Courage, it will be Okay

di Giuls_BluRose
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - Prologo ***
Capitolo 2: *** Una piacevole serata ***
Capitolo 3: *** La proposta ***
Capitolo 4: *** La decisione ***
Capitolo 5: *** Prime visite ***
Capitolo 6: *** Una buona e una cattiva notizia ***
Capitolo 7: *** Forse ancora una possibilità ***
Capitolo 8: *** Predisposizione genetica ***
Capitolo 9: *** Ci sono io con te ***
Capitolo 10: *** Non ti lascerò da solo, figlio ***
Capitolo 11: *** Il responso della risonanza [Parte Prima] ***
Capitolo 12: *** Il responso della risonanza [Parte Seconda] ***
Capitolo 13: *** L'inizio di tutto ***
Capitolo 14: *** Uno strano incubo ***
Capitolo 15: *** 26 Settembre 2013 ***
Capitolo 16: *** Il piano [Parte Prima] ***
Capitolo 17: *** Il piano [Parte Seconda] ***
Capitolo 18: *** Buone notizie, finalmente ***
Capitolo 19: *** Natale ***
Capitolo 20: *** Ansia, troppa ansia ***
Capitolo 21: *** Luce di un nuovo giorno ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - Prologo ***


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Capitolo 1 - Prologo

 

Il sole entrò quasi di prepotenza nella stanza dei coniugi Hummel-Anderson, illuminando le pareti chiare e il letto matrimoniale: erano le sette ormai e la sveglia iniziò a suonare rumorosamente, pretendendo di essere spenta.
Blaine fu il primo a svegliarsi dal torpore del suo sonno e, svogliatamente, sbadigliò allungando una mano per zittire quell'aggeggio infernale.
Si mise a sedere e si stropicciò gli occhi cercando di mettere a fuoco quello che gli stava vicino: la mattina era sempre un trauma e il lavoro li teneva impegnati entrambi fino a tardi molto spesso, quindi non avevano il tempo materiale per recuperare tutte le ore di sonno.
Il moro si voltò lentamente per trovarsi accanto, ancora cullato dal dolce Morfeo, il suo amato coniuge: Kurt ultimamente aveva il sonno molto pesante, forse a causa di tutto lo stress che stava accumulando, e svegliarlo stava diventando un'impresa di mattina in mattina.
Sorrise dolcemente vedendo suo marito dormire beatamente e quasi gli dispiaceva svegliarlo, ma sapeva bene che il lavoro chiamava e i loro manager erano molto esigenti; delicatamente carezzò i suoi capelli e si abbassò per dargli un leggero bacio sulla tempia, cercando di svegliarlo.
“Amore sveglia, è ora di alzarsi.”
Nessuna risposta, solo un mugolio leggero, mentre Kurt si stringeva ancora di più tra le lenzuola, facendo sorridere il più piccolo, che però non demorse.
“Kurt dai svegliati, non vorrai ricevere una lavata di testa dal nostro capo?”
Stavolta il castano sbuffò appena, segno che si stava svegliando, fortunatamente, così il moro lo abbracciò dalla vita posando le labbra vicino al suo orecchio per sussurrargli qualcosa.
“Buongiorno amore mio.”
Blaine baciò il lembo di pelle sotto l'orecchio del più grande, che, istintivamente, sorride appena, biascicando quella che doveva essere la sua risposta.
“Buongiorno...”
Kurt si girò appena per potersi specchiare nelle iridi color del miele del suo uomo, che gli sorride di rimando.
“Perchè non possiamo restare a letto tutto il giorno oggi?”
“Kurt non fare il bambino, che quello è il mio ruolo! E poi lo sai, dobbiamo andare a fare le prove del nostro nuovo spettacolo.”
Già, i due, una volta trasferiti a New York, erano riusciti a farsi assumere da una delle più prestigiose organizzazioni di Broadway e in quel periodo stavano provando fino allo sfinimento per riuscire a mettere in scena un nuovo spettacolo per la propaganda dei diritti LGBT. Era uno spettacolo veramente ben organizzato e tutti erano stati molto soddisfatti del lavoro svolto, ma era anche vero che le prove stavano diventando veramente dure e, più si avvicinava la serata della prima, più il direttore diventava pignolo ed esigente.
I due sposini avevano ottenuto la parte dei due protagonisti: Blaine avrebbe interpretato una Drag Queen con la passione per la moda e tutto quello che luccica, che avrebbe lavorato in un locale come intrattenitrice, mentre a Kurt sarebbe toccato il ruolo di un ragazzo omosessuale timido e insicuro, appena arrivato a New York e che si imbatte per caso nel locale dove lavora Thea, la Drag Queen.
I due erano molto eccitati dall'idea dello spettacolo, ma sentivano che le forze erano sempre meno, anche se stavano cercando il modo per riuscire ad arrivare alla sera della prima nel miglior modo possibile.
Blaine si alzò dal letto e si diresse verso il bagno per darsi una lavata, mentre Kurt rimase ancora qualche minuto nel torpore caldo del letto; il moro aprì l'acqua e si lavò la faccia, per poi guardarsi allo specchio e sorridere: dopo il matrimonio aveva smesso di mettere tutta quella quantità industriale di gel nei capelli, quasi sotto minaccia di Kurt, e doveva ammettere che anche quella volta suo marito aveva avuto ragione, si piaceva con i capelli più liberi.
Si diede una pettinata veloce e, dopo essersi lavato i denti, si diresse nuovamente verso la camera da letto per vestirsi; Kurt era andato in cucina per preparare la colazione: alla fine i due avevano deciso di non trasferirsi ed erano rimasti a vivere nel solito Loft, era quella casa loro ormai e si erano affezionati molto a quel posto, certamente non era una reggia, ma lo avevano arredato in modo che fosse accogliente e moderno allo stesso tempo.
Dalla cucina si poteva già sentire il tipico odore di caffè all'italiana e quello dei pancake che il castano stava cucinando canticchiando sereno una qualche melodia: Kurt amava cucinare, riusciva per qualche tempo a rilassarsi e staccare la mente da tutti i problemi che aveva, era come un rituale per lui, proprio come quello che riservava al suo corpo ogni giorno. Non faceva mai nulla di troppo calorico, certo non voleva compromettere il bel fisico del moro, ma amava cucinare qualcosa di sfizioso e gustoso, anche per colazione.
Infatti quel familiare odore arrivò dritto alle narici di Blaine, che entrò in cucina sorridendo e, dopo aver dato un bacio sul collo del più grande, si sedette a tavola aspettando che tutto fosse pronto.
“Hai fatto i pancake con la cannella?”
Il soprano annuì soddisfatto: sapeva che erano i preferiti di suo marito e, sinceramente, amava metterlo di buon umore già dalla mattina.
“Si amore, pronti adesso solo per saziare il tuo pancino goloso.”
Kurt rise dolcemente, mentre portava in tavola la colazione e dava un bacio a fior di labbra al più piccolo, che ricambiò e non fece tante cerimonie nell'iniziare a mangiare, imitato subito dopo da Kurt.
“Allora? Che ne pensi delle prove supplementari che ci sta facendo fare Michael?”
“Bhe, certo sono stressanti, ma ormai sai anche tu che è un perfettino e non perde occasione per migliorare anche la più piccola cosa, in realtà mi ricorda qualcuno.”
Kurt rise appena a quella insinuazione fatta dal suo compagno, doveva ammettere che quando ci si metteva sapeva davvero essere irritante: si, Kurt Hummel era un ragazzo che voleva che le cose fossero fatte proprio come voleva lui e non dovevano esserci intoppi. Nell'arredare la casa quasi tutte le decisioni le aveva prese lui, lasciando a Blaine il minimo margine di scelta.
“Certo, se qualcuno non fosse il disordine fatto persona!”
Blaine rise, sapeva di non essere proprio ordinatissimo, ma cercava bhe, di fare del suo meglio, solo che le pretese di suo marito a volte erano troppo alte per lui.
“Se continui con questa mania per l'ordine nostro figlio credo che impazzirà e io con lui mio caro Kurt!”
I due si sorrisero, quella volta non servirono altre parole: era un po' ormai che i due avevano iniziato a parlare di avere un figlio, si erano sposati solo da due anni e mezzo, ma sapevano e sentivano che un figlio avrebbe reso tutto più vero e più speciale, anche se i loro amici dicevano che forse era ancora troppo presto.
I due coniugi però sognavano di poter stringere tra le loro braccia un piccolo batuffolino, era il loro sogno fin da ragazzi e speravano che si potesse realizzare il più presto possibile.
Alcune sere si trovavano a parlare e ad immaginare che volto potesse avere, come sarebbero stati i suoi occhi, le sue guanciotte piene, il suo sorriso e bhe, ovviamente anche il nome: era più facile trovare un bel nome femminile che non uno maschile, ma tutte le volte tiravano fuori i nomi più assurdi, facendosi ridere a vicenda. La conversazione finiva sempre però allo stesso modo, sognando per i loro figli quei nomi che più gli erano rimasti nei cuori, nomi italiani che avevano fatto battere i loro cuori: Francesco per lui e Beatrice per lei. Non sapevano neanche il perchè, ma a New York non era strano avere nomi italiani, oppure molto strani, quindi si erano fissati su quei due, sorridendo tutte le volte in modo incantato immaginandosi già con un bambino tra le braccia mentre cantavano ninna nanne.
Fu lo squillo del telefono del soprano a risvegliare i due dallo stato di trance nel quale erano entrati: era un messaggio di Michael, il loro capo.
-Scusate ragazzi, ma abbiamo avuto dei contrattempi con i tecnici delle luci: le prove sono rimandate a questo pomeriggio. A dopo e buona mattinata.-
I due sospirarono sollevati: finalmente avevano del tempo che potevano passare tra di loro senza tutto lo stress dei continui impegni.
“Che bello, almeno non dobbiamo uscire con questo freddo!”
“E se andassimo a pattinare al parco?”
Kurt fulminò con lo sguardo suo marito: ma era andato completamente fuori di testa? Fuori erano al massimo due gradi sotto lo zero e lui gli chiedeva di andare a pattinare? No, non se ne parlava neanche.
Blaine nel mentre doveva aver captato lo sguardo glaciale del più grande, perchè scoppiò a ridere alzando le mani in segno di resa.
“Va bene, va bene, non ti scaldare! Ce ne resteremo qua in casa al caldo, va bene?”
Kurt annuì, soddisfatto, mentre portava in cucina i piatti della colazione e veniva raggiunto dal suo compagno, che lo strinse da dietro alla vita dando dei piccoli e casti bacetti lungo tutto il collo.
“Il signore preferisce delle coccole, quindi?”
Kurt si girò per stringersi meglio nelle calde braccia del moro, sorridendogli e baciando le labbra, bacio che venne immediatamente ricambiato da suo marito.
“Si, si può fare signor Anderson.”
Si sorrisero prima di darsi un ulteriore bacio e dirigersi verso il divano, per godersi tra le coccole quella piacevole mattinata di libertà.




Note dell'autrice:
Salve a tutti ragazzi!
Bhe, ci ho pensato un po' e ho deciso di cimentarmi con una Long, Klaine ovviamente.
Non mi conoscete, ma nell'altro Fandom ero conosciuta per le mie long depresse e un po' troppo Angst e, sinceramente, a me va bene così, quindi leggete solo se vi piace il genere!
Spero che il primo capitolo vi piaccia e che l'introduzione vi abbia intrigato.
Non sono una che pubblica capitoli molto lunghi, quindi non vi aspettate grandi poemi nei prossimi aggiornamenti.
Fatemi sapere se vi interessa e ovviamente che ne pensate del banner.
Un bacio e alla prossima!


Giulia Pierucci



 

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Capitolo 2
*** Una piacevole serata ***


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Capitolo due – Una piacevole serata

 

“E stop! Bel lavoro ragazzi, riprenderemo domani da dove siamo arrivati oggi!”
La voce del regista echeggiò nel teatro e tutti gli attori si trovarono, ormai per abitudine, ad applaudire e a prendere le loro cose per tornare a casa dopo l'ennesima, estenuante, giornata di lavoro.
“Bravo Blaine, vedo che stai diventando più pratico con i tacchi.”
Michael sorrise sinceramente al moro, dato che le prime volte non riusciva neppure ad alzarsi in piedi senza cadere, rovinosamente, a terra a pelle d'orso.
Blaine ridacchiò appena e ricambiò il sorriso.
“Bhe, è anche merito di mio marito, lui è molto più pratico di me. Pensa che una volta, per una esibizione scolastica, aveva indossato dei tacchi alla Lady Gaga esageratamente alti!”
Il moro rise pensando a quelle scarpe che Kurt aveva indossato per ballare Bad Romance, quella performance che lui si era perso, ma che tutti gli ricordavano continuamente per essere stata una delle più teatrali.
Michael rimase un attimo interdetto: sapeva che il castano alle volte poteva essere molto effemminato, anche involontariamente, ma quella cosa lo aveva un po' lasciato di stucco.
La frase del marito però non scappò dalle orecchie di Kurt che, non volendo ricordare quella scena, anche perchè il solo ricordo rinnovava ancora il dolore ai piedi che aveva avuto per una settimana per aver indossato quei trampoli demoniaci, prese il ragazzo per il braccio e lo trascinò verso i camerini.
“Va bene amore, adesso però andiamo o faremo tardi, a domani Michael!”
Kurt tirò Blaine per il corridoio del teatro.
“La vuoi smettere di tirare la fuori la storia dei tacchi? Lo sai che è quasi imbarazzante. Qua la Drag sei tu, non vorrei che poi prendessero me al posto tuo se sapessero che me la cavo meglio io di almeno mille volte.”
Nel suo tono di voce non c'era rabbia, ma solo un dolce sarcasmo.
“Molto divertente, guarda che sto migliorando tantissimo eh!”
Il castano rise intenerito: aveva visto il marito allenarsi sui tacchi molti pomeriggi, imparando a camminare e fare le pulizie con quei cosi addosso, aveva riso molto quando lo aveva visto cadere a terra le prime volte, era bello vedere quanto il marito tenesse al suo lavoro, quasi più che alla sua reputazione di maschio virile.
“Adesso dovrei solo migliorare con il trucco!”
Blaine si fermò a pensare: no, decisamente ancora non si sapeva truccare e non aveva la minima idea di come fare, sperava solo che suo marito potesse andargli in aiuto anche quella volta e, fortunatamente, successe.
“Non ti preoccupare Blaine, io me la cavo abbastanza bene. Sarà Rachel a prestarci i suoi trucchi, anche quelli più vecchi e insieme ti insegneremo tutti i segreti più nascosti del makeup.”
Il moro sorrise soddisfatto: anche la loro amica del liceo aveva trovato un ruolo in un musical ed erano rimasti molto amici: la ragazza aveva deciso di trasferirsi, aveva preso un piccolo appartamento per sé e per il suo nuovo ragazzo, ma si vedevano praticamente tutti i week-end e si sentivano quotidianamente, non sarebbe stato difficile chiedere il suo aiuto.
“Allora Kurt, vuoi andare a casa o hai pianificato altro per questa serata?”
Il castano ci pensò un attimo, poi gli occhi color del cielo gli si illuminarono di quella leggera malizia, che non significava mai “seratina tranquilla”.
“E se facessimo una sorpresa alla nostra cara amichetta?”
Blaine lo guardò, interdetto.
“Come scusa?”
“Prendiamo qualcosa da asporto, del gelato, un DVD e ci presentiamo a casa sua per passare una serata insieme. Mi ha detto prima che sarebbe rimasta a casa con il suo ragazzo e che si sarebbe annoiata, andiamo noi a ravvivarle la serata, no?”
Quel luccichio di gioia non mancò agli occhi del suo ragazzo, si stupiva di come New York lo stesse cambiando, era diventato un ragazzo quasi nuovo, molto più intraprendente.
Gli piacque però la sua idea, dato che quella settimana per i troppi impegni non si erano ancora visti, così annuì e insieme si avviarono ai camerini per recuperare le giacche e le chiavi della macchina.
“Che cosa andiamo a prendere?”
“Che ne dici di un po' di sushi? La settimana scorsa siamo andati in pizzeria e quella ancora prima al ristorante italiano, a me va un po' di pesce.”
Il moro acconsentì, ma poi un dubbio iniziò a logorarlo e a dirla tutta, anche un po' a spaventarlo.
“Kurt scusa, posso sapere perchè anche il gelato? Insieme al sushi non è propriamente un'ottima accoppiata.”
Suo marito fece finta di non darci troppo peso, rispondendo con più naturalezza possibile.
“Lo sai perchè.”
Blaine sospirò: no, non ancora, non avrebbe resistito a vedere Mouline Rouge per l'ennesima volta.
Il castano invece sorrise contento: lui e Rachel amavano quel musical e ogni occasione era buona per vederlo ancora e ancora, fino allo sfinimento.
“Dai, vedrai che ti piacerà.”
“Si certo, come tutte le volte. Scusa, ma se tipo io e Jessie andassimo a vedere qualcosa in TV in camera?”
Kurt lo fulminò con lo sguardo, lui e Rachel non volevano scuse: si dovevano guardare i DVD tutti insieme in sala, solo che ogni volta erano sempre loro due a scegliere, lasciando Blaine e Jessie insoddisfatti a dormicchiare sul divano.
“Okay, okay, al solito.”
I due si guardarono: uno sconsolato, l'altro con un ghigno di vittoria in volto.
“A casa perchè decido io cosa vedere.”
“Nessun problema, io leggerò le novità di Vogue.”
Blaine sospirò, nuovamente.
“Posso almeno scegliere il ristorante per il sushi?”
“Accordato!”
Kurt sorrise contento e schioccò un bacio sulle labbra del marito, prima di dirigersi alla macchina.

Driin.
Il campanello di casa Berry suonò e una trafugata Rachel aprì la porta, piacevolmente sorpresa al trovarsi una coppia di giovani coniugi pieni di cibo al suo uscio.
“Ragazzi! Entrate dai, che bella sorpresa che mi avete fatto! Jessie vieni, sono venuti a trovarci Kurt e Blaine!”
“Grazie Rachel e scusa il disturbo.”
“Non lo dire neanche per scherzo Blaine, lo sai che siete sempre i benvenuti a casa mia e poi così mi rendete più allegra la serata. Avete portato anche del cibo?”
I due annuirono mentre entravano nell'appartamento e quella volta fu Kurt a parlare.
“Si, vi abbiamo portato del sushi e tanto, tanto gelato e questo sai che significa amica mia.”
Rachel sorrise: si, lo sapeva benissimo e non vedeva l'ora.
Jessie, dopo essere andato a salutare i suoi amici, li fece accomodare in sala, mentre prendeva i piatti e le posate per poter mangiare; poi, una volta che tutti furono seduti, iniziarono a parlare del più e del meno.
“Allora ragazzi, come sta andando la preparazione del vostro musical?”
I coniugi Hummel-Anderson sorrisero e fu il più grande a rispondere alla domanda della castana.
“Tutto bene, i registi sono molto esigenti e alcune parti del copione sono abbastanza complicate, inoltre Blaine alle volte cade ancora dai tacchi e non ha la minima idea di come truccarsi, ma si dai, in fin dei conti sta andando bene.”
Kurt amava stuzzicare in quel modo suo marito, che infatti gli lanciò un'occhiataccia, ma non ci fece caso e sorrise continuando.
“Anche io, però, sto avendo dei problemi con il mio personaggio. Mi hanno detto che per lo spettacolo vero e proprio dovrò tingermi i capelli di biondo con una bomboletta e in verità non ho molta voglia di sciuparmi tutti i capelli, sai che ci tengo molto.”
Rachel annuì e rispose alla stessa domanda che aveva porto a Kurt, dato che le era stata rifatta.
“Non lo so sinceramente, lo spettacolo che devo fare parla di una ragazza che si è appena lasciata col suo amore di una vita e deve imparare a rialzarsi da sola, ma scopre di essere incinta e, dopo essere stata cacciata di casa, si ritrova a vivere di arte insieme a delle amiche di college. Credo di potercela fare, ma il pancione sa essere molto pesante e mi ingombra un po' i movimenti.”
Blaine guardò la ragazza, sorridendo per aver sentito che doveva interpretare una ragazza incinta: ogni giorno sentiva crescere dentro di sé quel sentimento di forte paternità, quello che gli mancava per raggiungere la felicità. A Jessie non scappò quello sguardo e cercò di decifrare quell'espressione sul volto del suo amico.
“Ehi Blaine, che cosa ti prende?”
Il ragazzo si scosse dai suoi pensieri e cercò di non dare a vedere nulla di quello che gli passava per la testa.
“Niente, niente, stavo solo pensando ad una cosa. Dimmi però Jessie, a te come vanno le cose?”
Il ragazzo fece spallucce.
“Ho avuto un callback per il ruolo da protagonista in un musical, spero che vada bene e che mi prendano: sarebbe una bellissima occasione per me.”
La conversazione andò avanti per una buona oretta, durante la quale i quattro amici parlarono di molte cose, finendo di gustare il sushi, fino a quando la conversazione non si fece più “interessante”.
Tutto nacque da una domanda di Rachel,che si era accorta pure lei dello strano cambiamento di Blaine.
“Ragazzi, posso farvi una domanda?”
I due annuirono, incuriositi da quale quesito aleggiasse nella mente della ragazza.
“Ormai siede sposati da un paio di anni, so che non è molto, ma vi è mai passata per la testa l'idea di poter diventare papà, un giorno?”
Kurt rimase di stucco a quella domanda, mentre Blaine sorrise appena.
“Non vorrei essere indiscreta, ovviamente.”
“No Rachel, non lo sei tranquilla.” Iniziò Kurt.
“Sinceramente sì, abbiamo iniziato a prendere in considerazione l'idea di avere un figlio, solo che le procedure per l'adozione sono molto lunghe e anche molto costose e adesso non ce lo possiamo permettere. Forse se il nostro musical avrà successo e riusciremo a mettere insieme i soldi necessari, adesso forse è ancora troppo presto.”
Blaine annuì alle parole del marito: si, lui aveva una grande voglia di diventare papà, ma forse aveva ragione Kurt: non avevano i soldi necessari e conveniva aspettare.
La ragazza annuì a quella dichiarazione: vedeva negli occhi dei due una strana luce e questo la rendeva molto felice, vedeva in loro due ottimi genitori e sapeva che sarebbero cresciuti nel migliore dei modi i loro figli.
“E voi invece?”
Jessie rise.
“Per noi è troppo presto, stiamo insieme da relativamente poco, non siamo ancora sposati. Abbiamo ancora da trovare una stabilità economica, non possiamo permetterci di metterci a carico pure un figlio. Se tutto va bene tra qualche anno ne possiamo riparlare!”
La castana era completamente d'accordo con il fidanzato: per loro era davvero troppo presto per pensare a quelle cose.
La serata passò tranquilla: Kurt e Rachel pensarono a finire il gelato mentre si passavano i fazzoletti per le scene più toccanti di Mouline Rouge, mentre Blaine e Jessie sonnecchiavano sul divano, guardando di tanto in tanto il telefono per vedere quanto mancava alla fine di quella piccola tortura; una serata normale, isomma.

Quella notte Rachel non riuscì a dormire, erano le tre passate e la sveglia sarebbe suonata dopo poche ore: non riusciva a smettere di pensare a quello che le aveva detto Kurt quella sera. Stava prendendo in considerazione tutti i pro e i contro di quella idea che le era balenata in testa così, senza avvertire.
Non sapeva se sarebbe stata la cosa giusta, non sapeva se i due ragazzi avrebbero accettato, ma una cosa era certa: quell'idea era valida e voleva proporla ai coniugi e al suo ragazzo, doveva solo aspettare il momento opportuno.


Note dell'autrice:
Salve a tutti!
Ed ecco qua il secondo capitolo della Long, spero che vi piaccia:
Non è nulla di che, ma meglio di niente.
Nulla da dire questa volta, ringrazio chi ha recensito lo scorso capitolo e chi ha messo la storia nelle ricordate.
Un bacione e alla prossima!
Enjoy!

Giulia Pierucci
 

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Capitolo 3
*** La proposta ***


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Capitolo 3 – La proposta

 

La mattina seguente Rachel fu svegliata dal brusco suonare della sveglia, quel suono che lei odiava come poche cose in vita sua e che, se avesse potuto, avrebbe reso illegale in tutto il mondo.
Era sempre stata una ragazza restia a svegliarsi, specie se stava facendo uno dei suoi bellissimi sogni, ma in quei giorni era ancora più traumatizzante dover scendere dal letto: la vita a New York era veramente stressante e la fatica si faceva sentire sempre di più.
Con un gesto non molto delicato spense la sveglia posta sul comodino e si alzò: erano appena le 7 di mattina, ma il lavoro chiamava e non c'era tempo da perdere. Notò che il suo ragazzo non era a letto e questo le fece pensare che, ancora una volta, si fosse alzato all'alba per andare a correre a Central Park, dato che era diventata la sua piccola ossessione.
Si stiracchiò per bene per poi andare in bagno per darsi una rinfrescata: la notte era stata abbastanza difficile da superare, c'era quella idea che non la voleva lasciare andare e non sapeva neanche il perchè: voleva un bene dell'anima a Kurt e Blaine, per lei erano la sua famiglia ormai e aveva visto chiaramente nei loro occhi quella voglia matta di diventare genitori.
Così non riusciva a smettere di pensare che avrebbe potuto far risparmiare loro molti soldi per l'adozione facendo lei da madre surrogata: non sapeva se quella potesse essere o meno un'idea pazza, assolutamente folle e non sapeva neanche se i ragazzi avrebbero accettato o se a Jessie andasse bene.
In più non aveva la minima idea di come funzionassero le cose: se avesse dovuto iscriversi in qualche lista, se doveva fare delle visite specializzate, se i ragazzi dovessero fare qualche iscrizione da qualche parte: niente di niente.
Lei però sapeva solamente che voleva rendersi utile per i due coniugi, voleva fare loro da madre surrogata per permettere loro di realizzare i sogni più nascosti, voleva aiutarli per tutte le volte che erano stati loro in passato ad aiutarla, anche quando l'avevano nuovamente ospitata nel Loft con il ragazzo quando non riuscivano a trovare un appartamento ad un prezzo decente dopo che erano stati cacciati via da quello che avevano affittato pochi mesi prima.
Sapeva bene che forse l'unica che avrebbe potuto aiutarla era sua madre: alla fine anche lei era stata una madre surrogata e avrebbe potuto illuminarla su tutto quello che avrebbe incontrato lungo il cammino: sapeva anche che in quel periodo Shelby era a New York per lavoro e, avendo il suo numero, non sarebbe stato difficile mettersi in contatto per cercare di avere un incontro.
Prima di tutto però doveva parlarne con Jessie, Kurt e Blaine e vedere se tutti e tre erano d'accordo.
Sapeva bene che non sarebbe stata una passeggiata e pensava anche alla sua carriera nascente: molte donne lavorarono a Broadway durante una gravidanza, quindi per quello forse non sarebbe stato un problema e poi pure il suo personaggio era incinta, quindi ancora meglio.
Forse sarebbe stato meglio parlarne prima con il fidanzato e poi con i ragazzi, per non avere problemi e dato che non riusciva a stare calma senza sapere che qualcuno era con lei, Rachel decise che avrebbe detto tutto a Jessie non appena fosse tornato dalla sua corsetta mattutina.
Così si sistemò velocemente i capelli e scese in cucina per preparare la colazione: nulla di particolarmente strano, solo un po' di latte e caffè, cereali e pancake, tutto molto semplice; la ragazza stava imparando gradualmente a cucinare, anche con l'aiuto di Kurt.
Jessie non ci mise molto a tornare e salutò la mora con un bacio sulle labbra, prima di sedersi al tavolo della cucina sorridendo.
“Vedo che la colazione è già in tavola, bene: ho una fame!”
Rachel sorrise e, dopo avergli versato il caffè e portato in tavola il resto della colazione, si sedette accanto a lui, mettendo chiaramente a nudo una faccia preoccupata e tesa, che non sfuggì allo sguardo indagatore del ragazzo.
“Che succede?”
Questa fu la semplice domanda che venne posta a Rachel, che in quel momento sembrava essere con la mente su tutt'altro pianeta.
“Ehi signorina?”
Jessie la scosse leggermente, facendola svegliare dai proprio pensieri.
“Dimmi.”
“Ti ho chiesto che cosa succede, hai uno sguardo strano stamattina.”
La ragazza sospirò: ormai il momento di farsi dare della pazza era arrivato.
“Volevo parlarti di una cosa, solo che non so come la prenderai.”
Il volto del ragazzo si fece stranamente confuso e la guardò come ad incitarla ad andare avanti.
“Ti sei accorto della strana luce negli occhi di Kurt e Blaine ieri sera quando stavamo parlando di avere dei bambini?”
Lui annuì: come poteva non essersene accorto secondo lei? Era palese la loro voglia di diventare padri.
“Si, a Blaine specialmente brillavano gli occhi, ma adesso che cosa c'entra?”
“Voglio fare loro da madre surrogata.”
Rachel disse quella frase tutto d'un fiato, con gli occhi chiusi, pronta a farsi urlare contro dal proprio ragazzo che era una pazza, ma quelle grida non arrivarono e, una volta riaperti gli occhi, vide Jessie con la bocca socchiusa e gli occhi increduli, sbarrati.
“C-che c-cosa? Madre surrogata?”
Non c'era rabbia nel volto del moro, solo incredulità e stordimento generale.
“Si, insomma...Loro hanno fatto così tanto per noi e io voglio sdebitarmi in qualche modo. Per me sono come una seconda famiglia, sono le persone a cui tengo di più e sono disposta a donare loro nove mesi della mia vita per vederli felici. Lo hai visto anche tu e per me sarebbero degli ottimi padri. Alla fine per me sarebbe come chiudere un cerchio: io sono stata concepita da una madre surrogata e mi farebbe piacere aiutare un coppia che non può avere figli. Credimi, non lo faccio per denaro: sai bene che anche loro non ne hanno molto a disposizione per un'adozione e una madre surrogata diversa. Non oserei mai chiedere centinaia di migliaia di dollari per rendere felici due ragazzi, lo farei solo per loro. Non so però se tu sei d'accordo e volevo parlarne prima con te...”
Rachel si sentiva sempre più stupida, parola dopo parola, ma captava un leggero sorriso dolce sulle labbra del ragazzo: certo, non si era ancora ripreso del tutto dallo shock, ma non era arrabbiato.
“Molti pensano che tu sia un'egoista naturale e bhe, alle volte hanno ragione, ma si ricrederebbero se ti sentissero parlare adesso. Quello che vuoi fare è una cosa molto dolce, davvero. Sono ancora sconvolto per la notizia arrivata senza preavviso, ma ti fa onore la tua voglia di aiutare i nostri amici.”
Jessie sorrideva, poi si alzò per andare ad abbracciare forte Rachel, baciandole i capelli.
“Non sarò certo io a fermarti se è quello che vuoi davvero: voglio solo avvertirti di alcune cose. Dovrai informarti di tutti i pro e i contro, dovrai fare molte visite e dovrai sottostare nove mesi alle regole di quel perfettino di Kurt, molto più di come tu non faccia già adesso. Dovrai sopportare i pianti isterici di Blaine e la sua smania di comprare mini papillon per il neonato, dovrai mangiare solo ciò che ti cucina o ti ordina di mangiare Kurt e dovrai sopportare ore intere spese a pensare al nome del bambino. Bhe, in poche parole dovrai sopportare due uomini con tendenze da prime donne incinte, mentre l'unica con il grembo il loro piccolo sarai tu. Se te la senti davvero.”
I due risero insieme e Rachel si strinse maggiormente nell'abbraccio, grata per aver trovato un ragazzo così disposto ad andare incontro a quello che faceva lei: aveva paura di non trovare più nessun altro dal cuore buono come Finn, ma fortunatamente si sbagliava.
“Grazie, grazie, grazie, grazie, grazie.”
Si sorrisero e si dettero un bacio a fior di labbra, stringendosi ancora più forte a loro.
“E quando avresti intenzione di dirlo a Kurt e Blaine?”
“Stasera, andremo a casa loro e faremo loro una sorpresa. Vedrai: resteranno a bocca aperta.”
“Poco ma sicuro.”

 

Anche quella giornata di lavoro ormai era finita e i coniugi Hummel-Anderson avevano solo voglia di tornare a casa e rilassarsi un po': quel pomeriggio era stato veramente distruttivo per loro e avevano anche rifiutato di andare a cena con il resto del cast da quanto erano stanchi.
Non appena aprirono il portone di casa lasciarono cadere a terra le loro borse e si diressero vero la cucina per preparare qualcosa da cena, ma la loro attenzione fu attirata subito da qualcosa di strano: sul mobiletto del telefono c'era un biglietto che loro non avevano lasciato la mattina. Fu il più grande ad andare a vedere e riconobbe immediatamente la scrittura di Rachel: il biglietto era scritto ordinatamente e c'era scritto semplicemente “Andate in camera da letto.”
“Blaine?”
Il più piccolo si affacciò dalla cucina con un pomodorino in bocca, scrutando il castano.
“Cosa succede?”
“Un biglietto di Rachel. Come ha fatto ad entrare in casa nostra?”
Il moro lo guardò senza capire e si avvicinò al marito per leggere il biglietto lasciato dall'amica.
“Andate in camera da letto? Bhe, andiamo allora.”
Il moro sorrise genuinamente al castano e lo prese per mano, trascinandolo verso quella porta che avevano fatto aggiungere che portava alla loro camera matrimoniale.
“Voi due non vi capirò mai, sai?”
Blaine sorrise ancora e aprì la porta della stanza, per poi guardare dentro e rimanere a bocca aperta a quella vista: nel bel mezzo della stanza c'era una carrozzina per neonati con due grandi fiocchi attaccati, uno blu e uno rosa, e tanti palloncini di tutti i colori sparsi per la stanza.
A Kurt quasi non venne un infarto quando vide tutto quello: che cosa significava? Perchè c'era tutto quel caos nella loro precedentemente ordinatissima camera da letto? E soprattutto: perchè c'era una carrozzina lì?
I due coniugi rimasero senza parole, con mille domande in testa, fino a quando l'urlo di Rachel non invase la stanza e una felicissima ragazza mora entrò in camera abbracciandoli forte e gridando di gioia.
“Congratulazioni futuri paparini!”
“Futuri cosa?”
La faccia dei due ragazzi era scioccata, non capivano niente di tutto quello che stava succedendo, sentivano solo le grida della loro amica che li stringeva forte.
Si guardarono per un attimo con la stesa espressione e solo un unico pensiero echeggiava nella loro testa: “Tutto questo deve essere un sogno o uno scherzo di pessimo gusto.”



Note dell'autrice:
Ed ecco qua anche il terzo capitoletto di questa storia.
Mi farebbe veramente molto piacere sapere che cosa ne state pensando di questa cosa, davvero ne sarei molro felice.
Chiedo venia se non sono riuscita a postare prima, ma due sere fa sono stata a vedere Mika in concerto ed è stato bellissimo, davvero. In più ovviamente tutti gli altri impegni: corsi a scuola, preparazione allo stage, una cena di laurea (?)
Bhe, comunque è arrivato e spero di avere presto vostre notizie.
Un bacio e alla prossima!

Giulia Pierucci



 

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Capitolo 4
*** La decisione ***


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Capitolo 4 – La decisione

La porta del Loft dei coniugi Hummel-Anderson si chiuse rumorosamente dietro di loro, mentre la luce si accendeva e i corpi dei due ragazzi cadevano sfiniti sul divano di pelle rossa del piccolo soggiorno.
Quella era stata una serata molto insolita, piena di sorprese e colpi di scena; i due ancora non si rendevano conto di quello che era veramente successo neanche quaranta minuti prima, avevano la testa nei propri mondi, non riuscivano a dire una parola.
I due erano stati trasportati da una Rachel impazzita fuori dal loro appartamento, senza dare loro la minima spiegazione, ed erano stati portati in un locale poco distante da casa. Lì ad aspettarli c'era Shelby, la madre della ragazza e quella donna li aveva messi ancora più in confusione, ma ancora non erano pronti a venire a conoscenza della pazza idea della mora.
Erano rimasti a parlare due ore e più, ma più che altro Rachel e Shelby parlavano e i ragazzi ascoltavano con la bocca aperta e gli occhi fuori dalle orbite, senza riuscire a credere alle loro orecchie.
Alla fine della discussione si erano fatti riaccompagnare a casa rispondendo che ci avrebbero pensato e che le avrebbero fatto risapere; adesso da quando avevano varcato la porta di casa il silenzio regnava padrone tra i due.
Ancora non riuscivano a credere realmente che Rachel si fosse offerta volontaria per fare loro da madre surrogata: certo, era la loro migliore amica, ma non avrebbero mai immaginato che si sarebbe spinta così oltre.
Erano rimasti scioccati e non sapevano neanche che cosa dirsi, c'erano così tanti dubbi nelle loro teste che non sapevano come uscirne fuori, sembravano semplicemente troppi.
Kurt notò però che forse Blaine era ancora più confuso di lui, anche se aveva letto chiaramente nei suoi occhi che avrebbe accettato immediatamente la proposta fatta dalla loro amica se avesse dovuto scegliere solo lui.
Lentamente si avvicinò al moro e lo abbracciò delicatamente, facendogli poggiare la testa sul proprio cuore, per fargli capire che era con lui.
Non parlò ancora per qualche minuto, sentendo Blaine che si stringeva al suo corpo, respirando forte il suo odore e cercando di fare mente pulita, ma non riuscì a tacere ancora per molto.
“Sarebbe una proposta splendida, l'occasione della nostra vita e io voglio, voglio veramente...”
Kurt sorrise appena al sussurro del marito e, istintivamente, lo strinse maggiormente a sé: sapeva che Blaine era sincero e che era rimasto molto colpito dalla proposta della morettina.
“Lo so...”
Il castano non riusciva quasi a parlare, sentiva solo che in testa aveva una grandissima confusione e che forse non riusciva neanche a pensare lucidamente.
“Tu non vuoi?”
Kurt sospirò a quella domanda: certo che voleva, lo aveva sempre voluto, ma quando quella opportunità stava per diventare finalmente una realtà si era reso conto che quello che stavano per fare non sarebbe stato un gioco, ma una grandissima responsabilità, la più importante di tutta la loro vita.
Il mezzo soprano aveva paura: aveva paura di fallire, di non essere ancora pronto, aveva paura di non riuscire a gestire un figlio e aveva paura che questo potesse essere preso in giro quando si sarebbe saputo che era il figlio di una coppia omosessuale.
“Certo che voglio, ma ho paura.”
Finalmente gli occhi color del miele di Blaine si posarono in quelli glaciali del marito, scrutandolo attentamente e si mise seduto accanto a lui, carezzandogli la coscia: aveva capito che cosa intendeva suo marito, ma non era giusto che la paura impedisse loro di realizzare i loro sogni.
“Rachel sembrava così convinta, Kurt.”
Già, Rachel: quella ragazza, ormai una donna, che era sempre stata considerata egoista e narcisista, adesso si donava completamente ai suoi due migliori amici per poter dare loro un figlio. Certo questo non era un comportamento solito alla Rachel Berry, ma sapevano che quella ragazza in fondo era buona e generosa e ci teneva alla felicità dei due ragazzi.
“E se fosse solamente un momento? Se già domani si svegliasse e ci chiamasse terrorizzata dicendo che ha cambiato idea? Non voglio essere deluso in questo modo.”
Kurt, via via che continuava la frase, abbassava sempre di più il tono della voce, fino a farla quasi diventare un sussurro terrorizzato.
Blaine gli strinse forte le mani nelle proprie, guardandolo seriamente negli occhi.
“Non devi avere paura, sai come è fatta Rachel: quando si mette in testa una cosa niente e nessuno potrà mai farle cambiare idea. E poi non credo che si permetterebbe mai di deludere un ragazzo come te, sa quanto tu sia vendicativo e subdolo.”
Il moro cercò di buttarla sul ridere e ci riuscì in parte, perchè un piccolo e tenero sorriso solcò il volto del castano, che si lasciò scappare una piccola risatina.
“Dai, cerca di fare il serio.”
“Ma io sono serio, non credo proprio che lei si tirerà indietro, ce lo ha fatto capire anche sua madre. Lo so che questa notizia così improvvisa ci ha stravolto e sconvolto entrambi, ma pensaci bene: ci ha detto che non vuole i soldi che ci chiederebbe normalmente una qualsiasi agenzia, vuole solo “la nostra protezione” e la certezza che le staremo accanto in questi nove mesi di gravidanza, non chiede altro. Bhe si, forse ci ha esplicitamente ordinato di essere presente quando sceglieremo il nome del bambino, ma credo che sia un accordo fattibile, no?”
Blaine aveva un sorriso dolce in volto mentre parlava al marito, che si era stretto al suo corpo in un caldo abbraccio pensando, adesso seriamente, a tutto quello che stava succedendo.
“Credi che saremmo dei bravi genitori io e te?”
Kurt aveva chiuso gli occhi, stringendo nei pugni la camicia del marito e posando la testa sulla sua spalla, senza lasciare l'abbraccio.
“Io e te ci amiamo molto, il nostro è vero amore e non vedo perchè non dovremmo essere bravi con un marmocchietto intorno. Dovremmo imparare a vestirlo, a fare la pappa e a cambiargli i pannolini, per non parlare delle nottate insonni che ci farà passare, ma si dai, credo che il nostro amore sia abbastanza forte da poter superare tutto insieme e passarlo anche a nostro figlio. Ce la faremo, credimi.”
Blaine sorrise stringendo il ragazzo ancora di più a sé, ma Kurt non era convinto e aveva ancora tanti, troppi, dubbi in testa a cui non riusciva a dare una risposta.
“E se verrà preso in giro perchè ha due padri?”
“Il mondo cambierà e capirà che la diversità non è un male, ma solo un vantaggio per tutti e capiranno il vero senso della parola Famiglia.”
“E se questo non dovesse succedere?”
“Allora insegneremo, anzi insegnerai, a tuo figlio come minacciare i compagni con i Sai.”
Blaine la buttò ancora sul ridere, questa volta riuscendoci bene, ma nel suo cuore era davvero convinto che gli attacchi sui bambini cresciuti in famiglie omosessuali sarebbero smessi il più presto possibile.
“Non lo so Blaine, so che tu lo desideri davvero, forse però siamo ancora troppo giovani e non siamo pronti.”
“Lo dicevamo anche il 20 Febbraio di due anni e mezzo fa e poi quel giorno ci siamo sposati, no? Non sapremo mai se siamo pronti se non ci proviamo.”
Kurt sorrise: alla fine sapeva che Blaine aveva ragione, ma in fondo al suo cuore aleggiava molta paura e indecisione.
“Posso pensarci un po'?”
Il moro sospirò appena annuendo e lasciò la presa dal marito, prendendogli la mano e conducendolo in camera da letto.
“Forse è meglio se ci pensi su e me lo dici domani.”
Kurt annuì e diede un bacio sulle labbra del suo uomo, prima di scomparire in bagno per sistemarsi per la notte.
Erano le quattro e mezza di mattina e Kurt non era ancora riuscito a chiudere occhio neanche per un attimo: quel dubbio lo stava tormentando da ore e non riusciva a venire a capo alle sue stesse domande.
Non voleva assolutamente deludere l'uomo che amava e la sua migliore amica, ma in quel momento non poteva negare a se stesso che aveva molta paura e i dubbi del fallimento lo torturavano continuamente.
Era il suo sogno e lo era sempre stato, adesso aveva l'occasione splendida di poterlo realizzare e si lasciava comandare dalla paura, non ci poteva quasi credere.
Lui era certo al mille per cento dei suoi sentimenti per Blaine e sapeva che qualsiasi cosa fosse successa l'avrebbero superata assieme, forse però quella era una battaglia troppo grande anche per loro due.
Aveva paura di fallire, aveva paura che tutto il suo castello di carte potesse crollare da un momento all'altro senza che se ne potesse neanche rendere conto.
Avere una famiglia, dall'altra parte, era sempre stato il suo desiderio più grande, aveva sempre voluto poter stringere suo figlio tra le braccia, cullandolo per calmarlo da un incubo notturno, si vedeva bene a spingere un passeggino per Central Park mano nella mano a suo marito.
Si, essere padre era sempre stato uno dei suoi più grandi desideri, come poteva rinunciare ad un'occasione come quella?
Continuò a rigirarsi nel letto per molto tempo, vedendo scorrere l'ora di minuto in minuto dal display dell'orologio che aveva sul suo comodino accanto al letto.
Alla fine si voltò verso Blaine, che dormiva beatamente accanto a lui, con in faccia stampato un sorriso da bambino e sorrise anche lui vedendolo, mentre carezzava delicatamente i suoi capelli e il suo viso: si, non c'era il minimo dubbio, sapeva bene che lui era l'amore della sua vita e che non avrebbe mai permesso a nessuno di portarglielo via.
Sospirò non appena vide l'ora alle sei e mezza, la sveglia sarebbe suonata mezz'ora dopo e ormai era inutile cercare di addormentarsi, così, dopo aver dato un bacio sulla guancia del moro, decise di alzarsi per andare a preparare la colazione.
La notte era stata molto dura, ma alla fine era riuscito a prendere una decisione, ma voleva che fosse Rachel la prima a saperlo, glielo doveva.
Era ancora presto e non sapeva se la ragazza si fosse già svegliata o meno, così decise di mandarle un messaggio.
-Buongiorno Rachel, è urgente, chiamami non appena vedi questo messaggio. Baci.-

Rachel quella mattina era troppo agitata per poter aspettare il suono della sveglia: voleva sapere che cosa avevano deciso i due ragazzi, sperando di non averli messi troppo a disagio con quella proposta veramente inaspettata.
Sentì subito il telefono vibrare e, senza pensarci due vole, lo afferrò per vedere se era uno dei due e infatti aveva ragione: Kurt le aveva appena mandato un messaggio.
Non ci mise molto a scendere giù in sala, in modo da non svegliare Jessie, e chiamare l'amico, impaziente di scoprire quale fosse la decisione dei coniugi Hummel-Anderson.

Drin – Drin – Drin
La sveglia del Loft suonò rumorosamente, facendo mugolare un assonnato Blaine, che cercò di muoversi per svegliarla.
Un'altra giornata di duro lavoro era iniziata e non sapeva se sarebbe riuscito a sopportarla con tanta facilità.
Sbuffò, spegnendo la sveglia e girandosi dall'altra parte, senza la minima voglia di lasciare la calda morsa della coperta.
Allungò la mano per cercare suo marito, ma non riuscì a sentire nulla, se non il materasso vuoto ed era molto strano: Kurt ultimamente dormiva molto e non si alzava più così presto da varie settimane.
“Kurt...?”
Blaine mugolò il nome del marito, cercando una sua risposta, che fortunatamente non tardò ad arrivare.
“Sono in cucina amore, ti porto la colazione aspetta.”
Il moro sorrise: era veramente tanto che non facevano colazione insieme a letto ed era bello, perchè lo riportava ai primi tempi in cui avevano abitato ne Loft e la mattina si preparavano sorprese a vicenda.
Sorrise ricordando quello e tenne gli occhi chiusi anche quando sentì chiudersi la porta della camera e un secondo peso affondare leggermente il materasso.
“Buongiorno tesoro.”
Un dolce bacio si posò sui capelli ricci del più piccolo, che tirò a sé il mezzo soprano per rispondere con un bacio assonnato sul collo.
“Buongiorno a te...”
Aprì gli occhi e rimase stupito nel vedere quelli di suo marito dritti nei propri, di quel colore così chiaro da sembrare trasparente e un sorriso strano in volto.
“Alzati, altrimenti si fredda.”
Il più piccolo annuì e, dopo essersi stiracchiato, si alzò, perdendo quasi un battito quando posò lo sguardo alla porta della stanza: Rachel era lì in piedi, doveva essere arrivata di fretta perchè non era neanche truccata, e lo stava guardando con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia.
Era molto confuso in quel momento.
“Ragazzi, che cosa sta succedendo? Rachel perchè sei qua?”
“E' venuta semplicemente a farci un saluto, dai bevi il caffè.”
Blaine abbassò lo sguardo per prendere la tazzina, ma in quel momento sentì tutti i muscoli del suo corpo tremare: tra le mani Kurt non aveva una tazza di caffè, ma bensì un biberon trovato chissà dove, pieno di latte.
Che cosa voleva significare?
“Ma cosa...?”
“Dovrai imparare ad usarlo per nostro figlio, no?”
Kurt gli sorrise sinceramente, mentre gli occhi gli si iniziavano a riempire di lacrime di gioia e Blaine lo guardava senza neanche credere a tutto quello che stava succedendo.
“Vuoi dirmi che...?”
“Si, ha accettato la mia proposta.”
Rachel sorrise felice ai due, mentre Blaine iniziò a piangere senza che potesse fare nulla per fermare le lacrime: quelle però erano lacrime di gioia, gioia perchè sapeva che Kurt avrebbe fatto la scelta giusta.
Senza neanche pensarci scattò felice al collo del marito, abbracciandolo senza riuscire a smettere di singhiozzare, mentre anche Kurt iniziava a piangere di gioia e ricambiava stretto l'abbraccio: finalmente sarebbero diventati una vera famiglia.
Rachel restò ferma sulla porta, con delle lacrime di commozione che le scendevano dal viso, mentre guardava la scena e si rendeva finalmente conto di quanto avrebbe potuto rendere felici Kurt e Blaine.
Il viaggio stava per iniziare e sapevano che non sarebbe stato facile, ma ce l'avrebbero fatta, insieme.



Note dell' autrice:
Salve a tutti e buonasera!
Eccomi qua con il quarto capitolo della long.
Spero davvero che vi piaccia.
Voglio ringraziare le persone che hanno messo la Long nelle preferite\ricordate\seguite: mi avete fatto veramente molto piacere.
Me lo fareste davvero anche se mi faceste sapere che cosa ve ne pare, perchè non so se vi sta interessando oppure no, quindi se poterla continuare o meno:
fatemi sapere :)
Un bacio e a presto.

Giulia Pierucci

 

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Capitolo 5
*** Prime visite ***


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Capitolo 5 – Prime visite

“Grazie.”
Un dolce bacio che ci posa sul collo del più grande, facendolo sorridere istintivamente.
“Grazie.”
Ancora un altro bacio, ancora il collo del mezzo soprano che viene sfiorato da quelle labbra calde e morbide, senza paura.
“Grazie.”
Un bacio a labbra schiuse, un bacio dolce e delicato, che si sposa sempre di più verso le scapole del castano.
Kurt sorrise a quel tocco, quel tocco che lo fa tremare leggermente, che gli dona una calda e piacevole sensazione allo stomaco.
“Grazie.”
Blaine continuava a baciare il collo e le spalle del ragazzo, sorridendo e parlando con il cuore pieno di gratitudine, non erano baci violenti, ma dolci e pieni d'amore, d'amore per quell'uomo che lo aveva reso una delle persone più felci al mondo, se non proprio la più felice.
“Grazie.”
Il moro continuava a ripetere quella parola ad ogni singolo bacio, continuava a ringraziare la persona più importante della sua vita per aver fatto in modo che i loro sogni potessero divenire realtà: era felice in quel momento e sapeva che nulla gli avrebbe mai portato via quella gioia.
“Grazie.”
Blaine si alzò leggermente per baciare il mezzo soprano sotto il lobo dell'orecchio, facendolo sussultare leggermente, poi sorrise e posò la testa sulla spalla del marito, che lo strinse a sé, sorridendo a sua volta.
“Smetti di ringraziarmi, non ho fatto niente io.”
Kurt accarezzò la schiena di Blaine, inspirando l'odore del suo shampoo, beandosi di quel profumo che lo faceva innamorare sempre di più, quel profumo che lui ormai riconosceva come casa propria.
Il moro alzò appena lo sguardo per poter incatenare i suoi occhi color del miele a quelli cristallini del marito, per rivolgergli un ulteriore e sincero sorriso.
“Non hai fatto niente? Mi hai solamente reso l'uomo più felice al mondo.”
Blaine scattò sulle labbra del marito per chiuderle in un bacio, che venne immediatamente ricambiato dal più grande.
“E io sono l'umo più fortunato dell'intero universo, invece.”
Kurt si staccò leggermente dal bacio per poter sussurrare quelle parole, mentre teneva ancora gli occhi chiusi per poter assaporare ogni minimo dettaglio di quel bacio e di quel momento.
“Come mai?”
Blaine sorrise piano e passò una mano tra i capelli del castano, giocandoci appena: sapeva che era una cosa che dava noia al più grande, ma lui era forse l'unica persona che aveva il permesso di poter toccare i capelli castani e sottili di suo marito senza essere preso a parole o minacciato in qualche modo.
Prima che suo marito potesse rispondere baciò nuovamente le labbra e carezzò le guance stringendolo ancora di più a sé, come se non ne avesse mai abbastanza di lui.
“Perchè ho te al mio fianco.”
E a quelle parole Blaine si sciolse, il suo cuore non si sarebbe mai abituato a quelle uscite estremamente dolci e melense di Kurt, quelle frasi che uscivano spontanee dalla bocca del più grande solo quando erano da soli e che facevano diventare liquido il cuore del più piccolo.
“Ti amo, lo sai?”
Fu Kurt a porre quella domanda al compagno, mentre le sue labbra cercarono nuovamente quelle dell'altro, trovandole subito a pochi millimetri dalle proprie e le chiuse in un bacio, non dando neanche il tempo a Blaine di rispondere.
Quelli erano i momenti in cui il moro credeva di poter avere un assaggio di quello che lui credeva essere il paradiso: Kurt era ciò che più lo faceva stare bene, quello che lo faceva sentire vivo e sapeva che anche se fossero andati all'inferno essere con lui avrebbe fatto in modo che si trasformasse nel paradiso.
“Ti amo Kurt.”
Il moro sussurrò quella riposta sulle labbra del marito, prima di premerle alle sue e cingergli la vita con le braccia, carezzando i suoi fianchi e la schiena: si, lui lo amava con tutto il suo cuore e non avrebbe permesso a nessuno di farlo allontanare da lui. Lui lo amava fin dal primo momento che lo aveva visto alla Dalton, anche se se ne era reso conto solo mesi più tardi. Lui lo amava ogni giorno di più e aveva avuto paura quando aveva rischiato di perderlo per sempre, aveva avuto tanta paura. Non poteva immaginare un vita senza Kurt e solo il fatto di averlo come marito e poter stare insieme a lui ogni giorno della sua vita lo faceva sentire un uomo fortunato.
Lui lo amava e sapeva benissimo che quello era un sentimento ricambiato al cento per cento.
Erano fatti per stare insieme, non avevano nessun dubbio a riguardo, le loro mani erano nate per stringersi l'un l'altro e i loro cuori erano fatti per battere all'unisono tra loro.
Sapevano che tra loro c'era un filo invisibile che qualunque cosa fosse successa li avrebbe sempre fatti tornare insieme, ovunque fossero e qualsiasi cosa stessero facendo nella loro vita.
Erano anime gemelle, e le anime gemelle non possono vivere separate.

“Perfetto! Siamo in ritardo!”
“Calmati Kurt, sono solo 3 minuti di ritardo, non è la fine del mondo.”
“Non è la fine del mondo!? Ti rendi conto di quello che stai dicendo? Se Rachel non si presenta entro adesso giuro che la faccio fuori.”
Blaine sospirò, quando ci si metteva Kurt sapeva essere veramente stressante: erano davanti alla clinica dove Rachel si sarebbe dovuta sottoporre alle prime visite di controllo e la ragazza era in ritardi di tre minuti. Per una persona normale quello non sarebbe stato un problema, ma si stava parlando di Kurt in quel momento: quel ragazzo che odiava il ritardo e che poteva restare arrabbiato con te per giorni anche solo per cinque minuti.
Per fortuna proprio in quel momento la ragazza castana corse verso di loro e li salutò con un sorriso, peccato che Kurt rispose con un'occhiata di fuoco e, se fosse potuto essere reale, Blaine e Rachel avrebbero giurato che da un momento all'altro dagli occhi del mezzo soprano sarebbero usciti fulmini e saette.
“Finalmente cara.”
Rachel lo guardò vagamente spaventata, possibile che quel ragazzo non avesse pazienza fino a qual punto?
“Kurt calmati, non ho fatto niente.”
“Non hai fatto niente!? Tre minuti, tre fottuti minuti di ritardo e tu mi vieni a dire che non hai fatto niente? Sai che il tempo è prezioso?”
Okay, quel ragazzo stava dando i numeri, assolutamente. Se faceva così adesso non osava immaginare durante la gravidanza oppure quando il bambino sarebbe nato.
“Calmati amore.”
Blaine sospirò e strinse la mano del mezzo soprano, sorridendogli cautamente; il castano lo guardò e sospirò anche lui leggermente: si, forse era il caso di darsi una calmata.
“Okay, okay, ma la prossima volta sii in orario.”
Rachel annuì arresa e strinse l'altra mano del castano: faceva così forse perchè era veramente teso e non voleva darlo a vedere. Voleva che tutto andasse bene, che la ragazza fosse idonea e che non ci fossero complicazioni. Blaine era nelle stesse sue condizioni, ma sapeva regolare meglio l'ansia.
I tre ragazzi si diressero quindi verso la stanza dove Rachel avrebbe fatto gli esami del sangue e avrebbe incontrato la ginecologa per una visita di controllo.
“E Jessie?”
“Dovrebbe uscire a breve dalla visita di routine, ci raggiungerà tra meno di mezz'ora.”
“Vedo che è tempo di visite oggi.”
Rachel annuì e si sedette in mezzo ai due futuri papà attendendo di essere chiamata.
“Non essere nervosa, andrà tutto bene.”
Blaine si era accorto della tensione nel corpo della ragazza e cercava di calmarla: in cuor suo sapeva che non doveva preoccuparsi di nulla, che sarebbe andato tutto bene.
Kurt sorrise appena alla ragazza, anche lui teso come una corda di violino e i due coniugi strinsero le mani della moretta, dandole tutto il calore e il coraggio necessari.
“La signorina Berry?”
Un medico sulla cinquantina si affacciò dalla porta dello studio con un sorriso in volto e cercava con lo sguardo la sua prossima paziente.
“Sono io.”
La mora alzò lo sguardo per incontrare quello dell'uomo e si alzò per andare verso di lui.
“Analisi di routine?”
Lei annuì piano e diede uno sguardo ai suoi due accompagnatori, che le sorrisero e le fecero l'occhiolino, quasi come incoraggiamento.
“Loro devono entrare con lei?”
“Credo di farcela a fare delle analisi.”
Lei sorrise piano e si voltò nuovamente verso il medico, per poi entrare nello studio e chiudere la porta.
“Andrà tutto bene, vero Blaine?”
Il ragazzo annuì al marito, stringendolo a sé aspettando che la ragazza uscisse: non ci avrebbe messo molto, questo era chiaro, ma le risposte degli esami sarebbero arrivate tre giorni dopo e non sapevano come avrebbero retto l'ansia, anche solo se per una manciata di giorni.
“Credi che Rachel sarà forte abbastanza per portare a termine questa gravidanza?”
“Sai Kurt, ho la sensazione che saremo noi quelli che non saranno sempre forti abbastanza e che sarà lei a doverci consolare più volte. Mi sono reso conto che sappiamo essere due mammolette alle volte.”
Kurt rise piano a quella veritiera insinuazione del marito e posò la testa sulla sua spalla, leggermente assonnato: aveva dormito poco quella notte e aveva assoluto bisogno di riposarsi un po' non appena sarebbe tornato in casa.
Per fortuna dovettero aspettare solo pochi minuti, forse neanche dieci e Rachel uscì dalla stanza, seguita dal dottore.
“Bene signorina Berry, i risultati degli esami saranno pronti tra tre giorni, adesso può accomodarsi nell'altra sala ed aspettare l'arrivo della ginecologa. Io invece vorrei parlare un attimo con questi due ragazzi.”
Lei annuì e scomparve nell'altra sala, mentre i coniugi Hummel-Anderson guardavano interdetti il medico.
“La signorina mi ha detto che sta facendo le visite per vedere può farvi da madre surrogata. Sapete bene che non deve fari controllare solo lei, vero? Che ne dite se facciamo tutto oggi e vi sottoponete pure voi agli esami del sangue? Almeno vi togliete subito un pensiero.”
Nella voce del medico si poteva cogliere un tono dolce e per niente severo, pareva essere un uomo molto aperto e tranquillo e la vista di due ragazzi così giovani con un sogno tanto grande gli aveva intenerito il cuore.
Kurt e Blaine si guardarono per un attimo, stringendosi le mani per darsi coraggio l'un l'altro, poi in sincronia annuirono e seguirono il medico per farsi gli esami: ormai erano lì, meglio cogliere l'occasione.


Note dell'autrice:
Salve a tutti ragazzi, ecco qua anche il quindo capitolo di questa Long.
Fluff, questa cosa non è da me, ma mi sono cimentata in una scena assolutamente Fluff che mi ha cariato i denti e mi ha fatto venire il diabete (?)
Non sono solita scrivere certe cose, in realtà avevo in mente di scrivere una scena smut, poi mi sono ricordata che è a rating arancio e non rosso, quindi non ho potuto.
Mi piacerebbe però scrivere una smut Klaine o addirittura CrissColfer, se mi date la vostra benedizione (?) vedrò di pubblicarla a breve!
Come sempre ringrazio chiunque abbia messo questa long tra le preferite\ricordate\seguite, siete molto gentili.
Quindi!
Aspetto con ansia di sapere che ne pensate fino a qua e se volete una smut (?)
Per chi fosse interessato ho una pagina su Facebook, se volete mandatemi un messaggio personale e vi mando il link, così almeno possiamo anche parlare un po' e mi farebbe davvero piacere.
Detto questo vado a deprimermi guardando ancora Struck by Lightning, amo incredibilmente quel film, anche se mi fa piangere.
Alla prossima e buona lettura.

Giulia Pierucci

 

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Capitolo 6
*** Una buona e una cattiva notizia ***


 

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Capitolo 6 – Una buona e una cattiva notizia

“Uno, due, tre e quattro. Uno, due, tre e quattro. Forza ragazzi, metteteci più grinta! Kurt ehi, che cosa ti prende?”
La musica si fermò dopo il cenno del coreografo e Kurt si lasciò cadere a terra, quasi senza forze e con il fiato corto.
Sospirò piano e si stese a terra cercando di inspirare quanta più aria era possibile.
Non sapeva spiegarsi il motivo, ma già qualche tempo sentiva che le forze lo abbandonavano prima del previsto, ma ultimamente le cose stavano peggiorando ulteriormente.
Kurt dava la colpa a tutto lo stress che stava accumulando: lavorava come un matto e sapeva di avere un limite anche lui.
Blaine andò da lui mettendogli una mano sulla gamba per controllare che stesse bene: anche lui si era accorto di un leggero cambiamento nel marito, ma non voleva darci troppo peso, alla fine anche lui era sempre più stanco-
“Va tutto bene, Kurt?”
Il ragazzo annuì leggermente al marito e gli sorrise piano: non voleva certo farlo preoccupare.
“Si, tutto bene grazie, ho solo bisogno di qualche minuto per riposarmi.”
Il moro annuì e chiese al coreografo di poter staccare una mezz'oretta, poi aiutò il marito ad alzarsi in piedi e lo accompagnò nel loro camerino, mettendolo seduto sulla poltrona.
“Ti ho già detto che va tutto bene, non c'è bisogno che fai così.”
“Mi preoccupo solo per te, tesoro.”
Kurt sorrise e carezzò la gamba del compagno: sapeva essere veramente un uomo molto dolce e affettuoso con il castano e si preoccupava per ogni singola cosa.
“Grazie Blaine, davvero, ma deve essere solo la troppa stanchezza per tutto il lavoro di questi giorni: stiamo lavorando come matti e non mi sembrerebbe strano se mi prendessi l'influenza.”
“Hai fame? Ti devo prendere qualcosa?”
Il mezzo soprano negò: non aveva molta fame, non sentiva il bisogno di mangiare nulla.
“Non hai neanche mangiato un gran che a colazione, sei sicuro di sentirti bene?”
“Te l'ho detto, credo solo di essermi preso un po' di influenza.”
“Vuoi che ce ne andiamo a casa per oggi? Posso bloccare tutto e..”
“No, non ti preoccupare, ce la faccio. Poi stasera andiamo a casa e mi metto subito a letto a riposare, promesso.”
Blaine annuì e diede un bacio sulla fronte del più grande, notando che effettivamente doveva avere qualche linea di febbre, perchè era leggermente caldo, ma il dolce sorriso sulle labbra de marito lo fece rassicurare un pochino.
“Adesso ci riposiamo un po' e poi torniamo a lavorare di nuovo, ci stai?”
“Si Blaine, va bene.”

Rachel quel giorno aveva deciso di non andare alle provo, dandosi malata, perchè sapeva che sarebbe arrivata la lettera del dottore con i risultati delle analisi del sangue.
La visita dalla ginecologa era andata bene e le era stato detto che non c'erano problemi e che se le analisi del sangue fossero andate bene avrebbe potuto reggere una gravidanza senza troppi problemi, se non il classico mal di schiena dovuto al peso del bambino.
Si era alzata alle prime luci dell'alba, in quanto dalla tanta agitazione non riusciva a stare a letto e dormire e subito aveva iniziato a preparare la colazione per sé e per Jessie, poi aveva chiamato la sua produzione fingendo di essere malata e si era sistemata sul divano cercando di non essere sopraffatta dall'ansia.
La lettera sarebbe arrivata verso le dieci di mattina, insieme a tutta l'altra posta e mancavano ancora tre ore buone, doveva restare calma.
Aveva acceso la televisione e sfogliava un giornale con le ultime tendenze in fatto di moda: teneva veramente tanto al fatto che le analisi fossero perfette e che potesse diventare la perfetta madre surrogata per Kurt e Blaine.
Cercò di non pensarci troppo facendo un po' di zapping, poi però la sua attenzione fu attirata dal proprio cellulare che continuava ad illuminarsi, così lo prese per controllare chi fosse e notò dei messaggi da parte di sua madre.
Decise di aprirli, perchè non riusciva ad immaginare che cosa volesse da lei a quell'ora del mattino.
-Sai come sono andate le analisi? Mi raccomando, tienimi informata e per qualsiasi cosa sai dove trovarmi! Un bacio immenso tesoro, ti voglio bene!-
Rachel sorrise: aveva stretto un ottimo rapporto con lei e anche se non riusciva a chiamarla mamma da quando si era trasferita a New York sentiva che si erano avvicinate molto e non aveva dubbi che volesse che lei facesse parte della sua vita e, ovviamente del suo percorso.
Qualche giorno prima lo aveva detto anche ai suoi due padri, che subito le avevano dimostrato quanto fossero fieri di lei e di quello che era diventata: una donna forte e generosa, disposta a dare tutto per le persone a lei cara.
La ragazza era molto felice che tutti appoggiassero la sua pazza idea e che le fossero vicini il più possibile, ne aveva veramente bisogno.
Rispose veloce al messaggio di Shelby.
-La ginecologa ha detto che va tutto bene, mentre la lettera per le analisi arriva oggi. Sono davvero in ansia, appena so qualcosa ti chiamo. A dopo!-
Rachel si sistemò meglio sul divano e cercò di rilassarsi davanti alla sua tazza di caffè bollente: aveva avuto l'impulso di andare a svegliare Jessie per avere un po' di compagnia, poi però ci aveva riflettuto e aveva capito che non era affatto una buona idea ed era meglio aspettare che si svegliasse da solo, poi però per fortuna un ulteriore messaggio fece squillare il cellulare della ragazza, era Kurt.
-Ehi! Sono veramente nervoso e sapere che saprò i risultati solo stasera mi snerva di più. Tu sai qualcosa cara?-
Sorrise: amava Kurt e poteva captare tutta la sua ansia, fin dal liceo era stato un ragazzo che odiava mostrare i suoi lati deboli e solo il fatto che si aprisse così tanto con lei le faceva sciogliere il cuore.
-No, la posta arriva solo tra un po'. Appena so qualcosa ti faccio sapere, tesoro.-
La risposta non tardò ad arrivare.
-Sono in pausa e Blaine è in bagno, oddio non riesco neanche a stare in piedi dall'ansia.-
-Rilassati dai, sono certa che andrà tutto bene!-
-Se lo dici tu...Comunque devo tornare a provare, a dopo tesoro!-
-Bacioni e sta tranquillo!-
Si alzò e andò a sistemare un po' la cucina, notando che erano già le otto e che Jessie si sarebbe dovuto alzare per andare a lavoro: era stato preso per un ruolo piccolo in uno spettacolo e non voleva perdere l'occasione.
Infatti neanche cinque minuti dopo la sveglia del ragazzo suonò e lo vide uscire di camera assonnato e con una cera tremenda.
“Come mai già in piedi?”
“Sono in ansia per il risultato delle analisi, buongiorno tesoro.”
“Buongiorno...”
Rachel sorrise e mise la colazione sul tavolo mentre lei andava in camera per sistemare il letto.
“Non devi essere in pensiero tesoro, sono solo delle semplici analisi del sangue e scommetto che andranno alla grande, per tutti e tre.”
Jessie aveva raggiunto la ragazza con un biscotto in bocca e sorrise guardandola: adorava tutta l'ansia delle ragazza, gli dimostrava che ci teneva davvero tanto e lo vedeva bene.
“Speriamo.”
La mattinata passò tranquilla e Rachel fece il giro della casa almeno cinque volte per far si che tutto fosse in ordine mentre ogni due minuti controllava l'orologio per vedere se fosse passato abbastanza, ma il tempo alla fine sembrava essersi fermato ed era stressante, tanto stressante.
Finalmente le dieci arrivarono e il campanello suonò; la ragazza corse giù con il cuore a mille e prese la lettera del medico portandola su per andare dal suo ragazzo.
“Eccola qua!”
Jessie sorrise e la abbracciò per darle un po' di coraggio.
“Dai, aprila e vediamo.”
I due si sedettero sul divano e Rachel aprì piano la lettera, tremando appena e la lesse, sentendosi sollevata.
“Va tutto bene...”
Si accucciò sul petto del suo ragazzo, felice e iniziò a ridere restando attaccata.
“Va tutto bene! Va tutto bene!”
Jessie rise con lei, felice e sollevata dalla notizia.
“Te lo avevo detto cara, aspettare con te e rimandare le prove è stato un portafortuna allora!”
“Devo mandare immediatamente un messaggio a Kurt!”
Rachel si alzò per prendere il cellulare e mandare un messaggio al suo migliore amico.
-Va tutto bene Kurt, le analisi sono perfette! Tesoro poi fammi sapere di voi, un bacione immenso.-

Kurt e Blaine stavano provando da quasi tre ore e la stanchezza stava aumentando, così dopo l'ennesima prova del balletto decisero di staccare e andare in pausa per un'ora. La prima cosa che fece il castano fu quella di controllare il cellulare per vedere se aveva ricevuto un messaggio e fu estremamente sollevato dal leggere che le analisi di Rachel andavano bene e subito andò da Blaine per abbracciarlo forte, felice.
“Va tutto bene!”
Il moro sospirò di sollievo e ricambiò la strinta del marito.
“Perfetto, adesso mancano solo le nostre.”
Kurt annuì e andò verso il bagno per rinfrescarsi un po', ma sentì chiaramente il cellulare di Blaine squillare e lui rispondere a balbettii a chiunque fosse dall'altro capo del telefono.
“Si, sono il signor Anderson, mi dica. Si, si capisco. In che senso scusi delle complicazioni? Una tac? Va bene, a presto...”
Il moro chiuse la chiamata e si voltò sconvolto verso il marito, che immediatamente si preoccupò vedendo Blaine essere sbiancato durante la conversazione.
“Che cosa succede?”
“Era il medico, ha detto che le tue analisi erano sballate e che vuole che ti sottoponga velocemente ad una tac.”
Il silenzio cadde tra i due.



Note dell'autrice:
Salve a tutti ragazzi! E finalmente ecco anche il sesto capitolo della Long. Sulla mia pagina Facebook ho già spiegato i motivi del mio ritardo e mi scuso anche qua.
Bhe, da oggi inizia la parte Angst, contenti?
Non ho molto da dire, spero solo che il capitolo vi piaccia e spero in qualche recensione.
Ringrazio chi ha messo la storia delle preferite\seguite\ricordate.
A presto ragazzi, un bacione!

Giulia Pierucci
 

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Capitolo 7
*** Forse ancora una possibilità ***


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Capitolo 8 – Forse ancora una possibilità

Tic toc. Tic toc. Tic toc.
Il ticchettio di un orologio appeso alla parete era l'unico suono che sembrava rimbombare in quella stanza bianca e fredda, un suono continuo e senza interruzione alcuna, un lento scorrere del tempo.
La stanza era talmente silenziosa che anche quel leggero rumore sembrava essere assordante e il tutto era ancora maggiormente amplificato nella testa di Blaine.
Erano le cinque del pomeriggio e quel ragazzo era solo mezz'ora che se ne stava seduto solo nella sala d'attesa della clinica, ma a lui sembrava essere passata più di un'ora e mezza.
Stava aspettando che Kurt avesse fatto la tac necessaria, ci sarebbe dovuto volere poco, ma il moro non riusciva a percepire lo scorrere del tempo, era come se tutto si fosse di colpo fermato.
Aveva la testa bassa, stretta tra le mani, sentiva che stava pulsando in maniera vergognosa e le tempie sembrava che gli dovessero scoppiare da un momento all'altro.
Tremava in maniera visibile, sentiva le gambe che non riuscivano a stare ferme e una voglia incontrollabile di alzarsi e prendere a calci qualcosa, ma doveva contenersi, lo doveva fare per Kurt.
La cosa più struggente, però, era la colata di lacrime che gli scendeva dalle guance, ustionando la pelle leggermente olivastra: non riusciva a smettere di piangere, non trovava pace alcuna.
Cercava almeno di non singhiozzare, ma era difficile, molto difficile.
Blaine aveva paura, una paura immensa: non era crollato davanti a Kurt poco prima, aveva fatto quello forte, ma in quel momento, da solo, non riusciva più a controllarsi.
Non poteva sopportare l'idea che Kurt, il suo amato Kurt, potesse rischiare la propria vita, non voleva neanche immaginare di perderlo, era tutta la sua vita.
Adesso era solo e poteva sfogare tutti i suoi timore, ma sapeva che davanti a suo marito, comunque sarebbe andata, sarebbe dovuto essere forte per tutti e due. Kurt voleva sempre apparire quello forte, ma sapeva in cuor suo che il ragazzo stava soffrendo in maniera immensa e almeno lui doveva sostenerlo e dargli forza, ma Blaine aveva anche la paura di non riuscire ad essere forte come voleva, temeva di crollare prima del mezzo soprano.
“Cazzo.”
Una leggera imprecazione uscì dalle labbra del moro, mentre stringeva le mani alla testa e teneva a freno l'impulso di irrompere nella sala dell'esame per sapere che diamine stava succedendo: perchè ci stava mettendo così tanto? Non doveva essere un esame veloce?
Un nuovo terrore si impossessò di lui: e se avessero trovato qualcosa? E se i timori del medico si fossero tramutati in una orrenda realtà? Kurt stava male?
Puntò velocemente e ripetutamente i suoi occhi dal colore indecifrabile verso la piccola porta bianca per vedere quando si fosse aperta, con una stretta al cuore.
Doveva stare calmo, non doveva dare di matto, dentro stava andando tutto bene.
Una manciata di minuti e, finalmente, la porta si aprì.
Kurt uscì dalla stanza, accompagnato dal medico e Blaine, velocemente, si alzò dalla sedia dove era seduto da tempo per quasi correre in contro a suo marito per sapere che cosa era uscito dalla tac.
Il castano strinse la mano del moro e gli rivolse un leggero sorriso spento, prima che il medico prendesse la parola.
“La tac ha mostrato qualcosa all'altezza del petto, ma si vede poco, dovremmo fare una risonanza più specifica per vedere cosa è quella strana massa. Per ora non voglio sbilanciarmi, anche perchè è molto piccola e potrebbe benissimo essere un errore della macchina. Comunque abbiamo fissato una risonanza magnetica all'addome tra quattro giorno. Abbiamo anche ignettato nel corpo del ragazzo un liquido per far in modo che poi il giorno dell'esame il tutto venga più pulito e chiaro, senza bisogno di troppo contrasto, che alle volte può avere degli effetti collaterali.”
“Grazie dottore, davvero.”
I due coniugi strinsero la mano del medico e si avviarono all'uscita, in silenzio, stringendosi le mani.
La macchina non era abituata a tutto quel silenzio da parte dei due, ma nessuno aveva il coraggio di parlare, nessuno dei due aveva il coraggio di fare quella domanda e, in quel momento, forse, quel silenzio valeva più di mille parole.
C'era un aria di paura, di tormento, di domande, di voglia di sapere, di voglia di sperare in qualcosa.
Blaine guidava, con le mani strette al volante, tanto da far diventare bianche le nocche; Kurt fissava le proprie gambe, con gli occhi che cercavano di reprimere le lacrime. Non voleva piangere, doveva essere forte, doveva far vedere che lui era Kurt Hummel e non aveva paura di niente e di nessuno; eppure il timore lo stava sottomettendo, la paura di essere come una bomba ad orologeria lo faceva impazzire e pensare che gli avevano appena dato una presunta notizia di possibile cancro.
“Kurt io...”
Blaine aveva parlato, una voce tremante, appena udibile.
Kurt alzò lentamente lo sguardo e andò a posarlo su quello del suo compagno, guardandolo appena.
“Dimmi...”
“Come stai?”
Il castano sospirò, forse non sapeva neanche lui la risposta.
“Non lo so, non voglio crederci...”
Blaine annuì piano piano, tornando a concentrarsi sulla strada, anche se praticamente erano arrivati sotto il loro palazzo.
“Vuoi prenderti una pausa da lavoro, Kurt?”
“Prima voglio sapere la diagnosi, poi deciderò, adesso però ho bisogno di concentrarmi il più possibile su altro.”
Scesero di macchina e, insieme, salirono nel loro Loft, cercando per quella sera di pensare ad altro, anche se sapevano bene entrambi che sarebbe stato molto difficile.


“Blaine in salta trucco, Kurt invece dalla costumista, forza ragazzi!”
La giornata era appena iniziata e già il regista impartiva ordini a destra e a manca, indirizzando ogni attore al proprio posto.
I coniugi Hummel-Anderson avevano passato una notte quasi del tutto insonne e si poteva benissimo vedere dai solchi neri sotto i loro occhi.
Kurt era il peggiore tra i due, aveva rifiutato di cenare e di fare colazione, non si riusciva bene a capire come riuscisse a stare in piedi da solo.
Si avviò verso la sala della costumista, con gli occhi persi nel vuoto, mentre camminava come un manichino nel lungo corridoio.
Nel suo volto non si poteva leggere alcuna emozione, solo un volto tirato e pallido; arrivò silenzioso nella sala e iniziò a provare uno alla volta gli abiti si scena, mentre la ragazza controllava che tutto fosse apposto e che i vestiti gli calzassero a pennello.
“Stai bene Kurt, ti vedo più pallido del solito.”
Il moro la guardò, gli occhi glaciali che diventavano sempre più chiari, sempre più...assenti.
Fu solo questione di un attimo: la stanza iniziò a girare, fino poi a fermarsi di colpo e poi più niente, l'oscurità si impadronì del piccolo mondo di Kurt, che cadde a terra privo di sensi.


Note dell'autrice:
Buonasera ragazzi!
E finalmente ecco anche questo ottavo capitolo di questa Cosa (?) che non so se si può chiamare Fanfiction xD
Non ho molto da dire in effetti, sempre le stesse cose (?)
Ringrazio le persone che hanno messo questa storia nei preferiti\seguite\ricordate, grazie angeli <3
Spero che vi piaccia il capitolo, mi piacerebbe sapere che ne pensate.
Un bacione a tutti e alla prossima.
PS: se volete sono anche su Twitter oltre che su Facebook ;)
Giulia Pierucci

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Capitolo 8
*** Predisposizione genetica ***


 

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Capitolo 7 – Predisposizione genetica

“Sta tranquillo, andrà tutto bene, ne sono sicuro.”
Blaine stava cercando in tutti i modi di tranquillizzare suo marito, ma l'ansia si era impossessata di Kurt, che da più di mezz'ora stava camminando avanti e indietro senza sosta nella sala del Loft.
Il suo peggior incubo si stava realizzando: le sue analisi non andavano bene, c'era qualcosa che non andava.
“Come posso stare tranquillo in un momento del genere!?”
Il castano alzò la voce in uno scatto d'ira: era sempre stato un ragazzo che scattava con nulla, ma quando si trattava della salute di qualcuno era incontrollabile, quindi si stava anche tenendo fin troppo dato che si stava trattando della sua salute.
“Magari le analisi non erano corrette e sono certo che la tac non rivelerà nulla che già non sappiamo già.”
“Spero.”
Il moro guardava suo marito camminare nervosamente e si sentiva in colpa non riuscendo a fare nulla per calmarlo: sapeva bene che avvicinarsi in quel momento non era una buona scelta, quindi se ne stava a debita distanza sul divano della sala, guardando quell'uragano solcare il pavimento.
“Quando abbiamo la visita?”
“Domani mattina abbiamo il colloquio con il medico che ci spiegherà che cosa ha visto, poi dopo pranzo sarai sottoposto alla tac. Kurt davvero, stai tranquillo, andrà tutto bene, coraggio.”
Il più grande si fermò, finalmente, e andò a sedersi accanto al marito, posando la testa sulla sua spalla: non era mai stato un ragazzo molto fisico, ma gli faceva bene sapere che al suo fianco c'erano due mani forti che lo avrebbero sempre sostenuto, in qualsiasi circostanza.
Il moro lo strinse forte a sé, carezzandogli la schiena e cercava di cullarlo per fargli andare via ogni preoccupazione dall'anima, ma sapeva che sarebbe stata un'impresa ardua.
Sospirò pesantemente, senza sapere che fare, ma dopo pochi secondi il campanello suonò e, svogliatamente, Kurt si staccò dal corpo del marito per andare ad aprire la porta.
Si trovò davanti Jessie e Rachel, lei con uno sguardo cupo e preoccupato stampato in volto.
“Ehi ragazzi, entrate pure”
I due annuirono piano e entrarono in quel piccolo Loft, salutando i due sposi e mettendosi seduti sul secondo divano, di fronte a quello dove era Blaine.
“Vado a preparare del caffè, voi intanto fate come se foste a casa vostra, bhe cosa che in parte è vera.”
Kurt si sforzò di sorridere, prima di scomparire in cucina e sentirlo aggeggiare con la macchinetta del caffè.
“Ragazzi, a cosa devo la vostra visita?”
“Kurt mi ha messaggiato dicendo che c'erano problemi con le analisi, in che senso?”
Fu Rachel a parlare, chiaramente turbata.
“Ehm...”
Blaine cercò di rispondere, ma fu preceduto da Kurt, che prese la parola tornando in sala con un sacchetto di biscotti da offrire ai due ospiti.
“Scusa Rachel se non ti ho spiegato per bene, in pratica hanno detto che le analisi erano sballate e quindi domani il medico vuole vederci e ha detto che mi devo sottoporre ad una tac.”
“Oddio...”
“Speriamo non sia nulla di grave, tu ti senti diverso?”
Kurt osservò Jessie prima di rispondergli, effettivamente ultimamente si sentiva diverso, ma non capiva il motivo, aveva dato la colpa ad una possibile influenza, ma non aveva mai indagato più a fondo.
“Si, in verità sono molto più stanco del solito e mi affatico con nulla, ma ho sempre pensato che fosse un'influenza, nulla di più.”
“Potrebbe anche essere mononucleosi, si spiegherebbero anche le analisi scorrette.”
“Forse si, ma non ho avuto febbre, o almeno non alta.”
“La mononucleosi” iniziò Jessie “Si può contrarre anche senza la febbre, solo con i sintomi di spossatezza. Se fosse quello però non capisco il senso di farti fare pure una tac.”
“E' quello che ci preoccupa, il fatto che il medico creda che serva questo accertamento urgentemente e non ci ha voluto dire per telefono il motivo.”
Rachel guardò i due per un attimo, poi prese un biscotto e sospirò appena.
“Spero proprio che non sia nulla di grave.”
“A chi lo dici.”
Kurt andò a prendere il caffè e si sedette accanto al moro, che gli strinse la mano, carezzandola piano.
“Cerchiamo di essere positivi amici miei, ne abbiamo passate tante e sicuramente supereremo anche questa. Non pensiamo adesso però e dimmi Rachel, come vorrai essere chiamata da nostro figlio?”
Il mezzo soprano cercò di cambiare discorso per non far aumentare la propria ansia e decise di pensare positivo, che tutto si sarebbe risolto per il meglio, anche se aveva una strana sensazione addosso.
Rachel ci pensò un attimo, poi un sorriso le illuminò il volto e rispose con gioia.
“Zia Rachel, assolutamente e tu, ovviamente, zio Jessie. Saremo i migliori zii del mondo!”
Jessie sorrise e di rimando anche la coppia di giovani sposi, intenerita dalla determinazione della ragazza nel portare avanti il loro sogno.
“Però una cosa, voglio che sappia tutto.”
Tutti si fermarono a guardare Blaine e riflettere su quello che aveva detto.
“Insomma, voglio che sappia che è stata Rachel a partorirlo, anche se fin dal primo istante era nostro figlio.”
Kurt sorrise e baciò la guancia dell'uomo, mentre Rachel e Jessie li guardavano.
“Dovremo trovare un modo carino per dirlo, ma lo possiamo fare.”
La castana annuì forte e si alzò per abbracciare i due ragazzi, in uno slancio di gioia.
“Sarete i migliori papà del mondo, ragazzi.”

Quella notte i coniugi Hummel-Anderson, specialmente il castano, non erano riusciti a chiudere occhio e adesso si trovavano da venti minuti seduti sulle scomode sedie della clinica dove stavano aspettando impazienti l'arrivo del medico. Erano tesi e nervosi, non vedevano l'ora di levarsi il pensiero e sapere che cosa c'era che non andava.
Kurt continuava a girarsi e rigirarsi sulla sedia, alzandosi ogni tanto per passeggiare nel corridoio, per poi tornare a sedere, il silenzio regnava tra i due, in quel momento non servivano parole, ma solo gesti.
Per fortuna il medico non tardò ad arrivare e, non appena lo videro, si alzarono in piedi entrambi.
“Buongiorno dottore.”
“Buongiorno ragazzi, accomodatevi pure nello studio, io arrivo subito.”
I due ubbidirono all'uomo e andarono a sedersi sulle poltrone del piccolo studio, posando gli occhi sulle foto di due bambine che erano sulla scrivania, in bella mostra.
“Sono le mie bambine, si chiamano Valerie e Camille.”
Il medico entrò nello studio dopo essersi messo il camice bianco e notò che i due ragazzi stavano fissando la foto delle sue due figlie, i suoi due piccoli tesori ai quali teneva più che alla sua stessa vita.
“Sono adorabili.”
Blaine sorrise guardando l'uomo di fronte a lui, che lentamente si metteva a sedere di fronte alla giovane coppia.
“Grazie ragazzi. Adesso però vorrei parlarvi del motivo per il quale vi ho convocati.”
I due annuirono.
“Le analisi del signor Anderson vanno bene, ma in quelle del signor Hummel abbiamo riscontrato delle anomalie. Il numero dei globuli bianchi è molto superiore alla norma, questo significa che c'è qualcosa nel suo organismo che esso sta cercando di cacciare fuori o di distruggere. Lei si sente diverso in questo periodo?”
“Sono stanco, più irascibile, ma credevo fosse per una influenza.”
“No, il numero di globuli bianchi è superiore ad una comune influenza. Con i sintomi che mi ha detto potrei pensare ad una mononucleosi anche, ma mi sembra strano, raramente si manifesta senza la febbre. Adesso vorrei farle una domanda, ma mi deve promettere che starà calmo e non si agiterà.”
Kurt sbiancò appena a quelle parole, che cosa mai avrebbe dovuto chiedere il medico?
Blaine sentendolo irrigidire stringe con forza la mano del ragazzo e insieme annuirono al medico, che prima di parlare prese un respiro profondo.
“Nella sua famiglia ci sono stati precedenti casi di pazienti malati di cancro?”
Silenzio: ecco l'unica cosa che in quel momento cadde nella stanza. Kurt iniziò a tremare a quelle parole e si stringe verso il corpo del marito, che guardava i due come se fosse in un sogno.
“S-si..mio padre ha avuto il cancro, perchè?”
“Non vorrei spaventarla, ma potrebbe essere geneticamente predisposto pure lei, signor Hummel.”
Una semplice frase per far crollare in mille pezzi il piccolo mondo dei due sposini.


Note dell'autrice:
Ed eccomi qua con un nuovo capitolo, finalmente.
Si, so che è più corto dei precedenti, ma sono stata molto occupata in questi giorni e sinceramente la voglia di scrivere non è molta.
Per fortuna l stage è terminato e questo significa che potrò aggiornare più spesso, ye (?)
Comunque, che ne pensate di questo capitolo? Sarei felice se me lo faceste sapere :)

ANNUNCIO:
Per chi fosse interesato sulla mia pagina Facebook ho aperto il contest, spero che qualcuno partecipi (?)

Detto questo un bacio e a presto

Giulia Pierucci

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Capitolo 9
*** Ci sono io con te ***


 

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Capitolo 9 – Ci sono io con te

Il suono delle sirene che invasero il piccolo teatro in maniera quasi prepotente, due medici corsero dentro verso il camerino di prova e lo videro lì, steso a terra: un ragazzo di meno di venticinque anni, scosso da fremiti e tremorii continui. Un altro ragazzo accanto a lui che cercava di tenerlo fermo, con le lacrime che gli pungevano gli occhi spauriti; era chiaro che il castano stesse avendo un forte attacco epilettico.
Immediatamente ordinarono al moro di spostarsi e caricarono il ragazzo sulla barella, fermandogli saldamente braccia e gambe e caricandolo sull'ambulanza per portarlo velocemente in ospedale.
Blaine fece per salire con loro, ma fu prontamente fermato da uno dei medici, che gli fece cenno di no con la testa.
“Ci raggiunga in ospedale con la sua auto, non può salire sull'ambulanza.”
Chiuse le portiere senza la minima grazia, partendo e lasciando il ragazzo fermo a guardare l'ambulanza andare via portandosi con sé suo marito.
Sentiva le gambe tremare e il petto che sembrava volesse esplodergli dal petto da un momento all'altro: voleva andare con loro, non avrebbe mai voluto lasciare solo suo marito.
Si sentiva debole, sapeva che non sarebbe riuscito da solo ad arrivare all'ospedale; aveva paura, aveva tanta paura: perchè Kurt aveva avuto quella crisi improvvisa?
Per fortuna la costumista era lì, pronta a soccorrere il suo amico.
“Vieni Blaine, ti accompagno io.”
Il ragazzo era chiaramente scosso e sotto shock, si lasciò trascinare quasi di peso verso la macchina, mentre sentiva il petto tremare e lo stomaco sempre più chiuso in una terribile morsa.
Non si rendeva quasi conto di quello che stava succedendo intorno a lui, sapeva solo che Kurt, il suo amato Kurt, si era sentito male e lo avevano appena portato via e lui non aveva potuto fare nulla per impedirlo, non aveva potuto aiutarlo e non era con lui in quel momento e quella era la parte che più lo turbava.
Sperava solo di arrivare il più in fretta possibile, aveva promesso che non avrebbe mai abbandonato suo marito e certo non poteva rompere la promessa in un momento così particolare; non voleva lasciarlo solo in una camera di ospedale, non lo poteva permettere.
Non stava piangendo in quel momento, solo qualche lacrime ribelle gli rigava le guance, aveva lo sguardo fisso nel vuoto, uno sguardo pieno di terrore e preoccupazione per l'uomo più importante della sua vita.
Vedeva le strade correre dietro di lui, mentre l'auto sfrecciava per le vie di New York alla volta dell'ospedale: batteva i piedi nervosamente, mentre si torturava le labbra con le mani.
Non ci misero molto ad arrivare, circa altri cinque minuti e, neanche fatto in tempo a parcheggiare l'auto, Blaine corse dentro l'edificio, raggiungendo a grandi passi la reception.
“Desidera?”
Dietro il bancone c'era una ragazzetta di neanche venticinque anni, capelli biondi platino e tutta truccata bene, che fu sorpresa dal vedere il moro arrivare di tutta fretta.
“Deve essere arrivata da poco un'ambulanza con dentro un ragazzo con una crisi epilettica, il suo nome è Kurt Hummel.”
Blaine parlò di fretta, come se ogni secondo fosse prezioso e riuscì appena a mantenere i nervi saldi mentre guardava la ragazza che controllava sul computer: si vedeva che era alle prime armi lì dentro e che doveva ancora ambientarsi bene.
“Allora?”
“Si, lo hanno ricoverato d'urgenza, era un codice rosso. Adesso è al secondo piano, stanza 136.”
Il moro ringraziò e si diresse velocemente agli ascensori per raggiungere Kurt: aveva il cuore che batteva all'impazzata.
Mentre era in ascensore si vide allo specchio: era pallido, con gli occhi pieni di paura e ansia, non ricordava l'ultima volta che si era sentito così; uscì non appena le porte si aprirono e raggiunse la stanza d'ospedale, fortunatamente un medico stava uscendo proprio in quel momento.
“Lei è un parente del signor Hummel?”
Blaine annuì.
“Si, sono suo marito, come sta adesso?”
“L'attacco siamo riusciti a farlo passare in poco tempo, ma è stato molto violento; adesso è sotto l'effetto di calmanti, ma domani dovremmo fargli delle analisi per accertamenti. Il ragazzo ne soffre?”
“No, questa è la prima volta che gli succede una cosa del genere.”
“Ha preso qualcosa di strano ultimamente?”
“Non che io sappia, l'unica cosa è una sostanza che il medico gli ha iniettato per una visita.”
“Okay grazie, faremo analizzare il sangue, forse poteva essere allergico a quella sostanza e non saperlo. Può entrare, ma non faccia troppo rumore.
“Grazie dottore.”
Blaine sospirò ed entrò nella stanza, lui era lì, steso nel letto, attaccato alle flebo; si avvicinò e prese una sedia per mettersi accanto a lui.
Kurt sembrava dormire tranquillo, come se non fosse successo niente di niente, come se fosse stato solo un sogno; per il moro lui era bellissimo anche in quel modo, niente lo avrebbe reso meno bello ai suoi occhi.
Lo prese per mano, quella mano fretta, sottile e pallida, quella con la fede all'anulare, quella che non riusciva a non tremare leggermente, anche nel sonno.
“Kurt?”
Sussurrò piano, avendo paura di poterlo svegliare, ma voglioso di fargli capire che lui era lì e che non se ne sarebbe andato.
“Sono io amore, Blaine, sono qua e non me ne vado da nessuna parte, adesso ci sono io qua con te, non temere.”
Strinse nella propria la mano di Kurt e la alzò al livello delle labbra per darle un bacio, mentre sentiva che gli occhi si stavano nuovamente riempiendo di lacrime.
Aveva già visto il castano steso su un letto di ospedale e aveva sperato con tutto il suo cuore che non dovesse mai più succedere una cosa del genere, ma sfortunatamente si sbagliava.
Kurt era un ragazzo che ne aveva passate tante ed era sempre stato forte molto forte, ma la vita forse si stava prendendo troppe volte gioco di lui, immischiandolo in faccende che sarebbero potute essere fin troppo grandi per lui; Kurt era sempre stato quello più forte tra i due, quello che aveva sempre dovuto lottare per farsi rispettare e non meritava tutto il dolore che gli stavano facendo passare.
“Sei un guerriero tu, lo sai? Sei molto più forte di quello che pensi e non ti lascerai abbattere da questo. Starai bene, ci sarò io che ti sosterrò, passo dopo passo, non ti lascerò cadere. Insieme, te lo ricordi?”
Blaine sorrise piano, cercando di non far tremare la voce, ma era molto difficile: Kurt non si muoveva, ma sapeva che lo stava ascoltando, sapeva che aveva captato la sua presenza lì dentro e che sapeva di non essere solo.
“Ebbi tanta paura quando qualche anno fa mi chiamarono dicendo che eri ricoverato perchè avevi affrontato un gruppo di ragazzi, mi catapultai in ospedale e non sapevo che fare, mi ricordo che ti vidi steso su un letto pieno di lividi e tagli e la mia unica voglia era quella di cercare i responsabili e fare loro di peggio. Ricordo che quando ti svegliassi la prima cosa che chiedesti fu di me e io non potei fare altro che sorridere pensando che fossi io il tuo primo pensiero, mi sentii veramente molto amato. Ebbi molta paura di perderti, anche se sapevo che era un timore infondato perchè non eri in pericolo di vita.
Ho tanta paura anche adesso sai? Ho paura perchè non so che cosa sta succedendo all'uomo più importante della mia vita e correi poter far qualcosa per lui, vorrei sapere come aiutarlo e come proteggerlo, vorrei fargli capire che è la mia ragione di vita.
Kurt io non so come farò, ma ti prometto che non ti succederà mai nulla di male finché io starò qua con te, non permetterò che ti succeda niente, te lo giuro.”
Si accostò di più a Kurt e delicatamente poggiò le labbra su quelle del marito, per donargli un semplice bacio a stampo, colmo però di amore e di speranza.

Dopo una mezz'oretta il medico fu di ritorno con i risultati delle analisi e venne fuori che i suoi dubbi iniziali vennero confermati.
“Signor Anderson, le analisi hanno mostrato che il signor Hummel era fortemente allergico alla sostanza che gli è stata iniettata ieri sera, i globuli bianchi hanno fatto il loro lavoro, ma questa mattina la reazione allergica ha avuto la meglio e il ragazzo è andato in shock anafilattico. Poteva avere ripercussioni peggiori, ma per fortuna ci avete chiamato in tempo.
Abbiamo contattato il medico che gli ha fatto l'iniezione e ci ha detto che serviva per una risonanza con contrasto, questa verrà fatta domani mattina entro le dieci.”
Blaine annuì, prendendo nota mentalmente di tutto quello che gli stava dicendo il medico.
“Posso rimanere per la notte, sono l'unico che ha.”
“Si, non ci sono problemi.”
Il moro ringraziò ed uscì un po' dalla stanza approfittando dell'arrivo delle visite mediche di routine per andare al bar dell'ospedale per mangiare qualcosa ed avvertire Burt e Rachel di quello che era successo.
Sapeva che non sarebbe stata una passeggiata parlare con il suocero, ma doveva farlo, anche lui doveva essere a conoscenza di quello che stava accadendo al figlio.
Prese il telefono e compose il numero di Burt, aspettando che rispondesse.
Non raggiungibile.
Provò una seconda volta.
Non raggiungibile.
Aspettò cinque minuti e provò una terza.
Non raggiungibile.
Sospirò, doveva avere il cellulare spento e, per sfortuna, non ricordava a mente il numero di casa.
Provò allora a chiamare Rachel, me non appena compose il numero si sentì chiamare da dietro.
“Blaine? Sei proprio tu?”
Il moro si girò, trovandosi davanti l'ultima persona che si sarebbe mai aspettato di trovare lì: David Karofsky.

 

Note dell'autrice:
Salve a tutti ragazzi!
Ecco qua il nono capitolo di questa cosaccia uscita male.
Potete ammirare la mia incapacità di scrivere scene vagamente Fluff, non siete contenti?(?)
Comunque.
Vi auguro una buona lettura, ringrazio chi segue questa storia, anche in silenzio, ma non vi mangio se vi fate sentire eh (?)
Un bacione, a presto.

Giulia Pierucci
 

 

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Capitolo 10
*** Non ti lascerò da solo, figlio ***


 

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Capitolo 10 – Non ti lascerò da solo, figlio

Karofsky? Blaine guardò stranito il ragazzo che si era appena trovato di fronte: era l'ultima persona che si sarebbe mai aspettata di trovare in quel luogo.
Indossava l'uniforme dell'ospedale, quindi era palese che lavorava lì, ma come ci era finito?
Il moro si alzò per andare a salutare Dave, che ricambiò con calore l'abbraccio.
“Ma quanto tempo! Come stai Dave?”
Il ragazzo sorrise, si vedeva da chilometri che stava molto meglio di quando era al liceo.
“Bene, ma tu sei qua, quindi non so se posso farti la stessa domanda.”
Blaine sospirò a quelle parole: già, proprio non si poteva dire che lui stesse bene in quel momento, anzi, l'ansia lo stava lentamente logorando da dentro.
“Adesso sono in pausa, se vuoi possiamo fare due chiacchiere.”
Il moro ci pensò: forse gli avrebbe fatto bene mettere tutto in pausa per una mezz'oretta e cercare di non pensare a tutto il casino che aveva in testa.
Tornarono a sedersi nel tavolo dal quale si era alzato Anderson e a Dave fu chiesto il perchè fosse lì a New York, dato che era l'ultimo posto dove il moro avrebbe pensato di poterlo trovare.
“Sentivo che a Lima non avevo più stimoli e sapevo di non voler passare il resto della mia vita chiuso in un qualche negozio, avevo altre aspettative. Non so se te l'ho mai raccontato, ma uno dei miei sogni era quello di poter fare l'infermiere per poter aiutare chi ha bisogno e così mi sono fatto forza e ho chiesto l'iscrizione per una famosa scuola di infermeria qui a New York. Inizialmente non è stato affatto facile ambientarmi qua, sai è una città veramente grande e mi ci è voluto un po', poi con il tempo ho smesso di sentire così tanto la mancanza della mia famiglia e ho iniziato a farmi una vita qua. Sai, nella scuola che frequento ho incontrato un ragazzo veramente carino e ci stiamo frequentando da un po' di tempo e come ciliegina sulla torta mi hanno preso qua come stagista per alcuni mesi, non ci posso credere. Immaginavo che sarei rimasto a marcire a Lima, ma per fortuna sono riuscito a realizzare parte dei miei sogni!”
Blaine sorrise, era davvero felice che Dave fosse riuscito a trovare la sua strada, sapeva che aveva passato dei momenti veramente difficili e gli faceva piacere venire a conoscenza di tali novità positive per il ragazzo.
“E tu invece, Blaine? Che cosa ti porta qua in ospedale?”
Il ragazzo sospirò abbassando leggermente lo sguardo, non era una cosa molto facile da dire, anche perchè in quel letto d'ospedale, per la seconda volta, c'era Kurt, il suo amato Kurt e aveva tanta paura che gli potesse accadere qualcosa da un momento all'altro.
“Kurt non sta bene, dobbiamo capire che cosa ha, ha avuto improvvisamente una crisi epilettica e stanno facendo accertamenti.”
“Oh, mi dispiace tanto..”
Dave sembrava sincero: sapeva bene di aver fatto veramente male a Kurt in passato, ma adesso era cambiato e si era pentito di tutto l'inferno nel quale lo aveva trascinato al liceo. Sapeva che era un ragazzo buono e gentile e che non si meritava del male, da niente e da nessuno.
“Spero vada tutto bene, sono veramente agitato.”
“Blaine non ti preoccupare, sappiamo benissimo entrambi che Kurt è un ragazzo forte e non sarà facile farlo fermare e poi se dovessi avere problemi sappi che da ora potrai contare pure su di me, non farti problemi a chiamarmi quando hai bisogno, davvero.”
“Grazie Dave.”
I due si sorrisero, mentre il cuore di Blaine leggermente si alleggeriva, sapendo che non era solo in quella terribile avventura ed era felice di avere qualcuno a cui potersi sorreggere nei momenti più neri.

Burt stava lavorando tutto il pomeriggio nella sua officina: il suo aiutante si era fatto male il giorno prima e non era andato a lavoro, quindi molto del lavoro da finire lo doveva fare da solo.
In quel momento stava pensando a suo figlio: erano tre giorni che non lo sentiva e il che non era molto strano, sapeva che stava lavorando molto e che era veramente stanco, ma gli mancava il suo ometto e non vedeva l'ora di rivederlo.
Ecco perchè due giorni dopo sarebbe partito per New York per fare una sorpresa a Kurt e a suo marito: non aveva detto nulla a nessuno dei due, si era prenotato il volo e una piccola stanza di hotel per lui e sua moglie ed entrambi erano molto felici di poter stringere i loro due ragazzi tra le braccia.
Quando ebbe finito di sistemare l'auto che gli era stata portata qualche giorno prima andò a darsi una lavata e prese il telefono per controllare se non ci fossero novità: noto varie chiamate perse da Blaine e, senza neanche sapere il motivo, sentì improvvisamente un nodo allo stomaco.
Forse era solamente una sua paranoia, le solite preoccupazioni di un genitore quando il proprio figlio è lontano, ma quel nome insistente sul display non lo rassicurava affatto.
Ricompose subito il numero di telefono e aspettò che iniziasse a squillare e , fortunatamente, dopo pochi squilli potette sentire la voce di Blaine dall'altro capo del telefono.
“Ciao Blaine, come va?”
Sentiva chiaramente che la voce del ragazzo non era la solita: sembrava spenta e cupa, per niente un buon segno e Burt lo sapeva bene.
Sentì il ragazzo raccontare dello strano comportamento di Kurt di quei giorni, della sua stanchezza, delle visite del medico e di quell'ultima crisi epilettica che lo aveva portato al ricovero.
Burt era scosso, si era dovuto mettere seduto per non cadere a terra, dato che sentiva le gambe tremare per il nervoso: doveva immediatamente anticipare il viaggio per stare accanto a Kurt, glielo doveva in tutti i modi.
Blaine gli aveva detto di non preoccuparsi, che non era nulla di grave, che era tutta colpa di un farmaco sbagliato; l'uomo però sentiva che c'era sotto qualcosa di più grande, che non era solo un'iniezione sbagliata a farlo andare in contro a quella crisi e sentiva che qualcosa di terribile stava per accadere.
Sarebbe per partito per New York la mattina seguente, all'alba e sarebbe arrivato dal figlio prima che potesse sottoporsi all'esame: non lo avrebbe mai lasciato solo in un momento del genere.
Chiuse la telefonata con Blaine e subito corse ad avvertire la moglie che sarebbero partiti prima del previsto, senza riuscire a togliersi dal petto una strana sensazione di paura e sconforto.

La mattina seguente Kurt, finalmente, si svegliò e per qualche secondo non riuscì a capire nulla: aveva una mascherina dell'ossigeno sul naso, era in un letto che non era il suo, in una stanza inospitale e spoglia.
Si guardò intorno prima di capire di essere in un ospedale e che quindi era successo qualcosa il giorno prima, anche se non si ricordava praticamente di nulla: era andato dalla costumista per degli abiti e poi? Aveva sentito la stanza girare e poi più nulla, non ricordava niente di niente.
Sentiva il corpo ancora un po' debole, non sapeva nemmeno se riusciva a mettersi seduto da solo, aveva la testa che pulsava e uno strano senso di nausea.
Sentì però qualcosa che lo teneva e si voltò in quella direzione, sentendo un sorriso solcargli il volto: Blaine stava dormendo su una poltrona accanto al suo letto e gli teneva la mano; Kurt si sciolse e strinse maggiormente la mano del marito nella propria.
Aveva passato tutta la notte lì Blaine, senza lasciare solo neanche un attimo l'amore della sua vita e Kurt non poteva che essere commosso da tutto l'amore che gli era dato.
Vide i raggi del sole che filtravano dalla finestra aperta e capì che doveva essere abbastanza presto, anche se solo pochi minuti dopo sentì la porta aprirsi e un infermiere entrare lentamente, sembrando sorpreso di vedere Kurt sveglio.
“Buongiorno signor Hummel.”
Sussurrò l'infermiere, un uomo di mezza età con i capelli neri e di media statura.
“Buongiorno.”
“Come si sente?”
“Stordito, ma credo sia normale.”
L'uomo annuì.
“Si. E credo che voglia sapere perchè si trova qua.”
Kurt fece cenno di sì con la testa: ancora non aveva capito che cosa fosse successo e non riusciva a darsi spiegazioni, sapeva solo che tutto d'un tratto nei suoi ricordi si era fatto buio.
“Ha avuto una crisi epilettica, a quanto pare era allergico al farmaco che le era stato iniettato. Adesso dobbiamo farle quella risonanza che gli aveva ordinato il medico. Ah, suo marito è rimasto qua tutto il giorno e tutta la notte, si è assicurato che non le mancasse nulla e pre questo direi che non è il caso di svegliarlo adesso, le sta bene scendere da solo?”
Il castano guardò suo marito sorridendo: si, era stato fin troppo gentile e meritava un po' di riposo.
Assecondò l'infermiere e insieme iniziarono a scendere silenziosamente nel reparto per fare il test e, proprio in quel momento, nel corridoio, Kurt vide arrivare suo padre a corsa, con uno sguardo pallido e, non appena lo vide, Burt corse ad abbracciarlo, assicurandosi che non fosse grave.
Il mezzo soprano era inizialmente confuso, ma grato che il padre fosse andato a trovarlo subito, non appena aveva appreso la notizia; lo rassicurò dicendo che non era nulla, solo un farmaco sbagliato e che la risonanza era solo un accertamento. Non disse nulla della possibilità del cancro e dello strano risultato della tac, non voleva allarmarlo più di quanto già non fosse.
Dopo di che Kurt fu portato nella sala per la risonanza e Burt e Carole si diressero nella stanza del ragazzo, aspettando che tornasse e che si potesse conoscere la diagnosi definitiva.


Note dell'autrice:
Ciao a tutti ragazzi!
Finalmente riesco ad aggiornare questo nuovo capitolo della Long che so non essere un gran che, ma giuro che migliorerà.
Ho fatto entrare in scena uno dei miei personaggi preferiti della serie, Burt Hummel e spero che a qualcuno possa far piacere.
Mi farebbe piacere, invece, se mi diceste che ne state pensando di questa storia, dove potrebbe migliorare e altro.
Per il resto nulla, vi auguro buona lettura e alla prossima.

Giulia Pierucci
 

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Capitolo 11
*** Il responso della risonanza [Parte Prima] ***


 

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Mi scuso immediatamente per la brevità del capitolo, ma ho avuto problemi con il PC, il capitolo non mi si era salvato e pur di pubblicare qualcosa sono riuscita a riscrivere in un'oretta circa metà capitolo, l'altra metà a inizio settimana. Scusate l'inconveniente.
 

Capitolo 11 – Il responso della risonanza [Parte prima]

“Blaine?”
Burt entrò nella stanza d'ospedale del figlio in cerca del marito di quest'ultimo per riuscire ad ottenere ulteriori informazioni sulla sua salute, ma si accorse che il moro stava ancora dormendo: era seduto sulla poltrona accanto al letto vuoto di Kurt, aveva i capelli completamente spettinati e dava l'impressione che non avesse dormito molto durante la notte.
Un sorriso tenero si aprì sul volto del suocero: sapeva perfettamente quando Blaine tenesse a suo figlio e non aveva mai messo in dubbio il fatto che in qualsiasi circostanza il più piccolo gli sarebbe stato sempre accanto.
Forse aveva passato la notte in bianco per cercare di capire se Kurt avesse bisogno di qualcosa o se si fosse svegliato nel cuore della notte e stava visibilmente riprendendo quelle ore di sonno andate perse per suo marito.
Carole si avvicinò al ragazzo e lo coprì meglio con quella specie di coperta che gli aveva portato l'infermiera la sera prima, carezzandogli un ciuffo di ricci ribelle che gli era caduto sulla fronte.
“E' un ragazzo d'oro, è rimasto con Kurt tutta la notte.”
“Non lo avrei mai messo in dubbio questo Carole, sai benissimo quanto ami suo marito.”
I suoceri di Blaine decisero quindi di lasciarlo dormire e di andare nella sala d'aspetto per vedere se fossero riusciti a trovare un medico per avere notizie di Kurt.
Si misero seduti in quella stanzetta piccola e spoglia, con le sedie nere e dei tavolini con su delle riviste vecchie di mesi, cercando un qualsiasi medico con gli occhi.
“Burt cerca di calmarti, se ti agiti non migliori certo la situazione.”
Carole aveva visto l'ansia negli occhi del marito e non voleva che si agitasse più del necessario, non gli faceva bene sovraccaricarsi; dall'altra parte però capiva in pieno come si dovesse sentire: la paura di perdere un figlio, il terrore di restare solo, tutto ciò che lei aveva provato con Finn.
Gli prese la mano stringendola forte e sospirò appena, cercando in modo per farlo calmare.
“Sai Carole, ho già visto mio figlio in un letto d'ospedale e abbiamo affrontato assieme la perdita di Finn, inoltre ho perso anche mia moglie prima del tempo. Siamo stati sempre forti, ma non posso negare che ho paura. Blaine al telefono mi sembrava strano, aveva una voce troppo triste e ho il terrore che ci stia nascondendo qualcosa. Non potrei sopportare la perdita di mio figlio, è stato lui a darmi la forza di andare avanti negli anni e mi ha sempre sostenuto.
Credo sia normale avere paura che i propri figli se ne vadano prima di noi, ma io con lui ho un rapporto speciale e non voglio perderlo per nulla al mondo.”
La donna strinse di più il marito, capendo perfettamente ogni singola parola che stava dicendo, tutte le emozioni che stava provando e sapeva che in quel momento un semplice gesto, una semplice stretta, valevano davvero di più di mille parole gettate al vento.
Aveva sempre nitido il ricordo di quanto aveva sofferto per la perdita del figlio e non voleva assolutamente che anche Burt provasse le stesse cose: un conto è perdere un genitore o il compagno, ma tutt'altro sapere di aver perso per sempre una parte di te, qualcuno che hai dato al mondo tu stessa e che mai dovrebbe andarsene prima di te, per nessuna ragione al mondo.
Dall'altra parte però sapeva anche se Kurt era un ragazzo forte e che difficilmente si sarebbe lasciato mettere al tappeto da qualcosa, avrebbe combattuto con le unghie e con i denti a costo di restare in vita.
Dopo qualche minuto un medico uscì dalla sala dove il figlio stava facendo l'esame e si avvicinò ai due.
“Scusate signori, siete i genitori del signor Hummel?”
Burt alzò subito la testa, dato che neanche si era accorto del medico tanto era assorto nei propri pensieri, e si mise in piedi tendendo la mano all'uomo.
“Si piacere, sono il padre.”
“Piacere mio, suo figlio è stato preparato per l'esame ed è sotto la macchina da una ventina di minuti; non possiamo ancora rivelarle nulla perchè non abbiamo terminato l'esame e prima deve passare sotto l'occhio di un esperto, ma vorrei farle qualche domanda.”
Lo sguardo di Burt passò veloce dal dottore alla moglie, cercando di capire che cosa stesse succedendo.
“Si metta pure seduto.”
Burt e Carole si rimisero seduti, seguiti dal medico.
“Vorrei solo farle una domanda, ma non è ancora niente di certo, quindi non si preoccupi. Nella vostra famiglia ci sono precedenti casi di cancro?”
A quelle parole Burt potette giurare di sentire il proprio cuore sbriciolarsi in mille pezzi, il suo incubo peggiore sembrò materializzarsi davanti a lui in un batter d'occhio.

“Kurt, va tutto bene lì dentro?”
Un infermiere accese il microfono e ci parlò dentro per assicurarsi che il ragazzo sotto il macchinario non avesse problemi.
“Si, tutto apposto.”
Kurt era immobile nel lettino da una mezz'ora buona; gli avevano detto di non muoversi assolutamente durante la risonanza e che, per qualsiasi problema, avrebbe dovuto suonare il campanello che gli avevano dato.
Sapeva che sarebbe stato un esame abbastanza lungo, ma non immaginava tutto quel rumore assordante e che non potesse muoversi per nessuna ragione al mondo. Cercava di pensare a qualcosa di bello per distrarsi e cercò di ricordare il giorno del suo matrimonio o il primo anniversario, quando Blaine lo aveva portato in un hotel super lussuoso a cena.
Un piccolo campanello d'allarme però suonava nella sua mente e il parlottare di alcuni medici nella stanzetta accanto non lo rassicurava affatto: aveva come la sensazione che in quella risonanza fosse risultato qualcosa di fuori luogo e una piccola fitta allo stomaco lo fece mugolare appena.
Cercava di pensare positivo il più possibile, cercando di credere che tutto andasse bene e che il giorno dopo sarebbe potuto tornare a casa senza problemi.
L'ultimo, assordante, suono e la macchina smise di fare qualsiasi rumore, mentre il lettino usciva da sotto e un medico entrava nella stanza per aiutare Kurt ad alzarsi e a sfilarsi la flebo per il contrasto in vena.
“Abbiamo fatto signor Hummel, adesso verrà un infermiere e la riporterà nella stanza. In pomeriggio passeremo a darle il resoconto dell'esame.”
“Grazie dottore.”
Il castano si rimise le ciabatte e venne aiutato ad uscire dalla stanza per recarsi in sala d'attesa, dove suo padre e Carole, con uno sguardo pallido e smorto, lo stavano aspettando.
Non appena lo videro uscire i due si catapultarono verso di lui e lo abbracciarono forte, quasi non lasciandogli lo spazio per respirare.
“Ehi calmi ragazzi!”
Kurt non capiva come mai tutta quella foga nell'abbraccio, dopotutto si erano visti appena un'ora prima.
“Allora figliolo, ti hanno detto nulla?”
“No, solo che il dottore verrà in pomeriggio con il risultato dell'esame.”
Burt guardò la moglie con ari a affranta: aveva paura per il ragazzo, ma non voleva dirgli nulla per non farlo spaventare in alcun modo: avrebbero aspettato tutti i risultati dell'esame prima di fare qualsiasi cosa.
“Signor Hummel, sono qua per portarla in camera sua.”
Una voce familiare, fin troppo familiare.
Kurt si voltò di scatto e rimase scioccato nel vedersi Dave di fronte con un sorriso il volto che lo invitava a seguirlo.
Cosa ci faceva lui lì?
“Dave?”
La voce del mezzo soprano era quasi sconvolta, come se si trovasse in un sogno.
“Si Kurt sono io, non importa che mi guardi come se avessi visto un fantasma sai?”
Dave ridacchiò appena e gli fece cenno di mettersi seduto sulla sedia a rotelle che aveva portato.
“Ma cosa...?”
“Dai vieni, ti spiego tutto durante la mia pausa pranzo, adesso però ho l'ordine di riportarti nella tua stanza.”
Kurt lo guardò ancora sconvolto, ma si decise a sedersi e farsi riaccompagnare in stanza, dove Blaine ormai si era svegliato e lo stava aspettando con impazienza.
 

Note dell'autrice:
Ciao a tutti ragazzi!
Mi scuso ancora per il capitolo, ma dovevo pubblicare qualcosa oggi e allora ho pensato di riscrivere circa metà capitolo per non rimandare tutto alla settimana prossima.
Comunque anche se non è molto spero che vi piaccia e che vi piaccia la storia in generale.
Fatemi sapere cosa ne pensate, ne sarei molto felice.
Buona lettura, alla prossima, un bacione!

Giulia PIerucci

 

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Capitolo 12
*** Il responso della risonanza [Parte Seconda] ***


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Capitolo 12 – Il responso della risonanza [Parte Seconda]

“Quindi fammi capire: ti sei trasferito qua, hai fatto la scuola di infermeria e adesso stai facendo tirocinio qua all'ospedale?”
“Si, esatto.”
Dave era andato in pausa pranzo e aveva deciso di passarla in compagnia di Kurt, per aggiornarlo della propria spiegazione e non lasciarlo da solo.
Aveva convinto Blaine, Carole e Burt ad andare alla caffetteria al primo piano per prendere qualcosa da mangiare, promettendo loro che non avrebbe lasciato solo il ragazzo.
Sapeva che, in qualunque modo, non ci avrebbero messo molto a mangiare e tornare da Kurt, ma in fondo non gli dispiaceva passare un po' di tempo solo da lui: non si erano “lasciati” bene a Lima, non avevano avuto modo si avere tregua prima che ripartissero per New York e forse potevano sistemare tutto.
“E dimmi, come ti trovi qua?”
Dave pensò un attimo prima di formulare una risposta.
“Inizialmente credevo che fosse una città troppo caotica, forse però perchè è tutto talmente differente da Lima. Le prime notti non riuscivo neanche a dormire per tutto il trambusto che c'era, poi piano piano mi ci sono abituato e mi sono ambientato abbastanza bene.”
Kurt annuiva alle sue parole: non sapeva bene come reagire a quella presenza nella sua stanza: certamente poteva stare tranquillo che non lo avrebbe picchiato come ai tempi del liceo, ma provava un certo distacco da lui.
Forse, pensava, perchè in cuor suo non lo aveva ancora completamente perdonato per essersi messo con Blaine tre anni prima, pur sapendo bene tutto quello che gli aveva fatto passare al liceo; doveva ammettere però che era stato proprio Dave alla fine a riportare Blaine tra le proprie braccia.
Cercava di essere il più cordiale possibile, anche perchè il ragazzo che gli si presentava davanti sembrava pacato e riflessivo, niente a che vedere con la sua ombra adolescenziale.
Kurt credeva che dovesse dargli almeno un'opportunità, in fondo se la meritava.
“Kurt, posso farti una domanda?”
Il castano fu risvegliato dai propri pensieri dalla voce di Dave, che lo stava chiamando.
“Certo, dimmi pure.”
“Come mai sei finito qua in ospedale? Blaine mi ha detto qualcosa, ma il medico sinceramente mi è sembrato strano quando mi ha chiamato per portarti in stanza.”
Il cuore di Kurt perse un battito: come strano? Aveva per caso visto qualcosa che non andava nella risonanza?
Cerco di sembrare il più calmo possibile mentre dava la sua risposta, come se non volesse far trapelare il minimo dolore.
“Era da un po' di tempo che non stavo bene, quindi sono andato da un medico per fare una tac, da lì hanno visto qualcosa di sospetto e hanno voluto fare accertamenti.”
Sapeva di non aver detto completamente la verità, ma non voleva far sapere a nessuno che avevano voluto avere figli e che avevano iniziato le analisi di routine.
Il pensiero che forse, se mai avessero visto qualcosa di strano nella risonanza, non avrebbe mai potuto avere un figlio biologicamente suo lo faceva stare molto male, quindi cerava di pensarci il meno possibile.
Sapeva quanto Blaine tenesse a mettere su una famiglia propria e se non avessero potuto a causa sua sapeva che non se lo sarebbe mai perdonato per niente al mondo.

“Non ci voglio neanche pensare.”
La voce potente di Burt rimbombò leggermente all'interno della mensa, mentre si faceva cadere quasi a peso morto sulla sedia dietro di lui.
Sentiva le lacrime che gli premevano sugli occhi e un nodo allo stomaco che gli aveva fatto passare completamente l'appetito; si era allontanato da Kurt tanto quanto bastava affinché le sue paure uscissero fuori e si manifestassero.
Le parole del medico gli rimbombavano nelle orecchie, poteva chiaramente sentire la voce di quell'uomo avvertirlo di una possibilità che suo figlio avesse il cancro e lui, uomo forte e determinato, non avrebbe mai potuto sentire niente di peggiore.
Carole gli stringeva forte la mano e Blaine teneva la testa bassa, senza il coraggio di guardarlo negli occhi; almeno lui non doveva piangere: doveva farlo per Kurt, ma anche per Burt e Carole. Si sarebbe potuto permettere di piangere solo quando si sarebbe trovato da solo, ma non in quelle circostanze: doveva essere forte, doveva essere la roccia per suo marito e i suoi suoceri.
Blaine però sentiva le mani tremare alle parole di Burt: allora il medico aveva davvero visto qualcosa nella risonanza se gli aveva detto quelle parole?
Kurt poteva veramente avere il cancro?
Il moro prese un respiro profondo, cercando di non farsi sentire, e ricacciò indietro quelle lacrime ribelli che cercavano di uscire dai suoi occhi ambrati; alzò il viso e si avvicino al suocero per stringerlo in un caldo abbraccio, cercando di rassicurarlo, per quello che era possibile.
“Non ti preoccupare, qualunque cosa succeda la affronteremo insieme, come sempre.”
L'uomo si era legato molto negli anni a Blaine e non poteva spiegare a parole la riconoscenza che provava verso quel ragazzo: sapeva per certo che amava Kurt con tutto se stesso e che non avrebbe permesso a niente e nessuno di scalfirlo. Considerava il moro un po' come un secondo figlio e sapeva che per qualsiasi cosa avrebbe sempre potuto contare su di lui.
“Grazie Blaine, davvero.”
Il ragazzo annuì piano e sciolse lentamente l'abbraccio: anche a lui l'appetito era andato via del tutto.
“Credete sia meglio tornare da Kurt?”
I due coniugi si guardarono per qualche istante, poi fu Carole la prima a parlare.
“Vai tu Blaine, io e Burt restiamo un po' qua, magari ci prendiamo una boccata d'aria e arriviamo tra una mezz'oretta.”
Il ragazzo annuì e si avviò verso la stanza del marito, cercando di sembrare il più naturale possibile: non volevano dire del subbi del medico, non volevano far preoccupare Kurt più di quello che già non era.
Una volta arrivato alla porta prese un respiro profondo e la aprì, trovando Kurt a leggere una rivista in silenzio, solo nella stanza.
“Tesoro, sono tornato.”
Il castano distolse gli occhi dalla rivista e lo salutò con un sorriso, prima che Blaine si avvicinasse per dargli un bacio sulle labbra.
“Non c'era Dave con te?”
“E' andato via giusto qualche minuto fa, aveva il secondo turno.”
“Posso?”
Blaine indicò il letto, chiedendogli se poteva sedersi con lui sul letto; ovviamente il castano annuì e tirò su le gambe per farlo sedere, per poi sentire il bisogno di stringerlo tra le proprie braccia, lasciando Blaine di stucco.
“Lo so che cosa stai facendo.”
L'altro ragazzo lo guardò, senza capire.
“Facendo cosa, Kurt?”
“Stai facendo il marito forte, quello che non si scompone. So però che sei preoccupato per me, te lo leggo negli occhi. Hai bisogno tu per una volta di essere rassicurato e di essere abbracciato.”
Senza aggiungere altro lo strinse maggiormente a sé, facendo combaciare la testa del ricco con il proprio petto, sapendo bene che il battito del cuore riusciva sempre a rilassare Blaine.
Il ragazzo infatti sorrise, ringraziando mentalmente una qualche divinità per avergli fatto trovare un marito così speciale: sentiva il cuore battere sempre di più ricolmo d'amore per quel castano tanto fragile quanto forte.
“Ti amo.”
“Ti amo anche io, Blaine.”

Quando Burt, Carole e il medico entrarono nella loro stanza, quasi quaranta minuti dopo, trovarono Blaine ancora sul letto del marito stretto tra le sue braccia, mentre teneva gli occhi chiusi e respirava il suo odore, mentre Kurt lo carezzava sulla schiena e le spalle, baciando di tanto in tanto i capelli ricci.
Non appena sentirono la porta aprirsi Blaine si staccò di malavoglia dal marito e tornò a sedersi sulla sedia, sentendo improvvisamente uno strano nodo allo stomaco alla vista del dottore con i mano la risposta.
“Salve Hummel, come si sente?”
“Il giramento di testa è passato, solo ancora un po' stanco.”
L'uomo annuì, per poi prendere appunti sulla cartella clinica e continuare.
“Siete tutti parenti, allora in questo caso potete restare dentro. Abbiamo visto più e più volte la sua risonanza e abbiamo visto un accumulo sospetto al livello polmonare. Non siamo sicuri al cento per cento e dovremmo farle un prelievo del tessuto per esaminarlo, ma all'ottantacinque per certo lo possiamo catalogare come tumore al polmone.”
La voce dell'uomo si fece sempre più grande ad ogni parole, captando la disperazione improvvisa negli occhi di quel gruppo di persone che gli stava davanti: odiava dare delle notizie come quelle, ma faceva comunque parte del suo lavoro.
“Per fortuna non è in uno stadio letale, se così fosse siamo riusciti a prenderlo in una forma non troppo avanzata, anche se non iniziale: dovrebbe sottoporti a delle terapie, ma avrebbe comunque buone possibilità di salvarsi.”
Quelle parole trafissero il cuore di tutti: sapeva che voleva dire che non era un tumore benigno, ma maligno, cosa che infatti venne accertata dal medico.
“Si tratterebbe di un tumore maligno dalla forma e dal tipo di tessuto che siamo riusciti a vedere, ma con le terapie riusciremmo a bloccarlo prima che vada a prendere il cuore. Mi dispiace davvero signor Hummel di averle dato una notizia così, ma domani verremo per fare il prelievo.”
Sapeva che sarebbe dovuto uscire per lasciarli soli, infatti non perse altro tempo.
“Per qualsiasi cosa non esitate a chiamarmi. A domani.”
La famiglia non rispose, ma non appena chiuse la porta tutti gli occhi si andarono a bloccare su Kurt: non stava piangendo, come tutti si aspettavano, i suoi occhi erano diventati quasi trasparenti e fissava un punto non ben definito delle lenzuola.
Burt e Carole accorsero subito ad abbracciare il ragazzo, sentendo le lacrime di puro dolore che invadevano il loro viso, mentre Blaine rimase paralizzato, sentendo le gambe iniziare a tremare e la testa frasi pesante, mentre si sedeva sul letto e prendeva l amano del marito.
Nessuno ebbe il coraggio di parlare per molto tempo e, inutile dire, che nessuno abbandonò quella sala d'ospedale quella notte.


Note dell'autrice:
Ciao ciao ragazzi!
Ecco anche la seconda parte del capitolo, quella che il PC l'altra volta aveva deciso di sua spontanea volontà di eliminare, per divertimento.
Siamo arrivati al dunque, finalmente e abbiamo avuto la risposta alla risonanza, ye.
Mi farebbe piacere sapere che cosa ne pensate, se dovremi migliorare qualcosa o altro.
Per il resto nulla da dirvi, tranne che "Ti am, ti odio" verrà aggiornata più avanti perchè i capitolo mi richiedono più tempo e dato che venerdì ho l'esame di recupero preferirei rimandare.
E niente, vi auguro buona lettura e alla prossima.
Un bacione.

Giulia Pierucci
 

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Capitolo 13
*** L'inizio di tutto ***


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Capitolo 13 – L'inizio di tutto.

Alle volte le circostanze in cui sei immerso ti fanno dimenticare anche le cose più facili.
Il minimo ricordo felice.
La gioia del primo bacio.
Le giornate con gli amici.
Le risate con i familiari.
Anche semplicemente come respirare.
E ti ritrovi come in apnea, con un nodo che ti stringe lo stomaco e ti impedisce di provare il minimo senso di fame; hai voglia di vomitare, ma sai che se ci provassi non uscirebbe nulla.
Ci sono momenti in cui ti senti solo, vuoto, privo di ogni energia; come se ti avessero strappato il cuore dal petto in un solo colpo.
Alle volte vorresti solo avere la certezza di essere in un incubo e che, per quanto terribile possa essere, prima o poi ti sceglierai e continuerai la tua vita come se nulla fosse successo, al sicuro da tutto e da tutti.
In questi momenti ti chiedi perchè la vita abbia deciso di riservarti un destino tanto avverso, perchè ha voluto farti soffrire fino all'ultimo, lasciandoti inerme di fronte alle più terribili paure, sicura che tu sia un lottatore di natura.
E tu vorresti gridare, vorresti piangere e correre via, ma l'unica cosa che fai è restare immobile e tremare, versando solo lacrime silenziose che ti rigano il viso e ti ustionano le guance.
Cerchi appoggio dalle persone a te più care, ma sai che l'unica cosa da fare è trovare la forza dentro di te, ovunque essa sia, perchè anche le persone più forti in momenti come questi credono di aver perduto tutto il coraggio di cui erano dotate.
E Kurt, in quel momento, se ne stava seduto sul letto d'ospedale, con gli occhi fissi sul lenzuolo, senza proferire parola ne muovere muscolo.
Aveva pianto, si era sfogato inizialmente, aveva gettato fuori tutta la rabbia e tutta la paura, il dolore e le sofferenze; adesso però, nella notte, non aveva più la forza e la voglia di piangere, preferiva stare in silenzio e pensare, cercando di non svegliare nessuno in quella stanza.
Burt e Carole si erano appisolati sulle sedie, mentre Blaine si era accucciato nel letto insieme al marito, stringendo forte a sé: il castano guardò i tre con un dolore indescrivibile negli occhi, sapendo bene che gran parte del dolore di quella notizia era sulle loro spalle. Vedere soffrire un proprio caro: una delle sensazione più brutte che ci potessero essere e Kurt lo sapeva bene; aveva rischiato di perdere suo padre e aveva perso la madre, era certo di tutto quello che potesse passare nella mente di Burt.
La mattina seguente sarebbero venuti per prelevare del tessuto dai polmoni del ragazzo e gli avrebbero specificato tutto a proposito delle terapie che avrebbe dovuto effettuare per cercare di debellare il cancro.
Kurt, però, non aveva paura per sé, non aveva il timore di poter perdere la vita; la sua più grande paura era destinata ai suoi cari, a tutti quelli che a causa sua avrebbero sofferto.
Pensava a suo padre, l'uomo che lo aveva cresciuto e che aveva fatto tutto per lui; l'uomo al quale il castano era più legato, la sua ancora di salvezza.
Pensava a Carole, la sua matrigna, quella dolce donna che aveva già perso un figlio e che rischiava di perdere anche quello adottivo.
Pensava a Rachel, la sua migliore amica, quella che era stata con lui nella buona e nella cattiva sorte, quella con la quale era sempre in conflitto, ma senza la quale non sarebbe potuto vivere.
Pensava a Blaine, suo marito, l'amore della sua vita. Con lui aveva immaginato un futuro felice, un futuro pieno di gioia e d'amore e in quel momento vederlo svanire lentamente tra le sue dita faceva male.
Piangere non sarebbe servito a nulla e lo sapeva bene, avrebbe dovuto affrontare la situazione di petto, come sempre, avrebbe combattuto per riuscire a vincere anche quella sfida che la vita gli stava mettendo di fronte.
Forse era stato troppo ingenuo da parte sua pensare che dopo il matrimonio e il trasferimento a New York tutto sarebbe andato bene, era stato troppo frettoloso nel dare un giudizio e non avrebbe dovuto permetterlo.
Aveva sperato troppo velocemente in un lieto fine, come se si fosse trovato nel mondo delle fiabe.
In silenzio si alzò dal letto, facendo attenzione a non svegliare Blaine, e si diresse verso il bagno per specchiarsi: era più pallido del solito, le occhiaie solcavano il suo viso e sembrava che stesse vendendo un fantasma al posto della sua figura.
Non era mai stato ben piazzato, sempre molto magro, ma in quell camiciona sembrava ancora più piccolo e indifeso, come se tutto potesse abbatterlo al primo soffio.
Passo le dita sul volto freddo, passando poi al collo e verso il cuore, come per controllare personalmente che battesse ancora: continuò a fissarsi per alcuni minuti, senza sapere bene che cose stesse cercando, come per convincersi che quella era la realtà e non un sogno terribile.
Tic Toc.
Il rumore dell'orologio sulla parete che segnava il lento scorrere del tempo.
Kurt si voltò leggermente verso di esso e sorrise amaramente: quanto rimaneva a lui?
Sarebbe riuscito a rimanere in questo mondo a lungo per avere dei figli? LI avrebbe mai avuti?
Tic Toc.
Ancora un minuto passato nel buio del bagno, illuminato fiocamente da due lampadine ai lati dello specchio.
Tic Toc.
Una voce che richiamò Kurt dai suoi pensieri: una voce assonnata, ma triste, piena di dolore; la voce di suo padre, come potette immediatamente riconoscere il ragazzo.
“Kurt?”
Lui si voltò verso l'uomo, incontrando i suoi occhi spenti e mezzi chiusi dal sonno.
“Sto bene, non ti preoccupare.”
Una risposta forse data più freddamente del dovuto, senza volere.
Burt sospirò, sapendo perfettamente le bugie che il ragazzo stava raccontando a se stesso. Era chiaro che non stesse bene, ma si vedeva che non voleva essere aiutato in quel momento.
Gli si avvicinò prendendogli la mano e lo portò fuori dalla stanza; Kurt non fece resistenza e si lasciò trascinare ovunque il padre volesse, come se fosse una bambola inerme ai voleri di un bambino.
“Qua almeno non rischiamo di svegliare Carole e Blaine.”
In corridoio i due si sedettero sulle sedie di una piccola saletta d'aspetto appena poco distante dalla camera del ragazzo.
“Hai paura?”
Kurt abbassò lo sguardo, tenendolo fisso verso il pavimento, mentre il padre lo abbracciava in una forte presa.
“Ci siamo noi qua con te.”
Il castano annuì, cercando di respingere le lacrime che volevano uscire dai suoi occhi cerulei.
“Sarà difficile, vero?”
Burt sospirò, sapeva già la risposta.
“Kurt, ascoltami: si, sarà difficile, ma non pensare mai di essere solo. In un momento come questo la cosa peggiore che possa succedere è avere la certezza di essere soli anche se non è così. Tu ricorda sempre che lotteremo insieme, siamo una famiglia e non ti lasceremo mai solo. A costo di affittare una casa qua a New York, ma io e Carole non lasceremo te e Blaine da soli per nessuna ragione al mondo.”
Burt non piangeva, c'era sicurezza nelle sue parole, c'era la consapevolezza che avrebbe mantenuto la sua promessa a qualsiasi costo; Kurt sorrise appena a quelle parole, ringraziando il padre con lo sguardo e stringendosi di più nell'abbraccio, come se fosse la sua ancora di salvataggio.
“Credo che un Grazie non basti, papà.”
“Non sei solo figliolo, mai.”

La mattinata era passata molto silenziosamente, i medici erano passati e avevano portato Kurt in una sala per il prelievo, poi avevano detto che lo avrebbero dimesso in pomeriggio, dandogli l'appuntamento per l'inizio delle terapie.
I coniugi Hummel-Anderson erano tornati a casa loro, mentre Burt e Carole erano andati alla ricerca di un appartamento per qualche tempo.
Non era stato facile per Kurt dare la notizia a Rachel quel giorno, l'aveva chiamata al cellulare e le lacrime erano iniziate a scendere non appena la ragazza aveva risposto al telefono: inutile dire che tempo mezz'ora lei e il suo ragazzo erano accorsi a casa dei due ragazzi.
In quel momento Rachel stava singhiozzando sulla spalla del castano, mentre Blaine spiegava la situazione a Jessie, in cucina, lasciando soli i due amici in sala sul divano.
“Rachel ehi...”
Kurt aveva stretto a sé la ragazza, sapendo perfettamente che esteriormente sarebbe stata quella che avrebbe sofferto di più: conosceva il carattere della ragazza e sapeva che esprimeva molto tutti i suoi sentimenti.
“Sono ancora qua, non piangere prima del tempo.”
La ragazza lo guardò appena, mostrando i suoi grandi occhi castani arrossati e pieni di lacrime.
“Kurt...”
Il ragazzo capiva e captava la paura negli occhi della ragazza, era il suo migliore amico e riusciva sempre a capirla dai soli occhi.
Lei, Rachel Berry, la ragazza che non si faceva mai mettere i piedi in testa da nessuno, che in quel momento era stretta al suo migliore amico come una bambina in cerca di protezione.
Aveva già sofferto per la perdita dell'ex fidanzato e non voleva neanche immaginare di poter perdere Kurt; il ragazzo quello lo aveva intuito e cerva in ogni modo di alleviare la situazione.
“Vedi? Sono qua, sto bene adesso.”
Blaine ogni tanto buttava un occhio in soggiorno, per controllare che stesse andando tutto bene: voleva notare ogni minimo cambiamento nello sguardo o nelle azioni del marito per controllare che stesse bene e non avesse bisogno di nulla.
“Kurt dovrebbe sottoporsi a chemioterapie, giusto?”
Blaine portò nuovamente l'attenzione verso Jessie.
“Credo di si, ci comunicheranno tutto domani mattina, non appena avranno i risultati del test sul campione prelevato.”
“Ci sono speranze che sia un tumore benigno?”
Il moro sospirò appena, abbassando la testa.
“Non molte, per non dire nessuna quasi.”
“Mi dispiace davvero, ma Kurt è forte, sono certo ne uscirà.”
Il moro annuì, convinto di quello che Jessie stava dicendo, si: Kurt era forte ed era circondato da tutte le persone che lo amavano di più, non si sarebbe arreso facilmente.
La voce di Kurt, improvvisamente, riempì le stanze del piccolo Loft, portando a sé l'attenzione degli altri tre ragazzi.
“Ho voglia di vedere un bel film, che ne dite se ci mettiamo qua sul divano e lo guardiamo insieme.”
Rachel si strinse maggiormente a lui, mentre Blaine e Jessie lo raggiunsero sul divano, mettendo poi un film scelto dal ragazzo.
“Non dovete per forza assecondarmi in tutto adesso eh, altrimenti non ci sarà più divertimento a punzecchiarvi per tutto!”
Kurt non perdeva la sua vena sarcastica, non la voleva perdere e lasciarsi andare allo sconforto.
Voleva solo passare quella serata in modo normale, lasciando da parte per un po' tutto il dolore, come se niente in quei giorno fosse mai successo.

Lo squillo di un telefono.
“Pronto?”
“Signor Hummel, come temevano il tumore è di natura maligna, ma è ai primi stadi e con qualche seduta di chemio dovrebbe scomparire. La prima seduta è prevista tra tre giorni.”
La parte difficile stava per iniziare.


Note dell'autrice:
Ciao a tutti ragazzi!
Adesso che so di aver superato l'esame di matematica sono tranquilla e ho trovato anche la voglia di scrivere, anche se sinceramente dopo aver scritto questa roba mi sono depressa da sola, ma vabbè (?)
Spero che il capitolo sia di vostro gradimento e, come al solito, sarei felice di avere qualche parere da parte vostra.
La storia finalmente entra nel vivo, ye (?)
Comunque!
Buona lettura e alla prossima, un bacio.

Giulia Pierucci
 

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Capitolo 14
*** Uno strano incubo ***


 

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Capitolo 14 – Uno strano incubo
 

Improvvisamente mi trovo in un un percorso buio, senza la minima luce che possa indicarmi qualcosa. Sento il freddo della notte che mi entra nelle ossa, fino a farmi tremare gli arti.
Cerco di abituarmi al buio, provo bloccare l'attacco di panico che sta cercando di impossessarsi del mio corpo.
Dove sono? Come ci sono finito qua?
Mi guardo le mani: sono livide, tumefatte e violacee; vedendo i miei abiti logori intuisco che devo essere lontano da casa da parecchio tempo, ma come è possibile?
Non mi ricordo nulla, niente di niente.
Ho il timore di camminare, non vorrei imbattermi in qualche spiacevole sorpresa, ma so che devo capire velocemente dove sono per poter trovare un modo di tornare a casa.
Come all'improvviso davanti a me appare una debole luce, forse proveniente da una casa in fondo al viale o qualunque cosa sia quello dove sto camminando adesso. Mi volto e mi guardo in torno un paio di volte, cercando un qualche punto di riferimento o almeno per cercare di captare una qualche zona abitata dalla fonte di luce, ma non riesco a scorgere nulla.
Mi do coraggio e, lentamente, inizio a camminare per il vialetto, facendo attenzione a dove metto i piedi; l'aria mi colpisce violentemente il viso, sembrano migliaia di aghi che mi perforano la pelle.
Uno, due, tre passi e la fonte di luce, invece di avvicinarsi, sembra allontanarsi da me, come se mi stessi muovendo all'indietro; uno strano senso di angoscia mi attanaglia lo stomaco e decido di allungare il passo.
Quasi mi metto a correre sentendo il fiato che diminuisce e il battito del cuore che aumenta a dismisura; ancora una volta la luce si allontana, lasciandomi sempre più nell'oscurità.
La paura inizia a prendersi il mio corpo, facendolo tremare senza sosta: sento il fiato diminuire continuamente, ma non voglio fermarmi o perderei l'unica mia via di salvezza. Devo correre, devo riuscire a raggiungere la libertà da questo luogo infernale.


Kurt si agitava continuamente, anche sotto effetto di calmanti, che sembravano non avere effetto.
La chemioterapia era iniziata da qualche ora e già il ragazzo sembrava stremato: lo avevano sedato per fare in modo che potesse riposare, ma anche nel sonno non sembrava volersi calmare.
Blaine era seduto accanto a lui e gli stringeva la mano, sospirando ogni volta che vedeva suo marito cercare in qualche modo di ribellarsi a quella leggera presa: non voleva lasciarlo solo e sperava solo che tutto passasse in fretta.
Il ragazzo sarebbe dovuto stare in ospedale un paio di giorni, per vedere se la chemio era sopportabile per il suo organismo, poi sarebbe tornato la settimana successiva per la seconda.
La cura non era certo iniziata nel migliore dei modi: non appena arrivato il ragazzo era stato preparato e fatto stendere sul lettino nel reparto, poi era stato collegato alla macchina e anche inizialmente tutto stava procedendo bene Kurt si era fatto prendere dall'ansia più totale, costringendo i medici a doverlo tranquillizzare.
Si era addormentato da poco, ma sembrava che dovesse durare ancora non a lungo, dato che il castano continuava a rigirarsi senza sosta nel lettino della stanza, sudando ed emettendo versi incomprensibili.
“Kurt...”
Blaine aveva intuito che il ragazzo dovesse essere tempestato da incubi, ma non riusciva a trovare un modo per poterlo calmare, sembrava una furia.
Era riuscito a convincere il suocero a prendersi un'ora libera, per non farlo stare in giro per l'ospedale, quindi si trovava da solo con il marito privo di coscienza.
Aveva tutto il tempo di pensare, anche se sapeva che non avrebbe dovuto: erano giorni che la paura non smetteva di tormentarlo, voleva solo che tutto quel dolore finisse una volta per tutte, che Kurt si rimettesse e che potessero tornare a vivere una vita normale, come avevano sempre fatto.
Si era tenuto per tutto quel tempo, perchè non voleva che nessuno potesse capire come stava realmente, doveva mantenere la forza anche per Kurt, non doveva farsi vedere debole di fronte a lui.
Si era ripromesso che non avrebbe versato lacrima che suo marito avesse potuto scorgere, si era giurato che sarebbe stato l'ancora del suo unico amore, la spalla sulla quale avrebbe potuto piangere e sfogarsi, la sua roccia in pratica.
Doveva ammettere, però, che vedere Kurt in quelle condizioni lo provava davvero molto, gli faceva stringere il cuore vedere il suo volto candido rigato dalle lacrime bollenti.
Era certo di non aver mai visto proprio marito talmente fragile e forte allo stesso tempo: era incredibile per lui vedere come Kurt riuscisse a rimanere in piedi anche al culmine del dolore.
Si asciugò una lacrima solitaria che era scesa dai suoi occhi, proprio in tempo affinché sentisse arrivare un'infermiera dalla stanza accanto, per assicurarsi che Kurt stesse bene.
“Signor Anderson?”
Il moro si voltò lentamente verso la figura femminile dietro di lui, cercando il contatto visivo con gli occhi scuri della giovane.
“Mi dica.”
La sua voce era debole e piatta, quasi priva di emozioni apparenti.
“Vedo che il calmante non ha avuto molto effetto su suo marito, vuole che gli venga iniettata un'altra dose?”
La ragazza sembrava molto gentile, si poteva leggere nei suoi occhioni una sincera preoccupazione per le condizioni di quel ragazzo.
Blaine sospirò appena, sapendo bene che sedarlo ancora non avrebbe dato molti risultati positivi; scosse semplicemente la testa, come risposta negativa.
“Se le serve qualcosa non si scomodi a venire da me.”
“Quanto manca alla fine della terapia?”
L'infermiera controllò la sua cartella clinica prima di rispondergli.
“Ancora un paio di ore, poi verrà riportato in reparto.”
Blaine annuì semplicemente, tornando a guardare il marito mentre sentiva la ragazza allontanarsi.
Bastò semplicemente un attimo; Kurt con un balzo si alzò di scatto a sedere lanciando un grido, iniziando a tremare e a respirare faticosamente. Il moro per fortuna era lì con lui e fu il primo a soccorrerlo, sedendosi accanto a lui e stringendolo istintivamente tra le braccia, come a dirgli che c'era lui lì.
“Kurt calmati, era solo un incubo.”
Il castano aveva gli occhi sbarrati e il cuore che batteva a mille, mentre cercava di normalizzare il respiro.
“Tranquillo amore, va tutto bene, ci sono io qua con te.”
Kurt annuì appena, posando la testa sul cuore del marito e cercando di far scomparire quella strana sensazione di pericolo dal suo cuore.

Rachel quella notte aveva dormito male a causa di forti dolori alla schiena, quindi la mattina aveva deciso di rimanere a letto più del previsto, mentre il compagno andava a lavoro.
Una dei suoi primi pensieri era stato, ovviamente, il suo amato amico e aveva mandato un messaggio a Blaine per sapere se fosse potuta andare il pomeriggio, una volta terminata la prima chemio, a trovarlo in ospedale.
La risposta era arrivata poco dopo, positiva.
La ragazza aveva passato due giorni cercando di metabolizzare la notizia, era stato un duro colpo per lei e sapere di poter perdere da un momento all'altro una delle persone più importanti della sua vita certo non migliorava la situazione.
Avrebbe fatto qualsiasi cosa per poterlo aiutare e sapeva che Blaine l'avrebbe certamente avvertita se ci fosse stato bisogno di qualunque cosa.
Decise che rimanendo a letto non avrebbe fatto nulla in tutta la giornata e si convinse ad alzarsi, per poi prepararsi e mettersi a cucinare qualche biscotto da portare all'amico in ospedale: non era certo una cuoca provetta, ma aveva imparato a fare qualcosa e ne andava fiera, in modo particolare dei suoi amati biscotti alle nocciole e cioccolato.
Sperava che il castano avrebbe apprezzato il gesto e ci stava mettendo tutto il cuore in quel momento.
“Andrà tutto bene, ricordatelo Rachel.”

“Toc Toc.”
Kurt e Blaine si voltarono all'unisono sentendo quella voce femminile proveniente dalla porta: era la loro amica.
Kurt sorrise teneramente e la invitò ad entrare in stanza, accomodandosi sulla poltrona.
“Ciao Rachel!”
La ragazza sorrise amorevolmente ad entrambi e andò subito ad abbracciare Kurt, mostrandogli poi la piccola confezione che aveva preparato.
“Cosa c'è qua dentro? Una piccola bomba?”
Kurt sorrise e Rachel lo guardò squadrandolo appena: certamente non perdeva mai il suo senso ironico.
“Non credo che sia in grado di sapere come si costruisce.”
La mora diede un'occhiata di fuoco anche a Blaine, che ridacchiava sotto i baffi.
“No, spiritosi tutti e due. Sono solo dei biscotti che ho fatto con tutto il mio immenso cuore per il povero Kurt, ma vedo che non sono apprezzati!”
“Suvvia, non fare la tragica!”
Il castano allungò le mani, sorridendo.
A Rachel strinse il cuore quella vista: le braccia di Kurt erano segnati dai lividi degli aghi e il suo volto era molto più pallido del solito, come se qualcosa di strano turbasse il suo animo, ma non riusciva a capire cosa.
Qualunque cosa fosse l'aveva notata anche Blaine, che non staccava gli occhi da suo marito per poter captare ogni minimo segnale di cambiamento.
“Grazie per essere qua, davvero.”
Kurt sorrise, tirandolo forse più di quanto avrebbe dovuto in realtà: inutile dire che quello strano incubo lo aveva veramente scosso.
 

Note dell'autrice:
Sono giorni che ho questo capitolo pronto, ma non osavo metterlo perchè sinceramente non mi piace, ma non so come migliorarlo senza stravolgerlo, quindi mi sono finalmente decisa.
Se avete qualche consisglio vi prego di aiutarmi, sono persa ultimamente.
Nonostante tutto spero che il capitolo piaccia, aspetto recensioni di ogni genere.
Ah e ovviamente a scuola ci hanno riempito di compiti, quindi temo che sarà rallentata, ye (?) *sospira*
Alla prossima, buona lettura, un bacio.

Giulia Pierucci

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Capitolo 15
*** 26 Settembre 2013 ***


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Capitolo 15 – 26 Settembre 2013

 

Kurt era stato dimesso dall'ospedale dopo un paio di giorni: aveva reagito abbastanza bene alla prima dose di chemioterapia e i medici avevano deciso che poteva tornare a casa e che la seconda l'avrebbe avuta un paio di settimane dopo, per dare tempo all'organismo di riprendersi da quel brusco cambiamento.
Il ragazzo quindi aveva deciso che avrebbe passato la giornata a riposare nel letto, sotto al calore del piumone.
Erano le nove di mattina, il sole filtrava fioco dalle tende della stanza da letto e il castano si trovava rannicchiato in un angolo del letto ad occhi chiusi, anche se era perfettamente sveglio: non aveva la minima intenzione però di alzarsi da quel letto per nessuna ragione al mondo.
I medici lo avevano avvertito che la chemioterapia lo avrebbe reso molto stanco fin dalla prima dose, ma Kurt non immaginava che la stanchezza potesse essere talmente tanta.
Sentiva che non aveva neanche più l'energia di alzarsi per fare colazione e si, forse stava un po' esagerando, ma il malumore certo non migliorava le cose.
Non sapeva neanche lui come, ma era riuscito a convincere Blaine a tornare a lavoro, giurandogli che lo avrebbe chiamato al minimo bisogno: Kurt però non voleva che la sua situazione potesse impedire al marito di lavorare, dato che avevano bisogno di soldi e poi era certo che se la potesse cavare benissimo da solo in casa. Aveva promesso al marito che non sarebbe uscito per nessun motivo e che non avrebbe fatto le faccende di casa, amava che Blaine fosse talmente dolce con lui, ma non voleva che fosse considerato come un bambino al quale si devono dare continuamente cure e attenzioni.
Era un uomo indipendente, aveva combattuto per essere e voleva essere forte abbastanza da combattere da solo la stanchezza e poter fare anche le minime cose, non voleva che la sua malattia lo bloccasse prima del previsto.
Aprì lentamente gli occhi e sbadigliò, cercando di uscire dal torpore piacevole del piumone per mettersi seduto sul materasso: fuori era freddo, considerando che stava per finire Dicembre e dopo pochi giorni sarebbe stato Natale.
Si stropicciò gli occhi e si guardò intorno, notando che sul suo comodino c'era un biglietto scritto a mano: era di Blaine, ovviamente.
-Buongiorno amore mio. Sul tavolo ti ho lasciato la colazione pronta, mentre nel microonde trovi il caffè da scaldare. Per qualsiasi cosa chiamami, torno a casa per l'ora di pranzo. Ti amo.
Tuo, Blaine.
-
Kurt sorrise: suo marito sapeva essere veramente molto dolce e romantico e doveva ammettere che ci sapeva proprio fare quando ci si impegnava.
Si alzò lentamente dal letto, indossando subito le sue ciabatte per non prendere freddo; si diresse verso il bagno per darsi una sciacquata, ma i suoi occhi fecero più attenzione del dovuto al riflesso nello specchio.
Un ragazzo pallido, con gli occhi segnati dalle occhiaie, i capelli in completo disordine e segni di aghi sulle braccia: sospirò pesantemente a quella vista, strizzando per un momento gli occhi, come se quello potesse essere tutto un sogno, un terribile sogno.
Scosse la testa e uscì dal bagno, per poi andare in cucina a fare colazione.
Si scaldò il caffè e si sedette a tavola per magiare, notando distrattamente la presenza di un secondo biglietto lasciato sul tavolo; lo prese addentando un biscotto al cioccolato e lo lesse, notando la calligrafia leggermente tremolante del marito.
-In salotto troverai una piccola sorpresa per te, ho pensato che potesse farti sorridere almeno un po'. A dopo Kurt, ti amo.
Blaine.
-
Il ragazzo lesse varie volte il bigliettino, sentendo la curiosità aumentare dentro di lui: Blaine era solito essere il ragazzo che faceva regali e sorprese, anche se Kurt gli aveva detto più volte espressamente che erano sposati e che non ce ne era più bisogno, ma il moro si ostinava tutte le volte a fare di testa sua.
Finì la sua colazione velocemente e, senza preoccuparsi per una volta di cambiarsi e sistemare la stanza da letto, si diresse verso il salotto per scoprire che cosa avesse avuto in mente quella volta quel pazzoide di suo marito.
Inizialmente il castano non vide niente: la sala era la stessa della sera prima, tutto era rigorosamente al suo posto e questo lo fece impensierire: che cosa si era inventato suo marito quella volta?
Era tentato di mandargli un messaggio, per capire che cosa stesse succedendo, ma sapeva che leggere il nome del castano sul display lo avrebbe fatto preoccupare e quella era l'ultima cosa che voleva.
Decise così di sedersi sul divano per aspettare che il marito tornasse e poter quindi chiedere spiegazioni.
Forse avrebbe potuto passare il tempo leggendo un po', oppure guardando la televisione; giusto per non passare l'intera mattinata inerme come un sacco di patate steso sul divano.
Si ricordò che aveva lasciato a mezzo un libro, “Il Gioco dell'Angelo” di Zafòn, quindi si alzò dal divano per recarsi alla libreria e prenderlo, quando la sua attenzione fu attirata da una piccola scatolina vicino alla televisione, una che era certo non esserci stata la sera precedente.
Si avvicinò e la prese, per verificare di che cosa si trattasse: notò sopra la calligrafia del marito e sorrise teneramente al pensiero che avesse così tanta premura nei suoi confronti.
Prima di tutto lesse il bigliettino attaccato alla confezione per cercare di capirci qualcosa.
-Ormai credo di conoscerti bene e so che saresti venuto qua per rilassarti un po'. Ti ho preparato questa piccola sorpresa e si, so che Natale non è ancora arrivato, ma sono certo che ti spunterà un sorriso.-
Aprì la scatolina e si trovò davanti un DVD con sopra scritto “Guardami”.
Non se lo fece ripetere e lo inserì nel lettore, andando poi a sedersi sul divano, già pregustandosi la sorpresa che lo aspettava, sempre più curioso.
Vide tremolare un paio di volte le immagini sulla TV, poi la prima schermata apparve davanti ai suoi occhi: era una schermata blu, dove c'era solo una scritta: 26 Settembre 2013 – Il nostro Inizio.
Kurt ci pensò un attimo, poi sorrise all'istante ricordandosi che cosa era successo quel giorno; chiuse gli occhi mentre le scene gli scorrevano nella memoria e sentiva partire le note di una canzone che lui conosceva fin troppo bene: All You Need is Love dei Beatles.

We met right here: I took this man's hand and I ran down that hallway. And for those that know me I'm not in the habit of taking peolpe's hand I've never met before, but I think that my soul knew something that my body and my mind didn't know yet. I knew that our hands were meant to hold each others, fearlessly and forever. Which is why it's never really felt like I've been getting to know you, it's always felt like I was remembering you from something.

 

Kurt sorrise, sentendo nella propria mente le parole esatte che il marito gli aveva rivolto sulle scale della Dalton durante la proposta di matrimonio.
A pensarci poteva ancora sentire il tremolio delle sue gambe mentre scendeva la scalinata della scuola e vedeva arrivare il suo ragazzo verso di lui, mentre l'unione di tre scuole faceva da dolcissimo sottofondo musicale.
Ricordava chiaramente lo sguardo innamorato del suo ragazzo mentre gli sorrideva e lo invitava con lo sguardo a fermarsi proprio nel punto dove si erano incontrati per la prima volta.
Doveva ammettere che si, si era messo a immaginare che il padre lo stesse portando lì per una proposta di matrimonio, ma non aveva previsto che Blaine avesse messo in atto tutto quel piano solo per chiedergli di sposarlo.
Erano passati anni, ma al solo pensarci sentiva ancora le lacrime scendere dai suoi occhi per tutta l'emozione di quella giornata.
Vedeva sullo schermo passare le immagini della loro storia, tutte le foto che si erano fatti da quando erano solo amici fino a qualche mese prima, Blaine le aveva raccolte e messe in quel video solo per lui, far parlo sorridere.
Kurt non riusciva a staccare gli occhi dallo schermo della TV, sorridendo come un ebete davanti a quella dolcissima sorpresa: non poteva credere che Blaine avesse organizzato tutto quello solo per lui, per potergli permettere di tornare a sorridere.
Se amava suo marito? Non riusciva neanche a capire quanto tanto era indicibile e indescrivibile. Poteva solamente ringraziarlo per non averlo mai abbandonato e per amarlo in quel modo, come neanche lui avrebbe immaginato essere possibile.
 

As if in every lifetime you and I have lived we've chosen to come back and find each other and fall in love all over again, over and over, for all eternity.
And I just fell so lucky that I found you so soon in this lifetime: because all I want to do, all I've ever wanted to do is spend my life loving you.


La canzone continuava e il castano continuava vedere le foto di loro che passavano sullo schermo: le foto del loro primo ballo, i musical scolastici, le foto che si erano mandati quando erano uno a Lima e l'altro a New York, foto stupide fatti nei momenti di noia. C'era tutto e Kurt non avrebbe potuto sentirsi più amato di quel momento.
Sorrise sempre di più, mentre qualche lacrima di commozione scendeva dai suoi occhi azzurri.
Si accarezzò istintivamente l'anello al dito e lo guardò per un attimo, rendendosi davvero conto che era sposato con Blaine: alle volte era solito soffermarsi su quel pensiero e sentirsi subito più leggero, più felice.
Non si accorse neanche, tanto era preso dalla semplicità e dalla bellezza del video, che la porta del ripostiglio dietro di lui si era aperta e che Blaine, il quale non era andato davvero a lavoro, ma si era nascosto per fargli quella sorpresa, si era avvicinato di soppiatto al divano del soggiorno per la parte finale della sorpresa.
Sullo schermo era stata trasmessa l'ultima foto, una che una ragazza aveva fatto alla proposta e adesso Kurt poteva leggere su uno schermo bianco una semplice parola: Voltati.
Il castano rimase qualche secondo interdetto, poi una voce del tutto familiare lo riportò alla realtà e lo costrinse a voltarsi.
Quindi, Kurt Hummel, mio incredibile amico, mio unico e vero amore...”
Kurt era senza parole: che cosa stava succedendo? Perchè Blaine era davanti a lui e non a lavoro?
Il castano lo guardò per chiedergli informazioni, ma potette vedere solo lo sguardo completamente innamorato e sorridente del marito che lo guardava senza togliergli gli occhi di dosso.
“Blaine...”
Il moro sorrise e gli tese le mani, stringendo forte quelle del marito.
Una semplice frase uscì dalle labbra del più piccolo, che aveva un dolcissimo sorriso stampato sulle labbra.
“Mi vuoi sposare, di nuovo?”
Kurt era senza parole, non sapeva che cosa stesse davvero succedendo e non riusciva a darsi spiegazione.
Scosse un paio di volte la testa e Blaine a quel punto capì che lo aveva preso completamente in contropiede, ma era proprio quello che voleva fare.
“Hai capito bene Kurt, voglio sposarti un'altra volta.”
Il castano credeva di non essere mia stato più confuso in vita sua: come Blaine voleva sposarlo per una seconda volta? Che stava passando nella testolina bacata del suo compagno.
“Tu sei completamente pazzo.”
Blaine annuì.
“Si, pazzo di te.”
A quelle parole il ragazzo con gli occhi color del cielo non potette che sciogliersi completamente, mentre Blaine si avvicinava per rubargli un leggero bacio a fior di labbra, prima di continuare.
“Abbiamo capito che la vita è breve e che non abbiamo tempo per i rimpianti. Ti ho già sposato e lo so, ma vorrei rinnovare i voti e non mi importa che siano passati solo un paio di anni. Ti amo Kurt, sei l'amore della mia vita e non posso neanche immaginare una vita senza te al mio fianco. Sei il mio tutto e per questo voglio urlarlo al mondo intero.”
Kurt era completamente senza parole, solo un groppo in gola che temeva si potesse trasformare in un pianto di gioia.
“Si.”
Un leggero sussurro.
“Cosa?”
Il moro non aveva neanche sentito quello che aveva risposto.
Kurt lo guardò fissò negli occhi e ripetette a voce più alta quella risposta che gli era venuta istintiva.
“Si, voglio sposarti una seconda volta Mr. Devon Anderson.”
Non diede tempo a nessuna risposta, si gettò tra le sue braccia e lo baciò sulle labbra, bacio che venne prontamente ricambiato.
Si, suo marito aveva ragione: la vita alle volte poteva essere veramente breve e perchè no allora? Se Blaine voleva un secondo matrimonio, questa volta solo per loro due, perchè non accontentarlo?
Infondo anche per lui Blaine era l'amore della sua vita e renderlo felice avrebbe reso felice pure se stesso.
“Ti amo, Blaine.”
In quel momento non si stava neanche chiedendo perchè fosse lì suo marito, ma si rendeva conto che era solo una domanda accessoria e che avrebbe potuto benissimo aspettare.
“Ti amo pure io.”
“Però ricordati che sei un completo pazzo.”
Blaine sorrise, prima di tornare sulle labbra del castano.
“Ripeto, pazzo di te.”

Note dell'autrice:
Salve a tutti ragazzuoli!
Quindi ieri è stato il terzo anniversario della proposta di matrimonio Klaine, che tra l'altro su Twitter abbiamo pure fatto andare in tendenza!
Come potevo non scriverci qualcosa? E quindi mi sono detta: Perchè no? Tanto un capitolo devo scriverlo e posso prendere due piccioni con una fava!
Abbiamo tanto bel Fluff in questo cosetto e non so se vi può piacere o meno, ma suvvia non possiamo sempre essere depressi su!
Spero che vi piaccia, che mi faccaite sapere se questo tocco dolce è stato di vostro gradimento o meno.
Io vi lascio, buona lettura e alla prossima!

Giulia Pierucci
 

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Capitolo 16
*** Il piano [Parte Prima] ***


 

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Capitolo 16 – Il piano [Parte Prima]

“Blaine?”
Rachel aveva appena aperto la porta, sentendo il campanello suonare; si era trovata davanti Blaine Anderson: capelli spettinati, viso accaldato e l'aria di uno che aveva fatto una immensa corsa.
La ragazza lo guardò inizialmente preoccupata, non aspettandosi tale visita e, spostandosi dalla porta, lo invitò ad entrare.
“Ciao Rachel, scusa per il disturbo, forse avrei dovuto chiamarti prima.”
Il ragazzo entrò grattandosi la nuca imbarazzato, in quella situazione si era scordato del tutto le buone maniere e aveva seguito il suo istinto.
“No tranquillo.”
Rachel gli fece cenno di sedersi sul divano, mettendosi anche lei stessa seduta sulla poltrona di fronte.
“Quale buon vento ti porta qua?”
Il moro non ci pensò neanche un attimo alla risposta da dare, fu come se le sue labbra si muovessero da sole, senza un contegno o un freno.
“Voglio farti una proposta, a te e a Jessie.”
Rachel lo guardò per un attimo interdetta, senza capire dove volesse andare a parare il suo amico: che cosa c'entravano lei e il suo fidanzato?
Pensò per qualche secondo, per poi notare una strana scintilla negli occhi del moro: c'era qualcosa di estremamente familiare in quegli occhi brillanti e caldi.
“Okay, vado a chiamarlo, è di là in camera.”
“Grazie.”
La castana si alzò dalla poltrona e si recò di là per chiamare il fidanzato, mentre Blaine ne approfittava per levarsi il giacchetto e pensare bene alle parole da dire in quella circostanza, dato che la proposta non era una cosa molto solita.
Sperava che non lo considerassero pazzo o completamente da rinchiudere in qualche clinica specializzata, ma sapeva che alla fine era una cosa realizzabile, con un po' di impegno.
Vide i due tornare in sala e, dopo che Jessie salutò Blaine con una stretta di mano, tutta l'attenzione era rivolta al ragazzo riccio.
Fu Jessie il primo a rompere il ghiaccio.
“Allora, come sta Kurt?”
“Non malissimo e questo è già qualcosa. La prima dose di chemioterapia lo ha spossato quasi del tutto, ma si sta riprendendo e domani mattina lo accompagno in ospedale per la seconda dose e spero che questa volta non sia così sconvolgente.”
“In questo momento dove è?”
“A casa con Burt, ha voluto passare un po' di tempo con lui: non so, ma quando sta male si trasforma in un bambino e richiede delle attenzioni extra.”
Rachel rise appena a quella affermazione: doveva ammettere che una volta aveva assistito a una piccola crisi di nervi del ragazzo quando vivevano assieme ed era stata dura gestirla.
“Immagino, ma avevi detto che eri qua per una proposta: di che cosa si tratta?”
Jessie guardò il moro con un nuovo interesse, cercando di cogliere qualsiasi cosa nella sua espressione.
“Parla Blaine, siamo tutti orecchie.”
Il diretto interessato prese un respiro profondo, cercando le parole giuste da dire per non essere preso per matto o con una idea completamente campata in aria.
“Tu, Rachel, hai detto che le tue analisi sono corrette, giusto?”
La ragazza annuì, senza sapere dove volesse andare a parare l'amico.
“Saresti ancora disposta a farci da madre surrogata?”
Lei sbattè le palpebre qualche volta, come per assicurarsi che non stesse sognando o non si stesse immaginando tutto, mentre Jessie aveva spalancato gli occhi, incredulo.
Blaine sapeva che si sarebbe dovuto aspettare una reazione del genere, non era certo una proposta che si riceveva tutti i giorni.
Lei guardò prima il moro, poi successivamente il suo ragazzo, come per care in lui una risposta.
“Credevo che con la malattia di Kurt...”
“Si, so cosa vuoi dire. Io però vorrei fare una sorpresa a mio marito. Devo iniziare con dirvi che ho chiesto a lui di sposarmi una seconda volta, una volta che la malattia sarà solo ricordo lontano.”
Jessie sorrise e Rachel sentì le lacrime pungere i suoi occhi per tutto il romanticismo del quale poteva godere il suo migliore amico.
“Avevo pensato di rivelargli la gravidanza all'altare, come personale regalo di nozze. Ovviamente tutto questo solo se siete d'accordo e mi sento in dovere di mettere in esplicito che pagherei io tutte le spese mediche: ho dei solidi messi da parte dati dai miei genitori per le nozze e sarei più che felice di spenderli in questo.”
Blaine parlò tutto d'un fiato, lasciando a bocca aperta i due: ammirevole era certo la sua determinazione nel mettere su quella famiglia con suo marito.
Rachel pensò giusto qualche secondo: aveva detto di sì una volta, perchè rifiutare quella volta?
“La mia risposta è sì, ti avevo già dato la mia parola la prima volta, l'hai pure questa volta.”
Il volto del moro si illuminò di gioia a quella risposta affermativa.
“Credo che sarebbe meglio, per non recare sospetti a Kurt, chiedere aiuto anche a Karofsky. L'unico problema è quello legale, dovremo riuscire a strappare a Kurt una firma sui documenti e credo che mi toccherà falsificare la firma. Spero non si arrabbi troppo quando lo verrà a scoprire.”
La ragazza ci pensò un attimo, poi pose la sua domanda.
“Quindi intendi utilizzare i tuoi geni e i miei?”
Blaine annuì, convinto.
“Non si arrabbierà vero il tuo maritino?”
Lui ridacchiò a quella affermazione e negò con la testa.
“Quindi siete con me?”
Jessie e la sua ragazza annuirono, andando poi ad abbracciare il loro amico.

“Siamo solo alla seconda dose, questo lo sappiamo tutti, ma il corpo del ragazzo sembra rispondere molto bene e dalle ultime analisi possiamo essere molto positivi che si rimetta del tutto entro massimo tre mesi. Il tumore è maligno, ma non di enormi dimensioni e se continuiamo così riusciremo senza dubbio a ridimensionarlo entro altre 4 dosi e poi basterà un mese e mezzo di antibiotici per poter parlare di remissione.”
Il medico sorrideva parlando con Burt, Carole e Blaine.
“Quindi si rimetterà presto?”
A prendere la parola era stato Blaine, con uno sguardo curioso negli occhi.
Il medico annuì.
“Si sta dimostrando un ragazzo molto più forte di quello che sembra, ha ottime probabilità per il momento.”
I tre si guardarono sorridendo, ringraziando ogni Santo per quello che si poteva benissimo considerare come un miracolo.
“Grazie dottore.”
L'uomo annuì e lasciò la camera, mentre Blaine tornava a sedersi sul brodo del letto, stringendo la mano del marito, apparentemente addormentato.
“Andrà tutto bene amore, ne sono certo.”
Burt guardava il moro con uno sguardo di comprensione e dolcezza, anche se aveva colto nel giovane uno strano comportamento, come se cercasse di nascondere qualcosa.
“Blaine?”
Il ragazzo si voltò verso il suocero, incrociando il suo sguardo.
“Dimmi.”
“Scusa la brutalità, ma: mi stai nascondendo qualcosa?”
Blaine lo guardò con aria inizialmente sbalordita, senza avere la minima idea di quello al quale stava cercando di arrivare Burt.
“Sei strano in questi giorni: c'è per caso qualcosa che vorresti dirmi?”
Il giovane pensò, quindi, che il marito non avesse detto ancora nulla a sua padre, per qualche ragione.
“Kurt non ti ha detto nulla di noi due?”
Burt scosse la testa.
“No, cosa mi avrebbe dovuto dire?”
Blaine sospirò.
“Abbiamo deciso di sposarci di nuovo, non appena Kurt starà meglio abbiamo intenzione di rionorare le promesse.”
L'uomo guardò il giovane sbalordito, quasi senza credere alle proprie orecchie; sorrise solo però, alzandosi per abbracciare il ragazzo e dare loro, per la seconda volta, la sua benedizione. I due si amavano e quello era visibile a tutti, quindi non ci vide nulla di male a volersi lasciare tutto alle spalle a quel modo.
“E' un'idea bellissima!”
Carole prese la parola, alzandosi pre lei per abbracciare Blaine, commossa per le dolci parole del ragazzo.
“Grazie, ovviamente non sarà una cosa in grande, magari una cerimonia semplice tra di noi.”
Inutile dire che, anche in quella rivelazione gioiosa, non potette sfuggire agli occhi di Burt uno strano luccichio negli occhi di Blaine e capì immediatamente che dietro c'era dell'altro, ma forse non aveva detto nulla perchè Kurt non avrebbe dovuto sapere nulla.
“Posso parlarti fuori un attimo?”
“Si, certo.”
I due si alzarono e uscirono dalla stanza, allontanandosi leggermente dalla porta, Burt iniziò a parlare poco dopo.
“Ho capito che ci stai nascondendo qualcosa, Kurt non deve sapere?”
Blaine annuì piano, un leggero rossore a colorargli le guance.
“Ho chiesto a Rachel di farmi da madre surrogata, in segreto...”
Burt spalancò gli occhi, incredulo.
“Cosa?”
“Ho dei soldi da parte, volevo fare una sorpresa a Kurt e allora...”
“Tu sei pazzo Blaine, completamente pazzo! Come credi sia possibile non fare scoprire nulla a mio figlio? Non è tanto stupido.”
Blaine si morse le labbra.
“Lo so, ma se sapesse si agiterebbe e l'ansia non fa bene alla sua salute. Io ci tengo davvero tanto ad avere questa famiglia con lui e...”
“Blaine calmo. Non ho detto che sono contrario; ho solo detto che fatto così, in furia, mi sembra una pazzia. Ti costa tanto aspettare che si sia rimesso del tutto?”
Negli occhi di Burt non c'era rimprovero, solo una leggera tristezza.
“Volevo fargli una sorpresa all'altare, ci tenevo davvero tanto.”
Il ragazzo abbassò gli occhi, sentendosi in colpa per non aver parlato pure con il suocero di tutta quella faccenda.
L'uomo pensò a quella faccenda per un paio di minuti: inutile dire che quando Blaine si metteva in testa una cosa niente e nessuno avrebbe potuto fargli cambiare idea e palese a tutti il grande amore che provava per suo figlio.
Cercare di fermarlo avrebbe peggiorato soltanto la situazione.
“Blaine?”
“Si?” Il giovane alzò appena lo sguardo.
“Per qualunque cosa in questa pazzia, conta pure su di me.”
Un sorriso immenso si aprì sul volto del più piccolo, mentre si avvicinava per stringere il suocero a sé.
“Grazie, grazie, grazie davvero.”
“Ti chiedo solo una cosa: parlane anche con Carole non appena siete soli e anche un'altra cosa.”
“Cosa?”
Il moro lo guardò curioso.
“Il nome di mio nipote voglio aiutare pure io a sceglierlo!”


Note dell'autrice:
Ciao ragazzi!
La scuola sta mettendo sotto, ma io sono qua per pubblicare anche questo 16esimo capitolo.
E' diviso in due parti perchè è lungo più o meno il doppio del solito: avrei potuto pubblicarlo tutto assieme, ma ho deciso di non stonare con gli altri e di allungarmi nella prossima Long che sto scrivendo e che poi pubblicherò.
Detto questo (?)
Voglio dedicare questa e la prossima parte ad una ragazza che sto imparando a conoscere in questi giorni e che sta capendo le mie immense turbe mentali.
Quindi, quando arriverai a questo punto della storia sappi che questo capitolo l'ho pubblicato il pomeriggio dopo allo sclero Virgiante (?)
Si, per te Francesca (aka Darriol_22), spero non ti deludano cara.
Auguro a tutti una buona lettura, spero mi facciate sapere che ne pensate!
Un bacione a tutti!

Giulia Pierucci

 

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Capitolo 17
*** Il piano [Parte Seconda] ***


 

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Capitolo 17 – Il piano – [Seconda Parte]

 

“Tu sei tutto pazzo a voler uscire con questo freddo, sappilo.”
Una Rachel totalmente infreddolita stava cercando di tenere il passo dietro a Blaine che, quasi senza darle retta, camminava spedito per le strade si New York.
“Non ti lamentare, non è poi talmente freddo oggi.”
La ragazza spalancò gli occhi.
“Non è poi talmente freddo oggi? Ma se ci sono i pinguini che ci stanno salutando!”
Blaine ridacchiò appena e si voltò verso l'amica infreddolita.
“Dopo ti pago una cioccolata calda, promesso.”
Lei sospirò.
“Sarà meglio per te.”
Rachel continuò a seguire il ragazzo, sfregandosi di tanto il tanto le mani tra di loro per cercare di riscaldarsi un po': certo New York non era la città conosciuta da tutti per il caldo tropicale, ma quel pomeriggio le temperature erano veramente basse.
La mora aveva deciso di accompagnare Blaine a fare una passeggiata, dopo essere stato tutta la mattinata in ospedale con Kurt aveva bisogno di sgranchirsi le gambe. Il castano sarebbe tornato a casa la sera stessa e Burt si era offerto di restare con lui il pomeriggio, insieme alla moglie Carole.
Blaine camminava a passo svelto, cercando di ignorare le raffiche gelate che a tratti gli colpivano il volto, aveva un pensiero fisso nella testa e cercava solo il momento giusto per esporlo alla ragazza.
Aveva deciso di passare un pomeriggio con lei per riprendersi dalla tristezza delle sale di ospedale e per poter mangiare qualcosa di decente che non fossero i soliti panini del bar al piano terra: non che non volesse stare con suo marito, anzi, ma aveva bisogno di fare due passi.
“Rachel?”
Improvvisamente si voltò verso la ragazza, incrociando i proprio occhi ambrati a quelli scuri di lei. La ragazza si fermo di istinto e inclinò leggermente la testa, facendogli cenno con la mano di andare avanti nel discorso.
“Ricordi che ti ho detto di voler chiedere aiuto a Karofsky, vero?”
Lei annuì.
“Temo che la mia ipotetica vicinanza a lui possa far insospettire Kurt, sai con tutto quello che abbiamo passato...”
Un leggero velo di paura si impossessò per qualche secondo degli occhi del ragazzo: l'ultima cosa che voleva in tutta la sua vita era far preoccupare inutilmente suo marito. Sapeva che Karofsky era l'unico che forse avrebbe potuto dare una mano al gruppo, ma l'idea che Kurt potesse sospettare di una possibile storia lo faceva stare male. Ci erano già passati e certo non erano stati dei bei mesi.
Rachel colse la preoccupazione negli occhi dell'amico, gli si avvicinò stringendogli la mano nella propria e gli sorrise nel modo più dolce che poteva.
“Non ti devi preoccupare di questo, se vuoi ci parlo io con lui e gli spiego che non deve far insospettire Kurt. Credo che l'unica cosa di cui tu debba avere cura adesso è tuo marito: non fargli mancare nulla e assicurati d esserci sempre per lui. Tutto il resto verrà di conseguenza, ne sono certa.”
Blaine si illuminò all'istante alle parole di Rachel e la abbracciò, ringraziandola per tutto quello che stava facendo per lui.
“Tu e Kurt siete una seconda famiglia per me e questo bambino ve lo meritate più di ogni altra cosa.”
Il moro sorrise ancora, continuando a tenerla per mano mentre ricominciava a camminare, dirigendosi verso il bar all'angolo della strada.
Rachel lo seguì, senza staccare la mano dalla sua, ma iniziò a passare gli occhi dalle mani incrociate al volto teneramente rilassato di Blaine e non potette fare a meno di interrompere il silenzio che si era creato tra loro con una battutina.
“Blaine?”
Il ragazzo si voltò verso di lei.
“Sì?”
“Fa tanto gay questa cosa.”
Il moro la guardò inizialmente senza parole, poi iniziò a ridere, accentuando il movimento delle mani unite e tentando di saltellare per le strade, cosa che fu prontamente repressa da una Rachel in preda alle risate.
“Fermo, ci prenderanno per deficienti!”
Blaine aveva deciso di prendere tutto come un gioco e iniziò a trascinarla più velocemente per la strada, fermandosi poi di botto davanti ad una vetrina.
La ragazza non capì: quella a cui erano fermi era una la vetrina di un negozio di animali e Blaine sembrava essere attratto da qualcosa in particolare.
“Rachel, guarda quel gattino, non è un amore?”
Blaine aveva messo gli occhi su un micio sul grigio che aveva la gabbietta davanti alla vetrina, sembrava non volergli levare gli occhi di dosso: era un gatto piccolo e con due occhioni quasi spauriti, il pelo sembrava molto morbido.
“Kurt ne andrebbe matto!”
La ragazza sospirò divertita: sapeva come era fatto il ragazzo e non gli avrebbe certo permesso di prendere quel micio così dal nulla.
“Si davvero carino, adesso però andiamo.”
“No aspetta, fammi entrare solo un attimo a dare un'occhiata.”
Lei lo guardò sospirando nuovamente: inutile dire che se Blaine si metteva in mente una cosa niente e nessuno poteva smuoverlo da essa.
“Blaine...”
“Sono un attimo dai!”
Neanche il tempo di finire la frase che il ragazzo era già entrato nel negozio e si era diretto al gattino, carezzandogli la testa e guardandolo come fosse l'animaletto più bello che avesse mai visto.
“Rachel dai, guarda questi occhioni!”
La ragazza rideva, quando ci si metteva era chiaro come il sole che Blaine si comportasse peggio dei bambini e qualcosa le diceva che ci sarebbero stati più di un minuto lì dentro e che forse non sarebbero neppure usciti a mani vuote.
Bhe, nei peggiori dei casi si disse che avrebbe convinto Jessie a prendere un coniglietto pure loro.

La sera stessa Blaine aveva deciso di rimanere a casa e preparare la cena per quando Burt avrebbe accompagnato a casa il figlio dall'ospedale.
Non era certo un cuoco provetto, ma se la sapeva cavare discretamente e non aveva problemi a cucinare qualcosa di buono per suo marito, che doveva rimettersi in forze.
Aveva apparecchiato accuratamente la tavola in modo semplice, ma senza far mancare un fiore bianco, più precisamente un giglio, al centro della tavola.
Aspettava con impazienza che il marito tornasse, buttando di tanto in tanto un occhio alla scatola in sala, grande e colorata; sorrise soddisfatto e si sedette su una sedia aspettando il ritorno di Kurt.
Sorrise immaginando il sorriso che sarebbe nato sul volto dell'amato una volta visto il bellissimo regalo che gli aveva fatto e non vedeva l'ora di vederlo varcare la soglia di casa per poterlo anche abbracciare forte a sé: erano stati divisi solo un pomeriggio, ma sembravano passati giorni per Blaine.
Mentre era immerso nei pensieri sentì la porta aprirsi e vide Carole e Burt entrare in casa, seguiti da un infreddolito Kurt coperto fino al collo da ogni sorta di abito immaginabile.
“Fuori sembra di stare al Polo Nord, veramente!”
Carole e Burt salutarono Blaine, poi si avviarono verso la stufetta per riscaldarsi un po'; il moro invece corse a stringere il marito tra le braccia, lasciandogli un bacio a fior di labbra.
“Hai le mani gelate!”
Kurt annuì e si strinse un attimo a Blaine, cercando il calore del corpo del ragazzo.
“Lo sai che potrei tranquillamente mantenere freddo qualsiasi cosa in inverno.”
Si levò il giacchetto e la sciarpa, per poi avvicinarsi anche lui alla stufa.
Nessuno dei tre sembrava essersi accorto della scatola in sala.
-Miao-
Dal nulla i tre arrivati sentirono uno strano rumore provenire dal salotto e si guardarono intorno per cercare di capire da dove provenisse tale rumore.
Kurt sgranò gli occhi non appena vide l'enorme scatola in sala: non si capacitava di come non avesse fatto a no essersene accorto immediatamente.
“Blaine, tesoro: che cosa c'è là dentro?”
Il moro sorrise entusiasta, cosa che fece aumentare ulteriormente la curiosità di Kurt.
“Un mio piccolo regalo per te.”
Burt e Carole si guardarono: loro non ne sapevano assolutamente nulla.
“Sei certo che non ci sia nulla di pericoloso?”
Kurt si avvicinò lentamente alla scatola, scrutandola attentamente per capire che cosa potesse contenere: non aveva molte idee in testa, sinceramente.
“Dai aprila!”
Quando fu vicino il moro non resistette più e iniziò ad incoraggiare il castano affinché l'aprisse; quest'ultimo rise piano per la furia tipica di un bambino del marito e aprì il coperchio della scatola.
Gli occhi azzurri si schiarirono ulteriormente e iniziarono a brillare di luce propria non appena quel piccolo e tenero gattino apparve alla vista di Kurt; non se lo fece ripetere due volte e subito lo prese in braccio iniziando ad accarezzarlo e cullarlo. Felicità. Ecco che cosa esprimevano i suoi occhi in quel momento, non si chiedeva neanche come avesse fatto a prenderlo così velocemente senza dirgli nulla. Era solo felice di quel regalo così tenero.
“Forse Natale è arrivato in anticipo quest'anno.”
Kurt si voltò e sorrise al marito, mentre i suoi genitori si guardavano senza parole.
“Ti piace?”
“Lo amo, davvero. Sono solo un po' sorpreso.”
Blaine sorrise e si avvicinò a Kurt per abbracciarlo delicatamente.
“Così non sarai mai da solo, anche se in casa non ci saremo io e tuo padre potrai restare con questo bel cucciolo.”
Accarezzò la testolina del gattino e baciò la tempia del marito.
“Brian, credo che lo chiamerò così.”
-Miao-
“Si, credo che gli piaccia.”
La famiglia quella sera fu troppo impegnata a fare le feste al nuovo arrivato e, per sbaglio, i biscotti furono dimenticati nel forno; solo il miagolio notturno di Brian verso il forno fece ricordare a Blaine cosa ci aveva dimenticato.


Note dell'autrice:
Buonasera a tutti ragazzi!
Sono in tarda lo so, ma finalmente ho finito questa cosuccia dopo alcune peripezie e rompimenti dalla scuola che si, stretta fin da subito.
Spero solo che vi piaccia, vorrei tanto sapere che ne pensate perchè mi sembra di stare navigando un po' a caso, senza apere se vi piace o meno come Long.
Per il resto nulla, buona lettura e buona notte.
Un bacio

Giulia Pierucci


 

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Capitolo 18
*** Buone notizie, finalmente ***


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Capitolo 18 – Buone notizie, finalmente

“Buongiorno cara!”
Un raggiante Blaine salutò Rachel, che lo aveva raggiunto davanti alla clinica, insieme a Jessie.
I tre si erano dati appuntamento per un consulto medico, per vedere se tutti avevano le carte in regola e se il dottore avrebbe acconsentito o meno alla fecondazione assistita.
Blaine si era presentato di buon'ora, con una ventina di minuti di anticipo, mentre i due fidanzati erano arrivati giusto in orario, ricambiando il saluto del ragazzo con un sorriso stampato in volto.
“Buongiorno Blaine!”
Rachel sorrideva a 32 denti, tremando leggermente per il clima non propriamente caldo: era felice e leggermente nervosa, non le piaceva fare le cose di nascosto da Kurt, ma sapeva di non poterlo caricare di altro stress.
“Andiamo allora?”
Blaine allungò la mano verso l'amica, trascinandola dentro: inutile dire che non vedeva l'ora di poter finalmente mettere la firma sui moduli per dare il via alla gravidanza e sapeva che non avrebbe mai ringraziato abbastanza Rachel per quello che stava facendo per lui e per suo marito.
Infatti, prima di entrare nella clinica le fece un immenso sorriso e le sussurrò appena qualcosa all'orecchio.
“Grazie mille, per tutto.”
La ragazza arrossì e abbracciò forte l'amico, sapendo che tutto quello lo avrebbe reso l'uomo più felice del mondo.
“Non dirlo neanche per scherzo, farei di tutto per vedervi felici.”
Strinse più forte la mano del moro, come per infondergli calore e insieme entrarono nella clinica, dove a breve un esperto li avrebbe raggiunti per un colloquio.
Si sedettero sulle sedie bianche e cerarono di non perdere la pazienza. Fu Jessie il primo ad interrompere il silenzio.
“Blaine, che cosa dirai di Kurt se chiederanno del secondo padre?”
La risposta del ragazzo fu repentina.
“Quasi la verità: che non è stato bene ultimamente e anche se adesso sta bene non ha ancora la forza per uscire.”
Odiava fare tutto quello di nascosto, odiava il timore che alla fine non avrebbe accettato tutto quello e che avrebbero potuto litigare per colpa sua, ma qualcosa dentro di lui gli diceva che sarebbe andato tutto bene, che non doveva farsi prendere da quei dubbi.
Rachel dovette quasi sentire quei suoi dubbi, perchè mise una mano sulla sua coscia come per infondergli la forza per continuare in quello che a breve avrebbero iniziato.
Quella ragazza aveva instaurato un legame molto profondo con entrambi i ragazzi e aveva imparato a riconoscere le loro paure e i loro dubbi solo dal loro comportamento. Non osava neanche immaginare una reazione negativa o violenta di Kurt a tutto quello: sapeva che anche lui voleva quella famiglia con tutto il suo cuore e anche se inizialmente sarebbe potuto rimanere spiazzato dalla situazione, poi la avrebbe accettata senza problemi e sarebbe rimasto entusiasta. Sembrava una pazzia, quello nessuno lo avrebbe messo in dubbio, ma la ragazza era certa che sarebbe andato tutto nel verso giusto.
“Rachel Berry?”
La voce di un uomo la destò dai suoi pensieri e riconobbe nel volto marcato il medico con il quale aveva preso appuntamento per il colloquio.
I tre si alzarono e lo seguirono fino allo studio, nel quale il medico disse loro di accomodarsi e di prendere la cartelle cliniche affinché le potesse controllare.
Rachel e Blaine fecero quello che era stato loro detto e passarono le loro cartelle cliniche al dottore, che prese da dentro i figli e iniziò a leggerli.
“Siete qua per un consiglio di fecondazione assistita, giusto?”
“Esattamente dottore, io sarei la madre surrogata e Blaine il donatore di sperma.”
La ragazza diede un veloce sguardo all'amico e al fidanzato, che annuirono entrambi.
“Spero siate a conoscenza che non è affatto una pratica economica e facile sul piano legale.
Blaine annuì, convinto.
“Lo sappiamo, ma abbiamo i soldi necessari e siamo legalmente in regola, non credo ci saranno problemi su quel piano.”
L'uomo lo guardò, per poi tornare alle cartelle.
“Lei sarebbe il padre?”
“Si, insieme a mio marito.”
“Capisco e dove sarebbe suo marito adesso?”
“Non è potuto venire per problemi di salute temporanei.”
I tre si guardarono mentre il medico continuava a leggere le varie analisi, non ci volle però monto perchè finisse di leggerle e le rimettesse nelle cartelline, restituendole ai sue proprietari.
“Le analisi sono tutte in regola, non ci sono complicazioni e non ci dovrebbero essere problemi a dare il via alla fecondazione assistita.”
Fu una semplicissima frase, ma in quel momento sembrava non esistere un suono più bello di quello per i tre, che si guardarono pieni di gioia.
“Dovete solo compilare questi moduli e poi richiamare per prendere appuntamento.”
“Grazie dottore, grazie, grazie.”
L'uomo sorrise ai tre ragazzi e, dopo aver stretto loro la mano li lasciò uscire.
Blaine, non appena fuori, si lasciò prendere dalla gioia, abbracciando con forza Rachel, sollevandola da terra di qualche centimetro, mentre Jessie osservava la scena con un tenero sorriso sulle labbra.
“Ce la stiamo facendo davvero! Ce la stiamo facendo davvero!”
Il moro non riusciva neanche a crederci, sentiva gli occhi inumidirsi per le lacrime, mentre Rachel aveva già iniziato a piangere di gioia.
Il sogno stava davvero per diventare realtà, quasi non ci potevano credere, ma stava davvero accadendo, stava davvero per diventare realtà e non poteva esserci niente di più bello in quel momento.
Blaine sognava quel momento da quasi tutta una vita e sapere che non ci sarebbe voluto molto e che il suo sogna era davvero realizzabile lo faceva camminare qualche metro sopra la terra.
Il momento di gioia fu come brutalmente disturbato dallo squillare del cellulare di Blaine, che ebbe uno strano presentimento non appena prese il telefono e vide il nome di suo suocero sullo schermo.
Rispose, mentre Rachel e Jessie lo guardavano incuriositi.
La voce di Burt rimbombò nel cellulare del moro.
“Blaine, ehi scusa il disturbo. Sono passato a casa vostra per vedere come stava mio figlio: lui però non mi apre e non risponde neanche al cellulare? Ti spiacerebbe venire a casa?”
Il moro rispose affermativamente e sentì un groppo di preoccupazione alla gola.
“Chi era?”
“Burt. Kurt sembra irraggiungibile.”
Jessie dovette avere lo stesso presentimento del ragazzo, perchè subito prese le chiavi dell'auto e invitò i due a salire per raggiungere in fretta il Loft.

Burt stava aspettando da circa dieci minuti, continuando a suonare il campanello del loft e a chiamare il figlio al cellulare: nulla, sembrava come scomparso nel nulla. Tutto ciò era molto strano e l'uomo si stava iniziando a preoccupare che potesse essergli successo qualcosa, solitamente Kurt rispondeva sempre alle chiamate del padre.
Per fortuna Blaine arrivò quasi subito, salutandolo in fretta e aprendo la porta con le chiavi, quasi correndo in casa alla ricerca del marito.
Cucina: niente.
Sala: niente.
Bagno: niente.
Il ragazzo aprì veloce la porta della stanza da letto, tirando un forte sospiro di sollievo: vide Kurt dormire beatamente nel letto, con le cuffiette nelle orecchie e il piccolo gattino acciambellato sulla sua pancia, dormiva tranquillamente anche lui.
“Mistero risolto Burt: si è addormentato con la musica e un dolce peso addosso, per fortuna.”
Burt sospirò, ricordandosi mentalmente di dover chiedere un doppione delle chiavi di casa e di ricordare anche al figlio che non si dorme con le cuffiette.
Blaine, che non aveva ancora smaltito la gioia, corse nel letto matrimoniale, scostando delicatamente Brian e abbracciando forte il marito, facendolo così svegliare senza alcun preavviso.
Il castano rimase molto interdetto da quella scena: suo marito che lo abbracciava con vigore, il padre, Rachel e Jessie sulla porta della stanza che lo guardavano sorridendo.
“M-Mi, mi sono perso forse qualcosa? Non ricordo che oggi sia il mio compleanno in realtà.”
Il moro ridacchiò appena, stringendo ancora più forte il corpicino del ragazzo, sussurrando appena nel suo orecchio.
“Non ti addormentare con le cuffie, hai fatto prendere un colpo a tuo padre.”
Il castano si mordicchiò appena le labbra, per poi cedere al calore delle braccia di suo marito.
Meow.
Il tutto fu interrotto dal miagolare del gattino, il quale si era svegliato di controvoglia per tutto il rumore che stavano facendo: il piccolo si era subito legato tantissimo al padrone di casa più grande e non passava minuto che non stesse letteralmente alle calcagna di Kurt, come un'ombra. Alle volte sembrava quasi geloso del fatto che Kurt avesse attenzioni anche per il marito e ci era mancato poco che Blaine non si prendesse un graffio per essersi avvicinato troppo al ragazzo castano.
“Scusa Brian!”
Tutti risero, ma il cellulare del castano iniziò a suonare: sembrava che quel giorno tutti i momenti dovessero essere interrotti dal suono di un telefonino.
Rachel lo prese e lo passò al proprietario che rispose subito.
“Pronto? Si, sono io. Si...si capisco. Dice sul serio? Oddio non ci posso credere...Si, si certo, ovviamente. No, non si preoccupi. Certo, verrò domani pomeriggio a ritirarle. Cielo...Si...Grazie, oddio grazie davvero.”
Quando chiuse la chiamata tutti poterono chiaramente vedere che delle lacrime avevano iniziato a scendere sulla sua pelle nivea, ma erano lacrime che non sembravano di tristezza, anzi.
Blaine, di istinto, strinse più forte a sé il ragazzo, incoraggiandolo a parlare.
“Era il dottore, dice che dalle ultime analisi il cancro sembra in remissione. Dice si tratti quasi di un miracolo, ma sembra che stia guarendo...”
Il gruppo si guardò per qualche istante in silenzio, per poi scoppiare in grida di gioie e Kurt si ritrovò letteralmente sommerso dai quattro, che si erano commossi insieme a lui.
Anche in quella calca, con Rachel e Jessie che urlavano che dovevano festeggiare la sera stessa e Burt che piangeva rumorosamente, Kurt potette sentire le labbra del marito che gli si poggiarono sul collo e la sua voce sussurrare nel suo orecchio.
“Ti amo, più di ogni altra cosa.”
Sorrise, tutto stava lentamente tornando al posto giusto, lo sentiva.


Note dell'autrice:
Mi dispiace per voi, ma si, sono viva e vegeta. Bhe, forse un po' morta per tutto lo stress che mi sta dando la scuola, ma almeno fisicamente viva e pronta mi rimettermi all'opera con questa cosa, che, buon per voi, sta arrivando quasi alla fine.
Non so chi abbia avuto il coraggio di seguirmi fino a qua, ma grazie, grazie davvero.
Mi scuso per il ritardo nell'aggiornamento, ma meglio tardi che mai, no?
Bhe, vi lascio direttamente.
Buona lettura, felice se mi faceste sapere qualcosa.
Un bacione e alla prossima

Giulia Pierucci
 

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Capitolo 19
*** Natale ***


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Capitolo 19 – Natale

Era la mattina di Natale e in casa Hummel-Anderson regnava il silenzio più totale: il piccolo Brian dormiva tranquillamente acciambellato sul fondo del letto e i due coniugi erano ancora sotto il caldo torpore del piumone, mentre una luce fioca entrava nella stanza da letto dando loro il buongiorno.
Blaine si era svegliato da poco e aveva preso il suo tempo per poter stare un po' nel silenzio del Loft per dedicarsi ad osservare suo marito: era beatamente accoccolato al materasso e dal piumone usciva solo la testa con il ciuffo di capelli ribelli; era un ragazzo molto freddoloso e spesso non aveva mai la minima intenzione di alzarsi dal letto.
Il moro allungò una mano per levargli dal volto la ciocca di capelli e poter vedere la sua espressione calma e serena nel sonno. Era molto tempo che non lo vedeva tranquillo, a causa di tutto quello che era successo in quel periodo, quindi vederlo in quelle condizioni gli riempiva il cuore di una tenerezza e di un amore infiniti.
Il peggio ormai era passato e davanti a loro c'era tutto il presagio di una felice vita in pace. Soltanto per pochi istanti si sentiva in colpa per aver falsificato la firma del marito per i documenti della fecondazione assistita, ma ci teneva veramente troppo a fare un regalo così grande a Kurt e non vedeva l'ora di vedere il suo volto una volta che gli avrebbe dato la magnifica notizia.
Aveva dato quei documenti a Rachel, intimandola di chiamare e il medico le aveva detto che poteva andare non appena finite le vacanze e non stava più nella pelle per l'emozione.
La data del matrimonio non era ancora stata decisa definitivamente, ma dato che non si prospettava nulla di eccessivo credevano che lo avrebbero festeggiato anch'esso poco dopo le vacanze.
Piano piano si allungò per baciare la tempia del marito, senza volerlo svegliare e senza voler svegliare neanche Brian, che sapeva essere un gatto irascibile di prima mattina.
Si alzò dal letto per dirigersi in bagno per darsi una sciacquata e poi in cucina per preparare la colazione e iniziare a preparare il pranzo: quel Natale sarebbero stati tutti a casa loro, Burt e Carole, i genitori di Blaine e anche Rachel e Jessie, che non potevano permettersi di tornare a Lima quella volta.
Non sarebbe stato nulla di troppo estroso, un semplice pranzo in famiglia e il moro non vedeva l'ora di rivedere finalmente i suoi genitori. Avevano viaggiato fino a New York da Westerville da qualche giorno e ne avevano approfittato per vedere un po' la città. Ovviamente sapevano di Kurt e anche loro non vedevano l'ora di poter stringere il figlio e suo marito per poter dare loro tutto il calore del quale avevano bisogno.
Blaine era allegro, l'aria natalizia lo faceva diventare felice e senza pensieri; preparò il caffè canticchiando Let it snow e lo mise in un vassoio con un piatto di biscotti, pronto per portarlo al marito per fare colazione insieme. Preparò anche una ciotola di latte per Brian che, nonostante facesse di tutto per tenerlo lontano da Kurt, era riuscito a farsi amare anche dal moro.
Entrò in camera da letto e subito fu aggredito dal piccolo gattino, che, avendo sentito l'odore della colazione, aveva iniziato a strusciarsi sulla gamba di Blaine facendo le fusa; il ragazzo ridacchiò appena e gli posò per terra la ciotola con il latte, carezzando il morbido pelo del gatto, poi andò a letto, iniziando a carezzare il volto del marito.
“Kurt, sveglia amore.”
Il ragazzo castano mugugnò qualcosa di incomprensibile al genere umano e si voltò dall'altra parte, facendo sorridere intenerito Blaine.
“Dai, Babbo Natale è passato anche da noi quest'anno e ci ha lasciato i regali.”
Il moro aveva un tono scherzoso, ma sapeva che in quelle circostanze era l'unico tono che si poteva usare con il marito.
Il batuffolo sotto le coperte, infatti, si mosse sbadigliando e si porto le mani a stropicciarsi il volto, borbottando qualcosa di appena più comprensibile all'orecchio umano.
“Siamo sicuri che non abbia rubato nulla? Ho una brutta esperienza con i Babbi Natale.”
Si, alla fine Kurt aveva deciso di raccontare al marito quello che era successo pochi anni prima con quel truffatore vestito da Babbo Natale e Blaine non sapeva se ridere o disperarsi a quel racconto.
“Puoi stare tranquillo, non ci ha rubato nulla!”
Kurt sospirò e finalmente decise di mettersi seduto sul letto, ricevendo il suo bacio di auguri da Blaine.
“Guarda, il tuo Babbo Natale di fiducia ti ha portato anche la colazione con i tuoi biscotti preferiti.”
“Peccato che diventerai davvero della stazza del nonnino dal costume rosso se continui a rimpinzarti di dolcetti.”
L'umorismo del ragazzo non lo abbandonava neanche di prima mattina e, anche se non lo avrebbe mai ammesso, era una delle cose che Blaine amava di più di lui.
Posò il vassoio con la colazione sulle gambe del ragazzo e si voltò verso il comodino per prendere una piccola scatolina e passarla al castano.
“Auguri, con tutto il cuore.”
Kurt sorrise e la prese, per poi scartarla curioso di sapere che cosa nascondeva al suo interno: amava il modo semplice e genuino di suo marito di fare regali, sempre in modo molto istintivo, ma sempre azzeccati per la circostanza.
Rimase quasi senza parole quando vide che cosa c'era nella scatola: era un cuore, fatto di cristallo, un semplicissimo cuore trasparente; il ragazzo sorrise al marito e stava per ringraziarlo, ma Blaine lo fermò.
“Aspetta, voglio prima dirti il senso del regalo. E' un cuore, perchè quest'anno volevo regalarti una cosa davvero speciale. Mi sono scervellato davvero tanto, ma nulla sembrava quello adatto. Alla fine però ho capito: un cuore, si dovevo regalarti il mio cuore. In questo ultimo periodo ho avuto davvero molta paura di perderti e il timore di poter passare una vita senza di te mi logorava da dentro. Non volevo dirti addio, non ero pronto e non so se lo sarò mai, perchè ogni attimo passato con te è importante e credo che non ne avrò mai abbastanza della tua presenza. Vorrei averti con me per l'eternità e sono sicuro che non mi stancherei mai di amarti. Quello che ti dissi nella proposta di matrimonio, che volevo passare ogni giorno della mia via amandoti, è la più semplice verità e non la cambierei mai per nessuna cosa al mondo. Quindi accetta il mio cuore, accetta tutto l'amore che provo per te e accetta anche tutti i miei difetti, perchè sarà con te che potrò migliorarli e diventare quello che sarà degno di passare tutta la sua vita al tuo fianco.”
Le parole che uscivano dalla bocca di Blaine era come di un amore che raramente aveva messo in mostra, un amore puro e delicato, uno di quelli che ti riempie il cuore e ti attanaglia lo stomaco.
Kurt non sapeva che cosa dire: lo guardava con occhi lucidi, come uno che è sul punto di piangere, ma non aveva la minima intenzione di piangere. Era emozionato, non credeva alle parole che gli erano state dette e in un secondo il regalo che aveva in mano scomparve, la colazione scomparve e anche il mondo intero, c'erano solo lui e Blaine e non se lo fece ripetere due volte prima di gettarsi tra le braccia del marito e rimanere per quasi dieci minuti al petto dell'uomo senza dire nulla, solo con un sorriso immenso sulle labbra.
“Ti amo da morire, grazie.”
Blaine sorrise e lo strinse ancora un po' di più: sapeva che Kurt non era un ragazzo che si stupiva facilmente, ma era certo di avere fatto completamente centro quella volta: ci aveva messo quasi un mese per scegliere il regalo, aveva girato decine e decine di negozi, ma quella alla fine gli era sembrata la scelta più semplice e quella più giusta.
“Anche io ti ho fatto un regalo, non certo alla tua altezza, ma comunque un regalo!”
Si alzò dal letto e torno dopo poco con un pacchetto tra le mani, che subito Blaine aprì in preda alla curiosità. Estrasse un libro, un semplicissimo libro con la copertina a tinta unita blu scuro; lo aprì e un tenero sorriso solcò le sue labbra. Dentro nelle pagine regnava sovrana la calligrafia leggera e semplice di Kurt, che pagina dopo pagina aveva riempito il libro con delle poesie e dei pensieri dedicati tutti a suo marito.
“E' qualche mese che ci lavoro, sai che ho sempre amato la scrittura e voglio che sia tu il primo a leggere i frutti della mia testolina.”
“Grazie, lo amo.”
I due si scambiarono un bacio a fior di labbra e restarono in silenzio per qualche secondo, prima di sentire un miagolio familiare provenire dal fondo del letto: Brian, ovviamente, stava richiedendo la propria dose di coccole e attenzioni.
La giornata si potette definire “Classica”: tutti si riunirono a tavola a pranzo, potendo apprezzare i notevoli miglioramenti dei coniugi Hummel-Anderson ai fornelli, tutti si scambiarono i regali e parlarono di tutto, in un clima di festa e, soprattutto, di famiglia.
Non c'erano discorsi tristi, neanche paure o preoccupazione: erano il ritratto di una famiglia felice e serena, che vuole solo godersi il natale in compagnia.
Blaine e Rachel alle volte si scambiavano occhiate loquaci, ma sempre cercando di non dare troppo nell'occhio, perchè Kurt non doveva accorgersi di nulla.
Solo quando si trovarono da soli in cucina Rachel si avvicinò al ragazzo e gli disse qualcosa all'orecchio, sottovoce.
“Il medico mi ha chiamata l'altro giorno e mi ha detto di andare il dieci gennaio per l'inseminazione, se per noi va bene.”
A Blaine in quel momento gli si illuminarono gli occhi e annuì soddisfatto, baciandole la guancia.
“Perfetto, noi il matrimonio pensavamo i farlo verso il venti Gennaio, quindi sarebbe davvero stupendo e cadrebbe a pennello.”
“Sei ancora sicuro che Kurt non debba saperlo prima?”
Blaine annuì, convinto.
“Certissimo, come mai nella vita. Sai Rachel, sento che la fortuna questa volta sta proprio girando dalla nostra parte.”
I due si sorrisero e tornarono in sala con il dolce.

Note dell'autrice:
Ma ciao ragazzi!
Ebbene si, sono ancora viva e finalmente la scuola mi permette un giorno di pausa per poter pubblicare questo capitolo a tema Natalizio.
E' una delle mie feste preferite e non vedevo l'ora di scriverlo.
Come avete notato mi sono soffermata sulla mattina e lo scambio dei regali, scena che mi immaginavo già da tempo.
Spero che sia stata davvero di vostro gradimento!
Bhe, non ho molto da dire, solo che spero mi sopportiate con questi aggiornamenti a singhiozzo, ma la scuola mi sta massacrando!
Null'altro da dire? Solo che mi farebbe davvero piacere se mi faceste sapere che cosa ne pensate.
Detto questo, un grande bacione e alla prossima!

Giulia Pierucci
 

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Capitolo 20
*** Ansia, troppa ansia ***


 

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Capitolo 20 – Ansia, troppa ansia.

“No, no, no, no! Non va bene niente, niente!”
Kurt era in piedi di fronte ad un enorme specchio in un negozio di abiti da cerimonia e stava letteralmente dando di matto: il vestito che aveva scelto una settimana prima per il matrimonio sembrava non andare più bene e la sua pazienza era inferiore a zero.
La commessa lo guardava con una punta di strana comprensione: alla fine anche lei era stata una sposa e poteva capire perfettamente come si dovesse sentire in quel momento il ragazzo.
Kurt continuava a guardarsi allo specchio e ad elencare tutti i difetti che poteva scorgere in quella immagine.
“Il colore sembra diverso. Sicuri che l'orlo sia fatto bene? Non è che mi ingrassa? Piacerà a Blaine quando mi vedrà?”
Come stava il ragazzo in realtà? Benissimo: il completo blu scuro gli stava alla perfezione, fasciandolo nei punti giusti e gli dava un'aria matura. Sotto alla giacca indossava una semplice camicia bianca e una cravatta blu come il completo. Era semplice, ma molto elegante e la commessa non poteva immaginarlo con un abito più perfetto per lui, ma si sa: il matrimonio può dare alla testa e farla annegare completamente.
Kurt si appuntò mentalmente di ringraziare Brittany che lo aveva convinto a sposarsi all'improvviso, perchè sapeva che non sarebbe riuscito a stare calmo con tutti i preparativi del matrimonio sulle sue spalle. Era un ragazzo la cui idea per certi aspetti poteva cambiare in un battito di ali di una farfalla e poterlo convincere del tutto era quasi impossibile.
Insieme a lui c'era Carole, che lo guardava come la più premurosa delle madri: per lei era semplicemente stupendo e non poteva capire da cosa venissero tutti quei dubbi.
“Kurt?”
Il ragazzo si voltò verso la donna, osservandola.
“Dimmi.”
“Smettila di complicarti le cose, sei bellissimo così.”
Il moro sospirò pesantemente, tornando a guadarsi allo specchio, facendo per la millesima volta mente locale di tutti i difetti che poteva contare.
“Non è la prima volta che ti sposi e sono certa che Blaine ti ha visto conciato molto peggio di così!”
Carole sorrideva, cercando di persuaderlo con le parole più carine che riusciva a trovare.
“Si, questo è vero, ma è comunque un giorno importante e non voglio che niente sia sbagliato.”
“Ne avete passate tante, non credo che uno stupido abito possa influire su quello che provate l'uno per l'altro.”
Kurt guardò la donna accanto a lui e ci pensò per un attimo: si, quello che diceva era giusto, ma lui ci teneva davvero moltissimo ad essere in splendida forma.
“Carole? Sai se Blaine ha già preso il vestito?”
Se Carole lo sapeva? Certamente, era stata lei una delle prima a vederlo quel giorno quando il moro era entrato in casa con aria sognante qualche giorno prima e le aveva sventolato davanti l'elegantissimo abito bordeaux scelto giusto per il matrimonio. Lei non si era potuta non far scappare un sospiro sognate quando lo aveva visto uscire dal bagno con il completo addosso, potendo solamente constatare che le sembrava di essere di fronte alla visione di un principe uscito dal mondo delle fiabe.
“Si, ma sappi che non ti dirò niente a riguardo.”
Kurt fece un'espressione buffa, ma sapeva che non sarebbe riuscito a ricavar alcuna informazione utile da quella donna.
Pensò ancora un paio di minuti, senza staccare gli occhi dalla propria immagine riflessa nello specchio, poi prese parte del proprio coraggio e si voltò verso la commessa, sorridendole.
“Okay, va bene così!”
La ragazza sorrise, felice che avesse finalmente concluso la sua scelta e lo aiuto a levarsi la giacca, per poi indicargli il suo camerino dove si sarebbe potuto cambiare gli abiti.
“Lo viene a ritirare il giorno del matrimonio o lo prende adesso?”
“Il giorno del matrimonio, mi piace mio marito non lo veda prima della cerimonia.”
La commessa guardò il ragazzo con aria stranita: marito?
Kurt sembrò leggerle nel pensiero, perchè ridacchiò piano prima di sparire nel camerino.
“E' una lunga, lunga storia.”

“Non ce la faccio, sono troppo in ansia.”
Rachel continuava camminare senza sosta avanti e indietro per tutta la sala d'attesa della clinica, cambiando verso di marcia ogni volta che arrivava alla fine della lunga fila di sedie attaccate alla parete.
Blaine e Jessie la guardavano con la coda dell'occhio, sapendo di poter fare ben poco per poterla calmare: era finalmente arrivato il pomeriggio dell'inseminazione e la ragazza era in preda all'ansia. Sperava con tutto il suo cuore che filasse liscio e che non ci fossero controversie e complicazioni.
Blaine cercava di smorzare la tensione ascoltando un po' di musica, ma aveva in corpo la stessa identica tensione di Jessie e Rachel: voleva davvero riuscire a mettere su famiglia, ma non voleva che la ragazza sentisse tutta la tensione sulle sue spalle, non voleva che se qualcosa fosse andata male lei si prendesse tutta la colpa.
“Rachel?”
Niente, la ragazza continuava camminare imperterrita avanti e indietro, senza sentire nemmeno la voce del suo ragazzo che la chiamava.
“Rachel?”
Ancora nulla, sembrava quasi essere sorda. Jessie sospirò e si alzò, prendendola per un braccio delicatamente.
“Rachel ferma, ehi.”
La ragazza finalmente si fermò e guardò Jessie negli occhi, per poi passare lo sguardo alla figura di Blaine.
“Scusate, ma l'ansia mi sta logorando.”
Blaine le sorrise delicatamente e si alzò per cingerla tra le braccia, sussurrandole all'orecchio come ad una bambina.
“Andrà tutto bene, non ti preoccupare.”
Lei sorrise appena, stringendosi nel caldo abbraccio dell'amico e tenendo la mano del fidanzato.
“Berry?”
La voce del medico li scosse da quel momento e la castana alzò lo sguardo, incontrando quello del dottore, che le sorrideva calorosamente.
“Se è pronta è arrivato il suo momento.”
Jessie le strinse più forte la mano per infonderle coraggio e la guardò con decisione.
“Possono entrare tutti e due, vero?”
Il medico annuì e i tre scomparvero nella stanza per iniziare la procedura, con un piccolo peso nel cuore che sperava di scomparire il prima possibile.
Non sarebbe stata una cosa particolarmente lunga, il tutto si sarebbe svolto nel giro di una mezz'oretta e Rachel non avrebbe sentito altro che un lieve fastidio.
Ma la vera prova sarebbero stati i successivi tre giorni, durante i quali non avrebbero saputo se erano riusciti a portare a termine correttamente l'inseminazione e non potevano essere più stressanti.
I tre avevano concordato con il medico che contattasse Rachel tre giorni dopo per i risultati e nel mentre con Kurt cercavano di comportarsi come sempre, cercando di non dare nell'occhio e non creare sospetti.
Per Blaine fu particolarmente difficile, ma si auto impose di non dare di matto e di mantenere il più possibile lo stesso comportamento di sempre. Kurt sapeva essere molto furbo e accorgersi del minimo cambiamento nel comportamento del marito, ma fortunatamente sembrava essere troppo preso dai piccoli preparativi del matrimonio per renderci conto dell'aria inquieta del più piccolo e anche se l'avesse notata l'avrebbe sicuramente scambiata per ansia prematrimoniale, anche se era la seconda volta.
Passarono molto lentamente quei giorni e nell'aria si poteva cogliere chiaramente molta tensione, ma cercavano di non pensarci, oppure di pensare sempre per il meglio, non potevano permettersi di pensare in maniera negativa.
La risposta arrivò a casa Hummel-Anderson esattamente tra giorni dopo, come previsto, mentre Kurt stava finendo di preparare il pranzo e Blaine si stava assicurando che il piccolo locale scelto per il ricevimento avesse preso il numero di persone corretto.
Il cellulare di Blaine si illuminò, era un messaggio di Rachel.
-Appena puoi chiamami, ho i risultati dell'inseminazione.-


Note dell'autrice:
Ciao a tutti ragazzi, buonasera!
Bene bene, iniziamo con una bellissima notiza per voi: il prossimo sarà il capitolo conclusivo di questa storiella, così almeno la smetto di rompere con questa cosa.
Ma potete benissimo temere, perchè ho pronta un'altra Long, quindi mi dispiace per voi.
Comunque (?)
Spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento e sapete che mi farebbe piacere se mi faceste sapere che cosa ne pensate.
Per il resto nulla, direi che ci sentiamo al prossimo capitolo con le conclusioni.
Buonanotte, baci.

Giulia Pierucci
 

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Capitolo 21
*** Luce di un nuovo giorno ***


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Capitolo 21 - Luce di un nuovo giorno

Mattina del 17 Gennaio. Dieci di mattina. Raggi di sole che irradiavano la stanza ben curata in una stanza di non lontana dal Loft dove i coniugi Hummel-Anderson vivevano. Kurt si era svegliato da poco ed era rimasto nel letto avvolto dalle calde lenzuola, sospirando pesantemente non appena la sveglia lo aveva destano dal suo sonno leggero.
Aveva spento la sveglia ed era rimasto qualche secondo a fissare il soffitto senza dire una parola, senza muovere neanche un muscolo.
Non era il suo letto quello e, già come si era aspettato, non aveva dormito molto bene, unendo il tutto ad una buona dose di agitazione che non credeva possibile.
Insomma, si era già sposato e non avrebbe mai immaginato che lo stress pre matrimoniale potesse arrivare a certi limiti; si era trovato più volte in quei giorni a ringraziare mentalmente quella pazza di Sue e le Brittana ad aver costretto lui e Blaine a sposarsi a sorpresa, così avevano risparmiato loro tutta quella ansia.
Quella sarebbe stata la seconda volta che i due coniugi avrebbero detto sì davanti ad un giudice di pace e in cuor suo voleva che tutto fosse perfetto, che nulla fosse fuori posto.
Così come la tradizione voleva i due non avevano dormito assieme la notte prima della cerimonia: Blaine era rimasto a dormire nel Loft, mentre Burt aveva pagato a Kurt una stanza d'hotel per fare in modo che non si vedessero ne la notte prima ne il giorno stesso della cerimonia.
Suo padre era stato molto generoso, ma non aveva pensato che Kurt era molto sensibile e che non dormiva bene su ogni materasso, infatti ci aveva messo due settimane di ricerche prima di trovare quello giusto da mettere nella propria stanza.
Il castano chiuse gli occhi per qualche secondo e cercò di rilassarsi, ma neanche due minuti dopo fu bruscamente riportato alla realtà da qualcuno che stava bussando alla porta: doveva essere suo padre, come minimo.
Non aveva molta voglia di alzarsi dal letto, ma sapeva che il bussare non si sarebbe fermato, così sbuffò piano e si alzò di malavoglia dal letto, per andare ad aprire la porta.
“Colazione in camera per Kurt Hummel!”
Il castano sbattè più volte gli occhi, senza credere a quello che vedeva: davanti a lui c'era Rachel con un enorme vassoio in mano e un sorriso immenso che le scorreva da un orecchio all'altro.
“Buongiorno sposino!”
Era allegra, fin troppo allegra a quell'ora per Kurt, che, nonostante tutto, la lasciò entrare.
“Buongiorno Rachel.”
Le diede un bacio sulla guancia e le fece spazio sul comodino per posare il vassoio con la colazione che aveva preso dal bar dell'hotel, guardandola poi con un sorriso.
“Come ti senti, Kurt?”
“Nervoso, ma credo che sia normale.”
Rachel annuì e continuò a saltellare per la stanza, eccitata per la giornata: Kurt la guardava, non capendo come facesse ad essere così attiva tutto il giorno, doveva prendere qualcosa, senza dubbio.
“Eri ancora solo?”
Lui annuì.
“Si, mio padre dovrebbe arrivare insieme a Carole verso mezzogiorno, il matrimonio tanto è alle cinque, abbiamo tutto il tempo.”
La ragazza sorrise soddisfatta: quello voleva dire che aveva ancora un paio di ore da passare in tutta tranquillità con il suo migliore amico, non avendo la minima intenzione di lasciare molto presto quella camera di hotel.
“Perfetto, questo vuol dire che adesso facciamo colazione insieme e poi chiacchieriamo un po', come facevamo al liceo.”
Kurt sorrise scuotendo la testa: forse gli doleva un po' ammetterlo, ma amava il modo di fare della sua amica in quelle circostanze, sapeva sempre essere presente e far nascere un sorriso sul volto del ragazzo.
“Grazie mille, tanto so che rimarresti qua anche se ti dicessi di no.”
Rachel annuì ridendo: si, aveva fatto colpo, assolutamente.
I due si sedettero sul letto e iniziarono a parlare del più e del meno, in modo molto specifico del matrimonio, ma a Kurt non potette scappare un particolare: Rachel sembrava strana, come se gli stesse cercando di nascondere qualcosa in ogni modo, cercando di apparire naturale. Erano migliori amici, lui capiva se c'era qualcosa che non andava in lei e quello sicuramente era uno di quei momenti. Non sapeva, però, se stare zitto oppure dirle quello che pensava. Alla fine decise di non dirle nulla, perchè sapeva che se fosse stato qualcosa di grave lei glielo avrebbe detto senza alcun problema, erano così: non ci dovevano essere segreti tra di loro e tutti e due sapevano rispettare quel patto. Per Kurt alle volte era più difficile perchè non voleva apparire come un ragazzo insicuro, ma alla fine cedeva sempre agli occhioni da cerbiatta della mora e le raccontava quello che non andava.
Rachel dal canto suo cercava di apparire il più normale possibile, senza dare a vedere che dentro di lei c'era un'ansia che non aveva eguali e che cercava di uscire in ogni modo possibile. Doveva pazientare ancora qualche ora però, non poteva permettersi di rivelare tutto in quel momento. Ce l'avrebbe fatta, se lo era imposta.
Le due ore passarono veloci, durante le quali i due amici rimasero comodamente seduti sul letto a parlare e a fare colazione, mentre il tempo sembrava essere tornato indietro fino alle serate dell'ultimo anno di liceo passate insieme a spettegolare e a fare progetti per il futuro.
Bussarono di nuovo alla porta a mezzogiorno e dieci e quella volta erano davvero Burt e Carole che avevano portato il vestito dalla lavanderia ed erano pronti ad iniziare a preparare lo sposo, sistemandogli l'abito e i capelli.


La mattina di Blaine era stata molto tranquilla, il ragazzo era stato svegliato verso le undici dal dolce suono della voce di sua madre che era entrata nella stanza urlando di svegliarsi se non voleva fare tardi al suo stesso matrimonio. Il moro sbadigliò rumorosamente, portandosi il cuscino sulla faccia per non essere investito dai raggi del sole, dato che, in modo molto gentile, sua madre aveva aperto la finestra della camera lasciando che il sole la invadesse del tutto.
“Alzati, dormiglione!”
Blaine mugugnò qualcosa, cercando di mettere insieme i pezzi di quello che stava succedendo, ma suo madre lo precedette.
“Matrimonio. Kurt. Pomeriggio. Sposo.”
Il moro ridacchiò appena e annuì, alzandosi finalmente dal letto per dirigersi verso il bagno.
“Lo so mamma, grazie per avermelo comunque ricordato.”
La donna lo guardò di sbieco mentre continuava a sistemare il soggiorno.
Lui se la era presa molto comoda, decidendo di dormire un po' di più per non apparire uno zombie durante la cerimonia: la sua testa era colma di mille pensieri e non riusciva a trattenere un sorriso s 32 denti qualsiasi cosa facesse e sapeva perfettamente che quello non era dovuto solo al matrimonio imminente.
“Tesoro devi dirmi qualcosa? Sei strano in questi ultimi giorni?”
Il ragazzo si voltò verso la madre, che nel mentre continuava a sistemare il divano, pensò bene prima di rispondere.
“Si, credo sia solo un po' di ansia, normale no?”
“Ti sei già sposato una volta, ma forse si. Sicuro che non devi dirmi nulla?”
“Sicurissimo!”
Il moro sospirò appena e tornò in bagno: no, non avrebbe detto nulla fino alla cerimonia, costasse quel che costasse.
“Mamma io vado a farmi una doccia, se arriva Jessie fallo accomodare e digli che arrivo subito!”
“Va bene, ma muoviti!”
Il ragazzo dagli occhi nocciola annuì e si chiuse la porta del bagno alle spalle, per poi entrare in doccia.

 

 

“Fiori? Ci sono. Musica? C'è. Decorazioni? Okay.”
I genitori degli sposi erano già nella stanza della cerimonia e stavano controllando che tutto fosse in ordine. Non era una stanza particolarmente lussuosa, ma accogliente e luminosa e i due coniugi avevano pensato che fosse perfetta per quella giornata così intima e speciale.
Erano le quattro e mezzo e i primi invitati iniziavano ad arrivare e a prendere posto sulle sedie decorate con eleganti fiocchi bianchi e azzurri, mancava poco e l'atmosfera di festa era già percepibile nell'aria. Gli sposi si trovavano in due stanze separate rispettivamente con i loro testimoni di nozze: Jessie e Sam per Blaine e Rachel e Mercedez per Kurt.
Avevano invitato i parenti dei due ragazzi e i loro amici di Lima, incluso il professore Shuester e addirittura un posto era stato riservato a Sue, che alla fine aveva fatto in modo che i due si ritrovassero e si sposassero per la prima volta.
Mancavano pochi minuti e nelle due stanze i testimoni stavano finendo di sistemare i capelli e gli abiti dei due ragazzi, prima che essi facessero il loro ingresso nella stanza per la cerimonia.
Non sarebbe stato nulla di eccessivamente lungo, molto tempo era preso dalle loro promesse, che quella volta avevano deciso di fare per bene e ci sarebbe stata tanta musica.
Le prime note partirono alle cinque in punto, segno che i due sposi dovevano entrare. Presero tutti e due un respiro profondo e aprirono la porta delle camere, facendo il loro ingresso nella stanza accompagnati dai loro testimoni.


“Evviva gli sposi!”
Grida di gioia si levarono dalla stanza del ricevimento non appena i due ragazzi entrarono dalla porta e furono subito assaliti da amici e parenti per fare loro gli auguri e le congratulazioni.
Kurt e Blaine si tenevano la mano e sorridevano calorosamente a tutti gli invitati presenti, ringraziandoli della loro presenza.
Rachel guardava i due con un sorriso immenso sul volto, ma anche con una nota d'ansia mentre stringeva la mano del suo ragazzo, che era sempre accanto a lei per supportarla.
“Rachel calmati, vedrai che andrà tutto bene, non ti devi preoccupare.”
La ragazza si voltò per guardare il suo ragazzo e annuì piano cercando di convincersi a propria volta che non aveva niente di cui preoccuparsi e che nulla sarebbe andato storto.
“Dici che come prima cosa chiederanno il classico discorso dei testimoni?”
Jessie ci pensò un attimo, in effetti non sapeva come sarebbero andate le cose, Blaine gli aveva solo detto di non preoccuparsi, che avrebbe pensato lui ai dettagli.
“Non lo so, ma credo che Blaine abbia in mente qualcosa.”
“Ho paura di come possa reagire Kurt.”
Jessie sospirò.
“Non credo che dovrebbe aver paura di quello che avrà da dire, credo che ne sarà felice.”
“Spero.”
Blaine si era messo davanti a tutti e aveva attirato l'attenzione dei presenti, chiamando tutti al silenzio e all'attenzione. I presenti si erano radunati intorno ai due sposini e aspettavano quello che il ragazzo aveva loro da dire.
“Prima di tutto vorrei ringraziare, anche da parte di Kurt, tutti voi che siete qua oggi per supportarci per la seconda volta. Siamo veramente molto felici della vostra presenza qua con noi. In secondo luogo so che il discorso solitamente tocca ai testimoni, ma oggi vorrei fare un piccolo strappo alle regole, perchè adesso ho una piccola sorpresa che ho fatto a mio marito.”
Gli invitati iniziarono ad applaudire entusiasti, vedendo il ragazzo che si avvicinava a Rachel e Jessie, sussurrando loro qualcosa, per poi tornare di fronte al marito. Lo prese per mano, facendolo sorridere, poi si avvicinò per baciargli dolcemente le labbra, prima di intonare a cappella una dolce melodia.

You are the sun
You make me shine
Or more like the stars
That twinkle at night
You are the moon
That glows in my heart
You’re my daytime my nighttime
My world
You’re my life
Now I wake up everyday
With this smile upon my face
No more tears, no more pain
‘Cause you love me
You help me understand
That love is the answer to all that I am
And I’m a better man
You taught me by sharing your live

 

La voce di Blaine era calda e dolce, intonava le note con una semplicità unica e la sua tenera musica arrivò nei cuori di tutti, facendoli applaudire calorosamente una volta finita l'ultima nota.
Kurt guardava il marito come in estasi, quasi sicuro di non aver mai sentito al mondo suono più bello, non si era neanche accorto dei suoi due amici che erano scomparsi durante la canzone, tutta la sua attenzione era solo per suo marito, li davanti a lui che lo fissava con gli occhi a cuore, colmi di amore.
Il castano sentì troppo tardi alcune lacrime ribelli che erano scese dai suoi occhi color del cielo e si gettò subito tra le braccia di Blaine, abbracciandolo forte sussurrando a ripetizione un grazie appena udibile.
“Ti amo.”
Kurt lo disse nel modo più sincero che poteva, portando Blaine a stringerlo più forte, sorridendo.
“Ti amo anche io.”
Dietro di loro sentirono Rachel e Jessie applaudire, erano appena rientrarti ed entrambi stavano nascondendo qualcosa dietro la schiena.
I due sposi separarono l'abbraccio e si voltarono verso i testimoni.
“Congratulazioni ragazzi, meritate la felicità più grande di questo mondo. Blaine, sei stato magnifico!”
Rachel sorrise ad entrambi, aspettando un gesto da Blaine che non tardò ad arrivare.
“Anche io e Jessie abbiamo fatto un piccolo regalino speciale per te Kurt.”
Il moro la guardò incerto, sicuro di aver già ricevuto il regalo di nozze dai due.
“Non è nulla di che, solo una piccola cosuccia che credo che tra poco ti servirà molto.”
Blaine, Rachel e Jessie si guardarono in trepida attesa mentre Kurt ringraziando afferrava il regalo e lo apriva, curioso di vedere che cosa si celasse dietro.
Un bigliettino, che lesse subito.
-Kurt, sei da sempre fonte di ispirazione per me. Mi hai aiutata nei momenti più buoi, mi hai dato anni della tua vita sopportano le mie scenate da diva. Sai che non sarò mai in grado di sdebitarmi del tutto con te, sai che non sarò mai in grado di ringraziarti abbastanza. Per iniziare, però, vorrei offrirti nove mesi della mia vita, vorrei renderti felice.
Con immenso amore, la tua Rachel-

Il regalo era un semplice bavaglietto verde pastello, con ricamata a mano la scritta -Ho i papà migliori del mondo.-
Kurt guardò Rachel e Jessie senza parole, sentendo il più totale smarrimento. Cosa significava tutto quello. Guardò Blaine, che aspettava impaziente una minima reazione.
Il castano cercò di ricomporre velocemente tutti i pezzi.
La canzone.
Il biglietto.
Il regalino.
Improvvisamente sentì un mare di lacrime inondargli gli occhi, mentre con mani tremanti prendeva la busta che gli stava passando Jessie: dentro semplicemente il test di gravidanza di Rachel, risultato in modo positivo.
Non sapeva che cosa dire, non aveva parole: iniziava a capire che i tre avevano complottato alle sue spalle per fare tutto e non riusciva a capire quello che provava.
“Kurt...?”
Il ragazzo si voltò verso il marito, che aveva uno sguardo terrorizzato negli occhi.
“Dì qualcosa, ti prego...”
Il mezzo soprano esitò un secondo, poi sussurrò qualcosa.
“Voi siete pazzi, completamente pazzi...”
A quelle parole il panico si impossessò dei tre ragazzi, non riuscendo a capire quello che potesse provare Kurt.
Seguirono secondi di assoluto silenzio.
Uno.
Due.
Tre.
Quattro.
Cinque.
Sei.
Sette.
Otto.
Nove.
Dieci.
Dieci secondo di silenzio più totale, poi la reazione che in quel momento meno si aspettavano.
Kurt iniziò a ridere mentre calde lacrime coprivano il suo volto. Abbracciò fortissimo Rachel, riempiendole la guancia di baci e congratulandosi almeno una decina di volte.
Si staccò che ancora stava piangendo, per finire a specchiarsi nei diamanti che erano gli occhi di Blaine: non era chiaro cosa stesse pensando, ma era certo che suo marito fosse la creatura più ella di tutti anche con il viso bagnato di lacrime e gli occhi rossi.
Si abbracciarono nuovamente, mentre i presenti si lasciavano andare ad applausi e congratulazioni.
Kurt aveva posato il viso sulla spalla di Blaine, baciando ripetutamente il suo collo.
“Sei un pazzo, un completo pazzo.”
Il moro sorrideva felice, mentre alcune lacrime iniziavano a scendere anche sulle sue guance.
“Io non...davvero, non riesco a crederci che abbiate fatto tutto questo senza dirmi nulla.”
Fu Blaine a spiegare.
“Non eri nelle condizioni migliori per essere sottoposto anche a questo stress. Volevo solo renderti felice e Rachel si è dimostrata subito molto disponibile....”
“Non mi hai reso felice e basta. Mi hai reso l'uomo più felice di questo mondo adesso.”
Rachel si avvicinò al ragazzo e lo prese per mano.
“Rach io...”
“Sh, non devi dire nulla.”
“Grazie, con tutto il cuore.”
La ragazza gli sorrise abbracciandolo forte, poi lo prese per mano e lo portò in mezzo alla sala, sussurrando qualcosa al suo orecchio.
“Se sei davvero l'uomo più felice del mondo, perchè non rendi me la ragazza più felice concedendomi un ballo?”
Gli occhi azzurri di lui si illuminarono.
“Con estremo piacere, principessa.”
La musica partì allegra, i due amici iniziarono a ballare ridendo, mentre anche il resto degli invitati si univa alle danze.
Solo Blaine rimase in disparte in un angolo della stanza, mentre guardava con occhi sognanti il padre del suo futuro bambino e non poteva fare a meno di sorridere, pensando che si, quella volta sarebbe andato davvero tutto bene. Una volta per tutte.
 

The end

 


Note dell'autrice:
Bene bene bene ragazzi, ce l'abbiamo fatta, siamo finalmente arrivati alla fine di questa Long.
Si, molti di voi adesso saranno estremamente felici perchè è conclusa questa "cosa", ma va bene così(?)
Era la mia prima Long in questo fandom e la mia prima Long Slash, quindi so che ho molto da migliorare, chiedo venia.
Spero comunque che a qualcuno sia piaciuta, che sia rimasto decentemente soddisfatto da questo finale, al quale ho lavorato giorni interi cambiandolo e cambiandolo, completamente insoddisfatta.
Bhe, per chi volesse farmi sapere cosa ne pensa io sono qua, non scappo (?)
Detto questo ringrazio con tutto il cuore chi è arrivato alla fine, grazie mille, seriamente.
Un bacione immenso a tutti e alla prossima!

Giulia Pierucci

 

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