Take it slow

di Daniiel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** .:1:. ***
Capitolo 2: *** .:2:. ***



Capitolo 1
*** .:1:. ***


[TRIGGER WARNING! Alcuni temi o avvenimenti presenti in questa fanfiction potrebbero risultare pesanti, all'inizio e alla fine di certe scene sara presente un "TW" in grassetto, nel caso voleste saltare suddette scene]
[TW: tentato stupro]

Song: You Know What They Do To Guys Like Us In Prison - My Chemical Romance

Venni afferrato rudemente dalla schiena di quella dannata tuta arancione, che strusciava contro la pelle come avrebbe fatto la tela di un dipinto, a parte per il fatto che, al contrario di un dipinto, non c'era nulla di bello o affascinante in essa.

Non volevo proprio alzarmi, ero così calmo seduto là, non stavo neanche facendo male a nessuno, ma venni comunque strattonato finché non poggiai i piedi per terra, neanche il tempo di riprendere l'equilibrio che venni strattonato di nuovo verso il corridoio che percorsi neanche un'ora prima per arrivare in quel punto.

Che poi, perchè ero andato là? Come ero uscito dalla mia cella e arrivato fin là senza che nessuno mi fermasse? 
E poi non sapevo nulla della struttura, non sarei potuto arrivare là neanche volendoci.

Passammo davanti a svariati corridoi di celle, impossibile riconoscere la mia, avevo come l'impressione di star camminando per un eternità.

Passammo un labirinto di porte e cancelli, per poi arrivare ad una scala sudicia che scendeva di parecchio, poco illuminata, con pareti e pavimento che una volta potevano essere bianchi, ma che in quel momento erano grigi e l'odore della muffa era quasi insopportabile.

Loro mi spinsero e quasi caddi, poi scesi uno scalino, intuendo ormai dove stessimo andando.

Alla fine della scalinata c'erano decine e decine di porte che non sembravano neanche celle a vederle, tante quasi quante ce ne erano al piano di sopra, solo che lì sembravano tutti ripostigli degli attrezzi abbandonati.

Ricominciammo a camminare, avanti e avanti e avanti e ancora più avanti, poi uno di loro si allontanò da me, lasciandomi un braccio libero, e aprì una di quelle porte, prima di spingermici dentro.

La cella era molto meno di quel che mi aspettavo, l'intonaco delle pareti era quasi completamente andato, niente finestre, solo un piccolo condotto dell'aria e una luce al neon che sembrava sul punto di spegnersi da un momento all'altro.un materasso sottile era buttato sul pavimento, con quello che sarebbe dovuto essere un cuscino.

"Hey, pivellino"

La voce che parlò era profonda e roca, consumata da anni di fumo e discorsi fatti a voce troppo alta, probabilmente.
Proveniva da una delle celle subito vicine alla mia, e il suono si espandeva grazie al condotto d'aria.

"Mi sembra di averti chiamato"

Parlò di nuovo, questa volta con una nota adirata alla voce, e tuttavia non avessi nessuna voglia di rispondergli, pensai che sarebbe stato meglio così.
Mi ci vollero una manciata di secondi per raccogliere la voce necessaria, pregando di non sentirla tremare una volta iniziato a parlare.

"Si?"

Sentii alcune risate, sia dalla voce, sia da molte altre, non mi stupii a sentirle tutte estremamente mascoline e di basso tono.
"Oh, ora arrestano anche i ragazzini di dodici anni? Non lo sapevo!"

Altre risate, questa volta sguaiate, chiunque stava ridendo lo stava facendo di gusto.
Sentii qualcuno trafficare con la porta della cella accanto alla mia, poi un cigolio. Non poteva star succedendo.
Altri rumori metallici e la serratura arruginita della mia porta si aprì, facendomi chiudere il petto in una sensazione di ansia soffocante.

L'uomo che entrò non era nulla di meno di quello che mi immaginavo, alto, tatuato, muscoloso.
Sembrava quasi un personaggio uscito da un film.
Mi ritrovai ad indietreggiare pericolosamente veloce, finché non sbattei contro il muro, un'altra risata.
Mi stava dando fastidio, continuava a ridere di me.
L'uomo avanzò, guardandomi da capo a piedi.

"Ma buonasera, principessa - un'altra, maledetta risata - come mai in prigione?"

Sentii il disagio e la crescente rabbia scorrermi addosso, facendo tremare le mie mani.

"Perché non ti fai i fatti tuoi?"

Sputai quelle parole senza pensare alle conseguenze, che non tardarono ad arrivare.
Mi si avvicinò ancora di più, e dovetti alzare il capo per guardarlo negli occhi.

Passarono pochi, lunghissimi secondi di silenzio poi lui si mosse, sentii un rimbombo che non collegai subito al fatto di aver appena subito un pugno in pancia, e quando finalmente realizzai ero già piegato a metà, le mani a parare la parte offesa.

TW

Poi mi spintonò per terra, le mie ginocchia colpirono il pavimento, e con grande orrore realizzai che si stava abbassando anche lui.

"Forse non hai capito chi comanda, eh? Devo proprio imparartelo, non è vero?"

Percepii la sua mano alla vita dei miei pantaloni, e fece per tirarli giù, e arrivarono a malapena fino alla mia anca prima che, calciando, lo colpii alla cieca nell'addome, e mi alzai all'istante, riportando i miei pantaloni alla loro posizione originale.

TW

Ansia, orrore e disagio che avevo addosso fino a quel momento diventarono rabbia, e dalla rabbia trovai il coraggio di tirargli un calcio in faccia, sperando con tutto me stesso che avesse fatto male.

Poi un altro. Ed un altro.

E presto i tavoli si erano girati e io gli stavo facendo capire chi non avrebbe comandato.Sotto la botta di adrenalina lo presi per la tuta, uguale alla mia, e lo trascinai fuori la porta, chiudendola subito dopo, sperando che non avrebbe provato a rientrare.

Poi una sirena suonò, all'inizio era allarmante, ed ebbi paura che loro avesserro già capito cosa fosse successo, ma poi le luci si spensero e si sentì un autoritario "si spengono le luci, tutti a dorm- hey, che ci fai tu là! 237, se non vuoi passare più tempo ancora qua faresti bene ad andare a dormire!"

In quel momento trovai pace nelle tenebre, felice che non ci fosse nessuna luce a squarciare il buio.

Trovai alla ceca il materasso, e mi sdraiai.

Era come se il materasso non ci fosse affatto, e questo mi fece pensare a quanto avessi complicato le cose.

Oh, complimenti Tyler, se prima eri fottuto ora lo sei ancora di più.

Senza neanche accorgermene caddi in un sonno leggero, con addosso una mancanza, non sapevo neanche io di cosa, ma era come se mi fossi scordato una cosa terribilmente importante che sarebbe dovuta esserci, ed invece non ce n'era traccia.

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HOLA!

non so veramente cosa dire, se non che il video di Heathens è stato tanto bello quanto inaspettato.
è la mia prima Joshler ed è da molto che non scrivo, quindi ???

spero comunque che vi abbia intrigato! cercherò di pubblicare con quanta più frequenza possibile!

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Capitolo 2
*** .:2:. ***


[Questo capitolo è un po' pesante, quindi... procedete con cautela? non ne ho idea]

Song: Far Too Young To Die - Panic! At The Disco

La mattina seguente mi sentii come quando ci si sveglia da un sogno, sapendo che qualcosa di terribile è accaduto nel sogno ma non ti ricordi cosa, e continui ad avere quell'ansia nel petto perchè diamine, dovrei essere capace a ricordarmelo.
Poi quando cercai di muovermi sentii la schiena dolorante e un grande malditesta iniziarsi a formare, e la gravità della situazione mi colpì, insieme ai ricordi della giornata precedente.

Saltai in piedi, guardandomi freneticamente attorno, come se mi aspettavo di vedere qualcuno.

All'improvviso quelle quattro pareti sudicie sembravano volermi soffocare, e razionalmente sapevo che non era possibile, ma sembravano stringersi attorno a me.
Inciampai, indietreggiando fino ad una delle pareti e premetti la mia schiena e braccia contro di essa, tentando di far fermare le vertigini che non mi permettevano di stare in piedi in modo stabile ed il panico che mi bloccava il respiro e annebbiava la mente.

Urlai, non sapevo neanche a chi, volevo solo che tutto finisse, che la stanza smettesse di girare, e che i ricordi potessero essere strappati dalla mia memoria.
Mi sentivo sporco quasi come la cella di isolamento in cui ero rinchiuso.

⁠La finestrella della porta della mia cella si aprì, e il rumore era fin troppo simile a quello che la porta faceva quando veniva aperta. Trasalii, sentendomi sprofondare il cuore e il ricordo di quello che successe l'ultima volta che la porta venne aperta mandò la mia mente in una nuova ondata di panico, e ad ogni respiro sembrava che l'aria volesse restare fuori dai miei polmoni, grattando contro l'esofago, il cuore sembrava uscirmi dal petto.

Una guardia mi scrutò dalla finestrella nella porta uno sguardo fra l'adirato e il seccato.
Poi, come aprì la finestrella, la chiuse.
Non avevo la minima idea del perché mi avesse guardato per pochi secondi, senza riferirmi o fare nulla.
Sentii delle guardie parlare da fuori la porta,

"Si, ma sembra solo che lui si sia difeso, non ti sembra un po' eccessivo? E poi non è proprio lecito far-"

La guardia venne interrotta da un'altra voce, più autoritaria.

"Pensi davvero che feccia come loro abbia dei diritti? Se volevano tenersi i loro diritti avrebbero dovuto tenersi fuori dalla prigione e rispettare la legge. Si farà così, lecito o no, vittima o assalitore, loro sono tutti uguali, non mi importa."

Capii molto poco della conversazione, ma la finestrella, che era più meno ad un metro da terra, si aprì, e una delle guardie appoggiò con fatica un bicchiere a terra.

La finestrella si richiuse.

Non prestai attenzione al bicchiere, restai seduto per terra, vicino al muro.
La stanza girava un po' meno di prima, ma ora il malditesta era atroce, e la luce, per quanta poca fosse, non aiutava di certo.
Mi portai le ginocchia al petto e cercai di bloccare la luce mettendomi le mani sugli occhi, ma neanche quello sembrava funzionare.

Stetti lì per ore, forse, poi mi addormentai.

Sognai un ragazzo, con dei pantaloni a mezza gamba neri, una maglietta senza maniche e un cappello in testa del medesimo colore, i suoi occhi erano di un color nocciola scuro, appena distinguibile dalla pupilla, dal cappello nero che aveva in testa usciva un piccolo ciuffo di capelli rosa.
Il suo braccio destro era completamente ricoperto da un tatuaggio che sembrava quasi un dipinto, mentre sul suo braccio sinistro era presente una croce ed alcuni simboli semplici, completamente neri.
Sembrava emanare luce.

Mi svegliai di soprassalto, e ricordai.
Perchè ero andato in quella parte della prigione, il giorno prima?
Lui mi aveva guidato, con la sua dannatissima batteria.
Come ci ero arrivato?
Lui mi aveva guidato.
Quella azione mi fece finire in isolamento, e lui mi aveva guidato.

Anche se era -così tanto- affascinante e il suo volto era gentile non riuscii a non arrabbiarmi.
Chi era? Nessuno sembrava averlo visto, e sparì appena le guardie della prigione mi trovarono.
Mi alzai in piedi, e mi guardai attorno, e solo in quel momento mi resi conto che la luce era spenta.
"Hey!" Urlai, in quel momento ero furioso.

Era colpa sua.

"So che esisti!" Urlai ancora, e sentii delle lamentele dalle celle accanto alla mia, ma non poteva importarmene di meno.
Camminai, cercando qualcosa sucui sfogare la mia rabbia, cosa che non trovai, dato che quella cella era priva di qualsiasi cosa tranne per un materasso ed un cuscino.

Diedi un pugno al muro, e sentii all'istante un forte dolore che partiva dalla mano e si propagava per tutto il braccio, fino alla spalla.
Il dolore svanì velocemente, la rabbia tornò e io scagliai un altro pugno al muro, poi un altro, ed un altro, ma presto non fù più abbastanza.

Poggiai la fronte al muro, in mezzo alle mie mani, e urlai di nuovo.
Urlai fino a che la gola mi si seccò completamente, e la testa iniziò a farmi nuovamente male.
Mi passai rudemente le mani fra i capelli, premendo le unghie sullo scalpo.
Tornai a prendere a pugni il muro, e quando la smettei -parecchi minuti dopo- avevo le nocche insanguinate e doloranti, e la rabbia si era affievolita, se non completamente andata.

Quella notte quando mi addormentai non me ne accorsi, ma il giorno dopo mi svegliai con la gola secca e dolorante, la voce completamente stremata e un gran dolore alle mani e alle braccia.

Uno dei primi giorni mi resi conto che il bicchiere che mi veniva portato ogni giorno era riempito d'acqua.
Il terzo giorno la fame iniziava ad essere a mala pena sopportabile.
Il quinto giorno lo passai a dormire.
Il sesto giorno sbattei la testa contro il muro finchè non sanguinai e la testa mi faceva tanto male che avevo l'impressione che si stesse per spaccare.
L'ottavo giorno svenni, e quando mi svegliai non mi alzai.
Il nono giorno ci provai, ma non ci riuscii.

L'undicesimo giorno ero allo stremo delle forze, e mi tornò in mente l'affascinante ragazzo che una notte odiai tanto, e come mi guidò nei corridoi della prigione.

Chiusi gli occhi, sentendomi mancare le poche forze che avevo rimaste, e mi misi a pregare.
Avevo l'impressione che Dio non potesse arrivare fino lì dentro, nell'isolamento di una prigione, ma se Dio sentì la mia preghiera mandò qualcun'altro a fare le sue veci.

E all'improvviso mi sentivo osservato, e quando aprii gli occhi in quella cella non ero più da solo.

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BOOM

haha, mi dispiace di aver finito il capitolo in questo modo (non è vero), mi farò perdonare nel prossimo!

(forse)

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