restavo in attesa di qualcosa... Ecco perché... Wow... Fa strano pensare una cosa del genere... Non ci credo... Ho buttato all'aria ventidue anni aspettando qualcosa e stavo per gettare via definitivamente la mia vita in meno di cinque secondi...”.
Lexi era sconvolta dal risultato a cui quei pensieri l'avevano condotta, incapace di assimilare un'informazione che sembrava un segnale evidente di come tutto, nella sua breve esistenza su questo pianeta, fosse stato solo un pallido riflesso di come realmente sarebbe potuto essere. Ora, l'unica cosa che le interessava veramente era capire quale fosse la soluzione a tutto quel caos che si era creato nella sua vita dopo la premieré del film. Forse avrebbe dovuto andare allegramente verso quella lucetta sempre più accogliente che vedeva alla fine del tunnel e salutare tutto e tutti, il più in fretta possibile... Ma questo avrebbe significato non aver mai nemmeno tentato di vivere...
“Che cazzo dovrei fare?! Avanti: si accettano suggerimenti anche dall'alto dei cieli... O dal profondo di questo fottuttissimo tunnel!! Ma datemi un dannato consiglio!!... Fantastico, sto pure diventando più volgare di Mia... Chissà che fine avrà fatto quella pazza...”.
E come se qualcuno avesse deciso di dare risposta alla sua domanda, David fece irruzione nella stanza. Peccato la domanda non fosse quella giusta.
- Adesso tu mi devi spiegare che cosa cazzo passa per la testa di quell'idiota della tua amica!!!
Si diresse immediatamente verso la poltrona in pelle, gettandovisi letteralmente sopra: quella mattina non si era nemmeno fatto la barba, figurarsi se poi si fosse pensato di mettere qualcosa di diverso da un pantalone della tuta grigio e una maglietta nera, informe. Aveva ancora quel dannato giornale di gossip in mano e non riusciva a togliere gli occhi da quella foto. Non era niente di ché, ma c'era comunque qualcosa che gli dava fastidio.
“Oh... Grazie... Fai pure... Tanto qui siamo in un porto di mare... La gente entra, fa domande, sputa sentenze, mi sommerge con i suoi problemi... Ed io cosa faccio?! Eh?! Io cosa dovrei fare?!”.
David si passò una mano in mezzo ai capelli scompigliati e poi tra la barba incolta che stava prendendo il sopravvento sul suo viso: non sapeva che cosa gli stesse succedendo, ma di certo non gli piaceva. Appoggiò il giornale sulle sue gambe e mise i gomiti sul letto di Lexi, lasciando che la sua testa, sempre più pesante, venisse sorretta dalle mani. Guardò la sorella ancora per qualche secondo cercando di capire se avesse qualche senso sfogarsi con un corpo che con ogni probabilità non lo poteva nemmeno sentire, ma lui stava per esplodere ed aveva un estremo bisogno di sua sorella, in qualsiasi forma potesse prestargli aiuto.
- Sono pienamente cosciente del fatto che l'altra ti avrà raccontato la sua versione di quanto è successo l'altra sera, ma ti assicuro che non è affatto andata così... Ed ora pure questo! La tua cara amichetta dai capelli blu ha deciso di farsi fotografare assieme al suo nuovo “fidanzatino” super milionario, che si sposta su jet privati tutti i giorni per andare da una parte all'altra del globo, mentre fanno shopping per le strade di Londra!!!
“Ho capito: i miei problemi possono aspettare... Che cavolo stai dicendo David?? Mia su un giornale? Con Hugh?! Caspita lo sapevo io che erano fatti l'uno per l'altra!! Chissà che cosa staranno dicendo di lei le fan... Speriamo che non ci vadano giù troppo pesante! Ma leggimi l'articolo  no?! Che aspetti?!”.  
- Deve essersi fumata quel poco di cervello che le era rimasto!! L'altra sera, dovevi vederla al ristorante... Sembrava una bambina al parco giochi tanto le luccicavano gli occhi... E solo perché quel coglioncello la aveva detto chissà quale commento sdolcinato!! Non si accorgeva minimamente di come lui la stesse sbranando con gli occhi!!
“Va bene... Ho capito che tu sei abbastanza perso per Mia, benché mi sia ancora oscuro il momento in cui sia scoccata la fatidica scintilla, ma non capisco perché serbi così tanto odio nei confronti di Hugh... E' un ragazzo apposto, sa come comportarsi con una donna, è bello da far schifo e, senza ombra di dubbio, è un amante invidiabile... Quindi: perché non essere semplicemente felici per la sfacciata fortuna che ha avuto Mia e convivere pacificamente con questa consapevolezza??”.
- Quel deficiente se la vuole solo portare a letto e lei lo guarda con gli occhi a cuoricino!! Per non parlare di quello che stanno dicendo su di lei tutte le invasate che seguono quella cavolo di band!! Dicono che è una poco di buono, che non deve toccare il loro “Hugh”, o come cazzo si chiama, che non è quella giusta per lui... Io mi sto pure preoccupando per la sua incolumità!!! E tutto questo per un coglione con i capelli da donna e il corpo pieno di sgorbi!!!
“Io capisco che ti piaccia Mia, che le Rushers alle volte possano essere un pochino, come dire, irruente ed inquietanti, che le loro reazioni non siano state delle migliori... Ma tu non stai un po' esagerando?? Da dove viene tutta la tua incontenibile cattiveria e, oserei direi, invidia nei confronti di Hugh???”.
- Che almeno capissi che cosa ci trova in uno come lui?!
“Dimmi David, vuoi che te lo dica in ordine alfabetico, d'importanza o casuale?? Però dovresti avere quelle due giornate e mezze di tempo, perché sai, la lista è piuttosto lunga... Ma dico: sei scemo?! Ora, sarai anche mio fratello e per qualche strano motivo siamo legati da un rapporto di sangue ma questo non mi impedisce di ricordarti che stiamo parlando di Hugh Stime, alias uno degli scapoli d'oro d'Inghilterra e Universo conosciuto... Per quanta autostima tu possa avere, con lui non esiste paragone...”.
Dopo essersi appoggiato allo schienale della poltrona, David cominciò a considerare seriamente per quale motivazione una come Mia potesse essere interessata ad un personaggio come quello.
- Insomma, dubito che sia per la fama o per i soldi, per altro assolutamente immeritati perché io devo ancora capire che cosa facciano quelli nella vita... Comunque, Mia non mi sembra il genere di ragazza che presta attenzione a questo tipo di cose... Non penso nemmeno sia per gentilezza che ci esca assieme, dato che l'ho vista rifiutare così tanti ragazzi da far invidia ad un ufficio di collocamento... Quindi che cosa lo rende così tanto speciale da aver attirato la sua attenzione??
“Non ci posso credere: da quando in qua il mio fratello perfetto e con tutte le verità in mano non trova risposta ad una sua domanda, ma soprattutto, si fa tutte queste paranoie per Mia?? Ho come la netta impressione che tu non ti sia preso solo una grande cotta per lei, ma che stia cominciando a provare qualcosa di più profondo... Fermi tutti: io non ho mai dato consigli di cuore a mio fratello!! Io e lui non ci parliamo praticamente da anni!! Tutta questa situazione sta scombinando i miei equilibri esistenziali...”.
- Che poi: per quale cavolo di motivazione mi sto facendo tutti questi problemi?? A me nemmeno interessa Mia!
“Certo ed io sono un flauto magico capace di attirare modelli di Abercrombie ai miei piedi al primo fischio...”.
David guardò la sorella e gli sembrò di vedere la sua solita espressione sarcastica stamparsi su quel volto immobile da ormai troppo tempo, ma subito scosse la testa, dandosi dello stupido: quello era un chiaro segno che stava uscendo di testa, a riprova del fatto che a lui non interessasse sul serio che Mia uscisse con quel tipo.
- La sai una cosa: ora non devo nemmeno preoccuparmi di sta cosa, perché da quanto ho letto su questa spazzatura di giornale, il tipo domani se ne va con tutto il suo gruppo in America per un po'... Quindi, niente spilungoni che si aggirano con aria da Cavalier Servente attorno a ragazze troppo ingenue per accorgersi della realtà...
“Qualcuno mi dica perché quando hanno distribuito i cervelli lui era al bagno ed io ero in prima fila... Vi giuro che farei volentieri a meno del mio centodieci alla laurea purché lui ci arrivasse a capire che è perso per Mia, altrimenti potete sempre farmi svegliare ora e far sì che gli illumini la via... Mi sembra una proposta valida, no?”.
- Magari vado pure a parlarci, ora che quello lì se ne va oltre oceano... Ma perché dovrei farlo, poi? Mica è mia sorella!!
“Cazzo quanto sei idiota David!! Lui sarà pure Hugh Stime, ovvero uno dei ragazzi più belli, affascinanti e dolci che ci siano sulla faccia della terra, ma tu sfortunatamente sei mio fratello e quindi hai la precedenza... Indi per cui vai da lei e dille che ti interessa!!”.
- Secondo te dovrei andare, Lex?? Intendo a parlare con Mia... Solo per metterla in guardia, dato che non mi ha dato retta quella sera al ristorante...
“Ora concentrati Lexi... Esatto... Pensa a qualcosa che faccia aumentare il tuo battito cardiaco... Forza, ci sarà qualcosa... Oddio....”.
La frequenza cardiaca di Lexi aumentò di qualche battito, cosa che per poco non fece balzare giù dalla sedia David che non si aspettava minimamente di ricevere una risposta, tanto da prenderle la mano sinistra e cominciare a stringerla a più non posso.
- Cazzo, Lex!!! Tu mi senti sul serio!! Tu ci sei!!! Oh cazzo!! Devo dirlo a mamma, a papà... A tutti... A Mia!! Comunque okay... Ho recepito il messaggio: domani vado da lei e le parlo... Bene, ora vado a riferire a mamma la lieta novella... Cazzo, mi senti Lex!!! Ti voglio bene!
Dopo averle dato un bacio sulla fronte, si diresse di corsa fuori dalla stanza, troppo euforico per rendersi conto che quella reazione era più che normale per una paziente nello stato di Lexi. Intanto lei era persa in quel qualcosa di nuovo che era appena successo. Per la prima volta, da quando aveva capito di poter comunicare in quella maniera con le persone che la venivano a trovare, Lexi non aveva pensato a Lucas, alle sue parole, alle sue mani calde che accarezzavano le sue congelate. Non aveva pensato al ragazzo di cui era stata innamorata e probabilmente ancora lo era, negli ultimi undici anni. Un'altra sensazione si era fatta largo nella sua mente ed aveva fatto galoppare il suo cuore in maniera diversa, quasi nuova. Il tepore di una mano grande e con qualche asprezza dovuta probabilmente ad alcuni piccoli calli, si era magicamente impresso sulla guancia di Lexi, come se fosse stata lì a raccogliere quella lacrima di gratitudine, ancora una volta. Non sapeva come spiegarselo, ma quello sconosciuto le aveva regalato un'emozione che non provava ormai più da tempo, come se avesse risvegliato in lei un brivido ormai assopito dallo scorrere incessante della sua vita. E se quel visitatore misterioso era realmente chi pensava fosse, Lexi sentì un'altra ondata di malinconia sommergerla da capo a piedi.
“David ha detto che sarebbero partiti per l'America domani... Io avevo letto che stavano via una settimana per promuovere il film anche lì... E questo vuol dire solo una cosa: che nessuno di loro verrà a trovarmi qui... E se la mia intuizione è giusta, nemmeno Nate verrà a trovarmi per sette lunghissimi giorni... Poi, sarà passato abbastanza tempo perché ognuno di loro possa trovare una scusa plausibile per tornare alla propria vita, senza più pensare a quanto è accaduto... Ed io tornerò nel mio angolo buio dove, a quanto pare, ho vissuto per gli ultimi ventidue anni... Chi volete si ricordi della piccola pazza di Wolverhampoton che si è gettata in mezzo ad una sparatoria per salvare una persona di cui pensava di essere innamorata e di cui, invece, non sapeva nulla?? Nessuno, vi rispondo io... Non se ne ricorderà nessuno... E forse, dovrei dimenticarmi anche io...”.



Hi sweethearts **
Sono mancata per troppo tempo e così cerco di farmi perdonare pubblicando già un nuovo capitolo. Insomma: diciamo che un po' di nodi personali della vita di Lexi vengono al pettine e che pure le cose tra David e Mia cominciano a complicarsi più del dovuto. Chissà dove finirà sta cosa con Nate/Niall... Ma soprattutto: chissà se Lexi riuscirà a resistere abbastanza per scoprirlo. Fatemi sapere che ne pensate e cosa vi aspettate, se avete voglia... E grazie per aver letto **
Lots of Love xx

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Capitolo 9
*** 1st/3rd/6th September 2013 ***


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1st September 2013


Mia era passata per raccontare come stesse andando con Hugh, di come lui fosse una delle persone più belle che avesse mai incontrato, molto più profondo e divertente di quanto si fosse mai immaginata. Non tralasciò nemmeno di dirle come si sentissero ogni volta in cui lui aveva un momento libero e la differenza di fuso orario glielo permetteva. Le aveva anche assicurato che non si curava più di tanto di quello che la gente diceva di lei sui Twitter, benché sembrasse essere diventata l'argomento di disquisizione preferito delle fan: c'era chi la difendeva a spada tratta e chi non la riteneva all'altezza. Lei, ad ogni modo, viveva quella favola in piena spensieratezza e tranquillità, non fosse per le costanti intromissioni di David nella sua vita.
A quanto le aveva raccontato, neanche fosse una telenovelas argentina degli anni novanta, il fratellone innamorato continuava a tartassarla di telefonate per chiederle di vedersi poiché lei sembrava non capire come stessero realmente le cose, quando invece, a parere di Mia, l'unico a non vedere la realtà dei fatti era proprio David. Oltre alla sua migliore amica e neo fidanzatina d'Inghilterra era logicamente passato David in persona a lamentarsi del comportamento immaturo che secondo lui teneva Mia, soprattutto da quando frequentava quel “sbruffoncello”.
Ormai Lexi non sapeva nemmeno più se arrabbiarsi per tutti i nomignoli che affibbiava a Hugh oppure riderne. Il più delle volte spegneva il cervello e lo riaccendeva solo quando arrivavano Karen, Morgan o Sarah a trovarla. Ormai quell'infermiera era diventata parte integrante non solo di quella situazione surreale, ma anche della famiglia, dato che ogni volta che doveva cambiarle qualche flebo o controllarle i valori vitali, le usava come scuse per fermarsi un po' con lei e raccontarle uno o due aneddoti divertenti della sua giovinezza passata, facendola sentire un pochino più a casa.
Intanto, però, Lexi si tormentava sempre con la stessa domanda: aveva ancora ragione a sperare di riuscire a risvegliarsi? E più i giorni passavano, più trovare una risposta diventava difficile.




3rd September 2013

Non ne poteva più. Ormai era ferma in quel letto d'ospedale da più di due settimane e cominciava a non sapere più che cosa pensare sulle sue condizioni. Voleva alzarsi, camminare, anche solo aprire gli occhi e questo significava che la volontà di svegliarsi non le mancava, eppure non era riuscita a riacquistare neanche un briciolo della sua padronanza corporale, tanto che nemmeno il cuore rispondeva più agli impulsi che gli mandava. Certo, a meno che non pensasse ad una determinata cosa, che però aveva deciso di evitare accuratamente. Con tutto quel tempo per pensare aveva sviluppato una certa propensione per i filmini mentali a trama romanticosdolcinata che già non erano mai stati un problema per lei, con tutta quella assenza di impegni di alcun genere erano diventati letteralmente il suo passatempo preferito.
“Basta: devo darci un taglio altrimenti qui non si va da nessuna parte...”.
Aveva trascorso gli ultimi interminabili quattro giorni costruendo storie plausibili che potessero giustificare in qualche maniera la sua reazione spropositata per quell'insulso contatto con uno sconosciuto. Logicamente, non si era limitata solo a questo, dato che la sua mente aveva prodotto dei tracciati funambolici fino ad arrivare a ventilare una ristretta lista di candidati che potessero prestare il volto allo sconosciuto. Era passata per Lewis a Hugh, senza tralasciare Zach e quel cerebroleso di Matt, che tutto sommato sarebbe pure potuto andare a trovarla. Lucas era escluso a priori, anche perché si sarebbe indubbiamente accompagnato alla sua perfetta-sotto-ogni-puntodi-vista ragazza. E d'altra parte, l'opzione che troneggiava in cima alla lista per plausibilità era solo una: Nate. Forse per la canzone, per quei piccoli calli sulle dita, per quel profumo così pulito e semplice.  Ma tutto quel silenzio non rispecchiava lui, anche se, a pensarci meglio, l'aveva subito rotto facendo partire quel pezzo stupendo.
“Perché diamine non ha parlato, è questo che non capisco... Che fosse spaventato?? Ma da cosa poi? Da una ragazza bloccata su un letto d'ospedale che non può nemmeno dire quello che pensa?!”.
Lexi non faceva altro che arrovellarsi il cervello su ipotesi, possibilità, speranze ma la verità era che le mancava terribilmente quel contatto, forse perché, per la prima volta, dopo tanto tempo aveva sentito qualcosa. Non delle banali farfalle nello stomaco o un po' di agitazione, ma una sensazione diversa, come se la vita, quella vera, quella che si era appena accorta di non aver mai vissuto, fosse tornata a scorrere nelle sue vene. Una specie di fuoco divampato da una banale scintilla, una semplice carezza sulla guancia. Ed ora ne sentiva una mancanza soffocante, come se solo quella mano potesse darle l'ossigeno per continuare a respirare e non quello stupido sondino che aveva attaccato al naso.
“Ma questo non ha senso... Insomma, non so nemmeno chi sia e sembra che sia diventato la mia ancora di salvezza... Ma per favore Lexi, torna in te!”.
La sua parte razionale stava cercando a tutti i costi di bloccare quelle sciocche fantasie che sapeva non l'avrebbero portata da nessuna parte, ma il suo cuore non vedeva l'ora che quei due giorni passassero in fretta, per scoprire se lo sconosciuto fosse realmente chi pensava lei e se sarebbe tornato a farle visita. Forse, in quel modo, avrebbe ancora avuto una possibilità di sentirsi viva.




6th September 2013

Era l'una e mezza di notte e non sapeva nemmeno se gli avrebbero dato il permesso di entrare in ospedale, figurarsi di vederla. Era sceso dall'aereo poco più di un'ora prima e, dopo aver accontentato un piccolo gruppo di fan che si erano fermate ad aspettarli fino a quell'ora, nonostante sarebbero dovuti arrivare in serata, Nate aveva chiesto a Cal di accompagnarlo subito lì. Una doccia fresca e il suo letto potevano decisamente aspettare, per quanto lo riguardava, soprattutto dopo la settimana che aveva trascorso. Doveva andare da lei, anzi, correre da lei, altrimenti sarebbe impazzito.
Non sapeva come fosse stato possibile, ma per tutto l'intero scorrere di quei sette giorni gli era sembrato di aver lasciato a a casa qualcosa di sospeso, una promessa non mantenuta che pendeva sulla sua testa come la spada di Damocle.
Il volto immobile di Lexi si era fissato davanti ai suoi occhi costantemente, come un monito per ricordargli che aveva un compito da portare a termine, perché in fin dei conti, Nate si sentiva esattamente così: uno scolaro a cui era stata affidata una ricerca per casa e che ha un tempo non troppo esteso per portarla a termine. Non aveva la minima idea di quanti giorni, o mesi, o anni Lexi sarebbe restata in quelle condizioni ma sapeva di aver la consegna di scoprire perché lei non fosse felice e magari di far cambiare le cose. Si era dato mentalmente dell'idiota più e più volte in quella settimana, consapevole che quel senso di obbligo nei confronti di quella ragazza non fosse per nulla normale e nemmeno salutare, ma sia Lewis che Zach lo avevano rassicurato sul fatto che era tutta colpa della sua estrema sensibilità e capacità di immedesimazione. Eppure Nate non ne era così tanto sicuro, altrimenti non avrebbe rivissuto tutta la scena che era accaduta quel fatidico 20 Agosto, mentre percorreva il red carpet a New York; altrimenti non avrebbe preso in mano la chitarra alle tre di notte per cercare, non solo di combattere il jet-leg che non lo abbandonava, ma anche di distrarre la sua mente dopo tre notti insonni, passate a pensare a lei e alla sua storia; altrimenti non si sarebbe ritrovato a bussare sul bancone della reception del reparto di medicina per non svegliare nessuno con il frastuono del campanello, alle due di notte.
Le pareti verdi attorno a lui sembravano quasi diventate bianche alla pallida luce dell'unico led lasciato acceso sopra l'accettazione e Nate era troppo nervoso per curarsi delle buffe ombre che il cappello che aveva in testa creava sul bancone. Sentì dei passi alle sue spalle e quando si voltò vide l'infermiera che aveva incrociato anche quando era andato là da solo, la prima volta. Sembrò riconoscerlo, perché gli fece un sorriso, ma non per le  motivazioni per cui di solito girava con un bodyguard alle calcagna.
- Ciao... Nate, giusto?? Come posso esserti utile?? Non è un po' tardi per una visita??
L'unica cosa a cui Nate riusciva a pensare era che quella donna dall'aria tanto gentile e comprensiva non smentisse la sua natura proprio quella sera e gli lasciasse finalmente vedere Lexi, altrimenti non avrebbe chiuso occhio per tutto il tempo che ancora lo separava dall'alba.
- Ho solo bisogno di vederla... Davvero...
Sarah non seppe dire se fosse la sua espressione preoccupata, il sorriso tirato che tentò di farle per rassicurarla sulle sue buone intenzioni o quello sguardo da animale in gabbia che cercava disperatamente una via di fuga, ma gli sorrise di rimando e gli fece segno di seguirla. Sentiva il suo respiro pesante alle spalle, come se seriamente fosse stato in apnea per chissà quanto tempo e solo in quel momento avesse ripreso a respirare. Aprì la porta della stanza nella maniera più silenziosa possibile e con la mano gli indicò di entrare, ma mentre le stava passando davanti, gli disse:
- Ehi, Nate... Sono felice che tu sia passato...
Finalmente lo vide aprirsi in uno di quei sorrisi che più e più volte aveva visto nei poster che qualche ragazzina ricoverata aveva portato in reparto e, quando lo vide inoltrarsi titubante nella stanza, ebbe quasi la certezza che ci fosse qualcosa di diverso in quel semplice movimento. Se ne stava lì, a qualche passo di distanza dal letto di Lexi, con il cappellino da baseball tra le mani, osservando quella ragazza stupenda nella sua assoluta semplicità, come se stesse cercando di carpirne qualche segreto inconfessabile che nemmeno lei sapeva di custodire. Sembrava veramente rapito da quella visione e Sarah sentì una scia di brividi diffondersi sul suo corpo, come se quella scena fosse carica di un significato più profondo che però continuava a sfuggire forse persino ai diretti interessati. Decise di lasciare che le cose andassero secondo la loro propria volontà e chiuse, con un piccolo sorriso stampato sulle labbra, la porta della camera.  
Nate non riusciva a staccarle gli occhi di dosso, come se davanti a lui ci fosse una calamita e non una ragazza di cui non sapeva assolutamente nulla, se non che fosse una loro fan, che avesse deciso di rischiare la vita per loro e che amasse Michael Bublé. Aveva la testa che ronzava, le idee che vi si aggiravano dentro si scontravano le une con le altre ed il risultato era che il tempo passava e lui se ne stava lì fermo, immobile. Esattamente come lei.
La stanza era buia, se non per le luci al neon, posizionate sopra la testiera del letto, che la illuminavano di una luminescenza tra il divino e il sovrannaturale. Era come se tutto dovesse concentrarsi su quel corpo inerme, come cristallizzato e per questo assolutamente perfetto. Su quelle mani abbandonate ai lati del corpo formoso, ma tonico, almeno da quanto poteva intuire sotto le pesanti lenzuola bianche. Su quei capelli castani e leggermente mossi, che le ricadevano morbidi ed ordinati, probabilmente dalla sua amica Mia, ad incorniciare quel viso... Quello stesso viso che per sette giorni non aveva fatto altro che popolare i suoi sogni, i suoi pensieri, la sua mente... Quel viso che ora sembrava quasi contratto in una sorta di smorfia, come se volesse far capire a tutti che le cose stavano peggiorando dentro di lei, perché quella piccola traccia di sorriso che una settimana prima Nate pensava di aver intravisto, era completamene sparita. Le ciglia lunghe e incurvate naturalmente creavano delle piccole ombre sulle palpebre chiuse, rendendola così simile alla Bella Addormentata nel Bosco, distogliendo l'attenzione di Nate dall'intreccio di tubi e sonde che cercavano di oscurarne la bellezza. Perché, per quanto c'avesse provato, per quanto avesse tentato di bloccare qualsiasi pensiero di quel tipo, data la situazione particolare, non ce l'aveva fatta: Nate era rimasto strabiliato dalla sua bellezza diversa. Non era la tipica ragazza con cui era abituato ad uscire, dato che super modelle o attrici mozzafiato facevano decisamente parte della lista, lei era particolare. Gli occhi leggermente a mandorla, la bocca a cuore un poco carnosa, dei piccoli nei sulle guance, il naso leggermente schiacciato la rendevano speciale ai suoi occhi abituati a vedere qualsiasi tipo di bellezza. Eppure non ne aveva mai vista una come quella che Lexi emanava e senza fare assolutamente nulla. Nate scosse la testa per togliersi dalla testa quei pensieri decisamente poco consoni al luogo e alla situazione e decise di prendere il coraggio a quattro mani ed arrischiarsi a sedersi sulla poltrona di pelle che vegliava costantemente su di lei.
Solo in quel momento Lexi percepì uno spostamento d'aria al suo fianco sinistro e si rese finalmente conto di non essere più sola in quella stanza perennemente silenziosa. Si era addormentata a fatica anche quella sera, benché sapesse che ore fossero solo in base ai turni di Sarah, che per quel giorno era stata l'ultima a venire a controllarla, e sentire qualcuno al suo fianco la fece preoccupare non poco. Di notte non poteva entrare nessuno in teoria, ma evidentemente qualcuno aveva ricevuto un permesso straordinario e Lexi sperò irrazionalmente che fosse lui. Lo sapeva che non aveva senso tutto quello che la sua mente impossibilitata stava producendo e che con ogni probabilità era tutto frutto di quel dannato ematoma che non accennava a riassorbirsi, ma Lexi aveva veramente il desiderio che quella persona al suo fianco fosse lo sconosciuto.
“Avanti... Ti prego: parla!... Io non ce la faccio più ad andare avanti così... Già hai scombussolato la mia poco ordinaria vita con una semplice carezza e non mi hai fatta dormire per giorni interi, ora vedi di non tirartela troppo, per favore, e dimmi chi sei...”.
Nate continuava imperterrito a guardarla, mentre il suono cadenzato e monocorde dell'elettrocardiogramma, aiutato dalla stanchezza del volo, lo facevano cadere in una sorta di trance ammaliata, da cui non riusciva più ad uscire. Poi le parole di Zach, come se fossero lo schiocco delle dita di un terapeuta per far uscire dall'ipnosi un paziente, lo riportarono alla realtà.
“Magari, la prossima volta, parlale... Non deve essere bello sentire che c'è qualcuno vicino a te e non sapere chi sia...”.
Doveva solo trovare la forza per rompere quel silenzio che ormai portava avanti dalla prima volta in cui aveva messo piede in quella stanza e che sembrava la via più semplice per poterle stare vicino, ma soprattutto doveva decidere quali fossero le parole adatte per presentarsi a colei che aveva dato la vita per uno dei suoi migliori amici. Fece un profondo respiro e lasciò che la bocca formulasse da sola la frase, senza passare prima per il cervello.
- Sono io...
Appena le parole si furono disperse nell'aria immobile della camera, Nate si sentì un emerito idiota, dato che quella era tutto fuorché la cosa giusta da dire: come avrebbe potuto sapere Lexi di chi si trattasse, se non l'aveva mai incontrato di persona? Ma c'erano un sacco di cose che Nate non sapeva della ragazza in coma distesa davanti a lui, e tra queste c'era sicuramente il fatto che Lexi sapesse riconoscere quale dei cinque fosse a cantare o a parlare solo da un minimo accenno di voce. Era una di quelle persone che, appena uscito il nuovo cd della loro band preferita, lo ascoltavano senza guardare il libretto dei testi, di modo da tentare di capire da sole chi cantasse quel determinato verso della canzone e gioire della risposta corretta. Lexi avrebbe riconosciuto tra milioni la sua voce. Adorava il modo in cui faceva i cori in tutti i ritornelli delle loro canzoni, il suo timbro dolce e accattivante che riusciva a far venire i brividi anche con un semplice vocalizzo, quel suo adorabile accento irlandese che faceva suonare ogni parola in maniera speciale... La sua risata semplicemente contagiosa e limpida che accompagnava ogni sua intervista.
“Allora avevo ragione... Sei tu, Nate... Ma chi mi dice che sei proprio il mio sconosciuto? Magari non avevi nulla da fare e sei passato per di qua ed io ho solo perso la cognizione del tempo...”.
Come a rispondere a tutte quelle mute domande, Nate disse:
- Voglio dire: sono Nate... Nate Hanson... E scusami per l'orario...
Si grattò la nuca, non riuscendo a sciogliere l'indecisione su che cosa dire: aveva aspettato quel momento per una lunghissima settimana ed ora non aveva la più pallida idea di come comportarsi e la cosa non faceva che aumentare quella sensazione di essere un emerito cretino che si portava dietro da giorni. Optò per scusarsi per come si era comportato la prima volta, dato che non aveva avuto nemmeno la decenza di presentarsi come si doveva.
- Ma soprattutto scusami per l'altro giorno... Sono entrato e non mi sono nemmeno presentato... Magari avrai anche preso paura... Scusami ancora...
“Ma smettila di scusarti Nate! Sei stato l'unica nota positiva in una settimana decisamente terribile...”.
In quel momento ebbe la conferma che quelle visite sarebbero state molto più difficili del previsto: era vero, lui parlava e alle volte straparlava, ma di solito le persone gli rispondevano, o per lo meno gli intimavano di stare un po' in silenzio. Ora invece, avrebbe dovuto parlare praticamente da solo e il fatto di non avere nessuno a fermalo, gli avrebbe permesso di dire tutte le cretinate che gli passavano per la mente, anche quelle che non si dovrebbero assolutamente dire ad una sconosciuta. Ma si era preso quell'impegno, voleva che quella ragazza potesse trovare un minimo di sorriso anche in una situazione miserabile come la sua e che magari, invogliata da qualche sua battuta esilarante, potesse trovare la forza per tornare dai suoi cari. Però questo, con ogni probabilità, era chiedere veramente troppo e si sentì doppiamente un cretino. Nate appoggiò la schiena alla poltrona, lasciò il cappello sul poggiolo e chiuse un attimo gli occhi per fare ordine nel turbinio di idee che gli stava affollando il cervello. Doveva solo lasciarsi andare, cercare di trovare un argomento su cui avesse abbastanza sciocchezze da dire tanto da non rimanere ancora un secondo di più in silenzio. Odiava quell'assenza di rumori, perché faceva sembrare ogni cosa più pesante ed opprimente. Quando finalmente la trovò aprì di nuovo gli occhi e cominciò a parlare a raffica.
- I ragazzi ti salutano tutti... A dire il vero è merito loro se ora sono qui. Insomma, non so se te ne sei resa conto, ma la prima volta che siamo venuti a trovarti io non ho mai parlato, se non per quella risata fuori luogo... Lucas, per poco non mi staccava la testa quando siamo usciti da questa stanza...
Al solo udire quel nome, il cuore di Lexi ebbe un piccolo sussulto, che però passò inosservato anche alle macchine che lo monitoravano, forse perché ormai si erano abituate anche loro a quella naturale reazione.
- E' cambiata parecchio da quando ci sono stato... Insomma, cominciano a non vedersi più le pareti...
E sorrise. Involontariamente, nonostante la tensione che stava accumulando ormai da più di una settimana per quella presenza nella sua vita che non era stata assolutamente programmata. Sorrise perché quello che ora gli impediva di vedere il colore delle pareti della stanza erano i regali delle loro fan, tutti i pensieri più o meno ingombranti che tutte quelle ragazze avevano dedicato a colei che aveva salvato i loro idoli. Un po' surreale come pensiero, ma la cosa gli piaceva, perché era un'arma in più da usare per farle tornare la voglia di aprire gli occhi, tutto quell'affetto poteva tornargli seriamente utile.
“Chissà che cosa c'è dentro alla mia stanza... Mia sono secoli che non mi parla più di quello che mi sta attorno... Ultimamente è un po' troppo concentrata sulla sua vita sentimentale per ricordarsi di come sia stare in questa situazione...”.
- Che poi, tu lo sai com'è questa camera?? Insomma, sei qui da quanto?? Due settimane??
“Per la precisione diciassette giorni, Nate... Diciassette lunghissimi giorni...”.
- Ci scommetterei la mia colazione che nessuno ti abbia mai detto quanto affollato è questo posto... E dato che il sottoscritto ha un sacco di tempo, mi prenderò l'onere di descriverti che cosa ti circonda!
“Oddio Nate! La tua colazione è importante... E poi dovresti andare a dormire... Il jetlag ti distruggerà altrimenti...”.
Eppure, benché pensasse veramente che quel ragazzo avesse bisogno di andare a casa e riposarsi, dopo un volo di tutte quelle ore, non aveva alcuna voglia di sentir svanire la dolce sensazione di avere qualcuno al suo fianco durante la notte e soprattutto non aveva nessuna intenzione di rivedersi piombare addosso quel terribile silenzio che l'accompagnava di solito. Le piaceva il suono della sua voce.
- E poi il jetlag non mi lascerebbe dormire comunque... Quindi, da cosa partire... Direi da dove sei tu! Allora sei stesa su un letto abbastanza ampio... Non come quello che avevo io la settimana scorsa a New York. I piedi mi uscivano del tutto e sì che io non sono di certo un colosso di ragazzo... Forse era stato progettato da dei giapponesi... Sai che sono veramente piccoli?? E' anche per questo che mi piace andare lì a fare concerti: mi sento sempre così grande!! Ma non stavamo parlando di questo...
Nonostante il suo volto fosse congelato dal coma, dentro di sé, Lexi stava sorridendo per quel modo buffo e sconclusionato che aveva Nate di parlare, come se le cose da dire fossero troppe e non potessero starci tutte nella stessa frase, così si accalcavano, trasformandosi in un marasma difficile da capire ma decisamente simpatico. Nate si passò una mano sulla faccia e si guardò attorno, valutando da che cosa fosse bene cominciare a descrivere: era come se fosse tornato indietro nel tempo, quando ancora andava alle scuole elementari e la maestra gli avesse affidato un tema del tipo “Descrivi la tua cameretta”. Aveva sempre adorato scrivere le cose che lo circondavano, solo se però gli era permesso di metterci dentro un po' del suo, ovvero qualche drago o qualche super eroe che avrebbero reso il tutto molto più divertente ed adatto alla sua fervida fantasia. Lexi sembrava farlo tornare bambino e la cosa non gli dispiaceva per niente.
- Poi vediamo... Vicino al tuo letto, c'è una poltrona piuttosto comoda ed ampia in pelle marrone... Beh, è marrone piuttosto sbiadito... Caffellatte direi... Sì, ecco!! 
“E ti pareva che trovava un paragone con il cibo... Sei unico Nate Hanson ed ora io ho voglia di caffellatte! Che poi non mi è nemmeno mai piaciuto...”.
- Poi c'è un piccolo carrello con un vassoio verde alla tua destra ed una tavolo ampio in metallo davanti al letto... In fondo alla stanza c'è un armadio enorme ed abbastanza inquietante in plastica bianca e verde, ovvero dello stesso colore delle pareti della stanza... La finestra è sempre sulla sinistra, vicino all'armadio e ci sono delle luci abbastanza orribili ad illuminarti. Ma la cosa bella è che sia il vassoio che il tavolino sono completamente sommersi di regali, biglietti e palloncini, mentre il davanzale è coperto da vasi pieni zeppi di fiori... E sono praticamente tutti fatti dalle nostre Rushers... Sono molto carine e protettive nei nostri confronti e, da quanto vedo, anche nei riguardi di chi fa qualcosa per noi... Cos'altro dirti? Ah sì, io sono seduto sulla poltrona, proprio qui...
“Nate so dove sei, sento il tuo...”.
E le prese la mano tra le sue, in un gesto veloce e incontrollato, che lo lasciò basito a fissare quel nido che aveva creato attorno alle dita di quella ragazza quasi sconosciuta. “Calore... Cos'è questo?... Perché mi sento così?...”.
Non capiva per quale dannata motivazione solo ora, con le sue mani pallide a sfiorare quelle rosee di lei, si stesse sciogliendo quel nodo all'altezza dello stomaco che l'aveva torturato per sette infiniti giorni. Come se una palla infuocata fosse stata appena scoccata da un arciere misterioso, puntando dritto al suo cuore ormai intorpidito dalle relazioni sempre più superficiali che il suo lavoro gli portava ad avere, come a volerlo liquefare e liberarlo da tutto quello che di tossico c'era dentro. E semplicemente non era più capace di distogliere lo sguardo da quel punto sul lenzuolo candido in cui due vite sembravano incrociarsi e scontrarsi per la prima volta: ma sarebbe anche stata l'ultima? Nate riuscì a rinvenire da quel torpore incosciente in cui era caduto ed allontanò la mano da quella di Lexi, che avvertì una sorta di strano vuoto aprirsi dentro il suo petto, come quando, “parlando” con Sarah, era finalmente riuscita a capire per quale ragione si fosse gettata davanti a quella pallottola.
- Scusa... Io... Non volevo... Insomma, non ci conosciamo nemmeno ed io... Lasciamo stare va...
Non ce la faceva. Quella ragazza lo metteva terribilmente in confusione e lui non era mai stato un asso con le donne. Certo, nei suoi ventidue anni di vita ne aveva avute di relazioni, più o meno importanti, anche se, ad esser sinceri, nemmeno così tante, però nessuna l'aveva mai messo a tal punto in soggezione, come se fosse terrorizzato dalla possibilità di sbagliare. Ma che cosa?? E soprattutto: perché stava pensando delle cose del genere?? Si passò di nuovo la mano sulla faccia, questa volta sfregando un po' di più in attesa che magari un'illuminazione divina lo cogliesse sul momento e gli mostrasse la soluzione a tutti i suoi problemi, peccato che la grazia lui l'avesse già ricevuta entrando in quella band e che quindi non potesse sperare in molto altro. Forse era semplicemente il momento adatto per andarsene, ma proprio mentre stava per alzarsi dalla sedia, Sarah, l'infermiera che lo aveva lasciato entrare nonostante l'ora tarda, fece quasi irruzione nella stanza e gli disse.
- Non ti preoccupare... E' importante anche il contatto fisico per i pazienti in queste condizioni...
Nate ebbe la netta sensazione che lei fosse stata appollaiata dietro la porta per tutto quel tempo e che, quindi, avesse assistito anche all'ultima scena, ma fece finta di nulla. Sarah, infatti, vedendolo così in difficoltà si era quasi sentita in obbligo di intervenire. Non aveva alcuna intenzione di farsi i fatti di Lexi o di quel giovanotto piuttosto famoso ma dalla faccia affidabile, solo che le sembrava che nessuno dei due si accorgesse degli effetti positivi che suscitava nell'altro. Forse, semplicemente, sognava troppo e voleva per quella ragazza tutto il bene del mondo dato che aveva come la vaga idea che dietro al suo gesto ci fosse molto di più di un amore spassionato per una band. Ebbe, però, la conferma di aver fatto qualcosa di utile quando vide Nate aprirsi in un sorriso imbarazzato ed adorabile, per poi rimettersi comodo sulla poltrona. Stava controllando, per altro inutilmente, i valori vitali di Lexi, quando Nate decise di rompere quel silenzio che stranamente non risultava fastidioso a nessuno dei tre.
- Sul serio?
Sarah si voltò a guardarlo con un'espressione abbastanza interrogativa stampata sul viso rubicondo e Nate si rese conto di essere stato, per l'ennesima volta, poco chiaro.
- Voglio dire: sul serio è utile il contatto fisico per i pazienti come Lexi??
In quell'istante, quando quella voce che per tanto tempo aveva ascoltato parlare d'amore attraverso dei versi, che aveva sentito dire battute sciocche durante le interviste, che aveva udito trasformarsi in una risata contagiosa più e più volte... Quando quella voce calda e delicata accompagnò il suo nome fuori da quelle labbra che si ricordava sottili e delicate, Lexi sentì una sorta di scintilla accendersi dentro di lei. Come quando si strofinava un fiammifero sulla sua scatola per farlo infiammare, allo stesso modo quel nome detto da lui sembrava il primo semaforo verde per un'ondata inarrestabile che Lexi sperava non si fermasse più. Aveva un vago sapore di vita quella sensazione.
- Sì, li aiuta parecchio... Si dice che gli faccia da ricordo tangibile della dimensione presente, in caso siano capaci di sentirci... E si direbbe che Lexi sia qui con noi... L'infermiera indicò una piccola perla che stava scendendo lungo la guancia che la ragazza volgeva verso Nate. Non l'aveva progettata né voluta, ma anche quella volta non aveva alcuna intenzione di fermarla. L'unica cosa che in quell'istante passava per la testa sempre più stanca e confusa di Nate era il desiderio di capire perché mai Lexi stesse piangendo, sperando vivamente di non esserne lui la causa, dato che era andato lì per la motivazione contraria.
- Perché piange? Ho fatto qualcosa di sbagliato??... Io non volevo...
“Non piango per te, Nate... Ma per quello che mi fai inspiegabilmente provare... Perché tutto questo non ha un minimo di senso... Perché la mia vita non ha più un briciolo di senso... Diglielo Sarah... Ti prego...”.
- Alle volte possono essere dei riflessi incondizionati dell'organismo, ma il più delle volte si manifestano quando i pazienti provano delle emozioni molto forti... Bene, io ho finito... Tu rimani pure Nate... Quella lacrima è un buon segno...
Gli sorrise nella maniera più rassicurante possibile, sperando che lui cogliesse il messaggio implicito che gli stava mandando, poi uscì dalla stanza, lasciandoli di nuovo soli. Nate riportò la sua attenzione su quella ragazza che gli sembrava ogni secondo più adorabile e bisognosa di aiuto e fece quello che aveva già azzardato in precedenza e che aveva cambiato tutto. Allungò la mano fino a coprire la guancia di Lexi per intero, di modo da raccogliere quella seconda goccia di emozioni che lei gli regalava.  Lexi provò una vera e propria scossa partire dal punto che era entrato in contatto con la pelle di Nate e diffondersi per tutto il suo corpo, tanto che persino l'elettrocardiogramma, questa volta, ebbe un sussulto.  
- Ehi, Lexi... Se mi senti e so che lo fai... Beh, sappi che la prossima volta che ci sarà una lacrima sul tuo viso sarà perché ti avrò raccontato la miglior barzelletta di sempre... Ma magari un'altra volta, okay? Ora dovresti dormire, no?... Buonanotte Lexi...
La sua mano scese fino alla mano di lei, per far sì che le loro dita si incrociassero, in maniera a dir poco perfetta. Lexi aveva temuto che lui la stesse lasciando, che avesse saggiamente deciso di andare a casa a riposare, ma dovette ricredersi quando, dopo alcuni minuti sentì la presa sulla sua mano diventare meno decisa, ma solo per lasciar spazio a quella pesantezza tipica del sonno. Nate si era addormentato sulla poltrona con la mano ancora intrecciata a quella di Lexi, che per la prima volta vide la sua notte illuminarsi di un sogno vago ma che la lasciò stranamente serena: camminava per le strade di Londra ma al suo fianco, non c'era come al solito Mia, bensì un ragazzo sorridente, dagli occhi del color del cielo in primavera e dalla stretta protettiva e rassicurante.
Sarah spense le luci della camera di Lexi con la certezza che quella notte, qualcosa di speciale fosse avvenuto nella stanza numero 204.



Hi sweethearts,
sarebbero stati tre capitoli separati, come forse avrete intuito, ma non potevo aspettare oltre: volevo che Nate/Niall entrasse ufficialmente nella vita di Lexi. Ho scritto questa storia qualcosa come tre anni e mezzo fa e ci sono parti che, rileggendole, ancora mi fanno attorcigliare lo stomaco. Spero tanto che trasmetta qualcosa anche a voi, nonostante la caterva di imperfezioni che contiene, nonostante la tendenza ad essere qualche volta banale o smielata, nonostante ora la riscriverei in maniera completamente diversa... Ma all'epoca andava bene così.
Vorrei tanto sapere che cosa ne pensiate... Della storia, di un personaggio, dell'idea... Qualsiasi cosa.
Grazie per aver letto fin qui **
A presto
Lots Of  Love xx

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Capitolo 10
*** 7th September 2013 ***


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7th September 2013

- Buongiorno... Mi scusi: possiamo entrare per vedere Lexi??
Sarah osservò quel ragazzo con una canottiera slabbrata, che lasciava ben poco spazio all'immaginazione circa la conformazione del suo fisico asciutto e dei suoi tatuaggi, e un cappello grigio di lana calato in testa, che lasciava uscire solo un ciuffo di fluenti capelli castani. Se non fosse stato dotato di quegli occhi celesti e trasparenti che facevano capire il suo vero animo e se al suo fianco non ci fosse stata quella ragazza molto delicata nell'aspetto e nei modi, forse non l'avrebbe lasciato passare. Ma Sarah non era mai stata tipo da farsi guidare dai pregiudizi nelle sue scelte, quindi gli rivolse un sorriso sincero e gli disse:
- Certo... Venite...
Mentre entravano nella stanza, Sarah ebbe modo di notare il fare protettivo con cui il ragazzo si rivolgeva a quella che intuì essere la sua fidanzata, come se volesse proteggerla ma al tempo stesso ne prendesse forza per sorridere al mondo.
- Eccoci qui... Ah, prima che mi dimentichi... Tu sei Lewis, giusto? Fai parte di quella band, no? Perché sta notte il tuo amico ha lasciato qui questo... Magari potresti ridarglielo tu... Grazie...
L'infermiera porse a Lewis qualcosa che gli sembrò a dir poco familiare e che si sorprese di vedere in quel momento tra le sue mani: il cappello che Nate aveva comprato durante il loro breve giro di shopping a Parigi, cinque mesi prima. Alzò lo sguardo dall'oggetto non tanto misterioso quanto fuori posto ed incrociò gli occhi profondi e dolci di Ellie, che gli lanciò di rimando un'occhiata altrettanto dubbiosa. La domanda era solo una: che cosa ci faceva il cappello preferito di Nate nella stanza di Lexi, se erano tornati solo la notte prima?
Come era logico, Lewis non riuscì a trattenere in alcun modo la curiosità e si voltò verso l'infermiera per chiederle spiegazioni, dato che sembrava che lei ne sapesse molto di più di loro.
- Mi scusi...
- Dammi pure del tu... Io sono Sarah.
- Lewis, piacere... E lei è Ellie, la mia ragazza... Posso farle una domanda??
- Certamente!
- Che cosa ci fa il cappello del mio amico qui?
La vide aprirsi in un sorriso sornione che diede conferma ai suoi sospetti: quella donna sapeva molto di più di quanto avesse detto finora.
- L'ha lasciato qui stanotte, quando è venuto a trovare Lexi...
La faccia di Lewis poteva essere la perfetta rappresentazione dello stupore, dato che l'ultima volta in cui aveva visto Nate era stato in aeroporto ed aveva detto che sarebbe andato a casa immediatamente, poiché era distrutto. Ma, a quanto pareva, doveva aver cambiato radicalmente idea.
- Nate è stato qui?!
- Sì... Questa mattina, quando sono venuta a cambiare la flebo, l'ho trovato qui che dormiva sulla poltrona, così l'ho svegliato... Ma se ne è andato tutto di fretta, bofonchiando cose di cui non ho capito il significato e lasciando qui il cappello...
L'infermiera gli rivolse un altro sorriso che gli fece intuire come sapesse dell'altro ma non avesse intenzione di dirglielo, per poi uscire dalla stanza come se niente fosse. Lewis si voltò allora verso l'unica persona che avrebbe potuto dargli delle spiegazioni.
- E così Lexi, sta notte hai avuto compagnia eh??
Ma purtroppo era anche l'unica che non fosse nelle condizioni di dargli quelle stesse risposte che andava cercando.
- Lewis, non credo che possa risponderti...
“Ma di chi è questa voce?? Ma sul serio c'è Lewis qui?? E di che diamine stanno parlando?!... Ma perché la gente, quando arriva qui, si dimentica le basilari regole dell'educazione, tanto da non degnarsi nemmeno di presentarsi??”.
Si voltò a guardare quella ragazza che gli aveva ispirato simpatia sin dal primo momento, non solo perché aveva salvato la vita praticamente a tutti loro, ma anche per quello che la madre aveva raccontato loro, dipingendola come una ragazza semplice ma non per questo banale.
- A proposito: io sono Lewis, come avrai capito, e lei è Ellie, la mia ragazza... Ma penso tu lo sappia già.
- La smetti di pensare che il mondo sappia chi sono? Sarebbe meglio se nessuno mi conoscesse, invece...
“Allora ho sempre avuto ragione io, alla faccia di tutte quelle bambinette che continuavano a dire che tu fossi un'oca giuliva attirata solo dalla fama di Lewis... Grazie Ellie, mi hai appena dimostrato che sei la ragazza dolce e con i piedi per terra che ti ho sempre reputata... E che ero un caso clinico senza vita sociale anche prima dell'incidente...”.
- Scusalo Lexi... E scusa anche per la nostra irruzione nella tua stanza... Lewis deve ancora imparare le buone maniere, nonostante la vecchiaia incipiente...
- Ehi!! A chi stai dando del vecchio?! Io i miei ventiquattro anni li porto benissimo!
“Oddio, ma sei veramente un rompi balle come dicono tutti... Lascia in pace questa povera ragazza, Lewis... Un momento: ma perché sto parlando con loro come se fossero miei amici da sempre?? Non ha senso... Ma forse sono io a non avere senso, a questo punto...”.
Lewis decise che stare in piedi a guardare quella ragazza non sarebbe servito assolutamente a nulla, quindi si stravaccò sulla poltrona, facendo segno ad Ellie di sedersi sulla sua gamba, offerta che lei declinò gentilmente, preferendo una scomodissima sedia di ferro e plastica. Il rumore della seduta che veniva spostata da sotto il tavolo vero la destra del suo letto, fece capire a Lexi che i due ragazzi avevano intenzione di rimanere con lei per un bel po' e che quella non era una visita flash.
- Allora, tornando alle questioni importanti, perché il cappello del bel irlandese era qui??
- Ma la vuoi smettere, Lewis?! Fatti i fatti tuoi per una volta e poi perché non lo chiedi al diretto interessato? Non sarebbe più semplice?
- Lo sai che non mi piacciono le cose semplici...
Lexi sentì una risata provenire da entrambi e si accorse che non aveva mai preso in considerazione in vita sua l'idea che, anche solo dall'intrecciarsi di due sorrisi un po' più rumorosi, si potesse percepire la perfezione di una coppia e dalle loro risate, le sembrò palese come Lewis e Ellie fossero nati per stare assieme. Lewis l'aveva incontrata poco dopo l'inizio di quell'assurda storia di British Got Talent, a cui lui aveva cominciato a credere solo dopo che la loro primissima fan gli aveva mandato un tweet dicendogli che non vedeva l'ora di sentirli cantare una loro canzone. Era stato grazie a Hugh e alle sue sconfinate conoscenze in fatto di ragazze che l'aveva conosciuta, proprio ad una festa dell'amico data in onore della loro vittoria al talent show: dal primo istante era stato sicuro di come lei sarebbe stata capace di tenergli testa e la cosa non aveva fatto che confermarsi con il tempo. Spesso gli altri ragazzi si erano lamentati di non riuscire a trovare qualcuno che non accontentasse ogni loro richiesta solo perché facevano parte dei The Rush, quindi Lewis ringraziava continuamente il cielo per aver trovato Ellie sin dall'inizio di quel sogno che stavano vivendo, benché si divertisse ancora a tormentarla.
“Cavolo... Riesco a sentire i loro sguardi complici anche in queste condizioni... Sono veramente innamorati... Beati loro... Io credo di non sapere nemmeno più come mi chiamo, figuriamoci che cosa sia l'amore... Alla faccia della voglia di vivere che dovrebbe farmi risvegliare...”.
- Giuro che io c'ho provato a fargli capire che non ha più quattro anni, ma l'unico risultato che ho ottenuto è che non lancia più le scarpe in aria quando arriva a casa... Una tragedia insomma....
- In compenso, però, io ho ringiovanito lei e il suo spirito da vechietta in fresca... Dai, ammettilo Ellie: se non ci fossi io, gireresti per strada con un maglioncino infeltrito di lana rosa, gli occhiali calati sul naso anche se ci vedi benissimo e delle scarpe ortopediche orrende!!
- Ora mi capisci quando dico che ha quattro anni?! Ha ancora le stesse fantasie assurde che potrebbe produrre un bambino dell'asilo!
- Ribadisco: mi mantengo giovane... Allora Lexi- Lex, che cosa ci racconti?? Perché io è un po' che non ti vengo a trovare e, per quanto non sappia che cosa sia successo questa notte con il mio piccolo Nate, so per certo che Zach non è uomo da gossip e che Hugh vive su un altro pianeta, quindi credo sia il caso di farti un piccolo bignami di come stanno realmente le cose nella famiglia dei The Rush...
Ellie si abbassò di un poco verso Lexi, tanto che lei riuscì a percepire il soffio caldo delle suo respiro sull'orecchio, per sussurrale:
- Benvenuti alla nuova puntata di Lewis Tompson: tutto su tutti!!
Lexi sarebbe scoppiata a ridere, ma quel dannato ematoma non le permetteva neanche di respirare da sola, quindi dipinse le note di quella risata nella sua testa.
- Ti ho sentita, ma farò finta di nulla... Diamo inizio alle danze! Primo gossip della giornata, che ha smesso di essere tra i trend mondiali su Twitter solo tre giorni fa, ma unicamente perché noi eravamo in America, signori e signore: Hugh e Mia!! Altresì noti come “Miugh”... Che, diciamocelo chiaramente, hanno un acronimo terrificante, eppure, nonostante questo, sembrerebbe che la loro frequentazione -slash- relazione stia andando a gonfie vele, per la disperazione della maggior parte delle fan. Io, per parte mia, non posso far altro che essere felice per loro ed ammettere che sono veramente carini come coppia, benché non siano ancora ufficialmente assieme... Che poi, perché dico?? Perché non palesare il tutto e dirlo chiaramente che sono una coppia?!
- Forse perché non sono così precipitosi come siamo stati noi all'epoca e ci stanno andando con i piedi di piombo... Anche se dire che Hugh faccia qualcosa di ponderato è come credere che un giorno Pablo non sia costretto a nascondervi l'X-box per farvi fare le prove...
“Ah ah ah... Carina questa, Ellie... Comunque è esattamente la stessa probabilità che Mia faccia qualcosa di meditato... Dire che si siano trovati, sarebbe una banalità... Però ha stupito pure la sottoscritta che non abbiano già dichiarato la loro storia... Insomma, escono da più di due settimane ormai e lo sanno già tutti... E in fin dei conti hanno un sacco di cose in comune, sembrano fatti l'uno per l'altra... Non capisco dove sia il problema...”.
- Appunto, quindi qui gatta ci cova e prometto solennemente che scoprirò cosa i due piccioncini ci nascondono!
- Lascialo stare Lexi.. E' più forte di lui: i fatti suoi non riesce proprio a farseli... Pensa che una volta ha tentato di corrompere una delle gemelle, le sue sorelline più piccole, per scoprire il nome del fidanzato di Charlie, sua sorella di mezzo... Il problema è che c'è pure riuscito!!
“Oddio, ma sei pazzesco Lewis!! Nemmeno Mia è così invadente... E ti assicuro che è capace di essere piuttosto pedante... Come quella volta in terza elementare, quando venne a sapere che c'era un ragazzino che mi piaceva e, siccome io non volevo confessarle chi fosse, tappezzò tutto il mio banco, la mia sedia, il mio diario e pure il mio indifeso panino al salame con post-it che dicevano Dimmi-Chi-E'!!! Quel giorno non potei nemmeno fare merenda... E pensare che si trattava sempre e solo di Lucas!”.
- Un biglietto per il concerto di Justin Bieber e si è risolto tutto... E comunque sei tu che non ti interessi alla vita delle persone che ti stanno accanto... Io lo faccio solo per poterle aiutare al meglio!
Ellie alzò gli occhi a cielo, conscia del fatto che quella disquisizione non si sarebbe di certo conclusa con la loro visita a quella ragazza per cui non riusciva a capire che sentimenti provava. Ammirazione? Referenza? Confusione? Disaccordo? Non sembrava venirne a capo e con Lewis che continuava a parlare incessantemente, come il suo solito, sarebbe stato comunque impossibile.
- Come la volta in cui Hugh si è messo con quella cantante americana di cui non voglio pronunciare nemmeno il nome... Se non fossi intervenuto io...
- Loro due sarebbero ancora assieme!
- Ma non felicemente, perché tanto lui non l'amava ed io gliel'ho fatto capire giusto in tempo!
- Tu gli hai detto che lei lo tradiva con qualsiasi cosa respirasse!!!
- Ehi!! La mia è stata solo una differente rappresentazione della realtà, ma assolutamente a fin di bene!!
- Sei incorreggibile, Lewis... Sul serio...
“Allora è così che è andata!! Non ci posso credere: Hugh e Tay si sono lasciati solamente perché tu non hai tenuto la tua boccaccia chiusa?! Erano una coppia bellissima!! La sottoscritta c'è rimasta malissimo quando l'ha saputo, perché Hugh sembrava così giù in quel periodo... Ma dimmi te se è possibile... Sei una pettegola Lewis, sul serio... Sto veramente dando della pettegola ad uno dei miei cantanti preferiti?? Ma che problemi ho io?...”.
- Comunque, non stavamo facendo il processo della Santa Inquisizione al qui presente, che si preoccupa solo della felicità dei propri amici...
- Sabotandone le relazioni...
- Farò finta di non aver sentito il tuo commento, Ellie... Sta di fatto che Hugh e Mia devono darsi una mossa ad ufficializzare il tutto, dato che i media stanno già andando giù di supposizioni... Ma ora passiamo a qualcun altro... Ad esempio Zach e Page e la frenesia per il matrimonio... Dico: gli hai visti ultimamente? Sembra debbano sposarsi domani, tanto sono agitati!
- Lo saresti anche tu se il tuo matrimonio venisse presentato da chiunque come l'evento più importante del prossimo anno...
“Ellie tu sei una santa non una fidanzata... Ma devi sempre spiegargli tutto??”.
- Ma che centra?? Insomma, devono sposarsi loro due, mica tutta quella gente che perde il suo tempo a scrivere articoli idioti su riviste a dir poco ridicole! Lo sai vero che noi ci sposeremo su una spiaggia dispersa in mezzo all'Oceano Atlantico, con pochi intimi come invitati??
- Di questo ne discuteremo in un altro momento, sta di fatto che vorrò proprio vederti quando Zach ti pregherà in ginocchio di accompagnarlo a comprare il completo e voi tutti dovrete vestirvi secondo i dettami di Page o della sua wedding planner, se avrai ancora il coraggio di parlare così... Vi metterà tutti in riga....Ed io riderò un sacco...
“Ah ah ah... Mi dispiace ridirtelo Lewis, ma anche su questo punto ha decisamente ragione Ellie... Insomma, Page e Zach hanno l'attenzione di tutti i media puntata su di loro, quindi è più che normale che si sentano un po' sotto pressione... Chissà se per la data del loro matrimonio mi sarò svegliata o se magari... Basta, meglio non pensarci...”.
- E sentiamo: perché tu rideresti un sacco??
- Perché conoscendo Page sceglierà come colore portante della cerimonia una delle innumerevoli tinte di rosa o fucsia per cui tanto impazzisce e vedervi tutti e cinque strozzati da una cravatta rosa shocking sarà molto divertente...
- Io non mi metterò mai una cravatta rosa!
- Nemmeno se questo fosse l'unico modo per fare da testimone a Zach??
- Beh, credo che in quel caso sarei costretto...
- Appunto... Quindi...
- Quindi cosa??
- Quindi io riderò un sacco!
A proposito di risate, un suono cristallino e delicato riempì la stanza di Lexi, che fino a qualche secondo prima era sede di un dibattito piuttosto acceso ed assurdo tra i due fidanzati. Ellie era scoppiata a ridere, contenta di aver vinto l'ennesima contesa con Lewis: da quando stava con lui aveva imparato ad utilizzare l'ironia e l'intelligenza in ogni loro chiacchierata, fosse anche per stuzzicarlo un pochino e vedere se alla fine l'avrebbe ricompensata proprio come stava facendo in quel momento, con una delle sue doti migliori: il sorriso. Quando Lewis sorrideva ogni cosa poteva smettere di esistere, perché tutto ciò di cui Ellie aveva bisogno era contenuto in quella dolcissima curva che le sue labbra sottili assumevano. Lexi cominciava ad abituarsi a quel continuo battibeccarsi tra i due, anche perché era sempre più convinta che quando si creavano delle pause di silenzio fosse solo per dar loro il tempo di scambiarsi quegli sguardi e quei sorrisi che mostravano all'altro tutto l'amore che provavano e la cosa la metteva vagamente in imbarazzo. A dire il vero, però, Lexi cominciava proprio a sentirsi fuori luogo, o per meglio dire, esclusa da quella situazione. Non perché Lewis e Ellie non fossero abbastanza coinvolgenti, anzi, sentire loro parlare era come assistere ad una puntata di Made In Chelsea in presa diretta, ma il problema stava esattamente nel sentimento che li legava: loro si amavano e Lexi, di quello, non sapeva assolutamente nulla. Beh, magari proprio nulla no, ma ne conosceva solo gli aspetti più “dolorosi”.
“Quelli del seguire una persona per anni senza che questa si accorga anche solo lontanamente di te... Sperare che tutto possa cambiare a tuo favore e poi capire che il tuo sentimento non sarà mai corrisposto... Questo genere di cose...”.
E come se Lewis le avesse letto la mente, ma nel verso sbagliato, disse:
- Lasciamo perdere e cambiamo argomento, va... Arriviamo alla nuova coppietta, fresca fresca di formazione... Prego Ellie: rullo di tamburi...
- Ma non ci penso nemmeno... Siamo in un ospedale!
- E questo cose dovrebbe significare: che bisogna rinunciare agli effetti base per creare una sana suspance?? Non credo proprio...
Così cominciò a tamburellare le mani sul letto di Lexi, aumentando lo stato di ansia che si stava via via impadronendo sempre più di lei, dato che aveva un'idea piuttosto chiara di dove sarebbe andato a parare Lewis. Quando smise, il cuore di Lexi perse distintamente un battito.
- Lucas e Sophia!! Quei due sono diventati come le cocorite: inseparabili! Da dopo l'incidente, sembra che non possano più vivere l'uno senza l'altra... Lucas in maniera particolare, dato che non fa che parlare di lei, sempre che non stia messaggiando con lei o non ci sia direttamente insieme...
La testa di Lexi si era bloccata ancora alle prime tre parole: Lucas e Sophia. Non riusciva a capire come, dopo tutto quello che era successo, dopo le dichiarazioni smielate che avevano fatto proprio al suo capezzale, dopo aver deciso che quel capitolo della sua vita era completamente concluso, ancora avesse quelle reazioni esagerate nel sentirli nominare assieme.
“Forse è tutta colpa del fatto che per tanti anni sono stata innamorata di lui ed ora, disinnamorarsene sta richiedendo più tempo del previsto... Che poi: si può smettere consciamente di amare qualcuno? Ho tanta paura che non sia affatto possibile...”.
- Insomma: senza di Sophia, Lucas Palmer non è nulla! Pensa che l'altro giorno...
“Per favore no... Ora basta... Non credo di essere pronta per sentirmi descrivere la loro meravigliosa, fantasmagorica e assolutamente perfetta vita assieme... Per favore...”. In quel momento, per delle motivazioni che non le erano per nulla chiare, Ellie sentì l'esigenza impellente di bloccare il suo ragazzo dal raccontare a Lexi qualsiasi cosa potesse riguardare Lucas e la sua nuova ragazza.
- Lewis basta! Non credo che sia una buona idea raccontarle... Insomma, dirle queste cose... La annoierebbero e basta e penso che nelle sue condizioni sia già annoiata abbastanza...
- Ma perché, scusa? Gli ha salvato la vita, è giusto che sappia che cosa ha comportato il suo gesto!
Fu solo allora che Ellie comprese per quale ragione avesse fatto bene a bloccare la lingua troppo lunga di Lewis: quella ragazza distesa davanti a lei, con tubi e flebo che le uscivano da ogni dove, da ormai più di due settimane, non aveva salvato Lucas e Sophia. Lei aveva salvato il ragazzo per cui con ogni probabilità aveva una cotta enorme e per cui, dato che era arrivata a mettere a rischio la sua stessa vita, provava qualcosa di più forte. Magari anche amore. Quindi no, non doveva sapere nulla della vita che i due piccioncini stavano tranquillamente trascorrendo grazie al suo gesto eroico. Perché aveva infine che era decisamente eroico quello che aveva fatto, almeno agli occhi di Ellie: pure lei avrebbe messo a repentaglio la sua vita per Lewis, ma solo perché lo amava più di ogni altra cosa al mondo.    
- Lewis, per una volta, fidati di me e lascia stare... Perché non le racconti invece di quello che ha combinato Pablo durante la premieré del film??
“Grazie Ellie... Grazie mille... Non so perché tu l'abbia bloccato dal dirmi qualsiasi cosa, ma sul serio: grazie... Non ce l'avrei fatta a sopportare altri racconti su quanto loro due si amino e siano felici... E' decisamente ancora troppo presto...”.
Lewis si lanciò nel racconto di come il loro affidabilissimo bodyguard si fosse trovato in difficoltà per colpa di una giornalista decisamente troppo invadente e pignola, che continuava a fargli domande personali sui ragazzi, tanto che, esasperato da tutta quell'insistenza, aveva detto che Nate di prima mattina si lavava i denti con uno shottino di Jack Daniels e per convincerla che non fosse vero e che non doveva parlarne in nessun articolo c'aveva messo qualcosa come tutta la serata ed aveva anche dovuto procurarle dei biglietti per la proiezione del film. Quando una delle infermiere di turno fece la sua comparsa nella stanza per il controllo di routine dei parametri vitali, Lewis e Ellie decisero che fosse giunta l'ora di andare.
- Bene, credo sia arrivato il momento per togliere il disturbo... Prometto che io e Ellie ti verremo a trovare il più presto possibile, sicuramente prima di partire per il tour australiano. Staremo via un bel po' di tempo...
Lewis si alzò dalla sedia, facendo cadere il berretto di Nate che aveva appoggiato sulle sue gambe. Lo raccolse da terra e con il suo incorreggibile sorrisino malizioso disse:
- Prima che mi dimentichi: riporterò al legittimo proprietario anche questo souvenir che ti aveva inconsciamente lasciato... Logicamente dopo aver fatto le debite indagini.
- Lewis piantala! Impara a farti una vita tua, invece di occuparti di quella degli altri! Andiamo va...
Lewis si diresse verso la porta e si voltò all'ultimo per salutare ancora una volta Lexi.
- Allora ci vediamo Lexi- Lex... Scusa, tu non vieni?
Ellie, infatti, era rimasta vicino al letto di Lexi, aspettando che il fidanzato impiccione uscisse dalla stanza.
- Ti raggiungo subito, Lewis... Tu vai a prendere la macchina, così evitiamo che le fan ti vedano... Vai!!
La porta di richiuse alle spalle di Lewis e, quando anche l'infermiera fu uscita dalla stanza, Ellie trasse un profondo respiro che non passò inosservato alle orecchie ormai sensibilissime di Lexi, non più molto convinta di quello che stava per dire.
- Va bene... Noi non ci conosciamo, anzi io non so proprio nulla di te Lexi, quindi, forse, non dovrei nemmeno permettermi di dirti quello che sto per dirti, ma non so... Mi sembra giusto... In fin dei conti hai salvato la vita al mio ragazzo e ai suoi amici... Quindi, stavo dicendo... Non perderti dietro a Lucas... Lo so, non dovrei essere io a dirti queste cose, ma credo di aver capito perché tu ti sia gettata su quella pazza... Tu volevi salvare lui, perché ti piace vero?? Magari non ho capito nulla e sto dicendo una cretinata e se è davvero così, sappi che non lo racconterò a nessuno e che non ti sto giudicando in alcun modo... Ma ti prego solo di una cosa: non lasciare che il tuo sentimento non corrisposto ti butti giù... E' pieno di ragazzi lì fuori e sono sicura ci sia anche quello giusto per te... Oddio, sto parlando come mia nonna...
“Tranquilla Ellie, deve essere l'aria che si respira qui dentro, perché pure io invecchio a vista d'occhio...”.
- Bene, me ne vado, prima di dire altre sciocchezze... Ci vediamo Lexi... E grazie!
La porta si richiuse e per la prima volta nelle ultime dodici ore, Lexi rimase da sola nella sua stanza d'ospedale.
Forse aveva ragione Ellie e doveva semplicemente dimenticarsi di Lucas, di quello stupido sentimento che ancora la tormentava e magari si sarebbe pure dovuta scordare di tutta quella storia della boyband, dell'amore per la musica e, perché no, anche di quello spassionato interesse per la vita degli altri che la sua laurea in storia le permetteva di portare avanti. Prendere a cuore l'esistenza di qualcun altro, vivo o morto che fosse, non risolveva i problemi di quella vita che lei non stava vivendo, men che meno in quel momento. Forse bastava scordare tutto e seguire quella luce, quella che stranamente si stava avvicinando ogni giorno un poco di più a lei, illuminando il tunnel che ormai era diventato la sua casa da quel 20 Agosto.
“D'altra parte, Ellie potrebbe avere ragione anche su un altro punto all'ordine del giorno: che li fuori ci sia il ragazzo giusto per me... Magari è sempre stato lì ed io non me ne sono mai accorta perché ero troppo concentrata a sprecare la mia vita sbavando su un computer... No, aspetta, l'unico uomo nella mia vita degli ultimi undici anni., oltre a papà e David, è Matt e direi che proprio non è il caso di fare un pensierino su di lui... Però potrebbe sempre essere il nuovo farmacista... O il ragazzo che consegna le pizze... Okay, questo sarebbe seriamente un cliché... E poi mi ha visto nei miei outfit peggiori... Tipo la volta in cui Mia ha mandato me ad aprire la porta, solo perché Snooky stava per ricevere la proposta di matrimonio su Jersey Shore, benché avessi la faccia impiastricciata di una crema ai cetrioli piuttosto appiccicosa e gommosa e i bigodini in testa... In quell'istante ho capito come si doveva essere sentito quel poverino di Frankenstein quando girava per strada... E comunque è biondo... Insomma, i tipi con i capelli color del grano d'estate non sono mai rientrati nelle mie preferenze... Lucas è castano, di quel colore simile alle caramelle al caramello... Che bella allitterazione... Però anche Nate è biondo... Tinto, ma biondo... Chissà perché si colora i capelli, non che stia male, soprattutto dal momento che fanno risaltare ancora di più quegli occhi chiari che si ritrova... E' quasi difficile definirne il colore... Tra l'azzurro del cielo nei disegni dei bambini dell'asilo, il celeste del ghiaccio che si forma sopra il laghetto di Hyde Park a gennaio e il blu del mare delle Tenerife... Ma nulla a confronto con quelli cioccolato fuso di Lucas... No, anzi, non hanno nemmeno sempre la stessa tonalità... Cambiano se è arrabbiato o confuso, o in uno di quei momenti di assoluta dolcezza che non ha mai avuto nei miei riguardi... Forse ha seriamente ragione Ellie: dovrei smettere di pensare a lui e guardami attorno...”.
Eppure, ogni volta che Lexi tentava di convincersi di questa nuova prospettiva da adottare, sembrava valutare tutte le opzioni eccetto una: quella del ragazzo che aveva trascorso un'intera notte a tenerle al sicuro la mano, rimanendo là per lei e per quel suo proposito di farla sorridere che si era ripromesso di portare a termine. Ma Lexi, di tempo, ne aveva ancora molto, sperando che quella luce non si avvicinasse troppo presto. 
    
 
 

Hi sweethearts**
piccolo capitoletto per superare: a) il lunedì, che per me è assolutamente micidiale b) il fatto che domani sia San Valentino (benché io sia ormai entrata nell'ottica del "San Valentino che??") c) ringraziare la dolce anima pia che ha avuto la pazienza e la voglia di lasciare un suo importantissimo pensiero su questa storia (GRAZIE xx)
E' un capitolo di passaggio, dove finalmente compare Lewis/Louis che come ben si capisce è assieme ad una dolce Ellie/Eleanor (ripeto: quando ho scritto questa storie le cose erano DECISAMENTE diverse) e che fa un po' quello che faceva sempre all'epoca: rompere le uova nel paniere. Ma va bene così: credo che Lexi abbia già abbastanza pensieri tristi per la testa da necessitare di un po' di svago ^^
Fatemi sapere che ne pensate e grazie per continuare a leggere **
Lots of Love xx

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Capitolo 11
*** 8th September 2013 ***


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8th September 2013



-Allora: come sta la mia ragazza preferita??
“Buongiorno anche a te Sarah... Dimmi che oggi è la giornata giusta e che io mi sveglierò da questo frustrante coma vigile... Per favore...”.
- Cosa mi racconti di bello oggi?? Ieri ho visto che ti è venuta a far visita una simpatica coppietta... Molto carini ed affiatati... Lei deve avere una pazienza infinita per sopportarlo, ma quel Lewis sembra veramente innamorato perso di lei... Sai, tutto sommato ci sono delle persone piuttosto interessanti che ti vengono a trovare, come se emanassero un'aurea positiva... Oh ma senti che sciocchezze sto dicendo!! Deve essere tutta colpa dell'amore che si percepisce ogni volta che si entra qui dentro... Proprio come ieri mattina...
Lexi la sentì sistemarsi vicino a lei, sulla solita poltrona, dopo aver leggermente aperto la finestra: ormai aveva preso la gentile abitudine di fermarsi a parlare un po' con lei, ogni volta che faceva il giro delle visite alla mattina, sostenendo che gli altri pazienti potessero aspettare cinque minuti, se questo le permetteva di farle un po' di compagnia: una sorta di piccolo segreto solo loro. Era come se Sarah avesse deciso di prenderla sotto la sua aura protettiva, per occuparsi di lei in tutto e per tutto, e da quanto poté presto scoprire Lexi, anche in campo sentimentale.
- E a proposito di questo... E' stato molto gentile quel ragazzo, Nate... E' venuto a trovarti di notte e poi è stato qui a farti compagnia fino a quando non sono entrata io a disturbarvi... Un po' mi è dispiaciuto...
“Ma che disturbato e disturbato, Sarah! Che cosa diavolo vai  a pensare?? A dire il vero non so nemmeno io perché sia venuto da me, dopo tutte quelle ore di volo e per far cosa poi? Insomma, perché si ostinano tutti a continuare a venire qui?? Io, tanto, non mi sveglio e loro fanno solo la figura degli idioti che parlano da soli...”.
Ed eccola ancora lì, destinata a passare l'ennesima giornata senza poter dire nulla, senza poter respirare l'aria fresca di inizio settembre, senza poter tornare ad essere la vera Lexi. Si sentiva terribilmente di cattivo umore.
“Non so per quanto ancora resisterò... Capissi almeno dove si trova la via d'uscita, dico... Ci sarà un maledettissimo modo per andarmene da questo tunnel e se non è per la via che mi riporterà alla vita, sapessi almeno dove si trova l'altra...”.
- Sai, ha proprio un bel sorriso... Sembra così genuino e solare... Decisamente quello che manca in questa stanza... Eccetto quei ragazzi famosi, tutte le altre persone che mettono piede qui dentro sembrano lo facciano solo per trovare qualcuno su cui riversare i loro problemi... Non dico che non sia giusto, ma non ti aiutano per nulla...
A conferma delle parole dell'infermiera, fece la sua comparsa sulla soglia della stanza David che della sua proverbiale perfezione ormai aveva perso ogni traccia.
Da quando la sorella era entrata in coma e lui era tornato da Dublino per controllare che per lo meno fosse ancora viva, la sua vita sembrava essere passata per una sessione intensiva dentro un frullatore. Non riusciva più a decifrare quali fossero le sue prerogative, cosa dovesse fare ogni giorno, appena sveglio, addirittura gli sembrava impossibile scegliere se bere caffè o tea. Era semplicemente diventato la personificazione dell'indecisione ed anche quella mattina c'aveva messo venti minuti prima di decidere se andare o meno a trovare Lexi in ospedale, tanto che pure in quel momento, appoggiato allo stipite della porta, non era ancora sicuro di aver fatto la scelta adeguata.
- Oh, guarda... Hai visite... Buongiorno David...
- Vorrei tanto lo fosse...
“Oddio no... Ci mancava pure lui oggi... Colui che sono ben dieci giorni che non fa una visita a sua sorella...”.
- Molto bene... Verrò a controllare che tutto sia apposto fra una mezz'oretta... E mi assicurerò che non abbia allagato la camera...
L'ultima parte Sarah gliel'aveva sussurrata all'orecchio facendo finta di sistemarle il lenzuolo che la copriva, facendo quasi sorridere Lexi, se le sue labbra fossero state in grado di rispondere ai comandi del suo cervello. Passò di fianco a quel che rimaneva del ragazzo aitante che aveva visto il giorno in cui Lexi era stata ricoverata e andò nella camera della signora Marple, che sicuramente si era già lamentata con altre cinque infermiere perché si sentiva trascurata. David trasse un respiro profondo cercando di recuperare, forse dalle punte dei piedi, la forza fisica e psicologica per arrivare fino alla poltrona in pelle. Si faceva decisamente schifo da solo: lui, che era sempre stato il primo in tutto, quello che poteva avere il mondo ai suoi piedi schioccando solo due dita della mano, che sarebbe potuto diventare chiunque gli fosse passato per la testa, che non si era mai tirato indietro da nulla, ora stava lasciando che la vita lo facesse suo succube. Guardò avanti a sé per la prima volta dopo giorni e vide il suo riflesso sulla finestra aperta, rischiando quasi di non riconoscere quel ragazzo trasandato che lo stava fissando di rimando: aveva dei pantaloni grigi della tuta che come minimo erano due taglie più grandi della sua, una maglietta nera logora, gli stessi indumenti dell'ultima volta in cui era stato lì, e un cappello di lana grigio che copriva i capelli disordinati e di un biondo ormai opaco. Senza contare la barba incolta che incorniciava una smorfia di disgusto che gli si era dipinta sulle labbra, dopo aver visto quella visione. Scosse la testa e si diresse con passi pesanti verso la sorella, che ormai stava diventando sempre più insofferente a quel silenzio che praticamente tutti si ostinavano a protrarre per tempi leggendari ogni volta che entravano nella sua stanza. Sedutosi sulla sedia, si passò qualcosa come una decina di volte le mani sulla faccia stanca, cercando di ricreare un ordine mentale che non era certo di sapere dove avesse smarrito.
- Dimmi che cosa sto sbagliando...
La verità era che, dal momento in cui era uscito dalla camera della sorella, dopo aver deciso di andare a parlare con Mia, tutto aveva cominciato ad andare per il verso sbagliato. Lui era partito con tutte le buone intenzioni di questo mondo, aveva pure optato per tornare ad essere il giovane uomo impeccabile in giacca sportiva e camicia di cui i suoi genitori erano tanto orgogliosi, per presentarsi davanti a casa di lei e parlarle. Solo che quando c'era arrivato, una Range Rover lustrata in ogni minimo orifizio occupava il parcheggio giusto davanti la porta di casa di Lexi e Mia. Non gli era servito nemmeno suonare il campanello per scoprire chi ne fosse il proprietario, dato che, nel momento in cui stava per scendere dalla sua banalissima Mini Cooper, il portone blu si era aperto, mostrandogli in presa diretta una scena degna dell'Oscar come miglior sceneggiatura romantica. Hugh stava salutando Mia con un dolcissimo e passionale bacio sulle labbra, mentre le sue mani grandi e premurose si prendevano la briga di fasciare e assaporare ogni parte del corpo della ragazza con cui era cresciuto. Ma ciò che lo aveva fatto nascondere come un piccolo ladro dietro la prima buca delle lettere che aveva trovato, era stato notare lo sguardo adorante con cui Mia aveva osservato quel suo rivale assolutamente imbattibile andarsene a bordo della sua costosissima macchina di lusso. Lui non l'aveva mai ricevuto uno sguardo del genere ed in quell'istante si era reso conto che forse non l'avrebbe nemmeno mai meritato. Era tornato a casa e da quel momento c'era rimasto, sperando che tutta quella massa nebulosa ed intricata di pensieri si dissolvesse o per lo meno assumesse una forma coerente. Ma i giorni erano passati e lui era nella stessa identica situazione di quel pomeriggio: incapace di scegliere se cedere a quel sentimento che probabilmente provava nei confronti della migliore amica di sua sorella o continuare a cercare una qualche scusa plausibile per nascondere l'evidenza. Peccato che la sua fantasia stesse per esaurirsi e di banali motivazioni per autoconvincersi non riuscisse più a trovarne.
- Sono andato da lei, sai?? Quel pomeriggio intendo... Era con quel coglione... Sembrava una scena da film... Ed io... Io non lo so...
“Ma si può sapere di che diamine stai parlando?! David, già hai interrotto una conversazione parecchio costruttiva con Sarah, almeno cerca di fare un discorso coerente cavolo!... Oggi non è sul serio giornata...”.
- Insomma, sono dieci fottuttissimi giorni che non esco di casa e che sono ridotto così!!
“Tranquillo fratello, tanto io sono sveglia e nel pieno delle mie facoltà, quindi posso vedere perfettamente come sei preso... Ma sei cretino?!”.
- Sembro la brutta copia di Russel Crowe dopo una notte di bagordi! Io non sono così, ma a dire il vero, ormai, non so proprio più chi sono...
Si abbandonò sulla poltrona, con la testa appoggiata allo schienale, fissando un soffitto che non poteva dargli nessuna risposta e che al massimo poteva fargli da specchio per quello che lui aveva nella testa: un immenso nulla.
“Che cavolo sta succedendo qui?? Prima i ragazzi che continuano a venire a farmi visita, poi Mia che sparisce per due giorni, presumo perché sia tornato Hugh, ed ora mio fratello che accorre da me per avere dei consigli di vita... Sul serio: volete farmi trapassare molto più velocemente del previsto??”.
- Vorrei solo capire per quale dannata motivazione non riesco più a prendere una decisione... Anzi, ad essere sinceri, una decisione l'ho presa, anche se ora mi sembra la più sbagliata che potessi fare... Certo, dopo quella di aver fatto la deplorevole sfuriata durante il loro primo appuntamento... Mi sono concesso un anno di aspettativa dal lavoro... Pensavo di rimanere qui, con mamma, papà e te... Magari cercare di recuperare tutto quello che ho perso negli ultimi quattro anni... Ma ora credo che me ne andrò lontano... Cosa ci faccio qui, eh Lexi-Lex??
“Che cosa cazzo hai fatto?!?! Ma allora ti si è fulminato sul serio il cervello!! Tu non avresti mai lasciato il tuo preziosissimo lavoro di prestigio per cosa, poi?? Un momento di sconforto? Ma con chi diavolo sto parlando io?? Tu non sei il mio sempre perfetto e puntuale fratello!! Ridammelo immediatamente!”.
Si risollevò dalla pelle sempre più calda della poltrona e appoggiò i gomiti sul letto della sorella: avrebbe tanto voluto che lei gli desse un consiglio, fosse anche solo una battuta sarcastica o un accenno di battito accelerato, ma nulla: restava lì, impassibile al mondo. Forse nemmeno a Lexi importava che cosa lui facesse della sua vita, forse doveva solamente sparire da Londra per un bel po' e cercare di capire quali fossero le sue prerogative e i suoi desideri. Ma se entrambe le cose si potevano concentrare nel volto di una singola persona, come poteva preparare la valigia e partire per chissà quanto, sapendo che lei sarebbe stata tra le braccia di un altro??
- Sai qual'è il problema: che non riesco a decidermi a partire... E sai perché non riesco a prendere questa decisione?!
“Immagino che tu stia per dirmelo David...”.
- Mia!
“Cosa?!?!... Alt!! Cosa diamine hai detto??? L'hai ammesso?! Il mio fratellone non-mi-impegno -perché-io-non-ho-bisogno-di-cose-stupide-come-l'amore ha appena ammesso di non riuscire a partire per colpa di una ragazza??? No, non di una ragazza qualunque, ma di Mia!!! Magari non è proprio una giornata così pessima...”.
- E sai di chi è la colpa?! Tua!!
“Come non detto... Certo, scaricate pure su di me le vostre frustrazioni... Tanto io sono la povera imbecille che non si può difendere...”.
- Se tu non ti fossi trovata lei come migliore amica io ora non sarei qui a piangermi addosso, come un'idiota...
“Partendo dal presupposto che tu sei un'idiota per ben altre motivazioni che il fatto di essere qui a confessarmi la tua cotta per Mia, vorrei solo farti presente che senza di lei tu non avresti nemmeno una sorella... Se non fosse stato per Mia, sarei già morta almeno una decina di volte... Tipo quella domenica, quando eravamo in quinta elementare, in cui mamma aveva fatto dei biscotti con le palline argentate come decorazioni ed io per poco non mi stavo soffocando con una di quelle... Oppure come quando, in seconda  media, mi ha salvato dall'andare sotto un tir perché il cretino della classe aveva urlato di aver visto Jesse McCartney dall'altra parte della strada... Quindi dovresti ringraziarmi per averla portata nella nostra vita... Anche perché ha indubbiamente dato un po' di colore alla tua noiosissima esistenza... Ad esempio, io ho appena scoperto che pure tu hai un cuore e non è mica una cosa da poco, eh?...”.
- Scusami Lex... E' che non riesco a capire che cosa cazzo mi stia succedendo... Io non sono mai stato legato a nessuno, non mi sono mai fatto problemi a lasciare una ragazza perché la mia vita mi stava portando da un'altra parte... Ed ora?? Ora non riesco nemmeno a decidere se alzarmi o meno dal letto la mattina, perché tanto a lei non importa...
Non sapeva più che cosa fare, perché le sue emozioni, quelle che neanche sapeva di avere, stavano lentamente prendendo il sopravvento su di lui e l'unica soluzione era lasciare che uscissero indisturbate.
- Lei ha lui... Ha quel tipo che sembra perfetto per lei... Sai che ho passato gli ultimi dieci giorni a guardare ogni servizio sulle riviste che parla di loro, ogni foto che gira su web, ogni singolo commento che scrivono sulla loro storia? E tutti dicono che sono la coppia dell'anno... Che sono fatti per stare assieme... Ma dico io: che cazzo ne sanno quelli di chi sia perfetto per stare con Mia?? Loro non la conoscono minimamente... Non sanno che è venuta a svegliarmi alle tre di notte, quando al tuo compleanno di terza elementare un ragno era entrato nel suo sacco a pelo, per chiedermi se potevo buttarlo fuori... Solo che io lo uccisi e lei non mi parlò per una settimana... Non sanno che la prima volta che si è fatta le punte dei capelli di un altro colore era solo perché aveva perso una scommessa con me... Non sanno che, ogni tanto, quando è stanca, le piace cenare con latte e biscotti... Loro non sanno nulla di tutto questo... E soprattutto scommetto che quella grandissima testa di minchia del suo ragazzo iper famoso non sappia nulla di chi sia Mia veramente!!
Ed eccole lì: due pesanti lacrime di rabbia che stavano tracciando il loro percorso su quel volto scavato da un'esperienza mai provata prima, com'era l'amore per David.
“Non ci posso credere... Fra un po' non le so nemmeno io queste cose su Mia... Ma l'hai seriamente studiata per tutti questi anni senza mai accorgerti di quello che provavi per lei?? Come diamine hai fatto fratellone?? Sul serio... Oddio, mi stai quasi facendo provare un certo sentimento di pena nei tuoi confronti... Ti abbraccerei se potessi, ma sai com'è: qui hanno deciso di tenermi bloccata ancora per un po'... Però una cosa posso farla..”.
David percepì un piccolo sbalzo nella frequenza cardiaca di Lexi ed ebbe la conferma che gli serviva di non essere solo in tutto quel delirio che gli stava sconvolgendo la testa: almeno sua sorella, nonostante tutte le differenze che li caratterizzavano, era ancora lì per lui. Ora doveva solo capire che cosa farsene di quelle lacrime e di quella nuova consapevolezza. Si asciugò come meglio poteva quell'espressione emotiva che non era mai stato abituato a vedere su sé stesso e puntò le sue iridi celesti sul volto sempre più pallido della sorella: si vedeva che Mia non era passata negli ultimi due giorni, perché non riusciva a scorgere neanche una minima traccia di trucco sul volto della sorella.
- Io non posso partire... Ma non posso nemmeno rimanere qui a non fare assolutamente nulla, altrimenti uscirò di testa e non credo sia un bene per nessuno...
Erano sempre stati diversi lei e David, più o meno come Giove e la Luna. Lui era quello bello, affascinante, con i capelli biondi e gli occhi di un azzurro che arrivava dritto, dritto dai geni del nonno Joshua, il padre di Morgan, capace di conquistare tutti con uno sguardo, che non aveva mai avuto difficoltà a fare amicizia con nessuno, ma che anzi, aveva la gente che faceva a gara per farsi notare da lui ed entrare nella sua cerchia degli eletti; capitano della squadra di calcio alle superiori, fidanzato con la ragazza più popolare della scuola, realizzato nel lavoro appena uscito dal prestigiosissimo college che aveva frequentato a Oxford. Lei era quella che chiunque, nella sua famiglia, si dilettava a definire “normale”, né bella né brutta, né intelligente né stupida, né pesce né carne, come continuava a dire la bisnonna Amelia a Karen, ogni volta che pensava che Lexi non la sentisse. Invece Lexi sentiva tutto e ci stava male, con la consapevolezza che quelle parole fossero fin troppo vere. A riprova c'era quel fisico né filiforme né formoso, quei capelli castani né lisci né dritti, quel suo carattere né semplice né patologico. Insomma: era un'eterna indecisione su cosa lei fosse ed in questo perpetuante stato di dubbio su sé stessa, Lexi aveva speso tutta la sua adolescenza a seguire un ragazzo che mai l'aveva degnata di uno sguardo, a coltivare un'unica sola amicizia, quella con Mia, ringraziando il cielo che ci fosse almeno quella, a credere che la sua vita non sarebbe mai stata nulla di particolare e a lasciare che fosse quella degli altri a diventare il fulcro del suo interesse. Chi si sarebbe mai degnato di prestare attenzione a quella piccola pallida Luna, se potevano tutti essere abbagliati dai meravigliosi colori  e dai giganteschi anelli di un bellissimo Giove? Così Lexi aveva imparato a vivere nell'ombra di David, a rispondere come un automa a tutte quelle oche che cercavano di farsela amica solo per poter avere il numero di telefono di suo fratello e a crearsi un'esistenza il più lontano possibile dalla sua ombra. Ma ora suo fratello era lì da lei, probabilmente innamorato perso della sua migliore amica tutto fuorché convenzionale e con la testa piena di dubbi esistenziali che non lo avevano mai sfiorato in tutta la sua vita.
- Voglio solo una risposta, Lex... E se non me la puoi dare te che mi hai sempre fatto notare tutti i miei errori, anche se io non ti ho mai dato ragione, dove la posso trovare?... “Dentro di te, zuccone che non sei altro... L'unico posto dove troverai la risposta a tutto sto marasma è dentro di te... Io posso solo darti delle indicazioni... O meglio, potrei farlo se solo mi svegliassi da questo sonno imposto...”.
- Magari la casa sul lago della bisnonna Amelia potrebbe essere il luogo adatto per cercare una soluzione a tutto questo... Una settimana... Sì, una settimana solo io e la natura incontaminata... Oddio, non avrei mai pensato di dire una stupidata del genere... Che ne dici Lex?
“Del fatto che avere un lato sensibile ti sembri una cosa stupida o della tua idea di perderti per i boschi della brughiera scozzese senza alcun tipo di bussola ad orientarti?? Credo che sia una buona idea... Speriamo ti aiuti...”.
Un piccolo cenno dell'elettrocardiogramma e David ebbe la conferma che sperava di ottenere.
-Allora: come va qui dentro?? Devo tirare fuori il salvagente?
Sarah era entrata nella stanza portando la sua solita carica di positività che sembrava essere rimasta uno dei pochi momenti di ossigeno per l'umore di Lexi e si avvicinò al letto della sua paziente preferita.
- No... Non serve... Anzi, levo il disturbo... Grazie Lexi...
Ed ecco che un bacio inaspettato si posò sulla fronte di Lexi, ricordandole che, nonostante tutta la fatica che avesse fatto negli anni passati per essere la “sorella di...”, quel ragazzo in difficoltà era pur sempre suo fratello e gli voleva un bene dell'anima. David si avviò verso la porta e, dopo essersela chiusa alle spalle, si diresse verso casa per preparare le valige, ma prima aveva un'altra cosa da fare: andare a ricordare a quella ragazza che gli aveva fatto perdere la testa che lui, qualsiasi cosa sarebbe successa, sarebbe stato lì.
- Allora: si è deciso ad ammettere di essersi innamorato della tua migliore amica?? Perché sai, mi sembra piuttosto palese... Ma la figlia della mia vicina di casa mi ha detto che adesso quel Hugh si frequenta con Mia, o sbaglio??
“Ma era così eclatante quello che David prova per Mia?! Ma io dov'ero in tutto sto tempo??? Mah... Comunque sì, Sarah... I due si frequentano e l'ultima volta che ho sentito la mia migliore amica sembrava fossero anche piuttosto affiatati..”.
- A proposito: che fine ha fatto la tua amica?? Ormai saranno due o tre giorni che non la sento insultare il Dottor Lawson...
Un qualcosa di molto simile ad un sorriso sarcastico stava sorgendo dal profondo dell'animo di Lexi ed era sicura che non fosse una cosa positiva, soprattutto perché si riferiva alla sua amica più cara. Ma erano due giorni che Mia non si faceva sentire e l'avrebbe anche capita e compresa se fosse stato per qualche impegno improrogabile di lavoro o con la sua famiglia dissestata, ma era sparita per Hugh Stime. Insomma, certo: era una buona motivazione per sparire dalla faccia della terra per due lunghissime giornate, ma non dalla vita della sua migliore amica.
- Magari sarà stata impegnata... Sta di fatto che per me, quei due... Intendo Mia e tuo fratello... Sono fatti per stare assieme...
“Perfetto: se persino tu ti sei resa conto di questa loro innata natura a combaciare, che li conosci da meno di un mese, come diavolo ho fatto io, in quasi vent'anni di amicizia, a non accorgermene?! Forse non sono stata proprio una sorella presente... No, non sono decisamente mai stata una sorella presente, considerando che la maggior parte delle volte in cui trascorrevo più di due ore con David, finivo per avere annotati a mente almeno dieci modi per farlo fuori senza che la polizia potesse mai arrivare a me... Fantastico: ho anche appena scoperto di essere una pessima sorella... Che giornata di merda, ragazzi... Ecco, sono pure scurrile ora!!...”.
Qualcuno bussò alla porta e Sarah alzò la testa verso il nuovo visitatore: una faccia preoccupata di donna fece capolino dalla porta, chiedendo permesso ed entrando con una grazia di cui la figlia sembrava essere la diretta erede.
- Buongiorno Sarah...
- Buongiorno Karen... Come stai oggi??
- Il negozio non mi dà tregua, soprattutto da quando hanno cominciato ad andare di moda quei cappelli a tesa larga... I Fedora, hai presente?? Orde di ragazze e ragazzi che si mettono pure in coda per comprarli... E pensare che io sono stata la prima ad averli solo perché Lexi ha insistito tantissimo che li prendessi, dato che era certa che quel Hugh avrebbe fatto tendenza portandoli... Ha sempre avuto un certo fiuto per le tendenze, la mia Lexi...
Una mano delineò l'ovale del viso di Lexi e poi si posò sul dorso della sua mano destra: le mancava terribilmente poter ricambiare un abbraccio di sua madre.
- Sembra essere una ragazza speciale... - Lo è Sarah... Lo è... Ed ora non puoi capire quanto mi senta in colpa per tutte quelle volte che da stupida quale sono le ho detto che non stava facendo nulla della sua vita, che la stava sprecando in cerca di una storia passata che non aveva nulla a che fare con la sua presente... Non sai come mi stia pentendo di tutte quelle sciocchezze che io le propinavo ogni volta che veniva a casa per il pranzo della domenica, pur di non lasciarmi da sola... Morgan, invece, è sempre stato molto più “artistico” e spesso, quando stavamo ancora assieme, mi rimproverava perché ero troppo severa con la sua Lexi...
“Oh sì... Mi ricordo... Ti diceva che avevo una sensibilità diversa dalla norma e che questo mi rendeva speciale rispetto a tutti gli altri bambini... Mi faceva sentire come una principessa quando diceva quelle cose... E comunque non avevi tutti i torti quando mi propinavi quelle tue teorie... Magari le metodologie non erano le più adatte, dato che sembrava di star a sentire una predica ogni santissimo pranzo, ma sostanzialmente avevi ragione: stavo facendo scorrere la mia vita lontano da me, come se non mi riguardasse... E credimi che non me ne sono mai resa così tanto conto quanto in questo ultimo periodo... Vorrei un sacco poterti dire che hai perfettamente ragione, mamma... E abbracciarti come non faccio da tanto, troppo tempo... Oddio: questa non è veramente giornata....”.
Sarah vide che quella conversazione stava facendo incrinare sempre di più la voce e lo spirito di Karen, quindi pensò che fosse il caso di cambiare discorso, magari portandole qualche buona notizia.
- Lo sai che Lexi sta avendo dei piccoli miglioramenti graduali? Ho notato che quanto aveva detto tuo figlio David è vero: riesce a comunicare con chi le sta parlando. A quanto pare, se le si fanno delle domande specifiche, riesce a controllare il suo battito cardiaco in modo da poter rispondere... E questo significa solo una cosa: che Lexi è perfettamente cosciente!
Finalmente, dopo settimane di conoscenza con quella donna, Sarah poté vedere un barlume di felicità comparire nelle iridi castane di Karen e pensò che Lexi dovesse aver preso molto da lei, dato che entrambe sembravano due combattenti e mai disposte a perdere la speranza.
- Oddio, Sarah! Ma questo... Questo è fantastico!! Voglio dire: la mia Lexi c'è... E' qui con me!! Aspetta, vediamo se mi sente... Lexi, amore mio...
La sua mano destra fu stritolata da quella della madre, che intanto, con la mano libera, le carezzava la testa con fare concitato, come a volerle far capire che lei aveva estremamente bisogno di potersi aggrappare a quella minima speranza.
- Amore di mamma, mi senti?? Ti prego... Dimmi che ci sei...
“Certo che ci sono mamma... E per il momento, nonostante la giornata, non ho intenzione di andarmene...”.
Ormai sapeva che cosa dovesse fare per poter rendere noto ai suoi visitatori che lei era lì con loro e che non vedeva l'ora di poterli riabbracciare tutti: si concentrò su quelle mani a contatto con le sue, ma non quelle di Karen, quelle di lui... Quelle di Nate... Su quelle labbra delicate che le avevano donato un leggero ma dolce bacio sulla fronte... Quella voce che avrebbe riconosciuto tra mille altre...
-E' permesso??
Le macchine impazzirono, registrando un picco di frequenza cardiaca sulla soglia dell'attacco di cuore, cosa che fece balzare Karen sul posto, spaventata da quella reazione improvvisa.
- Ma che succede, Sarah?!
“Non può essere... Deve per forza essere un'allucinazione... Insomma: non ha senso che...”.
- Va tutto bene Karen... Vieni pure avanti Nate!
Non riuscì in nessuna maniera a trattenersi dal fare un sorrisino compiaciuto, che non sfuggì al povero Nate, che entrò a passo insicuro nella stanza di Lexi, le mani calate dentro le tasche dei jeans chiari e abbassati sulla vita, con una maglietta maniche corte dei Ramones, di un candore poco distante da quello della sua pelle, che si era leggermente scurita dopo le ore di sole californiano. Era fermo vicino al muro, con una sensazione di disagio crescente causata dalla presenza di altre persone, oltre a Lexi, nella stanza: paradossalmente, era tutto più semplice se erano solo lui e lei, lì dentro. Solo quando Sarah aveva incoraggiato Nate ad entrare, Karen sie era accorta della sua presenza e si era voltata nella sua direzione con ancora un'espressione di misto gioia e spavento dipinta sul volto: la reazione di Lexi l'aveva decisamente sconvolta. Finalmente Karen aveva il piacere di rincontrare uno di quei ragazzi tanto “carini e gentili”, come li aveva definiti durante tutte le interviste che era stata costretta a sopportare in quelle ultime tre settimane, e si stupì di vedere proprio lui. Tra tutti, il biondino le era sembrato quello meno maturo e più impacciato di tutti, come se non sapesse bene come affrontare la situazione, come se non avesse ancora realizzato che cosa fosse successo e volesse solo scappare da quella camera. Eppure, ora, se lo trovava là davanti, con un sorriso tra l'imbarazzato e lo spettacolare, che Karen ebbe difficoltà a ricollegarlo con l'idea che sia era fatta di lui: come mai non si ricordava che Lexi gli avesse mai parlato di lui??
Nate si rese conto che forse era il caso di presentarsi alla madre di Lexi, dato che durante il loro primo incontro, Karen era ancora sotto shock per l'attentato alla figlia e lui non sapeva nemmeno se fosse ancora in grado di parlare e formulare un pensiero compiuto.
- Buongiorno signora Golder... Sono Nate...
Le porse la mano affinché potesse stringerla e ben presto si ritrovò a racchiudere nella sua una versione solo un poco più consumata dal tempo della mano di Lexi: stesse dita delicate ed affusolate, che aveva tenuto intrecciate alle sue per una notte intera. Karen sorrise di rimando a quel giovanotto che sprigionava una solarità che da troppo tempo non vedeva aleggiare in quella camera d'ospedale e nella sua vita in generale. Per lei, Lexi era anche questo: la sua fonte di spensieratezza, di leggerezza, di sorrisi... Era la sua piccolina in codini e pigiamino con le renne che, ogni vigilia, decorava un biglietto diverso per ringraziare Babbo Natale dei regali che le avrebbe lasciato quella notte.
- Piacere di rivederti Nate...
“Io... Allora non ho le allucinazioni... Allora è qui veramente... Io...”.
In quel preciso istante, la porta si aprì di nuovo ed il dottor Lawson fece la sua comparsa all'interno della stanza, interrompendo quel momento che stava diventando sempre più imbarazzante: forse per lo sguardo complice di Sarah, per le guance sempre più rosse di Nate che non sapeva più che dire o magari per Karen che non riusciva a capacitarsi di come la figlia si fosse fatta sentire in quella maniera.
-Karen: buongiorno!! Stavo proprio aspettando lei...
“E chissà perché... Ma dico: non ha nulla di meglio da fare che venire a provarci con mia madre??... Dov'è Mia quando serve?”.
- Oh, buongiorno Andy...
- Potrebbe venire un attimo con me? Dovrebbe firmare delle carte per la permanenza di Lexi...
- Certamente... Torno subito Lexi, ma tanto ti lascio in buona compagnia...
E detto questo diede un bacio alla figlia e rivolse a Nate un sorriso spontaneo che lo fece sentire un pochino meno fuori luogo.
- Il tuo amico, Lewis, ti ha ridato il cappello?? L'altra mattina sei fuggito così di fretta che non ho fatto a tempo a fermarti per ricordartelo...
Nate non sapeva per quale strana motivazione, ma gli sembrava che quell'infermiera fosse dotata di una sorta di super potere che le permettesse di leggere nella sua mente, o meglio, nel suo cuore, scovando anche dei sentimenti che nemmeno lui pensava di provare. Si grattò nervosamente la nuca, come era solito fare quando era a disagio e le sorrise sempre più in imbarazzo, assumendo quell'espressione che sua madre si ostinava a definire “adorabile” e per cui le fan impazzivano.
- Sì... Scusami se non ti ho nemmeno salutata, ma... Ma ero in ritardissimo e...
- Tranquillo: volevo solo assicurarmi che avessi avuto indietro il tuo cappello... Bene... Io devo andare: la signora Marple mi sta aspettando per completare le parole crociate...
L'infermiera fece per uscire, ma quando si ritrovò sulla soglia della porta, si voltò verso Nate e con un sorriso complice gli disse:
-A proposito... Puoi venire quando vuoi a trovare Lexi... Anche di notte, se ci sono io di turno... Un giorno sì e uno no... Buona giornata Nate...
E detto questo, se ne uscì teatralmente dalla stanza, lasciando Nate leggermente a bocca aperta: era una sua impressione o era uscita come quelle dive del teatro di posa degli anni cinquanta?? Scosse la testa, scacciando quel pensiero assurdo e si sedette sulla poltrona accanto a Lexi, che gli sembrava sempre più destinata a diventare la sua seconda casa. La poltrona, non Lexi.
Scosse nuovamente la testa per il secondo pensiero senza senso nell'arco di tre minuti e finalmente puntò quegli occhi decisamente troppo azzurri per essere umani, verso la figura distesa davanti a lui. Odiava ammetterlo, ma ogni volta che andava a trovarla gli sembrava che fosse sempre un passo più lontana e la cosa lo spaventava parecchio, perché lei non poteva andarsene... Almeno non finché lui non avesse scoperto per quale strana motivazione sentisse l'esigenza di andare a trovarla, benché quello fosse un pensiero abbastanza egoistico.
- Allora Lexi... Cosa mi racconti oggi?? Anzi, prima che mi dimentichi, lasciami dire una cosa...
Stava per darsi mentalmente dell'idiota per la milionesima volta da quando aveva messo piede dentro quella stanza, ma poi si disse che in fin dei conti lei poteva sentirlo e magari, se ne avesse avuto veramente la possibilità, gli avrebbe anche risposto. O, forse, lo faceva dentro la sua testa, nonostante la sua blocca fosse chiusa a chiave da quel suo stato di coma. Nate ci sperava parecchio, perché così si sarebbe sentito un pochino meno stupido a chiacchierare con lei.
- Mi dispiace per essere scappato così, l'altra mattina... Dio, sembra che mi stia scusando per essermene andato dopo una scopata di una notte, senza lasciare nemmeno un bigliettino... Non che sia mai successo, eh!! Insomma, almeno un appunto lo lascio sempre... Cioè, non che accada così spesso!! Oh, cazzo, ma perché non sto un po' zitto... Semplicemente non ci riusciva.
Lexi non riusciva in alcuna maniera a resistere un secondo di più in quel pessimo umore che le aleggiava attorno ormai da troppo tempo, ogni qual volta quel ragazzo entrasse nella sua stanza. Non ce la faceva ed era grata a Nate di questo, perché le sue visite le sembravano sempre di più come delle boccate d'ossigeno per la sua anima.
“Perché diciamocelo: è indubbiamente simpatico... Ed anche piuttosto imbranato e ciarlone, caratteristiche di cui anch'io sono fiera portatrice... Poi me lo immagino, mentre si accorge di aver detto decisamente più del dovuto e comincia a torturasi le unghie, mangiucchiandosele... Tra tutti, lui è sempre stato il più “piccolo” del gruppo... L'ha detto anche Zach che per lui è come un fratello minore...”.
Nate non resistette un attimo di più e cominciò a tirare da una parte all'altra quel ciuffo biondo ormai troppo lungo che lo rendeva così simile ad uno di quegli angioletti eterei e furbetti dei quadri del secondo Quattrocento, per poi passare al suo antistress preferito: le unghie. Chiunque, all'interno del loro staff, aveva provato a farlo smettere con quel vizio orribile di mangiarsi le unghie, ma l'unico risultato era stato quello di riuscire a controllarsi per lo meno in pubblico, ma appena era da solo e il nervosismo aveva la meglio, sembrava che le sue dita fossero attirate da quelle labbra sottili e rosee. Dato che stava rischiando di darsi dello sciocco ancora ed ancora, decise di parlare, lasciando nuovamente che i suoi pensieri avessero la meglio su tutti gli strani pensieri che gli riempivano la mente.
- Sai... Non so che cosa tu sappia realmente su di me Lexi... Insomma, so che sei una fan e che ci segui dagli esordi, ma i giornali e il mondo non sanno proprio tutto di Nate Hanson... E per fortuna, direi...
“Oh, tranquillo che io so abbastanza cose sul tuo conto: Nate Hanson, nato e cresciuto fino ai diciannove anni a Mullingar, in Irlanda del Nord, con il padre Bob e il fratello Gregory... Amante della musica sin da piccino, hai imparato a suonare la chitarra solo perché te ne regalarono una a sei anni, ma da quel momento non l'hai più abbandonata... Adori mangiare qualsiasi cosa sia commestibile, specialmente tutto ciò che esce dalle cucine di Nandos e tu sei l'unico della band a non avere un singolo tatuaggio, perché hai paura degli aghi... Soffri di claustrofobia e adori da morire esibirti dal vivo, specialmente se puoi suonare tu...Altro?? Ah, sì: ti hanno sbattuto fuori dall'aula, alle elementari, perché cantavi canzoni tradizionali irlandesi durante le lezioni...”.
Lexi non si stava nemmeno rendendo conto che negli ultimi venti minuti non avesse minimamente pensato alla sua situazione o a come tutto le sembrasse sempre più nero.
- Magari saprai tutto quello che ho detto io o quei cretini dei ragazzi sul sottoscritto, ma ci sono sicuramente un sacco di cose che non sai... Ma penso che sia giusto che tu senta da me medesimo chi sono... Quindi Lexi è con immenso piacere e viva soddisfazione che ho l'onore di presentarti il vero Nate James Hanson!
Nate fece un leggero inchino, nonostante fosse seduto, con cotanto di mano svolazzante che andò prontamente a cozzare contro quella di Lexi, che bloccò una sua risata interiore per quel tono così simile a quello che l'annunciatore utilizzava per presentarli a British's Got Talent. Fu un attimo: Nate prese delicatamente le dita di Lexi tra le sue, carezzandone in maniera estremamente dolce il dorso della mano con il suo pollice grande. Un sorriso gli spuntò sulle labbra, facendolo sentire come quando sua mamma gli diceva che aveva fatto qualcosa di bello e che era orgogliosa di lui, mentre nella mente di Lexi compariva l'immagine di quelle mani che spesso aveva visto scorrere sulla tastiera della chitarra durante le performance live della band, passare con ogni accortezza possibile sulla sua pelle sempre più diafana, come se stesse suonando una delle loro canzoni più lente e introspettive.
- Allora... Stavamo dicendo... Mi chiamo Nate James Hanson...Il secondo nome lo devo al bisnonno, mentre il nome al nonno... Forse avrei preferito il contrario, ma con il tempo mi sono accorto che almeno Nate non è un nome così diffuso e che quindi, almeno per quello, ero un  po' speciale...
“Ma tu sei speciale per un sacco di altre motivazioni! Insomma, sei un bel ragazzo, hai una risata contagiosa, sei solare e...”.
- Sai... Forse vedendomi ora non si direbbe, ma quando ero piccolo ero estremamente insicuro... Insomma, non che fossi timido o cosa: parlavo di continuo e facevo sempre un gran chiasso... Ma se qualcuno mi avesse mai chiesto che cosa volessi fare da grande, avrei risposto che il cantante sarebbe stato bello ma non ce l'avrei mai fatta... Poi, ho incontrato i ragazzi e tutto è cambiato...
Fu così che Lexi venne a conoscenza della vera storia dei The Rush, quella che nessun giornale, nessun account di update, nessuno eccetto loro cinque poteva conoscere. Ma soprattutto, fu così che Lexi venne a sapere chi fosse realmente quel ragazzo di ventidue anni che, sorprendente come un fiocco di neve in piena estate, stava trasfigurando quell'assurda condizione di “non vita”, in attimi di preziosa serenità, di cui lei non poté far a meno di diventarne dipendente.



Hi sweethearts!
Scusate il ritardo, ma almeno ritorno un capitoletto breve ma intenso. Finalmente le situazioni e, soprattutto, i personaggi cominciano ad evolvere: David è nel bel mezzo di una crisi esistenziale e Nate... Beh: Nate entra ufficialmente nella vita di Lexi. Non so voi ma a me, anche a distanza di anni, quei due fanno ancora una certa tenerezza ** Spero che il personaggio di Sarah vi piaccia perché sarà un po' il piccolo angelo custode di Lexi da qui in avanti...
Grazie per aver letto e grazie se deciderete di farmi sapere che ne pensate della storia o del capitolo (qui o su Twitter https://twitter.com/93ONED ) **
A presto.
Lots of Love xx

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Capitolo 12
*** 9th September 2013 ***


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9th September 2013



Era la prima giornata di pioggia dopo settimane caratterizzate da uno splendente sole, decisamente inusuale per il clima londinese e Mia era di un umore più nero delle nuvole che affollavano il cielo fuori dalla stanza della sua migliore amica. Le finestre erano rigorosamente sigillate, nemmeno stesse infuriando una tempesta, ma la caposala era stata irremovibile: se piove, si chiude tutto e non si lascia entrare nemmeno uno spiffero d'aria. Le mancava il respiro quel giorno, ma era una sensazione che non era sorta entrando in ospedale, ma che se l'era sentita appiccicata addosso da quando aveva aperto gli occhi nel loro appartamento di Lexington Street, quello che ormai gli sembrava irrimediabilmente troppo vuoto senza Lexi. Era come se la sua vita avesse deciso di attaccarsi a lei come la nebbia in una di quelle scure mattine di metà Novembre e non avesse alcuna intenzione di lasciarsi vivere da lei, per quel giorno. Quindi aveva deciso di infilarsi un paio di leggings vecchi di secoli, una felpa sformata che pure un lottatore di sumo avrebbe potuto trovare enorme per la sua stazza ed i fidati Doc Martin's, tirando su i capelli sempre più lunghi e mossi in uno chignon disordinato che faceva ricadere dovunque le punte blu. Se un solo paparazzo l'avesse fotografata in quelle condizioni, sarebbe stata la fine della sua carriera da stilista, quindi aveva saggiamente optato per parcheggiare nei sotterranei dell'ospedale e prendere l'ascensore. Non poteva credere di doversi preoccupare che qualcuno fosse appostato sotto casa sua per immortalare con uno scatto qualsiasi cosa la riguardasse, neanche fosse un fenomeno da baraccone, ma era pienamente consapevole di che cosa avrebbe implicato uscire con Hugh Stime dei The Rush quando aveva accettato il suo invito, quindi non poteva che darsi la colpa per ogni noiosa situazione che si era trovata ad affrontare nelle ultime tre settimane. Dalle foto di loro due che facevano shopping in un negozio di abiti usati, che poi era stato letteralmente preso d'assalto dalle fan, a quelle di loro due che si salutavano teneramente, fuori da casa sua, prima che lui partisse per l'America... Senza contare quelle in cui lei era andata a prenderlo all'aeroporto o quelle in cui lui usciva di soppiatto, neanche fosse stato un ladro o la Pantera Rosa, dall'appartamento di Mia, dopo averle portato il regalo che le aveva comprato nella Grande Mela. Un braccialetto. Un semplice filo di oro bianco con un piccolo ciondolo a forma di forbici. In diamanti. In una scatoletta marchiata Tiffany&Co. Mia se lo stava ancora rigirando tra le mani, mentre guardava fuori dalla finestra della stanza di Lexi e non aveva smesso di farlo da quando Hugh l'aveva aiutata, molto premurosamente, a metterlo indosso. Pesava un sacco quel gioiello, non tanto per il suo peso effettivo, dato che era talmente sottile da sembrare pure fragile, quanto per il significato emotivo che si portava dietro. Era come se, oltre al paio di forbici, ci fosse stato appeso anche un macigno di cento tonnellate con una targhetta a recitare: "Possibile fidanzata di Hugh Stime”. Una sorta di condanna a morte. Mia sospirò per l'ennesima volta da quando quella terribile giornata era cominciata, sperando di scacciare lontano da sé non solo quello stupido pensiero, ma anche quel maledetto senso d'oppressione che non la lasciava in pace. Si voltò verso la sua migliore amica a cui aveva appena fatto un dettagliato resoconto dei suoi ultimi tre giorni, mentre le metteva il suo smalto preferito sulle unghie, quello verde mela, e si risedette sulla poltrona.
-Sinceramente non capisco perché la gente sia così tanto interessata alle persone con cui quei ragazzi escono... In fin dei conti, sono dei normalissimi ventenni che hanno un lavoro un po' particolare... No, okay... E' un discorso idiota, però sta cosa comincia un po' a pesarmi... Io non voglio che la gente mi conosca perché sono la ragazza dì, ma perché ha apprezzato il mio gusto particolare e la mia originalità nel creare abiti...
“Mia faranno anche questo... Certo che l'aiuto di Hugh potrebbe esserti veramente utile a far partire la tua carriera... Oggettivamente parlando... E poi è una cosa che hanno dovuto sopportare tutte... Magari potresti parlare con Ellie... Credo ti sarebbe molto utile... Certo, vai così Lexi: tanto lei sente tutte le perle di saggezza che le stai spillando... Che amarezza...”.
Mia si perse a contemplare il volto sempre più diafano di Lexi e si chiese quando mai avrebbe potuto rivedere le sue iridi del colore delle castagne, così diverse da quelle celesti di suo fratello. A dire il vero, Mia si chiese se avrebbe mai avuto la possibilità di rivederle e basta, perché più passavano i giorni, più sentiva la sua amica sempre più lontana e la cosa cominciava a turbarla parecchio. Quindi, forse, era il caso di dirle tutto, ma proprio tutto, quello che le passava per la testa in quel momento, dato che si trattava sempre della sua migliore amica, quella che se solo avesse potuto parlare e muoversi, avrebbe saltato per tutta la stanza in preda ad una crisi isterica appena Mia gli avesse mostrato il braccialetto e che poi le avrebbe dato della cretina perché aveva quella faccia corrucciata e non stava dando di matto come ogni persona sana di mente. Ma Mia aveva la testa piena di ben altro che l'euforia per quel regalo.
-La vuoi sapere la verità Lexi??
“A quanto pare sono qui per questo, Mia... A breve sarò dotata anche di serratura a doppia mandata e doppio fondo, come ogni forziere segreto deve avere... Sono la magica custode di tutte le vostre preziosissime confidenze... Mamma mia, quanto sarcasmo oggi... Devo starci attenta...”.
- Pesa... Il braccialetto intendo... Mi sembra di avere una di quelle palle da carcerati che si vedono nei Topolini... Come se volesse portarmi a terra... Lo so, non sono normale, ma quando mai lo sono stata??
“Ed eccolo qui l'annoso problema: Mia Winston e la sua fobia per le parole per sempre. .. E qualsiasi oggetto che gliele possa anche solo lontanamente suggerire... Mi viene il dubbio che non ti passerà mai, Mia...”.
E di nuovo le sue mani andarono a tormentare il piccolo ciondolo iridescente che Hugh le aveva molto galantemente regalato. Forse non significava nulla per lui, che sembrava essere un ragazzo d'altri tempi, capace di corteggiare una donna con ogni mezzo gli fosse concesso, senza diventare mai eccessivo. Ma per lei aveva un significato ben preciso, che le causava quel senso di oppressione che la stava torturando da quella mattina.
- Lo so cosa stai pensando: eccola di nuovo con i suoi sofismi sul per sempre e sul fatto che ogni gioiello regalato da un ragazzo sia un chiaro riferimento a quello... Ma scusa: è la verità!! Gioiello significa spendere un sacco di soldi, il che implica che ci tiene parecchio per privarsi dei  bigliettoni necessari per comprarsi l'ultimo Fifa, il che significa che quello che c'è tra noi sta diventando importante, che a sua volta significa che c'è una vaga possibilità di “per sempre” in agguato... Semplice!!
“Ma quindi: se io mi metto lo smalto verde allora vuol dire che c'è una vaga possibilità che mi trasformi in una mela?? Cavolo, devo stare attenta a quando  mi metto quello marrone... Ma che cazzo stai dicendo, Mia?!”.
- Lexi... Io non so che fare... Insomma, Hugh è perfetto... Sul serio!! E' simpatico, un po' perso per le nuvole, galante, attento ad ogni particolare... Con un incredibile senso estetico... E poi ha quell'adorabile modo di non riuscire a terminare un discorso... Diciamocelo: è me al maschile!!
“Modesta come sempre, Mia...”.
- Quando sono con lui non smetto mai di ridere e poi, benché tu sappia quanto io poco sopporti fiori, orsacchiotti e sdolcinature varie, con lui è diverso... E' romantico in una maniera che non dà fastidio nemmeno a me... Ma...
“No, Mia! Non può esserci un ma... Dopo tutta questa minuziosa descrizione di questo meraviglioso ragazzo, avresti pure il coraggio di dirmi che c'è anche un ma?! Non esiste capisci?! Nemmeno nei miei più contorti ed inutili trip mentali potrebbe sussistere un ma ad un ragazzo come Hugh!!”.
Per l'ennesima volta cambiò posizione sulla sedia, raggomitolando le ginocchia al petto e cercando di fare un po' di chiarezza tra quelle parole che le giravano per la testa e che non sapeva bene da dove spuntassero fuori.
- Ma c'è qualcosa che non va... E non mi chiedere cosa, perché non ne ho una fottuttissima idea, okay?! Mi sta scoppiando il cervello a furia di pensarci! Non ha un solo difetto, se non quello di essere un personaggio famoso, che poi non è nemmeno un difetto perché è quello che lo rende felice, ma... Ah, ma perché deve esserci sempre un “ma” grande come un condominio in ogni mia relazione?!
“Dimmi: pillola amara o pillola dolce?? La verità o quello che vuoi sentirti dire? Dato che materialmente non posso deliziarti con nessuna delle tue, almeno a mente ti propinerò la realtà dei fatti. Nessuno dei tipi con cui sei stata era quello giusto. Oggettivamente parlando, il primo della lista, quel tipo con le lentiggini e gli occhiali di guscio di tartaruga... Aspetta: com'è che si chiamava?? Ah sì, George... Oddio, che tipo... Voleva a tutti i costi che tu non dicessi più parolacce, perché non si addiceva ad una ragazza del tuo rango sociale... Ti sei arrabbiata così tanto che gli hai rovesciato il gelato in faccia e poi sei corsa da me per raccontarmi tutto... E avevi solo undici anni!!... E poi c'è stato Francis... Lui sì che era quanto di più lontano ci potesse essere da te... Figlio di un potente industriale, mai utilizzato una lampadina a basso consumo in vita sua e con la convinzione radicata che i visoni fossero stati creati in laboratorio solo per fare le pellicce di sua madre... Credo di non aver mai riso così tanto come quando l'hai mollato la notte di San Valentino, dopo aver visto che il suo regalo era un week-end in una spa, dove usavano solo prodotti chimici... Ma non dimentichiamoci di Carl, altrimenti detto Colui-Che-Parlava-Alle-Tute-DaGinnastica... In due anni di relazione non si è mai presentato a casa nostra con indosso qualcosa di diverso da una tuta da ginnastica, preferibilmente in acetato... Però lui almeno ti piaceva seriamente, ma non ti meritava... Non ti valorizzava in nessuno dei tuoi aspetti... Ma ora hai Hugh, che per tua stessa ammissione è perfetto per te... Eppure c'è ancora qualcosa che non ti torna... Ed io dico: apri gli occhi cara mia...”.
- So che stai facendo mentalmente la rassegna dei miei ex, e sto ringraziando il cielo che tu non possa parlare in questo momento, perché non lo sopporterei... Ma vorrei veramente che tu mi dessi uno di quei tuoi speciali consigli illuminanti... Quelli che mi liberano la testa da tutta la nebbia che c'è dentro... Uno dei tuoi consigli da amica, Lexi.... Fu in quel momento che Lexi ebbe un impeto di volontà che le fece battere talmente forte il cuore da dare la parvenza che qualcosa si stesse muovendo, che le cose stessero finalmente per cambiare, tanto che Mia si mise seduta bene, pronta per chiamare Sarah in caso il miracolo stesse per succedere. Ma Lexi lo sapeva che quella era solo l'ennesima ondata di frustrazione che la faceva andare in tachicardia e che non cambiava di una virgola la sua penosa situazione. Aveva così tanta voglia di poter parlare con Mia, di abbracciarla, di dirle che doveva svegliarsi e rendersi conto di chi fosse veramente l'uomo giusto per lei. Voleva anche solo condividere con lei l'euforia per il fatto che i suoi idoli fossero diventati anche delle presenze fisicamente attive nella sua vita. Ma il suo corpo non rispondeva e Lexi sentiva altre lacrime rigarle il viso, e sperava che fossero bollenti come il sangue che le scorreva nelle vene per tutta la rabbia che aveva cominciato a covare. American Idiot dei Green Day partì a tutto volume nella stanza sempre più ricolma di oggetti e Mia dovette lottare con la sua enorme borsa per recuperare il cellulare, prima che quella disperata caccia al tesoro gli facesse perdere la chiamata. Lo estrasse trionfalmente dal fondo della tasca centrale e rispose senza controllare chi fosse.
- Pronto?
Ogni volta che quella voce le arrivava alle orecchie un senso di fastidio e di stretta allo stomaco si faceva largo dentro di lei e doveva prendere almeno due respiri profondi prima di rispondergli, soprattutto dopo quella strana conversazione che avevano avuto nei corridoi dell'ospedale e quella scenata al ristorante.
- Ciao David... Che vuoi?
“David?! Fratello-ameba- in-crisi-mistica si è deciso a fare qualcosa?!”.
- Cosa?! No, che non posso!! Ho altri progetti per oggi pomeriggio che cercare un nuovo sapone per tua sorella!! Con tutto il rispetto per Lexi, ma mi pare che quello che abbia vada benissimo!
“No, okay... Forse Fratello-ameba-in-crisi-mistica non è sufficiente... Dovrei aggiungerci anche un E-con-un-cervello-grande-come-una-nocciolina... Ma che cavolo ha dentro la testa?!”.
- David, senti: vai al diavolo okay?! Io mi occupo di tua sorella più di quanto tu abbia mai fatto in tutta la tua vita, quindi: no, non mi sento per nulla in colpa se oggi pomeriggio esco con il MIO ragazzo famoso!!
“Ahia! Questa deve aver fatto male... Povero David... Però se l'è cercata...”.
Mia pigiò con così tanta forza sullo schermo dell'Iphone che per poco non rischiò di rompere i cristalli liquidi e lo gettò sul letto di Lexi. Si alzò di scatto dalla sedia e tornò alla finestra, nonostante fosse completamente sigillata e la cosa facesse aumentare a dismisura il suo nervosismo: aveva bisogno di uno di quei caffè ipercalorici che solo Starbucks sapeva fare e che solo a guardarli potevano aumentare la sua massa corporea di almeno tre etti. Fece un respiro profondo e tornò vicino al letto per recuperare il cellulare e mandare un messaggio a Hugh chiedendogli se, prima di andare a casa sua, si sarebbero potuti fermare a prendere un frappuccino: come previsto, la risposta affermativa arrivò immediatamente. Aveva ancora dieci minuti prima che lui arrivasse a prenderla, quindi decise di sputare fuori l'ultimo dubbio che la stava tormentando. - Secondo te, oggettivamente parlando come abbiamo sempre fatto noi, io riuscirò mai ad avere una relazione senza un “ma” che gli si appiccichi addosso e che smetterà di farmi avere questa dannata paura del per sempre?? Lexi avrebbe tanto voluto rassicurare la sua amica che se aveva un'unica paura era quella di soffrire per amore, ma sapeva che a quella domanda, anche se fosse stata capace di parlare, non avrebbe potuto dare una risposta.
“Lo sai anche te Mia che finché non cominci ad innamorarti delle persone invece che dell'essere innamorati non troverai mai il ragazzo giusto e ci sarà sempre una qualche motivazione per tirare il freno a mano... Wow, che poetica che sono...”.
Mia stava per aggiungere altro, quando si sentirono dei leggeri colpi sulla porta e, ancora prima che questa si aprisse, avrebbe potuto dire chi vi fosse dietro: quella gentilezza ed eleganza nel bussare rispecchiavano perfettamente la personalità di Hugh.
- Posso entrare?
- Certo, vieni pure... Stavo raccontando a Lexi come fossero andati gli ultimi giorni...
“Ritieniti fortunata che non posso spiaccicare parola, altrimenti avrei appena sfornato una simpaticissima battuta sarcastica che mi avrebbe fatto vincere un tuo impagabile sguardo omicida... Oddio, come mi manca tutto questo...”.
Hugh entrò con la sua solita andatura da piccolo lord inglese mista alla spontanea noncuranza che lo caratterizzava e si sedette sul bordo del letto, ai piedi di quella figura immobile come l'aveva vista l'ultima volta. Il pensiero di quella visita a dir poco traumatica e tutte le cose che erano cambiate in quel mese, lo sconvolsero non poco, ma si riprese in fretta, non appena la mano di Mia si posò sulla sua spalla. Quella ragazza aveva la straordinaria capacità di farlo sorridere solo con un semplice sguardo.
- Allora, come sta la mia piccola Lexi?
Brividi. Quelli erano brividi e la cosa lasciò Lexi decisamente stupefatta e attonita: com'era possibile che nella sua condizione provasse una sensazione così forte e travolgente, quasi come quando Lucas le aveva sfiorato la mano? O anche come quando Niall aveva raccolto una piccola lacrima sulla sua guancia? Che sarebbe potuta guarire solo grazie alla presenza di quei ragazzi? Lexi non era sicura, ma quelle parole di Hugh l'avevano fatta sentire avvolta da una strana aurea di affetto e tenerezza che le era capitato raramente di provare.
- Oggi ha deciso di fare silenzio stampa e di non rispondermi in nessunissima maniera...
Detto questo indossò quella sua tipica espressione imbronciata che le faceva corrugare la fronte e strizzare le labbra sottili, facendo ridere sommessamente Hugh: adorava quando faceva la bambina e gli permetteva di prendersi cura di lei, anche se erano dei momenti più unici che rari, dato il suo caratterino deciso.  
- Magari perché non le hai raccontato cose interessanti...
Un piccolo pugno sulla spalla e Mia stava già sorridendo di nuovo, perché, in fin dei conti, con lui tutto era semplice ed il tempo passava sempre troppo in fretta. Dopo averla presa per la vita e averle dato un casto e dolce bacio sulle labbra, Hugh fu costretto a riportarla alle realtà.
- Mia, so che vorresti restare qui ancora un po' ed anche a me piacerebbe, ma se dobbiamo andare a comprare le cose che mi servono per il tour, è meglio se ci sbrighiamo, altrimenti poi Cal non ci può più accompagnare...
Mia fece un cenno di assenso con la testa e poi prese la borsa e il cellulare. Si avvicinò alla guancia di Lexi e, prima di darle un bacio di commiato, le sussurrò:
- Spero solo di chiarirmi le idee... Torna presto da me Lex...
- Prometto di trattartela bene, okay Lexi?? Ci vediamo... Svegliati presto che non vedo l'ora di sentire qualche racconto imbarazzante su Mia che solo la sua migliore amica può conoscere...
Le labbra delicate e calde di Hugh si posarono sulla fronte di Lexi per salutarla e stranamente quel tocco le parve familiare nei modi, come se fosse un gesto che compivano da sempre. Il ragazzo circondò la vita di Mia con un braccio, con quel fare protettivo e al tempo stesso incoraggiante che le permetteva di non sentirsi mai in gabbia, e si diressero assieme verso il parcheggio sotterraneo dove avevano parcheggiato le loro macchine.
Lexi era di nuovo sola, ma in quel momento, oltre a tutti i pensieri che solitamente affollavano la sua mente, si erano anche aggiunti quelli su Mia e Hugh. Su come lui fosse molto più preso di lei in quella strana relazione che avevano creato. Su come quel ragazzo fosse speciale anche solo per il semplice fatto di guardare il mondo con una genuinità che la spiazzava... Quella che lei pensava di aver perso in un punto non ben definito della sua vita. Il tempo passava senza lasciar traccia ed eccoli di nuovo lì, quei pensieri che ormai le facevano compagnia più di chiunque altro, eccetto per...
-Un giorno o l'altro entrerò qui dentro e spalancherò quella finestra, in barba al carceriere che sostituisce Sarah!!
Eccetto per Nate. Ogni volta che varcava la soglia della sua stanza, Lexi riprendeva a respirare, certo non materialmente magari, ma con l'anima, benché le apparisse assurdo anche solo pensarlo. La sua voce di qualche ottava più alta rispetto a quelle solitamente concesse in un ospedale, ebbe la straordinaria capacità di spazzare via tutto il turbinio di pensieri che aleggiava nella mente di Lexi, per riempire la sua testa solo di quel suono e di quel calore che anche delle semplici parole sapevano suscitare.
- Allora: mi hanno detto che hai ricevuto un sacco di visite negli ultimi giorni... Ma sono più che sicuro che nessuna è stata apprezzata quanto le mie!
Sorrideva. Lexi sapeva che stava sorridendo mentre le diceva quelle frasi che sulla bocca di chiunque altro sarebbero suonate come supponenti, perché l'aveva osservato parecchie volte durante le interviste, notando come incurvasse quelle labbra delicate e di qualche tonalità più scure delle guance quando diceva qualcosa che lo divertiva. Si sorprese di come sapesse così tante cose sul bel irlandese senza averci mai fatto veramente caso, dato che la sua attenzione era sempre e comunque focalizzata solo su una persona: Lucas Palmer. Il solo pensiero di quelle mani grandi che sfioravano le sue e dell'incrinatura che la sua voce assumeva ogni qualvolta dovesse dire qualcosa di serio, la riportarono in un tunnel che conosceva fin troppo bene, da cui, però, le parole confuse di Nate la trascinarono immediatamente fuori.
- Ma a parte questa sciocchezza che ho appena detto, Zach mi ha raccomandato di informarti che non si è dimenticato di te e che, appena Page avrà deciso di lasciargli qualche giorno di ferie dalla “tortura dei preparativi”... Cito testuali parole... Beh, verrà a trovarti perché deve raccontarti delle cose... Non ho capito bene, perché poi Lewis mi ha distratto con un sacchetto proveniente da Nando's e sì... Insomma... Il nutrimento prima di tutto no?!
“Ah ah ah ah ah....”.
Lexi non poteva crederci ma stava ridendo. Rideva nonostante si trovasse in quella dannata situazione che i medici chiamavano coma vigile, ma che per lei era solo un'insopportabile prigione. Eppure lei stava ridendo per le parole di Nate. Per la sua straordinaria spontaneità contagiosa; per il fatto che non fosse l'unica a dire le cose sbagliate al momento sbagliato; per il suo essere assolutamente vero e sincero in ogni gesto e in ogni parola. Nate si chiese se ormai non stesse seriamente perdendo la testa con tutta quella storia dell'andare a trovarla ogni volta che poteva per riuscire a “salvarla”, anche se non sapeva ancora da che cosa di preciso e non l'avrebbe scoperto finché quella ragazza speciale non si fosse svegliata. Più passava del tempo con lei più sperava che avvenisse il prima possibile. Si sedette sul letto, giusto vicino alla gamba di Lexi, stanco di sprofondare dentro quella poltrona informe e le prese la mano sinistra tra le sue: ormai era diventato un gesto naturale e spontaneo che non lo turbava più. Ma lo stesso non si poteva dire per Lexi, che ancora sentiva sempre la stessa tensione crearsi in lei, come se quel ragazzo fosse una calamita per la sua energia vitale, capace di riattivarla solo con un semplice contatto.
- Bene, ora che ho svolto anche i compiti che mi aveva dato Zach, passiamo alle cose divertenti... Tipo che l'altro giorno, mentre stavamo registrando... Perché stiamo concludendo l'album nuovo, lo sapevi?? Comunque, stavamo registrando un ritornello tutti assieme e Hugh si è bloccato per rispondere ad un messaggio che credo fosse di Mia, smettendo improvvisamente di cantare... Allora Zach l'ha fulminato con lo sguardo perché stava facendo una fatica bestia a tenere quella nota e in quel modo avremmo dovuto ricominciare tutto da capo, ma il cretino di Hugh non si stava accorgendo di nulla!! Così, Zach, ancora cantando, si è spostato vicino a lui e gli ha tirato uno scappellotto, solo che non ci è andato giù leggero e Hugh è andato a sbattere con la capoccia sul microfono, mentre io scoppiavo a ridere come un cretino e Lewis diceva a tutti che era troppo vecchio per sopportare certe idiozie e che si sarebbe ritirato a vita eremitica a breve... Insomma, so che detta così non fa ridere, quindi ti ho portato la registrazione che abbiamo fatto... Aspetta...
Nate prese il telefono dalla tasca dei pantaloni, si alzò per collegarlo alle casse e schiacciò play. In pochi secondi la stanza fu riempita da una melodia nuova e a tal punto diversa da quello che era il normale sound dei The Rush, che Lexi rimase assolutamente spiazzata: che cosa stavano combinando quei cinque per il nuovo album?? Era come se fosse un ritmo country mescolato con delle sonorità più rock ed alcuni accenti pop, dati dalla scorrevolezza del testo. Lexi stava tentando di ascoltarne il testo, quando la musica fu coperta dal suono sordo della testa di Hugh che cozzava contro il microfono e dalla baraonda che gli altri quattro avevano scatenato subito dopo. Ma ancora una volta i sensi di Lexi furono attirati dall'unico suono che realmente sembrava contare per lei: la risata contagiosa e spensierata di Nate. La stessa che stava riproducendo dal vivo solo per lei, regalandole un momento di innaturale serenità a cui non sapeva dare una vera e propria spiegazione.
- Vero che così è molto più divertente??
Questa volta si sedette sulla parte destra del letto, di modo da poter cambiare canzone dal suo Iphone: con una mano teneva il cellulare e con l'altra carezzava il dorso di quella di Lexi, facendo su e giù per le curve delle nocche sempre più diafane.
- In questo modo hai avuto anche una piccola anteprima del nostro nuovo sound... Che te ne pare? Siamo un po' cresciuti?? Non hai idea di quanto ci stiamo divertendo mentre registriamo... Molto più delle altre volte... Certo, è anche decisamente più faticoso perché cantiamo agli orari più impensabili e nei luoghi più strampalati, però è molto più coinvolgente... Stiamo scrivendo tutti dei brani... Lewis e Lucas ne hanno buttati giù un sacco... E pure Hugh ed io... Pensa che ho fatto un'intera canzone con i McFly, ma ti pensi?! E' assurdo!!!
“Sono più di tre anni che sei entrato nel sfavillante mondo dello showbiz e ancora hai la capacità di emozionarti per una collaborazione con qualche cantante? Nate Hanson credo tu sia rimasto lo stesso bambino che scriveva sulla scrivania della sua cameretta che voleva diventare un cantante e che i sogni si realizzavano davvero, solo se lo si vuole davvero... Come hai fatto a mantenere questa tua genuinità, nonostante tutto??”.
Cercando di contenere il sorrido ebete che gli si era stampato sulla faccia a sol pensiero di potersi esibire negli stadi di tutto il mondo, suonando e cantando una canzone che aveva scritto e composto lui stesso, Nate cercò di recuperare il filo del discorso.
- Comunque, quella che hai sentito si intitola Happily ... Appena l'avremmo conclusa te la farò sentire... E a proposito di musica: che ne dici se mentre parliamo... Beh, se mentre ti sommergo di stupidate per tenerti compagnia, metto su anche un po' di musica?? Così magari ti faccio scoprire qualche bella canzone...
“ Happily. .. Mi piace il titolo... Anche se è l'esatto opposto di come sto vivendo io in questo momento, ma pazienza... Comunque piano con le parole Mr Lepricauno Irlandese, anche io ho i miei dignitosi gusti musicali... Non insinuare nulla...”.
Senza attendere una risposta che purtroppo non sarebbe mai potuta arrivare, Nate selezionò la sua playlist preferita e la fece partire, mettendo il volume ad un livello tale da permettergli di parlare tranquillamente. Quella era anche la selezione musicale che ascoltava più di frequente e che lo accompagnava nei suoi lunghi spostamenti in bus, da una città all'altra del mondo mentre erano in tour. Il primo brano era la sola ed inconfondibile Hotel California degli Eagles, altrimenti noti come la sua band preferita di tutti i tempi: lo sapeva chiunque fosse a conoscenza di chi fosse Nate Hanson e la cosa lo rendeva più che orgoglioso, dato che, quando aveva avuto la straordinaria opportunità di incontrarli di persona, l'anno prima, il bassista Randy Meisner lo aveva ringraziato per la pubblicità che stava facendo loro tra tutte le nuove generazioni in giro per il globo, regalandogli anche una sonante pacca sulla spalla. Gli bastava pensare a quel momento per capire come dovevano sentirsi tutte le ragazzine che andavano ai loro concerti e urlavano fino a perdere la voce: l'avrebbe fatto lui stesso, se solo i ragazzi non l'avrebbero successivamente preso in giro.   
- Ecco a te una delle canzoni più belle di sempre, Lexi...
“Oddio Nate... Ti prego... Io posso capire che tu sia un loro fan sfegatato, ma cadermi così sullo scontato no, dai... C'avrei messo una mano sul fuoco che avresti scelto questa come prima canzone... Fattelo dire: sei prevedibile... Non mi hai stupito Mr Hanson...”.
Nate osservò il volto marmoreo di Lexi e gli sembrò di scorgervi una piccola nota di insoddisfazione, come se quella scelta musicale non l'avesse colpita affatto. Dopo essersi dato dell'idiota per aver visto una cosa che sicuramente non poteva essere, decise comunque di cambiare canzone ed optò per Fly Me To The Moon di Frank Sinatra. Se quel pezzo non la convinceva, Nate avrebbe seriamente cominciato a dubitare dei suoi gusti in fatto di musica.
“Alzo le mani di fronte al solo ed unico Frank.... Scelta un po' di popolo, ma indubbiamente valida...”.
Faceva quelle considerazioni come se lui fosse stato capace di sentire i suoi pensieri, ma in fin dei conti era come se le cose funzionassero veramente così, perché Nate scorse un impossibile cenno di approvazione sul volto della ragazza e mise l'Iphone vicino alle casse, sistemandosi meglio sul letto di Lexi.
- Allora Lexi... Cosa ti stavo raccontando?? Ah sì, dell'album... Ma non parliamo di quello... Piuttosto: lo sai che tra un po' riprendiamo il tour?! Ebbene sì, partiamo per l'Australia per un mese... Infatti dovrei anche andare a comprare le ultime cose che mi servono, dato che ripartiamo tra tre giorni...
“Nate: ti pare che non sappia che dobbiate ripartire per il tour?? Io?! La vostra fan numero uno?!... Aspetta: cos'hai detto?? Quand'è che ripartite?”.
Nate si fermò un attimo a pensare che cosa gli servisse per quel viaggio così lungo, ma la sua attenzione fu attirata da uno strano innalzarsi della frequenza dei battiti cardiaci di Lexi, come se qualcosa non le andasse bene o la preoccupasse particolarmente. Allora gli venne in mente: lei sentiva tutto, capiva tutto e di conseguenza aveva magari anche fatto affidamento alla promessa che lui stesso le aveva fatto. Istintivamente strinse la sua mano attorno a quella di lei, come a volerle confermare quello che stava per dire anche con il linguaggio del corpo.
- Ehi! Calma... Non ti abbandonerei mai, Lexi... Ti ho promesso che ti farò compagnia finché non avrai deciso di tornare da noi ed io le mantengo le promesse... Potrei, vediamo... Giusto! Potrei chiedere a Mia di portarti qui il computer e fare qualche chiamata via Skype... No, che dico! Non qualche, almeno una al giorno!!... Io non ti lascio Lexi... Non lo farei mai...
Non sapeva da dove quelle parole fossero uscite, non sapeva nemmeno di averle mai pensate, ma sembrava che ogni qual volta entrasse in quella stanza il suo cervello andasse a farsi un giro alle Bahamas e lasciasse libero sfogo al cuore.
“Io... Nate... Insomma... Grazie... Non so veram...”.
Il pensiero si bloccò nel bel mezzo di quel nulla cosmico ripieno di tormenti che era diventata la sua mente da dopo l'incidente e solo perché due labbra gentili e bollenti si erano posate sulla sua fronte, come a suggellare quelle parole che aveva lasciato galleggiare per l'enorme stanza. Nate aveva seguito l'impulso, come quella ragazza gli suggeriva di fare con la sua obbligata immobilità e aveva espresso sotto forma di dolce bacio quella promessa che aveva tutte le intenzioni di mantenere: non l'avrebbe lasciata e l'avrebbe resa felice, qualsiasi fosse il prezzo da pagare.



Hi sweethearts!
Eccomi con uno dei capitoli a cui tengo di più, sostanzialmente perché Nate e Lexi stanno diventando i Nexi che daranno gioie (ma non solo)... E soprattutto perché Nate comincia a fare le prime promesse e credetemi: quelle saranno il fulcro di tutto.
Ma basta spoiler: direi che Mia e Hugh mettono già abbastanza ansia per conto loro **
Grazie per aver letto fino a qui e spero davvero che possiate aver voglia di farmi sapere che ne pensate.
Lots Of Love xx

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Capitolo 13
*** 10th September 2013 ***


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10th September 2013



Sua madre era tornata qualche minuto dopo che Nate le aveva dato quel speciale bacio sulla fronte, senza però interrompere le chiacchiere del biondino che era andato avanti a raccontare la sua vita e gli stravaganti eventi che la caratterizzavano a madre e figlia, entrando così ufficialmente a far parte della famiglia Golder. Lexi aveva pensato, stupendosi lei stessa, di come fossero almeno dieci mesi che non sentiva ridere Karen in quella maniera così spontanea e per nulla artificiosa e le era venuto un fortissimo istinto di aprire gli occhi e ringraziare quel ragazzo che sembrava migliorare la vita a chiunque incontrasse. Ma nemmeno quell'esigenza aveva sortito alcun effetto e Lexi si ritrovava per l'ennesima mattinata a sentire solamente la voce di Sarah che le raccontava le ultime lamentele del marito sulla destinazione per le loro vacanze.
- Non gli va mai bene nulla, capisci cara?! Si tratta solo di un banalissimo weekend, nemmeno dovessimo trasferirci per sempre! Cosa gli costa assecondarmi per una volta e portarmi a Parigi?! No, che lui deve a tutti i costi andare a fare delle inutilissime degustazioni di vini in Toscana... Che almeno gli piacesse il vino, non ne capisce un fico secco!!
Lexi avrebbe probabilmente riso per le parole esasperate di Sarah, ma quella mattina era estremamente nervosa, come se un'opprimente sensazione che qualcosa dovesse accadere le schiacciasse il petto. Diventava sempre più difficile rimanere vigile durante la giornata, anche perché quella luce che nei primi giorni di coma era piccola e lontana, si stava facendo sempre più prossima al punto in cui Lexi pensava di essere e non la rendeva per nulla tranquilla. Gli unici momenti in cui ormai riusciva a prestare un po' di attenzione al mondo che le girava attorno erano quando riceveva delle visite o meglio: quando qualcuno della sua famiglia o Nate, la andavano a trovare. Persino le parole della gentilissima infermiera cominciavano a diventare sempre meno interessanti, ma non per colpa sua, ma per quello stato emotivo di apatia che si impossessava di Lexi sempre più spesso, come se trovare una via di fuga non facesse più parte del suo destino. Sarah si prese un secondo per osservare la ragazza che ormai le sembrava di conoscere alla perfezione, ma qualcosa le sembrò diverso quel giorno: era come se fosse persa. Ebbe un brutto presentimento e controllò l'attività celebrale di Lexi, notando come non fosse più così frequente com'era nel primo periodo, decidendo quindi che fosse il caso di informare il Dottor Lawson per procedere con una tac di controllo al fine di vedere a che punto fosse l'ematoma che la teneva bloccata in quella situazione. Stava per uscire dalla stanza, quando dei leggeri colpi  sulla porta attirarono la sua attenzione. Ormai era abituata a veder arrivare persone a qualsiasi ora del giorno e della notte in quella camera d'ospedale, senza contare che il più delle volte era quella pazza della sua amica o uno di quei cinque ragazzi super famosi. Anche se ultimamente il visitatore che si era reso più presente nella vita di Lexi era stato sicuramente Nate. Quel ragazzo era un toccasana per chiunque girasse attorno alla “bella addormentata”, come le piaceva chiamarla con le altre infermiere, ma soprattutto era una benedizione per lei. Le raccontava tutto quello che gli accadeva, facendola ridere di gusto, dato che ogni ora passata con lui corrispondeva ad una serie di picchi cardiaci e cerebrali. Ma colui che aveva bussato alla porta di Lexi era l'ultima persona che Sarah si sarebbe mai immaginata di veder arrivare e che forse, ammettendolo solo in cuor suo, anche l'ultima che avrebbe voluto vedere vicino alla sua “bella addormentata”.
Lucas James Palmer era in piedi sulla soglia di quella camera d'ospedale, rigirandosi svogliatamente il cappello da baseball tra le mani sottili, mentre si guardava attorno con aria incuriosita: era quasi un mese che non entrava più in quel luogo e dire che era cambiato sarebbe stato un eufemismo. Ogni superficie orizzontale, eccetto il letto di Lexi, era ricoperto di fiori, pupazzi, cd e regali di ogni genere e la cosa fece sorridere Lucas, dato che era certo fossero pensieri mandati dalle loro fan per quella ragazza che aveva salvato la vita a tutti loro. Ma soprattutto a lui. Si sentiva un po' in colpa per non essere più andato a trovarla da quell'ultima volta con Sophia, ma d'altra parte sarebbe partito per l'Australia tra meno si quarantotto ore e doveva sfruttare ogni momento possibile per stare con la ragazza che amava. Sarah diede un piccolo colpo di tosse per attirare l'attenzione del ragazzo che sembrava essersi perso nei suoi pensieri e solo quando il suo volto sorridente si voltò verso di lei, gli fece un breve cenno per dirgli di avvicinarsi ed uscì dalla stanza. C'era qualcosa che non le piaceva in lui, ma non perché le sembrasse una brutta persona, solo che se la vera motivazione per cui Lexi aveva fatto quel gesto era stata per l'amore che provava nei suoi confronti, non credeva fosse la cosa migliore che lui stesse in quella stanza. Ma magari lei si sbagliava e ricevere quelle attenzioni avrebbe fatto solo bene alla sua bella addormentata.
Lucas attraversò lentamente la stanza ingombra e si sedette sulla poltrona che era vicino al letto di Lexi, appoggiando il cappello sul lenzuolo candido. Aveva una ragione specifica per essere lì e doveva solamente prendere fiato per poter cominciare il discorso che si era preparato con cura. Lexi non riusciva a capire chi potesse essere andato a trovarla, anche se in un primo momento aveva pensato potesse trattarsi di Nate, ma di sicuro Sarah non gli avrebbe riservato quell'accoglienza fredda e distaccata che aveva tenuto con il nuovo visitatore. Magari era un suo qualche parente lontano con cui avrebbe potuto benissimo lasciare che lo stato d'incoscienza prendesse il sopravvento.
- Ciao Lexi...
Poi il mondo si bloccò. Più di quanto non avesse già fatto nelle ultime tre settimane. E Lexi cercò una sola ragione per cui tutta quella situazione dovesse essere reale e non l'ennesimo frutto della sua fervida immaginazione, che più e più volte le aveva giocato brutti scherzi, facendole credere che ci fosse una possibilità anche per lei... Che anche lei sarebbe potuta entrare a far parte della vita dell'unico ragazzo di cui fosse mai stata innamorata. Aveva investito così tanto tempo a sperare che le cose, un giorno, si sistemassero anche per lei, che prima o poi lui si sarebbe reso conto di come quella ragazza normale, se non per la sua voglia matta di capire le persone fin nei loro aspetti più nascosti, pronta a tutto per le persone a cui voleva bene, fosse sempre stata lì per lui... Che fosse stato Lucas Palmer dei The Rush o semplicemente Luc, il ragazzino dalla faccia tonda che spesso i bulletti della scuola prendevano di mira, fino a quando non era stato lui a spaventare uno di loro con una mossa di difesa personale che aveva imparato da un amico di sua sorella maggiore e Lexi ancora si ricordava lo sguardo fiero ed orgoglioso di chi ci stava riuscendo a prendere finalmente in mano la sua vita... Si riscosse da quei ricordi quando quella ragione tanto agognata arrivò sotto forma di leggera carezza sul dorso della sua  mano sinistra e Lexi ebbe la conferma che quello sarebbe stato il giorno, che lei si sarebbe svegliata con o senza ematoma, perché non poteva lasciare che tutto quello accadesse senza che lei ne fosse partecipe, senza che potesse finalmente dirgli che cosa provasse per lui da undici lunghissimi anni.
- Come stai?... Scusa se non sono potuto essere al tuo fianco per tutto questo tempo, ma sai... Il tour è ancora in pieno svolgimento ed era veramente tanto tempo che non vedevo le persone a cui voglio bene... Però poi, l'altra sera, mentre stavo preparando la valigia, mi sono reso conto che non potevo partire nuovamente senza aver salutato una persona altrettanto importante per me....
A Lexi quelle parole suonavano tanto come un balsamo lenitivo per tutte le ferite che la vita le aveva inferto e che per anni aveva tenuto nascoste agli occhi del mondo, perché il suo grande amore stava parlando con lei e di lei, trattandola come se fosse una persona importante della sua vita, dicendole che una speranza di felicità c'era anche per lei.
- Insomma... Hai rischiato la tua vita per salvare la nostra... La mia... E questo credo sia un gesto d'amore enorme, Lexi...
La mente di Lexi non riusciva a stare al passo con quello che sentiva scoppiare dentro il suo cuore, non distingueva più le emozioni che esplodevano una dopo l'altra come se fosse la notte di Capodanno e un'infinità di fuochi d'artificio avesse cominciato a riempire il cielo, rompendo un silenzio durato troppo tempo e illuminando un sentimento nascosto troppo a lungo. Lucas si era accorto di che cosa lei sentisse per lui, di quell'amore incondizionato sorto per sbaglio in un giorno di metà settembre in una classe di un'anonima scuola media di Wolverhampton. Tutte le frasi che gli aveva sentito dire sulla sua relazione con Sophia sembravano non essere mai state nemmeno pronunciate all'interno di quella stanza, perché lui ora era lì a tenerle la mano ed era tutto ciò che importava. Non poteva credere a ciò che le stava succedendo e l'unica cosa che Lexi voleva veramente in quel momento era potersi svegliare per contemplare quelle iridi che era sicura stessero diventando di un liquido e profondo color cioccolato, capaci di attirarla e non lasciarla andare mai più. Voleva che i suoi occhi si aprissero, che la sua bocca si scongelasse, che le sue dita fredde potessero rispondere a quel contatto bollente e prezioso, come aveva sempre sognato... Come aveva sempre pensato potesse essere la felicità. Sentì il sangue pulsare nelle vene, come se volesse svegliare ogni cellula che componeva il suo corpo, come quando era in discoteca ed una canzone di Calvin Harris partiva a tutto volume: ogni tessuto si attivava e seguiva quel ritmo incalzante che scandiva attimi impregnati di vita.
- Posso dire con certezza che sei la mia salvatrice... Una sorta di ancora di salvezza...
Se non si fosse risvegliata e non avesse urlato al mondo, ma soprattutto a lui, ciò che stava dirompendo dentro la sua anima, Lexi sarebbe certamente impazzita, così cominciò a sentire un piccolo formicolio alle mani, uno di quelli promettenti, quelli che mandano un chiaro segnale.
“Chissà se sente anche lui tutta l'energia che mi sta scorrendo dentro...”.
- E sai perché? Perché prima dell'incedente stavo vagando senza una meta... Senza un porto sicuro a cui far riferimento quando tutto il frastuono, che questa vita comporta, mi sommergeva... Stavo dimenticando chi fossi sul serio... Non sapevo più che fine avesse fatto quel bambino con lo zaino di Toy Story, che era terrorizzato dal primo giorno alle scuole medie... Dio, sembrano passati secoli....
“Ti ricordi anche questo?! Sul serio?? Non ci posso credere... Insomma... Pensavo di essere l'unica ad avere memorizzato quel piccolo particolare... La tua faccia era così spaventata... Eppure sorridevi lo stesso... In quel modo così dolce, che non hai mai perso nel corso degli anni... Perché io l'ho sempre saputo che, sotto sotto, sei ancora quel bambino insicuro...”.
Lucas sorrise al ricordo di come tutto fosse cambiato in maniera così drastica, in un tempo che a lui era sempre parso infinito, ma che corrispondeva a non più di una decina di anni. Non poteva credere di esser stato così insicuro ed impacciato quando era piccolo, soprattutto confrontandosi con l'idea attuale che aveva di sé stesso: un ragazzo deciso, soddisfatto della sua vita, sicuro di chi fosse diventato e grato di aver ottenuto ciò per cui aveva lavorato sodo. A distrarlo da quelle considerazioni sulla sua persona, fu un improvviso picco delle pulsazioni del cuore di Lexi. Si voltò ad osservarne il volto e vide una lacrima scendere indisturbata sulla sua guancia e senza pensarci troppo su, la raccolse con un dito, sentendone la freddezza scontrarsi con il calore delle sue mani.
Lexi pensò che quello fosse il momento... Che tutte quelle tre settimane passate a lambiccarsi il cervello distesa su un letto d'ospedale, potessero diventare sopportabili se quella fosse stata la ricompensa... Aveva aspettato undici lunghissimi anni per quelle parole, per quel tocco, per quelle attenzioni... Doveva solo svegliarsi.
Il dito indice della mano sinistra, quella su cui Lucas aveva riapoggiato il morbido palmo, ebbe un impercettibile sussulto: forse un millimetro l'avrebbe potuto quantificare, ma a Lexi sembrava di averlo sentito e la cosa la riempì ancor di più di determinazione. Lexi aveva salvato la vita a lui ed ora Lucas stava facendo lo stesso con lei.
“Non è forse così che accade tra due persone innamorate??”.
- Poi sei arrivata tu... E mi hai aperto gli occhi...
Lexi sentì quel dito muoversi nuovamente, un pochino di più, perché ciò che Lucas le stava dicendo la faceva sentire viva come mai prima di allora, come non pensava di poter essere e la cosa le piaceva, le dava speranza per il futuro, quello di cui lei aveva sempre avuto paura e per cui non aveva mai lottato.
- Mi hai fatto capire che cosa contasse davvero... E sai cos'è che mi serve davvero per vivere bene ed essere felice sul serio??
Quando aveva tentato di parlargli per la prima volta, Lexi aveva passato i due pomeriggi precedenti a fare le prove di un eventuale dialogo chiusa in camera sua con Mia, di modo che David non potesse entrare e prenderle in giro. Era stato durante il primo sabato dall'inizio della prima media, durante la pausa pranzo. Lucas non conosceva ancora molti ragazzini, ma più di qualche ochetta aveva già messo gli occhi su lui e il suo incantevole sorriso. Erano in giardino e Lexi aveva preso dieci respiri profondi, si era fatta spingere a forza da Mia e gli era praticamente finita a due centimetri dal cadergli addosso. Lucas era di schiena e, solo quando Lexi si era schiarita la voce due volte, lui si era voltato e l'aveva accolta con uno dei suoi tipici sorrisi dalla dolcezza travolgente. Ma proprio mentre Lexi stava per presentarsi, il suo futuro migliore amico, Andy Samuels, gli aveva battuto una pacca sulla spalla e si era presentato. In meno di due secondi la piccola Lexi lo aveva visto allontanarsi con il suo nuovo compagno di giochi ed aveva capito che per certe persone, nella vita, le cose non andavano sempre come speravano.   
Averlo a pochi centimetri dal suo viso, a dichiararle che grazie a lei aveva trovato sé stesso, faceva felice non solo la Lexi di ventidue anni, laureanda in storia, con pochi progetti e un miliardo di sogni, una sola grande amica e un unico travolgente amore, ma anche quella ragazzina di undici anni che non aveva potuto parlare con la sua prima cotta per un cattivo scherzo del destino.
- Mi serve Sophia e l'amore che ci lega...
Rumore di vetri che si infrangono.
Schegge dovunque, capaci di infilzare ogni tessuto del suo cuore, facendolo sanguinare copiosamente e senza sosta.
Un dolore lancinante e senza fine che si propagava come un'onda dal centro del suo petto fino alla punta di quelle dita che lui ancora sfiorava.
E poi il buio.
Assoluto.
Completo.
Avvolgente e, soprattutto, senza via d'uscita.
Quello che aveva cominciato a volere qualche giorno prima... Quello che sapeva essere l'unica soluzione ad un dolore che era prevedibile.
Come aveva anche solo potuto sperare che lui stesse parlando di lei, che quelle parole fossero riferite ad una stupida ragazzina di cui non sapeva nemmeno dell'esistenza prima che rischiasse la sua vita per niente. Perché solo in quel momento Lexi capì che aveva giocato alla Roulette Russa con la sua vita per... Per niente. Per qualcosa che non avrebbe mai avuto, per un sentimento che non sarebbe mai stato corrisposto, per un sogno di felicità che non sembrava appartenerle in nessuna sua forma. Doveva accettarlo. Ma faceva tremendamente male e l'immagine di quella ragazzina di undici anni che si rifugiava nel bagno con il volto rigato dalle lacrime, si fece spazio in quel nulla soffocante. Non poteva credere che fosse successo di nuovo, che avesse permesso che il mondo la ferisse a tal punto da non trovare più una sola via di fuga da quel dolore lancinante che la stava torturando. Si era sempre riservata dall'avere dei sogni veri, dal vivere seriamente la sua vita e l'aveva fatto seguendo un corso di storia che le permetteva di occuparsi dell'esistenza degli altri, per trascurare la sua, decidendo di amare un ragazzo che non avrebbe mai avuto veramente e che quindi non comportava dei veri pericoli, avendo una sola amica per non essere delusa da troppe persone... Poi tutto era cambiato... Inconsapevolmente, nell'esatto istante in cui le sue gambe erano scattate in avanti e quel proiettile le aveva trapassato la spalla. Perché non si era fermato lì, non le aveva creato solo un solco nella pelle, ma aveva perforato la sua armatura arrivando direttamente alla sua anima... L'aveva bucata lasciando che le emozioni si confondessero, che i sogni prendessero vigore, che le speranze si risvegliassero... Ed aveva creduto in quel sentimento per Lucas, in quelle nuove amicizie che stava sviluppando, nonostante fosse su un letto d'ospedale, senza poter parlare... Era a terra, in quel tunnel che ormai era diventata la sua casa, senza sapere come e se si sarebbe mai rialzata, dato che tutto in lei sembrava essere un vecchio relitto dopo una potente deflagrazione. Pezzi sfilacciati che si spargevano in ogni dove, incapaci di rimettersi assieme...
Lucas se ne era andato, dopo averle raccontato ogni cosa sulla sua spettacolare relazione con Sophia e come avesse fatto dei progetti di vita con lei...
Sarah era passata a controllarla ed aveva chiamato d'urgenza il medico per farle l'ennesima tac e notare come l'ematoma si stesse lentamente riassorbendo, ma la sua attività cerebrale fosse quasi sparita...
Karen era corsa al suo capezzale in fretta e furia, non capendo per quale ragione la figlia si stesse lasciando andare così, che cosa ci fosse di sbagliato e l'aveva sentita parlare sia con Morgan che con David, che era disperso in qualche sperduto bosco vicino alla casa di campagna della nonna Amelia...
Mia era arrivata verso sera ed aveva passato quasi due ore a consolare una Karen piangente e preoccupata, sperando che la sua migliore amica decidesse di ricominciare a lottare per la sua vita...
Ma Lexi non sentì nulla. Né le parole d'incoraggiamento, né le carezze d'affetto, né i singhiozzi d'apprensione di chi le voleva bene. Sullo schermo nero delle sue palpebre chiuse vedeva ancora quella ragazzina di undici anni con il cuore spezzato e la sua testa cominciò a vagare in mezzo ai ricordi e a quello che era stata la linfa della sua vita fino a quel 20 Agosto: la storia. Il corso incessante del tempo nei secoli, le invenzioni e le guerre ma soprattutto i personaggi di quell'infinita rappresentazione teatrale sul palco del mondo. La figura eterea e maestosa di una Didone leggendaria si fece largo in quel tunnel sempre più illuminato e Lexi non poté trattenersi dal fare quelle considerazioni che il suo subconscio le suggeriva: c'erano troppe similitudini con quella donna per ignorarle del tutto. Didone era stata sedotta ed abbandonata, come in una qualsiasi storia d'amore tragico che si rispetti, ma ciò che realmente la rendeva diversa da tutte le altre e così simile a lei era quel suo aver macchiato indelebilmente la sua vita con quell'amore pericoloso eppure così impetuoso. Ma altrettanto irruento era stato lo scempio che si era sentita cadere addosso appena il suo Enea se ne era andato, così come anche quel sentimento di disperazione che l'aveva colta e l'aveva portata tra le sue braccia fino all'unica soluzione possibile: la morte. Che fosse anche per Lexi la risoluzione a tutto?? Che anche lei dovesse seguire il percorso che molte donne nel corso della storia avevano tragicamente intrapreso per colpa dell'amore?? Non possedeva le forze per rispondere a quella domanda, ma di una cosa era certa: la luce si era fatta sempre più vicina e sembrava chiamarla come le sirene con Ulisse, come se fosse l'unica promessa di pace che il destino avesse mai avuto intenzione di rispettare.
Lexi lasciò cadere le armi e si lasciò andare, conscia di non poter sopportare una battaglia del genere, scivolando in uno stato di pericolosa apatia, in cui nemmeno le voci che provenivano dal corridoio potevano penetrare.
-Buona sera Sarah... Beh, forse dovrei dire buona notte dato l'orario...
- Già... Come mai così tardi oggi?
L'infermiera non riuscì a trattenere un leggero accenno di rancore nella sua risposta, ma lo sguardo confuso del ragazzo le fece capire che gli doveva per lo meno qualche spiegazione e che comunque non fosse colpa sua quel repentino peggioramento di Lexi. A dire il vero non era certa nemmeno che la ragione risiedesse nella visita di quel Lucas, ma il sospetto era troppo forte per ignorarlo.
- Scusami Nate... Solo che oggi le condizioni di Lexi sono peggiorate tantissimo e non riesco a capirne il motivo...
- Che significa “peggiorate”?!
Sapeva bene che la sua espressione era di pura ansia, ma non gli importava: ormai conosceva quella donna abbastanza per fidarsi a far trapelare tranquillamente le sue emozioni. Fino al giorno prima stava bene, per quanto possa stare “bene” una ragazza nelle sue condizioni, ma Nate aveva la certezza che fosse con lui, al suo fianco a lottare, per tornare alla vita. Cos'era potuto succedere di così drammatico in sole ventiquattro ore??
- L'ematoma si sta riassorbendo, ma la sua attività cerebrale è praticamente cessata... Nate, io...
Cosa voleva dire che la sua attività cerebrale era quasi cessata? Nate non lo sapeva ma gli bastava guardare in faccia Sarah per capire che fosse qualcosa di grave e, allo stesso modo, all'infermiera bastava guardare quel volto pallido per notare l'apprensione che si stava facendo largo dentro di lui.
- Non è...
- No, no!! Stai tranquillo...
Appoggiò una mano sul braccio leggermente muscoloso di Nate, come si fa con i bambini per rassicurarli che tutto andrà bene e per Sarah, ormai, quel ragazzo era un po' come un figlio.
- Non è nulla di definitivo... Sembra solo che abbia deciso di smettere di lottare...
Al sentire quelle parole, Nate trovò una certa difficoltà a respirare, come se le particelle d'aria fossero diventate dei macigni: non poteva neanche pensare che Lexi stesse gettando la spugna. Lui aveva una promessa da mantenere, per sé stesso e soprattutto per lei.
- Grazie Sarah...
Stava per entrare nella stanza, ma si fermò di colpo, voltandosi di nuovo verso l'infermiera che stava per finire il suo turno, per farle una domanda che gli era giusto balenata in testa.
- E' venuto a trovarla qualcuno oggi?
Sarah mutò il suo sguardo sempre bonario in uno più duro, che lo stupì nuovamente.
- Oltre a sua madre e Mia, è venuto un tuo compagno di band... Credo fosse Lucas....
- Ah... Grazie Sarah... Buona notte... E arrivederci... Io domani parto per l'Australia e torno tra più di un mese.... Prenditi cura di Lexi, per favore...
- Certo Nate... E tu fai impazzire più fan che puoi, senza dimenticarti della numero uno...
E detto questo, si diresse con un sorriso sereno verso lo spogliatoio. Appena ebbe messo piede dentro la stanza, Nate ebbe la certezza di come qualcosa fosse cambiato, perché era come se tutto fosse terribilmente e innaturalmente fermo. Scrollò un poco le spalle per scacciare quella brutta sensazione che l'aveva assalito e si sedette sul letto di Lexi, a destra, vicino alle casse per la musica, ma specialmente lontano da quella poltrona: aveva come l'impressione che sedendosi lì sarebbe stato troppo lontano da lei.
- Ehi Lexi... Che cosa mi combini?? Sarah mi ha detto che ti sei arresa... Ma dai, insomma... Lo sappiamo entrambi che tu non lo faresti mai, vero Lexi-Lex??
Le strinse la mano com'era solito fare, ma questa volta tutto era diverso: era fredda, impassibile... Lontana.
- Io ti ho fatto una promessa: che non ti avrei mai lasciato, perché dovevo riuscire a farti sorridere, ma se sei tu quella che se ne va, io come faccio, eh?? A chi racconto tutte le stupidate che mi succedono e a chi posso propinare le mie deliranti playlist senza che questi si lamentino?? Non che ti preferisca muta, anzi!! Pagherei oro per sentirti parlare e per vederti sorridere... Sì, soprattutto questo...
Strinse un poco di più la presa attorno a quella mano che gli sembrava così familiare, ma non ci fu nessun cambiamento e Nate ebbe la pesante conferma che quanto detto da Sarah fosse vero: Lexi non era più lì con lui. Si portò il dorso della mano della ragazza alle labbra e vi posò un delicato bacio, che fece durare più a lungo di quanto avesse mai fatto in precedenza, perché non si era mai arreso in vita sua, soprattutto per inseguire i suoi sogni o per mantenere un impegno preso, e non l'avrebbe fatto nemmeno quella volta.
- Diamine: ed io domani devo partire!!... Come faccio ad andare sapendo che tu non continuerai a combattere?! Che magari, quando tornerò tu... Tu non... No, non posso nemmeno pensarci! Lexi ormai ti considero una mia cara amica... Ed io mi occupo dei miei amici... Quindi troverò il modo di tenermi in contatto con te, anche a costo di tartassare di chiamate Mia... Ma io non ti lascio Lexi... Però tu devi promettermi che farai lo stesso...
Voleva solo che gli desse qualche cenno d'assenso, un battito cardiaco, un picco di attività cerebrale... Qualsiasi cosa. Ma Lexi era lontana anni luce dalle parole di Nate, racchiusa nel suo bozzolo fatto di disperazione, di dolore, di amarezza e di una buona dose di fili di rassegnazione. Quando non ottenne nulla, Nate riadagiò la mano di Lexi sul letto, conscio che avrebbe dovuto lottare più di quanto avesse immaginato, ed anche se non sapeva per quale strana motivazione si fosse impuntato così tanto sul voler salvare quella ragazza, ora era più deciso che mai.




Hi sweethearts!
Okay. Questo capitolo è... Siamo onesti: è un pugno nello stomaco. Ma insomma: le cose stavano andando troppo bene ed un po' di angst ci sta sempre, no?  Forse no, ma come preannunciato, le cose per Lexi non saranno mai semplici e forse è per questo che mi ci sono affezionata tanto. Spero siate voi a fare le debite considerazioni sui personaggi che sono intervenuti in questo capitolo, ma spero anche abbiate pietà per alcuni di loro (*cough* Lucas/Liam *cough*).
E niente: Payne è diventato papà, Louis si è esibito al suo primo festival e H... STA PER BUTTARE FUORI IL PRIMO SINGOLO!! Scusate, un attimo di euforia estemporanea ^^
A presto e grazie per leggere questa storia **
Lots Of Love xx

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Capitolo 14
*** 11th September 2013 ***


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11th September




Morgan entrò nella stanza della figlia e si chiese come fosse potuto accadere un cambiamento così repentino delle sue condizioni, dato che l'ultima volta in cui era andato a trovarla gli sembrava fosse anche migliorata. Ed invece gli bastò appoggiare la sua mano su quella della figlia per capire come le cose fossero cambiate ed in peggio: era fredda, distante, lontana da tutto e da tutti. Sembrava come se non avesse più voglia di tornare da lui, dal suo papà. Morgan si diede dello stupido per aver pensato una cosa del genere di Lexi, ma quella sensazione non accennava a svanire, eppure dovette accantonarla non appena qualcun altro entrò nella stanza.
Non aveva più portato Kitty con lui durante le sue visite, forse consapevole che se solo sua figlia avesse potuto parlare lo avrebbe insultato in qualsiasi lingua del mondo: non era mai stata una persona violenta, ma la sua nuova compagna di vita non le era mai andata a genio... E ad essere sinceri, cominciava a non sopportarla più neppure lui.
Karen fece il suo silenzioso ingresso nella camera della figlia, dato che anche i suoi fidatissimi tacchi erano ormai diventati parti integrante dell'armadio, dimenticati lì per le troppe preoccupazioni. Si stava lasciando andare, doveva ammetterlo, ma tutta quella situazione non faceva che rendere ancora più traballanti le già precarie colonne su cui si reggeva la sua vita, fatta di un matrimonio fallito, due figli che amava alla follia ma che non erano mai stati semplici e un negozio che era diventato il centro delle attenzioni di chiunque non avesse neanche minimamente sentito parlare di lei e della sua famiglia prima dell'incidente, ma che ora sembrava diventato un amico di vecchia data. Era stanca e non faceva più nulla per nasconderlo e Morgan non poté non notarlo nell'esatto istante in cui si rese conto chi fosse il nuovo visitatore: avrebbe mandato via chiunque, per stare con la sua Lexi.
Chiunque eccetto Karen.
- Ciao Karen... Come stai?
Lo sguardo che ricevette in risposta fu molto più eloquente di mille parole e gli fece abbassare gli occhi, in cerca di un qualcosa di interessante sul lenzuolo candido, pur di non dover dire a voce quelle scuse che entrambi aspettavano di sentire. Quelle per aver fatto una domanda decisamente fuori luogo; ma anche quelle per essersene andato quando i loro figli erano ancora piccoli, per aver detto cose che non pensava sulla sua relazione con quella che all'epoca era sua moglie, per aver preferito uno stile di vita che non lo rappresentava pur di scappare da qualche responsabilità. Di scuse ne avrebbe volute sentire parecchie Karen, ma il troppo orgoglio di entrambi non li aveva mai portati a chiarirsi, solamente a sbattersi le porte in faccia e ad imparare a convivere con il tempo.
- Credi che ce la farà? Dico: a tornare da noi?
Morgan avrebbe tanto voluto poterle dire quelle parole rassicuranti che in situazioni del genere era sempre bene avere a portata di mano, come le pastiglie per il mal di testa dopo una sbronza colossale, quelle che lui si prendeva quando era giovane o pure oggi con quegli amici, che come lui, non erano mai cresciuti veramente. Ma stavano parlando della vita di sua figlia e quelle frasi gli sembravano così sciocche e prive di scopo alcuno, così si limitò a dire quello che realmente pensava.
- La verità, Karen? Non lo so... Non ne sono più così sicuro... Insomma, hanno detto che l'ematoma si sta riassorbendo... E allora perché il suo cervello sembra essere morto?! E poi guardala... Sembra che non ci sia più... Che non ci senta più...
La donna si avvicinò a quell'uomo che era seduto sul letto accanto alla loro figlia, quello stesso uomo che per anni aveva odiato con tutto il suo cuore ma che ora sembrava essere l'unico in grado di capire che cosa stesse passando in quel momento. Sapeva quanto Morgan amasse Lexi e questo pensiero l'aveva sempre rincuorata nel corso degli anni, dandole la certezza che, almeno per lei e David, ci sarebbe stato ad ogni costo. Ora, forse, sperava che ci fosse anche per lei, per dargli una spalla su cui piangere che non fosse quella della migliore amica ventiduenne di sua figlia.
- Ho la tua stessa paura... Sembra che abbia smesso di lottare... Ma io non posso pensare ad una vita senza di lei... E' mia figlia diamine!! Voglio che continui a dirmi che avevo torto quando alle elementari le dicevo che le femminucce portavano solo la gonna... Voglio che non smetta di dirmi che sono pesante ogni volta che le chiedo se abbia il ragazzo... Voglio che mi riempia la testa di parole su quella band del cavolo... Voglio che torni da me, Morgan...
Non riuscì più a trattenerle e una valanga di lacrime pesanti come rocce si riversò fuori dal suo cuore di madre, per marchiarle guance e finire sulla camicia in jeans dell'uomo di fronte a lei, che l'aveva racchiusa in un abbraccio avvolgente. Forse era giunto il momento di affrontare quella chiacchierata che avevano lasciato in sospeso per troppo tempo, forse dovevano decidersi a non sprecare ancora neanche un attimo di quella vita che sembrava poter svanire da un momento all'altro, forse...
-Buongiorno Kar... Ah, scusate...
Il dottor Lawson era entrato nella stanza con la baldanza di chi sa di star a fare ogni passo giusto verso la meta: erano giorni che notava i cambiamenti di atteggiamento che Karen aveva dimostrato nei suoi confronti e la cosa gli aveva fatto immenso piacere. Quella donna gli piaceva indubbiamente e al tempo stesso era quasi certo che anche lei lo trovasse un uomo interessante. Ma allora cosa significava quello?? Perché la trovava piangente tra le braccia del suo ex marito, dopo tutto quello che gli aveva raccontato sul suo conto?? Quell'uomo l'aveva ferita e abbandonata, come poteva preferirlo a lui? Proprio ora che era sul punto di chiederle di uscire a cena, tanto da aver già preparato un discorso ad hoc per demolire quei dubbi etici sull'accettabilità di un'offerta di quel tipo in una situazione del genere, con la figlia in coma. Gli avrebbe sicuramente detto di sì ed ora questo. Non sapeva come comportarsi, dato che non poteva rivendicare alcun diritto su di lei, se non quello di esserle stato accanto in quelle ultime tre settimane. Karen si staccò a malincuore dall'abbraccio confortante di Morgan, cosciente di aver appena confuso parecchio le idee di Andy, ma d'altra parte anche le sue erano piuttosto confuse, quindi erano tutti sulla stessa barca.
- Buongiorno Andy... Lexi deve fare dei controlli?
- No, no tranquilla... Ero solo venuto a vedere come fosse la situazione...
L'occhiata eloquente che lanciò a Karen fece ribollire il sangue nelle vene a Morgan, tanto da stupirsi lui stesso di quella reazione decisamente esagerata: ma quello sguardo carico di significato che si stavano scambiano non gli piaceva per nulla e lo faceva sentire escluso dalla vita di Karen, cosa che non gli era mai andata a genio anche se era stato lui stesso a determinarla.
- La situazione è stabile... Purtroppo...
Il dottor Lawson avrebbe fatto volentieri a meno di rivolgere la parola a quell'uomo, ma sembrava che l'ex marito di Karen fosse decisamente intenzionato a dargli del filo da torcere, non sapendo  però che lui era pronto a rispondere ad ogni attacco.
- Io direi per fortuna, Signor Golder... Lexi è peggiorata abbastanza per essere passate sole ventiquattro ore...
- E chissà perché è peggiorata tanto...
- Sta insinuando forse qualcosa, Signor Golder?!
Il viso del dottor Lawson era estremamente, anzi, troppo vicino a quello di Morgan e Karen decise che fosse giunto il momento di porre fine a quel ridicolo teatrino prima che potesse degenerare ulteriormente.
- Va bene, va bene... Ora basta, uomini delle caverne... Non c'è bisogno di ulteriore rabbia qui dentro... Basta quella di Lexi...
Andy sì voltò a guardare la donna come se non capisse che cosa volesse dire con quelle parole, mentre Morgan abbassò lo sguardo colpevole, sapendo bene quanto Karen avesse ragione.
- Non ci vuole un genio per rendersi conto che qui non c'è mia figlia... La mia bambina non avrebbe mai smesso di lottare... E conoscendola è abbastanza arrabbiata per tutta questa situazione...
- Non le è mai piaciuto stare ferma... Il fatto di dover star seduta tutto quel tempo era l'unico motivo per cui non sopportava andare a scuola... Dove sei Lexi?
L'uomo aveva appoggiato la mano grande e avvolgente su quella di sua figlia, chiedendosi se mai avrebbe sentito ricambiata quella stretta. Aveva perso così tanto della sua vita e solo in quel momento se ne rendeva pienamente conto, consapevole, forse, di essere arrivato troppo tardi. Il dottor Lawson si rese conto che la sua presenza in quella stanza fosse diventata di troppo, nonostante le sue speranze più rosee che si era fatto per quel giorno. Karen non sarebbe mai uscita con lui, almeno non finché la figlia si sarebbe trovata in quelle condizioni e l'ex marito fosse stato nelle vicinanze. Uscì dalla stanza senza dire una parola, ma osservando lo sguardo colmo di attenzione e di comprensione che Karen stava lanciando di nascosto a quell'uomo che lui vedeva solo come un avversario da abbattere, mentre per lei sembrava essere uno scoglio su cui far presa durante una tempesta. Karen si riscosse da quella contemplazione solo quando la porta della camera di Lexi sbatté leggermente, facendole presente che Andy se ne era andato senza dire nulla, ma non si curò più di tanto del fatto, poiché Morgan sembrava essersi seriamente pentito per tutto quello che era accaduto negli ultimi dieci anni. Così prese il coraggio a quattro mani, come solo lei sapeva fare nelle situazioni più difficili, o almeno era quello che le diceva sempre Lexi, che invece aveva sempre paura di rischiare, e si avvicinò a Morgan.
- Ho bisogno di un tea per rilassarmi... Ti andrebbe di accompagnarmi, Morgan?
L'uomo voltò la testa talmente di scatto che se non si fosse ostinato a dire di essere ancora giovane, avrebbe ammesso come i suoi cervicali stessero chiedendo pietà, e si scontrò con la sincerità e la determinazione delle iridi scure di Karen: era stato di quello sguardo fiero e coraggioso di cui si era innamorato un giorno di troppi anni prima, mentre faceva il tutor ad un gruppo di matricole del college che entrambi frequentavano. Come al solito era stata lei a prendere in mano la situazione, come quando aveva deciso che fosse giunto il momento di porre un punto al loro matrimonio. Come al solito Morgan non poteva che esserne più che felice, perché lui non era mai stato capace di prendere una sola decisione in via sua, se non quella di chiederle di sposarlo, scelta che non aveva mai rimpianto.
- Certo che mi va... Ci vediamo Lexi...
Lasciò un bacio sulla fronte della figlia ed uscì con quella che si rese conto essere l'unica donna che avesse mai amato realmente.
Lexi non aveva sentito nulla di quanto fosse successo attorno a lei da quando aveva deciso che nulla valesse più la pena di dannarsi per risvegliarsi. Non aveva coscienza di chi andasse a trovarla, di chi le parlasse, di quello che Sarah le raccontava ogni volta che andava a cambiarle la flebo... Non sentiva nulla e non voleva sapere nulla.
Il buio in cui era sprofondata le bastava e, se avesse capito come fare, l'avrebbe voluto attorno a sé per sempre.



Hi sweethearts!
Capitolo di passaggio che quindi pubblico subito, perché voglio che la storia proceda velocemente, dato che le novità sono quasi dietro l'angolo. So che magari a voi non interesserà nulla di Morgan, Karen o del Dottor Andy (lui non lo sopporto neppure io *lol*), però credo che sia importante che anche le persone attorno a Lexi crescano, continuino le loro vite ed in qualche modo, cambino anche l'esistenza sospesa di Lexi stessa. Quindi eccovi un po' di sani drammi familiari a cui però vi giuro che seguirà un capitoletto niente male (e sì, tornerà anche Nate **).
Spero di sentire le vostre impressioni e a presto.
P.S. Grazie per aver letto
Lots Of  Love xx

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Capitolo 15
*** 22nd September 2013 ***


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22nd September 2013




Mia ormai non sapeva più cosa fare: erano passati undici giorni e Lexi non era migliorata nemmeno di un briciolo. Anzi, se possibile la sua situazione sembrava peggiorare a vista d'occhio, dato che l'attività cerebrale era completamente assente. Ormai trovava difficile anche andarla a trovare, dato che ogni volta le sembrava di entrare nella camera ardente della sua amica: perché tra un cadavere e quel copro vuoto che somigliava tremendamente alla sua Lexi, non c'era nessuna differenza. Diventava sempre più complicato parlarle e far finta di nulla, comportandosi come se lei fosse ancora lì, ed ogni sera tornava nel loro appartamento senza un pezzetto di cuore che lasciava in quell'ospedale. Si ritrovava a sommergere Hugh con le sue preoccupazioni e la sua frustrazione sempre maggiore, in quell'ora che lui si impegnava tanto per trovare ogni giorno pur di sentirla su Skype, per starle vicino nonostante si trovasse dall'altra parte del mondo. Quel ragazzo era semplicemente la reincarnazione del Principe Azzurro e sopportava tutti i suoi frequenti sbalzi d'umore come se fosse una cosa normale, inclusa nel contratto del perfetto fidanzato che sicuramente aveva firmato. Nonostante l'Australia e la sua scaletta serrata lo stancassero più del previsto, qualche sera prima le aveva raccontato di come fosse riuscito a prendersi un pomeriggio libero da trascorrere in spiaggia giocando a pallavolo e prendendo il sole con Lewis, aggiungendo che secondo lui avrebbe dovuto prendersi anche lei qualche giorno di pausa, soprattutto da tutte quelle inconcludenti visite in ospedale. Non le stava di certo dicendo di abbandonare la sua migliore amica, ma secondo lui aveva bisogno di un po' di distrazione per recuperare “un'equilibrata prospettiva della vita”. Così le aveva detto, paragonandola anche a quel cretino di Lucas: secondo Hugh stava vivendo un po' troppo ossessivamente e spasmodicamente la sua relazione con Sophia e la cosa stava preoccupando tutti. Persino Zach, che era quello che di solito sentiva maggiormente la mancanza di Page quando erano in tour, lo aveva rimproverato di aver completamente perso la bussola per quella ragazza e che la loro relazione non fosse sana, dopo averlo visto quasi urlare contro una delle ragazze che si occupava di organizzare i loro spostamenti, perché non aveva ancora prenotato il volo di Sophia per raggiungerli. 
Mia avrebbe voluto tanto raccontare quei piccoli gossip a Lexi, ma aveva come l'impressione che parlare di Lucas fosse un tabù e che la sua recente visita prima di partire avesse influito sulle condizioni dell'amica: quel ragazzo non le aveva mai ispirato alcun tipo di fiducia, nemmeno quando erano bambini e Lexi si ostinava a vederci un'infinità di qualità che secondo lei non esistevano. Non che gli stesse antipatico a pelle, gli aveva concesso più e più volte il beneficio del dubbio, solo che le sembrava avere un carattere terribilmente malleabile dalle persone con cui si circondava, persone che con il tempo non avevano fatto che peggiorare la sua situazione, aiutate anche dalla fama e dal successo. Ora non le sembrava altro che un ragazzino venuto fuori dal nulla che aveva, invece, ottenuto tutto e  convinto che tutto quello potesse durare per sempre. Le faceva strano pensare che ci fosse una minima probabilità di andare d'accordo con i compagni di band del suo ragazzo, ma si era dovuta ricredere e li aveva invece piacevolmente rivalutati come delle persone affidabili, simpatiche e molto alla mano. Eppure lo stesso Hugh le aveva confessato che c'era aria di tempesta tra di loro e che prima o poi qualcuno sarebbe scoppiato. Ma tornando a Lucas, per essere del tutto sinceri, Mia l'avrebbe trovato antipatico in ogni caso, solo per il fatto di aver inferto così tante ferite al cuore e all'autostima di Lexi negli ultimi undici anni, da ridurli a due pezzi di groviera, mentre lei faceva di tutto per farglielo dimenticare. Ancora non poteva credere che lui non l'avesse riconosciuta, era semplicemente inconcepibile.
Anche quel giorno si era ritrovata  a farle un breve riassunto di quella che era stata la sua giornata precedente, dall'esatto momento in cui aveva messo un piede fuori da quella stanza, fino a quando non era crollata dal sonno, appena terminata la chiamata con Hugh, ma alla fin fine aveva cominciato a lavorare al pc per la nuova collezione che doveva portare, lasciando che il silenzio riempisse la stanza. Era seduta sulla solita poltrona marrone, con il computer sulle gambe e una matita tra i capelli, quando sentì il suo cellulare squillare. A fatica si chinò per rintracciarlo nella borsa che era posata a terra, vicino a suoi piedi, rischiando pure di far cadere il portatile e, quando finalmente riuscì a controllare chi la stesse cercando alle nove di mattina, vide un nome piuttosto conosciuto. Rispose però con un tono di voce sorpreso, dato che quella persona sarebbe dovuta essere a lavorare in quel momento, anche se definire come “lavoro” ciò che faceva era decisamente un ossimoro.
- Che ci fai al telefono con me a quest'ora??
- Buonasera anche a te, meravigliosa donzella... Anzi, buongiorno, dato che da te è mattina..
- Appunto Hugh... E tu, se non sbaglio, a quest'ora dovresti essere su un palco a far urlare migliaia di ragazzine assatanate...
Sapeva perfettamente che dicendo così l'avrebbe fatto sorridere, consapevole di come, alla fine, pure lei si fosse innamorata delle loro canzoni e avesse, tutto sommato, un buon rapporto con le fan: forse era per il fatto che fosse tutto fuorché una ragazza ordinaria, che di “canonico” non avesse proprio nulla e che fosse l'emblema della perfezione che risiede nelle imperfezioni. Era per questo che dentro a Hugh stava crescendo sempre di più la voglia di rendere il tutto ufficiale, anche se non era più sicura di che cosa si trattasse. Si riscosse da quei pensieri troppo impegnativi e cercò di trovare una risposta ironica da darle: era sempre stimolante parlare con Mia e la cosa lo intrigava parecchio.
- E tu, se non sbaglio, a quest'ora dovresti essere parecchio preoccupata per tutte le proposte di matrimonio che ho già ricevuto...
Rise a quella frase di Hugh, come faceva ogni qualvolta lui le rispondesse a tono, dandole una certa soddisfazione nel conversare con lui: era per questo che lo trovava un ragazzo interessante e per cui aveva ceduto nell'ammettere che alcune loro canzoni non era poi così male, cosa che lui aveva subito interpretato come una resa incondizionata. - Beh, spero abbiano preso il numeretto all'elimina-code, perché la poligamia in Inghilterra non è legale e dovranno aspettare ognuna il proprio turno...
Hugh rise in quella sua maniera cristallina dall'altro capo del telefono e Mia sentì un sorriso spontaneo spuntarle di riflesso sulle labbra: la cosa le stava sfuggendo di mano e non le piaceva per nulla. Però il fatto di averlo ad una distanza tale, le faceva sentire una mancanza strana e nuova: come quella che si prova per una persona a cui si vuol bene.
- Glielo dirò appena salirò sul palco. Comunque, ti chiamavo per sapere se sei da Lexi, in questo momento...
Mia rivolse uno sguardo stanco all'amica impassibile nel suo sonno senza reazioni e rispose alla domanda del suo ragazzo.
- Sì... Come ogni mattina da quando siete partiti per l'Australia e da quando ha deciso di cadere in un mutismo cerebrale che rende tutto molto più frustrante...
Hugh sapeva perfettamente quanta fatica e sofferenza costasse a Mia vedere la sua migliore amica ridotta in quelle condizioni, dato che le loro chiamate cominciavano sempre con un resoconto delle sue visite a Lexi, ma forse aveva la soluzione per risollevare un attimo la situazione.
- So quanto sia difficile per te, piccola... Ma forse ho un rimedio a tutti i nostri problemi!
- Devo preoccuparmi?
-Ma che cacchio dici Hugh! Io voglio solo parlare con Lexi!
La ragazza poté riconoscere chiara ed inconfondibile la voce dell'irlandese che parlava a pochi passi da Hugh, facendola sorridere un poco: aveva notato come Nate si fosse preso a cuore la sua Lexi e la cosa non poteva farla che felice, dato che sembrava seriamente interessato a lei, come se volesse conoscerla benché lei non potesse rispondergli in nessun modo. Era andato lì praticamente tutti i giorni e, da quanto le avevano raccontato Sarah e Karen, le aveva fatto ascoltare un sacco di musica, le aveva raccontato tonnellate di episodi divertenti della sua vita con i ragazzi, come volesse strapparle un sorriso dovunque si trovasse in quel momento Lexi e l'aveva trattata come se fosse la ragazza più interessante del pianeta, riuscendo anche ad ottenere più di qualche battito cardiaco accelerato e pure un paio di lacrime, in risposta. A dire il vero, era rimasta un po' delusa quando, in quegli ultimi undici giorni, lui non si fosse minimamente fatto sentire ma era come sicura che si fosse tenuto aggiornato sulle condizioni di Lexi tramite Hugh. Quindi non poté far altro che dire a quella testa similmente riccia:
-Fammi parlare con il piccolo lepicauno, dai...
Sentì il cellulare passare di mano in mano e poi la voce allegra di Nate proruppe indisturbata attraverso l'apparecchio.
- Scusalo: è cretino... Comunque, ciao Mia!
- Ciao anche a te, Nate! E tranquillo... Lo so per esperienza quanto possa essere cretino...
- Vi ricordo che io sono ancora qui!!
- Ed io ti ricordo che questa è una chiamata privata!
- Beh, allora fattele con il tuo cellulare le tue “chiamate private”!! Ah, no... Aspetta: non hai il numero di Mia!
Dopo aver roteato gli occhi al cielo ed aver controllato che per qualche miracolosa ragione Lexi non avesse deciso di dare segni di vita, Mia disse:
- Okay, basta!! Dimmi tutto Nate... Avevi bisogno?
Dall'altra parte della linea ci furono dieci secondi buoni di silenzio, che si stava caricando di un numero impressionante di significati: dall'imbarazzo all'indecisione, dalla paura alla voglia di chiudere la chiamata, conscio di stare a fare una pazzia. Dopo un respiro profondo e quella che Mia presuppose essere una pacca sulla spalla da parte di Hugh, Nate si decise a parlare nuovamente.
- So che potrà suonare un po' come una cosa da pazzi... Anzi, con ogni probabilità lo è... E se mi vorrai dire di no, ti capirò perfettamente... Perché, insomma... Non è una cosa molto normale e...
Non essendo mai stata l'emblema della pazienza e della delicatezza, Mia interruppe quell'infinito preambolo con una battuta che lasciò spiazzato un Nate già abbastanza in difficoltà.
- Nate, a meno che tu non voglia chiedermi di fare una cosa a tre con Hugh, puoi parlare tranquillamente...
Rassicurato dalla risatina divertita di Hugh, che seguì all'affermazione della sua ragazza, Nate respirò di nuovo e riprese a parlare.
- No, no,no!! Non è nulla del genere! Volevo solo chiederti se potessi farmi parlare tramite Skype con Lexi...
L'aveva detto talmente tanto velocemente che Mia aveva dovuto schiacciare il tasto “rewind” della sua memoria a breve termine e riascoltare le parole del ragazzo a rallentatore per capirle bene.
Allora non si era dimenticato di lei.
Quando Mia ebbe formulato questo pensiero, un altro fece capolino nella sua testa decisamente iperattiva che però decise di mettere subito in un  cassetto della sua testa, per non perdersi neanche un istante di quella conversazione e, magari, per scoprire qualcosa di più sul perché di quella richiesta. Si mise comoda sulla poltrona, accavallando le gambe ed appoggiando schiena e testa sulla fredda pelle marrone, cominciando a giocherellare con una ciocca di capelli sempre più blu.
- Così vorresti parlare con Lexi, tramite Skype... E' questo che mi stai chiedendo Nate?
Dopo un attimo di esitazione, Nate rispose con un tono piuttosto incerto: per caso non aveva sentito ciò che le aveva appena detto??
- Sì... Esatto... E' per cas...
- E perché vorresti parlare con lei?? Insomma, credo che Hugh ti tenga informato sulle sue condizioni e, come ben sai, Lexi non parla... Quindi  mi sto chiedendo: perché vuoi parlare con una persona che non ti può rispondere??
Sentì chiaramente la risata di Hugh arrivare dritta, dritta alle sue orecchie, dall'altra parte del mondo, dato che con ogni probabilità aveva capito che cosa stesse tentando di fare Mia, conscia di aver messo in difficoltà il ragazzo.
- Beh... Perché... Insomma... Mia, ma saranno fatti miei?!
- Ehi, ehi, ehi!! Stai calmo piccolo irlandese!! La mia era solo una domanda innocente...
- Scusami... E' solo che... E' solo che le avevo promesso che non l'avrei lasciata mai e poi me ne sono andato dall'altra parte del mondo per colpa del tour, sapendo bene che lei non stesse più lottando e... Ed io le mantengo le mie promesse... Ecco, sei contenta ora??
Mia sentì in quelle parole molto più di quanto avesse mai immaginato di poterci leggere: erano accorate, sentite e soprattutto urgenti, come se il bene di Lexi fosse seriamente una priorità per quel ventiduenne milionario e osannato da chiunque sulla faccia della terra. Forse fu per la nota sincera che la sua voce aveva assunto che Mia si fidò abbastanza di Nate da fargli una confidenza che aveva maturato negli ultimi giorni e che aveva condiviso solo con Hugh.
- Sì, ora sì... Sai Nate: sono preoccupata... Sto seriamente pensando che non tornerà più da me ed io... Io non riesco nemmeno a concepirla una cosa del genere... Lei  è la mia metà, capisci?? Che cosa faccio io senza la mia Lexi??
Sapeva di averlo sconvolto con quella confessione inaspettata, ma non si aspettava di certo delle parole rassicuranti in cambio, dato che non avrebbero comunque sortito alcun effetto.
- Fammi parlare con lei Mia... Solo questo... Io la voglio vedere sveglia tanto quanto te... Voglio avere l'onore di conoscerla davvero...
- Chiamami su Skype tra due minuti....
Chiuse la chiamata e, dopo aver appoggiato il pc sulla poltrona, prese carrello ricoperto di regali dal lato destro del letto di Lexi. Spostò tutti i pupazzi, i disegni, i fiori e i biglietti per terra e sul tavolo, prese il vassoio da letto che copriva il carrello e lo sistemò ai lati delle gambe di Lexi, per poi metterci sopra il computer. La chiamata arrivò dopo pochi secondi e Mia la accettò immediatamente, sporgendosi davanti lo schermo per parlare.
- Io vi lascio soli... Quando avete finito, dì a Hugh di mandarmi un messaggio... Trattamela bene Nate... 
Uno sguardo blu ghiaccio perforò Mia fin nel profondo, quasi a giuramento della serietà con cui stava prendendo quella raccomandazione, fissandosi poi sulla figura immobile davanti a lui. Vista da quella prospettiva sembrava ancora più bella agli occhi di Nate, perché le labbra delicate e leggermente screpolate a causa delle flebo di antibiotici formavano delle perfette dune da percorrere con i polpastrelli, delicatamente e con dolcezza. Le ciglia erano lunghe e incurvate, come a voler portare la sua bellezza verso l'alto e la voglia di sentirle sulle proprie guance lo stava facendo diventare paonazzo. Nate si riscosse da quei pensieri poco consoni e cercò di ritrovare la voce per parlare, dato che la sua bocca era improvvisamente diventata secca.
- Hugh, mi prenderesti una bottiglietta d'acqua? Perché qui in Australia fa veramente caldo ed io...
- Guarda che se volevi stare da solo, bastava dirlo... Ci vediamo tra un po', Principe Azzurro...
Appena fu rimasto solo, Nate perse completamente il coraggio. Non sapeva che cosa stesse facendo, ne per quale motivazione lo stesse facendo ma, soprattutto, non sapeva che cosa intendesse Hugh con quelle parole. Lui non era un “Principe Azzurro”: non era perfetto, non era elegante e tanto meno sarebbe stato capace di portare qualcuno in salvo, anche se le loro fan continuavano a ripetere continuamente che lui e i ragazzi “le avevano salvate”. Ma da chi? E da che cosa?? Avrebbe tanto voluto chiederlo a qualcuna di loro, ma sarebbe risultato stupido ai loro occhi e c'aveva messo così tanto per non sentire più quell'insicurezza di fronte ad un pubblico di più di cinque persone che non si sarebbe mai cacciato in una situazione del genere da solo.   
Si riscosse da quei pensieri decisamente inutili in quel momento e si ritrovò di nuovo a fissare quella ragazza che era entrata per sbaglio nella loro e, soprattutto, nella sua vita poco più di un mese prima scombinando ogni sua priorità, tanto da fargli chiedere alla sua migliore amica di poter parlare con lei nonostante si trovasse dall'altra parte del mondo e stesse per salire su un palco, davanti a migliaia di persone. Tutto quello era decisamente assurdo.
- Ciao Lexi... Come stai?
Per l'ennesima volta si chiese come diamine facesse a risultare così banale, scontato ed idiota ad ogni conversazione che tentava di avere con lei: gli sembrava sul serio che il suo cervello cadesse in una buca di sabbie mobili, facendo sì che più cercasse di uscire dalle sue stesse stupidaggini, più ne rimanesse soffocato. Era una sensazione frustrante. - Scusami... Io... Non so nemmeno perché sono qui a parlarti in questo momento... Insomma, ti  avevo promesso che sarei rimasto con te sempre e poi... Poi me ne sono andato... Per undici giorni... Cazzo, so persino quanti sono?!
Non si era minimamente reso conto di aver contato quanti giorni fossero passati da quando l'aveva salutata l'ultima volta, dopo aver trascorso qualche ora a parlarle di lui, seduto sul suo letto, sfiorando il dorso di quella mano che gli era diventata così familiare. Non si era accorto di quanto desiderasse, invece, conoscere la sua di storia, quello che la rendeva felice, che la faceva ridere, che la faceva piangere anche se lui non l'avrebbe mai voluta veder versane neanche una lacrima. Nate non aveva avuto la più piccola impressione che Lexi gli fosse mancata in quella maniera così pesante, dato che gli sembrava letteralmente che da quando avesse cominciato quella chiamata, il suo petto si fosse liberato di un peso, tanto da permettergli finalmente di respirare. Ad essere completamente sinceri, Nate non sapeva nemmeno da dove uscissero tutti quei pensieri profondi e sdolcinati, ma a quanto pareva facevano parte di lui.
- Scusa per la volgarità... E' solo che... Diamine, non lo so nemmeno io Lexi!! In fin dei conti perché dovrei sentirmi in colpa per non averti chiamato?? Sto facendo il mio lavoro qui, quindi sono giustificato no?? Ma che diavolo sto dicendo?! Una promessa è una promessa e va rispettata ad ogni costo...
Era da quello che le sembrava un tempo incalcolabile che non cercava più un contatto con il mondo esterno, lasciandosi cullare da quel buio assoluto che era diventato tutto il suo mondo, dopo la visita di... Lexi non riusciva a pensarne nemmeno il nome, anche se a dire il vero, non riusciva proprio più a pensare, in generale. Il suo cervello si era addormentato e nulla sembrava in grado di sollecitarlo a risvegliarsi. Eppure qualcosa stava disturbando il suo nulla completo, come se un rumore stesse cercando di trapassare i suoi timpani per arrivare al cervello. Era un rumore altalenante, come se avesse delle inflessioni: alte poi basse, poi più concitate ed infine più dolci, come in quel momento.
- Specialmente se la promessa l'ho fatta a te, Lexi...
Il ragazzo si tolse per un secondo il cappello dei Leakers che aveva in testa, passandosi una mano nervosa sulla faccia e tra i capelli biondi, ma dalle radici castane, rendendoli ancora più disordinati, per poi rificcarsi in testa il cappello, come uno sorta di barriera protettiva dalle sue stesse parole.
Il solo ricordare gli faceva venire i brividi.
- Tu hai rischiato la tua vita per noi... Sai che, alle volte, ancora adesso, prima di addormentarmi, mi viene un flash di quella tremenda scena...
Lexi sentiva che quello non era un rumore qualunque, che assomigliava tanto ad una voce... Una voce maschile.
Ma fu subito buio di nuovo, perché la paura che fosse quella  voce scatenava un dolore che la stordiva prepotentemente, facendola richiudere nel suo guscio di nulla.
- Io stavo uscendo dalle porte a vetri del cinema ed avevo visto che le cose non stavano procedendo per il verso giusto... Che qualcosa di brutto stava accedendo....
Ma una sensazione, dentro di Lexi, le stava suggerendo che non era la stessa voce, che forse avrebbe dovuto provare ad ascoltarla, come non aveva fatto con tutte le altre durante quel tempo che le era sembrato incalcolabile.
- Le facce delle persone nella piazza erano delle maschere di puro terrore... Tutti stavano correndo ed urlando... Poi ho sentito quel rumore assordante...
No, non era decisamente la sua voce. Era più cristallina, meno roca... Forse più sincera. Lexi era ancora indecisa se dare una possibilità a quel contatto con il mondo attorno a lei, ma le sembrava che quel rumore la stesse richiamando, che le dicesse di seguirlo e di lasciare che le parole entrassero dentro di lei.
- Lewis stava trascinando Ellie a terra... Zach si era gettato sopra Page per proteggerla da quello che solo dopo due secondi buoni riuscì a capire essere un proiettile... E poi c'era Pablo che correva verso la folla, con la mano protesa verso qualcosa...
La conosceva quella voce, l'aveva sentita spesso nei giorni prima del buio in cui si era rifugiata, ma non solo... Anche attraverso le cuffie del suo Ipod mentre andava a lezione, dagli altoparlanti del pc mentre studiava per qualche esame, dall'autoradio mentre andava con Mia al cinema... E Lexi ricominciò a pensare, senza nemmeno rendersene conto.
- E poi... Poi...
Forse non doveva dirle quelle cose o forse, più semplicemente, non riusciva lui a tirarle fuori dalla sua bocca perché ancora gli facevano stringere il cuore in una morsa di terrore, di tristezza e, perché no, di senso di colpa. Perché quando aveva visto quella ragazza lanciarsi sulla traiettoria del proiettile si era anche sentito in buona parte responsabile di quello che stava accadendo, dato che se quella ragazza non c'avesse tenuto così tanto a loro, non avrebbe mai compiuto un atto del genere... O forse sì?? Ma ora quella ragazza era Lexi e tutto era cambiato: quel senso di colpa era aumentato a dismisura, tramutandosi in voglia di aiutare in ogni modo possibile e a quella domanda che lo tormentava voleva che fosse lei, con la sua stessa voce, a dargli una risposta. Così il suo tono si incrinò, per quella frustrazione, quel rimorso che si portava dentro e che non aveva mai detto a nessuno, perché sarebbe stato assurdo provare una cosa del genere per una sconosciuta.  Ma lei era Lexi ed aveva giocato la sua vita per salvare la loro.
- Poi ho visto te, Lexi... Ho visto quella dannata pallottola finire dritta sulla tua spalla... I tuoi capelli volare via per l'impatto, come se un piccolo tornado li avesse mossi... Poi il tuo corpo si è voltato e... E...
Quella lacrima calda che sentì scendere lungo la sua guancia ormai non più completamente liscia, segno che l'età adulta fosse ormai arrivata anche per lui, gli fece capire che non l'aveva affatto superata. Si era ripetuto più e più volte che gli sarebbe bastato andarla a trovare quando gli fosse possibile, che gli sarebbe stato sufficiente parlarle e magari regalarle qualche sorriso qualora si fosse svegliata, ma in quel momento la verità gli sembrò così lampante che si diede mentalmente dello stupido: aveva visto molto di più dentro quella ragazza in quel tragico 20 Agosto e nulla sarebbe valso a fargli dimenticare quello che vi aveva scorto, se non conoscerla veramente e capire il suo segreto.
- I tuoi occhi Lex... I tuoi occhi erano così... Così: felici... Come potevano essere felici in un momento come quello?! Cazzo Lex, pagherei oro per sapere che cosa li faceva brillare così tanto!! Sembrava che tu stessi toccando il cielo con un dito ed io... Io non capisco!
Si passò una mano sulla faccia, cacciando via tutte quelle lacrime dispettose che continuavano a tartassargli le guance.
- E un secondo dopo eri a terra... E quegli occhi non erano altro che uno specchio vuoto... E io li ho sognati per notti intere i tuoi occhi Lexi... Sperando di vederli riaccendersi...
Nate.
Lexi non aveva più dubbi.
Quella voce era di Nate e nulla le avrebbe potuto dire il contrario.
“Ha sognato i miei occhi... Ha visto il mio sguardo quando mi hanno sparato...”.
Ed eccola come un fulmine a ciel sereno, in un tranquillo pomeriggio di mezza estate: la consapevolezza che l'ultima cosa su cui i suoi occhi ormai vitrei avevano poggiato lo sguardo erano state quelle iridi angelicamente celesti che si stavano ora affacciando sul sipario nero della sua mente. Come un faro nella notte tempestosa. Come quella luce che per troppo tempo era stata in fondo al tunnel, ma che ora si stava inesorabilmente avvicinando. Erano gli occhi di Nate quelli che aveva visto per ultimi e, stranamente, questa cosa le faceva... Sì, poteva definirlo piacere.
Come se quella nuova consapevolezza le stesse lentamente scaldando il corpo, come un fuoco lento, per arrivare proprio lì, dove tutto aveva inizio: il suo cuore. Nate c'era stato fin da quell'ultimo momento nel “mondo dei vivi” e le aveva promesso che non l'avrebbe mai lasciata sola.
“E sta mantenendo la promessa... Lui è qui...”.
Quel fuoco fatto di sicurezza di avere qualcuno al proprio fianco, anche se non fisicamente; fatto di certezza nella parola di qualcuno che era entrato per sbaglio nella sua vita; fatto di un affetto che non aveva mai provato prima... Quel fuoco incendiò improvvisamente il suo cuore e un bip acuto ed intermittente cominciò a farsi sentire nella stanza silenziosa, segno tangibile che Lexi fosse tornata a combattere, questa volta forse anche per Nate.

 
       

Hi sweethearts!
Ve l'avevo detto che sarebbe stato un capitoletto con i contro fiocchi. Ma chissà se sarà davvero la svolta di tutto?? Per questo dovrete aspettare il prossimo aggiornamento. Ma intanto: che mi dite di questa chiamata? Come procedono per voi le cose? Perché per me, che l'ho scritto e riletto dopo due anni, sono ancora difficili da gestire... Della serie che mi potrei esser un pochino commossa **
Spero di sapere presto qualche vostro parere sui Nexi e di potervi ringraziare personalmente per leggere questa storia...
Non mi resta che dirvi "a presto" con un altro capitoletto niente male ^^
P.S. se volete trovarmi, poetet farlo su Twitter ( @93ONED per l'account di fangirl o su @FraFbusanel per la me un pochino più seria/che fangirleggia su altre cose)
Lots Of Love xx

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Capitolo 16
*** 23rd September 2013 ***


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23rd September 2013




Quando aveva sentito quel rumore insistente, il giorno prima, interrompere quel monologo lacrimoso che stava facendo, per poco non aveva urlato. Di certo, Nate si era ritrovato a fare un balzo spaventato sulla sedia su cui era seduto, ma soprattutto a sentire una gioia spropositata farsi padrona del suo corpo, parecchio scosso.
Non poteva credere che Lexi avesse ricominciato a combattere, eppure quella mattina (quella che da lui era mattina, mentre a Londra era ormai pomeriggio inoltrato) avevano saputo da Hugh, tramite un messaggio di Mia, che anche l'encefalogramma finalmente dava di nuovo segni di attività, benché lui avesse sempre saputo che quella ragazza non avrebbe mai gettato la spugna così facilmente. O almeno ci sperava. Perché lui, di Lexi, conosceva ben poco eppure la curiosità diventava sempre più cocente. Hugh non gli raccontava molto di quello che si diceva con la sua nuova ragazza, ora peraltro ufficiale, dato che si scrivevano pubblicamente anche su Twitter, e forse era meglio così: Hugh non era capace di raccontare qualcosa senza impiegarci almeno mezz'ora più del dovuto e perdendosi per lo meno dieci volte nell'intrico dei suoi pensieri. Quindi forse avrebbe semplicemente dovuto chiedere a Mia di raccontargli qualcosa della sua migliore amica, ma non era ancora abbastanza in confidenza con quella ragazza perché si fidasse a tal punto: se c'era una cosa che aveva capito sin dalla loro prima visita, era che Mia fosse assolutamente iperprotettiva nei confronti di Lexi e che se non le si fosse stati simpatici a pelle, avere a che fare con quella meravigliosa ragazza sarebbe stato sostanzialmente impossibile.
Fortunatamente, loro si erano potuti giocare la carta del fascinoso ed ammaliante Hugh, ma questo non li aveva resi esenti dal doversi sottoporre al vaglio della “Sfinge” come la chiamava scherzosamente Lewis: se non le piacevi anche solo lontanamente, potevi scordarti di avere a che fare con Lexi. Però sembrava una ragazza alla mano, oltre che estremamente stravagante, ma Nate a quello era abituato, considerata la band di pazzi in cui si trovava. Avevano più tatuaggi assurdi e senza senso loro, di un qualsiasi murales per le strade di Bradford, non sapevano fare una sola intervista che avesse un filo logico e che non comprendesse qualche battuta fuori luogo, qualche caduta imbarazzante o una risposta capace di mettere in difficoltà anche il più esperto degli intervistatori. C'era mancato veramente poco che, il giorno in cui avevano avuto la straordinaria possibilità di incontrare la Regina, Lewis non le scoppiasse a ridere in faccia pur di vincere una stupida scommessa con Zach: fortuna che poi quest'ultimo aveva rinunciato immaginando quello che Pablo, ma soprattutto, sua madre avrebbe detto di loro il giorno dopo.
Quindi sì, aveva deciso: avrebbe cercato di entrare abbastanza in confidenza con Mia, tanto da poterle chiedere qualcosa di personale su Lexi. Nate era anche abbastanza soddisfatto del suo piano d'azione, dato che era già riuscito ad ottenere il permesso di farsi dare il suo numero di cellulare da Hugh, di modo da poterla contattare ogni volta che volesse parlare con Lexi tramite Skype, cosa che stava facendo anche quella sera, un'ora prima del concerto.
Dopo tre squilli, Mia riuscì a rintracciare il cellulare dalla borsa e riconobbe la faccia sorridente del piccolo irlandese che lampeggiava sullo schermo con la richiesta per accettare la chiamata. Gli aveva dato il suo numero senza pensarci due volte, la mattina precedente, perché appena era entrata in camera di Lexi ed aveva visto che le macchine sembravano come impazzite, gli aveva chiesto che cosa fosse successo e lui le aveva semplicemente risposto, con una faccia più che scioccata, che le aveva solamente parlato. Dopo aver chiamato Sarah di corsa ed aver interrotto la chiamata con Nate, si era resa conto che il ragazzo aveva gli occhi parecchio arrossati e la faccia stanca, come se avesse pianto ma non lo volesse dar a vedere e tutto questo non aveva fatto altro che aumentare la sua curiosità. Così, quando Hugh le aveva chiesto se potesse dare il suo numero a Nate, aveva quasi ringraziato la sua buona sorte: in quella maniera avrebbe scoperto che cosa stesse succedendo tra il bel biondino e la sua migliore amica, tornata quasi del tutto da lei.
- Ehi Nate!! Qual buon vento!
Si rimirò le unghie, quel giorno di un sgargiante blu elettrico in onore del lieto evento e si appoggiò allo schienale della poltrona, preparandosi ad un primo interrogatorio.
- Buongiorno anche a te Mia! Sì, perché lì è mattina...
- Esatto Lepricauno... Proprio come ieri... Ed a proposito di ieri...
- Ma si può sapere perché mi chiami Lepricauno, Mia??
- Vediamo... Forse perché: sei irlandese, sei un finto biondo e ridi un sacco... Sì, credo sia per questo!
Sorrise soddisfatta della sua risposta, dimenticandosi per un attimo del suo reale progetto per quella chiamata.
- Ehm... Okay, credo che siano delle valide motivazioni... Comunque, io ti chiamavo perché...
- A proposito di “ti chiamavo per”... Ieri, con tutta l'euforia del momento, mi sono dimenticata di chiedertelo... Dimmi, Nate: che cosa le stavi raccontando quando ha avuto quella reazione??
Nate rimase decisamente sorpreso dalla schiettezza della ragazza dall'altra parte della cornetta, ma non si sarebbe certo aspettato niente di meno, dopo la descrizione  dettagliata che gliene aveva fatto Hugh ed, anzi, pensò che fosse l'occasione perfetta per farsela amica.
- Vuoi la verità, Mia?
Dopo aver sfoderato il miglior sorriso di trionfo che le riuscisse, facendo inarcare quelle labbra dipinte di rosso e lasciando che gli occhi celesti le si illuminassero di emozione, rispose con una malcelata trepidazione.
- Certo Nate... La verità e nient'altro che la verità!
- Stavo parlando della sparatoria...
Per poco il cellulare non cadde dalle mani di Mia: tutto si sarebbe potuta immaginare, qualsiasi risposta avrebbe voluto sentirgli pronunciare, tranne quella. Perché quel pomeriggio era ancora dentro le sue ossa con tutta la paura, il terrore e il senso d'impotenza che si era portato dietro, senza lasciarle mai realmente il tempo di metabolizzarlo. Aveva temuto di perdere la sua migliore amica per sempre ed in un certo senso era stato così, dato che nessuno le aveva mai assicurato che prima o poi avrebbe riavuto indietro la Lexi di quel 20 Agosto. Non ne aveva mai parlato nemmeno con Hugh, figurarsi con sua madre o con qualcun altro. Così ebbe qualche difficoltà a parlare, lasciando che le parole uscissero un po' meno sicure e spavalde di quanto avessero fatto in precedenza.
- E... E perché?
- Perché... Perché...
Nate ci si era ficcato da solo in quel circolo di “Facciamo a chi si espone di più con l'altro” e non poteva tirarsi indietro proprio in quel momento, in cui rischiava seriamente di conquistarsi la fiducia di Mia. Ed in fin dei conti, non ce la faceva più a tenersi tutto dentro neppure lui. Fece un respiro profondo e lasciò che le parole uscissero da sole, anche se magari confuse e poco coerenti.
- Perché non ce la facevo più, Mia. Perché nell'ultimo mese non ho fatto altro che vedere i suoi occhi comparire nella mia testa ogni volta che tento di dormire... Perché mi sembra surreale che si sia buttata su quella pallottola senza pensarci due volte per cinque idioti come noi... Perché forse non l'avrei fatto nemmeno io ed il suo coraggio mi ha spiazzato... Perché....
- Ho capito... Ho capito, Nate...
Non sapeva ancora bene che cosa stesse succedendo, ma  quel ragazzo si stava mostrando come una persona di cui potersi fidare veramente e la cosa la stupì parecchio, specialmente considerando che fino a qualche settimana prima non ne poteva più nemmeno di sentir nominare i loro nomi. Ma mai come in quel momento, Mia si rese conto che le cose potessero cambiare più in fretta di quanto si fosse aspettata e questo la spaventava parecchio.
- E' solo che... Io... Io non ne riesco ancora a parlare...
- Beh, se mai ti sentissi pronta... Insomma, io sono qui Mia, ecco...
Dire che era imbarazzato probabilmente sarebbe stato un gentile eufemismo, ma ormai, ogniqualvolta si parlasse, menzionasse o anche solo gli venisse in mente Lexi, il suo atteggiamento cambiava completamente, come se uscisse una parte di lui che nemmeno sapeva di possedere.
Mia si riscosse dal torpore fatto di ricordi e spiacevoli situazioni che quella confessione stava portando lentamente a galla e recuperò il suo solito tono sicuro e fermo.
- Va bene Lepricauno, ti sei conquistato il permesso di parlare con Lexi anche questa volta...
- Mia, non ti stavo chiedendo il permesso a dire il vero...
- Stai attento a come parli, Lepricauno: ricordati che sono io a gestire le telefonate che riceve la qui presente ragazza-in-coma...
Scosse la testa e si passò una mano bianca tra i capelli, cercando di sistemare il ciuffo senza che Louise, la loro parrucchiera, dovesse impazzire con phon e spazzole. Per quel giorno avrebbe dovuto accantonare i suoi piani da spia inglese per scoprire qualcosa di più sulla personalità e il passato di Lexi.
- Mia... Mi faresti parlare con Lexi, ora?
Sorrise a quella nota d'impazienza nella voce del ragazzo e decise che avrebbe scoperto qualcosa di più su di lui non solo da Hugh, ma anche con qualche ulteriore conversazione simile a quella che avevano appena intrattenuto, nei giorni successivi: era quasi sicura che quelle chiamate sarebbero presto diventate una routine.
- Certo che sì Lepricauno.... Ecco qua: tutta tua...
Mise il pc con cui stava lavorando sul vassoio per il cibo, attesa la richiesta di chiamata ed uscì dalla stanza, dove trovò Sarah ad attenderla.
- Stavo per entrare a cambiare le lenzuola, ma ho sentito che eri al telefono con Nate e ho pensato di aspettare...
- Che cosa ne pensi di lui?
La domanda stupì parecchio Sarah, anche se si era abituata alla schiettezza e alla sfrontatezza di quella ragazzina dalle punte dei capelli blu e dagli occhi della stessa disarmante tonalità.
- Che ci si può fidare, Mia... Sembra che ci tenga veramente a Lexi...
E con quell'ulteriore tassello da aggiungere al suo mosaico di informazioni, Mia si diresse verso le macchinette per prendere un tea caldo, mentre il bel Lepricauno intratteneva la sua migliore amica.
- Allora Lexi, mi hanno detto che sei tornata a combattere!
Non era ancora convinta di essere “tornata a combattere”, come sosteneva Nate, ma sapeva che sentire la sua voce le faceva venir voglia di pensare e cercare di rispondergli: forse perché non le chiedeva solo quando si sarebbe svegliata o magari perché le raccontava sempre qualcosa di nuovo e divertente, pezzi della sua fantastica vita, piena di esperienze e ricordi che lei non avrebbe posseduto in un'intera esistenza. Era come essere tornata a vivere attraverso le esperienze degli altri, come aveva sempre fatto, fin da quando era bambina, prestando sempre le sue orecchie a chiunque ne avesse avuto bisogno. Senza ombra di dubbio, era proprio da quella sua naturale propensione che si era poi sviluppato quell'amore totalizzante per lo studio della storia e per la musica: entrambe raccontavano la vita e le emozioni di qualcuno che non era lei.
- Sai, quando ieri ho sentito quel coso cominciare a suonare come una sirena rotta, ho pensato che ti stessi per svegliare... Sì, insomma, come in una di quelle scene da film in cui quando la ragazza racconta dell'incidente al ragazzo di cui è innamorata e che è in coma, questo rivive tutto e si ricorda di lei e si sveglia all'improvviso... Dai, hai capito no?...
“Nate, questo vorrebbe dire che tu saresti una ragazza innamorata ed io il tuo fidanzato?? Ma che film guardi?!...”.
- No, aspetta... Non intendevo dire che io sia l'innamorato e tu... Okay, lascia stare... Devo dire a Lewis che la smetta di farmi vedere quei film smielati del cavolo...
Forse era il fatto di sentirlo imbarazzato nel mostrare quelli che potevano essere dei sentimenti o magari era perché aveva come la sensazione che volesse fare bella figura con lei, ma che più ci provasse e più facesse invece peggio, eppure non avrebbe mai giurato di poterlo sentire così spontaneo come in quel momento. In quelle settimane, Lexi aveva imparato a conoscere un Nate non completamente, ma senza ombra di dubbio, abbastanza diverso da quello che era abituata a vedere nelle interviste e nei concerti. La sua insicurezza, quella che nemmeno quando aveva fatto le audizioni era uscita allo scoperto, sembrava volersi impadronire di lui ogni qualvolta dovesse rivolgerle la parola, facendogli dire frasi imbarazzanti o fuori luogo e Lexi immaginava che questo facesse sì che le sue guance candide si tingessero di una qualche vaga tonalità di rosa, accompagnando un bagliore nuovo nell'azzurro liquido dei suoi occhi. Il ricordo di quello sguardo decretò un piccolo balzo del suo cuore, una sorta di tacita reazione che non aveva provato con nessuno, se non quando aveva incrociato lo sguardo con...
“No... Lui se ne è andato per sempre dalla mia testa e dal mio cuore... Per sempre...”.
- Allora... Qualcuno ti fa ancora ascoltare un po' di sana musica Lexi Lex?? Secondo me no... Lo so che senti la mia mancanza lì in quella stanza sempre così silenziosa... Che poi, che ne so io: magari pure tu mi trovi pesante e fastidioso quando comincio a parlare a vanvera, proprio come ora... Lucas me lo dice sempre che sono logorroico, anche se secondo me quello che parla di più tra di noi è sicuramente Lewis, perché...
Le parole di Nate continuavano a riempire la stanza di Lexi, ma la mente della ragazza si era fossilizzata su quel nome detto distrattamente ma che per lei assumeva sembianze sempre più mostruose, come se potesse essere una sorta di richiamo per demoni che nemmeno lei pensava di poter nascondere.
-... Lui ti racconta proprio tutto! Del tipo che entra in bus ed esordisce ogni santa mattina dicendo: “Ragazzi non sapete che storia vi devo raccontare!!” e va avanti a sparare parole per interi quarti d'ora senza una minima pausa!!...
“Chissà se si è vagamente reso conto delle parole che mi ha detto... Chissà se ha saputo di come mi aveva ridotto... Chissà se si chiederà mai perché io l'abbia fatto sul serio quello stupidissimo gesto...”.
- Ma non stavamo parlando di questo... Insomma, io non so mica se ti dà fastidio sentirmi parlare così tanto e l'unico modo per scoprire questa e tante altre cose, sarebbe quello di svegliarti e parlarmi Lexi, lo sai vero?? Perché io ho sul serio una marea di domande da farti e mi serve la tua collaborazione...
“Che cos'hai detto Nate??”.
- Magari ho sbagliato tutto su di te... Magari sei l'esatto opposto dell'idea che mi sono fatto di te!
E nuovamente, la mente di Lexi fu catapultata su quella voce allegra e dolce che le faceva compagnia ormai da più di un mese e fu come se il marasma che il solo pensare al nome di Lucas le aveva fatto nascere dentro, stesse per essere messo a tacere da un flauto magico: Nate aveva uno strano ascendente su di lei e piano, piano se ne stava accorgendo.
“... E che cosa pensi di me, Nate?...”.
Improvvisamente sembrava che l'opinione di quel ragazzo dai capelli fintamente biondi e dagli occhi trasparenti potesse essere l'ago della bilancia per Lexi: come se il suo giudizio potesse decretare la possibilità o meno per lei di risvegliarsi. In fin dei conti, non sapeva più chi fosse, non aveva la più pallida idea di che cosa le piacesse, che cosa non sopportasse con tutto il suo cuore, se fosse anche solo capace di odiare e in che cosa credesse fermamente. Non sapeva più nulla di sé stessa da quando le sue gambe avevano deciso per lei e si era ritrovata distesa sul cemento freddo e duro di Leicester Square, scontrandosi con la limpidezza degli occhi di Nate. Quindi sì, sperava con tutta sé stessa che l'opinione del bel irlandese potesse darle qualche informazione su chi fosse, benché non la conoscesse per nulla.
“E' tutto così paradossale... Sto cercando conferme in qualcuno che, in teoria, non sa nulla di me...”.
- Sai... Non c'ho messo molto a farmi un'idea di te... Basta sentire quello che dicono tua mamma o Mia sul tuo conto... O anche il fatto che Zach ti adori... Insomma: quel ragazzo fa una fatica tremenda a fidarsi di chiunque e poi arrivi tu, con cui non ha nemmeno mai parlato, e boom!! Sei la sua confidente... Mia sembra non possa sopravvivere senza di te, come se fossi la sua gemella separata alla nascita... E tua mamma... Beh, lei ti adora... Un giorno, era in corridoio che prendeva un caffè quando sono arrivato per venirti a trovare e sembrava come persa in qualche pensiero troppo lontano da raggiungere... Non volevo disturbarla, però è stata lei a vedermi e a farmi segno di avvicinarmi... E sai che cosa mi ha detto?? Che non era giusto... Non era giusto che finalmente il tuo sogno si stesse realizzando e che tu non potessi godertelo appieno... Allora le ho chiesto di che sogno stesse parlando, ma lei ha semplicemente sorriso, come se fosse irreale quello che stava accadendo e mi ha detto che, forse, un giorno, l'avrei scoperto... Così, intanto, ho scoperto invece che sei una ragazza piena di sogni, o almeno con un grande sogno... E che sei terribilmente ironica, perché Mia non fa altro che ripetere come le manchino le tue battute... Che adori la storia per il fatto che ti permette di scoprire e dare importanza alla vita di qualcuno che non c'è più... E beh, so anche che sei una nostra fan dagli inizi... Ma, in fin dei conti, non è questo che voglio scoprire di te... Voglio sapere se veramente i tuoi occhi si illuminano quando sei felice... Se tra le tue canzoni preferite ce n'è qualcuna delle nostre e qual'è quella che ascolteresti per il resto della tua vita... Se arrossisci quando sei in imbarazzo e se il tuo cuore comincia a correre, come fa adesso, quando qualcuno ti parla a cuore aperto... Se ti piace ascoltare sul serio quello che le persone hanno da darti... E se sei felice della tua vita... Ecco, questo vorrei sapere di te, Lexi: ma come faccio se non apri quegli occhi e non mi parli??
“Sai Nate? Mi stai facendo tornare voglia di aprirli sul serio gli occhi... L'ultima volta che ho visto il tuo sguardo sembrava una maschera di terrore e sconcerto... Quell'azzurro era come un mare in tempesta... Letteralmente... E non era giusto... Non per colpa mia, almeno...”.
- Senti... Ti andrebbe di ascoltare una cosa in anteprima? E'... Sì, insomma, è una cosa che sto scrivendo con Hugh e volevo sapere che cosa ne pensi... Ma sii sincera, niente reazioni esagerate se non la ritieni buona abbastanza...
Lexi sentì chiaramente il rumore della sedia su cui era seduto che si spostava sul pavimento e poi i suoi passi chi si allontanavano di poco dal computer, per prendere quella che qualche secondo dopo riconobbe essere la sua chitarra. Adorava le canzoni in cui Nate poteva suonare dal vivo, perché ogni volta era come se lo avessero appena liberato nel suo habitat naturale: lui era un tutt'uno con quello strumento e nessuno avrebbe potuto togliergli la felicità che gli si leggeva in volto quando lo teneva tra le mani.
- Eccomi... Allora, ti ricordi quella registrazione che ti avevo fatto sentire? Quella dove Hugh sbatteva la testa sul microfono?
Happily ... Come dimenticarsi il titolo di una vostra canzone, se per lo più l'ho pure ascoltata in anteprima?! Sono sempre una Rusher , Hanson, non te lo dimenticare... Anche alla mia veneranda età”.
Non sapeva come, ma improvvisamente il fatto di pensare non era più un peso per lei, anzi, aveva voglia di farlo e soprattutto aveva voglia di ascoltare quella canzone. L' aver finalmente voglia di “fare qualcosa” la stava stordendo non poco, poiché era come se i suoi sensi, per lo meno quelli non compromessi dall'ematoma che non se ne era ancora andato, si stessero risvegliando solo per poter ascoltare quello che la voce di Nate stava per raccontarle sotto forma di note e versi. Le sembrava di essere una gemma che dopo essere stata per troppo tempo nascosta sotto la neve, finalmente riusciva a vedere i primi raggi di sole grazie al disgelo.
“Ma da quando in qua io mi paragono ad una gemma?! Hanson, che cosa mi stai facendo.??..”.
- Insomma, quella siamo riusciti a finirla, ma oggi voglio farti sentire quella che abbiamo registrato il giorno del mio compleanno...
“Il giorno del tuo...?? Oh porca miseria! Ma che cacchio di giorno è oggi?! Tu compi gli anni il 15 di Settembre... Questo vuol dire che siamo almeno il...”.
- Se te lo stai chiedendo, il mio compleanno era il 15 ed oggi è il 23 Settembre...
“Per quanto diamine di tempo sono stata assente?? E soprattutto: da quanto cazzo sono bloccata in questo letto?!”.
Poteva sentire la frustrazione salire nuovamente dal profondo di quel cuore che era sicura essere stato ridotto in frantumi qualche settimana prima, come se fossero delle esalazione nocive provenienti da rovine abbandonate chissà quanti millenni prima. Non poteva ridursi in quello stato di nuovo, non ce la faceva a sopportare quelle ondate di tristezza nuovamente... Ma la voce di Nate la riportò all'esterno di quel circolo vizioso di pensieri auto-distruttivi.
- E sì, te ne sei stata nel tuo angolino un po' troppo... Quindi è tempo che tu ascolti qualcosa di nuovo e che mi dica che cosa ne pensi... Forza...
I primi accordi decisamente country si diffusero per la stanza, accompagnati dalla voce di Nate che a Lexi apparve come...
“Come un balsamo...”.
- ... You tell me that you're sad and lost your way... You tell me that your tears are here to stay... But I know you're only hiding... And I just wanna see you...
E poi quella sensazione che ogni parola dolce e delicata che stava uscendo dalle labbra di Nate, parlasse di lei, della sua storia, di quello che lui aveva letto dentro di lei senza averci mai nemmeno parlato assieme...
“Ma che sto dicendo?! Non è possibile...”.
-... You tell me that you're hurt and you're in pain... And I can see your head is held in shame... But I just wanna see you smile again... See you smile again...
Non solo raccontavano di lei, ma esprimevano un desiderio chiaro che Nate sapeva avrebbe colto perfettamente durante il ritornello: aveva composto quel testo pensando a lei, pensando alla Lexi che gli sembrava di aver scorto durante quel fugace incontro di sguardi, quella che le persone che le volevano bene gli avevano descritto, quella che lui aveva deciso di far sorridere di nuovo...
-... Oh I will carry you over... Fire and water for your love... And I will hold you closer Hope your heart is strong enough... When the night is coming down on you... We will find a way through the dark...
E poi tutto si fermò.
Nate non riusciva a trovare il respiro per poter continuare a cantare, come se quei pochi versi gli avessero tolto ogni barriera e si fosse reso conto di qualcosa che non gli sembrava nemmeno immaginabile, figurarsi possibile: stava cominciando a provare qualcosa per Lexi.
Ma non poteva essere, semplicemente.
Come faceva a pensare di poter provare dei sentimenti, di qualsiasi genere fossero, per una ragazza con cui non aveva scambiato che uno sguardo?? Eppure, guardarla su quel letto, immobile per quello che non sapeva se essere uno scherzo del destino o una scelta consapevole, con il cuore che batteva all'impazzata e una lacrima ad impreziosirle il viso sempre più etereo, gli faceva stringere lo stomaco in quella maniera strana, che non gli era possibile ricondurre alla fame e le sue mani sudavano così tanto che persino la chitarra, sua fedele compagna, sembrava voler fuggire il più lontano possibile da quella situazione.
“Io...Oddio... Io... Non so cosa pensare... Sto piangendo...”.
Era l'unica cosa di cui fosse pienamente consapevole e che le dava una via di fuga dal significato pesante di quelle parole. Ogni singola sillaba uscita dalle labbra di Nate, che lei ricordava essere rosee e sottili, era diventata una marchiatura a fuoco su quelle macerie che prima aveva cercato, a fatica, di mettere a tacere, come se il loro compito fosse quello di ricostruire qualcosa che lei non poteva neanche sperare di vedere ancora senza piangere lacrime amare. Ed invece stava piangendo, ma per quella che le era suonata come una promessa d'aiuto, come una promessa ad essere sempre al suo fianco, a volerla capire per renderla felice. Non sapeva come gestire tutto quello, poiché non si era mai ritenuta all'altezza dell'affetto di nessuno, figurarsi di quello di Nate Hanson, una delle persone più speciali e belle, per quanto quell'aggettivo fosse banale, che lei avesse mai incontrato sul suo cammino. Avrebbe tanto voluto svegliarsi, poter guardare quei suoi occhi cristallini e leggervi la sincerità di quelle parole, la conferma che stessero parlando anche di lei...
Avrebbe voluto fiondarsi in uno dei suoi proverbiali abbracci e sentire il calore che quei versi le avevano solo fatto intuire ma che sapeva fosse celato nel loro significato. Voleva poter riavere indietro la sua vita per vederla trasformarsi in qualcosa di nuovo, con Nate a sorriderle e a dirle che si sarebbe stato per lei, che l'avrebbe stretta più vicino a sé, sperando che il suo cuore fosse forte abbastanza...  
“Ma forse sto solo credendo di nuovo in qualcosa di impossibile... Come sempre...”.
Più Nate la osservava più sentiva che seriamente qualcosa dentro di lui stava cambiando, come se solo in quel momento le parole che aveva scritto due settimane prima stessero assumendo un significato, una nuova luce sotto cui essere lette. Il camerino era deserto, perché i ragazzi sapevano come preferisse restare solo quando parlava con lei e la cosa gli fece sospettare che loro avessero intuito molto più di quanto dessero a vedere. Tutte le battute di Lewis sul fatto che avesse la testa sempre tra le nuvole, come se fosse seriamente l'angioletto che le fan vedevano in lui, tutti quei consigli non richiesti ma decisamente utili che Zach continuava a dargli, persino gli sguardi eloquenti che Hugh gli indirizzava ogniqualvolta gli desse informazioni su Lexi... Tutto quello stava assumendo un senso nella testa più che confusa di Nate, lasciando però che il suo cuore battesse impazzito alla ricerca di una spiegazione valida. Doveva dire qualcosa, perché se Lexi era tornata a combattere ed era lì ad ascoltarlo, sperava anche fosse per lui.
- Io... Sai... Insomma... Magari cantata solo da me non fa lo stesso effetto, però spero ti sia piaciuta lo stesso... Io... Sì, io l'ho scritta pensando a te... Volevo che lo sapessi....
Ed in quel preciso istante Lexi perse i sensi.
Tutto divenne difficile da seguire: i pensieri scappavano dalla sua mente, le lacrime continuavano a scorrere indisturbate sulle sue guance e il suo cuore prese a battere nel disperato tentativo di star dietro a quelle emozioni, ma dovette cedere. Bloccandosi.
Sarah corse preoccupata dentro la stanza, seguita a ruota da una trafelata Mia con ancora il bicchiere di plastica pieno di tea, in mano. Il cercapersone dell'infermiera aveva improvvisamente cominciato a fischiare, così come anche le macchine che erano collegate al corpo di Lexi, segno che qualcosa stesse andando storto. Spostò repentinamente il pc da sopra il letto e lo diede in mano ad una Mia sempre più sconvolta, per poi afferrare il defibrillatore, aiutata da altre due infermiere e dal dottor Lawson, che era accorso appena ricevuta la chiamata.
Il cuore di Lexi si era bloccato e per due interminabili minuti tutto divenne buio.
Il mondo si era fermato attorno e dentro di lei, come se la fine fosse giunta, con la sua sentenza incontrovertibile di vita o di morte.
Le piastre del defibrillatore mandarono la prima scarica di scosse al cuore di Lexi che però non diede segni di vita.
Le lacrime scendevano sul volto di Mia, nel vano tentativo di darle qualcosa per tenersi legata alla realtà di quanto stesse succedendo alla sua migliore amica e non accasciarsi sul pavimento.
Sarah caricò la seconda scarica di scosse, più potenti, pregando qualsiasi divinità ci fosse ad ascoltarla che quella ragazza a cui si era straordinariamente affezionata non perdesse così presto la sua battaglia, perché era destinata a fare grandi cose.     
Le mani del dottor Lawson tentavano di praticare il massaggio cardiaco più efficace che avessero mai fatto, affondando nel petto della ragazza per cercare di acchiappare ogni singola speranza di poterla riportare dalla madre.
Nate sentiva ogni cosa. Il pc era stato maldestramente appoggiato sull'angolo del tavolo, davanti il letto di Lexi, girato, però, verso il muro, senza che la chiamata fosse stata interrotta. Poteva udire ogni singhiozzo di Mia, ogni incitamento che Sarah stava facendo, ogni ordine che il dottor Lawson dava alle infermiere, ogni segnale di scarica del defibrillatore e quel bip acuto, monotono, assoluto che sembrava urlargli come tutto fosse finito.
Si ritrovò a piangere sulla cassa di quella chitarra che giaceva ancora inerme tra le sue mani, quella stessa chitarra con cui aveva composto la sua canzone per Lexi, quella con cui aveva aperto il suo cuore scoprendo di provare qualcosa per lei... Per colei che ora lo stava lasciando senza avergli mai dato il permesso di ringraziarla per avergli fatto comporre la sua prima canzone, per avergli salvato la vita, per avergli mostrato come anche solo uno sguardo potesse cambiare un'intera esistenza.
Poi un bip e un secondo di silenzio.
E poi ancora un altro bip. E finalmente la voce del dottor Lawson.
- E' tornata... Ce l'ha fatta...
Sarah andò immediatamente ad abbracciare una Mia raggomitolata sul pavimento, sussurrandole che Lexi ce l'aveva fatta ancora una volta, che quella ragazza non l'avrebbe distrutta nessuno. Per Nate quel suono sintetico fu la più bella melodia che le sue orecchie avessero mai udito, meglio di qualsiasi canzone o di qualsiasi suono... Forse solo la voce di Lexi sarebbe potuta suonare più perfetta al suo udito e il sapere che aveva ancora la possibilità di sentirla gli fece venire i brividi. L'avrebbe portata fuori da quel buio, avrebbero trovato una strada assieme e le avrebbe cantato quella canzone guardandola negli occhi. Ora sapeva anche quale fosse il titolo perfetto: Through The Dark.
Una sola cosa aveva berciato in mezzo al turbinio di nero e colori che era esploso davanti agli occhi di Lexi una volta che il suo cuore aveva smesso di battere: un celeste purissimo, simile alle tonalità dell'acqua alla sorgente, brillante come i riflessi del ghiaccio sotto un eterno sole polare. Era il colore degli occhi di Nate e fu la sola cosa che Lexi tentò di raggiungere in una corsa disperata, forse senza speranza, che la portò, invece, a far battere ancora quel suo cuore sempre più provato ma pronto ad essere curato.

 


Hi sweethearts!!
vorrei poter dire un sacco di cose, ma credo che questo infinito capitolo sia più che sufficiente. Insomma, non so voi, ma io sono piuttosto provata... Ora che l'ho riletto ed anche quando l'ho composto, sono finita per piangere: sono pessima, lo so ^^ In caso non fosse chiaro, ormai i Nexi sono diventati "qualcosa". Che cosa, mi piacerebbe saperlo da voi **
Posso solo dirvi che d'ora in poi non ci saranno più molti capitoli di "passaggio" e che tutto comincia ad ingranare: ma per arrivare dove???
GRAZIE infinite per continuare a leggere questa storia e soprattutto per il tempo che dedicate nel farmi sapere che cosa ne pensate (sì, parlo proprio di te _namelessmarti xx).
Al prossimo capitolo.
Lots Of Love xx

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Capitolo 17
*** 29th September - 2nd/10th October 2013 ***


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29th September 2013



Le funzioni vitali di Lexi erano tornate nella norma dopo quel pericoloso episodio di qualche giorno prima, se non per un'intensa attività cerebrale ogni qualvolta ci fosse qualcuno a parlarle e a tenerle compagnia, anche se Sarah si era accorta chi fosse la vera causa di tutto quel subbuglio dentro la mente della ragazza e non aveva alcun problema a parlarne continuamente anche con la diretta interessata, come se potesse darle una qualche sorta di risposta affermativa.
- Avanti Lexi... Non fare la finta tonta con la zia Sarah... Ormai sei qui da più di un mese e posso dire di conoscerti un po' come le mie tasche, quindi non ci provare... So che quell'attacco di cuore è stato causato da qualcosa di esterno e sono anche certa che abbia a che fare con quel Nate!
“Ma cosa vuoi che ti dica Sarah? Eh?! Sì, ho rischiato di morire perché Nate Hanson, uno dei ragazzi più dolci e oggettivamente carini del pianeta, membro della band per cui ho una passione malata da quattro anni, mi ha dedicato una canzone?! Cacchio, credo che qualunque fan, al mio posto, avrebbe avuto come minimo un attacco cardiaco!! Non c'è nulla di più.... Non può esserci nulla di più...”.
- Perché guarda che ho pure provato a chiedere a Mia se avesse scoperto qualcosa, ma lui nulla!! Muto come un pesce!! Non dice una singola parola sull'accaduto ed, anzi, fa pure lo gnorri!! Ma sappi che qui gatta ci cova, cara mia...
“Sarah, ma che diamine stai farneticando, me lo dici?! Nate è semplicemente un ragazzo dolcissimo che ha deciso di farmi sapere che mi è vicino in questo difficile momento, a modo suo... Wow, questa mi è venuta fuori proprio bene... Dovrei appuntarmela da qualche parte perché potrebbe sempre tornarmi utile con Mia e il suo prossimo attacco di supposizioni su di lui...”.
Anche la sua migliore amica aveva presto cominciato a fare illazioni su quello che secondo lei stava accadendo tra i due, immaginando impossibili risvegli e mirabolanti storie d'amore, ma Lexi sapeva come tutto quello fosse non solo altamente improbabile, ma addirittura impossibile.
“Anche se...”.
- Insomma: quale altro membro di quella band ti chiama tutti i santissimi giorni, prima del concerto, per sapere come stai e raccontarti la sua giornata??? E non dire che è solo per “tenerti compagnia”, perché gli altri ragazzi chiedono a Hugh come stai e finisce lì... Fidati della zia Sarah: qui si sta muovendo qualcosa!!
“Sì, tu attorno al mio letto, rischiando di farmi prendere una bronchite tanto sei agitata... Ma che avete tutti?!”.
Doveva ammetterlo: dopo quel terrificante episodio, Lexi si sentiva diversa. Non avrebbe saputo dire se per l'agghiacciante consapevolezza di aver rischiato seriamente di non poter più riabbracciare sua madre e Mia o per la confortante certezza di avere Nate ad aspettare che lei si risvegliasse. Era come se avesse un nuovo amico su cui poter fare affidamento, per cui combattere al fine di riuscire ad aprire di nuovo gli occhi, poiché, in un certo qual modo, si sentiva legata a lui da una promessa e lei, le promesse, le manteneva. Quindi era tornata non solo ad essere presente mentalmente, ma anche a fare della sana ironia dentro la sua testa, cosa che le era terribilmente mancata.
Un po' sentiva la nostalgia per la vecchia Lexi, quella che era prima di cominciare a lasciarsi sfuggire la vita dalla mani, senza fare nulla per trattenerla, ma forse, non era mai stata veramente diversa da quella ragazza che si era gettata su una pallottola per poter avere lo sguardo che sperava le avrebbe cambiato la vita e per provare “quel” brivido che non aveva mai sentito scorrere dentro di lei. Ormai aveva ripensato anche troppe volte al perché avesse compiuto quel gesto ed era arrivata alla conclusione che era vero, l'aveva fatto perché profondamente convinta che la sua vita non valesse abbastanza e che quel gesto, forse, avrebbe fatto cambiare le cose, anche se non sapeva nemmeno lei come. Voleva solo sentire qualcosa di nuovo, diverso dalla dolorosa coscienza di non essere corrisposta in quel sentimento impossibile che era il suo amore, differente dalla sua routine di emozioni che non si discostava di molto dall'apatia, qualche minuscolo guizzo di felicità regalatole da Mia e da un briciolo di serenità momentanea concessole dalla storia e dalla musica.
Null'altro.
E Lexi era stanca di tutto quello, così quel giorno aveva agito, senza minimamente preoccuparsi delle conseguenze. Ma ora aveva perfettamente presente che cosa quel suo gesto avesse scatenato e l'unica azione che ora le sembrava valesse la pena di fare era quella di svegliarsi dal suo stato di coma: per sua mamma, per Mia, ma soprattutto per sé stessa e per potersi dare la possibilità di rimettere in sesto la sua vita.
- Bene piccola, ora esco, perché, dato che questa mattina Mia non riesce a venire, ha chiesto a me di preparare il computer per la chiamata giornaliera di Nate... E ripeto: giornaliera!
Lexi la sentì prendere il pc ed accenderlo, dopo averlo posizionato sul solito vassoio, sopra le sue gambe.
- Ah... Eccolo qua il signorino... Buongiorno Nate!
- Beh, qui è sera ormai, ma buongiorno anche a te Sarah!
L'infermiera stava per uscire dalla schermata della finestra di Skype, quando decise di tentare un'ultima carta per scoprire che cosa fosse successo il giorno dell'arresto cardiaco.
- Senti un po', Nate... Non è che per caso, se non mi ritieni troppo indiscreta e se non è troppo personale... Dico, non è che potresti dirmi che cosa stavi facendo o dicendo a Lexi quando ha avuto quel piccolo incidente, cinque giorni fa???
Gli dedicò il suo miglior sorriso rassicurante ma appena vide quello beffardo del ragazzo dall'altra parte dello schermo, capì immediatamente che non avrebbe ottenuto alcun tipo di risposta, o per lo meno non quella che voleva lei.
- Come ho detto, ormai più di mille volte anche a Mia: è un segreto tra me e Lexi...
- Lo sapevo... Ho ragione io!! Altroché se ho ragione io!!
E detto questo uscì dalla stanza, non prima di aver sentito quel ragazzo con le precise sembianze di un principe azzurro delle fiabe, dire con voce bassa e delicata, quasi soffice:
- Ciao piccola, come stai oggi??


 

2nd October 2013

“Chissà se poi Page avrà deciso di che colore fare tutte le decorazioni per il matrimonio... Nate non mi ha più detto nulla...”.
Lexi era tranquillamente persa nei suoi pensieri che ormai giravano praticamente tutti attorno alla quotidianità decisamente anormale della famiglia che erano diventati per lei i The Rush, quando una voce realmente familiare la interruppe: David era entrato in tutto il suo lamentoso splendore nella sua stanza, logicamente senza nemmeno chiedere il permesso.
- Ma si può sapere che mi combini?!
“Tranquillo fratellone, se volevi aspettare anche il prossimo arresto cardiaco per venirmi a trovare e magari non trovarmi neanche più qua, potevi fare pure...”.
David si grattò il mento, facendo un po' di fatica nel districarsi con le dita in mezzo a quel groviglio di barba che si era fatto crescere: quello stile decisamente trasandato lo stava cominciando ad intrigare ed inoltre era perfettamente abbinato al luogo dove aveva trascorso le ultime settimane. Si sedette sulla solita poltrona e prese tra le sue mani quella della sorella, lasciandole un bacio leggero sul dorso.
“David, ma che cavolo...”.
- Mi dispiace se non sono potuto arrivare prima, ma ci sono stati dei problemi per prenotare il volo di ritorno...
“Il volo di ritorno, da dove?? Che cacchio stai dicendo David??”.
Gli occhi del ragazzo si fecero improvvisamente lucidi, ripensando al posto che aveva appena lasciato e a tutto c'ho che vi aveva visto.
- Sai quando ad inizio Settembre ti dissi che sarei andato alla casa sul lago, della nonna Amelia, per una settimana?? Beh, ci sono andato... Per due giorni: poi il tempo uggioso e tutta quell'inattività mi stavano distruggendo, così ho prenotato un biglietto aereo, destinazione: Cambogia...
“Che cosa hai fatto?! Tu vorresti dirmi che sei andato seriamente...”.
- Esatto sorellina: sono andato tre settimane in Cambogia... In un piccolo paesino che si chiama Samraong e ho fatto volontariato... Ho lavorato in un orfanotrofio, cercando di sistemare, per quanto poco, le strutture decadenti dove quei bambini sono costretti a vivere...
Un sorriso increspò le labbra di un giovane uomo che ormai aveva ben poco a che fare con il ragazzino pieno di sé e carico di certezze che aveva visto sua sorella finire su un letto d'ospedale per salvare qualcuno. Tutta quella miseria, quel bisogno, ma soprattutto quella forza di volontà e quei sorrisi pieni di speranza, avevano acceso dentro di lui qualcosa, come se fossero stati la miccia per far esplodere un ordigno: si era liberato di tutto quello che era per diventare un uomo nuovo.
- E sono cambiato Lexi, sul serio...
“Io... Ti credo David... Insomma, il mio fratellone saccente e tronfio non avrebbe mai preso un aereo per andare dall'altra parte del mondo ad aiutare delle persone di cui non sa nulla e senza ottenerne nulla in cambio...”.
- Lo so che potrà suonare un po' scontato, ma è successo veramente... Sono andato lì senza sapere che cosa diamine stessi facendo, perché avevo ventisei anni e nulla tra le mani se non il mio bell'aspetto e il mio lavoro... E certamente, uno potrebbe dire: e di che ti lamenti?! Ma io mi sono accorto che non era questo l'importante... Quando... Quando Mia si è messa con quel tipo, io sono andato in panne perché mi è sembrato di non sapere più nulla... Io non avevo mai provato nulla per lei, giusto? E allora perché mi dava così tanto fastidio vedere il braccio di quel tipo attorno alla sua schiena?? Per il semplice fatto che non mi ero mai fermato a riflettere su che cosa avessi seriamente bisogno nella mia vita... Ma ora l'ho capito Lexi! Ho capito che ho bisogno di Mia per poter sapere di aver qualcuno sempre al mio fianco su cui contare... Ho bisogno di cominciare a prendermi cura anche un'altra persona che non sia me stesso... Ho bisogno di creare qualcosa di solido e duraturo e che mi faccia star bene... Senti: ho persino la barba!
Fece arrivare i polpastrelli di Lexi sul suo viso irsuto e si chiese se la sorella potesse sentire qualcosa.
“David... Io non so che dire, sul serio... Sembri così... Così diverso da mio fratello.... Ma non mi dispiace affatto...”.
Dopo aver intrecciato le dita con quelle della sorella, appoggiandole al lenzuolo candido, aggiunse con un tono decisamente più consono alla sua vecchia personalità.    
- Ma non pensare che non abbia più intenzione di fare il sedere a quel damerino hipster, chiaro?? Io ho ancora il mio fascino, confermato anche dalle donne cambogiane che mi apprezzavano parecchio... Quindi è bene che il cantante finto-alternativo si prepari a sparire dalle scene, perché David Golder è pronto a tornare...
A Lexi venne leggermente da ridire, in quanto sapeva perfettamente fino a che punto potesse essere cocciuto suo fratello e, dalle sue parole, sembrava molto intenzionato ad ottenere ciò che voleva.
“Un po' mi dispiace per Hugh, ma so che tu ti prenderai cura di Mia come nessun altro saprebbe fare e... E: oh mio dio, che cosa diavolo sto dicendo?!? Nate mi sta dando alla testa...”.
- Comunque, mamma mi ha detto che anche tu hai un compagno “speciale” ultimamente...
Se solo fosse stata nelle sue condizioni normali, con ogni probabilità sarebbe arrossita avvicinandosi pericolosamente al colore di un peperone, mentre così solo il battito del suo cuore avrebbe potuto parlare per lei, ma aveva più o meno imparato a controllarlo, senza rischiare che David scoprisse tutto.
“Ma tutto cosa?? Non so veramente più che cosa mi passi per la testa... E' solo che ora Nate ha pure cominciato a chiamarmi piccola e ogni giorno ricevo una sua chiamata su Skype... Cioè, sta mattina è dovuto andare Zach a chiamarlo per ricordagli che avevano un concerto da fare... Io... Basta, Lexi!! Datti una calmata e piantala di fantasticare!”.
- Lo sai che con me non puoi mentire, Lexi-Lex... Anche se non siamo mai stati molto “uniti”, per così dire, mi sono sempre accorto quando ti piaceva qualcuno... Tipo con il ragazzo delle pizze!!
“David, tu non ti sei mai accorto proprio di un fico secco!! Se c'hai messo ventidue anni per accorgerti di essere innamorato di Mia!! Quella perspicace, tra i due, sono io...”. - Comunque, insomma, c'è un ragazzino che ti gira attorno e ti chiama tutti i giorni...
“Ma che è sta cosa?! Nemmeno papà mi ha mai fatto il terzo grado per sapere con chi uscivo... Certo, bisognerebbe prendere in considerazione il fatto che papà non fosse mai a casa, perché troppo concentrato su Kitty, e che io ho avuto un solo grande amore e per altro platonico, ma sono delle piccole clausole insignificanti.... E poi Nate non è un ragazzino!”.
- L'ho sempre detto che quella band era deleteria per te... Prima tutti quei soldi spesi per comprare cd e biglietti per concerti alle quattro del pomeriggio...
“Questo non è assolutamente vero!!”.
- Poi l'arrivo del famoso Hugh che tenta di portare via Mia... Ed ora pure il suo compagno di band che ti chiama tutti i giorni e che ti fa una corte spudorata, secondo quanto mi dice mamma!!
“Primo: non credo che mamma abbia usato questa terminologia; secondo: Nate non sta facendo proprio alcun tipo di corte!! Ma si può sapere perché siete tutti fissati con questa stravagante idea?!”. 
Il cuore di Lexi ebbe un leggero balzo e David capì di aver toccato un tasto dolente.
- Va bene, ho capito: c'ho azzeccato ma devo smetterla... Okay... Ma ti dico solo una cosa: se veramente è stato lui a farti tornare ad usare quel tuo cervellino bacato ed iperattivo -sì, mamma mi teneva aggiornato anche se ero in mezzo al nulla- allora sappi che mi sta già simpatico...
Non aveva mai aspettato il parere o la benedizione di suo fratello per poter provare qualcosa per qualcuno, ma quella volta le fece stranamente piacere, come se potesse essere un ulteriore punto a favore per Nate.
“Fermi tutti!! Ma quale punto a favore?!?! E perché mai dovrebbe piacermi Nate?! Oddio, ma che mi prende... No, no e poi no! Non posso permettermi di ricominciare tutto da capo...”.
- Senti sorellina: io devo andare ora, perché non riconquisterò mai Mia standomene qui seduto a parlare con te, per quanto possa essere piacevole sapere che il tuo cuoricino sta battendo più velocemente per qualcuno...
Rise come non faceva da anni e come aveva imparato a fare di nuovo stando in mezzo ai bambini di Samraong e alla loro speciale capacità di vedere speranza dovunque.
- Prometto di venire a trovarti il prima possibile... Anche perché, sinceramente, spero di vederti riaprire i tuoi begli occhioni color cioccolato nell'arco di poco tempo... Ti voglio bene Lexi-Lex... E sì, rinunciaci: sono diventato molto più affettuoso!
Lexi sentì una risata salirle dal profondo del cuore, soprattutto quando la barba incolta del fratello le solleticò la fronte, mentre le dava un tenero bacio. Appena fu rimasta sola, l'immaginazione di Lexi, che era stata in silenzio per troppo, troppo tempo, si perse nei meandri di uno dei suoi mirabolanti film mentali che spesso, nella sua vita passata, le erano sembrati un porto sicuro in cui rifugiarsi quando tutto diventava difficile.
“Io giuro che non capisco che cosa stia succedendo a tutti... Insomma: perché sono così fissati con questa storia di Nate?? E' vero, mi è stato particolarmente vicino in questa situazione assurda, ma anche gli altri ragazzi non sono stati da meno... Sono venuti a trovarmi e mi avranno ringraziato almeno un milione di volte, anche se non aveva senso che lo facessero... Avrebbero potuto semplicemente venirmi a trovare con le telecamere, promettermi un posto fronte palco ad un loro concerto e firmarmi qualche gadget, per poi sparire nel nulla... Invece sono tornati, si sono interessati, hanno sconvolto la mia vita e quella della mia migliore amica... Che poi lui mi abbia dedicato una canzone stupenda... Ehi, ehi, ehi!! Frena un attimo, Lexi!!... Dio, parlo pure in terza persona... Va bene, analizziamo la cosa con calma... Allora, Nate si è mostrato molto interessato alla mia situazione e dire che non mi faccia piacere, sarebbe come sostenere che i suoi occhi non siano di un azzurro assuefante... Ma che cavolo mi sta succedendo?! E' solo che, da quando ha cominciato a chiamarmi piccola, tutto è diventato strano... Cioè, io mi sento strana e lui... Lui è speciale... Dai: chi mi aveva mai dedicato una canzone?! E chi avrebbe voglia di scoprire se quando rido mi si illuminano anche gli occhi?! E chi... Okay, direi che il concetto sia più che chiaro... Ma diamine: ultimamente mi parla con un tono di voce così gentile ed interessato, e quando ride... Oddio, quando ride è semplicemente perfetto! E io sto andando fuori di testa, cosa che non necessitavo di aggiungere alla lista dei miei problemi attuali... Non posso permettermelo... Non di nuovo... Se c'è una cosa che ho imparato da tutta questa situazione è che non bisogna mai innamorarsi di una pop-star... Sì, decisamente questa è una lezione bella che imparata...”.



10th October 2013

- Ehi piccola!! Buongiorno!! Oggi siamo a Christchurch, Nuova Zelanda! Lo so che ti sto chiamando un po' più tardi rispetto al solito, ma per colpa del fuso orario ho pensato fosse meglio aspettare la fine del concerto, altrimenti da te sarebbe stato troppo presto...
“Buona notte a te Nate! E grazie per aver pensato alle mie ore di sonno e non alle tue... Che carino.... Lexi, no!! Non ci pensare nemmeno!! Ed eccoci qui, punto e a capo: sto di nuovo parlando in terza persona e sto fantasticando su di lui... Cacchio...”.
- Tu non hai idea di che concerto sia stato, Lexi!! Insomma: sembrava di essere tornati agli inizi! Il posto era un piccolo auditorium, che avrà tenuto forse cinquemila persone...
“E tu lo chiami piccolo?! Scusa, ma io sono abituata a parlare al massimo davanti ad un professore e al suo assistente, durante gli esami, mentre tu ti esibisci ogni sera di fronte a ventimila ragazze urlanti... Giusto...”.
- E quando abbiamo cantato Little Things, cavolo... Mi vengono ancora i brividi se ci penso... Ogni persona che era lì dentro stava cantando con noi... Ho seriamente rischiato di scoppiare a piangere durante il mio assolo... Per fortuna che Hugh mi ha aiutato...
“Come al concerto in cui c'ero io... Anche lì la tua voce si è incrinata sullo stesso punto e tutta l'arena ha cantato al posto tuo... Ancora mi ricordo i tuoi occhi lucidi sui maxi schermi...”.
-Chi mi sta nominando invano??
Lexi sentì il rumore di un pezzo di stoffa che veniva scostato e si chiese se Nate non le stesse parlando dalla sua cuccetta sul tour bus. Ma la sua intuizione venne presto smentita dalla voce sempre allegra di Nate:
-Si può sapere chi ti ha dato il permesso di infilarti sotto il mio piumone?
- Nessuno, ma sono mezzo ignudo e qui dentro si congela... Ma stai cercando di trasformare la stanza in una cella frigorifera?!
- Hugh, vai fuori dalle balle, per favore!
- Intanto, grazie per quel “per favore”... Dirò a Bob che ti ha cresciuto bene... Ma ora dimmi: che stai facendo di tanto riservato in questa ghiacciaia??
“Cavolo Hugh sei veramente identico a Mia: due impiccioni di prima categoria, cacchio!!”.
- Non so se noti, ma starei parlando con Lexi...
Cos'era quella?? Una leggera nota di fastidio era comparsa nella sua voce, senza che lui volesse, eppure il fatto di avere Hugh lì con lui e che quel bussare insistente alla porta gli stesse dicendo che presto si sarebbe aggiunto qualcun altro,  lo facevano leggermente innervosire: quello era il suo momento di stare con Lexi e sì, lo aveva aspettato per tutta la giornata.
-Allora: che sta succedendo qui dentro?!
Un Lewis decisamente euforico era entrato, anche lui senza permesso, nella stanza, gettandosi letteralmente la porta alle spalle e lasciando pure la porta aperta.
- Ma sei per caso nato in barca?
- No, perché?
- Non te l'hanno detto che le porte si chiudono, dopo essere entrati da qualche parte?!
- Ma che centra questo con il fatto di essere nato in barca?
Un verso di pura frustrazione uscì dalle labbra di Nate, cosa che fece insospettire non poco Lewis, con cui, solitamente, non faceva altro che ridere. Ci pensò Hugh a chiarire le cose.
- Lascia stare Lewie... Te lo spiegheremo quando sarai più grande...
Lexi riconobbe il rumore di un cuscino che finiva dritto in faccia ad un Lewis più che indignato, dato il grido di guerra che lanciò subito dopo, probabilmente pronto a ricambiare il trattamento ricevuto. Ma prima che potesse fare qualsiasi cosa, l'entrata drammatica di Zach attirò l'attenzione di tutti.
- Ditemi che cosa mi passava per la testa quando ho chiesto a Page di sposarmi?! Ditemelo, vi prego!!!
Dal rumore, un altro peso morto si era gettato sul letto di Nate, che Lexi sperava vivamente essere matrimoniale, e la cosa la fece parecchio ridere: aveva sperato per anni di sapere che cosa facessero i The Rush quando non erano su un palco o circondati da telecamere ed ora poteva tranquillamente seguirlo in diretta, senza alcuno sforzo. Avrebbe tanto voluto vederli.
Nate, invece, non vedeva l'ora che evaporassero tutti dalla sua camera d'albergo, ma vista la piega che la situazione stava assumendo, dubitava sarebbe accaduto tanto in fretta. Quando Hugh e Lewis cominciavano con i loro battibecchi esistenziali era meglio mettersi comodi e aspettare. Il primo a parlare fu proprio il fidanzato di Mia.
- Il fatto che la ami alla follia e che vuoi averla al tuo fianco per il resto della vita?
- Questa suona più come una condanna che come una valida motivazione...
- Ancora mi sto chiedendo come faccia Ellie a stare con te... L'ho sempre detto che è una santa... E che tu sei un coglione...
- Ehi! Vacci piano con i complimenti che potrei arrossire...
Nonostante tutto, quella stupida risposta fece ridere Nate e quando Lexi sentì quel suono ormai familiare, le venne da sorridere di rimando, come se fosse un riflesso incondizionato: il suo corpo rispondeva spontaneamente a quella risata, come facevano i reagenti in chimica.
“Ho come l'impressione di star a ricadere nella fossa con tutti e due i piedi... Ma che paragone felice per una nelle mie condizioni...”.
Un battito più accelerato del suo cuore fece sobbalzare il tracciato dell'elettrocardiogramma, che emise un suono stridulo, facendo zittire tutti quelli che erano in una stanza d'albergo nel bel mezzo della Nuova Zelanda, dall'altra parte del mondo.
- Cos'è stato? Zach si era bloccato un secondo prima di lanciarsi anche lui sul letto di Nate e a rispondere al suo sguardo sospettoso, ci pensò quindi Hugh, che invece non sembrava per nulla sorpreso da quell'interruzione: Mia gli aveva detto che da quando Nate l'aveva chiamata, Lexi sembrava più presente che mai.
- Nate è su Skype con Lexi....
- Che cosa?! E non ci hai detto nulla?! Dammi qua!!
Il ragazzo dal ciuffo castano sempre più lungo ed indisciplinato, afferrò d'impeto il pc, dalle gambe di Nate, e se lo mise in grembo, con gli occhi azzurri accesi da un guizzo di entusiasmo. In quel momento l'irlandese pensò di eliminare fisicamente dalla faccia della terra Lewis Tompson.
- Ehi Lexi- Lex!! Come va?! Non mi dire che il nostro piccolo Lepricauno ti stava ancora annoiando raccontandoti come sia andato l'ennesimo concerto!!
- Ehi!! Io non annoio proprio nessuno!! Anzi, sono di grande compagnia, vero Lexi??
Lexi avrebbe seriamente voluto vederli in quel momento: a contendersi le sue attenzioni, quelle che nessuno, eccetto Mia e Matt, aveva mai voluto e che ora, anche volendo, non avrebbe potuto concedergli. Alle volte la vita era semplicemente ingiusta, ma questo non significava che non ci fossero valide motivazioni per continuare a cercare una soluzione a tutto. L'aveva imparato da Nate e da tutte quelle storie che le aveva raccontato in ore e ore di chiacchierate di cui lei gli era immensamente grata. Così, l'unica cosa che poté fare per risollevare la reputazione del suo amico, fu quella di far accelerare leggermente il suo battito cardiaco.
“Perché Nate è solo questo: un amico... Un fantastico, insostituibile e perfetto amico...”
- Visto?!
Nate si riappoggiò con la schiena sulla testiera del letto, increspando le labbra sottili in un sorrisetto soddisfatto: Lexi era lì per lui e la cosa lo faceva sentire al settimo cielo.
- Fermi tutti: lo vedo solo io?
Zach si era finalmente seduto su un lato del letto ed ora riusciva a vedere chiaramente Lexi.
- Che cosa??
Come al solito, benché volesse passare per quello che sapeva sempre tutto, Lewis non era sufficientemente attento ai particolari, specialmente quando si trattava di relazioni.
- Il sorriso ebete che ha Nate in questo momento...
- Ma si può sapere che cosa volete dalla mia vita?!
Hugh incrociò le braccia al petto e fu il suo turno di sorridere compiaciuto: non sapeva bene se per il fatto di essere giunto a quella conclusione prima di tutti gli altri o solo perché era contento per Nate.
- Io me ne sono accorto da un bel pezzo... Pensa che quando sono entrato, poco prima di voi, stava per sbranarmi perché l'avevo disturbato durante la sua preziosa chiamata con Lexi...
- Oddio: è vero!! Il nostro Irlandese si sta...
- Ma la piantate di dire cazzate, per favore?!?!
- E' persino arrossito!!
- Lewis, preparati a morire...
Zach ebbe appena il tempo di afferrare il computer dalle gambe di Lewis e di sedersi per terra, ai piedi del letto, prima che quei due scalmanati cominciassero a fare la lotta: ventidue e ventiquattro anni persi per la nebbia.
“Non ci posso credere!! Ma allora non solo l'unica che è circondata da pazzi visionari!! La cosa mi solleva un poco, anche se non aiuta per nulla nel mio intento di rimanere con i piedi ben piantati a terra...”.
Mentre Hugh, tentava di sgusciare fuori dal piumone per potersi mettere in salvo, Zach ne approfittò per parlare con Lexi.
- Ciao bellissima, sono Zach!
“Sempre sia lodato chiunque ci sia lì sopra per il fatto che non posso arrossire... Ciao anche a te Zach...”.
- So che hai passato un brutto periodo, ma che ora le cose vanno meglio... Ne sono veramente felice! E so anche che qualcuno ti ha dedicato una canzone... Beh, a dire il vero, non l'ha ammesso con nessuno, ma lo sappiano tutti che Through The Dark parla di te... Quando ce l'ha fatta sentire mi è parso di conoscere per la prima volta una parte di Nate che non avevo mai visto... Si vedeva che quelle parole venivano dal profondo e che stupivano pure lui...
Improvvisamente la confusione che Hugh, Nate e Lewis stavano facendo in sottofondo sparì, cancellata non solo dalla voce bassa e calda di Zach, ma soprattutto dal significato delle parole che le stava dicendo.
“Non mi sono immaginata nulla... Quella canzone è per me... Nate ha scritto seriamente una canzone per me...”.
- Senti Lexi, io non so che cosa stia succedendo tra voi due, ma di una cosa sono certo: il Nate che è in tour con noi qui, in Australia, non è lo stesso che c'era in America o in giro per l'Europa... Non so cosa tu gli abbia fatto Lexi, ma grazie... Non l'ho mai visto sorridere così tanto: sembra che sia la Festa di San Patrizio ogni giorno!!!
- Zach che cazzo stai facendo con il mio computer?!
- Calmati principe azzurro: nessuno vuole portarti via la tua damina...
Il bel ragazzo di origini indiane si perse in una risata liberatoria, che gli fece dimenticare tutto lo stress accumulato negli ultimi giorni a causa dei preparativi per il matrimonio. Sentì il pc che gli veniva tolto furiosamente dalle mani e si voltò per osservare un Nate tutto accaldato, rosso in volto e con i capelli biondi scompigliati, lanciarsi nuovamente sul letto, dove Hugh aveva trovato un angolino neutro dove rifugiarsi. Si voltò dall'altra parte della stanza e notò che Lewis era altrettanto scompigliato ed affannato, con ancora un cuscino tra le mani e se ne stava  in piedi, davanti la porta del bagno, come in attesa che il nemico lo attaccasse nuovamente.
- Fortuna che Lexi non può dire quello che sta pensando ora...
“Fidati Zach che se poteste sentire il trambusto che ho io in testa in questo momento, prendereste talmente tanta paura, da darvela a gambe levate...”.
Hugh, a quella battuta di Zach, alzò un secondo la testa dallo schermo del suo Iphone e  fu tanto fortunato da cogliere lo sguardo di Nate in quel preciso istante: si poteva leggere lontano un miglio quanto fosse palpabile il suo desiderio di sapere che cosa passasse per la mente di Lexi e la cosa gli fece capire definitivamente che il suo amico era ormai perso nel bosco insidioso dell'amore. Gli era sempre piaciuto far quel genere di considerazioni, ma che Lewis non lo venisse a sapere altrimenti sarebbero stati mesi di prese in giro ininterrotte.
- Che ne dite se ci leviamo dalle palle e andiamo a fumarci una sigaretta? Così il principino se ne sta un po' da solo con la sua amata...
Dopo che ebbe evitato un cuscino spuntato fuori da chissà dove e lanciato da Nate con il chiaro intento di spiaccicarglielo in faccia, Lewis si diresse verso la porta, facendo un breve cenno a Zach che si alzò subito da terra e lo seguì fuori dalla porta: ci teneva al biondino, anche se tinto, ed aveva capito pure lui quanto avesse aspettato quel momento per chiacchierare solo con Lexi.
- Salutami Lexi... A domani Nate...
Hugh gli lasciò una pacca sulla spalla e, mezzo nudo com'era entrato, se ne stava anche uscendo, chiudendosi la porta dietro alle spalle muscolose ed abbronzate. Lexi lo sentì prendere un respiro profondo e buttare fuori tutta l'aria che aveva dentro e, senza spiegarsi come, era quasi certa che stesse sorridendo: infatti Nate si lasciò presto andare ad una risata liberatoria.
- Ora hai capito che manicomio è qui, ogni santissimo giorno?!
“Sono veramente fuori di testa quei tre, ma diciamo che l'avevo già intuito, tranquillo...”.
- Allora piccola: di cosa stavamo parlando, prima dell'invasione??
Forse era per quel “piccola” a cui non riusciva seriamente ad abituarsi, perché le sembrava  tanto come un sogno che scorreva di fronte ai suoi occhi e che viveva con la paura di risvegliarsi, anche se nel suo caso era esattamente ciò che voleva, stava di fatto che ogni singola volta in cui Nate usava quell'appellativo, il cuore di Lexi accelerava di uno o due battiti, facendosi sentire.
Quando anche quella volta, il cardio-frequenzimetro fece un battito più veloce degli altri, Nate sorrise, consapevole di essere stato lui con quella sua abitudine di chiamarla “piccola” a provocarlo.  L'aveva notato qualche giorno prima e ancora non riusciva a credere di essere veramente lui la causa di quelle piccole variazioni: avendo a che fare con Lexi ogni giorno, per almeno un'ora, e prima di partire per il tour, ancora di più, si era allenato nel notare tutto, anche il più minuto ed insignificante cambiamento. Ogni minima variazione in quella ragazza era diventata per Nate una briciolo di speranza a cui aggrapparsi, sperando che la stessero finalmente conducendo da lui.
- Ah, sì! Insomma: è stato un concerto speciale, veramente... Quasi mi ha ricordato quello di Londra... Uno dei primi che abbiamo fatto all'O2... Quella volta ho seriamente faticato a trattenere le lacrime, cavolo... Chissà se c'eri anche tu...
“Sì, che c'ero!! Io ero lì Nate e sono qui anche ora... E vorrei così tanto che tu lo sapessi...”.
- Comunque piccola, torno tra venti giorni.. Chissà se magari ti sarai già svegliata e potrò finalmente parlarti di persona... Perché non credere che ti libererai di me tanto facilmente, eh? Wow, questa suonava più come una minaccia che come una promessa... Mi faccio ansia da solo...
Ancora una volta la fece ridere e le fece sorgere la malsana speranza che per davvero lui sarebbe stato lì con lei, una volta aperti gli occhi.
“Magari potrebbero essere i suoi spettacolari occhi celesti quelli che vedrò per primi... No, no, no!!! Ma che diavolo sto pensando?! Non l'ho ancora capito che le cose non vanno come nei telefilm degli anni Novanta, dove la povera sfigata che si risveglia dal coma, lo fa solo perché l'uomo della sua vita gli ha confessato amore eterno?!?! Dio, che idiota che sono...”.
Nonostante tutto quello che le era successo, il fatto di essere arrivata persino a rischiare la sua vita per uno sguardo suo, il fatto di aver semplicemente gettato all'aria la sua intera vita sentimentale per un amore che palesemente non sarebbe mai potuto essere, anche se lui non fosse mai diventato quello che era, il fatto di aver sempre sperato che quel bambino potesse trasformarsi nel suo principe azzurro; benché tutto questo fosse accaduto, il cuore di Lexi ancora si ostinava a credere che le favole potessero esistere e che Nate potesse forse essere il Lancillotto della situazione: non certo un principe, ma non per questo meno degno di essere amato. Eppure, questa volta, qualcosa di diverso c'era in Lexi: un passato doloroso ed una consapevolezza acquisita con il rischio di perdere tutto il resto, entrambi a pesare sulla volontà del suo cuore e a condizionarne le decisioni.  Sapeva di non potersi permettere un altra frattura, altrimenti sarebbe stata per sempre e con ogni probabilità era anche questo uno dei motivi per cui Lexi non riusciva a svegliarsi: e se facendolo avesse scoperto che tutto quello era ancora una volta frutto della sua fantasia e del suo inguaribile romanticismo? Non poteva rischiare così tanto, per quanto le promesse di Nate le fossero sembrate sincere.




Hi sweethearts!!
Tre capitoletti tutti assieme, sostanzialmente perchè: 1) Non vedo l'ora che accada "qualcosa" 2) Mi piace dare parecchio da leggere, di modo che possiate avere più materiale su cui ragionare o anche solo gustare. Grazie per aver letto fino a qui e spero che questi piccoli attimi di "normalità" (più o meno, quasi ^^) possano avervi in qualche modo fatto sorridere. Il ritorno di David dal suo viaggio mistico vi assicuro che avrà conseguenze rilevanti molto presto, mentre per quanto riguarda i Nexi.... Eh. Che ne pensate di tutte queste paure di Lexi? Comprensibili o ingiustificate? Mi piacerebbe molto sapere il vostro parere **
Grazie ancora e a presto per il prossimo aggiornamento
Lots Of Love xx

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Capitolo 18
*** 15th/16th/24th October 2013 ***


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15th October 2013



- Ma ti rendi conto?! Mi spieghi come faccio io, da sola, senza l'aiuto di nessun altro, a fare sette costumi di scena?! E per di più da cigno, capisci?! Da cigno, per l'amor di dio!!! Implica quantitativi esorbitanti di piume, piumette, piumone, tulle e brillantini che tu non hai nemmeno idea!!! Non ce la farò mai...
Lexi aveva passato gli ultimi venti minuti  a subirsi l'infinito e lagnoso monologo di Mia sulla cattiveria e “stronzaggine” della capo costumista, per non parlare della “poca stabilità mentale” (sempre testuali parole) della direttrice del balletto, che cambiava idea sui costumi di scena almeno tre volte al giorno, costringendola a fare e disfare lo stesso tutù di continuo.
A dire il vero, la mente di Lexi era tutto fuorché concentrata sulla sua migliore amica in crisi esistenziale, che continuava a torturarsi le punte blu dei capelli, mentre faceva ciondolare le gambe dalla solita poltrona, ormai infossata per le troppe persone che vi si erano sedute sopra. Lexi non riusciva a smettere di pensare a come poche ore prima, durante la chiamata, Nate le forse parso strano, come se ci fosse qualcosa a turbarlo, ma l'unico modo che aveva per scoprirlo, dato che non poteva chiederlo direttamente a lui, era sperare che Hugh ne parlasse con Mia e che quella ciarlona le riferisse tutto. Ma le sembrava altamente improbabile, dato che era così concentrata a parlare del suo lavoro, da non essersi nemmeno resa conto che qualcuno fosse entrato nella stanza.
“E non un qualcuno qualsiasi, direi... Si prevedono fuochi d'artificio...”.
-Sono sicuro che ce la farai...
Ci mancò veramente poco che Mia non cadesse dalla poltrona: era così tanto concentrata nel narrare la sua epopea lavorativa, che non aveva visto entrare David nella stanza dove si trovava sua sorella. O almeno, quel ragazzo le sembrava David, ma non era completamente sicura. La barba castano chiara incolta, la maglietta bianca che si vedeva spuntare da una camicia in flanella a quadrettoni blu e rossi, i jeans leggermente larghi, che cadevano perfettamente sui fianchi magri. I capelli del colore della sabbia bagnata, così diversi da quelli di Lexi, erano appoggiati delicatamente sulla sua fronte, ad incorniciare uno sguardo che Mia non gli aveva mai visto prima, se non forse due mesi prima, mentre la consolava sulle scomode sedie di un anonimo corridoio di quello stesso ospedale. Ma allora era solo un pallido riflesso di quello che aveva di fronte in quel momento: il blu dei suoi occhi era a tal punto liquido che Mia credette potesse tramutarsi in un oceano in cui si sarebbe volentieri tuffata per esplorarne le profondità e scovarne i tesori. Vi poteva scorgere un fuoco ed una determinazione che quasi la misero in soggezione, ma quella nota di dolcezza mescolata ad interesse le fecero invece provare un brivido alla base della schiena che la lasciò completamente senza parole.
David riconobbe lo stupore nello sguardo delle stesse tonalità del suo e seppe di aver fatto breccia nel muro di pregiudizi che lo separavano da Mia da troppo tempo: ora doveva solo lasciare che il nuovo David, o meglio, che il vero David parlasse.
“Ragazzi, ci siete?? Che è tutto sto silenzio??... E se si fossero uccisi con uno sguardo?!...”.
- Allora... Come stai Mia?
La ragazza si riprese dallo shock iniziale e, dopo essersi seduta in maniera normale sulla poltrona ed aver accavallato le gambe fasciate da un paio di jeans neri, si prese tutto il tempo per tornare al suo atteggiamento usuale nei confronti di David.
- Al massimo dovrei chiedertelo io, dato che sei tu quello che è sparito per quasi un mese, mentre sua sorella era da sola su un letto d'ospedale!
David stava per ribattere nella stessa maniera piccata, ma si morse la lingua dicendosi che così non sarebbe andato lontano e che doveva solo lasciare che Mia finisse di sfogare tutta la sua cattiveria nei suoi confronti.
- Dove diamine sei stato in tutto questo tempo, eh David?!
Quello era il momento adatto per dare l'affondo e nulla avrebbe fermato David dal raggiungere il suo obbiettivo: cancellare il risentimento e la freddezza che lo separavano da Mia.
- Sono stato a Samarong, Cambogia... Ho trascorso tre settimane lì, aiutando la gente del posto, facendo quello di cui c'era bisogno...
L'espressione di shock e di incredulità che si dipinse sul volto di Mia fece esplodere dentro di lui una bomba che era stata innescata molto tempo prima e che non aspettava che un piccolo gesto da parte di quella ragazza per brillare in tutta la sua potenza e farlo sentire ancora vivo.
“Vai così fratello!! Questo sì che si chiama sganciare la bomba al momento giusto!”.
- Tu sei stato...
- Sì, Mia e sono cambiato... No, non mi rispondere che sono le solite cose che si dicono dopo un'esperienza del genere, perché io sono partito da qui senza sapere nemmeno per quale motivazione dovessi alzarmi la mattina e sono tornato con uno scopo, un progetto e un'incredibile voglia di realizzarlo...
Non si era sbagliata quando aveva pensato che quello non fosse il solito David, quello che conosceva da quando era piccola e che per anni non aveva fatto altro che criticare. L'uomo che Mia stava fronteggiando era una persona nuova che sembrava intendere ogni singola parola che usciva dalla sua bocca e la cosa la stava lasciando senza parole, come ipnotizzata dalla storia che le stava raccontando.
“Wow... Okay, mi hai spiazzato David... Chissà la faccia che ha Mia in questo momento”.
- Ho capito che stavo sbagliando praticamente tutto... Non avevo un vero amico, né una passione sincera che mi spingesse a fare il mio lavoro... Ma soprattutto non avevo una persona con cui condividere le mie giornate...
Lexi poteva benissimo immaginare nella sua testa quella scena surreale che si stava svolgendo attorno a lei: una camera, un tempo asettica e fredda, ora ricolma di regali, pupazzi e fiori; lei distesa su un letto candido, nella sua ineluttabile immobilità; Mia seduta sulla poltrona di pelle marrone, cercando di tenere a bada le gambe che sicuramente si stavano muovendo in maniera frenetica, sbattendo gli immancabili stivali sul pavimento; e David in piedi, a pochi passi dal suo letto, con le mani infilate nelle tasche posteriori dei jeans per cercare di non torturarle davanti a Mia, come era solito fare quando era estremamente nervoso. I loro occhi della stessa tonalità che si scontravano in maniera talmente tanto profonda e significativa che se qualcun altro fosse stato presente all'interno della stanza, si sarebbe sentito tremendamente di troppo.
“Un po' mi ci sento pure io, in più... Ma non ho molte alternative... A meno che non mi svegli proprio ora e dica: Oh, scusate! Vi lascio subito soli... Oddio!! Questo sì che sarebbe divertente!..  Ma che cavolo penso? Focalizzati Lexi, focalizzati!!”.
- Credo che sia il caso di dirtelo Mia... Non importa quello che deciderai di fare o come reagirai. Capirei anche se volessi rimanere con quel tipo lì...
- David, che cosa stai dicendo??
- Dico che sono innamorato di te, Mia... Dico che non posso più far finta di non aver bisogno del tuo sorriso la mattina per svegliarmi... Dico che non riesco a trovare un senso nella mia giornata se non so che avrò la possibilità di litigare con te... Dico che non so più chi sono senza la tua voce che mi riempie di insulti e critiche, mostrandomi dove sbaglio... Almeno secondo te...
Nonostante tutte quelle parole che stava sentendo le sembrassero assolutamente surreali, Mia non poté trattenersi dal fare una leggera risata che subito fece sorridere anche David, perché d'altra parte, se lei rideva lui non poteva far altro che sorridere di rimando. Erano un po' come le maree con le fasi lunari: si attraevano e si respingevano, rimanendo comunque fatalmente legate le une alle altre. David aveva cominciato a gesticolare, incapace di sfogare il nervosismo e l'ansia in altra maniera: e se Mia gli avesse detto che era pazzo, matto da legare? O peggio, che non provava lo stesso per lui, cosa che, obbiettivamente, era più che plausibile dato che stava assieme a quel tipo perfetto.
- Io ho bisogno di te Mia... E sono serio. Quando ho visto le prime foto di te con quello lì...
- Si chiama Hugh... Non voleva contraddirlo o fargli perdere la pazienza, anche perché voleva che continuasse a parlare, ma si sentiva lo stesso in debito con Hugh e tutte le meravigliose emozioni che le aveva regalato fino a quel momento.
L'unica cosa che David si sentì di fare fu prendere un bel respiro profondo e lasciare che quella frecciatina gli scivolasse addosso: non poteva sprecare anche quell'occasione. “Ma quella cos'era?? Incertezza? Rassegnazione? Mia, non starai per caso cedendo?? Balla la samba mentalmente... Oddio, no, sto di nuovo parlando in terza persona!!”.
- Quando ho visto le tue prime foto con lui, beh... Ho pensato che non me ne importasse nulla... Ma poi la mia attenzione è caduta sulle vostre mani intrecciate... Sullo sguardo con cui ti stava guardando... Sul sorriso bellissimo che avevi tu... E mi sono incazzo... Chiedi a Lexi!! Sono corso qui ed ero fuori di testa, perché volevo esserci io al suo posto!! Volevo essere io a farti sorridere così!! Non un tipo sbucato fuori dal nulla che non sa un cazzo di te!! Dimmi: sa che hai paura dei ragni?! Che non sopporti quando la gente ti parla senza guardarti negli occhi?! Che quando non riesci a disegnare, ti metti ad ascoltare Ed Sheeran anche se non lo ammetteresti nemmeno sotto tortura?! Lo sa che da piccola venivi da me, quando quel bulletto a scuola ti diceva che eri strana?
Avrebbe tanto voluto che stesse zitto, che non dicesse nessuna di quelle verità che le stava mettendo sotto gli occhi, non voleva che le facesse capire come anche lei avesse sempre saputo che a Hugh mancasse qualcosa. Ma non qualche qualità o qualche dote particolare, semplicemente non era David. Mia non voleva sentirlo, perché quello avrebbe complicato ogni cosa ed avrebbe fatto tremare tutto il suo mondo.
- Io ti amo Mia e ti ho sempre amata... C'ho solo messo diciannove fottutissimi anni per capirlo... Ma ora sono qui e ci sarò per sempre...
Quando le prime lacrime scesero sulla sua guancia, mischiandosi con i capelli che le nascondevano il volto, Mia non si stupì: le stava aspettando e sapeva che presto sarebbero arrivate. Aveva passato la sua vita a far finta di nulla, che quel ragazzino impertinente, spocchioso ed estremamente carino, nonché fratello della sua migliore amica, fosse la persona più lontana da lei sulla faccia della terra. Aveva sprecato così tante energie nell'auto-convincersi di non poter provare nulla di più per lui che non fosse insofferenza e nervosismo, ma la realtà era che si sentiva attratta da David come le calamite a forma di cuore, sul frigo della cucina. Lo sapeva da quel primo San Valentino di undici anni prima: Lexi si era appena presa da qualche mese la sua epocale cotta per Lucas ed anche quel pomeriggio stavano parlando di lui e di come avesse regalato dei cioccolatini a Brittany, senza ricevere il bigliettino che Lexi gli aveva lasciato sul banco e che il suo amico Andy aveva gettato nel cestino. In quel momento era entrato nella sua cameretta, senza bussare, David e aveva detto ad entrambe che erano delle sciocche a sperare che uno così fosse il ragazzo giusto per loro e che dovevano aspirare a qualcuno di meglio, qualcuno che le facesse sentire importanti ogni giorno. Poi se ne era andato, sbattendo la porta e comportandosi come se nulla fosse successo. Solo con il passare degli anni, Mia aveva capito che quella frecciatina era indirizzata a lei e che quello era stato uno dei rari momenti in cui aveva potuto vedere il vero David: quello premuroso, che combatteva per ciò che amava e che sapeva anche ragionare. Ma non aveva dato ascolto a quella vocina nella sua testa che le diceva come, forse, il fratello della sua migliore amica fosse quello giusto per lei e non l'aveva fatto molte altre volte, nel corso degli anni, specialmente quando, per qualche caso del destino, si ritrovavano solo loro due a parlare, spogliandosi quasi involontariamente di ogni maschera che indossavano. E non le aveva dato retta nemmeno due mesi prima, appena dopo il ricovero di Lexi, quando lui l'aveva rincorsa fuori, in corridoio, per accertarsi di come stesse. Avevano parlato ed erano di nuovo solo loro due: Mia e David. Nessun ruolo da rivestire, nessuna bugia. Solo loro due. Poi era arrivato Hugh e tutto si era fatto più complicato, facendole credere che lui fosse la persona giusta con cui creare un futuro, almeno nell'immediato, e ne era ancora convinta, nonostante quelle lacrime che le rigavano il volto.
David si sarebbe aspettato qualsiasi reazione, ma non quel pianto sommesso che lo stava letteralmente distruggendo. Voleva abbracciarla, dirle che sarebbe andato tutto bene, che lui era lì, ora, ma qualcosa, nella sua testa, gli diceva che fosse meglio starle lontano e lasciare che si sfogasse.
Alzò la testa per osservare quel ragazzo che era sempre stato parte della sua vita ma che solo in quel momento aveva deciso di metterla sotto sopra, come un uragano d'estate sulle coste di Miami, lasciando che il nero, del mascara colato, si fondesse con il blu, delle punte dei suoi capelli appiccicati al volto. Le aveva detto che l'amava e che ci sarebbe sempre stato per lei: ma avrebbe aspettato tutto il tempo che Mia avrebbe impiegato per capire che cosa stesse succedendo e che cosa volesse veramente dalla sua vita? E Mia era pronta per mettere tutto in discussione e rischiare di perdersi nel caos dei suoi sentimenti, senza, questa volta, avere Lexi al suo fianco a farle da guida?
Gli occhi di David la guardavano preoccupati ma con una sicurezza di ciò che le aveva appena detto che la fecero sentire protetta.
- Dammi solo un po' di tempo...
David rimase a bocca aperta, un po' per la consapevolezza di aver fatto breccia nel muro che Mia aveva costruito attorno al suo cuore per non permettergli di entrare e un po' per la sorpresa nel sentire quelle parole: ci avrebbe pensato, ma non era detto che avrebbe scelto lui, alla fine.
- Tutto il tempo che vuoi... Io sono qui... Ti aspetto...
L'amore che riconobbe nelle note della sua voce, in quell'aprire le braccia per accoglierla in un abbraccio che si accorse di desiderare con tutta sé stessa, quel celeste liquido carico di promesse e di aspettative, fecero crollare Mia definitivamente. Fu costretta a prendere la borsa e correre fuori da quella stanza, lungo i corridoi, nel parcheggio, senza fermarsi fino a quando non fu nella sua auto. Se solo fosse rimasta un secondo di più lì dentro sarebbe finita tra quelle braccia forti e tutto sarebbe finito: non avrebbe ragionato, avrebbe agito d'impulso e, benché l'avesse fatto per tutta una vita, quella volta non poteva permetterselo. Amava entrambi, non c'erano dubbi: doveva solo capire senza chi non poteva continuare a vivere.




16th October 2013


La mente di Lexi stava ancora scansionando le parole che David aveva detto, forse più a sé stesso che a lei, dopo che Mia se ne era andata via, piangendo: “Aspetterò anche per sempre...”.
Lexi credeva di sapere che cosa significasse aspettare qualcuno per sempre, dato che lei aveva speso gli ultimi undici anni della sua esistenza ad attendere qualcuno che non si era mai nemmeno accorto della sua presenza sulla superficie terrestre. Ma quando aveva sentito quelle parole uscire dalla bocca di David aveva capito che possedevano tutto un altro significato, estremamente lontano da quello che lei vi aveva sempre attribuito. Ciò che David intendeva, andava oltre quello che ogni persona non innamorata avrebbe mai potuto concepire: implicava un'attesa nonostante tutto, nonostante le brutte giornate o i momenti di sconforto; implicava un aspettare anche quando la vita dava tutte le possibilità di andare avanti; implicava attendere non solo con il pensiero sempre puntato sull'altra persona, ma soprattutto con il cuore... Implicava che, prima o poi, la metà della mela sarebbe arrivata e tutto avrebbe trovato il proprio posto.
Mentre per lei non era stato così.
Quegli undici anni li aveva spesi sognando epocali incroci di sguardi che non erano mai avvenuti, immaginando primi baci che non potevano esistere neanche nel mondo delle fiabe, ancorandosi al ricordo di qualcosa che non c'era mai stato. Perché lei, con Lucas, non aveva condiviso nulla se non la stessa aria durante le lezioni a scuola o lo stesso fuso orario, quando non era in giro ad esibirsi per il mondo. Lexi non era mai stata sotto la stessa luce di Lucas, non avrebbe mai potuto dire di possedere un momento in cui le loro vite si erano realmente incrociate e che sarebbe potuto essere l'inizio di tutto. Fino al giorno della premieré. Fino a quell'incidente che le aveva cambiato la vita.
“Ho sperato così tanto che Lucas fosse il ragazzo giusto per me, convinta di amarlo, da non rendermi mai conto di che cosa sia il vero amore... Poi, un giorno, entra mio fratello nella mia camera d'ospedale e dice tutte le cose che io avrei voluto sentirmi dire in un'intera vita... E la mia migliore amica si mette a piangere perché, insomma, ammettiamolo: anche lei è pazza di lui... Le loro vite si sono incrociate davvero, perché hanno parlato, hanno condiviso qualcosa insieme... E se ora sarà destino, allora vivranno una favolosa storia d'amore, e se non dovesse andare così... Beh: pazienza! Ma almeno ci hanno provato... Io invece... Io pensavo di sapere che cosa fosse l'amore e che cosa volesse dire aspettare qualcuno per sempre, invece non ho fatto altro che escludermi qualsiasi possibilità di scoprirlo davvero...”.
Ma Lexi non poteva sapere che spesso, in amore, non bisognava per forza essere in coppia ad aspettare per sempre: bastava che uno dei due lo facesse e che l'altro, al momento giusto, si desse la possibilità di vedere tutto quello che l'altra persona aveva fatto per lui. Ed ormai era indubbio che Nate stesse aspettando da tanto, troppo tempo, di parlare con lei.




24th October 2013


- E così, piccola... Ah, a proposito: torniamo tra sette giorni!! Non vedo l'ora! Il tour qui è stato assolutamente pazzesco, però ho una voglia matta di rivedere il mio letto, riabbracciare Theo, il mio meraviglioso nipotino e, soprattutto, di stringere la tua mano... No, non prendermi per pazzo, è solo che ci stavo pensando giusto questa mattina: è più di un mese che non ti vedo di persona e mi manca sentire le tue dita tra le mie... Mi facevano capire che esisti davvero... Non che tu non esista, non era questo quello che volevo dire... Cazzo, ma perché ogni volta che cerco di fare un discorso serio, finisco sempre per dire delle stupidate colossali?!
“Perché sei tenero fuori dalle maniere ed io sto cominciando a ragionare come un'adolescente alla sua prima cotta, aiuto! Qualcuno mi salvi!!”.
Ogni volta che riuscivano a collegarsi via Skype, Lexi e Nate creavano il loro mondo personale: lui le raccontava letteralmente di tutto e lei cercava di farsi sentire presente con la sua frequenza cardiaca, per quanto poco le fosse possibile. Tutto il resto spariva ed ogni interferenza da parte di qualcuno (ormai Nate doveva nascondersi nei luoghi più improbabili per non essere rintracciato da uno dei quattro energumeni, anzi, tre, perché Lucas non aveva mai insistito per parlare con lei), diventasse motivo di stizza per entrambi. Volevano rimanere loro due e basta, tutto il resto era solo d'impiccio.
Ma quel giorno, Lexi doveva fare la risonanza magnetica settimanale per controllare lo stato di riassorbimento dell'ematoma, così Sarah entrò nella stanza senza farsi troppi problemi e si sporse davanti lo schermo per annunciare la sua apparizione anche a Nate.
- Buongiorno biondino! Come va oggi?
- Ciao Sarah! Bene, grazie... Te?
- Non c'è male, dai... Dove ti esibirai tra un po'?
- Oggi siamo di nuovo a Sidney, per il secondo concerto di fila qui... Ne mancano pochi, prima che possa tornare a casa.
- Ah sì?? E quando dovresti tornare? Che così mi faccio dare il turno di notte, in caso volessi fare qualche altra improvvisata...
Nate rise, osservando la faccia complice della donna che lo scrutava dall'altra parte dello schermo: se la ricordava anche lui, quella notte. Era stata una vera pazzia presentarsi alle due del mattino, appena tornato dall'America, con una faccia da invasato, sperando di poter vedere Lexi, ma fortunatamente aveva incontrato Sarah, che aveva  letto nei suoi occhi la sua esigenza e le sue buone intenzioni. Ancora non credeva a tutte le pazzie che aveva fatto e che stava facendo per quella ragazza con cui non aveva mai neanche parlato, eppure gli sembra tutto assolutamente normale se si trattava di Lexi.
- No, no prometto di venire ad un orario decente, questa volta... Anche se non vedo l'ora di stringere la sua mano tra le mie...
Sapeva che quelle cose potevano suonare piuttosto smielate alle orecchie di chiunque, ma sapeva anche che di Sarah si poteva fidare, specialmente perché aveva come l'impressione che lei sapesse molto più di quanto lasciava intendere. Era stata lei , la prima a dirgli qualche parola di supporto per convincerlo a parlare con Lexi ed era sempre lei che lo aiutava a mantenersi in contatto con la ragazza anche quando Mia non poteva.
- Credo che ne senta la mancanza anche lei... Qui, come al solito, sono tutti troppo convinti che bastino le parole per farle sapere che sono presenti ma, alle volte, una stretta di mano o un bacio sulla fronte sono molto più di un intero poema in rima...
“Sai Sarah: comincio a credere che tu abbia ragione... Se ripenso a tutto il tempo che ho trascorso qui le cose che più mi sono rimaste impresse, oltre alla canzone di Nate e alla prima visita dei ragazzi, sono state le carezze e i baci che mi lasciavano quelli che venivano a trovarmi... Era come avere un contatto vero, più profondo e sincero con loro... E beh, le labbra di Nate sono una cosa stupenda...”.
Improvvisamente il cuore di Lexi fece un balzo e tutti se ne accorso, tanto che Sarah non poté trattenersi dal ridacchiare sommessamente: se sul serio Lexi poteva sentire e percepire tutto, come sostenevano i medici e come lei sperava, allora quella ragazza si era presa un'enorme cotta per il bel cantante irlandese dal sorriso allegro e, senza ombra di dubbio, il sentimento era più che ricambiato.
- Va bene... Credo sia ora di andare... Tornerò tra un po' per portarla a fare la risonanza.
Detto questo, uscì di nuovo dalla stanza stando ben attenta a chiudere la porta, dato che era capitato spesso che qualche fan si infiltrasse nel reparto per andare a trovare Lexi e sperare di trovarci qualcuno dei ragazzi. Era una situazione piuttosto surreale, ad essere sinceri e Sarah era abbastanza preoccupata di come Lexi avrebbe affrontato tutto quello, una volta svegliata. Nonostante tutto, però, sperava tantissimo che quel momento arrivasse il prima possibile.

 
     
Hi sweethearts!
Mi ero detta: ma sì, pubblichiamo tre capitoletti assieme dato che non sono lunghissimi... Solo che mi sono accorta dopo che genere di fardello emotivo si portasse dietro il primo! Sorry ** Ammetto che, mentre scrivevo questa storia, ho cominciato ad affezionarmi davvero troppo a qualsiasi personaggio e scrivere questa scena tra David e Mia è stata quasi una liberazione... Spero davvero che vi abbia trasmesso almeno un po' del sollievo provato da David nel confessarsi e un pizzico dello stravolgimento che ha sconvolto Mia ^^
Per quanto riguarda Lexi, lei è sempre intenta nelle sue elucubrazioni mentali circa il significato della vita e dell'amore e dei massimi sistemi del mondo... Fortuna che c'è Nate a tenerla con i piedi per terra. Ma per quanto ancora?
Spoiler: preparatevi al primo terremoto.
Grazie a chiunque legga questa storia e a chi dona un po' del suo tempo per recensirla: siete speciali **
Lots Of Love xx

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Capitolo 19
*** 25th October 2013 ***


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25th October 2013


- Credo di aver fatto un disastro, Lexi!!!
“Che cos'è successo sta volta Mia?? Hai bucato come una fetta di Emmental l'ennesimo figurante del teatro? Perché questa solfa me l'hai già propinata la settimana scorsa e, sinceramente, comincio a pensare che dovrebbero rivestirli di gommapiuma quei poveretti, prima di farli passare sotto le tue mani...”.
Lexi sarebbe andata avanti a fare della terribile ironia sugli istinti voodoo di Mia, ma sentì il suo respiro affannato e il ticchettare nervoso dei suoi stivali con il tacco sul pavimento, segno che qualcosa non andava davvero. Quando parlò di nuovo, Mia si chiese seriamente se sarebbe riuscita ad arrivare alla fine di quel racconto perché sapeva di aver commesso un errore enorme e che, con ogni probabilità, si stava giocando qualsiasi possibilità di far risvegliare la sua migliore amica. Ma doveva dirglielo, prima che le cose degenerassero ulteriormente.
- Ho fatto un disastro, Lexi-Lex... Ho rovinato tutto...
“Ah, okay... Allora hai scelto tra David e Hugh?? Tranquilla, Mia: andrà tutto bene, chiunque dei due tu scelga... Anche se non sarà il mio fratellone la tua scelta, lo capirò... Insomma, la sua improvvisa redenzione ha lasciato senza parole anche me, quindi posso capire i tuoi eventuali dubbi su di lui... Mentre Hugh, beh lui è assolutamente adorabile, oltre che...”.
Mia prese un respiro profondo e si passò le mani tra i capelli biondi, ancora arruffati per la nottata passata al telefono con Hugh, cercando di capire che cosa fosse successo e come potessero risolvere la situazione, senza trovare una via d'uscita. Mise una ciocca ribelle dietro le orecchie e cominciò a parlare.
- Ho detto tutto a Hugh...
“Quindi hai scelto David?!?! Oddio sono così felice!!! Ammetto che non mi sarei mai aspettata un finale del genere, però ne sono felicissima!!”.
- Ho detto a Hugh che sei innamorata di Lucas dalla prima media...
“Insomma: adesso saremmo anche parenti e... E... Che cos'hai detto Mia??”.
- Stavamo parlando del nulla e poi lui mi ha chiesto se andasse tutto bene, perché mi sentiva strana ed io non sapevo cosa rispondergli, perché cacchio!
“... Mia: che cos'hai detto a Hugh?... ”.
- Non potevo dirgli che avevo la testa in palla perché il fratello della mia migliore amica, per cui ho cercato di nascondere i miei sentimenti per un'intera vita, mi aveva detto una settimana prima che mi amava e che mi avrebbe aspettato per sempre!!... Cazzo, sono dieci giorni che io non capisco più nulla di quello che faccio e che mi sento malissimo, dato che mi sembra di prendere in giro Hugh... Comunque stavo cercando una risposta ed ho cominciato a parlare a vanvera, dicendo che anche io volevo trovare l'amore vero, che non ce la facevo più a non avere nessuno con cui condividere le mie esperienze... Ero in completo panico Lexi, capiscimi!! Mi stavo arrampicando sugli specchi e... E...
“E che cosa, Mia?!”.
- E ad un certo punto ho detto: “Non voglio trovarmi come Lexi, che è innamorata del tuo amico Lucas da undici anni!!”... Mi dispiace Lexi!! Non avrei mai dovuto dirlo, lo so!! Scusami!!! Mi sono subito morsa la lingua, solo che poi Hugh mi ha chiesto che cosa intendessi con quella frase... Io ho provato a far finta di non aver detto nulla, ma...
“Hai detto a Hugh che io... Che io...”.
Non riusciva più a capire che cosa succedesse dentro e attorno a lei, tutto si stava confondendo e diventando pericolosamente sfocato: le sue sensazioni, le sue emozioni, i suoi pensieri.
- Ma lui ha insistito dicendo di aver sentito quello che avevo detto, ma che voleva capire che cosa intendessi... Così, stupidamente, ho pensato che non ci fosse nulla di male a raccontargli un po' la tua storia...
Mia continuò a riportarle che cosa si fosse lasciata sfuggire con Hugh, ma Lexi era concentrata su tutt'altro: che cosa sarebbe successo ora? Che effetto le faceva sapere che, forse, Lucas era venuto a conoscenza di quello che lei provava per lui? Tutti quelli che l'avevano conosciuta, avrebbero pensato che il suo gesto fosse stato dettato dai suoi sentimenti per Lucas?? E, soprattutto, che cosa avrebbe pensato Nate, se l'avesse scoperto??
Il sol pensiero che Nate potesse esser venuto a conoscenza di quella parte della sua storia fece sorgere in Lexi un soffocante e inarrestabile senso di colpa, che si fermò all'altezza della gola, rischiando di bloccare il passaggio dell'aria nonostante l'aiuto del respiratore artificiale. Sapeva che non aveva un minimo di senso logico quel suo sentirsi sbagliata, nel torto, come se avesse appena ucciso qualcuno, ma era esattamente quello che provava: Nate le aveva promesso che sarebbe stato lì per lei, per poter vederla risvegliarsi, per capire quale fosse la vera motivazione che l'aveva spinta ad avventarsi su quella pallottola, ma ora? Ora sarebbe rimasto comunque, nonostante l'apparente scoperta che tutto quello era stato dettato dall'amore di Lexi per uno dei suoi  migliori amici, benché lei sapesse che non fosse affatto quella la vera ragione?
“Non posso perderlo... Non voglio perderlo...”.
Non era ancora sicura che Nate lo fosse venuto a sapere, ma la sola possibilità che lui potesse abbandonarla la stava facendo cadere nello stesso baratro che l'aveva inghiottita un mese prima, perché solo in quell'istante aveva preso consapevolezza di quanto Nate fosse importante per lei... Di come fosse diventato la sua prima e maggiore ragione per continuare a lottare. Lexi era pienamente cosciente che se lui l'avesse abbandonata in quella battaglia, lei non avrebbe perso solo quel combattimento con l'ematoma che la bloccava su quel letto, ma anche la sua guerra con la vita. Aveva combattuto con tutta sé stessa per tornare a riprendere in mano la sua esistenza, ma solo perché sapeva che la voce allegra e rassicurante di Nate sarebbe stata lì ad incitarla, perché la sua mano grande e delicata, l'avrebbe accompagnata attraverso ogni ostacolo, perché quella risata l'avrebbe risollevata ogni qualvolta fosse caduta, stremata dallo sforzo... Perché quelle labbra gentili, calde, leggermente rotte dal nervosismo di non poterle ancora parlare, l'avrebbero fatta arrivare a credere che ci fosse una valida motivazione per continuare a vivere, nonostante tutto, solo lasciando che raccogliessero l'ennesima lacrima che avrebbe solcato la sua guancia.
La mente di Lexi non percepiva nessuna delle parole che Mia stava sputando fuori nel disperato tentativo di trovare un senso a quello che aveva fatto, perché era tutta concentrata sulla nuova folgorante verità che aveva colpito non solo lei, ma anche il suo cuore.
“Mi sono presa una cotta per Nate...”.
Ma questa volta Lexi sapeva che era diverso, che lui non se ne sarebbe andato, che avevano condiviso dei momenti assieme, benché in una situazione decisamente particolare, sapeva che senza di lui non sarebbe mai arrivata dove era ora, ad un passo dal potersi risvegliare. Ma adesso tutto rischiava di scivolarle nuovamente dalle mani, disperdendosi come sabbia al vento.
-... Il problema è che questa non è la cosa peggiore...
Lexi prestò di nuovo attenzione alla sua presunta migliore amica, lasciando per un momento da parte quella dilaniante voglia di sentire le mani calde di Nate sfiorarle la guancia, per dirle mutamente che tutto sarebbe andato per il verso giusto.
- Dio, Lexi, non sai quanto mi dispiaccia!! Ma sono stata una cogliona, veramente!! E lo sono tuttora!!!
“Dimmi che non l'ha scoperto... Ti prego dimmi che tra sei giorni tornerà da me... Ti prego...”.
Voleva piangere, ma quelle stupide lacrime non accennavano a voler uscire, come per dispetto, per dirle che tanto, anche se avesse pianto, le cose non sarebbero cambiate.    - Mentre io e Hugh stavamo parlando al telefono, lui l'aveva messo in vivavoce e... E Nate è entrato nella stanza senza che uno dei due se ne accorgesse... Mi dispiace un mondo Lexi!!
“Ti scongiuro, Mia... Dimmi che non ha sentito nulla... Ti pre-...”.
Ormai nemmeno i pensieri riuscivano più ad assumere una forma precisa, ad avere un contorno definito ed aleggiavano inermi nella testa di Lexi, incapaci di trovare una via per uscire dall'ondata di dolore che l'aveva pervasa da capo a piedi.
- Ha sentito tutto...
Era arrivato come un sussurro, Lexi non sapeva se perché Mia non avesse più nemmeno la forza per parlare, consapevole di ciò che aveva appena fatto, o se perché lei ormai era troppo lontano da lì per percepire distintamente quello che le stesse accadendo intorno. Un bozzolo di dolore si era fatto spazio dentro di lei, avvolgendo tutto, indistintamente: cuore, pensieri, emozioni, sentimenti, ricordi... Nulla aveva più una sua essenza, era tutto un marasma soffocato dentro alla tela appiccicosa di quel dolore che sembrava essere la costante della sua vita. La separazione dei suoi genitori, la sua mancanza di coraggio nell'affrontare qualsiasi decisione, l'avere una sola ed unica amica, l'aver inseguito un amore impossibile e non corrisposto, sempre e solo quel dolore che l'aveva fatta nascondere sempre di più dai riflettori della vita, preferendo rimanere a guardare invece che sperimentare.
Per la prima volta, da quel 20 Agosto, sentiva una vera e propria sensazione fisica: un peso sul petto si stava facendo sempre più presente, schiacciandole le costole, i polmoni, il cuore...
“Forse dovrei seguire quella luce... Ha aspettato tanto per avermi con sé... In fin dei conti, lei c'è stata sempre... Mentre tutti gli altri, prima o poi, se ne sono andati...”.
Era l'unico pensiero che riusciva a fare, mentre camminava, non sapeva nemmeno lei come, verso quel bagliore sempre più maestoso, lasciando che nella sua stanza il dottor Lawson accorresse affannato per cercare di rianimarla, che Sarah le urlasse di non abbandonarla di nuovo, che tutto il mondo continuasse a vivere senza di lei, che, in verità, non aveva mai cominciato a vivere davvero
.



Hi sweethearts!
Eccoci qui. Il primo vero terremoto. Vi assicuro che ogni volta che leggo questo capitolo, mi scende almeno una lacrima. Capitolo breve ma intenso Avrei così tante cose da dirvi, su Lexi, su quello che prova e sui suoi ragionamenti, ma credo che lascerò a voi lo spazio per dire a me ciò che ne pensate... Lo pubblico ora perché magari, per Pasquetta (ergo lunedì) saremo tutti talmente ripieni di cioccolato da poter sopportare le conseguenze di quanto successo in questo capitolo, magari con un nuovo aggiornamento.
Grazie mille per aver letto fino a qui e grazie perché permettete a Lexi e alla banda di poco normali che si porta dietro di tenervi compagnia.
A presto e Buona Pasqua **
Lots Of Love xx

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Capitolo 20
*** 26th/29th October 2013 ***


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26th October 2013


Era ancora attaccata a quelle macchine, ne sentiva il rumore costante e cadenzato che un tempo l'aveva spesso irritata.
Lo sapeva perché percepiva i pianti e i discorsi di chi la andava a trovare.
Era persino tornato il Signor Finnigan, nonostante pure lui avesse avuto i suoi begli acciacchi, dovuti all'età. Aveva sentito i singhiozzi di Mia assopirsi sulla spalla di suo fratello che, questa volta, era subito accorso, ancora prima dei suoi genitori, che non facevano altro che cercare una scusa per non lasciare che la loro sofferenza personale trovasse conforto in quella dell'altro. Pure le domande, fatte forse al vento, del dottor Lawson le erano arrivate alle orecchie, quando si chiedeva come fosse possibile che il giorno prima desse chiari segnali di miglioramento e poi fosse accaduto tutto quello.
Arresto cardiaco.
Il secondo.
Più potente.
Più rischioso.
Poteva essere definitivo, ma l'aveva recuperata per un soffio.
Lexi sapeva che cosa fosse stato quel soffio, ma il solo ripensarci rischiava di ucciderla di nuovo. Aveva pensato alla promessa di Nate e alle parole della canzone che le aveva dedicato, benché fosse consapevole che anche quello, ormai, se ne fosse andato per sempre dalla sua vita. Non aveva lottato per restare in vita, semplicemente il suo corpo aveva risposto da solo, ma la sua mente era ancora immersa in una pozza di dolore e senso di perdita che, lo sapeva, nulla avrebbe mai lenito.
Come aveva sospettato, Nate non aveva chiamato: solo per sentire il rumore della chiamata di Skype continuava a prestare un minimo di attenzione alla realtà attorno a lei, altrimenti avrebbe lasciato che la luce la inghiottisse per sempre. Sperava che, nonostante tutto, lui decidesse di mantenere quella promessa, che rimanesse con lei per portarla fuori dalle tenebre. Che combattesse il fuoco e l'acqua per lei, che tornasse per stringerla più vicino, sperando che il suo cuore fosse forte abbastanza. Lo desiderava così tanto, che riusciva a rimanere a galla in quel vuoto che sentiva dentro, perché lui non c'era più.




29th October 2013


Perché continuasse ad aspettare che quel computer si illuminasse con una richiesta di chiamata, non lo sapeva neanche lei, forse perché, nel corso degli anni, l'aspettare era diventato la sua condizione d'esistenza ed insisteva nel farlo, senza rendersene conto. Ed era per questo che quel giorno sentì le parole di Mia, senza che queste arrivassero però ad attaccare il suo involucro di dolore.
- So che magari non lo vorrai sentire... E, sinceramente, ora come ora, non so nemmeno più se mi senti... Ma te lo dico lo stesso... Tanto abbiamo capito che sono un disastro e che non riesco mai a fare la cosa giusta, quindi... Sta mattina ho sentito Hugh e mi ha detto che le cose stanno degenerando lì e che non vede l'ora di tornare... Mi ha raccontato che durante il concerto, ieri notte, Nate e Lucas non si sono nemmeno guardati in faccia e che Nate faceva di tutto per evitarlo, tanto che quando gli è stato chiesto di imitare i suoi compagni di band da una delle fan, ha fatto tutti eccetto Lucas ed anzi, stava pure per dire che non aveva nessuna intenzione di imitare “uno stronzo come lui”, ma Hugh gli ha tolto di mano il microfono... Allora, mentre stavano tornando in camera, Lucas gli ha chiesto che cosa avesse e, cazzo, non ti dico che cosa non è successo dopo!!
Lexi era certa solo di una cosa: non voleva sentire che cosa fosse accaduto dall'altra parte del mondo, ma sembrava che il suo cervello avesse deciso, anche lui, di seguire l'esempio del resto del suo corpo e di non assecondare i comandi che lei gli mandava.
- Anzi, no: te lo dico Lexi! Te lo dico perché voglio che ti risvegli per tirarmi uno schiaffo e dirmi che ho combinato un casino enorme e che sono una cretina! Per farla breve: Nate ha cominciato ad urlare e a dirgli che era un coglione, che non poteva essere stato così stupido e cieco per tutto quel tempo... Al ché Lucas, che non sapeva assolutamente di che cosa Nate stesse parlando, gli ha chiesto delle spiegazioni e le ha ricevute: eccome, se le ha ricevute! Nate gli ha letteralmente sputato addosso tutto quello che aveva scoperto su di te, su quello che provavi per Lucas, su tutte le pazzie che avevi fatto per farti notare, su quanto lo avessi aspettato, mentre tutti gli altri, Hugh, Lewis, Zach e tutta la crew stava là, ad ascoltare attonita... Ma il peggio deve ancora venire Lexi... Dio, non avrei mai pensato che potesse succedere una cosa del genere!
Non credeva di riuscire a sopportare oltre quel racconto, ma sapeva che Mia non si sarebbe fermata, non se lei non si fosse alzata da quel letto per tapparle la bocca. Davanti agli occhi le apparivano le immagini di un Nate stravolto che urlava contro un Lucas scioccato dalle sue parole, forse confuso e le sembrava che il suo cuore si fosse ristretto di alcune taglie, facendole un male assurdo.
- Quando Lucas gli ha detto che non aveva la minima idea di quello di cui Nate stesse parlando, l'irlandese l'ha guardato con uno sguardo di puro odio, dicendogli che era un ingrato... Poi Lucas, senza nemmeno rendersi conto di star a dirlo ad alta voce, si è lasciato sfuggire una frase del tipo “Ed io che le ho detto tutte quelle cose...” E poi: boom!! Hugh ha detto che è stato un attimo e si sono ritrovati a guardare una scena da film dell'orrore: Nate stava tirando un sinistro da paura dritto al naso di Lucas!! Poi ha cominciato ad urlare cose senza senso... Che era colpa di Lucas se avevi avuto il primo crollo, che era uno stronzo, che ti aveva distrutta, che avevi gettato all'aria la tua vita per salvare un pezzo di merda... Lewis e Hugh sono dovuti andare in due per tenerlo fermo, uno per parte, e portarlo fuori dalla stanza... Zach c'ha messo dieci minuti per far fermare il sangue che Lucas continuava a perdere... Lexi: che cazzo è successo con Lucas e Nate?! Porca miseria, svegliati e rispondimi!!! Dimmi che sono una cretina, una stupida, che mi odi, ma rispondimi!!
Mia voleva piangere ancora ed ancora, ma non le erano rimaste più lacrime in corpo, dato che le aveva versate tutte sulla spalla di David. Già. David. Un altro problema di cui non aveva tempo di occuparsi e che sembrava non voler trovare una soluzione.
Ma che cosa avrebbe dovuto rispondere Lexi? Che si era involontariamente ritrovata ad essere la causa del possibile scioglimento dei The Rush? Che non riusciva a capire la reazione di Nate? Che si sentiva una schifezza perché, senza nemmeno aver mai fatto nulla, era riuscita a ferirlo?? Che, nonostante avesse causato tutto quel caos, l'unica cosa di cui le importasse seriamente sarebbe stato poter sentire ancora le labbra dolci di Nate sulla sua fronte? Avrebbe potuto svegliarsi e dire tutto quello che le passava per la testa, ma ormai non aveva più motivazioni per provarci, perché anche l'ultima persona di cui si era fidata e che sembrava essersi interessata a lei, se ne era andata. Certo, aveva tutte le più buone motivazioni per farlo, ma Lexi non riusciva ad accettarlo.
Mia prese un respiro profondo, cercando di ricacciare indietro quella nausea che la tormentava da quando la sua bocca si era lasciata sfuggire l'unico segreto che avrebbe dovuto portare con sé nella tomba, se fosse stato necessario. Quanto stava per dire a Lexi sarebbe stato mille volte peggio di quanto le avesse riferito fino a quel momento.
- Lo sai qual'è la cosa peggiore Lexi? E' che a tutte quelle domande posso rispondere benissimo da sola.... E sai perché?? Perché oggi pomeriggio ho parlato con Nate, o meglio, lui mi ha chiamata ancora sconvolto da quello che era successo... Da lui erano le tre e non aveva ancora chiuso occhio...
“Nate...”.
Sì, aveva pensato il suo nome. Aveva pensato a lui. Aveva pensato al suo  tocco gentile che raccoglieva una lacrima fuggitiva, alle labbra calde che la salutavano, alle dita che le carezzavano il dorso della mano, alla voce che non sentiva da quello che le sembrava un tempo eterno. E le mancava. Le mancava come non le era mai mancato nessuno in vita sua, come l'aria che sarebbe dovuta entrare nei suoi polmoni, attraverso la sua gola, ma che ormai non lo faceva più da due mesi... Le mancava come passare le sue serate a casa da sola, mentre Mia era fuori a far festa con qualcuno di appena conosciuto, la musica a riempire il piccolo appartamento, la sua tazza di tea caldo tra le mani e i libri che raccontavano la storia di migliaia di persone che avevano lasciato il segno, come sognava di fare lei... Le mancava come il calore che si respirava in casa Golder a Natale, quando i suoi genitori erano ancora assieme e non si nascondevano il loro amore incondizionato... Le mancava come la sua stessa vita, quella che non aveva mai vissuto prima dell'incidente ma che non vedeva l'ora di cominciare a far contare sul serio... Le mancava e basta.
- Mi ha detto che aveva capito tutto... Che poi era tornato a parlare con Lucas e che si era fatto raccontare tutto quello che ti aveva detto, durante la sua ultima visita... Lexi, io non sarò forse la persona più indicata per dirtelo, perché, considerata la mia situazione attuale, non posso di certo fare la morale a nessuno, ma spero tanto che tu non abbia intenzione di perderti ancora dietro a quello stronzo di Lucas, soprattutto dopo quello che ho scoperto da Nate... Quel discorso smielato che ti ha fatto su lui e Sophia... Dio, se penso che è stato lui a farti avere il primo attacco di cuore! Quanto vorrei averlo ora per le mani e picchiarlo fino a rovinargli quel faccino strafottente e fintamente dolce che si ritrova!!
“Ha scoperto anche questo allora??”.
Lexi non poteva pensare che Nate credesse che lei fosse ancora innamorata di Lucas, perché, ad essere completamente onesti, non lo era mai stata veramente. Lo aveva capito solo dopo essersi presa una pallottola sulla spalla anche per salvare la sua vita, ma soprattutto, lo aveva capito dopo aver conosciuto Nate. Forse nemmeno il loro era amore, anzi, quasi certamente non lo si poteva definire come tale, ma tutte quelle piccole attenzioni, quell'essere sempre presente al suo fianco, quel suo rassicurarla e dirle che tutto, per una volta, sarebbe andato bene: beh, quello, a Lexi sembrava terribilmente simile a quello che la gente chiamava amore. Era così presa da quel pensieri su Nate, da non essersi nemmeno resa di conto di star effettivamente pensando di nuovo.
- Lexi, io avrò fatto un casino enorme, ma credimi: credo sia meglio così... Sai, Nate, ad un certo punto, ha detto una frase che non ho capito... Tipo che ora comprendeva finalmente il tuo sorriso... Boh... Io non lo so che cosa stia succedendo tra di voi, ma fidati di me quando ti dico che non è normale... Tutto questo suo attaccamento nei tuoi confronti, le chiamate, la canzone... Sì, perché non pensare che gli altri ragazzi non se ne siano resi conto che quella canzone l'ha scritta per te... Io non l'ho sentita, ma Hugh mi ha detto che è molto speciale e profonda ... Lexi, qualsiasi cosa stia succedendo dentro di te, per favore torna da noi... Da me, da David, dai tuoi genitori... E anche da Nate... Me l'ha detto prima di riattaccare: lui ti sta ancora aspettando...
Forse la stava ancora aspettando, ma come poteva sapere con che animo lo stesse facendo? Lexi non voleva che lui pensasse in alcuna maniera che il suo cuore appartenesse a qualcun altro. Non aveva nemmeno senso quel pensiero se doveva vedere le cose sotto una prospettiva anche solo vagamente logica, ma in quella situazione, di logico e razionale non c'era mai stato nulla. Dal momento stesso in cui aveva dato l'input alle sue gambe per muoversi in direzione della pistola, tutto era diventato un susseguirsi di eventi senza senso apparente, che le avevano però procurato un insieme di emozioni che mai aveva provato prima e che le stavano facendo gustare quello che un'esistenza sfrutta al massimo poteva diventare. Nate si era rivelato per lei molto più di quanto si sarebbe mai immaginata, forse proprio per quella sua promessa di restarle sempre accanto, qualunque cosa sarebbe successa nelle loro vite e quella sua frase, detta quasi in confessione a Mia, poteva essere la prova più importante del suo voler mantenere la parola data.
Ma allora cos'era quella sensazione di fastidio che sentiva morderle insistentemente la base dello stomaco? Forse le sarebbe bastato fare un ultimo sforzo di sincerità con sé stessa per capire la fonte di quell'emozione apparentemente fuori luogo, ma che aveva delle radici molto più profonde. Forse, però, era arrivato il tempo per Lexi di farlo quello sforzo ulteriore e decisivo per poter capire, per poter trovare una spiegazione.
“... Avanti... Cosa aspetto a dirlo?... In fondo lo so perfettamente perché mi dà così tanto fastidio che Nate sia venuto a sapere ciò che provavo per Lucas... Basta solo trovare il coraggio di ammetterlo... Ma che conseguenze avrebbe farlo? Rimanere delusa di nuovo? Cadere per l'ennesima volta in una situazione senza lieto fine, né assicurato né auspicato? Donare un'altra volta tutte le mie attenzioni a qualcuno che ormai appartiene ad un mondo troppo lontano dal mio?... Forse, eppure mi sembra che con lui potrebbe essere diverso... Che stupida che sono: qualsiasi ragazza innamorata si nasconderebbe dietro ad una scusa del genere... Oddio!! L'ho detto... Oddio: non posso!!! No, no, no e poi no!! Io non... Io non mi sto... Ma perché deve essere così tanto frustrante non dire la verità?! Al diavolo: mi sto innamorando di Nate James Hanson!!! Ecco... Ed ora cosa ne ho ricavato? Un bel nulla, perché lui è stupidamente convinto che a me piaccia ancora quel cretino, montato e assurdamente innamorato di una tipa perfetta, del suo compagno di band! Cazzo quant'è frustrante!! Io non ne posso più, sul serio! Sono stanca di dover sottostare agli eventi, di non poter far andare le cose come voglio io, di non riuscire a dire quello che penso veramente! Sono stanca... E ciò di cui avrei davvero bisogno ora, è  Nate...”.
Mia si risedette su quella poltrona di cui ormai non sopportava più neanche la vista e si chiese se mai lei cose si sarebbero sistemate. Appoggiò la testa allo schienale e chiuse gli occhi, sperando che quell'uragano che le stava sconvolgendo la mente decidesse di lasciarla stare. Aveva ancora davanti agli occhi il momento in cui Lexi l'aveva convinta ad accompagnarla a quella stupidissima premieré di cui non le interessava assolutamente nulla e di cui avrebbe volentieri fatto a meno. Ma doveva così tanto a quella ragazza che era entrata nella sua vita quando ancora erano delle bambine e che, poi, non se ne era mai più andata. Doveva così tanto a quella ragazza che forse, solo dopo tutti quegli eventi surreali, aveva capito di non conoscere affatto. Non l'aveva mai ascoltata veramente, non aveva mai prestato attenzione a quei suoi infiniti discorsi su Lucas. Non aveva mai creduto che quel suo sentimento per lui potesse averla fatta soffrire così tanto. L'aveva capito solo con le parole di Nate che, quasi inspiegabilmente, sembrava conoscerla più di lei che le era sempre stata accanto. Quando aveva sentito ciò che Lucas le aveva detto ed aveva ricollegato ogni cosa, tutto le era apparso immediatamente più chiaro: Lexi aveva passato undici anni della sua vita ad aspettare qualcuno che non sarebbe mai arrivato, amandolo comunque e non avendo nessuno a farle capire come stesse sprecando i suoi anni migliori. Sentì una lacrima scenderle lungo la guancia e, dopo aver riaperto lentamente gli occhi ed aver preso la mano di Lexi tra le sue, riuscì a dire quell'unica parola che le sembrava un primo passo per rimediare ai suoi errori.
- Scusa Lexi... Scusa...



Hi sweethearts!
Eccoci qui con due capitoletti insieme, per non lasciare troppa suspance, che onestamente piace fino ad un certo punto ^^ Spero che abbiate passato una splendida Pasqua e che questo aggiornamento vi dia un pochino di speranza sulla situazione di Lexi. Non è andata da nessuna parte, fortunatamente, ma c'è davvero mancato un pelo, cosa che ha creato un po' di scompiglio dall'altra parte del mondo (LOL). Precisando di essere una persona tendenzialmente non violenta, non ho potuto proprio trattenermi dal permettere a Nate di sfogarsi un attimo sul naso di Lucas *ooooops*. Spero anche che dopo aver letto, diate un'altra possibilità a Mia che, è indubbio abbia combinato un casino cosmico, ma sta sul serio cercando di rivedere tutta la sua amicizia con Lexi, ammettendo i suoi innumerevoli errori.
Grazie per aver letto fino a qui: è importantissimo per me, come lo sono i vostri pareri..
Lots Of Love xx

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Capitolo 21
*** 31st October 2013 ***


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31st October 2013





-Ehi, principessa, come va oggi??
La voce profonda di Morgan riempì la stanza stranamente silenziosa: da quando Mia aveva fatto la grande confessione e Lexi aveva avuto il secondo collasso, nessuno si era più permesso di mettere su della musica, come se anche una banale melodia potesse peggiorare quella situazione. Aveva sentito solo pianti, lamenti, ammissioni di colpevolezza e altre confessioni di cui avrebbe volentieri fatto a meno, lasciando che il resto del tempo fosse invaso da un'assenza di rumore decisamente soffocante che non faceva altro che rendere quell'attesa ancora più snervante.
Lexi non ne poteva più di aspettare e voleva sentire la voce di Nate rompere quella spessa coltre di silenzio, riportando la sua mente a galla dal pozzo di dolore in cui si era dispersa.
Eppure, in quella mattinata decisamente troppo fredda per essere solo fine Ottobre, anche il suono della voce di suo padre si rivelò essere una piacevole sorpresa. Il rumore della coperta che veniva lisciata per fargli un po' di posto affianco al corpo inerme della figlia, fece trattenere per un attimo il fiato a Lexi: solo Nate si era preso la libertà di sedersi al suo fianco, per esserle il più vicino possibile. Inevitabilmente, a quel ricordo seguì un'altra fitta di dolore che non l'aiutò a rimanere concentrata su quanto Morgan stesse dicendo.
- Lo sai che giorno è oggi?? Il 31 Ottobre... E' Halloween, Lexi... Sono passati due mesi e undici giorni e siamo ancora qui... Non ci posso credere.
Con gli eventi delle ultime settimane, Lexi aveva perso il conto dei giorni e solo allora si accorse che, in teoria, Nate sarebbe dovuto tornare con i ragazzi il giorno dopo e che la fine della sua attesa era molto più vicina di quanto avesse immaginato.
Dopo essersi riscosso dalla consapevolezza di non veder sorridere sua figlia da più di dieci settimane, Morgan prese la mano di Lexi tra le sue ed osservandola, si ritrovò a pensare che fosse molto più simile alla sua di quanto si fosse mai reso conto. Le linee che ne marcavano il dorso, le nocche in evidenza ma non per questo spigolose, le dita non troppo lunghe ma sottili, in qualche modo eleganti, gli fecero scendere una lacrima solitaria lungo la guancia. Persino la genetica gli diceva che tra loro due c'erano più cose a legarli di quanto lui pensasse, benché spesso non avesse mai capito come Lexi potesse essere sua figlia di sangue: lei così pensierosa, lui assolutamente sconsiderato; lei così perspicace nei confronti dei sentimenti degli altri, lui decisamente incapace di capire persino i suoi; lei così dotata di un’ironia sottile e decisamente divertente, lui dalla battuta facile e, spesso, scontata; lei la luce, lui la notte. Non potevano essere più diversi Lexi e Morgan eppure ancora si ricordava quando, da piccola, la portava in giro per le case del vicinato a fare dolcetto o scherzetto, anche se andava sempre a finire che a Lexi dispiaceva troppo per le persone che non avevano dolciumi da darle e convinceva, con i suoi occhioni o con una battutaccia, sia lui che David a non fare alcun tipo di scherzo. Quella bambina li aveva sempre messi in riga.
- Te lo ricordi quell’anno in cui ti volesti vestire a tutti i costi da Bloody Mary perché l’avevi appena studiata a scuola e tutti ti scambiavano continuamente per una semplice principessa?? Non ti ho mai vista così tanto arrabbiata come quella sera… Gettasti addirittura tutti i dolcetti nella spazzatura, senza lasciarne neanche uno a David… Ci misi venti minuti per farlo smettere di piangere! Eri tosta già all’epoca…
Era pienamente consapevole di aver perso così tanto della vita di sua figlia, ma Morgan aveva tutta l’intenzione di recuperare il tempo perduto, se solo lei gliel’avesse concesso e soprattutto se solo si fosse risvegliata. Ormai, benché continuasse a ripetere a chiunque glielo chiedesse, specialmente a Karen, che Lexi ce l’avrebbe fatta, cominciava a perdere le speranze non tanto che lei potesse riaprire gli occhi, quanto che volesse farlo: in fin dei conti, quel fastidioso dottor Lawson aveva detto che dipendeva tutto da lei e dalla sua volontà, dato che l’ematoma lentamente si stava riassorbendo.
- E so che lo sei ancora, ma mi chiedo se tu abbia voglia di tornare a fare la vita che facevi prima… Sai, ho parlato molto con tua madre in queste ultime settimane e ho scoperto un lato di te che non avevo la minima idea esistesse… Sei innamorata dello stesso ragazzo da dieci anni, Lexi?! E lui non ti ha mai guardato?! Ed è pure uno di quelli a cui hai salvato la vita?!
“Ehi, intanto erano undici anni e sì, non mi ha mai nemmeno calcolata di striscio… Wow: ho pensato all’imperfetto… Ormai fa veramente parte del mio passato… Fermi un attimo: sto pensado, punto.”.
- Ora si capiscono un sacco di cose… Cioè, io non le capisco ancora bene, ma credo che l’amore e la fedeltà per me rimarranno sempre un qualcosa di oscuro… Insomma, credo tu conosca i miei problemi con la monogamia e tutto quello che ci va dietro…
Aveva lasciato sua moglie per quelle che non era altro che delle ragazzine poco più che ventenni e, per essere del tutto onesti, nemmeno quando stava ancora con lei era mai stato uno stinco di santo, anche se doveva ammettere che alla fine tornava sempre da lei, da Karen. L’unica donna che era certo di aver amato seriamente. Forse era anche per quello che le attenzioni del dottorino sampientone gli davano fastidio, ma lui aveva Kitty, quindi non poteva fare o dire nulla.
- Ma dimmi una cosa: secondo te, quel dottor Lawson ci sta provando con tua madre? Perché dal mio punto di vista si sta prendendo un po’ troppe libertà…
Lexi, se fosse stata di un umore un pochino meno tetro, avrebbe riso dei vani tentativi di suo padre per nascondere il fatto che fosse ancora innamorato pazzo di Karen, ma sinceramente, tutto quel perdere tempo facendo finta che quei sentimenti non ci fossero, che si potesse vivere bene anche ignorandoli come stavano facendo sia lui che Mia con David, la faceva piuttosto arrabbiare. Se lei si fosse potuta alzare da quel letto, proprio in quel preciso istante, si sarebbe fiondata al suo computer, avrebbe selezionato l’unico contatto utile di Skype e avrebbe sommerso Nate di una confessione che sarebbe potuta durare minuti, ore, giorni, forse anche tutta l’eternità: tanto, chi le avrebbe dato un limite?? L’importante sarebbe stato avere l'occasione per dirglielo. Prima che fosse troppo tardi. Ma forse, era già troppo tardi.
- Insomma, anche Karen mi sembra un po’ troppo indulgente nei suoi confronti… Lui è il tuo medico, dovrebbe essere professionale e non sfruttare il momento difficile che tua madre sta passando, per approfittarsi di lei! Poi le gli dà pure corda e quel tipo continua imperterrito... Insomma: qualcuno dovrebbe dirglielo che sta sbagliando!!
“Come qualcuno dovrebbe dire a tutti voi che dovete smetterla di parlarmi dei vostri problemi di cuore, perché io sono stanca... Ma seriamente stanca... Non ce la faccio più a sentirvi lamentare di quello che vorreste fare, delle cose che vorreste dire, delle emozioni che continuate a provare e che non vorreste mai dimenticare... Basta!! Io non ce la faccio più! Io, quelle poche cose che vorrei fare, non le posso fare, le parole che vorrei dire non le posso dire, le emozioni che vorrei provare non solo non le posso dimenticare, ma non posso nemmeno dire di poterle sentire... Io non ho più nulla e voi continuate a sbattermi davanti agli occhi la vostra felicità... E chi se ne frega se solo metaforicamente!!”.
Avrebbe solo voluto aprire gli occhi e capire se tutto quello che le era successo negli ultimi due mesi fosse stato reale o se, per l'ennesima volta, avesse lavorato troppo d'immaginazione. Avrebbe solo voluto sentire Nate che, con tocco rassicurante mentre le prendeva la mano, le diceva che sarebbe andato tutto bene. A dire il vero le bastava anche solo che mettesse su un po' di musica e lasciasse che fosse quella a parlare per loro.
- Okay... Sto esagerando... In fin dei conti tua madre ha la sua vita e sono stato io a decidere di uscirne...
L'amarezza del tono con cui aveva pronunciato quella frase fece spavento pure a Morgan, che si chiese se le scelte che aveva preso negli ultimi dieci anni di vita fossero state anche solo vagamente giuste, perché in quel momento gli sembrava di avere tra le mani unicamente una manciata di rimorsi per aver colto occasioni che sapeva già non l'avrebbero condotto da nessuna parte. Doveva prendere aria. E chiamare Karen. Sì, soprattutto quello.
- Lexi... Senti... Io ora devo andare, okay? Devo fare un paio di telefonate... Sì, insomma... Sapere se magari tua madre ha bisogno di qualcosa, cose così...
Nonostante tutto, Lexi fu quasi sollevata nel sentire suo padre pronunciare quella frase: se lei non poteva vivere felicemente una storia d'amore, non doveva significare che non potesse gioire per le persone attorno a lei che avevano quella fortuna. Specialmente se si trattava dei suoi genitori. In tutta sincerità, aveva sempre sperato che Karen e Morgan potessero un giorno riavvicinarsi e parlarsi francamente, ammettendo quello che entrambi sapevano di provare l'uno per l'altra sin dal loro mirabolante primo incontro, più di trent'anni prima. Karen le aveva raccontato che stava osservando tranquillamente l'Oceano Atlantico, da uno dei parapetti del Brighton Pier, mentre le risate delle sue amiche vicino a lei le arrivavano quasi ovattate, tanto era immersa nella sua contemplazione. Era in vacanza con i suoi genitori e “sembrava che nulla, nella mia vita, potesse andare meglio”, come aveva detto Karen quel pomeriggio di metà estate, quando una curiosissima Lexi di appena quattro anni le aveva chiesto come avesse conosciuto il suo papà. Poi aveva visto un ragazzetto camminare con aria svogliata sulla sabbia, mentre l'acqua gli bagnava le caviglie lasciate libere dai pantaloni arrotolati, calciando ogni tanto un sassolino. Teneva le mani nelle tasche dei pantaloni più stretti che Karen avesse mai visto, mentre il leggero venticello che si era alzato, le permetteva di intravvedere il suo
fisico scolpito attraverso la maglietta bianca che portava, sotto un giubbino di pelle nera, nonostante fosse piena estate. Lui aveva sollevato la testa per un secondo solo ed i loro sguardi si erano immediatamente incrociati, come attratti da due calamite. Karen aveva raccontato di aver sentito un brivido percorrerle la schiena ed era quasi sicura non fosse colpa della brezza estiva che le scompigliava i capelli e la gonna. Lexi si ricordava che, sentendo le parole della madre, aveva pensato a come anche lei avrebbe tanto voluto incontrare il suo principe azzurro grazie ad uno sguardo magico come quello che si erano scambiati sua madre e suo padre.
“Forse è da quel momento che ho cominciato a credere a tutta la storia dell'amore a prima vista e allo sguardo che l'avrebbe fatto innamorare di me... Che sciocca che sono stata... Ho speso undici anni della mia vita a fare letteralmente di tutto per farmi notare da lui e speravo che una semplice occhiata potesse cambiare tutto... Alle volte mi chiedo come sarebbe andata la mia vita senza tutte queste favole sfavillanti e queste speranze illusorie... Di certo non mi troverei distesa su questo letto da più di due mesi ormai... E, con ogni probabilità, avrei pure un ragazzo ad aspettarmi a casa la sera, per abbracciarmi e chiedermi com'è andata la giornata... Forse avrei più amiche e qualche interesse un poco più proficuo di quello per una band per adolescenti e per persone vissute secoli fa... Magari sarei anche più magra e sicuramente più sicura di me... Ma se c'è una cosa che ho imparato studiando per tutti questi anni la vita degli altri, è che non si scrive la storia con i 'se' e con i 'ma' ... Lla mia vita è stata solo un susseguirsi di attese che qualcosa accadesse, di nottate a pensare che cosa sarebbe potuto succedere 'se...' e di eterni monologhi per convincermi a non agire mai veramente, troppo concentrata a calcolare tutti i 'ma' possibili... Un' esistenza passata ad attendere un banalissimo e semplicissimo sguardo che poi è arrivato, così: dal nulla... E com'è arrivato, se ne è anche andato, senza lasciare la minima traccia. Sembra che ogni cosa che io abbia il coraggio di fare venga iscritta sul libro del tempo, peccato che nel mio caso sia sempre fatta di granelli di sabbia fine che con un solo colpo di vento o una piccola onda, vengono spazzati via e gettati nel nulla... Eppure un altro sguardo mi è rimasto in testa e sembra non volersene andare più, come se questo sia stato inciso a fuoco nel mio cuore, marchiandolo per sempre... Quegli occhi celesti non si possono dimenticare. Quel terrore ad incresparne le screziature più scure, la coscienza di non poter far nulla per me... Anche se alla fine, è stato proprio lui quello che ha fatto più di tutti... E' stato Nate a ripetermi ogni singolo giorno che non vedeva l'ora di incontrarmi sveglia per poter sentire la mia voce, per sapere se sono seriamente come mi descrivono gli altri, per potermi parlare guardandomi negli occhi, per capire le motivazioni di quel lampo nel mio sguardo, poco prima che mi sfracellassi al suolo... Ah, no... Giusto... L'ha già scoperto... O meglio, ha scoperto quello che pensano tutti ma che non è assolutamente la verità... Non per me almeno... Non più. Forse deve andare semplicemente cosi. Forse io non lo vivrò mai quello sguardo fatale... Non avrò mai la mia favola d'amore...”.
Lexi non si era nemmeno accorta che la porta della sua camera si era richiusa dietro le spalle di un Morgan più determinato che mai a riprendersi quello che aveva sempre saputo essere suo.




Hi sweethearts!
Piccolo capitolo di passaggio prima di ricominciare con i batticuori (si spera ^^). Lo so, lo so: sarete sfinite come Lexi di sentir chiunque vada a trovarla lamentarsi della propria vita, ma credo che alle volte finisca sul serio per andare così: siamo troppo concentrati su noi stessi per poter cogliere le sfumature di chi ci sta attorno. Povera Lexi ** Mentre scrivevo questo capitolo, ricordo di essermi chiesta se fosse davvero possibile innamorarsi con un solo sguardo o se, in generale, un singolo scambio di occhiate possa cambiare radicalmente il corso degli eventi... Voi che ne pensate?? Piccola curiosità **
Grazie per aver letto fino a qui, per aver inserito la storia tra le seguite e le ricordate e per continuare a lasciare il vostro prezioso parere **
Lots Of Love xx

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Capitolo 22
*** 1st November 2013 ***


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1st November 2013


Non sapeva cosa fare.
Era seduto in macchina, nel parcheggio sotterraneo dell'ospedale, da più di venti minuti e non riusciva a prendere una stupidissima decisione: scendere o non scendere da lì. Da quello dipendeva tutto, il resto sarebbe venuto di conseguenza. O almeno così sperava Nate dato che, da quando aveva sentito quella conversazione tra Mia e Hugh, nulla sembrava più avere un filo logico, come se il suo mondo si fosse rovesciato e nessuno l'avesse avvertito. Si sentiva come un pesce messo dentro la centrifuga della lavatrice e tirato fuori, mentre gli occhi di tutti erano puntati su di lui per capire se fosse sopravvissuto al turbinio oppure no. Nate era quasi sicuro di non aver superato la prova e che quella marea di emozioni che l'avevano travolto nell'esatto istante in cui aveva scoperto che lei era innamorata di Lucas, lo stessero ancora torturando come un condannato a morte, senza però lasciargli il via libera per l'aldilà.
Voleva solo che la sua testa smettesse di pulsare talmente forte da non farlo dormire, nemmeno durante tutte le ore di viaggio in aereo che aveva affrontato il giorno prima. Come se tutto quello non bastasse, il jet-leg lo stava tormentando più del solito, tanto che Nate fu costretto a passarsi più volte le mani sul volto, cercando di svegliarsi e di prendere una decisione definitiva.
Doveva andare.
In fin dei conti era arrivato fino a lì, nonostante la sua faccia sembrasse quella di uno che aveva una terribile sbornia da smaltire, con occhiaie violacee che facevano risaltare in maniera quasi inquietante il colore cinereo dei suoi occhi. Si sistemò il cappellino di lana blu che aveva calato sulla testa, si avvolse meglio nella felpa grigia come il cielo di Londra che l'aveva accolto al suo risveglio e spense la radio: oramai pure la voce di Nick Grimshaw gli risultava insopportabile, poiché neppure il suo straparlare riusciva a distrarlo. Aveva la mente così piena di pensieri, che nemmeno si era reso conto di essere arrivato di fronte alla reception del reparto di medicina generale e di aver di fronte proprio l'ultima persona che aveva il coraggio di affrontare, dopo Lexi, anche se in quel caso era aiutato dal fatto che lei non potesse rispondergli e guardarlo negli occhi, rischiando di smentire ogni bugia che ancora si ostinava a crearsi in testa. Sarah lo stava osservando con uno sguardo strano, come se lo stesse rimproverando per qualcosa di cui era quasi certo non avere alcuna colpa, o per lo meno sperava fosse così. Fece un breve cenno del capo per indicargli che poteva entrare nella stanza, ma era fredda e distaccata, anche un'idiota se ne sarebbe accorto, eppure in quel momento non poteva occuparsi dei cambi di umore dell'infermiera: aveva un piano da portare a termine e non poteva permettersi ulteriori esitazioni.
Appena mise un piede dentro la stanza numero 224 si rese immediatamente conto che le cose non erano più come le aveva lasciate un mese prima. L'aria che vi si respirava sembrava fredda, quasi glaciale, come se non vedesse un raggio di sole da almeno due ere geologiche; l'atmosfera era immobile, bloccata in uno stato di quiete surreale che gli fece venire i brividi, nonostante la felpa pesante che aveva indosso; i regali che un tempo riempivano ordinatamente la stanza, regalandole un guizzo di colore, erano ammassati in malo modo sul tavolo di fronte al letto, lasciando che il bianco asettico predominasse su tutto. Fece altri tre passi all'interno della stanza ed il tavolino con sopra il computer e le casse si palesarono davanti a lui, prima che il mondo si bloccasse per ciò che vide dopo.
Dov'era finita la ragazza che aveva pianto quando gli aveva dedicato una canzone? Quella che aveva visto per un intero mese tramite la webcam di un pc e che sperava potesse sentirlo vicino, nonostante la distanza??
Quella non era la sua Lexi.
Quello era solo l'involucro della ragazza meravigliosa che lui aveva deciso di aspettare e veder risvegliarsi, per poterla sentir ridere e sorridere. Quei pensieri non avevano senso eppure erano gli unici che riuscisse a districare nel caos che era il suo cervello.
Era bloccato a meno di un metro dal letto e Lexi poteva perfettamente percepire che ci fosse qualcuno nella sua stanza.
“No. Non è qualcuno qualsiasi... E' lui...”.
Questa sola consapevolezza le fece riattivare improvvisamente e per un solo breve secondo il cervello, che ebbe un picco ben evidenziato sul monitor alla sua destra. Nate non poté fare a meno di trasalire a quel rumore, perché era quasi certo di esser stato lui a causarlo, solo che non riusciva a capire come lei avesse fatto a riconoscerlo.
Per Lexi, però, era tutto più semplice. Solo lui tratteneva il respiro in quella maniera ogni volta che entrava nella sua camera, ancora come se fosse la prima volta; solo lui strofinava nervosamente i pollici sui bordi rovinati delle tasche dei jeans, quando era estremamente nervoso, facendo un rumore tutto particolare; solo lui si fermava sempre sullo stesso punto, a pochi passi dal suo letto, come se avesse trovato il suo angolo di osservazione preferito. Solo lui le faceva sentire qualcosa, pur non facendo nulla.
Era ancora fermo su quella stessa piastrella da qualcosa come cinque minuti buoni ed improvvisamente gli venne alla mente una delle prime visite che le aveva fatto, ormai tre mesi prima e si sentì uno stupido risentendo le parole che Zach gli aveva detto quando aveva raccontato ai ragazzi come si fosse comportato. Era stato un cretino a non dirle chi fosse e pure in quel momento si sentiva lo stesso un emerito imbecille, ma per ben altre motivazioni. Un sorriso dolceamaro gli increspò le labbra sottili, consapevole di quante cose fossero successe da quel loro primo “incontro”, anche se non era sicuro si potesse definire proprio così.
Era veramente sicuro di quello che voleva fare? Era certo che fosse la scelta giusta e non un'abominevole cazzata?
Su una cosa Hugh aveva ragione: se non ci provava, non avrebbe mai saputo quale sarebbe stato il risultato.
Nate estrasse l'Iphone dalla tasca dei jeans, collegò il cavetto delle casse e cercò nervosamente il brano che gli serviva. I piedi non ne volevano sapere di stare fermi, continuando imperterriti a battere un ritmo sconosciuto sul pavimento, come se sapessero che scappare da quella stanza fosse la soluzione migliore. Finalmente trovò il brano che cercava e schiacciò play, con le mani che tremavano più del dovuto, benché sapesse che in quel momento non c'era spazio per alcun tipo di esitazione. Era la versione completa di Through The Dark, quella che sarebbe finita anche nell'album e che le aveva dedicato via Skype qualche settimana prima. Ancora non poteva crederci di aver scritto una canzone per una ragazza: non l'aveva fatto nemmeno per le sue fidanzate reali, come poteva esser arrivato a tanto per una sconosciuta? Ma con Lexi era tutto diverso, tutto nuovo, come se avere a che fare con lei implicasse uno sforzo e un impegno maggiori del normale, come se fosse troppo delicata o addirittura importante per trattarla come una ragazza qualunque. Figurarsi che nella sua testa non era mai stata nemmeno etichettata nella categoria “fan”, era passata direttamente in quella...
Già: in che categoria di ragazze rientrava Lexi?? Solitamente, quando cominciava a sentire quel tipo di emozioni, quelle che fanno sudare le mani all'inverosimile e che costringono il cervello a spegnersi per concentrarsi solo sul proprio battito cardiaco accelerato, c'aveva almeno scambiato qualche parola con quella ragazza che gliele causava, ma con Lexi non era stato possibile. Tutto si era basato su altro: sulle oscillazioni dei suoi battiti cardiaci, sui brividi che provava ogni volta che le sfiorava una mano, sulla bellezza che lo travolgeva ogni qualvolta osservasse il suo viso immobile.
Era lì ferma anche quel giorno, eppure a Nate parve che un terremoto stesse scuotendo quella camera da capo a piedi, rischiando di farlo cadere da un momento all'altro. Non sapeva nemmeno lui quando gli fosse balzata in testa quell'idea, era solo certo del fatto che avesse bisogno di farlo, fosse anche solo per sperare di chiarirsi le idee.
La canzone era quasi arrivata alla fine del primo ritornello e Lexi non aveva più alcun dubbio su chi ci fosse al suo fianco, fermo a pochi passi dalla sua mano bloccata sul soffice lenzuolo, quella mano che avrebbe tanto desiderato muovere e far intrecciare con quella di Nate, che era andata ora a sfiorarla, come se fosse un prezioso fiore leggendario. Il suo tocco era esattamente come lei ricordava: delicato, attento, ma non per questo meno reale e vitale. Ecco: Nate per Lexi era “vitale”. Era quella parte di gioia di vivere che lei pensava di aver perso, quel sorriso che raramente aveva visto spuntare sul suo volto prima dell'incidente, quella sincerità che non aveva mai avuto il coraggio di usare né con le persone che aveva accanto, né tanto meno con sé stessa. E tutto questo Lexi riusciva a percepirlo da quelle dita sottili che continuavano a tracciare dei cerchi immaginari sul dorso della sua mano e che improvvisamente la sollevarono per farla combaciare con un paio di labbra che sembravano fatte di batuffoli di cotone, tanto erano soffici. Lexi era certa che le avesse torturate con i denti per tutti i minuti precedenti quella visita, ma nonostante questo per lei erano la cosa più perfetta che potesse esistere al mondo.
La musica continuava a riempire l'aria, a farsi materia di sentimenti che nessuno dei due riusciva ad esprimere: chi per paura, chi per colpa del destino.
Non riusciva a pensare ad altro che al tocco di Nate che la teneva legata al presente, stranamente conscia di quello che stava succedendo al suo corpo, come se le sue labbra fossero state un flauto magico capace di risvegliarlo.
Nate sentì il battito di Lexi farsi sempre più veloce ed il fatto che fosse lui a causarle quell'effetto lo incoraggiò ad arrischiarsi con il passo successivo: c'aveva pensato e ripensato troppo a lungo per non sapere che cosa fare, una volta dato avvio a quel piano folle. L'avrebbero anche potuto denunciare, ma a lui non importava nulla delle conseguenze, perché in quel momento c'erano solo lui, Lexi e quei sentimenti che non lo lasciavano più dormire la notte.
Lasciando la sua mano intrecciata a quella di lei, appoggiò un dolce bacio sull'incavo del braccio, proprio dove le vene erano più chiare e lasciate scoperte dal camice a maniche corte, per poi salire lentamente fino alla spalla e posarne un altro anche lì. Ora veniva la parte più difficile, lo sapeva benissimo, ma doveva continuare. Con la mano libera spostò con cura i lunghi capelli di Lexi dietro l'orecchio destro, di modo che la linea gentile della sua mandibola fosse tutta disponibile ai suoi occhi ormai assuefatti da tanta bellezza. Quella ragazza gli appariva meravigliosa proprio per quei piccoli particolari che la rendevano assolutamente unica e per questo speciale più di ogni altra.
“Io... Io non capisco... Nate che cosa...”.
Il cervello di Lexi non riusciva più a tenere il passo con le emozioni che il suo cuore produceva, lasciando che uno stato di confusione la sopraffacesse, tanto da renderle praticamente impossibile qualsiasi tipo di pensiero coerente. Quel piccolo gesto di sistemarle i capelli dietro un orecchio l'aveva sognato così tante volte stesa sul suo letto, che fosse nella sua cameretta di quand'era bambina o in quella che aveva nell'appartamento di Lexington Street, che quasi le parve di rivivere qualcosa di già accaduto. Ma in tutte quelle fantasie era stata la mano immaginaria di un Lucas Palmer qualsiasi a compierlo e non quella premurosa, gentile e reale di Nate. Era come se ogni cellula del corpo di Lexi si fosse svegliata dal torpore mortale in cui era caduta per rispondere colpo su colpo a quelle ondate di emozioni che lui le trasmetteva.
Con una perizia estrema, che non gli era mai appartenuta, Nate scelse il punto perfetto in cui lasciare un ennesimo bacio, tanto che la canzone era ormai arrivata alla conclusione del suo secondo ritornello. Giusto all'inizio di quella linea delicata, appena sotto il lobo dell'orecchio, Nate stampò quel bacio che fece letteralmente andare in tilt il cervello di Lexi.
Una scarica elettrica si diffuse per tutta la sua spina dorsale, lasciandola quasi senza fiato, se non fosse stato per le macchine artificiali che la tenevano in vita.
Era giunto il momento di trasformare quella malsana esigenza, che era nata dopo l'ondata di gelosia che l'aveva investito a causa di quella famosa telefonata, in una realtà. Nate strinse più forte la presa sulla mano di Lexi, tanto che le sue nocche divennero quasi bianche per lo sforzo e prese un profondo respiro, sperando che tutto andasse per il verso giusto, anche se a dire il vero, non sapeva nemmeno lui quale fosse la giusta direzione di tutta quell'assurda storia.
Lexi capì subito da quella stretta che qualcosa d'importante stava per accadere: mai Nate aveva serrato così forte le dita contro le sue, come a non volerle permettere di scappare da lui, di andarsene. Ma a Lexi ormai risultava anche solo assurdo pensare di potersi allontanare da Nate e da tutto ciò che era diventato per lei.
Quello era il momento.
Ora o mai più.
… And you don't need... You don't need to worry... And you will see it's easy to be loved... I know you wanna be loved...
Quando Nate poggiò le sue labbra rosse su quelle rosa pallido di Lexi un'esplosione si scatenò all'interno della camera numero 224. Le macchine che controllavano le funzioni vitali di Lexi impazzirono letteralmente, cominciando ad emettere suoni sempre più striduli e frequenti. La musica raggiunse il suo apice massimo, con un sovrapporsi melodioso delle voci di tutti e cinque i componenti dei The Rush, amplificate dalla potenza degli strumenti che le accompagnavano. Ma ciò che realmente fece esplodere la stanza fu la potenza delle emozioni che Nate e Lexi stavano provando dentro di loro. Ogni singola parte del loro essere era concentrata su quel minimo contatto di epidermidi e l'intero universo era collassato su quel piccolo gesto che stava cambiando la vita di due persone.
Era esattamente come Nate l'aveva immaginato durante quelle notti insonni passate a pensare solo ed esclusivamente a lei.
Era esattamente come Lexi si era sempre immaginata dovesse essere il bacio del Principe Azzurro. Era ciò che aveva sperato tutto quel tempo, era ciò per cui aveva donato il suo cuore alla persona sbagliata ma che ora era stato rapito dal miglior essere umano che lei avesse mai incontrato. Era come esser entrata nel mondo di favole e racconti incantanti che sua madre le leggeva da bambina, facendo tutte le voci più strane per rendere i personaggi il più reali possibili, pur di farla addormentare con un sorriso sulle sue piccole labbra. Per anni aveva sperato che quelle figure splendenti e leggiadre che riempivano i suoi sogni di bambina potessero entrare nella sua vita, accompagnarla a scuola e renderla bella ed interessante agli occhi dell'unico bambino che aveva catturato il suo cuore. Ma presto aveva capito che nemmeno quella magia l'avrebbe aiutata nell'ottenere le sue attenzioni e gli anni le avevano insegnato che difficilmente i sogni si realizzavano, così Lexi aveva smesso di sognare per sé stessa, per il suo futuro, per il suo cuore da donare a qualcuno. Aveva pensato di essere innamorata, ma nulla, assolutamente nulla, avrebbe mai eguagliato ciò che stava provando in quel preciso istante. Dal profondo del suo corpo poteva sentire un calore bruciante espandersi in ogni parte di lei, tanto che credette di essere sul punto di svegliarsi, perché più di ogni altra cosa avrebbe voluto poter ricambiare quel bacio. Il bacio dell'unica persona che era stata al suo fianco senza nemmeno conoscerla; il bacio di colui che si era presentato ai piedi del suo letto ad ore improponibili solo per vederla; il bacio di chi l'aveva chiamata, benché fosse dall'altra parte del mondo, tutti i giorni; il bacio di colui che le aveva scritto la più bella canzone di sempre; il bacio di quell'unico ragazzo che le aveva cambiato la vita. Voleva che quel calore diventasse energia motrice per il suo corpo, capace di farle aprire gli occhi e vedere quelli di colui che continuava a tenere appoggiate le labbra sulle sue, in un modo così delicato ed attento da farla sentire semplicemente speciale. Ecco, Nate era capace di farla sentire come nessun'altra ragazza sulla faccia della terra, come se lei avesse un qualcosa di tanto prezioso e raro dentro di sé da poter meritare le sue attenzioni e la sua dolcezza.
“Fammi svegliare... Ti prego: fammi svegliare ora!!!”.
Le macchine erano letteralmente impazzite, tanto che Sarah entrò quasi correndo all'interno della stanza e rimase bloccata a pochi passi dal letto, vedendo quella scena decisamente surreale. Non poteva credere ai propri occhi, soprattutto quando Nate si allontanò dal volto della sua Lexi con un'espressione sconvolta a tramutargli il volto perfetto, come se il suo mondo fosse appena collassato in quel gesto sconsiderato che aveva compiuto. Non riuscì a dire nulla, perché Nate scappò dalla stanza di tutta fretta, come se l'unica soluzione per quell'immensa confusione che gli stava azzerando il cervello fosse allontanarsi dalla fonte che la causava, senza aver ancora capito che la sorgente di tutto quello stava nel suo cuore ed in quello che, nonostante i suoi sforzi per non ammetterlo, provava per Lexi.
Sarah si affrettò ad iniettare un sedativo nella flebo della ragazza, di modo che i battiti cardiaci rallentassero e nessun altro si allarmasse e volesse sapere che cosa stesse accadendo dentro la camera 224: era già troppo che lei avesse visto quella scena, figurarsi se qualcuno come il Dottor Lawson lo fosse venuto a sapere. Quando finalmente il farmaco fece effetto, si sedette sulla poltrona accanto a Lexi e le prese la mano sinistra tra le sue, per cercare di rassicurarla su quello che le stava succedendo.
- Che cosa state combinando voi due?? Me lo volete spiegare?! E' una settimana che vi comportate tutti in maniera strana! Prima tutte quelle urla su una fantomatica chiamata che avrebbe rovinato tutto; poi Mia che ogni volta che si presenta qui sembra aver appena pianto l'intero Oceano Atlantico e non si degna di rispondere che per monosillabi; poi il signorino irlandese che non si fa sentire per giorni e tu che cadi in uno stato catatonico, dopo l'ennesimo collasso cardiaco... Ed ora mi ritrovo a correre in camera tua, per imbottirti di sedativi, perché lui ti sta baciando?! Ma dico: che cosa avete nella testa voi?!?! Sei in coma signorina, non in un centro vacanze, dovresti andarci piano con le emozioni...
Lexi avrebbe forse riso per la confusione e l'apprensione dell'infermiera, se la sua mente non fosse stata completamente concentrata su quel bacio che le aveva sconvolto la vita e che aveva fatto scappare da lei l'unica persona di cui ormai le interessasse veramente. Solo quando aveva sentito le labbra di Nate appoggiarsi alle sue aveva capito quanto fosse intenso e scalpitante, dentro di lei, il desiderio di risvegliarsi e tornare a vivere, perché quella sensazione di pura elettricità che l'aveva sconvolta da capo a piedi le aveva fatto capire il valore della vita.
“Sono sempre stata convinta che vivere volesse dire respirare, mangiare, pensare, ogni tanto sorridere e sognare... Ma ora... Ora ho seriamente capito che cosa significhi essere vivi... Quel bacio è stato come una pillola di concentrato di vitalità, che ha messo in ombra qualsiasi cosa io abbia fatto o sperimentato prima... Qualcosa di simile l'avevo vissuto solo ascoltando le loro voci cantare dal vivo, con quel brivido di star a cogliere il momento presente e la volontà di non lasciarlo mai fuggire via... Ma quel bacio... Wow... Io credo di non aver mai provato nulla del genere... Anzi, io non ho mai provato qualcosa di così forte e travolgente... Mi sento come se fossi appena stata sulle montagne russe in mezzo allo spazio e senza ossigeno da respirare... Assurdo... Ed io... Io avrei voluto così tanto poter rispondere a quel bacio... Io...”.
I pensieri di Lexi si dissolsero in due lacrime pesanti che si fecero largo tra le palpebre chiuse, subito accompagnate da altrettante compagne, ugualmente pesanti e cariche di frustrazione ed emozione. Voleva svegliarsi come mai prima da quando tutto quel disastro era successo, ma il suo corpo sembra essere insensibile anche ad un sentimento potente come quello che provava per Nate. Ormai non aveva la più pallida idea di chi invocare per aver un minimo segno di miglioramento delle sue condizioni, tanto che l'insidioso pensiero che le cose non sarebbero mai più cambiate cominciò a strisciare sul fondo della sua coscienza, ma Lexi lo schiacciò immediatamente con una brillante immagine degli occhi e del sorriso di Nate, capaci oramai di risollevarla in qualsiasi occasione. Si accorse, allora, che non voleva riaprire gli occhi solamente per poter osservare dal vivo quel celeste angelico che si ricordava essere il colore delle sue iridi, ma soprattutto per dirgli grazie. Per esserle stato accanto durante tutto quel tempo. Per averle mostrato che cosa fosse la vera vita. Per averle regalo emozioni impagabili che si erano impresse a fuoco nella sua memoria. Per averla fatta ridere e sorridere. Per averle stretto la mano quando tutto sembrava irreparabile. Per aver asciugato le sue lacrime incontrollate. Anche solo per aver scelto una delle sue canzoni preferite, la prima volta che le aveva fatto visita da solo. Voleva semplicemente dirgli grazie. Ma quello stupido ematoma glielo impediva e Lexi stava cominciando a sentire sempre di più il peso dela sua situazione schiacciarle il petto. Ma avrebbe combattuto per lui e per quegli occhi che ancora riempivano la sua testa in flash splendenti
.


Hi sweethearts!
E niente: sto piangendo troppo per buttare giù qualsiasi cosa.
Vi lascio con una delle frasi che a me stanno più a cuore: "Per credere nell'amore, bisogna scriverne".
Spero di avervi lasciato un po' di amore con questo capitolo: sarebbe il regalo più prezioso **
Grazie per essere arrivate fino a questo punto
Always:
Lots Of  Love xx

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Capitolo 23
*** 2nd November 2013 ***


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2nd November 2013



- Si può sapere che diavolo ti è passato per la testa ieri?!
Sarah l'aveva praticamente strattonato dietro il bancone dell'accettazione del reparto in cui si trovava Lexi, rischiando quasi di fargli rovesciare il cestino delle cartacce a terra, aumentando magari lo stato di irritazione nei suoi confronti. Non capiva per quale strana motivazione lo stesse trucidando con quello sguardo dagli intenti omicidi, quando l'unica cosa che aveva fatto era stata seguire ciò che gli suggeriva il cuore. Insomma, Nate era cosciente dei rischi che aveva corso: se solo fosse entrato qualcun altro al posto di Sarah in quel momento sarebbe stato con ogni probabilità a cercare con l'avvocato della casa discografica di non far scoppiare un putiferio mediatico per un'accusa, per altro infondata, di molestie ad incapace d'intendere e di volere. Ma qualcuno ai piani alti lo aveva assistito, quindi non capiva davvero il motivo di tanta irruenza.
- Hai vagamente presente che se fosse entrata una qualsiasi delle altre infermiere o addirittura il Dottor Lawson, quel tuo bel faccino pallido ora sarebbe sulle prime pagine di tutte i giornali e non di certo per aver vinto qualche prestigioso premio musicale?!
Esattamente quello che Nate aveva appena pensato, eppure era ancora convinto di aver fatto la scelta più giusta: in quelle poche frazioni di secondo in cui le loro labbra si era scontrate, anche se a lui era parso durare un'eternità, aveva provato qualcosa che non sentiva più da troppo tempo. Una sorta di scarica elettrica che si era diffusa per tutto il suo corpo ed era quasi certo di aver avvertito un leggerissimo accenno di movimento delle labbra di Lexi, motivo per cui si trovava così di buon mattino nel reparto di medicina donne, nonostante il jet-leg lo stesse uccidendo.
- Dovevo farlo Sarah... Sul serio: dovevo...
L'infermiera si ritrovò a fissare una scena che le fece parecchia tenerezza: quel ragazzino di appena ventidue anni, con un assurdo cappellino blu calato sulla fronte, la maglietta rosa antico che usciva da una felpa più grande di due taglie, dei pantaloni stretti dentro a delle scarpe che le ricordavano tanto quelle dei clown per la loro grandezza, le riportò alla mente come ci si sentiva ad essere persi per qualcuno. Chiunque si sarebbe accorto, anche lontano un miglio, che quel ragazzo aveva più di una cotta per una ragazza con cui non aveva mai neanche parlato, ma che aveva rischiato tutto per salvare la vita. Forse era per quello sguardo così profondo e significativo, che non gli aveva mai visto prima, o per quel tono di voce che lasciava intendere una sincerità quasi lacerante, che Sarah si ritrovò a sorridere e a dirgli l'impensabile.
- Ho capito Nate... Ma fa attenzione la prossima volta!
- La pro... La prossima volta?!
Sapeva perfettamente di averlo messo in difficoltà, lo notò dal rossore che si diffuse velocemente sulle guance altrimenti candide e dalle mani che iniziarono a torturare i bordi delle tasche dei jeans chiari con impazienza, ma aveva visto il tracciato cerebrale di Lexi del giorno prima, da quando il bel irlandese era entrato nella stanza fino al momento in cui era corso via e non poteva negare che ci fosse più di qualche collegamento con i progressi che la ragazza faceva ogni qualvolta le cose andassero bene con lui. Era stata scettica pure lei all'inizio, ma i monitoraggi e gli esami che le avevano fatto confermavano quest'impressionante e stravagante teoria: se Nate si prendeva cura di lei e le stava accanto, Lexi migliorava in maniera tangibile e costante. Quindi sì, Sarah aveva intenzione di farsi paladina e protettrice di quella storia a suo parere meravigliosa, rischiando anche di andare contro il regolamento dell'ospedale e le ire del Dottor Lawson.
- Non fare quella faccia da adolescente in erba che viene trovato dalla madre con delle riviste poco consone sotto il letto! Lo sappiamo entrambi che provi qualcosa di forte per quella ragazza ed è altrettanto innegabile che, non ho ancora capito per quale astrusa motivazione, se tu sei nei paraggi lei stia decisamente meglio, quindi io ti avverto, caro il mio bel cantante irlandese... Tu mi stai simpatico, okay? Credo che tu abbia un gran bel faccino e, tutto sommato, anche la testa sulle spalle, ma azzardati ancora una volta a farle promesse che poi non mantieni o ad abbandonarla e giuro che te la dovrai vedere con me, chiaro??
Non voleva suonare così minacciosa con quelle parole, ma evidentemente l'affetto che provava per Lexi sembrava aver preso il sopravvento ed il suo istinto da mamma chioccia era uscito in tutta la sua pericolosa maestosità, facendo indietreggiare di un passo un allibito Nate che si vide puntato contro un dito grassottello e roseo giusto sotto il naso. Quel discorso se lo sarebbe aspettato dal padre di Lexi, non di certo da un'infermiera che, come lui, non l'aveva mai nemmeno conosciuta di persona. Eppure questo gli fece capire come poco si fosse sbagliato nel vedere tutta quella bellezza che riscontrava ogni volta che sentiva parlare di Lexi o la vedeva ferma su quel letto d'ospedale.
Fece un cenno d'assenso con la testa, incapace di trovare delle parole che potessero anche solo delineare il marasma di sentimenti che stava provando e dopo aver ricevuto il benestare di Sarah, tramite un suo sorriso a dir poco materno, si diresse finalmente verso la camera di Lexi.
Aveva sperato di trovarla vuota se non per quella meravigliosa ragazza di cui si stava invaghendo sempre di più, ma rimase deluso quando, aperta la porta, sentì un tono di voce che aveva udito anche troppo in quegli ultimi tre anni e mezzo.
-Ehi Nathan!!! Che ci fai qui?!
Nate avrebbe volentieri risposto male a Lewis,ma  il problema era che, nonostante quell'assurdo nome che non aveva nulla a che fare con quello che sua madre gli aveva datoe soprattutto nonostante la sua presenza decisamente inopportuna all'interno della stanza, gli sorrise lo stesso, perché con Lewis Tompson non si poteva fare altrimenti. Lui, con le sue iridi di un celeste qualche tonalità più scuro di quello di Nate e la strampalata idea di tatuarsi anche il mondo sul corpo, era una fonte inesauribile di risate, battute e atteggiamenti poco opportuni che rendevano la vita di tutti quelli che gli stavano attorno molto più interessante.
Si sedette sul letto di Lexi, dalla parte opposta a quella dove si trovava la poltrona con Lewis seduto sopra, ed incurante dello sguardo quasi allibito dell'amico, intrecciò una mano con quella di Lexi lasciandoci un leggero bacio, prima di riappoggiarla sul lenzuolo e continuare a carezzarla. Voleva che sapesse che lui era lì, che era tornato nonostante tutto quello che era successo il giorno prima e che non se ne sarebbe più andato, esattamente come le aveva promesso.
- Secondo te Tommo?? Sono venuto a trovare lei...
Quella speciale dolcezza con cui aveva fatto scivolare fuori dalle labbra sottili la parola “lei” fece saltare un battito al cuore di Lexi, che appena ne aveva percepito la presenza si era come rianimata: ormai non aveva neanche più senso fingere che lui non avesse quell'effetto su di lei.
Lewis rise per quel rumore stridulo della macchina, conscio del fatto che fosse stato proprio il suo amico a causarlo e quando rialzò la testa verso Nate lo ritrovò a contemplare con sguardo indubbiamente sognante Lexi, come se volesse curarla ed aiutarla a svegliarsi con l'energia del suo pensiero. Non l'aveva mai visto così. Insomma, per lui Nate era sempre stato quello che rideva per ogni cretinata che lui diceva, quello che aveva un sorriso da dedicare a tutti e che non si era mai preoccupato di che cosa la gente pensasse delle sue scelte. Forse, fra tutti loro, era quello più entusiasta e pieno di energie, non che gli altri non lo fossero, Lewis per primo amava alla follia il suo lavoro e tutto ciò che esso comportava, ma lo spirito con cui Nate lo affrontava ogni giorno era spesso stato d'aiuto a tutti nei momenti più difficili. Era anche per questo che una settimana prima si era preoccupato seriamente nel vedere la sua reazione alla scoperta che Lexi fosse innamorata di Lucas da sempre e quello poteva dire solo una cosa: Nate teneva veramente troppo a quella ragazza.
- Sai, le stavo raccontando di quando i ragazzi dei 5SOS sono saliti sul palco carichi di fette di torta e ce le hanno spiaccicate addosso mentre cantavamo Teenage Dirtbang... Che bastardi!
- Cavolo, quella torta era fantastica!! Panna e cioccolato!! Capisci Lexi?! Dolcissima panna mixata a cioccolato purissimo da far invidia a quelle che prepara mia nonna!! “Non avevo alcun dubbio che ti sarebbe piaciuta persino una torta spiaccicata sulla faccia...”.
- Infatti... Era talmente tanto buona che ti sei dimenticato di fare il tuo assolo perché eri troppo concentrato a leccarti la faccia!! Credo di non aver mai riso così tanto!
- Ma se ho detto che era buona come quella di mia nonna vuol dire che era superlativa ed una torta superlativa non si spreca così!!!
“Non ci posso credere!! Oddio!! Ho fatto quasi la stessa identica cosa quando ero in seconda media!! Era scoppiata una guerra di cibo in mensa e, mentre tutti i miei compagni cercavano di giustificarsi con i professori, io ero l'unica che continuava a mangiare la crostata che si era spappolata dovunque... Era divina!!! Mia ancora ride ogni volta che ne parliamo, dicendo che sembrava non mangiassi da due mesi, tanto ero concentrata...”.
- Tu sei un pozzo senza fondo Nate!! Ti mangeresti anche le tue chitarre se non ti servissero durante i concerti.
- Non è mica colpa mia se ho un metabolismo veloce!
- E un cervello lento...
- Ehi!!
Lexi li sentì scoppiare a ridere come due bambini piccoli e le sembrò una delle cose più belle che avesse mai udito in vita sua e quel suono era a tal punto contagioso che fece ridere a crepapelle anche lei, benché potesse farlo solo attraverso il sobbalzare del suo ritmo cardiaco.
- Abbiamo fatto ridere pure la nostra cara Lexi, a quanto pare! Oppure sta impazzendo perché non vede l'ora che ci leviamo dalle palle... Non saprei...
- Sta ridendo.
La certezza con cui Nate aveva fatto quell'affermazione stupì non solo sé stesso, ma anche Lewis che lo guardò come se si fosse appena trasformato nell'incredibile Hulk davanti i suoi occhi.
- Come fai ad esserne sicuro?
Già: come faceva ad esserne sicuro? Anche Lexi era curiosa di conoscere la risposta e Nate decise di lasciar da parte ogni riserva nel parlare, solo perché lesse negli occhi dell'amico un sincero interesse e nessuna traccia di presa in giro o di scetticismo.
- Ho imparato a riconoscere i diversi battiti del suo cuore...
Si perse nuovamente nella contemplazione di quella ragazza ai suoi occhi assolutamente perfetta e continuò a parlare, incurante della presenza di Lewis nella stanza.
- Se sono lenti e costanti ti sta ascoltando... Se salta un battito, vuol dire che è sorpresa... Se accelerano improvvisamente e rimangono così per più di tre secondi vuol dire che è emozionata, felice e che, forse, sta ridendo... Se poi diventano scostanti bisogna chiamare qualcuno, perché le emozioni sono state troppo forti...
Non si era accorto neanche lui di aver prestato così tanta attenzione al semplice rumore di una macchina, ma capì che quello era stato il suo unico modo per poter comunicare con lei in quei lunghissimi mesi, tanto che ancora si ricordava la prima volta in cui Lexi gli aveva fatto capire che era lì con lui e che lo ascoltava. Si riscosse da quel ricordo e si voltò in direzione di Lewis, che lo stava ancora fissando interessato ed impressionato.
- Ma scusa: tu che ci fai qui??
Lewis rise tranquillo a quella domanda ovvia e gli rispose con un suo tipico sorriso strafottente stampato sulle labbra.
- Semplice: sono venuto a fare un resoconto dell'ultimo mese alla mia carissima Lexi, raccontandole anche i fatti importanti e non solo che cosa abbiamo mangiato a pranzo e a cena, come sicuramente ti sarai limitato a fare tu...
Detto quello, si appoggiò allo schienale della poltrona, intrecciò le mani sulla pancia e si godette la faccia allibita di Nate. A dire la verità era andato lì per vedere quali fossero le reali condizioni di Lexi, dato che le ultime notizie che aveva ricevuto tramite Hugh non erano state tra le più rosee. Ma quando era arrivato in quella stanza, un'ora e mezza prima, Sarah, l'infermiera che aveva scoperto seguire sempre Lexi, lo aveva informato sugli ultimi miglioramenti e su come fossero andate veramente le cose in quell'ultimo mese in cui erano stati in tour, compreso il fatto che molti dei cambiamenti erano dovuti quasi esclusivamente alle azioni di Nate. Non che Lewis non se lo aspettasse, in fin dei conti era stato il primo a notare che qualcosa stesse succedendo nella testa del biondino ed era stato sempre lui a notare come dopo ogni chiamata via Skype con lei, Nate risultasse decisamente più sereno e solare, ma mai e poi mai avrebbe immaginato che tra i due si potesse esser creato un legame del genere. Non credeva nemmeno fosse proprio possibile avere un legame con una persona che stava distesa su un letto, immobile, senza poter parlare o anche solo respirare autonomamente, e soprattutto senza averci mai neppure scambiato uno sguardo. Eppure, era anche vero che sia Nate che Zach e, perché no, anche lui stesso, si sentivano stranamente in sintonia con Lexi, quasi come se la conoscessero da sempre e fosse parte della loro ristretta cerchia di amici che avevano mantenuto da quando la fama aveva cambiato la loro vita. Lewis fu riportato alla realtà dalla risata rumorosissima di Nate, che sembra non ridere da almeno una settimana tanta confusione stava facendo, così si rimise seduto in maniera quasi umana e lo guardò confuso.
- Si può sapere che cos'hai da ridere??
- Ma dico: ti sei visto?! Ti sei spalmato su quella sedia, tenendoti la pancia, come se fossi Babbo Natale il giorno di Santo Stefano!!!
- Mi stai dando del grassone vestito di rosso?!
- No, ti sto dicendo che sembravi così buffo da farmi ridere una sacco!
E riprese a sghignazzare come se non avesse più occasione di farlo in futuro, facendo risollevare anche l'umore di Lexi, che nell'ultimo periodo era stato a dir poco altalenante. “Quanto mi era mancato il suono allegro della sua risata... E' così... Così... Sì, contagiosa...”.
- Ringrazia il cielo che ti voglia un bene dell'anima Irlandese, altrimenti avresti già fatto una brutta fine...
- Cos'è: avrei sperimentato il terribile e potentissimo pugno alla Tommo- Tompson? Ah ah ah...
- Ridi, ridi... Ma guarda che c'è gente che ha paura di avere a che fare con me!
- Lewis andavi in giro con un paio di pantaloni rosso fuoco e le bretelle fino all'altro giorno, non credo che un paio di tatuaggi fatti a caso ti facciano diventare un duro...
Lo sguardo fintamente infastidito che Lewis lanciò a Nate lo fece ridere ancora, oltre che fargli ottenere un pugno decisamente forte sul braccio, ormai leggermente muscoloso grazie alle sessioni di palestra fatte durante l'ultimo mese di tour. A dire il vero, aveva cominciato ad allenarsi per non pensare a Lexi tutto il santissimo giorno, anche se andava sempre a finire che Marc doveva richiamarlo sul pianeta terra prima che si tirasse il bilanciere sui piedi. Inoltre, quei muscoli gli erano anche stati stranamente utili quando la malsana idea di tirare un pugno in pieno viso a Lucas gli era balzata in testa e gli era pure sembrata una cosa intelligente. Ancora non ci credeva di aver seriamente fatto a botte con lui, anche se tecnicamente, per sua fortuna, era stato solo lui a darle ed il palestrato del gruppo non aveva risposto.
Nel frattempo Lexi si godeva quella scena di straordinaria normalità tra i due ragazzi, avverando con ogni probabilità il sogno di metà fan della band: chiunque avrebbe pagato per vederli scherzare così spontaneamente, come se fuori da quella stanza non ci fosse un intero mondo di ragazze adoranti ad attenderli.
- Ehi, prima stavo girando un po' su Twitter e mi sono capitate sott'occhio le foto di quando mi hai piazzato quelle due tette enormi di plastica davanti al naso... Cavolo! Erano così grandi che non vedevo nemmeno le corde della chitarra!! 
- Nate....
- E quella volta in cui mi hanno lanciato un gigantesco reggiseno di pizzo azzurro?!
- Nate...!
- Ho provato a farci alcuni palleggi, ma pesava troppo tanto era grande e...
- Nate! Per l'amor di dio, c'è Lexi che ascolta!!!
- Oh cazzo!!
Come se fosse ancora alle scuole elementari e avesse appena detto una parolaccia davanti la maestra, Nate si coprì la bocca con le mani facendo ridere Lewis come un pazzo, tanto che dovette tenersi la pancia ed accasciarsi sulla poltrona per poter tentare di respirare ancora.
Lexi stava ridendo ormai come non faceva più da un sacco di tempo, anche se ancora si chiedeva come fosse possibile ridere in quelle condizioni, eppure il suo corpo sembrava provare le stesse sensazioni che percepiva quando guardava qualche loro intervista su YouTube per tirarsi su di morale dopo l'ennesima giornata assolutamente uguale a quella precedente, se non per qualche idea strampalata di Mia.
- Sei un cretino Nate, giuro! Aspetta che la racconti a Zach e vedrai quanto ti prederemo per il culo!
- Ah beh! Perché tu sei Mister Finezza, vero??
- Per lo meno io ho un qualche titolo, Gambe di Gallina!
Lexi sapeva già che sarebbero andati avanti all'infinito con quella ilare conversazione sul nulla, ma il rumore di un paio di scarpe con un piccolo tacco, li interruppe sul più bello.
-State veramente avendo uno dei vostri battibecchi senza senso davanti a Lexi?? Ma non credete che abbia già abbastanza problemi senza voi due che le riempite la testa di assurdità??
La voce leggera di Ellie riempì la stanza, riportando subito un po' di sanità mentale all'interno di quel luogo, dato che nemmeno Lexi si poteva dire completamente nel pieno delle sue facoltà mentali: si stava godendo ogni singola battuta di quella conversazione come se fosse manna nel deserto, annotando tutto, magari per quel futuro libro che voleva scrivere appena si fosse svegliata.
- E' stato Lewis a cominciare!
- Non avevo alcun dubbio che fosse colpa sua...
- Ma non è vero!! A chi vuoi credere: al tuo amorino dolcioso o a quell'irlandese sguaiato?!
Ellie si avvicinò alla poltrona dove era seduto scompostamente il suo ragazzo e dopo avergli dato un casto bacio sulle labbra, gli disse sorridendo candidamente:
- Decisamente a Nate... In questi casi è sempre colpa tua!
- Questa me la lego al dito piccoletta, sappilo...
- Ha solo detto la verità, Tommo... L'Irlandese ha sempre la meglio!
- Se non fossimo in ospedale ti farei vedere io chi ha la meglio tra noi due!
- Ma la volete piantare per una volta?! Siete peggio di due bambini delle elementari! Scusali Lexi, ma non hanno la minima idea di che cosa voglia dire contenersi...
Percepì la gentile e fresca mano di Ellie appoggiarsi sul dorso della sua, in un gesto di complicità femminile che le era abbastanza sconosciuto, dato che Mia era tutto fuorché una ragazza definibile come “femminile”: era stato solo grazie alle insistenze di Lexi che aveva indossato il primo paio di scarpe con il tacco di tutta la sua vita, nonostante facesse la costumista e mangiasse pane e moda tutti i santissimi giorni.
“Tranquilla Ellie... Almeno portano un po' di vita in questo mortorio di camera... Ultimamente è stata abbastanza dura stare qui dentro, soprattutto senza le chiamate di Nate a vivacizzare le mie giornate...”.
Lexi si chiese per un secondo per quale motivazione si ostinasse a rispondere a ciò che le dicevano dall'esterno, ma era come se volesse ribadire anche a sé stessa che la sua priorità, in quel momento, era svegliarsi il prima possibile e riuscire a conoscerle davvero quelle meravigliose persone e riprendere in mano la sua vita.
- Ma voi due che ne direste di continuare la vostre interessantissima conversazione in corridoio per qualche minuto??
Lexi si chiese per quale motivo quella ragazza, che sapeva essere esteticamente strabiliante e pure estremamente simpatica, avesse implicitamente chiesto a Lewis e Nate di rimanere da sola con lei, quando nello stesso momento la faccia dubbiosa e le parole di Nate espressero a voce lo stesso identico dubbio.
- Ma perché dovremmo uscire scusa?
Ellie lanciò un'occhiata eloquente ad un confuso Lewis che sembrò cancellare in un secondo la nebbia che gli aleggiava nel cervello per illuminarsi in viso e rispondere.
- Perché... Perché... Perché qui diamo fastidio ed io ho voglia di qualcosa da mangiare tra parentesi... Il jet leg mi sta uccidendo... Dai, non dirmi che non hai fame!!! Su andiamo!
Lewis si alzò velocemente dalla poltrona e prese per un braccio Nate, trascinandolo fuori dalla porta e senza lasciargli il tempo di ribellarsi o anche solo di lamentarsi. Quando finalmente la situazione all'interno della stanza si fu tranquillizzata ed Ellie non udì più la voce squillante di Lewis trapassare i muri sottili dell'ospedale, si sedette al posto del suo fidanzato chiacchierone e strinse leggermente la stretta attorno la mano magra di Lexi: si chiese se fosse sempre stata così magra e fragile come le appariva in quel momento, o se fosse una di quelle ragazze con tutte le curve al loro posto, di quelle che attiravano i ragazzi. Non avrebbe saputo dirlo, perché lei di quella ragazza bloccata su un letto d'ospedale da quattro mesi non sapeva assolutamente nulla eppure le ispirava fiducia, specie dopo che aveva avuto modo di parlare con Lewis e di assistere alla scena di prima. Era rimasta apposta in silenzio ad ascoltare le parole di Nate, curiosa di verificare se quelle che le erano sembrate delle assurde fantasie di Lewis  fossero invece delle fondate verità: e così era stato. Se mai avesse sentito un ragazzo descrivere con tale precisione il modo di ridere o di rispondere della propria fidanzata avrebbe detto senza alcun dubbio che ne era innamorato perso. Eppure com'era possibile che Nate si fosse perso, o addirittura, innamorato di una ragazza con cui non aveva mai realmente parlato? Ellie non ne aveva la più pallida idea, ma sperava che qualsiasi tipo di legame si fosse creato tra di loro potesse aiutare Lexi a risvegliarsi e, perché no, poter vedere come sarebbero andate le cose.
- Allora Lexi: finalmente da sole... Ti prego di non prendermi per pazza per aver cacciato fuori quei due, ma alle volte fanno talmente tanto rumore che mi confondono le idee....
“Tranquilla Ellie... Insomma, è un piacere anche per me avere qualche ragazza della mia età con cui parlare... Specialmente da quando Mia non fa altro che chiedermi scusa o stare in silenzio se viene a trovarmi...”.
- Comunque, sono qui perché ho alcune cose da dirti... So che l'ultima volta che ti ho detto una cosa del genere poi mi sono messa a parlare come mia nonna e a dirti di non abbatterti per un sentimento non corrisposto, ma prometto di non essere così pedante questa volta.
Ellie prese un respiro profondo e poi riprese a parlare con il tono di voce più serio che aveva mai usato in vita sua.
- Lexi, io non ho la più pallida idea di quello che sia successo negli ultimi mesi, specialmente da quando i ragazzi sono andati in tour, ma quella pettegola di mio moroso mi ha raccontato di come... Sì, insomma, di come si comporti Nate nei tuoi confronti... E credo di aver avuto la conferma alle mie teorie dopo averlo sentito parlare prima...
La mente di Lexi era totalmente concentrata sulle parole di Ellie e su quella possibilità che aveva tanto sperato diventasse realtà, ma che aveva paura anche solo di immaginare e se avesse potuto avrebbe anche trattenuto il fiato, ma le macchine non glielo permettevano.
- So che suonerà strano, ma io conosco Nate da ormai quattro anni ed è uno dei migliori amici di Lewis, quindi devi credermi quando ti dico che non l'ho mai sentito parlare così di nessuna ragazza... Mai una volta nella vita aveva dedicato una canzone a qualcuna con cui si stava frequentando... Quindi, per quanto assurdo possa sembrare, credo che tu gli sia entrata nel cuore Lexi e se per caso avessi ancora qualche dubbio sul perché dovresti svegliarti, beh: fallo anche solo per lui... Per Nate... Perché se ho ragione- e fidati: difficilmente sbaglio in questi casi- dargli la possibilità di mostrarti quello che prova per te sarà la scelta più giusta che tu abbia mai fatto nella tua vita... Ovviamente dopo quella di esserti gettata su quella pallottola impazzita... Per questo non smetterò mai di ringraziarti...
Ellie concluse con un sorriso sincero quel discorso che le era venuto spontaneo, pensando a come avesse ringraziato il cielo che qualcuno fosse intervenuto quel giorno per salvare la vita a tutti loro ed, in primis, al suo Lewis. Ancora sentiva la paura scorrerle nelle vene se ripensava a quelle frazioni di secondo in cui era successo tutto: le urla, il rumore assordante dello sparo e il braccio forte di Lewis che la gettava a terra, schiacciandola con il suo corpo. Si era voltata giusto un attimo prima che il corpo del loro salvatore toccasse il cemento duro di Leicester Square ed aveva ringraziato mentalmente quell'angelo, sperando che non fosse morto. Solo dopo aveva scoperto trattarsi di una fan e, nello specifico, di Lexi, cosa che l'aveva fatta scoppiare in singhiozzi ancora più forti.
- Qui ti stanno aspettando tutti Lexi... Specialmente qualcuno dalla capigliatura bionda e due occhioni strepitosamente celesti...
Lexi sapeva che Ellie stesse sorridendo, ormai aveva imparato a capirlo dall'inclinazione che assumeva la voce di chi l'andava a trovare, ma non era la sola a farlo, perché quelle sue affermazioni avevano acceso dentro di lei una nuova fiamma, fatta di determinazione e desiderio che si trasformarono in una piccola impercettibile lacrima, che scese invisibile lungo la sua guancia.
“Nate mi sta aspettando... Nate mi sta aspettando...”.
Era l'unico pensiero che rimbombava dentro la sua testa, come un traguardo da raggiungere, un obbiettivo per cui voleva lottare per la prima volta in vita sua. In quel momento una testa mora fece capolino dalla porta e chiese il permesso di rientrare per salutare Lexi e accompagnare la sua donzella a casa.
- Ehi bellezza, ci vediamo presto... Prometto di tornare ad aggiornarti il prima possibile!! Ciao Lexi...
- Giuro solennemente di accompagnarlo ogni volta che vorrà venire qui per assicurarmi che non ti riempia la testa con una marea di chiacchiere inutili... A presto Lexi... Ti aspetto...
Come al solito Ellie le aveva detto quelle ultime parole a pochi centimetri dall'orecchio, lasciandole poi un amichevole bacio sulla guancia che fece sentire Lexi stranamente serena, come se seriamente la vita che la stava aspettando, qualora si fosse svegliata, sarebbe stata a dir poco fantastica. Quando il rumore della porta lasciò che la sua eco si diffondesse per la stanza, Lexi si chiese se fosse nuovamente rimasta sola o se qualcuno, anzi, quel qualcuno, fosse rimasto ancora un poco con lei. Perché, in fin dei conti, avevano una questione piuttosto spinosa da affrontare dato che, nonostante lei non potesse parlare, i suoi sentimenti fossero ancora quelli di una ventiduenne quasi normale che era stata baciata da uno dei ragazzi più belli e straordinari al mondo. Non poteva credere di aver sul serio pensato una cosa del genere: si fece paura da sola.
“Quindi ti conviene essere rimasto nei paraggi Mr Hanson, altrimenti potrei svegliarmi e venirti a cercare!”.
Un colpo imbarazzato di tosse attirò la sua attenzione, seguito da un leggero spostamento d'aria che fece giungere alle sue narici quel profumo che sapeva proprio di Nate.
- Ehm... Finalmente soli, eh?
A Lexi venne abbastanza da ridere, perché le sembrava di vederselo lì, impalato nel mezzo della stanza, le mani nelle tasche dei jeans stretti e chiari, che spostava il peso da un piede all'altro cercando qualcosa di intelligente da dirle, ma scartando ogni volta quello che gli passava per la testa. Come un bambino delle elementari alla prese con la sua prima cotta: semplicemente adorabile.
“Chissà perché  non mi sono mai soffermata più di tanto su di lui... Eppure, ogni volta che penso a lui, mi ricordo ogni minimo particolare del suo volto, i suoi modi di fare così spontanei e solari,  i suoi tic quando è nervoso... E' come se il mio cuore fosse stato tutto concentrato su Lucas, ma qualcosa di Nate attirasse l'attenzione del mio subconscio... Ma che diamine sto pensando?! In fin dei conti so praticamente tutto di tutti loro, anche se averci a che fare mi ha fatto scoprire un sacco di lati nuovi che solo le persone vicino a loro possono sapere... Tipo che Zach parla molto più di quanto si potesse mai immaginare e che, tra tutti, è decisamente il più sensibile... Che Hugh ha una dolcezza dentro di sé che si può intravvedere nei suoi modi, ma che ti travolge letteralmente se entri nella stretta cerchia delle sue amicizie, senza contare che è anche molto più stralunato di quanto sembri normalmente... E Lewis è una vera pettegola ma solo perché vuole  il meglio per i suoi migliori amici... Beh, poi c'è Lucas... A dire il vero di lui avrei volentieri fatto a meno di sapere molti segreti, ma presumo fosse inevitabile dal momento che mi sono presa una pallottola sulla spalla e sono finita in coma per salvargli la vita... E poi, per essere del tutto sinceri, lui è un bravo ragazzo e soprattutto è innamorato perso della sua ragazza... Che poi non sia io la fortunata, questa è tutt'altra storia...”.
Nate si decise a levare le radici che ormai gli erano cresciute tanto era stato fermo sullo stesso punto della stanza e si sedette sul bordo del letto di Lexi. Era vero che il giorno prima aveva recuperato tutto il coraggio che aveva dalle punte dei piedi fino alle punte dei capelli fintamente biondi, per poter fare quello che aveva fatto ma quella era ben altra situazione. Sapeva che Lexi comprendeva ciò che la gente e, specialmente, lui gli diceva ma non era certo di voler sapere la risposta a quella domanda, benché sapesse fosse il momento di affrontarla.
- Va bene, credo sia il caso di andare direttamente al sodo della questione... Come se fosse un uovo, per capirci... Ma che sto dicendo...
Scosse la testa per la sequela di sciocchezze che continuava ad uscirgli di bocca e blocco i suoi occhi cristallini sulla mano delicata di Lexi, chiedendosi se tutta quella fragilità che lui vedeva in quel corpo bloccato da mesi, la rispecchiasse veramente oppure no. La prese tra le sue mani e subito  il suo cuore rallentò quella corsa impazzita che aveva intrapreso appena si era ritrovato da solo con lei, come se quel semplice contatto potesse trasportarlo in un mondo parallelo dove ci fossero solo lui e Lexi, senza fan alle volte troppo opprimenti, senza scadenze inflessibili da rispettare, senza nessuno a dirgli come si dovesse sentire nei confronti di una ragazza che non aveva mai, secondo loro, conosciuto. Erano solo loro due e lo spettro di un amore che Nate sperava concluso dopo le dolorose parole che le erano state rivolte.
- Lexi... Voglio solo sapere se sei ancora innamorata di Lucas... Se mai mi dovessi in qualche modo dire di sì, ti prometto che non ti abbandonerò... Ho fatto una promessa e la voglio mantenere a tutti i costi, ma ho bisogno di sapere... Perché sento che le cose stanno cambiando per me, anche se è ancora tutto così confuso...
“No!! Non provo più nulla per lui! E forse non l'ho mai nemmeno amato veramente Lucas... Credevo che pensare costantemente ad una persona e sapere ogni sua minima mossa ed ogni sua parola fosse amore, ma non è così... Quello che provo solo sentendo il suono della tua voce ed immaginando il tuo sorriso, quello è amore... Quindi non pensare più a nulla di ciò che hai sentito, perché io credo di essermi innamorata di te, Nate, e non ho nemmeno più paura ad ammetterlo, per quanto possa sembrare da pazzi...”.
- Quindi te lo chiedo ora e non lo farò mai più, sei ancora innamorata di Lucas? Se è un no, fammelo capire...
Nate continuava a guardarla, sperando che l'elettrocardiogramma desse qualche segno, che lei gli facesse capire come le sue paure fossero infondate, che non si fosse preso una “sbandata”, come l'aveva definita suo fratello Greg quando gliene aveva parlato, per una ragazza il cui cuore apparteneva già a qualcun altro, anzi, ad uno dei suoi migliori amici. Se pensava di avergli tirato pure un pugno per lei, gli venivano ancora i brividi.
Eppure nulla, nessun segno, nessun battito cardiaco accelerato, nessuna lacrima, niente di niente mentre il suo, di cuore, si stava lentamente stringendo sempre di più, come se la linfa vitale che lo irrorava si fosse improvvisamente prosciugata.
Lexi sapeva perfettamente che Nate stava attendendo un suo segno, ma non voleva che fosse un banale battito cardiaco a dirgli che non provava più nulla per Lucas, voleva che sapesse che lui era l'unico nella sua vita, per quanto strana e surreale potesse essere. Voleva fare qualcosa di speciale, voleva rispondere a quella sua domanda avvicinandosi il più possibile, voleva tornare da lui il più in fretta possibile.
Era leggero, quasi indistinto, non molto diverso dallo scorrere incessante del sangue dentro le vene, eppure aveva qualcosa di speciale con sé: era un formicolio strano alla mano destra, quella che Nate stava stringendo. Le sembrò che le sue dita stessero letteralmente andando a fuoco, come se una marea di formiche brucianti le scorresse sotto la pelle e la sensazione della pressione delle mani di Nate sulla sua si fece sempre più chiara e persistente, segno che il suo corpo riceveva  dei segnali dal cervello e vi rispondeva. Lexi concentrò tutta la sua attenzione, la sua forza di volontà e, soprattutto, ogni singola goccia del suo desiderio di vederlo su quelle dita infuocate e fu tutto un attimo.
Nate non poteva crederci. Forse era tutto frutto della sua immaginazione e di quella disperata voglia che lei gli desse una risposta affermativa, ma quando puntò i suoi occhi dubbiosi sulla mano sotto di lui si rese conto di come tutto fosse dannatamente reale: Lexi stava stringendo la sua mano. Non aveva importanza se si trattava di un solo dito, un'ondata di gioia, sollievo ed eccitazione lo pervase da capo a piedi, tanto che saltò giù dal letto , inginocchiandosi davanti a quell'intreccio di dita che, per quanto debole, era indubbiamente un miracolo. Cominciò a baciare la mano di Lexi e poi si fiondò istintivamente sulle sue labbra, lasciandoci più di un semplice bacio a stampo, colmo di tutto quello che Nate stava provando in quel momento, sperando che potesse rispondere anche a quello, ma la sua bocca era ancora fredda immobile.
- Oddio Lexi!!! Sei qui piccola!! Devo chiamare, qualcuno... Io... Oddio!!! Hai stretto la mia mano!! Io... Torno subito!!
Lexi sentì la sua mano appoggiarsi di nuovo sul lenzuolo e quasi le venne da ridere, se non fosse stata anche lei troppo sconvolta dal fatto di essere risuscita a far muovere le sue dita.
“Il mio corpo sta reagendo... Ce la stai facendo bello!!! Così mi piace! Ora dobbiamo fare solo un altro passo e farmi aprire pure gli occhi... Su dai! So che ce la possiamo fare!!”.
Pochi secondi dopo l'entusiasmo di Nate era diventato quello di tutto il reparto e specialmente di  Sarah, che corse letteralmente nella stanza di Lexi, come se stesse partecipando alla finale olimpica dei 100 m.
- Lexi?! Lexi ci sei?!
- Sì che c'è!!! Mi ha stretto la mano!!! Lo giuro! Lei... Lei ha stretto la mia mano ed io... Oh Cristo!!!!
Lexi poteva quasi immaginarselo mentre si passava quelle mani grandi tra i capelli, tirandoli sulle punte quasi volesse straparli, camminando su e giù per la stanza che le sembrava sempre più affollata dai rumori che sentiva.
-Ma si può sapere che sta succedendo qui dentro?!
“Ah beh, ci mancava solo lei dottorino dei miei stivali... Mi sa che manca sempre meno al momento in cui le dirò che deve lasciare stare mia madre... Non vedo l'ora, guardi!”.
- Ha stretto la mano!! Cioè: ha stretto la mia mano!!
- E lui chi diavolo è?!
- Sono Nate Hanson uno dei...
- Uno degli amici più stretti di Lexi!!
L'occhiata complice che l'infermiera lanciò a Nate gli fece capire che quello era il momento perfetto per tenere la bocca chiusa e mettersi in disparte, aspettando che gli confermassero il fatto che non fosse completamente impazzito e che Lexi stesse sul serio tornando da lui.
- Chiunque sia, lo voglio fuori di qui... Anzi: voglio tutti fuori di qui!!!
“Ehi dottorino, guarda che se non fosse per lui io non avrei mai fatto tutta questa fatica immane per muovere quel dannatissimo dito! Vedi di andarci piano...”.
Quando tutte le innumerevoli infermiere del reparto e Nate furono usciti dalla stanza, il Dottor Lawson prese in mano i tracciati che Sarah aveva appena stampato e che gli stava porgendo, curioso di vedere se Lexi si stesse riprendendo sul serio o se fosse stata tutta una fantasia di quello che a lui era sembrato solo un ragazzino esagitato. Sarah stava aspettando con apprensione il responso, trattenendo il respiro e continuando a spostare lo sguardo dal Dottor Lawson a Lexi che, ora, sembrava essere tornata quella degli ultimi quattro mesi. Ma ormai qualcosa era cambiato dentro di lei: sapeva di poterci riuscire, di poter tornare da Nate e nulla l'avrebbe più intralciata.
- Allora?!
- Si è legata parecchio a questa paziente, non è vero signora Stones???
- Potrebbe anche essere, ma non ci vedo nulla di male... E lei??
- No, nemmeno io... A meno che questo non la spinga a far trasgredire le regole per favorire qualcuno...
L'infermiera odiava con tutto il suo cuore quello sguardo fintamente cordiale che nascondeva la peggior attitudine di sempre: Andy Lawson le era sempre sembrato un serpente con le gambe ed anche in quel momento avrebbe fatto volentieri a meno di avere quella conversazione. Sapeva perfettamente a che cosa si stesse riferendo il dottore, dato che era certa che qualche sua collega decisamente meno umana di lei gli avesse spifferato tutte le visite illecite e le chiamate su Skype che aveva concesso a Nate nell'ultimo periodo, ma non aveva alcuna intenzione di farsi mettere all'angolo da lui.
- Non ho la più pallida idea su che cosa si stia riferendo Dottore... Ma se sta parlando di Nate, le posso assicurare che la sua presenza qui era a scopi prettamente terapeutici... Come può constatare lei stesso...
Glielo disse con il sorriso più amabile che le fosse possibile, conscia del fatto che non potesse darle torto in alcuna maniera: era stata la presenza di quel ragazzo a scatenare una tale reazione in Lexi.
- Va bene... Come vuole lei... In ogni caso bisogna avvisare la famiglia, ma a questo ci penserò io. Intanto lei continui a monitorare la situazione.
 Detto questo uscì dalla stanza, permettendo a Sarah di esplodere come un gavettone che scontra con il cemento incandescente di un'autostrada d'estate.
- Porca miseria quanto poco sopporto quell'uomo!! Non riesco seriamente a capire chi pensa di essere!!!
“Sono pienamente d'accordo con te Sarah... E ti pareva che doveva occuparsene lui di avvisare la mia famiglia?! Dirà che è tutto merito suo e si vanterà con mia madre... Bleah....”.
Un rumore tenue attirò l'attenzione di Lexi, che percepì la presenza di Nate di nuovo nella stanza: ormai il suo profumo sembrava esser diventato l'unico odore che il suo naso percepisse distintamente.
- Allora???
Poteva percepire perfettamente la tensione nella sua voce, la paura che tutto quello che fosse successo nell'ultima mezz'ora fosse stato tutto frutto della sua immaginazione e questo fece riscaldare nuovamente il cuore di Lexi, perché voleva dire che lui ci teneva sul serio a lei, che la sua presenza lì non era dovuta a nessun senso del dovere o a qualche malsana convinzione di essere in debito con lei. Perché sì: nonostante tutto quello che Nate avesse fatto per lei e, soprattutto, nonostante quel bacio che ancora le faceva chiudere lo stomaco al sol pensiero, aveva paura che lui se ne sarebbe andato, lasciando dietro di sé l'ennesima scia di schegge da cui Lexi non sapeva se sarebbe riuscita a rialzarsi.
- Allora sta tornando da noi, Nate... Ti ha sul serio stretto la mano...
L'infermiera si avvicinò all'orecchio di quel ragazzo che non  riusciva a smettere di sorridere, come quando gli avevano detto quei tre “sì”, regalandogli la possibilità di fare del suo più grande sogno il suo lavoro, e per non farsi sentire da Lexi, che ora era ufficialmente quasi cosciente, gli sussurrò all'orecchio:
-Complimenti ragazzino... Ci sei riuscito...
Nate osservò la figura rubiconda dell'infermiera uscire dalla camera e si chiese a che cosa si riferisse con quelle parole, ma la sua mente era tutta indirizzata verso qualcos'altro o, meglio, qualcun altro. Lexi stava lottando per lui e finalmente si cominciava a vedere anche  qualche risultato: la stretta delle sue dita delicate attorno alla sua mano sarebbe stata una cosa che non avrebbe mai dimenticato.
- Sono così orgoglioso di te Lexi....
Forse era per il tono a dir poco commosso con cui lo disse o magari per il fatto che quella frase, Lexi, l'aveva sentita pronunciare ben poche volte nella sua vita e quasi mai rivolta a lei. I suoi genitori erano riusciti a dirglielo solo dopo che l'avevano vista su un letto d'ospedale, in pericolo di vita e dopo essersi gettata su una pallottola; Mia non era mai stata tipa che si profondeva in grandi affermazioni di affetto e solitamente era lei quella che raggiungeva i grandi traguardi tra le due, quindi quelle parole non gliele aveva mai dette; il Signor Finnigan, una volta, le aveva espresso tutte le sue “sincere congratulazioni” per essere riuscita a superare a pieni voti un esame che preparava da mesi... Ma mai nessuno le aveva detto quelle parole semplicemente per il fatto di essere lì. Quel ragazzo le aveva insegnato tutto: da che cosa volesse dire sorridere veramente al significato pieno di “sorprendere” qualcuno con un semplice gesto e per il puro scopo di donargli un momento speciale; le aveva mostrato come fosse possibile essere in pace con sé stessi, apprezzarsi, volersi bene e, perché no, anche amarsi, con i propri difetti, le proprie debolezze ed insicurezze, e tutto questo solo raccontandogli la sua storia. Nate si sedette sul bordo del letto, come ormai era solito fare per sentirla più vicina e le prese la mano tra le sue, disegnando piccole figure astratte che forse rispecchiavano il marasma di emozioni che solo lei gli sapeva donare.
- Sai che cosa mi disse mio padre pochi secondi prima di salire sul palco per fare il mio provino?? Ero assolutamente terrorizzato dall'idea di poter mandare tutto a monte, di giocarmi la mia unica occasione magari sbagliando qualche stupida nota... Così gli chiesi che diamine ci facessi io lì, un ragazzino di diciannove anni che non aveva mai cantato di fronte a qualcun altro che non fosse la sua famiglia... Lui mi prese le spalle, puntò i suoi occhi celesti dritti nei miei e mi disse: “Lo senti?? Lo senti il tuo cuore che batte?? Ecco: continuerà a farlo finché inseguirai i tuoi sogni... Credici sempre e fino in fondo Nate... Segui il tuo cuore...”... Me lo ripeto ogni singola volta in cui devo salire su un palco per esibirmi.
Nate sorrise a quel ricordo e guardando Lexi, lì, che combatteva per svegliarsi, pensò fosse giusto dirglilo.
-Quindi, segui il tuo cuore Lexi e torna da me...
“Hai ragione Nate... E dovrò ringraziarti fino alla fine dei miei giorni per questo: tu mi hai insegnato a sentire il mio cuore... Quello che pensavo fosse andato in frantumi per sempre e che non sarebbe nemmeno più riuscito a rimettersi insieme per continuare a farmi respirare... Tu hai raccolto tutti i pezzi, li hai sistemati al loro posto e li hai ridipinti con una nuova speranza... Tu mi hai insegnato a vivere di nuovo... Ti amo Nate...”.



Hi sweethearts!
Capitolo lungo ma fondamentale. Le cose procedono. Eccome, se procedono. Quando scrivevo questi capitoli, sentivo di essermi legata ai Nexi come ad una coppia di amici che finalmente, dopo anni di amori sbagliati e sentimenti nascosti, si permettono di confessarsi reciprocamente il loro amore. Diciamo che ho pianto tanto mentre buttavo giù queste righe, ecco **
Lewis ed Ellie sono diventati importanti con il tempo, perché ognuno di loro (membri della band compresi) porta qualcosa di nuovo nella vita di Lexi, mentre Sarah: beh, lei è un portento ^^
Grazie per aver letto fino a qui e per lasciarmi i vostri pareri: mai come in questo momento, sono essenziali per me.
Come sempre
Lots Of Love xx                    

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Capitolo 24
*** 5th November 2013 ***


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5th November 2013



- Sai Lexi, potrei arrabbiarmi per questa tua assoluta mancanza di riguardi nei miei confronti... Insomma: hai stretto la mano a Nate, a tua mamma e persino a David e a me no?! Ma dico: per quanto pensi di rimanere ancora arrabbiata con me, Lexi-Lex?? No, dimmelo, così mi preparo psicologicamente per un'attesa eterna, più di quella alle poste...
Ad essere sincera, Lexi non era più arrabbiata con Mia da circa due secondi dopo che Nate si era presentato in tutta la sua bellezza ai piedi del suo letto, ma aveva deciso di farla penare ancora un po'. Giusto per vendicarsi un attimo di tutto quello che aveva sopportato negli ultimi sedici anni di vita.
Mia si spostò la massa di capelli biondi con le onnipresenti punte blu sulla spalla sinistra e si voltò in direzione di Lexi, sempre seduta sulla solita poltrona di pelle marrone: le sembrava che il tempo si fosse fermato improvvisamente e l'avesse riportata indietro di quattro mesi, quando Sarah le aveva dato il permesso di entrare per la prima volta nella stanza di Lexi. Ancora si ricordava il terrore che le scorreva nelle vene mentre la portavano via in ambulanza, le ore seduta fuori ad aspettare che qualcuno le dicesse qualcosa, il fare poco simpatico del Dottor Lawson nel comunicare a lei e a Karen quali fossero le effettive condizioni di Lexi. E poi quelle braccia che l'avevano accolta nel bel mezzo di un corridoio deserto, quando non aveva più retto alla tensione e le lacrime avevano cominciato a scendere. Non si sarebbe mai potuta dimenticare le sensazioni che aveva provato quando David l'aveva rassicurata e consolata: era come se si fosse sentita tranquilla per la prima volta in vita sua, come se ogni tassello del puzzle avesse trovato il proprio posto. Ma con David nulla era mai stato semplice dato che erano entrambi troppo orgogliosi per ammettere quello che sentivano l'uno per l'altra e mettere da parte tutti gli screzi e i vecchi rancori che avevano costellato la loro conoscenza. Eppure, dopo la spiazzante confessione di David proprio in quella stessa stanza, più di qualcosa era cambiato per Mia. In primo luogo, si erano dati una possibilità, prima con un poco impegnativo caffè al bar sotto l'ospedale, poi con un vero e proprio appuntamento ed in quelle ore passare assieme, a Mia era sembrato che tutto avesse assunto una prospettiva nuova, in cui ogni cosa diventava semplice e spontanea: niente imbarazzi, nessuna spiegazione superflua, solo tante chiacchiere e sorrisi, con qualche intreccio di mani. Le era sembrato così dannatamente naturale stare con lui, forse proprio perché si conoscevano da una vita.
- Sai, non ho ancora baciato tuo fratello...
“Oh no, no, no, no!!! Non voglio sapere nulla dei vostri intrallazzi vari ed eventuali... Se hai intenzione di creare un triangolo amoroso con Hugh e David, ti prego: lasciamene fuori!!!”.
- Insomma... Non mi sembrava corretto nei confronti di Hugh... Quando è tornato è subito venuto a trovarmi.... Ed è stato così dolce... Cacchio, Lexi: io non so che diamine fare!!!
“Ho come la netta impressione che le mie suppliche non saranno ascoltate... Avanti donna: comincia da capo e fammi un quadro generale della situazione...”.
- Vedi... David è stato il ragazzo di cui sono stata innamorata da sempre... Lo so che probabilmente ti sconvolgerà saperlo, ma è così... E con lui ogni cosa viene spontanea e mi sento così bene quando sono con lui... Ma dall'altra parte c'è Hugh che è assolutamente speciale e sembra capirmi alla perfezione e... E....
Sì, per la prima volta in vita sua, Mia stava piangendo lacrime di frustrazione e quando Lexi sentì un mano umida riafferrare le sue dita, capì che l'amica era veramente in difficoltà. Erano quattro mesi che stava aspettando al suo capezzale di poter riottenere quei consigli con cui Lexi sapeva chiarificarle ogni volta qualsiasi situazione complicata e credette che quello fosse il momento giusto per farle sapere che lei era al suo fianco. Si dovette concentrare abbastanza, ma la voglia di sapere di nuovo asciutte le guance dell'amica la spinse a muovere debolmente le dita della mano sinistra questa volta, facendo quasi urlare Mia.
-Oddio Lexi!! Ci sei!! Mi vuoi ancora bene!!!
Una massa non indifferente di vestiti e capelli le si gettò addosso in un enorme abbraccio che lei poté percepire solo per lo spostamento d'aria e per la pressione sul suo corpo, ma nonostante questo, si sentì immediatamente meglio.
“Cretina, certo che ci sono!!! Io ci sarò sempre per te...”.
Il significato di quelle parole la colpì in un attimo di incredibile verità: la sua amicizia con Mia era l'unica cosa che l'aveva tenuta a galla in quegli ultimi anni in cui sapeva di aver smesso di provarci. Mia era stata il salvagente che non le aveva permesso di andare a fondo, chiedendo i suoi consigli, i suoi abbracci, alle volte, anche solo un sorriso di approvazione, facendola sentire utile e dandole un motivo per andare avanti. Mia era stata il muro su cui aveva dipinto i suoi impossibili sogni d'amore con Lucas e colei che le aveva, nonostante tutto, dato una speranza che forse un giorno sarebbe stata tra le sue braccia, anche quando la fama lo aveva definitivamente allontanato dalla sua città e da lei.
“Chissà se si sarà accorta di quello che sta succedendo tra me e Nate... Oddio, mi si stringe lo stomaco solo al pensiero di lui... E' peggio di quando avevo dodici anni, caspita!!”.
E dato che le sue radici irlandesi si facevano sentire nelle maniere più disparate, appena Lexi ebbe pensato ai suoi occhi celesti e all'allegria della sua risata, Nate comparve sulla soglia della stanza e chiese il permesso di entrare. Non aveva intenzione di perdersi nemmeno un secondo che poteva trasformarsi nell'occasione di vedere Lexi riaprire gli occhi.
Mia non si stupì per nulla di vedere la faccia sorridente e raggiante del cantante biondo del gruppo, dato che Hugh l'aveva ravvisata su tutto quello che era successo e poi chiunque l'avrebbe capito che quel ragazzo era assurdamente perso per Lexi: i suoi occhi si erano come illuminati quando aveva visto che la sua stretta era ricambiata, per quanto debolmente.
- Ti sta stringendo la mano...?!
Mia non avrebbe saputo dire se fosse una domanda o un'affermazione, in ogni caso gli sorrise e gli fece un cenno di assenso con la testa: ancora non poteva credere che Lexi l'avesse perdonata.
Nate non si prese nemmeno la briga di chiedere a Mia se potesse restare o meno, se stesse interrompendo un qualche momento cruciale o no, poiché aveva troppa voglia di stare con Lexi, fosse anche solo per guardarla stringere la mano della sua migliore amica. Inoltre, ormai aveva creato un certo rapporto con Mia per le motivazioni più disparate: quella rivelazione che lei gli aveva involontariamente fatto; la chiacchierata chiarificatrice che avevano avuto qualche giorno dopo e tutte quelle successive, perché, benché non avesse più chiamato Lexi su Skype durante quella terribile settimana, si era tenuto informato sulle sue condizioni direttamente da lei; e poi perché Mia era una delle persone più simpatiche che avesse mai conosciuto, nonostante le cose con Hugh non stessero proprio andando per il verso giusto. Nonostante la sua vita negli ultimi quattro mesi non fosse stata decisamente tra le più normali, Nate si era comunque preoccupato di seguire gli sviluppi della vita dei suoi quattro fratelli e le ultime conversazioni con il “piccolo” del gruppo non erano state tra le più rosee. Gli aveva confessato di aver la terribile sensazione che lei si stesse allontanando e che fosse distante anni luce da lui, quasi inafferrabile, anche se continuava a comportarsi come la ragazza fantastica che per lui era sempre stata. Per la prima volta in vita sua, Nate aveva affermato di capire come si potesse sentire in quel momento Hugh, pensandolo sul serio: la sola idea che Lexi potesse risvegliarsi e, magari, non ricordarsi di lui e di quello che fosse successo tra loro, qualunque cosa fosse, gli apriva una sorta di voragine dilaniante che sembrava volerlo inghiottire in un battito di ciglia, ma lui la richiudeva immediatamente immaginando quelle dita gentili che avevano stretto la sua mano. Si sedette sul bordo del letto, il suo posto preferito, tanto che ormai le infermiere avevano capito di sistemare Lexi in maniera tale che lui potesse accomodarsi tranquillamente al suo fianco. Gli sembrava che tutti avessero capito che cosa stesse accadendo tra di loro, tranne lui stesso.
- Allora... Come va??
- Ora bene...
Nate la vide abbassare lo sguardo su quelle dita che sfioravano il dorso della mano di Mia e un sorriso le illuminò il viso, tanto che anche a lui venne da sorridere di rimando per quel genere di amicizia che conosceva fin troppo bene, quella senza cui non potresti vivere o anche solo respirare, quella che ti fa apprezzare ogni singolo istante della propria esistenza. Lui aveva la fortuna di provarla con quattro diverse persone e la cosa lo fece sentire dannatamente fortunato. Così si arrischiò a fare una domanda che forse, in altre circostanze, non avrebbe avuto il coraggio di fare.
- Mia, che cosa sta succedendo con Hugh? Se... Se vuoi dirmelo, certo...
Lo osservò con uno sguardo strano, come se stesse cercando di capire per quale motivazione gli stesse facendo quella domanda, ma subito dopo si rilassò e, guardandolo dritto negli occhi, gli rispose. Erano di un azzurro più scuro dei suoi, quasi blu ad osservarli bene e la cosa gli fece venire in mente la descrizione che proprio Mia gli aveva fatto delle iridi di Lexi: “un marrone caldo, avvolgente, quasi cioccolato fondente con delle screziature gianduia, più chiare, capace di farti sentire amato e al sicuro in un solo istante”. E Nate non vedeva l'ora di potersi perdere sotto quegli occhi che immaginava splendidi.
- Non lo so Nate... Insomma, penso tu sappia quanto perfetto e dolce sia quel ragazzo...
- Fidati: ha anche lui dei difetti, ma non credo sia il caso di elencarli ora, anche perché alcuni potrebbero essere piuttosto imbarazzanti... Tipo il fatto che...
“Nate non ora!! Chiudi quella boccuccia di rosa che ti ritrovi, su, che io voglio capirci qualcosa...”.
- No, nulla... Dicevi??
“Oh, bene: ora siamo anche telepatici... Bravo irlandese... Così mi piaci... E non solo così... Oddio, ma che sto pensando?!”.
- Dicevo che per quanto lui sia una delle persone più speciali e meravigliose che abbia mai incontrato nella mia vita, non sarà mai... Insomma...
“Come mio fratello...”.
- Come quel David... Ho ragione??
Mentre Lexi si stupiva di come Nate potesse sapere dell'esistenza di David e, specialmente, di quello che potesse esserci tra lui e la sua migliore amica, dato che lei stessa c'aveva messo secoli e un coma di ormai quattro mesi per capirlo, Mia non si scompose nel sentir arrivare il migliore amico del suo ragazzo ideale a quella conclusione. Negli ultimi tempi David era stato notevolmente presente nella sua vita e pure i giornali se ne erano resi conto, non lasciando molto spazio ad equivoci e spiegazioni. Non aveva tradito Hugh ma le voci giravano e tutti si ricordavano ancora la scenata che David aveva fatto al ristorante, durante il loro primo appuntamento, facendosi così conoscere da tutta la band. Ormai non aveva più senso nasconderlo agli altri e tanto meno a sé stessa: era innamorata di David Golder da quando aveva sei anni, da quando era diventato  il suo eroe segreto che di giorno faceva finta di odiarla quando era con le sue amichette e di notte la salvava dai ragni malefici ed era decisamente giunta l'ora di rivelare quel segreto al mondo.
- Già... Io voglio un bene dell'anima a Hugh e forse sarebbe anche l'uomo della mia vita se quel posto non fosse già di qualcun altro...
Il solo fatto di averlo detto ad alta voce le fece capire che era seriamente così, che David era l'uomo che avrebbe voluto affianco a lei per il resto dei suoi giorni o finché non si fossero scannati per l'ennesima sciocchezza su cui avrebbero preteso di avere ragione entrambi, ma anche in quel caso sarebbero finiti col fare pace ancora ed ancora, perché avevano indubbiamente bisogno l'uno dell'altra.
“Wow... Voglio dire: wow! Chi diamine sei tu?? Che ne hai fatto della mia migliore amica che odiava i legami duraturi e non voleva sentir parlare del per sempre per nessuna ragione al mondo??... Sono fiera di te, Mia... E vorrei un sacco potertelo dire a voce.”
Gli occhi di Mia si riempirono di una determinazione che Nate non aveva mai visto in nessuno se non in Lucas quando aveva deciso che loro sarebbero andati lontano e gli disse più convinta che mai e già con la borsa in mano:
- Sapete che vi dico?? Che devo andare... Ho alcune questioni da chiarire e delle dichiarazioni da fare e...
- E credo che tu debba andare... Ora!
Nate sapeva perfettamente che quello avrebbe significato la fine della storia tra Mia e Hugh ma glielo leggeva negli occhi che era innamorata persa del fratello di Lexi e con ogni probabilità, conoscendo entrambi, sarebbero anche stati capaci di rimanere buoni amici. Anzi, sicuramente sarebbe finita così.
“Grazie Nate per aver detto esattamente quello che stavo pensando... Speriamo solo che David non combini qualche disastro e che finalmente quei due riescano a trovarsi... Dio, come sono felice per lei! Non avrei mai pensato di poterlo dire ma: mio fratello è meglio di Hugh Stime dei The Rush... Ma d'altra parte non avrei nemmeno mai immaginato che sempre uno di loro mi stringesse la mano, nell'eterna attesa che io mi risvegli dal coma... Direi che il mondo sta decisamente andando al contrario...”.
- Credo che Hugh capirà... Spero solo che Mia sia felice. Se lo merita davvero...
La porta si era appena rischiusa quando Nate parlò e il fatto che si fosse affezionato così tanto alla sua migliore amica faceva come intuire a Lexi che le cose sarebbero andate veramente bene qualora si fosse svegliata, perché avrebbe avuto al suo fianco delle persone fantastiche che l'avrebbero circondata con il loro affetto.
“Sempre che a Nate piaccia anche la mia versione da sveglia... Insomma: magari potrebbe cambiare completamente idea, ma d'altra parte non potrei neanche fargliene una colpa, dato che neppure io mi sopporterei... Speriamo vada tutto bene...”.
Non sapeva come spiegarselo, ma una sorta di sesto senso le stava suggerendo che un cambiamento era più vicino di quanto potesse immaginare, che il punto di svolta stava arrivando e che avrebbe sorpreso tutti.

 


Hi sweethearts!
Primo: sedate i bollenti spiriti, perché manca ancora un pochino **
Secondo: scusate davvero per l'attesa infinita, ma al momento sto cercando di tenere in piedi tre lavori contemporaneamente e tutta la serie di persone che inspiegabilmente fanno riferimento alla sottoscritta per le ragioni più varie ^^
Spero che questo capitolino abbia sedato le vostre antipatie nei confronti di Mia (si, parlo delle tue -namelessmarti **) e che niente, stiate anche voi sperando che Nexi sopravvivano alla vita che li aspetta.
Se siete arrivate a leggere fino a qui, vi ringrazio immensamente e spero di sentire presto qualche vostro parere.
Lots Of Love xx

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Capitolo 25
*** 12th November 2013 ***


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12th November 2014




- Allora amore di mamma: chi compie ventidue anni oggi????
“Mamma non è possibile che ogni santissimo anno, il giorno del mio compleanno, tu dica sempre le stesse identiche cose! Sto seriamente cominciando a pensare che tu soffra di demenza senile, nonostante la giovane età...”.
- La mia bambina compie gli anni oggi!!!
Il silenzio che seguì nella stanza fece intuire a Lexi che sua madre non stesse affatto bene: negli ultimi giorni l'aveva spesso sentita parlare fuori dalla camera con magari qualche parente di come la situazione stesse cominciando a diventare difficile da sostenere e che l'avvicinarsi del compleanno della figlia non l'aiutava per nulla. Lexi avrebbe tanto voluto porre fine all'inquietudine e all'attesa della madre, ma era come se il suo corpo le stesse dicendo che mancasse poco ma che non fosse ancora il momento. Non poteva far altro che aspettare.
- Quanto vorrei vederti sbuffare e rintanarti sotto le coperte come eri solita fare quando dicevo questa stupidissima frase...
Lexi sentì la mano della madre intrecciarsi alla sua e le labbra screpolate della donna appoggiarsi sul dorso per lasciarle un bacio affettuoso e stanco.
- Mi manchi così tanto piccola mia...
Lexi mosse, per quello che poté, le dita ma ormai era stanca di quel minimo contatto: voleva di più ma non le era concesso. In quel momento un chiacchiericcio assordante fece irruzione nella stanza, accompagnato da quella che Lexi riconobbe essere l'intera famiglia The Rush. Poteva distinguere chiaramente la risata acuta di Lewis, quella decisamente più sommessa di Zach, i richiami potenti della voce di Alberto (uno dei bodyguard) a far silenzio, le risposte sarcastiche di Ellie su come fosse inutile dire le cose a loro e la risata gentile di Sophia, accompagnata da una battuta insensata detta dal tono roco di Hugh. E poi non potevano mancare le raccomandazioni di Lucas, con quella sua voce calda e rassicurante. Quella che le aveva fatto perdere la testa e che ora non le sembrava nulla in confronto all'allegria e alla gioia di quella di Nate.
“A proposito: dov'è Nate??”.
Non ne aveva sentito il profumo, ne il rumore della risata quindi non doveva essere con l'allegra combriccola, anche perché altrimenti si sarebbe già fiondato a prenderle una mano tra le sue.
- Buongiorno signora Golder!!
- Oh ti prego Lewis, chiamami Karen per favore... Mi fai sentire tremendamente vecchia altrimenti...
- Lei è tutto fuorché vecchia, Karen...
- Gentile e bugiardo come sempre Zach!
“Il fatto che mia madre tratti i miei idoli come se fossero figli suoi è abbastanza inquietante ad essere sinceri, ma se penso che l'altro giorno ha chiesto a Nate se gli andava di pranzare con lei, di modo che potesse raccontargli qualche episodio imbarazzante della mia vita, senza che io andassi in iperventilazione, non dovrei nemmeno stupirmi... Uno non può nemmeno stare in coma tranquillo, che c'è sempre qualcuno pronto a raccontare le peggiori cose!”.
- Allora ragazzi... E ragazze...
La donna fece un cenno di saluto e un sorriso anche alle fidanzate di due quinti della band, dato che ormai conosceva piuttosto bene anche loro, o per lo meno Ellie. Tre giorni prima si era presentata da sola durante l'orario di visita, mentre Karen stava decidendo che capi comprare per il negozio e Lexi le aveva ascoltate chiacchierare per ben due ore, ininterrottamente, tanto che così Ellie era venuta a sapere dell'imminente compleanno.
- Che cosa vi porta qui, di buon mattino, tutti assieme??
- Abbiamo saputo che qualcuno compiva gli anni, così ci siamo presi una pausa dalla sala di registrazione e siamo venuti a portare il nostro regalo.... Spero non le dispiaccia....
- Certo che no Lucas... E credo non dispiaccia nemmeno a Lexi....
Erano passati quasi due mesi da quando Lucas era andato a trovarla in ospedale prima di partire per l'Australia e altrettanti da quando le aveva detto quelle frasi che avevano rischiato di ucciderla una seconda volta. Ma in quel momento anche Lexi era felice di saperlo lì con gli altri, nonostante avesse scoperto tutto quello che lei aveva fatto per lui negli ultimi undici anni, il sentimento forte che aveva provato nei suoi confronti e che la reale motivazione di quel gesto sconsiderato fosse stata proprio l'amore che nutriva nei suoi confronti.
“Ma è tutto passato, ora... Quello fa parte di ciò che è stato... Sono felice che tu sia qui Lucas e che con Sophia vada tutto bene... Sul serio...”.
Per lui non era stato facile accettare quanto fosse successo in Australia: prima il comportamento incomprensibile di Nate, poi le rivelazioni e quel pugno che mai si sarebbe aspettato di ricevere da lui ed, infine, il senso di colpa che l'aveva assillato per giorni, dopo aver capito che erano state le sue parole a rischiare di far morire nuovamente Lexi, come se non avesse già rischiato abbastanza per lui. C'erano volute infinite chiacchierate con Zach e Lewis per capire che, in fin dei conti, lui non poteva sapere quali fossero i reali sentimenti di Lexi e che non aveva fatto nulla di sbagliato, se non forse non accorgersi di quella ragazzina che sembrava aver fatto di tutto per farsi notare da lui mentre erano a scuola assieme. C'aveva ripensato, Lucas, a quel periodo ed aveva scavato nella sua memoria per cercare di ritrovare qualche immagine, qualche momento, anche solo un flash di Lexi nel suo passato e c'era riuscito. Gli erano venute in mente svariate occasioni in cui il volto sorridente di una ragazzina dai lunghi capelli castani e gli occhi leggermente a mandorla compariva nelle sue vicinanze o in fondo alla classe, alla recita di fine anno, alla vendita annuale dell'usato. Lei c'era sempre stata e lui non l'aveva mai notata. Aveva quindi deciso che in una maniera o nell'altra si sarebbe fatto perdonare, anche se non sapeva ancora di preciso come.
Zach si intromise in quel flash back e lo riportò alla realtà.
- Page non è potuta venire perché oggi aveva le prove con le ragazze, dato che stanno per andare in tour pure loro... Ma mi ha detto che ti devo invitare ufficialmente al nostro matrimonio che....
- Rullo di tamburi prego!!!
Lewis aveva cominciato a percuotersi le cosce come fossero dei tamburi, ma fu subito stroncato nel suo entusiasmo da Ellie.
- E stai zitto un po'!
Inspirando a fondo, Zach cercò di non badare a quell'inopportuno del suo compagno di band e di non concentrarsi sul sottile strato di ansia che stava emergendo dal fondo del suo stomaco a causa di quel matrimonio che stava per diventare un vero e proprio dato di fatto.
- Avrà luogo Sabato 22 Aprile 2014!
- Oddio: avete scelto la data?!?! Che bello!!!
- Sì, Ellie... Ieri sera sia io che Page abbiamo preso in mano le nostre agende ed abbiamo confrontato tutti gli impegni ed è saltato fuori questo giorno...
- Vorrai dire che avete fatto collimare i vostri impegni, le coincidenze astrali, le paturnie cosmiche di Pablo, le superstizioni di Page e poi avete trovato la data...
Hugh e la sua ironia non si lasciavano mai sfuggire un'occasione per catturare l'attenzione di tutti.
- Sostanzialmente sì, ma l'importante è che ce l'abbiamo fatta!
- Sono davvero contenta per voi, Zach...
- Eh... Pure lui è contentissimo, non lo vedi Soph?? Ora se la sta facendo addosso perché sta diventando tutto più reale!!
- Ma non perdi mai una buona occasione per tenere quella boccaccia chiusa Lewis??
- A me sembrava che ti piacesse questa boccaccia, l'altra sera o sbaglio amore?
-Sei un cretino Tommo: un irrecuperabile cretino!
Quando la voce di Nate irruppe nella stanza, tutto il resto scomparve nella mente di Lexi ed ogni particella del suo corpo si focalizzò su di lui, l'unico che aveva seriamente aspettato di sentir parlare da quando Sarah le aveva fatto presente che quella mattina era il suo ventiduesimo compleanno.
- Mi stavo proprio chiedendo dove fosse finito il fidan...
- Ben arrivato Nate!!! Allora direi che siamo al completo e possiamo dare il nostro regalo a Lexi!
Ellie sperava che il calcio sugli stichi che aveva appena tirato al cretino del suo ragazzo gli facesse capire che doveva tenere la bocca chiusa, ma dalle lamentele che suscitò, capì di non aver ottenuto l'effetto sperato.
- Ma perché mi hai tirato un calcio?
A salvare la pazienza di Ellie, ci pensò Lucas, che si ritrovò a ripetere a Lewis quello che tutti gli dicevano da quando aveva un anno e mezzo: purtroppo era stato parecchio precoce nell'imparare a parlare e da allora non si era più fermato.
- Perché dovresti imparare a non dare fiato ai polmoni ogni volta che ne hai voglia...
- Ma che avete tutti contro di me, oggi?!
Nate superò il folto gruppo di persone e si diresse a salutare Karen con due baci sulle guance, ricambiati da un forte abbraccio per quel ragazzo che, in fin dei conti, per lei era stato un po' una fonte di positività e di speranza: una colonna portante in un edificio pericolante. L'aveva cominciato a conoscere meglio durante qualche chiamata su Skype, ma specialmente da quando era tornato. Più e più volte, infatti, le aveva regalato parole di conforto e sorrisi rassicuranti, capaci di scaldare il cuore a chiunque. Karen non sapeva per quale motivazione quel ragazzo prestasse così tante attenzioni a sua figlia, non che gli altri membri del gruppo non lo facessero, ma lui... Lui aveva un modo così dolce di rapportarsi con Lexi, che a Karen pareva volesse quasi prendersene cura.
- Buongiorno Karen! Come sta oggi??
- Bene, ora che ci siete qui anche voi...
Nate scorse negli occhi della donna un velo di dolore più profondo del solito e poté facilmente comprenderne il motivo, così la strinse un poco di più a sé e le sorrise, per poi riattraversare il gruppo di amici e sedersi al suo posto, quello affianco alla ragazza che compiva gli anni e che gli aveva decisamente sconvolto la sua vita: le due cose non erano per forza in ordine d'importanza.
- Allora: chi è che le consegna il suo regalo??
“A me basta averti qui... E' il più bel regalo di sempre... No... Non posso aver pensato una cosa del genere, dai... Faccio 22 anni e vedo ancora coniglietti rosa che saltellano dovunque euforici, neanche fossero in overdose da zucchero filato...”.
- Se posso, lo vorrei fare io...
Sapevano tutti che cosa significasse una cosa del genere: Hugh c'avrebbe impiegato almeno un quarto d'ora per dire qualsiasi cosa dovesse dire, ma nessuno gli tolse quella piccola soddisfazione. Ottenuto il consenso da tutti, Hugh prese la mano libera di Lexi e cominciò con il suo lunghissimo discorso. 
- Allora Lexi... Sei entrata nella nostra vita in una maniera un po'... Beh, direi che strana sarebbe un eufemismo, ma credo vada bene comunque... Insomma, ci hai salvato la vita e noi tutti non potremmo mai ringraziarti abbastanza... Ci ricordiamo ancora tutti di quel momento...
Un silenzio pesante calò sulla stanza, come se il flusso spazio-temporale si fosse congelato ed i presenti fossero tornati tutti indietro nel tempo, rivedendo davanti ai loro occhi quel terribile 20 Agosto. Nate strinse la presa, come a voler rassicurare Lexi che nulla del genere sarebbe più accaduto, finché lui fosse rimasto al suo fianco.
A rompere quel silenzio teso ci pensò, fortunatamente, Lewis.
- Hu... Vai avanti...
- Sì, scusate... Insomma: abbiamo pensato di regalarti qualcosa che ci legasse per sempre, tutti noi che eravamo lì quel giorno e che siamo qui ora... Beh, eccetto Pablo che adesso è all'asilo per vedere la recita di Grace, ma mi ha fatto promettere che ti avrei portato anche i suoi auguri... Lucas, mi passeresti il cofanetto?
Lucas estrasse dalla tasca la custodia in velluto blu che aveva accuratamente scelto con Zach, Sophia e Nate due giorni prima: c'avevano messo ben due ore per trovare tutto ciò di cui avevano bisogno, ma il gioielliere si era dimostrato a dir poco paziente, forse per il solo fatto che erano tre quinti del famoso gruppo The Rush. Hugh lasciò la mano di Lexi ed aprì il cofanetto tentando, con qualche difficoltà a causa della grandezza delle sue mani, di estrarre il braccialetto che le avevano regalato. Lo mise al polso sinistro di Lexi e sistemò i ciondoli che vi erano appesi di modo che si potessero vedere bene.
- Allora: questo è un braccialetto come forse avrai capito... Beh, non è proprio solo un braccialetto, è il nostro braccialetto... Ognuno di noi ha scelto un ciondolo diverso che lo rappresentasse, così ci avrai sempre con te...
“Oh... Grazie... Io... Io non so cosa pensare... Non ci posso credere... Sono io che devo tutto a voi... Alla vostra musica che mi ha fatto andare avanti... Alle persone straordinarie che siete e che mi sono state vicine in questi mesi infiniti... Io... Grazie...”.
Avrebbe tanto voluto poterli ringraziare a voce, ma sapeva che il suo corpo non era pronto, così strinse leggermente la mano di Hugh, facendo sussultare in maniera lieve i piccoli preziosi che erano attaccati al braccialetto. Due pesanti lacrime le rigarono le guance, dando il via ad una serie infinita di pianti all'interno della camera 224: Ellie non riuscì più a trattenersi e finì per riempire la maglia bianca di Lewis di mascara, mentre Karen cercò di bloccare quel diluvio universale in miniatura che le stava irrigando il volto con un fazzolettino che Sophia le aveva gentilmente porto.
“Oddio! Ma che è sta cosa!! Io non sono così piagnucolosa! Tutta questa situazione mi sta facendo diventare come una donna incinta in preda agli ormoni... Ho bisogno di uscire da questo tunnel il prima possibile, dico davvero...”.
Sentì i polpastrelli leggermente rovinati di Nate asciugarle le lacrime dal viso: stavano lavorando incessantemente al nuovo album e tutti quei piccoli calli erano segno che buona parte delle musiche sarebbe stata composta anche da lui, cosa che inorgoglì particolarmente Lexi. Sapeva quanto significasse per Nate avere la propria musica, scritta e composta da lui, con l'aiuto degli altri ragazzi, dentro il prossimo album.
Ellie cercò di ricomporsi e con voce ancora malferma disse:
-Però bisognerebbe spiegare a Lexi a chi corrispondono i diversi ciondoli, no??
- Giusto! Lo faccio io...
Lucas, il ragazzo dall'aspetto sempre più simile a quello di un Bboy di strada, con pantaloni larghi, sneakers ai piedi e camicia allacciata in vita, si mise al posto di Hugh ed afferrò la mano di Lexi. Gli occhi cristallini di Nate erano puntati su quella scena e nella stanza era calata una strana tensione che tutti sapevano a che cosa imputare ma che nessuno aveva il coraggio di proferire ad alta voce: era la prima volta che Nate e Lucas si trovavano assieme, nella stessa stanza, con Lexi. Lucas sentì uno sguardo strano puntarsi su di lui ed alzando la testa incontrò quello corrucciato di Nate, allora gli sorrise e gli fece un'occhiolino: quello era il segnale che avevano concordato tra loro cinque quando, ancora all'alba del loro successo, si comunicavano in discoteca che lasciavano il via libera all'amico per provarci con quella ragazza. Una sorta di “patto di cessione della preda” come l'aveva chiamato Lewis all'epoca, facendo quasi disgustare Hugh e il suo animo da galantuomo del Settecento. Nate gli sorrise a sua volta e scosse la testa divertito, facendo trarre un sospiro di sollievo a tutti i presenti, eccetto Karen che era ancora troppo concentrata sulle sue lacrime e che era all'oscuro di tutto.
“Wow! So che non dovrei dirlo, che non è carino e che non sono cose che una brava persona farebbe, ma... Porca miseria, cazzarola!! Non sono mai stata contesa tra due ragazzi in vita mia, figurarsi da due splendori come loro!!! Okay... Basta, la smetto... Dicevi Lucas?”.
- Allora, vediamo cosa abbiamo qui... Primo di tutti: uno scudo per il nostro omone di fiducia, altrimenti detto padre putativo, altrimenti ancora conosciuto come Pablo.. Poi.. Beh, questa è una bomboletta di vernice spray e ci tengo a precisare che non è una bottiglia di deodorante per ambiente come ha osato insinuare qualcuno...
- Io non ho detto proprio un bel niente!
“Lewis sei una cosa impossibile... Veramente! Uno scassa palle cosmico!”.
- Seh, come no...
Ormai Zach c'aveva rinunciato: Lewis era un caso perso.
- Ad ogni modo, come potrai immaginare questo rappresenta Zach, considerata la sua passione per i manga e i graffiti, più tutte le...
- Credo che lo sappia già Luc.
- Giusto: hai ragione... Vediamo, allora subito dopo c'è un omino stilizzato sullo skate, inderogabilmente messo vicino a quello di Zach, perché altrimenti il signorino Lewis Ho Ventiquattro Anni Ma Mi Comporto Come Se Ne Avessi Cinque Tompson non era contento...
- Mamma mia come sei pesante Lucas: ho capito che volevi starci tu vicino a Zach, ma fattene una ragione! Io sono meglio!
Oltre all'occhiata omicida di Lucas, il moro dagli occhi di ghiaccio ricevette l'ennesimo scappellotto in testa questa volta proprio da Zach, consapevole di quanto infantile potesse essere quel ragazzo quando ci si metteva d'impegno e nessuno gli dava un freno.
- Dopo di ché ci sono un girasole, un rossetto e un cuore... Immagino sia facilmente comprensibile che non rappresentino nessuno di noi ragazzi...
- Io non ne sarei così sicura: Hugh usa più rossetto di Page!
- Non è rossetto, è un burrocacao!! Ho le labbra delicate Ellie, dovresti saperlo!
- Ed enormi, quindi ne deve usare tanto...
“Nate dai!!! Povero Hugh!!”.
Quando si furono ricomposti ed ebbero smesso di ridere e fare la loro solita confusione, Lucas riprese la sua descrizione del braccialetto, tutto concentrato sul suo compito.
- A parte le battute idiote, questi sono di Ellie, Page e Sophia, dato che anche loro hanno condiviso quel momento con noi...
- E soprattutto ci teniamo a te come se fossi una nostra amica, Lexi, vero?
- Decisamente...
Sentir dire quelle cose dalle due ragazze accese un nuovo calore dentro Lexi, all'altezza del cuore, dove di solito sentiva nascere i moti di affetto nei confronti di Mia: ci si sentiva così ad avere delle amiche?
- Bene, possiamo andare avanti... Allora, con un meraviglioso snapback, ci sono io...
“Modesto come sempre Lucas... Sei unico, sul serio...”.
- E poi sarei io quello vanitoso...
- Faccio finta di non aver sentito Zach, perché ti voglio bene... Poi c'è Hugh con una piccola rondine... Ed infine, ultima ma decisamente non meno importante, una chitarra... Non sto nemmeno qui a dire chi l'ha scelta... Odio essere banale.
- Ma che ti sei fumato amico? Per me tutto il gel che ti metti in testa ti fa male... Dev'essere cancerogeno!
E mentre Lucas e Lewis continuavano la loro insulsa disputa, coinvolgendo anche gli altri, persino Karen, Nate si avvicinò all'orecchio di Lexi per sussurrarle qualcosa che potesse restare solo tra di loro.
Quando le sue labbra morbide entrarono a contatto con la pelle del lobo del suo orecchio, Lexi credette di sentire un vero e proprio formicolio dove le due epidermidi si toccavano, come se il suo corpo si risvegliasse solo sotto il tocco pieno di quella che sperava essere passione di Nate.
- La mia chitarra è sempre stata la mia musa ed il mio unico amore... Ma ora rappresenta anche te, che sei diventata la mia musa più speciale e il mio più grande amore... Ti amo piccoletta...
“E tu sei diventato il mio unico sorriso... Ti amo anche io Nate...”.
Era stato sussurrato, ma al contempo, iscritto nei grandi libri del tempo e della storia. Era il loro segreto e l'avrebbero custodito per sempre.




Hi sweethearts!
Ho deciso di pubblicare per tre ragioni: 1)Non sono riuscita a prendere i biglietti per quel dannatissimo spettacolo che è Harry Styles, quindi dovevo tirarmi su di morale 2)Oggi è stato il primo momento libero dopo l'ultimo aggiornamento 3)Avevo voglia di diffondere un po' di amore perché ne scorgo la mancanza dovunque
Detto questo, spero che rimaniate ancora con me, che continuiate a seguire questa storia perché manca davvero poco e poi... Nulla sarà più come prima.
Intanto però godetevi questa piccola prima dichiarazione e tutte le smancerie e le lacrime di questo capitolo dolceamaro.
Grazie mille. Spero di sentirvi presto **
As always
Lots Of Love xx

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Capitolo 26
*** 25th December 2013 ***


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25th December 2013


Era passato più di un mese dal suo compleanno, ma Mia si ostinava a portare avanti la sua promessa/regalo: ogni giorno, si presentava da lei alle sette, non importava che impegni avesse in agenda, le sistemava i capelli che erano sempre più lunghi e scuri e la truccava leggermente. La giustificazione era stata: “ Adesso che hai un ragazzo devi essere sempre presentabile” e quindi Lexi, ancora bloccata su quel letto, non poteva ribellarsi in alcuna maniera.
- Quindi, ho seriamente pensato di rompergli quell'assurdo macchinario per fare le spremute in testa! Ma dico: secondo quale principio ambientalista per farti una spremuta dovresti usare una cosa che è stata fatta con tanto petrolio quanto un intero giacimento in Iraq!!!
Mentre le raccontava la sua ennesima litigata assurda con David e che, come al solito, si era conclusa con una nottata di passione, particolare che Lexi avrebbe fatto volentieri a meno di sapere, Mia continuava ad arricciarle le punte dei capelli castani che ormai erano arrivati quasi a metà busto. Qualcuno bussò alla porta e il sopraccitato uomo che aveva rischiato di ritrovarsi la testa rotta da uno spremiagrumi fece la sua comparsa nella stanza.
- Parli del diavolo...
- E spunta il più bell'angelo che ti potesse mai capitare di incontrare!
“Nonostante la conversione all'altruismo, l'autostima è rimasta sempre la stessa... Non cambi mai David, sul serio...”.
- Potrei dire una cosa ma non lo farò, perché altrimenti dopo ti arrabbieresti...
David si passò una mano tra la barba biondo scuro che aveva deciso di farsi crescere per acquisire un fascino più maturo, almeno a detta sua, e si avvicinò alla sua ragazza.
- Ovvero???
Mia lo guardò dritto negli occhi azzurri come i suoi, chiedendosi come potesse essere veramente fratello di Lexi, che di chiaro aveva solo la carnagione, pronta per dirgli quello che sapeva avrebbe scatenato l'ennesima sfuriata di David che avrebbe avuto una durata prevista di tre minuti.
- Vorrei farti presente che io ero assieme al ragazzo numero dodici nella top cento degli uomini più belli viventi sul pianeta, stilata da People... Giusto per dire...
- Che cosa vorresti insinuare?? Che lui sia meglio di me solo perché una stupida rivista per oche da giardino l'ha messo al dodicesimo posto?!?!
Lexi sapeva anche senza vederla che Mia aveva assunto la sua posizione da “ripeti quello che hai detto se ne hai il coraggio”, una mano piantata sul fianco e un movimento della testa che faceva ondulare inspiegabilmente i capelli biondi e blu.
- E così sarei un'oca da giardino??
Il tono con cui l'aveva detto e lo sguardo di fuoco con cui lo stava trapassando parte per parte, fecero intuire a David di essersi messo in un mare di guai, tanto da correre subito ai ripari.
- No! Io non intendevo che tu sei un'oca da giardino, insomma... Hai capito quello che volevo dire, no?!
Silenzio.
“Mia dai... Così lo uccidi poveretto... Sei un cretino fratellone...”.
Mia scoppiò a ridere in una fragorosa risata dopo aver visto la faccia altamente preoccupata del suo ragazzo e si avvicinò per schioccargli un bacio a stampo che lui accolse con sorpresa.
- Sei un cretino lo sai??
Era ad un soffio dal viso di David e lui poteva contarne addirittura le lunghe ciglia coperte di mascara, perdendosi però in quelle iridi che finalmente guardavano solo lui: ancora non gli sembrava vero di esser riuscito a conquistarla.
- Se sei te a dirmelo, va bene... E comunque: buon natale amore...
“Oddio! Anche io voglio che qualcuno mi faccia gli auguri così!! No, Lexi non è il momento di fare questo tipo di pensieri...”.
Si stavano tranquillamente scambiando effusioni, incuranti del fatto che Lexi potesse raggiungere il limite massimo di sopportazione di smancerie, rischiando pure di svegliarsi, quando un colpo di tosse chiaramente fatto di proposito li fece staccare.
- Salve ragazzi... E buon Natale anche a voi!!!
Mia si avvicino al suo irlandese preferito e lo salutò con un caloroso abbraccio, anche per riscaldarlo dal gelo che regnava su Londra da almeno una settimana. La neve non dava tregua a nessuno e Nate c'aveva messo più del previsto ad arrivare in ospedale: voleva essere il primo a farle gli auguri di buon Natale, anche perché avevano da poco passato il loro quinto mesiversario, o comunque cinque mesi da quando si erano conosciuti e lui era stato un poco assente a causa dell'avvicinarsi della data d'uscita dell'album.
- Ehi Nate! Buon Natale anche a te!
Nate e David strinsero la mano e si diedero una pacca sulla spalla, come erano abituati ormai a fare. Le cose tra loro non erano mai state difficili, forse per il fatto che Mia e Hugh erano riusciti a rimanere amici e per il piccolo ma essenziale particolare che chiunque avesse detto a David quanto quel ragazzo forse miracolosamente diventato importante per Lexi.
- Allora: cosa mi raccontate di bello piccioncini??
- Stavamo pensando di andare via per il weekend di capodanno, ma non sappiamo come fare con Lexi... Insomma, per quanto quell'uomo sia un cretino, il dottor Lawson ha detto che le sue funzioni cerebrali sono sempre più attive e che anche le risposte agli stimoli fisici sono positive, quindi...
- Non vorremmo perderci il grande momento...
“Dio, ora si concludono pure le frasi a vicenda: che schifo!”.
Nate guardò per un attimo Lexi e si chiese se lui ci sarebbe stato quando quegli occhi sarebbero tornati a vedere la luce, poiché con l'avvento del nuovo anno gli impegni sarebbero ripresi e tra la promozione del nuovo album, il tour negli stadi di tutto il mondo e il matrimonio di Zach, non sapeva dove avrebbe trovato il tempo per lei, anche se avrebbe fatto di tutto pur di riuscirci.
- Sì, posso capire... Ma magari, se prenotate in qualche location qui vicino, potreste tornare in caso ci fossero degli sviluppi positivi... Potrei consigliarvi dei posti carini!
- Sarebbe perfetto lepricauno!! Grazie mille!
Mia si rifiondò su di lui, per abbracciarlo, facendolo ridere con quella sua risata cristallina e rumorosa che metteva di buon umore chiunque la sentisse. Lexi in primis.
“Ehi amica: giù le mani... Lui è mio!”.
- Aspetta che ti lascio... Non vorrei mai che qualcuno diventasse geloso!
“Telepatiche come sempre noi due...”.
- Ad ogni modo Lexi, noi siamo passati solo per portarti il nostro regalo che potrai benissimo aprire dopo con Nate, dato che dobbiamo andare a comprare il gelato per il pranzo... Tua madre e mia madre hanno deciso di fare una grande rimpatriata e la cosa ci preoccupa parecchio, ad essere sinceri...
- Soprattutto perché ci sarà anche nostro padre... Ma tu per caso sai che cosa diamine sta succedendo tra quei due?? Passano un sacco di tempo assieme ultimamente... “Credo che entrambi abbiano deciso di ascoltare i loro cuori David... Oddio che romantica che sono oggi... Tutta colpa tua irlandese e di voi due piccioncini!”.
- Senza contare che l'ultima volta che ho visto tuo padre con Kitty, lui non la stava praticamente calcolando neanche di striscio mentre lei gli parlava di qualche nuovo cosmetico che voleva comprarsi... Logicamente testato su chissà quanti poveri topini di laboratorio, che non avevano fatto niente di male se non nascere nel...
- Okay, okay amore! Prima che tiri fuori gli artigli, è meglio se andiamo... Ci vediamo Lexi Lex! Stammi bene Nate!
- Ciao Lex, ci vediamo presto... Ti voglio bene! E ciao anche a te lepricauno!!
“Anche io ti voglio bene pazza che non sei altro...”.
Una volta che furono usciti e che Nate fu rimasto da solo con Lexi, si sedette al suo posto e prese in mano il regalo che Mia aveva portato per lei: sembrava pesante e non capiva che cosa potesse essere, fino a quando, una volta scartato il pacchetto, un paio di casse nuove e decisamente più potenti fecero la loro comparsa tra le mani del ragazzo, che le osservò con un sorriso splendido che andava da un orecchio all'altro. Non sapeva come, ma sembrava proprio che Mia gli avesse letto nel pensiero, dato che il suo regalo per Lexi altro non era che un ascolto in anteprima esclusiva del loro nuovissimo album.
- Allora:  Mia e David ti hanno regalato delle utilissime casse nuove... E dico utilissime perché, beh: lo so che forse è un poco scontato come regalo, ma ci tenevo davvero che tu fossi la prima ad ascoltare il nostro nuovo album, perché... Beh, perché quasi tutte le canzoni in cui ho collaborato alla creazione parlano di te e quindi, mi sembrava il minimo che tu fossi la prima ad ascoltarle... Spero ti piacciano...
Nate fece partire la prima canzone, quella che avevano appena immesso nel mercato come singolo, lasciando poi che la playlist scorresse per concentrarsi sulle emozioni che Lexi stava provando e che lui aveva imparato ad interpretare.
Quando la “loro”  prima canzone, Through The Dark, riempì la stanza, le dita di Lexi si strinsero attorno a quelle di Nate, consapevole del fatto che lui quella promessa l'aveva mantenuta e che le era stato sul serio accanto per condurla fuori dalle tenebre piombatele addosso quasi cinque mesi  prima. Sentirla con tutte le armonizzazioni delle voci dei ragazzi fece scorrere un brivido di euforia lungo il corpo di Lexi.
“Dopo tutto questo tempo, mi fanno ancora lo stesso identico effetto: sono sempre stati una sorta di impulso vitale nella monotonia della mia vita e credo che non si smentiranno mai... Anche se, indubbiamente, ascoltarlo con la mano di Nate Hanson intrecciata alla mia è tutt'altra storia...”.
- Sono contento che ti piaccia piccola...
Istintivamente le dita lasciarono la presa e Nate si irrigidì all'improvviso, chiedendosi che cosa avesse sbagliato, se fosse stato solo un riflesso involontario, se fosse stanca, se magari dovesse interpretarlo come un segno di cedimento o se fosse andato troppo oltre. Era così snervante non sapere che cosa volessero dire le reazioni di Lexi alle volte: voleva parlarle, sentire la sua voce, capire i suoi pensieri e le sue intenzioni. Voleva sapere di non essere diventato completamente pazzo, perché spesso era esattamente così che si sentiva: un ragazzo di ventidue anni, con milioni di fan sparse in giro per il mondo, che aveva la possibilità di vivere il suo sogno e che si era perdutamente innamorato di una ragazza che aveva salvato la vita ad uno dei suoi migliori amici, tanto da dedicarle due canzoni. Già, perché ne aveva scritta un'altra per lei e la cosa assurda era che non le aveva mai nemmeno parlato. Fortunatamente c'erano i ragazzi, specialmente Hugh e Zach che continuavano a dirgli che un legame del genere era possibile e che, in fin dei conti, era sempre stato lui a dire che la sua ragazza sarebbe stata una principessa dalla risata facile e dal carattere deciso: e più decisa di Lexi, Nate non aveva conosciuto nessuno.
“Scusa Nate... E' che... Non sono abituata... Sembra tutto così nuovo... Io... Devo solo imparare a fidarmi e che tutto questo trambusto di emozioni è assolutamente normale...”.
Ma Nate aveva fatto una promessa e strinse quella mano tra le sue grandi, rassicuranti, con quei polpastrelli ruvidi che carezzavano la pelle delicata di Lexi, gli stessi che avevano faticato per potersi esibire sui più grandi palchi del mondo vibrandosi sulle corde della sua chitarra.
- Beh... Questa è Happily ...
Lexi si riprese dalle farfalle nelle stomaco che la stavano torturando per quel semplice contatto, conscia del fatto che quelle sensazioni non le avrebbe dovute provare dato lo stato in cui riversava, e si concentrò sulle parole della canzone. La melodia era decisamente sul genere dell'altra, con parecchio folk e qualcosa di pop al suo interno, tanto da diventare irrimediabilmente orecchiabile e coinvolgente. Non ebbe bisogno di mettersi ad ascoltare il suono delle voci che proveniva dalle nuove casse che Mia le aveva regalato, perché Nate cominciò a canticchiare con la sua voce melodiosa e leggera il testo che lui stesso aveva scritto. Lexi lo capì subito: quelle parole parlavano non solo di lei, ma di loro due, di quello che era successo nell'ultimo mese e di quello che voleva sarebbe successo una volta che lei fosse tornata da lui.
You don't understand, you don't understand... What you do to me when you hold his hand... We were meant to be but a twist of faith... Made it so, we had to walk away...
Nate intrecciò meglio le sue dita con quelle di Lexi e lasciò che la sua voce riempisse la stanza, mescolandosi con quelle dei compagni.
- I don't care what people say when we're together... You know I wanna be the one to hold you when you sleep... I just want it to be you and I forever... I know you wanna leave... So come on baby be with me so happily...
“Ma sta parlando sul serio di me e...??”.
- Questa l'abbiamo scritta io e Hugh... Beh, l'idea è venuta a me quando... Sì, insomma, quando ho sentito quello che Mia diceva di te e Lucas... Non so perché ma ero geloso... Incredibilmente geloso di uno dei miei migliori amici, che tra parentesi non ti aveva mai nemmeno degnata di uno sguardo.... Cioè, no! Non era questo che volevo dire!! Che cazzo...
Ormai Lexi c'aveva fatto l'abitudine: se diventava nervoso cominciava a straparlare e dire cose che non pensava assolutamente e che, il più delle volte, erano tremendamente fuori luogo, ma era adorabile anche per questo. Era Nate, punto, e questo a Lexi bastava.
- Non so che cosa mi fosse preso quella sera, ma era come se lui avesse qualcosa che pensavo dovesse essere mio... Il ché, oltre a suonare terribilmente contorto, è pure assurdo, perché io non so nemmeno se mi vuoi e... Cazzo, c'ha ragione Lewis quando dice che mi sto rincretinendo... Ed è tutta colpa tua, piccoletta, sappilo.
Per la prima volta in vita sua Lexi era felice di avere la colpa di qualcosa, specialmente se questo implicava essere la causa della gelosia di un ragazzo come Nate.
“Non avrei mai detto di essere una tipa che avrebbe apprezzato la gelosia, ma in questo momento mi sembra una buona prova del fatto che lui ci tenga a me e... Oh porca miseria, a chi voglio darla a bere?!?!?! Sono euforica come quella mattina di Natale, quando mia mamma mi fece trovare sotto l'albero la collezione completa di damine dell'Ottocento in abiti d'epoca!! Quanto sono nerd...”.
L'aveva scritta dopo aver sentito quella chiamata e dopo aver cercato di capire meglio la situazione, parlando per un'ora con Mia, quasi un mese prima. Imbracciata la chitarra, aveva buttato giù le prime parole che gli erano salite dal cuore, lasciando che assumessero la forma e il ritmo che volevano, incurante perfino del sound decisamente inusuale che stava creando con le dita: l'influenza di tutta quella musica indie e folk che gli faceva ascoltare continuamente Hugh stava dando i suoi frutti. Ed era stato proprio il suo amico riccioluto ad aiutarlo a completare quella canzone, quando anche lui  si era trovato nella stessa situazione con Mia, ad eccezione del fatto che lei aveva letteralmente scelto di stare con l'altro di cui parlava il testo. L'amore giocava brutti scherzi e nessuno più di Nate poteva saperlo: essere innamorato di una ragazza con cui non aveva mai intrattenuto una conversazione era come sperare di poter trovare la sorpresa preferita nell'ovetto Kinder: un'impresa titanica. Nate era piuttosto orgoglioso del risultato e la reazione che stava ricevendo da Lexi non faceva che confermargli quel forte presentimento che il nuovo album sarebbe stato un successo: mai come quella volta avevano messo in gioco loro stessi nel processo creativo che li aveva coinvolti dalla stesura dei testi alla scelta delle melodie. Quelle canzoni parlavano di loro e di quanto fosse successo nella loro vita, specialmente dopo l'incidente. Si distese affianco a Lexi, lasciando che i piedi ciondolassero giù dal letto e si tolse la felpa, dato che ogni volta che si metteva al suo fianco gli sembrava di trasformarsi in una torcia umana capace di riscaldare l'intero globo terrestre. Mise un braccio attorno alla testa di Lexi e cominciò a tracciare linee casuali sulla sua spalla sinistra con la punta delle dita, mentre lasciava dei baci leggeri su quei capelli morbidi e castani che l'avevano da subito catturato per quell'aurea di dolcezza che donavano al volto di Lexi. Era bella e non poteva farci nulla: avrebbe pagato oro per poterla veder sorridere, magari per una sua battuta stupida o per il semplice suono della sua risata. Magari anche Lexi rideva in qualche maniera particolare e contagiava chiunque le fosse stato vicino, Nate non lo sapeva, ma era determinato a scoprirlo.
- Voglio che siamo solo tu ed io... Per sempre... Voglio renderti felice Lexi, sul serio... Ora devi solo aprire gli occhi, perché io sono qui ad aspettarti... Buon Natale piccoletta.
Glielo aveva sussurrato all'orecchio, quasi come se le sue parole potessero trasformarsi in un soffio leggero ed arrivare direttamente al suo cuore e per la prima volta Lexi ebbe la certezza che il momento di svegliarsi si stava avvicinando davvero perché quello era tutto ciò che aveva sempre sperato di sentirsi dire.




Hi sweethearts!!
Eccoci qui: sopravvissuta più o meno ad un'altra settimana, vi dedico questo capitolo che beh: è a dir poco importante. Lo è per Mia e David, che come avrete capito sono ufficialmente una coppia, ma lo è soprattutto per i Nexi. Quando ho cominciato a scrivere questa storia, Happily non era ancora uscita, così come Through The Dark, ma quando le ho sentite sembravano fatte apposta per il racconto di Lexi e Nate, cosa che mi ha spronato a scrivere ancora... Ma questo, vi avverto, è un punto di svolta. Dal prossimo capitolo niente sarà più lo stesso.
Grazie per aver letto fino a qui e grazie per le vostre preziosissime recensioni.
A presto.
As always
Lots Of Love xx

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Capitolo 27
*** 10th January 2014 ***


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PART II
10th January 2014



-Allora Lexi: dicci come è successo?!?!
Era forse la millionesima volta che le facevano quella domanda ed ancora non aveva escogitato una risposta plausibile, perché cosa fosse successo non lo sapeva nemmeno lei.
“Cosa dovrei dire??? Che un giorno mi sono sentita strana e che mentre ascoltavo una canzone, che ora non ricordo, mi sono svegliata ed ho visto la faccia della mia migliore amica che mi guardava sconcertata e piangeva, mentre si teneva per mano con mio fratello con cui si è sempre odiata, da che io abbia memoria?!”.
- Non lo so come sia successo... Io... Sì, insomma... Io...
- Scusate, ma la mia amica è appena stata dimessa dall'ospedale, dopo essere stata in coma per cinque mesi... Ha bisogno di riposo e nessun tipo di emozione forte, quindi vi pregherei di lasciarci andare a casa e di rispettare la sua privacy e la sua salute... Grazie  e buona giornata.
Si sentì spingere avanti dalla mano sicura di Mia in mezzo a quella folla di giornalisti e fotografi affamati di novità che si era assiepata fuori dall'entrata dell'ospedale nel momento stesso in cui si era risvegliata, tre gironi prima. Lexi si chiese come mai la sua amica avesse tutta quella dimestichezza con la stampa e come mai loro la conoscessero così bene, ma in quei giorni erano successe troppe cose strane per preoccuparsi anche di quello, così decise di non fare domande, dato che il mal di testa aveva già ricominciato a torturarla. Il dottor Lawson le aveva assicurato che era assolutamente normale avere tutte quelle frequenti emicranie e che presto sarebbero passare, soprattutto perché i valori degli esami erano apposto, come anche l'elettroencefalogramma. Le avevano detto che era “Sana come un pesce!”, a meno a detta dell'infermiera che aveva scoperto averla assistita per tutto quel tempo e che le avevano detto chiamarsi Sarah. Era talmente persa nel marasma che le turbinava per la testa che nemmeno si accorse di essere giunta di fronte al portoncino blu di Lexington Street. Finalmente qualcosa che le risultava davvero familiare.
- Ed eccoci qui!! Bentornata a casa Lexi!!
Quel posto non era cambiato di una virgola da quando vi era uscita quella mattina del 20 Agosto, dopo essersi data una sistemata per il grande giorno della premiere. Scacciò immediatamente dalla testa quel ricordo: non si sentiva ancora pronta per affrontare tutto quello. Mia si era imposta con sua madre perché tornasse subito a vivere con lei nel loro appartamento ed era riuscita, come sempre, ad averla vinta a patto che Karen potesse stare da loro almeno per la prima settimana e che poi avesse libero accesso alla casa in qualsiasi momento avesse avuto voglia di vedere sua figlia. Logicamente, Lexi non aveva avuto voce in capitolo. Ne su quello ne sulla quantità di informazioni che le erano state riversate addosso negli ultimi tre giorni solo per prepararla alla sua uscita dall'ospedale, che si era rivelata molto più traumatica di quanto avesse mai potuto immaginare. Tutti quei regali, quei messaggi su Twitter e gli articoli di giornale, per non parlare dei paparazzi e dei giornalisti che facevano di tutto per avere una sua intervista, l'avevano altamente destabilizzata, senza contare poi la scoperta che la sua migliore amica e suo fratello, che ora sembrava totalmente un'altra persona, si erano messi assieme e che pure i suoi genitori stavano riallacciando i loro rapporti.
Era stata assente per cinque mesi e la vita attorno a lei si era completamente rivoluzionata. Quindi, vedere che la sua camera era esattamente come l'aveva lasciata la fece sentire immediatamente più tranquilla e a suo agio: lì sapeva come muoversi, in che posto cercare le cose e, soprattutto, sapeva chi era. Tutti continuavano a chiederle come stesse, se si sentisse bene, ma la verità era che Lexi non ne aveva la più pallida idea. Di nuovo.
Si sedette sul letto, con le gambe incrociate e le spalle appoggiate alla testiera, lasciando che il cuscino si sgualcisse sotto il suo sedere, prendendosi qualche secondo per guardarsi attorno, quando la porta si aprì quel poco che bastava per far comparire gli occhi azzurri e familiari di Mia.
- Tutto bene? Hai bisogno di qualcosa??
- Sì, mamma... Tutto bene.
- Te l'ho già detto che quasi, quasi ti preferivo muta?
- Almeno dieci volte da quando mi sono svegliata... Ma tranquilla: non mi offendo.
- Vuoi da bere, qualcosa da mangiare, una rivista?
- Una rivista, Mia?? Ma sei seria?? L'unica cosa di somigliante ad una rivista qui dentro è il catalogo dell'Ikea!
Mia le fece la linguaccia, anche se dentro di sé stava pensando con quanta cura avesse setacciato tutta casa per far sparire ogni traccia di giornali di gossip che potessero parlare di Lexi o della sua relazione con Hugh: tutto doveva essere come se quei cinque mesi non fossero mai trascorsi, almeno finché Lexi non avrebbe ricordato da sola. Questo era quanto le aveva detto il dottor Lawson una volta constatato come Lexi non avesse alcun tipo di ricordo in merito a quel tempo trascorso in ospedale, aggiungendo che nessuno avrebbe dovuto rivelarle nulla per evitare ogni tipo di emozione forte, capace di scompensare l'equilibrio fisiologico precario in cui si trovava la sua migliore amica, specialmente dopo i due collassi cardiaci che aveva avuto. Mia aveva cercato di opporsi, di scovare una soluzione di compromesso, ma sia lui che Sarah erano stati irremovibili: avrebbe dovuto ricordare tutto da sola e se non ci fosse riuscita, loro non avrebbero potuto farci nulla. 
- Sei simpatica come sempre... Allora io vado a fare una doccia, poi magari ci guardiamo un bel film: che ne dici?
- Sì, credo si possa fare... Ma lo scelgo io!!
- Va bene, va bene... Solo perché sei convalescente.
Quando la porta si richiuse alle spalle di Mia, Lexi sentì un brivido percorrerle la schiena, come se quel rumore fosse familiare ma al contempo diverso da qualcosa che le sembrava far parte del suo passato. Scosse la testa e la sua attenzione cadde sull'ipod che Mia le aveva gentilmente fatto trovare sul comodino affianco al letto. Lo afferrò e lo accese, senza infilare le cuffiette. Una delle prime canzoni dei The Rush era in riproduzione ed un sorriso si dipinse sul volto di Lexi quasi automaticamente, come se gli angoli della sua bocca rispondessero ad un comando preimpostato a cui non poteva disobbedire.
“Wow... L'ultima volta che l'ho ascoltato era mentre aspettavo di vederli alla premiere... Prima di... Di quello... Chissà che cosa ne hanno pensato loro del mio gesto... Mi riterranno una pazza, anche se Mia sostiene che mi siano venuti a trovare qualche volta e che mi abbiano invitata a loro primo concerto negli stadi... Io so solo che non ho avuto notizie di nessuno di loro da quando mi sono svegliata... Però, il solo pensiero che Lucas sia stato nella mia stessa stanza sapendo che ci fossi anche io, mi sembra una cosa surreale... Pagherei anche solo per esser certa che lui sia cosciente della mia esistenza, dopo undici anni...”.

Dall'altra parte della città, Nate non ci poteva credere.
C'era mancato veramente poco perché urlasse contro Mia e Sarah quando, una volta corso su per le scale che aveva appena percorso dopo essere stato in compagnia di Lexi per quasi quattro ore ed aver scoperto che si era finalmente svegliata, gli avevano detto che non poteva vederla. Sarah lo aveva dovuto allontanare di forza e chiamare Hugh perché lo andasse a prendere, dato che era talmente scosso da non riuscire neppure a guidare. Appena si era seduto sul sedile di pelle della macchina dell'amico e compagno di band, era esploso in una pianto senza ritegno che voleva cercare di lenire la fitta di dolore che si stava diffondendo dentro di lui. Si era preso la testa tra le mani, strapazzando e tirando quei capelli castani che, un po' per abitudine ed un po' per piacere alle fan, continuava a tingere di biondo sulle punte, sperando così di svegliarsi da quell'incubo assurdo in cui sperava di esser stato intrappolato.
Aveva aspettato cinque mesi, si era affezionato, forse aveva cominciato a provare qualcosa di più per quanto potesse suonare inquietante ed assurdo, ma quando era arrivato il momento per cui tanto aveva pregato: fine.
Tutto era finito.
Hugh l'aveva abbracciato e aveva lasciato che si sfogasse sulla sua spalla senza alcuna fretta, per poi riaccompagnarlo a casa, dove era rimasto rintanato per i seguenti tre giorni, cancellando qualsiasi impegno, anche quelli con i ragazzi. Se non poteva vedere lei, non voleva vedere nessuno.
Sapeva che era appena tornata nel suo appartamento con Mia, che molto gentilmente gli mandava aggiornamenti in tempo reale su come stesse e su che cosa facesse Lexi, ma lui si sentiva senza forze. Steso in quel letto a due piazze che solitamente gli sembrava altamente attraente, ma che in quel momento gli appariva troppo grande e vuoto per lui, prese il cellulare ed entrò su Twitter, cercando qualcosa con cui distrarsi. Il cielo, però, doveva avercela con lui. Tutto su quel dannato social network parlava di Lexi e del suo miracoloso risveglio, con illazioni su un possibile ritorno di fiamma tra Mia e Hugh ed espressioni di felicità per il ritorno alla vita dell'eroina di tutto il fandom. Foto di quel sorriso che aveva sperato di essere lui a far spuntare sul viso di Lexi per cinque mesi, riempivano la sua timeline, rischiando di farlo impazzire, tanto che si ritrovò a lanciare l'Iphone ai piedi del letto, incurante del fatto che si sarebbe potuto frantumare al suolo.
- L'ho baciata cazzo!! Io l'ho baciata e lei ha praticamente risposto, ed ora non si ricorda nulla! Le ho dedicato due fottutissime canzoni e non si ricorda nulla!!
Stava urlando da solo nel bel mezzo di una casa che stentava a riconoscere, forse per il fatto che negli ultimi mesi aveva passato più tempo all'estero ed in quella stanza d'ospedale che tra quelle quattro mura. Aveva pianto abbastanza il giorno in cui si era svegliata e lui non era mai stato tipo che si lasciasse andare così tanto ai sentimenti, per lo meno quelli tristi e deprimenti. Nate sorrideva sempre e faceva ridere gli altri, con la sua gioia di vivere, i suoi ventidue anni vissuti spensieratamente, con la sua voglia di affrontare ogni giorno come se fosse il più bello della sua vita. Eppure, in quel momento, tutto ciò che avrebbe voluto fare era correre da lei e chiederle se veramente, nemmeno dopo averla baciata, si ricordasse di che cosa fosse successo tra loro. Oppure gli sarebbe anche bastato avere qualcosa da prendere a pugni.
Si sentiva un emerito imbecille per aver creduto a tutte quelle teorie sul fatto che lei lo potesse sentire, che fosse mentalmente presente.
- Dannata Sarah!! Ed io cretino che ti ho ascoltato e ho continuato a leggere ogni lacrima, ogni battito accelerato come delle risposte alle mie azioni!! Che cretino...
Si lasciò cadere sul letto, osservando il soffitto grigio come il suo umore, fino a quando il campanello non lo avvertì che aveva visite. Svogliatamente si alzò ed andò verso la porta, dove Zach lo stava aspettando con una faccia decisamente preoccupata, cosa che capitava piuttosto di rado, dato che era la persona più riservata ed imperscrutabile che Nate avesse mai conosciuto.
- Ah... Ciao.
- Wow... Direi che non sono proprio la persona che ti aspettavi di vedere.
- No, scusa Zach, è che... Nulla, vieni: entra pure.
Si sedettero sul divano di pelle nera, mentre la pioggia iniziava a scrosciare imperterrita sulle grandi vetrate che formavano un'intera parete del salotto, confondendo le figure  longilinee delle piante del giardino su cui si affacciavano. Nate alzò il termostato e cominciò a rigirare nervosamente il piccolo telecomando tra le mani, con una crescente voglia di frantumarlo in mille pezzi, se non fosse stato per una provvidenziale mano di Zach che glielo portò via per appoggiarlo sul basso tavolino di vetro. Nate lo rimase a fissare per qualche secondo: era perfetto come sempre quel ragazzo, capelli neri tenuti indietro da un beanie altrettanto scuro, giacca di pelle dello stesso colore sopra una maglia bianca che faceva risaltare il fisico asciutto che aveva sempre avuto, anche quando erano dei bimbetti di diciotto anni che credevano di poter dominare il mondo con due sorrisi ed un po' di moine. Avevano imparato presto che non sarebbe sempre stato così ed erano cresciuti assieme, affrontando tutto e cominciando a lavorare su di loro e su quello che volevano fosse il loro progetto musicale. Erano maturati davvero e una prova certa era quella piccola fedina che Zach portava all'anulare destro, simbolo del suo imminente matrimonio con Page.
- Ma davvero ti sposi tra quattro mesi?
Zach lo guardò un attimo sorpreso, ma poi sembrò decidere di non fare domande e seguire il bizzarro flusso di pensieri dell'amico.
- Sì... E, sinceramente, non vedo l'ora.
Era sempre stato un ragazzo di poche parole ma sapeva che i suoi amici avevano imparato a conoscerlo e a capire che quello non era un modo per allontanarli, ma solo un'occasione in più per lasciare che loro si raccontassero di più a lui e gli permettessero di star loro vicino.
- Ti invidio, sai?
Ecco: quella era una cosa che il bel anglo-indiano non avrebbe mai pensato di sentire dalla voce di Nate, ovvero una delle persone più semplici e pure che avesse mai avuto la fortuna di incontrare. Lo riteneva come un fratello minore e voleva che per lui ci fosse solo il meglio ed era proprio per questo che si trovava lì, in quel momento, poiché sapeva come potesse star male per la storia di Lexi. A dire il vero, c'erano rimasti male un po' tutti, perché speravano veramente che lei potesse svegliarsi e mantenere quel legame che sembrava inspiegabilmente essersi creato con ognuno di loro, ma i miracoli sono rari e loro avevano già ricevuto quello che gli spettava.
- Perché?
Nate appoggiò la schiena al divano e lasciò che la testa cadesse sullo schienale, contemplando per l'ennesima volta il soffitto: avrebbe dovuto dipingerlo di qualche altro colore, perché quel grigio non faceva che deprimerlo maggiormente.
- Perché così avrai qualcuno da cui tornare ogni volta che finiremo un tour... Qualcuno da chiamare quando scenderai dal palco ogni sera... E questo per tutta la vita... E' bello, no?
Rimase in silenzio per qualche secondo, grato del fatto che Zach non gli facesse domande ma aspettasse che fosse lui a spiegarsi meglio.
- Sai cos'è assurdo? Che io l'ho provato con lei per questi cinque mesi... Non vedevo l'ora di accendere il pc e chiamarla per raccontarle che cosa fosse successo durante i concerti... Figurati che, nonostante avessi scoperto fosse innamorata pazza di Lucas, non riuscivo ad aspettare un secondo di più per tornare da lei...
- Non riesci nemmeno a dire il suo nome.
Non era una domanda: era un'affermazione. Una di quelle che cadono come un meteorite nei film di fantascienza e fanno cambiare le sorti del mondo. Solo che quello non era un film e la vita di Nate era cambiata sul serio, ma in peggio. Non poteva nemmeno pensarlo il suo nome, specialmente dopo che erano stati categorici sul divieto di raccontarle qualsiasi cosa riguardasse quei mesi a meno che non fosse lei a chiederlo o, meglio ancora, a ricordarselo, altrimenti la sua salute né avrebbe risentito e questa era l'ultima cosa che Nate avrebbe mai desiderato per lei .
- No... Non ce la faccio.
 Trasse un profondo respiro e sentì Zach mettersi nella sua stessa posizione, al suo fianco, come a dirgli che lui sarebbe stato lì anche tutta la notte se ne avesse avuto bisogno, aspettando che tutto trovasse una giusta prospettiva, ma era come se per Nate, quella volta, fosse impossibile vedere il lato positivo della situazione. E questo non era decisamente da lui.
- Io non sono uno che si arrende Zach, lo sai... Ma in questo caso non posso fare nulla, neanche se lo volessi... E cazzo se vorrei andare sotto quel portone blu e urlarle che merito almeno di vederla sorridere una volta!
Una lacrima dispettosa scese lungo la sua guancia leggermente rossa per la foga con cui aveva parlato e per quella sensazione d'impotenza che gli schiacciava il petto, impedendogli di respirare normalmente, i pugni a stritolare il tessuto morbido dei pantaloni della tuta.
In quel momento, Zach si rese conto di quanto la situazione fosse molto peggio di quanto tutti loro pensassero: avevano sottovalutato la reale entità del problema, credendo che Nate si fosse semplicemente affezionato a Lexi, come d'altra parte era accaduto a tutti loro, eccetto per il fatto che lui si fosse letteralmente innamorato di quella ragazza.  Come se tutto ciò non bastasse, Zach era quasi certo fosse la prima volta che all'irlandese capitasse di innamorarsi. Innamorato di una persona con cui non aveva mai parlato, di cui non aveva mai visto gli occhi ma che aveva dato la vita per loro: era tremendamente meraviglioso. Gli riusciva difficile immaginare di innamorarsi di Page senza averne mai sentito la voce squillante o senza essersi perso in quel celeste sconvolgente che aveva trovato solo nei suoi occhi, eppure per Nate era stato così.
Continuarono a contemplare il soffitto grigio ancora per qualche minuto, in completo silenzio, fino a quando Zach non decise di dar voce ai suoi pensieri, sperando di aiutare in qualche modo l'amico.
- Potrebbe ricordare... Se ha provato quello che senti tu per lei, nessuna amnesia potrà nasconderglielo per sempre.
 Forse Zach aveva ragione e sempre forse, un giorno Lexi avrebbe potuto ricordare: ma lui sarebbe stato capace di aspettare e magari saperla insieme a qualcun altro? Non sapeva nemmeno se sarebbe stato capace di vederla di persona e trattenersi dall'abbracciarla o stringerle quella mano che negli ultimi mesi era diventato il loro modo per comunicare, figurarsi vederla tra le braccia di un altro ragazzo.
Era un silenzio carico di significati quello che era sceso tra di due amici, interrotto solo dal rumore costante della pioggia sulle finestre. Dopo quella che ad entrambi sembrò un'eternità, Zach disse:
-Dovresti ridipingere questo soffitto: è deprimente.
E detto questo si alzò per prendere due birre dal frigo: quello era solo l'inizio.





Hi sweethearts!
Pubblico oggi perché: 1) non volevo più aspettare 2) non avro tempo di farlo per tutto il weekend ^^
Okay. Passiamo alle cose importanti. LEXI SI E' SVEGLIATA!!! YEEEEE!! Lo so che non state gioendo con me e so anche che mi starete maledicendo in diciotto lingue diverse, ma sono sicura della mia scelta. Non poteva svegliarsi e BOOM: ha la vita che ha sempre desiderato. Troppo semplice. A dir poco irreale (e di irreale qui ne abbiamo già a palate**). Quindi sì: Lexi è sveglia e non ricorda un fico secco. Nate sta soffrendo. Il resto della gente non sa che fare. Bella vita di merda, ma alle volte va così ^^
Spero non siate troppo arrabbiate per lasciare un commento e che mi facciate sapere che ne pensate: ora comincia tutta un'altra storia.
Grazie per essere arrivate fin qui e spero rimaniate per il vero divertimento, perché lexi da sveglia è tutto fuorché un personaggio semplice **
As always
Lots Of Love xx



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Capitolo 28
*** 11th/20th January 2014 ***


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11th January 2014



Quel pomeriggio sembrava che l'Antartide avesse deciso di trasferirsi a Londra e Lexi non si era ancora tolta la salopette di pail blu che usava come pigiama durante i mesi più freddi, lasciando che persino le briciole delle fette biscottate con la marmellata che aveva mangiato a colazione facessero il nido tra le pieghe del tessuto. Le avevano detto che doveva stare a riposo ed era esattamente ciò che stava facendo, forse solo in maniera più spudorata del previsto. Aveva scoperto che Mia stava lavorando non solo nel teatro del Royal Ballet, l'accademia di danza, ma che stava pure stilando dei bozzetti per una sua personale linea di moda, dato che un amico conosciuto qualche mese prima le poteva procurare degli agganci per la futura settimana della moda che sarebbe stata di lì a poco.
Logicamente, Mia si era ben guardata dal rivelarle il nome di quel suo “amico”, dato che altri non era che Hugh Stime, il quale non si era tirato indietro dall'offrirle lo stesso il suo aiuto e le sue conoscenze nel campo della moda nonostante le cose tra loro fossero finite. Anche se, ad essere sinceri, tra loro non era mai stato messo un vero e proprio punto definitivo, forse anche per il fatto che Hugh era un ragazzo troppo speciale per lasciarselo sfuggire e Mia non aveva alcuna intenzione di perdere un amico come lui, a maggior ragione in quel momento: lui era l'unico a dargli qualche informazione attendibile su come stesse il piccolo irlandese. E da quanto aveva capito, dire che era ridotto uno straccio sarebbe suonato ancora come un complimento. Si era affezionata anche lei a Nate, soprattutto perché era evidente come dietro tutte quelle sue attenzioni per Lexi ci fosse qualcosa di più profondo di un semplice senso di gratitudine e le faceva male pensare che lei non si ricordasse nulla di ciò che quel ragazzo aveva passato pur di aiutarla a tornare dalle persone che le volevano bene.
Quando finalmente Karen era andata via, convinta da una Lexi piuttosto stanca ed incuriosita dal fatto che sua madre dovesse casualmente preparare una cena proprio il giorno del suo anniversario di matrimonio con suo padre, lasciò che il pigiamone diventasse un tutt'uno anche con il tessuto del divano e della coperta che si era messa sulle gambe. Con i capelli raccolti in un'improbabile chignon e completamente struccata era, senza ombra di dubbio, la visione meno attraente della storia evolutiva delle donne, ma la cosa la toccava ben poco: si sentiva stanca e ad essere sincera anche abbastanza inutile. Un sacco di giornalisti avevano chiamato per ottenere una sua intervista in esclusiva, ma Mia aveva sempre risposto loro che era troppo presto e che, con ogni probabilità, Lexi non avrebbe mai condiviso quella traumatica esperienza con dei giornali scandalistici. Le bastavano già le milioni di domande che riceveva su Twitter e Facebook ogni santissimo giorno. Si rese conto in quel momento che non aveva ancora controllato che cosa avessero scritto i ragazzi circa l'incidente e come stessero dopo cinque mesi dall'accaduto. Mia era in cucina tutta intenta a fare una delle sue tisane imbevibili alle erbe, così Lexi ne approfittò ed afferrò il cellulare in mano, cominciando a girovagare sui profili prima di Zach, poi di Lewis e di Hugh, tanto da accorgersi che tutti ora la seguivano, e finalmente, quello che più a lei interessava: Lucas. Dopo tutto quello che era successo, la sua testa sembrava ancora essere focalizzata solo ed esclusivamente su quel ragazzo.
“Si è fatto crescere la barba... Ed è ancora più muscoloso dalle foto che vedo qui... Devono essere in Australia... Oddio che sorriso!”.
Scorse velocemente tutti i tweet fino ad arrivare a quelli del giorno della premiere: neanche da mettere in dubbio che il tono fosse completamente cambiato da prima a dopo la sparatoria. Ma più leggeva quanto Lucas avesse scritto in quei mesi, più si sentiva pesante ed inutile. La sua vita era andata avanti ed, anzi, sembrava che quel “brutto incidente”, come lo aveva chiamato lui, gli avesse aperto gli occhi su come fosse importante tenersi strette le persone che si amava veramente e per lui, tra quelle persone, c'era sicuramente la sua adorata Sophia. E lei che cos'era allora? Lexi non poté più leggere nulla di tutto quello e nemmeno sopportare la vista delle foto di loro due in vacanza, in qualche località esotica, che Lucas aveva gentilmente appena postato, neanche sapesse che lei fosse lì a controllare il suo profilo. Quando si diceva che il destino poteva giocare brutti scherzi.
Stava per spegnere tutto, quando si ricordò che non aveva dato un'occhiata all'account di Nate. Un brivido le percorse la schiena, come se quel nome ricordasse qualcosa di particolare al suo corpo, ma non vi fece molto caso: magari era colpa del freddo e si sarebbe fatta dare una tazza di quel miscuglio indefinito che Mia si stava preparando. Sembrava che qualcosa lo turbasse parecchio negli ultimi tre giorni, perché il suo ultimo tweet diceva “Come quel giorno, rischio di perderti ancora...” , mentre prima sembrava la persona più felice sulla faccia della terra.
“Magari si sarà trovato una ragazza... Chiunque sia è molto fortunata, lui è una persona d'oro... Ed è anche diventato più bello, se fosse mai possibile... Sembra come più adulto... Chissà che sarà successo nelle loro vite in questi mesi...”.
-Che stai facendo?!?!
L'espressione allarmata di Mia le fece temere di aver fatto qualcosa di male, ma non le sembrava dato che stava semplicemente usando il suo cellulare.
-Tengo in mano il mio cellulare??
- Ma non puoi!! Cioè... E'... E'...
- E' cosa?!
Lexi non capiva cosa ci fosse di sbagliato nel controllare come stesse il mondo tramite una stupidissima app del suo cellulare, mentre Mia stava disperatamente cercando una scusa plausibile per allontanare la sua migliore amica dall'oggetto più pericoloso per la sua salute. Se era già stata su Twitter poteva essere la fine, ma le sembrava piuttosto tranquilla, quindi non doveva aver ancora letto nulla di compromettente, ma questo non escludeva che lei dovesse ragionare ed anche in fretta.
- E' pericoloso per te!
- Pericoloso?! Mia ma che cacchio c'hai messo dentro a quel beverone lì: allucinogeni?
- No, cretina... E' pericoloso per la tua salute. Richiede troppa concentrazione e il tuo cervello è ancora provato da quanto è successo... Il dottor Lawson mi ha fatto promettere che non avresti toccato il cellulare o il computer per almeno due settimane... E pure la televisione la puoi guardare per brevi periodi di tempo!!
Non sapeva da dove le fosse uscita una cosa del genere ma Lexi ne sembrò convinta, tanto da rimettere giù il cellulare e da infagottarsi meglio nelle coperte per bere l'infuso che le aveva portato. Mia si sedette sulla poltrona che lei stessa aveva riposizionato vicino al divano, dopo lunghe discussioni con Lexi, quando l'avevano comprata: secondo quella cocciuta della sua amica doveva stare dalla parte opposta del salone, in un angolo “come ogni poltrona che si rispetti”, le aveva detto, anche se poi si era dovuta arrendere al fatto che in quel modo, chiunque vi si fosse seduto, non avrebbe mai potuto guardare la televisione perché troppo lontano. Lexi stava bevendo tranquillamente l'infuso caldo, facendo le sue solite facce buffe quando si scottava la lingua e Mia si chiese come avrebbero fatto a superare i prossimi mesi. Sapeva perfettamente che Nate non se ne sarebbe stato con le mani in mano ancora per molto, anzi: da quanto le aveva detto Hugh, stava già pensando di fare una spettacolare piazzata sotto il loro portone blu, sperando di far tornare la memoria a Lexi e che a trattenerlo ci fosse unicamente la paura che potesse star male di nuovo e per giunta, a causa sua questa volta. Doveva trovare un modo per proteggere la sua migliore amica e al tempo stesso farle tornare i ricordi di tutto ciò che era successo in quei cinque mesi perché un legame speciale come quello che aveva creato con quel piccolo irlandese che non l'aveva abbandonata per un solo istante, non poteva svanire in quel modo.
- Mia ci sei??
Per poco non fece cadere la tazza che aveva inconsciamente appoggiato sul poggiolo della poltrona arancione: si era completamente persa nei suoi pensieri e non aveva sentito una sola parola di quello che Lexi le aveva detto.
- Sì, sì ci sono... Mi avevi chiesto qualcosa?
La vide farsi insicura, come quando doveva chiedere qualcosa di cui si vergognava e che le costava una fatica enorme: in certi aspetti del suo carattere e del suo modo di fare, Lexi non era minimamente cambiata da quando aveva sei anni. Ogni volta che dovevano entrare in mensa e mettersi in fila faceva sempre andare avanti Mia perché non le piaceva essere la prima e rischiare di fare qualche figuraccia, anche se alla fine le faceva comunque.
- Sì, insomma... Mi stavo chiedendo se... I ragazzi sono mai venuti a trovarmi?
I suoi occhi color cioccolato erano così carichi di speranza e di paura per quella che poteva essere la risposta che Mia si chiese se fosse il caso di dirle qualcosa. Non aveva pensato che Lexi potesse porle così tanto presto una domanda del genere ed ancora una volta si trovò ad improvvisare una risposta che, forse, avrebbe meritato maggiore attenzione.
- Te l'ho già detto: certo che sono venuti! Voglio dire: ti aspettano a Wembley per la prima data del loro tour negli stadi!
“Un concerto... Mi sono meritata l'ingresso gratis ad un loro concerto...”.
La delusione sul volto dell'amica era così palese che Mia si diede della stupida per essere stata così poco attenta: sicuramente Lexi aveva capito che fossero andati una volta sola a farle visita e che si fossero tolti dall'impiccio con un banale biglietto per un concerto. Era vero che non poteva dire che cosa fosse accaduto sul serio durante quei mesi, ma non poteva nemmeno permetterle di pensare che quei cinque ragazzi avessero preso sotto gamba ciò che aveva rischiato per loro.
- Lexi, sono venuti tutti a trovarti appena avevano un minuto libero dai loro impegni... Lewis veniva quasi sempre con Ellie e ti raccontavano un sacco di episodi divertenti che erano successi durante il tour... Hugh ti portava sempre qualcosa dai posti dove erano andati... Lo vedi quel piccolo portachiavi fatto a forma di surf? Te l'ha portato lui dall'Australia...
Ancora si ricordava quanto l'avesse preso in giro per quel ridicolo regalo che sicuramente era stato fatto in Cina e non in Australia, ma lui sosteneva che era il pensiero a contare e con uno dei suoi meravigliosi sorrisi dotati di fossette l'aveva convinta. Ora, non poteva far altro che dargli ragione.
- Zach ogni volta che veniva chiedeva di stare da solo con te, perché voleva parlarti...
Forse stava dicendo un po' troppo, ma non riusciva a credere che Lexi si fosse persa tutto questo, ma ad ogni modo si trattenne dal parlarle dell'invito a nozze che aveva ricevuto.
- Anche Lucas è venuto a trovarti... Con Sophia... Sai: è una ragazza molto dolce e ti portava sempre dei fiori nuovi ogni volta che passavano.
- Neanche fossi morta...
“So che è un commento cattivo, ma quella tipa non mi va giù... Insomma: loro sono tutti felici, che vivono la loro splendida storia d'amore in qualche luogo soleggiato dell'Oceano Atlantico e tutto perché io ho rischiato la mia vita per lui!! Che non si è ancora accorto della mia esistenza...”.
- Lexi non dire così! Quei due si amano, perché non lo vuoi capire?!
Il suo tono era risultato più frustrato e infastidito del dovuto e se ne accorse immediatamente dall'espressione incredula che comparve sul volto di Lexi: l'aveva ferita dicendole quelle cose, ma Mia voleva soltanto farle capire che non doveva perdersi dietro ad uno che per undici anni l'aveva ignorata, perché aveva il principe azzurro ad aspettarla dietro l'angolo della sua memoria, se solo si fosse ricordata qualcosa.
- No, non lo capisco! Anzi: non lo capirò mai!! Io lo amo Mia e lo amerò per sempre! Credo che andrò a riposare...
Detto questo, si alzò dal divano e si diresse in camera sua, sbattendo la porta. Il cellulare di Mia vibrò nella tasca dei jeans neri attillati che aveva indosso e quando vide che era un messaggio di Nate le si strinse il cuore: non aveva fatto a tempo a dire a Lexi tutto quello che quel ragazzo aveva fatto per lei durante quel lunghissimo coma e quanto l'avesse amata come mai Lucas avrebbe potuto fare.
- Spero solo che tu possa ricordare Lexi-Lex... Lo spero davvero...




20th January 2014


Se gli avessero detto che l'amore faceva così male, non sarebbe mai entrato in quella stanza d'ospedale alle due di notte, dopo un viaggio transoceanico in aereo, per poterla vedere.
Aveva ancora quello stramaledetto telecomando in mano e gli occhi fissi sul televisore al plasma spento, concentrato a perdersi in quella faccia che non era più la sua. O almeno, non quella del ragazzo che aveva visto l'ultima volta che si era osservato allo specchio quel fatidico sette gennaio, quando avrebbe dovuto vivere uno dei giorni più belli della sua vita ed invece, si era rivelato essere il peggiore in assoluto. Era arrivato a chiedersi per quale dannata motivazione avesse comprato un televisore a così alta definizione, perché durante quell'intervista infinita era riuscito a vedere ogni singolo bagliore di emozione in quegli occhi che per cinque mesi aveva sognato di contemplare. Voleva spegnere, sul serio: era arrivato addirittura a prendere in mano il telecomando e a trovare con le dita il pulsante giusto, poi però il suo volto imbarazzato e timidamente sorridente aveva illuminato lo schermo e Nate si era incantato. Per quindici minuti era quasi sicuro di non aver mai sbattuto le palpebre, perché aveva aspettato così tanto per sentirla parlare, rispondere educatamente alle domande con un velo di intelligente e piccata ironia quando diventavano troppo personali, per vedere quelle labbra rosse e a cuore inarcarsi in un sorriso sereno e, forse, felice, per poter anche solo sentirla respirare.
Quindici minuti in cui si era completamente, perdutamente e pazzamente innamorato di nuovo di Lexi Golder.
Non si era sbagliato su nulla: quella ragazza era la persona per cui il più delle volte aveva rifiutato la compagnia di modelle mozzafiato e di colleghe altrettanto attraenti. Nulla delle donne con cui aveva avuto a che fare poteva reggere il confronto con quella ragazza che non aveva mai smesso di torturarsi le mani per tutta la durata dell'intervista, come faceva lui nei primi tempi in cui la fama li aveva investiti. Quel suo modo di spostare casualmente i capelli mentre parlava, come se fosse un espediente studiato per attirare l'attenzione su altro che non fosse il rossore che le colorava leggermente le guance, segno di un carattere delicato ma non per questo meno forte. L'intelligenza con cui aveva risposto alle sottili insinuazioni dell'intervistatrice e le battute che con molta naturalità aveva fatto, la rendevano la persona perfetta con cui trascorrere non solo una piacevole serata, ma anche tutta una vita fatta di folli conversazioni sull'esistenza e il senso delle cose al chiaro di luna o di mirabolanti progetti per il futuro. Per non parlare di quegli occhi. Nate chiuse le palpebre e si lasciò cadere sul divano: li poteva ancora vedere sullo sfondo nero della pelle, così profondi eppure limpidi, sinceri fino al punto di spaventarti ma al tempo stesso capaci di celare un segreto, quello stesso segreto che lui aveva aspettato cinque mesi di scoprire e che ora non avrebbe mai conosciuto.
- Perché non puoi ricordare, Lexi?! Perché, cazzo!
Il suo cellulare prese a suonare impazzito: forse era l'ennesima chiamata di lavoro che riceveva, ma non gli interessava per niente. Eppure si costrinse a rispondere dato che sicuramente era Lucas che gli avrebbe chiesto dove diavolo fosse finito. Ed infatti.
-Sì può sapere che cazzo di fine hai fatto Nate?! La riunione per il lancio dell'album è iniziata mezz'ora fa!!
Lo sapeva. Lo sapeva bene. Ma quando la pubblicità dell'intervista in diretta con Lexi “La ragazza che ha salvato i The Rush” era andata in onda tra uno spot per detersivi e l'altro non era riuscito a far altro che sedersi sul divano e lasciare che le chiavi della macchina scivolassero per terra.
- Ho avuto da fare...
- Nate tutto bene??
Tra loro poteva essere successo quello che era successo, ma Lucas rimaneva comunque quello più premuroso di tutti e poi si erano completamente chiariti rispetto all'accaduto, quindi Nate non si stupì nel sentire una forte nota di apprensione nella sua voce.
- No.
Ecco: l'aveva ammesso.
Erano passati tredici giorni da quando Lexi si era svegliata e dall'ultima volta in cui l'aveva vista e lui non si era mai sentito così perso in vita sua. Mai.
- Facciamo così: io dico che stai male e poi passo da te, okay?
- Grazie Luc.
Sapeva che non c'era bisogno di aggiungere altro, così terminò la chiamata e si distese con un cuscino sopra la testa, sperando che quello fosse tutto un incubo e che stesse per finire.
Il campanello suonò due volte prima che Nate si svegliasse dal sonno senza sogni in cui era caduto ed andasse ad aprire: Lucas, in maglietta bianca, felpa e pantaloni della tuta neri, era affiancato da uno bellissima Sophia anch'essa in leggings neri e maglione collo alto color panna che arrivava a metà coscia, riscaldando il colore castano dei lunghi capelli lisci che a Nate ricordarono spaventosamente quelli di Lexi. Scosse la testa per scacciare quel pensiero e li accolse in casa. Ormai si era abituato a vederla in giro, perché dovunque ci fosse Lucas al novanta per cento c'era anche Sophia e sinceramente la cosa non gli dispiaceva affatto: anche se all'inizio poteva sembrare una ragazza chiusa e riservata, in realtà era estremamente dolce ed anche un'ottima ascoltatrice, bisognava solo conquistarsi la sua fiducia.
Nate non ci aveva messo molto ad ottenere un posto speciale nel cuore della ragazza così, quando Lucas le aveva detto che sarebbe passato dall'amico perché era preoccupato per lui, Sophia si era proposta per accompagnarlo. Non ci voleva un genio per immaginare come potesse stare il bel irlandese dopo aver ricevuto la notizia di non poter vedere Lexi.
- Okay... Direi che qui serve del tea. Vado a farlo... Tranquillo Nate, conosco casa tua.
Mentre Lucas cominciava a tirare fuori il bollitore dalla credenza, Sophia si sedette accanto a Nate e cercò di capire se in qualche modo potesse essergli utile e dallo sguardo vacuo che il ragazzo continuava a tenere verso i calzini bianchi che aveva indosso, decise che almeno un tentativo valeva la pena farlo.
- Dimmi solo in una scala da “ci penso sempre e sto male” a “non ha più senso neanche mangiare” a che punto sei tu.
Nonostante tutto, Nate le regalò un briciolo di sorriso che le fece capire come forse non avesse fatto male ad andare da lui: magari, il parere di una ragazza in quel momento poteva aiutarlo più di una serie di pacche sulle spalle dei suoi amici, anche se sapeva che non si sarebbero limitati a quello.
- La verità?
Due occhi di un celeste velato di lacrime la osservarono in cerca di una risposta affermativa, come se sentisse seriamente il bisogno di liberarsi di quella verità che gli pesava sul petto come un macigno al piede di un condannato a morte. Sophia annuì e Nate prese quel segno come il via libera per lasciarsi andare: lei avrebbe capito, ne era certo.
- Forse è anche peggio di “non ha più senso mangiare” perché qui non ha più nemmeno senso alzarsi dal letto... Lo so che suonerà esagerato, anche perché: dai cazzo!! Guarda cos'ho io! Un lavoro da sogno, delle fan meravigliose, tutti gli agi che voglio e un carattere che mi ha sempre permesso di godermi tutto fino all'ultimo... Ed ora?? Ora sono un'ameba per colpa di una ragazza con cui non ho mai parlato! Ma che minchia sto facendo, Soph?!
- Ci ha salvato la vita, Nate... Tu sei un ragazzo che cerca una donna sincera, allegra e che sia altruista e beh: direi che Lexi incarna tutte queste caratteristiche...
- E tu come fai a saperlo?!
- Prima ho visto la sua intervista...
Un sorriso amaro si stirò sul volto di Nate e Sophia capì quale fosse la reale motivazione per cui Nate non si fosse presentato alla riunione.
- Anche io... E non avrei dovuto.
- Sapevi che sarebbe stata in quel programma?
Lo vide strofinarsi per l'ennesima volta le mani sul viso e poi sui pantaloni della tuta, come se quel gesto potesse aiutarlo a sciogliere il nodo allo stomaco che non lo lasciava in pace.
- Sì, Mia mi aveva avvertito che era stata costretta ad accettare a rilasciare un'intervista, altrimenti i giornali non l'avrebbero mai lasciata in pace. Ma non ero pronto, dico sul serio... Insomma, ho aspettato cinque mesi per sentirla parlare ed ora posso farlo solo attraverso uno schermo e...
- E nulla è come avresti voluto.
- Non per quanto riguarda lei... E vuoi sapere qual'è la cosa strana?! Ho visto quella dannata intervista e mi sono letteralmente innamorato di lei... Di nuovo... Io ho bisogno di parlarle, di stringere quella mano che per cinque mesi è stato il mio appoggio sicuro, oltre alla mia famiglia...
Quando fu la mano affusolata di Sophia a posarsi sul suo ginocchio, Nate sentì un'ulteriore stretta al petto poiché sperava sul serio che quelle dita delicate fossero di Lexi, ma le sorrise comunque, grato di avere quel contatto fisico con qualcuno che potesse capire come si sentisse. Nemmeno per lei e Lucas le cose erano state semplici, specialmente nei primi tempi, quando le fan non avevano accettato in alcuna maniera la loro relazione e si era ritrovata da sola, con un Lucas confuso ed incapace di difendere ciò a cui teneva veramente. Stavano assieme da quasi cinque mesi quando lui l'aveva lasciata rifilandole le peggiori scusanti e sorprendendo tutti, tanto che più volte Nate gli aveva chiesto che cosa fosse successo per spingerlo a fare una scelta così drastica. Poi erano partiti per il tour in America e Lucas era resistito due settimane: a metà luglio Sophia li aveva raggiunti in Arizona ed era rimasta con loro per qualche giorno, giusto il tempo di sistemare la situazione e di rendersi conto di quanto avessero bisogno l'uno dell'altra. Quindi sì: aveva ben presente la sensazione che le cose non fossero per nulla come le si erano immaginate.
- Magari ricorderà... Non è detto che tutto sia perduto... Avete in programma di incontrarla?
- No... Non finché l'album non esce, perché vogliono che sia un evento mediatico di grande rilievo ed ora tutta la pubblicità deve essere concentrata sulla nostra musica... E poi non le farebbe bene, sarebbero troppe emozioni forti, troppo presto.
Si riprese la testa tra le mani, chiedendosi come avrebbe fatto a sopravvivere tutto quel tempo senza poterla nemmeno incontrare.
- Non l'hai neanche mai sentita?
- Solo un tweet, ieri...
- Sul serio?!?!? E non mi dici nulla?!
Era stato tutto così veloce che nemmeno se ne era reso conto. Lexi aveva scritto un tweet con il testo di una loro vecchia canzone, che diceva “ If we could only turn back time... ” e lui non aveva resistito a risponderle. Sapeva che non avrebbe dovuto, che probabilmente l'avrebbe fatta agitare, anche se lui non era Lucas, ma non era riuscito a bloccare le sue dita dal fare quello che il suo cuore gli suggeriva: smielato ma dannatamente vero. Ora era cosciente del fatto che tutte le volte in cui aveva detto nelle interviste che era un tipo romantico e che avrebbe fatto di tutto per la ragazza che amava, diceva dannatamente sul serio. “ @Lexi_Lex Vorrei che non fosse accaduto nulla di quello che hai dovuto passare, ma ringrazio di aver conosciuto una ragazza speciale come te xx ”. Scritto ed inviato. La risposta era arrivata un minuto più tardi, segno che Lexi aveva le notifiche attivate per i loro account, di modo da sapere in tempo reale qualora tweettassero qualsiasi cosa, e per poco Nate non si era strozzato con la RedBull che stava bevendo: erano solo 140 caratteri ma gli sembrarono come il testo della più bella canzone d'amore di sempre. “ @NateOfficial riprenderei la stessa decisione anche ora, perché io vi ho salvati una volta ma voi l'avete fatto per anni...Grazie Nate xx ”.
Quando ebbe finito di raccontarlo, Sophia si asciugò discretamente una lacrima che era sfuggita al suo controllo, cercando di non farsi vedere da un Nate perplesso, dato che quella reazione non se la sarebbe mai aspettata.
- Va tutto bene?
Sophia si voltò verso il suo fidanzato che era appena rientrato in soggiorno, facendogli segno di sì con la testa e riferendogli quello che Nate le aveva appena raccontato.
- E' una ragazza davvero speciale... Dovreste andare a trovarla, dico davvero. Se lo merita e Nate ha bisogno di vederla...
- Non possiamo ora, Soph. Il dottor Lawson sostiene che non sia ancora pronta...
- Beh, allora fate qualcosa per mostrarle che siete al suo fianco e che pensate a lei nonostante tutti i vostri impegni! Lucas: glielo dovete.
- Ti prego, amico... Io devo vederla o farle sapere che ci sono.
- Magari potremmo mandarle un video messaggio...
Mentre Sophia incoraggiava quell'idea e Lucas cercava di non versarsi addosso il tea che aveva preparato ripescando il cellulare dai pantaloni per chiamare Pablo, la mente di Nate stava già andando oltre. Le avrebbe scritto su Twitter, tutti i giorni. Avrebbe trovato il modo per tornare nella sua vita, con o senza l'aiuto della sua memoria.




Hi sweethearts!!
spero che stiate bene, perché per quanto mi riguarda le uniche gioie qui arrivano dal nuovo incredibilmente strepitoso album di Styles (e dai suoi outfit**), da Horan e la sua chitarrina e Payne che par essere sempre più lanciato nel ruolo di piccolo Usher del 2017 **
Anyway, entriamo nel merito della II parte di questa storia e cominciando a vedere un po' di sano angst in azione: Mia si sta scervellando per trovare una soluzione, Lexi sta ricadendo nei vecchi errori e Nate... Niente, Nate mi fa una gran pena ^^
Grazie infinite per aver recensito lo scorso capitolo e per continuare a dedicare a questa storia del tempo **
Spero di sentirvi presto.
Lots Of Love xx

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Capitolo 29
*** 23rd/29th January 2014 ***


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23rd January 2014




Era il quarto giorno consecutivo che Lexi riceveva il buongiorno da Nate tramite messaggio privato su Twitter e la cosa le faceva strano. Non solo per il fatto che uno dei suoi idoli le augurasse una buona giornata e poi rispondesse ai suoi messaggi come se la ritenesse una cosa realmente interessante da fare, ma specialmente per quella sensazione di abitudine che le suscitavano quelle parole, come se le avesse già sentite e facessero parte di un passato che lei sapeva di non aver mai vissuto.
O almeno questo pensava Lexi mentre rispondeva all'ennesimo messaggio di Nate, che le aveva inviato una foto della copertina dell'album nuovo che sarebbe uscito dopo solo una settimana, cercando di trovare qualcosa che non suonasse banale. La la verità era che nella sua vita si era sempre sentita solo una ragazza normale, con qualche grillo strano per la testa e una ridottissima propensione all'essere popolare. Aveva paura di risultare scontata agli occhi del bel irlandese e per qualche oscura motivazione le faceva parecchia paura il fatto che lui potesse trovarla poco interessante.
Stava di nuovo andando oltre con le congetture e per esperienza personale sapeva di doversi fermare finché era in tempo: aveva perso undici anni dietro a un ragazzo che nonostante tutto quello che aveva rischiato per lui, non era riuscita aggiudicarsi altro che 140 caratteri (a suo parere, di contenuta gioia per il suo risveglio) seguendo qualche sciocca fantasia circa il principe azzurro e un amore che durava per sempre.
Tutta la sua sequela di deprimenti e fantasiose congetture fu interrotta dall'arrivo di una notifica su Twitter: l'account ufficiale dei The Rush l'aveva menzionata in un tweet. Senza pensarci due volte andò a controllare e trovò un link con vicino scritto “Questo è per te @Lexi_Lex! ”.
- Lexi hai per caso visto quei due sacchi di iuta che ho portato a casa l'altro giorno?!?!
“Non è possibile... Loro... Loro...”.
- Lexi mi hai sentito?! Hai per caso... Ehi!! Che succede?!?!
Mia si fiondò letteralmente sul divano, al fianco di Lexi, incapace di individuare una valida motivazione per cui la sua amica si fosse trasformata in un fiume in piena. Non che fosse una cosa strana dato che, anche se non le aveva ancora chiesto nessuna spiegazione, l'aveva sentita più e più volte singhiozzare nella sua camera, di notte, quando pensava che lei non la sentisse, ma quell'appartamento aveva le pareti fatte di carta velina ed ogni lacrima era suonata alle orecchie di Mia come una pugnalata. La sensazione che qualcosa nella sua amica non fosse al proprio posto l'aveva avuta dal primo istante in cui aveva visto tutti quei regali accantonati su un tavolo nella sua camera d'ospedale, come se fossero un segno tangibile di quanto in fretta la gente si dimenticasse di tutto e Mia aveva sviluppato il timore che Lexi si sentisse abbandonata. Aveva il cellulare in mano e continuava a fissarlo neanche fosse stato un oggetto magico, mentre un'infinità di lacrime scendeva imperterrita sul suo volto. Le mise una mano sulla spalla e dal sussulto che ottenne come risposta, Mia capì che non si era nemmeno resa conto della sua presenza: doveva essere successo qualcosa di grave e nelle sue condizioni di salute non era affatto positivo.
- Lexi perché piangi?? Che cos'è successo??
Senza dire una parola, perché tanto non sarebbe in ogni caso riuscita a trovarle, Lexi fece ripartire il video messaggio che i ragazzi le avevano inviato. Erano con ogni probabilità all'aeroporto di  Heathrow, da quanto si poteva intuire dalle enormi vetrate alle loro spalle che mostravano un cielo nuvoloso e degli aerei pronti al decollo, mentre in sottofondo una voce annunciava un volo in partenza per New York. Nonostante fossero in tenuta da viaggio, che per i più consisteva in pantaloni della tuta, felpa e cappello calato sulla testa (eccezion fatta per Hugh, che sembrava come sempre appena uscito da un catalogo di moda per hipster), erano tutti assolutamente ed inspiegabilmente splendidi. Lucas stava guardando dritto in camera e parlava a nome di tutti con quel suo tipico fare da uomo maturo e sicuro che l'aveva affascinata sin dal primo istante in cui l'aveva visto varcare la soglia della loro scuola, ancora prima che lui in primis acquistasse fiducia in sé stesso e capisse che meraviglioso ragazzo sarebbe diventato.
- Ehi Lexi!! Siamo in partenza per New York come puoi ben vedere...
- E allora che lo dici a fare?! 
Lewis, con quel suo sorriso furbo che spesso ingannava la marea di intervistatori con cui avevano a che fare tanto da lasciarli con un palmo di naso quando lanciava frecciatine a dir poco spiazzanti, aveva come sempre interrotto Lucas, facendo ridere tutti gli altri.
- Perché mi piaceva dirlo, okay?! Okay. Ad ogni modo...
Gli occhi di Lexi erano tutti concentrati sul ragazzo che continuava a parlare, tanto che carpire il senso delle sue parole le richiedeva uno sforzo non indifferente.
- Ad ogni modo???
Vedendo che il più responsabile del gruppo si stava alterando, Hugh prese in mano la situazione e disse:
- Ad ogni modo volevamo solo farti sapere che siamo felicissimi che tu ti sia risvegliata e che non vediamo l'ora di conoscerti meglio.
La dolcezza con aveva pronunciato quella semplice frase fece scendere il doppio delle lacrime dagli occhi di Lexi, come se anche l'ultima diga fosse crollata e il fiume delle sue emozioni stesse straripando impetuosamente. Il tutto era aggravato dal sorriso costante e rassicurante di Zach che le stava comunicando la sua impazienza di poterla conoscere più di quanto un'intera lettera avrebbe mai potuto fare. Poi la sua attenzione fu calamitata da un paio di occhi color del ghiaccio che brillavano di una determinazione strana: Nate non le era mai parso così deciso in vita sua.
- E come prima cosa abbiamo deciso di mandarti una copia in anteprima del nostro terzo album Midnight Dreams ... Sappi che l'abbiamo scritto anche per te.
- Oddio...
Mia si mise una mano davanti la bocca, pregando tutte le divinità presenti ai piani superiori che il lepricauno non aggiungesse altro. Per fortuna arrivò Lewis a concludere il messaggio.
- Quindi a presto Lexi!! Ti vogliamo bene!! Ciao!!!!
Le due ragazze erano sedute immobili, l'una accanto all'altra, sul loro sformato divano arancione, con le lacrime ad imperlargli le guance e la testa mai così tanto piena di pensieri, congetture ed illuminazioni. Mia era assolutamente incredula: Nate era sul serio più deciso che mai a riottenere indietro la “sua” Lexi e quella frase dove diceva che l'album l'avevano scritto anche per lei fece sorgere una forte curiosità circa quelle canzoni dove era quasi convinta si potessero tracciare le tappe del loro percorso in quegli ultimi cinque mesi. Quel ragazzo la amava alla follia e la sua amica non poteva rendersene conto.
Al suo fianco, Lexi piangeva per quell'uragano di emozioni che la stava sconvolgendo da capo a piedi: aveva sbagliato tutto. Quella sua paura di essere stata dimenticata, di essere irrimediabilmente sola, era stata spazzata via dalle loro parole e dai loro sorrisi. Per non parlare della constatazione che le stava facendo torturare le mani come se volesse staccarsele.
- Sa che esisto...
- Come scusa?
- Lucas sa che esisto...
Non poteva crederci. Mia sapeva perfettamente quanto quelle poche parole volessero dire per la sua migliore amica, ma d'altro canto, era anche cosciente di quanto fosse tutto sbagliato e di come avrebbe dovuto far qualcosa di modo che Lexi si accorgesse del ragazzo che l'amava davvero.
- Si Lexi... Ma hai sentito che cos'ha detto Nate?? Dico: l'hai ascoltato bene?!
Le prese il cellulare dalle mani e fece ripartire il video dal momento in cui il bel irlandese aveva preso la parola, alzando il volume al massimo.
- Non serve che lo metti a palla: non sono mica sorda come una carampana!! Ho capito quello che ha detto... E' stato molto carino... Lo sono stati tutti, a dire il vero. 
- No, Lexi, cacchio: hai visto con che occhioni ti stava parlando Nate?!
Lo sguardo che ricevette in risposta le fece capire che era ben lontana dall'ottenere qualsiasi tipo di risultato.
- Non sarà mica che ti piace Nate, vero?! Ma se fino a cinque mesi fa non li potevi nemmeno vedere ed ora che fai?! Sbavi dietro ad uno di loro?? Certo che sei strana Mia, parecchio... E poi tu non eri l'anima gemella di Zach? Alla premieré avevi già progettato il tuo abito da sposa con i Doctor Martins in abbinata anche per lui!
- Ti ricordi della premieré?!
Forse una speranza c'era. Magari con qualche indizio in più si sarebbe ricordata anche altro, oltre le sciocchezze che si erano dette quel giorno.
- Certo che mi ricordo della premieré! Mi ricordo tutto, per filo e per segno, fino al momento dello sparo...
Ormai Lexi c'aveva pensato così tante volte, specialmente nelle ultime notti insonni, che non le suscitava più alcun tipo di emozione parlare di quanto era accaduto.
- E qual'è ultima immagine che ti è rimasta in testa?
- Lucas che si getta sulla sua ragazza, di cui non voglio pronunciare il nome, per proteggerla...
Mia stava per ribattere con una rispostaccia su quanto fosse infantile, ma il campanello suonò e si offrì volontaria per andare ad aprire dato che altrimenti si sarebbe scatenata una litigata infinita: Lexi era cocciuta come poche persone al mondo e quando si impuntava su una cosa era letteralmente impossibile farle cambiare idea.
Dopo aver alzato gli occhi al cielo per la faccia scocciata che Mia le aveva riservato, l'attenzione di Lexi ricadde sullo schermo del cellulare che le mostrava la faccia bloccata nell'atto di parlare di Nate. Era sorridente come sempre ma i suoi occhi sembravano raccontarle un'altra storia, quella di un ragazzo che era estremamente impaziente ed anche un poco malinconico, facendola stupire di come riuscisse a leggerne le emozioni così facilmente. Il cellulare segnò l'arrivo di un altro messaggio privato su Twitter. Era di Nate. “Spero che il video ti abbia fatto piacere e fammi sapere che cosa ne pensi dell'album xx”.
Lexi voleva rispondere ma un altro messaggio comparve sullo schermo, lasciandola parecchio confusa. “P.s. Quando dicevo che l'abbiamo scritto per te, volevo dire che parla anche di te... Sentilo tuo Lexi, perché lo è...”.
Non sapeva che cosa rispondere.
Era come se quelle parole avessero un significato segreto a cui non le fosse permesso di accedere e la cosa la turbava parecchio. “Grazie Nate... Buon viaggio x”. Era stata fredda, lo sapeva perfettamente, ma le relazioni interpersonali non erano mai risultate essere il suo forte, d'altra parte aveva una sola amica. Si era sempre vista un po' come una Jane Austen del ventesimo millennio, una Giovanna D'Arco 2.0. Un'emarginata sociale con grandi passioni ed un mondo interiore capace di inghiottire quello che le stava attorno ed un'incapacità cronica nell'avere a che fare con le persone, specialmente se erano di sesso maschile. Eccetto Matt, ma lui non faceva testo, dato che per quanto ne sapeva lei poteva essere in qualche comune dispersa nel centro Europa cercando di ritrovare la via di casa in mezzo a tutta la nebbia dell'erba che si era fumato.

In volo verso l'altra parte dell'Oceano Atlantico, Nate stava cominciando a perdere la speranza.
Forse scioccamente aveva pensato che Lexi, sentendo quelle parole e leggendo il suo messaggio potesse capire quanto lui ci tenesse a lei e che magari qualcosa si risvegliasse nella sua mente, ma dalla risposta che aveva ottenuto era chiaro che nulla fosse successo. Non avrebbe più riavuto la donna che amava, non solo per il fatto che lei non si ricordava ciò che aveva fatto in quei cinque mesi, ma soprattutto perché era innamorata di un altro. Dieci minuti dopo avergli augurato buon viaggio, aveva scritto un tweet: “ Lui sa che esisto...” . Purtroppo per Nate, quel “lui” altri non poteva essere che Lucas e la cosa lo feriva più di quanto avrebbe mai potuto immaginare.
-Ehi, va tutto bene??
Hugh si sedette al suo fianco, gli occhiali da sole calati sugli occhi verdi ed un'improbabile cappello a tesa larga che gli schiacciava i capelli ai lati della testa, facendoli uscire come delle ali. La camicia stile Ace Ventura che indossava, logicamente sbottonata fino a metà petto, l'avrebbe fatto ridere in una giornata qualsiasi, ma quel pomeriggio non aveva voglia nemmeno di respirare.
- Credo che non si ricorderà mai di me...
L'altro rimase in silenzio per un po', mentre l'aereo sobbalzava leggermente per un vuoto d'aria, poi appoggiò la testa al comodo schienale di pelle beige e rispose tranquillamente:
-Potresti sempre riconquistarla.
Si sarebbe aspettato un po' più di entusiasmo da parte di Nate, ma a quanto poteva capire le cose erano più complicate di quanto gli apparivano: il suo amico stava male sul serio, di quel male che lui non aveva mai conosciuto, perché non era mai stato innamorato davvero. Forse sarebbe potuto accadere con Mia, ma lei non gliene aveva lasciato il tempo ed in ogni caso non si era mai sentito legato in quel modo a lei.
- Non servirebbe a nulla Hugh... E' innamorata di Lucas come lo è stata negli ultimi undici anni ed io non posso farci niente.
Avrebbe tanto voluto confortarlo, dirgli che i giochi non erano chiusi, che anche lei, come tutto il resto del mondo, era innamorata dei suoi capelli biondi a spazzola, dei suoi occhi brillanti e della sua risata contagiosa, anche se non lo sapeva ancora. Ma lo sguardo con cui Nate stava guardando fuori dal finestrino le nuvole incombenti che li stavano inghiottendo, gli suggerì che non sarebbe servito a nulla.
- Allora cerca di andare avanti.
La testa di Nate si voltò di scatto verso di lui e lo osservarono in silenzio per qualche istante: era inusuale quel suo essere taciturno e Hugh avrebbe tanto voluto rivederlo sorridere. Prima di appoggiare la testa allo schienale e chiudere gli occhi, gli disse soltanto:
-Ci proverò.

 



29th January 2014



Mia ci mise qualche secondo per mettere a fuoco chi aveva di fronte ed almeno un minuto prima di avere una qualsiasi reazione. Quello non era decisamente il momento adatto per ricevere delle visite e loro non erano assolutamente le persone adatte per mettere piede nell'appartamento di Lexington Street quel pomeriggio.  Lexi sembrava in preda ad un altro dei suoi fin troppo frequenti attacchi di sconforto e quella poteva solo essere la ciliegina sulla torta.
-Ciao Mia!
La voce solare di Ellie non migliorò di molto il marasma di pensieri che infuriava sotto la chioma bionda e blu di Mia, alla disperata ricerca di una soluzione che non prevedesse alcun omicidio prima di cena, dato che affianco alla splendida ragazza di Lewis c'era Sophia, altrimenti detta “Colei Che Non Deve Essere Nominata”. O almeno, Lexi continuava a chiamarla così, benché Mia continuasse a farle notare quanto fosse esagerata ed infantile, ma lei era l'ultima ad avere voce in capitolo.
- Ciao Ellie... Come mai da queste parti?
L'espressione leggermente dispiaciuta sul volto della ragazza fece immediatamente pentire Mia del tono freddo e distaccato che aveva utilizzato, ma non sapeva sul serio più che santi invocare per togliersi da quel pasticcio e sicuramente, di lì a qualche secondo, Lexi sarebbe comparsa con il suo pigiamone della nonna con le mucche disegnate sopra per vedere che fine avesse fatto. Mia pensava già alle possibili vie di fuga per evitare una morte certa. Quella non era assolutamente una bella giornata, che capitava per giunta dopo una settimana altrettanto orribile a causa, nell'ordine: di Lucas, dell'università, dei frequenti mal di testa che la torturavano e di Nate. Al sol pensiero dell'irlandese a Mia venne l'urticaria, dato che aveva improvvisamente smesso di scrivere a Lexi e di chiederle informazioni, segno che si stesse godendo il suo soggiorno negli Stati Uniti o che fosse ricaduto magari in qualche crisi mistica sulle sue possibilità con Lexi. Mentre ancora si stava chiedendo perché non esistessero degli esseri di sesso maschile con ancora un po' di autostima e delle idee chiare in testa, Ellie riprese a parlare un po' più incerta rispetto a prima.
- Per caso vi disturbiamo? Se non è un buon momento, ripassiamo magari un altro giorno...
Proprio quando stava per risponderle che magari non era davvero la giornata adatta, la voce petulante di Lexi arrivò alle sue orecchie, giusto pochi secondi prima che la sua figura goffa e dispersa nel tessuto sformato del pigiama facesse il suo trionfale ingresso nel corridoio d'entrata.
- Mia ma chi...
Le morirono le parole in bocca e il cucchiaio pieno di gelato che aveva appena ingurgitato ricadde sonoramente nella vaschetta che teneva tra le mani.
“Ho il nemico in casa...”.
Fu l'unico pensiero che riuscì a formulare prima di rendersi conto di come non fossero ad armi pari: lei era in pigiama, struccata, con i capelli raccolti in una treccia arruffata e le pantofole con i pinguini ai piedi mentre Sophia indossava un elegante cappotto beige, che arrivava a metà delle lunghe gambe fasciate in una paio di pantaloni neri, come lo stivaletto tacco dieci che aveva ai piedi. A Lexi sembrò di poter vomitare i quintali di gelato che aveva mangiato in quell'ultima settimana tutti sul tappetino con su scritto Welcome, giungendo alla conclusione che mai come in quel momento quella scritta fosse inappropriata.
-Ciao Lexi!
Solo allora si accorse dell'altra ragazza che aspettava fuori dalla porta e ne riconobbe immediatamente il volto elegante e dolce di Ellie, la fidanzata storica di Lewis. Improvvisamente quel tono di voce gentile e quelle due parole le fecero girare la testa, cominciando a rimbombarle nel cervello, neanche avesse un megafono all'interno della scatola cranica. Le aveva già sentite, ma non era possibile perché non aveva mai incontrato quella ragazza prima di quel momento.
“Deve essere qualche effetto collaterale di tutti gli zuccheri che ho mangiato ultimamente”.
-Ehm... Ciao.
Il silenzio imbarazzante che si venne a creare subito dopo fece pentire le due ragazze di essersi recate lì quel pomeriggio. Era stata Sophia stessa a proporlo sperando che magari, sentendo parlare di Nate e di qualcosa che riguardava i ragazzi, Lexi potesse recuperare un piccolo pezzo di memoria, risollevando così la situazione. Ma forse non era stata una grande idea.
Mia si sentì in dovere di salvare la situazione così si mise a fare le presentazioni, neanche fosse Anne Hathaway ne “Il Diavolo Veste Prada”.
- Allora Lexi, come avrai forse capito loro sono Ellie e Sophia e sono qui perché... Perchè...
Non era mai stata brava a raccontare bugie e già il fatto di mentire a Lexi su Nate le stava facendo perdere i capelli, non aveva intenzione di restare calva prima dei settant'anni. Fortunatamente Sophia prese le redini di quella situazione a dir poco difficile: d'altra parte era tutta colpa sua se si era creata.
- Perché ci tenevamo a conoscerti di persona e a ringraziarti per quello che hai fatto.
Lexi si chiese se il sorriso che ricevette alla fine di quella pacata risposta fosse vero e, purtroppo, fu costretta a constatare che era quanto di più autentico avesse visto nell'ultima settimana, sicuramente più della pubblicità per lo sbiancatore di denti che le avevano propinato almeno milioni di volte nelle ore passate ad ubriacarsi di televisione. Forse doveva concedere una possibilità a quella ragazza dai fluenti capelli castani e dalla strabiliante sicurezza in sé stessa. In fin dei conti, escludendo le condizioni disperate in cui versava lei in quel preciso istante, non erano poi così diverse e Lexi non sapeva ancora dire se fosse una cosa positiva o negativa.
- Prego... Venite dentro.
Le fece passare, lasciando che Mia si occupasse degli onori di casa, offrendosi di preparare uno dei suoi strani intrugli con qualche biscotto biologico, mentre lei cercava di rendersi perlomeno presentabile.
Ellie e Sophia si sedettero sul divano arancione, sprofondando come dei grissini nella Nutella, dato che ormai non rimaneva molto delle molle che un tempo sostenevano le sedute. Mia tornò poco dopo con un vassoio di biscottini a forma di albero e spense il televisore perennemente impostato su Mtv o su qualche programma per spose, spostando la poltrona più vicino alle ragazze.
- Abbiamo sbagliato a venire qui??
Il volto preoccupato di Ellie, che si era seduta di fronte a lei, fece sorridere Mia più del dovuto forse perché, per la prima volta da quando Lexi si era svegliata, non si sentiva più sola nel dover affrontare tutta quella situazione e l'intricata rete di bugie che aveva dovuto costruire.
- No, anzi... Vi ringrazio tantissimo per essere qui ragazze.
Tese le orecchie per essere sicura che Lexi fosse ancora chiusa in camera sua impegnata a fare chissà cosa, per poi continuare a dire quei pensieri che ormai la stavano soffocando.
- Io non ce la faccio più, Ellie... Lo dico con il cuore che mi si stringe, ma tutte queste bugie non le riesco più a sopportare... Vi rendete conto che ho dovuto modificare le impostazioni della sua applicazione di Twitter per far sì che non uscissero risultati riguardanti me e Hugh o le foto di Nate che andava a trovarla di continuo??
Le lacrime minacciavano prepotenti di uscire da un momento all'altro, ma Mia sapeva che quel momento di libertà sarebbe durato ancora per poco e che, una volta tornata nella stanza Lexi, la commedia sarebbe dovuta ricominciare. Ma a dire il vero, quella cosa le appariva a tutti gli effetti una tragedia.
- Ora ci siamo noi, Mia. Dico davvero: non dovrai fare più tutto da sola, perché vogliamo aiutarti. Non solo perché non ne possiamo più di vedere Nate come un'ameba che respira solo per inerzia, ma perché è giusto che Lexi abbia la felicità che le spetta... Soprattutto dopo quello che ha fatto.
Sophia sapeva benissimo le reali motivazioni che avevano spinto quella ragazza ai suoi occhi tremendamente coraggiosa a compiere un atto del genere, ma non le interessavano perché voleva che anche Lexi potesse sentirsi come si sentiva lei quando lo sguardo pieno d'amore di Lucas la riscaldava, lo stesso che aveva anche Nate quando la guardava in ospedale.
Quelle parole ebbero immediatamente effetto sull'animo scoraggiato di Mia, che le sorrise dolcemente, ringraziandole entrambe per quell'aiuto provvidenziale, mentre una Lexi ora fasciata in un paio di jeans scuri ed avvolta in un maglione di lana chiara con delle renne verdi intarsiate davanti fece il suo ingresso nel salotto: il viso era leggermente corrucciato e la cosa fece insospettire Mia. Stava meditando qualcosa e non riusciva a carpire di che cosa si trattasse, ma non dovette aspettare molto perché appena Lexi si fu seduta sul tappeto, nell'angolo tra la poltrona e il divano, cominciò a parlare con voce bassa, come se non fosse convinta nemmeno lei di quello che stava per dire, mentre si torturava le mani, che ben presto divennero tutte rosse.
- Credo che sia giusto che lo sappiate...
“Devo dirlo... Non ha importanza se questa sarà l'unica volta in cui vedrò queste ragazze o se diventeranno le mie migliori amiche: io devo dirlo, altrimenti imploderò a breve...”.
- Soprattutto tu, Sophia... Io ho fatto quello che ho fatto perché sono innamorata di Lucas. Non nel senso che mi piace da un po', nel senso che ne sono perdutamente innamorata da quando avevo undici anni e non ho mai sentito per nessun altro quello che provo per lui... Ma lui è felicemente fidanzato con te ed ora so che è la cosa migliore che potesse capitargli.
Alzò lo sguardo e tutto ciò che vide furono tre ragazze che sarebbero potute essere le sue coinquiline decisamente scioccate dalle sue parole: come diavolo era arrivata a quel punto non lo sapeva nemmeno lei. Quando aveva visto il sorriso sincero di Sophia era stato come se qualcosa dentro di lei si fosse acceso, come se le si dovesse aprire la cartella di un qualche ricordo correlato nella testa, ma nulla fosse accaduto. Magari era solo stanchezza, ma davanti allo specchio di camera sua si era chiesta se valesse la pena continuare a vivere come aveva fatto fino a quel giorno, sprecando il suo tempo ed i suoi sentimenti per un ragazzo che evidentemente aveva trovato la sua anima gemella, rischiando di non trovare mai la metà della mela che spettava a lei. Aveva passato così tanto tempo a dire di essere innamorata di Lucas che affermare ad alta voce come fosse arrivato il momento di chiudere tutto le fece uno strano effetto: si sentiva stranamente più leggera, con un'enorme zavorra in meno ad appesantirle le spalle. Al contrario, il silenzio che era calato nel salotto del suo appartamento le parve fatto di piombo tanto era massiccio e palpabile, così decise di essere lei a romperlo con una palla da demolizione, nemmeno fosse stata Miley Cyrus.
“Okay, forse il paragone non è dei migliori, ma il concetto è quello... Ehi, ma da quand'è che parlo da sola io??”.
- Ragazze vi prego: respirate, perché io il massaggio cardiaco non lo so fare. L'ultima volta che c'ho provato con un manichino, l'infermiere mi ha detto che sarebbe morto ventisette volte in tutto il tempo che c'avevo messo io per schiacciargli le costole... Ma dico io: mica sono l'incredibile Hulk! Non trituro gabbie toraciche per professione... Sentì la risata lieve ed allegra di Ellie riempire la stanza, accompagnata da quella delle altre due, risollevando in un attimo l'atmosfera che si era creata.
- Anche a me hanno detto la stessa identica cosa! Anzi, con me han tenuto a precisare che avrebbe fatto a tempo anche a prendersi un cappuccino con un muffin, mentre io cercavo il punto giusto dove mettere le mani. Ma scusa: se poi magari non premo nel punto giusto?! Rischio che mi sputi fuori l'intestino!
- Ma che schifo El!
- Oddio che impressione!!
- Non fare quella faccia Mia! E comunque è la stessa cosa che ho pensato io quando l'ho fatto! Cosa avrei fatto se mi fossi trovata tra le mani le budella di un tipo, come la Young su quell'episodio di Gray's Anatomy?!
Fu in quel momento che Sophia si illuminò di scatto, rispondendo pronta.
- Anche tu l'hai vista?! Io ti giuro che me la ricordo ancora e sono passati secoli da quando l'hanno mandata in onda...
Fu così che quattro ragazze che avevano intrapreso quattro strade completamente diverse nella loro vita si ritrovarono a scontrarsi con interessi in comune, esperienze condivise ed una serie notevole di risate contagiose che sembravano non essere destinate a finire: Lexi avrebbe descritto così quella situazione. Ellie e Sophia erano lì da quasi due ore quando Lexi si accorse che, per la prima volta da quando aveva memoria, aveva parlato per così tanto tempo con delle ragazze che non fossero Mia, trovandosi anche estremamente a suo agio: erano speciali e si sentiva fortunata per averle incontrate. Il come fosse accaduto sarebbe stata una strabiliante storia che forse avrebbero raccontato ai loro nipotini in un altrettanto freddo pomeriggio di fine gennaio, tra diversi decenni. Era come se in quel momento Lexi stesse capendo finalmente che cosa fosse sempre mancato nella sua vita: la felicità. Aveva visto quella degli altri, era qualche volta stata contenta per sé stessa, aveva forse anche sorriso in maniera sincera quando aveva visto i The Rush a qualche concerto, ma non era mai stata davvero felice. Le sembrò che quei ventidue anni di vita le fossero irrimediabilmente scivolati via dalle mani, come l'acqua di un ruscello sulle rocce lisce su cui scorreva senza lasciare segno apparente, quando in realtà le stava corrodendo e ne stava cambiando le forme per sempre: lei era stata uno di quei massi che avevano subito passivamente tutto ciò che la vita voleva fare di lei, ma era giunto il momento di cominciare a vivere quell'esistenza invece di osservarla da lontano.
- Bene ragazze, mi dispiace fare la guastafeste, ma è tardissimo ed io sta sera ho una cena in centro con mia sorella ed il suo nuovo fidanzato... Una gioia, davvero. Ma i miei doveri da sorella minore me lo impongono.
- Se ti può consolare Sophia, io non ho mai avuto una sorella maggiore, ma un fratello sì e credimi: è tutto fuorché una passeggiata di salute!
- Che peraltro è pure il fidanzato della tua migliore amica! Povera Lexi-Lex!
Di nuovo, quel pomeriggio, Lexi sentì la testa cominciare a girare e tutto farsi nero. Sembrava che un blackout le avesse tolto qualsiasi capacità di pensare o agire e che un tunnel l'avesse inghiottita. Durò solo qualche secondo quella sensazione eppure era certa che quelle parole lei le avesse già sentite pronunciate da una voce che non fosse stata quella di David o di Mia. Doveva chiamare il Dottor Lawson e capire che cosa diamine le stesse succedendo.
- Lexi va tutto bene??
Il volto preoccupato della sua migliore amica riapparve leggermente sfocato davanti ai suoi occhi e le ci volle tutta la sua buona volontà per non vomitare in quel preciso istante.
- Sì, sì... Sono solo stanca, scusatemi... Ma non è nulla, tranquille.
- Facciamo così: noi adesso ti lasciamo riposare e magari ci sentiamo tra qualche giorno così possiamo vederci di nuovo, che ne dici?
- Credo che sia perfetto Ellie... A presto ragazze e... Beh, grazie per essere venute.
- Era il minimo che potessimo fare.
Sophia le sorrise sincera e Lexi non poté far altro che ricambiare altrettanto spontaneamente.
Dopo essere uscite dall'appartamento di Lexington Street, Ellie e Sophia ebbero la sensazione di aver fatto la cosa giusta che i ragazzi fossero d'accordo o meno: anche se Lexi non avesse mai ricordato che cos'era successo durante quegli ultimi cinque mesi, doveva comunque entrare a fare parte delle loro vite, specialmente di quella di Nate.
Lexi era in camera sua, al buio da circa due ore, dopo che le ragazze se ne erano andate vie, e solo allora si decise a prendere in mano il telefono e comporre il numero del Dottor Lawson: era stato lui a dirle di chiamarla in qualsiasi momento per qualsiasi cosa, forse per merito anche dell'aura di sacralità che sembrava circondarla solo per aver salvato la vita a delle celebrità. Rise di quell'amara constatazione e si chiese se si dovessero sentire così Nate, Hugh, Lewis, Zach e Lucas ogni qualvolta qualcuno li avvicinasse. Rispose dopo cinque squilli e Lexi ebbe subito la certezza che il dottore fosse stato impegnato in qualche attività a dir poco faticosa per aver quel genere di fiatone, poi guardò l'ora sulla sveglia a forma di kebab e si rese conto che erano le dieci di sera: si disse che non era il caso di porsi tante domande su che cosa stesse realmente facendo, altrimenti non avrebbe più dormito la notte. Sentì il rumore di una porta che si chiudeva alle spalle del dottore, il fruscio di una vestaglia in seta che veniva indossata e delle cicale lontane che frinivano.
“Da quando in qua il mio udito è così tanto sviluppato?? Che il colpo alla testa abbia liberato il miei super poteri ed ora mi stia tramutando in WonderWoman??”.
La voce leggermente meno affannata del dottore, ma comunque troppo stridula per un uomo della sua età, la riscosse dalla stupidità dei suoi pensieri.
-Pronto, chi è?
-Buonasera Dottore, sono Lexi... Lexi Golder...
-Oh... Oh! Sì! Ciao Lexi... E' successo qualcosa? Stai bene??
-Sì, cioè, non lo so...
Ora che doveva spiegare a voce che cosa le stesse succedendo non riusciva a trovare non solo le parole ma nemmeno le sensazioni che aveva provato in quei momenti. Forse aveva sbagliato a disturbarlo.
-Lexi tranquilla: dimmi solo che succede... Hai problemi fisici o ti senti strana... Cosa?
“Mi sento strana? Come faccio a rispondere a questa domanda se non sono mai stata normale? Al massimo posso dirgli se mi sento più strana del solito... E' come chiedere a Cupido se si sente innamorato: lui al massimo potrà dirti se è più innamorato.... Ma che problemi ho???”.
-Lexi tutto bene??
-Sì... Insomma, negli ultimi giorni mi è capitato di avere come dei blackout... Tutto si faceva nero e mi sembrava di aver già rivissuto quella sensazione e magari di aver già sentito certe parole... Boh.. Sto per caso impazzendo??
Il dottor Andy Lawson non poté fare a meno di sorridere a quella domanda: forse le speranze non erano proprio così perse, magari qualcosa Lexi si sarebbe potuta ricordare di quel coma anche se non ne vedeva l'utilità. Eppure, se la sua mente stava facendo tutta quella fatica per rimettere assieme i pezzi, doveva esserci una motivazione importante sotto.
-Puoi stare tranquilla Lexi... Alle volta capita alle persone che sono state per così tanto tempo in coma vigile di avere qualche flashback di quel periodo. Ma non è nulla di cui preoccuparsi. In caso diventassero più insistenti, nei prossimi giorni mi richiami e facciamo un elettroencefalogramma per controllare che tutto sia apposto e che magari tu non abbia bisogno di qualche seduta con lo psicologo per aiutare questi ricordi a tornare a galla... Ma per il momento puoi dormire sonni tranquilli.
Forse non era proprio la risposta che sperava, ma per il momento si dovette accontentare di quella e fare buon viso a cattivo gioco.
-Va bene... Allora ci sentiamo dottore... E scusi per il disturbo.
-Chiamami pure Andy e dammi del tu, per favore... Ad ogni modo buonanotte e a presto!
Lexi si ributto sul letto morbido, domandandosi che cosa sperava di ottenere davvero con quella chiamata.
“Su internet dicevano che quasi tutti quelli che stanno in coma vigile per qualche periodo poi si ricordano praticamente tutto quello che è successo... Ma perché allora io no?? E perché nessuno cerca di farmelo tornare in mente? Di solito i parenti dei tipi senza memoria non vanno da loro con quintali di album fotografici, cd pieni di canzoni significative e giornali di gossip?? Perché con me nessuno ci prova? Pure Mia fa finta che quei cinque mesi non siano mai trascorsi... L'ultima volta che le ho chiesto che cosa avesse fatto in tutto quel tempo senza di me, per poco non soffocava nel disperato tentativo di trovare una risposta... Non è mai stata capace di dire bugie. E pure mia mamma non è da meno: da quando in qua il buco di negozio che gestisce è diventato uno dei luoghi sacri della moda londinese solo perché era in qualche modo legato a me?? Mah... Mi stanno sicuramente nascondendo qualcosa e vorrei tanto sapere cosa... Poi, obbiettivamente parlando, mi sembra parecchio strano che i ragazzi non si siano mai fatti vivi in tutti questi mesi... Insomma: non li conoscerò tutti di persona, però credo che più di qualche visita me l'abbiano fatta e non solo quella con le telecamere che ho visto di nascosto da Mia l'altro giorno... Che poi: perché diamine nascondermi una cosa del genere?! Devo capirci di più... A dire il vero vorrei solo ricordare, anche se ora come ora è più importante cercare di vivere la mia vita davvero... Non l'ho mai fatto.”
La testa di Lexi era a tal punto piena di pensieri e di mal di testa per quelli che decise di etichettare come “flashback” che si assopì ancora con il telefono in mano, cercando di trovare un modo per riprendersi non solo i suoi ricordi, ma anche la sua vita, ignara che qualcuno, dall'altra parte dell'Oceano, stesse invece smettendo di lottare per la sua felicità.





Hi sweethearts!!!
Primo: grazie per la pazienza che avete nell'aspettare gli aggiornamenti. Motivo per cui d'ora in poi posterò capitoli un pochino più lunghi per dare un po' di soddisfazione a tutti **
Ad ogni modo, arriviamo alla storia: Mia sta mostrando una pazienza da santa e Lexi sembra essere in preda a sbalzi d'umore peggiori di quelli di una donna incinta ^^ La comparsa di Ellie e Sophia è stata qualcosa su cui ho ragionato molto, soprattutto circa il fatto se fosse plausibile o meno... Ma in fin dei conti, loro due ragazze d'oro e credo che Lexi abbia bisogno di ripartire dalle cose più basilari (come delle sane amicizie) per ricominciare a vivere.
Per quanto riguarda i Nexi... Questi hanno delle tempistiche che fanno pena, davvero^^
Grazie mille per le vostre splendide recensioni.
Lots Of Love xx

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Capitolo 30
*** 30th/31st January 2014 ***


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30th January 2014




Era sbagliato. O almeno gli sembrava assolutamente sbagliato, perché lui aveva fatto una promessa, anche se la persona con cui l'aveva stretta non si ricordava nulla di quanto le avesse detto.
Nulla di loro.
Se mai ci fosse stato un loro.
Nate continuava a pensare e ripensare alle parole che aveva sussurrato all'orecchio di Lexi più e più volte in quella camera d'ospedale, quell'impegno ad aspettarla e ad essere lì solo per lei, chiedendosi se mai avrebbe potuto assaporare il gusto dolce di un bacio ricambiato. Ma aveva deciso di andare avanti, perché le cose sarebbero state troppo complicate se anche lei si fosse ricordata di lui e di quei mesi passati al suo fianco, se anche solo si fosse innamorata di lui da capo, ogni cosa sarebbe stata difficile per loro e lo stress da sopportare troppo. I media non avrebbero avuto altro interesse che per loro e quella storia strappalacrime tra il cantante famoso e la fan pazza che aveva rischiato la vita per salvare la sua. Però ai suoi occhi Lexi non era mai risultata pazza, ma assurdamente coraggiosa. Continuava a pensare a lei, a quel sorriso spettacolare che aveva visto solo in televisione, a quel bagliore di meraviglia che aveva illuminato i suoi occhi di un marrone familiare ma non meno ipnotizzante. La sua mente non la smetteva di giocargli brutti scherzi e di fargli comparire flash di quell'intervista davanti agli occhi, il suono della sua voce nelle orecchie, la sensazione delle sue mani delicate che stringevano le sue rovinate dalla chitarra, mentre cercava di non finire troppo presto nella camera d'albergo di quella ragazza anonima che gli stava appiccicata da tutta la sera e che non era nulla in confronto a Lexi. Ne sentiva la voce suadente vicino all'orecchio, lo champagne che aveva bevuto nelle ore precedenti stava entrando in circolo stordendolo al punto giusto perché i suoi occhi azzurri si facessero opachi, velati da un alone che non era fatto solo di alcol, ma di tristezza: quella di non poter avere la donna di cui si era innamorato tra le sue braccia, ne quella notte ne mai.
Solitamente stava attento a non farsi beccare dai paparazzi, perché tra tutti era quello che meno sapeva come gestire i media ed i suoi affari di cuore, ma quella sera ogni cosa sembrava non trovare la giusta traiettoria, come se una folata di vento avesse scombinato tutti i pezzi del puzzle che con tanta cura si erano già sparpagliati. Neanche si accorse del rumore delle macchine fotografiche che scattavano, mentre se ne usciva dal locale troppo affollato che Zach aveva scelto, per andare all'albergo di quella ragazza di cui forse non si sarebbe ricordato nemmeno il nome l'indomani. Solo un nome ed un volto tenevano impegnata la sua mente, gli unici che non poteva avere.




31st January 2014


Il grande giorno era arrivato e Lexi si sentiva strana.
Benché negli ultimi due giorni non avesse avuto altri flashback, la sensazione che qualcosa stesse per accadere si era impossessata di lei dall'esatto istante in cui la sveglia era suonata, segnando per lei l'inizio del 31 Gennaio. Il postino arrivò alle nove di mattina e la trovò già posizionata vicino al campanello, pronta a scendere di corsa le scale per ricevere il suo pacchetto. Dovette trattenersi per non aprirlo mentre ancora risaliva le scale e solo quando si trovò da sola in camera sua decise di scartare l'involucro di carta da pacchi marrone e crogiolarsi nella sensazione di avere tra le mani la copia fisica del terzo album dei The Rush. Osservò la copertina come se fosse l'ottava meraviglia del mondo e si chiese se quella sensazione di orgoglio e di stupefazione sarebbe mai sparita o anche solo diminuita. Erano tutti e cinque dannatamente belli e affascinanti da togliere il fiato, ognuno in maniera differente.
Lewis, i capelli castani lasciati cadere sulla fronte, come quando era più giovane, ad ingentilirgli il volto ormai da uomo maturo con un po' barba, il maglione di calda lana grigia tirato su sugli avambracci, lasciando spazio ai tatuaggi assurdi che aveva deciso di farsi per dare sfogo all'irrequieto spirito libero che albergava dentro di lui, il solito sorriso furbo ad inarcargli le labbra sottili.
Zach e la sua inseparabile giacca di pelle nera, senza cui non sarebbe stato lui, il bel indiano dal fascino tenebroso come il colore scuro dei suoi morbidi capelli, che nascondeva un animo estremamente altruista e gentile, come i tratti di quel viso perfetto che spesso si illuminava con uno spettacolare sorriso, con tanto di lingua in mezzo ai denti; la sua bellezza era semplicemente destabilizzante.
Hugh, con il suo cappello a tesa larga che raccoglieva i capelli mori ormai troppo lunghi per assumere una qualsiasi forma definita, ma che erano in perfetta sintonia con la camicia celeste lasciata sbottonata fino a metà petto, di modo che le due rondini tatuate ai lati dello sterno e la farfalla sullo stomaco avessero un accesso alla libertà, quella che il suo sorriso con fossette lasciava intuire a chiunque lo guardasse.
Lucas, gli occhi brillanti di una luce che partiva dal sorriso sulle labbra e che illuminava tutto il suo viso, aveva la tipica camicia in flanella a quadrettoni bianchi e neri, arricciata sulle maniche perché quella piuma che aveva tatuata sul braccio doveva vedersi, doveva mostrare a tutti il suo animo delicato, leggero, come la penna di una fenice.
Per una volta l'ultimo a catturare la sua attenzione non era stato Lucas, ma Nate. Lui con quella maglia bianca che si confondeva con la sua pelle d'alabastro, i pantaloni skinny chiari sulle gambe magre, con un buco sul ginocchio sinistro che metteva in mostra la cicatrice rosea di un'operazione fatta un anno prima. Tutto in lui era speciale, dalle mani piccole ma forti casualmente intrecciate in grembo, ai capelli castani schiariti sulle punte tirati un po' verso l'alto e un po' lasciati ricadere sulla fronte leggermente corrugata per l'enorme sorriso che gli impreziosiva il volto.
Lexi aveva sempre pensato che il sorriso di Nate avesse qualcosa di speciale, come se fosse capace di contagiare chiunque vi si imbattesse tanto da migliorargli la giornata. O almeno con lei aveva sempre avuto quest'effetto.
Si decise a mettere il cd dentro lo stereo che aveva sul mobile di fronte il letto ed incurante del fatto che Mia potesse essere ancora immersa nel mondo dei sogni, alzò il volume al massimo.
Furono i 50 minuti e 47 secondi più intensi della sua vita.
“Okay, magari subito dopo il momento in cui ho avuto la geniale idea di sventare un attentato, prendendomi una pallottola sulla spalla e finendo in coma vigile per cinque infiniti mesi...”.
Fu un attimo e di nuovo tutto si fece scuro.
Una canzone che si intitolava Through The Dark era cominciata da qualche secondo quando la testa di Lexi prese a girare vorticosamente e si ritrovò come catapultata dentro un tunnel nero da cui sentiva provenire quella stessa melodia, solo che le appariva più semplice, come se fosse suonata da una semplice chitarra ed una voce sembrava cantare le stesse parole, ma tutto era troppo lontano e Lexi percepì come una scarica di energia che si impadroniva del suo cuore, troncandole il respiro.
Quando riaprì gli occhi ci mise più di qualche attimo per scorgere distintamente i contorni degli oggetti che le stavano attorno, mentre delle fitte lancinanti le trapassavano la testa da parte a parte, tanto che dovette massaggiarsi più volte le tempie per cercare un po' di sollievo. Tutto quello non aveva alcun senso: come poteva pensare di aver già sentito quella stessa canzone se non l'aveva ascoltata nessun altro eccetto chi l'aveva composta? No, non poteva essere eppure a Lexi sembrò davvero di ricordare non solo quella melodia inconfondibile ma anche quelle stesse parole cantate da una voce familiare ma non distinguibile. Avrebbe fatto carte false per capire che cosa stesse succedendo dentro al suo cervellino bacato, ma decise di aspettare almeno di aver sentito tutto l'album dato che aveva penato anche troppo per ascoltare qualche loro nuova canzone.
“E poi Nate ha detto che questo album l'hanno scritto per me... Che parla di me... Forse è per questo che mi sono sentita così vicina a quella canzone... Perché parla di me... Ma che sto dicendo?! Lexi torna con i piedi per terra e capisci una volta per tutte che a ventidue anni suonati un ragazzo come Lucas o come Nate non si innamorerà mai di te!!! Oddio, ho ripreso a parlare in terza persona...”.
Eppure, nonostante stesse facendo di tutto per abbandonare quel suo lato da adolescente romantica che faceva parte di lei da sempre e che sembrava la maggior causa di tutti i suoi problemi, una fitta di dolore e tristezza la provò comunque quando vide quelle foto su Twitter. Voleva scrivere un messaggio privato a Nate per dirgli quello che pensava dell'album , di come si fosse innamorata di ogni singola canzone, di come avesse forse intuito quale potesse essere il testo che parlava di lei e di come gli fosse infinitamente riconoscente, ma i tweet che riempivano la schermata del suo telefono la distrassero. Era vero, non lo sentiva da qualche giorno, più precisamente da quando erano volati in America e non credeva che questa cosa potesse pesarle più di tanto, anche se in quelle ultime mattine, svegliarsi e non trovare il suo buongiorno, immaginandosi un suo sorriso sincero e contagioso ad accompagnarlo, l'avevano lasciata con l'amaro in bocca. Ma come doveva imparare a non sperare più nel lieto fine con il principe azzurro, avrebbe dovuto anche capire che fidarsi delle persone in maniera immediata ed aspettarsi qualcosa da loro era altrettanto deleterio che aspettare qualcuno vestito in calzamaglia celeste nel ventunesimo secolo.
Dovunque campeggiavano foto di Nate con quella che doveva essere come minimo una modella, dalle lunghe gambe magre ed abbronzate a sorreggere un fisico a dir poco perfetto che culminava in un abbagliante sorriso Mentadent che fece venire la pelle d'oca a Lexi. Tanta bellezza concentrata in una sola ragazza poteva ritenersi un vero e proprio affronto, specialmente perché il mondo era pieno di donne normali che avrebbero dato qualsiasi cosa per possedere solo un briciolo di quello charme e di quel carisma, nati da una solida autostima. Quindi sì, una buona percentuale di Lexi si stava corrodendo per l'invidia mentre la restante parte si dava della stupida per tutta quella marea di emozioni che delle semplici foto le stavano suscitando.
O la sua amica era diventata più silenziosa della Pantera Rosa o Lexi era decisamente troppo concentrata a fissare le foto di quella coppia perfetta da far venire il voltastomaco, le stesse che anche lei aveva appena scoperto.
Persino il colore dei loro capelli era abbinato. Si diresse verso la camera della sua coinquilina e la trovò seduta sul letto, le gambe incrociate ed il cellulare in mano e Mia si accorse di quanto Lexi fosse troppo "piccola" per sopportare tutto quello.
- Lexi-Lex va tutto bene?? Perché non stai saltando come uno scimpanzé in giro per la camera, urlando quanto quel cd sia perfetto? Devo preoccuparmi?
Lexi si mise ad osservare la figura sinuosa e slanciata della sua migliore amica bionda, gli occhi terribilmente azzurri capaci di incantare chiunque e quei denti perfetti e bianchissimi che la facevano assomigliare terribilmente a quella ragazza delle foto. Solo che lei era Mia ed era la sua migliore amica a cui poteva dire tutto, anche quell'infinità di paranoie e pensieri senza filo logico che le stavano centrifugando il cervello.
-Secondo te, troverò mai qualcuno che mi voglia anche se non sono bella in nessuna maniera speciale e se non ho un briciolo di autostima? 
Per la prima volta, da quando Lexi era tornata a vivere nel loro appartamento, Mia si chiese se non le fosse sfuggito qualcosa della sua migliore amica, se quella ragazzina di ventidue anni, seduta con le gambe incrociate al centro del suo piumone fastidiosamente arancione, il cellulare ora lasciato vicino ai piedi come se contenesse un mostro, non le avesse nascosto per tutto quel tempo un lato di sé. La loro amicizia era sempre stata estremamente importante per entrambe, ma era come se fosse cresciuta in quell'ultimo periodo, forse perché Mia aveva provato la sensazione di poterla perdere mentre Lexi aveva abbattuto qualche muro che da sempre la accompagnava, dopo aver rischiato di non aprire più gli occhi. La vide così fragile e spaesata che non poté far altro che sedersi al suo fianco ed abbracciarla di slancio, stupendosi di come la sua Lexi, sempre restia a qualsiasi tipo di contatto fisico spontaneo, si rifugiasse tra le sue braccia. Quando sentì il suo collo delicato bagnarsi per le lacrime di Lexi e le scapole dell'amica, che ancora si vedevano dopo tutti quei mesi di alimentazione artificiale, si scontrarono con il suo petto, scosse da singhiozzi troppo tristi anche per un cuore sempre positivo come quello di Mia, sentì l'aria mancarle.
-Ehi, ehi... Lexi, calma... Va tutto bene...
In risposta ricevette solo una stretta più serrata attorno alle sue spalle e il peso di un corpo quasi svuotato poggiarsi sul suo petto: non sapeva bene cosa fare, non era mai stata brava con le parole benché parlasse sempre tantissimo, ma quelle situazioni la lasciavano come intontita, incapace di recuperare la frase giusta da dire. Poi le tornò in mente la domanda che Lexi le aveva fatto poco prima di mettersi a piangere e davanti agli occhi le si presentarono tutte le volte in cui aveva sbirciato dentro la stanza dell'amica in coma, quando un certo cantante irlandese dal sorriso contagioso si prendeva cura di lei, aspettando che si svegliasse.
- Certo che c'è qualcuno che ti amerà Lexi... E non è vero che non sei bella in nessuna maniera speciale. Tu sei speciale sotto ogni punto di vista.
In quel momento non le importò nulla se il Dottor Lawson le avesse fatto promettere di non parlare mai di ciò che fosse successo durante i mesi di degeza dell'amica, voleva a tutti i costi che Lexi sapesse come ci fosse qualcuno pronto ad amarla se solo lei gli avesse dato il via libera, con o senza la memoria di quegli ultimi cinque mesi.
- E non lo dico perché sono la tua migliore amica e senza di te la mia vita farebbe schifo, ma perché in questi mesi molte altre persone ti hanno apprezzato per la ragazza meravigliosa che sei e me lo sono venute a dire...
Sentì chiaramente Lexi trattenere il respiro ed effettivamente quell'affermazione aveva catturato l'attenzione del cuore troppo stanco di Lexi. 
- Una volta, una persona mi ha detto che anche se non ti aveva mai conosciuto, poteva percepire quanto tu fossi speciale dalle parole di chi ti stava attorno, perché era come se senza di te il mondo si sarebbe potuto spegnere da un momento all'altro...
Avrebbe tanto voluto aggiungere che poi quella persona le aveva anche confessato di essersi innamorato di Lexi, ma quello Mia non glielo poteva dire, non ancora almeno. Ad ogni modo, le sue parole ebbero l'effetto sperato perché per lo meno Lexi smise di singhiozzare ed alzò gli occhi gonfi per le lacrime appena versate nella sua direzione, un piccolo bagliore ad illuminare quel color cioccolato che era tutto suo. Speciale, come lei.
- Scusa se non ho visto prima quanto stavi male Lexi... Mi dispiace così tanto di non averti aiutato nella maniera che meritavi.
Ora era lei quella a cui si stavano riempiendo gli occhi di lacrime dettate dalla consapevolezza di non aver ripagato la sua amica di tutto l'amore che lei, invece, le aveva donato incondizionatamente in ogni istante della loro amicizia. Abbassò lo sguardo, incapace di trattenere ancora a lungo quei barlumi di rimorso che volevano uscire a tutti i costi, ma si ritrovò a fissare le sue mani candide racchiuse in quelle leggermente olivastre di Lexi. Lei e quello smalto sempre colorato perché così le sembrava “di essere più sé stessa” o almeno così le aveva detto un giorno, forse quando erano ancora delle piccole bambine che giocavano a fare le donne in carriera nelle loro camerette, dopo scuola.
- Mia non piangere ti prego, che se no allaghiamo casa... Non ti devi dispiacere di nulla, okay?  Sei stata la migliore amica che avrei mai potuto desiderare al mio fianco e sono io che ti devo ringraziare, perché senza di te non avrei vissuto nemmeno quel poco che ho fatto... Quindi grazie, davvero.
Quando un sorriso sincero e pieno di dolcezza, di quelli che Mia sapeva essere i più belli che Lexi poteva donare, fece la sua comparsa si sentì immediatamente meglio e capì che la sua amica stava finalmente cominciando a dare una svolta alla sua vita e sperò davvero di poterla vedere presto felice. Si asciugarono entrambe le lacrime e Mia non riuscì più a contenere la sua curiosità circa il motivo per cui non l'avesse trovata a saltellare per la contentezza di quel nuovo album tra le mani.
- Posso chiederti una cosa?
- Certo, spara! Okay, non in senso letterale per favore, che non è piacevole per nulla.
Il fatto che avesse ricominciato a fare battute ironiche anche sull'incidente, diede un'ulteriore conferma a Mia di potersi arrischiare a porre quella domanda. Ma dovette ricredersi presto.
- Perché avevi quella faccia da funerale quando sono entrata? L'album fa schifo??
Vide lo sguardo di Lexi farsi nuovamente triste, come se una piccola parte di lei, sempre pronta a prendere il sopravvento, fosse destinata ad essere infelice a vita. Le fece male di nuovo vederla così e si affretto ad aggiungere:
-Ma se non vuoi dirmelo non fa nulla, sul serio!
Lexi scosse leggermente la testa e con un sorriso stanco le porse il cellulare sbloccato sulla home di Twitter. Foto del bel irlandese riempivano tutto lo schermo. L'unico problema era che si trovava in dolce compagnia.
- Ma che cazzo fa sto cretino?!
Benché stesse facendo finta di non sapere nulla, non era comunque riuscita a trattenersi e sperava davvero che quel piccolo lepricauno mezzo tinto avesse una valida giustificazione per quegli scatti, altrimenti sarebbe salita lei stessa sul primo volo per New York e l'avrebbe ridotto in tanti coriandoli verdi e arancioni da usare il prossimo Martedì Grasso.
- Mia non serve che tu reagisca così... A dire il vero, non so nemmeno perché a me dia così tanto fastidio. Magari perché sembrava quello più interessato al fatto che mi fossi risvegliata, ma questo, come al solito, non significa nulla... Lui ha la sua vita, così come tutti gli altri ragazzi del gruppo e direi che sia già tanto che Sophia ed Ellie siano venute a trovarmi l'altro giorno... Ma va bene così, davvero... Devo solo imparare a vivere la mia di vita, ora.
 Fu quello il momento in cui Mia ebbe paura che Lexi e Nate non si sarebbero mai ritrovati, che forse nemmeno quell'amore incondizionato che lui nutriva per lei potesse sopravvivere al buio di una mente senza ricordi e ad una mancanza di autostima quasi patologica. Eppure sperava lo stesso che loro ci riuscissero, perché il sorriso che aveva visto sul viso di Nate mentre Lexi gli stringeva la mano era qualcosa che poteva essere descritto solo con la parola amore. Quell'amore che lei aveva avuto il coraggio di provare veramente solo negli ultimi mesi, quello che aveva nutrito di nascosto anche da sé stessa e di cui ora non avrebbe mai fatto a meno. Ancora una volta si sentì estremamente fortunata per quello che aveva e decise che non se ne sarebbe rimasta con le mani in mano, perché se c'era una cosa che desiderava più di tutto era veder sorridere Lexi.
La vide alzarsi improvvisamente dal letto, come se un porcospino l'avesse punta sul sedere, e Lexi si chiese se la sua amica fosse sempre stata così iperattiva, perché a quanto si ricordava Mia faceva fatica solo per le questioni imminenti e che le interessavano.
- Lexi, scusa ma devo andare a fare una cosa... Sì, insomma... Hai capito no? Ci vediamo dopo e staccati dal quel cavolo di cellulare e piuttosto ascolta il nuovo cd: ti ricordo che l'ha scritto per te!!
Un turbinio di vestiti, capelli biondi e blu ed urla abbandonò la camera di Lexi senza che potesse proferire parola, lasciandole una montagna di domande a ronzarle per la testa.
- Okay, sapevo che era strana ma questo supera ogni limite... E poi che significa che “l'ha scritto per me”?? E chi sopratutto?! Ah che fatica...
Si lasciò cadere sul letto e schiacciò play sul telecomando dello stereo per far ripartire l'album a tutto volume. Ed ancora, sempre su quello stesso brano, il suo cervello si eclissò in un ricordo che non poteva essere tale, perché non le sembrò di averlo mai vissuto, ma la voce che riempiva quello spazio chiuso e senza fine, dove una luce sembrava attirarla a sé, diventava sempre più udibile, ma non abbastanza perché Lexi riuscisse a capire a chi appartenesse. Come al solito, durò solo qualche frazione di secondo, e quando riuscì a tornare lucida le parole della canzone si insinuarono alle porte della sua attenzione, bloccandole il respiro.
... Oh I will carry you over... Fire and water for your love... And I will hold you closer Hope your heart is strong enough... When the night is coming down on you... We will find a way through the dark.. .
Implacabile, una lacrima scese lungo la sua guancia destra, segno che quelle parole fossero arrivate a destinazione. Perché su quello Nate era stato sincero: avevano scritto di lei e quel testo era la sua storia. Era lei quella persa nel buio, quella che stava combattendo per poter tornare a vivere... Ma chi era quella persona che l'avrebbe stretta più vicina a sé, sperando che il suo cuore fosse forte abbastanza e con cui avrebbe trovato la strada per uscire dall'oscurità? Non sapeva se chi avesse scritto quei versi gli avesse dato un senso più profondo di quello che si poteva carpire ad un primo ascolto, ma se fosse stato così chiunque avesse steso quelle parole in musica stava raccontando la storia della sua vita. Quell'essere triste per aver perso la propria strada, quelle lacrime che erano lì per restare, quel dolore che non le permetteva più di sorridere erano gli ingredienti della sua vita, o almeno della sua vita prima di quel 20 Agosto. Quel giorno aveva preso una decisione, forse avventata, ma aveva fatto per la prima volta qualcosa che la rendesse viva, che le facesse sentire il peso leggero del suo respiro come qualcosa da sperimentare fino in fondo e da non dare per scontato. L'aveva fatto per amore ed ora sperava che come una profezia quella canzone si avverasse, mettendo al suo fianco una persona che avrebbe lottato per vederla sorridere ancora, per insegnarle ad amare di nuovo, in maniera vera e piena, che l'avrebbe condotta fuori dal buio delle sue insicurezze. Mentre ancora lo stereo diffondeva le voci armonizzate dei The Rush, Lexi si lasciò cullare in sonno pieno di sogni, costellato da una mano calda e rassicurante che racchiudeva la sua, proteggendola ed accompagnandola verso una luce che non riusciva a capire da dove venisse. Poco prima di svegliarsi, un paio di iridi vive, piene di vita ed amore, del colore del mare d'estate, le riempirono la testa. Aprì gli occhi di colpo e si accorse di come fosse già mezzogiorno e avesse dormito per due ore buone.
Fu un attimo: senza pensarci due volte, prese in mano il cellulare e cercò il numero in rubrica.
Il suo interlocutore rispose al terzo squillo.
- Pronto dottore? Sì, sono Lexi... Credo che sia il caso di fare quell'elettroencefalogramma...




Hi sweethearts!!
Avete presente quando ho detto che il tempismo non fa parte dei Nexi: ecco, questa ne è l'ennesima prova. Spero solo non vi siate arrabbiate troppo con Nate, perché sì, ha fatto una stronzata però mettetevi nei suoi panni... No, va bene: l'ha combinata grossa ^^.
Per quanto riguarda Lexi invece, vi posso solo dare il benvenuto sulle sfavillanti montagne russe che sono diventate le sue emozioni... Che ne pensati di questi flash??? Staremo a vedere **
Grazie mille per i vostri pareri e per continuare a leggere questa storia **
Lots Of Love xx

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Capitolo 31
*** 3rd/25th/27th February 2014 ***


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3rd February 2014




Alla fine non era andata proprio come se l'aspettava.
Quella splendida ragazza che aveva conosciuto qualche sera prima si chiamava Charlie ed era una modella per qualche stilista di cui Nate logicamente non ricordava il nome. Si era fermata anche a fare colazione l'indomani e si erano scambiati pure i numeri. Era indubbiamente bella da lasciare a bocca aperta chiunque la vedesse, tanto che nessuno dei ragazzi, eccetto Hugh, si era lasciato sfuggire l'occasione per fare commenti di ogni tipo, ma soprattutto era anche abbastanza intelligente e gentile. Sorrideva spesso, più per cordialità che per reale spirito di simpatia, ma ci si poteva parlare senza problemi, caratteristica che Nate apprezzava parecchio in una donna. Il problema era solo uno: aveva fatto una così attenta analisi di quella ragazza solo per vedere in che cosa somigliasse e in che cosa fosse dissimile a Lexi. Sapeva che era da pazzi fulminati fare una cosa del genere, ma era stato più forte di lui: ogni paio di occhi non erano mai abbastanza luminosi come i suoi, ogni sorriso non era sincero come il suo, ogni gesto non era dolce e buffo come quelli che compiva lei.
Era seduto sul davanzale dell'albergo dove alloggiavano, con una tazza di caffè tra le mani, di quelli annacquati americani perché altrimenti  i suoi nervi non avrebbero retto ancora per molto, e guardava assorto il panorama di uno spettacolare Central Park che si svegliava con le prime luci dell'alba. Anche quella notte non aveva chiuso occhio, ma non per la compagnia di Charlie, che la sera prima lo aveva salutato perché aveva un servizio fotografico a Miami e non sarebbe tornata prima di due giorni, bensì perché senza la presenza della ragazza al suo fianco, la mente di Nate era volata direttamente dall'altro lato dell'Oceano, più precisamente in un appartamento dal portone blu di Lexington Street, Londra.
Il cd era uscito da ormai tre giorni ma di Lexi nessuna traccia. Le aveva esplicitamente chiesto di dirgli che cosa ne pensasse del loro ultimo lavoro, specificando che erano per lei quelle canzoni e, sinceramente, non vedeva l'ora di sapere se avesse colto quali parlassero di lei e se avesse ricordato qualcosa. Internet l'aveva rassicurato circa il fatto che la musica aiutasse parecchio le persone affette da perdita di memoria a recuperare qualche frammento del loro passato e Nate sperava davvero che almeno quelle melodie familiari risvegliassero qualcosa in lei. Ma d'altra parte era stato lui quello a decidere di andare avanti, di cercare in un'altra donna ciò che non avrebbe mai potuto avere da Lexi, quindi non poteva e non doveva più aspettarsi  nulla da lei. Tutta la sua speranza su come le cose potessero risolversi in un istante si era oscurata, come quella nuvola che ora stava coprendo il primo timido sole di un'altra faticosa giornata newyorkese. Era come se fossero diventati due estranei, benché Nate potesse ancora sentire il calore delle labbra di Lexi sulle sue, quando gli era sembrato che anche lei ricambiasse quel piccolo contatto che per lui era tutto. Gli mancava come l'ossigeno ad una candela accesa dentro una campana di vetro: si sarebbe presto spento e non sapeva dire per quanto avrebbe continuato a resistere.
La suoneria del suo cellulare lo risvegliò da quello stato di malinconia in cui era caduto e che non faceva certo parte di lui. Lo prese e, senza osservare il mittente della chiamata, rispose.
-Pronto?
-Dimmi: ti sei bevuto il cervello tutto in un colpo lepricauno?!?!
La voce decisamente troppo alta per quell'ora della mattina di Mia gli perforò il timpano, arrivando a rimbalzare sulle pareti quasi vuote del suo cuore troppo esposto.
- Mia, che cosa stai dicendo??
- Che cosa sto dicendo io?!?! Tu devi essere imbecille sul serio, allora! Cristo, Nate!! Ma ti sei reso conto di che foto girano sul web?!?! Pensi che Lexi sia cieca?!
Ed eccola lì, chiara davanti ai suoi occhi per troppo tempo accecati da sentimenti che non riusciva a comprendere, la conseguenza delle sue azioni: si era appena giocato forse l'unica possibilità che aveva con Lexi.
Un nodo alla gola gli impedì di parlare e rispondere a quelle accuse che, per sua sfortuna, erano più che motivate.
- Non sai cosa dire eh? Non ci posso credere...
Ad essere sinceri non ci poteva credere nemmeno lui che le cose potessero andare peggio di come già stavano andando e mai come in quel momento desiderò che quel 20 Agosto non fosse mai esistito.
- Mia mi dispiace... Davvero... Io... Io non so che cosa mi stia succedendo...
- Oh, fammi un piacere Nate! Risparmiati la solita storia del “io non volevo farlo”, “è tutto un malinteso”, “non è come sembra”! Potrei prendere un aereo ed attraversare un oceano solo per picchiarti!
- Se mi porti Lexi, va bene...
Un sospiro dall'altro capo del mondo gli fece capire che non era l'unico a voler far tornare le cose come erano prima, anche se non c'era mai stato un vero e proprio “prima”: lui Lexi non l'aveva mai conosciuta davvero eppure era certo che fosse stata con lui da sempre.
- Perché l'hai fatto, Nate? Lexi ha visto le foto ed anche se non me l'ha detto esplicitamente, si vedeva lontano mille miglia che c'è rimasta male.
- Mia io non ce la faccio ad andare avanti così... Non mi posso permettere di avere questa faccia da cane bastonato quando devo esibirmi davanti a migliaia di persone. E poi ho capito che, se anche lei ricordasse quento è successo, non potremmo lo stesso avere un futuro assieme... Insomma: io sono quello che sono mentre lei è una ragazza normale... Sarebbe troppo complicato. Scusa Mia, ma devo andare... Ci sentiamo.
Chiuse la conversazione senza aspettare risposta e lanciò il cellulare sul letto, perdendosi a guardare quel grigio cielo newyorkese che non aveva alcuna intenzione di aprirsi in una bella giornata. Avrebbe voluto confessarle tutto, dirle che la verità era che si sentiva inferiore ed inadatto per lei. Era stata innamorata di Lucas per undici anni e Nate era più che convinto che non potesse offrirle nulla di paragonabile. Per di più lui era quello che era, un cantante troppo famoso che non poteva uscire per strada senza creare qualche incidente, mentre lei era una ragazza normale, di quelle che sono speciali nella loro quotidianità e che il mondo di Nate avrebbe solo rovinato.
Loro non erano due rette parallele. Per loro un momento in cui si erano sfiorati, toccati, in cui avevano addirittura colliso c'era stato, però poi non si erano trasformate in un unico percorso. Non erano destinati ad essere un tutt'uno: erano due linee incidenti che non si sarebbero mai più rincontrate. E Nate doveva andare avanti per le sue fan e per lei, che aveva messo in pericolo la sua vita per potergli permettere di continuare a vivere il suo sogno.




25th February 2014


Il tempo era passato incredibilmente lento e Lexi non sapeva più cosa fare della sua vita. Sapeva di dover tornare all'università, ma era come se qualcosa la bloccasse: era stanca di occuparsi delle vite degli altri, non le bastava più, voleva essere lei la prima a vivere qualche emozione. Eppure, tra le prediche del Dottor Lawson sul fatto che dovesse stare ancora a riposo e sulla paura di essere fermata da qualche fan per strada, Lexi non usciva di casa se non per andare a pranzo da sua madre o alle visite in ospedale. Ne aveva una quel pomeriggio per vedere i risultati della tac che aveva fatto qualche giorno prima, ma la prospettiva non l'allettava particolarmente dato che il dottore le avrebbe detto sempre le stesse cose, ovvero che anche se non si fosse ricordata nulla di quei cinque mesi, non avrebbe avuto alcuna importanza.
Stava sistemando casa, dato che Mia era corsa fuori urlando che aveva qualche importante riunione per una linea di moda sua, Lexi non aveva capito bene, e che era in estremo ritardo, quando il campanello di casa suonò. Credette che fosse di nuovo lei e che si fosse dimenticata qualcosa, così non chiese nemmeno chi fosse. Dopo tre minuti una voce familiare, ma per niente femminile, si fece udire dall'ingresso.
-Ma non ti ho insegnato a chiedere chi è prima di aprire?!
La figura non molto alta di Morgan Golder fece la sua apparizione nel salotto con una finta espressione di rimprovero dipinta sul volto leggermente più segnato dal tempo rispetto all'ultima volta in cui Lexi lo aveva visto. Non sapeva per quale arcano motivo, ma sembrava  che suo padre avesse deciso di ritornare a far parte delle loro vite, specialmente in quella di sua madre, ma come al solito Lexi si diede come giustificazione che qualcosa fosse successo durante quei cinque mesi in cui lei era stata in vacanze forzate e sperava tanto che qualcuno, prima o poi, le facesse un riassunto attendibile di tutto quello che si era persa.
Morgan si tolse la solita giacca di pelle e si passò una mano tra i capelli brizzolati, ora a spazzola: doveva ammettere che il taglio suggeritogli da Karen lo soddisfaceva parecchio e si chiese come avesse fatto senza di lei tutti quegli anni. 
-Ed io ti non ti ho mai detto che devi avvisare prima di piombare in casa di qualcuno?
Quelle parole smorzarono un poco il buon umore di Morgan , ma d'altra parte non poteva di certo incolpare Lexi per quelle parole taglienti: si era perso praticamente tutta la sua adolescenza, non poteva pretendere che le cose tornassero normali tutto all'improvviso. Si sedette sul rovinatissimo divano arancione e fece segno alla figlia di sedersi.
- Noto con piacere che la tua vena sarcastica è sempre presente.
- Quella fa parte di me, dovresti saperlo... Ah, no, scusa: tu non c'eri negli ultimi dieci anni della mia vita.
- Lexi, per favore...
Incassò nuovamente il colpo per quella frase che aveva sentito milioni di altre volte, solo che gli occhi spenti e tristi con cui Lexi gliel'aveva sputata addosso quel giorno lo fecero rabbrividire, perché nessun padre, per quanto spesso poco presente, vorrebbe sapere triste la propria figlia. Lexi si sedette sul divano, ad una distanza di sicurezza, ma lui le prese una mano tra le sue e decise che la bella notizia che era venuto a comunicarle avrebbe potuto aspettare qualche minuto. Quando si accorse che Lexi non opponeva resistenza al contatto, la guardò negli occhi per donarle quell'affetto che per troppo tempo le aveva fatto mancare.
- Dimmi la verità, pulcino: come stai?
Sentendo quello stupido nomignolo con cui la chiamava quando era piccola e voleva a tutti i costi stare sulle sue spalle per poter scoprire il mondo da un posto privilegiato, ogni muro che aveva dentro crollò e le lacrime fluirono come una cascata dagli occhi color terra di Lexi. Senza esitare un secondo, le braccia di un padre ritrovato si chiusero attorno al corpo di quella figlia che nascondeva un mondo dentro e che aveva solo bisogno dell'affetto che meritava e che non le sarebbe mai dovuto mancare. I singhiozzi divennero sempre più forti e Morgan si chiese se le persone attorno a Lexi avessero mai conosciuto la vera lei o se ne avessero saggiato solo gli aspetti che concedeva di vedere, senza mai pretendere altro.
- Ehi pulcino, respira... Dimmi cosa c'è che non va... Io sono qui... Sono qui davvero e non me ne vado.
Il petto di Lexi si alzò per trarre un respiro più profondo e riemergere da quell'abbraccio inaspettato e per questo, forse, così prezioso. Cerò di asciugarsi la faccia e tirò sul col naso in quella maniera infantile che aveva sempre fatto sorridere Morgan, arricciando quel naso a patatina che aveva ereditato da lui, concedendosi un mezzo sorriso quando lui le poggiò una mano grande e rassicurante sulla gamba accoccolata sul divano.
- Rimani per davvero questa volta?
Quello sguardo carico di speranza fece stringere il cuore dell'uomo in una stretta micidiale fatta di rimorsi e senso di colpa, che si sciolse quando si rese conto di avere un'altra possibilità e che non l'avrebbe sprecata per nulla al mondo.
- Sì, Lexi, per davvero... Ed ho intenzione di chiedere a tua madre di sposarmi... Di nuovo.
Lo sapeva perfettamente che aveva appena lanciato una bomba nel bel mezzo del salotto di casa di Lexi, lo capì dal suo silenzio attonito e dalla sua espressione incredula. Temette di aver sbagliato a dirglielo così presto, che forse avrebbe dovuto aspettare il suo perdono completo, se mai l'avesse ottenuto, ma amava Karen come mai prima in vita sua e non poteva resistere senza saperla sua per sempre. Per davvero, questa volta. Due braccia troppo esili rispetto all'ultima volta che l'aveva stretta tra le sue braccia, due mesi prima, gli cinsero il collo, sommergendolo in abbraccio inaspettato che lo lasciò senza fiato, specialmente quando quelle poche parole gli arrivarono alle orecchie.
- Oddio!! Sono così felice per voi!! Lo sapevo che sarebbe successo, lo sapevo!!
E pianse di nuovo Lexi, questa volta di gioia, perché per tutta la sua adolescenza aveva sperato che i suoi genitori tornassero assieme, che ammettessero entrambi di aver commesso uno sbaglio perché quando la sera Karen le dava il bacio della buona notte e le assicurava che un giorno il principe azzurro sarebbe arrivato, le si velavano gli occhi di lacrime al ricordo di come la vita l'avesse fatta allontanare dal suo di principe. Fu un attimo, ancora tra le braccia di quell'uomo che era tornato ad essere a tutti gli effetti suo padre, con gli occhi chiusi ed un pensiero che non si ricordava di aver mai fatto prima di quel momento, ma che invece sembrava appartenerle. Era di nuovo in quel tunnel e la sua mente le diceva questo:
“...Io voglio avere un amore come il loro... E' questo quello che sto cercando da una vita... Non importa cosa la vita ti porti a fare, gli errori che tu possa commettere, le strade sbagliate che tu possa intraprendere... Loro si ameranno sempre... Anche io voglio un'amore così...”.
Lexi scrollò leggermente la testa per togliersi di torno quel pensiero che non credeva di aver mai formulato e decise che non le sarebbe importato nulla di quello che il Dottor Lawson le avrebbe detto quel pomeriggio: lei voleva ricordare quei cinque mesi e nulla l'avrebbe fermata.
Si fece accompagnare da Morgan alla visita, dato che si era offerto volontario, ma entrò da sola nello studio del dottore poiché che non aveva detto ancora a nessuno di quei flash che stavano diventando sempre più insistenti.
-Oh, ciao Lexi! Prego, accomodati pure... Allora: come va oggi?
Seduta in quello studio di un bianco accecante e terribilmente asettico, Lexi si chiese se a quella domanda sarebbe mai riuscita a rispondere anche solo con un semplice “bene”, ma si era risvegliata da un coma di cinque mesi, quindi aveva delle buone speranze.
-Diciamo che và. Oggi, addirittura, stavo parlando con mio padre e mi è come sembrato di pensare una cosa che sapevo di non aver mai pensato, o almeno non da sveglia. L'espressione indecifrabile del dottore fece preoccupare parecchio Lexi, quando invece, quel misto di irritazione e di insofferenza era dato solamente dal fatto che avesse appena nominato l'uomo che gli aveva rubato Karen, anche se rubato forse non era il termine più corretto, considerando che si trattava del suo ex marito. Ad ogni modo si costrinse ad essere il più professionale possibile e prese in mano la Tac che aveva prescritto a Lexi qualche giorno prima.
-Credo che sia normale Lexi. Ho qui i risultati della Tac e...
-Sto impazzendo?!
-Ma no!! Cosa dici?! No, che non stai impazzendo Lexi, anzi, a quanto pare il tuo cervello si sta dando un gran da fare per ricordare.
“Io sto cosa? Fermi tutti: questo significa che tutti quei flashback sono...?”.
-Sì, Lexi, hai capito bene: quelli che tu definisci flashblack non sono altro che ricordi dei cinque mesi che hai passato in stato di coma vigile. Sembrerebbe proprio che la tua mente voglia a tutti i costi riappropriarsi di quei pezzi del tuo passato e a questo proposito, vorrei consigliarti di...
La voce del dottor Lawson divenne solo un sottofondo lontano ed indistinto che non arrivava più alle orecchie della ragazza, ormai persa nella sua bolla di congetture e domande a cui dare risposta. 
“Quindi quella voce, quelle canzoni e quei pensieri sono miei... Li ho vissuti davvero... Io non ero sola in quei mesi... Ma allora: chi c'era al mio fianco? E' come se dovessi saperlo, se fosse sulla soglia della mia memoria, ma continuasse a nascondersi...”.
-Lexi? Lexi, mi stai ascoltando?
-No, mi scusi dottor Lawson... Cioè, Andy: è solo che fa strano pensare di potermi ricordare quello che è successo mentre il mio corpo era come morto.
-Beh, come stavo cercando di spiegarti, non otterrai mai delle immagini nitidissime di quello che hai vissuto, ma alcune sensazioni, le voci, magari qualche frase o qualche odore potrebbero tornare a farti visita. Ad ogni modo credo che dei farmaci possano risolvere la situazione... Metteranno tutto a tacere.
-E se io volessi ricordare?
L'espressione piuttosto infastidita e quasi compassionevole che ricevette come risposta non le piacquero per nulla, ma rimase comunque ad ascoltare.
-Lexi, sinceramente, non credo che ti possa portare qualche giovamento ricordare quei mesi. Sei ancora fisicamente debole, il tuo cuore ha subito due attacchi cardiaci nell'arco di pochissimo tempo e tutte quelle emozioni ti debiliterebbero e basta. Lascia perdere, lo dico per la tua salute.
“Quella di cui non mi sono minimamente curata quando ho deciso di prendermi una pallottola in piena spalla per salvare la vita ad un ragazzo con cui non ho praticamente mai parlato? Direi che spetta a me decidere che cosa farne...”.
-Fidati di me Lexi. So cos'è meglio per te.
Sapeva perfettamente che a Mia quel dottore non stava per nulla simpatico, e sinceramente stava cominciando anche a capirne le motivazioni: tutto quello che diceva lui doveva essere oro colato e la cosa le dava parecchio fastidio. Nessuno poteva sapere cosa fosse meglio per lei, dato che Lexi stessa non ne aveva la più pallida idea. Salutò l'affascinante ed irritante dottore ed uscì dal suo studio alla ricerca di Morgan, che però non vide. Si guardò un po' intorno, fino a quando non si accorse che appoggiata sullo stipite dell'ambulatorio poco lontano da dove si trovava lei, c'era una signora tutta intenta a sorriderle. La vide avvicinarsi nella sua direzione, tanto che Lexi si chiese se fosse il caso di scappare a gambe levate: ma era un'infermiera, quindi almeno in teoria si poteva fidare.
-Ciao Lexi. Ti ricordi di me?
Altro sorriso enorme e qualcosa scattò nella sua testa: di nuovo lo stesso nero, di nuovo quel tunnel e una voce identica a quella che aveva appena udito che la salutava, proprio nello stesso modo tranquillo e al tempo stesso allegro e pieno di vita. Poi la sensazione di qualcosa a sfiorarle il dorso della mano, delle dita paffute e leggermente segnate dagli anni, ma calde, terribilmente calde ed accoglienti, quasi materne. Lexi riaprì gli occhi e si trovò a fissare quelle stesse mani che aveva appena sentito, che toccavano realmente le sue. Non seppe perché ma una lacrima scese dispettosa sulla sua guancia, portandosi dietro un po' di mascara. L'infermiera dal volto sorridente e gentile, con due meravigliose fossette ai lati della bocca solcata da qualche ruga, le asciugò il viso e l'accompagnò a sedersi sulle sedie dove, fino ad una mezz'ora prima, era seduto Morgan.
-Sono Sarah... L'infermiera che ti seguiva quando eri qui.
-Sì, mi ricordo di lei... O meglio, la mia testa vorrebbe ricordarselo ma io non so come aiutarla... Mi scusi, non volevo disturbarla, stavo solo cercando mio padre.
La donna sorrise di nuovo e Lexi non poté far altro che lasciarsi contagiare dalla tranquillità che trasmetteva: chissà se magari le aveva fatto lo stesso effetto quando era in coma.
-Stai tranquilla, Lexi: ne ho passate di peggio con te! Tuo padre è andato un attimo a prendersi un caffè dato che non uscivi più e mi ha chiesto di dirtelo... Ma ad ogni modo: come stai tu?
Quella donna sembrava interessata davvero a sapere come andassero le cose e Lexi si sentì libera di rispondere senza nascondere nulla.
-Non molto bene a dire il vero. Spesso mi capita di avere dei balckout al cervello che mi fanno ricordare cose che io non penso di aver mai fatto e il Dottor So Tutto Io Fidati Della Mia Super Intelligenza Lawson dice che dovrei prendere dei farmaci per far smettere tutto, perché sono troppo debole per ricordare... Ma io voglio farlo! Voglio sapere che cos'è successo in quei mesi! Ho come l'impressione che lì ci sia la chiave per riprendere in mano la mia vita... Starà pensando che sono pazza, vero? Sa che le dico: che, forse, ha pure ragione. Sono pazza o comunque non normale...
L'espressione che Lexi si sarebbe aspettata di scorgere sul viso della donna era fatta di compassione, di preoccupazione in parte e per lo più di pena, ma non vi lesse nulla del genere. La stava guardando come se la capisse e le desse ragione, come se sapesse più di quanto le stava per dire ma qualcosa la trattenesse dal rivelarle tutto.
-Essere “non normali”, come dici tu, non è un difetto Lexi, anzi. È qualcosa di cui andare fieri. E credimi se ti dico che non sei pazza... Sai cosa credo? Credo sia il caso che tu vada da uno psicologo, in modo che tu riesca ad imparare a gestire questi episodi, senza che ti vengano attacchi di panico o forti emicranie e magari potresti anche ricordare qualcosa e trovare la chiave di cui parli... Tieni: questo è il numero di una mia cara amica che potrebbe aiutarti. Fidati di te stessa, Lexi. So che ce la puoi fare. Avrebbe voluto chiederle come potesse esserne così sicura, come facesse a sapere così tante cose su di lei, ma la voce di Morgan le impedì ulteriori domande.
-Ah sei qui! Allora com'è andata?
-Bene... Sì, bene...
La risposta distratta di Lexi fece voltare Morgan in direzione della simpatica infermiera che con un sorriso sempre rassicurante gli disse:
-Credo che sia stanca. E' meglio che tu vada a casa Lexi. Ci vediamo... E buona fortuna.
Le strinse per un'ultima volta la mano e a Lexi sembrò che quel gesto avesse fatto parte della sua routine per molto tempo, tanto naturale le era parso. Uscì dall'ospedale con la testa da un'altra parte e si fece riaccompagnare a casa da Morgan, con in borsa un bigliettino da visita che diceva “Dottoressa Athena Lang, psicologa e psicoterapeuta”, impaziente di poterla chiamare e prendere il primo appuntamento.
Non salutò nemmeno Mia, che era tutta concentrata sulla sua macchina da cucire, immersa in chilometri di tessuto saten fucsia che avrebbero fatto venire il voltastomaco persino a Lady Gaga e si diresse a passo svelto in camera sua, dove prese il cellulare dalla borsa assieme al piccolo cartoncino color panna e fece un bel respiro profondo. Doveva sistemare la sua vita e quello era un buon modo per cominciare.
-Pronto? Studio della Dottoressa Athena Lang, con chi parlo?
La voce decisamente troppo gioiosa e alta per una donna che Lexi aveva immaginato filiforme, impassibile ed alquanto elegante, le fece cambiare idea, tanto che una figurina rubiconda e solare, con dei capelli sale e pepe ricci, si fece spazio nella sua mente iperattiva, dandole ulteriore conferma di come avesse bisogno di parlare con qualcuno di qualificato.
“Mi ricorda tanto l'infermiera che ho incontrato prima in ospedale.. Come ha detto di chiamarsi? Simone? No... Aspetta...”.
-Pronto?? C'è qualcuno?!
“Sarah! Ecco come... Oh, devo rispondere!”.
-Sì, sì... Ci sono!
-Oh bene... E il tuo nome è...?
-Lexi! Lexi Golder, per la precisone.
-Oh mio dio! Io ti conosco... Cioè non te personalmente, ma conosco la tua storia! Allora Lexi, cosa ti spinge a chiamarmi?
Per una frazione di secondo ebbe come l'impressione che farsi analizzare da una persona che non sembrava essere tanto più “normale” di lei non fosse una grande idea, ma era stanca di essere quella normale o di cercare di esserlo, quindi decise di fidarsi della donnina rubiconda e dal sorriso rassicurante che si era piazzata nella sua testa.
-Vede, io vorrei prendere appuntamento per parlare con lei... Un'infermiera, si chiama Sarah, mi ha dato il suo numero e mi chiedevo se...
-Certo che sì! Cara Sarah: è da un po' che non ci sentiamo, forse perché l'ultima volta che ci siamo viste l'ho letteralmente lasciata in mutande, giocando a poker! Ad ogni modo, hai detto che vorresti fare quattro chiacchiere con me: molto bene! Che ne dici di dopodomani??
Non si era aspettata così poco preavviso, ma l'aveva detto lei stessa che voleva cominciare a sistemare la sua vita, quindi tanto valeva mettersi subito a lavoro.
-Va bene, perfetto... A dopodomani, allora.
-Alle dieci! Ti aspetto Lexi! Baci!!!
La telefonata terminò così in fretta che quando Mia sbucò con la testa dentro la camera per chiedere con chi stesse parlando, Lexi aveva già messo via il cellulare, facendo finta di nulla.
-Con nessuno... Stavo solo pensando ad alta voce che forse è giunto il momento di togliere un po' di poster dalle pareti.
Non era ancora pronta per dire a qualcuno, anche se si trattava di Mia, che voleva andare da una psicologa, ma forse era davvero pronta per togliere almeno dalla sua camera ogni evidenza della Lexi passata.
- E allora che l'operazione Disinfestiamo Questa Camera abbia inizio!!!
- I miei poster non sono dei parassiti!
- Fidati: quelli che ci sono fotografati sopra sì! Quindi, mettiamoci al lavoro!!




27th February 2014


Se qualcuno avesse detto a Lexi che si sarebbe trovata a ventidue anni, in una freddissima mattinata di fine febbraio, a suonare il campanello dello studio di una psicologa  che l'avrebbe aiutata a gestire i postumi alquanto strampalati di un coma durato cinque mesi, non gli avrebbe mai creduto. Ma a quanto sembrava, la vita aveva parecchie sorprese in serbo per Lexi, proprio a partire dallo strano personaggio che andò ad aprirle la porta. Era almeno quindici centimetri più bassa di Lexi, il che la faceva assomigliare molto ad un australopiteco, almeno questa fu l'immagine che si piazzò nella sua mente appena la vide affacciarsi con quel viso rotondo e sorridente. Più che una psicologa le diede tanto l'impressione di essere una di quelle cuoche che lavoravano negli asili pubblici, abbastanza robusta, con un sorriso stampato sul viso roseo e rubicondo, un paio di occhialetti arancioni appoggiati sul naso e sorretti da una cordicella di perline, con uno chignon di capelli biondi decisamente scompigliato. Bastò un sorriso più accennato quando riconobbe chi fosse la nuova arrivata e a Lexi stette già simpatica.
Era sempre stato così: le persone o le piacevano a pelle oppure avrebbero avuto parecchie difficoltà a farle cambiare idea.
-Buongiorno cara! Tu devi essere Lexi! Eh sì: ho visto un sacco di tue foto sui giornali, ma nessuna ti rende davvero giustizia: sei splendida, davvero! Ma vieni dentro, su, che fuori si gela...
La signora Athena Lang non le lasciò nemmeno il tempo di imbarazzarsi per quei complimenti decisamente inaspettati, che le fece strada verso l'interno del suo studio: era una stanza accogliente, di dimensioni modeste a cui si accedeva dopo un breve corridoio pieno di quadri che riportavano le lettere A.L. come firma.
“Quindi è anche una pittrice... Andrebbe d'accordo con Zach. Ma che diamine sto pensando?”.
La luce aranciata che si dipanava da due lampade ai lati della stanza, rendeva quell'ambiente raccolto molto simile ad un nido e la cosa piacque parecchio a Lexi che, senza esitazione, ad un cenno della donna sorridente, si accomodò su una delle comode poltrone damascate che occupavano gran parte della stanza. Una piccola scrivania piena di fogli, libri e cd cercava di ricavarsi un po' di spazio vicino alla parete di sinistra, mentre un tappeto morbido si stendeva per metà stanza, invogliando a togliersi le scarpe e i calzini, per sentirne la consistenza con i piedi. O almeno Lexi l'avrebbe fatto volentieri. Una musica di sottofondo, fatta di rumori della foresta e scosciare di ruscelli, si diffondeva per lo studio, evitando che i silenzi diventassero troppo pesanti da sopportare o imbarazzanti, facendo rilassare immediatamente Lexi che la mancanza di parole non l'aveva mai sopportata molto, perché la lasciava sola con i suoi pensieri, il più delle volte a dir poco pericolosi.
-Allora Lexi, ti piace qui?
“In che senso se mi piace qui? Perché se non mi piacesse il suo studio cosa farebbe: lo cambierebbe per me??”.
-Ci stai pensando troppo. Qui esiste solo una regola: dire sempre e solo quello che si sente... Senza riflettere se sia giusto o sbagliato, quello si impara a farlo dopo, prima è necessario sapere che cosa si ha dentro per sistemarlo.
Era lì da meno di cinque minuti e si era già resa conto di aver sempre sbagliato tutto nella sua vita: neanche male come inizio.
-Sì, mi piace. E' accogliente...
-Puoi sederti come vuoi, l'importante è che tu stia comoda... Puoi anche toglierti le scarpe. Ho visto che il mio tappeto persiano ti attira parecchio.
La dottoressa Lang era seduta di fronte a lei, un po' sprofondata nella vecchia poltrona, con i suoi pantaloni neri e la tunica dello stesso arancione degli occhiali, gli abiti leggermente spiegazzati per quella posizione, eppure risultava perfettamente a suo agio e dal tono con cui l'aveva detto, Lexi intuì che quel tappetto fosse sul serio suo e che l'avesse comprato in qualche mercatino del Medio Oriente, durante un meraviglioso viaggio alla ricerca di sé stessa. Facendo quello che le aveva detto la dottoressa, Lexi si tolse le scarpe, tastò un poco la morbidezza di quel tappeto che era batuffoloso esattamente come se l'era immaginato e poi incrociò le gambe sulla poltrona, prendendo un enorme cuscino che era appoggiato sullo schienale per portarselo in grembo. Così si sentì perfettamente a suo agio e, stranamente, al sicuro.
-Allora Lexi, vuoi sapere che cosa so io di te?
Dalla sua espressione sorpresa, Athena si rese conto che la giovane ragazza che le sedeva di fronte, protetta sotto ogni punto di vista, sia fisico che emotivo, da cuscini e barriere di delusioni e paure, non si aspettava un approcciò così diretto ma con lei le cose funzionavano in quel modo: le persone che parlavano con lei non erano pazienti, ma individui con una storia e con quasi sempre la consapevolezza che chi gli stava di fronte avesse già un'idea ben formata su di loro. Invece Athena voleva conoscerli per come si vedevano loro e poi fargli capire che cosa fossero realmente. All'epoca, aveva funzionato anche con lei che, in quel momento, si rivedeva parecchio nel sorriso cordiale e negli occhi spenti di Lexi.
-Sì, credo di sì...
Si tolse gli occhiali da lettura dal naso a patata e lasciò che penzolassero sul tessuto morbido della tunica che indossava e che aveva comprato su una bancarella in uno dei tantissimi mercatini che aveva visitato ed amato a Mumbai, quando ancora si chiamava Bombay.
-Vediamo un po': so che hai ventidue anni compiuti a Novembre, che sei del segno dello scorpione, che ti mancano pochi esami per laurearti in Storia, che la tua migliore amica si chiama Mia, che i tuoi colori preferiti sono l'arancione e il verde, che lavoravi part-time in una piccola libreria a Nothing Hill...
Fino a quel punto aveva detto solo cose vere e che non potevano essere messe in discussione, tanto che Lexi non si sentì per nulla esposta nell'udirla snocciolare tutti quei fatti che la riguardavano, ma la parte difficile doveva ancora arrivare.
-So anche che i tuoi genitori si chiamano Karen e Morgan, che si sono separati quando tu eri una bambina e che tuo padre si è messo assieme ad una ragazza molto più giovane, allontanandosi da te e da tuo fratello David quasi definitivamente... So che non hai molte amiche, anzi, che la sola persona con cui hai qualche tipo di rapporto un poco più stretto è Mia e che sei irrimediabilmente persa per una band che si chiama The Rush e per cui hai rischiato la vita, pur di salvare la loro... Ho detto bene?
Vedersi servire un quadro così schietto e ben poco indorato della propria vita avrebbe fatto male a chiunque, ma a Lexi sembrò quasi una pugnalata in pieno petto: non era più molto sicura di aver preso la decisione giusta ad andare lì. Si limitò ad annuire, con una sorta di nodo alla gola che premeva per soffocarla e costringerla a buttare fuori ancora quelle lacrime che ultimamente aveva visto scorrere troppo spesso sul suo viso, mentre era in presenza di altre persone.
-Quello che non so e che mi piacerebbe capire è perché...
Già: perché?
Era il quesito che sempre aveva tormentato Lexi, che aveva passato praticamente tutta la sua vita a chiedersi che cosa ci facesse lei su quel pianeta che tutti chiamavano terra e sembravano capaci di sfruttare al meglio, quando lei, invece, riusciva solo a stare lì e guardarli vivere. Eppure, in quel momento, le parve come se quella domanda gliel'avesse già posta qualcun altro, ma non riusciva a ricordarsi chi e soprattutto quando.
-Vuole sapere il perché di cosa?
Non ricevendo risposta dalla donna di fronte a lei, ma solo un ostinato silenzio di attesa, Lexi sentì una chiara sensazione di fastidio farsi largo dal profondo del suo stomaco e finalmente la riconobbe: era frustrazione e di nuovo le sembrò di conoscerlo in ogni sua sfumatura quel sentimento, così lasciò che le parole uscissero da sole, senza alcun tipo di freno, incurante delle conseguenze che avrebbero potuto avere.
-Vuole sapere il perché non abbia altre amiche oltre a Mia? O perché abbia ricominciato a parlare con mio padre solo un mese fa? O perché non abbia mai avuto un ragazzo serio? O perché mi sia gettata su quel proiettile senza pensarci due volte? Lo vuole veramente sapere?
Il tono della sua voce si era inevitabilmente alzato ed una serie incessante di lacrime calde aveva cominciato a scorrere sulle sue guance, ma Lexi non se ne curò, troppo presa dalla frenesia di poter cavalcare l'onda di quella possibilità di dire le cose come stavano veramente, per la prima volta, anche a sé stessa.
-Perché non sapevo che cosa significasse vivere e non mi importava nulla se avessi smesso da un momento all'altro.
Ecco: l'aveva detto ed improvvisamente si sentì più leggera.
Il  macigno di quel segreto inconfessabile si era appena tolto dal suo cuore per cadere pesantemente sul prezioso e morbido tappeto persiano della dottoressa Lang. Non era abituata ad avere tutto quello spazio dentro di sé e la cosa la spaventò a tal punto che dovette stringere più forte al petto il grande cuscino damascato che teneva in grembo, cercando di non far scivolare fuori i pezzi rimasti del suo cuore. Era esposta come mai prima d'allora ed aveva paura che le cose potessero scivolarle delle mani, perché aveva seriamente pensato che tutto quel dolore e quella frustrazione potessero annientarla un giorno o l'altro, eppure era riuscita a buttarli fuori.
-Perché non ti importava?
La voce della dottoresse Lang arrivò bassa e carezzevole alle orecchie di Lexi, che però era già persa nel solito turbinio di pensieri che la lasciava affaticata e priva di speranza, ma decise quella volta di seguirlo ad alta voce, rispondendo magari anche alla domanda che le era stata posta.
-Alle volte mi sembrava davvero che non avesse importanza se io mi fossi alzata dal letto oppure no, come se tanto il mondo sarebbe andato avanti lo stesso, indipendentemente se io avessi respirato ancora o no... Ho sempre vissuto nell'ombra, sono stata innamorata di Lucas, uno dei The Rush, per undici fottutissimi anni e vorrei tanto dire che mi sono buttata su quella pazza solo perché lo amavo alla follia e avrei dato la mia vita per lui... Anzi, magari mentre lo facevo pensavo pure una cosa del genere, ma se ora mi fermo a rifletterci su, so perfettamente che non l'ho fatto per quello... So che ho visto gli sguardi terrorizzati di tutti, le cose che andavano a rallentatore e nessuno che pensava di fare qualcosa di utile e poi... Poi...
Le lacrime divennero troppe persino per lei che ne aveva versate parecchie in quei ventidue anni di vita, ma sempre di nascosto da sguardi indiscreti o amichevoli. Quello era il suo segreto.
Una scatola di fazzolettini di carta comparì di fronte ai suoi occhi appannati e, quando alzò la testa, un sorriso rassicurante e straordinariamente comprensivo si prese cura di quel momento difficile.
-Grazie.
Dopo averne presi un pochi ed essersi calmata un attimo, con ormai il naso rosso e le palpebre belle gonfie, Lexi riprese a far fluire quel torrente impetuoso di considerazioni ed emozioni che la stava sommergendo da troppo tempo.
-Ho solo pensato che così qualcuno si sarebbe accorto di me e che avrei finalmente fatto qualcosa di utile con la mia vita...
Ed eccola là: la consapevolezza che non si fosse mai sentita abbastanza, che non avesse mai fatto abbastanza, che non fosse semplicemente all'altezza della vita.
“Wow... E' strano. Mi sento vuota... Ora basta solo che non mi rivolga un qualche sguardo di compassione o pena perché non so come potrei reagire... Non sono emotivamente stabile al momento, o forse non lo sono proprio mai stata...”.
Invece quello che si trovò davanti furono due occhi nocciola molto simili ai suoi, solo più maturi e sicuri che le cose si sarebbero sistemate, certi che lei ce l'avrebbe fatta. Le ricordarono per contrasto quelli di Lucas, il giorno della sparatoria: della stessa identica tonalità, ma così diversi per tutte le emozioni di puro terrore e stupore che vi aveva letto dentro. Era riuscita a conquistarsi la sua attenzione quella volta, ma non era bastato per farlo innamorare di lei e ad essere sinceri, Lexi si rese conto che non era nemmeno quello che voleva davvero.
-Ti sei resa conto che hai sempre parlato all'imperfetto? Come se fosse una cosa passata, che non ti riguarda più o che, comunque, stai cercando di superare?
Lexi non ci aveva fatto minimamente caso, ma la dottoressa Lang aveva ragione, su più fronti: non solo aveva parlato al passato perché quegli eventi erano accaduti ormai sei mesi prima, ma perché non le sembrava più di essere quella ragazza, la stessa che aveva pensato quelle cose. Non che avesse cominciato a vivere la sua vita ogni giorno come se fosse l'ultimo, forse quello non sarebbe mai riuscita a farlo, ma le cose stavano cambiando e poteva benissimo sentire il ritmo potente di una marcia incessante dentro di lei.
-Lexi, quello che senti dentro è giustissimo. Quel senso di frustrazione dato dal sapere, dentro di te, che potresti fare e dire molto di più e, perché no, anche meritare di più, mentre invece non fai altro che vedere le occasioni andarsene senza che tu le abbia colte, è giusto... Ma credimi se ti dico che le cose non saranno sempre così. Arriverà il momento in cui pretenderai di creartelo il tuo posto in questo mondo e non aspetterai che sia qualcun altro ad affidartelo... Il momento in cui non avrai più paura di provare qualcosa di diverso da un amore platonico e ti lascerai andare ad un sentimento vero, fatto di mani che si intrecciano e di sguardi capaci di perdersi l'uno nell'altro... E sinceramente credo che questo momento sia arrivato per te. Non in tanti avrebbero rischiato la loro vita per salvare quella di qualcun altro, senza ottenere nulla in cambio, perché anche se in quell'istante ti interessava poco della tua persona, credimi che quasi nessuno si sarebbe messo tra quella pallottola e quei ragazzi. Lexi, tu hai deciso che la tua vita era meno importante della loro e questo è un segno di grande spirito di sacrificio e di abnegazione, entrambe qualità che ora sono difficili da trovare... Hai salvato loro per salvare la vita di migliaia di ragazze che come te li supportano, permettendo che i loro sorrisi illuminassero ancora le vite di quelle giovani donne... Sì, mi sono informata se te lo stai chiedendo ed è per questo che sono convinta che ogni persona lì fuori vorrebbe ringraziarti per ciò che hai fatto e non si dimenticherà mai di te. Io non dico che si debba sventare un omicidio per essere ricordati e fare qualcosa della propria vita, ma tu l'hai fatto e questo ha segnato solo l'inizio della nuova persona che puoi essere Lexi... Le persone a cui vuoi bene e che ti vogliono bene ti ricorderanno comunque, perché sei una ragazza speciale e te lo si legge negli occhi brillanti che hai... Devi solo imparare a non aver paura di provare, perché solo se ci si tenta si rischia di riuscire. Ed in ogni caso, il tentativo sarà valsa tutta la tua vita.
Forse non era molto professionale, ma Athena non era mai stata professionale un solo giorno della sua vita da psicologa, o almeno non come se lo aspettavano i manuali che per anni aveva studiato, così lasciò che quella ragazza dai lunghi capelli castani ed un sorriso dolce e contagioso, si alzasse dalla poltrona su cui si era nascosta e l'abbracciasse come se le avesse appena salvato la vita.
-Grazie... Davvero...
Stava ancora piangendo Lexi, ma erano lacrime di sollievo, come se davvero le cose da quel momento sarebbero potute andare meglio. Magari qualcuno, fra un paio di secoli, avrebbe studiato la sua vita come lei amava fare con i personaggi che riempivano i suoi testi dell'università. O magari sarebbe rimasta nel cuore di chi l'aveva conosciuta davvero e sinceramente cominciava a pensare che le sarebbe bastato quello.
Si sciolse da quell'abbraccio a dir poco inusuale per una persona come lei che dava veramente poca confidenza agli estranei, ma si disse che quella era la vecchia Lexi e che ora bisognava cominciare tutto da capo.
-Allora Lexi, che ne dici di parlarmi un po' di questi flashback che ogni tanto vengono a farti visita?
Trascorsero la seguente ora a parlare di tutto quello che Lexi era riuscita a ricordare e a come si sentisse durante e dopo quei momenti di alienazione dalla realtà. La dottoressa Lang le insegnò qualche semplice tecnica di rilassamento da attuare qualora i flashback la sconvolgessero più del dovuto e le disse che si sarebbero trovate la settimana successiva per imparare come gestirli al meglio.
Quando Lexi uscì dal piccolo ed accogliente studio della dottoressa, l'aria fredda di fine febbraio che minacciava neve le sferzò impietosa il viso ancora leggermente arrossato dal pianto, ricordandole come la vita vera fosse un pochino più difficile di quanto potesse sembrare dentro quelle quattro mura sicure. Vide un gruppo di ragazze che stava passando sul marciapiede dall'altro lato della strada ed il suo primo istinto fu quello di nascondersi, perché non era ancora abituata a tutte quelle attenzioni da parte della gente, ma i suoi tentativi di mimetizzazione con l'asfalto non ebbero grandi risultati, tanto che il gruppetto cominciò a confabulare e poi a farsi strada verso di lei. Sarebbe potuta scappare, come faceva quasi sempre, oppure smetterla di essere così paurosa e provare qualcosa di nuovo.
“Se le cose si fanno difficili posso sempre dire che ho un impegno e scappare...”.
Prese un profondo respiro e sorrise alle cinque ragazze di circa diciassette anni che aveva di fronte: poteva farcela.
-Tu sei Lexi Golder, vero?
Chiese una di loro, forse quella più intraprendente.
-Sì, sono io...
-Oddio ciao!!
-Ciao. Piacere di conoscervi ragazze...
-Piacere nostro, Lexi!!!
-Oddio non ci credo!
Un turbinio di mani da stringere e guance da baciare si fiondò su Lexi che cercò di gestire la cosa al meglio delle sue possibilità da imbranata cronica quale era.
-Posso chiederti una cosa?
Quella più intraprendete riprese la parola, guardandola dritta negli occhi. I suoi erano di un verde salvia molto simile a quello di Hugh. Era pronta per rispondere ad una domanda sull'incidente? Non l'avrebbe mai scoperto finché non avesse provato, quindi fece segno di sì con la testa.
-Perché l'hai fatto? Insomma: capisco che ti piacciano, ma diamine hai rischiato la tua vita per loro!
“Magari evitiamo tutta la parte del non mi interessava molto della mia vita e del volevo essere ricordata, e teniamoci sul soft...”.
-Perché non era giusto che migliaia di ragazze si trovassero senza un motivo per sorridere solo per la pazzia di una persona.
Ed era così. Davvero.
-Grazie Lexi!
Un paio di braccia magre si allacciarono al suo collo e la strinsero con così tanta gratitudine che credette di poterne rimanere soffocata, ma era una sensazione bellissima che Lexi non aveva mai provato e che la faceva sentire viva sul serio. Non poté far altro che sorridere Lexi, mentre scattava un selfie con quelle ragazze, mentre le salutava e mentre guidava verso il suo appartamento dal portone blu in Lexington Street. Sorrideva alla vita e sentiva che, forse, quella poteva anche essere chiamata felicità.





Hi sweethearts!
Capitolo a dir poco lungo (praticamente tutto febbraio) ma volevo che poteste vedere i passi avanti che sta facendo Lexi. Ho scritto questa parte ormai tre anni fa e vi assicuro che le lacrime sono scese nonostante sia passato così tanto tempo... Lexi è uno dei personaggi a cui sono più legata tra tutti quelli di cui ho scritto e spero sul serio che possiate volerle almeno un po' del bene che le voglio io ^^
E se da una parte abbiamo una Lexi che rimette assieme i pezzi della sua vita (salutiamo Morgan e la notizia shock del matrimonio O.O'), dall'altra abbiamo Nate che sembra trovare particolarmente interessante il disfare completamente quello che ha. Un po' i suoi timori nel portare Lexi nel suo mondo sono comprensibili, ma non so se del tutto giustificabili. Voi che ne pensate?
Grazie mille per aver letto fin qui e per le preziosissime recensioni **
A presto (spero)
Lots Of Love xx

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Capitolo 32
*** 10th/15th March 2014 ***


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10th March 2014



La chiamata arrivò in un noioso pomeriggio di inizio Marzo, mentre Lexi tentava di riprendere in mano alcuni appunti presi ormai più di nove mesi prima, per recuperare gli ultimi esami prima della laurea. Non aveva più voglia di rimandare quello per cui aveva lavorato negli ultimi tre anni e poi studiare riempiva quelle giornate infinite in cui non si sentiva ancora pronta ad uscire di casa ed essere costantemente fermata da qualche fan della band. Era andata altre due volte dalla dottoressa Lang e le cose cominciavano decisamente a migliorare: le aveva spiegato alcune tecniche per controllare i flashback e, nelle prossime sedute, le aveva promesso che avrebbero iniziato a parlare di quello che si ricordava per dedurne qualcosa di concreto.
Un timidissimo sole, che illuminava i fogli fittamente scritti di Lexi, entrava dalla finestra leggermente socchiusa del salotto e la stava distraendo più del dovuto. Da quando aveva tenuto quella conversazione nello studio della dottoressa Lang si sentiva strana, era come se tutto il suo passato interesse per la vita delle persone vissute molto prima di lei si fosse tramutato in una spasmodica voglia vivere la sua di vita, rendendo ostico qualsiasi tentativo di concentrazione. Così, quasi trasse un sospiro di sollievo quando il suo cellulare, appoggiato sul divano accanto ai suoi piedi, iniziò a diffondere nell'aria tiepida le note di Through The Dark. L'aveva messa come suoneria il giorno stesso in cui aveva ascoltato l'album, perché in fin dei conti, anche se Nate non si era più fatto vivo, era convinta che quella canzone fosse per lei. O almeno, Lexi la sentiva sua. -Pronto?
-Pronto Lexi? Sono Pablo... Pablo Higgins.
Cinque secondi di silenzio in cui il cervello di Lexi si accese come una lampadina e le fece rendere conto chi fosse davvero il suo interlocutore.
-Oh, buongiorno signor Higgins.
-No, no, no Lexi! Chiamami solo Pablo, per l'amor di Dio! Hai salvato la vita ai miei ragazzi, dovrei essere io a darti del lei! Ma, saltiamo tutte queste sciocchezze da galateo e dimmi invece come stai?!
La familiarità con cui le stava parlando era decisamente disarmante, ma Lexi decise di assecondarlo e capirne di più: non aveva forse deciso di vivere la sua vita fino in fondo? -Io sto bene, sì... Sto ricominciando a prendere in mano libri ed appunti per l'università dato che la mia vita deve andare avanti, giusto?
-Giustissimo cara! Ma credo che tu possa concederti una piccola pausa dallo studio per un pomeriggio, no?
-Sì... Penso, di sì... Ma perché dovrei?
-Perché ho una super sorpresa per te! Voglio dire: hai aspettato anni per poter incontrare di persona i ragazzi e l'unica volta in cui è accaduto, tu eri stesa su un letto d'ospedale senza poter fare o dire nulla, quindi direi che è giunto il momento di rimediare!
“Ehi, ehi, ehi! Fermi tutti! Pablo, il manager dei The Rush in persona, mi chiama per dirmi che non è giusto io abbia ottenuto un solo incontro così e che dunque... No, dai.. Non può essere... Sarebbe assurdo...”.
-Spero tanto tu sia libera questo sabato, perché cinque ragazzoni rompi scatole e molto riconoscenti desidererebbero incontrarti!
Ed eccola là, la notizia che aveva aspettato per gli ultimi quattro anni e che le fece ricordare qualcosa, di nuovo.
Era ormai nel familiare tunnel nero e la sensazione di non riuscire a svegliarsi nonostante lo volesse con tutte le sue forze, cominciava a farle mancare il respiro, ma ciò che le tornò in mente, in maniera stranamente chiara, era la voce di sua madre che le annunciava l'arrivo dei The Rush.
Prima che potesse annegare in quella tristezza che la stava sommergendo per non poterli incontrare davvero, uscì dal ricordo e respirò a fondo. La luce era diventata un pochino più forte e cominciava a scaldarle le gambe, lasciando un piacevole tepore che si diffuse per tutto il corpo.
-Lexi? Tutto bene?
-Sì, sì, è solo che fa strano pensare di poterli incontrare davvero... Grazie Pablo, grazie davvero.
-Lo prendo per un sì, allora!! Non vedo l'ora di rivederti Lexi ed anche i ragazzi, credimi! Un'auto passerà a prenderti verso le tre per potarti nel luogo dell'incontro... E stai tranquilla: sarà una cosa molto semplice ed informale, anche perché organizzare qualcosa di sofisticato con quei cinque è assolutamente impossibile... Bene: allora a sabato Lexi!! Buona giornata!!!
-Okay... Buona giornata anche a te Pablo!
Il silenzio.
Solo le particelle di polvere che fluttuavano per il salotto, illuminate dalla luce, a farle compagnia e quel fastidiosissimo ticchettio dell'orologio a forma di balena che Mia si ostinava a tenere appeso sopra la televisione.
Il rumore era tutto dentro di lei.
Ce l'aveva fatta, no? Era riuscita ad avere la possibilità di incontrarli e, perché no, di conoscerli. Si sarebbe dovuta sentire pienamente ed infinitamente felice.
“Ma allora perché mi sento così?”.
Era una sensazione di terrore subdolo che si espandeva dal fondo del suo stomaco, diffondendosi in ogni cellula del suo corpo, rimanendo nascosto in un angolo, ma costantemente presente. Lexi avrebbe tanto voluto capire da dove sbucasse fuori quella paura irrazionale, di non sapeva nemmeno lei cosa. Il suo sguardo cadde sull'album che i ragazzi le avevano fatto avere in anteprima e che ormai aveva consumato: era appoggiato sul tavolino basso, in mezzo a maree di bozzetti di Mia e fogli di appunti sulla gerarchia matriarcale delle società primitive, eppure un fascio di luce cadeva esattamente su di lui, come ad indicare la risposta a tutto.
-Ed ora?
Era quella la domanda che la terrorizzava: che cosa avrebbe fatto dopo?
Gli ultimi quattro anni erano trascorsi cercando di andare avanti, tra concerti in cui era sempre troppo lontana o anonima per essere notata e nuovi album che dopo tre mesi diventavano vecchi e la spingevano a voler qualcosa di nuovo; tra l'inseguire un amore lontano ed impossibile e la certezza che, non arrivando mai a ottenerlo, avrebbe potuto continuare a sognarlo, senza cercare altri sogni per cui lavorare.
-E adesso che faccio? Lucas ha trovato la donna della sua vita ed io li incontrerò davvero... E poi? Poi cosa mi rimarrà? Perché sono stata così stupida da non crearmi un sogno mio in tutti questi anni?
Non cercò di fermarle quelle lacrime, poiché sapeva già che sarebbe stato inutile e frustrante, così le sentì cadere pensanti sui fogli appoggiati sulle sue gambe, cominciando a confondere le parole scritte con una grafia minuscola, quasi fossero anche loro impaurite del mondo come la mano che le aveva tracciate. La dottoressa Lang le aveva detto di assecondare le sue emozioni, ma che cosa sarebbe successo se un giorno non fosse stata capace di gestirle? Sarebbe finita alla deriva, senza la luce di un faro a guidarla verso un porto sicuro?
Di nuovo il buio.
Di nuovo lo stesso tunnel che ormai aveva imparato a conoscere. Solo che questa volta una voce le giungeva più chiara alle orecchie, come se però fosse emessa da un computer, mentre una chitarra cercava di suonare il più dolce possibile.
... Hope your heart is strong enough... When the night is coming down on you... We will find a way through the dark... Io... Sai... Insomma... Magari cantata solo da me non fa lo stesso effetto, però spero ti sia piaciuta lo stesso... Io... Sì, io l'ho scritta pensando a te... Volevo che lo sapessi...”.
Lexi riaprì gli occhi e sbatté le palpebre un paio di volte, incapace di credere a quanto avesse appena rivissuto. Quello era Nate, ne avrebbe riconosciuto la voce dolce e allegra anche in mezzo ad una folla urlante. Quel ragazzo era strano, parecchio strano. L'aveva sempre reputato una persona interessante da conoscere, una di quelle capaci di farti ridere solo con la loro presenza all'interno di una stanza, con un'innata propensione per fare figuracce e l'adorabile capacità di far sì che tutti si affezionino a loro. E quel ricordo sembrava confermare la sua ipotesi, ma l'atteggiamento che aveva tenuto nei suoi confronti nelle ultime due settimane non poteva che smentirla. Non le aveva più scritto su Twitter, ne' risposto e non si contavano più le sue foto con ragazze sempre diverse nei locali più disparati di New York: quello non era il vero Nate, lo sapeva lei, lo sapevano tutte le altre fan.

Ma soprattutto lo sapeva lui, che in quel preciso momento, si stava chiedendo come fosse finito ad essere etichettato “lo sciupafemmine” del gruppo nell'arco di dieci giorni. Nate, le ultime due notti, le aveva trascorse in camera di Hugh, poiché non riusciva più a stare in quelle stanze d'albergo troppo grandi e vuote per i suoi gusti. Fortunatamente, l'amico aveva accettato di buon grado, anche perché sembrava odiare parecchio quel viavai di ragazze alle prime ore dell'alba, che poi si trasformava inevitabilmente in una sequela infinita di foto e di illazioni su Twitter. Così, come quasi tutti i pomeriggi da quando erano arrivati nella Grande Mela, erano in attesa che li andassero a prendere per l'intervista del giorno, Hugh seduto sul letto a petto nudo e i capelli ormai troppo lunghi legati in un codino, che smanettava con il cellulare e lui appoggiato con la fronte sulla finestra fredda, cercando tra il traffico dell'ora di punta un segno che gli chiarisse le idee.
-Lexi ha appena tweettato...
La voce di Hugh lo riscosse dal torpore che la nebbia di pensieri ormai familiare gli faceva provare quasi costantemente e lo guardò con uno sguardo vacuo, che preoccupò parecchio il bel inglese.
-Nate: ho detto che Lexi ha tweettato! Non mi chiedi che cosa?
-Dovrei?
Lo vide alzarsi ed incedere ad ampie falcate verso di lui, agevolato dalle gambe lunghe che madre natura gli aveva regalato, cosa che invece non aveva fatto con lui, impedendogli anche solo di pensare di fuggire da lì. Hugh gli si parò davanti e, come se tutto il furore di prima fosse sparito in un soffio di vento freddo, si sedette sulla poltrona vicino alla finestra ed indicò a Nate di occupare quella di fronte: era giunto il momento di fare quattro chiacchiere.
-Sì, dovresti... Perché è vero che le cose non sono state semplici per voi e che con ogni probabilità, senza rendermene conto, sono stato io il primo a dirti di andare avanti ma non pensavo ti saresti ridotto così! Sei lo spettro di te stesso Nate! E poi che cazzo sono tutte quelle tipe che entrano ed escono dalla tua stanza ogni mattina?!
-E da quando in qua tu usi questo linguaggio?
-Sono serio, Nate! Non mi avresti mai dato una risposta del genere tre mesi fa...
-Tre mesi fa avevo ancora lei!!!
Nate si trovò in piedi, le braccia aperte come a voler dire quanto ovvia fosse quell'affermazione, la voce troppo alta per una pacata chiacchierata tra amici e uno sguardo frustrato più eloquente di tutto il resto. Si risedette stancamente sulla poltrona, lasciando che le mani torturassero i capelli sempre meno biondi che Lou avrebbe impiegato altri dieci minuti a sistemare, prima di andare in onda. Era stanco e non aveva più una singola idea sul da farsi.
-Ce l'avresti ancora, se solo volessi...
Hugh si era alzato, incamminandosi verso la porta della camera, forse anche lui stanco di tutta quella situazione ed incapace di trovare una soluzione. Poi, però, si fermò sulla soglia e, voltandosi velocemente verso Nate, gli disse:
-Leggi che cos'ha scritto...
Mentre il rumore del legno che schioccava sotto la spinta di Hugh riempiva la stanza, Nate prese il cellulare dalla tasca e andò sul profilo di Lexi. Le parole che lui aveva composto per lei, campeggiavano in quel piccolo spazio bianco che era l'ultimo tweet spedito. Che si fosse ricordata? O che avesse capito come quella canzone fosse per lei? In entrambi i casi, nulla avrebbe potuto semplificare le cose: lei era una ragazza normale, per quanto lo potesse essere una persona come Lexi, capace di ammaliare con un solo sorriso, mentre lui era quello che era. Quindi no: non l'avrebbe avuta lo stesso.




15th March 2014


-Questo o quello verde?
-Escludendo il fatto che non è banalmente verde, ma verde petrolio, direi questo...
-Escludendo il fatto che sei pignola come mia nonna Amalia, puoi per favore toglierti quel sorriso sornione dalla faccia, Mia? E' abbastanza irritante.
Lexi tornò in camera sua, gettando il vestito di pizzo bordeaux che teneva tra le mani sul letto e cominciando a togliersi il pigiama con cui aveva pensato di presentarsi all'incontro: che differenza avrebbe fatto, in fin dei conti?
-Si può sapere che succede Lexi? E' da quando hai ricevuto quella chiamata che sei irritabile come una donna in pieno travaglio!
Lo sguardo inceneritore che Lexi lanciò alla ragazza appoggiata sulla porta ed intenta ad annegare un cornetto al cioccolato dentro una tazza di tea, fece capire ad entrambe che qualcosa non andava e che fosse giunto il tempo di una chiacchierata a cuore aperto tra amiche. Peccato che nessuna delle due fosse proprio un asso nel fare la prima mossa, ma quel silenzio carico di aspettative snervò definitivamente Lexi, che si lasciò cadere pesantemente sul letto, con ancora addosso i pantaloni consunti del pigiama ed uno sguardo perso ne vuoto. Istintivamente, si coprì la faccia con le mani, rischiando di rovinare lo smalto rosa antico (a detta di Mia) che aveva appena impiegato venti minuti a mettere, cercando di distrarsi dall'inevitabile. Sentì il corpo di Mia gettarsi sulle lenzuola ancora sfatte, facendola rimbalzare leggermente: l'aveva sempre pensato che quel materasso fosse troppo morbido per chiunque, ma sarebbe stata un'illusa a pensare di poter dare la colpa a quello per le ultime cinque notti passate completamente insonni. -Io non credo di farcela.
Ecco: l'aveva detto.
Quando quel giorno Mia era tornata a casa e Lexi le aveva dato la favolosa notizia, in meno di cinque minuti il cervello di Lexi aveva cominciato a lavorare correttamente ed una serie infinita di dubbi, domande, paure, insicurezze e discorsi senza senza senso si era indaffarata ad occuparle la testa, rendendo la prospettiva di incontrare i The Rush tutto fuorché una favola. Si tolse le mani dalla faccia e le intrecciò sulla pancia nuda: nonostante fosse solo Marzo, quel giorno faceva particolarmente caldo, come se anche il clima stesse impazzendo assieme a lei. Dopo un ultimo morso al croissant, Mia girò di poco la testa di modo da poter osservare meglio l'espressione dell'amica e si accorse di non averla mai vista così tanto stanca come in quel preciso momento. Le guance un poco scavate, continuavano a tirarsi sotto la stretta quasi compulsiva della mandibola; la fronte si aggrottava ad ogni respiro, come se questo portasse con se ondate travolgenti di pensieri; occhiaie violacee erano ben visibili sotto gli occhi leggermente gonfi, segno che anche quella notte fosse trascorsa piangendo ed ascoltando il suo Ipod. Lo sentiva benissimo quando accadeva, ma negli anni aveva imparato come fosse meglio lasciarla sola in quei momenti, sapendo quanto si vergognasse a farsi vedere così.
-Lexi, ne abbiamo già parlato: è solo uno stupido incontro. Con ogni probabilità vi stringerete la mano, vi scambierete qualche frase di circostanza e farete delle foto che finiranno su tutti i siti internet possibili. Fine della storia!
Cercò di suonare il più convincente possibile, ma sapevano entrambe che non sarebbe affatto andata così: conoscevano quei cinque ragazzi abbastanza bene per poter dire con certezza che non si sarebbero limitati a “qualche frase di circostanza”. Ad essere sincera, Mia sperava davvero tanto che nessuno di loro se ne uscisse con la fatidica domanda riguardante la motivazione per cui l'avesse fatto, ma ne dubitava fortemente, forse perché, nella loro situazione, lei avrebbe fatto altrettanto.
-Lo sai che non sarà così, Mia... Siamo sinceri: Lewis parla anche per buchi da cui non dovrebbero uscire suoni articolati...
-Ma che volgare che sei Lexi!!
L'aveva detto ridendo, ma sapeva di aver messo in imbarazzo Lexi, che infatti si stava accorgendo della frase ambigua che aveva appena pronunciato, alzandosi di scatto a sedere e guardandola sconcertata: quando faceva così era adorabile e non poteva credere che Nate se la sarebbe davvero fatta sfuggire.
-Non intendevo quello, cretina!!! Io pensavo alle orecchie! Sei uno strazio, Mia...
-E tu irrimediabilmente imbarazzante!
-Io non sono imbarazzante!!
-Vogliamo parlare del reggiseno che hai addosso?!
Adesso erano entrambe sedute e la faccia demoralizzata con cui Lexi si guardò il petto fece scoppiare a ridere Mia, tanto da costringerla a ributtarsi sul letto e tenersi la pancia.
-Che cos'ha che non va?! I pinguini sono bellissimi!
-Sì, se avessi dodici anni Lexi... Hahahahahaha!!! Ma che caz...
Mia non riuscì a finire la frase perché fu soffocata da una raffica di cuscinate che, una sempre più scarmigliata, Lexi non si risparmiava di lanciarle. Quando entrambe furono ad armi pari, cominciò una lotta all'ultima risata soppressa da un cuscino, che se il cellulare di Lexi non avesse cominciato a squillare sarebbe sicuramente finita per metterle a soqquadro la camera. Lo ritrovò sommerso tra le coperte e quando rispose, aveva il fiato corto, i capelli trasformati in un pagliaio e lo smalto del tutto rovinato.
-Pronto?... Sì, tutto bene... Io stavo solo... Nulla, dimmi Pablo... Anticipare l'incontro? Di un'ora? Quindi... Oh... Ehm... Okay, ora devo andare... Ciao! Abbiamo un problema.
-Un altro?!
-Mia: mi vengono a prendere tra quaranta miseri minuti!
Sguardo d'intesa tra Mia e Lexi, di quelli che si scambiavano da quando avevano sei anni ed avevano capito che in due era più divertente combinare malanni e più semplice sfuggire alla punizione.
-Allora all'opera!!!
Trentacinque minuti, una seduta di trucco intensivo, sette cambi d'abito, un incontro di pugilato con il phone e due paia di calze rotte dopo Lexi stava vagabondando come un'anima in pena per il salotto, mentre Mia cercava di recuperare le forze dalle punte dei piedi per dirle di calmarsi, come se non glielo avesse ripetuto già un milione di volte. -Mi stai consumando il pavimento così! Piantala di andare avanti e indietro, Lexi!
-Sono nervosa, okay? Sono dannatamente e fottutamente nervosa...
-Guarda: non l'avevo capito.
Lo sguardo inceneritore che ricevette in risposta fece capire a Mia di riservare il sarcasmo per altre occasioni e di trovare una soluzione a quel fascio di nervi iperattivo che si ritrovava come migliore amica. La blocco per le braccia quando le passò affianco e la fece voltare nella sua direzione.
-Adesso ti siedi ed aspetti che quel cavolo di campanello...
Non ebbe tempo di terminare la frase, perché un suono per nulla armonioso riempì la stanza ed avvisò entrambe dell'arrivo della macchina. Che fosse pronta o meno il momento era arrivato e l'opzione di tirarsi indietro non era contemplata.
-Non ce la faccio.
Mia si rese conto che Lexi era letteralmente terrorizzata da quell'incontro e non ne riusciva a capire bene le motivazioni.
Lexi invece le aveva tutte elencate in ordine d'importanza davanti ai suoi occhi sbarrati e non riusciva a far altro che scorrerle freneticamente.
-Ora tu apri quelle orecchiette a punta che ti ritrovi e mi ascolti.
Le mani sulle spalle dell'amica e il celeste affilato del suo sguardo puntato nel marrone cioccolato di Lexi, come a volerlo fondere per incastonare quelle parole dentro di lei. -Sei una persona speciale e chiunque abbia la possibilità di conoscerti lo capisce. Sono sicura che loro ti adoreranno proprio come faccio io e a me non hai nemmeno salvato la vita, fai te... Ora vai da loro e sii semplicemente te stessa!
Lexi avrebbe tanto voluto dirle che le voleva bene, che si sentiva fortunata ad averla come amica, ma si limitò a sorriderle e ad annuire, sperando che Mia le leggesse nel pensiero come faceva sempre. Piegò e mise in un cassetto della sua mente la lista dei motivi per cui fosse terrorizzata da quel pomeriggio, afferrò la sua fidata tracolla marrone ed una giacca di jeans leggera, ed uscì di casa, mentre Mia le urlava dalle scale di divertirsi e di comportarsi bene.
“Nemmeno dovessi andare ad un rave... Alle volte è più iper protettiva di mia madre... Cazzo mia mamma!!”.
In quel momento si rese conto di non averla avvisata dell'incontro con i ragazzi tanto era stata impegnata a farsi paranoie su paranoie, così mandò un messaggio veloce a Mia per chiederle di farlo al posto suo, mentre un Pablo tutto sorridente si stava avvicinando a lei.
-Ciao Lexi! E' un piacere rivederti!
-Almeno questa volta sono sveglia!
“Ma che cazzo ho detto?! E' meglio se mi do una controllata e conto fino a undicimila prima di dire qualsiasi cosa...”.
Con sua grande sorpresa, però, sentì la risata roboante di Pablo diffondersi nell'aria frizzante di quel pomeriggio per poi stringerla, altrettanto inaspettatamente, in un abbraccio.
-Grazie Lexi! Grazie davvero.
Non poteva commuoversi o il mascara sarebbe colato sulle sue guance trasformandola in una maschera di Halloween in meno di due secondi, così ricambiò quella stretta potente e cercò di cambiare discorso.
-E' un piacere anche per me, conoscerti Pablo. Allora: dove mi porti?
Si staccarono e Lexi gli rivolse un sorriso dei suoi, quelli semplici ma incisivi, che rimangono dentro le persone che li ricevono, tanto che Pablo si trovò a pensare a come quella ragazza fosse veramente un dono venuto dal cielo per tutti loro, senza ombra di dubbio.
-Ti porto in un posto speciale che sono sicuro ti piacerà.
Le aprì lo sportello posteriore della berlina nera con cui era andato a prenderla e cominciarono a scorrazzare per Londra, attirando gli sguardi dei passanti per strada: evidentemente, i finestrini oscurati dovevano fare il loro effetto sulla curiosità della gente. Le strade illuminate dal primo timido sole di una primavera che stranamente sembrava aver voglia di arrivare, sfrecciavano davanti agli occhi brillanti di Lexi, ormai giunta a quello stato emotivo dove si è pronti ad accettare qualsiasi cosa possa accadere. Non era rassegnazione e nemmeno fibrillazione. Forse c'era un accenno di curiosità ed un pizzico di tensione, ma sicuramente era qualcosa di nuovo che Lexi non aveva mai sperimentato e la cosa le andava bene così.
Si fermarono davanti ad un enorme palazzo fatto di vetrate e metallo, capace di catturare i raggi del sole di Londra rendendoli mille volte più brillanti: una sorta di monito per chi ci entrava di come quella fosse la sede di una delle più famose case discografiche di successo al mondo. Pablo le aprì lo sportello sempre con quel sorriso enorme stampato sul volto, quasi fosse lui quello che stava per incontrare il suo gruppo musicale preferito e la accompagnò attraverso le porte girevoli di vetro e l'ampio atrio gremito di persone che si voltarono tutte nella loro direzione. Lexi non si sentiva così tanto osservata da quando era uscita dall'ospedale tre mesi prima ed era stata assediata da una folla inferocita di paparazzi. Nemmeno l'unica intervista che l'avevano convinta a rilasciare le era sembrata una tortura quanto attraversare quei dieci metri di marmo incerato, prima di nascondersi dentro l'ascensore che Pablo aveva chiamato per loro. Si appoggiò, senza farci molto caso, alla parete di legno scuro ed osservò il suo riflesso sullo specchio che faceva da soffitto. Una sola domanda le affollava la mente, pulsando a caratteri cubitali dentro alla sua testa.
“Che vita è questa??”.
Come si era ritrovata lei, anonima ventiduenne con un sacco di grilli per la testa e nessuna luna sotto cui frinire, a frequentare case discografiche di alto livello per incontrare cinque star internazionali, dopo essere stata prelevata dal suo appartamento da una vera e propria guardia del corpo? Doveva esserle sfuggito qualche passaggio e l'avrebbe volentieri cercato nei meandri della sue infinite congetture mentali, se la voce di Pablo non l'avesse richiamata a quella strana realtà che stava vivendo.
-Non ti devi preoccupare, Lexi. Anche se può non sembrare, sono ragazzi normali, dico davvero... Al massimo sono più casinisti ed infantili, ma credo che con te si comporteranno bene!
Altro sorriso incoraggiante da parte dell'uomo, altra fitta di apprensione dritta allo stomaco di Lexi. Lo sapeva bene che erano ragazzi come tutti gli altri, con uno di loro c'aveva frequentato la stessa scuola per tutta l'adolescenza, la sostanziale differenza stava nel fatto che: per uno aveva avuto una cotta colossale per undici anni della sua esistenza, un altro le aveva più o meno esplicitamente dedicato una canzone del loro ultimo album ed aveva sostanzialmente salvato la vita a tutti loro. Sì, quello non rendeva le cose più semplici. Le porte dell'ascensore si aprirono e Lexi si trovò di fronte un lungo corridoio dalle pareti bianche interrotte da qualche porta in vetro che si affacciava su numerosi uffici, da cui un numero non ben precisato di persone si stava sporgendo per poterla vedere di persona e salutarla. Non sapeva come comportarsi, ma soprattutto maledì mentalmente Mia che l'aveva costretta a mettersi un paio di decoltè nere con tacco dieci che la rendevano pericolosamente instabile sulla moquette grigia che ricopriva il pavimento. Sorrideva e non poteva far altro che continuare a riavviarsi i capelli sempre più lunghi con la mano libera da borsa e giacca, tralasciando il fatto che fosse sudatissima ed appiccicosa.
“Che figura ci farò quando dovrò presentarmi? Ma forse lo sanno già chi sono... No, loro lo sanno già chi sono... Oddio che ansia... Respira Lexi, su... Che cosa ti ha detto la dottoressa Lang? Controlla il respiro e tutto andrà bene... Inspira ed espira... Inspira ed espira... Inspira e”.
-Lexi? Dai pure la giacca a Lucy, siamo arrivati!
Si riscosse da quello stato di trance in cui sembrava essere caduta e consegnò distrattamente la giacca di jeans ad una donna sulla quarantina, con un caschetto alquanto alla moda ed un paio di occhiali dalla montatura rossa, che la stava guardando con uno sguardo tra l'ammirato ed il timoroso: che fosse lei a farle quell'effetto?
-Scusi, signorina Golder?
“Mi ha dato davvero del lei?? Oddio che ansia!”.
-Mi chiami pure Lexi, la prego...
Dal nulla, tra le mani della donna, comparvero una penna ed un blocchetto per gli appunti, di quelli costosi che Lexi aveva sempre sognato di possedere una volta che il suo primo romanzo storico sarebbe diventato un best seller in almeno dieci paesi europei, e ben presto se li ritrovò sotto il naso, mentre l'impiegata della Psyco Records le chiedeva:
-Oh, okay Lexi... Potresti farmi una dedica ed un autografo per le mie due gemelle? Sono due tue grandi fan, ti ammirano così tanto e questo sarebbe il regalo di compleanno perfetto per loro!
-Lucy per favore! Lasciala respirare! Ha un incontro importante che la aspetta!
-No, no... Va bene. Come si chiamano?
-Oh che gentile! Debra e Missy...
-Allora... A Debra e Missy un enorme augurio di buon compleanno ed un abbraccio! Lexi xx... Può andare bene?

Pablo intanto aveva aperto la porta dello studio di Simon, il fondatore della casa discografica, dove si sarebbe tenuto l'incontro, esponendo così Lexi allo sguardo di cinque ragazzi a dir poco spiazzati. Era vero: l'avevano vista parlare e respirare autonomamente durante quell'intervista che aveva rilasciato qualche tempo prima, ma l'ultima volta che l'avevano vista di persona Lexi era distesa su un letto d'ospedale, un camice bianco come abbigliamento e una marea di cavi che le uscivano da naso e braccia, un pallore impressionante a caratterizzarne il volto. Quella che avevano di fronte a loro, mentre firmava con un piccolo sorriso e un po' di incertezza nelle mani un autografo, era tutt'altra persona e ad ognuno di loro fece un effetto diverso.
Lewis non faceva altro che pensare che fosse più bella di quanto se la ricordasse e che Ellie avesse avuto ragione quando gli aveva detto che era una ragazza davvero gentile ed alla mano, lo poteva capire da come si stava comportando con quella donna che non aveva mai visto prima in vita sua.
Zach si perse a contemplare le movenze leggermente impacciate con cui Lexi faticava a destreggiarsi tra borsa, blocchetto per gli appunti, penna e capelli che continuavano, indisciplinati, a caderle davanti al volto. Era una persona spontanea e ben poche volte gli era capitato di incontrarne, così si sentì infinitamente sollevato da quella constatazione perché era stato fortunato: se mai Lexi si fosse ricordata qualcosa, le sue confessioni sarebbero state al sicuro perché di lei sentiva di potersi fidare davvero. L'unica domanda che affollava la testa di Lucas era: come aveva fatto a non accorgersi mai di Lexi? Insomma, doveva dare ragione a Sophia quando lo aveva chiamato, dopo la sua visita nell'appartamento di Lexington Street, per dirgli che era stato un cretino a lasciarsela sfuggire. Non solo perché era una ragazza indubbiamente bella ma anche perché sembrava dannatamente interessante da conoscere e lui non l'aveva mai degnata neanche di uno sguardo per undici interi anni. Forse era cieco e non lo sapeva. Hugh aveva appena mandato un messaggio a Mia per dirle che Lexi era arrivata ed aveva già fatto colpo su tutti. Lui in primis. Quella ragazza gli era stata simpatica dal primo istante, anche se non c'aveva mai realmente avuto nulla a che fare, eppure dai racconti che la sua ex ragazza gli aveva fornito si era fatto un'idea piuttosto precisa di Lexi ed osservandola con quella donna non poteva far altro che confermare la sua prima impressione: era speciale ed averla nella propria vita doveva essere davvero qualcosa di unico. Fu per questo che decise di trovare un modo per farcela stare il più a lungo possibile.
Sapeva che si sarebbe dovuto dare malato. O dire che gli era morto un gatto che non possedeva. Oppure inventare un'improvvisa invasione aliena sopra casa sua. In ogni caso, Nate sapeva che non sarebbe dovuto andare all'incontro di quel pomeriggio. Il motivo era semplice: ci sarebbe stata lei. Colei di cui non riusciva più nemmeno a pronunciare il nome e che ora era a pochi passi da lui, in tutto il suo disarmante splendore. Non assomigliava a nessuna delle modelle con cui se l'era spassata nelle ultime settimane, non aveva nulla in comune con le donne con cui aveva avuto a che fare in tutta la sua vita, non poteva essere messa a paragone con la compagna dei suoi sogni.
Lexi era semplicemente unica ed in quel momento Nate se ne rese conto con una stretta dolorosa allo stomaco. Il vestito a maniche corte di pizzo bordeaux le fasciava perfettamente il busto e il seno piccolo che aveva, per poi aprirsi in una gonna leggermente gonfia, fino a metà coscia. Le calze nere ed i tacchi non stavano avendo un effetto positivo sul cervello già in panne di Nate e, come se tutto questo non fosse già abbastanza, ci si mise pure il sorriso imbarazzato e dannatamente sensuale che dedicò alla donna con gli occhiali rossi, mentre le riconsegnava penna e blocchetto. Poi si voltò verso di loro e Nate capì di essersi perdutamente innamorato di una ragazza con cui non aveva mai parlato per la terza volta nell'arco di sette mesi.

Li aveva seguiti per quattro anni.
Era andata a tutti i concerti che le sue scarse finanze le avevano permesso.
Aveva fatto follie per i The Rush, tra cui quella di prendersi una pallottola in piena spalla e restare in coma per cinque mesi, ed ora erano davanti a lei, finalmente. Ed erano stranamente normali. Cinque ragazzi che avrebbero benissimo potuto essere suoi compagni d'università.
Questa nuova consapevolezza la lasciò interdetta per qualche secondo: che avesse idealizzato troppo quei cinque individui tanto da non ricordarsi più che fossero persone vere? La risposta arrivò chiara e lampante come il sorriso radioso che Hugh le stava rivolgendo, lasciandola senza fiato. Perché sì, per quattro anni aveva vissuto in funzione di quella band; per quattro anni aveva smesso di pensare che il tempo stesse scorrendo anche per lei, che la vita andasse avanti nonostante lei fosse bloccata in una gabbia che si era creata da sola, fatta di paure e sogni infranti; per undici anni era stata innamorata di una ragazzo di cui non sapeva realmente nulla e che ora la guardava vagamente imbarazzato, forse in cerca di una scusa plausibile da rifilarle qualora le cose si fossero fatte imbarazzanti tra di loro. Ma ora quel tempo era passato. Non poteva riscrivere la sua vita degli ultimi quattro anni, ma poteva sempre decidere con che colori dipingere il futuro che si apriva davanti a lei e che stava assumendo delle tonalità sempre più azzurre, come gli occhi di Nate, puntati nei suoi. Lexi si trovò in difficoltà sotto quello sguardo che sembrava voler dire molto più di quanto lei riuscisse a capire, così interruppe quel contatto con lui e si concentrò su un Pablo sempre più indaffarato con delle bottigliette d'acqua apparse da chissà dove che entrava nella stanza, sorridendo come se non fosse una delle situazioni più strane di sempre.
- Allora: avete già fatto le presentazioni?
Un silenzio indeciso cadde sulla sala e l'uomo, dopo aver appoggiato le bottiglie sul tavolo di vetro alla destra di Lexi, si voltò a guardarli stupito.
- Ma si può sapere che vi prende? Avete perso la lingua oggi?
Hugh scosse la massa ormai informe di capelli mossi che si ritrovava davanti agli occhi e sorrise a quell'ovvietà detta dalla loro guardia del corpo: il vero problema era che nessuno di loro sapeva bene come comportarsi ed essendo lui quello che di solito sistemava le situazioni difficili, decise di farsi coraggio e sciogliere tutta quella tensione.
- Direi che non ci sia bisogno di molte presentazioni, Pablo. Però un abbraccio a Lexi lo darei volentieri!
“Aspetta: com'è che si fa a respirare?? Qualcuno ha un manuale di istruzioni per l'uso dei polmoni? No? Peccato... Vorrà dire che avrò un collasso a breve! Oh, ma piantala Lexi! Ed ecco che riparlo con me stessa in terza persona... Diventerò mai una persona normale?”.
A quella domanda Lexi non ebbe il tempo di rispondere, perché Hugh si era avvicinato a lei con il suo imponente metro e ottantacinque di altezza e la camicia aperta fino a metà a lasciar intravvedere la catenina che indossava sempre e i svariati tatuaggi che gli coprivano la pelle e che la stavano vagamente imbarazzando. L'accolse letteralmente tra le sue braccia forti e per un attimo il cuore di Lexi si bloccò, perché quell'abbraccio era esattamente come se l'era sempre immaginato: rassicurante, protettivo e affettuoso oltre ogni limite sopportabile.
- Sono felice che tu sia qui... Grazie.
Quel sussurro roco soffiato sull'orecchio la lasciò così destabilizzata che nemmeno si accorse dell'avvicinarsi di Lewis e Zach, il secondo decisamente più a suo agio del primo.
- Ciao Lexi! E' bello riuscire a parlarti e sapere che ora puoi anche rispondere!
Non riuscì a trattenersi dal ridere Lexi, mentre ancora scambiava con Lewis un abbraccio piuttosto impacciato, non essendo nessuno dei due un grande amante del contatto fisico. D'altra parte, Ellie l'aveva avvertita su quanto, alle volte, potesse essere imbarazzante il suo ragazzo. Quando Zach le fu abbastanza vicino, Lexi poté sentire l'odore di tabacco pizzicarle il naso, mescolandosi però con un dolce aroma di vaniglia che sicuramente proveniva dallo shampoo che usava, forse rubato a Paige, creando una fragranza inebriante, proprio come aveva sempre pensato Lexi. Le stava regalando uno di quei suoi sorrisi tra l'enigmatico ed il cordiale che facevano sciogliere chiunque li ricevesse, tanto che fu costretta ad abbandonarsi alle sue braccia per convincersi che fosse tutto reale e non l'ennesimo sogno.
- Ciao Lexi... Sono davvero felice che tu sia qui... Davvero.
Nel suo tono di voce, la ragazza vi scorse una sincerità così profonda da lasciarla senza fiato, nemmeno le avesse confessato di essersi innamorato di lei. Zach era destabilizzante e non l'aveva mai capito davvero, anche se lui sembrava esserci riuscito con lei in meno di un secondo.
E poi fu il turno di Lucas.
Che avrebbe dovuto fare? Che avrebbe dovuto dire? Che cosa si aspettavano tutti che accadesse?
“Sinceramente non mi interessa... Non ha senso vergognarsi per un sentimento come quello che provavo per lui... Basta solo che me ne convinca prima che si avvicini troppo...”.
- Ciao Lexi...
“Oh Lucas, perché non hai fatto come tutti gli altri e mi hai abbracciato senza rovinare tutto con le parole? Adesso come ne usciamo da quella che certamente sarà una delle conversazioni più imbarazzanti di sempre?!”.
-Ciao Lucas...
Lexi sorrise, perché nonostante tutto era finalmente riuscita ad avere quegli occhi nocciola posati solo ed unicamente su di lei. 
“Ho come la sensazione di averla già pensata questa cosa... Non ora Lexi, concentrati!”.
Lucas sorrise in quella maniera un po' sghemba, che le ricordava il bambino di undici anni che aveva varcato la soglia della sua classe in prima media, con il suo zainetto di Toy Story e lo stesso sorrisetto, semplicemente felice della vita, sconvolgendole l'esistenza per sempre. Era strano ripensare a tutto quello che aveva fatto per quel ragazzo, ad ogni sogno che aveva riempito le sue notti da adolescente, a tutte le lacrime versate per la subdola consapevolezza che lui non si sarebbe mai accorto di lei. Invece si era sbagliata, perché in quel momento era il centro del mondo di Lucas. Ed in quello stesso momento, tra le sue braccia possenti, una sensazione di pace si diffuse nel suo corpo, non perché avesse trovato il suo posto nell'universo, ma come se quel gesto suggellasse la fine di una sezione della sua vita e lasciasse andare una parte di lei, permettendole finalmente di voltare pagina.
- Sono contento di conoscerti davvero... Non potrò mai ringraziarti abbastanza, Lexi.
La presa del ragazzo si fece più potente, come se volesse farle capire quanto davvero sentisse quelle parole che le stava dicendo, tanto che Lexi non poté far altro che stringere a sua volta il tessuto della camicia di jeans che si stava tirando sulle spalle muscolose di Lucas.
- Lo stai già facendo, Lucas.
Era vero: quell'abbraccio le stava donando qualcosa che aveva cercato per così tanto tempo, da diventare abbastanza per ricompensare un coma durato cinque mesi ed una pallottola sulla spalla. Era libera da quell'amore platonico che si era radicato dentro di lei negli ultimi undici anni, soffocandole il cuore con le sue radici robuste ed intricate, come quelle di un baobab.
Era rimasto solo Nate.
Se le sue mani avessero potuto chiedergli pietà, l'avrebbero già supplicato di smettere quella tortura dall'istante successivo l'entrata di Lexi in quella stanza. E quell'abbraccio tra lei e Lucas, non lo aiutava per nulla a calmare i suoi nervi decisamente troppo tesi, per nessuna motivazione ragionevole. Ma Nate, oramai, aveva capito che di ragionevole e razionale in quella situazione non c'era rimasto proprio nulla quindi continuò indisturbato a martoriarsi le pellicine vicine alle unghie, mentre la mascella si irrigidiva assieme alla stretta di Lexi sulla camicia di Lucas. Non doveva esserne geloso, ma non gli riusciva il contrario e sia Hugh che Zach se ne erano accorti, dato che le occhiate preoccupate rivoltegli erano tutto fuorché discrete. Ma non avrebbe fatto nulla, se l'era ripromesso quando aveva saputo dell'incontro con lei, perché sapeva come quel giorno fosse importante per Lexi e non aveva alcuna intenzione di rovinarglielo. Almeno in quello poteva ancora esserle utile: le avrebbe donato un perfetto pomeriggio con i suoi idoli. Non doveva vedere come uno di loro fosse solamente una statuina di terracotta frantumatasi al suolo tempo prima e riattaccata con la colla per l'occasione.
Quando distolse l'attenzione dalle sue mani, Nate si accorse che lo stavano fissando tutti, Lexi compresa, con uno sguardo indecifrabile ad oscurarle vagamente le iridi color delle castagne appena mature.
Che fosse bello, Lexi  non ne aveva mai dubitato. E quel giorno, la semplice maglietta nera che indossava non faceva altro che accentuare maggiormente il candore della sua pelle, la luce del sole che entrava dalle grandi vetrate rendere più soffici i capelli lasciati ricadere sulla fronte, stranamente più lunghi del solito, i jeans chiari e skinny aderire in maniera quasi illegale alle gambe magre e sode. Ma gli occhi furono ciò che attirò nuovamente l'attenzione di Lexi sul volto del ragazzo: un vortice blu-azzurro di emozioni che si scontravano e si incastravano l'una all'altra, in un'intricata matassa seducente che li stava sconvolgendo. Impazienza, insofferenza, gioia, dispiacere, dolcezza, apprensione, rassegnazione. Lexi ne sarebbe stata sicuramente inghiottita se Zach non avesse dato una leggera spinta sulla schiena di Nate per farlo avanzare, costringendolo a voltarsi verso di lui per fulminarlo, rompendo quel contatto visivo. Si avvicinò a Lexi come un condannato a morte camminava verso la sedia elettrica, consapevole che, quando la scarica sarebbe arrivata, avrebbe portato con sé un male insopportabile ed assurdo.
E così fu per Nate un volta che fu abbastanza vicino per poter vedere le screziature nel rosa delle labbra di Lexi, le stesse che tre mesi prima aveva baciato e che l'avevano tormentato in sogno tutte le notti dal suo risveglio. Era di dieci centimetri più alto di Lexi, ma i tacchi facevano si che il loro nasi fossero praticamente alla stesso livello e che i loro respiri si fondessero in una maniera del tutto nuova. Strana. Troppo intima.
Lexi rimase stordita dalle sensazioni che Nate le stava causando: il suo corpo sembrava rispondere a quello di lui come se lo conoscesse da sempre, come se quella vicinanza fosse il riprendere un discorso lasciato in sospeso in un tempo di cui lei forse non ricordava nulla. Ed il suo profumo di fresco e pulito, che le stava inebriando l'olfatto, era dannatamente familiare.
Poi accadde di nuovo. Il tunnel. Un paio di labbra sottili e delicate che si posavano sulla sua fronte per lasciarle un bacio dolce ed innocente, tanto da scatenarle una scia di brividi sulla pelle, nonostante il suo corpo non rispondesse ai comandi del cervello e quello stesso profumo a riempire l'aria attorno a lei.
Ma quando Lexi riaprì gli occhi, i brividi c'erano davvero sulle sue braccia e le labbra posate sulla sua fronte erano quelle di Nate.
“Non è possibile... Non dire cretinate Lexi... Ad averti lasciato quel bacio potrebbe essere stato chiunque...”.
Eppure, in quel momento, l'inspiegabile stretta allo stomaco che la stava attanagliando non era dovuta ad una persona qualunque, ma ad un bellissimo Nate Hanson che si stava allontanando da lei a testa bassa, senza averle detto una sola parola. Era strano. Era sbagliato. Ma la fece sentire dannatamente viva.
Nate guardava fuori dalla vetrata, verso una Londra che si stava risvegliando come i suoi sentimenti dopo aver sfiorato la pelle delicata di Lexi, incapace di accettare la verità che gli si era appena palesata davanti agli occhi: la lacrima che aveva visto nascere sul suo viso e il battito accelerato che aveva percepito mentre le baciava la fronte, volevano  dire più di quanto sembrasse, perché se solo un semplice contatto come quello poteva scatenare una reazione del genere, lui doveva starle lontano, per il suo benessere. Doveva mettere da parte quel briciolo di speranza che ancora serbava dentro di lui di poterla riconquistare e dimenticarsi tutto quello che anche un semplice sguardo di Lexi gli faceva nascere dentro. Per la sua salute e per la normalità che era giusto lei conservasse. E pensò di sentirsi come Icaro, quello della mitologia greca di cui Hugh gli aveva raccontato qualche giorno prima. Dopo aver raggiunto l'ebrezza di volare tanto vicino al sole da potersi burlare dell'insipido mondo ai suoi piedi, aveva visto le ali sciogliersi sulle sue spalle, condannandolo a precipitare nell'oceano. Così Nate si era beato del sapore di un paio di labbra che non gli sarebbero mai appartenute, aveva sfidato la sorte donando il suo cuore a qualcuno che non l'aveva mai conosciuto davvero ed ora non poteva far altro che contemplare i suoi resti galleggiare sul mare di bugie che si sarebbe dovuto raccontare per sopravvivere.
- Allora: ci sediamo? 
La voce del suo vecchio primo amore arrivò provvidenziale alle orecchie di una Lexi confusa dal comportamento di Nate, così si sedettero sul divano ad L color malva che copriva la parte inferiore della vetrata e che era riscaldato da un tiepido sole primaverile, donando un'aurea di serenità a chiunque illuminasse.
- Io mi siedo vicino a Lexi.
La ragazza fu costretta a voltarsi verso Hugh, il quale si era messo al suo fianco neanche fosse una guardia del corpo.
- E perché scusa? Io devo chiederle un sacco di roba!
Lewis lo guardava indignato, incapace di non cadere nella solita rete di battibecchi che ogni volta si scatenava con il riccio.
- Ragazzi vi prego! Non cominciate...
A Lexi venne quasi da sorridere quando vide l'espressione esasperata sul volto di Lucas e ringraziò mentalmente Zach per riuscire a portare un po' di ragionevolezza in quella situazione surreale.
- E comunque Lexi ha due fianchi. Potete mettervi uno per parte.
La testa di Lexi scattava da uno all'altro, chiedendosi quanti anni avessero in realtà: ventuno, ventidue e ventiquattro primavere oppure cinque? Optò per la seconda, sorridendo per l'assurdità della faccenda: se pensava a tutte le volte in cui sua madre le aveva detto che era troppo vecchia per perdersi ancora dietro ad una boyband di ragazzini, cominciava anche a credere che avesse sul serio ragione. Per lo meno la consolava la consapevolezza di aver scelto un gruppo di persone decisamente simpatiche su cui investire tempo e soldi.
- E tu dove vorresti metterti Nate? Tanto, ormai, qui è la fiera dell'infantilità...
Cinque paia di occhi si concentrarono su di lui, che però era perso in una contemplazione senza poesia delle strade londinesi sotto i suoi piedi.
- Lascialo stare, Luc.
Il ragazzo mulatto prese Lucas sotto braccio e lo convinse a sedersi sul lato corto del divano e Lexi si sentì leggermente a disagio, come se loro sapessero qualcosa di cui lei, invece, doveva essere tenuta all'oscuro. Si sedette vicino a Zach, che le sorrise sincero, per poi essere affiancata subito dopo da Lewis, che le si lanciò praticamente addosso pur di arrivare prima di Hugh. Rimaneva giusto un posto per Nate, ma il ragazzo non sembrava intenzionato ad unirsi al gruppo, rimanendo in piedi, leggermente discostato dal divano.
- Allora, Lexi, toglimi una curiosità: qual'è stata la prima cosa che hai pensato quando ti hanno sparato?
Il rumore dello scappellotto che si schiantò sulla nuca del povero Lewis fu così forte da rimbombare nella stanza enorme in cui erano, lasciando tutti interdetti, fino a quando la voce roca di Hugh non riempì quel vuoto.
- Ma allora sei cretino davvero! Ma come fa Ellie a sopportarti? Ti avevamo esplicitamente detto “Non fare domande inopportune” e tu che fai? La domanda più inopportuna di sempre...
-A dire il vero, avrebbe potuto chiedermi perché mi sono presa un proiettile sulla spalla al posto vostro... Quello sarebbe stato imbarazzante.
Non se lo sarebbe mai aspettata. Nessuno in quella stanza si sarebbe mai aspettato di sentire Lexi stessa tirare in ballo l'argomento più spinoso e al tempo stesso più allettante che si mischiava tra le varie possibilità di conversazione. Ma lei si sentì stranamente sollevata di aver avuto tutto quel coraggio, ora doveva solo trovare un modo per scongelare quei poveretti che la fissavano in difficoltà, senza sapere che cosa dire. E poi, lo sguardo di ghiaccio con cui Nate la stava trafiggendo, cominciava a congelarla dentro.
-Ragazzi, davvero: va tutto bene. Cioè, forse non va bene che una tipa vada in giro con una pistola e spari a caso alla gente, ma quello che ho fatto lo rifarei immediatamente. Voi non avete neanche idea di quante volte mi abbiate aiutato in questi ultimi quattro anni, così ho solo pensato di ricambiare il favore... Si può dire che siamo pari, no?
No, non erano pari. Almeno non secondo Nate che si voltò di scatto verso la porta, come pronto ad oltrepassarla da un momento all'altro. Tutto quel discorso per lui non aveva senso, perché nessuno avrebbe dovuto rischiare la vita per qualcuno che non aveva fatto altro che inseguire i propri sogni avendo la sfacciata fortuna di riuscire a realizzarli. Non Lexi che era così speciale e non se ne accorgeva. Hugh si rese conto dell'improvvisa reazione del biondo e cercò di trovare qualcosa da dire che lo dissuadesse dall'abbandonare la stanza: sapeva che stava impazzendo dalla voglia di urlare quello che sentiva dentro e che si stava però trattenendo per il bene di Lexi, ma doveva cercare di nasconderlo meglio di come stava facendo.
- Credimi, noi non potremmo mai ricambiare un  gesto come quello che hai fatto tu, Lexi. Sei stata coraggiosa. Ma soprattutto hai dimostrato un altruismo che in pochi hanno al giorno d'oggi...
- Da quando in qua fai questi discorsi filosofici?
- Tu sei un caso disperato Lewis...
- Ma che ho detto di male, ora?! Insomma: stai parlando come quando abbiamo incontrato  il principe William e Kate! Con tutto il rispetto per Lexi, ma anche se fai meno il lecchino risulti orsacchiottoso lo stesso...
- E ci risiamo...
Dall'affermazione sussurrata di Zach, Lexi ebbe la conferma che quelle discussioni senza senso fossero decisamente all'ordine del giorno per quei due.
- Io non sono orsacchiottoso, smettila di dirlo! Sei tu quello che chiamano “boo bear”...
- Io ho un sacco di soprannomi, se è per questo. Devo per caso ricordarti quello che ha a che fare con il mio...
Come al solito Lucas intervenne prima che fosse troppo tardi.
- No! Non serve!! Per l'amor del cielo, abbiamo una ragazza qui!
- Come se non avesse mai sentito certe cose...
-Grazie Lucas, ma sono cresciuta con un fratello maggiore ed i suoi amici che giravano per casa: ne ho sentite anche di peggio... E poi sono una vostra fan, certe cose le so prima di voi.
- Cazzo, c'hai ragione!
-Già.
Le venne da sorridere e lo stesso fece Zach che, durante tutto quel teatrino, se ne era stato bello tranquillo a godersi la scena e che sembrava quello più consapevole di come potesse sentirsi Lexi in quel momento, tanto da continuare a lanciarle sguardi complici.
-Sei stata stupida, invece.
La sua voce era risuonata più dura persino di quanto fosse nella sua mente, ma Nate non riusciva più a trattenersi dal dire quello che gli passava per la testa, nonostante fosse la cosa sbagliata da fare.
-Come scusa?
Lexi si era voltata verso quel ragazzo dalle spalle larghe sottolineate dalla maglietta attillata e gli occhi pieni di emozioni di cui non poteva saper di essere la causa. Hugh si passò nervosamente una mano tra i capelli lunghi, rassegnato all'idea che stesse per accadere l'inevitabile, mentre Lucas cercava di fare cenni di diniego a Nate con la testa, sperando di convincerlo a tapparsi la bocca. Zach scosse la testa, conscio che poi avrebbe dovuto fare una lavata di capo a quel piccolo irlandese troppo innamorato.
-Sei stata stupida a fare quello che hai fatto. Per noi, poi...
-E perché scusa?
-Perché non ci conosci! E noi non conosciamo te! Non avresti dovuto rischiare la tua vita per cinque idioti come noi! Sei stata dannatamente stupida, Lexi!!
-Lo credi davvero Nate?! Pensi davvero che sia stata una sciocca nel cercare di dimostrare quanto tenga a voi? Forse voi non mi conoscete, ma io so qaunto mi bastava per prendere una decisone del genere!
Lexi si era involontariamente alzata in piedi, facendo preoccupare tutti i presenti: su una sola cosa era stato perentorio il Dottor Lawson, ovvero niente emozioni forti e loro le stavano procurando esattamente quelle.
-Ma cosa credi di sapere, eh?! Solo perché hai letto qualche intervista e ascoltato un po' più attentamente le nostre canzoni non significa che ci conosci sul serio e non potevi pensare davvero che fossimo abbastanza da meritarci il sacrificio della tua vita! Anche Nate si era spostato dal ciglio del suo burrone che si affacciava su Londra per cadervi definitivamente dentro, incrociando lo sguardo infuocato e ferito di Lexi.
Erano uno di fronte all'altra, a separarli solo il divano e un muro di non detti che stava crescendo come una muraglia impenetrabile.
-Allora, se la pensi così, credo sia il caso che me ne vada!
Non aveva mai perso la pazienza in vita sua, mai urlato contro qualcuno eppure lo stava facendo davvero, sentendosi strana, forse quasi libera, benché le facesse un male cane metabolizzare le parole che proprio Nate le aveva appena rivolto.
-Tranquilla: me ne vado io.
E detto questo se ne uscì sbattendo la porta.
Il silenzio che si creò dentro la stanza subito dopo era un misto di imbarazzo, incredulità, rabbia e tristezza. Lexi non sapeva che nome dare a quella voragine che si stava lentamente aprendo al centro del suo petto, inghiottendo qualsiasi cosa si trovasse nei paraggi. Doveva andarsene anche lei o si sarebbe sgretolata davanti alle statue di cera che ancora fissavano sconcertati la porta. Quella stessa porta che si stava riaprendo per far entrare un Pablo più confuso che mai e decisamente preoccupato.
-Ma che è successo?
“Già: cos'è successo? Qualcuno me lo spieghi perché non credo di averlo nemmeno lontanamente capito... Chi era quello? Non di certo il ragazzo che mi ha mandato quei tweet qualche mese fa...”.
Ci pensò come sempre Hugh a sistemare le cose.
- Diciamo che Nate non stava molto bene... Dico sul serio, Lexi: non so cosa gli sia preso.
Le sfiorò una mano con le sue dita lunghe ed eleganti, sorridendole in quella maniera dolce che rispecchiava perfettamente il suo animo: non aveva mai conosciuto nessuno di più gentile e attento al prossimo quanto Hugh. Istintivamente, Lexi si ritrovò a stringere la mano del ragazzo dai capelli lunghi e i tatuaggi incomprensibili, sentendosi subito meglio.
Lei non si era sbagliata su di loro, aveva scommesso la sua vita per le persone giuste ed ora doveva solo farlo capire a Nate. Doveva riuscirci.
- Lexi, che ne dici di raccontarci qualcosa di te? Vogliamo conoscerti anche noi.
E a quel sorriso di Lucas che per tanti, troppi anni non aveva saputo resistere, cedette di nuovo per cominciare a prendersi quello che le spettava davvero: la sua vita come l'aveva sempre immaginata.

 

 
Hi sweethearts!
Ed eccoci qui. BOOOM!!! I Nexi si incontrano da svegli e.... Ed è solo un gran disastro -.-" Insomma: oltre che le tempistiche sbagliate, questi due sembrano avere anche le convinzioni sbagliate e boh: io la vedo sempre più ardua. Ma mai disperare, no?
Quando ho scritto questo capitolo, era piuttosto incerta su come far andare le cose, specialmente su cosa far dire a Lexi (per non farla sembrare una pazza invasata) e a Nate (che obbiettivamente parlando non è capace di gestire lo stress emotivo, dato che non farebbe parte del suo carattere). Quindi mi piacerebbe davvero sapere che cosa ne pensate di questo primo approccio da "svegli" **
Ps. Grazie infinite per essere giunte fin qui: questa storia sta diventando uno dei pochi punti fissi al momento e sapere di poterla condividere con voi mi dà sicurezza.
A presto
Lots Of Love xx

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Capitolo 33
*** 18th/20th March 2014 ***


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18th March 2014




Erano trascorsi due giorni dall'incontro con i ragazzi, ma le sue notifiche su Twitter e Instagram non la smettevano di aumentare a ritmo esponenziale, specialmente da quando Lucas aveva postato la foto che aveva scattato con lei schiacciata tra un loro abbraccio a panino e Hugh l'aveva costretta a pubblicare la battuta pessima che aveva fatto sui capelli di Lewis, ma che l'aveva fatto ridere come un matto per dieci minuti buoni. Con sua sorpresa, però, era stato Zach il primo a scriverle pochi minuti dopo aver lasciato il maestoso palazzo della loro casa discografica: si scusava per il comportamento di Nate, dicendole che era un periodo difficile e che lui era davvero la persona splendida che tutti pensavano. 
“L'unico problema è che è stato Zach Sono Bello Come Una Divinità Greca E Non Sono Neanche Lontanamente Terreno Makil a pormi le sue scuse e non il diretto interessato... Non capisco ancora perché si sia comportato così... Forse mi sono immaginata tutto e quella dannata canzone non è per me... Forse dovrei semplicemente, ancora una volta, voltare pagina ed andare avanti...”.
Il telefono suonò per la milionesima volta da quando quelle cavolo di foto erano finite online e Lexi decise opportunamente di metterlo silenzioso. Si alzò dal divano su cui era stravaccata e si diresse verso il bagno, ma nella sua lenta avanzata strascicata fu bloccata da una Mia decisamente preoccupata, neanche se il suo intero set da cucito fosse stato rubato da una mandria di lepricauni impazzati.
-Che succede?
-Devo dirti una cosa Lexi...
-Non sei incinta vero? Perché sono decisamente troppo giovane per diventare zia!
-Ma si può sapere che cosa ho fatto di male per meritarmi te?
Roteò gli occhi al cielo, con fare drammatico, ma la verità era che Mia si trovava in bilico tra il puro terrore e l'ansia impellente. Una ragazza che aveva conosciuto mentre faceva il tirocinio come costumista a teatro e che in quel momento lavorava come consulente di moda per Seveenten Magazine, le aveva confidato che sul numero in uscita  il giorno dopo ci sarebbe stato un articolo su un presunto ritorno di fiamma tra lei e Hugh, il che implicava solo che tutto il mondo cybernetico sarebbe tornato a parlarne e che Lexi avrebbe scoperto tutto. Finalmente. Sì, perché quella bugia stava letteralmente corrodendo le budella di Mia, che non aveva mai mentito, almeno non  consapevolmente, a Lexi in tutta la loro decennale amicizia.
-Mia cosa dovevi dirmi di così importante? Mi scapperebbe la pipì ed avrei quindici capitoli di iconografia medievale ad aspettarmi, quindi se facciamo in fretta sarebbe meg...
-Sono stata assieme a Hugh!
Lo aveva sostanzialmente urlato ma la cosa l'aveva fatta sentire subito più leggera, anche se la faccia sconvolta di Lexi non la rassicurava per nulla. Forse avrebbe dovuto indorare un attimo di più la pillola o farla per lo meno sedere.
-Tu... Ma... Io... Tu... Hugh...??
-Compra una vocale Lexi. Sì, ho avuto una storia con Hugh ma è durata solo due mesi e per tua informazione ci siamo lasciati in ottimi rapporti perché entrambi sapevamo che siamo troppo simili per stare insieme e che io sono innamorata persa di tuo fratello... Quindi ora è tutto chiarito!! Puoi andare in bagno. Ciao Lexi!
Due secondi dopo Mia la stava letteralmente scavalcando e scappando chissà dove, dato che il loro appartamento era grande quanto il salotto di una casa normale. Ci vollero ben cinque secondi prima che Lexi si riprendesse dallo shock della notizia ed inseguisse Mia per tutto il salotto, come se fossero le reincarnazioni di Tom e Jerry. Mia correva facendo svolazzare i capelli biondi con le punte ora rosso fuoco dappertutto, mentre Lexi cercava di non stramazzare al suolo saltando giù dal divano su cui era salita per tagliarle la strada, ululando che era stata una traditrice a non dirle niente per tutto quel tempo. Con ogni probabilità la vecchietta del piano di sotto stava già chiamando la polizia. Solo quando ormai anche l'ultimo cuscino era volato per aria e il divano arancione si era abbassato di altri cinque centimetri a causa dei loro salti, Mia alzò le mani in segno di resa e si voltò verso l'amica per parlarle anche se con il fiato corto.
- Diciamo che firmiamo le carte dell'armistizio e ci facciamo un tea?
-Diciamo che ora ti arrendi senza condizioni e mi racconti tutto dall'inizio alla fine??
Non aveva molta scelta Mia, quindi si lasciò cadere su quello che era rimasto del loro divano e sospirò sconfitta.
-Almeno me lo prepari un tea?
-Va bene, ma solo perché sono gentile con i miei prigionieri di guerra.
Quando Lexi tornò con due tazze fumanti tra le mani e le si sedette accanto, incrociando le gambe come quando da bambine giocavano con le Barbie (beh, Lexi ci giocava, Mia cercava costantemente di creare dei vestiti vegetali che non inquinassero l'ambiente, estirpando tutte le piante di casa Golder), le venne da sorridere. Forse erano stati tutti degli sciocchi a non dirle quello che era successo davvero durante quei cinque mesi passati in coma, perché Lexi era decisamente una delle donne più forti che Mia avesse mai conosciuto e sarebbe stata perfettamente in grado di reggere quelle notizie. Quasi sicuramente tutto sarebbe stato più semplice.
-Allora: parti dall'inizio e lascia i particolari piccanti per ultimi.
- Ma sei seria?!
-Sei stata assieme ad uno degli scapoli più ambiti dell'intero globo terrestre e non vorresti dirmi com'è a letto?!?! Ma io cosa ti ho sopportato a fare tutti queste anni??
- E tu da quando in qua sei diventata così volgare, scusa?? Il coma ti ha fatto male amica mia, dico sul serio.
-Esagerata come sempre... Dai: dimmi com'è scoccata la scintilla.
Trascorsero la seguente ora e mezza seguendo lo stesso schema: Mia raccontava qualche aneddoto della sua relazione e Lexi si esprimeva tramite urla, risate sguaiate, facce sconvolte e frasi di incredulità. Era andata persino a recuperare il cellulare per controllare tutte le loro paparazzate sul web, rimanendone parecchio esaltata. Mia stava giusto arrivando alla conclusione della loro relazione, quando il cellulare di Lexi segnò l'arrivo di un messaggio. Lo prese distrattamente e solo quando non riconobbe il numero chiese a Mia di bloccarsi un attimo.
Possiamo parlare? Nate xx”.
-Non è possibile...
- Lexi-Lex che succede? Chi è?
-E' Nate. Dice che vuole parlare...
- Beh?! Che aspetti? Rispondigli, no?
-Dovrei farlo? Dopo quello che mi ha detto?
- Magari vuole chiarire... Lexi, credimi: lui non è così. Non è il ragazzo chiuso che tratta male qualcuno a cui deve tutto. Tu dovresti essere la prima a saperlo!
-Il problema è come fai ad esserne così sicura tu.
Non riusciva a comprendere come Mia, che fino ad un anno prima non sapeva nemmeno affibbiare il nome giusto alla faccia corrispondente, a meno che non si trattasse di Lucas, ora affermasse con tanta sicurezza che Nate fosse un ragazzo d'oro.
Quello fu il momento in cui Mia credette di essere sul punto di cedere: voleva dirle tutto e risolvere quella situazione definitivamente. Che importanza poteva avere che fosse lei a ricordare o che qualcun altro le ridesse quei pezzi di memoria che le appartenevano? Ma ci pensò un attimo di troppo, perché Lexi si alzò dal divano e disse senza possibilità di replica:
-Se vuole parlare con me per scusarsi, deve fare ben altro che mandarmi un messaggio. Fino a quel momento, per me sarà come se non esistesse.
E pronunciata la sua perentoria sentenza se ne andò in cucina per prendere altro tea.
Mia decise di dover fare qualcosa, qualsiasi cosa potesse aiutare la sua migliore amica a trovare ciò che realmente le mancava per essere felice: l'amore vero. Così prese il suo Iphone e mandò un messaggio a Hugh senza pensarci più di tanto, dicendogli di incalzare Nate il più possibile perché cercasse di scusarsi in qualche maniera un pochino più originale.

     



20th March 2014


-Chi è?
-Il fioraio!
Mia sorrise istintivamente, sapendo  già chi poteva essere il mittente di quel mazzo di fiori, così corse in cucina ed interruppe Ellie che stava raccontando qualche aneddoto sul suo ultimo shopping primaverile alla disperata ricerca di un regalo da fare a Lewis per l'anniversario.
- Ti vogliono giù Lexi!
-Ma chi cavolo...?
-Vai giù cacchio!!
Lexi si alzò con la sua solita camminata da cammello depresso e si diresse verso l'androne del condominio, lasciando le due ragazze da sole, sedute attorno al tavolo della cucina. Ellie guardò per un attimo la ragazza dai capelli biondi e rossi per carpirne la motivazione del sorriso sornione che le decorava il viso, ma non ne ricavò nulla, quindi optò per chiedere direttamente.
-Ma chi è?
-Il fiorista.
- E perché lo dici con quel sorrisone stampato in faccia?
- Perché so per chi sono quei fiori e chi li manda!
L'espressione compiaciuta di Mia si ampliò a tal punto che Ellie fu costretta a trattenersi a sua volta dal ridere: era indubbio che quella ragazza sarebbe stata capace di conquistare anche il mondo se solo si fosse messa d'impegno a progettare uno dei suoi infallibili piani.
- Cioè: tu vorresti dirmi che quel mazzo di fiori è di...?
-Nate.
Una testa bionda ed una mora si voltarono di scatto verso la porta della cucina dove un mazzo di girasoli arancioni aveva parlato.
- Ellie, scusa, tu per caso hai visto chi ha parlato?
-Molto simpatica Mia, davvero...
Lexi sbucò fuori dalla dozzina di fiori che sorreggeva a fatica in mezzo a tutto quel tulle rosso con una faccia così corrucciata che Ellie scoppiò a ridere questa volta senza contegno.
- Allora: cosa vuole il tuo ammiratore ben poco segreto?
Dopo aver piazzato il bouquet di dimensioni gigantesche su un vaso che sua madre si era ostinata a lasciarle lì “per qualsiasi evenienza”, come se quello fosse l'appartamento di due dive del cinema che ricevevano omaggi floreali ogni due per tre invece che di due anonime studentesse universitarie, Lexi si lasciò cadere su una sedia con un sospiro, prima di rispondere con un annoiato:
-Non lo so.
Mia si voltò sconvolta nella sua direzione, già con il cellulare pronto in mano per mandare un messaggio a quell'idiota di un irlandese.
- Non ha lasciato alcun biglietto?!
-Certo.
- E che c'era scritto sopra??
-Non lo so, non l'ho letto.
- E perché?!
A risolvere il mistero ci pensò Ellie, che afferrò al volo il bigliettino e lo lesse ad alta voce.
- “Spero che questo ti faccia capire che qui di stupido ci sono solo io... Chiamami se vuoi... Nate xx”... Ma è stato super carino!!
-Ellie togliti quegli occhi a cuoricino, perché tanto non significa nulla. Chissà a quante altre ragazze avrà scritto una cosa del genere...
- Nessuna per la precisione.
La ragazza dal fisico straordinario e dalla pazienza infinita, caratteristiche non in ordine d'importanza, incrociò le mani sopra al tavolo e puntò i suoi enormi occhi da cerbiatta dritti, dritti in quelli a mandorla di Lexi, come se fosse sul punto di rivelarle una verità sacramentale.
- Lexi conosco quel ragazzo da quattro anni ed è una delle persone più limpide che io abbia mai incontrato. Non è assolutamente capace di mentire e credimi se ti dico che non ha mai mandato dei fiori ad una ragazza dandosi così esplicitamente dello stupido... Ci tiene davvero a scusarsi... Dagli una possibilità.
Forse fu lo sguardo dannatamente sincero con cui Ellie le aveva parlato o forse il fatto che quelli fossero i suoi fiori preferiti e che quel gesto l'avesse sorpresa parecchio, dato che lei non era mai stata una di quelle ragazze fortunate che ricevevano quel genere di attenzioni a gironi alterni. Così si alzò e disse che sarebbe tornata presto. Chiuse la porta della camera alle sue spalle e prese il cellulare dalla scrivania, cercando il numero di Nate.
Uno squillo.
“Sono ancora in tempo per mettere giù.”
Due squilli.
“Non so nemmeno perché lo sto facendo...”.
Tre squilli.
“Si fa pure attendere... Adesso metto giù!”.
Quattro squilli.
“Ora bas...”.
-Lexi!!
Nate cercò di togliersi i cavi dell'amplificatore dal piede dove si erano avvinghiati come una medusa, passandosi una mano tra i capelli, leggermente frastornato: che il consiglio di Zach avesse funzionato davvero?
-Era ora!
Si trovò a pensare che forse le cose non sarebbero state proprio così semplici come aveva immaginato, ma d'altra parte nulla era facile o lineare se si trattava di Lexi. Era un paradosso vivente quella ragazza: da un lato la normalità personificata di cui lui sentiva di aver bisogno per sopravvivere alla frenesia della sua vita, dall'altro un enigma con le gambe che rischiava di intricarsi ancora di più alla minima parola sbagliata. E a proposito di parole, Nate si accorse di essersi dimenticato di rispondere, così cercò di rimediare.
-Scusami, stavo suonando...
-State provando?
-No, no stavo strimpellando da solo, in casa.
Calò un silenzio imbarazzante in cui Nate si sedette sul divano di pelle sfregandosi la mano libera dall'Iphone sui pantaloni della tuta, sperando di asciugare il sudore freddo che la sola voce di Lexi gli aveva causato. Non poteva permettersi di fare altre stupidate, lo sapeva bene.
-Allora... Hai ricevuto i miei fiori?
-Perspicace Hanson.
Non voleva suonare così tanto caustica con quel commento, ma non sapeva bene che cosa dire, tanto che il cuscino che si era messa in grembo stava soffrendo le pene dell'inferno sotto le sue mani nervose.
Nate non si aspettava una risposta del genere, non rientrava nell'idea di Lexi che si era formata nella sua testa, ma si rese conto che era solo colpa sua perché era stato lui a ferirla e, per di più, consapevolmente. Decise di rischiare il tutto per tutto.
-Senti Lexi: mi dispiace davvero. Non lo sto dicendo solo per darti il contentino, io non penso minimamente quello che ho detto... Qui, l'unico stupido sono stato io per aver parlato senza pensare.
-Nate lo so che ti dispiace. Quello che non capisco è perché pensi quelle cose.
-Ma io non le penso Lexi!!
La sua voce si era fatta leggermente più alta, probabilmente per sopperire all'irrazionale istinto di alzarsi, prendere le chiavi della macchina e fiondarsi sotto quel portone blu per dimostrarle come l'unica cosa che pensava di lei fosse quanto stupenda risultasse ai suoi stupidi occhi. Lexi si distese sulla trapunta leggera e verde mela che si ostinava a tenere fino a metà luglio, nonostante il caldo cominciasse già a farsi sentire attraverso le pareti di quella camera che più e più volte l'aveva vista fantasticare su come sarebbe stato parlare con loro. La vecchia Lexi sarebbe impazzita per una cosa del genere, ma quella nuova? Che cosa sentiva stando al telefono con quel ragazzo che non aveva più i contorni di un nome scritto su un album, ma delle labbra sottili tirate in un sorriso, un naso a patata arricciato e due occhi celesti a dir poco brillanti che l'avevano trapassata con la loro tempesta?
-Nate, se c'è una cosa che ho imparato dai libri di storia è che quando si è arrabbiati, si dice quasi sempre la più sincera verità. E' per questo che io mi arrabbio poco...
La testa bionda del ragazzo si appoggiò alla pelle del divano, stufa di tutte quelle parole che la stavano riempiendo quando l'unica cosa che davvero voleva era liberarsi di tutto, grazie alla sensazione travolgente delle labbra di Lexi sulle sue.
-Forse dovresti farlo più spesso... Così la gente saprebbe davvero chi ha davanti.
-Una stupida che butta all'aria la propria vita per dei tipi che si è illusa di conoscere?
Altro silenzio che si dipanava nel salotto di casa Hanson e nella camera al terzo piano di Lexington Street, da una parte carico della durezza di quelle parole dette per frustrazione e dall'altra del dolore di sentirsi attaccare su l'unica scelta fatta volontariamente in tutta una vita.
Nate sospirò e cercò di chiarire che cosa gli fosse passato per la testa mentre la sua bocca assemblava quelle parole secondo strutture sbagliate.
-No, assolutamente...
-E cosa vedrebbero allora Nate?
Improvvisamente quella risposta sembrava essere diventata fondamentale per il cuore ormai intorpidito di Lexi. Era come se dalle parole di quel ragazzo sbucato quasi fuori dal nulla, ma che continuava a ripresentarsi in troppi flash di quei cinque mesi passati a dormire, potesse dipendere la visione che lei avrebbe avuto della nuova sé stessa. E la cosa le faceva dannatamente paura.
-Una persona speciale...
Tre parole chi si posarono come dolci piume sugli occhi e sulla bocca di Lexi, costringendoli a chiudersi per trattenerle il più possibile. L'unica cosa a sfuggire furono due lacrime proprio dagli angoli di quegli occhi che non potevano far altro che rispecchiare delle iridi fatte di cielo. Le raccolse velocemente con una mano e decise che per quel giorno era stato abbastanza, specialmente perché non riusciva a capire bene che cosa stesse succedendo con Nate. Doveva preservarsi da un'altra delusione, non aveva più cerotti per curare certe ferite.
-Devo andare ora... Ciao Nate.
-Aspetta, Lexi! Aspetta!
-Dimmi.
-Se c'è una cosa che io ho imparato dai libri è che le parole dette a voce volano via, mentre quelle scritte rimangono per sempre... Ci sentiamo Lexi.
Quando l'eco dell'ultimo respiro di Nate fu svanito dalle sue orecchie, Lexi lasciò cadere il cellulare sul letto e contemplò il soffitto per quelli che le parvero secoli, tre sole parole a riempirle ogni pensiero.
-Ehi, va tutto bene?
La voce delicata di Ellie la risvegliò dallo stato di trance in cui era caduta e la fece scattare a sedere sul letto come una molla.
- Scusa: non volevo spaventarti!
-No, no tranquilla. Sono io che mi sono persa su un altro pianeta.... 
- Hai parlato con Nate?
-Secondo te che significa che le parole dette volano via, ma che quelle scritte rimangono per sempre?
La faccia sconvolta che le rivolse in un primo momento Ellie ricordò a Lexi che si conoscevano da troppo poco tempo perché la ragazza fosse abituata a queste domande del tutto estemporanee che spesso le uscivano di bocca senza che potesse fermarle, ma si ricompose in fretta e cercò di darle una risposta soddisfacente. Forse, però, fece molto di più.
- Beh... Considerando quello che è successo e che stiamo parlando di Nate, ovvero della persona più semplice che conosca, credo che intendesse dire come le parole che ha detto non significhino nulla, mentre quelle che ha scritto per te siano quelle che contano davvero... Almeno credo.
-Ellie Celder tu sei un assoluto genio!!
E senza accorgersene la stava abbracciando come un tempo avrebbe fatto solo con Mia: le cose stavano cambiando, lei stava cambiando ed il testo di una canzone, forse, avrebbe potuto aiutarla a ricostruire il puzzle della sua memoria per farle rintracciare il punto di partenza di tutti quei cambiamenti.
 




Hi sweethearts!!
Eccocci qui con un nuovo capitolo (avverto già che spero di riuscire ad aggiornare anche domani, perchè il capitolo merita parecchio). Che dire? I Nexi cominciano ad interagire, nelle maniere forse più astruse ed impacciate, ma almeno è qualcosa. Poi, personalmente parlando, sono molto contenta che Mia abbia raccontato tutto a Lexi, perché temevo sul serio che sarebbe esplosa ^^
P.S. Grazie Ellie per esser sempre presente nei momenti cruciali **
Fatemi sapere che cosa ne pensate e grazie per essere arrivate fino a qui
Lots Of Love xx

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Capitolo 34
*** 22nd March 2014 ***


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22nd March 2014 


-Quindi mi stai dicendo che sei quasi sicura sia di questo Nate la voce che senti nei flash? 

-Sa dottoressa Lang... 
-Non la smetterai mai di darmi del lei, vero?? 
-No, non credo. La mia mamma mi ha educato troppo bene... 
La dottoressa Lang sorrise a quella frase detta con un tono volutamente infantile. Lexi era anche quello: battute sarcastiche ed improvvise affermazioni da bambina di quattro anni. 
-Ad ogni modo, sono quasi certa che lui sia venuto a trovarmi molte più volte rispetto a quelle che Mia mi ha confermato... E' una sorta di sensazione, non so spiegarmi bene. -Posso farti una domanda Lexi? 
Il volto improvvisamente curioso ma sottilmente tirato della dottoressa Lang le fece temere che quella sarebbe stata una delle tipiche domande “spinose”, come la psicologa adorava definirle e che l'avrebbe sicuramente messa in difficoltà. Ma si fidava di quella donna perennemente tutta vestita d'arancione e le concesse di entrare per l'ennesima volta nella sua testa. 
-Come descriveresti Nate? 
-Fisicamente? 
-Lexi mi avrai fatto vedere quintali di foto loro: so com'è fisicamente!! 
-Scherzavo, scherzavo... 
Il fatto di vederla sorridere ed essere così a suo agio nel suo studio, tranquillizzò la dottoressa Lang su come ancora una volta sarebbe riuscita a vedere dentro quella ragazza nascosta dietro a chilometri di spessi muri fatti di maschere, paure ed insicurezze. Ma Lexi le stava dando gli strumenti per abbatterli tutti, forse perché ne era stanca anche lei. -Vediamo... Nate è Nate. Insomma: è difficile da descrivere un ragazzo come lui... Se dovessi parlarle di Lewis le direi che è un logorroico burlone dallo spiccato interesse per gli affari degli altri... Per Hugh le direi che è un ragazzo dal cuore d'oro, capace di essere felice con pochissimo... Zach è la persona più taciturna che abbia mai incontrato, ma anche quella a cui racconterei tutti i miei segreti e se ti degna della sua fiducia, allora devi solo considerarti fortunato... Poi beh, Lucas è di una dolcezza infinita e, soprattutto, si preoccupa per tutti, sempre... 
-E Nate? 
-Nate è... Speciale. 
Lexi si appoggiò con la testa allo schienale morbido della poltrona, sistemandosi meglio il cuscino a fiori che teneva in grembo, sopra le gambe incrociate: come poteva trovare delle parole vagamente adeguate per descrivere Nate? Poi le venne in mente. 
Un giorno di qualche anno prima, mentre accompagnava sua madre in cimitero, poco dopo la morte di nonna Lucy, si erano fermate dal fioraio per prendere qualche fiore da mettere sulla tomba. Karen era andata letteralmente a colpo sicuro ed aveva comprato tre rose di un intenso color blu notte, che aveva fatto legare assieme con un nastro di raso dello stesso colore. Quando Lexi le aveva chiesto perché proprio quella tonalità, Karen l'aveva guadata dritto negli occhi e le aveva raccontato di come sua madre Lucy, un giorno di tanti anni prima, quando ancora la giovane Karen doveva incontrare lo scapestrato Morgan che le avrebbe rapito il cuore, le avesse detto come il colore più speciale per una rosa fosse il blu, e come questo significasse l'essere estremamente unico e speciale. Se mai un ragazzo gliene avesse regalate un mazzo, allora quello poteva essere l'uomo da sposare. Non per nulla, quando Morgan l'aveva chiesta in sposa, lungo il bagnasciuga della stessa spiaggia dove si erano incontrati, si era presentato con una dozzina di spettacolari rose blu. Quindi sì: Lexi aveva trovato il modo per descrivere Nate. 
-Lei sa qual'è il significato delle rose blu? 
La dottoressa fece un cenno d'assenso con la testa e Lexi si sentì legittimata a continuare la sua profonda metafora per descrivere quel ragazzo che era letteralmente piombato nella sua vita nel modo più stravagante possibile. 
-Ecco: Nate è come una rosa blu. E' rara da trovare e quando si è così tanto fortunati, bisogna tenersela stretta e curarla con attenzione... Ma al tempo stesso, essendo una rosa, per sua natura ha le spine e bisogna stare attenti... Nate è così. Ho come la sensazione che potrebbe essere la persona più speciale che io abbia mai conosciuto ma anche quella che potrebbe ferirmi di più. Eppure, benché io non lo conosca, ho quasi la certezza che non mi farà mai del male... Almeno non intenzionalmente. 
-E come fai a dirlo? 
-Aspetti.
Lexi appoggiò il cuscino per terra, si alzò dalla poltrona in cui si era sostanzialmente inabissata e prese la borsa dall'angolo della stanza. Tirò fuori l'ipod dal fondo, assieme ad un foglio piegato in quattro che porse alla dottoressa Lang. Appena lo ebbe dispiegato davanti a sé, vide il testo di una canzone che non conosceva. Alcuni versi erano sottolineati con l'evidenziatore arancione, mentre altri erano addirittura cerchiati con la matita. Guardò con sguardo interrogativo una Lexi tutta concentrata nel dipanare il groviglio di nodi che erano diventate le sue cuffiette. Quando ci fu riuscita, ne passò una alla dottoressa, che la prese senza fare domande ma aspettando che fosse Lexi stessa a darle una spiegazione a tempo debito. Premette play, senza dire nulla, ed ascoltò quella canzone per la milionesima volta. La dottoressa Lang ascoltava quelle voci incantevoli, scorrendo con lo sguardo le parole tracciate sul foglio e comprendendo, sillaba dopo sillaba, nota dopo nota, che cosa stesse tentando di dirle Lexi. Quando la musica finì e le ebbe restituito la cuffietta, Lexi si risedette sulla sua poltrona e riprese il fidato cuscino in grembo. 
-L'ha scritta per me... 
Il tono di voce decisamente troppo orgoglioso ed emozionato sorprese persino Lexi, figurarsi la dottoressa Lang a cui risultò difficile trattenersi dal sorridere compiaciuta: che si fosse accorta del non molto contenibile interesse della ragazza per Nate era scontato, ma vederle quel barlume di esaltazione nello sguardo la incoraggiò parecchio. 
-Non... Non lo sto dicendo per vantarmi, cioè... Io non volevo dire che sono speciale o che so io... Insomma, ha capito no? 
-Stai tranquilla Lexi! Con me puoi permetterti di essere quanto vanesia vuoi, in ogni caso credo di aver colto il succo del discorso. Ha scritto per te una canzone che contiene una notevole promessa: quella di restarti accanto, di accompagnarti attraverso tutte le difficoltà non solo per farti uscire dal coma, ma anche per farti uscire da un altro tipo di oscurità... E tu sei certa che rispetterà questa promessa, perché lo ha già fatto e continua a farlo. Ho detto bene? 
-Credevo di essermi immaginata tutto. 
Lexi trasse un respiro profondo e si sentì estremamente sollevata dalla conclusione che la dottoressa Lang le aveva fornito: Nate era davvero un'ancora a cui appoggiarsi, doveva solo trovare un modo per farlo senza rischiare di innamorarsi di nuovo di un ragazzo che non avrebbe mai potuto avere, anche se una lontana vocina interiore continuava a sussurrarle che ormai fosse già troppo tardi per quello. 
-A proposito: mi faresti un cd con alcune loro canzoni? Non sono mica male sti ragazzini... 
Athena Lang sentì finalmente ridere di cuore la sua paziente più illustre e capì perché chiunque l'avesse incontrata, anche solo per pochi secondi, la ritenesse una ragazza speciale: era contagiosa la sua felicità e potersene beare sembrava un vero e proprio regalo. 
Quando Lexi uscì nella pioggia torrenziale che stava annaffiando Londra, si chiese cosa le fosse passato per la testa quella mattina decidendo di indossare un paio di scarpe di tela. Poteva distintamente udire il chiacchiericcio delle paperelle che si stavano facendo il bagnetto nelle sue scarpe, nonostante lo scrosciare della pioggia le riempisse i timpani a tal punto da non permetterle quasi di sentire il rumore di una macchina a tutta velocità che inchiodò giusto qualche istante prima di centrarla in pieno, sul passaggio pedonale. Alzò la testa di scatto verso quei fari abbaglianti di una macchina enorme e decisamente costosa, già pronta per sommergere con un fiume di ingiurie chiunque fosse il guidatore, ma quando lo sportello si aprì rimase letteralmente senza parole, tanto che l'ombrello a pois di Mia le cadde di mano. 
-Lexi! 
Il tono di voce apprensivo del ragazzo ormai fradicio tanto quanto lei, scatenò l'ennesimo flashback e tutto divenne buoi per un attimo: quell'inclinazione preoccupata  in una voce solitamente gioviale l'aveva già sentita mentre era in coma, anzi, le sembrò come se fosse stata proprio quella voce a farla tornare vagamente cosciente. 
Scosse la testa e con essa una miriade di gocce di pioggia che si erano incastrate sulle lunghe ciglia, rimandando ad un altro momento la spiegazione di quanto avesse visto: ora doveva coprire di insulti quel ragazzo che continuava a sconvolgerle la vita. 
-Ma sei scemo?! Dico: chi ti ha dato la patente?! Un babbuino?! Potevo morire! Di nuovo!! 
Quel poco velato riferimento al fatto che lui fosse già stato la causa una volta di una sua possibile dipartita, fece sentire Nate davvero una persona orribile e gli diede la conferma che un qualsiasi confronto con Lexi, nonostante la loro telefonata del giorno prima, sarebbe stato un'impresa epocale. Chiuse lo sportello della Range Rover e senza curarsi minimamente della pioggia che gli stava facendo appiccicare la maglietta grigia al petto, cercò di sistemare la situazione. 
-Lexi, non ti avevo vista, davvero! Come stai?? 
Fece qualche passo avanti, sistemandosi meglio il cappello da baseball che aveva calato sulla testa, per proteggersi da quel tempaccio che sembrava fatto apposta per rendere il tutto più difficile. Il pensiero che fosse stata Lexi con tutta la sua rabbia a scatenare l'acquazzone lo fece ridere involontariamente, ma se ne pentì subito quando rialzò il viso a pochi centimetri da quello di lei e si sentì incenerire. 
-Ti faccio tanto ridere, Hanson? 
-No, no... No! Lexi, dico sul serio: come stai?! 
Nate allungò una mano per sfiorarle un braccio, ma Lexi fu più veloce e si scansò di lato, con un'espressione che agli occhi del ragazzo risultò disgustata, ma che in realtà era terribilmente sorpresa. 
Che cosa vuoi da me, Nate? Dimmelo...”. 
Forse avrebbe dovuto dar libera voce ai suoi pensieri, ma non poteva, non aveva la forza di fidarsi ancora di qualcuno che non conosceva davvero. 
-Sto... Sto bene... Devo andare ora. 
Il traffico dell'intera Londra sembrava essersi concentrato davanti lo studio della Dottoressa Lang, creando una sinfonia di suoni, fatto di strombazzare di clacson e di rombare di motori, che si stava mescolando con il rumore costante della pioggia, ma nulla sembrava sovrastare il pulsare del cuore di Nate mentre vedeva Lexi allontanarsi. Non poteva lasciare che se ne andasse da lui ancora, fosse stato anche solo per quella giornata. Così la rincorse, lasciando la macchina in mezzo la strada, incurante degli insulti urlati dai finestrini abbassati negli accenti più disparati, e riuscì a raggiungerla giusto prima che sparisse tra la folla del marciapiede. 
Lexi si sentì afferrare la mano e la prima reazione fu quella di voltarsi di scatto per interrompere quel contatto indesiderato, ma il suo passato le mandò un altro messaggio e le fece percepire quella stretta come stranamente familiare. 
Non può essere... Non posso ricordarmi qualcosa che non è possibile sia successo...”. 
-Aspetta Lexi! 
Lo sguardo di Nate era troppo complesso da decifrare per Lexi, che ne rimase a dir poco stupita: sembrava preoccupato, nervoso e speranzoso. Ma speranzoso per cosa? -Sei in macchina? 
-No. 
Quella mano attorno al suo polso stava serrando la stretta, non in maniera possessiva ma protettiva. 
-Ti viene a prendere qualcuno? 
-No! Nate ma che diavolo vuoi?!
Nonostante avesse alzato la voce, la sua mano era rimasta ferma dov'era, incapace di interrompere un contatto che stava diventando sempre meno sbagliato per il suo subconscio. 
-Se vuoi ti do un passaggio... 
Perché a Lexi sembrava di trovarsi di fronte ad un piccolo esemplare di labrador al canile quando vede entrare una famiglia in cerca di un animale e spera che la scelta ricada su di lui? Come faceva a dirgli di no? Poi le venne in mente le parole dure con cui si era concluso il loro ultimo incontro e d'istinto ritirò la mano da quella stretta troppo intima. -Lexi, per favore: sta diluviando ed io devo passare da quelle parti... Accetta... 
In fin dei conti se sto un altro po' sotto la pioggia mi spunteranno le pinne...” 
-Va bene. 
L'aveva detto talmente tanto a bassa voce che Nate fece fatica a sentirlo sotto lo scrosciare incessante della pioggia sull'asfalto, ma gli occhi improvvisamente gentili ed imbarazzati di Lexi diedero conferma alle sue speranze. Le fece strada con la mano e la seguì, perdendosi nella contemplazione dei capelli lunghi e castani che si erano appiccicati al leggero giubbotto di jeans che indossava, del tutto bagnati. L'affiancò dal lato del passeggero per aprirle lo sportello e si accorse che alcuni ciuffi le ricadevano fastidiosi sul viso e l'irrazionale istinto di spostarli gli fece prudere le mani, ma dovette trattenersi prima di giocarsi quella che poteva essere la sua seconda possibilità. Una volta che Lexi fu salita a bordo, tornò dal lato del guidatore e chiese scusa con un gesto agli automobilisti in coda, controllando se ci fossero stati paparazzi in giro: forse era stato abbastanza fortunato quella volta. Si tolse il berretto da baseball, che lanciò sui sedili posteriori del suv, e mise in moto, immettendosi nel traffico congestionato di una Londra all'ora di punta. 
Il silenzio nell'abitacolo si poteva tagliare con un coltello, così Nate optò per mettere un po' di musica e Rather Be dei Clean Bandit si diffuse per l'abitacolo. 
L'ironia della situazione non sfuggì a Lexi, che riportò la sua attenzione sul ragazzo che stava guidando tranquillamente al suo fianco: con tutti i posti che c'erano sulla faccia della terra quello, a differenza di quanto sosteneva la canzone, era l'ultimo in cui Lexi si sarebbe voluta trovare. 
Cacchio, i capelli bagnati e schiacciati sulla fronte gli stanno un sacco bene... Ma che diavolo sto pensando?!”. 
Scosse la testa per togliersi da davanti gli occhi l'immagine delle sue mani tra quei capelli castanobiondi e tornò a guardare la pioggia che scivolava veloce lungo la superficie del finestrino, cercando una maniera efficace per imbrigliare la sua fervida immaginazione. 
-Hai freddo? 
La domanda colse Lexi completamente alla sprovvista, anche se poteva considerarsi tra le più adatte alla situazione dato che erano entrambi bagnati fradici e fuori sembrava  esser tornato l'inverno, ma lei quel genere di attenzioni e di premure nei suoi confronti non le aveva mai sperimentate, quindi le ci vollero dieci secondi buoni prima di riuscire a rispondere.
-Un po', a dire il vero. 
-Lo immaginavo: hai le gambe che tremano... 
Gli occhi di Lexi caddero sulle sue gambe e si accorse di come sembrassero effettivamente possedute da un qualche genere di spiritello dispettoso. Le bloccò all'istante con le mani, ma il contatto delle calze bagnate sulla pelle la fece rabbrividire all'istante, suscitando un sorriso divertito e mal celato di Nate, che intanto aveva azionato il riscaldamento al massimo. 
-Ti fa tanto ridere Hanson? 
-No, no scusa.
Improvvisamente era tornato serio e la sua fronte si era corrucciata, come se stesse tentando di risolvere una difficile equazione ma gli mancasse la formula chiave. Il silenzio tornò a farsi pesante all'interno della macchina e a Lexi sembrò mancare l'aria: quel ragazzo la faceva stare sulle spine e la sensazione non le piaceva per nulla. 
-Puoi pure lasciarmi all'inizio di quella strada, poi vado a piedi. 
Nate le lanciò un'occhiata fatta di incredulità e puro panico che lasciò Lexi ancora più interdetta ed infastidita per la sua incapacità di decifrare quel ragazzo dagli occhi troppo splendenti per essere reali. 
-Ma sta diluviando ancora... 
-Ti ho già disturbato troppo Nate. 
Il sentirsi chiamare per nome ebbe su di lui l'effetto di una doccia fredda, tale da fargli imbracciare tutto il coraggio di cui disponeva e tentare il tutto per tutto pur di riuscire a sentirle pronunciare ancora quelle quattro lettere che lo identificavano. 
-Ormai è ora di pranzo e conosco un posto qui vicino che fa dei tacos divini. Ti andrebbe di farmi compagnia? 
Ecco, l'aveva fatto. L'amo era stato gettato e con esso anche tutto il suo coraggio, quindi ora poteva solo sperare che Lexi accettasse. 
Cosa?! Che?! Dove?! Credo di non aver capito molto bene... Oh, non fare la finta tonta signorina, hai capito benissimo: ti ha appena invitato fuori a pranzo! Quindi sbrigati a dargli una risposta! Oddio, sto parlando di nuovo in terza persona...”. 
-Prometto solennemente che penserò sempre prima di parlare.
Quella battuta spiazzò ulteriormente Lexi, ma il sorriso con cui Nate l'aveva accompagnata le fece capire che era il suo personalissimo modo per chiederle ancora scusa per ciò che le aveva detto l'ultima volta in cui si erano visti. Fu proprio quella buffa ed adorabile espressione che assumeva Nate ogni qualvolta ridesse che la fece accettare: vedergli arricciare il naso e sentir riverberare la sua risata contagiosa ancora per qualche volta non le sarebbe dispiaciuto più di tanto. 
Quando la macchina si fermò di fronte ad uno dei tanti Nando's che la città di Londra ospitava, Lexi guardò Nate esterrefatta: non poteva averlo fatto davvero. 
-Non ci credo. 
-Cosa?
La faccia perplessa del finto biondo rischiò di farla ridere, ma si sforzò di mantenere l'aria scandalizzata che aveva assunto. 
-Mi hai portato davvero a pranzo da Nando's? 
-Perché: hai gusti più sofisticati?! 
Dalla perplessità all'allarmismo in meno di un decimo di secondo... Complimenti Hanson per la varietà di espressioni...”. 
Lexi stava ridendo dentro di sé, ma ancora una volta cercò di restare impassibile. 
-No, ma fa strano constatare che tu mangi davvero da Nando's tutte le volte che puoi. Se penso che hai avuto anche il coraggio di dirmi che non ti conosco affatto... 
Quando Nate ebbe compreso il velato riferimento alla loro precedente conversazione, si lasciò andare ad una risata liberatoria. 
-Ma lo sanno anche i sassi che io sopravviverei solo con il loro cibo! 
-Beh, era comunque qualcosa che io sapevo e che era giusta! Quindi, un punto per me. 
E detto questo, scese dalla macchina, stando attenta a non finire di nuovo dentro una pozzanghera, dato che le sue scarpe si erano quasi finalmente asciugate. 
Nate la osservò mentre si dirigeva verso la porta a vetri del locale, per poi voltarsi e aspettare che lui la raggiungesse, e si chiese che cosa avrebbe fatto se anche quella volta le cose fossero andate male: non avrebbe più saputo dove sbattere la testa. 
Lexi alzò le sopracciglia, chiedendogli implicitamente che cosa stesse aspettando e Nate non se lo fece ripetere due volte. Rinchiuse in un cassetto molto nascosto della sua mente tutte le prospettive negative per quella giornata e, concentrandosi sul sorriso della ragazza che aveva aspettato per cinque mesi, scese dalla macchina. 
Quando entrò nel locale riscaldato, Nick, il proprietario, gli andò incontro per salutarlo, stringendolo in una morsa letale che lo lasciò senza fiato per alcuni secondi. 
- Nate! Vecchio mio! Come stai?? Oh, ma vedo che hai compagnia oggi! 
Nate diede un'occhiata alla ragazza con i capelli ancora mezzi bagnati, tutta concentrata a torturare il braccialetto che le avevano regalato per il compleanno, evidentemente a disagio per le attenzioni che stava ricevendo. 
- Piacere: io sono Nick, il proprietario di questo locale ed amico d'infanzia di Nate!! 
Ma perché deve urlare ogni frase che dice? Così ci guardano tutti...”. 
Nonostante l'istinto di tappargli la bocca, gli strinse invece la mano facendo un sorriso di cortesia: se era amico di Nate, non poteva essere proprio così male. 
-Piacere, Lexi. 
- Oh, ma tu sei quella Lexi!! Che onore averti qui!! Se Nate mi avesse avvertito del vostro arrivo, vi avrei fatto trovare un'accoglienza più calorosa! 
Più caloroso di essere fissati da almeno cinquanta persone con tacos ricoperti di salsa gocciolante tra le mani?? Credo sia più che sufficiente...”. 
Fortunatamente Nate fu più diplomatico nella risposta.
- Sai, è stata una cosa a dir poco imprevista, ecco... 
I due si scambiarono un fugace sguardo che li fece ridere entrambi, ripensando all'imprevisto di quella mattina, ovvero l'ennesimo mancato incidente mortale. 
- Piuttosto, hai un posto tranquillo per noi? 
Non seppe bene per quale motivazione, ma sentire Nate pronunciare la parola “noi” fece contorcere le budella a Lexi, come se in quelle tre semplici lettere fossero racchiuse infinite promesse ed infiniti non detti. 
- Certo!! Prego, da questa parte!! 
E mentre le teste di cinquanta persone li seguivano nella saletta riservata del locale, Nate sentì il bisogno fisico di proteggere Lexi da tutte quelle attenzioni indesiderate, tanto da metterle una mano sul fianco e spingerla davanti a lui. 
Il fatto di avere quella mano calda e grande appoggiata sul suo fianco sinistro, non solo le stava mandando in panne il cervello, ma la faceva sentire viva come mai prima di quel momento. Ogni cellula del suo corpo sembrava essersi concentrata su quel piccolo lembo di pelle sotto la mano di Nate e nemmeno gli sguardi indagatori delle persone le risultavano più fastidiosi. 
Che diavolo mi sta succedendo?? Non posso farlo... Non posso permetterlo di nuovo...”. 
Entrarono in una saletta con una parete completamente fatta di vetro, ma coperta da una sottile tenda di organza color crema che rendeva l'ambiente luminoso e accogliente, nonostante le nuvole all'orizzonte si stessero accumulando per scatenarsi in un secondo round. Cinque tavolini apparecchiati per due occupavano la stanza, con tovaglie rosse e oro a coprirli, e graziosi cestini di vimini pieni di differenti tipi di pane e grissini che facevano da centrotavola. Le venne da sorridere perché quello era esattamente il genere di posto che avrebbe immaginato per un tipo come Nate. Il fatto che poi fosse anche il suo locale ideale non voleva prenderlo in considerazione in quel momento. 
Nick si stava avvicinando alla sedia di Lexi per scostargliela, ma Nate, che era ancora dietro di lei, fu più veloce e la fece accomodare con un sorriso dolce sulle labbra sottili. Nessuno le aveva mai scostato la sedia per farla sedere, ma ad essere completamente sinceri, nessuno l'aveva mai nemmeno quasi investita, quindi, nel cervello iperattivo di Lexi, tutta quella gentilezza era un modo come un altro per farsi perdonare. Nonostante le parole della canzone tornassero ad occuparle la mente come un picchetto di operai in sciopero ogni volta che incontrava lo sguardo di Nate. 
Quando anche lui si fu accomodato, Nick porse ad entrambi due menù e disse che sarebbe tornato a breve con un aperitivo offerto dalla casa e pronto per prendere le loro ordinazioni. Il silenzio che calò nella sala divenne a dir poco insostenibile quando il tintinnare dei braccialetti di Lexi, dovuto all'incessante movimento della gamba su cui il suo braccio era appoggiato, fu il solo rumore a scandire lo scorrere dei secondi. 
-Scusami. 
Nate l'aveva quasi sussurrata quella parola, ma tra di loro ebbe l'effetto di una bomba: abbatté le barriere che si erano create in quei due fugaci contatti che avevano avuto, mettendo sotto i loro occhi come fosse giunto il momento di parlare apertamente. E furono proprio i loro occhi, cioccolato contro ghiaccio, a scontrarsi per primi e a cercare un punto di fusione. 
-Per cosa? 
-Per tutto. 
Un sorriso ironico comparve sul volto di Lexi: a lei le situazioni serie facevano ridere, non poteva farci nulla. 
-Quindi intendi: per avermi dato della stupida, avermi accusato di non conoscervi, aver chiesto il mio numero in giro senza domandare prima il mio permesso e aver quasi rischiato di investirmi? 
I motivi li aveva elencati tutti sulle punte delle dita, guardandosi attorno con espressione concentrata, come se non volesse dimenticarne neanche uno, mentre la faccia di Nate diventava sempre più scioccata ed incredula. 
-Va bene, va bene, va bene!! Ho capito! Sono stato un vero coglione con te, lo ammetto. E mi dispiace davvero Lexi... 
-Lo so Nate. E stavo scherzando, tranquillo. 
- Ecco a voi qualche mini tortillias con salsa piccante e alle erbe! Spero vi piaccia! Siete pronti per ordinare?! 
Mentre Lexi si stava ancora chiedendo come quel ragazzo riuscisse ad emettere ogni frase come se fosse un'esclamazione di gioia a decibel decisamente troppo elevati, Nate le chiese: 
-Posso ordinare io per entrambi? Ti fidi di me? 
Solitamente non avrebbe mai lasciato che un ragazzo decidesse per lei che cosa mangiare, ma il sorriso gentile e leggermente imbarazzato con cui Nate glielo stava chiedendo la fece sentire stranamente coccolata da quel gesto ed annuì con la testa, incapace di dire altro. Che cosa le stesse facendo quel ragazzo, rimaneva un mistero. Lo ascoltava parlare con fare esperto, come se si trattasse di una questione di vitale importanza e, per quanto Lexi fosse pienamente convinta che per lui il cibo fosse sacro, le parve che volesse fare una buona impressione. Su di lei. 
Okay, ora sto decisamente superando ogni limite consentito!”. 
-Lexi, tutto bene? 
Era talmente persa nella contemplazione di un temerario raggio di sole che, lottando contro le nuvole, stava illuminando i capelli a dir poco soffici di Nate che non si era minimamente resa conto di come lui le avesse appena chiesto che stesse facendo in quella zona della città quella mattina. 
-Sì, sì... Mi avevi chiesto qualcosa? 
-Ero solo curioso di sapere che ci facessi vicino a Chancery Lane... 
Improvvisamente, la ciotolina piena di sala piccante divenne a dir poco interessante e il cervello di Lexi cominciò a correre impazzito, scartabellando tutte le scuse che aveva utilizzato nella sua misera esistenza per trovarne una appropriata all'occasione, con scarsi risultati. 
-Ehi, se non vuoi dirmelo non fa nulla... Era per parlare un po'. Non sono un grande amante del silenzio. 
Si passò una mano tra i capelli troppo lunghi per i suoi gusti, in quel modo imbarazzato ed estremamente carino che fece sorridere di rimando Lexi. 
-Perché sorridi? 
Oddio, non me sono neanche resa conto...”. 
-Perché neanche io sopporto il silenzio quando c'è qualcuno con me... E' un sacco imbarazzante ad essere sinceri. 
Allora sorrise anche Nate: forse non sarebbe stato così difficile come pensava. 
-Una volta ero in ascensore con Lewis. Insomma, credo tu sappia quanto logorroico sia, specialmente quando ha qualche storia nuova da raccontare... Ad ogni modo, con noi c'era anche uno dei collaboratori di Simon e...
Nate si perse a raccontare uno dei tanti aneddoti che riguardavano la band e che, ne era quasi certo, le avesse già raccontato quando lei era in coma. Ma la cosa non gli pesava, perché ora era tutto diverso: poteva osservarne le reazioni; vedere i suoi occhi brillare e socchiudersi, accentuando ancora di più la loro forma a mandorla, quando trovava qualcosa molto divertente; veder ridisegnare le sue labbra rosse a cuore in un sorriso, mentre ascoltava finalmente la sua risata riempire quella stanza come il sole in un'alba di metà giugno, risvegliando ogni cosa. Il suo cuore compreso.
“Come fa? Come fa ad essere così spontaneo, solare... Felice?! Sembra che la vita gli sorrida costantemente e che lui non possa fare a meno di contraccambiare... Ed è dannatamente contagioso, cacchio! Forse potrebbe insegnarmi ad essere così felice... Ma che sto dicendo?! Non devo più fare affidamento su nessuno... Eppure quegli occhi cristallini sembrano il regalo più bello che si possa desiderare...”.
-A proposito di Pablo: ti ha già mandato i biglietti per il primo concerto a Wembley?
Lexi tornò con i piedi per terra e si concentrò sulla domanda di Nate: non le era arrivato nulla, ma sapeva che il concerto sarebbe stato di lì a dieci giorni, solo che non le era neanche passato per l'anticamera del cervello di preoccuparsi di prendere i biglietti. Considerando che erano andati in vendita quando lei era ancora in coma e che di solito quei cinque disgraziati facevano sold out in meno di cinque minuti, aveva perso le speranze molto tempo fa di vederli per quell'anno: sarebbe stato il primo tour loro che si perdeva. O forse no.
-No, non mi è arrivato nulla, perché?
-Oh, si sarà dimenticato con tutto quello che ha da fare... E mi chiedi anche perché Lexi? Davvero??
-Beh, sì... Insomma...
-Insomma nulla! Mi sembra il minimo che tu sia presente al nostro primo concerto negli stadi! E a dire il vero, a tutti quelli a cui vorrai venire... Te l'abbiamo promesso, ricordi?
Appena ebbe detto quella frase, si morse la lingua: di tutti gli argomenti che poteva tirare in ballo, quello era l'ultimo della lista. Come diavolo gli era saltato in mente di chiederle se si ricordasse qualcosa di quei cinque mesi passati in coma, quando chiunque gli aveva detto di non farlo per nessuna motivazione?! Si sarebbe giocato anche la sua seconda chance. Ma la reazione di Lexi lo tranquillizzò immediatamente.
-Non me lo ricordo, ma ora so che l'avete fatto.
Gli sorrise dolce e si chiese da dove sbucasse tutta quella sicurezza in una situazione del genere, ma forse era solo merito di Nate e del suo talento naturale per far sentire a proprio agio chiunque. Così decise di chiedergli una cosa che non aveva avuto il coraggio di domandare nemmeno agli altri ragazzi: al massimo non le avrebbe risposto. -Nate, posso chiederti una cosa?
-Certo!
-Che cosa significano i ciondoli del braccialetto?
Fece tintinnare i nove piccoli pensagli che le impreziosivano il braccio destro e Nate notò per la seconda volta il bracciale che lui stesso si era preoccupato di comporre.. Le sue labbra si curvarono in un sorriso spontaneo e sottilmente malinconico nel ricordare il giorno in cui gliel'avevano donato: le aveva sussurrato ad un orecchio che l'amava, anche se in quel momento gli sembrava fosse accaduto in un universo parallelo.
-Allora: beh, lo scudo è Pablo. Zach ha la bomboletta spray che Lewis aveva scambiato per un deodorante, mentre lui ha l'omino sullo skate... Poi il girasole è di Ellie, il rossetto di Page, il cuore di Sophia, lo snapback di Lucas, la rondine di Hugh e...
Lexi prese tra le dita la chitarra e concluse la frase al posto suo.
-E la tua chitarra...
I loro occhi si scontrarono e per un attimo il tempo si bloccò.
Nate ebbe come l'impressione che tutto fosse tornato a quel 20 Agosto di quasi un anno prima e che quella davanti a lui fosse la ragazza a cui avevano sparato al posto loro. E sperò che anche in quelle iridi stesse andando in onda il film di quei cinque mesi successivi e che la pellicola della memoria di Lexi si stesse riavvolgendo nel giusto verso. Ma era troppo presto o, forse, era semplicemente impossibile.
-Grazie Nate.
Notò la fugace pennellata di delusione che oscurò per un attimo le iridi cristalline di Nate, ma cercò di non farsi condizionare: voleva essere sincera, per una volta in vita sua e dire quello che pensava davvero. Senza riserve.
-Dico sul serio: grazie per tutto... Certo non per il quasi incidente... Sto scherzando! Tranquillo: non porto così tanto rancore io. Di solito avrei detto che sono una tipa che perdona, ma non dimentica, però non credo di poterlo più dire, data la mia situazione...
Lo vide scoppiare a ridere come un bambino di tre anni quando di fronte al suo cartone animato preferito e si chiese se fosse stata proprio lei a suscitare quella risata perfetta. -Tu sei pazzesca Lexi! Comunque scusa, vai pure avanti...
-Escludendo la mia memoria, volevo solo dirti che voi siete stati davvero importanti per me... Lo so che ve l'ho detto un milione di volte, ma lo penso sul serio. Quando mi sono resa conto che questo braccialetto era vostro davvero e che Mia non aveva mentito, mi sono sentita importante per la prima volta in vita mia e... Ops, forse questo non avrei dovuto dirlo.
Quando la vide mettersi le mani sottili davanti le labbra serrate, gli occhi sgranati e l'espressione di una bambina piccola che si era appena lasciata sfuggire il segreto della sua migliore amica, Nate non riuscì più a pensare lucidamente e le sfiorò una mano, prendendola tra le sue.
-No, Lexi... Ti prego: dimmi questo ed altro. Dimmi qualsiasi cosa ti passi per la testa... Dimmi che cosa vorresti diventare, che cosa sogni, che cosa ti fa sorridere e cosa piangere... Che cosa ti fa corrucciare la fronte in quell'espressione che fai spesso e che cosa ti manca...
Era il discorso più appassionato che qualcuno le avesse mai fatto. No, era il discorso più appassionato che qualcuno avesse mai fatto nella storia delle dichiarazioni d'amore umane. E lei ne aveva studiati di leggendari discorsi d'amore nei suoi libri di storia, a centinaia, forse anche a migliaia... Ma nulla le sembrò paragonabile a quello. E se fosse stata la vecchia Lexi le avrebbe trattenute quelle lacrime dispettose che avevano deciso di rigarle il volto, le avrebbe bloccate appena oltre la soglia delle sue ciglia, ma non lo fece. La nuova Lexi voleva sentire ogni emozione fino alla fine, perché ne aveva già perse troppe e la sensazione della mano calda e rassicurante di Nate che le asciugava gentile la guancia, era decisamente troppo perfetta per non essere vissuta fino all'ultima goccia di essenza.
Era dannatamente bella e così vicina a lui, il viso appoggiato al palmo della sua mano, gli occhi ad imprigionare i suoi, le labbra rese ancora più rosse e desiderabili dall'eccesso di emozione: voleva baciarla come mai prima di allora, più di quando era in ospedale. Voleva amarla.
I loro volti si avvicinarono, mentre il pollice ruvido di Nate carezzava con spirali immaginarie la guancia di Lexi.
E lei lo sentì.
Percepì chiaramente quel flash che stava arrivando a portarle altri frammenti di quello che era stato, ma lo bloccò, perché in quel preciso istante voleva solo godere il presente del respiro caldo di Nate sulle sue labbra tremanti.
-Ecco il pranzo!!!
La voce squillante di Nick ruppe la cupola di vetro in cui si erano rifugiati, cuori esposti in un mondo che non si faceva scrupoli a cacciarli e i due furono costretti a separarsi. Lexi prese a torturarsi i braccialetti, la testa un miscuglio di pensieri e il corpo un turbinio di emozioni, mentre Nate si chiedeva per quanto ancora avrebbe resistito dal baciare quella ragazza che lo aveva travolto e stravolto come un temporale estivo. Cominciarono a mangiare e Nate pensò di dover rompere quel silenzio in una qualche maniera, perché non poteva sopportare un secondo di più il rumore dei pensieri suoi e di Lexi.
-Allora, hai ripreso l'università?
Lexi gli sorrise riconoscente per quella prontezza d'animo che lei non aveva mai posseduto e che in quel momento le stava trasmettendo e si lasciò andare ad una dettagliata descrizione di come fosse sempre più difficile concentrarsi sullo studio, quando l'unica cosa che voleva fare era vivere ogni secondo qualcosa di nuovo. Non le era mai capitato e le risultava difficile anche da spiegare, eppure Nate sembrava capire perfettamente di che cosa gli stesse parlando e la conversazione procedeva tranquilla, spostandosi poi sugli argomenti più disparati.
Si stavano conoscendo davvero, come Lexi e Nate, due ragazzi di ventidue anni che avevano visto le loro vite incrociarsi ed intrecciarsi, forse anche complicarsi, come i fili di un paio di cuffiette: sarebbero riusciti a districare il loro passato, le loro insicurezze ed i divieti autoimposti, per confluire in un'unica strada? Quando Lexi sentì ridere Nate per l'ennesima volta a quella che lei non credeva fosse una frase divertente e che aveva detto quasi per caso, si rese conto che non si era sbagliata: quel ragazzo era speciale sotto ogni punto di vista ed averlo vicino era come potersi beare del calore e della luce rassicurante del sole in un giorno d'inverno, monito che l'estate sarebbe tornata prima o poi. Bastava solo avere fiducia e pazienza. Ma lei poteva permettersi di aspettare ancora e di rischiare la sua fiducia per qualcuno che conosceva così poco?
Stava  pensando a questo mentre lo vedeva immergere il suo muffin al cioccolato dentro la crema chantilly che era nel suo piatto.
-Ehi! Questa è mia!
-Dai Lexi, solo un pochino! E' troppo buona! Prova.
Senza darle il tempo di risponderle, immerse di nuovo il soffice dolce dentro la crema che si era spalmata sul piatto di fronte a lei e glielo portò alla bocca. Non poteva credere che stesse vivendo davvero una situazione di quel genere: anche un cretino si sarebbe accorto di come l'atmosfera fosse cambiata nella stanza, di come gli occhi di Nate si fossero fatti improvvisamente più scuri, di come il respiro di Lexi fosse diventato irregolare... Ma per cosa? Addentò il muffin, cercando di non mordergli le dita, ma Nate fu più veloce e le sporcò la punta del naso con la crema, lasciandola imbambolata a guardarlo.
-Che cos'hai fatto?!
-Io? Assolutamente nulla... Sei tu che non sei capace di mangiare.
Il sorriso beffardo che stava curvando le sue labbra sottili fece impazzire Lexi, che passò il dito tra la crema chiara e, prima che Nate avesse il tempo di accorgersi di che cosa stesse succedendo, gli sporcò il viso, tracciando una striscia dolce e appiccicosa sulla guancia. Lui la guardò scioccato , preparandosi per contrattaccare, lo sguardo determinato che la fece ridere come una bambina, quando Nick rientrò nella sala, scuro in volto, facendoli bloccare entrambi. 
-C'è un problema...
Nate, ancora con la crema che colava sulla guancia, si voltò a guardarlo con un sorriso accondiscendente stampato sulle labbra e gli chiese cosa ci potesse essere di così grave.
-Ci sono cinque paparazzi qui fuori e almeno una quindicina di fan... Sono mortificato.
“Ed ecco come finisce il nostro spensierato pranzo... Dovevo aspettarmelo che cose come questa non potessero andare bene fino alla fine... Ma di cosa mi lamento, se non volevo nemmeno vederlo fino a questa mattina?!”.
Ma Nate non aveva alcuna intenzione di rovinare quella giornata che si stava rivelando una tra le 
migliori della sua vita nell'ultimo anno. Si rivolse a Nick con molta tranquillità, il sorriso ancora sulle labbra, focalizzato sul far vedere a Lexi come ogni situazione sarebbe sembrata una sciocchezza se l'avessero affrontata assieme: fosse stato un gruppo di fan o il recupero della sua memoria, non gli importava, perché loro potevano farcela.
-Non fa nulla Nick, davvero. Sono abbastanza tranquille?
-Sì, sì... Stanno aspettando che tu esca. Il problema sono i paparazzi...
-Mmm... Hai un'uscita sul retro?
-Sì, dalla cucina.
-Okay... Lexi tu che vuoi fare?
“Che?? Cosa?? Perché lo chiede a me?? E in che senso che cosa voglio fare io??”.
Nate si accorse della sua faccia perplessa, così le sorrise dolce e le spiegò le due possibilità tra cui poteva scegliere.
-Puoi uscire dal retro ed aspettarmi in macchina, ti do le chiavi per aprirla. Oppure...
-Oppure?
-Possiamo uscire assieme e tu dovresti portare un po' di pazienza.
Lo sapevano perfettamente entrambi che cosa implicasse la seconda opzione: illazioni di ogni genere e forma su Twitter e su qualsiasi sito scandalistico della rete nell'arco di dieci minuti, aumento dell'attenzione sulla vita di Lexi e il rischio di mettere sotto i riflettori qualcosa che non sapevano nemmeno che cosa fosse e se ci fosse. Ma l'avrebbero fatto assieme. Forse fu quel ”assieme” a farla decidere o il fatto che, in ogni caso, non avrebbe permesso che fosse qualcun altro a definire quello che loro erano, così Lexi decise di uscire con lui dalla porta principale.
-Credo di aver usufruito per troppo tempo di quella sul retro.
Nate le sorrise raggiante, come se avesse davvero capito che cosa significasse quella frase, come se avesse deciso di renderlo partecipe di un altro passo importante della sua vita: se la gente voleva interessarsi a lei, lo facesse pure, perché non aveva più motivi per nascondersi. Nate si alzò e Lexi lo imitò, prendendo la borsa dallo schienale della sedia, mentre lui chiedeva a Nick di avvisare le ragazze che sarebbe uscito di lì a poco ma che avrebbero dovuto mantenere un certo ordine se l'avessero voluto incontrare. Si avviarono verso la porta, ma prima che Lexi potesse superarlo, Nate la bloccò per un braccio e la fece voltare verso di lui. Erano a pochi centimetri di distanza, gli occhi di Lexi giusti all'altezza di quelle labbra che prima erano così vicine alle sue da farla avvampare al solo pensiero. Nate la guardava con uno sguardo che non le riusciva di interpretare.
-Forse, però, prima è meglio togliere questo...
Prese un tovagliolo dal tavolo e le strofinò piano il naso, pulendolo dai residui di crema che erano rimasti appiccicati, per poi passarlo anche sulla sua guancia. Avrebbe potuto baciarla, nessuno li avrebbe interrotti quella volta, ma Nate sapeva che non era ancora il momento giusto: voleva che lei si fidasse del tutto di lui e capisse quanto ci tenesse a lei. Le sorrise dolcemente e le prese la mano, intrecciando le loro dita in un nodo che non si sarebbe mai dovuto spezzare se fosse dipeso da lui.
-Pronta?
-Pronta.
Ed era vero. Si sentiva pronta. Ma non solo per affrontare un gruppo di fan e dei paparazzi, ma per fidarsi di quel ragazzo che aveva avuto il coraggio di dirle come fosse stata stupida a rischiare la sua vita, solo perché lui la considerava troppo preziosa per essere gettata al vento pur di salvare le loro. Di quel giovane uomo che stava camminando attraverso il locale e fuori da quella porta non davanti di lei, non conducendola come fosse una bambina piccola bisognosa di una guida, ma al suo fianco, come un compagno di viaggio con cui condividere qualsiasi cosa la vita gli offrisse. Si fidava di Nate come non si era mai fidata di nessuno e non perché lo conoscesse da chissà quanto tempo, ma perché la sua pelle, le sue cellule le stavano dicendo che quella mano aveva stretto la sua più di quanto lei potesse immaginare ed era stata creata per farlo da quel momento fino a quando lei glielo avesse permesso.




Hi sweethearts!!
Non mi dilungherò molto, sostanzialmente perché sto piangendo come una fontana, però alcune cose ci tengo a dirle. Questo capitolo è uno dei miei preferiti in assoluto. Punto. Fine. No, scherzo. Lo adoro perché, per una volta, sembra che le tempistiche di questi due coincidano a sufficienza per regalare un pizzico di magia ad un giorno qualunque. Poi ci sono un sacco di situazioni un po' "da film" (mi sono lasciata un pochino andare la mano, ma dopo più di duecento trenta pagine ne avevamo bisogno tutte^^) come quella della pioggia con il mezzo incidente, le lacrime, la crema sul viso... Però penso sia giusto così. E' giusto per Lexi che vuole vivere la sua favola o semplicemente la sua vita ed è giusto per Nate che vuole vivere il suo amore. Basta. Mi eclisso.
Fatemi sapere che ne pensate perché in questo caso ci tengo tantissimo, sul serio**
A presto e grazie
Lots Of Love xx

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Capitolo 35
*** 23rd March 2014 ***


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23rd March 2014



-Lo sai vero che devi raccontarmi tutto?!?!
Lexi non fece nemmeno la fatica di alzare la testa dal cuscino su cui era sprofondata per capire di chi fosse quella richiesta con nessuna via di scampo.
-Vieni dentro, dai...
Mia si stupì dell'arrendevolezza con cui Lexi si stesse per prestare a quell'interrogatorio, ma ancora di più non riuscì a decifrare il sorriso ebete che le stava storpiando la faccia: dov'era finita la sua migliore amica che il più delle volte assomigliava ad una Lucia Mondella infilzata??
Solo quando un corpo di cinquanta chili scarsi si scaraventò sul suo letto, facendo cigolare la testiera, Lexi si diede la pena di mettersi a sedere, le gambe incrociate e un cuscino sprimacciato sulla pancia: la dottoressa Lang sarebbe stata orgogliosa di lei.
-Allora: cosa vuoi sapere?
-Prima una domanda.
Mia la stava guardando dal basso, la testa appoggiata sulle mani e i gomiti che sprofondavano sulla coperta verde, assieme al resto del suo corpo: era dannatamente seria e circospetta, tanto da far preoccupare leggermente Lexi per quale potesse mai essere la domanda.
-Che ne hai fatto della Lexi che conoscevo? Quella che prima di raccontare qualcosa doveva ricevere una richiesta in carta bollata e che, in quel caso, mi concedeva solo un testo bucato?
-Te l'ho mai detto che sei cretina?! Comunque quella Lexi è andata a farsi una vacanza ed ha lasciato qui una nuova Lexi che ha un sacco di cose per la testa e un estremo bisogno di un consiglio da parte della sua migliore amica...
Essere così sincera circa i suoi sentimenti non la faceva sentire per nulla a proprio agio, tanto che dovette abbassare lo sguardo allontanandolo da quelle iridi troppo simili a quelle di Nate, altrimenti le sarebbe davvero stato impossibile raccontare tutto quello che era successo.
-Secondo te, è possibile fidarsi di qualcuno senza conoscerlo?
-Intendi tanto da raccontargli tutto di te?
-Tanto da affidargli la mia stessa vita...
“Va bene, forse detta così suona un po' male... Sembra una di quelle battute che mettono nei film giusto prima della pubblicità... Forse è per questo che Mia mi sta guardando così tanto male.”
-Lexi che stai dicendo? Scusa, ma non credo di capire...
-Ho incontrato Nate ieri... A dire il vero mi ha quasi investita con la macchina, ma poi mi ha offerto un passaggio perché diluviava ed eravamo entrambi fradici... Poi, dato che era quasi ora di pranzo, ci siamo fermati a mangiare nel ristorante di un suo amico d'infanzia ed eravamo solo noi due in una saletta appartata e abbiamo parlato e riso un sacco, poi lui mi ha sporcato il naso con la crema chantilly ed io ho fatto lo stesso con la sua guancia ed eravamo così dannatamente vicini, soprattutto quando mi ha pulito con un tovagliolo perché il suo amico ci aveva appena detto che fuori si era radunato un gruppo di fan e fotografi e dovevamo andare via... E lui mi ha chiesto se ero pronta ad uscire con lui e quando gli ho detto di sì, mi ha preso per mano e poi io non ho più capito nulla, sapevo solo che mi fidavo completamente di lui.
Lo sguardo allibito e la bocca spalancata in una O perfetta fecero capire a Lexi di esserci andata giù un po' troppo pesante con la quantità di informazioni rivelate in una volta sola così attese pazientemente un qualche segno di vita da parte della ragazza distesa vicino a lei. La vide mettersi seduta, coprendo le gambe magre con il vestito gitano che indossava, cercando di assumere una posa comoda per guardarla dritta negli occhi e, sperava Lexi, dire finalmente qualcosa.
Invece Mia trasse un profondo respiro, cercando di contenere la felicità che stava provando nell'aver sentito come Nate fosse tornato sui suoi passi e stesse finalmente facendo la cosa giusta.
-Ma cos'è successo dopo che siete usciti dal ristorante?
Quella domanda lasciò Lexi leggermente interdetta, poiché si sarebbe aspettata tutt'altra reazione, ma soprattutto perché nemmeno lei sapeva bene come rispondere.
-Siamo usciti mano nella mano e lui sembrava non avere alcuna intenzione di lasciarmi andare, i flash delle macchine ci hanno letteralmente investiti e le fan hanno cominciato a gridare il suo nome e poi anche il mio. D'istinto mi era venuto spontaneo togliere la mano, ma lui l'ha stretta ancora di più, borbottando qualcosa su come avrebbe dovuto portarsi dietro Alberto anche a pranzo... Dopo di che ha semplicemente sorriso alla fan, chiedendogli se potevano mettersi in ordine così poteva fare una foto con tutte e solo allora mi ha lasciato, mentre i paparazzi continuavano a scattare, ma ogni tanto si voltava per sorridermi e controllare che non fossi scappata, almeno poi mi ha detto così... Io mi sono rintanata vicino al muro del ristorante, cercando di rendermi invisibile come il mio solito, ma quella gente sembrava davvero interessata a me, tanto che pure qualche fan mi ha salutata ed io credo di aver risposto con una delle mie migliori facce da pesce lesso, tanto ero frastornata... Finché, ad un certo punto, quando Nate aveva quasi finito di farsi selfie con ognuna, una di loro ha proposto di farsi una foto assieme a me ed io che potevo fare?! Sono stata praticamente circondata nell'arco di due secondi da ragazze di ogni età che sorridevano e mi ringraziavano per quello che avevo fatto... Così ho sorriso anche io e poi...
-C'è anche un poi?! Ma quando pensavi di dirmi tutta sta roba?!?! Un giorno o l'altro, quando tornerò a casa da lavoro, scoprirò che sei diventata imperatrice dell'universo senza che me ne rendessi neanche conto!
-Posso continuare?
-Sì, sì, per l'amor del cielo, non vorrei mai ritardare il momento in cui hai ucciso un drago a tre teste con la sola forza del pensiero!
-Sei proprio stupida. Comunque, fatta la foto siamo saliti in macchina...
-Tutto qui??
-Ma stai zitta?! Poi mi chiedi perché non ti racconto mai nulla!
-Scusa, scusa! Ora mi cucio la bocca.
-Insomma: siamo saliti in macchina ed è calato un silenzio tombale, fino a che ci siamo guardati e boom!
-E' esplosa la macchina?!?!?!
-Ma sei deficiente?! Certo che no! Cos'ho fatto di male io per meritarmi te? Siamo scoppiati a ridere come due pazzi, stavamo piangendo entrambi dalle risate e nessuno dei sue sapeva per quale dannata motivazione stessimo ridendo!
Al sol pensiero un sorriso le si stampò in faccia e una strana sensazione la pervase da capo a piedi: era quasi sicura fosse felicità.
-Dopo di che mi ha riaccompagnata a casa e mi ha salutata con un bacio sulla fronte... Tempo due secondi mi aveva già mandato un messaggio per dirmi che sperava di ricontrarmi presto, senza dovermi per forza prendere sotto con la macchina. Ecco tutto.
Mia la osservò per un paio di secondi, sfogliando anni e anni di pagine di ricordi condivisi con Lexi per cercare un altro momento in cui l'aveva già vista così, ma non ne trovò neanche uno. La sua amica intimorita dalla sua stessa ombra, goffa e qualche volta decisamente troppo persa nel suo mondo si era trasformata in una ragazza dagli occhi brillanti per un'emozione che sembrava scuoterla da dentro, capace finalmente di esprimere ciò che le riempiva la testa e pronta a vivere davvero. Ne fu così felice, che rischiò di mettersi a piangere lei stessa, non fosse stato per Lexi che la stava implorando con i suoi occhi di cioccolato fuso di dire qualcosa.
-Wow.  Dico davvero. Lui ti piace...
“Perché deve sempre andare dritta al punto???”.
-E questo tuo silenzio mi fa capire che ti piace pure tanto!! Ma è meraviglioso Lexi-Lex!
-No, non lo è per nulla...
Tutta la gioia di un attimo prima scivolò via dal volto di Mia mentre osservava la sua amica stringersi di più al petto il cuscino, nonostante lo stesse già stritolando.
-Che intendi?
-Intendo che ho già perso undici anni dietro ad un tipo che non sapeva nemmeno che io esistessi e non era nemmeno famoso all'epoca... Ora, siamo obbiettivi per un secondo: io non potrei mai piacere ad uno come Nate ed una vita con lui sarebbe praticamente impossibile per una ragazza come me, che l'unica sicurezza che ha è quella di essere un cataclisma ambulante.
Non poteva credere a quello che sentiva. Non poteva permettere che Lexi rinunciasse per l'ennesima volta ad essere felice a causa delle sue stupide paure irrazionali e per il suo passato di relazioni fallimentari, per non dire, inesistenti.
-Lexi basta! Ora stammi bene a sentire: tu ti meriti di essere felice e di stare con lui, okay? Smettila di dire che non sei fatta per questa o quella vita: come fai a dirlo se non l'hai neanche mai provata?! Dagli una cazzo di possibilità, rischia per una volta! E poi, andiamo: ti ha scritto che non vedeva l'ora di rivederti dopo due secondi che eri scesa dalla sua macchina!! Gli piaci Lexi, fidati!
-E allora perché non mi ha baciata?
Già, perché diamine Nate non l'aveva baciata? Mia cercava di trovare una risposta e l'unica che le venne in mente fu:
-Con tutto quello che hai passato, magari non gli sembrava opportuno baciarti al vostro primo appuntamento. Che, tra parentesi, non era nemmeno del tutto ufficiale... Sai, Nate mi sembra uno di quelli che ci tiene a fare le cose per bene.
-Forse hai ragione... Ma se ti sbagliassi? Se fosse interessato a me solo per quello che ho fatto? Insomma, magari è solo gentile e sono io che vedo coniglietti rosa dove non ne esistono...
-Ma?
Lo sguardo che la sapeva lunga di Mia la mise con le spalle al muro: era la sua migliore amica da sempre, quindi non aveva senso nasconderle qualcosa.
-Ma mi viene da fidarmi di lui a pelle! Ed è una cosa che capita davvero raramente...
-Su questo posso confermare, dato quanto c'hai messo per fidarti di Matt!
-Ed ho fatto pure male... A proposito: tu sai dove sia finito?
-Diciamo che l'ultima volta che ho avuto sue notizie tu eri ancora nel magico mondo di Lexilandia e mi ha solo detto che andava in Scozia da alcuni suoi amici, perché il tuo incidente l'aveva “sconvolto nel profondo”, cito testuali parole...
-Hai dato un nome al mio tunnel?
-Senti, dovevo trovare un modo per affrontare la cosa: speravo che almeno tu ti stessi divertendo! A proposito, so che non te l'ho mai chiesto, ma visto che siamo in vena di confidenze, credo che correrò questo rischio: ti sei più ricordata qualcosa? Di quei mesi intendo?
La domanda lasciò Lexi leggermente interdetta, perché sembrava unicamente rafforzare la sua idea che tutti loro sapessero qualcosa di cui lei non era a conoscenza e che si ricollegava a quei cinque mesi in cui lei era rimasta in coma. Ma Mia sembrava realmente interessata e, magari, anche lei avrebbe potuto scoprire qualcosa in più circa quei flash che ormai diventavano sempre più insistenti e nitidi. La dottoressa Lang sarebbe stata doppiamente orgogliosa di lei, quando glielo avrebbe detto.
-No...
La delusione che si dipinse sul volto della sua amica, anche se per una sola manciata di secondi, le fece capire che davvero c'era qualcosa che lei non sapeva e che voleva scoprire il prima possibile, fosse anche stata costretta ad andare dalla psicoterapeuta tutti i giorni.
-Non del tutto, almeno... Ma ho dei flash, dei momenti in cui magari un rumore, un odore, una sensazione mi fanno tornare alla mente delle scene che so di non aver mai vissuto e che quindi devono appartenere a quei cinque mesi... E' per questo che vado dalla dottoressa Lang. Detta così sembra che faccia parte di una puntata di Medium, ma giuro che non è nulla di straordinario!
Mia stava per ribattere che invece era una delle più belle notizie che avesse ricevuto nell'ultimo periodo, dopo quella del suo risveglio e dell'amore di David per lei, quando il telefono di Lexi si mise a squillare come impazzito sulle note a dir poco festanti di Happily: non sapeva perché, ma quella canzone la faceva sentire stranamente felice. -Pronto? Oh! Ehm, ciao Nate...
Senza un minimo di ritegno, le sue guance si tinsero di rosso e l'istinto di nascondere la faccia dentro il cuscino divenne quasi insopportabile, ma le urla di gioia di Mia la fecero tornare con la testa attaccata al collo e la voglia di usare quel cuscino per soffocarci il viso dell'amica.
-Sì, c'è anche Mia, qui... Ma non so per quanto ancora resterà... Oh, no, perché potrei farla fuori io.
Le lanciò un'occhiata truce per cercare di farla stare calma, ma Mia non si diede per vinta.
-Ciao Nate!! Come stai?
Lexi fu costretta a mettere la chiamata in vivavoce, così che la risata cristallina che Nate le stava regalando andò a riempire la sua stanza, rendendola quasi più luminosa. -Bene, grazie... Te Mia? Tutto apposto?
-Non mi posso lamentare, specialmente oggi che la mia migliore amica ha deciso di aprire il suo piccolo e dolce cuoricino con la sottoscritta per raccontarmi...
-Zitta!
Improvvisamente Mia si trovò sovrastata dal corpo non certo leggerissimo di Lexi, che stava sostanzialmente tentando di soffocarla senza neanche tante difficoltà. Nate continuava a ridere come se quello fosse lo show più divertente che avesse mai visto, o meglio, sentito dato che udiva solo le urla soffocate di Mia e gli insulti di Lexi.
-Nate aiuto!!
-Non vedo perché dovrei aiutarti: te la sei cercata Mia Winston!
-Basta! Pietà, pietà!! Se mi lasci libera me ne vado!
-Fatta!
Lexi si alzò dal copro ormai spiaccicato di Mia e le permise di andarsene dalla camera, sistemandosi il vestito stropicciato e regalandole una linguaccia degna di una bambina dell'asilo. Lexi scosse la testa e si concentrò sulla voce allegra che proveniva dal ricevitore che aveva riportato all'orecchio e che sembrava essere diventata improvvisamente più seria e un poco più insicura.
-Sai, mi stavo chiedendo se per caso ti andasse di...
-Sì!
“Ma che diamine ho in testa?!?! Dov'è finita la cara e vecchia regola del fare le misteriose per accrescere l'interesse?? Ma chi voglio prendere in giro, che non sono neanche capace di mentire a mia mamma quando mi chiede se ho mangiato verdure almeno due volte a settimana?! Sono un caso disperato, c'è poco da fare...”.
-Cioè: sì, dimmi pure.
-Stavo per chiederti se ti andasse di passare per casa mia e guardare un film, una cosa tranquilla... E ci tengo a precisare che ti avrei proposto di andare a fare un giro, ma dato il trambusto di ieri ho pensato che magari ti andasse di evitare altre raffiche di flash.
La risatina nervosa che le riservò subito dopo rese palese a Lexi come Nate ci tenesse davvero a fare bella impressione su di lei e la costrinse a pensare che non ci fosse nulla di più dolce di quel suono.
“Decisamente smielata come cosa, ma dannatamente vera...”.

Venti minuti dopo, un cambio di vestiti veloce e una mini litigata con Mia sulla vitale questione se si dovesse mettere il rossetto o meno, Lexi stava aprendo il portoncino blu del suo condominio in Lexintong Street, coperta da un vestitino nero a fiorellini che le arrivava a metà coscia, un paio di sandali che non l'avrebbero protetta dalla pioggia che minacciava di riversarsi su di lei nel giro di qualche secondo, il fidato giubbino di jeans che Lewis le aveva confessato di invidiarle, la tracolla di pelle a penderle in precario equilibrio dalla spalla e un sorriso inebetito, e senza rossetto, a decorarle il viso.
Nate non poté trattenersi dal pensare che sembrasse una di quelle ragazze che le fashion blogger fermavano per strada per catturarne lo stile e pubblicarne la foto su Instagram, ricevendo milioni di like, perché con il vento a farle scivolare i lunghi capelli castani davanti il viso, dando anche vita al leggero vestito che indossava, era straordinariamente bella. Rallentò istintivamente, mentre raggiungeva in macchina il portone da cui lei era appena uscita, per poterla osservare meglio, mentre ancora non si era accorta del suo arrivo ed era semplicemente Lexi: una delle ragazze più normali che avesse mai conosciuto eppure una delle donne più sorprendenti che gli si fossero mai avvicinate. Tutto in lei era speciale, dal modo in cui si scostava con noncuranza i capelli dalla spalla, all'impazienza che trapelava dal piede che teneva un ritmo immaginario sull'asfalto della strada, dalla scintilla di emozione che si poté leggere nei suoi occhi appena lo videro arrivare, al sorriso timido ma dannatamente attraente che gli riservò quando lui scese dalla macchina per aprirle la portiera del lato del passeggero.
-Buongiorno Lexi.
-Buongiorno Nate.
E gli sorrise ancora, incapace di dissimulare quella felicità che si impadroniva di lei ogni qualvolta Nate fosse nei paraggi, sentendosi però meno sola quando anche sul volto del ragazzo si aprì un sorriso spontaneo e incredibilmente brillante. Il rumore dello sportello di Nate che si chiudeva la riportò con i piedi per terra, ma quello che disse poco dopo la catapultò letteralmente in quel tunnel di flash che stava diventando sempre più fitto quando si trovava in sua compagnia.
-Allora piccola, hai preferenze sul film da vedere?
Forse non avrebbe dovuto dirlo. Forse quello era stato un tremendo passo falso che l'avrebbe fatta scappare immediatamente dalla macchina, senza dargli nemmeno il tempo di rimangiarsi quello stupido nomignolo con cui l'aveva chiamata. Forse doveva ricordarsi che Lexi non era la sua “piccola”, almeno non più da quando si era svegliata e che non era nemmeno detto che lei ricambiasse i suoi sentimenti, perché lui invece ne era più che sicuro: si stava innamorando di lei ancora ed ancora e nulla l'avrebbe fatto tornare sui suoi passi.
Ma la mente di Lexi era persa ad inseguire una voce così tanto simile a quella di Nate, che la chiamava in quella stessa maniera e che sembrava provenire da un computer, suscitandole una scarica di brividi che ancora poteva sentire su di sé. Così sorrise a quel pezzo di memoria che si stava aggiungendo all'enorme puzzle che aveva in testa, a cui mancava solo la chiave per decifrarlo del tutto: chi era quel ragazzo che per tutti quei mesi le era stato accanto? Ma quello non era il momento per pensarci, ora doveva vivere il suo presente, quello che Nate le stava regalando proprio in quel momento. Così gli rispose con fare serio:
-Assolutamente no, eccetto horror, thriller, film con trame basate su gente che si picchia e basta, quelli che prevedono una tipa semi nuda che combatte in maniera a dir poco irrealistica contro qualche triade asiatica e i film di Wes Anderson.
Nate la guardò stravolto, incerto se prenderla sul serio o se sperare che stesse scherzando.
-Non dicevo sul serio, Nate! Eccetto che per i film di Wes Anderson: quelli non li sopporto davvero, scusa...
Nate scoppiò a ridere, scosse la testa e mise in moto, certo che quello sarebbe stato un pomeriggio a dir poco interessante.

Lexi avrebbe potuto dire che quella fosse la casa di Nate anche senza sapere che lui ne fosse il proprietario: c'erano chitarre appese su tutta la parete lunga del soggiorno, mentre l'altra era fatta da ampie porte-finestre che davano su un giardino ormai in fiore data la bella stagione che si stava avvicinando. Un televisore decisamente sproporzionato per qualsiasi persona normale svettava su una delle pareti corte, sovrastando un'intera mensola carica di premi e targhe. I dischi di platino erano appesi lungo la parete delle scale, che portavano al secondo piano. Due enormi divani in pelle nera occupavano la maggior parte della stanza ma un morbido tappeto di lana bianca istigava chiunque vi entrasse a togliersi le scarpe e camminarvi a piedi scalzi, spostando anche il piccolo tavolino di vetro che vi stava al centro. Ma più di tutto, ad attirare la sua attenzione, fu la chitarra che Lexi sapeva essere la sua preferita, quella rossa e bianca, elettrica, dal suono “energico” come l'aveva definito lui stesso durante un'intervista, che svettava orgogliosa sul suo sostegno, pronta per essere collegata all'amplificatore poco distante per creare nuove melodie ed esprimere quello che albergava dentro Nate. Lexi si rese conto che avrebbe pagato oro per poter assistere ad uno di quei momenti, quando magari era sera e Nate imbracciava la sua inseparabile compagna per creare qualcosa di nuovo e dare magari un senso a qualcosa di vecchio.
-Allora, considerando che quando sono in pausa dal tour passo metà del mio tempo a guardare partite di calcio e l'altra metà a fare barbecue, la scelta di film non è delle più ampie ma magari possiamo vedere che cosa fanno per tv... Che ne dici?
Nate alzò la testa dal mobiletto sotto i premi su cui aveva accatastato tutti i suoi dvd e la ritrovò a fissare quasi incantata la sua piccola, o meglio quella che per lui era sempre stata la sua piccola fino a quando Lexi non era entrata nella sua vita, rivoluzionando le sue priorità.
-Lexi?
-Scusa, è solo che... Componi mai quando sei a casa?
Quella domanda lo lasciò spiazzato per un attimo, ma si riprese subito per evitare che lei pensasse di essere stata indiscreta chiedendogli quella cosa, perché a dire il vero non avrebbe potuto fargli domanda più bella: adorava parlare di musica, specialmente della sua musica.
-Sì, quasi sempre a dire il vero... Soprattutto di sera o se sono annoiato o arrabbiato...
-E qualche canzone che hai scritto qui è mai finita in un album?
-Beh, a dire il vero la maggior parte delle canzoni le scriviamo mentre siamo in tour, ma ce ne sono alcune di cui magari l'idea è nata qui e che poi sono finite su un cd... Hai presente quella che ho scritto con i McFly?
-I Would! Adoro quella canzone, mi istiga a ballare in modo imbarazzante.
Nate la guardò come se fosse un fantasma e le chiese:
-Tu balli?!
-A parte il fatto che potrei offendermi per il tono sconcertato con cui l'hai detto, no, io non ballo o almeno non nel vero senso del parola... Diciamo che mi dimeno, ecco... -Sono sicuro che tu sia fantastica anche quando balli in modo imbarazzante...
Si guardò istintivamente attorno, per assicurarsi di essere l'unica persona oltre a Nate nella stanza, perché quello era un complimento in piena regola e non le sembrava possibile fosse rivolto proprio a lei.
-Sì Lexi, sto parlando con te. Dovresti seriamente cominciare a ficcarti in testa che sei una ragazza davvero speciale e che le persone farebbero a gara per averti nella loro vita.
Lexi lo fissò, sentì la mandibola abbassarsi e gli occhi aprirsi a palla: non era mai stata capace di gestire le attenzioni della gente, figurarsi quelle di un ragazzo come Nate, tanto che per poco non si strozzò con la sua stessa saliva quando lo vide avvicinarsi pericolosamente a lei, gli occhi cristallini incastrati nei suoi cioccolato.
Voleva baciarla per farle capire quanto la desiderasse, quanto fosse pronto a prendersi cura della sua insicurezza cronica, sommergendola di complimenti giorno e notte se fosse stato necessario.
Erano uno di fronte all'altra, i respiri a mischiarsi nel silenzio della casa, come una melodia che si stava formando solo per loro, per raccontare quella comunione di anime che è raro trovare sulla terra perché appartiene di più al cielo.
-Posso chiederti una cosa?
-Certo...
Istintivamente Nate le prese una mano e cominciò a carezzarne il dorso con il pollice, facendo sentire i brividi a Lexi fin nelle ossa: le sarebbe preso un infarto a breve se non avesse trovato un modo per uscire da quella situazione.
-Balleresti con me?
Quella rientrava decisamente nelle richieste più assurde che avesse mai fatto nella sua vita, ma contrariamente a quanto sarebbe stato ragionevole fare, non voleva allontanarsi da quel corpo magro ma solido che sembrava essere stato messo al suo fianco per sorreggerla. Voleva sentire il calore di Nate sulla sua pelle, perdersi nel suo profumo che aveva un ché di bosco alle prime luci dell'alba, fresco, inebriante e dannatamente seducente. Voleva avere il suo primo ballo con un vero principe azzurro, perché Nate si stava rivelando esattamente quello: il ragazzo che compare in tutte le favole più famose, quello che si accorge della ragazza snobbata da tutti nelle commedie americane per adolescenti, quello che nei libri sembra sempre essere troppo perfetto ed inarrivabile e che poi si scopre essere alla ricerca della più banale normalità in una ragazza.
-Con molto piacere.
Il suo accento irlandese diventava più evidente quando era felice, Lexi se ne era accorta ancora la prima volta che avevano parlato assieme e la cosa la fece abbassare lo sguardo sui suoi piedi, chiedendosi quando fosse stata così tanto attenta a quei piccoli dettagli di Nate. Sciolse a malincuore il loro intreccio di dita, ma solo per raggiungere lo stereo già collegato all'Ipod e far ripartire la canzone che stava ascoltando poco prima di andarla a prendere in macchina: era talmente agitato, che l'album di Ed Sheeran gli era parso l'unica soluzione per calmare i nervi. Le prime note di Even My Dad Does Sometimes cominciarono a riempire la stanza, facendo immediatamente venire un nodo allo stomaco di Lexi: quella canzone significava più di quanto potesse mai spiegare a parole, perché parlava per lei e di lei sotto così tanti punti di vista che le lacrime rischiarono di farsi largo sulle sue guance. Ma la mano che Nate le stava porgendo le apparve come un'ancora di salvezza da quelle lacrime e, forse, anche da sé stessa e da quel suo passato in cui non si riconosceva più e che le sembrava un macigno pronto a trascinarla affondo. L'afferrò e ricambiò il sorriso che il bel ragazzo le stava rivolgendo, come se fosse stata la pietra più preziosa dell'universo e lui avesse il privilegio di tenerla tra le mani.
Nate portò quella mano sul suo petto, tra i loro due corpi, all'altezza di quel cuore che era letteralmente impazzito. Non poteva credere davvero che stesse succedendo, che potesse poggiare la sua mano bollente alla base della schiena di Lexi e sentirla rilassarsi improvvisamente, appoggiare la testa sulla sua spalla, respirando sul suo collo e risvegliando in lui emozioni che non credeva nemmeno fosse legittimo provare: avvolgenti, totalizzanti e piene. Nulla nella sua vita sarebbe stato paragonabile a quello. Nessun concerto, nessun premio vinto, nessuna ragazza avrebbero potuto eguagliare la possibilità di stringere quel corpo delicato e al tempo stesso segnato da mille cicatrici, perché lo faceva sentire semplicemente e totalmente felice.
Il battere incessante e accelerato del cuore di Nate divenne la più bella melodia che Lexi avesse mai sentito, meglio di ogni canzone, di ogni parola, di ogni storia che le fosse mai stata raccontata, perché quella era la sua favola. Per così tanto tempo era stata impaurita di guardare l'orizzonte, perdendo ogni speranza che la sua vita potesse essere qualcosa di davvero speciale, fino a quando non era arrivato lui. Nate con i suoi sorrisi straordinari, le sue risate rumorose, i suoi occhi infiniti e le sue braccia rassicuranti. E che senso poteva avere essere terrorizzati da una linea lontana tra terra e cielo se lui l'avesse tenuta per mano mentre vi si avvicinavano? C'era un verso specifico di quella canzone che l'aveva sempre fatta sentire profondamente capita e alle volte, un po' meno sola: so don't wipe your eyes, tears remind you you're alive . Perché c'erano davvero stati momenti in cui, negli ultimi undici anni, aveva pensato di essere ancora viva solo per le lacrime che le rigavano il volto quando di notte fissava la luna fuori dalla finestra e si chiedeva se quella solitudine che si impossessava di lei ogni volta sarebbe mai finita, se quella malinconia che l'abbracciava quando si metteva sotto le coperte fosse normale. Poi certo, c'era sempre stata Mia con la sua instancabile parlantina e la sua patologica necessità di far ridere chiunque, ma quando era da sola per Lexi diventava davvero difficile trovare una motivazione per respirare ed allora ringraziava il cielo che fosse un meccanismo spontaneo del proprio corpo.
Forse fu solo una semplice coincidenza o magari Nate aveva sentito il respiro di Lexi cominciare a farsi irregolare, le spalle scuotersi impercettibilmente e la prima lacrima bagnargli la maglietta fina, ma gli occhi ormai velati di familiari lacrime di Lexi si ritrovarono a perdersi in un oceano di comprensione e affetto che la sommersero completamente. Nate cercò di catturare tutti quei frammenti dell'anima di Lexi con i pollici di entrambe le mani, sorreggendole il volto verso di lui e definendone la forma delicata per curare quelle ferite che, lo sapeva, erano molto più in profondità. Fu solo allora che si lasciò avvolgere dall'intensità di quegli occhi color cioccolato capendo che tra loro due non era solo Lexi quella che aveva bisogno di essere salvata, ma anche lui. Quelle iridi ancora lucide per il pianto, gli mostrarono come lei lo stesse salvando dalla parte peggiore di sé: quella che stava dimenticando che cosa fosse davvero importante, che cosa significasse sacrificarsi per qualcuno a cui si teneva davvero, che cosa volesse dire dare la vita per amare sul serio. Lexi gli stava permettendo di amare qualcuno incondizionatamente e la cosa lo faceva sentire bene, come mai prima di allora. Nessuno gli aveva mai concesso di mostrarsi così forte e debole allo stesso tempo davanti a lui, di scoprire ogni ferita che solcava la sua anima e lasciare che lui vi ponesse delle bende, di sentire che un suo sorriso poteva lenire un affronto della vita. Forse era quello che le loro fan intendevano con quelle loro lunghissime lettere di ringraziamento, i regali, i tweet accorati per fargli sapere che senza di loro non ce l'avrebbero fatta a sopravvivere: Nate si era dovuto innamorare per capirlo. Perché, sì, quello che provava per la ragazza tra le sue braccia, con le labbra a pochi soffi dalle sue, era decisamente amore e non aveva più senso negarlo. Lei era la normalità nel suo straordinario, l'amore in una vita di emozioni innominabili, ciò che aveva cercato per un'intera esistenza.
Voleva baciarlo come mai aveva desiderato fare con nessun altro ragazzo. Voleva scoprire che cosa significasse ricevere il primo bacio del principe azzurro, che sapore avesse rispetto a quello di un qualsiasi altro ragazzo, come ci si sentisse a confondere le proprie labbra con quelle della persona che si ama. Ecco, l'aveva pensato, quindi era ufficiale: si era innamorata di Nate. Solo che in quel momento non le venne neanche in mente che fosse Nate “dei The Rush”, che fosse uno degli under venticinque più ricchi e influenti del pianeta, che potesse avere stuoli infiniti di ragazze ai suoi piedi con un solo schiocco di dita, perché lei non si era innamorata di lui ma di Nate. Solo Nate. E non le venne nemmeno in mente che si conoscevano da troppo poco tempo per poter perdere così tanto la testa per lui, che il suo cuore si sarebbe disintegrato definitivamente se solo le cose non fossero andate tutte per il verso giusto, che quello era un rischio che non poteva concedersi. L'unica cosa a cui riusciva a pensare era che voleva baciarlo come mai prima d'ora e che nulla gliel'avrebbe impedito. Il respiro caldo di Nate sulle sua labbra la fece rabbrividire di piacere e avvicinare la bocca di qualche millimetro a quella di lui, che ormai non riusciva a pensare ad altro che a quanto desiderasse risentire il sapore di quel bacio dentro di lui.
Una scampanellata.
Breve ed incisiva.
Due secondi di silenzio in cui Nate e Lexi si guardarono vagamente spaesati, indecisi se riprendere da dove erano stati interrotti o far svanire in un battibaleno tutta la magia del momento.
Un'altra scampanellata.
Più lunga ed insistente.
Continuarono a guardarsi, immobili, la rassegnazione negli occhi di Lexi e la frustrazione in quelli di Nate.
Solo quando il suo Iphone si mise a suonare impazzito American Idiot sul divano, Nate lasciò il viso dubbioso di Lexi per rispondere senza guardare il mittente della chiamata: quella suoneria era decisamente personalizzata.
-Spero tu abbia una buona motivazione per chiamarmi, Tompson.
Lo sguardo non proprio fintamente scocciato di Nate fece ridere Lexi, dato che solo Lewis Tompson poteva avere un tempismo così terrificante.
-Mi vuoi aprire?!?! Siamo qui fuori da dieci minuti!!
-Cinque Lewis, sono solo cinque...
La voce di Ellie riuscì ad arrivare anche a Lexi, che si lasciò cadere pesantemente sul divano, scoppiando definitivamente a ridere: che cosa avevano fatto di male per meritarsi quello?
-Adesso ti apro, rompiballe!
Nate chiuse la chiamata, pigiò il bottone di apertura del portoncino e si voltò verso Lexi.
-Ti giuro che mi dispiace...
La sua espressione da cucciolo bastonato fece quasi intenerire Lexi, che gli sorrise e cercò di rincuorarlo come meglio poteva.
-Tranquillo Nate: se c'è una cosa che ho capito in questi mesi è che cercare di arginare Lewis è solo tempo perso.
-Almeno tu l'hai capito subito... Noi ci abbiamo messo tre anni ed ancora vorremmo mandarlo a quel paese ogni volta che....
-Guarda che ti sento!!
La voce squillante del diretto interessato perforò la porta blindata, eliminando ogni traccia di atmosfera romantica che era rimasta ad aleggiare per aria. Lexi si alzò senza pensarci ed andò ad aprire la porta, lasciando finalmente senza parole quel logorroico di Lewis. Ma durò poco, troppo poco.
-E tu che ci fai qui?!
-E' un piacere anche per me rivederti, Lewis.
-Ciao Lexi! Come stai?!
Le braccia di Ellie si allacciarono immediatamente al collo di Lexi, senza lasciarle neanche il tempo di rispondere, ma tutto quell'affetto la faceva sentire apprezzata e non ne era per nulla abituata.
-Sto bene, grazie... Te? Hai ancora la pazienza necessaria per sopportarlo?
-Guarda, lasciamo stare che oggi sta rischiando davvero tanto. Gli avevo appena detto: magari è il caso di chiamarlo Nate prima di piombargli in casa di punto in bianco, ma pensi che mi abbia dato ascolto? Manco morto! Mi dispiace di avervi disturbato.
Lexi si voltò verso Nate, arrivato alle sue spalle e che ora stava sorridendo accondiscendente ad Ellie, come per farle capire che sapeva perfettamente che cosa significasse avere a che fare con Lewis, così lei si sentì legittimata a parlare anche per lui, benché quella non fosse casa sua.
“Ma magari potrebbe diventarlo... Che cazzo sto pensando?!”.
-Non c'è nessun problema Ellie, davvero... Stavamo tentando di scegliere che film guardare a dire il vero.
-Seh, come no?! Guardate che vi abbiamo visto dalla finestra che stavate facendo i cattivi bambini!
Il rumore di un schiaffo lasciato sul braccio di Lewis rimbombò per tutta la stanza e le conseguenti minacce di Ellie di uccidere il suo ragazzo seguirono senza troppa timidezza. -Che ne dite di preparare qualcosa da mangiare e guardare sto benedetto film?
Nate riportò la conversazione su qualcosa di meno compromettente e sorrise complice a Lexi, che prese i primi tre dvd che trovò nel mobiletto sotto il televisore, ringraziando il cielo che nessuno di essi fosse un horror.
-Lexi, vieni a darmi una mano in cucina per favore?
Seguì Nate nella stanza affianco, ma questo non le impedì di sentire comunque il commetto tra l'euforico e lo sconcertato di Lewis che diceva:
-Sa persino dove sono i dvd, capisci?! Questi ci nascondono qualcosa!
Entrò nella modernissima cucina in acciaio e legno bianco di casa Hanson, mentre ancora scuoteva il capo con un mezzo sorriso sulle labbra per quanto aveva appena sentito, quando due braccia l'afferrarono per i fianchi, facendola scontrare con il petto ben disegnato di Nate. Il calore che il suo corpo diffondeva si fece largo lungo la schiena di Lexi sotto forma di una scia infinita di brividi che le mozzarono il fiato, specialmente quando il suo soffio gentile e fresco si infranse in quel punto sensibile appena sotto l'orecchio, costringendola a pensare che l'inferno esistesse e non fosse proprio così male.
-Anche se è durato poco, è stato fantastico ballare con te...
La sua voce solitamente cristallina si era arrochita di qualche tono, assumendo delle tonalità più rudimentali, come l'acqua che scorre tra i sottoboschi inesplorati da forma umana, costringendo le mani di Lexi a stringersi attorno alle braccia forti ma delicate di Nate per restare in piedi nonostante le emozioni travolgenti. Non lo sentiva solo vicino a lei, ma lo sentiva dentro di lei, sotto la sua pelle, dove nessuno era mai arrivato: qualcosa che non le era mai capitato e che, forse, non le sarebbe mai successo di nuovo. Percepì le sue labbra bollenti sul collo, scintilla di quello che di lì a poco si sarebbe trasformato in un incendio dove nulla sarebbe sopravvissuto, dove ogni barriera sarebbe caduta e le loro anime si sarebbero rigenerate in una comunione più alta che non aveva bisogno di parole per esprimersi, perché si era creata molti mesi prima, quando Lexi poteva solo sentire ciò che accadeva al di fuori del suo corpo immobilizzato e Nate aveva deciso di prendersi cura di una ragazza di cui non sapeva nulla, ma che l'aveva cambiato dentro.
Sarebbe potuto accadere se la voce troppo alta ed ormai insopportabile di Lewis non li avesse raggiunti dal soggiorno per reclamare del cibo, costringendoli a staccarsi con un sorriso divertito stampato sui volti incandescenti. Trascorsero la serata guardando un film che Lewis aveva definito come “assolutamente incredibile” e che, invece, Nate si chiedeva come avesse fatto a pensare seriamente di comprarlo tanto era brutto, ma quello passò in secondo piano rispetto alle risate, ai commenti sarcastici, alle frecciatine poco velate e al continuo stuzzicarsi che si era scambiato con Lexi. Era come se fossero attratti l'uno verso l'altra da una calamita, tanto che sembrò spontaneo ad entrambi ritrovarsi accoccolati sul divano, mezzi addormentati, mentre i titoli di coda brillavano sullo schermo del televisore al plasma. Lexi aveva la testa appoggiata sul petto di Nate, le gambe rannicchiate sotto il sedere, una mano stretta sulla maglietta di lui all'altezza del cuore, come per non farlo scappare, anche se non ce ne sarebbe stato motivo, perché carezzarle il braccio sembrava esser diventata quasi una necessita per lui. Le lasciava dolci baci tra i capelli, cullandola come faceva Morgan quando era piccola e si svegliava nel bel mezzo della notte perché aveva fatto qualche incubo. Nate, dal canto suo, non riusciva a capacitarsi di come solo quel suo respirare lento e regolare sul suo petto potesse mandarlo così tanto fuori di testa. Gli sembrava di adempiere ad un compito più alto che gli era stato affidato da un'entità superiore, forse il protettore delle anime ferite come quella di Lexi, e questo lo faceva stare bene: le aveva promesso che ci sarebbe sempre stato, che l'avrebbe accompagnata fuori delle tenebre e benché fosse stato difficile e avesse anche pensato di gettare la spugna, non l'aveva fatto ed ora quello era il premio. Il calore ormai familiare del corpo di Lexi era ciò di cui  aveva davvero bisogno, non solo in quel momento, ma in ogni istante della sua vita.
Lewis e Ellie se ne erano andati qualche minuto prima, accampando una scusa che non era nemmeno lontanamente plausibile, ma a Nate non interessava altro che quell'involucro fragile e al tempo stesso indistruttibile che teneva tra le braccia. Lexi era un concentrato di ossimori, una contraddizione continua e spesso sfiancante, ma lui l'amava proprio per quello: era una ragazza come tante altre, eppure nulla con lei sembrava ordinario.
Spense il televisore, allungò le gambe sul tavolino e si perse a contemplare il volto di Lexi alla tenue luce della luna. Gli tornò alla mente quello stesso viso, qualche mese prima, illuminato da un pallido e freddo neon bianco e come gli fosse sembrato ugualmente meraviglioso, ma ora che era sereno, che la sua fronte si corrucciava leggermente quando Nate le baciava i capelli, che le sue labbra si schiudevano per far passare quel filo d'aria che per troppo tempo le era stato fornito da una macchina, ora era innegabilmente perfetta. Perfetta mentre dormiva sul suo petto.
-Buona notte piccola... Ti amo...
Non sapeva se lei lo avesse sentito, ma non gli importava perché gli bastava poterla tenere tra le sue braccia e sperare che non decidesse mai di portare via il suo sorriso dalla sua vita.  
    




Hi sweethearts!
Eh niente: oggi va così. Va che non ho ottenuto il codice per la presale e quindi non so se mai vedrò H in concerto (spero che voii siate riuscite a prendere i biglietti); va che sono stremata dal lavoro; va che è un periodo un po' così... E va che sono stranamente contenta di aver scritto questo capitolo. Credo sia uno dei più profondi e personali sui Nexi, sostanzialmente perché quando sono assieme è come se cadessero tutte le barriere che normalmente le persone indossano per sopravvivere al mondo e si lasciassero invece vedere esattamente per come sonno. Credo sia questo uno dei motivi per cui sono così legata a Nexi: quando sono assieme, non mostrano alcuna paura ad essere incondizionatamente loro stessi.
Grazie mille per essere arrivate a leggere fino a qui e spero sul serio di poter sapere che cosa ne pensiate voi di Lexi e Nate **
P.S. Avverto che non manca molto alla fine ma ci sono ancora molti imprevisti all'orizzonte ^^
A presto
Lots Of Love xx

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Capitolo 36
*** 24th March 2014 ***


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24th March 2014



Ormai Lexi l'aveva capito: nella vita, le cose non erano destinate a durare.
Mai.
O almeno non per le persone come lei, che della vita avevano sempre avuto paura e non c'erano mai uscite a bere una birra assieme.
A Lexi nemmeno piaceva la birra.
Quindi non si era stupita più di tanto quando il suo cellulare era letteralmente impazzito a causa delle notifiche di qualsiasi social network a cui fosse iscritta, tutte per metterle sotto il naso il cartello con la scritta “fine” sotto forma di fotografie e un articolo di giornale del The Sun. Non aveva importanza se Mia avesse fatto irruzione dentro camera sua dicendole che non doveva credere a nulla di ciò che stava circolando in quel momento, ancora prima che lei potesse chiederle qualcosa.
Non aveva importanza che persino Ellie e Sophia avessero provato a mandarle almeno cinque messaggi a testa per convincerla che tutta quella era una bufala, che loro lo sapevano perché c'erano già passate.
Non le interessava neanche il fatto che David avesse telefonato per chiedere a Mia se fosse il caso che andasse a prendere quel “coglione irlandese senza palle e con le orecchie a punta” a calci in culo.
Ma soprattutto, non voleva nemmeno sapere che la persona che era rimasta attaccata al campanello per circa un'ora, quella mattina, era il coglione in questione, che supplicava di poter salire per spiegare come stessero davvero le cose.
A Lexi bastavano le parole di quella modella che sosteneva di essere “l'attuale ragazza di Nate Hanson”, ma ancora di più le erano bastate le mani di lui sulla sua schiena candida e longilinea mentre l'accompagnava in quella che sapeva per certo essere la sua stanza d'albergo. Perché se lo sentiva che quelle foto non erano modificate, che le sue labbra che fino alla sera prima avevano lasciato dolci baci sulla sua testa si erano posate chissà dove sul corpo perfetto di quella ragazza. Lo sentiva dentro di lei, così come percepiva chiaramente di avere un enorme voragine al posto del cuore.
D'altra parte, a che cosa le serviva continuare a provare emozioni se l'unica cosa che le era concesso sentire era rammarico, rabbia, delusione ed un costante, lancinante dolore? Era stanca.
Dannatamente e irreparabilmente stanca.
Quella battaglia con la vita lei non l'avrebbe mai vinta. Con un po' di fortuna, forse, sarebbe riuscita a sopravvivere ed arrivare alla fine della corsa, ma il podio non l'avrebbe mai nemmeno visto con il binocolo.
Il fatto che fosse capace di formulare pensieri vagamente sarcastici, nonostante fosse avvolta nella sua coperta pelosa, con ancora il pigiama addosso, da quella mattina e fossero ormai le cinque del pomeriggio, le diede la certezza di essere per lo meno ancora viva.
“Non posso crederci....”.
Con ogni probabilità era la ventimilionesima volta che lo pensava eppure, mentre fissava la sua lampada fluorescente cambiare colore ogni quindici secondi, non le sembrava possibile formulare nessun altro tipo di frase nella sua testa.
Si era lasciata fregare un'altra volta.
Anzi, forse quest'ultima era stata anche peggio, perché se con Lucas aveva solo sprecato undici anni della sua vita, con lui c'aveva impiegato un mese per fidarsi ma aveva messo in gioco praticamente tutto quello che le era rimasto. Si era ripromessa di non perdersi più per qualcuno che sapeva già non avrebbe ricambiato, ma lui si era impuntato. Aveva fatto di tutto per conquistarsi la sua fiducia, per farle abbattere tutte le barriere che aveva precariamente costruito pur di salvaguardare gli ultimi frammenti di cuore che le erano rimasti e che erano ancora capaci di amare. Lui l'aveva braccata con i suoi sorrisi falsamente sinceri, la sua risata dannatamente contagiosa, con quegli occhi che le avevano promesso quelle attenzioni di cui aveva sempre sentito bisogno e quando le spalle di Lexi avevano sfiorato il muro, lui l'aveva colpita.
Senza pietà.
A sangue freddo.
E continuando a sorriderle.
Aveva aspettato tutto il giorno che le sue care amiche arrivassero a farle visita e quando, infine, sentì le sue guance bagnarsi ed il cuscino inumidirsi sotto il peso delle lacrime, le parve quasi di sentirsi meglio. Ma durò giusto un istante, perché poi, con il loro significato, la portarono ancora più giù, inghiottendola in un turbine di singhiozzi da cui non credeva di aver più la forza di uscire.
Quella sensazione le era così familiare che Lexi non si accorse nemmeno di essere finita di nuovo nel turbine del tunnel dei flashback, dove tutto divenne nero, stretto, troppo stretto, quasi soffocante, voci indistinte che arrivavano da lontano e l'incapacità di dargli un volto, perché che senso aveva ricordare a chi appartenessero se nessuna di loro sarebbe stata la sua?
Se solo non fosse stata troppo intontita dal dolore dell'ennesima rottura del proprio cuore, si sarebbe resa conto di come la memoria di quei cinque mesi stesse bussando alle porte della sua mente, per ricomporre quel puzzle che per troppo tempo aveva cercato di completare, non riuscendo a trovare il pezzo mancante. Era lì, a portata di mano, il nome, ma soprattutto, il viso di quell'unica persona che avrebbe dato senso a tutto, ma Lexi non aveva più le forze per inseguire altre chimere, altri sogni dalle ali fragili che si sarebbero spezzate dopo poche sferzate nell'aria gelida che l'attorniava da una vita. Non era stata una bambina infelice, sua madre non le aveva mai fatto mancare niente e suo padre, tutto sommato, le aveva dato un primo assaggio di come l'amore delle persone non fosse da dare mai per scontato. Persino il fatto di poter considerare solo Mia come vera e propria amica non le era mai sembrato un limite, perché l'aveva sempre fatta sentire protetta. E ad essere sinceri, nemmeno il rapporto di odio-amore che aveva sviluppato con David poteva definirsi catastrofico.
Eppure, Lexi non era mai stata felice.
Ora che ci pensava, neanche quando si era lanciata per salvare Lucas da quel proiettile e si era sentita utile, poteva dire di essere stata felice.
Non dopo aver provato la sensazione di avere la mano di Nate a sfiorarle il braccio, per poi intrecciarsi con la sua.
Non dopo aver impresso il calore dei suoi baci sulla fronte come un marchio indelebile nella sua memoria.
Non dopo aver ballato con lui, misurando i suoi respiri con i battiti del cuore di Nate, scoprendoli sincronizzati.
Quella era stata la felicità.
Ora lo sapeva e non poteva credere che fosse tutto finto, ma soprattutto che fosse destinato a finire da sempre.
Dannatamente effimero.
Un po' come le esistenze di tutti quegli esseri umani che lei aveva studiato sui manuali di storia solo come numeri del grado di migliaia o addirittura milioni: chi si ricordava davvero chi fossero stati, quali fossero state le loro frasi più famose, chi avessero amato? Nessuno. Avevano solcato il suolo terrestre giusto il tempo di diventare cifra e poi erano spariti. Effimeri anche loro come Lexi, come le sue possibilità di essere felice, come l'amore che aveva rincorso per tutta una vita e che non aveva mai nemmeno sfiorato con un dito.
E dopo le lacrime, mentre il sole tramontava al di là della finestra di camera sua, lasciando Londra in una dolce e tiepida notte di primavera, arrivò la certezza di essere stata una stupida per averci anche solo sperato, per aver dato fiducia all'ennesimo ragazzo che era semplicemente troppo per lei, per aver messo a rischio tutto pur di sentirsi speciale. Come poteva avere ventidue anni suonati e non aver ancora capito che certe persone nascono normali e lo rimangono fino alla fine dei loro giorni, mentre altre vengono al mondo per essere speciali ed essere ricordate anche quando il loro tempo sulla terra sarà finito?
Così, infine, sopraggiunse anche la sensazione di sentirsi inutile e la pervase da capo a piedi, costringendola a rannicchiarsi su sé stessa e coprirsi il viso con le mani, perché almeno il suo riflesso sullo specchio alla parete non potesse rigettarle in faccia tutto quello che pensava di lei.
Alla fine tutto si fermò: la sua testa, il turbinio di pensieri che la riempiva, persino le lacrime si seccarono sulla pelle delle guance, tendendola all'inverosimile.
Ed eccolo: il vuoto.
Non era rimasto nulla di lei se non un organo che pulsava dentro la sua gabbia toracica, mantenendola in vita, ma non facendola vivere davvero, perché quella battaglia Lexi sapeva di averla persa ed aveva deciso di alzare bandiera bianca.




24th March 2014 Evening



Mia si lasciò cadere pesantemente sul divano arancione a cui Lexi era inspiegabilmente affezionata e trasse un lungo e profondo sospiro.
Era sfinita.
Il suo cellulare non aveva smesso un solo secondo di suonare, per non parlare di quello di Lexi che era stata costretta a spegnere a metà pomeriggio, rischiando altrimenti di impazzire. Aveva passato l'intera giornata a rassicurare tutti che Lexi stava bene, che era semplicemente stanca e non voleva vedere nessuno. Ma tutti sapevano e nessuno si era davvero fatto fregare dalle frasi di circostanza che lei aveva tentato di rifilare a chiunque chiedesse qualcosa: lei, le bugie, non era mai stata capace di dirle.
Così alla fine c'aveva rinunciato ed era scoppiata al telefono, camminando sue e giù per le scale della loro palazzina per non farsi sentire da Lexi, con l'ultima persona con cui avrebbe mai pensato di poterlo fare e fu grata del peso che fece piegare il divano già precario al suo fianco, offrendole poi una birra ghiacciata: Hugh sapeva perfettamente di che cosa avesse bisogno in quel momento.
-Come stai?
-Lei sta malissimo, Hugh... Non l'ho mai vista in questo stato, sembra quasi sia catatonica e...
-Mia... Ho chiesto come stai tu.
-Oh, scusa...
Si ritrovò a fissare il vetro verde della bottiglia, rigirandosela tra le dita, rendendosi conto che non lo sapeva: negli ultimi otto mesi tutta la sua vita era sostanzialmente ruotata attorno a Lexi.
-Io... Io non lo so ad essere sincera. Credo di essere stanca Hugh, davvero stanca...
Lo vide prendere un sorso della sua birra e si ritrovò a pensare che chiunque avrebbe potuto definire come “sue” quelle labbra rosee e carnose, sarebbe stata una persona fortunata.
-Lo so Mia e penso tu ne abbia tutto il diritto. Non hai fatto altro che prenderti cura di Lexi da quando tutta questa storia è iniziata...
-Sai cos'è che mi fa più rabbia?
Non aveva importanza se i loro discorsi non seguissero un filo logico, perché tra loro era sempre stato così: spontaneità allo stato puro.
-No, cosa?
-Che ho come l'impressione di non sapere chi sia davvero Lexi, cazzo! La conosco da sedici fottutissimi anni ed ora non ho la più pallida idea del perché in quella stanza ci sia un'ameba invece che la mia migliore amica!!
Aveva provato a tenere la voce ferma, ma che senso aveva quando la rabbia, la frustrazione e il senso di colpa la stavano travolgendo da dentro? Scacciò con un gesto stizzito le lacrime che le rigarono il viso, ma le sue braccia furono bloccate da un abbraccio avvolgente e pieno di comprensione che solo persone come Hugh potevano dare. Si ritrovò stretta al suo petto lasciato scoperto dalla camicia bianca troppo aperta, le catenine a schiacciarsi sui bizzarri tatuaggi e il profumo di tea verde dei suoi capelli decisamente troppo lunghi a riempirle le narici.
-Va tutto bene... Shhh... Ci sono qui io...
Mia sapeva che a dire quelle parole e a stringerla in quel modo ci sarebbe dovuto essere David, ma non riusciva a sentirsi in colpa, perché aveva bisogno di Hugh in quel momento e niente l'avrebbe fatta allontanare dal suo abbraccio confortante. Cercò di calmarsi, facendo qualche respiro profondo e lasciando che la sua mente si concentrasse solo sulla mano grande e premurosa di Hugh che stava  scorrendo lungo tutta la sua schiena.
-Come va?
Si allontanò dal suo petto, giusto per creare lo spazio necessario per guardarlo in quegli occhi verdi che erano sempre stati la sua debolezza e si asciugò il viso, sorridendo leggermente: si sentiva meglio.
-Un po' meglio...Grazie Hugh...
-La vuoi sapere una cosa divertente Mia?
-Se servirà a farmi sentire meno uno schifo, allora sì.
Hugh le regalò uno di quei delicati sorrisi con le fossette che le facevano ricordare come anche lei, segretamente, avesse un debole per le cose dolci.  
-Sono gay.
La mandibola di Mia si spiaccicò a terra, o per lo meno, rischiò davvero di sfiorare il suolo tanto si aprì per lo stupore: il suo ex, che tra l'altro era anche uno dei ventunenni più desiderati del pianeta, le aveva appena dichiarato di essere gay. E non era certo un problema, solo che Mia non se lo aspettava. No, quella era una  bugia: i sentori sul fatto che non fosse proprio etero le erano venuti eccome, specialmente quando si ritrovavano a parlare ore e ore di notte come se fossero due amiche più che una coppia. -Wow...
-Già, è stata la stessa identica cosa che ha detto Lucas quando lo ha scoperto... Mentre Zach si è limitato ad un “lo sapevo già” e Lewis ha sostanzialmente dato di matto e si è incazzato...
-Si è incazzato?!
Non riusciva a vedere una valida motivazione per cui una persona come Lewis dovesse aver perso la testa perché il suo migliore amico gli avesse confessato la sua omosessualità.
-Non perché sono gay, ma perché non l'aveva capito da solo e si è sentito esattamente come te: un pessimo amico.
Ed era davvero così: Mia non era riuscita a dirlo ad alta voce ma aveva pensato di essere esattamente quello, una pessima amica che non conosceva fino in fondo una delle persone che considerava più importanti nella sua vita.
-Ma, come ho detto anche a lui, siete tutto fuorché dei pessimi amici... Anzi. Siete le persone che più ci sono state affianco e che per questo motivo volevamo proteggere... E parlo anche per Lexi, perché so che pensa la stessa identica cosa... Alle volte capita di voler preservare quelli a cui teniamo di più dai nostri demoni interiori... Non che il mio essere gay sia mai stato un problema, ma volevo esserne completamente sicuro io, prima di dirlo a tutti... E penso che anche Lexi abbia le sue ombre da affrontare e che non voglia farti preoccupare... Ma credimi quando ti dico che mai come ora ha bisogno di te.
Se doveva essere completamente sincera, sarebbe bastato anche solo il suo sorriso rassicurante per farla calmare, ma quel discorso stava aiutando notevolmente. Così si ritrovò a sorridere a sua volta e una domanda sorse spontanea sulle sue labbra, dopo aver bevuto un lungo sorso di birra.
-Non è che sono stata io a farti scoprire di essere gay, vero?
La risata cristallina che ricevette in risposta le confermò di non essere stata lei la causa di quella scoperta esistenziale. Almeno quello.
Era mezzanotte passata quando Mia chiuse la porta alle spalle di Hugh, ringraziandolo ancora per tutto quello che aveva fatto per lei. Spense le luci del salotto e si diresse verso camera sua, ma un silenzio inquietante proveniente dalla stanza di Lexi la fece bloccare a metà corridoio. Se la sua migliore amica aveva lottato per tutto quel tempo contro qualcosa di cui lei non aveva nemmeno sospettato, ora che lo sapeva non l'avrebbe più lasciata sola in quella battaglia.
Aprì la porta e vide il corpo di Lexi rannicchiato su un lato del letto, completamente immobile, rivolto verso la finestra socchiusa. Senza dire una parola, si distese sul materasso troppo rigido per i suoi gusti, si mise su un fianco vicino a Lexi e coprì entrambe con la coperta.
Per la prima volta da quando era entrata in quella stanza sentì Lexi respirare.




Hi sweethearts!
Eh lo so... Le cose belle non durano per sempre (semicit di Love You Goodbye che è stata scritta molto dopo la creazione di questo capitolo ^^). Così i problemi sono tornati ed i Nexi non erano abbastanza forti per sopravvivere a tutto questo. Prevedibile? Forse. Inevitabile? Anche no. Però credo serva a Lexi per comprendere come abbia ancora molto su cui lavorare e a chi le sta attorno che ci sono ancora molte parti di lei che non conoscono.
Fatemi sapere che ne pensate, perché la fine è molto vicina.
A presto
Lots Of Love xx

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Capitolo 37
*** 27th March 2014 ***


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27th March 2014 - Early morning


Doveva aspettarselo, no?
Era stato il primo a dire che tutta quella storia non avrebbe portato né lui né Lexi da qualche parte se non dritti verso un fallimento preannunciato. Insomma: una ragazza come lei con uno come lui? Come aveva potuto anche solo pensare che avrebbe funzionato? Si era ripromesso di farla sorridere davvero, di non permettere a niente e a nessuno di negarle una ragione valida per svegliarsi ogni mattina con la voglia di affrontare la giornata ed, invece, l'unico risultato che era riuscito ad ottenere era stato quello di averla distrutta del tutto. Si sentiva una letterale merda per quello.
-Smettila.
La voce di Zach gli fece alzare la testa dal tavolo di fronte a lui, dove l'aveva lasciata cadere non sapeva bene nemmeno lui quando. Nate era seduto su quella sedia da almeno venti minuti e non aveva la più pallida idea di che cosa avesse detto la loro vocal coach per tutto quel tempo. Neanche avessero in programma il più importante concerto della loro carriera nell'arco di tre giorni. Come faceva ad essere così stupido?
-Dico sul serio: smettila.
Nate scosse il capo e portò finalmente la sua attenzione sul bel indiano in piedi davanti a lui: gli altri ragazzi sembravano esser usciti dalla sala prove per una pausa.
-Se mi dicessi di far cosa, forse potrei provarci.
Zach afferrò la prima sedia che gli capitò a tiro, la girò e vi si sedette a cavalcioni, istigando Nate a ragionare su come per lui risultasse tutto estremamente facile.
-Nate, dico sul serio: piantala di tormentarti in questa maniera. Non aiuti né te stesso né tanto meno lei.
-Lei...
Zach valutò come il suo amico fosse letteralmente preda di quello che lui, purtroppo o per fortuna, conosceva fin troppo bene: era innamorato perso e non sembrava esserci via di fuga. O per lo meno, non era contemplata la fuga di Lexi, cosa che invece la ragazza sembrava intenzionata a fare dato il completo mutismo dopo l'uscita di quello stupido articolo. Sapeva quanto potesse essere difficile per una persona al di fuori del loro ambiente comprendere una cosa del genere, ma aveva davvero sperato che l'intelligenza della ragazza prevalesse su quelle fasulle insinuazioni. Evidentemente, però, non aveva tenuto conto di quale ruolo fondamentale potesse giocare l'insicurezza in una donna.
-Lei?
Attese che Nate terminasse il suo ragionamento, ma sembrava perderne continuamente il filo oppure essere troppo spaventato per trarne le dovute conclusioni. Lo vide trarre un profondo respiro e poi:
-Lei non mi vuole.
-Questa è una stronzata.
Nate sgranò gli occhi a quella frase detta con una schiettezza estrema perfino per uno diretto come Zach e si chiese se avesse stremato così tanto tutti coloro che gli volevano bene tanto da portarli all'esaurimento.
-Siamo onesti: è stato un incidente di percorso, okay? Pensi che io e Page non ne abbiamo mai avuti? L'ho tradita, Nate ed è probabilmente l'unica cosa di cui mi pentirò a vita... Ma lei mi ha perdonato e ha fatto sì che perdonassi anche me stesso. Non puoi però aspettarti che Lexi capisca ciò che è successo davvero e quello che provi per lei, stando qui a torturare le palle a chiunque ti stia accanto con quella faccia da cane bastonato.
E detto quello si alzò, estraendo una sigaretta dal pacchetto che aveva sempre nella tasca dei pantaloni, uscendo dalla stanza forse per raggiungere Lewis a fumare e sperare che tutta quella negatività gli scivolasse di dosso come fumo dalle labbra.
Nate rimase a fissare la sedia lasciata vuota dal compagno di band e lasciò che la consapevolezza di esser stato un letterale peso per chi gli stava attorno si sedimentasse dentro di lui. Stranamente, però, questo non gli provocò alcun senso di rammarico, ma solo una stramaledetta impellente voglia di riprendere in mano la sua vita così come era stata prima di quel 20 Agosto. 
Un'unica clausola avrebbe fatto eccezione: nella sua esistenza ci voleva anche Lexi. A costo di doverla rassicurare su qualsiasi ragazza incontrasse per strada e che parlasse di lui; a costo di ricordarle tutti i giorni quanto fosse speciale e meravigliosa ai suoi occhi; a costo di trascinarla fuori dal buio ad ogni incidente della vita, mostrandole la luce che poteva appartenerle se solo si fosse data quella possibilità. L'avrebbe avuta nella sua vita a costo di lottare per far cambiare quel mondo in cui era inserito affinché ci fosse un posto anche per lei.

27th March 2014


-Pensi di darlo quell'esame?
-Non lo sinceramente... Ma credo di sì... Magari, così, riesco pure a concludere qualcosa nella mia vita...
Mia si voltò verso il tavolo della cucina e vide quello che era rimasto di Lexi: un corpo svuotato di ogni speranza che stava spalmando con quintali di marmellata all'arancia una misera fetta biscottata, annegando in un oceano di amara autoironia. Aveva scoperto più di Lexi in quegli ultimi due giorni che in sedici anni di amicizia, compreso il fatto che stesse andando dalla psicologa da almeno tre mesi non solo per recuperare la memoria ma anche per fare chiarezza nel caos che aveva dentro praticamente da sempre. Era stata proprio la dottoressa Lang a consigliarle di spronare Lexi in quelle attività che di solito la facevano stare bene, pur di riuscire a trascinarla fuori da quella stanza che l'aveva inghiottita per un'intera giornata.
-Vorrei ricordarti che hai finito anche la mia marmellata biologica, se è per questo.
Le fece una linguaccia e finalmente vide apparire qualcosa che poteva assomigliare alla brutta copia di un sorriso: sarebbe stato un percorso lungo, ma l'avrebbero affrontato assieme.
-Oggi pensavo di andare a trovare il Signor Finnigan...
-Come mai?
Lexi non vedeva il Signor Finnigan da almeno due mesi, dato che l'ultima volta che si erano incontrati lei era stata letteralmente assalita dalle fan, fuori dalla sua libreria ed aveva preferito evitare altri shock al suo povero cuore. Ora però sentiva di aver bisogno di parlare con qualcuno che non sapesse nulla di quello che le era successo da quando si era svegliata e che l'avrebbe trattata come se fosse stata la ragazza che era prima dell'incidente. Perché ormai si era costretta ad aprire gli occhi e vedere le cose per com'erano davvero: una serie di dolorose conseguenze che scaturivano da un primo enorme sbaglio, commesso in quel fatidico 20 Agosto.
-Voglio solo vedere come sta... E magari riprendermi il mio posto di lavoro, no?
Se quella frase gliel'avesse detta solo due giorni prima, Mia era sicura vi avrebbe letto la speranza di potersi mantenere autonomamente e magari risparmiare qualcosa per realizzare qualche progetto futuro. Quella mattina, invece, negli occhi di Lexi vi lesse la rassegnazione ad una vita che non voleva più vivere e che avrebbe solamente subito. -Sì, beh... Se credi possa piacerti...
Lexi non si sforzò nemmeno di sorridere: si alzò semplicemente dalla sedia, mise il coltello nel lavandino e si diresse in camera sua per prepararsi. Non si guardava allo specchio da più di quarantotto ore, ma quando lo fece le sembrò fosse passato molto più tempo. Forse il mocio con cui Mia stava pulendo il bagno aveva un aspetto migliore del suo, ma la cosa, per la prima volta, non la sfiorò davvero.

Arrivò alla libreria del Signor Finnigan quando ormai il sole era al suo massimo ed infatti, lo trovò intento a chiudere il registratore di cassa per andare a mangiare qualcosa a casa, prima del suo solito riposino. Chissà come aveva fatto in tutti quei mesi senza Lexi che lo chiamava alle quattro del pomeriggio per ricordargli che doveva aprire il negozio.
-Signorina Lexi! Che piacere vederla. Come sta?
Forse fu il sorriso cordiale che gli si dipinse sul volto stendendo qualche ruga e facendone comparire altre centinaia, o più semplicemente l'affetto che mise in ogni parola a far crollare Lexi di nuovo. Le lacrime scesero pesanti su sentieri che conoscevano fin troppo bene, facendola bloccare nel bel mezzo della libreria.
-Ehi, signorina Lexi! Non faccia così... Su, si calmi... Venga qui...
Due braccia fragili la circondarono e la sorressero quando Lexi si lasciò andare ad un pianto liberatorio. Ormai le sembrava davvero di essersi tramutata in una fontana: era quasi imbarazzante. Ci vollero più di cinque minuti prima che riuscisse a ricomporsi e guardare attraverso quegli occhi che ormai erano due patate il volto preoccupato del suo anziano datore di lavoro.
-Che succede di così terribile da meritare le sue lacrime, signorina Lexi? Anzi, sa che le dico? Che me ne parla mentre pranziamo, le va?
-Volentieri, signor Finnigan.
I camerieri del ristorantino all'angolo ormai conoscevano perfettamente i gusti del decennale proprietario della libreria più pittoresca di Nottingh Hill, ma sapevano altrettanto bene chi fosse Lexi: quella notizia, nonostante fossero passati ormai otto mesi, era ancora motivo di chiacchiere.
-Allora: mi vuole dire che cosa succede?
-Signor Finnigan si è mai sentito come se non avesse uno scopo nella vita?
-E' questo che la preoccupa signorina Lexi?
-Signor Finnigan, potrebbe chiamarmi solamente Lexi? Ormai sono anni che ci conosciamo...
-Hai ragione Lexi, ma allora anche tu devi chiamarmi solamente Robert. Affare fatto?
Le porse la sua mano dalla pelle diafana, che lasciava intravvedere tutte le vene dalle diverse sfumature di viola. Lexi la strinse ed acconsentì alla sua richiesta.
-Ad ogni modo Lexi, se può consolarti sono sicuro sia normale avere un periodo del genere...
-Allora io devo essere anormale, perché è una vita che mi sento così... Così...
-Persa?
-Esatto.
-Lexi io ho fatto la guerra del Vietnam e fidati: so cosa stai provando... Quando sei su un campo di battaglia e ti guardi attorno, senza ricordarti nemmeno perché sei lì, allora l'unica cosa che puoi sentirti è perso.
-Mi dispiace, Robert... Io non volevo assolutamente dire che...
-Ehi, ehi, Lexi. Non sto dicendo che hai sbagliato. Io avevo una motivazione reale per sentirmi così, quindi non immagino nemmeno come tu riesca a gestire il sentirti in questo modo senza sapere neanche il perché... Ma posso confessarti una cosa?
-Certo.
-Io alla fine l'ho trovata la mia bussola...
-Lily.
-Sono così tanto prevedibile?
-No, Robert: è solamente innamorato.
Il sorriso nostalgico che si distese sul volto dell'anziano uomo costrinse Lexi a fare altrettanto, fosse stato solo per non lasciarlo a vagare in quel ricordo dolce-amaro senza nessuno al suo fianco.
-E tu Lexi? Sei mai stata innamorata?
-Se me l'avesse chiesto tre giorni fa, le avrei risposto che forse, per la prima volta in vita mia, mi stavo arrischiando a capire che cosa significasse amare davvero, ma ora... -Ora cosa?
-Ora ho semplicemente capito che io non sono fatta per amare... E soprattutto per essere amata.
Lexi abbassò lo sguardo sul bicchiere ancora pieno di succo all'ananas che aveva ordinato, facendolo ruotare distrattamente tra le mani mentre cercava disperatamente un modo per bloccare il nodo alla gola che le riempiva gli occhi di lacrime.
-Non dire così Lexi! Noi uomini siamo creati per amare. E' il nostro unico vero scopo nella vita... Ed è anche l'unica cosa che ci rende felici. Certo, è indubbiamente la missione più impegnativa che una persona possa intraprendere e il più delle volte, richiede un impegno e una dedizione quasi totalizzanti, ma ne vale la pena. E' un po' come una scalata: la strada può essere lunghissima ed impervia, ma una volta in cima, la vista è spettacolare...
-Sarà anche come dice lei Robert, ma io non la vedo nemmeno la cima... Non ho mai provato come ci si senta ad essere amati ed ogni qual volta decido di arrischiarmi a concedere fiducia alle persone, queste irrimediabilmente mi abbandonano.
-Forse perché non sono la persona giusta...
-La prego, non se ne venga fuori anche lei con la storia che per trovare il principe azzurro bisogna prima baciare un quantitativo innumerevole di rospi, perché per quello basta già mia madre.
-Tua madre è una donna molto intelligente se ti ha detto una cosa del genere. Vedi Lexi, le persone hanno la naturale tendenza ad infrangere la nostra fiducia e a lasciarci delle cicatrici addosso, ma questo perché sono umane anche loro... Però non significa che sarà sempre così e che tutti faranno lo stesso. Non punire qualcuno che potrebbe amarti con tutto sé stesso per gli errori commessi da qualcun altro.
“E se avesse ragione?”.
-Dovrebbe scrivere libri di auto aiuto Robert: potrebbe fare i soldi.
-Oh a me non interessano i soldi... Che cosa me ne farei io?? Mi interessa molto di più vedere felice te.
Il sorriso paterno che le rivolse le ricordò quanto tempo era trascorso dall'ultima volta che aveva parlato con suo padre e decise che uno di quei giorni lo avrebbe chiamato per uscire a pranzo anche con lui. Magari si sarebbe potuta unire a loro anche Karen, dato che sembrava le cose fra loro stessero andando alla grande.
-Grazie Robert.
-Di nulla cara... Ed ora mangiamo, su.

Parlare con il Signor Finnigan le aveva ridonato un po' di tranquillità, o per lo meno uno stato d'animo che le permettesse di riprendersi il suo posto di lavoro part-time fino a quando non si fosse laureata. Fu solo per quel traguardo che non era poi più così tanto sicura di volere ma che aveva inseguito ormai per troppo tempo per pensare anche minimamente di gettare la spugna, che si costrinse ad andare in biblioteca a studiare per uno degli ultimi esami che le mancavano prima della tesi. Ritrovò il suo solito tavolo vicino alla finestra, quello che dava sul giardino sempre ben curato e tranquillo in cui lei si perdeva a contemplare il trascorrere delle stagioni, stranamente libero per essere metà pomeriggio, come se non stesse aspettando che lei. Vi appoggiò sopra il bicchiere di tea che aveva preso alle macchinette, ancora fumate e pieno di zucchero da sciogliere, per poi riempirlo con il pc ed una marea di fogli tra appunti e dispense. Quando si sedette ed il sole arrivò ad illuminarle il volto con i suoi raggi sempre più caldi, le parve che il tempo si fosse riavvolto come il nastro di una vecchia videocassetta e l'avesse riportata indietro esattamente ad un anno prima, quando su quello stesso tavolo si era ritrovata a perdere due ore di studio per tweettare la grande news che era appena uscita: i The Rush stavano realizzando un docufilm che sarebbe uscito nelle sale solo nell'Agosto successivo. Un sorriso dolceamaro le incrinò le labbra, incerta se ridere per le stupide speranze che si ricordava di aver istigato nella sua mente circa Lucas o se piangere per come le cose erano andate realmente. Tra le due scelse la via che tutta quella storia le aveva insegnato ad intraprendere: scrollò le spalle e smise di pensare. La decima discendenza degli imperatori di Giappone l'attendeva impaziente.
Erano le sei e mezza quando il suo cellulare cominciò a vibrare come impazzito, segnalandole una chiamata da parte di Nate.
Non riusciva nemmeno a pensare di sentire la sua voce, perché già solo veder comparire il suo nome sul display del cellulare le stava provocando una reazione esagerata di odio, risentimento, frustrazione e senso di vuoto che rischiava di metterla K.O. Eppure...
-Pronto?
-Hai risposto!
La sua voce era molto più vellutata di quanto Lexi si ricordasse, anche se la nota di sorpresa e sollievo per avergli risposto la rendevano leggermente acuta. Il fatto che conoscesse tutte le sfumature della sua voce mostrò a Lexi quanto si fosse buttata a capofitto in quella conoscenza, sommergendola nuovamente con un'ondata di autocommiserazione.
-Già.
Silenzio.
Un terrificante silenzio ostile che Nate non sapeva più come gestire. Si era ostinato a fare lui quella chiamata al posto di Pablo o di qualcun altro dei ragazzi e tutto per quella minuscola possibilità di sistemare le cose che continuava ad ossessionarlo da quando tutto era andato a rotoli. Le parole uscirono da sole prima che potesse anche solo ragionarle un secondo.
-Mi disp...
No.
Non di nuovo.
Quella sensazione di soffocamento che partiva dallo sterno e si diffondeva fino all'ultimo alveolo dei bronchi, facendole mancare completamente l'aria, stava per inghiottirla di nuovo, ma lei non era nella sua stanza al sicuro da sguardi indiscreti e con la sua coperta a coprire le miliardi di schegge in cui si sarebbe frantumata.
-No! Non lo dire nemmeno.
La sua voce era risuonata più forte del previsto e qualche testa si voltò nella sua direzione.
-Lexi, io...
-Se non hai altro da dirmi, io devo andare.
-No! No. Aspetta...
Nate non cercò nemmeno di nascondere il tono di supplica che la sua voce aveva assunto, perché avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di tenere Lexi attaccata a quello stupido telefono il più allungo possibile.
-Volevo sapere quanti biglietti ti servono per il concerto di lunedì a Wembley... Sai, dato che mancano solo tre giorni, Pablo voleva essere sicuro che avessi tutto l'occorrente per tempo, sia per te che per...
-Non ci vengo.
Facevano rumore i cuori che si infrangevano o erano come quegli alberi che cadevano in una sterminata foresta senza orecchio umano ad udirli? Nate capì in quel momento che potevano suonare più o meno come il crollo di un edificio minato nelle sue fondamenta dalle scosse inarrestabili di un terremoto. E lasciavano la stessa desolazione.
Ad essere sincera, Lexi si era completamente dimenticata del concerto, ma la risposta era sorta spontanea sulle sue labbra: non voleva andarci. Ed in quel momento capì anche che non voleva più avere nulla a che fare con i The Rush, con il gossip, con le fan, con la dottoressa Lang e con tutto quello che poteva vagamente avere a che fare con Nate e quello stupido 20 Agosto.   
Avrebbe riposto tutto in un cassetto della sua memoria, l'avrebbe riposto il più lontano possibile dal suo cuore e avrebbe sperato con tutta sé stessa che il tempo se lo trascinasse via sulle correnti del suo inesorabile scorrere.
Trascorsero quaranta secondi abbondanti prima che uno dei due si decidesse a rompere quel silenzio surreale e, stranamente, fu Lexi a farlo.
-Ora, io... Devo andare. Ciao Nate.
Il cellulare le cadde con un tonfo sordo sul tavolo in legno scuro, attutendo fortunatamente il colpo sulle pile di fogli sparsi davanti a lei, seguito a ruota da due pesanti lacrime salate, ma Lexi non se ne rese neanche conto. Il suo sguardo era rivolto verso il cielo ormai interamente striato dai colori del tramonto, mentre il sole si rifletteva sulle placide acque del piccolo stagno della biblioteca, facendone brillare la superficie e riportando alla mente di Lexi il sorriso e gli occhi cristallini di quel ragazzo il cui solo pronunciarne il nome era stato come infilzarsi un pugnale nel cuore e a cui, con ogni probabilità, aveva appena dato il suo ultimo addio. 




Hi sweethearts!
Lo so. Capitolo dolce amaro. O solo amaro, forse? Già. E pensare che la parte di Nate è stata aggiunta dopo, sostanzialmente perché mi sembrava mancasse qualcosa dal suo punto di vista... Ma la verità è che ormai non è rimasto più nulla. Niente di Lexi, niente delle promesse di Nate e, forse, nemmeno dei Nexi... Mancano tre capitoli alla fine (di cui uno assolutalmente di passaggio) quindi chissà che cosa succederà... Mantenere le speranze o gettarle? Fatemi sapere che cosa vorreste voi...
A presto e grazie di tutto. Davvero.
Lots Of Love xx

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Capitolo 38
*** 28th March 2014 ***


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28th March 2014


-Devo spaccargli la faccia?
-David ma non eri entrato nella fase peace and love della tua vita?? Dov'è finito il tuo spirito hippie?
-E' stato risucchiato da quello di fratello maggiore preoccupato per la sua sorella ameba preferita.
-Ehi... Sono io quella che ti chiama ameba, non puoi arrogarti questo diritto.
-Almeno so che sei ancora capace di arrabbiarti per qualcosa.
-Non sei simpatico David... Per nulla...
-Infatti: sono preoccupato.
Lexi alzò la testa dal manuale di storia che stava sottolineando con un evidenziatore arancione sbiadito tanto quanto la sua voglia di affrontare quella conversazione per l'ennesima volta. Ormai, chiunque le avesse fatto visita, l'avesse chiamata o anche solo le avesse spedito un piccione viaggiatore non faceva altro che dirle come fosse spenta, che doveva reagire, che non poteva far finta di non stare male e che non la riconoscevano più.
La voglia di urlare in faccia a tutti che erano loro a non averla mai conosciuta davvero le bruciava in gola, ma mandava giù e risolveva tutto con un sorriso finto. Non che fossero state così tante le persone che si erano preoccupate per lei, ma erano decisamente più di quante se ne sarebbe mai aspettata Lexi. I The Rush sapevano essere particolarmente invadenti se si mettevano d'impegno. Alla quarta chiamata di Lewis, Lexi aveva deciso di spegnere il cellulare e di far dire a Mia che stava male, motivo per cui ora si ritrovava a guardare il viso preoccupato di suo fratello sbucare dalla porta delle camera. Più lo guardava e più si chiedeva come potessero essere davvero fratelli o anche solo parenti: lui alto, quasi biondo, occhi chiari ed un sorriso splendente; lei bassina, quasi mora, occhi banalmente marroni e un sorriso strampalato che le faceva arricciare in maniera imbarazzante il naso. Un simpatico scherzo del destino insomma.
-Dai entra.
Lexi si mise a sedere sul letto su cui era stravaccata fino a qualche secondo prima, spostando la massa di libri e fogli che lo copriva quasi completamente per permettere a David di sederlesi affianco. Il contatto con la pelle scoperta del suo braccio la fece in qualche modo sentire immediatamente più tranquilla.
-Comunque prima ero serio sull'andare lì e prenderlo a pugni... Lo sai che lo farei se me lo chiedessi.
-Per quanto l'idea potrebbe essere allettante, non sarebbe giusto. Ma non ho voglia di parlarne ora.
-E quando ne avrai voglia?
-Potrebbe essere anche mai, per quanto ne so... Senti David ho chiuso con tutta quella storia e l'ultima cosa di cui ho bisogno in questo momento è che qualcun altro mi faccia la morale su quanto stia sbagliando, perché tanto sembra essere destino che io non ne faccia una giusta.
Non aveva nessuna intenzione di suonare così acida, ma le parole erano uscite prima ancora che potesse metterle in ordine ed in fin dei conti David era pur sempre suo fratello ed era suo dovere subirsi anche quel lato del suo carattere.
-La vuoi sapere una cosa Lexi-Lex?
-Non mi corrompi solo usando il mio nomignolo, sappilo...
David piantò i suoi occhi chiari in quelli color cioccolato di Lexi, facendole domandare per l'ennesima volta come potessero essere davvero fratelli, perché le differenze erano così palesi da stordirla alle volte. Poi però vide il sorriso dolce e vagamente indulgente che le stava rivolgendo, quello che sua mamma le riservava ogni volta in cui si presentava in cucina convinta che non avrebbe passato l'ennesima impossibile verifica di matematica o quando la domenica a pranzo gli faceva l'elenco infinito di libri che non sarebbe mai riuscita a studiare per l'esame del mese seguente, e si sentì incredibilmente legata a lui. Perché quel sorriso lo riservava anche lei a Mia quando si lamentava per qualcosa che non credeva di essere capace di fare e che, invece, come al solito, le sarebbe venuto fuori perfettamente: era il tipico sorriso d'incoraggiamento della famiglia Golder. Un marchio di fabbrica.
-Penso che tu sia molto più forte di quanto credi Lexi... Voglio dire: hai rischiato la vita per dei ragazzi che praticamente non conoscevi! E no, non rifilarmi di nuovo la storia del “è stato un errore, io non centro nulla con loro” perché lo sai benissimo anche tu che non è così! Tu sei speciale Lexi perché hai la straordinaria capacità di far sentire chiunque ti stia vicino una persona importante e non è una dote che possiedono in molti, credimi... Ma penso sia giunto il momento di capire che anche tu sei importante. E lo so che a dirtelo vorresti fosse un certo cretino irlandese con i capelli tinti, ma ora come ora ti devi accontentare del tuo vecchio e meraviglioso fratellone e fidarti di me.
Quello forse era il discorso più lungo e personale che David le avesse mai fatto, anche se Lexi aveva come la sensazione che non fosse il primo, una sorta di eco di un ricordo che però non riusciva ad afferrare, ma decise di non curarsene perché l'espressione convinta di suo fratello la faceva decisamente ridere.
-Tu sei tutto pazzo, lo sai? Ora capisco perché sei innamorato di Mia.
-Diciamo che siamo parecchio sulla stessa lunghezza d'onda... Allora: me lo dai un abbraccio?
-Ma sei sicuro di sentirti bene?!
-Vuoi dirmi che in tutti questi anni non ti è ancora passata la fobia del contatto fisico?! Ma che problemi hai?! -
Ehi, dov'è finito tutto il tuo discorso da “sei una persona importate” eccetera, eccetera?
-In fondo a questo abbraccio: forza, vieni a prendertelo!!
-David abbiamo 22 e 24 anni, ti prego...
-Dammi questo cavolo di abbraccio o giuro che pubblicherò su qualsiasi social network possibile ed immaginabile la foto del tuo dodicesimo compleanno!!
-Non oseresti mai.
-Vuoi scommettere?!
-Va bene, va bene... Diamoci questo abbraccio e facciamola finita.
Quando le braccia forti di David si strinsero attorno a Lexi, si sentì improvvisamente al sicuro ed anche un pochino meno vuota, benché quel calore non avesse nulla a che fare con quello della pelle di Nate. Il sol pensiero dei suoi occhi cristallini costrinse Lexi a nascondere il viso nell'incavo del collo di David, sperando di poter soffocare le lacrime che minacciavano di farla annegare.




Hi sweethearts!
Questo è il famoso capitolo di passaggio, che però (nonostante la brevità) credo sia essenziale. Insomma: mancano sostanzialmente due capitoli (il prossimo sarà decisivo ma credo lo pubblicherò quando avrò il mood più giusto ** entro mercoledì prossimo, in ogni caso.... Sono già emozionata^^) e bisogna che si comincino a tirare le fila.... E poi David non compariva da decisamente troppo tempo e, tutto sommato, lui ha sempre tenuto un posto speciale nel mio cuore. Un po' per la sua confusione cosmica un po' per il suo atteggiamento vagamente strafottente. Fatemi sapere che ne pensate e preparatevi.
Io ancora non ci credo che siamo arrivate a questo punto. Wow.
A presto
Lots Of Love xx

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Capitolo 39
*** 31st March 2014 ***


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31st March 2014




Era il giorno del primo concerto in un Wembley stadium completamente sold out.
Una pietra miliare per la carriera di qualsiasi cantante, specialmente per uno che faceva parte di una boyband nata da uno dei tanti talent show che riempivano i palinsesti televisivi.
Un sogno che diventava realtà.
Quel sogno che da bambino aveva inseguito con tutte le sue forze, suonando la chitarra giorno e notte, incurante dei calli sotto le dita e dei rimproveri di sua madre.
Ma per Nate, quel sogno, non sembrava avere più alcun senso se non poteva viverlo con lei. Perché senza Lexi nulla aveva più senso.
Era al centro del mastodontico palcoscenico su cui avevano finito di fare il soundcheck qualche ora prima, le luci abbaglianti dei fari dello stadio gli scaldavano la pelle con un calore che non gli ricordava nulla, mentre una trentina di uomini vestiti di nero continuavano ad aggirarsi indaffarati sul parterre per finire di sistemare le ultime cose, lanciandogli qualche occhiata scettica. Che cosa ci facesse lui lì, all'una di notte, per loro era un mistero, mentre per Nate era l'unica soluzione che gli era balzata in testa quando si era rigirato per la quattordicesima volta nel letto senza riuscire a prendere sonno.
Si era alzata una leggera brezza umida che lo fece rabbrividire, nonostante i jeans lunghi e stretti e la felpa pesante che aveva afferrato al volo prima di salire in macchina. Si ricordava ancora quando era entrato, quattro anni prima, dalla galleria che gli stava giusto di fronte e si era chiesto che cosa avrebbe spinto i giudici a dare una possibilità proprio a lui invece che a chiunque altro tra le migliaia di persone che si erano presentate quel giorno. Si era detto che lui aveva lo stesso diritto di stare su quel palco che avevano loro e che nulla gli poteva impedire di darsi una chance concreta per realizzare il suo sogno.
E ci era riuscito.
Non da solo, ma con quattro ragazzi assurdamente diversi da lui eppure perfettamente compatibili: per voce, presenza scenica e carattere. Era stato il destino o chiunque ci fosse ai piani superiori. Ed aveva pensato che fosse stato per merito di una volontà superiore anche il fatto che l'ultima persona che Lexi avesse guardato negli occhi quel giorno fosse stato lui e non Lucas. Perché se c'era una cosa che Nate non poteva dimenticarsi erano quelle iridi color cioccolato cristallizzate da un'emozione che per mesi si era chiesto cosa fosse. Solo in quel momento riusciva finalmente a capirla: era la consapevolezza di essere stata utile a qualcuno, di aver fatto qualcosa della propria vita e di essere stata notata dalla persona a cui aveva dedicato undici anni della sua esistenza. E non importava se questo voleva dire morire, per Lexi quella consapevolezza valeva il prezzo da pagare.
Si passò una mano tra i capelli attorcigliati, peggiorando solo la situazione: aveva rovinato tutto.
Anzi, peggio, era riuscito a fare l'esatto opposto di quello che erano i suoi piani. Grazie ai suoi stupidi errori Lexi si era sentita per l'ennesima volta “una delle tante”, come se non fosse niente di speciale, quando invece lei era tutto. O per lo meno, era tutto per Nate.
Improvvisamente gli sembrò che l'aria attorno a lui avesse assunto il peso specifico del piombo, solo per schiacciarlo al suolo e Nate non tentò nemmeno di contrastare quella forza: si sedette sul pavimento freddo del palco e chiuse gli occhi. Non sapeva più cosa fare per risolvere la situazione, aveva come la sensazione che Lexi non si sarebbe più fidata di lui, forse nemmeno se avesse ricordato tutto quello che era successo nei mesi in cui era stata in coma.
-Basta pensare Nate: ti sta uscendo del fumo dalle orecchie...
Era talmente perso nel suo personale universo di sensi di colpa che non aveva sentito i passi pesanti di Pablo avvicinarsi per sedersi affianco a lui.
-Forse hai ragione: dovrei proprio smettere di pensarci.
-Sono invadente se chiedo a che cosa stavi pensando? O meglio, a chi stavi pensando...?
-A Lexi. Stavo pensando a Lexi... Strano vero? A quanto pare non ho fatto altro negli ultimi otto mesi...
La mano forte e paterna di Pablo si abbatté sulla sua spalla, stringendola in un segno di affetto che fece sentire Nate ancora peggio: quelle attenzioni e quella comprensione doveva riceverle Lexi, non lui.
-Ho fatto un disastro Pablo... Un enorme cazzata con lei...
-Nate, ragazzo mio: mi spieghi che diamine ci fai qui se l'unica cosa che vuoi è sistemare le cose?
-Non me lo permetterà... Non mi vuole più vedere. Ne me, ne i ragazzi... Ha rinunciato a tutto.
-E tu hai rinunciato a lei?
Già: lui aveva rinunciato a Lexi? All'unica ragazza che l'avesse mai tenuto sveglio la notte per comporre melodie su melodie? All'unica donna che era diventata tutto per lui ancora prima di fargli perdere la testa con un suo sorriso? All'unica persona di cui si fosse mai innamorato?
No, lui non aveva rinunciato a lei ma si era già giocato tutte le sue chance, l'aveva ferita troppo per rimediare, anche se sapeva che nonostante tutto avrebbe cantato ogni sera quelle due canzoni pensando al suo sorriso e ai suoi occhi brillanti che lui era riuscito a spegnere.
Si accorse di essere rimasto solo sul palco, quando le luci cominciarono a spegnersi attorno a lui ed uno dei tecnici gli stava urlando di scendere, perché dovevano chiudere. A malincuore abbandonò la superficie fresca del palco e si diresse verso la sua macchina, fuori dallo stadio.
Le loro cinque facce campeggiavano sulla facciata imponente dell'edificio e Nate capì che ce l'aveva fatta, aveva realizzato il suo sogno e nonostante tutto, un brivido di adrenalina gli percorse la schiena, facendolo sentire vivo. Troppo presto, però, arrivò anche la consapevolezza che quella sensazione non era nulla in confronto al momento in cui Lexi si era addormentata tra le sue braccia qualche giorno prima, facendolo sentire l'uomo più felice sulla faccia della terra. Salì in maccchina e guidò nel silenzio assordante dei suoi pensieri verso casa.


Lexi si svegliò con un mal di testa atroce quel giorno.
Non era riuscita a chiudere occhio per tutta la notte, neanche fosse stata agitata per qualcosa. L'unica motivazione che avrebbe potuto farle stringere lo stomaco come se dovesse strozzarsi da un momento all'altro, l'aveva definitivamente eliminata con una chiamata qualche giorno prima.
Niente concerto, niente The Rush e niente Nate.
Il solo pensare quel nome le fece provare una fitta lancinante alla testa, tanto che si portò una mano alla fronte cercando di convincere il suo cervello a non esplodere a breve. Il programma per la giornata l'aveva pensato con attenzione maniacale la sera prima assieme a Mia, mentre si strafogavano di gelato al mascarpone davanti a Little Pretty Liars: niente social network, niente blog di gossip, niente giornali scandalistici e niente giri per il centro che non fossero strettamente necessari e solo nelle ore più tranquille. Non voleva incontrare fan di nessun tipo e men che meno sentirsi far domande sul gruppo o sul concerto, perché non credeva di poterlo sopportare. Lei aveva chiuso con quella storia e sperava tanto che anche il mondo se lo mettesse in testa velocemente una volta per tutte.
-Stai bene?
Lexi alzò lo sguardo e vide la testa ormai metà bionda e metà verde di Mia fare capolino dalla porta: le mancavano solamente le palline di Natale ed era pronta per prendere il posto dell'abete che mettevano solitamente davanti a Buckingham Palace. Eppure era comunque dannatamente bella. Persino fare quella constatazione ovvia le diede una fitta lancinante all'altezza delle tempie.
-Mi sembra di avere un esercito di bufali inferociti in testa.
-Benché io sia contro i farmaci testati sugli animali, ti vado a prendere un'aspirina...
Avrebbe volentieri alzato gli occhi al cielo, ma il solo pensiero le provocò l'ennesima fitta, così dovette rinunciare persino a quella piccola soddisfazione: quella giornata era cominciata malissimo. Mia sparì dietro la porta, lasciandola aperta e Lexi poté sentire un dolce aroma di tea verde che si diffondeva dalla cucina. Il sole splendeva sempre più intenso dalla tenda appena scostata della finestra, donando alla stanza e a tutti gli oggetti arancioni che la riempivano una luce calda che avrebbe rasserenato chiunque. Invece Lexi si sentiva estranea a quell'atmosfera di pace, come se non avesse il biglietto per varcarne i cancelli e potesse solo assistervi da fuori.
Un sorriso amaro le increspò le labbra perché quel biglietto era stata lei a rifiutarlo e l'unica persona che poteva incolpare per tutto era, come sempre, solo sé stessa.
-Ecco a te.
Una tazza di tea fumante e una piccola pastiglia bianca fecero capolino nella sua visuale. Li prese, ringraziando Mia con una smorfia che doveva essere un sorriso e mandò giù una lunga sorsata di bevanda assieme alla pillola. Sperava solo facesse effetto in fretta.
-Credi che secondo te dovrei tornare al mio blu?? Ieri David mi ha detto che assomiglio ad un pino...
Mia si era seduta sul bordo del letto e giocherellava sovrappensiero con le punte colorate dei suoi capelli.
-E da quand'è che tu ascolti quello che dice mio fratello?
-Beh...
Non aveva mai visto Mia così in difficoltà: ora stava letteralmente torturando le lenzuola con le mani piene di anelli e non la guardava in faccia. Sembrava quasi non le stesse dicendo qualcosa.
-Mia non è che mi stai nascondendo qualcosa vero?!
-Io... Che? No!! Cioè...
-Mia Winston dimmi tutto, ora!
Improvvisamente sembrava che tutti i bufali nella sua testa si fossero ammutoliti per scoprire che cosa stesse tramando la sua migliore amica che ora la stava guardando con l'espressione più seria di sempre.
-Diciamo che ieri sera, mentre stavo spostando la giacca di tuo fratello dalla mia macchina da cucire, dato che la mette sempre nei posti meno indicati, potrei aver accidentalmente fatto cadere quello che era contenuto nella tasca...
-Oh mio dio. Oh mio dio!! OHMIODIO!!!
Lexi stava letteralmente saltando sul letto senza riuscire bene a realizzare che cosa stesse succedendo davvero, anche se l'immagine di un oggetto si faceva largo nitida ed inequivocabile nella sua testa che continuava a rimbombare come il cielo allo scoccare della mezzanotte del 31 Dicembre.
-E sì, era una scatolina di velluto blu ed io...
-OH MIO DIO DIVENTEREMO COGNATE!!!!
Quello Lexi l'aveva proprio urlato, perché insomma: quante possibilità potevano esserci che la sua migliore amica di sempre finisse per sposare il suo insopportabile ma insostituibile fratello?? Poche, lo sapeva e per un istante si sentì incredibilmente fortuna.
Poi, però, notò la faccia di Mia e l'unica emozione che vi scorse fu panico puro. Si sistemò di fronte a lei, le prese le mani tra le sue in un moto di affetto che era decisamente insolito per una come Lexi, che era una campionessa nell'evitare il contatto fisico, e la guardò negli occhi.
-Non sei felice?
-Sì... Sì che lo sono! Non mi fraintendere Lexi: io sono la persona più felice di questa terra che David voglia passare il resto della sua vita con me, è solo che...
-Il resto della tua vita ti fa paura perché sembra davvero un sacco di tempo.
Mia abbassò la testa, lo sguardo sulle loro mani intrecciate e sorrise: alle volte le veniva il dubbio che lei e Lexi fossero davvero dotate di telepatia.
-Già... E' una cosa stupida vero?
-No, per nulla. Insomma: chi non avrebbe paura del per sempre? Però vedila così: è solo un insieme di attimi che trascorrerai con la persona giusta per te, che ami e che ti ama ogni momento di più. Tutta la tua vita passerà più in fretta di quanto tu possa pensare...
Fu allora che si rese conto di una verità fondamentale: la sua vita stava passando e lei non la stava vivendo.
Di nuovo.
Ed improvvisamente la stanza divenne soffocante e troppo piccola per quella sconvolgente consapevolezza. Stava sbagliando tutto per l'ennesima volta, come se nemmeno il fatto di aver preso una pallottola sulla spalla ed essere rimasta in coma per cinque mesi fosse servito a smuoverla dall'apatia in cui era caduta.
-Alle volte mi chiedo se ti ascolti mai quando parli...
-Perché?
Lexi si sforzò di riportare la sua attenzione su Mia, arginando momentaneamente quella piccola crisi di panico che minacciava di esplodere di lì a qualche secondo.
-Perché dai alla gente degli ottimi consigli, che però tu non segui mai.
-Io... Io...
“Io non sono così coraggiosa.”.
Solo il suono del telefono le impedì di dichiarare ad alta voce quella scomoda verità su sé stessa e gliene fu immensamente grata: quella giornata era stata già abbastanza faticosa perché fossero solo le dieci di mattina. Si alzò velocemente dal letto rischiando di finire a terra come un pero cotto, dato che un potente giramento di testa le rese le gambe molli come budini., ma riuscì a mascherare il fatto facendo finta di essere inciampata sulle lenzuola: l'ultima cosa che le serviva erano le cure apprensive di Mia. Afferrò il cellulare e rispose senza guardare di chi fosse il numero apparso sul display: sicuramente non era nessuno di interessante.
-Pronto?
-Ehi amore!
-Ciao mamma...
-Sei già sveglia?
-Sono le dieci passate ma'... Dove dovrei essere?
-No, non so... E' solo che... Visto che giorno è oggi...
-Mamma lo so che giorno è oggi e ho intenzione di viverlo esattamente come tutti gli altri giorni della mia vita.
“In completa apatia... No, basta!!”.
-Oh beh certo, certo. Ma sai, stavo pensando, che è davvero tanto tempo che non ci vediamo ed oggi viene qui anche tuo padre a pranzo, così magari potreste fare un salto sia tu che tuo fratello...
-Mamma: dovete dirci qualcosa?
Una sorta di subdola speranza cominciò a farsi spazio tra tutte le ragnatele di quella parte di cuore che Lexi aveva sempre riservato per il giorno in cui i suoi genitori sarebbero tornati assieme. Perché se c'era una cosa di cui era sicura nella sua vita, era che Karen e Morgan fossero destinati a stare assieme per prendersi cura l'uno dell'altra, perdonando magari gli sbagli che entrambi avevano commesso in passato. Le bastava osservare lo sguardo adorante con cui suo padre guardava sua madre, lo stesso che rivedeva in David quando guardava Mia o notare come il sorriso di Karen e della sua migliore amica brillassero un poco di più quando i loro compagni erano nei paraggi, per capire che quello era puro e semplice amore. Forse non era perfetto, ma era il tipo di amore che Lexi aveva sempre cercato ma che ormai aveva perso le speranze di poter trovare.
-Insomma, ecco...
-Mamma?!
-Sì, dobbiamo dirvi qualcosa ma è una cosa bella, okay?... Non puoi dirle semplicemente che vogliamo riprovarci?! ... Zitto Morgan! Così rovini tutto!
La voce di suo padre era giunta allegra e potente dall'altro capo del telefono, dato che probabilmente stava preparando una delle sue nuove ricette vegane in cucina, dove sua madre teneva il telefono.
-Farò finta di non aver sentito nulla okay? So che David e Mia devono andare a pranzo con alcuni amici ma per il pomeriggio sono liberi...
“Da quand'è che faccio da segretaria alla coppia di piccioncini?! Oh, giusto: da quando non ho più una vita mia... Solo perché non l'hai voluta tu! Non è vero! E' stato lui a rovinare tutto!!...”
-Lexi ci sei?
-Si, scusa mamma...
“Devo smetterla di farmi i dialoghi interiori: questa cosa comincia a diventare inquietante... Inquietante è il fatto che tu non voglia ammettere nemmeno con te stessa che lui ti manca da morire e che se solo lo chiamassi...”.
-Basta!
Mia si voltò verso di lei, guardandola sconvolta: forse non l'aveva solo pensato.
-Lexi, amore, tutto bene? Basta cosa??
L'apprensione nel tono di Karen le fece chiudere gli occhi e trarre un profondo respiro: doveva trovare una soluzione a quella stupida vocina dentro la sua testa che le diceva cose che non voleva sentirsi dire o sarebbe impazzita a breve.
-Niente, c'era Mia che insisteva per... Per... Per cambiare le lenzuola del letto... Nulla di che. Comunque magari passiamo per cena, che ne dici?
-Oh, va bene! Perfetto! Allora a stasera! Un bacio e salutami Mia.
Mise giù il ricevitore ed appoggiò la fronte sul muro freddo: il mal di testa era tornato peggio di prima ed ogni volta che chiudeva gli occhi le sembrava di avere dei flash di luce strani che le procuravano un certo fastidio.
-Cambiare le lenzuola, eh?
Aprendo un solo occhio, vide una Mia piuttosto sfocata dirigersi verso la porta, mentre la guardava con aria scettica. Forse le si leggeva in faccia che non stava proprio bene.


Nate tirò le punte bionde dei capelli verso l'alto per l'ennesima volta nell'arco degli ultimi dieci minuti, ma senza ottenere l'effetto sperato: lo specchio del camerino continuava a restituirgli un riflesso che non poteva essere il suo. Da dove venivano fuori quelle borse sotto gli occhi? E quel brufolo giusto in mezzo agli occhi? Non che fosse uno attento a queste cose ma quel brufolo era davvero enorme e lui non era mai stato un tipo che sfogava lo stress in quelle maniere. Ora che ci pensava, lui non era mai stato davvero stressato in tutta la sua vita. Almeno finché lei non era entrata nella sua esistenza. Ed eccolo lì, a ripensare a lei, no, a continuare a pensare a lei, dato che dalla notte precedente non aveva mai davvero smesso di farlo. Lexi si era trasformata in una sorta di chiodo fisso che gli trapanava il cervello senza dargli alcuna via di scampo.
-Guarda che ti cadono.
-Che?
-Se ti tocchi i capelli anche solo un'altra volta, ti cadranno tutti.
-Lewis non sparare stronzate, su! Tu te li sistemi ogni cinque secondi e sono ancori tutti attaccati...
-Ehi, lepricauno: non mordere per favore.
-Non rompere Lewis...
Una mano piccola e dal deciso odore di tabacco si appoggiò sulla sua spalla, poco prima che il viso spigoloso e preoccupato del suo amico impiccione facesse capolino nella sua visuale.
-Che succede Nate?
Poteva mentire alla prima persona che aveva conosciuto quando era stato ammesso nello show che gli avrebbe cambiato la vita? No, non poteva e sinceramente non ne aveva nemmeno voglia.
-Non viene, Lewis... Lei non viene. Lì fuori ci saranno quasi 80'000 cazzutissime persone ma non lei, capisci?! Lei non...
Le lacrime scesero prima che potesse anche solo pensare di fermarle e così si ritrovò immerso in un abbraccio soffocante e protettivo di cui fu infinitamente grato. Non poteva farcela da solo. Stettero così per almeno un intero minuto, in completo silenzio cosa assolutamente inusuale per Lewis, fino a quando il ragazzo non lo allontanò da sé ma solo per guardarlo dritto negli occhi e dirgli quello di cui forse aveva bisogno.
-Verrà Nate... Lei verrà, me lo sento.
-E... E come fai a dirlo?
-Perché sei stato tu a farla svegliare e anche se lei non lo sa ancora, è legata per sempre a te. Dille che la stai aspettando. Tentare un'ultima volta ti farà almeno dire di averci provato fino all'ultimo.
Se Lewis ci credeva così tanto, perché non poteva anche lui aggrapparsi a quella piccola speranza che gli stava porgendo? Prese il telefono, si allontanò da Lewis senza degnarlo di una spiegazione e si sedette su uno dei divanetti nel corridoio che di lì a qualche ora lo avrebbe condotto di fronte ad uno stadio sold out per suonare i pezzi che lui stesso aveva composto pensando a lei.
-Pensa Nate, pensa...
Ed ecco che arrivarono come un lampo in un cielo limpido.
Le parole scivolarono fuori dalle sue dita e dentro quel tweet che sperava davvero lei vedesse perché in quel momento nella testa si stava svolgendo il film della loro “conoscenza” in ospedale, quando aveva trovato la sua musa e mettere in musica e parole ciò che provava non era mai stato così semplice.
"I promised you I'll get you Through The Dark... I still hope you'll be here so we can live Happily...”.
Lo inviò senza nemmeno rileggerlo.
Doveva solo aspettare che, con o senza la memoria di quello che si era creato tra loro durante i mesi passati in ospedale, Lexi si fidasse ancora di lui e di quello che entrambi avevano sentito in quei giorni in cui si erano conosciuti, a quegli sguardi sotto la pioggia, a quelle carezze prima di cadere addormentati sul divano, a quei baci quasi scoccati che ancora gli bruciavano sulle labbra.


-Lexi, allora io vado... Ci vediamo sta sera a cena dai tuoi. Segui strettamente il nostro piano e vedrai che sopravviverai anche a oggi. Capito?
-Sì, mamma.
-Non sei simpatica Lexi.
-Oh no, sono molto simpatica... Sei tu che non cogli il mio senso dell'umorismo.
-Guarda: è meglio che vada prima di assalirti con un abbraccio da orso che potrebbe farti venire l'urticaria...Un bacio!
Mia si fermò un attimo sulla porta di casa e si voltò verso Lexi, che era appollaiata sul divano con un libro aperto in mano.
-Lexi...
-Si?
-Mi prometti che starai bene?
-Ci proverò... Vai!
La sua migliore amica le regalò un sorriso incerto e poi, in un turbinio di capelli biondi e verdi, se ne uscì di casa, chiudendosi la porta alle spalle.
Improvvisamente l'appartamento divenne silenzioso e Lexi si rese conto di una cosa: non era per nulla opportuno che lei rimanesse in casa da sola, immersa nel silenzio con la testa che invece sembrava essere finita nel bel mezzo di un concerto heavy metal. Prese il computer, scelse l'unica playlist che non conteneva canzoni dei The Rush, dato che quello sarebbe stato decisamente il colpo di grazia e si rimise a leggere cercando di concentrarsi sull'amore idilliaco della protagonista invece che sulle rovine dalla sua vita sentimentale.
“E' tutta colpa mia...”.
La sua concentrazione era durata addirittura dieci secondi, prima che la solita fastidiosa vocina che aveva capito essere la sua coscienza e che ora parlava pure in prima persona, tornasse a tormentarla.
-Okay, così non funziona. Non posso far finta che oggi non sia il fatidico giorno e che il mondo al di fuori di questo appartamento non esista... Vediamo che si dice in giro...
La promessa fatta a Mia di cercare di stare bene si frantumò nell'esatto istante in cui premette l'icona di Twitter nell'elenco dei siti preferiti e una montagna di tweet sul concerto di quella sera invase la schermata del pc.
-Oh.
Un anno prima sarebbe stata lei quella a postare foto della coda al di fuori dello stadio, sperando di potersi accaparrare un posto sotto il palco all'apertura dei cancelli. Sarebbe stata in fibrillazione da settimane, avrebbe già costretto Mia a comprarsi dei tappi per le orecchie perché ogni discorso, nei giorni precedenti a quell'evento, sarebbe finito per focalizzarsi sul concerto. E poi avrebbe vissuto uno dei momenti migliori della sua vita cantando a squarciagola le canzoni di un album che erano almeno tre settimane che non aveva più la forza di ascoltare. Le sembrava tutto così lontano. Fino ad un anno prima, andare a concerti e condividere quell'esperienza con migliaia di ragazze come lei era l'unica cosa che contava davvero oltre a sua madre, Mia e la storia. Erano attimi di pura gioia di cui faceva scorta per superare l'inverno che circondava costantemente il suo cuore. Ma in quell'anno era successo di tutto e lei era cambiata.
O forse si era soltanto spenta, dopo aver scoperto che nemmeno ciò che le dava più soddisfazione era immune da provocarle cocenti delusioni.
Ricaricò la home del sito e si accorse che le ragazze erano letteralmente in subbuglio per un tweet di uno di loro. Era vero, aveva ceduto a controllare come stessero andando le cose al di fuori delle sue quattro mura protette, ma era sicura di riuscire a gestire delle informazioni che riguardassero direttamente loro e magari proprio lui?
-No, non sono così masochista. Non volontariamente almeno...
Chiuse in fretta la pagina web e riprese il libro in mano.


-Nathaniel hai per caso visto il mio cappello??
Lewis fece irruzione nel corridoio fino a cinque secondi prima deserto, dove Nate aveva cercato un rifugio da domande scomode e da tutto il caos che stava imperversando a poche ore dal concerto.
-No, non l'ho visto. Perché?
Era quello il bello di Lewis: un attimo prima era il fratello maggiore che ti rassicurava su come tutto sarebbe andato per il verso giusto ed il secondo dopo era tornato ad essere il solito rompipalle scalmanato.
-Perché credo di averlo lasciato a casa tua, l'ultima volta che sono venuto lì ed avevo promesso a mia sorella che l'avrei messo su al concerto stasera... Cazzo! Questa volta mi ammazza!
-Ma si può sapere perché ti ricordi sempre tutto all'ultimo minuto?
-Allora, lepricauno: intanto...
-Ragazzi è ora di fare l'ultimo soundcheck, venite.
Pablo era comparso in tutta la sua imponente presenza fisica nel corridoio sempre più affollato e teneva in mano l'archetto che di solito Nate usava quando doveva cantare i brani in cui suonava la chitarra.
-Cazzo!!
Due facce attonite si girarono verso di lui, che era letteralmente saltato su dal divanetto verde bottiglia su cui era seduto.
-Ho dimenticato il mio plettro porta fortuna a casa! Io non suono senza quello.
-Nate non fare il bambino, su...
-Pablo non ci pensare nemmeno! Me lo ha regalato mio padre il giorno delle mie audizioni, non posso pensare di suonare il mio primo concerto in uno stadio sold out con un plettro che non sia quello.
-E fortuna che ero io quello che si ricordava tutto all'ultimo minuto...
-Lewis: lo rivuoi oppure no il tuo cappello?
Avendo capito l'antifona, Lewis prese sottobraccio Pablo e cominciò a fare quello che gli veniva meglio al mondo, oltre cantare: raggirare le persone.
-Vedi Pablo, se tu lasci andare il nostro piccolo Nathaniel a prendere il suo plettro ed il mio cappello tutto questa sera filerà liscio, io me lo sento... Se invece ci costringerai a salire su quel palco senza i nostri amuleti, allora stasera sarà una strage degli innocenti, l'apertura del Vaso di Pandora sarà nulla a confronto e niente, dico niente, ci salverà dal fallimento!
-Quanta erba hai fumato?
-Poca, ma rimane il fatto che il lepricauno deve andare a recuperare plettro e cappello a casa sua, altrimenti siamo spacciati... Okay, era una battuta pessima.
Nate si passò una mano sulla faccia, ormai sull'orlo di una crisi di nervi, non sapendo nemmeno lui se fosse per l'aver dimenticato una delle cose a cui tenesse di più o se perché Lexi non aveva ancora dato segni di ripensamento.
-Chiamo Alberto per dirgli di accompagnarti... Ti do un'ora di tempo, in caso contrario mando la swat a recuperarti, chiaro?
Nate si lanciò su Pablo e lo abbracciò talmente forte da rischiare di fargli perdere l'equilibrio, per poi correre lungo il corridoio fino ad una delle porte sul parcheggio retrostante lo stadio: era senza fiato ma vedere Alberto già al posto di guida su uno dei loro Range Rover neri gli diede la forza necessaria per fiondarvisi dentro e dire:
-A casa mia, il più velocemente possibile!


L'angolo appuntito del libro le si era letteralmente conficcato nel fianco, quando le era caduto dalle mani. Si doveva essere addormentata senza accorgersene e per poco non le prese un colpo quando si accorse di che ore fossero. Erano le sette di sera ed in meno di mezzora Lexi si sarebbe dovuta trovare dall'altra parte della città per assistere al nuovo inizio di una vita assieme per i suoi genitori: non ce l'avrebbe mai fatta. Come se non bastasse, quel sonnellino non aveva fatto altro che peggiorare la situazione del suo mal di testa dato che, non solo le tempie continuavano a pulsare facendole presente ogni battito del suo cuore, ma un'intricata matassa di immagini non la smetteva di riaffiorarle davanti agli occhi, residui forse di qualche sogno senza senso che doveva aver fatto. Si sentiva come dentro ad uno di quei souvenir a forma di palla di vetro che bisognava scuotere per veder scendere la neve: lei era letteralmente nel bel mezzo di una bufera.
Afferrò il cellulare e chiamò senza quasi nemmeno rendersene conto un taxi, mentre cercava di capire che fine avesse fatto la porta di camera sua: possibile che qualcuno l'avesse spostata? Si infilò su la prima cosa che le capitò sotto mano: era un vestito leggero, maniche corte, con una stampa più o meno optical, sui toni del marrone, del verde e del giallo, a cui fu costretta ad abbinare una cintura scamosciata nocciola giusta sotto il seno, per non rischiare di sembrare un sacco patate (nemmeno si era accorta di essere dimagrita così tanto nell'ultimo periodo). Si infilò gli stivaletti marroni che erano sotto il letto e la collana lunga con l'acchiappa sogni che non si ricordava minimamente perché non avesse più messo, dato che un tempo era la sua preferita. Mentre ancora cercava di infilare il portafoglio e il cellulare nella tracolla, afferrò un elastico e si mise di fronte allo specchio per sistemare la zazzera di capelli che aveva in una morbida treccia laterale. Fu in quell'istante che una terribile sensazione di deja-vù le corse lungo la spina dorsale facendola impietrire.
20 Agosto di un anno prima.
Quello stesso specchio.
Dei vestiti fin troppo simili.
Un'altra lei.
Il campanello la riportò a sé stessa e Lexi si costrinse a lasciare quell'immagine di una lei che non era più capace di riconoscere, nonostante esteriormente le somigliasse parecchio.


Uscire dallo stadio era stato più semplice del previsto e il traffico verso il centro della città era stranamente scorrevole, così appena mise piede in casa e gli occhi gli caddero immediatamente su plettro e cappello si disse che quelli dovevano essere dei segni del destino. Li afferrò al volo, pronto a rimettersi in macchina dato che sembrava esserci un vero e proprio ingorgo in direzione dello stadio, ma la sua attenzione fu catturata da qualcosa appoggiato sul poggiolo del divano. Evidentemente Linda, la sua governante, era andata a ritirare il bucato e fino a qui non c'era nulla di strano. Ciò che invece lo fece tornare sui suoi passi per avvicinarsi al divano fu il capo in cima alla pila: lo avrebbe riconosciuto dovunque. Era quel giubbotto. Quello della premiere del film. Quello della sparatoria che aveva fatto entrare Lexi nella sua vita.
Nate non poté far altro che pensare che forse anche quello era un segno e che se anche non lo fosse stato non avrebbe avuto importanza, perché afferrò quel giubbotto e se lo mise addosso lo stesso, per avere Lexi con lui su quel palco nonostante tutto.




31st March 2014 19:25


-Ma non può fare una strada che non passi per lo stadio?!
La pazienza di Lexi era davvero al limite, non solo perché sarebbe arrivata in ritardo a cena dai suoi, ma soprattutto perché quel dannato autista aveva scelto l'unica strada che lei gli aveva accuratamente suggerito di evitare. Come poteva restare calma se era ad appena venti minuti di distanza dallo stadio in cui ci sarebbe stato anche lui? -Signorina è tutto bloccato. E' meglio che si calmi ed entri nell'ordine delle idee che arriverà in ritardo... Tutta colpa di questo stupido concerto.
-Stupido sarà lei...
-Come scusi? -Nulla, nulla...
Lexi appoggiò il gomito sulla sporgenza interna dello sportello e si sorresse la testa sempre più pesante ed intontita con la mano: fuori dal finestrino centinaia di macchine erano incolonnate ordinatamente sulle quattro corsie che si diramavano nelle due direzioni di marcia, come una colonia di piccole formiche laboriose. Poteva vedere chiaramente ogni passeggero al loro interno e si accorse che la maggior parte di loro erano ragazze che sarebbero andare al concerto e una piccola fitta di invidia la trafisse. Durò solo un attimo però: era stata lei a rifiutare tutto quello, forse con delle buone motivazioni o forse solo per paura.  


-Alberto non esiste un'altra strada? Se non sono lì entro un quarto d'ora è la volta buona che Plablo mi castra.
-Mi dispiace Nate, ma è bloccato dappertutto... A quanto pare le persone famose non possono permettersi di dimenticare le cose a casa.
Nonostante la tensione che continuava a fargli muovere senza sosta la gamba, Nate rise a quella battuta del suo bodyguard e si chiese se davvero ce l'avrebbe fatta ad arrivare in tempo per salire su quel palco. Era come se l'intera città di Londra avesse deciso di concentrarsi in quel tratto di strada tutta nello stesso momento per bloccarlo lì e farlo soffocare in quella sorta di apnea emotiva che lo circondava. Gli venne in mente che una volta, forse all'alba della loro carriera, poco prima di uno dei loro concerti in giro per il Regno Unito, Hugh aveva tentato di insegnargli una tecnica di rilassamento con l'unico risultato di innervosirsi notevolmente e di farlo ridere di gusto. Nate non era fatto per quel genere di cose: lui le emozioni voleva viverle fino in fondo, sentire lo stomaco che si contorceva quando prendeva in mano la chitarra un secondo prima che le luci sul palco si accendessero, percepire la sua testa farsi sempre più leggera mano a mano che le urla delle loro fan si facevano più forti, riuscire a contare i battiti del suo cuore che rincorreva chissà che cosa ogni volta che Lexi sorrideva.
Ed eccola là.
Sempre fissa nel suo cervello, inchiodata al suo cuore, mescolata alla sua anima.
Lexi era dovunque ed era tutto e Nate ne era così tanto assuefatto che credette di vederla nel taxi nero che era fermo dall'altro lato della strada, aspettando che il traffico si sbloccasse.
-Non può essere...
-Che cosa?
Si sedette meglio sul sedile, schiacciando quasi la faccia contro il finestrino perché non poteva credere ai suoi occhi, perchè semplicemente non poteva essere.
Lexi era lì, i capelli in una treccia come il giorno della sparatoria e gli sembrò indossasse anche un vestito dannatamente simile. Ma il suo sguardo era diverso, triste e perso a contemplare qualcosa che sembrava essere troppo lontano perché lei potesse raggiungerlo.
-Dimmi che la vedi anche tu. Dimmi che quella è Lexi!
-Ma chi? Nate che cosa stai... Oh sì, è proprio lei.
Era dannatamente splendida e Nate poté contare chiaramente i suoi battiti cardiaci, sapendo però che quella volta stavano correndo verso di lei.


La testa continuava a pulsarle come se volesse esplodere da un momento all'altro e il finestrino lasciato aperto dal tassista lasciava entrare tutto il trambusto della strada, compresi i rumori insopportabilmente forti di una cantiere a pochi metri da loro.
“Maledizione, ma ce l'avete tutti con me oggi?! Oddio la testa...”.
L'ennesima fitta le fece chiudere gli occhi e quando li riaprì tutto era diventato sfocato, come immerso in una nebbia che non si poteva trovare nemmeno a Londra in quel periodo dell'anno.
Ma lo vide comunque.
Come avrebbe fatto a non vedere quegli occhi puntati su di lei che sembravano non aver mai guardato altro in vita loro?
Come avrebbe fatto a non notare quei capelli biondi scompigliati di cui poteva ancora sentire la consistenza soffice tra le dita?
Ma soprattutto come avrebbe potuto dimenticare quel giubbotto?
“Ma io quel giubbotto non l'ho mai visto... No, aspetta un attimo è quello che aveva indosso alla...”.
Lexi non ebbe il tempo di concludere quel pensiero, perché l'espressione di Nate divenne una maschera di terrore che gli era troppo familiare. Nel momento esatto in cui i suoi occhi dalle iridi celesti come il cielo d'estate furono torturate da un moto di sgomento, apprensione e paura che non gli si addiceva per nulla, Lexi sentì un rumore secco e fragoroso provenire dal lato della strada: un enorme tubo in ghisa era caduto sull'asfalto.
Fu come uno sparo.
E tutto divenne buio.
La pallottola che volava come a rallentatore... Pablo che era troppo lontano per fare qualsiasi cosa... Una scelta da prendere... Lucas che si parava davanti a Sophia... Lo scatto quasi istintivo delle sue gambe... Il dolore lancinante di qualcosa che le trapassava la spalla... Il sorriso che le compariva sulle labbra perché aveva finalmente combinato qualcosa di utile in vita sua... L'impatto improvviso con l'asfalto duro e bagnato... E quegli stessi occhi azzurri impauriti e sconvolti ma dannatamente belli che lo salvavano per essersi messo un giubbotto da giocatore di football americano ad una premiere... E poi un fiume di sensazioni. Il panico dei primi momenti di coma, la voglia di urlare, le lacrime di sua madre e suo padre, di Mia e David... E poi Sarah, tutte le chiacchiere che le aveva regalato per farle compagnia... Il signor Finnigan e... Oddio, non poteva essere...
-Non può essere...
-Come scusi??
La voce del tassista non raggiunse minimamente la sfera d'interesse di Lexi perché ora tutto stava tornando ad essere chiaro, ogni flash assumeva contorni definiti, la testa sembrava sul punto di esplodere ma non importava perché ora ricordava. Tutto.
Sentì una lacrima scendere sulla sua guancia, lenta e fredda proprio come quelle che ora sapeva di aver versato in quei cinque mesi e il ricordo del calore di una mano che le asciugava dolcemente la costrinse a toccarsi istintivamente quel lembo di pelle che un tempo era stato graziato con il suo tocco. Le sue dita corsero poi alle sue labbra diventate improvvisamente bollenti perché anche loro ricordavano di un bacio che avevano aspettato per mesi e che alla fine lui aveva trovato il coraggio di darle.
Lui.
Lui che le aveva scritto praticamente un intero album di canzoni.
Lui che aveva scoperto come lei fosse sempre stata innamorata di un altro ma che non si era arreso.
Lui che era andato contro ogni logica e si era innamorato di lei senza nemmeno conoscerla davvero.
Lui che aveva rispettato chissà quale patto per non confessarle tutto quello che aveva fatto per lei mentre era in coma.
Lui che le aveva promesso di restarle accanto per scoprire il motivo di quel sorriso fatto nel momento più tragico della sua vita e che le aveva assicurato ne sarebbero usciti assieme.
Lui che le aveva detto “ti amo”.
Lui che era diventato tutto e che per lei aveva sconvolto la sua esistenza senza pensarci due volte.
Lui che le aveva fatto vivere davvero la sua vita.
Lui che l'aveva riportata alla vita.
Lui che era Nate Hanson.
E se ne era appena sparito in mezzo al traffico sulla sua Range Rover, verso uno stadio pieno di ragazze che avrebbero pagato per essere al posto di Lexi, per esibirsi per qualcuno che lo avrebbe apprezzato davvero e che non avrebbe gettato la spugna alla prima difficoltà come aveva fatto lei.
-Devo andare da lui... Io, io devo andare da lui. Devo andare da lui!
-Come scusi?
-Devo andare da lui!!
Ormai Lexi era praticamente saltata sul sedile, incapace di contenere la sua impazienza e se quel dannato autista non avesse fatto inversione di marcia il più in fretta possibile sarebbe scesa dal taxi ed avrebbe raggiunto lo stadio di corsa, se fosse stato necessario per arrivare a lui.
-Ma da lui chi?!
-Da Nate! Vada allo stadio, presto!!!
-Okay, okay... Lei è parecchio strana, lo sa?
-E lei non deve mai esser stato innamorato in vita sua.
Si lasciò cadere sul sedile del taxi ed una strana calma la avvolse: aveva ricomposto il puzzle, aveva trovato il pezzo mancante non solo della sua memoria ma anche dalla sua esistenza, la chiave per farne qualcosa di speciale. Aveva trovato Nate.


Quando arrivò allo stadio aveva ben dieci minuti di ritardo e la faccia di uno che aveva appena incontrato il fantasma del suo passato e c'aveva fatto una spassosa chiacchierata a quattrocchi, tanto che Pablo non trovò neanche il coraggio per rimproverarlo, ma piuttosto gli chiese che cosa avesse visto di così sconvolgente.
-Lexi.
-Lexi?! Dove? Quando?! Ma sta venendo qui?!?!
-Stava andando nella direzione opposta. Non verrà.
Scosse la testa e lanciò il cappello in mano ad un Lewis che gli stava andando incontro del tutto ignaro di quello che era successo e che cercò di capirci qualcosa, senza ottenere alcuna risposta.
Non poteva credere che quella fosse davvero la sua Lexi: sembrava spenta, senza quella luce negli occhi a mandorla che l'aveva fatto innamorare una seconda volta guardando quella stupida intervista. Era un involucro vuoto e lui aveva fallito su tutti i fronti. Le uniche cose che gli erano rimaste erano la musica e le sue fan: non poteva permettersi di deludere anche loro. Sarebbe salito su quel palco ed avrebbe cantato come se fosse stata l'ultima volta, come se Lexi fosse stata in prima fila, perché ormai Lexi e la musica erano diventate una cosa sola per lui.


Arrivò allo stadio dopo ben venti minuti: forse i più lunghi di tutta la sua vita, dato che finalmente aveva un obbiettivo da perseguire ed era impaziente di raggiungerlo. I gate erano ormai quasi vuoti e dall'interno dello stadio provenivano le urla delle fan e i bassi della band di apertura: doveva sbrigarsi.
-Biglietto prego.
Un omone enorme, vestito tutto di nero e con un cipiglio per nulla amichevole ed incline al dialogo le si parò davanti e la mise di fronte all'unico vero ostacolo di tutta quella faccenda: entrare nello stadio. O per lo meno farlo senza dover uccidere qualcuno.
“Pensa Lexi, pensa....”.
-Vede io sono con Pablo. Sono Lexi, la ragazza che si è presa la pallottola sulla spalla per salvare Lucas. Pablo mi sta aspettando.
-Senti piccola, sai quante altre ci hanno provato a rifilarmi la stessa identica storiella oggi? Almeno abbiate la cura di lasciare stare quella povera ragazza...
-Ehi, ma io sono davvero Lexi Golder! Se vuole le faccio vedere la carta d'identità, io...
-Dico davvero: non mi interessa chi tu sia. Devi avere il biglietto per entrare.
-Oh dannazione!
Lexi sbatté i piedi per terra e poi cercò furiosamente nella borsa per trovare il cellulare: c'era solo una persona che poteva tirarla fuori da quell'impaccio.
-Avanti, rispondi Pablo... Forza...
-Ehi! Sono Pablo e questa è la mia segreteria telefonica: se ci tenete tanto a lasciarmi un messaggio, parlate dopo il “bip”. Saluti!!!
-Ma che cazzo! Non è possibile che l'unica volta in cui decido di fare qualcosa nella mia vita, l'universo mi si metta contro, dai!
L'esasperazione era arrivata ad un livello tale che ormai persino urlare non era più sufficiente a farla sfogare. Ma attirò invece l'attenzione della sua soluzione.
-Lexi?! Lexi sei tu?
Si voltò verso l'entrata dello stadio, a più di duecento metri da lei e dall'energumeno che non la voleva far passare e vide un angelo che la salutava. O semplicemente Alberto, in quel momento non aveva senso sottilizzare.
-Oddio Alberto! Ciao! Sono così felice di vederti!! Oddio non ci credo! Io devo...
Ormai lui aveva raggiunto i cancelli ed aveva salutato i ragazzi della sicurezza con un cenno del capo, come si fa tra veri machi, o almeno questo fu l'inutile pensiero che le passò per la testa.
-Ma che ci fai qui fuori?
Ecco: quella era un'ottima domanda. Le prime note del video di introduzione dei ragazzi si stavano diffondendo ad altissimo volume in tutta l'area circostante e Lexi sentiva l'esigenza di esserci, perché glielo doveva. Per Nate.
-Alberto, io devo entrare. Dico davvero: devo andare a quel concerto. Devo vedere Nate e...
-E che cosa ci fai lì fuori, allora?! Ragazzi lei è con me...
La prese sottobraccio e la condusse all'interno dello stadio. Si sarebbe tanto voluta girare ed urlare a quei tipi che aveva ragione lei e che era davvero chi diceva di essere, ma si limitò a fargli una linguaccia che l'energumeno più grosso accettò scuotendo semplicemente il capo. Alle volte aveva davvero ventidue anni per nulla.
Erano entrati in uno dei corridoi che conducevano al parterre, ma lo stadio era enorme e la strada le sembrava davvero infinita, tanto che si chiese se non avrebbe perso un polmone prima di arrivare sotto il palco. Lexi sentì il rimbombare ritmico della batteria di Josh giungerle attutito dai muri che la separavano dal vivo dell'azione ed ormai era quasi convinta di aver il cuore in gola: quando si era sentita così emozionata l'ultima volta?
“Mmm, tipo quando mi sono presa una pallottola sulla spalla ed ho salvato la vita ad un paio di persone? Okay, forse non è caso di pensarci ora...”.
Si erano fermati di fronte ad una porta anti-panico e Lexi sentiva la musica penetrare in lei dalle suole degli stivali fino alle punte dei capelli: voleva entrare lì dentro e vedere i suoi occhi e il suo sorriso, perché voleva che lui sapesse, voleva che Nate scoprisse quanto gli fosse riconoscente.
“E anche che io credo di....”.
-Sei pronta?
La voce decisamente più alta rispetto al normale di Alberto la distrasse da quel pensiero che le stava provocando una certa tachicardia, costringendola a ricollegarsi con la realtà.
-Sì.
Non era mai stata così pronta in vita sua, mai così sicura di qualcosa.
E poi la porta davanti a lei si aprì.
Fu il delirio.
Decine di migliaia di voci, di volti, di mani si mescolavano in quello stadio immenso, facendola sentire allo stesso tempo piccola e parte di qualcosa di magnifico: si era dimenticata che cosa volesse dire andare ad un loro concerto. Ed una scarica di adrenalina le corse lungo tutto il corpo, facendola sentire viva, davvero. Sentiva le voci dei ragazzi che si sormontavano e si mescolavano nella settima canzone del loro concerto, ma Lexi non aveva il coraggio di alzare gli occhi verso il palco. Sapeva, anzi, sentiva gli sguardi delle ragazze sedute sugli spalti vicino al corridoio dove lei stava entrando, seguita da Alberto, che si facevano più acuti: sicuramente sarebbe finita su Twitter nell'arco di due minuti, ma non le importava. Vide Lou e tutto lo staff dei ragazzi nelle vicinanze della regia, a lato del mainstage, separati dal resto delle fan sul parterre e lesse la gioia negli occhi di Pablo. Appena gli fu a portata di mano la soffocò in un abbraccio da orso che per poco non la fece cadere a terra, per poi urlarle nell'orecchio:
-Sapevo che saresti venuta! Lo sapevo!!
Già: perché tutti lo sapevano e lei no? Perché tutti erano a conoscenza di quello che era successo in quei cinque mesi e nessuno le aveva mai raccontato nulla? Era divisa in due: da una parte l'irresistibile voglia di volgere la sua attenzione verso il palco e perdersi in quelle iridi celesti che l'avevano salvata; dall'altra la voglia di scoprire perché fosse rimasta all'oscuro di tutto per così tanto tempo, creandole un'infinità di problemi di cui avrebbe volentieri fatto a meno. Ma come sempre, ci pensò Pablo a risolvere la situazione.
-Dimmi che ti sei ricordata tutto...
Un'ondata di lacrime minacciava di bagnarle le guance nel giro di due secondi perché quello era davvero troppo, per chiunque. Pablo le si avvicinò e la prese per le spalle, guardandola dritta negli occhi e le disse l'ultima cosa che le serviva sapere per decidersi a rischiare il tutto per tutto.
-Lui voleva dirtelo... Tutti noi volevamo, ma i medici ci hanno detto che era troppo pericoloso per il tuo equilibrio emotivo, ma erano cazzate: dovevamo raccontarti tutto... Mi dispiace Lexi!
Sentiva il cellulare vibrare impazzito dentro la borsa, forse a causa di tutte le notifiche di Twitter che le stavano arrivando o per le chiamate di sua madre e di Mia, ma non le importava nulla perché quello che Pablo le aveva appena urlato contro per colpa della musica altissima era la cosa più importante che potesse mai dirle.
“Voleva dirmelo... Lui voleva dirmelo...”.
Forse gli sorrise, forse gli disse anche grazie mentre si sganciava dalla sua presa, Lexi non riusciva a capire bene che cosa stesse facendo, perché l'unico punto che stava diventando il suo centro gravitazionale era su quel palco e stava splendendo come un diamante in mezzo ad una montagna di carbone.
Era dannatamente stupendo.
Da togliere il fiato.
La maglia bianca, senza maniche, lasciava scoperti i muscoli tesi delle braccia, mentre suonava la sua Gibson rossa e avorio. I pantaloni neri, stretti attorno alle gambe magre, sembravano fatti apposta per farlo sembrare una dannata rockstar: i capelli con il ciuffo in aria, leggermente arruffati perché chissà quante volte vi aveva passato le mani in mezzo a causa del nervosismo; le gocce di sudore che gli imperlavano leggermente la fronte per lo sforzo di rendere quella serata assurdamente memorabile per chiunque fosse in quello stadio; il sorriso sghembo che gli stava decorando le labbra sottili e arrossate per le migliaia di volte in cui le aveva morsicate poco prima di salire sul palco; e i suoi occhi... I suoi occhi erano l'infinito. Ed erano tutto. Le promesse che le aveva fatto, la speranza che le aveva donato, la gioia che le aveva assicurato sarebbe tornata nella sua vita, l'amore per quello che faceva e per chi gli voleva bene. L'azzurro brillante delle sue iridi era la vista più spettacolare che Lexi avesse mai avuto occasione di guardare e si sentì fortunata. Perché se davvero per una volta la sua vita stava andando per il verso giusto e lei stava tentando di viverla davvero, allora lui si sarebbe accorto di lei. “Lexi, ma secondo te? In mezzo a sessanta mila persone si accorge proprio di...”.
-Sei qui.
Quelle sessanta mila persone che Lexi era assolutamente convinta l'avrebbero nascosta ai suoi occhi, ora erano tutte concentrate su di lei e per poco non si sentì esplodere la faccia, ma non per loro. Per Nate. Per quel pesce lesso che la stava fissando a bocca aperta nel bel mezzo di un palco mastodontico, illuminato a giorno da migliaia di fari. Ma era il pesce lesso più bello che avesse mai visto.
Non riuscì a farci nulla perché due lacrime dispettose ed assolutamente inopportune decisero di scendere comunque lungo il suo viso, che era appena finito sui maxi schermi ai lati del palco: se il suolo non l'avesse inghiottita in quel preciso istante, soccombendo al peso dell'imbarazzo che stava provando, non sarebbe accaduto mai più. Ma forse aveva parlato troppo presto.
Zach si avvicinò ad un Nate completamene impietrito e gli batté una mano sulla spalla, sorridendogli come solo chi sapeva di aver sempre avuto ragione su tutto poteva fare e con ogni probabilità gli sussurrò all'orecchio anche un “te l'avevo detto” che i microfoni intercettarono lo stesso. Ma fortunatamente tutti erano troppo concentrati ad ascoltare quello che Hugh stava dicendo, fosse anche solo per sbloccare quella situazione surreale.
-Bene gente! Questa sera ci ha fatto il grandissimo onore di donarci la sua presenza una delle ragazze più coraggiose che noi cinque abbiamo mai avuto occasione di incontrare!! Dobbiamo tutto a lei, letteralmente! Quindi fate un bel applauso di benvenuto alla sola ed unica Lexi Golder!!
Ecco: quello era il momento adatto per essere ingurgitata dal prato dello stadio e sperare di non tornare in superficie prima delle due seguenti ere geologiche. Un intero stadio stava urlando il suo nome ed applaudendo e Lexi credette davvero di star a sognare perché tutto quell'affetto e quell'amore lei non se li meritava, non potevano essere per lei... In fin dei conti aveva solo fatto quello che chiunque altro al posto suo si sarebbe sentito in dovere di fare. Ma forse per tutta quella gente non era così. Forse aveva davvero fatto qualcosa di straordinario. Forse non era così normale come credeva.
-Fatevi sentire, forza!!
Quello era Lucas che poi le mimò un “grazie” con un sorriso grato che le fece stringere il cuore, perché anche lui le voleva bene. Lucas non solo sapeva chi fosse ma l'apprezzava come persona e la riteneva degna di tutta quell'attenzione.
“Assurdo....”.
Lewis si avvicinò al punto dov'era e la salutò toccandosi leggermente il cappello, come un gentleman d'altri tempi e la fece sorridere, perché lui era così: genuino e sé stesso fino all'ultima fibra del fluente ciuffo di capelli castani che gli contornava il volto.
-Okay, okay... Un attimo di silenzio per favore.... Vorrei... Vorrei dire due cose prima della prossima canzone.
La voce calda e stranamente impacciata di Nate si fece sentire sopra il rumore assordante degli applausi e della grida e tutto lo stadio sembrò sparire in un solo colpo. Erano solo lui e lei, uno di fronte all'altra, le luci che illuminavano ogni sfumatura di emozione che gli si imprimeva sul viso, le mani di entrambi che torturavano qualcosa, lui il plettro portafortuna, lei il braccialetto che loro le avevano regalato.
Era la resa dei conti.
Era uno di quei momenti in cui sembrava che tutta la loro vita non fosse stata che un lungo, contorto percorso per giungere lì, in quel preciso istante da vivere.
Era Il Momento.
-Questa canzone io... Beh, io l'ho scritta per te Lexi... Per te, che sei una delle donne più forti che io abbia mai conosciuto... Non che ne abbia incontrate così tante, però insomma, voglio dire...
-Vai avanti Nate!
Quello era stato Lewis a parlare e per una volta Lexi gli fu grata per la sua boccaccia incapace di stare zitta.
-Lexi, quando ho visto quella pallottola colpirti ed ho notato il sorriso che avevi dipinto sul volto mi sono chiesto perché... Ed ho continuato a chiedermelo per tutti quei cinque dannatissimi mesi in cui eri bloccata su un letto d'ospedale ed ora non mi interessa se i dottori mi hanno obbligato a non raccontarti nulla, io non ce la faccio più... Perché so che tu c'eri quando ti ho cantato per la prima volta questa canzone, quando ti ho promesso che avrei scoperto il perché di quel sorriso e che ti avrei aiutata a tornare a sorridere ancora, quando ti ho detto che ti amavo.
Il cuore di Lexi si bloccò per un attimo e la consapevolezza di quelle due parole sussurrate dalle sue labbra a poca distanza dalle sue, mentre l'ormai familiare odore di disinfettante della stanza d'ospedale veniva coperto dal suo profumo, si fece largo in lei ed altre lacrime si aggiunsero a quelle che erano cadute poco prima, accompagnate questa volta da un sorriso. Uno di quelli incondizionati, che non si potevano fermare nemmeno se ci provava con tutte le forze, perché dovevano sorgere ed illuminare anche uno stadio acceso per un concerto.
-Io ti amo Lexi Golder, perché sei ciò che di più speciale sia mai capitato nella mia vita e questa canzone è per te. E' per noi. Questa è Through The Dark!
I suoi occhi furono tutto quello che Lexi vide davvero. Quegli occhi l'avevano salvata. Quelle mani l'avevano guidata attraverso il buio di un tunnel che non sembrava finire mai. Quelle labbra l'avevano tenuta ancorata alla realtà per cui doveva combattere. Quella voce era stata il suo conforto, la sua gioia, la sua vita ed ora stava cantando solo per lei la promessa che le aveva fatto più di sette mesi prima e che aveva mantenuto appieno. Nonostante tutto. Nonostante tutti.
Oh I will carry you over
Fire and water for your love
And I will hold you closer
Hope your heart is strong enough
When the night is coming down on you
We will find a way through the dark...
Lexi era viva. Si sentiva viva davvero.




Hi sweethearts!
Eccoci qui. Penultimo capitolo. Non credevo sarei mai arrivata a questo punto. Non pensavo che qualcuno avrebbe seguito questa storia che ha subito sempre e solo rifiuti (in primis dalla sottoscritta, che non l'ha più toccata per un anno intero dopo averla finita). Quindi non posso che dirvi GRAZIE. Dal profondo del mio cuore. Grazie anche da parte dei Nexi. Di quel Nate(Niall) che ha appena dichiarato al mondo il suo amore per Lexi, incurante del fatto che così lei sarebbe finita al centro di una vera e propria bufera mediatica, che così chiunque avrebbe potuto dire la sua sulla loro storia. Di quel Nate che ha finalmente capito come l'amore possa superare tutto, anche i lati negativi della fama e le insicurezze croniche di una ragazza. Ma soprattutto, grazie da parte di Lexi. Quella vecchia e quella nuova. E specialmente quella che spera di avervi fatto vivere l'emozione surreale ed indimenticabile di sentirsi dire che si è amati da qualcuno di speciale.
Stranamente, questo è stato uno dei capitoli che ho scritto con più facilità, forse perché avevo chiara questa scena sin dall'inizio della storia o forse semplicemente perché volevo anche io che i Nexi riuscissero a rincontrarsi come si deve. E' stata una liberazione per tutti. Una riconferma (per me che faccio molta fatica) che continuare a credere nell'amore ha i suoi vantaggi.
Spero davvero di sapere le vostre opinioni, i vostri pareri e le vostre critiche: ve lo aspettavate così? Speravate in qualcos'altro? Fatemi sapere **
Grazie ancora, davvero e al prossimo (ed ultimo) capitolo.
A presto
Lots Of Love xx

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Capitolo 40
*** 22nd April 2014 ***


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22nd April 2014




Era una giornata stranamente calda per essere solo la fine di Aprile, ma a quanto pareva anche l'inclemente clima inglese aveva deciso di concedere una tregua per il matrimonio dell'anno.
Lexi chiuse la finestra della sua camera e si diresse verso lo specchio che era a pochi passi dal letto, stando ben attenta a non rompersi una caviglia sul marasma di scarpe che aveva sparpagliato su tutto il pavimento. Il vestito lungo in chiffon rosa cipria che Page aveva scelto per le damigelle aveva un gentile scollo a cuore, a dar movimento al corpetto ci pensavano vari strati di tessuto plissettato, mentre la vita era alta e segnata da una fascia di raso nero che dava all'abito un tocco personalizzato anche dello sposo, che altrimenti sarebbe impazzito in mezzo a tutte quelle tonalità di rosetta che si sapeva non essere proprio il suo colore. Ancora le rimbombavano nelle orecchie i commenti di Mia quando aveva visto il vestito, tra cui uno circa il fatto che se fosse toccato a lei far la damigella per Page sarebbe impazzita, perché il rosa non si intonava proprio per niente con il verde dei suoi capelli. Le sfuggì una risata che non passò inosservata alla ragazza in piedi sulla porta, fasciata in un meraviglioso vestito blu elettrico che le arrivava giusto fino ai piedi e che aveva tutto un'elaborato intreccio di pizzi dello stesso colore sulla parte delle spalle e del decolté: Lexi si chiese come avesse fatto a confezionarselo con una sola giornata di lavoro. Ma quella ragazza era Mia Winston e per lei nulla era impossibile.
-Come fai ad essere così dannatamente bella?
Lexi si voltò nella sua direzione chiedendosi se fosse seria ma quando vide l'espressione tutta concentrata con cui la stava guardando capì che Mia non stava assolutamente scherzando.
-Grazie, ma lo sei anche tu... E per la cronaca, credo che David sia un uomo dannatamente fortunato a sposarti.
Le faceva ancora strano pensare che nell'arco di un anno la sua migliore amica sarebbe diventata anche sua cognata, ma le faceva ancora più strano vedere Mia arrossire in quel modo quando nominava il matrimonio o David, forse perché non l'aveva mai vista davvero innamorata come era in quel momento.
-Va bene, cambiamo argomento. Tipo: perché non ti siedi che ti sistemo i capelli??
-Ai suoi ordini, capo.
Lexi si sedette sul bordo del letto e lasciò che Mia si mettesse all'opera.
-Mi fa piacere notare come il tuo sarcasmo sia tornato...
-Ehi, non ti lamentare: ti ho temprata alla vita con tutte le mie battute sarcastiche, quindi dovresti solamente essermene grata.
Mia le tirò appositamente i capelli e Lexi le rispose con una poco delicata gomitata sulle costole, dato che era all'altezza giusta: le era mancato stuzzicarsi fino allo sfinimento con Mia. Ma a quanto pareva non era la sola a cui era mancato qualcosa.
-Sai Lexi, finalmente ti vedo felice e questo non sai quanto questo mi renda altrettanto felice. Insomma, non che prima non ti volessi bene ma sembrava davvero che non fossi più tu... Mentre ora, beh sei davvero qui con me ed io... Sono solo contenta che tu sia tornata.
Lexi sentì una lacrima che cercava di scappare ma la bloccò immediatamente, perché se solo avesse osato sbavare il make up che Mia le aveva appena fatto impiegando tutti i suoi trucchi rispettosi dell'ambiente con ogni probabilità l'avrebbe uccisa sul serio. Però si girò verso di lei e si aggrappò alla sua vita, stringendola come forse mai aveva fatto in vita sua perché le possibilità di trovare un'amicizia come la loro erano meno di una su un milione, ma loro ce l'avevano fatta e Lexi ne era immensamente orgogliosa.
-Grazie a te per non avermi abbandonato.
Lo pensava davvero e voleva dirglielo da così tanto tempo che quando quelle parole uscirono dalla sua bocca le sembrò quasi che un macigno si fosse spostato dal suo stomaco e si sentì più leggera. 
-Senti un po'... Ma al matrimonio dovrò cercare qualcuno con cui farti ballare oppure ti arrangerai?
Lexi sapeva perfettamente che quello era tutto un espediente per scoprire qualcosa sulla situazione tra lei e Nate, ma non aveva alcuna intenzione di caderci, anche perché non aveva la più pallida idea di che cosa rispondere: erano amici o erano qualcosa di più? Si stavano conoscendo oppure erano già assieme? La sua mente vagava nella nebbia più assoluta e di una sola cosa era sicura: da quando si era presentata a quel concerto nulla era più stato lo stesso.
-Allora?!
-Staremo a vedere...
E con quella risposta evasiva si alzò dal letto per vedere che cosa avesse combinato Mia sulla sua testa: tutto sommato i capelli raccolti in uno chignon morbido, con ciuffo e boccoli vari che scendevano sulle sue spalle non era per niente male, quindi le sorrise riconoscente: tanto sapeva che se l'era presa per non aver soddisfatto la sua curiosità. -Senti un po' piccola bacarozza che non sei altro, io ho il diritto di...
Il campanello risuonò per tutto l'appartamento e Lexi le sorrise sorniona.
-Salvata ancora una volta dal provvidenziale campanello.
-Lo sai che sto cominciando a pensare che tu abbia un qualche pulsante che lo faccia suonare ogni volta che io tento di scoprire qualcosa di interessante??
-Tu sei pazza, lo sai vero?
Mia recuperò giacca e borsetta e lo stesso fece Lexi, mentre scendevano le scale cercando di non uccidersi su quei tacchi decisamente troppo alti.
-Non è vero, sei tu che sei un genio del male e faresti di tutto per non dirmi quello che voglio sapere!
Uscirono in Lexington Street e i raggi di uno sfrontato sole di fine Aprile accarezzarono loro la pelle lasciata scoperta dai vestiti da cerimonia e Lexi si sentì bene, estremamente bene.
-Si può sapere che avete da discutere voi due?
-Ancora mi chiedo come facciamo ad essere fratelli io e te, sai?
-Perché queste domande apocalittiche di domenica mattina, Lexi Lex?
-Perché io sono obbiettivamente troppo intelligente per essere imparentata con te.
Lexi gli fece la linguaccia, mentre David le teneva aperta la porta della sua Mini Cooper per farla salire, ma poi si voltò verso di lui e gli posò un poco usale bacio sulla guancia, sussurrandogli un “Stai benissimo così” che, strano ma vero, lo fece arrossire. Da quando aveva ricordato tutto non aveva potuto fermare il suo affetto per suo fratello dal crescere esponenzialmente, come se non fosse già aumentato abbastanza dal momento in cui si era risvegliata ed aveva scoperto che era insieme a Mia. Quando si riscosse dai suoi pensieri, Lexi quasi si pentì di quello che aveva pensato, perché la vista di David e Mia che si baciavano per poco non le fece venir voglia di dar vita ad un inspiegabile fenomeno di autocombustione che le avrebbe evitato quella scena.
-Ehm... Scusate se vi disturbo, ma ci sarebbe anche altra gente qui...
Mia si staccò dalle labbra di suo fratello, pensiero che fece rabbrividire nuovamente Lexi e si voltò con un sorriso assassino stampato in faccia.
-Tu sei l'ultima che può parlare, dato che hai ricevuto una dichiarazione d'amore davanti a sessanta mila persone e ti ostini ancora a non volermi raccontare nulla!
“Va bene, questa me la sono cercata...”.
Era solo che Lexi non aveva la più pallida idea, per l'ennesima volta, di come interpretare il fatto. Mentre la Mini di David correva indisturbata per le strade poco fuori Londra, inoltrandosi nella fortunatamente soleggiata campagna inglese, Lexi si perse a ripensare a tutto quello che le era capitato da quella sera. Dopo la fine del concerto era letteralmente stato il delirio. Solo grazie a Pablo era riuscita a raggiungere il backstage, dove era stata sommersa da abbracci di persone che non era sicura di aver mai visto in vita sua e se anche fosse stato non avrebbe avuto il tempo materiale per riconoscerle. Tra gli altri, era riuscita anche a vedere sia Sophia che Ellie e Lucas, Hugh, Lewis e Zach, il quale le aveva ufficializzato l'invito al suo matrimonio, anche se, parole sue, “Ti avevo già invitato quando tu facevi la Bella Addormentata”. A quanto pareva, la voce che la sua memoria fosse tornata si era sparsa piuttosto velocemente e Lexi non sapeva che fare se non sorridere ed annuire, in balia di tutta quella gente euforica ed agitata. Non capiva bene per cosa, se lo fossero per lei o per il primo concerto del tour andato perfettamente, ma non le importava granché perché una mano che le risultò immediatamente familiare si strinse con fermezza attorno al suo polso e la condusse lungo un corridoio infinito e poi dentro un bagno. Con tutti i posti dove aveva sperato di parlargli, il bagno non era decisamente in cima alla lista, ma in quel momento anche Azkaban sarebbe andata bene. La sensazione della sua mano bollente che si stava lentamente intrecciando con la sua le stava dando alla testa e non era più molto sicura di riuscire a reggersi in piedi.
Nate era davanti a lei, completamente sudato, la maglia senza maniche bianca che si era attaccata in maniera poco opportuna ai suoi addominali appena accennati e i capelli erano così scompigliati che Lexi dovette stringere la mano libera a pugno per frenare la voglia di sistemarglieli. La tirò un poco più vicina a sé e Lexi si sentì avvolgere dal suo profumo e non si ricordò bene se avesse mai inspirato altro oltre a quello in tutta la sua vita. Erano a pochi centimetri l'uno dall'altra e lei non riuscì a trattenersi dall'appoggiare una mano sul suo petto ampio che si alzava sempre più irregolarmente più lei si avvicinava. L'idea di essere lei a causargli quella reazione l'aveva lasciata senza fiato e si era dovuta letteralmente appoggiare a lui per poter continuare a stare in piedi. Non riusciva a staccare gli occhi da quelli di Nate, come se il sol pensiero potesse farla ricadere dentro quel tunnel senza fine da cui lui stesso l'aveva trascinata fuori. Contenevano tutte le tonalità del blu e dell'azzurro e Lexi era quasi certa che stessero diventando irreparabilmente più scure mano a mano che la sua attenzione si focalizzava sempre di più sulla bocca di Lexi, ormai ad un soffio dalla sua. La sua testa, per la prima volta da quando Lexi aveva memoria, si spense completamente e tutto quello che riuscì a percepire furono i battiti accelerati e sincronizzati dei loro cuori. Una di quelle scene da film, una situazione degna dei migliori romanzi rosa e lei l'aveva vissuta davvero. Niente rimorsi, niente paure, niente dubbi: solo una voglia matta di baciare quelle labbra irresistibili. E lo fece.
-Perché stai sorridendo, tu là dietro?
La voce di Mia la riportò al presente e Lexi scosse la testa per accantonare, giusto il tempo necessario di rispondere, quelle sensazioni che le facevano ancora attorcigliare lo stomaco.
-Niente, niente... Sono solo contenta.
Ed era vero: era contenta. Di averlo baciato per prima, di aver sentito prima lo stupore e poi il sollievo sulle labbra di Nate e di aver bagnato quel bacio con delle lacrime di gratitudine per cui sapeva non si sarebbe mai vergognata. Perché se c'era una cosa che aveva imparato in quel mese trascorso con Nate era che non aveva senso preoccuparsi della vergogna, del sentirsi inadatti, del timore di perdere tutto: la vita andava vissuta al momento, così come veniva, altrimenti non ci sarebbe stato più nulla da raccontare. E come avrebbero fatto una storica e un cantautore senza nulla da narrare? Quando Nate gliel'aveva detto, erano entrambi seduti sul divano di casa sua, Lexi con le gambe accoccolate al suo petto, la testa appoggiata sulla sua spalla e le labbra di Nate a darle baci distratti tra i capelli: non erano stati tanti i momenti in cui si erano ritrovati così vicini, ma quei pochi erano tutti impressi nella memoria di Lexi come fossili nella pietra. Stavano parlando di qualcosa di stupido o che forse avrebbe rivoluzionato il mondo, le loro conversazioni danzavano sempre sul filo, perché in fin dei conti le migliori idee nascevano quasi sempre da battute fatte per caso, questa era un'altra verità di cui Nate era fermamente convinto e che, alla fine, era riuscita a contagiare anche lei e Lexi non poteva far altro che ridere. Era proprio mentre rideva, asciugandosi addirittura una lacrima, che Nate le aveva suggerito di vivere la vita come veniva, di non lasciare che niente più la bloccasse, perché loro due avevano il compito di raccontare storie, ma per essere credibili dovevano per lo meno averne vissute alcune. Lexi aveva smesso di ridere e l'aveva guardato davvero, come se fino a quel momento si fosse semplicemente limitata a vederlo e basta e si accorse di amarlo sul serio. Ma non perché fosse bello da togliere il fiato, perché le era rimasto accanto durante i mesi di coma o perché le stava facendo vivere una vera e propria favola... Lo amava perché sentiva che erano destinati a stare assieme. Anche se Lexi non si fosse mai lanciata su quella pallottola, se lui non fosse stata l'ultima persona ad incrociare il suo sguardo, se lei avesse continuato a credere di essere innamorata di Lucas, nulla di tutto questo, alla fine, l'avrebbe tenuta lontano da Nate. Si sarebbero trovati, in un modo o nell'altro, forse in quel preciso momento o quasi al termine del loro percorso su questa terra, non avrebbe avuto importanza perché si sarebbero incontrati. E si sarebbero appartenuti, esattamente come Lexi sentiva di appartenere a lui in quell'istante perfetto in cui c'erano solo loro al mondo. Non era riuscita a dirglielo, ma non aveva importanza: sapeva che Nate sentiva le stesse identiche cose e questo le bastava.
Il rumore dello sportello del passeggero che si chiudeva con irruenza la fece sobbalzare ed uscire da quel torpore in cui pensare a Nate la portava ogni volta. Si sentiva come un'adolescente alla sua prima cotta e non poteva che esserne felice.
Scese dalla macchina di David, salutò la coppietta felice e si diresse direttamente nella piccola depandance in fondo al giardino della maestosa villa dove Zach e Paige avevano deciso di sposarsi. In lontananza poteva scorgere l'enorme gazebo in legno bianco ricoperto di fiori sotto cui si sarebbe svolta la cerimonia, assieme a un centinaio di invitati che stava già prendendo posto nelle eleganti sedute disposte ordinatamente: Page sarebbe stata divina camminandovi in mezzo, sul lunghissimo tappeto bianco tappezzato di petali di rosa che la stava aspettando. Come previsto, dentro alla depandance regnava il caos: Ellie e Sophia, anche loro fasciate in abiti rosa antico dalle fatture differenti, stavano correndo da una parte all'altra del piccolo salottino in stile Luigi XIV, mentre una nube di ragazze e donne in coloratissimi abiti tradizionali indiani giravano attorno alla sposa senza lasciarle lo spazio per respirare. Lexi ancora si ricordava due settimana prima, alla cena di prova, quando Page si era premurata di presentarle una per una tutte le sorelle, le zie e le cugine di Zach, rischiando di ubriacarla a suon di nomi ed aneddoti: lei aveva sorriso, annuito, stretto tante – troppe- mani e poi si era rifugiata da Ellie e Sophia che le avevano fatto i complimenti per essere sopravvissuta.
-Oddio sei arrivata! Dimmi che dentro la pochette hai qualcosa di più forte di succo all'arancia, ti prego!
Caitlin, la sorella appena maggiorenne di Page, era fasciata in un abito nero e rosa che Lexi era sicura di aver visto all'ultima sfilata di Elie Saab e aveva una faccia sconvolta. Essere la testimone non doveva risultarle come una passeggiata di salute.
-Mi dispiace Cait, ma in borsa ho solo fazzoletti e cellulare. Si può sapere che sta succedendo?
-La rimbambita di mia madre si è dimenticata della stupida tradizione che la sposa deve indossare qualcosa di nuovo, qualcosa di vecchio e qualcosa di blu... E indovina che cosa non abbiamo noi?! Qualcosa di blu! Ellie e Sophia lo stanno cercando dappertutto, ma le millemila donne di casa Makil stanno solo facendo agitare Page più del dovuto. Lexi si guardò attorno, anche lei in cerca di qualcosa di blu e poi: ecco la soluzione al problema esattamente sotto i suoi occhi. Si tolse il braccialetto che i ragazzi le avevano regalato e sganciò il ciondolo a forma di rossetto che avrebbe dovuto rappresentare proprio Page: era laccato in smalto blu, cosa c'era di meglio?
-Signore, scusate? Signore, per favore...
Tutte continuavano ad urlarsi contro in un turbine senza senso di parole.
“Fai un bel respiro...”.
-Silenzio!!
Tutte si voltarono verso di lei ed Ellie e Sophia le fecero timidi cenni di saluto. Ma quello che catturò la sua attenzione fu la sposa al centro della stanza che ora era possibile ammirare in tutto il suo splendore. Page indossava un abito a sirena tutto interamente di pizzo, con uno strascico infinito e lo scollo a barchetta. Sembrava una dea con i lunghi capelli biondi sistemati su una spalla in morbidi boccoli e una corona di mughetti a impreziosirle l'acconciatura. Le venne in mente una frase di Hugh che durante un'intervista aveva risposto che per lui la cosa più sexy che una donna potesse mai indossare era il suo sorriso e quello di Page avrebbe illuminato l'intero universo.
-Grazie signore... Per prima cosa: Page sei assolutamente magnifica. Secondo: credo di aver la soluzione al vostro problema.
Fece penzolare il ciondolo di fronte ai loro occhi increduli e le loro espressioni di sollievo le causarono un automatico innalzamento degli angoli delle labbra in un sorriso a dir poco imbarazzante. Page le si fece vicina e le prese le mani tra le sue.
-Ma è il tuo ciondolo, Lexi...
-Me l'avete regalato per simboleggiare la vostra amicizia nei miei confronti e gli amici fanno questo: si aiutano. Quindi prendilo e poi me lo restituirai quando sarai ufficialmente la Signora Makil.
Page non le diede nemmeno il tempo di finire la frase che le saltò letteralmente addosso, incurante del vestito da migliaia di sterline che stava indossando o del fatto che così sarebbero potute finire entrambe per rotolare a terra. Lexi la strinse a sé e pensò che nulla di tutto quello sarebbe appartenuto alla vecchia Lexi ma che le avrebbe fatto decisamente bene.
Dopo quaranta minuti, di cui venti spesi per far andare ai propri posti tutte le donne di casa Makil, il corteo nuziale formato dalla sposa, le sue testimoni Christiane e Caitlin, Sophia, Ellie e Lexi, in qualità di damigelle, riuscì finalmente ad incamminarsi verso il gazebo dove tutti gli invitati ed un emozionatissimo e strabiliantemente affascinante Zach le stavano aspettando. Mentre percorreva quella piccola navata naturale, segnata solo dal tappeto bianco cosparso di petali e da archi di fiori che lo sovrastavano creando una romantica galleria di edere e gigli, Lexi si rese conto di essere inspiegabilmente emozionata. Forse era per l'atmosfera di trepidante gioia e di fervente impazienza che si respirava in quel momento, guardando i sorrisi e le piccole lacrime che solcavano i volti degli invitati, ma la verità Lexi la capì quando arrivò davanti all'altare e i testimoni dello sposo comparvero davanti di lei.
Non vedeva Nate da cinque giorni e le era sembrato di impazzire davvero.
Ogni cellula del suo corpo sembrò risvegliarsi da un torpore in cui Lexi non si era nemmeno accorta di essere caduta e sentì un calore poco familiare salirle alle guance: che stesse arrossendo? Nate era in piedi di fronte a lei, dall'altra parte della coppia di sposi, le mani allacciate davanti che si strofinavano l'una sull'altra come era sua abitudine fare quando era estremamente nervoso, fasciato in un completo grigio scuro, i pantaloni che cadevano perfettamente sulle sue gambe magre, la camicia bianca che risaltava sul gilet stretto, la cravatta a righe bianche e rosa che mostrava il segno onnipresente di Page. I capelli in cui Lexi adorava passare le dita in mezzo, erano leggermente troppo lunghi per essere tirati su, tanto da rendere la forma del suo viso vagamente più affilata e quasi più adulta, anche se era comunque ammorbidita da un'espressione che lei non gli aveva mai visto colorargli il volto. Sembrava ammaliato. Quello era l'unico aggettivo che le veniva in mente ma non riusciva a capire da che cosa o, meglio, da chi.
Poi se ne accorse.
Era lei.
Nate era semplicemente incantato a contemplarla. E Lexi si sentì bella come mai prima di allora, felice fuori dal normale e dall'umanamente consentito, leggera come una foglia d'autunno libera di seguire le correnti, improvvisamente privata di tutte le sue paure, di quelle insicurezze e incertezze che l'avevano sempre ancorata a terra. Si sentì amata sotto quello sguardo fatto di tonalità fredde e pure come i ghiacci dell'Artide. Così sorrise e Nate fece altrettanto, stipulando un accordo che era solo loro e che non necessitava di null'altro se non del loro reciproco impegno ad amarsi con tutti loro stessi.

La cerimonia durò circa un'ora e nessuna delle damigelle si trattenne dal piangere al momento delle promesse, dato che Zach aveva avuto la brillante idea di scrivere praticamente una specie di canzone che aveva tramortito tutte per l'amore di cui era impregnata. Mentre i due neo sposini si incamminavano lungo la navata, Hugh si incamminò a braccetto con una sognante Caitlin dietro di loro, seguiti a ruota da Lucas e Sophia. Nate fece alcuni passi avanti e le offrì il suo braccio, che Lexi prese con un piccolo inchino facendolo ridacchiare, mentre Lewis e Ellie si posizionavano dietro di loro. Erano ormai a metà navata, quando Nate si avvicinò al suo orecchio e, soffiandole piano sul collo, le disse:
-Sei meravigliosa...
Per la seconda volta in quella giornata Lexi si sentì andare letteralmente a fuoco, ma non solo la faccia, tanto che dovette stringere la presa attorno al suo braccio per non cadere rovinosamente a terra. Lo guardò e gli sorrise grata per qualcosa che non aveva la più pallida idea di come esprimere. Ma come sempre, come quando lei era distesa su un letto di ospedale incapace di prendere controllo del proprio corpo, Nate capì lo stesso e lei gliene fu immensamente grata.

Si erano trasferiti per il rinfresco in un mastodontico tendone che era stato allestito nel giardino antistante la villa, occupato su tre lati da una quarantina di tavoli rotondi preparati per ospitare dieci persone, lasciando così al centro della sala un'ampia pista da ballo messa in risalto dal pavimento a scacci rosa e neri, che erano una delle punte d'orgoglio di Page per quanto riguardava la presentazione generale del matrimonio. O almeno così le aveva spiegato Hugh mentre prendevano posto al loro tavolo, giusto a lato dell'enorme scacchiera. A quanto pareva, sia Zach che Page si erano trovati concordi sul posizionare tutti i loro amici alla stessa tavolata, tanto che nell'arco di pochi secondi si creò un vero e proprio finimondo per decidere chi si sarebbe seduto vicino a chi. Fortunatamente, anche in quel caso, Page era stata più previdente e conoscendo gli amici del suo neo marito, aveva già assegnato ad ognuno un posto, così Lexi si trovò seduta in mezzo tra Nate e Mia, la quale aveva affianco David, che a sua volta aveva Caitlin, poi Hugh, Lewis, Ellie, Sophia ed infine Lucas. Non voleva nemmeno immaginare quanto tempo c'avesse impiegato per pensare una disposizione del genere, ma se Lewis non si era ancora lamentato allora ne era valsa la pena.
-Secondo voi Page avrà istruito i camerieri perché ci portino un numero massimo di bottiglie di champagne?
-Lewis che diavolo stai dicendo?
-Ellie conosci abbastanza Page per sapere che sarebbe capace di farlo: sputa il rospo!
-Io e Sophia non vi diremo nulla.
-Soph... Amore mio, luce dei miei occhi, splendore dei miei giorni...
-Lucas non ci provare nemmeno: anche se lo sapessi, non te lo direi.
-Non capisco perché vi importi così tanto del bere...
-Forse perché non tutti si divertono solo contemplando le decorazioni floreali della sala, Hugh!
-Mi dispiace dirlo, ma concordo con Lewis...
-Grazie Mia: sapevo che io e te ci saremmo capiti al volo!
-In caso avesse messo il veto, vado a prendervele io all'open bar: non mi conosce ancora abbastanza per aver allargato il divieto anche a me.
-David, ho appena capito perché Mia abbia scelto te al posto di Hugh...
-Ahia! Questo era un colpo basso... Ma detto da te Tompson, non ci poteva aspettare altro: l'altezza non è mai stata il tuo forte...
La prima risata che arrivò alle sue orecchie fu quella di Nate, che la stava guardando come se gli avesse appena rivelato l'esistenza di un universo parallelo nel suo guardaroba, invece che aver detto una battuta assolutamente banale. Ma a quella seguirono le risate di tutti gli altri ed un tovagliolo rosa che le schivò la testa solo di qualche millimetro lanciato senza ombra di dubbio da un Lewis ferito nell'orgoglio, che poi però si unì all'ilarità generale. E Lexi si prese un secondo per guardare ciò che la stava circondando, o meglio, per osservarlo e imprimerselo nella testa in maniera indelebile. Mai si sarebbe immaginata di poter meritare tutto quello: degli amici che ridevano alle sue battute, che la volevano nella loro vita come se la sua presenza fosse stata essenziale; un fratello con cui aveva recuperato un rapporto che forse non c'era mai stato davvero ma che ora sembrava essere diventato un pilastro portante a cui potersi sorreggere in caso di necessità; una migliore amica che aveva riscoperto ed apprezzato veramente solo dopo quel fatidico giorno e che aveva dimostrato una costanza nei suoi confronti che Lexi ora sapeva essere più unica che rara. E poi c'era lui. Il ragazzo che le aveva restituito la vita sotto così tanti punti di vista che Lexi per un attimo si sentì sopraffatta ed una lacrima calda le scappò prima che potesse fermarla.
-Ehi, babe... Va tutto bene?
La mano che prontamente era andata sulla sua schiena, carezzandola delicatamente, le ricordò che lui era lì per lei, c'era stato e ci sarebbe stato anche in futuro, perché gliel'aveva promesso e Lexi aveva deciso di fidarsi completamene di quelle sue parole.
-Sì, sì... Io... Stavo solo pensando a quanto fortunata sono per avervi nella mia vita.
Nate si fece più vicino, tanto che i loro nasi quasi si sfiorarono e in un sussurro udibile solo a lei, le disse:
-Sei così speciale...
E le lasciò un bacio dolce sulle labbra, come quello che con ogni probabilità avevano ricevuto le principesse delle favole che leggeva da piccola ed in quel momento non le importò nemmeno se la sua testa sembrasse abitata da coniglietti rosa ed unicorni arcobaleno, perché era felice e questo giustificava tutto.
Avevano mangiato per quella che le era sembrata un'eternità, scoprendo che davvero Page aveva messo un tetto massimo alle bottiglie di vino da far arrivare al loro tavolo, ma c'aveva pensato Zach a risolvere la situazione, permettendo a Lewis di raggiungere la tanto sperata allegria alcolica che lo trasformò in un vero e proprio fenomeno da baraccone: Lexi aveva riso così tanto che le guance ora le dolevano. Ormai all'orizzonte, tra gli alberi di melo che circondavano il lato ad ovest della villa, il sole stava tramontando ed una leggera brezza si era alzata, tanto che Lexi si mise addosso la giacca che Nate aveva lasciato sulla sedia vuota accanto a lei. Era sparito da più di un'ora e Lexi stava cominciando a chiedersi che fine avesse fatto, ma la sua attenzione fu catturata dallo svolazzare di abiti e sorrisi che si avvicendavano sulla pista da ballo, ormai gremita. Era rimasta seduta da sola al tavolo, perché tutte le coppie si erano lanciate in pista, dopo che gli sposi avevano fatto il loro primo ballo e Lexi aveva sfruttato la scusa di sistemarsi il vestito per asciugarsi una lacrima di commozione. Non poteva farci nulla: era romantica per natura e non sarebbe mai cambiata, era più forte di lei. Per di più era quasi sicura che l'ematoma che aveva albergato nel suo cervello per cinque mesi avesse seriamente compromesso i suoi condotti lacrimali: l'avrebbe chiesto a Sarah appena si fossero sentite.
Sorrise, sorseggiando un bicchiere di champagne che Lucas le aveva gentilmente versato poco prima mentre Sophia era andata a ballare con una delle cuginette più piccole di Page e si guardò attorno. Rischiò quasi di soffocarsi per colpa delle risate quando vide come Caitilin non riuscisse a tenersi il suo cavaliere per più di un ballo, dato che una fila quasi infinita di signore più o meno anziane richiedevano l'attenzione di Hugh, fosse anche per una sola canzone. Si era quasi decisa a raggiungerlo per alleviare la sua insofferenza, quando la musica si bloccò e il microfono della band emanò un fischio da far accapponare la pelle.
-Ehm... Scusate.
Le ci volle meno di un secondo per riconoscere quella voce ma quasi cinque per riprendere a respirare.
“Che diavolo sta facendo?! I discorsi del testimone e degli amici dello sposo li hanno già fatti... Perché diamine ha quel microfono in mano? Non è nemmeno ubriaco!”.
La folla si bloccò sul posto e l'attenzione dell'intero padiglione si rivolse verso il palco, mentre i camerieri accendevano centinaia di candele sbucate da chissà dove. Il cuore di Lexi perse qualche battito anche se non le era ancora ben chiaro che cosa stesse accadendo, ma lo sentiva, lo percepiva nell'aria e nel formicolio che le scorreva lungo la schiena che qualcosa stava per succedere e non vedeva l'ora di scoprire che cosa fosse.
-Buonasera, buonasera a tutti... So che starete pensando che sono ubriaco ma vi assicuro che non è così, ma anzi volevo ringraziare Zach e Page per avermi dato il permesso di fare quello che sto per fare: siete straordinari e vi voglio bene!
I due sposi, abbracciati al centro della pista, si strinsero ancora di più l'uno all'altra ed alzarono i loro calici in direzione di un Nate sempre più impacciato, che rispose con un piccolo inchino, facendo sorridere Lexi. Forse aveva bevuto più di quanto credeva.
-Non vi ruberò molto tempo, perché so che volete tutti tornare a divertirvi ma ho bisogno di fare una cosa e beh, insomma, credo che... Sì, ecco...
-Nate fallo e basta!!
La voce decisamente troppo alta di Lewis si levò dal mezzo della folla e risatine si diffusero nell'aria, mischiandosi con una leggera fragranza di agrumi emanata dalle candele. -Sì, per una volta hai ragione Lewis... Vorrei chiamare al centro della pista la signorina Lexi Golder. Forza Lexi, vieni...
Con un gesto della mano indicò il centro della scacchiera che improvvisamente si era svuotato di tutti i ballerini che l'avevano riempita fino a pochi attimi prima ed altrettanto improvvisamente più di quattrocento paia di occhi si rivolsero nella sua direzione facendole desiderare che una botola si aprisse di colpo sotto la sua sedia, per inghiottirla in men che non si dica. Vide il sorriso incoraggiante e decisamente divertito di Mia e si rese conto che la sua migliore amica sapesse perfettamente che cosa stesse succedendo ed allora, tutti quei messaggi mandati senza farsi vedere, le domande strane circa il suo sentirsi in imbarazzo davanti alla gente, assunsero finalmente un senso. Si costrinse ad alzarsi, mentre la giacca scivolava lenta dalle sue spalle e sperò davvero di riuscire a raggiungere il centro della pista da ballo senza inciampare sul vestito o, peggio ancora, sui suoi stessi piedi. Vedeva gli sguardi della gente seguirla ed andare da lei a quel pazzo dannatamente bello che se ne stava in maniche di camicia arrotolate, la cravatta ed il gilet abbandonati chissà dove, i capelli vagamente sconvolti dalle mani che chissà quante volte li avevano toccati e tirati, nella vana speranza di calmarsi. Se ne stava lì, sotto la luce di due piccoli riflettori e delle candele a bordo palco, uno sgabello dietro di lui e il microfono vicino alle labbra piegate in un sorriso. Era una delle scene più belle che Lexi avesse mai visto, come se si fosse trovata davvero dentro una di quelle favole che leggeva quando era piccola o ad un gran ballo dello Zar di Russia, al tempo della famiglia Romanov: semplicemente magico.
-Forse saprete tutti chi è Lexi Golder, l'avrete magari letto sui giornali o sentito alla radio o retwettatto su Twitter... Ma vorrei mi concedeste l'onore di dirvi chi è Lexi per me.
La sua voce suonava calda ed intima, come se stesse parlando solo a lei e non ad altri quattrocento sconosciuti. Le sorrise e Lexi si morse il labbro perché la voglia di baciarlo l'aveva travolta senza che se ne fosse resa nemmeno conto e, forse, non le sarebbe importato nemmeno di essere in pubblico se solo lui fosse stato un poco più vicino.
-Vi direi una bugia se vi raccontassi che Lexi era per me una sconosciuta, solo una delle centinaia di facce che aspettavano fuori dal cinema, in quel 20 Agosto... Perché io l'avevo notata. Forse non mi crederete, non l'ho mai rivelato nemmeno a lei, ma mentre stavo aspettando di varcare quelle porte di vetro l'avevo vista ridere ed è per questo che la stavo guardando quando c'è stato lo sparo... Ed ho visto il suo sguardo quando è stata colpita e...
La sua voce si incrinò, come se potesse sentire su sé stesso il dolore di quella pallottola che penetrava nella sua pelle e Lexi fece un passo avanti, perché vederlo così le stava lacerando il cuore e facendo più male di qualsiasi proiettile.
-E non dimenticherò mai il suo sorriso... Lo stesso che ho sperato di rivedere per cinque lunghissimi mesi, mentre facevo di tutto per riportarla da me... Perché la verità è che ero diventato dipendente dal suo sorriso e lo volevo rivedere ancora ed ancora, farlo mio ed esserne l'unica causa... Stupido, vero?
Si grattò la testa, come se si stesse imbarazzando per le sue stesse parole e fu allora che Lexi le sentì salire agli occhi. Calde ed inaspettate cominciarono a scendere silenziose lungo le sue guance e non cercò nemmeno di fermarle, perché nel frattempo stava sorridendo come Nate aveva sperato di vederla fare per mesi.
-Eppure, non so come, ci sono riuscito... E' tornata da me. Forse perché è una delle donne più coraggiose e caparbie che io abbia mai conosciuto, ma è tornata da chi la stava aspettando, solo che all'inizio non poteva essere mia... Non si ricordava di me. Che strano gioco del destino, vero? Eppure sapevo che non potevo darmi per vinto... Le avevo fatto una promessa e mai come quella volta volevo mantenerla. Ho sbagliato... Diamine se ho sbagliato! Ma per questo ti chiedo scusa Lexi, dico davvero: ogni lacrima che hai versato per colpa mia prometto che d'ora in poi la ripagherò con ore di felicità. Perché è questo che voglio d'ora in avanti: essere la causa di ogni tuo sorriso, le braccia che ti sosterranno se mai ne avrai bisogno, il tuo promemoria che la vita vale la pena di essere vissuta, anche se alle volte fa schifo... Perché tu sei fantastica, speciale... Tu sei semplicemente Lexi. Ed è per te che ho scritto questa canzone. Spero non vi dispiaccia se ve la faccio sentire... Beh, questa è per te piccola.
Tra le lacrime, Lexi lo vede sistemare il microfono sull'asta che era apparsa chissà da dove assieme alla sua fidata chitarra, sedersi sullo sgabello che aveva notato poco prima e schiarirsi la voce. Qualcuno fischiò in segno d'incoraggiamento, ma per il resto la sala rimase in un assoluto silenzio ammirato.
E poi cominciò a muovere le sue mani segnate da anni di pratica su quelle corde che potevano essere benissimo quelle del suo cuore e a parlare di lei, della sua storia e di quello che lui vedeva nel loro futuro.

She finds it hard to trust someone,
She's heard the words cause they've all been sung.
She's the girl in the corner,
She's the girl nobody loved.
But I can't, I can't, can't stop thinking about you everyday,
And you can't, you can't, you can't listen to what people say.
They don't know you baby,
Don't know that you're amazing,
But I'm here to stay.
When you lose your way and the fight is gone,
Your heart starts to break
And you need someone around now.
Just close your eyes while I put my arms above you,
And make you unbreakable.
She stands in the rain, just to hide it all.
If you ever turn around, I won't let you fall down now.
I swear I'll find your smile,
And put my arms above you,
And make you unbreakable.
I'll make you unbreakable.
Cause she's the girl that I never had,
She's the heart that I wanted bad.
The song I heard on the radio
That made me stop and think of her.
And I can't, I can't, I can't concentrate anymore.
And I need, I need,
Need to show her what her heart is for,
It's been mistreated badly,
Now her world has started falling apart,
Falling apart.
When you lose your way and the fight is gone,
Your heart starts to break
And you need someone around now.
Just close your eyes while I put my arms above you,
And make you unbreakable.
She stands in the rain, just to hide it all.
If you ever turn around, I won't let you fall down now.
I swear I'll find your smile,
And put my arms above you,
And make you unbreakable.
You need to know that somebody's there all the time,
I'd wait in line, and I hope it yours.
I can't walk away 'til your heart knows,
That it's beautiful.
Oh, I hope it knows,
It's beautiful.
When you lose your way and the fight is gone,
Your heart starts to break
And you need someone around now.
Just close your eyes while I put my arms above you
And make you unbreakable.
She stands in the rain, just to hide it all.
If you ever turn around, I won't let you fall down now.
I swear I'll find your smile,
And put my arms above you,
And make you unbreakable.
Cause I love, I love, I love, I love you darling.
Yes I love, I love, I love, I love you darling.
And I'll put my arms around you,
And make you unbreakable.
 
Sì, lo amava e non c'erano dubbi sul fatto.
E non aveva più importanza il fatto che fossero in un padiglione pieno di sconosciuti, al matrimonio più paparazzato dell'anno, che tutti ne avrebbero parlato chissà per quanto tempo.
Nulla aveva importanza se non la voglia irrefrenabile di raggiungerlo e dirgli ciò che provava in quel momento.
Lexi si mise a correre su quel pavimento a scacchi rosa e neri, i tacchi a schioccare in mezzo agli applausi che erano scoppiati un istante dopo che la canzone era terminata e non si fermò fino a quando non fu davanti a Nate, che era sceso per raggiungerla.
Si perse per un secondo nella purezza paralizzante delle sue iridi chiare e si chiese se fosse davvero pronta per fidarsi a tal punto di qualcuno da affidargli tutta la sua nuova e rivalutata vita... Ma d'altra parte, anche se non ne fosse stata completamente sicura, ormai era già successo, nell'istante esatto in cui Nate era entrato dentro quella stanza d'ospedale ed aveva fatto partire la sua canzone preferita, sfiorandole delicatamente la mano.
Lui c'era stato, c'era e ci sarebbe stato.
Si lanciò su di lui e giusto ad un soffio dalle sue labbra glielo disse:
-Ti amo, Nate.
Lo baciò come se fosse stata l'alba di un nuovo mondo o come se fosse stato l'ultimo giorno della terra così come l'avevano conosciuta, ma in fondo non aveva grande importanza.
Perché Lexi era pazzamente innamorata, dannatamente felice, ma soprattutto si sentiva viva. 

The End... Or just the Beginning...


Hi sweethearts!!!!
Eccoci dunque alla fine. O forse, solo all'inizio.
Quando ho scritto questo ultimo capitolo del racconto di Lexi ho percepito l'ormai familiare senso di vuoto che mi assale ogni qualvolta concluda una storia, ma in questo caso è stato affiancato dalla strana sensazione che, in realtà, la storia non sia mai finita davvero. I Nexi continuano ancora ad albergare nel mio cuoricino, nonostante siano passati più di tre anni e di cose ne siano cambiate parecchie.
Per prima cosa direi che sia doveroso un COSMICO GRAZIE a chiunque abbia letto, commentato o anche solo scorso velocemente questa storia (e sì, parlo soprattutto di te @_namelessmarti che hai avuto la pazienza, la passione e il coraggio di condividere con me non solo le tue opinioni, ma anche pezzi della tua personale storia: sei una ragazza davvero speciale **).
In secondo luogo, vorrei ringraziare quei cinque disgraziati (sì, pure Zayn nonostante i miei rapporti difficili con gli abbandoni), per avermi sostanzialmente dato un biglietto sempre valido per fuggire dalla realtà.
In terzo luogo vi informo che i Nexi vi salutano dal loro nido d'amore e che sperano di sentire presto i vostri pareri sul loro viaggio assieme.
Infine, volevo solo ricordarvi che la sottoscritta scrive un po' di tutto (qualche Larry, tanti racconti ed ultimamente più di qualche storia su Joe Sugg per motivazioni x ^^) e che dunque sarebbe felicissima di ritrovarvi anche lì, perché so già che mi mancherete un sacco -.-
Detto questo, non mi resta che ringraziarvi ancora, ricordarvi che mi potete trovare anche su twitter at @93ONED e niente
Lots Of Love xx
Rebecca_Daniels

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