Potion

di KleineJAlien
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo




Per Jess era facile passare nei corridoi ad Hogwarts, anche alla fine delle lezioni quando i sette anni di ogni casa si riversavano fuori dalle proprie aule per dirigersi verso la mensa.
Potevano esserci un centinaio di studenti, questi al cento per cento si sarebbero spostati per farla passare. Lei d’altra parte non doveva nemmeno muovere un dito. Succedeva e basta.
«Non la sopporto.» disse a denti stretti Jennifer rivolta all’amica appoggiata alla parete del corridoio, con i libri stretti al petto «Si atteggia come se fosse la regina della scuola e nessuno fa niente. Che cavolo, è solo caposcuola, non Albus Silente!»
Sylvia alzò gli occhi al cielo «Cosa ha fatto questa volta?» Voleva solamente andare a mangiare.
Jess Adams era una Serpeverde del settimo anno, prefetto della propria casa  e caposcuola.
Tutto in lei, a prescindere dalla scelta del Capello Parlante, lasciava trasparire che fosse Serpeverde. In primis vi era la sua discendenza plurisecolare di Serpi, poi si passava dai lineamenti seri e diafani che contrastavano perfettamente con gli occhi glaciali e i capelli neri, ed infine vi era il suo modo di comportarsi, il quale poteva essere interpretato in diversi modi.
Di sicuro, a primo impatto, quello che si pensava su di lei era che  fosse austera nei confronti di chiunque non rientrasse nella sua ristretta cerchia di amici e conoscenti. Era raro di fatto, vederla anche solo sorridere con qualcuno che non fosse il suo compagno di casa Isaac o il suo ragazzo Louis. Appariva distaccata - fredda per la precisione - e quando passava per i corridoi di Hogwarts erano pochissime le situazioni in cui questa veniva attirata da qualcosa a tal punto da fermare la sua camminata sicura.
Al suo fianco c’era Louis Tomlinson – la sua copia al maschile -, Serpeverde del settimo anno anche lui. Insieme formavano una delle coppie più famose all’interno della scuola e di sicuro la più famosa all’interno della casa verde-argento. Il moro era uno dei combattenti migliori all’interno del Club dei duellanti, insieme ad Harry, prefetto dei Grifondoro, con il quale sin dal primo anno, si ritrovavano a scontrarsi continuamente. E se un giorno vinceva Louis, la volta dopo era sicuro che la vittoria sarebbe toccata all’altro. Mai questo andamento è stato spezzato.
Ecco perché tra i due non vi era un buon rapporto, allo stesso tempo però, non vi era mai stato uno scontro diretto o ripercussioni gravi, ma solo scherzi modesti da parte di Louis. Era ricorrente ad esempio, che il Serpeverde incantasse oggetti del Grifondoro per far si che i capelli di questo assumessero un colore diverso dall’originale, oppure scherzi che gli facessero cadere i suoi amatissimi capelli per ventiquattrore soltanto. A volte interferiva durante la lezione di Pozioni, gettando artigli di Porcospino nel suo calderone quando era distratto. Il risultato era un’enorme e densa nuvola di fumo che obbligava Piton ad interrompere la lezione.
In generale Louis era un tipo che si divertiva a provocare le altre case con scherzi che studiava nei minimi dettagli. Poteva esser considerato un degno erede dei gemelli Weasley.
Jess si preoccupava di controllare che non esagerasse, ed era questo uno dei suoi compiti anche all’interno della casa. Era prefetto, e per quanto i Serpeverde siano attacca briga, lei placava certi comportamenti eccessivi, prima che venissero denunciati a qualche docente.
«Guardala! Esiste ed è Serpeverde. Ecco cosa ha fatto!» rincarò la dose la prima assottigliando gli occhi castani in due fessure strettissime.
Era risaputo che Jennifer non sopportasse i Serpeverde, in particolare aveva un’antipatia innata e non del tutto motivata nei confronti della Caposcuola, antipatia di cui in particolare era a conoscenza solo Sylvia, migliore amica e compagna di casa.
Oltre quello di voler sempre essere la paladina della giustizia, la mora aveva un altro talento: gli scacchi. Da una parte dunque, vi era il suo coraggio smisurato, niente la fermava dal difendere un suo compagno di casa qualora venisse attaccato. Poteva trattarsi di un ragazzone – appunto - Serpeverde due volte più alto di lei - e non era difficile trovarne uno che lo fosse rispetto a lei, visto la sua statura minuta e asciutta -,  e niente l’avrebbe fermata. Era così sin dal primo anno, quando ad esempio aveva difeso Lauren Munch da un Serpeverde del quinto anno. Alla fine non vi era stato nessuno scontro perché il ragazzo aveva passato il tempo a deriderla con un ghigno che ancora Jennifer ricordava, e prima che un duello improvvisato fosse scoppiato nei corridoi - perché sarebbe potuto succedere - uno dei prefetti si era messo in mezzo.
Non che fosse così famosa, ma quel briciolo di notorietà era dovuta dalla sua sfacciataggine e dal suo coraggio. Quelli degli anni inferiori, le matricole in particolare, facevano riferimento a lei ogni qualvolta qualcosa non andava. Il prefetto invece veniva chiamato per le situazioni incontrollabili.
Dall’altra parte vi erano, come già accennato, gli scacchi. Chi non era stato facilmente umiliato dalle doti della ragazza in quel gioco? Chiunque dei Grifondoro aveva avuto modo di essere battuto da lei, perlomeno coloro che si erano messi in gioco. Stessa cosa per i Corvonero e i Tassorosso, coi quali in particolare, le partite duravano pochi minuti solamente. Noioso.
Con Sylvia si erano conosciute alla stazione, poco prima che entrambe salissero sull’espresso. Sylvia Thompson mezzosangue era disorientata, aveva saputo di far parte di quel mondo da appena due mesi, e Jennifer era stata il suo sostegno da quel giorno. Le due ragazze avevano avuto anche la fortuna di finire nella stessa casa, ma di carattere, come d’aspetto, avevano in comune solamente il coraggio che caratterizzava i Grifondoro.
Ad esempio, Sylvia era una ragazza slanciata - più alta rispetto all’amica - aveva i capelli mossi - quasi quanto l’altra - castani, e non capiva nulla di scacchi, in compenso però  era in grado di fare una telecronaca perfetta di quella che era una partita di Quidditch, partite alle quali non mancava mai, che fosse o meno coinvolta la squadra giallo-rossa.
L’irascibilità di Jennifer era quasi del tutto assente nella castana, la quale non si trovava continuamente impicciata in scontri contro altri allievi, o non provava insofferenza dei confronti dei Serpeverde, anzi si poteva quasi dire che il suo fastidio - un briciolo lo provava - fosse racchiuso unicamente nei confronti di una persona che portava i loro stessi colori sulla divisa.
«Guarda un po’ chi sta arrivando.» ghignò la mora indicando con un cenno alla loro destra.
In fondo al corridoio un gruppo di ragazze civettuole circondavano un ragazzo alto e slanciato dalla lunga chioma castana e riccia. Sul volto di questo era stampato un sorriso perfetto contornato da due fossette che facevano venir voglia a chiunque di infilarci dentro un dito.
A tutti, tranne a Sylvia, che scosse la testa e spostò lo sguardo dalla parte opposta.
Harry Styles era il ragazzo più famoso all’interno dei Grifondoro, abile duellante, prefetto, capo della squadra di Quidditch e studente modello. Tutti erano suoi amici, Harry non faceva sentire nessuno trascurato o inferiore e aveva attenzioni da rivolgere a chiunque le avesse ricercate.
In tutto questo però, c’era una persona che non lo vedeva di buon occhio, ed era proprio Sylvia.
«Ora per favore, possiamo andare a mangiare?» chiese supplicante questa staccandosi dal muro.


Liam camminava a passo svelto per il corridoio. Il mantello svolazzava mentre cercava di schivare gli studenti riversati nel corridoio e che andavano controcorrente rispetto a lui.
Da più di cinque minuti cercava Jess Adams per poter recarsi con lei nell’ufficio del professor Albus silente, ma la missione si stava dimostrando più difficile di quanto potesse essere.
Quando finalmente trovò la ragazza in compagnia di Louis, e riuscì a raggiungerli, il Tassorosso posò una mano sulla spalla del ragazzo e prese il loro passo mentre con un sospiro, si passava l’altra mano sulla testa, su quel taglio molto corto in cui i suoi capelli castani erano acconciati«Buongiorno Louis. Buongiorno Caposcuola Adams.» salutò poi gentilmente.
Il primo gli rivolse un sorriso e ricambiò il saluto con un nomignolo stupido e affettuoso nei suoi confronti. Jess invece fu più formale, in fondo non avevano molta confidenza, anche se il suo ragazzo e lui erano cari amici «Buongiorno anche a te Caposcuola Payne.» disse.
Liam Payne era uno dei pochi allievi che all’inizio del proprio ultimo anno scolastico, aveva già ben in mente che cosa avrebbe fatto nella vita. Anzi aveva diverse possibilità. Una sarebbe stata ad esempio allontanarsi dal mondo della magia e lavorare nel mondo babbano nel quale era nato, e magari continuare il lavoro del padre in fabbrica, oppure salvare la vita delle persone. La seconda possibilità che aveva – era quella per la quale era più propenso – ovvero comunque salvare le persone, ma nel mondo magico, e dunque come  ministro del dipartimento delle catastrofi e degli incidenti magici. Dopo esserci letteralmente cresciuto, era troppo affezionato al mondo della magia per abbandonarlo davvero.
In generale all’interno della scuola, Liam era una delle persone più affidabili e responsabili, buona parte del corpo studenti e docenti era stato d’accordo nel nominarlo caposcuola.
«Bene ora che c’è Liam, io andrò a prendere il posto in mensa.» iniziò Louis prima di rivolgersi unicamente alla ragazza «Fai in fretta ok?» bloccandosi al centro del corridoio, e attirando a sé Jess per poterle lasciare un bacio veloce a fior di labbra. Questa in risposta annuì solamente stringendolo, per poi riprendere a camminare con al fianco l’altro caposcuola.
Erano ancora parecchio lontani quando Liam rallentò un secondo il passo per salutare un compagno di casa, e amico Niall. Lo scambio di battute fu veloce. Il caposcuola gli chiese come mai non fosse già in mensa - perché conoscendolo non avrebbe perso tempo a raggiungerla dopo le lezioni - e quello gli rispose, con un’espressione alquanto contrariata e triste, che aveva appuntamento in biblioteca con un’altra persona per un progetto di Astronomia.
Niall Horan era un ragazzetto del sesto anno Tassorosso. Una chioma bionda chiaro, che non faceva altro che ripetere in giro e vantarsi, della sua provenienza irlandese.
Anche chi non lo conosceva direttamente sapeva benissimo che dove ci fossero feste, anche lui ci sarebbe stato, e forse proprio grazie a lui queste assumevano una luce diversa, una sfumatura di divertimento in più. Era leale e sincero, l’unica pecca che gli si poteva attribuire era la sua poca attenzione a scuola, bastava poco per distrarlo, e bisognava motivarlo a studiare di continuo.
Ecco perché in quel momento il biondo stava saltando - contro ogni sua propensione - il pranzo. Quando varcò la porta della biblioteca, il chiasso del corridoio venne completamente sostituito dalla calma di scaffali e scaffali di libri vecchi millenni. Marciò a passo deciso fino ad uno dei tavoli isolati, dove sapeva avrebbe trovato Alexis, già intenta a studiare. Infatti così fu.
Era lì, una piuma bloccata a mezz’aria e i capelli castani lunghi poco più delle spalle, buttati tutti su un lato, mentre il suo viso delicato e roseo assumeva un’espressione concentrata.
Niall si chinò su di lei per lasciarle un bacio sulla guancia, al quale questa rispose immediatamente con un sorriso compreso di fossette, e si sedette.
Hogwarts non avrebbe mai potuto possedere Corvonero migliore di Alexis Walsh.
Forse il motivo per cui lei e Niall erano tanto amici, era dovuto al fatto che fossero entrambi irlandesi, sebbene i capelli della ragazza tendessero più ad un rosso-castano. In realtà entrambi sapevano che lei fosse il motivo per cui il biondo non aveva perso ancora nemmeno un anno.
Era lei che lo aiutava a studiare quando aveva bisogno, ed era lei che gli passava le risposte agli esami, quando non sapeva qualcosa.
I posti in cui era possibile trovarla erano sicuramente il proprio dormitorio, la biblioteca dove amava fare ricerche e leggere, oppure a Hogsmeade dove, quando non passava il tempo a I Tre manici di Scopa con Niall, era possibile trovarla ad ammirare l’emporio Ollivanders da oltre la vetrina. Dall’altra parte però, Alexis era anche divertente, il biondo lo sapeva bene nei momenti in cui rischiava di farsi andare di traverso il pranzo o la cena per una delle sue battute improvvise. Ed infine, era riservata, la sua riservatezza era così tanto elevata che era difficile a chiunque notare come questa fosse completamente, follemente, irrimediabilmente cotta per un Serpeverde, o meglio, il Serpeverde  capitano della squadra di Quidditch, Isaac.
Isaac Lahey in generale aveva la stessa compostezza e rigidità richiesta per entrare a far parte dei Serpeverde. Alto, magro e dalle spalle larghe, capelli biondo scuro e sguardo di ghiaccio. Ricordava vagamente il cielo primaverile, solo un po’ più trasparente. Da quando lo conosceva, Alexis non aveva mai notato in lui il desiderio di voler attaccare qualcuno appartenente ad un’altra casa, se non direttamente provocato, d’altra parte però aveva l’abitudine di guardare tutti dall’alto verso il basso e non sembra aver mai avvicinato nessuno che non fosse della propria casa. Motivazione? Tutti pensavano che questo non volesse sporcarsi con un sangue diverso da quello Serpeverde, sebbene quasi più nessun erede di Salazar la pensasse così.
Alexis sospirò mentre osservava il diretto interessato grattarsi appena all’altezza della voglia scura che aveva sul collo, mentre Madama Pince era intenta a registrare il volume che poco prima doveva aver preso dagli scaffali.
Niall sollevò il capo posando lo sguardo su quello della amica «Tutto ok Alex?»
«Alla grande.. Iniziamo?»

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1




A colazione quel giorno era stato particolarmente difficile staccare lo sguardo da Isaac.
Sembrava che quella mattina il ragazzo brillasse in maniera particolarmente più evidente di luce propria. Forse, semplicemente perché la prima cosa che Alexis aveva visto appena entrata nella mensa, era stato proprio il suo sorriso, un sorriso a trentadue denti che doveva essere la risposta ad una battuta stupida di Louis Tomlinson. Non le importava molto la causa.
Era convinta di poter dire di conoscere ogni particolare di lui - passava molto tempo ad osservarlo d’altronde -, al contrario il Serpeverde probabilmente che non sapeva nemmeno della sua esistenza, nonostante ci fossero degli episodi che la rincuoravano un minimo.
Il loro primo incontro risaliva al primo anno della ragazza, quando sull’Hogwarts Express, il ragazzo si era avvicinato al carrello dei dolci nell’esatto momento in cui c’era anche lei.
Con i suoi undici anni, quel giorno per Alexis era stato immediatamente colpo di fulmine, infatuazione alimentata dal fatto che il biondo aveva aggiunto i soldi che le mancavano per potersi permettere le gelatine tutti gusti +1. Quello era stato un gesto di poco conto per il ragazzo più grande di un anno, il quale l’aveva guardata appena, eppure per la matricola questo bastò a darle da pensare per tutto il viaggio fino all’arrivo alla scuola, e da lì per i successivi sei anni.
Non era stato difficile scoprire il suo nome. All’epoca faceva già parte della squadra di Quidditch e non c’erano dubbi che la fascia di capitano sarebbe passata a lui una volta che il capitano in carica si fosse diplomato. E così era stato.
D’altra parte lei non aveva dubbi che se fosse stato per Isaac, se fosse già stata smistata nei Corvonero al momento di quel gesto, il ragazzo sarebbe passato dritto senza degnarla di uno sguardo. In fondo era quello che gli vedeva fare da sei anni, mentre lei lo osservava nell’ombra.
Un altro contatto tra  loro era avvenuto appena un mese prima, quando impegnata a leggere un libro,  Alexis era andata a sbattere contro di lui in corridoio. Il tempo della ragazza di accorgersi di quello che era successo e di pronunciare delle scuse a voce talmente tanto bassa che persino lei faticò a sentirsi, che il Serpeverde era già scivolato via di fretta.
Per lui l’irlandese si stava riscoprendo essere sempre più folle. Più volte aveva pensato di prendere una pozione che la aiutasse a dimenticare, a perdere l’infatuazione quasi ossessionante che sentiva di provare. Se non fosse stata sicura che anche l’Amortentia perdesse effetto dopo un certo periodo di tempo, avrebbe persino preso in considerazione di essere sotto l’effetto della pozione dell’amore. Dall’anno precedente inoltre, dal suo nascondiglio migliore che potesse avere, ovvero quello di ragazza studiosa, timida e con la testa sulle spalle, aveva iniziato a mandare biglietti anonimi al ragazzo. Inizialmente si trattava di citazioni prese da libri che leggeva, considerazioni, ed infine consigli. Era come parlare ad un muro perché non riceveva mai una risposta, ma sapere che li leggeva, e che l’intera scuola non fosse venuta a conoscenza di una stupida idiota che pensava di fare la corte ad Isaac Lahey, era già tanto.
Le civette sono animali estremamente leali al proprio padrone – lei lo sapeva bene grazie alla sua Flo – ma la fortuna era stata dalla sua con Slot, quella di Isaac, quindi da lì ad un anno, non era mai stato difficile mandare qualcosa al Serpeverde senza che questo, o qualcun altro, arrivasse a lei. Era arrivata a scendere a compromessi con una civetta, quella del ragazzo, assurdo.
Durante il primo periodo non era nemmeno sicura che il ragazzo leggesse i suoi messaggi.
Era sempre dannatamente pacato. Non l’aveva mai visto guardarsi intorno o con un cipiglio di curiosità ad illuminargli lo sguardo durante i pasti o a lezione, in quelle in cui ormai doveva essere sicuro anche la sua ammiratrice si trovasse. Come ad esempio Cura delle creature magiche, che il sesto e il settimo anno si trovavano a fare insieme.
Poi uno specchio incantato le aveva mostrato come Isaac leggesse i bigliettini, e questo le era bastato. Lo specchio era andato distrutto subito dopo. Non aveva più voluto usarlo per spiarlo. Stupido, avrebbe detto qualcuno, leale e giusto sosteneva invece lei.
«Alexis? Hai sentito quello che ti ho detto?» la riscosse Niall in piedi alle sue spalle.
La ragazza sbatté un paio di volte le palpebre e rivolse l’attenzione all’amico «Scusa dicevi?»
«Ad Astronomia stiamo insieme? Joshua mi distrae continuamente e non fa che parlare..»
«Si si va bene.» annuì immediatamente la ragazza  «Alla lezione di Astronomia stiamo insieme.»


Non erano passati nemmeno tre mesi dall’inizio del suo primo anno a Hogwarts quando un ragazzino del secondo anno, si era avvicinato a lei un giorno nella sala comune dei Grifondoro.
Immediatamente Sylvia aveva notato un gruppo di ragazze guardarla con sufficienza e poi ridere.
Davanti a lui Harry Styles era già un tipetto conosciuto e conteso da molte persone, oggettivamente gli occhi verdi erano in grado di entrarti dentro, ancora di più se ad incorniciare il tutto vi era un taglio corto tutto ricci e il viso di un bambino sorridente.
Se ripensava al giorno in cui questo si era avvicinato a lei con apparente comportamento cordiale, chiedendole se le andasse di stare vicino a lui a pranzo, quale fosse esattamente la motivazione per cui l’avesse respinto, soprattutto in maniera scontrosa, non la ricordava.
Con il passare degli anni aveva trovato sempre più scuse, con molte di queste non concordava davvero, ma erano un’ottima copertura. In primis si era detta che non voleva avere una relazione con nessuno, al primo anno si sentiva troppo inesperta e di sicuro l’essere appena entrata in quel mondo nuovo - per quando la vicinanza di Harry l’avrebbe potuta aiutare - la faceva sentire confusa. Aveva molto da imparare prima di mettersi in gioco.
Poi vi era stata la scusa che aveva troppo timore di esser bersagliata dalle sue ammiratrici, perché sapeva che nessuno sarebbe stato felice di vedere un tipo come lui stare con lei. Qualcuno aveva giocato anche la carta della Mezzosangue. Nella realtà a Sylvia non toccava minimamente se la soprannominavano così. Era una Mezzosangue, non se ne vergognava.
Poi c’era stato lo studio, cosa per la quale non era mai stata tanto fissata. Andava bene, aveva una media buona facendo l’indispensabile. Insomma più passava il tempo e più sentiva di starsi arrampicando sugli specchi. Le sue scuse non avevano fondamenta solide.
Sarebbero potuti rimanere amici, invece il loro rapporto era stato stroncato ancora prima di nascere. Harry non aveva mai mostrato astio nei suoi confronti, si comportava allo stesso modo con tutti - si anche con Tomlinson anche se non lo meritava -, di fatto però non avevano più avuto modo di entrare in contatto ancora, se non per sbaglio. Non si erano mai più confrontati.
A distanza di cinque anni molte cose erano  cambiate.
Harry era cresciuto, il suo viso aveva visto passare l’adolescenza e sotto il naso iniziavano a notarsi i primi accenni di baffi, i tratti da bambino erano diventati più virili, ma non duri, e i capelli avevano perso un po’ il riccio perfetto per lasciare posto ad una chioma mossa ma lunga, la quale spesso era raccolta in un codino alto.  La sua bellezza rimaneva oggettiva, anzi arrivato al settimo anno, erano molte di più le persone che cadevano ai suoi piedi.
Sylvia avrebbe voluto dire che lei fosse una delle poche a non subire il suo fascino, ma non era così. Il punto era che Harry era  il prefetto della casa Grifondoro, il capitano della squadra di Quidditch, primo in classifica - insieme a Tomlinson - nel Club dei duellanti, e aveva una media invidiabile. Tutto senza privarsi di una vita sociale molto attiva.
Tutte quelle cose facevano infuriare Sylvia, le facevano provare così tanta rabbia nei confronti di quel ragazzo perfetto, perché era impossibile che lo fosse davvero. Geniale e bello.
Proprio quest'odio smisurato, lo sapeva bene anche lei, si trattava solamente di pentimento nei suoi stessi confronti, per esserselo lasciato scappare anni prima. Si perché Harry Styles era anche una persona dal cuore d'oro ma lei era l'unica che ci aveva messo troppo a capirlo.
Ad interrompere i suoi ricordi confusi di matricola fu Jennifer, la quale arrivò di soppiatto buttandosi al suo fianco nel divano nella sala comune Grifondoro.
«Allora?» esordì l’amica con un’enorme sorriso sul viso «Non mi chiedi come è andata?»
Sylvia sorrise appena posizionandosi di fianco «Come è andata? Sei riuscita ad iscriverti?»
«Certo! Non ho permesso a nessuno di farlo prima di me. Ero così agitata.» annuì energicamente  l’altra strisciando ancora più vicina alla castana «Siamo trentacinque iscritti.»
«Trentacinque? Beh è un bel numero, devi sfidarli tutti?»
«Si, allora ti spiego. Inizialmente dovremmo sfidare tutti e cercare di ottenere il punteggio più alto. Il punto massimo che una persona può ottenere è settanta. Ogni vittoria sarà due punti, ogni pareggio invece uno, ed infine zero se si perde. Alla fine, i dieci con il punteggio più alto, verranno divisi in due gruppi e con partite ad eliminazione diretta, si troveranno i due finalisti. Sei i miei calcoli non sono sbagliati ho tutte le probabilità di vincere. Ho visto chi si è iscritto e a parte qualche Serpeverde sono già stata in grado di battere tutti. Dovresti vedere quanti Tassorosso si sono iscritti quest’anno.» una leggera risata lasciò le labbra della ragazza «Sarà facile batterli.»
Nemmeno un’ora prima la mora aveva avuto l’incontro nella Sala Grande con il preside e i professori organizzatori del torneo di scacchi. Da quando era stato annunciato Jennifer non aveva fatto altro che parlarne, decisa più che mai a parteciparvi.
Jennifer era sicura di far fuori in ordine i Tassorosso, i Serpeverde, i Grifondoro ed infine i Corvonero - perché sapeva riconoscere che questi sapevano essere furbi e studiavano nei minimi particolari le strategie di gioco, quello che forse però a parer suo mancava in loro era la fortuna, l’istinto, e il piacere di giocare. Cosa che li fregava non poco.
«E quando inizierà ufficialmente il torneo?» s’informò Sylvia. Se le sfide non coincidevano con le lezioni a scelta che aveva iniziato quell’anno, aveva intenzione di andare a sostenere l’amica.
«Dalla prossima settimana. Lunedì alle diciotto nella sala grande, e non vedo l’ora!»


Louis e Jess capirono sin dal loro ingresso nell’aula di pozioni che qualcosa di strano ci fosse.
Si guardarono arricciando il naso all’insù e annusando il buon profumo che tappezzava l’intera stanza in quel momento. Uno sguardo bastò. Non ci fu bisogno di parlare, capirono entrambi cosa l’altro stesse pensando. Successivamente si diressero verso il loro solito tavolo e presero posto aspettando l’inizio  della lezione.
Piton cominciò introducendo una pozione tanto difficile da preparare, quanto illegale secondo il Ministero della Magia: l’Amortentia. Una pozione in grado di creare un’ossessione o una travolgente infatuazione, non reale. Caratteristica di questa, oltre alla sua luminosità madreperlacea, la capacità di assumere un odore differente a seconda dei gusti e le preferenze della persona con cui entrava in contatto. Durante la lezione infatti vennero percepiti diversi profumi: succo di zucca, profumi di fiori e piante varie, e qualcuno, sia volontariamente che involontariamente, aveva dichiarato il proprio amore nei confronti di qualcun’altro, riconoscendo nelle spirali vaporose che fuoriuscivano dal calderone sulla scrivania del professore, il profumo di altre persone.
Nessuno chiese a Louis e Jess cosa sentissero, e loro allo stesso tempo non vollero renderlo noto.
In ogni caso non fu difficile per alcuni intuirlo. Mentre Piton zittiva le varie chiacchiere venutesi a creare, prevenendo così che la lezione si trasformasse in quella di Divinazione, o Babbanologia, Louis sorrise e guardò Jess afferrando da sotto il tavolo la sua mano. Questa ricambiò lievemente a sua volta il sorriso senza spostare lo sguardo da davanti a sé, e intrecciò le dita con le sue.
Il moro era un tipo che non era mai passato inosservato all'interno di Hogwarts.
Inizialmente molte persone avevano trovato strano che il Cappello Parlante lo avesse smistato nei Serpeverde, doveva esserci un errore, nella sua discendenza non mancavano però eredi di Salazar Serpeverde e presto non ci volle molto a capire anche che in lui scorresse lo stesso istinto.
I suoi scherzi d’altra parte erano qualcosa che lo avevano sempre contraddistinto da qualsiasi altro suo coetaneo della stessa casa. Questi avevano trovato sfogo inizialmente in un bambino riccioluto della casa dei Grifondoro con cui Louis aveva avuto modo di sfidarsi a duello poche settimane dopo aver fatto ingresso ad Hogwarts, non lasciandolo mai in pace per periodi di tempo troppo lunghi, e poi avevano toccato anche una Serpeverde un po’ sulle sue, Jess.
Nonostante l'avesse sempre vista in giro, Louis e la ragazza avevano avuto modo di parlare davvero quando una serie di piccoli fatti avevano fatto si che si avvicinassero.
La prima volta che si parlarono fu a lezione di pozioni quando i due finirono vicini. Da quel giorno passarono buona parte delle lezioni insieme. Il vero e proprio approccio però era avvenuto durante un duello. Louis stava sfidando ancora una volta Harry per una motivazione stupida - come al solito - e Jess si era proposta come suo secondo.
Si era proposta di portare a termine il duello qualora al moro fosse successo qualcosa.
Dopo quel giorno la ragazza non si sbilanciò comunque in maniera particolare nei suoi confronti, i tentativi del Serpeverde di farla sciogliere con lui furono inutili fino a quando non passò alle maniere forti. Gli scherzi che solitamente rivolgeva solamente a Styles, iniziarono ad essere indirizzati anche alla ragazza.
Dapprima  fu un continuo litigare e minacce, con il passare del tempo, l'insistenza di Louis ammorbidì e sfiancò Jess al punto che neanche più si lamentava dei suoi scherzi, anzi rideva. Come i due finirono insieme, è quasi una leggenda. Successe da un giorno all'altro. Gli studenti di Hogwarts ricordano solo che un giorno gli avevano visti camminare mano nella mano, scambiarsi un bacio prima di separarsi ogni qualvolta avessero impegni differenti, e scambiarsi sorrisi complici che sul viso di Jess erano difficili da trovare in altre situazioni. Un'altra persona.
Inoltre con il passare del tempo la mora era cresciuta e aveva acquisito l'incarico di Caposcuola, questo non le aveva impedito di rimanere il secondo per Louis ogni qualvolta questo sfidasse Styles a duello.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2




«Indicate i vostri secondi.» disse Jonah Capper in quel momento incaricato di riportare per iscritto, di formalizzare tutto quello che sarebbe successo durante il Duello.
Jess avanzò immediatamente al fianco di Louis confermando il suo ruolo ancora una volta. Gli strinse la mano con fare solenne, dopodiché scese dalla pedana e si mise in prima fila, dove avrebbe potuto vedere bene, e dove sarebbe potuta subentrare velocemente, qualora fosse risultato necessario. Harry invece chiamò al suo fianco il suo compagno di stanza, Nick Grimshaw, che si limitò a dargli una pacca sulla spalla e ad augurarli buona fortuna.
«Prendete posto al centro della pedana.» continuò Jonah.
Louis avanzò andando incontro al riccio che stava facendo la stessa cosa «Buona fortuna Styles.»
Il Grifondoro sorrise appena «Anche a te Tomlinson.» rispose posizionandosi di spalle.
Iniziarono a percorrere i dieci passi che avrebbero dovuto separarli - nelle direzioni opposte - , al nono però Louis si voltò ed esclamò «Expelliarmus!» con l’intenzioni di far cadere la bacchetta di mano al proprio avversario. Sfortunatamente per lui però Harry si aspettava un colpo basso dal Serpeverde, e si abbassò prima che l’incanto potesse raggiungerlo «Farfallus!» fu la sua risposta.
Dalla sua bacchetta fuoriuscirono un numero elevato e indefinito di farfalle luminose che andarono ad attaccare il moro. Questo si coprì il viso con le braccia e aspettò che gli insetti si smaterializzassero prima di prendere parola «Sei sempre così teatrale Styles.. Avis!» contrattaccò, e dalla sua bacchetta invece, uno stormo di uccelli travolsero il riccio stordendolo a tal punto che questo uscì dal perimetro che delimitava la pedana.
«Un punto vita in meno a Harry Styles.» annunciò Jonah causando un sollevarsi di proteste.
«Non mi sarei mai aspettato che da questo non ti saresti difeso.» ammise il Serpeverde stupito.
Il duello andò avanti così a colpi sempre più serrati di bacchetta. Louis riuscì a colpire in maniera da far perdere altri punti vita ad Harry con un Serpensortia. Il moro fu abbastanza furbo da far comparire un serpente, così vicino all’avversario, che questo non ebbe né abbastanza tempo per trovare via di fuga, né tantomeno una formula di contrattacco.
Dall’altra parte Louis venne ammonito per aver lasciato la pedana per baciare la propria ragazza dopo il punto acquisito, e riuscì a proteggersi da un incantesimo di Anti Levitazione, evitando così di sfracellarsi al suolo da un’altezza di tre metri, In compenso non fu abbastanza veloce da evitare un incantesimo di espulsione  che lo scagliò dall’altra parte della stanza contro la parete «Bella mossa.» mormorò dolorante.
Il duello si concluse comunque a favore di questo, in quanto con un semplice «Stupeficium!» spinse via l’avversario. Il fatto che il riccio non fu abbastanza svelto da proteggersi, lo sorprese ancora un po’. Quell’incantesimo per ragazzi del settimo anno non era  difficile da evocare, e non era difficile nemmeno da respingere, nonostante ciò Harry non aveva nemmeno alzato la bacchetta per provare a proteggersi.
Terminata la moina dei complimenti, Louis si avvicinò al riccio che in quel momento parlava con qualche ragazza molto preoccupata per lui. Non entrò nella sua cerchia, ma aspettò che fu lui stesso a notarlo e a raggiungerlo. Zoppicava appena, ma cercava di non darlo a vedere.
«Complimenti, hai vinto.» si congratulò il riccio.
Il moro non rispose subito. In occasioni diverse avrebbe fatto sfoggio della sua bravura e della sua vittoria con battutine, ma quel giorno sentiva di non aver vinto del tutto, sentiva che il suo avversario non avesse dato il cento per cento delle sue potenzialità «Stai bene Styles?»
Harry rise appena «Che fai Tomlinson, ti preoccupi per me?»
Il Serpeverde sollevò gli occhi al cielo e «Certo che no. Beh.. è stato un piacere batterti, ancora..»

Al terzo anno, Alexis aveva scelto tra le materie facoltative Aritmanzia.
Pensava fosse interessante poter prevedere il futuro studiando l’associazione tra le lettere dell’alfabeto latino e i numeri. Tutto ciò che provenisse dal passato, che avesse a che fare con il futuro o che fosse anche solo vagamente criptico e richiedesse analisi, l’attirava.
Il fatto che a quella lezione ci fosse anche Isaac era stata una  bella coincidenza che le aveva fatto amare ancora di più quella materia. Il primo giorno in realtà, era stata piuttosto stupita nel vederlo seduto tra quei banchi, non si aspettava che lui potesse interessarsi ad un argomento simile, tra l’altro erano pochi i Serpeverde a frequentarla.
Quel giorno invece, la professoressa di Aritmanzia aveva sorpreso tutti con un test a sorpresa. Per la Corvonero che non lasciava mai dello studio indietro, che cercava anzi di portarsi avanti rispetto alle spiegazioni dei docenti, quella rivelazione era stata  uno shock solo per i primi minuti, poi aveva avuto tra le mani la pergamena e notato che avrebbe saputo rispondere a tutte le domande, si rilassò. Stessa cosa non poteva dirla per il resto della classe la quale era entrata ancor più nel panico, non appena aveva avuto il compito sotto il naso.
Alexis aveva lanciato uno sguardo anche ad Isaac, e nonostante avesse notato a primo impatto, che questo fosse rimasto piuttosto impassibile alla notizia, le volte successive che l’aveva guardato, in realtà, aveva notato come questo non stesse scrivendo. Muoveva la piuma tra le dita, bagnava la punta nell’inchiostro e la ripuliva più volte sul bordo della boccetta, ma non scriveva.
Inizialmente aveva continuato il suo compito ignorando le difficoltà pacate del ragazzo, dopo dieci minuti passati però sempre sullo stesso punto, perché non faceva altro che rivolgere l’attenzione nella sua direzione, la Corvonero strappò un pezzo di pergamena dalle sue e scrisse su un paio di risposte. Successivamente estrasse da sotto il banco la propria bacchetta e a voce bassa sussurrò«Chartanimus.» e il piccolo bigliettino si trasformò in un uccellino di carta che in maniera abbastanza discreta volò fino a cadere sul banco del Serpeverde.
Subito dopo la ragazza riprese a scrivere sulla propria pergamena per non essere notata, quindi non vide Isaac prendere subito l’origami e nasconderlo sotto il mantello giusto qualche secondo prima che le professoressa passasse. Non vide nemmeno quando questo srotolò sul tavolo il biglietto e si apprestò a copiare quanto scritto da Alexis, sul proprio compito.
Non si chiese da parte di chi fosse quel suggerimento, ormai Isaac conosceva quella calligrafia.
Quando alla fine dell’ora la castana ed il ragazzo finirono vicini nel momento in cui andarono ad appoggiare la propria pergamena sulla cattedra della professoressa, la ragazza notò con piacere che quella dell’altro fosse modestamente scritta. Riuscì a malapena a nascondere il sorriso che le incurvò le labbra  appena realizzò che forse, gli era stata utile quella mattina.

Postazione numero 13’ le avevano detto. Lei era seduta lì da più di cinque minuti, ma il suo avversario non si era ancora presentato. Prendeva gli scacchi così sul serio che per quell’occasione era arrivata in anticipo, benché di fatto fosse una tipa che stava giusta nei tempi.
Alcune coppie si erano già formate e avevano anche già iniziato a giocare, Jennifer invece si guardava intorno cercando di intuire, ogni qualvolta vedeva qualcuno entrare dal portone, chi potesse essere il suo sfidante. Gli avevano detto solamente che fosse un ragazzo.
Fino a quel giorno, le prime tre partite erano andate benissimo. Aveva dovuto avere a che fare prima con un Grifondoro e poi con una ragazza Tassorosso. Come si aspettava, era stato facile vincere,  anzi aveva considerato quelle partite quasi noiose, se non vi fosse stata la vittoria.
Si era giusto distratta da trenta secondi quando una persona si avvicinò alla postazione numero tredici, sedendosi davanti a lei. Jennifer rise dentro nel constatare dalla divisa che il suo avversario fosse un altro Tassorosso che avrebbe battuto senza troppe difficoltà, il suo lato vanesio invece venne interrotto immediatamente dall’aspetto di questo quando lo vide.
«Piacere Niall.» si presentò lui sorridendole.
Per quanto quell’incontro l’avesse destabilizzata a primo impatto, Jennifer non era una tipa che si faceva prendere del tutto alla sprovvista, o dal panico, o meglio era brava a dissimulare, quindi allungò una mano a sua volta e si presentò.
Nel corso della partita la ragazza aveva avuto modo di guardarlo bene. Tra un’occhiata al suo modo di giocare per cercare di scoprire la sua strategia, e l’altra, si era anche concessa di osservarlo meglio, perché era davvero un bel vedere.
Capelli castani tendenti al biondo chiaro sul ciuffo scomposto sulla fronte, pelle lattea e chiazzata di rosso sulle guance. Labbra sottili e un accenno leggero di barba chiara sul profilo della mascella. Gli occhi erano solo la ciliegina sulla tornata, due pietre di acqua marina.
Un angelo nel corpo di un umano. Un angelo con le vesti di un mago studente di Hogwarts.
Perché quella era la prima volta che lo vedeva? Come aveva fatto Jennifer a non notarlo prima?
L’aspetto del Tassorosso non l’aveva comunque fermata da dare il meglio di sé, nonostante ciò la partita stava procedendo di pari merito sin dall’inizio. Nemmeno per un attimo l’avversario sembrò mostrare segni di cedimento, e di certo non l’avrebbe fatto lei.
Dopo quasi venti minuti di gioco, infastidita dall’ennesima mossa a suo svantaggio, Jennifer non riuscì a non stare zitta e a non dar voce ai suoi pensieri «Non è possibile.. tu stai imbrogliando..»
I lineamenti del biondo si fecero immediatamente duri «Io non sto imbrogliando.» rispose.
«Si certo..» borbottò la mora «Non ti credo.»
«Se non mi credi quello è un tuo problema, ma io non sto imbrogliando.» ripeté deciso.
O forse è a Tassorosso la vostra vita, dove chi alberga è giusto e leale: qui la pazienza regna infinita e il duro lavoro non è innaturale." recitava il Cappello Parlante  quando si trattava della casa giallo-nera, e non c’erano parole che potessero spiegare meglio, la personalità di Niall.
Ecco perché sentirsi dire che fosse un imbroglione, lo infastidiva tanto.
«Certo che per essere una Grifondoro, sei proprio velenosa come un Serpeverde.»
Questo invece fece infiammare Jennifer, la quale però, presa alla sprovvista non riuscì a replicare. Aprì la bocca, blaterò qualcosa di incomprensibile, dopodiché abbassò nuovamente lo sguardo sulla scacchiera. L’aveva zittita, non poteva crederci. Tutta colpa dei suoi occhi, si disse, la mettevano a disagio, la confondevano.
La partita finì in parità, per quanto non potesse sopportare di non aver vinto e per quanto le bruciasse un po’ di non esser riuscita a battere un Tassorosso, Jennifer non se ne andò mettendo in scena un’uscita teatrale. Sarebbe stato confermare quanto detto da Niall.
Si alzarono entrambi, si strinsero la mano, e accettarono il risultato. Fu più facile farlo per la ragazza, soprattutto dopo il sorriso mozzafiato che il biondo le riservò prima di andarsene.

La festa clandestina organizzata dai Tassorosso quel finesettimana si era conclusa da circa mezz’ora. Nella stanza segreta erano rimaste sole poche persone intente a riordinare quando Sylvia era rientrata nel proprio dormitorio con le orecchie che le fischiavano.
Purtroppo per lei però, il sonno faticava a sopraggiungere. Era sempre stato così, qualsiasi ora fosse, lei impiegava un po’ ad addormentarsi sin da quando era piccola. Quando era a casa era solita bere una tisana calda che la madre stessa le preparava, ma a Hogwarts erano rare le volte in cui lo faceva, così ripiegava sull’appesantire lo sguardo leggendo.
Mentre il resto del dormitorio sembrava già addormentato da un pezzo, Sylvia decise così di scivolare via dalle coperte e scendere a prendere un libro dalla libreria che potesse aiutarla.
Era quasi arrivata alla fine delle scale quando si accorse della presenza di qualcun altro al piano inferiore. Era ricurvo sul tavolo, una mano a reggere la testa, e vari volumi aperti sotto il naso accompagnati da qualche pergamena srotolata. Non seppe nemmeno lei per quale esatto motivo non continuò a scendere ma stette ad osservare curiosa.
Che qualcuno fosse sveglio perché non riuscisse a dormire, gli sembrava una cosa più che normale, ma che fosse ancora in piedi per studiare, quello un po’ meno. Erano le tre del mattino, nemmeno il Corvonero più ossessionato dallo studio a quell’ora, dopo una festa movimentata sarebbe rimasto in piedi a ripetere o terminare compiti. L’indomani non ci sarebbero state lezioni, c’era tutto il tempo per mettersi in pari o per fare gli esercizi per il giorno dopo.
Fu ancora più stupita quando notò che colui che in quel momento era seduto intorno al tavolo, con solo un paio di candele ad illuminare la sua visuale era Harry Styles.
Stava per tornare indietro e lasciar perdere il libro, decisa a non volerne sapere assolutamente nulla,  quando notò qualcosa di strano. Dopo essersi stropicciato gli occhi un paio di volte, il ragazzo infilò la mano in un sacchetto al suo fianco e ne estrasse una piccola boccetta che niente, oltre una pozione, poteva contenere. Lo osservò mentre la stappava e poi ne beveva il contenuto.
Subito dopo il Grifondoro tornò dritto sulla sedia, si legò i capelli in un codino in modo che non gli andassero davanti al viso e riprese a studiare con una nuova luce, come se quella stanchezza che a Sylvia le era sembrato di vedere poco prima, fosse scomparsa tutta in una volta.
Capì subito che si dovesse trattare di una pozione che gli servisse a rimanere sveglio e aumentare la concentrazione. La prima domanda che le passò per la testa fu come mai Harry Styles avesse bisogno di una pozione. La seconda invece riguardava quante volte il riccio avesse fatto uso di questa. Non era la prima volta che Sylvia vedeva qualcuno prendere una pozione per avere abbastanza tempo per preparare i M.A.G.O., ma nel caso di Styles era tutto troppo precoce. Erano solo agli inizi di dicembre, per quale motivo avrebbe dovuto iniziare.
Successivamente la rabbia fece ribollire il sangue nelle vene della ragazza. Aveva appena avuto la prova che in tutto quel tempo il riccio avesse sempre barato, non era  il ragazzo perfetto che voleva dare a vedere. Con la promessa di tenerlo d’occhio nei giorni a venire, lanciò un ultimo sguardo al Grifondoro, e tornò nel proprio letto.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3




Dopo pranzo Jennifer risalì di corsa nella propria stanza. Quando Sylvia rientrò, trovò il baule della ragazza completamente sottosopra, tutti gli abiti erano sparsi tra i loro letti e il pavimento, solo due fluttuavano davanti alla mora, che in quel momento aveva un cipiglio indeciso.
«É appena scoppiata una guerra qui dentro e io non ne sono conoscenza?»
«Devi aiutarmi.» disse l'altra voltandosi nella sua direzione «Maglioncino grigio o rosso?»
«Come mai questa indecisione? Cosa devi fare?» prese posto sul bordo del letto la castana.
«Ho appuntamento con Niall per andare a Hogsmeade. Oddio non so se sia un appuntamento ma dobbiamo vederci tra dieci minuti in giardino e io non sono ancora pronta.»
«Niall è il tipo che non sei riuscita a battere alla partita di scacchi? Pensavo non lo sopportassi.»
«Diciamo che non sopporto il fatto che io non sia riuscita a batterlo ma è troppo carino per prendermela con lui o rinunciare ad una possibilità del genere.» ammise.
«Metti quello rosso! É più vivace e riporta il colore delle nostra casa.»
Jennifer spostò lo sguardo un paio di volte tra l'amica e il maglioncino in questione. Se prima non era del tutto convinta, la motivazione datale dall'altra l’aveva conquistata.
«Grazie, grazie, grazie. Non so come farei senza di te.» la lodò mentre toglieva la maglia che aveva indosso in quel momento e infilava il maglioncino scelto. Con un colpo di bacchetta poi rinvigorì i capelli mossi, recuperò i suoi trucchi dal baule e si guardò allo specchio soddisfatta.
«Quando rientrerai dovrai raccontarmi tutto.» la minacciò Sylvia mentre la osservava uscire in tutta fretta dalla porta. Un secondo dopo Jennifer tornò indietro, saltò al collo del’amica e le baciò una guancia «A più tardi.» lasciandola stupita per il gesto d’affetto inaspettato.
Quando raggiunse l'atrio, ancora prima di varcare il portone principale, Jennifer riconobbe subito la testa bionda di Niall aspettarla in un angolo con le mai infilati nelle tasche del cappotto.
«Hey..» l’abbracciò prendendola alla sprovvista «Come va?»
Contro il suo petto, per un attimo, la ragazza chiuse gli occhi e aspirò il profumo di buono. Oltre al profumo di pulito dei suoi vestiti, sentì chiaramente la colonia che doveva essersi spruzzato prima di uscire, in cui riconobbe l’odore aspro degli agrumi e quello dolce di qualche fiore. Questo fu subito memorizzato in una delle celle positive della sua memoria.
«Tutto bene grazie. Tu?» gli rispose sorridendo - come una stupida -.
«Non c’è male.» fece spallucce «Vogliamo andare?»
La Grifondoro annuì ed insieme mostrarono a Gazza il permesso d’uscita poco prima di imboccare la strada per Hogsmeade. La strada era innevata e fino al raggiungimento del villaggio non furono molte le frasi che si scambiarono. Jennifer era un tipo molto loquace, ma con il biondo al suo fianco, e le temperature basse di quel dicembre, il suo cervello si era congelato.
Della scuola solo pochi altri studenti avevano approfittato della serata libera per visitare per l’ultima volta il villaggio prima della vacanze natalizie, in High Street la mole di persone presenti era comunque molto elevata, tanto che Niall non ci pensò due volte ad afferrare la mano della ragazza e a dirle di stargli vicino o l’avrebbe persa. Jennifer naturalmente non se lo fece ripetere e ne approfittò, nascondendo il rossore delle gote dietro la sciarpa della sua casa.
Entrare al caldo della locanda I Tre Manici di Scopa fu un sollievo immediato per i due ragazzi.
Anche quello si dimostrò piuttosto affollato, ma non fu impossibile trovare un tavolo ancora libero. Niall indicò alla ragazza la postazione e le chiese cosa volesse così lei avrebbe potuto occupare il posto mentre lui prendeva le ordinazioni, ottimo modo per farle anche capire che avrebbe offerto lui quel giorno. Jennifer così nel frattempo si privò del cappotto e della sciarpa, con la consapevolezza che da quel momento non avrebbe più avuto alcun riparo in caso di situazioni imbarazzanti.
Quando il Tassorosso tornò al loro tavolo con una burrobirra per lui e un idromele per la ragazza, si scusò per averci messo un po’ «C’era mezza Hogsmeade prima di me e poi Madama Rosmerta mi ha trattenuto con le sue avventure e le sue battute. Sai com’è..»
Per i primi minuti, tra i due calò il silenzio. Non era solito per entrambi restare senza parlare  a lungo, o non trovare il ben che minimo argomento su cui discutere. Uno che li accomunava, e su cui sarebbero potuti andare sul sicuro al cento per cento, erano gli scacchi, e fu proprio quello di cui parlarono per rompere il l’imbarazzo venutosi a creare.
«Come sono andate le altre partite?» aprì la conversazione il biondo.
«Alla grande. Le ho vinte tutte. Avevi dubbi?» rispose la ragazza sorridendo.
«Oh si scusa, ho fatto una domanda stupida..» alzò le mani al cielo l’altro «Comunque non mi posso lamentare neanche io. Di questo passo è possibile che ci ritroveremo in finale.»
«Possibile.. Io ci arriverò di sicuro. Non so tu..»
Niall scoppiò a ridere, una risata rumorosa «Ok grifone ho capito. Ritira gli artigli.»
La Grifondoro alzò gli occhi al cielo e scosse la testa «Cosa farai per le vacanze natalizie?»
«Tornerò in Irlanda, starò in famiglia, ingrasserò dieci chili solo mangiando la torta di mia madre, rivedrò qualche a amico che studia a Durmastrang, e passerò del tempo con il mio nipotino che non vedo mai. Da grande diventerà proprio bello come lo zio.»
Jennifer arcuò le sopracciglia  «Se lo dici tu.» ma in realtà cercava di trattenere un sorriso.
«Tu invece?» le chiese prendendo un sorso della sua burrobirra.
«Essenzialmente le stesse cose. Beh, tranne tutta la parte del nipote.»
Il resto della serata era passata in maniera piacevole. Più parlarono e più si sciolsero, e più ebbero modo di scoprire quanto la compagnia dell’altro fosse gradita. La conversazione si accese e spaziarono in vari argomenti, scoprendo anche qualcosa di personale su loro stessi, dal fatto che i capelli di Niall non fossero davvero di quel colore, ma che li sottoponeva a delle pozioni schiarenti, alla fobia di Jennifer  per le sirene, fobia non del tutto illecita.
Quando poi erano rientrati a Hogwarts, poco prima di varcare il portone, il Tassorosso le aveva lasciato un bacio sulla fronte. Un cenno della mano impacciato poi gli aveva divisi, mentre uno prendeva la strada per i sotterranei e l’altra per la torre Grifondoro. Appena Jennifer rientrò nel dormitorio, chiunque notò l’enorme sorriso sul suo volto.

La pazzia più grande mai fatta da Alexis quando si trattava di Isaac?
Probabilmente nessun docente che la conoscesse, nemmeno Niall con il quale passava gran parte del suo tempo, avrebbero mai sospettato che la Corvonero potesse preparare la pozione Polisucco, pozione che oltre ad essere illegale per il ministero, poteva portare a diversi problemi. Bastava poco per ottenere effetti indesiderati, o per essere scoperti dalla persona di cui si erano prese le sembianze.
Nel mese di dicembre aveva lavorato assiduamente nella propria stanza, nascondendo il tutto con un incantesimo, ogni qualvolta le sue compagne di stanza rientravano.
Il giorno prima dell'inizio delle vacanze di natale aveva terminato la pozione, versandoci dentro un paio di capelli della persona di cui voleva assumere la forma, ovvero Jess Adams.
In quanto Serpeverde e persona che più stava vicino ad Isaac, lei era stata la persona più indicata di cui prendere le sembianze. Anche procurarsi qualcosa che le appartenesse come i capelli non fu difficile come si aspettasse. In quanto prefetto, Alexis si era dovuta solamente introdurre di nascosto nel loro bagno al piano superiore.
Per il giorno fatidico poi, aveva studiato il piano nei minimi particolari almeno così pensava.
Era entrata in azione nel tardo pomeriggio, una volta assicuratasi che Jess non fosse nei paraggi. Era entrata nella sala comune dei Serpeverde usando l'intelligenza. Non conosceva la parola d'ordine ma aveva fatto in modo di trovarsi con qualcun'altro che la sapesse nel momento in cui questo la pronunciò. Varcato l’ingresso, il suo obiettivo era lasciare di persona, in un posto in cui l'avrebbe visto, il regalo di natale che aveva preparato per Isaac,  e magari se fosse passato nei dintorni vederlo anche mentre lo apriva, interpellarlo un po’ e sapere cosa ne pensasse.
Al contrario di ogni previsione il suo piano andò in frantumi quando vide che il diretto interessato, in quel momento, era proprio su uno dei divani neri della sala comune che leggeva. Decisa a non lascarsi sfuggire comunque la possibilità di stare al suo fianco sul divano, prese posto dalla parte opposta di questo, agitata più che mai.
Era raro vedere il Serpeverde con indosso gli occhiali da vista, come in quel momento. A parer di Alexis, l’ampia montatura nera, non solo metteva in risalto la mascella squadrata del ragazzo, ma gli dava un aspetto meno rigido, più dolce ed intellettuale che le faceva tremare le ginocchia.
Il biondo convinto naturalmente che fosse Jess, gli sorrise. E «Come va?» le chiese, cosa che mandò completamente in tilt la ragazza, la quale rispose balbettando.
Il Serpeverde aggrottò per un secondo le sopracciglia stranito, dopodiché tornò a leggere.
Per quanto fosse bello stare al suo fianco, poter dire di esserlo stata, Alexis non riuscì a non rimanere tesa per tutto il tempo. Se l'altro se ne accorse, non lo diede a vedere.  
Poi, quando l’orologio appeso a fianco della libreria le fece notare che mezz'ora fosse passata, e che avesse solo un'altra mezz'ora per trovare un modo per dare al ragazzo il suo regalo, o tutto il suo lavoro sarebbe stato pressoché inutile, per non parlare del rischio che correva di far saltare la sua copertura, si alzò di scatto dal divano, e sparì senza dire nulla, senza accennare un saluto.
Nei sotterranei, una matricola Serpeverde stava per rientrare nella propria casa solitario.
Fu in un secondo che Alexis decise di approfittare del timore che quelli più piccoli provavano per Jess per farsi aiutare. Affidò a questo il suo pacchetto e gli chiese di darlo ad Isaac senza dirgli chi fosse il mittente. Cercò di essere il più autoritaria e convincente possibile anche quando gli disse che se l'avesse fatto, quando sarebbe tornato da lei gli avrebbe dato una ricompensa.
I minuti che vennero dopo furono i più lunghi di tutta la vita di Alexis. La Corvonero non era stupida, prima o poi se non avesse fatto niente di concreto per impedirlo, quella vicenda  sarebbe saltata fuori, quindi quando il ragazzino tornò da lei, questa lo incantò con un incantesimo obliviante che gli facesse dimenticare gli ultimi minuto. Per quanto riguarda la ricompensa, si giustificò più con se stessa dicendo che non avrebbe avuto nulla da dargli.

Appena Gregory Stanley proseguì per la propria strada, lasciandolo dopo tre minuti che a Louis erano sembrati fin troppo interminabili per i suoi gusti, Jess non c'era più.
Stava tornando nel suo dormitorio quando aveva visto la propria ragazza davanti all'ingresso del dormitorio con una matricola. Stava per avvicinarsi ai due prima che notasse la ragazza estrarre da sotto il mantello un pacchetto rivestito di carta argentata, e porgerlo poi al ragazzino del primo anno. La cosa gli era sembrata tanto sospetta, che senza pensarci era tornato qualche passo indietro rintanandosi dietro l’angolo da cui era provenuto poco prima.
Non sapeva esattamente cosa stesse facendo. Tutto in quella situazione non era da Jess.
Da quella distanza sembrava quasi che la caposcuola stesse minacciando il più piccolo, e niente avrebbe portato ad alcun dubbio - poteva starlo riprendendo per la sua condotta scorretta nei confronti di qualcuno o qualcosa - se non ci fosse stata la presenza di quel pacchetto.
Nel momento il cui la matricola sparì all'interno della sala comune e la ragazza gli parve particolarmente agitata, era arrivato Gregory, il quale dopo una serie di domande a cui il moro aveva risposto con bugie, aveva iniziato a parlare di cose a cui l'altro non aveva dato davvero importanza, tanto che le sentì appena. Così si era distratto e aveva perso di vista Jess.
Era andato a cercarla allora subito dopo, con tutta la calma e la voglia di chiarire.
Il primo posto in cui aveva guardato era stata la sala comune dei Serpeverde che si era dimostrata subito vuota, quando poi aveva visto una delle compagne di stanza di Jess provenire dal dormitorio femminile, aveva chiesto a questa se la ragazza fosse nella propria stanza, ma la risposta era stata negativa. Aveva guardato in giardino, nella Sala Grande, nel bagno dei prefetti e in tutti i loro posti segreti in cui erano soliti andare quando volevano stare da soli. Non sarebbe stato strano vederla lì, ma nulla.
L’ultimo posto in cui guardò fu la biblioteca. Dopo averla percorsa quasi tutta, era pronto a partire dal punto di partenza e ripiegare su qualche incantesimo di guida, quando la vide seduta in un tavolo in disparte, con la testa appoggiata al palmo della mano e i cappelli neri a coprirle il viso mentre leggeva. Non aveva dubbi fosse lei.
«Ti cerco da un'ora buona in tutta Hogwarts.» sospirò il moro avanzando verso la mora.
Jess sollevò la testa e gli sorrise. Quando fu abbastanza vicino lo afferrò per la cravatta verde-argento della divisa e lo fece abbassare all’altezza del suo viso per appoggiare le proprie labbra sulle sue. Nel ricambiare il bacio Louis fu un po’ freddo e teso, ma l’altra parve non accorgersene.
«Preparo una relazione per dopo le vacanze. Credo sia la più pensante mai fatta in tutta la mia carriera in questa scuola. É da dopo pranzo che sfoglio libri senza trovare esattamente quello che cerco. Non ho nemmeno ancora fatto la valigia per il rientro e ho il treno domani mattina..»
Louis assottigliò lo sguardo «Stai dicendo che non hai fatto altro se non stare in biblioteca da quando ci siamo lasciati in sala pranzo?»  chiese dubbioso.
«Esatto.» annuì la Serpeverde afferrando un libro e portandolo davanti a sé.
«C'era qualcuno qui con te?» che potrebbe confermare «Sei sempre stata da sola?»
«Credo che come me solo pochi altri abbiano passato l'ultimo giorno prima delle vacanze chiusi in biblioteca. Di qui di sicuro non è passato nessuno.»
"Ci credo sei nella parte più remota della biblioteca, chi vuoi che passi qui?” pensò lui, ma una parte dei suoi pensieri non riuscirono a trovare filtro. «Come mai proprio qui? Così in disparte..»
«Perché i libri che mi servivano erano qui e non avevo voglia di trasportare tomi da due chili l'uno lontano se un tavolo era libero qui.» rispose ormai esasperata la Serpeverde «Da quando sei così sospettoso?»
«Da quando ti ho vista dare ad una matricola un pacchetto in maniera losca.»
«Cosa dovrei aver dato io? Ad una matricola poi..» rise Jess poggiando gli avambracci sul tavolo.
«Non lo so, questo devi dirmelo tu. Ti ho visto con i miei occhi.»
«Io credo tu abbia mangiato qualcosa di andato a male, non mi sono mossa da qui tutto il pomeriggio.» scrollò le spalle tornando a sfogliare distrattamente uno dei volumi.
«Se è successo qualcosa, se sei nei guai, o se stai tappando un'altra persona, sai che a me puoi dirlo. Troviamo una soluzione insieme, basta che ti apri a me. Perché non vuoi dirmelo!»
«Cosa dovrei dirti?!» chiese alterata la mora mantenendo difficilmente il tono della voce basso.
La situazione si stava infiammando, non aveva senso continuare a studiare se contrariamente da quanto avesse pensato all’inizio la ragazza, Louis la stava davvero accusando di qualcosa.
«Nemmeno un'ora fa eri fuori dal dormitorio e davi qualcosa ad un ragazzino. Ti ho visto chiaramente minacciarlo e mandarlo dentro con quel cavolo di pacchetto.»
«Non so davvero di che pacchetto tu stia parlando! Devi esserti confuso, non ero io. Non mi sono mossa di qui e dovresti fidarti di me anche se non c'è nessuno che potrebbe confermare di avermi visto. Da quando ti dico bugie? Da quando non mi credi?»
«Non lo so ma io so cosa ho visto, non sono pazzo se è quello che stai cercando di dirmi.» ringhiò Louis voltandosi di spalle e tornando da dove era venuto.
«Louis aspetta!» gridò Jess sperando che il gran numero di scafali attutisse la sua voce a Madama Pince «Fanculo.» sussurrò poi incastrando le mani tra i capelli.

Coincidenza o meno, dalla sera in cui aveva visto Harry prendere quella pozione, la Grifondoro aveva notato il ragazzo sempre più strano. Non mancava mai agli allenamenti, non saltava i duelli anche se aveva saputo che all'ultimo aveva perso, si presentava ogni giorno alle lezioni e aveva sempre sorrisi da dispensare a tutti. Fin qui tutto nelle norma, eppure Sylvia vedeva che qualcosa nel riccio non andasse del tutto bene. Aveva l'aria fiacca, gli occhi appena gonfi, come qualcuno che si è appena alzato dal letto, o come qualcuno che proprio non ci è andato.
Era al centro dell'attenzione ma solo Sylvia lo guardava davvero.
Ad alimentare ogni suo dubbio che qualcosa non andasse, quella sera la castana si affacciò nuovamente alla Sala Comune dopo che tutti erano andati a dormire. Stette ad osservare il riccio, ancora una volta seduto intorno al tavolo studiando, per più di mezz'ora.
Se la testa gli barcollava appena, perché non andava a dormire?
Non avrebbe prodotto nulla comunque con gli occhi che a stento volevano rimanere aperti.
Stava per arrendersi e tornare nel proprio dormitorio quando vide di nuovo quel sacchetto e vide nuovamente il riccio prendere una pozione. Subito dopo, come la volta precedente, Harry sembrò rinascere e la stanchezza sembrò esser completamente scomparsa. Sylvia sospirò scuotendo la testa, non passò molto tempo prima che se andasse, intenzionata a non mettersi in mezzo.
Il giorno dopo la Grifondoro notò nel riccio un comportamento sempre più strano, anzi ormai evidente, notò come questo iniziasse a diventare schivo con le persone, lo faceva in maniera cordiale, ma non gradiva comunque molto la compagnia altrui e cercava di evitare a lungo spazi molto affollati e confusionari. Non era di certo da lui, ma ancora, sembrava che solo lei se ne accorgesse.
Quella sera oltre alla prima boccetta, un'altra dal contenuto giallo intenso finì tra le mani del ragazzo. Dopo averla bevuta, Sylvia lo vide stare per qualche secondo ad occhi chiusi con il naso all'insù, dopodiché quando li riaprì un sorriso incurvava la sua bocca.  
Pochi secondi dopo, mentre la piuma bagnata d'inchiostro scorreva sulla pergamena, un motivetto proveniva dalla labbra del ragazzo.
Il giorno dopo Sylvia non aveva più dubbi su cosa dovesse aver preso Harry. Era incredibile insolito che una persona che non dormiva da giorni - per quanto ne sapeva lei - fosse così allegra, si perché dalla mattina successiva era già tornato il solito chiacchierone e circondato di persone.
Non provò comunque ad intervenire, a cercare di avere conferme o ad interrogare il riccio. Di sicuro non l'avrebbe fatto in pieno giorno quando questo era quasi impossibile da raggiungere, e già da quella sera Sylvia sapeva non l'avrebbe più rivisto, perché entrambi sarebbero partiti direzione casa per le vacanze natalizie.
Una piccola parte di lei sperava che la situazione si risolvesse da sola. Magari passando il tempo a casa Harry si sarebbe riposato abbastanza da non dover ricorrere più ad alcuna pozione.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4




Era colpa sua. Se lo ripeteva da quasi un'ora ormai, era colpa sua e si sentiva terribilmente una brutta persona per quello. Dove aveva la testa quando aveva deciso di prendere la pozione Polisucco? Perché non aveva valutato bene tutti i possibili incidenti di percorso?
Ad Hogwarts le voci giravano in fretta, e quella mattina anche nella sala dei Corvonero, mentre Alexis terminava di impacchettare la sua valigia, era arrivato il pettegolezzo che la sera prima Louis e Jess avessero discusso. Nessuno sapeva il reale motivo, ma a quanto si diceva, il ragazzo accusava la Serpeverde di qualcosa che lei invece negava di aver fatto. Per quanto nessuno sapesse di cosa si trattasse, per Alexis, che il giorno prima si era immedesimata nella mora, non c’erano dubbi che Louis stesse parlando di qualcosa che doveva aver fatto lei durante la sua ora nelle vesti di un’altra persona, probabilmente l’aveva persino vista consegnare il pacco e lei, presa a raggiungere un angolo in cui cambiarsi prima che la pozione cessasse di funzionare, non lo aveva notato affatto. Per la Corvonero non c’erano altre spiegazioni, doveva esser andata così.
Stava camminando a passo accelerato, in quel momento, nella direzione opposta rispetto a quella che era la mensa dove sarebbe dovuta andare per la colazione. Teneva la testa bassa lasciando cadere appena i capelli davanti agli zigomi, per nascondere gli occhi lucidi, traboccanti di colpevolezza. L’unica cosa che voleva in quel momento era passare le poche ore che la separavano dal prendere l’espresso per il ritorno a casa da sola, a commiserarsi per la sua stupidità, magari in giardino dove nessuno – visto la temperatura glaciale – sarebbe uscito.
Era stata brava fino a quell’istante ad evitare le persone, arrivata però a pochi metri dall’uscita dei sotterranei dove alloggiavano sia i Serpeverde che i Tassorosso, Alexis andò a sbattere contro qualcuno che in quel momento girava l’angolo. La Corvonero si rese contro dell’impatto, effettivamente solo quando il suo sedere toccò rovinosamente terra e un gemito di dolore lasciò le sue labbra. Come se tutta la situazione non potesse peggiorare, davanti a lei Isaac Lahey la guardava con la stessa montatura scura calata sul naso e uno sguardo un po’ assonnato.
La cosa però che le tolse davvero il fiato dai polmoni, fu vedere cosa quello stesse portando al collo in quel momento, ovvero la sciarpa color grigio cenere che lei stessa gli aveva regalato.
Mormorò delle scuse, e quando le parve di vedere le labbra del ragazzo muoversi per dire qualcosa, un paio di mani si poggiarono sulle sue braccia e l’aiutarono a sollevarsi.
«Stai bene Alex?» la voce di Niall raggiunse le sue orecchie, e subito dopo anche il suo viso preoccupato le si parò davanti.
In risposta la castana annuì confusamente e quando si voltò dalla parte opposta, Isaac non era più lì, ma insieme ad altri Serpeverde avanza verso la mensa.
«Hai fatto un bel capitombolo a terra eh?!» aggiunse il biondo scoppiando a ridere subito dopo.
Anche Alexis si lasciò scappare un sorriso diventando subito rossa, stava realizzando lentamente quello che fosse successo, della sciarpa e dello scontro con il Serpeverde.
Si lasciò successivamente trascinare nella Sala Grande per la colazione con una confusione nella testa che non riuscì a dissolvere comunque, nemmeno dopo aver cercato di riempire lo stomaco o aver cercato di stare dietro alle battutine di Niall che si era intrufolato nella tavolata Corvonero con Liam. “C’è abbastanza spazio anche per noi visto che molti sono partiti ieri.”
Una parte di lei continuava a morire, a volersi autopunire per esser stata la causa di una possibile rottura - perché bastava vedere come la coppia quella mattina non fosse già più unita per averne quasi la conferma - e l'altra non riusciva a non pensare ad Isaac, a quanto fosse bello e a come stesse bene con la sciarpa che lei stessa gli aveva regalato.

Fine vacanze

Erano appena rientrati dalle vacanze natalizie e Hogwarts era nuovamente nel pieno della sua vivacità. Le lezioni sarebbero riprese il giorno successivo ma buona parte del corpo studenti era intento a completare relazioni e a portarsi in pari con lo studio. Tutto studio che era stato trascurato in quelle poche settimane di pausa tra regali, maglioni fatti in casa e biscotti.
 La Porta della propria stanza si aprì di colpo facendo spaventare Sylvia che in quel momento era riversa sul letto circondata da libri e appunti. Jennifer con un'enorme sorriso stampato sul viso, solito sorriso di chi ha novità o qualcosa da raccontare fece capolino «Devi venire assolutamente con me.» le disse lanciando il borsone con il quale era tornata a casa per le vacanze, sul suo letto.
«Ciao anche a te Jenn! Si le mie vacanze sono passate benissimo anche se..»
«Non c'è tempo!» esclamò afferrandola per un braccio e trascinandola giù per le scale con fretta. Se fosse stata in pigiama o in condizioni peggiori, l'amica non se ne sarebbe di sicuro accorta.
«Mi vuoi dire che succede?» chiese Sylvia incespicando sulle sue lunghe gambe.
«Hai presente che girava la voce che Louis e Jess avessero litigato poco prima delle vacanze? Beh a quanto pare è vero e lui deve averla fatta davvero grossa ora, perché ho sentito Jess urlare nell'atrio mentre rientravo. Andiamo non voglio perdermi una scena del genere.»
Quando arrivarono, le due ragazze doverono farsi strada con i gomiti per poter raggiungere la prima fila e assicurarsi una buona vista di quello che stava succedendo. Louis  e Jess erano uno di fronte all’altro, il primo con le spalle al muro e disarmato. La sua bacchetta giaceva a terra in un angolo troppo lontano perché potesse anche solo pensare di poterla raggiungere. La ragazza invece era in posizione d’attacco, la furia a deformarle il viso e la bacchetta puntata in avanti.
«Questo giorno è da segnare sul calendario. Finalmente succede qualcosa di divertente dopo tanto tempo in questa scuola.» sghignazzò la mora battendo le mani davanti al viso eccitata.
«L'ha schiantato già quattro volte.» le informò sospirando una ragazza che doveva essere del loro stesso anno, che in quel momento osservava la scena al loro fianco, con un’espressione che Jennifer considerava immotivatamente preoccupata. Per lei era tutto così divertente.
«Cosa è successo a Styles?» chiese Sylvia notando il riccio poggiato alla parete qualche metro più in là. Era piegato in avanti con le mani sulle ginocchia e il viso bianco come quello di un fantasma.
«Ha provato a mettersi in mezzo per aiutare Louis ma Jess ha schiantato anche lui.»
Sotto i loro occhi la scena stava quasi per ripetersi quando il caposcuola Liam avanzò con l'intenzione di intervenire, ma la Serpeverde gli punto contro una bacchetta. Fu fortunato, questa fu troppo buona per centrarlo davvero e ferirlo. L’incantesimo che gli lanciò servì solamente a farlo spaventare ed obbligarlo a farsi da parte, come effettivamente, subito dopo, fece.
«Louis William Tomlinson, come anche solo ti è passato per la testa somministrarmi il Veritaserum?!» ringhiò la Serpeverde riportando l’attenzione minacciosamente su di lui.
«Jess, serpentella mia, amore..» cantilenò Louis con un sorriso teso cercando di avvicinarsi a lei.
«Non chiamarmi cosi!» gridò la ragazza agitando la mano «Non chiamarmi amore. Io ti crucio!»
«Oh oh.. è nei guai.» rise Jennifer tappandosi la bocca con entrambi le mani.
«Parliamone..» tentò nuovamente il moro «Magari in un posto meno affollato..» propose.
In risposta Jess lanciò un altro incantesimo «Locomotor mortis.» che Louis evitò per un soffio.
«Se non fossi sicura che andando lì ci rimetterei la pelle, probabilmente stringerei una mano ad Adams. Ha palle da vendere quella ragazza.» disse ancora Jennifer.
«Chiamate un docente! Chiamate la McGranitt o lo ucciderà!» gridò qualcuno in mezzo alla folla.
Louis provò a raggiungere la propria bacchetta ma prima che potesse farlo, da quella della ragazza parti un fascio di luce che attaccò le gambe del moro «Gambemolli!»
Il colpo fece centro e Louis cadde al suolo senza riuscire più a controllare le proprie gambe divenute in quel momento come gelatina.
In quello stesso momento,dalla parte opposta il cerchio di studenti si aprì facendo spazio al professor Piton on la sua solita maschera d’inespressività, o meglio odio nei confronti di tutti.
Guardò il moro a terra contorcersi e tentare di rimettersi in piedi senza risultati, e poi guardò Jess con ancora la bacchetta indirizzata verso l’altro, ordinandole di metterla giù.
«Styles, Payne trasportate Tomlinson nel mio ufficio.» ordinò poi ai due studenti alle sue spalle che, per quanto avessero voluto protestare, non dissero nulla e obbedirono all’istante.
«Hey io avrei bisogno di Madama Chips in questo momento.» non riuscì a star zitto Louis.
«Taci Tomlinson o al posto di mettertele apposto te le farò tagliare quelle gambe.»
Jess non disse più nulla, sul suo viso non c'era il ben che minimo rimorso, anzi tornando indietro, probabilmente avrebbe rifatto tutto se non di peggio. Non appena dieci minuti era riuscita a conquistare l’ammirazione di molti studenti, e a provocare il terrore in altrettanti.
Louis dolorante invece si cucì la bocca, e pose le braccia intorno al collo degli altri due.
Dopodiché il professore fece strada ai ragazzi verso il suo ufficio lasciando la cerchia di persone ancora nell'atrio confuse e eccitate da quello che avevano visto.
«Dite che ora saranno nei guai?» chiese a voce alta a destinatari non precisati Jennifer.
 A risponderle fu ancora una volta la ragazza con i capelli rossi «Piton non nuocerebbe in questo modo ai suoi Serpeverde. Fará loro al massimo una ramanzina, metterà in punizione Tomlinson per una settimana, ma né toglierà punti alla casa, né interverrà su Jess. Ẻ caposcuola, troverà la scusa che si è difesa.» disse «Io comunque sono Alexis..» aggiunse allungando una mano con un timido sorriso.
«Oh si scusa..» si maledisse la mora «Io sono Jennifer, mentre lei è Sylvia. Piacere di conoscerti»

La giornata era fredda, come a Gennaio era anche normale che fosse, ma c’era un bel sole, e gran parte di Hogwarts non aveva resistito nel fiondarsi in giardino nella pausa dalle lezioni e godersi il tempo. Avevano fatto la stessa cosa anche Jennifer e Sylvia, che in quel momento stavano sedute su un angolo di prato, nel cortile centrale, dando le spalle al porticato.
Stavano in silenzio, godendosi quei quattro raggi di sole e le chiacchiere degli altri, ogni tanto commentando quanto sentivano o dicendo qualcosa che l’altra ancora non sapeva, cosa ormai difficile, visto tutto il tempo che passavano insieme. Eppure Sylvia c’era una cosa che all’amica non aveva ancora detto, ed era restia a condividere, ovvero la condizione di Harry.
In qualche modo stava conservando gelosamente per lei quella nozione, aspettando di vedere, come si sarebbero evolute le cose, o sperando di potergli essere d’aiuto.
D’altra parte, buona parte delle loro discussioni ruotavano intorno a Niall, Jennifer non faceva altro che parlare di lui tra un sospiro e l’altro, ed era arrivata persino a presentarglielo un giorno, mentre erano all’ora di Erbologia. Sembrava un tipo gentile e simpatico, se le cose fossero destinate a diventare serie tra lui e l’amica, Sylvia lo avrebbe approvato.
Mentre Jennifer guardava davanti a sé un gruppo di matricole scambiarsi carte animate, un paio di mani si poggiarono sui suoi occhi e una voce allegra disse «Indovina chi sono?»
Sylvia sollevò gli occhi al cielo divertita. Come se fosse difficile riconoscere l’accento irlandese.
«Ehm..» fece finta di pensarci la mora «Sei Gazza vero?!»
«Ehi! Così mi offendi.» borbottò Niall senza spostarsi di un sol centimetro «Ritenta.»
«Nì hai le mani calde.» sospirò di piacere Jennifer poggiando le mani su quelle del ragazzo e spostandole sulle sue guance per qualche secondo. Non fece caso al fatto che avesse risposto in maniera inconsueta alla domanda e che avesse anche chiuso gli occhi godendosi il contatto.
Il ragazzo sorrise appena e le accarezzò una guancia «Ero dentro fino a pochi minuti fa.» rispose.
Sylvia spostò lo sguardo da un’altra parte, sentendosi un po’ di troppo e aspettò che finissero. Riportò lo sguardo solo quando Niall si buttò al suolo di fronte a loro.
«Come mai da queste parti?» domandò la mora appoggiando il peso sui palmi dietro la schiena.
«Ho una proposta per te..» esordì aspettando di ricevere una reazione da parte dell’altra prima di continuare «Sappiamo già che entrambi arriveremo tra i dieci finalisti del torneo, quindi mi chiedevo, perché non ci alleniamo tra di noi? Siamo due avversari con i fiochi, la cosa peggiore che ci può capitare, è ritrovarci in finale contro. Hai capito cosa intendo?»
Jennifer annuì «Chi meglio di noi stessi per allenarci?»
«Perfetto.» sorrise ampiamente il biondo «Che ne dici di iniziare questa sera stessa dopo cena?»
«Dico che va bene.» annuì la ragazza cercando di trattenere l’euforia.
«A stasera allora. Ciao Jenn.»  si sollevò nuovamente in piedi «Ciao Sylvia!» salutò anche l’altra.
Sylvia aspettò che il ragazzo fosse abbastanza lontano, dopodiché si voltò verso l’amica con sguardo ammiccante e «Adesso si chiamano allenamenti..» disse, prima di beccarsi un pugno affettuoso su una spalla.
Da quella sera stessa iniziarono con i primi incontri dopo cena nella Sala Grande. Aspettavano che gran parte degli studenti si spostasse nei propri dormitori per ritagliarsi uno piccolo spazio in una delle quattro tavolate. Le prime volte era stato Niall a raggiungere le due ragazze, Sylvia un paio di minuti e poi lasciava i “piccioncini” da soli per raggiungere il proprio dormitorio.
Inizialmente le prime partite terminarono ancora in parità e prima dell’ora del coprifuoco. Già dalla seconda settimana Niall e Jennifer iniziarono invece ad organizzarsi oltre l’orario previsto nella stanza delle necessita. Una delle motivazioni per cui lo fecero, non furono gli allenamenti di per sé, ma perché ad entrambi faceva piacere la compagnia dell’altro e dopo qualche partita, perdevano la cognizione del tempo passandolo a parlare.

Non era riuscita quella sera a non irrompere nella sala comune pochi secondi prima che il ragazzo buttasse giù il contenuto delle due boccette. Non era una cosa che aveva premeditato di fare, ma vederlo rovinarsi con le sue stesse mani non riusciva proprio a sopportarlo.
Non appena la prima boccetta era stata stappata, Sylvia era scesa a passo svelto prendogliela da mano. In quel momento sia la il piccolo contenitore aperto, che il sacchetto contenente la seconda pozione erano nelle sue mani mentre il Grifondoro davanti a lei la fissava.
Aveva un’espressione di cera, un misto tra la sorpresa, la colpevolezza e il fastidio. La ragazza vide un lampo negativo passare nelle sue pupille verdi, e un senso di disagio la pervase.
Questo non la spaventò minimamente, anzi ruotò appena la boccetta per cercare di capire cosa fosse e molto semplicemente l'etichetta sulla parte frontale le confermò il fatto che quella fosse la pozione risvegliante. Poi aprì il sacchetto arretrando di un passo all'indietro per sottrarsi dal tentativo del riccio di fermarla. Ancora una volta l'etichetta le facilitò il compito, su di essa infatti erano scritte le parole "Elisir dell’Euforia". Si trattava  di una pozione in grado di risollevare il buon’umore, quanto una pozione in grado di riportare numerosi effetti collaterali.
«È così che Harry Styles riesce a fare tutto. Utilizzando pozioni.» disse Sylvia in una smorfia.
«Dovresti star dormendo adesso e dovresti farti gli affari tuoi.» rispose duro il riccio.
«Anche tu dovresti star dormendo. Invece ironia  della sorte ti ho trovato ad imbrogliare.»
«Io non sto imbrogliando.» controbatté strappando dalle mani della ragazza il sacchetto.
«Ricorrere a pozioni per aumentare la concentrazione e risvegliare l'intelligenza a me sembra barare. Per non parlare dell’Elisir dell’Euforia , è alla pari di  drogarsi.»
«Ripeto. Non dovrebbe esser affar tuo di cosa faccio o non faccio io. Vattene via, non sei nessuno per giudicarmi, non sai nulla.» alzò il tono della voce il riccio avanzando verso lei.
«Guardati, stai rasentando la pazzia. Da quanto non dormi?» chiese la ragazza senza ricevere alcuna risposta «Starai male se continui a prendere quell’Elisir lo sai? Smettila.»
«No smettila tu! Non sei mia madre e non sei mia sorella. Anzi non sei proprio nessuno per potermi dire una cosa del genere, quindi taci perché è un mio problema cosa prendo o meno. Sono abbastanza responsabile da sapere quando è abbastanza, o non sarei arrivato dove sono adesso.» sputò tutto di un fiato il più alto a pochi centimetri dal viso della ragazza.
Se fosse un effetto collaterale delle pozioni o meno, questo Sylvia non lo seppe dire a primo impatto, di sicuro era certa che nessuno avesse mai visto questo lato di Harry Styles. Muscoli tesi e posizione d’attacco e viso livido di rabbia. Notò anche un delle vene sul collo gonfiarsi mentre le urlava contro. Del Grifondoro gentile e allegro con tutti non c’era ombra.
Nonostante ciò la ragazza non si mosse, rimase a guardarlo con le mani sciolte lungo i fianchi.
«Su, vai a dire a tutta Hogwarts cosa hai visto. I Grifondoro lo sanno già, sei agevolata.» mormorò a denti stretti il riccio facendo riferimento ai toni elevati con cui avevano discusso fino a quel momento. Chiunque doveva averli sentiti contando che qualsiasi suono all’interno delle torri correva velocemente.
«Se questo fosse il mio obiettivo, non avrei fatto un incantesimo isolante alla stanza prima di scendere.» rispose Sylvia sostenendo il suo sguardo, orgogliosa di se stessa.
Era una Grifondoro nel sangue, per quanto fosse riservata rispetto a molti altri, aveva coraggio, audacia e nobiltà d’animo, cosa che per un attimo dubitò avesse davvero anche Harry, il quale dopo averla osservata ancora per qualche secondo, riordinò i libri con un colpo di bacchetta e lasciò la stanza salendo al suo dormitorio con passo furente.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5




Era insolito, decisamente insolito vedere una delle coppie famose di Hogwarts separate per più di ventiquattrore. Metteva a disagio chiunque vedere Jess e Louis per conto proprio, sedersi in posti separati e non rivolgersi affatto la parola. O meglio, la ragazza stava per conto suo, il moro invece si vedeva continuamente ignorato ogni qualvolta provasse ad avvicinarsi a lei per risolvere.
Era sfuggevole e velenosa nei suoi confronti proprio come un serpente.
In sala mensa il posto prima occupato da Louis, ormai era occupato da Isaac, il quale si ritrovava a fare da muro divisorio tra i due, e da mediatore quando il moro tendeva ad essere troppo assillante anche per lui, che si trovava indirettamente immischiato in quella questione.
Per poterla raggiungere aveva provato anche a pregare Liam di parlarle da parte sua - e magari convincerla anche a perdonarlo - durante uno dei loro turni di ronda notturni come capiscuola.
L’indomani mattina il castano aveva dato una pacca al Serpeverde ed aveva fatto spallucce sussurrando un «Mi spiace amico.» che lasciò intendere come Liam non fosse riuscito nel piano.
Quel giorno Jess si distaccò maggiormente, ma fu solamente l’inizio. Un fine settimana questa si era recata ad Hogsmeade con altre due Serpeverdi con cui a malapena parlava, pur di non rimanere al castello o stare con Louis, o rischiare di averlo tra i piedi. Il moro invece era stato con Liam, ed in compagnia di altri suoi due amici, Niall che conosceva perché sapeva essere nella stessa casa del castano ed una ragazza Corvonero, Alexis, la quale era rimasta in silenzio per tutto il tragitto. Imbarazzo pensò, non poteva immaginare ci potesse essere molto di più dietro.
Nella disperazione aveva chiesto anche a lei cosa avrebbe dovuto fare per riuscire a riavvicinarsi a Jess, e dopo un’espressione stupita, e qualche secondo troppo lungo di silenzio, lei le aveva posto la domanda "Come l'hai conquistata la prima volta?"
Arrivati da I tre manici di scopa i due irlandesi si erano separati da loro andando al tavolo con altre due ragazze del sesto anno, mentre Louis e Liam avevano occupato un posto in attesa di Isaac. In generale la serata non era stata molto movimentata, anzi con Louis sottotono si poteva definire addirittura moggia. Solo al rientro ad Hogwarts il moro riuscì a vedere la ragazza, ma non riuscì a parlarci perché questa andò nel proprio dormitorio prima ancora che ci provasse.
Nonostante tutto questo, quando Louis dovette affrontare un duello al club, ed era pronto a nominare Isaac come suo secondo, Jess salì sulla pedana confermando il suo ruolo.
Il moro non riuscì a non mostrare la sua sorpresa, provò a dire anche qualcosa, ma il tempo di voltarsi, che la ragazza si era già allontanata. Questa era lì in quel momento perché era una persona di parola, non si tirava indietro, anche se non voleva avere a che fare con Louis.
In ogni caso passò tutta la durata del duello qualche metro più indietro, in un punto in cui potesse vedere abbastanza bene, pur non stando in prima fila. Probabilmente fu anche per quello, e per tutta la questione in generale che Louis non diede il meglio di sé quel giorno, nonostante vinse.

Nei giorni successivi allo scontro diretto con Harry, Sylvia si obbligò ad ignorarlo, cercò di non guardare mai nella sua direzione nella sala mensa, trovò un modo per non alzare la testa quando questo passava in corridoio, o trovava qualcosa di più interessante quando si incrociavano.
Era riuscita a lasciarlo perdere, anche le volte in cui sentiva lo sguardo del Grifondoro addosso.
Poteva dire di avercela fatta, tecnicamente era così, se non fosse che quella condizione durò solamente tre giorni, dopodiché la castana aveva r’iniziato ad osservarlo con la coda dell’occhio, e a fingersi invece indifferente ogni volta che questo si voltava a guardarla.
Per non parlare del leggero timore che provava nei suoi confronti dopo la lite che aveva avuto.
L’ira che lo aveva colto quella sera, e che molto probabilmente doveva esser stata l’unica volta, in tutta la sua permanenza ad Hogwarts, in cui Harry si era lasciato andare, aveva permesso alla Grifondoro di conoscere un aspetto che mai si sarebbe immaginata questo potesse possedere. Era la prima che cercava di trovare la nota stridente in tutta  quella perfezione che prendeva il nome di Harry Styles, ma la sviolinata era stata troppo inaspettata ed eccessiva anche per lei.
C’era anche il senso di colpa che sentiva nei confronti della migliore amica per starla tenendo all’oscuro da tutta quella situazione. Essendo tali, avrebbe dovuto condividere con lei qualsiasi segreto, qualsiasi dubbio, ma il fatto che quella situazione riguardasse più il riccio che lei stessa, non le dava la sicurezza sufficiente dal permetterle di lasciarsi andare tranquillamente. Non poteva dire a Jennifer che il loro Prefetto stava in qualche modo imbrogliando, o anche peggio che stesse rischiando una seria dipendenza da pozioni. Non era la stessa cosa di confidarle che un ragazzo al primo anno ci aveva provato con lei, o confidarle una sua cotta, un segreto che la riguardava completamente in prima persona.
Nonostante tutto ciò provava anche un po’ di coraggio, coraggio scatenato dal suo esser riuscita a tenere testa  al riccio, anche se quel loro scontro sembrava non aver portato a frutti positivi. Infatti anche altre persone iniziavano a notare qualcosa di strano nel riccio. La camminata ciondolante ad esempio era accentuata, non più caratteristica del ragazzo, ma chiaro sintomo di stanchezza. Aria mogia accentuata dal continuo tener legati i suoi capelli in un codino.
Proprio Jennifer al termine di una partita di Quidditch aveva indicato il capitano chiedendole se lo vedesse strano - stanco era l’aggettivo con cui l’aveva descritto - e nonostante fosse d’accordo con lei, Sylvia aveva ancora una volta tenuto per sé il segreto del riccio giustificandolo con il fatto che quella partita fosse stata uno scontro all’ultimo respiro, e che lo comprendeva.
Che fosse vero o meno, Jennifer era andata a quella partita solo per farle compagnia, era certa che avesse già dimenticato tutto ciò che le aveva detto durante questa per poterla aiutare a capire qualcosa, o anche solo a quanto avessero vinto.
Ma c’era una domanda che probabilmente la assillava più del solito. Perché le importava così tanto di quello che faceva il riccio? Perché si era presa tanto a cuore la sua situazione?
Voleva proteggere la sua reputazione dopo anni passati a disprezzarlo per la sua perfezione? Lei nemmeno amava la fama, ed essere tra le persone più al centro dell’attenzione in tutta Hogwarts non le importava, per questo teneva un profilo basso.
Si sentiva in colpa per il modo in cui l’aveva trattato il primo anno? O era qualcosa inerente?
La risposta c’era, e non era nemmeno tanto difficile da raggiungere se solo l’avesse accettata.

Se Niall avesse saputo che lei fosse lì, probabilmente l’avrebbe disconosciuta da sua amica e le avrebbe fatto una gran quantità di domande. Non necessariamente in quest’ordine.
Quel giorno al campo di Quidditch si stavano sfidando i Serpeverde e i Tassorosso. Il biondo era arrivato a pregarla di andare con lui, ma nessuna supplica era servita, perché a lei quello sport non piaceva, non seguiva il campionato e non sapeva nemmeno come fosse messa la propria casa in questo - a differenza dell’altro - perché non seguiva nemmeno le proprie partite.
Eppure in quel momento si trovava nascosta tra una gradinata e l’altra delle tribune, dove nessuno avrebbe potuto vederla. Per quanto non le interessasse il Quidditch, quella non era la prima volta che vedeva una partita all’insaputa dell’amico o di chiunque altro.
Difficile capire per quale motivo? Il portiere dei Serpeverde, ovvero Isaac, l’unico per il quale si scomodava dal lasciare le quattro mura della scuola, qualsiasi fosse la mole di studio o il clima all’esterno, e lo faceva sempre di nascosto, posizionandosi dove nessuno avrebbe potuto vederla perdersi ad osservare il ragazzo e ogni tanto perdersi confusa in quel vai e vieni di scope.
Tutto procedette bene per buona parte della partita, i Serpeverde erano in vantaggio di qualche punto, o perlomeno stavano vincendo dalle continue urla che lei sentiva provenire dagli spalti dei Serpeverde. Quella casa probabilmente avrebbe dovuto fare una statua ad Isaac.
Non se ne intendeva, ma nel corso della partita aveva visto il ragazzo parare una quantità infinità di bolidi, favorendo con il rilancio anche i suoi compagni.
La partita prese una piega inaspettata quando ormai stava per essere reclamata la fine, ed il bolide, la pluffa e il boccino iniziarono ad impazzire come stregati, fuori controllo e con l’intento di colpire chiunque fosse all’interno delle loro traiettorie, giocatori in primis.
Gli insegnanti presenti cercarono di fare immediatamente il possibile per risolvere, alcuni cercavano di deviare i bolidi con scarsi risultati, altri cercavano di capire cosa dovesse aver causato l’impazzire delle palle e quelli rimasti osservavano con attenzione, ripiegando su incantesimi di salvataggio ogni volta che un giocatore veniva colpito.
In poco tempo, davanti ai suoi occhi, Alexis vide scatenarsi l’inferno più totale, le gradinate sopra di lei ballavano dallo scalpitare delle persona agitate sopra di lei, ed in parte anche dai colpi che ricevevano a causa delle palle stregate, i giocatori sulle scope volavano in circolo cercando, la maggior parte delle volte senza successo, di non venir colpiti.
Quando spostò l’attenzione su Isaac, questa lo trovò ancora a cavallo della sua scopa, in prossimità degli anelli, che si guardava intorno con gli occhi leggermente spalancati. In quanto capitano avrebbe dovuto trovare una soluzione, ma essendo piuttosto difficile per gli insegnanti farlo, per lui era una vera e propria impresa.
Nessuno tranne la Corvonero notò che un bolide stava puntando proprio nella direzione del Serpeverde in quel momento distratto. Mentre Alexis estraeva da sotto il mantello la propria bacchetta, vide chiaramente il ragazzo esser disarcionato dalla propria scopa, andare a sbattere contro uno degli anelli violentemente e precipitare verso il suolo.
Intervenne in quel momento, agitò la bacchetta puntandola verso Isaac e lanciò un incantesimo non verbale senza staccare mai lo sguardo da lui. Una frazione di secondo più tardi, Isaac levitava a dieci centimetri, gli occhi spalancati e la bocca aperta in un urlo silenzioso.
Quando Alexis si accorse di esser riuscita a salvarlo, lo lasciò andare delicatamente, si portò le mani tremanti al petto e «Ce l’ho fatta..» sussurrò a se stessa.
Appena Isaac toccò terra e poté sedersi, si accorse con piacere – tralasciando la spalla lussata che gli faceva un male indescrivibile -, che era vivo, e che lo era per miracolo.
Si guardò intorno confuso. Nessuno degli insegnati sembrava aver fatto conto a lui, invece qualche studente era scioccato quanto lui, se non di più. In quanti sarebbero finiti a San Mungo per pazzia, se lo avessero visto sfracellarsi al suolo?
Poco dopo il suo nome pronunciato con preoccupazione raggiunse le sue orecchie. Verso di lui, Louis e Jess stavano correndo uno affianco all’altra ignorando momentaneamente la loro rottura.
«Isaac stai bene? Per un attimo ho pensato che ti avremmo dovuto raccogliere con una spugna.» disse sollevata la ragazza mentre si inchinava al suo fianco e controllava attentamente la spalla che, senza rendersene conto, Isaac si stava tenendo stretta al resto del corpo.
«Come hai fatto a bloccarti così vicino al suolo?» chiese invece il moro sbalordito.
«Non siete stati voi?» aggottò le sopracciglia «Se fosse stato per me adesso sarei una frittata.»
«Cos’è tutta questa ironia? Felice di essere vivo?» sorrise Louis «Comunque mi dispiace amico, ero distratto, ti ho visto solamente quando ormai eri ad un metro dal suolo.»
«Dispiace anche a me, cercavo di raggiungere i professori ma sembrano tante formiche cui è stato attaccata la tana. Stanno dando di matto per poter risolvere la situazione.»
«L’importante è che ora io sia vivo, credo però di aver bisogno dell’infermeria.» storse il naso.
Fu Jess stessa a chiamare l'attenzione di uno degli insegnanti su Isaac, mentre dall'altra parte del campo Liam si rendeva allo stesso modo utile con i suoi compagni di casa.
Il biondo dovette aspettare ancora un po’ prima di poter essere controllato da Madama Chips e mai, come quel giorno, fu difficile raggiungere l’infermeria, per la mole di persone che cercavano di parlargli, e accertarsi con i loro occhi che fosse ancora tutto intero.

Le prove stavano andando bene, Jennifer lentamente stava iniziando a capire le tattiche del biondo, e questo a sua volta, stava facendo lo stesso con lei tanto che l partite iniziavano a farsi interessanti e cominciavano a comparire anche le prime vincite. Si la Grifondoro poteva dire che gli incontri con Niall stessero andando bene in tutto, lui era carinissimo, tutti i suoi pregiudizi sui Tassorosso erano quasi completamente spariti conoscendo lui, e sembrava che anche lui stesse bene con lei, ciò anche se un mercoledì sera,  il biondo non si presentò al loro incontro.
Jennifer aveva notato la sua assenza in sala mensa quel giorno, e nonostante avesse subito pensato che fosse stato strano, aveva deciso di aspettare il loro incontro più tardi per i chiarimenti. Invece nella stanza delle necessità la Grifondoro non trovò nessuno, anzi aspettò quasi un’ora cambiando più volte posizione sul divano, facendo avanti e indietro per la stanza, ma di Niall niente, fino a quando, con un diavolo per capello, e anche una gran confusione, s’incamminò verso il proprio dormitorio.
Con il rischio di incontrare qualche docente, i capiscuola, o Gazza, Jennifer fece il giro largo per raggiungere la sala comune Grifondoro, passeggiando nell’ala  ovest del castello, parte in cui le finestre davano sul lago Nero, scenario che in quel momento pareva tanto lugubre, quanto mozzafiato per via della luna piena riflessa sulla superficie liscia dello specchio d’acqua.
Ormai aveva cambiato gli orari di sonno da quando aveva iniziato a vedere Niall, quindi non aveva tanta voglia di tornare a letto immediatamente, tantomeno di dormire, eppure dovette ricredersi quando dopo poco sentì delle voci provenire dietro l’angolo, e con la paura di essere beccata oltre il coprifuoco in giro, corse via il più veloce possibile.
L’indomani mattina appena si svegliò, la mora percepì nuovamente la delusione dell’appuntamento saltato. Questo però non la fermò da voler sapere cosa fosse successo prima di prendersela davvero, così sin dalla colazione cercò Niall per potergli parlare, ma questo non si presentò nella sala grane quella mattina. Vide Liam, parlare con altri ragazzi del settimo anno, ma del biondo niente, e ancora preferì non rivolgersi al castano per avere notizie.
Il biondo riapparve solamente alla terza ora di lezione, quella di Erbologia nei pressi della Foresta Proibita, durante la quale Jennifer riuscì a scivolare lentamente tra uno studente e l’altro nella calca, fino a raggiungerlo. Al suo fianco aspettò che la professoressa Sprite si voltasse per parlare «Che fine hai fatto ieri sera? Ti ho aspettato ma tu..»
«Si scusa..» la interruppe prontamente il biondo con un’espressione mortificata, mantenendo lo sguardo fisso più sullo spazio intorno a loro che su lei stessa «Non sono stato molto bene ieri sera. Avrei dovuto mandarti un gufo o magari farti avvisare da Liam.»
Quello stato di inquietudine che Niall lasciava trasparire, in qualche modo era percepito anche da Jennifer, la quale era di natura un tipo scettico e sospettoso. Anche il modo appena distaccato con cui l’aveva accolta, appena lo aveva affiancato, era stato strano. Ok che erano a lezione, ma le era mancato l’abbraccio che il biondo era solito darle.
«E ora stai bene? Cosa avevi?» chiese la mora volendo indagare più a fondo.
Il ragazzo in risposta si grattò la nuca e «Forse ho mangiato qualcosa che mi ha fatto male, però ora sto bene. Sono solo un po’ stanco per la notte insonne.» abbozzò un sorriso.
Osservandolo meglio Jenniifer poté notare come il biondo sembrasse non aver chiuso occhio, fosse in generale un po’ distratto ed avesse sotto gli occhi un paio di borse da far invidia alla McGranitt. Inoltre, se c’era una cosa che aveva capito dopo più di un mese di conoscenza del Tassorosso, era la sua perenne fatica a mentire, e in quel momento la Grifondoro non solo sperava non lo stesse facendo, ma non notava in lui segni di bugie, quindi lasciò perdere.
«Ci vediamo stasera? Oppure se vuoi puoi riposare ancora..»
«Certo! Non ho intenzione di perdermi un altro allenamento.» le sorrise il biondo scompigliandole poi i capelli. Ora era molto più tranquilla.

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6




Dopo che Madama Chips gli aveva rimesso apposto la spalla, e aveva medicato tutte le escoriazioni presenti sul suo corpo, se fosse stato per lui, Isaac sarebbe tornato immediatamente nel suo dormitorio, invece era stato costretto a rimanere sotto controllo due giorni in infermeria.
Insieme a lui c'erano altre due persone in condizioni molto peggiori rispetto a lui, ma la cosa che lo infastidiva di più di quella situazione non era l'odore insopportabile che nessuno ad Hogwarts tollerava di quella stanza, o il non poter fare nulla se non stare seduto a fissare il soffitto, bensì l'enorme via e vai che si era venuto a formare, via e vai che era gradito solamente quando erano Louis e Jess ad andarlo a trovare, o alcuni suoi compagni di Quidditch.
Più volte Madama Chips si era ritrovata a dover cacciare gruppi e gruppi di persone che volevano sapere come stesse, ma soprattutto sapere come avesse fatto a salvarsi. Isaac d'altra parte aveva risposto a quelle domande solamente quando a rivolgergliele furono i docenti, cosa che non aveva impedito alle voci - che qualcuno di misterioso fosse riuscito ad essere abbastanza svelto dall'evitare uno sfracellamento al suolo - di circolare in maniera velocissima per tutto il castello.
Tutti si chiedevano chi fosse questa persona, persona che avrebbe potuto farsi avanti e ricevere non solo il ringraziamento sincero da parte di Isaac, ma anche una fama non indifferente e magari la possibilità di far ricevere qualche punto per la propria casa per il suo gesto.
Stessa cosa se lo chiedeva lui. Aveva passato le ore in solitaria più o meno così, ipotizzando fino a farsi un’idea, seppur azzardata ed astratta, di chi potesse esser stato.
Due giorni dopo l'accaduto, a cena Louis e Jess si erano presentati varcando la porta dell'infermeria in contemporanea con dei vassoi tra le mani. Quella sera i due mangiarono con lui, lo aggiornarono su quanto successo durante la su assenza e gli tennero compagnia fino a quando Madama Chips disse loro che era arrivato il momento per il biondo di riposare.
«Hai mai pensato che tu possa avere un'ammiratrice?» disse Jess «Sarebbe una cosa carina.»
«Mi stai dicendo che vuoi un ammiratore? Da quando ti interessano queste cose?» la guardò stupito Louis  cambiando posizione. Purtroppo per lui però la ragazza lo ignorò completamente e continuò a rivolgersi ad Isaac «Ora però è il momento che faccia tu un passo avanti non credi?»
Divertenti, aveva pensavo Isaac quando aveva visto i suoi due amici andarlo a trovare insieme, e cenare per tutto il tempo seduti uno a fianco all’altro ai piedi del letto. Nonostante ciò non si sfioravano nemmeno, né tantomeno parlavano tra loro. La conversazione si articolava unicamente verso il biondo, il quale a sua volta faceva da intermediario.
Poi c’erano tutti quegli sguardi che Louis lanciava a Jess, tutti quei tentativi di farsi considerare dall’altra, che andavano senza troppo impegno da parte della Serpeverde, in fumo.
«A patto che abbia un’ammiratrice, deve prima scoprire chi sia , no?!» constatò Louis vedendosi nuovamente ignorato da metà dei presenti su quel letto.
Isaac invece annuì dentro di sé, d’accordo con la loro teoria, più di quanto potessero immaginare.
«Perché sorridi?» gli chiese Jess quando notò un angolo delle sue labbra sollevarsi lentamente.
«Niente» mentì il biondo scuotendo vivacemente la testa «È solo strano vedervi vicini.» mentì ancora, nonostante nelle sue parole ci fosse un fondo di verità.
Era ancora sveglio, a dispetto degli altri due studenti presenti, quando più tardi quella sera Slot  si era intrufolata da una finestra aperta, all'interno dell'infermeria. Volò fino al suo letto, atterrando ai suoi piedi, e zampettò fino a raggiungere le sue ginocchia. Nel becco la giovane civetta aveva un sacchetto che non esitò a lasciar cadere non appena Isaac tese il palmo all'insù verso di lei. Una volta afferrato, accarezzò il capo dell'animale, il quale incassô appena la testa godendosi il contatto e poi volò via ripercorrendo la stessa strada al contrario.
Curioso il Serpeverde aveva sciolto immediatamente il nodo e capovolto il piccolo contenitore in tela. Sul suo grembo subito dopo cadde una catenina alla quale estremità era legata una piastrina. Con le sopracciglia aggrottate si portò una mano al collo senza trovare ciò che stava cercando. Quella sulle coperte era davvero la sua collana, riconosceva la parola incisa in corsivo su di essa, e quel graffio sul bordo sinistro che non ricordava nemmeno come fosse stato procurato.
Non si era nemmeno resoconto di averla persa, fino a quel momento. Da dentro il sacchetto estrasse inoltre un biglietto, il quale citava, senza alcuna firma"L'ho trovata sul campo da Quidditch. L'hai persa quando sei caduto". Tutto fu più chiaro.
Non aveva dubbi che dovesse esser andata così. Lui era stato troppo preso dai fatti per notare la perdita. La calligrafia sul pezzo di pergamena era sempre la stessa, questo confermò ad Isaac che chiunque fosse a mandargli i bigliettini, al momento del'incidente fosse lì, ed era pronto a scommettere che questa persona fosse la stessa che l'aveva salvato.
Non appena Madama Chips, la mattina seguente, molto presto gli diede permesso di andar via, Isaac passò nella sua stanza per cambiare abiti e uscì nuovamente nemmeno una decina di minuti dopo, momento in cui Louis si stava svegliando buttato giù da quella sua sveglia che odiava da morire.
Con la catenina al collo e il biglietto ricevuto il giorno prima chiamò Slot, non aveva tempo per raggiungere la guferia, doveva riuscir a far tutto in tempo per la colazione. L'animale d’altra parte lo raggiunse efficientemente pochi secondi dopo poggiandosi sulla sua spalla.
«Portami dal proprietario di questo biglietto.» chiese alla civetta poggiandole tra gli artigli il piccolo rotolino di pergamena. Immediatamente Slot si alzò in volo e stando attento che il proprio padrone fosse sempre alle sue spalle, gli fece strada.
Il Serpeverde non aveva pensato che il suo piano sarebbe davvero funzionato come invece sembrava stesse succedendo. Dovette però ricredersi quando, presentimento dopo presentimento, Isaac arrivò alla guferia e Slot andò fritto ad appollaiarsi non in una cuccetta da solo - come doveva essere -, ma con un'altra civetta dal manto completamente bianco e un paio di enormi occhi gialli circondati da un muso a cuore.
Come se ciò non fu abbastanza strano, appena il biondo si avvicinò a questa vide come il proprio animale stesse “amoreggiando” - perché in nessun altro modo riusciva a definirlo - con l'altro esemplare che di diverso aveva solo il colore più chiaro del piumaggio. I due sfregavano le loro testa tra loro  e ogni tanto si beccavano in maniera giocosa, addirittura tenera.
Se all'inizio il fatto che i bigliettini arrivassero con la propria civetta, che di fatto era un esemplare piuttosto diffidente e irascibile, gli sembrava strano, ora non lo pensava più. Aveva capito come fosse possibile che qualcuno fosse riuscito ad avvicinarsi a Slot, semplicemente puntando al suo cuoricino, con quella che doveva essere un'altra civetta o meglio la civetta della stessa persona che gli mandava i messaggi. Se il suo intuito non si sbagliava questa persona era scesa a patti così con il rapace. Un aiuto in cambio della "benedizione con la propria civetta.
E ancora, se il suo intuito non si sbagliava, non sarebbe stato difficile risalire al proprietario. Isaac allungò una mano verso la civetta bianca e le accarezzò il capo. Questa si dimostrò molto docile sotto il suo tocco ma non passò molto tempo prima che tornasse a rivolgersi solo a Slot.
Quando il Serpeverde raggiunse la mensa, furono molte le persone che lo circondarono per salutarlo. Furono Jess e Louis però che se lo aggiudicarono come vicino, riaffidandogli così il posto centrale divisorio dei litiganti. Nemmeno a metà colazione poi, alcuni gufi e civette fecero ingresso nella sala grande per consegnare la posta. Isaac non si lasciò sfuggire per niente al mondo il momento, stando attento ad osservare la propria civetta, e non gli sfuggì Slot in compagnia della compagna bianca, lo seguì finché queste non dovettero separarsi.
Come quasi ogni giorno Alexis sedeva vicino a Niall il quale tavolo era diventato anche il suo. Solo nelle occasioni speciali, la Corvonero sedeva con i propri compagni. A nessuno sembrava dar fastidio quella sua intrusione e i professori non avevano mai dato voce in capitolo su ciò anche se dubitava che trovassero quell'inclusione positiva.
Nel momento in cui i gufi e le civette entrarono, la ragazza non staccò lo sguardo dal tavolo. Solitamente riceveva posta solamente il finesettimana, ma quando Flo si poggiò a pochi centimetri dal suo piatto, la testa piegata appena di lato e gli occhi gialli bel spalancati, ne fu decisamente sorpresa. Oltretutto sulla zampina che in quel momento teneva sollevata nella sua direzione, non vi era niente di grande o che facesse pensare ad una lettera straordinaria da parte dei suoi genitori, ma si trattava di un bigliettino arrotolato su se stesso e dalle piccole dimensioni.
Liberò l'animale dal suo compito e lo lasciò andare, però solo dopo parecchi secondi trovò il coraggio si aprirlo. Su di esso vi era solo un parola scritta sopra, ed era “Grazie”.
Senza pensarci nemmeno il suo sguardo scattò in avanti dall’altra parte della sala. Per una frazione di secondo il suo inconscio aveva pensato ad Isaac, il quale era si nella sala quella mattina, ma parlava con Jess. Il fatto che come al solito lui non avesse rivolto nemmeno un accenno nella sua direzione, le fece storcere il naso. Probabilmente Flo iniziava a dare i numeri, o magari il mittente aveva sbagliato nel consegnare il messaggio. In ogni caso piegò il biglietto e lo mise in tasca ripromettendosi che non ci avrebbe pensato.

Erano stati meno plateali quella sera, solo i Serpeverde presenti nella Sala Comune videro quella scena, tra l’altro riuscendo a malapena a trattenere un ghigno divertito.
Come la Corvonero amica di Liam le aveva consigliato, Louis aveva ripreso a conquistare Jess. Per chiunque sarebbe sembrato bizzarro il modo di cercare di riconquistarla, attuato dal moro, ma era stataocosì che la prima volta era riuscito a conquistare la ragazza, ovvero con gli scherzi.
Spesso questi lo portavano al rischio di essere nuovamente schiantato contro un muro, ma questo non lo fermava. Dopo i primi due giorni, la mora aveva ripreso a parlargli - urlargli contro per la precisione - ma questo a lui bastava, anzi era ciò a cui mirava come inizio.
Aveva spaziato su vari scherzi, dal Dolce singhiozzino che Louis aveva mischiato alla cena di Jess, alla fattura dei foruncoli che  era costata al moro una strigliata incredibile in quanto la ragazza per poterlo trovare aveva dovuto prima girare tutta la scuola e di conseguenza tutta Hogwarts l’aveva vista con delle grosse e schifosissime bolle sulla pelle. Poi c’era stato anche l’incantesimo Pullus il quale funzionato a metà, l’aveva trasformata in una donna mezza pollo, oppure l’incantesimo gonfiante, che come da nome l’aveva gonfiata, per fortuna solo la faccia.
Quindi come già accennato all’inizio, Louis aveva combinato un’altra delle sue con la differenza che lo scherzo non era andato direttamente a discapito della mora, o meglio al suo aspetto, od oggetto, ma a qualcosa a cui comunque teneva quanto a se stessa, e ad esser testimoni di ciò vi furono solo qualche Serpeverde, senza togliere che tutti sapevano, la voce si sarebbe sparsa.
«Louis William Tomlinson!» Jess avanzava nella sua direzione a grandi falcate.
Il moro chiuse con finta nonchalance il libro che aveva tra le mani e si rivolse alla ragazza «Si?»
«La tua civetta ha fatto irruzione nella mia camera e si è portata via Bernie. Dove l’ha portata?»
«Non è affar mio di cosa fa Athena. Saranno andati a farsi un giro sopra il Lago Nero..»
«Non dirlo nemmeno scherzando rivoglio immediatamente il mio topo. Richiama immediatamente il tuo stupido uccello perché se lo trovo io giuro che questa volta gli stacco tutte le penne ad una ad una con le mie stesse mani.» entrambi sapevano che Jess non avrebbe fatto mai del male ad un animale, tantomeno ad Athena alla quale sotto sotto era affezionata, ma quella minaccia, doveva essere particolarmente di monito per il ragazzo.
Questo d’altra parte dimostrò il suo non essere affatto preoccupato replicando «Non è stupida!»
«Invece lo è, proprio come il suo padrone, e adesso muoviti, non ho tempo da perdere con te!»
Louis osservò ancora un po’ la ragazza di fronte a sé, rossa in viso per la rabbia, trattenendosi dallo scoppiargli a ridere davanti, o ancora peggio rischiare le proprie palle baciandola seduta stante afferrandole il viso tra le mani. Dopo un ulteriore cenno del sopracciglio intimidatorio da parte della mora, fu costretto a emettere un fischio.
In risposta poco dopo una civetta grigia entrò nel loro campo visivo, puntando dritta verso la mora. Sopra di lei aspettò che questa aprì le mani per lasciar cadere il ratto bianco, il quale immediatamente si accoccolò sotto il tocco gentile della propria padrona.
«Non ti ha fatto niente quello stupido vero?» chiese la Serpeverde al proprio animale.
«Se l’hai dimenticato, Athena è una lei.» s’intromise il ragazzo confuso.
«Infatti io parlavo di te.» le sorrise falsamente prima di dargli le spalle vittoriosa e accarezzare la civetta appoggiata sul divano qualche centimetro più in là,
Ancora una volta il colpo basso fu attutito nel migliore dei modi dal moro il quale  «Ah ah! Lo sapevo! Tu vuoi bene ad Athena.» rispose indicando la scena che si stava svolgendo davanti a sé.
Anche la ragazza non fu colpita da ciò e controbatté allontanandosi nuovamente verso il dormitorio femminile con «Vai al diavolo Tomlinson e stai alla larga da me e da Bernie. Intesi?»

Aveva perso il conto del tempo che aveva passato a girarsi e rigirarsi nel letto da quando si era coricata. Anche Jennifer era  tornata in stanza, chiaro segno che doveva essere davvero tardi.
La sua insonnia quella notte aveva raggiunto un livello esagerato, e nonostante non sentisse propriamente il bisogno di dormire, non le andava di passare la notte ad osservare i drappi del suo letto a baldacchino o a leggere. Dopo un po’ gli occhi le dolevano e non la entusiasmava il pensiero che l’indomani sarebbe stata fiacca per buona parte della giornata. Persino una delle sue tisane non le fu di aiuto quel giorno, contrariamente da qualsiasi altra occasione.
Alla fine, stufa di stare supina sul letto, si alzò con l’intenzione di scendere nella Sala Comune e magari sperare nel giovamento del calore, e della luce soffusa del caminetto, per il suo sonno.
Indossò un paio di scarpe e si buttò il mantello sulle spalle prima di uscire dalla stanza.
Notò la presenza di qualcuno nel salottino, solo una volta arrivata alla fine delle scale a chiocciola che portavano al piano inferiore. La prima cosa che le arrivò alle orecchie furono dei lamenti, lamenti trattenuti a fior di labbra, successivamente vide la figura rannicchiata davanti al fuoco.
Piegata in avanti si teneva la testa tra le mani, tremava, lo poteva vedere da lontano. Capì chi fosse, solo quando questa sollevò la testa per un secondo, e una lunga chioma mossa e castana cadde sulle sue spalle. Era impossibile non riconoscere Harry Styles dal suo marchio di fabbrica.
Immediatamente si tuffò in avanti saltando con un solo balzo i due gradini che le mancava no per terminare la scalinata. In un secondo fu china al fianco del Grifondoro il quale la ignorò completamente continuando a muoversi in maniera spasmodica e pronunciando parole sconnesse. Aveva gli occhi spalancati e arrossati, il respiro talmente pensante che la stessa Sylvia si sentì più debole, affaticata. Lo provò a scuotere senza alcun risultato.
«Non smette di pulsare. Fa troppo male, fallo smettere ti prego.» gemette il riccio.
«Che rumore? Cosa ti fa male Harry?» chiese Sylvia sollevandogli il viso.
«La testa. Non senti anche tu questo fischio? Perché non smette?» continuò.
«Oh Harry..» sussurrò Sylvia «Tutte quelle pozioni.. ti avevo avvisato che non erano un bene.»
«Smettila! Smettila di farmi la predica.» ringhiò il castano «Te l’ho detto, non ho bisogno del tuo aiuto.» disse improvvisamente allontanandola da sé stesso.
«Non sembra.. Permettimi di aiutarti, qualcuno potrebbe scendere e vederti così. E tu non vuoi.»
«Come se importasse qualcosa ormai.»
«Non fare l’idiota Styles.» rispose a tono la castana afferrando la propria bacchetta di biancospino«Non mi costringere a cucirti la bocca o peggio ad utilizzare l’Imperius.»
Harry tacque all'istante e per qualche frazione di secondo, rimase ad osservarla in silenzio, dopodiché scoppiò a piangere. Le mani andarono a coprire il suo viso e quando Sylvia, senza pensarci due volte l'abbracciò, si aggrappò a lei nascondendosi ora contro la sua spalla.
«Shh non piangere..» mormorò la ragazza stringendogli appena una spalla «Non sono brava a trattare con le persone che piangono. Soprattutto se sei tu Styles.» sospirò affranta «Quasi quasi ti preferivo schivo e scontroso.» ammise «Ti devo portare via di qui.»
Ma dove? Guardò le scale che portavano ai dormitori, ma lì non poteva portarlo.
«Va bene vieni con me.» disse poi sollevandosi in piedi e poggiando un braccio del ragazzo sulle proprie spalle «Ora devi aiutarmi e stare molto zitto.»
«Dove stiamo andando?» chiese il prefetto appoggiando anche la testa su quella dell’altra.
«Nella stanza delle necessità e se tu non collabori ci beccheranno prima di arrivarci.»
Il riccio non aprì più bocca, anche quando la Grifondoro si rese conto che l’altro non riusciva a smettere di tremare e gli chiese se avesse freddo. Dopo un cenno negativo con la testa, lei non gli aveva creduto e gli aveva passato comunque il suo mantello, in seguito insieme erano stati il più attenti possibile a non svegliare la Signora Grassa che in quel momento dormiva nel dipinto.
I corridoi erano terribilmente silenziosi, quella non era la prima volta che a Sylvia capitava di andare in giro per Hogwarts di notte, ad esempio lo faceva quando rientrava dalle feste clandestine, ma quel giorno con Harry, si sentiva più a rischio di sempre.
Arrivati furtivamente al settimo piano, passarono tre volte davanti all'arazzo di Barnaba il Babbeo bastonato dai Troll desiderando che la stanza delle necessità apparisse loro, e puntuale un alta porta dalle fattezze semplice comparve subito dopo nella parete opposta.
All’interno vi era proprio tutto ciò di cui avevano bisogno a partire dal letto, la cosa più importante, su cui Sylvia fece sedere Harry appena varcata la soglia. Con gesti imbarazzati la giovane aiutò l’altro nel liberarsi da alcuni degli indumenti più scomodi come ad esempio il maglione scuro e il cravattino, oppure come le scarpe. Il riccio stordito non ebbe da ridire e si lasciò guidare fino a sotto le coperte, che la Grifondoro alla fine le rimboccò.
«Dove vai?» chiese Harry allarmato vedendola allontanarsi.
«Se i miei conti sono giusti, dovrebbe esserci qualcosa di caldo sopra questo tavolino.. ecco appunto!» esclamò afferrando due tazze di porcellana «Tieni bevi.»
Il riccio scrutò il liquido fumante color miele con sguardo pensieroso, la portò vicino al naso e annusò senza riconoscerne il profumo «Che cosa è?» gli chiese un po’ allarmato.
Sylvia rise tra sé e sé pensando che dopo l’effetto che le mille pozioni le avevano fatto, non doveva preoccuparsi affatto di quello che gli stava dando lei «È Camomilla, una tisana che i babbani bevono per rilassarsi. I miei me la preparavano quando ero più piccola per aiutarmi a dormire.» spiegò mentre prendeva posto con la stessa bevanda, su una poltrona vicino al letto «In realtà dentro ho messo anche qualche goccia di antidoto per aiutare il tuo corpo a smaltire le pozioni che hai preso.» ammise stupendosi della tranquillità con cui apprese la notizia.
Passarono circa una decina di minuti nel silenzio più assoluto, dieci minuti nei quali Sylvia sentì anche il suo corpo e la sua testa farsi più pesanti. Nonostante ciò fu molto più positivo per lei vedere il Grifondoro iniziare a cedere e lasciarsi andare al sonno che aveva rifuggito per troppo.
«Buona..» sussurrò il ragazzo dopo averla finita mentre le sue palpebre iniziavano a cedere.
La castana sorrise e si allungò ad afferrare la tazza prima che potesse cadere. Non passò molto tempo prima che il Grifondoro, ora più rilassato  sfinito, si addormentasse. Anche Sylvia, accertatasi che l’altro stesse bene, si appallottolò sulla poltroncina e chiuse gli occhi.

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7




Quando riaprì gli occhi ci mise un po’ a capire dove si trovasse. In realtà per realizzare dovette prima notare il fatto che la luce all’interno della stanza fosse troppa per essersi svegliato insieme ai suoi compagni, per non parlare del chiasso che questi erano soliti fare al mattino al contrario della calma che lo circondava in quel momento, poi riconobbe che quello non era il suo letto ed infine che di fianco ad esso, sulla poltrona vi era una ragazza.
«Che ore sono? Quanto ho dormito?» si levò di scatto a sedere il riccio.
Sylvia trattenne a stento un sussulto di spavento rischiando così di far cadere il sandwich che stava stuzzicando di mano, e di rovesciare la boccetta di inchiostro in posizione precaria sul bracciolo, perché solo così poteva bagnare la piuma con cui stava scrivendo una relazione per il giorno dopo «Circa dodici ore. Sono tutti a pranzo. Non sapevo quando ti saresti svegliato, perciò ti ho portato comunque qual cosina da mangiare se hai fame. »
«Cosa? Ho saltato le lezioni di stamattina. Io non posso permettermi di sparire così, non..»
«Tranquillo ho pensato a tutto io.» disse alzandosi dalla poltrona e allungando il cibo sul letto riccio «Ho parlato sia con i docenti che con i tuoi compagni di stanza.  I primi sanno che sei a letto malato, mentre i tuoi compagni di stanza e di squadra credono tu sia tornato a casa per tre giorni, per motivi famigliari. Nessuno si farà domande della tua scomparsa per un po’.»
«Tre giorni?» rise appena «Stai scherzando vero?» chiese poi rendendosi conto che fosse seria.
«Hai bisogno di riprenderti completamente e penso che tre giorni siano il minimo.»
«E cosa dovrei fare in tre giorni? Non posso saltare troppe lezioni o sarò indietro.»
«È un tuo problema. Vorrei evitare di trovare un cadavere nella Sala Comune la prossima volta. Anzi non ci sarà una prossima volta, perché per evitarlo sono disposta a denunciarti a Silente.»
Harry ascoltò la ragazza, sicura delle cose che diceva, e si ritrovò ancora una volta senza una risposta, allora si lasciò cadere nuovamente sul letto con uno sbuffo sonoro.
Solo qualche minuto più tardi gli sorse spontaneo rivolgerle una domanda riguardante lei stessa,  qualcosa a cui aveva pensato involontariamente appena sveglio «Sei rimasta tutta la notte qui?»
Questa annuì pensando al torcicollo che la posizione scorretta in cui aveva dormito, le aveva causato «Ho anche seguito qualche lezione stamattina, poi sono passata a vedere come stessi durante Aritmanzia tanto la professore non si accorgerebbe mai della mancanza di tutta la classe, figuriamoci solo della mia e poi ho recuperato qualcosa da mangiare. Quindi, per come sono entrata nelle cucine, e per come io stia mentendo alla mia migliore amica, per ringraziarmi un minimo devi mangiare la metà di quello che c’è lì.» disse indicando il vassoio.
Il riccio non disse nulla, poco dopo iniziò di sua spontanea volontà a mangiare qualcosa, perché anche se non voleva ammetterlo, nonostante si sentisse ancora molto debole, era da molto tempo che non dormiva così bene - o semplicemente dormiva - e il suo stomaco brontolava dalla fame.
C'era una grande tensione e parole non dette all'interno di quella stanza. Il fatto che la Grifondoro ad esempio fosse lì, era uno degli argomenti di cui avrebbero dovuto seriamente parlare, oppure del malore avuto dal riccio la sera prima. Eppure  non lo fecero, non subito perlomeno. Si limitarono a tenersi distanti anche una volta finito di mangiare, quando il riccio realizzò di non aver nulla da fare e che sarebbe dovuto rimanere chiuso lì dentro.
«Quindi..» iniziò tirandosi meglio a sedere «..cosa dovrei fare qui per tre giorni?» chiese.
«L’idea..» iniziò Sylvia utilizzando lo stesso tono «..è che tu ti rilassi e prenda nuovamente l’antidoto adesso, e a cena se io non sarò ancora rientrata. » continuò sistemandosi la divisa.
«E se, riposassi e poi studiassi qualcosa?» ipotizzò il riccio cercando di scendere a patti.
«Studiare non rientra proprio nelle cose rilassanti, soprattutto se poi il risultato è un quasi esaurimento come quello di ieri.» rispose la ragazza causando una smorfia contrariata da parte dell’altro che rispose subito con un «Rimarrò troppo indietro, e l’esaurimento mi verrà quando arriverà il momento di recuperare tutto tra i duelli e gli allenamenti di Quidditch.»
«Ok facciamo così.» sbuffò la Grifondoro portando le braccia incrociate al petto «Recupero qualche vestito pulito dal tuo baule, e chiedo gli argomenti delle lezioni che ti sei perso ai tuoi compagni. Ti autorizzo a leggere però solo due delle materie, non di più.»
«Sissignora.» acconsentì «Sai che potrei denunciarti per sequestro?»
«Non sei nella posizione giusta per parlarmi di denunce visto i tuoi abusi di pozioni.» lo freddò «Io vado a lezione, ci vediamo questa sera. Ricordati di prendere l’antidoto.» si raccomandò Sylvia sulla soglia della Stanza delle Necessità. Finse di non sentire il Prefetto chiederle di non chiudere la porta con un incantesimo, non si fidava del tutto e senza bacchetta, lei era più forte.

Dopo una giornata intera passata ad annoiarsi, tranne per una lettura leggera che grazie alla sua immensa disperazione era riuscito ad ottenere dalla Stanza delle Necessità, quando Sylvia rientrò durante l’ora di cena, Harry era addormentato di fianco verso la porta. In quel modo appena raggiunse la propria poltroncina carica come un mulo delle cose che aveva “promesso” gli avrebbe portato, lo vide subito nella sua espressione rilassata contornata dai capelli spettinati.
Sorrise appoggiando la cena sul tavolino li vicino, e facendo la stessa cosa con la sacca in tela che conteneva sia libri che vestiti puliti per il ragazzo. Aveva già mangiato, per cui il massimo che poté fare fu fermarsi ad osservarlo finché non si addormentò anche lei.
Quando qualche ora dopo si risvegliò, lo fece per un tocco leggero tra i suoi capelli. Sollevata velocemente la testa notò Harry allontanare immediatamente la mano da sopra si lei, e poi il fatto che si fosse addormentata con la testa appoggiata alle braccia, a loro volta sul letto.
«Buongiorno.» tossicchiò tornando indietro sulla propria poltrona la castana.
«Credo sia più buonanotte oramai.» rispose il ragazzo indicando l’esterno. E aveva ragione, fuori era buio e la luna semi coperta dalle nuvole era alta nel cielo, tuttavia non doveva ancora esser passata la mezzanotte, per cui secondo i propri calcoli Sylvia aveva dormito circa quattro ore.
«Da quanto sei sveglio? Potevi svegliarmi.» si stiracchiò appena.
«Beh praticamente l’ho fatto. Comunque sono veglio da un po’ in realtà, e prima che tu possa chiedermelo, no, non ho mangiato. Non avevo voglia di alzarmi o scomodare te.» rispose lui.
«Quindi devi ancora prendere l’antidoto.» constatò la più piccola «Mangia qualcosa mentre io preparo una camomilla per entrambi come ieri.»
Dieci minuti dopo erano entrambi seduti sul letto, Harry sempre al suo posto con la tazza tra le mani, mentre Sylvia dalla parte opposta cercava di leggere anche un libro babbano.
Il silenzio tra i due rendeva l’aria satura di disagio. Sylvia più volte cercava di interpretare l’espressioni del riccio, lanciandogli di tanto in tanto occhiate che presto finirono per essere viste anche dal diretto interessato. Ad un certo punto  non resistette e «Non mi guardare così!» disse.
«Non ti sto guardando in nessun modo.» controbatté la ragazza abbassando lo sguardo sul libro.
«Hai lo stesso sguardo di tempo fa. Potresti evitare di dimostrare quanto io ti faccia pena?»
«Io non..non mi fai pena. Sono solo preoccupata ok?» ammise la ragazza guardando ovunque tranne che nella direzione del più grande. Perché era vero che non provava pena nei suoi confronti. Lo aveva fatto involontariamente quando lo aveva visto prendere quelle numerose pozioni le prime volte, ma era bastato vederlo stramazzato a terra delirante, e sinceramente preoccupato per le proprie attività scolastiche per comprendere in parte quello che passava.
«E cosa cambierebbe?» chiese retorico «Ti ringrazio per l’aiuto che mi hai dato ieri notte, ti ringrazio per tutto quello che hai fatto fino a ora, ma sei libera di andare. Come mi hai detto rimarrò qui un altro giorno, dopodiché io tornerò alla mia vita e tu alla tua come prima.»
Dopo qualche secondo durante il quale Sylvia  non accennò a muoversi «E se rimanessi?»
«Sei proprio una Grifondoro testarda..» mormorò contrariato l’altro.
«Detto da un altro Grifondoro che preferisce uccidersi piuttosto che farsi aiutare..»
«Non puoi aiutarmi anche volendo. Studi tu al mio posto per i M.A.G.O.? O ti presenti tu agli allenamenti di Quidditch, ai duelli del Club e alle riunioni dei Prefetti? Non so come mi sia incasinato a tal punto da dover ricorrere a pozioni per cercare di far fronte ai mille impegni.
Ventiquattro’ore non mi bastano più nemmeno per fare la metà le cose che dovrei in un giorno.»
«Perché lo fai?» chiese Sylvia interrompendolo «Perché non rinunci a una di queste cose?»
«Ti direi che lo faccio per piacere e passione, ma l’unica cosa che mi interessa di tutto ciò è duellare. Se fosse per me non sarei nemmeno a capo della squadra di Quidditch ma dopo sette anni che pratico quello sport e che mi sento dire che sono portato a tal punto da esserne il capitano, non riesco a mollare questa responsabilità. Non sarei nemmeno Prefetto se fosse per me, ma cosa avrei dovuto fare? Rifiutare una posizione così importante? Solo un pazzo lo avrebbe fatto, e per quanto inizi a pensare di esserlo, non arrivo a tanto.» scosse la testa  «Per non parlare di aspettative. Non voglio deludere le mie aspettative riguardo me stesso, figuriamoci quelle che gli altri hanno creato su di me. Sarebbe una delusione mollare, mollare proprio ora.»
«Mi dispiace ma io proprio non capisco.» fece spallucce Sylvia .
«Hai mai avuto il timore di deludere qualcuno cadendo rovinosamente, dopo aver scalato una montagna in tempo record? Ecco è così che mi sento. Già dal primo anno tutti si aspettavano grandi cose da me, e forse è anche per questo che ora sono a capo di tante cose, perché le persone mi hanno voluto affidare un ruolo a tutti i costi anche se non ne sono adatto.»
«Non è vero. Una cosa è certa, sei un ottimo Prefetto, capitano e un abile duellante.» ammise la castana chiudendo il libro più come azione per rendersi occupata «Forse è troppo tutto insieme.»
Harry sollevò un angolo della bocca in un sorriso di apprezzamento per il mezzo complimento ricevuto e continuò «La mia famiglia non ha mai voluto che io fossi speciale o che fossi il primo della classe in ogni materia, ma vedere le loro espressioni orgogliose ogni qualvolta rientro a casa, o quando racconto loro di qualcosa successa a Hogwarts, beh.. è impossibile per me tirarmi indietro. Ormai credo di fare tutto più per gli altri che per me stesso.»
«Mi sono sempre accontentata dell’indispensabile. Magari è per questo che non ho di questi problemi, ma capisco il tuo punto di vista.» disse la castana  iniziando a comprendere chi davvero fosse Harry Styles. Era molto di più di quello che volesse sembrare, e ancora una volta si sentì un’idiota per il modo in cui lo aveva trattato il primo anno, e poche settimane prima.
«Che cosa hai intenzione di fare adesso? Manca un semestre alla fine della scuola. Se davvero vuoi mantenere le apparenze, non credo lascerai molto facilmente uno di questi impegni.»
«Porterò a termine l’anno come al solito.» confermò subito il riccio.
«Senza pozioni!» lo minacciò gentilmente la più piccola puntandogli un dito contro.
C’erano un po’ di cose di cui doveva scusarsi, ma non riuscì a trovare il momento esatto, né l’orgoglio per farlo. Così sperò che ripiegando sull’ironia il Grifondoro capisse, almeno in parte, il suo tentativo di dimostrargli che lei non avesse - più - nulla contro di lui.
«Senza pozioni.» annuì lui trattenendo a stento un sorriso «Lavorerò una tabella organizzativa.»
«Bravo ragazzo!» gli sorrise rannicchiandosi in un angolo del materasso.
«Non ti ho mai vista sorridere così. Il primo giorno che ti ho conosciuta, avevi un muso..»
«Beh non mi sono comportata bene con te quel giorno, e probabilmente anche molti altri giorni nel corso di questi sei anni.» si morse l’interno della guancia la castana.
«Avrai avuto i tuoi motivi. Chi sono io per giudicare?» Sylvia annuì distrattamente prima di riportare l’attenzione sull’altro che parve ricordarsi improvvisamente qualcosa di importante «Devo mandare una lettera a Jacob. Deve prendere il mio posto agli allenamenti stasera.»

Un mese dopo

Il Serpeverde aspettò appoggiato al muro che Jess uscisse dall’aula alla fine di quella lezione. 
Fortunatamente per lui, la ragazza fu una delle ultime persone a lasciare la stanza così, quando l’afferrò per un polso e la trascinò via, non incappò in alcun testimone che potesse vedere il suo gesto un po’ forzato e quello della mora che appena capì si trattasse di lui, provò a spingerlo via.
«Cosa diavolo vuoi ancora  da me Louis?» gli chiese la ragazza cercando di spingerlo via.
Dopo un primo momento in cui il moro si godette il modo in cui il suo nome era stato pronunciato, si perché non solo Jess aveva pronunciato il suo nome, ma gli era sembrato lo avesse fatto in maniera più dolce, le prese la mano libera e su di essa ci poggiò una piccola bottiglietta di vetro.
«Cosa è?» chiese l’altra osservano il contenuto trasparente all’interno di essa.
«È una pozione di Veritaserum..» iniziò il Serpeverde, venendo subito interrotto.
«Riprenditela immediatamente. Cos’è uno scherzo?!»
«No sono serissimo. Ascolta, so quello che ho visto qualche settimana fa, come so, anche se l’ho fatto ingannandoti, che nemmeno tu sia stata a fare quello che penso, perciò per provarti che non sono del tutto pazzo, e soprattutto che voglio davvero fare pace con te, se tu mi dirai di prendere questa pozione, io lo farò senza obbiettare.» continuò tremendamente serio.
«Io non sono così, non scenderò al tuo livello, Non userò mai quella pozione per nessun motivo.»
«Si tratta di avere una certezza. Una risposta, magari tu capiresti qualcosa che io mi sono perso.»
La ragazza lo osservò ancora per un po’. Le sue parole per poco riuscirono a convincerla, eppure alla fine scosse la testa e cercò di ridare la pozione all’altro «Non ho cambiato.»
«Tienila comunque.» Louis strinse la mano intorno al suo pugno «Non avrai cambiato idea ora, ma magari potrai farlo in seguito. In quel caso avrai ancora la pozione e l’opportunità di farlo.»
Senza rispondere ulteriormente, Jess aveva mantenuto lo sguardo fiero in quello chiaro del ragazzo fino a quando non era stato questo a cedere, e dopo un sospiro se ne andò.
Ebbe a lungo modo di pensare cosa fosse giusto fare e cosa volesse realmente ottenere. Passò così il resto della giornata e parte di quella successiva a quell'episodio, mettendo in gioco le sue idee, i suoi valori, spesso tornando indietro sui passi pochi secondi dopo averli rivalutati.
Non ricevette nessuno scherzo durante quell'arco di tempo, a dir la verità non ricevette nessuna pressione di alcun tipo, sembrava quasi che Louis non esistesse, se non fosse che durante i pasti e durante le lezioni lo vedesse seduto poco lontano da lei. Il suo distaccarsi da lei aveva riguardato soprattutto il parlarle. Anche se Isaac a colazione non era riuscito a nascondere il suo stupore nel vederlo stare zitto così a lungo, in generale. Ciò gli aveva permesso di godersi un po’ di pace.
Quando alla fine, Jess aveva preso una decisione, era giunta la cena del secondo giorno, momento scelto non a caso. Qualsiasi cosa sarebbe successa in seguito, non avrebbero avuto lezioni ad intralciarli, oppure avrebbe avuto la possibilità di chiudersi nel dormitorio.
Per prima cosa la Serpeverde, era arrivata nella Sala Grande prima di chiunque altro del gruppo con cui mangiavano solitamente, successivamente aveva fatto in modo che sul fondo del bicchiere di Louis fossero presenti poche gocce - il tanto sufficiente - di Veritaserum, ancora prima del suo arrivo, e ancora prima che il bicchiere si riempisse di ciò di cui lui avrebbe voluto.
Quando poi sia Louis che Isaac arrivarono parlando uno a fianco all'altro, Jess finse come meglio sapeva fare che non ci fosse niente che non andasse, e che non avesse nulla da nascondere.
Il tempo in attesa che il moro prendesse il proprio calice, sembrò passare inesorabilmente lento. Jess spulciò il cibo sul proprio piatto fingendo di ascoltare le discussioni dei propri compagni, in realtà ogni movimento da parte di Louis era sotto il lo sguardo traverso. Quella che doveva rivelarsi una semplice vendetta però, si stava dimostrando essere una lenta tortura.
Più di metà cena dopo - come se sapesse cosa lo stesse aspettando - il ragazzo ancora non aveva bevuto. Quell’attesa divenne talmente snervante che ogni minuto che passava, Jess iniziava a pentirsi della decisione fatta. Non voleva più che Louis bevesse da quel calice contaminato.
Inoltre la boccetta di vetro iniziava  a pesare più di un’incudine nella propria tasca.
Continuò a tenerlo sotto osservazione, quasi convinta che non avrebbe mai bevuto, quando si distrasse e nel momento esatto in cui si rivoltò Louis aveva già il calice alzato.
Fu un attimo, la Serpeverde si alzò in piedi, scansò bruscamente Isaac alla sua destra e con un colpo deciso fece cadere sul tavolo il calice prima che potesse anche solo raggiungere le labbra del moro, evitando cosi che lo bevesse. I loro occhi si incontrarono immediatamente. La mano sospesa in aria del moro cadde sul tavolo appena questo comprese perché lo avesse fatto. Socchiuse appena le labbra ma da esse non uscì nemmeno un suono, forse perché non sapeva cosa dire. D'altra parte anche Jess, ancora per metà distesa sulla bancata, non trovava niente con cui giustificarsi. Tutti la osservavano come se fosse improvvisamente impazzita - forse lo era -, eppure lei ci mise molto a trovare la forza necessaria per interrompere quella contatto visivo.
Strinse forte i pugni e si sollevò in piedi. Si sentiva una codarda, allo stesso tempo però, tornando indietro, sapeva si sarebbe comportata allo stesso modo. Oppure anche meglio, avrebbe evitato di darla vinta a quella parte che voleva somministrare il Veritaserum al Serpeverde.
Lasciò la stanza, consapevole di star scappando da Louis.

Gli incontri nella stanza delle necessità continuarono, e Jennifer sentì di poter dire che il rapporto con Niall, dopo quasi un mese, fosse salito di livello. Non era successo nulla che andasse oltre all’amicizia, ma avevano cominciato a rivolgersi continue attenzioni, piccoli gesti che facevano sentire la Grifondoro in particolare, apprezzata.
Dopo il mancato incontro, Niall sembrava esser tornato in forma, cosa che confermò alla ragazza che si dovesse esser trattato davvero di un'intossicazione alimentare, quella avuta dal biondo settimane prima. Eppure i giorni precedenti a quella sera, la mora aveva notato, nuovamente, qualcosa di strano nel Tassorosso. In primis Jennifer aveva vinto tutte le partite a scacchi, più di dieci sfide, cosa che aveva dimostrato ad esempio un'enorme distrazione da parte dell'altro. Non aveva mai vinto così tante volte di fila con lui. Inoltre questo le sembrava molto nervoso, sovreccitato e stanco. L’energia che trasmetteva a chi gli stava vicino, era sbiadita.
Quella sera, la stessa  in cui giunse ad una conclusione, ad una spiegazione, durante la cena Jennifer, ricevette un biglietto da parte di Niall, nel quale si scusava innanzitutto per il poco preavviso, e poi perché non ci sarebbe potuto essere quel giorno al loro incontro perché stava male.
La ragazza volse allora uno sguardo verso il tavolo Tassorosso e notò che effettivamente il biondo non c’era. Finita la cena, preoccupata per l'altro, si avvicinò a Liam poco prima che questo si allontanasse in direzione dei dormitori e gli chiese come stesse Niall.
Se questo inizialmente parve cadere dal pero con un espressione confusa che non sfuggì all’attenzione dell’altra, quando questa stessa nominò il bigliettino ricevuto dal biondo, immediatamente la sua fronte si rilassò e concitato ritrattò «Oh sisi! Quando ho lasciato la sua stanza era a letto. Poverino non ha proprio una bella cera.» disse.
«Capisco..» annuì «Puoi riferirgli da parte mia che spero si riprenda subito?»
«Certo!» le sorrise gentilmente Liam, infondendole quella tranquillità che solo lui sapeva dare.
Appena i due si separarono, Jennifer stava per tornare da Sylvia con l’intenzione di chiederle di rimanere in piedi fino a tardi con lei, quando notò delle risatine fastidiose provenire alla sua destra. Alzò la testa un attimo solo per vedere chi fosse la fonte di quel chiasso, ma nel momento in cui notò, che quel gruppo di Tassorosso del terzo anno stessero lanciando qualche occhiata nella sua direzione, mentre confabulavano tra loro, non riuscì a distogliere lo sguardo.
«Ci sono problemi?» disse impavida la mora avvicinandosi alle ragazze.
«Dici a noi?» chiese quella che sembrava essere la leader del gruppo poggiandosi una mano aperta laccata di verde acqua sul petto «Ecco vedi..» ridacchiò ancora, appoggiata dalle amiche «Credo proprio che il nostro prefetto ti abbia detto una balla.»
Jennifer strinse un pugno cercando di trattenersi dallo strappare i capelli a tutte quelle ragazze, e lo avrebbe fatto se non sentisse che quella odiosa Tassorosso da tre soldi, sapesse qualcosa che poteva interessarle «Spiegati meglio.» mormorò.
«Cerchi il biondino vero? L'abbiamo visto proprio tre secondi fa uscire in giardino.»
«Siete sicure?» chiese la Grifondoro analizzando l’espressione di ognuna di loro.
«Sicurissima. Non ho dubbi su quello che ho visto.» rispose saccente sempre la stessa Tassorosso.
Jennifer osservò ancora quelle ragazze. Per quanto mettessero davvero a dura prova il suo autocontrollo e la sua sopportazione, non poté non ammettere che quelle ragazze sembrassero sincere. Con il rischio di passare per stupida, ed esser derisa ulteriormente, arretrò di qualche passò prima di voltarsi e camminare a passo veloce verso il cortile indicatole, con l'intenzione di capire qualcosa di tutta quella situazione.
Appena uscì in giardino una figura, che lei riconobbe nonostante l buio essere Niall, oltrepassò il cancello sparendo dietro il muro. La Grifondoro si mise allora a correre e raggiunse in un secondo quel punto fermandosi sulla soglia sempre più confusa.
«Niall!» gridò ma il ragazzo che in quel momento aveva accelerato il passo notevolmente e non si fermò «Niall!» provò nuovamente ma era troppo lontano perché potesse riuscire a sentirla.
Osservò l’esterno di Hogwarts, quel vasto territorio fuori dalla scuola in cui gli studenti non potevano andare da soli, ancora meno di notte. Guardò il Tassorosso, ormai quasi un puntino lontano, ed infine alle sue spalle dove nessuno sembrava esser presente. Qualsiasi cosa avesse il ragazzo, non poteva lasciarlo vagare da solo, non poteva rimanere lì con le mani in mano. Non ci pensò ulteriormente e oltrepassò il cancello correndo più veloce che poteva all'inseguimento di Niall. Più volte la sua voce nell’intento di richiamare l’altro fu spazzata via dal vento.
Quando il Tassorosso si fermò, erano ormai molto lontani dal castello. Con i polmoni brucianti e pressoché inesistente aria, Jennifer rallentò il passò, ma non perse mai di vista il suo obiettivo.
Il biondo poco dopo si chinò in avanti appoggiandosi sul tronco di un albero spoglio, e tremava visibilmente. Non ci volle molto prima che Jennifer riprendesse la corsa preoccupata per la salute di questo e lo raggiungesse fino a farsi notare.
«Jenn?!» esclamò confuso il ragazzo vedendola di fronte a sé «Cosa ci fai qui?»
«Potrei farti la stessa domanda. Sono qui per aiutarti.» rispose poggiando le mani sulle sue spalle.
Immediatamente il Tassorosso la spinse via facendola capitolare a terra qualche metro più in là, fortunatamente su uno stuolo di erba alta e abbastanza morbida da attutire la caduta «Devi andare via immediatamente, prima che sia troppo tardi.»
«Cosa dici Niall? Non me ne vado senza di te, hai bisogno di Madama Chips.» rispose Jennifer.
«Davvero non capisci?» sorrise appena Niall con una certa urgenza e sofferenza nella voce, mentre intanto spostava il proprio sguardo verso l’alto. Non appena lo fece il suo corpo cominciò a trasformarsi in maniera sempre più violenta, fino a costringersi ad accasciare a terra preso da convulsioni.
Solo allora Jennifer spostò l’attenzione al cielo e notò la luna piena grande e chiara sopra di loro.
«Va via!» gemette un ultima volta prima di lasciarsi andare ad un ringhio profondo. In tutto ciò la sua schiena si arcuò all’indietro in maniera del tutto innaturale e Jennifer non riuscì a staccare lo sguardo dalla scena, tantomeno a muover un solo passo, terrorizzata com’era.
Vide tutto realizzarsi davanti a sé e nonostante stesse pian piano capendo a cosa stesse andando incontro rimanendo lì, non riusciva a muoversi, a correre via il prima possibile per  mettersi in salvo. Per un attimo le sembrò persino di sentire un ultimo rantolo - il suo nome per la precisione - lasciare le labbra del biondo, prima che il suo contorcersi divenne talmente tanto accentuato, che anche il suo corpo si deformò fino a perdere le forme umane normali.
Il rumore di uno strappo annunciò l’istante esatto in cui i vestiti del ragazzo andarono in frantumi in mille pezzi, cadendo al suolo tra loro due. I capelli biondi, non lo erano più. A dir la verità non vi erano proprio. Il capo su cui prima vi era l’inconfondibile chioma di Niall in quel momento era solamente vuoto, una calvizia resa ancora più inquietante dal colore grigiastro che la sua pelle stava assumendo, addizionato al muso allungato contornato di lunghi canini.
Quando il tremore cessò, e quello che un tempo era Niall, si sollevò su due zampe, il corpo leggermente ricurvo in avanti, la spina dorsale in rilievo che scorreva lungo tutta la sua schiena.
«N..Niall.. sei tu?» balbettò Jennifer riuscendo a malapena a controllare le proprie labbra.
L’animale di fronte a lei la osservò atono. La risposta era chiara. In lui  non c’era nulla del ragazzo. Durante difesa contro le arti oscure aveva avuto modo di studiare anche quella che si trovava di fronte in quel momento. La descrizione datale dal professore, diceva che un essere come quello, una volta persa la forma umana, con essa perdeva anche la capacità di pensare come tale, niente avrebbe fermato la sua aggressività, che fossero nemici o amici. La Grifondoro non aveva mai creduto completamente a quelle parole, ma quando un ululato, successivamente seguito da un ringhiare sommesso riempì l’aria intorno a lei, si ricredette immediatamente, arrivando alla conclusione che in quella creatura, di Niall, ci fossero solo gli occhi.
Cominciò a correre con quanta più velocità riusciva, saltando tutti gli ostacoli naturali che le intralciavano la strada, percependo sin da subito la presenza di quell’animale, cercare di raggiungerla alla sue spalle. Si voltò un paio di volte per vedere quanto fosse in vantaggio rispetto ad esso ma questo non fece altro che ritardare la sua corsa notevolmente.
La sua mano destra andò ad afferrare la bacchetta sotto il mantello, la tenne stretta per non lasciarsela sfuggire per niente al mondo e «Immobilus!» lanciò alle sue spalle.
Sfortunatamente per lei però l’incantesimo mancò completamente l’animale e si andò a schiantare contro un albero. Ritentò allora, riuscendo nell’intento e ciò le diede quindici secondi di vantaggio che non sprecò affatto. Dovette tuttavia far ricorso alla sua bacchetta più volte per far si che non la raggiungesse, soprattutto dopo che la radice di un albero la fece cadere a terra.
Ormai alle porte dell’istituto spinse maggiormente sulle sue gambe, mettendo tutta la forza che aveva nel correre più in fretta di quanto già stesse facendo. Con un altro incantesimo chiuse alle proprie spalle il cancello di ferro in maniera invalicabile, un secondo prima che la creatura potesse raggiungerla. La vide appendersi ad esso ringhiando con rabbia, cercare di raggiungerla con una zampa, ma non riuscirci. Subito dopo riprese a correre, in quel momento non le passò minimamente per la testa che qualcuno potesse beccarla in giro a quell'ora, era dentro Hogwarts, salva, e questa era l'unica cosa che le importava.
Trovò difficile dire la parola d'ordine per entrare nella propria sala comune, la dama nel quadro la osservò stranita mentre con la paura in circolo, balbettava a corto di fiato. Raggiunta la propria stanza si infilò sotto le coperte tremante, il suo cuore batteva così forte, faceva così tanto rumore che non si accorse subito di star singhiozzando e di avere il viso completamente bagnato.
Nel letto a fianco Sylvia si mosse sotto le coperte, immediatamente allora Jennifer si tappò la bocca per non farsi sentire, ma non servì a nascondersi dall'amica, la quale «Ehi tutto ok?» le chiese con gli occhi ancora chiusi dal sonno sollevandosi appena.
«S..si io.. Io ho fatto un incubo.» s'inventò velocemente la mora regolarizzando il respiro.
«Vuoi parlarne?» continuò l’altra pronta  a mettersi a sedere e ad accendere la luce per ascoltare.
«No tranquilla, forse domattina.» rispose «Però.. ti andrebbe di dormire con me stanotte?»
Sylvia non disse nulla, scivolò giù dal proprio letto, salì su quello dell’amica e coprì entrambe con la coperta, successivamente le prese la mano e cercò la posizione giusta «Buonanotte.»
Jennifer impiegò ore a prendere sonno, era mattina ormai quando chiuse per poco gli occhi. Sempre lo stesso pensiero la tormentava “Niall era un fottuto licantropo?!
Quella notte Jennifer riuscì a dormire a malapena mezz’ora. Quando la sveglia suonò, aveva un tremendo torcicollo e tutto il corpo indolenzito per la stessa posizione mantenuta tutto il tempo per non svegliare la migliore amica coricata al suo fianco. Questa si preoccupò subito per lei appena i loro occhi si incontrano, le chiese se avesse voglia di raccontarle il suo incubo perché “parlarne aiuta a far scemare la paura e a dimenticarlo” ma Jenn scosse la testa accennando una risata e «Non lo ricordo già più, tranquilla.» le rispose.
In realtà era  inquieta ed era un miracolo che riuscisse a nasconderlo in maniera sufficiente da non farlo notare all’amica. Al solo ripensare a quello successo la sera prima, le gambe le tremavano. Si sentiva incredibilmente fortunata ad essere lì ancora del tutto intera.
A colazione passò una buona manciata di minuti a fissare il piatto, parlò osservando la sua colazione, senza avere il coraggio di sollevare lo sguardo. Proprio davanti a lei c’era il tavolo dei Tassorosso, avrebbe potuto incontrare Niall e non era sicura fosse de tutto pronta. Quando alla fine si decise a sollevarlo, sollievo e delusione la colpirono in pieno. Lui non c’era.
Fu così anche nelle ore seguenti. Non sapeva esattamente cosa avrebbe fatto una volta avuto davanti il biondo, eppure sentiva la necessità di vederlo. Non sapeva se stesse bene, da quanto andasse avanti quella cosa, voleva delle spiegazioni. Insomma non riusciva a non preoccuparsi.
Quello che aveva visto la sera prima, dopo che la luna aveva illuminato le sue iridi, non era Niall, Niall era il ragazzo che non riusciva a battere a scacchi e che era sempre gentile con lei.
Vide il biondo a metà lezione di Erbologia già iniziata. Erano disposti tutti intorno a grandi tavoli, divisi secondo le case. Lui entrò trafelato, visibilmente stordito, la divisa appena storta, con un ritardo inconcepibile. Nonostante ciò la professoressa tolse solo cinque punti ai Tassorosso, punti che dall’espressione della donna sembrava aver tolto solo perché costretta.
Dovette aspettare la fine dell’ora, trattenendosi dall’incantarsi a fissarlo come un’idiota, e quando alla fine la professoressa li lasciò andare, seminò velocemente Sylvia per raggiungere il ragazzo che più veloce di lei stava raggiungendo l’aula successiva.
«Noi due dobbiamo parlare.» disse la ragazza camminando al suo fianco.
Immediatamente Niall rallentò un po’ il passò e si voltò nella sua direzione «Jenn! D..di cosa?»
«Di ieri sera, di te, e del fatto che una volta al mese ti cresca la pelliccia.» rispose in un sussurro.
«Dannazione.» esclamò il Tassorosso scompigliandosi i capelli «Settimo piano, ora di pranzo?»
Jennifer annuì e tornò dall’amica con in mano la sua sciarpa che aveva dimenticato indietro.
La mora a pranzo va solo per avvisare Sylvia del suo contrattempo, osserva il cibo sulla tavola con un senso di nausea all’altezza dello stomaco. Non può nasconderle che sta andando al settimo piano per parlare con Niall, prendendo la cosa come precauzione.
«Cosa mi stai nascondendo?» chiese la castana maliziosamente.
Jennifer però mantenne la sua facciata seria e al suo «Ti spiego tutto più tardi.» Sylvia capì.
Al suo arrivo, il biondo era seduto appoggiato al muro e fissava la parete opposta. Non si mosse quando la vide, lasciò che fosse lei ad avvicinarsi quanto volesse e a sedersi al suo fianco.
Aspettò qualche secondo che prendesse per prima parola, ma quando questo non successe perché la Grifondoro sembrava aver perso la parola, si fece coraggio e si fece avanti lui
«Sono felice che tu stia bene. I.. io non sto molto bene prima.. si insomma prima di trasformarmi e stamattina quando mi sono svegliato ho pensato fosse stato tutto un sogno. Poi anche a lezione, ti ho vista, stavi bene quindi tu non potevi essere fuori Hogwarts  ieri sera..»
«E invece..» sussurrò la ragazza premendo le labbra tra loro con forza.
«Come hai fatto a salvarti? Ecco, io non sono proprio in me in quei giorni.»
«Ti ho rallentato con qualche incantesimo finché non ho raggiunto la scuola. Poi non so.»
Il biondo sospirò di sollievo «Merlino grazie!»
«Da quanto sei un licantropo? Come è successo?» chiese Jennifer riprendendosi appena.
«Vuoi saperlo davvero? Pensavo non mi avresti più parlato, saresti scappata a gambe levate da me. Molto probabilmente io l’avrei fatto fossi stato in te.»
«Spiegarmi tutto è il minimo che puoi fare adesso. Ho bisogno di sapere.»
«I miei nonni hanno un maniero in prossimità dei boschi irlandesi. Mio padre e mia madre sono Auror e dopo anni sempre immersi fino al collo nel lavoro, siamo riusciti a passare del tempo insieme, in vacanza lì. Ricordo poco perché avevo sei anni e perché successe troppo velocemente per capirci davvero qualcosa. Stavo giocando con mio fratello Greg in prossimità del bosco prima di andare a dormire. Sembrerà cupo ma mia nonna ha arredato l’esterno in maniera davvero carina e nelle giornate calde era abitudine giocare dopo cena all’aperto. C’era la luna piena ma chi si sarebbe mai aspettato che improvvisamente sarebbe uscito un lupo mannaro dagli alberi. Con certezza so che i miei mi hanno smaterializzato di corsa al San Mungo, ma  lì Medimaghi sono stati in grado solamente si confermare che ero stato morso e che non c’era nulla da fare.»
Jennifer si morse con forza le labbra, angosciata dal racconto, non riusciva a credere a quanto potesse esser stato sfortunato Niall ad incappare in un mostro così privò di razionalità.
«Non solo.» continuò «Il Ministero è riuscito a risalire al responsabile e senza nemmeno troppa fatica si è scoperto si trattasse di un prigioniero scappato da  Azkaban. Il fatto che si trovasse nel bosco adiacente all’abitazione dei miei nonni materni non era una coincidenza. Il fuggitivo aveva fatto in modo di trovarsi lì nel momento della trasformazione per riprendersi una rivincita sui miei genitori, in quanto sono loro che l’hanno catturato e spedito in cella.»
«I..io non so cosa dire. Mi dispiace.» tirò su con il naso Jennifer.
«No dispiace a me. Era meglio se queste cose non te le avessi dette.» rispose il biondo stringendole le spalle con un abbraccio amichevole.
«Vai avanti ti prego. Cosa è successo poi?»
«Niente, da  quel giorno ogni mese quando c’è la luna piena mi trasformo nello stesso mostro che mi ha morso. Non posso controllarlo in alcun modo, e anche per le altre persone lo è. Mia nonna si è sentita talmente tanto in colpa per anni, per aver convinto mia mare a lasciarci giocare quel giorno dopo cena, che per i primi due anni ha cercato di prendersi cura di me durante le mie trasformazioni, rischiando troppo. Dopo averla quasi ferita, ho deciso di non coinvolgere mai più nessuno direttamente in questa faccenda. Sanno del morso i professori e anche Liam, ma mai gli ho permesso di lasciare il dormitorio nei giorni rossi.»
«Ci dev’essere una soluzione, un modo per controllare le trasformazioni.»
«No non c’è. Ho il virus della licantropia nel sangue ormai.»
«Non ci credo. Scommetto che si può trovare un modo per anche solo raggirarla, farò delle ricerche stasera in biblioteca e ti dimostrerò che ho ragione. Voglio aiutarti Niall.»
«Cosa non hai capito quando ti ho detto che non voglio coinvolgere nessuno in questa faccenda?» chiese il Tassorosso preoccupato per la ragazza.
«Tu non vuoi che le persone sia coinvolte, ma se fossero queste a volerlo essere?»

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8




In quel momento se il suo labbro si fosse potuto staccare e avesse avuto un paio di piedi, avrebbe sicuramente lasciato la faccia di Alexis, per andarsene con le proprie gambe lontano il più possibile da lei. Era da circa cinque minuti che la Corvonero si torturava insistentemente con i denti, a causa della lezione che affiancata da Niall, si stava apprestando a raggiungere.
«Dai Alex! Ho sentito dire che la lezione di volo di oggi sarà diversa.» le disse il biondo eccitato.
«Non so quale fosse il tuo scopo, ma la tua affermazione non mi ha tranquillizzata per nulla.» rispose la rossa stringendo le braccia intorno al petto quando raggiunsero l'esterno di Hogwarts.
Era risaputo - perlomeno a Niall - che la giovane non vedesse di buon occhio il volo quando questo riguardava in particolare direttamente il suo coinvolgimento. Aveva ottimi voti in ogni materia, volo risultava essere la nota stonante su tutta la sua pagella con un voto inferiore di un grado rispetto alle altre. Il fatto era  che Alexis si impegnava molto, la professoressa lo vedeva, e aveva buon cuore di sollevarle la media a fine anno il più possibile per intaccare al contrario il meno possibile la sua pagella. Nonostante ciò l'avversione per la scopa non le era mai passata.
«Oh Merlino! Ci sono i giocatori di Quidditch!» esclamò una ragazza poco più avanti di Alexis.
Al sentire quelle parole, la Corvonero sollevò la testa e guardò in testa al gruppo allarmata. Constatata la veridicità delle parole, si fermò sul posto e «Niall io non mi sento tanto bene..» mormorò paonazza «Puoi avvisare Madam Hooch che sono tornata..»
«Non fare la fifona Alex!» rispose il biondo afferrandola per un braccio prima che potesse anche solo terminare la frase «Ti impedisco di andartene.» s'impose.
La ragazza mugugnò qualche lamentela e si lasciò trascinare controvoglia verso lo spiazzo in cui la lezione era stata allestita e due file parallele di scope erano poggiate al suolo.
I due amici si divisero poco dopo - troppo presto per i gusti della rossa - e andarono a disporsi a fianco ad una delle scope insieme alle proprie classi. La professoressa che fino a quel momento parlava con i ragazzi del Quidditch, nel vedere che si erano disposti tutti ordinati al proprio posto, raggiunse lo spazio tra  le due file e aspettò che anche gli altri l’affiancassero.
«Il motivo per cui vedete oggi qui con me i ragazzi del settimo anno Green, Styles, Robinson e Lahey, è perché questa sarà una lezione un po’ diversa dal solito, incentrata sul Quidditch.» iniziò la donna passando sopra alle chiacchiere eccitate di buona parte degli studenti del corso «La lezione si dividerà in due parti, una teorica, ovvero un breve test scritto in cui voglio che voi mi scriviate le regole dello sport e cinque falli riconosciuti. Successivamente metteremo un po’ di queste regole in campo con un allenamento molto base a coppie.» spiegò.
Prima ancora che Alexis potesse comprendere quanto detto, dei tavoli forniti di pergamena e piuma comparirono davanti ai loro nasi e Madam Hooch diede il via libera per iniziare il test.
Confusa bagnò la piuma in mano e iniziò a scrivere. Quello che però venne davvero fuori furono solamente due righe che le fecero realizzare quanto davvero poco sapesse riguardo quello sport.
Sapeva ad esempio che vinceva la squadra con più punti ed avrebbe potuto mettere la mano sul fuoco che inserire una qualsiasi parte del corpo all’interno di un anello per evitare alla Pluffa di entrarci, non fosse del tutto corretto, ma oltre quello, nient’altro.
Inoltre il fatto che Madam Hooch fece notare a tutti loro che su settecento falli richiesti, almeno cinque avrebbero dovuto per forza conoscerli, non aiutò per niente Alexis, la quale cadde ancora di più nello sconforto. Sembrava che il problema in quel momento fosse solo il suo.
Tutti scrivevano spediti, la situazione per una volta si era capovolta. Tra sé e sé si disse quasi ridendo che dovesse essere il karma a giocarle uno brutto scherzo. Nella sua testa si maledisse un numero infinito di volte. Lo sapeva che in realtà avrebbe dovuto leggere qualche libro anche sul volo nonostante quella fosse la materia che le piaceva meno, o forse doveva andare alle partite e parlare di più di queste con Niall. Il suo non essere un cima  in quel campo sarebbe dovuta essere la motivazione principale per impegnarsi di più sulla teoria, invece in quel momento, per la prima volta nella sua vita si trovava a fissare la pergamena vuota senza saper cosa scrivere.
Quando ormai mancavano poco più di dieci minuti alla consegna, la sua pergamena era pressoché vuota e non sapeva più cosa fare, una piccola colomba di carta si poggiò sul suo scrittoio, aprendosi poi immediatamente in un biglietto grande quanto la sua mano, completamente compilato in piccola calligrafia. Una lettura veloce bastò per capire che si trattassero delle risposte al test, ma niente le diede alcun indizio di chi fosse stato a mandarglielo. I suoi compagni di casa e Niall scrivevano spediti con la testa bassa sulla carta, la professoressa a distanza parlava con i ragazzi del Quidditch e nessuno sembrava guardare nella sua direzione.
Non si trattenne ulteriormente, davanti alla possibilità di evitare di consegnare un compito in bianco, Alexis preferì ricopiare i suggerimenti, parola per parola, senza pensarci. Il senso di colpa arrivò una volta scaduto il tempo. Copiare non era giusto, e appena messo piede nella sua stanza avrebbe immediatamente recuperato le sue mancanze.
Quello del test però non fu il male peggiore. Per la pratica Alexis finì in coppia con Olivia Wood, Corvonero anche lei. Inizialmente quello che avrebbero dovuto fare, era salire a cavallo della scopa e fare passaggi con una palla normale che non aveva niente a che fare con il Quidditch.
"Serve per allenare i vostri riflessi e l'equilibrio" aveva detto Madama Hooch.
In tutto questo i ragazzi del Quidditch facevano avanti e indietro dando  qualche dritta su come migliorare. Green dopo aver passato dieci minuti dietro la coppia Alexis-Olivia, gettò la spugna.
Le doti di Alexis vennero messe ancora più a rischio quando Madama Hooch chiese a tutti gli studenti di salire di un metro per altre tre volte consecutive. Se da una parte la ragazza si sentiva incredibilmente instabile a così tanta distanza da terra, dall'altra non aveva alcuna intenzione di arrendersi con Isaac nei paraggi. Il peggio in assoluto però arrivò quando si passò dai semplici lanci sul posto a doverli fare volando rapidi in avanti e indietro lungo il campo, insieme al proprio compagno. Lo sguardo che Alexis e Olivia si scambiarono parlò chiaro.
I primi lanci - dopo quasi dieci minuti di sola corsa sulla scopa - furono disastrosi. Green che per sua sfortuna era sempre nei loro paraggi quando la palla cadeva, era anche la persona che la raccattava e la riportava loro. Dopo una quindicina di tentativi falliti, per miracolo le due ragazze riuscirono a fare due lanci consecutivi senza lasciar mai cadere la palla.
Prese dall’euforia, entrambi esultarono, ma mentre Olivia riuscì a controllare la scopa mentre continuavano a volare, Alexis che aveva anche la palla, perse sia questa che il controllò iniziando così ad oscillare da destra  sinistra in maniera convulsa. Un grido di spavento lasciò le sue labbra e tutti si fermarono immediatamente.
«Walsh tutto bene?» chiese Madama Hooch rimanendo ancora in disparte.
In un primo momento la Corvonero non riuscì a rispondere. Strinse con forza le ginocchia intorno al manico e lo riafferrò immediatamente anche con le mani, ma ciò non la aiutò a fermare quella corsa, anzi presto si ritrovò a salire sempre più in alto senza poter far niente per impedirlo.
«Sbilanciati in avanti! Piegati in avanti o continuerai a salire!» urlò qualcuno dal prato.
La ragazza si voltò a guardare  e quello che vide furono tutti i suoi compagni radunati a terra che la guardavano con il naso all’insù, e più passavano i secondi, più si facevano lontani. Inoltre tra loro individuò anche Isaac cosa che la mandò ancora più nel panico.
«Ci sto provando giuro. N.. non ci riesco!» rispose chiudendo forte gli occhi.
Sarebbe morta da un momento all’altro secondo la sua testa in quel momento. Odiava il volo e la cosa non sarebbe mai cambiata, anzi probabilmente non avrebbe mai più nemmeno sfiorato una scopa se fosse riuscita a sopravvivere quel giorno. Avrebbe sopportato una materia bassa.
Quando aprì gli occhi, appena più avanti delle sue mani, ne comparve una terza, che afferrò saldamente la sua scopa. Sul dorso  di essa stazionava una cicatrice bianca che riconobbe subito, eppure non alzò lo sguardo fino a quando una voce non la ridestò  «Respira e concentrati.» disse.
Se respirare non fu facile, Alexis cercò comunque di concentrarsi, agevolata dal fatto che il mezzo non si muoveva più come prima grazie alla presenza di Isaac al suo fianco che la guidava. Riuscirono così ad atterrare nuovamente sul prato con le proprie gambe, poco lontani dal gruppo.
Appena in suoi piedi toccarono terra, gli occhi le si riempirono di lacrime. Le figure dei suoi compagni intorno a lei, e quella di Isaac preoccupata a pochi centimetri divennero sfocate. Strinse al petto le mani per non far vedere a tutti quanto stessero tremando ed abbassò lo sguardo al suolo, avrebbe tanto voluto che la risucchiasse, nascondendola.
«Madama Hooch mi da il permesso di accompagnarla in infermeria?» si fece avanti Niall appoggiando, in segno di conforto, un mano sul braccio dell'amica.
«No.» s'intromise una seconda voce «L'accompagno io.» disse Isaac.
Alexis alzò immediatamente lo sguardo verso l'amico e cercò di pregarlo con gli occhi di non lasciarla andare con lui. "Non in queste condizioni, ti prego Niall insisti" cercò di fargli capire attraverso un unico sguardo. Invece il biondo annuì e si fece da parte d’accordo.
«Va bene Lahey. Per tutti gli altri invece, tornate in posizione.» annuì la professoressa.
Un secondo dopo la rossa si ritrovò tra le braccia del biondo, le sue mani intrecciate automaticamente dietro il collo per evitare di cadere. Successe così in fretta che quando effettivamente si rese conto di cosa stesse succedendo, l'aria le si bloccò nei polmoni.
«Riesco a camminare.» sospirò a stento mentre le ragazze del corso la guardavano invidiose.
Il Serpeverde d'altra parte non rispose e iniziò ad incamminarsi.
Per quanto Alexis avesse voluto godersi l'attimo, era talmente tesa che non aveva dubbi sul fatto che il ragazzo pensasse di avere tra le braccia un tronco di legno. Per non parlare dei suoi complessi sul peso, per quanto sembrasse non farci caso, la Corvonero ebbe anche il tempo di pensare alla fatica che stesse facendo in quel momento Isaac con le in braccio.
Appena varcarono la soglia, Madama Chips si avvicinò a loro allarmata, forse anche più del dovuto a causa del modo in cui lui la teneva «Ragazzi che succede? Tesoro cosa è successo?»
«I..io sto bene.» balbettò Alexis mentre il ragazzo la poggiava seduta su un letto libero.
Finalmente la rossa sentì di poter riprendere a respirare normalmente. O quasi.
«Incidente durante Volo. Credo si sia presa solamente uno brutto spavento.» spiegò il biondo.
«Dovevo immaginarlo. Quando ci siete voi ragazzi del Quidditch di mezzo..» borbottò la donna scuotendo la testa «Ho io cosa fa per lei.» le sorrise poi gentilmente, prima di sparire dietro il paravento mentre Isaac assumeva un'espressione vagamente offesa.
Alexis rimase dopodiché in silenzio per tutto il tempo fino a quando l’infermiera non tornò con mezza tavoletta di cioccolato in mano per lei.
«Non la voglio.» la rifiutò in imbarazzo la più giovane, abbassando appena la testa.
«Sei allergica?» chiese la donna ricevendo subito un segno negativo «Allora..»
«Grazie Madama Chips , ci penso io.» disse il Serpeverde afferrando il dolce dalle mani della donna e trascinando una sedia proprio di fronte e alla ragazza. Successivamente divise una barretta, si portò alla bocca la prima metà, e la seconda la tese nuovamente alla Corvonero che quella volta non ebbe il coraggio di rifiutare l’offerta. Prima di portarla alla bocca però, aspettò comunque un po’, rigirandosi il dolce tra le mani.
«Non sei costretto a rimanere qui..» mormorò la ragazza alzando lo sguardo sul ragazzo, mentre terminava l’ultimo pezzo di cioccolato. Quella era la prima volta che osservava il biondo così da vicino, e soprattutto con lui consapevole che lo stesse facendo.
«Non ho di meglio da fare.» fece spallucce questo, adagiandosi sullo schienale.
«Madama Hooch si starà chiedendo dove sei finito. Mi sei sembrato indispensabile alla lezione. Se non ci sei tu chi salverà le stupide ragazze che al sesto anno non sanno andare sulla scopa?»
«Non tutti sono perfetti. C’è chi è bravo nel Quidditch..» rispose Isaac riferendosi chiaramente a se stesso «..e chi ad esempio lo è in Aritmanzia. In ogni caso ci sono altri ragazzi al campo.»
La rossa aggrottò le sopracciglia trovando il paragone tra le materie esageratamente azzeccato.
«E poi..» ricominciò «Sono in debito con te.»
«In debito con me?» chiese Alexis trattenendosi dal ridere.
«Allora credo di aver confuso civetta. Ero quasi certo che la civetta bianca che sta sempre con Slot fosse la tua. Vorrà dire che dovrò dire a Madama Hooch che hai copiato al test di oggi!»
«Tu come..?» poi si zittì immediatamente capendo che il ragazzo ormai avesse scoperto tutto «Non si aiuta una persona in cambio di qualcosa.» disse sicura di sé.
«Giusto.» annuì «Quindi ti ringrazio per Aritmanzia, per la dritta dell’arrivo di Gazza l’anno scorso alla festa di fine anno, e per tutti gli altri biglietti. Ma probabilmente ti devo la vita per avermi salvato alla partita di Quidditch, quando i bolidi sono impazziti.»
«Non puoi esser sicuro che sia stata io a fare tutto queste cose.» sostenne sentendosi estremamente tranquilla per star parlando con Isaac Lahey, cosa che aspettava da una vita e che aveva immaginato sempre incredibilmente imbarazzante.
«Ma non l’hai nemmeno negato.» le fece notare il Serpeverde.
«Già..» sospirò «Beh.. ti ringrazio per non avermi lasciato volare via, ed avermi portato lontano dal resto degli allievi. Probabilmente avrei potuto avere una crisi di panico.» ammise.
Rimasero in infermeria scambiandosi solo di tanto in tanto qualche parola fino alla fine dell’ora di Volo, quando Niall raggiunse Alexis giusto in tempo per vedere Isaac raggiungere la lezione di Pozioni a cui non sarebbe potuto mancare.
Ad accoglierlo trovò un’Alexis sorridente ed euforica, di certo non una persona che ha quasi rischiato di ammazzarsi a cavallo della propria scopa.
«Allora?» le chiese il Tassorosso prendendo posto a fianco a lei sul materasso «Dall’espressione di entrambi sembra che Lahey abbia scoperto del tuo gesto eroico e dei bigliettini.»
La testa della ragazza scattò nella sua direzione «Come fai a sapere tutto questo?»
«Oh andiamo! Sono Tassorosso non cieco, e la tua espressione ogni volta che c’è lui in giro dice tutto.» rise il biondo ammettendo si aver sempre saputo della sua cotta per il Serpeverde.
«Ti prego non entrare nei particolari.» disse la rossa coprendosi il viso.
«Va bene, per oggi hai avuto fin troppe emozioni.»

Dopo aver messo in chiaro le cose rispettivamente con Harry e Niall, Sylvia e Jennifer avevano parlato l’una a l’altra di cosa negli ultimi tempi era successo. Lo scoprire che entrambe avessero mantenuto segreto qualcosa, le aveva aiutate a passare il senso di colpa che provavano nell’aver tagliato fuori dalla propria vita e dalle difficoltà, la propria migliore amica.
Alla notizia che Niall fosse un licantropo da praticamente sempre, inizialmente la castana scoppiò a ridere dicendo che era impossibile che uno tenero esteriormente come il Tassorosso, il quale al massimo si sarebbe potuto trasformare in un criceto, in realtà durante le notti di luna piena diventasse una delle creature più irrazionali di tutto il mondo magico. Poi si era preoccupata per l’amica, ricollegando il tutto al suo “incubo” e l’aveva ripresa per il suo averlo seguito fuori quella sera il mese precedente, nonostante non sapesse ancora del pericolo.
Jennifer invece non lo aveva preso in giro come si sarebbe aspettato. Per una volta sembrava che le due ragazze si fossero cambiate di ruolo, e la mora si preoccupò per il riccio.
Stette ad ascoltare in silenzio i vari dubbi che Sylvia aveva affrontato settimana dopo settimana, e il definitivo aiuto che gli aveva dato dopo che lo aveva trovato sconvolto nella Sala Comune in piena note, definendo alla fine l’amica, come l’eroina di Harry Styles.
Una cosa che però notò spontaneamente Jennifer fu che, nonostante fosse passato un mese dal cosiddetto incidente, a parte un paio di giorni in cui aveva visto la castana strana, non c’era stata nessuna occasione in cui l’aveva vista interagire in maniera diretta con il Prefetto. Si sarebbe aspettata che dopo averlo salvato da una crisi isterica da pozioni, il minimo che avessero potuto fare era scambiare almeno una parola, un cenno, mezzo saluto, e invece niente. D’altra parte però non aveva più sentito Sylvia criticare Styles ogni volta che lo vedevano passar davanti a loro, o ogni volta che veniva elogiato da qualcuno.
«Ci sono molte più cose di quante possiamo immaginare dietro la sua facciata famosa.» aveva detto Sylvia, rimanendo comunque discreta su quanto Harry le aveva confidato.
«In realtà non è proprio vero che non ci siamo più parlati da quel giorno. Ogni tanto ancora non riesco a dormire e mi capita di trovarlo nella Sala Comune che non riesce a farlo nemmeno lui. A volte parliamo un po’, a volte ripete a voce alta una lezione e poi lo costringo ad andare a dormire, oppure leggiamo solo vicini. Diciamo che io vado anche per controllare che non ricada.» fece spallucce la Grifondoro poggiando i gomiti sul volume che in quel momento aveva di fronte.
Jennifer non fece in tempo a rispondere che il diretto interessato di tutta la conversazione si avvicinò titubante alle due nella Sala Grande e nel tentativo di attirare l’attenzione si Sylvia si schiarì la voce. Come se i due metri d’altezza e i suoi capelli non fossero abbastanza visibili.
«Ciao ragazze.» salutò nel momento in cui queste si voltarono «Come va?»
«Ehm io vado.. Ho delle ricerche da fare per tu sai cosa.» si rivolse all’amica «Styles.» ricambiò.
Quando la mora si fu allontanata il riccio indicò il posto a fianco a Sylvia e chiese «Posso?»
La ragazza annuì senza pensarci e sistemò un po’ la sua roba sparsa sul tavolo. Successivamente osservò il riccio aspettandosi che parlasse, ma questo esitò prima di farlo, dovette incitarlo lei.
«Ricordi che mi hai proposto di aiutarmi?» chiese grattandosi nervosamente dietro la nuca «So che anche tu devi preparare esami ma ecco.. mi chiedevo se avessi dieci minuti per aiutarmi nell’organizzazione dello studio e dei vari incontri. Beh.. diciamo francamente che non riesco ad organizzare la mia vita scolastica e non voglio riprendere con le pozioni.»
Sylvia sorrise e annuì ancora chiudendo ora il libro e portandosi davanti qualche pergamena. L’ultimo giorno passato insieme chiusi nella stanza delle necessità, i due avevano parlato ancora e la castana alla fine, si era anche proposta nei limiti del possibile, di aiutarlo con lo studio e l’organizzazione - perché no - del resto. Inizialmente Harry l’aveva ringraziata seppur non aveva nemmeno lontanamente preso in considerazione di rivolgersi a lei per una cosa simile, ma dopo qualche settimana, dopo aver sperimentato che anche solo ripetere a qualcuno una lezione, lo faceva sentire più sicuro dopo molte meno ore di studio, si era ricreduto, ed ora eccolo lì con lei.
Alla fine passarono ben più di trenta minuti dietro schemi che ad ogni stesura diventavano sempre più dettagliati e precisi. In quello definitivo, che riguardava le successive due settimane, vi erano le ore approssimative di studio, gli incontri a cui Sylvia si era offerta di presentarsi per aiutarlo con lo studio - incontri che risultavano essere principalmente notturni nella Sala Comune -, gli allenamenti di duello, quelli di Quidditch e le varie riunioni da Prefetto.
In tutto questo erano compresi - seppur piccoli - dei buchi in cui Harry avrebbe potuto rilassarsi.
«Grazie mille. Probabilmente senza di te avrei passato una settimana del programma, solo a fare il programma.» sospirò il riccio lasciandosi andare sulle braccia incrociate.
«Di niente!» rispose la ragazza appoggiando la testa sul palmo della mano.
Dopo neanche due minuti di silenzio rilassante, venutosi a creare tra i due, qualche giocatore di Quidditch con le rispettive ragazze, si avvicinarono con il preciso intento di parlare con Harry.
«Hey Styles!» gli assestò una pacca sulla spalla uno di loro «Stiamo andando al villaggio, sei dei nostri per una burro birra?» gli chiese con un’espressione sicura che avrebbe accettato.
Contrariamente a  come si sarebbe aspettata anche Sylvia però, con un’espressione mortificata perché Harry Styles non diceva mai di no, lui declinò «Ho bisogno di una doccia, magari dopo.»
I suoi compagni di squadra annuirono e lasciarono la sala subito dopo.
«Wow!» mormorò la castana ridendo «Hai davvero detto di no a qualcuno? Non ci credo.»
Il riccio scosse la testa trattenendo un sorriso «Pensavo di fare davvero una doccia, ma pensavo anche di chiederti se ti andasse di andare a prendere qualcosa da bere a I tre manici.»
Dopo qualche secondo di stupore «Oh si! Ehm.. perché no?!» rispose.
Non le passò minimamente per la testa di rispondere in maniera negativa. Non di nuovo.
«Facciamo tra quindici minuti all’ingresso?» chiese il Grifondoro.
Se corro il più veloce che posso in stanza, e uso la magia, dovrei farcela” pensò la ragazza, ma fu «Sicuro! Quindici minuti.» la risposta che diede realmente.

Il bagno dei Prefetti era il suo posto preferito probabilmente in tutta Hogwarts. Oltre lei erano poche le persone che potevano accedervi, anche se più persone cercavano comunque di farlo, ma da quando i controlli erano aumentati, solo estranei in compagnia degli stessi Prefetti avevano il permesso di entrare, tra cui Louis, perlomeno prima della loro litigata.
Stare con il moro era stato sempre piuttosto sfiancante, non solo per i suoi modi di fare dinamici, ma anche perché Jess doveva equilibrare e portare avanti la loro relazione, lo studio, i suoi doveri da Prefetto e da Caposcuola, eppure, in quel periodo le cose le sembrarono essere molto più pesanti e dentro di sé sentiva la mancanza di qualcuno da cui potersi rifugiare a fine giornata. Per non parlare della fatica che faceva nel cercare di ignorarlo.
Un rumore improvviso alle sue spalle, precisamente proveniente dalla porta d’ingresso, fece sussultare la ragazza la quale si portò le gambe al petto e con un unico abbraccio sulla superficie dell'acqua catturò quanta più schiuma potesse addosso per coprire la sua nudità. Quando si voltò, una figura che conosceva bene stava avanzando nella sua direzione con un leggero sorriso.
«Potresti anche non coprirti in quel modo. Lì sotto non c'è niente che non abbia già visto.»
«Louis tu non puoi entrare qui!» esclamò la mora fulminandolo con lo sguardo.
«In teoria sono in compagnia di un Prefetto, anzi il Prefetto Caposcuola per la precisione.»
«In pratica non sei proprio in.. Cosa stai facendo?!» chiese la ragazza allarmata, quando vide il moro abbassarsi con naturalezza in un solo colpo  pantaloni e boxer.
«Mi spoglio.» rispose ovvio passando prima alla cravatta verde-argento e poi alla camicia.
«Quello lo vedo.. Perché?»  inarcò le sopracciglia.
«Perché ho voglia di un bagno rilassante.» alzò le spalle scavalcando con attenzione il bordo.
«Ora?» chiese la ragazza.
«Ora.»
«Ma ci sono io adesso. Non puoi aspettare che io me ne vada?»
«Lo vedo che ci sei tu. Che gusto ci sarebbe se aspettassi?!»
Jess annuì spostando lo sguardo dalla parte opposta rispetto quella dove si era posizionato l’ex.
Dopo esser scappata dalla Sala Grande ed averlo evitato come una brutta epidemia, avrebbe dovuto aspettarselo che prima o poi sarebbe riuscito ad incastrarla. Per un secondo pensò di andarsene, ma il suo orgoglio Serpeverde si rifiutò di lasciare quel bagno in cui era arrivata per prima, o ancora peggio di scappare ancora da quella testa dura di Louis Tomlinson.
«Dai non puoi tenere il broncio in eterno. Dovrai pur parlarmi prima o poi.»
«Io non tengo il broncio. Semplicemente fingo che tu non esista e continuo a non parlarti.»
«Ma ora lo stai facendo.» constatò il moro facendo sbuffare Jess «C'è una cosa che voglio chiederti.» chiese poi diventando improvvisamente serio.
La Serpeverde non aprì bocca ma gli rivolse comunque l'attenzione.
«Nel mio calice c'era il Veritaserum vero?» chiese osservando dopo un po’ di esitazione l'annuire della ragazza «Perché hai cambiato idea all'ultimo e non mi hai lasciato berlo? Se me lo avessi lasciato fare, ora sapresti la verità. Sapresti che non ti ho mentito.»
«Ecco è sempre questo il punto. Tu non hai mentito, e nemmeno io l'ho fatto.» disse infastidita.
«Lo so ti credo.» disse il moro colpevole scoppiando le bolle intrappolate nella schiuma.
«Ovvio dopo avermi somministrato il Veritaserum non poteva essere diversamente.»
«Non solo per quello. Non avrei dovuto dubitare così tanto di te. Sappiamo entrambi cosa abbiamo visto o fatto, ma stupidamente non abbiamo messo in conto che con la magia si può fare tutto.» la ragazza era confusa «Ho rintracciato il ragazzino con cui hai parlato quella sera ancora prima di utilizzare la pozione, e non capivo all’inizio, ma lui non si ricorda di aver parlato con te, tanto meno di aver preso qualcosa che gli hai dato. E sono stato uno stupido anche solo a dubitare di te nonostante ancora adesso non ci sia una vera e propria spiegazione.»
«Si hai sbagliato..»
Louis lentamente riuscì a scivolare fino al fianco della ragazza e facilitato dall’acqua afferrò la ragazza per la  vita facendola sedere sulle proprie gambe distese. Le lamentele di questa servirono a ben poco,  stringendola al suo petto con le braccia non le permise alcuna via di fuga.
Jess alla fine si arrese e si lasciò andare contro il moro. Tracciando con i polpastrelli i contorni dei suoi tatuaggi, gli stessi tatuaggi che un paio d'anni prima gli avevano causato una lavata di capo incredibile da parte della madre e che lo avevano costretto a rifugiarsi due giorni a casa di Jess. Quella era stata anche la prima volta che i suoi genitori avevano incontrato Louis nonostante sapessero già chi fossero i Tomlinson.
«Mi sei mancata..» sospirò il moro con un sorriso stupido sul viso che l’altra non poteva vedere.
«Sia chiaro..» si staccò appena per poterlo vedere in viso «..sono ancora arrabbiata con te.»
«Oh sisi certo!» annuì fintamente serio il ragazzo. Sapeva che sei lei non avesse voluto si avvicinasse, non le sarebbe stato affatto difficile impedirglielo.
Incredibilmente positivo inoltre, non si limitò a tenerla così vicino in quella posizione, ma facilitato ancora dalla leggerezza del corpo della ragazza immerso fino a metà nell'acqua fece in modo che questa si sedesse a cavalcioni su di lui e la baciò.
Il risultato sarebbe potuto essere un pugno sul naso immediato oppure una risposta, per sua fortuna invece Jess incastrò le mani tra i suoi capelli e rispose al bacio. Louis invece appoggiò le mani sulla parte bassa della schiena avvicinandola ancora di più a sé, sentendo che con quel contatto stavano recuperando tutte le settimane di distacco che c’erano state.
«Ahi!» si lamentò Louis dopo un morso troppo convinto al labbro inferiore da parte della  mora.
«Questo è per...»  cercò di giustificarlo Jess prima di esser interrotta bruscamente.
«Sisi!» esclamò Louis per poi riafferrarle i viso.

«Ho trovato!» sbatté euforicamente il libro sul tavolo Jennifer, maledicendosi subito dopo per essersi dimenticata di essere in biblioteca in mezzo a molte altre persone«Ho trovato un modo per raggirare le trasformazioni.» sussurrò allungandosi in avanti verso il biondo.
Niall scosse la testa «Jenn ci stai ancora pensando? Ti ho già detto che..»
«Avevo ragione visto? Bastava cercare bene. E non ho consultato nemmeno il reparto proibito.»
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo e fece cenno alla ragazza di sedersi, ben consapevole che non si sarebbe mai e poi mai arresa. Questa fece il giro del tavolo e spostata la sedia si sedette vicino a lui. Dalla copertina sembrava che quel grosso volume parlasse di creature magiche.
«Uno dei capitoli in questo libro mette a paragone Licantropi e Animaghi. Tralascio la parte in cui parla dell’infezione del sangue e delle capacità razionali che li distinguono, le sai già. Pensa però cosa succede se nelle giornate di luna piena, prima che la luna sia abbastanza lenta, prima che tu possa trasformanti involontariamente in lupo mannaro, tu riesca  farlo in lupo come Animago. Ciò creerebbe interferenza e nonostante tu sia costretto a cambiare forma comunque, così manterresti le tue capacità mentali.» le spiegò.
«Solo i più grandi maghi riescono a diventare Animaghi Jenn.. Se mi hanno smistato in Tassorosso forse non sono destinato a grandi cose come questa.» scosse la testa sconsolato lui.
 «Non dire stronzate!» controbatté contrariata la ragazza «Sei un licantropo, solo per questo hai qualcosa di speciale, poi sei troppo bravo a scacchi per essere veramente un Tassorosso, questa è una mia personale teoria, e discendi da due Auror. Smettila di dire cazzate e concentrati.»
«Quindi?» sollevò le mani al cielo «Da dove dovremmo iniziare?»
«Secondo questo libro, un Animagus può trasformarsi in un solo animale e questo non viene scelto dal mago, però  è determinato dalla sua personalità e dai suoi tratti innati. Inoltre, ogni Animagus, quando assume la forma animale, è contraddistinto da un “marchio di identificazione” che è causato da un tratto caratteristico del suo corpo umano..» lesse la Grifondoro «Perciò, secondo un’altra mia teoria, se tu hai sangue di licantropo che ti scorre nelle vene, basta che ti concentri un po’ di più sulla figura del lupo e ti trasformerai in esso.»
«Volevo cercare la pozione antilupo ma in una settimana dubito di riuscire a trovarla. Quindi..» «Cosa?!» esclamò controllando il tono della voce «Non verrai con me durante la luna piena.»
«Certo che verrò.» rispose la mora «Come farò altrimenti ad aiutarti?»
«Non potresti farlo comunque una volta trasformato, non capirei quello che mi dici lo sai.. Ho imparato a conviverci dopo tutti questi anni. Non c’è bisogno davvero..»
«Vorrà dire che ti tartasserò durante la trasformazione. Non mi arrendo. Ho anche stilato una lista di incantesimi che potrebbero aiutarmi a tenerti buono per qualche ora.»
«Cosa devo fare per convincerti a cambiare idea?» chiese Niall, e Jennifer scosse la testa.
La settimana successiva, come la Grifondoro stava organizzando, non perse mai di vista Niall. A cena rimase nei pressi dell’ingresso che portava nei sotterranei per essere sicura di non perdere il momento in cui il biondo sarebbe uscito dal proprio dormitorio per allontanarsi da Hogwarts.
In allerta com’era non si lasciò abbindolare nemmeno da Sylvia e Liam che assoldati dal ragazzo, avevano cercato di distrarla il tempo sufficiente per permettere al biondo di uscire. Il Caposcuola teneva troppo a quello per non aiutarlo come potesse, mentre Sylvia non voleva che l’amica si facesse male per quanto la vedesse sicura in quello che voleva fare, e volesse aiutare.
Questo dunque non l’aveva fermata, e contro le continue lamentele lo aveva seguito fino allo stesso spiazzo in cui aveva scoperto in cosa si potesse trasformare. La bacchetta stretta nella mano, sembrava essere un prolungamento del suo braccio.
«Niall ascoltami bene adesso. Cerca di contrastare quella parte che dentro di te vuole farti perdere il controllo. Pensa che vuoi trasformarti ma secondo le tue leggi.»
«Jenn ti prego..» gemette Niall chinandosi a terra «Vai via.»
«Pensa alla bella pelliccia che avresti se ti trasformassi proprio ora in un lupo. Andrebbe bene anche una volpe in realtà, tutto fuorché un bavoso, e rugoso lupo mannaro. Non ne sei abbastanza convinto, quindi finché non lo sarai io continuerò a venire con te e a ripeterti sempre le stesse cose. Niall Horan, niente ti impedisce di diventare un Animagus, devi solo vederlo più di te stesso.»
Aveva aspettato fino all’ultimo, fino a vedere anche le iridi del Tassorosso cambiare forma, prima di correre via il più veloce che potesse. Diverse volte lanciò incantesimi contro l’animale che la inseguiva, alcuni invasivi altri un po’ meno. Ogni qual volta riusciva a rallentarlo o a bloccarlo del tutto per qualche secondo, non correva più forte come la volta precedente ma tornava sui suoi passi o provava a farsi sentire, con il fiatone che le rallentava le parole.
Giunta quasi l’alba poi, le forze al minimo, si era lasciata andare contro un albero e aveva aspettato la fine di tutto quello con un incantesimo difensivo che l’aveva chiusa come in una bolla, sufficiente a tenerla al sicuro. Era uscita da questa solo quando aveva visto Niall arretrare e in maniera opposta a come si era trasformato in licantropo, tornare in sé.
Probabilmente quello fu la cosa peggiore che vide in vita sua, tanto che rischiò di rimettere accasciata in qualche angolo. Terminata la mutazione Jennifer prese un respiro profondo e toltasi il mantello lo poggiò sul corpo nudo del biondo.
«Jenn..» sospirò abbracciandola «..menomale stai bene.» sospirò sollevato.
«Ehm..si. Avrei solamente bisogno di una letto in cui rimanere per le prossime dieci ore.» tossicchiò al solo pensiero che in quel momento Niall stesse indossando solo il suo mantello.
«Credo di esserci andata giù pensante qualche volta. Puoi metterti sdraiato per qualche secondo?» chiese poi Jennifer riprendendo il controllo della situazione.
Come aveva detto sul suo petto e sulle gambe non solo vi erano già presenti dei lividi, ma anche qualche taglio che con l’uso della bacchetta, venne immediatamente rimarginato.
Avevano fatto lo stesso anche il mese successivo e tutti quelli avvenire che rimanevano prima della fine della scuola. Tra una lezione e l’altra Jennifer studiava nuovi piani senza perdere mai la speranza. Per il secondo tentativo era anche riuscita, tramite Tomlinson. O meglio tramite Liam che aveva fatto da mediatore con Tomlinson, ad ottenere qualche fiala di Pozione Antilupo, pozione che durante le giornate di luna piena era stata importante nell’evitare che la mora venisse sbranata, o che dovesse scappare fino all’alba.
Dopo aver aspettato che il biondo si trasformasse sotto i suoi occhi, lo aveva immobilizzato con l’aiuto delle radici e incantesimi rivolti alla natura. In tutto questo rallentò anche i movimenti della bestia, per evitare che potesse liberarsi troppo velocemente. I minuti che passarono dalla somministrazione della pozione, al rilassamento de lupo mannaro, furono estenuanti, per quanto fosse sicura dei risultati, l’attesa era sempre troppa.
Per la prima volta quella sera, la Grifondoro si avvicinò a Niall il tanto da riuscire ad appoggiare le mani su quella pelle appena ruvida. Lo guardò negli occhi e ancora una volta ripeté quello che doveva fare. Gli occhi la seguivano nei movimenti ma erano vuoti. La restavano ad ascoltare ma era difficile capire se davvero stessero comprendendo quello che voleva dire.
Per le quattro ore in cui quella pozione fece effetto, la ragazza continuò ad insistere e ad insistere.
Terminato poi, aveva dovuto ripiegare ancora una volta nelle maniere forti fino a quando Niall si ripiegava su di esso e cercava - un po’ contrariato - la sua spalla per rientrare ad Hogwarts.
A fine aprile Niall continuava ad essere piuttosto negativo riguardo tutto ciò nonostante La ragazza glli facesse notare i progressi, trovava difficile pensare potesse essere vero.
«Io non ricordo affatto di aver esitato.» disse una mattina mentre con Jennifer facevano rientro ad Hogwarts poco prima che tutti gli studenti si alzassero per la colazione.
«Tu non lo ricorderai ma io l’ho visto, il che è abbastanza per darmi necessaria fiducia di riuscita..» sostenne la mora  «Per entrambi.» specificò infine.

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9



Come ogni fine settimana, tra un pasto e l’altro, e soprattutto a giugno quando gli esami erano ormai vicini per tutti, la Sala Grande era occupata da una gran quantità di studenti intenti a studiare chi in compagnia, chi in piccoli gruppi secondo le lezioni seguite.
Alexis era lì con Niall, al centro della tavolata, che cercavano di ripassar e insieme ancora una volta Astronomia. Eppure Alexis non era al massimo delle sue forze, lo si vedeva dal fatto che spesso perdeva il filo del discorso, che non lo riprendeva continuamente, ma anzi che fosse Niall a farle notare quando senza scrupolo fissava dall’altra parte della stanza verso al tavolo dei Serpeverde dove vi era seduto Isaac in quel momento.
Isaac.. Da quando avevano parlato in infermeria la Corvonero si trovava in una strada di mezzo in cui non poteva fare niente. Ora che il ragazzo aveva scoperto la sua identità non aveva alcun senso continuare a mandargli biglietti, come allo stesso tempo non era abbastanza coraggiosa da farsi avanti e rivolgergli la parola. Per dirgli cosa poi? “Oggi sei proprio più bello del solito.
D’altra parte il giorno del suo incidente sulla scopa, sembrava che il Serpeverde avesse messo in chiaro le cose tra loro, l’aveva ringraziata per tutto quello che lei aveva fatto per lui fino a quel momento, qualche chiacchiera di cortesia e poi niente. E lei ci provava a non guardarlo ma erano troppi i luoghi in cui potevano incontrarsi e lei era ancora cotta di lui.
Poteva però ritenersi fortunata che nessuno oltre lui, lei stessa e Niall sapesse di tutto ciò.
«Alex..» sussurrò il biondo sporgendosi verso lei «Se non la smetti di fissarlo inizierà davvero a pensare che tu sia inquietante.» le fece notare «E non vorrei essere cattivo, ma studiare con te oggi è impossibile.»
La rossa si ridestò e abbassò lo sguardo colpevole «Scusami.. Giuro che ora mi concentro.»
«Non fa niente.» la tranquillizzò «Tra mezz’ora devo incontrare Jenn. Se facciamo domani?»
«Va bene.» annuì la ragazza «Tanto fra un po’ vado in biblioteca. Magari lì concludo qualcosa.»
Niall si abbassò sulla Corvonero e le stampò un bacio tra i capelli «Ci vediamo stasera.»
Rimase ancora qualche minuto dopo che l’amico se ne fu andato. Sistemò piccoli segnalibri sulle pagine che più le interessavano del libro e sistemò ad una ad una le pergamene in modo che una contenesse l’altra, il tutto manualmente, senza usare la magia. Anche se non lo voleva ammettere a se stessa, era un modo per perdere tempo.
Appena sistemata la piccola sacca in tela sulla spalla, e stretto al petto il libro,  una colomba di carta si poggiò in maniera famigliare sul tavolo davanti a lei, e subito dopo si aprì.
“Ti va di stare al tavolo da noi?” citava.
Se non avesse riconosciuto l’animale sottoforma del quale il foglietto si era trasformato, probabilmente non avrebbe mai sollevato la testa verso il tavolo dei Serpeverde.
Non era sicura se accettare o meno quell’invito. Oltre che essere molto stupita, vi era il dubbio della veridicità di fondo di quelle parole, non sapeva se avrebbe potuto fidarsi, o se fosse giunto il momento che si sentisse messa in ridicolo davanti a tutta la scuola. I suoi occhi però incontrarono inevitabilmente quelli di Isaac, ed immediatamente le sue barriere caddero.

Nessuno, a parte lui, guardava nella sua direzione. Con lo prospettiva di passare l’ultimo anno a Beauxbatons se le cose si fossero messe male, accartocciò in una tasca il foglio e s’incamminò.
Isaac ed il resto del suo gruppo si trovavano all’estremità del tavolo più vicino a quello dei docenti, quindi Alexis dovette passare in una parte della Sala in cui non era passata, vedendola per la prima volta da un punto di vista diverso. Fu particolarmente difficile compiere gli ultimi passi una volta raggiunti i Serpeverde. Per infondersi coraggio strinse il libro al petto e fissò unicamente il fianco del biondo, per non captare eventuali strane espressione dagli altri.
Quando il ragazzo notò il suo arrivo le fece subito cenno di prendere posto a fianco a lui, e di riflesso rizzò la schiena per permettere alla ragazza di prendere parte alla conversazione.
Jess in quel momento era appoggiata alla spalla di Louis e blaterava  qualcosa per la quale il moro sorrideva appena. Come fosse successo che i due avessero risolto non lo sapeva, ma era bello, dopo esser stata la causa della rottura dei due, rivederli di nuovo insieme e più uniti. Nel momento esatto in cui la Corvonero appoggiò il libro, la coppia spostò per qualche secondo lo sguardo su di lei. Non sapeva cosa Isaac avesse detto loro di lei, non aveva nemmeno idea chi cosa potessero star pensando, ma alla ragazza sembrò quasi che la Caposcuola le sorrise. Poi ripresero a parlare e lei il massimo che poté fare fu rimanere in silenzio ed estremamente in imbarazzo.
Non tutti però la pensavano come la coppia infatti qualche postò più in là, un ragazzino del primo anno commentò a voce alta «Cosa ci fa una Corvonero al nostro tavolo?»
«Zitto idiota!» fu subito il commento della ragazza seduta al suo fianco seguito da un pugno.
Il commento però non sfuggì a Jess, la quale si sollevò da sopra Louis e controbatté immediatamente «Taci Jacson! Non voglio esser costretta a togliere punti alla tua casa.»
«Ma è anche la tua casa.. Perderemmo così!» si lamentò.
«In sette anni ho visto i Serpeverde vincere troppe volte. Non vorrai iniziare la tua carriera ad Hogwarts sentendoti accusato di aver fatto perdere la propria casa vero?» lo minacciò la mora.
«Nossignora.» sbuffò il ragazzino tornando al suo posto.
«Bravo Jacson.» si complimentò in maniera falsamente gentile la Caposcuola.
«Sei stata troppo dura con lui. Io combinavo più danno di così al primo anno.» s’intromise Louis.
«Motivo per cui al primo anno abbiamo perso.» gli fece notare.
Per quanto poco gentile, la matricola aveva centrato il punto. Cosa ci faceva lei lì?
Se lo chiedeva da un po’ ormai Alexis mentre fissava le venature del legno sul ripiano.
«Hai da fare?» le chiese ad un certo punto Isaac ridestandola dai suoi pensieri sul battibecco.
La ragazza fece spallucce «In realtà stavo per andare in biblioteca..»
Il Serpeverde scosse la testa « Ti ho vista tutta la sera studiando. Prenditi una pausa!»
“Ci stavo provando in realtà.” Pensò arrossendo per l’evidente ammissione dell’altro sul fatto che l’avesse guardata qualche volta. Però alla fine, con un’altra alzata di spalle gli diede retta.
«Devo spedire una lettera a casa, ti va di accompagnarmi alla guferia?»
La Corvonero fece svanire tutto ciò che di pesante aveva e lo seguì. Successivamente sulla torre Alexis trovò subito la sua Flo nel solito posto, affiancata fedelmente dal gufo di Isaac. Si avvicinò un solo momento per poterle fare un grattino sul capo, poi lasciò spazio al Serpeverde il quale come ultima cosa prima di spostarsi, lo vide togliere da sotto il mantello la lettera.
Si sporse sul muretto che affacciava verso l’esterno, osservando le mura di Hogwarts e i rispettivi giardini, mentre in lontananza il cielo iniziava a tramontare.
Quando Isaac affidò la lettera alla propria civetta, Alexis sentì chiaramente la sua Flo lamentarsi dell’improvvisa privazione del suo compagno. Durò poco però, subito dopo infatti trovò una posizione comoda nel punto in cui prima si trovava prima Slot. Isaac la raggiunse nel momento esatto in cui la sua civetta spiccò il volo passandole a fianco rapido.
I colori del tramonto si riflettevano sul suo viso mettendo in evidenza maggiormente il suo tratti regolati, e ancora di più i suoi occhi cesti i quali in quell’istante sembravano essere particolarmente più chiari. Qualcosa di simile dovette averlo pensato anche lui perché «I tuoi capelli stanno prendendo fuoco.» commentò per poi aggiungere subito dopo con fare poco pratico «La luce fa uno strano effetto sui tuoi capelli rossi.»
Non sapeva se fosse un complimento o meno, ma Alexis volle sperare che lo fosse, e se quello non era il caso, ormai era decisamente troppo tardi perché la ragazza sorrise, un sorriso ampio e luminoso, senza alcun freno, guardandolo per la seconda volta - forse la terza - in tutta la sua vita, dritto negli occhi.
Sorrise anche lui mentre la sua mano scivolava accanto a quella della Corvonero. Se quello era un sogno, Alexis avrebbe voluto imbottigliarlo per poterlo vedere  rivedere all’infinito.

Era riuscita a rimanere lontana da quell'aula nemmeno mezz'ora da quando il riccio era entrato per sostenere il suo ultimo esame. Sylvia aveva finito ufficialmente il suo anno accademico il giorno precedente, ma non era subito ripartita come avevano fatto molti altri coetanei nella sua situazione. La sera prima, nonostante avesse voluto staccare la testa dai libri, aveva stretto i denti e aiutato il riccio con l'ultimo ripasso. Non ci avevano messo comunque tanto fortunatamente.
Nell'ultimo mese il torneo di Quidditch si era già concluso, stessa cosa per i duelli, e l'unica cosa di impegnativo che era rimasto al ragazzo da fare, erano stati gli incontri tra prefetti, oltre lo studio naturalmente. Era visibile a primo impatto quanto il riccio fosse più tranquillo con un calendario più leggero a cui far fronte. Anche Sylvia, con la scusa di dover aiutare il Grifondoro, aveva pianificato meglio il suo studio, arrivando così all'esame rilassata, e ottenendo a parer suo dei risultati niente male in tutte le materie. Quell'estate aveva intenzione di godersela.
In pochi mesi aveva passato più drammi che in sei anni di scuola, e non del tutto le dispiaceva. Non sapeva se una volta prese le proprie strade, avrebbe più risentito Harry perché aveva sempre pensato viaggiassero su due livelli diversi, tralasciando il suo comportamento infantile, lei aveva visto il ragazzo sempre e solo in disparte. E poi quello sarebbe stato l'ultimo anno del riccio. Sarebbe a breve - brevissimo - entrato nel mondo del lavoro e non era sicura avrebbero avuto l'occasione di rivedersi. Forse si sarebbero scambiati qualche lettera nei primi mesi, per poi scemare di frequenza fino a perdere i contatti.
Nonostante tutto ciò, lei era lì, fuori da un'enorme portone in legno massiccio, del quale più lo fissava, e più notava particolari nelle incisioni. Dall'altra parte Harry sosteneva il suo esame.
Lo immaginava con i capelli legati in un codino, perché aveva visto l'elastico sul suo polso pronto all'uso,  e perché durante le ore passate insieme gliel’aveva visto fare molte volte. La testa china sul foglio e l'espressione concentrata. Aveva anche notato come il ragazzo spesso tendesse a mordersi le nocche quando assorto. Di sicuro quella era un'altra cosa che stava facendo.
Sapeva che fosse questione di attimi nell’esatto momento in cui il Grifondoro spinse la porta, eppure non riuscì a saltare sul posto ed andargli incontro torturandosi le mani come se stesse per scoprire i suoi stessi voti. Harry d’altra parte non riuscì a contenere un’enorme sorriso, tantomeno la sua felicità visibile, tanto che di slancio avvolse le spalle della castana in un abbraccio e sollevandola pochi centimetri da terra la fece volteggiare. Quando l’appoggiò per terra, era stordita e piacevolmente sorpresa di quel gesto spontaneo.
«Suppongo che sia andata bene.» sorrise Sylvia osservandolo allegra.
Il riccio però fece spallucce «Non so, ma sono felice che sia finita, sono esausto.»
«Dai ti sarai fatto un’idea! Le domande erano come ti aspettavi? Hai risposto a tutto?»
«Insomma ho risposto a tutto, anche se una domanda era un po’ a trabocchetto..»
«Vedrai che sarà andata benissimo.»
«Devo ringraziare te se ce l’ho fatta senza perdere la testa.»
La ragazza sorrise «Tranquillo non c’è nessun problema.»
«No, non è vero. Mi hai fatto una bella strigliata e invece di fregartene, oppure di denunciarmi alla McGranitt, hai insistito e mi hai aiutato. Non mi dovevi nulla, e mi hai persino aiutato con l’organizzazione dello studio negli ultimi mesi. Grazie davvero.»
«Non è vero che non ti devo nulla. Al primo anno ti ho respinto..»
«Non devi pensare a quello.» la interruppe subito il Prefetto «É acqua passata ormai.»
«Al primo anno ti ho respinto..» insistette lei «..non so bene perché, ma so per certo che dagli anni seguenti non ti ho mai visto di buon occhio e l’ho fatto senza alcun motivo, senza conoscerti davvero. Solo pochi mesi fa ho capito, e mi sono fatta un’idea diversa, quella giusta.»
Il castano sorrideva mantenendo la testa bassa rivolta verso il suolo. Per qualche secondo rimase in silenzio, e nemmeno Sylvia trovò le parole per aggiungere altro prima di lui.
«Fermami prima se non sei d’accordo. Potrei star per fare un errore imprudente.» prese parola il riccio questa volta con lo sguardo puntato su di lei, mentre lentamente si avvicinava.
La Grifondoro allargò appena gli occhi consapevole di quello che stesse per succedere, eppure non riuscì a spostarsi, non volle farlo, così accolse le labbra del riccio che si appoggiarono sulle sue guidando la sua mano che nel frattempo si andò ad incastrare tra i suoi capelli.
Le era già capitato di baciare qualcun altro, qualche studentello di Hogwarts, o un ragazzo conosciuto in vacanza in Irlanda l’estate precedente, eppure, quei piccoli flirt durati troppo poco per essere considerati qualcosa di anche solo lontanamente serio, non avevano nulla a che fare con quel bacio. Mentre il riccio approfondiva, non riusciva a pensare ad altro se non al fatto che quello era il bacio della vita, quel bacio che inconsapevolmente aveva aspettato da sempre.
Quando si tirò indietro Harry ci mise un po’ ad alzare il capo. Nonostante Sylvia non l’avesse respinto, niente poteva togliere che lei si fosse comunque pietrificata, o che non l’avesse bloccato per gentilezza. Magari era questione di secondi e si sarebbe voltata, invece la ragazza, incredula di quello che era successo, e imbarazzata, non si mosse. Dovette trattenere un sorriso idiota mordendosi il labbro, e tossì un paio di volte non sapendo bene cosa dire.
«Hai già finito di impacchettare la tua roba?» ruppe il silenzio coraggiosamente il più grande.
«Prima di andar via voglio passare un attimo nell’aula di Duelli di Magia. Mi accompagni?»
Incapace ancora di parlare, la Grifondoro annuì solamente.

Era sfinita, anche Niall lo era, o meglio la creatura in cui si era trasformato anche quella notte, ma lo erano in modi diversi. Il licantropo era vittima di una pozione Licantra, di una serie di incantesimi,  e in quel momento sbuffava in maniera pesante, un misto tra stanchezza e fastidio. Aveva provato inutilmente più volte a liberarsi da quella posizione scomoda. Era bloccato grazie a spesse radici che gli stringevano la caviglia. A pochi passi Jennifer cercava di riposare seduta a terra, ma  senza mai perdere l’attenzione, o sciogliere del tutto i muscoli pronti a scattare.
Una leggera brezza soffiava sulle temperature ormai più alte di fine maggio. Questo dava un po’ di sollievo alla Grifondoro, la quale con la fronte  imperlata, non riusciva a non smettere di pensare a quanto volesse andare a dormire in quell’istante. Lo studio di fine anno aveva contribuito a sfiancarla, in aggiunta alle ricerche e alle notti insonne passate per Niall.
Avrebbe voluto andarsene e l'avrebbe fatto se non ci fosse di mezzo una promessa fatta al biondo. Lo avrebbe aiutato e lo avrebbe fatto fino alla fine.
Era una fortuna che non potesse vederla. Fino a quel momento lo strumento che aveva funzionato, anche se in modo quasi impercettibile era la sua voce, cosa che continuava ad usare. Ripeteva tutti quegli incoraggiamenti che era solita ripetergli dal primo giorno, quasi come una cantilena, ma senza mai smettere di credere in ogni singola parola che pronunciava.
Mancava ormai nemmeno un mese alla fine della scuola. Quella era l'ultima luna piena che avrebbero passato insieme, ma Jennifer non aveva intenzione di arrendersi. Che quella sera fosse riuscita a notare cambiamenti, o meno. Era stata lei stessa a dire che era questione di tempo.
Sapeva già a chi rivolgersi per riuscire nel suo piano anche una volta terminata la loro permanenza ad Hogwarts. Non era d'accordo con lei, non voleva si mettesse in pericolo, ma sapeva anche che Sylvia, non le avrebbe mai negato un aiuto se gliel'avesse chiesto. Quindi quello che aveva in mente per i mesi successivi era fingere di stare a dormire dalla migliore amica durante le notti di luna piena, mentre invece stava al fianco di Niall.
Improvvisamente l’animale cominciò a muoversi convulsamente, nel tentativo di liberarsi. La forza non era sufficiente però per liberarsi, perciò rimaneva in quella piccola zona nella quale i suoi movimenti erano limitati. Il respiro era accelerato, il petto si alzava e abbassava spasmodicamente mentre le zampe anteriori fendevano l’aria.
In circostanze diverse Jennifer avrebbe paragonato quella reazione ad un attacco di asma, o ad un attacco di panico dovuto da claustrofobia, ma entrambi i casi erano assai improbabili per un licantropo. Non avendo però mai sentito di un qualcosa di simile, quello che la ragazza si sentì di fare per aiutarlo, per aiutare Niall che era sotto quella pelle spessa, fu liberarlo dalla trappola, e stare ancora più sulla difensiva, in caso di attacco a sorpresa. Fortunatamente quello non fu il caso comunque. Appena la bestia fu libera, questa non si scagliò contro la Grifondoro, al contrario, corse nella direzione opposta, nascondendosi in pochi secondi dietro un alto muro di erbacee. Con la sua bacchetta in frassino ben salda tra le dita, si alzò sulle proprie gambe e la seguì immediatamente. E se per colpa sua ora stesse male?
Si fece spazio tra la vegetazione aiutandosi con le braccia. Anche se si metteva in punta di piedi non riusciva a vedere oltre il suo naso e la cosa le rese tutto più difficile. Dopo aver percorso qualche metro, un masso le tagliò la strada, e se quella poté sembrare una sfortuna, in realtà fu un punto a suo favore. Jennifer salì sulla pietra e da lì riuscì a vedere più lontano, in particolare uno spiazzo più largo, sgombro da qualsiasi intralcio, e lì la figura accucciata del licantropo.
Immediatamente la ragazza saltò in mezzo alla flora e cominciò a camminare seguendo la direzione che pensava fosse giusta percorrere per raggiungere l’area vista in precedenza.
Quando arrivò, il respiro le si bloccò nei polmoni, questi smisero proprio di funzionare. Davanti a lei un lupo alto quasi quanto lei la osservava. Alzata la bacchetta il fascio di luce che questa scaturiva  ne illuminò il pelo lungo. Se a primo impatto le era sembrato bianco, in realtà la luce mostrò un colore simile al biondo chiaro, tranne per la punta del muso che effettivamente risultava essere più chiaro. I suoi occhi erano particolarmente azzurri e particolarmente accesi.
Non pensò a nulla nella frazione di secondo che intercorse dal momento in cui mosse il primo passo, a quando si lanciò al suo collo e nascose il viso contro la pelliccia del lupo. Questo non si mosse di un sol centimetro, sbuffò però un paio di volte in maniera benevola.
Jennifer spostò lo sguardo sul suo muso. L’animale le leccò la punta del naso e per un attimo le sembrò averle sorriso prima di spingerla a stringersi nuovamente a lui. Capì subito che in quel momento la stesse riconoscendo. La Grifondoro allora lo assecondò acchiappando nella mano libera una manciata di peli chiari nel punto. Li strinse mentre contro il suo collo abbozzava un sorriso e «Ce l'hai fatta..» sussurrava a pochi centimetri dal suo orecchio.
La presa sul lupo pian piano svanì. Le braccia di Jennifer si restrinsero e nel punto in cui poco prima teneva il ciuffo di peli, il suo pungo ancora chiuso incontrò una pelle liscia e fresca.
Alzato il viso, Niall era di fronte a lei. Nella sua forma umana Niall era stretto tra le sue braccia.
Nessuno dei due fece più caso al fatto che il biondo fosse stretto a lei senza alcun abito addosso, dopo mesi in cui si erano arresi all’evidenza con non era così facile procurarsi o fare una pozione in grado di incantare gli abiti, l’imbarazzo era scemato. Non c’era più nulla da vedere.
«Ce l’ho fatta davvero.. io..» balbettò il Tassorosso visibilmente incredulo.
Jennifer annuì sorridendo. Tardò ad accorgersi che ancora una volta stava piangendo. Erano lacrime di gioia, ma pur sempre lacrime, le quali si ritrovavano a scendere per Niall Horan. Chi li conosceva sapeva che non fosse semplice farle quell’effetto.
Questa volta nascose il viso contro quello del biondo. L’emozione del momento, l’incredulità, l’adrenalina, la fatica la spinsero a poggiare le labbra contro quelle del ragazzo e a premerle con forza, togliendogli il fiato e sorprendendolo.
Quella sera fecero la storia, uno di quegli avvenimenti che avrebbero visto presto sui libri.

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Capitolo 11
*** Epilogo ***


Epilogo




Lasciata Hogwarts, le vite di entrambi i Serpeverde, avevano visto l'aprirsi di grandi vie d’accesso professionale per entrambi. Per non parlare di come la loro relazione era continuata senza mai più alti e bassi eccessivamente cruenti. Quello affrontato durante l’ultimo anno fu l’ultimo ed essenziale utile per avvicinarli e far capire loro cosa davvero volessero per il loro futuro.
Jess grazie agli ottimi voti con cui aveva passato gli esami, e alla sua propensione come Caposcuola al controllo, aveva prima fatto richiesta, e poi portato avanti l'addestramento per diventare Auror.  Dopo tre anni - perché era questa la durata del corso - Jess era riuscita ad ottenere un ufficio al secondo piano del Ministero della Magia, ovvero il piano in cui era situato il commando degli Auror. Ma lei non aveva un ufficio qualsiasi, dopo pochi mesi di apprendistato, era riuscita a guadagnare l’ammirazione dei suoi superiori, e aveva ottenuto anche il posto di comandante di una delle squadre operative avendo così sotto il suo controllo una decina di persone tra quali Auror che lavoravano direttamente sul campo e altri che invece erano addetti al lavoro d’ufficio come ad esempio crittografi e i ricercatori.
Nonostante secondo molti Jess avesse questa professione già nel sangue, di fatto non fu per niente facile per l'ex Serpeverde affrontare l'intero addestramento senza difficoltà. Fortunatamente al suo fianco c'era Louis il quale non la lasciò mai sola. Dopo diploma in pochi mesi si vide a dover affrontare giornate piene che andavano ben oltre al solo studio, anzi dovette far fronte a soprattutto molta pratica. Gran parte del suo addestramento per diventare Auror si basava proprio su ore e ore di allenamento pratico. Ancora una volta la sua relazione con Louis negli ultimi anni era stata molto utile in quanto uno dei requisiti più importanti era saper utilizzare bene la bacchetta è affrontare duelli di magia. Guarda caso aveva spesso fatto da Secondo durante gli ultimi anni accademici per interesse proprio, ovvero il ragazzo.
Per quanto riguarda Louis, anche a lui era andato in maniera analoga, erano infatti calzati a pennello i suoi buoni voti in pozioni e il suo continuo utilizzare le sue conoscenze per fare scherzi. Dopo aver continuato gli studi in quel campo, il ragazzo riuscì a diventare un bravissimo pozionista, pozionista fidato e spesso preso come riferimento dal San Mungo, dal Ministero della Magia al completo, e non mancava qualche volta nel mandare avanti la sua passione per gli scherzi, collaborando anche con il negozio di scherzi Tirivispi Weasley. A volte era ancora Jess che subiva i suoi test nel’ultimo caso.
Dopo la fine della scuola Jess e lui andarono a vivere insieme. Non avendo un sostentamento proprio nel primo periodo, ma provenendo entrambi da famiglie piuttosto benestanti, furono queste a  regalargli una villetta pagata non molto lontano dalla capitale inglese. In essa era presente in tutto l'eleganza dei Serpeverde. Comprendeva un enorme giardino esterno curato alla perfezione, ed era costruita su due piani, senza contare la cantina che era stata adeguata come laboratorio di Louis. Era proprio lì infatti che il moro lavorava a tutte le sue nuova invenzioni.
Durante il periodo di addestramento era stato difficile conciliare i loro impegni. I momenti della giornata in cui principalmente si vedevano era la sera più precisamente a cena che spesso si svolgeva anche più tardi rispetto alla norma, a causa del rientro tardo di Jess.
Successivamente con la sistemazione decisiva ed i nuovi lavori, riuscirono a stabilizzare la loro quotidianità. Con la crescita della fama di Louis divenne anche più facile per loro potersi vedere qualche volta di sfuggita al Ministero della Magia, poi durante le pause pranzo e naturalmente nei giorni liberi.
Era diventata inoltre una loro routine nei periodi più stressanti, che l’Auror di rientro passasse per prendere i piatti preferiti di Louis nel loro ristorante al centro, e che poi insieme mangiassero in un angolo stesso del laboratorio, terminando la serata o sul divano con un libro in mano, o nelle proprie camere da letto.
In pochi anni dal diploma, Jess aveva un lavoro importante, una casa niente male e un marito. Si perché a prescindere dal volere subito o meno dei figli, Jess e Louis si erano sposati appena stabilizzatisi a dovere. Nessuno avrebbe mai pensato che l’ex Caposcuola sarebbe mai stata così avventata, ma quando c'era di mezzo Louis, la sua razionalità andava a quel paese.

Le vacanze estive non erano mai passate in maniera così piacevole come quelle che intercorsero il penultimo e l’ultimo anno per Sylvia. Non solo le lettere che si era aspettata di scambiare con il riccio erano state molte, ma non avevano mai visto un calo di frequenza in tre mesi.
Anche il rientro a Hogwarts, per quanto volesse dire riprendere a studiare e, nel suo caso, diploma, non era stato tanto drammatico. Quell’anno la Grifondoro fece il suo ingresso nel castello solo una settimana  prima di rivedere anche Harry, fare lo stesso.
Non era andato niente di storto nei suoi esami finali, semplicemente, una volta lasciatosi alle spalle per qualche settimana i suoi incarichi e i libri, era arrivato a capire, cosa davvero volesse fare della sua vita. La cosa che gli era mancata di più in assoluto - oltre Sylvia -, a conferma dei suoi dubbi, furono i duelli, ecco perché all’inizio dell’anno accademico successivo, Harry era tornato come insegnante apprendista di Duelli magici. Passò dunque il proseguo dei suoi studi come assistente dell’insegnante in carica nella scuola. Questo permetteva al riccio, anche di stare vicino alla ragazza.
Durante l'ultimo anno della castana, i due avevano continuato a frequentarsi, anzi iniziarono a rendere le cose ufficiali. Seppur qualche grado superiore a lei, nei finesettimana uscivano insieme a Hogsmeade, oppure rimanevano in biblioteca a pianificare bene, l'ultimo anno della ragazza proprio come avevano fatto per il riccio. Durante le ore di lezione, e nel resto della settimana si comportavano in maniera più discreta, e se proprio volevano vedersi, lo facevano di nascosto.
Anche se non faceva più parte dei Grifondoro, tutti conoscevano Harry Styles e gli davano i meriti per quanto aveva fatto nei suoi anni da studente, eppure se aveva passato l'ultimo anno in tempo e alla grande, per quello doveva sempre ringraziare Sylvia che gli era stato vicino.
Durante la sua permanenza in quella scuola non mancò mai di supportare la sua squadra a Quidditch, di vedere dall’esterno per la prima volta ogni partita,  e di sorridere ogni qualvolta vedesse i Prefetti all'opera.
Il suo apprendistato continuò più o meno allo stesso modo per due anni.
Il giorno del suo diploma, Sylvia intraprese invece la strada di giornalista, ma non una giornalista qualunque, la giornalista sportiva. Più persone - Jennifer in primis con cui non aveva mai perso i contatti - l'avevano spinta in quella scelta vedendola particolarmente portata per quel lavoro.
Nonostante lei non si trovasse più a Hogwarts i loro rapporti continuarono tra l'impegno di uno e quelli dell'altra. Non fu facile per loro coordinarsi. Spesso le vacanze dalla scuola corrispondevano anche alle grandi partite di Quidditch o ai tornei, cui la ragazza doveva assolutamente partecipare per lavoro. A volte però erano riusciti a trovare un compromesso, come ad esempio un biglietto in più per Harry, o un posto meno esclusivo per Sylvia, anche se poi avrebbe dovuto scrivere un articolo e ciò significava stare tre volte più attenta agli scontri.
L'anno successivo Harry ottenne il posto come insegnante ma rimase ad Hogwarts un altro anno solo. Quello successivo accettò al volo l'offertá di una società che lo voleva come allenatore. Questo gli permise di chiedere a Sylvia di andare a vivere con lui in un posto che in parte conteneva diavolerie babbane come ad esempio il telefono, perché Sylvia doveva rimanere in contatto con i genitori, un casa in cui le dispense della cucina erano sempre colme di camomille e di tisane di ogni gusto, che il riccio aveva iniziato a bere a fine giornata anche quando non era particolarmente teso. Lo faceva molto per i ricordi piacevoli legati ad esse. Molto di più col padre con il quale era subito andato d’accordo, con cui parlavano di sport, anche se tra loro diversi.
Stessa cosa aveva fatto la famiglia Styles. In tutto e per tutto strega, per Sylvia fu più facile ambientarsi subito, nonostante le mille domande curiose da parte della madre sul mondo babbano. Non avevano particolari piani per il futuro, se non quello di passarlo insieme.

Nel breve periodo in cui avevano avuto modo di frequentarsi Alexis e Isaac non si erano mai confidati riguardo le loro vite nel profondo, o dei loro sentimenti ognuno nei confronti dell’altro, e lo avevano fatto poco e niente riguardo il loro futuro. Perciò dopo gli esami i due si lasciarono con la convinzione che lui si sarebbe preso un anno sabatico dallo studio, magari viaggiando.
La cosa non venne né smentita né confermata perché di lui non seppe più niente.
Durante l’estate, oltre alla rottura dei contatti, la cosa che probabilmente fece più male ad Alexis, fu vedere la sua civetta giù di morale. La lontananza da Isaac e da Slot aveva buttato giù entrambi. A settembre al rientro, mentre Alexis si era arresa all’evidenza di non vedere più il Serpeverde dall’altra parte della sala, Flo sembrò raggiungere la depressione, per quanto questo fosse possibile per un animale. Svolgeva sempre i suoi compiti in maniera ottimale, ma essendo il suo animaletto, alla Corvonero importava anche della sua salute.
Le cose da questo punto di vista non migliorarono durante tutto l’anno, però Alexis poté approfittare di quella mancanza per concentrarsi un po’ più su di sé. Cambiò sotto ogni punto di vista, esteriormente, caratterialmente ed ebbe più spazio per pensare al suo futuro.
Il diploma quell’anno giunse  veloce e altrettanto velocemente si concluse alla perfezione secondo i suoi calcoli. Dopo aver valutato più volte se prendersi qualche mese di pausa per staccare, Alexis, all’inizio del successivo anno accademico si ritrovò a percorrere nuovamente il sentiero che portava ad Hogwarts per un apprendistato in Aritmanzia, la sua materia preferita.
Le cose cambiarono da quel giorno, e tutto iniziò proprio durante la sua risalita della collina quando Flo nella sua piccola gabbietta iniziò ad agitarsi fuori controllo, tanto da rischiare di farla scivolare dalla mano di Alexis che la teneva. Agitava le ali e beccava le piccole sbarre dorate che la circondavano. L’ex Corvonero, che non l’aveva vista animarsi in quel modo – che non l’aveva vista animarsi da più di un anno – si costrinse ad aprire la gabbietta per permettere alla propria civetta di uscire. Appena lo fece l’animale spiccò il volo dritto verso la scuola.
Alexis le corse dietro e fortunatamente dovette percorrere pochi metri prima che Flo si fermasse. Lo fece in maniera brusca cosa che per un attimo fece sussultare la ragazza, infatti la civetta si scontrò con una seconda ad ali aperte ed insieme precipitarono al suolo. Un secondo dopo, dopo aver scosso il corpo le due avevano preso nuovamente quota in direzione della guferia.
In quel breve arco di tempo, Alexis riuscì a vedere la pelliccia dell’altra civetta, un misto tra grigio e nero, ma soprattutto i due fari che erano gli occhi arancioni inconfondibili. Procedette comunque con calma e mise per un attimo da parte il problema di Flo, quasi certa che momentaneamente il suo animale stesse bene.
Durante la cena, dal suo tavolo posto a metà tra quello dei docenti e quello degli studenti, si guardò intorno, ma i suoi dubbi non vennero colmati, anzi. Così più tardi, prima di tornare nella sua stanza percorse le scale a chiocciola che portavano alla guferia e cercò il proprio animale. Lei era lì accucciata alla civetta dal manto grigio che quella sera aveva visto.
La corvonero allungò una mano e gli fece una piccola carezza «Ehi Slot..»
«Avevi intenzione di mandarmi ancora qualche bigliettino?» una voce la fece voltare.
«In realtà..» Alexs si voltò trattenendo l’emozione «Sono venuta a controllare che non fossi solo di passaggio. Sono certa di aver visto la mia civetta quasi spezzarsi lo scheletro dopo uno scontro con un’altra civetta conosciuta, eppure il suo padrone non si è presentato a cena.» disse.
Isaac qualche passo più avanti rispetto all'ingresso, la osservava, le mani nelle tasche dei pantaloni grigi. Al collo, seminascosta dalla camicia bianca che indossava, vi era ancora la piastrina che indossava quando lo aveva conosciuto. Non era cambiato granché dall'ultima volta che lo aveva visto. Magari le sue spalle sembravano un po’ più possenti ma Alexis dubitava si trattasse più dell'effetto della camicia stretta e del suo non averlo visto da un po’.
I capelli erano leggermente più lunghi, un paio di riccioli scomposti cadevano sulla fronte, ma i tratti erano gli stessi. Il viso era rasato alla perfezione come sempre.
Era tranquilla nonostante la sorpresa di rivederlo dopo più di un anno. Aveva avuto il tempo, tra le varie cose, di acquisire anche un po’ di sicurezza in se stessa.
«Dovevo assolutamente sistemare la mia roba prima dell’inizio delle lezioni.»
«Quindi rimani.» appurò Alexis.
Isaac annuì osservandola con più attenzione. Era cresciuta, lo era parecchio.
Persino dalla postura in cui si stava ponendo in quel momento davanti a lei, capì di non avere più quella Corvonero un po’ timida, stretta nella sua divisa che lo osservava di nascosto da sotto i suoi occhiali. I suoi capelli erano cresciuti di parecchi centimetri e cadevano sinuosi fin sotto il seno. Era truccata alla perfezione, un rossetto leggermente rosato. Non era cresciuta in altezza. Nonostante i tacchi abbinati ad una camicetta alta e ad una gonna floreale, non avrebbe mai raggiunto la sua. Sapeva che se si fosse avvicinato l’avrebbe comunque guardata un po’ dall’alto.
«Ho fatto un apprendistato per istruttore di Quidditch. Sono qui in prova come insegnante. Credo mi mettano ad affiancare la professoressa Hooch per un po’ prima di darmi un posto fisso.» disse Isaac senza che l’ex Corvonero sollevata glielo chiedesse.
«Io sto facendo un apprendistato in Aritmanzia, magari prendono anche me.»
«Sei sempre stata brava in quella materia.» disse Isaac.
«Come tu nel Quidditch.» sottolineò trattenendo a stento un sorriso. Nella sua mente passarono un paio di ricordi legati proprio a quello sport, che li riguardavano direttamente.
Quella fu una delle conversazioni più lunga fino a quel giorno, ma non fu l’unica anzi ce ne furono molte altre, spesso più lunghe. Il loro passare il tempo insieme si allungò proporzionalmente al tempo che iniziarono a passare insieme, e al tempo che ci volle per rompere del tutto il ghiaccio. Quando alla fine però, anche il più piccolo cristallo gelato si sciolse, nessuno riuscì più a separarli. C’era voluto molto tempo, cambiamenti da entrambi le parti, ma alla fine si erano messi insieme e nel giro di pochi anni, tutti ad Hogwarts e dintorni sapevano che il professore di Quidditch e le professoressa di Aritmanzia fossero coinvolti in una storia.
Erano piuttosto professionali, niente li distraeva dal proprio lavoro e in pubblico non si lasciavano quasi mai andare a dimostrazioni plateali, tranne una o due volte a tavola - perché erano seduti vicini -, o durante il Ballo del Ceppo durante il quale come osservatori, si erano comunque presentati come una coppia, vestiti di tutto punto. Erano l’esempio di coppia da sogno per buona parte delle ragazzine della scuola, benché nessuno di loro conoscesse effettivamente la loro storia, bastava sapere che lui fosse Serpeverde e lei Corvonero per farli adorare da tutti.
Per quanto potesse sembrare noioso passare quasi un anno chiusi all’interno di una scuola, dopo averne passati quasi dieci di studio, i due l’apprezzavano, e lo facevano ancora di più, col pensiero che durante l’estate, avrebbero potuto passare le vacanze nella loro casa in campagna, o compiere qualche viaggio qua e là, che era quello che Alexis desiderava più al mondo.

«Ottimo lavoro Jennifer.» disse Jess non appena tutti furono rientrati al commando «Senza di te probabilmente il nostro Nick sarebbe finito al San Mungo per una lunga vacanza.»
La ragazza sorrise ampiamente rispondendo ai vari complimenti che tutto l'ufficio le stava rivolgendo. Essere un'Auror matricola nella squadra di Jess Adams poteva essere difficile a volte. L'ultima arrivata, con un colloquio eccellente, dopo mesi quella era la prima volta in cui si era sentita davvero notata. Tre anni prima non aveva impiegato molto per decidere cosa volesse fare.
Diciamo che fondamentali erano stati i suoi risultati scolastici ad indirizzarla. Era una persona che era sempre andata bene nelle materie ma senza impegnarsi eccessivamente, senza passare ore sui libri o preoccupandosi in modo eccessivo se una verifica andasse male. Eppure quando ricevuti i risultati, questi si erano dimostrati idonei per l'addestramento come Auror, non aveva esitato un secondo dal fare richiesta e immediatamente era rientrata. Quando poi era entrata al commando, un nuovo mondo le si era aperto davanti. Il giorno dello smistamento nei vari gruppi operativi quando si è ritrovata a dover far parte del gruppo di Jess Adams era rimasta sorpresa. Se positivamente o negativamente, fu difficile stabilirlo presto. Aveva cambiato parere su di lei troppe volte in quasi dieci anni, però una cosa poteva dirla, era piacevole lavorare nella sua squadra. Tutti erano coinvolti allo stesso modo, e per quando a volte potesse sembrare fredda, quella di Jess era solo decisione che poi pretendeva con fermezza da tutti gli altri. Non si era mai sentita presa di mira o sottovalutata in quanto l'ultima arrivata, solamente era bello spiccare per una volta in mezzo a tutti. Amava il suo lavoro alla follia e grazie a quello poteva mettere in luce le sue abilità e il suo coraggio da Grifondoro.
Quando quella sera rientrò a casa, Niall capì subito che fosse successo qualcosa si bello perché il viso di Jennifer brillava e aveva proprio l’espressione di una bambina con un’ottima notizia.
Niall non sei allontanato più di tanto dalle sue capacità di trasformazione. Aveva ottenuto un posto al quarto piano del Ministero della Magia dove si trovava l'Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche, in particolare nella Divisione Animali. Inoltre la sua storia, il suo esser riuscito ad ingannare l’infezione del morso del licantropo con l’acquisizione della capacità di trasformarsi a suo piacimento, aveva fatto il giro del mondo magico e spesso si era ritrovato a collaborare per aggiornare i libri o per testimoniare davanti a grandi gruppi di persone.
Mai avrebbe immaginato per sé una cosa del genere. Era stato anche ad Hogwarts per questo affrontando quasi un ora di racconto e domande davanti al quinto, al sesto e al settimo anno. Aveva anche spiegato che senza l’aiuto di una persona non sarebbe mai riuscito a farcela, ma non fece il nome di Jennifer, perché fu lei a chiedergli di non farlo, anche se sapevano bene entrambi, che molti studenti degli ultimi anno l’avrebbero collegata a quella descrizione, visto che il biondo passava gran parte del tempo con lei in quel periodo.
Il giorno stesso, poco più tardi appena uscì dalla Sala Grande, una figura femminile gli tagliò la strada. Alexis Walsh gli tirò un pugno in pieno petto sgridandolo scandalizzata per non averla mai resa partecipe di quello che era e di quello che stesse passando quando erano più giovani. Mortificato il biondo ripeté le stesse parole che anni prima aveva detto a Jennifer ovvero il suo non voler mai aver voluto coinvolgere troppe persone e che “Jenn l’ha scoperto da sola, e non c’è stato modo di dissuaderla da rimanere dentro durante quelle serate. È troppo testarda.”
Alexis si sentì un po’ in colpa per non essersene mai resa conto da sola, aveva notato che ogni tanto non si sentisse bene, ma non aveva mai notato che i suoi malori cadessero proprio in maniera regolare ogni qualvolta ci fosse la luna piena. L’incontro si era concluso con un abbraccio tra i due e l’invito a pranzo sia per Alexis che per Isaac, che in quel momento li osservava a fianco al tavolo dei Serpeverde.
Anche Jennifer e Niall avevano un abitudine. L’ex Grifondoro non  lasciò mai più Niall nelle giornate di luna piena, anche se tutto ormai era sottocontrollo. Non l’aveva fatto nemmeno durante il suo periodo di addestramento. Il biondo aveva definito un “miracolo” il fatto che nessuno l’avesse mai scoperta, perché se fosse successo che qualcuno avesse scoperto che lei una volta al mese facesse l’alba rischiando così di non presentarsi perché troppo distrutta all’allenamento, probabilmente avrebbe perso l'opportunità di diventare un Auror.
Appena iniziato a lavorare i due avevano preso una casetta nella capitale che fosse molto vicina al Ministero della Magia dove abitare insieme, in questo modo ogni mattina invece di smaterializzarsi direttamente sul posto di lavoro, percorrevano la strada insieme a meno che naturalmente non piovesse. Successivamente si rivedevano a pranzo in quel pub all’angolo che aveva ormai sostituito I tre Manici di Scopa, e a loro spesso si univa Liam il quale invece lavorava al terzo piano al Dipartimento delle Catastrofi e degli Incidenti Magici nel Comitato Scuse ai Babbani, rimanendo così in parte nel mondo magico, e metà nel suo mondo nativo.Nei giorni di luna piena si trasferivano nello stesso bosco in cui l’irlandese era cresciuto, appoggiandosi ai nonni, tutto in maniera momentanea, perché il loro intento era costruire lì nei dintorni una casa loro da usare ogni qualvolta avessero bisogno.

 
FINE.







Alex l’epilogo è surreale come mi avevi chiesto? A parte gli scherzi, per  Alexis e Isaac  sin dall'inizio ho sempre immaginato una conclusione così, l’unico piccolo problema di percorso è stato il Serpeverde che si è dimostrato essere un po’ troppo lungo da comprendere, anche elaborare il suo carattere lo è stato, soprattutto in 11 capitoli. Se però è andata a finire così, è perché era destino.
Quello tra Silvia e Harry probabilmente un po' un cliché ma ho pensato che anche questa storia avesse bisogno di qualcosa di introspettivo qualcosa di un po' problematico e classico come quello che è successo tra loro. Devo ammettere che in Silvia c'è una parte del mio carattere, diciamo che la Grifondoro è stata utile per esternare quello che penso scherzosamente riguardo Harry. Nell’epilogo non l’ho scritto esplicitamente, ma H. dopo il diploma ha i capelli corti.
Ho adorato scrivere la storia tra Jennifer e Niall, forse anche perché in parte mi ricorda un progetto che non ho mai concluso. Ogni pezzo è sempre iniziato con “Come inizio questo paragrafo? E sono finiti con “E anche questa volta il capitolo è troppo lungo, mannaggia a quei due!”.
Infine per Jess e Louis dico solo che mi sono contenuta, ma avrei potuto scrivere molto di più e spiegare meglio le loro personalità un po’ bizzarre.
In ogni caso spero che la mini FF sia piaciuta e di non aver deluso nessuno.

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