All was well

di lucia_canon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Le colpe dei padri ***
Capitolo 2: *** Avrò cura di te ***
Capitolo 3: *** Nuovi inizi ***
Capitolo 4: *** La storia si ripete ***
Capitolo 5: *** Lui vive in te ***
Capitolo 6: *** Legami famigliari ***



Capitolo 1
*** Le colpe dei padri ***


“Molte fiate già pianser li figli

Per la colpa del padre.”

Dante, canto VI del Paradiso

 

Malfoy Manor, agosto 2017

“Immagino che vi starete chiedendo il motivo di questo invito qui a Malfoy Manor.”

Lucius Malfoy aveva ragione; suo figlio, sua nuora e suo nipote avevano uno sguardo perplesso e incuriosito. Era raro che Lucius li invitasse nella sua dimora, da quando tre anni prima il Vaiolo di Drago aveva stroncato sua moglie Narcissa. Solitamente era lui a recarsi in visita nella loro casa di Diagon Alley. Un invito da parte sua era una circostanza decisamente insolita, ed era evidente che non era dettato solo dal semplice desiderio di vederli, ma nascondeva un secondo fine.

“Di rado siamo onorati dal piacere di un invito da parte tua, padre mio.”

“Avverto un tono di rimprovero nella tua voce, figlio mio. È vero che non sono solito ospitarvi qui, del resto questa non è una casa qualsiasi. È importante preservare le roccaforti della magia antica, e non contaminarle frequentandole sovente.” Con l’età, Lucius Malfoy era diventato estremamente pedante. Draco, che stringeva il braccio di Astoria, avvertì che sua moglie era infastidita dal discorso. Era difficile biasimarla. Prima che Astoria aprisse la bocca per insinuare che Lucius avrebbe dovuto lasciare Malfoy Manor, per evitare di contaminarla con la sua presenza viscida, Draco intervenne.

“Come desideri, padre. È evidente che c’è una ragione di grande importanza, se ci hai convocati qui. Non indugiare, dunque, e spiegaci il motivo di questo invito.”

“Benissimo, non esiterò un solo istante. Desidero offrire a mio nipote il regalo per il suo undicesimo compleanno.” Draco parve perplesso, si aspettava qualche questione di grande rilevanza, non il regalo per il compleanno di Scorpius, che avevano festeggiato due mesi prima.

Anche Scorpius era sorpreso, non era abituato a tanta considerazione da parte di suo nonno. Era sempre stata nonna Narcissa a coccolarlo e vezzeggiarlo, ma da Lucius aveva sempre avuto poca attenzione.

Un Elfo domestico porse a Lucius un pacchetto rettangolare di piccole dimensioni. Lucius lo prese in mano e, con fare solenne, lo consegnò al nipote. Scorpius lo prese e lo scartò, titubante. All’interno trovò un bracciale in argento decorato con piccole M di smeraldi verdi. Provò a infilarlo al polso, ma era un oggetto troppo pesante per il braccio di un bambino, e gli cadde. Astoria ne rallentò la caduta con un colpo di bacchetta e lo afferrò prima che toccasse terra, sotto lo sguardo colmo di biasimo del suocero.

“Forse ho commesso un errore a pensare che tu fossi già degno di questo dono, Scorpius Malfoy. Ti ricordo che sei l’ultimo discendente di una nobile stirpe Purosangue, e che quando arriverai a Hogwarts dovrai difendere il nostro onore, gravemente macchiato negli anni più recenti.”

Era quello il vero motivo per cui erano lì. Quel discorso era la ragione che aveva spinto Lucius ad aprire le porte del suo maniero, non il regalo per Scorpius. Il bracciale era un mero pretesto per poter rivolgere al nipote quelle parole.

“Dovrai applicarti molto, Scorpius, perché i Malfoy devono avere risultati eccellenti in tutte le discipline. Inoltre, sarà bene che tu frequenti solo nobili Purosangue, e non ti mescoli con la feccia. Stai lontano da tutti i figli dei Weasley, quegli sporchi traditori del loro sangue e la loro progenie infestano la scuola, ma troverai il modo di selezionare le tue compagnie con cura.”

Scorpius era sempre più attonito da quei discorsi, ormai nessuno li faceva più. Nella società del Dopoguerra in cui lui era nato, chi si ostinava a tirare in ballo la Questione del Sangue veniva giudicato un simpatizzante del vecchio regime, e si ritrovava quasi sempre isolato dalla società. Era ciò che era successo a quasi tutti i vecchi Mangiamorte come Lucius, che non se ne curavano e si chiudevano nelle loro dimore, come reietti. La generazione dei giovani, al contrario, era riuscita a svincolarsi dai legami con i Mangiamorte rinnegando ogni giuramento e mostrando devozione al nuovo regime del Ministero della Magia. Era ciò che aveva fatto Draco, più che per un desiderio di riuscita, per proteggere Astoria e Scorpius dalle maldicenze della società. Si era costruito una fama di onesto dipendente del Ministero, e ora la sua famiglia aveva la vita tranquilla a cui lui aveva anelato sin dalla fine della guerra. Non desiderava gli onori e la gloria di cui erano stati investiti Potter e i suoi. La sua famiglia li aveva ricercati per secoli, e i risultati erano stati disdicevoli. Ora lui, un Malfoy cambiato dalle circostanze della vita, rifiutava qualunque forma di notorietà. Tuttavia, aveva il sospetto che qualcosa sarebbe cambiato, una volta che i nati nel 2006 avessero fatto il loro ingresso a Hogwarts. Il suo mondo avrebbe potuto essere scosso di nuovo.

Il discorso di Lucius risultò quanto mai sgradito alle orecchie del figlio, che decise di lasciare rapidamente Malfoy Manor, per tranquillizzare uno Scorpius agitatissimo. Una volta usciti dal territorio di pertinenza del maniero, i Malfoy si Smaterializzarono a Diagon Alley.

Era ora di cena, così Astoria chiamò l’Elfa Poppy, la quale accorse quasi subito con una zuppiera. I tre sedettero a tavola, e consumarono il pasto in un silenzio quasi completo, perché ciascuno era perso nei propri pensieri. Draco e Astoria non amavano parlare tanto per fare conversazione, di solito se aprivano la bocca era per un motivo preciso. Sembravano aver trasmesso questa caratteristica anche al loro Scorpius.

Poiché la giornata era stata piuttosto stancante, dopo cena Scorpius annunciò che sarebbe andato a letto. Mentre lui si allontanava, Draco si accorse che la moglie aveva qualcosa di cui parlargli, probabilmente qualcosa che non voleva che Scorpius sapesse. Decise di aspettare il momento che lei avrebbe ritenuto più opportuno. I due coniugi erano soliti trascorrere le serate nel loro salotto, sul sofà, a conversare o leggere. Quella sera, Draco aveva già preso posto sul divano quando Astoria comparve sulla soglia.

“Qualcosa non va, mia cara?” le domandò.

“Tu credi che andrà tutto bene?” il tono di Astoria tradiva una grande angoscia. Draco non era facile alla commozione, ma le preoccupazioni di sua moglie lo intenerivano, soprattutto perché erano rare. Non era mai stata il genere di donna che cova ansie inutili, quindi il fatto che fosse in apprensione indicava che c’era seriamente qualcosa di cui preoccuparsi.

“Credo che Scorpius saprà agire molto meglio di quanto non abbia fatto io. È estremamente più saggio, rispetto a me alla sua età. Spero che non si lascerà suggestionare dai discorsi di quel vecchio folle di mio padre.”


“Non prendiamoci in giro, Draco, quelli non sono i vaneggiamenti di un vecchio folle, sono gli stessi che hanno condotto tuo padre, e la tua famiglia con lui, a imbarcarsi in una guerra. Io non voglio che Scorpius sia coinvolto, è un ragazzino, solo un bambino. Ha diritto di trascorrere tranquillo i suoi anni a Hogwarts, non permetterò che facciano ricadere su di lui le colpe di chi lo ha preceduto.”

“Astoria, ti prego, non parlarmi come se non me ne importasse nulla. Sai, meglio di chiunque altro, che in tutti questi anni ho lavorato per riabilitare il nome della mia famiglia, che mio padre aveva gettato nel fango. Sai che non è stato facile, potresti enumerare tutte le cattiverie che ho dovuto subire, tutte le porte che mi hanno chiuso in faccia. È inevitabile che qualcuno farà commenti sgradevoli, ma devi fidarti di nostro figlio. È un ragazzino brillante, potrà anche assomigliarmi fisicamente, ma ha ereditato tutta la tua intelligenza, e saprà come comportarsi.” Astoria sprofondò il viso nell’incavo della spalla del marito.

“Ho paura che succeda di nuovo, e che Scorpius sia coinvolto.” Draco rabbrividì. Lui stesso avrebbe preferito morire, piuttosto che assistere di nuovo a una guerra, soprattutto ora conosceva la paternità, e capiva cosa dovevano aver provato i suoi genitori durante la sua adolescenza, ora che la paura che potesse succedere qualcosa a Scorpius non lo abbandonava mai.

“Farò di tutto perché non accada.”

“E quel vecchio pazzo che gli dice di non mischiarsi con i Sanguesporco! Come se non dovessimo ringraziarli, i Sanguesporco, per essere stati clementi con noi.” Draco la strinse a sé, per cercare di calmarla.

“Astoria, stai tranquilla, ti prego. Scorpius non si fida di mio padre, te ne sei accorta?” nel suo tono c’era una grande amarezza per i propri difficili rapporti con il genitore.

“Non si fida, è vero. Probabilmente, se Narcissa fosse ancora viva, la situazione sarebbe diversa, ma è evidente che Scorpius non ama neppure recarsi in visita a Malfoy Manor, perché associa la casa a tuo padre. Il problema è questo, Scorpius è un bambino chiuso e conosce pochi coetanei, non sappiamo come si comporterà a Hogwarts, e ho paura che faccia qualche sciocchezza. Basterebbe un passo falso per essere segnato a vita come razzista e disprezzatore di Mezzosangue, vista la fama che hanno i suoi predecessori. Sai che nel suo stesso anno ci sono Albus Potter e Rose Weasley, con ogni probabilità sarà Smistato in Serpeverde, e scommetterei la bacchetta che il figlio di Potter finirà in Grifondoro: un nome, una garanzia! E tutti penseranno che la storia si ripeta.”

“Un nome, una garanzia, tu dici. E dici bene, mia cara. Conosci il secondo nome di Albus Potter?”

“Ha un secondo nome?”

“Severus.”

“Come Piton? Per quella storia che è uscita sul Profeta dopo la Battaglia di Hogwarts?”

“Esattamente. Senza che Potter lo sapesse, per anni Piton è stato il suo protettore. Non c’è strega o mago, vivo o morto, a cui Harry Potter sia debitore come a Severus Piton. Le persone cambiano, o rivelano la loro vera identità. Il nostro mondo non è più quello che era prima della guerra. Le nostre certezze sono crollate. È iniziata una collaborazione nuova, in una realtà in cui un Potter può portare il nome di Severus Piton. Nulla potrebbe davvero essere come prima, e dobbiamo tenerne conto.”

Finalmente rassicurata, Astoria si abbandonò all’abbraccio del marito, alla meravigliosa sensazione di sicurezza che lui le dava.

 

Astoria, spossata dalle preoccupazioni che l’avevano attanagliata per tutta la giornata, era già andata a letto. Draco, dopo essere rimasto qualche tempo in salotto per occuparsi di alcune faccende burocratiche, decise di passare a controllare Scorpius prima di andare a dormire. Lo trovò sveglio, immerso nella lettura di uno dei libri scolastici che avevano acquistato pochi giorni prima, al Ghirigoro. Sorrise, ricordando l’abitudine di Hermione Granger di leggere tutti i libri ancora prima dell’inizio dell’anno scolastico. Era strano, quel giorno non faceva altro che pensare alla famiglia Weasley. Si chiese se non ci fosse un significato, visto che succedeva poco prima dell’arrivo di Scorpius a Hogwarts.

“Scorpius, è meglio se spegni la luce, è tardi.”

“Lasciami solo finire il capitolo, papà, altrimenti perdo il filo.” La somiglianza con Hermione Granger era sempre più inquietante, ma era sciocco pensare a lei, quando era evidente che Scorpius aveva ereditato dalla madre la curiosità e l’amore per la conoscenza.

“D’accordo, d’accordo. Ma tra dieci minuti voglio la luce spenta.”

“Ho finito. Papà, posso farti una domanda?”

“Certo, Scorpius.” Draco si augurò che non fosse una domanda di Trasfigurazione, perché non ricordava assolutamente nulla della teoria del primo anno.

“Chi sono gli Weasley?” Suo padre pensò che, tutto sommato, la Trasfigurazione del primo anno non sarebbe stata male, come domanda.

“Sono…una famiglia di maghi. Una famiglia molto numerosa, e hanno tutti, o quasi, i capelli rossi.”

“Perché il nonno dice che sono traditori del loro sangue? Cosa significa essere un traditore del proprio sangue?”

“É una vecchia diceria, non è una cosa gradevole da dire su qualcuno. C’è stato un tempo in cui queste cose erano importanti, per alcuni lo erano più che per altri. Prima che tu nascessi, maghi e streghe hanno combattuto e sono morti, per colpa di queste farneticazioni. Molti hanno imparato dai propri errori che non si giudica una persona in base al suo sangue, ma in base alle scelte che fa. Tuo nonno si ostina a non capirlo, e probabilmente non lo capirà mai.” Draco si chinò a baciare il figlio sulla fronte, poi raggiunse la moglie nella camera da letto.

In Grimmauld Place 12, la serata si stava svolgendo in maniera stranamente tranquilla. James, che pochi giorni dopo avrebbe cominciato il suo terzo anno a Hogwarts, si era chiuso in camera per finire i compiti, e i suoi fratelli, Albus in particolar modo, non sentivano la mancanza dei suoi continui scherzi e battute. Il primogenito di Harry e Ginny possedeva una lingua tagliente e una certa inventiva in fatto di scherzi che potessero mettere in difficoltà Lily e Albus, quest’ultimo il suo bersaglio preferito. Ginny ricordava che, sin dalla nascita di Al, James aveva mostrato una forte gelosia nei confronti del fratellino, probabilmente una conseguenza del suo costante bisogno di essere al centro dell’attenzione. E dire che Albus, come suo padre, non ricercava mai le luci della ribalta, e se si trovava ad essere oggetto d’interesse per qualche motivo, era il primo a stupirsene.

Harry era seduto sul divano, e leggeva la Gazzetta del Profeta. Era estremamente concentrato, e nessuno si sarebbe permesso d’interromperlo. Di tanto in tanto sbuffava e faceva leggere uno stralcio di articolo alla moglie. Ginny, nel frattempo, stava facendo ripetere le tabelline a Lily, che pochi giorni dopo avrebbe ricominciato le lezioni con un precettore. Albus si godeva la serata completamente priva di scherzi da parte di James, sfogliando il suo primo libro di Trasfigurazione, ereditato dal fratello, con quel misto di gioia e angoscia che accompagna i nuovi inizi.

All’improvviso si udì suonare alla porta, e Lily andò ad aprire. Harry era piuttosto infastidito, probabilmente lo disturbava l’interruzione della lettura del giornale. Dall’anticamera si udì Lily gridare:

“Teddy!”

 Pochi secondi dopo, Teddy Lupin, con l’inconfondibile ciuffo azzurro, fece il suo ingresso nella sala, la bambina avvinghiata a sé.

Il disappunto di Harry scomparve completamente: era sempre felice di vedere il suo figlioccio. Teddy rappresentava per il padrino il legame tra il passato e la nuova generazione. Era impossibile non pensare a Remus e Nimphadora ogni volta che lo si guardava, e ancora di più quando si conoscevano la sua sensibilità e la sua simpatia, ma era così giovane e brillante che infondeva negli adulti un senso di fiducia nei confronti della sua generazione, i figli della guerra, nati alla fine di un’era, a cavallo tra due epoche del mondo magico.

“Ted Lupin! Sono contento di vederti, come sempre.” Harry andò incontro al ragazzo, sorridente.

“Ho pensato di passare a salutare i ragazzi, visto che per un po’ non li vedremo. -Disse Teddy, rivolgendo un sorriso ad Albus -Ma dov’è James?”

In quel momento, si udì una serie di tonfi dalle scale, e poco dopo James aveva scalzato Lily dal suo posto in braccio a Teddy per scagliarsi contro il ragazzo con irruenza. Lui non parve scomporsi, dando segno di essere abituato a quel genere di attacchi da parte del figlio maggiore di Harry e Ginny.

“James! Sei pronto per il gran ritorno?”

“Ehm…quasi.” Arrossì il tredicenne.

“Diciamo che qualcuno è rimasto di nuovo indietro con i compiti di Trasfigurazione- intervenne Ginny- e ora farebbe bene a tornare a studiare!” James si fece mogio.

Nel frattempo, Harry fece segno a Teddy di seguirlo e gli offrì un calice di Whiskey Incendiario Ogden Stravecchio. Una volta che James fu tornato in camera sua, Lily ne approfittò e si sedette in braccio al giovane. Harry sospirò. I suoi figli non avevano alcun ritegno con quel povero ragazzo, che consideravano alla stregua di un fratello maggiore, e pretendevano da lui continue attenzioni, come quando era un bambino e giocava con loro. Ma Teddy non era più un bambino, aveva diciannove anni ed era al secondo anno del triennio di preparazione per l’accesso alla carriera di Auror. A Harry sarebbe piaciuto pensare di aver avuto un’influenza sulla scelta professionale del figlioccio, ma era chiaro che non ci si sarebbe potuti aspettare altro dal figlio di un professore di Difesa contro le Arti Oscure e un’Auror.

“Lily, non infastidire Teddy, non credo che sia venuto qui per lasciarsi funestare la serata da te. Non sei più una bimba piccola.” Dopo aver pronunciato queste parole, Harry si rese conto dell’errore commesso. L’occhiataccia che ricevette da parte di Ginny glielo confermò.

“Se non sono più una bambina piccola, perché non posso andare a Hogwarts? Dovrò rimanere qui da sola, mentre Albus e James saranno là a divertirsi con i cappelli che parlano e i carri senza cavalli.” Si ribellò Lily, scoppiando a piangere.

“Ne abbiamo già parlato, Lily, quando sarà il momento ci andrai anche tu.”

“E poi, dubito che io mi divertirò, con James che mi prenderà in giro continuamente.” Intervenne Albus, per incoraggiare la sorella. Lily, però, era inconsolabile.

“Non piangere, Lily. Vedrai che io e te ci divertiremo un sacco, senza James tra i piedi. Verrò a trovarti spesso e, quando la mamma ti lascerà, andremo a Diagon Alley a prendere il gelato da Florian Fortebraccio.” Le sorrise Teddy, stringendola a sé. Come spesso succedeva quando stava con Lily, i suoi capelli diventarono rossi. I singhiozzi della bambina diminuirono.

“Sei molto gentile, Teddy, ma non devi sentirti obbligato.”

“Non mi sento obbligato, Harry. A volte penso di avere bisogno di Lily, Albus e James più di quanto loro ne abbiano di me.”  Harry capì a cosa si riferisse il suo figlioccio. Lui, più di tutti, poteva comprendere cosa significasse non avere alcun ricordo dei propri genitori. Certo, perlomeno Teddy era stato cresciuto da una nonna amorevole, Andromeda, e non dai Dursley. Inoltre, non era il Prescelto, sempre nelle mire di un temibile mago oscuro. Tuttavia, padrino e figlioccio condividevano il senso di perdita, mancanza, assenza di chi ha perso i propri punti di riferimento. Negli ultimi diciannove anni, Harry aveva fatto tutto ciò che gli era possibile per sopperire a quell’assenza, memore di ciò che aveva significato per lui Sirius Black. Teddy aveva trovato in lui e Ginny una seconda famiglia, in James, Albus e Lily i fratelli che non avrebbe mai potuto avere.

“È normale che tu senta il bisogno di stare con loro, non c’è nulla di strano in questo.” Disse Ginny a Teddy, con dolcezza. Lui le rivolse un sorriso pieno di affetto.

“In realtà, salutare i ragazzi non è l’unico motivo per cui sono venuto qui, stasera. Ho delle domande che vorrei porvi. Domande su mio padre.” I coniugi Potter si scambiarono un’occhiata, dopodiché invitarono i loro figli a lasciare la stanza. Teddy conosceva molte cose sui suoi genitori, ma c’era un’informazione particolare che Andromeda, Harry e Ginny, di comune accordo, avevano deciso di tenere nascosta finché il ragazzo non fosse stato adulto, finché non fosse stato pronto.

Una volta che Albus e Lily, di mala voglia, furono usciti, Harry e Ginny si sedettero di fronte a Teddy e, con sguardo preoccupato, attesero che parlasse.

Il ragazzo sembrava esitare, come se si stesse domandando se veramente voleva conoscere la risposta alla domanda che stava per porre. Harry, da parte sua, temeva il momento di comunicare al figlioccio l’ultimo segreto, il più terribile. Ginny, che di solito manteneva la calma anche nei momenti peggiori, dava segni di agitazione, graffiando la fodera del divano con le proprie unghie.

“Sin da quando ero poco più che un bambino, dal mio primo anno a Hogwarts, sono venuto a sapere molte cose sulla mia famiglia d’origine, abbastanza da giustificare che la gente s’interessasse a me più di quanto sarebbe stato normale. Tra due genitori morti nella Battaglia di Hogwarts, un nonno assassinato perché Nato Babbano, una nonna Black che è fuggita con lui rinnegando la famiglia e, non ultimo, un padrino come te, Harry, c’era abbastanza di cui parlare anche se io fossi stato un Magonò.” Harry sorrise, sapeva bene quanto Teddy detestasse quelle attenzioni, lui che preferiva sempre e comunque rimanere nell’ombra.

“Aggiungici i tuoi dodici M.A.G.O., l’aspetto mutevole e la spilla da Caposcuola di Tassorosso e c’è di che parlare finché Fleur non perde l’accento francese.” Commentò Ginny.

“Appunto. Sin dallo Smistamento sono stato al centro dell’attenzione, con risultati non sempre brillanti, data la mia tendenza a…ehm…inciampare.” Arrossì il giovane.

“Il tuo padrino era peggio, oltre ad attirare l’attenzione, attirava anche i guai a ogni passo che faceva.” Lo rincuorò Ginny, indicando il marito.

“Ginny, ti prego.”
 “Hai ragione, hai ragione. Coraggio Teddy, vai avanti.”

“In sintesi, sono sempre stato abituato alle persone che esitavano quando venivano a sapere come mi chiamo, ma al Ministero, l’altro giorno, è successo qualcosa di diverso.”

“Ossia?”

“Stavamo facendo un’esercitazione pratica, quando è arrivato un ospite, un famoso insegnante di arti marziali giapponese, accompagnato da un’addetta del Ministero. Abbiamo interrotto l’esercitazione e ognuno si è presentato al nuovo venuto. Quando io ho detto il mio nome, l’addetta del Ministero ha avuto un sussulto, poi ha preso da parte il professor Johnson e hanno confabulato per qualche minuto. Poco dopo, Johnson mi ha chiesto di uscire dall’aula e mi ha mandato a cercare un impiegato di non so più quale ufficio. Io l’ho cercato per un’ora, ma non l’ho trovato, e quando sono tornato a lezione il corso di arti marziali era finito!”

Harry capì quello che era successo. Era fuori di sé, ma cercò di contenersi per fare alcune domande a Teddy prima di sganciare la bomba.

“Puoi descriverci l’addetta del Ministero che ha preso da parte Johnson?”

“Poteva avere la vostra età, aveva i capelli neri e la faccia un po’ come quella di un carlino.” Harry trasalì, e poteva avvertire l’agitazione di Ginny, a fianco a sé.

“Pansy Parkinson” ringhiò tra i denti la donna, in modo che solo Harry potesse sentire. Lui le fece segno di non perdere la calma, dovevano rimanere tranquilli per non sconvolgere Teddy.

“Quel professore giapponese chi era? Si trattava di una personalità importante?”

“Piuttosto importante, si. Figurarsi che è arrivato a Londra con la scorta.”

“Quindi qualcuno che il Ministero non vorrebbe finisse in pericolo?”

“Direi proprio di no.”

Harry sospirò. Era giunto il momento di rivelare la verità. Quella parola gli ricordò una frase pronunciata, molti anni prima, da un mago a cui lui aveva voluto molto bene. “La verità è una cosa meravigliosa e terribile, e per questo deve essere trattata con enorme cautela.”

“Teddy, c’è una cosa che è giunto il momento che tu venga a sapere.”

Il ragazzo impallidì, ma non disse nulla.

“In questi anni io, Ginny e Andromeda ti abbiamo raccontato molte cose sui tuoi genitori. Alcune cose le hai sempre sapute, altre te le abbiamo dette quando abbiamo pensato che tu fossi in grado di accettarle. Ti porti dietro una storia difficile, ma hai anche molto di cui andare fiero. I tuoi genitori erano maghi di grandissimo valore, non solo per quanto riguarda le arti magiche, ma soprattutto come esseri umani. Ti ho già raccontato dell’amicizia che ha legato mio padre e il tuo, del coraggio e della bontà che distinguevano tua madre. Vorrei che quello che sto per dirti non cambiasse l’immagine che tu hai di loro perché, anche se potrà sembrarti una cosa incredibile, era uno dei motivi per cui volevo bene a tuo padre.”

“Ti prego, Harry, vai al punto.”

“La storia è questa. Quando tuo padre era un bambino, prima che raggiungesse l’età per andare a Hogwarts, avvenne un fatto orribile. Fu morso da un Lupo Mannaro di nome Fenrir Greyback.”

“Un Lupo Mannaro? Mio padre era un Lupo Mannaro?” Teddy era addolorato e sconvolto. Harry riconobbe in quel tono di voce la disperazione di quando aveva visto suo padre nei ricordi di Piton, al quinto anno, e aveva scoperto che era uno spaccone che faceva il bullo coi compagni più deboli. Certo, per Teddy quella sensazione era amplificata.

“Com’è possibile che io abbia vissuto per diciannove anni senza sapere di essere figlio di un reietto? Come avete fatto a farmi trascorrere sette anni a Hogwarts senza che nessuno si sia mai lasciato sfuggire nulla?”

“Tuo padre non era un semplice selvaggio, come quelli che hai visto sul libro di Difesa contro le Arti Oscure. Grazie alla sua volontà e all’aiuto di persone che gli volevano bene, riuscì a prendere i M.A.G.O. e fu il nostro insegnante, come ti abbiamo raccontato. Ha incontrato molte difficoltà, ma è riuscito a superarle, e a dimostrare che il suo problema non cambiava il suo modo di essere.”

“Harry, io ho sempre avuto una cieca fiducia in tutto ciò che mi hai raccontato sulla mia famiglia. Perché mi hai tenuto nascosto questo segreto? Sento che non potrò più credere a nulla di ciò che mi dirai.”

Harry stava per rispondere, ma Ginny lo fermò.

“Hai ragione a essere arrabbiato, ma noi abbiamo agito così per proteggerti. Non sapevamo come avresti potuto reagire a una notizia del genere, e non volevamo che il peso di questa informazione gravasse sulle tue spalle quando non eri abbastanza forte per sopportarlo.”

“Avrei preferito infinitamente saperlo.”

“Forse sì, ma avresti finito per non capire. Nessuno di noi voleva questo. Tenevamo troppo alla memoria di Remus per accettare che suo figlio non sapesse chi lui era realmente.”

“Non saprò mai chi lui fosse realmente, perché è morto da diciannove anni, e io non vedrò che meraviglioso Lupo Mannaro fosse!” Teddy si era alzato e aveva indossato la giacca.

“Teddy, ti prego, non andartene. Non avremmo dovuto tenerti nascosta la verità, ma abbiamo cercato il tuo bene, davvero.” Ginny provò a corrergli incontro, ma lui si scansò e uscì dalla stanza.

“Teddy! Teddy! Torna qui!”

Udirono il pop della Smaterializzazione. Teddy se n’era andato davvero.

Harry si alzò e abbracciò Ginny un attimo prima che la donna prorompesse in singhiozzi.

“Abbiamo sbagliato tutto! Tutto!”

“Non è vero. Abbiamo cercato di proteggerlo. È un ragazzo intelligente, ha bisogno di rimuginarci su. Se non accetterà quello che abbiamo fatto, saprà che in ogni caso qui troverà una famiglia che lo ama.”

Harry strinse a sé la moglie, lasciando che piangesse con il viso affondato nel suo petto. Si augurava con tutto il cuore che quello che aveva appena detto corrispondesse al vero.

 

 

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Capitolo 2
*** Avrò cura di te ***


«Sei un essere speciale, e io avrò cura di te»

Franco Battiato, Avrò cura di te

31 agosto 2017

Et voilà, la bouillabaisse !Fleur comparve nella sala da pranzo con una grossa pentola, contenente la tradizionale zuppa di pesce provenzale. Tutti i commensali applaudirono, e Victoire si unì agli elogi, anche se con poco entusiasmo. Le piaceva la bouillabaisse, ma trovava seccante che ogni volta che i nonni Delacour venivano a trovarli, affrontando il viaggio da Marsiglia, sua madre dovesse preparare quel piatto che loro erano abituati a mangiare, come se il cibo inglese non fosse degno di accostarsi ai palati raffinati di Apolline e Arnaud.

Chérie, je l’adore, elle est pareil à celle que l’on mange chez nous !” sentenziò Mme Delacour.

In realtà, non era solo la bouillabaisse a irritare Victoire. Da quando, tre giorni prima, i Delacour erano arrivati Villa Conchiglia, lei e Dominique non avevano avuto un momento di pace. Apolline commentava tutto ciò che facevano, il loro modo di vestire e la loro pronuncia del francese, rendendole estremamente impazienti di tornare a Hogwarts. Fleur, da parte sua, era sotto pressione: esigeva che ogni dettaglio fosse curato e perfetto, ed era sul punto di far perdere la calma al paziente Bill. Louis era stato coinvolto nelle pulizie generali antecedenti la visita dei nonni, e durante la loro permanenza aveva trascorso ore a sbucciare patate, esperienza che lo aveva indotto ad affermare che non avrebbe più mangiato tuberi in vita sua.

Oltre a tutta la tensione che si era diffusa tra i Weasley, Victoire aveva un motivo in più per desiderare che il 1 settembre arrivasse presto. C’era una domanda, una questione che, ne era certa, Arnaud avrebbe tirato fuori alla prima occasione, e fino a quel momento aveva fatto di tutto per svicolare. Tuttavia, quello era l’ultimo pranzo, e c’era da scommettere che il nonno avrebbe insistito, mettendola alle strette. Per questo motivo Victoire era tesa come una corda di violino, al punto che, quando dalla finestra vide un gufo che si avvicinava alla casa, si alzò per aprire la persiana e inciampò, trascinandosi dietro alcuni piatti, con grande ilarità di Apolline, e conseguente disappunto di Fleur.

Il gufo le consegnò una busta che recava scritto “Victoire Weasley, Villa Conchiglia, Tinworth, Cornovaglia” e riconobbe immediatamente la calligrafia. Fu una fortuna, perché le fece capire che non era il caso di aprire la lettera durante il pranzo, ma di aspettare. Allo stesso tempo, il desiderio di aprirla la rese ancora più impaziente di alzarsi da tavola, anche se sapeva che era fuori discussione.

“Dominique, questo sarà il tuo quinto anno a Hogwarts. Sei pronta per i G.U.F.O.?” chiese Apolline alla secondogenita di Bill e Fleur, la quale trasalì.

“Si, ecco, dovrò studiare molto…”

“Trovo vraiment inutile quest’idea degli esami al quinto anno. È molto melio il méthode che si usa a Beauxbatons.” Sentenziò Mme Delacour.

“Ci sono anche aspetti positivi, per esempio dopo i G.U.F.O…”

“Hai ragione, maman, è veramente absurde.” Chiosò Fleur, con uno sguardo eloquente a Dominique. La ragazza tacque, con uno sguardo cupo.

“Anche per te sarà tempo di esami, non è vero, Victoire?” intervenne Arnaud.

“Proprio così. Sosterrò i M.A.G.O. in Aritmanzia, Babbanologia, Trasfigurazione, Difesa contro le Arti Oscure e Storia della Magia.”

“Che strane materie! Né Pozioni, né Erbologia! E dire che la nostra famiglia vanta una grande tradizione di pozionisti.” Era vero, nei secoli i Delacour si erano contraddistinti per la loro capacità nel campo delle Pozioni, tanto che una prozia di Fleur, Elladora Delacour, aveva scritto un trattato sulle pozioni a base di fiori, Miscele e giardini, che aveva riscosso un grande successo ed era ancora utilizzato in alcuni corsi di pozioni. Tuttavia, Victoire non aveva ereditato dai Delacour quell’interesse, lei si sentiva più simile agli Weasley, soprattutto a nonno Arthur. 

“Sono materie che non mi appassionano. Ho intenzione di dedicarmi agli studi sociali, in particolare ai rapporti tra Maghi e Babbani.” Apolline sussultò, ma non disse nulla.

“Immagino che al Ministére de la Magie potresti farti onore nel campo della sociologia magica, date le tue origini straniere.”

“Ministére de la Magie?”

“Ma certo, cara. Non hai sempre detto che avresti voluto trasferirti en France, dopo il diploma?”

Eccola, la domanda che Victoire voleva evitare. Da quando era piccola, e andava in vacanza in Francia con i genitori, il paese d’origine di sua madre aveva esercitato su di lei un grande fascino. La pace dell’Alsazia, la bellezza della Costa Azzurra e l’incanto di Parigi erano per lei il luogo ideale di tutti i suoi sogni e fantasticherie. Per questo, negli anni, aveva ribadito più volte il suo desiderio di trasferirsi a Marsiglia, presso i nonni materni, una volta terminati gli studi. Adesso, tuttavia, erano entrate in gioco nuove componenti, e Victoire non era più così sicura di voler lasciare l’Inghilterra.

“Può darsi, non ho ancora deciso. In questo momento penso che la priorità sia la scuola, dopo gli esami deciderò con calma.”

Je comprends, anche se mi sembra impossibile che si possa preferire questo clima umido al sole della Provenza.” Disse Arnaud.

“Il clima della Cornovaglia non è così umido, papa. Non ricordi quanto freddo faceva in Scozia, al Torneo Tremaghi?” intervenne Fleur.

Dal momento che gli adulti avevano indirizzato il discorso sul clima, argomento su cui non avrebbero avuto bisogno di interpellare Victoire, la giovane decise di defilarsi, per poter leggere in pace il messaggio che aveva ricevuto. Scelse la propria camera come nascondiglio, perché era l’unico luogo in cui Dominique e Louis non l’avrebbero scoperta. Chiuse la porta con un incantesimo, si sedette alla scrivania e aprì la busta. Dentro trovò un biglietto che sembrava scritto con una grafia frettolosa, seppur facilmente riconoscibile.

 Cara Victoire,

mi dispiace disturbarti oggi, che è l’ultimo giorno che puoi trascorrere con i tuoi genitori, ma ho bisogno di parlarti di una questione che è per me di vitale importanza.

Ti aspetto da Haagen Dazs, in Leicester Square. Spero che riuscirai a venire.

Teddy

Non appena ebbe terminato di leggere la lettera, Victoire fu colta da frenesia. Doveva trovare un modo per raggiungere Teddy il più presto possibile. Da quando, alcuni mesi prima, avevano cominciato a uscire insieme segretamente, Teddy si era sempre dimostrato disponibile ad ascoltare tutto ciò che lei aveva da dire, facendola sentire apprezzata in modo completamente nuovo, ma non le aveva mai manifestato il proprio bisogno di stare con lei. Poteva sembrare stupido, ma più di tutto a Victoire importava potersi prendere cura di lui, e il fatto che lui non glielo permettesse la rattristava. Ora, quella lettera denotava chiaramente il bisogno di Ted Lupin di vedere lei, Victoire, e avrebbe fatto di tutto per correre da lui.

La loro relazione era ancora ignota a tutti i loro conoscenti, perché entrambi potevano immaginare le reazioni che la notizia avrebbe suscitato nelle loro famiglie, e non avevano fretta di verificare. Per questo motivo erano soliti incontrarsi in locali per adolescenti Babbani, dove nessuno li conosceva. Haagen Dazs era il preferito di Teddy, che aveva scoperto una passione per il gelato, mentre Victoire prediligeva i Frappuccini di Starbucks.

Victoire cercò alcuni vestiti Babbani nell’armadio, e pescò una gonna blu e una camicetta bianca, che coprì con il suo cappottino grigio. Legò i capelli biondi in una treccia e scese in salotto. Quando Fleur la vide comparire vestita in quel modo, assunse un’espressione così arrabbiata che Victoire avrebbe giurato di aver visto del fumo uscirle dalle orecchie.

Victoire, qu’est-ce que tu fais ?

Je dois sortir, c’est très important. Au revoir, les grandparents!

Fleur fece per alzarsi, ma prima che la raggiungesse, sua figlia si era già Smaterializzata.

 

Victoire apparve in Leicester Square, e si guardò intorno per controllare che nessuno avesse notato la sua comparsa. Era già abbastanza nei guai senza ricevere un richiamo dal Ministero a causa dello Statuto internazionale di Segretezza. I suoi, specialmente sua madre, si sarebbero infuriati quando fosse tornata, ma in quel momento non era la sua priorità. Individuò facilmente Haagen Dasz, e vi si diresse a passo di carica.

Appena entrò, avvertì una sensazione di disagio mista a interesse. La difficoltà era data dalla sua scarsa conoscenza diretta dei Babbani, sebbene avesse letto molti libri su di loro, l’interessamento era legato dal fascino che la comunità non magica esercitava su di lei. In particolare, i suoi coetanei Babbani erano per Victoire oggetto di grande interesse, e si divertiva a studiarne i comportamenti e le stranezze. Il loro rapporto con la tecnologia, per esempio, la stupiva, e avrebbe voluto saperne di più.

Si guardò intorno. Nel mondo magico, era semplice riconoscere Teddy dalla sua caratteristica principale, la chioma dal colore cangiante e sempre in disordine. Tra i Babbani, il ragazzo si adattava a trovare mille modi diversi di nascondere i capelli sotto berretti e cappelli di varie fogge, perché gli era impossibile controllarne i cambiamenti: in genere variavano con il suo umore o con la persona con cui si trovava.

Victoire, tuttavia, aveva trovato un altro espediente per individuare il ragazzo, anche in mezzo a una vasta folla. Infatti, Teddy non aveva il minimo gusto estetico, e in ogni occasione finiva per attirare l’attenzione con le sue mise improponibili. Per lei, che oltre ad essere un’appassionata di moda magica, conosceva bene le tendenze Babbane, era semplice riconoscerlo, anche se non esattamente gradevole. Così, quando vide un ragazzo con un cappello viola a pois gialli e una sciarpa a quadretti blu elettrico e rossi, si avvicinò al suo tavolo. Lui la riconobbe quasi immediatamente.

“Victoire!” dal suo tono si deduceva grande agitazione, così la ragazza pensò che non fosse il caso di fargli notare l’improbabilità del suo abbinamento. Teddy si alzò e le andò incontro, e lei si strinse a lui.

“Cosa succede?” sussurrò, praticamente al petto del ragazzo, perché era molto più alto di lei. Lui sciolse l’abbraccio e le fece segno di sedersi.

“Ieri sera sono stato dai Potter, e sono venuto a conoscenza di un segreto.” Esordì Teddy.

Victoire sospirò. Era abituata ai segreti che saltavano fuori all’improvviso, come tutti i suoi cugini. D’altronde, la sua famiglia era troppo numerosa, ed era stata coinvolta in troppe avventure, perché lei e gli altri giovani Weasley potessero scoprire tutti i segreti contemporaneamente. C’era stata la storia di zio Harry, quella del torneo Tremaghi, si era scoperto che zio Percy aveva abbandonato la famiglia per poi tornare solo alcuni anni dopo, che zia Hermione era Nata Babbana e Bill era stato morso da un Lupo Mannaro, e tutto ciò non era nulla in confronto a quando zio George aveva raccontato la storia del suo gemello, Fred. Per Victoire era normale che certe notizie potessero saltare fuori a distanza di anni, e sapeva che Teddy, che aveva perduto i genitori e il nonno quando era in culla, negli ultimi diciannove anni aveva ricevuto un’ingente quantità d’informazioni. Il fatto che quella notizia, in particolare, fosse così sconvolgente per lui, indicava che doveva essere una cosa della massima gravità.

“Cosa ti hanno detto?”

Teddy esitò. Temeva che, una volta scoperto il suo segreto, Victoire avrebbe avuto paura di lui. Non l’avrebbe sopportato. Tuttavia, questo timore gli fece capire quanta importanza lei avesse per lui. Se teneva a lei, doveva rivelarle quel terribile segreto. Era necessario, sentiva che aveva bisogno di fidarsi della giovane Weasley.

“Mi hanno rivelato che, quando era molto piccolo, mio padre fu morso da un Lupo Mannaro. Mio padre era un Lupo Mannaro.”

Victoire tacque, per un istante che per Teddy fu eterno. I suoi occhi si spalancarono a poco a poco, illuminandolo con il loro azzurro, in un’espressione di grande stupore, poi lei si spinse in avanti e prese la sua mano fra le proprie.

“Quanta paura avevi di raccontarmi questa cosa?”

Aveva capito tutto. Ogni dubbio, ogni esitazione, ogni paura, lei li aveva colti. Ma c’era una cosa ancora più incredibile. Sembrava che le importasse più di come lui stesse vivendo quella notizia, che della notizia in sé.

“Beh, parecchia. Non sapevo come avresti potuto reagire. Io non so ancora come accettarla.” Sussurrò il ragazzo, giocherellando con i bottoni della sua camicia Babbana.

“Come la vorresti accettare? Si tratta di tuo padre, prima di tutto. Aveva un problema, ma non determina chi lui fosse veramente, lo dimostra il fatto che sia comunque riuscito a fare cose meravigliose.” Lo sguardo di Victoire si posò fisso su di lui, e Teddy sentì un brivido corrergli lungo la schiena. In quel momento raggiunse una consapevolezza.

Io la amo.”

“Teddy, non giudicare tuo padre. Non era qualcosa che dipendesse da lui, e sicuramente avrà sofferto molto. Vuoi che ti elenchi i motivi per cui puoi, e devi, essere orgoglioso di uno dei martiri della guerra, le cui gesta si studiano sui libri di Storia della Magia?”

“Lo so, lo so. È solo che non riesco ad associare l’immagine che ho sempre avuto di lui, l’eroe della guerra, con quella che ho adesso, un Lupo Mannaro, un reietto. È come se fossero due persone diverse.”

“Sono la stessa persona. Se ci pensi, è ancora più grandioso, ancora più eroico, che sia riuscito a fare ciò che ha fatto, essendo un Lupo Mannaro.”

“Forse hai ragione. Poco fa, ho pensato una cosa.”

“Cosa?”
“Se solo lui fosse ancora vivo, io non avrei scoperto questa cosa a diciannove anni. Probabilmente l’avrei sempre saputo. Invece non conosco nulla, se non quello che mi hanno raccontato, e ora mi sembra di non sapere nulla, e in realtà io vorrei solo poterlo conoscere, e…” Teddy non riuscì a continuare, sentiva che stava per scoppiare a piangere, e non voleva che lei lo vedesse.

Victoire intuì la situazione, e gli si avvicinò per stringerlo forte a sé, nell’esatto momento in cui lui la circondò con le proprie braccia e la baciò con un’urgenza che tradiva tutto il suo bisogno di certezze. Lei comprese quella necessità, e l’assecondò rispondendo delicatamente al bacio del ragazzo.

Era una tranquilla sera di fine estate, e le vie di Diagon Alley erano deserte, dopo giorni di affollamento, dovuto agli acquisti antecedenti il ritorno a scuola per tutti gli studenti di Hogwarts. Ron aveva chiuso il negozio, salutato George, e ora stava rientrando in casa, dove Hermione e i ragazzi lo aspettavano, per una cena molto speciale.

Erano giorni che Hermione, con la precisione che la contraddistingueva da quando suo marito la conosceva, pianificava quella serata. Aveva preparato salsicce con purè di patate, pie con crema di pollo e funghi, Jacked potato e, per dessert, una Red velvet cake. In una parola, tutti i piatti preferiti da Rose, per celebrare degnamente l’ultima sera che la loro figlia maggiore avrebbe trascorso a casa. L’indomani, avrebbero dovuto accompagnarla a King’s Cross e guardarla partire verso una nuova avventura, senza di loro.

Quando Ron aprì la porta, fu accolto dal profumo di salsicce grigliate. Hermione gli venne incontro con un libro tra le mani, un’immagine consueta. Ron era abituato a vedere la moglie con un volume in mano, che si trattasse di tomi di diritto magico, libri di Storia della Magia o fiabe per bambini. Questa volta, il libro era un ricettario che Hermione aveva ricevuto in dono da Molly, e che per questo conservava come un cimelio.

“Buonasera, Hermione. Che ottimo profumo!”

“Grazie, Ron, sono arrivata prima dal lavoro per preparare tutto. Spero che Rosie apprezzerà.”

“Sono certo di sì, e…” Ron non poté terminare la propria frase incoraggiante, perché fu interrotto dall’arrivo di Hugo, che gli saltò al collo e iniziò a frugargli nelle tasche, in cerca di qualche nuovo scherzo messo a punto per i Tiri vispi Weasley. Il padre lo depose a terra, poi seguì la moglie in cucina, dove lei gli fece assaggiare la gravy sauce che aveva preparato per accompagnare le salsicce.

“Ottima, Hermione. Sembrerebbe perfino meglio di quella di mia madre.” Si complimentò lui, facendola arrossire.

“Non dire sciocchezze, piuttosto, hai preso il regalo?”

“Certo, eccolo.” Rispose lui, mostrando un pacchettino rosa incartato con cura.

Poco dopo, Rose Weasley fece il suo ingresso nella sala da pranzo, con un bel vestito blu notte che creava uno splendido contrasto con il rosso dei capelli, sciolti sulle spalle. Era stata un’idea di Hermione quella di festeggiare quell’occasione, per esorcizzare la tristezza della separazione dalla figlia.

La serata trascorse felicemente, tra le ottime portate cucinate da Hermione, le battute e gli scherzi di Ron e le prese in giro tra Rose e Hugo. Gli Weasley consegnarono alla figlia il pacchetto, contenente un piccolo ciondolo apribile, al cui interno si trovava una fotografia magica, che ritraeva Hermione e Ron al loro primo anno a Hogwarts, quando avevano la stessa età di Rose. La ragazzina parve apprezzare il pensiero, anche se lo accolse a modo proprio.

“Mamma, ma avevi dei dentoni enormi! E papà, che buffo taglio di capelli!” Hermione alzò gli occhi al cielo e rabbrividì, pensando ai dentoni che l’avevano accompagnata fino al quarto anno. Adesso, grazie a Madama Chips, sfoggiava una dentatura perfetta.

“Se fossi al tuo posto non riderei così tanto, Rose, perlomeno papà aveva molte lentiggini in meno, rispetto a te!” esclamò Hugo, facendo leva sul rapporto complicato tra la sorella e quella sua caratteristica fisica, chiaramente ereditata dalla famiglia paterna.

“Se non altro, io non ho i tuoi denti da castoro, fratellino.”

“Basta ragazzi, smettetela. Vi suggerisco di andare a letto, domani sarà una giornata campale, soprattutto per te Rosie.” I due acconsentirono, e presero la direzione delle loro camere, mentre Hermione rassettava la cucina. Ron si alzò per aiutarla e, mentre trasportava la pila dei piatti sporchi nel lavello con la bacchetta, si accorse che la moglie si era asciugata una lacrima.

“Andrà tutto bene.” Sentenziò il mago.

Hermione alzò gli occhi pieni di lacrime verso il marito, e si sorprese che lui avesse capito così in fretta il suo malessere. Infatti, per quanto avesse scelto Ron e lo amasse, non poteva negare che lui fosse spesso insensibile alle manifestazioni di tristezza altrui, e non perché si disinteressasse degli altri, semplicemente non le coglieva. Questa volta, tuttavia, Ron aveva intuito con facilità i sentimenti della moglie, probabilmente perché, dopo tutti quegli anni insieme, la conosceva come il palmo della sua mano.

“Lo so, è brava, intelligente, non avrà problemi. Però mi mancherà.”

“Certo che ti mancherà, Hermione. È normale, sei sua madre. È difficile, però non spetta a noi trattenerla. È cresciuta, e noi non possiamo, non dobbiamo fare nulla per impedirle di prendere la sua strada.” Le disse, avvicinandosi a lei per abbracciarla. Hermione si lasciò stringere dal marito, e non trattenne più le lacrime che aveva frenato durante tutta la giornata.

“Mi ricordo com’ero io alla sua età, vorrei impedirle di ripetere tutti i miei errori. Ti ricordi che incoscienti eravamo?”

“Non si può, e non sarebbe nemmeno giusto. Ha undici anni, ha il diritto di commettere degli errori. Altrimenti non crescerà mai.”

Hermione non rispose, ma continuò a piangere silenziosamente, asciugandosi di tanto in tanto gli occhi nelle maniche dell’abito da strega.

“Eddai, Hermione, probabilmente sarà l’unica studentessa di Hogwarts in grado di battere il tuo record di Eccezionale, non possiamo certo tenerla a casa!”

Hermione ridacchiò, tra le lacrime, e si avvicinò al marito per baciarlo su una guancia.

“Allora c’è solo da sperare che incontri un compagno di Casa impacciato e divertente che le sappia tirare su il morale.”

 

Angolo dell'autore

Eccomi con il secondo capitolo, che inquadra le due protagoniste femminili di questa storia e il loro background famigliare. Victoire è divisa tra due identità, mentre Rose è alle prese con l'inizio del suo primo anno a Hogwarts. Spero abbiate apprezzato!
Lucia

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Capitolo 3
*** Nuovi inizi ***


“And now we welcome the new year, full of things that have never been” 
 
Rainer Maria Rilke

Il viaggio verso Hogwarts era cominciato da qualche ora, e Victoire guardava la campagna inglese scorrere accanto a sé, mentre i suoi amici, Charles e Isobel, chiacchieravano raccontandosi le vacanze e pianificando il loro ultimo anno a Hogwarts, domandandosi perché la loro amica fosse così silenziosa. Victoire non era mai stata una chiacchierona, ma di solito era molto felice di condividere i racconti dell’estate con loro due. Era una specie di tradizione dei loro viaggi sull’Espresso per Hogwarts, e quell’anno era la loro ultima occasione.

“Ehi Charlie, spero che tu ti sia allenato quest’estate, non voglio un Battitore sotto tono. Ho fatto un piano di allenamenti che ci porterà senza dubbio a vincere il campionato. Questa volta i Serpeverde non ci batteranno.” Isobel era il Capitano della squadra di Quidditch di Grifondoro, una fortissima Cercatrice, grazie alla sua taglia minuta e al suo occhio di falco.


“Lo diciamo tutti gli anni, poi puntualmente prendiamo in squadra Battitori che si colpiscono da soli con la mazza, Portieri che incastrano la testa in uno degli anelli delle porte o Cacciatori che si fanno mettere in punizione il giorno prima della finale.” Si lamentò Charles.

“Poche storie, quest’anno vinceremo. La mia Nimbus 3000 non mi tradirà.”

“Certo, certo. Ehi Vic, lo so che il Quidditch non t’interessa, ma non tagliarti fuori così! Che hai fatto durante l’estate?”

Victoire si chiese se fosse giunto il momento di raccontare di Teddy. Sapeva che parlarne con i suoi fratelli era fuori questione. Dominique l’avrebbe spiattellato ai genitori la prossima volta che si fosse cacciata in qualche guaio, per sviare l’attenzione da sé, e Louis non rappresentava esattamente il suo confidente ideale. Tra i cugini, Fred probabilmente si sarebbe ingelosito, perché Victoire era la sua cugina preferita, Rose, Hugo, James, Lucy, Roxanne erano troppo piccoli perché lei potesse confidarsi con loro, e Molly sarebbe stata troppo occupata a studiare, come sempre. Le uniche persone con cui avrebbero potuto confidarsi erano proprio i suoi amici, ma per qualche motivo, forse per la tristezza che non l’abbandonava da quando aveva salutato Teddy a King’s Cross, non riusciva a parlarne.

“Sono stata quasi sempre a Tinworth, tranne per qualche visita ai miei cugini, a Londra e Ottery St Catchpole. Nell’ultima settimana di vacanze sono venuti i miei nonni da Marsiglia.” Scelse di raccontare. Al sentir nominare i Delacour, Charles e Isobel assunsero un’espressione eloquente.

“Divertente, si è trattato di uno stratagemma dei tuoi genitori per invogliarti a tornare a scuola?” commentò Charles. Suo malgrado, Victoire scoppiò a ridere.

“Non sono sicura che il loro intento fosse quello, ma è certo che ci sono riusciti.”

“Povera ragazza, com’è stato?”

“Entusiasmante, come al solito. Hanno cercato di convincermi a trasferirmi in Francia.”

“Cosa?” Esclamarono i suoi amici, all’unisono.

“Ricordate che tempo fa, al quinto anno, ripetevo che sognavo di trasferirmi lì?”

“Vagamente” rispose Isobel, mentre Charles la guardava con espressione stupita.

“Ma non te ne andrai, vero?”

Victoire scosse la testa, sentendo un’ondata di affetto nei confronti degli amici. Contemporaneamente, avvertiva un senso di colpevolezza nel tenerli all’oscuro del proprio segreto, escludendoli da qualcosa che la rendeva euforica. Sapeva che avrebbe dovuto dire loro di Teddy, perché era la cosa giusta da fare, ma non riusciva a trovare le parole. Era difficile, in effetti, scovare un modo per parlare di lui che non fosse banale, e che potesse rendere appieno la sua felicità. Si ripromise che nei giorni successivi lo avrebbe trovato.

“Piuttosto, Charlie, come hai passato la tua estate?” Victoire invidiava i Davies, la famiglia dell’amico, per i fantastici viaggi che intraprendevano ogni estate. Aveva ascoltato, estatica, il meraviglioso racconto sul viaggio in India dell’estate precedente, e ora era estremamente curiosa di sapere dove si fossero recati i Davies quell’anno.

“Siamo andati in Russia, mia madre voleva visitare l’archivio della Magicheskaya Shkola, nella steppa siberiana, per trovare notizie sulla Baba Jaga, su cui scriverà il suo prossimo libro.”
 Morag, la madre di Charles, era un’autorevole storica della Magia.

 

“Che meraviglia! Fate sempre viaggi talmente interessanti!”

“Parli così perché non sai quanto freddo faceva, in Russia. Però io e mio padre abbiamo fatto alcune escursioni nella steppa, nonostante la temperatura è stata un’esperienza bellissima.” Disse Charles, estraendo alcune foto per mostrarle alle amiche. Isobel e Victoire apprezzarono le immagini di San Pietroburgo e i panorami della steppa, e finirono per ridere come pazze quando videro una foto del loro amico con un colbacco.

“Come ho detto, faceva piuttosto freddo.” Si difese Charles, arrossendo. Ciononostante, le due continuarono a sghignazzare.

“Weasley, Baston, smettetela immediatamente, oppure non vi darò i vostri regali.” Quell’ultima, perentoria, affermazione sortì l’effetto desiderato. Le due ragazze cessarono subito di ridere.

“Ci hai portato dei regali? - Isobel assunse un’espressione angelica. - Grazie, Charlie!”

Il ragazzo aprì la borsa e tirò fuori due pacchetti identici che, si scoprì, contenevano altrettante matrioske. Le sue amiche le osservarono estasiate, e lo guardarono aprirne una per spiegare il motivo di quel regalo.

“Quando ci siamo conosciuti eravamo così-esordì, indicando una delle bambole più piccole-ma adesso siamo al settimo anno, e siamo diventati come questa- mostrò loro la bambola seconda per grandezza- e tra non molto saremo così- concluse, tenendo in mano la bambola più grande, che conteneva tutte le altre.”

“Oh, Charlie, è un pensiero davvero dolce.”

“Vedete, la più grande contiene anche tutte le più piccole. Spero che anche noi faremo così, che non ci dimenticheremo di quello che siamo stati, una volta che saremo adulti.” Aggiunse il ragazzo, prima di venire sommerso dall’abbraccio di Victoire e Isobel.

“Dopo questo momento di debolezza iniziale, immagino che avrai esaurito le tue scorte di tenerezza per un pezzo, non è vero Charlie?” lo prese in giro bonariamente Victoire, cogliendolo di sorpresa, con un bacio sulla guancia che lo fece arrossire.

“Immagino di sì, dev’essere stato il clima gelido che mi ha reso un sentimentale.” Rispose lui. Accorgendosi che Isobel lo stava osservando con uno sguardo strano, si affrettò a cambiare argomento.

“Quest’anno sarà particolarmente difficile, dubito che potremo prenderci le ore libere che ci siamo goduti l’anno scorso.”

“La signorina Victoire Eccezionale Weasley vorrà certo aiutare i suoi amici in difficoltà, non è vero, Vic?”

“Certo, Isobel, anche se devo dirti che non mi dispererei se tu decidessi una buona volta di aprire il libro di Babbanologia. Credo che i tuoi non lo comprino solo perché tu lo usi per salirci sopra quando devi arrivare agli scaffali più alti del tuo armadio.”

“Sai che preferisco altre materie.” Ribatté Isobel, con un sorriso smagliante.

“Questo è l’eufemismo del secolo.” Intervenne Charles.

“D’accordo, sai che detesto la Babbanologia e non capisco perché debba essere una materia obbligatoria. Non siamo tutti come te, Vic.”

“Da questo si capisce che non ami molto neanche Storia della Magia, altrimenti sapresti perché Babbanologia è tanto importante.” Controbatté Victoire. Aveva ragione, infatti alcuni anni prima il dipartimento per l’istruzione magica del Ministero della Magia aveva emesso un decreto didattico che rendeva obbligatorio lo studio della Babbanologia a Hogwarts. Era una delle tante misure prese per scongiurare una nuova diffusione di ideologie filo-Purosangue e anti-Babbane, attuata al fine di mettere gli studenti di Hogwarts in condizione di conoscere la comunità non magica, perché si riteneva che la conoscenza permettesse di capire, e che dalla comprensione non potesse nascere odio.

“Va bene, risparmiaci la lezione di Storia della Magia, ne ho avuto abbastanza, durante quest’estate con mia madre!” la implorò Charles.

“D’accordo, d’accordo, vi risparmierò la mia predica, ma non crediate di scampare a quella che ci farà il professor Paciock non appena faremo lezione con lui.”

“Ti dico che era proprio lei, non mi sbaglio di certo!”

“Va bene, James, ti credo, ma penso che dovresti smetterla di spiare i nostri cugini. Non credo che lei sarebbe contenta, se lo sapesse.” Albus era piuttosto infastidito dall’abitudine di James di ficcanasare negli affari altrui.

“Poco importa quello che ne pensa lei, è una notizia fenomenale! Ti rendi conto?”

“Mi sembra piuttosto normale che due ragazzi della loro età s’innamorino, hanno l’età giusta e sono due persone così meravigliose che non potrebbe essere diversamente.” Commentò Rose, sognante.

“Lascia perdere le tue romanticherie, ragazzina, qui si parla di cose serie.”

“Davvero? A me sembri tu quello che non riesce a smettere di pensare a Teddy e Victoire, più che Rosie.” Intervenne Lucy, esasperata dall’agitazione del cugino.

“Se si sposassero, lui diventerebbe nostro parente!”

“Lo è già praticamente, e tu parli di matrimonio quando li hai solo visti scambiarsi un bacio, James. Sii ragionevole.” Lo supplicò Louis.

“Non vedo l’ora di dirlo a tutti!”

“James Sirius Potter, ti proibisco di dirlo a chicchessia. Se l’hanno tenuto segreto, avranno le loro ragioni.”

“Oltretutto, non oso immaginare la reazione di Lily quando saprà che il suo adorato Teddy ha una ragazza, e non sono sicuro di volere assistere.” Aggiunse Albus, preoccupato.

“Ma io devo dirlo in giro! Tutti devono sapere che Teddy Lupin diventerà mio parente.” Si ribellò James.

“E va bene Potter, mi hai costretto tu. Louis, Lucy, Rose, Albus, mi siete testimoni. Silencio.” Roxanne intervenne per tacitare James e indirizzare la conversazione del gruppo dei cugini più giovani su un argomento di maggior interesse. Il ragazzino provò a ribellarsi, ma non riuscì a impedire alla cugina di zittirlo, e si accontentò di mettere il broncio per il resto del viaggio.

 “Allora, primini, siete pronti per lo Smistamento?” chiese Lucy a Rose e Albus. I due impallidirono.

“Non mi definirei pronto.” Rispose Albus, nervosamente.

“Hai paura per quello che ti dice James? Non prestargli attenzione. In qualunque Casa tu sia, sarà quella giusta. Il Cappello non sbaglia.” Lo rassicurò Roxanne, accennando a James che, sentendosi chiamato in causa, cominciò a farle sberleffi.

“Lo so, me lo dicono tutti, ma temo che farebbe scalpore se il figlio di Harry Potter non finisse in Grifondoro, non trovi?”

“Albus, hai notato come tutti noi siamo entusiasti di tornare a Hogwarts, anche se ciò significa lasciare le nostre famiglie e dover trascorrere molte ore a studiare o esercitarci?”

“Si, l’ho notato.” Rispose il ragazzino, spiazzato dal cambio di argomento.

“A Hogwarts puoi farti strada da solo, grazie ai tuoi meriti. Non dico che i professori si dimentichino di chi erano i tuoi genitori, se ne ricordano perfettamente, ma non è tutto. Potrai dimostrare chi sei veramente, e questo non dipenderà dal fatto che tuo padre sia il salvatore del mondo magico. In qualunque Casa sarai, le renderai onore, perché sei un ragazzo intelligente e dotato, e non per il nome di tuo padre.”

Albus la guardò con uno sguardo pieno di riconoscenza, quel discorso lo aveva tranquillizzato perfino più di quanto gli aveva detto suo padre a King’s Cross, perché ora non sentiva nemmeno il bisogno di chiedere al Cappello Parlante di Smistarlo in Grifondoro. Si sentiva molto più rilassato, e s’immerse nella conversazione tra le cugine, che ora era incentrata su un altro argomento.

“Vedrai, Lucy, Hogsmeade è semplicemente splendida. Non puoi immaginare quanto è bello bere una Burrobirra mentre fuori nevica, e Mielandia è un paradiso.”

“Io vi invidio, non riesco a sopportare che debba trascorrere un intero anno, prima che io possa visitare Hogsmeade.” Sbuffò Louis, che era solo al secondo anno.

“Non vedo l’ora che organizzino la prima gita!” esclamò Lucy, entusiasta del racconto della cugina. Anche James sembrava condividere la sua gioia, sebbene non potesse esprimerla a voce. Impietosita, Roxanne lo liberò dagli effetti del proprio incantesimo con un colpo di bacchetta.

“Io voglio assolutamente andare a vedere l’Emporio di Zonko!” esclamò il più grande dei Potter, una volta riacquisita la propria voce.

“É carino, ma niente di speciale una volta che sei stato da Tiri Vispi Weasley.” Affermò Roxanne, orgogliosa dell’attività del padre. Lei e Rose si scambiarono uno sguardo d’intesa.

“Mi ha detto papà che stanno mettendo a punto un nuovo modello di Orecchie Oblunghe. Avranno un campo uditivo più ampio e potranno diventare invisibili.” Annunciò Rose.

“Per Godric, non vedo l’ora di usarle la prossima volta che papà inviterà il Ministro della Magia a cena!” Lucy era semplicemente entusiasta. Più che a Percy, suo padre, Sottosegretario Anziano del Ministro della Magia, Lucy sembrava assomigliare ai suoi zii, Fred e George.

“Peccato che la mamma abbia vietato a papà di portarne anche un solo paio in casa.” Mormorò Rose, piuttosto afflitta.

“Che problema c’è? Puoi chiedere a Lily di farne una scorta, a lei zia Hermione non può vietare nulla!” Le suggerì Albus.

“Lily non può andare al negozio da sola, papà non lo permetterebbe mai, dopo quella volta al Paiolo Magico.” James alludeva a un episodio di parecchi anni prima, quando Ginny, incinta di Lily, era stata attaccata da due nostalgici del regime di Voldemort mentre usciva dal Paiolo Magico per rientrare nella Londra Babbana. L’incidente si era risolto in fretta con l’intervento di Ron e George, il cui negozio non era lontano dal Paiolo Magico, ma Harry ne sentiva la responsabilità, ed era consapevole del rischio a cui tutta la famiglia era esposta.

“Non deve per forza andarci da sola, può accompagnarla Teddy.” Ribatté Albus.

“Immagino che Teddy adesso abbia di meglio da fare.” Rise Roxanne, prima di rendersi conto dell’errore che stava commettendo.

“Certo, non può perdere tempo con Lily, deve pensare a nostra cugina! Anche perché se la farà soffrire dovremo ucciderlo. E poi come faremmo, senza di lui?”

“James, non ricominciare.”

“Non credo che potrei mai ucciderlo.” Rimuginò il ragazzo.

“Appunto, lascia perdere.”

“Però se fa soffrire Victoire…”

Silencio

“Grazie al cielo, Roxanne, mi stavo domandando quanto ci avresti messo.”

Quella sera, Ginny si disse che avrebbe avuto bisogno di tutto il senso dell’umorismo di Fred e George, dell’istinto materno di sua madre Molly, dell’impegno di Percy e della semplicità di Ron per risollevare l’umore del marito e della figlia. Lily si era chiusa in camera non appena erano arrivati a casa, mentre Harry non aveva proferito parola dopo aver visto il treno partire. Ginny sapeva che avrebbe dovuto fare qualunque cosa per risollevare l’umore della famiglia, quella sera, e avrebbe dato la sua scopa da corsa per avere Teddy a cena. Lui avrebbe coccolato Lily, facendola sentire speciale, e avrebbe chiacchierato con Harry. Da quando Ginny lo conosceva, Teddy aveva sempre avuto quel potere su tutta la famiglia Potter, lei stessa sentiva la sua mancanza, ora che non lo vedevano da giorni.

“Lily, scendi, è ora di cena!” la ragazzina si trascinò fino alla sala da pranzo, dove Ginny e Harry la stavano aspettando.

“Non ho molta fame, posso tornare in camera? Vorrei scrivere una lettera a Rose.”

“Ma Lily, tesoro, ho preparato fish and chips, il tuo piatto preferito! Non ha senso scrivere a Rose adesso, sarà impegnata con lo Smistamento e non potrebbe comunque risponderti fino a domattina.”

Svogliata, Lily si sedette a tavola, ma non riempì il proprio piatto.

“Spero che Teddy venga presto a trovarmi per portarmi da Florian Fortebraccio. Me l’ha promesso, e lui mantiene sempre le sue promesse.”

Harry sussultò, e rivolse a Ginny uno sguardo pieno di preoccupazione. La moglie cercò di mostrarsi tranquilla e non rivelare la segreta disperazione che le dava la lontananza di quel figlio maggiore, soprattutto ora che altri due figli erano separati da lei.

“Stai tranquilla, Lily. Nel frattempo, perché non invitiamo Hugo a trovarti?” suggerì Harry.

Lily alzò le spalle, come a dire che le era indifferente.

“Domani potremmo andare a fare un giro a Diagon Alley, magari passiamo da Tiri Vispi Weasley. Ron mi ha detto che hanno preparato alcuni nuovi scherzi.” Propose Ginny.

“Va bene” approvò Lily, ma il suo tono rimase piatto.

“Lils, so che sei triste e che la casa sembra vuota, senza i tuoi fratelli, ho vissuto anch’io questa situazione. Però tuo padre e io abbiamo bisogno di te, della nostra bambina, e tu non puoi scappare. Anche a me mancano Al e Jamie, e non sai quanto vorrei che Teddy venisse a trovarci tutti i giorni, ma purtroppo funziona così, quando vuoi bene a qualcuno. Devi lasciare che prendano le loro strade, che a volte li portano lontano, ma ciò non significa che non ti vogliano più bene. Vedrai, un giorno dovremo lasciare andare anche te, e sarà difficile, ma sarà la cosa più giusta per te.” Disse Ginny stringendo a sé la figlia che, tra le braccia della madre, si lasciò finalmente andare ai singhiozzi, com’era stata sul punto di fare per tutta la giornata.

Harry si avvicinò loro e depositò un bacio sulle fronti di entrambe. “Io non voglio che quel giorno arrivi tanto presto- sussurrò all’orecchio della figlia- ho bisogno di godermi le mie streghe ancora per qualche tempo.”

Finalmente rincuorata dall’affetto dei genitori, Lily si avventò sul fish and chips con foga. Ginny e Harry, tranquillizzati da quel ritorno alla normalità, cercarono di mantenere la conversazione su argomenti piacevoli, ma la verità era che c’era un quesito che assillava entrambi. Terminarono di mangiare, Lily li salutò per andare in camera sua, e Harry si alzò per aiutare la moglie a rigovernare. Mentre lavavano i piatti, uno accanto all’altra, Ginny si rivolse al marito.

“Harry?”

“Si, Ginny?”

“Secondo te, com’è andato lo Smistamento?”

Scorpius fu molto felice di scendere dal treno e seguire il guardiacaccia Hagrid che chiamava “Primo anno! Primo anno, da questa parte!”. Il viaggio verso la Scozia gli era parso infinito, perché si era sentito molto solo. I suoi genitori avevano chiesto a Stephen Zabini, il figlio dei loro amici Blaise e Frances, che aveva due anni più di lui, di fargli compagnia durante il tragitto, e Stephen aveva acconsentito, per buona educazione. Tuttavia, sia lui che Scorpius sapevano bene quanto sia fastidioso, quando si è con i propri amici, doversi tirare dietro un ragazzino più piccolo. Stephen aveva presentato Scorpius ai suoi compagni Serpeverde, e aveva cercato di coinvolgerlo nella conversazione, ma aveva finito per non prestargli attenzione e chiacchierare con i propri coetanei. Scorpius non lo biasimava, ma non desiderava altro che arrivare alla stazione di Hogsmeade e poter rimanere con i ragazzi del primo anno. Magari avrebbe trovato qualcuno sperduto come lui. Quando finalmente il treno si fermò, aveva già indossato la divisa. Salutò Stephen, lieto di liberarlo dalla responsabilità, infilò il cappotto e scese.

Dopo aver seguito l’enorme guardiacaccia fino al Lago Nero, i ragazzini del primo anno si divisero in gruppi da quattro. Si ritrovò con tre ragazzi che non aveva mai visto, che dissero di chiamarsi Catherine Browne, Agnes O’Reilly e Peter Fields. Scorpius cercò di dire qualche parola, ma erano tutti così agitati che solo Catherine gli rispose, mentre gli altri si limitarono a sorridergli nervosamente.

Finalmente ricevettero l’ordine di scendere dalle barche e seguire Hagrid al castello, la cui sagoma si stagliava davanti a loro, lasciandoli senza fiato. Scorpius sentiva l’emozione crescere dentro di sé e, vedendo un ragazzino dai capelli neri stringere la mano di una coetanea dalla chioma rossa, desiderò avere qualcuno con cui condividerla. Nel frattempo, erano arrivati in quella che sembrava essere una sala d’ingresso.

“Bene, meglio che vado a sedermi. Ci vediamo allo Smistamento!” li salutò Hagrid, per poi sparire dietro una porta. I ragazzini rimasero lì, in attesa. Non dovettero aspettare a lungo, perché poco dopo da un’altra porta entrò un uomo dai capelli neri e l’espressione severa.

“Buonasera, studenti del primo anno. Sono il professor Carmichael, insegnante di Incantesimi e Vicepreside. Sono lieto di accogliervi al vostro arrivo nella nostra scuola, e di annunciarvi che tra poco procederemo con lo Smistamento.” Scorpius e i compagni lo ascoltarono illustrare le caratteristiche delle diverse Case e il regolamento della scuola, e il giovane Malfoy si rese conto di conoscere già quelle informazioni, era una fortuna che sua mamma gli avesse parlato a lungo di Hogwarts!

Quando il professor Carmichael ebbe terminato il proprio discorso, i ragazzini del primo anno lo seguirono attraverso la porta dietro cui era sparito Hagrid, e improvvisamente si ritrovarono in un’immensa sala illuminata, dove si resero conto di essere osservati da centinaia di ragazzi e da un gruppo di adulti che, con ogni probabilità, costituiva il corpo docente.

Carmichael estrasse un cappello piuttosto logoro e lo depose su uno sgabello. Inaspettatamente, il vecchio copricapo aprì quella che sembrava una scucitura nella stoffa come se fosse stata una bocca, e recitò una filastrocca in cui si presentava e descriveva le diverse Case. Quando ebbe terminato, fu il professor Carmichael a prendere nuovamente la parola.

“Ora procederemo con lo Smistamento, chiamerò ognuno di voi, uno alla volta, e indosserete il Cappello Parlante, che stabilirà in quale Casa collocarvi.” Spiegò il professore. Scorpius sentiva le gambe tremare. Sperava con tutte le sue forze che sarebbe stato in Serpeverde, la Casa dei suoi genitori.

Il primo a essere chiamato fu Abney John, che fu Smistato in Corvonero. Fu seguito da Alden Amanda, Grifondoro, e da Atwood Elizabeth, entrambe Grifondoro. Dopo di loro, Austin James e Banks Euan divennero Tassorosso, e arrivò il turno di Browne Catherine. Quel nome attirò l’attenzione di Scorpius, essendo uno dei pochi che conosceva. Il Cappello si posò sui riccioli neri di Catherine, e vi rimase per un’insolita quantità di tempo. Alla fine, si decise per “Serpeverde!” e Scorpius non poté fare a meno di esserne contento; Catherine gli era sembrata una persona gentile, c’era qualcosa nel suo sguardo che glielo diceva.

L’ordine alfabetico scorreva lentamente, Fields Peter, il ragazzo che aveva conosciuto in barca, fu Smistato in Corvonero, e poco dopo arrivò il momento di “Malfoy, Scorpius!”. Mentre si avvicinava allo sgabello, Scorpius notò che la donna anziana seduta al centro del tavolo degli insegnanti, verosimilmente la Preside, lo guardava con interesse. Quando si fu seduto, il professor Carmichael posò il Cappello sulla sua testa.

“Vediamo, un altro Malfoy? Di solito non ho problemi con i membri della tua famiglia, li ho collocati tutti in Serpeverde, ma tu hai qualcosa di diverso. Ricordo che anche con tua madre ero indeciso, avrebbe potuto essere un’eccellente Corvonero, ma in fin dei conti ha dato lustro alla Casa di Salazar Serpeverde. Forse tu assomigli a lei? Si, seguirai le orme di tua madre. SERPEVERDE!”

Scorpius si alzò e raggiunse il tavolo di Serpeverde, dove fu accolto dall’applauso dei suoi nuovi compagni di Casa. Notò che Catherine era seduta da sola, e si sedette accanto a lei, che gli rivolse uno sguardo grato.

“Tu sei Scorpius, giusto? Merlino, sono felice di conoscere qualcuno della mia Casa, ora che Peter è in Corvonero. Spero che Agnes sarà con noi!”

Poco dopo fu il turno di O’Reilly Agnes, la quale fu divenne una Corvonero come Peter, con gran disappunto di Catherine. Scorpius, nel frattempo, cominciò a guardarsi intorno. Si sentiva molto più rilassato, ora che era stato Smistato. Notò che era arrivato il turno del ragazzo dai capelli scuri che aveva notato poco prima, nell’ingresso.

“Potter, Albus!”  

Angolo dell’autore

Ciao a tutti, rieccomi!

Questo capitolo tratta più temi degli altri, dato che i punti di vista sono quattro, e non due come nei precedenti. Victoire ha ritrovato i suoi amici, Isobel e Charles, ma sente molta nostalgia di Ted. Come lei, anche Lily sente la mancanza del suo adorato Teddy, e Ginny e Harry devono farsi in quattro per consolarla. Nel frattempo, ho cercato di mostrarvi le dinamiche dei rapporti tra i più giovani dei cugini Weasley. La più grande è Roxanne, al quarto anno, ed è lei che gestisce quel discolo di James. Lucy è la seconda figlia di Percy, e ha la stessa età di James. Louis ha un anno meno di loro, quindi uno in più rispetto ad Albus e Rose. Passando all’ultimo punto di vista, il primo giorno di scuola di Scorpius è molto diverso da quello vissuto da suo padre a suo tempo, a partire dal fatto che Scorpius è solo, non ha due equivalenti di Tiger e Goyle a fargli da scagnozzi. È un Serpeverde, come i suoi genitori si aspettavano, e non conosce Albus e Rose, ma loro hanno attirato la sua attenzione quasi per caso.

Al prossimo capitolo!

Lucia

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Capitolo 4
*** La storia si ripete ***


Scusate, non mi lego a questa schiera: 
morrò pecora nera!”

Francesco Guccini

 

Cari mamma e papà,

questa è la prima lettera che vi scrivo da Hogwarts, e vi confesso che sono emozionato, perché non ho mai avuto occasione per inviare una lettera a qualcuno!

Il motivo per cui vi scrivo è assicurarvi che sto bene, e farvi sapere che sono stato Smistato in Serpeverde, proprio come voi! Sono molto contento di essere in questa Casa, perché il Direttore, il professor Tracey, che è l’insegnante di Trasfigurazione, sembra una persona simpatica, sicuramente meglio del professor Carmichael, il Vicepreside, che ha un’aria severissima ed è il Direttore di Corvonero. Inoltre, un altro motivo per cui sono soddisfatto della scelta del Cappello è il fatto che ho conosciuto alcuni ragazzi del mio anno che sembrano molto simpatici, così non sarò più costretto ad assillare Stephen, se vorrò compagnia. Si tratta di una ragazza, Catherine Browne, e un ragazzo, Albus Potter. Catherine viene dall’Irlanda del Nord e ha uno strano accento, invece Albus, che è in dormitorio con me, quindi abbiamo potuto parlare un sacco, viene da Londra e, non ci crederete, sembra che sia proprio figlio di quell’Harry Potter, quell’Auror famoso, e quella Weasley che giocava per le Holyhead Harpies qualche anno fa. Nonostante sia figlio di due persone così famose, non mi sembra uno sbruffone. Insomma, sono molto soddisfatto del mio primo giorno a Hogwarts, e spero che continuerà così.

Tanti saluti,

vostro figlio Scorpius

Quando ebbe finito di leggere la missiva del figlio, Draco posò la tazza di Breakfast tea con cui, come ogni mattina, stava facendo colazione, e suonò il campanello per chiamare Poppy, l’Elfa domestica. La buffa creatura comparve quasi subito.

“Buongiorno, padrone. Cosa desiderare?”

“Poppy, vorrei che andassi a chiamare la signora Astoria, se dovesse dormire ancora ti prego di svegliarla.”

“Ma padrone, voi sapere che padrona Astoria detestano essere svegliate.”

“Hai ragione, ma questa volta non mi perdonerà se non le mostro subito questa lettera.”

“Andare bene, io la chiama subito.”

Draco sorrise divertito, alla vista dell’Elfa che saltellava su per le scale fino al secondo piano, dove si trovava la stanza da letto. In passato, quelle creature gli erano risultate molto irritanti, ma adesso le trovava più che altro spassose. Da quando la politica ministeriale aveva avviato una riforma riguardante il trattamento riservato agli Elfi domestici, in seguito alla nomina di Hermione Granger a capo dell’Ufficio per la regolazione e il controllo delle creature magiche, coloro che godevano dei servigi degli Elfi avevano dovuto adattarsi a una serie di norme che tutelavano la dignità di quelle creature, il che gli aveva permesso di scoprirne più a fondo la natura e sviluppare una simpatia nei loro confronti.

Quando l’Elfa fu sparita, Draco riprese a sorseggiare il proprio tè, riflettendo sul contenuto della lettera di Scorpius. Essa gli aveva confermato, se mai ce ne fosse stato bisogno, il fatto che suo figlio non avesse ereditato da lui altro che l’aspetto esteriore. Il suo carattere era molto più simile a quello di Astoria, e Draco riteneva che fosse una fortuna, perché ciò gli avrebbe permesso di evitare di cacciarsi in tutti i guai in cui si era infilato lui. Scorpius era completamente diverso da lui, lo dimostrava il fatto che il suo primo amico a Hogwarts fosse un Potter, quando lui e Harry si erano odiati reciprocamente sin dal primo giorno di scuola.

Naturalmente era felice che Scorpius fosse stato Smistato in Serpeverde, soprattutto perché sapeva che suo figlio ci teneva molto, un fatto che lo inorgogliva. Scorpius sarebbe stato un allievo di Salazar, avrebbe imparato a coltivare lo spirito d’osservazione, l’astuzia e la determinazione, le doti fondamentali di ogni vero Serpeverde.   

Mentre lui rimuginava, udì la porta aprirsi e rivelare sua moglie, in vestaglia e con i capelli legati in una treccia. A giudicare dalla sua espressione, Astoria era furente, probabilmente a causa dell’inconsueto risveglio che lui le aveva riservato, insolito soprattutto per un giorno come quello, un sabato.

“Draco, caro, siamo sposati da quindici anni, credevo che tu avessi capito che a me non piace essere svegliata così presto, soprattutto di sabato, per Salazar!”

“Lo so bene, mia cara, ma credevo che non mi avresti perdonato se ti avessi privato anche per un solo istante più del necessario del piacere di leggere questa lettera, arrivata stamattina da Hogwarts.” Spiegò Draco, mostrando la lettera di Scorpius.

Non appena udì quelle parole, l’espressione di Astoria cambiò, e lei strappò la lettera dalle mani del marito, con un’urgenza che tradiva l’ansia materna per il figlio lontano. Divertito, Draco la osservò mentre leggeva, cogliendo tutti i cambiamenti nella sua espressione mano a mano che procedeva nella lettura. Da ansioso, il volto di Astoria si fece dapprima rilassato, poi decisamente soddisfatto, per arrivare a essere assolutamente sbalordito quando la donna arrivò all’ultima parte. Non appena ebbe terminato, sprofondò in un lungo silenzio.

“Astoria?”

“Si?”

“Cosa ne pensi?”

“Ecco…sono felicissima che sia un Serpeverde, di certo renderà onore alla Casa di Salazar. Mi rallegro che il Direttore sia Tracey, me lo ricordo dai tempi della scuola, è un mago intelligente e dotato. Mi fa piacere che abbia già fatto amicizia, sai quanto mi turbava la sua timidezza, ma non avrei scommesso mezzo Zellino su Albus Potter. Sembra uno scherzo del destino, dopo tutti questi anni. Ma tu, piuttosto, cosa ne pensi?”

“Penso che Scorpius non ripeterà i miei sbagli, e me ne rallegro.”

“Non puoi continuare a punirti per errori che sei stato costretto a commettere, per di più molto tempo fa. Se Scorpius non sbaglierà, sarà soprattutto perché è stato tenuto lontano dalla possibilità di farlo.”

“Se non sbaglierà, sarà perché non mi assomiglia, se non esteriormente, esattamente come il figlio di Potter, che pure è il suo ritratto, ed è finito in Serpeverde.”

“Questa cosa ha dell’incredibile. Avevi ragione tu, l’altro giorno.”

“Mi lusinga che tu ritenga incredibile la possibilità che io abbia ragione in merito a qualcosa, mia cara.” Scherzò Draco.

“Non intendevo dire ciò, e lo sai benissimo. Dico solo che stiamo parlando di un ragazzo che discende, oltre che dai Potter, da una famiglia i cui membri sono sempre appartenuti a Grifondoro. Dev’essere l’unico discendente dei Weasley da generazioni a non essere collocato in una Casa che non sia Grifondoro.”

“Il professor Piton sarebbe sconvolto. I colori di Serpeverde portati da un Potter! Lui che odiava così tanto il padre di Harry.”

“Povero ragazzino, ha solo undici anni e il suo Smistamento crea un tale scompiglio. Non è proprio quello che ci vuole, soprattutto all’inizio della scuola.”

“No, davvero. Vuoi un po’ di latte nel tuo tè, Astoria?”

“Volentieri.” Lo ringraziò la moglie, servendosi una fetta di torta.

“Io pensavo di aver visto tutto, dopo due guerre magiche e due settennati di insegnamento a James Potter, Sirius Black e ai gemelli Weasley, ma onestamente questo non l’avrei mai previsto, Albus.” La professoressa Mc Granitt camminava avanti e indietro nel suo studio, conversando con l’anziano mago il cui ritratto era appeso proprio dietro la sua poltrona.

“Minerva, non mi sembra il caso di scuotersi tanto. Quante volte il Cappello Parlante si è rivelato imprevedibile?” la interrogò Silente, calmo, accarezzandosi la folta barba bianca.

“Imprevedibile, d’accordo, ma c’è un limite a tutto! Potrei ancora capire se avesse collocato Scorpius Malfoy in Grifondoro, o peggio, in Tassorosso, ma Albus, siamo seri, si parla del figlio di Harry Potter e Ginny Weasley!”

“Proprio perché è il figlio di Harry, io mi preoccuperei per lui se fosse nella stessa Casa di suo fratello, invece, stando in Serpeverde, il mite Albus non sarà assoggettato a quell’uragano di James.”

“Su questo sono d’accordo con te, tuttavia sarebbe stato lo stesso se fosse stato Smistato in Corvonero o Tassorosso. Ma Serpeverde! È l’ultima cosa che mi sarei potuta aspettare.”

“Minerva, ti saresti mai aspettata che il primogenito di Orion e Walburga Black sarebbe stato un fiero Grifondoro?”

“Ma si parla di più di quarant’anni fa, c’era la guerra, c’era Voldemort, per la bacchetta di Godric Grifondoro!”

“Allora tieni gli occhi bene aperti, Minerva. Quando la storia si ripete, è importante non lasciarsi sfuggire nessun elemento. Un Potter in Serpeverde potrebbe indicarci che qualcosa di rilevante sta per succedere.”

“Un Potter in Serpeverde?” intervenne l’uomo nel ritratto accanto a quello di Silente.

“Si, Severus, hai sentito bene. Albus Potter è un Serpeverde.”

“Chissà perché, la cosa non mi stupisce minimamente. Probabilmente, è perché il nome di quel suino è destinato a perseguitarmi in eterno, e ora ha deciso di infangare anche la mia Casa con la sua repellente presenza.”

“Severus, sii ragionevole.”

“Dopo tutta la sofferenza che Potter mi ha inflitto in vita, non si potrebbe porre fine ai miei tormenti? Ritengo che per il Cappello Parlante sia giunta l’età della pensione.”

“Non so perché, Severus, ma ho l’impressione che, se il giovane Albus Potter è un Serpeverde, il motivo sia da ricercarsi nel secondo nome che suo padre gli ha dato, riconoscente all’uomo che per tutta la vita ha cercato di proteggerlo.”

“Albus ha ragione, Severus. Albus Severus Potter non assomiglia a suo nonno, nemmeno la metà di quanto gli assomiglia suo fratello maggiore, James. Albus ricorda Harry alla sua età, soprattutto a causa degli occhi…gli occhi di Lily.”

“Albus…Severus Potter? Gli occhi di Lily?”

“Harry me lo scrisse via gufo il giorno della sua nascita, e dopo averlo visto con i miei occhi posso confermartelo. Sono proprio come i suoi.” Minerva sentiva le lacrime scorrerle sulle guance, e notò che anche Albus sembrava commosso. Improvvisamente, si rese conto che un altro dei presidi ritratti sulle pareti di quell’ufficio stava ascoltando la loro conversazione, e sembrava desideroso di aggiungervisi.

“Severus, io conosco quel ragazzo da quando è nato, lo vedo grazie al mio ritratto in Grimmauld Place 12, è lì che abita con la sua famiglia. Fidati del tuo predecessore, ti posso assicurare che sarà un grande allievo di Salazar, così come lo sei stato tu. Non preoccuparti per la tua Casa, è in ottime mani.” Affermò Phineas Nigellus.

Minerva non era mai stata una persona facile alla commozione, ma in quel momento sentì un groppo in gola e, sapendo che non sarebbe più riuscita a contenersi, prese congedo dai tre ritratti e uscì dall’ufficio. Come insegnante, era abituata a mantenere un distacco professionale dai propri alunni, era l’unico modo per mantenere la propria autorevolezza. Tuttavia, c’erano studenti che la commuovevano profondamente, sebbene di rado se ne accorgessero, perché lei celava molto bene quelle emozioni. Tra essi c’erano Severus Piton e Harry Potter, e Minerva aveva la sensazione che anche Albus Severus Potter avrebbe avuto le carte in regola per entrare a far parte del gruppo.

Gli eventi delle ultime ore avevano, agli occhi di Albus, i contorni sfocati di un sogno. Non riusciva a dare ad essi un ordine cronologico chiaro, continuava a rivederli in sequenze casuali, e la cosa lo stava facendo impazzire.

Alla fine, aveva deciso di non influenzare la scelta del Cappello. Forse l’aveva convinto il discorso di Roxanne in treno, forse la consapevolezza di essere diverso dai cugini e da James, o semplicemente la fiducia che riponeva nel Cappello, come in tutti i metodi scelti da Hogwarts. Era terrorizzato, ma al contempo c’era una voce, dentro di lui, che gli diceva che aveva fatto la scelta giusta.

Aveva mandato un gufo ai suoi genitori appena era finita la cena. Di ritorno dalla Guferia, aveva seguito Liam Gerrard, uno dei Prefetti di Serpeverde, nel dormitorio del primo anno, dove aveva trovato Scorpius, nervoso ed eccitato esattamente come lui, e avevano trascorso la serata chiacchierando delle rispettive famiglie, del Quidditch e delle aspettative sulla scuola, finché Scorpius non si era assopito, lasciandolo solo con i propri pensieri. Albus aveva impiegato molto tempo ad addormentarsi, a causa dei pensieri che affollavano la sua mente, ma alla fine era piombato in un sonno profondo.

La mattina successiva, scese di buon’ora, perché aveva un certo appetito, dal momento che la sera precedente lo stomaco chiuso gli aveva impedito di mangiare. Il tavolo di Serpeverde non era molto affollato, essendo sabato la maggior parte degli studenti aveva preferito dormire fino a tardi. Scrutò il tavolo di Grifondoro, ma notò che nessuno dei suoi parenti era ancora sceso, e se ne rammaricò. Aveva un gran bisogno di parlare con loro.

Mentre si serviva un piatto di uova col bacon, un gufo atterrò vicino al suo piatto, e Albus si stupì nello scoprire che non era il gufo di famiglia, ma un animale a lui sconosciuto. Incuriosito, slegò in fretta la busta dalla zampa a cui era legata, l’aprì e lesse la lettera contenuta all’interno.

 

Caro Albus,

scriverti la mia prima lettera è molto emozionante, significa che ormai non sei più un bambino, sei uno studente di Hogwarts che tra non molto non avrà più voglia di giocare con me. Spero che il tuo viaggio sia stato piacevole, e che il Lago Nero non fosse troppo agitato quando l’avete attraversato.

Il motivo principale di questa lettera, è che sono stato informato in tempo reale del tuo Smistamento, e avevo voglia di scriverti quattro righe in merito, in attesa di vederti personalmente.

Sono certo che i tuoi genitori ti abbiano saputo spiegare nel modo migliore che le scelte del Cappello non sono sempre facili da accettare, ma che finiscono in ogni caso per rivelarsi le più azzeccate. Ti avranno spiegato che, qualunque sarà la tua Casa, essa ti guiderà verso grandi successi, verso il meraviglioso mago che sarai. Non permettere che nessuno metta in dubbio le tue qualità, e se dovessi incontrare difficoltà, rivolgiti a Fred o a Victoire, loro sapranno aiutarti.

Per qualunque necessità, non esitare a scrivermi. Il tuo gufo saprà come trovarmi.

Il tuo amico,

Teddy Lupin

Quando Albus ebbe terminato di leggere, si porto la pergamena al cuore. A distanza di chilometri, Teddy aveva capito quello che lui stava provando in quel momento. Sorrise leggendo della fonte che aveva informato Teddy in tempo reale. Victoire doveva essere preoccupata per lui, d’altronde era la più anziana dei cugini e sentiva la responsabilità dell’intera nidiata Weasley-Potter. Il pensiero dei cugini lo rattristò, oscurando la felicità generata dall’arrivo della lettera di Teddy. In quel momento, loro erano tutti insieme nella Torre di Grifondoro, e lui era solo. Cosa avrebbero detto, quando lo avrebbero visto con la cravatta di Serpeverde? Ai suoi occhi, lo Smistamento aveva un carattere definitivo e determinante. Da quel momento in avanti, per tutta la vita, lui sarebbe stato un Serpeverde, e loro dei Grifondoro. Sarebbe stato la pecora nera della famiglia, non c’era alcun rimedio.

Avvilito da quei tristi pensieri, riprese a mangiare il bacon, ma senza trovarvi alcun piacere. Pochi minuti dopo, una voce familiare lo distrasse dal proprio piatto. Si trattava di suo cugino Fred.

“Toh, chi si vede! Una piccola Serpe! Come stai, cugino?” scherzò il maggiore dei figli di George e Angelina, avvicinandosi al tavolo di Serpeverde. Albus sprofondò la faccia nel piatto.

“Ho toccato un tasto dolente? Scusami, è solo che su alla Torre sono tutti molto preoccupati per te, e stavo cercando di sdrammatizzare.”

“Sono preoccupati?”

“Preoccupati è dire poco. Ieri sera, dopo che tutti erano andati a letto, Victoire ci ha convocati tutti in Sala Comune per parlare della situazione. È molto impensierita per te.”

Albus non ebbe difficoltà ad immaginare la riunione dei cugini. Sicuramente Victoire aveva tenuto in pugno la situazione, mentre Louis e Fred avevano fatto di tutto pur di tornare a letto. Con ogni probabilità, James aveva fatto uno scherzo a Molly, che si era offesa e se n’era andata in dormitorio, facendo imbestialire Victoire. Provò un grande senso d’invidia e di frustrazione per non poter trascorrere il tempo con il gruppo dei cugini.

“Comunque, io penso che tu sia un mago in gamba, non un attaccabrighe come tuo fratello e neppure un rompiscatole come Molly, e ho piena fiducia in te. So che te la caverai, in Serpeverde. Se non fossi in grado di farcela, il Cappello ti avrebbe collocato altrove.”

“Grazie, Fred. Per me è difficile, ho paura di essere solo, e che James mi prenderà in giro.”

“A James penserò io, a costo di far intervenire le autorità supreme: Teddy, la Mc Granitt, tuo padre o, in casi estremi, tua madre.”

“Mi sento già più tranquillo.” Rise Albus. In quel momento, notò che Scorpius era sopraggiunto in Sala Grande, e gli fece cenno di accomodarsi accanto a sé.

“Guarda il lato positivo, almeno tu non sarai costantemente controllato da Victoire, potrai sfuggirle. Non tutti siamo così fortunati.” Sogghignò Fred. In effetti, dall’altra parte della Sala, la bionda Weasley aveva appena fatto il suo ingresso.

“Dai, Fred, non parlare così di Victoire. So che, in fondo, vi volete bene.” Era vero: Fred e Victoire avevano un rapporto molto stretto, ma trascorrevano gran parte del tempo che passavano insieme a punzecchiarsi.

“Ad ogni modo, lui è Scorpius, un mio compagno di Casa e dormitorio. Scorpius, questo è mio cugino Fred, e la ragazza che sta arrivando è Victoire, un’altra cugina.” Fred strinse la mano di Scorpius, mentre Victoire si avvicinava a loro.

“Albus, va tutto bene? Ero così in pensiero!” fu l’esordio della ragazza.

“Vi presento Mamma Chioccia o, in alternativa, Nonna Weasley!” la prese in giro Fred.

“Non fare il furbo, Fred. Ti ricordo che sono la tua cugina maggiore.” Ribatté Victoire, sorridente.

“Come dicevo, nonna Weasley.”

Scorpius sembrava sorpreso e al contempo divertito da quello scambio di battute.

“Victoire è la più grande di tutti noi cugini, per questo si preoccupa per noi.” spiegò Albus a Scorpius.

Tutti voi cugini? Quanti siete?”

“Dunque, ci sono Victoire e i suoi fratelli, Louis e Dominique, poi Fred e Roxanne, Molly e Lucy, io e i miei fratelli James e Lily e infine Hugo e Rose.”

“E siete tutti a Hogwarts?” domandò Scorpius. Sembrava molto incuriosito da quella numerosa famiglia.

“Non tutti, Lily e Hugo sono ancora troppo piccoli. E la tua famiglia?”

“Non è così numerosa, io sono figlio unico, e anche mio padre, così non ho nemmeno dei cugini.” Scorpius sembrava leggermente intristito dall’argomento, come se avesse la sensazione di essersi perso qualcosa.

“Anche mio padre è figlio unico, i miei cugini sono i figli dei fratelli di mia mamma, infatti hanno tutti alcuni tratti in comune. Quasi tutti hanno i capelli rossi, per esempio, e a nessuno mancano le lentiggini.”

“Mia mamma aveva una sorella, ma è morta tempo fa, durante la guerra, credo.”

“Davvero? Mi dispiace molto.”

“Anche uno dei nostri zii è morto durante la guerra.” Intervenne Fred. Scorpius parve molto stupito. Probabilmente, per lui, quella famiglia numerosa era quanto di più distante potesse immaginare dal modello famigliare a cui era abituato, ma ne era affascinato.

“Ti chiami Scorpius, ho capito bene? Sei un compagno di Albus? Come ti trovi ad Hogwarts?” Gli si rivolse Victoire.

“Ed ecco il ritorno alla riscossa di nonna Weasley!” bisbigliò Fred, a beneficio dei due undicenni.

“Sì, sono in Serpeverde come Albus, e per il momento mi trovo bene, anche se non sono abituato ad avere così tanta gente intorno, come avrete capito non sono spesso circondato da tanti ragazzi.” Rispose Scorpius, nervosamente. Infatti, mentre parlavano, la Sala Grande aveva cominciato a riempirsi.

Presto sarebbero giunti i cugini più giovani, e Albus non riusciva a scacciare il timore per l’arrivo del fratello. Sapeva che James avrebbe fatto qualche battuta sui Serpeverde, e temeva che non avrebbe potuto accettarlo. Era abituato ai dispetti di suo fratello da quando era nato, lo avevano accompagnato lungo la crescita ed era cosciente del fatto che essi rappresentassero il modo di James di relazionarsi con lui. In quel momento, però, avrebbe avuto bisogno del suo fratello maggiore, il suo punto di riferimento in assenza di Harry e Ginny, e se James se ne fosse uscito con qualche battuta sgradevole sulla sua Casa, soprattutto in presenza di Scorpius, ne avrebbe sofferto molto.

Frattanto, James non si vedeva, e lui e Scorpius continuarono la colazione, mentre Victoire e Fred tornarono al loro tavolo, dove nel frattempo si erano radunati Rose, Louis e Molly. Rose mandò un bacio da lontano al cugino, e lui fu costretto a spiegare a Scorpius chi fossero le nuove teste rosse comparse al tavolo di Grifondoro. Albus spiegò che Louis aveva un anno più di loro, mentre Molly era al sesto anno, come Fred, e Rose era al primo, esattamente come loro.

“Quindi seguiremo dei corsi insieme.” Commentò Scorpius.

“Immagino di sì.”

“E Victoire, quindi, è al settimo anno?”

“Esatto, è la più grande.”

“Sembra carina.” Disse Scorpius, arrossendo.

“Ma è vecchia! Ha diciassette anni.” Si stupì Albus, il quale non era mai stato sfiorato dal pensiero che sua cugina potesse essere carina.

Furono interrotti dal sopraggiungere di James, che si avvicinò al tavolo di Serpeverde con il suo famoso ghigno.

“Eccolo qui, la Serpe in seno! Come si dorme nei sotterranei, fratellino?” fu l’approccio scelto dal tredicenne.

“Ciao, James.” Borbottò, per tutta risposta, Albus.

“Per Godric, come sei freddo, piccolo Albus! Ti sei già dimenticato del tuo fratellone?”

“È difficile dimenticarsi di te, James.” Rispose Albus, con un tono che non lasciava intendere se quella frase indicasse l’affetto nei confronti del fratello o la difficoltà nel perdonargli tutti i dispetti che Albus aveva dovuto subire.

“E dire che io sono venuto a salutarti fin qui, in mezzo a queste serpi velenose!”

“Serpi velenose?” intervenne una voce femminile. A parlare era stata Catherine, arrivata in quell’istante. Né Scorpius, né Albus l’avevano vista arrivare, agli occhi di James era passata completamente inosservata.

“E tu chi saresti?” le chiese James, sospettoso.

“Una serpe velenosa, suppongo.” Ribatté Catherine, scuotendo i ricci neri con fare sprezzante.

“Albus, hai chiamato la retroguardia a difenderti?”

“Veramente no, anche perché non c’è bisogno che qualcuno mi chiami, quando tu attiri l’attenzione su di te insultando i Serpeverde ad alta voce è piuttosto facile trovarti, ne converrai.”

“Sai, sembreresti perfino simpatica, l’unico problema è la cravatta che porti addosso.”

“Pensa che fortuna, tu invece saresti antipatico anche se non fossi un Grifondoro, non è da tutti.”

“Non perderò altro tempo con dei Serpeverde del primo anno, me ne torno al mio tavolo. Ciao Albus.” Si congedò bruscamente il giovane Grifondoro, voltando le spalle al terzetto.

“Che razza di sbruffone! Aveva ragione mio padre, i Grifondoro non valgono niente.” Sentenziò Catherine, accomodandosi accanto a Scorpius. Lui le diede una gomitata, ma lei non parve cogliere il segnale.

“Cosa voleva da noi, comunque?” Albus non la stava ascoltando, concentrato com’era sulla figura del fratello, che si allontanava da lui. Fu Scorpius a rispondere alla domanda di Catherine.

“Si tratta di James, il fratello di Albus.” Replicò il ragazzo, con tono eloquente.

“Davvero? Scusami tanto, Albus, mi dispiace. Non lo sapevo.” Si scusò Catherine, che adesso appariva dispiaciuta.

Albus continuava a non dare segno di aver recepito le parole dei compagni.

“Albus?” lo richiamò Scorpius.

Il giovane Potter sembrò riscuotersi dal torpore, e si girò verso Catherine e Scorpius, i quali sembravano sinceramente impensieriti.

“Non preoccuparti, Catherine. Non è colpa tua.” Rispose, rivolto alla ragazza, con voce piatta. Appoggiò la sua forchetta sul piatto, lasciò il bacon non ancora terminato, si alzò e se ne andò, sotto lo sguardo turbato dei due compagni di Casa.

 

Angolo dell’autore

Ciao a tutti!

So che questo capitolo sarà un po’ difficile da digerire, tra lo Smistamento di Albus e la lite con James, però spero che seguendo il filo della storia riuscirete a perdonarmi. Ma andiamo con ordine.

È stato Scorpius ad annunciare che Albus è stato Smistato in Serpeverde per diversi motivi: innanzitutto, i Malfoy erano un po’ usciti di scena, dopo il primo capitolo, e ho voluto proporvi la reazione di una famiglia Serpeverde alla notizia, anche perché quale fosse l’opinione di Harry in merito lo sapevamo già, ce lo ha detto la Rowling.

Per quanto riguarda la seconda parte, il confronto tra i presidi sta a ricordarci il legame con il passato, anche perché, come giustamente ci dice Silente, quando la storia si ripete è bene prestare attenzione.

L’ultima scena. È la più lunga, anche perché sono parecchie le persone che, in modi diversi, intervengono. Primo fra tutti, Teddy, che continua a prendersi cura dei suoi “fratelli minori” anche se ha litigato con Harry. Intervengono poi altre due figure di riferimento per Albus: Fred e Victoire, che si preoccupano per il cuginetto e introducono Scorpius alla loro strana famiglia. Scorpius e Albus sembrano andare d’accordo e capirsi, anche se ovviamente si conoscono da un giorno, quindi il povero Malfoy non sa bene come comportarsi quando Albus litiga col fratello, anche se cerca di aiutarlo. Catherine ci mostra un po’ del suo caratterino, anche se poi si pente di aver esagerato.  James è il cattivo della situazione, in effetti mi sono accorta di aver dato di lui solo immagini negative, avrà bisogno di una buona occasione per redimersi, ma per il momento Albus sembra poco disposto a perdonarlo.

Alla prossima!

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Capitolo 5
*** Lui vive in te ***


“He lives in you, he lives in me

He watches over everything we see

Into the water, into the truth

In your reflection; he lives in you”

He lives in you, The Lion king

Il vento di novembre gli sferzava le guance e scompigliava i suoi capelli. Si strinse nel suo mantello e cominciò a camminare tra le tombe, cercando quella di cui aveva un disperato bisogno. Non era la prima volta che si recava lì, ma non ci era mai stato da solo. In quel momento, la compagnia di chiunque altro, perfino dell’unica persona che lo faceva sentire al sicuro, sarebbe stata superflua. Era una questione che doveva affrontare per conto suo. Molti dei nomi sulle tombe di quel cimitero li conosceva. Alcuni erano grandi eroi della Storia della Magia contemporanea.

Malocchio Moody, Emmeline Vance, Amelia Bones, Edgar Bones, Marlene McKinnon, Dorcas Meadows, Fabian e Gideon Prewett.

Altri, invece, erano i personaggi dei racconti che lo avevano accompagnato sin dall’infanzia.

Ted Tonks, Severus Piton, Fred Weasley.

Una lapide, in memoria di un uomo il cui corpo non era mai stato ritrovato.

Sirius Black

In mezzo alla lapide di Sirius e alla tomba di Ted Tonks, finalmente trovò quello che cercava.

Nimphadora Tonks, Remus Lupin.

Teddy s’inginocchiò davanti alle tombe dei suoi genitori. Osservò il volto sorridente di sua madre, con i capelli che continuavano a cambiare colore anche nella foto. Riguardò, forse per la millesima volta, le date di nascita e di morte.

1973-1998

Nimphadora aveva venticinque anni quando era morta. Era appena diventata madre, e Ted aveva dovuto faticare molto, da bambino, per accettare che lei lo avesse abbandonato per andare a combattere. Adesso era fiero di sua madre, ma non era stato semplice convivere con la convinzione di essere stato ritenuto meno importante della guerra da vincere. Solo durante gli anni di Hogwarts aveva capito pienamente che lei aveva scelto di lottare perché lui potesse vivere in un mondo di pace, ed era riuscito a perdonarla per non essere rimasta presso la sua culla, quel 2 maggio 1998.

Ted detestava sapere che l’anno in cui era venuto al mondo era lo stesso in cui i suoi genitori se n’erano andati. Nonna Andromeda sosteneva che quella coincidenza aveva un valore positivo: era nato nell’anno della sconfitta delle tenebre, della vittoria della luce. A lui sarebbe piaciuto riuscire a vederla in questo modo.

Ted amava la foto che era stata posta sulla tomba di Nimphadora. Sua madre era serena, con i capelli dal colore cangiante che le cadevano sugli occhi, e un sorriso che le si allargava sul volto. La nonna gli aveva detto che quella foto era stata scattata durante gli ultimi giorni di gravidanza di Dora. Era uno dei motivi per cui Ted era così affezionato a quell’istantanea, forse l’ultima che fosse stata fatta a sua madre, tanto da soffrire ogni volta che doveva distogliere lo sguardo da essa.

Quel giorno, però, era necessario farlo. Quel giorno non era lì per salutare sua madre, o tutti gli altri martiri della Seconda Guerra Magica. Quel giorno, era lì per un motivo preciso. C’era qualcuno a cui doveva fare delle domande.

Distolse faticosamente lo sguardo dal volto di Nimphadora, e si rivolse verso la lapide adiacente.

Remus John Lupin

1960-1998

Si aspettava che il volto di suo padre gli sarebbe sembrato diverso, una volta scoperta la verità sul suo conto. Aveva temuto che gli sarebbe parso meno umano, quasi animalesco, invece Remus era sempre lo stesso, con l’espressione stanca ma felice che caratterizzava le foto del suo ultimo periodo. Teddy rimase a lungo in contemplazione del volto di suo padre, come se quella foto contenesse le risposte a tutte le sue domande.

Al primo anno del triennio di formazione per Auror, Ted aveva sostenuto un esame sulle creature oscure. Aveva studiato per mesi le caratteristiche di ogni creatura mai impiegata da un Mago Oscuro per gli scopi più disparati, perché un Auror non deve mai farsi prendere di sorpresa. Di conseguenza, Teddy possedeva un bagaglio di conoscenze sulle creature oscure che non era comune a molti altri maghi. Dei Lupi Mannari, poi, conosceva a menadito le caratteristiche fisiche, le tendenze comportamentali, le abitudini alimentari. Ciononostante, Teddy non poteva fare a meno di sentirsi ignorante in materia, adesso che sapeva la verità. Prima a Hogwarts, poi al Ministero, aveva approfondito la sua conoscenza dei Lupi Mannari, e in tutto quel tempo non era riuscito a comprendere l’umanità che ancora permaneva in quelle creature maledette. Conosceva la loro natura di lupo, ma nessuno aveva mai ritenuto necessario spiegargli che essa era affiancata dall’essenza umana, sempre presente in loro.

Era chiaro che le sue conoscenze erano lacunose. Le creature dei suoi libri di testo erano orrende, ripugnanti, terrificanti.

“Chi eri veramente?”

Chi era l’uomo che aveva fatto convivere una seconda natura così scellerata con una vita normale, una vita di amici, lavoro, amore? Poteva davvero lui, Teddy, essere orgoglioso di suo padre? Era uno degli aspetti che più gli stavano a cuore.

“Come è possibile che la mamma ti amasse?”

Quale donna avrebbe accettato di unirsi, di concepire un figlio con un individuo così aberrante? Non poteva essere. Doveva esserci qualche dettaglio che gli sfuggiva.

Adesso non contemplava più solo il volto di Remus, perché intuiva che la soluzione del mistero si celava nei suoi occhi e anche in quelli di Nimphadora, la persona che aveva amato l’umanità del Lupo Mannaro. I suoi genitori, però, sembravano sorridergli sornioni, come se non volessero svelargli la verità, forse perché sapevano che lui la conosceva già, e avrebbe dovuto cercarla dentro di sé.

Improvvisamente, fu raggiunto da una consapevolezza. Prima di morire, i suoi genitori avevano scelto una persona che riempisse il vuoto lasciato da loro. Adesso che Remus e Nimphadora erano impossibilitati a dargli le risposte di cui aveva bisogno, era evidente che solo quella persona avrebbe potuto fornirgliele. Sebbene l’orgoglio, con ogni probabilità ereditato dalla nonna Serpeverde, lo trattenesse, Teddy decise che a prevalere sarebbero stati la sua essenza Tassorosso e il coraggio Grifondoro ereditato da suo padre. Si allontanò penosamente dalle tombe dei suoi genitori, e uscì dal cimitero.

“Grimmauld Place 12.”

Il crac della Materializzazione risuonò nell’aria, e Teddy sparì.

In molti sostenevano che scegliere di studiare in Biblioteca fosse molto più proficuo che optare per qualunque altro posto, a Hogwarts. Lì si potevano trovare i libri per gli approfondimenti, e la presenza costante di Madama Pince garantiva il silenzio necessario alla concentrazione. Per Albus e Scorpius, tuttavia, la Biblioteca era deprimente, e preferivano di gran lunga studiare in sala comune. L’unico problema era Rose, la cugina di Albus, che insisteva perché loro la seguissero in Biblioteca, un’evenienza a cui spesso non riuscivano a sfuggire.

Quel giorno, i due stavano rientrando nei sotterranei dopo un pomeriggio di studio che era parso loro infinito.

“Proprio non capisco perché tu ci tenga tanto a studiare con quella secchiona Grifondoro di Rose.” Si lamentava Scorpius.

“Lo so che è noioso, ma lei è la più brava del nostro anno e ci aiuta a prepararci meglio. E poi è mia cugina, non posso lasciarla sola!” Argomentò Albus.

“Non è neanche giusto che lasciamo sola Catherine.” Ribattè Scorpius. La loro amica non amava molto studiare con Rose. Scorpius non ne capiva il perché, mentre Albus, che era cresciuto circondato dalle cugine e da sua sorella e conosceva le dinamiche femminili, aveva formulato delle ipotesi piuttosto fondate.

“Hai ragione, andiamo da lei.” Annuì Albus, accelerando il passo.

Trovarono Catherine immersa nella lettura di un manuale di Trasfigurazione, seduta su una delle poltrone della sala comune.

“Eccovi qua! Mi chiedevo quando sareste arrivati. Sempre a mescolarvi con i Grifondoro?” li accolse la piccola Serpeverde.

“Con i Grifondoro simpatici.” Puntualizzò Albus, mentre dietro di lui Scorpius faceva una smorfia.

“Giurerei che siano una razza in estinzione, se non già scomparsa.”

“Dai Catherine, non fare così, i Grifondoro non sono mica tutti come James Potter!” intervenne Scorpius, il quale non vedeva di buon occhio le frequenti battute che Catherine faceva sulla Casa di Grifondoro. Era normale che ci fosse competizione tra le Case, ma era altrettanto naturale che Albus fosse legato ai propri famigliari. Insultare la famiglia di un Serpeverde, pensava Scorpius, non era un gesto adatto ai seguaci di Salazar, tra di loro esisteva un forte cameratismo, determinato dalla volontà di primeggiare sulle altre Case.

All’udire il nome del fratello maggiore, con il quale non si era ancora riappacificato, Albus sussultò.

“Come va con Trasfigurazione, Catherine?” domandò il giovane Potter all’amica, cercando di sviare la conversazione.

“Non molto bene, non riesco a eseguire correttamente il movimento della bacchetta, devo essermi persa qualcosa della spiegazione di Tracey.” Si lamentò lei.

“Ti aiuterò io, a me è venuto bene, anche se effettivamente richiede un po’ di esercitazione.” Si offrì il ragazzo, omettendo il fatto che l’unico motivo per cui era riuscito a padroneggiare l’esecuzione del gesto era che Rose gliel’aveva spiegata pazientemente per tutto il pomeriggio. 

“Lo faresti? Salazar, ti ringrazio, Albus, non avrei saputo come fare.” Sorrise Catherine. Albus arrossì.

“Ma certo! Ricorda che la cosa più importante è il movimento secco del polso.” Spiegò, mostrando il gesto con il proprio polso.

Mentre i due parlavano, Scorpius si era seduto nei pressi di un tavolino, e si era immerso nella lettura di una copia della Gazzetta del Profeta.

“Ragazzi, smettetela di parlare di Trasfigurazione, venite a leggere.”

I due gli si avvicinarono, e lui mostrò loro il giornale. Sulla prima pagina del Profeta compariva una foto di Kingsley Shacklebolt, ex Ministro della Magia e attuale Auror, col volto tumefatto. Come se la foto non fosse abbastanza eloquente, il giornale titolava:

FAMOSO AUROR AGGREDITO

James entrò correndo nella sala comune di Grifondoro. Si guardò intorno e poi, individuata la persona che stava cercando, le si diresse incontro a passo di carica. Tra le mani, stringeva un pezzo di pergamena molto consumato.

“Victoire!” esclamò. La cugina, che era immersa nella lettura di un libro, sobbalzò, spaventata.

“James, ma che maniere! Ti sembra il caso di strillare in questo modo?” per tutta risposta, il ragazzo le sventolò sotto il naso la pergamena.

“Vieni con me, dobbiamo parlare in un posto sicuro.” Spiegò James, serio, con un tono più basso. Victoire sembrò capire che la situazione era grave, e lo seguì nel corridoio antistante il ritratto della Signora Grassa, che era deserto.

“Ho appena ricevuto una lettera da Lily.”

“Tu tieni una corrispondenza con la tua sorellina?” Si stupì Victoire.

“Non dire sciocchezze, Victoire, quella è una rompiscatole, e poi ha appena nove anni! Si tratta di un’emergenza.”

“Per Godric, spiegami perché sei così preoccupato.”

“Lily scrive che stamattina, quando si è svegliata, papà non era in casa come al solito, era uscito prima, e la mamma era preoccupata. Durante la mattinata è arrivato un Patronus da papà, che diceva che Kingsley è stato aggredito.” Il tono di James si faceva più concitato ad ogni parola.

Victoire non perse la calma, il che costituiva uno dei motivi per cui James si era rivolto a lei per quella confidenza.

“È successo mentre era in missione o a riposo?” fu la prima domanda.

“Credo che fosse a riposo, altrimenti non sarebbe stato così sconvolgente, non ti pare? È un Auror.” Le fece notare James, senza accorgersi che ribadire alla cugina che un Auror è soggetto a molti rischi avrebbe potuto turbarla.

“Abbiamo un’idea di chi potrebbe essere stato?” chiese allora Victoire, controllando il proprio tono di voce per non tradire la minima emozione.

“Lily non lo sapeva, penso che la mamma glielo abbia tenuto nascosto.”

“Immagino lo scopriremo con la prossima Gazzetta del Profeta.” suppose Victoire.

“Credi che sarebbe una notizia da diffondere in tutto il mondo magico?”

“Prego?”

“Mi sembra chiaro che l’unico modo per saperlo sarà usufruire di un canale preferenziale, per esempio chiedendo a qualcuno dell’Ufficio Auror, non ti pare?”

“Tuo padre non te lo dirà mai.”

“Appunto per questo, è necessario che lo chiediamo a qualcun altro.”

“Che intendi dire?”

“Non è ovvio? Teddy!” Esclamò James.

“Perché mai Teddy dovrebbe cedere un’informazione del genere a te?”

“Non la dovrebbe cedere a me, Vic.”

“Cosa stai insinuando?”

“Non insinuo nulla, semplicemente dico che Teddy potrebbe rivelare questo genere di segreto alla sua ragazza.” Rispose James, con tranquillità.

“E tu la conosci?” ribatté lei, noncurante.

“Credo proprio di sì, dal momento che l’ho vista baciarlo al binario 9 e ¾”

“Se fossi in te, io non andrei a dirlo in giro, o lei penserà che tu sia un inguaribile spione, e anche un po’ pettegolo.” Osservò Victoire, piccata, per poi girare i tacchi e andarsene.

James rimase solo a osservare il passo veloce della cugina, augurandosi che il suo piano avrebbe funzionato.

La mattina seguente, Victoire si alzò presto. Era il giorno del primo sabato a Hogsmeade, e lei aveva intenzione di sfruttare appieno quella giornata di riposo, visto che le prime settimane di scuola erano state piuttosto faticose. Si preparò con insolita cura, indossando un bel maglione blu che valorizzava i suoi occhi e una gonna grigia, coprendosi poi con il mantello che aveva comprato il Natale precedente a Parigi. Legò i capelli in una treccia, per impedire che il vento li scompigliasse, e scese a fare colazione. Al tavolo di Grifondoro, l’attendevano Charlie e Isobel.

“Buongiorno Vic, sei pronta per una giornata a Hogsmeade?” l’accolse Charlie.

“Prontissima. Non vedo l’ora di svaligiare Mielandia.” Affermò lei, servendosi un toast con la marmellata.

“Charlie, ti ricordo che dovremo rientrare entro le tre, perché ho fissato l’allenamento di Quidditch.” Intervenne Isobel.

“L’allenamento? Il sabato di Hogsmeade? Sei senza cuore.” Sentenziò Charles.

“Non capisci la strategia? Ci alleneremo oggi proprio perché tutti gli altri non ci saranno!”

“La tua strategia sarebbe quella di farti odiare da tutta la squadra? Gli altri saranno a divertirsi e noi dovremo rimanere con quelli del primo e del secondo anno.”

“Così si vincono le coppe del Quidditch.” Tagliò corto Isobel, perentoria. Charles sbuffò, ma non disse nulla. In fin dei conti, era lei il Capitano, e sarebbe stato sleale disobbedirle.

“Cercheremo di concentrare tutto il divertimento nelle prime ore, ma sarà meglio sbrigarsi, così avremo più tempo per stare là.” Suggerì Victoire.

I tre si diressero verso l’uscita del castello, e riuscirono a salire su uno dei primi carri per Hogsmeade. Mano a mano che si avvicinavano al paese, Victoire si sentiva sempre più nervosa, giocherellava con la treccia e con i nastri del mantello, augurandosi di essere in ordine.

I tre passarono una piacevole mattinata a Hogsmeade. La prima tappa fu, come al solito, Mielandia, perché era l’unico negozio a mettere d’accordo i tre amici, mentre per le tappe successive era necessario scendere a compromessi. Victoire acconsentì a rimandare la visita a Scrivenshaft, il negozio di piume che tanto apprezzava, perché avrebbe potuto andarci nel pomeriggio quando Charlie ed Isobel sarebbero rientrati al castello, e i tre si diressero verso Stratchy and Sons, il negozio di abbigliamento per maghi, dove Charlie doveva comprare dei nuovi calzini. Subito dopo fu la volta di Mondomago, perché Isobel doveva far riparare il suo porta-bacchette da Quidditch, danneggiato da un bolide che l’aveva colpita durante la prima partita del campionato, contro Tassorosso.

Affamati, decisero di pranzare ai Tre manici di scopa. Come sempre, il pub di Madama Rosmerta era molto affollato, e nel tentativo di raggiungere il bancone per ordinare il pranzo, Charlie pestò inavvertitamente il piede di Ethan Brocklehurst, un Serpeverde del settimo anno.

“Guarda, guarda: un Grifondoro che non sa tenere i piedi al loro posto.” Commentò questi, con tono sarcastico.  Charlie alzò gli occhi al cielo.

“Guarda, guarda: un Serpeverde con i piedi delicati.” Ribatté. Victoire sospirò: Charlie raccoglieva sempre le provocazioni, per quanto lei gli ripetesse che era più conveniente lasciar perdere.

“I miei piedi non sono delicati, però trovo estremamente seccante essere costretto a ripulire le mie scarpe dopo che i piedi di uno schifoso Grifondoro ci sono finiti sopra.”

“Interessante, perciò se ti prendessi a calci potrei finalmente convincerti a lavarti?” ribatté Charlie. Brocklehurst fece un passo verso di lui, gli puntò la bacchetta sul petto e, con uno sguardo minaccioso, dichiarò:

“Quelli come te, Davies, non sono nemmeno degni di rivolgermi la parola. Stai pur tranquillo: presto qualcuno ti rimetterà al tuo posto.” Un attimo dopo, il Serpeverde sparì, in un turbine di abiti neri. Victoire rabbrividì.

“Quel tizio è pazzo.” Sentenziò Charlie, senza dare l’impressione di essere molto colpito. Anche Isobel sembrava dello stesso avviso.

“Io farei attenzione se fossi in te, Charlie. È vero che è folle, ma è proprio questo a renderlo più pericoloso. Non mi piace quando i Serpeverde si comportano così.”

“Secondo me è solo un cialtrone, non è abbastanza coraggioso per fare veramente qualcosa di spregiudicato. E poi è un Serpeverde, che cosa ti aspetti da gente così?”

“Anche se non avesse il coraggio di farci del male, non credo che sia saggio metterlo alla prova per vedere fino a che punto può arrivare, Charlie. In secondo luogo, mio cugino è un Serpeverde, quindi ti sarei grata se non insultassi lui e la sua Casa. Discorsi di questo tipo non provocano altro che guerre, e basterebbe studiare un po’ di Storia della Magia per capire che ho ragione.” Replicò Victoire, con la voce tremante.

Qualcosa nel suo sguardo convinse i suoi amici che ribattere non sarebbe stato saggio. I tre consumarono il pranzo in silenzio, ognuno concentrato sui propri pensieri. Terminato che ebbero di mangiare, Isobel e Charlie si congedarono dall’amica, per tornare al castello e prepararsi all’allenamento di Quidditch che avrebbe avuto luogo quel pomeriggio.

Rimasta per conto proprio, Victoire non rimase a lungo ai Tre manici di scopa. Pagò il conto, indossò il mantello e uscì. Le vie di Hogsmeade erano ancora molto affollate, ma lei notava come la folla si diradasse mano a mano che si avvicinava alla sua destinazione. Quando ormai era in prossimità della Stamberga strillante, era completamente sola.

Scelse una delle panchine nei pressi della Stamberga, la ripulì dalle foglie secche che ci erano cadute sopra e si accomodò. Aprì la borsa, tirò fuori il libro di Babbanologia e s’immerse nella lettura. Amava la tranquillità di quel luogo, sempre così silenzioso e deserto.  Quel giorno, però, non si era recata lì per ricercare la solitudine.

Pochi minuti dopo, la placidità della sua lettura fu interrotta dal familiare pop della Materializzazione, e Victoire alzò lo sguardo, ansiosa e al contempo emozionata. Ciò che comparve davanti ai suoi occhi le regalò una felicità che non aveva provato per molte settimane. A pochi metri da lei, con capelli di un improbabile verde pisello e sorriso smagliante, stava Ted Lupin.

“Teddy!” esclamò la giovane, prima di lanciarsi tra le braccia del ragazzo.

“Mi sei mancata.” Le sussurrò lui, stringendola a sé.

Era meraviglioso essere di nuovo insieme, in quel posto lontano da tutto e da tutti. Avvertire il contatto con Teddy, il suo profumo, la sua voce, i suoi movimenti. Sapere che lui aveva bisogno di vederla con la stessa urgenza con cui lei sentiva la sua mancanza, sentirsi amata, cercata, preziosa. Le loro labbra si trovarono, ansiose di colmare il vuoto di quei mesi di lontananza.

Sarebbe potuta rimanere lì per sempre, a godere semplicemente della compagnia di Teddy, ma era consapevole, e sapeva che anche lui lo era, che c’erano questioni importanti da affrontare insieme. Victoire aveva bisogno di sostegno e consigli sui problemi che le si presentavano in quei giorni, e desiderava sapere come Teddy stesse vivendo la scoperta su suo padre e la lite con i Potter.

“Come stai?” fu la domanda che gli rivolse quando le loro labbra si separarono. Teddy le rivolse uno sguardo sarcastico.

“Come stai tu, piuttosto. Dagli ultimi gufi si capiva che c’era qualcosa che non andava, e ora che ti ho visto ne ho la conferma.”

Victoire lo mise a parte delle proprie preoccupazioni per lo Smistamento di Albus e la lite tra lui e James. Sapeva che lui voleva sinceramente bene ai due fratelli Potter, e riponeva una grande fiducia nel suo giudizio.

“Non ci si potrebbe aspettare nulla di diverso da quei due, ma questa volta James ha davvero esagerato. – fu il commento di Teddy- hai parlato con loro?”

“Naturalmente. James è molto sfuggente, non gli va di parlarne e cerca di sviare l’argomento. Chi mi spaventa di più è Albus, perché dei due è il più risoluto a non parlare con suo fratello, è straordinariamente tranquillo sulla sua decisione. Ad ogni modo, io e Fred parliamo molto con loro e cerchiamo di aiutarli a ragionare, anche se entrambi sembrano davvero sicuri sulle loro posizioni. È inquietante, soprattutto perché sono così giovani.” Dal tono di Victoire trapelava tutta la preoccupazione che non aveva potuto condividere con nessuno fino a quel momento, perché lei era la cugina maggiore, quella responsabile, e se avesse dato segni di agitazione tutti gli altri sarebbero andati nel panico. Teddy la strinse a sé, per confortarla.

“Proverò ad aiutarli anch’io via gufo e personalmente, a Natale. Ma dimmi, Vic, tu e Fred ne avete parlato con Harry e Ginny? Loro hanno sempre saputo gestire i rapporti tra James e Albus, infatti la bomba è scoppiata proprio ora che sono entrambi a Hogwarts. Magari potranno intervenire, e darvi consigli utili.”

“Ho scritto a zio Harry e zia Ginny il giorno stesso della lite. Loro mi hanno risposto con la posta del mattino dopo, e ho avuto come l’impressione che si aspettassero che succedesse qualcosa del genere. D’altronde, quei due litigano continuamente. Ciò che nessuno di noi si aspettava, però, era che Albus venisse Smistato in un’altra Casa, Serpeverde per giunta! Adesso possono fare a meno di vedersi anche per settimane intere, non puoi immaginare quanto sia doloroso.” Sussurrò Victoire, con la voce rotta, interrompendosi un attimo prima di iniziare a piangere.

Teddy l’abbracciò, mentre rifletteva su quello che avrebbe dovuto fare per aiutare i due fratelli Potter. L’amara verità era che né Victoire né lui avrebbero potuto fare la differenza, in quel frangente. Potevano aiutare e consigliare Albus e James, ma avrebbero dovuto essere loro due a decidere, e loro, come tutto il resto della famiglia, non avrebbero potuto fare altro che aspettare. Non poter agire era frustrante, ma era giusto che fosse così, per quanto doloroso potesse essere. C’erano vicende in cui loro non potevano intervenire, ma c’erano anche fatti che riguardavano loro due, di cui loro dovevano occuparsi, non potevano scegliere.

“I legami famigliari sono qualcosa di misterioso e di difficile comprensione.” Commentò il ragazzo. Lo sguardo di Victoire cambiò, si fece serio ma più tranquillo. L’argomento, adesso, era diverso.

“Riguardo alle famiglie, hai fatto ricerche su tuo padre?”

Teddy aveva aspettato a lungo quel momento, perché desiderava mettere a parte Victoire di tutte le riflessioni che aveva fatto. Aveva bisogno di coinvolgerla in quella vicenda, di ascoltare le sue opinioni e i suoi consigli e prendere con lei le decisioni importanti.

“Ho parlato con la nonna, che mi ha raccontato alcune cose sui miei genitori, fondamentalmente sull’anno che ha preceduto la mia nascita. Lei ha conosciuto mio padre solo quando lui e mia madre hanno deciso di sposarsi, poi è scoppiata la guerra e lui è stato latitante per un periodo, insomma, la nonna aveva poche informazioni, e ho capito che era molto doloroso per lei parlare di mia madre, quindi ho lasciato cadere il discorso.”

“Povera Andromeda.” Sospirò Victoire, continuando a guardarlo attentamente.

“Comunque, la nonna mi ha dato un’informazione importante: mio padre faceva uso della pozione Antilupo, che gli permetteva di comportarsi come un lupo normale durante le notti di luna piena, anche se alcuni membri del vecchio Ordine della Fenice mi hanno rivelato che in certi periodi ne interrompeva l’uso per mescolarsi tra i Lupi Mannari, come spia.”

“Tra i Lupi Mannari? Che coraggio!” esclamò la ragazza.

“Era uno di loro, che prova di coraggio sarebbe? Che cosa avrebbe avuto da temere?” Domandò Teddy, duro.

“Era comunque un Mago abituato a vivere nel nostro mondo, per lui sarà stato spaventoso come potrebbe esserlo per chiunque di noi.” Argomentò Victoire. Teddy non fece commenti, e proseguì il suo racconto.

“Ad ogni modo, parlando con i vecchi membri dell’Ordine ho ricevuto molte informazioni interessanti, ma quello di cui avevo veramente bisogno era parlare faccia a faccia con lui, per quanto mi era possibile. Sai, per mettere insieme i pezzi. Allora sono andato al Memoriale dei Caduti della Seconda guerra magica, a Londra.”

Il fatto che Victoire non facesse commenti sulla possibilità di “parlare faccia a faccia” con un uomo morto da diciannove anni era uno dei motivi per cui si era innamorato di lei.

“Li ho guardati in faccia per un pezzo, lui e la mamma. E mi è stato utile, perché lì, all’improvviso, ho visto tutto sotto una luce diversa, e tutti i pezzi sono andati al loro posto. I racconti di mia nonna e quelli della vecchia guardia dell’Ordine della Fenice, le cose che già sapevo su mio padre, alcuni dettagli della mia vita. Tutto aveva un senso, tutto quadrava. E ho capito cosa dovevo fare.”

Victoire lo guardava, interrogativa.

“Ci sono molte cose che non conoscerò mai di mio padre. Qual era il suo piatto preferito, in quale posizione gli piaceva dormire, con quale mano teneva la bacchetta. Non conoscerò mai il timbro della sua voce, anche se dicono che la mia ha un suono simile. Però so ciò che fa la differenza. So che era un Lupo Mannaro, e che era abbastanza coraggioso e folle da non permettere che questo aspetto della sua natura gli impedisse di vivere e lottare per ciò che valeva la pena. So che mia madre doveva amarlo molto, probabilmente era un po’ folle anche lei, per decidere di sposarlo e avere un bambino con lui, nonostante la licantropia. E so che lui e mia madre, non molto prima di morire, hanno scelto qualcuno che mi spiegasse queste cose se loro non avessero potuto farlo. Così ho deciso, e ti assicuro che non è stato facile, ma mi sono Smaterializzato in Grimmauld Place 12 e ho parlato con Harry.”

Sul volto di Victoire si allargò un largo sorriso, e lei tirò un sospiro di sollievo, prima di abbracciarlo, esultante.

“Ma è meraviglioso! Ero così preoccupata per te!”

“Perché eri preoccupata?” Domandò Teddy, che non aveva mai sopportato che le persone che aveva intorno s’impensierissero per lui. “Povero ragazzino, senza genitori, chissà com’è triste!” Che bisogno c’era di agitarsi? Lui sapeva cavarsela benissimo.

“Temevo che facessi qualche sciocchezza, Harry è molto importante per te e sapevo che rifiutare di parlargli non poteva avere risvolti positivi.” Spiegò la ragazza.

“Ora capisco perché Fred ti chiama Nonna Weasley, mi sembra di sentire parlare nonna Andromeda, l’unica differenza è che lei ha sessantaquattro anni, mentre tu ne hai appena diciassette.” La prese in giro lui.

“A Fred piace fare lo spiritoso, ma non è colpa mia se i miei cugini sono una banda di scapestrati, qualcuno li deve tenere a bada, e lui farebbe bene a non sputare nel piatto in cui mangia, visto che quando ha bisogno di buoni consigli divento la sua confidente preferita.” Esclamò Victoire, leggermente irritata dal fatto che la sua preoccupazione per Teddy, determinata dall’amore nei suoi confronti, venisse accostata alla sua tendenza a preoccuparsi per i cugini più piccoli.

“Dai Vic, non ti arrabbiare. Ti assicuro che nemmeno in un milione di anni ti si potrebbe confondere con mia nonna Andromeda.” Da ironico, il tono di Teddy si era fatto più tenero. Victoire, però, era ancora offesa.

“Per Godric, grazie Teddy, tu sì che sai fare i complimenti a una ragazza.”

“Sei in cerca di complimenti? Hai veramente bisogno di qualcuno che ti ricordi quanto sei bella?” Le sussurrò, prendendo il suo viso tra le mani, e osservandola con lo sguardo fisso e penetrante che assumeva quando parlava di un argomento che gli stava a cuore.

“Ho bisogno che sia tu a dirmelo, è molto diverso. In ogni caso, mi piacerebbe sapere com’è andata dai Potter.” Rispose Victoire, più tranquilla, riportando il discorso sul tema che maggiormente le stava a cuore. Lo sguardo di Teddy parve turbato, certamente quello non era un discorso facile.

“Sono arrivato lì nel pomeriggio, quindi non c’erano né Ginny, né Lily. Tua zia era impegnata perché in questo periodo c’è il mercato del campionato di Quidditch e doveva intervistare i Battitori del Puddlemere United perché sembra che stiano discutendo con la squadra un aumento dell’ingaggio…”

“Avvincente.” Commentò Victoire, che non era una grande appassionata di Quidditch.

“Sì, beh, invece Lily era a scuola, così c’era solo Harry, che stava lavorando a qualche protocollo dell’ufficio Auror. Era quello che speravo, perché era soprattutto con lui che volevo confrontarmi, e temevo che se fossero presenti tua zia o Lily mi sarei lasciato influenzare dalla tenerezza nei loro confronti, avrei fatto in modo di non ferirle, e così facendo avrei rischiato di non riuscire a parlare con Harry come desideravo. Ero ancora arrabbiato con lui, così non avevo paura di offenderlo, volevo solo che mi dicesse la verità.” Le parole di Teddy erano dure, ma sincere.

“Il mio atteggiamento era abbastanza ostile, ma Harry sembrava non accorgersene, o non darci peso. Il risultato era che io era ancora più infuriato, ma sospetto che lo facesse apposta. Comunque, mi ha fatto accomodare, mi ha versato del Vino Elfico e si è seduto di fronte a me, ad aspettare che io parlassi. In quel momento è successo qualcosa di strano. Mentre andavo lì, mi ero prefigurato un discorso preciso, gli avrei chiesto spiegazioni e contemporaneamente gli avrei fatto capire quanto fosse in torto per non avermele date per diciannove anni, perché mi spettavano di diritto. Una volta che mi sono ritrovato lì, in silenzio nel soggiorno dei Potter, nessuna delle parole che mi ero prefissato mi è tornata alla mente. C’erano troppe cose che volevo sapere, e mi sono reso conto che non volevo più inquinare ciò che per me rappresenta mio padre con la rabbia e il rancore. Credo di aver farfugliato qualche parola senza senso logico, ma non ha importanza, perché lui ha capito. Mi ha raccontato di quando mio padre era giovane, conosce molte storie che risalgono a prima della sua nascita, le ha ascoltate da mio padre e dal suo padrino, Sirius, che erano i migliori amici di suo padre, James. Mi ha spiegato come Albus Silente riuscì a rendere possibile che mio padre frequentasse Hogwarts, e mi ha raccontato la storia del gruppo di amici, i Malandrini, a cui mio padre apparteneva. Molte cose sui rapporti tra Harry e mio padre le conoscevo già, però ora credo di capire meglio il mio padrino e la sua scelta.” Spiegò Teddy.

Victoire faticava a trattenere il proprio entusiasmo, e Teddy non poteva fare a meno di pensare a quanto fosse meraviglioso avere al proprio fianco una persona che avverte la tua gioia come se fosse la sua. Quella consapevolezza aveva un sapore dolce e amaro insieme, perché avrebbe reso ancora più difficile il momento della separazione, che entrambi sapevano essere sempre più vicino. Il pomeriggio, infatti, si avviava alla sua conclusione. Il cielo si faceva sempre più scuro, e la temperatura cominciava a scendere. Era giunto il momento di salutarsi. Fu Teddy il primo ad alzarsi dalla panchina, seppur riluttante.

“Non è ora di tornare al castello?” Victoire sussultò e si alzò in piedi, rendendosi conto solo in quel momento di quanto fosse tardi.

“Hai ragione! Devo tornare a scuola per cena.” Esclamò Victoire, triste. Teddy le rivolse uno sguardo malinconico, e si chinò su di lei per baciarla un’ultima volta.

“Ci vediamo presto.” Le sussurrò all’orecchio, prima di Smaterializzarsi.

Angolo dell’autore

Ciao a tutti!

Questo capitolo è stato un parto, visto che l’ho scritto nelle pause dallo studio per la maturità, ma ora è finito e spero che vi sia piaciuto. Vi sarete accorti che c’è una sproporzione tra le varie scene, ho dedicato molto più spazio a Victoire e Teddy. perché c’erano diverse questioni in ballo; innanzitutto la loro relazione, che sta evolvendo, poi la difficile situazione dei fratelli Potter e i problemi personali di Teddy. Per quanto riguarda, invece, i tre giovani Serpeverde, in questa scena riusciamo a cogliere le dinamiche del gruppetto. James ci dà l’informazione dell’attacco a Kingsley e non perde l’occasione per molestare sua cugina, che non sembra gradire molto e, prima di esibirsi in smancerie con il suo Teddy, va a Hogsmeade con i suoi amici. Scopriamo qualcosa di più del carattere di Isobel e Charlie, e assistiamo a una scena di tensione ai Tre Manici di Scopa.

Spero che il capitolo vi abbia fatto venire voglia di sapere cosa succederà dopo!

Alla prossima,

Lucia

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Capitolo 6
*** Legami famigliari ***


“Family ties are precious threads,

 no matter where we roam,

they draw us close to those we love,

 and pull our hearts toward home.”

Harry si Smaterializzò in Grimmauld Place, e si diresse a grandi falcate in direzione del numero 12. Era tarda notte, perciò fece molta attenzione ad aprire il portone senza fare rumore, e a evitare di accendere la luce per non svegliare Ginny o Lily. Tuttavia, quando si trovò nell’ingresso, notò che la luce nel salotto era accesa. Allarmato, estrasse la bacchetta e avanzò in direzione della luce, temendo che fosse entrato qualcuno in casa. Quando entrò nel salotto, vide che l’unica presenza insolita sembrava essere una figura addormentata su una delle poltrone, che constatò essere Ginny. Sua moglie doveva essere rimasta sveglia ad aspettare il suo rientro, ma probabilmente aveva ceduto alla sonnolenza.

“Ginny?” la chiamò. La donna aprì gli occhi intontiti dal sonno, e le ci volle qualche istante per riconoscere il marito.

“Harry, sei tornato! Volevo aspettarti sveglia per sapere come sta Kingsley, ma è stata una giornata pesante in ufficio…- spiegò Ginny, alzandosi in piedi e dirigendosi verso la cucina- ti va un tè?” propose al marito, che l’aveva seguita.

“Va bene, immagino che tu non voglia andare a letto, ora.” Acconsentì Harry.

“Assolutamente no, voglio sapere come procede la situazione. In che condizioni è Kingsley?” gli chiese lei, mettendo dell’acqua nel bollitore e accendendo il fuoco con un colpo di bacchetta.

“Stazionarie, dopo l’operazione, ma ti posso assicurare che ha accusato il colpo. Non è più un giovane mago, e una vita passata a combattere maghi oscuri ti fa invecchiare presto, anche se sei forte come Kingsley.” Rispose Harry.

“Pover’uomo! Se riesco, domani passerò con Lily a salutarlo e portargli qualche Cioccocalderone. Ma, dimmi, avete aperto un dossier per l’attentato?” s’informò Ginny.

“Naturalmente. Un Auror del calibro di Kingsley, uno che ha fatto due mandati da Ministro della Magia, che subisce un attentato in casa propria non è un caso adatto all’Ufficio della Magica Sicurezza. È compito nostro occuparcene, e credo proprio che dovrò impiegare i miei Auror migliori per questo caso.” Affermò Harry, serio.

“Avete dei sospetti?”

“Sì, e molto preoccupanti. Come tu ben sai, le tendenze filo-Mangiamorte non sono mai state del tutto sopite. Ogni tanto salta fuori qualche caso, semplici crimini minori che spesso non vengono nemmeno associati alle ideologie Purosangue e sono classificati come delitti comuni. Aggressioni, furti di oggetti preziosi, cose di questo tipo. Secondo me l’attacco a Kingsley è da associarsi a questo genere di reati, e sarebbe bene poter approfondire la questione, analizzare caso per caso e trovare gli elementi comuni, i nomi ricorrenti. Il problema è che non sarà così semplice, perché questi crimini sono divisi tra il mio ufficio, quello della Magica sicurezza e quello dell’Uso improprio della magia, e sarà difficile recuperare informazioni.” Spiegò Harry.

“Pensi davvero che potrebbe trattarsi di questo? Neo-Mangiamorte?” chiese Ginny, preoccupata perché non aveva dimenticato l’attacco che aveva subito diversi anni prima.

“Il nome di Kingsley è indissolubilmente legato a quello dell’Ordine della Fenice, e credo che la scelta di un bersaglio simile non sia casuale.”

“Se i tuoi sospetti sono fondati, sai cosa dobbiamo aspettarci, vero?” lo interrogò Ginny, porgendogli una tazza di tè fumante.

“Che intendi dire?”

“Harry, se un gruppo di neo-Mangiamorte entra in attività e decide di colpire Kingsley Shacklebolt, non è ovvio chi sarà il prossimo obbiettivo?” improvvisamente, Harry realizzò ciò che la moglie intendeva dire, e impallidì.

“Sarò io, o peggio…”

“I bambini.” Concluse Ginny.

Entrambi sapevano di aver avuto lo stesso pensiero nel medesimo momento, perché la preoccupazione che li accompagnava da quando Albus e James erano saliti sull’Espresso per Hogwarts stava diventando spaventosamente reale. Era difficile averli così lontani, ma adesso che li sospettavano in pericolo la distanza era semplicemente insopportabile. James, così impetuoso e al tempo stesso fragile, con la sua innata tendenza a ficcarsi nei pasticci. Albus, che in quel momento era nel dormitorio di Serpeverde, insieme al suo amico Scorpius Malfoy. Quell’amicizia, che a loro era parsa di buon auspicio, il segnale che il mondo stava cambiando, poteva diventare un pericolo per Albus?

“Ora come ora, non è il caso di farsi prendere dal panico.” Affermò Harry, più per convincere sé stesso che per reale necessità di dirlo a Ginny.

“Manteniamo la calma, ma sarà necessario prendere alcune precauzioni. Avvisare Ron e Hermione, per esempio, e riprendere i contatti con i vecchi membri dell’Ordine della Fenice e dell’Esercito di Silente, senza specificare i nostri sospetti, almeno per il momento.” propose Ginny. 

“Credo che sarebbe opportuno informarne la McGranitt. È la preside di Hogwarts, e se c’è qualcuno che può assicurarsi che James e Al siano al sicuro, è proprio lei.”  Suggerì Harry, facendo apparire della carta da lettere. Ginny annuì, senza dire nulla. Nel suo sguardo, tuttavia, Harry lesse la stessa paura che si stava impadronendo del suo cuore. Stava davvero ricominciando tutto? La guerra, la segretezza, avere dei nemici? Il mondo magico non ne aveva avuto abbastanza?

Fred entrò, circospetto, nella Biblioteca. Non si poteva dire che ne fosse un frequentatore abituale, e infatti nemmeno quel giorno era lì per studiare. Tuttavia, quello era il luogo in cui più facilmente avrebbe potuto incontrare la persona che stava cercando, e aveva dovuto fare uno sforzo. Dopo alcuni minuti di ricerca, individuò un tavolo che era occupato da una sola persona, e vi si diresse.

Molly Weasley era china su un libro di Antiche Rune, con i ricci neri legati in una treccia severa e la spilla da Prefetto di Grifondoro che le brillava sul petto. Concentrata com’era, non si accorse della presenza del cugino finché lui non si sedette accanto a lei, e tossicchiò per attirare la sua attenzione.

“Ehi, Molly, come stai?” esordì Fred, fingendo di non notare il fastidio ostentato dalla cugina per l’interruzione dello studio.

“Non molto bene, a dire il vero, la settimana prossima devo consegnare tre rotoli di pergamena di traduzione runica, e non ho ancora finito il secondo.” Sbuffò Molly.

“Ti serve una mano?”

“Da uno che non è riuscito a prendere il G.U.F.O. in Antiche Rune? No, grazie.” Rifiutò Molly, asciutta.

“Potrei…non so, aiutarti a copiare in bella.” Propose Fred, notando che la traduzione della cugina presentava molti scarabocchi e cancellature.

“Fred, di cosa hai bisogno? Non mi servono le tue offerte, è evidente che ti occorre un favore.” Gli chiese Molly, tagliente. Di tutti i cugini, la primogenita di Percy era la più riservata, non ricercava la compagnia se non le era strettamente necessaria, e questo atteggiamento risultava spesso e volentieri antipatico. In parte, era sempre stato il suo modo per sottolineare la distanza da Victoire, la cugina maggiore che sembrava essere un modello di dolcezza e affabilità.

“Sei sempre così gentile, Molly.” Fred si trattenne dal dirle tutto ciò che pensava di lei, perché in quel momento aveva davvero bisogno del suo aiuto.

“È il mio marchio di fabbrica. Cosa ti serve?”

“Hai parlato con James o Albus recentemente?” le chiese Fred.

“Faccio un punto d’onore del parlare con James il meno possibile, quel ragazzo è irritante, maleducato e infantile.” Affermò Molly, seccata. Fred alzò gli occhi al cielo, ma non disse nulla.

“Per quanto riguarda Albus, l’ho incontrato la settimana scorsa, e mi ha chiesto di prestargli un libro di Pozioni.” Riprese la ragazza. Albus sembrava rientrare nelle sue simpatie, forse perché era uno dei cugini più taciturni e meno fastidiosi.

“Albus ti ha accennato alla lite?” S’informò Fred.

“Né io né lui siamo inclini di parlare di vicende private con chicchessia, quindi no, non mi ha detto nulla in merito, né io avrei voluto saperlo.” Molly aveva una capacità non comune di disinteressarsi degli affari altrui, perché era il modo migliore per difendere anche le proprie faccende, che lei non sentiva il bisogno di condividere con nessuno.

“Mi dispiace costringerti a uscire dal tuo isolamento, ma in questa circostanza abbiamo bisogno del tuo aiuto.” Dichiarò Fred.

“Vorresti dirmi che l’intero gruppo di cugini non ha trovato una soluzione al problema, e ha bisogno del mio intervento?” rise Molly, per sottolineare la sua esclusione dal gruppo. Fred era infastidito dal fatto che lei cercasse di farlo sentire a disagio in quel modo. In fin dei conti, era lei a evitare loro. Tuttavia, cercò di calmarsi e riprendere la conversazione con un tono normale.

“Sì, Molly, perché fai parte della famiglia come tutti noi, e temo che tu non possa continuare a fingere che non sia così. Albus e James hanno litigato, non si parlano da mesi, e stiamo cercando in tutti i modi una soluzione a questo problema.” Il tono di Fred si era fatto così grave, così diverso dal suo solito modo di fare, che Molly non osò continuare con i suoi commenti sarcastici, e lo ascoltò.

Fred le narrò tutta la storia, dallo Smistamento di Albus al silenzio glaciale che regnava tra i due fratelli in quel momento. Molly non sembrò particolarmente colpita dal racconto, d’altronde era allenata a non mostrare i propri sentimenti, ma non interruppe mai il cugino, e quando Fred ebbe finito di parlare sospirò.

“Capisco. Una cosa, però, mi sfugge. Tu hai detto che avete bisogno del mio aiuto. Tuttavia, non comprendo quale possa essere il mio ruolo in questa vicenda, e soprattutto perché non possa essere ricoperto da nessun altro.”

“Ecco, ne abbiamo parlato a lungo, e siamo tutti concordi nell’affermare che, dal momento che non è una questione che ci riguarda in prima persona, non possiamo essere noi ad agire e prendere le decisioni. Però siamo i loro cugini maggiori, possiamo consigliarli e metterli sulla strada giusta.”

“Credi che io potrei consigliarli? Non mi ascolterebbero mai. Non ti sembra che sia Victoire la più adatta a questo incarico?” Interloquì Molly, e il tono della sua voce sembrava tradire l’invidia nei confronti della cugina.

“Sono d’accordo con te, e infatti Victoire ci ha provato, ma non è riuscita a risolvere molto. Sono sfuggenti, entrambi si sono intestarditi sulle loro posizioni. La verità è che a volte ho l’impressione che non ricordino nemmeno più il motivo per cui hanno litigato, e che la discussione non sia stata altro che un pretesto per cominciare a evitarsi.”

“Se a loro va bene così, perché intervenire?” chiese Molly, probabilmente pensando a Lucy, la sorella minore, con cui parlava di rado. Lucy era in buoni rapporti con James, che era del suo anno, e Roxanne, di un anno più grande, e non aveva mai mostrato segni di trovare sgradevole la distanza che la sorella maggiore aveva frapposto fra loro due.

“Perché sono fratelli, e non possono far finta di non esserlo, né convincersi che questo non significhi nulla.” Le fece notare Fred, sempre tranquillo, e Molly ebbe l’impressione che non si riferisse solo a Albus e James.

“Molly, tu sei la più brava del nostro anno, e…”

“Lusingarmi non ti servirà per ottenere ciò che vuoi.” Lo interruppe lei.  

“Non è mia intenzione farlo, ti conosco meglio di quanto tu conosca me. - Insinuò Fred. –  ciò che intendo dire è che dal momento che sei la più brava del nostro anno, e la tua cultura magica è superiore a quella di chiunque tra noi cugini, dovresti conoscere il potere magico dei legami di sangue.”

“Sono teorie molto antiche e non fondate su esperimenti. Ad ogni modo, continuo a non capire cosa volete da me.” Molly era visibilmente innervosita, perché sentiva che in qualche modo Fred stava avendo la meglio nella discussione.

“Vogliamo capire come possiamo usare il legame di sangue, l’unica cosa che in questo momento continua a unire Albus e James, per trovare una soluzione a questa situazione. Si tratta di magia antica, e tu meglio di tutti puoi fare le ricerche necessarie, conosci i libri e hai la capacità analitica per trovare le informazioni utili.” Concluse Fred, che finalmente era riuscito a esporre ciò di cui aveva bisogno. Molly non rispose, rimanendo impassibile come al solito, ma suo cugino avrebbe giurato che stesse riflettendo. Dopo alcuni minuti, infatti, la ragazza parlò.

“Mi sembra un tentativo disperato, ma forse si può provare a cercare qualcosa. -acconsentì Molly- Chiederò a Madama Pince di consigliarmi i libri antichi per cominciare le ricerche, però dovete garantirmi che mi fornirete tutto il materiale di cui potrei aver bisogno per filtri e incantesimi.” In quel momento, era il talento da ricercatrice a prevalere sulla sua personalità chiusa. 

“Grazie Molly. Ti procureremo ciò di cui avrai bisogno, basterà che tu ce lo dica.”

“Di nulla, Fred. E ora, se non ti dispiace, vorrei tornare alle Antiche Rune.”

In quei giorni di novembre, l’usuale buonumore di Victoire era messo a dura prova. Il carico di studio diventava ogni giorno più pesante, e le preoccupazioni le impedivano di dormire tranquilla. La nostalgia di Teddy, l’inquietudine per Albus e James, lo sconvolgimento per la notizia dell’aggressione a Kingsley, tutto contribuiva ad appesantire il carico che già gravava sulle spalle della più anziana dei Weasley. Un carico che lei doveva, per forza di cose, portare da sola. Non poteva condividere le sue preoccupazioni con i cugini, lei era la maggiore, se avesse dato segno di non saper gestire quella situazione li avrebbe gettati tutti nel panico. Le costava fatica continuare a mantenere Charlie e Isobel all’oscuro della sua storia con Ted, ma sapeva bene di dover continuare a tenere il segreto. Loro non erano coinvolti nelle sue vicende famigliari, ma i tre condividevano la medesima preoccupazione per i fatti di cronaca, che seguivano con attenzione sulla Gazzetta del Profeta. Era naturale che fossero loro, studenti del settimo anno in procinto di incominciare la loro vita nella società magica, a essere maggiormente angosciati per quella vicenda. Victoire era troppo appassionata di Storia della Magia per non rendersi conto del significato simbolico dell’aggressione a Kingsley Shacklebolt, e non poteva evitare di mettere in relazione l’evento con i fatti degli anni che avevano preceduto la Seconda Guerra Magica. Sperava di non essere l’unica a riconoscere i segnali, si augurava che coloro che non avevano studiato la guerra sui libri, perché l’avevano vissuta in prima persona, avrebbero fatto altrettanto.

Quel pomeriggio, Victoire era seduta a uno dei tavoli della Sala Comune, con una tazza di tè e il libro di Babbanologia aperto davanti a sé. Poco distante da lei, Rose era concentrata sul libro di Storia della Magia. Notando la dedizione della cugina verso lo studio, Victoire non poté fare a meno di provare un’ondata di affetto per lei. Durante i mesi precedenti l’aveva osservata a lungo. Era preoccupata anche per lei, perché lo Smistamento di Albus aveva avuto inevitabilmente alcune conseguenze sul rapporto con Rosie. La primogenita di Ron e Hermione si era ritrovata ad affrontare i suoi primi mesi a Hogwarts senza il supporto della persona con cui aveva condiviso ogni evento importante della sua vita, suo cugino Albus. A Victoire era sembrato di notare che lei ne fosse rimasta amareggiata, ma che avesse compreso che affliggersi sarebbe stato inutile, e avesse quindi deciso di dedicarsi ad altro. Ciò che preoccupava Victoire era il fatto che Rose aveva evidentemente avuto difficoltà a fare amicizia, perché aveva finito per trascorrere la gran parte del tempo da sola, e dedicarsi anima e corpo allo studio. Pensando al legame che la univa ai suoi amici, Victoire si diceva che era importante che Rosie ne trovasse al più presto. Anche in quel caso, però, come per la lite tra James e Albus, non c’era molto che lei potesse fare. Quel senso d’impotenza la turbava più di tutto il resto.

“Ehi, Rosie. Come va con la Storia della Magia?” le si rivolse. Si rimproverava di non dedicare sufficienti attenzioni alla giovane cugina.

“Ciao Victoire. Molto bene, sono tutta presa dalle rivolte dei Goblin nel decimo secolo!” esclamò Rosie, di rimando.

“Ma certo! Alaric l’Astuto e Golfric il Sanguinario! Molto interessante.” Sorrise Victoire, ricordando il programma del primo anno.

“Già. Scusa Victoire, mi spiace essere scortese, ma ho proprio bisogno di finire questo capitolo entro oggi.” Disse Rose, con tono di scuse. Victoire intese che la cugina non voleva essere disturbata durante lo studio. In fin dei conti, forse Rose se la sarebbe cavata da sola. Possedeva tutte le caratteristiche necessarie per farcela, anche senza l’aiuto dei cugini più grandi.

Salve a tutti! Sono tornata! So di essere sparita per un po’, ma gli ultimi mesi sono stati ricchi di novità, e non ho avuto il tempo di dedicarmi alla scrittura quanto avrei voluto.

La prima parte di questo capitolo ci mostra il punto di vista di Harry e Ginny, l’ansia di due genitori per i figli lontani e la preoccupazione di chi ha vissuto una guerra e riconosce le avvisaglie del ritorno della tensione.

Nella seconda parte abbiamo modo di conoscere più approfonditamente la personalità di Fred Weasley e per la prima volta conosciamo il punto di vista dell’altezzosa Molly. Chissà se riuscirà a trovare l’espediente adatto alla situazione di Albus e James?

Infine, nell’ultima parte troviamo la mia prediletta Victoire, oberata da un carico di preoccupazioni davvero inusuali per una ragazza della sua età. Fortunatamente, anche lei inizia a rendersi conto che non deve “portare il mondo sulle spalle”. Non è necessario che si preoccupi per Rose, sua cugina saprà cavarsela!

Spero che abbiate apprezzato!

A presto,

Lucia

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