Di fili rossi e sguardi luccicanti – NaLu Week 2016

di Arya Tata Montrose
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Day One – Longing ***
Capitolo 2: *** Day Two ***
Capitolo 3: *** Day Three ***
Capitolo 4: *** Day four ***
Capitolo 5: *** Day Five ***
Capitolo 6: *** Day Six ***
Capitolo 7: *** Day Seven – E.N.D. ***



Capitolo 1
*** Day One – Longing ***


 




Day One – Longing
Di brame e fili



 
C’era stato un momento in cui Lucy, dopo settimane di completa apatia, era caduta in ginocchio, schiacciata dal peso dei pensieri che per fin troppo tempo aveva ignorato. Nella sua casa a Magnolia, si era inginocchiata reggendosi la testa tra le mani, con le dita tra i fili biondi ormai liberi dal fiocco che li tenevano legati. E aveva pianto, Lucy. Pianto, urlato. Si era dimenata così tanto da perdere la voce e da sentire le guance bruciare ora che le lacrime non scendevano più ed avevano cominciato ad asciugare. Aveva pianto e urlato fino a che fu incapace di parlare, tanto era grande il groppo che le si era formato in mezzo alla gola. Si era rannicchiata su se stessa e si era stesa ai piedi del letto, ancora scossa dai singhiozzi. Si era poi addormentata, sfinita, con ancora i solchi roventi che le lacrime avevano percorso. 
 
Il giorno dopo si era svegliata tardi ed era mancata al lavoro. Non le importò molto; poteva anche andare al diavolo, quel buono a nulla del suo capo.  Si alzò e camminò decisa fino al bagno. Lo specchio le restituì un’immagine di sé che non vedeva da molto, molto tempo: i suoi occhi non erano più tristi e le sue labbra riuscirono perfino ad incurvarsi quel tanto che bastava ad accennare un sorriso sincero; il primo che le aveva colorato il viso dopo Tartaros – da qualche parte aveva letto che il Tartaro era il baratro peggiore dell’oltretomba, e non aveva potuto altro che dare ragione a quell’autore.
 
Il pianto di quella notte era stato tante cose: era stato straziante, perché ogni lacrima le aveva ricordato un compagno da cui si era separata, ogni sofferenza vissuta in quel maledetto castello, i sacrifici che altri avevano fatto per salvare lei. Era stato avvilente, perché si era sentita come il più infimo degli insetti, buona solo a piangere, troppo debole per compiere un passo avanti e lasciare Magnolia fino a che non fosse stata pronta a tornare, fino a che non fosse stato il momento. Era stato triste, perché in quel momento era sola, Natsu non c’era ad abbracciarla e ad asciugarle le lacrime, non c’era Levy a rallegrarla, non c’era Gray che la rassicurava, non c’era Erza a far di tutto perché si sentisse meglio – le erano mancati perfino i suoi metodi tutt’altro che ortodossi per aiutarla a stare bene. Era stato liberatorio, sì, perché aveva pianto tutta la disperazione, il dolore e la sofferenza che in quelle settimane aveva covato e tenute nascoste, represse e le aveva lasciate crescere, aveva lasciato che divenissero così pesanti da impedirle di alzare lo sguardo verso il futuro. 
Era libera di camminare avanti, libera di trovarsi un nuovo obbiettivo. Così in quattro e quattr’otto aveva fatto le valigie, si era cambiata e si era fatta una doccia. Poi era uscita e, date le dimissioni da quel babbeo da cui lavorava, si era incamminata fuori Magnolia.
 
Arrivò a Crocus la settimana dopo con una determinazione rinnovata e un nuovo obbiettivo davanti agli occhi; un fuoco di nuovo vivo le ardeva in petto e si rifletteva negli occhi color miele: voleva trovarli, voleva trovare tutti loro e riunire la Gilda al più presto possibile e ci sarebbe riuscita!
Giusto il giorno prima aveva contattato una sua vecchia conoscenza ridicolmente adatta per il nuovo obbiettivo che si era prefissata: Jason le aveva trovato un lavoro come sua assistente, e lavorare per Sorcerer era la cosa migliore che potesse capitarle per reperire informazioni. 
 
Dopo qualche mese aveva già riempito un’intera bacheca sugli spostamenti di tutti i suoi compagni, ognuno distinto da un diverso colore del filo di lana che collegava ogni notizia. L’enorme mappa di Fiore che aveva acquistato era oramai ricoperta di chiodi, puntine, articoli, foto e fili di ogni colore che aveva trovato. Solamente uno, il filo rosso, era rimasto in un unico punto: Magnolia. Da quel giorno di un anno prima, non aveva più saputo nulla di Natsu: né un avvistamento, n’è un disastro – strano – o qualsiasi altra cosa riconducibile a lui. Solo la lettera che le aveva lasciato il giorno in cui era partito e che teneva ancora sul comodino accanto a sé.
Lucy aveva iniziato quella ricerca con l’unico obbiettivo di riunire la Gilda, la sua famiglia, ma piano piano, giorno dopo giorno, il suo scopo era diventato sempre più sfocato, si era concentrato su quell’unico punto fisso: voleva ritrovare Natsu, voleva vederlo, parlargli, rimproverarlo e sentirlo ridere. 
Lucy non aveva mai capito quando esattamente aveva realizzato che il suo obbiettivo si era trasformato in quel desiderio tanto forte da divenire brama, ma una cosa era sicura di saperla: c’era un motivo assolutamente plausibile e che aveva accettato da tempo, ormai, che la guidava alla ricerca di ogni articolo che potesse contenere anche solo un minimo indizio su di lui.
Lucy amava Natsu e bramava di rivederlo, di risentire la sua voce, di sentirsi a casa.


[821 words]

Angolino autrice
Questa volta forse sarò breve.
Non so che cosa possa venirne fuori e vi prego non mi linciate se i personaggi diventano OOC, è forse la terza volta che scrivo di loro e se vanno troppo fuori dal canonico vi prego di farmelo notare, così da poter migliorare. Il titolo invece fa schifo e basta, se avete idee migliori sono tutta orecchi.
Ringrazio Mary Linely, a cui dedico tutta la raccolta, per avermi proposto la Week, per avermi sempre incoraggiata e aiutata e NanaLuna, che ha betato la storia a quest'ora indecente (sei una santa, ricordalo)
Un grazie speciale a tutti voi che avete letto fino a qui e che sprecherete due minuti del vostro tempo a dirmi che cosa ne pensate. 

A domani (si spera),
Tata

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Capitolo 2
*** Day Two ***


 




Day Two – Reunion
Di sensazioni e casini



 
Quella mattina, Lucy si era molto allegra. Si era lavata, vestita e truccata con un sorriso che di mattina raramente aveva, negli ultimi tempi – perché sognava Fairy Tail di nuovo unita e da quel sogno era difficile svegliarsi ogni giorno.
«Farò del mio meglio anche oggi!» si disse prima di uscire.
 
Raggiunse Jason un po’ trafelata e si scusò per il ritardo e si fece aggiornare sullo scontro che entro breve avrebbe avuto inizio. Scrisse velocemente tutto quello che accadeva e di come Crixak aveva sconfitto Berrick.
 
Tornò a casa un po’ sconsolata dall’ultimo dialogo avuto con il suo capo: avevano parlato di come nessuna delle gilde che avevano dato spettacolo l’anno prima ai Dai Matou Enbu. Dopo essersi fatta un bagno più o meno rilassante, Lucy volle andare a controllare la parete che oramai usava come mappa per gli spostamenti dei suoi compagni. Quel filo rosso non accennava a muoversi da Magnolia.
Osservò con occhi tristi ognuno di quei fili colorati che rappresentavano i suoi compagni di Fairy Tail, la sua nuova famiglia.
Un pensiero la balenò nella mente, più cupo che mai: se anche si fossero riuniti, che cosa avrebbero fatto, poi?
Non lo sapeva, non sapeva nulla. Voleva solamente rivederli, rivedere quei visi sorridenti, rivedere i suoi amici; voleva rivedere Natsu.
Lui avrebbe sicuramente detto che poi avrebbero rifondato Fairy Tail, che sarebbero stati tutti insieme e che avrebbero ripreso là da dove si erano interrotti un anno prima.
 
Prese in braccio Plue e lo tenne sollevato innanzi a sé.  «Che cosa faremo, poi?» chiese, più a sé stessa che allo spirito del Canis Minor. «Pun, pun!» rispose infatti quello.
Lucy sospirò, sconsolata, poi, messasi il pigiama, si abbandonò alle morbide spire del letto, addormentandosi quasi immediatamente.
 
Il giorno dopo si svegliò con una strana energia in corpo. Si sentiva che sarebbe successo qualcosa di epico, quel giorno, qualcosa che avrebbe ricordato per sempre – come il giorno ad Hargeon, il giorno in cui aveva conosciuto Natsu.
 
Quello sarebbe stato l’ultimo giorno dei Giochi e si sarebbe decretato il vincitore. Lucy osservava le due squadre in campo con occhio annoiato. Analizzandoli velocemente, era chiaro come il sole che Skull Millione avrebbe vinto senza nemmeno impegnarsi troppo. La sensazione che aveva percepito quella mattina, in ogni caso, rimaneva lì, come un costante monito a prestare attenzione. Sarebbe successo qualcosa a breve, se lo sentiva, e non si trattava affatto dell’effettiva, rapida vittoria schiacciante conseguita da Skull Millione.
Era come un nodo fantasma alla bocca dello stomaco, un pungolo nel cervello, che la metteva a disagio. Era la stessa sensazione che provò nel suo primo combattimento da maga di Fairy Tail, quello contro il conte di Ebaloo: era un misto di eccitazione per l’imminente battaglia, adrenalina e timore di poter deludere qualcuno – sé stessa, Natsu. Lucy aveva anche paura perché questa sensazione l’aveva già provata tante volte, subito prima che qualcosa di grande succedesse: appena aveva visto cosa Phantom Lord aveva fatto alla loro Gilda, quando stava per essere prigioniera di Bora, ad Hargeon, e perfino prima dello scontro con Angel, dove aveva vinto due chiavi d’oro.
Scosse la testa: non era il momento e sicuramente non sarebbe mai stata in grado di capire che cosa volesse dirle quella sensazione, sapeva solo che la stava mettendo in guardia. Tornò quindi a concentrarsi sullo scontro. Sì, quell’anno erano forti ma se ci fosse stata in gioco anche una sola delle Gilde che avevano partecipato ai precedenti giochi sarebbero stati stracciati in men che non si dica. Perfino lei si riteneva molto più forte di tutti loro messi insieme.
 
«Sigh. Anche se sono forti, non posso credere che gente come loro sia la Gilda numero uno di Fiore.» sospirò, un po’ sconsolata.
A quel punto, la voce del commentatore si fece sorpresa, annunciando che uno sconosciuto era entrato nell’arena e Lucy avvertì di nuovo la strana sensazione di quella mattina, più forte ed intensa: il momento era arrivato. Portò istintivamente una mano alla coscia dove teneva legate le sue chiavi trovando però il vuoto: da qualche tempo aveva preso a tenerle nella borsa, non le servivano più come prima. Le portava addosso solamente nei pomeriggi in cui usciva dalla città e si addentrava un po’ nel bosco per allenarsi.
 
«Ha un enorme potere magico!» urlò. «Tutti fuori di qui!» ordinò ancora. Prima che nessuno potesse fare alcunché, però, vennero tutti investiti da un’ondata di vapore caldissimo proveniente dall’intruso con il mantello nero. Si era dichiarato uno sfidante, poi aveva attaccato Skull Millione. Lucy sentì la sensazione farsi ancora più intensa ed un presentimento la colse: no, non poteva certo essere lui.
 
«Radunate tutti i maghi che possono combatterlo!» urlò ancora la ragazza, reggendosi al parapetto. Con quel caldo faceva davvero fatica a respirare e, appena si riuscì a reggere in piedi, una nuova ondata di calore la travolse, così forte da scioglierle i vestiti e di nuovo quella sensazione si fece avanti. Avvertì anche un altro tipo di calore, che non aveva nulla a che fare con quello che stava mettendo in ginocchio la quasi totalità del pubblico. No, quello le riscaldava il cuore.
«Natsu!?» esclamò, felice e sorpresa al tempo stesso, guardando il ragazzo con occhi spalancati. Non poteva crederci. Dopo tutto quel tempo in cui quel filo era rimasto a Magnolia, non poteva essersi ricongiunto al suo, non nella realtà. Lucy, per un attimo, credette di star sognando. La non più tanto irritante vocina di Happy invece era di tutt’altro parere: «Da quanto tempo, Lucy!»
«Happy!»
 
Il gatto le spiegò che Natsu aveva voluto vedere ad ogni costo chi fossero i nuovi campioni di fiore. Lucy sorrise: lo sapeva come era fatto Natsu: se si metteva in testa qualcosa, crollasse il mondo, lui doveva portarla a termine. Poi la ragazza riportò lo sguardo sul campo di battaglia, vedendo a terra i corpi svenuti della Gilda vincitrice.
Happy, non visto, si portò le zampe alla bocca, per soffocare un risolino. Certo, Natsu voleva vedere chi fossero i vincitori ma quando aveva visto un articolo di Sorcerer sui Giochi firmato da Jason e, un po’ più in piccolo, dalle lettere “L.H.”, aveva capito che c’era anche lei a Crocus e doveva assolutamente rivederla. Chi avrebbe vinto era passato in secondo piano.
 
«Sono tutto un fuoco!» Natsu era sempre più entusiasta e Lucy notò che era diventato davvero bravo: quasi si scioglieva anche il Colosseum mentre le persone avevano solamente tanto caldo.
Finalmente, il ragazzo la scorse tra gli spalti. Per un attimo, si perse ad osservare i contorni dei suo viso, i suoi occhi luminosi, il profilo del naso e delle labbra, che non gli erano mai sembrate più soffici e morbide che mai.
Poi le sorrise, del suo sorriso allegro, entusiasta. «Ehi, ne è passato di tempo, eh, Lucy?»
Lucy sorrise di rimando, felice di rivederlo, di poterlo riavere lì con sé. Non volle perdere tempo e si mise a correre verso l’ingresso al campo di battaglia per abbracciarlo, dargli il bentornato. Le guardie reali, però, fecero prima di lei e, senza che Natsu opponesse resistenza, lo portarono via.
«Non ti preoccupare, starà bene e sarà libero. Tu però dovresti cambiarti. O metterti addosso qualcosa.» disse Happy, prima di volare via dalla furia della ragazza.
 
 
Quando lo buttarono fuori dal palazzo, Lucy era lì, ad attenderlo. Sapeva che avrebbe dovuto spiegargli tante cose, a partire dal fatto che la Gilda non c’era più.
Si spostarono nel parco del castello dove Lucy gli spiegò quello che era successo il giorno dopo che li aveva lasciati.
Natsu all’inizio si arrabbiò. Minacciò di strappare tutti i capelli al povero Makarov e si rammaricò quando comprese che ognuno era andato per la sua strada, senza fare niente per tenere unita la Gilda.
Lucy distolse lo sguardo. «Credi davvero di avere il diritto di parlare? Tu non hai pensato alla Gilda, non hai parlato con nessuno quando hai deciso di partire.» disse.
Non hai parlato con me, non mi hai dato modo di seguirti, mi hai lasciato solo quella lettera.
 
Natsu si mostrò in difficoltà: sapeva benissimo che aveva ragione, non aveva nessuna motivazione valida per averla lasciata indietro.
Stava per scusarsi, quando Lucy lo interruppe: «Scusami, tu ed Happy avete avuto molte cose a cui pensare. Credo sia lo stesso per tutti.»
Lucy lo credeva davvero. Tutti loro avevano bisogno di un periodo di pausa in cui potersi dedicare a sé stessi, a migliorarsi, a vivere un po’.
 
Quella sera, quando portò Natsu a casa sua, Lucy ebbe l’impressione di essere tornata davvero a quando stavano a Magnolia, quando Natsu s’intrufolava in casa sua e faceva i suoi comodi, frugava tra i cassetti e le sue cose senza alcun rispetto della fantomatica privacy.
 
Lucy dovette ammettere che con i capelli lunghi Natsu stava davvero bene e le dispiacque un po’ quando le chiese di Cancer per tagliarli. Quella sera recuperarono tutti i discorsi che erano mancati loro in un anno di lontananza. Natsu fu entusiasta quando gli raccontò dell’articolo che aveva convinto Jason ad assumerla al Sorcerer e le chiese dettagli su dettagli del suo viaggio, dei suoi allenamenti. Lucy ascoltò i racconti dell’amico, della volta che aveva incontrato Gildarts e dei guai che aveva combinato nelle città dove era stato, senza mai farsi riconoscere.
«Ecco perché non ho mai trovato nulla su di te! Sapevo che era impossibile che tu non combinassi disastri!»
Natsu non seppe se sentirsi offeso o meno ma optò per una risata.
Lucy rise, felice. La sensazione di quella mattina era come scomparsa. Al suo posto, un calore immenso la rallegrava e le scaldava gli occhi e il sorriso.
 
Il soffitto di quella casa gli sembrava tremendamente vuoto e bianco, al contrario di quello della casa della ragazza a Magnolia: quello, ogni volta che lo osservava, si colorava di mille immagini e sogni, lo aiutava a pensare. Nella mente di Natsu, si figurò un ricordo di poco prima, quando stavano ridendo e scherzando: gli era mancato tutto quello, gli era mancata Lucy e la sua voce. Gli era mancato intrufolarsi nella sua casa e nel suo letto e dormire insieme a lei, per farsi cacciare fuori a calci appena si fosse svegliata.
«Happy?»
«Aye?»
«La Gilda non c’è davvero più?»
«Non posso crederci.»
Natsu si sollevò seduto sul divano. «C’è solo una cosa da fare! Scarabocchiare sulla faccia di Lucy mentre dorme!»
Era bella mentre dormiva e Natsu a volte lo faceva: proponeva ad Happy uno scherzo da farle e poi rimaneva lì, imbambolato ad guardarla dormire,  ascoltandola respirare piano. Happy ogni volta, senza farsi sentire, se ne tornava a dormire.
Stavano per raggiungerla, silenziosi e con passo felpato. Happy si preparò a tornarsene nel suo bel cuscino morbido quando Natsu ebbe un sussulto: con la coda dell’occhio aveva scorto qualcosa che occupava tutta la parete. Si voltò e per poco credette che fosse solo uno scherzo del buio. Ma lui ci vedeva benissimo: era un’enorme mappa di Fiore tappezzata di fili di ogni colore che si spostavano per il continente. Intorno, vi erano articoli dietro articoli e nomi con date.
Si chiese cosa fosse, perché Lucy stesse facendo una cosa del genere. Poi realizzò: erano i luoghi dove si trovavano i loro compagni, lei li stava cercando.
Un punto in particolare catturò la sua attenzione: era un chiodo fisso sulla città di Magnolia, con annodato un filo rosso che pendeva; sopra, il suo some e la foto di lui che reggeva la corona del re. Natsu prese quel filo tra le dita e rivolse uno sguardo a Lucy, poi uscì così com’era, con i soli calzoni rattoppati: quello che doveva fare era troppo importante.
 
Lucy, quella mattina, si svegliò con Natsu accanto a sé e sorrise: quante volte era successo a Magnolia? Non volle disturbarlo, le faceva troppo piacere riaverlo lì con sé, e si alzò per andare a farsi una bella doccia rinfrescante – anche dopo un anno, dormire con lui le faceva sempre lo stesso effetto.
Fu quando tornò in camera che lo notò: il filo rosso ora collegava Magnolia a Crocus e poi di nuovo Crocus a Magnolia, questa volta seguito da un filo rosa. Sorrise, anche se non capiva cosa diamine significasse. Si vestì e poi tornò a guardare la mappa di Fiore e ancora una volta si chiese cosa mai volesse dire.
L’occhio le cadde fuori dalla finestra, verso la strada gremita di guardie. «Che diavolo ci fa l’esercito fuori casa mia all’alba?» urlò.
«Cavolo, ci hanno già scovati?» fece Natsu. Chissà perché sospettava ci fosse il loro zampino.
Natsu la afferrò per un polso e poi le fece passare una mano dietro la schiena e una dietro le ginocchia, prendendosela in braccio. Sfondò la parete e si catapultò in strada, correndo come una scheggia.
«Come mai sono finita nei tuoi loschi affari?» strillò. «Mettimi giù!»
Natsu la lasciò a terra e ripresero subito a correre, con le guardie quasi alle costole.
«Che hai combinato, Natsu?» chiese al ragazzo.
Si voltò a guardarla con una faccia più stupida che colpevole. «Ho dato un segnale per riunire Fairy Tail nel posto in cui avrà più risalto! Se si deve far qualcosa, bisogna farla alla grande!»
«È l’ultima delle mie preoccupazioni!» urlò la ragazza anche se era assolutamente falso: voleva più di qualsiasi altra cosa ritrovare la sua famiglia ed ora che lui era lì con lei sapeva di potercela fare.
«Possiamo farlo se ci crediamo!» le urlò di rimando, voltandosi verso di lei per sorriderle.  «Riuniremo tutti e faremo rivivere la Gilda!»
Il suo sorriso le infuse sicurezza e calore come ogni volta che lo vedeva. Gli ricordò tanto la prima volta che l’aveva sentito, quel sorriso, quando stavano fuggendo dalle guardie reali, ad Hargeon.
 
«Andiamo!»
Quella volta stavano correndo verso un inizio.
 
«Sì!»
 
Ora lo stavano facendo ancora, stavano correndo verso una nuova avventura e verso un nuovo inizio.
 
 

Angolo autrice
E anche oggi sono in ritardo, te pareva. Per questo Day ho preso i capitoli 418 e 419 da ispirazione e ho provato ad aggiungerci un po' di introspezione, ecco. Spero di non aver fatto troppi errori e casini, non l'ho nemmeno fatto betare. Questa sera forse arrivo con il terzo capitolo, boh. 
Un grazie speciale a chi ha letto, a chi ha recensito e a chi ha apprezzato il primo capitolo, mi fate davvero felice!

A presto, spero
Tata

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Capitolo 3
*** Day Three ***


 




Day Three – Admiration
Di stelle e pensieri



 
 Lucy sapeva di provare diverse cose per Natsu, a volte anche sentimenti contrastanti
 
Sapeva di provare simpatia, per quel ragazzo sempre allegro. Di allegria gliene trasmetteva tanta, e sapeva sempre come aiutarla a ritrovare il sorriso perso, in qualsiasi situazione – che fosse una guerra tra Gilde o la perdita di un caro amico. Con quel sorriso era capace di far tornare il sole là dove voleva scendere solo pioggia.
 
Sapeva di detestare alcuni dei suoi atteggiamenti, come l’intrufolarsi in casa sua in piena notte e mettersi a dormire con lei. Come la tendenza del Fato a far sì che in un modo o nell’altro lui venisse a contatto con il suo prosperoso seno. Come il suo coinvolgerla perennemente nelle sue follie.
 
Plue si sistemò più comodo accanto a lei e la ragazza lo strinse a sé, come uno dei teneri peluche che teneva a casa sua. Lucy osservò il cielo e nella sua mente linee e linee si delineavano a congiungere le stelle nelle varie costellazioni. Quella notte, Scorpio faceva bella mostra di sé nel cielo scuro e puntellato di altri Spiriti.
 
La ragazza si girò un po’ nel sacco a pelo, sistemandosi comodamente sdraiata su un fianco. Lo sguardo cadde sulla figura addormentata del ragazzo accanto a lei. Si erano appena sistemati e lui già dormiva, che tipo!
 
Lucy lo osservò bene, facendo sì che, di lui, i suoi occhi non perdessero un centimetro: dormiva scomposto, con la bocca aperta, e russava un poco. Lucy, a questo dettaglio, aveva imparato a non far più caso; forse era per quello che aveva anche smesso di accorgersi quando il ragazzo si infilava nel suo letto. 
 
Lucy sapeva bene che lo trovava davvero bello, Natsu, e che in fondo le piaceva accoccolarsi a lui quando le s'intrufolava accanto. Da quando aveva preso a farlo, gli incubi non le facevano più paura. Una volta, quando ne aveva avuto uno che l'aveva fatta urlare e agitare. Natsu, allora, l'aveva svegliata e l'aveva abbracciata. E lei si era calmata all'istante, udendo il caldo sussurro del ragazzo insinuarsi dalle orecchie al cervello, e poi a scaldarle il cuore. 
 
Sì, una delle ultime cose che Lucy aveva capito, era di amarlo. Oramai aveva accettato anche quello. Se ne era accorta in quell'anno, mano a mano che ripensava a tutti quei momenti che avrebbero dovuto darle fastidio; e che in fondo, mentre li viveva, era felice. Felice che Natsu le si intrufolasse in casa, che prendesse missioni apposta per lei, che ridesse di uno scherzo che le aveva fatto, che la abbracciasse mentre dormivano vicini. 
 
Ora, dovette ammettere Lucy, così, nei sacchi a pelo nel loro piccolo campo a pochi chilometri da Crocus, aveva davvero voglia di infilarsi accanto a Natsu, di farsi abbracciare e dormire insieme. 
Lucy scosse la testa, lei non era tipo da fare una cosa del genere. Per questo sperò che fosse Natsu a farlo. 
 
Lucy, però, oltre ad amarlo, provava anche qualcosa da molto più tempo. Qualcosa che per molti versi poteva definire simile all'amore, anche se più fragile, più vulnerabile agli urti: l'ammirazione. 
Lucy ammirava Natsu da quello che era stato l'episodio che aveva portato a rendere la sua vita meravigliosa. Quando aveva sconfitto Bora, quel sentimento era andato a nascere in lei e a farsi sempre più potente ogni giorno che passava. Lucy, in quell'anno, aveva realizzato tante cose, perfino che la sua ammirazione per Natsu non si limitava alla sua determinazione, al senso della famiglia che nutriva verso Fairy Tail, alla sua forza, alla sua allegria e alla sua gentilezza. Lucy si era accorta di ammirarne anche gli aspetti che fino a quel momento credeva di detestare: la sua irascibilità, che trovava quasi tenera perché si scatenava sempre quando gli si toccava anche solo con un dito una parte della sua famiglia, il suo disordine cronico, il suo essere spavaldo e la sua brama di essere sempre il migliore. Ammirava tutte queste cose perché, alla fine, lo rendevano lui, lo rendevano Natsu. 
 
Interruppe un attimo i suoi pensieri e si perse a guardarlo. Una volta le avevano detto che avrebbe potuto trovarsi di meglio, una come lei, ma a Lucy non importava perché era stata fortunata: aveva trovato il meglio del meglio perché si era innamorata della persona che più ammirava in tutto il mondo. 
 
[723 words]

Angolo autrice
Buona sera! Eccoci qui a quest'ora indecente per essere anche solo di un minimo meno in ritardo sui prompt. 
Arrivo con questo Day un po' particolare, visto dagli occhi di Lucy (e non escludo che in futuro potrei riprenderlo con Natsu) qualche ora dopo la loro fuga da Crocus: qui si sono accampati per la notte e Lucy invece di dormire pensa. Sì, è un po' una scemata ma mi è parso carino e la Nana ha approvato, quindi se facesse schifo è colpa sua <3
E niente, sono le due e mezza, è tardissimo e torno domani col prossimo prompt. 
Ancora grazie mille a chi legge, a chi recensisce e a chi apprezza questo mio esperimento.

A presto,
Tata

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Capitolo 4
*** Day four ***


 




Day Four – Secrets
Di sbronze e ossessioni



 
Lucy sbatté il boccale con forza sul bancone, ordinandone un altro. Mirajane fu leggermente restia a servirla, ma era certa che anche ubriaca fradicia com’era non avrebbe causato troppi danni, come Natsu, Gray e Gajeel stavano facendo già da un pezzo. E poi, per una sera che anche quelle povere ragazze si ubriacavano non era certo un dramma. A meno che qualcuno avesse toccato la torta panna e fragole di Erza, ma la ragazza era talmente spaventosa che anche gli altri – ubriachi fradici o meno che fossero – avevano imparato a starle ad almeno un metro di distanza quando degustava il suo dolce preferito . Nemmeno il suo adorato Gray osava anche solo guardarla mentre aveva in mano quella torta – Gray a volte si chiedeva chi Erza amassa di più fra lui e la torta.
 
La barista riempì nuovamente il boccale di Lucy, poi tornò agli affari propri – che comprendevano simultaneamente lo scrivere a Laxus, dare consigli al fratello e a Bixlow e lo studio.
Lucy, intanto, si era scolata metà della sua birra e si era voltata verso una ridacchiante ed alquanto alticcia Levy – che sì, aveva bevuto, ma non abbastanza da perdere il controllo di sé. Levy le sorrise e Lucy si profuse nell’ennesima risata sguaiata della serata, osservando Natsu e Gray darsele di santa ragione – come al solito.
«Erza sembra la peste» commentò Levy in modo del tutto casuale. Per qualche motivo, poi, iniziò uno sproloquio sulla peste nei secoli e si stupì che anche con tutto quell’alcol nelle vene – da sola si era fatta fuori quanta tequila? Una bottiglia, uno scottino dietro l’altro? – riuscisse a ricordare tutti i paroloni scritti nei suoi pesanti tomi. Perfino Lucy, che ormai aveva perso il conto dei boccali, interveniva nel discorso, seguendola nonostante ogni tanto sparasse una biascicante cretinata.
«… peste bubbonica-» Levy fu interrotta da una sbavante Lucy che la osservava con occhi luccicanti.
«Paste e bomboloni!» esclamò la bionda. «Me ne dai uno, Levy-chan?» 
Levy la guardò, confusa: di cosa diavolo stavano parlando? E perché non trovava i suoi pasticcini? «Mira, li ho dati a te i miei pasticcini?» chiese, innocente. Poi, completamente dimentica delle paste – o quasi, perché la mattina dopo avrebbe trascinato se stessa e Gajeel in preda al post-sbornia a prendere quelle maledette paste – si girò verso il ragazzo, che intanto stava tentando di spiegare le basi della meccanica a Lily, il gatto che avevano trovato quella sera. O almeno, ci stava provando fino a che Natsu non gli si era buttato sulla schiena di peso senza apparente motivo.
«No, no! Lo devi prendere con la sfera, non saltargli addosso!» sbraitò Gray, che teneva dritto in fronte a sé lo smartphone dell’amico.
«Come no?» Natsu era veramente contrariato. «Ma non l’ho nemmeno stordito?» chiese. Dalla velocità delle risposte, pareva quasi lucido ma no, anche lui aveva bevuto parecchio, forse era quello messo peggio.
Gray scosse la testa, convinto. «No, no! Ti è saltato sulla testa» 
«Ma non pesa!»
«Grazie al cazzo, è uno Zubat!» rispose Gray, ancora. 
 
Lucy sbuffò pesantemente, osservando quel teatrino andare avanti con Gajeel che pestava Natsu, e con Gray che protestava perché non riusciva a catturare quel «dannato figlio di Deliora infame»
Levy buttò giù l’ennesimo bicchierino tutto d’un colpo. «Che c’è?» chiese ridacchiante: già quei tre erano uno spettacolo degno dei migliori cartoni animati da sobri, figuriamoci da ubriachi marci.
«Io odio quel gioco.» disse Lucy, tracannando l’ennesimo sorso.
«Ma se sei stata la prima a giocarci!» intervenne Erza. Effettivamente, era stata lei a dare corda a Natsu e a coinvolgere tutta la cricca nel mondo di Pokèmon GO – benché praticamente tutti, persino Gajeel, avessero i giochi delle versioni precedenti.
«Che dici, Lucy? Tu lo adori!» ribatté Natsu, confuso.
«Non è vero, lo odio! Ci gioco solo perché piace a te!» rispose Lucy. Levy, in quel frangente, trovò la sincerità la strada migliore da percorrere, anche se da sobria avrebbe costruito i più arditi castelli in aria per salvaguardare la versione sostenuta da Natsu. «Ha ragione, me lo dice sempre che lo odia. Non voleva farti un torto.» spiegò candidamente.
Natsu puntò il dito contro Lucy, con un espressione visibilmente scioccata: «No!»fece, prolungando oltre il limite consentito il suono della vocale.
Lucy, in quattro e quattr’otto, si era trangugiata il nuovo contenuto del boccale – che Mira aveva opportunamente pensato di sostituire con della semplice acqua, onde evitare nuovi ed ulteriori disastri – «Sì» disse solo. Questo bastò perché tutti gli occupanti della sala – deserta, oltre a loro sei. Mira era un angelo a tenere aperto solo per loro – assumessero la stessa espressione sconvolta di Natsu. Tranne Levy, lei si era addormentata in braccio a Gajeel, avendo a sua volta Lily in braccio.
«Tu stai mentendo!» fece Gray, con lo stesso tono di uno che dà una risposta sarcastica ad un idiota. Peccato che lui fosse tremendamente serio.
«Niente affatto» 
Gajeel rise, dicendole che si era ficcata in un bel guaio. Poi, dopo essersi preso un’aspirina e un po’ del rimedio anti-sbornia di Mirajane si era caricato nuovamente Levy – con tanto di gatto – in braccio e se ne era andato a casa.
Poi era stato il turno di Gray, sulle spalle di Erza che, torta in una mano, vestiti del fidanzato sull’altro braccio, si era avviata verso casa del ragazzo, dato che a Fairy Hills il poverino non poteva entrare – la padrona del dormitorio era davvero brava come ispettore – e al Fairy Tail erano rimasti solo Mirajane, Natsu e Lucy.
 
Alle tre, i toni della discussione si erano quasi del tutto spenti e per Mirajane fu davvero facile farli addormentare, cantando la versione parodiata di “Fra’ Martino” che avevano inventato proprio in quella gabbia di matti. Poi se li caricò in qualche modo sulle spalle, chiuse il locale e li portò a casa di Lucy, lì vicino. Quando fu certa che loro fossero a posto e le coperte ben rimboccate, la ragazza poté tornare a casa e, finalmente, mettersi a dormire.
 
Quando Lucy fu finalmente in grado di pensare senza che un incessante martellare la frastornasse, si rese conto della cretinata colossale che la sera prima aveva fatto: aveva spiattellato a Natsu praticamente l’unico segreto che avrebbe dovuto tacergli per il bene comune; invece, supportata da Levy – anche lei era ubriaca, non poteva mica fargliene una colpa – gli aveva detto tutto e aveva sostenuto le sue posizioni con fermezza, affermando che fosse noioso e pure un po’ stupido. Era sicura che non l’avrebbe perdonata tanto in fretta, non tanto perché non le piacesse il gioco tanto per averglielo nascosto, sorbendosi settimane di continue insistenze, partite e lotte.
«'Giorno Lucy» Natsu entrò in cucina strofinandosi gli occhi, ancora un po’ assonnato. Lucy ricambiò il saluto un po’ titubante e poi gli passò la speciale miscela che Mira aveva lasciato la sera prima assieme ad un bigliettino che spiegava come fossero tornati a casa, nel caso se lo chiedessero. 
Il ragazzo la trangugiò tutta d’un fiato e, appena si fu sentito meglio, si espresse in un sorrisone. «Usciamo a fare colazione, Lucy?» domandò.
«Volentieri!» 
«Catturiamo qualche Pokémon, mentre andiamo» 
Lucy sorrise. Forse aveva completamente dimenticato la sera precedente o forse voleva fare finta di nulla perché già aveva perdonato quella sua piccola bugia, ma Lucy pensò fosse meglio continuare a serbare quel suo piccolo, innocente segreto.
«Certo!» e sorrise di nuovo.


Angolo autrice
Innanzitutto, le scuse. Mi dispiace davvero molto per avervi fatto attendere così tanto per questo pietoso capitolo. A causa di vari problemi l'ispirazione e la voglia di scrivere erano completamente svanite e sinceramente non mi andava di propinarvi qualcosa che non mi piaceva nemmeno un po' dall'idea a come era venuto. Vi posto quindi questa nuova versione che, sebbene non mi soddisfi totalmente mi piace molto.
Volevo anche fare un mezzo appunto su questa shot: come avrete notato è una AU e sinceramente non so come sia venuta. Vorrei davvero sapere che ne pensate perchè è un mezzo esperimento.
Grazie, davvero grazie a chi non mi ha abbandonato, a chi ha aperto la storia per la prima volta, a chi ha recensito gli scorsi capitoli.
Vi saluto e spero di riuscire a tornare presto con il prossimo capitolo.
Tata

 

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Capitolo 5
*** Day Five ***


 




Day Five – Struggle
Di mancanze e abbracci



 
Lucy sorrise davanti allo schermo del pc, mentre l’immagine di Natsu si sostituiva alla schermata bianca della chat di Skype. L’immagine della cornetta era seguita dal tempo della videochiamata: un’ora e mezza. 
Chiuse il portatile e lo spostò di lato, prestando la sua attenzione sugli enormi libri di testo che la stavano preparando al suo dottorato in astronomia. Poi tornò a posare lo sguardo un po’ più lontano, verso la parete, dove aveva appeso tutte le foto dei suoi amici ed di Natsu al Fairy Tail  – soprattutto di Natsu e di loro due. Le mancavano terribilmente tutti quanti, ogni giorno, lontana da loro.
Nonostante tutti le mostrassero il proprio sostegno per i suoi studi, ogni mattina, per un solo attimo, credeva di trovarsi ancora nel suo appartamento a Magnolia dove Natsu entrava di punto in bianco senza nessun tipo di permesso, e realizzare che invece si trovava nella lontana Crocus le lasciava una punta di amaro in bocca – anche se stava coronando il suo sogno di bambina.
 Poi si alzava e sorrideva, preparandosi ad un nuovo giorno che l’avrebbe portata più vicina al suo sogno e ai suoi amici; ma il peso della mancanza restava e nulla lo poteva colmare: non le lunghe videochiamate con tutti al bar, non il costante messaggiare con Natsu (che era un po’ impedito e sbagliava metà delle parole e la faceva ridere), non Levy, la nuova amica che si era fatta lì a Crocus. 
Lucy sospirò, osservando la sua ultima foto con Natsu: erano in spiaggia e sorridevano all’obbiettivo; Lucy adorava quella foto. Forse, se solo gliel’avesse chiesto… No, si disse. Non lo poteva disturbare solo perché le mancava, non poteva essere così egoista. Si era trasferita a Crocus per poter studiare e fare  il lavoro dei suoi sogni e sarebbe tornata a casa alle prossime vacanze, l’avrebbe rivisto allora. Non poteva chiedergli di mollare tutta la caserma solo perché le mancava. Anche lui ha un lavoro, tante persone contano su di lui
Lucy distolse lo sguardo dalla foto, decisa: non gli avrebbe detto nulla, nemmeno che le mancava. Si rimise a studiare, determinata.
 
«Ohi, Luce! Non è che hai conosciuto qualcuna per la Testa di Bulloni? È insopportabile quando si lamenta di me che mi lamento che mi manchi!» Natsu borbottò davanti alla webcam prima di essere brutalmente atterrato da Gajeel. Un solo sguardo di Erza in lontananza fu capace di fermare i due e Gray che stava per unirsi alla neonata – ennesima – rissa. 
Lucy ridacchiò al vedere che in quei quattro mesi nessuno aveva cambiato le abitudini di quella banda di matti – per fortuna.
«E io ti manco?» Natsu tornò all’attacco con quella sua faccetta felice ed innocente – da ignorante, diceva Gray, e non aveva nemmeno troppo torto.
 
Lucy sussultò. Non che non si aspettasse una domanda del genere, conoscendo Natsu, ma non era preparata ad affrontarla. Dire che no, non le mancava era una menzogna troppo grossa per essere bevuta e avrebbe fatto soffrire Natsu che forse l’avrebbe presa sul serio, e avrebbe cominciato a preoccuparsi di mille cose e a fare teorie su teorie sul perché non le mancasse – non che fosse geloso, anzi, però un po’ lo sapeva di essere uno stupido e Gray gli aveva fatto venire i complessi, il mese prima.
Al contrario, dire che sì, le mancava molto, avrebbe fatto far fagotto a tutti e si sarebbe trovata mezzo Fairy Tail nell’appartamentino che condivideva con Levy, li avrebbe fatti preoccupare e si sarebbe ritrovata con il telefono intasato di messaggi – non che le dispiacesse, però poi quando avrebbe studiato?
 
Udì la notifica di un messaggio e l’anteprima le apparve sullo schermo. Lucy sorrise, sicura che l’avrebbe vista e digitò un veloce messaggio di ringraziamento.
«Certo che mi manchi, Natsu! Però sono felice di essere qui, sto realizzando il mio sogno! E poi tra un paio di mesi torno lì per tutta l’estate! Levy ha detto che viene con me, vuole vedere Magnolia.» e detto questo trascinò la ragazza al suo fianco per presentarla agli amici e al tempo stesso sussurrarle un ringraziamento per averle suggerito una risposta decente. 
Levy si presentò e dopo poco si congedò, con la scusa di tornare a studiare.
«Quella ragazza studia un po’ troppo.» borbottò Gajeel.
Lucy ridacchiò e la chiamata con il Fairy Tail si protrasse fino a mezzanotte inoltrata, quando finalmente gli amici le permisero di andare a dormire. 
«Sono felice che tu stia bene, Luce, però mi manchi davvero tanto!» ripeto Natsu.
«Anche tu. Ci sentiamo domani, allora?» mezza risposta fu mangiata da uno sbadiglio che non fece in tempo a coprire e che fece ridere il fidanzato.
«Okay, a domani»
 
Anche quella mattina Lucy si svegliò all’alba, ma al contrario del solito la punta d’amaro e il peso della mancanza non si presentarono. Lucy pensò che fosse strano ma attribuì il tutto alla chiamata della sera prima: l’aveva rallegrata infinitamente nonostante tutti i suoi amici e Natsu fossero ancora molto lontani. Passò nella stanza di Levy, non per svegliarla, dato che era sabato, ma per controllarla, dato che a volte stava sveglia tutta la notte a leggere. Quella mattina, stranamente, non dovette avvertirla dell’orario, dato che già dormiva – da quanto non se lo chiedeva, aveva paura della risposta.
Quando arrivò in salotto, Lucy sussultò. Natsu era stravaccato sul divano che dormiva beato, con tanto di sommesso russare. Lucy si sentì come se un mare di farfalle l’avesse investita e credette di star ancora sognando – troppe cose erano diverse, quella mattina, dall’assenza di quel lieve malessere che si portava dietro a Levy che dormiva. 
«Sì, sì, deve decisamente essere un sogno» borbottò Lucy. Il problema era che quel sogno era talmente bello che era indecisa se svegliarsi e risparmiarsi la caduta dal castello nelle nuvole, oppure vivere quello splendido sogno e, una volta sveglia, ritrovarsi a sospirare perché non era la realtà.
 
Scosse forte la testa, decisa a ributtarsi nel letto e a svegliarsi il prima possibile per evitarsi la dura caduta verso la realtà. Girò svelta i tacchi, pronta a tornarsene nella sua camera, quando si sentì bloccare da un abbraccio, arrivato da dietro di lei. Sgranò gli occhi. Non poteva essere luinon per davvero.



 
Angolino autrice
*si munisce di scudo per evitare i pomodori* Sì, lo so! Lo so che sono in ritardo osceno e che, alla fine, la shot non c'entra un accidenti fritto e panato con il prompt ma giuro che non sono riuscita a fare di meglio! O, per essere del tutto sincera, di meglio potevo fare ma non senza infrangere il "fioretto" che mi sono fatta per affrontare questa Week basata su E.N.D., ossia proprio di non cedere ed usare E.N.D.. Sì, sono strana, oramai credo che chi mi segue da un po' l'abbia capito. E cretina, tanto.
Eh, vabbè, cose.
Nulla, volevo solo ringraziare infinitamente chi ancora, dopo tutto questo tempo, mi segue ancora e legge questa raccolta-esperimento.
Grazie di cuore.

Tata

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Capitolo 6
*** Day Six ***


 




Day Six – Climax
Di amore a tappe



 
 
La prima volta che l’aveva visto era stato sul treno, quando l’aveva invitata a sedersi con lui, visto che non c’era altro posto e le aveva sorriso di un sorriso sincero e luminoso. Era stato gentile, le aveva presentato i suoi amici e l’aveva invitata in quel bar di scapestrati che era il Fairy Tail, quello di cui si parlava sempre e l’aveva fatta divertire. 
Quella fu anche la prima volta che sognò delle Fate.
 
*
 
Non si era nemmeno resa conto del momento in cui erano diventati amici, lei e Natsu. Forse quello stesso giorno che si sono incontrati o forse uno dei successivi pomeriggi passati a Fairy Tail, non lo sapeva. Forse era stato l’insieme delle cose; del treno che prendevano tutti i giorni, del fatto che avesse preso ad accompagnarlo lei al bar per farlo riprendere, delle ore che passavano insieme e del gatto Happy cui sembrava piacere da morire. 
Era diventata una cosa normale ridere e scherzare insieme perfino a scuola, quando si trovavano per pranzare assieme. Semplicemente, una sera aveva sorriso al messaggio di Natsu e aveva pensato che era felice di essergli amica.
 
*
Non era stato nulla di programmato, studiato o anche solo vagamente aspettato; in quel pomeriggio di mezza estate, quando con una scusa i loro amici li avevano lasciati soli, Lucy si era accorta che era contenta di essere lì con lui ma di provare anche qualcosa di più, diverso da semplice emozione. Lucy si era accorta di provare un sentimento.
Quando Natsu le aveva chiesto che cosa avesse, lei gli aveva sorriso e gli aveva detto di essere felice.
 
*
 
Non aveva ben capito il motivo ma, da qualche mattina a quella parte, Lucy si svegliava e trovava Natsu che dormiva beato nel suo letto, a pochi centimetri da lei.
All’inizio, la cosa le procurava non poco fastidio e lo sbatteva malamente giù dal letto ma, di giorno in giorno, Lucy cominciava ad apprezzare il calore che le trasmetteva ed ora, Lucy si svegliava con un sorriso e gli dava il buongiorno.
 
*
 
L’aveva deciso un giorno di quell’anno in cui erano lontani, un giorno di quell’anno in cui, di punto in bianco, aveva dovuto lasciarla sola; solo una lettera da stringere a spiegarle.
Lucy, uno di quei tanti giorni in cui il vuoto che aveva dentro l’attanagliava, aveva deciso che, appena l’avesse rivisto, gli avrebbe confessato che l’amava.
Quella voragine che aveva dentro, in quel momento, sembrò riempirsi almeno un po’.
 
*
 
Quando era tornato, Natsu era stato quasi assalito dai loro amici e al Fairy Tail era stata data una festa spettacolare, di quelle che ti ricordi per tutta la vita.
Quando l’aveva rivisto, Lucy gli era saltata al collo, abbracciandolo più stretto che poteva e gli aveva dato dell’idiota per averla mollata lì con solo una lettera. Poi aveva riso e l’aveva baciato davanti a tutti, gli aveva detto che le era mancato e l’aveva baciato di nuovo.
«Anche tu» aveva risposto Natsu e l’aveva baciata a sua volta.
 


Angolo autrice
Buonsalve! 
Eccomi tornata con questa Week, che avrei dovuto finire mesi fa ma non importa, facciamo finta di niente. 
Spero che questo day un po' a stralci, a tappe, appunto, vi sia piaciuto. Ho provato ad immaginare come sarebbe potuta essere la loro relazione in una modern, anche se ho seguito la falsariga del manga.
Graze mille a tutti coloro che continuano comuque a seguirmi e a chi ha recensito, non sapete quanto mi spronate e rallegrate.
E niente, mi eclisso e vado a pensare a qualcosa per l'ultimo Day che sicuro mi frega un altro mese.

A presto, 
Tata
 

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Capitolo 7
*** Day Seven – E.N.D. ***


 




Day Seven – E.N.D.
Di magia e offese



 
 
Ridicolo. Semplicemente ridicolo e più lo rileggeva più la sua prima impressione assumeva lo spessore di verità più assoluta. Ridicolo come i capelli rosa del suo proprietario che ora stava tentando disperatamente di liberarsi dalla stretta di Gray per raggiungerlo e riprendersi quel maledetto coso. Gajeel, intanto, continuava a non capacitarsene.
Fu così che, al suono della campanella, Levy, Lucy ed Erza li trovarono in classe: Gajeel, chino su qualcosa, strabuzzava gli occhi mentre Natsu si dimenava e Gray lo tratteneva. La cosa più strana in quello strano quadretto, a dirla tutta, era Gajeel concentrato su qualcosa e Lucy si trattenne dall’irrefrenabile desiderio di stamparsi il palmo della mano sulla fronte per la disperazione. Quand’era che tutto quello era diventato normale? Lucy non era sicura di voler conoscere la risposta. 
 
 
 
«Cosa diavolo sta succedendo qui?» Erza prese in mano la situazione col suo tono perentorio e Gray e Natsu si misero in riga come soldatini davanti al superiore. Su Gajeel, Erza aveva un po’ meno effetto ma la ragazza aveva comunque raggiunto il suo scopo: Natsu e Gray non si stavano per menare e Gray le stava snocciolando quanto le serviva.
«Gajeel ha preso il portafoglio a Natsu e ci abbiamo trovato la sua carta d’identità» disse, diligente. Ancora, però, le tre ragazze non capivano il motivo di tanto trambusto: che fosse la foto – sicuramente – orribile? Quella l’avevano già vista quando il ragazzo l’aveva sbandierata a tutta la classe, ridendo di sé stesso per quanto quella foto fosse venuta male – e la classe, con lui.
«A quanto pare, “Natsu” è il suo secondo nome.» Gajeel si affrettò a svelare l’arcano con un ghigno divertito. Decisamente troppo, si disse Levy. 
«In che senso “secondo nome”?» Lisanna entrò in classe accompagnata dalla sorella e da Bixlow che già rideva. 
Kana, invece, era sgusciata dal fondo della classe fino a raggiungere Gajeel nel più completo – e ridacchiante – dei silenzi e gli aveva sgraffignato di mano il documento. Per un attimo, tutti i presenti si posero la stessa, identica domanda: da quando Kana è una borseggiatrice?
«Non ci credo!» Squittì la ragazza, ridendo sommessamente. Sembrava già ubriaca, anche se erano le sette e quarantatré del mattino e  non aveva – ancora – toccato un goccio di alcol. «Etherious Natsu Dragneel» Kana scandì per bene ogni sillaba, trattenendosi dal ridere il più possibile. «Mai sentito niente di più ridicolo!» Scoppiò a ridere e con lei Bixlow, Gajeel, Gray, Lisanna e perfino Lucy non riuscì a trattenere un risolino, mascherato con una mano. Erza e Levy, al contrario, non ci trovarono nulla di poi tanto strano. 
Natsu, ora libero dalla stretta di Gray e dall’occhio vigile di Erza, aveva marciato fino a Kana e le aveva malamente tolto di mano la propria carta d’identità. «Bastarda!» esclamò. Diede poi un’occhiata intorno a sé e decise che la cosa migliore da fare fosse uscire di lì. Dalla finestra. Al terzo piano. 
Lucy esalò un ultimo sospiro, affacciandosi e vedendolo correre fuori dal cortile della scuola appena un attimo prima che la campanella suonasse. Perché anche questo era maledettamente normale?
 
 
 
Quando rientrò a casa, Lucy non poté dire di non aspettarselo: Natsu era stravaccato sul suo letto che giocava con Happy, un gatto dal singolare pelo blu.
«Ciao» la salutò, contento.
«Ciao» fece lei, di rimando, posando la cartella accanto alla porta.
Oramai facevano così da qualche mese: dopo scuola, o la aspettava e andavano a casa assieme, oppure lui, fresco come una rosa, come se non sapesse di star effettivamente violando una proprietà privata, entrava in casa di Lucy dalla finestra o dal primo pertugio che gli consentisse un accesso – anche se di solito usava la finestra che Lucy lasciava aperta solo per lui, nonostante non volesse sapere come facesse a salire sempre fino al terzo piano. Come pure questo fosse diventato normale, non se l’era mai chiesto.
«Arrivo tra poco, ora mi faccio la doccia» gli fece sapere, sparendo in bagno mentre lui annuiva con un sorrisone.
Venti minuti dopo, Lucy ricomparve in camera da letto per rivestirsi e trovò Natsu ancora lì, a giocare allegro col suo gatto. Gli rivolse un sorriso un po’ rassegnato: «Allora, ci mettiamo a fare i compiti?»
 
Come da programma, Natsu era distratto ed Happy che gli dormiva sulle gambe non era poi molto d’aiuto alla sua concentrazione. Lucy, però, aveva notato che era un po’ più distratto del solito. Si diede dell’ossessiva, perché sapeva bene che lei era l’unica a notare questi particolari; un filo di disattenzione in più, un sorriso in meno, una nota più bassa nella voce… erano tante le piccole cose che solo lei era in grado di notare e Natsu, vecchio volpone, lo sapeva e non faceva nulla per mascherare il suo malumore anche a lei.
«Su, qual’è il problema?» incalzò Lucy, stufa di vederlo prestare al gatto più attenzione del solito. La ragazza sapeva anche che il miglior modo di affrontare Natsu e i suoi problemi fosse l’andargli incontro di petto, direttamente.
«Lo sai. Per l’appunto. Natsu si fece un po’ evasivo, smettendo di coccolare Happy per concentrarsi sulla penna, ora apparentemente la cosa più interessante del mondo.
«No che non lo so.» Lucy incrociò le braccia al petto, con fare severo.
«Sì»
«Ripetimelo»
Natsu sbuffò, puntando lo sguardo dritto in quello di Lucy e incrociando a sua volta le braccia al petto. «La carta d’identità», disse infine.
Lucy, per qualche secondo, non trovò le parole. Davvero s’era offeso perché Kana aveva letto il suo nome?
«Anche tu trovi ridicolo il mio nome?» Ovvio che no. Natsu s’era offeso perché pensava che lei lo trovasse tale. Aveva gli occhi un po’ lucidi e l’aria da cane bastonato a cui sapeva benissimo che Lucy non era capace di resistere.
«Ma no» gli fece lei, con la voce pregna di tenerezza. Fece a gattoni il giro del basso tavolino a cui erano seduti per raggiungere il ragazzo e posargli la testa sulla sua spalla, accarezzandogli un po’ la testa. 
«Ma hai riso» protestò. In quel momento, sembrava un bambino, offeso e triste per ciò che ad altri poteva sembrare un nonnulla.
«Era per la situazione» spiegò lei. In effetti, come non ridere ad una Kana borseggiatrice, così entusiasta senza nemmeno essere ubriaca e all’ilarità generale? «Il tuo nome non è ridicolo, anzi. Levy mi ha spiegato che è un aggettivo derivato dal nome “Ethernano”, che nell’antichità era il nome della magia.» 
«Quindi non lo trovi stupido?» Natsu, di colpo, sollevò la testa dalla sua spalla, dove si stava beando dei dolci grattini di Lucy, per guardarla negli occhi con quella sua espressione da bambino felice che le piaceva tanto.
Lucy scosse la testa con un sorriso appena accennato ad illuminarle il volto. «Assolutamente no. Trovo sia stupendo»
A Natsu s'illuminarono gli occhi e tutta la strana apatia di quel pomeriggio parve scomparire come per magia. «Grazie Luce!» e l'abbracciò stretta, felice come una pasqua. 
 
 
 
[«C'era proprio bisogno di ridere?» Erza gli camminava accanto sulla strada verso casa. La sua voce tradiva più divertimento che non rimprovero.
«No, ma ho avuto la conferma di una cosa che Levy e Mira mi disseo qualche tempo fa.» il ragazzo fece spallucce, notando la fidanzata sospirare pesantemente, rassegnata. 
«E c'era bisogno che te lo dicesse Mira che quei due sono cotti l'uno dell'altra?»
«No» ammise Gray sorridente «Volevo solo capire quanto ci metteranno a fare due più due e realizzare i sentimenti dell'altro»
Erza sospirò, concordando col ragazzo: «Spero solo siano più veloci di noi»
«Non gli corre dietro nessuno»
«Vero»]
 
Angolino dell'autrice superfelice!
E, finalmente, dopo mesi, eccomi a pubblicare l'ultimo capitolo di questa raccolta! *balla*
Ecco, questa era un'idea stupida per un prompt serissimo dato che, conoscendo il manga, E.N.D. è una questione mica da ridere. E invece io ho deciso che si doveva ridere ù.ù
Quello tra le parentesi quadre è un piccolo extra che mi sono permessa di aggiungere, in quanto omaggio ad una delle mie OTP (e presto, sui Grayza vi beccherete pure una raccolta per un concorso) e, sinceramente, non mi va di toglierlo/non metterlo perchè è una coppia schifata dal fandom. Ovviamente è tutto detto in via preventiva, onde evitare spiacevoli disguidi (come diceva la mia prof di matematica alle medie) anche perchè ho notato che nessuno ha avuto da ribattere quando ho infilato un altro riferimento in un altro capitolo.
E niente, queste erano solo ciancie per chiarire un po', dato che non so che altro dire sulla storia (che è stata un po' un parto).
Spero vi sia piaciuta e ringrazio tutte le anime pie che hanno seguito questa raccolta fino alla tanto agnognata fine. Grazie davvero, voi che leggete e voi che recensite siete davvero dei tesori ❤︎

Tata

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