Books from the future

di hij
(/viewuser.php?uid=904320)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue ***
Capitolo 2: *** 1st ***
Capitolo 3: *** 2nd ***
Capitolo 4: *** 3rd ***
Capitolo 5: *** 4th ***
Capitolo 6: *** 5th ***
Capitolo 7: *** 6th ***
Capitolo 8: *** 7th ***
Capitolo 9: *** 8th ***
Capitolo 10: *** 9th ***
Capitolo 11: *** 10th ***



Capitolo 1
*** Prologue ***


Salì in dormitorio molto presto quella sera.

Molti erano in giro per la scuola, visto che non era ancora scattato il coprifuoco, altri invece erano in Sala Comune, a chiacchiere accanto al fuoco crepitante poichè, anche se erano i primi di Ottobre, il vento gelido e l'aria pungente ti facevano raggelare la ossa.

Ma io? Era stata una giornata stancante, e di certo non avevo voglia di rimanere in giro, ero completamente distrutta.

Aprì la porta, ero pronta a collare sul letto e a rifugiarmi in quella specie di come che gli altri chiamano sonno. Ma c'era qualcosa sul mio letto, una cassetta di legno con sopra una lettera con su scritto "Per Lily, da leggere con urgenza".

Come prima cosa cercai di aprire la cassetta, per capire cosa contenesse, ma sembrava serrata, così presi la lettera e, un po' perplessa, iniziai a leggere.

"Cara Lily,

Ti sto scrivendo da più di quarant'anni nel futuro, strano vero?

Non ti farei perdere tempo se non fosse qualcosa di davvero importante, ma ti devo chiedere un favore. Con questa lettera dovrebbe essere arrivata nel tuo tempo anche una cassetta, la vedi? Ho applicato un particolare incantesimo alla serratura, si aprirà solo quando ci sarete tutti e proverete insieme.

Lily ho bisogno che avvisi un po' di persone:

Black Sirius

Black Regulus

Lupin Remus

Piton Severus

Potter James

Dovreste cercare di radunarvi tutti quanti in un posto sicuro, lontano da occhi indiscreti, al più presto. Vi suggerisco la Stanza delle Necessità (niente paura se questo nome ti suona strano, i Malandrini sapranno di sicuro dov'è). Vi prego di esserci tutti quanti (nessuno più, nessuno meno) altrimenti non si aprirà.

So che tutto questo ti sembrerà folle e senza senso ma pian piano sarà tutto più chiaro, dovete solo pazientare un po' e poi sono certa che mi capirai.

Con affetto,

La tua misteriosa (e futura) amica"

Rimasi basita. Gli occhi fissi su quella cassetta, così ordinariamente strana, sul mio letto. Di certo questo era inaspettato. Ad un tratto non ero più stanca, non sentivo più le palpebre pesanti poiché la mia mente era troppo impegnata a farneticare. Decisi di scendere immediatamente, in fin dei conti non era poi così tardi, e andare a cercare per primo Remus, con il quale avevo più confidenza.

La curiosità, tratto che da sempre mi aveva contraddistinto, mi stava letteralmente dilaniando dentro. Non potevo aspettare, dovevo aprire quella dannata cassetta e, per farlo, dovevo sbrigarmi a rintracciare gli altri.

Afferrai la busta e scesci le scale di corsa. In Sala Comune riuscì a scorgere Mary, una ragazza bassina, con la pelle diafana, molto magra, con i corti capelli neri e dei grandi occhioni blu. Era anche lei al settimo anno Grifondoro ed era l'unica ragazza del mio dormitorio con la quale andassi d'accordo.

《Mary hai visto Remus?》

《È appena uscito di quì con i Malandrini, se ti sbrighi riesci a beccarli nei corridoi》

《Grazie Mary, ti adoro!》

Niente domande, niente inutili spiegazioni. Quella ragazza era fantastica.

Mi affrettai e riuscì a raggiungerli. Remus, vedendomi arrivare e correre dritta verso di loro, mi venne incontro.

《Lily! Pensavo fossi salita in dormitorio, cosa ci fai un giro?》

Ecco, Remus era curioso e intelligente, perciò, al contrario di Mary, era un tipo da molte domande. Molte, molte domande. Ma gli volevo bene comunque. E come non potevo? Non esisteva persona più dolce di lui sulla faccia della Terra.

《No... Cioè sì, sono salita, ma poi ho trovato questa e ho cambiato idea. Ho trovato questa sul mio letto, ed anche la scatola》

Mostrai loro la lettera, a tutti e quattro. Il silenzio che sì creò tra noi divenne sempre più pensante, rischiavo di dare di matto con tutta questa storia assurda. Black e Potter mi guardarono come se fossi matta, poi scoppiarono a ridere, infine Minus parlò.

《Perché ci mostri in pezzo di carta bianco? Sei strana Evans》

《Bianco? Ma Pete non riconosci più le parole. La vera domanda è: perché il mio nome è quello scritto per ultimo? Anche dopo di Piton!》

《Forse James hanno incantato la lettera, ecco perché non la può leggere. E poi i nomi sono in messi in ordine alfabetico》 riflettè Remus.

《Ah...》

《Quindi la possono lettere solo le persone a cui è indirizzata》 conclude Black.

《Sì ma perché non Peter?》

《Non lo so Remus, forse sarà stata una svista? Comunque Pete viene con noi o non si fa nulla. I Malandrini di certo non si divideranno di certo per una stupida lettera》

《Ma Potter sia leggere? Non può venire!》replicai, stizzita.

Possibile che mi dovesse dare così tanti problemi? Per una cosa così stupida poi...

《Isomma, qualcuno mi può dire cosa c'è scritto in quella dannata lettera? Vi comportate come se non estistessi!》

Minus pareva indignato. Non aveva preso affatto bene il fatto che era l'unico tra i suoi amici a non essere coinvolto. Quasi mi dispiaceva per lui. Ho detto quasi. Non mi è mai andato particolarmente a genio.

《Solo un mucchio di fandonie. Ma per favore! Una lettera che viene dal futuro? Siete così stupidi da crederci davvero?》

《Come fai ad essere così certo che non è vero, Black?》

《E come fai ad essere così certa ti del contrario, Evans? Ti facevo più intelligente. Poi io sono con James, senza Pete i Malandrino non si muovono.》

《Invece voi verrete, e mi aiuterete ad aprire quella dannata scatola》

《Anch'io sono curioso di scoprirne di più, non potete negare che sia strano tutto questo. Peter verrà con noi, non credo farà poi tanta differenza, l'importante è che siamo tutti》venne in mio aiuto Remus.

Gli altri non replicarono né si opposero più. Evvai!

《Io avviso Severus, tu Black avvisi tuo fratello》

《Non lo può avvisare il tuo amichetto?》

Come se fossimo ancora amici. E lui lo sapeva. Era un idiota. Decisi di non replicare comunque, non ne valeva la pena.

《E sia. Ci vediamo domenica mattina alle 10:00 difronte alla Stanza delle Necessità》

《Ma tu sai dov'è questa stanza? Cioè esiste davvero e noi non la conosciamo?》

《Mi sorprendi Potter, e voi sapreste Malandrini degni di questo nome? Conosco questa stanza fin dal primo anno! Meno male che la lettera diceva di fare affidamento su di voi》

Decisi di omettere il fatto che l'avessi scoperta per puro e semplice caso, quando con Severus cercavamo un posto tranquillo dentro al castello per chiacchierare un po', lontani dalla gente che ci adittava come "la Serpe e la Grifondoro" e ci lanciava occhiatacce solo per i colori delle nostre divise.

《Evans non ti vantare troppo, non ti conviene metterti contro di noi》

《Certo Black, certo, ad ogni modo di vediamo alle 9:50 in Sala Comune e vedere di essere puntuali》

《Sì signora》mi risposero un coro.

Ritornai in dormitorio, il giorno dopo avremmo avuto lezione con i Serpeverde e io avrei mostrato la lettera anche a Severus. Nascosi la lettera e la cassetta sotto al mio letto e mi preparai per andare a dormire.

Dopo qualche ora finalmente riuscì ad addormentarmi, sovrastata dal sonno.

 

 

 

Angolo dell'autrice:

Ecco il prologo... Non è molto lungo, lo so, ma mi serviva per introdurre questa storia.

L'idea di questa fanfiction mi è venuta un po' per caso e sono stata settimane intere con il dubbio: pubblico o non pubblico? In questo momento, in un attimo di breve e folle audacia, mi sono decisa e sono pronta a fare il "grande passo". È la mia prima storia, la prima volta in assoluto che provo veramente a scrivere qualcosa, quindi fatemi sapere cosa ne pensate e cosa posso migliorare.

È la prima volta anche che provo ad utilizzare l'html e spero di non aver combinato qualche casino. Inoltre scrivo/pubblico dal telefono, il che rende tutto più difficile perché litigo costantemente con il correttore automatico che si ostina a cambiarmi tutte le parole e ad accentare tutte le e.

Per qualsiasi cosa o dubbio inviatemi un messaggio.

Un abbraccio a tutti voi che avete avuto la pazienza di leggere fin quì,

Hij

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 1st ***


---- Mi scuso per aver pubblicato e cancellato il capitolo tante volte ma sto avendo problemi con l'html... Non ho ancora capito bene come si usa poiché nell'anteprima mi dava il testo esatto ma poi, quando lo pubblicavo, mi cancellava tutti i dialoghi. -----

 

 

Passai tutta l'ora di Incantesimi pensando a come avvicinarlo per parlargli della lettera.

All'inizio avevo pensato di affrontare tutto questo subito, di togliermi il pensiero. Via il dente via il dolore, non era così che si diceva? Ma mi sbagliavo, non era così semplice. Non sapevo esattamente come sentirmi. Noi eravamo stati migliori amici, cresciuti per anni insieme, poi ridotti a due perfetti estranei e, per quanto questo mi costasse ammetterlo, mi mancava la nostra amicizia. Dopotutto avevamo condiviso talmente tanto insieme, un legame così forte non si può cancellare e basta, resta dentro, ramificato nei ricordi, nei pensieri.

Non avrei mai pensato di arrivare a questo, prima. Non con lui. Passare dall'essere tutto al non essere niente. È stato terribile.

Ed ora avrei dovuto avvicinarlo e chiedergli una cosa così strana, che avrebbe coinvolto per di più persone che odiava? Mi avrebbe riso in faccia e poi ignorata, e questo nella migliore delle ipotesi.

La fine della lezione arrivò troppo presto. Strinsi la lettera tra le mani, ormai era tutta stropicciata, mi alzai dalla mia sedia e, prima che potesse essere troppo tardi, lo raggiunsi.

- Severus - chiamai a voce alta, in modo tale che mi potesse sentire. Era circondato dalla sua schiera di amici, tutti Serpeverde dall'aria molto "amichevole".

- Lily - mi rispose, freddo.

I suoi amici li squadrarono da capo a piedi, con gli occhi gelidi.

- Vorrei parlarti, in privato -

Lui mi fissò perplesso. I secondi scorrevano.

- Non le darai retta, vero? È solo una Sanguesporco - sputò il ragazzo che gli stava affianco, con il quale lui stava parlando e scherzando non meno di qualche secondo fa.

Lottai contro l'impulso di tiragli un pugno dritto in faccia. Non ero mai stata una tipa violenta e in uno scontro con quei tizi dubitavo potessi avere la meglio da sola.

- Vedo cosa vuole e vi raggiungo subito -

Quel suo atteggiamento mi infastidì, eppure io stessa non mi aspettavo nulla di diverso. Mi imporsi di stare calma e presi un bel respiro.

Lui mi venne incontro e ci fermammo in un angolo un po' più tranquillo del corridoio, lontani da quel via vai di gente che entrava e usciva dalle classi. Non gli dissi nulla, non ce n'era bisogno, gli mostrai solo la lettera e aspettai che gli desse una rapida occhiata.

- Cosa significa questo? -

- Non lo so neppure io, lo vorrei scoprire - gli risposi, cercando ti tenere un tono di voce fermo.

- Tu e la tua inguaribile curiosità, non hai mai pensato potesse essere uno scherzo, Lily? -

La sua voce sua voce si era un po' addolcita, come se avesse per un attimo riposto quella maschera di gelida indifferenza verso gli altri che indossava quando era in compagnia dei suoi amici.

- Ragioni proprio come Black - mi ricordai.

- Io non sono affatto come lui -

- No, infatti. Lui non è un Mangiamorte -

Speravo che lui mi smentisse da un momento all'altro, ma non lo fece. Rimase in silenzio cercando di evitare di incrociare il suo sguardo con il mio.

- Vuoi il mio aiuto? - mi disse poi, perplesso, rompendo quel breve silenzio.

Risposi con un cenno. Non lo avrei mai ammesso a voce alta.

- E immagino che dovrei anche avvisare io l'altro Black -

Un altro cenno. C'ero riuscita, davvero? Non potevo crederci, non mi sarei mai aspettata che, proprio lui, cedesse così facilmente.

Gli cedetti la lettera in modo tale che lui la potesse mostrare a Regulus Black. Si stava già allontanando, quando lo chiamai.

- Severus -

Come potevo essermi scordata di dirglielo prima?

Lui si girò verso di me.

- Alle 10:00 -

- Cosa? -

- Domenica mattina alle 10:00 ci incontriamo davanti alla Stanza delle Necessità -

Questa volta mi rispose lui con un cenno prima di voltarsi e sparire per i corridoi.

 

 

Spalancai gli occhi di scatto. La sveglia non la smetteva di suonare, malgrado la spegnessi ogni volta quella non riusciva a stare zitta per più di pochi secondi. Quel rumore insopportabile mi stava facendo diventare matta! Era troppo chiedere di poter dormire solo cinque minuti in più? Dopotutto era domenica...

Spensi nuovamente la sveglia per quella che speravo sarebbe stata l'ultima volta e poggiai la testa sul cuscino, pronta a riprendere il mio dolce sonno. Eppure non riuscivo ad essere completamente tranquilla, era come se ci fosse qualcosa che non andasse, ma avevo sonno, era prima mattina, qualsiasi cosa poteva aspettare, così decisi molto saggiamente di chiudere gli occhi e rilassarmi.

La sveglia risuonò ancor a gran voce per tutta la stanza. Era mai possibile? La silenziai ancora e nascosi la testa sotto al cuscino. Dolce silenzio, così si stava decisamente meglio!

Chiusi di nuovo gli occhi.

Fu un attimo, era come si fosse letteralmente accesa una lampadina nella mia mente. Mi alzai rapidamente dal mio letto caldo e controllai l'orario: le 9:43, dovevo incontrare i Malandrini da lì a neppure dieci minuti ed ero ancora in pigiama, in terribile ritardo come sempre. Maldessi la mia malsana idea di incontrarci proprio di mattina e corsi verso il bagno, cercando di prepararmi alla bell'e meglio nel minor tempo possibile. Per mia fortuna tutte le ragazze che dividevano la camera con me erano terribilmente mattiniere ed erano già tutte andate via da un pezzo, quindi non avrei avuto nessuno che mi intralciasse facendomi perdere del tempo prezioso.

Un quarto d'ora dopo stavo scendendo le scale di corsa per raggiungere la Sala Comune di Grifondoro. Avevo saltato la colazione ma, in compenso, non ero più poi così in ritardo.

- Alla buon ora Evans! Pensavamo ci avessi dato buca - urlò Black vedendomi finalmente arrivare.

- Dov'è cassetta? - domandò Potter.

- La cassetta! L'ho scordata in dormitorio -

Ma dove avevo la testa? Mi fiondai su per le scale e andai a prenderla. La mia stanza era proprio in cima alla torre così, quando rirornai, mi mancava letteralmente l'aria dai polmoni.

- Riprendi fiato Evans, tanto noi conosciamo così tante scorciatoie che arriveremo in tempo - cercò di rassicurarmi Minus.

- Ma se non avete neppure idea di dove dobbiamo andare. Poi sono già le 10:00, a meno che voi non sappiate smaterializzarvi dentro i confini di Hogwarts dubito che arriveremo comunque in tempo -

- Spiegaci che luogo dobbiamo raggiungere sennò non ti potremmo ad ogni modo aiutare - tentò ancora lui.

- È su questo stesso piano, di fronte all'arazzo di Barnaba il Babbeo -

- Ma non c'è una stanza lì - obbiettò Black.

- C'è, fidati. È solo ben nascosta -

- Touchè. Seguici allora, arriveremo in pochi minuti -

Dovevo ammettere che nessuno conosceva la scuola meglio dei Malandrini, mi fecero percorrere molti corridoi strani e passare per luoghi che non avrei mai neppure immaginato. In pochissimo tempo raggiungemmo l'arazzo. Severus e Regulus Black erano già lì ma, dal loro sguardo, si poteva facilmente intuire quanto erano poco entusiasti di questa idea, avrebbero voluto essere in un qualsiasi altro posto. Malgrado tutto, però, erano venuti entrambi, assecondando questa strana cosa.

- Illuminaci Evans, dov'è questa misteriosa stanza -

- Porta pazienza Potter e vedrai -

Potevo sentire la tensione nell'aria. I Malandrini e i due Serpeverde si guardavano in cagnesco.

Feci tre volte avanti e dietro immaginando un luogo confortevole dove poter fermarci per un po', poi apparve la porta. Tutti, ad eccezione di Severus, rimasero a bocca aperta per lo stupore. Mentre entravamo gli spiegai brevememte il funzionamento della stanza.

La camera era identica alla nostra Sala Comune ma era priva dei tipici colori Grifondoro. Attorno al fuoco acceso nel grande camino c'erano sei poltrone, malgrado noi fossimo sette.

- Evans la scatola - mi ricordò Minus.

- Oh, giusto -

Uscì la piccola cassetta di legno e la posizionai su un tavolino posto vicino all'ingresso della stanza. In quel momento Regulus, che fino ad allora non aveva proferito parola, espresse il suo disappunto.

- Così ci hai riuniti fin qui per questa? -

- Se non vuoi stare qui puoi andartene, anzi potevi anche non presentarti affatto - gli rispose l'altro Black.

- Siete stati voi a costrigerci qui -

- Nessuno vi ha trascinati con la forza mi sembra. Siete venuti di vostra spontanea -

- BASTA TUTTI E DUE - urlai spazientita. Si stavano comportando come dei bambini. Non potevano almeno fingere di andare d'accordo?

- Ora apriamo questa stupida cosa e la facciamo finita. Venite tutti qui e mettete una mano sulla cassetta. Muovetevi, prima lo facciamo prima possiamo continuare ad odiarci cordialmente come sempre -

Non era esattamente così che lo avevo immaginato ma amari esterni estremi rimedi. Non potevo permettere che Regulus se ne andasse, se la lettera chiedeva di lui significava che era fondamentale, non mi era ancora chiaro per cosa, ma era di certo importante.

Ci radunammo in cerchio attorno al tavolino e posammo tutti, beh tutti tranne Minus, una mano sulla cassetta.

Non accadde nulla

- Bella fregatura -

- James ha ragione, tutto questo casino per nulla -

Cercai di farli ragionare.

- Ci deve essere un motivo Black. Forse Minus dovrebbe uscire dalla stanza. Guardatevi intorno: questa stanza è stata preparata per sei persone, evidentemente qui qualcuno è di troppo -

- Cosa? Perche proprio io? -

- Perché sei l'unico non menzionato nella lettera, idiota -

- Qui l'unico idiota sei tu Mocciosus -

- Oh, adesso è arrivato il cavalier Potter pronto a difendere l'amichetto a spada tratta -

- Gli amici fanno questo, si spalleggiano, si supportano. Non gettano fango gli uni sugli altri -

Mentre disse questo Potter tenne lo sguardo fisso su di me. La frecciatina andò a segno.

- Ramoso ragiona, forse Moc... Piton ha ragione. Per poter aprire questa cosa Peter deve uscire un attimo da questa stanza -

- Lunastorta ma stai bene? - dissero in coro Black e Potter scandalizzati.

- Solo per un secondo, il tempo di aprire questa cosa e lo raggiungeremo -

- Remus ha ragione -

- Evans anche tu? -

- Sì Potter perché ha ragione. Minus puoi uscire un attimo per cortesia? -

Severus in un angolo sghignazzava silenziosamente, vittorioso. Gli scoccai un'occhiataccia. Regulus, invece, sembrava impassibile, come se non gli importasse nulla di questa questione, il che probabilmente era vero. Aveva lo sguardo perso nel vuoto, assente, i suoi pensieri viaggiavano non so dove.

Minus, rassegnato, uscì dalla stanza.

- Vi aspetto in dormitorio, comunque - ci informò prima di varcare l'uscio. Il tono era stizzito, scocciato.

- Ti raggiungeremo in un attimo - gli urlarono, senza sapere se lui gli avesse davvero sentiti.

I Malandrini si scambiarono un occhiata desolata, tristi di aver abbandonato così il loro amico.

Provammo ad aprirla di nuovo. Questa volta sentimmo un "tic" provenire dalla serratura e il coperchio della cassetta si aprì.

Sicuramente la ragazza che aveva preparato tutto questo aveva applicato un incantesimo particolare per farci stare tutto dentro, pareva che la cassetta non avesse fondo (1). Al suo interno c'erano sette libri di grandezze diverse con la copertina e le varie pagine completamente bianche. Su un lato della copertina, attaccate una su ogni libro, c'erano delle lettere, ognuna contrassegnata da un numero.

Presi in mano il primo tomo e rigirai la lettera tra le dita. Dei libri? Di certo era l'ultima cosa che mi sarei aspettata! A giudicare dalle facce stupite e un po' perplesse degli altri, anche loro la pensavano allo stesso modo.

Remus sfilò lentamente la lettera dalle mie mani, l'aprì e cominciò a leggere a voce alta.

"Cari ragazzi,

Arrivati a questo punto vi svelerò il vostro compito. Allegati ad ogni lettera ci sono dei libri, li vedete? Quello che vi chiedo è di riunirvi e leggerli tutti insieme. Adesso vi appaiono come dei semplici tomi bianchi privi di valore ma in quei libri è scritto il vostro futuro o, perlomeno, la piega che il futuro avrebbe preso senza la mia intromissione.

Conoscere fatti ed eventi che non si sono ancora verificati è qualcosa di molto pericoloso, io ed altri abbiamo lavorato parecchio a questo progetto ed è per questo che vi chiediamo di prestare molta attenzione, anche se adesso quello che vi diciamo vi sembrerà impossibile, con il tempo capirete.

Quello che vi chiediamo è di darci fiducia, la stessa che noi abbiamo riposto in voi. Nel nostro tempo è stato inventato un meccanismo finalizzato a trasportare determinati oggetti in un punto ben definito del passato. Sulle pagine dei libri, che ora sono semplicemente bianche, compariranno le parole man mano che andrete avanti con la storia. È per assicurarci che leggiate tutto con attenzione, senza saltare nulla, senza controllare subito la fine.

Questo accadrà, naturalmente, solo se leggerete tutti insieme. In caso contrario le pagine dei libri rimarranno bianche.

Ricordate di non fermarmi mai alle prime apparenze, nulla è come sembra.

La vostra futura amica

P.S. : Confido nel vostro buon senso affinché nulla di ciò che leggerete possa mai uscire da queste quattro mura, ma, siccome la prudenza non è mai troppa, ho imposto un incantesimo forse non molto piacevole per voi. Fidatevi di me, non rivelate nulla poiché non riuscirete nel vostro intento con nessun trucchetto, non ne vale la pena."

- Io non ci sto! - si rifiutò subito Black

- Neppure io, i Malandrini non hanno segreti tra loro - continuò Remus

- Idem, non escluderemo Peter da tutto questo, non sarebbe giusto - concluse Potter.

- Stolti, voi buttereste via così la possibilità di leggere quello che ha in serbo il futuro per noi? Dopo averci coinvolti in questa situazione folle vi tirate indietro così - attaccò Severus.

Prima che Potter o Black gli potessero rispondere iniziando a litigare ancora, gli stoppai cercando di farli ragionare per trovare un compromesso.

- Che ne dite di iniziare leggendo solo un capitolo, poi decideremo con calma se continuare o dimenticare tutta questa storia -

Non volevo, non potevo, lasciare perdere. Se la ragazza si era davvero impegnata così tanto per organizzare il tutto doveva essere importante. Fin da quando avevo letto la prima lettera, avevo sentito avvertito un senso di urgenza in quelle parole. Era una sensazione bizzarra, quasi indescrivibile. Io, al contrario degli altri, non avevo mai dubitato delle parole della ragazza. Non era da me, io ero quella razionale che non si lasciava abbindolare facilmente, ma questa volta decisi di seguire fino in fondo il mio sesto senso.

I Malandrini si spostarono nella parte opposta della sala per discutere. Severus iniziò a prendere posto su di una poltrona, mentre Regulus rimase in piedi, silenzioso come sempre, con lo sguardo fisso su quei tomi bianchi. Era così maledettamente simile a suo fratello e così al tempo stesso terribilmente diverso. I lineamenti e il portamento erano gli stessi, ma gli occhi avevano una luce diversa che lasciava trasparire i caratteri completamente differenti dei due.

I Malandrini, dopo aver finito di consultarsi, ci raggiunsero nuovamente.

- Remus ci ha persuasi, leggeremo un solo capitolo con voi, poi però non possiamo più continuare, non possiamo fare questo torto al nostro migliore amico. Ci capisci, vero Evans? -

Annuì. Almeno per adesso era fatta, del il resto mi sarei preoccupata successivamente, era inutile pensarci adesso.

- Va bene Potter, vi capisco. Vuoi leggere tu questo capitolo Remus -

- Certo -

Remus afferrò il primo libro e ognuno di noi prese posto una diversa poltrona.

La copertina iniziò piano piano a prendere colore, si delinearono le immagini e lentamente si fecero più chiare le lettere che componevano il titolo.

"Harry Potter e la pietra filosofale"

- Perché dovremmo leggere la storia di un Potter? - commentò Regulus Black.

Io e Severus asserimmo quasi all'unisono.

- Già -

- Ramoso ma hai qualche parente che si chiama così? -

- Non mi sembra Felpato. Strano... -

- Inizio a leggere la storia. È l'unico modo per vederci più chiaro -

 

 

(1) Mi riferisco all'incantesimo di estensione irriconoscibile applicato da Hermione sulla sua borsetta nel settimo libro.

 

Note dell'autrice

Ciao a tutti :) ecco a voi il primo vero capitolo della storia. Lo avevo già pronto e ho pensato di postarlo subito. Neanche questo è molto lungo, ne sono consapevole, poiché originariamente questo capitolo doveva essere unito al successivo, ma poi sarebbe diventato eccessivamente lungo e avevo paura risultasse troppo pensante da leggere.

Passiamo alla trama: all'inizio vediamo Lily che va a parlare con Piton. Ho scritto e riscritto questa scena milioni di volte e alla fine questo è il risultato. Il fatto è che non volevo banalizzare troppo la cosa nè cadere troppo spesso in qualche cliché. Per come la vedo Lily ha risentito molto della rottura della sua amicizia con Piton. Perdere un amico, un migliore amico, non è mai facile (parlo per esperienza). Ogni tanto ritornano a galla i ricordi e sale un po' di malinconia, ecco perché le risulta così difficile andargli a parlare. E, secondo me, in fondo Lily spera ancora di poter risolvere le cose con lui ma non vuole fare il primo passo, un po' per orgoglio un po' perché non riesce ad accettare che lui stia dal lato dei mangiamorte mente lei, ovviamente, è schierata con la fazione opposta.

Per quanto riguarda Piton secondo me si può applicare più o meno lo stesso discorso. Gli manca Lily, ecco perché accetta così facilmente di aiutarla, vede questa cosa come un occasione per riavvicinarla. Il suo comportamento nei confronti di lei con gli amici è dovuto al fatto che, ormai, lui ha già scelto da che parte stare, non può contraddirli e difendere Lily, non dopo il loro litigio. E poi io ho sempre pensato che Piton non abbia capito immediatamente "l'importanza" di quello aveva perso, sennò sarebbe corso subito a riprendersela. Per me lo inizia a capire una prima volta quando Lily sceglie James e poi, definitivamente, quando è in pericolo di vita e poi la vita la perde veramente.

Infine passiamo a Regulus, un personaggio che mi ha sempre affascinato parecchio. A mio parere lui non è cattivo, semplicemente ha subito forti influenze da parte di tutta la famiglia, gli hanno inculcato gli ideali sbagliati. Sirius ha avuto una forza incredibile per sfuggire a tutto quello, non sto dicendo che Regulus sia debole (affatto!), ma, dopo che il fratello è stato smistato a Grifondoro, e successivamente scappato di casa, lui ha perso l'unica figura "positiva" a cui poteva ipoteticamente far riferimento. C'è da ricordarsi che, appena ha capito le vere intenzioni di Voldemort, ha cercato di ostacolare la sua ascesa al potere come meglio poteva, rischiando il tutto per tutto. Nella mia mente lui accetta per lo stesso motivo di Piton, ovvero perché c'è Sirius. Ho immaginato che non fosse ancora marchiato (non ricordo che sia specificato quando fu marchiato nei libri, chiedo scusa in anticipo nel caso dovessi dire qualcosa di inesatto) e, di conseguenza, fosse un po' più pressato del normale dalla famiglia per questo fatto. È sotto pressione e cerca di "fuggire" da tutto questo, di rinviare la decisione.

Chiudo qui poiché mi sono appena accorta di aver fatto delle note chilometriche. Mi scuso in anticipo per eventuali errori nel testo.

Spero di essermi spiegata al meglio. Per qualsiasi cosa o qualsiasi dubbio potete contattarmi. Fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo.

Hij

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 2nd ***


"Capitolo 1

Il bambino sopravvissuto

Il signore e la signora Dursley, di Privet Drive numero 4, erano orgogliosi di poter affermare che erano perfettamente normali, e grazie tante. Erano le ultime persone al mondo da cui aspettarsi che avessero a che fare con cose strane o misteriose, perché sciocchezze del genere proprio non le approvavano."

- Cosa! - strillai.

Sei paia di occhi mi fissarono come se fossi matta.

- Che succede Evans? -

- Nulla Potter, nulla -

- Ma tu hai urlato -

- E allora? -

- Allora deve essere successo qualcosa! -

Ma quanto poteva essere insistente?

- Non è successo nulla, mi sono solo ricordata di una cosa... Andiamo avanti? -

Dursley... Il nome non mi era affatto nuovo. Il ragazzo di mia sorella faceva di cognome Dursley e loro sembravano proprio il tipo di persone che il libro aveva appena descritto. Era una coincidenza, vero? Cosa ci potevano mai fare loro nel libro di Potter?

"Il signor Dursley era direttore di una ditta di nome Grunnings, che fabbricava trapani."

- Cos'è un trapano? -

- Un aggeggio babbano per fare dei piccoli fori, Potter - gli risposi.

- Quindi questi Dursley sono Babbani? -

- A quanto sembra... -

"Era un uomo corpulento, nerboruto, quasi senza collo e con un grosso paio di baffi. La signora Dursley era magra, bionda e con un collo quasi due volte più lungo del normale, il che le tornava assai utile, dato che passava gran parte del tempo ad allungarlo oltre la siepe del giardino per spiare i vicini. I Dursley avevano un figlioletto di nome Dudley e secondo loro non esisteva al mondo un bambino più bello."

I miei sospetti si accuivano sempre più. La descrizione era sempre più precisa, era impossibile sbagliarsi. Altre coincidenze? Iniziavo a crederci sempre meno.

Solo un dettaglio non mi tornava, da quando mia sorella aveva un bambino?

Poi stupidamente mi ricordai che questo libro parlava del futuro. Non potevo sapere quale vita avrebbe condotto lei nè, d'altronde, che vita avrei condotto io. Ero sposata? Avrei avuto anch'io un figlio o sarei rimasta da sola?

- Ragazzi, secondo voi quanti anni nel futuro è ambientata questa storia? - chiesi.

- Chissà, mi pare un po' presto per dirlo, non trovi? -

- Lo so Remus, ma voi non siete curiosi? -

- Terribilmente. Mi conosci Lily, sono come te. Ci tocca continuare a leggere per scoprirlo -

Era vero, io e Remus eravamo più simili di quanto potesse sembrare, e questa era stata una sorpresa anche per me. Non andavo molto d'accordo con i Malandrini in generale perciò fui molto seccata quando Silente mi nominò Prefetto insieme a lui. Grazie a quello, tuttavia, ci siamo potuti conoscere meglio e siamo diventati ottimi amici.

"Possedevano tutto quel che si poteva desiderare, ma avevano anche un segreto, e il loro più grande timore era che qualcuno potesse scoprirlo. Non credevano che avrebbero potuto sopportare che qualcuno venisse a sapere dei Potter. "

- Che c'è di sbagliato nei Potter? -

- Tutto - gli rispose Severus.

- Tu sta zitto. È sempre meglio dell'essere un Piton -

Lo fulminai con lo sguardo. Come si permetteva?

Remus continuò a leggere per impedire a quei due di continuare.

"La signora Potter era la sorella della signora Dursley, ma non si vedevano da anni. Anzi, la signora Dursley faceva addirittura finta di non avere sorelle, perché la signora Potter e quel buono a nulla del marito non avrebbero potuto essere più diversi da loro di così."

- Vedi Potter anche questo libro dice che sei un buono a nulla -

- Oh sta zitto Mocciosus - lo difese Black.

- Se continuate a bisticciare non la finiremo più -

- Mi sto solo mostrando in accordo con quello scritto qui, Lily -

- E a nessuno interessa, Severus -

- Wow, beccati questa. Potter 1 Mocciosus 0 -

- Non ti montare la testa Potter. E smettetela di usare quel soprannome -

- Sognatelo Evans - mi rispose Black facendomi l'occhiolino.

"I Dursley rabbrividivano al solo pensiero di quel che avrebbero detto i vicini se i Potter si fossero fatti vedere nei paraggi. Sapevano che i Potter avevano anche loro un figlio piccolo, ma non lo avevano mai visto. E il ragazzino era un'altra buona ragione per tenere i Potter a distanza: non volevano che Dudley frequentasse un bambino di quel genere."

- Ok, adesso basta. Hanno davvero oltrepassato il segno -

- Vuoi metterti a litigare con un libro Potter? - lo provocai.

Non volevo credere che quella fosse mia sorella, non potevo associare quell'odiosa famigliola a quella che avrebbe avuto lei. Poi la sorella della signora Dursley era una Potter, sarei diventata io una Potter? Questo sì che sarebbe stato assurdo. Dopotutto c'era ancora una speranza, il libro stava semplicemente parlando di altre persone, un'altra famigliola che non aveva nulla a che fare con me.

- Certo Evans, e queste persone hanno il coraggio di affermare di essere perfettamente normali? Di normale loro non hanno nulla -

- Touchè - asserì Remus e riprese la lettura.

"Quando i coniugi Dursley si svegliarono, la mattina di quel martedì grigio e coperto in cui inizia la nostra storia, nel cielo nuvoloso nulla faceva presagire le cose strane e misteriose che di lì a poco sarebbero accadute in tutto il paese. Il signor Dursley scelse canticchiando la cravatta da giorno più anonima del suo guardaroba, e la signora Dursley continuò a chiacchierare ininterrottamente mentre con grande sforzo costringeva sul seggiolone Dudley che urlava a squarciagola."

- Io vi avevo avvertiti. Questi hanno qualche rotella fuori posto -

A mio malgrado gli diedi silenziosamente ragione.

- Ben detto fratello -

Nello stesso istante in cui Black parlò per appoggiare Potter, gli occhi di suo fratello, il suo vero fratello, si volsero verso di lui, gelidi. Non doveva essere facile per lui stare qui. Sirius, perlomeno, aveva l'appoggio degli altri due Malandrini. Regulus, sotto questo punto di vista, era completamente solo.

Non avevo ben chiaro il rapporto che ci fosse tra i due, ma non ci voleva certo un genio per capire che non fosse buono. Non li avevo mai visti assieme, tranne forse i primi mesi in cui Regulus mise piede ad Hogwarts, eppure ricordo che in primo Black raccontasse spesso del suo fratellino a chiunque gli prestasse attenzione. Ora non era più così. Era strano come tutto questo mi ricordasse il legame tra me e Petunia poiché le nostre due famiglie non potevano essere più differenti.

"Nessuno notò il grosso gufo bruno che passò con un frullo d'ali davanti alla finestra.

Alle otto e mezzo, il signor Dursley prese la sua valigetta ventiquattr'ore, sfiorò con le labbra la guancia della moglie, e tentò di dare un bacio a Dudley, ma lo mancò perché, in quel momento, in preda a un furioso capriccio, il pupo stava scagliando i suoi fiocchi d'avena contro il muro. «Piccolo monello!» commentò ridendo il signor Dursley mentre usciva di casa."

- Oh,ma che bambino amorevole - commentò sarcastico Black.

"Salì in macchina"

- Evans cos'è una macchina? -

- Un mezzo di trasporto babbano, Black -

"e percorse a marcia indietro il vialetto del numero 4.

Fu all'angolo della strada che notò le prime avvisaglie di qualcosa di strano: un gatto che leggeva una mappa. Per un attimo, il signor Dursley non si rese conto di quel che aveva visto; poi girò di scatto la testa e guardò di nuovo. C'era un gatto soriano ritto sulle zampe posteriori, all'angolo di Privet Drive, ma di mappe neanche l'ombra."

- La McGranitt! - urlò Remus - Quella è la McGranitt -

- Geniale Lunastorta! Di certo avrà fatto scomparire la mappa con la magia - concordò Black.

"Ma che diavolo aveva per la testa? La luce doveva avergli giocato qualche brutto tiro. Si stropicciò gli occhi e fissò il gatto, che gli ricambiò l'occhiata. Mentre l'auto"

- Evaans? -

- Auto è un altro modo di dire macchina, Potter. Ma voi due non studiate Babbanologia? -

- No, quello è Remus -

"Mentre l'auto girava l'angolo e percorreva un tratto di strada, il signor Dursley tenne d'occhio il gatto nello specchietto retrovisore. In quel momento il felino stava leggendo il cartello stradale che indicava Privet Drive. No, lo stava guardando; i gatti non sanno leggere le mappe e neanche i cartelli stradali."

- Questo sì -

- È perché non è un gatto, Black, ma la McGranitt -

- Questo lo so anch'io e l'avrebbe dovuto intuire pure lui! Cioè non che sia proprio la McGranitt, lo la conosce, però... Beh avrebbe dovuto capire che quello non è un gatto -

- Ma lui è un Babbano! - gli ricordai con una punta di esasperazione.

- Questo lo so -

- Black ti è mai venuto in mente che, forse, i Babbani non posso usare la magia? Loro non si trasformano in Animagi, non sanno neppure della loro esistenza! -

- Si perdono una gran bella cosa, vero fratello? - disse, alzandosi a posta per dare il cinque a Potter.

- Su tutti i vantaggi che si perdono senza magia, diventare Animagi è poca cosa... È una cosa rarissima anche per i maghi diventarlo - feci notare loro, perplessa.

Loro si scambiarono un occhiata complice e mi diedero ragione.

Era strano, ma dopotutto da due tipi così cosa mi potevo aspettare? Decisi di sorvolare.

Remus continuò a leggere, con una buffa espressione in volto che non seppi decodificare.

"Il signor Dursley si riscosse da quei pensieri e allontanò il gatto dalla mente. Mentre si dirigeva in città, non pensò ad altro che al grosso ordine di trapani che sperava di ricevere quel giorno. Ma una volta giunto ai sobborghi della città, avvenne qualcos'altro che gli fece uscire di mente i trapani. Fermo nel solito ingorgo del mattino, non poté fare a meno di notare che in giro c'erano un sacco di persone vestite in modo strano. Gente con indosso dei mantelli."

- Cosa c'è di strano nei mantelli? -

- I babbani non si vestono così, Potter -

- E tu cosa ne sai Mocciosus -

Lui lo ignorò. Saggia decisione.

"Il signor Dursley non sopportava le persone che si vestivano in modo stravagante: bisognava vedere come si conciavano certi giovani! Immaginò che si trattasse di qualche stupidissima nuova moda. Mentre tamburellava con le dita sul volante, lo sguardo gli cadde su un capannello di quegli strampalati, vicinissimo a lui. Si stavano bisbigliando qualcosa tutti eccitati. Il signor Dursley sentì montargli la rabbia nel constatare che ce n'erano un paio tutt'altro che giovani. Ma che roba! Quello lì doveva essere più anziano di lui, e portava un mantello verde smeraldo! Che faccia tosta! Poi però gli venne in mente che potesse trattarsi di qualche sciocca trovata. Ma certo! Era gente che faceva una colletta per qualche motivo. Sì, doveva essere proprio così. In quella, il traffico riprese a scorrere e alcuni minuti più tardi il signor Dursley giunse al parcheggio della Grunnings con la mente di nuovo tutta presa dai trapani.

Nel suo ufficio, al nono piano, il signor Dursley sedeva sempre con la schiena rivolta alla finestra. Se così non fosse stato, quella mattina avrebbe avuto ancor più difficoltà a concentrarsi sui suoi trapani. Lui non vide i gufi volare a sciami in pieno giorno, ma la gente per strada sì. E li additavano, guardandoli a bocca aperta, passare a tutta velocità, uno dopo l'altro sopra le loro teste. La maggior parte di quella gente non aveva mai visto un gufo neanche di notte."

- E lo Statuto di Segretezza? Non l'avranno abolito -

- Non credo lo possano fare, Lunastorta -

- Allora come ti spieghi lo strano comportamento dei maghi Ramoso? -

- Deve essere strano anche per i Babbani - intervenni - Neppure loro sono abituati a vedere dei maghi in giro. Lo Statuto non sarà stato abolito, ma qualcosa sarà accaduto -

"Ciononostante, il signor Dursley ebbe il privilegio di una mattinata perfettamente normale, del tutto immune dai gufi. Uscì dai gangheri con cinque persone diverse. Fece molte telefonate importanti e qualche altro urlaccio. Fino all'ora di pranzo, il suo umore si mantenne ottimo. A quel punto decise che, per sgranchirsi le gambe, avrebbe attraversato la strada per andarsi a comperare una ciambella dal fornaio di fronte.

Aveva completamente dimenticato la gente con il mantello fino a che non ne superò un gruppetto proprio accanto al fornaio. Mentre passava, scoccò loro un'occhiata furente. Non sapeva perché, ma avvertì un certo disagio. Anche questi bisbigliavano tutti eccitati, ma di bossoli per la colletta nemmeno l'ombra. Fu passandogli accanto di ritorno dal fornaio, con in mano l'involto di un'enorme ciambella, che colse qualcosa di quello che stavano dicendo.

«I Potter, proprio così, è quel che ho sentito...»

«... già, il figlio, Harry...» "

- Harry Potter. Il bambino del libro - notai.

- Vorreste dire che quel bambino è mio figlio? -

- Perché mai dovrebbe essere tuo figlio? -

- Hai sentito quello che ha letto Remus, giusto Evans? -

- Sì... -

- Harry è il figlio dei Potter. Io sono Potter! -

- Doveva pur essere figlio di qualcuno quel bambino! Se il suo cognome è Potter è chiaro che quello sarà anche il cognome dei genitori, o più precisamente del padre. Non è detto che sia tu, non sei l'unico Potter sulla faccia della Terra -

- E chi ti dice che non sia proprio io? -

- Credi quel che vuoi, per quel che mi importa -

"Il signor Dursley si fermò di colpo. Fu invaso dalla paura. Si voltò a guardare il capannello di maldicenti come se volesse dire loro qualcosa, ma poi ci ripensò.

Attraversò la strada a precipizio e raggiunse in tutta fretta il suo ufficio; intimò alla segretaria di non disturbarlo per nessuna ragione, afferrò il telefono"

- Prima che possiate chiederlo il telefono è un aggeggio babbano che serve per comunicare -

- Guarda che questo lo sapevamo Evans. Una volta io e James abbiamo provato ad usarne uno - disse Black.

"Afferrò il telefono,e aveva quasi finito di fare il numero di casa quando cambiò idea. Mise giù il ricevitore, si lisciò i baffi, pensando che Potter non era poi un nome così insolito. Era certo che esistessero miriadi di persone chiamate Potter che avevano un figlio di nome Harry. "

- Come volevasi dimostrare -

"E poi, ora che ci pensava, non era neanche tanto sicuro che suo nipote si chiamasse proprio Harry. Del resto, non lo aveva neanche mai visto. Avrebbe potuto chiamarsi Harvey. O Harold. Non c'era ragione di impensierire la signora Dursley; se la prendeva tanto ogni volta che le si parlava della sorella! E non poteva darle torto: se l'avesse avuta lui, una sorella così... "

- Idiota! Cosa c'è che non va in sua sorella? -

- Evans me l'hai detto tu, no? Sono soltanto dei libri -

Severus mi guardava. Possibile che avesse capito cosa mi passasse per la testa?

Solo dei libri... Ma quella sembrava proprio mia sorella e quella ad essere odiata ero io.

Lui era sempre stato quello che mi capiva ancora prima che io capissi me stessa. Ma questo era, beh, prima. Prima del tutto. Però lui conosceva mia sorella, sapeva del suo carattere. Aveva notato anche lui qualche somiglianza con la Signora Dursley?

Ad ogni modo manteneva i suoi occhi fissi su di me, incessantemente. Non incrociai il suo sguardo, iniziavo a sentirmi in soggezione.

"E tuttavia, quella gente avvolta nei mantelli...

Quel pomeriggio trovò molto più difficile concentrarsi sui suoi trapani, e quando lasciò l'ufficio alle cinque in punto era ancora talmente assorto che, appena varcata la soglia, andò a sbattere dritto dritto contro una persona.

«Scusi» bofonchiò, mentre il poveretto - un uomo anziano e mingherlino - inciampava e per poco non finiva lungo disteso. Ci volle qualche secondo perché il signor Dursley si rendesse conto che l'uomo indossava un mantello viola. L'ometto però non aveva affatto l'aria di essersela avuta a male per essere stato quasi scaraventato a terra. Al contrario, il volto gli si illuminò di un largo sorriso e con una vocina stridula che destò l'attenzione dei passanti disse: «Non si scusi, mio caro signore, perché oggi non c'è niente che possa turbarmi! Si rallegri, perché Lei-Sa-Chi finalmente se n'è andato! Anche i Babbani come lei dovrebbero festeggiare questo felice, felicissimo giorno!»

- Evvai! L'avevo detto che non avrebbe mai potuto competere con un mago potente come Silente -

Stranamente non mi sarei potuta trovare più d'accordo con Potter. Sentivo di dover festeggiare anch'io. Non era un bel periodo per i Nati Babbani come me, vivevo nel terrore che potessero far del mare ai miei genitori, a mia sorella. Avevo timore per la mia stessa vita, cosa sarebbe accaduto una volta terminata Hogwarts? Avrei dovuto fare i conti con la vita reale dove la gente moriva tutti i giorni a causa di un pazzo assassino.

Non riuscivo a non sorridere pensando alla vittoria di Silente, avrei avuto un futuro tranquillo, senza temere che la morte si nascondesse dietro ad ogni angolo. I Malandrini stavano intraprendendo uno strano balletto per festeggiare il trionfo del bene. Erano così buffi che non riuscì a trattenere le risate. Risi talmente forte da non riuscire più neppure a fermare un paio di lacrime di gioia che sgorgarono dai miei occhi, rigandomi le guance. Mi sentivo più leggera.

Lo stesso non si poteva dire di Regulus e Severus. Erano in silenzio. Sembrava che qualcuno gli avesse tolto la terra da sotto i piedi. Avevano capito di aver scelto di stare dal lato sbagliato, che schierarsi contro Silente non era stata forse un ottima idea?

Sperai che non fosse troppo tardi, che nessuno dei due avesse il marchio.

Malgrado tutto, sarebbe stato meglio anche per loro vivere senza l'oppressione di quel tiranno, dopotutto anche loro avrebbero rischiato la vita all'infuori delle mura di Hogwarts.

"A quel punto, il vecchietto abbracciò il signor Dursley cingendolo alla vita e poi si allontanò.

Il signor Dursley rimase lì impalato. Era stato abbracciato da un perfetto sconosciuto. Gli tornò anche in mente che quel tale lo aveva chiamato 'Babbano', qualsiasi cosa volesse dire."

- Persona priva di poteri magici -

- Grazie per la tua illuminante rivelazione, Ramoso -

- Non c'è di che Remus caro -

"Era esterrefatto. Si affrettò a raggiungere la macchina e partì alla volta di casa, sperando di aver lavorato di fantasia, cosa che non aveva mai sperato prima perché non approvava le fantasie.

Non appena ebbe imboccato il vialetto del numero 4 di Privet Drive, la prima cosa che scorse - e che certo non contribuì a migliorare il suo umore - fu il gatto soriano che aveva visto la mattina. Seduto sul muro di cinta del giardino. Era assolutamente certo che fosse quello della mattina: aveva gli stessi segni intorno agli occhi.

«Sciò!» gli gridò il signor Dursley.

Il gatto non si mosse. Si limitò a fissarlo con sguardo severo. Il signor Dursley si chiese se normalmente i gatti si comportavano cosi."

- Non sfidare troppo la fortuna, mio caro Babbano - disse Black.

- Già - concordò Potter - non ti piacerebbe vedere la nostra beneamata prof arrabbiata, affatto -

"Cercando di riprendersi, entrò in casa. Era ancora deciso a non dire niente alla moglie.

La signora Dursley aveva avuto una buona giornata, in tutto e per tutto normale. A cena, gli raccontò per filo e per segno i guai che la signora Della-Porta-Accanto aveva con la figlia, e poi che Dudley aveva imparato una nuova frase: «Neanche per sogno!»"

- Ho il terrore di scoprire come crescerà moccioso. Potrebbe diventare arrogante e viziato quasi quanto Potter -

- Meglio somigliante a me che a te, Mocciosus -

- Ti credi perfetto, Potter? -

- Non mi credo, io sono perfetto -

- Smontati Potter, il tuo ego sta riempiendo tutta la stanza - intervenni io.

Mi ero ripromessa di non difendere più Severus, non dopo quel giorno, ma Potter mi stava iniziando ad irritare e non ero riuscita a trattenermi.

Lui stava per replicare ma Remus lo ammonì con un semplice sguardo. Gliene fui grata. Non volevo discutere, volevo solo continuare a leggere.

"Il signor Dursley cercò di comportarsi normalmente. Una volta messo a letto Dudley, se ne andò nel soggiorno appena in tempo per sentire l'ultimo telegiornale:

«E infine, da tutte le postazioni gli avvistatori di uccelli riferiscono che oggi, sull'intero territorio nazionale, i gufi hanno manifestato un comportamento molto insolito. Sebbene normalmente escano di notte a caccia di prede e ben di rado vengano avvistati di giorno, fin dall'alba sono stati segnalati centinaia di gufi che volavano in tutte le direzioni. Gli esperti non sanno spiegare perché, tutt'a un tratto, i gufi abbiano modificato il loro ritmo sonno/veglia». "

- Operazione "Facciamo impazzire i Babbani" riuscita - disse Potter portandosi una mano alla fronte, imitando il tipico saluto militare.

- Ottimo lavoro cadetto Ramoso! - lo prese in giro Remus.

"Lo speaker si lasciò andare a un sorrisetto. «Molto misterioso. E ora, la parola a Jim McGuffin per le previsioni del tempo. Si prevedono altri scrosci di gufi, stanotte, Jim?»

«Francamente, Ted» rispose il meteorologo, «su questo non so dirti niente, ma quest'oggi non sono stati soltanto i gufi a comportarsi in modo strano. Gli osservatori di località distanti fra loro come il Kent, lo Yorkshire e Dundee mi hanno telefonato per informarmi che, al posto della pioggia che avevo promesso ieri, hanno avuto un diluvio di stelle cadenti. Chissà? Forse si è festeggiata in anticipo la Notte dei Fuochi. Ma, gente, la Notte dei Fuochi è soltanto tra una settimana! Comunque, posso assicurare che stanotte pioverà».

Il signor Dursley rimase seduto in poltrona, come paralizzato. Stelle cadenti in tutta la Gran Bretagna? Gufi che volano di giorno? Gente misteriosa che si aggira dappertutto avvolta in mantelli? E quelle voci, quei bisbigli sui Potter...

La signora Dursley entrò in soggiorno portando due tazze di tè. Non c'era niente da fare: doveva dirle qualcosa. Si schiarì nervosamente la voce. «Ehm, Petunia, mia cara... non è che per caso hai sentito tua sorella, ultimamente?»"

Il mio cuore perse qualche battito. Avevo sentito bene?

Severus diede voce ai miei pensieri.

- Come hai detto che si chiama? -

- Ehm... Petunia? - rispose Remus. Dal tono però pareva avesse posto più una domanda.

- È tua sorella - affermò lui, sicuro.

- Non puoi esserne certo -

Non era convito, d'altronde non lo ero neppure io. Ero stata la prima a pensare a lei, avevo intuito si trattasse di mia sorella fin dalle prime righe, questa non era che la conferma.

- Come mai tu conosci sua sorella? Anzi, prima di tutto, da quando hai una sorella? -

- Da una vita, Potter. Lui la conosce perché siamo cresciuti insieme -

"Come aveva previsto, la signora Dursley assunse un'aria esterrefatta e adirata. In fin dei conti, erano abituati a far finta che non avesse una sorella."

- Ecco a voi la mia dolce sorellona! Adorabile, non è così? -

- Maddai! Non puoi essere certa che sia tua sorella - cercò di farmi ragionare Potter.

Sossi il capo.

- Quante Babbane di nome Petunia che hanno una strega per sorella e che sono fidanzate, nel futuro sposate, con un Dursley conosci? Per di più con un carattere del genere -

- Beh non fa un piega - dovette ammettere - Ma chi ci perde qualcosa è solo lei. Tu sei una persona fantastica mentre lei cos'ha? Senza offesa ma mi pare un po' ridicola come famigliola. E poi sono così ordinari, così noiosi -

- Per lei è come se non esistessi, potrei essere morta e non gliene importerebbe nulla. Non ha neppure mai visto il mio bambino! -

Non era da me crollare così, davanti a tutti. Ma avere la conferma di quanto mia sorella mi odiasse faceva male, terribilmente male. Prima lei, poi Severus. Nel giro di pochi anni avevo perso le due persone più importanti per me, i miei punti di riferimento. E sembrava non esserci più rimedio per questo. Cosa avevo di sbagliato?

Mentre io mi per devo nei miei pensieri, Severus si voltò di scatto, facendo settare i suoi occhi verso di me.

- Che bambino? - chiesero lui e Potter all'unisono.

- Evans non sarai mica incinta? - mi domandò stupidamente Black.

Arrossì. Ma che avevano capito?

- Intendo Harry, il bambino del libro -

Mi guardarono, perplessi. Remus invece scoppiò a ridere, aveva intuito tutto, ma non era ovvio? Perfino Regulus in un angolo sorrise impercettibilmente, cercando di non farsi vedere, mentre guardava le facce di quei due. Cercai di spiegarmi meglio.

- La Petunia di questo libro è per certo mia sorella. Ed ha un nipote, Harry. Insomma quel bambino logicamente è mio figlio, non potrebbe essere altrimenti -

Ci fu qualche secondo di pausa, poi accadde l'irrimediabile. Potter, dopo aver messo in moto gli ingranaggi del suo cervello, esplose.

- Ma questo è fantastico Evans! Vorrà dire che ci sposeremo e avremo tanti bei bambini, non vorrai mica lasciare che il piccolo Harold cresca da solo! -

Era euforico. Io arrossì ancora di più. Ma che razza di cose gli passavano per la testa?

- Si chiama Harry! È anche il titolo del libro come puoi scordartelo! Non è detto che sia tuo figlio comunque. Potter è un cognome comune e lo sai -

- Come fai ad essere così sicura che quella sia tua sorella e invece poi, quando si tratta di riconoscere me, ti crollano tutte le certezze? Visto che siamo così numerosi, quanto altri Potter conosci? -

- Per quanto ne sappiamo poteri incontrarne uno anche tra qualche mese, o appena finita Hogwarts. Non sai quanti anni nel futuro è ambientata la storia, per ora ho tutto il tempo -

- Ma sono io ti dico! È così evidente -

- Potter così non mi sei d'aiuto! Oltre a mia sorella ti ci metti pure tu? -

- Ma guardatevi! Litigate proprio come una vecchia coppia di sposi. Devo dire che vi siete immedesimati perfettamente nella parte -

- Black! Hai deciso di darmi il tormento anche tu? -

- Che ne dite di continuare a leggere questa stupida storia? - ci interruppe Severus.

Il tono con il quale si rivolse a noi era freddo, tagliente. Non riuscivo a capire se fosse arrabbiato, nervoso o più semplicemente scocciato. Fatto sta che sembrava esser messo persino peggio di me! Eppure non era lui quello con la sorella stronza, non era lui quello che avrebbe avuto un bambino, rabbrividì al solo pensiero, con un Potter. Non era neppure stato ancora tirato in ballo in questa storia!

"«No» rispose seccamente. «Perché?»

«Mah, non so... al telegiornale hanno detto cose strane» bofonchiò il signor Dursley. «Gufi... stelle cadenti... e oggi, in città, un sacco di gente strampalata...»

«E allora?» sbottò la signora Dursley.

«Niente, pensavo soltanto... forse... qualcosa che avesse a che fare con... hai capito, no?... con lei e i suoi».

La signora Dursley sorseggiò il tè a labbra strette. Il signor Dursley si

chiedeva intanto se avrebbe mai osato dirle di aver sentito pronunciare il nome 'Potter'. Decise che non avrebbe osato. E invece, con il tono più naturale che gli riuscì di trovare, disse: «Il figlio... dovrebbe avere la stessa età di Dudley, non è vero?»

«Suppongo di sì» rispose la signora Dursley, rigida come un manico di scopa.

«E, com'è che si chiama? Howard, no?»

«Harry! Che poi è un nome terribilmente ordinario, se proprio lo vuoi sapere». "

- Senti senti chi sta parlando! Loro sono le persone più ordinarie del mondo - protestò Remus.

- Già, e si permettono di criticare il mio nipotino? - continuò Black.

C'era qualcosa che non mi tornava... Cosa c'entrava adesso lui in tutta questa faccenda?

- Il tuo... Il tuo nipotino? - mi ritrovai a balbettare confusamente.

- Certo! Il figlio di James non può non essere il mio bel nipotino -

- Non è suo figlio, è il mio! -

- Evans dovresti sapere che un figlio non lo puoi certo fare da sola - rise Potter.

Io, a mio malgrado, arrossii. Era una cosa che mi capitava facilmente, basta una sciocchezza e mi ritrovato ad avere il viso dello stesso colore dei miei capelli.

- Certo che lo so - borbottai.

Distolsi lo sguardo da loro, concentrandomi sulle altre due silenziose nella stanza. Era strano, non conoscevo affatto l'altro Black, ma sapevo per certo che Severus non era mai stato così silenzioso, non in mia presenza. Prima, quando ci ritrovamo a chiacchierare tra una lezione e l'altra, era sempre lui quello che parlava ininterrottamente, io ero più taciturna. Mi piaceva ascoltare i suoi discorsi, sapeva essere serio ma anche farmi ridere, non mi annoiava mai poiché trovava sempre qualcosa di nuovo da raccontarmi.

Ora stringeva leggermente i pugni e osservava il fuoco crepitante, era come ammaliato da quelle fiammelle che si rincorrevano tra loro, quasi facessero a gara per vedere chi tra loro si sarebbe spinta più in alto. Regulus invece osservava il fratello, teneva il suo sguardo fisso su di lui ma i loro occhi non si incrociarono mai. L'altro era troppo occupato a ridere e scherzare con i suoi due amici per accorgersene, o, forse, stava deliberatamente evitando quel contatto.

Remus, tutto ad un tratto, si schiarì la voce, poi continuò con il libro, risvegliandomi dai miei pensieri.

"«Eh già» disse il signor Dursley con il cuore che gli si faceva pesante come il piombo. «Sono proprio d'accordo».

Salirono in camera per andare a dormire senza più dire una parola sul-l'argomento. Mentre la moglie era in bagno, il signor Dursley si avvicinò guardingo alla finestra della camera da letto e sbirciò fuori, nel giardino. Il gatto era ancora lì."

- Che ci fa la professoressa ancora lì? È tardi! - ci chiese Remus.

- Non so - ammisi - cedete abbia qualcosa a che fare con la scomparsa di Voi-Sapete-Chi? -

- Forse - mi rispose Potter, sorprendentemente serio - ma se così fosse non è una buona cosa per la tua famiglia, Evans -

- Cosa? Credevo fosse morto. Che pericolo ci potrebbe mai essere? -

-Non lo so, ma è meglio non scoprirlo, non credi?-

"Stava scrutando Privet Drive, come se aspettasse qualcosa.

La sua fantasia galoppava troppo? Tutto questo poteva avere qualcosa a che fare con i Potter?"

Sperai con tutto il mio cuore che l'irritante futuro marito di mia sorella si sbagliasse. Avevo un brutto presentimento, c'era qualcosa di strano nella storia.

"Se sì... cioè, se veniva fuori che loro erano parenti di una coppia di... be', non credeva proprio di poterlo sopportare."

- James, prima che tu possa esplodere in mille invettive contro questo signore ricorda che è solo un libro, ed io vorrei arrivare a leggere la conclusione, rimetti seduto e sta calmo - lo ammonì Remus con tono deciso, vedendo che il suo amico aveva iniziato ad agitarsi.

Potter aveva raggiunto la poltrona di Remus e si sedette su di un bracciolo.

- Posso rimanere qui? -

- Va bene, purché tu stia fermo -

"Si misero a letto. Lei si addormentò subito, ma lui rimase li steso, con gli occhi sbarrati, a rigirarsi tutto quanto nella mente. L'ultimo, confortante pensiero che ebbe prima di addormentarsi fu che, se anche i Potter avevano veramente qualcosa a che vedere con quella faccenda, non era affatto detto che dovessero farsi vivi con lui e sua moglie. I Potter sapevano molto bene quel che lui e Petunia pensavano di loro e di quelli della loro risma... Non vedeva proprio come potessero venire coinvolti, di qualsiasi cosa si trattasse - e qui sbadigliò e si girò dall'altra parte - la cosa non poteva riguardarli...

Ma si sbagliava di grosso."

Sbuffai. Non stava andando per il verso giusto me lo sentivo. Per un attimo pensai di interrompere Remus, non ero più tanto sicura di voler sapere come andasse a finire. E immediatamente arrivò il senso di colpa. Avevo coinvolto tutti in questa situazione e ora, per uno stupido capriccio, volevo far saltare tutto? Ero solo un egoista. Mi rannicchiati un po' sulla poltrona, ascoltando la voce calma di Remus.

"Se il signor Dursley era scivolato in un sonno agitato, il gatto, seduto sul muretto di fuori, non dava alcun segno di aver sonno. Sedeva immobile come una statua, con gli occhi fissi e senza batter ciglio sull'angolo opposto di Privet Drive. E non ebbe il minimo soprassalto neanche quando, nella strada accanto, la portiera di una macchina sbatté forte, né quando due gufi gli sfrecciarono sopra la testa. Dovette farsi quasi mezzanotte prima che il gatto facesse il minimo movimento.

Un uomo apparve all'angolo della strada che il gatto aveva tenuto d'occhio; ma apparve così all'improvviso e silenziosamente che si sarebbe detto fosse spuntato da sotto terra. La coda del gatto ebbe un guizzo e gli occhi divennero due fessure."

- Lo stava aspettando - commentò Severus, dando voce a quelli che erano i nostri pensieri.

"In Privet Drive non s'era mai visto niente di simile. Era alto, magro e molto vecchio, a giudicare dall'argento dei capelli e della barba, talmente lunghi che li teneva infilati nella cintura."

- Silente! - gridò all'improvviso Black facendomi sussultare.

-Ma certo - concordò Potter - quindi è per lui che la prof è stata tutto il giorno lì -

- E perché si dovevano incontrare proprio sotto casa di mia sorella? -

- Si staranno assicurando che sia tutto tranquillo forse -

- E tra tanti Babbani dovevano controllare proprio lei, Potter? Per tutto il giorno? Non mi sembra un passatempo tipico della McGranitt! -

- Calmati Evans, ne so quanto te. Guardati, sei diventata tutta rossa e non parlo solo dei capelli -

Odiavo quando me lo facevano notare, e naturalmente Potter non mancava di puntalizzarlo ogni volta. Inevitabilmente arrosii ancora di più.

"Indossava abiti lunghi, un mantello color porpora che strusciava per terra e stivali dai tacchi alti con le fibbie. Dietro gli occhiali a mezzaluna aveva due occhi di un azzurro chiaro, luminosi e scintillanti, e il naso era molto lungo e ricurvo, come se fosse stato rotto almeno due volte. L'uomo si chiamava Albus Silente."

- Evvai! E ovviamente io ho sempre ragione -

- Guarda che ci eravamo arrivati tutti Black -

- Zitto Mocciosus! Sei solo invidioso perché non ci hai pensato prima tu -

- L'ho fatto, solo che io ho la decenza di non mettermi ad urlare -

- Ripeto, tutta invidia -

Potter accanto sghignazzava, godendosi la scenetta. Remus gli dava corda, e Black, forte del sostegno dei suoi compagni, continuò stupidamente a discutere per parecchi minuti ancora.

A me tutto questo dava solo i nervi, ma quanto potevano diventare infantili?

Presi dalle mani di Remus il libro e ripresi io a leggere a voce molto alta, sperando di farli smettere.

Per fortuna riuscì, in pochi secondi mi prestarono tutti attenzione per continuare a seguire la storia.

"Albus Silente non sembrava rendersi conto di essere appena arrivato in una strada dove tutto, dal suo nome ai suoi stivali, risultava sgradito. Si dava un gran da fare a rovistare sotto il mantello, in cerca di qualcosa. Sembrò invece rendersi conto di essere osservato, perché all'improvviso guardò il gatto, che lo stava ancora fissando dall'estremità opposta della strada. Per qualche ignota ragione, la vista del gatto sembrò divertirlo. Ridacchiò tra sé borbottando: «Avrei dovuto immaginarlo».

Aveva trovato quel che stava cercando nella tasca interna del mantello. Sembrava un accendino d'argento. Lo aprì con uno scatto, lo tenne sollevato e lo accese. Il lampione più vicino si fulminò con un piccolo schiocco. L'uomo lo fece scattare di nuovo, e questa volta si fulminò il lampione appresso. Dodici volte fece scattare quel suo 'Spegnino', fino a che l'unica illuminazione rimasta in tutta la strada furono due capocchie di spillo in lontananza: gli occhi del gatto che lo fissavano. Se in quel momento qualcuno - perfino quell'occhio di lince del signor Dursley - avesse guardato fuori della finestra, non sarebbe riuscito a vedere niente di quel che accadeva in strada. Silente si fece scivolare di nuovo nella tasca del mantello il suo 'Spegnino' e si incamminò verso il numero 4 di Privet Drive, dove si mise a sedere sul muretto, accanto al gatto. Non lo guardò, ma dopo un attimo gli rivolse la parola.

«Che combinazione! Anche lei qui, professoressa McGranitt?»

Si voltò verso il soriano con un sorriso, ma quello era scomparso. Al suo posto, davanti a lui c'era una donna dall'aspetto piuttosto severo, che portava un paio di occhiali squadrati della forma identica ai segni che il gatto aveva intorno agli occhi. Anche lei indossava un mantello, ma color smeraldo. I capelli neri erano raccolti in uno chignon."

- Gli anni passano ma la McGranitt non cambia mai - disse Remus.

- Vero, mi immagino già la scena, è come se fosse davanti ai miei occhi - concordai.

Quando leggevo mi capitava di immedesimarmi completamente nei personaggi, come se questi prendessero vita, uscendo dalla carta e diventando reali.

"Aveva l'aria decisamente scombussolata.

«Come faceva a sapere che ero io?» chiese.

«Ma, mia cara professoressa, non ho mai visto un gatto seduto in una posa così rigida».

«Anche lei sarebbe rigido se fosse rimasto seduto tutto il giorno su un muretto di mattoni» rimbeccò la professoressa McGranitt.

«Tutto il giorno? Quando invece avrebbe potuto festeggiare? Venendo qui mi sono imbattuto in una decina e più di feste e banchetti».

La professoressa McGranitt tirò su rabbiosamente col naso.

«Eh già, sono proprio tutti lì che festeggiano» disse con tono impaziente. «Ci si sarebbe potuti aspettare che fossero un po' più prudenti, macché... anche i Babbani hanno notato che sta succedendo qualcosa. Lo hanno detto ai loro telegiornali»."

- Hanno creato un gran casino - disapprovai.

- Ma puoi biasimarli? - mi fece notare Remus - Abbiamo vinto una guerra! La Guerra! -

Era euforico, lo ero anch'io. Il solo ripensarci mi rendeva così felice.

"E cosi dicendo si voltò verso la finestra buia del soggiorno dei Dursley. «L'ho sentito personalmente. Stormi di gufi... stelle cadenti... Be', non sono mica del tutto stupidi. Prima o poi dovevano notare qualcosa. Stelle cadenti nel Kent... Ci scommetto che è stato Dedalus Lux. È sempre stato un po' svitato».

«Non gli si può dar torto» disse Silente con dolcezza. «Per undici anni abbiamo avuto ben poco da festeggiare»."

-Aspettate - mi interruppe Remus - se sono passati undici anni vuol dire che la storia... -

- 1981! La storia è ambientata solo qualche anno nel futuro! Non posso crederci che avrò già un figlio a ventun anni -

Era un incubo, vero? Ebbi la terribile immagine di me, tra qualche anno con un bambino in braccio. Non potevo, non sentivo pronta, ero sempre stata negata con i bambini e, prima di oggi, non avevo mai pensato all'eventualità di averne in futuro.

Non volevo. Il figlio di mia sorella sembrava già avere uno o due anni, e lui ed Harry erano coetanei, era scritto lì. Ciò significava che in appena due anni sarei diventata mamma. Mi sentivo mancare al solo pensiero. Come potevo farcela?

- Lily, stai bene? - mi chiese Remus.

Non dovevo avere una bella cera poiché mi guardò con aria interrogativa.

- Forse e meglio che ricontinui io con questo libro -

"«Lo so, lo so» disse la professoressa McGranitt in tono irritato. «Ma non è una buona ragione per perdere la testa. Stanno commettendo una vera imprudenza, a girare per la strada in pieno giorno senza neanche vestirsi da Babbani e scambiandosi indiscrezioni».

A quel punto, lanciò a Silente un'occhiata obliqua e penetrante, sperando che lui dicesse qualcosa; ma così non fu. Allora continuò: «Sarebbe un bel guaio se, proprio il giorno in cui sembra che Lei-Sa-Chi sia finalmente scomparso, i Babbani dovessero venire a sapere di noi. Ma siamo proprio sicuri che se n'è andato, Silente?»

«Sembra proprio di sì» rispose questi. «Dobbiamo essere molto grati. Le andrebbe un ghiacciolo al limone?»

«Un che?»

«Un ghiacciolo al limone. E un dolce che fanno i Babbani: io ne vado matto».

«No grazie» rispose freddamente la professoressa McGranitt, come a voler dire che non era il momento dei ghiaccioli. «Come dicevo, anche se Lei-Sa-Chi se ne è andato veramente...»

«Mia cara professoressa, una persona di buonsenso come lei potrebbe decidersi a chiamarlo anche per nome!! Tutte queste allusioni a 'Lei-Sa-Chi' sono una vera stupidaggine..."

- La fa facile lui, è il mago più potente di tutti i tempi -

- Felpato non avrai mica paura anche tu di pronunciare uno stupido nome? -

- Io Lunastorta non ho paura di nulla -

- Ma se quando ieri mattina hai trovato un ragno sullo specchio del bagno ti sei messo ad urlare come un pazzo -

Black rifilò un occhiataccia all'amico, mentre Potter era letteralmente piegato in due dalle risate.

- Ha ragione Lunastorta, fratello -

"Sono undici anni che cerco di convincere la gente a chiamarlo col suo vero nome:"

Remus smise immediatamente di leggere.

- Perché ti sei fermato ancora? - domandò Black.

Potter fissò il libro e si mise a ridere ancor più forte di prima, tanto che cadde giù dal bracciolo sul quale si era sistemato.

Black, curioso, si avvicinò ai due e prese in mano il libro, dopodiché scoppio a ridere anche lui.

Remus mise il broncio.

- Lunastorta mi stupisce il fatto che tu sia il primo a non voler pronunciare quel nome. Anzi, non vuoi neppure leggerlo! - disse Black tra una risata e l'altra.

- Se sei così bravo perché non continui tu con la storia, Felpato? -

- Oh lo farò, ma prima voglio sentirti pronunciare quel nome -

Remus esitò per un attimo prima di ribattere.

- Solo se tu lo pronuncerai con me -

- Va bene, io non ho paura. Al mio tre: uno... Due... Tre! -

- V..Voldemort - gridarono all'unisono.

Come stabilito, Black prese il libro e continuò.

"La professoressa McGranitt trasalì, ma Silente, che stava scartando un ghiacciolo al limone, sembrò non farvi caso. «Crea tanta di quella confusione continuare a dire

'Lei-Sa-Chi'. Non ho mai capito per quale ragione bisognasse avere tanta paura di pronunciare il nome di Voldemort»."

Malgrado tutto anche Black tentennò un po' prima di pronunciare quel nome.

"«Io lo so bene» disse la professoressa McGranitt, in tono a metà fra l'esasperato e l'ammirato. «Ma per lei è diverso. Lo sanno tutti che lei è il solo di cui Lei-Sa... oh, d'accordo: Voldemort... aveva paura».

«Lei mi lusinga» disse Silente con calma. «Voldemort aveva poteri che io non avrò mai».

«Soltanto perché lei è troppo... troppo nobile per usarli».

«Meno male che è buio. Non arrossivo tanto da quella volta che Madama Chips mi disse quanto le piacevano i miei nuovi paraorecchi».

La professoressa McGranitt scoccò a Silente un'occhiata penetrante, poi disse: «I gufi sono niente in confronto alle voci che sono state messe in giro. Sa che cosa dicono tutti? Sul perché è scomparso? Su quel che l'ha fermato una buona volta?»"

- Ma non l'ha fermato Silente? - commentò Black.

- Certo che è stato lui - affermò Potter convinto - chi altri sennò? Va avanti Felpato, ti ricordo che Codaliscia ci aspetta! -

"Sembrava che la professoressa McGranitt avesse toccato il punto che più le premeva di discutere, la vera ragione per cui era rimasta in attesa tutto il giorno su quel muretto freddo e duro, perché mai - né da gatto né da donna - aveva fissato Silente con uno sguardo cosi penetrante. Era chiaro che qualsiasi cosa 'tutti' mormorassero, lei non l'avrebbe creduto sin quando Silente non le avesse detto che era vero. Ma lui era occupato col suo ghiacciolo al limone, e non rispose.

«Quel che vanno dicendo» incalzò lei, «è che la notte scorsa Voldemort è spuntato fuori a Goldrick's Hollow."

- No! - gridò Potter - No, no, no... Non sono loro... Fa che non siano loro...- iniziò a mormorare a voce sempre più bassa.

Aveva le mani tra i capelli e sembrava sull'orlo di piangere.

- I..i ge...genitori di James hanno una casa lì - ci spiegò Black.

La sua voce tremava, teneva lo sguardo fisso verso Potter che continuava a ripetere le stesse frasi a voce sempre più bassa.

- James - lo chiamò Remus dolcemente - a Goldrick's Hollow ci sono molte famiglie di maghi, i tuoi genitori non passano quasi mai del tempo in quella casa. Prendi un bel respiro, sta tranquillo -

"È andato a trovare i Potter."

Ma Remus si sbagliava.

Qulache lacrima gli solcò la guancia, ma lui se l'asciugò rapido.

Black lo raggiunse e si sedette sull'altro bracciolo della poltrona.

I Malandrini erano tutti e tre vicini adesso, si stavano supportando a vicenda, neppure Black era messo bene, aveva il volto cereo.

Remus decise di riprendere lui il libro.

"Corre voce che Lily e James Potter"

- Hai visto Evans? Te lo avevo detto che alla fine ci saremmo sposati - disse Potter con la voce tremante, priva del solito entusiasmo e della solita euforia che la caratterizzava.

Cercò di fare un debole sorriso, appena accennato sul suo viso, mentre le guance erano ancora solcate dalle lacrime che scendevano silenziose.

Non mi arrabbiai, non arrossì, non sarebbe stato affatto opportuno, mi limitai semplicemente a sorridergli a mia volta.

"siano... siano... insomma, siano morti»."

Il libro cadde dalle mani di Remus e finì a terra con un tonfo.

- Remus aveva ragione alla fine. I tuoi genitori stanno bene, Potter - dissi con un fil di voce.

Era una frase terribilmente stupida, ma avevo bisogno di rompere il silenzio prima che lasciasse spazio ai pensieri. Non volevo pensare...

Potter aveva smesso di piangere e mi fissava, anch'io fissavo lui. Saremmo morti da lì a pochi anni, insieme. Avremmo trascorso quei pochi anni che ci rimanevano insieme.

Mille pensieri iniziarono a prendere il sopravvento della mia mente. Non volevo, ma, purtroppo, sembrava non avessi voce in capitolo. La mia stessa testa non era più sotto il mio controllo.

Lui sembrava essersi calmato (o era solo sconvolto? Scioccato?) mentre io iniziai ad andare nel panico. Iniziai ad inspirare e ad espirare velocemente. Avevo paura, non volevo morire. Sentì la mano di Remus stringere la mia, si era alzato e mi aveva raggiunto. Fu confortante, la sua mano fu come un'ancora, un appiglio al quale mi aggrappai per non rischiare di impazzire.

Gli fui grata, era venuto affianco a me malgrado avrebbe preferito essere con il suo amico, non voleva lasciarmi sola. Sentivo alle mie spalle lo sguardo penetrante di Severus, ma lui non si mosse affatto verso di me, rimase lì immobile. Avrei tanto voluto non l'avesse fatto, che fosse venuto al mio fianco, prima c'era sempre stato, ma poi perché avrebbe dovuto farlo?

Potter era stretto dall'abbraccio di Black, ma lui sembrava non averlo neppure notato, continuava a rimanere immobile, con gli occhi ancora lucidi che non la smettevano si fissarmi. Volevo abbracciarlo anch'io, volevo essere abbracciata anch'io, ne avevo bisogno.

Pensai a lui, così esuberante e pieno di energia, pieno si vita, come poteva morire? Cosa sarebbe successo ai Malandrini senza di lui?

- Harry - disse ad un tratto, come risvegliatosi dallo strato di trance nel quale era caduto - Harry! - ripeté con tono urgente - Lui sta bene, vero? Non hanno detto nulla, deve stare bene -

Dopo la notizia della mia morte, quella che avrei avuto un figlio era passata in secondo piano. Che razza si madre sarei diventata? Mi ero completamente dimenticata di mio figlio, non mi ero ancora abituata all'idea di essere un genitore, al contrario di Potter.

Avevo ancora paura della prossima morte, ma ero preoccupata per la salute di Harry, lui era il mio bambino, non poteva essergli successo nulla di brutto, non lo avrei mai permesso.

- Il titolo, Jamie - notò Black - il libro parla di tuo figlio e il titolo del capitolo è "Il bambino sopravvissuto". Lui starà bene -

Questo sembrò rincuorarlo, e rincuorò molto anche me. Se lui era salvo, dopotutto qualcosa di buono c'era.

- Sarà felice - affermai - La guerra è ormai finita e lui potrà crescere sereno, anche... Anche se... Se noi non gli saremo accanto -

- Ci saremo noi, Lily - mi corresse Remus - Io e Sirius saremo al suo fianco e non gli faremo mancare nulla, te lo prometto -

Mi sentì meglio. Raccolsi il libro da terra e ripresi a leggere. Volevo arrivare al pezzo in qui si parlava di mio figlio, volevo essere sicura che stesse bene per davvero.

"Silente chinò la testa. La professoressa McGranitt ebbe un piccolo singhiozzo.

«Lily e James... Non posso crederci... Non volevo crederci... Oh, Albus...»

Silente allungò la mano e le batté un colpetto sulla spalla. «Lo so... lo so...» disse gravemente.

La McGranitt prosegui con voce tremante: «E non è tutto. Dicono che ha anche cercato di uccidere il figlio dei Potter, Harry. Ma che... non c'è riuscito. Quel piccino, non è riuscito a ucciderlo."

Sorrisi involontariamente, mentre un paio di lacrime scendevano senza far rumore. Erano lacrime di gioia, erano il mio modo per far uscire tutte quelle sensazioni che avevo provato in pochissimo tempo. Mi sentivo più leggera. Incrociai il mio sguardo con quello di Potter e vidi che mi sorrideva anche lui.

"Nessuno sa perché né come, ma dicono che quando Voldemort non ce l'ha fatta a uccidere Harry Potter, in qualche modo il suo potere è venuto meno... ed è per questo che se n'è andato».

Silente annui malinconicamente.

«È... è vero?» balbettò la professoressa McGranitt. «Dopo tutto quel che ha fatto... dopo tutti quelli che ha ammazzato... non è riuscito a uccidere un bambino indifeso?"

- Anni di lotte e neppure Silente è riuscito ad annientarlo. Poi arriva mio figlio, un neonato, e lo sconfigge. Diventerà di certo un grande mago -

I suoi occhi brillavano di orgoglio. Lo capivo perfettamente, dopotutto anch'io mi sentivo enormemente fiera del mio piccolo, sarebbe diventato un mago senza precedenti.

"È strabiliante... di tutte le cose che avrebbero potuto fermarlo... Ma in nome del cielo, come ha fatto Harry a sopravvivere?»

«Possiamo solo fare congetture» disse Silente. «Forse non lo sapremo mai»."

- Non mi importa -

- Cosa James? - chiese Remus.

- Non mi importa di scoprire come ha fatto a sopravvivere. A me basta sapere che è successo, che lui e vivo e che Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato invece sia stato annientato.

Ha ucciso me, ha ucciso la Evans, che, per qualche miracolo, tra qualche anno diventerà la Signora Potter - e qui io sbuffai, per evidenziare il mio disappunto - ha lasciato orfano il mio bambino. Non potrò mai perdonarglielo -

"La professoressa McGranitt tirò fuori un fazzoletto di trina e si asciugò gli occhi dietro gli occhiali. Con un profondo sospiro, Silente estrasse dalla tasca un orologio d'oro e lo esaminò. Era un orologio molto strano. Aveva dodici lancette, ma al posto dei numeri c'erano alcuni piccoli pianeti che si muovevano lungo il bordo del quadrante. Evidentemente Silente lo sapeva leggere, perché lo ripose di nuovo nella tasca e disse: «Hagrid è in ritardo. A proposito, suppongo sia stato lui a dirle che sarei venuto qui».

«Sì» rispose la McGranitt, «anche se non credo che lei mi dirà perché mai, di tanti posti, abbia scelto proprio questo».

«Sono venuto a portare Harry dai suoi zii. Sono gli unici parenti che gli rimangono»."

- E i miei genitori allora? - domandai.

- Perché i miei? Moriranno tutti proprio come noi? -

Non avevamo neppure finito il primo capitolo e già stavamo facendo i conti con la nostra morte e quella dei nostri cari. Non ero sicura che mi piacesse questa storia.

- Perché Silente lascia Harry a tua sorella, Evans? Dove sono io? Dov'è Remus? -

- Giuro che se è successo qualcosa anche a voi io... -

- Potter sta calmo, non arrivare a conclusioni affrettate. Non abbiamo bisogno di altri morti qui - gli dissi amaramente.

"«Non vorrà mica dire... Non saranno mica quei due che abitano lì!» e-sclamò la McGranitt balzando in piedi e indicando il numero 4. «Silente... non è possibile! È tutto il giorno che li osservo. Non avrebbe potuto trovare persone più diverse da noi. E poi quel ragazzino che hanno... l'ho visto prendere a calci sua madre per tutta la strada, urlando che voleva le caramelle!"

- Ha visto che bella famigliola, prof - commentai senza entusiasmo.

"Harry Potter... venire ad abitare qui?»."

- L'idea non piace neppure a me - concordai.

"«È il posto migliore per lui» disse Silente con fermezza. «La zia e lo zio potranno spiegargli tutto quando sarà più grande. Ho scritto loro una lettera».

«Una lettera?» gli fece eco la McGranitt con un filo di voce, tornando a sedersi sul muretto. «Ma davvero, Silente, crede di poter spiegare tutto questo per lettera? Questa gente non capirà mai Harry Potter. Lui diventerà famoso... leggendario! Non mi stupirebbe se in futuro la giornata di oggi venisse designata come la festa di Harry Potter. Su di lui si scriveranno volumi, tutti i bambini del mondo conosceranno il suo nome!»

«Proprio così» disse Silente fissandola tutto serio da sopra gli occhiali a mezzaluna. «Ce ne sarebbe abbastanza per far girare la testa a qualsiasi ragazzo. Famoso prima ancora di parlare e di camminare! Famoso per qualcosa di cui non avrà conservato neanche il ricordo! Non riesce a capire quanto starà meglio, se crescerà lontano da tutto questo fino al giorno in cui sarà pronto per reggerlo?»"

- Ma perché proprio da mia sorella? Perché Silente non trova un altra soluzione -

- Non voglio che mio figlio cresca lì. Senza offesa Evans, ma i tuoi parenti sono davvero terribili -

- Lo so anche io, Potter. Ma che ci posso fare? -

- Potete affidarlo a me e a Remus - propose Black.

- Credi che se ci fosse stato un modo non lo avremmo fatto? Tutto ciò non è ancora avvenuto e, per di più, in questo libro, io e il tuo amichetto finiamo stecchiti ancor prima che la storia inizi. Secondo te cosa dovremmo fare? - gli urlai contro.

Questa storia li stava mandando letteralmente fuori di testa, ma non dovevo prendermela con lui, non era giusto. Dovevo ricordarmi che eravamo tutti nella stessa situazione, non ero solo io quella messa male.

- Cambieremo questo futuro, Evans. Te lo prometto - disse Black.

Fu inaspettato. Mi aspettavo anch'io delle urla, mi aspettavo anche che Potter, e forse anche Remus, gli dessero da manforte, non questo.

Fu un attimo. Avevo il cervello scollegato ed ero ancora stordita dalle mille emozioni diverse che avevo provato in quest'ultima mezz'ora. Mi alzai e in pochi istanti mi ritrovai ad abbracciarlo.

Io che abbracciavo Sirius Black, che cosa buffa.

Io che abbracciavo Sirius Black e che avrei sposato Potter da lì a qualche anno, ancora più buffo.

Se si pensava anche al fatto che avrei avuto anche un figlio c'era da finire in manicomio.

"La professoressa McGranitt aprì bocca per rispondere, poi cambiò idea, inghiottì e disse: «Sì... sì, lei ha ragione, naturalmente. Ma in che modo arriverà qui il ragazzo?»

D'un tratto guardò il mantello di Silente come se pensasse che Harry potesse esservi nascosto sotto.

«Lo porterà Hagrid».

«E a lei pare... saggio... affidare a Hagrid un compito tanto importante?»"

- Sì - rispose Potter al posto del libro.

Io non potevo essere più d'accordo.

"«Affiderei a Hagrid la mia stessa vita» disse Silente.

«Non dico che non abbia cuore» dovette ammettere la McGranitt, «ma non verrà mica a dirmi che non è uno sventato. Tende a... Ma cosa è stato?»

Il silenzio che li circondava era stato lacerato da un rombo cupo. Mentre Silente e la McGranitt percorrevano con lo sguardo la stradina per vedere se si avvicinassero dei fari, il rumore si fece sempre più forte, fino a diventare un boato. Entrambi levarono lo sguardo al cielo e dall'aria piovve una gigantesca motocicletta che atterrò sull'asfalto proprio davanti a loro.

Pur colossale com'era, la moto sembrava niente a confronto con l'uomo che la inforcava. Era alto circa due volte un uomo normale e almeno cinque volte più grosso."

- Ecco arrivato Hagrid - dedusse semplicemente Black.

"Sembrava semplicemente troppo per essere vero, e aveva un aspetto terribilmente selvaggio: lunghe ciocche di ispidi capelli neri e una folta barba gli nascondevano gran parte del volto; ogni mano era grande come il coperchio di un bidone dei rifiuti e i piedi, che calzavano stivali di cuoio, sembravano due piccoli delfini. Tra le braccia immense e muscolose reggeva un involto di coperte.

«Hagrid!» esclamò Silente con tono di sollievo. «Finalmente! Ma dove hai preso quel veicolo?»

«Un prestito, professor Silente»; e così dicendo, il gigante scese con circospezione dalla motocicletta. «Del giovane Sirius Black. Lui ce l'ho qui signore»."

- Quindi tu stai bene Felpato! - esclamò Potter sollevato.

- Te lo avevo detto che non dovevi preoccuparti inutilmente - gli rammentai.

- Ma perché non ci sono anch'io? Gli ho lasciato quella cosa e non ho neppure insistito per stare con Harry? -

- Sono sicuro che ci deve essere un buon motivo - lo rassicurò Potter - Tu stai bene, questo è l'importante. E poi puoi sempre andare a trovare mio figlio ogni volta che vorrai, gli farai un po' di compagnia -

- Te lo prometto, Ramoso -

"«Ci sono stati problemi?»

«No, signore; la casa era distrutta, diciamo, ma io sono riuscito a tirarlo fuori prima che il posto si riempisse di Babbani. Si è addormentato mentre volavamo su Bristol».

Silente e la McGranitt si chinarono sull'involto di coperte. Dentro, appena visibile, c'era un bambino profondamente addormentato. Sotto il ciuffo di capelli corvini che gli spuntava sulla fronte, scorsero un taglio dalla forma bizzarra, simile a una saetta."

Sorrisi immaginando la scena, pensando a quel fagottino con i capelli neri marchio Potter. A chi avrebbe assomigliato? Si sarebbe ricordato di noi? Cosa gli avrebbe raccontato mia sorella di me?

"«E qui che...» chiese in un bisbiglio la professoressa McGranitt.

«Sì» rispose Silente. «Questa cicatrice se la terrà per sempre».

«E lei non può farci niente. Silente?»

«Anche se potessi, non lo farei. Le cicatrici possono tornare utili. Anch'io ne ho una, sopra il ginocchio sinistro, che è una piantina perfetta della metropolitana di Londra. Bene... Dammelo qua, Hagrid; vediamo di concludere».

Silente prese Harry tra le braccia e si voltò verso la casa dei Dursley.

«Posso... posso fargli un salutino, signore?» chiese Hagrid.

Chinò la grossa e ispida testa su Harry e gli dette un bacio rasposo per via di tutto quel pelo. Poi, d'un tratto, emise un ululato come di cane ferito.

«Shhh!» sibilò la McGranitt. «Sveglierai i Babbani!»

«S-s-s-scusatemi...» singhiozzò Hagrid tirando fuori un immenso fazzoletto tutto chiazzato e tuffandoci il viso dentro, «ma proprio n-n-non ce la faccio... Lily e James morti... e il povero piccolo Harry che se ne va a vivere con i Babbani...».

«Sì, certo, è molto triste, ma vedi di controllarti, Hagrid, o ci scopriranno» sussurrò la McGranitt battendogli con cautela un colpetto sul braccio mentre Silente, scavalcando il basso muricciolo del giardino, si avviava verso la porta d'ingresso. Depose dolcemente Harry sul gradino,"

- Non vorrà mica abbandonarlo lì! Morirà di freddo... E se si dovesse svegliare? - urlai, preoccupatissima.

Quel povero bambino ne aveva già passate tante, ora ci si mettevano anche loro?

- Sta calma Evans. Sono sicuro che suoneranno il campanello e si accetteranno che tutto vada per il meglio. Non lasceranno nostro figlio così -

Nostro figlio. Mi sembrava ancora assurdo il solo pensarci.

"...tirò fuori dal mantello una lettera, la ripose tra le coperte che avvolgevano Harry e tornò verso gli altri due. Per un lungo minuto i tre rimasero lì a guardare quel fagottino; Hagrid era scosso dai singhiozzi, la professoressa McGranitt non faceva che battere le palpebre, e lo scintillio che normalmente emanava dagli occhi di Silente sembrava svanito.

«Be'» disse infine Silente, «ecco fatto. Non c'è più ragione che restiamo qui. Tanto vale che andiamo a prender parte ai festeggiamenti».

«Già» disse Hagrid con voce soffocata «allora io riporto la moto a Sirius. 'Notte, professoressa McGranitt. Professor Silente, i miei rispetti».

Asciugandosi gli occhi inondati di lacrime con la manica della giacca, Hagrid si rimise a cavalcioni della motocicletta e accese il motore; si sol-levò in aria con un rombo e spari nella notte.

«Penso che ci rivedremo presto, professoressa McGranitt» disse Silente facendole un cenno col capo. Per tutta risposta, lei si soffiò il naso.

Silente si voltò e si avviò lungo la strada. Giunto all'angolo, si fermò ed estrasse il suo 'Spegnino' d'argento. Uno scatto, e dodici sfere luminose si riaccesero di colpo nei lampioni, illuminando Privet Drive di un bagliore aranciato. A quel chiarore scorse un gatto soriano che se la svignava dietro l'angolo all'altro capo della strada. Da quella distanza vedeva appena il mucchietto di coperte sul gradino del numero 4.

«Buona fortuna, Harry» mormorò. Poi girò sui tacchi e, con un fruscio del mantello, sparì."

- L'ha davvero lasciato così -

Questa volta fu Potter ad urlare.

Non potevo crederci, non era proprio dalla McGranitt essere così irresponsabile. Povero piccolo.

"Una lieve brezza scompigliava le siepi ben potate di Privet Drive, che riposava, ordinata e silenziosa, sotto il cielo nero come l'inchiostro. L'ultimo posto dove ci si sarebbe aspettati di veder accadere cose stupefacenti. Sotto le sue coperte, Harry Potter si girò dall'altra parte senza svegliarsi. Una manina si richiuse sulla lettera che aveva accanto e lui continuò a dormire, senza sapere che era speciale, senza sapere che era famoso, senza sapere che di lì a qualche ora sarebbe stato svegliato dall'urlo della signora Dursley che apriva la porta di casa per mettere fuori le bottiglie del latte, né che le settimane successive le avrebbe trascorse a farsi riempire di spintoni e pizzicotti dal cugino Dudley... "

- Cosa farà quella specie di mostriciattolo a mio figlio? - esclamai sull'orlo della disperazione.

Non ce la facevo più. Di questo passo sarei morta ancor prima per la preoccupazione.

- Ci penseremo io e Sirius a proteggere Harry, vedrete - ci rassicurò Remus.

"Non poteva sapere che, in quello stesso istante, da un capo all'altro del paese, c'era gente che si riuniva in segreto e levava i calici per brindare «a Harry Potter, il bambino che è sopravvissuto»."

 

 

 

 

Angolo dell'autrice:

Salve a tutti! In questo capitolo si inizia con la lettura ^-^

Ho parecchie cose da dire quindi farò una lista, con la speranza di non scordare nulla come al solito...

1) Aggiornerò questa storia ogni mercoledì e cercherò di essere sempre puntuale, salvo forze di causa maggiore (vedi sotto la voce di "prof malefici che non lasciano ai poveri studenti neppure il tempo di respirare").

2) Ho intenzione di alternare i "momenti lettura" con i "momenti storia" dei protagonisti per rendere questa fanfiction, ma anche i vari personaggi, un po' più completi. È anche un modo per far apparire tanti altri personaggi che faranno da sfondo alla vicenda, ma anche per inserire lo stesso Minus. Ammetto di non sopportarlo molto però, siccome è un Malandrino, a mio parere non può non avere un ruolo in questa storia.

3) Vorrei precisare che, quando Remus e gli altri leggono, non riescono a vedere la frase scritta subito dopo, perciò a volte ho spezzato (e spezzerò in futuro) il testo i punti "strani", senza aspettare la conclusione del pensiero.

4) Lo so che ho lasciato Regulus completamente nello sfondo, è come se non fosse praticamente presente in questo capitolo. La cosa, per quanto strana, è però voluta. È in linea con l'idea che mi sono fatta del personaggio. Non lo riesco ad immaginare come un tipo molto espansivo che si mette subito a chiacchierare amabilmente con tutti, per di più in questo contesto. Lo stesso Piton non parla poi molto, questo a causa dei Malandrini. È come se si sentisse in "soggezione" (anche se soggezione non è il termine più adatto), nel senso che comunque la presenza dei Malandrini si fa sentire per entrambi, ed è come se non si sentissero quasi liberi di dire quello che vorrebbero. I Malandrini invece commentano tutto liberamente poiché loro sono molto uniti (legame che reputo impossibile ci fosse tra i due Serpeverde) e possono tranquillamente scambiarsi battutine tra loro e spalleggiarsi a vicenda.

Non sarà sempre così, nel giro di poco tempo verranno messi in luce (poiché loro si faranno mettere in luce) anche i due Serpeverde. Deve essere solo sciolto questo clima di tensione generale. Nella mia mente è come se adesso ci fossero due fazioni opposte: Serpeverde e Grifondoro. Per adesso dominano la scena i secondi, ma, pian piano, si faranno valere anche i primi.

Spero di essermi spiegata su questo punto... Nella mia testa è tutto chiaro, diventa un casino quando lo devo esprimere in poche parole però.

5) Per quanto odi il soprannome Mocciosus, ahimè, sono costretta ad usarlo quando parlano i Malandrini.

(Questo punto è un po' inutile, I know, ma volevo scriverlo lo stesso u.u )

6) Quando Remus legge della sconfitta di Voldemort abbiamo da un lato Lily e i Malandrini che gioiscono, dall'altro Piton e Regulus che tacciono. Lily pensa subito che questo è dovuto al fatto che si siano pentiti di aver scelto la fazione sbagliata. Volevo precisare che questo NON rispecchia necessariamente i pensieri dei due, ma è solo il suo punto di vista, quello di Lily. Il loro si capirà più avanti. Lo stesso discorso si può applicare per tante altre cose (soprattutto man mano che posterò i capitoli successivi).

7) Lily rimane spiazzata quando scopre che avrebbe avuto un figlio di lì a pochi anni. Con ciò non voglio dire che la Lily Evans dei libri che io mi immagino sia "infelice" di aver avuto un bambino, affatto. Ho sempre immaginato i Potter come una piccola famigliola felice, in stile Mulino Bianco. Lily è solo sconvolta, deve abituarsi all'idea e non è facile. Dopotutto quanti diciassette/diciottenni immaginano di vedersi già genitori appena due anni dopo?

8) Ho sempre pensato che a Lily non andassero tanto a genio i Malandrini per il semplice fatto che non li conoscesse veramente, si era sempre limitata ad una prima impressione, senza andare a fondo.

Lily e Remus erano prefetti insieme, si sono conosciuti seriamente e hanno scoperto di avere molto in comune, sono diventati amici e lei lo ha rivalutato. Stesso discorso per gli altri. In particolare io non credo che James sia cambiato così tanto da diventare un altro solo per Lily, in questo modo sarebbe come sminuire l'amore che lega questa copia, poiché Lily in questo caso non amerebbe il vero James ma solo una "maschera" costruita a posta per lei. Naturalmente James matura, cresce nel corso degli anni, un po' come succede a tutti (inclusa la stessa Lily), ma questo non comporta una sua radicale trasformazione. Lei, trascorrendo un po' di tempo con lui, impara a conoscerlo e pian piano si innamora di lui, con tutti i suoi pregi e i suoi difetti. Lo ama per quel che è, soprattutto per quel che è.

Naturalmente questo è solo un mio punto di vista.

 

Per qualsiasi cosa chiedete pure!

Fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo, o della storia in generale con un commento, mi farebbe tanto tanto piacere :)

Un grande abbraccio a tutti,

Hij

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 3rd ***


- Voglio continuare a leggere - affermò Potter, sicuro.

- Ma Ramoso... E Codaliscia? - gli ricordò Black.

- Non ho detto che voglio continuare a leggere adesso, ma voglio conoscere tutta la storia. Parla di mio figlio. Io non vivrò abbastanza per vederlo crescere, questo è l'unico modo che ho per conoscerlo. Non potete negarmelo -

Remus e Black si guardarono, non sapevano che cosa fare. Sia Potter che Minus, dopotutto, erano loro amici. Sperai che accettassero, prima la mia era solo semplice ed insaziabile curiosità, ora la situazione era diversa, quello era anche mio figlio.

- Mi dispiace per Peter - continuò lui - mi spiace che non possa stare qui con noi. Io per primo mi ero rifiutato di iniziare per non farlo andare via. Ora le cose sono diverse, ho bisogno di sapere, ho bisogno del vostro aiuto, di quello di tutti voi. Dopotutto lui, voi, potrete viverle queste cose e non solo leggerle tra le pagine di questi libri, come accadrà sia a me che alla Evans -

Era serio, parlava piano ma il tono era determinato. Black fu il primo a cedere.

- Ok Ramoso, mi hai convinto. So che significa davvero molto per te -

Ora Potter guardava Remus, spettava a lui decidere.

- Non posso negare una cosa del genere nè a te nè a Lily, non sarebbe giusto. Continueremo -

Il suo volto si illuminò e sorrise agli amici, grato.

- Passeremo sempre più tempo con Peter, non lo lasceremo mai solo per non fargli pesare questa cosa. Ci state? - propose Potter agli amici.

Loro, naturalmente, erano d'accordo. Mi stavo rendendo lentamente conto del legame che univa i Malandrini: era qualcosa di speciale, indissolubile. Sapevo che erano grandi amici, tutta la scuola lo sapeva, ma non mi ci ero mi soffermata davvero.

Potter poi si rivolse ai due Serpeverde:

- Voi due ci siete, no? Continuerete anche voi? -

Non avevo preso in considerazione un loro possibile rifiuto, anche se sarebbe stato lecito, dopotutto. A cosa importava loro di questa storia? D'altronde non sapevo neppure quale fosse il motivo che avesse spinto la mittente della lettera ad inserire anche loro. Cosa avrebbero avuto a che fare con mio figlio?

Loro non risposero subito.

- Vi prego - supplicai.

Mi costò molto, non ero il genere di ragazza che pregava gli altri affinché le facessero mille grazie e favori. Ma sapevo che sarebbe costato più a loro, ai Malandrini, che a me. Se io non ero in buoni rapporti con i due Serpeverde, figurarsi loro.

Silenzio, ancora silenzio e nessuna risposta da parte dei due che si guardavano come per cercare un muto accordo.

I Malandrini si allontanarono un poco, forse per lasciargli lo spazio per decidere con calma. Era importante per loro, e anche per me, che facessero la scelta giusta, che ci facessero questo grande favore, anche se avrebbero avuto tutte le ragioni per non farlo.

Imitai quel poco di buon senso che avevano avuto i tre e mi allontanai anch'io, decidendo di sedermi accanto a Potter. Remus e Black avevano trovato il modo di sedersi entrambi sulla stessa poltrona, quella più lontana ai Serpeverde, e stavano parlottando tra loro a voce molto bassa, bisbigliandosi nelle orecchie. Decisi di non disturbarli. Lui invece era seduto a terra, a gambe incrociate di fronte al camino. Sembrava rilassato. Teneva il libro aperto, poggiato sulle ginocchia, mentre rileggeva quelle poche pagine che non erano più bianche. Più precisamente si era soffermato sulla parte finale, aveva un sorriso amaro appena accennato sul volto e stava inconsapevolmente torturando con il pollice e l'indice l'angolo superiore della pagina.

- Come fai ad essere così calmo? - gli chiesi ad un tratto, frantumando quello pseudo-silenzio che si era formato, dato che erano tutti intenti a sussurrare.

Lui sollevò lo sguardo, distogliendo la sua attenzione dal libro.

- Dentro si me vorrei urlare - mi confessò piano, avvicinandosi un po' a me per farsi sentire - Tutto questo... Non penso di poter sopportare un altra notizia negativa -

- Mi sento anch'io così. Ho paura di quello che è scritto nel nostro futuro -

Presi una ciocca rossa tra le dita e iniziai a giocherellarci, torturandola, come facevo sempre quando ero nervosa.

- Possiamo scegliere di cambiare il nostro destino, non rassegnati ad accettare una realtà che è stata scritta per te, puoi scegliere -

- Come fai ad essere così ottimista? E se il nuovo futuro fosse perfino peggio di questo descritto qui? -

- Ad essere pessimista cosa ho da guadagnare? So per certo anch'io che è impossibile che ogni cosa vada come voglio io, ma ho bisogno di aggrapparmi a questa certezza, ho bisogno di questa utopica illusione. E ciò mi da la forza di cui ho bisogno per far si che questo futuro cambi davvero, non posso crogiolarmi nella disperazione, altrimenti non risolverei nulla -

Aveva ragione e io avrei voluto tanto pensarla come lui, ma non ci riuscivo. Non riuscivo ad aggrapparmi a questa flebile speranza senza avere la certezza che questa non mi si sgretolasse tra le mani. Avevo sempre seguito la ragione, io, le cose certe. Adesso ero destabilizzata. Non ero pessimista, mi consideravo più realista. Se poi la realtà non è mai tutta rose e fiori non è di certo colpa mia.

- Senti Evans - mi disse ad un tratto. Era strano, se non sapessi chi avevo di fronte avrei perfino detto che sembrava imbarazzato - io ci riesco, so di poter riuscire a reggere tutto questo, perché non devo portare questo peso da solo, avrò Remus e Sirius al mio fianco. Tu al contrario... -

- Credi che io non abbia nessuno? Che i miei amici non possono reggere il confronto con i famosi Malandrini? - lo interruppi.

Ero rossa dalla rabbia. Come si permetteva? E dire che mi sembrava stessimo avendo una chiacchierata seria, ho perfino considerato profonde e intelligenti le sue parole.

- No... no... no... Non volevo dire questo! - si affrettò a negare lui - Evans, non mi permetterei mai... Mi hai frainteso! -

Ok, era decisamente imbarazzato adesso, non c'era dubbio. Gesticolava impacciato mentre mi parlava. Era stata talmente naturale la sua reazione che gli credetti subito: ero scattata per nulla, lui era sincero, non voleva offendermi.

- Evans, io mi riferivo al fatto che non possiamo parlare di questa cosa con nessuno all'infuori di qui. Ecco perché se, beh se ti dovesse servire qualsiasi cosa sappi che puoi contare su di noi -

Ero stupita. Non me lo aspettavo, soprattutto perché non ero mai andata molto d'accordo con loro.

Vedendo il mio silenzio lui si affrettò ad aggiungere: - So che non abbiamo molta confidenza... Ma forse con Remus... -

- Continueremo questa stupida cosa - annunciò Regulus interrompendo il suo farfugliare.

- Grazie, grazie di tutto - gli sussurrai mentre mi alzai.

- È il minimo, futura mogliettina - mi rispose con un sorriso arrogante. Lo fulminai con un'occhiataccia, era riuscito a rovinare tutto con una stupida esclamazione. Poi lui esclamò rivolto a Severus e Regulus: - Perfetto! -

- Di certo non lo facciamo per farti piacere, Potter - puntualizzò Severus, schivo.

Mi guardava e io guardavo lui. Ero entusiasta del fatto che avessero accettato, anche se non riuscivo a capire le loro motivazioni. Severus mi stava facendo un favore? E perché mai avrebbe dovuto farlo? Per non parlare di Regulus, lui continuava ad essere un grande mistero per me.

- Non mi interessa di certo perché lo fate - specificò Potter.

- Quindi ci vediamo domenica alla stessa ora? - intervenne Remus.

- No, vi prego no! Non di mattina - supplicai.

- Perché no? - mi domandò Black.

- Vorrei dormire la mattina, almeno la domenica -

- Oggi l'hai proposto tu - mi fece notare.

- Lo so, ed è stato un errore imperdonabile. Non potere immaginare che trauma è stato catapultarsi giù dal letto questa mattina -

- Allora che si fa? - chiesa impaziente Potter.

- Ci possiamo sempre incontrare la domenica, ma di pomeriggio - proposi.

- Ma li avete visti quei libri? - ci interruppe Severus - Sono sette e alcuni sono enormi. Come pensate di finirli entro la fine dell'anno leggendo solo un paio di capitoli a settimana? -

- Non ci avevo pensato... -

- Non è una novità. Tu non pensi mai, mi domando se tu abbia almeno un cervello, Potter -

- Sarà sicuramente scappato via terrorizzato non appena ti ha visto, Mocciosus -

- Si è suicidato perché ha dovuto aver a che fare con te -

- Non potete smetterla? Troviamo una soluzione, nessuno di noi aveva ancora pensato a quanto tempo ci avrebbe portato via una cosa del genere -

- Potremmo semplicemente leggere più capitoli la domenica - propose Remus.

- Non basta - obiettò Potter - oltre a questo dovremmo vederci anche qualche altra sera dopo le lezioni -

- Di sera non direi, c'è il coprifuoco -

- Sempre la solita perfettina, Evans -

- Non sono una perfettina! E dire che tu sei anche Caposcuola con me, dovresti essere il primo a rispettare il regolamento -

Tutti quanti risero. Potter non era lui se non finiva nei guai infrangendo tutte le regole possibili e immaginabili. D'altronde neppure io ero una santa, con Mary ne combinavano davvero tante, solo che noi avevamo il buonsenso di non farci beccare mai. Così tutta la scuola, professori compresi, ci prendeva per delle ragazze calme e diligenti, mentre noi ci divertivano in mille modi, e nuessuno sospettava nulla. Questa era una delle cose che nessuno avrebbe mai dovuto scoprire di me.

Passammo quasi mezz'ora per organizzarci poiché saltò fuori che ognuno di noi aveva un impegno diverso ed era difficile conciliare il tutto. Alla fine giungemmo alla conclusione che ci saremmo incontrati il martedì e il giovedì subito dopo la fine delle lezioni, solo il tempo per leggere velocemente uno o due capitoli. La domenica pomeriggio, invece, saremmo rimasti molto più tempo.

A me andava più che bene, più volte ci vedevamo, più in fretta avrei letto tutto quello che c'era da sapere su mio figlio.

Mio figlio. Il solo pensarlo mi risultava ancora strano, eppure l'atmosfera di questa stanza, il fatto di essere ancora tutti confinati qui, rendeva il tutto più plausibile.

Quando si vive costantemente circondati dalla magia alla fine, pian piano, ci si abitua ad essa. All'inizio ero ammaliata da ogni piccola cosa che riguardava questo modo, così diverso dalla realtà nella quale ero cresciuta. Per chi discendeva da famiglie di maghi tutto questo era la pura e semplice normalità e, con il passare del tempo, mi ci abituai anch'io. Dopotutto ora era anche la mia normalità. Ma quella stanza nonostante tutto continuava a rimanere speciale, emanava una particolare atmosfera di magia diversa da quella a cui ero abituata, non è qualcosa che si può esprimere a parole, ma soltanto percepire. Era come se fosse fuori dal tempo e dallo spazio. Era un luogo particolare, unico, una delle parti del castello che preferivo di più. E, in qualche modo, rimanendo qui dentro tutta questa storia era come e sembrasse meno bizzarra, ma cosa sarebbe successo una volta che sarei tornata alla vita di tutti i giorni? Come mi sarei dovuta comportare con tutti loro adesso che avevamo questo grande segreto che ci accomunava?

Ad ogni modo era arrivato il momento di lasciare la Stanza delle Necessità. Mi ero ingenuamente aspettata che Severus mi raggiungesse poco prima di uscire, credevo che mi avrebbe fermato e chiesto se stessi bene, ma non lo fece. In effetti mi ignorò completamente per i giorni successivi, come se questa mattinata non fosse mai esistita, come se non gli importasse niente che di lì a pochi anni io sarei morta, sarei scomparsa per sempre dalla faccia della Terra. Ero forse io che davo troppa importanza ai piccoli gesti? Agli sguardi, alle occhiate che mi lanciava? Ci vedevo qualcosa di più soltanto perché speravo che ci fosse. Ma a lui non importava niente, sennò avrebbe fatto qualcosa, qualsiasi cosa che non fosse gelida indifferenza.

 

Appena uscì andai dritta in dormitorio, avevo bisogno di stare un po' da sola per far correre i miei pensieri. Mi spaventava leggermente l'idea di lasciare libero spazio ai miei pensieri e scoprire dove sarebbero approdati, ma avevo un disperato bisogno di svuotare la mia mente. Percorsi il tragitto che avevo fatto poco più di un'ora prima sempre affianco ai Malandrini, dopotutto anche loro erano diretti alla torre.

Fu imbarazzante. Remus e Potter camminavano molto più avanti a noi, con passo svelto e, a quanto sembrava, erano impegnati in una discussione piuttosto animata, anche se non riuscivo a sentire neppure una parola del loro discorso. Black, che camminava più lentamente, mi stava affianco. Non riuscivo a trovare nulla di intelligente da dire, nell'aria aleggiava il silenzio interrotto solo dai nostri passi che procedevano svelti. Evidentemente i Malandrini conoscevano Hogwarts come pochi, poichè passammo per le strade più strane e incontrammo appena qualche studente, cosa davvero impensabile visto che era domenica mattina.

Arrivati nella Sala Comune dei Grifondoro ci separammo e io corsi dritta su per le scale. Ma tutti i miei piani andarono in frantumi. Non avrei passato quel che rimaneva della mattinata da sola con i miei pensieri. Mary era stesa comodamente comodamente sul mio letto e teneva in mano un grande libro. Lei era una vera fanatica della lettura, la potevi trovare sempre con qualche bel romanzo in mano, peccato che un libro era l'ultima cosa che volessi vedere in quel momento.

- Bentornata - mi salutò lei non appena mi vide - Come mai la bella addormentata si è destata così presto questa mattina? -

Qualche anno fa, iniziando a parlare del più e del meno, ci ritrovammo a discutere sulle fiabe, babbane e non, il che può sembrare assurdo se non si conosce la passione che ha Mary per qualsiasi tipologia di libro. Così mi ritrovai a raccontarle tutte le fiabe che mia madre leggeva a me e a mia sorella prima di andare a dormire e, in cambio, io mi feci raccontare qualche fiaba da lei, quelle dei maghi erano così diverse dalle classiche che sapevo io. Fu uno scambio curioso, Mary rimase incantata dalle storie che le raccontai, così, mentre le nostre coetanee adolescenti spettegolavano sui ragazzi o parlavano di vestiti, trucco e moda, io e Mary ci scambiavamo racconti di favole.

Sorrisi a quella che era ormai diventata la mia migliore amica e con un balzo mi fiondai sul letto accanto a lei.

- Ahi! - protestò - fa più piano scema -

- Che stai leggendo? - le chiesi mettendomi comoda.

- Quel libro che abbiamo comprato insieme l'anno passato ad Hogsmeade, non ricordi? - disse, mostrandomi la copertina - L'avevo messo nel baule e mi sono dimenticata di leggerlo. Ora l'ho trovato et voilà -

- Compri talmente tanti libri tu, non è colpa mia se li confondo -

- Dovresti provare a comprarne qualcuno anche tu, sai? Leggere è molto più rilassante di quello che tu possa immaginare. Ogni volta è come se venissi catapultata in una realtà diversa, vivo mille vite e mille avventure -

Parlava con tanto entusiasmo, le brillavano così tanto gli occhi, che era difficile non crederle. Ma da oggi anch'io avevo i miei personalissimi libri, e quelli erano più che abbastanza per me.

- Mi basta passare le ore davanti ai libri di scuola, Mary. Non c'è bisogno che io aggiunga altro -

- Riuscirò a convincerti prima o poi, comunque cosa ne dici di andare a fare un giro fuori? C'è un bel sole e per una volta non ti trovo rintanata sotto le coperte -

- Questa mattina non sei riuscita a buttarmi giù dal letto -

- Mi rifarò domani, stanne certa. Dovresti ringraziarmi, lo sai? -

- E per cosa? Il servizio sveglia? Guarda che arrivo comunque in ritardo tutte le mattine - la provocai, facendole un'infantile linguaccia.

- Se non fosse per me tu non ti presenteresti neppure a lezione, dormiresti direttamente fino al giorno dopo - ribatte ridendo.

Aveva ragione, lei era la mia salvezza mattina dopo mattina.

- Coraggio Lily prendi il mantello e usciamo -

Lei si era già alzata e stava cercando il suo cappello.

- Devo proprio? Fa così freddo fuori -

- Un vermicolo sarebbe più attivo di te. Coraggio, già per il fatto che non piove è una giornata fantastica -

- Ma non puoi chiederlo al tuo ragazzo? -

- Nikolaj ha la febbre, lo sono andata a trovare prima. Adesso però voglio stare un po' con la mia amichetta -

- Non ho proprio scampo, vero? - mi arresi, rassegnata.

- Proprio no! -

Vedendo che non accennavo affatto a muovermi Mary si avvicinò a me con un ghigno a dir poco terrificante sul volto.

- Se con le buone non funziona... -

Poggiava un piede dopo l'altro a terra con estrema lentezza. Quando arrivò al mio fianco iniziò a farmi il solletico. Purtroppo per me, quella piccola pazza conosceva il mio punto debole.

- Ahahah... No... No... Mary... Ahahah... No... Basta... Ti prego - farfugliai in preda alle risate.

Anche lei se la rideva per questa scenetta e non accennava a smettere, nonostante le mie suppliche. Mi dimenavo energicamente e alla fine lei riuscì a farmi rotolare giù dal letto, ma neanche allora interruppe la tortura. Avevo le lacrime agli occhi e mi facevano male gli addominali.

- Ok, visto che sono magnanima ti concedo una pausa. Ti do dieci secondi per preparati, se non sei pronta peggio per te. Uno... Due... Tre... - iniziò a contare lentamente.

Scattai subito in piedi e afferai il mio mantello.

- Otto... Nove... -

- Ferma, ferma, ferma! Hai visto? - indicai me stessa da capo a piedi, con un grande gesto della mano - Sono pronta! -

- Stupida, ci voleva così tanto? Coraggio vieni -

- Ehi, aspetta! -

Mi prese per un braccio e iniziò a correre trascinandomi con lei. Io cercavo di tenermi stretto il mantello che nella fretta non ero riuscita ad infilarmi. Mary continuava a ridere e a correre contemporaneamente, cercando di non far cadere il suo amato capello dalla testa. Era una delle persone più solari che conoscessi, aveva quel pizzico di follia che la rendeva unica, sempre fuori dagli schemi. E non parlo così di lei solo per l'amicizia che ci legava. Peccato che solo pochi conoscessero la vera Mary bene come la conoscevo io.

Passammo una mattinata piacevole, riuscì a farmi dimenticare tutte le mie preoccupazioni. Ma quanto tempo ancora potevo riuscire a mantenere il segreto? Lei non era una ragazza invadente, affatto, e di certo non mi avrebbe mai fatto domande scomode, ma l'idea di tenerle nascosto qualcosa di importante non mi piaceva. Avrebbe notato che me ne andavo, e non mi andava di mentirle.

 

Martedì arrivò in fretta e, dopo aver sopportato due interminabili ore di Storia della Magia, mi diressi verso la Stanza delle Necessità con i Malandrini, senza però farmi notare da Mary che, intanto, stava parlando con Nikolaj. Lui, assieme agli altri Tassorosso, frequentava questa lezione con noi.

In questi due giorni io e i ragazzi non ci eravamo parlati per niente, non che in genere passassi del tempo con loro, ma di solito li trovavo sempre intorno con i loro scherzi, il loro fastidioso modo di fare. Era da molto che non passavo una giornata tranquilla ad Hogwarts.

Loro, però, avevano avuto un bel da fare con Minus. Qualche ora prima li avevo sentiti litigare, a quanto pareva lui non era molto contento che ci dovessimo riunire tutti ancora una volta senza di lui. Malgrado gli sforzo degli altri tre, il loro amico se n'era andato via infuriato. Sembravano giù di morale, si sentivano in colpa per il loro amico.

Arrivati davanti al muro del settimo piano aspettammo qualche minuto l'arrivo degli altri due, poi entrammo.

- Leggerò io oggi - si propose Severus.

Prese il libro e si mise a spalle contro al muro.

" Capitolo 2

Vetri che scompaiono "

- Non ti siedi? - gli chiesi.

- Preferisco stare in piedi per leggere - mi spiegò.

- Dai continua a leggere - lo incitò Potter.

- Un attimo, dammi il tempo - ribatté.

Prese tra le dita una ciocca un po' più lunga dei suoi capelli nerissimi e se la spostò dietro un orecchio per evitare che gli ricadesse sempre davanti agli occhi. Tutti eravamo in trepidante attesa, lo guardavamo sperando che si sbrigasse. Lui, proprio per questo, sembrava facesse ogni gesto volutamente più lento. Dopo, finalmente, si schiarì la voce e iniziò a leggere il secondo capitolo.

 

 

 

 

 

Angolo dell'autrice:

Buon pomeriggio a tutti! (O buongiorno, buonasera, buonanotte dipende da quando leggerete)

L'idea originale era molto diversa, ma poi, mentre scrivevo, ho rivoluzionato un po' le cose e ho optato per un capitolo più statico.

Non ho molto da dire in effetti, solo un paio di cose.

1) I motivi per cui sia Severus che Regulus accettano di continuare sono gli stessi che gli hanno spinti ad iniziare. In più Severus ha appena scoperto della morte di Lily, non la vuole lasciare andare.

 

2) Qualche giorno fa mi sono imbattuta un po' per caso in un breve brano di Alfieri, mi ha colpito moltissimo la riflessione che lui fa sulle illusioni: nel testo che ho letto c'è una breve considerazione sulla morte (sì, lo so che è molto allegro v.v ) e su come l'autore si aggrappi all'illusione che, dopo di essa, ci possa essere dell'altro, che non si smetta mai di esistere veramente. Per Alfieri questo va contro ogni sua logica, va contro la ragione, eppure si aggrappa a questa illusione, la definisce necessaria all'esistenza dell'uomo, poiché l'uomo ha un disperato bisogno di crederlo. Allo stesso modo anche James si ancora ad una dolce illusione, tuttavia a lui non importa cosa ci sia dopo la morte, gli interessa tenersi cara la vita e di non permettere che venga stroncata quella delle persone a cui tiene. Questo obiettivo sarà difficile da raggiungere, ma lui non perde la speranza.

Questa digressione non c'entra molto, lo so, e probabilmente non interessa niente a nessuno, ma lo spunto per il discorso che fa James l'ho avuto grazie al pensiero di questo grande letterato e mi è sembrato doveroso citarlo, anche perché così, forse, è più chiaro il discorso che fa a Lily.

 

Non c'è altro, mi sembra. Come sempre per qualsiasi cosa vi passi per la testa contattate pure, vi risponderò subito.

Fatemi sapere cosa ne pensate anche di questo capitolo, ci terrei molto ;)

Un bacio a tutti quanti,

Hij

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** 4th ***


"Erano passati quasi dieci anni da quando i Dursley si erano svegliati una mattina e avevano trovato il nipote sul gradino di casa"

- Dieci anni! - esclamai sorpresa - Ora ne ha undici ciò vuol dire che mi salterò comunque tutta l'infanzia di mio figlio -

- Potevano anche metterci qualche capitolo - mi appoggiò Potter.

- Sai che allegria leggere sette libri che parlano della vita a scuola, i compiti, le lezioni... Mi aspettavo qualcosa di più emozionante - protestò Black sbuffando.

- Non intendevo questo - precisai - volevo solo non perdermi le cose più importanti.

- Non te le perderai - mi rassicurò dolcemente Remus, vedendo la mia malinconia - Anzi, non vi perderete niente. Leggeremo dei primi acquisti per la scuola a Diagon Alley, della sua prima bacchetta, della primo viaggio sull'Espresso di Hogwarts e di tante, tantissime altre cose importanti. In tutte queste pagine ne recupererete tantissimo -

Ero sollevata sal non perdermi almeno quello. Ricordavo vividamente la prima volta che misi piede nel Mondo Magico, fu un'esperienza unica e lo sarebbe stata anche per lui.

"Privet Drive non era cambiata affatto. Il sole sorgeva sugli stessi giardinetti ben tenuti e illuminava il numero 4 d'ottone sulla porta d'ingresso dei Dursley; si insinuava nel loro soggiorno, che era pressoché identico a quella sera in cui il signor Dursley aveva visto il fatidico telegiornale che parlava di gufi. Soltanto le fotografie sulla mensola del caminetto denotavano quanto tempo fosse passato in realtà. Dieci anni prima c'era un'infinità di fotografie di quello che sembrava un grosso pallone da spiaggia rosa, con indosso cappellini di vari colori."

Scoppiai a ridere di gusto, seguita a ruota dai Malandrini che non la finivano più di fare battuttutine. Più mi soffermavo ad immaginare quel bambino, più mi sbellicavo.

- Possiamo continuare? - ci interruppe Severus, scocciato.

Lui non rideva, era l'unico. Aveva l'aria cupa, tetra. Perfino Regulus sorrideva, anche se cercava di non darlo a vedere. Quando faceva così riuscivo a vedere sempre più somiglianze con il fratello.

- Se ti da fastidio continuare posso farlo benissimo io - lo provocai.

Lui mi guardo, imbarazzato.

- No... Io... Lasciamo perdere - biascicò per poi riprendere.

"Ma Dudley Dursley non era più un lattante, e ora le fotografie ritraevano un bambinone biondo in sella alla sua prima bicicletta, sulle giostre alla fiera, che giocava al computer col padre, o che si faceva abbracciare e baciare dalla madre. Nulla, in quella stanza, denotava che in casa viveva anche un altro bambino. "

- Cosa? E Harry? -

- Ramoso calmati! - intervenne Black - Tra te e la Evans non so chi sia peggio. Dovreste imparare a non scaldarvi troppo per ogni singola frase -

- La fai facile tu... - replicò Potter mettendo il broncio.

- Felpato ha ragione Jamie. E poi sicuramente Harry starà con noi, vedrai quante sue foto avremo, quelle di quel Dudley non saranno nulla a confronto -

Il tono calmo e pacato di Remus ebbe il potere di far calmare Potter, ma non me. Era sempre così tra loro, lui era quello più persuasivo tra tutti i Malandrini, ma io ero testarda e non mi lasciavo soggiogare tanto facilmente da due paroline. Non era così facile.

"Eppure, Harry Potter abitava ancora lì;"

- Remus! - strillai istericamente, allarmata - non doveva stare con voi? -

- Ehi, io ne so quanto te -

- Ma tu avevi detto... -

- Lo so, lo so. Può abitare lì ma passare anche tanto tempo con noi -

Accettai il compromesso.

"In quel momento dormiva, ma non sarebbe stato per molto. Zia Petunia era sveglia e la sua voce stridula fu il primo rumore della giornata che iniziava.

«Su, alzati! Immediatamente!»"

- Non ti rivolgere così a mio figlio - si arrabbiò Potter.

Se la situazione non fosse stata così disperata avrei trovato divertente la sua versione in mammina apprensiva.

Ma come si rivolgeva ad Harry? Era il modo quello di svegliare un bambino?

Mi accorsi di avere le nocche bianche, stavo stringendo forte i pugni da non so quando.

"Harry si svegliò di soprassalto. La zia tamburellò di nuovo sulla porta.

«Sveglia!» urlò."

Non so come facessi a contenermi, a trattenermi dallo smaterializzarmi subito a casa mia sorella e strozzarla.

- Evans, non vorrei mancarti di rispetto visto che è tua sorella, ma... - iniziò Potter. Il tono era calmo, parlava piano, ma era come la quiete prima della tempesta. Riuscivo a percepire la sua tensione, era uguale alla mia, stava per esplodere.

- Sta tranquillo- lo interruppi, anche se io ero la prima a non essere affatto tranquilla - vorrei ucciderla anch'io -

"Harry sentì i suoi passi avviarsi verso la cucina e poi il rumore della padella che veniva messa sul fornello. Si girò sulla schiena e cercò di ricordare il sogno che stava facendo. Era un bel sogno. C'era una motocicletta volante. Ebbe la strana sensazione di averlo già fatto qualche altra volta."

- Com'è possibile che si ricordi? - domandò Regulus - Era troppo piccolo -

Regulus non parlava molto, spesso mi dimenticavo perfino della sua presenza, era nell'ombra. Ma ogni volta che prendeva parola non era mai a sproposito.

- Me lo comando anch'io - convenni pensierosa.

"Ecco di nuovo la zia dietro alla porta.

«Non ti sei ancora alzato?» chiese.

«Sono quasi pronto» rispose Harry.

«Be', vedi di spicciarti, voglio che sorvegli il bacon che ho messo sul fuoco. "

- È troppo piccolo per stare dietro al fuoco, può essere pericoloso! -

Potter era ritornato nella versione mammina premurosa. Certamente non tolleravo il fatto che si rivolgesse così a mio figlio, nè che gli impartisse ordini, ma non mi pareva così tragico che gli avesse chiesto di controllare per un po' la colazione. Dopotutto, quando eravamo piccole, sia io che Petunia ci divertivano moltissimo quando insieme aiutavamo nostra madre in cucina, a volte preparavamo perfino tutto noi due da sole, era bello passare del tempo così. Un fornello accesso non era poi così pericoloso se facevi un pizzico d'attenzione. Aveva undici anni, non cinque.

Mi dissi ancora che non potevo sapere perché mia sorella avesse svegliato in modo così brusco mio figlio, suo nipote. Forse era arrabbiata perché lui, da degno erede dei Malandrini, aveva combinati qualche guaio colossale solo la sera prima; o forse era mattino inoltrato, loro erano in ritardo per qualcosa e lui, proprio come sua madre, era rimasto a dormire beato. Doveva essere così, che ragione ci poteva mai essere per anche solo pensare il contrario?

"E non ti azzardare a farlo bruciare. Voglio che tutto sia perfetto, il giorno del compleanno di Duddy».

Harry si lasciò sfuggire un gemito.

«Cosa hai detto?» chiese aspra la zia da dietro la porta.

«Niente, niente...»

Il compleanno di Dudley... come aveva potuto dimenticarlo? Si alzò lentamente e cominciò a cercare i calzini. Ne trovò un paio sotto al letto e, dopo aver tolto un ragno da uno dei due, se li infilò. "

- Che schifo - esclamò Black.

- È particolarmente esilarante pensare a come tua sorella, che ha sempre avuto una malsana ossessione per l'ordine e la pulizia, si ritrovi con dei ragni che girano per casa - commento Severus sorridendo per l'assurdità.

Gli altri lo guardarono stranito, solo io lo potei comprendere appieno. Chi meglio di me poteva conoscere mia sorella?

"Harry c'era abituato perché il ripostiglio sotto la scala pullulava di ragni, e lui dormiva lì."

Mi ero alzata di scatto e diretta verso Severus per strappargli il libro dalle mani.

- Lily, ma cosa... - iniziò lui, sbalordito.

- Dammi qua. Hai sbagliato a leggere - lo accusai infuriata - non può esserci scritto così -

Fissai quell'ultima riga, la lessi milioni di volte sperando di aver capito male, ma le parole non cambiavano. Tutti mi guardavano, attenti.

Mi sentì mancare. Il libro mi scivolò dalle mani e cadde a terra. Mi poggiai al muro per non fare la sua fine, proprio accanto a Severus. Lui si avvicinò ancora più a me, prese la mia mano tra le sue e me la strinse leggermente per confortarmi. A malapena ci feci caso, nella mia mente c'era un turbine di pensieri. Aveva rinchiuso mio figlio, suo nipote, in un sottoscala per dieci anni? Non mi sembrava qualcosa di umanamente possibile. Avevo creduto, sperato, che lo trattasse proprio come trattava suo figlio. Io, per lei, per suo figlio, lo avrei fatto.

- Giuro, giuro che gliela farò pagare - sussurrai con la voce colma d'ira. Ma la mia rabbia non poteva essere espressa a parole, era qualcosa che mi stava divorando, ardendo, dentro.

- Non la passerà liscia - mi appoggiò naturalmente Potter.

- Non siate idioti, non farete proprio niente - ribatte Severus.

Potter, che era già nervoso, si alzò e si avventò verso di lui e gli afferrò il colletto della divisa.

-Potter fermati - gli urlai. Una sua mano aveva ancora stretta la mia.

- Lui non... - replicò furibondo.

Lo spinsi via con la mano libera, avevo gli occhi lucidi e scuotevo la testa, non poteva prendersela con chi non c'entrava. Lui si bloccò, lo lasciò andare, stringeva i pugni e respirava profondamente per placare l'ira. Sia Black che Remus gli si avvicinarono immediatamente e gli posarono le mani sulle spalle, come per calmarlo, rassicurarlo e trattenerlo contemporaneamente. Solo Regulus era ancora seduto, scrutava la scena, attento. Sembrava anche lui pronto a scattare da un momento all'altro.

- Stavo cercando di dirvi - riprese Severus lanciando un'occhiata torva a Potter - che dovete lasciar stare Petunia, è la cosa migliore. Non avete la certezza di poter cambiare il futuro e, anche se ci riuscirete, chi vi assicura che possiate restare accanto a vostro figlio? -

- Stai dicendo che non ce la faremo? Voi rendere la nostra condanna a morte ancora più reale? - dissi, lasciando la sua presa.

- Non... Sto solo dicendo che dovreste fare il contrario di quello che avete pensato. Devi riallacciare i rapporti con tua sorella, Lily -

- Riallacciare i rapporti con lei? Con che coraggio mi chiedi questo? Morirò e a lei non importerà nulla, non gli importa nulla nè di me nè di mio figlio. Sono la nota stonata nella sua perfetta e normalissima vita. Ho provato in tutti i modi a starle vicino e questo tu lo sai, ma lei mi ha respinto ogni volta. Ci sono stata male, ma non mi sono mai arresa, volevo continuare a far parte della sua vita. Ma, alla luce di tutto questo, non lo voglio più. Sono io quella che non vuole più avere nulla a che fare con lei -

- Ma devi - insistette lui - Lo devi fare. Se peggiori il vostro rapporto cosa ottieni? Già lascerà dormire tuo figlio in un sottoscala pieno di ragni, vuoi che gli vada anche peggio? -

Fu come uno schiaffo sul viso e mi colpì appieno. Il suo ragionamento era giusto, ma cosa sarebbe successo quando mi sarei trovata veramente faccia a faccia con lei? Avrei saputo fingere di comportarmi in modo cordiale? Ne dubitavo fortemente, non ero solita avere una doppia faccia, ma ci avrei provato.

Ritornammo tutti a sedere, anche se nessuno si era calmato davvero.

"Una volta che si fu vestito, attraversò l'ingresso diretto in cucina. Il tavolo scompariva quasi completamente sotto la pila dei regali di compleanno di Dudley. Sembrava proprio che Dudley fosse riuscito a ottenere il nuovo computer che desiderava tanto, per non parlare del secondo televisore e della bici da corsa. Il motivo preciso per cui Dudley voleva una bici da corsa era un mistero per Harry, visto che Dudley era molto grasso e detestava fare moto, a meno che - inutile dirlo - non si trattasse di prendere a pugni qualcuno. Il punching-ball preferito di Dudley era Harry"

- E glielo lasciano fare? - esclamò Potter scettico mentre mi fissava.

Alzai le spalle, ero mortificata, non sapevo come rispondergli. Era colpa mia, quella era mia sorella, odiava me e, di conseguenza, odiava Harry perché mio figlio.

- Evans, calmati non piangere, non volevo farti stare male -

Non mi accorsi di stare piangendo fino a quando Potter non me lo fece notare. D'un tratto iniziai anche a singhiozzare, due pianti in meno di una settimana, era un nuovo record.

In un attimo mi ritrovai stretta nell'abbraccio di Potter. Fu strano, non ero mai stata così accanto a lui prima d'ora e di certo non ci conoscevamo a tal punto da scambiarci abbracci vari, ma non lo respinsi. Avevo bisogno di sostegno, di conforto, ed ero certa che anche lui ne avesse.

Stavo un po' meglio. Ho sempre amato gli abbracci, erano il miglior modo per esprimere affetto o supporto, una morbida stretta che impediva di sgretolarti, di cadere a pezzi. Era come terapeutico essere cullati da quella dolce morsa. Dovetti ammettere a mio malgrado di trovarmi stranamente bene tra le sue braccia.

Severus, però, interruppe tutto e continuò a leggere a voce alta, dopo aver sonoramente sbuffato.

Io mi staccai da Potter, con le guance rosse per l'imbarazzo, mentre singhiozzavo ancora un po'. Lui, però, non tornò al suo posto, bensì rimase in piedi accanto a me.

"Quando riusciva ad acchiapparlo, il che non era facile. Non sembrava, ma Harry era molto veloce.

Forse per il fatto che viveva in un ripostiglio buio Harry era sempre stato piccolo e mingherlino per la sua età. E lo sembrava ancor più di quanto in realtà non fosse, perché non aveva altro da indossare che i vestiti smessi di Dudley"

Un altro moto di rabbia mi pervase, ormai non sapevo più se le mie lacrime erano dettate da questo o da semplice malinconia.

Mi chiesi, ed ero certa che se lo stesse domandando anche Potter, dove fossero Black e Remus e perché avessero permesso tutto questo. Non si rendevano conto di come lo trattavano? Perché non erano intervenuti?

"Dudley era circa quattro volte più grosso di lui. Harry aveva un viso sottile, ginocchia nodose, capelli neri e occhi verde chiaro."

- Ti somiglia James - commentò Black.

- Ma ha gli occhi verdi, proprio come Lily - concluse Remus.

- Sono contento che abbia i tuoi occhi, Evans, sono molto più belli. I miei sono di un comunissimo e noiosissimo marrone -

- Se è per questo io sono contenta che non abbia i capelli rossi -

- Scherzi, Evans? -

- Affatto! Sono orribili e perdo la testa ogni volta per sistemarli -

- Dovresti vedere quelli di James - disse Remus sorridendomi - ogni suo tentativo di dargli un aspetto ordinato va subito in fumo -

I capelli di Potter parevano indomabili, era vero, ma erano particolari, belli. Li preferivo comunque nettamente ai miei.

"Portava un paio di occhiali rotondi, tenuti insieme con un sacco di nastro adesivo per tutte le volte che Dudley lo aveva preso a pugni sul naso."

- Meglio che mi astenga dal commentare ancora, potrebbe finire male - disse Potter in modo secco.

"L'unica cosa che a Harry piaceva del proprio aspetto era una cicatrice molto sottile sulla fronte, che aveva la forma di una saetta. Per quanto ne sapeva, l'aveva da sempre, e la prima domanda che ricordava di aver mai rivolto a zia Petunia

era stata come se la fosse fatta.

«Nell'incidente d'auto in cui sono morti i tuoi genitori» le aveva risposto lei, «e non fare domande»."

- Ma io non sapevo neppure cosa fosse un'auto prima di qualche giorno fa! Figurati se me la compro solo per ammazzarmi -

- Hanno mentito sulla vostra morte, ma perché ? -

- Non chiederlo a me, Black. Fatico sempre più a considerare quella ancora mia sorella -

"Non fare domande: questa era la prima regola per vivere in pace, con i Dursley.

Zio Vernon entrò in cucina mentre Harry stava girando il bacon.

«Fila a pettinarti!» sbraitò a mo' di buongiorno.

Circa una volta alla settimana, zio Vernon alzava gli occhi dal suo giornale e urlava che Harry doveva tagliarsi i capelli. Di tagliarsi i capelli Harry aveva bisogno più di tutti i suoi compagni di classe messi insieme; ma non c'era niente da fare: crescevano in quel modo... dappertutto."

- La genetica non mente - affermò Potter tutto orgoglioso.

"Quando Dudley e sua madre entrarono in cucina, Harry stava friggendo le uova. Dudley assomigliava molto a zio Vernon. Aveva un gran faccione roseo, quasi niente collo, occhi piccoli di un celeste acquoso, e folti capelli biondi e lisci che gli pendevano su un gran testone. Spesso zia Petunia diceva che Dudley sembrava un angioletto; Harry invece, diceva che sembrava un maiale con la parrucca."

Sebbene avessi ancora i lucciconi agli occhi, risi di gusto.

- E non abbiamo neppure dubbi che abbia ereditato il tuo senso dell'umorismo - commentò Black ridacchiando.

- Avevi dei dubbi? - gli rispose Potter - Sarà un piccolo Malandrino, mio degno erede -

- Credete che io invece non abbia neanche un briciolo di senso dell'umorismo? - li provocai scherzosamente.

- Non ti sentiamo spesso fare delle battute, Evans -

- Questo solo perché non mi conosci, Potter -

Davvero credevano che solo loro erano degni del titolo di Malandrini? Si credevano i più brillanti e simpatici della scuola? Beh, si sbagliavano. E questo discorso non riguardava necessariamente me, ma la scuola era grande, con un sacco di persone, e loro non erano così perfetti come credevano.

"Harry mise in tavola i piatti con le uova al bacon, un'operazione non particolarmente facile, dato che lo spazio era poco. Nel frattempo, Dudley contava i regali. Gli si lesse sul viso il disappunto.

«Trentasei» disse volgendosi a guardare il padre e la madre. «Due meno dell'anno scorso».

«Caro, non hai contato il regalo di zia Marge. Vedi, è qui, sotto questo regalone grosso grosso di papà e mamma».

«D'accordo, trentasette» disse Dudley tutto paonazzo. Harry, avendo capito che era in arrivo uno dei terrificanti capricci alla Dudley"

- Ha trentasette regali di compleanno e ha il coraggio di lamentarsi? - esclamò Remus meravigliato.

Quel bambinetto diventava sempre più irritante. Il mio umore, poi, non aiutava certo a rendermelo più simpatico.

"Cominciò a trangugiare il suo bacon il più in fretta possibile, nel caso il cugino avesse buttato il tavolo a gambe all'aria.

Evidentemente, anche zia Petunia annusò il pericolo, perché si affrettò a dire: «E oggi, mentre siamo fuori, ti compreremo altri due regali. Che ne dici, tesoruccio? Altri due regali. Va bene così?»

Dudley ci pensò su un attimo. Lo sforzo sembrò immenso. Alla fine disse lentamente: «Così ne avrò trenta... trenta...»"

- Che patetico stolto, sono trentanove. Se applichi il tuo minuscolo cervello vedrai poi che non è così difficile - mormorò molto gentilmente Severus tra se e se.

"«Trentanove, dolcezza mia» disse zia Petunia.

«Ah!» Dudley si lasciò cadere pesantemente su una sedia e afferrò il pacchetto più vicino. «Allora va bene».

Zio Vernon ridacchiò sotto i baffi.

«Questa piccola canaglia vuole avere tutto quel che gli spetta fino all'ultimo, proprio come papà. Bravo, Dudley!»"

- Evans ma i Babbani sono tutti così? - mi domandò molto stupidamente Black.

- Ma certo che no. La maggior parte ha un cervello, e lo sa perfino usare -

- Ah, meno male. Quindi vostro figlio è stato così fortunato a finire in una delle poche elette famiglie di Babbani ottusi -

- Black ti ricordo che quei Babbani ottusi sono miei parenti stretti -

- Fino a poco tempo fa li insultavi anche tu -

- Io posso farlo, sono i miei parenti -

- Anche James li odia -

- Sono anche i suoi - ribattei.

Potter fece un sorrisetto stupido che mi fece pentire di averlo puntualizzato. Non capivo ancora perché mi prendessimo così tanta briga per difenderli, dopotutto gli odiavo anch'io e loro non si meritavano nulla.

- E Mocciosus allora? Perché lui può e io no? - continuò infantilmente.

Severus alzo gli occhi al cielo, esasperato. Io, inconsciamente, lo imitati. L'unico che stava ridacchiando per questo patetico teatrino sembrava inaspettatamente proprio Regulus. Non interveniva mai nelle nostre conversazioni, neanche Severus lo faceva molto, ma la sua mente era attenta a registrare ogni minimo particolare.

- Basta! Li odiamo tutti, questo è assodato. Possiamo solo smetterla di parlarne? Severus per favore continua -

"E gli scompigliò i capelli.

In quel momento, squillò il telefono e zia Petunia andò a rispondere mentre Harry e zio Vernon rimasero a guardare Dudley scartare la bicicletta da corsa, una cinepresa, un aeroplano telecomandato, sedici nuovi videogiochi e un videoregistratore. Stava strappando l'incarto di un orologio da polso d'oro"

- Ma non si regala ai diciassette anni? -

- Tra i Babbani non c'è questa tradizione, Black. Per di più un ragazzo diventa maggiorenne soltanto al compimento dei diciott'anni -

- E perché mai? È un'assurdità! -

- Per loro, e a dirla tutta anche per me che sono una Nata Babbana, siete assurdi voi. Punti di vista -

"Stava strappando l'incarto di un orologio da polso d'oro quando zia Petunia tornò nella stanza con l'aria arrabbiata e preoccupata a un tempo.

«Cattive notizie, Vernon» disse. «La signora Figg si è rotta una gamba. Non può venire a prenderlo». E così dicendo, indicò Harry con un brusco cenno del capo."

- Ehi, non è mica un pacco postale! - protestai.

- Cos'è un pacco postale? - fece Potter, confuso.

- Oh lascia perdere. Cose babbane -

"Dudley spalancò la bocca inorridito, ma il cuore di Harry balzò di gioia. Ogni anno, per il compleanno di Dudley, i genitori portavano lui e un suo amico fuori per tutto il giorno, in giro per parchi, a fare scorpacciate di hamburger o al cinema. Ogni anno Harry rimaneva con la signora Figg, una vecchia signora mezza matta che viveva due traverse più avanti. Harry detestava quella casa. Puzzava di cavolo e la signora Figg lo costringeva a guardare le fotografie di tutti i gatti che aveva posseduto in vita sua."

- Il miglior modo per intrattenere un undicenne. Questi Dursley hanno proprio un gran senso del divertimento - disse Remus sarcasticamente.

- Li invitiamo per organizzare la nostra prossima festa, Remus -

- Sicuramente Felpato! Sarà un party che entrerà nella storia -

"«E ora che si fa?» chiese zia Petunia guardando furibonda Harry come se fosse colpa sua. Harry sapeva che avrebbe dovuto dispiacersi per il fatto che la signora Figg si era rotta la gamba, ma non gli fu facile quando gli venne in mente che ancora per un intero anno non sarebbe stato costretto a guardare tutti i Fuffi, i Baffi, i Mascherini e le Palline di questo mondo.

«Si potrebbe provare a telefonare a Marge» suggerì zio Vernon.

«Non dire sciocchezze, Vernon, lo sai benissimo che lo detesta»."

- Ehi, lui è lì! - esclamai stizzita rivolta verso il libro.

"I Dursley parlavano spesso di Harry in quel modo come se lui non fosse presente, o piuttosto come se fosse qualcosa di molto sgradevole e non in grado di capirli, come una lumaca.

«Cosa ne dici di... come si chiama... la tua amica... Yvonne?»

«È in vacanza a Maiorca» rimbeccò zia Petunia.

«Potreste lasciarmi semplicemente qui» azzardò Harry speranzoso (una volta tanto, avrebbe potuto guardare quel che voleva alla televisione o persino provare il computer di Dudley)."

- Vuole cosa? - mi chiese Potter dubbioso.

- Sono altre cose babbane. Dal televisore si vedono e si sentono varie storie da dietro ad uno schermo, si chiamano film. Con il computer invece puoi fare dei giochi, sempre da dietro ad uno schermo - cercai di spiegargli.

Era un po' strano e difficile descrivere anche i più ovvi oggetti, non sapevo da dove incominciare.

- Sembra noioso stare seduti a guardare uno schermo - considerò Black.

- È questo il massimo divertimento a cui aspira mio figlio? -

- Non è così male - feci notare loro - può essere rilassante -

- Non fa per me, decisamente - affermò Potter sicuro.

- Neanche per me - concordò il tuo amico.

- Dovreste provare almeno a vedere un film, prima di giudicare - gli proposi.

Alzarono le spalle, poco convinti. Dissero comunque che ci avrebbero provato per farmi contenta.

" Zia Petunia fece una faccia come se avesse appena ingoiato un limone.

«Per trovare la casa in rovina quando torniamo?» ringhiò."

- E mica la fa saltare in aria! - mi infuriai.

"«Mica la faccio saltare in aria» disse Harry, ma nessuno lo ascoltò."

Tutti risero e io arrossì. Avevo inconsapevolmente anticipato la sua battuta. Fu un momento particolare, era come se mi fossi resa davvero conto di chi fosse quel bambino, era come aver reso reale il legame che ci univa, aveva ragionato come me, era simile a me per alcuni versi. Era una cosa stupida (a chi non capita di dire all'unisono parole o frasi?) ma, forse perché stordita dalle mille e nuove emozioni che la semplice lettura di quel libri mi suscitava, gli diedi molta importanza. Quando si trattava di Harry tutto assumeva un nuovo significato e una nuova importanza per me.

"«Forse potremmo portarlo allo zoo» disse Petunia lentamente «...e lasciarlo in macchina...»"

- Ma sono matti? - esclamai stupefatta balzando in piedi. Potter mi mise una mano sulla spalla e mi fece tornare a sedere. Anche lui tornò al suo posto, forse si era stancato di rimanere lì in piedi.

"«Non può restare in macchina da solo."

- Finalmente un po' di buon senso! - dissi sollevata.

"E nuova di zecca...»"

Sbuffai. Come non detto, si preoccupavano più per una stupida macchina che per lui.

"Dudley cominciò a piangere forte. In realtà, non stava piangendo; erano anni che non piangeva sul serio, ma sapeva che se contorceva la faccia e si lagnava la madre gli avrebbe dato qualsiasi cosa lui avesse chiesto.

«Duddy tesorino caro, non piangere! Mammina non permetterà che quello ti rovini la festa!»"

- Quello ha un nome! - disse Potter.

- E sta ascoltando - aggiunsi - non possono parlar di lui a quel modo -

- Come se non fosse presente, come se non esistesse -

- Come se non facesse parte della loro patetica famiglia -

- Dovreste calmarvi voi due, ve lo abbiamo già detto - ci interruppe Remus.

- Ma Lunastorta ci senti o no? Vedi che considerazione hanno di Harry? -

- Fare così non ci porterà a nulla, vi farà venire solo un esaurimento nervoso -

- Lo farete venire anche a me, se non la smettete di interrompersi ogni cinque secondi -

- Oh, ma sta zitto Mocciosus - disse Potter spazientito - ti sei proposto tu come narratore, non ti abbiamo obbligato noi. Poi non potete chiederci davvero di affrontare tutto questo apaticamente -

- Mi sembra però - replicò Severus - che voi avete obbligato sia MD che Regulus a partecipare a quest'ighiozzia. E non provate a negare che ci serva il nostro aiuto -

I Malandrini, che all'inizio del discorso erano già pronti a replicare gelidamente, tacquero. Per una volta lasciarono a Severus l'ultima parola.

Regulus, invece, sentendosi tirato in causa, distolse lo sguardo dai nostri battibecchi e tornò a fingere distacco, indifferenza. Pensai che non lo notò nessuno a parte me, nessuno ci prestava caso. A me invece lui era quello che più mi incuriosiva tra tutti.

"«N-n-non... voglio... che ... venga... pure lui!» gridò Dudley tra un finto singhiozzo e l'altro. «Lui rovina s-s-sempre tutto!» E lanciò a Harry un'occhiata malevola attraverso uno spiraglio tra le braccia della madre.

In quel preciso momento suonò il campanello: «Santo cielo, sono arrivati!» esclamò zia Petunia frenetica. E un attimo dopo, l'amico del cuore di Dudley, Piers Polkiss, entrò insieme alla madre. Piers era un ragazzo tutto pelle e ossa, con una faccia da topo. Era lui che in genere immobilizzava le persone con le braccia dietro la schiena mentre Dudley le picchiava. Dudley smise all'istante di far finta di piangere.

Mezz'ora più tardi, Harry, che non riusciva a credere a tanta fortuna, aveva preso posto sul sedile posteriore della macchina dei Dursley insieme a Piers e a Dudley, diretto allo zoo "

- E questa la chiami fortuna? Ritrovati a passare tutto il pomeriggio con quelli? - osservò Black.

- Voleva andare solo allo zoo! - ribattei.

- Resta comunque una noia mortale, con una compagnia che lascia poco a desiderare -

- Sempre meglio che restare a casa o in macchina - venne in mio aiuto Potter.

- Non sembra un Maladrino... -

- Ma se abbiamo letto solo poche righe, come fai a dirlo? - ribattè lui, non accettando il fatto che il figlio potesse non somigliargli caratterialmente - cambierai idea -

" Diretto allo zoo per la prima volta in vita sua."

- Ecco spiegato perché è così contento! - feci notare loro.

"Lo zio e la zia non erano riusciti a inventarsi niente di diverso per lui, ma prima di uscire, zio Vernon lo aveva preso da parte.

«Ti avverto» gli aveva detto piazzandoglisi davanti col suo faccione pa-onazzo a un millimetro dal suo naso, «ti avverto una volta per tutte, ragazzino, niente cose strane, niente di niente, intesi? O resterai chiuso in quel ripostiglio fino a Natale».

- Sta scherzando, vero? - chiese Remus, quasi timoroso di conoscere la risposta.

- Lo spero - sospirai - ma ormai non mi stupirei più di nulla -

"«Non farò proprio niente» disse Harry, «lo prometto...»

Ma zio Vernon non gli credeva. Nessuno gli credeva mai."

Quando Severus pronunciò quelle parole mi si strinse il cuore, rimanevo sempre più delusa man mano che il tempo passava. Avevo sempre creduto di conoscere mia sorella, non mi sarei mai aspettata che però fosse così nei confronti del suo stesso nipote, e suo marito non era da meno.

"Il fatto era che spesso intorno a Harry accadevano fatti strani, e non serviva a niente dire ai Dursley che lui non c'entrava. "

- Magia involontaria - esclamai rapidamente - lei avrebbe dovuto saperlo -

"Ad esempio, una volta zia Petunia, stanca di veder tornare Harry dal barbiere come se non ci fosse stato affatto, aveva preso un paio di forbici da cucina e gli aveva tagliato i capelli talmente corti da lasciarlo quasi pelato, tranne per la frangetta, che non aveva toccato per «nascondere quell'orribile cicatrice»."

Strinsi i pugni e feci grandi respiri per contenere la rabbia. Sarebbe stato poco opportuno scoppiare ancora iraconda o in lacrime, non potevo lasciarmi soggiogare dalle emozioni così tanto, non davanti a tutti quanti.

"Dudley era scoppiato a ridere a crepapelle al vedere Harry così conciato, e lui aveva passato una notte insonne al pensiero di come sarebbe andata l'indomani a scuola, dove già tutti lo prendevano in giro per i vestiti sformati e gli occhiali tenuti insieme con lo scotch."

Severus leggeva piano con gli occhi sgranati. Alla fine della frase si fermò appena un attimo di più. Lo conoscevo talmente bene da sapere con certezza verso quale direzione stesse farneticando il suo cervello. Normalmente era lui quello preso di mira da Potter e i suoi amici, adesso era uno di loro a trovarsi nella sua situazione, doveva sembrare sempre più strano per lui.

"La mattina dopo, al risveglio, aveva trovato i capelli esattamente come erano prima che zia Petunia glieli avesse rapati."

Progettai malignamente di fare io un bel taglio di capelli a Petunia, magari quando sarei tornata a casa nelle vacanze, magari nel cuore della notte per farla destare il giorno dopo con una piacevole sorpresa. Ci pensai meglio: forse era una cosa troppo sciocca da fare, troppo... Banale. Avrei organizzato con Mary il piano perfetto. Certo, Severus prima aveva ragione, sarebbe meglio cercare di ingraziarmela che mettercela contro ancor di più, ma, alla luce di quanto avevo appena letto, una piccola marachella era d'obbligo.

"Per questo era stato punito con una settimana di reclusione nel ripostiglio, sebbene avesse cercato di spiegare che non sapeva spiegare come mai gli fossero ricresciuti così in fretta."

Ero sempre più convinta di dovermi prendere la mia vendetta personale. Anzi, ero certa al cento per cento.

"Un'altra volta, la zia aveva cercato di infilargli a forza un orrendo maglione smesso di Dudley (marrone con dei pon-pon arancioni). Ma più cercava di infilarglielo dalla testa, più il maglione si rimpiccioliva, fino a che avrebbe potuto andar bene a una marionetta, ma non certo a Harry. Zia Petunia aveva decretato che doveva essersi ritirato in lavatrice, e questa volta Harry, con suo gran sollievo, non venne punito."

- Non possono incolparlo, è magia involontaria - gli accusò Black.

- Ma per l'ennesima volta Sirius, loro sono Babbani, non lo sanno -

- Lo sanno. O perlomeno lo sa sua sorella - disse Severus indicandomi.

Gli altri mi fissarono e io feci cenno col capo, per confermare quello che aveva affermato. Petunia non era stupida (sebbene stessi avendo dei seri dubbi su questo), aveva collegato quel che faceva Harry con quel che sapevo fare io oppure Severus. Lei sapeva.

- Ma perché Silente lo ha mandato lì? Perchè non è con voi? Perché non ci siete? - accusò Potter sull'orlo dell'esasperazione rivolto ai suoi amici - Perché non c'è nessuno? -

Non replicammo. Nessuno tra noi sapeva che rispondere, nessuno pareva venire a capo di questa assurda situazione.

- Avevate promesso - riprese lui - avevate promesso di esserci, non mi sembra però così -

Era come se, proprio in quel preciso istante, stesse collegando lentamente tutti i tasselli per comporre il quadro finale, ma il risultato, purtroppo, era tutt'altro che piacevole.

- James noi... Tu non puoi sapere... - tentò di rispondergli Bosco, prima che il suo amico lo interrompesse bruscamente.

- Dimmi cosa mi potrebbe far pensare il contrario allora -

Dalla sua voce traspariva nettamente che si sentiva come tradito dai suoi stessi amici.

- Noi... - provò Remus, ma non fu in grado di formulare una risposta convincente. Era inutile accampare scuse, quello era il loro amico, e non era nè giusto nè dignitoso nei suoi confronti prendersi gioco di lui con discorsi vuoti. Lui voleva i fatti, voleva sentire chiaramente che era in errore, e loro lo sapevano bene.

"Invece, il giorno che fu trovato sul tetto delle cucine della scuola, passò un guaio terribile. La banda di amici di Dudley lo stava rincorrendo, come al solito, quando, con immensa sorpresa di Harry e di tutti, lui si era ritrovato seduto sul comignolo. I Dursley avevano ricevuto una lettera molto indignata della direttrice, la quale li informava che Harry aveva dato la scalata all'edificio scolastico. Eppure, lui aveva soltanto cercato (come gridò a zio Vernon attraverso la porta sprangata del ripostiglio) di saltare dietro i grossi bidoni della spazzatura fuori della cucina. E credeva che, a metà di quel salto, una folata di vento lo avesse sollevato in aria."

Ad ogni cosa negativa, lui lanciava un'occhiata di rimprovero ai suoi amici. Era un po' infantile forse, ma non potevo biasimarlo. Loro ci stavano male, si vedeva chiaramente, per questo suo comportamento. Sarebbe stato un lungo pomeriggio.

"Ma quel giorno niente sarebbe andato storto. E valeva persino la pena di trascorrere una giornata con Dudley e Piers, pur di passarla da qualche parte che non fosse la scuola, il ripostiglio, o il salotto puzzolente di cavolo della signora Figg.

Strada facendo, zio Vernon si lamentava con zia Petunia. A lui piaceva lamentarsi di tutto: i colleghi di lavoro, Harry, il consiglio, Harry, la banca, Harry erano solo alcuni dei suoi argomenti preferiti."

Mi domandai se dovessimo leggere dei Dursley ancora per molto. Quanto mancava al primo settembre? Leggere di Hogwarts sarebbe stato sicuramente più piacevole e meno snervante di questo. Perlomeno non avremmo più ascoltato le mille angherie e, sia io che Potter, ci daremmo una calmata. Visto come si stavano mettendo le cose, ne avevamo bisogno.

"Quella mattina aveva scelto di lamentarsi delle motociclette.

«...Corrono come pazzi, questi giovani teppisti!» esclamò mentre una moto li sorpassava.

«Anche in un sogno che ho fatto c'era una moto» disse Harry ricordando improvvisamente, «e volava»."

- Pessima idea - commentai.

"Per poco zio Vernon non tamponò la macchina che lo precedeva. Si voltò di scatto e urlò a Harry, con la faccia che assomigliava a una gigantesca barbabietola con i baffi: «LE MOTOCICLETTE NON VOLANO!»

Dudley e Piers repressero una risata."

- Non volano solo perché tu conosci solo cose terribilmente noiose - protestò Potter.

- Io lo avevo detto, non doveva farlo -

- Non è lui quello che ha sbagliato! - replicò con il tono scostante di prima.

- Eh no Potter, se credi di poter fare così anche con me fai un grosso errore. È anche mio figlio, ricordi? Quindi sono già arrabbiata per conto mio, senza che ti ci metta anche tu.

Harry deve imparare a ragionare prima di parlare viste le persone con cui ha a che fare -

Lui, ovviamente, si infuriò ancora di più e iniziammo a litigare e a urlare. Con lui erano più i momenti in cui bisticciavo che quelli in cui ci comportavamo come due persone civili. Tutto ciò era inevitabile, eravamo sue caratteri forti che di scontravano e, il più delle volte, nessuno di noi scendeva a compromessi.

Fu Black che, esasperato, tentò di farci calmare. Alla fine, però, Potter era ancora più arrabbiato con lui per la sua intromissione.

- Bell'amico che ho, invece di supportarmi mi si rivolta contro -

Decise di ignorarlo, rispondere alla sua provocazione avrebbe soli fatto degenerare nuovamente la situazione.

La stanza era avvolta in un silenzio surreale, in contrasto con le grida di poco prima. L'aria era elettrica e carica di tensione.

"«Lo so che non volano» rispose Harry. «Era soltanto un sogno».

Ma si pentì di aver parlato. Se c'era una cosa che i Dursley odiavano ancor più delle sue domande era il sentirlo parlare di cose che non si comportavano come dovevano, anche se si trattava di sogni o di cartoni animati. A quanto pareva, temevano che si potesse far venire in mente idee pericolose."

O che le mettesse in pratica. D'altronde lui era un mago e, in quel momento, gli era ancora permesso di fare magie fuori da Hogwarts.

"Era un sabato assolato, e lo zoo era pieno di famigliole. All'ingresso, i Dursley comperarono a Dudley e a Piers due enormi gelati al cioccolato e poi, siccome la sorridente barista del baracchino aveva chiesto a Harry co-sa volesse prima che loro avessero potuto allontanarlo, gli comperarono un economico ghiacciolo al limone. E non era neanche male, pensò Harry, leccandolo, mentre guardavano un gorilla che si grattava la testa e assomigliava terribilmente a Dudley, tranne che non era biondo."

Con la coda dell'occhio riuscì a intravedere Potter che, malgrado non si fosse affatto calmato e ce l'avesse ancora con tutti noi, sorrise impercettibilmente.

"Fu la mattinata più felice che Harry avesse avuto da molto tempo. Ebbe cura di camminare a una certa distanza dai Dursley in modo che Dudley e Piers, che per l'ora di pranzo avevano già cominciato ad annoiarsi degli animali, non tornassero al loro passatempo preferito di prenderlo a pugni. Pranzarono al ristorante dello zoo e quando Dudley fece un capriccio perché la sua fetta di dolce non era abbastanza grande, zio Vernon gliene comperò un altro"

Regulus fece una smorfia di disgusto.

- Farebbe meglio a far stare a digiuno quell'essere - commentò gelidamente.

Di sicuro era a dir poco indecoroso per uno dei nobilissimi rampolli Black abbuffarsi così sconsideratamente.

" a Harry fu permesso di finire la prima.

In seguito Harry si disse che avrebbe dovuto sapere che era troppo bello per durare.

Dopo pranzo, andarono al serpentario. Il luogo era fresco e semibuio, con vetrine illuminate lungo tutte le pareti. Dietro ai vetri, lucertole e serpenti di ogni specie strisciavano e si arrampicavano su tronchi di legno e sassi. Dudley e Piers volevano vedere i giganteschi e velenosi cobra e i grossi pitoni capaci di stritolare un uomo. Dudley fu molto veloce nell'individuare il serpente più grosso di tutti. Avrebbe potuto benissimo avvolgersi due volte intorno alla macchina di zio Vernon e ridurla alle dimensioni di un bidone per la spazzatura, ma al momento non sembrava in vena. Anzi, era profondamente addormentato. Dudley rimase con il naso spiaccicato contro il vetro, a contemplarne le spire brune e lucenti.

«Fallo muovere» chiese piagnucolando al padre. Zio Vernon picchiò sul vetro, ma il serpente non si mosse.

«Ancora!» ordinò Dudley. Zio Vernon tornò a bussare forte con le nocche sul vetro, ma il serpente continuò a ronfare."

Immaginando la scena non potei non pensare a Mary. Lei era un animalista convinta e adorava tutte le specie di animali, trovava adorabili perfino gli insetti più rivoltanti. Sarebbe impazzita al solo pensiero di vedere questi rinchiusi nello zoo. Vedere Dudley che disturbava così un povero serpente che riposava sarebbe stata poli la goccia che avrebbe fatti traboccare il vaso.

"«Che noia!» disse Dudley con voce lagnosa. E corse via.

Harry si spostò davanti alla vetrina del pitone e guardò intensamente il serpente. Non si sarebbe stupito se anche lui fosse morto di noia, senza altra compagnia che quegli stupidi che tamburellavano tutto il giorno con le dita contro il vetro cercando di disturbarlo. Era peggio che avere per camera da letto un ripostiglio, dove l'unico visitatore era zia Petunia che pestava sulla porta per svegliarti; lui, almeno, poteva girare per tutta casa.

D'un tratto il serpente aprì gli occhi piccoli e luccicanti. Lentamente, molto lentamente, sollevò la testa finché si trovarono all'altezza di quelli di Harry.

Gli fece l'occhiolino.

Harry lo fissò stupito. Poi diede una rapida occhiata in giro per vedere se qualcuno li osservava. Nessuno. Tornò a fissare il serpente e ricambiò la strizzatina d'occhi.

Il serpente girò la testa di scatto verso zio Vernon e Dudley, poi alzò gli occhi al cielo. Dette a Harry un'occhiata che equivaleva a dire:

«Questo è quel che mi tocca sempre».

«Lo so» mormorò Harry di qua dal vetro, anche se non era sicuro che il serpente potesse udirlo. «Deve essere veramente fastidioso».

Il serpente annuì energicamente."

- Il serpente... Lo capisce? - disse Regulus esterrefatto.

- Non può essere. Tu credi... - gli rispose Severus.

- Lo escludo... Solo che... -

Lui ci fissò e si interruppe. Non riuscivo a seguirli.

- Lasciamo perdere - tagliò corto Regulus.

"«Ma tu da dove vieni?» gli chiese Harry.

Il serpente colpì con la coda un cartellino accanto al vetro."

I due si scambiarono una veloce occhiata carica d'intesa.

"Harry lo guardò attentamente.

Boa constrictor, Brasile.

«Era un bel posto?»

Il boa colpì di nuovo con la coda il cartellino e Harry lesse ancora: Questo esemplare è nato e cresciuto in cattività. «Ah, capisco, non sei mai stato in Brasile, tu!»

Il serpente scosse la testa"

Un'altra occhiata.

"E in quello stesso momento un grido assordante alle spalle di Harry li fece trasalire entrambi: «DUDLEY! SIGNOR DURSLEY! VENITE A VEDERE QUESTO SERPENTE! È INCREDIBILE QUEL CHE STA FACENDO!»

Dudley caracollò verso di loro più in fretta che poté.

«Fuori dai piedi, tu!» intimò mollando un pugno nelle costole a Harry, il quale, colto alla sprovvista, cadde a terra come un sacco. Quel che seguì avvenne così in fretta che nessuno si rese conto del come: un attimo prima Piers e Dudley erano chini vicinissimo al vetro, e un attimo dopo erano saltati all'indietro tra grida di orrore.

Harry si tirò su a sedere boccheggiando; il vetro anteriore della teca del boa constrictor era scomparso. Il grosso serpente stava svolgendo rapidamente le sue spire e scivolando sul pavimento, mentre in tutto il serpentario la gente si metteva a urlare e cominciava a correre verso le uscite."

Voli sul tetto, vetri che scompaiono (in un attimo il titolo mi divenne più chiaro), e serpenti mortali liberati. Quel bambino sembrava avesse una propensione per i guai.

"Mentre gli scivolava accanto a tutta velocità, Harry avrebbe giurato di aver udito una voce bassa e sibilante dire: «Brasile, aspettami che arrivo... Grrrrazie, amigo»."

- Capisce il serpente se? - esclamarono sia Severus che Regulus all'unisono, stupiti.

- Cosa? Che sta succedendo? - domandai, sperando vanamente in una spiegazione.

"Il custode del serpentario era sotto shock.

«Ma il vetro» continuava a dire, «dove è finito il vetro?»

Il direttore dello zoo in persona preparò a zia Petunia una tazza di tè dolce molto forte, e intanto non la finiva più di scusarsi. Piers e Dudley non riuscivano a far altro che farfugliare. Per quel che aveva visto Harry, il serpente non aveva fatto altro che dargli un colpettino giocoso sui tacchi, mentre passava, ma fecero appena a tempo a tornare tutti nella macchina di zio Vernon che già Dudley raccontava come il boa gli avesse quasi staccato la gamba a morsi, mentre Piers giurava che aveva cercato di soffocarlo nella sua stretta mortale. Ma il peggio, almeno per Harry, fu che Piers riuscì a calmarsi quel tanto che gli consentì di dire: «Harry gli ha parlato. Non è vero, Harry?»"

- Brutto lurido, viscido ficcanaso - borbottò Potter tra sè e sè, con un fil di voce appena percettibile.

"Zio Vernon aspettò che Piers fosse uscito di casa prima di cominciare a prendersela con Harry. Era così arrabbiato che parlava a stento. Riuscì a malapena a dire: «Vattene... ripostiglio... rimani lì... senza mangiare»"

Mi trattenni dal fare un'altra scenata. Stava affamando mio figlio!

"prima di crollare su una sedia, tanto che zia Petunia dovette correre a prendergli un grosso bicchiere di brandy.

Molto più tardi Harry, steso al buio nel suo ripostiglio, avrebbe desiderato avere un orologio. Non sapeva che ora fosse e non era sicuro che i Dursley fossero andati a dormire. Fino a quel momento, non poteva rischiare di sgattaiolare in cucina a mangiare qualcosa.

Viveva con i Dursley da quasi dieci anni, dieci anni di infelicità, per quanto poteva ricordare, fin da quando era piccolo e i suoi genitori erano morti in quell'incidente d'auto."

Mi si strinse il cuore e fui nuovamente pervasa dalla malinconia. Stava pensando a me, a noi.

Mi immaginai che piega avrebbe potuto prendere la mia vita, per la prima volta riuscì a pensare seriamente a me stessa come ad una madre, un componente di quella piccola famigliola, quella che mi sarei creata io stessa. Mi immaginai con un fagottino coi capelli corvini stretto tra le braccia, pronta a mettere in pratica mille idee per farlo divertire, cosicché non possa mai pensare di aver avuto un infanzia infelice; pronta a preparare mille dolci e mille piatti per non farlo andare a letto senza cena. Vidi nella mia mente mio figlio crescere accanto a me, e non con mia sorella, perché ci sarei stata io per i momenti più importanti, non lei.

"Non ricordava di essere stato anche lui nel-la macchina al momento della loro morte. Talvolta, quando sforzava la memoria durante le lunghe ore trascorse nel ripostiglio, gli veniva una strana visione: un lampo accecante di luce verde e un dolore bruciante sulla fronte. Quello, immaginava, era stato l'incidente, anche se non riusciva a capire da dove venisse la luce verde."

L'Avada kedavra. La fine di tutto. Un lampo di luce, due parole che mandarono in frantumi tutti i progetti che avevo immaginato con cura, riportandomi alla realtà.

"I genitori, non li ricordava affatto. Gli zii non ne parlavano mai e, naturalmente, era proibito fare domande al riguardo. In casa, non c'era neanche una loro fotografia."

Era triste pensare di non avere un volto neppure nella mente di mio figlio. In quanti pensavano a me? In quanti si ricordavano chi fossi? Era avvilente constatare che la mia esistenza potessere essere cancellata. Il mio stesso figlio, d'altronde, non sapeva esattamente chi fossi.

"Quando era più piccolo aveva sognato tante volte che qualche parente sconosciuto venisse a portarlo via, ma questo non era mai accaduto;"

Lo sguardo di Potter era fisso su i suoi due compagni. Era carico di rimprovero, si chiedeva ancora una volta perché loro non l'avessero portato via, perché non gli avessero mai raccontato di noi.

Loro non volevano incrociare il suo sguardo, non l'avrebbero retto. E intanto nessuno osava ancora giare, solo Severus continuava a leggere imperterrito.

"gli unici suoi parenti erano i Dursley. Eppure, talvolta gli sembrava (o forse era una speranza) che gli estranei per strada lo riconoscessero. Ed erano degli estranei veramente strani. Una volta un ometto mingherlino col cilindro viola gli aveva fatto un inchino mentre era a far spese con zia Petunia e Dudley. Furiosa, dopo avergli chiesto se conosceva quell'uomo, zia Petunia li aveva trascinati fuori dal negozio senza comperare niente. Un'altra volta, in autobus, un'anziana donna dall'aspetto stravagante, tutta vestita di verde, lo aveva salutato allegramente. Qualche giorno prima, un uomo calvo, con indosso un mantello color porpora molto lungo, gli aveva stretto la mano per strada e poi si era allontanato senza una parola. La cosa più stramba di tutte quelle persone era che sembravano dileguarsi nel nulla nel momento stesso in cui Harry cercava di guardarle da vicino.

A scuola, Harry non aveva amici. Tutti sapevano che la ghenga di Dudley odiava quello strano Harry Potter, infagottato nei suoi vestiti smessi e con gli occhiali rotti, e a nessuno piaceva mettersi contro la ghenga di Dudley."

- La sua vera scuola non è quella - dissi a fil di voce - Quella non è neppure la sua vera vita - continuai con tono sempre più sicuro, quasi prendersi forza dalle mie stesse parole - Quei tizi strambi fanno parte del tuo mondo, e saranno proprio loro a portati via per farti scoprire qualcosa di veramente magico -

 

 

 

 

Angolo dell'autrice:

Ben ritrovati! Ecco il capitolo due, spero vi piaccia ^^

Volevo SCUSARMI con tutti quanti, sono in ritardo di ben una settimana! Il problema è che mi sono improvvisamente iscritta a sette nuovi progetti che ha finanziato la mia scuola (a due dei quali sono stata purtoppo obbligata... Sono i peggiori) e ne frequentavo già altri tre. Se tenete conto che devo concigliare tutto questo con la palestra, lo studio e una vita sociale non ho molto tempo libero e, quando ne ho un po', cerco di allenarmi per i test d'ingresso all'Università. So che non giustifica molto, ma provate a capirmi please. Ed è per questo che per adesso aggiornato ogni due settimane, sempre lo stesso giorno.

Veniamo alla storia:

Io davvero ci sto provando in tutti i modi ad integrare il testo con descrizioni/parte narrativa, ma nel "momento lettura" questo mi risulta molto difficile. Insomma sia le persone che i luoghi rimangono sempre gli stessi, loro se ne stanno lì seduti a leggere e basta, l'unica cosa da commentare sarebbero le espressioni facciali ma non posso farlo per ogni frase che dicono (anche perché spesso si intuiscono) poiché sarebbe pesante e monotono. Il risultato finale è quel che vedete (o leggete).

Ora veniamo al nostro caro James. È leggermente lunatico, vero? Forse lo sono un po' tutti i personaggi (io sono la prima ad essere lunatica e mi risulta difficile non far trasparire questa caratteristica mentre scrivo). Ma, a sua discolpa, posso dire chwle lui, come anche gli altri, sono in balia di mille emozioni ed eventi. Poi lui sente tradito, è offeso, e pensare che siamo ancora all'inizio! Chissà poi cosa accadrà nel terzo libro... Vedremo, vedremo ;)

Come sempre potete chiedere per qualsiasi cosa (sì, non mi stancherò mai di scriverlo ad ogni fine capitolo v.v ).

Fatemi sapere cosa ne pensate, è sempre più importante per me sapere i pareri di quante più persone possibili, soprattutto con l'avanzare della storia per sapere se sto prendendo la "direzione giusta" e non combinando un casino.

See you soon,

Hij

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** 5th ***


Non continuammo più a leggere quella sera, Potter aveva una riunione speciale con la sua squadra di Quidditch. Perfino quel giovedì non ci incontrammo più, rimandammo alla domenica con la promessa che avremmo letto qualche extra.

Successero un po' di cose strane in un solo paio di giorni che reso tutto impossibile, ma in fondo avevo già intuito che sarebbe stata solo questione di tempo prima che la situazione esplodesse.

Ma andiamo per ordine, sennò rischierei di perdere la testa e dar di matto anch'io. Iniziamo dai Malandrini.

Potter non si era ancora riappacificato con i suoi amici e la situazione stava letteralmente degenerando. O meglio, un piccolo passo avanti c'era stato subito dopo che quei tre avevano lasciato la Stanza delle Necessità, ma tutto fu reso vano quando incontrarono Minus. Appena vide i suoi amici gli urlò contro epiteti irripetibili, credo che l'abbiano sentito per tutta Hogwarts. Gli rimproverò molte cose, gli accusò di non essere veri amici perché sennò non l'avrebbero escluso in così malo modo, essere quasi fratelli presupponeva il non avere segreti. Sia Black che Remus si scusarono, tristi, stavano già perdendo uno dei loro amici, non volevano che accadesse anche con un altro. Ma Potter, no; era già molto arrabbiato per suo conto e riversò tutto su Minus. Non urlò, non era il tipo da scenate plateali spacca-timpani, ma parlò in modo molto freddo, tagliente e fu perfino peggio. Disse che in realtà era lui quello tradito e abbandonato, che loro non potevano neanche immaginare come si sentisse, che, invece di aiutarlo come veri amici, lo stavano facendo sentire solo peggio e altre cose così. Questo, però, fece imbestialire ancora di più Minus: non solo non si scusava, ma infierire contro continuando a parlare cripticamente solo per escluderlo. Remus e Black presero le parti di Minus, il loro amico stava esagerando, non l'avevano mai visto così, e il poverino aveva tutte le ragioni.

Risultato? Mentre quei tre sembravano essere più uniti che mai, Potter girava da solo. Sorrideva e scherzava con tutti come sempre, ma era spento, come svuotato dalla solita euforia che lo caratterizzava. Minus, al contrario, era palesemente contento di avere i due amici tutti per lui. Certo, gli dispiaceva molto per Potter, ma cercava di vedere il lato positivo della situazione. In generale erano tutti ancora molto arrabbiati per poter fare un passo in avanti.

Passiamo a Regulus invece, il vero motivo del rinvio di giovedì.

Era bloccato in infermeria da mercoledì sera e sarebbe rimasto lì per un paio di giorni.

La povera infermiera per poco non era svenuta quando Simon Wilkinson, Serpeverde dell'ultimo anno, l'aveva trascinato lì, aveva il volto gonfio e rosso, la fronte caldissima grondava di sudore. All'inizio ero perplessa, come aveva fatto a ridursi in quello stato? Esposi i miei dubbi a Mary che mi raccontò di come Wilkinson avesse più volte imprecato e maledetto Regulus per la situazione.

- Io e te continueremo il nostro discorsetto dopo - sussurrò quello con fare minaccioso, verso il compagno che lo guardava terrorizzato.

Poi si alzò e uscì dall'Infermeria.

- Maledizione! - continuò a borbottare Wilkinson mentre se ne andava - Finalmente gli stavo estorcendo qualcosa di utile che avrebbe fatto senz'altro piacere al Signore Oscuro. Usando le maniere forti ero riuscito a farlo parlare... Non ci voleva -

Mary, che era confinata lì poiché era riuscita a farsi contagiare da Nikolaj, aveva assistito tutto e mi aveva raccontato la scena per filo e per segno. Era poi stata dimessa da lì poche ore dopo.

- Non ti sembra strano? Quei due tramano qualcosa - mi fece notare lei.

- Lo so, e mi spaventa il solo pensarci. Ma sei sicura che parlava proprio di "Signore Oscuro" ?-

- Se non fossi stata così sicura non te ne avrei neppure parlato. Qui la situazione è seria -

- Bisogna tenerli sott'occhio. Io penso a Black tu a Wilkinson -

- Ma sei matta? Se quello mi scopre puoi anche dirmi addio -

Non aveva poi tutti i torti. Era una persona astuta e spregevole, il solo vederlo metteva i brividi. Se poi ti scopriva a mettergli i bastoni tra le ruote per te era finita. Era meglio non farlo arrabbiare e non averlo come nemico.

- Cambio di piano. Io sorveglio Regulus tu cerchi informazioni in giro -

- Così va già meglio. Ci tieni tanto a seguire il piccolo rampollo dei Black, eh? Lily, non è che mi nascondi qualcosa? -

Arrossii e, subito dopo, mi maledissi per averlo fatto ancora. Dovevo seriamente pensare ad un modo per tenere sotto controllo questa cosa, era irritante.

- Macchè, cosa vai a pensare. Mi è solo più facile tenerlo d'occhio -

- Come vuoi tu, come vuoi - disse facendomi l'occhiolino.

Andai in infermeria a trovare Regulus. Stava dormendo per cui non mi vide, il suo vuoto era vermiglio, irriconoscibile. Mi avvicinai all'infermiera.

- Come sta? - le chiesi sussurrando.

Lei mi guardò straniata, di certo non si aspettava proprio che una grifona Nata Babbana come me fosse venuta a far visita ad uno come lui.

- Non riusciamo a capire cosa gli sia preso - mi confessò, perplessa - Ha il viso e la lingua completamente gonfi e, per ironia della sorte, è perfino afono. Non c'è rimedio che riesca a farlo tornare normale o almeno a fargli abbassare la febbre -

- Ma come è successo? Mi sembra strano... -

- Perché tutte queste domande? - chiese legittimamente lei.

Era strano che mi interessarsi così tanto a Regulus all'improvviso. Quella donna non era stupida, aveva capito che ci fosse qualcosa sotto.

- Volevo solo accertarmi, capire cosa gli è accaduto - replicai, sperando di convincerla.

Lei aveva messo su un cipiglio dubbioso mentre mi scrutava, scettica.

- Se sono qui vuol dire che mi importa - cercai di persuaderla assumendo mentre parlavo un'aria quanto più innocente possibile - Glielo avrei chiesto direttamente ma, ahimè, sta dormendo, non vorrei disturbarlo -

Anche se non aveva ancora proferito parola, aveva l'aria meno restia. Avevo un brutto, bruttissimo presentimento, mi serviva qualche informazione per confutare quella che, in quel momento, era fortunatamente solo una mera ipotesi. Ritentai, ancora pochissimo e ci sarei riuscita.

- Suvvia, la prego! In fondo, non le sto chiedendo nulla di troppo, cosa le costa? -

-Beh, in effetti, non ci vedo nulla di male... -

Esultai interiormente, ci ero riuscita ed era stato così maledettamente semplice!

- Stava parlando con il suo amico, quello che l'ha portato in infermeria e, ad un momento all'altro, si è ritrovato così. Era così debole che l'ha dovuto trascinare qui immediatamente. Ma adesso basta - continuò in tono burbero. Si era forse oentita di evr vuotato il sacco così facilmente? - non ti dirò nient'altro. Esci di qui, devo continuare a lavorare! -

- Grazie mille - dissi sorridendole cordialmente mentre raggiungevo la porta.

Quello che mi sveva raccontato era più che sufficiente per me, anzi, mi aveva detto esattamente quello che volevo sentire. Ero sempre più certa della mia idea, dovevo parlarne con qualcuno. Sì, ma con chi? Severus era fuori questione, era la persona meno adatta in questo caso. Remus girava sempre attaccato a Minus e quest'ultimo, dopo tutto quello che era successo, sembrava non volesse staccarsi più da lui e da Black, quindi anche lui era escluso. Se gli andavo a confessare l'ennesima teoria che sarebbe dovuta rimanere segreta mentre stavano con Minus sarebbe successo un putiferio, avrei distrutto completamente quella che era già una situazione precaria.

Non mi rimaneva che Potter, era l'unico con cui potevo parlarne. Dovevo solo riuscire a trovarlo.

Camminai per i corridoi chiedendo a tutti se l'avessero visto, ma tutti scossero la testa. Molti mi guardarono perplessi, era insolito che io lo cercasi. Girai per tutto il castello, ma era enorme e non fu affatto semplice. Alla fine optai per raggiungere la Sala Comune Grifondoro, sicuramente avrei trovato Mary lì, comodamente sdraiata di una delle poltroncine con un libro in mano. Era ancora in semi-convalescenza, troppo debole per girovagare per il tutto il castello come suo solito assieme al suo ragazzo. Il biondino infatti, era pieno di energia proprio come lei, insieme erano come un vero uragano inarrestabile.

- Lily! - mi chiamò a gran voce lei non appena mi vide varcare la soglia d'ingresso.

- Scoperto qualcosa di interessante? - mi chiese più piano una volta che mi fui avvicinata.

Aveva gli occhi lucidi e il naso rossissimo, in netto contrasto con la sua carnagione pallida. Evidentemente non era guarita del tutto.

- Qualcosina. Ma parliamo di te, sicura di non aver avuto una ricaduta? Hai un aspetto orribile -

- Gentile, in effetti anche io ti vedo più brutta del solito stasera -

- Guarda che sono seria -

- Oh, ma anche io - ribattè ridendo - E comunque sto benissimo, sono solo un po' stanca -

- Se non facessi tante storie ogni volta che l'infermiera cercasse di curarti di certo staresti meglio. Vedi Nikolaj? Lui ci ha messo pochissimo per rimettersi in sesto -

- Macchè, tutte queste esagerazioni per un semplice raffreddore! -

- Secondo me hai anche un po' di febbre -

- E anche se fosse? Non muoio mica. Piuttosto noi due stavamo parlando di qualcosa di più importante -

- Non credere che il discorso sia chiuso! Un giorno di questi bro ritrascinerò in infermeria con la forza -

Ero davvero preoccupata per Mary, prendeva le cose troppo alla leggera e si rifiutava ogni volta di andare in infermeria. Ripeteva a tutti che stava più che bene, che non dovevano creare tanto allarmismo. Qualche giorno fa io e il suo ragazzo l'abbiamo portata con la forza lì perché aveva più di quaranta gradi fedi febbre e si reggeva a malapena in piedi. Lei in compenso, appena si era ripresa leggermente, era sgattaiolata via.

- Lily! Su, me lo vuoi dire quello che hai scoperto o no? - insistette lei per farmi cambiare discorso.

- OK, va bene - cedetti. Era inutile discutere con lei adesso, non volevo farla stancare ancora di più - ho iniziato la mia indagine dall'infermieria -

- Che luogo orribile che hai scelto -

- Avevi qualche idea migliore? Regulus è ancora lì! Comunque ho fatto due chiacchiere con l'infermiera ma non ho concluso molto -

- Non hai nessuna idea su cosa stiano tramando quelli? -

- Solo ipotesi, ho bisogno di pensare ancora -

- Non ho nessun buon presentimento - mi confessò, seria.

- Neppure io -

- Lily io credo... Se davvero può essere qualcosa di grave non sarebbe meglio avvertire Silente? -

- Non abbiamo prove, Mary. Non possiamo accusare delle persone davanti a Silente solo per dei presentimenti -

- Hai ragione, ma io ho paura. Sono certa che quasi tutti i Serpeverde del nostro anno siano già marchiati, come potrei stare tranquilla sapendo di vivere affianco a dei potenziali assassini? -

Non avevo mai visto Mary così terrorizzata. Una volta uscita da Hogwarts lei era in pericolo tanto quanto me essendo una mezzosangue. Sua nonna apparteneva ad una di quelle rare famiglie purosangue che conservavano ancora un po' di senno, era sempre stata attratta dal mondo dei Babbani e perciò sposò uno di loro, da allora la sua famiglia non è più ben vista dalle altre famiglie purosangue pazze e estremiste.

Io non riuscivo a consolarla. Cosa avrei potuto dirle, che sarebbe andato tutto per il meglio? Era solo una patetica bugia, io stessa avevo da poco appreso che, allo stato attuale delle cose, sarei morta nel giro di qualche anno, con me anche Potter, i nostri genitori e chissà quante altre persone. Chi mi poteva assicurare che lei stesse bene? Non me la sentivo di inventare scuse solo per tentare pateticamente di farla stare meglio, non era una stupida, non ci avrebbe creduto.

- Ho tanta paura anch'io - le dissi sinceramente - Mi spaventa questa situazione perché è più grande di noi. Ma non dobbiamo lasciarci soggiogare da questo, se quei due tramano qualcosa lo scopriremo e li fermeremo, stanne certa. Voglio combattere, essere utile e riuscire a fermarli anche una volta uscita di qui -

- Sai bene che lo voglio anch'io, voglio fare la mia parte in questa battaglia -

Potei cogliere una scintilla nei suoi occhi. Lei era forte, determinata a fare il massimo. La abbracciai, forte. Le volevo veramente molto bene.

 

 

Il mattino dopo fermai Potter poco prima che iniziassero le lezioni.

- Potter! - lo chiamai.

- Evans! - esclamò lui sorpreso voltandosi.

- Io... Ti devo parlare. È urgente -

- Cos'è successo? - mi chiese preoccupato.

- Sta calmo, ogni cosa a suo tempo. Ci vediamo prima di pranzo -

- Allora a dopo, Evans -

- A dopo, Potter -

 

Dopo le lezioni mattutine ci dirigemmo verso la Stanza delle Necessità. Era il luogo ideale per mantenere segretezza, in tutte le altre aule non avrei avuto la stessa sicurezza.

- Cosa volevi dirmi, Evans -

- Vorrei parlati di Regulus -

- Un altro Black di cui preoccuparmi? No, grazie -

- Potter sto parlando seriamente! Credo che si sia ridotto così perché ha provato a rivelare qualcosa del libro -

- Che cosa? E perché mai avrebbe dovuto farlo? -

- Ragiona, molte delle cose contenute lì dentro sono preziose, ci offrono uno specchio sul futuro. Avrà voluto rivendere qualche informazione a Tu-Sai-Chi -

- Se le cose stanno così io quei due non ce li voglio più qui dentro. Non meritano di leggere alcunché, non so neppure perché debbano esserci per forza -

- Guarda che non decidi niente tu, senza di loro non potremmo continuare a leggere neanche noi -

- Se il rischio è questo, forse sarebbe meglio - disse amareggiato.

- Ma ti senti quando parli? - replicai furibonda - Io non voglio rinunciare a conoscere la vita di mio figlio! -

- Credi che a me non importi nulla, invece? Che sia un insensibile? Pensa quello che vuoi, tanto non mi stupirebbe. I miei stessi amici, dopo tutto ciò, pensano che io sia un egoista -

Era triste, distrutto. Non ero certa che mi piacesse questa versione di lui. Mi ricordava il volto di Mary il giorno prima, entrambi due ragazzi pieni di vita spaventati da qualcosa più grande di loro. Questa cosa non fece altro che farmi sentire peggio.

- Sono solo arrabbiati - gli feci notare con tono più dolce - non lo pensano davvero. Ci tengono davvero molto a te -

Non sapevo come consolarlo, non ero brava a dare conforto alla gente o a dire le parole giuste al momento giusto. In effetti, non lo conoscevo neppure davvero e questo rendeva il tutto più complesso.

- Ma sei proprio sicura di quello che hai scoperto? - mi chiese tentando di cambiar discorso.

- Abbastanza, purtroppo. Da quel che so prima di finire in infermeria stava parlando con Wilkinson, e tu sai che persona lui sia. Poi, tutto ad un tratto, si è sentito talmente male da dover essere portato d'urgenza in infermeria. L'infermiera mi ha detto che non può parlare, è debole e dorme sempre, lei si sta affannado per curarlo. Non ti sembra strano? Come se qualche strana magia abbia interrotto la loro chiacchierata per impedirgli di dire qualcosa di troppo... -

- Tutto quadrerebbe, questo è certo. Ma potrebbe perfino averlo spedito in infermeria lo stesso Wilkinson! -

- Ne dubito, Mary mi ha riferito che lui non era decisamente contento della piega che ha preso la situazione. L'ha sentito borbottare tra sè e sè -

- Cosa diceva? -

- Che stava raccogliendo informazioni utili per Tu-Sai-Chi e Regulus gli stava per dire qualcosa di estremamente utile, ecco perché era infastidito dall'intoppo -

- Ne sei... Cioè la MacDonald* ne è proprio sicura? -

- Gliel'ho chiesto anch'io, purtroppo le cose stanno così. Mi credi adesso quando dico che c'è da preoccuparsi? -

- Se avessi ragione tutto questo sarebbe troppo pericoloso. Come puoi pensare davvero di continuare? -

- Ancora con questa storia - sbuffai infastidita

- Certo, è maledettamente importante! Ti rendi conto di cosa stiamo rischiando? -

- Ovviamente me ne rendo conto, ma ho fiducia! -

- Fiducia? Come puoi venirmi a parlare di fiducia se tu per prima mi sei venuta a dire che sospetti di Regulus? -

- Infatti non è di loro che mi fido, ma di quella che ci ha scritto la lettera -

- Ma se neppure la conosci! -

- Viene dal futuro, conosce questi fatti meglio di noi perché tutto questo da lei è già accaduto. Se vuole che ci siano anche loro ci deve per essere un motivo -

- Potrebbe non averci pensato, non è onnisciente -

- E organizza una cosa del genere così prendendo tutto così alla leggera? Qui stiamo parlando di modificare la linea temporale, non è mica uno scherzo -

- E se le sue intenzioni non fossero buone? E se volesse aiutare loro invece che noi? -

Tutte queste domande mi stavano mandando al manicomio. Doveva per forza essere così pessimista e scettico? Il vero Potter non era così, lui era quello che, fino a pochi giorni fa, consolava me e mi incitava a non perdere la speranza. Davvero la lontananza degli amici aveva influito così tanto su di lui? Mi sarei dovuta muovere al più presto per far ritornare le cose com'erano prima.

- Non lo credo. Dobbiamo aver fiducia, è stata offerta un opportunità grandissima e, non mi stancherò mai di ripeterlo, sta a noi non sprecarla -

Lui si prese la testa fra le mani, i palmi affondarono tra i suoi capelli folti e disordinati.

- Hai ragione, hai ragione. Solo che... -

Non continuò la frase, era in confusione. Non lo avevo mai visto senza il supporto dei suoi amici per così tanto tempo, sembrava smarrito. Promisi a me stessa che gli avrei parlato, se non con Black almeno con Remus. Già questa situazione era assurda, non potevano mettersi a peggiorarla anche loro.

- E questo è tutto, avevo bisogno di qualcuno a cui dirlo. Dovremo stare molto più attenti con lui, se la situazione degenera chiederemo l'aiuto di Silente - conclusi.

- Ma la situazione sta già degenerando, quanto dovremmo aspettare ancora? E poi, se volessimo l'aiuto di Silente, diremmo trovare un modo per dirgli tutta la verità, e io non lo voglio trovare perché, se ci riuscissi, significherebbe che anche loro ci potrebbero farlo e sarebbe la fine -

- Regulus non è riuscito nel suo intento, questo piano non ha falle -

- Non ci è riuscito perché è stato fermato da qualche strano incantesimo, se ci riuscisse non lo verrebbe di certo a dire a noi -

Cercai di cacciare indietro le lacrime, non mi stava affatto aiutando, a che pro chiedere il suo il suo aiuto se mi faceva sentire solo peggio? Lo odiavo, era uno stupido. Non prendeva mai nulla sul serio, neppure nei casi più estremi, e faceva sempre battute cretine per alleggerire la situazione, perfino e soprattutto se non era necessario. E quando avevo bisogno del suo esser allegro per togliermi dalla testa tutto questi pensieri negativi, lui decide di comportarsi al contrario. Nella testa mi turbinavano mille pensieri e neppure uno era positivo.

- Puoi andare adesso, non ho più bisogno di te - dissi, ma dalla mia bocca uscì solo un flebile respiro tremante. Sperai almeno che mi avesse sentito e uscisse di lì.

Un altro crollo, ci stavo prendendo troppo l'abitudine, non era una buona cosa. Non riuscivo a riconoscermi più, troppe cose stavano cambiando e io non ero preparata, la situazione mi stava sfuggendo lentamente tra le dita. Più cercavo di tenerla tra le mani in un vano tentativo di trovare un appiglio, più, proprio come se tentassi di stringere dell'acqua, questa scivolava via lasciandomi perduta.

- Evans, ti senti bene? - chiese stupidamente.

Non lo vedeva come stavo? Sperai avesse il buonsenso di lasciarmi da sola, avevo bisogno dei miei spazi prima di gettarmi nel caos generale che vigeva in Sala Grande.

Ma evidentemente non era così, si avvicinò a me in attesa di una risposta. Povero illuso, sarebbe stato ignorato finché non mi avrebbe lasciato in santa pace.

Sentivo il suo sguardo fisso su di me, ma non incrociai i suoi occhi. Quanto tempo ancora ci avrebbe messo a capire? Era di troppo.

I secondi scorrevano lenti, questa sua ossessione di non volermi lasciare mi stava facendo impazzire sempre più.

Aspetti ancora e ancora, pensai fosse passata un eternità.

Lui non voleva andarsene? Bene, anzi benissimo, sarei uscita io.

Mi avviai furiosa verso la porta, a passo svelto, ma Potter volle intralciarmi per l'ennesima volta afferamdomi lievemente il polso per trattenermi.

- Lasciami Potter, sarà meglio per te - gli intimai.

- Rispondi alla mia domanda, Evans -

- Devo andare a pranzo, Mary mi sta aspettando -

- Rispondi prima alla mia domanda, Evans -

- Ma ti si è incantato il disco**, Potter? Sto bene, anzi starei ancora meglio se tu mi lasciassi andare, adesso -

- Senza offesa ma non sembri stare al meglio -

Ma quanto era irritante?

- Se sai già la risposta perché mi importuni? -

- Perché non va tutto bene, Evans. E io non ti lascio andare -

- Tu non mi imponi proprio niente - protestai strattonando il braccio con forza, ma la sua presa si mantenne ferrea.

-Evans, calmati. Così ti farai male! Ti chiedo solo un paio di minuti, nulla di più -

Continuai a dimenarmi inutilmente, poi, sbuffando, acconsentii. Prima lo accontentavo, prima sarei stata libera.

- Va bene Potter, che altro vuoi? Tutto quello che sapevo te l'ho detto -

- Mi hai trascinato fin qui e mi liquidi così? C'è dell'altro -

- Dovevo tenermi tutto dentro? Avevo bisogno di dirlo a qualcuno e, per mia sfortuna, tu eri l'unico disponibile. A ripensarci forse era meglio se stavo zitta -

- Perché mai avresti dovuto? Devi essere libera di sfogarti o esploderai. Ed è proprio per questo che non posso lasciarti andare adesso. Non ti sei ancora liberata del tutto dal macigno che ti porti -

- Liberata? Sto peggio di prima! Quelle che prima erano solo spiacevoli supposizioni ora sono concrete sciagure, come potrei stare meglio? Speravo che mi tranquillizzassi con la tua solita positività, che mi dicessi che va tutto bene e che non mi devo preoccupare così. Ma non va tutto bene, affatto. Questa situazione fa schifo e può solo peggiorare, altro che speranza, altro che patetiche illusioni. Parlando con te ne ho avuto solo la conferma -

Ed ero esplosa, le parole vennero fuori tutto ad un fiato, con tono duro.

- Mi dispiace di non esseri stato d'aiuto, è solo che... Diciamo che non mi sento proprio al massimo in questi giorni -

- Questo lo so anch'io ma... - lo interruppi.

-Lasciami finire. Io ti ho lasciato parlare - mi rimproverò lui - Quei giorni sono un casino e lo sai anche tu, beh non ci vuole proprio un genio per capirlo. Io non voglio illuderti dicendoti che a tutto bene, non sarebbe giusto, lo capisci? -

Annuì, d'altronde era la stessa cosa che avevo pensato io parlando con Mary. Merlino, quindi anch'io mi ero comportata da insensibile senza confortarla davvero? E dire che per me lei se inventava tante per tirarmi su di morale... Sperai di non averla delusa.

- Tu sei venuta da me per un aiuto e tutto quello che posso fare io è ricordati di non abbassare la guardia, mai. Di tenere gli occhi aperti poiché, nella situazione in cui ci troviamo, questo è cruciale. Se ti illudessi con le sciocchezze che tu avevi sperato di sentire, cosa avrei concluso? Non voglio farti prendere questa situazione con leggerezza, non ce lo possiamo permettere. Capisci anche questo, non è così? -

Annuì ancora. Ma poi aggiunsi:

- Allora è stato tutto inutile venire qui a parlar con te. Ho perso solo tempo -

- Questo non è vero, parlare con qualcuno rende sempre le cose più facili, non è mai inutile. Ed io non ti lascierò sola, questa sarà una cosa che condivideremo io e te e avrai tutto il mio supporto.Ti aiuterò a vigilare, cercheremo insieme di capire qualcosa di più su questa faccenda con Regulus. Perché questa situazione fa schifo, ma ciò non ci impedisce mai di prenderci la nostra rivincita con il destino -

Rimasi in silenzio. Lui sciolse la presa dal mio polso, tuttavia non me ne andai. Mi sedetti a terra, di spalle contro il muro, mentre lasciai scorrere qualche lacrima. Lui si sedette accanto a me osservandomi in silenzio, lasciandomi libera di sfogarmi.

Iniziai a piangere più forte.

Ecco, ero arrivata al limite di rottura. Di nuovo.

 

 

Domenica l'atmosfera che aleggiava tra noi non poteva essere peggiore. Per di più non riuscivo più a tollerare la presenza di Regulus accanto a me, mi dava fastidio che fosse anche lui lì, non lo meritava.

Decisi di leggere io, mi avrebbe aiutato a distrarmi.

"Capitolo 3

Lettere da nessuno

La fuga del boa constrictor brasiliano costò a Harry il castigo più lungo mai ricevuto fino a quel momento. Quando finalmente gli fu permesso di uscire dal ripostiglio, erano ormai iniziate le vacanze estive"

- Ci mancava solo leggere di un'altra delle solite gentilezze dei Dursley per allietare questa settimana già di per se idilliaca - borbottò Potter con evidente sarcasmo.

Sperai intensamente che le lettere da nessuno fossero in realtà lettere da Silente. Insomma, quanto tempo ancora il mio Harry doveva rimanere chiuso lì dentro? Non che mi dispiacesse di lui, ma odiavo leggere come veniva trattato, mi faceva una tale rabbia. Era mio figlio eppure io non avevo, nè avrei avuto, nessun potere per ostacolare ciò.

"Dudley aveva già rotto la nuova cinepresa, mandato a sbattere l'aeroplanino telecomandato, e la prima volta che aveva provato la bicicletta da corsa aveva investito l'anziana signora Figg che attraversava Privet Drive con le stampelle."

- Povera signora Figg - esclamò dispiaciuto Black.

- Aspetta ma chi era? - chiese Remus.

- Non ricordi? Era la tizia dei cavoli! - cercò di spiegargli l'amico.

- La tizia dei cavoli? - domandai anch'io, confusa.

Cosa c'entravano i cavoli adesso?

- Maddai anche tu hai l'amnesia, Evans? La signora Figg è la non netta pazza che puzza di cavolo con la casa zeppa di gatti, di foto di gatti, di peli di gatto... -

- Sì sì abbiamo capito Sirius, gatti ovunque - lo interrompè Remus.

- I gatti me li ricordavo anch'io, i cavoli no -

- Se entrassi in una casa che puzza talmente tanto da lasciarti stordita sono certo che non te lo di menti che resti, Evans -

- Perché tu ci sei mai stato in luogo così, Black? -

Ero esterrefatta. In che razza di posti si andava a cacciare quel ragazzo?

- Assolutamente no, perché avrei dovuto? -

- Ne parli con così tanta certezza da far pensare il contrario - constatai.

- Mi immagino solo la scena. Povero il mio naso, non vorrei essere nei panni di tuo figlio -

Risi, era proprio assurdo lui.

"Harry era molto contento che la scuola fosse finita, ma non c'era modo di sfuggire alla ghenga di Dudley che veniva a casa ogni santo giorno."

- Naturalmente a rompergli le scatole - disse Potter - Perché nossignore, lasciarlo in pace e cavoli loro non è un alternativa contemplabile -

- È estate! Con tutto quello che possono fare perché rimanere chiusi in casa a dargli noia? - constai.

- Evans, quelli non ragionano come me e te -

- Stai parlando della mia famiglia, Potter -

- Della nostra famiglia. E comunque fa lo stesso. Ti sembra normale rinchiudere un bambino nel sottoscala per tutto quel tempo? Che poi lui non l'avrebbe mai neanche dovuto vedere quel postaccio che osano denominare camera da letto -

- Sono assurdi, lo so, ma che ci posso fare? Credi che non mi mortifichi già abbastanza da sola? È desolante avere parenti come loro -

- Allora smettila di giustificarli! E poi è tua sorella quella che sbaglia, non devi sentirti in colpa per quel che fa lei, suo marito o suo figlio -

- Ma se io non avessi una famiglia così, Harry avrebbe avuto un'infanzia normale -

- Per quanto normale possa essere crescere senza entrambi i genitori. Almeno loro lo hanno accolto, non sono spartiti fregandosene della situazione - disse rivolto a Remus e Black, fissandoli.

Loro, però non risposero alla frecciatina. D'altronde, per una volta almeno, Potter era nel giusto: loro erano spariti nel nulla malgrado avessero promesso il contrario, avrebbero potuto fare la differenza ma non hanno voluto farlo.

"Piers, Dennis, Malcolm e Gordon erano grandi, grossi e stupidi, ma poiché Dudley era il più grande e il più stupido di tutti, il capo era lui."

- Non fa una piega - commentò Severus.

- Già - asserì freddamente.

Dopo quello successo con Regulus sospettavo anche di lui. Dopotutto avevo ben capito in passato da che parte lui avesse deciso di schierarsi.

"Tutti gli altri erano ben felici di unirsi a lui nel praticare il suo sport preferito: la caccia a Harry."

- Quel che dicevo prima... - disse Potter, mogio.

"Ecco perché Harry passava più tempo possibile fuori di casa, gironzolando nei dintorni e sognando la fine delle vacanze come un pallido raggio di speranza."

- In questo ci rivedo te, Lily - mi disse Severus.

Ed era vero, quando ero piccola raramente rimanevo confinata a casa, soprattutto appena usciva uno spiraglio di sole. Passavo tutti i pomeriggi al parco o giravo nei dintorni di casa mia. Lui lo sapeva bene dato che, per un periodo, tutti questi momenti li condividemmo insieme. Ma ora le cose erano diverse, io non mi fidavo di lui e mi dava un certo fastidio il fatto che mi conoscesse così bene, mi sentivo vulnerabile, priva di difese.

Gli rivolsi un sorriso spento, non mi presi neanche la briga di rispondergli.

"A settembre, sarebbe andato alle superiori, e quindi per la prima volta in vita sua non sarebbe stato con Dudley. Dudley aveva un po-sto riservato a Snobkin, la scuola dove aveva studiato zio Vernon. Anche Piers Polkiss sarebbe andato lì. Harry, invece, sarebbe andato a Stonewall High, la scuola pubblica del quartiere."

- Meno male che andrà ad Hogwarts. Stonewall, non poteva scegliere scuola peggiore. Come l'è venuto in mente? - commentai.

- È una scuola tanto brutta? -

- Non te lo immagini neppure, Black. È una delle più scadenti scuole che io conosca, ma ovviamente a lei non interessa. Sarà quella più vicina e questo le basta -

- Non ci pensare, tanto non ci andrai mai - mi ricordò Remus - Ad Hogwarts sarà tutto diverso, passerà i suoi anni più belli e spensierati -

- Sì, hai ragione - gli risposi un po' rincuorata, sorridendogli spontaneamente.

Severus mi fissò tutto il tempo. Aveva notato la mia freddezza? Aveva fatto il collegamento? Oh, ma in fondo cosa mi importava? Se aveva capito tanto meglio.

"Dudley trovava la cosa molto divertente.

«Lo sai che a Stonewall il primo giorno di scuola ti ficcano la testa nella tazza del gabinetto?» disse a Harry. «Vuoi venire di sopra a fare esercizio?»

«Grazie, no» rispose Harry. «La povera tazza del gabinetto non si è mai vista cacciare dentro niente di più orribile della tua testa; potrebbe sentirsi male»."

Risi assieme agli altri per la battuta.

- Modestamente ha il mio senso dell'umorismo il ragazzo - disse Potter orgoglioso.

- Non vorrei rovinare il tuo momento di gloria ma quel ragazzo è tutto sua madre -

- Ti sbagli. È un piccolo Malandrino, non c'è dubbio -

- Vedremo Potter, vedremo - lo provocai con aria di sfida.

"Poi scappò via prima che Dudley potesse capire quello che aveva detto."

- Saggia decisione - decretò Remus.

"Un giorno di luglio, zia Petunia accompagnò Dudley a Londra per comperare l'uniforme di Snobkin, lasciando Harry dalla signora Figg."

- Il ritorno della nonnina dei cavoli! - esclamò Sirius entusiasta.

- Perché sei così contento? - gli chiesi.

- Ormai è diventata famosa! Mi ci sono affezionato - asserì fintamente commosso.

- Io pensavo ce ne fossimo liberati - commentò Remus.

- Idem - concordai.

- Siete senza cuore! Povera signora Figg... -

- Ti regaleremo un soggiorno gratuito lì dentro, Felpato -.

"Quel giorno, la vecchia signora era meno peggio del solito. Si era rotta la gamba inciampando in uno dei suoi gatti e quindi non sembrava più entusiasta di loro come prima. Permise a Harry di guardare la televisione e gli diede un pezzo di torta al cioccolato, che sapeva di stantio come se stesse lì da qualche anno."

Mi immaginai il disgustoso sapore. Perché mangiarla se non era buona?

"Quella sera, Dudley fece passerella in salotto per la famiglia, nella sua uniforme nuova di zecca. I ragazzi di Snobkin indossavano una giacchetta color melanzana, pantaloni alla zuava arancione e un copricapo piatto detto paglietta. Erano inoltre dotati di un bastone nodoso usato per picchiarsi a vicenda quando gli insegnanti non guardavano. Si riteneva che questo fosse un buon addestramento per la vita futura."

- Ma che ragionamento è? Favorire il bullismo adesso darebbe un buon insegnamento di vita? - constatai inorridita.

Cosa avevano al posto del cervello quelli?

- È al quanto discutibile - mi assecondò Remus.

- È più che discutibile, è totalmente assurdo! - dissi istericamente.

- Lily fai un bel respiro e calmati. Ricorda che ha undici anni adesso, e tu sai perfettamente cosa significa. Poi, almeno per stavolta, non era di tuo figlio che ti saresti dovuta preoccupare -

Aveva ragione. Inspirai ed espirai profondamente, poi ripete i l'esercizio ancora e ancora, con le palpebre abbassate, cercando contemporaneamente di svuotare la mente prima di immergermi nuovamente nella lettura.

"Guardando Dudley nei nuovi pantaloni alla zuava, zio Vernon disse con tono burbero che non si era mai sentito tanto orgoglioso in vita sua. Zia Petunia scoppiò in lacrime e disse che non le sembrava vero che quello fosse il suo piccolino, da quanto era bello e cresciuto."

E pensai, con un nodo in gola, che io non avrei mai avuto questo privilegio poiché non l'avrei mai visto crescere, non l'avrei accompagnato per le vie di Diagon Alley in cerca del necessario per la scuola, non l'avrei visto sfoggiare per la prima volta la divisa di Hogwarts.

"Harry non si arrischiò a parlare. Aveva l'impressione di essersi rotto un paio di costole nel tentativo di non ridere.

La mattina dopo, quando Harry entrò in cucina, c'era un odore orribile che sembrava provenire da una grossa bacinella di metallo che era dentro il lavandino. Si avvicinò per dare un'occhiata. La bacinella era piena di quelli che sembravano stracci sporchi a mollo in un'acqua grigia.

«E questo cos'è?» chiese a zia Petunia. Lei strinse le labbra come faceva sempre quando Harry azzardava una domanda.

«La tua nuova uniforme scolastica» rispose."

- Non lo sarà - corresse automaticamente Potter, cercando di rassicurare più se stesso che suo figlio, come se lui lo potesse davvero sentire.

"Harry guardò di nuovo dentro la bacinella.

«Oh!» disse. «Non avevo capito che dovesse essere tanto bagnata».

«Non fare lo sciocco!» lo apostrofò aspramente zia Petunia. «Ti sto tingendo di grigio alcuni vestiti smessi di Dudley. Quando avrò finito sembreranno uguali a quelli di tutti gli altri».

Di questo Harry dubitava seriamente, ma pensò fosse meglio non discu-ere. Si sedette a tavola e cercò di non immaginare che aspetto avrebbe avuto il primo giorno di scuola a Stonewall High. Probabilmente, come se avesse addosso pezzi di pelle di un vecchio elefante."

- O una perfetta divisa da mago - aggiunse Potter.

- Già, peccato che lui non lo sappia ancora - gli ricordai.

- Lo scoprirà presto. A breve riceverà anche la sua lettera -

- Lo spero. Non vedo l'ora! -

"Dudley e zio Vernon entrarono in cucina ed entrambi arricciarono il na-so per via dell'odore che emanava la nuova uniforme di Harry."

- Allora comprategliene una decente! -

- Vana speranza, Lily... - disse Remus tristemente.

"Zio Vernon apri come al solito il giornale e Dudley picchiò il tavolo con il bastone di Snobkin, che ormai portava dappertutto.

In quel momento, udirono lo scatto della cassetta delle lettere e il lieve tonfo della posta che cadeva sullo zerbino.

«Vai a prendere la posta, Dudley» disse zio Vernon da dietro il giornale.

«Mandaci Harry».

«Vai a prendere la posta, Harry».

«Mandaci Dudley»."

- Ottima risposta figliuolo -

- Risposta che, conoscendogli, non gli faranno passare liscia -

- Sempre così pessimista, Evans? -

- Sempre così speranzoso, Potter? -

- Ovviamente! -

"«Punzecchialo con il bastone di Snobkin, Dudley».

Harry schivò il bastone e andò a prendere la posta."

- Beh, pensavo avessero reagito peggio - ammisi.

- Non ho sempre ragione io? Non è successo nulla -

- Meglio così -

Tra me e me però pensai che neppure questa reazione potesse essere definita normale. Insomma trattare alla pari quei due ragazzi era troppo difficile per loro? Almeno per le cose più banali come questa...

"Sullo zerbino c'erano tre cose: una cartolina della sorella di zio Vernon, Marge, che era in vacanza nell'isola di Wight, una busta marrone che sembrava una fattura e... una lettera per Harry.

Harry la raccolse e la fissò con il cuore che gli vibrava come un gigantesco elastico."

Simultaneamente perfino il mio cuore si strinse. Se i miei calcoli erano esatti, quella sarebbe stata LA lettera.

"Nessuno in vita sua gli aveva mai scritto. E chi avrebbe dovuto farlo? Non aveva amici, non aveva altri parenti; non era neanche socio della biblioteca e quindi non aveva mai ricevuto perentori avvisi di restituire i libri presi in prestito. Eppure, eccola li, una lettera dall'indirizzo così inequivocabile da non poter essere frainteso:

Signor H. Potter

Ripostiglio del sottoscala

4, Privet Drive

Little Whinging

Surrey"

 

 

*Mary Macdonald (è un personaggio realmente citato nei libri della Rowling, dovrebbe avere più o meno l'età dei genitori di Harry, per cui ho scelto di renderli coetanei. Lo stato di sangue non è specificato).

** Ehm, non so se questo modo si dire è tipico della mia zona o si un po' dappertutto (opsss) *faccina imbarazzata*, ma ci stava benissimo in quella frase e non potevo proprio cambiarlo *faccina super imbarazzata*. Comunque, nella remota e recondita possibilità che qualcuno non conosca questo modo di dire, si usa quando uno ripete per mille volte la stessa cosa (come se il disco si fosse incantato, appunto). Ok, forse mi sto facendo paranoie per nulla e voi ora mi starete prendendo per psicopatica *faccina che ha raggiunto un livello di imbarazzo mai sperimentato dal genere umano*

 

 

 

 

Angolo dell'autrice:

Questa volta ecco a voi un capitolo doppio! Ho aggiunto un pezzo del capitolo 3. Spero vi sia piaciuto almeno un pochino ^^

Scusate l'orario a cui pubblico ed eventuali errori/orrori. Ho la testa un po' fusa :')

Dal prossimo procedo spedita con i vari capitoli in sequenza (anche perché siamo a domenica), ma dovevo far vedere l'evoluzione dei litigi!

C'è una graaaaande scenetta James&Lily, ma quanto li adoro quei due *-* Non vedo l'ora di scrivere di quanto staranno insieme ;)

Faccio come sempre alcune puntualizzazioni :)

Ma prima una DOMANDA IMPORTANTE: per regolarmi meglio con la storia e collocarla realmente nel tempo, quando scrivo i capitoli mi appunto delle date, anche perché i personaggi dovranno concludere i sette libri entro la fine dell'anno ad Hogwarts e devo tenere sott'occhio i tempi. Quindi vorreste che pubblicassi (magari anche qui nelle note) la data in cui si svolgono determinati eventi così da rendere tutto più chiaro anche per voi? O non ve ne frega nulla? Fatemi sapere cosa preferite, faccio quel che dice la maggioranza ;)

Passiamo alle precisazioni:

1) Ho sempre visto Peter come un po' (troppo) permaloso. Proprio per questo suo carattere, secondo me, per un inezia o uno screzio con i Malandrini se l'è presa, la questione non è stata risolta e si è creato questo rancore, per questo poi si è "venduto" a Voldemort , un'amicizia così forte non può essere stroncata solo e soltanto per codardia, mi rifiuto di crederlo, ci deve essere altro.

2) James l'ho sempre visto come una persona molto, ma molto, molto solare, ed è strano per lui ritrovarsi così in balia di mille emozioni non del tutto positive, tutto questo lo destabilizza. Ecco perché ha questo "scatto d'ira", ma questo è un episodio isolato. Non è un personaggio negativo, affatto, solo umano.

Inoltre mi piace pensare che sia una persona abbastanza profonda, oltre che ad un Malandrino per eccellenza.

3) Ho precedentemente descritto Mary come una ragazza riservata, che si fa i fatti suoi. L'inizio di questo capitolo potrebbe sembrare in contraddizione con questo, ma non è affatto così. Anche se non si capisce molto dal testo, Mary è abbastanza turbata da quel che ha sentito ed è per questo che ne parla con Lily (migliore amica) e insieme decidono di capirci di più, non va inteso come un pettegolezzo scambiato tra le due, perché loro (Mary in primis) non sono affatto pettegole (e questo ci tenevo a specificarlo ai fini del delineamento del carattere di questi due personaggi). Non bisogna dimenticare che Voldemort sta prendendo pian piano potere e il Mondo Magico ne è terrificata.

 

Opss, credo che queste note siano diventare un po' troppo lunghe! Spero proprio di non avervi annoiato :)

Contattatemi per qualsiasi cosa vogliate o per qualche chiarimento, sarò felice di rispondervi, e soprattutto fatemi sapere cosa ne pensare anche di questo capitolo :D

Un abbraccio grande ad ognuno di voi,

Hij

PS: Auguro buone vacanze a tutti quanti voi! <3

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** 6th ***


- La lettera per Hogwarts! La sua lettera per Hogwarts - strillai estasiata.

Finalmente era arrivata! Avrebbe detto addio a quell'orrida vita, il mondo magico lo avrebbe accolto a braccia aperte, Hogwarts sarebbe stata per lui una sublime e sicura casa. Ne ero certa.

- E cos'altro potrebbe essere? Visto che nessuno si è preso la briga di ricordarsi di lui in tutti questi anni, neppure per lettera - provocò Potter, con tono freddo e tagliente.

- James, smettila di fare il bambino - ribattè Remus.

- Bambino? Ma ti senti? Forse voi non avete capito bene la situazione. Io vi reputavo miei amici, ma gli amici si supportano tra loro! Voi siete spariti nel nulla. Mio figlio non solo è cresciuto completamente da solo con quelli, in più non sa neppure che faccia abbiamo io e la Evans, non sa nulla di noi, dubito perfino che sappia di essere un mago. Cosa vi costava almeno una visita? Cosa ci costava almeno provarci? E se poi ve lo faccio notare sarei io quello strano, quello insensibile?

Morirò e voi taglierete i ponti con tutto quello che mi riguarda. Morirò e chissà se vi ricorderete ancora che ero esistito, che ero vivo. Ma voi mi avrete cancellato dalla vostra mente, Harry non saprà chi sono, allora, quando sarà scomparso anche il ricordo di me, sarò definitivamente morto - disse Potter.

Ogni singola parola era colma d'ira che lui riversò ferocemente contro i suoi due amici. Aveva oltrepassato il limite di sopportazione. Era arrabbiato e deluso, non si sarebbe mai aspettato questo da loro.

Nessun grido, nessuno strillo, non alzò affatto la voce, fu semplicemente diretto. Stringeva i pugni, aveva gli occhi lucidi e respirava affannosamente, quel discorso aveva svuotato le sue energie.

La risposta di Black fu, proprio come l'accusa dell'amico, dai toni pacati, ma carica di energia:

- Si può sapere che cosa ti sei messo in testa, eh? Se non l'hai notato noi ci teniamo a te... -

- Oh sì, l'ho proprio notato - lo interruppe bruscamente Potter - Ignorarmi per giorni, nel momento in cui avrei avuto più bisogno FI voi, è proprio un bel modo per dimostrarlo! Bravi, continuate così -

- Eravamo con Peter! Si da il caso che pure lui ne risenta di questa situazione, e ha tutte le ragioni! -

- Il mio discorso era rivolto anche a lui. Poteva fare qualcosa, qualsiasi cosa, ma non sembra che importi più di tanto neanche a lui -

- James, Peter non può neppure immaginare questa situazione a dir poco assurda! Come può avere delle colpe? Come puoi metterlo in mezzo? - tentò di farlo ragionare Remus.

Tutti e tre erano ormai in piedi a discutere ignorando completamente la nostra presenza. Remus era quello più nervoso tra tutti, aveva il viso stravolto e tormentava inconsciamente con le mani un lembo della sua uniforme.

- Adesso non ne sa nulla - replicò esasperato Potter - ma il Peter del libro non è così ignaro e, ad ogni modo, non farà niente -

- Tu ci stai incolpando per azioni che non abbiamo ancora commesso, James. Questo è assurdo! Come puoi sapere quello che ci succederà e ciò che ci porterà lontani da tuo figlio? Hai tratto le tue conclusioni, ma non sai come stanno veramente le cose, nessuno di noi può immaginarlo ancora. Capiamo che sei arrabbiato, ma è ingiusto colpevolizzare noi a priori per quel che accadrà -

Il ragionamento di Black non faceva una piega, infatti l'amico non sapeva come ribattere. Tuttavia era palesemente ancora infuriato, la logica del discorso sembrava aver solo alimentato la sua ira.

Non gli serviva una spiegazione razionale, voleva solo essere capito e sostenuto da quelli che erano i suoi migliori amici, tutto il resto pareva non importargli. E forse prendersela con loro, incolpare qualcuno, era solo un suo modo per catartizzare quel turbine nero di sensazioni che gli erano scivolate addosso in pochissimo tempo.

- James, la vogliamo finalmente finire con queste stupidaggini? Sono stati dei giorni terribili anche per noi questi! Senti, mi dispiace per come si sono evolute le cose, non avremmo mai pensato che la situazione sarebbe degenerata fino a questo punto. Pace? - propose Remus con fare conciliante.

Era davvero dispiaciuto, a nessuno dei tre piaceva questa situazione e, francamente, anche io che ero solo un'esterna non ne potevo più. Perciò fui felicissima quando Potter accettò l'offerta di pace di Remus.

- Però smettila di dare di matto per cose che non abbiamo ancora commesso, intesi? - disse Black accennando un sorriso verso l'amico.

- Intesi - rispose quello, complice, sorridendogli di rimando.

Si erano definitivamente lasciati tutto alle spalle.

"La busta era spessa e pesante, di pergamena giallastra, e l'indirizzo era scritto con inchiostro verde smeraldo. Non c'era francobollo. Girando la busta con mano tremante, Harry vide un sigillo di ceralacca color porpora con uno stemma araldico: un leone, un corvo, un tasso e un serpente intorno a una grossa 'H'.

«Allora, sbrigati un po'!» gridò lo zio Vernon dalla cucina. «Che cosa stai facendo, controlli se c'è una bomba nella posta?» E ridacchiò della propria battuta."

- Sono troppo magnanimi nel considerarla una battuta degna di questo nome - commentò giustamente Remus.

- Puoi ben dirlo - concordò Black - Merlino, ma questi tizi sanno dell'esistenza di una cosa chiamata senso dell'umorismo? -

- Mmh... - feci una pausa, fingendo di rifletterci su per poi ridere leggermente - ora che mi ci fai pensare, no -

- Dopotutto - intervenne Severus guadagnandosi un'occhiataccia da me e da Potter non appena aprì bocca - tua sorella, fin da bambina, è sempre stata una tipa austera, vero Lily? -

- In effetti sì - mi ritrovai ad ammettere a mio malgrado, irritata dal fatto di dover dar ragione a colui che ormai identificavo come il nemico.

Ma, pensai, se avesse parlato Regulus sarebbe stato peggio. Lì non sarei riuscita a celare il tutto con indifferenza, sarebbe stato un guaio. Loro non dovevano sospettare che noi sospettavamo.

Fortunatamente, però, lui rimaneva come al solito zitto, scrutandoci e analizzandoci ben bene. Stava forse cercando di immagazzinare quante più informazioni possibili per poi spifferarle al suo Signore?

"Harry tornò in cucina continuando a fissare la lettera."

- Non può farlo davvero! -

Ero stupita, come poteva essere così ingenuo? Sarebbe stata intercettata dalla mia cara sorellina e l'avrebbero letta loro, lei doveva sempre ficcare il naso in tutto. Lui doveva aprirla da solo, quello sarebbe stato l'inizio della magia stessa.

- Aprila subito, non tornare lì - disse Potter all'unisono con me.

Ma, ovviamente, non lo fece.

"Consegnò a zio Vernon la fattura e la cartolina, si sedette lentamente e cominciò ad aprire la busta gialla."

- Prendi la lettera e va in camera tua, o in corridoio, o all'ingresso. Ovunque ma vattene - suggerì vanamente Remus all'Harry del libro.

Se solo lui l'avesse potuto in qualche modo sentire!

"Zio Vernon strappò la busta della fattura, sbuffò disgustato e voltò la cartolina.

«Marge sta male» informò zia Petunia. «Ha mangiato uno strano frutto di mare...»

«Papà» disse Dudley d'un tratto"

- Oh oh - feci io, preparandomi al peggio.

I Dursley non avrebbero reagito affatto bene alla vista di quella lettera.

"«papà, Harry ha ricevuto qualcosa!»"

- Piccolo spione - sibilai.

"Harry stava per aprire la lettera"

- Troppo tardi, figliuolo - commentò mestamente Potter.

"che era scritta sulla stessa pesante pergamena della busta, quando questa gli venne strappata di mano da zio Vernon."

- Come non detto - commentai io con tono altrettanto mesto.

"«È mia!» disse Harry cercando di riprendersela.

«E chi mai ti scriverebbe?» sibilò zio Vernon scuotendo la lettera con una mano per aprirla e gettandovi un'occhiata. In men che non si dica, la faccia gli passò dal rosso al verde più rapida di un semaforo. Ma non finì lì. Nel giro di pochi secondi, divenne di un colore bianco grigiastro, come semolino rancido."

- Sta per avere un infarto - constatò Black.

- Maddai, e non se lo aspettava? Era solo questione di tempo prima che arrivasse -

- Evans, è un Babbano. Come poteva aspettarselo? Non sa neppure cos'è Hogwarts! -

- Lo so perfettamente, Potter. Ma mia sorella l'avrà certamente preparato ben bene per questo giorno -

- Ha ragione Jamie, altrimenti non si spiegherebbe la sua reazione di fronte ad un semplice pezzo di carta - gli fece notare Remus.

- Ma quello non è un semplice pezzo di carta! - Protestò Black.

- Infatti! E questo l'ha capito pure lui, mia sorella gliene avrà parlato. Loro sanno, ma Harry no -

"«P...P...Petunia!» ansimò.

Dudley cercò di carpirgli la lettera per leggerla, ma zio Vernon la teneva in alto fuori della sua portata. Zia Petunia, incuriosita, la prese e lesse la prima riga. Per un attimo sembrò che stesse per svenire. Si portò le mani alla gola ed emise un suono soffocato.

«Vernon, oh, mio Dio, Vernon!...»"

- Quante scenate! Quello è il destino e il futuro di Harry, lei lo sa perfettamente -

Non riuscivo a capire perché mia sorella e suo marito fossero tanto in panico? Se lo aspettavano, no? E allora qual era il problema?

Ok, mi sarei certamente aspettata che loro gli avessero strappato la lettera di mano, che non gliela avrebbero fatta aprire in pace poiché dovevano mettere il loro zampino (il che era tipico di mia sorella), ma tutto questo allarmismo proprio no! Era una lettera, mica davvero una bomba!

"Si fissarono l'un l'altra, e parevano aver dimenticato che Harry e Dudley erano ancora lì. Dudley non era abituato a essere ignorato. Assestò al padre un colpo secco sulla testa con il bastone di Snobkin.

«Voglio leggere quella lettera» disse forte.

«Io voglio leggerla» disse Harry furioso, «è mia».

«Fuori, tutti e due!» gridò zio Vernon con voce rauca ricacciando la lettera nella busta.

Harry non si mosse.

«VOGLIO LA MIA LETTERA!» gridò."

- Ha carattere il mocciosetto -

- Black, ti ricordo che il suddetto mocciosetto sarebbe mio figlio - lo ammonì aspramente.

- Ma, Evans! Era solo un nomigliolo affettuoso? -

- Affettuoso!? - esclamai interdetta - Di grazia, come puoi considerare mocciosetto affettuoso? -

- È carino! - si difese lui.

- Felpato tende sempre a dare nomi e soprannomi strani - lo difese Potter - Non prendersela, Evans. Se sapessi cosa si inventa con noi scapperesti via inorridita -

- Non mi tentare... Comunque intendi dire che quei soprannomi con cui ci chiamate li ha inventati Black? Non mi sembrano tanto orrendi, anzi... -

- No, - mi interruppe subito Potter - Quelli li abbiamo inventati insieme, sono quelli ufficiali. Parlo delle calvolate che partorisce ogni volta la sua mente malate - concluse sorridendo indicando l'amico che, per tutta risposta, scoppiò in una grassa risata seguito a ruota da Remus.

"«Falla vedere a me!» fece Dudley.

«FUORI!» tuonò zio Vernon prendendoli entrambi per la collottola e scaraventandoli nell'ingresso; poi sbatté loro la porta di cucina in faccia. Immediatamente, i due ragazzi ingaggiarono una lotta furibonda ma silenziosa per decidere chi dovesse guardare dal buco della serratura. Vinse Dudley, per cui Harry, con gli occhiali che gli pendevano da un orecchio, si stese a pancia in sotto sul pavimento per ascoltare attraverso la fessura della porta.

«Vernon» stava dicendo zia Petunia con voce stridula, «guarda l'indirizzo... Ma come fanno a sapere dove dorme? Pensi che stiano sorvegliando la casa?»"

- Come se i maghi non avessero nulla di meglio da fare che controllare incessantemente una lurida casa babbana - commentò Regulus sprezzante.

Non lo tolleravo, mi dava fastidio perfino il suono della sua patetica e viscida voce. Aveva ragione, ma, invece che un cenno d'assenso, gli rifilai un'occhiata gelida.

"«Sorvegliando... spiando... forse ci pedinano» borbottò zio Vernon fuori di sé."

- Spiare e pedinare? Noi a loro? Assurdo... - sbottò ancora lui, sempre più incredulo.

- Si danno troppa importanza... - concordò Severus e quei due si scambiarono un occhiata desolata, come se non riuscissero a spiegarsi tanta ignoranza. E, per quanto mi costasse ammetterlo e per quanto cercai di nasconderlo, non la capivo neppure io.

Come se non riuscisse ad immaginare che, dietro a quello, c'era solo pura e semplice magia, nessuna macchinazione cospiratoria. Come se non riuscisse ad immaginare che le lettere spedite da Hogwarts venivano complicate in automatico, grazie ad un antico incantesimo.* Ha visto ogni anno arrivare le mie di lettere, perché sorprendersi adesso?

"«Ma cosa dobbiamo fare? Rispondergli? Dirgli che non vogliamo...»"

- Che non volgono COSA?! - urlammo stupiti tutti quanti all'unisono, il che mi stupì. Si affievolivano così le speranze che io avessi capito male.

Mia sorella non avrebbe dovuto neanche sognarsi di pensare ad una simile alternativa! L'età l'aveva fatta diventare ancor più assurda e fuori di testa?

"Harry vedeva le scarpe nere e tirate a lucido di zio Vernon misurare a grandi passi la cucina.

«No» disse infine. «No, ignoreremo la faccenda. Se non ricevono risposta... Sì, è la cosa migliore... non faremo niente...»"

- Come se si potesse ignorare solo questa faccenda - borbottò infastidito Potter.

- Che qualcuno lo tiri fuori di lì e lo porti a quella benedetta scuola, subito! -

Mia sorella stava esagerando. Faceva davvero sul serio? Avevo il terrore di scoprirlo. Lei scherzava raramente.

- Ehm, Lily - fece Remus piano - sono in estate, ricordi? La scuola è chiusa -

- Non mi interessa! -

Proprio non capiva quale fosse il punto? Credevo fosse meno ottuso...

- Ma... - provò ancora lui, cercando di parlare dolcemente e con calma per evitare che mi infuriarsi ulteriormente.

Beh, strategia miseramente fallita.

- Deve. Andare. Fuori. Di. Lì. Non mi importa come, non mi importa cosa accadrà dopo, ma se ne deve andare. Giuro, rischio di diventare matta -

Lui doveva frequentare Hogwarts. Era mio figlio ed era un mago, non poteva negargli un'esperienza così meravigliosa, proprio no.

- Troppo tardi - sussurrò Black nell'orecchio del malcapitato amico.

Peccato per lui che l'avessi sentito fin troppo bene. Gli rivolsi un'occhiataccia, se mi avesse fatto arrabbiare ancora sarebbe stato peggio, ma molto peggio, per lui.

"«Ma...»

«Non intendo averne uno per casa. Petunia! Non avevamo giurato, quando lo abbiamo preso, che avremmo messo fine a quella pericolosa insensatezza?»"

- Non si può porre fine. Non si diventa maghi a comando, non ha senso -

- Questo lo so anche io Mocciosus. È proprio tutta questa faccenda a non avere senso se non l'hai capito - gli rispose Potter.

Era nervoso anche lui, ma, per qualche strana ragione, non sembrava volesse mettersi a discutere con Severus. Leggere questo maledetto libro ci stava provocando più problemi che altro. Una piccola parte di me si chiese se non avesse avuto ragione lui, stavano facendo seriamente la cosa giusta? Scacciati velocemente questo pensiero dalla mia mente, ero egoista e lo sapevo, ma volevo conoscere ogni dettaglio della vita del mio futuro figlio.

"Quella sera, tornato dal lavoro, zio Vernon fece una cosa che non aveva mai fatto prima: andò a trovare Harry nel suo ripostiglio.

«Dov'è la mia lettera?» chiese il ragazzo non appena zio Vernon fu riuscito a passare dallo sportello. «Chi mi scrive?»

«Nessuno. Era indirizzata a te per sbaglio» disse zio Vernon tagliando corto. «L'ho bruciata»."

- COSA? - urlammo io e Potter.

- Ne invieranno sicuramente un'altra se non avranno risposta - ci rassicurò Remus.

- Remus, senza offesa, ma sta zitto. Tutte le altre volte che hai fatto previsioni tu è finito tutto male - ribattei infastidita.

- Almeno io ci sto provando a rassicurarvi - replicò piccato.

Evitai di rifilargli un altro commento acido e scacciai via dalla mi mente i brutti pensieri. Mio figlio sarebbe andato ad Hogwarts, sì, me lo sentivo.

"«Non è stato uno sbaglio» disse Harry arrabbiato. «Sopra c'era l'indirizzo del mio ripostiglio».

«SILENZIO!» urlò zio Vernon"

- Oh, ma fa silenzio tu per una buona volta - sentì borbottare silenziosamente da Black.

"e due ragni caddero dal soffitto. Fece un paio di respiri profondi e poi si costrinse a un sorriso che parve costargli molto sforzo."

Io stavo facendo uno sforzo immane per non polemizzare ad ogni singola frase. Adesso che i Malandrini si erano come riappacificati, non avevo voglia di cominciare altre discussioni.

"«Ehm... già, Harry... a proposito del ripostiglio. Con tua zia stavamo pensando... sei davvero cresciuto troppo per starci dentro... pensavamo che sarebbe carino se ti trasferissi nella seconda camera da letto di Dudley»."

Era ora che se ne accorgessero. Non avrrbbero neanche dovuto mai fargli mettere piede dentro a quel polveroso e angusto antro pullulante di ragni.

"«E perché?» chiese Harry.

«Non fare domande» rimbeccò suo zio. «E ora, porta tutta questa roba di sopra».

La casa dei Dursley aveva quattro camere da letto: una per zio Vernon e zia Petunia, una per gli ospiti (in genere, la sorella di zio Vernon, Marge), una dove Dudley dormiva e un'altra dove Dudley teneva tutti i giocattoli e le cose che non entravano nella sua prima camera."

- E con tutto quello spazio lo facevano dormire nel sottoscala? -

- Potter, mi sembra che abbiamo già discusso di questo -

- Evans, andiamo! Non dirmi che non lo trovi assurdamente ingiusto anche tu -

- Sono degli stronzi, ok? Dovremmo averlo già assodato questo -

"A Harry bastò un solo viaggio per trasferire dal ripostiglio tutti i suoi averi. Si sedette sul letto e si guardò intorno. Non c'era una cosa che fosse sana. La cinepresa vecchia di appena un mese era buttata sopra una specie di camionetta con cui una volta Dudley aveva investito il cane dei vicini; in un angolo c'era il primo televisore di Dudley, che il ragazzo aveva sfondato con un calcio quando avevano soppresso il suo programma preferito; c'era una grossa gabbia per uccelli, che un tempo era servita per un pappagallo che Dudley aveva barattato a scuola con un fucile vero ad aria compressa, ora poggiato su una mensola con un'estremità tutta contorta perché lui ci si era seduto sopra. Gli altri scaffali erano pieni di libri. Quelli erano l'unica cosa nella stanza che sembrava non essere mai stata toccata.

Da sotto giungeva la voce di Dudley che urlava a sua madre con quanto fiato aveva in gola: «Non ce lo voglio... quella stanza mi serve... fallo uscire...!»"

Viziato. Viziato e tremendamente egoista. Non riuscivo a descrivere in altro modo quella specie di bambino che darebbe dovuto essere mio nipote. In verità mi passarono in mente diversi epiteti, tutti molto coloriti, che gli si addicevano alla perfezione, ma decisi di sorvolare, malgrado tutto era solo un bambino.

Chissà cime sarebbe cresciuto Harry se noi non fossimo morti. Lo avremmo viziato a dismisura facendolo diventare la coppia del borioso cugino? Avrebbe preso tutti i miei terribili difetti o peggio, sarebbe diventato una mini copia di Potter? Non avrei mai avuto la forza di reggerli.

"Harry sospirò e si stese sul letto. Ieri avrebbe dato qualsiasi cosa per essere lì. Oggi avrebbe preferito tornare nel suo ripostiglio con la lettera, piuttosto che essere lassù senza.

L'indomani mattina, a colazione, tutti erano piuttosto taciturni. Dudley era stravolto. Aveva gridato, picchiato suo padre con il bastone, aveva vomitato di proposito, preso a calci sua madre e fatto volare la tartaruga sopra il tetto della serra, e ancora non aveva ottenuto di riavere la sua camera."

Black rise. Era assurdo. Forse ero io, ma non riuscivo a vedere nessun lato comico nella situazione.

- È quel bambino che è tanto strambo quanto assurdo - disse, notando il nostro cipiglio dubbioso.

Io ero ancora perplessa.

- È così assurdo da essere comico, come se fosse lo stolto e beota protagonista di un racconto -

- Beh, tecnicamente fa davvero parte di un racconto - precisai.

- Sì, ma non vale -

- E perché? -

- Perchè non è un vero e proprio libro! È qualcosa che accadrà per davvero -

- Ma è tutto scritto lì, questo è pur sempre un romanzo -

- Evans, ha ragione Felpato. Mica è un vero e proprio libro -

- Voi siete impossibili - esclamai esasperata.

- Dici così solo perché non vuoi ammettere di aver torto, mia cara -

- Pensala come vuoi, Potter - gli risposi sperando di concludere lì la faccenda. Tanto era ovvio e scontato che avessi ragione io.

"Harry pensava alla mattina precedente alla stessa ora e rimpiangeva amaramente di non aver aperto la lettera nell'ingresso. Zio Vernon e zia Petunia si scambiavano sguardi cupi.

Quando arrivò la posta, zio Vernon, che sembrava fare uno sforzo per essere carino con Harry, mandò Dudley a raccoglierla. Lo udirono picchiare colpi a destra e a manca con il suo bastone lungo tutto il tragitto. Poi gridò: «Ce n'è un'altra! Signor H. Potter, Cameretta, 4 Privet Drive...»

Con un grido strozzato, zio Vernon balzò dalla sedia e si precipitò nell'ingresso, con Harry alle calcagna."

- Vai ragazzo - sentì sussurrare in modo deciso da Potter, che stava silenziosamente facendo il tifo per il pargolo.

"Zio Vernon dovette lottare e atterrare Dudley perché mollasse la lettera, il che fu reso difficile dal fatto che Harry aveva afferrato per il collo zio Vernon, da dietro."

- È tenace! -

Ora, affianco a Potter, si era messo anche quello stolto di Black a fare il tifo. Quei due andavano ancora d'amore e d'accordo, avevano completamente cancellato dalla loro mente il litigio, tra loro non c'era quel velo di imbarazzo che consuetamente aleggia in situazioni così.

"Dopo qualche minuto di grande confusione in cui a nessuno furono risparmiati i colpi di bastone di Dudley, zio Vernon si raddrizzò annaspando per riprendere fiato, con la lettera di Harry stretta in mano."

Udì un impercettibile - Maledizione! - imprecato a fil di voce dai due, delusi.

Neppure io ci rimasi troppo bene, in effetti speravo anch'io che Harry riuscisse a strappargli quella dannata lettera. Avrebbe dovuto riuscirci prima o poi, vero?

"«Va' nel ripostiglio... cioè, volevo dire, in camera tua!» intimò ansimando a Harry. «E tu, Dudley... va' fuori!... Esci!»

Harry misurava a gran passi la sua nuova stanza. Qualcuno sapeva che aveva traslocato dal ripostiglio e apparentemente sapeva anche che non aveva ricevuto la prima lettera. Questo significava che ci avrebbe provato di nuovo? Se sì, avrebbe fatto in modo che non fallisse. Aveva un piano."

- Lily, non ci sono dubbi: quel... Quel ragazzo è proprio tuo figlio - disse Severus con una strana amarezza nella voce.

Non potei non dargli ragione: organizzare arguti piani per queste occasioni era proprio tipico di me. Rividi molto di me stessa nella sua forte determinazione, quella voglia di riuscire e fare di tutto per realizzare quell'obbiettivo.

Mi sentivo già meglio. Quando io organizzato i miei piani, filava sempre tutto liscio, erano inattaccabili. Ero certa che questo capitolo si sarebbe concluso alla perfezione. Dopotutto la genetica non mente e non si sbaglia mai.

"La mattina dopo, la sveglia, che era stata riparata, suonò alle sei. Harry la bloccò subito e si vestì senza far rumore. Non doveva svegliare i Dursley. Sgattaiolò giù per le scale senza accendere le luci.

Avrebbe aspettato il postino all'angolo di Privet Drive per farsi conse-gnare la posta del numero quattro. Il cuore gli batteva forte mentre attra-versava con cautela l'ingresso diretto verso la porta.

«AAAAARRRRGGGGHHHH!»

Harry fece un salto: aveva inciampato in qualcosa di grosso e flaccido steso sullo zerbino... una cosa viva!

Di sopra si accesero le luci e con orrore Harry si rese conto che la cosa grossa e flaccida era la faccia di suo zio Vernon. Aveva dormito in un sacco a pelo, davanti alla porta di casa, per esser certo che Harry non facesse esattamente quel che aveva cercato di fare."

- Certo che pensavo fosse uno stratega migliore - mormorai mestamente.

Avevo ragione: la genetica era inattaccabile. Purtroppo per lui aveva ereditato i geni Potter, famoso con la sua combriccola per farsi beccare continuamente ad ogni piano. I Malandrini erano certamente geniali nella maggior parte delle volte, ma non erano così tanto geniali quando si trattava di non venir colti in flagrante. Nulla a che fare con me e Mary.

"Sbraitò contro di lui per circa mezz'ora e poi gli ordinò di andare a preparargli una tazza di tè. Harry si trasferì tristemente in cucina e al suo ritorno la posta era arrivata dritta dritta sulle ginocchia di zio Vernon. Vide tre lettere con l'indirizzo scritto con l'inchiostro verde.

«Voglio...» cominciò, ma zio Vernon le stava facendo a pezzi davanti ai suoi occhi.

Quel giorno, zio Vernon non andò in ufficio. Rimase a casa e sigillò la cassetta delle lettere.

«Vedi» spiegò a zia Petunia con una manciata di chiodi in bocca, «se non riescono a consegnarla, ci rinunceranno e basta».

«Non sono sicura che funzionerà, Vernon»."

- Lo spero -

Sentì sospirare Remus che, quando pare, aveva ormai perso quella sua vena di positività.

"«Oh, la mente di questa gente funziona in modo strano, Petunia; non sono mica come te e me»"

- E ne sono immensamente grato ed entusiasta - disse Regulus con aria di superiorità.

- Non che tu sia tanto meglio - lo ribeccò il fratello.

Lui rimase per qualche attimo basito. Di certo non si aspettava che fosse l'altro Black a rispondergli. Da quel che avevo capito, quei due non si parlavano da innumerevole tempo.

- Di questa feccia? Sai anche tu che non è così -

- Ma come... - iniziò ad urlare Black, ma io lo interruppi.

- Feccia lo andrai a dire a qualcun altro, ma non alla mia famiglia! - replicai con forza.

- Ancora tenti di dare una parvenza d'onore e d'orgoglio a quelli? Se tu sei la prima che stai continuando a maledirli per tutta questa storia, non hai un'opinione tanto diversa dalla mia, non è così? -

- No, non è così. E smettetela tutti voi con la storia del " ma lo pensi anche tu". Mi avete scocciato, non devo tentare di giustificare le mie azioni, tanto meno ad uno come te -

- Quello di cui tu non ti accorgi è che la tua adorabile famigliola babbana non è poi così diversa da me. Loro covano rancore e pregiudizi verso il nostro mondo, ci considerano meno di zero e sarebbero ancora più inorriditi se stessero al cospetto della nobili famiglie purosangue. Perché credono di essere migliori, noi quelli strani, anche se basterebbe un semplice movimento di polso per fargli capire chi comanda. Ma tu, Evans, attacchi e rimproveri me, perché sono un Serpeverde e sono fiero del mio sangue puro, fiero di essere mago, elevi loro su un piedistallo, li poni superiori a me, solo perché sono dei poveri e innocenti Babbani che vengono sempre discriminati da individui poco raccomandabili come me. Che ti importa delle idee ad ogni modo discriminanti di quegli stolti? -

- Loro, perlomeno, non sono degli assassini - ribattei.

Il discorso di Regulus mi aveva lasciata come svuotata dentro. Era solo uno stupido, non riuscivo più a sopportarlo nè a tollerare la sua irritante presenza.

- E non seguono a comando gli ordini di mammina e papino come se non fossero dotati di un cervello proprio. Tu sei solo un codardo che cerca di farsi forte buttando parole al vento, in realtà non hai neppure il coraggio di riuscire a pensare con la tua testa. Non mi sembri proprio in condizione di giudicare gli altri -

Come sempre, quando il fratello proferiva parola, per brevissimi attimi la maschera di freddezza ed indifferenza indossata da Regulus vacillava rendendolo vulnerabile.

- Un po' debole come argomentazione, non trovate?- replicò, guadagnandosi un'occhiata gelida da parte nostra - Mi aspettavo di meglio da voi, sono deluso. - continuò ostentando finta amarezza che mi fece irritare ancora di più - Non c'è bisogno di uccidere qualcuno per essere crudeli, ci sono vari modi per dimostrare quel che siamo. Poi, se vi interessa saperlo, non sono mai stato responsabile della dipartita di chicchessia -

- Almeno non ancora - aggiunse sprezzante il fratello.

- Tu mi consideri un debole, una nullità, solo perché non ho seguito le tue tanto pateticamente gloriose orme, non è vero fratello? -

- Tu non sei mio fratello, sei sono un fantasma, un'eco di ciò che bambino di cui io mi ricordo. Quella che ora è la mia famiglia ora ce l'ho accanto - concluse indicando i suoi due amici.

- Ora Lily per favore continua, non voglio sprecare ancora tempo così inutilmente - aggiunse rivolto a me che annuì riprendendo seppur fossi ancora lievemente scossa.

"...non sono mica come te e me» disse lui cercando di battere un chiodo con il pezzo di dolce alla frutta che zia Petunia gli aveva appena portato.

Venerdì arrivarono non meno di dodici lettere per Harry. Poiché non passavano dalla buca delle lettere, erano state infilate sotto la porta, nelle fessure laterali e alcune persino nella finestrella della toilette al piano terra.

Zio Vernon rimase di nuovo a casa. Dopo averle bruciate tutte, tirò fuori chiodi e martello e chiuse con delle assi tutte le possibili fessure sulla porta davanti e quella del retro, cosicché non si poteva più uscire. Mentre lavorava, canticchiava un allegro motivetto, e trasaliva a ogni minimo rumore.

Sabato la cosa cominciò a sfuggire di mano. Ventiquattro lettere indirizzate a Harry trovarono il modo di entrare in casa avvolte e nascoste dentro ognuna delle due dozzine di uova che il lattaio, perplesso, aveva consegnato a zia Petunia attraverso la finestra del soggiorno."

Almeno ad Hogwarts non stavano demordendo... Non sarebbe stato più semplice mandare qualcuno personalmente come avevano fatto con me? Dopotutto Harry era pur sempre confinato in una famiglia babbana!

"Mentre zio Vernon faceva telefonate inferocite all'ufficio postale e alla latteria, cercando qualcuno con cui prendersela, zia Petunia, in cucina, sminuzzava le lettere col frullatore.

«Ma chi diavolo è che ha tanta urgenza di parlarti?» chiese sbalordito Dudley a Harry.

Domenica mattina, zio Vernon si sedette per fare colazione con un'aria stanca e sofferente, ma felice.

«Niente posta, la domenica» ricordò agli altri tutto contento, spalmando il giornale di marmellata d'arancia. «Oggi niente maledettissime lettere...»

Mentre pronunciava queste parole, qualcosa piovve con un fruscio giù per la cappa del camino e lo colpì sulla nuca. Un attimo dopo, trenta o quaranta lettere piombarono giù come una gragnuola di proiettili. I Dursley le schivarono, ma Harry fece un balzo per cercare di prenderne una..."

- Ma perchè non ne afferra una da terra e corre a leggerla in un luogo sicuro invece di saltare? - domandò lecitamente Remus.

Se avesse fatto così finalmente l'avrebbe aperta e avrebbe saputo di Hogwarts!

"«Fuori! FUORI!»

Zio Vernon abbrancò Harry all'altezza della vita e lo scaraventò nell'in-gresso. Una volta che zia Petunia e Dudley furono corsi fuori coprendosi il viso con le braccia, zio Vernon sbatté la porta. Da fuori, si sentivano ancora le lettere inondare la stanza, rimbalzando sulle pareti e sul pavimento.

«Questo è troppo» disse zio Vernon cercando di parlare con calma e al tempo stesso strappandosi a ciuffi i folti baffi. «Vi voglio qui tra cinque minuti, pronti a partire. Ce ne andiamo. Prendete solo qualche abito. Niente discussioni»."

- Non farà sul serio, vero? - ci chiese esterrefatto Block, cercando di trattenere una risata.

Era stupido ed insensato arrivare a trasferirsi per sfuggire a delle lettere che, a dirla tutta, non lo riguardavano neppure. Cambiare casa non sarebbe servito a nulla: lui era un mago e, come tale, avrebbe frequentato una scuola di magia in un modo o nell'altro.

"Aveva un'aria così minacciosa, con i baffi che gli mancavano per metà, che nessuno osò contraddirlo. Dieci minuti dopo, si erano aperti un varco strappando le assi inchiodate sulle porte ed erano saliti in macchina, dirigendosi a tutta velocità verso l'autostrada."

- Ehm, temo proprio di no - dedusse non celando la mia perplessità per la situazione.

Avevamo nettamente superato il limite del ridicolo! Roba da andare al manicomio...

"Dudley, seduto sul sedile posteriore, stava frignando; suo padre gli aveva dato uno scapaccione perché si era attardato a cercare di imballare il televisore, il videoregistratore e il computer nella sacca da ginnastica."

- Finalmente si comporta da genitore con quella lagna di bambino! -

- Per te alzare le mani vuol dire fare il genitore, Potter? -

Cosa aveva appena detto? Sgranai gli occhi e iniziai a rimproverarlo:

- Ma, Evans, gli ha dato solo uno scappellotto, non l'ha picchiato, su quello sono contro anch'io. E quel bambino avrebbe fatto venire un esaurimento nervoso a chiunque! - tentò di giustificarsi lui.

- Colpa loro che l'hanno cresciuto così! E non pensare poi tu di essere tanto più piacevole poi... -

- Intanto poi mi sposerai, qualcosa vorrà pur significare -

Arrossii immediatamente. Per poco non mi veniva un bel infarto!

- Sai, cerco di pensare il meno possibile a quest'ultima parte -

- Quindi almeno un po' ci pensi! - ribattè con un sorriso furbo sul volto e lo sguardo appena incredulo.

- Sì, certo. Nei miei incubi - risposi gelidamente.

Mi metteva i brividi pensare a quella prospettiva del mio futuro. Sinceramente era angosciante pensare semplicemente a tutta LS piega complessiva che il mio futuro avrebbe preso, si discostava così tanto da quello che io avevo pensato...

Non odiavo Potter, affatto, anche se battibeccavamo sempre a vicenda, non lo facevamo mai con malignità. Non l'avrei mai ammesso ma a volte le nostre discussioni mi piacevano, il ragazzo sapeva essere davvero intelligente e spiritoso se ci si metteva d'impegno. Ma rientrava neppure lontanamente nella mia cerchia di amicizie e simpatie. Attualmente prospettarmi un ipotetico futuro con lui era qualcosa di assurdamente inconcepibile per me.

"Andarono. E poi continuarono ad andare. Neanche zia Petunia osava chiedere dove. Ogni tanto zio Vernon invertiva la marcia e per un po' procedeva nella direzione opposta.

«Me li levo di torno... vedrai se non me li levo di torno» bofonchiava ogni volta che faceva questa manovra.

Per tutto il giorno non si fermarono né per bere né per mangiare. Giunta l'ora di cena, Dudley ululava dalla disperazione. In vita sua non aveva mai passato una giornata brutta come quella. Aveva fame, aveva perso cinque programmi televisivi che avrebbe voluto vedere, e non era mai rimasto tanto tempo senza far saltare in aria un alieno sul suo computer.

Finalmente, zio Vernon si fermò davanti a uno squallido albergo, alla periferia di una grande città. Dudley e Harry divisero una stanza a due letti, rifatti con lenzuola umide e muffe. Dudley cominciò a russare, ma Harry rimase sveglio, seduto sul davanzale della finestra, a fissare i fari delle macchine che passavano per la strada e a riflettere...

Il giorno dopo, per colazione, mangiarono cornflakes stantii e toast con pomodori in scatola. Avevano appena finito, quando la proprietaria dell'albergo si avvicinò al loro tavolo.

«Chiedo scusa, ma uno di voi è il signor H. Potter? Di là sul bancone ho un centinaio di queste».

E così dicendo mostrò una lettera su cui tutti poterono leggere l'indirizzo scritto con inchiostro verde:

Signor H. Potter

Stanza 117

Railview Hotel

Cokeworth"

- Evans perché ridi? - mi domandó Black.

In effetti non riuscivo a non smettere di sghigniazzare immaginandomi la scena.

- Penso solo al faccione stupito e soprattutto infuriato di mio cognato alla vista di quelle lettere. Per non parlare di mia sorella che, ne sono certa, avrebbe dato di tutto per non essere lì in quel momento -

"Harry fece per prendere la lettera, ma zio Vernon lo colpì scansandogli la mano. La donna osservava stupita.

«Le prenderò io» disse zio Vernon alzandosi in fretta e seguendola fuori della sala da pranzo.

«Non sarebbe meglio andarsene a casa, caro?» suggerì timidamente zia Petunia ore dopo, ma zio Vernon sembrò non sentirla. Nessuno di loro sapeva esattamente che cosa stesse cercando. Li condusse nel bel mezzo di una foresta, scese dall'auto, si guardò intorno, scosse il capo, risali a bordo e ripartirono. La stessa cosa accadde nel centro esatto di un campo arato, a metà di un ponte sospeso e in cima a un parcheggio a più piani.

«Papà è ammattito, vero?» chiese Dudley con voce piatta a zia Petunia verso sera."

- Un po' tardi per capirlo, vero? -

"Zio Vernon aveva parcheggiato l'auto in riva al mare, li aveva chiusi tutti dentro ed era scomparso.

Cominciò a piovere. Grossi goccioloni tambureggiavano sul tettuccio dell'auto. Dudley tirò su col naso.

«È lunedì» disse alla madre. «Stasera ci sono i cartoni. Voglio andare da qualche parte dove hanno il televisore».

Lunedì. Questo ricordò qualcosa a Harry. Se era lunedì - e in genere si poteva star certi che Dudley sapesse i giorni della settimana per via della televisione - allora l'indomani, martedì, era l'undicesimo compleanno di Harry."

- Non lo festeggeranno mica così, no? - chiesi guardando Potter.

Avendo un'amica come Mary che si prodigava in preparativi con mesi e mesi d'anticipo, avevo sempre vissuto il mio compleanno come la giornata perfetta dell'anno. Anche da bambina avevo delle grandi festa nel giardino di casa. L'idea che Harry potesse passare un giorno così importante in questa maniera mi rattristava. Dov'erano la festa, i palloncini, i regali e gli amici? A Duddley qualcosa l'avevano fatta...

Potter sollevò le spalle:

- Vorrei poterti dire di no, Evans -

"Naturalmente, i suoi compleanni non erano mai quel che si dice divertenti"

- Naturalmente, è ovvio - commentari sarcasticamente.

"l'anno prima i Dursley gli avevano regalato una gruccia appendiabiti e un paio di calzini smessi di zio Vernon."

- Beh, è vero che si dice sempre che quel che conta è il pensiero, ma non c'era bisogno di interpretarlo così letteralmente! "

Sebbene fossi risentita per la storia del compleanno, mia sorella me l'avrebbe pagata cara, non riuscì a non sorridere al commento di Remus. Aveva assunto poi un'espressione così buffa e dolce al tempo stesso che era impossibile resistere.

"Tuttavia, undici anni non si compiono mica tutti i giorni.

Zio Vernon era tornato e sorrideva. Portava un involto lungo e sottile e non rispose a zia Petunia quando gli chiese che cosa avesse comperato.

«Ho trovato il posto ideale!» disse. «Venite! Tutti fuori!»

Fuori dall'auto faceva molto freddo. Zio Vernon stava indicando qualche cosa al largo che rassomigliava a un grosso scoglio. Appollaiata in cima allo scoglio c'era la catapecchia più miserabile che si possa immaginare. Una cosa era certa: là dentro di televisori non ce n'erano.

«Le previsioni per stasera annunciano tempesta!» disse zio Vernon in tono gaio, battendo le mani. «Questo signore ha gentilmente acconsentito a prestarci la sua barca!»

Un vecchio sdentato venne verso di loro a passo lento, additando, con un ghigno alquanto malvagio sulla faccia, una vecchia barca a remi che ballonzolava sulle acque grigio ferro proprio sotto di loro.

«Ho già comprato un po' di provviste» disse zio Vernon, «perciò tutti a bordo!»

Sulla barca faceva un freddo cane. Spruzzi d'acqua gelida e gocce di pioggia gli scendevano giù per il collo e un vento glaciale gli frustava la faccia. Dopo quelle che sembrarono ore raggiunsero lo scoglio dove zio Vernon, fra uno scivolone e una sdrucciolata, li guidò alla casetta diroccata.

L'interno era orribile; c'era un forte odore di alghe, attraverso le fessure delle pareti di legno fischiava il vento e il caminetto era umido e vuoto. C'erano solo due stanze."

Era senz'altro una location perfetta per festeggiare il giorno seguente. Volevano indire una festa a tema disastro ambientale forse? Come se qualche onda avesse potuto seriamente fermare la magia, e mia sorella questo l'avrebbe dovuto ancora una volta comprendere alla perfezione.

"Le provviste di zio Vernon si rivelarono essere un pacchetto di patatine a testa e quattro banane. Cercò di fare un fuoco, ma i pacchetti di patatine vuoti si limitarono a fare un gran fumo e ad accartocciarsi.

«Adesso tornerebbe proprio utile qualcuna di quelle lettere, eh?» fece tutto allegro.

Era di ottimo umore. Era chiaro che pensava che nessuno aveva la minima probabilità di raggiungerli per consegnare la posta, con la burrasca che c'era. In cuor suo, Harry fu d'accordo, anche se quel pensiero non lo rendeva affatto allegro.

Al calar della notte, la tempesta annunciata esplose attorno a loro. La schiuma delle onde altissime schizzava sulle pareti della catapecchia e un vento feroce faceva sbattere le luride finestre. Zia Petunia trovò alcune coperte tutte ammuffite nella seconda stanza e arrangiò un letto per Dudley sul divano tutto roso dalle tarme. Lei e zio Vernon si sistemarono sul materasso bitorzoluto della stanza accanto e Harry dovette trovarsi il punto più morbido del pavimento e rannicchiarsi sotto una coperta sottile e sbrindellata."

Tipico loro, neppure preoccuparsi di dove avrebbe potuto dormire. Quel che era peggio era il fatto che mi stupirsi sempre meno di queste assurdità, come se mi stessi lentamente abituando al loro indentato atteggiamento.

"La notte avanzava e la tempesta infuriava sempre più feroce. Harry non riusciva a dormire. Scosso da brividi, si rigirava alla ricerca di una posizione comoda, con lo stomaco che gli gorgogliava per la fame. Il russare di Dudley era soffocato dal cupo rumore del tuono che iniziò attorno a mezzanotte. Il quadrante luminoso dell'orologio di Dudley. che pendeva oltre il bordo del divano al suo polso grassoccio, informò Harry che avrebbe compiuto undici anni di lì a dieci minuti. Restò sdraiato a guardare il suo compleanno avvicinarsi a ogni ticchettio, a chiedersi se i Dursley se ne sarebbero ricordati, a domandarsi dove fosse adesso l'autore delle lettere.

Ancora cinque minuti. Harry udì qualcosa che scricchiolava all'interno della capanna. Sperò che il tetto non crollasse. Ancora quattro minuti. Forse, al loro ritorno, la casa di Privet Drive sarebbe stata talmente piena di lettere che in qualche modo sarebbe riuscito a rubarne una.

Ancora tre minuti. Era il mare a produrre quei forti schiocchi sullo scoglio? E (ancora due minuti) che cosa era mai quello strano scricchiolio? Era forse lo scoglio che si sgretolava nel mare?

Ancora un minuto e avrebbe compiuto undici anni. Trenta secondi... venti... dieci... nove... forse avrebbe svegliato Dudley soltanto per dargli fastidio..."

- Sì! - sentì urlare in modo un po' troppo forte Potter, chiaramente entusiasta dell'idea.

Tutti ci girammo a guardarlo.

- Ehm... Scusate - mormorò imbarazzato lui grattandosi il capo.

"tre... "

- DUE... UNO... - contammo all'unisono io e i Malandrini.

"BUM!

Tutta la catapecchia fu scossa da un brivido e Harry saltò su a sedere di scatto fissando la porta. Fuori c'era qualcuno, che bussava chiedendo di entrare."

 

 

 

 

 

 

 

*Ehm, presumo sia così. Mi pare inverosimile immaginarmi Silente o la McGranitt (o chiunque voi vogliate ) che compilano lettere e lettere per tutti gli studenti di Hogwarts, tenendo conto che si possono trasferire o non essere a casa loro, in quel caso l'indirizzo cambia. Come fanno a sapere di tutti i Nati Babbani senza lasciarsene sfuggire uno? La risposta è semplice per me: magia, una antica che regola il funzionamento di queste cose. Poi, forse, se la lettera non viene consegnata correttamente o non c'è risposta (come nel caso di Harry), la situazione passa nelle mani do qualcuno (o può sempre trattarsi dello stesso incantesimo, perché no).

 

 

 

Angolo dell'autrice:

*fa capolino controllando se ci sia qualcuno *

Ehm, ben ritrovati :) Vi ricordare di me? Io vi posso assicurare che mi ricordo perfettamente di voi e di questa storia, mi scuso per l'attesa, ma sono sommersa di roba da fare e cose da studiare. So che può sembrarvi una stupida scusa e ma debole giustificazione, ma è solo la verità, inutile che mi arrampichi sugli specchi.

Anyway questo capitolo è ambientato il 16 Ottobre 1977 (che è appunto di domenica). Nel prologo avevo scritto che erano i primi di Ottobre e, in questo momento, è passata poco più di una settimana, quindi i tempi sono quelli. Pubblicherò sempre qui delle date di riferimento, non avrebbe per me senso scriverle all'interno del capitolo stesso, perché si riferiscono solo e soltanto ai "giorni di lettura".

Domandina: ma nei libri viene detto quando Lily scopre della licantropia di Remus? Scusate tanto per questa domanda stupida, ma, avendo letto tante fanfiction al riguardo, ho le idee un po' confuse! In genere in alcune lei lo capisce durante i primi anni, in altre quando sta con James, qual è la versione esatta (sempre se ne esiste una)? Se non è scritto faccio a modo mio ;) sennò vi prego di dirmelo. Grazie in anticipo a chi lo farà, per voi tanti buoni biscottini blu <3 (?)

Passiamo ad analizzare un po' di cosucce come di consueto:

1) Il discorso di James (il primissimo, a inizio capitolo) so di non averlo reso al meglio, probabilmente anche qui sto facendo un casino nel spiegarlo (per chiarimenti, quindi, non esitate a chiedere!). L'ho scritto e riscritto più volte, ma è difficile. Io credo molto nell'idea che una persona non scompaia mai definitivamente, non smette davvero di esistere, se è viva nel ricordo di qualcuno. Ho cercato di inserire questo concetto, in più il risentimento dello stesso James.

2) Aww si sono riappacificati finalmente! Non volevo che il loro litigio si protraesse troppo a lungo :') I veri casini, dopotutto, non sono ancora cominciati v.v

3) Please, non odiatemi per il fatto di Regulus, litigi e antipatie li sperimenteranno tutti. Cercherò anche di rompere la staticità di queste due tediose fazioni (i quattro Grifondoro versus i due Serpeverde) e di mescolare un po' le carte in gioco, ma, ehi, tempo al tempo!

4) Parliamo ancora di Regulus e del (lungo) discorso che fa. Finalmente inizia ad interagire un po' di più come personaggio, ma il suo intervento non è molto gradito a Lily e agli altri. A stabilire chi abbia ragione tra i due sta a voi, dopotutto e soggettivo. L'atteggiamento di Lily verso i Dursley che Regulus condanna è qualcosa che ho visto personalmente: un mio amico si comporta in maniera molto molto simile. Lei non accetta critiche nei loro confronti (soprattutto se esagerate e mosse dalle persone sbagliate), ma poi è lei stessa a criticare e questo non cambia (volutamente) anche dopo che Regulus glielo fa notare. Comunque voi che ne pensate di come l'ho descritto/reso? Anche se non sono ancora riuscita ad analizzare bene le varie sfaccettature di questo personaggio che io adoro (ehi, siamo ancora all'inizio!) vorrei sapere cosa ne pensate voi ^-^

5) Vi faccio una PICCOLISSIMA ANTICIPAZIONE SUI PROSSIMI CAPITOLI (se non volete leggere non leggete, anche se davvero non è nulla, io vi ho avvertiti v.v ): tra pochissimo inserirò una bella chiacchierata tra Lily e Severus. Vedremo per bene cosa pensa lui dopo aver appreso della futura (e prematura) dipartita della ragazza e del suo matrimonio con James. Vista la situazione che noi tutti conosciamo alla perfezione, una scenetta del genere sarà d'obbligo e non vedo l'ora di scriverla! Adoro le cose così *-*

 

Dopo questo immenso papiro non c'è altro, credo. Mi scuso per eventuali errori/orrori, molti li ho corretti, ma ho fatto una revisione frettolosa e il correttore del telefono di ostina a cambiarmi le parole a modo suo. Per qualsiasi cosa io sono qui! Fatemi sapere sinceramente la vostra opinione anche su questo capitolo, è una cosa che mi rende immensamente felice *-* e, inoltre, questo mi aiuta tantissimo con la mia storia :)

Ora scappo, lo studio, ahimè, mi chiama.

Un abbraccio a tutti voi che avete la pazienza di sopportarmi,

Hij <3

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** 7th ***


- Qualcuno? Chi sarebbe così idiota da stare lì fuori con quel tempo? - farneticai istericamente.

Ne stavano succedendo di tutti i colori, ormai la mia mente vagava ad immaginare subito il peggio, perennemente in allarme per la sorte del mio sfortunato figliuolo.

- Ma, Evans! È solo pioggia! -

- Da come l'hanno descritto pare più il diluvio universale, Black -

Chiaramente, però, lui non ci aveva fatto caso.

- Questo lo prendo io - fece Regulus afferrando prepotentemente il libro dalle mie mani.

Si era avvicinato di soppiatto, senza far rumore, cogliendomi di sorpresa e facendomi mancare un battito.

- Ehi, ma che stai facendo? - Lo rimproverati acidamente mentre lui mi sottraeva il tomo dalle mani.

Ma come si permetteva quello lì?

- Si da il caso che se dovessimo aspettare te e i tuoi amichetti non finiremmo di leggere questo capitolo neppure per l'alba. Lo prendo io - ribatté il ragazzo in modo saccente e annoiato, come se stesse vanamente spiegando l'ovvio ad un branco di stolti.

- Si da il caso - ripresi imitandolo in modo ancor più acido - che e io fossi costretta ad ascoltare la tua nauseante voce ancora per un po', mi esploderebbe la testa -

- Un motivo in più per seguire la mia idea allora - replicò impassibile, tutto intento a sfogliare lentamente il tomo, pagina per pagina, per ritrovare il segno.

Questo non faceva altro che irritarmi di più: per i nostri discorsi non c'era tempo, ma per i suoi comodi sì! Lo faceva apposta, nonostante tutto non riuscivo a celare la mia crescente irritazione verso quell'anguilla viscida, diventati rossa con le guance che avvampavano d'ira.

- Basta tutti e due - intervenne Potter facendo da pacere.

Dopo questa potevo dire di averle viste tutte!

- Questo - continuò strappando violentemente il libro di mano al Serpeverde - lo tengo io -

- E chi l'avrebbe deciso, scusami? - lo provocò Regulus - Hai anche strappato la copertina -

Con un rapido movimento del polso, Potter riparò abilmente il danno appena fatto.

- Contento? Ora, se avete finito di comportarvi come dei bambini... -

- Da che pulpito, Potter - lo interruppi seccata.

-... io riprenderei - concluse lui ignorandomi bellamente.

Sbruffai e, contemporaneamente, fece inconsciamente lo stesso anche Regulus, che voltò la testa solo per fulminarmi con il suo sguardo gelido.

"BUM! Bussarono di nuovo. Dudley si svegliò di soprassalto.

«Dov'è il ca...camnione?» chiese stupidamente."

- Il camnione? Potter ma che diamine stai stai leggendo? -

- Ma è scritto qui! Vedi? - disse indicandomi il rigo.

- A proposito, che significa? - mi chiese Black.

Mi avvicinai al libro per leggere meglio.

- C'è scritto cannone! - notai.

Ecco perché suonava così strano

- E io che ho letto, Evans? Cannone! - esclamò, convinto che mi stessi prendendo gioco di lui.

- Oh, lascia perdere -

- Sì, ma che significa? - rincalzò Black, stranamente interessato.

- E un oggetto babbano, viene usato nelle guerre -

- Continuo a non capire -

Ero perplessa quanto lui. Cosa non capiva? Era una parola soltanto.

- Sono io che non capisce te, Black -

- È la frase! - cercò di spiegarmi lui esasperato, come se non ci presse credere che io non ci fossi arrivata.

La mia mente, seppur contorta, non arrivava minimamente ad imitare la sua, e non riuscivo a capire da che parte volesse arrivare il suo strambo e minuscolo cervellino.

- La frase che ha letto James, Evans - sì, il tono era decisamente esasperato - non ha senso comunque. Quello strano oggetto da guerra cosa c'entra con la pioggia? I Babbani compatrono solo sotto l'acquazzone? -

Risi di gusto e, proprio come me, anche Remus e Severus, anche se quest'ultimo tentava di non darlo troppo a vedere.

Avevo finalmente capito il suo ragionamento, in effetti i duelli magici erano piuttosto differenti falle tattiche di guerra babbane, quel povero ragazzo non aveva tutti i torti. Così, con pazienza, mi misi a spiegare il tutto sotto lo sguardo attento e curioso di Black e del suo compare.

"Alle loro spalle" riprese Potter dopo che ebbi finito di parlare " si udì uno schianto e zio Vernon piombò slittando nella stanza. In mano brandiva un fucile."

- Che invece sarebbe... ? - mi domandò interrompendosi nella lettura.

- Un'altra arma babbana, meno rumorosa ed ingombrante del cannone però -

- Quanti aggeggi inventano per farsi guerra - constatò Potter.

- È stupido in ogni caso, ma non mi sembra che tra noi maghi la situazione cambi di molto, Jamie - constatò a suo malgrado Black.

"Ora sapevano che cosa conteneva l'involto lungo e sottile che si erano portati dietro.

«Chi va là?» gridò. «Vi avverto... sono armato!»

Ci fu una pausa. Poi...

SMASH!

La porta venne colpita con una tale forza che uscì di netto dai cardini e atterrò con uno schianto assordante sul pavimento."

- Ma, Evans! - fece con fare allarmato Potter - E se si fossero portati un cannone dietro per davvero? -

- Ma no, cosa vai a pensare - gli risposi tentando di sopprimere le risate.

- La descrizione è quella! Lo hai detto tu prima, non negarlo - continuò Black, dando corda al ragionamento dell'amico.

- Nessuno però va in giro con un cannone, sono ingombranti e pesanti. E poi come diamine avrebbero fatto a trasportare un cannone in quell'isolotta nel bel mezzo di una tempesta? -

- Il Babbano tuo parente di è portato un fucile, non è tanto diverso - ribattè Black a ragione del loro ragionamento.

- Basta farlo levitare e in un attimo lo si porta - prese a spiegare Potter, estremamente convinto che fosse davvero così semplice.

- Mettetevi ben in testa tutti e due che questi non sono maghi. Non posso far levitare le cose a loro piacimento - intervenne Remus in mio sostegno.

Almeno lui sapeva come prendere i due per il verso giusto nel tentativo di farli ragionare.

- Oh, ma è una gran seccatura allora - commentò un po' dispiaciuto Potter.

- I Babbani vivono solo in modo diverso, non sempre è una scocciatura come dici tu - feci notar loro.

Anche se, dovetti ammettere, la magia semplificava notevolmente le cose, se sapevi come ben usarla. Naturalmente non bastava semplicemente sventolare un legnetto per aria, lì sì che sarebbe stato troppo semplice, oltre che una vera e propria tragedia. Ogni cosa ha (e deve) avere un proprio criterio.

"Sulla soglia si stagliò un uomo gigantesco. Aveva il volto quasi nascosto da una criniera lunga e scomposta e da una barba incolta e aggrovigliata, ma si distinguevano gli occhi che scintillavano come neri scarafaggi sotto tutto quel pelame.

Il gigante sembrò farsi piccolo piccolo per entrare nella catapecchia, piegandosi in modo da sfiorare appena il soffitto con la testa. Poi si chinò a terra, raccolse la porta e la rinfilò nei cardini con la massima disinvoltura."

Quella descrizione non mi pareva affatto nuova, pareva proprio...

- Hagrid! - esclamò entusiasta Remus - non ci sembra proprio Hagrid quell'omone? -

- Nah, non credo proprio Lunastorta, perché mai dovrebbe essere lui, scusami? - disse Black

- Perché... Non lo so, ma ci somiglia. Quante persone hai visto che assomigliano ad Hagrid hai visto in vita tua? -

- Da una descrizione non si può dire mio caro, potrebbe essere chiunque! -

"Di fuori, il fragore della tempesta si attuti un poco. Il gigante si voltò per guardarli a uno a uno.

«Che, si potrebbe avere una tazza di tè? Non è stato un viaggio per niente facile...»

A gran passi, si avvicinò al divano dove Dudley giaceva pietrificato dal terrore.

«Muoviti, ciccione!» gli intimò lo straniero."

- Ancora dubbi, mio caro Felpato? -

- Certamente Lunastorta, e ricordati che io ho sempre ragione -

- Vedremo... -

"Con uno squittio, Dudley corse a nascondersi dietro la madre, che per il terrore si era accucciata dietro zio Vernon.

«Oh, ecco Harry!» disse il gigante."

- Conosce Harry! -

Se Remus era entusiasta di aver ragione, io lo ero ancora di più perché, finalmente, Harry avrebbe avuto contatti con il mondo magico.

"Harry alzò lo sguardo su quella faccia feroce, tutta coperta di pelo incolto e vide gli occhi lucidi come neri scarafaggi"

- Che paragone poetico - commentò sarcasticamente Severus.

"socchiudersi in un sorriso."

- Non di stanchi mai di avere torto, Felpato? -

L'amico, per tutta risposta, gli lanciò una stilettata con lo sguardo mentre Remus gongolava tra sé e sé.

«L'ultima volta che ti ho visto, eri ancora un soldo di cacio» disse il gigante. «Hai preso dal tuo papà, ma gli occhi sono della mamma»."

La voce di Potter si affievolì man mano che pronunciava l'ultima frase, lentamente. Faceva un certo effetto, era qualcosa di indefinito, che io, d'altronde, potevo capire benissimo.

Ci furono pochi secondi di pausa, poi lui continuò come riscosso dal fugace stato di trance nel quale era per un attimo caduto.

"Zio Vernon emise uno strano rumore stridulo.

«Le ingiungo di uscire immediatamente, signore!» disse. «Questa è un'effrazione bella e buona!»"

Leggeva, ma la sua voce era come vuota, come se il corpo fosse lì ma i suo i pensieri no o, forse, era la mia mente a vagare, troppo lontana per riuscire ad afferrare il senso di quelle parole di così poco conto.

"«Ma chiudi il becco, scimunito di un Dursley!» esclamò il gigante; allungò la mano oltre lo schienale del divano, strappò il fucile dalle mani di zio Vernon, ci fece un nodo con la massima facilità come fosse stato di gomma, e lo scaraventò in un angolo."

Hagrid, perché ormai era assodato che fosse lui, era notato di una, ehm, finezza unica. Con la sua stazza e i suoi modi che si discordavano talmente tanto dall'ideale di perfetta normalità osannato da mia sorella, ero certa che avesse già terrorizzato ben bene tutti, malgrado lui fosse tutto fuorché spaventoso.

"Zio Vernon emise un altro rumore strano, come un topo che viene calpestato.

«Allora, Harry» disse il gigante voltando le spalle ai Dursley, «buon compleanno! Ho una cosetta per te... mi sa che mi ci sono seduto sopra, ma il sapore dovrebbe essere ancora buono».

Da una tasca interna del suo pastrano nero estrasse una scatoletta leggermente schiacciata. Harry l'apri con dita tremanti. Dentro c'era una torta al cioccolato grossa e appiccicosa con su scritto, a lettere verdi di glassa: 'Buon Compleanno Harry'."

- Oh, Hagrid ha sempre un gran cuore, gli ha fatto anche la torta! - disse Remus.

- Ma può non essere lui! - insisteva cocciutamente Black per esser poi prontamente ignorato da noi altri.

- Almeno un gesto carino - notò Potter.

- Se non fosse stato per lui chissà che Compleanno orribile! Di certo i Dursley non si sarebbero prodigati più di tanto - affermai io con una punta di amarezza.

Mia sorella poteva almeno provare a sforzarsi di esser carina con suo nipote, no?

"Harry guardò il gigante. Voleva dirgli grazie, ma le parole si persero prima di arrivargli alle labbra, e quel che invece gli uscì detto fu: «Chi sei?»

Il gigante ridacchiò.

«Giusto, va', non mi sono presentato. Rubeus Hagrid, "

Potter iniziò a ridacchiare guardando l'amico.

"Custode delle Chiavi e dei Luoghi a Hogwarts»."

Continuò sempre ridendo.

Black mandò ben poco elegantemente male i suoi due amici con un gestaccio mentre loro, come se non gliene importasse nulla, ridevano sempre più forte, divertiti dall'evidente irritazione dell'amico.

"Tese una mano enorme e strinse tutto il braccio di Harry.

«Allora, questo tè?» disse poi stropicciandosi le mani. «Badate bene, non direi di no a qualcosa di più forte, se c'è».

Lo sguardo gli cadde sul focolare vuoto, a eccezione dei pacchetti di patatine accartocciati, e sbuffò. Si chinò sul caminetto; gli altri non potevano vedere quel che faceva, ma quando si ritrasse un attimo dopo, il fuoco scoppiettava, illuminando l'umida catapecchia di un tremulo bagliore."

- Ma sbaglio o lui non potrebbe fare magie fuori da Hogwarts? -

- E perché, Black? Non dovrebbe valere per lui! - gli feci notare.

- Evans, ci vai mai a trovarlo tu? -

- No... Cioè non sempre - ammisi.

Certo, Hagrid m stava più che simpatico, ma non passavo così tanto tempo con lui come i Malandrini.

- Beh, poi allora ti spieghiamo, non perdiamo tempo - tagliò corto Potter.

"Harry sentì il calore inondarlo come se si fosse immerso in un bagno caldo.

Il gigante tornò a sedersi sul divano che cedette sotto il suo peso, e cominciò a tirare fuori dalle tasche del pastrano ogni sorta di oggetti: un bollitore di rame, un pacchetto di salsicce tutto molle, un attizzatoio, una teiera, alcune tazze sbeccate e un flacone contenente un liquido color ambra di cui bevve una sorsata prima di cominciare a fare il tè. Ben presto la catapecchia fu piena dello sfrigolio e dell'odore di salsiccia. Nessuno disse una parola mentre il gigante si dava da fare, ma non appena ebbe fatto scivolare dall'attizzatoio le prime sei salsicce, grasse, succulente e leggermente abbrustolite, Dudley diede segni di irrequietezza. Zio Vernon gli disse in tono aspro: «Non toccare niente di quel che ti dà, Dudley!»"

- Andiamo, mica è avvelenato quel cibo! - sbuffò Black.

- E mia sorella si vanterebbe di essere quella servizievole ed ospitale? La prossima volta che mi fa una ramanzina per come mi comporto quando ci sono ospiti a casa mi sente! -

- Lily non mi ricordavo che fossi così terribile - commentò Severus guardandomi negli occhi.

Fui leggermente irritata da quell'affermazione, riportava a galla troppi ricordi dolcemente amari e, notai con stupore, che non ero l'unica infastidita.

- Ma ricordi mia sorella, giusto? Credo che questo possa bastare... -

"Il gigante ridacchiò beffardo."

Potter riprese a leggere senza aspettare che finissima di parlare, ma, invece che irritarmi, fu un sollievo. Io stessa ero la prima a non volermi far sopraffare da quei ricordi, non in quella circostanza almeno.

"«Quel ciccione di tuo figlio non ha bisogno di ingrassare ancora, Dursley, non ti preoccupare».

E passò le salsicce a Harry: il ragazzo era talmente affamato che gli parve di non aver mai assaggiato niente di così squisito; intanto, non riusciva a togliere gli occhi di dosso al gigante. Infine, visto che nessuno si decideva a dare spiegazioni, disse: «Scusa, ma ancora non ho capito bene chi sei»."

- La perspicacia deve averla ereditata da te, Ramoso - canzonò Remus.

- Ehi! - protestò lui infastidito - sia io che lui siamo dei geni! -

- Su mio figlio non ho dubbi. Per il resto... -

- Ah ah, molto gentili. Comunque è normale che Harry non abbia capito, di certo quelli non si sono mai presi la briga di spiegarli qualche cosetta sulla magica, mister perspicacia -

- Più perspicace di te sicuramente, caro mio - ribattè facendogli l'occhiolino.

- Disse quello che ci ha messo un anno a scoprire cosa stavamo tramando noi altri tre - *

- Non è giusto! Voi... - fece una pausa breve per pensare a cosa controbattere - ci avete messo più tempo con me! - esclamò infine, soddisfatto della sua risposta.

- Non vale! Non ci conoscevamo neppure... -

- Se uno è perspicace lo è sempre -

- Ragazzi basta - li interruppi, sebbene non avessi affatto chiaro il filo del discorso - qui l'unica acuta e perspicace e perfetta sono io - conclusi con finta superbia facendo ridere tutti.

"Il gigante bevve un sorso di tè e si asciugò la bocca col dorso della mano.

«Chiamami Hagrid» disse, «tutti mi chiamano così. E ho il piacere di informarti che sono il Custode delle Chiavi a Hogwarts. Naturalmente, saprai tutto di Hogwarts»."

- Ne dubito - risposi.

"«Ehm... no» disse Harry.

Hagrid fece una faccia sbalordita.

«Mi spiace» si affrettò a dire Harry.

«Mi spiace?» abbaiò Hagrid voltandosi a guardare i Dursley che si ritrassero in un angolo buio. «E a loro che deve dispiacere! Sapevo che non ti venivano consegnate le lettere, ma... che non sapessi niente di Hogwarts! Non ti sei mai chiesto dove i tuoi genitori avevano imparato tutto quel po' po' di roba che sapevano?»

«Tutto cosa?» chiese Harry.

«TUTTO COSA?!» tuonò Hagrid. «Aspetta un attimo!»

Balzò in piedi. Arrabbiato com'era, sembrava riempire tutta la stanza. I Dursley erano appiattiti contro la parete."

- Beh, direi che li sta terrorizzando ben bene -

- Fidati Black, non gli farà poi così male. In un certo senso, ben gli sta - affermai io.

Era strano ed ingiusto. Lui sarebbe potuto cresce circondato dalla magia, avrebbe potuto crescere completamente immerso nel suo mondo, con i Maladrini, Mary o chiunque altro. Circondato da perone che, magari, non l'avrebbero costretto a dormire in un sottoscala e ad indossare vestiti smessi. Ma, purtroppo, sembrava che nè io nè Potter avremmo mai avuto qualche influenza nella vita del nostro, e mi sembrava così strano pensarlo, bambino. Già nostro. Che assurdità. Se mi fossi soffermata ancora su questo concetto sarei impazzita. È normale tentare di sfuggire ai propri pensieri?

"«Volete forse dirmi» gli ringhiò in faccia, «che questo ragazzo - questo ragazzo! - non sa niente... di NIENTE?»

Questo, a Harry, sembrava un po' troppo. Dopo tutto, era andato a scuola e i suoi voti non erano poi tanto male.

«Alcune cose le so» disse. «So le tabelline e altre cose del genere»."

- Forse, piccolo, non intendeva proprio questo -

- Felpato, carissimo, questo il mio piccolo non lo sa -

"Ma Hagrid fece un gesto impaziente con la mano e disse: «Del nostro mondo, dico. Del tuo mondo. Del mio mondo. Del mondo dei tuoi genitori».

«Quale mondo?»

Pareva che Hagrid stesse per esplodere."

- Questa l'avrei proprio voluta vedere - disse Remus - il buon Hagrid che va su tutte le furie è uno spettacolo raro -

- Sperando non spaventi la persona sbagliata - considerai - Chissà che idea pessima del mondo magico si farà. Con l'influenza di mia sorella poi... -

- Non ci pensare - mi rassicurò Severus - non potrà non piacergli Hogwarts. Si troverà bene -

La sua voce, quel tono, lo stesso con, anni e anni prima, chiacchierava con me steso sul parto del parchetto dietro casa mia, quando fantasticavamo su Hogwarts, quando mi assicurava dicendomi che, nonostante tutto, saremmo rimasti amici per sempre.

Fu un tuffo improvviso nel passato e non potei fermarlo, la marea dei ricordi mi travolse impetuosa. Lo guardavo e vedevo il vecchio Severus, non il Serpeverde. Ed era strano come, una semplice frase, avesse riscosso in me tutto ciò.

Lo guardai negli occhi, lui lo aveva capito. Lui era sorpreso quanto me, come se non se lo aspettasse, come se fosse stato davvero spontaneo. Non c'era nessun marchingegno dietro?

"«DURSLEY!» sbottò.

Zio Vernon, che si era fatto pallidissimo, biascicò qualcosa che suonò come un pio pio io... Hagrid fissò Harry furibondo.

«Ma di tua madre e tuo padre devi sapere» disse. «Insomma, sono famosi. Tu sei famoso»."

- Siamo famosi? - ripetè Potter, stranito. Poi continuò, come appena ripreso - Cioè, volevo dire, sì, certo che sono famoso! Come potrebbe essere il contrario per il grande James Potter. Sarò di sicuro una grande persona di prestigio... -

- Qualche metro sotto terra. Mi dispiace interrompere il tuo glorioso monologo, ma non dimentichi qualche dettaglio? Come, per esempio, la nostra dipartita? - sputai amaramente, non accorgendosi di stare quasi gridando.

Ero stata rude, ne ero consapevole, ma avevo perso la testa.

Lui non mi rispose ed evitò il mio sguardo, aveva gli occhi lucidi. Il senso di colpa si fece strada dentro me, come avevo potuto esser così insensibile? Era una situazione così complicata...

- Scusami - sussurrai flebilmente, dispiaciuta.

Lui rimase zitto per un po'. Non mi piaceva quel silenzio.

A causa mia l'atmosfera si era appesantita improvvisamente.

- No, scusami tu - mi rispose poi, con un fil di voce - È solo... no, non fa niente -

Abbozzò per un istante un sorriso vuoto per sdrammatizzare il tutto, con il solo risultato di farmi sentire ancora peggio. Poi, dopo aver preso un profondo respiro, riprese il libro

"«Come? Papà e mamma non erano mica famosi! O no?»

«Tu non sai... non sai...» Hagrid si passò le dita tra i capelli, fissando Harry con uno sguardo incredulo.

«Tu non sai chi sei?» disse infine."

Il suo tono, mentre leggeva, era chiaramente triste.

"D'un tratto, zio Vernon ritrovò la voce.

«La smetta» gli intimò, «la smetta immediatamente! Le proibisco di dire qualsiasi cosa al ragazzo!»

Anche un uomo più coraggioso di Vernon Dursley avrebbe tremato di paura sotto lo sguardo furibondo che Hagrid gli lanciò. Quando il gigante parlò, ogni sillaba fu uno scoppio di rabbia.

«Non glielo hai mai detto? Non gli hai mai detto che cosa c'era scritto nella lettera che Silente gli ha appiccicato addosso? Guarda che io c'ero. Ho visto Silente che lo faceva, Dursley! E gliel'hai tenuta nascosta per tutti questi anni?»

«Che cosa mi ha tenuto nascosto?» chiese Harry avido di sapere."

Con tutte quelle mille domande, con la sua voglia di sapere, non potei non rivedere Potter nel ragazzo. Erano così simili.

"«BASTA! GLIELO PROIBISCO!» gridò zio Vernon in preda al panico.

Zia Petunia emise un rantolo d'orrore.

«Oh, andate a quel paese, voi due!» disse Hagrid. «Harry... tu sei un mago»."

- Gliel'ha detto - mormorai.

E così, alla fine, mio figlio lo aveva finalmente saputo. Di lì in avanti sarebbe andato tutto bene, me lo sentivo.

"Nella catapecchia piombò il silenzio. Si sentiva solo il frangersi delle onde e l'ululato del vento.

«Che cosa sono, io?» chiese Harry senza fiato.

«Un mago, chiaro?» disse Hagrid tornando a sedersi sul divano che gemette e si affossò ancora di più. «Anzi, un mago coi fiocchi, direi, una volta che avrai studiato un pochetto. Con un papà e una mamma come i tuoi, che cos'altro poteva venir fuori?"

- Hagrid è sempre stato troppo buono - disse dolcemente Potter.

- Non spenderbbe mai una parola cattiva a sproposito - concordò Black.

- Sempre se non ha una ragione più che ottima - concluse Remus.

"Penso proprio che è venuto il momento di leggere quella lettera».

Harry allungò la mano per prendere finalmente la busta giallastra, scritta con l'inchiostro verde smeraldo, indirizzata al Signor H. Potter, Piano terra, Catapecchia sullo scoglio, Mare. Tirò fuori la lettera e lesse:"

- Finalmente! - esclamammo un po' tutti.

"SCUOLA DI MAGIA E STREGONERIA DI HOGWARTS

Direttore: Albus Silente

(Ordine di Merlino, Prima Classe, Grande Esorcista, Stregone Capo, Supremo Pezzo Grosso, Confed. Internaz. dei Maghi)

Caro signor Potter,

siamo lieti di informarLa che Lei ha diritto a frequentare la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Qui accluso troverà l'elenco di tutti i libri di testo e delle attrezzature necessarie.

I corsi avranno inizio il 1° settembre. Restiamo in attesa della Sua risposta via gufo entro e non oltre il 31 luglio p.v.

Con ossequi,

Minerva McGranitt

Vicedirettrice"

- Non è esattamente così che avrei mai immaginato l'apertura di questa lettera del mio primo figlio -

- Perché davvero ti eri immaginato una cosa simile? -

- Certo Evans! È un momento importante questo, stiamo parlando della lettera per Hogwarts! -

"Harry sentì una ridda di domande che gli esplodeva nella testa come un fuoco d'artificio, ma non riusciva a decidere da quale cominciare. Dopo alcuni minuti balbettò: «Che cosa significa che aspettano il mio gufo?»

«Per mille fulmini! L'avevo dimenticato» disse Hagrid battendosi una mano sulla fronte così forte che avrebbe mandato a zampe all'aria un cavallo da tiro, e dall'ennesima tasca interna del pastrano estrasse un gufo - un gufo in carne e ossa, con le penne tutte arruffate - una lunga penna d'oca e un rotolo di pergamena. Con la lingua tra i denti per lo sforzo, buttò giù un biglietto che Harry riuscì a leggere all'incontrano:

Caro Professor Silente,

ho consegnato la lettera a Harry. Domani lo accompagno a comperare quello che serve."

- Neanche questo lo avrei mai immaginato così -

- Non sempre le cose vanno come vogliamo noi, succedono e basta -

- Sì, ma non in questo modo. Non possono andare così, Evans! Dannazione, ci sarei voluto essere -

Strinse i pugni afferrando con rabbia il libro fino a far diventare le nocche bianche. Per un attimo pensai lo volesse scaraventare a terra.

- Vorrei esserci anch'io - risposi tristemente.

"Qui il tempo è orribile. Spero che Lei stia bene.

Hagrid.

Poi arrotolò la pergamena, la porse al gufo che l'afferrò col becco e, direttosi verso la porta, lanciò il volatile nella bufera. Quindi tornò indietro e si sedette come se tutta quella faccenda fosse la cosa più naturale del mondo.

Harry, rendendosi conto che la bocca gli pendeva aperta per lo stupore, si affrettò a richiuderla.

«Dove eravamo arrivati?» riprese Hagrid, ma in quello stesso momento zio Vernon, ancora terreo in volto ma con espressione molto arrabbiata, si avvicinò al fuoco.

«Non ci andrà» disse."

- CHE COSA?! - urlammo contemporaneamente tutti e sei.

Era assurdo. Non poteva farlo, vero? Hagrid non glielo avrebbe mai permesso...

"Hagrid grugnì.

«Vorrei proprio vedere un Babbano della tua specie che ferma Harry» disse.

«Un che cosa?» chiese Harry tutto interessato."

Sì, quando faceva così era l'esatta copia di Potter. Potter grande, visto che condividevano il medesimo cognome.

"«Un Babbano» disse Hagrid «è così che chiamiamo le persone senza poteri magici, come loro. Ed è una grande sfortuna che tu sei cresciuto nella famiglia dei Babbani peggio che ho mai visto».

«Quando lo abbiamo preso, abbiamo giurato di farla finita con tutte queste stupidaggini» disse zio Vernon, «che gliel'avremmo fatta passare, con le buone o con le cattive."

- Ma non lo controlla lui! - protestò Black.

- Questo lo diresti dire a loro - ribattè Remus.

"Magia! Figuriamoci!»

«Lo sapevate?» esclamò Harry. «Voi sapevate che io sono un mago?»"

- Ovviamente lo sapevano! Come non avrebbe potuto mia sorella? -

"«Sapevamo!» strillò zia Petunia. «Certo che sapevamo! Come avresti potuto sfuggire a questa dannazione, visto che tipo era mia sorella? "

- Perché che tipo ero? Anzi, che tipo sono? " scattai rabbiosa.

Ero morta da dieci anni, ma a lei non sembrava importare. Covava ancora odio e rancore per me. Se le cose stavano davvero così, non avrei mai potuto aggiustare i rapporti con lei, anche se ci avrei dovuto provare per mio figlio. **

"Ricevette una lettera proprio come la tua e sparì, inghiottita in quella... in quel-a scuola... e ogni volta che tornava a casa per le vacanze, aveva le tasche piene di uova di ranocchia, e trasformava le tazze da tè in topi."

- Evans, sei proprio una malandrina - mi disse Black, fiero delle mie prodezze.

- Grazie, grazie. Modestamente sono la migliore in questo campo - scherzai facendogli la linguaccia.

- Beh, ora non esageriamo... -

- Come hai fatto però? Non si possono fare magie all'infuori di Hogwarts - mi fece notare Potter.

- Infatti non si tratta di magia. Solo qualche idea ingegnosa e lo zampino degli aggeggi comprati da Zonko -

- Wow - esclamarono i Malandrini, tutti e tre stupiti da questo lato del mo carattere.

"Io ero l'unica che capisse quel che era: un'anormale!"

- Ma... ma come può dire questo di te? -

Potter era incredulo. Non entrava proprio nella sua minuscola testolina l'idea che lei mi odiasse?

- Lascia perdere, Potter - sorvolò Severus che non voleva aprire la questione e, per una volta, lui obbedì senza ribatter nulla.

"Per mio padre e mia madre, no! Loro... Lily di qua, Lily di là! Erano tutti fieri di avere una strega in famiglia!»

Si interruppe per riprendere fiato e poi ricominciò a sbraitare. Sembrava che avesse atteso per anni il momento di sputar fuori tutto.

«Poi, a scuola conobbe quel Potter. "

Lui alzò lo sguardo, distogliendolo da quelle righe per appuntarlo su di me.

Io, d'altro canto, lo evitai.

"Scapparono insieme, si sposarono e nascesti tu, e naturalmente sapevo benissimo che tu saresti stato identico a loro, altrettanto strampalato, altrettanto... anormale..."

- Ok, mi va bene che dica tutto ciò che vuole su di me, ma dare dell'anormale a mio figlio? Qui l'unica anormale è lei -

- Amore mio, quando scappiamo insieme ricordiamoci di stare il più lontano possibile da questa adorabile famigliola se non vuoi conoscere un lato molto brutto di me - fece Potter cercando di ostentare un tono zuccheroso, tentando in tutti i modi di rompere quella brutta atmosfera che di stava creando per l'ennesima volta.

- Tesoro mio - gli risposi imitandolo - più brutto di quello che mostri ogni giorno? Non mi pare proprio possibile caro. E, per dirla tutta, l'unico luogo nel quale scapperei è quello lontano da te, zuccherino -

Dovetti trattenermi per non scoppiare a ridere da un momento all'altro. Dovevo fingere un tono serio per continuare questa farsa.

- Ma, mio bel fiore, chi siamo noi per andar contro al nostro destino? È tutto scritto qui dolcezza, manca solo l'abito bianco -

- Ehm... Volete smetterla? Siete leggermente inquietanti - commentò Black.

- Guarda che è stato il tuo amichetto a cominciare - mi difesi prontamente.

- Sì, sì. Basta che la piantate -

- Mio caro Felpato abituati. Quando saremo sposati io e lei queste cose saranno ordinaria amministrazione - disse Potter facendomi l'occhiolino.

- Certo caro - gli risposi con lo steso tono di prima, guardando la faccia esasperata di Black - però credo che troverai qualche brutta sorpresa all'altare -

Ridemmo e io, tra me e me, non potei fare a meno di ringraziarlo per questo.

"Poi, se permetti, hanno avuto la bella idea di saltare in aria"

- Saltati in aria? - esclamai interdetta.

Più leggevo queste cose, più mi passava quell'allegria che avevo brevemente ritrovato l'attimo prima.

Potevo accettare che non gli importasse nulla nè di me nè di mio figlio, che mi odiasse, che non gli importasse che fossi morta e tante altre cose messe assieme, ma era addirittura felice? Hanno avuto la bella idea, sì, certo.

Sentì Remus mormore un qualche insulto. E mi faceva male perché, nonostante tutto, io ci tenevo ancora.

"Ed ecco che tu ci sei piombato tra capo e collo!»

Harry era sbiancato in volto."

- E ci credo - commentò Potter.

- Povero lui... - aggiunsi io.

Chissà che shock gli stavano facendo prendere tutti quanti, così tante informazioni in così poco tempo...

"Non appena ebbe ritrovato la voce disse: «Saltati in aria? Mi avete detto che erano morti in un incidente d'auto».

«INCIDENTE D'AUTO?» tuonò Hagrid saltando su così infuriato che i Dursley corsero a rintanarsi nel loro cantone. «Come avrebbero potuto Lily e James Potter..."

Storsi il naso. Questa accoppiata di nomi insieme era ancora troppo strana.

"...rimanere uccisi in un incidente d'auto?"

- Ecco! - esclamò Potter - proprio come dicevo io. Non avrebbero potuto inventarsi una balla peggiore di questa qui -

In effetti credevo che mia sorella sapesse che i maghi non guidassero auto, se proprio non voleva dirgli la verità poteva almeno sforzarsi di inventare una scusa decente.

"È un affronto! Ed è scandaloso che Harry Potter ignori la propria storia, quando non c'è moccioso nel nostro mondo che non conosca il suo nome!»"

- Davvero? - domandai con una punta di incredulità.

- Ovviamente - mi rispose Potter.

E, se appena prima mi stava facendo divertire, in quel momento mi stava irritando, quello non era il momento di fare il borioso. Io ero seria, dannazione!

- Giuro, non iniziare ancora una volta a darti delle arie perché non ne posso p... -

- Evans calmati - mi interruppe sorridendo e scuotendo lievemente il capo - un neonato che sconfigge un temibile Mago Oscuro credo possa essere considerato famoso a prescindere dal suo mirabolante e stupenderrimo padre - ***

Arrossì. Lo avevo decisamente frainteso, era così ovvio. Potevo tranquillamente risparmiarmi la scenetta da pazza isterica.

Lui vide il mio imbarazzo e sorvolò, continuando come se nulla fosse.

"«Ma perché? Che cosa è successo?» chiese Harry impaziente.

L'ira svanì dal viso di Hagrid. D'un tratto parve ansioso.

«Questo non me lo aspettavo proprio» disse con voce bassa e preoccupata. «Quando Silente mi ha detto che potevo avere qualche difficoltà a portarti via, non avevo idea di quanto tu non sapevi. Oh, Harry, non so se sono la persona giusta per dirtelo... "

- Ma certo che sì, basta che qualcuno lo informi - fece Remus leggermente spazientito.

- Anche se - iniziò Potter voltandosi verso i suoi due amici - in effetti lui non è proprio la persona giusta. Al posto di Hagrid, perché non ci siete voi con la lettera stretta in una mano e una bella torta nell'altra? -

Attaccò ancora con quella storia. Però lo capivo, provavo la sua stessa rabbia, c'erano così tante stranezze che non mi riuscivo a spiegare!

- Non cominciare daccapo, James - ribattè Black - Abbiamo appena discusso di questo, non ricominciamo ancora, non voglio litigare -

Potter era combattuto, glielo si poteva leggere in volto. Adorava i suoi amici, ma non riusciva a capacitarsi del loro futuro comportamento o, meglio ancora, non riusciva a capacitarsi che potesse esistere un futuro talmente assurdo e paradossale, eppure così prossimo.

- Jamie concentrati sul presente, sul qui ed ora. Lascia perdere quel che c'è scritto lì - gli disse Remus conciliante.

- Senti, ok va bene, ma è difficile - prese un grande respiro - Dimmi solo come posso... -

- Puoi perché non devi lasciarti soggiogare e sopraffare da due righe scritte in un libro, non puoi permettersi che questo ti cambi la vita. A tutto, poi, troveremo una spiegazione. È come un puzzle tutto incasinato, pian piano però tutti i pezzi saranno al loro posto -

I due ragazzi si alzarono e andarono incontro all'amico e si posizionarono lì, come se fossero guardie del corpo pronte a proteggerlo.

"Ma qualcuno deve pure: non puoi andare a Hogwarts senza sapere».

Lanciò un'occhiataccia ai Dursley.

«Be', è meglio che sai quel che posso dirti io... Bada però che non posso raccontarti tutto, perché è un gran mistero, grande assai»."

Eravamo tutti attenti, pronti ad ascoltate incuriositi il racconto del guardiacaccia.

"Si sedette, fissò per alcuni istanti il fuoco e poi disse: «Credo che tutto ha avuto inizio con... con una persona di nome... Ma è incredibile che tu non sai come si chiama: tutti, nel nostro mondo, lo sanno...»"

- Lui non sa neppure l'esistenza del nostro mondo - puntualizzò ovviamente Black.

"«Chi?»

«Be', preferisco non nominarlo, se posso. Tutti preferiscono, tutti».

«E perché?»

«Per tutti i gargoyle, Harry, la gente è ancora terrorizzata. Oh, povero me, quant'è difficile! Vedi, c'era questo mago che poi ha... ha preso la via del male. Tutto il male che riesci a immaginare. Il peggio. Il peggio del peggio. Il suo nome era...»

Hagrid prese fiato ma non gli uscì una parola di bocca.

«Puoi scriverlo?»

«No, non so scriverlo. E va bene: Voldemort» Hagrid rabbrividì «ma non farmelo ripetere. A ogni modo, circa venti anni fa, questo mago cominciò a mettersi in cerca di seguaci. E li trovò. Alcuni lo seguirono per paura, altri perché volevano una briciola del suo potere: perché lui, di potere, ne stava conquistando molto. Tempi bui, Harry. Senza sapere di chi potersi fidare, senza osare fare amicizia con maghi e streghe sconosciuti..."

Era strano sentire narrare di queste cose, era come concretizzare quel velo di terrore che avvolgeva le nostre vite, ma, al contempo, era rassicurante sapere che tutto questo male avrebbe avuto una fine. Una fine che io non sarei stata in grado di vedere.

"Sono successe cose terribili. Lui stava prendendo il sopravvento. Naturalmente, qualcuno cercò di fermarlo... e lui lo uccise. In modo orribile. Uno dei pochi posti ancora sicuri era Hogwarts. Credo che Silente è il solo di cui Tu-Sai-Chi avesse paura. Non ha osato impadronirsi della scuola, a ogni modo non allora.

«Ora, e qui si arriva alla tua mamma e al tuo papà, erano i migliori che io ho mai conosciuto. Ai loro tempi, erano i primi della scuola, a Hogwarts."

- Mai prima di Lunastorta - lo contraddisse lo stesso Potter.

Eravamo bravi, ma nella nostra scuola, tra così tanti studenti, c'erano menti più brillanti. Quel che noi avevamo era quel pizzico di incoscienza e follia che ci faceva buttare a capofitto nelle situazioni più pericolose, quel po' di audacia che caratterizzava i Grifoni.

"Il mistero è perché Tu-Sai-Chi non ha cercato mai di tirarli dalla sua parte..."

- Perché sono una Nata Babbana e, ad ogni modo, non mi sarei mai e poi mai piegata al suo volere -

- Perché mi ripugna la sola idea di fare una scelta così -

Parlavamo orgogliosi di noi, dei nostri ideali, sotto gli occhi dei due Serpeverde, quelli della fazione opposta.

"Forse sapeva che erano troppo vicini a Silente e non volevano avere niente a che fare con il Lato Oscuro.

«Forse pensava di riuscire a convincerli... forse voleva soltanto che si levavano dai piedi. Tutto quel che si sa è che dieci anni fa, nel giorno di Halloween, spuntò nel villaggio dove abitavate voi. Tu avevi appena un anno. Lui entrò in casa e... e...»

D'un tratto Hagrid tirò fuori un fazzoletto tutto sporco e pieno di macchie, e si soffiò il naso con il fragore di un corno da nebbia.

«Chiedo scusa» disse, «ma è così triste... triste proprio, la tua mamma e il tuo papà erano le persone più carine che si possono immaginare... Ma insomma...

«Tu-Sai-Chi li uccise. E poi - e questa è la cosa veramente misteriosa - cercò di uccidere anche te. Chissà, voleva fare piazza pulita, o forse a quel tempo ammazzava solo per il gusto di farlo."

- Ammazzare un neonato solo per il gusto di farlo è qualcosa da psicopatici. Solo delle persone, se così di possono chiamare, vili e spregevoli possono seguire alla lettera, come un branco di idioti senza cervello, quel che dice quel pazzo - proferì con sdegno Black, guardando suo fratello in cagnesco.

Lui, d'altro canto, era preso a fissare il vuoto, come se fase di negato improvvisamente estremamente affascinante. Ignorava il fratello maggiore e ignorava le sue frecciatine. Pareva rinchiuso nella sua gelida corazza che si addiceva perfettamente al suo atteggiamento da nobilissimo purosangue.

"Ma non ci riusci. Ti sei mai chiesto come hai quella cicatrice sulla fronte? Non fu un taglio qualsiasi. Quello è il segno che ti rimane quando vieni toccato da un caso potente e maligno: non ha risparmiato la tua mamma e il tuo papà, e neanche la casa, ma su di te non ha funzionato, e questo è il motivo per cui sei famoso, Harry. Nessuno di quelli che lui aveva deciso di uccidere l'ha fatta franca, nessuno, tu solo. E bada bene che ha ucciso maghi e streghe tra i migliori del suo tempo: i McKinnon, i Bone, i Prewett; e tu, che eri soltanto un neonato, ce l'hai fatta»."

-Tutti... tutti i nostri amici, conoscenti... - sussurrai sull'orlo della disperazione.

- ...Tutti assassinati? - cocluse Remus.

Non ci pareva vero. Avevamo vinto, lui non c'era più, ma il prezzo era stato troppo, terribilmente troppo, alto. Quei cognomi erano di persone meravigliose che io conoscevo, come potevo ancora guardarle negli occhi come se nulla fosse? Come ci sarei riuscita sapendo che quella vivace scintilla che gli animava si sarebbe presto spenta?

Il peso della conoscenza del futuro era tremendo, insopportabile da sostenere. E diventava sempre più pensante, ancora e ancora, man mano che il tempo passava. Era questo il prezzo da pagare per conoscere un solo scorcio al di là del presente?

"Nella mente di Harry accadde qualcosa di molto doloroso. Mentre il racconto di Hagrid si avviava alla conclusione, rivide il bagliore accecante di luce verde più chiaramente di quanto non avesse mai ricordato prima; poi, gli tornò in mente anche qualche cos'altro, per la prima volta in vita sua: una risata lunga, fredda, crudele.

Hagrid lo guardava pieno di tristezza.

«Ti ho raccolto tra le macerie della casa con le mie mani, su ordine di Silente. E ti ho portato da questi qua».

«Tutte balle!» esclamò zio Vernon."

- Balle sono quelle che spiattelli tu ogni volta che apri bocca per proferir parola - commentò acidamente Severus che, a quanto pare, sembrava detestare particolarmente, e su questo gli davo pienamente ragione, questo Vernon.

"Harry ebbe un soprassalto: aveva quasi dimenticato la presenza dei Dursley. Zio Vernon aveva tutta l'aria di aver recuperato il coraggio. Fissava Hagrid con odio e teneva i pugni serrati.

«E ora, sta' a sentire, ragazzo» disse in tono adirato. «Mi sta bene che in te ci sia qualcosa di strano, probabilmente nulla che non sarebbe guarito con una buona sculacciata... "

- Ehi! - protestai indignata.

"Ma quanto a tutte queste storie sui tuoi genitori... è vero, erano strampalati, inutile negarlo, e a mio parere il mondo sta molto meglio senza di loro."

- Il mondo starebbe meglio senza di te, invece - commentò acidamente Remus.

"Quel che gli è capitato se lo sono cercato, a forza di frequentare tutti quei maghi... È accaduto proprio quel che avevo previsto; ho sempre saputo che avrebbero fatto una brutta fine»."

- Spero vivamente che quel beota la smetta di sparare baggianate - ruggì rabbiosamente Black.

Stavo male per quel che leggeva, quelle parole mi ferivano dentro in modo irrimediabile. Sapere che una persona a te cara e la sua famiglia ti considerano meno di niente faceva male. La famiglia dovrebbe essere il primo sostegno, non la prima cosa a pugnalarti alle spalle.

"Ma in quel preciso istante, Hagrid balzò in piedi ed estrasse da sotto il pastrano un ombrello rosa tutto contorto. Puntandolo contro zio Vernon come una spada, disse: «Ti avverto, Dursley... ti avverto: un'altra parola e...»"

- Oh Hagrid, che caro - dissi dolcemente.

Avevo gli occhi che mi luccicano appena a causa delle lacrime che premevano per uscire ed un doloroso nodo alla gola, ma non cedetti, ero (dovevo) essere più forte.

"All'idea di finire infilzato sul puntale di un ombrello da un gigante barbuto, il coraggio di zio Vernon venne meno un'altra volta. Si appiattì contro la parete e rimase in silenzio.

«Così va meglio» fece Hagrid col respiro affannoso, e si sedette di nuovo sul divano, che questa volta cedette definitivamente fino a toccare terra.

Intanto, Harry aveva un sacco di domande da fare: anzi, centinaia.

«Ma che ne è stato di Vol... ehm, scusa, di Tu-Sai-Chi?»

«Buona domanda, Harry. Scomparso. Svanito nel nulla. La notte stessa che cercò di ucciderti. E questo ti ha reso ancor più famoso. Questo è il mistero dei misteri, vedi... Lui stava diventando sempre più potente. Perché sparire?

«Alcuni dicono che è morto. Balle, secondo me."

Ciò non mi rassicurava. Avevo davvero ingenuamente sperato nella fine di quell'incubo.

"Non so se dentro aveva ancora qualcosa di abbastanza umano da morire. Altri dicono che è ancora lì che aspetta il momento buono, ma io non ci credo. Gente che stava dalla sua parte è tornata dalla nostra. Sembrava quasi che uscissero da una trance. Non credo che potevano farlo se lui tornava.

«I più di noi credono che è ancora vivo chissà dove, ma che ha perso i suoi poteri, che è troppo debole per andare avanti. Perché qualcosa di te, Harry, lo ha fermato. E successo qualcosa, quella notte, che lui non aveva considerato... Io non so che cosa, e nessuno lo sa... ma c'è qualche cosa, in te, che lo ha sconfitto»."

Era davvero speciale il mio bambino. Era sopravvissuto e sembrava un miracolo, era qualcosa di unico nel suo genere. Ma se Lui non era veramente sconfitto, allora avrebbe vissuto nel pericolo costante di un suo ritorno, non sarebbe stato mai completamente al sicuro. Se fosse tornato, avrebbe attuato una vendetta contro di lui e questo mi rendeva molto inquieta. Mi rigirai più volte sulla mia poltroncina, una nuova ansia si stava impadronendo di me.

"Hagrid guardava Harry e nei suoi occhi brillavano calore e rispetto; Harry, dal canto suo, anziché sentirsi compiaciuto e orgoglioso, era sicuro che ci dovesse essere un terribile errore. Un mago? Lui? Com'era possibile?"

- Come sarebbe possibile il contrario? -

- Per chi non è cresciuto immerso nella magia è difficile da cedere, non trovi Potter? - risposi.

Anch'io ero attonita quando lo scoprì, ricordavo ancora alla perfezione quel momento ben delineato nella mia mente. Avvenimenti così importanti non si cancellano facilmente, sebbene siano legati a ricordi un po' dolorosi.

"Aveva passato una vita a farsi picchiare da Dudley e angariare da zia Petunia e da zio Vernon; se fosse stato veramente un mago, perché non si erano trasformati in rospi verrucosi ogni volta che avevano cercato di rinchiuderlo nel ripostiglio? Se una volta aveva sconfitto il più grande stregone del mondo, come mai Dudley lo aveva sempre preso a calci come un pallone?"

Volevo tanto andare lì ed abbracciarlo, rassicurarlo. Perché, seppure fossi una strega, non riuscivo a trovare un modo per catapultarmi lì?

"«Hagrid» disse tranquillamente, «credo che ti sia sbagliato. Secondo me è impossibile che io sia un mago».

Con sua grande sorpresa, Hagrid ridacchiò.

«Non sei un mago, eh? Senti un po': non ti capita mai di far succedere qualcosa, quando ti spaventano o ti fanno arrabbiare?»

Harry fissò il fuoco. Ora che ci pensava... tutte le cose strane che mandavano gli zii su tutte le furie erano sempre accadute quando lui, Harry, era turbato o arrabbiato... Quando era inseguito dalla ghenga di Dudley, chissà come, si ritrovava sempre fuori tiro... Quando aveva avuto paura di andare a scuola con quel ridicolo taglio di capelli era riuscito a farseli ricrescere... E poi, l'ultima volta che Dudley lo aveva picchiato non si era forse preso la rivincita, senza neanche rendersene conto? Non gli aveva aizzato contro un boa constrictor?

Harry tornò a guardare Hagrid con un sorriso, e si accorse che il gigante glielo ricambiava apertamente.

«Visto?» disse Hagrid. «Harry Potter non è un mago? Aspetta e vedrai: presto sarai famoso, a Hogwarts!»

Ma zio Vernon non era intenzionato a cedere senza dar battaglia."

- Uffa - borbottai - e ti pareva? -

- Che vorrà ancora? Non spererà mica di fermare Hagrid - disse Remus ridacchiando tra sé e sé al solo pensiero.

- Povero illuso - aggiunse Black.

"«Mi pareva di averle detto che il ragazzo non ci va, in quel posto» sibilò. «Andrà a Stonewall e dovrà anche ringraziarci. Ho letto tutte quelle lettere in cui chiedono un mucchio di stupidaggini... libri di incantesimi, bacchette magiche...»

«Se lui vuole andarsene, neanche un grosso Babbano come te riuscirà a fermarlo» ringhiò Hagrid. «Impedire al figlio di Lily e James Potter di andare a Hogwarts!"

- Evvai - gioì - Hagrid sa il fatto suo -

"Roba da pazzi!"

- Beh, loro sono pazzi, quindi ci sta - commentò Potter.

In effetti non aveva tutti i torti, tutta quella "normalità" era da fuori testa.

"Il suo nome è scritto da quando è nato. Frequenterà la migliore scuola di stregoneria e sortilegio del mondo. Sette anni laggiù e non si riconoscerà più neanche lui. Starà insieme a giovani della sua specie, tanto per cambiare, sotto il più grande direttore che Hogwarts ha mai avuto, Albus Silen...»

«IO NON INTENDO PAGARE PERCHÉ UN VECCHIO PAZZO STRAVAGANTE GLI INSEGNI QUALCHE MAGIA!» urlò zio Vernon.

Ma aveva superato ogni limite. Hagrid aveva afferrato l'ombrello e lo stava facendo roteare sopra la testa. «MAI ...» tuonò «INSULTARE - ALBUS - SILENTE - DAVANTI - A - ME!»

Sferzando l'aria con l'ombrello, lo puntò contro Dudley: ci fu un bagliore di luce violetta, un rumore come di petardo e un acuto squittio. Un attimo dopo, Dudley ballava con le mani serrate sul grosso deretano, ululando di dolore. Quando volse loro le spalle, Harry vide un codino arricciato da maialetto che gli spuntava da un buco nei pantaloni."

Tutti ridevano di gusto, io, al contrario, non lo trovavo affatto buffo.

- Perché prendersela con il bambino? - domandai.

- Perché è spocchioso, arrogante e viziato, nonché insopportabile come il resto della sua patetica famigliola - mi rispose con ovvietà Black.

- Se la prendesse con quel Vernon allora, o con mia sorella, sono loro quelli insopportabili che hanno reso ad Harry la vita impossibile -

- Il loro figlioletto non scherza, Evans -

- D'accordo Potter, ma lui è così per colpa dei genitori, per come l'hanno cresciuto. È solo un bambino, come lo è Harry, hanno la stessa età! -

- Ma lui è diverso, non è così -

- Perché è cresciuto in modo diverso, senza dei genitori pronto a viziarlo. Poi la discussione era con il padre e non con lui -

- Hagrid ha fatto quel che ha fatto, non ha importanza - tagliò corto Black - se lo meritava per me -

Non potevo essere più in disaccordo con lui di così.

"Zio Vernon emise un ruggito. Spinti zia Petunia e Dudley nella stanza accanto, gettò un ultimo sguardo terrorizzato a Hagrid e si sbatté la porta alle spalle.

Hagrid guardò l'ombrello e si stropicciò la barba.

«Non dovevo dar di matto» disse con aria dolente. «Ma tanto, non ha funzionato. Volevo trasformarlo in un maiale, ma gli assomiglia già tanto che il lavoro da fare non era molto»."

Altre risate.

- Non è affatto divertente - affermai indignata - Meno male che mi foglio ha il buonsenso di non ridere a queste buffonate, almeno lui... -

- Sei una guastafeste, Evans -

- Felice di esserlo se questa è la tua idea di divertimento, Black -

"Gettò uno sguardo in tralice a Harry da sotto le sopracciglia cespugliose.

«Che non ti scappi con nessuno, a Hogwarts, eh?» disse. «Ehm... vedi, secondo la regola, io non dovrei fare magie. Mi è stato permesso di farne qualcuna, ma solo per seguire te e per portarti le lettere e robe del genere... e questa era una delle ragioni per cui desideravo tanto ricevere questo incarico»."

- Visto? Avevamo ragione! - mi fece notare Remus.

- Io vorrei sapere anche il perché - gli ricordai.

- Beh, forse è scritto proprio qui -

"«Perché non ti è permesso fare magie?» chiese Harry."

- Infatti... - continuò Remus.

"«Oh, be', sai... anch'io un tempo frequentavo la scuola di Hogwarts, ma... ehm... per dirla tutta, sono stato espulso. Al terzo anno. Mi hanno spezzato la bacchetta magica a metà, eccetera eccetera."

- Quindi era per questo! -

- In realtà sì - mi rispose Potter - La versione che sveva raccontato a noi era un po' più dettagliata, ma essenzialmente non sappiamo nient'altro in più -

"Ma Silente mi ha permesso di rimanere come guardiacaccia. Grand'uomo, Silente!»

«E perché sei stato espulso?»

«Mi sa che si fa tardi e domani abbiamo un mucchio di cose da fare» disse Hagrid alzando la voce. «Dobbiamo arrivare in città, comprare i libri e tutto il resto».

Si tolse di dosso il pesante pastrano nero e lo gettò a Harry.

«Puoi coprirti con questo» disse. «Non ti preoccupare se lo senti muovere un po'. Credo che in una delle tasche sono rimasti un paio di topolini»."

 

 

 

 

*Mi riferisco al fatto degli Animagus. Non sono sicura che si capisca quindi lo specifico.

 

** Vi ricordate quel discorsetto tra Lily e James?

 

*** Non sono completamente sicura che "stupenderrimo" esita davvero come termine, ma l'ho inserito lo stesso perché, malgrado tutto, si trattava di un dialogo e (secondo me) ci stava. Quando parlo io storpio e invento tantissime parole di proposito, quindi perché non far dire qualcosina di insensato anche a James?

 

 

 

 

Angolo autrice:

Ehm... Non so se voi mi definite più tale. Tecnicamente un'autrice, per essere tale, dovrebbe scrivere, no? Roba che io non faccio da un po'. E immagino che sia patetico anche chiedervi scusa, ma io ci provo lo stesso: SCUSATEMI immensamente, seriamente, mi dispiace! Scusate ancora... :'(

Ma la volete sapere una cosa bellissima?

Tutti: no!

Suvvia, questa vi piacerà! Udite udite: la scuola è finalmente finta *-* (mi spiace per chi ha gli esami ahahahah). Maggio e i primi di giugno sono stati terribili... Ora sono iniziate le vacanze il che vuol dire sole, mare e libertà *-* non c'è gioia più grande per uno studente!

Come sempre aspetto le vostre opinioni su questo capitolo: finalmente arriva Hagrid! Questo è uno dei miei pezzi preferiti della saga, spero di averlo reso al meglio, voi che ne pensate? C'è qualcosa che non va? A me, in alcuni pezzi, non convince molto, tuttavia lascio a voi il giudizio finale :')

Fatemi sapere, mi raccomando e, come ogni volta, per qualsiasi cosa io sono a vostra disposizione, quindi scrivete pure :)

Un abbraccio a tutti voi,

Hij

 

PS: Visto che leggono sempre nello stesso pomeriggio, mi sempre superfluo ribadire la data :)

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** 8th ***


- Un altro capitolo? - chiesi speranzosa.

Non avevo la minima intenzione di interrompere la lettura proprio adesso, affatto! Per mia fortuna acconsentirono.

- Solo se leggo io però - specificò Black prendendo il tomo.

- Ragazzi perché non abbandoniamo le poltrone e non co siamo sul tappeto attorno al fuoco? - proposi - stiamo più vicini così -

- Certo - acconsentì Remus.

Prendemmo ognuno un cuscino dai nostri divanetti e lo adagiammo a terra, sopra il morbido tappeto bianco che ornava la stanza. Il calore del fuoco era più avvolgente stando così vicini, un piacevole tepore di abbracciava dolcemente mentre le fiammelle danzavano davanti ai miei occhi. Tutti eravamo più vicini, più uniti, e questo in qualche misterioso modo non faceva altro che aumentare quel gradevole abbraccio caldo. Era una tra le migliori idee che il mio cervello avesse partorito di recente, questo era sicuro.

"Capitolo 5

Diagon Alley"

Iniziò Black solennemente, con fare pomposo come se stesse leggendo un antico trattato di inestimabile importanza.

"Il mattino dopo, Harry si svegliò di buon'ora. Benché si rendesse conto che era giorno fatto, tenne gli occhi ben chiusi.

«È stato tutto un sogno» si disse con fermezza. «Ho sognato che un gigante di nome Hagrid è venuto a dirmi che avrei frequentato una scuola per maghi. Quando aprirò gli occhi mi ritroverò a casa dentro lo sgabuzzino»."

- Che pessimista! - esclamò Potter.

- Sì, come se tu non ti crei mai complessi mentali - lo canzonó Black.

Lui si volto verso l'amico, era visibilmente imbarazzato e aveva l'aria di volerlo strangolare a un momento all'altro. Remus, naturalmente, se la rideva.

- Ehi! - protestò il diretto interessato.

- Mi spiace dirlo Ramoso, ma Felpato ha pienamente ragione questa volta - sghignazzò Remus.

- Lunastorta che concorda con me? Questo momento passerà alla storia! -

- Quando le cose son vere... - disse il ragazzo facendo le spallucce.

- Oh, ma smetterla tutti e due, state esagerando! -

Potter sembrava indispettito. Quel che dicevano stonava così tanto con l'immagine da tipetto spavaldo che avevo di lui, che non credevo alle parole dei due. Di sicuro di trattava di uno scherzo per canzonare il loro suscettibile amico.

- Davvero? - fece Black guardando l'amico con aria di sfida - Devo forse raccontare a tutti di quanto ci rompi le scatole ogni volta che... -

Il poverino non terminò neppure la frase che Potter gli balzò subito addosso, con le mani pronte a tappare la bocca dell'amico che si dimenava per liberarsi della presa.

- Zitto, zitto cagnaccio! - continuava a ripetere.

Aveva le guancie leggermente arrossate e l'aria di uno che avrebbe voluto solo sparire e trovarsi via di lì. Peccato che non fosse possibile smateriallizarsi entro i confini di Hogwarts e che il suddetto ragazzo non potesse diventare invisibile di colpo.

Dalla sua reazione così esagerata dedussi che sì, forse quel che dicevano Remus e Black doveva esser vero.

Remus li lasciò accapigliare per un po', intervenendo solo quando la situazione era ormai degenerata.

Black si risistemò un po', per poi tornare tranquillamente balla lettura, come se quello screzio fosse di normale amministrazione.

"D'un tratto si senti bussare forte."

- Dove? - chiese Potter - Devo essermi perso qualcosa... - continuò leggemente confuso.

Black controllo le righe precedenti.

- Nulla, non lo dice proprio -

- Beh, ma allora va avanti - lo riprese Potter.

- Lo farei se una certa persona si degna di lasciarmi leggere in pace - rispose alzando gli occhi al cielo.

"«Ecco zia Petunia che bussa alla porta» pensò Harry con il cuore che gli si faceva piccolo piccolo. Ma continuò a tenere gli occhi chiusi. Era stato un sogno così bello!

Toc. Toc. Toc.

«E va bene» borbottò Harry, «mi sto alzando».

Si mise seduto e il pesante pastrano di Hagrid gli cadde di dosso. La catapecchia era tutta illuminata dal sole, la bufera era passata;"

- Bussano alla catapecchia, contento dell'informazione? - gli disse Black.

- Poi sarei io quel che ti interrompe... Fai tutto da solo! -

- Mi sono interrotto per rispondere alla stupida domanda che hai atto prima, mio caro -

- Se era così stupida, perché ti sei preso la briga di rispondemi? -

- Ragazzi - li chiamai, interrompendo la loro farsa.

Ero assolutamente certa che non stessero litigando poi veramente, quel giochetto di battibeccare e punzecchiarsi un po' a caso lo facevamo anche io e Mary, ci divertiva.

- Com'è possibile che qualcuno bussi lì dopo la bufera della motte precedente? - continuai esponendo i miei dubbi.

- Il libro dice che è passata... -

- Sì, lo so Black, mi sembra comunque poco plausibile che qualcuno si sia messo in mare per raggiungerli -

Lui alzò le spalle e mormorò:

- Troppo paranoica! Capisco ora cos'ha in comune con Ramoso... -

Dopodiché mi ignorò bellamente.

"Hagrid, in carne e ossa, dormiva sul divano sfondato, e un gufo raspava con gli artigli alla finestra, tenendo un giornale nel becco."

- Quindi era il gufo a bussare! - esclamai come se si fosse appena accesa una lampadina nella mia mente - Certo, è molto più logico... -

"Harry scattò in piedi, ed era talmente contento che si sentiva leggero come un palloncino. Andò alla finestra e la spalancò. Il gufo volò dentro e lasciò cadere il giornale su Hagrid, e poiché non si svegliava, cominciò a svolazzare sul pavimento beccando il suo soprabito.

«Non fare così».

Harry cercò di scacciarlo con la mano, ma quello batté il becco con aria feroce e continuò a infierire sul mantello."

- Pagalo - disse semplicemente Black.

Già, peccato che, essendo vissuto con dei Babbani, lui non lo sapesse.

- Certe cose non sono ovvie proprio per tutti - gli feci notare solo.

- È un gufo, ha portato il giornale, che cosa mai potrebbe volere? È logico -

- L'unica cosa logica, Black - ribattei - è si alla di smetterla di pensare da mago e capire che il mondo per i Babbani funziona in modo leggermente diverso -

Era la milionesima volta che lo facevo notare, ma loro puntualmente davano tutto per scontato. Essere cresciuti immersi nella magia aveva i suoi pro e contro.

"«Hagrid!» disse Harry a voce alta. «C'è un gufo!»

«Pagalo» grugnì Hagrid dal divano."

- Vai! Visto, Evans? Anche Hagrid l'ha detto - disse Black tutto contento.

Mi passai la mano sulla fronte. Era un ragazzo impossibile. Lui, vedendo la mia reazione, mi fece una smorfia e allora tutta la mia serietà crollo e scoppiai a ridergli in faccia.

- Sei troppo buffo quando fai così -

- Come, così? - mi domandò retoricamente.

Poi fece una faccia ancora più strana di quella di prima. Non si poteva rimanere seri accanto a quel ragazzo, aveva l'incredibile capacità di smorzare la tensione con un semplice gesto.

- Dai, dai su, sennò non finiamo più - tagliò corto Potter, interrompendoci.

"«Come?»

«Bisogna pagarlo per la consegna del giornale. Guarda nelle tasche».

Sembrava che il pastrano di Hagrid fosse fatto soltanto di tasche. Mazzi di chiavi, proiettili per fionda, gomitoli di spago, mentine, bustine di tè... finalmente, Harry tirò fuori una manciata di monete dall'aspetto strano."

- Le monete babbane sono così diverse? - mi chiese Potter guardandomi.

- Che domanda pateticamente stupida- commento acidamente Severus - Ovviamente sono diverse -

Lo fulminai con lo sguardo. Con tutte le stupidaggini che erano uscite fuori, una curiosità sulle monetine non era certo la cosa peggiore!

- Ho un po' di soldi babbani su nel dormitorio, nascosti chissà dove. Ti stupiresti nel vederli, se sono sicura - gli risposi dolcemente, ignorando il commento del mio ex amico.

Potter accettò la proposta entusiasta. Severus sveva l'aria di essersela persa un po', ma non mi importava. Non più. Non sapendo che a lui non importava affatto di me. Non sapendo che mi considerava una misera Sanguesporco, ovvero tutto ciò che quelli come lui disprezzavano di tutto cuore.

"«Dagli cinque zellini» disse Hagrid con voce assonnata.

«Zellini?»

«Le monetine di bronzo»."

La voce di Black risuonava nella stanza, ma io ero troppo persa nei meandri della mia mente per percepirla davvero.

Alla fine, non potevo fingere fino in fondo, non con me stessa almeno. C'era sempre una parte di al quale importava, quella piccola parte del mio cuore dolcemente ancorata ai ricordi del passato, ma era seppellita e chiusa ben bene. O almeno lo credevo. O almeno lo speravo.

"Harry contò cinque piccole monete di bronzo e il gufo allungò la zampa per consentirgli di mettere il denaro in un borsellino di cuoio che vi portava legato. Poi volò via dalla finestra aperta.

Hagrid sbadigliò rumorosamente, si mise seduto e si stiracchiò.

«Meglio che andiamo, Harry, abbiamo un sacco di cose da fare, oggi: dobbiamo arrivare a Londra e fare gli acquisti per la scuola».

Harry si stava rigirando tra le mani le monete magiche e le osservava. Gli era appena venuto in mente un pensiero che lo fece sentire come se quel palloncino di felicità gli si fosse bucato."

- Ma cosa c'è ancora? - chiese Potter con un filo di disperazione.

- Possibile che ci siano sempre problemi con questa storia? - fece notare Remus.

Non potevo essere più d'accordo con lui. Iniziavamo bene in questo modo!

"«Ehm... Hagrid?»

«Che cosa c'è?» chiese Hagrid mentre si infilava gli enormi stivali.

«Io non ho soldi... e hai sentito zio Vernon, ieri sera... Lui non tirerà fuori una lira perché io frequenti la scuola di magia»."

Fui un attimo presa dal panico.

- È vero! - constatai.

Lui non aveva un soldo, come avrebbe fatto? Avrebbero trovato una soluzione, Silente era in gamba, in questi casi non potevano chiudere un occhio e aiutarlo loro?

- Troverà qualcuno ad aiutarlo - mi rassicurò Remus.

Ma Harry non conosceva nessuno. Decisi di non pensarlo, sarebbe stato peggio. Anche se fossi morta dalla preoccupazione non avrei potuto far nulla, non sarebbe cambiato nulla. Era triste, ma era anche la realtà dei fatti.

"«Che ti preoccupi?» rispose Hagrid alzandosi e grattandosi vigorosamente la testa. «Pensi che i tuoi genitori non ti hanno lasciato niente?»"

Ringraziai la futura provvidenza.

- Vero - esclamò ad un tratto Potter - il conto della mia famiglia! È ovvio che lui avrebbe ereditato tutto, quella camera alla Gringott è riservata a noi Potter da generazioni - continuò con tono saccente.

- Ma potevi anche ricordarti un po' prima - lo rimproverai, memore del breve spavento di poco prima.

- Lo stesso vale per te, Evans - mi rispose.

- Non capisco - ammisi guardandolo con aria interrogativa.

- Il conto alla Gringott, tutti i maghi ne hanno uno. Potevi ricordati prima anche tu del tuo - mi spiegò con semplicità.

- Ovvio che un conto anch'io, solo non nella banca dei maghi, i miei sono Babbani se ben ricordi -

- Giusto, giusto - mi diede ragione - era così scontato per me che... -

- Sta tranquillo - lo interruppi, era logico che lui pensasse a quel modo.

Impulsivamente non pensava che io ero stata cresciuta da Babbani. Sinceramente, circondata da tutta quella magia, spesso me ne scordavo anche io: Hogwarts rappresentava io mio mondo ora.

"«Ma se la loro casa è andata distrutta!»

«Non tenevano mica l'oro in casa, ragazzo! Allora, prima fermata alla Gringott. La banca dei maghi. Acchiappa una salsiccia; fredde non sono niente male... e non mi dispiacerebbe neanche una fetta della tua torta di compleanno».

«Esistono banche dei maghi?»"

- Ovvio, il mondo magico come potrebbe funzionare senza? - chiese retoricamente Black.

"«Una sola, la Gringott. Sono i folletti che se ne occupano».

Harry lasciò cadere il pezzo di salsiccia che aveva in mano.

«Folletti?»"

- Folletti? * - esclamai con sorpresa in contemporanea.

Non ero mai stata alla Gringott (e perché mai avrei dovuto?), non sapevo come funzionassero le cose lì, ma dei folletti? Sebbene fossi abituata alle stramberie del mondo magico, questa mi giungeva nuova.

- Chi altro mai potrebbe controllare i soldi dei maghi se non i folletti? - mi chiese Black.

- I maghi, forse? Tra i Babbani funziona così -

- Ma non sei mai andata lì per cambiare i soldi babbani con i nostri? - mi domandò Remus, curioso.

- Beh, in effetti no - gli risposi - il primo anno provvide Silente al cambio e, quando mi spiegò di Hogwarts, mi spiegò anche come funzionassero i soldi dei maghi. Gli altri anni mi ha sempre aiutato i genitori di Mary per il cambio. Non sono mai entrata lì -

- Ma bisogna rimediare - disse Potter afferrandomi il braccio preso dalla frenesia - Devi vedere la Gringott, è meravigliosa! -

Il braccio era stretto come se volesse trascinarmi in quel momento stesso.

- È solo una banca - minimizzai, cercando di fare cadere l'argomento.

- Solo una banca? - mi rispose Potter sbalordito.

Io, dal mio canto, non capivo il motivo di cotanto scalpore.

- Sai che si dice che all'interno, a bada di alcune camere, ci siano anche dei draghi? - iniziò lui a spiegarmi.

- Draghi? - gli feci eco io.

Sicuramente il ragazzo stava vaneggiando in un vano tentativo di impressionarmi. Sì, non c'erano dubbi.

- Certo, Evans! Una volta ne ho intravisto uno io stesso, ti ricordi, Sir? -

- Certo, è stata una cosa impressionante - gli diede manforte lui - Poi ricordi degli incantesimi e trucchetti? -

L'amico annuì e insieme si fiondarno in una dettagliata descrizione delle bellezze di quella banca. Alcune erano così assurde che stentavo a credere fossero vere, potevo credere ai folletti come direttori, ma alle alte stranezze no di certo. Quando tuttavia cercavo lo sguardo di Remus per avere un dissenso, lui confermava la versione dei due. Anche il Malandrino più affidabile mi stava abbindolando? Avrei certamente controllato successivamente, fidandomi in biblioteca o, più semplicemente, avrei chiesto a Mary.

In quel momento mi limitai ad annuire, cercando di apparire quanto più convinta possibile, o perlomeno interessata.

Dopo che la spiegazione si fu esaurita, con la mia immensa gioia potemmo proseguire.

"«Si... E bisogna essere matti per tentare una rapina, te lo dico io. Con i folletti non si scherza. La Gringott è il posto più sicuro del mondo, se vuoi mettere qualcosa al sicuro... tranne Hogwarts, forse. Ora che ci penso, alla Gringott ci devo andare in tutti i modi. Per Silente. Questioni che riguardano Hogwarts». Hagrid gonfiò il petto tutto fiero. «In genere lui mi manda a fare le sue commissioni importanti. Venire a prendere te... portargli certe cose dalla Gringott... Sa che di me si può fidare, capisci?

«Hai preso tutto? Allora andiamo» disse poi.

Harry seguì Hagrid fuori, sullo scoglio. Ora il cielo era terso e il mare luccicava sotto il sole. La barca che zio Vernon aveva preso in affitto era ancora lì, piena d'acqua per via del temporale.

«Come hai fatto ad arrivare fin qui?» chiese Harry guardandosi intorno in cerca di un'altra barca."

- Povero ingenuo, come se un mago si servisse di una misera imbarcazione - commentò Severus.

- Imparerà presto a destreggiarsi nel mondo magico - risposi io con fermezza.

"«In volo» rispose Hagrid.

«In volo?»"

- Imparerà presto a spostarsi solo in volo. Diventerà bravo quasi quanto me - aggiunse Potter, riferendosi a ciò che avevi detto io precedentemente.

- Diventerà un bravo giocatore di Quidditch - concordò Black con mio sommo orrore.

Sperai vivamente di no, basta e avanzava Potter come ossessionato con quel gioco.

"«Sì. Ma per tornare indietro useremo questa. Ora che sono con te, non devo fare magie».

Presero posto nella barca. Ma Harry continuava a guardare Hagrid, cercando di immaginarlo volare."

- Beh, sì, risulta difficile anche a me - concordò Black.

- Voi l'avete mai visto? - chiesi curiosa, immaginandomi già la stramba scenetta.

- No, purtroppo no - mi rispose Remus - la prossima volta che lo andiamo a trovare glielo chiedo però - aggiunse ridacchiando.

- Quell'essere non riuscirebbe a staccarsi neanche di un millimetro da terra se pur lo volesse - disse Regulus sprezzante.

Lo guardai storto, il suo tono non mi piacque affatto. Hagrid era una persona talmente buona, che non aveva il diritto di rivolgersi a lui così. Lui, che il significato della parola bontà forse neppure lo conosceva.

- Con tutta la tua boriosità invece, io dubito che tu sia capace di librarti molto in alto - ribattè il fratello acidamente.

- La solita invidia che caratterizza chi è ormai la seconda scelta. Sei tu quello che toppa in ogni cosa che fa, non io. Anche nel Quidditch io sono sempre un passo davanti a te - rispose lui, altezzoso.

L'atmosfera era gelida, la rivalità tra i due elevata.

- Un passo in avanti verso il fallimento. Sei così idiota da non renderti conto di essere diventato una marionetta, manipolato da una causa più grande di te, coinvolto e immerso fino al collo in una situazione della quale non hai la benché minima consapevolezza. Perché la tua testa è vuota, dentro rimbomba solo un'eco degli sciocchi ideali che ti sono stati inculcati nel tempo. Sono la seconda scelta per la tua amata famigliola? Bene, almeno io sono me stesso. Almeno io ragiono con quella che è la mia testa. Almeno ho l'onore di poter essere Sirius e basta, non il rampollo della casata di quei matti -

Black, o meglio 'solo Sirius', era esausto. Quel breve discorso contro il fratello pareva averlo svuotato di tutte le sue forze. Gli occhi gli brillavano, carichi di tutta la rabbia e di brutte le emozioni di cui era in balia in quel momento.

Regulus non gli rispose. A quanto avevo avuto modo di osservare, non ribatteva spesso alle accuse mosse del fratello maggiore. Il tono aggressivo di quest'ultimo, poi, aveva lasciato a ben poche repliche. Perfino a me si era accapponata la pelle, benché fossi estranea a quel discorso.

Potter e Remus fissavano intensamente l'amico preoccupati. Si erano fatti più vicini, come a fargli percepire il loro supporto, per fargli capire che loro erano lì, vicini a lui e non si sarebbero mossi.

L'altro era da solo, ostentava una maschera di gelida indifferenza, come se tutto quello non l'avesse neppure sfiorato. Ma, si sa, non tutte le maschere riescono alla perfezione, alcune svelano ad occhi attenti quel che vogliono celare. Regulus non mi avrebbe ingannato.

- Beh, Ramoso, hai perso la voce o d'un tratto non sai più leggere? - gli chiese cercando di ricomporsi e sfoggiando un sorriso all'amico.

Lui e Remus lo guardarono, non del tutto convinti. Capirono però le sue intenzioni, voleva smorzare quella pesante atmosfera e cancellare la precedente sfuriata , che se nulla fosse accaduto. Qualsiasi cosa fosse successa, ne avrebbero certamente discusso dopo tutti e tre, o forse quattro contando Minus, in separata sede.

Potter gli sorrise di rimando, facendogli intendere che, sì, lo aveva capito.

"«Che seccatura dover remare, però» disse Hagrid lanciando a Harry un'altra delle sue occhiate in tralice. «Io cerco di fare un po' più in fretta; ti va di non dire niente, quando saremo a Hogwarts?»

«Certo che sì» disse Harry, che non vedeva l'ora di assistere ad altre magie."

- Come offrire delle caramelle ad un bambino -

- Sicura, Evans? -

Perché Potter mi doveva sempre contraddire?

- Io credo che la magia sia meglio - continuò lui.

Annuì sorridendo. Beh, alla fine non aveva tutti i torti, la magia aveva un fascino inimitabile che neppure i dolciumi, per quanto fantasticamente buoni, fantastici e deliziosi fossero, potevano eguagliare.

"Hagrid estrasse di nuovo l'ombrello rosa, lo batté due volte sulla fiancata della barca e partirono verso terra a tutta velocità.

«Perché ci sarebbe da esser matti a organizzare una rapina alla Gringott?» chiese Harry.

«Magie... incantesimi» disse Hagrid, sfogliando il giornale mentre parlava. «Dicono che a guardia delle camere blindate ci sono dei draghi."

- Visto, Evans? Visto? Proprio come dicevo io. Io l'ho visto il drago, per davvero! - si vantò Potter.

- Peccato che non ti abbia dato fuoco, sarebbe stato molto più interessante - replicai divertita.

"E poi bisogna trovare la strada... Vedi, la Gringott si trova centinaia di chilometri sotto Londra. Molto più giù della metropolitana. Anche se riesci a mettere le mani su un bel bottino, prima di rivedere la luce fai a tempo a crepare di fame»."

- Con un dedalo di cunicoli così io mi sono abilmente liberato dalle grinfie di quel drago - esclamò sporgendo il petto in fuori, come se fosse un valoroso.

Remus soffocò una risata - E il messer Potter sconfisse l'orrida bestia e sposò la principessa rinchiusa nel castello -

Potter lo guardo interrogativo.

- Ma come parli, Lunastorta? Poi io una principessa la sposerò per davvero, è scritto qui - disse indicando il tomo adagiato sulle sue gambe.

Io arrossì La Lily del futuro, ovvero la suddetta principessa, dovrebbe essere impazzita per sposare un idiota del genere.

- Un giorno James ti leggerò una bella favola, ok? - propose Remus, decidendo saggiamente di sorvolare sull'ultima parte del discorso.

- Va bene - accettò titubante - ma che c'entra? -

- Lo capirai, lo capirai... -

"Harry continuava a pensare a tutte queste cose mentre Hagrid leggeva il giornale, La Gazzetta del Profeta. Zio Vernon gli aveva insegnato che alla gente piace essere lasciata in pace quando legge il giornale, ma era molto difficile farlo, perché non gli si erano mai affollate in mente tante domande in vita sua.

«Il Ministero della Magia combina sempre guai, come al solito» borbottò Hagrid girando pagina.

«Esiste un Ministero della Magia?» chiese Harry, incapace di trattenersi.

«Certo» rispose Hagrid. «Naturalmente, come ministro volevano Silente, ma lui non lascerebbe mai Hogwarts, e cosi l'incarico è andato al vecchio Cornelius Caramell."

- Chi? - chiese Remus

- Non lo mai sentito - ammisi.

- Per me questo nome non è nuovo, ma non riesco a ricordare chi sia - disse Potter.

- A me, dal nome, sembra invece un cretino. Se ci fosse stato Silente, lì sì che ne avremmo viste di belle - concluse Black.

"È pasticcione come pochi: perciò, tutte le mattine intruppa Silente di gufi, per chiedere consigli»."

- L'avevo detto io -

- Perché Silente non ha accettato? -

Sarebbe stato sicuramente in grado di gestire il Ministero, era gnomo brillante dalle mille risorse, era sicuramente la persona più adatta.

- Silente è legato alla scuola - mi rispose Potter.

- Questo non lo mettiamo in dubbio, ma è un incarico talmente importante! Questo lascia perplesso perfino me - disse Remus.

- Forse il potere non è per tutti l'ambizione più grande - intervenne Black.

- Qui non su tratta solo di potere - feci notare loro - ma delle sorti del mondo della magia. Non può essere retto da degli inetti. Dietro le quinte, ad ogni modo, troviamo sempre lui -

- Ogni volta che parliamo di politica includiamo il potere, necessariamente - mi fece notare Black - Silente sta bene qui dov'è adesso, fidati di me -

Non lo riuscivo a capire a pieno, Silente sarebbe stato un ministro a dir poco perfetto! Decisi però di sorvolare, discutere ancora co avrebbe solo fatto perdere altro tempo inutilmente

"«Ma che cosa fa il Ministero della Magia?»

«Be', il compito più importante è non far sapere ai Babbani che in giro per il paese ci sono ancora streghe e maghi».

«E perché?»"

- Ma non è ovvio? Già immagino la calca di Babbani intenti a chiedere un incantesimo perfino prendere un barattolo di marmellata da uno scaffale un po' più in alto - ironizzò Remus.

- O a chiederci di sventolare le bacchette per allaccia egli le scarpe - continuò Potter.

- E per soffiargli il naso gocciolante - concluse l'alto Malandrino divertito.

Io arrossii sotto gli occhi di Severus che fissava prima ne poi i Malandrini divertito. D'altronde io stessa avevo posto quella stessa stupida domanda a lui anni prima, non intuendo la risposta. Adesso era alquanto imbarazzante ricordarlo. Sperai con tutta me stessa che lui tenesse la bocca chiusa, o sarebbe stato peggio.

"«Perché? Ma dài, Harry, perché tutti allora vogliono risolvere i loro problemi con la magia. No, è meglio che non ci immischiamo».

 

Harry ed Hagrid raggiunsero la metropolitana, mentre gli occhi di tutti i passanti erano fissi ad osservare il gigante che raccontava al ragazzo il suo vecchio sogno di avere ed allevare un drago. Hagrid, poi, consegnò ad Harry la lettera con su scritto tutto l'occorrente per Hogwarts.

 

SI RICORDA AI GENITORI CHE AGLI ALLIEVI DEL PRIMO ANNO NON È CONSENTITO L'USO DI MANICI DI SCOPA PERSONALI."

- Che regola ingiusta - si lagnò Potter - avrebbero dovuto abolirla da secoli! -

- Guarda che Harry non avrebbe fatto nulla comunque, non è mai salito su di una scopa, dovrà aspettare le lezioni per iniziare - gli feci notare.

- In effetti io parlavo di me! L'avrei potuto portare la mia scopa, avrei fatto da subito vedere a tutti di che pasta sono fatto! - continuò a lamentarsi lui.

- Ma guarda tu che pallone gonfiato - borbottai.

- E anche quella assurda regola che vieta ai primi di entrare in squadra. Io sarei stato un giocatore provetto -

- Scendi dal piedistallo, Ramoso - lo canzonò scherzosamente l'amico.

- Invece è una regola giusta - ribattei con fermezza - non tutti sono cresciuti da maghi, non tutti sanno volare all'inizio. Non è giusto avvantaggiare una categoria di studenti a prescindere -

- Ma la maggior parte di loro continuerà comunque a non sapersi alzare per più di venti centimetri da terra senza finire in infermeria! -

- Quindi stai praticamente includendo tra questi anche tuo figlio. O mi sbaglio, Potter? -

Ci pensò un po' su, scavando nel suo cervellino per trovare una scappatoia che lo rendesse il vincitore di questa piccolo dibattito.

- Lui è mio figlio, avrà sicuramente ereditato il mio magnifico talento. Ovviamente sarà tra i migliori - disse alla fine.

- Sperando che non voli come la Evans - scherzò Black.

- Ehi, io me la cavo! - risposi piccata.

- Non ci provare, Evans - replicò Potter - ricordiamo tutti le lezioni del primo anno - concluse con fare allusivo.

Io arrossii. Era vero, il primo anno ero una frana, una totale imbranata, ma si migliora con il tempo, no?

- Ti stupiresti di cosa so fare, Potter -

Un paio d'anni fa io e Mary facemmo un patto: lei mi avrebbe insegnato a volare, io le avrei spiegato come giocare a scacchi, poiché ero imbattibile. Alla fine imparai più che bene e scoprii anche che il volo mi rilassava. Quella sensazione di libertà, il vento tra i capelli, quella pace e quella tranquillità erano qualcosa di unico.

- Sì? Bene, in questi giorni dimostramelo. Guarda, ti cedo anche il mio manico di scopa - propose.

- James Potter - lo chiamò Remus allarmato - sei sicuro di sentirti bene? -

- Mio caro Lunastorta, è per una buona causa che lo faccio -

- Comunque ci sto - accettai, ansiosa di dimostrare quanto valessi.

Loro, similmente, sembravano altrettanto soddisfatti di questa mia promessa.

"«Si può comprare tutto a Londra?» si chiese ad alta voce Harry.

«Sì, se uno sa dove andare» rispose Hagrid.

Harry non era mai stato a Londra. Per quanto fosse chiaro che Hagrid sapeva dove stava andando, era altrettanto ovvio che non era abituato a girare per la città come un comune mortale. Rimaneva incastrato nei tornelli della metropolitana, e si lamentava ad alta voce che i sedili delle vetture erano troppo piccoli e i treni troppo lenti.

«Non so proprio come fanno i Babbani a cavarsela senza magia»"

- Me lo chiedo sempre anch'io - aggiunse Potter.

- I Babbani hanno messo a punto ingegni che i maghi neppure immaginano, se la cavano benone - gli spiegai.

- Ma sono cose complessissime - ribattè Black.

- Per te che le vedi per la prima volta, forse. E poi solo pochi capiscono il meccanismo che sta alla base degli aggeggi che usano quotidianamente. Non serve molto per farli funzionare - **

- Con la magia sarebbe più semplice - replicò Black, cocciuto.

- Mica tutti gli incantesimi sono così semplici! - gli feci notare.

Molte formule richiedevano anni di studio e buona pratica per poterle attuare, erano tutt'altro che facili.

"...disse mentre si arrampicavano su per una scala mobile sfasciata"

- Le scale mobili, per esempio - gli spiegai - sono scale che salgono da sole -

- Senza essere incantate? - mi chiese Potter, curioso.

- Sì, senza alcuna magia. E ce ne sono tantissime -

Di certo, almeno, avevo catturato la loro attenzione. Un punto a favore del modo babbano, che costituiva comunque una parte di me e della mia infanzia.

"Portava a una strada brulicante di traffico e piena di negozi.

Hagrid era così grosso che riusciva facilmente a fendere la folla; quanto a Harry, bastava che gli si tenesse alle calcagna. Passarono davanti a negozi di libri e di musica, a fast-food e cinema, ma in nessuno pareva si vendessero bacchette magiche. Era una strada qualsiasi, piena di gente qualsiasi."

- Che noia questa Londra, ora capisco perchè non ci sia mai stato -

- Io sì invece, Felpato - disse Potter.

- Ah, davvero? E perché mai? - chiese curioso l'amico.

- Quando ero piccolo - prese a raccontare lui - i miei genitori si fissarono: la volevano a tutti i costi visitare, così mi ci trascinarono. E devo ammettere che non è così male, ma dopo un po' mi stancai, preferivo Diagon Alley. Peccato che i miei genitori non fossero dello stesso parere, camminammo tutta la giornata. Fu da incubo -

- Londra è bellissima - dissi loro - non siete andati nei posti giusti -

- Tu ci sei stata, Evans - mi chiese Black.

- Certo, e una volta ci porterò tutti voi, a Londra - gli promisi - aggiungere alla lista di cose da fare una gita così, tra i Babbani, non può farvi che bene -

- Non male come idea - risposero Potter e Black, di colpo interessati.

"Possibile che sepolti sotto i loro piedi si nascondessero mucchi d'oro appartenenti ai maghi? Possibile che esistessero negozi dove si vendevano libri di incantesimi e manici di scopa? Non poteva essere una burla monumentale architettata dai Dursley? Se Harry non avesse saputo che i Dursley erano privi del benché minimo senso dell'umorismo ci avrebbe quasi creduto; eppure, per quanto incredibile gli sembrasse tutto quel che Hagrid gli aveva raccontato fino a quel momento, Harry non riusciva a non fidarsi di lui.

«Eccoci arrivati» disse Hagrid fermandosi. «Il paiolo magico. Un posto famoso».

Era un piccolo pub, dall'aspetto sordido. Se Hagrid non glielo avesse indicato, Harry non ci avrebbe neanche fatto caso. I passanti frettolosi non gli gettavano neanche un'occhiata."

Loro non riuscivano a vederlo. Prima di iniziare Hogwarts, questo locale fantasma aveva fatto andare di matto me e i miei genitori, fermamente convinti che non ci fosse nulla e che volessi solo prendermi gioco di loro. Io, però, quel locale lo vedevo e iniziavo a chiedermi se non avessi seriamente perso il senno. Quel che ci salvò dal delirio fu una coppietta di maghi piuttosto anziani che varcarono la soglia del locale, attestando la sua reale esistenza. La faccia che fecero i miei genitori allora non aveva prezzo.

"Gli sguardi andavano dalla grossa libreria su un lato della strada al negozio di dischi sull'altro, come se per loro Il paiolo magico fosse invisibile. E infatti, Harry aveva la stranissima sensazione che solo lui e Hagrid lo vedessero. Prima che potesse dire una parola, Hagrid lo aveva spinto dentro.

Per essere un posto famoso, Il paiolo magico era molto buio e dimesso."

Odiavo quel locale, odiavo entrarci, era così lugubre. Dava un'idea completamente opposta rispetto al mondo al di là del muro, lì c'era vitalità ed eccentricità.

"Alcune vecchie erano sedute in un angolo e sorseggiavano un bicchierino di sherry. Una di loro fumava una lunga pipa. Un omino col cappello a cilindro stava parlando al vecchio barman, completamente calvo, che sembrava una noce di gomma. Il sordo brusio della conversazione si arrestò al loro ingresso. Sembrava che tutti conoscessero Hagrid; lo salutarono e gli sorrisero, e il barman prese un bicchiere dicendo: «Il solito, Hagrid?»

«Non posso, Tom, sono in servizio per Hogwarts» disse il gigante dando una grossa pacca con la manona sulla spalla di Harry, al quale si piegarono le ginocchia.

«Buon Dio!» esclamò il barman scrutando Harry. «Questo è... non sarà mica...?»

Nel locale cadde d'un tratto il silenzio; tutti si immobilizzarono.

«Mi venisse un colpo...» sussurrò con un filo di voce il vecchio barman. «Ma è Harry Potter!"

- La nuova celebrità ha avuto il suo debutto ufficiale - sbuffò Severus.

Conoscendolo, la sola popolarità del bambino gli dava su i nervi, come d'altronde lo irritava la popolarità che lo stesso padre vantava in quel momento ad Hogwarts.

- Però - disse Black - che occhio il nonnino -

- Come diamine lo hanno riconosciuto se non l'hanno mai visto in vita loro? L'ultima immagine che dovrebbero avere di lui sarebbe quella di un neonato, no? - considerò Remus.

- In effetti... - concordai.

- Vi è mai passato per la mente l'idea che il ragazzo fosse controllato? - ci disse Severus.

- Oppure hanno notato la fantastica somiglianza con il suo fantastico padre -

- Oh cielo, no - sospirai. Non avrei retto un'altra esternazione del super ego di quel ragazzo - mi piaceva più l'altra versione -

Un Severus soddisfatto annuì sotto lo sguardo contrariato di Potter.

"Quale onore!»

Uscì di corsa da dietro il bancone, si precipitò verso Harry e gli afferrò la mano con le lacrime agli occhi."

Potter leggeva la scena ridacchiando.

"«Bentornato, signor Potter, bentornato!»

Harry non sapeva che cosa dire. Tutti lo guardavano. La vecchia continuava a dar tirate alla pipa senza accorgersi che si era spenta. Hagrid era raggiante.

Ci fu un grande tramestio di sedie, e subito dopo Harry si trovò a stringere la mano di tutti i presenti."

Ora, nessuno tra noi riusciva a trattenersi dal sorridere al sol sentire quelle assurdità , il tono e le risa di Potter erano poi così contagiose!

"«Sono Doris Crockford, signor Potter. Non riesco a crederci! Finalmente la conosco!»

«Sono così orgoglioso, signor Potter, veramente orgoglioso».

«Ho sempre desiderato stringerle la mano... Sono così agitato!»"

- Signor Potter, signor Potter - gli fece eco Black alzandosi per poi inchinarsi di fronte all'amico - non riesco a credere di essere al suo cospetto -

- Ma quale onore - fece Remus alzandosi anche lui - mi può firmare un autografo? -

Potter sorrise affabilmente, mentre si passava una mano tra i suoi capelli scombinati.

- Ti offrirò addirittura qualcosa di meglio: poi passare questi secondi con me medesimo e, udite udite, avrete perfino l'enorme privilegio di respirare la mia stessa aria - concluse tronfio.

Remus mimò uno svenimento, sopraffatto dalla troppa emozione, mentre Black cercava di reggerlo. Purtroppo per entrambi, finirono immediatamente a terra.

- Ma dico, vi sembra il modo di comportarvi? - gli rimoroverai aspramente.

I due cercarono subito di ricomporsi e di tornare seri.

- Siete al cospetto di una celebrità, un minimo di contegno - gli intimai, mantenendo il tono duro che avevo usato prima - mi scusi sua magnificenza, una simil cosa non avverrà più - conclusi convinto dispiacere, rivolta a Potter.

Loro mi guardavano straniti. Avevano davvero creduto che io facessi sul serio all'inizio?

- Non si preoccupi, signorina - mi rispose Potter - potrò facilmente dimenticare questo inconveniente se mi darà un bacio -

Arrossii.

- Hai rovinato tutto proprio sul più bello. Complimenti, Potter -

- Mia casa Evans - mi rispose - il bello sarebbe arrivato dopo -

"«Oh, signor Potter, non so dirle quanto piacere mi fa conoscerla! Mi chiamo Lux, Dedalus Lux».

«Ma io la conosco!» disse Harry, mentre a Dedalus Lux cadeva il cappello a cilindro per l'emozione. «Una volta mi ha fatto l'inchino in un negozio».

«Se lo ricorda!» gridò l'omino guardando tutti a uno a uno. «Avete sentito? Si ricorda di me!»"

- Questa le batte tutte - rise Black.

- Signor Potter, si ricorda anche di me, vero? - fece Remus, ancora seduto scomposto a terra, mezzo addosso all'amico.

- Mhmh - riflettè Potter - non mi sovvien nulla in mente. Non posso mica ricordarmi di tutti, io! -

- L'altro Potter era più simpatico - disse Remus piccato - a lui importava! -

"Harry strinse mani a non finire."

- Vedi? - disse Black rivolto a Potter - È così che dovresti fare anche tu! -

- Prendi esempio da un vero gentiluomo - aggiunse Remus.

- Oh, ma io sono troppo importante per essere un gentiluomo - rispose lui, beccandosi uno scappellotto dall'amico.

"Doris Crockford non la smetteva più di tornare a porgergli la sua.

Si fece largo un giovanotto pallido dall'aria molto nervosa. Aveva un tic a un occhio.

«Professor Raptor!»"

- Rapitor non era quel ragazzetto schizzato che faceva parte dei Corvonero?- chiese Potter.

- Sì - gli rispose Black - ma siamo sicuri che sia lui? Un tipo così, ehm, particolare non me li ci vedrei proprio come professore -

disse Hagrid. «Harry, il professore sarà uno dei tuoi insegnanti a Hogwarts».

«P-P-Potter» balbettò il professor Raptor"

- È lui, è lui! - esclamò Remus - chi altri sennò? -

Gli altri due gli diedero prontamente ragione. Anch'io ero d'accordo, tutto calzava a pennello. Non ero solita ricordarmi il nome di molti studenti, specialmente i più grandi, ma Raptor era impossibile da non notare o da scordare. E, soprattutto, ea impossibile confonderlo con chicchessia.

"Balbettò il professor Raptor afferrando la mano di Harry, «n-n-non so d-d-dirle qu-quanto s-sono felice di c-c-conoscerla».

«Che tipo di magia insegna lei, professor Raptor?»

«D-difesa co-contro le Arti O-o-oscure»"

- Lui? Insegnate di difesa? - dissi esterrefatta.

A ricordarlo, sembrava a malapena capace di basse e difendere se stesso. In una lotta o in una battaglia, non avrebbe fatto granché.

- Chissà, forse sarà cambiato nel futuro - considerò Black.

- Silente non sceglie degli inetti - aggiunse Potter.

- Devo forse ricordarvi di Hanson? - disse Regulus.

Hanson fu il nostro insegnante di Difesa tre anni fa e, oltre d essere un imbranato, sembrava avesse paura perfino della sua stessa ombra. Se ne andò a metà anno a seguito di un esaurimento nervoso causatogli dai vari gruppi indisciplinati di alunni, ogni qualsivoglia riferimento ai Malandrini è puramente e solamente casuale, che non perdevano occasione di tendergli vari scherzi che gli facevano rizzare i capelli sul capo.

- Lui era uno spasso - ricordò Potter - vedeva ovunque le potenti forze oscure che avrebbero potuto sopraffarci tutti - concluse tentando di dare alla sua voce un tono spaventoso.

- Però almeno era preparatissimo su tutto - ricordai.

"balbettò Raptor come se avesse preferito non saperlo. «N-n-non che a lei s-serva, eh, P-P-Potter?» E rise nervosamente. «Su-suppongo che s-s-starà ri-rifornendosi d-di tu-tu-tutto quel che le s-serve, v-vero, P-Potter? I-io devo p-prendere u-un nuovo li-libro s-sui va-va-vampiri». Appariva terrorizzato al solo pensiero."

Non credevo più al salto di qualità del futuro di Raptor, mi sembrava peggio che quello da me conosciuto.

"Gli altri non gli permisero di accaparrarsi Harry tutto per sé. Ci vollero almeno dieci minuti per liberarsi di tutti. Finalmente, Hagrid riuscì a farsi udire al di sopra del cicaleccio.

«Ora dobbiamo andare... un mucchio di acquisti da fare. Sbrigati, Harry».

Doris Crockford strinse un'ultima volta la mano a Harry e Hagrid gli fece strada attraverso il bar; uscirono in un piccolo cortile circondato da un muro, dove non c'era altro che un bidone della spazzatura e qualche erbaccia.

Hagrid sorrise a Harry.

«Te l'avevo detto, no? Te l'avevo detto che eri famoso. Anche il professor Raptor tremava tutto quando ha fatto la tua conoscenza... Va bene che per lui tremare è normale»."

- Mica tanto - considerai - È arrivato ad inventare nuovi livelli di nervosismo -

- Come se avesse bevuto troppo caffè - disse Remus.

- Ehm, non era proprio l'esempio che avevo in mente, ma in un certo senso sì. Si è scolato tutti i caffè di questo mondo - gli risposi.

"«È sempre così nervoso?»

«Oh, sì! Povero diavolo. Una mente geniale. È stato benissimo fino a che ha studiato sui libri"

- Benissimo non direi, è strambo già da adesso - ribatte Potter.

- E il tic all'occhio l'ha sempre avuto - aggiunse Black.

- Non stava mai fermo e tranquillo, faceva saltate i nervi a tutti. Ecco perché nessuno aveva l'abitudine di starci attorno - aggiunse ancora Remus.

- Poverino però - dissi - un po' mi dispiace per questo. Esser soli non è bello -

- Non era solo, qualche amicizia ce l'aveva, seppur non stretta - mi rassicurò Remus.

- Perché non diventi tu sua amica se ti dispiace così tanto? - mi provocò Black.

- Perché no, non si può programmare di diventare amici con qualcuno, succede e basta. Poi è un po' tardi, non trovi, Black? Ha finito già gli studi -

- Tutte scuse, Evans -

"Poi si è preso un anno di congedo per andare a fare qualche esperienza sul campo... Dicono che nella Foresta Nera ha incontrato i vampiri e che c'è anche stata una brutta storia con una strega... Da allora non è più lui. Lo spaventano gli studenti, lo spaventa la sua stessa materia... Ma vediamo un po', dov'è finito il mio ombrello?»

Vampiri? Streghe? A Harry girava la testa. Nel frattempo, Hagrid stava contando i mattoni sul muro sopra il bidone della spazzatura.

«Tre verticali... due orizzontali...» bofonchiava. «Bene. Sta' indietro, Harry».

Batté sul muro tre volte con la punta dell'ombrello.

Il mattone che aveva colpito vibrò... si contorse... al centro, apparve un piccolo buco... si fece sempre più grande... e un attimo dopo si trovarono di fronte un arco abbastanza largo da far passare Hagrid. L'arco dava su una strada selciata tutta curve, di cui non si vedeva la fine."

- Il primo ingresso nel mondo magico - sussurrai.

Era come se la scena si stesse proiettando davanti ai miei occhi, la stessa che avevo vissuto poco più di sette anni prima, sette meravigliosi anni volati in un battito di ciglia. Non riuscivo a capacitarmi che fosse passato così tanto tempo. Fui riportata indetto, come un flashback: riuscivo a vedere la folla di maghi e streghe che si affrettavano per le strade, i mormorii e i chiacchiericci di sottofondo, il profumo così particolare e buono che l'aria di quel posto pareva emanare. E ancora rividi me stessa, con gli occhi sgranati e scintillanti, che correva da una parte e dall'altra attratta dalle più improbabili cose, con i miei genitori che tentavano di stami dietro per non perdermi tra la calca.

"«Benvenuto a Diagon Alley!» disse Hagrid.

Sorrise allo stupore di Harry. Attraversarono l'arco. Harry gettò una rapida occhiata alle sue spalle e vide l'arco rimpicciolirsi, ridiventando un muro compatto.

Il sole splendeva illuminando una pila di calderoni fuori del negozio più vicino. Un'insegna appesa sopra diceva: Calderoni. Tutte le dimensioni. Rame, ottone, peltro, argento. Autorimestanti. Pieghevoli.

«Te ne servirà uno» disse Hagrid, «ma prima dobbiamo andare a prenderci i soldi».

Harry avrebbe voluto avere altre quattro paia di occhi. Strada facendo, si girava di qua e di là nel tentativo di vedere tutto e subito: i negozi, le cose esposte all'esterno, la gente che faceva le spese. Mentre passavano, una donna grassottella, appena uscita da una farmacia, scuoteva la testa commentando: «Fegato di drago diciassette falci l'etto: roba da matti!»"

- Ovvio che sia una pazzia - concordò Black - io li pago molto meno della metà -

- Questo solo perché la tizia che sta nel negozio ti trova estremamente simpatico - puntualizzò Remus, enfatizzando partcolatmente la cosa - Non riesco a capire perché con me sia così acida -

- Io non la posso vedere - ammisi - è sempre così scorbutica -

- Quella è acida con tutti se non con il nostro amico, si potrebbe dire che è perdutamente innamorata di lui - fece Potter ridacchiando.

- Chi quella? - rise di rimando Black - Non sarete seri -

- Serissimi, se vuoi preparo già le nozze - propose Potter.

- Io ordino i fiori - disse Remus.

- Ottima idea, Lunastorta - disse Potter facendo di sì con il capo.

- Perfetto - concluse Black sfregandosi le mani - adesso manca solo la fuga dello sposo in qualche paese lontano e siamo apposto -

- Sei crudele, Black - gli dissi ridendo - così le spezzerai il cuore -

- Son cose che capitano, mia cara Evans -

"Da un negozio buio la cui insegna diceva: Emporio del Gufo: gufi selvatici, barbagianni, gufi da granaio, gufi bruni e civette bianche si udiva provenire un richiamo basso e soffocato. Molti ragazzi, più o meno dell'età di Harry, tenevano il naso schiacciato contro la vetrina, dove erano esposti dei manici di scopa.

«Guarda» Harry sentì dire uno di loro, «il Nimbus Duemila, il più veloce di tutti»."

- Felpato - fece Potter con urgenza, stringendogli il braccio - lo devo avere -

- Abbandoberesti davvero la tua vecchia ed imbattibile scopa? -

- Sì, c...cioè no, ma diciamo - iniziò a farfugliare lui - questa Nimbus promette bene - riprese, con tono più deciso - dico solo che non farebbe male averla, tutto qui -

- Ottima idea, così Grifondoro avrà la vittoria in tasca - sentenziò Remus mentre James annuiva entusiasta e soddisfatto, come se già assaporasse il suo trionfo - Ora non ti resta che entrare nel libro, comprare la scopa ed è fatta! -

Il sorriso del povero, ma forse non tanto, ragazzo si spense subito. Evidentemente non aveva tenuto conto di questo piccolissimo dettaglio.

Lo sentii borbottare un: - Guastafeste - all'amico che era invece estremamente soddisfatto di sé.

"Alcuni negozi vendevano abiti, altri telescopi e bizzarri strumenti d'argento che Harry non aveva mai visto prima; c'erano vetrine stipate di barili impilati, contenenti milze di pipistrello e pupille d'anguilla, mucchi pericolanti di libri di incantesimi, penne d'oca e rotoli di pergamena, bottiglie di pozioni, globi lunari...

«Ecco la Gringott» disse Hagrid a un certo punto.

Erano giunti a un edificio bianco come la neve che svettava sopra le piccole botteghe. Ritto in piedi, dietro un portale di bronzo brunito, con indosso un'uniforme scarlatta e oro, c'era...

«Proprio così, quello è un folletto» disse Hagrid tutto tranquillo, mentre salivano gli scalini di candida pietra diretti verso di lui. Il folletto era più basso di Harry di quasi tutta la testa. Aveva un viso dal colorito scuro e dall'aria intelligente, una barba a punta e, come Harry poté notare, dita e piedi molto lunghi. Si inchinò al loro passaggio. Ora si trovavano di fronte una seconda porta, questa volta d'argento, su cui erano incise le seguenti parole:"

Potter alzò gli occhi dal libro e prese a recitare scrutandoci ad uno ad uno con un'espressione a mio parere un po' inquietante.

"Straniero, entra, ma tieni in gran conto

Quel che ti aspetta se sarai ingordo

Perché chi prende ma non guadagna

Pagherà cara la magagna

Quindi se cerchi nel sotterraneo

Un tesoro che ti è estraneo

Ladro avvisato mezzo salvato:

Più del tesoro non va cercato."

- La sai a memoria?- esclamai esterrefatta.

Lui annuì vigorosamente, come se la cosa fosse perfettamente normale.

- L'ho imparata da piccolo, quando ero fissato con tutto quello che era scritto in rima. Non so perché, forse mi piace la musicalità che assume il testo - confessò.

- E questo è niente, Evans - iniziò a dire Black, sotto lo sguardo molto allarmato dell'amico - dovresti vederlo quando, in preda una vena di ispirazione, invece di parlare come noi comuni mortali se ne esce snocciolando versi in rima baciata -

A quell'affermazione, che forse doveva rimanere segreta, Potter si infuriò con l'amico - Ma oggi ce l'hai con me? - gli disse brusco.

- Evans - fece poi girandosi verso di me - non credere neanche ad una sola parola proferita da questi due imbecilli - concluse, inviando i due amici che, nel frattempo, cercava non di assumere un aria quanto più innocente possibile.

Ma, sfortunatamente per lui, io ci credevo eccome. Non vedevo l'ora di vedere Potter in veste giovane poeta.

"«Come ho detto, bisognerebbe davvero essere matti a cercare di rapinare questa banca» disse Hagrid."

- O solo molto stupidi - aggiunse Remus.

- Beh, in effetti la filastrocca era abbastanza minacciosa - considerai scherzando.

- Quindi ero minaccioso anch'io che la recitavo? -

- Certo, Potter. Non vedi come sto tremando di paura? - dissi, fingendo di rabbrividire. Poi presi una ciocca di capelli tra le dite e glieli mostrai - Osserva - continuai sventolando gli la ciocca sotto gli occhi - se noti bene vedrai anche i capelli bianchi e ritti per lo spavento -

- Ora che ti osservo meglio - mi rispose lui afferandomi delicatamente i capelli, facendomi inspiegabilmente arrossire - sì, con tutti questi capelli bianchi sembri proprio una nonnina, Evans -

Io, molto maturamente, gli risposi facendogli la linguaccia.

"Quando attraversarono la porta d'argento, una coppia di folletti si inchinò davanti a loro e li introdusse in un grande salone marmoreo. Un centinaio di altri folletti seduti su alti scranni dietro un lungo bancone scribacchiavano su grandi libri mastri, pesavano le monete su bilance di bronzo, ed esaminavano pietre preziose con la lente. Le porte erano troppo numerose per poterle contare, e altri folletti erano occupati ad aprirle e richiuderle per fare entrare e uscire le persone. Hagrid e Harry si avvicinarono al bancone.

«Salve» disse Hagrid a un folletto che in quel momento era libero. «Siamo venuti a prendere un po' di soldi dalla cassaforte del signor Harry Potter».

«Avete la chiave, signore?»

«Devo averla da qualche parte» fece Hagrid"

- Perché diamine l'ha lui quella chiave? - disse Potter sgranando gli occhi.

- Chi la dovrebbe avere? - gli chiese Remus.

- Dovrebbe... - Potter tentennò un po' - dovrebbe essere da un'altra parte, dov'è sempre stata. In quella camera blindata ci sono tutti i risparmi della mia famiglia da generazioni, non è poco. Dovrebbe essere al sicuro -

- La ha Hagrid, cosa vuoi che succeda? - gli feci notare.

Poteva certamente fidarsi di Hagrid, l'avrebbe dovuto sapere.

Lui alzò gli occhi al cielo, mentre si portò una mano alla fronte.

- Non è questo il punto - sottolineò.

- E allora qual è, James? Ci farai uscire pazzi! - disse Black.

- È come l'abbia trovata il problema! Credevo... No, ok, lasciamo perdere - disse poi, scuotendo impercettibilmente il capo.

Ma io non volevo lasciar perdere, ero troppo curiosa e, a quanto pareva, non ero l'unica.

- Ora tu vuoti il sacco, subito - gli intimò minacciosamente Black.

- Ho detto no - si impuntò lui - dopo Sirius, ho bisogno di parlare con voi due -

- E con Peter? - chiese Remus.

- Io... - esitò, ponderando la risposta - vorrei anche lui, ve lo giuro, e mi fa male escluderlo da tutto questo, ma la questione solleverebbe troppe domande, non trovate? Non posso rischiare questo -

Potter era triste, si vedeva. Separare i Malandrini era un'impresa tirannica, loro erano così legati! I due non erano propriamente contenti della situazione, ma dovettero accettare.

- Così questa è la tanto decantata e solida amicizia che lega i Malandrini? - disse retoricamente Severus con voce strascicata - Devo ammettere che sono commosso -

Potter scattò in piedi e fu subito davanti a lui, scrutandolo come se lo volesse uccidere. Si sentii un ringhio sommesso da parte di Black, che era trattenuto da Remus, impedendogli di raggiungere l'amico. Ma sembrava che lui vd avesse addirittura fatica a trattenersi da solo, stringeva i pugni e ogni cosa, ogni minimo suo atteggiamento, grondava di rabbia.

- Abbi il coraggio di ripeterlo - righiò letteralmente Black.

- Tu, che non sai neppure che significa la parola amicizia - continuò Potter iracondo.

Raggiunsi velocemente con la mano la mia bacchetta che, finiva quel momento era stata accuratamente riposta in tasta e la strinsi. Casomai la situazione avesse degenerato, ero pronta all'azione.

- Io so molte cose che tu non sai - gli rispose con aria di sfida, alzandosi in piedi anche lui, come a fronteggiarlo - Il tuo ego smisurato e la tua smisurata boriosità non ti fanno vedere nulla all'infuori di quel che vuoi tu. Ti credi tanto meglio, eh? Mi dispiace informati che non lo sei -

A quel punto Remus non tenne più Black, anzi, si precipitò anche lui accanto all'amico, per spalleggiarlo.

- Non sai di cosa parli. L'amicizia che ci lega tu la puoi soltanto invidiare. E James, al contrario tuo, è leale con i propri amici -

Severus rise a quelle parole, poi il suo sguardo saettò su di me.

- Inutile che ti fai circondare sempre ai tuoi amichetti, Potter. E, per tua informazione, non sono l'unico a pensare questo di te, non è vero, Lily? -

Ero interdetta. Ora erano ben cinque paia di occhi a fissarmi: dallo sguardo solo curioso di Regulus a quello più penetrante di Potter e Severus.

Perché aveva dovuto tirarmi in ballo? Ora aspettavano un mio giudizio, che proferissi parola, ma non sapevo che dire. Presi un bel respiro e cercai di non far tremare la mia voce.

- Non nego di averlo detto, ma questi discorsi risalgono ad anni fa. Da allora ho cambiato le mie opinioni sulle persone che mi circondavano, sia in meglio che in peggio. Potter avrà i suoi difetti e una marea di cose che mi mandano in bestia, ma anche tante qualità, è una persona buona. Questo, invece non si può dire di te -

Abbassai lo sguardo mentre pronunciai l'ultima frase.

Mi sentì malissimo, lo avevo ferito intenzionalmente. Ma era davvero così? Non sapevo se a questo nuovo Severus importasse davvero di me e di quel che dicevo, anzi nè dubitavo. Probabilmente mi aveva usata solo per attaccare Potter e a me questo non stava bene.

Visto che Potter era ancora in piedi e mezzo imbambolato, raccolsi il libro che era rovinato a terra e continuai.

"«Devo averla da qualche parte» fece Hagrid cominciando a svuotare le tasche sul banco, e sparpagliando sul libro contabile del folletto una manciata di biscotti ammuffiti per cani. Il folletto storse il naso. Harry, intanto, osservava un altro folletto alla loro destra pesare un mucchio di rubini grossi come tizzoni accesi.

«Eccola qui» disse finalmente Hagrid che aveva in mano una piccola chiave d'oro.

Il folletto la osservò da vicino.

«Sembra che vada bene».

«E qui ho anche una lettera del professor Silente» disse Hagrid col petto in fuori, ostentando un'aria d'importanza. «Riguarda il Lei-Sa-Cosa della camera blindata settecentotredici».

Il folletto lesse attentamente la lettera.

«Molto bene» disse restituendola a Hagrid, «qualcuno vi accompagnerà in entrambe le camere blindate. Unci-unci!» chiamò.

Arrivò un folletto diverso. Hagrid ripose tutti i biscotti per cani nelle tasche del suo pastrano, e insieme a Harry seguì Unci-unci verso una delle porte di uscita della sala.

«Che cos'è il Lei-Sa-Cosa della camera blindata settecentotredici?» chiese Harry.

«Questo non te lo posso dire» rispose Hagrid con fare misterioso. «È una cosa segretissima. Faccende di Hogwarts. Silente mi ha dato fiducia. Non è nei miei compiti dirtelo»."

Conoscendo Hagrid, la cosa non sarebbe rimasta segreta per molto. Aveva la brutta abitudine di spiattellare informazioni poichè semplicemente non ci pensava, con me era già capitato qualche volta. D'altronde se si trattava di Silente e di importanti segreti...

"Unci-unci tenne la porta aperta per farli passare. Harry, che si era aspettato di vedere altro marmo, restò sorpreso. Si trovarono in uno stretto passaggio di pietra, illuminato da torce. Scendeva ripido e scosceso e per terra correvano i binari di una piccola ferrovia."

- Che accidenti ci sta a fare una ferrovia all'interno di una banca? Mica il denaro prende il treno - chiesi, confusa.

- Perché nei Babbani non c'è? È molto più veloce che andare a piedi! - mi disse Black.

- Lily, tranquilla ora vedrai - mi rassicurò invece Remus.

Questa Gringott mi stava intrigando, dopotutto.

"Unci-unci fischiò e un piccolo carrello arrivò sferragliando verso di loro. Salirono a bordo - Hagrid con una certa difficoltà - e partirono.

Da principio percorsero un dedalo di passaggi tortuosi. Harry cercava di tenere a mente: sinistra, destra, sinistra, bivio di mezzo, destra, sinistra, ma era impossibile. Il carrello sferragliante sembrava conoscere da solo la strada, perché Unci-unci non manovrava."

Sgranati gli occhi,con tutti quei cunicoli era un vero e proprio labirinto!

- Avete sostituito il minotauro con un drago, alla fine - scherzai.

Remus rise - Carina questa! -

Gli altri non sembravano aver colto l'allusione, tranne forse Severus. Una volta da piccoli quella storia la leggemmo insieme, chissà se lui se lo ricordava, però.

"A Harry bruciavano gli occhi per via dell'aria fredda che gli sferzava la faccia, ma li tenne bene aperti. A un certo punto, pensò di aver visto una fiammata in fondo a un passaggio e si girò per vedere se era un drago, ma troppo tardi: scesero ancora più giù, superando un lago sotterraneo dove, dal soffitto e dal pavimento, spuntavano enormi stalattiti e stalagmiti.

«Non mi ricordo mai... che differenza c'è fra stalagmiti e stalattiti?» gridò Harry a Hagrid, cercando di sovrastare con la voce il frastuono del carrello."

- Io non mi ricordo mai neppure come si chiamano - ammise Black.

- Sul serio? - chiesi?

Lui annuì e Potter disse che neanche lui se lo ricordava.

- Siete due casi senza speranza... Le stalattiti sono quelle che pendono dal soffitto, le stalagmiti hanno la base sul terreno - spiegai, pur avendo la consapevolezza che se lo sarebbero scordato in meno si un secondo.

"«Le stalagmiti hanno la 'm'» disse Hagrid. "

- Questa è una risposta più sensata è semplice, che di certo mi ricorderò più della tua, Evans - mi canzonò Black.

- Lieta di esseri stata d'aiuto, quindi - gli risposi sarcasticamente.

"«E non mi fare domande in questo momento. Credo che sto per sentirmi male».

Infatti aveva un colorito verde, e quando scese, dopo che il carrello si fu finalmente fermato accanto a una porticina sul muro di comunicazione, dovette appoggiarsi alla parete per farsi passare la tremarella alle gambe.

Unci-unci fece scattare la serratura della porta. Ne fuoruscì una nube di fumo verde e, quando si fu dissipata, Harry rimase senza fiato. Dentro, c'erano montagne di monete d'oro. Cumuli d'argento. Mucchi di piccoli zellini di bronzo."

Almeno non avrebbe di certo avuto problemi a comprarsi quel che voleva, adesso.

"«Tutto tuo» disse Hagrid con un sorriso.

Tutto suo? Era incredibile. I Dursley non dovevano saperne niente, altrimenti lo avrebbero immediatamente costretto a dare tutto a loro. Quante volte si erano lamentati di quel che gli costava mantenerlo?"

- Vitto e alloggio in un sottoscala, infatti, hanno un prezzo esorbitante - dissi acidamente.

- Per non parlare del valore inestimabile dei vestiti sbrindellati ed usati! Quelli sono il massimo del lusso - continuò Potter, anche lui estremamente contrariato.

"E pensare che sepolta nelle viscere di Londra c'era da sempre una piccola fortuna che gli apparteneva.

Hagrid aiutò Harry a raccogliere un po' di quel bendidio in una borsa.

«Quelli d'oro sono galeoni» spiegò. «Diciassette falci d'argento fanno un galeone e ventinove zellini fanno una falce: facilissimo no?"

Era talmente facile che, la prima volta che ne lo spiegarono, persi una buona mezz'ora per capirlo, solo per poi scordar melo il giorno seguente. Soltanto alla fine del mio primo anno, riuscì finalmente a mettermi in testa tutto e a fare velocemente quei conti assurdi.

"Bene, questo dovrebbe bastare per un paio di trimestri. Il resto te lo terremo da conto». Si rivolse a Unci-unci: «E ora, alla camera blindata settecentotredici, per favore, che... si potrebbe andare un po' più piano?»

«Ha una marcia sola» rispose Unci-unci.

Stavolta scesero ancora più giù, guadagnando velocità. A ognuna delle strettissime curve, l'aria si faceva più fredda. Oltrepassarono un burrone sotterraneo e Harry si sporse fuori per cercare di vedere quel che c'era nel fondo, immerso nell'oscurità, ma Hagrid, con un ruggito, lo tirò dentro afferrandolo per la collottola.

La camera blindata settecentotredici non aveva serratura.

«State indietro» disse Unci-unci, dandosi un'aria d'importanza. Colpì leggermente la porta con un dito lunghissimo e quella, semplicemente, scomparve.

«Se chiunque non sia un folletto della Gringott provasse a farlo, verrebbe risucchiato attraverso la porta e rimarrebbe prigioniero dentro» disse Unci-unci.

«Ogni quanto tempo controllate se dentro c'è qualcuno?» chiese Harry.

«Circa ogni dieci anni» rispose Unci-unci con un sorriso che pareva un ghigno."

Un brivido mi percosse. Rimanere prigioniera in una porta per ben dieci lunghi anni non rientrava affatto nella lista delle cose che mi sarebbe piaciuto fare. E, sì, avevo una lista del genere, scritta naturalmente con Mary qualche anno fa e con su una marea di cose assurde e spericolate insieme che ci eravamo preposte di fare prima o poi.

"Dentro quella camera blindata di massima sicurezza doveva esserci qualche cosa di veramente straordinario, Harry ne era certo; così, si sporse in avanti pieno di curiosità, aspettandosi di vedere come minimo gioielli favolosi, ma in un primo momento pensò che fosse vuota. Poi notò, sul pavimento, un fagotto tutto sporco, avvolto in carta da pacchi. Hagrid lo raccolse e lo ripose accuratamente nel suo pastrano. Harry non vedeva l'ora di sapere che cosa fosse, ma sentiva che era meglio non chiedere."

- Non chiedere? Io voglio sapere! Se non chiede lui come faccio? - protestò Remus sbuffando un po.

- Sta tranquillo, Lunastorta - gli fece Black che non pareva affatto incuriosito dal misterioso pacchetto - se è importante sarà scritto -

- Certo che è importante - intervenni - guarda qui - gli porsi il libro evidenziando con l'indice le righe che avevo appena letto - ti pare che si sarebbero sprecati così se non lo fosse? -

Lui allontanò il libro con una mano, senza prenderci la briga di rileggere quel pezzetto - Ho sentito benissimo, Evans. E, fino a prova contraria, la mia memoria non fa ancora cilecca. Tu e Remussinuccio qui dovete bere un bel te e darvi una calmata, siete troppo esaltati -

Remus arrissì - Come mi hai chiamato? - fece, arrabbiati ed imbarazzato al tempo stesso.

- Remussinuccio, ti Piave, l'ho inventato al momento! - di gongolò lui.

- Affatto! - urlò nervosamente.

- Remussinuccio, Remussinuccio! - gli fece eco Potter con un sorriso beffardo dipinto sul volto - Ma lo sai che sei proprio un genio, Felpato? -

- Sì, sì, modestamente - gli rispose lui, mentre il povero Remus protestava e malediceva i suoi due amici.

- Basta! Quando e troppo e troppo - gli fermai, ricevendo occhiate di immensa gratitudine da Remus, pardon, Remussinuccio. Quel soprannome era orecchiabile, dopotutto.

"«Andiamo, su, risaliamo su quel dannato carrello, e non rivolgermi la parola finché non siamo arrivati: va meglio se tengo la bocca chiusa» disse Hagrid.

Dopo la pazza corsa di ritorno, rimasero un poco a sbattere le palpebre, accecati dalla luce del sole. Anche se ora aveva una borsa piena zeppa di soldi, Harry non sapeva da dove iniziare a fare i suoi acquisti. Non aveva bisogno di sapere quanti galeoni entravano in una sterlina per capire che disponeva di più denaro di quanto non ne avesse mai avuto in vita sua: più di quanto non ne avesse mai avuto lo stesso Dudley.

«Potremmo andare per la tua uniforme» disse Hagrid accennando con la testa al negozio di Madama McClan: abiti per tutte le occasioni. «Senti, Harry, ti spiacerebbe se facessi un salto al Paiolo magico a bere un cordiale?"

- Lasciarlo a girare da solo a Diagon Alley? Ha solo undici anni e non ci è mai stato - iniziò ad agitarsi Potter.

- Il ruolo della mammina isterica ed apprensiva lascialalo a me, Potter - lo canzonai.

- Non sei adatta - ribatte lui - sei troppo calma -

- Perchè sta solo entrando in un negozio, sei troppo melodrammatico -

- Non sai quanto è vero, Lily - mi diede ragione Remus, che sembrava ancora piccato per poco prima.

Di sottofondo si udì un - Ehi! - di protesta da parte di Potter.

"Detesto quei carrelli della Gringott». Aveva ancora l'aria un po' sbattuta, e quindi Harry entrò da solo nel negozio di Madama McClan, con un certo nervosismo.

Madama McClan era una strega tarchiata, sorridente e tutta vestita di color malva.

«Hogwarts, caro?» chiese quando Harry cominciò a parlare. «Ho qui tutto l'occorrente... Di là c'è un altro giovanotto che sta provando l'uniforme».

Nel retro del negozio, un ragazzino dal viso pallido e appuntito stava ritto su uno sgabello, mentre un'altra strega gli appuntava con gli spilli l'orlo di una lunga tunica nera. Madama McClan fece salire Harry su un altro sgabello vicino al primo, infilò anche a lui una lunga veste dalla testa e cominciò ad appuntarlo per farla della giusta lunghezza.

«Ciao» disse il ragazzo. «Anche tu a Hogwarts?»"

- Sembra simpatico o, perlomeno, socievole - notai.

Gli altri annuirono, abbastanza convinti. Quel ragazzo, probabilmente, sarebbe diventato il primo amico di Harry ad Hogwarts! Era una consolazione salire sull'Espresso con la consapevolezza di conoscere almeno una persona.

"«Sì» rispose Harry.

«Mio padre, nel negozio qui accanto, mi sta comperando i libri, e mia madre sta guardando le bacchette magiche, un po' più avanti» disse il ragazzo. Aveva una voce annoiata e strascicata. «Dopo li trascinerò via per andare a vedere le scope da corsa. Non capisco proprio perché noi del primo anno non possiamo averne di personali."

- Confermo, Evans. Questo è un tipetto sveglio - si affrettò a dire Potter, dopo il commento del ragazzo così simile al suo.

"Penso che costringerò mio padre a comperarmene una e la porterò dentro di straforo, in un modo o nell'altro»."

- La stessa cosa che fece James, peccato che lo beccarono subito - ricordo sorridendo Black.

- Prima non ero un Malandrino, avevo tanto ancora da imparare - tentò di giustificarsi lui.

"A Harry ricordò molto Dudley."

- Jamie, non mi sembra un bel complimento - sghignazzò Remus.

- Io non assomiglio affatto a quello li - protestò, ripugnanto dall'idea - Vero? - si affrettò a chiedere per essere rassicurato.

- Io direi che sei molto peggio, amico - lo confortò ironicamente Black.

- Grazie, amico - gli rispose Potter alzando gli occhi al cielo.

- Per una volta nella mia vita mi ritrovo d'accordo con quell'idiota di Black - disse Severus.

Inutile dire che i due si affrettarono a mandarlo prontamente male. Avevano da ridire ogni qualvolta lui apriva bocca!

"«E tu ce l'hai, un manico di scopa tuo?» proseguì il ragazzo.

«No» disse Harry.

«Sai giocare a Quidditch?»

«No» rispose di nuovo Harry chiedendosi in cuor suo di che cosa mai stesse parlando."

- Questo è un colpo al cuore - fece Potter che, con la sua solita melodrammaticità, fece finta di essere stato trafitto da un dardo finendo steso a terra.

"«Io sì."

Vidi Potter che, steso, annuiva.

"Papà dice che sarebbe un delitto se non mi scegliessero per far parte della squadra della mia Casa, e devo dire che sono proprio d'accordo. Tu sai già in quale Casa andrai a stare?»

«No» rispose Harry sentendosi sempre più stupido ogni minuto che passava.

«Be', nessuno lo sa veramente finché non si trova sul posto, non è vero? Ma io so che starò a Serpeverde"

Avete presente il rumore dei vetri che si infrangono? Bene, era come se quel suono si fosse materializzato lì, realmente udibile da tutti, segno che le speranze su questo ragazzo si erano frantumate in un milione di pezzetti.

Non che avessi chissà quali pregiudizi sulle case, ma avevo imparato a mie spese cosa aspettarmi dai Serpeverde. Avevo cercato di andare oltre i luoghi comuni e, fino all'ultimo, di negare le dicerie su quella casa - Non si può pretendere di conoscere una persona dall'etichetta che gli si affibbia - ero solita dire a chi mi prendeva per matta. Avevo cercato fino alla fine di fare il mio meglio, ma non è bastato, ora mi ritrovo a capire che razza di vili ed ipocriti ci sono in quella casa.

Potter sbuffava e borbottava frasi sconnesse e senza senso, mentre le due Serpi esibivano uno sguardo fiero, lusingare che il signorino prima tanto dai noi lodato fosse uno di loro. Le apparenze, evidentemente, ingannano.

- Sembrava un così caro ragazzo - diceva ogni tanto, deluso. Questo faceva gonogolare ancora di più i due ragazzi ma Potter, preso dallo sconforto, non ci badava.

"tutta la nostra famiglia è stata li. Pensa, ritrovarsi a Tassorosso! Io credo che me ne andrei, e tu?»"

- Io me ne andrei se fissi in casa con lui - brontolai acidamente.

- Ora che sai la sua casa d'appartenenza non lo trovi più socievole e simpatico? - fece Regulus, con aria di sfida.

- Esatto, voi Serpi ci credete tanto superiori, eh? - gli risposò, alludendo al commento sui Tassorosso.

- Voi non siete di certo da meno, visto quel che pensate della nostra casata, siete solo così stolti ed ottusi che non ammettete di avere anche voi dei pregiudizi - ribatté.

- Ho avuto la prova che non si può avere a che fare con voi - dissi, sicura di me.

- Nessuno vi obbliga a questo, figuratevi se vogliamo stare in vostra compagnia -

- Bene - ribattei.

- Bene - ripete lui.

Feci un profondo respiro per calmare i nervi. Più il tempo passava, meno riuscivo a sopportare Regulus Black.

"«Mmmm...» rispose Harry, rammaricandosi di non riuscire a dire niente di più interessante.

«Ehi! Guarda quello!» disse d'un tratto il ragazzo indicando con un cenno del capo la vetrina principale. Hagrid era lì, ritto in piedi, sorridendo a Harry e indicando due grossi gelati per fargli capire che non poteva entrare.

«Quello è Hagrid» disse Harry tutto contento di sapere qualcosa che il ragazzo ignorava. «Lavora a Hogwarts».

«Oh» disse il ragazzo, «l'ho sentito nominare. È una specie di inserviente, vero?»

«È il guardiacaccia!» ribatté Harry. Ogni attimo che passava, quel ragazzino gli stava sempre meno simpatico."

Perlomeno mio figlio avrebbe avuto, al contrario ella sottoscritta, un buon sesto senso per le amicizie.

"«Si, proprio così, ho sentito dire che è una specie di selvaggio... vive in una capanna nel comprensorio della scuola. Ogni tanto si ubriaca, cerca di fare delle magie e finisce con l'appiccare il fuoco al suo letto».

«Secondo me è geniale» commentò Harry in tono gelido.

«Davvero?» disse il ragazzo con un lieve sogghigno. «Ma perché sei con lui? Dove sono i tuoi genitori?»

«Sono morti» tagliò corto Harry. Non si sentiva molto in vena di approfondire l'argomento con quel ragazzo.

«Oh, scusa» disse l'altro, senza mostrare il minimo rincrescimento."

- Grazie - borbottò Potter.

"«Ma erano come noi?»

«Erano una strega e un mago, se è questo che intendi».

«Io non penso che dovrebbero permettere agli 'altri' di frequentare, non trovi?"

- Ed ecco un altro viziato purosangue che viene da una ridicolissima famiglia con la testa piena zeppa di insensati pregiudizi - disse rabbiosamente Black.

- Proprio la tua - gli rispose il fratello.

- Quella non è la mia famiglia - dichiarò Black, gelido.

- Solo perché sei stato disconosciuto - continuò il fratello con un superiorità.

Disconociuto? Pensai che Regulus stesse scherzando, nessuna famiglia arriverebbe a tanto...

- Perché ho deciso di tagliare i ponti con tutto questo schifo e non me ne pento -

Black si stava scaldando ancora, si quietò un poco solo dopo le sollecitazioni di Potter. Ebbi la metà sensazione che, se al posto suo ci fosse stato qualcun altro, Black avrebbe mandato male pure lui.

"Loro non sono come noi, non sono capaci di fare quello che facciamo noi. Pensa che alcuni, quando hanno ricevuto la lettera, non avevano mai neanche sentito parlare di Hogwarts. Secondo me, dovrebbero limitare la frequenza alle più antiche famiglie di stregoni. A proposito, tu come ti chiami di cognome?»

Ma prima che Harry avesse il tempo di rispondere, Madama McClan disse: «Ecco fatto, mio caro». E Harry, tutt'altro che spiacente d'avere una scusa per interrompere la conversazione con il ragazzo, saltò giù dallo sgabello.

«Bene, penso che ci rivedremo a Hogwarts» si congedò il ragazzo, sempre con la stessa parlata lenta e strascicata.

Harry gustò in silenzio il gelato che Hagrid gli aveva comperato (cioccolato e lamponi con granella di noccioline)."

Potter sorrise - Il mio preferito - disse.

- Hagrid lo sa? - chiesi.

- Quando andiamo a trovarlo - prese a raccontare - nei mesi più caldi, lo sgraffigno dalla cucina e glielo porto sempre. Solo... solo che non so se si ricorda. Sai, saranno passati anni da, beh, dalla nostra morte -

Cercai di non pensare al senso dell'ultima frase, non mi dovevo soffermare troppo per non impazzire. Lo fissati, sorridetti ed annuì semplicemente per l'aneddoto del gelato.

- Sì - sentenziai con decisione - si ricorda, ne sono certa -

"«Che cosa c'è?» chiese Hagrid.

«Niente» mentì Harry. Si fermarono per acquistare pergamena e penne d'oca. Harry divenne di un umore un po' più allegro quando trovò una bottiglia d'inchiostro che, scrivendo, cambiava colore. Una volta fuori dal negozio chiese: «Hagrid, che cos'è il Quidditch?»

«Per tutti i gargoyle, Harry. Continuo a dimenticare quanto poco sai... Certo che... non conoscere il Quidditch!»

«Non farmi sentire ancora più a disagio» lo pregò Harry. E raccontò a Hagrid del ragazzino pallido che aveva incontrato nel negozio di Madama McClan.

«E ha detto che ai ragazzi cresciuti in famiglie di Babbani non dovrebbe essere permesso di frequentare».

«Ma tu non vieni da una famiglia di Babbani. Se sapevano chi sei... Conosce il tuo nome da quando è nato, se i suoi genitori sono gente che pratica la stregoneria... li hai visti al Paiolo magico."

- Oh, beh, almeno ci siamo risparmiati un altro teatrino - fece Black.

- No, dai - disse invece Remus - io ci stavo prendendo gusto -

- Solo che sarebbe imbarazzante - considerai io, che avrei odiato tutta quella marea di gente che mi scrutava come se fossi un fenomeno da baraccone.

- O terribilmente esilarante - disse Potter che, al contrario di me, non disprezzava affatto la notorietà.

"In ogni caso, ha un bel dire il ragazzo, alcuni tra i migliori erano gli unici dotati di poteri magici in una lunga stirpe di Babbani... Prendiamo il caso di tua madre! Guarda che razza di sorella aveva!»"

Storsi il naso. Anche Hagrid ora di metteva con la storia di mia sorella?

"«Allora, che cos'è il Quidditch?»"

Sia io che Potter sorrido contemporaneamente. Io contenta che lui avesse sorvolato sulla questione, lui contento che avesse scelto proprio il Quidditch come argomento per farlo.

"«È il nostro sport. Lo sport dei maghi. È come... come il calcio nel mondo dei Babbani: tutti seguono il Quidditch. Si gioca in aria, cavalcando manici di scopa, e con quattro palle... È difficile spiegare le regole».

«E che cosa sono Serpeverde e Tassorosso?»

«Sono Case. A Hogwarts ce ne sono quattro. Tutti dicono che quelli di Tassorosso sono un branco di mollaccioni, ma...»

«Scommetto che io finisco a Tassorosso» disse Harry tristemente."

- No - urlò Potter improvvisamente, facendomi sobbalzare - lui è un Grifondodoro, lo si vede dalla faccia -

- Ma se non l'hai mai veramente visto in faccia - gli feci notare.

- Assomiglia a me e quindi ha la mia faccia - disse con ovvietà - E io ho una faccia da vero Grifondoro! - concluse.

- Il tuo ragionamento è davvero assurdo! Hai mai preso in considerazione il fatto che Harry possa essere smistato in una casa diversa -

Lui mi guardò stranito, come fossi io quella ad aver detto un'assurdità.

- Ma, Evans, non è proprio possibile -

- Finché ci credi tu, Potter -

"«Meglio Tassorosso che Serpeverde» disse Hagrid cupo. "

Le due Serpi non furono molto contente di questo commento essendo estremamente fiere della loro casa.

Nella mia mente si era insinuato un dubbio: e se fosse davvero finito a Serpeverde? Come avremmo potuto stabilire il contrario? Per salvaguardare i nervi di tutti, e soprattutto i miei, decisi però di non esternare questo mio pensiero.

"«Tutti i maghi e le streghe che hanno fatto una brutta fine sono stati a Serpeverde. Tu-Sai-Chi era uno di loro».

«Vol... oh, scusa... Tu-Sai-Chi è stato a Hogwarts?»

«Tanti anni fa» disse Hagrid.

Comperarono i libri di testo per Harry in un negozio chiamato Il ghirigoro dove gli scaffali erano stipati fino al soffitto di libri grossi come lastroni di pietra e rilegati in pelle; libri delle dimensioni di un francobollo, foderati in seta; libri pieni di simboli strani e alcuni con le pagine bianche. Anche Dudley, che non leggeva mai niente, avrebbe fatto pazzie per metterci le mani sopra. Hagrid dovette quasi trascinare via Harry da Maledizioni e Contromaledizioni (Stregate gli amici e confondete i nemici con l'ultimo grido delle vendette: caduta dei capelli, gambe di ricotta, lingua legata e molte altre ancora) del professor Vindictus Viridian.

«Stavo cercando di scoprire come fare un sortilegio a Dudley»."

- I geni da Malandrino si fanno sentire - scherzò Remus.

"«Non dico che non è una buona idea, ma nel mondo dei Babbani non devi usare la magia che in circostanze speciali» disse Hagrid. «E in tutti i modi, ancora non puoi riuscire a vendicarti in nessuna maniera: devi studiare molto di più per arrivare a quel punto»."

Speriai avesse ereditato anche il mio buon senso: c'erano mille modi con cui avrebbe potuto prendersi quel che gli spettava senza usare la bacchetta, semplicemente con un po' di ingegno incantando gli oggetti prima di partire o con l'aiuto dei gadget di Zonko. Avrebbe presto trovato gli studenti più grandi con scherzi di tutti i tipi, pur non andando ad Hogsmeade, era ben facile procurarseli.

Se aspettava invece di diventare maggiorenne per usare la bacchetta, avrebbe fatto prima ad andarsene di casa.

"Hagrid non permise a Harry neanche di comperare un calderone d'oro massiccio («Nella lista c'è scritto 'peltro'»), ma acquistarono una graziosa bilancia per pesare gli ingredienti delle pozioni, e un telescopio pieghevole in ottone. Poi andarono in farmacia, luogo talmente interessante da ripagare del pessimo odore che vi regnava, un misto di uova fradice e cavoli marci. Per terra c'erano barili di roba viscida; vasi di erbe officinali, radici secche e polveri dai colori brillanti erano allineati lungo le pareti; fasci di piume, di zanne e artigli aggrovigliati pendevano dal soffitto. Mentre Hagrid chiedeva all'uomo dietro il bancone una provvista di alcuni ingredienti fondamentali per preparare pozioni, Harry esaminava alcuni corni di unicorno in argento, che costavano ventuno galeoni ciascuno, e minuscoli occhi di coleottero di un nero lucente (a cinque zellini la manciata).

Una volta fuori della farmacia, Hagrid spuntò di nuovo la lista di Harry.

«È rimasta la bacchetta magica... e non ti ho ancora preso il regalo di compleanno».

Harry arrossì.

«Ma non devi...»

«Lo so che non devo. Ecco che cosa farò: ti regalerò un animale. Non un rospo, i rospi sono passati di moda anni fa, ti riderebbero dietro... e i gatti non mi piacciono"

- Ehi! - protestai - Il mio gatto è assolutamente adorabile -

Ed era vero, gatto più bello non s'era mai visto. Il pelo era nero, lucidissimo, e di una morbidezza da fare invidia a qualunque peluche che si rispetti. Per contornare il tutto, due grandissimi occhioni di un azzurro chiarissimo che scrutavano sempre tutto, vispi ed attenti. Lo comprai l'hanno scorso dopo che mi conquistò con un primo sguardo, e facendo imbestialire mia madre che l'avrebbe dovuto tenere in casa quando tornato durante le feste. Lei, al contrario mio e di mio padre, non sopportava gli animali.

- Non lo vedo praticamente mai in giro. Sei sicura di aver ancora un gatto, Evans -

- Che domande, ma certo, Black! Solo che ogni tanto sparisce per qualche settimana, come in questi giorni, per esempio -

Solo che, in fin dei conti, non ne ero sicura più neppure io. I gatti, si sa, sono imprevedibili.

"Mi fanno starnutire.Ti prenderò un gufo. Tutti i ragazzini vogliono i gufi, sono assai utili, portano la posta e tutto il resto».

Venti minuti dopo, uscivano dall'Emporio del Gufo, un locale buio, pieno di animali che raspavano e frullavano in aria, con gli occhi luccicanti come gemme preziose. Ora Harry trasportava una grossa gabbia che conteneva una bella civetta bianca come la neve, profondamente addormentata con la testa sotto l'ala. Non riusciva a smettere di balbettare ringraziamenti, tanto che sembrava il professor Raptor.

«Ma di niente!» rispondeva Hagrid burbero. «Non credo che i Dursley ti hanno mai fatto molti regali. E ora ci rimane solo Olivander... è l'unico posto per comprare una bacchetta magica; vai da Olivander, e avrai il meglio, parlando di bacchette»."

- Per me fu il primo posto dove feci acquisti - raccontò Potter.

- Anche per me - concordai - non vedevo l'ora di stringere tra le mie mani quel bastoncino e iniziare a scagliare incantesimi. Mi faceva sentire tremendamente potente -

Remus rise, probabilmente immaginandosi già la scenetta.

- Tu, invece? - gli chiesi.

- I miei genitori si fiondarono al Ghirigoro a comprarmi i libri e tutto l'occorrente, entusiasti - mi rispose lui - Poi mi fecero prendere subito la divisa. Anche per me Olivander fu l'ultima tappa -

"Bacchette magiche... Harry non vedeva l'ora di possederne una.

Quest'ultimo negozio era angusto e sporco. Un'insegna a lettere d'oro scortecciate sopra la porta diceva: Olivander: Fabbrica di bacchette di qualità superiore dal 382 a.C.. Nella vetrina polverosa, su un cuscino color porpora stinto, era esposta una sola bacchetta.

Un lieve scampanellio, proveniente dagli anfratti del negozio non meglio identificati, accolse il loro ingresso. Era un luogo molto piccolo, vuoto, tranne che per una sedia dalle zampe esili su cui Hagrid si sedette, nell'attesa. Harry si sentiva strano, come se fosse entrato in una biblioteca privata. Si rimangiò un mucchio di nuove domande che gli erano appena venute in mente, e invece si mise a guardare le migliaia di scatoline strette strette, tutte impilate in bell'ordine fino al soffitto. Chissà perché, sentiva un pizzicorino alla nuca. Persino la polvere e il silenzio di quel luogo sembravano fremere di una segreta magia.

«Buon pomeriggio» disse una voce sommessa. Harry fece un balzo e lo stesso dovette fare Hagrid, perché si sentì un forte scricchiolio e lui si affrettò ad alzarsi dalla sedia.

Avevano di fronte un uomo anziano con occhi grandi e scoloriti che illuminavano la penombra del negozio come due astri lunari.

«Salve» disse Harry imbarazzato.

«Ah, si» disse l'uomo. «Sì, sì, sì, ero sicuro che l'avrei conosciuto presto. Harry Potter». Non era una domanda. «Ha gli occhi di sua madre. Sembra ieri che è venuta qui a comperare la sua prima bacchetta magica. Lunga dieci pollici e un quarto, sibilante, di salice."

Estrassi la bacchetta lentamente e la guaraní, rigirandola tra le dita.

- Descrizione più che azzeccata, direi - dissi, sbigottita.

- Credevo che la storia del 'mi ricordo di ogni bacchetta'fosse una bufola bella e buona - disse Remus, che aveva un'espressione molto simile alla mia.

- Impressionante - sussurrò Black, ammaliato.

Potter era seduto, attento. Lo guardai, perplessa.

"Una bella bacchetta per un lavoro d'incanto».

Il signor Olivander si avvicinò a Harry. Quest'ultimo avrebbe dato chissà che cosa per vedergli abbassare le palpebre. Quegli occhi d'argento gli facevano venire la pelle d'oca.

«Suo padre, invece, preferì una bacchetta di mogano. Undici pollici. Flessibile. "

Potter era come rianimato.

- Sì! - esclamò estraendo con uno scatto la sua bacchetta - Sapevo che si sarebbe ricordato -

"Un po' più potente e ottima per la trasfigurazione. Be', ho detto che suo padre l'aveva preferita... ma in realtà, è la bacchetta a scegliere il mago, naturalmente».

Olivander si era fatto talmente vicino da toccare quasi il naso di Harry, che si vedeva riflesso in quegli occhi velati.

«Ed è qui che...»

Olivander toccò con un dito lungo e bianco la cicatrice a forma di saetta sulla fronte di Harry.

«Mi spiace dire che sono stato io a vendere la bacchetta che ha fatto questo» disse con un filo di voce. «Tredici pollici e mezzo. Sì. Una bacchetta potente, molto potente, nelle mani sbagliate... Bene, se avessi saputo che cosa sarebbe andata a fare per il mondo...»"

Faticavo a figurarmi Voldemort bambino che si accingeva a comprare la sua prima bacchetta. La frenesia dei primi acquisti, l'allegria tangibile che aleggiava per le strade in questi giorni, l'ansia mista alla voglia di iniziare un viaggio indimenticabile, erano tutte cose che stridevano immensamente con la sua figura.

"Scosse la testa e poi, con grande sollievo di Harry, si accorse di Hagrid.

«Rubeus! Rubeus Hagrid! Che piacere rivederti! Quercia, sedici pollici piuttosto flessibile; non era così?»

«Azzecato, signore» disse Hagrid.

«Una bella bacchetta quella. Ma suppongo che l'abbiano spezzata a metà quando ti hanno espulso, vero?» chiese Olivander, facendosi serio d'un tratto.

«Ehm... sì, signore, proprio così» rispose Hagrid spostando il peso del corpo da un piede all'altro. «Però conservo ancora le due metà» aggiunse vivacemente."

- Gli avete mai chiesto il motivo della sua espulsione? - chiesi, curiosa.

- Più e più volte - mi rispose subito Remus - ma trova sempre il modo si raggirare la domanda -

- Così - riprese Black - abbiamo deciso di non insistere più. Alla fine non sono affari nostri, perché forzarlo? -

- Se un giorno ci vorrà raccontare la storia, lo a scolte remo, sennò pazienza - concluse Potter, totalmente non interessato alla questione.

Io al contrario divenivo più curiosa man mano che il tempo passava.

"«Ma non le usi, vero?» chiese Olivander con fare inquisitorio.

«Oh, no, signore» si affrettò a rispondere Hagrid. Harry notò che, nel parlare, si stringeva forte forte al suo ombrello rosa.

«Ehm, vediamo» disse Olivander lanciando a Hagrid un'occhiata penetrante. «Allora, signor Potter, vediamo un po'» e tirò fuori dalla tasca un lungo metro a nastro con le tacche d'argento. «Qual è il braccio con cui usa la bacchetta?»

«Signore, uso la mano destra» rispose Harry.

«Alzi il braccio. Così». Misurò il braccio di Harry dalla spalla alla punta delle dita, poi dal polso al gomito, dalla spalla a terra, dal ginocchio all'ascella e poi prese anche la circonferenza della testa. E intanto diceva: «Ogni bacchetta costruita da Olivander ha il nucleo fatto di una potente sostanza magica, signor Potter. Usiamo peli di unicorno, penne della coda della fenice e corde del cuore di draghi. Non esistono due bacchette costruite da Olivander che siano uguali, così come non esistono due unicorni, due draghi o due fenici del tutto identici. E naturalmente, non si ottengono mai risultati altrettanto buoni con la bacchetta di un altro mago».

All'improvviso, Harry si accorse che il metro a nastro, che gli stava misurando la distanza fra le narici, stava facendo tutto da solo."

- È tutta scena questa del metro - ci disse Potter.

- Vuoi dire che tutte quelle misure, quello svolazzare invadente, era del tutto inutile? - gli domandai.

- Del tutto inutile no - precisò prontamente - Sono solo le primissime misure quelle importanti, il resto del lavoro no -

- Ed allora perché non riprendersi quel dannato affare? - chiese Black.

Evidentemente il povero metro non stava simpatico a nessuno.

- Per impressionare i ragazzini e per fargli credere che l'arte del scegliere bacchette sia molto più complessa di quel che è realmente - prese a spiegarci lui - In realtà, in base ai primi dati lui inizia a scegliere le bacchette affidandosi solo ad una sorta di suo sesto senso, senza dimenticare che, appena qualcuno entra, Olivander prende subito a studiarlo per bene, ad analizzarlo per capire che bacchetta gli si addica. È molto perspicace ed intuitivo -

Questo mi fece vedere l'uomo sotto una prospettiva diversa, gli occhi profondi ed inquisitori, in realtà, riuscivano davvero a scavare fino ad arrivare a decodificare la persona che gli stava davanti.

- Questo è molto più affascinante del teatrino delle misure - gli fece notare Remus, sbalordito.

- In effetti sì, ma lui è fatto così. È un grande amico dei miei genitori e per mio padre è un tipo assolutamente geniale - disse Potter.

- Se superi il fatto che mette i brividi... -

- A me, Evans, non mette i brividi, incuriosisce solo. Sarà che sono abituato -

Feci le spallucce, non sapendo come rispondergli.

"Olivander, infatti, volteggiava tra gli scaffali, tirando giù scatole.

«Può bastare così» disse, e il metro a nastro si afflosciò sul pavimento. «Allora, signor Potter, provi questa. Legno di faggio e corde di cuore di drago. Nove pollici. Bella flessibile. La prenda e la agiti in aria».

Harry prese la bacchetta e, sentendosi un po' sciocco, la agitò debolmente, ma Olivander gliela strappò quasi subito di mano.

«Acero e piume di fenice. Sette pollici. Molto flessibile. La provi».

Harry la provò, ma ancora una volta, non aveva fatto in tempo ad alzarla che Olivander gli strappò di mano anche quella."

- Di solito il primo paio che fa provare - ci raccontò Potter - non è mai quello giusto -

- Andiamo, OK quello che ci hai raccontato prima, ma questo non ha senso. Perderebbe del tempo inutile! - disse Black, per nulla convinto di quel che andava a dire l'amico.

- Non deve avere mica senso per te, Felpato - ribattè lui - Andiamo, sette pollici! È chiaro come il sole anche per me che una bacchetta così corta non va bene - si vantò, con l'aria di chi la sapeva lunga.

- È chiaro come il sole che hai tutte le carte in regola per diventare un'aspirante mini-Olivander - scherzò Remus.

- Oh, sta zitto Remussinuccio - ribattè un Potter molto seccato.

"«No, no... ecco, ebano e peli di unicorno, otto pollici e mezzo, elastica. Avanti, avanti, la provi».

Harry provò, provò ancora. Non aveva idea di che cosa cercasse Olivander. Le bacchette si stavano ammucchiando sulla sedia, ma più Olivander ne tirava fuori dagli scaffali, più sembrava felice.

«Un cliente difficile, eh? No, niente paura, troveremo quella che va a pennello... Ora, mi chiedo... sì, perché no... combinazione insolita... agrifoglio e piume di fenice, undici pollici, bella flessibile».

Harry la prese in mano. Avvertì un calore improvviso alle dita. La alzò sopra la testa, la abbassò sferzando l'aria polverosa e una scia di scintille rosse e d'oro si sprigionò dall'estremità come un fuoco d'artificio, proiettando sulle pareti minuscoli riflessi danzanti di luce."

- L'ha trovata - esclamò Remus.

Io annuivo con la testa, entusiasta di questo importante evento.

- Adesso è pronto al cento per cento - disse Potter che condivideva il nostro stesso entusiasmo - deve solo andare a King Cross, prendere il treno e... -

- E aspettare un altro mese - lo interruppi mestamente - Deve passare un altro mese da quei Dursley -

Lui mormorò un appena percettibile: - Ah, già -

"Hagrid gridò d'entusiasmo e batté le mani e Olivander esclamò: «Bravo! Sì, proprio così, molto bene. Bene, bene, bene... che strano... ma che cosa davvero strana...»"

- Strano? - si preoccupò subito Potter.

Io lo ignorai, continuando imperterrita per scoprire cosa non andasse. Era possibile che ci fosse un altro intoppo?

"Rimise la bacchetta di Harry in una scatola e la avvolse in carta da pacchi sempre borbottando: «Ma che strano... davvero strano».

«Scusi» fece Harry, «ma che cosa c'è di strano?»

Olivander lo fissò con i suoi occhi sbiaditi.

«Ricordo una per una tutte le bacchette che ho venduto, signor Potter. Una per una. Si dà il caso che la fenice dalla cui coda proviene la piuma della sua bacchetta abbia prodotto un'altra piuma, una sola. È veramente molto strano che lei sia destinato a questa bacchetta, visto che la sua gemella... sì, la sua gemella le ha procurato quella ferita»."

- La... La bacchetta di... - mormorai, sperando di aver mal inteso.

I volti cupi degli altri, però, parlavano chiaro.

Tutti noi eravamo stupiti ed intimoriti al tempo stesso da questa notizia. I due Serpeverde parevano aspettarselo ancora meno di noi, stavano crollando tutte le certezze su quel che loro consideravano il loro leader: prima di tutto non era invincibile come molti li consideravano, poi aveva perso quella sua unicità .La bacchetta è ciò che più e apprenda l'identità di un mago ed una connessione del genere non era da sottovalutare.

Dubitavo fosse qualcosa di positivo. Il mio bambino non doveva aver nulla a che vedere con quel mostro.

"Harry deglutì.

«Sì, tredici pollici e mezzo. Legno di tasso. Curioso come accadano queste cose. È la bacchetta che sceglie il mago, lo ricordi. Credo che da lei dobbiamo aspettarci grandi cose, signor Potter... Dopo tutto, Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato ha fatto grandi cose... terribili, è vero, ma grandi»."

- Non si posso considerare grandi o notevoli cose così, dimostrano che è il più infimo dei maghi - disse sprezzantemente Potter.

Sia Severus che Regulus lo guardarono, pronti ad incenerilo con i soli occhi, pronti a battersi e a discutere non appena qualcuno di noi avesse provato a dire di più. Nessuno di noi lo fece, li lasciammo crogiolare nella loro finta superiorità, fatta di una scia di terrore che lasciava dietro solo una serie di morti e vittime innocenti, capitanata da un mago che si illudeva di essere invivibile, ma poi arrestato da un semplice bambino.

"Harry rabbrividì. Non era certo di trovare molto simpatico quel signor Olivander. Pagò sette galeoni d'oro per la sua bacchetta, e mentre uscivano, Olivander li salutò con un inchino da dentro il negozio.

Era ormai pomeriggio avanzato e il sole era basso sull'orizzonte quando Harry e Hagrid si misero sulla via del ritorno ripercorrendo Diagon Alley, riattraversarono il muro, fino al Paiolo magico, ormai deserto. Lungo il tragitto, Harry non disse una parola; non notò nemmeno quanta gente li guardasse a bocca aperta, in metropolitana, carichi com'erano di tutti quei pacchi dalle forme bizzarre, e con la civetta candida addormentata sulle ginocchia. Su per un'altra scala mobile, fuori di nuovo, giù verso Paddington Station; Harry si rese conto di dove si trovavano soltanto quando Hagrid gli batté sulla spalla.

«Abbiamo il tempo di mangiare un boccone, prima che il tuo treno parte» disse.

Gli comperò un hamburger e si sedettero a mangiare su panchine di plastica. Harry continuava a guardarsi intorno. In un certo senso, tutto aveva un'aria molto strana.

«Ti senti bene, Harry? Sei molto zitto» disse Hagrid.

Harry non era sicuro di riuscire a spiegarsi. Quello era stato il più bel compleanno della sua vita. Eppure... Continuò a mangiare il suo hamburger cercando di trovare le parole.

«Tutti pensano che io sia speciale» disse infine. «Tutte quelle persone del Paiolo magico, il professor Raptor, il signor Olivander... ma io, di magia, non ne so niente."

- Ecco, si è fatto condizionare dal discorso di quel damerino del negozio - borbottò Potter.

- Ha solo undici anni - protestai - È normale -

Io credevo ciecamente a tutto quel che mi raccontava Severus, potevo capire l'atteggiamento di mio figlio.

- Con tutte le aspettative che gravano su di lui poi... - gli fece notare anche Remus - L'atteggiamento degli altri non aiuta affatto -

Quello che noi perdevano come uno scherzo, doveva avere un peso assurdo il quel povero ragazzo, Remus aveva perfettamente ragione, come avevo fatto a non accorgermene prima?

"Come fanno ad aspettarsi grandi cose? Sono famoso, ma non ricordo neanche il motivo per cui sono famoso. Non so che cosa è successo quando Vol... scusa... voglio dire, la notte che i miei genitori sono morti».

Hagrid si chinò verso di lui. Dietro la barba incolta e le folte sopracciglia faceva capolino un sorriso pieno di gentilezza.

«Non preoccuparti, Harry. Imparerai presto. A Hogwarts tutti i principianti sono uguali. Starai benone. Basta che sei te stesso. Lo so che è dura. Tu sei un prescelto, e questo fa sempre la vita difficile. Ma starai benissimo a Hogwarts... così è stato per me, e lo è ancora, davvero»."

- Hagrid è una mammina perfetta - fece Black con tono smielato.

- È stato dolce invece - dissi io, che avevo apprezzato immensamente il discorso che aveva fatto.

- Stavo solo scherzando - ribattè lui, il che non gli evitò una bella occhiataccia.

Hagrid aiutò il ragazzo a salire sul treno che lo avrebbe riportato dai Dursley, e poi gli porse una busta.

«Questo è il biglietto per Hogwarts» disse. «1° settembre, King's Cross... è tutto scritto sul biglietto. Se hai problemi con i Dursley, spediscimi una lettera con la tua civetta, lei saprà dove trovarmi... A presto, Harry».

Il treno usci dalla stazione. Harry avrebbe voluto seguire Hagrid con lo sguardo fin quando non l'avesse perso di vista; si alzò in piedi sul sedile e schiacciò il naso contro il finestrino, ma non fece in tempo a battere le palpebre che Hagrid era sparito."

- Ma come sparito? Lo lascia lì così? - esclamai interdetta.

Hagrid non aveva avuto neppure un minimo di buonsenso, la stazione era grande ed Harry così piccolo! Sperai che fosse abbastanza sveglio da riuscire a trovare la strada di casa da solo senza finire nei guai. Sulla fortuna del pargolo, infatti, ci avevo perso un po' le speranze, aveva avuto un'infanzia troppo travagliata per i miei gusti, i Dursley non gli avevano di certo far avuto un'infanzia idilliaca.

- Continuiamo? - chiese Potter.

- Sì! - esclamai prontamente, ansiosa di proseguire.

- Non posso intrattenermi oltre - disse Regulus scostante, alzandosi lentamente per raggiungere l'uscita.

Severus si alzò subito dopo e rimase per qualche attimo in piedi a scrutarci, i suoi occhi neri e profondi indugiarono più volte su di me, ma io non feci segno di scompormi. Uscì subito dopo, voltandosi le spalle in silenzio senza neppure salutarci.

Il silenzio aleggiava ancora, con un tacito accordo decidemmo di alzarci anche noi. Avevo le gambe anchilosate e, sebbene feci qualche passetto per rimettermi in sesto, rimasero comunque leggermente intorpidite,

- Evans, me lo devi spiegare - esordì Potter avvicinandosi ad un tratto a me, leggermente imbarazzato.

- Cosa vuoi sapere? -

- Perché tua sorella si comporta così? - si passò velocemente una mano tra i capelli, nervoso - Io, beh... non voglio farmi i fatti tuoi, però... -

- Va bene - acconsentii interrompendo prontamente il suo farfugliare - te lo dico strada facendo -

Non ci pensai neanche su, dopotutto lui aveva il pieno diritto di sapere.

Uscimmo insieme dalla stanza.

Presi un bel respiro. Ci aspettava una lunga camminata.

 

 

 

*Potrebbe essere plausibile, secondo me, che Lily non sappia chi diriga le banche dei maghi essendo Nata Babbana. Lo stesso Harry, nel corso dei vari anni, conosce i vari dettagli del mondo magico. Sa dell'esistenza dei folletti, ovviamente, ma non credo si sia mai posta il problema dell'occupazione di ogni singola creatura del mondo magico, ne che si vada a documentare sul funzionamento e sulla struttura della banca se non ha un conto all'interno di essa. Come scritto, lei non è mai entrata alla Gringott, ergo non ha mai visto lì dentro i folletti.

 

** Anche se siamo prima degli anni 80, qualche cosina tecnologica che stupirebbe un mago già esiste. Quindi non è un'imprecisione storica.

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo dell'autrice:

Good afternoon!

La mia intenzione era di pubblicare ieri sera, ma, mentre scrivevo, mi sono inspiegabilmente addormentata risvegliandomi stamattina con il cellulare in mano (con il quale aggiorno). Memo per me: non scrivere MAI sul letto, per quanto invitante, comodo, morbido, accogliente ecc... possa essere. È una trappola!

Che dire: questo capitolo è stato lunghissimo! Vi giuro che mi sembrava non avesse fine... Per questa ragione, come molti di voi mi hanno precedentemente suggerito, ho inserito un breve riassunto di una scena. Non lo farò spessissimo, ma solo quando occorre e le parti saranno contrassegnate dal corsivo. Spero vi sia piaciuto e di non aver combinato un casino così ^^

Ma parliamo di cose bellissime: devo ringraziarvi di cuore, a tutti voi che seguite questa mia stramba storia, e devo ringraziare le dieci, dico ben DIECI (voi ci credete? Io no!) meravigliose persone che hanno recensito lo scorso capitolo facendomi sapere la loro opinione! Naturalmente mi fa sempre piacere il parere di persone in più, quindi spero che sempre più persone (anche tramite un breve messaggio) mi facciano sapere, non c'è cosa più importante per un autore! Qualsiasi cosa vi passi per la mente scrivetela ;)

Passiamo al capitolo: Diagon Alley!

Quanti tra voi hanno mai fantasticato di trovarsi lì a fare acquisti per il fatidico primo settembre? Su, su alzate le mani! La mia è talmente in alto che ha già raggiunto il cielo :)

Passando alle cose serie: la scena finale (quella di Lily e James, per intenderci) è stato il primo pezzo di storia che ho scritto e la seconda scena che ho immaginato. La prima scena, ovviamente, è stata quella della "tizia misteriosa" che scrive dal futuro, perché da lì parte tutta la fanfiction. L'idea originale era che lei scriveva una lettera dove descriveva con una sintesi di quel che sarebbe accaduto nel futuro, la inviava nel passato, loro la leggevano e da lì sarebbero partiti commenti e discussioni. Da qui la scena conclusiva di James che chiedeva a Lily informazioni. Sarebbe stata una semplice One Short e nulla più, con un finale molto aperto (cosa sarebbe cabinato nel corso degli eventi con quella lettera?), poi ho deciso di far inviare tutti i libri ed il risultato è quello che vedete.

Anyway questo piccolo frammento (parte dell'idea originale) lo avevo in archivio da mooooolto tempo, in attesa del momento giusto per inserirlo, se sembra "staccato" dal testo è per quello. Per ragioni personali, tuttavia, ho deciso di non modificarlo, ci tengo particolarmente a quelle poche e brevi righe.

Passiamo ai personaggi:

James me lo immagino un po' permaloso (non chiedetemi il perché, l'ho sempre pensato così) e, a dispetto della maschera di arroganza che pare evidente nei ricordi di Severus (dopotutto lo odia, come poteva emergere un James carino&simpatico dalla sua mente?), lui è un personaggio buonissimo e anche uno che di paranoie se ne fa tantissime! Magari per gli altri appare sempre al 100% però gli amici conoscono il vero lui. E poi diciamocelo, anche se James è forte, coraggioso, grintoso ecc... non vuol dire che sia perfetto e sempre all'apice di sé. I "film mentali" se li fanno un po' tutti, chi più e chi meno u.u

Poi ho inserito un altro scontro tra Regulus e il fratello. Alla fine quel che dice Sirius è, in buona parte, vero. Regulus non si rende veramente conto di quale sia il progetto di Voldemort, e questa cosa la pagherà con la sua stessa vita. La storia dei due fratelli è un po' triste, non trovate? Voi tra i due chi preferite? Io leggermente di più Sirius, perché sono più affezionata al personaggio :). E tra James e Severus? Voi chi scegliete? Io anche qui voto il mio amato Malandrino *-* (nulla togliere a Piton, affatto!)

Per quanto riguarda Raptor, dato che non mi ricordavo quanti anni potesse avere, ho fatto delle ricerche ed è saltato fuori che faceva parte della classe 60-70 di studenti, per questo l'ho descritto poco più grande dei personaggi. Lui, in versione studente, me lo immagino molto più nervoso e schizzato rispetto alla versione adulta, perciò i ragazzi non faticano affatto a ricordarlo.

Parliamo infine di Olivander e delle bacchette: so per certo che le bacchette vengono scelte in base alle principali caratteristiche del mago, sia per quanto riguarda i tratti base della personalità (incluse le propensioni che determinano il tipo di bacchetta), sia per quanto riguarda il fisico (per esempio la statura ne determina la lunghezza). Per questo mi è sembrato strano quando, rileggendo, ho notato che Olivander facesse provare ad Harry bacchette effettivamente troppo corte! Lui è la copia carbone (o quasi) di James, che ha una bacchetta di undici pollici, quella del figlio non si poteva distanziare di molto per quanto riguarda la lunghezza, infatti è undici pollici lo stesso. Hagrid, che è enorme, ne ha una di sedici. Da tutto ciò è nata la storiellina narrata da James.

Ho detto tutto? Mi sembra di sì. Per qualsiasi cosa fatevi sentire, mi raccomando, aspetto i vostri pareri su questo capitolo :D

Ringrazio (again) ognuno di voi che spende il suo tempo per leggere questa storia. Grazie, grazie, grazie infinite <3

Un grande abbraccio a tutti,

Hij

 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** 9th ***


~~~ Attenzione! Nel capitolo ci sono alcuni pezzi che potrebbero sembrare OOC. Lettore avvisato mezzo salvato!

Questo capitolo è dedicato ad Anna, una persona meravigliosa che mi ha consigliato quando ero incerta e che supporta i miei scleri 24h su 24 (e, fidatevi di me, non è poco).

Enjoy it <3 ~~~

 

 

 

 

 

 

Parlammo, parlammo e parlammo ancora. Non ricordavo di esser mai stata così tanto tempo a chiacchierare tranquillamente con Potter. Dopo il mio monologo iniziale, che lui ascoltò attento e facendo strane smorfie ogni tanto, mi iniziò a fare le domande più disparate, sebbene fosse leggermente timoroso e imbarazzato all'inizio, come si aspettasse che da un momento all'altro potessi indispettirmi ed intimargli di lasciarmi stare o, ad ogni modo, strepitare qualcosa del genere, come se temesse di superare il limite all'improvviso.

Io rispondevo, sincera, chiedendomi tra me e me cosa mi avrebbe chiesto poi, e parlavo, parlavo a non finire senza davvero pensare a cosa dicessi.

Dopo il nostro girovagare senza meta, arrivammo su, fino a raggiungere una torre alta che, grazie ad una finestrella, permetteva di vedere il cielo. Questo stava tramontando e lo scenario si stava tingendo di una particolare sfumatura arancione che si fondeva armoniosamente con l'azzurro del cielo, interpunto ogni tanto da qualche nuvola candida, dalla quale numerosi fasci di luce dorata facevano capolino illuminando ancora di più la scena. Quella finestrella era però aperta e un venticello leggero che soffiava imperterrito ci raggiunse, avvolgendoci e scompigliandoci appena i capelli. Il freddo era pungente e per questo avevo le dita completamente congelate, ma non mi importava, non ci importava. Eravamo lì seduti con lo sguardo rivolto fuori, ipnotizzati ed ammaliati dalla bellezza del cielo, e continuando a chiacchierare senza fine, ora anch'io gli facevo delle domande, discutevamo senza curarci del tempo che scorreva e che faceva mutare rapidamente lo stupendo scenario che contemplavamo. Nonostante io e lui potevamo considerarsi appena conoscenti, nonostante i nostri bisticci e battibecchi, nonostante quello che ci era accaduto in quei giorni, nonostante tutto questo, era sorprendentemente piacevole stare così.

- Ma tu ci pensi mai al futuro che è stato scritto per noi? - gli chiesi, parlando velocemente, rompendo quell'attimo di silenzio che si era creato tra noi - Così tante cose accadranno in così poco tempo... Insomma un bambino e... e poi... la nostra morte. Io, io se solo ci penso il cervello mi si aggroviglia completamente e rischio di impazzire! -

- Non concentrati su quello, è semplice - rispose lui con leggerezza.

- Ma come fai ad essere così superficiale? Non ti tange neppure l'idea che tra qualche anno potresti non esistere più? -

- Ovviamente gli stessi problemi che ti fai tu me li faccio anch'io - mi rispose facendosi più serio, - ma per ogni cosa cerco di vedere il lato positivo e di concentrarmi principalmente su quello -

- E cosa ci sarebbe di positivo nell'essere uccisi da un pazzo all'età di ventun anni? Illuminami, caro - gli chiesi sarcasticamente, sfidandolo a trovare una risposta soddisfacente.

- Beh, vista così è una prospettiva terribile... - ammise passandosi velocemente una mano tra i capelli corti e disordinati scompigliandoseli fino all'inverosimile.

- Appunto! - ribattei velocemente io.

- Fammi finire - mi disse lui senza perdere quell'atteggiamento calmo che lo caratterizzava in quel momento - Io ho elaborato un'altra filosofia. Pensaci bene, siamo in tempo di guerra, no? -

Annuì, curiosa di scoprire dove volesse andare a parare - Fuori di qui la gente rischia la vita ogni giorno. Io, proprio come i miei genitori, voglio lottare e combattere per evitare che i Magiamorte ci sopraffacciano -

- Anch'io - lo interruppi - questo è certo. Di certo non me ne andrò senza combattere -

- Benissimo. Beh, vedi, io di questo non te ne dovrei parlare... - disse, tentennando.

- Di me ti puoi fidare - dissi subito per convincerlo a continuare - Non farò parola con nessuno di questo discorso -

Lui ponderò ancora un po' la situazione - E sia. Ma mi devi giurare che non lo dirai ad anima viva -

- Certo, te l'ho già detto - lo rassicurai.

- Dovevo essere sicuro - lui si girò ad ispezionare l'ambiente circondante, per controllare che quella stanza fosse realmente deserta - Ho deciso di unirmi all'Ordine della Fenice, tra un po' diventerò membro a tutti gli effetti - proclamò lui, parlando a voce molto bassa.

- Cos'è questo Ordine? - chiesi

- Prima di tutto abbassa la voce. Ti ricordo di non nominarlo mai e poi mai in giro -

- Ancora? - dissi, leggermente scocciata - Me lo hai ripetuto tante volte, non sono mica stupida -

- Come sei permalosa, Evans. Ti ricordo anche che io non dovrei neanche parlartene e, soprattutto, non qui -

- Ormai, però, non puoi più tirati indietro - ribattei con fermezza - Voglio saperne di più -

- L'Ordine deve godere della massima segretezza - parlava ora a voce talmente bassa che dovetti avvicinarmi di più a lui per sentirlo - è stato Silente stesso a fondarlo e non è semplice entrarci. Si reclutano maghi e streghe per combattere Voldemort e i suoi Mangiamorte, si escogitano piani e si fanno riunioni. Spesso vengono proposte imprese che possono costare anche la vita. È rischioso, ma è il metodo migliore per dare il proprio apporto in questa guerra. Io ci voglio essere, io voglio combattere -

- Voglio entrare anch'io -

Quelle parole uscirono così spontaneamente dalla mia bocca che non mi accorsi neppure di averle pronunciate per davvero, eppure non potevo essere più sicura della mia affermazione. Avevo paura di quello che sarebbe sucesso poi? Sì, ma se quest'Ordine esisteva davvero, io dovevo farne parte, non sarei rimasta ad aspettare senza far nulla.

- No, Evans, non puoi. Non era questo il mio intento - vietò categoricamente lui - Ma tu non eri quella che non voleva morire subito? -

- È chiaro che preferirei non lasciarci le penne, no? Sapere esattamente la data della mia morte, molto più imminente di quanto sperassi, non mi rallegra, ma non me ne starò qui buona ad aspettare! -

- Non è un gioco, ti ritroverai spesso a faccia a faccia con la morte, l'hai capito sì o no? -

- Beh, ti do una notizia straordinaria, Potter: la gente muore ogni giorno comunque e, se non si arresta questo scempio, continuerà a morire -

Lui strinse i pugni, combattuto, e fece un respiro profondo per calmarsi - Lo so, lo so - continuava a ripetere mentre scuoteva il capo, il suo tono era ora più dolce - Solo che... Pensaci un po' su, me lo prometti? -

- Ma io non ho il biso... - iniziai a ribattere, ma lui mi interruppe.

- Appena sentii parlare di quest'Ordine reagì esattamente come te - mi raccontò - poi ho fatto i conti con la realtà delle cose. Vedevo e vedo tuttora la preoccupazione negli occhi di mia madre quando mio padre parte per qualche missione pericolosa e viceversa, ho sperimentato in prima persona quanto può essere terribile quell'ansia che ti attanaglia quando pensi che, forse, potrei star salutando i miei genitori per l'ultima volta, e questa paura mi lacera dall'interno -

Gli occhi gli luccicavano, guardavano ovunque e da nessuna parte insieme. Ero terribilmente a disagio, che fare in una situazione del genere? Cosa dirgli? Le parole che vorticavano nella mia mente sembravano così vuote...

- Prima di iniziare questo anno ad Hogwarts - riprese lui, con la voce che gli tremava appena - sia io che Sirius abbiamo parlato con mia madre, abbiamo discusso dell'Ordine, proprio come stiamo facendo io e te ora, mi ha aperto gli occhi su molte cose. Ti potrà sembrare patetico, ma prima di partire da King Cross ho abbracciato forte i miei genitori, chiedendomi per un breve istante se avrei potuto rifarlo anche a Natale, se avrò la fortuna di rivederli, avevo paura a lasciarli andare. Ho scacciato via subito questo pensiero dalla testa, ho montato su il miglior sorriso che potessi fare e, appena salito sul treno, mi sono imbattuto in una certa rossa di mia conoscenza e ho deciso di tormentarla un po' -

Sorrisi debolmente al ricordo di quel viaggio in treno. Appena salita mi imbattei immediatamente nei due Malandrini che mi fecero a pezzi i nervi in soli cinque minuti.

- Ogni tanto, però - riprese lui con voce rotta, parlava piano, come se gli costasse una fatica immensa - anche io venivo tormentato da quel tarlo. Ieri ho ricevuto una lettera - una lacrima gli rigò il volto, ma lui l'asciugò subito - Era di mio padre. Mia madre sarebbe dovuta tornare tre giorni fa da una missione pericolosa ed ancora non hanno avuto sue notizie, è impossibile mettersi in contatto. Lui è fuori di se dalla preoccupazione, è strano, leggere quella lettera è stato... - non completò la frase, aveva la voce che gli tremava e così anche le mani, a vederlo in quello stato non sembrava neanche lui. Io continuavo a non sapere che fare, ero così incapace quando si trattava di consolare le persone!

- Scusami se ti sto annoiando con queste sciocchezze - fece lui poi, tentando di giustificarsi, voltandosi verso di me e mettendo su un sorriso palesemente falso, spento, che non riusciva a contagiare gli occhi ancora pieni di lucciconi - Solo che, beh, non ho voluto parlarne con Sirius perché non voglio fargli avere preoccupazioni inutili, proprio adesso non gli servono, e così non ho detto niente neanche al resto del gruppo, per cui... -

Lo abbracciai di getto mentre lui stava balbettando velocemente qualche misera giustificazione. Lo abbarcciai spontaneamente poiché, secondo me, non potevo fare nulla di meglio. Era il modo migliore per consolarlo, per fargli capire che, in quel momento, io c'ero e poteva contare su di me, per fargli sentire il mio supporto, lo abbacciai perché con le parole avrei di certo combinato dei gran casino, perché era un gesto che valeva di più del solito blaterare a caso.

Lui, che all'inizio era rigido, mi cinse debolmente con le braccia, sfiorandomi appena, mentre io lo stringevo forte, con tutte le mie energie. Ed era strano, terribilmente e maledettamente strano: io e lui normalmente a malapena ci calcolavamo, c'era stato perfino un periodo in cui ero arrivata ad odiarlo visceralmente, ora invece le cose erano cambiate: lo consideravo più come un conoscente che a volte si dimostrava in tutto e per tutto insopportabile, ma altre volte era piacevole e divertente. Proprio perché la situazione era assurda così assurda, io tenevo stretto ancora più forte per fargli capire che, nonostante tutto, io ero lì, avevo lasciato che si liberasse un po' da quel grande macigno che lo opprimeva ed ora gli stavo offendo la spalla di cui aveva bisogno per aiutare a sostenerlo, poiché era evidente che da solo non c'è la faceva più, quel suo piccolo crollo ne era il segnale.

Quando sentii la mia spalla inumidirsi, capii che stava piangendo, le lacrime scivolavano silenziosamente sulle sue guance, nessun singhiozzo lo percuoteva. Feci finta di nulla, di non averlo notato, e credevo fosse la scelta più adeguata, la migliore per entrambi. Non sapevo se avrebbe mai ammesso, perfino a se stesso, di essere crollato in quel modo. Non era per orgoglio o per altre sciocche motivazioni che spesso spingono la gente a vergognarsi di piangere davanti a qualcuno, no, ero sicura che ci fosse dell'altro. Lui cercava di essere forte per contrastare quel laurea di negatività che altrimenti lo avrebbe risucchiato facendolo cadere in un baratro, non se lo poteva permettere e nè tantomeno voleva.

- Perché non lo hai detto a Black o agli altri? - gli chiesi dolcemente, cercando di capirlo.

Loro, ne ero sicura, avrebbero saputo consolarlo e comprenderlo meglio, gli avrebbero dato una mano nell'immediato. Loro erano i suoi migliori amici.

Lui si prese qualche secondo per rispondermi: - Io...io non posso - decretò infine.

Cercava di essere forte perfino per i suoi amici, per non intaccare quell'atmosfera di tranquillità che pareva circondarli, perché dentro Hogwarts gli echi della guerra sembravano così lontani. Cercava di non pensare al problema, di comportarsi come se nulla fosse, ma questo non risolveva il problema, lo faceva stare solo peggio.

- Ma perché? Loro lo vorrebbero sapere, non puoi fingere di stare bene -

- Le cose sono più difficili di quanto pensi, Evans. Hanno capito che c'è qualcosa che non va, mi conoscono abbastanza bene, ma cerco di non darlo a pesare a loro, probabilmente pensano che sia per quel fatto del libro. Ma non posso dargli preoccupazioni inutili, a nessuno di loro, semplicemente non posso -

Mentre parlavamo rimanevano stretti, nessuno dei due aveva fatto niente per sciogliere l'abbraccio e pensai che, da un certo punto di vista, fosse meglio così: i nostri sguardi non avrebbero corso il rischio di incontrarsi, avrei potuto continuare ad ignorare le quiete lacrime che lentamente gli sgorgavano dagli occhi, la maschera che lui stava indossando non si sarebbe rotta, o forse rotta lo era già ed io non volevo scoprirlo. L'aveva fatta sua in modo eccelso per un giorno intero, ma ora questa stava cedendo. Se così fosse stato, non ero ben certa di esser pronta a raccoglierne i pezzi, non l'avrei mai fatto bene, lo sapevamo entrambi.

- Non è una cosa inutile, non è roba da niente -

Lo sentii fremere scosso da un brivido. Evidentemente non era la cosa più adatta da dire in quel momento, avrei dovuto piantarla e confortarlo in modo quantomeno decente. Sua madre era in pericolo.

- Perché non dovrebbe esserlo? Tanto non è successo nulla, vero? Sirius si intristirebbe per nulla, è così legato alla mia famiglia... Tanto tra un po' arriverà un'altra lettera e saprò che mia madre sta bene e sarà come se tutto questo non fosse mai successo, vero Evans? -

- Vero - mentii. Era successo qualcosa di grave se sua madre non tornava, questo lo sapeva perfettamente anche lui, ma che potevo dirgli? Un'altra mossa sbagliata? Probabilmente, ma dubitavo ci fosse qualcosa di davvero giusto da dire in quel momento o, perlomeno, io non lo trovavo. - Ma ciò non vuol dire che tu non debba dirlo. Se Bla... Sirius - decisi di usare il nome del ragazzo per questa volta - è così legato ai tuoi, vorrebbe a tutti i costi saperlo. Si arrabbierà tantissimo se scopre che l'hai tenuto all'oscuro di tutto. Mettiti nei suoi panni, tu al suo posto vorresti essere informato, no? -

- Io lo faccio per lui... -

- Lo so, ma merita di sapere la verità proprio perché vuole bene a loro e ne vuole tanto anche a te -

Era giusto forzarlo così tanto? La cosa più giusta sorebbe stata parlarne con loro, ma chi ero io per obbligarlo? Chi era in pericolo era sua madre, avrebbe scelto lui con chi confidarsi, in questo caso c'ero io al suo fianco, e avrei dovuto fare qualcosa di più concreto.

- Io... io...- era esitante, ma sciolse l'abbraccio e mi fissò dritta negli occhi - ok, hai ragione. Loro... lui... troverò un modo -

Gli rivolsi un sorriso per incoraggiarlo, fiera di essere riuscita a persuaderlo. I Malandrini sarebbero riusciti nella missione nella quale io avevo miseramente toppato.

- Ho subito risposto a mio padre, ma lui non mi ha inviato nessuna lettera ancora - riprese a dire con fare nervoso e con gli occhi tristi che ancora luccicavano - Se non mi risponde entro domani... beh, stavo pensando di andare a Silente e chiedermi di farmi andare a casa per un po', impazzirei nel rimanere qui ad aspettare delle notizie, poi mio padre ha bisogno di me -

- Sono sicura che Silente ti capirà - risposi annuendo - e ti lascerà andare immediatamente -

Lo fissai per un po', persa nei miei pensieri, intenta a fare i conti per davvero su quel che avrebbe significato unirsi all'Ordine e diedi il giusto peso alle parole che lui mi aveva detto poco prima, iniziavo a comprendere meglio il perché della sua reazione.

- Ci rifletterò seriamente su - lo informai.

- Su cosa? - chiese, confuso.

- Ma sull'Ordine della Fenice. Voglio essere forte e coraggiosa anch'io, non voglio rimanere inerte nè lasciarmi sopraffare, ma prenderò questa cosa con la giusta serietà che merita. Grazie per avermi fatto aprire gli occhi -

- Io... mi fa piacere, figurati. Grazie a te per... sì, insomma, per prima -

Era in imbarazzo, un po' lo ero anche io, così li sorrisi semplicemente. Noi eravamo abituati a tattarci appena come conoscenti, questo era fuori dagli schemi.

- Qui fuori si rischia di morire ogni giorno, ogni istante. Sapere che avrò vita breve mi mette angoscia, non sono esattamente entusiasta del fatto che non avrò mai un futuro, che questo non verrà permesso nè a me nè a te. Ma prova a soffermarti un secondo su tutto quello che ci sarà prima, su tutto quello che noi vivremo. Non ci andrà poi così male, non trovi? Riusciremo a realizzare tante cose in poco tempo, forse più di quello che io avrei mai potuto immaginare visto i tempi che corrono: prendere i MAGO, un matrimonio, un figlio, venire ricordati così bene da persone, come per esempio Hagrid, a cui tengo molto. La fama non mi intessa, ma è bello lasciare un segno nella memoria della gente, è bello perché so che quel pazzo assassino non avrà la meglio. E voglio avere la forza e soprattutto il coraggio di lottare senza fermarmi mai fino a quando non esalerò l'ultimo respiro, voglio riuscire a salvare mio figlio, anche se questo mi costerà la vita, perché ci sono cose più importanti della vita stessa, realizzare obiettivi che fanno ben oltre essa -

Mi fermai a riflettere, quelle erano di certo belle parole, ma non era semplice pensarla a quel modo, vedere le cose da quella prospettiva. Più il tempo passava più mi accorgevo anche di non conoscere affatto il ragazzo che stava al mio fianco, ero sempre stata terribilmente superficiale. Sotto quella facciata talmente odiosa ed arrogante, c'era un ragazzo che continuava a stupirmi di volta in volta, tutto questo mi lasciava senza parole. In fondo lui non stava affatto bene, così teso e corroso dall'ansia, però era riuscito comunque a fingere e a scherzare fino a poco prima. Io non mi ero accorta di nulla, ma a quanto pare i Malandrini sì, loro lo sapevano che c'era qualcosa che non andava, aspettavano solo che Potter si decidesse a parlargli.

- Così, questa è la mia cosiddetta, ehm, filosofia di vita - dise lui sorridendomi.

- Io... non ho parole, davvero. Mi piacebbe imparare a ragionare proprio come te -

- Ma non puoi, perché io sono unico ed inimitabile - tentò di scherzare lui, come era solito fare.

Io sorrisi appena, grata del suo tentativo di alleggerire la tensione nonostante tutto. La sua maschera si stava lentamente ricostruendo, anche se adesso riuscivo a guardarci oltre, perché quello che stava scherzando ora non era il solito spensierato Malandrino.

- Ehi Evans, sorridi un po' di più, guarda così - mi rimproverò lui che esibiva un sorriso a trentadue denti, privato però di quella scintilla di vitalità che lo avrebbe comunemente caratterizzato. Un effimero tentativo di sorriso, che non riusciva ad essere tale visto l'animo del ragazzo che, eppure, si sforzava a provarci, a mettere da parte la malinconia e la tristezza - Spero che nostro figlio non erediti questo da te -

- Ehi! - ribattei anche se lo speravo anch'io, cercare di non perdere il sorriso malgrado tutto era una qualità d'oro - Che poi questa idea del bambino è a dir poco assurda, senza offesa ma non avevo ne ho in programma di sposarmi proprio con te! -

- Perché? -

- Ci conosciamo da anni e non facciamo altro che battibeccare in continuazione, siamo diversi e non riusciamo ad andare d'accordo per più di cinque minuti, tecnicamente non potremmo neppure considerarci amici, figurati altro. Credo che anche tu sia della mia stessa opinione -

- Sì... - mormorò lui, ancora triste per prima - ma oggi per esempio siamo stati bene - insistette - Se una volta o l'altra tu accettassi di uscire con me, passeremmo una bella giornata insieme, ma tu non me ne dai l'opportunità -

- E che opportunità dovrei darti? Sono sette anni che viviamo sotto lo stesso tetto! - "eppure forse non lo conosci affatto" fece la vocina nella mia testa, quella che tutti chiamano coscienza.

- Ma non è la stessa cosa, lo sai bene -

- Infatti non è lo stesso, ti sei dimenticato della Wilson? -

- Connie? Cosa c'entra lei adesso? -

- È la tua ragazza! -

Connie Wilson era una Grifondoro un anno più piccola di noi, grande amica dei Malandrini, specialmente di Black e Potter, da appena un mese era anche la ragazza di quest'ultimo. Ovviamente lei era una tra le "popolarissime" della scuola, con il suo metro e ottanta di altezza invidiato da molte, i suoi capelli biondi e riccissimi sopra le spalle e due occhioni color ghiaccio.

- Evans, non stiamo più insieme da un po', ci abbiamo provato poi ci siamo accorti che non funzionava e siamo rimasti amici come prima -

- Il fidanzamento più breve della storia - sbuffai.

- Non era lei quella giusta, non potevo illuderla. Poi, per la cronaca, ci sono coppiette che si lasciano anche nel giro di ore -

- E io dovrei uscire con te sapendo che probabilmente potresti scaricarmi nel giro di poche ore? -

Non capivo dove sarebbe andato a parare con quel discorso. Non volevo mettermi con lui solo perché c'era scritto su di uno stupido libro, non era così che funzionava. Lui neanche mi piaceva e, di certo, neanche io piacevo veramente a lui.

-Sarebbe diverso -

- Diverso perché? -

Se non aveva funzionato con Connie che sembrava la ragazza perfetta per lui, figurarsi quanto doveva durare con me, visto che litigavamo sempre.

- Perché sì! Cosa ti costerebbe uscire con me almeno una volta? -

- Perché passo il mio tempo già con altre persone, e lo stesso tu. Non riesco a capire perché tu sia così tanto insistente... -

- Una sola volta, Evans, una sola. Poi ti prometto che non te lo chiederò più

La proposta era allettante come non mai. Alla fine avevamo appena passato un intero pomeriggio insieme e non era stato affatto terribile, forse era lui che, in questo periodo, stava diventando più sopportabile.

- Va bene - acconsentii.

- Cosa? -

Aveva gli occhi sgranati e mi guardava in modo veramente buffo, come se avessi fatto qualcosa di veramente strano tipo inghiottire in un sol boccone un rospo saltellante, che poi, se quel rospetto fosse stato una deliziosa Cioccorana, probabilmente mi avrebbe visto inseguirla per mangiarla, il cioccolato era sacro.

- Possiamo passare una giornata inseme, così smetterai di chiedermelo. Solo, non farmene pentire -

- No, no - si affrettò a rispondermi lui - Vedrai che sarà tutto perfetto -

Ma io mi ero già pentita di quel che avevo promesso. Iniziavo a pensare che, forse, non era stata una buona idea.

 

 

*****

 

 

Quella sera cercai Mary disperatamente per tutto il castello, l'avevo ignorata per tutto il giorno e mi dispiaceva molto. Le stavo tenendo nascosti molti avvenimenti importanti e lei non se lo meritava; mi tenevo dentro ansie, preoccupazioni senza condividerli con lei, le mentivo sulle mie stesse emozioni e lei non se lo meritava; sparivo di punto in bianco, lasciandola sola e rifilandole solo patetiche scuse e, ancora una volta, lei non si meritava neppure questo.

Sfortunatamente nessuno sembrava avesse visto Mary in giro, il castello era immenso e ci avrei messo un'eternità continuando alla cieca in questo modo. Come fare?

Stavo girovagando frettolosamente per i corridoi facendo scattare gli occhi rapidamente di qui e di là, cercando tra i tanti studenti il volto della mia migliore amica, mentre mi ritrovai a sbattere contro qualcuno, un ragazzo alto e biondo.

- Nikolaj - lo salutai, entusiasta di averlo incontrato - ti prego, dimmi che hai visto Mary -

- Non l'hai saputo? - mi chiese, serio.

- Saputo cosa? -

- Di Mary -

Lui sorrideva sempre, perché adesso non sorrideva?

Stavo iniziando a preoccuparmi.

- Cos'è successo? -

Perché non arrivava dritto al punto?

- Ho mandato David a cercarti per tutto il pomeriggio, ma di te neanche l'ombra -

Lui sembrava preoccupato.

Stavo perdendo la pazienza, tutto questo non mi interessava, mi faceva solo stare peggio. Ero sparita nel nulla, lo sapevo, e adesso ero in ansia per la mia amica.

- Nikolaj, dannazione, mi vuoi dire dov'è Mary? -

La pazienza, alla fine, l'avevo un po' persa.

- In infermeria -

- CHE COSA?! -

- Stavamo passeggiando insieme quando, all'improvviso, è diventata cerea ed è svenuta. Le ho tenuto compagnia fino a poco fa, adesso sta bene -

Mi sentivo malissimo. Avrei dovuto starle vicino.

Corsi verso l'infermeria, andavo il più veloce possibile e travolse qualche malcapitato studente.

- Mary! - esclamai appena spalancai le porte guadagnandomi un'occhiataccia dall'infermiera.

Respiravo affannosamente, il cuore tamburellava velocemente nel mio petto, mi mancava l'aria per la corsa, ma ero preoccupatissima per la mia amica.

Lei era seduta su di un lettino, il viso ancora pallido, e mi guardava sorridendo.

- Lily -

Mi avvicinai a lei.

- Come stai? - le chiesi subito, apprensiva.

- Una meraviglia! Ad un tratto, mentre camminavo con Nikolaj, la testa mi è iniziata a girare, ho visto tutto nero e mi sono risvegliata improvvisamente qui. Ma ora sto bene, tutto questo è durato un attimo -

La fissati attentamente: sembrava così stanca, poi Nikolaj non sembrava affatto tranquillo.

- Devi credermi, Lily - cercò di rassicurarmi lei.

- Per quanto rimarrai qui? -

- Tutta la notte, solo per essere più sicura. Domani però riprendo le lezioni normalmente -

Le lezioni? Era troppo presto, no?

- Dovresti riposare -

- Beh, tra poco andrò a dormire e riposerò più che abbastanza - disse scrollando le spalle.

- Mary, sono preoccupata e anche Nikolaj lo era, l'ho incontrato prima di venire qui -

Le abbassò lo sguardo e il suo sorriso si spense un po'.

- Hai detto che l'hai incontrato - disse.

Annuì.

- Come ti è sembrato? -

Che razza di domanda era?

- Te l'ho detto poco fa, era in ansia per te -

- Oltre quello. Era strano già da prima, più freddo del solito, cioè lui non è mai freddo, tantomeno con me -

Ripensai con attenzione al ragazzo che avevo visto poco prima.

- Un po' freddo lo era - ricordai - ma pensavo che fosse per quel che è successo a te -

Lei scosse la testa, in segno di diniego.

- Hai provato a chiedergli cosa fosse successo? -

- Certo, ma inutile dire che ha minimizzato tutto. Ha detto che non c'è nulla di cui preoccuparsi, ma non è vero, oggi non mi sembrava lui. E se... Lily, ho paura che lui mi voglia lasciare -

- Non provare più a pensare una cosa del genere - la rimproverai.

- Ma... - tentò di obiettare lei, ma io la interruppi subito.

Non potevo permetterle di essere così negativa, era qualcosa che non si addiceva proprio alla mia Mary.

- Niente ma, Mary. Siete la coppia più bella che Hogwarts abbia mai visto. Starà un po' giù per qualcosa, non c'è bisogno di pensare al peggio, ma cosa ti succede? -

Lei prese un bel respiro e mi fissò con quei suoi occhioni grandi. Non sorrideva più.

- Non lo so, Lily, e che da un po' le cose non stanno girando più per il verso giusto. Vedo la mia migliore amica e ultimamente non so più neanche cosa gli passi per la testa, e non credere che non me ne sia accorta, poi oggi Nikolaj e per concludere in bellezza, mi ritrovo bloccata in questa maledetta infermeria per ben due volte nell'arco della stessa settimana -

L'ultimo punto mi spaventata: certo, lei mi aveva assicurato di state bene (era stata la ste salsa infermiera a dirglielo), ma era comunque relegata qui.

La verità era che mi sentivo incredibilmente in colpa, e questo mi stava bene. Ero stata talmente presa da tutto quello che li stava capitando da non dare la giusta importanza alla persona a cui tenevo di più. Ma adesso era l'ora di smetterla, tutto quello che stava accadendo non mi doveva condizionare più, era ora di reagire.

- Mi dispiace di non esserci stata - le dissi, prendendo le sue mani tra le mie e stringendogliele forte.

- Non te ne sto scemo una colpa, Lily. Non sei obbligata a stare appiccicata a me -

- Stare con la mia amica non è un obbligo, ma un piacere. Con lui, se vuoi, ci posso parlare io -

- Grazie -

- Ma di cosa? Dai, adesso ti racconto una cosa che ti lascerà senza parole - dissi, cercando di cambiare discorso e, allo stesso tempo, di renderla partecipe di ciò che mi stava accadendo.

- Devo prepararmi a svenire di nuovo? -

- Sì, molto probabilmente, anzi forse a raccontarlo è probabile che svenga anch'io -

- Ottimo - decretò lei in modo affabile - così mi fai compagnia -

- Dei pronta? -

- Puoi dirlo forte -

- Bene: ho accettato di uscire con Potter - confessai tutto ad un fiato.

L'avevo lasciata letteralmente a bocca aperta, in effetti era stranissimo anche a dirlo.

- Cosa?! Lily, sei seria? Non è che ti sei confusa con qualcun altro? -

Risi: - Certo, sono seria -

- Sei sotto qualche incantesimo? È l'effetto dell'Imperius, vero? -

Ridevano insieme, pensando a scenari talmente assurdi che non sarebbero potuti capitare.

 

 

*****

 

 

Era martedì mattina e con Mary ci stavamo dirigendo verso la Sala Grande per pranzare.

- Lily, vuoi aspettarmi? - mi chiamò lei, che stava correndo per raggiungermi dopo essersi fermata a raccogliere un libro che gli era caduto dalla sua pila enorme che portava sottobraccio.

- Sbrigati, io ho fame! - mi lamentai.

- Ma questi cosi - disse, indicando i tomi enormi che si trascinava dietro - sono terribilmente pesanti -

- Lo so, ma quando il cibo chiama il resto non conta -

- Guarda che siamo in ritardo per colpa tua - mi ricordò lei.

- Sto correndo per rimediare, no? -

- Ah, povera me! -

Mi avvicinai e presi un paio dei suoi libri per aiutarla, dovevamo lasciare prima questi e correre in Sala Grande, se non ci muovevamo in fretta le pietanze migliori sarebbero finite al nostro arrivo!

- Lily! - poco prima che avessimo raggiunto il ritratto della Signora Grassa che ci divideva dal dormitorio, una voce mi chiamò.

Non mi girai, avevo riconosciuto perfettamente la voce e non ne avevo voglia, ma, ahimè, Mary invece si girò e questo ci costrinse a fermarci. Non potevo ignorarlo, anche se ero terribilmente tentata.

- Cosa vuoi? - gli chiesi poco gentilmente.

Avevo fretta, non avevo intenzione di perdere tempo ed era mio presupposto farglielo capire fin da subito.

- Parlare -

Mary mi lanciava occhiate, perplessa. Per lei l'ultima volta che avevo passato del tempo con il ragazzo era stato anni fa, questo le risultava strano.

- Sto andando a pranzo ora - tagliai corto.

In questi giorni ne erano successe troppe, non avevo la forza mentale per affrontare una chiacchierata anche con lui, che poi, conoscendolo, non sarebbero state solo due chiacchiere altrimenti avrebbe lasciato perdere. Se mi era venuto a cercare un motivo c'era, ma non ero dell'umore adatto per scoprirlo.

- Dopo - insistette lui.

Non gli risposi, sperando che lasciasse cadere l'argomento e sussurrai al ritratto la parola d'ordine per sgattaiolare al interno della Sala Comune.

- Dopo ti aspetto fuori, solito posto sotto il solito albero - mi disse lui prima che potessi sparire dalla sua visuale.

- Andrai? - mi chiese Mary.

- Non lo so - le risposi, sincera.

L'unica cosa certa era che mi si era chiuso lo stomaco.

- Dovresti parlarci - mi consigliò lei.

- Perché mi dici questo? Tu lui non lo sopporti nemmeno -

- Questo è vero, ma qui stiamo parlando di te, non di me. Dovresti sentire quello che ha da dire, dargli un'opportunità. -

- Di opportunità gliene ho date fin troppe - ricordai amaramente - Eravamo amici e lui ha perso la mia fiducia pian piano, nessun discorsetto rimetterà a posto le cose, lo capisci vero? I fatti valgono molto più delle parole, e quelli parlano chiaro. L'ho visto cambiare sotto i miei occhi, trasformarsi in un'altra persona solo perché soggiogato da stolti senza cervello e dalle loro stupide idee -

- Nessuno ti impone di diventare di nuovo sua amica - tentò di farmi ragionare Mary.

Vero, non mi era stato chiesto questo, ma uno strana sensazione mi attanagliava se pensavo a cosa avrebbe comportato incontrarlo dopo, seduti a parlare proprio come eravamo soliti fare prima, nello stesso luogo in cui prima ci incontravamo sempre. Solo che nè io nè lui eravamo più quelli di prima.

- Ma io non ci voglio neanche parlare! -

- Non è vero, Lily. Se ti conosco bene, e fidati che è così, una parte di te lo raggiungerebbe anche adesso -

Sbuffai: - Non è vero -

O forse sì?

- Vedremo, mia cara, vedremo - mi disse, con l'aria di chi la sapeva lunga.

- Non vedremo proprio un bel niente! - le risposi indispettita.

Lei rise: - Su Lily, non fare la bambina. Andiamo a pranzo, non avevi fame? -

 

 

*****

 

 

Benché fossero presenti sul tavolo dozzine e dozzine di portate dall'aspetto delizioso, non riuscì ad abbuffarmi come avrei voluto, o meglio come avevo intenzione di fare.

Dopo aver tormentato con la forchetta per circa dieci minuti il budino al cioccolato che era sul piatto di fronte a me, addensando sporadicamente qualche morso, mi alzai per uscire dalla Sala Grande. Mary, che non mi aveva staccato gli occhi di dosso per tutta la durata del pasto, mi rivolse uno sguardo eloquente. Mi stavo comportando esattamente come aveva previsto lei, maledizione.

Mi avviai fuori stretta nel mio mantello. Il cielo era coperto, cupo. Il vento, forte ed algido, faceva turbinare le foglie secche cadute dagli alberi. Non mi sarei di certo sorpresa se, da un momento all'altro, fosse scoppiato un acquazzone.

Eppure lui era lì, mi aspettava, ed io lo raggiunsi sedendomi sul prato sotto il nostro solito albero.

- Cosa volevi dirmi? - dissi io dopo un po', visto che lui continuava a non proferire parola.

- Tieni - fece lui porgendomi il suo mantello sul quale spiccavano i colori della sua casata - così non prendi freddo -

Rifiutai tacitamente il gesto. Non era nei miei piani rimanere a lungo lì, anzi mi chiedevo perfino cosa ci facessi in quel momento.

- Cosa volevi dirmi? - ripetei spazientita, cercando di arrivare dritta al punto.

- Volevo solo parlare -

Lo fissai spronandolo a dire altro.

- Parlare di noi - continuò lui.

- Non c'è nessun noi, questo lo sai bene -

- No, tu menti - mi accusò.

- Che cosa? - esclamai sbalordita.

Dopo tutto quello che era successo, come osava dirmi che avevo torto?

- Menti - ripeté lui a voce più bassa - Io... non credo che si possa dimenticare per davvero un'amicizia -

Beh, di certo io la nostra non l'avevo scordata, quei ricordi non erano stati timidi o per futuri per sempre, solo sepolti e per evitare un ulteriore dolore. Perché, dannazione, pensare poteva fare così maledettamente male certe volte. Perché quelle immagini e quelle sensazioni così dolci all'epoca, ora erano amare e mi logoravano dentro.

Forse, però, tutto questo adesso avrebbe avuto un fine.

Io lì non avrei voluto starci, mi sentivo come se stessi sotto esame, eppure una parte di me gioiva di questa situazione, quella stessa parte che mi aveva trascinata fin qui. Eravano seduti lì, insieme, sotto al nostro albero. Eravamo insieme. Insieme dopo tanto tempo.

Lui, che era rimasto zitto per un po', decise di riproferire parola, continuando il suo discordo.

- Molta gente cerca di auto convincersi del contrario. Molti illudono loro stessi. Sono solo degli stolti -

Aveva lo sguardo verso l'altro, fisso a mirare il cielo grigio che ci sovrastava. Stava parlando a cuore aperto, lasciando liberi i suoi pensieri.

- Molti non riescono a capire il vero valore di questo sentimento. Un amico è colui al quale dedichi parte di te stesso, dedichi il tuo tempo condividendo con lui qualcosa di speciale -

La voce era calma, il suo tono spensierato mi avvolgeva cullandomi. Era piacevole stare così.

Poi mi riscossi: non mi dovevo far abbindolare. Non potevo.

- Questi attimi condivisi ti cambiano, nel bene o nel male. Lasciano il segno. Quasi nessuno, però, riesce a rendersene conto -

Lui continuava a guardare lassù. Io, a mio malgrado, non potevo smetterla di fissare lui. Lo fissavo e pensavo e più pensavo meno ci capivo. Ero come ipnotizzata, intenta ad ascoltarlo, intenta a capire dove volesse andare a parare con quel discorso, per questo non lo interruppi.

- È proprio per questo che non si può dimenticare un amico, non del tutto, almeno. Ci sarà sempre una parte di noi legata a lui, o a lei, custodita nel profondo. C'è chi dice che non gli importa nulla più, ma, se è stata amicizia vera, ci sarà sempre una piccola parte dominata dai grandi se: E se le cose fossero andate diversamente? E se non ci fosse mai stato quel litigio, ora cosa sarebbe accaduto? Domande di questo genere ci sfiorano ogni tanto la mente, ciò vuol dire che qualcosa inconsciamente la proviamo, una parte di noi che si interesserà a colui che era nostro amico. Ci sarà sempre un qualcosa che, per qualche recondita e assurda ragione, ti farà pensare a lui, che riporterà alla mente dei ricordi -

- Ricordi spesso dolorosi, legati a qualcosa che non c'è più - aggiunsi io, evidenziando l'ultima parte in riferimento a ciò che mi legava a lui.

Lui che mi mancava davvero tanto. Lui che però non era più lo stesso.

- Ricordi legati ad una parte di noi, che ti fanno crogiolare nell'amarezza o che ti offrono conforto con dolcezza. Sei poi tu che lo decidi, dipende da come li guardi -

Forse avevo sbagliato sempre tutto, mi ero fatta del male con le mie stesse mani.

- Io ci penso, sai? A noi, a quel che eravamo. Solo ora mi sono reso conto di aver sempre sbagliato ogni cosa -

Anche lui aveva commesso il mio medesimo errore? Ma potevo veramente considerarlo tale?

- A volte mi sono ritrovata a pensare con una punta di malinconia a quel che eravamo. Ma adesso tu sei qui, è bastato solo mettere da parte l'orgoglio e parlati -

- Io non credo, questo non basta - gli risposi - Quel che c'è stato non lo posso dimenticare, come hai detto tu, nel bene e nel male. Non mi interessano le belle parole, non quando so che tu mi vedi come una misera Sanguesporco, un rifiuto delle società magica. Non quando tu continui a difendere tutto quello che io cerco di combattere. Non quando tu sei schierato dalla parte di chi godrebbe nel vedermi morta. Su questo io non posso sorvolare. Sembri il mio Severus, quello di un tempo, il mio amico, ma io so che non è veramente così -

Ora era lui a fissarmi ed io lo ignoravo, consapevole di non essere pronta, almeno in quel momento, a reggere il suo guardo. Tenevo gli occhi fissi sulle mie mani, piccole e pallide, intende a stringere e a strappare ciocche d'erba come catarsi per la tensione.

Ammettere quello fu difficile, ma non potevo cedere così, non potevo farmi ingannare. Non era un gioco e io non dovevo scordarmi chi fosse veramente lui in quel momento. Ma la consapevolezza di questo era terribile, proprio perché sarebbe bastato così poco per ritornare amici, e dal poco dipendeva da me. Mi sentivo perfino peggio rispetto a prima, quando almeno potevo contare sull'utopica illusione di poter sistemare le cose, ma la realtà dei fatti non era così semplice. Forse dovevo abbracciare quell'illusione, seguire il consiglio che Potter mi aveva dato non moto tempo prima.

Già, Potter. Era così strano che in un momento del genere mi venisse in mente lui. Di certo, se fosse stato al mio posto, lui non avrebbe esitato un secondo a perdonare un suo vecchio amico. Ma io ero Lily Evans, non James Potter, e non si trattava di un gioco o di qualche sciocco scherzo, c'era la guerra e il ragazzo affianco a me rappresentava effettivamente il nemico.

No, dovevo essere forte, non potevo cedere.

- Io sono quel che vedi - ribattè lui, brusco. Forse non si aspettava una risposta del genere.

- Il problema è proprio quello, ho visto con i miei occhi quel che sei e quel che sei diventato nel corso di questi sette anni -

- Perché sei venuta qui allora? - mi chiese con rabbia.

La conversazione non stava prendendo la piega che aveva sperato e questo non gli piaceva affatto.

- Scusami? Me lo hai chiesto tu o sbaglio? - gli feci notare, anche se il stessa non riuscivo a spiegarmi seriamente perchè stessi ancora lì.

- A te non importa niente. Io ci ho provato a rimettere le cose a posto, ci provai anche dopo il nostro litigio, ma a te non importa di risistemare le cose, anche se per un istante, quanto ti ho vista dirigenti qui, ho davvero sperato in un finale diverso. Quindi perché sei venuta qui? -

Chiusi gli occhi e serrai forte la mano, ancorandola al terreno e staccando qualche ciuffetto d'erba. Inspirai ed esporsi forte nel tentativo di calmarmi e di riuscire a sbrogliare quel groviglio di pensieri.

Quello non lo doveva dire. A me importava, importava eccome. Lui era stato davvero troppo importante , il mio punto di riferimento e la mia ancora in molte situazioni, mi aveva mostrato per primo le meraviglie del modo magico ed era stato il mio primo e vero migliore amico, quasi come se fossimo fratelli. Questo e tanti altri piccoli particolari lo rendevano importante. Per un breve periodo, quando eravamo più piccoli, mi presi perfino una leggera cotta per lui perché era così interessante e sempre carino e gentile con me, e avrei anche tanto voluto dirglielo, ma avevo una paura tremenda. Passò subito: l'idea di noi due insieme era completamente assurda.

- Io... - non riuscivo a trovare le parole per parlagli - io sono venuta qui per te. Ma non sono solo belle parole quelle che voglio sentire, voglio avere la prova che tu a me tieni davvero, voglio che mi dimostri che tu sei lo stesso ragazzo con il quale giocavo e chiacchierano per ore ed ore. È di lui che mi importa, è di lui che sento la mancanza poiché è lui ad essere speciale -

- Strano, tu dici che le parole non hanno peso, ma è stata una sola parola a farci litigare. E sapevi che non lo pensavo, sapevi che ero arrabbiato e umiliato. Sapevi come mi sentivo -

- Non è stata quella parola a farmi litigare con te, mi ha solo aperto gli occhi e messa di fronte alla realtà delle cose. È lì che mi sono accorta che il ragazzo che avevo tanto a cuore non era più quello che mi stava accanto, era sparito. Le cose andavano già male prima di quel fatidico giorno. Apri gli occhi: hai idea in che cosa ti stai cacciando? Hai idea degli sciocchi ideali dell'uomo, se così lo posso definire, per il quale combatti? -

- Non puoi contrastare le mie scelte. Non puoi permettere che queste ti facciano cambiare idea di di me. Noi due eravamo amici e ho continuato sempre a volerti bene -

- Ma sono le scelte che fai a determinate chi sei. Fuori di qui la guerra condizionerà le nostre vite e noi siamo schierati da due fazioni opposte. Che farai se ci troveremo a combattare faccia a faccia? Che farai se dovessi essere costretto a torturami o ad uccidermi? -

Lui fece una smorfia orripilata. Avevo colpito nel segno. Era in effetti uno scenario plausibile: io coevo entrare a far parte dell'Ordine, lui era un aspirante Mangiamorte, le due fazioni una contro l'altra.

- Io... Io non lo farei. Non ti voglio morta -

- Ma vuoi morte tutte quelle persone simili a me, non cambia poi molto -

- Non è vero - ribattè lui.

- Questi sono gli obbiettivi di quel pazzo che voi chiamate Signore Oscuro -

- Anche tu vorresti veder morti quelli combatterebbero al mio fianco -

Scossi la testa. Allora non aveva capito proprio nulla.

- Io, anzi, noi non vogliamo vedere morto proprio nessuno. Vogliamo solo che questo orrore abbia fine, ed è qui che sta la differenza -

- Lily io voglio solo ricominciare da capo con te, voglio avere ultima chance e ti giuro che non te ne pentirai. In fondo prima stavamo bene insieme, no? -

Sorrisi debolmente. Sì, stavamo maledettamente bene anche se mi costava ammetterlo.

- Lo prendo come un sì? - mi chiese alludendo alla mio sorriso.

Subito mi ricomposizione e cercai di prendete il controllo di me stessa.

- Vorrei dirti di sì, vorrei cancellare via tutto, ma ti ho già spiegato qual è il problema -

- Ora siamo ad Hogwarts, la guerra non ci ha ancora toccati, non ci pensare -

Scossi la testa ancora - No, non è vero. Il nostro mondo non è solo confinato tra queste quattro mura, è anche lì fuori e lì tutto sta cadendo a pezzi pian piano - gli dissi, ripensando a quel che mi aveva detto Potter qualche giorno prima. Lui stava sperimentando questo orrore in prima persona. Sua madre stava bene? Quella mattina lui non era a lezione e non era di certo un buon segno. Mi appuntai mentalmente di chiederglielo una volta ritornata dentro.

- Lily, ti prometto che non te ne pentirai -

Me ne sarei pentita? Probabilmente sì. Lui però mi stava quasi supplicando ed io non ebbi il coraggio di dire di no. Cedetti.

Feci per abbracciarlo e scoccargli un bacio sulla guancia proprio come facevo prima ogni volta per salutarlo ma,

non so come, mi ritrovai sulle sue labbra in un semplice e fugace bacio. Ci fissammo per qualche attimo, poi io mi alzai, rossa in viso, farfugliando qualcosa senza alcun senso preciso e mi avviai all'interno del castello. Aveva appena iniziato a piovere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo dell'autrice:

Ciao a tutti quanti, ecco un nuovo capitolo solo per voi! È un capitolo "storia" non "lettura" questa volta, dove accadono un po' di cose che mi ero preposta di inserire relativamente subito :)

Questo capitolo è collocato tra domenica 16 Ottobre 1977 e martedì 18, data della prossima lettura.

C'è una lunga scenetta per la coppia Lily&James (anche se adesso non sono ancora una coppia, ma dettagli! ) e qualcosa di un po' più breve per Severus&Lily. Forse non sarà un capitolo lunghissimo come i precedenti, ma almeno a me sembra bello pieno.

Non analizzerò il capitolo come faccio spesso, sarebbe lungo per me, noioso per voi e le note diventerebbero più lunghe della storia stessa, quindi se avete dei dubbi o non capite il perché di determinate azioni/situazioni potete contattarmi, anche solo per discutere determinate cose. Ho messo l'avvertimento OOC per evitare e prevenire qualsivoglia discussione poiché, rileggendo, alcuni comportamenti sembrerebbero anomali anche se nella mia psicologia (forse un po' contorta) c'è comunque una spiegazione ben precisa, quindi dipende dai punti di vista ;)

Solo una piccolissima cosa: nel dialogo con Severus i pensieri di Lily sono confusi e contrastanti perché credo rispecchino al meglio il caos che alloggia nella sua mente, ho anche cercato di esaltare questa cosa di proposito per renderlo più evidente. Spero di essermi spiegata, in caso contrario chiedete pure :)

Vi invito sempre e come sempre a farmi sapere che cosa ne pensiate di questa storia e, in particolare adesso, di questo capitolo, se c'è qualcosa che devo migliorare eccetera, eccetera. È davvero molto importante per me raccogliere vari pareri, quindi non abbiate timore di scrivere qualsiasi cosa vi passi per la testa, positiva o negativa che sia.

Un abbraccio,

Hij

 

PS: Per la cronaca il finale del capitolo, fino a dieci minuti fa, era completamente diverso. Appena ho riletto il tutto ho cambiato questo pezzettino e ne è venuto fuori qualcosa di completamente inaspettato. Sono soddisfatta di questa modifica? Non esattamente, tuttavia ho voluto provare ad apportare comunque questa modifica ^^

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** 10th ***


---ATTENZIONE! Da un po' di mesi sto avendo dei problemi con il mio telefono (unico mezzo, purtroppo, tramite il quale posso scrivere e pubblicare) ed è a questo che è stata dovuta la mia assenza, anche a chi non ho risposto nei messaggi, ma provvederò appena pubblico. Ora dovrei aver risolto (si spera, anche perché stare per tanto tempo praticamente senza telefono è abbastanza snervante). Il capitolo è brevissimo per i miei standard, l'ho scritto tutto questo pomeriggio tra un compito e l'altro, ma volevo pubblicare subito per spiegarvi cosa è successo e farvi sapere che, sì, sono viva! E devo dire che mi siete mancati e mi è tanto mancata questa storia. ---

 

 

 

 

 

Tornai al mio dormitorio e lì trovai Mary ad aspettarmi stesa placidamente sul letto con un libro tra le mani, l'ennesimo che stava leggendo. Appena aprii la porta i suoi occhi guizzarono su distogliendosi da quelle pagine per posarsi addosso a me, era sicuramente curiosa di sapere se il suo consiglio, quello di andare a parlare con Severus, era stato in fin dei conti buono o disastroso. Io la fissavo di rimando, i miei verdi puntati sui suoi occhioni blu così vivaci che parevano brillare, senza sapere bene cosa dire, senza sapere bene cosa pensare. Ero uscita dalla sala grande convinta di mettere in ordine i miei pensieri aggrovigliati, certa di arrivare a mettere un punto fermo a quella storia, ma tutto quel casino era, solo cresciuto esponenzialmente e il solo pensarci mi faceva venire l'emicrania.

- Lily - mi chiamò Mary. - Cosa è successo? Sei... strana -

Pronunciò l'ultima parola con cautela, quasi non fosse davvero sicura di volermelo chiedere.

Il vero problema, però, era che di cose in quell'ultimo periodo ne erano accadute davvero tante, quello che mi era successo poco prima era stato solo la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Ma come spiegare tutto questo a Mary se non potevo essere totalmente sincera con lei?

- E solo che... - inizai a dire sedendomi accanto a lei.

Lei mi sorrideva dolcemente invitandomi a parlare, a spiegarle meglio.

- Io... - proseguii incerta - non so neanche da dove incominciare - conclusi sincera.

Il sorriso di Mary si allargò ancora di più, caldo e rassicurante.

- Beh, prova a partire dal'inizio - propose, poi rise debolmente appena colta l'ovvietà delle sue stesse parole. - Cioè, perché Piton si è fatto vivo così, di punto in bianco, dopo così tanto tempo? Non vi frequentate da così tanto! -

- Il perché proprio adesso non l'ho ben capito -

Prima bugia. Potevo facilmente intuire cosa lo avesse spinto ad agire proprio in quel momento, la storia di quei libri aveva fatto sì che, in un modo e nell'altro, ci fossimo avvicinati. Era ben poco, ma almeno era meglio di nulla.

- Ma ho capito cosa voleva - aggiunsi.

Lei mi spronò a continuare semplicemente con uno sguardo. I suoi occhi grandi era come se parlassero per lei in ogni situazione, vi si poteva leggere di tutto se solo si sapeva come interpretarli.

Le raccontai quello che era successo, decidendo di sorvolare momentaneamente sul finale. Gliene avrei parlato dopo, forse.

- Ma - replicò Mary perplessa - come potreste ritornare come prima? -

Io la fissavo, non sapevo come risponderle. I dubbi di Mary erano lo specchio esatto dei miei e per questo mi pentivo sempre più della mia decisione. Sarebbe stato così semplice, così giusto e razionale lasciarlo stare. Ma a starci dentro fa diventare tutto più difficile, più complesso. Chi può dire cosa è giusto e nobile fare in questi casi? Perché non esiste un dannato manuale su come comportarsi in queste situazioni? Io l'avrei comprato ad occhi chiusi!

- Quel che intendo dire - si affrettò ad aggiungere lei - è che non puoi dimenticare come niente quello che ti ha fatto, sei già stata male per questo, Lily -

- Allora non c'è nessuna chance? Che senso ha avuto spingermi a parlare con lui? - ribeccai un po' stizzita.

Subito dopo, però me la presi con me stessa per essermela presa con Mary. Cosa poteva sapere lei se io per prima non la stavo coinvolgendo completamente? Eppure Mary era lì, ad offrirmi il suo sostegno nonostante tutto.

- Non ho mai detto questo - mi fece notare pacatamente e scuotendo quasi impercettibilmente il capo. - È proprio perché voglio che tu colga questa seconda chance che ti ho spinta a sentire cosa mai volesse lui, Lily, te l'ho già detto. Poi io ti ho aiutata solo a prendere la scelta che avresti comunque fatto da sola - Mary allargò il suo sorriso e di riflesso le sorrisi anch'io - ti ho solo evitato qualche ora, o meglio secolo, di complessi mentali di troppo -

- Allora... -

- Fammi finire - mi riprese lei. - L'unica cosa che devi tenere a mente, e sì, lo so che è anche superfluo dirtelo perché ci puoi arrivare benissimo con la tua testolina rossa, è che voi siete schierati su due fronti opposti, fuori di qui questo sarà un problema, voglio solo che tu ricordi questo. Devi stare attenta nel riporre la tua fiducia -

- Questo è già un problema - le feci notare. Il clima pesante che questo conflitto tra maghi stessi stava causando riusciva a penetrare perfino nellle forti e sicure mura di Hogwarts.

- Fidati, quel che sento raccontare dai miei genitori è agghiacciante. Loro mi tengono sempre aggiornata su questo, vogliono che io sia abbastanza consapevole e preparata ad affrontare quel che lì fuori. A detta loro, la Gazzetta del Profeta, nei suoi articoli, minimizza in modo ridicolo la situazione solo per non creare allarmismi tra la gente -

Rabbrividì senza neanche accorgermene. Mi ritrovai a ripensare per l'ennesima volta a Potter e subito alzai gli occhi al cielo, maledicendomi per questo: pensai per la seconda volta a sua madre e a come sarebbe stato bello sapere che tutto fosse apposto; ripensai al suo viso decisamente troppo triste e devastato per addicersi ad uno come lui. Con l'eco delle parole di Mary ancora nelle orecchie, quella, scena si dipingeva nella mia mente in modo ancor più tetro.

Egoisticamente mi imposi di non pensarci. Avrei avuto tutto il tempo di farlo poi e di riflettere anche sull'Ordine della Fenice. Forse mi sarebbe stato tutto più semplice conoscendo mano mano scorci del possibile futuro che ci attendeva, o perlomeno mi avrebbe reso più consapevole.

Decisi invece di raccontare a Mary di quell'improbabile svolta che aveva avuto il mio incontro con Severus. Raccolsi un po' di coraggio, sapevo che non avrebbe ben visto la cosa, ed insipirai ed espirai lentamente e in profondità fissandola bene. Un respiro, poi un altro, il mio petto si alzava e si abbassava piano. Mary mi stava parlando, ma non riuscivo a capire cosa stesse dicendo, vedevo le sue labbra muoversi accompagnate da qualche gesto qua e là con le mani per enfatizzare non so che concetto, ma la mia mente si rifiutava di rielaborare quel che sentiva, troppo occupata a cercare il momento giusto per parlare. Ma ormai avevo deciso, alla fine non potevo davvero avere il timore di rivelare qualcosa alla mia migliore amica!

Inspirai. Glielo avrei detto tutto ad un fiato

Espirai. I miei polmoni stavano raccogliendo tutta l'aria possibile nella stanza.

Inspirai. Ero giunta al punto di non ritorno, glielo avrei detto tra tre, due, uno...

- Avete percaso visto il mio libro di incantesimi? È tutto il giorno che lo cerco! -

E fu così che Susan Van-Hoboken mandò a farsi benedire tutti i miei piani con la sua vocetta stridula. Tempismo perfetto ragazza, davvero.

- Hai provato ad appellarlo, Susan? - le chiese Mary, con lo stesso tono che avrebbe usato con una bambina di cinque anni, sforzandosi di essere paziente. Potevo scommetteci tutto quel che avevo che avevo che no, non gli era neppure passato per anticamera del cervello provarci.

Susan proruppe in una risatina molto, ma molto irritante: - O Merlino non ci ho proprio pensato -

Come volevasi dimostrare. D'altronde dubitavo anche che avesse la capacità di pensare quella ragazza.

Mary stava per riprendere a parlarmi quando si accorse che Susan fosse ancora imbambolata accanto alla porta con l'aria stralunata e senza aver mosso neppure un muscolo.

- Ehm, Susan? - la chiamai per attirare la sua attenzione. - Non dovresti prendere il libro? -

E magari lasciarci stare da sole? Aggiunsi mentalmente.

- Ah già - rispose lei una volta riscossa, ma continuava a non muoversi, guardandosi intorno svampita.

- Dovresti appellarlo - le ricordai senza preoccuparmi di celare la mia stizza, tanto comunque non l'avrebbe captata.

- Ma io non mi ricordo l'incantesimo - disse lei, come se fosse una cosa perfettamente normale.

Io e Mary ci guardammo e, sbuffando, mormorai distrattamente un "accio" accompagnandolo da un veloce movimento della baccetta. Un attimo dopo stringevo il libro tra le mani.

Mary si alzò e glielo porse, poi prese la sua borsa a tracolla e mi disse - Forza, dovremmo andare pure noi. Non sono pronta per l'ennesima corsa per i corridoi per poi fare tardi comunque -

- Proprio no - concordai sorridendo mentre la raggiungevo.

 

Per tutta la lezione non vidi nè Potter ne Black, avevo una brutta sensazione che mi attanagliava lo stomaco, possibile che...?

Scossi la testa, no, non poteva essere. Per tutta lezione fissai Remus e Minus erano distratti, disattenti. Remus aveva lo sguardo vacuo e stranamente il suo foglio non era scribacchiato, ma candido.

Decisi che gli avrei parlato appena dopo la lezione, ma loro sparirono via velocemente così mi ritrovai a correre per tentare di inseguirli per i corridoi, facendomi spazio tra la calca di ragazzini e con la borsa pesante che portavo a tracolla. Poi finalmente li trovai, notai piacevolmente che erano stati raggiunti anche dagli altri due Malandrini.

Li raggiunsi, ma nessuno di loro mi notò immersi com'erano nei loro discorsi. Mi congelai sul posto. Ero forse di troppo io? Dopotutto li avrei rivisti dopo poche ore, avrei dovuto e potuto aspettare.

- Ehi, Evans! -

La voce di Potter mi riscosse e io mi mossi a grandi passi per raggiungerlo, e ovviamente raggiungere anche il resto del gruppo. Chissà come quel ragazzo era riuscito a vedermi in mezzo a tutto quel caos. Forse, per una volta, avere la chioma rossa giocava a mio favore.

- Potter - lo salutai - Ragazzi - aggiunsi facendo loro un cenno.

- Qual buon vento, Evans. Che ci fai qui? - fece Black, un po' seccato.

- Giro per i corridoi - gli risposi con finta nonchalance. - Voi piuttosto, che ci fate? Siete come spariti! -

- Perché ti interessa tanto? - disse gelidamente Minus, storcendo in naso quando il suo sguardo si posò su di me. - Da quando ti importa di quel che facciamo? -

Sostenni lo sguardo ostentando indifferenza, ma mi sentivo fuoriposto, anzi questa volta non era più una sensazione: io lo ero, lo sapevo con certezza. Avevo interrotto qualcosa ed era evidente che non mi volessero lì, o perlomeno non mi volevano Black e Minus. Forse rincorrerli per i corridoi si era rivelata l'ennesima cosa stupida alla LIly Evans della giornata.

- Io e Sirius eravamo stati chiamati da Silente - mi rispose Potter ignorando il commento dell'amico, cosa che lo indispettì ancora di più. - Siamo tornati solo ora -

Lo fissai meglio: i capelli erano sombinati al limite dell'inversosimile e sorrideva ovviamente, era difficile vedere quel ragazzo accigliato, aveva poi gli occhi che gli brillavano, pieni di vitalità, anche se cerchiati da profonde occhiaie violacee. Un accoppiamento strano e buffo al tempo stesso che mi fece sorridere.

Black invece sembrava stravolto e basta.

- E... e cosa ti ha detto? - gli chiedi.

Se sorrideva così non poteva essere nulla di brutto.

- Qualcosa di cui dovremmo parlare adesso con loro - disse Black, indicando i suoi amici.

- È per mia madre - rispose subito Potter.

- Ma lei, lei lo sa? - disse Black strabuzzando gli occhi.

Anche gli altri erano basiti, Potter non doveva aver detto nulla a loro della nostra chiacchierata, così io mi limitai semplicemente ad annuire.

- E... come sta? - chiesi, sinceramente preoccupata per la risposta.

- L'hanno trovata, l'hanno trovata finalmente -

Potter era euforico, il suo sorriso si fece ancora più grande e questa felicità contagiò immediatamente anche tutti noi.

L'unico a conservare lo sguardo cupo era Black che sbuffò sonoramente quando ci vide gioire così.

- Che c'è, Felpato? Qualcosa non va? - gli chiese Remus vedendo la sua strana reazione.

- Nulla - replicò lui in modo scostante - Va tutto a meraviglia. Se solo James si decidesse di crescere... -

- Ma cosa... - iniziò a dire Remus, ma venne subito interrotto da Potter.

- Sirius ora basta - fece lui, serio - Ne abbiamo già discusso abbastanza -

- Discuterne non farà sparire il problema, lo sai vero? -

- Ma perché devi fare così? Me lo vuoi spiegare? - ribattè lui.

- Così come? Sei tu quello che non prendi atto della situazione! Non te ne importa niente! -

- È mia madre! È ovvio che mi importa -

La discussione dei due ragazzi stava attirando gli sguardi di molte persone lì nel corridoio, ma nessuno tra noi se ne curava.

- Beh non si direbbe, ci manca poco che ti metti a fare festa proprio in questo momento -

- Sono felice perché abbiamo avuto sue notizie, perchè è viva. Aspettavo da giorni una notizia del genere, non immagini neppure come io sia stato in questi giorni. Non lo sai. -

- No, non lo so. Non lo so e questo è solo per colpa tua, James. Cos'è, stavi aspettando che fosse troppi tardi per dirvemelo? Come minimo perfino la Evans l'ha saputo prima di me, tutti l'hanno saputo prima me -

Ops...

- Sapevi che avrei voluto saperlo anch'io - aggiunse Black - Sai quanto ci tengo. E spiacente, ma non mi sento di cantar vittoria nè di festeggiare fino a quando non sapremo che tua è fuori pericolo -

 

 

 

 

 

 

Angolo dell'autrice

Ben ritrovati! Che dire, vi ho spiegato brevemente all'inizio del capitolo quello che è successo, potete capire il mio odio profondo per quello sottospecie di telefono che ho -.-" Per la cronaca ho perso anche schemini e appunti che avevo scritto su questa storia e, anche se non interesserà a nessuno tutto ciò, è una bella seccatura! Sto cercando di rimettermi in pari con tutto pian piano, spero di poter avere un computer prima o poi, risolverebbe molti problemi (e migliorerei anche la grafica u.u ).

But anyway, ora dovrebbe essere ritornato tutto alla normalità: yuppie!

Che ne pensate di queste poche righe? Finalmente si arriva ad un punto nella questione "mamma di James" e i due ragazzi prendono la cosa in due maniere opposte: James è felice e sollevato perché hanno ritrovato sua madre e, nonostante sia preoccupato anche lui, crede che tutto andrà per il meglio; Sirius non l'ha presa bene perchè lei non si può ancora considerare fuori pericolo e vede il tutto in maniera decisamente più pessimistica rispetto all'amico. Voi come avreste reagito? Mi farebbe davvero tanto, tanto, tanto, taaaanto piacere risentirvi (ed ovviamente sentire "nuove voci"), fatemi sapere!

Ah, il personaggio di Susan vi sembra stupido fino all'inverosimile? Che forse ho esagerato nel renderla così, ehm, tonta? Vi posso assicurare che conosco un paio di persone che le farebbero concorrenza u.u

Il prossimo capitolo sarà più lungo e si ritornerà alla normalità, ho in mente così tante idee!!

See you soon 💖

 

PS: Quanti di voi hanno letto The Cursed Child? Vi è piaciuto(niente spoiler pls)? Io purtroppo non sono riuscita ancora a comprarlo, ma sono ansiosissima di leggerlo *-*

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3378393