Secrets

di 18Ginny18
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - HOGWARTS EXPRESS ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 - SMISTAMENTO ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 - AMICIZIA E PAURA ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 - IL RIFLESSO ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 - SENZA PENSIERI ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 - PRIMI BATTICUORI ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 - PREGIUDIZIO ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 - SCOPERTE ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 - SOGNI... ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 - FREDDA VERITÀ ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 - RICORDI parte 1 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 - RICORDI parte 2 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 - CONFUSIONE ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 - DECISIONE ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 - C'ERA UNA VOLTA... ? ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 - EMOZIONI ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 - AMORE FRATERNO ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 - SEGRETI SVELATI ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 - DI NUOVO INSIEME ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 - PUGNALATA AL CUORE ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21 - IL CALICE DI FUOCO ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22 - IL BALLO ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23 - QUANDO LE CERTEZZE SVANISCONO... ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24 - ...RIMANGONO SOLO DUBBI ***
Capitolo 26: *** Capitolo 25 - I RICORDI SI SVEGLIANO ***
Capitolo 27: *** Capitolo 26 - ABBIAMO QUEL CHE TI MANCHERÀ PRESTO ***
Capitolo 28: *** Capitolo 27 - FOLLI SPERANZE ***
Capitolo 29: *** Capitolo 28 - LA FINE ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


La maggior parte dei personaggi non mi appartiene, ma sono proprietà di J.K.Rowling. Questa storia è stata scritta senza alcun scopo di lucro.
 

PROLOGO
Secondo il parere del vecchio mago, Godric's Hollow non era mai stata così silenziosa durante il periodo Natalizio. Ma poco importava il tepore che aleggiava nell'attesa della tormenta che si stava per abbattere.

Albus sapeva di dover fare in fretta. Non sarebbe stato facile far allontanare la bambina dai Potter, prima dell'arrivo dei mangiamorte. Voldemort li avrebbe trovati.
Se in qualche modo avesse fallito e il mago Oscuro avesse scoperto le capacità della piccola, probabilmente nessuno sarebbe più stato al sicuro.
Scacciò quei pensieri dalla sua mente e bussò alla porta.
James Potter si paralizzò all'istante vedendo il vecchio mago davanti ai suoi occhi. 
Sapevano che quel giorno sarebbe arrivato, ma non così presto. 
James stava per cedere all'impulso di sbattergli la porta in faccia ma, come in uno stato di trance, lo invitò ad entrare. Dopo aver richiuso la porta iniziò a guardare il vuoto, senza una ragione apparente, ascoltando le parole di Silente.
- Le mie fonti mi hanno riferito che Voldemort ha avvertito il potere della piccola. Ha anche inviato dei mangiamorte per scoprire da dove proviene per poi portarla a lui. A qualunque costo.
A quelle parole James strinse i pugni reprimendo l'impulso di spaccare qualcosa.
- Non possiamo... semplicemente scappare? - ringhiò rauco.
Non riusciva, anzi, non voleva pensare che per la loro sicurezza la "pulce" doveva andarsene e dimenticare tutti loro escluso Sirius!
Lui sarebbe andato con lei, dai Tonks, così non sarebbero stati soli... ma Lily? Cosa avrebbe fatto? Come avrebbe reagito?
Quando avevano scoperto il potere della piccola e appreso che sarebbe dovuta andare via per il bene di tutti, Lily l'aveva presa tra le braccia e si era allontanata, in silenzio. Per tre giorni impedì a chiunque di toccare sua figlia, persino a Sirius. Sembrava una leonessa pronta ad azzannare chiunque si avvicinasse.
Probabilmente non avrebbe sopportato la separazione.
- Scappare? - ripeté il vecchio. - Sai che non si può, James.
- Ma non ha senso! - urlò lui in risposta. - Perché deve andare via e dimenticarci? Noi possiamo proteggerla!
Silente gli rivolse uno sguardo addolorato. - Non ne dubito, ragazzo mio, ma temo che questo non sia più un luogo sicuro per la bambina. Soprattutto se condivide lo stesso tetto con tuo figlio.
James avvertì una fitta al petto, come una pugnalata e i suoi pensieri andarono al piccolo Harry. Al ricordo di quella sera poco dopo la sua nascita e quella sensazione di impotenza di chi non sa cosa fare davanti a due bambini avvolti dal ghiaccio e dal fuoco, senza emettere un fiato. Oppure come quella volta in cui la bambina, in un momento di rabbia, aveva privato James del tatto, della vista e dell'udito. Era stato spaventoso.
 - Quella bambina è più potente di quanto si possa immaginare e sai meglio di me che è imprevedibile - disse Albus, rammaricato.
Sperava di riuscire a convincerlo che la bambina doveva andarsene, anche se questo comportava far provare a tutti quelli che le volevano bene timore nei suoi confronti.
James premette le labbra una contro l'altra, invaso dalla collera, e annuì piano; Silente era riuscito nel suo intento.

Quando i due uomini varcarono la soglia del soggiorno capirono che non sarebbe stata un'impresa facile separare una madre da sua figlia, benché la scena che si trovarono davanti provocò loro dei sensi di colpa al solo pensiero.
La stanza era ben illuminata, ma le due sagome sorridenti dinnanzi a loro sembravano emanare una luce propria.
Il pavimento di legno scuro era cosparso da fogli di carta e matite colorate che venivano alternate con foga dalle manine paffute di una bambina dai lunghi capelli neri e da quelle premurose e delicate della donna al suo fianco.
- Guadda, mamma! - esclamò la piccola, indicando il suo disegno con aria compiaciuta.
La donna si tirò su e con un sorriso - che James giudicò capace di togliere il fiato - abbracciò sua figlia.
- È bellissimo, amore - disse Lily, lasciando un tenero bacio su quella testolina nera.
Lily sapeva che non erano più sole nella stanza e anche che cosa sarebbe successo in seguito.
Per quanto avesse odiato il solo pensiero che prima o poi quel giorno sarebbe arrivato, non era ancora pronta.





ANGOLO AUTRICE:
Salve a tutti!
Come vi avevo promesso sono tornata e ho resettato la storia.
Alcuni di voi, penso, avranno notato che ho cambiato e specificato un po' di cose che nei capitoli che avevo pubblicato prima non avevo messo in chiaro. Ma penso che rimarrò fedele all'idea iniziale. 
Allora... me la lasciate una recensioncina? Vorrei sapere cosa ne pensate. Se vi piace se non vi piace... accetto anche le critiche, così potrò migliorare. ^-^
E questa volta vi prometto che gli aggiornamenti saranno pubblicati ogni giovedì.
Detto questo... Fatto il misfatto!
18Ginny18

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 - HOGWARTS EXPRESS ***


 

 
Capitolo 1 - HOGWARTS EXPRESS
Quando i signori Tonks e la loro amata nipote raggiunsero la stazione di King's Cross il cielo era terso e perfetto. Ginevra non riusciva ancora a credere che finalmente avrebbe frequentato la scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.
Una volta attraversata la barriera si ritrovò davanti alla locomotiva scarlatta, che l'avrebbe portata nella sua nuova casa.
Un cartello in testa al treno diceva Hogwarts Express, ore 11. 

Con l'aiuto di suo zio Ted caricò i bagagli mentre sua zia Andromeda tratteneva le lacrime; o almeno ci provava. Per lei era ancora difficile accettare il fatto che Ginevra fosse cresciuta. La guardava e vedeva ancora quella dolce bambina che quando aveva paura del buio si presentava alla sua porta, abbracciata al suo peluche chiedendole se poteva raccontarle una storia.
La abbracciò forte, quasi soffocandola, e le decantò le solite raccomandazioni che fino all'anno prima dava a sua figlia Nymphadora. - Mangia, copriti bene e...
- Non respiro... - ansimò Ginevra, interrompendola.
Svincolatasi dalla stretta soffocante di Andromeda, Ginevra, abbracciò suo zio che le lasciò un bacio sui capelli per poi scompigliarli, come faceva sempre.
- Non combinare guai, piccola peste - le sorrise, ben sapendo che aggiungere la parola "non" insieme a "guai" con sua nipote non era possibile.
Infatti, Ginevra arricciò il suo nasino in una smorfia furbetta.

Le prime carrozze erano già gremite di studenti, alcuni si sporgevano dai finestrini a parlare con i familiari, altri si litigavano il posto. Ginevra iniziò a spingere il suo carrello lungo il corridoio del treno in cerca di un posto libero.
Passò accanto a un ragazzo scuro con delle treccine circondato da una piccola folla, mentre lui apriva il baule uscendone una scatola.
Alla fine, facendosi largo tra la folla, trovò uno scompartimento vuoto verso la coda del treno e prima che infilasse il baule sotto il sedile, prese il suo walkman, regalatole da suo zio Ted per il suo compleanno. Dopo aver messo le cuffiette nelle orecchie e cliccato la prima traccia, iniziò a guardare fuori dal finestrino con la testa poggiata sulla mano.
Si ritrovò a chiudere gli occhi trasportata dalle note di una delle sue canzoni preferite e a canticchiare qualche verso, quindi non si accorse che la porta dello scompartimento si era aperta e che due figure erano entrate di soppiatto.
Entrambi le si avvicinarono e, vedendo che lei non si era neanche accorta della loro presenza, iniziarono a farle il solletico.
Ginevra aprì gli occhi di scatto e venne sorpresa dalle risate. Guardò i due ragazzi che l'avevano presa d'assalto e li riconobbe.
- Fred! George! - esclamò tra una risata e l'altra.
- Ciao, Blacky! - rise Fred continuando a torturarla. George, invece, le fece l'occhiolino e le bloccò i polsi in modo che non potesse colpirli.
- Per favore... l-lasciatemi! - Ginevra cercò di scalciare ma i due gemelli dai capelli rossi la immobilizzarono.
- Lo faremo - disse George, ma Ginevra sapeva che c'era dell'altro e che Fred doveva dire la sua.
- Se tu ammetti che siamo bellissimi e che ci ami alla follia.
Ecco, appunto.
- Mai! - urlò lei, cercando di fermarli e di liberarsi.
Fred e George non si scambiarono neanche un'occhiata o un cenno d'intesa che aumentarono la dose della loro tortura, sapendo benissimo che in quel modo lei avrebbe ceduto.
- Va bene! VA BENE! - si arrese. - Siete bellissimi e vi amo alla follia.
I due si fermarono e avvicinarono i loro visi a quello di Ginevra. - Davvero, scricciolo? - ghignò George. - Mi ami?
- No! - esclamò lei, allontanandoseli dalla faccia con uno strattone.
- Ehi, guarda che ricominciamo - la minacciò Fred.
- Credi che ve lo lascerò fare, Weasley? - ribatté Ginevra, con sguardo di sfida.
Prima che uno dei due gemelli potesse risponderle la porta dello scompartimento si aprì e un ragazzo dai capelli bruni e arruffati e occhi verde smeraldo dietro degli occhiali rotondi, cercava di sollevare il suo bagaglio che continuava a cadergli sul piede.
- Vi dispiace se mi metto qui con voi? - chiese il ragazzo, un po' timido.
Ginevra gli sorrise e annuì.
 Fred e George aiutarono il ragazzo a sistemare il bagaglio nello scompartimento. Cosa alquanto notevole, secondo la ragazza. Conosceva quei due fin da quando erano bambini e in tutti quegli anni era raro vedergli fare qualcosa di altruista.
- Grazie - disse il ragazzino ai gemelli allontanandosi dagli occhi i capelli madidi di sudore.
A Ginevra bastò un attimo per notare quella strana cicatrice che aveva sulla fronte e prima che potesse rendersene conto esclamò a gran voce: - Tu sei Harry Potter!
Harry si voltò verso di lei e la guardò sorpreso, convinto di averla già vista da qualche parte. Ma come poteva? Non conosceva nessun mago oltre ad Hagrid!
Fred e George presero a studiarlo e notarono la cicatrice a forma di saetta. 
- È proprio lui - esclamò George.
- Cavolo! - disse Fred, guardando Harry a bocca aperta.
Harry non sapeva cosa dire, non era mai stato al centro dell'attenzione fino ad ora.
Ginevra vide arrossire il bambino sopravvissuto e a quel punto capì il guaio che aveva combinato.
Mettere in imbarazzo colui che ha salvato il mondo magico? Fatto!
Prossimo obbiettivo? Trovare qualcos'altro da fare di tremendamente stupido.
Non sapeva come scusarsi ma pensò che distogliere l'attenzione di quei due idioti dei suoi amici da Harry sarebbe stato un buon inizio. 
- Io sono Ginevra Black.
Gli tese la mano e Harry la strinse volentieri.
- Piacere di conoscerti.
- E questi due sono Fred e George Weasley - disse Ginevra dando una gomitata nelle costole a George che a sua volta colpì il gemello.
- Scusa per come abbiamo reagito, il fatto è che... - George cercò le parole giuste da usare, ma Fred lo interruppe.
- Tu sei Harry Potter! - esclamò e a quel punto Ginevra si diede una manata sulla fronte.
- Già - mormorò Harry, scompigliandosi i capelli. - Credo che dovrò farci l'abitudine.
- Noi... andiamo a cercare Ron - disse George e, con un'ultima occhiata a Harry, uscì dallo scompartimento insieme al fratello.
Harry si sedette accanto a Ginevra, chiedendosi dove l'avesse già vista. Eppure non doveva essere difficile riconoscerla: lunghi capelli corvini, occhi castani con una sfumatura particolare di verde, pelle bianca come la neve e labbra rosse che formarono un dolce sorriso rassicurante che la rendevano davvero carina. Quei dettagli, però, gli ricordavano qualcosa. Ma cosa?
- Scusami ma... ci siamo già incontrati? - le chiese, incerto.
- No, non credo - rispose lei, sorridendogli. - Lo saprei se avessi già incontrato il grande Harry Potter... scusa. L'ho rifatto, vero? - aggiunse dandosi mentalmente della stupida.
Harry rise.
- Non fa niente - la rassicurò e Ginevra sospirò, sollevata.
Si udì un fischio e il treno si mosse.
La porta dello scompartimento si aprì di nuovo ed entrò un ragazzino dai capelli rossi, che sorrise speranzoso alla ragazza.
- Posso sedermi qui, Gin? Il treno è tutto occupato.
- Dai, entra - disse Ginevra, dopodiché presentò i due ragazzi con un gesto disinvolto della mano e un sorriso obliquo. - Ron, Harry... Harry, Ron.
- Quindi sei veramente Harry Potter? - iniziò a balbettare il rosso.
Harry annuì.
- Oh... be', pensavo che fosse uno degli scherzi di Fred e George - disse Ron. - E hai veramente... voglio dire...
E così dicendo indicò la fronte di Harry.
Harry si scostò la frangia per mostrare la cicatrice e Ron la guardò fisso fisso.
- Allora è lì che Tu-Sai-Chi...?
Ginevra lo fulminò con lo sguardo.
- Sì - rispose Harry. - Ma non ricordo niente.
- Proprio niente? - chiese Ron tutto interessato.
- Be'... ricordo una gran luce verde e nient'altro.
- Wow! - esclamò il rosso. Stava per fargli altre domande ma Ginevra gli rivolse un'occhiata che lo fece ammutolire.
- Da quanto vi conoscete voi due? - chiese Harry che ricambiava Ron dello stesso interesse che prima aveva per lui.
- Fin da quando portavamo il pannolino, credo - rispose Ginevra, pensosa, per poi scoppiare a ridere.
- Siamo vicini di casa - continuò Ron.
- E nelle vostre famiglie siete tutti maghi?
- Be', mio zio è babbano dalla nascita, mentre il resto della mia famiglia è purosangue - disse Ginevra.
Parlarono del più e del meno e di quello che si aspettavano dalla nuova scuola fino a quando una ragazza dai folti capelli bruni e i denti davanti piuttosto grandi fece capolino alla loro porta.
- Qualcuno di voi ha visto un rospo? Un ragazzo di nome Neville lo ha perso.
- No - rispose Ron.
- Se vuoi ti aiuto a cercarlo - le propose Ginevra.
- Te ne sarei eternamente grata - disse la riccia. Erano ore che cercava quel rospo senza trovarlo e finalmente qualcuno le offriva aiuto.
Ginevra le si avvicinò e le porse la mano, presentandosi.
La riccia la strinse. - Io sono Hermione Granger.
- Piacere di conoscerti - le rispose e, dopo aver presentato Hermione a Ron e Harry,uscirono dallo scompartimento.

Ginevra chiese ad ogni ragazzino che incontrava del rospo, ma niente. Nessuno lo aveva visto. Dopo pochi minuti sbatté contro qualcuno e cadde a terra. 
- Ti sei fatta male?
- No, è tutto okay - biascicò lei, alzando lo sguardo verso la mano che stringeva la sua e che la aiutava a rimettersi in piedi.
- Mi dispiace, non guardavo dove andavo. Sicura che non ti sei fatta male? - le chiese il ragazzo, mortificato. Aveva spinto una del primo anno per scappare dai suoi amici che volevano obbligarlo a fare quel gioco stupido! Che idiota.
- Sì, sicurissima, tranquillo - Ginevra alzò lo sguardo fino ad incrociare i suoi occhi marrone chiaro. Rimase folgorata dalla bellezza di quel ragazzo, tanto che quando le sorrise si sentì il volto in fiamme e iniziò a balbettare. - Hai... Hai visto un rospo? Un ragazzo lo ha perso.





ANGOLO AUTRICE:
Ciaoooooo, sono di corsa quindi... 
Per prima cosa ci tengo a ringraziare tutti coloro che hanno messo tra le preferite e tra le seguite questa storiella da quattro soldi.
Ma un GRAZIE ENORME va a Nicolepandinab e _gaiuccia_ per aver recensito il prologo. *-* Me felice!!!! (scusate se non vi ho risposto ma internet scarseggia -.- )

Per quanto riguarda il primo capitolo, che ne pensate? L'ho scritto un po' di corsa e ho lasciato un po' di cosette della vecchia versione. In poche parole mi sono lasciata trasportare dalla fretta di pubblicare. T-T 
Nella vecchia versione Ginevra scopriva che i Weasley erano i suoi vicini solo nel secondo capitolo ma, dato che la cosa non aveva proprio senso e non volevo mandarla per le lunghe tra i bei gemellini e la piccola Black, ho deciso che avrebbero condiviso l'infanzia insieme. 
Credo di aggiornare giovedì prossimo, sperando che il mio caro computer non mi lasci in tredici. *accarezza amorevolmente il vecchio computer arrugginito*
E ora di premere le letterine presenti sulla vostra tastiera, signore e signori! Vi chiedo umilmente di commentare ed esprimere il vostro giudizio positivo o negativo che sia.
*dal nulla sbuca Antonella Clerici che dice: "Pronti, cuochi Via!"* ahahah... No, non fa ridere.
A giovedì, spero... Fatto il misfatto!
18Ginny18

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 - SMISTAMENTO ***


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Capitolo 2 - SMISTAMENTO
Una volta scesi dal treno gli studenti del primo anno vennero radunati da un uomo alto due metri e cinque volte più grosso del normale. Aveva il volto quasi nascosto da una criniera lunga e ispida e una barba incolta e aggrovigliata.
Lo seguirono giù per quello che sembrava un sentiero ripido e stretto. Dopo aver svoltato l'angolo, Ginevra rimase senza fiato.
Oltre le acque di un grande lago nero, appollaiato in cima a un'alta montagna sullo sfondo, con le finestre illuminate che brillavano contro il cielo pieno di stelle, sorgeva un grande castello con molte torri e torrette.
- Non più di quattro per battello - avvertì l'uomo indicando una flotta di piccole imbarcazioni in acqua, vicino alla riva. Insieme a Ginevra e Hermione salirono un ragazzino dal viso pallido e affilato e una ragazzina dalla carnagione olivastra, che rivolse loro un sorriso timido.
Quando tutti gli studenti occuparono le imbarcazioni esse si staccarono dalla riva contemporaneamente, scivolando sul lago liscio come vetro. Tutti tacevano, i loro sguardi erano stati rapiti dall'imponente castello che li sovrastava e una volta raggiunta la terraferma si apprestarono a salire delle scale di pietra. Attraversarono la Sala d'Ingresso e in cima ad un'altra scalinata li attendeva una donna dai capelli neri raccolti in uno chignon, vestita di verde smeraldo.
Diede loro il benvenuto e, una volta spiegata la funzione delle quattro Case, li informò che la cerimonia dello Smistamento sarebbe iniziata pochi minuti dopo.
La professoressa uscì dalla stanza e Ginevra si guardò intorno.
La maggior parte dei ragazzi che la circondava pareva molto agitata. L'unico che sembrava a proprio agio era il ragazzino pallido che poco prima era sulla barca con lei. Stava osservando Harry, che era a pochi passi di distanza, con interesse.
- È vero, allora - esordì il ragazzo pallido. - Harry Potter è venuto a Hogwarts.
Gli altri studenti iniziarono a sussurrare eccitati il nome del ragazzo sopravvissuto.
- Io sono Malfoy. Draco Malfoy.
Ron diede un colpetto di tosse che avrebbe potuto benissimo dissimulare una risatina. Draco Malfoy lo guardò.
- Il mio nome ti fa ridere, eh? Non c'è bisogno che ti chieda il tuo. Capelli rossi, una vecchia toga di seconda mano: devi essere un Weasley.
Ginevra non riusciva a crederci. Avrebbe tanto voluto prenderlo a schiaffi. Non sopportava che persone come quel ragazzino viziato insultassero i suoi amici.
Il biondo si rivolse di nuovo a Harry.
- Scoprirai che alcune famiglie sono migliori di altre, Potter. Non vorrai fare amicizia con le persone sbagliate...? In questo posso aiutarti io.
Allungò la mano per stringere quella di Harry, ma lui non la prese.
- Credo di essere capace di capire da solo chi sono le persone sbagliate, grazie - gli rispose gelido.
Draco Malfoy non arrossì, ma le guance pallide gli si tinsero di un vago colorito roseo.
Ginevra era soddisfatta della risposta che Harry aveva dato a quel bulletto. Se fosse stata al suo posto, gli avrebbe risposto per le rime.
La professoressa McGranitt, ovvero la donna che li aveva accolti al loro arrivo, era tornata e ordinò agli studenti di seguirla.
Entrarono in fila per due nella Sala Grande.
La sala era illuminata da migliaia e migliaia di candele sospese a mezz'aria sopra quattro lunghi tavoli, intorno ai quali erano seduti gli altri studenti. I tavoli erano apparecchiati con piatti e calici d'oro scintillanti. In fondo, rialzato, c'era un altro tavolo lungo, intorno al quale erano seduti gli insegnanti. Fu lì che la McGranitt accompagnò gli allievi del primo anno.
La professoressa, senza fare rumore, collocava uno sgabello a quattro gambe davanti a loro. Sopra lo sgabello mise un cappello a punta, da mago. Era un cappello tutto rattoppato, consunto e pieno di macchie.
- Dunque, - disse la McGranitt - prima di cominciare, il professor Silente vorrebbe dirvi alcune parole.
Dal centro del tavolo degli insegnanti, Albus Silente si era alzato in piedi. Sorrideva agli studenti con sguardo radioso, le braccia aperte, come se niente potesse fargli più piacere del vederli tutti lì riuniti.
- Benvenuti! - disse. - Benvenuti a Hogwarts per un nuovo anno scolastico! Prima di dare inizio allo Smistamento, desidero dare, a voi tutti, alcuni annunci. Gli studenti del primo anno devono ricordare che l'accesso alla foresta è severamente proibito a tutti gli studenti. Inoltre, il nostro guardiano, il signor Gazza, mi ha chiesto di rammentarvi che la parte destra del corridoio del terzo piano è zona preclusa a tutti coloro che non desiderano fare una fine molto dolorosa. Grazie.
E tornò a sedersi.
A quel punto, la McGranitt si fece avanti tenendo in mano un lungo rotolo di pergamena.
- Quando chiamerò il vostro nome, metterete il cappello parlante sulla testa e vi siederete sullo sgabello per essere smistati - disse. - Hannah Abbott!
Una ragazzina dalla faccia rosea e con due codini biondi venne fuori dalla fila inciampando, indossò il cappello che le ricadde sopra gli occhi e si sedette. Un attimo di pausa...
- TASSOROSSO!
Il tavolo di Tassorosso si rallegrò ed esplose in un applauso quando Hannah andò a prendervi posto.
- Ginevra Black!
In quell'istante il cuore di Ginevra prese a battere così forte che temette che qualcuno lo sentisse.
Mentre si avvicinava allo sgabello, la sala fu invasa da sussurri.
- Ha detto Black?
- Black? Come quel Black?
Prima che il cappello le coprisse gli occhi, Ginevra vide gli studenti di ogni Casa allungare il collo per avere una visuale migliore.
- Mh... - le sussurrò una vocina all'orecchio. - Sei una ragazza sveglia, gentile e sempre pronta ad aiutare il prossimo. Davanti a delle difficoltà il coraggio non ti manca di certo, anche se a volte sei un po' avventata. Per Bacco, non mi era mai successa una cosa del genere! Mi hai dato un bel grattacapo, signorina.
Il cappello rimase in silenzio per qualche istante. Ginevra pensava che se non fosse stata smistata al più presto, probabilmente il cuore le sarebbe uscito dal petto.
Pian piano l'ansia venne sostituita dall'irritazione e Ginevra iniziò a tamburellare le dita ai bordi dello sgabello.
- Non ti scaldare - le sussurrò il cappello. - Ci sto arrivando.
- Basta che ti sbrighi, però - borbottò lei e sentì dei ragazzini ridacchiare.
- E va bene - disse la vocina - A quanto pare dovrò basarmi sull'idea iniziale... SERPEVERDE!
Ginevra rimase sconvolta dalla scelta del cappello. Pensava che sarebbe finita a Grifondoro, come i suoi genitori... evidentemente si sbagliava.

La mattina seguente, quando varcò la soglia dell'aula di Pozioni, Ginevra salutò Ron, Harry e Hermione con un cenno della mano e loro risposero altrettanto.
Quando prese posto, Draco - che la sera precedente scoprì essere suo cugino - si sedette accanto a lei. All'inizio Ginevra non era felice della loro parentela, ma passando un po' di tempo insieme  scoprì che non era poi tanto male e che era molto utile come scudo per i bisbigli dai quali veniva inseguita. Ovunque si girasse sentiva solo: - Ma è figlia di quel Black? Quello che è finito ad Azkaban?
Stava diventando una tortura. Il destino la sfidava a non piangere. Doveva farci l'abitudine. Ma erano dieci anni che suo padre era rinchiuso in una cella ad Azkaban accusato di omicidio. Lei, ovviamente, non credeva neanche ad una parola di quello che diceva la gente intorno a lei. Le loro accuse colpivano un muro senza riuscire ad infrangerlo, ma arrivava un momento in cui le accuse le facevano troppo male e il muro crollava insieme a lei per poi ricostruirsi.
La porta dell'aula si spalancò e il professor Piton, ovvero l'insegnante di Pozioni nonché direttore della Casa di Serpeverde, fece il suo ingresso. Piton era un uomo dalla carnagione giallastra, dal naso adunco e dai capelli neri e untuosi.
Ginevra si chiese se si fosse mai lavato i capelli e nella sua mente si presentò l'immagine di un secchio pieno d'acqua sospeso per aria pronto a versarsi sulla testa dell'insegnante.
Scacciò quel pensiero, anche se invitante, e prestò attenzione alla lezione.

In quello stesso istante, nel suo studio, Silente era in piedi accanto alla finestra con lo sguardo perso oltre la Foresta Oscura e immerso nei suoi pensieri.
- Ho sentito che la figlia del mio pronipote rinnegato è entrata a far parte della mia Casa. È vero?
A parlare era stato il ritratto di un mago dall'aria scaltra, con la barba a punta, che indossava i colori verde e argento di Serpeverde.
- Sì - rispose Silente, accennando un sorriso soddisfatto.
- Dunque il tuo piano sta procedendo bene, per adesso.
- E a questo proposito ho bisogno del tuo aiuto, Phineas - disse Silente. - Deve essere informato anche lui degli ultimi sviluppi.





ANGOLO AUTRICE:
Buon pomeriggio a tutti voi!
Ci tengo a ringraziare a tutti coloro che hanno messo Secrets tra le seguite/preferite e ricordate. 
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che lascerete un piccolo commento.
Per quanto riguarda l'aggiornamento forse potrò pubblicare il terzo capitolo lunedì, ma se così non fosse ci vediamo giovedì.
Fatto il misfatto!
18Ginny18

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 - AMICIZIA E PAURA ***


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Capitolo 3 - AMICIZIA E PAURA
Era un pomeriggio di metà ottobre piuttosto tranquillo e rilassante. Gli uccellini cantavano, il sole splendeva alto nel cielo e alcuni studenti si beavano sotto i suoi raggi. 
Come una Serpeverde dai capelli neri, sdraiata sull'erba verde e con le spalle appoggiate al tronco di un salice che leggeva un libro in tutta serenità. Non si sarebbe mai aspettata che un getto d'acqua gelida la colpisse in pieno.
- Va tutto bene, scricciolo?
Fred e George Weasley erano a pochi metri di distanza che si scambiavano un cinque ridendo della loro amica, dopodiché si misero a correre in direzione del castello e la lasciarono deridere da una piccola folla di studenti.
Ginevra si sarebbe lanciata al loro inseguimento e li avrebbe strozzati volentieri, solo che era fradicia e aveva i brividi lungo la schiena. Qualcuno le si avvicinò, poggiandole un asciugamano sulle spalle e intimò agli studenti di andarsene.
- Tutto okay? - chiese poi a Ginevra.
Dopo aver incrociato gli occhi colmi di preoccupazione del ragazzo che l'aveva salvata sorrise. - Sì, grazie, Cedric.
Cedric Diggory era un ragazzo di Tassorosso dai capelli castano ramato e gli occhi nocciola. Frequentava il terzo anno ed era gentile e premuroso, nonché amico di Ginevra.
Si erano incontrati (o meglio dire scontrati) sul treno per Hogwarts. Lei cercava un rospo e lui cercava di sfuggire ai suoi amici. Dopo aver scambiato poche parole, tra loro nacque un'intesa che li rese amici.
- Ancora non capisco perché sei amica di quei due - borbottò Cedric raccogliendo da terra il libro fradicio dell'amica.
Ginevra alzò le spalle. - Sai come è... ci cresci insieme e poi non te li levi più dai piedi.

Quella notte era rimasta in piedi fino a tardi per elaborare gli ultimi ritocchi per la sua vendetta contro i gemelli, ed era così stanca che non appena sfiorò il cuscino si addormentò e iniziò a sognare.
Nel sogno era buio pesto, e l'unica luce fioca sembrava provenire da una porta in fondo a un lungo corridoio. Per quanto veloce corresse, Ginevra non riusciva a raggiungerla. Poi però, la porta si aprì scricchiolando e aldilà di essa una voce, un sibilo, sembrava ripetere la stessa cosa all'infinito: "Devo vivere in eterno". 
Ginevra si svegliò ansimante, la fronte madida di sudore, e per un tempo che le parve interminabile, non riuscì a riprendere sonno.
Quando il mattino le diede il buongiorno, non aveva alcun ricordo dell'incubo. Da giorni ripeteva lo stesso sogno per poi svegliarsi senza ricordare neanche un minimo dettaglio, ma nonostante questo continuava a ignorare la cosa.
Dopo aver lasciato il dormitorio, si diresse insieme alle sue compagne di stanza nella Sala Grande per un abbondante colazione. Raggiunto il tavolo verde e argento si sedette tra Draco e Blaise, uno dei pochi che poteva considerare amico tra i componenti di quella Casa.
Ginevra si servì di uova e pancetta, bevve un sorso di succo di zucca e, con un sorriso furbo rivolto al tavolo dei Grifondoro, attese che la sua piccola vendetta andasse in atto.
- Che hai in mente? - le sussurrò Blaise Zabini con fare cospiratorio.
- Ho come l'impressione che tra poco i gemelli Weasley ci delizieranno con un piccolo spettacolo.
In quel preciso istante, dal tavolo dei Grifondoro, si udì un breve scoppiettio e una piccola nube circondò Fred e George per pochi secondi, dopodiché la sala fu percossa dalle risate. Dopo essersi scambiati una rapida occhiata, saltarono sulla panca, spaventati, e cominciarono a grattarsi in tutti i modi possibili mentre i loro visi diventavano blu ad ogni minimo tocco.
Delle risate generali invasero i quattro tavoli presenti.
Quando Fred e George urlarono all'unisono il suo nome, Ginevra ghignò soddisfatta.
- Qualche problema, Weasley? - chiese con calma e compostezza, quando i due si avvicinarono al suo tavolo.
- Non fare l'innocente con noi, Black - ringhiò Fred, continuando a grattarsi.
- Sappiamo che sei stata tu a fare questo - disse George indicando sia lui che il fratello. 
- Dacci l'antidoto! - dissero in coro.
Ginevra uscì dalla sua tasca un'ampolla e gliela porse. Prima che potessero agguantarla lei la tirò a sé, commentando: - Siete sicuri di volerla? Infondo il blu vi dona.
- Si, si, scherza... - Fred tese la mano ma, invece di consegnare loro l'antidoto, Ginevra li guardò entrambi con un ghigno sulle labbra.
- Avrete l'antidoto - disse. - Solo se ammettete di essere due idioti e che io sono migliore di voi in tutto.
- Altrimenti? - le chiese George con tono scettico e pieno di sé.
- Vi terrete quel bel colorito blu elettrico per... diciamo un mese?
- Sei una serpe - sibilò Fred. 
- Lo hai notato solo adesso, Freddie?
I due gemelli si scambiarono una smorfia che pian piano si trasformò in un sorriso.
Aveva vinto lei.

Era la notte di Halloween e la Sala Grande era addobbata per la grande festa. I tavoli delle quattro Casate erano imbanditi di dolci e leccornie succulente. Ma due studentesse del primo anno non presero parte ai festeggiamenti. 
Ginevra era nel bagno delle ragazze quando si accorse che qualcuno stava piangendo. L'istinto le suggerì di bussare alla porta da dove provenivano quei singhiozzi.
- Vattene via! - le urlò la voce singhiozzante.
- Hermione? Sei proprio tu? - chiese preoccupata.
- Ti prego... l-lasciami sola.
- No che non ti lascio sola - ribatté la ragazza con voce ferma. Poi addolcì il tono e chiese: - Che ti è successo?
Hermione era indecisa se parlare o meno, sperava che se fosse rimasta in silenzio Ginevra se ne sarebbe andata così lei avrebbe potuto piangere ancora. Ma la Serpeverde si sedette con le spalle alla porta del bagno aspettando una risposta dalla sua amica. 
Il silenzio stava diventando troppo pressante, qualche volta rotto da un singhiozzo della grifona, che non accennava ad aprirsi. Così, stanca di quell'atmosfera, Ginevra ruppe il silenzio.
- Sai, quando ero piccola ed ero triste, mio padre riusciva a farmi tornare il sorriso e dimenticare perché piangessi in un secondo - disse schioccando le dita. - Poi me lo hanno portato via e quando la notte piangevo aspettavo che lui mi abbracciasse forte e riuscisse a farmi ridere.
Per pochi istanti cadde il silenzio.
Ginevra le aveva confidato una cosa personale che probabilmente la faceva soffrire, così Hermione trovò il coraggio.
- Nessuno mi sopporta - piagnucolò.
- Chi ti ha detto una cosa del genere? 
- Ron - disse Hermione. - E ha ragione. Io non ho amici.
- E io chi sono? Mago Merlino? - Hermione si concesse di ridere alla battuta e Ginevra continuò. - I ragazzi sono stupidi, specialmente quelli come Ron. Hermione, tu sei una ragazza intelligente e simpatica. Vedrai che riuscirai a far cambiare idea a tutti.
- Grazie, Ginevra - singhiozzò.
- Di niente - disse Ginevra rimettendosi in piedi. - Ora che ne dici di aprire questa porta?
Hermione uscì dal bagno asciugando un'ultima lacrima che le sfiorava la guancia e ispirò forte. Il suo volto formò un espressione strana, disgustata.
- Che cos'è questa puzza? - chiese tappandosi il naso con le dita.
Ginevra annusò l'aria e un orrendo odore le infestò le narici. Alle loro spalle udirono un grugnito cupo. Lentamente, volsero lo sguardo verso una figura alta più di tre metri, dalla pelle grigia come il granito e il corpo bitorzoluto come un masso. Brandiva una clava di legno immensa.
- Ma questo è... un troll - balbettò Hermione terrorizzata.
Ginevra deglutì a vuoto e sgranò gli occhi, guardò l'espressione ottusa del troll e sfoderò la bacchetta non sapendo ancora come usarla.
Entrambe  indietreggiarono, ma non appena il troll sollevò la clava pronto a colpirle, emisero un grido acuto che irritò il mostro. Prima che le colpisse, riuscirono a spostarsi dalla traiettoria.
Ginevra scavò nella sua memoria alla disperata ricerca di informazioni utili su come si sconfiggessero i troll di montagna, ma il panico le impediva di farlo.
Dopo che il troll - stupido per natura - si accorse che non le aveva colpite, si apprestò a menare mazzate rompendo i lavandini e i gabinetti. 
- Ehi, tu, cervello di gallina! - gridò una voce dal lato opposto della stanza, scagliandogli contro un tubo di metallo. Sembrò che il troll non si fosse neanche accorto che fosse stato colpito, ma aveva udito un grido.
Ginevra, che aveva riconosciuto la voce di Ron, sembrò riprendersi dal suo stato catatonico e strinse la presa sulla sua bacchetta. 
Una volta che Ron ebbe l'attenzione del troll le due ragazze udirono la voce di Harry che gridava loro di scappare. Ma Hermione era paralizzata, incollata al muro, con la bocca spalancata per il terrore e Ginevra non intendeva andarsene se non dopo aver sconfitto il troll. 
La Serpeverde iniziò a lanciargli vari incantesimi che sembravano inutili. Cercò di ricordarne almeno uno utile che avesse letto e riletto tra i tomi polverosi della biblioteca. 
Nel frattempo, il troll si lanciò in direzione di Ron che era il più vicino e non aveva vie di scampo. Harry fece una cosa al tempo stesso molto coraggiosa e molto stupida: prese la rincorsa, spiccò un salto e cercò di aggrapparsi al collo del troll, cingendolo con le braccia da dietro. 
A quel punto, Ginevra si ricordò un incantesimo che forse li avrebbe aiutati. Puntò la bacchetta verso il troll e gridò a gran voce: - Stupeficium!
Il troll vacillò e poi cadde a muso avanti con un tonfo che fece tremare tutta la stanza.
Harry si rimise in piedi. Tremava e gli mancava il fiato. Ron era lì, immobile, scioccato. Ginevra sembrava incredula della riuscita dell'incantesimo e alternava lo sguardo dalla sua bacchetta al troll ai suoi piedi.
La prima a parlare fu Hermione.
- Ma come ci sei riuscita?
- Ti giuro che non lo so - mormorò Ginevra in risposta.
Un improvviso sbattere di porte e un gran rumore di passi obbligarono tutti e quattro ad alzare lo sguardo. Non si erano resi conto di quanto baccano avessero fatto, ma naturalmente, di sotto, qualcuno doveva aver sentito gli schianti e le urla del troll. Un attimo dopo, la professoressa McGranitt faceva irruzione nel locale, seguita da Piton e da Raptor.
- Che cosa è successo qui? - chiese la McGranitt con una furia glaciale nella voce.





ANGOLO AUTRICE:
Eccovi serviti... che ne pensate?
Ero indecisa se mettere o meno il troll... alla fine ha vito il mio essere idiota. Spero che sia venuta bene.
Come sempre, ringrazio tutti voi per la vostra pazienza e la vostra attenzione. E per aver aggiunto questa storia nelle preferite/ricordate e seguite.
Vi adoro. ^_____^
Ma vorrei avere anche qualche consiglio e sapere cosa ne pensate (sempre se volete).
L'aggiornamento penso che sarà giovedì, altrimenti lunedì prossimo.
Fatto il misfatto!
18Ginny18

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 - IL RIFLESSO ***


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Capitolo 4 - IL RIFLESSO
Natale si stava avvicinando. Un mattino di metà dicembre, il castello di Hogwarts si svegliò sotto una pesante coltre di neve. Il lago era diventato una spessa lastra di ghiaccio e Ginevra e i gemelli Weasley stavano per essere puniti per aver fatto un incantesimo alle palle di neve, che si erano messe a inseguire Raptor dovunque andasse, rimbalzando sul retro del suo - stupido - turbante. 
- Ma come vi è venuto in mente? - tuonò la professoressa McGranitt mentre li scortava dal preside. - Prendervi gioco di un'insegnante! È inaudito! 
Quella non era la prima ramanzina che i tre ricevevano dalla vicepreside. Dopo i fatti accaduti la notte di Halloween, Ginevra venne soprannominata "la principessa delle serpi" ma a lei non piaceva che gli altri la chiamassero in quel modo, le dava una sensazione sgradevole. Preferiva distrarsi facendo scherzi insieme ai gemelli, come quando erano piccoli. 
Quella mattina stavano facendo una battaglia a palle di neve e quando i loro sguardi guizzarono verso il professore di Difesa contro le Arti Oscure decisero che l'occasione era troppo ghiotta per farsela scappare. 
E ora erano lì, ad ascoltare l'ennesimo rimprovero della McGranitt, che aveva deciso di farli punire dal preside stesso. - Visto che le mie punizioni non servono a niente - mormorò tra sé e sé. 
A questo proposito, Ginevra era un po' agitata. Non era mai stata nell'ufficio del preside e man mano che si avvicinavano si chiedeva cosa dovesse aspettarsi una volta lì. Fred e George erano il ritratto della spensieratezza e dell'indifferenza, per loro era una normale routine e la cosa non la stupì affatto. 
Dopo aver camminato lungo il corridoio si fermarono davanti a un orribile e immenso gargoyle di pietra.
- Cioccorane! - disse la McGranitt e tutt'a un tratto il gargoyle prese vita e fece un balzo di lato, mentre la parete dietro di esso si apriva. Anche se forse erano nei guai, Ginevra non riuscì a trattenere lo stupore. Dietro la parete c'era una scala a chiocciola che si muoveva dolcemente verso l'alto. I tre vi salirono insieme alla McGranitt e a quel punto la parete si richiuse alle loro spalle con un tonfo. 
Salirono fino ad arrivare a una porta di quercia lucente. 
Una volta giunti in cima scesero dalla scala mobile di pietra. La professoressa McGranitt bussò alla porta che si aprì senza far rumore. 
Entrarono e Ginevra si guardò attorno, curiosa. 
Era una stanza circolare, grande e bella, piena di rumori strani. Su alcuni tavoli dalle gambe lunghe e sottili erano posati molti curiosi strumenti d'argento avvolti in nuvolette di fumo. Le pareti erano ricoperte di ritratti di vecchi e vecchie presidi, garbatamente appisolati nelle loro cornici. C'era anche un'enorme scrivania con i piedini a zampa di leone, dove aldilà di essa era seduto il preside, che rivolse ai tre ragazzi un sorriso bonario. 
Ginevra vide che alle spalle di Silente, su uno scaffale, era poggiato il Cappello Parlante. La sua mente iniziò a vagare mentre i suoi occhi scrutavano il vecchio cappello con una strana sensazione di incertezza. 
Si chiedeva se il cappello l'avesse smistata nella Casa giusta quando un suono melodioso le fece voltare il capo verso un uccello vermiglio delle dimensioni di un cigno, appollaiato su un trespolo d'oro. Una volta aveva letto qualcosa riguardo alle fenici ma non ne aveva mai vista una, se non nelle illustrazioni dei libri. Rimase letteralmente catturata dalla sua bellezza, tanto che riuscì a dimenticare di non essere sola nella stanza. 
- Ah, Fanny è un bel esemplare - disse Silente, notando l'interesse della Serpeverde. - Non trova, signorina Black? 
Ginevra distolse l'attenzione dalla fenice e annuì, imbarazzata. 
Silente le sorrise affabile e dopo aver indugiato lo sguardo su di lei, si rivolse alla McGranitt. 
- Mi dica, professoressa, cosa hanno combinato questi giovani ragazzi? 
- Hanno stregato delle palle di neve facendo si che rincorressero il professor Raptor - rispose fulminandoli uno ad uno. 
Quando Ginevra vide il preside ridacchiare ne rimase un po' confusa. 
- Ah, lei lo trova divertente? - si infervorò la McGranitt. 
- Perché non dovrei, professoressa? Non mi dica che lei non lo ha trovato divertente! - la provocò Silente e lei arrossì. 
- Questi studenti devono essere puniti e non elogiati per la loro bravata, signor Preside! 
Silente sospirò affranto e rivolse ai tre studenti un sorriso triste. Poi i suoi occhi azzurri si illuminarono. 
- E sia. Aiuterete il guardiacaccia Hagrid con i preparativi della Sala Grande! - decretò con un sorriso scaltro e soddisfatto. 
La McGranitt, invece, strabuzzò gli occhi. - E questa sarebbe una punizione? 
- Se avessero fatto qualcosa di molto grave allora li avrei puniti diversamente, Minerva. Ma date le circostanze... Insomma, dopotutto è stato uno scherzo innocente, dico bene? - Silente si rivolse ai tre ragazzi che annuirono e sorrisero riconoscenti. 

Subito dopo aver lasciato l'ufficio del preside, i tre ragazzi si recarono verso l'abitazione del guardiacaccia. Hagrid viveva in una casetta di legno al limitare della Foresta Proibita. 
George bussò alla porta, all'interno si udirono una serie di latrati sempre più forti. Poi risuonò la voce di Hagrid che diceva: - Giù, Thor... Sta' giù! 
Li fece entrare, cercando di trattenere per il collare un enorme danese nero. 
Quando li vide ne rimase un po' sorpreso, perché i due Weasley non lo andavano a trovare da tempo. Fred gli spiegò che Silente aveva chiesto loro di aiutarlo con i preparativi, omettendo il fatto che fosse una punizione, e Hagrid sorrise contento. 
- Fate come se foste a casa vostra - disse lasciando andare il suo cane che si avventò dritto su Ginevra, buttandola a terra e iniziando a leccarle la faccia. 
- Thor! - lo rimproverò Hagrid. - Sta' giù! 
- Va bene, cucciolone. Sì, ok... Invece di ridere datemi una mano! - esclamò Ginevra ridendo, chiedendo aiuto a Fred e George che intanto si facevano quattro risate. 
Hagrid fu costretto a prendere Thor in braccio, lei fu libera e con la faccia ricoperta di bava. 
I gemelli ridevano ancora e Ginevra assestò ad ognuno una gomitata nelle costole venendo poi contagiata dalle risate. 
- Lei è Ginevra Black - disse George mentre Hagrid versava dell'acqua bollente in una grande teiera e disponeva alcuni biscotti su un piatto. 
- Black? Oh, conoscevo tuo padre. Un tipo davvero divertente, poi... - si interruppe e Ginevra prese uno strano colorito in volto. - Non preoccuparti. Non ho nessun pregiudizio. Figuriamoci! Prego, servitevi. 
I ragazzi presero un biscotto a testa e i gemelli fecero finta di addentarli. 
All'inizio Ginevra non capì il perché del loro gesto, ma dopo averne addentato uno finse anche lei di gradire moltissimo. Erano così duri che per poco non le si spezzarono i denti. 
- Come sta vostro fratello Charlie? - chiese Hagrid ai gemelli. 
- È in Romania con il suo grande amore - disse Fred sbattendo le ciglia e parlando in falsetto. 
- Oh, si. Dev'essere bello stare con i draghi - sospirò Hagrid. - Andrete da lui per Natale? 
- Solo i nostri genitori e nostra sorella. 
- E non dimentichiamoci i genitori della sposa! - ridacchiò George. 
- E dai! - lo spintonò Ginevra, ridendo. - Non dovreste prenderli in giro. 
Hagrid aggrottò la fronte, confuso. 
- Mia cugina è fidanzata con Charlie e vive in Romania con lui - spiegò la ragazza. - E adesso sono tutti convinti che si sposeranno a breve. 
- Nostra madre e la signora Tonks hanno paura che si sposino di nascosto - rise George seguito dall'amica che ripensò a quell'estate in cui le due donne complottavano il modo migliore per far "visita" ai loro figli. 

Natale era arrivato accompagnato dal freddo e dal gelo. Quella mattina, dopo aver fatto una rilassante doccia, Ginevra indossò un paio di jeans e il classico maglione fatto a mano che Molly Weasley le regalava ogni anno: era azzurro con una grossa G bianca. 
Dubitando di trovare i suoi amici grifoni nella Sala Grande alle sette del mattino, decise di fare un giro per i corridoi. 
I primi di dicembre aveva trovato un'aula abbandonata dove, da qualche tempo, passava delle ore al suo interno. Quando varcò la soglia rivide l'oggetto che la spingeva a tornare fin dal primo giorno in cui lo vide. 
Era uno specchio meraviglioso, alto fino al soffitto, con una cornice d'oro riccamente decorata che si reggeva su due zampe di leone. Sulla sommità c'era un'iscrizione che all'inizio credeva fosse scritto in una lingua antica, ma che poco dopo intuì fosse una scrittura speculare e una volta decifrata capì il senso della frase: mostro non il tuo viso ma le tue brame. 
Quando abbassò lo sguardo verso il suo riflesso vide un uomo dai capelli neri che le sorrideva. Ginevra allungò la mano per toccarlo ma l'unica cosa che le sue dita incontrarono fu una fredda lastra di vetro. E come la prima volta che lo vide iniziò a piangere.
- Papà... - mormorò tra un singhiozzo e l'altro. 
L'uomo nello specchio sembrava volerla confortare, stringere tra le sue braccia, ma era impossibile. 'Lui non è realmente qui' si ripeteva la ragazza. Si era detta di non tornare più in quella stanza almeno cento volte e non si era mai data ascolto. 
- Anche tu qui, Ginevra? 
La ragazza si voltò di scatto, spaventata. Dietro di lei c'era Albus Silente. - È da un po' di tempo che gironzoli da queste parti.
Ginevra si sentì un groppo alla gola che le impediva di parlare. 
- Dovresti ormai aver capito che questo Specchio non ci dà né la conoscenza né la verità - disse Silente con dolcezza. - So che ti manca tuo padre ma lui non vorrebbe che tu ti rifugiassi qui, inseguendo un'illusione. 
- Ha ragione, professore. Ma sarà difficile non tornare. 
- Avevo già intenzione di spostarlo prima che tu lo trovassi - disse Silente guardando il suo riflesso. - Ti chiedo di non cercarlo mai più. 
Ginevra annuì. 
- La ringrazio, professore. Buon Natale. 
- Oh, buon Natale anche a te, Ginevra. E buon compleanno - la ragazza lo guardò stupita per poi sorridere e ringraziarlo. 
Quando Silente rimase finalmente solo nella stanza, guardò quello che lo specchio davanti a lui gli mostrava e si chiese se stesse facendo la cosa giusta. 





ANGOLO AUTRICE: 
Sarò breve. 
Ringrazio tutti quelli che mi stanno sopportando, spero che anche questo capitolo vi piaccia. 
Ci vediamo lunedì per il prossimo aggiornamento.
Fatto il misfatto!
18Ginny18

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 - SENZA PENSIERI ***



Capitolo 5 - SENZA PENSIERI

Sembrava solo ieri che Ginevra aveva lasciato Hogwarts per buttarsi a capofitto nelle vacanze estive. E senza rendersene conto, agosto era già arrivato insieme al caldo afoso. 
Era nella sua stanza, seduta alla scrivania che rispondeva alla lettera della sua amica Hermione, quando Andromeda la chiamò a gran voce dal piano di sotto. 
- Ginevra! È arrivata la zia Emily! 
La ragazza si precipitò giù per le scale, rischiando di cadere per la fretta.
Emily era la sorella minore di suo zio Ted. Era un tipo che viaggiava molto, essendo una hostess, e non le capitava spesso di far visita al fratello. Ma in quelle rare occasioni era una vera boccata d'aria per Ginevra. 
Quando raggiunse il salotto trovò le due donne accomodate sul divano davanti a una fumante tazza di thé. 
Emily le dava le spalle. 
- Zia Emy! - la chiamò con entusiasmo. 
La donna si voltò e le rivolse uno dei suoi sorrisi smaglianti prima di andarle incontro e abbracciarla. 
- Mi sei mancata - le sussurrò la ragazza e lei la strinse più forte. 
- Anche tu, tesoro mio - disse baciandole la fronte. 
I suoi lunghi capelli color del grano odoravano di gelsomino ed erano raccolti in una coda alta. La sua figura snella e slanciata veniva risaltata da un vestitino rosa con dei piccoli pois bianchi e i suoi occhi verdi e magnetici la squadravano dalla testa ai piedi con un sorriso. 
- Come sei cresciuta! - commentò. 
Ginevra rise. A parer suo Emily non era mai stata così bella. 
Prima che potesse chiederle qualcosa, nella stanza entrò Ted, che pizzicò i fianchi alla sorella per poi sollevarla in una giravolta, ridendo. 
- Sei il solito bambinone - borbottò Emily reggendosi al fratello per il capogiro. 
- E tu la solita brontolona - la rimbeccò sfiorandole la punta del naso con il dito. Quel gesto scatenò il solito battibecco di amore fraterno che i due erano soliti a fare. 
'A volte sembrano due ragazzini', pensò Ginevra divertita. 
Andromeda, invece, alzò gli occhi al cielo esasperata. Quando i due fratelli si rivedevano dopo tanto tempo non poteva mancare qualche scherzetto o un amorevole insulto. 
A distrarre i quattro da quella simpatica riunione di famiglia fu il bussare alla porta d'ingresso e la padrona di casa andò ad aprire. 
- Gin può uscire a giocare? 
Ginevra non aveva bisogno di controllare chi fosse alla porta - benché riconobbe immediatamente quel tono esuberante. Ma quando vide Fred e George, non riuscì a trattenere un sorriso e pregò sua zia di lasciarla andare. 
Quando Andromeda diede il via libera, iniziarono a correre fino ad addentrarsi nel bosco. Lì vi era nascosta una casa sull'albero che avevano costruito con le loro mani prima che i gemelli iniziassero il loro primo anno a Hogwarts. 
Era un sogno infantile, ricco di avventura che li allontanava dalla vita quotidiana e che pochi giorni prima avevano deciso di rimodernare per renderla perfetta e meno pericolosa. Così ogni mattina i tre andavano nel loro posto segreto e, a volte, immaginavano di vivere delle fantastiche avventure e di combattere le forze del male come quando erano un po' più piccoli. 
Certo, sarebbe stato imbarazzante se qualcuno li avesse visti, ma a loro piaceva pensare che non si era mai troppo grandi per sentirsi bambini. 
- Ti sfido, fratello - disse Fred raccogliendo un ramo abbastanza lungo da sembrare un'arma, puntandola al petto di George. 
- Colpiresti un uomo disarmato? - chiese quest'ultimo con tono ferito per poi prendere anche lui un ramo e colpire quello del fratello. 
Ginevra, che intanto aveva raggiunto la piccola finestra della loro casa, si godeva quel momento tanto divertente e spensierato che probabilmente non sarebbe più tornato. 
Fred e George erano all'esterno, che "combattevano" uno contro l'altro. Menavano fendenti a destra e a manca, ridendo ogni qual volta che uno dei due esagerava con la sua interpretazione da cavaliere del settecento. 
- Mia amata - esclamò Fred, dopo aver abilmente bloccato la manovra del fratello. - Quale sarà l'omaggio che darete al vincitore? 
Ginevra sembrava essersi destata da un sogno, attenta com'era al loro combattimento, ed ebbe un attimo di confusione. 
- Avrete tutto ciò che desiderate, miei prodi - disse poi sorridendo. - Ma solo se mi raggiungerete quassù. 
- Allora preparati a perdere, fratello caro - commentò George ridendo per poi correre verso la scala sostenuta dal tronco. 
- Questo lo vedremo! - disse Fred andandogli dietro. 
George stava per mettere un piede sullo scalino di legno ma Fred lo prese per la maglietta e entrambi finirono per cadere all'indietro. 
Alla fine, tra battibecchi e continui spintoni, fu Fred a raggiungere per primo la cima. Sorridendo trionfante si avvicinò a Ginevra. 
- Il mio premio? - ansimò faticosamente. - Avevi detto "tutto ciò che desideravo".
- E che cosa vorresti? - chiese la ragazza. 
Fred era pericolosamente vicino e Ginevra indietreggiò. 
- Voglio che tu sia il nostro cagnolino. 
- Io... COSA? - urlò lei alquanto sconvolta. 
- Il nostro cagnolino, Black - ripeté George, spalleggiando il fratello. - Sai, quello che fa ciò che gli dice il suo padrone. 
- Ma neanche morta! - sbottò Ginevra. 
'Ecco, ogni volta riescono a rovinare tutto', pensò. 
- Ma hai promesso, quindi non ti puoi rifiutare - disse Fred, incrociando le braccia al petto. 
- Non credo proprio di aver detto "prometto". Anzi, ne sono certa! 
- E dai, scricciolo - George si lagnò come un bambino. - Solo per tre settimane. 
La guardava con occhi da cucciolo bastonato e un broncio pronunciato, sapeva che in quel modo non avrebbe resistito a lungo. 
- Una settimana, altrimenti niente - si arrese. 
Fred stava per ribattere ma venne prontamente interrotto da George. 
- Andata! - disse. - Ti diremo noi quando iniziare. 
Dopo quell'assurdo patto i tre ragazzi si incamminarono verso la Tana, ovvero la casa dei Weasley. 
- Sia chiaro - disse Ginevra. - Se in futuro mi farete un altro di questi scherzi idioti, ve la farò pagare. 
- Come vuoi, Blacky - sospirò Fred portando le mani dietro la nuca. 
- E non chiamarmi in quel modo - lo minacciò lei. 
- Come? Blacky? - la provocò e subito prese a correre rincorso dalla ragazza. Una volta che il gemello si unì alla corsa quella si trasformò in una gara. 
- Prima! - urlò Ginevra una volta raggiunto il cortile della Tana. 
- Vinci sempre - ansimò George ostentando un sorrisetto. 
- Già, chissà mai perché - fu il commento sarcastico di Fred che in quel momento sembrava il più stanco di tutti. 
Quel che Ginevra non sapeva, ma che di certo sospettava, era che George rallentava il fratello facendola vincere. Lui non sapeva il perché ma quando le regalava quegli attimi di felicità, non poteva resistere. 
Varcarono la soglia e quando Molly Weasley li vide, urlò puntando il dito contro i suoi due figli. 
- Non fate un altro passo! 
I gemelli e la ragazza si pietrificarono all'istante e la signora Weasley andò loro incontro con l'aria di volerti strozzare, poi si volse verso Ginevra sorridendole. - Stai tranquilla, cara. Tu puoi andare da Ginny. È di sopra, nella sua stanza. 
La ragazza annuì e si allontanò. 
Ancor prima che potesse lasciare la stanza, Molly ricominciò ad accanirsi su i suoi figli. 
- Si può sapere cosa fate in giro per il bosco? Siete ricoperti di fango! - disse. - Su, levatevi i vestiti e andate a lavarvi. 
- Ma mamma... 
- Niente "ma mamma". Forza, non ho tutto il giorno! 
Nonostante le proteste i due ragazzi diedero ascolto alla madre e Ginevra, che nel frattempo aveva attraversato lo stretto corridoio che conduceva a una scala sbilenca, si ritrovò a ridacchiare. Amava passare il tempo in quella casa e quando Molly perdeva le staffe con uno dei suoi figli, era uno dei suoi momenti preferiti. 
Una volta raggiunto il terzo piano aprì la porta con sopra la targa che diceva "Stanza di Ginevra". 
La sua omonima era sdraiata sul suo letto a leggere una rivista, che nascose non appena vide entrare la ragazza. 
- Ehi, Gin! - esclamò la rossa, nervosa. - Co-come stai? 
Ovviamente la Black non era una stupida e di certo la piccola Weasley non era una brava attrice. 
- Fai sul serio? - la guardò inarcando un sopracciglio. - Cosa nascondi lì dietro? 
- Non capisco cosa... Okay, hai vinto - sbuffò e le porse la rivista che poco prima stava leggendo. 
Ginevra guardò il titolo: 'Quidditch per principianti'. 
- Dove lo hai preso? - le chiese, sedendosi al suo fianco. 
- Dalla stanza di Ronald - borbottò la piccola Ginny. 
- Vuoi entrare a far parte della squadra di Grifondoro? 
- Come fai a sapere che sarò una Grifondoro? E se fossi smistata in Tassorosso? Oh, no! Non voglio neanche pensarci. 
- Ehi, tranquilla. Sarai una delle migliori studentesse che Grifondoro abbia mai avuto - la rassicurò. - E comunque... i Tassorosso non sono poi così male. 
- Oh, certo. Perché lì c'è il tuo bel Cedric, no? - la prese in giro con un pizzico di malizia. 
- Ma cosa dici, Ginny?! Io e Cedric siamo solo amici. 
- Sarà anche vero ma non puoi negare che a te piace! 
- Non è vero! Io... - la giovane Black cercò una scusa ma venne subito interrotta. 
- E allora perché sei diventata rossa? - la provocò la Weasley. - Guarda caso, ho ancora quella lettera in cui mi parlavi di lui... 
A quel punto la Serpeverde sbiancò e i suoi occhi seguirono quelli castani della Weasley che puntavano al secondo cassetto della scrivania. 





ANGOLO AUTRICE:
Eccomi qua, come promesso!
Mi sembra doveroso spiegarvi che ho fatto questo piccolo salto temporale, perché mi sembrava inutile narrare le vicende di Harry (CI HA GIÀ' PENSATO LA ZIA ROWLING!!!) 
Quindi... che ne pensate? Su via, non siate timidi... la tastiera non vi mangia -.-" 
Mi farebbe MOLTO piacere se commentaste, così io potrò migliorare con i vostri consigli.
Vi do appuntamento a giovedì... Fatto il misfatto! 
18Ginny18

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 - PRIMI BATTICUORI ***


 
Capitolo 6 - PRIMI BATTICUORI
A quel punto la Serpeverde sbiancò e i suoi occhi seguirono quelli castani della Weasley che puntavano al secondo cassetto della scrivania. 
Entrambe scattarono e cercarono di avere la lettera tra le loro mani. 
Tra spintoni e gomitate la piccola Weasley riuscì a prenderla e espresse la sua contentezza in un esclamazione alquanto sonora che attirò l'attenzione di qualcuno all'interno della casa. 
La porta si spalancò e Ron ed Harry si ritrovarono davanti a una scena piuttosto eccentrica che li portò a chiedersi cosa stessero facendo le due ragazze. 
Ginevra Black era a terra, sdraiata a pancia in giù. Il peso della Weasley gravava sulla sua schiena, rendendola incapace di muoversi. 
- Ma che state combinando? - chiese Ron alla sorella che non appena vide Harry il suo volto prese cinquanta sfumature di rosso e abbassò lo sguardo. 
Alla Black non sfuggì la reazione della rossa alla vista del suo amico e, nonostante non si sentisse più la schiena, un ghigno fece capolino sul suo volto. 
- Niente di speciale, Ronnie - rispose la Serpeverde con disinvoltura. - Cose tra ragazze. 
- Non chiamarmi Ronnie - disse lui puntandole il dito contro. - Sai che non lo sopporto. 
- Okay, Bilius - gli sorrise serafica e le orecchie di Ron diventarono rosse quasi quanto i suoi capelli. 
Harry, alle sue spalle, cercava di non ridere. 
La piccola Weasley rischiava di svenire, se solo avesse alzato lo sguardo su di lui. Da quando era arrivato alla Tana, non riusciva a guardarlo senza arrossire come un peperone e cadere nel mutismo. Peggio ancora se erano entrambi nella stessa stanza! 
- Andiamo, Harry - bofonchiò Ron uscendo dalla camera. 
Non appena le due ragazze furono sole, la Weasley era ancora comodamente seduta sulla sua amica ma sembrava non rendersene conto, perché era distratta dai mille pensieri che le vorticavano nella mente, la cui fonte era sempre la stessa: Harry Potter. 
- Hai intenzione di distruggermi la schiena ancora per molto? - le chiese l'amica con tono sarcastico. 
A quel punto la piccola Weasley si destò, balbettando delle scuse. 
Entrambe si rimisero in piedi e quando incrociarono i loro sguardi, la rossa sussultò leggermente quando vide sul volto della sua amica un'espressione alquanto allusiva. 
- C-che c'è? - balbettò incerta. - Pe-perché mi guardi così? 
- Ti piace Harry? - le chiese la Black, gongolante. 
Ginny Weasley sgranò gli occhi e il suo rossore, cosa alquanto incredibile, si accentuò ancora di più. 
- TI PIACE! TI PIACE!! 
- N-no, non mi p-pi-piace... - continuò a balbettare. 
- Sei diventata tutta rossa... - la canzonò la Black, divertita. 
Ginny si coprì all'istante il volto con le mani e continuò a negare l'evidenza. E in un primo momento non si accorse nemmeno che la lettera le veniva sfilata dalle mani e che la Black scappò via con essa. 
- Ehi, non vale! - le urlò rincorrendola e in risposta sentì il fantasma di una risata. 

La sera prima della partenza per Hogwarts, Ginevra Black non aveva chiuso occhio. Aveva la sensazione che qualcuno la stesse osservando. 
Nel cuore della notte era scesa in cucina con l'intenzione di bere un bicchiere d'acqua e rilassarsi, ma quella strana sensazione non accennava a sparire. Sembrava seguirla ovunque andasse. 
Per tutta la notte continuò a ripetersi che la sua era solo suggestione e che se fosse riuscita a distrarsi, forse avrebbe smesso di preoccuparsi. 
Accese la abat-jour che aveva sul comodino e s'immerse nella lettura. 
Passavano le ore e nonostante avesse letto pagine e pagine, aveva la continua sensazione che qualcuno (o qualcosa) la stesse osservando dall'angolo più oscuro della stanza. Come se fosse sorvegliata. 
Che fosse un incantesimo?
Accantonò ogni sorta di ipotesi per concedersi qualche ora di sonno. Ma dopo aver chiuso gli occhi, nella sua camera entrò Andromeda che, una volta aperte le finestre e fatto entrare la luce, le disse: - Su, dormigliona, alzati! Dobbiamo andare alla stazione. 
Così, rassegnata, Ginevra si ritrovò a camminare come uno zombie verso il bagno, sperando che una doccia fredda l'avrebbe svegliata. 
Ma non fu così. 
Durante tutto il viaggio per Hogwarts, venne nuovamente inondata da quella sensazione che due occhi fossero puntati su di lei e questo non l'aiutò  affatto a recuperare le ore di sonno. 
- Gin, ti senti bene? - le chiese Cedric, preoccupato. 
Lei lo guardò con occhi socchiusi. - Sì, Harry. Sto benissimo - sbadigliò lei. 
- Gin... - il ragazzo era incerto se ridere o no. - Lo sai che mi hai chiamato Harry, vero? 
- Oh, Merlino! Scusami, Ced - esclamò lei, iniziando a far lavorare qualche neurone in più. - Ieri notte non ho dormito molto. 
- Riposati un po', manca ancora molto prima che il treno arrivi a Hogsmeade. 
- Non lo so... Non mi sembra giusto nei tuoi confronti e poi non ci riuscirei comunque! - brontolò massaggiandosi le palpebre. 
- Stai tranquilla - disse Cedric. - Quando sarà il momento, ti sveglierò io. 
Ginevra accennò un sorriso di gratitudine e si sdraiò lungo il sedile. Per la seconda volta in quella giornata, chiuse gli occhi e pochi secondi dopo si ritrovò tra le braccia di Morfeo. 
Cedric la guardava dormire con un sorriso stampato sulle labbra. 
Era incredibile quanto si fosse affezionato a quella ragazza. Nonostante la differenza di età, trovava molto più piacevole passare il tempo in sua compagnia, piuttosto che continuare a sentirsi il rompi boccini della situazione con i suoi amici. Ogni anno organizzavano delle feste clandestine nel loro scompartimento e cercavano sempre di convincerlo a partecipare a qualche gioco assurdo del tipo: "Ehi, Ced, che ne dici di tracannare un boccale di burrobirra in un colpo solo?". E se solo osava rifiutare, loro lo rincorrevano finché non si sarebbero stancati. 
'Però è stato grazie a loro che l'ho incontrata', pensò guardando l'espressione angelica dipinta sul volto di Ginevra. 
Una volta che il treno si fermò alla stazione di Hogsmeade, Cedric svegliò la ragazza il più dolcemente possibile. 
- Gin...? Siamo arrivati. 
Ginevra borbottò qualcosa che il ragazzo non riuscì a comprendere e subito dopo sbadigliò sonoramente. 
- Dormito bene? - le sorrise, scostandole una ciocca di capelli dal viso. 
La ragazza mugugnò qualcosa e aprì gli occhi, con un largo sorriso sulle labbra. Aveva fatto un sogno bellissimo in cui lei e Cedric passeggiavano mano nella mano, poi lui le sussurrava di amarla. 
'Se solo fosse vero...', pensò con un po' di malinconia. 
- Sì, ti ringrazio - rispose stiracchiandosi. 
Le servirono un paio di secondi prima di accorgersi che il bel Tassorosso era a poche spanne di distanza dal suo viso. Sgranò gli occhi e si sentì il viso avvolto dalle fiamme. 
Cedric era confuso, non capiva il perché fosse arrossita in quel modo. Solo qualche secondo dopo capì di averla messa in imbarazzo. 
- Scusa... - mormorò rimettendosi in piedi. 
Scesero dal treno e seguirono la folla di studenti fino a un sentiero fangoso, dove almeno cento carrozze li attendevano. Ciascuna era trainata da una creatura invisibile che Cedric, per rompere quel silenzio imbarazzante, le spiegò che si trattava dei Thestral, visibili solo da chi aveva visto qualcuno morire.





ANGOLO AUTRICE: 
Hello... it's me!!! 
Lo so è molto più corto degli altri, ma cercherò di rimediare. 
Che ne pensate della ragazza nell'immagine? Lei sarà il presta-volto di Ginevra ^-^
Allora... me la lasciate una recensioncina? Vorrei sapere cosa ne pensate. Mi accontento anche di un messaggio privato. 
Ma voglio sapere se vi piace o meno, perché ho bisogno di voi per continuare. 
Okay, la smetto. Ci vediamo lunedì!!!
Fatto il misfatto!
18Ginny18

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 - PREGIUDIZIO ***




Capitolo 7 - PREGIUDIZIO 
Ginevra avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di stare alla larga dall'aula di Difesa contro le Arti Oscure. Al contrario di Hermione che, invece, non vedeva l'ora di entrarci. 
Con i libri sottobraccio, varcarono il corridoio pieno di studenti e Hermione sospirò sognante quando vide Allock avanzare in direzione dell'aula con la sua svolazzante veste turchese. 
- Herm, ti sta uscendo la bava - borbottò la Serpeverde divertita. 
Ma non venne ascoltata e ribollì di rabbia. Odiava essere ignorata in quel modo. 
- Ma andiamo! - esclamò e la riccia trasalì, distogliendo lo sguardo dall'insegnante. - Si può sapere come può piacerti quel... quell'idiota?! 
- Mia cugina ha ragione, Granger. 
A parlare era stato Draco Malfoy, che si avvicinò alle due ragazze sogghignando. 
- È sicuramente un bravo insegnante - protestò la Grifondoro rivolgendosi alla sua amica, ignorando il ragazzo come se non avesse aperto bocca. 
Draco se ne accorse e si indispettì. - Dovrei ritenermi geloso, Granger? Pensavo di essere io al centro dei tuoi pensieri. 
Hermione arrossì, non sapendo se per rabbia o per imbarazzo. Guardò il Serpeverde incapace di rispondere e s'incamminò verso l'aula tirando Ginevra per il braccio. 
- Potevi anche intervenire! - le disse quando furono a debita distanza dal biondo. 
- Pensavo che ci avresti pensato da sola - rispose Ginevra guardandola con aria curiosa. - Non è che ti piace Draco? 
- Cosa? Io? - Hermione scoppiò a ridere. - Scherzi, vero? 
- E allora perché non hai detto niente? 
- Non voglio avere guai - disse Hermione. - Ci pensano già Harry e Ron, al posto mio! 
Ginevra non poté darle torto. Quei due si erano fatti mettere in punizione sin dal primo giorno! 
Entrarono in aula e presero posto. Hermione era un po' delusa nel vedere che tutti i posti al primo banco erano occupati dalle altre ragazze. Ginevra, invece, ringraziò Merlino per averle risparmiato la disgrazia di avere l'insegnante davanti. 
Quando tutti i posti vennero occupati Allock si schiarì rumorosamente la gola e cadde il silenzio. Lui si avvicinò ai banchi, prese un libro e lo sollevò per mostrare il proprio ritratto ammiccante in copertina. 
- Io - disse indicandolo.  
Dopo essersi vantato delle sue "qualità", propose ai suoi studenti di iniziare con un piccolo quiz. (- Niente di cui preoccuparsi... solo per verificare con quanta attenzione avete letto i miei libri...). 
Quando ebbe distribuito i testi della prova, tornò davanti ai banchi e disse: - Avete trenta minuti. Pronti... via! 
Ginevra guardò i suoi fogli e dopo aver letto le domande si chiese se quello fosse uno scherzo. Non poteva credere che doveva rispondere a delle domande tanto assurde! 
Man mano che rispondeva alle domande si chiedeva come mai Silente avesse scelto proprio Allock come insegnante. Evidentemente avrà pensato che sarebbe stato divertente lasciarlo insegnare. 
Quella era l'unica risposta plausibile al suo dilemma. 

Finita la lezione, i suoi capelli corvini erano un vero disastro e la sua divisa era strappata. Quando uscì dall'aula incontrò Fred e George che non riuscirono a trattenere un commento sul suo aspetto. 
- Che ti è successo? - le chiese Fred divertito dai suoi capelli che, solitamente erano ordinati e perfetti, in quel momento sembravano aver subito l'attacco di un uragano. 
- Folletti della Cornovaglia - sibilò Ginevra ricacciando indietro la rabbia. 
- Cavolo! - commentò George. - Di sicuro il nuovo professore non è un tipo sveglio. 
- Puoi dirlo forte, George - sbottò lei. - Gazza ha sicuramente più neuroni di lui! 
I due ridacchiarono contagiandola all'istante. 
Ginevra gli raccontò anche che avevano fatto un test interamente su Allock, confidandogli di aver dato il peggio di sé nelle risposte. 
- Che hai fatto? - le chiese Fred, avido di sapere. 
Un sorriso malefico albergò sulle labbra della ragazza. - Ho semplicemente detto la verità a quell'idiota! Il suo colore preferito è... chi se ne frega. La sua ambizione segreta... farsi crescere dei veri capelli. Qual è il risultato più importante conseguito finora da Allock?... Nessuno. 
Fred e George scoppiarono a ridere. 
- E lui che ha fatto quando ha visto il tuo compito? - chiesero tra una risata e l'altra. 
- Ha semplicemente letto in silenzio, sbarrato gli occhi ed è anche arrossito a qualche risposta. Si è visto davanti tutta la verità nient'altro che la verità! 
- Sei una serpe. 
- Non me lo ricordare - sbuffò. 

Nei giorni successivi, le lezioni con il professor Allock diventarono sempre più insopportabili. Secondo Ginevra, non era altro che un inetto. Preferiva studiare per conto suo con i vecchi libri di sua cugina Nymphadora, come faceva durante l'estate. Così facendo, l'anno precedente era diventata una delle migliori studentesse della sua età. 
Quella mattina era nel cortile della scuola, che studiava gli appunti dell'ultima lezione di trasfigurazione. Sembrava una giornata tranquilla e invece... 
Le squadre di Grifondoro e Serpeverde stavano attraversando il cortile nello stesso momento. Marcus Flint, il capitano di Serpeverde, aveva un'aria soddisfatta nel vedere che la rabbia del capitano dell'altra squadra aumentava man mano che si stavano avvicinando. 
- Dove credi di andare, Flint? - gridò il capitano dei Grifondoro, Oliver Baston, scontroso. 
- A giocare a Quidditch - rispose il Serpeverde, che aveva assunto un'espressione di diabolica furbizia. 
Ginevra seguiva la vicenda da pochi metri di distanza. I suoi occhi trovarono la figura di Harry, il Cercatore di Grifondoro, e lo guardò con preoccupazione. Temeva che di lì a pochi minuti sarebbe scoppiata una rissa tra i due capitani, coinvolgendo gli altri giocatori. 
Non ne capì il motivo, ma andò in direzione del gruppetto aspettando il momento giusto per intervenire. 
- Il campo l'ho prenotato io per i Grifondoro - ribatté Baston, sputacchiando saliva per la rabbia. 
- Calma, Baston - replicò Flint, porgendogli una pergamena. - Ho il permesso del professor Piton. 
Baston gliela strappò dalle mani, con rabbia, e lesse ad alta voce quello che Gineva già sapeva. 
- Avete un nuovo Cercatore? - chiese Baston. - Chi è? 
E da dietro ai sei possenti giocatori di Serpeverde ne comparve un settimo. 
- Malfoy? - Harry era a dir poco sorpreso. 
Ginevra, invece, non lo era affatto. Draco le aveva confidato di essere entrato a far parte della squadra grazie a suo padre e che un po' se ne vergognava, ma non lo avrebbe ammesso con nessun'altro. 
Lui sosteneva che era l'unica di cui potesse fidarsi, il loro era diventato un legame molto forte. Ma di certo non poteva giustificare suo padre che aveva generosamente regalato sette manici di scopa ai Serpeverde per assicurargli il posto in squadra. 
- Ma quelle sono le nuove Nimbus Duemila Uno! Dove le avete prese? - esclamò Ron, che era appena arrivato insieme ad Hermione. 
- Un regalo del padre di Draco - si vantò Flint. 
- Vedi, Weasley, al contrario di altri, mio padre può permettersi il meglio - disse Draco. - Credo che superi il vecchio modello Duemila. Quanto alle Tornado - proseguì rivolgendo un sorriso maligno a Fred e George che avevano entrambi una Tornado Cinque - potete anche spazzarci il campo! 
Sul momento nessun Grifondoro trovò di che replicare. Draco ghignava soddisfatto e gli occhi gli si erano ridotti a due fessure. 
Ginevra avrebbe voluto dargli un pugno ma, dato che gli voleva bene, si trattenne. Doveva ammettere, però, che lo odiava quando si comportava in quel modo! 
Fred era infuriato e fece un passo verso il giovane rampollo dei Malfoy. Ma George e Oliver lo fermarono immediatamente mettendogli una mano sul petto e una stretta attorno al braccio. 
Marcus parlò con voce suadente. - Calma! Non è detto che anche Grifondoro non riesca a mettere insieme un po' di soldi per comprarsi delle scope nuove. Se mettete all'asta quelle vecchie carrette di Tornado Cinque, vedrete che qualche museo pagherà per averle. 
I componenti della squadra di Serpeverde scoppiarono in una risata fragorosa. 
- Per lo meno, nessuno nella squadra di Grifondoro si è dovuto comprare l'ammissione - commentò Hermione aspra. - Sono stati scelti per il loro talento. 
Tutti la guardarono sbalorditi. Ma Ginevra aveva la sensazione che non sarebbe finita lì. Infatti, Draco si avvicinò alla grifona.  
- Nessuno ha chiesto il tuo parere, sporca Mezzosangue! - sbottò. 
Hermione cercava di trattenere le lacrime e voleva mostrarsi forte davanti a quell'insulto, mentre lo guardava con odio. 
Le parole del ragazzo suscitarono un'istantanea sommossa. Un giocatore di Serpeverde dovette tuffarsi davanti a Draco per impedire a Fred e George di saltargli addosso. 
- Ma come ti sei permesso, Draco?! - sbottò Ginevra spingendolo. 
Insultando Hermione aveva insultato anche lei, essendo una mezzosangue. 
- Tu fatti gli affari tuoi - ribatté lui, con voce tremante. Non voleva dire quelle cose, si sentiva come se non fosse stato lui a parlare. 
- Già, Black - disse Marcus guardandola. - Si vede che ami frequentare le fecce invece dei tuoi simili. Dimmi, ti piace così tanto stare con chi ha la stessa puzza dei maiali? - rise e i suoi compagni con lui, tranne Draco. 
Ginevra venne accecata dalla rabbia e un secondo dopo Marcus Flint si ritrovò con il naso sanguinante e lei con le nocche della mano che bruciavano. L'intera squadra dei Grifondoro la guardò con un misto di confusione e ammirazione, mentre dalle espressioni dei Serpeverde si poteva leggere la rabbia. 
Fred le si avvicinò gongolante e le sussurrò all'orecchio. - Considera il patto saldato. 
'Patto? Quale patto?' si chiese Ginevra guardando il suo amico, che rideva di Marcus Flint. 
- Sei stato picchiato da una ragazza, Flint - lo canzonò e Ginevra pensò che se Fred fosse stato un cane in quel momento avrebbe scodinzolato come un matto. 
- Oh, cielo! Che diamine è successo qui? - La McGranitt veniva verso di loro con aria severa. 
Alcuni studenti indietreggiarono. Ginevra tremava ma non sapeva se per paura o per la rabbia nel vedere il ghigno malefico di Flint. 
- È stato Weasley, professoressa - disse quest'ultimo indicando Fred. 
- Non è vero - esclamò Ginevra dopo aver lanciato un'occhiata di odio puro al capitano dei Serpeverde. - Sono stata io. Mi ha insultata e io gli ho dato un pugno. 
La McGranitt la guardò con occhi sgranati. Non riusciva a crederci. 
- Ma che dici, Gin? - sbottò Fred. - Non le dia ascolto, professoressa. Sono stato io. 
- Fred, smettila! - ribatté la ragazza. - Sai benissimo come è andata. 
- Adesso basta! - tuonò la McGranitt. - Weasley e Black, seguitemi senza fiatare! 
La professoressa sembrava non sentir ragione, così Fred e Ginevra la seguirono come aveva ordinato. Li condusse fino alla sala professori. 
Era una stanza molto grande, piena di sedie di legno scuro. Su una di esse vi era seduto il professor Piton. 
- Ah, Severus - disse la McGranitt. - Ti stavo giusto cercando. 
- Mi hai trovato - disse Piton con gelido sarcasmo. 
- La signorina Black sostiene di aver dato un pugno al signor Flint mentre il signor Weasley dice di essere stato lui - spiegò la professoressa. 
- E perché la signorina Black "sostiene" di averlo colpito? - chiese Piton, senza degnare di uno sguardo la Serpeverde. 
- Be', mi ha insultata. Mi sembra una ragione più che sufficiente. 
- Questo è ridicolo! - sbuffò Fred, era certo che avrebbe perso la pazienza. - Professore, sono stato io a colpire Flint. Lo ha ammesso lui stesso! 
- La vuoi smettere? - esplose la ragazza. 
- No, smettila tu! 
- Smettetela entrambi! - tuonò la McGranitt. - Li affido a lei, professor Piton. 
Detto questo la professoressa uscì dalla stanza lasciando i due ragazzi con l'inquietante professore, che non sembrava affatto felice dell'incarico.





ANGOLO AUTRICE: 
Ehi, sono tornata! 
Lo so, assomiglia un po' troppo sia al film che al libro ma ho dovuto farlo. 
Cercate di capirmi... E poi ho dato il mio tocco personale! (e non ho fatto vomitare il povero Ronnie). 
Con il prossimo capitolo concluderò il secondo anno e sarà un po' un riassunto delle vicende, quindi chiedo venia in anticipo a quelli che non apprezzano la cosa. 
In questo capitolo ho accennato alla Dramione *-* (dato che hanno dodici anni non posso fare chissà che cosa! Più in là si vedrà... è-é)
Cercherò di aggiornare giovedì, ma non vi assicuro niente perché internet sta per esaurirsi. T-T 
Baci baci 
Gossip Girl... volevo dire
18Ginny18 

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 - SCOPERTE ***


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Capitolo 8 - SCOPERTE

LA CAMERA DEI SEGRETI È STATA APERTA
TEMETE, NEMICI DELL'EREDE 

Queste erano le parole scritte col sangue, sul muro del corridoio del primo piano, dove la notte di Halloween venne trovata la gatta del custode. 
Mrs Purr era lì, rigida come uno stoccafisso e gli occhi spalancati che fissavano il vuoto. 
Silente sosteneva che fosse stata pietrificata e che gli studenti dovevano mantenere la calma. Ma la paura non faceva altro che manifestarsi in ogni mezzosangue. 
Draco ripeteva a Ginevra che l'erede di Serpeverde non avrebbe mai aggredito un componente della sua Casa e che doveva rilassarsi. A quel punto, mentire le sembrava la via più facile, così si limitava a sorridergli ogni volta che lo diceva. 
Molti dei suoi compagni di Serpeverde non provavano una particolare simpatia nei suoi confronti a causa della sua familiarità con i Grifondoro. Gli unici che poteva chiamare amici erano Draco, Blaise, Theodore Nott e Daphne Greengrass. Quindi per lei era impossibile non pensare che l'erede - chiunque esso fosse - non l'avrebbe risparmiata. 
Man mano che i giorni passavano, alla lista delle vittime si aggiunse anche uno studente di Grifondoro: Colin Canon, un fan di Harry, che giaceva come morto in infermeria. 
Ginny Weasley, compagna di banco di Colin, aveva l'aria disperata e dopo che Fred e George avevano cercato più volte di farla ridere, corse via piangendo. 
- Abbiamo fatto qualcosa di sbagliato? - chiese Fred dispiaciuto. 
- Secondo voi è divertente sbucare all'improvviso davanti a una persona, rischiando di farle venire un infarto? - chiese loro la giovane Serpeverde con una punta di sarcasmo. 
- Però, detto così non sembra divertente - si lamentò George, dispiaciuto quanto il fratello. 
- Non preoccupatevi, - disse Ginevra - le parlo io. 
E detto questo seguì i passi della sua omonima. 
La trovò nel bagno di Mirtilla Malcontenta, accovacciata sul pavimento, che piangeva. 
- Ehi - la salutò esitante e la Weasley trasalì. - Tutto okay? 
Non ricevendo alcuna risposta dalla sua amica, la Serpeverde le si sedette accanto. 
- Sei sconvolta per il tuo amico? 
- Ho paura - ammise con voce rotta. 
- Come tutti - Ginevra sorrise amaramente mentre le accarezzava i capelli rosso fuoco. - Devi essere forte, Gingy
Sentendo il soprannome che la Serpeverde usava fin da quando erano bambine, sorrise e l'abbracciò. 
- Ti voglio bene - le sussurrò all'orecchio. 

Quel giovedì pomeriggio la lezione si svolse nel modo consueto. Venti calderoni fumanti erano stati sistemati fra i banchi di legno, su cui erano poggiati bilance d'ottone e i barattoli degli ingredienti necessari. Piton si aggirava in mezzo a tutto quel fumo, facendo osservazioni pungenti sul lavoro dei Grifondoro, come sempre. 
Draco, il compagno di banco di Ginevra, continuava a lanciare occhi di pesce-palla addosso a Ron e Harry. (-Mi annoio...) diceva alla ragazza che, dopo averlo pregato più volte, riuscì a farlo smettere. 
Quando le loro pozioni furono ormai pronte e perfette sotto ogni aspetto, il professor Piton assegnò venti punti a Serpeverde e chiese loro di aiutare gli studenti che avevano qualche difficoltà con la preparazione, come Theodore Nott. 
La sua pozione era diventata troppo liquida. 
- Non ci sai fare, eh? - ghignò la ragazza derisoria e lui sorrise impacciato. 
- Puoi aiutare un'incompetente? 
- Posso provarci - gli rispose fingendosi altezzosa per poi ridacchiare. - Dai, ricominciamo daccapo. Allora, aggiungi due misurini di ortiche secche nel mortaio. 
- Fatto. 
- Aggiungi tre occhi di pesce-palla e frantuma fino a ottenere una polvere medio-fine - disse e Theodore seguì le sue istruzioni alla lettera. 
- Tu lo rendi molto più facile! - commentò il ragazzo. 
Ginevra gli sorrise, poi vide che qualcosa si infilò nel calderone di Pansy Parkinson ma non riuscì ad avvertirla in tempo e la sua pozione esplose, inondando la classe. 
Riuscì ad abbassarsi in tempo e portò con sé Theodore, evitando di essere colpiti da quel composto che cominciò a far gonfiare il viso di Pansy come un pallone. Purtroppo Ginevra non riuscì a trattenersi dal ridere e la Parkinson la fulminò con lo sguardo. 
- Sei stata tu! - esclamò quest'ultima, accanendosi su di lei che continuò a ridere seguita dal compagno. 
Piton cercava di riportare la calma e di capire cosa fosse successo. 
Nella confusione Ginevra vide Hermione sgattaiolare furtiva fuori dall'aula. 
- Silenzio! SILENZIO! - tuonò Piton. - Tutti quelli che sono stati colpiti dagli schizzi, qui da me per farsi fare uno Sgonfiamento. Se pesco chi è stato... 
Mentre una massa di Serpeverde e qualche Grifondoro si precipitava dal professore, Hermione tornò in aula e alla Serpeverde non sfuggì che sotto gli abiti si intravedeva un grosso bozzo. 
Finita la lezione Harry, Ron e Hermione uscirono dall'aula quasi correndo e alla grifona cadde qualcosa, ma non se ne accorse. 
Ginevra la raccolse. Era pelle di Girilacco. 
'Ma che stanno combinando quei tre?'
Li seguì fino ad arrivare al bagno di Mirtilla Malcontenta che, a quanto pareva, era molto frequentato negli ultimi tempi! 
Una volta entrata cercò di non far rumore e si nascose dietro la porta di uno dei bagni, origliando la loro conversazione. 
- Piton sa che sono stato io - sentì dire a Harry mentre in sottofondo qualcuno (che molto probabilmente era Hermione) gettava gli ingredienti nel calderone. Poi ci fu silenzio. 
- Cos'hai, Hermione? - chiese Ron. 
- È sparita! La pelle di Girlacco è sparita! 
- Come? 
- Tranquilli - Ginevra uscì allo scoperto e i tre trasalirono. - Ce l'ho io. Devi stare più attenta la prossima volta, Herm. Pensa se vi avesse scoperto qualcun'altro... Pozione Polisucco, vero? - chiese, un po' risentita dal fatto che non l'avessero coinvolta, mentre giocava con l'ingrediente che aveva tra le mani. 
- Non lo dirai a nessuno, vero? - balbettò Ron. 
- Non vi preoccupate. Il vostro segreto è al sicuro con me. Ma se avete bisogno d'aiuto fatemelo sapere, chiaro? - disse restituendo l'ingrediente alla riccia. 
- Grazie, Gin - disse Harry, prima che lei potesse raggiungere la porta. 

Natale passò e Ginevra venne a sapere che i tre grifoni avevano approfittato delle vacanze per scoprire chi fosse l'erede di Serpeverde grazie alla Pozione Polisucco. Ma, stando alle conclusioni da loro ottenute, nessuno lo era; o almeno non si era fatto scoprire, come disse Harry quando le raccontarono tutta la vicenda. 
Dopo qualche settimana, tutti gli studenti si riunirono per assistere alla partita tra Grifondoro e Tassorosso. Invece Ginevra e Hermione erano in biblioteca a cercare informazioni su quale potesse essere il mostro, che più di mille anni fa Salazar Serpeverde aveva nascosto nella Camera dei Segreti.
- Trovato niente? 
- No. 
Era da più di mezz'ora che cercavano un libro che spiegasse cosa fosse in grado di pietrificare le vittime. Avevano dedotto subito che la creatura (che solo l'erede di Serpeverde poteva controllare) fosse un serpente, quindi presero quanti più libri potevano sull'argomento ma non riuscirono a trovare nulla. 
Si erano quasi arrese, poi Hermione urlò: - Trovato! 
- Non scherzare. Di che si tratta? - le chiese la Serpeverde e lei iniziò a leggere ad alta voce. 
- Dei molti, spaventosi animali e mostri che popolano la nostra terra, nessuno è più insolito e micidiale del Basilisco, noto anche come il Re dei Serpenti. Questo serpente, che può raggiungere dimensioni gigantesche e che vive centinaia di anni, nasce da un uovo di gallina covato da un rospo. Esso uccide in modo portentoso: oltre alle sue zanne, che contengono un potente veleno, anche lo sguardo del Basilisco provoca la morte istantanea. 
Per un attimo cadde il silenzio tra le due ragazze, poi Ginevra esclamò: - Ma certo! Come abbiamo potuto essere così stupide?! 
Hermione la guardava frugare nella sua borsa non sapendo cosa stesse cercando ma quando vide uno specchio capì. 
- Ma certo! - ripeté la Grifondoro. - Il Basilisco uccide le persone con lo sguardo, ma nessuno è morto perché nessuno l'ha guardato dritto negli occhi! 
- Esatto - disse Ginevra. - E probabilmente viaggiava attraverso le tubature, per questo nessuno poteva accorgersene! 
E mentre tutto assumeva un senso logico, Hermione fece qualcosa che non si sarebbe mai aspettata in vita sua: strappò la pagina dal libro e vi scrisse in calce "Tubature". 
- E con questo speriamo che quei due ci arrivino da soli, nel caso che noi... - lasciò la frase in sospeso mentre piegava accuratamente la pagina più volte. 

Le ultime due vittime del mostro furono Hermione Granger e Ginevra Black, entrambe mezzosangue. 
Ogni notte Fred Weasley andava a trovare la sua amica in infermeria, attento a non farsi scoprire dal gemello o da qualche professore che girava per i corridoi. 
Quando raggiunse l'infermeria aprì la porta con calma e si avvicinò al letto di Ginevra. 
La scena era piuttosto inquietante ma le accarezzò la mano fredda come il ghiaccio che era poco distante dal suo viso. Sulle sue labbra c'era un leggero sorriso. 
- Sei sempre la solita - commentò Fred ridendo amaramente. - Ti lascio sola un secondo... e guarda cos'è successo. 
Sospirò e i suoi occhi iniziarono a pizzicargli. 
Dopo aver fatto un sospiro lunghissimo Fred decise di fare quello che, da qualche tempo, desiderava fare ma che non aveva mai avuto il coraggio di compiere. Si chinò verso la ragazza e le diede un casto bacio sulle labbra fredde. 
- Ah, guarda che mi fai fare, Blacky - si finse esasperato. La guardava in attesa che lei parlasse o arrossisse. Si sarebbe accontentato anche di una sfuriata, ma non successe nulla. - Non so se puoi sentirmi, ma io te lo devo dire... Mi manchi, Ginevra - sorrise e avvertì che i suoi occhi si facevano sempre più umidi. - Mi mancano i tuoi sorrisi, il suono delle tue risate, i tuoi scherzi... Voglio che torni da me. Ti prego... svegliati. 
Sentì un rumore aldilà della porta e per paura che fosse Madama Chips, se ne andò dopo averla guardata un ultima volta. 
I giorni seguenti furono molto intensi per i Weasley. La piccola Ginny era stata rapita e portata nella Camera dei Segreti, ma fortunatamente venne salvata da Harry che aveva sconfitto il Basilisco. 
Tutti gli studenti attendevano con ansia che i ragazzi che erano stati pietrificati facessero il loro ingresso nella Sala Grande. 
E quando Ginevra e Hermione vi entrarono vennero letteralmente assalite dai loro più cari amici. George strinse forte a sé la Serpeverde e le diede un bacio sulla guancia che irritò un po' il gemello. Ma quando la ragazza lo vide e gli regalò uno dei suoi sorrisi più belli, Fred l'abbracciò con così tanto vigore da sollevarla da terra. 
- Ben tornata - le sussurrò. 





ANGOLO AUTRICE:
Allora... Che ne pensate? >w< 
Fred ha baciato Gin! \OoO/ 
Se avete domande, chiedete pure, vi risponderò molto volentieri e magari farò qualche spoiler... forse. 
Vi do appuntamento al prossimo capitolo dove introdurrò il terzo anno. 
Fatto il misfatto!
18Ginny18

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 - SOGNI... ***


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Capitolo 9 - SOGNI...
Quell'estate Ginevra la trascorse con Hermione e i suoi genitori, che l'avevano gentilmente invitata in Francia, nonostante le proteste di Andromeda che insisteva nel dire che era troppo piccola per viaggiare. Allora era intervenuto Ted dicendo che sua nipote era abbastanza grande per cavarsela da sola e che i signori Granger avrebbero avuto cura di lei. 
Ginevra pensava che quella reazione da parte di sua zia fosse dovuta al fatto che negli ultimi anni avesse attirato i guai come il miele con le api. Ma dato che non poteva usare la magia fuori da Hogwarts e non era in compagnia di Fred e George, non si spiegava come mai Andromeda si agitasse tanto. Non avrebbe mica fatto saltare in aria la Tour Eiffel! 
Comunque sia, le due ragazze erano molto emozionate all'idea di passare l'estate a Parigi. I signori Granger avevano preso in affitto una casa a dir poco magnifica, anche se modesta, nel cuore di Parigi.
Era un bellissimo appartamento, con pareti in mattoncini bianchi e travi di legno al soffitto. Poteva ospitare quattro persone e aveva una camera da letto matrimoniale, destinata ai signori Granger, e nel piano superiore c'era un soggiorno con divano letto, una cucina e un bagno con doccia. 
La zona offriva numerosi bar alla moda e negozi di ogni genere. A dieci minuti a piedi si trovavano il Louvre e Notre Dame
Il primo giorno, a colazione, Ginevra si era servita di latte e cereali, accompagnati da un croissant caldo. Hermione le suggerì di assaggiare una crema alla nocciola chiamata 'Nutella'  e quando ne ingerì un po' non poté più farne a meno, fino a diventarne una "drogata", come l'aveva soprannominata Hermione. 
Le giornate seguenti le trascorsero a visitare le strutture più importanti magiche e non. Le leggende alle quali erano legate la maggior parte dei monumenti, erano state camuffate agli occhi dei babbani per far si che non venissero a conoscenza della magia. 
Un pomeriggio, Hermione e Ginevra decisero di uscire e comprare qualche souvenir ai loro amici e parenti. I signori Granger decisero di dare loro un po' di fiducia e lasciarle andare da sole a condizione che rimanessero nei paraggi e che se si fossero perse, li avrebbero chiamati al cellulare per farsi venire a prendere. 
Le due ragazze si divertirono un mondo tra i negozi parigini e quando terminarono i loro acquisti, decisero di tornare al loro appartamento. 
Ma ad un tratto Ginevra avvertì quella strana sensazione che un anno prima sembrava non volerla abbandonare. Si girò più volte cercando di capire se realmente qualcuno la stesse osservando ma, come l'anno prima, non vide nessuno. 
Si sentì sfiorare il braccio e dei brividi di freddo la invasero, portandola a sfregare le mani in un gesto automatico. 
- Gin, va tutto bene? - le chiese Hermione, notando il gesto che aveva appena compiuto. 
Ma Ginevra sentì solo uno strano rumore alle sue spalle, come uno strappo deciso, ma c'erano solo dei passanti. La testa iniziò a vorticarle e avvertì un senso di nausea farsi strada in lei, le gambe le sembravano pesanti come macigni. 
- Ginevra! - la chiamava la voce della sua amica, ma lei non sentiva altro che un susseguirsi di suoni ovattati poco prima di cadere a terra, svenuta. 

Nel cuore della notte, riecheggiava il pianto di una neonata. L'immagine sfocata di una donna dalla chioma rossa avanzò in direzione di essa, iniziando a cullarla, cantandole una ninnananna mentre l'allattava. 
La piccola cominciò a sonnecchiare beatamente, godendosi la dolce melodia della voce materna. 


Quando Ginevra riaprì gli occhi si sentì disorientata, come se le fosse caduto un masso sulla testa. Al suo fianco trovò la signora Granger che le inumidiva la fronte con degli impacchi di ghiaccio. 
- Come ti senti, cara? - chiese dolcemente, sfiorandole il viso. 
- Mi gira un po' la testa, ma sto molto meglio. Grazie, signora Granger. 
La donna le sorrise e in quel momento Ginevra pensò che sarebbe stato bellissimo avere sua madre vicino, anche se non aveva idea di chi fosse. Di lei aveva solo dei ricordi confusi o offuscati e questo lo riteneva alquanto insopportabile. 
- Spero di non avervi rovinato la vacanza per uno stupido mancamento - borbottò dispiaciuta, rivolgendo il suo interesse al lenzuolo sul quale disegnava dei piccoli arabeschi invisibili. 
- Non dire sciocchezze! Ora, però, sarà meglio che tu faccia una bella dormita - disse la signora Granger rimboccandole le lenzuola. 
'Se solo la mia mamma fosse qui', pensò prima di chiudere gli occhi e lasciarsi rapire da Morfeo. 

In un salotto ben illuminato, vi erano un grosso cane nero e una bambina. Quest'ultima si divertiva a giocare a nascondino con il suo amico a quattro zampe, scappando dai suoi baci bavosi ogni volta che lo trovava. Quando invece era la bambina a doversi nascondere il cane prendeva un'altra forma, trasformandosi in un uomo. 
- Dov'è la mia piccola peste? - si chiedeva, anche se sapeva benissimo dove si fosse nascosta, perché la bambina non faceva altro che ridacchiare. - È incredibile! Non riesco a trovarla... - si finse esasperato, per poi voltarsi verso il divano dove si era malcelata. - PRESA!!! - esultò pendendola in braccio, facendole fare una giravolta e la bambina rise divertita. 
- Ancola! Ancola, papà! 


Il mattino seguente, mentre preparava la colazione, Hermione sentiva che intorno a loro qualcosa stava cambiando. Non sapeva spiegarsi il perché, ma da quando Ginevra era svenuta non riusciva a pensare ad altro. 
Stava per portarle la colazione a letto, su un vassoio carico di cibo che avrebbe sicuramente gradito, ma sulla soglia della cucina spuntò lei, raggiante come le prime luci del mattino. 
- Buongiorno!!! - la salutò Ginevra saltellando. Sembrava aver ripreso le forze, come se non fosse successo niente. 
- Buongiorno... vedo che ti sei ripresa! - disse Hermione sorridendole e lei ricambiò annuendo. 
- Oggi mi sento davvero rinata! Ho voglia di urlare, cantare, ballare, correre, saltare... 
- Ehi, ehi, ehi. Vacci piano, coccodè! 
- Eh? 
- Niente - Hermione accennò un sorriso ripensando alle parole di Gas-Gas, il topino di Cenerentola. 
- E questo vassoio per chi è? - chiese Ginevra con un sorrisetto compiaciuto. 
- Oh, niente. Era per te - le rispose in tono vago. 
Gli occhi di Ginevra si illuminarono e abbracciò l'amica. 
- Grazie, Herm. C'è anche la Nubella! 
- Nutella - precisò la riccia divertita. 
- Dettagli. L'importante è che sia squisita, non importa quale sia il suo nome - commentò aprendo il barattolo e affondando il cucchiaio, subito imitata dalla riccia. 
- Ingorda! - commentò quest'ultima e in risposta ricevette una linguaccia. 

Il primo settembre arrivò in fretta e quando le due ragazze arrivarono alla stazione di King's Cross, varcarono il passaggio che le portò verso l'Hogwarts Express. 
- Ciao, Gin! - esclamò Draco Malfoy prendendola di sorpresa. Lei ebbe solo il tempo di lanciare un piccolo grido prima che il ragazzo l'abbracciasse da dietro, sollevandola. 
Una volta che Ginevra venne liberata dalla morsa del cugino, scoppiarono a ridere. 
- Hai passato delle belle vacanze, Drake? 
- Monotone, a dire il vero. Avrei preferito passare il tempo a stuzzicare la grifona qui presente - disse Draco indicando Hermione con un cenno di capo e un ghigno divertito. 
- Ah, sì? E perché proprio me? - chiese la ragazza inviperita. 
- Che c'è, Granger? Prima arrossisci e poi mi attacchi senza motivo? Stai attenta o rischio di innamorarmi di te. 
Hermione sbarrò gli occhi e trattenne il respiro quando si trovò il viso del ragazzo a pochi centimetri dal suo. 
- Oookaay... - iniziò Ginevra imbarazzata ma al tempo stesso compiaciuta. - Sarà meglio che io tolga il disturbo, ma vi chiedo di non saltarvi addosso in mezzo a tutta questa folla. 
- Ma ti sei bevuta il cervello?! - le urlò Hermione attirando l'attenzione di molti studenti su di sé. 
Ginevra rise divertita e mentre saliva sul treno vide i due ragazzi arrossire per poi scappare uno lontano dall'altra. 
- Che idioti - sbuffò sogghignando, cercando uno scompartimento libero. 
Non passò molto tempo prima che incontrasse Cedric lungo il corridoio del treno. Dopo essersi scambiati un sorriso la ragazza gli saltò addosso, abbracciandolo. 
- Ehi, piano - esclamò Cedric ridendo e riacquistando l'equilibrio. 
Sciolto l'abbraccio, si guardarono e entrambi trovarono la sorpresa nelle loro espressioni. 
Cedric era cambiato molto e, secondo Ginevra, era diventato ancora più bello. 
Lui la guardava dall'alto verso il basso, pensando la stessa cosa di lei. - Sembri molto più grande, dall'ultima volta che ti ho vista! - disse dopo pochi attimi di silenzio in cui si era perso ad ammirarla. 
- Mi sembra di sentire mia zia - commentò Ginevra e, cercando di non fargli notare il rossore sulle sue guance, cambiò discorso. - Che ne dici di buttarci a capofitto nella ricerca disperata di uno scompartimento? - chiese con un pizzico di sarcasmo e Cedric ridacchiò. 
- Non sei cambiata, eh? 
- Per tua sfortuna rimarrò sempre la stessa, Ced! - disse prendendolo a braccetto, riacquistando il suo umorismo. 





ANGOLO AUTRICE: 
Halò! 
Che ne pensate? Lo so, l'immagine è ridicola ma ho pensato che fosse un'idea simpatica... Sono un'idiota! -_- 
Ehi, Vicky! Hai visto? Ho messo la Ginevric o Cedra (?) Che nomi strani... \(O_o)/  
Nel prossimo capitolo cercherò di aggiungere qualche scena su di loro, che magari duri un po' di più. LO GIURO! 
La Dramione, invece, cerco di fare del mio meglio ma siamo ancora agli inizi quindi non so se sto andando bene... Sorry :'( 
Spero che questo capitolo vi piaccia e vi chiedo di contattarmi se riscontrate qualsiasi tipo di errore. 
A giovedì... Fatto il misfatto! 
18Ginny18

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 - FREDDA VERITÀ ***


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Capitolo 10 - FREDDA VERITÀ
Dopo aver parlato per ore delle loro vacanze estive, Cedric e Ginevra si addormentarono uno accanto all'altra. 
Poco dopo il treno prese a rallentare, perdendo velocità, ma i due non se ne accorsero. Alcuni ragazzi uscirono dai loro scompartimenti chiedendosi cosa stesse accadendo. 
In quel preciso istante il treno si arrestò con uno scossone, svegliando i due ragazzi. 
- Che cosa succede? - si allarmò Ginevra.
- Non lo so... - disse Cedric e in quel momento le luci all'interno dello scompartimento si spensero. 
Il vetro del finestrino si appannò per poi ghiacciarsi all'improvviso. Un freddo intenso li avvolse e Cedric circondò le spalle di Ginevra in un abbraccio protettivo. 
La porta dello scompartimento li divideva da inquietanti figure incappucciate che avanzavano lungo il corridoio. 
Ginevra si paralizzò all'istante quando riconobbe i Dissennatori e Cedric si premurò di sussurrarle che doveva mantenere la calma. Se solo l'avessero attaccata, lui l'avrebbe protetta a qualunque costo. 
Un Dissennatore volse il capo verso lo scompartimento e per un attimo parve accorgersi della loro presenza ma poco dopo si allontanò, seguendo gli altri. 
Ginevra cercava di placare una crisi di pianto pronta ad esplodere. Non era stata in grado di apparire forte o coraggiosa. Ma cosa avrebbe potuto fare, in fondo? 
Un'immensa luce argentea inondò i corridoi del treno e i pochi Dissennatori che lo occupavano scapparono via. 
- Non c'è più pericolo, adesso - le sussurrò Cedric. 
Ginevra non disse nulla, si limitò a spostare lo sguardo verso il finestrino non più ghiacciato. 
Lei non si era accorta che aveva preso a tremare, non solo per la paura ma anche per la rabbia. Era rimasta lì, immobile davanti al pericolo come una stupida! 
- Che ti prende? - le chiese Cedric preoccupato, mantenendo il tono di voce basso. 
- Sono un'idiota - disse lei stringendo i pugni. 
- Ehi, non dire così - Cedric le sollevò dolcemente il mento e la guardò dritto negli occhi. - Non hai fatto niente... 
- Esatto - lo interruppe lei. - Non ho fatto niente. Sono rimasta immobile! Avrei voluto...
- Avresti voluto fare qualcosa? 
- Sì. Ma non ci sarei riuscita comunque - si rammaricò. - Non sono in grado di evocare un Patronus! 
- Se vuoi... posso insegnartelo io - propose il ragazzo e gli occhi di Ginevra si illuminarono. 
- Lo faresti? 
Cedric annuì e la strinse a sé, baciandole il capo. - A patto che tu ti rilassi, però. 
- Grazie, Ced - sospirò lei, un po' più tranquilla. 
Entrambi rivolsero la loro attenzione ai loro riflessi nel finestrino, fuori aveva iniziato a piovere ma Ginevra non se ne accorse. Dei pensieri confusi inondavano la sua mente, tutti in una volta: Chi aveva mandato via i Dissennatori? Perché erano sul treno? Perché le batteva forte il cuore? Forse a causa di Cedric... oppure era ancora spaventata? 
Una volta arrivati a Hogsmeade si misero a correre verso le carrozze, a causa della forte pioggia, e salirono sulla prima che videro. 
Raggiunta la Sala Grande, Cedric non voleva separarsi da lei. Era preoccupato e spaventato all'idea di lasciarla da sola. 
- Sicura di star bene? - le chiese, ancora indeciso se lasciarle la mano. 
- Sì, stai tranquillo, Ced - lo rassicurò sorridendo. 
Era certa che le sue guance andassero a fuoco. 
Cedric non si era mai comportato in quel modo e lei non sapeva cosa fare! Non voleva crearsi dei castelli in aria per poi restarne delusa. 
Con riluttanza, da parte di entrambi, si separarono e raggiunsero i loro tavoli. 
Ginevra si sedette accanto a Draco che stava parlando animatamente con Theodore e Blaise. 
- Ehi, principessa! - la salutò Theodore. - Hai sentito l'ultima? 
- Non dirmi che ti sei dichiarato a mio cugino, perché non lo sopporterei! - scherzò lei e dall'espressione del ragazzo poté constatare che stesse ricevendo una marea di insulti poco gentili. 
- Non preoccuparti - ghignò Theodore. - Lo so che mi ami. 
- Sogna pure, Nott - sospirò lei. - Avanti, cosa mi sono persa? 
- Potter è svenuto - disse Blaise gongolante. 
- Sta bene? Cosa è successo? Perché è svenuto? 
- Ehi, perché ti importa tanto se San Potter è incolume o meno? - disse Draco guardando la ragazza, che cercava con lo sguardo il Grifondoro. 
- Be', è mio amico. Mi sarei preoccupata anche per voi se vi fosse successa la stessa cosa! - rispose Ginevra con tono che non ammetteva repliche. - Allora? Cosa è successo? 
- Non lo sappiamo con esattezza, ma sembra che poco prima che i Dissennatori andassero via, Potter sia svenuto - spiegò Blaise. 
- E voi sapete chi li ha mandati via? 
- Il nuovo insegnante di Difesa contro le Arti Oscure - disse Draco annoiato, giocando con una forchetta e a quel punto la conversazione finì. 
Ginevra aspettava che Harry facesse il suo ingresso. Spostò la traiettoria verso il tavolo degli insegnanti per cercare di vedere un volto nuovo, ma non lo trovò. 
Quando vide Harry e Hermione entrare nella Sala Grande, riuscì a placare quella piccola ansia che provava per il ragazzo. 
Durante lo smistamento delle matricole, Ginevra si sentiva osservata da una moltitudine di occhi pressanti. 
Ovunque si girasse vedeva alcuni studenti bisbigliare tra loro e additarla come se avesse fatto qualcosa di orribile. 
- Perché tutti mi guardano così? - mormorò al cugino. 
Draco si irrigidì all'improvviso. Guardò la ragazza indeciso se parlare o meno, ma sotto lo sguardo confuso di lei dovette cedere. - Tuo padre... tuo padre è evaso da Azkaban. 
La ragazza prese le sembianze di un blocco di ghiaccio. 
Non era a conoscenza degli ultimi eventi del mondo magico. Lei e Hermione si erano divertite così tanto quell'estate che non le era neanche passato per la mente di informarsi sulle ultime notizie. 
Suo padre. 
Suo padre era evaso. 
Draco le mise una mano sulla spalla, sentendosi un po' in colpa. Non avrebbe dovuto darle una notizia di quel calibro in quel modo. 
Vedendo il suo viso privo di espressione non riuscì a capire se l'avesse sconvolta. Provò ad attirare la sua attenzione chiamandola con voce bassa, ma lei non reagiva. Aveva lo sguardo perso nel vuoto, ma l'ombra di un sorriso si stava facendo strada sul suo volto. 
Era evaso
Draco iniziava davvero a preoccuparsi ma quando Silente annunciò il nome del nuovo professore, Ginevra parve destarsi dal suo stato catatonico. 
- Ha detto Lupin? - disse lanciando un'occhiata al tavolo degli insegnanti, estendendo il suo sorriso non appena vide l'uomo. 
Dire che Draco era confuso era poco. In quel momento la ragazza gli fece quasi paura. 
- Ehm... tutto bene? - le chiese esitante. 
- Sì - disse lei senza abbandonare il sorriso. 
Il professor Lupin le sorrise amabile e le fece un piccolo cenno con la mano quando incrociò il suo sguardo. 
- Lo conosci? - chiese Draco ancora più confuso. 
- È il mio padrino - disse mentre ricambiava il saluto dell'uomo. 
Secondo Draco, era ormai ufficiale che la cugina fosse strana. O forse era lui quello strano?!
Il preside attirò l'attenzione dei due Serpeverde, iniziando a parlare di cose più inquietanti. - Su richiesta del Ministero della Magia... Hogwarts, almeno fino a nuovo avviso, ospiterà i Dissennatori di Azkaban finché Sirius Black non verrà catturato. 
Si interruppe, la sala fu percossa da sussurri e la maggior parte delle teste si voltarono verso Ginevra  che sembrava indifferente alla cosa, ma dentro di sé bruciava l'istinto di urlare contro tutti quelli che la stavano fissando in malo modo. 
Non era colpa sua se suo padre era evaso! Non era colpa sua se loro erano delle pecore che credevano ad ogni bugia che il Ministero inventava! 
Per lei suo padre non era mai stato un assassino e la sua era una certezza. Non accettava di sentire il contrario, perché sapeva che quello che dicevano tutti gli altri su di lui, erano solo bugie. Sentiva la sua mancanza, da troppo tempo ormai e non vedeva l'ora di riabbracciarlo e dirgli quanto gli voleva bene. 
Finito il discorso di Silente, gli studenti incominciarono a mangiare tutte le pietanze presenti sui loro tavoli. La sala risuonava di chiacchiere, risate e il tintinnio di coltelli e forchette. 
Quando gli ultimi bocconi di torta di zucca furono spariti da ogni piatto d'oro, Silente annunciò che era ora di andare a dormire. 
- Black! - la chiamò il Caposcuola di Serpeverde, Marcus Flint. - Silente ti vuole nel suo ufficio tra dieci minuti. 
- D'accordo. Ti ringrazio, Flint - disse Ginevra. Stava quasi per uscire dalla Sala Grande ma il ragazzo la fermò e, tirandola per il polso, la avvicinò a sé, sussurrandole all'orecchio: - La parola d'ordine è Zuccotti di Zucca - disse. - Buona fortuna, bambolina
Ginevra ne rimase spiazzata e disgustata, certa che Flint le avesse odorato i capelli prima di lasciarla andare. 
- Che voleva? - le chiese Blaise andandole incontro. 
- Silente mi vuole parlare - spiegò brevemente. - Ci vediamo dopo. 
E detto questo, si incamminò verso l'ufficio del preside. 
Mentre avanzava lungo il corridoio, per la seconda volta dopo poche settimane, si sentì seguita. Ormai aveva rinunciato a voltarsi per vedere chi fosse, doveva convivere con quella sensazione per chissà quanto tempo... si era stancata di non trovare nessuno! 
- Zuccotti di Zucca! - disse al gargoyle che prese vita balzando di lato, permettendole di varcare l'apertura e salire il primo gradino della scala a chiocciola di pietra; che importava se era in anticipo? 
Una volta arrivata in cima si accorse che la porta era accostata e la luce della stanza si riversava all'esterno. 
Era a tre passi dalla maniglia quando sentì delle voci provenire dall'interno dell'ufficio. Silente aveva fatto una domanda e una voce, che Ginevra associò a quella del suo padrino Remus Lupin, stava dicendo: - ... preoccupato per Ginevra. 
Quest'ultima si bloccò. 
Sapeva che non avrebbe dovuto origliare, ma la curiosità la stava divorando e così decise di accostarsi ancora di più. 
- Deve sapere la verità - stava dicendo Remus. - Peggioreremo solo le cose se continua a restarne all'oscuro. 
- Hai ragione ma rischierebbe uno shock, se lo venisse a sapere - rispose Silente con voce calma. - Non sarebbe una buona idea dirle che sua madre si era sposata con un altro uomo e che ha un fratello! Sapere che suo padre è evaso mi sembra già sufficiente. 
- Avrebbe sicuramente un trauma, questo è vero, ma rimango dell'idea che sia ingiusto che le sia stata nascosta anche la sua vera età! - la voce di Remus aumentò così tanto da gridare. - Il tuo piano è folle! 
- Lo ammetto - disse Silente. - È folle voler salvare qualcuno privandolo della verità, ma ho le mie ragioni. 
- E qual è la ragione per cui non hai ancora detto né a Ginevra né a Harry che sono fratelli?! 
Ginevra appoggiò la sua mano alla porta di quercia facendola aprire. 
Remus rimase paralizzato non appena vide i suoi occhi colmi di lacrime. 
- C'è altro che devo sapere? - chiese lei con tono calmo e glaciale. 
Silente non sembrava sorpreso di vederla lì, sapeva che stava ascoltando la loro conversazione. 
- Ginevra... io posso spiegare - Remus si avvicinò con calma alla ragazza che entrò nella stanza, in attesa che fosse Silente a parlare. 
Non ci volle molto per capire che il preside aveva organizzato tutto quel teatrino. 
Silente sorrise nonostante la ragazza lo stesse incenerendo con lo sguardo. - Oh, c'è molto che devi sapere, Ginevra. Ma sarebbe meglio se il tuo fratellastro non lo venisse a sapere, per adesso. 
Ginevra associò immediatamente quelle parole a Harry con un groppo alla gola. 





ANGOLO AUTRICE: 
ZAN-ZAN-ZAN-ZAN!!!
Non cruciatemi! *l'autrice scappa da una folla inferocita* 
Che ve ne pare? Ho creato una Ginevra un tantino lunatica e un Silente bas***do!!! Muahahahah... 
Il capitolo è molto differente da quello che avevo creato nella vecchia versione... quindi siate clementi. 
Spero che anche questo capitolo vi piaccia e di ricevere dei commenti positivi o negativi che siano. 
Ringrazio tutti quelli che leggono e recensiscono questa storia e anche chi ha messo tra le seguite/preferite/ricordate. °w°
A lunedì! ^_^
18Ginny18

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 - RICORDI parte 1 ***


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Capitolo 11 - RICORDI
parte 1 
Una cosa era certa, se quel silenzio fosse continuato per un altro minuto, Ginevra sarebbe esplosa dalla rabbia e la soddisfazione dipinta sul volto del preside non la aiutava. 
- Ginevra - disse Remus con cautela. - So che sei arrabbiata... ma c'è una ragione se ti è stata nascosta la verità, per tutti questi anni. 
- E quale sarebbe? - sibilò lei senza staccare lo sguardo da Silente, che prese la parola. 
- Se permetti, Remus, vorrei essere io a spiegare. 
- Mi sembra anche giusto! - Remus lo invitò a parlare con sarcasmo.  
Silente sorrise alla ragazza, che non accennò a deformare la sua espressione furiosa. 
- Come avrai capito, tu e il signor Potter siete fratelli da parte di madre... ti sembrerà una telenovela babbana, vista l'assurdità della storia, ma è la verità - si interruppe e aprì un cassetto della sua scrivania, dal quale uscì una piccola scatola. - Per la tua sicurezza, ho convinto la tua famiglia a nasconderti non solo l'identità di tua madre, ma anche la tua vera età... somministrandoti una pozione anti-crescita. 
- Che cosa?! 
Era pronta a sbraitare e a lanciare qualche incantesimo, se fosse servito, ma il suo padrino interruppe tutto sul nascere. 
- Raccontale il resto, Albus... - disse al vecchio mago, che aveva assunto un'espressione colpevole. 
- Temo... di doverti confessare che, per mantenere una certa distanza tra te e Harry, ho pianificato il tuo Smistamento in Serpeverde. 
- Perché ha fatto una cosa del genere? - urlò Ginevra, sempre più confusa e spaventata da quelle rivelazione. - Mi sta dicendo di aver programmato la mia vita fino ad oggi?! Ma come si è permesso?! 
- Ma come ti permetti tu! - esclamò un'anziana strega con lunghi boccoli perlacei, da uno dei tanti quadri appesi al muro. - Piccola insolente...
- Ma taci, vecchia megera! - disse un mago dall'aria astuta e vestito di verde e argento. - Ha tutte le ragioni per reagire così! 
- Non osare zittirmi, vecchio bacucco - ribatté la strega, puntandogli la bacchetta contro. 
- Phineas! Dilys! - li richiamò Silente ammutolendoli all'istante. Dopodiché il preside si rivolse nuovamente a Ginevra. - Ho dovuto fare tutto ciò perché i tuoi poteri erano ingestibili e temevo che, se fossi finita nella stessa casa di tuo fratello, sarebbero successe cose inspiegabili. 
- Si rende conto dell'assurdità delle sue parole? - disse Ginevra acida. 
- So che può sembrarti una sciocchezza ma... - Silente sollevò la piccola scatola che teneva tra le mani e la poggiò sul tavolo. - Questa mi è stata data in custodia da tua madre, poco prima che morisse. Mi aveva chiesto di conservarla per quando sarebbe arrivato il momento. 
Ginevra si avvicinò a quella scatola scura, indecisa su cosa fare. 
- Come faccio a sapere che non è un trucco? 
- Fidati, Ginevra - disse Remus con un piccolo sorriso incoraggiante. 
Ma non sapeva ancora se fidarsi. Una vocina dentro di lei la incitava ad andarsene e ignorare tutto quello che i due uomini le avevano appena svelato, ma qualcos'altro la spinse a fare il contrario. 
Aprì la scatolina e al suo interno trovò una fiala con una sostanza argentea. Accanto ad essa un foglio di pergamena piegato più volte, sul quale vi era scritto il nome di Ginevra, in una calligrafia piccola e molto chiara. 

Mia cara, dolce Ginevra...
Se stai leggendo questa lettera, probabilmente non sono stata la madre che avrei dovuto essere. Separarmi da te è stata la cosa più difficile che io abbia mai fatto. 
Probabilmente sarai confusa o persino sconvolta nel scoprire la verità, ma separarci è stato necessario per la tua sicurezza. 
Mi si stringe il cuore al solo pensiero di non poterti abbracciare mai più, starti accanto nei momenti più belli della tua vita o in quelli difficili come questi. Non poterti veder crescere, ridere, piangere o prendere il treno per Hogwarts e salutarti con la promessa di vederci a Natale. 
Più ci penso e più credo che sarebbe stato bello, essere una famiglia senza alcuna preoccupazione. 
Dentro questa fiala ho raccolto alcuni dei miei ricordi, che spero ti aiuteranno a capire. Silente ti aiuterà a vederli. 
Oh, mia piccola Ginevra, spero che potrai perdonarmi per tutto quello che ti ho fatto. Ti voglio un bene immenso e te ne vorrò per sempre. 
Con affetto
Mamma

Appena finì di leggere la lettera, Ginevra non riuscì a trattenere una lacrima che le rigò la guancia. 
Remus le poggiò una mano sulla spalla. Lei avrebbe voluto abbracciarlo, ma non le sembrava il momento più adatto per lasciarsi andare del tutto alla tristezza. 
Strinse tra le mani la piccola fiala e alzò lo sguardo verso Silente. Non era sicura di poterlo perdonare per quello che le aveva fatto, ma in quel momento le serviva il suo aiuto. 
- Nella lettera c'è scritto che lei mi aiuterà a vederli - disse mostrando i ricordi di sua madre. 
Il vecchio mago annuì e, dopo essersi alzato, raggiunse un armadietto vicino alla porta. Poco dopo tornò alla scrivania con una ciotola bassa di pietra, ornata lungo il bordo. 
Non appena la posizionò davanti a lei, Ginevra ne studiò il contenuto che emanava una luminosa luce argentea. 
- Credo che tu sappia di cosa si tratta e come funziona - disse Silente e lei annuì senza alcuna esitazione. 
Con un gesto della mano, il preside abbassò le luci e si allontanò quel tanto che bastava per permetterle la libertà di cui aveva bisogno. 
Ginevra versò il contenuto nel Pensatoio, dove iniziò a vorticare scintillando. 
Si voltò verso il suo padrino che le sorrise e, dopo aver emesso un respiro profondo, si chinò in avanti tuffando il volto nella sostanza argentea. 
Il pavimento dell'ufficio sussultò e Ginevra entrò a capofitto nel Pensatoio... 
Quando si rimise in piedi, scoprì di trovarsi nella biblioteca di Hogwarts. Ma quello che attirò la sua attenzione furono le due figure sedute al tavolo davanti a lei. 
La ragazza aveva i capelli rossi come il sangue, gli occhi verde smeraldo e uno sguardo puro, da farla sembrare un angelo. Il ragazzo al suo fianco, invece, aveva i capelli neri e gli occhi di un grigio intenso. Era un tipo dall'aria provocante, che avrebbe fatto cadere ai suoi piedi qualsiasi ragazza. 
La guardava studiare quei tomi polverosi, in un perfetto silenzio che però lei non sopportava più. 
- È da più di un'ora che sei qui a fissarmi, Black - disse la ragazza. - Se c'è qualcosa che devi dirmi è meglio che tu parli adesso, altrimenti puoi andare. 
- Ti do fastidio? - chiese lui fingendo di sfogliare uno dei libri presenti sul tavolo. 
- Devo anche risponderti? 
- Sai, a volte mi sembra che tu mi preferisca quando sono un cane - borbottò increspando le labbra, pensieroso. - Anzi, è sicuramente così. Perché non sei costretta a fingere di non essere attratta da me, vero? 
La ragazza rimase a bocca aperta. - Sirius, hai bevuto? - chiese poi sarcastica. 
Lui sbuffò: - Sei la persona più testarda che io conosca, Lily Evans. 
- Sì, hai bevuto - sospirò lei coprendosi gli occhi con una mano. 
- Non ho bevuto - Sirius le fece il verso rubandole una piccola risata. 
- E allora, se non hai bevuto, perché dici solo cavolate? 
- Perché ti amo - disse lui guardandola dritto negli occhi. 
- Se mi ami, dillo anche al tuo migliore amico. Così la smette una volta per tutte di rendersi ridicolo chiedendomi di uscire - le parole di Lily sembravano una supplica, ripetuta troppe volte. 
Prima di parlare, Sirius respirò lentamente a fondo: - Sai che non posso farlo, Lils. 
- Lo so - ammise Lily sconsolata. - Ma io non posso più andare avanti così. Vorrei amarti anche alla luce del sole... 
La scena mutò... Ginevra si trovava in un corridoio deserto dove Lily e Sirius si scambiavano un susseguirsi di baci, dolci e sinceri. 
- Non sai quanto ti amo - le sussurrò Sirius all'orecchio. 
Nonostante glielo avesse sentito dire più di una volta, Lily si ritrovò ad arrossire facendolo sorridere. 
La scena mutò nuovamente, provocando una stretta al cuore di Ginevra. 
Lily baciava James Potter mentre Sirius e altre persone applaudivano. Lei era in abito bianco ma lo sposo non era Sirius. 
- Un brindisi agli sposi! - urlò quest'ultimo, ubriaco. 
- Felpato - lo richiamò Remus, vedendolo tracannare una bottiglia intera di champagne. - Non credi di aver bevuto abbastanza? Vieni, ti accompagno a casa. 
- No, no, no, no, no... È una festa, vecchio mio! Dobbiamo divertirci... - mormorò per poi ridacchiare. Ma dopo aver notato l'occhiata che gli rivolgeva l'amico, assunse un'espressione seria. - Vado a sdraiarmi sotto un'albero... a smaltire la sbronza, spero. 
Remus acconsentì ma prima lo privò della bottiglia e Sirius rise allontanandosi, barcollando verso un salice. 
Si sdraiò con la schiena appoggiata al tronco, poi gli si avvicinò Lily. 
- Bella serata, non trovi? 
- Uuuuh, bellissima! - esclamò lui sghignazzando mentre, si vedeva benissimo, cercava di non piangere. 
- Non fare così. Ti prego. 
- Perché, cosa sto facendo? Niente. Ecco cosa - iniziò lui con voce seria. - Tu e James siete così perfetti... chissà come la prenderebbe se venisse a sapere quello che c'è stato tra noi... 
- Non lo hai mai fatto - disse Lily. - Perché dovresti dirglielo proprio adesso? 
Sirius schioccò le labbra. - Almeno vivrai una vita felice e spensierata con la tua famiglia, come hai sempre voluto. 
- Be', non è che tu mi abbia dato tanta scelta! - sfogò lei adirata. - Mi hai lasciato perché hai sempre preferito James a me. Sempre. E ora vorresti sputare il rospo? Bene. Fallo, tanto non cambierai niente. Io amo James e più tempo passo con lui, più mi accorgo che non ho mai provato niente per te. Solo tristezza. 
Quelle parole furono come una pugnalata dritta al cuore, per Sirius. Ma lui preferì urlarle contro. - Provo una gran pena per questo bambino, che avrà una madre come te! - gridò sprezzante, puntando il dito contro il ventre leggermente gonfio della ragazza. 
- Con il padre che si ritrova, poi! - Lily indicò Sirius con un gesto involontario e lui se ne accorse. 
Entrambi strabuzzarono gli occhi. 
Sirius si rimise in piedi e le andò incontro, lei iniziò a balbettare. - È una femmina. 
Lo guardava con gli occhi pieni di lacrime e un sorriso accennato sul volto. 
Lui, al suono di quelle parole, sperava solo che non fosse un'allucinazione dovuta alla sbronza. Ma capendo che non lo era, si sentiva al settimo cielo e l'abbracciò. Lily ricambiò ancora più forte e quando si separarono, entrambi sussurrarono: - Scusa. 
Pochi attimi dopo, Sirius venne steso a terra da un pugno del suo migliore amico. 
- No! - urlarono Ginevra e Lily nello stesso momento, mentre i due si picchiavano.





ANGOLO AUTRICE: 
Hi! 
Eccovi servita la prima parte di questo capitolo! 
Spero di avervi dato qualche piccola emozione qua e là... 
Detto questo, vi saluto e ringrazio tutti coloro che si stanno affezionando a questa storia. 
Alla prossima! 
18Ginny18

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 - RICORDI parte 2 ***


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Capitolo 12 - RICORDI
parte 2 
- COME HAI POTUTO? COME? - continuava a urlare James Potter. 
Non gli importava se stesse sanguinando, ignorava qualsiasi cosa intorno a sé. Tranne la sua rabbia per Sirius. 
Lily, ormai in lacrime, li supplicava di smetterla di picchiarsi e il primo a darle ascolto fu James, che lasciò la presa dalla camicia di Sirius. 
Quest'ultimo si mise a sedere, iniziando a tastarsi le ferite. Alternava lo sguardo da James, che si allontanava a grandi falcate, a Lily, che si era accasciata a terra piangendo. 
Avevano fatto un'errore dopo l'altro. Non avrebbero dovuto innamorarsi. 
Perché lo avevano fatto?! 
Sapevano entrambi che James era innamorato di lei da anni e quando anche Sirius - da bravo codardo e meschino qual'era - aveva iniziato a provare qualcosa, non aveva esitato a nasconderlo al suo amico. 
Per loro era un sentimento incontrollabile, un'attrazione troppo forte, quasi magnetica che li obbligava a restare vicini. Credevano che non ci fosse niente di male a rubasi qualche bacio, che con il passare degli anni si trasformavano in qualcosa di più. 
Quanto si sbagliavano... 
Sirius era deciso a sistemare le cose. Aiutò Lily a rimettersi in piedi e la lasciò lì, con la promessa di risolvere tutto. 
Probabilmente era un pazzo ad andare incontro a chi in quel momento l'avrebbe voluto morto, ma se ne sarebbe pentito in un altro momento. 
Aveva rovinato tutto e doveva rimediare. 
- James! - lo chiamò, una volta trovato. 
- Vattene - gli urlò dandogli le spalle. 
- No. 
- Non voglio vederti! 
- Okay - disse Sirius alzando le spalle. - Allora ascolta. 
James strinse i pugni ma non accennò a voltarsi. 
Sapendo che gli prestava ascolto, Sirius iniziò a parlare. - Io e Lily ci siamo amati e io te l'ho nascosto. Ma quando mi ha rivelato che ti amava, mi sono subito fatto da parte. So che vorresti, come minimo, darmi fuoco per quello che ti ho fatto... ma se lo fai non potrò scusarmi. 
James sbuffò. - Sei un bastardo - disse voltandosi. La sua espressione era colma di risentimento, i suoi occhi lasciavano intendere che avesse pianto. 
Sirius abbassò il capo, sentendosi terribilmente in colpa. La maggior parte di quello che gli aveva detto erano solo bugie, anche se dette a fin di bene. Sapeva di non meritare il perdono del suo migliore amico. Aveva rovinato il loro rapporto di amore quasi fraterno per una ragazza... 
I rimorsi lo stavano divorando, nella sua testa era presente la voce di James che lo chiamava ripetute volte "Traditore" o "Bastardo". Meritava anche di peggio, ma non poteva aggravare la situazione dicendogli tutta la verità. Dicendogli che era stato lui a lasciare Lily perché non voleva perdere la sua amicizia. 
Ma era stato tempo sprecato...
Dopo aver passato quei minuti di silenzio pensando solo ad odiarsi, non si era accorto di quello che James stava per fare. Sotto lo sguardo confuso e commosso di Lily, che aveva assistito a tutta la scena a loro insaputa, Sirius rimase interdetto quando venne stretto in un abbraccio. 
- Ti avrei già ucciso se non fosse che ti voglio bene - disse James lasciandosi andare a una piccola risata. 
- M-mi perdoni? - chiese Sirius, stupito fino all'inverosimile. 
- Il passato è passato, Felpatuccio mio - ridacchiò scompigliandogli i capelli. 
L'eco delle loro risate accompagnò Ginevra in un altro ricordo, dove vide sé stessa appena nata. 
Era fra le braccia di Lily che, quando vide i suoi occhietti aprirsi dopo un piccolo sbadiglio, non poté fare a meno di sorridere. 
James e Sirius si erano avvicinati in silenzio, per poter ammirare la piccola che da quel momento in poi sarebbe stata circondata dal loro amore. 
Appena posò lo sguardo su di lei, Sirius non riuscì a distoglierlo a causa della bellezza che emanava. 
- Ciao, principessina - le sussurrò sfiorandole la manina paffuta. 
- Come ci si sente, papà? - gli chiese James in tono scherzoso. 
Senza smettere di sorridere a sua figlia, Sirius rispose: - Mi sento come se stessi sfiorando il cielo con un dito. 
Il tempo tra un ricordo e l'altro mutò in un istante. 
Mentre delle ombre prendevano la forma dei suoi genitori, Ginevra sentì riecheggiare la voce di Lily: "Ora papà ti da la pappa!". 
Davanti a sé trovò Sirius che cercava di imboccare una bambina di ormai un anno, impresa piuttosto ardua dato che era entrata nella fase "capricci". 
- Dai, un'ultimo cucchiaino - la pregava con un broncio pronunciato. - Non vuoi che la mamma mi da botte, vero? 
- Gno... - sbuffò la piccola. 
- E allora apri la boccuccia. 
Le sue labbra rosa e paffute disegnarono una O e il padre la imboccò, ripulendole le sbavature sul mento col cucchiaino. 
- Brava la mia piccola! - esultò Sirius sollevando i pugni in aria e lei gli regalò un gran sorriso mostrando le sue irresistibili fossette. 
- Ti sei rincitrullito, Felpato? - commentò James appoggiato allo stipite della porta, ridendo della vocetta che aveva emesso il suo amico. 
Un ridacchiare acuto attirò l'attenzione dei due uomini. 
- Incillull
ito! - disse la piccola continuando a ridere. 
- Ti diverti, eh? - le chiese Sirius allungando le braccia per prenderla nel momento stesso in cui si tendeva verso di lui. Sfilò la sua bacchetta dalla tasca e la offrì a sua figlia: - Facciamo diventare i capelli dello zio James verdi? 
La bambina sfoderò un gran sorriso, afferrò la bacchetta e prese ad agitarla contenta. 
- Ti odio quando la usi come arma vendicativa! - disse James per poi iniziare a correre. 
- Mai chiamare Sirius Black "rincitrullito" - lo canzonò, incoraggiando sua figlia ad agitare la bacchetta fino a farne uscire delle piccole scintille colorate. 
La scena cambiò e Ginevra entrò in una stanza buia dove Lily cercava di svegliare sua figlia, che urlava senza sosta. 
- Mamma! Mamma! 
- Sono qui, amore. Sono qui... - continuava a ripeterle.
Poi, James si avvicinò alla moglie. - Ho avvertito Sirius. Dovrebbe arrivare a momenti - disse. - E ho mandato un Patronus a Silente. 
La piccola continuava a urlare, facendo raggelare il sangue ai coniugi Potter. 
- Papà!... No... no... Tio James, altati! - strillò per poi spalancare gli occhi e precipitarsi tra le braccia della madre. - Mamma! Tai bene? 
- Sto bene, amore - promise Lily, baciandole la testolina. - Non avere paura, era solo un brutto sogno... sei al sicuro. 
- E papà? - chiese la bimba allarmata. 
- Sta arrivando. Stai tranquilla - disse James accarezzandole la guancia e sorridendo rassicurante. 
- Ti vollio bene, tio James - lo abbracciò per poi scoppiare a piangere. - Non te ne andale! 
- Non vado da nessuna parte, pulce - le sussurrò James, poi il suo sguardo incrociò quello di Lily e vide riflesso nei suoi occhi lo stesso panico che sapeva presente nei suoi. 
- Sono qui! - esclamò Sirius precipitandosi all'interno della stanza. - Cos'è successo? 
Non appena la bambina si tuffò tra le braccia di Sirius, lo strinse così forte da spaventarlo. Perché per lui non c'era niente di paragonabile al terrore che gli chiudeva lo stomaco, al pensiero che accadesse qualcosa a sua figlia. E quando la sentì piangere e rannicchiarsi contro il suo petto, ebbe un tuffo al cuore. 
Poco dopo, bussarono alla porta e James sfrecciò verso di essa. Lily e Sirius si guardarono in quel silenzio teso. Le labbra di lei impallidirono quando sentì la voce di Albus Silente nel corridoio. 
La bambina riuscì a calmarsi tra le braccia del padre, senza mai abbandonare la stretta che li univa. Lui le sussurrava di non avere paura e che l'avrebbe protetta da qualsiasi pericolo, riportando il sorriso sulle labbra di sua figlia. 
Il vecchio mago entrò nella stanza, interrompendo quel piccolo attimo d'amore tra padre e figlia. Il suo sguardo vagò nella stanza fino a trovare la fonte della sua ricerca. 
Silente si mise di fronte a Sirius, inclinò appena il busto ed esaminò attento il volto della bambina. 
- È uguale al papà - disse con voce bassa e calma, poi, come se non potesse farne a meno, le sorrise. 
Lei gli lanciò uno sguardo timido da sotto le lunghe ciglia per poi sprofondare fra le braccia di suo padre. 
Il vecchio sorrise ancora. - Ho saputo che hai un bellissimo nome. Posso sapere qual'è? - le chiese mantenendo il tono di voce basso. 
La bambina si scostò leggermente per guardarlo negli occhi. 
- Ginela - sussurrò a un tratto. 
- È un nome molto bello - commentò il mago. - Non come il mio! Sai, è così lungo che quasi tutti si addormentano quando lo dico. - Dopo essersi scambiati un sorriso divertito, Silente le chiese cosa avesse sognato quella notte da farla spaventare così tanto. 
- Una pelsona cattiva - rispose la piccola scurendosi in volto. - Facea male allo tio James e alla mamma. Non ti altavano più... io li chiamavo ma non ti muoevano - si strinse al petto di Sirius e iniziò a singhiozzare. - Poi mi poltavano via il mio papà! - scoppiò in lacrime, venendo avvolta dal caldo abbraccio del padre. 
Silente cominciò a misurare la stanza a lunghe falcate, verso la porta e ritorno, avanti e indietro, come se fosse solo, lo sguardo corrucciato fisso sul pavimento. 
- Che cosa può significare, professore? - chiese James, fermandolo. 
- Spero solo di sbagliarmi... ma appurerò la faccenda - disse incamminandosi verso la porta d'ingresso. - Se dovesse fare qualche altro sogno come questo, chiamatemi subito. 
A quel punto Ginevra tolse la faccia dal piccolo vassoio e il suo sguardo andò subito ai due uomini nella stanza, pronti ad ascoltarla. 
Quando provò a fare un solo passo, la testa iniziò a ruotarle e si sentì improvvisamente stanca. Aveva bisogno di dormire. 
- Com'è possibile? È tutto così confuso... - disse con voce rauca. 
Cercava di mantenente l'equilibrio rischiando comunque di cadere, ma per sua fortuna Remus era lì a sorreggerla. 
- Vedi, - iniziò Silente - io credo che tu sia una sorta di veggente. Quando eri solo una bambina, continuavi ad avere incubi sulla morte di tua madre e di James Potter per mano di Voldemort. E che tuo padre veniva portato ad Azkaban.
- Veggente? - mormorò lei passandosi una mano tra i  capelli, sempre più confusa. 
Perché le stava succedendo tutto questo? 





ANGOLO AUTRICE: 
Un grande CIAO a tutti voi! 
Ecco la seconda parte dei ricordi di Lily.
Povero Ramoso... accetta la sua natura di cornuto! Ahahha 
*James Potter fulmina con lo sguardo l'autrice*
SCUSAMI TANTO JAMES!!!! T-T 
Scherzi a parte. Io amo James e ho cercato di renderlo il più dolce possibile. 
Vi confesso che questo capitolo non mi convince molto, ma le scene tra Sirius e Ginevra mi hanno spinta a pubblicare. 
Se avete dei dubbi, non esitate a chiedere :D 
Ringrazio tutti quelli che recensiscono, leggono, seguono e sopportano i miei scleri. Come si fa a non amarvi? 
Sì, sono molto sentimentale! ahahah 
Alla prossima  
18Ginny18

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 - CONFUSIONE ***


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Capitolo 13 - CONFUSIONE 
 Il mattino seguente, Ginevra non riuscì a prestare attenzione a nessuna delle lezioni. Nemmeno le sue materie preferite - Trasfigurazione e Pozioni - sollecitarono il suo interesse. 
La sua mente tornava alla conversazione della sera precedente e credeva che, prima o poi, la testa le sarebbe scoppiata. 
Non riusciva ancora a credere che Harry, uno dei suoi migliori amici, fosse suo fratello. E non tollerava che a entrambi fosse stata privata un'infanzia felice con le persone che amavano. 
All'inizio le era servito un po' di tempo per elaborare la notizia, ma l'idea di avere un fratello non le dispiaceva. Temeva soltanto la reazione di lui quando avrebbe scoperto la verità. Silente le aveva chiesto di non rivelare niente a Harry, senza però spiegarle la ragione, ma mantenere il segreto non era affatto facile. 
A quel punto, il suono della campanella riuscì a distrarla quel poco che bastava da avvertirla di cambiare aula. Dopo uno sguardo veloce al suo orario, si incamminò verso la sua prima lezione di Rune Antiche. 
Lei, Draco e Theodore erano gli unici Serpeverde del loro anno che avevano scelto di seguire quella materia; ognuno per motivi diversi. 
Ginevra perché la riteneva una materia affascinante, Theodore, invece, desiderava fare colpo su di lei. Quanto a Draco, che non lo avrebbe ammesso neanche a sé stesso, lo faceva solo perché era certo di trovare lei. Hermione Granger. 
Non ne conosceva il motivo ma, quando l'anno precedente era stata pietrificata, in lui era scattato qualcosa. Non faceva altro che pensare a lei. Ma nonostante i suoi sentimenti, si comportava in modo freddo e pungente nei confronti della ragazza. 
- Guarda chi c'è! - esclamò non appena la vide avanzare verso la cugina. - La mia Grifondoro preferita... 
- Crepa, Malfoy - rispose lei acida. 
- Adoro quando ti rendo nervosa - ghignò lui facendola arrossire. 
- Nervosismo e irritazione sono due cose diverse. 
- Vedo - commentò Draco. - Infatti sei così arrabbiata da volermi saltare addosso. 
Hermione non si era minimamente accorta di essere a pochi centimetri dal ragazzo e il sorrisetto compiaciuto sul volto di lui fece aumentare il rossore sulle sue guance. 
- Vi prego - fu l'intervento immediato di Ginevra. - È il primo giorno! E, sinceramente, non sono in vena di punzecchiarvi - concluse sbadigliando sonoramente, ma comunque soddisfatta di aver imbarazzato i due. 
Senza aggiungere una sola parola, i quattro ragazzi varcarono la soglia dell'aula. 

Le settimane seguenti furono quasi una tortura per Ginevra. 
Tra i commenti e le frecciatine degli studenti su suo padre e il non poter rivelare la verità a Harry, non sapeva dove sbattere la testa. 
Per sua fortuna poteva contare su Cedric per distrarsi, le stava insegnando a evocare un Patronus. 
Quando quel pomeriggio si diresse verso il seminterrato, dove, vicino alle cucine, vi era nascosto l'ingresso della sala comune dei Tassorosso, Cedric l'accolse con un gran sorriso. 
- Oggi ho una sorpresa per te - disse solleticando il quadro alle sue spalle, con raffigurata una natura morta. 
Il varco si aprì e, dopo che Cedric la prese per mano, entrarono. 
La sala comune era una stanza a pianta circolare, in stile rustico e con i soffitti bassi. Le numerose finestre permettevano ai raggi del sole di inondare di continuo la sala, dove vi erano disposti divani gialli e neri e le piante delle serre che ornavano i davanzali.
Raggiunsero i dormitori attraverso una delle porte rotonde disposte lungo le pareti. 
Quella non era la prima volta che Ginevra entrava nella sala comune dei Tassorosso perché, quando la maggior parte delle volte era deserta, Cedric la portava lì per farla esercitare in tutta tranquillità. 
- Allora? Qual è la sorpresa? - chiese lei curiosa. 
Cedric le sorrise, mozzandole il fiato, e disse: - In quell'armadio c'è un Molliccio. Ho pensato che avresti potuto provare con quello per evocare un Incanto Patronus come si deve... non che tu non sia brava - si affrettò ad aggiungere. 
- D'accordo, professor Diggory. Sono pronta! - esclamò Ginevra sfoderando la sua bacchetta. 
- Quanta fretta... - scherzò il ragazzo avvicinandosi all'armadio. Dopodiché assunse un'espressione seria e guardò Ginevra che, dopo un respiro profondo, confermò di essere pronta. 
Cedric aprì l'armadio e da esso uscì un Dissennatore, che prese ad avanzare in silenzio verso di lei. 
- Expecto Patronum! - disse dopo che venne investita da un freddo agghiacciante, ma dalla punta della sua bacchetta fuoriuscì solo un filo di gas argenteo. Chiuse gli occhi e si aggrappò al ricordo più felice e spensierato tra lei e suo padre. - Expecto Patronum! 
Dei nastri di luce argentei si unirono fino a formare un cane che si interpose tra lei e il Dissennatore. 
- Riddikulus! - esclamò Cedric rispedendo il Molliccio all'interno dell'armadio. - Sei stata grandiosa! - disse alla ragazza. - Ci sei riuscita! 
- Tutto merito del mio insegnante - disse lei abbracciandolo, ispirando il suo dolce profumo di miele. 
Il cane argenteo faceva il giro dell'intera stanza, correndo felice. 
Cedric evocò il suo Patronus e accanto al cane apparve un panda. I due animali iniziarono a giocare tra loro, mentre i loro proprietari si scambiavano dei piccoli sorrisi. 
Quella sera, quando entrò nella sala comune di Serpeverde, Ginevra trovò tutti i suoi compagni introno alla Gazzetta del Profeta. Non si erano accorti della sua presenza ma, dai tralci della loro conversazione, capì che parlavano di suo padre, che era stato avvistato nelle vicinanze di Hogwarts. 
- ... io ho sentito dire che lo hanno circondato in una via piena di Babbani; lui ha tirato fuori la bacchetta e ha fatto saltare in aria tutta la via. 
- L'ho sentito dire anch'io. Ci ha rimesso la pelle un mago, più una dozzina di Babbani che passavano di lì. 
- Sì, e poi si è messo anche a ridere! E quando sono arrivati i rinforzi del Ministero, si è fatto portare via come se niente fosse, piegato in due dalle risate. È matto da legare! 
Ginevra ne aveva abbastanza. Non sopportava di sentire delle accuse di quel genere! Cosa ne sapevano loro di quello che era successo? Erano lì, in quel momento? No. Quindi, perché si ostinavano a farla arrabbiare sputando false sentenze? 
- Se non lo era quando è andato ad Azkaban, lo è diventato con il tempo - disse Blaise con voce lenta. 
- Povera Ginevra... - mormorò Theodore. - Non dovremmo parlare di queste cose. Se dovesse sentirci...
- Le sta bene, dopo tutto quello che ha combinato suo padre - commentò Pansy in tono acido. 
Ginevra si pietrificò. 
- Non osare dire un'altra parola su Ginevra o su suo padre - la minacciò Draco. 
- La difendi? Questo è pazzesco... - sputò uno dei ragazzi presenti. 
Draco, avendo ormai superato il limite giornaliero di sopportazione, sfoderò la sua bacchetta, pronto ad affatturare il ragazzo che aveva parlato, ma qualcun'altro non perse tempo a schiantarlo al posto suo. 
- So difendermi da sola - disse Ginevra affondando le unghie nella sua bacchetta e tutti si voltarono verso di lei, chiedendosi quanto avesse sentito. 

La mezzanotte era passata da un bel po' e lei si accorse di non aver chiuso occhio, così decise di andare nella sala comune per distrarsi un po' dai mille pensieri che le ronzavano in testa. 
Si sedette sul davanzale della finestra che dava sul Lago Nero, dove le sirene la guardavano in un modo inquietante. Cercò di non ricambiare lo sguardo, appoggiò la testa al muro e chiuse gli occhi. Immediatamente la voce di Silente si fece strada tra i suoi ricordi. 
- Avendo pianificato io stesso il tuo Smistamento, è come se tu non fossi mai stata assegnata a una Casa come tutti gli altri - diceva il preside. - Quindi io ti chiedo di riflettere e quando sarai pronta mi dirai se vuoi essere Smistata nuovamente. Senza trucchi, ovviamente. 
Si poteva fidare? 
Per quanto ne sapeva, Silente avrebbe potuto programmare anche quel preciso istante, in cui lei si chiedeva cosa fare. 
Il solo pensiero rischiava di farla diventare pazza. 
A volte si sentiva fuori posto nella Casa di Serpeverde e se Silente aveva davvero pianificato la sua vita, allora lui aveva parecchio tempo libero e una mente alquanto contorta!
Ma anche se avesse accettato di cambiare Casa, come avrebbe spiegato il perché di quella bizzarria e che avrebbe dovuto frequentare il quinto anno, anziché il terzo a causa della sua vera età? 
Questa era una delle molte cose che non le erano chiare e che la facevano infuriare. Quando aveva chiesto spiegazioni a riguardo, Silente le aveva detto che il suo destino era legato a una profezia molto importante ma non aggiunse altro. 
Passarono le ore e il mattino sopraggiunse. 
Le lezioni si sostituivano in modo veloce e continuo, senza che la ragazza se ne accorgesse. Continuava a chiedersi se avesse dovuto accettare la proposta del preside, ma non appena sfiorava l'idea di lasciare la Casa di Serpeverde, veniva invasa dai sensi di colpa. 
Non voleva lasciare i suoi amici... Però non sopportava più di vivere in quel modo! 
Quando decise che finalmente era arrivato il momento di parlare con il preside, avvertì quella strana sensazione con cui aveva iniziato a convivere da un po' di tempo e, come quell'estate a Parigi, venne avvolta dal buio e cadde a terra svenuta. 
Si svegliò di soprassalto, come se stesse riprendendo fiato dopo una lunga corsa. 
Era coperta di sudore e non aveva alcun ricordo di quello che le era successo. 
- Finalmente ti sei svegliata! - commentò Madama Chips facendola sussultare. 
Solo in quell'istante capì di trovarsi in infermeria. 
- Cosa mi è successo? - chiese asciugandosi il sudore dalla fronte con la mano. 
- Sei svenuta in mezzo al corridoio e ti è venuta la febbre alta - disse la donna armeggiando con una varietà di fiale dal colore poco rassicurante. - Bevi senza fare storie, Black. 
Dopo aver bevuto con riluttanza la medicina, Ginevra sentì bussare alla porta e Madama Chips andò ad aprire. 
- Salve, Poppy. Sa che oggi la sua bellezza è superlativa? 
- Divina, oserei dire. 
- Oh, no. Non voi due! - disse la donna esasperata. 
- Possiamo vederla? - chiesero in coro le due voci che, al solo sentirle, fecero apparire un sorriso sul volto di Ginevra. 
- Non se ne parla! - esclamò Madama Chips. - Avete idea di che ore sono? La signorina Black ha bisogno di riposo! 
- La prego, li faccia entrare - disse Ginevra e due teste rosse oltrepassarono la porta sorridendo ammiccanti. 
Madama Chips sbuffò. - Solo cinque minuti, Weasley. Niente di più niente di meno. 
- Grazie, sei la migliore - disse Fred schioccandole un bacio sulla guancia. 
- Ehi, come va scricciolo? - fu il saluto del gemello e Ginevra ampliò il suo sorriso. 
- Molto meglio, adesso che voi siete qui. 
Intanto i due si sedettero ai lati del letto sul quale era sdraiata. 
- Sai, quando ti abbiamo vista svenire siamo entrati nel panico! - disse George. 
- Temevamo di aver perso la nostra complice preferita... 
Entrambi sfoggiarono un ghigno "made in Weasley", come lo chiamava lei, e capì subito che le stavano nascondendo qualcosa. 
- Per quanto ci proviate, non riuscirete mai a farmela - disse imitando il loro ghigno. - Chi è la vittima che mi sono persa? 
- Piton - sospirò Fred sorridendole. 
Il volto di lei si illuminò. - Ditemi. Ogni. Singolo. Dettaglio - ordinò avida. 
Le raccontarono di come avessero messo delle caccabombe e dei fuochi d'artificio di Filibuster nell'ufficio del professore di Pozioni e come aveva reagito. Rimase un po' delusa dal fatto che lei non fosse stata presente, quando una delle caccabombe esplose sulla testa di Piton. 
- Chissà se finalmente si laverà quei capelli - disse poi curiosa ma allo stesso tempo inorridita all'idea, provocando delle risatine ai due ragazzi. 
- Era da tanto che non passavamo del tempo insieme - sospirò Fred malinconico. 
- Manca solo qualche dolcetto... - e a quel punto, George fece apparire dal nulla un vassoio pieno di dolci e prelibatezze varie. 
- Vi adoro, ragazzi! - disse Ginevra buttandosi su di loro e abbracciandoli forte. 
Mangiarono a sazietà tutte le leccornie sul vassoio e mentre Ginevra e Fred pianificavano uno scherzo per il giorno dopo, al quale lei non poteva assolutamente mancare, George si addormentò. 
Decisero di non svegliarlo e parlarono fino a quando arrivò Madama Chips. 
- Sono passati più di dieci minuti. È ora che voi andiate a letto! - sbadigliò, poi rivolse un sorriso addolcito alla sagoma di George, ancora addormentato accanto alla ragazza. 
- Credo che non riuscirò a portare mio fratello fino al dormitorio - cercò di scusarsi Fred. 
- Per questa notte lo terrò qui. Ma tu fila immediatamente nella tua sala comune, altrimenti sarò costretta ad avvertire la professoressa McGranitt. 
- A domani, Gin - la salutò Fred con un bacio sulla guancia e uscì dall'infermeria insieme a Madama Chips. 
Ginevra cercò di sdraiarsi il più delicatamente possibile per non svegliare il ragazzo al suo fianco e quando si voltò verso di lui non poté fare a meno di sorridere. 
Ricordava che quando erano bambini - lei, sua cugina Dora e i Weasley - approfittavano delle serate di pioggia e delle cene tra le loro famiglie, per dormire tutti insieme. Crescendo avevano perso l'abitudine, ma a volte quei momenti le mancavano. 
Mentre lo osservava si ritrovò a pensare che fosse davvero carino mentre dormiva, anche se dovette ammettere che entrambi i gemelli Weasley erano diventati molto piacenti.  
Chissà su quante ragazze avevano fatto colpo...
- Lo sai che è da maleducati fissare la gente? - sussurrò George mettendola subito in imbarazzo, spalancò gli occhi e sul suo volto apparve un'espressione divertita. - Anche se so di essere un vero schianto. 
- E-eri sveglio? 
- Era l'unico modo per rimanere un po' da solo con te e farti compagnia, ma se vuoi me ne vado - fece per alzarsi ma lei lo fermò. 
- No... Resta. 
George ghignò soddisfatto. - Sapevo che non avresti resistito al mio fascino - scherzò rubandole un sorriso. 
Si sdraiò accanto a lei e le cinse i fianchi con un braccio per poi accarezzarle i capelli. Ginevra si sentì un po' in imbarazzo e ringraziò che fosse buio così da nascondere il rossore dalle sue guance. 
Forse non avrebbe dovuto farlo restare... ma dopo aver chiuso gli occhi si immerse nelle coccole che il ragazzo le regalava. 
Ne aveva bisogno. 
- Ginevra... - le sussurrò e una strana sensazione si impadronì di lei quando sentì che l'aveva chiamata per nome. 
- Mmm? - mugugnò lei prima di addormentarsi. 
- Ti voglio bene - sussurrò George e premette le labbra su quelle di lei. 





ANGOLO AUTRICE: 
Sarò breve...
Il mio George >o< 
Vi aspettavate una cosa del genere? No? Muahahah 
Che ve ne pare del capitolo? 
Ringrazio, come sempre, chi continua a sopportarmi e chi è così coraggioso da mettere la storia tra le seguite/preferite/ricordate ahahah 
Vi do appuntamento a giovedì! 
18Ginny18

 
Tanti auguri a Gary Oldman, il nostro Sirius Black!
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Capitolo 15
*** Capitolo 14 - DECISIONE ***


Capitolo 14 - DECISIONE
La notte sembrò durare pochi istanti, l'alba illuminò il cielo e non appena Ginevra si svegliò, la prima cosa che le venne in mente fu il pensiero di aver fatto uno strano sogno. 
Solitamente tendeva a scordarsi i sogni che faceva, ma quello era talmente strano da non poterlo dimenticare. 
George Weasley, uno dei suoi migliori amici, l'aveva baciata. Forse lo aveva sognato perché avevano dormito insieme, quindi cercò di liquidare la cosa ripetendosi che fosse solo un sogno... però era diventato un chiodo fisso nella sua testa. 
Insomma, lei e George? Non era possibile! Erano amici da troppo tempo... erano come fratelli! 
Non potevano succedere cose del genere, no? Non avrebbe dovuto neanche pensare a cose del genere! 
A quel punto George aprì gli occhi, sbattendoli più volte per abituarsi alla luce del sole. - Buongiorno - la salutò con voce roca e impastata dal sonno. 
Ginevra trattenne il respiro. 
Perché le batteva forte il cuore? Perché sentiva che era diventata tutta rossa?! Perché trovava il suo migliore amico veramente bello quando si strofinava gli occhi? 
"Idiota! Datti un contegno!", le urlò l'unica sua parte disinteressata e con un po' di neuroni in funzione. 
- D-dormito bene? - balbettò abbassando lo sguardo, cercando di non pensare a quel "possibile bacio". 
- Oh, se vogliamo contare tutte le volte che mi hai tirato delle ginocchiate allo stomaco e che parlavi nel sonno... Sì, direi che ho dormito bene. 
- Parlavo nel sonno? Scherzi, vero?
Per quanto ne sapeva, lei non aveva mai parlato nel sonno. Era ovvio che George la stesse prendendo in giro... no? 
Purtroppo lei capiva subito quando Fred o George mentivano e, in quel momento, lui le stava dicendo la verità. 
- Che cosa ho detto? 
- Sei sicura di volerlo sapere? 
- Voglio le parole esatte - lo pregò lei ma, prima di rispondere, George esitò. 
- Dicevi... - corrugò la fronte. - "No, non è stato lui! Lasciate il mio papà!" 
- D-davvero ho detto così? 
George annuì e lei si sentì sprofondare in una voragine senza fine. 
Non ricordava niente. Pensava di aver sognato George per tutta la notte e invece... 
Quest'ultimo chiamò la sua attenzione, i suoi occhi erano intenti a scrutarla. Ginevra cercò di sorridere, ma probabilmente fu solo la patetica imitazione di un sorriso, paragonabile ad una smorfia di dolore. 
Lui la tirò a sé, avvolgendola in un abbraccio. Delle lacrime silenziose iniziarono a solleticarle il viso ma cercò di nasconderle al ragazzo. 
- Tu pensi che mio padre... sia un assassino? 
- No. Non lo penso - disse George accarezzandole il volto. 
- Lo dici per non farmi soffrire. 
- No... Ho come la sensazione che sia così. Che lui sia innocente... 
- Mi nascondi qualcosa - lo interruppe e George ammutolì, affermando il sospetto dell'amica. - Ti prego, George. Dimmi la verità. 
- Prima... hai anche parlato di un topo - disse, la sua espressione era confusa. 
- Un topo? 
- Lo so, è assurdo! - disse George. - Ma mentre dicevi quelle cose... sentivo che... 
Ginevra avvertì un freddo improvviso che la portò a sfregare le braccia. Volse lo sguardo alla finestra ma era chiusa. 
- Hai freddo? - le chiese il ragazzo preoccupato e le circondò le spalle con un braccio, provando a riscaldarla. 
Nonostante fosse fermamente convinta che il bacio tra lei e George fosse stato solo un sogno, non riusciva a rallentare i battiti del suo cuore quando le stava accanto. 
Si faceva condizionare troppo dai suoi pensieri.
Doveva smetterla di ripensare a quello stupido bacio o a quanto sarebbe stato bello baciarlo in quel momento... 
Ma cosa le saltava in mente?! 
Per sua fortuna, venne distratta da uno strano rumore nel corridoio e un susseguirsi di battibecchi. Dopodiché un piccolo gruppo di ragazzi entrò nella stanza e, vedendo i due abbracciati in quel modo, si pietrificarono senza smettere di fissarli. 
- Ciao, ragazzi - li salutò Ginevra, sorpresa della visita. 
Rimase un po' perplessa quando vide Harry, Ron, Draco, Theodore e Blaise spostare lo sguardo da lei a George con un'espressione sbalordita. Solo Hermione e Daphne sembravano distinguersi dal gruppetto. Entrambe avevano un'aria confusa, felice, combattuta... in altre parole, indecifrabile. 
Fred, invece, era a dir poco sconvolto. 
Non riusciva proprio a crederci. Suo fratello e la loro migliore amica?! 
Si sentiva tradito. - Da quanto va avanti? 
Ginevra alternò lo sguardo da Fred a George, quest'ultimo ghignava soddisfatto mentre l'altro sembrava volerlo fulminare. Intuendo il perché di tutte quelle reazioni sui volti dei suoi amici, cercò di non ridere. 
Da quella prospettiva, era facile fraintendere il perché lei e George fossero così vicini. 
Probabilmente sembravano una coppietta... 
Ginevra scoppiò a ridere, le era venuto spontaneo non appena sentì in lei nascere un certo nervosismo.
Con tutto quello che le stava capitando nelle ultime settimane, rischiava di finire al reparto psichiatrico del San Mungo. 
- Non sapete cosa darei per immortalare questo momento! - disse Ginevra. - Credevate davvero che io e George... 
- Già - la interruppe il ragazzo. - Sapete benissimo che siamo solo amici. Come fratelli! 
Per lei, quelle parole sembravano affilate come la lama di un coltello. 
George aveva ragione! Erano come fratelli. Solo amici... 
Perché le importava tanto se lui diceva cose del genere? 
- Menomale, stavo per avere un infarto! - esclamò Theodore portandosi una mano sul cuore con fare teatrale. 
Dopo vari commenti sullo svenimento di Ginevra del giorno prima, arrivò la domanda alla quale lei temeva di rispondere. 
- Cosa ti succede? - le aveva chiesto l'ultima persona che si sarebbe aspettata: Harry. 
Non riusciva a guardarlo negli occhi, sapendo che - se lo avesse fatto - sarebbe stato difficile non dirgli la verità.  
- Non lo so - mormorò. - È complicato... 
- Gin, sei cambiata - iniziò Daphne titubante. - Ti comporti come se tu non fossi realmente qui da settimane! Non sei più tu. 
- Ieri, a colazione, ti ho chiesto di passarmi un toast - disse Blaise. 
- E allora? 
- Mi hai risposto: "Sì, è vero. Oggi fa un po' freddo!". 
- Che ti succede? - ripeté Draco. 
Ginevra raccontò tutta la verità, omettendo solo quello che la legava a Harry. 
- Ma perché dovresti cambiare Casa? - sbottò Theodore. - Tu non vuoi... vero? 
- È questo il punto, Theo - disse la ragazza. - Non so cosa fare. 
- Se credi che sia la cosa giusta... falla - furono le parole di Draco. 
Allora quella sera raggiunse l'ufficio del preside e decise di accettare di essere Smistata nuovamente. 
Il mago, felice della notizia, le promise che sarebbe stata esaudita quella sera stessa a cena. 
Attese con ansia che quel momento arrivasse. La sua divisa non aveva lo stemma di Serpeverde, bensì quello di Hogwarts, e le dava una strana sensazione di vuoto. 
Prima dell'inizio della cena Silente si alzò in piedi e la sala cadde nel silenzio. 
- Buonasera a tutti voi, miei cari studenti! Ho un annuncio da fare - disse rivolgendo lo sguardo ad ogni tavolo. - Come molti di voi avranno notato, la signorina Ginevra Andromeda Black ha lasciato la Casa di Serpeverde per motivi personali. Sarà smistata in una nuova Casa e frequenterà il quinto anno. 
A quel punto un mormorio di voci si alzò da ogni tavolo presente. Silente li ignorò e chiese a Ginevra di indossare il Cappello Parlante. 
- Chi si rivede... - le sussurrò la vocina all'orecchio. - Sono lieto che tu abbia deciso di riprendere in mano la situazione. Ai tempi ero stato costretto a Smistarti nei Serpeverde, ma adesso non ho dubbi su dove collocarti... GRIFONDORO! 
Un boato inaspettato scoppiò dal tavolo dei grifoni. I suoi amici più cari si unirono a quelle urla e applaudirono senza sosta, facendola arrossire per l'imbarazzo. 

Quando riaprì gli occhi pensò subito a tutto quello che le era successo la sera prima, credendo che fosse solo un'illusione. Poi si guardò intorno e, con immenso stupore, notò che la stanza nella quale si trovava comprendeva un solo letto a baldacchino con i colori rosso e oro. 
Era davvero una Grifondoro, come i suoi genitori. 
Dopo aver indossato la sua divisa con i colori della sua nuova Casa, si sentì una persona nuova e, con un ampio sorriso sulle labbra, raggiunse la Sala Grande. 
- Buongiorno! - esclamò non appena si sedette accanto a Hermione, che la salutò con il libro di Pozioni in una mano e un toast nell'altra. 
- Pronta per la prima lezione? 
Ginevra annuì addentando un croissant al cioccolato. - Mmmm... Quant'è buono... - mormorò mentre il sapore la mandava in estasi. 
- Davvero? Fammelo assaggiare... - disse Fred, che si era appena seduto al suo fianco, rubandole la colazione dalle mani. - Mmmm... lai aione! È buoniffimo... - disse con la bocca piena. (- Sei un maiale - fu il commento della sua sorellina). 
- Ladro che non sei altro! - esplose invece la ex Serpeverde. - Restituiscimi la mia colazione, Weasley. 
George sbuffò divertito. Lui e il fratello sapevano benissimo che Ginevra odiava quando qualcuno le rubava il cibo dalle mani e che, se si trattava di cioccolato, diventava una furia. Ma amavano vederla arrabbiarsi per una cosa stupida come quella! 
- Sei sicura di rivolerlo? - le chiese la piccola Weasley guardando il fratello con disgusto. 
- Ha ragione, Blacky - sogghignò Fred. - Non siamo così intimi - continuò enfatizzando la frase. 
Ginevra alzò un sopracciglio. - Fred Weasley... - iniziò ma non volendo rovinare quella giornata schiantandolo, decise di sfruttare il punto debole del ragazzo a suo vantaggio. - Guarda! Una fontana di cioccolato! - esclamò indicando l'ingresso della sala. 
- Non vedo nessuna font... Ehi! - la additò con cipiglio accusatorio mentre lei si gustava a pieno la crema al cioccolato. 
- Sei sempre stato un credulone, Fred - gli sorrise serafica. 
George scoppiò a ridere e le diede man forte. - È vero, fratellino. Ricordi quando ti avevamo detto che Ron aveva rotto la tua scopa giocattolo? 
- Oh, i nostri primi scherzi - sospirò Ginevra sorridendo ai vecchi ricordi. - Dov'è che l'avevamo nascosta, George? In giardino? 
- Devo ammettere che è stato divertente scoprire la fobia di Ronnie - ridacchiò Fred versandosi del latte nella tazza. George lo fece a sua volta ma l'unica cosa che ricevette furono due gocce. 
Prima che il gemello potesse bere dalla tazza gliela rubò dalle mani, bevendo un lungo sorso, dopodiché gliela restituì asciugandosi i baffi. - Non ho mai bevuto del latte così buono! 
Fred sbuffò un sorriso e si rivolse a Ginevra. - Allora, pronta al primo giorno? 
- Sì, sarà bello venire a lezione con voi due. Cosa avremo alla prima ora? 
- Babbanologia! - risposero i gemelli. 





ANGOLO AUTRICE: 
Ehilà, salve! Sono io, Topolino! 
No, scherzavo! Sono sempre io, la vostra demente preferita. 
*Non è vero, non lo sei.* 
Me ne farò una ragione :'( 
Passando al capitolo... lo so, è il peggiore che mi sia venuto però... diciamo che è una specie di introduzione per il prossimo capitolo e che non sapevo come farla finire a Grifondoro! Nella vecchia versione sono stata sbrigativa sulla faccenda e adesso capisco il perché... -___- 
Sono un'idiota, okay? 
Passiamo oltre...
Ringrazio, come sempre, chi ha messo la storia tra le seguite/preferite/ricordate e chi recensisce come: alwais, Mauvais_Milagro e vittoriaM20
Vi amo, ragazze! \(^w^)/ 
A causa di un mio "piccolo problemino" chiamato: dipendenza da internet... il mio contatore è agli sgoccioli e se non mi vedrete lunedì con il capitolo "C'era una volta... ?", vuol dire che dovrete aspettare qualche settimana... Mi spiace T-T 
Se avete qualche consiglio o qualche commento, anche negativo, potete lasciarmi una recensione qui sotto. 
Un bacio
18Ginny18

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 - C'ERA UNA VOLTA... ? ***


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Capitolo 15 - C'ERA UNA VOLTA... ? 
Non appena entrò in classe Ginevra venne subito accolta dalla professoressa Charity Burbage, la quale sprizzava allegria da tutti i pori. 
- Cara, benvenuta nella mia classe. Non preoccuparti per il programma, sono sicura che recupererai in fretta - disse sorridendole dolcemente, poi guardò i posti a sedere. - Il tuo posto è vicino al signor Jordan. 
Dopo averla ringraziata, la ragazza andò a sedersi accanto a Lee, un amico dei gemelli Weasley. 
Notò che la lezione si sarebbe svolta con i Tassorosso e incrociò lo sguardo di Cedric, che la salutò con un sorriso smagliante. 
Quando tutti presero posto, la professoressa Burbage cominciò a spiegare la lezione del giorno. 
- Bene, chi di voi sa com'è costruita una storia? - chiese, ma nessuno rispose. - Coraggio, ne abbiamo parlato la settimana scorsa! Nessuno di voi si ricorda niente? 
Nemmeno uno degli studenti osò dire una parola. 
Ginevra non sapeva se alzare la mano o no, alla fine scelse di rispondere alla domanda. 
- Sì, signorina Black? - la Burbage sembrò stupita di vedere proprio la sua mano alzarsi. 
- Un testo narrativo racconta una serie di avvenimenti che coinvolgono vari personaggi; l'insieme di questi avvenimenti costituisce la trama della storia. In relazione agli effetti che l'autore vuole ottenere sul lettore, è fondamentale l'inizio del racconto che deve introdurre la vicenda in modo da "catturare" sin da subito l'attenzione di chi legge. I modi per iniziare un racconto sono molteplici. In alcuni casi vengono presentati i personaggi. 
- Eccellente, dieci punti a Grifonforo! - disse la professoressa. 
- Come hai fatto? - chiese Lee a Ginevra. 
- Mi piace leggere e assimilare ogni argomento interessante - rispose lei abbozzando un sorriso. 
- Spero che riuscirete a ricordarlo, dato che la signorina Black ha esposto l'argomento con precisione - disse la Burbage. - E ora, passiamo avanti. Oggi parleremo di fiabe. Qualcuno di voi ne conosce una? 
Lee alzò la mano e l'insegnante gli diede la parola. 
- Baba Raba e il ceppo ghignante, lo stregone dal cuore peloso... - rispose il ragazzo, come se quella fosse la cosa più ovvia al mondo, e alcuni ridacchiarono. 
- Signor Jordan, lei sa dove si trova in questo momento? - chiese la professoressa divertita. 
- A lezione di Babbanologia? - rispose confuso. 
- Allora dovrebbe aver capito che intendevo fiabe babbane, giusto? 
- Oooh, è vero! - esclamò Lee dandosi una manata sulla fronte e Ginevra cercò di sopprimere le risate. 
- Qualcun altro? - l'insegnante girava tra i banchi e i suoi occhi saettarono verso i gemelli, che parlavano dei fatti loro. - A quanto pare, sceglierò io. Signor Weasley? 
- Sì? - dissero i gemelli. 
- Signor... Fred Weasley, sarebbe così gentile da dirmi il titolo di una fiaba babbana di sua conoscenza? 
I gemelli si scambiarono un'occhiata e George si stiracchiò comodamente sulla sedia, evitando di essere interpellato dall'insegnante. 
Fred lo fulminò con lo sguardo, dopodiché rispose alla domanda. - Be', c'è quella della ragazza che vive con i nani e poi muore, ma viene risvegliata dal principe o cose del genere - snocciolò qua e là e istintivamente rivolse un'occhiata furtiva a Ginevra. 
- Intende Biancaneve e i sette nani, signor Weasley? 
- Esattamente. 
L'insegnante mormorò qualcosa tra sé e sé continuando a camminare tra i banchi. - Mi è venuta un'idea, ragazzi! Visto che non riuscite a memorizzare o ricordare ciò che vi insegno, imparerete la parte! - disse assumendo un'espressione malefica. 
- Che intende dire, professoressa? - chiese una ragazza di Tassorosso. 
- Intendo dire che a partire da oggi inizierete a studiare una fiaba, per poi portarla in classe. 
Ci fu un leggero borbottio che poteva essere interpretato come entusiasmo o di diniego, ma la Burbage sembrò non curarsene più di tanto intenta com'era a mischiare dei foglietti con su scritto il personaggio per ogni studente, in modo tale che la scelta fosse affidata al caso. 
Tutti i ragazzi si avvicinarono alla cattedra e presero un bigliettino. 
L'aula venne invasa dal ronzio delle loro voci, curiosi si scoprire il ruolo altrui. 
Sul bigliettino di Ginevra c'era scritto: Biancaneve
Si avvicinò ai gemelli che si prendevano in giro per i ruoli a loro assegnati. - Qual è il tuo personaggio? - le chiesero e Fred le sfilò il bigliettino dalle mani ancor prima di ricevere una risposta. 
- Be', se vuoi il mio parere... non siete tanto diverse - commentò George con un sorriso. 
- Intendi dire che sono una svampita come Biancaneve? - chiese lei con sarcasmo. 
- Ho sentito bene? Tu sarai Biancaneve? - urlò Angelina Johnson. 
Ginevra non trovò di che rispondere per l'imbarazzo, dato che la voce squillante della ragazza aveva attirato l'attenzione di molti su di sé. 
- Magnifico! - esclamò la Burbage battendo le mani per l'eccitazione. - Abbiamo la nostra Biancaneve e il nostro principe - sorrise al ragazzo al suo fianco. 
- Perfetto - borbottò una Tassorosso con acidità, perché il "principe" era Cedric. 
Finita la lezione Ginevra e i gemelli si recarono a Trasfigurazione, senza proferir parola. E dire che erano arrabbiati era un eufemismo. 
La Burbage aveva consegnato ad ognuno il testo della fiaba su cui basarsi e, alla fine della storia, Biancaneve veniva risvegliata del suo sonno mortale dal bacio del principe. 
Solo l'idea di baciare Cedric mandava Ginevra in confusione. Fred e George avrebbero aizzato Pix contro l'insegnante, se solo avesse permesso quel bacio. 
- Quale personaggio interpreterete voi? - chiese la ragazza rompendo il silenzio che aleggiava. 
- Io sono il cacciatore, Fred sarà il narratore e lo specchio - disse George. 
- Scommetto che sei felice, vero? - Fred le rivolse uno sguardo torvo. 
- Per cosa? - chiese lei confusa. 
- Oh, andiamo, Black! Si vede benissimo che non vedi l'ora di baciare "il grande Cedric Diggory"! 
- Io non vedo l'ora di baciare nessuno - rispose indignata. 
- Sì, come no. Sei come tutte le altre - disse senza dare ascolto al gemello che cercava di farlo tacere. - Ora dici così, ma chissà cosa stai pensando di fare con quel Tassorosso non appena ne avrai l'occasione. 
Gli occhi di Ginevra minacciavano di lacrimare, ma lasciò che la sua mano destra colpisse la guancia del ragazzo. 
- Non ti azzardare mai più a parlarmi così, Weasley - sibilò per poi allontanarsi il più possibile da lui. 
Per tutta la durata delle lezioni, entrambi vennero divorati dal rimorso. Nessuno dei due aveva intenzione di cedere per primo chiedendo scusa, orgogliosi fino al midollo com'erano. 
Furono in molti a notare l'umore dei due ragazzi e quando Ron chiese chi fosse stato l'artefice dello stato di Fred, Ginevra uscì dalla sala comune ancor prima di sentire la risposta. 
Era sulla riva del Lago Nero, appoggiata al tronco di un albero, assorta nei suoi pensieri. Sentiva il bisogno di piangere, sfogarsi, ma doveva essere forte. 
"Tu non sei debole. Sei una Black" si ripeteva. 
Fissò il velo dell'acqua finché non avvertì un'altra presenza al suo fianco, che la fece sussultare. 
Un grosso cane nero le era accanto e iniziò a guardarla. La sua lingua penzolava di lato e la sua coda iniziò a scodinzolare. 
Ginevra gli sorrise e lui avvicinò la sua testa permettendole di accarezzarlo. 
Il cane sembrò rilassarsi sotto il suo tocco, provocandole una strana emozione. Quando incrociò i suoi occhi rimase interdetta: erano di un grigio intenso. 
Un sorriso spontaneo si estese sul suo volto. 
Era lui
- Ciao - la sua voce tremava per l'emozione. 
- Tesoro, resta qui. - Quella voce divenne un'eco nella sua mente. Le era bastato chiudere gli occhi per rivedere l'ultimo ricordo di suo padre. 
Il suo volto era corrucciato. - Non ti muovere per nessuna ragione al mondo, hai capito? - le aveva detto e poco prima di allontanarsi le lasciò un bacio sulla fronte, promettendo di tornare subito da lei. 
Quando riaprì gli occhi sorrise al cane nero dinnanzi a lei e lasciò che una lacrima sfuggisse al suo controllo. - Mi manchi... - sussurrò e il cane le leccò la mano per poi accucciarsi accanto a lei. 

Poche ore più tardi gli studenti si erano riuniti nell'aula di Babbanologia per iniziare le prove di quel compito. 
Notando l'assenza dell'insegnante, Angelina si alzò in piedi e iniziò ad assumere il suo atteggiamento da maniaca del controllo e con tono imperioso spartiva comandi a destra e a manca. 
In molti provarono a rifiutarsi di darle ascolto e uno di questi fu Lee Jordan. 
- Perdonami, angelo mio, ma da quando ti sei soprannominata il capo? - disse provocando le varie risa dei presenti. 
Angelina, invece, assunse uno sguardo truce nei confronti del ragazzo. - Nessuno è all'altezza di prendere le redini della situazione - rispose inviperita. 
- E tu lo sei, invece? - chiese Ginevra con sarcasmo, ricevendo dalla Cacciatrice di Grifondoro un'occhiata che l'avrebbe incenerita all'istante. 
- Sempre meglio di una che ha il padre assassino - ribatté quest'ultima facendo cadere il silenzio intorno a loro. 
Ginevra avvertì i suoi occhi pizzicare così tanto da farla sentire avvolta dalle fiamme. Come se il fuoco cercasse di darle conforto, non facendo altro, però, che bruciarla. 
Era così che si sentiva, quello che provava per suo padre le bruciava dentro ogni volta che qualcuno parlava male di lui e, in qualche modo, il dolore le dava conforto provocandole delle cicatrici. 
- Hai mangiato una vipera a colazione, Angelina? - chiese Katie Bell scioccata dal comportamento della sua amica. 
- No, dico solo la verità! Se fossi in te, tesoro, - disse la mora, rivolgendosi a Ginevra - farei i bagagli. Grifondoro non è la Casa per una come te. 
- Allora dovresti seguirmi a ruota - le rispose a tono, guardandola dritto negli occhi. 
Era stanca di incassare un insulto dopo l'altro senza reagire, non era violenta ma le avrebbe sferrato un gancio destro pur di zittirla. 
Un ragazzo di Tassorosso si interpose tra loro, cercando di placare i loro animi. 
- Dai, ragazze, non litigate. I diverbi come questi non portano da nessuna parte - disse ma l'indole di Ginevra le impose di voltare le spalle alla ragazza, altrimenti non avrebbe risposto delle sue azioni. 
Fu un attimo nel quale sentì un forte strattone alla testa, seguito da un verso di stupore collettivo dei presenti. Si voltò verso Angelina che in quel momento le rivolgeva una smorfia insopportabile. 
- Oh, scusa - disse con voce stridula, riducendo i suoi occhi scuri a due fessure. 
Con tutta la rabbia che aveva incanalato con il passare dei giorni, Ginevra si gettò a capofitto su Angelina iniziando a picchiarla. 
- Basta, ragazze! - ripeteva George che, con l'aiuto del gemello, riuscì a separarle.  
- Immagino che tuo padre sarà fiero di te. Ti auguro di condividere la sua stessa cella ad Azkaban! - sputò Angelina. 
Ginevra, stanca di sentirla parlare ancora, si liberò dalla presa di George ma venne prontamente bloccata da Cedric che se la caricò sulle spalle come un sacco di patate. 
- Mettimi giù! - ringhiò lei. 
- Sì, mettila giù, Diggory! Non abbiamo ancora finito. 
- La vuoi piantare, Angelina?! - si infuriò Fred allontanandola il più possibile dall'altra ragazza. 
- Che c'è? Ora la difendi? - commentò la ragazza ma lui non rispose, preferendo guardare altrove. - È così? Preferisci lei a me? 
Dopo aver imprecato contro di lui, Angelina uscì dall'aula come una furia. 
- Tutto bene, Gin? - chiese George prendendo il viso della ragazza fra le mani, attento a non toccare le ferite che si era procurata. 
- Andrebbe molto meglio se Cedric mi mettesse giù. 

Il giorno tanto atteso era arrivato e la professoressa Burbage non stava più nella pelle, i suoi studenti presero posizione dando vita alla storia. 
- C'era una volta, una bellissima principessa chiamata Biancaneve - iniziò la voce narrante di Fred Weasley. - La sua vanitosa e perfida matrigna, la regina, temeva che un giorno la bellezza di Biancaneve avrebbe potuto offuscare la sua. Quindi vestì di stracci la piccola principessa e la costrinse a lavorare come serva nel castello. 
La parte della regina veniva interpretata da Angelina che sembrava godere moltissimo nel vedere Ginevra sgobbare come una vera e propria serva. 
"Biancaneve" assunse tutto l'autocontrollo possibile quando "la matrigna" versò, intenzionalmente, un secchio pieno d'acqua sul pavimento e la ragazza fu costretta a rimediare, senza magia ovviamente perché la professoressa Burbage, non sapendo che tra le due ragazze non scorresse buon sangue, lo trovò molto realistico. 
- Specchio, servo delle mie brame, chi è la più bella del reame? - chiese quest'ultima iniziando a pavoneggiarsi davanti a Fred lo specchio. 
"Assomiglia terribilmente alla Parkinson..." pensò Ginevra disgustata. 
- Hai un brufolo sul mento, mia regina - disse Fred con un sorriso malefico sulle labbra e scatenando delle risate da parte dei presenti. 
- Sei spiritoso, mio specchio. Ma lo sei anche da rotto? 
- Io sono sempre spiritoso e se tu mi rompessi saresti perseguitata dalla sventura per sette lunghi anni, mia regina. 
- Ragazzi, seguite il copione - li rimproverò la Burbage, anche se divertita da quel battibecco. 
- Bella, tu sei bella, o mia regina, ma attenta! - esclamò Fred con teatralità, costringendo in molti a sopprimere le risate. - Al mondo c'è una fanciulla più bella di te - la canzonò infine, mettendo le mani in tasca. 
- Guai a lei! Dimmi il suo nome! - ordinò Angelina, interpretando il suo ruolo alla perfezione. 
- Ha la bocca di rose e ha d'ebano i capelli, come neve e bianca - recitò Fred lanciando un'occhiata divertita a Ginevra. 
Secondo quest'ultima, la parte più imbarazzante del suo ruolo era quello di raccogliere i fiori come una povera scema e a canticchiare mentre George il cacciatore le puntava un pugnale alle spalle, lei urlò e per poco non scoppiò a ridere quando George si inginocchiò ai suoi piedi continuando a fare delle facce ridicole. 
Durante le prove i gemelli non riuscivano ad essere seri neanche per un secondo, contagiando anche Lee, ovviamente, che rappresentava uno dei Sette Nani. 
Dopo aver rassettato la casetta dei nani, Ginevra si sdraiò sopra tre lettini e si "addormentò". Dopo un po' arrivarono i padroni di casa che, come da copione, le proposero di badare a loro in cambio di protezione dalla regina. 
- Tranquilla, principessa. Ci sono qui io a proteggerti - esclamò Lee abbracciandola per una gamba, con l'intento di sbirciare sotto la sua gonna, ma rinunciò non appena vide gli sguardi omicidi di Fred e George. 
La parte preferita della ragazza fu quella in cui Angelina venne costretta a bere una pozione che l'avrebbe imbruttita, così da poter interpretare la parte della vecchia mendicante. 
Perché era la sua parte preferita? Be', Angelina non sapeva che sarebbe rimasta in quello stato per tre giorni interi, grazie al suo zampino. 
Pregustava già quella piccola vittoria e quando le porse la mela stregata non poté fare a meno di sussurrarle: - Questo look ti sta a pennello, Johnson - per poi cadere in un "sonno mortale". 
La storia proseguì e dopo la morte della regina arrivò il momento tanto odiato in quella storia, quello in cui Ginevra avrebbe voluto essere ovunque invece che distesa su uno dei tavoli dell'aula con un vestito ridicolo e sette ragazzi in ginocchio intorno a lei. 
- Era così bella, anche nella morte, che i nani non se la sentirono di seppellirla. Decisero allora di costruirle una bara di cristallo e oro - narrò Fred. 
Ginevra pregò tutti i presidi di Hogwarts, i fondatori e Merlino, sperando che quel bacio venisse impedito, ma non servì a nulla. 
- Quando un principe ebbe la notizia della bellissima fanciulla che dormiva in una bara di cristallo, cavalcò fino alla casetta dei Sette Nani - la voce di Fred tremò. 
Avrebbe voluto fermarsi lì, impedire quello stupido bacio. 
Ginevra era sua e non voleva che qualcuno gliela portasse via. 
Durante le prove, lei aveva sempre trovato il modo per svignarsela ancor prima che qualcuno potesse accorgersene. Ma non avevano più vie di scampo. Come avrebbero fatto? 
- Signor Weasley, continui - lo incitò la professoressa. 
Ginevra non si era neanche accorta di quella pausa, tanto era persa dai mille pensieri. Avvertì la presenza di Cedric a pochi centimetri dal suo viso, i loro respiri irregolari si mischiarono. 
- Dolcemente... lui la baciò - e in quel preciso istante, le labbra di Cedric sfiorarono quelle di lei. 
Fu breve, ma provocò a entrambi una stretta allo stomaco. 
Gli occhi di lei si aprirono incontrando quelli nocciola di lui. 





ANGOLO AUTRICE: 
Ciao a tutti e grazie per essere arrivati fino a qui. 
Come sempre, ringrazio chi ha messo la storia tra le ricordate/preferite/seguite e chi ha recensito, ovvero: alwais, _milagro_, vittoriaM20 e M_G_Weasley
Siete mitiche, ragazze! 
A presto... spero
18Ginny18

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 - EMOZIONI ***




 
Capitolo 16 - EMOZIONI
- Tesoro, resta qui. Non ti muovere per nessuna ragione al mondo, hai capito? - fu l'eco nel quale Ginevra venne avvolta. 
Vedeva il volto di suo padre, giovane e bello come lo ricordava, invaso da mille emozioni. 
- Torno subito - le aveva promesso e prima di allontanarsi, le aveva dato un bacio sulla fronte. 
Lo seguì con lo sguardo attento. 
Al centro di quella strada c'era un uomo, che non nascondeva la sua paura nel vedere chi lo stesse fronteggiando. 
Ginevra lo riconobbe subito, era tarchiato e grassottello, lei lo chiamava "zio Peter". 
Erano troppo distanti e non riusciva a sentire quello che si stavano dicendo. Le sue manine erano aggrappate ai solchi del muro che la nascondeva. 
Quando vide i due uomini sguainare le bacchette entrò nel panico. 
- E tu che ci fai qui, piccolina? 
Ginevra lanciò un piccolo grido spaventato quando una mano le toccò la spalla. 
- Non avere paura. Non ti farò del male - le aveva detto la ragazza dal sorriso gentile. - Dove sono la tua mamma e il tuo papà? 
La bambina non rispose, aveva paura. 
Guardò suo padre, indecisa se correre da lui. 
Anche la ragazza spostò lo sguardo in quella direzione e, quando vide i due uomini lanciarsi incantesimi, spalancò gli occhi. 
Peter schiantò Sirius, tramortendolo, e Ginevra gridò. 
Ci fu una forte esplosione e lei ebbe il tempo di vedere l'uomo rimpicciolirsi prima che la ragazza al suo fianco le facesse da scudo.
Cadde nel buio. 
Quando riaprì gli occhi si ritrovò fra le braccia di un uomo: suo zio Ted. 
Intorno a sé sentiva solo grida, così dolorose da diventare insopportabili. 
Poi, per un attimo, ebbe una stretta al suo piccolo cuoricino. 
- Dov'è papà? - chiese iniziando a dimenarsi per scendere dalle braccia dell'uomo, ma era troppo debole. 
- Ginevra... il tuo papà non... 
- Dov'è papà? - ripeté in un grido acuto. 
Alla fine Ted la fece scendere con cautela dalle sue braccia e, una volta a terra, lei si mise a correre raggiungendo il punto dove aveva visto Sirius prima di svenire. Ma un gruppo di uomini con dei mantelli scuri le ostruivamo il passaggio. 
Fu in quel momento che rivide suo padre. 
- Portatelo via! È pazzo! - urlava uno di quei uomini in abito scuro. 
- NO! 
Ginevra cercò di raggiungere suo padre ma le venne sbarrata la strada da un uomo dai baffi a spazzolino, che la fece indietreggiare con una sola occhiata. 
- Chi è questa bambina? Portatela via! 
- Vieni via, Ginevra - Ted la riprese in braccio. 
- No... Papà, ti plego! È  tato il topo! - gridò tra le lacrime mentre suo padre veniva trascinato lontano da lei. 
La guardava con uno sguardo indecifrabile, cercando più volte di liberarsi da quell'incantesimo che lo teneva prigioniero. 
- Lattate stare il mio papà, vi plego! 
- Va tutto bene... Va tutto bene - mormorò Ted all'orecchio della piccola. 
Poco prima di smaterializzarsi vide la ragazza che le aveva fatto da scudo, con la fronte grondante di sangue e lo sguardo privo di espressione. 


Quando riviveva quel ricordo, era sempre una tortura. 
Vedere suo padre quando venne arrestato, la ragazza che aveva sacrificato la sua vita per lei... e poi c'era Peter. Non si era mai soffermata sul ricordo di lui, e sapere che era tutta colpa sua le scatenava un dolore insopportabile subito sostituito dalla rabbia. 
Era in biblioteca, circondata da una miriade di tomi polverosi, mentre la sua mente vagava in quel triste ricordo. 
- Va tutto bene? 
Cedric la riportò alla realtà, il suo volto era deformato dalla preoccupazione. 
- Scusa, - disse lei - mi sono distratta. Dov'eravamo? 
- Gin, sei sicura di voler continuare a studiare? Si è fatto tardi... - lui sorrise comprensivo. - Non occorre studiare tutto oggi! 
- Ma devo recuperare... 
- Sei ore mi sembrano sufficienti - ribatté e lei sbuffò. - Dai, ti accompagno nella tua Sala Comune. 
Dopo aver rimesso ogni libro sul proprio scaffale, lasciarono la biblioteca e s'incamminarono verso la torre di Grifondoro. 
Procedettero in silenzio - un silenzio imbarazzante, per entrambi - fino al ritratto della Signora Grassa, che in quel momento era vuoto. 
- Grazie - disse Ginevra, con un sospiro. - Non so cosa farei senza di te. Non è facile imparare tre anni in uno solo! 
Cedric sorrise. - È un piacere. Comunque, avrei dovuto ripassare anch'io gli argomenti passati, dato che quest'anno ci sono i G.U.F.O. 
E ricadde nuovamente il silenzio. 
- Bene - commentò Ginevra. - Allora... 
- Allora... 
- Buonanotte. 
- Sì... buonanotte. 
Non sapevano il perché stessero temporeggiando; o almeno, credevano di non saperlo. Lei si mordicchiava il labbro inferiore e lui deglutiva a vuoto a intervalli irregolari. 
C'era solo una cosa che desideravano, ma nessuno dei due si decideva a fare la prima mossa. 
- Parola d'ordine? - chiese la Signora Grassa non appena vide la ragazza. 
- Violette di zucchero - bofonchiò Ginevra, guardando altrove, dopodiché salutò Cedric. 
Ma ancor prima di varcare la soglia della sala comune, lui la prese per mano e l'attirò a sé, dandole un bacio sulle labbra. 
- Finalmente! - esultò qualcuno alle loro spalle, ma non gli diedero ascolto. 
Solo quando avvertirono la mancanza di ossigeno si allontanarono l'uno dall'altra. 
Incrociarono i loro sguardi. 
Quando si erano baciati la prima volta, ovvero a lezione di Babbanologia, era scattato qualcosa e da quel momento non avevano smesso di pensarci. 
- Buonanotte - sospirò Cedric, sfiorandole la guancia in una carezza. 
Lei era senza parole. Il suo cervello sembrava inesistente. 
Sospirò e poggiò nuovamente le labbra  su quelle di lui, in un piccolo bacio, togliendogli il fiato. 

Poche ore dopo, i gemelli Weasley e Harry tornarono nella sala comune di Grifondoro dopo un'estenuante  allenamento e la stanza era pervasa da un ronzio eccitato. 
- Che cosa è successo? - chiese Harry a Ron e Hermione, seduti nei due posti migliori vicino al camino, intenti a studiare. 
- Il primo finesettimana a Hogsmeade - disse Ron, indicando un cartello appeso alla vecchia bacheca. - Tra due giorni. Per Halloween. 
- Ottimo. Devo andare da Zonko, sono a corto di Pallottole Puzzole - esclamò Fred, sedendosi sul divano accanto al gemello. 
- Avete visto Gin? - chiese George notando l'assenza della ragazza. 
- È nella sua camera - rispose Hermione. 
- Scommetto che Ginny la starà torturando fino alla pazzia - rise Ron guadagnandosi un'occhiataccia da Hermione. 
Fred e George li fissarono inarcando un sopracciglio, aspettando una spiegazione, ma la ragazza trovò il modo di sviare l'argomento, grazie all'ingresso del suo gatto. 
- Bravo, Grattastinchi, l'hai preso tutto da solo? - disse, riferendosi al grosso ragno che stava masticando. 
- Tienilo lì - disse Ron. - C'è Crosta che dorme nella mia borsa. 
- Basta, Gingy! - fu la richiesta disperata di una Ginevra Black decisamente stanca. 
- Ti prego, dimmelo - la pregava la piccola Weasley, scendendo dalle scale insieme a lei. 
- No. 
La rossa prese un grosso respiro, immagazzinando parecchia aria nei polmoni e iniziò a parlare a raffica. 
- Dimmelo ora, dimmelo ora, dimmelo ora, dimmelo ora, dimmelo ora, dimmelo ora... 
L'altra ragazza iniziò a massaggiarsi le tempie. - Spegnetela, vi prego - piagnucolò e i gemelli risero. 
Scene come quella capitavano raramente tra le due ragazze e, come sempre, per loro era un piacere assistervene. 
- EHI! - ruggì Ron, facendo voltare tutti di scatto. 
Afferrò la sua borsa, mentre il gatto di Hermione stava affondando gli artigli e cominciava a tirare e strappare con furia. 
- VATTENE, STUPIDO ANIMALE! 
Ron cercò di sottrarre la borsa a Grattastinchi, ma il gatto vi rimase aggrappato, soffiando e graffiando. 
- Ron, non fargli del male! - strillò Hermione. Tutti seguivano lo spettacolo. Ron fece roteare la borsa, con il felino ancora saldamente ancorato, e Crosta volò fuori... 
- PRENDETE QUEL GATTO! - urlò Ron, mentre Grattastinchi sfrecciava sotto il tavolo e si gettava all'inseguimento di uno spaventatissimo Crosta. 
George cercò di bloccare il gatto, ma non ci riuscì. 
- L'ho preso! - Ginevra stringeva il topo, con un certo disgusto. 
Odiava i topi! 
Il gatto cercò di saltarle addosso, per riuscire a prendere la sua preda, ma le graffiò le gambe. 
- Grattastinchi! - Hermione lo afferrò e lo portò via; Ron prese Crosta dalle mani di Ginevra. 
- Tutto bene, Gin? - chiese preoccupato. 
- Ti ha fatto male? - si allarmò George. 
- Non è niente. È solo un graffio - disse Ginevra cercando di non guardare le sue gambe, che avevano iniziato a sanguinare. - Il tuo topo mi deve un favore, Ronnie. 

Halloween arrivò a gran velocità e la Sala Grande era stata decorata con centinaia e centinaia di zucche piene di candele accese, pipistrelli svolazzanti e tantissime stelle filanti di un color arancione fiammeggiante, che guizzavano pigramente lungo il soffitto coperto di nuvole. 
Quella mattina, Ginevra aveva passato la maggior parte del suo tempo a strafogarsi di dolci insieme a Cedric. 
Da quando si erano fidanzati, Fred e George la evitavano il più possibile, a causa della gelosia che li divorava, e lei ne soffriva molto, anche se l'orgoglio prevaleva come sempre. 
Terminati i festeggiamenti, gli studenti si recarono nei loro dormitori. Quando la Grifondoro raggiunse il corridoio che portava al ritratto della Signora Grassa, lo trovò stipato di studenti. 
- Che succede? 
- La Signora Grassa è sparita! - rispose qualcuno vicino a lei. 
Si alzò in punta di piedi e vide che il ritratto era stato lacerato con tanta violenza che il pavimento era coperto di strisce di tela. Silente lo stava ispezionando.
Tutti fremevano, persino i quadri, nessuno riusciva a capacitarsi cosa fosse successo e dove potesse essere la Signora Grassa. 
- Chiuda il castello, signor Gazza - sentì dire al preside. - Quanto a voi, nella Sala Grande. 
Silente guardò Ginevra per un breve istante, provocandole una strana sensazione. 
Sirius Black era entrato nel castello e aveva tentato di entrare nella sala comune di Grifondoro, distruggendo il ritratto della Signora Grassa per non averlo fatto passare. 
Per la loro sicurezza, la Sala Grande ospitò per la notte gli studenti delle quattro Case, il corpo insegnanti, invece, avrebbe perlustrato ogni angolo della scuola. 
Gli occhi di molti studenti puntarono su Ginevra quando i Grifondoro raccontarono l'accaduto. 
- Perfetto! - sbottò Pansy, a gran voce. - Adesso mi toccherà dormire a terra come uno stupido elfo domestico. 
- Taci, Parkinson - disse Draco. 
- Non dirmi che dormire in uno squallido sacco a pelo ti sta bene... - continuò lei, cocciuta. - Solo perché il padre di quella sciaquetta di tua cugina voleva uccidere qualche Grifonscemo, perché dovremmo rimetterci noi? Stavamo benissimo nella nostra Sala Comune! 
- Come l'hai chiamata? - esclamarono i gemelli Weasley, guardandola con disprezzo. - Vedi di chiudere quella fogna! - disse Fred. 
- Aw, poveri Weasley. Non dovreste essere voi a difenderla, ma il suo bel fidanzatino - li schernì Pansy. 
A quel punto, Ginevra andò su tutte le furie. - Smettila, per una buona volta! Non è colpa mia se stanotte non puoi dormire nel tuo letto. E non credere che mi faccia piacere sentire la tua stupida vocetta irritante! Vorrei vedere te al mio posto. Quindi, se non vuoi farmi arrabbiare davvero: a cuccia, Parkinson! - digrignò i denti, poi si rivolse al resto dei presenti. - E se volete infierire, siete pregati di non esprimervi ad alta voce, dato che voglio dormire! Grazie - ringhiò e si diresse verso il suo sacco a pelo, infuriata. 
Cedric la seguì, posizionandosi al suo fianco. 
Poco dopo Percy Weasley entrò nella sala. - Tutti nei sacchi a pelo! - esclamò. - Forza, fra dieci minuti luci spente! 
Ognuno si infilò nel proprio sacco a pelo, e nel silenzio si potevano udire le conversazioni altrui. Tutti si rivolgevano la stessa domanda... 
Come aveva fatto Sirius Black a entrare? 
Alcuni supponevano che si fosse Materializzato, altri che si fosse travestito, ma ogni loro congettura era impraticabile. 
Le candele si spensero tutte in una volta. L'unica luce residua era quella del soffitto incantato che, come il cielo fuori dalle finestre, era trapunto di stelle. 
Ginevra non riusciva a dormire, nonostante fosse davvero stanca. 
Soffriva. 
Si sentiva come se un pugnale le avesse squarciato il petto. Era un dolore insopportabile che la sfidava a gridare con tutta l'aria che aveva nei polmoni e a piangere fino all'ultima lacrima. 
Avrebbe voluto tornare indietro, sistemare ogni cosa... 
- Gin? - le sussurrò Cedric. - Sei sveglia? 
- Sì. 
La mano di Cedric trovò quella di lei. L'attirò a sé con delicatezza. Lo seguì, e si allungò tra un sacco a pelo e l'altro. 
Le loro mani intrecciate. 
- Tutto bene? - sussurrò Cedric. 
- Sì, grazie. 
Con un sussulto, Ginevra lo sfiorò, poi cercò di fargli spazio. Cedric era più vicino di quanto immaginasse. 
All'istante la circondò con un braccio e la strinse a sé. 
Era la più strana delle sensazioni; sentirsi abbracciare da Cedric in quel modo, le ricordava i suoi genitori. I loro sorrisi e il suono delle loro voci si fecero largo nella sua mente. 
Sorrise. Si voltò verso Cedric, in modo da averlo di fronte a sé, e si strinse ancora più forte contro il suo petto. Lui accolse la sua testa sotto il mento. 
Ginevra sfiorò con le labbra il collo di lui. - Ti voglio bene - sussurrò. 
Cedric le baciò la fronte. 
- Anch'io. 
Per qualche minuto restarono in silenzio. Quasi tutte le altre conversazioni si erano spente, lui le accarezzò la guancia e lei dimenticò ogni tipo di angoscia. 
Chiuse gli occhi e si addormentò.





ANGOLO AUTRICE: 
Salve a tutti! =^w^= 
Farò in fretta... Ringrazio tutti voi che vi interessate a questa storia nata dalla mente di una povera ragazza lunatica e sognatrice: Me. 
Ho deciso di aggiornare una volta alla settimana, a causa del poco tempo che ho per scrivere. 
Spero che anche questo capitolo vi piaccia e vi invito, nuovamente, a fare un salto sulla pagina Facebook dove inserirò spoiler e tanto altro! 
Appuntamento al capitolo 17...
18Ginny18

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 - AMORE FRATERNO ***


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Capitolo 17 - AMORE FRATERNO
Nei giorni seguenti, a scuola non si parlò d'altro che di Sirius Black. Le teorie su come fosse riuscito a penetrare nel castello aumentarono, diventando sempre più improbabili, fino ad accusare Ginevra di averlo aiutato. 
La tela strappata della Signora Grassa era stata staccata dalla parete e sostituita con il ritratto di Sir Cadogan e del suo grosso pony grigio. Di certo, la sua presenza non era una delle migliori. Sir Cadogan non faceva altro che sfidare gli studenti a duello e inventare complicate parole d'ordine che cambiava almeno due volte al giorno. 
Ma c'era qualcos'altro a distrarre i Grifondoro da quello che era successo negli ultimi tempi: la prima partita del campionato di Quidditch. 
La squadra si allenava più decisa che mai, sotto l'occhio vigile di Madama Bumb. Ginevra decise di non perdersi neanche un allenamento della squadra per paura che il suo fratellino si facesse del male. 
Era strano provare tutto quell'affetto per Harry di punto in bianco, ma lei pensava che fosse una cosa normale... 
Quando era piccola e giocava in giardino con la scopa di suo zio Ted, Nymphadora non smetteva di volarle accanto, temendo che potesse cadere o fare qualcosa di stupido. 
Evidentemente le aveva trasmesso la stessa prudenza e il suo essere apprensiva. Ma non riusciva a capire se quello fosse un bene o un male. 
Il giorno prima della partita, il vento prese ad ululare e la pioggia cadde più fitta che mai. Ginevra e i gemelli Weasley erano in ritardo per la lezione di Pozioni, perché avevano avuto la brillante idea di infilare delle Pallottole Puzzole nell'ufficio di Gazza, per festeggiare la loro riconciliazione. 
In seguito alla notte di Halloween, Fred e George misero da parte la loro stupida gelosia e si riavvicinarono alla loro amica, che in quel momento aveva bisogno di loro più di chiunque altro. 
Quando raggiunsero l'aula di Pozioni, Fred aprì la porta e i tre ragazzi sfrecciarono dentro. 
- Ci scusi, professor Piton... - ansimò George. 
- La lezione è cominciata dieci minuti fa, Weasley. Suppongo che dovremo togliere venti punti a Grifondoro - disse il tenebroso professore. - Sedetevi! 
Obbedirono e, data l'assenza di posti, Ginevra condivideva lo stesso banco di Fred e George. 
Il professor Piton riprese la lezione e chiese ai suoi studenti cosa ribollisse nei calderoni. Ovviamente nessuno osò aprir bocca, timorosi di dare la risposta sbagliata, ma Ginevra alzò la mano. 
Con un po' di riluttanza il professore le diede il permesso di parlare. Se fosse stato possibile, lui avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di ignorarla. 
Nonostante Ginevra fosse una delle studentesse migliori del suo corso, non riusciva a tollerare la sua presenza perché nei suoi modi di fare vedeva una piccola parte della sua Lily e questo lo distruggeva. 
La ragazza si avvicinò al calderone e iniziò a decantare ogni particolarità del Veritaserum, una pozione incolore e inodore che costringeva colui che la beveva a dire la verità. 
Sul volto del professore apparve un sorriso storto e le chiese di descrivere la pozione successiva. 
Lei la riconobbe subito dalla luminosità madreperlacea che emanava e dal vapore, che saliva in caratteristiche spirali. 
- È Amortentia... il filtro d'amore più potente del mondo - rispose. - Dovrebbe avere un odore diverso per ognuno di noi, a seconda di ciò che ci attrae. 
Per un attimo trattenne il respiro quando l'aroma del rosmarino le invase le narici, come per cercare di trattenerlo il più possibile... era il profumo di suo padre. 
Poi, il contrasto del miele e del cioccolato che collegò ai momenti dolci e divertenti con Cedric e i gemelli. 
E infine la pioggia, che le ricordò quelle serate della sua infanzia nelle quali, approfittando di un temporale o delle cene tra i Tonks e i Weasley, dormivano tutti insieme. 
Sentì le sue guance andare a fuoco quando si accorse che Piton la stava scrutando con un sorrisetto divertito. 
Era entrato nella sua testa con estrema facilità. 
Ginevra lo guardò dritto negli occhi e issò un muro immaginario nella sua mente, così da impedirgli di invaderla una seconda volta. 
Di certo lui non si aspettava una cosa del genere da una ragazzina di quindici anni, ma non lasciò trasparire alcuna emozione. 
- Molto bene - disse il professore con voce strascinata e la congedò. - Dieci punti a Grifondoro - aggiunse poi, con una piccola smorfia. 
Ginevra tornò al suo posto un po' risentita dal comportamento dell'insegnante. Adesso capiva il perché fosse tanto odiato dagli studenti. 
"Brutto pipistrello ambulante", ringhiò una vocina dentro di sé. 

La mattina seguente, la tempesta era dirompente e l'ansia s'impossessò di lei. Ma per quanti pensieri la circondassero sapeva che la partita non sarebbe stata cancellata per uno stupido temporale. 
Gli applausi fragorosi dei tifosi venivano sovrastati dai tuoni. 
Ginevra cercava di tenere d'occhio Harry il più che poteva ma era difficile con quel tempaccio. 
Gli ombrelli e le bandiere dei tifosi volavano via, trasportati dal vento. La pioggia si faceva sempre più fitta e i tuoni erano sempre più frequenti. I giocatori andavano a destra e sinistra rincorrendosi senza sosta. 
Il gioco si faceva pericoloso, man mano che passava il tempo. 
Harry sorvolò le nuvole temporalesche seguito da Cedric, rincorrendo il Boccino d'oro. Le nuvole impedivano ai tifosi di vedere cosa stesse accadendo lassù. 
Cedric tornò a terra con il Boccino, vincendo la partita, ma di Harry nessuna traccia. 
Ad un tratto, Ginevra vide qualcosa cadere dal cielo e si lasciò scappare un grido. 
Harry stava precipitando. 
Silente arrestò la caduta con un incantesimo, dopodiché scacciò via i Dissennatori che erano scesi in picchiata verso gli studenti. 
Harry fu portato immediatamente in infermeria e quando riprese conoscenza si trovò circondato dall'itera squadra di Grifondoro e dai suoi amici Ginevra, Ron e Hermione. 
- Come ti senti? - gli aveva chiesto la riccia, preoccupata. 
- Oh, benissimo - rispose lui sorridente. - Cos'è successo? - chiese poi, rizzandosi a sedere. 
- Be', sei caduto dalla scopa - spiegò Ron. 
- Davvero? Parlavo della partita. Chi ha vinto?
A quel punto Ginevra diventò furiosa. - STAVI PER MORIRE E TU PENSI ALLA PARTITA? SEI VERAMENTE UN IDIOTA, HARRY POTTER! 
Afferrò il cuscino più vicino e glielo sbatté contro ripetute volte. 
- Aiuto! Salvatemi, vi prego... - ansimò Harry, coprendosi il viso con le mani. 
- Mi hai fatto morire di paura, brutto idiota! - urlò lei. 
Il cuscino si squarciò e fuoriuscirono delle piume, alcune di esse si infilarono tra i capelli di Harry, che erano più scompigliati del solito. 
- Ti sei sfogata? - chiese lui con un pizzico di sarcasmo. 
Ginevra saldò la presa sul cuscino, ormai decadente, e gli assestò un ultimo colpo in pieno viso facendo ridere i presenti. 

Passarono le settimane e nel castello c'era aria di Natale. Gli studenti discutevano allegramente dei loro progetti per le vacanze e con gran gioia di tutti - tranne di Harry - fu programmata un'altra gita a Hogsmeade. 
Era una buona occasione per fare una sorpresa a Harry, per risollevargli il morale. Ginevra non sopportava più di vederlo sempre malinconico o in uno stato di lutto perenne per la sua Nimbus Duemila, distrutta dal Platano Picchiatore. Si era persino rifiutato di gettare i resti della scopa, pur sapendo che non poteva essere riparata. 
Avrebbe avuto bisogno di Fred e George per risollevare il morale al suo fratellino. 
- Ehi, Weasley - li salutò una volta entrata nella loro camera disordinata. Sembrava che un esercito di Folletti della Cornovaglia avesse dato libero sfogo, ma era una cosa ritenuta normale se associata ai gemelli Weasley. 
I due alzarono subito lo sguardo dalla lista piena di prodotti d'acquistare all'emporio degli scherzi di Zonko con un sorriso malandrino. 
- Ehi, Blacky! - disse Fred. - Dacci un consiglio: È meglio fare una scorta di Caccabombe... 
- O andare da Mielandia e comprare una quantità industriale di schifezze? 
- Ne parliamo dopo - li liquidò lei. - Ho bisogno del vostro aiuto. 
Le costò un certo sforzo ammetterlo ma era disposta a fare qualsiasi cosa per Harry. 
- Sei caduta parecchio in basso per ricorrere a noi... Fantastico! - Fred era entusiasta. 
- Cosa ti serve, piccola? - le chiese George, trascurando la lista che aveva in mano. 
- Odio il nuovo Harry! - sbottò e loro aggrottarono la fronte. - Dobbiamo riportarlo alla normalità, farlo ridere e renderlo felice - spiegò sedendosi su uno dei letti. 
- Io avrei un'idea - disse George, colto da un'illuminazione. - Regaliamogli la Mappa. 
- CHE COSA? - urlò Fred. 
Ginevra spalancò la bocca senza proferir parola. 
- E dai, Fred! Noi la conosciamo come le nostre tasche e lui non può andare a Hogsmeade. Se gliela regaliamo sarà la cosa più bella che gli sia mai capitata, credimi - disse George e in quel momento Ginevra avrebbe voluto baciarlo. 
- È ufficiale. Ti sei completamente bevuto il cervello! 
- Scherzi, vero? È un'idea geniale! Ti prego, Fred. Dì di sì - lo pregò lei a mani giunte, lui si esibì in un ghigno malizioso Made in Weasley. 
- E tu che mi dai in cambio? 
- Vedila così: se non accetti, ti darò un pugno - lo canzonò e grazie a quell'incentivo, Fred accettò la proposta del gemello. 
Il giorno dell'uscita per Hogsmeade era arrivato, portando con sé la prima neve e il castello era molto tranquillo. Ginevra e i gemelli aspettavano, da dietro la statua della strega gobba, che Harry passasse per quel corridoio e, grazie a Merlino, fu così. 
- Psst... Harry! 
Harry si voltò e quando li vide chiese incuriosito: - Che ci fate qui? Perché non siete andati a Hogsmeade? 
- Volevamo farti una sorpresa - rispose la ragazza. 
- Vieni... - Fred indicò la classe vuota alla sinistra della statua. Harry li seguì. 
George chiuse piano la porta e si voltò sorridendo. 
- Regalo di Natale in anticipo per te, Harry. 
Con un gesto teatrale, Fred trasse il foglio di pergamena da sotto il mantello e lo posò con cura su un banco. 
Harry fissò i tre, sospettoso. 
- Cos'è questa robaccia? 
- Cos'è questa robaccia, dice lui - Fred chiuse gli occhi con una smorfia, come se Harry lo avesse offeso a morte. 
- Questo, Harry, è il segreto del nostro successo - disse George sfiorando il foglio. 
- Darlo a te è una vera sofferenza - continuò Fred e Ginevra si affrettò ad assestargli una gomitata nelle costole. - Ma abbiamo deciso che tu ne hai più bisogno di noi. 
- Gin, vuoi avere tu l'onore? 
Ginevra estrasse la bacchetta con la quale sfiorò la pergamena e disse: - Giuro solennemente di non avere buone intenzioni. 
Dopo aver consegnato ad un euforico Harry la Mappa del Malandrino, Ginevra e i gemelli andarono da Madama Rosmerta per una Burrobirra. 
Fred non faceva altro che sospirare. 
- Abbiamo fatto la cosa giusta, Fred - disse George, poggiando una mano sulla sua spalla. 
- Quella Mappa ci ha insegnato un sacco di cose e ora... 
- Non pensavo fossi così sentimentale - lo schernì la ragazza, sorseggiando la bevanda. 
Lui sorrise sghembo. - Mi mancherà - mormorò in fine. - Ora come farò a spiarti? 
- Tu cosa?! 
- Ehi, calma - ridacchiò. - Non ho mica detto che ti spiavo mentre dormivi. Ho solo detto che ti... controllavo. 
- Sei incurabile. 
- Forse o forse no. Vuoi essere la mia medicina? - chiese lascivo. 
- Perché non lo chiedi ad Angelina? È la tua ragazza. 
- Oh, è vero - mormorò tra sé e sé, ricordandosi solo in quel momento dell'esistenza della Cacciatrice di Grifondoro. 
Sia Ginevra che George lo fissarono. 
- Che dobbiamo fare con lui? - chiese lei, esasperata. 
George finse di pensarci su. 
- Bha...! Secondo me, se gli soffiamo nell'orecchio, questo si scorda pure il suo nome! 

Natale se ne andò come era arrivato: troppo veloce, per i gusti di Ginevra. 
Harry ricevette una Firebolt, che gli fu subito sequestrata dalla professoressa McGranitt, pensando che "il famigerato Sirius Black" l'avesse stregata. 
Anche Ginevra ricevette un regalo anonimo, ma lo tenne per sé. Era una foto magica, dove due ragazzi, lei con i capelli rossi e lui neri, ridevano abbracciati l'uno all'altra. Dietro di essa c'era una dedica, con una calligrafia stilizzata: 
A te che rallegri le mie giornate. 
Ogni istante della mia vita anche con il più piccolo gesto, grazie. 
Grazie di esistere, amore mio. 
Sir.

Non ci voleva un genio per capire che il mittente fosse suo padre! 
Portava quella foto sempre con sé, custodendola gelosamente, e ogni sera, prima di andare a dormire, le piaceva guardarla e rileggere quella dedica destinata a sua madre, chiedendosi se le cose sarebbero potute andare diversamente. 
I mesi passavano e gennaio si trasformò in febbraio, senza alcun cambiamento climatico. 
Quel giorno, dopo aver svoltato il corridoio che portava alla torre di Grifondoro, Ginevra vide Neville Paciock supplicare Sir Cadogan di farlo passare. 
Ginevra disse la parola d'ordine a Sir Cadogan, che si spostò malvolentieri per lasciarli entrare nella Sala Comune. 
Neville spiegò alla ragazza di aver scritto tutte le parole d'ordine su un foglietto, ma di averlo perso. Data la fama da smemorato del ragazzo, lei non si stupì più di tanto e lo consolò dicendogli che prima o poi avrebbe ritrovato il foglietto. 
Quando varcarono la soglia notarono una piccola folla di ragazzi che mormoravano eccitati, tutti intorno a Harry e al suo manico di scopa. 
- Finalmente la vecchia Minnie te l'ha restituita - esultò Ginevra, guardando bramosa la scopa. - Mi fai fare un giro? Ti preeegooo! 
- Sarai la prima - ammise Harry, solenne. Lei lo abbracciò, dandogli un sonoro bacio sulla guancia. 
- Ehi, c'ero prima io! - obbiettò Ron. - Non è giusto. 
- Non hai mai sentito il detto:"prima le donne e poi i bambini"? - rispose lei sogghignante. 
Ron protestò più volte, comportandosi come un vero bambino, fino a quando non si stancò e decise di andare da Crosta per somministrargli il suo sciroppo. 
- Ehi, Harry - i gemelli varcarono la soglia. - E così hai riavuto indietro la tua Firebolt! 
- Wow, le notizie volano - commentò Harry sarcastico. 
- Aspetta che Baston lo venga a sapere... - George interruppe il suo commento a causa di un urlo strozzato che echeggiò per tutta la sala. 
Tutti i presenti tacquero e fissarono la scala a chiocciola, pietrificati. Risuonarono passi frettolosi, sempre più forti... e alla fine comparve Ron, trascinando un lenzuolo. 
- GUARDATE! - gridò, scuotendo il lenzuolo davanti agli occhi di tutti. 
- Che cosa dovremmo vedere? - chiese Fred, confuso. 
- CROSTA! GUARDATE! CROSTA! 
Ginevra si avvicinò cautamente al ragazzo, certa che avesse ormai perso il lume della ragione. - Ron, - disse - perché non ti siedi e ti rilassi? Ti do la precedenza sulla Firebolt, ma adesso dammi il lenzuolo. 
Quando sembrò rilassarsi entrò Hermione, facendolo scattare. 
- ASSASSINA! 
- Come? 
- GUARDA! - indicò il lenzuolo a Hermione, che si pietrificò. - CROSTA È MORTO! - urlò Ron nel silenzio attonito. - ED È STATO IL TUO MALEDETTO GATTACCIO! 
- Ron, ti prego calmati - Fred abbracciò il fratello minore che iniziò a piangere. Lui cercò di calmarlo, sussurrandogli: "Va tutto bene, tutto bene" con fare paterno. 
Confusa e sconvolta per l'accaduto, Ginevra decise di guardare il lenzuolo. C'era qualcosa di rosso sopra, molto simile al sangue. 

Con il passare dei giorni, il rapporto tra Ron e Hermione sembrò peggiorare. Lui era furioso perché lei non aveva mai preso sul serio i tentativi di Grattastinchi di divorare Crosta. Hermione, invece, sosteneva che Ron non aveva nessuna prova che il gatto avesse mangiato Crosta e che Ron era sempre stato prevenuto nei suoi confronti, fin dal primo giorno. 
Insomma, quella sembrava la fine della loro grande amicizia. 
Harry non sapeva da che parte schierarsi, dato che entrambi avevano ragione, ma doveva ammettere che le prove contro il gatto di Hermione erano schiaccianti. In quel momento chiese consiglio a Ginevra che rassicurò il ragazzo, dicendogli di essere paziente e che presto o tardi Ron se ne sarebbe dimenticato. 
Poco tempo dopo giunse l'attesissima partita tra Grifondoro e Corvonero, nella quale Harry portò la sua squadra alla vittoria. I festeggiamenti durarono tutto il giorno, fino a notte tarda. Ginevra e i gemelli sparirono per un paio d'ore e tornarono nella sala Comune con bracciate di bottiglie di Burrobirra, Zucca Friz e parecchi sacchetti di dolci di Mielandia. 
Poi però, la festa venne interrotta da una McGranitt in vestaglia scozzese, insistendo sul fatto che fosse giunta l'ora di andare tutti a dormire. 
Barcollando per il sonno, Ginevra si trascinò verso la sua camera. Non appena vide il suo letto a baldacchino si distese senza neanche cambiarsi e cadde nel sonno. 
Non sapeva quante ore fossero passate ma quando si svegliò fu presa dal panico. Sentire quell'urlo disumano fu come ricevere un secchio pieno di acqua gelata. 
Aprì la porta e scese in Sala Comune, dove varie voci assonnate si chiedevano chi avesse urlato. 
- Sei sicuro che non è stato un sogno, Ron? - gli chiese Harry mentre scendeva le scale sorreggendolo. 
Quando Ginevra lo vide le si azzerò il cervello: era bianco come un cencio e continuava a tremare. 
- Ron! Cosa ti è successo? - si allarmò precipitandosi verso di lui. 
Non ricevette alcuna risposta. Ron teneva lo sguardo basso e Harry si guardava intorno, incapace di dare una spiegazione. 
- Magnifico, ricomincia la festa? - esclamò allegramente Fred. 
- Credo che Ron stia male - Ginevra cercava di mantenere la voce ferma, ma non riusciva a tranquillizzarsi. 
Fred e George si avvicinarono al fratello minore, preoccupati quanto lei. 
- Dovremmo portarlo in infermeria. 
Percy era entrato nella sala Comune ordinando agli studenti di tornare nelle loro camere, senza essere ascoltato. 
- Che ti è successo? - chiese George a Ron. 
- Sirius Black... - rispose con voce debole. Ginevra si pietrificò. Sulla sala scese il silenzio e alcuni sguardi puntarono su di lei. - Era nel nostro dormitorio e aveva un pugnale. 
- Lo hai fatto entrare tu, non è vero? - l'accusò Angelina. 
- Non incolpare Ginevra - George si interpose tra le due ragazze. 
- Come puoi difenderla? 
- Perché so che non lo farebbe mai! Probabilmente... Ron ha solo avuto un incubo. 
- Non era un incubo! - disse Ron, spaventato. 
Ginevra non aveva sentito neanche una parola di quello che stavano dicendo intorno a sé, era come se lei non fosse più lì. 
La sua mente stava cercando una ragione plausibile per tutto quello che stava accadendo... una certezza. Ma non c'era niente che poteva darle sostegno. 
- Insomma, quando è troppo è troppo! 
La professoressa McGranitt sbatté il ritratto alle sue spalle entrando nella sala Comune e si guardò intorno, furente. 
- Sono felice che Grifondoro abbia vinto la partita, ma la cosa sta diventando ridicola! Percy, da te mi aspettavo di più. 
- Non sono certo stato io a dar loro il permesso, professoressa! - disse Percy, indignato. - Mio fratello ha fatto un incubo... 
- NON ERA UN INCUBO! - urlò Ron. - SIRIUS BLACK ERA SOPRA DI ME CON UN PUGNALE IN MANO! 
La professoressa McGranitt lo fissò incredula, mentre Harry cercava di calmarlo. 
- Vediamo cosa ne pensa Sir Cadogan, allora - riaprì il ritratto e uscì. Tutta la sala Comune tese le orecchie. - Sir Cadogan, avete lasciato entrare un uomo nella Torre di Grifondoro? 
- Ma certo, Madame! - strillò Sir Cadogan. - Aveva le parole d'ordine di tutta la settimana, mia signora! Le ha lette su un foglietto di carta! 
Dentro di sé, Ginevra sentiva una rabbia incontrollata e avvertì che i suoi occhi erano pronti alle lacrime. 
Non sapeva più cosa pensare su suo padre... aveva aggredito un suo amico. 
- Gin - mormorò Harry, sfiorandole il braccio. 
Lei corse via. 





ANGOLO AUTRICE: 
Perdonate il ritardo ma ho avuto un po' di problemini, ma credo di essermi fatta perdonare pubblicando questo capitolo! 
Ho voluto dedicare una parte a Harry, dato che parlo solo di Cedric o dei gemelli... spero che vi piaccia comunque. 
Povero Ronnie, sembra proprio un bambino :'( 
Passiamo avanti: ringrazio tutti quelli che leggono, recensiscono, seguono ecc... Siete fantastici ed è grazie a voi se continuo a scrivere. >w<  Attenderò con ansia un vostro commento - negativo o positivo che sia. 
A presto
18Ginny18

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Capitolo 19
*** Capitolo 18 - SEGRETI SVELATI ***


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Capitolo 18 - SEGRETI SVELATI
Quello che provava Sirius Black in quel momento era un dolore insopportabile. 
Era stato avventato. Remus gliel'aveva detto, lo aveva avvertito e, come sempre, lui non gli aveva dato ascolto. Nonostante i dodici anni passati ad Azkaban, Sirius persisteva nel fare di testa propria. 
Credeva che entrare nella Torre di Grifondoro e uccidere quel viscido traditore sarebbe stato facile, una volta in possesso della parola d'ordine. Ma non aveva fatto i conti con le conseguenze. Non aveva considerato quello che avrebbe pensato la sua piccola principessa. 
L'aveva vista urlare contro Remus. Sentire quelle parole da sua figlia fu straziante, non se lo sarebbe mai aspettato. 
"Mio padre è un assassino... Ho smesso di convincermi del contrario".
L'aveva ferita. Delusa. Solo per vendetta! 
Come aveva potuto? 
Quando la vedeva vicino al Lago Nero, non osava avvicinarsi come aveva fatto le volte precedenti. Temeva che lo respingesse. 
Si limitava ad osservarla da lontano chiedendosi perché la mala sorte avesse deciso di vivere a stretto contatto con lui sin da quando era nato. 
Cosa aveva fatto per meritarselo? Non aveva già pagato abbastanza? 

Ginevra rispecchiava inconsapevolmente i sentimenti del padre. Ma era anche combattuta. 
Non sapeva cosa pensare di lui. 
Doveva odiarlo? "Certo che no!" fu l'immediata risposta che si diede a quella domanda. Era pur sempre suo padre e lei lo amava troppo. Ma non riusciva proprio a spiegarsi il perché fosse entrato nel cuore della notte nei dormitori di Grifondoro e avesse attaccato uno dei suoi migliori amici. 
Per quasi due giorni, pur di evitare gli sguardi indiscreti o le frecciatine che le lanciavano gli studenti, aveva trascurato i pasti. Poi erano intervenuti Fred e George che trovarono un metodo molto efficace per farla "resuscitare", come aveva detto George: la trascinarono di peso fino alla Sala Grande e - dopo averla privata della sua bacchetta - la obbligarono a mangiare qualcosa, minacciandola di sbandierare i suoi segreti più imbarazzanti. 
Così, passarono le settimane e lei si abituò a quello che ormai, per alcuni studenti, era diventato una specie di rito. Il menefreghismo era la sua maschera e aveva imparato a non toglierla mai. 
Gli unici studenti ai quali sembrava non importare che lei fosse figlia di un assassino o meno - a parte i suoi amici - erano i Tassorosso. Poteva avere un terzo occhio ma loro avrebbero comunque fatto finta di niente, considerandola un'amica. 
Si sentì in qualche modo confortata da questo, almeno non doveva sentirsi a disagio quando era nella loro sala Comune in compagnia del suo ragazzo come in quel momento. 
Ginevra e Cedric erano abbracciati l'uno all'altra su un comodo divano giallo e nero, le loro mani intrecciate. 
Lui le lasciava dei piccoli baci sulla fronte e le accarezzava i morbidi capelli corvini mentre lei veniva trasportata da mille pensieri su suo padre. Le capitava spesso negli ultimi tempi e Cedric se ne accorgeva anche ad occhi chiusi. 
- Sei distante - sospirò. - Ne vuoi parlare? 
Ginevra rispose senza distogliere lo sguardo dalle loro mani intrecciate. 
- Preferirei non pensarci, in realtà. 
Cedric le posò una mano sotto il mento, facendola voltare con delicatezza verso di lui. - Come devo fare con te? - sussurrò, guardando gli occhi della ragazza che in quel momento erano di un intenso verde foglia. 
Poco dopo le sollevò le labbra alla sua altezza. Lei chiuse gli occhi ma, prima che quel contatto avvenisse, vennero interrotti dal migliore amico di Cedric, Paul. 
- Ehi, sapevo che ti avrei trovata qui - esultò quando vide Ginevra. - Ho per caso interrotto qualcosa? - chiese poi, notando l'espressione irritata dell'amico. 
- No, no, no, no, no. Assolutamente no. 
- Ced, hai una briciola di sarcasmo, proprio qui - commentò Paul indicandosi il labbro inferiore. 
Cedric si passò una mano sul viso e borbottò in direzione dell'amico. - Che vuoi? 
- È così che tratti un amico? - chiese fingendosi ferito da quelle parole, poi si sedette accanto a Ginevra. - Davvero, amore, - disse alla ragazza - come fai a stare ancora con lui? 
Ginevra rise. Amava l'umorismo frivolo di Paul. 
Paul era un ragazzo vivace, gioioso e a volte un po' infantile. Alto, bello, moro, muscoloso e con due occhi così azzurri e meravigliosi da far svenire gran parte della popolazione femminile della scuola. Peccato che fosse omosessuale... ma nonostante le ragazze lo sapessero, continuavano a sbavargli dietro e alcune ci provavano sfacciatamente con lui. Questo lo divertiva la maggior parte delle volte ma essendo troppo buono e gentile, cercava sempre di respingerle il più delicatamente possibile. 
- L'amore è cieco - rispose Ginevra con un alzata di spalle, scatenando l'ilarità di Paul.
Volse lo sguardo verso Cedric che sfoggiava un sorriso ironico, lei gli scoccò un bacio sulle labbra, dopodiché lui poggiò nuovamente le labbra sulle sue, intensificando il bacio. 
- Siete così dolciosi da farmi venire una carie - squittì Paul con occhi dolci, facendoli ridere. - Oh, quasi mi dimenticavo. Ti cercavo per dirti che il professor Lupin vuole parlarti - disse alla ragazza. - Sembrava importante - aggiunse. 
Ginevra annuì e, dopo aver salutato i due, si diresse verso l'ufficio di Remus. 
Da quando avevano litigato non avevano avuto occasione di parlarsi, anche a causa dei G.U.F.O. che si erano conclusi quel giorno. Sapeva di doversi scusare ma non sapeva da dove cominciare. 
Quando raggiunse l'ufficio bussò alla porta, incerta. Non ricevette risposta ma pochi secondi dopo Remus apparve sulla soglia. 
- Finalmente sei qui! - commentò lasciandosi andare un sospiro di sollievo. 
Lei era confusa e ancor prima che potesse aprir bocca, Remus la invitò ad entrare. Marciò verso la sua scrivania prendendo una pergamena che mostrò alla ragazza. Sfoderò la bacchetta, si schiarì la voce e pronunciò una frase che lei riconobbe subito. - Giuro solennemente di non avere buone intenzioni.
Ginevra sgranò gli occhi e iniziò a sudare freddo quando vide che sottili righe d'inchiostro disegnavano un intreccio che invase tutto il foglio. Le si seccò la gola. 
"Come faceva ad averla lui?". 
- Sai cos'è questo, non è vero? - le chiese Remus fingendosi indifferente, lei trattenne il respiro. - Ne riparleremo dopo - disse per poi mostrarle un punto preciso della Mappa. 
Lei, titubante, guardò il punto indicatole. All'interno della capanna del guardiacaccia Hagrid c'erano Harry, Ron, Hermione e... Peter Minus.
Ginevra sentì il sangue ribollirle nelle vene. Finalmente riusciva a capire. Tutto tornava.
Come aveva potuto dubitare di suo padre?! 
Guardò Remus che teneva gli occhi fissi sulla Mappa e disse: - Andiamo a prendere quel verme schifoso. 

Non passò molto tempo dopo che i due varcarono il passaggio segreto che portava alla Stamberga Strillante dove, secondo la Mappa, era lì che Harry, Ron e Hermione erano entrati insieme a Peter e Sirius. 
Ginevra non sapeva spiegarsi cosa provasse in quel momento. Era talmente confusa che temeva di svenire su quelle scale decadenti. 
Poi sentì delle voci provenire dalla stanza in cima alle scale. Salì di corsa e quando varcarono la soglia, videro Harry puntare la bacchetta al collo di Sirius. Remus lo disarmò.
Notando la presenza di Ginevra, Harry si pietrificò. - Gin... io... - mormorò, lei lo guardò negli occhi e abbozzò un sorriso. 
- Lo so - disse, provando uno stretto nodo alla gola. 
"Cosa avrebbe pensato una volta scoperta la verità?", si chiese, sentendosi come se un treno dovesse travolgerla da un momento all'altro. 
La prima figura ad attirare la sua attenzione fu quella di suo padre. 
Non appena incrociarono i loro sguardi indietreggiarono. Per la prima volta dopo dodici anni Ginevra guardò suo padre. Non era come lo ricordava, bensì sembrava molto più vecchio di quanto si aspettasse. Sembrava distrutto. 
Per un attimo credette di non sapere chi fosse. 
Sirius, invece, stava per cedere all'impulso di gettarle le braccia attorno alle spalle e stringerla a sé, come quando era bambina, ma non voleva spaventarla o distruggere quel poco che credeva fosse rimasto del loro rapporto padre e figlia. 
Vedendolo irrigidirsi, Ginevra si sentì tremendamente stupida per il suo comportamento. Avanzò incerta verso di lui e alla fine non riuscì a trattenere le lacrime di gioia. 
Lui era . Davanti a lei, finalmente! Cosa diamine aspettava ad abbracciarlo? 
Sirius le sorrise titubante e quando furono a pochi centimetri di distanza l'uno dall'altra, lei lo abbracciò. Forte. 
- Mi sei mancato, papà - disse affogando in quelle lacrime silenziose. 
- Oh, amore mio - mormorò lui, baciandole il capo. - Perdonami se puoi. 
- L'ho già fatto - gli sorrise, poi un suono stridulo infranse quel momento d'amore tanto agognato dei due. 
Lo squittio irrefrenabile e irrequieto di un topo riecheggiava senza sosta nella stanza. 
Entrambi si voltarono verso Ron, seduto su un divano vecchio e logoro, con la gamba sanguinante che teneva il topo tra le mani. Lo guardarono con sguardo assassino. 
Ginevra impugnò la sua bacchetta e la puntò contro il topo. Ignorò la paura che si era impadronita del suo amico e con un abile movimento del polso fece tornare il topo alle sue sembianze umane, senza neanche formulare l'incantesimo ad alta voce. 
Tutti si voltarono verso l'uomo che continuava a squittire. 
La vendetta stava persuadendo i due Black ad agire subito ma vennero bloccati dall'urlo di dolore che quel "mollusco" di Peter Minus provocava al povero Ron, che si trovava schiacciato dal suo peso. 
- CHI SEI?! LEVATI DI DOSSO!!! - gli urlò Ron, buttandolo a terra con una spinta. 
- Ron, ti presento Crosta - disse Ginevra con voce priva di espressione, indicando quello che fino a poco prima fingeva di essere un topo. - O dovrei dire Peter Minus? 
L'uomo squittiva spaventato sotto lo sguardo carico d'odio e sdegno di lei. Si alzò da terra e i suoi occhi saettarono verso la porta, nella remota speranza di poter scappare. Ginevra se ne accorse e gli puntò la bacchetta contro. - Provaci e io ti ammazzo seduta stante, hai capito, feccia? - sibilò e lui annuì impercettibilmente. 
- Oh, Peter - disse Remus in tono affabile. - È bello rivederti, non ti sei più fatto vivo, come mai? - chiese e Ginevra represse un sorriso divertito per la battuta. 
- R-Remus... S-Sirius... I miei vecchi amici! 
La mano di Sirius, quella armata di bacchetta, si alzò, ma Remus gli rivolse uno sguardo di avvertimento. 
- Ma che significa tutto questo? - esclamò Harry, confuso, rivolgendosi a nessuno in particolare. 
- Oh, ti spiego subito la vicenda, Harry - disse Sirius con tono pacato e cominciò a camminare avanti e indietro, per smaltire la rabbia in qualche modo. - Il buon vecchio Peter veniva a scuola con noi e tuo padre, ed eravamo molto amici. Dico bene, Codaliscia? 
Quest'ultimo si limitò a squittire e Sirius continuò. - Quando i tuoi genitori capirono di essere segnati si nascosero. Gli unici a sapere dove si trovassero eravamo solo noi tre e, per salvaguardare le vostre vite, Silente decise di rafforzare la sicurezza con l'Incanto Fidelius. 
- E che cos'è? - chiese Harry, in preda alla confusione totale. 
- Permette di riporre un segreto nella custodia di una persona fidata - rispose Ginevra distrattamente. 
Sirius sorrise, ammirato dalla bravura di sua figlia e ricominciò a spiegare cosa fosse successo dodici anni prima. - Dunque, James propose me come Custode ma io, essendo una scelta prevedibile agli occhi di Voldemort, proposi Peter. Un errore che non mi perdonerò mai - aggiunse in tono amaro, guardando i due fratelli. 
"Sarebbe la copia esatta di James, se non fosse per gli occhi", pensò avvertendo un groppo alla gola quando il ragazzo gli chiese cosa fosse successo in seguito. 
- Pochi giorni dopo la loro morte... io e mia figlia Ginevra raggiungemmo un vicolo babbano, dove Peter mi aveva chiesto di incontrarci. Io sapevo che li aveva traditi e quando mi sono trovato davanti a lui ero pronto ad ucciderlo - fulminò Peter con lo sguardo. 
- Lascia continuare il resto a Ginevra - disse Remus, facendo sobbalzare la sua figlioccia. - Ricorda ogni singolo dettaglio - continuò quando Sirius lo guardò confuso. 
Dopo un breve attimo di esitazione, Ginevra continuò il racconto lasciato in sospeso dal padre. Raccontò di essersi nascosta dietro un muro, obbedendo alle parole del padre, di averlo visto sguainare la bacchetta quando Peter aveva fatto altrettanto. Parlò di quella ragazza che sacrificò la sua vita per proteggerla da quell'esplosione provocata da Peter poco prima che si trasformasse in un topo. 
- Non è vero - squittì Minus all'improvviso, indicando Sirius. - Lui ha ucciso tutti quei Babbani... e ora ucciderà me... devi aiutarmi, Remus... La ragazza è sua complice... sarà sicuramente sotto il controllo della maledizione Imperius. Non può ricordare l'accaduto, era solo una bambina... Lui ha ucciso James e Lily... 
- Come osi? - Ginevra urlò, avanzando pericolosamente verso di lui, puntandogli nuovamente la bacchetta contro. - Sei stato tu ad uccidere mia madre! 
- Tua madre? - chiese Ron sconvolto. 
E in quel momento lei si sentì priva di forze, pronta a cadere nel baratro che sperava squarciasse il pavimento. 
Guardò Harry. Se aveva dei dubbi, quelli si erano trasformati in certezze non appena vide che riflesso nei suoi occhi c'erano rabbia, incredulità, incertezza, confusione... 
Dagli occhi di Ginevra fuoriuscirono delle lacrime silenziose. 
Lo aveva detto davanti a lui: L'avrebbe odiata per sempre, come minimo. 
- Sì, sua madre era Lily Evans - la voce di Sirius s'incrinò. - Siete fratelli, Harry. 
Ginevra mantenne lo sguardo basso, non voleva vedere ancora l'espressione dipinta sul volto del ragazzo. 
- Io... io non capisco... Come... - lo sentì mormorare ma venne subito zittito da Remus. 
- Perdonami, Harry, ma è meglio rimandare le spiegazioni a un secondo momento. 
I due fratelli si scambiarono una fugace occhiata, poi Ginevra concentrò la sua attenzione su Peter che non smetteva di piagnucolare. 
Remus gli aveva puntato la bacchetta contro, accusandolo di aver venduto i Potter a Voldemort. 
- Non intendevo farlo! - gemette Peter. - Il Signore Oscuro mi ha minacciato. Che cosa avresti fatto al mio posto, Sirius? 
- Sarei morto piuttosto che tradirli! - ringhiò Sirius rincorrendolo per tutta la stanza. 
Se non fosse stato per Harry, che si era piazzato davanti alla porta, Peter avrebbe tentato la fuga. 
- Harry! - esclamò il traditore. - Assomigli tanto a tuo padre... James non mi avrebbe voluto morto... avrebbe avuto pietà. 
- COME OSI RIVOLGERTI A HARRY? - ruggì Sirius spingendolo lontano dal ragazzo. - COME OSI PARLARE DI JAMES DAVANTI A LUI? 
Lui e Remus erano pronti a porre fine a tutto, le bacchette levate contro quello che una volta ritenevano amico. 
- No! - urlò Harry. Corse verso di loro, facendo da scudo a Peter e il suo gesto stupì molto i presenti. 
- Che stai facendo! - urlò Ginevra. - Merita di morire! 
- Lo so. Ma non morirà per mano di nessuno di voi. Lo porteremo al castello, dopodiché toccherà ai Dissennatori. 
Nessuno si mosse né emise un fiato, tranne Peter che iniziò a piagnucolare. 

Erano diretti verso l'uscita del tunnel. Harry e Sirius sorreggevano Ron. Ginevra e Hermione erano dietro di loro, mentre Remus era in fondo alla fila legato a Peter con un incantesimo, in modo tale che non potesse scappare. 
- Scusa per il morso - disse Sirius a Ron. - Immagino ti dia qualche fitta. 
- Qualche fitta? - domandò il rosso, scandalizzato. - Qualche fitta? Mi hai quasi staccato una gamba! 
- Stavo puntando al topo - si scusò Sirius, nuovamente. - Di solito ho un temperamento molto mansueto, come cane. Infatti, più di una volta James mi consigliò un cambiamento permanente. Alla coda ci si abitua, ma le pulci ti uccidono. 
Scoppiarono tutti in una grassa risata, tranne Ron che era adirato con lui per il morso. 
- E dai, Ron. Ti ha già chiesto scusa - disse Hermione, notando la sua reazione. 
- Sì, sì, sì... 
Ginevra sbuffò. - Lascialo perdere, papà. I bambini come lui è meglio non trattarli. 
Sirius sorrise, avvertendo un moto di pace e felicità dentro di sè. - Sai, è bello sentirti dire di nuovo quella parola. 
- Quale? 
- Papà! - affermò lui ampliando il suo sorriso, che venne ricambiato da sua figlia. 
Uscirono dal tunnel emergendo nell'oscurità del parco. L'unica luce proveniva delle lontane finestre del castello. 
Harry e Sirius fecero sedere Ron su una sporgenza e poi si allontanarono, iniziando a parlare tra loro. Ginevra rimase con Ron e Hermione, indecisa se seguirli o lasciarli un po' da soli. Da una parte aveva paura della reazione di Harry, dall'altra non desiderava altro che stargli vicino. 
Guardò la gamba del suo amico Ron e si trovò molto dispiaciuta per lui ma non glielo avrebbe mai detto. 
"Troppo orgoglio Grifondoro!" 
Spostò lo sguardo verso suo padre e Hermione parlò. 
- Vai pure, non ti preoccupare. Qui ci penso io. 
- Sei sicura? - chiese voltandosi verso di lei fin troppo pronta. 
Hermione le sorrise, ripetendole di non preoccuparsi. Lei annuì e si avvicinò  a Harry e Sirius. 
- Ehi! - mormorò attirando l'attenzione dei due. 
- Ciao... principessa - la salutò suo padre esitante. Non era abituato a parlare con lei e chiamandola "principessa" come faceva quando era piccola, temeva di aver commesso un errore. Invece Ginevra gli sorrise e si avvicinò a lui, intrecciando le loro mani. 
- Non... non so se lo sapete - disse rivolgendosi ai due fratelli. - Ma quando sei nato, Harry, James e... Lily mi hanno nominato tuo padrino - pronunciare il nome di Lily gli costò un certo sforzo e sperò che non se ne fossero accorti. Ma a Ginevra non sfuggì di certo e non poté non notare che i suoi occhi si erano fatti lucidi. 
- Sì, lo so - rispose Harry. 
- Be', ti capisco benissimo se scegli di rimanere con i tuoi zii... ma se tu volessi una casa diversa... 
- Come? Venire a vivere con te? Cioè, con voi? 
"Ecco che arriva un vagone carico di disprezzo nei miei confronti", pensò Ginevra, ormai certa che il ragazzo la odiasse per avergli nascosto la verità. 
- Be', era solo un'idea. Ti capisco, se non vuoi... - continuò Sirius ma venne subito interrotto. 
- Stai scherzando, vero? - sbottò Harry. - Certo che vengo a vivere con voi! Dimmi quando e faccio le valigie - disse con fare impaziente che divertì Ginevra. 
- Davvero? E per te va bene, amore? Insomma, vivere tutti insieme... - disse Sirius. 
Dalla sua espressione si poteva dire che sprizzava felicità da tutti i pori! 
- Non c'è bisogno che tu lo chieda - rispose lei, abbracciandolo per poi tirare anche Harry. 
Si strinsero forte a lui. Harry le sorrise e mimò un "ti voglio bene" che riuscì a commuoverla. 
Finalmente erano una famiglia. 
- Harry! - gridò Hermione facendoli voltare. 
Indicava il cielo dove una nuvola passò oltre, rivelando la luna piena. 
Anche Remus guardò  la luna e quando Ginevra lo vide irrigidirsi, e gambe e braccia presero a tremargli, venne invasa dalla paura. 
- Remus! - gridò pronta ad andargli incontro, ma il braccio di suo padre le impedì di farlo. 
- Correte - sussurrò. - Tornate al castello! 
- Io non ti lascio! - ribatté lei con i piedi saldamente a terra. 
Harry guardò quello scambio di battute, confuso. Non capiva cosa stesse accadendo e iniziava ad arrabbiarsi. Perché nessuno gli diceva niente?! 
Sembrava che Remus, in preda a un tremore violento, stesse per cadere in avanti. 
Con un rumore di strappo violento, esplose. 
Dalla sua pelle spuntò una pelliccia bronzea, che tratteggiò una sagoma differente. 
- Dovrai farlo - riprese Sirius. - Ora va! Andate via, tutti! - disse, dopodiché si trasformò nell'enorme cane nero e prese a correre verso il lupo mannaro. 
Nella confusione, Peter prese la bacchetta di Remus e con essa riprese le sembianze di un topo e scappò via. 
Ginevra rivolse la sua attenzione verso il lupo mannaro e il grosso cane nero che guaì, a causa di un attacco subito. 
Il lupo scopriva i denti e dal suo petto salì un ringhio. 
Fissava i quattro ragazzi dinnanzi a sé, dando loro la sensazione di leggergli nel pensiero: "Uccidere! Uccidere!", ecco cosa pensava Ginevra incrociando i suoi occhi non più color miele. 
- Remus... - mormorò, facendo un passo incerto verso il lupo mannaro. - Remus? Sono io... Ginevra. 
Il lupo le si avvicinò lentamente. Lei sapeva di aver commesso un errore che le sarebbe costato molto, ma preferiva sacrificare la sua vita piuttosto che mettere in pericolo suo fratello e i suoi amici. 
Chiamò Harry, flebilmente. - Al mio segnale, correte! - disse. Lui stava per ribattere ma Ginevra si affrettò ad agire, seguendo il suo istinto. E il suo istinto le diceva di correre abbastanza lontano da permettere agli altri di scappare. 
Partì di corsa verso la parte opposta del gruppo e il lupo la seguì. Con gli occhi fissi sull'erba, accelerò la sua corsa avvertendolo sempre più vicino. Gli alberi della Foresta Proibita si dissolsero in un mare nero che l'avvolgeva. I suoi muscoli si contraevano e rilassavano con un ritmo naturale, ma sapeva che non avrebbe potuto correre all'infinito. 
Inciampò, cadde a terra e non appena si voltò verso l'animale che la inseguiva, ebbe solo il tempo di coprirsi il viso in un gesto istintivo. Un dolore acuto squarciò il suo braccio alzato davanti al volto. 
Sentì un urlo agonizzante e, con sorpresa, si accorse che veniva da lei. Guardò il braccio sul quale c'era un graffio profondo e il sangue iniziò a sgorgare. 
Al sovrapporsi del dolore che saliva dal braccio, sentì bruciare tutte le ossa e credeva che la testa le andasse letteralmente in fiamme. Poi avvertì un forte latrato, profondo e selvaggio, provenire alla sua destra e subito dopo il grosso cane nero saltò alla gola del lupo mannaro e, dopo aver attirato l'attenzione su di sé, corse verso il lago. 
Ginevra cercò di alzarsi ma il dolore che provava glielo impediva. 
La sua vista iniziò ad annebbiarsi e si lasciò cadere sull'erba, avvolta dal buio. 

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Capitolo 20
*** Capitolo 19 - DI NUOVO INSIEME ***


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Capitolo 19 - DI NUOVO INSIEME
Quando riaprì gli occhi vide una luce bianca, abbagliante. Era sdraiata su un duro e irregolare letto. I cuscini piatti e bitorzoluti. Era in infermeria. 
Un forte dolore alla testa la portò a massaggiarsi le tempie. Non ricordava come fosse finita lì né cosa fosse successo. 
Si mise a sedere, poi sentì il braccio destro intorpidirsi e pizzicare. Spostò lo sguardo su di esso. Era fasciato da una spessa garza bianca. A quel punto ricordò tutto: Remus si era trasformato e l'aveva attaccata. 
Mille pensieri le bombardarono la mente mentre si disfaceva della fasciatura, ignorando quel dolore acuto alla testa. I suoi occhi si posarono su quei graffi spaventosi e la paura la invase. 
- Vedo che ti sei ripresa, Black - disse Madama Chips avvicinandosi. - Ti senti meglio? 
Ginevra non rispose, era entrata in uno stato di shock.
Sfiorò con un dito il suo avambraccio, per verificare se potesse farle male al minimo tocco. 
- Non ti preoccupare - disse la donna, attirando la sua attenzione. - Non essendo stata morsa non diventerai un lupo mannaro, ma questo non significa che non ci sarà qualche contagio. La ferita è maledetta ed è improbabile che guarisca del tutto. D'ora in poi potresti avere alcune caratteristiche da lupo. Il tuo è un caso più unico che raro.
- Ma come capirò se c'è qualcosa di diverso in me? Se lei dice che questo è un caso singolare... come posso essere certa che non mi trasformerò in lupo? 
Madama Chips tentennò. - Per esserne certi, bisognerà aspettare la prossima luna piena. Per adesso devi solo riposare. 
Ginevra si guardò attorno. - Dov'è il professor Lupin? 
- Temo che non si farà vedere ancora per qualche ora - disse una voce. Si girò di scatto. Silente le sorrideva. 
I pensieri di lei andarono a Remus, sperava solo che stesse bene. Poi una stretta al cuore. - E mio padre? 
Il sorriso sparì dal volto del vecchio mago e Madama Chips li lasciò soli. 
- Tuo padre è rinchiuso nell'ufficio del professor Vitious, in attesa del Bacio del Dissennatore. 
- Ma lui è innocente! - urlò lei, saltando giù dal letto in preda alla rabbia. - Peter Minus è vivo! È lui il vero colpevole dei crimini di cui mio padre è stato accusato! 
- Io ti credo, Ginevra. Ma altri non sono del mio stesso avviso. Il Ministro della Magia è un cieco, vede solo ciò che vuole. L'unica cosa che posso fare è portarti da tuo padre. 
Ginevra s'incamminò verso la porta e uscì nel corridoio con il preside al suo fianco. 
Doveva vederlo. Salvarlo. Doveva esserci un modo! 
Arrivarono davanti alla porta dove un Auror faceva la guardia. Non appena li vide sbarrò loro la strada. 
- Devo chiedervi di allontanarvi, Silente. Mi è stato ordinato di non fare entrare nessuno. Black potrebbe approfittarne per fuggire. 
- Sono ben consapevole del rischio - dichiarò il preside e nel farlo poggiò la sua mano sulla spalla della ragazza. - Ma vuole negare a questa ragazza di vedere suo padre? 
L'uomo s'irrigidì. Guardò Ginevra con sospetto e dopo averle sottratto la bacchetta, aprì la porta permettendole di entrare. 
Il preside si rivolse all'Auror, ma lei non diede loro il minimo interesse, intenta com'era a guardare suo padre. Era seduto su un banco, la testa fra le mani. Sembrava non essersi accorto del suo ingresso e quando si sentì la porta richiudersi, non accennò nessun movimento. 
Silente parlò a bassa voce. 
- Fra pochi minuti sarai libero. 
- Come fa a dirlo? - disse Sirius senza distogliere lo sguardo dalle mattonelle di pietra. La sua voce era priva di emozione. 
- Il tempo rivela grandi sorprese e certe volte si può usufruire di esso, permettendo di salvare più di una vita innocente. 
- Che intende dire? - chiese Ginevra e a quel punto Sirius alzò lo sguardo. 
Temeva di averla persa per sempre, di non essere arrivato in tempo. Vedere il sangue sgorgarle dal braccio lo aveva distrutto, immerso nella paura. Aveva iniziato ad accettare il fatto di lasciarsi morire per mano dei Dissennatori, ma adesso che la guardava il suo cuore aveva ripreso a battere freneticamente. 
- Credo che il signor Potter e la signorina Granger siano momentaneamente... fuori tempo - ridacchiò Silente. 
I due Black avevano sempre odiato quel tipo di frasi con il quale il preside era sempre uscito di scena, ma in quel momento preferirono non dargli ascolto. Non appena rimasero soli, Sirius le andò incontro e la strinse a sé. 
- Credevo di averti persa per sempre - disse. 
Ginevra cercò i suoi occhi. - Non ti libererai di me così in fretta. 
Lui ridacchiò. Le accarezzò il viso, delicatamente, come se potesse scalfirla al minimo tocco. 
Ad un tratto divenne cupo. - Non voglio che tu veda... 
- Andrà tutto bene, sta tranquillo. 
Sirius accennò un sorriso. - Lo dici a me o a te stessa? 
- Entrambi - ammise con un'alzata di spalle. 
La loro risata, anche se fievole, riuscì a distrarli. 
Passarono gran parte del tempo a parlare dei loro ricordi. Lui le parlò di Lily, la donna piena di vita, gentile e semplicemente unica. E di James, fratello per scelta, combattivo e fiero come nessun'altro. Le rivelò alcuni dei momenti felici passati insieme ai Malandrini, gli scherzi agli insegnanti o ad alcuni studenti come Piton. Lei, invece, gli raccontò tutti i guai in cui si era cacciata insieme a Fred e George e gli scherzi ai danni di Ron. Come quando a sei anni subì una sua piccola vendetta, perché aveva rivelato a suo fratello Charlie che lei aveva una cotta per lui, ritrovandosi un ragno nel letto. 
Ma tra una risata e l'altra, raggiunsero un argomento piuttosto delicato. 
- Come hai fatto a fuggire da Azkaban? - A quella domanda Sirius sorrise di sbieco. 
- Non so come ho fatto - disse lentamente. - Ma immagino che sia merito tuo se non sono impazzito. 
- Mio? 
- Sapevo di essere innocente e l'unica cosa che desideravo era poterti riabbracciare. Volevo rivedere il tuo viso, i tuoi occhi... che hai ereditato da tuo nonno Orion - sospirò, sfiorandole la guancia con una carezza. - Grazie a te ho conservato il senno e non ho perso me stesso. Mi hai aiutato a mantenere i miei poteri, e dopo aver visto la foto della famiglia Weasley sulla Gazzetta del Profeta, ho riconosciuto Peter e trovato la forza necessaria per trasformarmi in un cane. I Dissennatori, sai, non ci vedono. Così sono riuscito a raggirarli e ho nuotato fino alla terra ferma in forma canina. D'allora ho vissuto nella Foresta Proibita e Remus mi teneva informato quando io non potevo avvicinarmi a voi. 
Quando finì il racconto, cadde il silenzio che sembrò durare in eterno. 
- Sono felice che tu sia qui - mormorò Ginevra gettandogli le braccia al collo. Avvertì che i suoi occhi si erano fatti lucidi e lasciò che una lacrima vagasse silenziosa sul suo viso. 
Sirius le baciò il capo. - Ti voglio bene, piccola. 
- Anch'io, papà. 
Quell'attimo indescrivibile mutò all'istante quando udirono dei passi svelti in avvicinamento. Sui loro volti era presente la paura. 
- Ehi, voi! - risuonò la voce dell'Auror aldilà della porta. - Non potete stare... 
- Pietrificus Totalus! - urlò un'altra voce che Ginevra riconobbe all'istante. 
- Credo che siano arrivati i soccorsi - disse al padre ostentando un sorriso. 
- Signor Black, stia indietro - urlò Hermione dall'altro lato della porta. Ginevra e Sirius indietreggiarono e subito dopo la riccia urlò: - Bombarda! - e la porta esplose. 
Harry e Hermione varcarono la soglia. 
- Era necessario? - li accolse Ginevra, sorridendo divertita. - Avreste potuto usare le chiavi - disse indicando il mazzo allacciato alla cintura dell'uomo steso a terra. 
- Così era più veloce - ribatté Hermione, imbronciata. 
- Venite, non c'è tempo da perdere - disse Harry prendendo per mano Ginevra, ma non prima che lei recuperasse la sua bacchetta. 
Raggiunsero la Sala Ingresso dove un ippogrifo li stava aspettando. 
Prima di salirgli in groppa, Sirius si allontanò insieme a Harry lasciando alle due ragazze la possibilità di parlare. 
- Andrai via con lui, vero? - chiese Hermione, sapendo già la risposta che avrebbe ricevuto. 
- Ho aspettato troppo tempo... non posso separarmi da lui una seconda volta, Herm. 
Hermione annuì. Alzò gli occhi al cielo e cercò di fermare le lacrime che erano pronte ad uscire. 
Ginevra l'abbracciò. - Mi mancherai. 
- Se non mi scrivi almeno tre volte alla settimana... ti uccido - singhiozzò la riccia facendola sorridere. 
- Lo farò - sciolsero l'abbraccio, asciugandosi gli occhi lucidi. - Ci vediamo l'anno prossimo, okay? 
- Sarà difficile raccontare a tutti dove sei finita. 
- Dì loro che invierò presto mie notizie - mormorò per poi ghignare. - Dai a Draco un bacio da parte mia. 
Hermione arrossì vistosamente e iniziò a balbettare frasi sconnesse e senza senso. Ginevra amava metterla in imbarazzo. 
Solo quando l'ippogrifo si avvicinò a loro in cerca di attenzioni, la riccia sembrò tornare in sè. 
- Lui è Fierobecco - disse. - Vi aiuterà a scappare. 
- Grazie, Herm. Non so quante volte te lo ripeterò, ma grazie. Se non fosse stato per te e Harry... - deglutì scacciando quei pensieri orribili dalla sua mente. 
- Gin... - la chiamò Harry esitante. Lei si voltò e lo abbracciò forte. - Ti voglio bene - sussurrò. 
- Anch'io, Harry. Tanto, tanto, tanto! - disse schioccandogli un bacio sulla guancia per ogni singola parola e lui rise. 
- Sei pronta? - le chiese Sirius, che era già in groppa all'ippogrifo, porgendole una mano per salire. 
Ginevra annuì e salì tenendosi stretta a lui. 
- Ricorda le mie parole, Harry - disse Sirius facendo un occhiolino al suo figlioccio. - A presto. 

Volarono per quasi tutta la notte, in lungo e in largo, fino a ritrovarsi in un piccolo paesino. Una volta atterrati, Sirius si premurò a nascondere l'ippogrifo agli occhi dei Babbani, dopodiché aiutò sua figlia a scendere. 
- Dove siamo? - mormorò Ginevra guardandosi intorno, anche se le sembrava un posto familiare. 
- Godric's Hollow - disse Sirius. - Ho... bisogno di andare in un posto e vorrei che tu venissi con me. 
Lei annuì senza esitare a quella richiesta, suo padre si posizionò al suo fianco e prese la forma di un cane. 
Iniziarono a camminare lungo il vicolo, circondati dal buio della notte. Da una parte all'altra della stradina c'erano delle villette che sembravano tutte uguali. Poco più avanti, il bagliore dei lampioni indicava il centro del villaggio. 
Ginevra osservò ogni portone, ogni portico, nella speranza di ricordare se una di quelle fosse stata casa sua, ma nessuna villetta le trasmetteva qualcosa si positivo, solo disinteresse e frustrazione. Poi il vicolo che stavano percorrendo curvò a sinistra e la piccola piazza del villaggio si presentò davanti ai loro occhi. 
Il grosso cane nero si avvicinò alla statua al centro della piazza e si sedette ai suoi piedi. Ginevra lo seguì e iniziò a scrutare il monumento ai Caduti che, non appena gli fu abbastanza vicino, si trasformò. Invece di un obelisco coperto di nomi, c'era una statua che raffigurava tre persone: un uomo spettinato e con gli occhiali, una donna con i capelli lunghi e un viso bello e gentile che teneva in braccio un bambino piccolo. 
Ginevra non riuscì a frenare le lacrime che le scendevano copiose e si avvicinò ancora di più per osservare il viso di sua madre. 
Guardò di sottecchi il grosso cane nero al suo fianco, che osservava l'uomo dai capelli in disordine e quando si accorse dell'occhiata di lei, s'incamminò verso il cancello all'entrata del cimitero. 
Lei lo aprì il più silenziosamente possibile e si inoltrarono, seguì il cane che raggiunse una lapide ben precisa, in marmo bianco sulla quale vi erano incise le seguenti parole: 
James Potter, nato il 27 marzo 1960, morto il 31 ottobre 1981
Lily Potter, nata il 30 gennaio 1960, morta il 31 ottobre 1981
L’ultimo nemico che sarà sconfitto è la morte
S'inginocchiò, sfiorò l’incisione dei due nomi e ne seguì ogni curva, le lacrime fuoriuscirono automaticamente ma non emise alcun suono. 
- Erano i tuoi genitori? - chiese una voce alle sue spalle e lei scattò in piedi, pronta a prendere la sua bacchetta in caso di emergenza. - Non avere paura. Non ti farò del male - continuò la voce e lei si voltò lentamente.
Sembrava un ragazzo sui diciannove anni. Era alto e muscoloso, con i capelli biondo cenere e un sorriso amichevole. Indossava una maglietta blu e dei jeans strappati. Considerato il look aveva l'aria di essere un babbano.
- Anch'io ho perso i genitori. Ora vivo con mio nonno - disse il ragazzo con voce leggermente incrinata e Ginevra notò che teneva in mano un piccolo mazzo di fiori. - Non ti ho mai vista da queste parti.
- Sono appena arrivata - borbottò, asciugando le ultime lacrime sul viso.
- Hai dei parenti qui vicino? Sai, non è prudente camminare da sola a quest’ora della notte.
- Ma io non sono sola - ribatté prontamente e il grosso cane nero si interpose tra loro con fare protettivo nei confronti di lei. 
Il ragazzo sorrise, accorgendosi solo in quel momento della sua presenza, si chinò e i due iniziarono a scrutarsi.
- Io sono Tommy e... lui come si chiama? - chiese il giovane, divertito. 
- Felpato - rispose Ginevra e lui sorrise.
Alzò lo sguardo verso di lei e ampliò il suo sorriso. - E tu come ti chiami? 
Lei non rispose, sentendosi sempre più a disagio man mano che il tempo passava. 
- Non sei molto loquace.
- È strano fare conoscenze in un cimitero - mormorò e Tommy rise.
- Già. Ma sempre meglio che incontrare il vecchio Gabe, il custode - le fece l’occhiolino e lei accennò un sorriso.
- Mi chiamo Ginevra. 
- È un piacere conoscerti, Ginevra - disse porgendole la mano che lei strinse. I loro sguardi si incrociarono e lei trattenne il respiro per qualche secondo, perdendosi in quegli occhi azzurri.
Felpato la strattonò per la maglietta con un morso, decidendo di interrompere quell'attimo un po' troppo inopportuno.
Tommy rise. - Sei geloso, eh? 

Pochi minuti più tardi Ginevra uscì dal cimitero e raggiunse il luogo dove avevano lasciato Fierobecco. 
- Ti rendi conto che quello ci stava provando con te?! - sbottò Sirius, adirato. Lei trasalì per lo spavento. Non si era accorta che avesse ripreso le sembianze umane. - "Sei geloso, eh?" - scimmiottò. - "Be', certo, idiota! Questa è mia figlia!" avrei dovuto dirglielo. Avrei fatto sparire volentieri quello stupido sorrisetto da quel faccino! 
Ginevra sorrise e lo abbracciò, continuando a camminare. - Chissà... forse cambierai idea - lo provocò. 
- Ne dubito!
Si diressero verso un vicolo buio che portava fuori dal villaggio, poco distante dal punto del loro arrivo. Oltrepassarono una moltitudine di case, fino a quando Sirius non si fermò.
- Cosa c’è, papà?
- Qu...questa è la casa... - iniziò a balbettare con voce tremante. - È la casa di James. 
Ginevra rivolse la sua attenzione alla villetta.
Gran parte di essa era ancora in piedi, ma la parte destra del piano superiore era esplosa. Il passato iniziò a riaffiorare quando lei notò alcuni particolari ancora intatti. Sul prato c’era una piccola altalena, sulla quale dondolava insieme ad un piccolo Harry sorridente e accanto ad essa una scopa giocattolo per la quale i due fratelli litigavano per contendersela.
Sorrise, persa nei ricordi, e inavvertitamente posò una mano sopra il cancello coperto dalla ruggine. Sirius le cinse le spalle con un braccio, per poi indicarle un cartello che prima non aveva notato. A lettere d’oro impresse sul legno c’era scritto:
Qui, la notte del 31 ottobre 1981, 
persero la vita Lily e James Potter.
Il figlio Harry è l’unico mago
mai sopravvissuto alla Maledizione Mortale.
La casa, invisibile ai Babbani, è stata lasciata intatta 
nel suo stato di rovina come monumento ai Potter 
e in ricordo della violenza 
che distrusse la loro famiglia.
Intorno a quelle lettere incise con cura, vi erano aggiunte delle scritte. Alcuni maghi avevano scolpito le loro iniziali nel legno; altri avevano lasciato dei messaggi. I più recenti spiccavano sopra dodici anni di graffiti magici e più o meno dicevano tutti la stessa cosa.
‘Lunga vita a Harry Potter’, ‘Sei il nostro eroe!’.
Ginevra smise di leggere per un improvviso sbadiglio. 
Sirius sorrise. - Vieni. Andiamo a casa. Spero che gli incantesimi di protezione siano durati tutto questo tempo - disse tra sé e sé. 
Si allontanarono da casa Potter, poco lontano da lì c'era una struttura che all'inizio lei non riuscì a vedere ma che poco dopo si fece sempre più chiara.
Era una bellissima villetta che si differenziava dalle altre per i colori sgargianti dei muri.
- In onore del grande Godric? - chiese divertita.
- In realtà è una piccola vendetta di James - sorrise malinconico. - Almeno non l'ha dipinta verde e argento! 
Varcarono la soglia con una risata allegra e un’ondata di calore avvolse Ginevra come un abbraccio. 
Era a casa.  





ANGOLO AUTRICE:
Ehi, popolo di EFP!!! Grazie per essere arrivati fin qui ^-^
Finalmente ho completato il terzo anno, che ne pensate? Vi sembra un po' banale? 
Nel capitoli precedenti ho aggiunto altri due nuovi personaggi, oltre a Tommy, che non appartengono alla zia Ro. Non so perché lo sto dicendo adesso, ma mi andava! *fa spallucce* 
Per chi non ricordasse chi sono i miei personaggi... La zia Emy, sorella di Ted Tonks e Paul, il Tassorosso sexy e omosessuale. 
Non ho ancora deciso chi sarà il presta-volto della zia Emy, ma troverete quelli dei due bei fustacchioni nella mia pagina Facebook:
https://www.facebook.com/18Ginny18-EFP-606643502825534/?notif_t=page_user_activity¬if_id=1462784367726657
Spero di introdurli più spesso all'interno della storia. Che altro posso dire? Ah!Ovviamente si accettano suggerimenti o commenti (positivi o negativi)... 
Alla prossima!!!
18Ginny18

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Capitolo 21
*** Capitolo 20 - PUGNALATA AL CUORE ***




 
Capitolo 20 - PUGNALATA AL CUORE
Aveva girato per tutti i vagoni in cerca di Cedric. Non riuscì a trovarlo e si unì ai suoi amici, come ai vecchi tempi. Si era lasciata cadere sul sedile dello scompartimento, con le cuffie nelle orecchie e chiuse gli occhi, trasportata dalla dolce melodia della sua canzone preferita. Pian piano si lasciò invadere da uno strano calore e si addormentò. 
- Corri... - sussurrò una voce nel buio. 
Non capiva da dove provenisse. 
- Corri... - ripeté la voce. 
Ginevra iniziò a cercare la fonte di quella voce. Attorno a lei c'era solo il buio. 
- Corri! 
Non capiva perché, ma anche se avesse voluto dare ascolto a quella voce, le era impossibile muovere un muscolo. Era come pietrificata. 
Poi sentì una forza estranea spingerla in avanti che riuscì a sbloccarla. - Scappa! 
Diede ascolto al suggerimento e si lanciò in una corsa senza meta. Non osava voltarsi per vedere da cosa stesse scappando, un po' per paura ma anche perché sapeva che non avrebbe visto altro che buio. 
Davanti a sé apparve una porta dalla quale proveniva un sibilo.  
- No! Non avvicinarti - l'avvertì la voce estranea ma allo stesso tempo familiare. 
Lei si fermò. 
La porta si aprì scricchiolando e Ginevra venne invasa dai brividi quando udì quel tono inquietante. - Vieni... Vivremo in eterno... Vieni... - ripeteva la voce sibilante. 
- Non ascoltarlo! Scappa! - urlò invece quella voce amica. 
Ginevra riprese a correre inseguita da una risata agghiacciante. Poi cadde nel vuoto, ma qualcuno l'afferrò per la spalla. 
Riaprì gli occhi incontrando quelli verde smeraldo del fratello. 
Non riuscì a trattenersi. Gettò le braccia intorno al collo di Harry e si lasciò sfuggire un singhiozzo. 
Il suo respiro era irregolare e si sentì come se avesse davvero corso tutto il tempo. Come se quello non fosse stato affatto un sogno. 
- Va tutto bene, Gin - cercava di rassicurarla Harry. 
Lui si sentiva un po' a disagio, non sapeva affatto come comportarsi in un momento come quello. In un modo impacciato la strinse a sé e ricambiò l'abbraccio. Ginevra tremava come una foglia e gli dava l'impressione che avrebbe pianto da un momento all'altro. 
'No', pensò Harry 'Ginevra non piangerebbe mai! Non lo ha mai fatto'. 
Le accarezzò i capelli. - Sei al sicuro. Non preoccuparti. 
La ragazza si scostò leggermente dal fratello senza però sciogliere l'abbraccio. Si diede della stupida per aver reagito in quel modo!  
- Scusa - singhiozzò asciugandosi gli occhi con il dorso della mano. 
Un miagolio la fece voltare verso il gatto nero al suo fianco che le diede un colpetto affettuoso sul braccio con il muso. Aveva il pelo morbido e nero, due particolari occhi azzurri e le orecchie a punta. Era un regalo da parte di Remus, per farsi perdonare per quello che le aveva fatto qualche mese prima. Lui non riusciva a capire che non c'era alcun motivo di sentirsi in colpa, dato che Ginevra sembrava non essere infetta dal gene del lupo mannaro. Non c'era verso: malgrado i continui sforzi di convincerlo che lei stava benissimo, si tormentava da solo. La storia era sempre la stessa; alla fine di ogni tentativo Ginevra chiudeva gli occhi e lo ignorava. Remus continuava a borbottare in preda al rimorso. 
Il suo respiro aveva ripreso il giusto ritmo. 
Con un sorriso sulle labbra grattò la testolina del suo amico a quattro zampe.
- Ti senti meglio? - le chiese Harry. 
Lei, un po' imbarazzata, annuì. 
- Era... un brutto sogno? 
Quella domanda riuscì a farle trattenere il respiro per qualche secondo. - A volte mi prendo uno spavento per nulla - disse Ginevra, ridendo falsamente ilare e con lo sguardo perso in un punto indefinito. - Il fatto è che... sembrano così veri. 
Doveva dare l'impressione che stesse per esplodere in una crisi di pianto da un momento all'altro perché Harry l'abbracciò nuovamente. Non che la cosa dispiacesse a uno dei due, ma da quando avevano scoperto di essere fratelli ogni gesto sembrava un po' strano. Si sentivano entrambi impreparati, incapaci di fermare i loro istinti che stavano entrambi scoprendo di avere. Era una bella sensazione sapere che lui ci sarebbe stato sempre per lei, così come lei ci sarebbe stata sempre per lui. 

A qualche vagone di distanza, un ragazzo avvenente e dal sorriso gentile conversava animatamente con una ragazza dai capelli corvini e l'aria da civettuola. Tra una risata e l'altra lei trovava la scusa di poggiare la sua mano sul ginocchio di lui, apparentemente senza malizia. 
- Sai, Ced... - esordì la ragazza iniziando a giocherellare con le dita. - Ma io ti piaccio? 
- Certo che mi piaci, Cho. 
Il padre di Cedric, il signor Diggory, e il padre di Cho erano vecchi amici dai tempi della scuola. I due ragazzi si erano spesso incontrati per i corridoi e avevano condiviso qualche estate insieme alle loro famiglie, di conseguenza Cedric e Cho si conoscevano fin da quando erano bambini, ma tra loro non c'era mai stata altro che amicizia e a lei evidentemente non bastava più. 
- Intendevo non come amica - chiarì Cho con un sorriso esitante.
- Oh - disse Cedric, arrossendo. - Cho, scusa ma io ho già una ragazza... Oh, cavolo! Gin! - esclamò poi alzandosi di scatto. - Mi avrà cercato! 
Stava per uscire dallo scompartimento per andare dalla sua fidanzata, ma Cho glielo impedì.
- È da più di due ore che siamo qui, non credo che ti stia ancora cercando. Non vorrai lasciarmi sola, vero? - chiese sfoggiando la sua abilità di attrice con un'espressione ferita.
Cedric, troppo buono e ingenuo per credere che la Corvonero stesse fingendo, si risedette al suo fianco. 
Cho sorrise. Poi, come colta da un'illuminazione, disse: 
- Ho una sorpresa per te. 
Dalla borsetta blu che portava con sé tirò fuori un sacchetto e lo porse al ragazzo. 
- Grazie, Cho. Non dovevi - disse regalando un sorriso raggiante alla ragazza, facendola arrossire. 
Dal sacchetto tirò fuori un biscotto con delle goccioline di cioccolato sopra. 
- Li ho fatti ieri insieme a mia madre e dato che a te piacciono molto i biscotti... ho pensato di portartene un po'. Dai! Assaggialo.
Il Tassorosso, ignorando le intenzioni della ragazza, ne addentò un pezzo. Lei lo guardava con soddisfazione. Passarono un paio di secondi prima che la ragazza tornasse a parlare. - Allora? 
Cedric le rivolse lo sguardo. Nei suoi occhi nocciola era presente una strana luce. 
Cho si sporse verso di lui, i loro visi si facevano sempre più vicini. Chiunque fosse passato davanti allo scompartimento, come Draco Malfoy e Blaise Zabini, in quel momento avrebbe visto il contatto tra le loro labbra. 
I due Serpeverde non credevano ai propri occhi. All'inizio Draco non aveva riconosciuto i due, ma quando Blaise aveva richiamato la sua attenzione facendogli notare che il ragazzo di sua cugina stava baciando un'altra... be', potete immaginare quello che pensò vedendo quella scena.
Avrebbe voluto irrompere lì dentro e picchiare "quell'idiota schifoso, figlio di una buona donna", l'impulso era forte. Poi i suoi pensieri andarono a Ginevra. Come poteva quello tradire lei?! Era più che certo di averla vista qualche ora prima cercare il suo "ragazzo" senza trovarlo. 
'È ovvio! Stava con quell'oca!' pensò mentre la rabbia si accavallava in lui in attesa di uscire. 
- Che facciamo? - chiese Blaise, distogliendo l'istinto omicida che faceva la corte al suo amico. - Lo diciamo a Gin?
Ecco come una domanda può far crollare tutto. E la risposta non era lontanamente facile... 
- Non lo so, Blaise - ammise a pugni stretti. - Non lo so. 
L'indecisione dei due durò per tutto il viaggio. Quando il treno si arrestò alla stazione di Hogsmeade, furono quasi tentati di dirlo a Theodore ma sapevano entrambi che lui non avrebbe esitato un attimo a dirlo alla ragazza. Non era mai stato in grado di celare nessun tipo di sentimento o segreto davanti a lei. 
Ma ben presto scoprirono che nascondere qualcosa a Ginevra Andromeda Black era una missione impossibile, paragonabile ai rarissimi sorrisi del professor Piton. Li guardava con un'espressione stranita, certa che le stessero nascondendo qualcosa. Affiancata dal "trio dei miracoli"-come Draco aveva soprannominato Harry, Ron e Hermione- li raggiunse. 
- Ciao - disse accennando un sorriso vittorioso. - Avete qualcosa da dirmi? 
- No! Voglio dire... no, assolutamente no. Perché lo chiedi? - disse Draco dissimulando una risatina isterica, passandosi la mano tra i suoi ciuffi biondi. 
Ginevra portò le braccia al petto e inarcò un sopracciglio. I due ragazzi deglutirono.
- Drake, so che mi state nascondendo qualcosa e se non volete che lo scopro da sola, vi conviene parlare adesso. 
- Anche se la cosa non ti piacerà? - le chiese Blaise cercando di non incontrare il suo sguardo. 
Lei annuì e lo esortò a parlare. I due Serpeverde si lanciarono un'occhiata per decidere chi avrebbe parlato e a quel punto Draco prese il coraggio a due mani. 
- Vedi, Gin, - disse - prima... sul treno abbiamo visto Cedric e... lui stava... 
Draco non concluse il discorso perché Ginevra aveva sgranato gli occhi quando alzò lo sguardo. Allora tutti e cinque i ragazzi che le stavano intorno seguirono la traiettoria del suo sguardo. Quello che videro li lasciò a bocca aperta. 
Cho Chang e Cedric Diggory si stavano baciando davanti ad una folla di studenti alquanto sorpresa. 
Draco sentì un dolore alla spalla quando sua cugina lo oltrepassò a passo di marcia, senza accennare di fermarsi. Non appena fu abbastanza vicina alla coppietta, e dopo averli guardati entrambi con sdegno, tirò uno schiaffo così forte sulla guancia del ragazzo che gli fece girare la testa di lato. 
- Mi fai schifo - sibilò a Cedric prima di tornare da suo fratello e i suoi amici. 
- Gin... - tentò Blaise ma lei gli impedì di continuare. 
- Era questo quello che cercavi di dirmi? - chiese rivolta al biondo. La sua voce tremava, ma non sapeva se per rabbia o per altro. Una cosa era certa, per lei era stato un duro colpo. E vedere quell'espressione tra il dolore e la furia deformare il suo viso, per Draco fu come una pugnalata al cuore.
- Mi dispiace.
Ginevra annuì, rassegnata. Durante la Coppa del Mondo di Quidditch aveva notato l'interesse che la Corvonero aveva nei confronti di Cedric, ma non si sarebbe mai immaginata una cosa del genere. Soprattutto non da lui. 
Alcuni studenti iniziarono ad indicarla, altri la guardarono con compassione cosa che a lei non andava giù. Non voleva fare pena a nessuno. 
Mostrò una maschera d'indifferenza sul volto dopodiché s'incamminò verso le carrozze. 





ANGOLO AUTRICE: 
Scusate il ritardo ma avevo da fare. 
Per chi avesse intenzione di uccidermi o incitare una folla armata di forconi e torce: rifletteteci bene... Se muoio non saprete mai come andrà a finire la storia è-é 
Lo so, il capitolo è corto ma vi prometto che i prossimi saranno più lunghi! Grazie a tutti voi e al prossimo capitolo!
18Ginny18

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Capitolo 22
*** Capitolo 21 - IL CALICE DI FUOCO ***


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Capitolo 21 - IL CALICE DI FUOCO
Godric's Hollow, quella notte era un vero splendore; il vento ululava piano accarezzando i rami degli alberi, il silenzio regnava indisturbato regalando pace e serenità, ma a Sirius Black tutto questo non interessava. Aveva passeggiato nei pressi della sua dimora sotto la forma di cane nella speranza di riuscire a dormire, senza successo. 
Da quando i mangiamorte si erano manifestati alla Coppa del Mondo e subito dopo era comparso il Marchio Nero, era in uno stato di ansia continua. Aveva paura che tutto stesse per ripetersi. Non voleva che iniziasse un'altra stupida e dolorosa guerra. E non voleva che né Ginevra né Harry venissero coinvolti. Erano ancora troppo giovani per sopportare tutta quella sofferenza, che lui stesso aveva provato sulla sua pelle. 
Aveva perso molto nella prima guerra: James, Lily, suo fratello Regulus... era stato devastante. Per dodici anni aveva lottato con tutte le sue forze per non perdere il loro ricordo. 
Quando Remus si allontanava per qualche ora dalla casa che condividevano, passava la maggior parte del suo tempo a passeggiare per le strade della cittadina per non restare da solo per troppo tempo. A volte la solitudine gli dava la sensazione di essere di nuovo in quella cella fredda e buia, circondato da urla di dolore e risate di chi aveva raggiunto la pazzia. Per un attimo aveva temuto che sarebbe diventato come loro ma gli era bastato pensare alla sua piccola principessa per rimanere in sé e andare avanti. 
E se in quel momento lei si fosse trovata in pericolo, lui non poteva fare nulla per evitarlo. Era di nuovo in prigione. In una prigione senza sbarre, certo, ma pur sempre una prigione dalla quale non poteva uscire. 
Remus guardava il suo amico canino seduto davanti a quella villetta decadente che una volta era la casa dei suoi migliori amici. Ormai sapeva dove trovarlo quando spariva nel cuore della notte. 
Sirius era talmente concentrato da quei mille pensieri che gli vorticavano in testa da non accorgersi della sua presenza fino a quando non gli sedette accanto. Rimasero in silenzio con lo sguardo fisso verso la villetta dei Potter, poi Felpato guaì e si accucciò. Remus accennò un sorriso e gli accarezzò la testa. 
- Mancano anche a me.

Nel frattempo, a Hogwarts, un gatto dal manto scuro entrò furtivamente nell'ufficio del preside e tramutò il suo aspetto dopo pochi istanti. 
Lì, dove prima sostava il felino, si ergeva la figura imponente di un uomo dai capelli neri.
Silente, seduto dietro alla scrivania, non sembrava sorpreso o sconvolto più di tanto da quella presenza. Bensì lo ignorò e prese a canticchiare un motivetto allegro. Sapeva chi era colui che lo scrutava nella penombra della stanza.
L'uomo in questione sembrava impaziente. Era stato convocato nel cuore della notte. Ne conosceva il motivo; o almeno lo immaginava, dato che era la loro discussione più frequente nel corso degli anni, ma odiava -come in quel momento- quando il preside giocherellava con i suoi pollici, senza rivolgergli l'attenzione. Aspettava sempre qualche minuto prima di parlare. A parer suo lo divertiva vedere le persone irritarsi.
Infatti, un attimo dopo Silente si decise a parlare all'uomo, senza distogliere lo sguardo dal suo passatempo. - Ci sono novità? 
Prima di rispondere, si chiese quali parole fossero più appropriate per essere diretto. - No, signore. Continua ad avere lo stesso incubo, ma non sempre riesco ad averne il controllo per evitarlo - ammise con rammarico. - Dopo l'episodio di pochi mesi fa è diventata più forte. I suoi poteri sembrano ingestibili, a volte. 
- Continua a tenerla d'occhio. Fai in modo che i suoi poteri non si inneschino. 
L'uomo ispirò rumorosamente. Stava per ribattere che era inutile, dato che le rare volte in cui distoglieva lo sguardo da lei era quando veniva convocato dal vecchio, poi cambiò idea. Era inutile aprire un'altro dibattito sull'argomento. 
- E non farti scoprire. È di vitale importanza - concluse il preside prima di congedarlo. 
Quando si richiuse la porta di quercia lucente alle spalle l'uomo prese di nuovo la forma felina, dopodiché si diresse verso la torre di Grifondoro. 

Quella mattina di fine ottobre avrebbe fatto a meno di andare a lezione, preferiva poltrire nel suo soffice letto a baldacchino dai colori rosso e oro. Era stata in piedi tutta la notte a preparare una Pozione Invecchiante per Fred e George, nonostante fosse convinta che non avrebbe funzionato per il loro scopo. 
Nessuno poteva impedirle di oziare tutto il giorno dato che non condivideva la camera con nessuno. Ma non aveva fatto i conti con il suo gatto... 
Quella palla di pelo nera dagli occhi di ghiaccio sembrava capire le sue intenzioni ancor prima di metterle in atto. Si acciambellò al suo fianco e iniziò a spingere la sua testolina sulla sua faccia, facendo le fusa. 
- Buongiorno anche a te, Ice - lo salutò Ginevra. - D'accordo. Mi alzo, contento? 
Ice saltò giù dal letto e attese che la sua padroncina facesse lo stesso. Quando la guardava con quei suoi occhioni azzurri la ragazza si chiedeva se fosse normale che un gatto si comportasse in quel modo. A volte non sembrava neanche un gatto!
Quando si mise in piedi le passò fra le gambe facendo le fusa. 
- Un giorno me la pagherai - sbuffò passandosi una mano sul viso.
Ice piegò la testa di lato e lei immaginò un sorrisetto derisorio sul suo muso. 
Il nome non l'aveva scelto da sola. Lei, Sirius e Remus -che si era trasferito in quella villetta insieme a loro- cercarono un nome adatto da affibbiargli per un pomeriggio intero, inventando nomi assurdi come: Silvestro, Mr. Cioccorana... Ma alla fine decisero che Ice era un nome meno imbarazzante degli altri.
Dopo una doccia rigenerante indossò la divisa, raggiunse la porta e scese nella sala comune. Come ogni mattina Ice la seguì, ormai era diventata una strana abitudine alla quale non faceva più caso. 
Si sorprese a fischiettare, mentre si sistemava il fermacapelli. 
- Sei di buonumore? - la salutò Fred con il suo solito sorriso sghembo. 
- L'idea di vedere un vostro fallimento mi mette molta allegria.
- Non sei divertente - disse George imbronciato. - Sai che vogliamo partecipare per vincere tutti quei galeoni! 
Ginevra sbuffò. Ice le passò fra le gambe facendo le fusa e lei lo prese in braccio. - Lo so - aveva detto ai gemelli, assumendo quel cipiglio da saccente - ma non vi garantisco che andrà tutto bene. Sicuramente Silente non è uno sprovveduto. 
- Abbi fiducia, Blacky - disse Fred. - Andiamo, voglio mettere il mio nome in quel Calice prima di colazione. 
- So già che finirà male - sospirò Ginevra seguendo i due gemelli fuori dal ritratto con Ice tra le braccia. 

I corridoi di Hogwarts erano stati invasi da ragazzi e ragazze delle delegazioni di Beauxbatons e Durmstrang. Erano arrivati la sera precedente in occasione del Torneo Tremaghi e sarebbero rimasti per la maggior parte dell'anno. 
Quella sera stessa il Calice di Fuoco avrebbe selezionato i tre campioni, un solo studente per ogni scuola. Per vincere, ogni campione doveva superare tre prove estremamente pericolose e per impedire che nessuno studente di età inferiore ai diciassette anni partecipasse alla selezione, era stata imposta una Linea dell'Età attorno al Calice di Fuoco da Silente stesso. Ovviamente i gemelli Weasley avevano deciso di raggirare le regole con l'aiuto di una Pozione Invecchiante ma, date le loro scarse abilità nel preparare Pozioni, riuscirono a convincere la loro amica Ginevra ad aiutarli. 
E ora erano lì. Sotto la pioggia incessante a correre verso l'Ingresso. 
Raggiunsero la loro meta completamente zuppi d’acqua. Ice saltò giù dalle braccia di Ginevra con un balzo e dopo essersi scrollato l'acqua di dosso il suo pelo si rizzò dandogli un aspetto buffo. I tre ragazzi risero e asciugarono i loro abiti con un abile colpo di bacchetta dopodiché Ginevra diede una sbirciatina all'interno della Sala dove Cedric veniva spintonato verso il Calice.
Trattenne il respiro. 
Non si erano più rivolti la parola dopo quello che era successo il primo giorno. Quando lo incrociava nei corridoi si affrettava a cambiare strada o a ignorare completamente la sua esistenza. Sapeva di non poter smettere di volergli bene, ma l'odio che aveva scaturito il suo gesto era immenso. Non lo avrebbe mai perdonato. Eppure, in quel momento, vederlo sorridere le provocò un dolore straziante all'altezza del petto, come una voragine. Le mancavano i suoi sorrisi, doveva ammetterlo. La sua voce calda e melodiosa quando le sussurrava di amarla facendola sorridere come una bambina. E quegli occhi color nocciola che la guardavano con infinita dolcezza prima di far sfiorare le loro labbra. 
Lo guardò gettare il suo nome nel Calice e tornare dai suoi compagni di Tassorosso. Quando lo vide chinarsi e poggiare le sue labbra su quelle di Cho Chang, abbassò lo sguardo e serrò gli occhi in un gesto automatico. 
'Perché? Perché lo ha fatto?', si chiese per quella che doveva essere l'ennesima volta. Nonostante fossero passate settimane da quel giorno, non riusciva ancora a spiegarsi come Cedric fosse stato capace di essere tanto crudele. 
- Ehi, piccola pozionista - la richiamò Fred facendo una faccia buffa per poi tramutarla in una preoccupata. - Va tutto bene? 
Lei annuì, massaggiandosi gli occhi nel tentativo di frenare le lacrime ancor prima di uscire. 
Fred e George le rivolsero un sorriso dispiaciuto e la strinsero in un abbraccio, avvolgendola completamente. 
- Non piangere. 
- Non sto piangendo - mentì malgrado la sua voce dava l'impressione del contrario. - E comunque non è necessario l'abbraccio da orso... 
- Ah, 'sta zitta e lasciati abbracciare, Black - la rimbeccò George lasciandole un bacio sul capo. 
- Idioti - borbottò lei con un sorriso. 
- Come sempre, piccola - disse Fred. 
Momenti come quelli non accadevano da anni. Quando Ginevra sentiva la mancanza di suo padre o era triste per qualcosa, Fred e George l'avvolgevano in un "abbraccio da orso" che riusciva magicamente a calmarla e farle dimenticare tutto restituendole il sorriso. Era un gesto che li faceva sentire tutti e tre protetti. 
Le loro menti vagarono, perdendosi in pensieri legati ai propri sentimenti. Fred pensava a quanto gli fosse sempre piaciuto il profumo di Ginevra; George non pensava a nient'altro che fosse lei e al suo desiderio di proteggerla anche a costo della propria vita. Lei, invece, era in subbuglio. Confusa. Era in un vortice di emozioni che la legavano a Cedric e che andavano in contrasto tra loro. Rabbia, amore... ma ben presto riuscì a mettere di lato ogni pensiero che lo riguardava, lasciandosi sfuggire un sorriso quando si rese conto di quanto fosse facile dimenticare tutto quando Fred e George le stavano accanto. 
Passarono un paio di minuti prima che si separassero. 
Secondo i due Grifondoro che si persero ad ammirarla, Ginevra sfoggiava un sorriso bellissimo.
- Allora... Sono stata in piedi tutta la notte per preparare quella Pozione, rischiando di farmi scoprire da Gazza - iniziò Ginevra. - Se non funziona...
- Dubiti di te, Blacky? - sorrise sghembo Fred. 
- Non di me. La Pozione è perfetta. 
- Ah, quindi dubiti di noi!
- Tranquilla - disse George. - Cosa può andare storto? 
E detto questo entrò nella Sala Grande insieme al fratello, venendo accolti dai loro numerosi sostenitori. 
Ginevra prese posto accanto a Hermione, che era scettica quasi quanto lei nella riuscita di quel piano scellerato. Ice si acciambellò sulle gambe della sua padrona ricevendo dei grattini dietro l'orecchio.
I gemelli bevvero la pozione e saltarono oltre la Linea dell'Età, poco dopo aver messo i loro nomi nel Calice vennero espulsi dal cerchio e catapultati a tre metri di distanza sul freddo pavimento. 
Preoccupata per la loro incolumità, Ginevra andò a soccorrerli ma non appena li guardò in faccia scoppiò a ridere. Su entrambi stavano crescendo due lunghe e identiche barbe bianche che sostituirono il rosso fiammante made in Weasley. 
La Sala rimbombò di risate, a cui si aggiunsero anche quelle di Fred e George non appena si guardarono bene in faccia. 
- Ve l'avevo detto - disse Ginevra tra una risata e l'altra mentre li accompagnava in infermeria.  

Draco Malfoy stava avanzando lungo il corridoio, dopo una noiosissima ed estenuante lezione di Erbologia, continuando a imprecare sul fatto di non essere un domestico e che non gli sarebbe servito a nulla imparare a piantare uno stupido vegetale, passando il tempo ad evitare i suoi denti acuminanti! 
'Quella maledetta erbaccia ottusa...', pensò il Serpeverde svoltando l'angolo dove si scontrò con qualcuno, cadendo all'indietro. 
Sul pavimento in pietra si sparse una moltitudine di libri e pergamene. Draco stava per mandare al diavolo la persona con cui era andato a sbattere ma, riconoscendo quella matassa di capelli e quell'espressione corrucciata sul viso di lei a pochi centimetri dal suo, sorrise.
- Scusa... - disse Hermione - io non... non ti avevo visto. 
- Non preoccuparti - rispose il biondo senza abbandonare il sorriso baldanzoso. - Ma se volevi stare a stretto contatto con me, non era necessario volarmi tra le braccia, Granger. 
Lei lo fulminò con lo sguardo e si affrettò ad allontanarsi dal Serpeverde. Draco rise, restando ancora disteso a terra. 
- Che hai da ridere? - sbottò Hermione risentita mentre riponeva i suoi libri nella borsa. Rialzò lo sguardo solo quando lui si mise a sedere e lo vide serrare le labbra per soffocare una risata. - Ti faccio tanto ridere? 
Draco scosse la tesa e alzò gli occhi al cielo. - Oh, Granger... - sospirò per poi riabbassare lo sguardo su di lei. - Non sai quanto. 
Lei lo fissava, senza capire il perché le sue labbra si fossero curvate in un sorriso involontario. 
- Mi piaci, Granger. Sei diversa da chiunque altra abbia mai conosciuto. 
Hermione spalancò gli occhi, sicura che stesse scherzando. Lui sorrise e si avvicinò quel tanto che bastava da poterle sfiorare la guancia con la mano. La reazione che si aspettava non tardò ad arrivare e sorrise ancora alla ragazza. 
- Ecco - disse Draco. - Quando diventi rossa sei terribilmente carina, Granger. Mi fai ridere perché... be', non ho mai visto qualcuno arrossire per così poco ma mi piace. Potrei anche abituarmi... 
Avvicinò lentamente il suo viso a quello della ragazza che rimase immobile. 
- Malfoy... - Hermione faticava a mantenere la concentrazione. Non le era mai capitato di stare a stretto contatto con il ragazzo (anzi, con nessun ragazzo in generale). Era pietrificata, incapace di formulare una frase a senso compiuto. 
- Hai un buon profumo... Hermione - sussurrò Draco, con le labbra vicinissime alle sue. 
'E adesso che faccio?!'.

I nomi degli aspiranti al Torneo Tremaghi erano stati messi nel Calice ed era arrivato il momento di scoprire chi fossero i tre campioni. Inutile dire che ogni studente era in fermento. Il Calice di Fuoco era stato spostato; ora si trovava davanti al posto di Silente al tavolo degli insegnanti. 
Durante la cena ogni studente non faceva altro che discutere con il vicino su chi per loro avrebbe dovuto rappresentare Hogwarts. 
Cedric Diggory, invece, sembrava non considerare le parole incoraggianti che gli rivolgevano i suoi compagni di Tassorosso. Non riusciva a capire il perché non riuscisse a distogliere lo sguardo da quella ragazza. Per un attimo credeva di conoscerla ma di lei non aveva alcun ricordo, se non quello schiaffo inaspettato davanti a tutta la scuola.
Nei suoi pensieri c'era sempre stata Cho. La sua bellissima Cho. 
Ma... quella ragazza... Non riusciva proprio a capire perché si ostinasse a posare lo sguardo su di lei. C'era qualcosa in lei che in qualche modo lo attraeva. 
Il suo migliore amico, Paul, aveva notato che da qualche tempo posava lo sguardo su di lei, ma aveva sempre taciuto fino a quel momento. 
- Ehi, Ced - disse. - Tutto bene? 
Cedric fece una smorfia strana. Era indeciso se chiedere al suo amico chi fosse quella ragazza al tavolo dei Grifondoro. Una parte di lui desiderava saperlo ardentemente l'altra lo trovava ingiusto nei confronti della sua Cho. 
- Chi è quella ragazza? - gli bisbigliò in modo che solo lui potesse sentirlo. 
Paul sgranò gli occhi e lo guardò come se avesse appena visto crescere un terzo occhio sulla faccia del suo amico. 
- Stai scherzando, vero? 
- Lo so che non dovrei guardare altre ragazze ma... 
- STAI SCHERZANDO? 
- Abbassa la voce. 
- Non ci posso credere - sbottò Paul, non sapendo se ridere o meno. - Ti prego, dimmi che è uno scherzo, Ced. 
- Non sto scherzando, Paul. Da quando mi ha dato quello schiaffo io... 
- Che hai meritato, comunque - commentò prima di portare il bicchiere alla bocca. 
- Ma non le ho fatto niente! Neanche la conosco! 
Paul sputò fuori il suo succo di zucca e lo guardò nuovamente, scioccato. 
- Come puoi averla dimenticata - sussurrò non credendo alla proprie parole. 
- Va bene, non dirmi chi è - ribatté Cedric tornando a stuzzicare con la forchetta il suo sformato di spinaci per poi allontanare il piatto. - Mi è passata la fame. 
Al tavolo dei Grifondoro si stava discutendo su quali prove avrebbero affrontato i campioni, facendo ipotesi assurde quanto terrificanti.
Ginevra aveva una sensazione orribile che le attanagliava lo stomaco. Nella sua mente rivedeva Cedric mettere il suo nome nel Calice e il solo pensiero che potesse succedere qualcosa di brutto le smorzò la fame, lasciando così il suo piatto intatto. 
- Non hai fame? 
- Non mi sento molto bene - disse e Harry la strinse a sé, accarezzandole i capelli. Con una piccola supplica riuscì a farle mangiare qualche boccone e restarono abbracciati anche durante la selezione del campione. 
Tutte le luci si spensero ad un solo gesto del preside. Il Calice di Fuoco risplendeva più che mai e le fiamme blu divennero rosse all'improvviso. Dal suo interno si sprigionarono scintille. Un attimo dopo, un pezzetto di pergamena bruciato ne volò fuori e Silente lo afferrò. 
- Il campione di Durmstrang - lesse con voce forte e chiara, - è Viktor Krum. 
La sala fu invasa da applausi e urla mentre il bulgaro si alzava dal tavolo dei Serpeverde dirigendosi verso Silente, le urla ebbero fine quando lui sparì oltre la porta che conduceva alla stanza accanto. 
L'attenzione di tutti si concentrò sul Calice, che tornò a farsi rosso e il secondo foglietto di pergamena uscì. 
- Il campione per Beauxbatons è Fleur Delacour! - annunciò Silente e una bellissima ragazza che assomigliava a una Veela si alzò dal tavolo dei Corvonero e raggiunse il bulgaro. 
Il silenzio che inondava la Sala era carico di eccitazione. Era il momento di annunciare il campione di Hogwarts. Le fiamme del Calice di Fuoco si tinsero ancora una volta di rosso e Silente prese il terzo pezzetto di pergamena. 
- Il campione di Hogwarts è… - annunciò e Ginevra trattenne inavvertitamente il respiro. - Cedric Diggory! 
Il frastuono che emisero gli studenti di Tassorosso la incoraggiò a voltare lo sguardo verso di loro abbassandolo subito dopo. Cedric l'aveva guardata e l'espressione dipinta nel suo volto era la frustrazione. Nonostante venisse acclamato dall'intera scuola, si diresse verso la stanza nascosta pensando a lei. 
- Eccellente! - gridò Silente, in piena allegria. - Ora abbiamo i nostri tre campioni. Ma alla fine solo uno passerà alla storia. Solo uno… 
Gran parte degli studenti non gli diede più ascolto, perché le fiamme del Calice erano tornate rosse e anche il preside se ne rese conto. Un altro foglietto di pergamena uscì e automaticamente, Silente, lo afferrò.
La strana sensazione che poco prima attanagliava lo stomaco di Ginevra si era intensificata e istintivamente strinse il braccio di Harry. Tutti restarono in attesa che il preside parlasse, ma era come sotto shock. Poi si schiarì la voce e lesse: - Harry Potter. 
Ginevra strabuzzò gli occhi e aumentò la stretta attorno al braccio del fratello che sembrava non sentire alcun dolore. Tutte le teste presenti nella Sala Grande si voltarono a guardarlo, ma Harry non si mosse neanche di un centimetro. Per qualche secondo aveva trattenuto il respiro.
Non poteva essere vero. Era sicuramente uno scherzo. Probabilmente avevano sentito male.
La ragazza fissava un punto indistinto nel vuoto. Un brivido le percorse la schiena e avvertì lo sguardo dei Grifondoro su di sé e suo fratello.
- Non ho messo il mio nome nel Calice - disse Harry. 
Ginevra, per quanto ci provasse, non riusciva a staccare la morsa attorno al suo braccio.
- Harry Potter! - esclamò di nuovo il preside.
- Non andare - sibilò Ginevra con voce rauca e le lacrime agli occhi. Poi la presa poderosa, anche se delicata, di George li separò e Harry si incamminò verso Silente.
- Andrà tutto bene, Gin.
La ragazza sentiva la voce di Hermione, ma non riusciva a vederla. I suoi occhi non si separavano dalla figura del fratello che pian piano si avvicinava alla porta dove erano spariti gli altri tre campioni.
- Gin, tu lo sapevi? 
Questa volta non riuscì a distinguere a chi appartenesse la voce, rispose un "no" quasi strozzato dalle lacrime, che però non si decidevano a scendere. 
George non riuscendo a sopportare di vederla ridotta in quello stato disse al fratello che l'avrebbe portata a prendere una boccata d'aria, la mise in piedi e l'accompagnò all'uscita della sala, fino ad arrivare davanti ad una finestra del corridoio. Sembrava che lei non se ne fosse nemmeno accorta. 
Quando si fermarono, Ginevra aprì la finestra e lasciò che la corrente d'aria la investisse. 
George la guardava respirare a pieni polmoni aggrappata al vetro della finestra, aspettando che riuscisse a calmarsi. Quando poggiò la mano sulla sua, lei si voltò di scatto si fiondò tra le sue braccia, accucciandosi contro il suo petto come quando erano bambini. Lui, anche se all'inizio sembrò un po’ sorpreso, ricambiò l'abbraccio e le stampò un dolce bacio sulla fronte. 
Non voleva piangere, stava facendo tutto il possibile per non farlo. George le accarezzava i capelli, amorevolmente, e solo in quel momento iniziò a calmarsi. 
- È un incubo - disse Ginevra dopo quella che sembrava un’eternità.
- Andrà tutto bene, non preoccuparti.
- E se invece gli accadesse qualcosa? - alzò lo sguardo incrociando gli occhi marroni di lui. - Non voglio che gli capiti qualcosa, George.
- Non preoccuparti, tuo fratello è un ragazzo in gamba. Se la caverà, vedrai - le sorrise incoraggiante.
I loro visi erano molto vicini e lei, in quel momento, notò la bellezza del ragazzo che da tempo aveva ignorato. Rimasero abbracciati, senza distogliere lo sguardo l’uno dall'altra.
Lui sorrideva, accarezzandole dolcemente il viso con una mano. 
Ginevra non riusciva a distogliere gli occhi da quelli di lui, che la guardavano con un'intensità tutta nuova. Il suo sguardo si soffermò sulle sue labbra. 
Il cervello sembrava scollegato in quel momento perché non riusciva a controllare quello strano desiderio che la tentava. 
Poi, una voce che chiamava i loro nomi da dietro l'angolo del corridoio li fece allontanare l'uno dall'altra.
- Ah, siete qui! Vi ho cercati dappertutto - Fred avanzava verso di loro con aria sollevata. - Tutto bene? - chiese alla ragazza. Lei annuì, dopodiché vi fu un silenzio carico di tensione. 
Lei e George stavano per baciarsi!
- Sono solo... un po’ stanca - balbettò imbarazzata all'idea di quello che sarebbe potuto succedere se Fred non fosse arrivato.
Passandosi una mano tra i capelli e sforzandosi di non guardare nessuno dei due ragazzi, concentrò la sua attenzione sui lacci delle scarpe. 
Ma che cosa le stava accadendo?





ANGOLO AUTRICE: 
Ciao a tutti! Cercherò di fare in fretta. 
Allora, vi ringrazio per essere arrivati fin qui e per aver inserito questa storia tra le seguite/preferite/ricordate. IO VI AMO!!! 
Chiedo scusa a chi ama le Dramione. Nonostante io adori questa coppia non riesco a scrivere qualcosa di concreto. Spero che non mi vorrete uccidere. Si saranno baciati? Boh! Per chi aspetta qualcosina riguardo alla Hinny (cioè la Harry-Ginny) ci sto lavorando. Mi auguro di scrivere qualcosa di decente. Be', fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo. Ho bisogno di sapere un vostro parere e capire se faccio degli errori. 
Al prossimo capitolo :) 
18Ginny18 

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Capitolo 23
*** Capitolo 22 - IL BALLO ***


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Capitolo 22 - IL BALLO
Il grande giorno era arrivato. La tensione era palpabile. Cedric e Harry erano visibilmente nervosi, nonostante dicessero che era tutto "Okay".
Poco prima che la prova cominciasse il Tassorosso rimase folgorato dall'espressione sul volto di quella Grifondoro che da un po' di tempo era nei suoi pensieri. L'aveva vista augurare buona fortuna all'altro inaspettato campione di Hogwarts: Harry Potter, il quale sembrava il fratello della ragazza; quando incrociarono i loro sguardi entrambi erano con il fiato sospeso e lui poté leggere la preoccupazione della ragazza, che però mutò rapidamente. Cedric avrebbe voluto dirle qualcosa ma dovette rinunciarci perché lei fu obbligata ad allontanarsi. 
Nell'arena riecheggiava la voce di Albus Silente, che spiegava la funzionalità della prima prova. Ogni campione doveva superare il proprio drago e impadronirsi dell'uovo d’oro che essi proteggevano.
- Ognuna delle tre prove del Torneo Tremaghi è notevolmente pericolosa - disse Silente. 
A quelle parole Ginevra avvertì un brivido lungo il braccio destro, a poca distanza dal graffio, che istintivamente toccò. - Andiamo bene. Adesso sono più tranquilla - commentò con una botta di ironia.
- Non preoccuparti - le disse Ron. - Harry se la caverà. 
La folla urlò a gran voce il nome di Cedric e poco dopo la sua figura entrò nel campo visivo della ragazza.
Trattenne il respiro ad ogni movimento del drago, il Grugnocorto Svedese. La cronaca di Bagman le faceva venire la voglia di prenderlo a pedate per tutte le volte che la faceva trasalire per la paura. Alla fine Cedric riuscì a superare il suo drago e a afferrare l'uovo d'oro. 
Dopodiché fu il turno di Fleur Delacour che, anche se un po' insicura e imprudente, riuscì a superare la prova. Krum fu più veloce degli altri a recuperare l’uovo, dimostrando un gran coraggio.
- Tre dei nostri campioni hanno affrontato il loro drago - disse Bagman, mentre nell'arena faceva il suo ingresso un enorme drago nero dalla coda spinosa - perciò tutti e tre passeranno alla prossima prova. E ora il nostro quarto e ultimo concorrente.
Il drago gettò un urlo acuto, provocando un sussulto a Ginevra. Gli spettatori chiamarono a gran voce il nome di Harry mentre lei pregava che non gli accadesse nulla.
Il drago, ovvero l’Ungaro Spinato, teneva gli occhi fissi su suo fratello che, dopo aver schivato alcuni attacchi, estrasse la bacchetta e appellò la sua Firebolt. Nell'attesa lo Spinato iniziò a sputare fuoco su di lui, che fortunatamente si era riparato dietro un grosso masso. 
L’ansia pian piano saliva e si impossessava dei tifosi.
- Gin? - sentiva la voce di Fred, ma non riusciva a volgere l’attenzione completamente su di lui. - Mi stai stritolando.
Con uno scatto fulmineo vide la sua mano destra stretta attorno al braccio del rosso, con forza.
- Scusa! Non l'ho fatto apposta - disse lasciandolo libero.
- Non preoccuparti - sorrise lui. - Mi stavi solo per staccare un braccio.
Ricambiò il sorriso per poi tornare con lo sguardo su Harry che con un abile mossa saltò sopra la Firebolt, evitando il fuoco che il drago sputò nello stesso istante. 
Per fortuna Harry era un asso con la scopa, volò sempre più in alto per poi tuffarsi in direzione dell’uovo d’oro con una manovra sorprendente, che però non ingannò lo Spinato. Quest’ultimo perse ad agitare la coda in direzione di Harry. 
Poi, accadde una cosa inaspettata: la catena che tratteneva il drago al terreno si spezzò. 
Harry volò in alto e lo Spinato lo seguì.
I due furono inghiottiti dal cielo occultato dalle nuvole. 
Ginevra cominciò a temere il peggio e iniziò a contorcersi le mani freneticamente, lanciando occhiate in direzione del preside sperando che facesse qualcosa. Ma quest'ultimo si limitava a osservare il cielo come tutti gli altri. L'impulsività la stava uccidendo dall'interno e le intimava di fare qualcosa al più presto. Ma cosa?
In seguito si sentì un verso straziante del drago. 
Il tempo passava lentamente. Alcuni, come Ginevra, iniziarono a temere il peggio. Ma dovette ricredersi quando la folla emise un urlo fragoroso, che a stento riusciva a coprire la voce di Bagman in sottofondo. 
Harry planava verso l’uovo, afferrandolo. 
Quella sera, la Casa di Grifondoro organizzarono una grande festa per la vittoria del loro campione che durò fino a notte tarda. 
L'unica cosa di cui Harry era grato dopo aver affrontato un sfida del genere, era di essere ancora tutto intero. Secondo lui non era necessario organizzare una festa, ma se questo rendeva tutti felici... 
Era seduto su una poltrona della sala comune, stanco. Guardava i suoi compagni festeggiare e ballare come matti. Con sua grande sorpresa, la sorella aveva convinto Hermione a scatenarsi in pista. Era bello vederle divertirsi così, ma quando vedeva qualche ragazzo che provava ad avvicinarsi a loro, bastava una sua occhiata per farli allontanare dalle due Grifondoro. Harry aveva scoperto che la gelosia era difficile da contenere, doveva farci l'abitudine. Ma era abbastanza soddisfatto del suo potere di allontanare i maschi in quel modo.
Uccidere un drago portava molti benefici.
- A Harry!!!! - esultò la folla alzando i bicchieri colmi di burrobirra verso di lui. Harry sorrise, abbassò lo sguardo e, non potendo farne a meno, si passò una mano tra i capelli, scompigliandoli ancora di più. Tutte quelle attenzioni lo imbarazzavano a morte, nonostante quella non fosse la prima volta. 
Quando rialzò lo sguardo vide Ginny Weasley in piedi davanti a sé con due bicchieri in mano. Gli sorrise e gliene porse uno. 
- Grazie - balbettò Harry e la invitò a sedersi accanto a lui. 
- Come ti senti? - gli chiese, mettendo definitivamente da parte tutto l'imbarazzo che provava ogni volta che Harry le stava accanto. 
Harry, invece, sembrava l'opposto della ragazza. Se fino a qualche tempo prima era tranquillo in sua compagnia, in momenti come quelli iniziava a balbettare come un'idiota e ad arrossire. 
- Sono distrutto - ammise passandosi di nuovo una mano tra i capelli. 
- Oggi sei stato fantastico. 
- Gr-grazie, Ginny - balbettò il ragazzo sopravvissuto. 
La fissò senza parole. Ginny era diventata davvero molto carina. Gli piaceva il modo in cui sorrideva e il colore dei suoi occhi azzurro cielo. 
Sospirò piano.
- Che c'è? - chiese lei, curiosa. 
Harry scosse la testa e distolse lo sguardo di scatto, in soggezione. - Niente. 
Spostò la sua attenzione verso la folla dei Grifondoro festaioli. - Non ci posso credere - mormorò incredulo ma divertito indicando alla ragazza Neville e Ron che ballavano in modo a dir poco raccapricciante. Dovevano essere molto ubriachi. 
Ginny si lasciò andare a una risata, poi a un sospiro. - Merlino! 
I due si guardarono e scoppiarono in una risata simultanea. 

Novembre passò in fretta, accogliendo l’atmosfera Natalizia che si andava a creare con il passare dei giorni. 
Poco tempo dopo la prima prova gli studenti avevano scoperto che la sera della vigilia di Natale si sarebbe tenuto un ballo, noto come il "Ballo del Ceppo". Da quel momento tutta la scuola era in pieno caos, come se la primavera fosse arrivata in anticipo. Secondo Ginevra e i gemelli, era  divertente prendere in giro le coppiette sdolcinate che camminavano per i corridoi mano nella mano, oppure assistere alle dichiarazioni e scommettere quanti giorni sarebbero durati prima o dopo il Ballo. 
Quel giorno Ginevra si sedette accanto a Hermione, prese i suoi libri di Pozioni e, come era ormai di consueto, Draco, Theodore e Blaise si sedettero al loro tavolo scatenando la sorpresa e lo sdegno da parte di alcuni della Casa verde-argento. 
Ginevra si era accorta che da parecchi giorni Draco ronzava intorno a Hermione. Aveva assistito a molti scambi di sguardi e sorrisi complici dei due, quindi immaginò che tra loro fosse finalmente scoppiato qualcosa. 
- Ciao, ragazzi - li salutò con un ghigno divertito. Pizzicò il fianco della sua amica che saltò sul posto.  
- Che c'è? - le bisbigliò Hermione. 
- Smettila di mangiarlo con gli occhi. 
La riccia sgranò gli occhi, confermando i sospetti della ragazza. Si morse il labbro cercando di sopprimere una risatina isterica e Hermione capì che avrebbe dovuto sputare il rospo una volta sole. 
Ron sbuffò sonoramente, prendendo posto al loro tavolo, insieme a Harry e i gemelli. Lui era uno di quelli che ancora non aveva una ragazza per il ballo e si era cimentato nella disperata ricerca, dopo aver ottenuto il rifiuto di Fleur Delacour. 
- È pazzesco - disse a Harry che gli sedeva accanto mentre tiravano fuori libri e pergamene mettendosi a studiare. - Finirà che saremo i soli del nostro anno senza una ragazza. 
Harry sembrò trovarsi in una situazione parecchio scomoda e iniziò a muoversi a scatti. Rosso in viso. 
Hermione e Ginevra presero a sogghignare, scambiandosi uno sguardo complice. 
- A dire il vero… io ho già una r-ragazza - balbettò Harry, allentandosi il nodo della cravatta, tirando un calcio alle due ragazze.
- E perché non me lo hai detto? - disse il rosso con tono ferito. Poi sbuffò e iniziò a guardarsi attorno alla ricerca della ragazza "giusta" per lui. - Chi è? Una di Beauxbatons? - chiese senza vero interesse, allungando il collo per ammirare il fondo schiena di una ragazza di quella scuola.
- Veramente… - Harry diventava sempre più rosso. Sembrava sul punto di esplodere. - CivadoconGinny.
Ron si voltò lentamente verso il suo amico e dopo aver boccheggiato indicando alle sue spalle -come se sua sorella fosse proprio dietro di lui- e poi verso Harry, parlò. 
- Tu vai al ballo con mia sorella! - sbraitò. - Senza chiedere la mia benedizione?
- Ti prego non... eh? 
La situazione che si stava creando sembra irreale. Ron ordinò a Harry di inginocchiarsi ai suoi piedi reclamando una spada.
Harry lo guardò, non riuscendo a cogliere il motivo di quella reazione tanto assurda persino per lui. Ron si mise in piedi e Harry fu costretto ad assecondare l’attimo di follia dell’amico. Il rosso tese la mano verso i gemelli che gli porsero un involucro di pergamena piuttosto lungo. 
Ron guardò la sua "spada" e poi i gemelli, scuotendo la testa rassegnato. 
- Harry James Potter, amico devoto, compagno di avventure e coraggioso uccisore di draghi… - pigiò la "spada" sulla testa di Harry. Ginevra si costrinse a tapparsi la bocca con la mano per evitare di ridere e suo fratello la fulminò con lo sguardo. - … Io ti do la mia benedizione. Puoi andare al Ballo del Ceppo con mia sorella minore, Ginevra Molly Weasley.
Quello che diede libero sfogo alla risata incontrollata dei ragazzi che li circondavano non fu proprio l'arrivo di Silente che si andava a congratulare con Harry per aver avuto quella "concessione", bensì il professor Piton che assestò il libro di Pozioni Avanzate sulla nuca di Ron con violenza, tanto che il colpo riecheggiò in tutta la Sala Grande.
- Alzati, Potter! - abbaiò il professore di Pozioni. Il ragazzo obbedì, mentre sua sorella cercava di sopprimere le risate. - Dieci punti in meno a Grifondoro per la vostra stupidità - detto questo assestò un altro colpo alla testa del povero Ron, impedendo a Ginevra di calmarsi del tutto.
- Allora con chi andrete al ballo, voi altri? - domandò George, rompendo il silenzio che si era creato, verificando che Piton non fosse a portata di orecchio.
- Sto cercando di provvedere... - rispose Blaise.
- Sarà meglio che ti sbrighi, amico, o le migliori saranno prese - disse Fred.
- Con chi ci vai tu? - chiese Ron coprendosi le testa con le mani e abbassando la voce, a causa di Piton che gli era passato accanto poco prima. 
Fred sbuffò. - Con quella maniaca del controllo - e indicò con il capo Angelina Johnson a qualche posto di distanza. 
George gli mise una mano sulla spalla. Le sue labbra si stesero, trattenendo a malapena un sorriso. - Condoglianze, fratello. 
- Scusa, ma se non vuoi andarci con lei diglielo e basta - disse Theodore copiando di soppiatto gli appunti di Draco. 
- Magari - rantolò accartocciando il foglio di pergamena. - Se non fosse che sono circondato da tutti voi, mi obbligherebbe a sedermi accanto a lei.
- Perché? Oh... - chiese Blaise, divertito dal tono che aveva usato Fred. 
Bastò un'occhiata allusiva in direzione di Ginevra per far capire il perché: Angelina era gelosa di lei. 
Ginevra ignorava il tutto, continuando a scrivere il suo tema sugli effetti del Distillato di Morte Vivente. 
Ognuno tornò al suo compito tra uno sbuffo e l'altro, poi Ron ebbe un'illuminazione. 
- Ehi, Hermione - disse e la riccia alzò lo sguardo su di lui, che in quel momento la stava fissando come se la vedesse sotto una nuova luce. - Tu sei una ragazza.
- Però, che occhio - ribatté Hermione, acida.
- Vieni al ballo con me, allora! 
Draco si irrigidì e calcò la punta della sua piuma nel foglio di pergamena rischiando di bucarlo. 
- No, non posso - replicò lei.
- Dai - disse Ron, impaziente. - Già è brutto per un ragazzo andarci da solo. Per una ragazza è triste.
- Io non ci vado da sola - disse Hermione secca. - Che tu ci creda o no, qualcuno mi ha invitata! E io ho detto di sì!
Si alzò in piedi, uscendo a grandi falcate dalla Sala Grande, lasciando Ron basito. 
Il Serpeverde sfoggiò un sorriso gongolante che non sfuggì alla cugina. 
- E tu con chi vai al Ballo, Drake? - gli chiese sogghignando. 
- È una sorpresa - disse Draco senza abbandonare il sorriso. 
Ginevra lo guardò e scuoté la testa. 

Era seduta all'ombra di un faggio, con la schiena poggiata al tronco dell’albero, assorta nella lettura. I capelli le ricadevano liberi sulle spalle, mossi appena dal vento che soffiava quella mattina. 
George avanzò di un passo dopodiché si fermò, ripetendosi che era una brutta idea. Ma la sua vocina interiore controbatteva dicendo che un momento migliore di quello non l’avrebbe trovato. Lui sapeva che se non si fosse dato una mossa qualcun altro ne avrebbe approfittato al suo posto. 
Insomma, era George Weasley! Doveva solo chiedere ad una ragazza di andare al Ballo con lui. Dov'era finito il suo coraggio da Grifondoro?!
Dopo aver fatto un respiro profondo e aver pregato tutti i maghi presenti sulle Cioccorane di dargli un piccolo aiuto, si avvicinò al faggio dove Ginevra Black stava leggendo.
Passò un po' di tempo prima che un "ciao" riuscisse a sfuggire dalle sue labbra. 
- Ciao, George - il sorriso di lei sembrò bloccargli il cuore. 
- Devo dirti una cosa. 
'Perché stai balbettando, George? Così fai la figura dell'idiota!', si rimproverò.
- E cosa?
- Sono solo otto parole - sospirò. - Ti va di venire al ballo con me?
Sembrava che il tempo si fosse fermato e il vento con esso. Tutto intorno a loro era immobile. 
Ginevra sorrise e si avvicinò a lui, le loro labbra erano separate da pochissimi centimetri.
- Sì - soffiò lei per poi baciarlo. 
George si sentiva capace di sollevare qualsiasi cosa, di toccare il cielo con un dito, se avesse voluto. 
Era un sogno!
Sì, peccato che il suo adorato fratello gemello lo avesse svegliato, urlandogli nelle orecchie e facendolo cadere dal letto.
Con le gambe ancora sul materasso e la testa dolorante per l’impatto contro il pavimento, George giurò sulle mutande a pois di Merlino che il suo gemello l'avrebbe pagata cara.
- Buongiorno - lo salutò Fred, con un sorrisetto stampato in faccia. - Dormito bene?
George mugugnò parole non proprio gentili alla sua copia che in risposta rise sommessamente. Cercò di riaddormentarsi senza successo, a causa dei monologhi del fratello ai quali cercava di non dare retta.
Accennava a borbottare un "sì, certo", "ah-ah", "okay", provando seriamente a dormire. Poi Fred disse una cosa che lo fece drizzare a sedere. - Puoi andare tu al ballo con Angelina? - chiese annodandosi la cravatta con nonchalance.
- Chi ti dice che io non abbia già una ragazza? - esclamò George esibendosi in uno sbadiglio, così da mascherare la voglia di commettere un gemmellicidio.
Fred lo guardò allusivo. - C’è bisogno che tu lo chieda? Sono il tuo gemello.
- Comunque la risposta è no. Non ti aiuterò ad ingannarla.
- Ma non voglio ingannarla. Voglio solo… un aiuto dal mio gemello preferito.
- Angelina si insospettirebbe.
- Figurati, quella neanche sa distinguerci! - ostentò un sorrisetto furbo.
- La risposta rimane sempre no, Gred - borbottò George alzandosi dal letto, sgranchendosi i muscoli.
Qualcuno bussò alla porta e, senza aspettare una risposta dei due gemelli, quel qualcuno si catapultò nella camera.
- George, devo dirti una cos… - Ginevra indietreggiò verso la porta e arrossì vistosamente, dopo aver abbassato lo sguardo, imbarazzata.
All'inizio i due ragazzi non capirono il perché, così le parlarono semplicemente. 
- Ehi, Gin! - George le sorrise allegro. - Perché mi cercavi?
Lei non rispose. Si limitò a indicarlo con il dito tremante. - Sei senza… senza… 
George cercò di assimilare il concetto, e quando capì che parlava del suo petto nudo sorrise.
- Sono senza cosa? - chiese facendo il finto tonto.
- Senza la… - sospirò lei. - Sei senza maglietta - esclamò tutto d'un fiato.
Fred e George si scambiarono uno sguardo eloquente per poi scoppiare a ridere. 
- Non dirmi che ti dispiace - Fred le sussurrò all'orecchio.
- Potresti uscire un attimo, Fred? - lo ignorò lei.
- Così che possiate attuare scene sconce in mia assenza? Sei una porcellina, Blacky! - la canzonò lui divertito, mentre George cercava di sopprimere le risate.
- Fred! Ti prego, puoi lasciarci un attimo da soli? Devo parlare con George. È importante. - Il suo tono di voce era così supplichevole che riuscì a intenerirlo.
Fred annuì, raccomandando al gemello di non fare niente di vergognoso alla sua "piccola", per poi chiudersi la porta alle spalle. 
Ginevra sospirò, si voltò verso George e spalancò gli occhi.
- Sei ancora senza maglietta! 
Lui sghignazzò, indossando poi una maglietta dal suo cassetto.
- Va meglio? - chiese sarcastico e lei annuì.
Si sedettero uno davanti all'altra e, dopo aver sopportato abbastanza il silenzio che si era creato, lei parlò. 
- Verresti al ballo con me?
'Come? Ho sentito bene? Lei sta chiedendo a me di andare al ballo? Con LEI? Sìììììììììììììììì!!!!!!!!!!!!!!', urlò la vocina nella testa del ragazzo, scoppiando dalla felicità. Neanche nel suo sogno era così grandioso! (un po’ strano… ma comunque grandioso!).
- So, che la mia richiesta può sembrarti strana - disse Ginevra, riportandolo alla realtà. - E che probabilmente avevi intenzione di invitare un'altra e se rifiuti, non fa niente. 
'COSA? NO, no, no. Sei pazza? Io voglio andarci con te!'.
- Ho rifiutato parecchi ragazzi... l'ho fatto perché l'unica persona con cui volevo andare a questo assurdo ballo, sei tu.
E in quel momento avrebbe voluto baciarla. Seriamente! 
Lei voleva LUI. Lo aveva ammesso. Aveva rifiutato chissà quanti ragazzi per chiedergli di andare al ballo con LEI.
LUI! 
- Sì, insomma... tu sei il mio migliore amico. Senza di te non riuscirei a resistere un solo minuto a quella stupida festa. E sono certa che solo guardando... Cedric e la sua ragazza - deglutì amaramente, - non riuscirei a sopportarlo. 
Lei pensava ancora a Cedric. 
Tutto quello che George aveva immaginato si stava vaporizzando.  
'Lo ama ancora', quel pensiero riuscì quasi ad ucciderlo. 
Alcune lacrime iniziarono a scorrere lungo il viso pallido di lei. - Non so cosa fare. 
George la strinse a sé in un secondo. - Puoi contare su di me - mormorò. - Non ti abbandonerò. 

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Capitolo 24
*** Capitolo 23 - QUANDO LE CERTEZZE SVANISCONO... ***


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Capitolo 23 - QUANDO LE CERTEZZE SVANISCONO...
La sera del ballo era arrivata e George si comportava come una ragazzina al suo primo appuntamento. Non faceva altro che agitarsi e sistemarsi l'abito da cerimonia, controllare i capelli, controllare di aver messo i pantaloni -almeno tre volte al minuto- e a guardare in continuazione la scalinata dell’Ingresso, in attesa della sua dama.
- Ti vuoi calmare, principessa? Sei bellissima! - ghignò il suo gemello e George gli lanciò uno sguardo truce.
- Ti rendi conto che ti sei dato della principessa anche tu? - disse distendendo i nervi in un sorriso.
- Almeno sono bellissima.
George scosse la testa e ricominciò a guardare la scalinata con un ansia e trepidazione degne di Molly Weasley.
- Eccoti qui! - Una ragazza si appese al braccio di George. Lui si voltò di scatto e vide Angelina, sorridergli. 
- Beh? Che aspetti? Io sono qui. Andiamo! - esclamò tirandolo per il braccio.
- Angelina, io sono George non Fred - disse liberandosi dalla sua presa salda e dolorosa.
A quella rivelazione la ragazza spalancò gli occhi per poi aggrapparsi come la piovra gigante a Fred.
Harry arrivò poco dopo, fermandosi accanto a loro. I gemelli erano felici che la loro sorellina andasse al ballo con lui. Lo trovavano un bravo ragazzo, affidabile, gentile... 
'Colui che avrebbe sverginato le labbra di mia sorella entro la fine della serata…' 
In poche parole se le torceva un solo capello, il povero Harry si poteva ritenere un uomo morto.
- Dov'è Ronnie? - gli chiese Fred, servendo alla sua accompagnatrice un sorriso tirato.
- Di sopra - sbuffò Harry. - Sta cercando di migliorare il suo vestito.
- Il meraviglioso vestito che mamma gli ha inviato? - chiese George con un ghigno malefico pronunciato e Harry annuì ridacchiando.
In realtà, Ron aveva ricevuto due abiti da cerimonia, proprio come i suoi fratelli. Uno dalla madre e l'altro da parte dei fratelli maggiori. Però, Ginevra trovò divertente consegnargli quello più originale
- Wow - sussurrò Harry. 
I gemelli volsero lo sguardo verso la scalinata.
Lì c’era la piccola Weasley. Bellissima nel suo lungo vestito lilla e i suoi capelli rossi liberi sulle spalle nude.
'Forse è un po’ troppo leggero', commentò Fred pensieroso. 
George rimase quasi senza fiato dalla bellezza che si presentava alle spalle di sua sorella. I polmoni gli si svuotarono improvvisamente e si ritrovò a fissare l'inizio della scalinata a bocca aperta, senza parole.
Ginevra era semplicemente meravigliosa.
Aveva un abito rosso che faceva risaltare la sua bellezza, i morbidi capelli neri ricadevano su una spalla. Era leggermente truccata e il suo viso sembrava di porcellana fine. Il corpetto era aderente e fasciava alla perfezione la sua figura snella, con una scollatura a cuore.
 Scendeva le scale con molta grazia ed eleganza.
Quando raggiunse George sorrise serafica e lui rimase imbambolato, come un'idiota. 
- Non è un po’ troppo scollato questo vestito? - commentò Harry.
- Non sai dirmi nient'altro? - chiese lei divertita.
- Sei splendida - disse George a Ginevra. 
Le guance di lei si imporporarono leggermente.
- Grazie - mormorò in risposta.
La risata fragorosa di Fred li fece voltare, dando la possibilità di vedere la vittima del loro piccolo scherzo della serata: Ron.
- Come sei elegante, Ronnie - Ginevra rise di cuore e nessuno poteva darle torto.
Ron indossava un lungo abito di velluto marrone, ricco di pizzi attorno al collo e polsini.
- Dove li avete presi? - esclamò il diretto interessato indicando i suoi fratelli, con dito accusatorio.
- Ce li hanno comprati Bill e Charlie - disse Fred, gonfiandosi il petto.
- Sono perfetti - mugugnò Ron.
- Sappiamo di esserlo - ghignò Fred.
Ginevra mascherò la sua risata con un colpo di tosse; o almeno ci provò. - Io credo che il tuo sia più tradizionale - commentò, assumendo un aria sicura di sé e altamente convincente che stupì sia Fred che George.
- Tradizionale? Questo è antico! Sembro la mia prozia Tessy! - si lamentò Ron.
- E puzzi come la prozia Tessy - esclamarono i gemelli, scatenando le risa dei presenti.
Poco prima che entrassero tutti nella Sala Grande, li raggiunsero Draco e una ragazza molto carina. 
Ad alcuni di loro servì un po' di tempo per riconoscerla e quando capirono chi fosse stavano per svenire.
- Sei veramente bellissima, Hermione - esclamò Angelina.
Impossibile.
Quella ragazza non assomigliava affatto a Hermione Granger. I capelli erano completamente diversi dal solito; non erano più cespugliosi, ma erano ben pettinati, lucidi e raccolti elegantemente. Con quel vestito di seta vaporoso era impossibile riconoscerla, dato che non l'avevano mai vista con qualcosa addosso che la rendesse più femminile. 
- Sono un ragazzo fortunato - disse Draco, cingendole un braccio attorno alla vita, con un sorriso dolce. (Nessuno avrebbe mai pensato di associare quella parola a Draco Malfoy, quindi la novità li lasciò sorpresi).
Hermione arrossì ma sorrise al ragazzo. 
- Vorresti dirmi che è lui che ti ha invitato? - sbottò Ron, scoccando ad Hermione un'occhiata fulminante.
Lei lo guardò sorpresa. Ginevra, invece, lo trapassò con un'occhiata di rimprovero che lui cercò di ignorare.
- Cosa te lo ha fatto capire, Weasley? - lo sfotté Draco.
In risposta, Ron, arrossì.
I gemelli soppressero un ghigno.
Il ballo si teneva nella Sala Grande. L'orchestra, guidata dal professore di Incantesimi, era su una piattaforma sopraelevata lungo la parete destra. Le pareti della sala erano tutte coperte di brina d'argento scintillante, con centinaia di ghirlande di edera e vischio che s'incrociavano attraverso il nero soffitto stellato. 
Quando entrarono nella Sala Grande, Draco e Hermione furono sotto gli occhi di tutti. C’era chi si stava strozzando con il succo di zucca, chi strabuzzava gli occhi e chi lanciava occhiate di fuoco alla povera Hermione.
Una volta che tutti gli studenti si furono sistemati al suo interno, i campioni e i loro accompagnatori entrarono. Tutti applaudirono al loro passaggio. Fred e George, invece, fischiarono con approvazione verso Harry e Ginny, venendo subito richiamati dalla professoressa McGranitt.
I campioni avanzarono sulla pista da ballo e iniziarono a volteggiare sulle note di un lento, e pian piano anche gli altri studenti si unirono a loro. 
La coppia del momento era sicuramente quella di Draco e Hermione. Mentre ballavano, gli altri studenti li guardavano e bisbigliavano ma le loro voci suonavano distanti e distorte, alle loro orecchie.
Alcuni si avvicinarono alla zona rinfresco, dove Lee Jordan fischiettava contento versando il succo di zucca nei bicchieri dei suoi compagni. Il ragazzo si scambiò un occhiata ammiccante con i gemelli Weasley. Ginevra notò un'ampolla malcelata nella tasca del moro e sorrise quando una coppietta iniziò a baciarsi con foga ed entusiasmo dopo aver abbandonato i bicchieri sul tavolo. 
- C'è sotto il vostro zampino? - chiese ad George.
Sorrise, il che in pratica fu una risposta. - I nostri prodotti Tiri Vispi Weasley hanno bisogno di essere sperimentati, no? - disse a bassa voce. 
Lei rise piano. - Be', i vostri filtri d'amore funzionano benissimo, a quanto vedo. 
Il sorriso le morì sulle labbra. A qualche passo di distanza da lei, Cedric la fissava. Ginevra abbassò lo sguardo immediatamente. Non osava osservarlo, temeva che se ne avesse incrociato gli occhi sarebbe stato ancora più difficile. 
George scoccò un'occhiataccia al Tassorosso, dopodiché lui e Ginevra si allontanarono. 
- Ehi, tutto bene? 
- Sì - rispose Ginevra strizzando forte gli occhi. - Sto bene. 
Se non avesse avuto la voce incrinata sarebbe riuscita a cavarsela. 
'Perché continua a mentire?', George non ne capiva il motivo. Era inutile mostrarsi forti davanti a una bugia come quella.  
Senza dire una parola, le porse la mano con un sorriso. - Posso avere l'onore di questo ballo?
Le guance di lei s'imporporarono.
Bastò un secondo, Ginevra gli rivolse un sorriso seducente e accettò l'invito.
Una volta raggiunto il centro della pista da ballo, lui le appoggiò una mano su un fianco e le afferrò la mano libera, come un vero gentiluomo. Cominciarono a ondeggiare insieme. George assaporò il dolce profumo di lei e il suono della voce, così limpida e melodiosa. 
Ginevra sollevò lo sguardo verso i caldi occhi castani di George. Cercò di sgomberare la mente e di non pensare a Cedric che continuava a fissarla, corrucciato. Doveva semplicemente ignorarlo. 
Tra piroette e volteggi, Ginevra capì che George era l'unico a sapere cosa avesse bisogno. 
Risero, anche senza una ragione apparente e ballarono tutta la notte. 
Quando si accorsero che gli altri se ne erano già andati a letto, decisero di seguire il loro esempio. Raggiunsero i dormitori e nel momento in cui dovettero darsi la buonanotte calò un silenzio surreale.
- Be’... è stata una bella serata - disse George a bassa voce in modo da non svegliare nessuno.
- Anche per me. Mi sono divertita molto 'stasera, George.
- Sì… buonanotte, allora.
Lei fece per voltarsi ma cambiò idea. Tirò a sé il colletto della camicia di George e posò le labbra sulle sue, sfiorandole piano.
Lui strabuzzò gli occhi per la sorpresa, per poi lasciarsi trasportare dalle sue emozioni e intensificare il bacio.
Con una mano intrappolò il suo viso, con l’altra scese alla base della sua schiena, stringendola stretta a sé, per paura di perderla. Che tutto fosse solo un sogno. 
Le labbra erano morbide e calde.
Ginevra intrecciò le sue braccia intorno al collo di George e con una mano iniziò ad accarezzargli i capelli, mentre i loro respiri si mescolavano. Lui la spinse dolcemente alla parete, per avvicinarla ancora di più a sé ma Ginevra si ritrasse; rimase impietrita. 
Incrociarono i loro sguardi attenti. 
- Ho fatto qualcosa di male? 
- Scusa, io... 
E lo lasciò solo. Senza alcuna spiegazione. 
George rimase immobile qualche istante, era confuso. Cosa le era preso? 

Non era facile per lei ammettere di provare qualcosa per George. Qualcosa che andava oltre la semplice amicizia.
Il suo cuore era sempre sul punto di esplodere quando gli stava accanto, i battiti acceleravano incessantemente impedendole quasi di respirare. 
Quel bacio aveva innescato qualcosa di inaspettato; non smetteva di pensare a lui. 
Però non aveva mai smesso di pensare anche a Cedric senza avvertire una stretta allo stomaco ma, dopo quel bacio tra lei e George... sembrava tutto diverso. Riviveva la sensazione delle labbra morbide di George sulle sue sentendo la mancanza di quel piacevole contatto. 
Stare vicina a George le aveva sempre dato una sensazione completamente differente da Fred. I sentimenti che provava erano in continua evoluzione, il cuore batteva freneticamente ogni volta che guardava George sorridere o quando incrociavano i loro sguardi. 
In quei piccoli attimi tutte le certezze che lei aveva svanivano. 
Ma era tutto sbagliato. 
George l'aveva sempre vista come una sorella, lui lo diceva spesso. Ma aveva ricambiato il bacio, no? 
'Se è così... vuol dire che anche lui prova qualcosa?' 
Nonostante la sua mente le portasse via la maggior parte della concentrazione, la parte restante era come un chiodo fisso su Cedric Diggory. 
Cedric era un vero mistero. Da quando avevano troncato ogni rapporto lui sembrava... frustrato? Ginevra lo amava ancora, certo. Non riusciva ancora a considerarlo una parte del suo passato, anche se lui l'aveva dimenticata facilmente. 
Ma c'era qualcosa in quegli sguardi che, ormai, era solito rivolgerle. Erano racchiuse tante emozioni di cui Ginevra leggeva solo qualche riga confusa. 
Era come un libro incompleto, privo di alcune pagine. 
Però, Ginevra, una cosa l'aveva capita: se l'amore riusciva a far soffrire così tanto una persona, probabilmente non era un sentimento fatto per lei. O, almeno, non era ancora pronta ad affrontarlo così presto. 
Le lezioni non erano in grado di distrarla per bene da quelle che ormai erano ossessioni.
Si allungò sul banco, appoggiando il mento alle braccia conserte e afferrò i bordi del tavolo con le dita nascoste, sforzandosi di combattere l'istinto irrazionale di gettare un'occhiata al tavolo di Fred e George. 
Il professor Piton fu costretto a ripetere la domanda sull'Essenza di Dittamo per due volte, prima che Ginevra si rendesse conto che si stava rivolgendo proprio a lei. 
Per il resto della giornata la sua attenzione era sempre rivolta in parte alle lezioni. Come a Divinazione, quando fu messa a dura prova dall'inaspettata piega che aveva preso la lezione. La professoressa Cooman al suono delle risatine di Fred, George e Lee, che facevano da sottofondo alla sua spiegazione del giorno, s'infervorò e reagì bruscamente. 
- Sarei indotta a credere - disse, in un sussurro mistico che non nascondeva la sua evidente irritazione, - che alcuni di noi - e scoccò uno sguardo molto eloquente ai gemelli - sarebbero un po' meno frivoli se avessero visto ciò che ho visto io durante il mio esame della sfera la scorsa notte. Mentre ero là seduta, assorta nel mio ricamo, la necessità di consultare l'Occhio mi ha sopraffatta. Mi sono alzata, ho preso posto davanti a esso e ho scrutato nelle sue profondità cristalline... e cosa credete che abbia visto là dentro? 
I gemelli si scambiarono dei bisbigli silenziosi e si sforzarono di restare seri almeno per un po'. 
- La Morte, miei cari. 
Sia Fred che George si portarono le mani sulla bocca, emettendo versi spaventati. 
La serietà non era il loro forte e questo era risaputo, ma la professoressa sembrava non saperlo. 
- Sì - riprese, e annuì con decisione, - viene, è sempre più vicina, volteggia sopra di noi come un avvoltoio, sempre più bassa... sempre più bassa sul castello... 
I suoi occhi passarono in rassegna per tutta la classe, fino a fermarli su Ginevra che si sforzava di trattenere le risate. Ma ovviamente era impossibile dato che Fred e George si guardavano attorno, abbracciati l'uno all'altro come due bambini spaventati, sussultando ogni volta che Lee emetteva un minimo rumore. 
- Fred - disse George, dopo qualche istante. - Credo di aver visto la morte dietro la porta. Devi stare attento quando la oltrepassi. 

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Capitolo 25
*** Capitolo 24 - ...RIMANGONO SOLO DUBBI ***


 
"Ogni falsità è una maschera, e per quanto la 
maschera sia benfatta, si arriva sempre, con un 
po' di attenzione, a distinguerla dal volto"
Alexander Dumas - I tre moschettieri.
 
Capitolo 24 - ...RIMANGONO SOLO DUBBI 
I mesi passavano a gran velocità rendendo Harry sempre più nervoso. 
La seconda prova era imminente e lui non aveva ancora capito cosa fare con quello stupido uovo d'oro. Nell'istante in cui lo apriva quei suoni striduli e strazianti invadevano la stanza e nonostante questo, lui era deciso nel voler risolvere l'enigma. 
Harry non aveva dimenticato il suggerimento di Cedric, ma dati i sentimenti men che amichevoli che nutriva nei suoi confronti al momento, preferiva non accettare il suo aiuto se poteva farne a meno. Quando Ginevra ne venne a conoscenza non sembrava in qualche modo turbata come credeva... al contrario, lei sapeva che Cedric avrebbe ricambiato il favore dato che Harry, nonostante i dissapori, lo informò della prima prova, così che non fosse l'unico a partire svantaggiato. Ad ogni modo Ginevra riuscì a convincere il fratello a seguire il suggerimento e studiarono un piano per permettere a Harry di sfruttare il bagno dei Prefetti come gli era stato indicato. Lei avrebbe aspettato il tempo necessario fuori dal ritratto permettendogli di risolvere l'enigma. 
 Il Mantello dell'Invisibilità avrebbe giocato un ruolo importante, così come la Mappa del Malandrino. Quando quel giovedì sera raggiunsero la porta giusta, Harry le si avvicinò e borbottò la parola d'ordine. 
- Buona fortuna, Harry - sospirò Ginevra allontanandosi così da non destare sospetti se un professore fosse passato di lì. 
Passeggiava per i corridoi quando incrociò qualcuno. 
- E tu che ci fai qui? - disse Ginevra in un sussurro. 
Paul era appoggiato al muro lì accanto.
Sembrava la stesse aspettando. 
- Devo parlarti. 
Ginevra studiò il suo viso e sgranò gli occhi quando i raggi della luna lo illuminarono. - Cosa ti è successo? - esclamò a bassa voce, esaminandolo da vicino con apprensione. Il bellissimo viso del ragazzo era tratteggiato da ferite, un livido violaceo faceva mostra di sé sull'occhio destro come il labbro spaccato. - Chi ti ha ridotto così?
- Non è niente, sta' tranquilla - tagliò corto Paul. - Non sono venuto qui per parlarti di questo... 
- Ti hanno picchiato e tu pretendi che io non debba preoccuparmi?
- Non sono conciato così male. Madama Chips ha già pensato a medicarmi. Tra poche ore sarò come nuovo. 
- Posso sapere chi è stato, almeno? - sbuffò lei. Quella parte del ragazzo riusciva a farle saltare i nervi in un secondo. 
- Dopo - promise il Tassorosso. - Ma adesso fammi parlare, ok? Per favore, Gin - chiese, - è importante. 
- Di cosa vuoi parlare? - bofonchiò Ginevra, incrociando le braccia al petto.  
Paul non rispose subito. Si limitò a guardarla, incapace di trovare le parole giuste. 
Scosse il capo. - È complicato. 
Si voltò verso di lei, mesto. Ginevra sostenne il suo sguardo e lo invitò a proseguire. 
- Ti sembrerà assurdo - iniziò lui. - Ma è da un po' di tempo che osservo Cedric senza capire il perché delle sue azioni. A volte non sembra nemmeno lui. Da quando sta con quella... si comporta in modo strano, come se la loro relazione stesse durando da anni! 
Ginevra si lasciò scappare una risata leggera, priva di allegria. - Siamo qui a parlare di questo? Seriamente?
- Alt, hai promesso - la ammonì e lei finse di sigillarsi la bocca con una cerniera. Paul proseguì. - Quando mi parla... io sento che c'è qualcosa di completamente diverso dal Cedric di prima. Lui ti osserva come se non sapesse chi sei - esclamò frustrato. - Ma conosco Cedric. Lui non ti avrebbe mai lasciata. Se solo sapessi il modo in cui parlava di te... - aggiunse subito dopo aver visto l'espressione scettica sul volto dell'amica. 
Lei parlò con un filo di cattiveria, come per prenderlo in giro: - E ti aspetti che questo cambi qualcosa? Paul, tra me e Cedric è finita. Me ne sono fatta una ragione. Dovresti farlo anche tu.
- No - ribatté Paul, con voce ferma e autoritaria. - Devi ascoltarmi. Sono sicuro che Cedric sia sotto l'influenza di un Incantesimo.
Lei restò in silenzio, incapace di pronunciare una sola parola. I suoi pensieri erano uno più incoerente dell'altro. 
Possibile? Cedric soggiogato da qualcosa di tanto potente da cambiarlo radicalmente?
Più ci pensava più lo credeva assurdo. 
Ma se invece non fosse così? 
- Amortentia - tirò a indovinare. Il cuore le batteva contro le costole. - Ma non capisco perché lui non mi riconosce.
- Immagino che dovremo scoprirlo. - Paul incatenò gli occhi di Ginevra ai suoi, chiedendole di sostenerlo. - Solo tu puoi aiutarlo a ricordare.
Ginevra scosse la testa. Non riusciva ancora a crederci. 
Che potere aveva lei per far cambiare le cose?
Ci pensò ancora per qualche istante, fino a non trovare alcuna via d'uscita, poi annuì . - Cosa devo fare?  

Harry ritornò a galla e infranse la superficie coperta di bolle scuotendosi via i capelli dagli occhi. 
Aveva messo l'uovo dentro l'acqua e una volta aperto... non si era sentito nemmeno un lamento. Ne uscì invece un suono gorgogliante, una canzone le cui parole non si riuscivano a distinguere attraverso l'acqua. Così Harry trattenne il respiro e scivolò sott'acqua. Udì un coro di voci melodiose che cantava dentro l'uovo aperto tra le sue mani. 
Ci vollero tre ascolti subacquei prima che imparasse la canzone a memoria. 
Doveva andare a cercare delle persone che non potevano usare le loro voci sulla terraferma... Ma chi potevano essere? 
Si arrampicò fuori dalla vasca, si asciugò e si rimise il pigiama e la vestaglia, pensando alla soluzione. 
Nel Lago Nero vivevano un sacco di creature e tra loro dovevano esserci anche delle creature umanoidi in grado di cantare. Ma chi? 
Prima che uscisse nel corridoio, lo sguardo di Harry era caduto sul ritratto della sirena appesa al muro che lo salutava ammiccando maliziosa. 
Le sirene! Ecco la soluzione! 
Con il Mantello dell'Invisibilità, Harry vagò per i corridoi bui studiando la Mappa del Malandrino per controllare che la strada fosse ancora libera. Gazza e Mrs Purr erano lontani... Ginevra era lì vicino e accanto a lei c'era un certo Paul Bennet. 
Harry decise di andarle incontro e non appena la raggiunse il misterioso ragazzo se ne andò. 
- Chi era quello? - chiese facendola sussultare per lo spavento. 
- Oh, cielo! Harry! - esclamò a bassa voce. - Non farlo mai più.
Harry si scusò e si incamminarono verso la sala Comune controllando il percorso grazie alla Mappa. Dopo un po', le chiese chi fosse quel ragazzo. 
- Era un mio amico. Mi ha chiesto di aiutarlo in un progetto - spiegò in un sussurro. Poi rise leggermente. - E non c'è bisogno che tu sia geloso di Paul. 
- Io non sono geloso - ribatté Harry, fingendosi offeso. - Ma... perché non dovrei esserlo? - chiese poi curioso. 
Ginevra sorrise al fratello nascosto dal Mantello. - Be', Paul ha dei gusti differenti dagli altri ragazzi. 
- Che vuoi dire? Aspetta... Oh! 
- Già - ammise con un tono ricco di preoccupazione che, però, non sfuggì a Harry. 
- Tutto ok? 
'Bella domanda', avrebbe voluto rispondere lei. 
Dopo aver parlato di Cedric, Paul le spiegò il motivo dei suoi lividi: un gruppetto di ragazzi del settimo anno di Corvonero lo avevano preso di mira, avevano aspettato che entrasse nei bagni e, dopo averlo accerchiato e immobilizzato, lo avevano picchiato insultandolo ripetute volte. 
In quel momento le mani di Ginevra prudevano così tanto che non vedeva l'ora di incontrare quegli idioti per fargliela pagare. 
Non riusciva a credere che esistessero persone del genere. 
Chi erano loro per insultare il suo amico in quel modo? Cosa importava quali fossero i suoi gusti o quelli di altre persone? Non c'era niente di male ad essere un po' diversi. 
Aveva promesso a Paul di non intervenire, ma non era tanto sicura che avrebbe mantenuto la parola, se solo quei brutti ceffi si fossero trovati sul suo cammino. 
- Sì - rispose al fratello. - Va tutto bene. 
Erano quasi arrivati quando Ginevra sentì un sordo clunk echeggiare nel corridoio un passo sì e uno no. 
I due ragazzi vennero presi dal panico al solo pensiero di essere colti in flagrante dal professor Moody. 
- Andiamo, prima che ci veda - Ginevra si lanciò di corsa sulle scale, subito imitata da Harry. 
Una volta lontani dal professore di Difesa contro le Arti Oscure, Harry sbirciò la mappa per controllare che la via fosse libera. Ma qualcosa di strano attrasse la  sua attenzione.
Un puntino volteggiava in una stanza nell'angolo in basso a sinistra: l'ufficio di Piton. Ma il puntino non era marchiato 'Severus Piton'... era Bartemius Crouch. 
Fissò la macchiolina. Il signor Crouch stava troppo male per andare a lavorare o partecipare al Ballo del Ceppo: e allora cosa stava facendo di nascosto a Hogwarts all'una di notte? 
Informò la sorella che, confusa, prese la mappa tra le mani e scrutò il ritaglio del signor Crouch girare per la stanza da una parte all'altra. 
Lei odiava quell'uomo. Era stato lui a spedire suo padre ad Azkaban senza sottoporlo ad un processo. 
Pensare a lui le montava una gran rabbia dentro. Se non fosse stato per Harry, che sprofondò dritto nello scalino infido dimenticandosi di saltare,  avrebbe strappato la mappa a metà. 
Si voltò appena in tempo per vedere l'uovo d'oro scivolare da sotto il mantello che si sfilò dalla testa di Harry, rivelandolo. Entrambi cercarono di afferrarlo al volo, ma le loro teste cozzarono e l'uovo rotolò giù per le scale provocando un gran fracasso. 
Ginevra aiutò il fratello a liberarsi dalla trappola e gli rimise addosso il Mantello in fretta e furia. Poi, dopo aver infilato la Mappa nella tasca della felpa, scese le scale per cercare di chiudere l'uovo che si era aperto di scatto cominciando ad ululare...
- PIX!
Ma era troppo tardi: Gazza si stava avvicinando, rabbioso. 
- Gin, nasconditi - disse Harry. Ma anche se si fosse nascosta dietro l'arazzo sarebbe stata beccata comunque. 
- Che cos'è questo fracasso? Vuoi svegliare tutto il castello? - Ginevra si affrettò a chiudere l'uovo e a nasconderlo. Il custode si stava facendo sempre più vicino. - Ti prenderò, Pix, ti prenderò, sai... E tu che ci fai qui? 
- Io stavo tornando nella mia sala Comune, signor Gazza - rispose la ragazza mostrandosi calma e rilassata. 
- Ne stai macchinando una delle tue, Black? 
- Certo che no, signor Gazza - si finse offesa. - Ero in biblioteca fino a qualche minuto fa. Non mi ero accorta dell'orario. Le prometto che non accadrà mai più. 
Gazza la guardava attento, come se si aspettasse che la ragazza tirasse fuori un fuoco d'artificio dalla manica. 
Harry stava trattenendo il respiro. Gli occhi rosso sangue di Mrs Purr erano fissi su di lui. 
- Cosa c'è, tesorino? - disse piano il signor Gazza avvicinandosi alla sua gatta. - Senti l'odore di quel poltergeist, non è così? 
- Ha sentito quel rumore assordante di prima, Argus? - disse Ginevra non appena vide il custode avvicinarsi a Harry. - Crede che sia opera di Pix? 
Gli occhi pallidi e sporgenti dell'uomo la scrutavano lampeggiando interessati. 
Harry approfittò di quella distrazione per allontanarsi dalla gatta ossuta e dal suo padrone. 
- Ne sono più che sicuro. E lo troverò - fu la risposta di quest'ultimo. Poi, i due fratelli trattennero il fiato quando lo videro scostare l'arazzo. - E questo cos'è? 
Ginevra sgranò gli occhi e lanciò una breve occhiata nel punto in cui era il fratello. 
- Questo è uno degli enigmi del Tremaghi! - disse il signor Gazza trionfante, prendendo l'uovo in mano. - PIX! Hai rubato! 
Prese a salire le scale insieme alla sua fedele compagna raggiungendo Harry lì vicino. 
- Gazza? Che cosa succede? 
'Ci mancava solo questa', Ginevra non poteva essere più sfortunata. 
Piton la stava osservando senza dire una parola, gli occhi ridotti a due fessure. 
- È Pix, professore - sussurrò Gazza, malevolo. - Ha gettato quest'uovo giù dalle scale. 
L'inquietante professore distolse lo sguardo dalla ragazza e raggiunse il signor Gazza su per le scale. Harry strinse i denti, certo che i battiti del cuore lo avrebbe tradito da un momento all'altro... 
- Pix? - disse piano Piton, guardando l'uovo tra le mani di Gazza. - Ma Pix non sarebbe potuto entrare nel mio ufficio... 
Ginevra era sul punto di rivelare al professore chi fosse entrato nel suo ufficio, ma si trattenne. Probabilmente non le avrebbe creduto. 
- E tu cosa ci fai in giro per il castello a quest'ora della notte, signorina Black? - sibilò Piton all'improvviso, con un bagliore negli occhi. 
Ginevra sussultò leggermente, presa alla sprovvista. - Io ero in biblioteca fino a qualche attimo fa, signore. Il tempo vola quando inizio a leggere - sorrise. 
Era sempre stata brava a mentire. Riusciva a evitare punizioni o conversazioni scomode senza che nessuno sospettasse delle sue invenzioni. Il suo viso bello e sincero agevolava la situazione, ma non sapeva se in quel momento era stato proprio quello a convincere il  suo arcigno professore di Pozioni.
- Voglio che tu venga con me ad aiutarmi a cercare l'intruso, Gazza - disse quest'ultimo. - Chiunque sia entrato nel mio studio non era di certo Pix. Solo un mago può spezzare l'incantesimo che uso per proteggere il mio ufficio. Signorina Black, - aggiunse voltandosi verso di lei, - le conviene tornare nel suo dormitorio, prima che cambi idea. 
- Certo, signore. Buona notte. - Ma non fece in tempo a voltarsi che la Mappa le scivolò fuori dalla tasca e cadde a terra. Si affrettò a prenderla ma riuscì a leggere un nome accanto al suo prima che...
- Accio pergamena! 
La mappa si alzò da terra e svolazzò fino ad atterrare fra le mani di Malocchio Moody, avvolto nel suo vecchio mantello da viaggio. 
- Cos'è, un pigiama party? - ringhiò il professore di Difesa contro le Arti Oscure. 
L'occhio magico saltava da Ginevra a Harry, in cima alle scale, mentre quello normale scrutava con attenzione la Mappa del Malandrino.
Ginevra cercò di parlare, ma non aveva voce. Nella sua testa c'era solo una grande confusione. 
'Com'è possibile...?'. 
La fessura obliqua che Moody aveva per bocca si spalancò dalla sorpresa. 
Ripiegò la mappa e fermò il suo occhio magico su Ginevra per qualche istante. Lei sostenne lo sguardo senza alcun timore.
Non si era neanche accorta che qualcuno stesse parlando. 
- ... il professor Piton ha scoperto che qualcuno è penetrato nel suo uff... 
- Zitto! - sibilò Piton a Gazza. 
Moody fece un passo verso i piedi delle scale. Scrutando il professore di Pozioni con il suo occhio magico. - Ho sentito bene, Piton? - chiese lentamente. - Qualcuno è entrato nel tuo ufficio? 
- Non è importante - disse Piton freddamente. 
- Al contrario - ringhiò Moody voltandosi verso la ragazza, - è molto importante. Chi potrebbe voler penetrare nel tuo ufficio? 
- Se stai insinuando che sia stata la signorina Black, ti fermo subito. Lei non lo farebbe mai. 
Ginevra e Harry si stupirono delle parole di Piton. Non l'aveva mai difesa e non si sarebbe mai sognato di rivolgerle la parola se non durante la lezione. 
- Perché dici così? - disse Moody. - Cosa nascondi, Piton? 
- Non ho niente da nascondere - sibilò Piton. - La signorina Black è la migliore studentessa del suo anno e non oserebbe mai sporcare la mia fiducia derubandomi. 
- Oh, così lei sarebbe la tua favorita? Che cosa carina. Comunque io intendevo "cosa nascondi nel tuo ufficio", Piton. 
- Lo sai che non nascondo niente, Moody - disse Piton, in tono calmo e minaccioso, - dal momento che tu stesso hai frugato con gran cura nel mio ufficio. 
Il viso di Moody si contorse in un sorriso. - Privilegi da Auror, Piton. Silente mi ha detto di tenerti d'occhio... 
In quel preciso istante la ragazza, che non aveva smesso di guardare il claudicante professore, capì ciò che nessuno avrebbe mai sospettato. 
- Non vedo perché il professor Silente le abbia chiesto di tenere d'occhio il professor Piton - fu la sua immediata intrusione nel discorso. 
- Nessuno ha chiesto il tuo parere, ragazzina - ringhiò Moody. - Sono certo che se sapessi due o tre cosette sul tuo professore, ti si arriccerebbero i capelli. Dopotutto... ci sono macchie che non vengono mai via. Non è vero, Piton? 
Piton all'improvviso fece una cosa molto strana. Si afferrò convulsamente il braccio sinistro con la mano destra, come se gli facesse male. 
Moody scoppiò a ridere. 
A quel punto Ginevra vide solo rosso.
- Anche se ci sono macchie che non vanno più via - sbottò interponendosi tra i due uomini, -  questo non le permette di insultare un mago che si è guadagnato il rispetto di qualcuno che sta al disopra di lei. Si ricordi che quando punta "il dito" contro qualcuno deve guardare la propria mano, perché ci sono quattro dita puntate verso di lei, professor Moody - aggiunse in fine con una vena di sarcasmo appena percettibile. 
Moody la scrutò attentamente. - A quanto pare Silente non è l'unico convinto che a tutti sia dovuta una seconda possibilità. Non sapevo che facessi strage di cuori, Piton! 
Severus sembrava incapace di formulare una sola sillaba, tanto era il suo stupore. 
Quella ragazza lo stava difendendo. Ma a che pro? Perché si era intromessa in una cosa che era più grande di lei? 
Gli sembrava di rivivere il passato.
Rimase a guardarla, sentendosi un inetto. Non riusciva a capire il motivo che la spingesse a difenderlo con tanta furia e tenacia. 
Era astuta e combattiva. Lily ne sarebbe stata orgogliosa. 
A quel punto la risata derisoria di Moody lo riportò con i piedi per terra.
- Tornatene a letto, Black.
Ginevra si lasciò sfuggire una smorfia sarcastica. - Spero che non venga attaccato dai topi e dai bidoni della spazzatura mentre torna nelle sue stanze - disse al claudicante prima di raggiungere la Torre di Grifondoro. 
Non si curò nemmeno della Mappa che non era più in suo possesso. 
Ma di una cosa ne era più che certa: quello non era Alastor Moody. 
Quando Ginevra raggiunse la sala Comune la trovò vuota e stranamente silenziosa. 
Salì le scale lentamente, rimuginando su quei pensieri. Entrò in camera e trovò Ice ritto sul letto che la aspettava. Gli grattò la testolina, sorridendogli appena.  
Si preparò a dormire con gesti meccanici, inconsapevoli. Soltanto sotto il getto bollente della doccia riuscì ad accorgersi di quanto stesse tremando. 
Nonostante si fosse mostrata forte, aveva molta paura.  
Grazie ai racconti dei suoi zii era a conoscenza di tutto ciò che accadde durante la prima guerra magica e ciò che ne portò, inclusi i morti e le sofferenze che Voldemort e i suoi seguaci avevano seminato. Le raccontarono di come Alice e Frank Paciock, i genitori di Neville, fossero stati torturati fino alla pazzia dalla sorella di Andromeda, Bellatrix Lestrange. Gli altri Mangiamorte che vennero mandati ad Azkaban per aver collaborato con lei furono il marito, il cognato e un ragazzo. Ted le aveva spiegato che la notizia aveva fatto scalpore perché il ragazzo era il figlio di Bartemius Crouch: Barty Crouch jr. 
Ma a quanto pare non era morto come credevano tutti, era lì a Hogwarts sotto mentite spoglie. 
Chiuse il rubinetto con forza, e una volta che il getto d'acqua cessò Ginevra riprese a tremare. Si trascinò fuori dalla doccia stringendosi nell'asciugamano per proteggersi dai brividi. Indossò il pigiama in fretta e arrancò sotto le coperte, per riscaldarsi. Ice si rannicchiò accanto a lei che iniziò ad accarezzare la sua morbida pelliccia scura ricevendo delle fusa.
- Sei fortunato, Ice - disse Ginevra. - Dev'essere bello essere un gatto e non avere alcun pensiero se non dormire e mangiare - ne seguirono una lunga pausa e un sospiro malinconico. - Sai, ho appena scoperto che il professor Moody in realtà non è chi dice di essere. - Ice la guardò fisso negli occhi, come se avesse capito la gravità della situazione. - Già, ma se lo dicessi a qualcuno nessuno mi crederebbe. Devo trovare il modo di smascherarlo... - sbadigliò, chiuse gli occhi e subito dopo si addormentò. 
Ice le si avvicinò un po' di più, continuando a fissarla, preoccupato. 





ANGOLO AUTRICE: 
CIAOOO!!! Lo so, questo capitolo è un po' troppo simile al libro ma dovevo farlo, altrimenti non avrei saputo come continuare a scrivere i prossimi capitoli. Ma ho cercato di renderlo un po' mio (lo avrete sicuramente notato!). 
Vi sta piacendo la storia? Ho visto che in molti l'avete aggiunta tra le preferite/seguite e ricordate (e a questo proposito vi ringrazio moltissimo!!!) ma mi farebbe davvero piacere sapere la vostra opinione. Altrimenti per chi la sto scrivendo questa storia?! 
Vi prego, vorrei avere un vostro parere così potrò continuare a scrivere con un po' più di stima.
Se non fosse per quelle magnifiche ragazze che mi sopportano ogni singola volta come M_G_Weasley e Moony1960... non saprei cosa fare! Vi amo, ragazze!!! 
Spero di ricevere più di una recensione dato che il capitolo è abbastanza lungo... 
Al prossimo capitolo!!! 
18Ginny18

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Capitolo 26
*** Capitolo 25 - I RICORDI SI SVEGLIANO ***


 
"Il coraggio incute rispetto anche ai nemici" 
Alexander Dumas - I tre moschettieri. 
 
Capitolo 25 - I RICORDI SI SVEGLIANO 
Ginevra era indecisa se parlare con qualcuno di quello che aveva scoperto riguardo al "professor Moody", ma rimaneva ferma nell'idea che nessuno le avrebbe creduto. Per un attimo aveva avuto il folle istinto di raccontare tutto a Fred e George -loro le avrebbero creduto- ma aveva comunque paura. 
Sapeva che Moody la stesse osservando. Lei conosceva il suo segreto, questo era un punto a suo favore, ma non era in grado di sfruttarlo senza preoccuparsi delle conseguenze. 
Quel pomeriggio, quando rientrò nella sua camera, sul letto c'era un biglietto piegato e Ginevra lo aprì. 
"Stai attenta". 
Leggeva e rileggeva il biglietto, per assorbire le due semplici parole. Chiunque le avesse scritte, voleva che lei stesse al sicuro, era chiaro. Questo significava che quel qualcuno sapeva quello che era successo la notte precedente. Ma chi?
Involontariamente, tracciò con le dita il contorno della cicatrice che portava sul braccio, sempre un po' più calda del resto della sua pelle. Come se dovesse scoppiare da un momento all'altro. 
Cosa significava questo? 
La risposta era ovvia. Nella sua vita c'era qualcosa che non andava. 
Il giorno dopo era in programma una gita a Hogsmeade, sperava solo di riuscire a distrarsi da quei cupi pensieri. 
Il suo cuore iniziò a martellare, incespicò, e riprese raddoppiando il ritmo dei battiti al solo pensiero di incontrare Cedric. Ma doveva farlo. Paul era riuscito a coinvolgerla in quella che sembrava un'impresa impossibile... dopotutto, lei non sapeva come far tornare Cedric quello di un tempo. 
Quel sabato, lei e Paul uscirono insieme dal castello inseguiti da battutine e insulti poco gentili di quattro idioti alle loro spalle. L'indole della ragazza le imponeva di voltarsi e dar loro una lezione, ma il Tassorosso la prese per il braccio e la trascinò via, chiedendole più volte di non fare sciocchezze. 
Una volta entrati ai Tre Manici di Scopa tennero gli occhi bene aperti in cerca di Cedric ma, come avevano intuito, non era lì.
- Probabilmente la piattola lo avrà portato da Madama Piediburro - borbottò Ginevra sorseggiando la sua burrobirra. 
Paul si limitò a sollevare il boccale nella sua direzione e a sorriderle, prima di bere un sorso. 
La ragazza dava le spalle alla porta quindi non si accorse di chi entrò in quel momento. 
Paul le sorrise raggiante. - Indovina chi c'è? - sussurrò per poi chiamare Cedric a gran voce e invitarlo al loro tavolo. 
Ginevra non si era voltata. Fissava le sue dita che stringevano il boccale di burrobirra.
Chiuse gli occhi e sospirò. Prima di riaprirli cercò di accumulare abbastanza autocontrollo da sorreggerla. 
- Sei tutto solo, Ced? - chiese Paul quando il ragazzo si avvicinò al tavolo. 
- Cho è da Mondomago e mi ha chiesto di prendere un tavolo e qualcosa da bere. Da Madama Piediburro era affollatissimo - spiegò all'amico. Poi i suoi occhi marrone chiaro si posarono su Ginevra.
Lei levò lo sguardo catturando i suoi occhi, facendogli provare inconsapevolmente le stesse emozioni che solo lei era in grado di scaturire. 
- Ciao - disse con un sorriso malinconico. 
Cedric non rispose subito al saluto. Si limitò a guardarla, preso da un emozione che nemmeno lui riusciva a cogliere. 
Era la ragazza che popolava i suoi sogni da mesi. Ed era lì, davanti a lui.
Scosse il capo e tese la mano verso di lei. - Ciao. Io sono Cedric. 
Ginevra sussultò appena. Questo non se l'aspettava. 
Fino a quel momento non aveva creduto possibile che lui -proprio lui- l'avesse dimenticata. 
Il cuore sembrava volerle uscire dal petto e gli occhi iniziarono a darle fastidio. 
- Io sono Ginevra - gli strinse la mano ma un secondo dopo i due si ritrassero come scottati. 
Cedric si portò una mano alla tempia dolorante. Vedeva tutto sfocato. 
Nella sua mente, il volto di Cho si sovrapponeva a quello di Ginevra e viceversa. 
- Tutto ok, Ced? - chiese Paul, scambiandosi una breve occhiata d'intesa con la ragazza. 
Anche Cedric la stava guardando. La fissava con uno sguardo intenso. - Io non... - Il respiro mozzato. - Mi... sento strano. 
Paul lo fece sedere e lanciò un'altra occhiata a Ginevra quando Cedric poggiò la mano sulla sua. 
'Stava funzionando? Era bastato un semplice tocco?'.
- Cedric! 
I tre si voltarono verso la voce squillante. Cho aveva gli occhi sgranati. Si avvicinò al loro tavolo e prese la mano del ragazzo nella sua. - Amore mio, che cosa ti hanno fatto?
Ginevra si morse le labbra e strinse una mano nell'altra, con forza, per evitare di assalirla. 
- Oh, noi nulla. Tu, invece? - chiese Paul, disinvolto, inclinando il capo e illuminandosi in un sorriso.
Cho tremò e deglutì a vuoto. 
Lo sguardo di Cedric sembrava spento. Guardò le due ragazze, si massaggiò le palpebre. 
Cosa gli stava succedendo? I suoi ricordi, adesso, sembravano cambiati. 
Pian piano cercò di ricomporre il puzzle incompleto, mettendo un tassello alla volta e ricordando ogni momento passato. Cho stava svanendo man mano che i ricordi riaffioravano mentre Ginevra stava riprendendo una forma più chiara. Quelli che Cedric credeva solo dei sogni non erano altro che la realtà, dei ricordi che lo legavano a lei. 
- Credete di essere simpatici? - Cho tremava, ma non era chiaro se per rabbia o paura. 
Ginevra si voltò per nascondere un sorriso. - Se non vuoi una risposta sarcastica, non fare domande stupide.
Sentiva una tale vampa d'ira da poterla squagliare. 
Cho incrociò le braccia tenendole strette al petto e la guardò, torva, parlando come se non l'avesse nemmeno sentita. - E comunque, non so di cosa state parlando - disse. - Sono io che ho trovato il mio ragazzo in vostra compagnia e in questo stato. Come faccio a sapere che non gli avete fatto qualcosa? 
Le labbra della Grifondoro si stesero, trattenendo a malapena un sorriso.
- Potrei dirti che hai ragione, ma poi saremmo in due ad avere torto. 
- Ho bisogno di prendere un po' d'aria - disse poi Cedric attirando l'attenzione su di sè. Aveva un colorito tenue nonostante sembrasse molto accaldato. Chiese a Paul di accompagnarlo fuori senza ascoltare le proteste di Cho. 
Quando uscirono, le due ragazze rimasero sole. 
Su di loro cadde un silenzio inquietante. Ginevra aveva lo sguardo, apparentemente, fisso sul boccale di burrobirra mezzo vuoto. La sua espressione vuota e fredda, scatenò nella Corvonero la voglia di scappare a gambe levate dal pub. 
Stava studiando un modo per andare via senza che se ne accorgesse... 
- Siediti, Chang. 
A queste parole fu assalita da un crampo di paura.
La fissò, stupita, ma Ginevra teneva gli occhi bassi. - Dobbiamo parlare - continuò la Grifondoro. 
Cho fece come le venne ordinato e prese posto dove prima era seduto Cedric, alla destra di Ginevra. Cercò di assumere un'espressione fredda e neutrale ma non ci riuscì. Quella ragazza le faceva molta paura. 
- Perché? Perché lo hai fatto? - chiese Ginevra, disegnando con le dita sulla tiepida superficie del bicchiere. 
La Corvonero era incredula. - Non capisco. Non... non sei arrabbiata? 
Ginevra fece una smorfia, le sue dita sembravano voler creare la loro impronta nel vetro tanto era forte la stretta. - Certo che sono arrabbiata - rispose con voce dura. - Non è giusto nei confronti di Cedric... Sai meglio di me che l'Amortentia non crea il vero amore - continuò lei, lasciando che tutto il nervosismo accumulato scemasse. - Te lo chiedo un'ultima volta. Perché?
Cho la guardò dritto negli occhi e a quel punto capì la gravità del suo errore. In quei occhi verdi vedeva la sofferenza ricoperta da un velo di lacrime pronte a esplodere. Pensava che lei non meritasse Cedric, che per lei non fosse altro che un passatempo e invece... chissà cosa aveva passato quella ragazza a causa di un suo capriccio. 
- So che è sbagliato, - disse Cho con voce tremante, - ma io lo amo. 
Cadde il silenzio.
Ginevra annuì, comprensiva, non voleva sentire altro. Si alzò in piedi e raccolse il cappotto. - Se lo ami davvero, sai quello che devi fare - disse prima di rivolgerle un sorriso appena accennato e lasciare il locale. 
Quando vide scomparire la sua figura oltre la porta, Cho spostò lo sguardo sul tavolo. Mise una mano nella tasca e ne uscì una piccola fiala. 
Aveva intenzione di versare il contenuto nella bevanda di Cedric per fortificare l'incantesimo come faceva ogni settimana, ma adesso... 
Quella ragazza aveva ragione. Non era giusto il modo in cui stava trattando Cedric. Lui non era un oggetto o un giocattolo al quale poteva far fare tutto quello che desiderava. Aveva anche lui dei sentimenti... 
Cho decise di prendere la decisione che le sembrava più giusta. Rimise la fiala nella tasca e promise a sé stessa di non usarla mai più e di chiedere scusa a Cedric per quello che aveva fatto.
Sì, era la cosa giusta. 
Guardò il boccale sul tavolo e quello che vide la lasciò sbigottita: era, in parte, ricoperto da una brina piuttosto spessa. Le impronte delle dita di Ginevra erano ancora visibili. 
Lo prese in mano e non appena toccò la superficie ghiacciata quella si sciolse nelle sue mani. 
Non sapeva come interpretare quella anomalia, ma doveva ammettere che ne rimase piuttosto colpita. 

Per quanto ridicolo potesse sembrare, Cedric cercava di non pensare a quello che continuava a vorticargli nella testa. Non riusciva a soffocare del tutto il dubbio che Cho gli avesse mentito per tutto il tempo. 
All'inizio lo credeva impossibile; lei non avrebbe mai fatto una cosa del genere, poi il dubbio divenne certezza. 
Come aveva potuto farlo? 
In un impeto di rabbia, Cedric, diede un calcio al bidone della spazzatura lì accanto, rovesciando il contenuto sul terreno. - Sono un'idiota!
Paul gli rivolse un gran sorriso. - Sono felice che anche tu la pensi allo stesso modo, finalmente. 
Cedric non rise al commento del suo amico, si portò le mani ai capelli e li tirò con forza. 
'Perché era successo?'. 
La porta dei Tre Manici di Scopa si apriva e chiudeva con un ritmo regolare. Cedric cercò di calmarsi ma, quando alzò lo sguardo e vide Ginevra, non ci riuscì. Le andò incontro, pronto a spiegarle ogni cosa e chiarire ogni malinteso. 
C'era qualcosa di tremendamente sbagliato nel suo sorriso. Non la riconosceva più... anzi, temeva di conoscere quell'espressione. 
- Posso spiegarti - iniziò lui. 
- Facciamo due passi, ti va? 
Il ragazzo annuì e, insieme, si incamminarono verso Hogwarts. 
Trovare il momento e le parole giuste per esprimersi, non era facile per nessuno dei due. 
Gli occhi di Cedric erano fissi su Ginevra che camminava in silenzio al suo fianco. I lunghi capelli neri erano raccolti in una coda di cavallo e solo una piccola ciocca arricciata le dondolava sopra l'orecchio destro. 
Nel contemplarla sorrise, malinconico, pensando che diventasse sempre più bella. 
Il vento soffiava piano, ma la ragazza si sentiva come se riuscisse a penetrarle nella pelle. Si strinse nel cappotto ma la situazione sembrò non migliorare. Cedric, per puro istinto, si sfilò la sciarpa e la poggiò delicatamente sul suo collo nudo. 
Ginevra alzò lo sguardo incrociando quello di lui. Sorrise riconoscente e si avvolse nei colori giallo e nero della sciarpa. In quell'istante non poté fare a meno di assaporare il suo profumo e trovò rassicurante poterlo sentire ancora. 
Cedric cercò di interpretare l'espressione del suo viso. A volte, per lui, era difficile indovinare cosa stesse pensando. Vederla sorridere gli mandò il cervello in subbuglio. In quel momento, riusciva a malapena a ricordare come formulare frasi di senso compiuto. 
Ma le parole che uscirono dalle labbra di lei gli azzerarono completamente il cervello. 
- Cedric, forse... forse è meglio che restiamo amici. 
Nelle loro teste, quelle parole, erano diventate un eco quasi insopportabile. 
Cedric le prese la mano e entrambi si fermarono. 
- Non puoi dire sul serio. - A quelle parole, la Grifondoro perse un battito. 
- Sono seria, Cedric. Io non voglio soffrire ancora - sussurrò a stento.
Anche volendo, non aveva la forza di rimangiarsi tutto. Non volle vedere la sua reazione, temeva di scoprire quanto dolore gli stava infliggendo. 
Il ragazzo cercò in tutti i modi di dissuaderla. - Se... se lo dici per Cho... io... lei è solo un'amica per me. Lo sai che ti amo. 
Ginevra era sul punto di scoppiare in lacrime. - Dio, Diggory! Quanto sei cieco! - si voltò a guardarlo. Trasalì e respirò a fondo. Era certa che non sarebbe mai riuscita a levarsi quell'espressione dalla mente. Per un attimo il pensiero di rinunciare alla folle idea di porre fine al loro rapporto le sfiorò la mente, ma rinunciò in partenza. - Lei ti ama! Ha fatto tutto questo perché ti ama. 
- E tu mi ami? - sussurrò Cedric.  
La distanza tra di loro si accorciò rapidamente e per un minuto interminabile restarono a guardarsi. 
- È irrilevante. 
- No, non lo è - controbatté lui. - È vero, ultimamente non ero più io... ma non ho dimenticato la prima volta che ho posato lo sguardo su di te, sul treno per Hogwarts. Non ho dimenticato quella sensazione che provavo ogni volta che arrossivi o sorridevi... E non ho dimenticato quando ci siamo scambiati il nostro primo bacio. Quindi non venirmi a dire che per te è irrilevante, perché per me non è così. 
Se avesse urlato sarebbe stato meno doloroso da sopportare e più facile da ignorare.
Dentro di sé Ginevra sentiva una voragine che si era fatta strada man mano che Cedric le diceva di amarla. A quel punto resistere le sembrò inutile e una raffica di parole uscì dalle sue labbra, alleggerendo quel peso che si era fatto pressante nel suo petto. - Nemmeno io ho dimenticato un solo istante da quando ti ho incontrato e anche se ho provato ad andare avanti, non ci sono riuscita. Soffrivo ogni volta che ti vedevo baciare un'altra. E sì, ogni singola volta che mi guardavi mi sembrava di morire! Ho provato ad odiarti, davvero, ma non riesco ad odiare chi amo. 
Aveva urlato tutto ciò che si era portata dentro per mesi. 
Cos'era rimasto da dire? 
- Ti amo, contento? 
A quel punto le labbra di Cedric si unirono alle sue e lei si arrese a quella che credeva un'impresa impossibile. Restituì il bacio mentre i loro respiri si mescolavano, fino a diventare una cosa sola. 
- Ti amo. - Si sussurrarono, nei brevi istanti in cui le loro labbra si separavano. 

Il mattino seguente, al suo risveglio venne accolta dalla leggera brezza mattutina che le accarezzava il viso. Non era fastidioso ma riuscì a svegliarla  e farla alzare dal suo letto a baldacchino con un balzo.
Si sentiva piena di energie e felice. 
Però sentiva qualcosa di diverso, quella mattina. Ice non era lì con lei ad augurarle buongiorno passandole fra le gambe come sempre. Be', in realtà erano quasi tre giorni che non si vedeva... a volte capitava che lui sparisse per qualche ora, ma adesso la preoccupazione la spinse a cercarlo ovunque, persino sotto il letto ma non vi era nemmeno l'ombra del suo fedele gatto nero. 
Lanciò una rapida occhiata alla finestra notando che era spalancata. Non ricordava di averla lasciata aperta... e in quel momento il timore che Ice fosse scappato buttandosi di sotto le sfiorò la mente. Si sporse e guardò di sotto sperando di non trovare un gatto spiaccicato sull'erba, era un pensiero paranoico ma riuscì a tranquillizzarsi solo dopo aver verificato.
Tirò un sospiro di sollievo. 
Non era lì. 
Ma allora... dov'era finito?
Quando scese a colazione chiese ai suoi compagni se lo avessero visto ma sembrava che si fosse volatilizzato. 
- Non fare la mamma apprensiva con quel povero gatto - le sorrise Fred. 
- Anche lui ha bisogno di vivere le sue avventure - continuò George. - Dovrà pur fare nuove esperienze con qualche amichetta.
Il rapporto tra lei e George era diventato strano da quando si erano baciati. Si comportavano da amici, come sempre. Ma, a volte, lei si sentiva a disagio e tremendamente in colpa quando stava in sua compagnia e lui approfittava del suo disagio per stuzzicarla. Ogni occhiata, ogni sorriso o abbraccio che condividevano sembrava inappropriato, secondo la ragazza, e non capiva perché lui si divertisse tanto... 
Non avrebbe dovuto baciarlo.
Ginevra alzò gli occhi al cielo. - Non mi dire. Ha passato la notte con Mrs Purr a divertirsi?
I gemelli le fecero l'occhiolino. - Ha imparato dai migliori. 
- E se invece di Mrs Purr è con la vecchia Minnie? - chiese Fred, pensieroso. Scosse la testa, inorridito. - Povero gatto. Noi siamo più fortunati! 
- Già, lui ha tutta la vita davanti ed è costretto a passare le sue notti di fuoco con due vecchie - sospirò George, malinconico. - Dobbiamo trovargli un partito migliore. 
- Che ne dici di Grattastinchi? - propose Fred. 
- È maschio. 
- Maschio? - ripeté Fred confuso. - Credevo fosse femmina. 
- Che posso dirti, fratello. Hai perso la chance di provarci con lui.  
- Ma per favore! - Nella Sala Grande riecheggiarono le loro risate.  
Con un sospiro, Ginevra concentrò la sua attenzione sulla colazione e afferrò qualche pancake con sciroppo d'acero. 
Anche se la sparizione improvvisa di Ice era riuscita a metterla in ansia, era bastata una battuta dei suoi migliori amici per rassicurarla. Probabilmente sarebbe spuntato fuori da un momento all'altro, non aveva motivo di preoccuparsi così tanto. E con questo pensiero riprese a scrivere le ultime righe del tema per Incantesimi mordendo la sua frittella ricoperta di sciroppo. 
Quando ebbe terminato, era circondata da mormorii ai quali non dava molta attenzione. Preferì scarabocchiare su un foglio di pergamena in attesa del suono della campanella.
I mormorii non cessavano, anzi, si moltiplicavano. Ad un certo punto Ginevra prestò una leggera attenzione alla conversazione tra i gemelli, Lee e le Cacciatrici di Grifondoro, continuando a scarabocchiare.
- Comunque quegli ululati mi hanno fatto venire i brividi - disse Katie Bell.
- Era sicuramente un lupo mannaro - continuò Lee.
Inavvertitamente, Ginevra, calcò la mano sul foglio e per poco non lo bucò.
- Idiota - disse Fred. - Non c'era la luna piena!
- E allora che cos'era? - ribatté Angelina, retorica.
- Un semplice lupo - rispose George.
- Ti dico di no.
- Ti dico di sì. 
- Comunque sia... all'inizio sembrava fosse nei dormitori - intervenne Lee. - E se uno di noi fosse un lupo mannaro?! 
- Ma non dite cavolate! - sbottò Katie. - Dopo il professor Lupin, il Ministero ha vietato l'ingresso di altri Lupi Mannari all'interno di Hogwarts. In ogni caso, volendo o no, Silente sarebbe costretto a cacciare chiunque fosse un... figlio della luna.
La conversazione ebbe fine, oppure era Ginevra a non volere ascoltare. A suo avviso quella era una strana vicenda. Lei non aveva sentito alcun ululato quella notte... Ma restava il fatto che Fred aveva ragione: non c'era la luna piena, quindi doveva trattarsi di un lupo qualsiasi.
L'intera Casa di Grifondoro sembrava immersa in quella che era diventata la conversazione più eclatante del momento. Tutti parlavano della medesima cosa e sembrava che non si sarebbero stancati facilmente. 
Con una scrollata di spalle Ginevra lanciò un'occhiata al tavolo dei Tassorosso dove trovò Cedric che le sorrideva. Paul, al suo fianco, ridacchiava e lo prendeva in giro scoccando a Ginevra un sorrisetto e increspando le labbra in un bacio silenzioso. Cedric lo spintonava amichevolmente, ridendo mentre quello continuava a soffiare baci in punta di dita alla ragazza. 
Lei scosse la testa e rise.
Era bello che tutto fosse tornato alla normalità.
Abbassò gli occhi sullo scarabocchio e ne rimase un attimo perplessa. Vari ghirigori che si univano e formavano un disegno nitido e chiaro. Era la fonte dei mormorii dei Grifondoro: un lupo.
Quegli intrecci che formavano gli occhi erano così perfetti che sembrava la scrutassero con così tanta attenzione da farle venire i brividi lungo la schiena. 
Il braccio destro, dove era presente il graffio, iniziò a bruciare ma non sembrava darle il solito fastidio. 
Concentrò la sua attenzione sul disegno e, per un folle istante, ebbe l'impressione che il lupo si fosse mosso.  





ANGOLO AUTRICE: 
Salve a tutti, sarò super veloce. 
Ringrazio chi ha recensito e messo tra le seguite/preferite/ricordate *-* Vi adoro! 
Che ne dite del finale? Avrei fatto meglio a non inserirlo, vero? 
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Un bacio
18Ginny18

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Capitolo 27
*** Capitolo 26 - ABBIAMO QUEL CHE TI MANCHERÀ PRESTO ***


 
"Questa dolce melodia è il ricordo di sempre"
Anastasia.
 
Capitolo 26 - ABBIAMO QUEL CHE TI MANCHERÀ PRESTO 
La sera prima della seconda prova, Ginevra era seduta in biblioteca insieme a Harry, Ron e Hermione, sfogliando pagine e pagine di libri polverosi. 
Avrebbe potuto insegnare lei stessa un incantesimo a Harry ma il regolamento lo vietava. Era costretto a trovare la soluzione senza che qualcuno lo agevolasse... e ora si trovavano tutti e quattro immersi nella ricerca della soluzione. 
- Trovato qualcosa? - chiese Ron con voce annoiata.
Hermione si drizzò. - Davvero? - esclamò con occhi sbarrati e contornati dalle occhiaie.
- Era una domanda, Herm - sbadigliò Ginevra. 
La riccia borbottò qualcosa e poi rituffò il naso tra le pagine ingiallite di Antichi stregamenti e incanti obliati.*
Ormai erano passate ore e ore da quando erano rintanati in quella biblioteca deserta.
- Anche in questo non c'è niente - sbuffò Ginevra chiudendo Guida alla Stregoneria Medievale* per poi prendere Mitiche magie per stregoni.* - Sei sicuro di non volere un mio aiuto? L'incantesimo Testabolla è facile... se riesci a impararlo in meno... - guardò l'orologio appeso al muro - di dodici ore.
- Non credo di avere la giusta concentrazione, adesso - borbottò Harry, abbracciando una pila di libri e usandoli come cuscino. - E poi è inutile. Ci vorrebbe un miracolo. 
- Allora prega che entro domani mattina ti spuntino le branchie - disse Ron chiudendo l'ennesimo libro. - Perché qui non c'è niente che ci possa aiutare.
- Sarebbe fantastico! Immaginate quanto sarebbe divertente avere la pelle verde e squamosa. 
Ginevra levò gli occhi dal suo libro, posandoli su Fred e George che erano appena spuntati da dietro una scaffalatura. 
- Che cosa ci fate voi due qui? - chiese Ron. 
- Stavamo cercando la nostra ragazza - George fece l'occhiolino a Ginevra. 
- Minnie vuole vederti - spiegò Fred. 
- Perché? - domandò Ginevra, sorpresa. 
- Non so... era un po' triste, però. 
- Dobbiamo accompagnarti nel suo ufficio - disse George. 
Ginevra guardò Harry che l'aveva presa per mano. Era stanco ma non nascose la sua preoccupazione per la sorella. Temeva che la McGranitt l'avrebbe punita per l'aiuto che gli stava dando per il Torneo. 
- Ci vediamo dopo - disse Ginevra con voce rassicurante.
 Harry, non molto convinto, la lasciò andare.

Nell'ufficio della professoressa di Trasfigurazione vi erano anche Silente e altri tre ragazzi. Quando Ginevra riconobbe Paul gli sorrise ma, poco dopo, la presenza alquanto singolare di tutte quelle persone nella stanza la incuriosirono. 
Dopo aver preso un respiro profondo, Albus Silente iniziò ad aggiornare i quattro ragazzi sul perché si trovassero lì.
La seconda prova del Torneo prevedeva una specie di "caccia al tesoro" nella quale i campioni dovevano raggiungere il loro obbiettivo, nei fondali del Lago Nero, e recuperare ciò che avevano di più caro. A tal proposito, la professoressa McGranitt borbottò un susseguirsi di parole simili a "modi barbari", "senza cervello", "babbuini"... Silente non prestò la minima attenzione a quei silenziosi piagnistei e disse ai quattro ragazzi che loro sarebbero stati gli obbiettivi dei campioni, sostenendo che fossero un incentivo piuttosto importante. 
- Vi assicuro che nessuno di voi subirà alcun male, non permetteremmo mai che uno di voi anneghi - disse con un sorriso rassicurante. - Un incantesimo vi farà cadere in un sonno profondo fino alla fine della prova e che non appena i campioni vi tireranno fuori dall'acqua riprenderete conoscenza. Se invece non riuscissero nell'impresa, sarete comunque portati in salvo. Quindi non avete niente da temere. 
Ginevra ripensò ad alcuni versi che suo fratello aveva citato dal misterioso indovinello: "...abbiamo quel che ti mancherà presto...", "...Per rintracciarlo hai un'intera ora, se lo trovi puoi tenerlo ancora...". 

- 'Sta tranquillo, Harry. Vedrai che tornerà a momenti - disse Hermione.
Harry camminava avanti e indietro, ansioso. 
Erano in sala Comune da più di un'ora e l'attesa lo stava uccidendo. Non riusciva a concentrarsi sulla prova senza pensare a sua sorella. Continuava a rimproverarsi di averle chiesto aiuto e di non aver pensato da solo a una soluzione per la prova. Probabilmente rischiavano anche Ron e Hermione per l'aiuto che gli stavano dando. 
Stanco di aspettare, salì nel suo dormitorio e una volta preso il Mantello dell'Invisibilità tornò nella sala Comune. 
- Io vado a cercarla - decise. - Ho una strana sensazione. 
- Non credi di esagerare, adesso? - chiese Ron.  
- Se tu fossi al mio posto, non cercheresti tua sorella? - ringhiò Harry. 
Il silenzio di Ron fu una risposta più che sufficiente per Harry. 
- Ma come farai a trovarla senza la Mappa? - disse Hermione. 
Purtroppo Harry non aveva pensato a quel particolare. In quel momento la Mappa era in possesso del professore di Difesa contro le Arti Oscure. All'inizio non gli era sembrato un problema prestargliela ma adesso...
- Dovrò farne a meno - rispose. - La cercherò alla vecchia maniera. 
S'infilò sotto il Mantello e uscì. 
Cercò la sorella nell'ufficio della professoressa di Trasfigurazione, ma non la trovò. Continuò a cercare per i corridoi, nelle aule... ma niente. 
- Non si può sparire così - la preoccupazione si trasformò in furia. 
- Potter - ringhiò la voce del professor Moody.
Harry si sentì raggelare. 
- Potter? - ripeté Moody. - Sai che ti vedo, vero? 
- Scusi, professore - mormorò Harry, involontariamente. Stava per sfilarsi il Mantello ma il professore gli consigliò di tenerselo addosso. 
Moody accennò un sorriso. - Possiamo parlare? - Mosse la testa in direzione del suo studio lì vicino. 
Harry annuì e attraversò i corridoi insieme al claudicante, a testa bassa. 
Quando alla fine arrivarono nell'ufficio, Harry poté togliersi il Mantello dell'Invisibilità. Moody, invece, prese posto aldilà della scrivania. 
- Che ci facevi in giro a quest'ora, Potter? Non hai una prova da superare, domani? - chiese con tono di rimprovero. 
- Stavo solo cercando mia sorella, signore - spiegò Harry, sconsolato. 
Moody alzò il mento, come a fare un cenno d'assenso. - Be', non preoccuparti per lei. Sta bene ed è al sicuro - sorrise allusivo e picchiettò il dito sulla Mappa del Malandrino. - A proposito, Potter. Non sai quanto mi sia utile questa mappa. Ti dispiace se la tengo per un altro po'? 
- No, non mi dispiace - Harry sorrise a malapena. Anche se adesso sapeva che sua sorella era al sicuro, continuava a provare una strana sensazione all'altezza del petto. 
Moody gli strizzò l'occhio, mentre quello magico era incollato sulla Mappa. - Domani ti aspetta una grande giornata - disse. - Sei pronto? 
Harry esitò. Si strinse nelle spalle. Era tentato di confessare che non aveva la più pallida idea di come respirare sott'acqua per un'ora. 
- Certo - rispose ma il tono che aveva usato lo tradì. 
Il professore annuì, e sembrò riflettere. - Ti consiglio di fare un salto nelle cucine prima di andare a dormire. Sono sicuro che dopo ti sentirai meglio. 
Dopo un po', Harry lasciò il suo ufficio e si recò nelle cucine. Non poteva non andarci, dato che Moody aveva la Mappa, se non lo avesse fatto sarebbe stato scoperto. E poi ascoltarlo gli sembrava la cosa giusta, dopotutto. Almeno avrebbe rivisto il suo amico Dobby l'elfo domestico. 
Poco dopo si ritrovò in un ampio corridoio di pietra decorato da allegri quadri che raffiguravano sopratutto cibo. Si avvicinò al quadro che ritraeva una gigantesca ciotola d'argento piena di frutta, tese l'indice e fece il solletico alla grossa pera verde, che prese a contorcersi, ridacchiando, e all'improvviso si trasformò in una grossa maniglia verde. Non appena aprì la porta Dobby gli andò incontro. 
- Harry Potter! - strillò l'elfo. 
- Ciao, Dobby - sorrise Harry. - Come stai? 
- Dobby sta molto bene, signore. Dobby è molto felice che Harry Potter sia venuto a trovarlo - squittì Dobby. - Ma Harry Potter domani ha la seconda prova, signore, e Dobby ha qualcosa per Harry Potter. 
- Qualcosa per me? 
- Dobby sapeva che Harry non aveva trovato il libro giusto, così Dobby l'ha fatto al posto suo! - strillò l'elfo, e s'infilò una mano nella tasca dei pantaloncini per estrarne una pallottola di quelle che sembravano viscide code di ratto di verde grigiastro. - Appena prima di entrare nel lago, Harry Potter deve mangiare questo, signore... è Algabranchia! 
- A cosa serve? - disse Harry, fissando l'Algabranchia. 
- Farà respirare Harry Potter sott'acqua, signore! 

La seconda prova era cominciata. Grazie a Dobby, con l'aiuto dell'Algabranchia, Harry era in grado di respirare sott'acqua. Gli erano cresciute le branchie e le sue mani e suoi piedi erano diventati verdi e palmati. 
Nuotò nel silenzio che premeva contro le sue orecchie, scendendo sempre di più nell'oscurità misteriosa. Alla fine, sentì un frammento del canto ammaliante delle sirene. 
Harry accelerò, guardandosi attorno, e ben presto si trovò davanti a una folla di sirene e tritoni che nuotavano davanti a una versione subacquea della piazza di un villaggio. Al centro cantava un coro di sirene, per attirare i campioni, e dietro si ergeva una statua molto rozza: un tritone gigantesco sbozzato in una roccia. Quattro persone erano legate alla sua coda di pietra. 
Quando vide Ginevra provò ad urlare, ma dalla sua bocca uscì solo una grossa bolla. 
Si avvicinò più in fretta che poté, aspettandosi quasi che i tritoni lo attaccassero, ma quelli non fecero nulla. 
Ginevra sembrava immersa in un sonno profondo, la sua testa era poggiata sulla spalla di un ragazzo di Tassorosso, Paul, anche lui profondamente addormentato. Al suo fianco c'erano una ragazza di Durmstrang e una ragazzina che non dimostrava più di otto anni, e Harry capì che quella era sorella di Fleur Delacour. 
Tutti e quattro erano legati con delle corde d'alga, viscide e robuste. Nella foga di voler liberare la sorella, Harry si dimenticò di avere con sé la bacchetta e cercò di slegare il nodo con le mani. 
Quando riuscì a liberarla, i tritoni attorno a lui cominciarono a indicare eccitati qualcosa sopra di lui. Harry guardò in su e vide Cedric nuotare verso di loro. Attorno alla testa aveva una bolla enorme. Per un attimo sembrò bloccarsi quando vide Ginevra lì, poi sfoderò la sua bacchetta e con un incantesimo liberò Paul. Prima di salire guardò Harry e picchiettò sull'orologio per fargli capire di sbrigarsi ad riemergere. 
Harry annuì e quando i due ragazzi sparirono rimase in attesa dell'arrivo degli altri due campioni. 
Invece, le reminiscenze di Ginevra si facevano strada in lei sottoforma di sogni. Il volto di sua madre era radioso mentre cantava una dolce ninnananna a lei e al piccolo Harry. 
Man mano che l'ascoltava si rendeva conto di aver canticchiato quei versi per anni, senza mai rendersene conto...

Io sono qui, dai non piangere
Stringiti a me, più che puoi
Io ti proteggerò, non temere
Non piangere, sono qua

Ci sono io e d'ora in poi
Fra le mie braccia al caldo dormirai
Il nostro nodo non si scioglie
Nessuno mai, lo farà
Perché tu sarai 
Nel mio cuore sei 
Da adesso e in poi 
Per sempre ci sarai

Sei dentro me 
E chi mi dice no
Non sa che ci sarai, sempre
Sempre.


Ma quel sogno sembrò avere vita breve. 
Quel ricordo meraviglioso svanì in una nuvola di fumo e quella risata agghiacciante, che più di una volta aveva popolato i suoi sogni, era lì insieme a lei. 
Per mero istinto Ginevra iniziò a correre in mezzo al buio che la circondava.
La risata si faceva sempre più echeggiante e derisoria. 
Davanti a sé apparve la porta rossa socchiusa, ma da essa non si intravedeva neanche uno spiraglio di luce. - Non potrai scappare ancora per molto. 
Quella voce... Ginevra venne colpita dalla consapevolezza che, nonostante il tono inquietante, era identica alla sua.
- Hai bisogno di me.
La porta rossa si aprì cigolando e Ginevra si sentì risucchiare al suo interno da una forza estranea. Iniziava a temere il peggio, ma quando sentì la voce di suo fratello smise di lottare. Si guardò attorno senza vederlo. 
Era in un cimitero buio e abbandonato, immerso nel silenzio. 
Sentiva un'altra voce oltre a quella di Harry ma entrambe si erano fatte ovattate fino a diventare incomprensibili sussurri. 
Poi una voce urlò: - Avada Kedavra! 
Ginevra sentì la sua testa comprimersi dandole un dolore acuto, mentre la voce talmente simile alla sua continuava a sussurrare derisoria: - Hai bisogno di me. Hai bisogno di me. 
Si accasciò a terra assumendo una posizione fetale, gli occhi chiusi e le mani che le coprivano le orecchie. - Basta... - pregò Ginevra, stanca di sentire quella voce. 
Quando sentì la testa infrangere la superficie del lago, riprese fiato automaticamente. Qualcuno accanto a lei prese a tossire, ma prima che potesse accertarsi della presenza di Harry, qualcosa la afferrò per la gamba e la caviglia. Con uno strattone cercò di liberarsi ma altre mani la trascinarono di nuovo giù. 
Quando l'acqua le riempì i polmoni, fu presa dal panico e iniziò a dibattersi. 
Degli Avvicini spuntavano uno dopo l'altro dalle alghe e continuavano a tirarla giù con l'intento di farla affogare. 
Harry tornò indietro immediatamente e quando vide quelle creature acquatiche avvinghiate alle gambe della sorella, sfoderò la bacchetta e spedì delle scintille contro di loro. Scapparono e Harry la riportò in superficie. 
La folla sulle tribune faceva un gran baccano, ma i due fratelli non la sentivano. 
Harry guardava Ginevra tossire, sentendosi tremendamente in colpa. Raggiunsero la sorellina di Fleur Delacour -Harry non si era sentito di lasciarla lì sotto- e trascinò le due ragazze verso la riva dove i giudici erano schierati a guardare, ansiosi. 
Cedric e Paul si affrettarono ad aiutare Harry e Ginevra ad uscire dall'acqua, mentre Fleur afferrava la sua sorellina abbracciandola forte. 
Ginevra continuava ad avere dei colpi di tosse incontrollabili. 
- Grazie al cielo state bene - disse Madama Chips avvolgendo Ginevra, Harry e la sorella di Fleur nelle coperte e li costrinse a trangugiare una dose di pozione bollente. 
- Ma sei scemo? - Ginevra cercò di urlare contro il fratello ma la tosse le impediva di farlo. - Perché hai cercato di fare l'eroe?
Era arrabbiata e spaventata per tutto quello che le era successo. Non capiva perché il braccio le stesse bruciando persistentemente, ma cercava di non dare a vedere quanto soffrisse. In quel momento voleva solo sfogarsi con chiunque le fosse accanto. 
- Come? La canzone diceva... 
- Credevi che Silente avrebbe permesso che uno di noi annegasse? 
Harry si sentì uno stupido. Sarebbe stato il primo a tornare... Avrebbe potuto fare a meno di trascinarsi dietro anche quella bambina, se solo non fosse stato talmente sciocco da credere che gli ostaggi fossero davvero in pericolo. La salita in superficie era stata lentissima e per di più aveva rischiato di rimetterci la vita lui stesso, dato che respirare era diventato molto faticoso una volta finito l'effetto del Algabranchia... Sua sorella aveva ragione. Era stato l'unico scemo a prendere sul serio la canzone. 
- Scusa. 
Ginevra riuscì a tirar fuori un mezzo sorriso, la rabbia si attenuò. Era impossibile litigare seriamente con lui, sopratutto se riusciva a intenerirla in quel modo. - Devi solo promettermi che smetterai di fare l'eroe in futuro. 

Alla fine, anche se Harry era arrivato terzo e fuori tempo massimo, le sue azioni furono intese come nobili invece che stupide, facendogli guadagnare più punti. E adesso, poteva finalmente tirare un sospiro di sollievo dato che all'ultima prova mancavano quattro mesi... che sembravano voler passare il più velocemente possibile. 
Harry era disteso sul divano con la testa sul grembo di Ginny Weasley che gli accarezzava i capelli.
- Vedrai che andrà bene - disse lei con tono rassicurante.
Hermione, che era seduta a gambe incrociate sul tappeto con un libro aperto tra le mani, sorrise all'amico sapendo che preoccupazione e tensione erano dipinti nei suoi occhi. Un attimo dopo lanciò un'occhiata a Ginevra, che era sdraiata al suo fianco, e sospirò esasperata quando la vide scroccare caramelle dal sacchetto incustodito di Ron insieme a Fred e George.
- Guarda il lato positivo, Harry - disse Hermione. - Sei arrivato fin qui... 
- Ed è impossibile che tu perda! - esclamò Ron riprendendo possesso delle sue caramelle, ma guardando il sacchetto con sospetto. (- Ma non c'è ne erano di più?).
- E sei vivo - Fred e George risero sotto i baffi.
- Un vero miracolo - continuò Ginevra con un sorriso sghembo. 
- Grazie - bofonchiò Harry, non molto entusiasta. Ma quando sua sorella alzò gli occhi al cielo e iniziò a tempestargli la faccia di caramelle, tutti scoppiarono a ridere trascinando anche lui. 

Il giorno seguente, Ginevra entrò nell'ufficio del professore di Difesa contro le Arti Oscure decisa a smascherare l'impostore. Per sua fortuna di lui non vi era traccia e iniziò a rovistare ovunque, nei cassetti, negli armadi... finché non trovò ciò di cui aveva bisogno. 
Lo aveva in pugno.
Uscì dalla stanza stando ben attenta che nessuno l'avesse vista. 
Prima di raggiungere il piano inferiore, si passò le dita tra i capelli un paio di volte e fece qualche respiro profondo, poi proseguì, svoltando l'angolo. 
Era così tesa che quando sbatté contro Cedric, emise un grido strozzato per lo spavento.
- Scusa - Cedric un po' perplesso dalla sua reazione, cercò comunque di tranquillizzarla con un sorriso. - Non volevo spaventarti.
Ginevra sospirò a fondo, i battiti frenetici del suo cuore cercavano di stabilizzarsi. - Scusami tu, amore. Stavo solo... questi corridoi mi mettono un po' in soggezione quando sono deserti e... perché stai sorridendo?
- Sbaglio o mi hai chiamato amore?
La ragazza sbuffò un sorriso. - E tu hai sentito solo questo uscire dalle mie labbra?
Cedric sorrise con aria colpevole e lei si finse esasperata. 
- Comincio a credere che tu non mi presti più ascolto, Diggory.
Le si avvicinò lentamente posando le labbra sulla sua fronte. - Oh, io invece ti ascolto eccome - rise piano e le accarezzò lievemente la guancia. - Non hai motivo di preoccuparti, adesso che io sono qui a proteggerti. Non ti lascerò sola nemmeno un'istante.
Ginevra non riuscì a trattenere un sorriso malizioso.- Questa è una minaccia? - lo provocò. 
- Credo proprio di sì - si chinò e premette le sue labbra su quelle di lei, dolcemente. 
Se fosse dipeso da loro, non avrebbero mai smesso di baciarsi. Le loro labbra combaciavano alla perfezione. A volte riuscivano a dimenticare ogni cosa, persino dove si trovassero. Sembrava una vera e propria magia... 
- Detesto interrompere tanta effusione - i due ragazzi si voltarono verso il professore di Pozioni, che sembrava contento di interromperli, - ma il signor Diggory deve raggiungere il campo da Quidditch. Riguarda il Torneo. 
Ginevra sospirò, rassegnata. - Devi andare - lo stuzzicò in un sussurro malizioso. Cedric sorrise, posò di nuovo le labbra sulle sue, con delicatezza, e sciolse definitivamente l'abbraccio. 
- Ci vediamo dopo, amore. - Il suo sguardo era sorprendentemente tenero agli occhi di lei che, al suono di quella parola, si sentì piuttosto compiaciuta. 
Quando il Tassorosso se ne andò, rimase da sola con l'arcigno professore che risultava sempre gelido e distaccato. Ginevra approfittò di quel momento per renderlo partecipe della sua scoperta riguardo ad Alastor Moody. 
- Professore - lo chiamò prima che anche lui se ne andasse. - Forse ho scoperto chi ha rubato dalle sue scorte. Ho trovato... - Stava per tirar fuori la pozione Polisucco ma quando vide qualcuno alle spalle del professore, la ricacciò in tasca. 
- Che c'è, vi date appuntamento, adesso? - li schernì Moody. - Ho sentito che hai trovato qualcosa, Black. Sono curioso di sapere cosa.
- Non sono affari tuoi, Moody - disse Piton freddamente. 
- Tu dici? Perché non mi mostri cosa hai trovato, Black? - Il claudicante fece un passo verso Ginevra che indietreggiò. 
- Il professor Piton ha ragione - disse, la voce forzatamente calma, - non sono affari suoi. 
Le labbra storpiate di Moody formarono un inquietante sorriso. I suoi occhi erano entrambi puntati su di lei. 
- Sei sveglia, ragazzina - commentò a bassa voce, poi rivolse l'occhio magico su Piton. - Silente ti vuole nel suo ufficio, Piton. 
Severus lanciò a Ginevra un'occhiata indecifrabile, indeciso se lasciarla da sola o meno. 
Si sentiva piuttosto protettivo nei confronti dei figli di Lily, non poteva negarlo, ma per la ragazza provava qualcosa di diverso. C'era qualcosa in lei che andava ben oltre gli ordini che impartiva Silente per proteggerla come il fratello. Severus guardò gli occhi inespressivi di lei e per un secondo gli sembrò di coglierne la paura. 
Guardava Moody con rabbia, eppure Severus si chiese perché la ragazza si ostinasse a comportarsi in quel modo. Rare volte l'aveva vista tenere testa a un insegnante... ma con Moody era diverso. C'era qualcosa che non quadrava. Ginevra aveva ereditato alcune espressioni di Lily che lui era in grado di riconoscere, il più delle volte. In quel momento vedeva il suo desiderio di mettere più distanza possibile tra lei e Moody.
Senza smettere di guardarla Severus si rivolse a Moody. - Fammi strada - sibilò con il suo solito tono algido.
E i due uomini si allontanarono. 
Ginevra approfittò di quell'occasione per correre verso il parco, temendo che Moody riuscisse a raggiungerla entro pochi istanti.
Di cosa stesse parlando con il professor Piton, ormai era certa che Moody lo avesse capito e questo le scatenò una tempesta di emozioni che la spaventavano. 





Angolo Autrice:
Salve a tutti! Cercherò di essere veloce. 
1° Ringrazio tutti voi che recensite, leggete e che avete inserito questa storia tra le preferite/ricordate/seguite. 
2° La citazione che trovate all'inizio della storia proviene da una canzone del film d'animazione "Anastasia" che è uno dei miei preferiti. 
3° Invece, la canzone che ho introdotto durante la seconda prova viene dalla versione animata Disney "Tarzan"... Ultimamente stavo ascoltando un po' di musica e nella playlist era presente questa, ovvero "Sei dentro me" di Phil Collins (Se non la conoscete o non la ricordate vi consiglio di ascoltarla: è bellissima) e penso che questa ninnananna si abbini perfettamente a Lily e al suo lato materno.  
Siete d'accordo? No? Pazienza! Me ne farò una ragione. 
A presto 
18Ginny18 


 * Harry Potter e il calice di fuco "Capitolo 26 - La seconda prova"

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Capitolo 28
*** Capitolo 27 - FOLLI SPERANZE ***


 
"La paura può farti prigioniero. La speranza può renderti libero".

Capitolo 27 - FOLLI SPERANZE
La sua corsa la portò fino alle rive del Lago Nero dove si accasciò sul prato riprendendo fiato. 
- Ma che cavolo ti prende? - si rimproverò dandosi della stupida. - Non puoi farti sottomettere dalla paura. Sei una Black! - si ripeteva. 
Ma al momento non era in grado di provare altre emozioni oltre a quella. 
Rimase a guardare la superficie dell'acqua per qualche minuto, cercando di attenuare il suo respiro irregolare e svuotare la mente, e ogni tanto vedeva uno dei tentacoli della piovra gigante che balzava fuori schizzando acqua da tutte le parti.
Accovacciata con le gambe al petto, Ginevra si ritrovò a pensare a quello strano sogno che aveva fatto quando si trovava nelle profondità del Lago. Quella voce era un ricordo indelebile nella sua mente, ciononostante non ne era spaventata. Sin dal primo istante in cui lo aveva sognato, Ginevra non aveva smesso di trovarsi in quel cimitero buio neanche una volta e questo la incuriosiva. Nelle volte successive sembrava che quella voce volesse dirle qualcosa... 
Un rumore alle sue spalle la fece sussultare. Si voltò e vide un gruppetto di ragazzini del primo anno che risalivano il castello dopo essersi lasciati alle spalle la capanna del guardiacaccia. 
A quel punto l'idea di far visita ad Hagrid riuscì a rincuorarla. Oltre che un piacere era anche una buona occasione per non rimanere da sola. Mentre s'incamminava verso la capanna pensò a quanto tempo fosse passato dall'ultima volta che era andata a trovare Hagrid insieme a Harry.
Sembravano secoli! Le avrebbe fatto bene passare del tempo in sua compagnia. 
Stava per bussare alla porta della capanna quando quella si aprì e il mezzogigante uscì armato di balestra. - Oh, ciao, Ginevra. Scusa ma adesso non ho tempo. Il professor Silente ha bisogno di me - la salutò frettolosamente. - Tu 'spetta che ora torno, va bene? 
Thor, il suo cane, scodinzolò festante quando vide la ragazza ma dovette rinunciare a salutarla, perché Hagrid partì di corsa e lui dovette seguirlo.
Non le era rimasto altro che sedersi sugli scalini della capanna e aspettare il loro ritorno. 
Dopo un po', nel silenzio che la circondava, sentì dei rumori sinistri provenire dalla Foresta. 
Si rimise in piedi, sguainò la bacchetta e si inoltrò nel buio della vegetazione, stanca di farsi assorbire dalla paura. 
Grazie alla luce che emanava la sua bacchetta poteva guardarsi intorno e seguire quei suoni sinistri fino alla fonte di quei gemiti di dolore e sussurri senza senso.
- Chi va là? - gridò alla figura che le dava le spalle. Era pronta a colpire, se fosse stato necessario, ma quando l'uomo si voltò Ginevra rimase senza  fiato. - Signor Crouch? 
Sembrava che fosse in viaggio da giorni. Aveva la veste strappata e insanguinata all'altezza delle ginocchia, il volto coperto di graffi. 
- Aiutami! - Aveva gli occhi fuori dalle orbite. - Lui è qui. Mi sta cercando. 
L'odio che Ginevra provava nei confronti di Crouch, per quello che aveva fatto a lei e suo padre, sembrava momentaneamente svanito. Guardandolo provò pena per lui. Voleva aiutarlo ma non sapeva come, si sentiva incapace di trovare una soluzione davanti a quell'espressione disperata. 
Si chinò su di lui. - Chi la sta cercando? 
La bacchetta di Ginevra cadde per terra quando il signor Crouch le afferrò il braccio, con forza nonostante sembrasse così debole. La guardava con occhi sgranati. - Ho fatto... una cosa... stupida... - sussurrò, trattenendola per la manica. - Devo... vedere... Silente... Siamo... tutti in pericolo. 
All'improvviso Ginevra sentì un rumore alle sue spalle e vide Crouch spalancare gli occhi. - Scappa! 
Ma era troppo tardi. 
- Eccoti qua, ragazzina. Che fortuna averti trovata qui tutta sola. 
Ginevra si voltò di scatto incontrando il sorriso trionfante di Moody. 
- Stupeficium! - ringhiò quest'ultimo, dopodiché Ginevra vide nient'altro che buio. 
Dopo averla schiantata, Moody raccolse la sua bacchetta e la puntò contro il signor Crouch con folle sorriso obliquo sul volto. 
- Non sei stanco di scappare, vecchio? - disse, avanzando lentamente. 
Crouch inciampò e cadde all'indietro. - Ti prego - sussurrò. - Ti prego... Sono tuo padre.
Ma le suppliche non servirono a niente. L'anatema che uccide lo colpì in pieno e Crouch smise di muoversi.
- Io non ho un padre - sibilò Moody al cadavere.
Dopodiché spostò la sua attenzione verso la ragazza priva di sensi ai suoi piedi, come a valutarla, e la trasfigurò in un sasso. Lo raccolse e lo esaminò da vicino. - Un fastidioso sassolino nella scarpa - rise mettendolo in tasca. 
Poi incominciò la sua recita. 
Prese tra le braccia il cadavere del signor Crouch e ripercorse i suoi passi fino a raggiungere Silente. 
- L'ho trovato! - tuonò. - Non sono arrivato in tempo.
Silente lo guardò un attimo, sorpreso, prima di accorrere in suo aiuto. Insieme, deposero il cadavere sul terreno umido senza dire una sola parola. 
Quando Moody gli mostrò la bacchetta di Ginevra, la esaminò, sconcertato. 
- Di Black non c'è traccia - disse Moody con tono greve. - È scappata dopo aver commesso l'omicidio, non c'è altra spiegazione. 
- Non può essere - sussurrava Silente continuando a guardare la bacchetta. 
Estrasse la sua bacchetta e puntò la sua estremità contro l'altra.  
- Prior Incantatio! - disse. 
Dal punto in cui le due bacchette si toccarono uscì una pallida ombra del signor Crouch, che sparì subito dopo. 
- C'era d'aspettarselo - ringhiò Moody. - È un'assassina, proprio come suo padre. 
Silente era senza parole. Nella sua mente vorticavano spiegazioni alle quali non riusciva a dare un senso. 
- Perché avrebbe dovuto ucciderlo? - chiese più a sé stesso che al mago che gli stava accanto. 
- Sappiamo tutti che Crouch spedì Sirius Black ad Azkaban senza processo, tredici anni fa - disse Moody. - Ha agito per vendetta personale, questo è ovvio. 
A quel puntò Silente sembrò ridestarsi dai suoi pensieri. I suoi occhi sembravano voler incenerire il professor Moody.  - No - protestò con voce ferma, - Mi rifiuto di credere che Ginevra Black abbia agito in questo modo, lei non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Non dev'essere lontana, invieremo delle squadre di ricerca.

La notizia che Ginevra Black fosse sparita, e che la sua bacchetta ritrovata accanto al cadavere del signor Crouch, era trapelata indisturbata tra le mura del castello. Per molti fu un duro colpo. 
Quando Harry ne venne informato era rimasto immobile per qualche istante prima di correre verso l'ufficio del professor Moody. 
Come Silente, non riusciva a credere che sua sorella avesse ucciso qualcuno. 
- Ha usato la mappa? - chiese Harry con voce tremante quando si trovò davanti al claudicante. - Il vero colpevole doveva essere lì intorno... Non può essere stata lei! 
- Potter, - iniziò Moody, - vorrei tanto dirti quello che vuoi sentire ma... sulla mappa non c'era nessuno. So che è dura da superare, devi sapere che la vendetta è una tentazione troppo forte per chiunque. 
- Ma non può essere. - Harry guardò il professore, sperando che lo rassicurasse. Che gli dicesse qualcosa del tipo "Hai ragione, Potter. Stavo scherzando!", ma non fu così. Moody scosse la testa mostrandosi dispiaciuto. 
- Mentre scappava dev'esserle caduta - disse mostrandogli la bacchetta della sorella. 
Harry avvertì i suoi occhi bruciare e riempirsi di lacrime. Sbatté le palpebre se le massaggiò con le dita, sospirando forte. 
- Lei non è un'assassina. Lo so - ripeteva Harry, la fronte tra le mani e gli occhi rivolti al pavimento. 
Approfittando del fatto che non fosse visto, Moody gli rivolse un ghigno pensando a quanto fossero stupidi e ingenui i ragazzini. 

Fuori dalle mura di Hogwarts, invece, Silente si trovava dinanzi a un uomo furioso e con un gran dolore dentro. 
Le paure di Sirius si erano purtroppo avverate. 
Sembrava che il tempo avesse deciso di invertire la rotta e ripetere tutto dall'inizio. Erano ricominciate le sparizioni e gli omicidi... e la sua bambina ne era coinvolta. 
- AVEVI DETTO CHE SAREBBE STATA AL SICURO! - era fuori di sé dalla rabbia. 
- Ti prego, Sirius - disse Silente con voce calma e rassicurante. - La troveremo, ma tu devi calmarti. 
- CALMARMI? - ringhiò. - COME PUOI DIRMI DI CALMARMI? È MIA FIGLIA, MIA FIGLIA, QUELLA CHE È SCOMPARSA! NON POSSO CALMARMI! 
Silente lo guardava e per la prima volta sembrava incapace di formulare una sola frase che potesse dare conforto a chi gli stava davanti. Lasciò che Sirius sfogasse la sua rabbia, il suo dolore, ascoltando l'eco delle sue urla all'interno di quella caverna. Quando gli aveva chiesto di raggiungerlo, non immaginava che sarebbe stato talmente difficile. 
Per sua fortuna non era da solo.
- PERCHÉ? PERCHÉ È SUCCESSO?
- Perché io non ero con lei. Non la stavo proteggendo come dovevo. 
La rabbia di Sirius si placò non appena udì quella voce e per un attimo il suo cuore sembrò cedere. 
Si voltò verso l'ingresso della caverna e ciò che vide lo lasciò quasi senza fiato. - Non può essere. 
Alle spalle di Silente c'era un uomo. Alto, bello e con sorriso mortificato stampato sul volto. - Ne è passato di tempo, Sir.

Quando riprese i sensi, Ginevra era disorientata. Non sapeva dove si trovava; attorno a lei regnava il buio e solo uno spiraglio di luce era riuscito a penetrare all'interno di quel luogo angusto. 
Aveva i crampi allo stomaco per la fame e la testa annebbiata, affollata di sogni e incubi. Rannicchiata com'era, si chiedeva se avesse avuto la forza di distendere le gambe senza sentirle pulsare. 
Nella quiete sentiva un secondo respiro che le fece raggelare il sangue. 
- Sei sveglia? 
Quando sentì quella voce si raddrizzò di scatto e fece per allontanarsi da lui, ma andò a sbattere contro una parete venendo assalita dai dolori. 
Moody, o meglio dire l'impostore, le rivolse un sorriso sadico. Alzò una mano in segno di resa mentre con l'altra le porgeva una scodella con del cibo striminzito. 
Ginevra si rannicchiò con le ginocchia al petto e le spalle contro la parete della minuscola cella. Sentiva degli spasmi su e giù per la schiena. Le tremavano le mani, e batteva piano i denti, ma cercò di non dare a vedere il suo stato al suo carceriere. 
Lo guardò in cagnesco e lui sospirò, affranto.
- Ho capito. Ti ho messa fuori gioco, ti ho rapita contro la tua volontà... non vedi che sto cercando di scusarmi?
Non ottenne alcuna risposta ma una voce interpretò alla perfezione i pensieri della ragazza, che si sentiva un po' più tranquilla sapendo di non essere l'unica prigioniera di quel pazzo. 
- Va a farti fottere da un troll, schifoso Mangiamorte. 
Il vero Alastor Moody era lì, magro e deperito. Sembrava uscito da qualche racconto dell'orrore. L'orbita che avrebbe dovuto accogliere l'occhio magico era vuota, la gamba di legno era assente come alcuni ciuffi di capelli grigi. Era seduto a pochi metri di distanza da lei e sembrava che parlare gli costasse un certo sforzo.
L'impostore si voltò verso il vero Alastor Moody e ridacchiò. - Nonostante tu sia privo di forze continui ad essere il solito bruto. Non hai visto che alla nostra festa è presente anche questa giovane fanciulla? - e nel dirlo sfiorò la guancia di Ginevra. 
Disgustata cercò di mordergli quel dito che aveva osato toccarla, ma l'uomo riuscì ad intendere appena in tempo le sue intenzioni e ritrasse la mano. 
- Come siamo permalose, dolcezza. - Diede un calcio alla scodella avvicinandola alla ragazza dopodiché uscì da quella cella, ridendo.
Nei giorni seguenti continuò a stuzzicarla, ma non ottenendo alcun cambiamento smise di farlo. 
Poi, una sera, mentre tagliava qualche ciocca di capelli ad uno stordito Alastor Moody per la pozione Polisucco, il mangiamorte le parlò con il suo solito tono di scherno. - Sai una cosa, ragazzina? Da quando sei sparita i tuoi amichetti sembrano dei fantasmi - disse. - Diggory è uno straccio, povero ragazzo... Per non parlare di Potter! Ah, avresti dovuto vederlo. Lui e Silente continuano a ripetere che tu non hai ucciso Crouch. Ma lo sanno tutti che la tua bacchetta è stata trovata accanto al suo cadavere... 
Ginevra strinse i pugni fino a conficcare le sue unghie nei palmi delle mani e farli sanguinare, ma non aveva intenzione di reagire. 
Aveva sospettato che il mangiamorte si fosse costruito un alibi di ferro, facendo credere agli altri che lei era un'assassina, ma non immaginava che sentirglielo dire l'avrebbe fatta arrabbiare talmente tanto da volerlo annientare con ogni fibra del suo corpo. 
Per un folle istante credette di sentire quella voce, terribilmente simile alla sua, incitarla a farlo a pezzi. Ciononostante la mise a tacere, chiedendosi quale fosse il piano di quell'uomo.
- Ops, tu non lo sapevi, vero? Be', alla fine lo avresti scoperto da sola che il Ministero ti sta cercando per sottoporti ad un interrogatorio. I tuoi amichetti hanno convinto le loro famiglie a cercarti, perché anche loro credono che tu sia innocente. Per non parlare di quel traditore di Piton - rise. - Oh, sì. Lui ha un vero debole per te, ragazzina. 
Continuò a ciarlare divertito mentre Ginevra continuava ad ascoltarlo in silenzio. - Non pensavo fosse così difficile portarti a una conversazione, dolcezza. Eppure sembri un tipo socievole come il nostro caro Potter. Chissà... magari riuscirai a rivederlo, dopo che il mio Signore avrà finito con lui. Un ultimo addio al suo gelido cadavere... - aggiunse con voce lenta e divertita.
Con uno scattò d'ira, Ginevra si mise in piedi e lo fronteggiò. - Lascia stare mio fratello. 
- Finalmente hai reagito - esultò il Mangiamorte. - Ti insegno un piccolo trucchetto, Black: mai mostrare i tuoi punti deboli al nemico. 
Ginevra cercò di assalirlo ma con un veloce movimento del polso il falso Moody sfoderò la bacchetta, dalla quale uscirono delle catene che la legarono al muro di pietra. 
- Buona notte, tesorino. 
I giorni di prigionia la stavano rendendo sempre più debole e la sua mente iniziava a giocarle brutti scherzi. 
Una volta o due credette che suo padre fosse venuto a salvarla ma quando le si avvicinava si dissolveva in una nuvola di fumo, oppure scoppiava a ridere. 
- Nessuno verrà a salvarti - le diceva con tono crudele. 
E in momenti come quelli Ginevra si ritrovava a coprirsi le orecchie, nel tentativo disperato di non ascoltare. 
- Non è reale. Non è reale - si ripeteva. 
Nelle rare volte che Alastor Moody era cosciente la guardava, provando una gran pena per lei. 
'È solo una ragazzina', pensava. 
Vedeva che il suo sonno diventava sempre più agitato man mano che i giorni passavano e non sapeva cosa fare per darle un minimo aiuto. Dopotutto glielo doveva, lei era sempre gentile con lui, nonostante non si conoscessero. 
Quando quel pazzo di un Mangiamorte le portava da mangiare, Ginevra condivideva quel cibo striminzito con lui incoraggiandolo a resistere. 
Alastor voleva aiutarla, ma non sapeva come. 
Una notte il sonno di Ginevra divenne agitato, come sempre ormai, e venne invasa dagli incubi. 
Un lupo avanzava verso di lei con movimenti lenti e deliberati. Aveva il manto bianco e peli delle guance erano allungati e formavano dei ciuffi. Annusò l'aria e rimase immobile, puntando gli occhi, le orecchie e il naso alla sua direzione. 
Ginevra non fuggì... anzi, senza accorgersene, lo imitò e entrambi mantennero una certa distanza l'uno dall'altra. La curiosità del lupo sostituì l'aria feroce che sembrava aver assunto poco prima. Iniziò a scrutare Ginevra come se fosse un immagine riflessa, un illusione. Ginevra era perplessa, allungò la mano per toccarlo facendosi guidare dal suo istinto. 
Quel lupo non era aggressivo, non ne aveva paura. 
Il lupo avanzò verso di lei e prese ad annusarle la mano che le tendeva, poi abbassò il capo e lasciò che lei lo toccasse, ma non appena lo sfiorò le dita di Ginevra emisero uno strano bagliore che si espanse per tutto il suo corpo. Fu un attimo, il lupo si prostrò ai suoi piedi, e con un solo balzo le passò attraverso, come un fantasma. Ma anziché un freddo agghiacciante, sentì un calore rassicurante invaderla come un abbraccio. 
- Manca poco, bambina. Manca poco - cantilenò la solita voce derisoria che invadeva i suoi sogni, e il suo tono parve ancora più impaziente. 
Ginevra si svegliò di soprassalto, senza fiato, spalancando gli occhi. Si guardò intorno, circondata come sempre dall'oscurità e dalle pareti che sembravano stringersi con il passare del tempo. Riprese fiato per calmarsi, ma scattò di nuovo al suono della voce di Alastor Moody. 
- Che diamine ti è successo? 
Agli occhi di Ginevra sembrava sbalordito quanto speranzoso. 
Sembrava non avere voce. Si guardò intorno, abbassò lo sguardo e scattò in piedi quando vide dei graffi di artigli sul pavimento, arretrò di un passò e sentì il tintinnio delle catene distrutte ai suoi piedi. 
Cos'era successo? 
Riportò la sua attenzione su Moody, confusa. 
Come se le avesse letto nel pensiero, l'uomo le rispose. - Ti sei trasformata in un lupo! 





ANGOLO AUTRICE: 
Ciao a tutti! Vi ringrazio tantissimo per essere arrivati fin qui. Mi seguite in tantissimi e ne sono super felice.
Al prossimo capitolo
18Ginny18

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Capitolo 29
*** Capitolo 28 - LA FINE ***


 
 
"Più dolce sarebbe la morte se il mio sguardo
 avesse come ultimo orizzonte il tuo volto" 
William Shakespeare.

Capitolo 28 - LA FINE
Nonostante l'umore dei due campioni di Hogwarts fosse decisamente peggiorato con il passare dei giorni, la terza prova del Torneo non si fece attendere. Harry e Cedric non avevano smesso un solo istante di preoccuparsi per Ginevra che, a quanto risultava alle squadre di ricerca, era letteralmente scomparsa. E nessuno dei due sembrava avere un minimo di attrazione per il Torneo. Se fosse stato per loro si sarebbero ritirati, ma erano incastrati in una situazione dalla quale era impossibile uscire.
- È un contratto magico vincolante - aveva detto Bagman. - Le regole stabiliscono chiaramente che i Campioni devono gareggiare fino alla fine del Torneo.   
Così, furono costretti ad entrare nel campo di Quidditch, che ormai era del tutto irriconoscibile, ripetendosi che una volta terminata la terza prova avrebbero ritrovato Ginevra anche a costo di passare ore intere senza né mangiare o dormire. Al suono del via, Harry e Cedric entrarono all'interno del labirinto, incontrando vari ostacoli che riuscirono a superare con successo e, insieme, raggiunsero la Coppa TreMaghi. Ma non sapevano cosa sarebbe successo un attimo dopo.

Dopo quella strabiliante scoperta, e dopo che Alastor le raccontò come si fosse trasformata in un lupo, Ginevra si riaddormentò, rincuorata dal pensiero che quella fosse la chiave per far scappare sia lei che il suo compagno di prigionia da quella cella. Dopotutto, il Mangiamorte ignorava cos'era diventata la ragazza. Non avrebbe sospettato nulla. 
Ma ben presto ogni speranza venne dimenticata, non appena si ritrovò a sognare. 
Era nello stesso cimitero buio e abbandonato che la tormentava da giorni, nel quale sapeva che doveva morire qualcuno, ma non aveva mai visto nessuno... fino a quel momento. 
Harry e Cedric continuavano a guardarsi intorno.
Ginevra aveva gli occhi iniettati di paura al solo vederli. Quando venne colpita dalla consapevolezza che i due ragazzi erano in pericolo, iniziò ad urlare loro di scappare. 
Nessuno dei due riusciva a sentirla. 
Tutto le sembrava una scena già vissuta, troppo dolorosa per potersi ripetere ancora. 
Le bastò chiudere gli occhi per rivedere i corpi di James e Lily privi di vita. Erano impressi nella sua mente come un ricordo marchiato a fuoco. Non voleva che accadesse di nuovo. Non voleva che le persone a cui teneva continuassero ad esserle strappate via. 
Una sagoma avanzava decisa tra le tombe, verso di loro. Era piccolo di statura, e indossava un mantello con il cappuccio abbassato sul volto per nasconderlo. Tra le braccia teneva un fagotto informe. 
E man mano che la distanza tra loro si riduceva, Harry e Cedric abbassarono le loro bacchette e si scambiarono un'occhiata confusa. 
Entrambi tornarono a studiare la sagoma che si avvicinava.
Ginevra continuava ad urlare nella folle e disperata speranza che l'ascoltassero. Solo alla fine, Cedric sembrò accorgersi della sua presenza. 
Vedeva la sua immagine sfocata, ma la vedeva. 
- Gi... Ginevra? - sussurrò sbigottito. 
Poi una voce fredda e acuta disse: - Uccidi l'altro. 
- Avada kedavra!
Un lampo di luce verde saettò verso Cedric. L'ultima cosa che udì era l'urlo disperato di colei che amava. 
Ginevra riprese i sensi con un dolore martellante alla testa. Il respiro accelerato, la fronte madida di sudore e gli occhi che le mostravano ancora quel lampo di luce che colpiva Cedric.
Lo aveva visto cadere disteso a terra a braccia aperte. Era morto. 
Senza badare alla presenza di Moody e alla sua espressione preoccupata, Ginevra si coprì la faccia con le mani e scoppiò a piangere. 
Cedric era morto. 
Non sapeva quanto tempo fosse passato, ma le servì un po' per capire cosa stesse accadendo. 
Qualcuno stava gridando il suo nome.
Aprì gli occhi con cautela, più cieca di prima. Cercò di concentrarsi, per vedere chi li avesse salvati. 
- Ginevra. - Sentiva la voce sollevata di Harry, proprio accanto a lei. - Mi senti? 
- Ha...ry... - bofonchiò. 
Un miscuglio di voci ovattate intorno a lei la confusero. Quanti erano? Chi erano? Cosa stava succedendo? Stava ancora sognando? 
Con un movimento rapido e agile qualcuno la sollevò da terra e la prese in braccio. 
All'improvviso non sentì più il pavimento sotto di sé. Aprì gli occhi, piano. Un uomo l'aveva presa tra le braccia di slancio, come se il suo peso fosse pari a una piuma... Aveva dei lineamenti familiari ma non riusciva a capire esattamente chi fosse. 
L'uomo le sussurrò dolcemente: - Sei al sicuro, ora.
'Povera piccola...', pensò quando la vide rannicchiarsi contro il suo petto e cercare di nascondere il viso cadaverico rigato di lacrime.
La portò all'interno dell'infermeria, adagiandola delicatamente sul primo letto disponibile. Le scostò i capelli dagli occhi, con un sorriso appena accennato. Ginevra socchiuse gli occhi e cercò di metterlo a fuoco. Per un attimo si chiese chi fosse, ma alla fine decise che non le importava. Niente importava, ormai. 
- Ciao - tentennò l'uomo. 
Nessuna risposta, lo immaginava. Sapeva cosa provava la ragazza in quel momento. 
Dal corridoio si sentirono dei passi in avvicinamento e l'uomo fu costretto a tramutarsi in felino, nessuno doveva sapere che lui era lì. Ginevra sembrava indifferente alla cosa. Non le importava che il suo gatto in realtà fosse un Animagus e quando lui balzò ai piedi del letto dove era distesa, gli rivolse una breve occhiata, dopodiché spostò lo sguardo verso il muro. 
- Oh, santo cielo! - Madama Chips si scagliò su di lei come una fionda, non curandosi minimamente del gatto lì accanto. Si preoccupò di fasciare le ferite alla ragazza fino a quando non entrarono la signora Weasley accompagnata da Ron, Hermione e Bill Weasley. 
I quattro erano sicuri di trovare Harry all'interno della stanza, per cui rimasero di stucco quando videro Ginevra distesa su uno dei letti. 
- Oh, cara! - La signora Weasley sembrava sul punto di piangere. La ragazza, invece, non accennò a nessuna reazione alla vista di quelle persone. 
- Sta bene? - chiese Bill a Madama Chips. 
- È molto debole, ma si riprenderà. 
Bill sorrise, sollevato, così come Ron e Hermione che però non riuscivano a tenere a freno l'ansia che li attanagliava per lo stomaco al solo pensiero di Harry. Molly si avvicinò piano al letto della ragazza, che aveva sempre considerato come una figlia, e si lasciò scappare un singhiozzo. - Che cosa ti hanno fatto... 
Ginevra non rispose, continuò a guardare il muro lì vicino sforzandosi di non pensare. 
In quel preciso istante la porta si aprì e tutti quanti si voltarono di scatto all'ingresso di Harry, Silente e di un cane nero. Nonostante Harry stesse sanguinando, non aveva occhi che per la sorella maggiore, che sembrava l'unica a non aver notato la sua presenza. 
Il cane corse verso di lei e appoggiò le zampe anteriori sul materasso. Guaì piano, spingendo la testa sotto la mano di lei.
A quel punto Madama Chips sembrò accorgersi della presenza dei due animali dal manto nero.
- Preside - disse fissandoli. - Posso chiedere che cosa...? 
- Questi due simpatici amici a quattro zampe rimarranno con Harry e Ginevra per un po' - si limitò a dire Silente. - Le garantisco che sono molto beneducati. 
Ginevra volse la sua attenzione verso il cane e sorrise appena, dandogli una piccola grattatina dietro le orecchie.
Silente provò a scambiare qualche parola con lei, senza alcun successo.
Era diventata una lastra di ghiaccio impenetrabile, così che le sue emozioni non potessero manifestare il suo stato d'animo. 
Madama Chips la incitò a trangugiare una Pozione Sonnifera e, dopo averne bevuto qualche sorso, si addormentò. 
Venne svegliata da urla, che le procurarono un gran mal di testa.
Agli occhi degli altri, sembrava che lei non ascoltasse una sola parola e se lo faceva cercava di non darlo a vedere. Continuando a fissare il muro tutto il tempo. 
Il Ministro della Magia e Silente sembravano aver dimenticato che si trovavano in un'infermeria. Ma Ginevra aveva capito, dalle parole del Preside, che le sue supposizioni erano esatte: Barty Crouch Jr., che aveva finto per tutto l'anno di essere Alastor Moody, aveva scagliato un Incantesimo Confundus sul Calice di Fuoco per inserire Harry nel Torneo. Alla fine aveva trasformato la Coppa Tremaghi in una Passaporta per condurlo da Voldemort e fu lì che... era successo.
- Voldemort è tornato - diceva Silente. - Se accetti immediatamente questo fatto, Caramell, e prendi i provvedimenti necessari, può darsi che siamo ancora in tempo per salvare la situazione. 
Ma il Ministro rifiutava di credergli. Era così accecato dal potere che occupava nel mondo della magia, da non voler accettare la realtà. 
- Ne ho abbastanza, Silente - sussurrò e uscì dalla stanza, sbattendo la porta. 
Non appena se ne fu andato, Silente si rivolse al gruppo che attorniava i letti di Harry e Ginevra. 
- C'è del lavoro da fare - disse. - Molly... ho ragione di credere di poter contare su di te e su Arthur? 
- Ma certo - rispose la signora Weasley. Era pallidissima, ma decisa. 
- Allora ho bisogno di mandargli un messaggio - disse Silente. - Tutti coloro che riusciamo a convincere della verità devono essere avvertiti immediatamente, e Arthur è in una buona posizione per avvicinare i membri del Ministero che non sono miopi come Cornelius. 
Bill si offrì volontario come messaggero e partì immediatamente. 
Quando uscì anche Madama Chips, Silente parlò nuovamente. 
- E ora - disse, - è venuto il momento che alcuni di noi si riconoscano per ciò che sono. - Si volse vero i due Animagus sul letto di Ginevra. - Vi prego di riprendere il vostro solito aspetto. 
Entrambi i due animali guardarono Silente, poi ripresero la loro forma umana. 
La signora Weasley urlò e fece un balzo indietro. 
- Sirius Black! 
Ginevra sorrise appena, sospettava una reazione del genere da pare sua. 
Guardò suo padre che le sorrise. - Ciao, principessa - le sfiorò la guancia con una carezza leggera. Lei cercò di tirar fuori la voce, ma non ne aveva la forza. Era grata della sua presenza e se fossero stati soli, avrebbe voluto sfogarsi con lui, piangere in tranquillità. 
Dopo aver passato settimane a convivere con dei fantasmi che ridevano di lei, cercando di portarle via il lume della ragione, aveva bisogno di sentirsi ancora una bambina almeno per un po'. 
Cercava il conforto di suo padre, nella speranza che le dicesse di aver vissuto un brutto sogno. 
- E lui chi è? - Ron la distolse da quei pensieri. 
Seduto ai piedi del suo letto, dove prima era acciambellato Ice il suo gatto nero, vi era l'uomo che l'aveva trasportata fino a lì. Aveva i capelli neri, e il suo viso, di una bellezza quasi sconvolgente, ospitava un sorriso tutto per lei.  
- Ah, sì - disse Silente. - Permettetemi di presentarvi Regulus, il fratello di Sirius. 
Sui presenti cadde un silenzio irreale. Ginevra guardò Regulus, cercando di capire il perché lei non riuscisse a reagire come tutti gli altri davanti a quella rivelazione. Il silenzio continuò finché non venne rotto da Severus Piton. 
- Ma tu eri... 
- Morto? - lo interruppe Regulus con un'alzata di spalle. - Non è mica una parolaccia. 
Sirius rise sommessamente e Regulus portò gli occhi al cielo. 
- Be', forse capisco il tuo ruolo nella faccenda - iniziò Severus, - ma lui? - ringhiò, fissando Sirius. 
- Ho più diritto io di stare qui di quanto ne abbia tu, Mocciosus - rispose Sirius con voce alterata. 
Regulus lo guardò, sconsolato. Nonostante fossero passati anni, suo fratello non era cambiato. Sapeva quanto Severus odiasse quel soprannome.  - Sirius - provò a rimproverarlo.
- Che c'è? - ribatté Sirius. - Ho solo detto la verità. I miei figli sono qui e solo Dio sa cosa hanno passato. 
Harry dovette trattenersi dall'abbracciare il suo padrino. Non credeva possibile che si potesse provare così tanto affetto e gratitudine per qualcuno. 
- Adesso basta - Silente stroncò il battibecco dei due uomini sul nascere e riprese la parola. - È ora che mettiate da parte i vecchi dissapori e vi fidiate l'uno dell'altro. Stringetevi la mano. 
La risata divertita di Regulus riecheggiò nella stanza come un suono melodioso. - Buona fortuna, allora.  
Come si poteva dargli torto? Sirius e Severus si squadravano con il più profondo disprezzo. 
Harry, Ron e Hermione avevano gli occhi sgranati e sembrava che si aspettassero un'esplosione da un momento all'altro. 
- Non avete motivo di combattere tra di voi - disse Silente. - Adesso state dalla stessa parte. 
Molto lentamente -ma senza smettere di scrutarsi torvi, come se ognuno augurasse all'altro ogni male- Sirius e Piton avanzarono e si strinsero la mano. Si separarono molto in fretta. 
A Silente tanto bastava per procedere con il suo piano, assegnò ad entrambi una missione della quale dovevano occuparsi il prima possibile. 
- Sirius, ho bisogno che tu parta subito. Devi avvertire Remus Lupin, Arabella Figg, Mundungus Fletcher... 
- No. 
Tutti si voltarono verso Ginevra che in quel momento aveva l'aspetto di un cadavere. 
Lei non voleva separarsi da suo padre... non un'altra volta. Harry rispecchiava i suoi stessi pensieri, ma al momento sembrava troppo preso da un senso di sollievo mentre guardava la sorella. Aveva temuto che non l'avrebbe più sentita parlare, così come molti dei presenti. 
- Non voglio - ripeté Ginevra. Non le importava se la considerassero una bambina capricciosa, voleva solo rifugiarsi tra le braccia di suo padre. - Ho bisogno di te. 
Sirius le circondò le spalle con un braccio, le lasciò un tenero bacio sulla fronte e lei iniziò a piangere, silenziosamente. 
- Non preoccuparti - le sussurrò, - tornerò presto. 
- Presto - ribadì Ginevra, singhiozzante. Ricevette un secondo bacio, dopodiché sciolse l'abbraccio e assunse abbastanza autocontrollo da placare il pianto. 
Dopo aver salutato anche Harry, Sirius riprese la sua forma canina e con un balzo fu alla porta. Abbassò la maniglia con una zampa e poi sparì. 
- Severus - disse Silente, richiamando la sua attenzione. - Tu sai cosa devo chiederti. Sei pronto? 
Il professore di Pozioni impallidì. Sapeva anche fin troppo bene cosa voleva da lui. - Lo sono.
- Allora, buona fortuna - disse Silente, e con una traccia di preoccupazione sul viso guardò Piton scomparire silenziosamente. 
Passarono parecchi minuti prima che Silente parlasse di nuovo. 
- Regulus, confido in te. Io devo andare giù - disse alla fine. - Devo vedere i Diggory. 
Ginevra trasalì. Serrò le palpebre e strinse le lenzuola sotto di lei, con forza. Regulus le si avvicinò, incerto. Non era ancora sicuro di sapere come lei potesse reagire, dopotutto non lo conosceva nemmeno! Be'... quasi.
Quando lei riaprì gli occhi, incrociò il suo sguardo pieno di sofferenza.
Nessuno di loro parlò per parecchio tempo. Tutti lanciavano occhiate preoccupate alla ragazza, mentre quella cercava di non andare in iperventilazione e questo non faceva che aggravare la sua situazione. L'ultima cosa che voleva era essere al centro dell'attenzione.
- Sto bene - disse con tono rassicurante. - Non preoccupatevi, sto bene. 
Ma Regulus sapeva che era anche troppo brava a mentire e mascherare i suoi sentimenti in un battito di ciglia, così poggiò la mano sulla sua e la guardò dritto negli occhi. - Lo so. 
Gli occhi di lei tornarono ad essere lucidi e accennò un sorriso, grata che lui fosse l'unico in grado di capirla. 
Lo trovava strano, ma per un attimo aveva avuto la folle sensazione che Regulus fosse parte di lei. 
- Mi aiuti ad alzarmi? - gli chiese. 
- Non credo sia una buona idea, cara - fu la lieve protesta di Molly. - Sei ancora molto debole. 
- Sto bene - ripeté Ginevra, quasi ringhiando. Non era un invalida, ne aveva avuto abbastanza di stare sdraiata su quel letto. Sospirò e cercò di mantenere la calma. - Ho solo bisogno di un po' d'aria. 
Molly non si oppose e Ginevra fece scivolare le gambe fuori dal letto. Quando sentì le sue forze venire a mancare cercò di non darlo a vedere e ringraziò il cielo che Regulus la sorreggesse. 
Mentre attraversavano la corsia, Ginevra non accennò nemmeno uno sguardo verso suo fratello. Era certa che se avesse visto la sua espressione non avrebbe resistito a lungo e il muro di ghiaccio che aveva più volte innalzato sarebbe crollato definitivamente. 

Quella notte Harry non smise nemmeno un attimo di rigirarsi nel letto, e per quanto ci provasse, non riusciva ad addormentarsi senza pensare a ciò che gli era successo nelle ultime ore. Non appena chiudeva gli occhi vedeva Cedric morire davanti ai suoi occhi e Voldemort che riprendeva possesso del suo corpo. 
Si voltò per la milionesima volta verso la sorella, sdraiata nel letto accanto al suo, e si sentì in colpa per quello che era successo. Era solo colpa sua se Cedric Diggory era morto, lo aveva spinto tra le braccia della morte senza che se ne rendesse conto. Non poteva biasimare la sorella, che non gli aveva più rivolto la parola. 
Doveva sicuramente avercela a morte con lui. 
Quando Ginny Weasley varcò la soglia dell'infermeria silenziosa, sentì solo il respiro leggero dei suoi due occupanti. Dopo aver lanciato una veloce occhiata alla sua omonima, si avvicinò piano al letto del ragazzo che, avvertendo la sua presenza, si volse di scatto e trasalì. 
- Ciao - sussurrò la rossa e, una volta che lui si mise a sedere, prese posto al suo fianco. Restarono in silenzio finché non sentirono il bisogno di troncarlo. 
Fu Harry il primo a parlare. - Non ho chiuso occhio da quando sono qui. 
Il suo sguardo si posò nuovamente sui lineamenti della sorella, i capelli sparsi sul cuscino con qualche ciocca che le copriva il viso corrucciato. 
- Come sta? - gli chiese la rossa, preoccupata. 
Harry distolse subito lo sguardo dalla sorella quando avvertì i suoi occhi pizzicare. Li piazzò su un punto ben preciso del soffitto e svuotò i polmoni con un sospiro profondo. 
- Non ha ascoltato una parola, se lo ha fatto non lo ha dato a vedere. Ha fissato il muro tutto il tempo... ed è colpa mia - la sua voce suonò strana persino alle proprie orecchie. Sembrava sul punto di strozzarsi. - Non mi perdonerà mai.
Tremava e sentiva senso di nausea al solo ricordo di Cedric colpito dalla terza Maledizione Senza Perdono. 
Ginny preferì non commentare, sapendo che non sarebbe stata comunque di conforto. Non sapeva con esattezza cosa fosse successo nel labirinto e non voleva forzarlo in alcun modo a parlare.
Sapeva che tutto ciò che il suo ragazzo desiderava in quel momento era sfogarsi.
- Gli ho detto di prendere la Coppa insieme a me - disse Harry. - È colpa mia. 
Lo tirò a sé stringendolo in un abbraccio e Harry affondò il viso nei suoi lunghi capelli rossi, assaporando il suo dolce profumo. Lasciò che lei gli donasse un bacio leggero sulla guancia.- Non è colpa tua - sussurrò la rossa con tono dolce e sincero. - Ti perdonerà, vedrai. 

Quando arrivò il momento di preparare il baule per il ritorno a casa, Ginevra sentì chiaramente un vuoto nel suo petto ogni volta che pensava a ciò che si lasciava alle spalle. Mentre riponeva i vestiti con un ordine quasi maniacale, si ritrovò tra le mani una sciarpa dai colori nero e giallo con lo stemma dei Tassorosso ricamato sopra. Quando ispirò quell'odore che era rimasto impresso nell'indumento, non riuscì a frenare alcune, piccole, lacrime silenziose. 
Passando la mano sulle strisce bicolori, le sembrò di sentire la voce di Cedric che le sussurrava all'orecchio. 
- Tienila tu - le aveva detto, - così mi penserai anche quando non staremo insieme. 
La rabbia si impossessò di lei e raggiunse la sala Comune a grandi passi fino a trovarsi davanti al camino spento. 
Sfoderò la bacchetta.
- Incendio! - ringhiò e le fiamme divamparono.
Era sul punto di gettare la sciarpa nel fuoco e fingere che Cedric fosse solo un ricordo, ma non ci riuscì. Non ne aveva la forza. 
Le sue gambe cedettero e si accasciò a terra, stringendo la sciarpa di Cedric tra le mani. Voleva sfogarsi, piangere, persino gridare se le fosse servito. Aveva bisogno di cancellare dalla sua memoria quel lampo di luce che lo colpiva in pieno e i suoi occhi marroni, i suoi bellissimi occhi marroni che erano sempre riusciti a esprimere un infinita dolcezza in grado di sciogliere il suo cuore, aperti, vacui e privi di espressione. La sua bocca socchiusa in un'espressione di vaga sorpresa... 
- Gin.
Alzò la testa di scatto e rimase pietrificata. In piedi, a pochi passi di distanza, trovò Fred. 
Doveva avere un aspetto decisamente pietoso, pensò lei, per aver scatenato quella reazione del ragazzo. Fred non era dolce e affettuoso come il gemello, il più delle volte era distaccato e non amava esporre i propri sentimenti. Eppure, quella volta sembrava diverso. 
Si avvicinò a Ginevra, anche se risultava timido e impacciato. 
Lei si sforzava di mantenere l'autocontrollo quando lo vide sedersi al suo fianco e metterle una mano sulla spalla. 
Ancora qualche secondo, continuava a ripetersi, non posso cedere davanti a lui. Ma di fronte a quell'espressione preoccupata del ragazzo, si trovò incapace di fermare l'istinto. 
In un attimo, nascose il viso tra le sue braccia e crollò. Fred la lasciò singhiozzare senza dire nulla. Ascoltò i suoi gemiti, limitandosi a cullarla in quell'abbraccio e lasciare che gli bagnasse la camicia di lacrime. 
Non sapeva quanto tempo avesse passato a piangere ma, con una fitta al cuore, venne colpita da un'orribile sospetto che stava iniziando a tormentarla.
- È colpa mia - sussurrò. - È tutta colpa mia. 
Fred si allontanò quel poco che bastava per guardarla in faccia. Gli occhi gonfi e il viso pallido riuscirono a procurargli una strana sensazione allo stomaco, non sopportava vederla ridotta in quello stato. - No, perché dici così. Non è stata colpa tua. 
Lei non la pensava allo stesso modo. Rimase in silenzio, disgustata da quell'ondata di senso di colpa che la investiva mentre riviveva quell'attimo di puro dolore che le squarciava il petto come una lama affilata. 
Anche se per un attimo, Cedric l'aveva vista. Aveva sussurrato il suo nome prima di cadere a terra e questo non lo avrebbe dimenticato mai, ma non aveva il coraggio di rivelarlo a Fred. 
Si guardò i palmi delle mani e le vide macchiate di rosso. Chiuse gli occhi e serrò i pugni, cercando di ripetersi che quello che aveva visto non era reale. Le sue mani non erano colme di sangue. A quel punto quell'insopportabile voce nella sua testa si permise di dissentire: 
- Ne sei proprio sicura? - la schernì. 
Fred depose un bacio leggero sulla sua testa e lei si calmò appena.
Quella sera, quando scese per il Banchetto di fine anno, si trovò davanti all'istinto di correre via piangendo o di cavarsi gli occhi dalle orbite. Qualunque cosa pur di non peggiorare il suo stato d'animo. 
Al posto delle solite decorazioni, erano stati appesi degli stendardi neri e non poté fare a meno di pensare che erano per Cedric. 
Si sentì sfiorare il braccio da qualcuno e non appena si voltò, incontrò due occhi azzurri lucidi e contornati da occhiaie. Il sorriso radioso che, solitamente era stampato sul volto del ragazzo, era stato sostituito da un'espressione lugubre e sofferta. 
Abbracciò Paul, forte, e lasciarono che le lacrime sfuggissero al loro controllo. 
Nessuno dei due aveva la forza di dire qualcosa. Entrambi avevano perso una persona a loro molto cara e sapevano che non sarebbe stato facile da superare. 
Quando si separarono Paul la trattenne per la mano per qualche istante, accennò un sorriso e si asciugò gli angoli degli occhi. 
Raggiunsero i propri tavoli e Ginevra prese posto accanto a Hermione, che la salutò con un sorriso triste. 
La cena trascorse quasi del tutto in un silenzio religioso, a volte rotto da qualche ronzio di voci o dal tintinnio di posate. Gli unici che non emettevano un fiato erano gli studenti di Tassorosso.
Alla fine del banchetto Silente si alzò in piedi e la Sala Grande cadde definitivamente nel silenzio. I suoi occhi si posarono sul tavolo di Tassorosso, tutti i suoi componenti avevano il volto pallido e triste. 
- Ci sono molte cose che vorrei dire a tutti voi stasera - disse, - ma prima di tutto devo ricordare la perdita di una persona molto bella, che dovrebbe essere seduta qui - e fece un gesto verso il tavolo di Tassorosso - a godersi il banchetto con noi. Cedric Diggory era una persona che riuniva in sé molte delle qualità che distinguono la Casa di Tassorosso. Era un amico buono e fedele, un gran lavoratore, credeva nel gioco leale. La sua morte ha toccato tutti voi, che lo conosceste o no. 
Tra la folla si sentirono alcuni studenti singhiozzare, a versare lacrime silenziose al solo pensiero che Cedric Diggory era morto pochi giorni prima.
Una piccola parte di Ginevra però, non accettava del tutto il fatto che fosse morto. Quando alzava lo sguardo verso il tavolo di Tassorosso si aspettava di vederlo sorridere e scherzare con Paul o incrociare il suo sguardo... Ma era solo una stupida illusione. 
- Credo che abbiate diritto, dunque, di sapere esattamente com'è successo. 
Istintivamente, Ginevra serrò gli occhi e strinse i pugni, come se così facendo fosse in grado di proteggersi. 
La voce del preside era diventata un eco nelle sue orecchie.
- Cedric Diggory è stato assassinato da Voldemort. 
Quando sentì che qualcuno le toccò la spalla, Ginevra si portò una mano davanti alla bocca e si unì ai singhiozzi degli studenti. 
In molti la guardavano, ognuno in modo diverso, ma a lei non importava. Non c'era cosa peggiore, per lei, che pensare a Cedric senza riuscire a trattenersi.
- Il Ministero della Magia - riprese Silente, - non vorrebbe che ve lo dicessi. È mia convinzione, tuttavia, che la verità sia generalmente preferibile alle menzogne, e che ogni tentativo di fingere che Cedric sia morto in seguito a un incidente, o a un errore da lui commesso, sia un insulto alla sua memoria. 
Anche se sapeva di avere lo sguardo di tutti addosso, quelle parole erano troppo da sopportare. Ginevra uscì di corsa dalla Sala Grande e iniziò a correre, lontano. 
Non parlò con nessuno fino al giorno della partenza. Ignorò gli sguardi e i sussurri di quelli che la circondavano e finse che tutto andasse bene. Vide Draco e Hermione sforzarsi di non sembrare una coppia così come Harry e la piccola Weasley, ma, sapendo che lo facevano per lei, li rassicurò dicendo "Sto bene". Nessuno, a parte Alastor Moody, era a conoscenza della sua abilità nel trasformarsi in un lupo. Era un segreto che intendeva mantenere tale per molto tempo. 
Augurò ai suoi amici di passare delle belle vacanze, promettendo al fratello che gli avrebbe scritto presto e quando scese dal treno per Hogwarts, suo zio Ted l'accolse stringendola goffamente con un braccio. 
Ovviamente aveva saputo ciò che era successo ma Ginevra sapeva che suo zio non era bravo a consolare la gente.
- Sto bene - lo aveva ripetuto così tante volte che sembrava diventato il suo nuovo motto. 
Ted annuì, non molto convinto, e la portò a casa Tonks dove avrebbe passato gran parte dell'estate a cercare di dimenticare Cedric Diggory. 




ANGOLO AUTRICE:
Ed ecco a voi... il personaggio "sorpresa" Regulus Black: 
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Allora, vi aspettavate un finale diverso? 
Qualcuno di voi aveva sospettato del ritorno di Reg? Cosa ne pensate? 
Come avrete capito dal titolo, siamo arrivati alla fine... ma siamo proprio sicuri che lo sia? 
Non posso darvi una data precisa ma, spero molto presto, pubblicherò il sequel... Voi lo volete, sì? 

Ringrazio tutti voi che mi avete seguito con pazienza e tenacia, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà... ok, sto esagerando. 
Ma in particolar modo ringrazio coloro che hanno avuto il coraggio di darmi la loro opinione per questo scempio di storia: 
alwais/M_G_Weasley/Moony1960 (voi tre siete state fondamentali! GRAZIE!!! ^___^)/amas95 (CIAO TESORO!!!) /Ginnymary92 (ho scritto la Hinny all'ultimo minuto ma spero che sia stata di tuo gradimento :) )/darkgenius/Natasha Optimus/vittoriaM20/_milagro_/AnnyWolf99/_gaiuccia_ e Nicky_Black. Spero di rivedere tutte voi anche nel sequel "Light and Darkness" :) 
Un bacio grandissimo 
18Ginny18

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