Everlasting Sun

di Forgivnessinblu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Isola Esme. ***
Capitolo 2: *** Starwaves. ***
Capitolo 3: *** Mamma - Beta ***
Capitolo 4: *** Riunione Di Famiglia ***
Capitolo 5: *** Il Castello Non Della Disney. ***
Capitolo 6: *** Parole Non Dette. ***



Capitolo 1
*** Isola Esme. ***


 
 










 
"Era tutto così ordinato.
Era tutto così compiuto.
Esatto."

- A. Baricco

 

Avevo lasciato Forks da cinque settimane, mi ero dimenticata il volto del pericolo, e mi beavo in una tranquillità che per quanto magnifica, sapevo non essere reale. Ero sempre vigile, sempre in attesa. Jacob Black aveva lasciato la riserva per me, per rendere umana la mia vita, quel tanto che bastava per rendere umana me. Avevamo sorvolato l' oceano Atlantico ed Indiano, visitando la Thailandia e altri piccoli paradisi. Mi ero innamorata delle isole Similan, chissà forse una volta finito tutto avrei potuto tornarci con le persone che amavo. Nonostante il modesto yot di mio padre, avevamo optato per l'aereo. Navigare, avrebbe implicato stare mesi interi lontano da Forks e non volevo avere il pensiero della barca nel caso, avessimo dovuto tornare prima del previsto. Papà aveva un’ espressione delusa e meravigliosa quando decisi di comunicarglielo. Ma d' altra parte, era la scelta più saggia. Mi ero chiesta molte volte se tutta la storia del viaggio fosse una copertura a una missione segreta a cui non ero stata invitata. Jake mi aveva raccontato che una volta mio padre aveva allontanato mamma per proteggerla, quindi magari…era tutta una copertura. Ma li sentivo spesso, sentivo anche Gwen chiamava tutti i giorni Jacob, a quanto pare si erano messi d'accordo su qualcosa prima che partissimo, perciò un' ora al giorno Jake stava al telefono con Ginevra, camminando avanti e indietro per l’isola. Holly si era iscritta ad un corso per barman, qualche giorno prima era andata a comprare i tovaglioli di carta con nonna Esme. E non vedevo l' ora di vedere cosa avevano comprato! Nonno Charlie si lamentava del comportamento di nonna Renee, diceva che gli raccontava tutti i giorni le stesse cose. Io ridacchiavo, per il tono in cui lo diceva, si lamentava ma era anche felice che finalmente le cose andassero nel verso giusto. 
Ed ero felice anche io, aveva una famiglia unita e un uomo meraviglioso che mi aveva cresciuta e mi amava più della sua stessa vita. Avevo sempre avuto il bisogno di fuggire da Forks, desiderare di stare davvero da sola con Jake, ritagliarci del tempo. Osservare le nostre vite da un altro punto di vista, piú comune, più normale. Con il verificarsi degli eventi passati invece, non la pensavo più così. Essere costretta a stare lontana dalle persone che amavo, per salvare loro la vita, nel pazzo tentativo di riuscire davvero a farlo da sola, mi ero resa conto che non avevo nulla di più importante di Forks, del centro della mia via. La mia storia con Jacob era ancora più bella e perfetta nel mio mondo, vicina alle persone che amavo.
Non mi serviva più scappare, sapevo a cosa appartenevo, per la prima volta sapevo esattamente chi ero. 
  
"Sei preoccupata." Mormorò lui con voce sottile e calma, un tono che sembrava quasi accarezzarmi. Alzai il volto di scatto, stupita, controllando per sicurezza. Jacob era seduto sul  bordo della penisola, non era vicino a me. La sua mano non poteva accarezzarmi. Ma con Jake era così, aveva lo straordinario potere di calmarmi.
"No." Sorrisi io, spazzando via ogni suo dubbio.
"Stai mentendo." Sorrise lui, avvicinandosi a me. 
"No." Protestai io a voce stridula, agitando i pugni per aria come una bambina. 
"Dalle linee sottili sulla tua fronte non si direbbe."
Mi strinse tra le braccia for
ti, mentre il suo petto tremava per l'eco di una risata fragorosa. 
"Sei un lupo non un vampiro. Certi dettagli dovrebbero sfuggirti." Mugugnai, incapace di trattenere i sorrisi, mentre mi baciava il collo. 
"A cosa pensi?" Chiese, lasciandomi andare. Mi sedetti sulla poltrona, fissandolo, incerta. 
Eravamo lontani solo da cinque settimane, non volevo rovinare tutto. 
"Renesmee." Mi richiamò lui, come faceva quando da piccola mi intestardivo e lo lasciavo in disparte dai miei pensieri.
"A casa." Sospirai, alleggerendo le spalle, dire la verità era sempre così liberatorio.
"Vuoi tornare?" Chiese divertito, buttandosi letteralmente sul divano. Sarebbero mancati solo i popcorn per incorniciare la scena. 
"No." Ammisi, fissandolo con calore. Stare lontano da Forks aveva i suoi vantaggi. 
Vedere Jake girovagare nudo da mattino a sera era un gran vantaggio, in effetti. 
"Ma, se avessero bisogno di noi? Se Kaegel…" 
L' espressione di Jacob cambió repentina, mentre il suo volto si inaspriva. 
"Renesmee. C'è il branco, sono in vantaggio numerico. Cosa può essere Kaegel rispetto ai Volturi?" 
Lo fissai con espressione anonima, non sapendo che dire, di certo non potevo dargli torto.
"Se proprio devi preoccupati per qualcuno. Preoccupati per noi. Siamo qui tutti soli." Borbottó abbracciando il guanciale del divano. 
"Molto rassicurante." Mormorai stringendomi le ginocchia. Non ero preoccupata per noi, Demetri era sulle tracce del vampiro, se fosse stato in questa zona lo
 avremmo saputo. 
"Il branco?" 
"Alla grande, stasera fanno una grigliata, dimmi tu se Seth deve pensare solo a quello. Quil sta meglio almeno un po', ora che è con Joshaar." 
Giusto, Josh. Quando eravamo partiti, Quil aveva abbracciato Jake, salutandolo. Sembrava più un addio che un semplice arrivederci. Ricordavo ancora l' espressione tesa di Quil Ateara e l'aria angosciata di Jacob. Si erano detti che sarebbe stato solo per un periodo, speravo fosse davvero così.
"Magari lí, riuscirá a sopportare il dolore. Le loro tradizioni sono diverse. Santa Islanda." Sogghignai, alzandomi ed andando verso il bagno.
"Dovrebbero arrivare Kaure e Gustavo, Nessie." 
"Lo so." 

Mi voltai, per capire se me l' aveva ricordato per un motivo preciso. In effetti un motivo preciso c'era. L' espressione maliziosa di Jacob mi fece arrossire.
"Peccato, non possiamo andare a letto." 
"No." Ridacchiai, facendogli la linguaccia. 
Sopra il tavolo c'erano le piantine dell' isola, spostai i passaporti e la lista della spesa, eccola lá. I bordi erano frastagliati e gli angoli stropicciati, ma riuscivo ad intravedere il punto ad ovest dalla spiaggia. 
"Voglio andare qui." Dissi indicando con l' indice il disegno fatto da zia Alice. 
Jacob fissó il punt
o da sopra la mia spalla. 
"Che ha di speciale?" Disse, addentando una ciambella. 
"Oh! Ci sono le tartarughe marine in questa grotta!" Dissi euforica, stringendo la mappa al petto.
"Va bene, ma prima lasciami bere il caffè!" 
Mormorò, allungando la mano verso la caraffa. 
Sembrava di ottimo umore, nonostante mi sembrasse un po' deperito. Forse mangiava troppo poco. 
"Hey, Jake, vuoi andare a caccia nel continente?" 
"Che razza di domanda è? No, andiamo alla grotta. Hai sete?" Chiese alzando un sopracciglio, come se mi avesse colto con le mani nel sacco.
"No, io sto bene. Mangia un’altra ciambella dai!" Sghignazzó forte, addentandone un paio, mentre me le lanciava al volo già incartate. 
"Renesmee non ti devi preoccupare." Sorrise, prendendo dell' acqua aromatizzata all' arancia dal frigo.
 
 
La vegetazione intorno a noi si faceva sempre più fitta, c’erano grossi alberi, con un tronco largo e chiaro come il legno corroso dall’ oceano. Jake faceva strada, fermandosi di tanto in tanto ad aspettarmi. Avevo portato con me la mia fotocamera istantanea, una delle mie polaroid preferite era quella scattata sul divano da giardino, era stato Jake a farla, uno dei pappagalli dell’ isola si era fermato a pochi centimetri da me, probabilmente in cerca di cibo e Jake era stato abbastanza veloce da regalarmi quella scena, per sempre. Ora invece, durante l’escursione ne vidi degli altri, verdi però,  sebbene più piccoli e chiassosi di quello 
bianco che mi era venuto a trovare, erano davvero bellissimi. Le sfumature delle piume viravano da un verde smeraldo a un verde prato inglese fino a giungere al senape e al verde pisello, sorrisi, agitando le braccia euforica.  “E’ bellissimo!” Urlai a Jake che mi fissava confuso, mentre scuoteva la testa come se non riuscisse davvero a capire quello che riuscivo a cogliere io da quel baccano incessante. “Non finisci mai di sorprendermi…” Sorrise orgoglioso, quando lo raggiunsi, il tratto mancante di strada era tutto in salita, ci mettemmo un pochino a raggiungere la grotta, visto che di comune accordo avevamo deciso di non usare la super velocità.
Un’ insenatura naturale di liscio granito si spalancò attraverso gli alberi, alcune palme ne circondavano il perimetro, rendendola paradisiaca tanto quanto un’oasi. Notai immediatamente sotto l’increspatura dell’ acqua color tiffany dei pesciolini arancioni nuotare beati,  vicino a delle piccole tartarughe marine.
“Jake! Jake! Le tartarughe!” Mormorai con un sorrisetto, cercando di non urlare. Jacob si avvicinò all’ acqua, fissandole. Scattai una foto, sedendomi sul bordo di quella che era senza ombra di dubbio una piscina naturale.
“Hai sete?” Chiese Jacob, aprendo lo zaino, in effetti… un po’ di acqua non avrebbe fatto male. Ne buttai giù un sorso, avvicinando il viso all’ acqua cristallina e magnetica.
“Bellissime…” sussurrai meravigliata, erano la cosa più dolce che avessi mai visto.
“Oh Jake!” Mormorai malinconica, pensando già che presto mi sarebbe toccato salutarle.
“Siamo già arrivati a questo punto?” Scherzò lui, indicando le tartarughe. “Va bene, allora quella lì con il guscio più chiaro chiamiamola Lentina, l’altra direi Rugosa. L’ altra come potremmo chiamarla, uh, Ultima!” Sghignazzò, fissandomi esasperato.
“Antipatico.” Mugugnai, stringendomi alle ginocchia.
“Certo… perché non vai a conoscerle?”
“In che senso?”
Chiesi confusa, fissando le tartarughe, poi in un attimo capii esattamente che cosa voleva dire, feci per alzarmi, ma le sue mani erano già sulla mia schiena e in un attimo mi trovai dentro l’ acqua, insieme alle tartarughe che agitate erano andate a rintanarsi dentro le crepe nella roccia.
 "Idiota!" Ringhiai, togliendomi i capelli dal viso. Un' espressione vittoriosa gli segnava il volto, come se gettarmi in acqua fosse stata la sua più grande soddisfazione. 
Si sfiló la maglia e scivoló nell' acqua accanto a me. 
"Non essere così malfidente." Ghignó ironico, prendendomi il palmo della mano. Dei gamberetti secchi ed albini mi fissavano dalla mano. 

"Coraggio, conoscile." Ridacchió, facendo galleggiare uno dei gamberi vicino la crepa dove si nascondeva - come l' aveva chiamata? Ah sí… - Rugosa. Quella fece guizzare fuori il collo dalla corazza, sporgendolo appena dal rifugio, poi salí agitando le pinne, facendo sparire il gamberetto. Come il solito Jacob ci sapeva fare. 
Gli gettai dei gamberetti anche io e ben presto anche Ultima e  Lentina riemersero, nuotandoci attorno. Lasciai tre gamberetti a qualche centimetro dalla mia mano, Rugosa era senza ombra di dubbio la più audace perché non ne mancò nemmeno uno. Lasciai il palmo appena sotto l' increspatura dell' acqua, trattenendo il fiato. Rugosa si issó sulle mie dita, sdraiandosi sul mio palmo, mangiando i due gamberetti restanti. Alzó il collo come a chiederne ancora, poi, si gettó in acqua delusa. La mano mi tremava e sentivo gli occhi lucidi per l' emozione. 
"Oh! Grazie! Grazie!" Ridacchiai aggrappandomi alle spalle di Jacob. Riusciva sempre a sorprendermi per il suo modo di essere così umano. 
"Figurati Ness." Mi lasció andare e ritornai a galleggiare nell' acqua, mentre si guardava intorno. Nella parete granitica della roccia, c'era una spaccatura, vidi Jake immergersi e sparire. 
"Jacob?" Quando non lo vidi risalire mi spaventai, mi avvicinai alla parete, immergendomi. Il passaggio sotto l' acqua si ingrandiva, mi voltai, Lentina e Rugosa nuotavano indisturbate. Sorrisi, trattenendo l'aria, dirigendomi verso l' uscita. 
La galleria era lunga almeno tre quarti di miglio, lo sbocco era illuminato dalla luce del sole, l'acqua diventava un prisma di luce ricco di sfaccettature. Riemersi, sentendo il calore sulla pelle ed istintivamente sorrisi, assaporando l’ aria. Mi trovavo in  mezzo l' oceano, ma certo l' insenatura permetteva un maggiore protezione alle tartarughe, grossi predatori non potevano passarvici attraverso.
"Jacob?!" Mi guardai intorno ma non vidi nulla. 
Se era uno stupido scherzo…
"Jake?" 
Lo vidi riemergere, circa 200 metri più in lá.
"Vieni a vedere!" Urló, agitando il braccio. Non feci nemmeno in tempo a pensarlo che mi ritrovai già al suo fianco. Ops, ero andata troppo veloce. 
"Che c'è." Risposi seccata, stringendo gli occhi.
Jake ridacchió, divertito dalla mia faccia irritata. 
"Te l' ho detto basta preoccuparti." 
Certo…
"Allora che c'è?" Ripetei indifferente.
"La barriera corallina…" Disse con un sorriso, era impossibile toglierglielo dalle labbra, non importava che umore avessi tu, raramente si poteva contagiare il suo.
Mi strinse la mano, immergendosi ed io ingoiando la rabbia lo seguii. Sotto di noi si sradicava una cittá di colori vividi e intensi, i pesci ricoprivano gli anemoni, i coralli e le altre piante acquatiche. Sorrisi, stupefatta, avvicinandomi a due grossi pesci gialli. 
Riuscivo a cogliere i rumori ovattati sotto l'oceano e sembrava un concerto di bolle e colori, riuscivo ad immaginarne la musica nella mia testa. Mi voltai, Jake era rimasto in superficie? Mi voltai, nuotando verso di lui.
"Che succede?" Dissi, posandogli una mano sul petto. Ne seguii lo sguardo, sorvò l' oceano e tornò a me. 
"Nulla." Sorrise, stringendomi. Gli morsicai la spalla, sorridendo. 
"Dimmi." Ringhiai serafica, divertita. 
"Solo un brutto presentimento." Le labbra pensierose si tesero in un sorriso genuino. 
"Sei diventata incredibilmente alta." Disse, posando le dita sotto l' incavo del ginocchio. Mi tiró a se. La mia gamba gli circondava il fianco robusto, deglutii, perdendomi nei suoi occhi ardenti e liquidi. 
"Jake…" sussurrai imbarazzata, cercando di allontanare la gamba da lui. 
Ma imperterrito mi attiró ancora più vicino a sè. Sentii l' erezione gonfia innalzarsi. 
"Quante volte abbiamo fatto sesso da quando siamo qui?" Chiese con un sorriso arrogante ma allo stesso tempo dolce. 
"Dovevo tenerne il conto?" Sorrisi timida, fissando l' acqua.
"Tieni conto, che a qualche miglio da qui, c'è un posto molto carino…" la voce roca e morbida mi fece rabbrividire. 
"Sul serio?" Ridacchiai, mentre mi faceva fare una piroetta nell' acqua. 
"Vedrai." Sogghignó lui, soddisfatto. 

Ero piuttosto curiosa, i vestiti mi infastidivano parecchio ma che dovevo farci? Signor genio mi ci aveva buttata così in acqua e di certo quando mi ero infilata nel tunnel non avevo programmato nuotate chilometriche. 
Tra le rocce frastagliate corrose dal mare che si stagliavano verso il cielo, nel loro mezzo, ce n' era una in particolare che formava una cupola, aveva due grossi fori  semicircolari nella parete che scendeva fino all' oceano. 
"Che posto è?" Chiesi con le labbra spalancate per lo stupore.
"Non è segnato sulle mappe." Mormorai, fissando Jake, si stava spazzolando i capelli fradici all' indietro, mentre si mordeva le labbra.
"È vero. È stato un caso, durante una delle mie passeggiate al telefono." Disse sorridente, nuotando verso il foro più grande, lo seguii intimorita dalla meraviglia che avevo davanti gli occhi. Un luccichio bianco mi catturò, attraverso le due finestre sulla parete rocciosa, notai la sabbia corallina, color avorio e crema. Sembrava essere di una consistenza farinosa. 
"Possiamo entrare?" Mi voltai verso Jake, sperando dicesse di sí. 
"E me lo chiedi?" Sghignazzò lui, camminando attraverso l' entrata della grotta. La sabbia era come l' avevo immaginata. Sembrava fecola di patate, era quasi pesante, ma soffice. Ero così presa dal fissarmi i piedi nella sabbia da non accorgermi di tutto il resto. Quando alzai gli occhi notai due grosse rocce sulla spiaggia, sotto quel piccolo tetto del mondo. Solo più tardi, mi resi conto che filtrava la luce in quel posto miracoloso. Alzai gli occhi meravigliata, sulla volta della cupola c' era una finestra circolare che dava sul… cielo. Annaspai, sentendo che tutte le preoccupazioni scivolavano via. In quel posto sentivo che niente e nessuno poteva trovarci. 
"Jake…" Mormorai appena, sentendomi cosí umana e fragile. Mi levai di dosso i vestiti bagnati, accocolandomi tra le onde calme che lambivano l' ingresso della grotta. 
"Ti piace?" Sentii le sue mani calde afferrarmi la vita ed attirarmi a sè. Il suo petto caldo asciugava le gocce d' acqua dalla mia schiena, mentre beata venivo cullata dalle sue braccia.
"Trasferiamoci qui." Mugugnai pregante, prendendogli il mento tra le dita. 
Lui ridacchió scuotendo la testa. "Prometto che torneremo, con la barca e ci fermeremo qui un paio di giorni, va bene?" Disse divertito. 
Alzai gli occhi per controllare quanto sincera era la sua promessa.
"Ci conto." Ridacchiai abbandonandomi tra le sue braccia. 
Le mani di Jake si intrappolarono tra i miei capelli. "Non potrei mai fare a meno di questo." Disse esasperato, stringendomi. 
"Perché?"
"I tuoi capelli sono ancora come quelli di sette anni fa, soffici e sottili come quelli di un bambino." 
Ridacchiai, ci tenevo molto ai miei capelli ma non pensavo che per lui fosse lo stesso, anzi la cosa mi divertiva parecchio. 
Prima ancora di capire quello che stava succedendo sentii le mani di Jake sciogliere il nodo del costume, quello sul collo, tra le scapole. Quelli sui fianchi, prima destra e poi sinistra. I due pezzi del costume caddero a terra, abbandonati a loro stessi.
Sentivo il sole sulla pelle, tutto aveva un colore ramato, le mie palpebre, le sue mani, persino i miei occhi. Avevo perso il confine tra realtà e fantasia, perché sentivo solo Jacob, tutto era solo Jacob. A malapena percepivo l' andare avanti e indietro dell' acqua accarezzarmi le gambe. Le mani di Jake erano sul mio seno e tra le mie gambe, il collo era abbandonato sul suo petto mentre le sue labbra lasciavano una scia bollente sulle mie spalle. E bollente era il fuoco che ardeva implacabile tra le mie labbra chiedendo di essere placato. 
Forse avevo trasmessi a Jake i miei pensieri, perché all' improvviso mi trovai sdraiata a terra, lui si era spostato. Mi allargó la gambe, avvicinando il mio sesso alle sue labbra calde ed infinite come il sole. Mi sentivo sconnessa dalla realtà, era tutto cosi luminoso e caldo nella mia mente. Mi sentii gemere così forte da rendermi conto che dovevo essere imbarazzata parecchio, ma non mi importava. Mi importavano solo le labbra di Jake sulla mia pelle.

Era un' altro tipo di mare a lambire il mio corpo, caldo e luminoso come il sole al tramonto. 
Poche ore più tardi il mare si era colorato di rosa e arancione, un arancione scuro, quasi tendente alla ruggine. I nostri corpi erano ancora allacciati e le dita della mano destra si erano intorpidite, strette a quelle di Jacob. Mi sfiorava l'anello con il polpastrello, le labbra socchiuse e gli occhi persi nel mare. 
"A cosa pensi, Jake?" 
Voltó la testa sfoderando un sorriso rassicurante, sciolse le dita dalle mie, sfiorandomi il volto. 
"Penso che i Volturi ti volevano per dei bambini e mi chiedo, come me la caverei io." Borbottó a disagio. 
"Intendi come te la cavereste a fare bambini?" Ridacchiai maliziosa. 
Lui sghignazzó forte, attirandomi su di sè il suo petto caldo, aveva addosso il mio profumo. 
"Sono serio. A fare il papá." Sorrise dolcemente, baciandomi la fronte. 
"Saresti bravissimo, infondo hai già avuto a che fare con una bambina." Mormorai, accarezzandogli i capelli. 
"Parli di quella bambina con una mente adulta? Ah sí posso sicuramente segnarla come esperienza sul mio curriculum paterno." Sghignazzó con voce limpida, baciandomi le labbra lentamente. 
"Jake…tu ci sei portato." Dissi disarmata, facendo spallucce. Era davvero così, il modo in cui riusciva a calmare le persone, a renderle importanti. Era il suo sorriso magnetico forse, non riuscivi mai a non farti coinvolgere da lui, a non restarne attratta. Sapeva come tenerti al sicuro, come darti amore. Sarebbe stato un padre esemplare.
Lo sentivo nei suoi pensieri, nel suo modo di prendermi in giro, era fatto per essere padre. Si occupava del suo branco, quella era sicuramente un' esperienza da curriculum, no?
"Forza torniamo a casa. Ho una fame incredibile. Spero che Kaure e Gustavo abbiano lasciato la spesa." 
Disse stanco, tirandomi su di peso. La marea si stava alzando e l'acqua aveva lasciato solo una mezzaluna di sabbia asciutta. 
"Ti amo." Dissi piano, stringendogli la mano grande. 
Lui ridacchió. "Ti amo." 
Stava per gettarsi in mare, quando lo richiamai. "Possiamo fare l' amore di nuovo?" Chiesi piano, fissando disperata l' acqua che aumentava sempre di più. Lui colmó la distanza tra noi baciandomi con passione, scese vorace sui miei seni, poi con dolcezza mi fece fare una piroetta, mi ritrovai tra le sue braccia muscolose, stretta in un casquè elegante. 
"Non mi devi chiedere il permesso. Però, meglio a casa." Misi il broncio per un attimo, poi gli strinsi la mano e lo seguii nell' oceano scuro e insidioso. 
Le finestre erano spalancate e le lanterne esterne accese.

Jacob era andato in doccia, portando con sè anche i miei vestiti fradici, non si era risparmiato con i commentini d' approvazione ed io ovviamente ero arrossita. Spalancai il frigo speranzosa, avevo piuttosto fame anche io. Kaure e Gustavo avevano fatto la spesa, ogni scomparto era stato riempito accuratamente. Il cibo era stipato in modo ordinato. Afferrai la rete di patate da un' antina, sbucciandole e lavandole. Le tagliai in grossi pezzi, facendole rosolare con l' aglio tritato. C'era moltissima carne in frigo, afferrai il pollo e il burro di arachidi, facendoli andare insieme sulla pentola antiaderente. C'era qualcosa di così sereno in me, non era il profumo di buono in cucina. Forse era l' impugnatura salda che avevo sul mestolo di legno con cui giravo le patate. Forse era il rumore dei piedi di Jacob che si avvicinavano dal bagno. Non sapevo perché all' improvviso tutto sembrasse così semplice e ovvio. C'era dell' ovvio negli sguardi tra me e Jake. Nel modo in cui mi stringeva il fianco con la mano. Era ovvio il sorriso la mattina e il calore nel letto la sera. C'era dell' ovvio nel fatto che io e lui avremmo passato la vita insieme. Era così semplice. Sorrisi emozionata, spazzando via una lacrima dagli occhi di pura felicità. Chissà perché si piange per la felicità, forse perché i nostri occhi devono essere lucidi per tutte le emozioni intense, per tutte quelle emozioni che ci cambiano la vita. 
"Che buon profumo!" Disse con un sorriso limpido in faccia, rubandomi il mestolo dalle mani. "Finisco io, vai pure a lavarti." Lo guardai da lontano, appoggiata alla porta del bagno, eravamo cresciuti entrambi e non c'era niente di più bello del sapere che in qualche modo saremmo invecchiati insieme.
Dopo aver finito la doccia, finalmente avevamo mangiato. La cena era riuscita perfettamente, avevo spazzolato un pollo intero e almeno un chilo e mezzo di patate. Jacob si era stappato una birra, fissandomi sistemare i piatti. 
"Dio mio, sei bellissima." Arrossii, troppo curiosa per non voltarmi. Il mio lupo se ne stava fermo, con il petto colorato dal sole a fissarmi con occhi lucidi. 
Avevo indossato solo una maglia lunga e le culotte, perciò sapevo perfettamente dove stavano indugiando i suoi occhi. Strinsi il coltello tra le mani, sciacquandolo. Immaginavo le sue mani stringermi le natiche e voltarmi, baciarmi…spogliarmi…e…
"Ness! Ness!" Al diavolo! Tornai alla realtà dove Jacob urlava il mio nome agitando il computer tra le mani, correndo dal salotto in cucina. 
"C'è Alice!" L'immagine di mia zia sballotata a destra e a sinistra dalle braccia di Jake era nitida ed immobile, stava chiamando su skype.
Aprii la videochiamata, curiosa. C'era un gran vociare e sembrava che mia zia stesse tenendo il portatile molto sollevato, dato che si vedevano le sue braccia e la parte alta delle pareti di casa. 
"Zia?" Mormorai incerta, che diamine stava combinando?
"Ho detto che ci devo parlare io prima! Abbiate un po' di pazienza! -sibiló frustrata- a dopo." Sorrise angelica, richiudendosi in una stanza.
"Ciao ragazzi!" Sorrise farfallina, sbatacchiando le mani allegra. 
"Come state?" Jacob fissava incerto lo schermo del computer. Scoppiai a ridere per l' espressione che aveva, sembrava indeciso tra il rispondere e chiudere il pc. 
"Bene." Sghignazzai, mentre Jake, mi fissava contrariato. 
"Renesmee…ho fatto costruire una cosa, so che mi avevi detto di non disturbarmi. Ma beh, ecco, per me non era un disturbo." 
Hmm? Non avevo capito nulla. 
"Perché?" Chiesi scettica! Lei spalancó gli occhi incredula con aria da rimprovero.
"Ma per la festa di fidanzamento, come un castello!" Ululó, scuotendo la testa senza speranza. 
"Un castello?" Ringhió Jacob, avvicinando il viso pericolosamente alla cam del pc. 
"Sí! È piccolo!" 
Jacob ed Alice si misero a bisticciare, mentre io non facevo altro che fissare l' anello al mio dito. Eravamo davvero così vicini la festa? Presto saremmo dovuti tornare. Eppure non facevo altro che pensare alla giornata che avevamo passato. 
Fissai Jake e il display.
"Zia… definisci piccolo." Sospirai un po' a disagio. 
Fece una pernacchia a Jacob e poi tornó a fissarmi affettuosa.
"In realtà non è proprio un castello. È tutto merito di Charlie! Con il suo aiuto siamo andati al comune ed era edificabile. Ci ha pensato Esme. Emmett e Jasper hanno finito di sistemare e costruire ieri." 
"Costruire?!" Strilai, afferrando la mano di Jake. 
Agitó le mani divertita. Facendo spallucce.
"Non capisco tutta questa agitazione non dovete mica sposarvi!" Sibiló ironica, con aria saccente. 
Spalancai le labbra incredula, alzando le mani. L'aveva vinta come il solito. 
"Va bene. Ci fidiamo." Sospirai a malincuore con un sorriso tiepido. 
"Credimi non è come te lo stai immaginando Renesmee." 
Ridacchiai sperando che davvero non fosse quello che pensavo. 
"Non hai fatto costruire il castello della Disney, quindi." Mugugnai minacciosa, fissandola.
“Certo che mi consideri davvero poco.” Mormorò triste, nascondendo il mento appuntito vicino la spalla. Era terribile, sapeva esattamente come far intenerire le persone e farle sentire… - accidenti a me – in colpa!
“Ma no zia! Sono sicura che se è opera tua, è esattamente quello che dovrebbe essere.”
Annuì decisa, sorridendo felice, poi svicolò lasciando il posto a mamma e papà, mi salutarono veloci perché Holly era decisa a far vedere a suo fratello l’ affettatrice, perciò li lasciai un po’ da soli.
Certo che era davvero strano, una festa di fidanzamento in un castello che non era un castello.
 

 


NOTE D' AUTORE

Ciao a tutti ragazzi, mi presento: sono Lisa ed ho 22 anni!
Everlasting Sun è la continuazione di Afterglow, la mia prima ff, che si svolge dopo Breaking Dawn.
Per oggi niente gif, ma mi farò perdonare!
Spero tanto di ritrovare le mie vecchie lettrici! 
Scusate gli errori di battitura, ero indecisa da giorni se postare o meno, perchè iniziare una nuova storia
per me, implica prendersi un impegno e volevo essere davvero sicura della continuazione che ho in mente per questa nuova ff, prima di postarla.
Okay, chiarito questo spero leggerete in tanti!
A presto e buonas noches! 
Lisa.
 

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Capitolo 2
*** Starwaves. ***


 


Se solo quella mattina avessi saputo che sarebbe stata l’ ultima volta che avrei visto l’oceano dalla spiaggia corallina di Isola Esme, l’ avrei guardato più a lungo. Quando mi ero svegliata Jacob non era in casa, nemmeno sulla terrazza. Perciò avevo immaginato, che come faceva spesso fosse uscito a camminare, magari aveva chiamato Gwen. Avevo preso la borsa di paglia, ficcandoci dentro alla rinfusa gli asciugamani, il libro di Jane Austen e qualcosa da mangiare. Indossai persino il costume, convinta che con il sole che c’era avremmo passato una splendida serata. Poi tornò Jacob che iniziò a sbraitare e a riempire i bagagli, lo avevo persino minacciato che sarei rimasta senza lui. Ma avevo capito velocemente che non c’era nemmeno la possibilità di discutere. Mi strattonò per il braccio e lamentandomi avevo chiesto spiegazioni, solo allora con voce lugubre guardandomi disse: Leah è incinta.
 
Spalancai gli occhi, stroppiciandoli con la mano. Avvertii l'ansia: avevo paura. Jacob era cosí teso ed io ero cosí felice fino a qualche ora prima. Domani avrebbe sorriso di nuovo? Domani sarebbe ancora stato nel mio letto a guardarmi dormire? Le pale del motore di destra giravano velocissime. Nonostante fossimo dentro all' abitacolo dell' aereo il rumore era assordante, tutto sembrava piú forte dopo il mio risveglio. I rumori, i colori, gli odori. Annaspai, cercando la mano ruvida di Jacob. Volavamo sopra Washington e tutto filava via. Le case scomparivano a vista d' occhio lasciando spazio ai boschi rigogliosi, lontani, grigi, freddi.
Il sole sembrava essere rimasto lí, a tutto quello che avevo vissuto un attimo fa. Sulle spiagge di corallo, sul riflesso dell' acqua calda e chiara. A tutto quello che, avevo salutato solo pochi istanti fa. L' aereo planó, raddrizzandosi, eravamo arrivati. 
Tornare a respirare l' aria di Seattle non fu terribile, sapeva di casa e riconoscevo l' umiditá tipica della penisola di Olympia. Dopo aver preso i bagagli ci dirigemmo verso il parcheggio dei taxi, ne trovammo subito uno disponibile e prima di accorgermi che il sole tramontava l' auto aveva imboccato il viale di casa Cullen. Il cuore acceleró frenetico. Stavo tornando a casa, ero a casa! Presto avrei visto la mia famiglia e presto, avrei salutato Jake. Sentivo gli occhi umidi, ma non avrei pianto. Non volevo piangere. 
"Nessie…ci vediamo più tardi." Sussurró Jake, sfiorandomi il profilo del viso. Deglutii annuendo piano, temevo che la voce tremasse, se avessi parlato.
Avrei voluto allungare il braccio, avrei voluto bearmi di una tranquillità che non mi apparteneva, che non era mia. Posai i piedi bene a terra, sembravano essere ancorati al terreno, i tacchi che indossavo sembravano cosí pesanti. Coraggio Renesmee, cammina. Mi dissi, ma piu mi guardavo intorno più mi rendevo conto che forse i due innamorati sull' isola non eravamo nemmeno noi. 
"Renesmee!" Trilló una voce melodiosa e acuta, un folletto dai capelli corvini, mi corse incontro, lentamente. 
Probabilmente lo faceva per il tassista. 

"Ciao zia!" Sorrisi stringendola in un abbraccio. La comoditá di essere in parte vampira era senz'altro quella di riuscire a provare piu stati d'animo, piú pensieri insieme. Mentire non era pii poi cosí difficile dopotutto. 
"Avevo pregato Leah di non dire nulla. Ma non le sembrava giusto." Disse dispiaciuta.
"Immagino di no." Sospirai, cingendole la vita, mentre mi accompagnava verso casa, strigendo i bagagli. Dopotutto era stata corretta, sapeva che la sua principale responsabilitá ora era suo figlio. Come poteva guidare bene il branco?
"Mamma e papà?" Chiesi entrando in casa. Fissai le scale come se mi aspettassi che da un momento all' altro i miei genitori sarebbero comparsi davanti a me. 
"Arriveranno presto. Sono da Charlie." 
"Oh! Allora vado!" Decisi immediatamente  voltandomi. Quasi felice di poter occupare la mente, certo casa, senza Jake non era davvero casa. 
"Huh! No! Sai…è per la festa non puoi." 
Dio mio, la festa. Una strana sensazione di ansia mi invase. Fissai zia, non riuscendo a mascherare l' agitazione. 
"Per quando è programmata?" Chiesi con voce strozzata, massaggiandomi il petto per la tachicardia che mi stava salendo. 
Zia Alice mi strinse le mani, girandomi attorno. 
"Sei cresciuta. Sei alta quasi quanto Jacob!" Disse stupita, cinguettando qualcosa riguardo a varie modifiche dell' abito. 
"Stai tranquilla, la festa sará tra tre settimane e due giorni."
Cosa? Ma era presto! Me l'ero immaginata per Ottobre o comunque, dopo il mio compleanno. Cercai di protestare, ma le dita di zia strinsero le mie labbra, decisa a non sentire ulteriori lamentele. 
"Fai la brava e vai a salutari gli altri, ti stanno aspettando." 
Allora qualcuno, c' era. 
Salii le scale lentamente, imbarazzata. Non mi piaceva stare al centro dell' attenzione, poi una strana sensazione di serenitá mi invase… 
"Zio Jasper! Cosi non vale!" Urlai imbronciata, facendo gli ultimi scalini, sicura che fosse presente. 
Una risata sommessa mi fece davvero sentire meglio. 
"Bentornata!" Nonna Esme mi strinse forte. I suoi capelli sapevano di gelsomino e limone. Casa. Fu poi la volta di zia Rose. Indossava un vestito color non ti scordar di me, c' era anche zio Emmett. 
Ma… "Nonno?" Mormorai, fissando male zio Emmett per le solite battuttine sarcastiche che mi propinava.
"Leah." Rispose malinconica Alice, con un sorriso di scuse stringendo le mani tra loro. 
Respirai. Avevano tutti una faccia cosí preoccupata. Anche se mi fossi obbligata a non pensare negativo sarebbe stato impossibile. Mi lasciai cadere come una piuma sul divano, eppure nonostante la mia grazie mi sentivo pesante tanto quanto un' ancora, di quelle belle grandi. Chissa poi, perché avevo scelto proprio l' ancora per descrivere come mi sentivo. Forse perché rappresentava ancora di piú la sotuazione, visto che effettivamente ti portava…beh, affondo.
"Che sta succedendo, qui?" Gracchiai, acciambellandomi su me stessa. 
"Carlisle non riesce a vedere il bambino. Leah ha molto dolore… insomma non sanno cosa fare. Sai il bimbo è…" 
"Un abominio." Concluse Emmett, arcigno, ghignando.
Esme gli scoccó uno sguardo di rimprovero e subito Zio Emmett, fece un sorrisino di scuse. 
"È una cosa nuova." Concluse nonna Esme, stringendo la mano ad Alice. 
Gli lanciai un' occhiata seccata, quasi. 
"Siete cosi tesi perché pensate che mi offenderei sapendo che state paroganando questa gravidanza a quella di mamma?" Chiesi decisa, scrutandoli. 

Zia Rose mulinó i capelli, facendo capire chiaramente che lei l'aveva sempre pensata in modo diverso dalla sua famiglia. Questo ai miei occhi non la rendeva meno colpevole. Leah non avrebbe partorito una bestia, il suo dolore non era qualcosa di cui farsi beffe e soprattutto vedere il modo in cui ne parlavano mi dava sui nervi! 
"È solo che… e tutto molto complicato. Un bambino non è esattamente il momento migliore." 
Avevano ragione, ne ero consapevole. Eppure la cosa mi innervosiva ugualmente. Di sicuro anche Leah sapeva che non era il momento migliore, ma cosa voleva significare? Era suo figlio non trovavo giusto che qualcuno ci mettesse bocca. O forse stavo solo esagerando, forse ero solo sensibile all' argomento. Forse ero irritata perché ero stata messa in secondo piano, forse solo perché… beh, al diavolo.
"Va bene." Mormorai, scrollando le spalle infastidita. 
Il silenzio e il disagio nella stanza erano palpabili, si sentiva solo il mio cuore. 
"Oh basta con questi musi! Forza Renesmee! Andiamo a vedere il bar di Holly, ti va?" 
Alzai gli occhi di scatto, sorridendo trionfante. 
"Sí, magari!" Sorrisi, alzandomi, aspettandola impaziente. 
"Ci vediamo per cena. Ti cucineró le lasagne." Mormorò Nonna Esme, sfiorandomi la nuca con le mani, cingendomi in un abbraccio. 
Zia aveva tirato fuori dal garage la macchina canarino, indossava dei grossi paia di occhiali e le labbra erano tese in un sorriso orgoglioso. Adorava quella macchina, certo per quanto si potesse adorare un' auto. Non era una cosa da me.
"Qualcosa non va?" Chiese piano zia Alice, tamburellando con le dita sul volante. 
"Credo di no. Sono solo un po' tesa. Non mi aspettavo di tornare a casa." 
Sussurrai, stringendomi alla cintura di sicurezza. 
"Puoi sempre prenotare un volo. Se vuoi ti ci accompagno! Potremmo festeggiare, un party: sole donne!" Cinguettó eccitata, programmando una sottospecie di itinerario femminista. Ridacchiai, per il suo modo di fare, era impossibile non essere di ottimo umore con zia Alice. 
"Sono contenta comunque." Ribadii annuendo convinta, fissando la strada. 
"Ah-ha. Va bene Nessie!" Borbottó con voce melodiosa zia Alice, voltando a sinistra. 
Che voleva dire? Insomma, era tutto cosi veloce e stranamente normale nonostante tutto.
Il bar di Holly si intravedeva attraverso le fronde fitte degli alberi.

Scesi dall' auto, sentendo il terreno sotto i piedi scivolare via, per quanto andavo veloce. Zia Alice stava ancora parcheggiando, ma io non volevo aspettare: non stavo più nella pelle! C'era profumo di lillá, te bianco e sale rosa. Le foglioline verdi di nocciolo, ricoprivano il sentiero pulito e curato. Le querce grosse accompagnavano la passeggiata verso il bar, fu solo quando notai l' insegna, che mi fermai a contemplare l'enorme lavoro e lo spettacolo della struttura. Sul legno chiaro spiccava in una calligrafia pulita la scritta: Starwaves. 
Mi strinsi le spalle, felice. Non sapendo nemmeno cosa pensare, era meglio di ciò che avevo immaginato, in quelle settinane lontane. Sui balconi c'erano primule e violette a colorare le finestre. Mi portai le mani alle labbra incre “Cosa aspetti a venirmi a salutare?!” sibilò la voce di Holly con calore, dall’ interno del locale. Mi si strinse il cuore, sentendo l’ ironia nel suo tono di voce, così come in quello di Jake.
Scrollai le spalle un po’ tesa, prima di spalancare la porta.
La risata entusiasta di Holly mi portò ad osservare prima l’ angolo di destra: c’era la caffetteria e ed Holly stava sistemando un piatto sopra il bancone, indossava una canotta pastello e un grembiule rosso sopra i jeans. Tutto era studiato nel minimo dettaglio, tutto era studiato per far sembrare che lei fosse una persona comune, dall’ abbigliamento al look del viso. Cosa si era messo sul viso? Sghignazzai, liberandomi immediatamente della maniglia della porta, gettandole le braccia intorno al collo.
“Mi sei mancata!” Trillò lei, mulinando i capelli in aria. La sua pelle era fredda, come la neve. Era un contatto che non mi faceva rabbrividire, ma che in qualche modo mi rendeva più leggera: ero a casa.

Lo Starwaves era piuttosto confortevole, luminoso ma a prova di ultravioletti. Il locale era diviso in zone diverse: Nell’ angolo caffetteria, c’erano sedie e tavoli alti. In un’ altra piccola sala c’erano dei tavoli di legno lunghi con cassapanca, immaginai fosse la sala da pranzo. C’era anche un angolo lettura: un tavolino basso circondato da poltrone e divanetti. E lungo le pareti una libreria, colma di volumi.

"Quella è stata un' idea di tua madre. Così Esme ha pensato a questo angolo. Bella ci passa moltissimo tempo." 
Riuscivo ad immaginarmela, mia madre. Sorrisi teneramente, voltandomi verso di lei, nuovamente. 
"È grandioso." Annui, sentendomi serena.
"Certo che è grandioso!" Trilló zia Alice, lasciando richiudere la porta. Alcuni ragazzi si voltarono a fissarla ammaliati. Forse per come teneva il mento, magari per quanto si sentiva a proprio agio nei tacchi gialli abbinati alla macchina. 
Holly sghignazzó, baciandole la guancia. 
"Ti sostituisco io, perché non fai vedere il resto a Renesmee?" Disse zia, amiccando. 
La sorella di Jacob sembrava davvero in difficoltà, divisa tra la voglia di farmi vedere il locale e il dovere di fare il suo lavoro. Alzó le spalle, indicandomi la porta dietro il bancone. 
"La cucina." Sorrise entusiasta, aprendo le porte. 
Sui banconi d'acciaio erano disposti dei canapè elaborati e alcuni salatini ricoperti dai semini di senape. 
"Stavo finendo di prepararli." Sorrise, indicandoli. 
Dei ciuffi di maionese incorniciavano le olive disposte sul pane imburrato, Dio che fame. 
Aveva davvero una dote per queste cose. Su una mensola erano disposte tutte le spezie e lí vicino in una dispensa con delle ante in vetro c'erano il miele, lo zucchero, il sale ed altri barattoli. 
La cella frigorifera non era grandissima, ma c'era tutto ció che serviva. 
"Qui c'è un bagno per me… vedi." Mormoró accendendo la luce. Su un tavolino bianco di vetro, molto alto era disposta una bolla di cristallo con all' interno dei cactus e della sabbia colorata. Era stato studiato persino quello, al centro esatto del bagno.
Molto minimal, c'erano solo un lavandino e il wc. 
"Holly, ma tu come stai? Ti sta bene tutto questo?" 
Di certo era molto da gestire da sola. E per di piú non poteva estraniarsi più di tanto dal mondo immortale che l'aveva accolta da poco. I vampiri erano sempre presenti, da quanto avevo capito. 
"Sí. Anche se quando passa il branco, praticamente devo chiamare il fornitore il giorno dopo." Mugugnó pensierosa, spalancando un' altra porta.  
"Non capisco." Sussultai, fermando la porta con il braccio. 
"Il branco ti disturba?" 
Si morse un labbro, facendo uscire un sorriso arrogante sulle labbra scure. 
"Non sono abituata al branco senza Jacob. Senza di lui non è uguale." 


Ero stata indecisa fino all’ ultimo se passare a trovare prima Ginevra o la sorella di Jacob. Holly mi mancava, in un modo diverso da cui mi mancava Gwen. Avevo condiviso con Holly un periodo della mia vita , intenso, dove ogni giorno vivevo con la costante paura di perdere ogni cosa. Avere paura è facile, perché è facile perdere, le cose, qualcuno che ami. E’ così facile. E sarebbe stato tremendamente facile anche arrendersi, smettere di lottare. La verità è che avrei potuto farlo, ma non ero sola, con me c’era stata Holls. E avevo continuato a scegliere di lottare.
Per qualche motivo, ai miei piedi sembrava che spingersi verso la sua nuova vita, e la sua nuova casa, fosse un ottimo modo per ricominciare la mia di vita. Una vita fuori dagli schemi e poco ordinaria, ma normale. Per quanto normale io, o la mia famiglia potessimo essere. Cosa poteva esserci più normale di un bar?
“E’ successo qualcosa?” chiesi preoccupata, incrociando le braccia sopra il petto. Abbozzò un sorriso, accompagnandomi lungo le scale, che optai portassero al secondo piano, casa sua.
“Nulla che non possa gestire. So che piò sembrare assurdo, ma mi sentivo molto più coraggiosa prima, non pensavo di poter riavere una famiglia. Tu e Jacob mi siete mancati. In compenso è venuto a trovarci Josh un paio di settimane fa.” Sorrise felice, sbattendo le ciglia.
“Ti piace?” Chiesi un po’ scioccata dallo sbattito civettuolo delle sue palpebre. Scosse la desta divertita, facendomi capire che ero fuori strada.
“Perdonami.” Sorrisi, aspettando che facesse scattare la chiave nella serratura.
“Carlisle mi ha suggerito di non sconfinare nel territorio dei lupi, dato l’assenza di Jacob.”
La guardai confusa “Seth non ha detto nulla.” Mormorai, fissandola circospetta.
“Non penso Seth stia a controllare se vado a trovare i miei genitori o meno. Comunque vengono qui spesso.” Sorrise, facendo spallucce.
“Quella è casa tua.” Protestai, entrando nella nuova casa. Le pareti erano bianche, il legno chiaro, ricordava anch’esso i tronchi corrosi dall’ oceano di La Push. La cucina era molto elegante, così come il resto dello stile in casa.
“Non del tutto, vero?” Disse Holly, accompagnandomi a visitare il resto della casa.
“E’ un tuo diritto, è la tua famiglia, la tua terra.” Gracchiai, sfiorando con l’indice la cornice color mogano del letto.
“Non credo di appartenere più a quella terra. Ma, quella terra mi appartiene, me la porto dentro.”
Le lessi negli occhi la parola per sempre, che però scelse di non pronunciare, entrambe sapevamo che significava molto tempo.
“Adesso Jacob è tornato.” Mormorai, accomodandomi sulla poltrona del salotto.
“Mi dispiace, a proposito. So che non è stato un ritorno piacevole.”
Sbuffai, dimostrandomi tremendamente umana, dandogliene atto.
“E’ solo che, stavo bene. Non litigavamo affatto, nessuna tensione ma ora è tornato ad essere l’ Alfa.”
“Vorresti che non lo fosse?”
La fissai curiosa, era una domanda tosta e se proprio dovevo essere sincera, potevo dire in tutta franchezza che le avrei risposto sinceramente?
“In realtà sono contenta, perché vedo che non sono il suo mondo, non gravita tutto intorno a me. Lui sa che ha altri individui di cui occuparsi e lo amo per questo. Però non sopporto la tensione che si crea quando una cosa esclude l’ altra, so che è normale. I lupi non comprendono i vampiri e nemmeno le mezze eccezioni.”
Lei si acciambellò su se stessa, cingendosi le ginocchia.
“Questo è l’ esatto motivo per cui voi due mi mancavate. Voi due siete l’eccezione. Voi due vi comprendete a vicenda: certo, non è un branco grande, ma è abbastanza, credo.”
Mi scrollai dall’ intorpidimento da cui ero crollata, osservandomi dal suo punto di vista. Sorrisi, aveva ragione era abbastanza.
“Basta tristezza! – ridacchiai, alzandomi – devi farmi vedere il resto!”
La casa si sviluppava interamente su un piano, meno la mansarda: alla fine aveva convinto Nonna a fargliela, ne avevano discusso per un intero giorno. Sorrisi, notando lo stile di Holly spiaccare di più in quell’ unica stanza che in tutta la sua casa. C’ era un portatile aperto su un sito di cucina – stuzzichini e sfoglia – ovviamente, dovevano essere quelli che avevo visto giù nel locale.  Mi disse che cucinava di notte e che era molto contenta della nuova opportunità che le era stata data. Era immensamente grata alla mia famiglia e mi raccontò che mio padre era stato spesso a farle compagnia da quando ce ne eravamo andati.
“A proposito. - pronunciò Holly, come se la cosa le stesse per fuggire dalla mente  - Leah richiede la tua presenza.” Mugugnò atterrita, capendo che era il momento di salutarci.
“Richiede?” Che strana scelta di parole.
“Ti aspetta al confine sud nella foresta.” Sorrisi, abbracciandola.
“D’accordo, allora vado, se è urgente.” Mormorai interrogativa, mi spiaceva doverla salutare.
“Mi sembrava piuttosto urgente.” Feci spallucce, alzandomi dal letto.
“E’ tornato il Re, ma hanno sempre bisogno della Regina.” Sghignazzò Holly, accompagnandomi nuovamente da basso. Zia Alice mi fulminò con lo sguardo, ringraziando Holly con un sorriso cristallino. Mi afferrò il gomito, trascinandomi fuori ringhiando.
“Pensavo – disse frustrata – che avessi capito che non te ne puoi andare in giro senza dire nulla a qualcuno!” Il tono melodioso si era trasformato in un ringhio sibilante.
“Zia calmati!” Dissi infastidita, togliendole il mio braccio dalle mani “E’ Leah!”
“Ti aspetta Demetri, non Leah.” Sussultò sorpresa, capendo che non ne sapevo nulla. Ad ogni modo, questo era uno degli altri problemi dell’ essere tornata: dovevo ricordarmi di attivare lo scudo nuovamente.
“Ah, ho capito. Vado a vedere cosa vuole. CI vediamo per cena, poi passo a salutare papà e mamma.”
Ma dubitavo che avrebbero aspettato così tanto per mostrarsi, infondo sicuramente mio padre era riuscito a leggere nella mia mente, se zia aveva visto Demetri. D’accordo, ti lascio sbirciare ma non mi fermare. Dissi mentalmente a voce alta, sperando che così se avesse visto che ero al sicuro non mi avrebbe fermata, lasciai lo scudo al suo posto e iniziai a correre veloce oltre la coltre di nubi.
L’ umidità depositava goccioline sulla mia pelle, che lentamente evaporavano per il calore della mia pelle. Percorsi almeno tre miglia, prima di fermarmi, mentre il cuore mi galoppava. I sempreverdi erano alti e rigogliosi, non c’erano raggi di sole, solo un terribile silenzio che mi faceva capire che non ero l’ unica predatrice in zona.
“Demetri! Sono qui.” Urlai, verso le cime degli alberi. Immaginando che si stesse facendo una grossa risata vedendomi girare su me stessa. Ma sbagliai, sentii una folata di vento alzarsi da est, mi voltai e un secondo dopo lui era lì, di fronte a me, gli occhi erano neri, sogno che non si nutriva da un po’.
“Devi aiutarmi.”
Ciao anche a te, indossava un dolcevita nero a maniche lunghe e dei pantaloni eleganti anch’essi neri.
“Non ci sono più i Volturi, tuo figlio non è in pericolo.” Ringhiai, sedendomi su un sasso, cosa che mi rendeva molto vulnerabile di fronte a lui.
“Il branco, l’ ha ripudiata.”
Il branco? Quale branco? Jacob era il branco. Lui solo poteva prendere quel tipo di decisione.
“Che significa?”
“Persino tuo nonno è preoccupato! Se Leah restasse nel branco, mio figlio non sarebbe al sicuro.”
“Nessuno lo farebbe.”
Il segugio sghignazzò. Alzando gli occhi al cielo, irritato.
“Sbagli. Leah non è Bella.”
Le cose non succedono mai due volte allo stesso modo. Perché tutti sembravano dimenticarsene? Jacob non avrebbe mai permesso che il figlio di Leah morisse.
“Jacob non lo permetterà.”
“Sbagli di nuovo! – ringhiò al limite dell’ esasperazione  - Jacob non ama Leah, non ha alcun interesse nel tenerla in vita.”
Ma di cosa diamine stava parlando?
“Vuoi scappare? Fallo, ma sappi che Leah sarà più al sicuro qui. Noi tutti la proteggeremo. Jacob non la manderebbe mai via.”
Sembrava che questo non lo rassicurasse per niente. Da quando poi aveva sviluppato questo spirito di paternità?
“Potrebbe ucciderla. Jacob è questo che non permetterà.” 
Maledizione. 
 
 

NOTE D' AUTORE

Ciao a tutte ragazze, scusate se posto solo ora, ma ultimamente ho davvero poco tempo. 
Oggi, anzi ieri, perchè sono in ritardo di qualche minuto... è stato il compleanno di una mia carissima lettrice che mi legge dall' inizio
e mi ha sempre seguito, ti chiedo scusa Uffa, perchè il capitolo non mi è uscito come volevo, ma ci tenevo troppo
a farti questo piccolo regalo.
Quindi niente ragazze, fatemi sapere se vi è piaciuto e cosa pensate che combinerà Jacob se vi va!
Oh, e se avete letto Afterglow, fatemi sapere che ne pensate!
Buonanotte e un bacione!
Lisa


ps. Buon Compleanno Miss Uffa. 



 

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Capitolo 3
*** Mamma - Beta ***





- Jacob - 
 

Perfetto. Non potevo allontanarmi nemmeno per qualche settimana.
Al diavolo. Arrivai a La Push, incrociando mio padre che era tutto urli e agitazione.
“Papà, calmati!” ringhiai, dandogli una pacca sulla spalla.
“Devi convincerla a porre fine a questa cosa!” Strizzai gli occhi, cercando di immaginare a cosa si riferisse.
“A tuo padre non sta molto simpatica la faccenda di Leah.” Mormorò mia madre, aveva un sorriso stanco e tirato. I capelli raccolti in una crocchia disordinata. Non dovevano essere stati giorni facili.
Mi allontanai dalla sedia a rotelle, per stringerla in un abbraccio cauto. Lei, per tutta risposta si agganciò alle mie spalle, dondolandosi affettuosamente. “Ci sei mancato.” Pronunciò con un sospiro.
Già. Come potevo darle torto? La mia beta aveva deciso di partecipare a una missione tutta sua. La missione beta-mamma. Ah-ha.
“Me ne sono accorto mamma, non dovete più preoccuparvi.”
Mi voltai, mettendo un piede davanti all’ altro e sfilandomi la maglietta dal petto.
“Dove vai?” Chiese mia madre in un sussurro.
“A riprendere il mio posto nel branco.” Mugugnai serio, cercando di farla sorridere.
Guizzai in avanti, verso le fronde del bosco, avvertii la terra sotto le zampe, riconoscevo il terreno umido di casa mia.

Jacob.

Jacob! Sei tornato! l’ eccitazione del branco era palpabile e un po’ strana.
Perché? Siamo di impiccio?  Il latrato di Seth era divertito.
Piantala Seth. Ringhiai serio, dirigendomi verso la spiaggia a nord.
Ragazzi è tornato il capo. Disse divertito.
Non avvertivo i pensieri di Leah, questo mi diede da pensare. Lei dov’era? Riusciva a trasformarsi?
Oh si. Ci riesce Jake. E’ con Carlisle. Avvertii l’ ansia nella sua voce.
Mi fermai, annusando intorno a me.
Cambio di direzione, dovevo trovare Dottor Canino. Il branco poteva aspettare. In verità sarebbe stato meglio per tutti che non ci fossero né aspettative né qualcosa da aspettare ma, non era così. Ogni singola volta che pensavo di essermi tirato fuori dai pasticci, succedeva qualcosa. Leah. Prima ancora di vederla, ne avvertii lì odore, il battito accelerato del suo cuore. Le lacrime rigarle il viso, la voce calma del Dottor Cullen.
“Credimi Leah, anche se dovesse nascere, soffrirebbe moltissimo intrappolato in due forme.”
Sentii la voce angosciata di Carlisle.

Come due forme? Cosa diamine voleva significare? Porca Miseria Leah! Mi trasformai, essendo alquanto consapevole di essere nudo. Non mi importava molto. Sarebbe sicuramente importato a Ness, ma se ne sarebbe fatta una ragione.
“Che cavolo succede qui?” Ringhiai esasperato, entrando nella stanza di una sottospecie di casa fuori città e lontana da La Push.
“Ciao Jake” Mormorò il Dottore. Feci un cenno, poco aggraziato, fulminando Leah.
“Sto per vomitare. Vestiti!” Ringhiò lanciandomi addosso, qualcosa.
Una maglietta, doveva essere di Demetri, puzzava di candeggina ed era troppo stretta. A momenti sarebbe esplosa, trasformazione o meno.
“Cos’è vuoi traumatizzare il mio bambino prima ancora che nasca?” urlò adirata, lanciandomi contro un cuscino. Sapeva che non mi avrebbe fatto male, quindi così adirata non era.
“Senti Leah, non mi importa sei hai fatto sesso senza protezione o che altro! Aveva fatto delle dannate pillole anche per te Carlisle!” Urlai, rilanciando il cuscino al suo posto.
“Già.” Sospirò, tormentando il cuscino con le dita.
“Beh?! Cosa diamine è successo allora?” Gracchiai, sprofondando in una sedia. Al solito, la rabbia lasciava presto lo spazio alla tristezza e all’ angoscia. Carlisle alzò le braccia esasperato.
“Il veleno di Demetri, ha annullato l’ efficacia del contraccetivo. Leah è già di tre mesi.” Sospirò, abbassando le braccia.
“Tre mesi? Come tre mesi?! Ma insomma, non poteva essere fertile, andiamo è bloccata. Non ha nemmeno il ciclo!” Ringhiai, rompendo lo schienale della sedia tra le mani.
“Divertente sentirti parlare di ciclo.” Minimizzò Leah, fissandomi con cautela. Mi conosceva, sapeva benissimo che non ero in vena di scherzare o di battutine.
“Cosa si può fare?” Chiesi a Carlisle, cercando di calmarmi. Mi fissò paziente, chiudendo gli occhi appena, e giungendo le mani tra loro. Sembrava che pregasse. Perché sarebbe servito a qualcosa?
“Non lo so.” A disarmarmi non fu la risposta in sé, o la sua poca conoscenza delle gravidanze inumane. Fu la calma e la sicurezza con cui lo disse. Per qualche motivo a me sembrò la sentenza di un condannato a morte.
Fissai Leah. Era proprio necessario avere rapporti con questo vampiro traditore italiano? Spagnolo o cosa diamine fosse?!
“Va bene. Puoi operarla?” lo fissai guardingo.
“Certo.” Il vampiro mi fissò eloquente, probabilmente non era la prima volta che rispondeva a questa domanda. Sicuramente ne avevano già parlato. Ed ovviamente non c’era stata una buona reazione da parte della mamma.
“Ok Leah, non c’è da discutere. Non è una cosa che puoi fare. E’ un vampiro o un lupo? Cosa è?” Chiesi ad entrambi.
A rispondermi fu Carlisle. “Pensiamo che sia entrambe le cose. Crediamo addirittura che il bimbo abbia veleno di vampiro, perché dagli esami è una cosa certa.”
Un lupo con del veleno di vampiro, come poteva essere?
“Jacob, non prenderai questa decisione. Non lo farai.” Disse semplicemente, accarezzandosi il ventre.
Forse aveva ragione, non potevo forzarla. Ma c’era davvero una scelta?
Sembrava che ai miei pensieri Carlisle non avesse risposte. Sembrava che fosse qualcosa a cui avremmo dovuto soccombere tutti quanti. Eppure non vedevo il diretto interessato nella stanza.
“Dov’è Demetri?” Leah mi fissò con un ghigno divertito.
“Sta parlando con Renesmee.”

Ma porca miseria!



Ciao a tutti, sono tornata. Capitolo corto, ma per iniziare ho preferito così! Come sono andate avanti le vostre vite?
​Io sono sempre io, più o meno. Buonanotte!
​Lisa

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Capitolo 4
*** Riunione Di Famiglia ***


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Se mi avessero detto due mesi fa che avrei parlato di paternità con il segugio dei Volturi non ci avrei scommesso nemmeno una tavoletta di cioccolato. Eppure mio malgrado era esattamente quello che stavo facendo, accovacciata sopra una roccia. Mi sentivo il corpo estremamente pesante e stanco, sembrava che niente potesse spostarmi. “Mi stai ascoltando?!” ringhiò Demetri cercando di attirare la mia attenzione. Il ringhio era basso e cupo, non sembrava affatto minaccioso o esigente. Somigliava più a una preghiera scortese: ingiusta.

Lo fissai, respirando lentamente. Io ascoltavo, ma che avrei potuto mai dirgli? Dovevo promettere al posto di Jacob? Come se fosse stato possibile fare una cosa del genere o prevedere la sua reazione. Non potevo dargli nessuna garanzia.
“Renesmee!” Questa volta il suono gutturale che aveva emesso aveva qualcosa di molto minaccioso, per quanto mi sentissi immobile e pesante il mio corpo reagì, mettendosi in posizione di difesa. Ringhiai in segno di avvertimento, preparandomi a balzare se fosse stato necessario.

“Non hai alcun diritto di chiedermi di promettere. Mi hai portato via da casa mia, saresti stato pronto a darmi la caccia per il mondo. Avresti ucciso la mia famiglia. Ma io ora dovrei proteggere tuo figlio.” Urlai esasperata, mettendo distanza tra lui e la mia rabbia. La voglia di aggredirlo era immensa, Jacob mi aveva insegnato a combattere e non mi sarei tirata indietro. Mai.
Leah. Il suo nome risuonò nitido nella mia mente. Mi sarei schierata se avessi dovuto, come aveva fatto la Beta di Jake per mia madre. Sospirai, cercando di calmarmi.
“Jacob non costringerà Leah ad abortire e non la caccerà.” Dichiarai, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi.
“Promettilo!” Sbraitò agitato, avvicinandosi repentinamente.
Lo fissai rabbuiata, poi con calma infinita diedi la mia parola.
Sapendo che per rispettarla, forse, in uno degli scenari possibili nella mia mente avrei dovuto sfidare Jacob e la sua autorità. Rabbrividì, voltandomi per tornare verso casa. Una mano gelida mi afferrò la spalla, trattenendomi.
“Non avresti dovuto promettere Renesmee.” La voce triste e calda era quella di mio Padre. Subito prima ancora di rispondere mi gettai tra le sue braccia, felice.
“Mi sei mancato papà.” Mormorai, appoggiando la guancia sulla camicia in lino. Lui mi strofinò i capelli, posando un bacio tra essi.
“Sei cresciuta.” Sopirò, accarezzandomi la schiena. “La mia piccola Renesmee.” Respirò lentamente, osservandomi con dolcezza.
“Hai appena detto che sono cresciuta.” Protestai ridacchiando, staccandomi dal suo petto marmoreo. Mi guardai intorno. Mia madre non c’era. Papà rapido, prima ancora che finissi di formulare il pensiero mi confermò che sarebbe stata lì a secondi. “Sono più veloce.” Ammise facendo spallucce. Poi in un guizzo i suoi occhi da divertiti si fecero seri. “Jake sta venendo qui.”
Oh. Ouch. Miseriaccia. Avevo dato la mia parola, avremmo litigato. Non volevo litigare. “Va bene.” Mugugnai, con il tono di una bimba che sa di essere messa in castigo. Le punizioni erano sopravvalutate.
Mio padre si rivolse a Demetri, parandosi davanti a me. “Ti conviene andartene.” Sibilò serio, rivolto al segugio.
“Non penso che lo farò.”

No, non lo avrebbe fatto. Ed era comunque troppo tardi, le zampe pesanti del mio lupo affondavano nel terreno a mezzo miglio da lì. Ci sarebbe voluto ancora qualche secondo, forse anche di meno. Rimasi ad aspettare contando i millesimi di secondo che mi separavano da lui. Mio padre mi cinse il fianco, lo fissai, probabilmente stava ascoltando i pensieri di Jacob perché sembrava affrontare una lotta interiore con se stesso. Provai ad immaginarla e mi ritrovai a sorridere.
“Che c’è di tanto divertente?” La voce serena e familiare. Mamma. Le sorrisi stringendola a me, ero più alta eppure mi sentivo sempre protetta quando lei era accanto a me.
“Allora che c’è di buffo?” chiese stringendomi la mano. Feci spallucce, i miei pensieri erano solo miei in questo caso e probabilmente di papà. Dovevo davvero riabituarmi allo scudo. Mio padre mi guardò esasperato ed io per tutta risposta sorrisi colpevole.“Mamma come stai? Nonno Charlie e la nonna?” Volevo sapere così tanto eppure mi sembrava il momento più sbagliato per conversare del più e del meno. Perciò la risposta fu breve, mi disse che stavano tutti bene.
Sue aveva preparato già la cena ed io ero stata invitata quella stessa sera insieme a Seth e Leah. Mi venne spontaneo chiedermi se Sue sapesse di sua figlia, era preoccupata? Aveva anche lei un’ opinione a riguardo? Tutti i miei pensieri furono interrotti da Jacob. Apparve nella radura, uscendo tra gli alberi. Indossava dei semplici pantaloni color caffelatte e sembrava profondamente scocciato. Mi diede un’occhiata veloce.

“Hey Bells.” Salutò, facendo un cenno. Per tutta risposta mamma gli sorrise.
Sembrava tutto terribilmente strano. Era così che si salutavano dopo quel tutto tempo lontani? Erano migliori amici, no?
Forse ero io ad essere fuori dagli schemi. Evidentemente la situazione era più delicata e grave di quanto pensassi.
“Vorrei davvero chiederti come cazzo è successo.” Sibilò verso Demetri, inveendo contro di lui e contro la sua poca responsabilità verso la donna che diceva di amare.
“Pensavo che il Dottore sapesse il fatto suo. Evidentemente ho sbagliato a fidarmi di uno dei Cullen.” Mi sentii tirata in causa, volevo rimangiarmi la parola e difendere nonno. Poi una sola parola galleggiò nella mia mente e mi costrinsi a restare calma.
Leah.
“Dovresti essere più prudente quando parli della mia famiglia.” Mio padre, aveva afferrato il braccio del segugio. Poi si ritrasse, fissando Jake.
“Perché non dici a tutti quello che pensi, Jacob?” Mio padre sogghignò infastidito.
Il mio quasi fidanzato mi fissò a lungo, sarebbe stato così ora tra noi? Passò in rassegna tutti i presenti e alla fine si rivolse a Demetri.
“Ho pensato di far votare al branco. Onestamente Leah è talmente sotto oppiacei che non penso sia lucida abbastanza da decidere.”

Mia madre protestò, iniziando a parlare. Così come fece Demetri. Tutti avevano da dire qualcosa. Ma anche io avevo qualcosa da dire. Io ero nata, non ero cattiva. Perché questo bambino avrebbe dovuto essere diverso.
“Non puoi farlo Jake.” Il silenzio arrivò così come era venuto il caos: all’ improvviso.
“Perché?” Ringhiò scontroso.
Beh, avevo promesso. Ma sapevo che dirglielo lo avrebbe solo fatto infuriare. Avevo dato la mia parola che lui avrebbe dato la sua. A ripensarci la cosa sembrava abbastanza sciocca. Oh. Andiamo Renesmee. Tieni i tuoi pensieri per te. Sentii lo scudo galleggiare su di me, mi avvolse dandomi una sensazione di calore tenue e confortante.
“Non voglio che questo bambino nasca tra la paura e il disprezzo. Non voglio. Spetta a Leah.” Dissi risoluta, stringendomi le braccia al petto. Mamma mi sorrise orgogliosa. Demetri mi guardava curioso e Jacob mi guardava furioso.
“Non sai niente.” Proruppe angosciato. “Non mi prenderò la responsabilità di seppellire qualcun altro della famiglia quest anno. Se potrò evitare dolore e perdita. Lo farò.” Sibilò deciso. Certo che lo avrebbe evitato, capii immediatamente che si riferiva a Claire e a Quil. Ma Leah non era una bimba. Era una donna che a quanto pare sapeva ciò che voleva.
“Va bene Jake. Ma io non appoggio la tua scelta.” Dissi coraggiosa, ma dentro di me mi facevo piccola piccola, vigliacca e timorosa di farlo arrabbiare. Cosa che successe. Mise fine alla distanza tra me e lui in un nano secondo.
Mi afferrò per le spalle, scuotendomi. “Non è la tua storia. Non lascerò Leah morire.”
Non sarebbe morta. Era più forte di un’ umana. “Nonno salverà entrambi.” Sentenziai sicura di me.
“Ti sbagli. Ho telefonato a Josh, pensa anche lui che questa gravidanza non vada portata a termine.”
Da quando Josh era diventato il consulente/migliore amico di Jake? Se lui voleva fare a gara a chi diceva cosa, avrei potuto trovare anche io persone che sostenevano la mia causa.
“Tuo nonno. Un Dottore dice che non è possibile.” Sillabò, continuando a guardarmi in cagnesco.
Nonno diceva così perché il bimbo era in parte vampiro. Quanto forte poteva essere?
“C’è il rischio che spezzi le ossa a Leah?” Chiesi rabbrividendo, sapendo che era ciò che avevo fatto a mia madre.
Demetri, si avvicinò a Jacob, scrutandolo paziente. Non ero la sola a voler quella risposta.
“Non lo so!” Urlò spazientito, tirando un pugno a un albero lì vicino. Povero albero. La verità è che era una scommessa. La sorte di Leah e del suo bambino erano affidate al caso e a calcoli di probabilità che per tutta onestà sembravano non essere fondati ne veritieri.

“Io lo so. Se somministreremo a Leah il mio sangue fin da ora, sarà abbastanza forte, per portare in grembo un vampiro.”
Il silenzio che calò su di noi era innaturale. Fissai i visi delle persone che amavo ma nessuno di loro lasciava trasparire qualche emozione.
“Tesoro dissanguarti non è tra le opzioni.” Sentenziò mio padre, volgendo uno sguardo a mia madre. Non disse nulla, significava che era d’accordo? Di sicuro Jake lo era, perché gli rivolse uno sguardo grato.
“E’ una cosa che farò se Carlisle mi dirà che così Leah potrà condurre una gravidanza normale. Inizierò a donare il sangue già da ora se necessario.” Piagnucolai, osservando Jacob. Mi inchiodò a un albero, frustrato cercando di farmi ragionare, ma era una causa persa. Perché avevo promesso. Non a Demetri, a me stessa. Volevo proteggere il bambino.
“Leah è una mia responsabilità e se dovrò dire al branco di cacciarti se ti vedono a La Push lo farò.” Proruppe minaccioso, la cosa fece scattare una reazione in mio padre. Ero stanca persino di vedere litigare loro due. Ero adulta, sapevo scegliere per me stessa.
“Va bene. Vorrà dire che porterò Leah da un’ altra parte.” Mugugnai decisa, cercando di sfuggire alla presa di Jacob.
“Non mi fare arrabbiare.” Gracchiò, i suoi occhi color cioccolato fondente si persero nei miei. Chissà come mai, ma all’ improvviso mi era venuta voglia di baciarlo. Dovevamo proprio litigare? Forse avevo trovato una soluzione, non volevo discutere.

“Non cambierò idea. Se posso aiutare lo farò.” Appoggiai il capo al suo petto, ma mi scansò.
“Va al diavolo.”
Che novità, come se l' inferno non lo avessi vissuto fin da piccola. Lo guardai dileguarsi in mezzo al verde, restando in silenzio. Profondamente pensierosa, appoggiata all' albero su cui mi aveva lasciato. Era qualcosa di confortante sapere che ero ancora sull' albero dove lui mi aveva piazzato. Sparì in mezzo agli alberi e scomparve. Un ululato squarciò il silenzio che mi divideva in due. Mi sedetti a terra, fissandomi i piedi. Davvero un ottimo rientro a casa.





 


ANGOLO AUTORE

Ciao a tutti di nuovo, mi scuso per non aver ancora risposto alle vostre recensioni ma le ho lette!
Adesso appena postato qui, mi prendo un attimino per ringraziarvi del supporto! 
Capitolo breve ma intenso, almeno credO. Sono un po' arrugginita devo riprendere mano! 
Pure con l' editing alle foto, ma almeno ho messo qualcosina oggi! Voi come state?
Buona serata, Lisa. 



 


 

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Capitolo 5
*** Il Castello Non Della Disney. ***


.


Dovevo ammetterlo: Jake non aveva preso molto bene il fatto del mio essere una sacca di sangue per Leah. Lei l'aveva trovata un po' racappricciante come idea all'inizio. Nonno Carlisle quindi aveva suggerita una soluzione diversa da quella che avevano addottato per mia madre. Niente bibitoni disgustosi per umani. Ogni giorno dovevo fare una trasfusione, in questo modo il mio sangue aiutava l' organismo di Leah a sostenere la gravidanza. Sacca di sangue. I miei genitori avevano discusso a lungo sul mio voler essere così decisiva per la gravidanza della bella Clearwater. Avevano paura, certo, avrebbe potuto arrivare fino le orecchie degli ultimi rimasugli dei Volturi questa novitá del mio sangue miracoloso. Ma tanto che importava? Non volevo scappare e anche scappando prima o poi avrei dovuto affrontare le fiamme del passato. Non importava. Infondo cosa cambiava combattere per questo motivo o per un altro? Ero ossessionata ormai dalla gravidanza della beta del branco. Forse pensavo che una volta nato il bambino, non sarei più stata vista come la sola ed unica eccezione tra due mondi. Era una cosa egoista? 
"A che cosa stai pensando?" 
La voce cristallina e curiosa. Voltai lo sguardo verso la mia migliore amica umana. Gwen. Aveva schiarito i capelli e le passeggiate con Jake avevano dato i suoi frutti. Aveva perso 10 chili, ma non se ne vantava troppo. Anzi, borbottava dicendo che dieci chili in due mesi erano un fallimento. Io la trovavo raggiante, anche se mi dispiaceva non gioisse per le sue vittorie.
"Scusami. Non è niente. Pensavo a Jake." Mugugnai, appoggiando il mento sui palmi delle mani. Lei mi guardò stralunata ed io per tutta risposta sorrisi.
"Che c'è?" Ridacchiai, tirandole addosso un cuscino. 
"Non si è ancora fatto sentire?" Chiese contrariata, pestando i piedi per terra. 
Era passata una settimana dall' ultima volta che lo avevo visto. Per tranquillizzarmi mi ripetevo che aveva molto da fare. Eppure, il tempo per me lo aveva sempre trovato.
 
"No, non si è fatto vivo." Gracchiai, fissandomi le ginocchia.
"Dovresti lasciarlo. Non è la prima volta che sparisce."
Come le spiegavo che un lupo non si tiene in gabbia? Nemmeno al guinzaglio.
Le sorrisi, afferrando una delle sue gallette integrali: erano immangiabili. 
"Ah beh. Deve essere dura." Le dissi indicandole. 
"Lascia perdere Renesmee." Alzò gli occhi al cielo e si lasciò cadere in modo tragico sul divano. Sghignazzai, prendendola in giro.
Un rumore proveniente dalla stanza di sopra fece agitare Ginevra. Sentii il suo cuore guizzare e il respiro farsi affannoso. La fissai interrogativa. Cosa stava succedendo? 
"È mio padre. Forse è meglio che vai si è svegliato." Disse agitata. Cercando di riordinare il tavolino del soggiorno. 
"Mi fa piacere conoscerlo se per te va bene." Sorrisi, accarezzandole la mano. 
Si scusò, dicendo che sarebbe stato meglio un' altra volta, anche perchè doveva raggiungere Jacob alla riserva. Beata lei. 
"Promettimi che non ti metti in mezzo Gwen!" Dissi seria, scrutandola.
Sembrava voler fare il cupido della situazione. Ma conoscevo Jake, era meglio lasciar perdere. 
"Mi scoccia sentirmi in colpa per il fatto che io posso vederlo e tu no." Disse arrabbiata. 
Feci spallucce e la pregai di non sentirsi in colpa. Le chiesi di nuovo se era sicura di non volermi presentare il padre. Rispose di no. Ero preoccupata ma decisi che non mi andava di discutere con un' altra persona a cui volevo bene. 
Avevo un sacco di cose da fare in realtá. Zia Alice aveva deciso di incanalare tutto il mio nuovo tempo libero ed il mio tragico umore nella scelta dei vestiti per i componenti della mia famiglia, ovviamente riguardo la festa del mio fidanzamento. 
Fidanzamento in cui mancava il fidanzato al momento. Proprio il momento più giusto, grazie zia Alice. Mi incamminai verso casa, pensando alla riserva e a cosa diamine avrebbero fatto Jake e Gwen. Una vocina si fece spazio nella mia mente, insinuando insicurezze e tristezza. Poi con infinita calma mi ripetevo. Imprinting. Non mi tradirebbe mai. 
Sospirai, sentendo il clacson suonare.
 
Era una macchina nuova che non conoscevo. Grossa e di cui poco mi importava, stavo tirando dritto per la mia strada quando la macchina accostò e dal finestrino uscì il volto appuntito di Alice Cullen.
"Hey straniera, dove scappi?" Mugugnò cercando di intenerirmi. 
Sbuffai, cercando di ignorarla ma fu inutile. Alice non poteva essere ignorata. 
"Sessione di shopping organizzata!" Strillò eccitata, battendo le manine. Sbuffai esasperata, incrociando le braccia tra loro. Non volevo andarci. 
La portiera si aprì e spuntarono i boccoli di zia Rose. "Forza, andiamo. Passeremo una bella giornata" Sorrise e per qualche ragione una parte di me decise di crederle. Ma l' altra parte di me, non voleva assolutamente saperne. Cercai di farmi forza e di costringermi a rendere felici le persone che amavo. Alla fine salii. In macchina c'era anche mia madre. Le baciai la guancia, chiacchierando con lei del più e del meno. Holly sedeva davanti insieme a zia Alice. Le sorrisi, era sempre più bella ora che era lontana dalla prigionia. La libertà le donava, i capelli ricadevano in morbide onde e gli occhi color almbra circonati da ciglia folte finalmente erano sereni e spensierati. 
 
Le sfiorai la guancia. Sono contenta tu sia felice Holls. Le immagini dello Starwaves mi scorsero nella mente. Aveva il suo piccolo mondo e le bastava. Era bello sapere che per qualcuno ciò che aveva poteva essere abbastanza. Certo, non pretendevo che ciò che aveva vissuto cadesse nel dimenticatoio, le vioenze fisiche, verbali e psicologiche non si possono scordare. Forse si poteva imparare a conviverci, forse alle volte si trattava solo di sopravvivergli. Non si tratta sempre di raggiungere la perfezione, a volte basta solo mettere un piede davanti all' altro e andare avanti. Noi tutti stavamo facendo piccoli passi ogni giorno per migliorare le nostre vite. 
"Qualcuno vuole dire qualcosa?" Mormorò Alice, provava a modo suo a rompere il silenzio imbarazzante che invadeva l'abitacolo dell'auto.
Mia madre mi sorrise, acciambellandosi contro il finestrino. "Alice pensa a guidare." Ridacchiò per tutta risposta. La fissai con angoscia, la verità è che tutti volevano parlare di qualcosa. Ma, non sapevano cosa dire. Probabilmente tutti volevano chiedermi di Leah o di Jake. Ma, sembrava che sulla parola 'Jacob' vigesse il divieto. 
Zia Rose mi spostò una ciocca dal viso, portandomela dietro l' orecchio. 
 
"Non ti va di fare questa cosa, vero?" Mormorò consapevole, la risposta la sapeva già. Le poggiai la mano sul volto. No, non mi andava. 
Scegliere dei vestiti quando non sapevo nemmeno se l'avrei rivisto come fidanzato o come amico d'infanzia. 
Era dura, pensare ai vestiti o alla festa. 
"C'è un posto dove vorresti andare?" Chiese Holly, con voce melodiosa. 
Certo a La Push. Ma non potevo di certo presentarmi lì come niente fosse dopo una settimana di silenzio stampa, no?
"Mi piacerebbe andare a vedere il castello, quello non della Disney." Specificai, sperando di non dare a zia Alice l' idea malsana di andare a Disneyland.
L' idea mi era venuta così, a caso. Non sapevo ancora cosa avessero combinato in quel posto, ma speravo di trovare un appiglio nell' angolo che avevano costruito per me e Jake. Alice alzò gli occhi al cielo protestando che il suo castello era nettamente migliore di quello della Disney e che stava a pennello con l'abito e il rinascimento. Il che, purtroppo mi diede motivo di preoccuparmi. Fissai mia madre e con voce flebile le chiesi se lei lo aveva visto. Sorrise facendo una smorfia con il viso. "È perfetto." Mormorò strigendomi la mano. "Perfetto come la mia tenera e bellissima, forte brontolona." 
Disse orgogliosa.
"Hai dimenticato straordinaria." Sorrise Rosalie, lisciando una piega del suo abito. 
"Grazie mamma e grazie zia." Sorrisi commossa, appoggiando la testa alla spalla di zia Rosalie.  
"Perciò niente shopping per il fidanzamento ma andare a vedere la location va bene. Questo non è masochismo. Hai solo preso da tua madre." Brontolò il folletto alla guida. Beh che c'era di male a vedere la location? Sempre di un castello si trattava. Prese la statale che si dirigeva fuori forks, verso la montagna. Gli alberi scorrevano, facendo disperdere il verde delle fronde dal verde degli steli d'erba.

Zia Alice rallentò, parcheggiando l' auto sul ciglio della strada. La fissai incerta. Un castello è grande, dovrebbe vedersi, no? 
"Non siamo arrivati ma, tuo padre sta giocando a scacchi nella mia testa Renesmee. Un secondo."Si premette le dita sulle tempie. 
"Sposta quel maledetto pedone così faccio scacco!" O mio Dio. Stavano giocando a scacchi, lui le leggeva la mente e lei prevedeva le sue mosse. O mio Dio. Ringhiai, fissandola lugubre. Solo una volta finito il match riprese a guidare. Ad un certo punto mentre cercavo il castello sterzò bruscamente a sinistra, inoltrandosi in un sentiero pieno di buche e fango. 
"Pensavo Emmett e Jazz avessero finito Alice!" Sibilò zia Rose mentre veniva sballottata contro il finestrino.
Disse che la strada non faceva parte del perimetro di cui si erano occupati, ma questo si capiva benissimo da sè. Poco avanti c'erano due grossi spiazzi, su uno di essi in un angolo c'era la jeep di zio Emmett. 
"Qui faremo i parcheggi per gli invitati, Renesmee. Forza andiamo!" Proruppe esagitata, indicando il sentiero dopo le auto. Era circondato da alberi e sempreverdi. Per terra crescevano lavanda, iris e altri fiori di cui non conoscevo il nome sulle tonalitá del lillá. Sorrisi, fissandoli.

A loro modo sembravano aver trovato il proprio posto, certo, con l' aiuto di Alice: l ' indovina di Forks. La seguii, notando delle guglie in lontanaza. Insieme a delle torri bianche. Chiusi gli occhi, pensando che probabilmente ciò che immaginavo non rendeva giustizia alle visioni di mia zia. Solo qualche momento più tardi, capii. Capii quanta passione, amore ed entusiamo ci aveva messo la sorella di mio padre. Probabilmente insieme a nonna Esme e a tutta la mia famiglia. Mi portai le mani alle labbra. Oh. Due torri bianche sostenevano il perimetro del piccolo castello. Due rampe di scale a semicerchio si univano a quella centrale che portava a quella che sembrava la terrazza e allo stesso tempo l'entrata. Oh. Oh. Era perfetto. Sei perfetto castello non della Disney
Mi misi a piagnucolare dalla felicità dirigendomi verso gli scalini. Salii le scale, arrivando alla terazza, mi affaccia tra le colonne, sopraffatta dalla bellezza di ciò che avevano creato. 
 
"Sei felice?" 
A parlare era stata la voce calda di Holly Black. 
"Si! È perfetto." Mugugnai trattenendo le lacrime.
Certo che lo era, come avevo potuto dubitarne? 
"Sono molto lusingata per la reazione, ma non mi piace vederti piangere." Protestò zia Alice, balzando al mio fianco. Provò a distrarmi dalle mie emozioni, facendo tintinnare un mazzo di chiavi davanti a me. 
"Non sapevo se volevi la sorpresa per quel giorno, ma giá che ci siamo…" sorrise estasiata, sembrava supplicarmi di dirle che volevo entrare. La curiositá era così tanta che accettai senza alcuna riserva. La porta di legno si spalancò ed entrammo, seguita da mamma, zia Rose ed Holly. Tratennì il respiro, davanti a me si estendeva una sala circolare piena di luce e lampadari di cristallo. C'erano dei divani e dei tavolini, al centro della stanza iniziava una scala a chiocciola che saliva lungo la torre. Su ogni piano c'era una porta che conduceva a diverse sale. Zia Alice mi fece sbirciare qualcosina ma non troppo.

Si concentrò sulla stanza più alta della torre. La porta di quell' ultimo piano era color legno chiaro e aveva la cornice intagliata di ghirigori eleganti. Al centro esatto erano state intagliate una J e una R intrecciate tra di loro. Non c'era bisogno di dire altro, sapevo a chi apparteneva. Sospirai fissando mia madre. 
"Perché non ti prendi un po' di tempo? Noi ti aspettiamo se vuoi." 
La ringrazia silenziosamente, facendo tesoro della solitudine.
Aspettai di non sentire più i passi sulle scale e poi con calma feci scattare la maniglia. i secondi successivi che mi separavano dalla stanza sembravano non finire mai. Annaspai, davanti al letto a baldacchino in mezzo la stanza. C'era un camino, delle vetrate e lampadari di cristallo. Un armadio color avorio dai dettagli intagliati color cremisi. Lo spalancai, all' interno c'erano delle buste portaabito che con fatica non aprii. Mi sedetti sulla panca vicino alla vetrata, ricoperta da un sedile di stoffa morbida. Scoppiai a piangere, di un pianto silenzioso e senza dolore.
Provavo sollievo, una quantitá di amore che mi rendeva salva anche nella disperazione. Mi asciugai le lacrime, stendendomi lungo la panca. Lì vicino, notai i miei libri preferiti: tutte prime edizioni. Non riuscendo a trattenermi li spalancai, divorando i piccoli dettagli di diversitá che li rendevano unici.

Come avevano fatto a rendere tutto così perfetto? 
"Renesmee!" Holly mi stava chiamando, perciò feci scattare la finestra e mi affacciai fuori. 
"Si?" Forse mi ero presa troppo tempo. Accidenti.
"Jacob sta venendo qui." Si tamburellò la tempia sorridendo. 
"Se non lo vuoi vedere è il momento di andarcene." 
Vederlo era tutto ciò che volevo. Feci spallucce dicendo che sarei rimasta qui e che potevano andare. 
Chiusi la porta della stanza e scesi le scale, trovai altre porte che conducevano ad altri corridoi. C'era una cucina, ricca di cibo. Mi versai del succo di frutta. Mentre lo sorseggiavo il cellulare vibrò. Era un messaggio di Gwen.
"Jake mi ha regalato un cavallo!" 
Un cavallo? 
Quindi era davvero una giornata da principesse. 
Cosa diamine ci faceva Jake con un cavallo? E perchè darlo a Gwen? 

Dei passi sulle scalle mi distolsero dal vorticare dei miei pensieri. Non li sentivo da una settimana ma ero sicura, erano i suoi passi. Il suo odore. Mi alzai in piedi, dirigendomi verso di lui. Guardai in basso dalle scale a chiocciola. Jacob Black entrò dalla porta, richiudendola dietro di sè. Aveva l'espressione corrucciata, il torso nudo e definito. Lo fissai estasiata. Come poteva essere così bello e tenebroso? 
"Ciao." Mormorò serio, con voce scortese fissandomi. Da quanto si era accorto che lo guardavo? 
"Hey." Mormorai, facendogli un cenno con la mano. 
Restò fermo a squadrarmi, sorrisi imbarazzata, nascondendomi dietro i capelli. 
"Così Alice ha costruito il regno di vampirolandia?" Borbottò, sentivo il rancore nella sua voce. Eppure sembrava non volesse urlare, magari si stava solo controllando. 
"Beh, sono benvenuti i lupi." Mormorai cauta. 
"Ma davvero?!" Ringhiò. Ops. La rabbia cominciava a crescere dentro di lui.

Tremò appena. Accorciai la distanza tra noi grazie alla super velocitá. Mi fermai posando una mano sul suo petto. 
Mi guardò furioso, cercando di scostarmi la mano. Ma, non gliel' avrei resa facile. 
Sentivo il sangue ribollire nelle mie vene, il cuore volare. Gli cercai le labbra, tracciandone il contorno con la lingua, provò a respingermi, ma mi abbarbicai alla sua schiena, intrecciando la mia lingua alla sua. Sentii il suo respiro, si fece roco e sconnesso, mi prese la testa e ricominciammo da dove tutto era finito. 


 
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ANGOLO AUTORE

Ciao a tutte ragazze!
Capitolo un po' più intenso, sono davvero curiosa di vedere chi indovinerà la continuazione!
Come state? 
Un abbraccio Lisa.

 
 

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Capitolo 6
*** Parole Non Dette. ***


Parole Non Dette.

 
Jacob mi aveva portato in cima alla torre, sotto mia indicazione. Aveva aperto la porta e mi aveva appoggiata a terra mentre la richiudeva, si voltò e mi prese il mento tra le dita. 
"Questo nom cambia nulla." Disse serio. Avevo quel tipo di sguardo instransigente che non permette repliche. Che voleva dire? 
"Sono incazzato nero." Ah. Era tutta una questione di punti di vista; anche io ero arrabbiata con lui, ma quanto sarebbe continuata questa storia? 
"Va bene torna ad odiarmi domani." Mugugnai sottovoce, stringendomi a lui. Qaunto ero falsa, non volevo assolutamente che tornasse ad odiarmi, lo avevo detto così per quieto vivere.
"Puoi scommetterci." Ringhiò vicino al mio orecchio, mordendomi il collo. "Lo rendi difficile, ma domani non cambierá nulla." 
Mi venne da piangere, ma non volevo litigare. Non volevo farlo andare via, tutto ciò che volevo era una tregua. 
"Shh. Domani sará tutto quello che vuoi. Ma stanotte... stanotte sii mio." Mormorai a un centimetro dalle sue labbra. I suoi occhi divennero languidi, presi dallo stesso desiderio che animava il mio corpo. Cercai la patta dei jeans, calandogli la zip. Lui non si prese affatto questo disturbo, prese la stoffa del vestito all' altezza del mio seno e con un ringhio cupo lo strappò. Guardai i suoi muscoli distendersi, mentre distruggevano il vestito nero che avevo indossato quel giorno. Sussultai, mi aveva preso per le natiche, sollevandomi tra le sue braccia. Deglutii, sentendo la sua erezione premere sul mio interno coscia. Sospirai, gettando indietro la testa. Il suo profumo era così inebriante e i peli soffici sul suo ventre mi solleticavano la pancia. Ridacchiai, le sue labbra percorrevano il profilo del mio collo, scendendo verso i seni. Strillai, sorpresa e dolorante. Aveva morso uno dei miei capezzoli, insistendo un po' troppo. Mi fissò adorante, dedicandosi agli slip che indossavo. Me li sfilò gettandoli a terra. Mi stupii del fatto che non li avesse stracciati, per un attimo mi chiesi che vestito avrei indossato l' indomani per andarmene. Non durò molto, Jake mi strappò dai miei pensieri. Si era liberato dai boxer e mi stava tirando con forza a sè. Vedevo l'urgenza nel suo sguardo, quasi come se da un momento all' altro tutto potesse svanire. Un po' come un bambino che per paura gli vengano finite le caramelle fa una grande indigestione. Ouch, Mi penetrò con un' unica spinta, tornai al presente annaspando. 
"Sei davvero bagnata Renesmee." Gracchiò, meravigliato, socchiudendo gli occhi. Inarcai la schiena, cercando di avvicinarmi ancora id più al suo corpo. Mugugnò, continuando le spinte, assecondavo i suoi movimenti. Ma ne volevo di più.  
Mi sollevai, cercandogli le labbra. Rispose ai miei baci con ferocia, mi ributtò indietro sul materasso. Deglutii, fissandolo. "Più forte." Supplicai, aggrappandomi alle sue spalle.
"Ti farei male." Disse serio. Allora gli importava ancora di me? Alzò un sopracciglio, mentre mi accarezzava i seni. Forse riusciva a immaginare quel che stavo pensando.
"Più forte." Ripetei decisa e lui, riprese accontentandomi.  
Ogni singolo muscolo del mio corpo si allungava e distendeva, fremevo e le gambe mi tremarono mentre venne dentro di me. Mi sorrise, stramazzando al mio fianco. 
Ridacchiai, fissandolo. 
Dio, quanto lo amavo. 
Il mio Adone. Chiusi gli occhi, assapporando gli ultimi momenti. Avevo rivolto lo sguardo al vestito a terra. Era sgualcito e irremidiabilmente irreparabile. Sorrisi, alzandomi dal letto. Avevo sete, ero accaldata e voltandomi mi accorsi che anche Jake lo era. 
"Vado a prendere qualcosa da bere, che ti porto?" 
Birra. Ovvio che altro poteva mai volere? Scesi le scale, sperando che per il mio ritorno fosse ancora lì. Mi fermai in una delle stanze, speravo di riuscire a trovare una vestaglia e dopo un paio di armadi ne trovai una color blu notte. La infilai, allacciandola in vita. La cucina era spaziosa e pulitissima. Probabilmente zia Alice aveva assunto un' impresa di pulizia o qualcosa di simile. Afferrai la bottiglia di birra dal frigo immenso color grigio e una bottiglia di acqua. C'erano anche dei tramezzini confezionati. Sicuramente non erano il massimo, ma stavo morendo di fame. E poi… io adoravo i funghi! 
Salii di nuovo le scale, precipitandomi nella stanza. Jacob Black era ancora lì, adagiato sui cuscini. Alzò la testa, un sorriso sardonico gli animava le labbra.
"Ti sei vestita che peccato." sbuffò lasciando ricadere la testa sui cusini morbidi.
Avevo sorriso arrossendo, ciò che non sapeva era che non sarei stata vestita ancora per molto. Gli passai la birra, bevendo l' acqua. Mi sedetti vicino a lui e per tutta risposta mi squadrò.
"Hai regalato un cavallo a Gwen." Dichiarai, fissandolo incuriosito. 
"Beh tu hai un castello. Non vorrai lamentarti." Sghignazzò, finendo la birra. Attesi, non volevo essere pesante. Ma mi sarebbe piaciuto capire. Apprezzai il fatto che non mi avesse risposto di farmi i fatti miei, a scuola c'erano alcune ragazze che parlavano di questo tipo di trattamento che i propri ragazzi gli riservavano. Io ero fortunata, sotto quel punto di vista.
"Quando siamo partiti, abbiamo deciso che le avrei regalato un cavallo se fosse riuscita a perdere 10 chili. Fosse stato per me poteva averlo subito. Ma, lei ha insistito perché fosse una qualche premio." Fece una smorfia con la bocca, non sembrava una cosa comprensibile per lui. Oh. Ecco perché. Aveva senso ed era una bella cosa.
"Sono contenta, è stato un bel pensiero." 
"Giá, ho costruito la stalla vicino casa. Lo tengo a La Push." 
Annuii, abbracciandomi le ginocchia. 
Mi aveva raccontato di Ginevra e aveva aggiunto che gli piaceva come aveva sistemato Alice il castello. 
"Adoro il letto, tra l' altro." Ridacchiò spostandomi i capelli sudati dal viso. Gli appoggiai una mano sulla guancia: feci balenare nella sua mente un bel getto di acqua fresca. Doccia? Gli chiesi mentalmente. Prima ancora che la levassi, mi caricò a sacco di patate sulle spalle e andammo in cerca della vasca da bagno. I sali da bagno avevano colorato e profumato l'acqua. Entrarci fu un vero piacere. Jake mi accarezzò una gamba. 
"Sei di una bellezza sconvolgente." Arossii, era pur sempre un complimento. Me lo sarei ricordata anche domani?
"Sei molto bello anche tu Jake." Sorrisi, appoggiando la testa al bordo della vasca. 
Entrambi sapevamo che dovevamo chiarirci, forse implicava urlare e prendere una distanza decisiva. Ma non volevo farlo stasera e una piccola parte di me, seppur piccola, era trionfante. Contenta che nemmeno lui volesse andarsene in questo momento. 
Ogni fibra del mio corpo voleva urlare quanto lo amava, ma avevo l' impressione che quelle parole avrebbero rovinato tutto in quel momento. Lasciai perdere fissando l' acqua colorata. 
Durò meno di un'istante perché mi attirò a sè, mi godetti il tepore del suo petto scolpito e profumato. Ti amo. Ogni fibra del mio corpo voleva urlarlo. Annaspai, cercandogli le labbra. Ci perdemmo di nuovo, i corpi avvinghiati, questa volta dolcemente. Senza urgenza e fretta. Assaporando il piacere di stare l'uno dentro l' altra. Sussurrò il mio nome, mentre il suo sesso innondava il mio. Lo abbracciai, lasciando che restasse dentro il mio corpo. Cullandomi serena, tra le sue braccia. Sentivo un senso di appartenenza invadermi, era il mio posto. Era sempre stato il mio posto, non sentivo il bisogno di fuggire, ne di uscite di sicurezza, di contrattempi o scuse. Era ciò che volevo. 
Ti amo. Mi morsi le nocche, non dirlo Nessie. Urlerà, se ne andrà. Dirá che ami di più Leah, che hai preferito lei. Non volevo. Una lacrima mi scese dall' occhio. La asciugai in fretta, stringendolo a me. 
"Asciughiamoci e andiamo a dormire." Disse Jake passandomi un asciugamano. Va bene Jacob, dormiamo anche se vorrei parlare e chiarire la situazione. Ma questo non importa; perché io non te lo dirò, tu non lo saprai e noi non litigheremo. Gli sorrisi e andai a letto. Lasciai cadere l' asciugamano adagiandomi sopra il coprimaterasso color avorio, ranicchiandomi vicino al suo corpo. Si irrigidì, forse i momenti di tregua erano finiti. Il cuore iniziò a batterm forte, non volevo se ne andasse. 
Appoggiai la testa sul suo petto: mi era mancato sentire quel suono. 
"Non fraintendermi Renesmee. Solo che se mi stai così vicina non riesco a smetterla." 
Lo fissai accigliata. Smetterla cosa? Borbottai qualcosa, continuando ad ascoltare il suo cuore. Mi spinse al mio posto e lo guardai risentita. 
"Ti avevo chiesto la notte." Ringhiai, scoperchiando i denti offesa. 
"Lo so." Sghignazzò, abbracciando il cuscino. 
"Ogni fibra del mio corpo, predatore, maschio, alfa, uomo vuole averti ancora. Sei già nuda, se mi stai così addosso non riesco a smettere." Sghignazzò, sapendo che se avesse detto subito questo non mi sarei innervosita. Ma lui voleva farmi innervosire. Così decisi, per ripicca, o forse no, che avrei continuato a stargli addosso. 
Vedere la sua erezione gonfiarsi mi riempì d' orgoglio. 
"Allora non ero la sola a sentirne la mancanza." Mugugnai, accarezzandogli i peli morbidi sotto l' ombelico. 
"No." Ridacchiò, afferrandomi la mano. "Mi stai tormentando." Un sorriso esasperato gli riempì le labbra. 
"Allora metti fine alla tortura." Sorrisi innocente, quando sapevo benissimo che lo stavo provocando. Vittoriosa, mi ritrovai a cavalcioni sopra di lui, rotolammo e mi ritrovai di nuovo nel nostro vortice di passione. 
Nessuno dei due si accorse del momento esatto in cui sfiniti eravamo crollati abbracciati, i corpi ancora avvinghiati. 
Durante la notte rivivetti in sogno la serata con Jake, stavamo facendo l' amore ma lui si arrabbiava e se ne andava. Mi svegliai di soprassalto, tirandomi su a sedere. Jacob aveva le labbra socchiuse e dormiva profondamente. Ora potevo dirglielo. "Ti amo Jake." Misi una mano tra i suoi capelli, accarezzandoli. Restai a guardarlo per ore, fino all' alba. Chiedendomi cosa sarebbe successo, quando l' avrei rivisto? Qualcuno ululò, nel bosco. Sicuramente erano i lupi che cercavano il proprio alfa. Jacob si rigirò nel sonno, borbottando. Sentiva che lo chiamavano? 
Certo che sì, avevo qualche dubbio sul fatto che il suo sonno fosse davvero riposante. Come si dice: dormire ad occhi aperti? Ecco, questo rendeva l'idea.
Deglutii, preparandomi a salutarlo. Ma non volevo. Si rigirò nuovamente, spalancando gli occhi. 
"Buongiorno." Mugugnò, fissandomi. 
"Giorno." Sorrisi, passandogli dell' acqua. 
Si portò il bicchiere alle labbra, scrutandomi indeciso, tracannò l'acqua tutto d' un sorso e si alzò.
"Vestiti Ness. Devo andare." Raccolse da terra i suoi pantaloni. Lasciai cadere a terra la vestaglia, avvicinandomi a lui. Il fuoco danzava nei suoi occhi, era arrabbiato o mi desiderava? Forse erano entrambe le cose. 
Mi attirò a sè, baciandomi con passione. 
"Ti ho dato la notte, come mi hai chiesto. Ci vediamo Renesmee." 
Rimasi a guardarlo scendere le scale, mentre mi lasciava indietro. Con i ricordi di qualcosa di bellissimo e allo stesso tempo effimero. 
"Jacob!" Urlai, mentre la disperazione si faceva spazio nella mia mente. Ero rimasta senza di lui per una settimana, quando altro tempo ancora avrei dovuto aspettare?  
Mi affacciai alla finestra, i suoi pantaloni erano per terra, vicino la scalinata. Capii che il lupo si era allontanato. Cercai di sistemare le stanze in velocità, mentre asciugavo le lacrime dal mio viso. Pulii il bagno, ripondendo i sali al suo posto. Mi presi un attimo per me stessa, ranicchiandomi a terra. La verità era che gli aveov chiesto la notte con la speranza che anche lui ne avesse abbastanza della separazione forzata a cui mi aveva costretto nell' ultima settimana. Mi ero di gran lunga sbagliata.
Dovevo passare da Leah Clearwater, razione di sangue quotidiana. Cercai di darni una sistemata veloce. Il che implicava raccogliere i capelli e trovare qualcosa da indossare, che fosse più adatto di una vestaglia, certo. Scesi ai piani inferiori, dentro l' armadio in cui avevo trovato la vestaglia, c'era qualcosa. Pantaloni neri e una maglietta bianca. Infilai tutto e uscii fuori. Lasciai le chiavi sulla porta, zia Alice aveva chiamato per dirmi che Naomi e John sarebbero passati a pulire. Quindi aveva assunto qualcuno per tenere il suo prezioso castello, il più perfetto possibile.
 
La pancia di Leah nell' ultima settimana era cresciuta parecchio. Dubitavo riuscisse a vedersi le punte dei piedi. E, in effetti avevo ragione. Ad aprirmi era stato Demetri, aveva gli occhi color pece e le occhiaie livide. "Va a nutrirti. Penso io a Leah." E così feci, mio nonno ci infilò l' ago per la trasfusione e mi sdraiai sul letto vicino al suo. Gli aghi non mi piacevano, nemmeno stare lì mi piaceva più di tanto, avevo almeno un milione di posti dove avrei preferito essere. Ma, ero stata io ad offrirmi, perciò non potevo davvero lamentarmi. Nonno Carlisle andò nel suo studio, Leah si mise sul fianco cingendosi il pancione con un braccio. 
"Allora, come vanno le cose con Jake?" Sogghignò, alzando le sopracciglia. Per tutta risposta io alzai gli occhi al soffitto e sospirai. Mi faceva quella domanda tutti i giorni. 
"Come sempre." Borbottai infastidita, guardando i granelli di intonaco che iniziavano a scrostarsi dal soffitto. 
Leah non sembrò convinta. Scoppiò a ridere, questo mi infastidì ancora di più. 
"Beh?! Ora che c'è?" Sibilai, prendendo un bicchiere di acqua dal tavolino. 
"Niente. Come sempre." Sottolineò con voce saccente. 
La squadrai, ma decisi di tenere tutta la mia acidità per me. 
"Jake si è trasformato stamattina." 
Sì e allora? 
La invitai a continuare dato che sembrava morire dalla voglia di farlo. 
"Seth mi ha detto tutto! Bella notte impegnativa! Ti è piaciuta? A Jake si e tanto!" Sghignazzò trattenendo le lacrime, calmati Nessie. Non saltarle al collo è colpa degli ormoni. Era ciò che continuavo a ripetermi ma questo non mi impedì di arrossire,  il carapace di un' aragosta era niente in confronto. 
Una vocina dentro la mia testa esultò: a Jake era piaciuto! 
Chiusi gli occhi cercando di ignorare i successivi commenti della beta dei Quileute.
La mia missione di crocerossina era finita per quel giorno. Diressi i miei piedi verso casa di Ginevra. Infondo ero davvero curiosa di sapere tutto riguardo al suo nuovo cavallo. Non mi avevano mai incuriosito più di tanto gli equini, ma c'era in effetti qualcosa di magico dal modo in cui vedevo Gwen parlarne. 
"È così bello. Ha il colore della terra di siena. Del tramonto riflesso sul lago. E i suoi occhi. Oh Renesmee, i suoi occhi!" Sospirò gioiosa come non l' avevo mai vista. Stavamo camminando attraverso i sentieri del bosco, dietro casa sua. "Mi piacerebbe tu lo potessi vedere." Disse con tutta onestà, i suoi occhi lucidi e color dell' oceano brillavano. Vedevo le onde infrangersi vicino le pupille, come se fossero scogli. 
Avrei voluto anche io, davvero. Ma non ero più andata a La Push dopo la sfuriata di Jacob nel bosco, non sapevo se era una cosa che potevo fare. 
"Possiamo andarci? Ho le chiavi della stalla!" Saltellò eccitata, stringendo i pugni. La vedevo così bella in quel momento che non volevo assolutamente dirle di no. Feci spallucce e le dissi che per me andava più che bene. 
Non mi aspettavo che rimettere piede nel suolo che apparteneva ai Quileute fosse tanto facile. Anzi, nella mia testa avevo immaginato quasi i miei piedi fare resistenza, opporsi totalmente al dolore che avrebbe provocato non poter dirigermi verso Jacob. Solo che, adesso non era esattamente così, avevo visto Jake la notte prima. I piedi non fecero storie, perciò li assecondai. 
C'era davvero una stalla poco lontano la casa dei Black, fuori, nel sottobosco spiccava una recinzione bianca. Lo notai muoversi attraverso il verde delle foglie, il manto sauro e splendente. Era davvero un bel animale. Sospirai, restando a distanza. Probabilmente avvertiva che ero un predatore e di sicuro non ero la benvenuta nel suo recinto. Lo fissai cauta, io e lui sembravamo capire ciò che a Ginevra ancora sfuggiva. Appartenavamo a due mondi diversi. Il cavallo nitrì scuotendo la criniera in modo altezzoso. Rimasi ferma dov' ero mentre Ginevra mi raccontava di lui. 
"Come si chiama?" Chiesi gentilmente, contagiata dalla sua allegria. "JOY" Saltellò eccitata, come se il nome fosse ovvio. Un po' lo era. Mi raccontò che non sapeva andarci, non poteva sellarlo o altro senza Jake, questo lo avrebbe fatto arrabbiare e a lei non piaceva quando si rabbuiava. Le avevo sorriso, la capivo benissimo. Nemmeno a me piaceva vederlo arrabbiato. Eppure non mi spiegavo perché fosse strettamente necessaria la presenza di Jacob. Sapeva calvalcare? Ne dubitavo, ma sicuramente sapeva gestire meglio di Ginevra un morso o un calcio, persino una caduta. 
"Renesmee… penso che io sia carina?" Il cambio di discorso mi spiazzò, così come il suo sbalzo d'umore. Pensava di non esserlo? Perché solo il pensiero mi procurava del dolore quasi fisico; se davvero lei non sapeva rispondersi per me era del tutto insopportabile. 
"Lo sei." Dissi seria, magari un giorno avrei potuto mostrarle quello che riuscivo a vedere in lei mentre la guardavo vivere la sua vita. 
"Vorrei lo pensassero anche i ragazzi." Sussurrò piano, mentre una lacrima le rigava le guance. 
Il cuore si fece piccolo, piccolo e andò a nascondersi dietro i polmoni ripensando alla notte vissuta. Me ne vergognai quasi. 
"Lo pensano." Risposi, sibilando. Se solo avessi potuto dimostrare questa teoria, la verità era che i ragazzi non vedevano ciò che io vedevo. So che Jacob stimava Gwen come persona, ma non gli avevo mai chiesto se la trovasse attraente. Probabilmente, pensai, non avevo mai ritenuto una priorità saperlo o, mi preoccupava cosa poteva rispondermi. 
"Perché dici questo Gwen?" I suoi occhi divennero tutto ad un tratto consapevole. Lo sguardo addolorato, saggio e in qualche modo devastato.
"Ho le smagliature sulla pancia. Sono rosse, come piccoli tentacoli che si arrampicano verso il mio cuore. Nessuno mi vorrà mai così." 
Non c'erano lacrime nei suoi occhi, ma avevo la netta impressione che il dolore fosse molto più acerbo e consistente rispetto alle lacrime. 
"La persona giusta è lì fuori nel mondo, ti sta aspettando. E non te la porterá via nessuno" Ne ero certa, glielo avrei ripetuto mille volte al giorno se questo l'avesse rassicurata. 
"È buffo che tu dica così. Sai l'unico ragazzo che mi tocca senza provare disgusto sembra Jacob." 
Ah ecco. Cosa voleva dirmi? Mi limitai a fissarla, confusa in un certo senso. 
"Da quanti altri ti sei lasciata conoscere oltre a lui?" Le chiesi con delicatezza. Lei scoppiò a ridere, chiedendomi se ero davvero seria. "Come puoi pensare che qualcuno abbia voluto conoscermi?" Sembrava ridere in modo isterico, si teneva la pancia con le mani e le lacrime le uscivano dagli occhi. La presi per un braccio, pregando che la smettesse di farti questo. 
"Non hai idea di quello che sei!" Ringhiai, era un suono gutturale e minaccioso. Ginevra mi fissò guardinga, come se non sapesse chi aveva davanti. 
"Sai, persino mentre non ti parlava, era con te. È venuto qui quel tuo fratello… Edward. Hanno litigato, lui e Jake. Mi sono messa in mezzo stavano per arrivare alle mani, sai!" Mi raccontò contrariata, come se fosse una cosa impensabile. Ciò che per me era impensabile era che lei si fosse messa in mezzo tra un lupo e un vampiro. Il cuore prese a battere velocissimo. 
"Non devi farlo più!" Strillai, perdendo la calma. Come aveva potuto permettere che accadesse, Jacob? Le mani mi tremavano e avevo una grossa voglia di staccare delle teste. 
Le girai intorno, per verificare che fosse tutto al posto giusto. 
"Renesmee sto bene, sono solo due ragazzi! Mi guardi come se mi fossi messa in mezzo alla morte con la falce e ad Ade!" Sghignazzò divertita, non aveva idea di quanto ci era andata vicina. Il mio umore era definitivamente decollato per Honolulu. 
 
Avere un' amicizia con Ginevra poteva costarle la vita? 
Probabilmente si. Iniziaii a riflettere sul da farsi, mentre lei mi raccontava che aveva fatto richiesta per entrare alla Juliard, lontana da Forks, però. Mi riscossi dai miei pensieri. "Ci devi andare!" Sorrisi, cercando di rassicurarla. La verità è che la volevo proteggere. "Ma non posso Nessie, ora ho Joy a cui badare!" Ridacchiò felice, accarezzandogli il muso. 
Maledizione a Jacob e al suo cavallo! 
Sarei stata capace di mangiarlo per farla andare via? Probabilmente no. Dannazione! Dannazione! 
"Jacob mi ha fatto il più bel regalo della mia vita." Sussurrò piano, quasi tra sé e sè. Sembrava essergli estremamente legata e una parte di me si chiedeva quanto e in che modo. 
"Lui ti piace vero?" Lo dissi a bassa voce, ma una parte di me conosceva già la risposta. 
"Assolutamente no!" Sorrise, disgustata. Le fissai gli occhi, erano seri e sembravano sinceri.
Era innamorata di lui? Decisi di non volerlo sapere. Non avevo idea di come comportarmi o come sentirmi a riguardo. Non mi importava. Jake era mio, io ero sua e Ginevra avrebbe trovato qualcuno. Ne ero certa. 
Vigliacca. La vocina nella mia testa protestò facendosi sentire, forse ero codarda nel appellarmi all' imprinting e alla certezza che fosse mio e non potesse essere di nessun' altra. Allo stesso tempo immaginavo Ginevra, sperare che Jacob le rivolgesse altri tipi di attenzione. La gelosia si impossessò del mio corpo e prima ancora che Ginevra se ne accorse, sparii nel fitto della foresta a rotta di collo prima di perdere la calma. 
Crollai per terra, in preda alla rabbia, all' angoscia e all' insicurezza. Che potevo fare? Dei passi si avvicinavano, alzai il volto: era Gwen.
"Stai bene, Nessie? Non voglio mentirti. Jacob è bellissimo. Ma io sono tua amica, ti sono leale. Non ho alcuna intenzione di mettermi tra di voi o anche solo di pensarci." Borbottò, sedendosi accanto a me. Decisi di crederle, potevo fidarmi di lei. "Lo so, non lo faresti mai." Mormorai, sorridendole, cercando di scacciare la vocina infida che continuava a ripetermi di mangiarla. Non volevo mangiarla, io le volevo bene. 
 
 
 
 
ANGOLO AUTORE:

Ciao ragazzi, capitolo breve ma intenso. Ci ho messo na vita a pubblicare ma se ancora ci siete, battete un colpo per me. Grazie! 
Lisa XOXO

 

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