El secreto más grande

di Betulini2000
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** capitolo 30 ***
Capitolo 31: *** capitolo 31 ***
Capitolo 32: *** caapitolo 32 ***
Capitolo 33: *** capitolo 33 ***
Capitolo 34: *** capitolo 34 ***
Capitolo 35: *** capitolo 35 ***
Capitolo 36: *** capitolo 36 ***
Capitolo 37: *** capitolo 37 ***
Capitolo 38: *** capitolo 38 ***
Capitolo 39: *** capitolo 39 ***
Capitolo 40: *** capitolo 40 ***
Capitolo 41: *** capitolo 41 ***
Capitolo 42: *** capitolo 42 ***
Capitolo 43: *** capitolo 43 ***
Capitolo 44: *** capitolo 44 ***
Capitolo 45: *** capitolo 45 ***



Capitolo 1
*** capitolo 1 ***


Anno 1938
María aspettava impaziente il ritorno di suo marito, girando e rigirando la fede nuziale che portava al dito da oltre diciassette anni. Il tempo era volato in compagnia del suo Gonzalo ed in un batter d'occhio i loro bambini si erano trasformati in dei giovani adulti pronti per affrontare il mondo. Esperanza era diventata una ragazzina incantevole, che faceva girare la testa a tutti i giovanotti del vicinato senza neanche rendersene conto per via della sua innocenza; aveva i suoi stessi lineamenti ma il colore dei capelli e degli occhi era quello di Gonzalo. Beltrán invece somigliava sempre di più al suo vero padre: era alto, un accenno di barba gli copriva il volto ed aveva il cuore buono proprio come Bosco prima di essere manipolato dalla Montenegro. Poi c'erano i gemelli, Clara e Jorge, avevano dieci anni ma erano la perfetta copia dei genitori: Clara era identica a María e Jorge a Martín. I piccoli erano pieni di energia e non si stancavano mai di fare marachelle, ma erano la gioia della casa. Negli anni il suo amore per Gonzalo non si era attenuato, anzi, se possibile era aumentato ancora di più. Era partito per affari assieme al fratello Tristán nella terra che lo aveva visto crescere, l'Amazzonia, e sarebbe stato di ritorno in pochi minuti. Le mancava terribilmente, così come mancava ai suoi figli.


Era da tempo che Esperanza fantasticava su come sarebbe stato vivere nel suo paese natale, le sarebbe piaciuto molto crescere con i nonni, gli zii e i paesani di Puente Viejo. A dire la verità i suoi genitori non le avevano mai raccontato il vero motivo per cui si erano trasferiti, o meglio erano fuggiti, a Cuba; le avevano riferito solo che era stato a causa di una certa donna Francisca che aveva fatto molto male a tutta la famiglia ed all'intero paese. Per molto tempo questa spiegazione le era bastata, ma da qualche mese la sua mente era affollata di domande che esigevano una risposta. Suo fratello Beltrán aveva lo stesso desiderio di indagare sulle proprie origini, ma entrambi avevano paura di chiedere ai genitori il permesso di partire. Temevano che potessero prenderla come un'offesa o un modo per fuggire da loro e non volevano assolutamente deluderli. Esperanza sentì la madre che la chiamava e si precipitò in salone: suo padre era finalmente tornato a casa.

Era esausto, il viaggio era stato incredibilmente stancante. Anche se in quelle terre aveva sofferto molto, gli era piaciuto tornarci per constatare gli innumerevoli cambiamenti: il seminario in cui aveva vissuto e in cui aveva fatto la conoscenza di don Celso era stato chiuso ed al suo posto c'era un orfanotrofio ben gestito, inoltre gli indigeni non erano più sfruttati come prima. Aveva anche avuto modo di rincontrare un suo vecchio amico della foresta, colui che l'aveva portato nella sua tribù; fu grazie a quel ragazzo che Gonzalo prese la decisione di tornare a Puente Viejo, e perciò gli doveva tutto. Gli indigeni, quando era giovane, gli avevano regalato una collana che portava sempre addosso e che rappresentava il giaguaro, l'animale che rimandava al suo spirito guerriero e che sempre lo avrebbe protetto; visto che quel talismano aveva svolto molto bene la sua funzione, se ne era procurato altri per tutta la famiglia. Appena varcò la porta di casa, María gli andò incontro e lo baciò teneramente. Anche se era stato via solo per un mese, gli era mancata sua moglie e i bambini, che, pochi secondi dopo, si precipitarono addosso a lui abbracciandolo e ricoprendolo di baci. Li amava profondamente, tutti quanti, e temeva il giorno in cui se ne sarebbero andati di casa per cercare il proprio destino; sperava che quel momento fosse ancora lontano, ma in cuor suo sapeva che ormai Esperanza e Beltrán erano abbastanza grandi per fare delle scelte e vivere la propria vita. Quando si staccarono, si misero a sedere in salone e Martín uscì dalla valigia i regali che i figli aspettavano con impazienza.
"Allora, famiglia, sapete che sono andato in Amazzonia e che lì vive ancora qualche tribù di indigeni. Loro credono molto negli amuleti così,  descrivendo la vostra personalità, mi hanno riferito l'animale che vi rappresenta e mi hanno regalato dei talismani per voi"
Jorge subito affermò: "come il vostro, padre?"
"Si, esattamente come il mio, Jorge. Iniziamo con vostra madre."
María, incuriosita, guardò Gonzalo come per comunicargli che non aveva bisogno di alcun ciondolo che la proteggesse se c'era lui al suo fianco. L'amore è l'amuleto più potente.
"Moglie mia, tu sei una tigre. Ti prendi cura dei cuccioli ed hai un fascino tutto tuo."
Le porse un bracciale e la baciò. Lei sorrise e per un istante si persero una negli occhi dell'altra.
"Adesso tocca ai piccolini. Voi due siete dei leopardi, curiosi ed allegri"
Si avvicinò ai bambini e diede al maschietto una collana ed alla femminuccia un bracciale. I bambini risero felici dei loro regali.
"E poi c'è Beltrán, un vero leone. Forte e sincero"
Gli infilò al collo una collana identica alla sua. Il ragazzo ne era orgoglioso.
"Ed infine c'è l'altra principessa. Esperanza, la mia pantera. Sei coraggiosa, curiosa e ti piace il mistero"
Le fece indossare una collana con un pendente particolare: una pietra verde smeraldo con una piuma. La fanciulla rimase stupita dalla bellezza di quel gioiello, sembrava impossibile che nella foresta si potessero trovare oggetti del genere. Tutti i regali erano stupendi ma quello di Esperanza aveva qualcosa di speciale, la faceva sentire unica e le diede la forza per prendere una decisione drastica, che avrebbe cambiato la sua vita per sempre. Era una ragazza coraggiosa ed il mistero la intrigava, quindi doveva chiarire ad ogni costo i dubbi riguardo la sua famiglia. Sarebbe partita per Puente Viejo e nessuno avrebbe potuto fermarla.
 

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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


Quando comunicò la sua decisione a Beltrán, lui ebbe un attimo di esitazione. Anche il ragazzo aveva una voglia matta di visitare Puente Viejo e conoscere finalmente gli abitanti, ma aveva paura. Infondo erano solo dei ragazzini e partire da soli verso un paese di cui avevano soltanto  sentito parlare, non sarebbe stato semplice e senza rischi. E poi non voleva separarsi da Blanca, la ragazzina che corteggiava. Era un'amica di Esperanza simpatica, bella, divertente e, ora che aveva capito che il suo interesse era ricambiato, aveva deciso di presentarla ai genitori. Non erano ancora andati oltre qualche passeggiata mano nella mano, ma preferiva fare le cose per bene. Esperanza, invece, non aveva idea di cosa significasse avere una cotta per qualcuno, essere innamorati. Leggendo libri aveva appreso che il vero amore è stupendo ed allo stesso tempo doloroso, e sua madre gliene aveva dato conferma. Quella volta in cui le chiese che cosa fosse l'amore, María le rispose:
"È semplicemente quando senti di appartenere a qualcuno che appena conosci, quando un solo sguardo basta per parlare e quando il cuore batte all'impazzata anche solo sentendo il suo nome. Il vero amore è imprevedibile e richiede sacrificio, ma ne vale sempre la pena. Guarda tuo padre ed io, abbiamo sofferto tanto eppure abbiamo una famiglia meravigliosa ed una casa in cui regna la felicità"
Esperanza non sapeva quante difficoltà avessero dovuto affrontare i suoi genitori, loro non avevano raccontato tutta la storia ai figli per preservarli da tanto dolore. La ragazza desiderava tanto incontrare l'uomo della sua vita, ma ancora di più conoscere i suoi nonni, i bisnonni, Candela e tutti gli altri, proprio come il fratello che alla fine si decise ad accompagnarla nel viaggio verso la Spagna. Il problema maggiore sarebbe stato convincere Gonzalo e María.
"Non se ne parla neanche, Esperanza. Non andrete dall'altra parte del mondo da soli"
"Ma padre, non capite che ne abbiamo bisogno? È il nostro desiderio più grande"
María  prese parola.
"Sappiamo che il vostro non è un semplice capriccio ma un desiderio di lunga data, ma abbiamo buoni motivi per non darvi il permesso di partire"
"Potremmo almeno sapere quali sono?" Chiese Beltrán scoraggiato.
"Vedete, noi siamo qui a Cuba da diciassette anni e da quando siamo sbarcati sull'isola non abbiamo più visto i nostri parenti ed amici, abbiamo solo mandato occasionalmente delle lettere ai nonni e questo isolamento ha una ragione ben precisa" affermò María.
Il marito concluse dicendo: "a Puente Viejo ci credono morti."
"Non capisco, questo cosa vuol dire?" Esperanza era confusa più che mai.
"Nessuno oltre gli stretti componenti della famiglia è al corrente della nostra vita qui. Il paese crede me, vostro padre e te deceduti in strane circostanze"
"E Beltrán?"
"Credono che stia a Parigi con la zia Aurora"
"Ma perché tutta questa messa in scena?"
"Per vivere tranquilli al riparo dalle grinfie della Montenegro, quella strega di cui a volte vi abbiamo parlato. Ma adesso basta rivangare il passato, siamo tutti qui e non potranno turbare la nostra felicità"
Gonzalo e María odiavano tenere nascosta la verità ai figli, ma lo facevano per il loro bene. Credevano che dando giustificazioni campate in aria avrebbero fatto passare ai ragazzi la pazza idea di tornare in quel paesino dove la morte regna sovrana, invece non avevano fatto altro che destare la loro curiosità. Quella notte, a parte i due piccolini, nessuno in casa riuscì a conciliare il sonno, chi per la delusione di non essere riuscito nel proprio intento, chi per il rimorso di non essere un buon genitore.
"Odio dover nascondere la verità. Sono i nostri figli, María." Affermò Gonzalo. Erano distesi nel letto accoccolati e cercavano di prendere una decisione riguardo al viaggio.
"Ed io odio dover vietare loro qualcosa. In fondo sono abbastanza grandi per prendere delle decisioni, ed hanno tutto il diritto di tornare nel loro paese natale."
"Si, ma verrebbero a conoscenza di tutto il male che abbiamo subito e potrebbero subirne anche loro. Donna Francisca è ancora viva, questo non dimentichiamolo mai"
"Lo so. Non sarebbe facile per due ragazzini dover nascondere la propria identità e non cacciarsi nei guai. Tuttavia ho piena fiducia in loro, credo che con l'aiuto della famiglia potrebbero farcela"
"L'idea che la donna innominabile possa nuocere ai nostri bimbi mi terrorizza."
"Anche a me, ma hanno bisogno di crescere e fare le loro esperienze."
"Hai ragione, il momento di spiccare il volo purtroppo è arrivato troppo presto e non possiamo tarpare loro le ali"
Si guardarono negli occhi e senza parlare presero una decisione che avrebbe cambiato tutto il loro mondo. Non sarebbe stato semplice, ma Esperanza e Beltrán ne avevano bisogno per chiarirsi le idee e capire qual era davvero il loro posto.

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Capitolo 3
*** capitolo 3 ***


L’indomani erano  nuovamente tutti insieme, seduti a tavola, e per la prima volta c’era tensione tra loro. Era palese che i ragazzi non avevano la benché minima intenzione di arrendersi ed altrettanto evidente era il timore dei genitori che i figli tirassero nuovamente in ballo la questione, perché in tal caso avrebbero dovuto dare il proprio consenso. Esperanza e Beltrán si lanciavano delle occhiate furtive e questo non era certo sfuggito all’occhio attento di Gonzalo e María, i quali non si azzardavano a proferire parola. Alla fine l’insopportabile silenzio fu interrotto dall’innocente voce di Clara:
“Madre, dopo colazione Jorge ed io potremmo andare in spiaggia a giocare?”
“ma certo, tesoro. Però prima dovete finire di mangiare, nel piatto non dovrà restare neanche una briciola.” rispose la donna.
“non sarà un gran sacrificio, questi dolcetti sono una delizia. La nostra cara Lucía non ha proprio niente da invidiare ai migliori pasticceri.” Affermò Gonzalo prendendo una pasta e divorandola nell’arco di qualche secondo.
“non metto in dubbio le qualità della nostra cuoca, padre, ma credo  che ci sia qualcuno che sappia sfornare delle delizie ancora migliori di queste.”
“e chi, Esperanza? Perché non mi viene in mente nessuno nell’arco di chilometri che sia più bravo di Lucía”
“beh, forse perché si trova dall’altra parte del mondo. Non ho mai assaggiato nessun dolce cucinato da lei, ma sono certa che Candela sia una vera e propria maga con il forno. O almeno questo è ciò che ci avete raccontato” I coniugi si guardarono: il momento era arrivato.
“figlia mia, di nuovo con questa storia?”
“non voglio essere ripetitiva padre, ma si, parlo di nuovo di questo perché è il mio” prese la mano del fratello con un gesto teatrale  “il nostro desiderio più grande. Vorremmo vedere i nonni, i bisnonni, la piazza, l’emporio dei Mirañar, subirci i pettegolezzi di Dolores, sorseggiare una cioccolata calda seduti ad un tavolo della locanda, portare dei fiori sulla tomba del nonno Tristán e della nonna Pepa, passeggiare sul ponte che da’ il nome al paese, vedere la tenuta de El Jaral, la fattoria della zia Mariana, conoscere la cuginetta Juanita e dare un volto a tutti i paesani di cui ci avete parlato.”
“ed assaggiare le prelibatezze di Candela” la interruppe Beltrán.
“si, dimenticavo quello. Ma non possiamo fare tutto ciò se non ci permettete di partire per Puente Viejo. Sarebbe bellissimo sorseggiare un po’ d’acqua fresca dalla fontana e…” 
“va bene” affermarono all’unisono i genitori.
“… e chiacchierare con lo zio Matías. Come? Fratello ho sentito bene?”
“credo di si, Espe, oppure anch’io ho bisogno di farmi visitare da un dottore che ne sa molto in campo di orecchie.”
“l’udito non vi inganna. Vi abbiamo detto che va bene. Vostro padre ed io ci abbiamo riflettuto tanto ed abbiamo deciso che sarebbe ingiusto non lasciarvi andare.”
“Madre, dite sul serio? Ci lascerete partire da soli in una terra tanto lontana?”
“non sarete soli, sarete l’uno in compagnia dell’altra. E ci saranno tutti i nostri famigliari, loro vi aiuteranno in caso di difficoltà.”
“non posso crederci!! Il nostro sogno sta per realizzarsi, fratello mio!” la giovane si alzò da tavola e abbracciò il fratello, per poi letteralmente lanciarsi addosso ai genitori.
“non vi ringrazierò mai abbastanza, siete i migliori genitori del mondo.” Beltrán, seguendo a ruota Esperanza, abbracciò Gonzalo e María con tanto affetto e gratitudine, poi chiese:
“quando credete che potremmo partire?”                                                                   
“non lo so, a breve, dateci il tempo di organizzare il viaggio. Dobbiamo ancora comprare i biglietti dell’imbarcazione che vi farà attraversare l’Atlantico e del treno che vi porterà a Munia, poi dovremmo avvisare qualcuno che vi accompagni a Puente Viejo e prenotare una stanza nella locanda”
Gonzalo venne interrotto dalla figlia maggiore ancora una volta.
 “no, padre, non dite niente ai nonni, né a nessun altro. Vogliamo che sia una sorpresa! Il passaggio per Puente Viejo lo troveremo in stazione e la camera possiamo prenderla una volta lì”. L’entusiasmo dei due ragazzi era proprio incontenibile.                       
  “d’accordo. Ma dovrete prestare attenzione a tutti gli avvertimenti che vi daremo. Non deve sfuggirvi niente. Ogni dettaglio, per quanto piccolo, potrebbe far capire alla Montenegro che viviamo all’Havana.”                       
  “staremo attenti, non ci sfuggirà niente, potete stare tranquilli.” Il sorriso stampato sul volto angelico dei loro piccoli fece capire a Gonzalo e María di aver fatto la scelta giusta.
 

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Capitolo 4
*** capitolo 4 ***


“Mi raccomando, non dimenticate una virgola di ciò che vi abbiamo detto.”                                               
“si madre” dissero contemporaneamente Esperanza e Betrán.                                                                       
“non usate il vostro vero nome, non rivelate a persone estranee la vostra vera identità”                           
“si madre”                                                                                                                                                                       
“e soprattutto non avvicinatevi alla Villa o alle terre della Montenegro”                                                                            
“certo padre. Ma adesso basta raccomandazioni o la nave salperà senza di noi.”                                                                  
“si, avete ragione. È che siamo in ansia, non è facile per me e vostro padre lasciarvi andare. In particolar modo considerando che la destinazione è Puente Viejo.”                                                                                                             
“lo sappiamo, ma sarà solo per qualche mese. Vi manderemo più di una lettera a settimana e, nel caso in cui le cose dovessero complicarsi, ci imbarcheremo sulla prima nave per l’Havana.” Affermò Beltrán per tranquillizzare i genitori. Gonzalo prese il ragazzo per un braccio e lo portò in disparte.                                           
“figlio mio, abbi cura di te e fai attenzione ad Espe, sai come sa essere esuberante alle volte e non vorrei che vi cacciaste nei guai prima del previsto.”                                                                                                                                            
“vi do la mia parola, padre”  si abbracciarono affettuosamente. Anche se Martín non era il padre biologico di Beltrán, lui lo amava come se fosse davvero suo figlio. Non è il sangue a fare di un gruppo di persone una famiglia, ma i legami che le uniscono, i quali sono più forti di qualsiasi altra cosa,comprese la distanza e la morte.                                                                                                                                                                                            
“adesso però ho bisogno anch’io di un grande abbraccio, padre” affermò Esperanza avvicinandosi a loro. Gonzalo, senza pensarci un attimo, accolse la sua principessa tra le braccia e poi le scoccò un bacio sulla fronte.                                                                                                                                                                                                        
“mi mancherai tanto, tesoro. Ci mancherai tanto.”                                                                                                               
“anche voi mi mancherete. Vi voglio bene.” Erano entrambi sull’orlo delle lacrime, proprio come gli altri. Alla fine si lanciarono tutti quanti, compresi Jorge e Clara, in un forte abbraccio di famiglia, l’ultimo che avrebbero vissuto di lì a molto tempo. Poi, sull’orlo di una crisi di pianto e senza dire una parola, i due ragazzi salirono sulla nave per intraprendere la loro più grande avventura, mentre Gonzalo e María li osservavano malinconici l’uno tra le braccia dell’altra e i bambini agitavano le mani in aria per salutarli.
Qualche settimana dopo Esperanza si trovava sul treno per Munia assieme al fratello. Il viaggio era stato davvero piacevole, nonostante le ridotte dimensioni delle loro cabine. La nave era piena di passeggeri ed ognuno aveva una storia diversa da raccontare: chi partiva per l’oriente, chi tornava da un viaggio di lavoro o dalla luna di miele, chi andava in Spagna per salutare i propri parenti, chi come loro cercava avventura. Esperanza adorava vedere tutta quella varietà di razze umane girare sui pontili ed aveva addirittura stretto qualche amicizia, basti pensare che aveva ricevuto un invito per bere un tè a Venezia da parte di un’anziana signora italiana che era andata a Cuba per salutare i nipotini. Le mancavano tantissimo i genitori ed i fratellini ma si era portata vicino una fotografia della famiglia che guardava ogni volta che le veniva nostalgia di casa, la teneva ben nascosta in un diario su cui scriveva tutti i suoi pensieri riguardo al viaggio e si era appuntata tutte le raccomandazioni di María e Gonzalo per essere certa di non dimenticare nulla; lo teneva chiuso con un lucchetto e portava la chiave appesa ad una catenina vicino al ciondolo che le aveva regalato il padre. Mentre Beltrán dormiva nel sedile vicino al suo, lei scrisse una lettera per i genitori,, che avrebbe imbucato appena arrivata a Munia, e nella quale raccontava il viaggio nei minimi dettagli. Era troppo emozionata e non riusciva a stare ferma per così tanto tempo, quindi decise di dare un’occhiata agli altri vagoni. Era notte fonda e tutti erano caduti da un pezzo tra le braccia di Morfeo, nonostante ci fossero delle candele sparse qua e là per il treno in modo tale da illuminare l’ambiente. Esperanza si trovava nell’ultimo vagone e stava per aprire una porta, quando udì una voce maschile alle sue spalle.
“fossi in voi non lo farei. Quella porta si affaccia direttamente nel vuoto e non vorrei che una così bella ragazza si schiantasse sui binari” la fanciulla si girò ed incontrò gli occhi più belli che avesse mai visto. Erano azzurri come il mare di Cuba e per un attimo la fecero sentire a casa. Anche se avrebbe voluto rimanere a fissarli per sempre, distolse lo sguardo e gli rispose.                                                                                                                
“per caso mi stavate seguendo?”                                                                                                                                                   
“no, vi ho vista smarrita ed ho pesato che aveste avuto bisogno di aiuto”                                                                           
“beh, non è così. So perfettamente quello che faccio”                                                                                                                   
“si, quindi eravate consapevole del tuffo nel vuoto che avreste fatto aprendo la porta” La giovane non voleva essere scortese, ma quel tale la stava prendendo in giro e non lo avrebbe permesso.                  
 “la cosa non vi riguarda. Ora se mi fate passare, posso tornare da mio fratello” la penombra non rendeva nitidi i lineamenti del suo viso, ma sembrava proprio un bel ragazzo.  Bello tanto quanto presuntuoso. Lo sconosciuto si spostò ed Esperanza lo superò con aria disinvolta. Tornò al proprio sedile e cercò di prendere sonno, ma non faceva che pensare e ripensare all’incontro di quella notte che l’aveva scombussolata del tutto. Alla fine cadde in un sonno profondo e sognò il mare della sua terra che si rifletteva negli occhi di quel giovane.

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Capitolo 5
*** capitolo 5 ***


L'indomani Beltrán ed Esperanza si svegliarono doloranti: non era per niente comodo dormire in treno ed aspettavano con ansia il momento di poter finalmente riposare in un vero letto alla locanda. Una volta scesi dal mezzo di trasporto, subito dopo aver imbucato la lettera, salirono sull'auto che li avrebbe condotti a Puente Viejo. 
Il paese era molto diverso da come se lo aspettavano, ma era carino ed accogliente. Arrivati nella piazza restarono stupiti: davanti a loro c'erano finalmente la fontana, l'emporio dei Mirañar e la locanda. Probabilmente aveva subito un recente restauro perché il pavimento era stato piastrellato e c'erano dei lampioni in ogni angolo, finalmente anche lì erano arrivate l'elettricità e l'acqua corrente. Esperanza si guardava intorno a bocca aperta, mentre il fratello camminava in direzione dell'albergo.
"La posada de María" diceva l'insegna, non avrebbero potuto sbagliarsi per niente al mondo. Entrarono e ad accoglierli c'era una bellissima signora di mezza età: era la nonna Emilia. L'avevano vista solo in qualche foto, ma era bastato per riconoscerla, così come fu facile identificare l'uomo che si presentò alle sue spalle cingendole la vita.
"Buon giorno, signori. Come possiamo esservi utili? Avete bisogno di una stanza? Oppure assaggiare le prelibatezze della mia signora moglie?" Disse Alfonso. 
"Siamo appena arrivati, cerchiamo un alloggio dove poter stare" affermò Beltrán mentre Esperanza si guardava intorno incuriosita.
"Certo, per quanto pensate di trattenervi?" Chiese Emilia avvicinandosi al registro delle stanze.
"Non lo sappiamo" 
"Bene, al momento c'è solo una stanza disponibile a tempo indeterminato. Spero che per voi non sia un problema dormire nella stessa camera, ci sono comunque due letti"
"No, assolutamente. Siamo fratelli"
"In tal caso vi faccio preparare la 34. Torno subito. Amore, tu prendi i nominativi" Emilia salì le scale di fretta mentre suo marito chiese loro nome e cognome. 
"Io sono Felicidad" rispose Esperanza sicura di se. Beltrán, al contrario sembrava nel panico perché non gli veniva in mente un nome adeguato. Alla fine, non avendo idee migliori, optò per quello del fratellino.
"Io Jorge" Esperanza gli lanciò un'occhiata di rimprovero e poi aggiunse: "si, siamo Felicidad e Jorge Lobos" 
"D'accordo, seguite Emilia che vi porterà alla stanza. La cena viene servita alle otto in punto, non mancate perché stasera c'è lo stufato. Da leccarsi i baffi, ve lo assicuro!" L'uomo sorrise ed i giovani seguirono la nonna verso la camera.
Era un ambiente piccolo, ma dava un senso di protezione: lì si sentivano quasi come a casa. Una volta rimasti soli, si lanciarono in una conversazione piuttosto movimentata.
"Jorge? Davvero non ti è venuto nessun altro nome?"
"Ero nel panico, come mai non abbiamo pensato prima a dei nomi falsi? E soprattutto perché non abbiamo rivelato loro la nostra vera identità?"
"Io l'ho fatto, perché sono una persona previdente. E comunque non glielo diremo per adesso, preferisco che ci guadagniamo la loro fiducia per il nostro modo di essere e non perché siamo parenti."
"Questo non era nei piani"
"Glielo riveleremo quando sarà il momento adeguato. Adesso dobbiamo disfare le valigie" misero al loro posto tutti i vestiti ed Esperanza nascose il suo diario sotto il letto. Dopodiché decisero di fare un giro del paese e dintorni. Scelsero di non andare a far visita a Candela, don Anselmo , né a nessun altro poiché avevano tanti giorni a disposizione e per quello in corso bastava aver incontrato i nonni. Fecero una passeggiata lungo il fiume, che trovarono incantevole, e in un batter d’occhio giunse l’ora di cena. Lo stufato di Emilia era davvero una delizia, di gran lunga superiore ad ogni pietanza che avessero mai assaggiato; era un peccato che la loro mamma non avesse ereditato il dono per la cucina. Diciamo che ogni cosa che cucinava María era immangiabile, ma insisteva sempre nel voler migliorare e così, almeno una volta al mese, tutta la famiglia si ritrovava con un terribile mal di pancia. Probabilmente le uniche cose di cui non sentivano la mancanza erano le minestre della mamma.
“la cena è di vostro gradimento?”
“ma certo, è tutto buonissimo. Abbiamo divorato il pasto all’istante.” Disse Beltrán.
“non siete spagnoli, non è vero? Il vostro accento è diverso”
“veniamo da Cuba, proprio dall’Havana”
Ad Emilia vennero subito in mente la figlia ed il genero, ma scacciò velocemente il pensiero.
“non vorrei essere indiscreta, ma cosa vi porta in questo modesto paesino?”
“niente di particolare. Volevamo venire in Spagna da tempo ed appena abbiamo visto questo posto ce ne siamo innamorati. È così … rustico” questa domanda lasciò spiazzati i fratelli, fortunatamente Esperanza era una con la risposta sempre pronta. Emilia non volle continuare a ficcanasare nella vita altrui, anche se le sembrava strano che due ragazzini fossero soli in una terra tanto lontana da casa e senza una ragione.
“si, decisamente carino.”
“domattina andremo a fare la conoscenza di alcuni paesani. Visto che ci tratterremo qui per un po’ è meglio mantenerci in buoni rapporti con tutti”
“ottima idea. Molti dei nostri concittadini hanno una mentalità chiusa e vedere dei turisti li sconvolge. Meglio che mettiate subito a tacere certe dicerie. Ora devo andare, vi auguro una buona notte.”
I ragazzi si ritirarono presto nella loro stanza e, soddisfatti della giornata trascorsa, crollarono in un sonno privo di sogni.

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Capitolo 6
*** capitolo 6 ***


Esperanza si svegliò all’alba e, non volendo disturbare il fratello che sicuramente non avrebbe aperto gli occhi prima delle undici, si vestì e scese a fare colazione. Era giugno inoltrato e a Cuba in estate si moriva di caldo, mentre a Puente Viejo un insistente venticello rendeva necessario l’uso di uno scialle per non prendere freddo. L’intera locanda era tappezzata di fotografie, molte delle quali rappresentavano il matrimonio dei suoi genitori. Le osservò tutte con attenzione e, vedendo i volti sorridenti di Gonzalo e María, non poté fare a meno di chiedersi se un giorno anche lei avrebbe vissuto un momento così bello, se avrebbe amato così intensamente una persona. Involontariamente posò una mano su di una foto, nel punto in cui si trovavano i volti dei genitori. Le mancavano come l’aria.
“lei è mia figlia, il giorno del suo matrimonio con quel ragazzo stupendo”
“sono proprio bellissimi, donna Emilia”
“lo so. Si amavano tanto, vederli era una gioia per gli occhi.” affermò la locandiera con un tono amaro.
“perché parlate al passato? Cosa è successo a quella coppia?” chiese la ragazza fingendosi ignara di tutto.
“entrambi sono venuti a mancare in orribili circostanze. Anche la loro figlioletta ha fatto una brutta fine, la mia nipotina Esperanza.” La donna aveva le lacrime agli occhi, mentre Esperanza ebbe un sussulto al cuore sentendo il suo nome.
“non vorrei impicciarmi in fatti che non mi riguardano, ma posso chiedervi come è accaduto?”
“è complicato e doloroso ricordare quei momenti. Comunque Gonzalo è morto a causa di una brutta malattia, mentre María si è gettata da un precipizio con la bambina. Sono passati più di sedici anni.” Espe rimase sconvolta. Sapeva che era tutta una messa in scena, ma voleva capire cosa li aveva spinti ad architettare quella recita. Purtroppo non poteva fare molte domande ad Emilia, o si sarebbe insospettita.
“mi dispiace tanto, non deve essere stato facile per voi.”
“per niente. Ma il tempo lenisce le ferite, le nostre si stanno cicatrizzando anche se non guariranno mai del tutto”la figlia di Raimundo sentiva una strana sensazione parlando con la straniera, sembrava come se la conoscesse da tutta una vita invece che da un solo giorno. Sentiva di potersi fidare completamente di lei. Qualche minuto dopo Esperanza si trovava in piazza, nei pressi della fontana; era ancora una volta da sola e senza una destinazione ben precisa. Una voce la fece quasi balzare in aria per lo spavento, la riconobbe subito e si girò senza esitazioni, pronta per ritrovarsi nuovamente ad ammirare le acque cristalline di Cuba.
“avete bisogno di aiuto? Vi vedo smarrita”
“ancora tu? Che ci fai qui?” finse un tono annoiato, anche se desiderava ardentemente rincontrarsi con lui.
“mi dai del tu adesso? Comunque io qui ci vivo”
“avanti, avremo all’incirca la stessa età. e no, non ho bisogno di aiuto. So cavarmela da sola”
Era davvero bellissimo: alto, moro, capelli scuri, lineamenti signorili ed occhi capaci di ipnotizzare. Era praticamente il sogno di ogni donna, ma non il suo. Non era certo il momento di infatuarsi di una persona.
“avanti, non fare l’orgogliosa. Non è bene che una bella ragazza come te vada da sola in giro a quest’ora. Non fraintendermi, non perché le donne sono inferiori o per qualche assurdo ideale maschilista, ma queste zone pullulano di ladri e delinquenti. Se non conosci bene il posto è meglio camminare in compagnia”
Davvero la trovava bella? Nah, forse era solo un modo di dire o un modo per conquistarla. Apprezzava, però il fatto che si stesse preoccupando per lei, anche se non voleva darlo a vedere.
“e chi mi dà la certezza che tu non sia uno di loro? Se accettassi il tuo aiuto potresti portarmi in un posto isolato ed uccidermi, o peggio. I miei genitori mi hanno insegnato a non dare retta agli sconosciuti, i tuoi no? Perché non credo che tu mi conosca”
“si, ma prima di tutto le buone maniere. Sei una signorina, ho il dovere di aiutarti”
“ed io ho il diritto di declinare il tuo aiuto. Qualcuno ti ha mai detto che sei assillante e sfacciato?”
“qualcuno ti ha mai detto che sei scortese?”
“solo con gli sconosciuti che mi irritano” Quella conversazione stava prendendo la piega sbagliata. Esperanza sperava che il suo orgoglio non allontanasse lo sconosciuto, ma allo stesso tempo voleva che se ne andasse. Vide sul volto del ragazzo un accenno di risata e non poté fare a meno di sorridere anche lei.
“in tal caso piacere, io sono Manuél Fresnedoso.” Affermò il giovane tendendole la mano che lei afferrò senza esitazioni.
“io Es… Felicidad, Felicidad Lobos.” Si corresse all’istante.
“bene, adesso che non siamo più estranei, mi permetterai di accompagnarti?” chiese alzando un sopracciglio.
“non sei più uno sconosciuto, si, ma resti irritante”entrambi trattenevano a stento una risata, sembrava che fossero amici di lunga data.
“allora?”
“se accetto poi la smetterai di importunarmi?”
“dipende …” Esperanza alzò gli occhi al cielo ed acconsentì. Si sentiva stranamente a suo agio accanto a Manuél e non riusciva a capirne a ragione, per non parlare poi del battito cardiaco che era aumentato vertiginosamente. Cercò di non pensarci troppo e di godersi il momento. Fu una mattinata piacevole quella che passarono insieme tra le stradine del paese: lui le mostrò le vie e gli edifici più importanti facendo delle divertenti considerazione sui luoghi visitati e raccontando aneddoti. Espe si rallegrò di aver accettato l’invito anche perché adesso conosceva ogni angolo di Puente Viejo e questo le avrebbe facilitato le indagini riguardo alla propria famiglia.

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Capitolo 7
*** capitolo 7 ***


“vuoi dire che sei stata in giro con uno sconosciuto? Ma tu sei pazza, Espe! E se avesse avuto losche intenzioni?” Beltrán era furioso.
“lo avrei capito. Stai tranquillo, sembra una brava persona. E si è solo limitato a mostrarmi Puente Viejo”
“non essere ingenua! Ha visto una bella ragazzina girare da sola ed ha pensato che saresti stata una preda facile”
“a me sembra che tu sia geloso.”
“e perché dovrei esserlo?”
“perché con me le persone sono gentili e mi offrono aiuto, mentre tu sei sempre solo. Se ti ammorbidissi un po’ avresti tanti amici.”
“io non sono solo. Ho Blanca”
“te l’ho fatta conoscere io, e senza il mio aiuto non credo che avresti avuto il coraggio di proporle una passeggiata. Devi aprirti alla gente, Beltrán.”
“non dovresti fidarti così facilmente delle persone”
“non do la mia fiducia agli sconosciuti, semplicemente cerco di conoscerli meglio per poter giudicare. Quando ho visto Manuél credevo anch’io che cercasse solo di conquistarmi, ma durante la passeggiata non ha fatto nulla che potesse infastidirmi, altrimenti lo avrei lasciato lì impalato come un tronco nel bel mezzo della strada.”
“promettimi che calmerai questo tuo carattere peperino e starai attenta. Abbiamo giurato ai nostri genitori di non cacciarci nei guai”
“te lo prometto, fratello. Ma tu giurami che cercherai di essere più socievole” Beltrán sorrise.
“va bene” si volevano un bene dell’anima e si preoccupavano molto l’uno per l’altra, e certo questo a volte li faceva discutere, ma l’affetto calma ogni animo agitato. Si abbracciarono teneramente. Proprio in quel momento passò Emilia con un cesto in mano urlando a gran voce il nome del marito. L’uomo si presentò dinnanzi a lei.
“Alfonso, bisogna assolutamente portare a Candela questa farina, ne ha urgentemente bisogno.”
“Tesoro, non puoi farlo tu? Io devo assolutamente servire i clienti”
“no, in cucina hanno bisogno di me. dovremmo assumere qualcun altro che ci aiuti, ora che Matías ha messo su famiglia non può di certo  starci accanto giorno e notte”
“si,  buona idea. Oggi stesso scriverò un annuncio per cercare un cameriere. Ma adesso chi porta la cesta?”
Esperanza, che aveva ascoltato tutta la conversazione ed era di buon cuore, si propose per l’incarico. Avrebbe aiutato delle persone in difficoltà e sarebbe stata un’ottima scusa per conoscere la “nonna”.
“davvero lo fareste, signorina?”
“certo, pensavamo di fare una passeggiata. Perché non farvi questo favore?”
“grazie mille, siete due angeli. Ma come fate a sapere dov’è la pasticceria? Siete arrivati solo da un giorno”
“questa mattina un certo Manuél mi ha mostrato il paese”
“ah, si è un bravo ragazzo” Esperanza lanciò un’occhiata al fratello come per dirgli .
 
La pasticceria era a dir poco incantevole. C’erano dei banconi stracolmi di prelibatezze su cui i fratelli non vedevano l’ora di mettere i denti e scaffali carichi di barattoli con caramelle di svariati colori. Entrare in quel negozio faceva proprio venire l’acquolina in bocca. Quando Candela si rese conto che i forestieri erano venuti da lei per consegnarle la farina di cui aveva più bisogno dell’aria, li benedì mentalmente e li ringraziò  offrendo loro delle paste appena sfornate. pensò Esperanza divorando il dolcetto al cioccolato che aveva in mano. La Mendizabál non poté fare a meno di fissarla: il modo in cui mangiava e il viso sporco di cioccolato le ricordarono inevitabilmente Gonzalo. Rosario, che entrò in quel preciso momento, ebbe la stessa impressione.
“è buonissimo Candela, davvero” disse Beltrán.
“sono felice che vi piacciano. Dovete sapere, Rosario, che questi due giovanotti mi hanno appena salvato la pelle”
“ma no, ci siamo solo limitati a portarvi della farina. È stato un vero piacere aiutarvi” rispose il ragazzo.
Candela iniziò subito ad impastare i biscotti che le avevano ordinato.
“siete nuovi in paese? Non vi avevo mai visto da queste parti” avevano entrambi la bocca piena, se non avessero smesso di mangiare, più tardi il mal di pancia non li avrebbe fatti dormire.
“Felicidad e Jorge mi hanno raccontato che vengono da Cuba. Si tratterranno a Puente Viejo per un del tempo”
“siete giovani, non venite in compagnia di un adulto?”
“siamo orfani, donna Rosario. Siamo qui per cercare pace e tranquillità e perché no, anche qualche nuovo amico” si sbrigò a dire Esperanza.
“certamente ne avete trovata una in questo negozio e due alla locanda” disse la pasticcera entusiasta. Rosario era un po’ titubante vista la sua spiccata diffidenza verso gli altri, ma lo sguardo dei forestieri era dolce ed innocente e la spinse a dichiararsi disponibile per qualsiasi cosa. Quattro amici in un giorno erano un numero notevole, anzi per Esperanza forse erano cinque. Non sapeva ancora cosa pensare di Manuél, se considerarlo suo amico o qualcuno da evitare; la sua mente diceva di tenersi lontana da lui per evitare complicazioni ma il cuore le diceva di cercarlo e passare con lui ogni istante della giornata. Quella sera, dopo cena, i fratelli scrissero una lunga lettera ai genitori in cui spiegavano le nuove conoscenze e le impressioni sul posto. L’indomani la spedirono sperando di ricevere al più presto una risposta.
 

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Capitolo 8
*** capitolo 8 ***


“Ti ringraziamo, Sandro, ma abbiamo già trovato non uno, bensì due aiutanti. Però ho sentito dire che alla locanda di La Puebla cercano un addetto alle pulizie, se può esserti utile” l’uomo salutò il locandiere e si incamminò verso casa. Beltrán ed Esperanza quella stessa mattina si erano offerti come camerieri in cambio di vitto e alloggio. Secondo i loro piani originali avrebbero dovuto ospitarli i nonni a casa loro, ma non mettendoli al corrente della loro vera identità, erano costretti a pagare la stanza ed i pasti: andando avanti così avrebbero esaurito il denaro nell’arco di una settimana. Non avevano mai lavorato in vita loro, ma quanto  poteva essere difficile portare gli ordini ai tavoli? Decisero di alternarsi i turni in modo tale che ognuno avesse metà della giornata libera, anche se questo avrebbe significato vedersi solo durante i pasti. Siccome l’idea era stata di Beltrán, ad Esperanza toccò il primo turno. Era una mattinata tranquilla alla locanda e la ragazza ringraziò il cielo che non ci fossero tanti clienti, altrimenti non sarebbe stata in grado di gestirli. Indossò il grembiule respirando profondamente per cercare di calmare la tensione e prese in mano il primo piatto. Le tremavano le mani e, invece di guardare dove stava andando, non faceva altro che osservare ciò che trasportava, grande errore perché improvvisamente andò a sbattere contro qualcuno. Alzò gli occhi molto lentamente e vide una camicia, un tempo bianca, completamente ricoperta di salsa.
“ma vuoi badare a dove metti i piedi? Guarda cosa hai combinato!” avrebbe voluto sprofondare per la vergogna, perché tra tutti gli abitanti di Puente Viejo si era scontrata proprio con Manuél!
“scusami, non volevo. Adesso rimedio subito”
“tu? Ma che ci fai a servire alla locanda?” la ragazza non rispose ed andò a prendere un straccio umido per rimediare al disastro. Pulì velocemente per terra e poi iniziò a strofinare energicamente la camicia di Manuél. Erano incredibilmente vicini, tanto da percepire il calore emanato da suo corpo e sentire i muscoli tendersi sotto la stoffa dell’indumento che stava cercando di ripulire. I loro sguardi si incontrarono e per un istante il mondo che li circondava scomparve.
“lascia stare, così peggiorerai solo la situazione. Il tessuto si rovinerà”
“sei un uomo, cosa ne puoi sapere di stoffe?”
“sono figlio di sarti,e anche se non è il mio mestiere, qualcosa l’ho imparato nel corso degli anni” iniziò subito a sbottonarsi la camicia ed Esperanza sentì le guance andarle a fuoco per l’imbarazzo  quando se la tolse restando solo con una canottiera. Il suo fisico era perfettamente scolpito e la ragazza per un secondo desiderò di essere stretta tra le sue forti braccia.
“devi stare più attenta quando porti gli ordini, Felicidad. Se continui così ti licenzieranno immediatamente, io lo farei.” Sorrise.
“che simpatico. È che sono incredibilmente nervosa, scusami ancora. Era il primo piatto che servivo”
“buon inizio.” Scoppiarono entrambi a ridere.
“decisamente.”
La voce di Emilia li interruppe, Espe doveva servire nuovamente la minestra che aveva rovesciato.
“prometto che non succederà più, donna Emilia.”
“non preoccuparti, ora vai che Gervasio inizia ad innervosirsi.” Il ragazzo in canottiera le diede dei consigli.
“guarda sempre avanti e respira, andrà tutto bene”
Fece esattamente come le aveva detto e questa volta il piatto giunse a destinazione, in fondo non era così difficile. Sorrise soddisfatta mentre Manuél le dedicò uno sguardo di approvazione.
 
Beltrán era decisamente più portato della sorella come cameriere, ma i clienti quel pomeriggio scarseggiavano e così i nonni gli diedero l’incarico di portare un cesto con del cibo a casa di Mariana e Nicolás. Gli Ortuño, dopo qualche mese passato a Murcia, erano tornati a vivere nella fattoria che, più o meno un ventennio prima, era appartenuta ai Buendía. Il ragazzo, non trovando nessuno ad attenderlo all’esterno, bussò alla porta.
“avanti” entrò e ciò che si ritrovò davanti gli tolse il fiato. Nel bel mezzo della stanza c’era una ragazzina bellissima, bionda e con gli occhi celesti. Stava piegando il bucato e la naturalezza dei suoi movimenti lo costringeva a fissarla.
“chi sei? E cosa fai lì impalato sulla porta?” per quanto si sforzasse non riusciva a toglierle gli occhi di dosso né a spiccicare parola.
“per caso il gatto ti ha mangiato la lingua?”
“ho una consegna per Mariana Castañeda”
“mia madre non c’è al momento, ma puoi lasciare l’ordine a me.” quando le passò il cesto, le loro mani si sfiorarono ed entrambi sentirono un brivido lungo la schiena.
“sei nuovo qui?”
“si, mi hanno appena assunto alla locanda.”
“ora devo andare, spero di rivederti presto.”
“anch’io”
“comunque sono Juanita”
“io … Jorge” le sorrise ed uscì velocemente. Perché l’incontro con sua cugina lo aveva scosso tanto?
 

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Capitolo 9
*** capitolo 9 ***


“Sai, oggi ho conosciuto Juanita.”
“e allora? Com’è ? è davvero bella come ci hanno raccontato?”
“molto di più” Affermò Beltán con voce sognante. La sorella intuì qualcosa di strano nel suo tono.
“mi pare che qualcuno sia cotto a puntino …”
“ma cosa dici? È nostra cugina, sarebbe assurdo! E  poi io sto con Blanca, quando torneremo la presenterò alla famiglia …”
“è inutile metterti sulla difensiva, fratello. La mia era una supposizione, ma se dici che sei innamorato di Blanca allora ti credo” non la pensava assolutamente così, secondo lei aveva reagito in quel modo perché la cuginetta gli piaceva, e non poco. Il tempo avrebbe confermato la sua teoria.
“Espe, comunque ho saputo che sei una cameriera eccezionale” rise di gusto.
“non ti ci mettere anche tu, adesso. Mi sono davvero messa in ridicolo, avrei voluto schiaffeggiarmi con le mie stesse mani”
“vedi che rovesciare un piatto addosso ad un ragazzo non è cosa da tutti, secondo me hai un gran talento” disse in tono ironico. Esperanza prese il cuscino dal suo letto e lo lanciò addosso a Beltrán. Qualche piuma uscì dalla fodera e lentamente di depositò per terra. Il ragazzo, che non si aspettava una reazione del genere, in un primo momento rimase immobile, ma poi ripagò l’avversaria con la stessa moneta.
“vuoi guerra, Espe? E guerra sia!”
Si scatenò una divertentissima battaglia di cuscini. Quando erano piccoli adoravano giocare in quel modo ed ammirare le piume che volteggiavano in aria, e la loro indole giocherellona non era certo cambiata. La “guerra” finì in parità quando i cuscini si svuotarono completamente ed il pavimento fu coperto da un tappeto bianco. Quella notte furono costretti a dormire con la testa poggiata sul materasso.
 
Il giorno dopo si svegliarono prima che sorgesse il sole per ripulire la stanza dalle piume e riempire i cuscini. Poi si prepararono ed uscirono dall’albergo. Nessuno li vide mentre compravano qualche fiore da portare sulle tombe dei loro cari. Era giunto il momento di passare dal cimitero. Una volta arrivati,  restarono spiacevolmente colpiti dal grande numero di tombe presenti: era un piccolo paesino, eppure aveva un cimitero grande quanto quello dell’Havana. Posarono un fiore per ogni persona il cui nome sembrava familiare, come Conrado Buenaventura, e si soffermarono per un po’ davanti alle lapidi di Pepa e Tristàn. I genitori avevano raccontato loro che il nonno era stato ucciso, mentre la nonna era morta dando alla luce i suoi due gemelli: Aurora e Bosco. Avrebbero tanto voluto conoscerli, e lo stesso valeva per il bisnonno Raimundo, che li aveva lasciati qualche anno prima. Beltrán giunse davanti alla lapide dei suoi genitori, quelli biologici, e pregò per le loro anime. Il ragazzo sapeva di non essere davvero figlio di Gonzalo e María, bensì di Bosco Montenegro e Inés Mendizabál, tuttavia una volta diventato grande aveva deciso di assumere il cognome Castro Castañeda. Bosco ed Inés per lui erano solo un’idea astratta, mentre i genitori di Esperanza lo avevano cresciuto ed erano la sua unica famiglia, li amava con tutto il cuore e perciò gli sembrava giusto avere il cognome di chi lo aveva cresciuto. Quel luogo era di una tristezza innata, ma non si pentivano di esserci andati. Mentre Beltrán era impalato davanti alla tomba di chi lo aveva messo al mondo, Esperanza continuò a camminare cercando nomi di altri paesani scomparsi e ad un tratto rimase scioccata. Alla visione di una lapide con sopra inciso il suo nome e quello dei suoi genitori, le salirono le  lacrime agli occhi. Per quasi tutti gli abitanti di Puente Viejo lei era morta, solo allora se ne rese davvero conto e fu straziante. Come poteva esistere al mondo una persona tanto crudele da costringere due sposi a dover fingere tale atrocità per essere liberi dalle sue grinfie? Cosa avrà fatto loro di tanto grave? Probabilmente Gonzalo e María non glielo avevano mai raccontato perché temevano che lei non potesse capire, ed effettivamente era così, fino a quel giorno. Davanti a quella lapide Esperanza crebbe tutto d’un tratto e la sua ingenuità si trasformò in consapevolezza e rabbia. Non avrebbe mai e poi mai permesso che qualcuno facesse del male alla sua famiglia e quella donna avrebbe pagato per le sue malefatte, sicuramente all’inferno avrebbe avuto un posto assicurato.
“Esperanza, perché piangi?” chiese inconsapevole il fratello. Poi vide la tomba e gli fu tutto chiaro.
“la cosa è più seria di quanto potessimo immaginare, Beltrán. Se sono dovuti arrivare a questo, devono aver sofferto l’indicibile. Non possiamo permettere in nessun modo che Francisca Montenegro scopra il nostro segreto, ci sono in gioco non solo le nostre vite, ma anche quelle di altre quattro persone”
“saremo molto più prudenti a partire da ora. Non ci avvicineremo mai alla Villa, cercheremo di dare meno nell’occhio per non attirare la sua attenzione e soprattutto se mai dovessimo incontrarla per strada sarà meglio ignorarla.”
“nel caso ci trovassimo a parlare con lei, dovremmo mettere da parte la rabbia e l’orgoglio e trattarla bene. Sarà difficile perché in questo momento vorrei solo sputarle in faccia, ma ce la faremo.”
“e scopriremo anche nel dettaglio il motivo di questa messa in scena, ti do la mia parola. Comunque la tua idea di non svelare la nostra vera identità a nessuno è stata buona, meno persone ne sono al corrente, più facile sarà nasconderla agli altri.”
“già”
“ora però basta piangere, dobbiamo andare a lavoro. Anzi, tu ci devi andare” la ragazza si asciugò il viso e poi si incamminarono verso la locanda.  

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Capitolo 10
*** capitolo 10 ***


Manuél Fresnedoso Toledano era figlio di Roque e Pía, i sarti del paese. Era nato in Argentina, dove i genitori si erano rifugiati per sfuggire alle grinfie di un tale Olmo Mesía, ma poi quando aveva tre anni erano tornati tutti quanti a Puente Viejo. Nelle Americhe Roque e Pía avevano fatto fortuna stringendo un affare con un’importante stilista, poi quando Rigoberto Sansegundo era stato arrestato per aver molestato una donna, tutto il suo impero era passato nelle loro mani ed avevano deciso di gestirlo direttamente dal proprio paese natale. Circa un anno prima del loro ritorno, la tenuta de el Jaral era andata a fuoco, e, poiché avevano bisogno di un posto in cui vivere ed avevano tanti soldi a disposizione, avevano fatto ricostruire la casa esattamente com’era prima del disastro. El Jaral era tornato in tutto il suo splendore ed i paesani non potevano che esserne felici, tutti tranne la Montenegro che nel corso degli anni aveva dato non poco filo da torcere ai Toledano. Loro però avevano resistito ai suoi tentativi di toglierli di mezzo, e lei li aveva lasciati in pace perché si era resa conto che non intendevano danneggiare le sue finanze. Manuél aveva diciotto anni e per il momento si occupava di tenere i conti dell’impero Toledano, stava tornando da un viaggio nella capitale quando conobbe Esperanza, che lui conosceva con il nome di Felicidad. Dal primo istante in cui i loro occhi si erano incontrati lui aveva capito che quella ragazza avrebbe cambiato il corso della sua esistenza. Era così determinata,vivace, curiosa, imbranata e bella, bella all’inverosimile. Con quegli occhi quasi verdi, i capelli castani ed ondulati e quelle labbra rosee e sottili, era la fine del mondo. Si sorprendeva a pensare a lei nei momenti più inopportuni della giornata ed ogni volta che usciva di casa sperava di incontrarla per poterle parlare o anche solo per poterla ammirare. Il problema era che non poteva tradire Juanita, proprio non  se la sentiva di ferirla lasciandola. Stavano insieme da un anno ormai, erano cresciuti insieme e probabilmente avevano scambiato l’amicizia per l’amore, perché ciò che sentiva per lei non era neanche lontanamente paragonabile alle emozioni che gli donava Felicidad. Non sapeva se ciò che provava per la straniera fosse amore, ma gli piaceva e non poco.
Manuél entrò nel negozio dei Mirañar, e rimase piacevolmente sorpreso quando si ritrovò davanti l’oggetto dei suoi pensieri. La forestiera era lì in tutto il suo splendore; aveva i capelli raccolti in una treccia ordinata ed in mano portava una cesta.
 “buon giorno, donna Dolores.”rivolse un’occhiata alla giovane. “Felicidad” lei gli rispose con un cenno della testa.
“buon giorno a te, Manuél. Ma come, già vi conoscete?”
“si, ci siamo incontrati alla locanda.” Si affrettò a rispondere lei. pensò il ragazzo.
“ecco a te l’ordine per Emilia ed Alfonso.” La moglie del sindaco riempì la cesta e gliela porse. “e tu, di cosa hai bisogno?”
“un profumo da donna” il telefono squillò e Dolores si precipitò a rispondere.
“sono lì sullo scaffale, scegli quello che ti piace di più” il giovanotto iniziò ad annusare i flaconcini, un po’ titubante.
“non hai idea di quale scegliere, giusto?” disse Felicidad. Lui fece segno di no.
“se vuoi posso aiutarti”
“te ne sarei eternamente grato”
“per chi è? Ho bisogno di sapere qualcosa in più su di lei per scegliere l’aroma giusto”
“mia madre è una donna timida, non le piace essere al centro dell’attenzione”
“allora vada per una fragranza delicata. Che ne dici del profumo alle rose?” gli portò vicino al naso la bottiglietta.
“non lo so, a sentirlo così sembra buono, ma addosso è tutt’altra cosa. Potresti provarlo?” lui intendeva sul polso, ma lei ingenuamente fraintese e si mise qualche goccia sul collo.
“su, che aspetti? Dimmi se ti piace, e limitati ad annusare. Tieni le mani dietro la schiena” fece come gli aveva ordinato. Il suo profumo, mescolato a quello delle rose, era inebriante e si trattenne per qualche secondo di troppo vicino a lei. Manuél notò che la straniera aveva la pelle d’oca, probabilmente causata dal suo respiro, era così vicino che se solo avesse sporto un po’ le labbra, le avrebbe baciato il collo. Avrebbe tanto desiderato farlo, ma stava correndo un po’ troppo con i pensieri. Sentì che Dolores stava chiudendo la chiamata e si ritrasse. Per fortuna quella pettegola non aveva assistito alla scena.
“allora? Che ne pensi?” chiese imbarazzata Felicidad.
“è perfetto, grazie per l’aiuto”
“di niente, ho ricambiato il favore che mi hai fatto mostrandomi il paese” la Mirañar si avvicinò al bancone.
“alle rose? Buona scelta. Alla tua fidanzata piacerà molto, Juanita è così dolce”
Sul volto della straniera sorse un miscuglio di sorpresa e tristezza.
“è per il compleanno di mia madre, Dolores. Adesso devo andare, buona giornata a tutte e due”
La sindachessa ricambiò il saluto, mentre Felicidad non lo degnò di uno sguardo, si vedeva che era profondamente delusa.

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Capitolo 11
*** capitolo 11 ***


Come aveva potuto essere tanto sciocca? Come aveva potuto anche solo immaginare che lui provasse qualcosa per lei? Ogni volta che gli era accanto il cuore le batteva all’impazzata, il suo respiro le provocava la pelle d’oca ed il contatto con quel ragazzo le dava brividi lungo la schiena, ma evidentemente Manuél non provava le stesse sensazioni. Non avrebbe mai potuto provarle perché il suo cuore apparteneva ad un’altra donna, che per di più era sua cugina Juanita! Era stata solo un’illusione, ma almeno lo aveva scoperto subito altrimenti sarebbe stato peggio. La cosa peggiore era che non capiva il motivo della sua delusione, non c’era stato niente tra di loro, né mai  ci sarebbe stato; ed allora perché era sdraiata sul letto a piangersi addosso? Non si trovava di certo a Puente Viejo per cercare l’amore! Da quel momento si sarebbe concentrata solo sul passato della sua famiglia e sul non farsi scoprire, nessuna distrazione. Decise di raccontare tutto al fratello il più in fretta possibile, per evitargli eventuali sofferenze.
“sai, fratello? Oggi ho scoperto una cosa che devi assolutamente sapere.”
“cioè?”
“Manuél , il ragazzo che mi ha mostrato il paese”
“e che hai sporcato di salsa”
“si, lui e Juanita stanno insieme” Beltrán rimase sorpreso e deluso dalla notizia.
“ma perché me lo dici? È la loro vita, possono fare ciò che vogliono” ancora una volta il giovane si mise sulla difensiva senza che ce ne fosse motivo.
“calmati, non devi agitarti tanto. Volevo solo che ne fossi al corrente, diventi estremamente irritabile quando si parla di lei.” Lui capì che si era comportato davvero male con la sorella, che infondo voleva solo il suo bene.
“scusami, è che Juanita mi fa uno strano effetto. Mi basta sentire il suo nome per diventare nervoso, il cervello si sconnette e comincio a dire cose senza senso”
“ti capisco, non sai quanto. Ma ora basta pensare a loro, su dai tocca a te lavorare nel pomeriggio e non credo che vorrai fare ritardo”. Beltrán non aveva voluto ammetterlo ma quella mattina era passato dalla fattoria per parlarle e non aveva fatto altro che restare dietro ai cespugli ad osservarla mentre stendeva il bucato, sua sorella aveva ragione: era cotto di lei. Ma Juanita era fidanzata … per di più con quel tizio, non l’aveva mai visto prima ma era certo che fosse un pallone gonfiato … Uscirono insieme dalla stanza ed in piazza si salutarono con un abbraccio, non si sarebbero visti fino a notte inoltrata.
In quel preciso momento Manuél si stava dirigendo in pasticceria e li vide stretti uno all’altra, provò un pizzico di gelosia che lo spinse a chiedersi chi fosse quel ragazzo. Non lo aveva mai visto prima ma era certo che fosse un pallone gonfiato …  senza conoscersi si lanciarono un’occhiata di sfida, non avrebbero mai potuto immaginare che in futuro sarebbero diventati grandi amici.
 
Esperanza si trovava sulla riva del fiume, la natura la calmava e stare con i piedi a bagno le ricordava casa. Il suo viaggio stava andando meglio del previsto: aveva conosciuto quasi tutti i suoi cari, ma improvvisamente sentì un vuoto dentro e tutte le sue convinzioni vacillarono. Cosa stava cercando di scoprire riguardo ai genitori? Qual era il suo obbiettivo? Bene … voleva capire i motivi che avevano spinto sua madre e suo padre a fuggire e perché no, anche scoprire qualche dettaglio in più sulla loro storia d’amore … e non sarebbe stato più facile chiedere direttamente a loro? Aveva avuto ben diciassette anni di tempo per informarsi, ma allora perché cercare spiegazioni lontano da Cuba? Per un attimo dubitò dell’utilità del loro viaggio …
Cercò di scacciare il pensiero e godersi la piacevole sensazione dell’acqua del fiume che le scorreva tra le dita. Ad un tratto sentì qualcuno sedersi al suo fianco, era una ragazza bionda dagli occhi cerulei.
“anche io adoro questo posto, sai? È così rilassante stare qui a sentire il canto degli uccelli”
“si, hai proprio ragione. È bellissimo.”
“sembri pensierosa”
“è che in questo periodo mi sento strana”
“ti capisco, non sai quanto. Se vuoi puoi raccontarmi tutto, dicono che sfogarsi con uno sconosciuto aiuti” si girò di scatto nella sua direzione ed in quel momento Esperanza sentì di poterle confidare qualsiasi cosa.
“sono sempre stata una ragazza raffinata ed elegante, proprio come mia madre, ma da un po’ di tempo mi sento strana. Ho sempre il bisogno di sperimentare nuove cose”
“di essere libera?”
“esattamente.” Sembrava leggerle nel pensiero.
“a me capita lo stesso. Mia madre dice che capita a tutti gli adolescenti, è normale. Lei dice che la nostra è l’età in cui si mette in dubbio ogni cosa perché dobbiamo decidere cosa fare nella vita, porci degli obiettivi” Sul su viso comparve un sorriso rassicurante. Era esattamente quello che le diceva María, quanto le mancava.
“io avevo i miei obiettivi, uno di questi era venire in Spagna, ma adesso che l’ho raggiunto tutto mi sembra così … strano”
“devi solo abituarti, oggi magari è un giorno no ed hai voglia di tornare a casa, ma vedrai che domani ti alzerai e ringrazierai il signore di essere ancora qui”
“hai ragione, ti ringrazio davvero tanto … come ti chiami?” era una domanda retorica, sapeva che era sua cugina.
“Juanita, qui per aiutarti”
“Felicidad, qui per aiutare te. Spero che diventeremo amiche”
“non dire stupidaggini, lo siamo già” le fece l’occhiolino e capì di poter davvero contare su di lei.
 

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Capitolo 12
*** capitolo 12 ***


Non riusciva proprio a concentrarsi sui conti dell’impresa, aveva in mente solo una persona: Felicidad. Chi era quel ragazzo che la teneva stretta a sé? Forse il suo fidanzato? Il suo promesso sposo? Non aveva mai provato così tanta gelosia immotivata, nemmeno se Juanita avesse baciato un altro si sarebbe sentito in quel modo. Erano ore  che leggeva e rileggeva i documenti sparsi sulla scrivania, ma senza risultati, si era ridotto a scarabocchiare il nome della fanciulla sul primo pezzo di carta che aveva trovato, proprio come le ragazzine innamorate. Poi si rese conto che stava disegnando cuoricini sulla fattura degli ultimi tessuti acquistati e capì che non poteva andare avanti così, doveva parlarle, doveva capire se lei provava gli stessi sentimenti per lui. Di corsa uscì dal Jaral e si diresse in paese a cavallo, per fare più in fretta ed allo tesso tempo sbollire un po’ il fuoco che lo divorava. Giunto in piazza, non vedendola nei paraggi, entrò nella locanda ma anche lì non c’era traccia di lei. Al suo posto, però, c’era il ragazzo misterioso. Era il momento di indagare …
 
Beltrán stava servendo ai tavoli, la locanda era pienissima ed i Castañeda erano fuori per ordinare la merce. Era solo, in mezzo a tanta gente che aspettava impazientemente il proprio pasto. Ce la poteva fare, era abbastanza bravo a fare il cameriere,ma non gli era mai successo di restare solo all’ora di punta. Iniziò a portare i primi piatti e non ci furono complicazioni, ma la situazione crollò quando dalla porta entrarono altri dieci clienti, si sentì svenire. I bicchieri che aveva in mano sarebbero caduti per terra se un ragazzo non li avesse afferrati al volo. Era quel tizio che aveva visto in piazza.
“stai bene? Ti vedo pallido”
“grazie mille. Sto benone, ti serve un tavolo?”
“no, ma mi sembra che tu abbia bisogno di aiuto. Tutta questa affluenza sarà dovuta alle animelle di Emilia, non c’è dubbio. Ogni venerdì è la stessa storia”
“decisamente, non avrei dovuto lasciare andare via mia sorella. Dovrei andare a cercarla” Si rimproverò di aver rifiutato il suo aiuto, ma come poteva immaginare che ci sarebbero stati clienti in fila per il tavolo? Nel frattempo Manuél esultava mentalmente per la scoperta fatta: era solo suo fratello, quindi aveva ancora qualche speranza con lei! Adesso che non lo considerava più un suo rivale, quel giovane disperato gli faceva pena.
“non ce ne sarà bisogno. Oggi hai un nuovo amico aiutante” disse il figlio dei sarti legandosi un grembiule un vita.
“lo faresti sul serio?” chiese l’altro incredulo.
“questo ed altro per aiutare il prossimo” prese un bicchiere di vino e lo portò da chi l’aveva ordinato. Il turno di lavoro fu molto faticoso, ma passò in fretta perché aiutarsi a vicenda rende tutto più semplice. Intorno alle otto di sera i proprietari de “la posada de María” tornarono e si sorpresero nel constatare che la cassa era strapiena.
“se c’era davvero tutta questa folla, come hai fatto a gestire tutto da solo, Jorge?”
“se non ci fosse stato lui, non sarei sopravvissuto” disse in tono ironico riferendosi al nuovo amico.
“sei come sempre un tesoro, Manuél” affermò Emilia arruffando i capelli scuri del giovane.
“è un piacere aiutare gli altri.” Alfonso e sua moglie andarono in cucina e Beltrán offrì al compagno un bicchiere di vino per sdebitarsi in qualche modo. Lui accettò volentieri e si ritrovarono seduti a chiacchierare e ridere come vecchi compagni di avventure. Entrambi furono costretti a ricredersi sulla prima impressione che avevano avuto dell’altro, nessuno dei due era un pallone gonfiato, erano due brave persone con più cose in comune di quanto potessero immaginare.
 
Entrando nella locanda Esperanza vide Beltrán e Manuél che ridevano come pazzi davanti a del vino, non erano ubriachi, erano felici … e se suo fratello e lo “sconosciuto” erano allegri, anche lei lo era. Finalmente il suo timido fratellino si era aperto ed aveva fatto amicizia, non poteva che gioirne. Si sedette con loro e le raccontarono gli avvenimenti di quel pomeriggio, quindi Beltrán si congedò ringraziando ancora una volta lo “sconosciuto” per l’aiuto.
“sei riuscito in un’impresa quasi impossibile”
“istruire due frane di lavoratori come voi?” lei adorava il suo sarcasmo.
“sai bene che non intendevo quello … Jorge non ha mai avuto molti amici, è davvero timido”
“è simpatico, però.”
“si, molto. Ed anche dolcissimo”
“come te, vedendoti così calma mi  chiedo dove sia finita quella ragazza scontrosa che ho conosciuto sul treno” Manuél era sorpreso da questa sua tenera sfaccettatura, ma la amava. Adorava ogni parte di lei.
“è ancora qui, pronta ad uscire gli artigli al momento opportuno.” Scherzò la straniera. Pensò che parlare con lui era così semplice, così spontaneo, così bello. Chiunque li avesse visti dall’esterno li avrebbe sicuramente scambiati per una coppia, si lanciavano certi sguardi che dicevano più di mille parole. Al momento di salutarsi Esperanza sentì come un vuoto dentro, non voleva separarsi da lui.
“allora ci vediamo in giro, Manuél”
“contaci, mi sono divertito molto con te … volevo dire con voi” le dedicò un sorriso stupendo che la ragazza ricambiò. Avrebbe voluto abbracciarlo, lo desiderava tanto, tuttavia si contenne. Restava pur sempre il fidanzato di Juanita, purtroppo, e non poteva tradirla. Ma poteva tradire il suo cuore mettendolo a tacere?

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Capitolo 13
*** capitolo 13 ***


«adorati genitori,
è passata una settimana dal nostro arrivo a Puente Viejo, ed ormai conosciamo tutti quanti. La gente qui è incredibilmente gentile ed affettuosa, anche con degli stranieri di cui non conoscono l’identità. Per gli abitanti del paese, tutti, nessuno escluso, siamo Felicidad e Jorge Lobos, due Cubani in cerca di pace e tranquillità dopo la morte dei genitori. Abbiamo preferito non svelare chi siamo davvero, neanche i famigliari ne sono al corrente. Adesso vi starete chiedendo come ci manteniamo  … vi sorprenderà sapere che siamo stati assunti come camerieri alla locanda. Sembrerà assurdo ma siamo incredibilmente portati! Va bene, mio fratello  lo è molto più di me, ma sono solo dettagli. Nella scorsa missiva vi ho parlato degli incontri con i nonni, Candela e Rosario; adesso proseguirò con gli altri.
Don Anselmo:
il parroco è molto anziano ormai, ma non perde la sua grande energia e vitalità. Non celebra più messa ma si rifiuta di passare a letto la maggior parte della giornata, per la sua età è davvero informa.
Matías  Castañeda:
 è venuto alla locanda con la moglie Beatriz e il figlioletto di quattro anni, Miguel. Sono davvero simpatici. È molto diverso da come ce lo avete descritto, gli anni l’anno trasformato in un uomo responsabile.
Severo Santacruz:
è un uomo tutto d’un pezzo, nobile e gentilissimo. Anche il suo fedele amico Carmelo Leal sembra una persona affidabile e sincera. La figlia di Severo e Candela, Sofía è semplicemente adorabile, mi ricorda tanto i gemelli. (salutateli da parte nostra, ci mancano tantissimo)
famiglia Mirañar:
lasciatevi dire che Dolores non è cambiata di una virgola, resta la solita pettegola di sempre. Pensate che ha cercato di estorcerci la verità sul viaggio in più di un’occasione, poi si è venuto a sapere che la moglie del lattaio lo ha tradito e ci ha lasciati in pace. Quanto ad Hipólito, sta sempre dietro ad i figlioletti che ha avuto con Gracia. Il bambino tra tutti e tre sembra proprio lui, sono convinta che saranno i piccoletti ad insegnare a lui come cavarsela in questo mondo, se non ci fosse la madre non so che fine farebbero  i poverini. Don Pedro continua a sopportare la moglie, bisognerebbe dargli un premio solo per questo.
Famiglia Ortuño:
Mariana e Nicolás sono persone stupende, per non parlare di Juanita! Lei ed io siamo diventate grandi amiche ed anche il mio compagno di viaggio le è particolarmente affezionato …
Lucas Moliner:
è una bravissima persona, oltre che un medico altamente competente. Lui, sua moglie Sol ed il figlioletto adottivo Marcos sono dei tesori. Vivono anche loro alla Quinta Miel Amarga, quella casa è particolarmente affollata, proprio come avrebbe dovuto essere il Jaral se la famiglia al completo avesse vissuto lì. A proposito di quella tenuta, dovete sapere che è stata completamente ricostruita e ci vivono i sarti Pía e Roque con il figlio Manuél. (quest’ultimo e “Jorge” sono diventati amici per la pelle)
Francisca Montenegro:
siamo felici di non averla ancora incontrata, e speriamo di non imbatterci in lei durante la nostra permanenza qui. In giro però non si ha più la stessa paura della sua persona, ci hanno riferito che ormai non esce più di casa. Sembra proprio che la sua ora stia per arrivare, ma non correremo rischi inutili.
Il nostro segreto è al sicuro. Ci mancate moltissimo, ma presto torneremo ad abbracciarci e non ci separeremo mai più. Vi vogliamo un bene infinito.
Per sempre vostri,
E e B»
Gonzalo e María lessero la lettera con le lacrime agli occhi. Anche se Francisca sembrava essere fuori gioco, non si fidavano neanche un pelo di lei e saperla così vicina ai loro figli non li faceva stare tranquilli. Tuttavia si sentivano orgogliosi di come Esperanza e Beltrán stavano gestendo la situazione, non vedevano l’ora che tornassero per stringerli forte. Martín rimise la lettera nella busta e la nascose insieme alle altre missive dei figli, poi andò dalla moglie e la baciò con amore.
“mi fido di loro, tesoro”
“anche io, vita mia. Anche io”
 

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Capitolo 14
*** capitolo 14 ***


Juanita l’aveva invitata a casa sua per bere una tisana quel pomeriggio, era contenta all’idea di passare qualche ora in sua compagnia. A La Havana aveva molte amiche, ma nessuna riusciva a capirla come faceva lei, con sua cugina c’era un’intesa speciale. Mancava ancora un’oretta abbondante alle cinque, così aveva preso la strada più lunga, quella che costeggiava il fiume. Ogni giorno che passava amava sempre di più quel luogo, proprio come il fratellino. Vide un bellissimo fiore bianco e, pensando che all’amica avrebbe fatto piacere riceverlo, si chinò per raccoglierlo, ma venne preceduta da … Manuél.
“dovrai rinunciare a qualsiasi piano per questo bel fiore, perché adesso è mio e posso farci quello che voglio” sembrava un bambino mentre lo diceva e alla giovane scappò un ridolino.
“e come vorresti usarlo?”
“avrei una fantastica idea” Esperanza sentì le farfalle nello stomaco quando Manuél le si avvicinò e delicatamente le sistemò il candido fiore tra i capelli. Lei arrossì ed abbassò la testa, così  una ciocca le ricadde sul viso e lui gliela sistemò dietro l’orecchio.
“ecco, questo è il suo posto nel mondo” le disse sorridendo. Tra i loro volti non c’era molta distanza, ci sarebbe voluto davvero poco per annullarla e regalarsi uno splendido bacio. Non smettevano di guardarsi negli occhi, e lentamente iniziarono a ridurre lo spazio che divideva le loro labbra socchiuse. Esperanza chiuse le palpebre, lui fece lo stesso, ma proprio sul più bello si udì un forte nitrito. La magia si frantumò in un istante. Manuél si ritrasse di scatto e corse dal cavallo.
“Dicha, calmati bella.” Accarezzò il manto marrone della puledra, cercando di tranquillizzarla. Era una coincidenza che la cavalla avesse un nome che è sinonimo di Felicidad?
“che cosa le è successo? Si è ferita?”
“non credo, deve aver visto un topo o qualcosa che l’ha spaventata.” Rispose lui controllandole gli zoccoli.
“si, deve essere stato questo. È molto giovane, di solito i puledri tendono a spaventarsi facilmente”
“te ne intendi di cavalli?” le chiese con sguardo interrogativo.
“li adoro, a Cuba ne ho uno. Ha il manto bianco come la neve e si chiama Estrella.” Anche lei le mancava terribilmente, era tanto tempo che non andava a montare. Questa passione l’aveva ereditata da María, che alla sua età aveva una giumenta di nome Miophia, la madre stessa le aveva insegnato a cavalcare.
“quindi sai andare a cavallo?”
“da quando avevo cinque anni”
“Bene, in tal caso mi piacerebbe vedere come te la cavi. Verresti a fare una passeggiata con me?”
“considerando che è da due mesi che non salgo su un cavallo, molto volentieri. Ma non adesso, devo andare a casa di Juanita per una  tisana”             
“ti va bene domani, alla stessa ora? Ci incontriamo all’ingresso delle scuderie del Jaral”
“ci sarò, puoi contarci” gli fece l’occhiolino e riprese a camminare a passo alto.
Una ventina di minuti più tardi era a casa della cugina con un sorriso smagliante disegnato sul volto.
“avanti, raccontami. Chi è il giovanotto che ti ha rubato il cuore?” le chiese Juana portandosi alle labbra una tazza di tisana fumante.
“nessuno, ti stai sbagliando amica mia.” Le sembrava assurdo che fosse tanto evidente. Cosa avrebbe dovuto fare? Non poteva mica dirle che si era invaghita del suo fidanzato … sarebbe stato atroce, ma non voleva neanche mentirle … così le disse la verità, omettendo però il suo interesse per il figlio dei sarti.
“ed allora per che cosa stai sorridendo come un ebete?”
“c’è una spiegazione logica. Domani pomeriggio andrò a cavallo”
“e questo basta a renderti più felice di un bambino con un barattolo di caramelle in mano?”
“certo. Non hai idea di quanto io ami gli animali.”
“l’istinto mi dice che ami di più il tuo accompagnatore per la passeggiata.” Esperanza divenne bianca in volto, tuttavia decise di non mentirle.
“no, non potrei mai. Vedi Juanita, è stato Manuél a propormelo. Senti, so che è il tuo fidanzato, perciò se ti dà fastidio devi solo dirmelo ed io non mi presenterò. Mi divertirei molto domani, ma per me è molto più importante la tua amicizia …” affermò sinceramente.
“ma no, stai tranquilla Felicidad. Non me la  prendo, è solo una passeggiata e voglio che tu ti diverta durante la permanenza a Puente Viejo. Piuttosto se Manuél si comporta male avvisami, che gli assesto un paio di scappellotti in testa.” Si mise a ridere e l’amica la seguì.
“sicuramente. Grazie mille, non tutte le ragazze lo avrebbero fatto.” Una fidanzata innamorata del suo uomo sicuramente non avrebbe permesso a nessuna di avvicinarsi a lui, ma Juanita si era resa conto che ciò che provava per Manuél non era amore. Se ne era accorta solo grazie al  forestiero, quel ragazzo che le aveva portato il cesto a casa e che impacciato la spiava mentre stendeva il bucato. Per ben tre volte lo aveva sorpreso mentre se ne stava appollaiato dietro un cespuglio ad osservarla, questo la lusingava, la faceva sentire desiderata e il suo fidanzato non le aveva mai fatto provare certe sensazioni.
“questo ed altro per un’amica come te. È da qualche giorno che sei qui, eppure mi sembra di conoscerti da  tutta la vita.”
“anche io sento lo stesso. Vieni qui, fatti abbracciare” la strinse forte a sé. Era davvero l’amica migliore che potesse desiderare.

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Capitolo 15
*** capitolo 15 ***


Beltrán era di nuovo alla fattoria, dietro il solito cespuglio ad osservare la stessa scena di sempre, che non lo avrebbe mai annoiato. Juanita era incredibilmente bella mentre prendeva i panni e li appendeva al filo sospeso, con delle mollette. Più i giorni passavano, più si rendeva conto che Juanita si stava trasformando in tutto il suo mondo. Il problema era che il suo nuovo mondo apparteneva già a qualcun altro, al suo migliore amico e non poteva certo deluderlo. Nonostante il fidanzamento di quei due, sembrava che all’uno non importasse molto dell’altra, perché li vedeva freddi e lo sguardo di Manuél si illuminava solo al sentire il nome di sua sorella. Dal giorno del loro primo incontro non le aveva più parlato, perché gli mancava il coraggio, ma Esperanza aveva ragione: doveva essere più determinato ed aperto. Così si fece forza e si avvicinò alla “cugina”.
“ciao, Juanita.” Lei si girò di scatto e si sorprese nel trovarsi davanti a Jorge. Era ora che le parlasse!
“ciao, è da tanto tempo che non ci vediamo. Ormai pensavo che fossi ripartito”
“sono stato solo molto impegnato …” mentì il ragazzo, il quale non sapeva che lei fosse al corrente dei suoi teneri appostamenti.
“un vero peccato, mi piacerebbe parlare di più con te. Vorrei conoscerti meglio.”
“ma questo è il mio pomeriggio libero.” Fece un respiro profondo e le chiese: “che ne dici di passeggiare un po’ insieme?” la giovane non poteva credere alle sue orecchie, finalmente la proposta che aveva aspettato con ansia.
“ma certo”
“allora quando ti passo a prendere?”
“aspetta un attimo qui” corse dentro casa in fretta e furia e ne uscì qualche minuto dopo vestita di tutto punto.
“sono pronta, possiamo andare” sorrisero entrambi e si incamminarono.
 
Nel frattempo anche Esperanza era in trepidazione per il suo incontro con Manuél. Era arrivata sul luogo dell’appuntamento con largo anticipo e stava pensando e ripensando al mancato bacio con il figlio dei sarti. Perché desiderava tanto qualcosa di così sbagliato? Sbagliato non solo nei confronti della cugina, ma anche di Manuél e di se stessa, perché prima o poi lei sarebbe ritornata a Cuba ed il cuore di entrambi si sarebbe spezzato irrimediabilmente. Il rumore di alcuni passi la distolsero dai pensieri e le fecero aumentare il battito cardiaco.
“la principessa è pronta per conoscere il suo destriero?”
“come mai prima d’ora.” La portò in una stalla dove la aspettava un bellissimo cavallo dal pelo marrone.
“lui è Pablito”
“è bellissimo”
“il più docile della scuderia”
“come scusa? Per caso credi che io non sia capace di tenere a bada un cavallo più vivace?”
“non lo so, è per questo che ti ho invitata” salirono entrambi sui rispettivi animali ed uscirono dalle stalle.
“che ne dici se facciamo una corsetta fino al fiume?” propose lui, ed Esperanza gli lanciò uno sguardo di sfida.
“Pablito ed io ti faremo mangiare la polvere …” poi sfrecciarono al galoppo tra gli alberi. Manuél faticava a starle dietro, era davvero veloce … ancora una volta quella ragazza si era rivelata una sorpresa. Correvano così forte ed erano tanto concentrati che non si resero conto di essere passati vicino a Beltrán e Juanita, i quali a loro volta erano troppo impegnati a parlare per accorgersi della loro presenza, nonostante il rumore degli zoccoli e le foglie che volavano per aria ad ogni passo. Giunta sulla riva del torrente Esperanza si fermò, scese dal cavallo e lo accarezzò trionfante, poco dopo Fresnedoso la raggiunse.
“avevi ragione, ti ho sottovalutata Felicidad”
“mai sottovalutare  un Ca … Lobos. Noi non ci arrendiamo mai” affermò convinta legando il suo destriero ad un tronco.
“si, me ne sono accorto. Sei davvero incredibile, la persona più speciale che ho conosciuto in vita mia.” La guardò negli occhi e lei si sentì svenire per l’intensità del suo sguardo.
“dici sul serio?”
“non ti mentirei mai” Espe ebbe una fitta al cuore al pensare che invece lei gli stava mentendo sulla sua identità. Accennò un sorriso e si mise ad accarezzare il manto dorato di Dicha, proprio come Manuél. Ad un tratto le loro dita si sfiorarono e sentirono un brivido lungo la schiena, un brivido d’amore.
“alloro posso farti una domanda?”
“dimmi”
“è un caso che la tua puledra abbia quasi il mio stesso nome?” ci fu una lunga pausa.
“no” quella semplice sillaba le fece capire che l’interesse era reciproco. “mi sono innamorato di te, Feliciad Lobos.” Ciò che seguì quelle parole fu inevitabile: lui prese il suo volto tra le mani che tremavano per l’emozione, sfiorò il naso della straniera con il proprio e poi le loro labbra si unirono. Esperanza si sciolse tra le sue braccia e finalmente si sentì completa. Aveva trovato il pezzo mancante del suo cuore, la tessera più importante del puzzle che lo costituiva adesso era al suo posto. Lentamente si staccarono, restando con le fronti unite ed i respiri incastrati.
“anche io, Manuél” gli disse a fior di labbra.
 

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Capitolo 16
*** capitolo 16 ***


“Mi sono innamorato di te …”
Non passava secondo in cui non ricordasse Manuél  pronunciare quelle parole per poi baciarla. Il suo primo, meraviglioso bacio.
“anche io” gli aveva risposto a quell’affermazione, ed era vero. Si era perdutamente innamorata di lui e se ne era resa conto grazie alle parole che le disse María riguardo all’amore.
« È semplicemente quando senti di appartenere a qualcuno che appena conosci, quando un solo sguardo basta per parlare e quando il cuore batte all'impazzata anche solo sentendo il suo nome.» era esattamente ciò che provava per il figlio dei sarti. Amore: dolce, puro e sincero. Quella notte lo aveva sognato, quella stessa mattina aveva rovesciato un secchio d’acqua perché era distratta dal suo  viso e dalle sue parole che le inondavano la mente ad ogni occasione. Stava lavorando alla locanda, c’era poca gente, ma non  voleva starsene con le mani in mano, così si era offerta di pulire le finestre che si affacciavano sulla piazza. Prese uno straccio, lo immerse nel secchio d’acqua ed iniziò a strofinare energicamente il vetro. Ad un tratto lo vide e rimase impalata a fissare Manuél che parlava con il fruttivendolo. Era tremendamente bello e quando i loro sguardi si incontrarono per caso, il suo stomaco iniziò a fare le capriole.
“che cosa c’è fuori di tanto bello da rimanere estasiata?” Emilia si presentò dietro di lei e sbirciò ciò che Espe stava ammirando. “ah, capisco. Ti ha fatto perdere la testa il bel figlio dei sarti”
“ma no, donna Emilia. Come vi viene in mente?”
“è  inutile che cerchi di mentirmi, so riconoscere una persona innamorata e credimi, tu lo sei”
“è tanto evidente?”
“ce lo hai scritto in fronte. Come lui del resto …”
“ma è fidanzato, ed io non sono quel tipo di persona che strappa l’amore a qualcun altro”
“sono tanti anni che conosco Manuél e Juanita e non si sono mai scambiati un solo sguardo d’amore sincero. Cosa che tu e lui fate continuamente. E poi la tua amichetta l’ho vista molto presa da Jorge, ieri passeggiavano per la piazza.” 
“quindi credete che …”
“se vi amate non permettete a nessuno di separarvi. Fatti forza, va da lui!” sua madre le avrebbe dato lo stesso identico consiglio e perciò lo seguì alla lettera. Si tolse il grembiule, si sistemò i capelli e raggiunse il ragazzo. Si presentò alle sue spalle e gli coprì le mani con gli occhi, prendendolo di  sorpresa.
“vediamo un po’ chi potrebbe essere … madre, siete voi?” scherzò lui. “Emilia? Ah, ho capito siete Dolores!” appena le mani della giovane si erano posate su di lui, non aveva avuto il minor dubbio: era Felicidad, l’amore della sua vita.
“che stupido, sai benissimo chi sono!” lui si girò di scatto e prese le mani della straniera tra le sue, poi la guardò negli occhi.
“come potrei confonderti con qualcun altro se sei semplicemente unica?” lei notò che qualche paesano si era fermato a fissarli.
“vieni con me” lo trascinò in una stradina nascosta.
“come mai mi hai portato qui?”
“per questo” gli scoccò un bacio sulla guancia ed entrambi divennero rossi in volto.
“se ogni volta che mi vedrai in piazza mi ricompenserai così credo che stenderò una brandina vicino alla fontana” lei sorrise.
“Manuél, vorrei parlarti di una cosa davvero importante. Vieni sediamoci” si poggiarono su una panchina.
“ieri ci siamo detti delle cose ed è successo ciò che è successo”
“nonostante il tuo linguaggio molto specifico, ho capito cosa intendi. È stato il momento più bello della mia vita”
“io ho provato lo stesso. Ma ora che faremo?”
“in che senso?”
“con Juanita” era perplesso, ma capiva benissimo la preoccupazione della ragazza.
“con lei sistemerò tutto io”
“la lascerai? Non voglio che soffra”
“sono stufo di ingannarla e di mentire a me stesso. Non ci amiamo. Io voglio passare con te ogni istante della mia vita” mentre pronunciava quelle parole il cuore di Esperanza minacciava seriamente di uscire dal petto.
“ma io prima o poi partirò”
“a questo penseremo quando sarà il momento, pensiamo a vivere il presente. Il presente è il dono più prezioso” la forestiera gli lanciò le braccia al collo e lui l’accolse tra le sue. Tutti e due in quel momento sentivano di aver trovato un porto sicuro, si sentivano felici e protetti, si sentivano a casa quando erano stretti nell’abbraccio della persona amata.  
Nel frattempo qualcuno, vestito di nero ed il volto coperto li stava osservando a loro insaputa …
 

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Capitolo 17
*** capitolo 17 ***


“Ecco, dammi il tempo di sistemare l’attrezzatura e poi ti insegnerò” disse Juanita.
“ma vorrei aiutarti in qualche modo, non mi piace stare con le mani in mano”
“Jorge, credimi quando ti dico che non è semplice e che io stessa ci ho messo anni per imparare ad usare correttamente questi marchingegni” affermò sistemando il cavalletto. Il paesaggio che avevano davanti era bellissimo e la luce particolarmente adatta alla sessione fotografica che stavano per intraprendere. La Ortuño, durante la passeggiata di qualche giorno prima, aveva promesso a Beltrán che gli avrebbe insegnato a fotografare e lei manteneva sempre la parola data, perciò si trovavano sulla cima del monte.
“sono certo che romperò qualcosa e tuo padre mi ucciderà”
“ucciderà prima me per essere venuta qui, mi ripete sempre che è pericoloso. Ma che ci posso fare se adoro questo posto?” in effetti era proprio incantevole, perché si vedevano bene i monti sullo sfondo, il bosco ed anche il ruscello che bagnava le campagne del paese. Beltrán sorrise ed annuì, poi si mise in posa davanti alla macchina fotografica come gli ordinò la sua insegnante. Guardando Jorge da dietro l’obbiettivo, Juanita si rese conto che era davvero affascinante, con i suoi occhi scuri, i capelli ricci e scompigliati ed un accenno di barba.
“potresti fare il modello, sai?”
“lo farei volentieri se tutte le fotografe fossero come te”
“credo di essere uno dei pochi fotografi donna in circolazione”
“in tal caso poserò solo per te” lei sorrise e lui la seguì a ruota. La figlia di Mariana e Nicolás chiamò il fotomodello al suo fianco e gli espose brevemente il funzionamento della macchina.
“e l’immagine da dove la vedo per poterla inquadrare?”
“da questo forellino qui” gli spiegò indicando il mirino. “avanti, provaci. Sai tutto ciò che c’è da sapere. Inizia con una foto del paesaggio” Beltrán seguì alla lettera le istruzioni di Juanita e riuscì nel suo intento.
“credo che sia venuta abbastanza bene, ma per vederla dobbiamo svilupparla in camera oscura. Sei davvero bravo.” Erano entrambi accovacciati all’altezza della macchina ed i volti erano molto vicini, troppo vicini …
“mai quanto te” continuarono a perdersi l’uno negli occhi del’altra e fu impossibile contenersi. In un secondo azzerarono la distanza tra le loro labbra e si abbandonarono all’amore che provavano. Perché si, il loro era amore. Non importavano più né Manuél né Blanca, l’unica cosa che contava era stare insieme. Quando si staccarono non furono più necessarie le parole, uno sguardo bastò a comunicarsi il reciproco interesse e la voglia di stare insieme.
“perché adesso non fai tu la modella? Vorrei immortalare la tua bellezza … anche se ho paura che la foto venga sovraesposta, visto tutta la luce che emani” la bionda si sentì lusingata e capì che avrebbe dovuto lasciare il suo fidanzato perché non desiderava altro che vivere il resto della sua vita con Jorge. Terminati gli scatti entrarono in casa per sviluppare le fotografie.
“però, che procedimento complesso!” affermò Beltrán attaccando l’ultimo scatto al filo con una molletta per farlo asciugare.
“già. Sono venute proprio bene, siamo una squadra formidabile. Pensa un po’: studio fotografico Ortuño-Lobos”
“suona proprio bene” pensò lui con rammarico. Non gli piaceva vivere nella menzogna.
“ti immagini come sarebbe lavorare gomito a gomito?”
“niente mi renderebbe più felice.”
“questo vuol dire che senti qualcosa per me?”
“vista la mia timidezza, mi è difficile esprimere i miei sentimenti, ma si, sento qualcosa di speciale per te. Non dovrei dire questo, visto che il tuo fidanzato è il mio migliore amico”
“a lui ci penso io.”
“che cosa vuol dire?”
“che se tu sei innamorato di me ed io di te, nessuno potrà separarci, soprattutto una persona verso cui non sento altro che amicizia.”
Si avvicinò al forestiero e gli posò un piccolo bacio sulle labbra.
“come reagirà Manuél?”
“se ne farà una ragione. È deciso. Domani ci incontreremo alla locanda e chiuderemo per sempre questa faccenda.”
“mi ami così tanto da rinunciare a lui?”
“io ti amo e basta. Lui è solo un amico, e comunque credo che tua sorella provi qualcosa per lui, quindi perché impedire loro di stare insieme?”
“va bene. Allora a domani” Juanita ricambiò il saluto. Il giovane tornò alla locanda con un sorriso stampato in faccia, era così felice ed emozionato che si scordò completamente dell’esistenza di Blanca. Infondo loro non stavano insieme … non la stava tradendo, giusto? Ma chi voleva prendere in giro, avrebbe dovuto sistemare la faccenda il più presto possibile.

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Capitolo 18
*** capitolo 18 ***


Sembrava una di quelle scene che si vedevano al cinematografo, tratte da pellicole d’amore o di spionaggio. Juanita e Manuél si erano dati appuntamento a mezzogiorno alla locanda e si trovavano seduti ad un tavolino all’esterno, imbarazzati e timorosi di offendere l’altro con la rottura. In quel mentre Beltrán stava fingendo di pulire i vetri in un punto tanto vicino da poter sentire la conversazione e, dalla parte opposta della piazza, Esperanza si rinfrescava alla fonte tendendo entrambe le orecchie nella loro direzione. Era evidente che i ragazzi seduti si fossero accorti dei controllori e questo non faceva che accrescere l’imbarazzo.
“posso servirvi qualcosa?” Emilia smorzò il silenzio.
“certo, portateci qualche stuzzichino che è ora di pranzo e non abbiamo mangiato nulla” rispose Manuél. La locandiera si ritirò in cucina per preparare l’ordine.
“siamo venuti qui per un motivo, e non è certo il cibo … hai detto di volermi parlare, Manuél”
“tu mi hai detto lo stesso” si guardarono di sfuggita sempre più imbarazzati.
“ed allora chi inizia?”
 “prima le signore”
“ma no, parla tu per primo” parevano due bambini.
“insisto”
“e va bene … vedi, è da un po’ di tempo che sento una strana sensazione. Entrambi abbiamo conosciuto persone nuove e …”
“e ce ne siamo innamorati” capirono che il problema di cui volevano parlare era lo stesso.
“è meglio che rompiamo il  fidanzamento!” dissero all’unisono. Incredibilmente la reazione fu positiva: non ci furono grida, lacrime, insulti o sofferenza, ma solo una grande risata.
“se volevamo la stessa cosa, perché avevamo tanta paura di dircelo?”
“non lo so Juanita. L’importante è che abbiamo risolto tutto e che da oggi siamo liberi di poter stare con chi amiamo davvero.”
“ti voglio bene”
“anche io” si abbracciarono e i due che erano rimasti ad origliare si avvicinarono cautamente.
“avete finito di spiarci? Vi hanno mai detto che siete pessimi come investigatori?” chiese il moro dagli occhi azzurri.
“in realtà è la prima volta” affermò Beltrán fingendosi offeso. Esperanza pensò che avrebbero dovuto migliorare la propria tattica per indagare sui reali motivi che li avevano spinti a Puente Viejo. Manuél prese per mano Esperanza, chiedendo prima l’approvazione del fratello con lo sguardo, mentre quest’ultimo cinse con le braccia la vita della bionda. Adesso si che tutti e quattro erano felici.
“vi ho portato gli assaggini” la locandiera portava un vassoio in mano e si sorprese ne vedere la scenetta che si ritrovò davanti.
“credo che porterò qualcosa in più …”
“bisogna festeggiare. Portate anche del vino” Beltrán era esaltato.
“credo che Dolores avrà molto su cui spettegolare” affermò sua sorella.
“che parli pure, amica mia.”
Effettivamente la moglie del sindaco aveva osservato tutta la scena dall’Emporio ed era rimasta allibita dalla facilità con cui le coppie si rompevano e se ne creavano di nuove. Quei forestieri stavano iniziando a scompigliare la calma di Puente Viejo, tuttavia li trovava simpatici. Almeno le avevano dato un valido motivo di conversazione, poteva chiacchierare su questo per almeno due settimane!
 
Era passato qualche giorno dal chiarimento e la vita non avrebbe potuto essere più bella per i giovani innamorati. Non stavano ancora insieme ufficialmente, ma era palpabile l’amore che si professavano a vicenda. Ogni mattina Manuél si presentava alla locanda con un fiore per Espe, mentre Beltrán aveva conosciuto i genitori di Juanita, nonché suoi zii. Quella sera ci sarebbe stato un ballo in piazza per la tradizionale festa del bestiame e le ragazze erano elettrizzate all’idea di ballare con i rispettivi pretendenti. Si stavano preparando alla fattoria e poi l’automobile del Jaral sarebbe passata a prenderle per scendere in paese. Si vestirono intonando melodie allegre e, sistemati i capelli con dei bei fermagli, uscirono di casa per salire in macchina. Fuori era buio pesto, visto che gli Ortuño vivevano in aperta campagna, perciò l’atmosfera non era delle migliori … l’automobile fortunatamente arrivò in fretta.
“prego, signorine. Entrate pure” disse Manuél aprendo lo sportello. Nonostante lui sapesse guidare, era uno choffer a condurre il veicolo.
“che gentile” rispose la bionda, mentre l’amica baciava il gentiluomo sulla guancia. Ad un tratto tutti rimasero paralizzati dallo spavento udendo un fruscio tra le piante …

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Capitolo 19
*** capitolo 19 ***


“Cos’è stato?”
“non lo so, Juana. Probabilmente un animale, se volete vado a controllare” lei annuì.
“vengo con te”
“no, resta qui. Non è niente, ma non voglio che tu corra rischi inutili, Felicidad”
Si addentrò nell’oscurità e ne uscì all’incirca un minuto dopo, con un volto apparentemente tranquillo.
“già, sicuramente sarà stata qualche bestiolina. Non perdiamo tempo, andiamo a questa festa” tutti quanti finsero un sorriso cercando di dimenticare l’accaduto, anche se Esperanza sapeva che Manuél le stava nascondendo qualcosa di molto importante, lo vedeva turbato e più tardi avrebbe indagato sulla sua inquietudine. Salirono sulla vettura ed in men che non si dica si ritrovarono nel bel mezzo della festa. C’erano tavolini al centro della piazza, un tavolo con abbondante cibo ed un grammofono dal quale usciva una musica movimentata. Beltrán li aspettava all’ingresso della locanda, appena vide Juanita le corse incontro posandole un bacio tra i capelli. C’erano praticamente tutti i paesani: a partire da Hipólito Mirañar per arrivare a Severo Santacruz, con le rispettive famiglie. Dopo il discorso del sindaco, che era più incentrato sul bouffe che sul motivo della fiera, si aprirono le danze. Hipólito mise su un valzer e Beltrán si precipitò a ballare con la sua compagna.
“mi concedete questo ballo, signorina Lobos?”  il figlio dei sarti tese la mano nella direzione di Espe.
“non potrei esserne più felice, signor Fresnedoso” afferrò la sua mano ed iniziarono a muoversi a ritmo di musica. Esperanza trovò particolarmente piacevole la sensazione del suo corpo che ondeggiava con quello d lui, e per Manuél fu bellissimo poterla stringere tra le sue braccia. Si desideravano tanto, avevano bisogno l’uno dell’altra e se lo comunicavano con degli sguardi carichi di dolcezza ed amore.
“seguimi” si fecero spazio tra la gente e si ritrovarono in un vicolo appartato. Appena furono soli Manuél si catapultò sulle labbra di Esperanza. La ragazza con aveva idea che in quello stesso identico punto, anni prima, anche i suoi genitori si fossero scambiati un bacio inteso ed appassionato al riparo da sguardi indiscreti. La Castro ricambiò il bacio attirando Manuél a sé e perdendosi sulle sue labbra. Quando si staccarono avevano entrambi le bocche rosse come ciliegie.
“scusami, ne avevo bisogno”
“anche io, non sai quanto.”
“sei incantevole stasera”
Manuél sussultò quando vide un’ombra in lontananza.
“che ti succede? Prima ti vedevo teso, ed adesso ho la stessa impressione”
“niente, davvero.”
“non ti credo, guardami negli occhi”
Lui abbassò lo sguardo nella sua direzione ed Espe lesse la preoccupazione in quei due pozzi azzurri.
“non posso proprio mentirti, non è vero?”
“assolutamente no”
“è qualche giorno che mi sento seguito.”
“seguito in che senso?” iniziò anche lei ad intimorirsi.
“vedo sagome scure alle mie calcagna, sento rumori ovunque. Forse sarà solo una mia fissazione …”
“ho l’impressione che la tua non sia una supposizione infondata. Anche io ho visto quell’ombra poco fa, e come dimenticare il fruscio tra le foglie quando sei venuto a prenderci …”
“non so che cosa fare”
“cerca di non andare mai in giro da solo, se ti accadesse qualcosa io …”
“tu cosa?”
“non riuscirei a vivere senza di te” Manuél sorrise davanti a quella dichiarazione.
“seguirò il tuo consiglio, ti do la mia parola. Ora però torniamo a divertirci” la prese per mano ed insieme tornarono in piazza, dove continuarono a ballare cercando di dimenticare la storia dell’inseguitore.
“don Nicolás, anche noi vogliamo essere immortalati” urlò Beltrán e fece segno al fotografo di avvicinarsi a loro. Il padre di Juanita scattò prima una foto a sua figlia ed il forestiero, poi il fratello di Espe chiese il permesso di usare la macchina e fece un ritratto alla sorella con il suo migliore amico.
“da quando ti sei dato alla fotografia, fratello?”
“da quando ho una fantastica insegnante” guardò la bionda e dal loro sguardo la Castro capì che anche il loro amore era puro e sincero. Alla fine della bellissima serata Esperanza regalò a Manuél il suo fermaglio decorato con dei fiori.
“questo è per te. Affinché ti possa ricordare di me per sempre” gli disse al momento di salutarsi.
“anche se volessi dimenticarti non ci riuscirei, e credimi, non voglio. Non c’è motivo di dirci addio per adesso, e quando arriverà il momento, sappi che ti aspetterò tutta la vita se sarà necessario.”
“ti amo”
“ti amo”

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Capitolo 20
*** capitolo 20 ***


Le fotografie erano davvero incantevoli, esprimevano a pieno le emozioni che provavano stando l’una con l’altro. Juanita aveva procurato una copia per ognuno, come ricordo della bellissima serata trascorsa insieme ed in più aveva sviluppato anche una che ritraeva lei e suo fratello nel bel mezzo della piazza.
“grazie mille, amica mia. Sono stupende”
“ci pensi tu a dare a Manuél la sua copia?”
“certo, sono proprio diretta a casa sua. Devo approfittare dei pomeriggi liberi”
“ti piace lavorare lì?”
“si, mi rende felice. È bello vedere tanta gente, conosciuta e non, che si rilassa per un po’. Mi ricorda il viaggio sul transatlantico che mi ha portata in Spagna. Ho conosciuto tante persone su quella nave, pensa che una vecchietta mi ha invitata a casa sua, in Italia”
“ci andrai?”
“forse. Mi piacerebbe, però. Vorrei conoscere tanti posti nuovi”
“viaggeresti per il resto della vita?”
“no, il mio vero sogno è un altro. Conosco tante lingue, ho studiato molto fino ad oggi, ma non so perché fin da piccola sogno di poter aprire un’attività come quella di Emilia ed Alfonso. La gestirei con la mia futura famiglia, sai vorrei avere almeno tre figli.”
“con Manuél?”
“niente mi renderebbe più felice. Tu invece? Quali sono i tuoi programmi per il futuro?”
“ho ereditato la passione di mio padre per la fotografia, mi piacerebbe aprire uno studio tutto mio. Poi ho notato che anche tuo fratello è affascinato da quest’arte, potremmo lavorare insieme se lui lo volesse”
“credo che per te sarebbe disposto a tutto. Ti ama per davvero”
“anche Manuél ti ama, si vede da come ti guarda. Attraverserebbe l’oceano con te se solo glielo chiedessi. Pensi che tornerai a Cuba?”
“prima o poi si”
“ma hai detto che lì non hai famiglia”
“sono confusa, non ho ancora preso una decisione al riguardo” in realtà sapeva benissimo che sarebbe dovuta tornare, non avrebbe mai potuto lasciare lì i suoi genitori ed i gemelli.
“mi mancheresti tanto”
“anche tu. Adesso però mi conviene incamminarmi verso il Jaral” si salutarono e lei si diresse verso la tenuta, nella quale non era mai entrata. Sapeva che dopo l’incendio era stata ricostruita esattamente come era prima, e non vedeva l’ora di vedere la casa. Si trovava più o meno a metà strada quando sentì un urlo.
“ahi, che dolore” si girò e trovò una signora di mezza età seduta sul ciglio della strada che si massaggiava una caviglia, corse subito nella sua direzione.
“signora, si è fatta male?”
“credo di aver preso una storta alla caviglia.” Affermò con il viso contratto dal dolore.
“a giudicare dalla vostra espressione dolorante, potreste anche esservi rotta qualche osso. Sarà meglio che vi accompagni dal dottore”
“ma no, ora mi alzo. Puoi stare tranquilla.” Esperanza iniziò a raccogliere le arance che si erano sparpagliate per terra e, una volta rimesse tutte nella cesta, aiutò la sconosciuta ad alzarsi. La prese da sotto il braccio per facilitarle l’operazione e, così facendo, sentì un delicato odore di rose provenire dal suo collo. Era Pía, ne era certa.
“non insistete, adesso vi accompagno dal dottor Moliner.”
“grazie mille, sei davvero una brava ragazza. Come ti chiami?”
“Felicidad”
“non ci credo, sei quella Felicidad? Quella che mio figlio non fa altro che nominare?” la fanciulla rise.
“penso di si.”
“ora capisco perché Manuél ti adori, sei davvero bella, educata e dolce”
“vi ringrazio per i complimenti, ma adesso è meglio andare al dispensario” avanzarono molto lentamente, a causa dello zoppicare di Pía, e impiegarono più i un ora per giungere a destinazione. Alla fine non era altro che una semplice distorsione ed era bastata una fasciatura per farla stare meglio. Roque passò a prendere sua moglie quella sera all’imbrunire ed Esperanza si rese conto che ormai era tardi per andare da Manuél e per vedere il Jaral. “sarà per un altro giorno” pensò “almeno la mia futura suocera mi adora”.
 
La mattina dopo Manuél passò dalla locanda per salutare Felicidad e ringraziarla di aver aiutato sua madre. Se lo aspettava da una come lei. La forestiera gli consegnò la foto scattata alla festa del bestiame e poi lui si diresse verso casa, con l’intenzione di incorniciarla e metterla in camera sua, proprio sul comodino accanto al fermaglio che lei stessa gli aveva regalato. Aveva una vera e propria adorazione nei confronti della cubana, la venerava perché la riteneva la cosa più bella che gli fosse capitata. Nei giorni precedenti aveva fatto molta attenzione a non rimanere solo per più di qualche minuto, ma la macchina era rotta ed il calesse l’avevano preso i suoi genitori per un breve viaggio di lavoro, così era costretto ad andare a casa a piedi e da solo, visto che non voleva scomodare qualcuno per accompagnarlo. Nonostante tutto, si sentiva abbastanza tranquillo. Ad un tratto ricominciò a sentire dei rumori tra i cespugli circostanti, ed andò a controllare se ci fosse qualcuno. Niente, non c’era nessuno in mezzo agli arbusti.
“è un vero piacere fare la tua conoscenza” si voltò e vide un uomo biondo, con gli occhi azzurri come i suoi, ma più basso e con una folta barba.
“e voi chi siete?”
“come, non mi riconosci? Sono Fernando Mesía … tuo fratello”
 

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Capitolo 21
*** capitolo 21 ***


“Mio fratello? Ma che dite? Io sono figlio unico! E poi perché mi stavate seguendo?” il figlio dei sarti era interdetto.
“bene, bene, vedo che non sei al corrente della verità”
“quale verità? Di cosa state parlando? Non cambiate discorso, vi ho chiesto il motivo del vostro pedinamento! Sono giorni che mi seguite e vorrei saperne la ragione”
“si, è vero ti ho seguito perché volevo conoscere meglio il mio fratellino”
“smettetela di dire che sono vostro fratello! Mio padre e mia madre, Roque Fresnedoso e Pía Toledano,  non hanno avuto altri figli oltre me.”
“oh, poverino. È qui che ti sbagli: Roque non è tuo  padre. Ti hanno mentito” Manuél stava davvero impazzendo.
“dove volete andare a parare?”
“voglio semplicemente metterti al corrente della verità. Tuo padre è Olmo Mesía. Siamo fratelli, non vedi come ci assomigliamo?” disse con un sorriso malvagio. Il ragazzo iniziò a riflettere e a chiedersi se quell’uomo non stesse mentendo.
“come faccio a crederti?”
“chiedi pure a tua madre, deve essersi divertita molto ad andare a letto con il nostro defunto padre”
“non insultarla! Adesso andrò a casa e risolverò una volta per tutte questa faccenda, vi dimostrerò che vi sbagliate”
“bene, quando avrai capito che ti hanno ingannato, mi troverai alla locanda di La Puebla.” Si voltò ed andò via senza salutare, anche Manuél fece lo stesso. Arrivato al Jaral, aspettò il ritorno dei genitori. Restò seduto sul divano finché non si aprì la porta.
“figlio, come mai hai quell’espressione così seria?”
“dobbiamo parlare”
“di cosa? dicci pure”
“delle mie origini. Ditemi la verità, padre, sono o non sono figlio vostro?” Roque e Pía si guardarono e capirono che era giunto il momento di confessare. Un po’ titubanti raccontarono a Manuél tutto ciò che c’era da sapere.
“quindi è vero, mi avete mentito per ben diciotto anni” iniziò a battere le mani “vi faccio davvero i miei complimenti. Ma come avete potuto farmi questo?”
“pensavamo che fosse la cosa migliore per te. Olmo è stato solo un grandissimo errore nella mia vita”
“ma io sono frutto di quel dannatissimo errore, madre. Sempre  che non scopra che voi non siete davvero mia madre”
“ma cosa dici, Manuél, certo che lo è” intervenne Roque.
“ormai sto mettendo in discussione ogni cosa. Chi mi dice che non mi state nascondendo altro? Come posso credervi?”
“Roque ti ha voluto bene come se fossi suo figlio, ti ha dato amore incondizionato, è lui il tuo vero padre”
“no che non lo è. L’ho considerato tale per tutto il corso della mia vita, ma non lo è! Non capite che mi sento ingannato? Io gli avrei voluto comunque bene, ma avevo il diritto di saperlo”
“hai ragione, abbiamo commesso un gravissimo errore, ma ricorda che siamo la tua famiglia” Pía si avvicinò a lui cercando di fargli una carezza sulla guancia, ma il ragazzo si scansò.
“ora vado, non aspettatemi per cena, né per la notte. Ho bisogno di riflettere.” Detto ciò se ne andò senza guardarsi indietro.
 
Esperanza aveva appena finito di scrivere l’ennesima lettera indirizzata ai genitori, nella quale raccontava loro della festa del bestiame, ed alla quale aveva allegato la fotografia che la ritraeva con Beltrán. Sicuramente avrebbe tirato su il morale a Gonzalo e María e li avrebbe convinti almeno in parte che il  viaggio stava andando meglio del previsto, infatti non c’erano state complicazioni. Imbucò la busta nella cassetta della posta e si toccò la collana che le aveva regalato il padre, adorava quel gioiello perché le ricordava la sua famiglia e la faceva sentire speciale. Stava tornando verso la locanda, nel pomeriggio avrebbe dovuto lavorare, quando vide Pía correre allarmata nella sua direzione.
“Felicidad, devi aiutarci”
“cosa è successo, donna Pía?”
“Manuél è scappato via correndo, è rimasto sconvolto da una notizia ed adesso non vuole più rivederci. Devi parlare con lui”
“ma perché ha avuto una reazione simile? Cosa ha scoperto?”
“che Roque non è il suo vero padre. Per favore, trovalo e parla con lui. Noi non abbiamo la benché minima idea di dove possa essere e comunque non vuole vederci. Magari tu puoi fargli cambiare idea e convincerlo a  tornare a casa”
“ora vado subito a cercarlo. Non posso promettervi che tornerà, però, sapete benissimo che è davvero testardo”
“ha detto che non tornerà per la notte, ho paura che possa dormire all’aperto ed ammalarsi”
“mi occuperò io di questo, non preoccupatevi”
“grazie, sei un angelo”
“lo faccio perché ci tengo troppo a lui”
Non fu difficile trovarlo, Esperanza sapeva benissimo che lui adorava sedersi su di una roccia vicino al ponte che da il nome al paese, ad ammirare l’acqua del fiume che scorreva. Era esattamente lì, immobile con lo sguardo perso e vuoto. Si sedette al suo fianco e gli poggiò una mano sulla spalla.

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Capitolo 22
*** capitolo 22 ***


“Cosa ci fai qui?” lei non rispose, piuttosto lo guardò negli occhi e lui capì il motivo che l’aveva portata fino al fiume.
“tira un brutto vento, così prenderai freddo” si tolse la giacca e gliela posò sulle spalle. Era incredibile come anche nei momenti di difficoltà si preoccupasse tanto per lei. Esperanza per un po’ preferì restare in silenzio e lo confortò poggiando la testa sulla sua spalla. Sentì i muscoli rilassarsi sotto il peso del suo capo e fu felice di sapere che la sua presenza lo tranquillizzava.
“so che è una domanda stupida, ma come ti senti?”
“tradito, umiliato, ingannato. Sento che tutta la mia vita è stata una grande menzogna”
“sfogati pure, sono qui per ascoltarti. Non sentirti giudicato”
“vedi, io ho sempre amato i miei genitori ed ora scoprire che in realtà mio padre, o meglio Roque, mi ha mentito e non è, insomma … non mi ha generato lui. Se me lo avessero detto, io lo avrei comunque amato come un padre perché è stato lui a crescermi. Non avevo forse il diritto di saperlo?”
“hai completamente ragione”
“ed adesso non so se potrò di nuovo fidarmi di loro, non so se potrò di nuovo riporre la mia fiducia in qualcuno. Sento che tutto il mondo mi mente, tutti tranne te”
Espe sentì una fitta al cuore, udendo quelle parole. Manuél si fidava di lei, e lo stava tradendo. Non voleva mentirgli, eppure era costretta a farlo.
“vedrai che l’arrabbiatura passerà e riuscirai a perdonarli, infondo sono la tua famiglia.”
“adesso ho solo voglia di andare lontano e non rivederli più. Partiamo, Felicidad. Andiamo a Cuba! Mi avevi detto che prima o poi avresti dovuto tornarci, quindi partiamo, sono disposto ad attraversare l’oceano con te e non fare più ritorno”
“niente mi farebbe più piacere che vivere con te nella mia terra natale, ma non è scappando che si risolvono i problemi. Tu sei un uomo forte, non puoi arrenderti alla prima difficoltà.”
“hai ragione, non risolverei nulla così. Il fatto è che mi sento così solo”
“non sei solo, io sono qui per appoggiarti”
“non sai quanto ti amo” sfiorò il naso della Castro con il suo.
“dimmi, come lo hai scoperto?”
“hai presente quell’ombra che mi seguiva?” lei fece cenno di si con la testa. “bene, questa mattina ho scoperto che era un uomo. Si è presentato come Fernando Mesía ed ha detto di essere mio fratello.”
Fernando Mesía. Perché quel nome le sembrava tremendamente famigliare e le dava i brividi?
“suppongo che tu sia andato a chiedere spiegazioni”
“esatto, non gli credevo ed ho cercato conferma tra le mura domestiche. Ho scoperto di essere figlio di Olmo, un uomo crudele e cattivo”
“è evidente che tu non hai preso da lui, perché sei una persona meravigliosa. Ora che pensi di fare con Fernando?”
“credo che ci parlerò per scoprire cosa vuole da me. Non mi sembra un brav’uomo, credo che abbia secondi fini”
“stai attento con lui, da come ne parli non sembra un tipo affidabile. Comunque questa notte dove la passerai?”
“qui, accampato sulla roccia”
“neanche per sogno,vieni, andiamo alla locanda. Sono sicura che Emilia non avrà nulla in contrario ad ospitarti per una notte, poi domani penserai al da farsi. D’accordo?”
“mi hai convinto.” Esperanza gli posò un dolce bacio sulla guancia e vide la tristezza nei suoi occhi azzurri diminuire lentamente.
 
Fernando Mesía era appena arrivato alla Villa e stava attendendo fuori dallo studio della Montenegro.  Lui sapeva benissimo che donna Francisca era gravemente malata e prossima alla morte, quindi gli sembrava strano che trovasse ancora le forze per stare seduta alla scrivania e pianificare vendette contro i suoi nemici. Era grazie alla matrona che era riuscito ad uscire dal carcere e finalmente poteva di nuovo godere della libertà. Se solo Gonzalo, María e quella mocciosa di Esperanza non fossero morti quasi due decenni prima, sicuramente si sarebbe impegnato per rendere la loro vita un inferno, ma adesso l’unica cosa che poteva fare era seguire le indicazioni di Francisca. L’obiettivo era distruggere l’impero Toledano ed il punto di partenza era rompere i legami affettivi della famiglia.
“avanti” Fernando aprì la fatidica porta a scrigno, come gli era capitato di fare molte altre volte in passato, ed entrò.
“Mesía. Allora, novità?”
“buone notizie signora, Manuél ha scoperto la verità riguardo alle sue origini e non vuole più rivedere la sua famiglia.”
“bene, la prima parte del piano è stata completata. Se andiamo avanti così presto potremo portare via tutto il denaro a quegli infelici prima del previsto” tossì.
“non dimenticatevi che …”
“si , lo so. Non c’è bisogno che me lo ricordi ad ogni occasione … metà dei soldi sarà tua, compreso il Jaral. Non fare passi falsi però, ricordati che è solo grazie a me che sei libero.”
“e come dimenticarlo. Al momento giusto, farò fuori Manuél, così i genitori disperati saranno più vulnerabili e noi ci impossesseremo del patrimonio.”
“ci siamo capiti, ora puoi ritirarti” fece un colpo di tosse e scortesemente lo invitò ad uscire e lasciarla sola. La morte si stava avvicinando, lo sentiva, tuttavia avrebbe lottato fino alla fine per averla vinta su tutto. Per distruggere la felicità di chiunque le fosse capitato a tiro.
 

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Capitolo 23
*** capitolo 23 ***


La vita è sempre così diversa da come la immaginiamo, prendiamo Esperanza e Beltrán ad esempio. I due ragazzi credevano che dovessero tenersi lontano da Francisca per essere al sicuro, ed invece il vero pericolo aveva un altro nome a loro sconosciuto. Un nome che Gonzalo e María conoscevano fin troppo bene, quello di Fernando Mesía. La matrona ormai era quasi fuori gioco, ma se quell’uomo avesse scoperto il loro segreto, li avrebbe tormentati per sempre, avrebbe distrutto la loro famiglia. Tutto ciò i fratelli non lo sapevano, eppure Espe aveva un presentimento tremendo, il solo sentire nominare Fernando le faceva venire la pelle d’oca. Non sapeva se Manuél avrebbe deciso di stabilire un rapporto con suo fratello, ma sperava vivamente di no.
“buongiorno”
“buongiorno, come stai? Hai dormito bene?”
“non ho chiuso occhio tutta la notte, sono stato a rimuginare per ore ed ore.” disse il giovane sedendosi allo stesso tavolo della mora.
“ed hai preso una decisione?”
“si, almeno per un po’ non voglio vedere mia madre, né Roque. Credo che rimarrò alla locanda per qualche giorno.”
“e poi?”
“ci penserò in seguito. Ho bisogno di tempo per assimilare la notizia. Mi chiedo: mia madre come ha potuto tradirlo? Come si può ingannare la persona che si ama?” si vedeva che era ancora tremendamente confuso. pensò Esperanza piena di sensi di colpa.
“parli del diavolo …” Pía entrò nella locanda e si avvicinò al tavolino dove erano seduti loro. Manuél stava per alzarsi ed andare via.
“non farlo, figlio mio. So che non vuoi vederci, quindi sarò breve. Tuo padre ed io questa mattina partiremo per un viaggio d’affari, andremo nella capitale e ci resteremo per qualche settimana, perciò sei libero di tornare a casa.”
“non so se lo farò, sto bene qui”
“la mia è solo una proposta. Torna al Jaral, quando torneremo parleremo della situazione. Non voglio costringerti, la decisione sta a te” il figlio non rispose e lei tornò sui suoi passi.
“so che cosa stai per chiedermi, Felicidad, e si, credo che ci andrò” lei non ebbe neanche il tempo di aprire la bocca, quella domanda era davvero tanto prevedibile? O era lui che le leggeva la mente?
 
La notizia del ritorno di Fernando Mesía non faticò a fare il giro di tutto il paese in poco meno di un giorno, soprattutto grazie all’amichevole collaborazione di Dolores Mirañar. Esperanza, parlando con lei, aveva capito che era finito in carcere e ci era restato per parecchi anni, anche se ne ignorava il motivo. Lo vide per la prima volta vicino alla fontana ed il suo volto le diede il voltastomaco, per non parlare del suo sguardo poi … aveva anche lui gli occhi azzurri, ma a differenza di quelli di Manuél, i suoi erano colmi di disprezzo, rabbia e malvagità. Guardando quella ragazzina, Mesía sentì la strana sensazione di conoscerla già, i suoi lineamenti gli erano  molto famigliari, tuttavia non ci fece caso più di tanto perché per lui era solo l’insulsa amante del fratellino da fare fuori; se fosse stato necessario, non avrebbe esitato ad uccidere anche lei.
 
“la conosci la leggenda della fontana?” Esperanza era rimasta scossa alla vista di Fernando e, dopo che se ne era andato, si era avvicinata alla fonte per rinfrescarsi. Oltretutto faceva un caldo bestiale, era assurdo come il clima cambiasse da un momento all’altro.
“no, Manuél.” Mentì. Sapeva a memoria quella storia, ma aveva voglia di ascoltarla dalle sue labbra. Si sedettero proprio sul bordo della fonte guardando l’acqua che scorreva regolarmente. Lui le raccontò brevemente la leggenda, poi aggiunse:
“e così si dice che un forestiero che beve direttamente dalla fontana, è destinato ad innamorarsi di qualcuno del luogo e stabilirsi a Puente Viejo. Questa è anche detta la sorgente dell’amore”
“non credo molto a questa storia, ma devo ammettere che è incredibilmente romantica”
“che tu ci creda o no, funziona. Conosco tantissimi forestieri che si sono fermati in questo paesino per amore”
“non credo che sia necessario bere da qui per trovare l’amore. Prendi me, ad esempio, non ho assaporato quest’acqua, eppure sono profondamente innamorata di un paesano.”
“e chi sarebbe questo tizio?” si finse indignato.
“un ragazzo moro, con gli occhi azzurri più belli e sinceri che abbia mai visto. Sei tu, sciocchino” lui le prese la mano come se fosse il gesto più naturale del mondo. La mano di Manuél sembrava fatta per accogliere la sua, le loro dita intrecciate davano un senso di sicurezza ad entrambi; quel gesto così semplice, eppure così intimo era semplicemente bellissimo. Nessun dei due era perfetto, eppure quando erano insieme davano vita a qualcosa di forte de unico, un amore perfetto nella sua imperfezione.
“comunque sia, ho visto tuo fratello dissetarsi qui senza usare un bicchiere, vedremo se ho ragione o no. Considera che l’amata l’ha già incontrata.” Esperanza sorrise per la testardaggine di quel giovane che l’aveva rapita e portata in un’altra dimensione.

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Capitolo 24
*** capitolo 24 ***


“Allora, hai visto che avevo ragione io, piccoletto. Il legame indissolubile del sangue ci obbliga ad essere in buoni rapporti”
“prima di tutto ci tengo a dire che non è il sangue a creare una famiglia, ma l’affetto ed è evidente che io non ne provo nei tuoi confronti. Sarò sincero, non mi fido di te e sono certo che tu nasconda secondi fini in questo modo così improvviso di avvicinarti a me” Manuél era più che convinto della sua ipotesi ed il suo istinto non si sbagliava affatto.
“come sei prevenuto nei miei confronti, voglio solo recuperare il tempo perso con il mio fratellino”
“tempo perso in una prigione in cui sei stato giustamente rinchiuso. Mi hanno raccontato cosa hai fatto, Fernando”
“quello appartiene al passato, sono cambiato ormai” il figlio dei sarti non credeva ad una sola parola proveniente dalla bocca del Mesía.
“e cosa avresti intenzione di fare per iniziare questo ?”
“non so, potremmo  fare un’escursione insieme, così parleremo e ci conosceremo meglio.”
“va bene” rispose titubante “ma non adesso, i miei staranno fuori per qualche settimana ed io devo occuparmi della tenuta.”ovviamente era solo la prima scusa che gli venne in mente.
“d’accordo, allora avvisami tu quando puoi” disse Fernando con voce falsamente angelica. I due si salutarono in modo freddo e distaccato. Manuél sapeva che quell’incontro non avrebbe mai avuto luogo, non sarebbe più rimasto solo con lui neanche per un istante. Ci teneva troppo alla sua vita, anzi ci teneva troppo a Felicidad per mettersi a rischio e lasciarla sola.
 
“bene don Anselmo, ecco qui il pranzo. Direttamente dalla locanda, caldo e fumante per voi.
“ti ringrazio, Felicidad. Ero troppo stanco per passare dalla oggi. Ormai sono davvero anziano, mi costa molto camminare per lunghe distanze.” Disse il vecchio parroco sedendosi su una sedia in canonica.
“l’importante è che siate ancora in salute e che riusciate a gestire la vostra parrocchia”
“si, sicuramente ho ancora le forze per dire messa qui a Puente Viejo. Oggi sono andato in quel paesino vicino per un’emergenza, ma la prossima volta dovranno fare a meno di me, figliuola”
“ben detto, per una volta pensate prima al vostro bene. Voi siete sempre stato solo a gestire questa chiesa?”
“è da innumerevoli anni che mi manca un aiuto, fino ad una quindicina di anni fa mi aiutava padre Berengario, ma poi l’hanno affidato ad un'altra parrocchia. Tra il 1919 ed il 1920 invece mi aiutava un giovane diacono, Gonzalo”  ad Esperanza parve strano che quel ministrante avesse lo stesso nome di suo padre.
“e poi cosa gli è successo?”
“è una storia molto intricata ed interessante la sua”
“raccontate pure, sono curiosa”
“Gonzalo era solo un diacono quando è giunto a Puente Viejo e si è innamorato perdutamente di una ragazza del posto, María Castañeda. Ha preso i voti e poi se ne è pentito, quindi ha lasciato il sacerdozio per lei. Quando se ne è andato sono restato di nuovo solo, ma mi sono rallegrato per quei due che si sono sposati ed hanno avuto una figlia meravigliosa, Esperanza. Poi il destino ce li ha portati via tutti e tre” la giovane trasalì ascoltando quella storia. Suo padre era un prete??
“sento tutt’ora la sua mancanza, la sua e di tutta la famiglia, erano davvero delle persone meravigliose e la cosa peggiore è non aver visto crescere la piccolina. Sarebbe diventata una signorina elegante ed educata” pensò lei. Non voleva essere ripetitiva con le domande, seppure le poneva solo a sé stessa, ma suo padre era davvero un sacerdote? Sembrava pazzesco, soprattutto visto che non aveva mai dimostrato una grande devozione verso l’Altissimo.
“quindi la sua fede vacillava? Altrimenti non avrebbe lasciato i voti”
“l’amore per María era più forte di qualsiasi altra cosa. Quella fede poi l’ha praticamente persa perché la vita gli ha tirato dei colpi bassi. Come la scomparsa temporanea della figlioletta, poverini quei due.”
“cosa le è successo?”
“quel mostro di Fernando Mesía l’aveva rapita, e l’hanno creduta morta per un bel po’. Per fortuna in quella situazione tutto è finito per il meglio e  il criminale è finito dietro le sbarre, c’è restato fino ad ora” ad ogni parola lei restava sempre più sconvolta. Ecco perché Mesía le aveva fatto una brutta impressione, perché il solo sentire pronunciare il suo nome la terrorizzava, perché lui le aveva fatto del male! Avrebbe voluto porre molte altre domande a don Anselmo, ma si sarebbe insospettito, così lo ringraziò per averle raccontato la storia di Gonzalo e si congedò di fretta, con la scusa di dover fare una commissione urgente. Corse verso la locanda e, una volta in camera si precipitò a scrivere una lettera. Mentre la penna correva feroce sul foglio, desiderosa di ricevere risposte alle domande che tracciava sulla carta, entrò Beltrán e lei fu costretta a raccontare tutto al fratello prima di continuare nella stesura della missiva. Inutile dire che anche il ragazzo rimase stupito dalle novità.
«cari genitori,
credo che abbiate molte cose da spiegarci …» proseguì chiedendo loro di raccontare una volta per tutte la loro storia d’amore per intero e di spiegare il ruolo di Fernando nella vicenda. Raccontò anche del suo incontro con il Mesía, che si era rivelato essere il fratello di un suo amico. Aveva bisogno di sapere e di chiarire una volta per tutte i dubbi che la attanagliavano.
 

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Capitolo 25
*** capitolo 25 ***


“No, Gonzalo, tu non ci andrai. Ti rendi conto di cosa potrebbe succedere se Francisca o Fernando ti vedessero?”
“ma nostra figlia è in serio pericolo ed io non me ne starò con le mani in mano mentre rischia la vita” disse lui stringendo in un pugno la lettera ricevuta qualche minuto prima.
“per poi mettere in pericolo anche Jorge, Clara, me e te stesso? No, non ti permetterò di imbarcarti da solo di nuovo. Devo ricordarti cosa successe l’ultima volta?”
“e cosa dovremmo fare? Rischiare che Esperanza e Beltrán muo …”
“non provare neanche a pensarlo. Loro staranno bene”
“finché Francisca Montenegro e Fernando Mesía resteranno in vita, nessuno sarà mai al sicuro a Puente Viejo e tu lo sai benissimo”
“e sentiamo, cosa faresti una volta lì?”
“non lo so, qualcosa farò. Sarà pur sempre meglio di stare dall’altra parte dell’oceano!”
“è qui che ti sbagli. Amore mio, nessuno di loro due è a conoscenza della vera identità di Espe e Beltrán, perciò non avrebbero motivo di fare del male ai nostri figli. Se invece ti vedessero in paese, avrebbero la certezza che tutti noi siamo vivi e la nostra vita tornerebbe ad essere nelle mani di quei maledetti. Tu non vuoi che la nostra bellissima famiglia sia rovinata da quei mostri, giusto?”
“no, certo che no. Ma succederebbe ugualmente se facessero del male ai nostri figli maggiori”
“guardami negli occhi” Martín fece come sua moglie gli aveva chiesto.
“ora scriviamo una lettera ai ragazzi e diciamo loro cosa fare. Se le cose dovessero complicarsi ci avviseranno e solo se ci confermano di essere in serio pericolo potremmo decidere di partire”
“va bene”
“ora respira e calmati” Gonzalo la guardò negli occhi e trovò la pace che tanto faticava ad incontrare in modo diverso.
 
“Quanto può essere affascinante l’universo …” affermò Esperanza con tono sognante.
“nasconde così tanti segreti e misteri. Quando pensi di saperne abbastanza ti sorprende con delle novità meravigliose” lei e Manuél si trovavano in aperta campagna, distesi supini su una coperta ad ammirare il cielo pieno di stelle. “certo, non quanto te. Sei il mistero più incantevole che esista” la guardò intensamente e lei si sentì avvampare, adorava quando la riempiva di complimenti.
“perché mi definisci un mistero?”
“perché in fin dei conti non so nulla di te”
“non c’è molto da sapere.”
“tutti abbiamo una storia da raccontare, la mia la conosci in ogni minimo dettaglio. Sai ogni mia preoccupazione e riesci a leggermi la mente, invece io non riesco mai a capire ciò che ti passa per la testa.”
“è complicato.”
“parlane con me, sai di poterti fidare ciecamente”
“non è il luogo, né il momento”
“credo che tu abbia molte domande ed ancora nessuna risposta, ti vedo dubbiosa. Credimi se ti dico che è il momento giusto per sfogarti, chissà magari le stelle ti daranno le risposte che cerchi. Loro sono incredibilmente sagge”
“vuoi farmi credere che possano avere la soluzione ai miei problemi?”
“parlane, io farò da interprete con il cosmo” Espe rise e si rese conto che quel ragazzo aveva l’incredibile capacità di sollevarle il morale e strapparle sempre una risata.
“so che stai cercando di estorcermi la verità, e sappi che non funzionerà”
“so che nascondi qualcosa, ma è così grave? Tanto importante da non poterne parlare con nessuno?”
“non c’è cosa che mi piacerebbe di più di metterti al corrente di tutto, magari potessi. Mi devi promettere una cosa, Manuél.”
“che cosa?” prese la sua mano ed iniziò a disegnarci dei cerchi sopra con il pollice.
“che niente riuscirà a rovinare il nostro rapporto, che nessun avvenimento, per quanto sia grave ci separerà” la cosa che temeva di più era che lui potesse abbandonarla a causa delle sue menzogne.
“te lo prometto, ma solo se mi giuri che mi racconterai tutto il prima possibile.”
“va bene.” Ancora un’altra bugia, un’altra stupida bugia che un giorno l’avrebbe allontanata da lui. Il silenzio calò nuovamente tra i due innamorati che tornarono ad osservare il firmamento. Una falce di luna splendeva alta nel cielo ed aiutava le piccole stelline ad illuminare una notte che altrimenti sarebbe stata buia come l’anima di Fernando e Francisca. I lineamenti di Felicidad erano ancora più dolci sotto quella luce fioca e Manuél non resistette alla tentazione di baciare le sue morbide labbra, per lui erano miele, nettare di vita. Entrambi si sorprendevano ogni volta dell’intensità dei propri sentimenti. Una stella cadente iniziò la sua corsa verso una meta ignota lasciando sulla volta celeste una scia luminosa e magica.
“guarda, una stella cadente! Bisogna esprimere un desiderio, ma attento non dirlo a nessuno, altrimenti non si avvererà.” I ragazzi, inconsapevolmente, chiesero la stessa cosa al cielo: che a distanza di anni si trovassero sempre al fianco della persona amata, che il tempo e le difficoltà non spezzassero i loro sentimenti.
Continuarono ad ammirare le costellazioni, senza saperne il nome ancora per un po’
“Felicidad, il mio sogno è di poter approfondire le mie conoscenze sull’universo”
“vuoi fare l’astrologo?”
“forse”
“anche a me piacerebbe saperne di più. Il mio sogno da bambina era aprire una locanda tutta mia, ma chissà dove ci porterà la vita …”
“ l’unica cosa che importa è condividere il destino insieme, quel destino che ci ha fatti incontrare ed innamorare forse ci condurrà verso mete ignote, ma ciò che conta siamo noi due. Se sono insieme a te non ho paura di niente, neanche del futuro” Esperanza si sciolse con le sue parole e pensò che non avrebbe potuto essere più fortunata.
“ti amo” rispose sottovoce, mentre i puntini bianchi che riempivano il cielo sembravano ancora più lucenti.

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Capitolo 26
*** capitolo 26 ***


“Felicidad, vieni qui. Devi portare l’ordine a Julio. La ragazza si avvicinò di fretta ad Alfonso e prese delicatamente il piatto dalle sue mani. Modestamente stava diventando piuttosto brava nel suo lavoro, ed era strano vista la sua sbadataggine: nell’ultimo mese non aveva rovesciato un piatto, né rotto un bicchiere e ne era davvero orgogliosa. Stava lavorando ininterrottamente ormai da qualche ora ed il caldo di luglio, anche se non era paragonabile a quello cubano, la stava facendo sudare.
“a volte non so cosa faremmo noi due senza te e Jorge”
“e noi non sapremmo che fare senza la vostra disponibilità. Se non ci aveste offerto questo posto in cambio di un alloggio, a quest’ora saremmo per strada a mendicare” affermò Esperanza servendo l’ennesimo cliente. Ad un tratto la porta si spalancò ed entrò Pablo, il postino.
“ho una consegna per Felicidad Lobos” la forestiera sobbalzò e gli corse incontro. Sperava che fosse la lettera di risposta dei suoi genitori, ma restò un po’ spiazzata quando l’uomo le diede un pacchetto. Era privo di mittente, come ogni lettera che le veniva recapitata. Esperanza non vedeva l’ora di aprirlo e svelare il mistero che riguardava il suo contenuto, ma stava lavorando quindi avrebbe dovuto aspettare quella sera.
“se vuoi puoi andare in camera tua ed aprirlo”
“davvero?”
“si, qui hai finito per oggi. Ti do il resto del pomeriggio libero”
“grazie mille, don Alfonso. Gliene sarò eternamente grata” lui sorrise, ma la fanciulla non se ne accorse perché era già sulla scalinata che portava alla sua stanza. Trovò Beltrán sdraiato sul letto che si stava godendo la sua meritata siesta.
“Bel, svegliati!” lo scosse talmente forte che al poverino per poco non si lussava una spalla.
“perché lo hai fatto? Sai che non mi piace essere svegliato”
“è arrivato questo” gli mostrò la scatola. Lui si rizzò a sedere all’istante.
“cosa credi che contenga?”
“non lo so” la agitò avvicinando ad essa l’orecchio. “non produce alcun rumore”
“apriamola! Che stiamo aspettando?” si aiutarono a vicenda ad aprire il pacchetto e dentro trovarono un fascicolo ed una lettera sulla quale c’era scritto “da leggere dopo”. I fratelli si guardarono straniti ed Esperanza afferrò quei fogli tenuti insieme da degli anelli di metallo. Sulla copertina non c’era scritto nulla, così sfogliò la prima pagina ed iniziò a leggere ad alta voce.
«Era il 21 agosto 1919,sembrava una giornata come tante altre ed invece fu quella che cambiò la mia vita per sempre. Stavo aspettando la diligenza che trasportava dei guanti per la mia madrina, ma quest’ultima ritardò a causa di un incidente. Mi iniziai a lamentare con mia zia Mariana per l’attesa, ma poi mi resi conto che aspettare ne era valsa la pena perché dal carro che arrivò in piazza scese un giovane ragazzo. Era alto, muscoloso ed indossava solo una canottiera, era vostro padre. Dal primo momento in cui i nostri occhi si incontrarono capii che era lui l’amore della mia vita, lo stavo aspettando da tempo e finalmente era davanti a me in carne ed ossa … » continuò nella lettura della storia speditamente, sorridendo e piangendo, sentendo tante emozioni diverse farsi strada nel suo cuore. Quel fascicolo raccontava nei minimi dettagli l’amore dei suoi genitori, c’era descritta ogni emozione, ogni difficoltà che avevano dovuto affrontare, il cui ricordo era ancora vivo nella mente di Gonzalo e María. Il tempo non aveva sbiadito quei momenti, anzi, se possibile aveva reso i loro contorni ancora più nitidi. Esperanza si spaventò quando scoprì che Fernando era stato il marito di sua madre e rabbrividì nel leggere gli abusi nei suoi confronti. Più volte le venne l’impulso di strappare la carta davanti alle ingiustizie e alle sofferenza che erano descritte, ma si trattenne e giunse fino alla fine. Scoprì finalmente i motivi che li avevano spinti a fuggire e resistette all’istinto omicida nei confronti della Montenegro e di Mesía.
«… e questa è la nostra storia,il nostro amore fino ad oggi. Spero di non avervi annoiato con questo lunghissimo racconto per il quale, come potete ben vedere, una semplice lettera non sarebbe bastata.» sia lei che Beltrán erano in una valle di lacrime quando lui, con le mani tremanti prese la piccola busta che giaceva sul fondo del pacchetto ed iniziò a leggere.
«figli adorati,
visto che vostra madre si è oltremodo protratta scrivendo un intero libro, sarò breve. Scusateci per non avervi raccontato tutto prima, ma eravate piccoli e volevamo proteggervi da tante atrocità, ma evidentemente abbiamo sbagliato. Alla prima occasione distruggete quel fascicolo, per non lasciare alcuna traccia. Anche se Francisca sembra fuori gioco, non fidatevi di lei e statele lontani, ma soprattutto non rivolgete la parola a Fernando. Se le cose dovessero complicarsi in qualche modo avvisateci, mandateci una lettera, o meglio telefonateci. State attenti, per favore e tornate il prima possibile. Ci mancate tanto e siamo in pena per voi.
Un bacio, G» nessuno dei due riusciva a pronunciare una parola in merito a quello che era accaduto, e non sapevano neanche che emozione provare: rabbia? Compassione? Gioia? Delusione? L’unica cosa certa era lo stupore, perché non si aspettavano nulla di tutto ciò. Nel silenzio più totale si abbracciarono e cercarono per un attimo di svuotare la mente.

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Capitolo 27
*** capitolo 27 ***


Quella sera Beltrán si era coricato molto presto, mentre Esperanza, che non sarebbe riuscita a conciliare il sonno, era andata a fare una passeggiata. Ormai conosceva quelle vie come le sue tasche ed era un bene, perché con la testa affollata di notizie e scoperte sconvolgenti, era difficile decidere che strada prendere. I piedi, che sembravano dotati di un cervello tutto loro, la portarono verso El Jaral, anzi, più probabilmente era stato il cuore a condurla lì. Il caldo che si sentiva quel pomeriggio era evaporato ed in cielo si erano concentrate dense nubi che annunciavano un intenso temporale. La ragazza, tuttavia, non si decideva a prendere la via del ritorno. Pensava, ripensava e meditava su quello che era accaduto poche ore prima: alla fine la verità gliela avevano raccontata gli stessi genitori! Era certa che se avessero chiesto informazioni prima, il viaggio non sarebbe servito, perché Gonzalo e María non avrebbero certo opposto resistenza. Se solo avessero saputo tutta la loro storia,  non sarebbero partiti mettendo a rischio l’intera famiglia. , pensò . I genitori non le avevano mai negato niente, le avevano dato tutto l’affetto di cui un bambino ha bisogno, eppure sentiva che le mancava qualcosa; solo accanto a Manuél si sentiva davvero completa. Smise di rimuginare solo quando una pesante goccia d’acqua la colpì direttamente sul naso, in breve quella goccia fu seguita da innumerevoli sue compagne che sembravano divertirsi ad inzuppare i vestiti della straniera. Un lampo squarciò il cielo ed il conseguente tuono rimbombò tra gli alberi, facendola sussultare.
“Felicidad, che ci fai qui?” si girò e vide un Manuél grondante d’acqua.
“non lo so” la prese per mano e la portò in casa, lei si fece trascinare senza opporre resistenza. Una volta varcata la porta d’ingresso restò piacevolmente stupita dall’eleganza dell’arredamento e si sorprese nell’immaginare la sua infanzia lì. Si vedeva tra le braccia del padre mentre María le dava la pappa cucinata dalla bisnonna Rosario, ma anche seduta sulla poltrona del nonno Tristán mentre la mamma le faceva le trecce con tanto amore, oppure a rincorrere i fratellini per i corridoi, erano immagini tanto vivide e dettagliate da sembrare ricordi.
“ti vado a prendere dei vestiti puliti, o così bagnata ti ammalerai” affermò Manuél toccandole i capelli fradici. Anche lui era nelle sue stesse condizioni, e lei lo trovava incredibilmente affascinante con quel ciuffo bagnato che gli scendeva sugli occhi, evidenziandone il colore cristallino. Tornò qualche minuto dopo con un vestito color pesca, probabilmente di sua madre.
“ecco, metti questo. Puoi cambiarti in una stanza qualsiasi, siamo soli in casa perché come sai i miei genitori sono in viaggio e le domestiche hanno la serata libera”
“grazie” gli rivolse un sorriso e lui fece altrettanto.
“ma sentiamo, come mai ti trovavi da queste parti?”
“stavo passeggiando ed ho perso la cognizione del tempo”
“a quest’ora! E con il temporale alle calcagna! Certo che sai essere davvero irresponsabile ... e se non ti avessi trovata?”
“perché ti preoccupi tanto per me?”
“perché ti amo, e lo sai” le guance le andarono di nuovo a fuoco, le succedeva troppo spesso in sua compagnia. Si avvicinò a Manuél e gli sfiorò la camicia bagnata.
“ora è meglio cambiarci” Esperanza salì le scale ed entrò nella prima porta sulla destra, chissà forse era quella che condividevano Gonzalo e María. Era consapevole che l’edificio era solo una ricostruzione del Jaral originario, ma le piaceva pensare che quell’incendio non fosse mai avvenuto. La stanza era abbastanza grande, con le tende drappeggiate rosso scuro ed un letto matrimoniale nel bel mezzo. La colpì immediatamente il comodino con sopra una fotografia incorniciata: quella del ballo in cui c’erano lei e Manuél. Con tutta probabilità era la sua camera da letto.
“Felicidad, sei qui?”
“si, ho finito. Un attimo solo” si spogliò in fretta ed indossò l’abito pulito. “entra pure” si era cambiato anche lui e si stava asciugando i capelli con un asciugamano. Gli occhi di Espe si posarono su di una chitarra accantonata in un angolo.
“sai suonarla?” la ragazza indicò lo strumento.
“certo, sono un po’ arrugginito perché è da tempo che non lo faccio, ma me la cavo”
“mi faresti ascoltare qualcosa?”sbatté le palpebre a mo’ di cerbiatto per impietosirlo e lui cedette, non riusciva proprio a dirle di no. Prese la chitarra e dopo aver armeggiato con le corde, dalla cassa uscì una dolce melodia che toccò l’anima della giovane. Esperanza si sedette al suo fianco e lo guardò negli occhi, come sempre si sentì a casa, perché era lui la sua casa. Le loro labbra, come calamite si attiravano e, quando giunsero a toccarsi, i ragazzi capirono che non sarebbero riusciti a contenersi.
“devo andare, Manuél” lo disse controvoglia, come un obbligo a cui non avrebbe mai voluto obbedire.
“sta ancora piovendo a dirotto” Espe si alzò con l’intento di uscire dalla stanza, ma lui le afferrò la mano e l’attirò a sé. “non andartene, resta qui con me” disse con un tono più dolce del solito, la baciò e lei si lasciò andare completamente all’amore. Le mani di Manuél iniziarono a vagare sulla sua pelle e presto i vestiti furono superflui, inutili barriere che avrebbero impedito loro di amarsi fino in fondo. E fu solo questo: l’unione di due corpi che sembravano fatti per accarezzarsi l’un l’altro, la fusione di due anime che si erano a lungo cercate e non avevano alcuna intenzione di separarsi. La tempesta ormai era finita, ed in cielo brillavano già alcune stelle che erano sfuggite alla presa delle nuvole, dalla finestra si intravedeva il loro bagliore che rendeva ancora più magico il momento.

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Capitolo 28
*** capitolo 28 ***


I primi raggi di sole filtravano dalle tende rosse come la passione. Esperanza e Manuél si trovavano stretti l’uno all’altra sotto le lenzuola. La ragazza aveva la testa poggiata sul petto di lui ed era cullata dal ritmo regolare del suo respiro e del battito del cuore, che palpitava all’unisono con il proprio. Nella stanza regnava un silenzio solenne, ma non imbarazzante, piuttosto carico d’amore e di promesse. Il giovane le accarezzava dolcemente una spalla, proprio quella su cui c’erano i tre nei. Nessuno oltre i famigliari di Espe avrebbe mai dovuto vedere quei segni caratteristici su di lei, eppure lui li conosceva, sapeva il suo segreto più grande senza rendersene conto.
“buongiorno principessa”
“buongiorno a te, amore mio” le sfiorò la guancia con l’indice e poi le scoccò un tenero bacio sulla fronte.
“non ho mai dormito meglio in vita mia, vorrei che tutte le notti fossero così. Vorrei stringerti a me ogni sera”
“tra le tue braccia mi sento al sicuro, con te sento che tutto è possibile, Manuél”
“ho l’impressione che tutto questo sia destinato a finire prematuramente, come la mia vita”
“e perché?”
“perché tuo fratello mi ucciderà. Questa sera non sei tornata a dormire alla locanda, ti rendi conto?”
“non si arrabbierà molto, in fin dei conti ero in buone mani.” Gli sorrise, cancellando ogni sua  preoccupazione. Poi si baciarono, ancora ed ancora.
 
“Juanita, sono preoccupato. Mia sorella non è tornata qui a dormire questa notte! Dove sarà?”
“stai tranquillo, da un momento all’altro entrerà da quella porta non agitarti.” La ragazza si guardò intorno e, non vedendo nessuno in giro, baciò Beltrán.
“che ti dicevo, Manuél? Jorge è troppo impegnato per prendersela con te” i due si staccarono imbarazzati, come la coppia che li stava osservando.
“sorella, si può sapere dove sei stata?”
“ero uscita per una passeggiata quando un temporale mi ha colta alla sprovvista, fortunatamente ero vicina al Jaral, così il qui presente Fresnedoso mi ha dato ospitalità. Avrei voluto avvisarti, ma il telefono era fuori uso”
“sei sempre la solita, va bene lasciamo perdere. Manuél vieni con me, devo dirti una cosa” i ragazzi si allontanarono, lasciando sole le loro compagne.
“avanti, sputa il rospo. Sai benissimo di non potermi mentire”
“non ho niente da raccontare”
“quel sorriso da ebete può avere solo una ragione: Manuél”
“potrei dirti la stessa cosa, credi di non avere anche tu un sorriso da orecchio ad orecchio?”
“ma io non ho passato la notte a casa di Jorge”
Capendo che non avrebbe avuto scampo, Esperanza le raccontò brevemente l’accaduto, omettendo ovviamente i particolari.
“ahi, che romantico!” la forestiera aveva le guance rosse per l’imbarazzo e l’emozione. “spero che un giorno accada anche a me una cosa del genere.”
“per ora tienilo a bada quel furbacchione di mio fratello, sembra timido ed innocente ma …” scherzò Espe.
Qualche ora dopo la Castro si trovava in campagna, diretta verso la fattoria della cugina, dove la stava riaccompagnando. Il sole picchiava alto nel cielo, pareva assurdo che solo la scorsa notte si fosse consumato un forte temporale. Sembrava tutto tranquillo quando ad un tratto si sentì il rombo di un motore e nell’arco di qualche secondo un automobile tagliò loro la strada a tutta velocità. Se non fosse stato per Esperanza che d’istinto spinse la cugina, la quale si trovava sulla traiettoria del veicolo, sicuramente la ragazza avrebbe fatto brutta fine. La bruna non si era fatta male, ma il caldo, mischiato all’ansia per ciò che era appena successo la fece collassare.
Riaprì gli occhi nel dispensario, mentre il dottor Moliner le puntava una lucina accecante dritta in faccia.
“sta riprendendo conoscenza, come ti ho detto poco fa, Juana, si trattava solo di un calo di pressione, puoi tranquillamente tornare a casa. Ci penso io a riportarla alla locanda”
“sicuro che stia bene?”
“si, visto ciò che vi è successo poteva accadere di peggio, invece fortunatamente ve la siete cavata con qualche graffio ed uno svenimento”
“va bene, dottore. Passerò domani per cambiare la benda, ci vediamo amica mia e grazie per avermi salvata” Esperanza si sentiva confusa ed intontita e, solo dopo qualche minuto riuscì a mettersi a sedere. Le sembrava di essersi svegliata da un lungo sonno ed impiegò un po’ di tempo per mettere a fuoco l’ambiente che la circondava ed il volto di Lucas.
“dottore, cosa mi è successo?” chiese con voce confusa.
“sei semplicemente svenuta dopo aver salvato la vita a Juanita”
“davvero l’ho fatto?”
“si , sei stata molto coraggiosa ed hai avuto i riflessi pronti Felicidad” accettò i complimenti del medico con timidezza, in fin dei conti non aveva compiuto un’impresa così grande.
“Felicidad … o forse dovrei chiamarti Esperanza?” la ragazza tornò immediatamente sul pianeta terra ed il sangue le si gelò nelle vene.
“è inutile che continui a fingere, so chi sei … Esperanza Castro Castañeda” il volto della giovane assunse un colore cadaverico.

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Capitolo 29
*** capitolo 29 ***


“Ma come fate a sapere il mio nome? Chi ve l’ha detto?” il panico s’impossessò di lei.
“non me l’ha detto nessuno. L’ho scoperto io stesso, mi è bastato visitarti”
“in che senso, non capisco” si rese improvvisamente conto di essere svestita.
“ascoltando il tuo respiro con lo stetoscopio, mi sono soffermato ad osservare i tre nei sulla tua spalla ed ho capito all’istante chi eri” la ragazza si rimproverò mentalmente di essere stata tanto imprudente da far scoprire la propria identità, ma in fin dei conti che altro poteva fare? Se era incosciente non avrebbe potuto evitarlo in alcun modo. Benedì il cielo che Lucas fosse al corrente da sempre della loro fuga a Cuba.
“per quale motivo tu e Beltrán, perché ormai sono certo che sia quello il vero nome di Jorge, non avete detto niente a nessuno?”
“don Lucas, abbiamo mantenuto il segreto perché se nessuno ne fosse stato a conoscenza, sarebbe stato più semplice tenere all’oscuro la Montenegro ed adesso anche Fernando Mesía”
“privando così i vostri famigliari della compagnia dei loro piccolini, che non vedono dalla tenera età? a me sembra ingiusto”
“avrei una gran voglia di dire la verità, soprattutto ai nonni e poterli finalmente abbracciare da nipote”
“ed allora fallo, abbiamo mantenuto questo segreto per sedici lunghi anni, continueremo ad essere muti come tombe”
“sapete che vi dico? Avete ragione, non appena ne avremo l’occasione Beltrán ed io racconteremo tutto ai nonni. Grazie per il consiglio, e per continuare a mantenere il nostro segreto”
“questo ed altro per i nipotini di Aurora” nonostante non provasse più amore per la zia di Esperanza, Lucas continuava a sentire un grande affetto nei suoi confronti e i due mantenevano un rapporto epistolare piuttosto continuo. Espe conosceva molto bene la zia Aurora, che più volte era andata a trovarli a Cuba e riempiva di regali lei e tutti i suoi fratelli, la adorava e si rallegrava che fosse riuscita a realizzare il suo sogno di diventare medico, nonostante le difficoltà era diventata una delle dottoresse più importanti di tutta Parigi.
Lucas la accompagnò alla pensione e si raccomandò di non far sforzare troppo Felicidad per quel giorno, cosa che ovviamente Emilia ed Alfonso accettarono senza battere ciglio. Era ora di pranzo, Beltrán aveva appena portato ai tavoli  gli ultimi ordini, così si era seduto con la sorella ed avevano iniziato a mangiare le animelle che rendevano famosa Emilia in tutto il paese.
“fratello, Lucas lo sa.”
“cosa?”
“lo sai bene, l’ha scoperto visitandomi. Ha visto ciò che non doveva vedere ed adesso sa chi siamo davvero”
“o mio dio. Ed ora che facciamo?”
“ciò che mi ha consigliato lui. Lo diciamo ai nonni” lui acconsentì, convinto che fosse la scelta migliore.
“e come pensi di svelare la verità?”
“ti fidi di me?”
“dipende” gli lanciò un’occhiata torva.
“lascia fare a me” fece l’occhiolino al fratello e lui alzò gli occhi al cielo.
 
“Felicidad, posso entrare?”
“entrate pure, donna Emilia.” La locandiera varcò la soglia con in mano un vassoio.
“ho pensato che ti avrebbe fatto piacere bere una limonata, non vorrei che ti sentissi male un’altra volta.”
“non accadrà, è stato solo uno spavento, non vi preoccupate. Non dovevate disturbarvi, è già tanto che mi permettete di non lavorare questo pomeriggio, cosa che a mio avviso è assolutamente assurda. Non sono mica malata!” la forestiera cercò di alzarsi dal letto.
“non se ne parla neanche, ragazza. Tu per oggi resterai qui a riposarti”
“come mai vi preoccupate tanto per una persona che appena conoscete?”
“è che mi ricordi tanto mia figlia María. Siccome viveva alla Villa, alla tua età non la vedevo quasi mai, e lo rimpiango da tutta la vita. Tu invece sei qui e sei dolce, sensibile e bella proprio come lei. Sai? La mia nipotina avrebbe dovuto avere esattamente la tua età …”
“c’è una spiegazione a quello che provate”
“e cioè?” la Ulloa la guardò stranita.
“questo …” Espe portava una camicia da notte molto scollata che lasciava nude le spalle, quindi le bastò girarsi per far impallidire Emilia. Proprio lì, sotto l’omero c’erano i tre nei della stirpe di Pepa, la locandiera non poteva credere ai suoi occhi. Nella mente della moglie di Alfonso si riproposero le immagini del parto di María, quando tutti si accorsero che la bambina aveva quei segni sul corpo che testimoniavano la paternità di Martín.
«come la volete chiamare?» disse il dottor Lesmes. A quella domanda rispose Gonzalo:
«Esperanza, perché non l’abbiamo mai persa, perché l’abbiamo mantenuta viva ed ora siamo qui»
«Esperanza Castro Castañeda,  ci suona come musica celestiale» disse poi sua figlia.
Adesso le sembrava di rivivere la scena, quei nei, che avevano reso Gonzalo e María le persone più felici sulla faccia della terra, le avevano permesso di riconoscerla, ed il suo nome uscì come una magia dalle labbra della donna.
“Esperanza, nipote mia” sul volto dell’anziana signora cominciarono a scendere lacrime di gioia.
 

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Capitolo 30
*** capitolo 30 ***


“Sono io, nonna.”
“vieni qui, abbracciami” la giovane si lanciò tra le sue braccia e la seguì nel pianto.
“ma perché non ci hai raccontato niente?”
“Beltrán ed io …” la nonna la interruppe.
“Beltrán? Quindi quel giovanotto che ti accompagna è Beltrán? Oh, che gioia immensa …”
“scusateci nonna, se non vi abbiamo detto la verità, ma pensavamo che fosse il modo migliore per tenere all’oscuro donna Francisca. Ci sbagliavamo di grosso, perché niente può ripagare la gioia di questo momento”
“lascia stare, è tutto dimenticato. Come sono felice, la mia nipotina più bella che mai è qui in carne ed ossa!” la strinse così forte che per poco con la soffocava.
“ma ora devo correre dal piccolo Beltrán, anche se piccolo non lo è più” la donna scese le scale e, senza dire una parola afferrò Jorge per un braccio e lo trascinò nella stanza. Appena chiusa la porta lo abbracciò forte e lui, che in un primo momento non capiva il motivo della reazione di Emilia, ricambiò con altrettanto affetto.
“devono assolutamente saperlo tutti che siete tornati, certo solo quelli che sanno della fuga … ma vedrò di organizzare una cena alla locanda per questa sera”
“non è necessario, nonna. Glielo diremo poco alla volta”
“non mi convincerete a desistere, le gioie sono poche qui a Puente Viejo e bisogna festeggiare. Diamoci da fare: Beltrán tu vai ad invitare Rosario, Candela, Mariana, Nicolás, Lucas e Matías, mentre tu Esperanza seguimi in cucina”
“non credo di essere molto brava ai fornelli”
“sarai eccezionale”
“se sta sera qualcuno resta intossicato, darò la colpa a voi, nonnina cara”
Le ore successive Espe ed Emilia le passarono in cucina e, anche se con innumerevoli difficoltà, la ragazza riuscì a cucinare un dolce dall’aspetto quantomeno accettabile, per il gusto aveva ancora tanti dubbi ed un’immensa paura di mietere vittime. Arrivarono in un batter d’occhio le nove e tutti gli invitati si presentarono puntuali come orologi svizzeri, sorprendentemente entrò dalla porta anche Juanita. Si sedettero tutti alla tavola imbandita, ed ognuno si chiese il motivo di quella riunione: sicuramente non era una semplice cena di famiglia.
“bene, Emilia. Non provare ad ingannarci, ora che siamo tutti qui riuniti ci piacerebbe saperne la ragione” fu Nicolás a parlare per primo.
“si, moglie. Credo che abbiamo il diritto di sapere”
“non siate impazienti, prima mangiamo” consumarono gran parte degli antipasti parlando del più e del meno, poi la locandiera si alzò in piedi prendendo in mano un bicchiere di vino.
“vi starete chiedendo tutti perché siamo qui in una sera qualunque e soprattutto perché con noi ci siano i due nuovi camerieri. Vi basti sapere che Felicidad e Jorge non sono dei semplici dipendenti, bensì i miei nipoti. Questa festa è per presentarvi Esperanza e Beltrán” inutile dire che i commensali restarono di stucco e calò il silenzio per qualche minuto, poi Lucas, che era stato il primo a sapere la verità, alzò il suo calice e propose un brindisi.
“al ritorno dei fratelli Castro” gli altri lo seguirono con gioia, compresi i forestieri che stavano morendo dalla vergogna. Uno alla volta salutarono i cubani con dei forti abbracci e le donne se li spupazzarono per bene, mentre Juana non si mosse dal tavolo, era pressoché sconvolta dalla novità: Felicidad sua cugina, Jorge pure, non sapeva se rallegrarsene o sentirsi ferita per esserne stata all’oscuro. Alla fine l’affetto per i due fratelli ebbe il sopravvento ed andò da Espe con le lacrime agli occhi.
“ecco perché avevamo l’impressione di conoscerci da sempre”
“già, ti voglio bene amica mia. O devo chiamarti cugina?”
“come vuoi. Ricorda che prima che parenti siamo migliori amiche e confidenti” si abbracciarono e poi Esperanza le consigliò di raggiungere suo fratello.
“Jor … anzi no, Beltrán, non sarà semplice per me abituarmi al tuo vero nome. Fin da piccola i miei genitori mi avevano raccontato dei miei cuginetti cubani ed io morivo dalla voglia di conoscerli, soprattutto il maschietto che immaginavo come un principe azzurro in riva al mare. Poi ecco due forestieri che si presentano a Puente Viejo e diventano la mia migliore amica ed il padrone del mio cuore, non avrei mai immaginato che voi foste quelle persone che ho sempre desiderato incontrare. Probabilmente il nostro amore era semplicemente destinato ad esistere, perché ti amavo anche prima di conoscerti”
“non so cosa farei senza di te, Juanita.” La strinse forte a sé sotto gli sguardi compiaciuti dei famigliari, in particolare di Mariana e Nicolás, i quali erano felicissimi che la figlia si fosse innamorata di un così bravo ragazzo e che lui la ricambiasse. Intanto Esperanza era alle prese con Candela e Rosario, che le avevano strappato le guance paffute a furia di pizzicotti.
“quando sei venuta in pasticceria e ti abbiamo vista mangiare quei biscotti al cioccolato, abbiamo subito notato che lo facevi esattamente come il nostro Martín.”
“si, Candela hai ragione. Quando lui arrivò a Puente Viejo sotto un nome diverso riconobbi subito il suo modo di divorare il cioccolato. È evidente che sua figlia l’ha ereditato” e mentre parlavano continuavano a pizzicarle le gote già infiammate, così la ragazza mandò a Beltrán uno sguardo supplichevole, sperano che lui la salvasse in qualche modo.
“che ne dite di assaggiare il dolce di Esperanza?” grazie al cielo il giovane colse il messaggio. Ognuno prese una fetta di ciambella e ne strappò un morso, ma le loro facce tradivano un grande disgusto. Vedendo le espressioni schifate dei famigliari, Espe assaggiò il suo capolavoro e lo sputò subito dopo. , pensò per sdrammatizzare la situazione sorrise e gli altri all’unisono e tra le risate affermarono: “è tutta sua madre!”

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Capitolo 31
*** capitolo 31 ***


«Adorata madre,
vorrei iniziare ponendovi una domanda: ma come avete osato tenermi nascosta la storia d’amore più romantica di tutti i tempi? Avreste dovuto raccontarmela invece delle fiabe per farmi addormentare! È così piena di difficoltà e colpi di scena, meglio dei romanzi più intriganti e con il lieto fine più bello che esista. Se mi promettete di non far leggere questa lettera a mio padre, vi racconterò ciò che è capitato a me durante questa avventura in Spagna. Sul treno che ha portato me e Beltrán a Munia, ho incontrato un ragazzo, Manuél, che è il figlio di Roque e Pía, cioè i nuovi padroni del Jaral. Lui ha gli occhi azzurri più belli che abbia mai visto, e mi fa battere il cuore all’impazzata, quando sono al suo fianco il mondo circostante sembra scomparire. Io credo che sia amore, anzi ne sono sicura. Lo amo, in un modo così intenso da togliere il respiro e la ragione e voi capirete ciò che intendo. Manuél prova lo stesso per me e mi tratta come una regina, spero di avere anch’io il mio lieto fine con lui. So che non vi piacerà affatto che lui sia un Mesía, ma non ha nulla della malvagità di Fernando ed Olmo, quindi spero che alla fine lo accoglierete a braccia aperte, soprattutto perché è deciso a non rivolgere neanche la parola al suo fratello nuovo di zecca. Vi chiedo di non far leggere la missiva a mio padre perché so che lui è molto geloso di me, mi considera ancora la sua bambina e sarebbe un colpo duro se lo scoprisse attraverso un foglio, voglio dirglielo di persona. Io tornerò sicuramente all’Havana,spero accompagnata dal mio Manuél, ma non sono sicura di poter dire lo stesso per Beltrán, che è innamorato perso di Juanita. Ieri abbiamo raccontato tutta la verità ai custodi del nostro segreto ed è stato bellissimo sentirsi davvero in famiglia. La Montenegro è sul punto di morire, quindi non potrà più farci del male e Fernando compirà qualche reato che lo farà finire nuovamente dietro le sbarre, perciò mi auguro che presto anche voi siate liberi di tornare nel paese che vi ha visti nascere e che è stato lo scenario della vostra tormentata storia d’amore.
Un bacio enorme,
E» chiuse la busta, scrisse l’indirizzo sul retro e la imbucò. Aveva bisogno di raccontare alla madre i suoi sentimenti per Manuél, lei era sempre stata la sua più grande confidente e si sentiva in obbligo di metterla al corrente; sperava di rivederla il più presto possibile, perché le mancava infinitamente.
“è pronta la mia principessa?”
“certo”
“come mi piace vederti sorridere”
“immagino che ti piaccia ancora di più sapere che sei tu la causa principale della mia allegria.”
“esattamente” a braccetto si incamminarono in campagna, per prendere un po’ d’aria fresca. Costeggiarono il fiume a passo lento e, giunti nel luogo in cui si erano scambiati il primo bacio, si fermarono un po’ per riposare, ignari del fatto che qualche metro più in là, Fernando stesse tramando alle loro spalle.
Li avrebbe storditi poi avrebbe ucciso prima il ragazzo pugnalandolo e successivamente la giovane che lo accompagnava, in mano alla quale avrebbe messo il coltello. La guardia civile avrebbe subito pensato che lei fosse la colpevole suicidatasi per i sensi di colpa, era un piano perfetto. Il Mesía però reputava le due vittime più stupide ed ingenue di quello che erano in realtà. Con passo felpato, li raggiunse stringendo tra le mani un bastone di ferro, ma il destino volle che la straniera si voltasse nel preciso istante in cui stava per darlo in testa al suo fidanzato.
“Manuél, scansati” invece di prenderlo in testa, gli ferì solo una mano, con tutta probabilità gli ruppe due falangi.
“maledetta, mocciosa. Dovevi farti gli affari tuoi, pensavo di fare fuori prima lui, ma ho cambiato idea.” Si girò verso di lei, intenzionato a colpirla mortalmente. Il figlio dei sarti urlava di dolore per la mano, ma quando vide Felicidad in pericolo, si dimenticò dell’atroce sofferenza per prestarle soccorso. Tirò un calcio a quel folle e poi anche un pugno con la mano buona, ma non riuscì a disarmarlo né a dissuaderlo dal suo intento, quindi corse verso il suo amore e le si mise davanti, come uno scudo. Mesía, con occhi ignettati di sangue e rabbia, alzò il palo ed in quell’istante Esperanza lo raggirò e gli tirò un calcio sul fianco, il dolore si intensificò grazie al tacco della scarpa della ragazza. L’arma gli cadde per terra, ma lui non si arrese e tirò la gamba di Espe facendola stramazzare al suolo, poi Manuél si getto addosso al potenziale assassino ed iniziò a riempirlo di pugni con la mano che non aveva tutte le ossa intatte.
“lo sapevo che non dovevo fidarmi di te,le persone non cambiano. Perché vuoi farci del male?” ed intanto continuava a picchiarlo.
“per i soldi di quella sgualdrina di tua madre e di quel fesso di Roque”
“mostro” Fernando a quel punto, riuscì ad estrarre dalla tasca sinistra il coltellino e lo puntò contro il fratello. Esperanza nella caduta aveva battuto la testa, vedendo tutto nero per un paio di secondi, ma prestò tornò lucida e si rese conto che Manuél stava per essere ucciso. Tutto il su corpo era scosso da un tremolio, se lui fosse morto, non sarebbe sopravvissuta. Si guardò intorno cercando un’idea con cu distrarre quel pazzo ed alla fine capì che c’era una sola cosa che lo avrebbe sconvolto e costretto a mollare la presa.
“Mesía …” urlò a squarciagola, lui si girò “… guarda questo” si scoprì la spalla facendo intravedere i tre nei. Fernando lasciò improvvisamente Manuél e si mise ad osservare l’omero della cubana, come in uno stato di trans. I nei della levatrice, i nei di Gonzalo, i nei di quella stupida Esperanza. Il coltellino gli cadde di mano ed il suo sguardo si perse nel vuoto, in uno scatto felino il fidanzato di Espe raccolse il bastone e colpì Fernando in testa, stordendolo e facendolo cascare a terra. Felicidad era quasi annegata tra le lacrime e il giovane non poté  far altro che accoglierla tra le sue braccia piene di graffi e lesioni.
 

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Capitolo 32
*** caapitolo 32 ***


Esperanza, in diciassette anni, non aveva mai visto una scena di violenza simile, quindi viverla sulla propria pelle fu un vero e proprio trauma.
“ho paura, Manuél. Tanta paura” diceva con voce tremante e spezzata dal pianto.
“basta, tranquilla. È tutto finito” lui cercava di rassicurarla accarezzandole i capelli con la mano buona e stringendola forte al suo petto. Fernando giaceva incosciente per terra, era solo svenuto e non molto tempo dopo avrebbe aperto gli occhi proseguendo con la sua furia omicida. Espe non riusciva a credere di aver rivelato il segreto al loro peggior nemico, si era ripromessa più e più volte di stargli alla larga ed adesso era stata lei stessa a mettere in serio pericolo tutta la sua famiglia. Sperava solo che Mesía, per via della botta in testa, avesse dimenticato gli ultimi avvenimenti, ma non riusciva a convincere neanche sé stessa. Quel demonio avrebbe raccontato tutto alla Montenegro e poi insieme si sarebbero vendicati, avrebbero raggiunto la sua famiglia a Cuba e avrebbero fatto loro del male, ne era certa, tuttavia non si pentiva di aver dovuto correre questo rischio per salvare Manuél.
“che cosa hai alla mano?” la prese e la sfiorò leggermente con le dita, sul volto del giovane saettò un’espressione di atroce dolore.
“credo di essermela rotta. Adesso però non c’è tempo da perdere, prima che si svegli devi andare a cercare il sindaco e la guardia civile.”
“e se si sveglia?”
“lo bastonerò di nuovo, non mi farà del male. Ora però corri” lei obbedì anche se controvoglia, non avrebbe voluto separarsi dal ragazzo per nulla al mondo. Una manciata di minuti dopo Esperanza tornò accompagnata da Pedro Mirañar e dalla guardia civile, che ammanettò il delinquente e lo portò in caserma ancora incosciente, la botta che aveva preso era stata davvero pesante. Successivamente vennero raccolte le testimonianze ed i due fidanzati vennero lasciati liberi, andarono di fretta al dispensario dove Lucas disinfettò con attenzione tutte le ferite e fasciò la mano di Manuél: frattura di due falangi. Espe sentiva una grande angoscia dentro per la rivelazione fatta, ma il sollievo di sapere il suo amore vivo, di saperlo lì con lei, era la cosa più importante.
“ho temuto davvero di perderti, quel mostro stava per infilzarti come uno spiedino.”
“ma come hai fatto a distrarlo?”
“l’ho chiamato e si è voltato, niente di che. Ora è meglio che andiamo a riposare, è stata una lunga giornata” si affrettò a  dire la cubana. Salutarono il dottor Moliner ed il figlio Marcos e si diressero ognuno verso casa propria, nel caso di Espe, verso la sua camera d’albergo. Una volta arrivata, i famigliari la sommersero di domande e lei fu costretta a rispondere ad ognuna di esse.
“e così adesso quel mostro lo sa” lei annuì davanti ai volti impressionati di nonna e fratello.
“non sapevo che altro fare, era l’unico modo valido per distrarlo.”
“non piangere più. Ormai quel che è fatto è fatto, nipotina mia. Almeno l’hai salvato, adesso possiamo solo confidare nella giustizia e sperare che lo rinchiudano in celle e buttino via la chiave” aveva deluso tutti: i suoi genitori, suo fratello, i nonni,e tutti gli altri che si erano impegnati a mantenere quel segreto per sedici lunghi anni, il suo cuore, al contrario, non avrebbe potuto essere più orgoglioso. , pensò.
 
Fernando si svegliò in una cella, ci impiegò un po’ per riprendersi del tutto, ma la prima cosa che gli venne in mente fu la spalla della straniera. Come era possibile che anche lei avesse quei maledetti nei? A quanto ne sapeva, Aurora, l’unica figlia della levatrice rimasta, non aveva avuto figli e Bosco aveva avuto un maschio, poi Gonzalo era morto e dalla tomba si sa, non si può concepire ; poi Esperanza era morta con María … o almeno questo credeva! Nella sua mente malata si affacciò all’improvviso la consapevolezza che forse non tutto era come appariva. Chiamò una guardia che stava appostata davanti alla porta.
“ho bisogno di effettuare una telefonata”
“non potete”
“non si può negare ad un carcerato la sua ultima volontà” l’uomo cedette e gli passò il telefono. Dopo un paio di squilli, qualcuno rispose.
“donna Francisca?”
“si, sono io”
“parla Fernando. Non so se siete al corrente del mio ingiusto arresto.”
“sarò anche vecchia, malata e confinata in casa, Mesía, ma resto sempre la più informata della comarca” le sue frasi erano intervallate da colpi di tosse.
“quei due mocciosi sono più in gamba di quanto credessi possibile. Dovete farmi uscire di qui il prima possibile, così potrò continuare con il piano”
“non sono loro ad essere furbi, ma tu ad essere un completo imbecille. Sei sempre stato incapace, ma adesso ti fai sconfiggere anche da dei ragazzini, mi sembra giusto che tu rimanga ancora un po’ lì a meditare sulla tua inutilità”la tosse si sentiva forte e chiara dall’altra parte del ricevitore, era insidiosa e maligna proprio come l’anima di chi la produceva.
“ho una novità da comunicarvi, una verità che vi sconvolgerà.”
“e quale sarebbe?”
“per saperla dovete liberarmi, ma posso dirvi che vi riguarda da molto vicino”
“e va bene, in un paio di giorni sarai fuori. Ma appena esci, passa subito dalla Villa e non farti vedere in paese.”
“vi ringrazio signora, non ve ne pentirete” agganciò soddisfatto della buona riuscita del suo piano.

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Capitolo 33
*** capitolo 33 ***


Effettivamente, in un paio di giorni, Fernando fu rilasciato in gran segreto, Francisca aveva smosso mari e monti per riuscire a farlo scarcerare perché le accuse che gravavano su di lui erano piuttosto pesanti, ma nulla che un bel po’ di denaro non potesse risolvere. Il Mesía, come d’accordo, non passò in paese ma si diresse direttamente alla Villa dove la matrona attendeva impaziente spiegazioni.
“allora, incapace, qual è questa notizia fondamentale che devi comunicarmi?” chiese lei tra un colpo di tosse ed un altro.
“qualcosa che vi lascerà senza fiato e vi farà infuriare, proprio come è successo a me. In questa settimana non ho dormito la notte …”
“ non mi interessa nulla della tua misera esistenza tra quelle quattro mura. Vai dritto al punto se non vuoi tornare immediatamente dietro le sbarre”
“Esperanza è viva” la donna lo guardò con disappunto.
“ma di chi stai parlando?”
“Esperanza Castro Castañeda, la figlia di quei peccatori miserabili di Gonzalo e María”
“ma per caso la botta che ti ha dato in testa il tuo fratellino ti ha ucciso anche l’ultimo neurone?”
“parlo sul serio signora, è qui in paese. Si fa passare per una certa Felicidad Lobos e se la spassa con il mio adorabile fratellastro”
“tu hai completamente perso la testa, Mesía” la Montenegro si strofinò gli occhi, stordita da quella marea di fesserie che uscivano dalla bocca del suo interlocutore, quelle che lei credeva fossero fesserie.”
“so cosa ho visto. Quella mocciosa ha i tre nei della stirpe dei Balmes e mi pare che Pepa non abbia avuto altre nipotine oltre Esperanza”
“lei  è morta, María si è gettata con la bambina nel fiume e non sono mai state ritrovate.”
“appunto … questo dimostra la mia tesi, se i loro corpi non sono stati rinvenuti forse è perché non sono morte. E se fosse tutta una messa in scena? E se nessuno dei tre fosse  passato a miglior vita?”
“Gonzalo è morto di sicuro, ho assoldato un sicario per ucciderlo. María lo stesso, non sarebbe sopravvissuta in quelle acque gelide. Se come dici Esperanza è viva, deve averla salvata qualche estraneo, comunque io credo ancora che tu stia delirando. Non ti crederò finché non vedrò con i miei stessi occhi questi nei, intanto tu mettiti al lavoro per proseguire con il nostro piano contro i Toledano”
“va bene, farò come mi dite.” In realtà nella mente di Fernando stavano svolazzando ben altri pensieri di vendetta, voleva a tutti i costi fare del male a quella mocciosa, farle subire lo stesso dolore che i suoi genitori gli avevano inflitto. Lui, a differenza di Francisca, era certo di ciò che aveva visto e delle conclusioni tratte, soprattutto perché negli occhi della ragazza leggeva la stessa indole di Gonzalo e la dolcezza di María, e questo non lasciava spazio a dubbi: era lei ed avrebbe pagato per gli errori commessi da chi l’aveva messa al mondo. Nel frattempo anche la matrona iniziò a riflettere, tra un dolore ed un altro si pose numerose domande: Felicidad era davvero la sua bisnipote? Ma soprattutto … era possibile che la sua ex figlioccia e quell’ex prete l’avessero ingannata per tutti quegli anni? La sicurezza che aveva mostrato con Fernando iniziò a vacillare insistentemente, anche se alla fine si convinse che nessuno avrebbe mai potuto raggirare Francisca Montenegro e che quindi tutto ciò era una semplice congettura della mente malata di quel buono a nulla.
 
“Ahi, fai piano.”
“scusami, Manuél è che non sono molto pratica con queste cose” affermò Espe tamponando le ferite del ragazzo con del cotone imbevuto d’alcol. “ti ho fatto davvero male?”
“molto” finse di lottare contro un dolore più atroce di quello che sentiva in realtà. La giovane, veramente dispiaciuta per la sofferenza che lui stava passando per colpa di Fernando, gli prese la mano che stava disinfettando e se la portò alle labbra per posarci sopra un bacio delicato.
“va meglio adesso?”
“decisamente” fece un debole sorriso “anche se gli altri tagli non smettono di dolermi, forse puoi fare qualcosa per lenire le mie sofferenze”
“sentiamo, dove ti fa male?” chiese lei con tono un po’ preoccupato.
“qui, qui e qui” Manuél le indicò prima il polso dove c’era un taglio ancora parecchio evidente, poi il braccio ed infine il collo dove aveva dei lividi piuttosto estesi. Espe si sedette sulle sue gambe e baciò una ad una le escoriazioni, come una mamma fa con il proprio bambino.
“dimenticavo qui” indicò un punto appena sotto le labbra, dove però Fernando non era arrivato a colpirlo. Il figlio dei sarti le lanciò uno sguardo malizioso ed Esperanza capì che il giovane si era preso gioco di lei.
“mascalzone” lo rimproverò fingendosi offesa e girò la testa, ma lui le mise la mano buona dietro il collo e l’attirò a sé regalandole uno di quei baci che non basterebbero cento anni per dimenticarlo.
“ho capito perché i tuoi genitori hanno deciso di chiamarti così, perché rendi felici tutti quelli che ti circondano. Me in particolare”
Forse era arrivato il momento di raccontargli tutta la verità …
“amore mio, devo dirti una cosa. È fondamentale che tu sia al corrente della verità”
“come mi hai chiamato?”
“amore mio”un sorriso le spuntò involontariamente sul volto.
“mi piacerebbe che mi chiamassi sempre così, è musica per le mie orecchie” stavano per azzerare nuovamente la distanza tra i loro visi quando una cameriera annunciò il ritorno dei signori Fresnedoso. Esperanza con un balzò si alzò in piedi nel preciso istante in cui Pía e Roque varcavano la soglia del Jaral.
“madre, padre, bentornati. Come è andato il viaggio?” i padroni della tenuta si guardarono straniti ma incredibilmente felici, forse aveva deciso di perdonarli.
“benissimo, tesoro. Abbiamo regolato tutti i conti in sospeso. Ma a te cosa è successo? Fammi vedere la mano, perché è fasciata? E perché sei pieno di graffi e lividi?” Pía iniziò ad agitarsi.
“è una lunga storia, ma sto bene. Soprattutto grazie a Felicidad” la guardò e lei si sentì andare a fuoco, come sempre.
“questa ragazza è un vero dono del signore” Roque pronunciò  con enfasi queste parole.
“ci siamo salvati a vicenda. Adesso però vado, ho il turno alla locanda e voi avete tanto di cui parlare.” Salutò tutti ed uscì silenziosamente dal Jaral.
 

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Capitolo 34
*** capitolo 34 ***


“I Mesía sono inaffidabili e davvero brutte persone, sapevamo di cosa era capace Olmo ed è evidente che il figlio non sia da meno” Roque era furioso, la moglie lo interruppe.
“ma non capisco perché volesse farti del male”
“per il denaro. Prima ci ha fatti allontanare svelandomi le mie origini, poi voleva ammazzarmi per rendervi addolorati e quindi più vulnerabili. Sono certo che dietro questo piano ci sia lo zampino della Montenegro, è tornata all’attacc0.”
“brutta vipera, neanche in fin di vita si stanca di distruggere il prossimo”
“ma non vi preoccupate, non ci separeranno. Il loro obiettivo è smembrare la famiglia ma se restiamo uniti, non ce la farà.
“questo, figliolo, significa che ci perdoni?”
“certo madre, voi siete e sarete sempre i miei genitori. Non voglio avere più niente a che vedere con quel pazzo di Mesía né con nessuno collegato a quella stirpe. Scusatemi per la mia reazione, per avervi rifiutato in quel modo brutale.”
“non scusarti, avevi ragione tu. Avresti dovuto saperlo e per questo siamo noi a chiederti scusa. Vieni qui, fatti abbracciare” tutti e tre erano ormai in una valle di lacrime. Per i sarti fu un sollievo poter stringere di nuovo a sé il loro ometto. Il bambino dolce ed innocente che qualche anno prima si aggirava per casa tutto sporco di fango dopo un delle sue passeggiate nel bosco, si era trasformato in un uomo coraggioso e determinato e loro non avrebbero potuto esserne più orgogliosi.
 
“Non hai ancora ricevuto risposta alla lettera che abbiamo spedito la scorsa settimana?” Beltrán iniziava seriamente a preoccuparsi.
“no, i nostri genitori non danno segni di vita. Ed è strano, vista la gravità della notizia che abbiamo comunicato. La cosa peggiore è che non mi sento al sicuro, anche se Fernando è in carcere ho paura.”
“è normale, il nostro segreto è stato svelato. Ma non ti rimprovero per questo, se non lo avessi fatto il mio migliore amico non sarebbe più con noi e probabilmente anche tu avresti fatto la stessa fine. Vedrai che a Cuba capiranno il tuo gesto, proprio come abbiamo fatto noi a Puente Viejo. Non siamo soli, Esperanza, non ci potranno fare del male.”
“lo spero” ad un tratto nella sala calò il silenzio più assoluto. Il brusio di sottofondo che caratterizzava la locanda scomparve per lasciare spazio ad un vuoto inquietante. Beltrán ed Espe si voltarono e videro lei, una delle donne più meschine e manipolatrici del pianeta, il male in persona, Francisca Montenegro. A quanto dicevano i paesani non si vedeva in giro da oltre un anno, perché le sue condizioni di salute si erano notevolmente aggravate, ed infatti era su una sedia a rotelle e tossiva ogni due secondi, gli occhi erano rossi ed incavati e le rughe le solcavano il viso in modo pesante, nonostante tutto riusciva ancora ad incutere terrore a chiunque la guardasse. L’ansia s’impossessò dei due fratelli … sapeva anche lei la verità?
La matrona, questa volta non era accompagnata dal suo fedele capomastro, che tempo addietro l’aveva rinnegata ed era passato dalla parte di Severo Santacruz, né da Fé, che si era licenziata ed aveva aperto assieme a Gracia Mirañar un negozio di merletti, ma da una semplice domestica della quale nessuno conosceva il nome, con tutta probabilità neanche la stessa Francisca lo sapeva e non le interessava per niente. La Montenegro si guardava intorno, come alla ricerca di qualcosa, o di qualcuno ed il suo sguardo indugiò sulla esile ed elegante figura di Esperanza e su quella più robusta di Beltrán. I ragazzi cercarono in ogni modo di mantenere la calma e non fare altri passi falsi, se Mesía non le aveva raccontato tutto, non avrebbe mai dovuto saperlo.
“avete bisogno di qualcosa, signora? Posso farvi preparare un tavolo se volete”
La padrona della Villa scrutò dal forestiera da capo a piedi e trovò una notevole somiglianza con la sua figlioccia, il suo stesso viso delicato, il suo stesso portamento aggraziato, per non parlare degli occhi e dei capelli che erano identici a quelli del prete rinnegato. Forse non avrebbe dovuto sottovalutare le ipotesi di Mesía …
“no. Sarò franca, sono venuta qui appositamente per conoscerti”
Esperanza fece dei respiri profondi cercando di mascherare la sua ansia il meglio possibile.
“se mi permettete, come mai avevate tutta questa voglia di fare la mia conoscenza? Non sono che una semplice straniera di passaggio con suo fratello”
“perché niente che accada a Puente Viejo mi passa inosservato.”
“la mia presenza è irrilevante”
“te la spassi con Toledano e combatti con Mesía, la tua figura è interessante. Soprattutto vista l’incredibile somiglianza con la mia ex figlioccia. Pensa, in giro si dice che tu sia sua figlia”
Lei ebbe un sussulto.
“che assurdità. Mi hanno raccontato che la bambina è morta nel precipizio con sua madre, poverine, che riposino in pace” tutto sommato appariva abbastanza credibile, ma Francisca era un osso duro e questo era risaputo.
“quella traditrice, insensata e spretatrice se lo è meritato in fin dei conti. Ogni dolore che ha patito se lo è andato a cercare, trovo soddisfacente quello che è accaduto a quei due peccatori ed al frutto della loro sporca relazione.” Il sangue ribolliva nelle vene di Espe e di Beltrán, che a qualche metro di distanza ascoltava preoccupato la conversazione, tuttavia mantennero quella maschera d’indifferenza.
“non l’ho conosciuta e quindi non posso criticare lei, né suo marito” la matrona capì che sarebbe stato difficile farla crollare in quel modo, così rinunciò, non aveva le forze necessarie al momento per discutere e giungere a scioccanti verità. La testa cominciò a pulsarle più forte e la tosse aumentò incessantemente, di colpo si sentì realmente male, come non le era mai capitato prima. Senza salutare nessuno, si fece portare via dalla cameriera ed Esperanza ne fu terribilmente sollevata.
“lo sa, Beltràn. Ne sono certa, lo sa. Ma dal suo colorito credo che non le resti molto tempo per farci del male”
“credo anch’io che sia giunta la sua ora e, anche se non è da buoni cristiani, me ne rallegro”
“e chi non se ne rallegrerebbe?”

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Capitolo 35
*** capitolo 35 ***


Juanita era a casa e stava ricamando, quella era la sua attività preferita, dopo la fotografia, perché la faceva rilassare e poteva vantarsi di riuscire bene in quel passatempo, tanto che spesso i suoi lavori venivano venduti nel negozio di Gracia e Fé. Quel giorno però si sentiva particolarmente inquieta, come se qualcosa di strano e per niente bello stesse per avvenire. Si punse due volte prima di decidersi a lasciar perdere, avrebbe continuato l’indomani. Qualcuno bussò alla porta ed andò ad aprire: era Beltrán.
“buongiorno splendore” le disse posandole un delicato bacio sulla guancia.
“buongiorno a te.”
“ti vedo piuttosto pensierosa. Che hai al dito?”
“niente, solo una puntura. Ho cercato di ricamare ma avevo la testa altrove” il giovane stava per chiederle il motivo quando Juanita vide dalla finestra il postino, il quale le consegnò delle lettere per Mariana e Nicolás ed anche una per Beltrán, che aveva visto entrare qualche minuto prima. Prese le consegne, la ragazza tornò in casa.
“c’è posta per te, Jorge Lobos. Missiva da Cuba”
“che strano, i miei genitori scrivono sempre ad Esperanza, non indirizzano mai le lettere a me”
“o hanno cambiato abitudini, o non è da parte loro. Se non la leggi non lo scoprirai mai” lui fece un sguardo dubbioso, poi aprì la busta ed iniziò a leggere le parole sul foglio. La fidanzata osservò bene le espressioni che si susseguirono sul volto del ragazzo: passò dall’incertezza alla sorpresa, poi alla preoccupazione ed infine al rammarico.
“che succede, è di Gonzalo e María?” lui scosse il capo in segno di dissenso. “fammi vedere” Beltrán cercò di impedirle di afferrare il foglio, ma invano.
“chi è Blanca? E perché ti dice che ha capito di amarti?” il mondo di colpo le crollò addosso, per caso l’aveva ingannata? La stava illudendo mentre a L’Havana aveva una fidanzata ad attenderlo?
“non è come pensi, lasciami spiegare”
“ti è appena giunta una lettera d’amore, da parte di un’altra ragazza. È esattamente come sembra” era davvero furibonda, e ne aveva tutte le ragioni. Ma come aveva potuto essere tanto sciocco da dimenticarsi di scrivere la lettera per Blanca? Settimane prima avrebbe dovuto raccontarle di essersi innamorato perdutamente di Juanita per impedirle di crearsi false speranze ed era esattamente ciò che era avvenuto. L’amica di sua sorella aveva capito di amarlo ed adesso nel scoprire che il sentimento non era reciproco le si sarebbe spezzato il cuore.
“respira, calmati, adesso ti racconto tutto”
“e come faccio a sapere che mi dirai la verità? Prima mi menti sul tuo nome, poi scopro che hai una fidanzata … mi sembra che tutto ciò che esce dalla tua bocca sia una grande bugia”
“l’immenso amore che sento per te non è una menzogna, di questo puoi stare certa, perché te lo dimostro con ogni mia parola, con ogni gesto, con ogni bacio che ti do. Questo sentimento non si può fingere.” Le afferrò le mani e la invitò a sedersi.
“a Cuba mi frequentavo con Blanca, un’amica di Espe. Con mi frequentavo intendo che passeggiavamo insieme, niente di più, ma non ti nascondo che se non fossi partito l’avrei sicuramente presentata ai miei e ci saremmo messi insieme. Ma ho intrapreso questo viaggio ed ho conosciuto te, che sei la cosa più bella che mi sia capitata. Io amo te, voglio solo te ed appena ci siamo baciati per la prima volta ho deciso di scrivere a Blanca per disilluderla e dirle che non potevamo essere più di due amici, ma sono accadute così tante cose che mi è passato di mente.” Aspettò da parte sua un cenno, una parola che non arrivò, l’indifferenza è un’arma davvero tremenda. “adesso mi chiederai perché non te l’ho raccontato prima, non l’ho fatto per evitarti gelosie e sofferenze inutili, nel mio cuore ci sei e ci sarai sempre tu. Sono disposto a qualsiasi cosa per restare al tuo fianco, anche non fare più ritorno a casa. Resterò a Puente Viejo ed apriremo insieme uno studio fotografico, come abbiamo sognato più volte.”
“saresti disposto a lasciare tutto per me? a trasferirti qui e rinunciare per sempre alla tua vita a l’Havana?”
“non ci penserei due volte. Ma per poter essere felici devi prima perdonarmi per questa piccola mancanza, ti prometto che non si ripeterà”
“lo sai che ti amo, no? Non c’è cosa che non ti perdonerei” entrambi sorrisero con le lacrime agli occhi e si baciarono con passione. Infine iniziarono a stendere la lettera da mandare alla povera Blanca la quale, dall’altra parte dell’oceano aspettava il ritorno di Beltrán, che probabilmente non sarebbe mai avvenuto.
 
Nel frattempo Carmen, una delle donne di sevizio della locanda, stava frugando tra le cose di Esperanza, alla ricerca di un dettaglio che potesse confermare le sue vere origini. Ovviamente l’aveva assoldata la Montenegro che, anche se costretta a letto ed ormai agli sgoccioli della sua esistenza, non si dava pace: doveva scoprire ad ogni costo se quella fanciulla mora dagli occhi quasi verdi era la sua bisnipote, ma non perché volesse darle affetto e recuperare il tempo perso, ma per poterle fare del male. La donna delle pulizie rovistò tra i cassetti, ma non vi trovò nulla, poi sbirciò sotto il letto ed estrasse un diario. Era sigillato. Si ricordava benissimo di aver visto la chiave appesa al collo di Felicidad, perciò giunse alla conclusione che per custodire quel quaderno con tanta attenzione avrebbe dovuto contenere informazioni fondamentali. Rimise ogni cosa al suo posto e portò la prova dalla Montenegro. Il diario venne aperto da un fabbro nelle scuderie della Villa e portato in camera della signora, che lo sfogliò con attenzione. Su ogni pagina c’era la scritta “Espe”, conteneva anche un passaporto con il suo vero nome e delle fotografie.
“hai fatto un buon lavoro”
“adesso cosa faccio?”
“inizia col portare tutto da Manuél, anche lui deve scoprire la verità” per il momento farla litigare irrimediabilmente con il fidanzato le sembrava un dolore sufficiente. Carmen se ne andò e la matrona iniziò a guardare le foto, il cuore per poco non le si fermò quando ne vide una che ritraeva Esperanza e Beltrán assieme a due bambini e … a Gonzalo e María!

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Capitolo 36
*** capitolo 36 ***


Manuél era tornato al suo solito lavoro, al fianco del padre, ed era alle prese con delle fatture, non riusciva però a concentrarsi pienamente. La sua mente era completamente occupata da Felicidad, come sempre. Era più di una settimana che si chiedeva come avesse fatto a distrarre Fernando dai suoi istinti omicidi, si ricordava solo che lei lo aveva chiamato per nome e l’uomo era rimasto imbambolato a guardarla. Comunque fosse, gli aveva salvato la vita e non avrebbe mai smesso di esserle grata, né di amarla.
“signorino Manuél, avete una visita”
“posso sapere chi mi cerca?”
“Carmen, la donna di servizio della locanda” chissà cosa voleva da lui, nel corso degli anni si erano scambiati si e no qualche parola. Fece segno alla domestica di farla passare.
“posso offrirti un tè? O una cioccolata?”
“no, sono solo di passaggio”
“cosa ti ha portata fin qui?”
“ho scoperto una verità sconvolgente e credo che tu abbia il diritto di saperla.” Gli passò il passaporto, posò il diario sul tavolino e si congedò. Il giovane titubante aprì il documento e sbatté più volte le palpebre davanti alla foto della sua amata accompagnata da un altro nome, come per sincerarsi di aver visto bene. Esperanza Castro Castañeda, scritto nero su bianco e come un pugnale conficcatogli nel cuore. Un’immensa bugia, quella ragazza non era altro che una menzogna.
“amore mio, ci sei?” la forestiera piombò nel salone e restò attonita quando notò cosa stringeva tra le mani Manuél. Come faceva ad avere il suo passaporto ed il diario? Quest’ultimo non aveva più il lucchetto, quindi il suo contenuto era alla portata di tutti. Istintivamente si portò la mano al collo e strinse nel pugno il pendente che le aveva regalato il padre e la chiave del quaderno, che in realtà non erano altro che il simbolo della propria anima e l’accesso diretto ai suoi pensieri ed al suo cuore.
“dove li hai presi?”
“è venuta Carmen e me li ha consegnati, ha detto che avevo il diritto di sapere. Mai però mi sarei aspettato di scoprire una cosa del genere sul tuo conto. Mi hai mentito per tutto questo tempo!”
“posso spiegarti”
“no, non voglio ascoltarti. Ti ho dato tutto me stesso, ogni parte del mio corpo ed ogni angolo del mio cuore sono stati tuoi ed è così che mi ripaghi,ingannandomi? Mentendo spudoratamente?” alzò un po’ il tono di voce mentre le prime lacrime gli uscivano dal lato degli occhi, quelle bellissime iridi azzurre adesso erano cupe, come il mare in un giorno di tormenta e ciò che più rattristava Esperanza era di essere lei la causa di quel temporale interiore.
“avrei tanto voluto dirtelo, ma non potevo.”
“io mi fidavo di te, ti ho confidato tutte le mie paure, sei stata il salvagente che mi ha tenuto a galla quando stavo per affondare per la scoperta sulle mie origini ed adesso scopro che ciò che mi ha salvato è in realtà l’unica cosa che può farmi affondare di nuovo. Ti avevo detto che non confidavo più in nessuno oltre te e proprio tu mi hai ferito in modo irrimediabile”
“non te l’ho detto per salvare la mia famiglia”
“io avrei celato il tuo segreto come il più prezioso diamante, credevi forse che ti avrei tradita?”
“capiscimi, nessuno poteva sapere la verità oltre la mia famiglia. Se Francisca o Fernando ne fossero venuti al corrente, per me e Beltrán sarebbe stata la fine.”
“Beltrán? Bene, anche il mio migliore amico mi ha mentito. Suppongo che tutta la famiglia ne sia al corrente, tutti tranne me.”lei tacque. “Sono stufo di tutte queste bugie, mi avevi giurato che tu non me ne avesti mai dette, ma evidentemente la tua parola non vale nulla. Sono certo che anche l’amore che mi hai dichiarato fosse una farsa”
“come puoi dire una cosa del genere?”
“come potrei crederti? Io ti ho amata davvero, ho passato ogni istante a pensarti, a scrivere il tuo nome sulla carta, ho chiamato addirittura la mia giumenta come te, ma mi rendo conto che è stato tutto tremendamente assurdo visto che neanche ti chiami Felicidad”
“credi per caso che i baci che ti ho dato fossero finti? Che quando mi sono concessa a te stessi recitando?”
“non so più che cosa aspettarmi da parte tua. Ho scoperto che non sei chi dicevi di essere e, visto che hai parlato di famiglia, suppongo che tu non sia orfana come volevi far credere, quindi non mi stupirei se scoprissi che sei sposata ed hai dei figli”
“sappi che tu sei stato il mio primo bacio, la mia prima volta, il mio primo amore, ma evidentemente ho sbagliato ad innamorarmi perdutamente di una persona che mi crede capace di reggere un doppio gioco. Io con i sentimenti non scherzo.”
“con i miei l’hai fatto. Avrei voluto ascoltare la verità dalla tua bocca, invece ha dovuto dirmelo una sconosciuta.” Francisca, sicuramente era stata lei a pagare Carmen per frugare tra le sue cose e farla litigare con Manuél. Quella brutta vipera …
“in questo ho sbagliato,e lo riconosco, ma l’ho fatto solo per proteggere la mia famiglia. Come per salvare te ho messo in pericolo loro.” Manuél, che per tutto il tempo non aveva avuto il coraggio di guardarla negli occhi, alzò lo sguardo e provò una stretta al cuore nel vederla in una valle di lacrime.
“è così che l’hai distratto? Gli hai svelato il tuo segreto più grande per salvarmi?”
“fino a questo punto, e molto oltre può giungere il mio amore per te. Ma se non mi credi è meglio che la finiamo qui. Il diario puoi tenerlo, un giorno magari deciderai di aprirlo ed allora capirai ciò che mi ha spinta a mentire e ciò che ho provato nel nasconderti la verità. Lì c’è scritto tutto il contenuto del mio cuore, ogni singola emozione che ho provato al tuo fianco e se mai lo leggerai capirai che quello che sento per te è amore. Quel giorno, vicino o lontano che sia, mi troverai ad aspettarti, perché ti amo perdutamente e ti attenderei tutta la vita.” Manuél non trovò le parole per replicare, e nel silenzio Esperanza si diresse verso la porta. Il cuore gli diceva di fermarla, di dirle che la amava e di perdonarla, ma la ragione gli diceva che l’aveva ingannato e che non si meritava un perdono tanto precoce. La testa, per il momento, vinse la battaglia sui sentimenti ed il figlio dei sarti la lasciò andare.
 

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Capitolo 37
*** capitolo 37 ***


Aveva la vista annebbiata dalle lacrime, tutto intorno le sembrava confuso ed insensato. Se Manuél non l’avesse perdonata, come sarebbe riuscita ad andare avanti? Come sarebbe riuscita anche solo a respirare? Ad un tratto si sentì tirare il braccio, si voltò convinta che fosse Fresnedoso pronto a riprenderla con sé, ed effettivamente si scontrò con due occhi azzurri, ma non appartenevano a chi si aspettava di vedere  …
 
“Beltrán, sai dov’è finita Esperanza? È da ieri che non la vedo”
“no, nonna Emilia. Ora che ci penso anche io non la vedo da un bel po’, questa notte non è tornata alla locanda. Si sarà fermata al Jaral, o alla fattoria.”
“no, da me non è venuta” Juana si intromise nella conversazione.
“sarà meglio chiamare Manuél, per accertarci che sia con lei” il giovane compose il numero del Jaral, e rispose il figlio dei sarti con una voce impastata dal sonno e dall’alcol.
“sono Jorge, mia sorella è lì?”
“è inutile che continui a fingere, so tutto Beltrán. No, Felicidad, o Esperanza, o come diavolo si chiama lei non è con me. Ieri sera abbiamo discusso ed è scappata, non ho idea di dove possa essere”
“non ha dormito qui, ho paura che possa essere in pericolo. Gira voce che Mesía sia uscito di prigione” Manuél di colpo recuperò la lucidità ed un tono di voce normale. Cominciò a vestirsi in fretta e furia mentre parlava al telefono.
“veloce, vieni qui al Jaral e fatti sellare un cavallo, andiamo a cercarla. Io parto adesso, se la trovo prima ti avviso, non bisogna perdere tempo. Mesía è un pazzo e se davvero l’avesse in pugno non ci penserebbe due volte a farla fuori.”
“farò come mi dici” e così mentre Beltrán cercò di scappare dalla locanda senza allarmare gli altri, Manuél montò Dicha e girò in lungo ed in largo le stradine periferiche di Puente Viejo e la campagna, cercando una qualsiasi traccia che potesse condurlo da Esperanza. Niente di niente, il nulla più assoluto. Sembrava che l’avesse inghiottita la terra … un attimo, c’era solo un posto in tutto il paese nascosto sottoterra, a cui solo pochi avevano l’accesso: le segrete della Villa! E se qualcuno poteva accedervi direttamente quello era proprio Fernando, visto che era in stretti rapporti con la matrona. Per fortuna che da piccolo gli piaceva curiosare in quelle terre, perché un giorno aveva scoperto una botola nascosta dietro una roccia ed entrandoci si era ritrovato catapultato in quel mondo buio ed inquietante. Si diresse velocemente verso la roccia che nascondeva l’uscita segreta e in un batter d’occhio era di nuovo nell’oscurità più assoluta, c’era ancora la stessa puzza di marcio di anni prima e le stesse scritte sui muri che probabilmente erano state lasciate da chi vi era stato ingiustamente rinchiuso. C’erano varie celle e notò che in una sulla parete c’era scritto il numero 1922 con molti segnetti verticali che probabilmente indicavano i giorni ed i mesi di reclusione. Dove poteva giungere la perfidia di quella donna?
“hai preso tutto da tua madre, una piagnucolona bella e buona. Lei però era una spretatrice, tu invece una semplice sgualdrina. María aveva tanto fascino da raggirare me ed un prete contemporaneamente, dovresti allenarti un po’ di più, non credo che il mio fratellino soltanto ti basti” al sentire quelle parole, gli occhi di Manuél quasi uscirono dalle orbite. Ma come si permetteva di parlarle in quel modo? Si avvicinò alla cella da cui venivano le urla ed il cuore iniziò a battergli più forte.
“insultandomi non otterrai nulla. Cosa vuoi da me? violentarmi come facesti con mia madre, o seppellirmi viva come mio padre?” la sua amata era seduta di spalle al muro con le braccia legate dietro la schiena, era evidentemente impaurita, ma allo stesso tempo determinata e sicura di sé. Quei due si lanciavano sguardi affilati come rasoi.
“non sarebbero cattive idee, ma per te ho in mente ben altri piani cara Esperanzita. Con te ho un conto ancora in sospeso, devo riuscire a portare a termine ciò che non ho avuto il coraggio di fare quando eri ancora una neonata.” Aveva ascoltato abbastanza, adesso doveva precipitarsi in paese per chiedere aiuto, doveva trovare Beltrán o chiamare la guardia civile, prima che fosse tropo tardi. Come una furia silenziosa sgattaiolò fuori dalle segrete e salì di nuovo in groppa alla giumenta. pensò mentre oltrepassava le scuderie della Villa, ma delle voci provenienti dall’interno catturarono la sua attenzione.
 
“mi vuoi spiegare perché non ci siamo fermati in paese a chiedere aiuto, tesoro?”
“perché così avremmo dato troppo nell’occhio, Gonzalo. Jorge e Clara sono in compagnia di Lucía, nessuno si insospettirà vedendo una donna con due bambini, ma se ci presentassimo anche noi sarebbe oltremodo sconvolgente per tutti. Due morti tornati dall’oltretomba”
“allora mi vuoi spiegare perché siamo in una stalla?”
“perché il modo più veloce e sicuro per trovare nostra figlia è andare a cavallo, Gonzalo.”
“certo, daremmo meno nell’occhio in due su un cavallo rubato che a piedi o a bordo di una semplice automobile” i due sposi si erano imbarcati non appena avevano ricevuto la lettera da parte di Esperanza, e stranamente l’impulso della partenza era venuto prima a María che a suo marito, l’istinto materno l’aveva guidata ed era felice di averlo seguito perché quella stessa mattina, appena giunti in stazione, avevano sentito dire che era scomparsa una certa Felicidad Lobos. Quindi lei e Gonzalo si erano fatti lasciare dall’autista alla Villa, da dove sarebbe stato più facile partire per le ricerche, mentre i piccoli erano arrivati fino in paese con la domestica.
“non ruberemo un cavallo, lo prenderemo solo in prestito.” Si avvicinò ad un box nel quale c’era una giumenta piuttosto anziana, ma ancora in splendida forma, era bianca  con macchioline grigie: Miophia!
“anzi, tecnicamente la giumenta è mia. Sto solo recuperando ciò che mi è stato strappato via” fece uscire il cavallo e velocemente lo sellò.
“io so’ dov’è vostra figlia.” Gonzalo e María si voltarono di scatto e si ritrovarono davanti Manuél.
 

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Capitolo 38
*** capitolo 38 ***


Senza chiedere né fornire ulteriori spiegazioni, i tre corsero verso l’entrata delle segrete e fecero il loro ingresso, ma sfortunatamente era troppo tardi: Fernando ed Esperanza erano già andati via.
“ed adesso cosa facciamo?”
“correre, corriamo María, cerchiamola fino allo sfinimento ma non stiamocene qui impalati”
“Manuél, Mesía ha dato qualche informazione utile? Ha accennato dove avrebbe voluto portarla?”
“come fai a sapere il suo nome, tesoro?”
“è una lunga storia” non era certo il momento di raccontargli che era il fidanzato di Espe, sapeva benissimo come avrebbe reagito dinnanzi a tale rivelazione e non era né il luogo né l’attimo giusto per una scenata simile. Era troppo protettivo nei confronti della figlia e per questo era tanto nervoso da perdere la ragione.
“ora che ci penso si, signora. Mi pare di averlo ascoltato mentre diceva di dover finire qualcosa con lei che aveva iniziato molti anni prima, qualcosa che non ha avuto il coraggio di fare. Non so a cosa potesse alludere”
Gli sposi si guardarono impressionati negli occhi e in quelli dell’altro ognuno trovò la conferma che cercava.
“la Garganta del Diablo” disse Gonzalo. Prese per mano la moglie e la trascinò fuori da quel luogo macabro, il giovane frastornato li seguì senza parlare. María salì in fretta e furia su Miophia, ma il marito era ancora restio all’idea di salire su quel cavallo, bello tanto quanto pericoloso.
“che aspetti? Non dirmi che hai paura …”
“ma che fesseria, è che non mi piace montare e lo sai. Ma questo ed altro per mia figlia” mise il piede nella staffa e, appena si sedette dietro la moglie, quest’ultima fece partire la giumenta. Dicha e Miophia sfrecciarono a tutta velocità nel bosco ed in men che non si dica giunsero su quel precipizio maledetto. Fernando ed Espe erano sull’orlo del baratro, un passo falso sarebbe bastato per farli precipitare nel vuoto, e lo avrebbero fatto insieme visto che i loro polsi erano legati con una fune. , pensò Manuél tirando fuori il coltellino che portava sempre con sé dal giorno dell’aggressione, lo nascose nella manica.
“ma che bella sorpresa, la famiglia al completo. Non me l’aspettavo …” gli occhi di Esperanza si illuminarono vedendo i genitori. Come si trovavano lì? Ecco perché no avevano risposto all’ultima lettera, perché si erano imbarcati per venirla a salvare!
“lasciala andare, Fernando”
“altrimenti cosa mi farete? Mi ammazzerete? Dovete sapere che sarà inutile visto che ho già intenzione di farlo da solo. La mia vita non ha più senso, ma la mia morte lo avrebbe perché significherebbe la vostra sofferenza, visto che la piccolina farebbe la mia stessa fine” alzò il polso che era legato a quello della giovane. Era la stessa identica scena che avevano vissuto ben diciassette anni prima, solo che la loro bambina non era più una neonata indifesa, ma una donna a tutti gli effetti che anche in una situazione del genere non perdeva il suo innato coraggio e non si sprecava in lacrime. Lei sapeva benissimo che quelli potevano essere i suoi ultimi istanti di vita, ma avrebbe affrontato la morte con tranquillità, le bastava aver rivisto i suoi genitori per essere felice e il suo innamorato era lì, quindi forse l’aveva perdonata. L’unica cosa che la tormentava era il rimpianto per un futuro che forse le sarebbe stato strappato via in modo atroce ed ingiusto.
“non avresti il coraggio di farlo come non ne hai avuto nel 1921, né mai nella tua vita. Non hai il fegato per ucciderti, la tua cattiveria si è sempre fermata a tramare contro gli altri. Tieni troppo a te stesso per toglierti la vita” gli occhi di Gonzalo erano praticamente fuoriusciti dalle orbite per la paura di perdere di nuovo la sua principessa.
“non ti do’ torto, ci tengo alla mia pelle ma lei morirà, potete starne certi. Ho passato tutto questo tempo in carcere a meditare vendetta contro tutti voi, quindi la notizia della vostra presunta morte mi ha pressoché rattristato. Quando sono uscito di prigione mi sono alleato con Francisca contro i Toledano per guadagnare molti soldi, ma poi ho scoperto che il mio bel fratellino se la spassava con questa qui. Tua figlia con un Mesía ... sai pretino? Li ho visti mentre si baciavano appassionatamente … lei è proprio una sgualdrina” l’ex sacerdote rimase sconcertato, la sua piccolina fidanzata? Con un Mesía per di più! Cercò lo sguardo di Esperanza che evitò di guardarlo negli occhi, quindi si rivolse a Manuél. Le iridi di quel ragazzo erano davvero lo specchio della sua anima, dentro ci leggeva bontà, coraggio, amore incondizionato, paura e dispiacere, quindi non fu difficile per Martín riconoscere quel guizzo d’ingegno che li attraversò. Bastò guardarlo per capire le sue intenzioni: avrebbe salvato Espe, ma qualcuno doveva distrarre Fernando e quel qualcuno doveva necessariamente essere suo padre.
“la conosco bene e so che se l’ha fatto è per amore, un amore puro e senza barriere che tu non hai avuto modo di provare nella tua misera esistenza. Quindi non osare chiamarla meretrice.”
“ti sbagli, io l’ho sentito eccome l’amore, per María.”
“quello non era amore, ma solo abuso e possesso. Amare una donna significa baciarla con dolcezza, non forzarla, significa farci l’amore, non abusare di lei, significa abbracciarla, non picchiarla. È per questo che lei ha preferito me”
“tu me l’hai rubata, io l’avrei trattata bene se tu non tu fossi intromesso. Lei si sarebbe concessa a me e tutto sarebbe filato liscio come l’olio. Saremmo stati felici insieme”
“sei un essere spregevole, non ti avrei mai amato, neanche se Gonzalo non fosse entrato nella mia vita e nel mio cuore. È solo colpa tua, del tuo modo di essere se sei solo, se hai passato gli ultimi anni in carcere invece di crescere dei figli e prenderti cura di una donna” María parlò con voce rotta dal pianto.
“voi mi avete tradito, avete tradito la mia fiducia con quella relazione clandestina alle mie spalle. C’è stato un tempo in cui io e te siamo stati davvero amici, Gonzalo. Poi però sei andato a letto con lei e da allora ti odio, vi odio con tutta l’anima. Adesso però è finita per davvero, questa volta pagherete per tutto il male che mi avete fatto” si sporse ancora di più verso il vuoto.

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Capitolo 39
*** capitolo 39 ***


“Aspetta, non farlo.” María si inginocchiò proprio come l’ultima volta, anche se sapeva che non sarebbe servito.
“credi di impietosirmi? Tutto il contrario, io godo a vederti così distrutta dal dolore. Mi piacerebbe vedere la vostra faccia dopo che tutto ciò sarà finito, ma non si può avere tutto, sapere che soffrirete l’indicibile mi è sufficiente” mentre i tre continuavano ad urlare e a rinfacciarsi il passato, Manuél di soppiatto si era avvicinato tantissimo all’ostaggio, quando fu abbastanza vicino, attirò la sua attenzione con un verso e le mostrò il coltello. le disse con la sola forza dello sguardo, lei annuì.
“almeno noi siamo stati felici, Mesía. Questo è l’unico senso della vita, la ricerca della felicità e tu hai miseramente fallito. FELICITÀ” quella era la parola chiave, e al sentirla tutti capirono che era giunto il momento. Manuél lanciò il coltello ad Esperanza, che lo afferrò al volo, poi con un solo colpo, deciso e disperato lei tagliò la fune che la legava a Fernando, il quale perse l’equilibrio e si sbilanciò verso il baratro. Spingerlo avrebbe significato sporcarsi le mani di sangue, ma fortunatamente non fu necessario perché quel mostro cascò nel vuoto da solo, sotto lo sguardo attonito degli altri. La Castro stava quasi per seguirlo nel salto, ma il suo fidanzato la afferrò per le spalle e la attirò a sé, stringendola con tutte le forze che aveva. Restarono tutti immobili con la bocca spalancata per un po’, poi Gonzalo e María corsero verso la figlia, che si staccò imbarazzata da Manuél e si lanciò tra le braccia dei genitori.
“figlia mia stai bene?”
“non sai quanto eravamo preoccupati per te, principessa” iniziarono a riempirla di baci e carezze mentre lacrime di sollievo rigavano i loro volti.
“ma quando siete arrivati?”
“qualche ora fa, abbiamo lasciato i gemelli con Lucía in paese e siamo corsi a cercarti.”
“abbiamo addirittura rubato un cavallo per venirti incontro” puntualizzò ulteriormente Gonzalo.
“non dare retta a tuo padre”la moglie gli dedicò uno sguardo di rimprovero.
“ma come mi avete trovata?”
“Manuél, lo abbiamo trovato nelle stalle della Casona e ci ha condotto nelle segrete, ma non c’eri più. Così grazie a lui abbiamo capito che eri qui” rispose María. Nonostante tutto, nonostante il litigio era corso subito a cercarla e le aveva salvato la vita, non esisteva ragazzo migliore di lui sulla faccia della terra.
“a proposito, figlia mia hai tante cose da spiegarmi riguardo a quello lì …” Martín lanciò un’occhiata torva al giovane, il quale abbassò la testa. Si sentì un rumore di zoccoli e poi la voce di Beltrán ruppe il breve silenzio che si era venuto a creare.
“padre! Madre! Ma voi che ci fate qui? Espe, meno male che stai bene” corse dalla sua famiglia e abbracciò tutti uno ad uno.
“è una lunga storia. Adesso non c’è tempo da perdere, dobbiamo chiamare qualcuno che ci aiuti a trovare il corpo di Fernendo nel fiume. A quest’ora chissà dove sarà finito”
“corpo? O mio dio. Dobbiamo correre a cercare rinforzi. Ma prima devo dirvi una cosa, in paese si è sparsa la notizia che Francisca sta per morire. Sembra che siano i suoi ultimi istanti di vita”
“mi occupo io delle ricerche, non preoccupatevi” intervenne Manuél e a quell’affermazioni tutti lo ringraziarono con un lieve sorriso, poi montarono a cavallo diretti alla Villa. Francisca prima di morire doveva sapere di essere stata ingannata, di aver miseramente perso la sua battaglia contro la famiglia Castro Castañeda, proprio come Fernando.
Arrivarono dietro la porta della stanza da letto di quella strega, ma la trovarono chiusa. Si poteva benissimo distinguere la voce stanca di Don Anselmo e quella fioca e morente della matrona.
“è più di un ora che siamo qui Francisca, non hai fatto altro che confessarmi tutti i tuoi peccati e ti dirò la verità, non sono per niente sconvolto dalla quantità di crimini di cui si è sporcata la tua coscienza. Delitti, inganni, manipolazioni, nostro signore nella sua infinita misericordia non credo che ti potrà perdonare, ma non perché non è abbastanza buono, ma perché non sei per niente pentita. Mi duole dire ad un parrocchiano una cosa del genere, ma hai un posto assicurato all’inferno. Ciò che più mi ha sconvolto forse è stato scoprire che hai ucciso voi Pepa, dandole degli anticoagulanti e pagando un contadino affinché ne bruciasse il corpo, fare una cosa del genere ad un essere umano è inammissibile, per di più se si tratta della donna amata da tuo figlio!” a quella rivelazione, il sangue di Gonzalo ricominciò a bollire nelle vene. Quella megera aveva anche assassinato sua madre ed impedito che le venisse data sepoltura!
“non siete qui per rimproverarmi, don Anselmo, ma per darmi l’assoluzione”
“posso assolvere solo chi si pente, e voi non rientrate in questa categoria di persone, quindi il mio compito è finito.” Le diede l’estrema unzione ed uscì, gli altri nel frattempo si nascosero per non essere visti, più tardi avrebbero dato le pertinenti spiegazioni a tutti, ma per il momento l’importante era parlare con la Montenegro. Una volta che il sacerdote andò via, entrarono nella stanza sotto gli occhi socchiusi e sconvolti della moribonda.
“voi?”
“si, noi adorata bis nonnina. Morivamo dalla voglia di vedervi per l’ultima volta.” Disse Espe.
“Ma- Ma- María. Sei viva”
“si, come potete ben vedere sono viva e vegeta e per vostra sfortuna anche mio marito lo è. Credevate di esservi liberati di lui e della stirpe dei Castro, ma vi sbagliavate di grosso.”
“co- come è possibile?” se lo chiedeva dal momento in cui aveva visto la loro foto di famiglia, era stato sicuramente quello shock a far peggiorare irrimediabilmente la sua salute.
“vi abbiamo ingannata, nonnina cara. Era tutta un’immensa bugia, il salto nel precipizio, le ricerche dei loro corpi, tutto finto. Tutto per poter vivere felici lontano da voi, ed ha funzionato. Ben sedici anni senza mali, senza cattiverie né ingiustizie, anni di gioia ed amore allo stato puro” Gonzalo scandì bene ogni parola.
“co- come ci siete riusciti?”
“quando hai una famiglia che ti vuole bene e che è disposta a tutto per aiutarti, ogni cosa è possibile, ma questo voi non lo sapete perché i vostri famigliari e i vostri figliocci li avete allontanati con la cattiveria. Bosco è morto per colpa vostra”
“ma io volevo rimediare prende-n-do-mi cu-cu cura di Beltrán”
“sicuramente sono stato molto meglio con loro che con una strega come voi”
“sei tu?” lo guardò ancora più stranita di quanto già non fosse.

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Capitolo 40
*** capitolo 40 ***


“Si, la zia Aurora mi ha portato a Cuba e lì sono cresciuto come un principe”
“credo che adesso sappiate tutto. Anzi no, abbiamo scordato di dirvi che avete altri due bis nipotini, Clara e Jorge, che hanno avuto la fortuna di non subire nessuna delle vostre malvagità”
“ho-ho sofferto per la tu-tua morte, María”
“siete voi che mi avete costretta a lasciare il paese che mi ha vista crescere, la mia famiglia, i miei amici, i miei genitori. Credete che io non abbia sofferto nel rendermi conto di che mostro eravate e siete tutt’ora? Vi volevo bene, con tutto il cuore, ma poi Gonzalo e le circostanze mi hanno fatto aprire gli occhi. Avete cercato di togliermi mio marito, e mia figlia per plasmarla a vostra immagine e somiglianza, ma fortunatamente non ci siete riuscita, né con lei, né con nessun altro bambino o ragazzo indifeso”
“siete sola, Francisca Montenegro. Potevate essere felice e circondata tante persone colme d’affetto nei vostri confronti, ma l’odio immotivato, la meschinità e l’orgoglio ve lo hanno impedito ed eccovi qui, sul punto di morire e senza nessuno al vostro capezzale.” Concluse Martín.
“ci- ci- ci rivedremo all’inferno”
“per adesso lì vi rincontrerete con Fernando, poi si vedrà. Abbiamo ancora tutta una vita di gioia davanti, mentre voi  pochi istanti di solitudine.”affermò María avvicinandosi alla porta.
“addio” dissero i quattro uno dopo l’altro uscendo dalla stanza sollevati ed orgogliosi di aver finalmente liberato la mente da tutte le parole non dette. Francisca intanto rimuginava sulla sua misera esistenza: si era fatta rispettare in un mondo di uomini, ma a cosa era servito se non ne aveva uno a reggerle la mano in quel momento? Era diventata ricchissima, ma non aveva qualcuno a cui lasciare il patrimonio; aveva vissuto a lungo, ma non era mai stata felice; si era vendicata dei torti subiti, eppure l’avevano ingannata. La sua vita non aveva avuto senso, in fin dei conti non aveva ottenuto niente a parte la solitudine. Sola, sola, sola. Più volte le avevano ripetuto quella parola collegandola al suo futuro, ma lei l’aveva ignorata e derisa, credeva che quel momento non sarebbe mai arrivato, che non avrebbe mai dovuto fare i conti con la sua coscienza, ma si sbagliava. Forse aveva vinto molte battaglie negli anni, ma la guerra, quella l’aveva persa miseramente. Con il pensiero della sconfitta chiuse gli occhi, per sempre.
 
Il corpo di Fernando venne ritrovato in poco tempo, incastrato tra delle rocce. Manuél stesso si occupò di farlo portare via, a Madrid avrebbe ricevuto degna, anche se immeritata, sepoltura. Al suo funerale, come a quello della Montenegro, non si sarebbe presentato nessuno perché nessuno avrebbe sofferto della loro morte, anzi, anche se non era molto cristiano, se ne sarebbero rallegrati tutti quanti. Finalmente era finita, la sofferenza era davvero terminata, questa volta in modo netto e definitivo. Gonzalo, María, Esperanza, Beltrán ed i gemelli non avrebbero più dovuto fingere, né nascondersi, coloro che avevano mantenuto  il segreto più grande per tutto quel tempo non avrebbero più dovuto recitare e mentire e soprattutto i cubani  avrebbero potuto riabbracciare i loro parenti ed amici dopo anni di esilio. A l’Havana erano stati realmente felici, ma c’era sempre un velo di amarezza che copriva le loro giornate, causato dall’assenza dei famigliari con i quali non potevano comunicare se non attraverso lunghe e sentite lettere, da quel momento invece sarebbe stato diverso: anche se avrebbero continuato a vivere dall’altra parte dell’oceano, avrebbero potuto telefonare spesso a Puente Viejo, e niente né nessuno si sarebbe mai opposto ad una loro visita. Adesso si che erano liberi per davvero, senza la costante paura che la copertura saltasse e senza il timore di ritornare sotto il giogo di chi li aveva tanto danneggiati. Si prospettava un futuro radioso. La famiglia giunse in piazza felice ed a testa alta … inutile dire che la prima ad accorgersi della loro presenza fu Dolores Mirañar che, nonostante l’incredulità iniziale, non tardò a sparare domande a raffica  a cui ovviamente furono costretti a rispondere; pensandoci bene era una fortuna averla incontrata per prima, almeno così avrebbero evitato di dare spiegazioni a metà paese. Questo era proprio il pettegolezzo del secolo, avrebbe potuto parlarne per anni! Intanto Jorge e Clara corsero fuori dalla locanda ed andarono incontro ai genitori, che li presero in braccio baciandoli teneramente. Poco alla volta tutti i loro conoscenti si avvicinarono increduli e felici: prima Emilia ed Alfonso, che strinsero la figlia ed il cognato con una forza tale da stritolarli e poi si impossessarono dei nipotini più piccoli, spupazzandoli per bene; a loro seguirono Mariana e Nicolás, Rosario, don Anselmo, Candela, e successivamente tutti gli altri. María e Gonzalo ebbero il piacere di conoscere Severo, il marito di Candela, e Sol, la moglie di Lucas, assieme a molti altri nuovi compaesani. Si rallegrarono molto nel vedere che tutti si erano costruiti delle famiglie meravigliose, compresa Fé, che si era sposata con un brav’uomo ed aveva avuto una splendida bambina. L’ex domestica della Villa fu assalita da una gioia incommensurabile nel constatare che la sua amica María era viva, infatti la strinse a sé intensamente. La notizia della “resurrezione della famiglia Castro Castañeda” fece velocemente il giro di Puente Viejo e dintorni, cosicché quando calò il sole, non c’era persona in tutta la comarca che non ne fosse al corrente. Fu a dir poco estenuante dover raccontare a tutti la verità, ma allo stesso tempo fu talmente piacevole essere abbracciati e leggere il sollievo nei loro occhi, che avrebbero ripetuto quell’impresa mille volte. Inoltre i paesani decisero di comune accordo di distruggere immediatamente la lapide che testimoniava la loro falsa morte e davanti alla quale Esperanza era scoppiata in lacrime. Ai Castro sarebbe piaciuto restare molto più tempo a Puente Viejo, ma il transatlantico per Cuba sarebbe partito il giorno dopo e dovevano assolutamente imbarcarsi, o almeno Gonzalo, María ed i gemelli erano costretti a farlo, Beltrán ed Esperanza avrebbero dovuto prendere una decisione da soli.
 

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Capitolo 41
*** capitolo 41 ***


“Juanita, ora che tutto è risolto i miei genitori torneranno a casa, non possono lasciare le proprietà incustodite per tanto tempo, e lo zio Tristán li aspetta impazientemente.” <è arrivato il momento di dirci addio>, pensò con rammarico la ragazza.
“tu li seguirai, non è vero?”
“è proprio di questo che volevo parlarti. Io voglio stare con te e sarei disposto a rimanere in paese se tu me lo chiedessi” prese le mani della giovane tra le sue.
“non voglio separarti dai tuoi genitori e dai tuoi fratelli”
“con loro manterrei comunque i rapporti, ma sono convinto che se me ne andassi ti perderei per sempre e sarebbe troppo difficile per me”
“non posso influenzare la tua decisione, Beltrán , è una scelta che devi prendere da solo”lei non avrebbe voluto in nessun modo che per colpa sua fosse costretto a rinunciare alla sua vita oltreoceano, ma allo stesso tempo lo voleva accanto a sé.
“tu mi vuoi al tuo fianco? Mi ami?”
“ma che domande sono?”
“rispondimi” la guardò negli occhi in cerca di risposte e le trovò prima che lei aprisse bocca.
“certo che ti amo, con tutta me stessa, e voglio passare con te il resto della mia vita, ogni istante, ogni secondo”
“ed allora rimarrò”
“davvero?” gli occhi le si illuminarono.
“certo, io voglio restare, tu vuoi che resti, perché mai dovrei imbarcarmi?”
“non te ne pentirai, ti renderò felice”
“lo sono già. E poi appena possibile chiederò a tuo padre di poterti sposare”
“non vedo l’ora che giunga il momento” sorrisero, pieni di gioia e di speranza in un futuro dei più rosei.
 
Nel frattempo anche Espe stava riflettendo sul da farsi, ma la sua scelta non era altrettanto facile. L’indomani sarebbe dovuta partire e non aveva ancora scelto il suo destino. Doveva necessariamente discuterne con Manuél, del resto era lui il vero motivo per cui voleva restare. Stava per incamminarsi verso il Jaral, quando lo vide mentre le veniva incontro. Si ritrovarono uno di fronte all’altra, proprio sotto l’insegna della “posada de María”, avevano tanto da dirsi, eppure nessuno dei due aprì bocca, si limitarono a guardarsi negli occhi e ad amarsi in silenzio per un bel po’.
“non so come ringraziarti, Manuél. Mi hai salvato la vita”
“direi che adesso siamo pari” lui sorrise e lei lo seguì.
“sei venuto a cercarmi nonostante la discussione pesante che avevamo avuto, potevi ignorarmi, fare finta di nulla e mandare i compaesani alla mia ricerca, ed invece sei stato il primo a mobilitarti.”
“se ti fosse successo qualcosa, non me lo sarei mai perdonato”
“questo significa che mi ami ancora?” incontrò i suoi occhi azzurri che erano un po’ la sua casa.
“ciò che ho sentito e sento tutt’ora per te è così forte ed intenso che non basterebbero dieci vite per dimenticarlo.”
“questo significa che mi perdoni?”
“ho letto qualche pagina del tuo diario. Sapevo già che i tuoi sentimenti erano sinceri, ti ho detto cose che non pensavo l’altro giorno, tuttavia non ho resistito alla tentazione e l’ho aperto. Ho capito quanto hai sofferto per non potermi rivelare tutto ed i motivi per cui non potevi farlo, quindi il mio cuore è in pace con il tuo. Come potrei non perdonarti?” lacrime di felicità sgorgarono sul volto di Esperanza che si lanciò tra le sue braccia e cercò di baciarlo.
“aspetta, però. Che io ti perdoni non significa che possa tornare con te adesso.”
“come?”
“per il momento non possiamo stare insieme”
“ma come, perché?”lei era davvero confusa.
“perché domani partirai” disse schietto il ragazzo.
“questo non è detto, posso restare qui. Farei qualsiasi cosa per vivere al tuo fianco. Io ti amo”
“anche io, ed è per questo che devi partire. So benissimo che il tuo posto non è qui, in una paesino sperduto tra le montagne, ma a Cuba, in mezzo a tanta gente diversa ed assieme alla tua famiglia. Ed inoltre sono certo che tuo padre mi ucciderebbe se ti portassi via da lui, scoprire cosa c’è tra di noi è stato un vero trauma e più volte mi ha lanciato occhiatacce”
“è un brav’uomo, non ti farebbe mai del male. Ammesso che tu non mi faccia soffrire, ed è esattamente ciò che sta accadendo adesso”
“non piangere, lasciami finire” la supplicò asciugandole le lacrime con il pollice. “il tuo posto è all’Havana, ma il mio è al tuo fianco.”
“questo significa che?”
“si, è mia intenzione raggiungerti, prima o poi. Ma ho bisogno di tempo, per chiudere questo capitolo della mia vita ed iniziarne un altro senza danneggiare i miei genitori e l’impresa.”
“quanto tempo esattamente?”
“non lo so”
“sappi che anche tra mille anni, mi troverai lì ad aspettarti, sul serio. Te l’ho già detto una volta, ed adesso lo ripeto.”
“il tempo che passeremo separati, non dovrai passarlo a pensare a me, Espe. Segui i tuoi sogni, vivi nel frattempo, non mettere in pausa il mondo.”
“spero di riuscirci”
“giuramelo” la guardò dritta in quelle iridi verdi che l’avevano fatto innamorare.
“te lo giuro. Ma tu promettimi che ci manterremo in contatto”
“promesso.”
“quindi questo è il nostro addio?”
“un arrivederci, piuttosto.” Si abbracciarono con tutte le loro forze ed annusarono l’uno il profumo dell’altra, come per imprimerlo a fuoco nella mente.
Il giorno dopo, i Castro Castañeda fecero i bagagli e, dopo aver salutato uno ad uno tutti i paesani, si diressero alla stazione. Non fu facile per Gonzalo e María accettare la decisione di Beltrán, ma alla fine capirono le sue ragioni, era innamorato, ecco tutto e sognava di restare accanto a Juanita, proprio come avevano fatto loro molto tempo prima. Martín si commosse nello scoprire che Manuél aveva lasciato andare la sua piccolina, che aveva deciso di non portargliela via, ma allo stesso tempo di non abbandonarla definitivamente. Gli aveva comunicato la sua scelta quella mattina stessa e lui si era sentito fortunato, perché la sua principessa aveva trovato un principe meraviglioso che presto l’avrebbe raggiunta e resa felice. Nel frattempo, però Espe sarebbe rimasta accanto a lui e se la sarebbe goduta per un altro po’, insomma avrebbe avuto più tempo per assimilare il suo futuro distacco.
Arrivati al porto, prima di salire sul transatlantico che l’avrebbe allontanata dal suo amore, e dal suo adorato fratello, Esperanza si guardò indietro e si fermò a riflettere sull’esito del suo viaggio: era partita bambina e tornata donna, solo che le sarebbe piaciuto farlo mano nella mano con l’uomo della sua vita. , pensò mentre la nave si allontanava dalla costa e la portava verso un mondo che non sarebbe più stato come prima, perché assieme a lei, anche la sua visione dell’universo era cambiata per sempre.

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Capitolo 42
*** capitolo 42 ***


Anno 1940
Un antico proverbio dice: se ami davvero qualcuno, lascialo andare; se è destinato ad essere tuo, tornerà, altrimenti significa che non lo è mai stato.
Era passato un anno e mezzo dal suo ultimo giorno a Puente Viejo e le cose erano andate diversamente da come Esperanza si aspettava. Manuél non l’aveva ancora raggiunta e la corrispondenza tra loro, all’inizio incessante, era andata via via affievolendosi, ma l’amore no, quello era rimasto immutato. Lo scoppio della guerra aveva complicato gli affari della casa di moda dei Fresnedoso, così il figlio non aveva potuto lasciare il paese in alcun modo e questo aveva spezzato il cuore della povera Espe e dello stesso Manuél. I giorni senza di lui sembravano eterni, pesanti come macigni, per fortuna poteva dedicarsi allo studio che le sollevava un po’ il morale. La ragazza aveva capito che la sua vera passione erano le lingue straniere, così si era dedicata anima e corpo allo studio di francese, inglese, italiano e tedesco e li parlava egregiamente, anche se aveva ancora molto da imparare. Aveva anche fatto quel viaggio in Italia che sognava da tutta la vita, in compagnia del padre e dello zio Tristán, che dovevano risolvere delle questioni importanti a Venezia, erano stati ospitati da quella anziana signora che Espe aveva conosciuto sulla nave nel 1938, era stata un’esperienza meravigliosa anche se continuava a mancarle Manuél, ad ogni respiro. Nei mesi passati, tuttavia aveva imparato a convivere con la sua assenza, infatti non era pentita di essere tornata a Cuba, era davvero quello il suo posto nel mondo, e se il suo destino era di stare con Manuél si sarebbero rincontrati, e poi sapeva che un filo invisibilmente sottile, ma indissolubile l’avrebbe sempre legata a Puente Viejo. Stava passeggiando da sola sulla spiaggia, in direzione di casa sua e vide la sorellina Clara giocare sul bagnasciuga con Gabriel, il figlio dei loro vicini. Quei due erano davvero inseparabili, affiatati e complici come una coppia, erano ancora troppo giovani per rendersene conto, ma Espe era certa che quello fosse amore ed anche suo padre aveva la stessa opinione.
“credo che Clarita sia troppo piccola per giocare con degli uomini” diceva sempre e a quell’affermazione María gli rispondeva :
“sono solo bambini, tesoro.”
“sai benissimo che l’amore non ha età”
“ed è una brutta cosa?”
“no, ma … spero che quel momento arrivi il più tardi possibile. Per Espe mi sembra che sia arrivato prima del previsto, non farmi pensare a questo, santo cielo la mia piccolina” la conversazione era sempre la stessa e finiva ogni volta con Martín che stringeva forte a sé le sue due bambine. La Castro sorrise a quel ricordo, aveva davvero i genitori migliori del mondo. Fece un respiro profondo ed ammirò il mare, un tempo erano gli occhi di Manuél a ricordarle quell’amata ed infinita distesa d’acqua, adesso invece era l’oceano a ricordarle il suo amato. Ancora una volta se lo immaginò al suo fianco, a cingerle la vita e baciarla, e quel pensiero la fece stare meglio. Giunta alla grande tenuta, in cui abitava anche lo zio Tristán con la moglie e la figlioletta appena nata, vide la cassetta della posta piena di lettere. Le prese e controllò i mittenti, una catturò la sua attenzione: era da parte di Beltrán e Juanita. In casa si sentiva davvero troppo la mancanza di suo fratello, senza di lui non era più lo stesso, ma tutti si consolavano al pensiero che era davvero felice dove si trovava. Corse nel salone e chiamò a gran voce i genitori, che si presentarono assieme ai gemelli, come sempre sporchi di sabbia.
“è arrivata questa da parte Beltrán e Juanita” gli sguardi degli altri si illuminarono, proprio come il suo.
“avanti, che aspetti? aprila!” la incitarono i fratellini. Aprì la busta e dentro vi trovò una lettera ed un bigliettino, che lesse ad alta voce.
«Beltrán Castro Castañeda e Juanita Ortuño Castañeda
Sono lieti di invitarvi al loro matrimonio che si terrà il giorno 15 di Aprile del corrente anno nella piccola ma accogliente chiesa di Puente Viejo. Abito elegante facoltativo, sorriso obbligatorio.»
“o mio dio, il nostro ometto si sposa!” affermò María commossa.
“è proprio una bella notizia” continuò suo marito. Successivamente Esperanza lesse la lettera che accompagnava l’invito, nella quale i futuri sposi si scusavano per non essersi fatti sentire nelle ultime settimane e in cui Juanita proponeva alla sua amata cugina di essere la sua testimone, cosa che ovviamente riempì la lettrice di gioia.
“e così si torna a Puente Viejo” concluse la giovane, felice sia per il matrimonio sia per la possibilità, anzi la certezza, di poter finalmente riabbracciare Manuél.
 
Qualche settimana dopo la famiglia Castro Castañeda era finalmente al completo dopo tanto tempo. Il viaggio era stato ovviamente stancante,ma ne era valsa la pena per poter vivere quel momento. Riabbracciare Beltrán e sua cugina per Esperanza fu un dono, così come rincontrare i nonni e tutti gli altri paesani.
“mi siete mancati tantissimo, ragazzi.”
“anche tu, Espe.” Fu un abbraccio dei più calorosi e pieni d’affetto, proprio come quello che i genitori regalarono al loro figlioletto. I futuri sposi erano andati a prenderli alla stazione di Murcia, erano le sei del mattino e mancava solo qualche ora al tanto atteso matrimonio. Giunti a Puente Viejo, dopo gli ovvi saluti, le donne si diressero alla fattoria degli Ortuño, mentre gli uomini alla Villa, della quale Beltrán era divenuto proprietario dopo la morte di Francisca. L’unico vero discendente della Montenegro era appunto Beltrán, che però aveva deciso di dividere l’eredità con tutti i suoi fratelli, in modo tale che ognuno potesse vivere un futuro privo di difficoltà economiche, ovviamente dopo il matrimonio Juana si sarebbe trasferita alla Casona con lui: finalmente quelle mura, dopo aver ospitato tanta meschinità e sofferenza, sarebbero diventate lo scenario di una vita tranquilla e felice. Alla fattoria la sposa stava indossando il suo abito semplice, ma allo stesso tempo molto raffinato, mentre le donne più importanti della sua vita intonavano una canzone tradizionale. Non vedeva l’ora di unirsi per sempre a Beltrán, l’ansia e la gioia s’impossessarono di lei e, quando si vide allo specchio, scoppiò a piangere.
“sei bellissima, cuginetta. Mio fratello potrebbe svenire vedendoti avanzare verso l’altare” risero entrambe.
“devo dirti una cosa, Espe.”
“potrà aspettare domani, oggi niente e nessuno potrà rovinare il momento o distrarci da questa festa. Ora avanti, il tuo momento è arrivato”.
Intanto Beltrán aspettava impaziente la sua fidanzata davanti all’ingresso della chiesa. L’emozione era troppo intensa.
“attento a non svenire” disse Manuél, cercando di calmare il suo migliore amico.
“mia sorella mi ha ripetuto la stessa cosa per tutto il tragitto da Murcia alla locanda” al sentire nominare Esperanza, il figlio dei sarti ebbe un sussulto. Che effetto gli avrebbe fatto rivederla? In quel periodo aveva cercato di colmare la sua assenza guardando la loro fotografia insieme e stringendo a sé il diario della ragazza ed il fermaglio che gli aveva regalato, i suoi sentimenti non erano affatto cambiati, ma se lei non avesse sentito più lo stesso per lui? Mentre faceva le sue congetture si avvicinò all’altare, verso il quale l’amico fu accompagnato da María. La marcia nuziale risuonò in tutta la chiesa e Juanita fece il suo ingresso sottobraccio al padre, il povero Beltrán si appoggiò a Manuél per non cadere per terra a causa dell’emozione, ma non sapeva che quest’ultimo rischiava di cascare per terra da un momento all’altro: La bellezza di Esperanza gli fece davvero girare la testa. In mezzo a tutta quella gente i loro sguardi si rincontrarono, e fu di nuovo amore.
 

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Capitolo 43
*** capitolo 43 ***


Per tutta la durata della cerimonia Esperanza e Manuél non fecero altro che lanciarsi occhiate furtive e mangiarsi con gli occhi. Essendo i testimoni erano molto vicini e quella vicinanza non faceva che accrescere la voglia di abbracciarsi e baciarsi fino allo sfinimento, tuttavia cercarono di contenersi, infondo quello era il grande giorno di Juanita e Beltrán e non avrebbero voluto rovinarlo scappando per poter finalmente stare insieme. Il momento delle promesse fu sicuramente quello più toccante, dalla voce tremolante e rotta dall’emozione e dagli occhi colmi di lacrime e di dolcezza, si evinceva l’immenso amore che legava i due sposini. , pensò Manuél lanciando un’occhiata ad Espe, evidentemente commossa. Quella stessa mattina aveva chiesto a Gonzalo la mano di sua figlia.
“signore, io … io amo terribilmente Esperanza. So che non ci vediamo da un anno e mezzo, ma la amo come il primo giorno in cui l’ho vista.” Aveva detto.
“e con questo dove vuoi andare a parare, ragazzo?” Martín si era finto minaccioso.
“al fatto che, se lei mi ama ancora, e se voi siete d’accordo, vorrei sposarmi con vostra figlia” l’uomo era davvero stupefatto, ed anche impaurito perché sapeva che era giunto il momento di lasciare andare la sua piccolina.
“anche lei ti ama, di questo puoi esserne certo, ed io non sono nessuno per impedirvi di essere felici insieme”
“si invece, siete suo padre, ed in quanto tale avete il diritto di cacciarmi a calci nel sedere se credete che io non sia abbastanza per Espe. In fin dei conti anche io mi rendo conto che lei sia troppo per me”
“tu mi piaci ragazzo. Avete la mia benedizione, ma attento perché se la farai soffrire quei calci di cui hai parlato prima, non esiterò a darteli” aveva concluso Martín. Ora, davanti a quell’altare, moriva dalla voglia di sposarsi con lei, e se prima era certo della sua decisione, lì si rese conto che mai avrebbe potuto sottrarsi a quel desiderio di essere suo marito. È inevitabile, amando qualcuno, pensare al futuro, infatti anche la Castro stava pensando ad un ipotetico matrimonio con il suo Manuél, sarebbe stata la realizzazione del suo sogno più grande.
“Beltrán, vuoi tu prendere Juana come tua sposa per amarla e rispettarla ogni giorno della tua vita?” chiese don Anselmo, a quella domanda il ragazzo rispose senza esitazioni.
“si, lo voglio”
“e tu, Juana, vuoi prendere Beltrán come tuo sposo per amarlo ed onorarlo finché morte non vi separi?”
“si, lo voglio”
“per il potere conferitomi dalla Chiesa, sono lieto di dichiararvi marito e moglie. Puoi baciare la sposa” il fratello di Esperanza si chinò a baciare dolcemente sua moglie, erano davvero una bellissima coppia. Tra gli applausi i novelli coniugi uscirono dalla chiesetta ed insieme agli invitati raggiunsero la piazza, dove si sarebbe tenuto un banchetto. Alfonso ed Emilia non avevano certo badato a spese per il bouffe, che era variegato ed abbondante, e l’atmosfera era resa ancora più magica dal melodioso suono del grammofono che indicava l’inizio delle danze.
“mi concedi questo ballo?” chiese Beltrán alla moglie.
“con immenso piacere”ribatté lei, molto emozionata. Iniziarono a volteggiare per primi, ma subito furono seguiti da tutte le altre coppie. Mogli e mariti, giovani ed anziani, era un piacere per gli occhi vedere tanto amore nell’aria. Anche Gonzalo e María si lanciarono nelle danze, dopo essersi congratulati con il figlio e la nuora, tutti ballavano tranne Esperanza e Manuél, che sedevano imbarazzati ai lati opposti della piazza. <è questo il momento, fai la tua mossa> pensò il figlio dei sarti, e si avvicinò alla ragazza tendendole la mano.
“questa principessa non può certo restare qui seduta tutta da sola, vorresti ballare con me?” lei alzò lo sguardo incredula.
“pensavo che non me lo avresti chiesto” afferrò la sua mano e la strinse forte, poi si alzò ed iniziarono a muoversi a ritmo di musica. Il contatto dei loro corpi risvegliò in entrambi delle emozioni che non provavano ormai da tempo, perché erano in grado di sentirle solo quando erano insieme. Espe poggiò la testa sulla spalla di Manuél e lui la tenne stretta a sé.
“il destino ci ha fatti allontanare tanto l’uno dall’altra, eppure siamo ancora qui” disse lei.
“nonostante il tempo, la distanza, le circostanze, nonostante tutto siamo ancora qui”
“Manuél, sono partita perché credevo che il mio posto fosse a Cuba, ma la verità è che senza di te sono morta”
“ed il mio cuore è stato in letargo finché non ti ho rivista” le sfiorò delicatamente una guancia con le dita e, come al solito, lei si sentì andare a fuoco.
“mi avevi detto che mi avresti raggiunta, e mi rendo benissimo conto che non hai potuto per via della casa di moda e della guerra, ma lascia che ti dica una cosa: sarei disposta ad abbandonare io qualsiasi cosa pur di non lasciare te, non di nuovo. A che mi serve vedere il mare se non posso ammirare i tuoi occhi?”
“ed a me che serve toccare le stoffe più pregiate se non posso accarezzare la tua pelle?”
Mentre parlavano i loro volti si avvicinavano sempre di più, i respiri si fondevano, le palpebre si abbassavano.
“a che mi serve vivere se non ho te?” dissero all’unisono. Poi le loro labbra si sigillarono in un magico bacio; all’improvviso non si trovavano più nel bel mezzo della piazza del paese, ma sulla luna, su un arcobaleno in posti impensabili. Erano solo loro due e niente avrebbe più potuto separarli, mai più. Lentamente si allontanarono e gli sguardi tornarono ad incatenarsi.
“io … io ti amo, amore mio” Espe lo chiamò così perché sapeva benissimo l’effetto che gli faceva quel soprannome, infatti le sue pupille si dilatarono.
“anch’io ti amo, con tutto il mio cuore”
Fece un segno a Beltrán che gli porse una scatoletta di velluto. La fanciulla rimase senza parole, non poteva credere ai suoi occhi.
“quella notte in cui ti ho incontrata, sul treno per Munia, non avevo idea di ciò che avremmo dovuto affrontare, ma sapevo che avresti cambiato radicalmente la mia vita. Lasciati dire che sei stata il cambiamento più bello che mi potesse capitare” le lacrime già le scorrevano impetuose sul volto, erano lacrime di felicità.
“ed ora voglio che diventi un punto fisso nella mia esistenza, voglio che il tuo volto sia l’ultima cosa che vedrò la sera, e la prima al mattino. Voglio che tu sia mia moglie, la madre dei miei figli”
Si inginocchiò ed aprì la scatoletta, dentro c’era un bellissimo anello.
“Esperanza Castro Castañeda, mi vuoi sposare?”
 La ragazza distolse un attimo lo sguardo e notò che tutto il paese li stava osservando. Dedicò un’occhiata alla madre ed ai fratelli, ed un’ultima al padre che le rispose con un sorriso d’approvazione. Era sicura della sua scelta, non aveva il benché minimo dubbio al riguardo.
“si, lo voglio amore mio” ormai stava piangendo a dirotto ed anche sulle guance di Manuél c’erano lacrime di gioia. Il suo fidanzato le infilò l’anello e poi la baciò. I paesani iniziarono ad applaudire, felici. Stretta nell’abbraccio del suo futuro marito, Esperanza non aveva più paura di nulla, neanche del futuro, perché lo avrebbero affrontato insieme. Qualunque cosa sarebbe accaduta, ovunque li avrebbe portati la vita, sarebbero stati insieme. Esperanza e Manuél si appartenevano.
 

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Capitolo 44
*** capitolo 44 ***


Anno 1942
Ormai era luglio inoltrato e si moriva dal caldo nella bellissima Cuba, quindi Esperanza preparò una bella caraffa di limonata per Manuél e suo padre. Quei due erano proprio inseparabili, non si erano mai visti cognato e suocero più legati e la giovane non poteva che rallegrarsene: i due uomini più importanti della sua vita erano affiatati e complici, fin troppo … da qualche mese , infatti, confabulavano alle sue spalle e non saperne il motivo la rendeva inquieta. María, che sicuramente era al correte del segreto, cercava di calmarla e Manuél restava sempre sul vago quando lei chiedeva spiegazioni. Che marito testardo che le era toccato in sorte! Si erano sposati esattamente un anno prima, a Puente Viejo, tra l’affetto di tutti i loro cari. Era stata una cerimonia semplice e tradizionale, quella che lei sognava da tutta la vita. Gonzalo l’aveva accompagnata all’altare con le lacrime agli occhi e l’aveva affidata all’uomo che amava baciandola sulla fronte, Beltrán e Juanita, già incinta del loro primo figlio, erano stati i due testimoni ed avevano avuto la fortuna di essere sposati da don Anselmo, che era venuto a mancare appena due mesi dopo le nozze. Ricordava ogni dettaglio come se fosse passato appena un giorno: i fiori bianchi che ornavano la navata della chiesa e simboleggiavano il loro primo bacio mancato, i cavalli che li avevano accompagnati in piazza, che rappresentavano il loro primo bacio, poi la dolce musica di una chitarra che intonava la marcia nuziale e che rimandava alla loro prima volta, ed ancora il primissimo ballo da marito e moglie sotto il cielo stellato e la loro prima notte di nozze, passata nella camera più lussuosa del Jaral. Non sarebbe stato possibile dimenticare tutte le emozioni vissute, come non lo sarebbe stato cancellare l’amore che sentiva per il suo bellissimo marito dagli occhi cerulei.
“Madre, volete un po’ di questa deliziosa limonata?” chiese a María, accarezzandosi la pancia che cominciava a pesare. Era ormai al settimo mese di gravidanza.
“si, grazie tesoro mio. Questi bozzetti mi stanno prosciugando, con il contributo del caldo” rispose la madre asciugandosi elegantemente la fronte imperlata di sudore. Da circa undici mesi, la donna era entrata in collaborazione con la casa di moda dei Fresnedoso, faceva la stilista e periodicamente inviava al Jaral dei modelli che poi venivano spediti direttamente a Parigi. Le modelle più belle di tutta la Francia sfilavano con indosso le sue creazioni, che venivano apprezzate dai più grandi stilisti del mondo. In poche parole aveva realizzato il suo sogno e tutto era iniziato confezionando il vestito da sposa della sua piccola Espe, era talmente bello da folgorare Pía e Roque, i quali subito le avevano proposto di lavorare al loro fianco.
“ecco a voi”Esperanza le porse il bicchiere ed iniziò a riempire quelli di suo padre e di suo marito, che vide spuntare dalla porta d’ingresso.
“finalmente vi fate vivi. Amore mio, non ti vedo da ieri sera, mi hai fatto davvero preoccupare, si può sapere dove siete stati?”
“ho una sorpresa per te, tesoro.” Subito iniziò a legarle una benda sugli occhi
“ma perché mi stai bendando?”
“fidati di me”
“ma dove mi porti? Perché?” cercò di  ribellarsi lei mentre il futuro padre di suo figlio le guidava fuori dalla villa tenendola per mano.
“te l’ho detto, è una sorpresa”
Gonzalo e María assisterono alla scena con il sorriso sulle labbra, poi quando i ragazzi uscirono, Martín si chinò a baciare la moglie.
“credi che le piacerà?”
“ne sono certo, vita mia. Ma piuttosto dimmi, dov’è quella birbantella di Clara?”
“con Gabriel.”
“ancora con lui? Sento che se continuiamo così me la porterà via in men che non si dica”
“anche se lo facesse sarebbe per puro e semplice amore, e noi sappiamo benissimo che questo non sente ragioni. E poi resterà sempre la tua piccolina, come Espe. Nonostante stia per diventare madre continui a chiamarla bambina mia”
“anche tu la chiami così” cercò di giustificarsi.
“è vero. Oggi è arrivata una lettera da parte di Beltrán, ma non ho avuto il tempo di leggerla per via del troppo lavoro” Gonzalo la prese e la lesse mentalmente.
“cosa dice?”
“che il piccolo Bosco cresce sano e forte e che il loro studio fotografico procede a gonfie vele.”
“ne sono felice, anche se mi sarebbe piaciuto avere qui lui e tutta la sua famiglia.”
“già, chissà quanto sarà cresciuto il nostro nipotino dall’ultima volta che l’abbiamo visto”
“presto avremo un bel pargoletto della nostra primogenita che girerà per la tenuta”
“non vedo l’ora di stringerlo o stringerla tra le braccia, María” disse sedendosi sul bracciolo della poltrona su cui stava seduta la sua amata ed accarezzandole piano la schiena.
 
“Manuél! Sono parecchi minuti che camminiamo … dove stiamo andando?”
“ eccoci arrivati!” le tolse la benda, stupendosi ancora una volta della morbidezza dei suoi capelli. La giovane aprì gli occhi e restò senza parole.
“buon anniversario tesoro” le disse con un sorriso a trentadue denti. Espe non poteva credere ai suoi occhi: era davanti ad una locanda! Era un edificio nuovo di zecca, con le pareti bianche ed un’insegna blu con delle stelline dorate, sulla quale c’era inciso: “posada del destino- il destino è scritto nelle stelle”.
“o mio dio, amore mio. È … è … stupenda”
“è nostra. Mi dicevi sempre che il tuo sogno più grande era quello di aprire una locanda, così ho pensato bene di unire il tuo sogno al mio di diventare astronomo ed ecco qui l’albergo da dove si possono ammirare le stelle nel modo migliore. E poi vista la tua conoscenza delle lingue accoglieremo ospiti internazionali”
“non ci posso credere.”
“ebbene credici, perché da oggi questa sarà la nostra seconda casa. Questo posto sarà lo scenario del nostro amore e vedrà crescere tutti i nostri figli” la guardò negli occhi e le accarezzò teneramente il ventre, in quel momento il loro figlioletto tirò un calcio, come per esprimere anche la sua di gioia.
“hai visto? Anche la nostra bambina o bambino approva e ne è entusiasta”
“grazie, Manuél. Sei il miglior marito del mondo” lo baciò e vennero travolti da quel vortice di passione e dolcezza che caratterizzava ogni loro effusione.
“questo ed altro per le mie uniche ragioni di vita” si chinò e schioccò un bacio anche alla pancia della moglie, che rise e pianse insieme per l’emozione.
“buon anniversario anche a te, amore mio.”
“è solo il primo dei tantissimi anni che vivremo insieme e saranno uno  più felice dell’altro, ne sono certo. Perché mi basta stare con te per essere completo e gioioso”
“finché staremo insieme niente andrà mai storto, e io non mi separerò mai da te, mai” Esperanza intrecciò le sue dita a quelle di Manuél ed insieme entrarono per dare un’occhiata all’interno della struttura.

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Capitolo 45
*** capitolo 45 ***


Anno 1950
“Juanita, Fé è venuta a ritirare le fotografie del battesimo di suo nipote?”
“si, è passata giusto questa mattina con la figlia ed il piccolo Ramón.” La giovane Julia si era sposata da poco con Rafael Mirañar, figlio minore di Hipólito e Gracia, che si era rivelato un ragazzo con la testa sulle spalle e sensato come pochi.
“che tesoro quel bambino. Com’è strana la vita, i figli delle due famiglie più simpatiche e movimentate di Puente Viejo, sposati e con un pargoletto.”
“già, ma la cosa più buffa è che Rafael sia un ragazzo serio, visto il padre che si ritrova. Hipólito è generoso e simpatico, ma strano da morire”
“avrà preso da Gracia” Beltrán e Juanita si guardarono e risero. Quella formata da Julia e Rafael non era l’unica giovane coppia che si era formata in paese, infatti il primogenito di Hipólito e Gracia, Tomás, molto simile al fratello sia fisicamente che caratterialmente, si era sposato qualche anno prima con Sofía, la figlia di Severo e Candela ed il matrimonio aveva dato i suoi frutti; infine c’era Marcos Moliner che si era innamorato perdutamente di Blanca, la cubana con cui stava Beltrán e che si era trasferita cinque anni prima a Puente Viejo, e, poiché il sentimento era reciproco, dopo appena tre mesi erano già a giurarsi amore eterno all’altare. Blanca e Beltrán avevano chiarito ogni cosa ed erano rimasti buoni amici, anche se a lui non piaceva il modo in cui a soli quattro anni quel mocciosetto di suo figlio girava attorno alla piccola Inés. I coniugi Castro Ortuño avevano due bambini: Bosco, di nove anni, ed Inés che ne aveva appena compiuti tre. Il figlio adottivo di Gonzalo e María, con il consenso della moglie, aveva deciso di chiamarli come chi lo aveva messo al mondo, per onorare la loro memoria. Più volte Candela e Fé gli avevano raccontato la storia dei suoi veri genitori e,anche se non era tanto bella come quella di chi lo aveva cresciuto, era rimasto sconvolto dal fato a loro avverso, quindi visto che aveva scelto di perdere il loro cognome, gli sembrava giusto ricordarli in qualche modo, e perché non farlo tramite i nipotini? Gonzalo e María erano rimasti piacevolmente colpiti dalla sua decisione ed adoravano i piccoli, chiunque li amava perché erano bellissimi ed incredibilmente teneri.
“Padre … mi avevate promesso che oggi saremmo andati a fare una passeggiata a cavallo” disse il piccolo Bosco entrando nel grande salone della Villa con gli stivali già sporchi di fango.
“certo cucciolo mio, adesso io e tua madre facciamo una veloce telefonata alla zia Esperanza e poi noi due partiamo all’avventura.” Fece l’occhiolino al giovanotto che sorrise, felice. Beltrán alzò la cornetta del telefono e diede il numero alla centralinista, nel frattempo Juana si avvicinò a lui con in braccio Inés e gli posò il mento sulla spalla. Mentre aspettava il collegamento con Cuba, lui pensò a quanto fosse immensamente felice: aveva una casa bellissima, nessun problema economico lo torturava, faceva il lavoro che amava e, soprattutto la sua famiglia era meravigliosa, che cosa avrebbe potuto chiedere di più alla vita? Magari avere i suoi fratelli, il suo migliore amico ed i genitori accanto a lui … ma se loro erano contenti all’Havana, non poteva fare altro che rallegrarsene.
“fratello … fratello mi senti?”
“si Espe, sono qui”
“che bello sentire la tua voce, mi manchi. Ci mancate tutti”
“e voi mancate a noi. Che mi racconti? Tutto bene?”
“il lavoro va a gonfie vele, siamo i fotografi più richiesti di tutta la regione. I bambini stanno bene, Juanita ed io ci amiamo ogni giorno di più, insomma non potrebbe andare meglio”
“ne sono felice. Anche noi stiamo benissimo, la locanda ormai è la più gettonata della città, ed in famiglia tutto va magnificamente. Il lavoro non ci manca e non manca neanche a nostra madre che è alle prese con la nuova collezione estiva. Manuél invece è impegnato con il suo nuovo cannocchiale.”
“sarà felice come una pasqua allora”
“più di un bambino in un negozio di caramelle” Beltrán e Juanita risero di gusto.
“molto presto ci rivedremo sorella mia, verremo a trovarvi all’Havana assieme a Roque e Pía per conoscere il nostro nuovo nipotino e per il matrimonio di Clara”
“mio marito sente tanto la mancanza dei genitori, per fortuna che ormai manca poco, vi aspettiamo a braccia aperte” dall’altro capo del telefono si sentì Manuél chiamare a gran voce Espe.
“ora devo andare, ci sentiamo. Ti voglio bene, Beltrán.”
“anche io” il giovane abbassò la cornetta con un grande sorriso stampato sulle labbra, proprio lo stesso che, dall’altra parte dell’oceano, compariva sul volto della sorella mentre faceva il medesimo gesto.
 
“Amore mio, perché mi hai chiamata?” chiese Esperanza entrando nella sala d’osservazione.
“ce l’ho fatta, l’ho montato!” Manuél aveva un sorriso a trentadue denti e corse subito ad abbracciare la sua sposa.
“non avevo dubbi, quando ti metti in testa qualcosa ci riesci sempre”
“si, è una delle mie qualità” lui mise in evidenza il petto, fiero di sé stesso. Il giovane non solo gestiva la locanda assieme alla famiglia, ma aveva anche completato gli studi, diventando un astronomo a tutti gli effetti e si cimentava a trasmettere le sue conoscenze sull’universo ai figli ed ai clienti.
“e dimmi, a cosa dovrebbe servirci?”
“come? Ciò che ti ho spiegato ieri non è servito a nulla? Con questo le stelle sembrano tanto vicine da poterle toccare. Dà un’occhiata” lei fece come le aveva detto e restò stupita dall’efficienza dello strumento, non se ne intendeva ma sembrava valere pienamente tutti i soldi spesi per comprarlo.
“denaro ben speso.”
“certo, i nostri clienti aumenteranno in maniera esponenziale con questo gioiellino.” Accarezzò delicatamente il suo nuovo strumento, lo trattava come se fosse un essere umano.
“non che adesso ci manchino, ma saranno ben accolti.”
“credo che dovrai iniziare a studiare anche il cinese, il giapponese e l’indù perché verranno ospiti fin dal lontano oriente per potersi godere questo spettacolo” Esperanza adorava il suo entusiasmo, era davvero contagioso. Forse avrebbe dovuto davvero cimentarsi nell’impresa di appendere quelle lingue strane e complesse, chissà in futuro avrebbero potuto esserle utili.
“hai sentito, piccolo? Il tuo papà è al settimo cielo” disse la Castro accarezzandosi dolcemente la pancia: erano ormai al loro terzo figlio.
“e come non esserlo? Ho al mio fianco il grande amore della mia vita… e mia moglie” Espe lo fulminò con lo sguardo, ma si tranquillizzò quando vide una smorfia di scherno sul volto di lui.
“ovviamente scherzo, tesoro. Niente potrà mai essere più importante di te e dei nostri angioletti” si avvicinò per baciarla ed il mondo attorno scomparve.
“su, dai. Ora muoviti, sai bene che tra qualche ora abbiamo la festa di fidanzamento di Clara e Gabriel e tu ancora sei tutto sporco.” Manuél corse a cambiarsi e poi aiutò la moglie a preparare la serata.
 
Alla fine l’interesse innocente che la piccola Clara e Gabriel provavano fin da bambini si era davvero trasformato in amore: erano una meraviglia per gli occhi, proprio come Jorge e Luz. Quest’ultima era la figlia minore di Celia, un’amica che María aveva conosciuto in convento e che si era trasferita a Cuba all’incirca sei anni prima con tutta la famiglia al seguito. Jorge e Luz si erano conosciuti al battesimo del secondogenito di Espe e Manuél, ed era stato amore a prima vista.
“ahimè, anche se mi costa ammetterlo, è giunto i momento di lasciare andare anche la mia dolce Clarita. Anche lei è diventata una giovane donna, pronta per affrontare il mondo, e sono felice di lasciarla nelle mani di un bravo ragazzo. Sapevo fin dal principio che sareste finiti insieme, tutti lo sapevamo, è un bene che anche in questo caso l’amore abbia trionfato.” Gonzalo pronunciò il suo breve discorso con le lacrime agli occhi, poi alzò un calice di vino. “non voglio dilungarmi, altrimenti scoppierò a piangere. A Clara e Gabriel!”   gli invitati brindarono alla loro felicità ed i festeggiati si baciarono. María si avvicinò al marito e gli asciugò le lacrime che gli rigavano il volto.
“sto bene, vita mia”
“so che è difficile per te lasciarle andare, come lo è per me.” lui le prese la mano e se la portò alle labbra.
“se ci sei tu con me, niente sarà mai difficile.”
“pensa che tra poco questa locanda sarà piena di pargoletti: oltre a quelli di Espe, ci saranno anche quelli di Clara e Jorge. Ho realizzato tutti i miei sogni, tesoro, non solo quelli nel campo della moda, ma soprattutto quello di avere tanti figli e un mucchio di nipoti. Guardaci: questa famiglia è o non è l’immagine della gioia?” Gonzalo si guardò intorno e sorrise.
“certo. Sono felice che ogni tuo desiderio si sia realizzato. Tu sei sempre stata il mio sogno, e ti ho qui con me quindi anch’io sono pienamente appagato della mia vita” si baciarono ancora una volta, sottolineando il loro amore che non sarebbe mai stato intaccato dal tempo. In quel momento passò davanti a loro Alba, la maggiore dei figli di Espe, che corse in braccio allo zio Tristán, seguita dal fratellino Martín. L’uomo aveva organizzato un’avvincente caccia al tesoro per tenere impegnati tutti i bambini e farli divertire; con queste sue trovate geniali, si era accaparrato la simpatia dei piccini ed anche dei grandi, che intanto potevano rilassarsi e chiacchierare tranquillamente. Quando la gara iniziò, Manuél e sua moglie uscirono dalla locanda ed andarono a fare una passeggiata sulla spiaggia.
“secondo me vincerà Alba come ogni anno, è davvero una bambina sveglia, proprio come Martín”
“si, il mio giovanotto e la mia adorata principessa”
“c’era un periodo in cui chiamavi me così” disse Espe.
“adesso non più, Alba e la piccola in arrivo hanno preso il tuo posto”
“devo essere gelosa del cannocchiale e delle mie bambine, per caso?” si finse indignata.
“tu sei la mia regina” stavano camminando mano nella mano, quando lui si fermò a baciarla. Il cielo stellato non faceva che rendere più romantico il momento.
“come fai a sapere che sarà una femmina?”
“lo sento qui” indicò il cuore. “e so anche come potremo chiamarla”
“cioè?”
“Felicidad” il sorriso per un attimo si spense sul volto della donna.
“mi prendi in giro? Quel nome mi ricorda troppo la Montenegro e le bugie che ti ho raccontato a causa sua”
“lei è morta e sepolta ormai, non pensarci più. Mi piacerebbe chiamarla così perché rispecchia esattamente la nostra vita. Siamo felici, e la felicità è la cosa più importante” Espe ritornò con la mente alla primavera del 1938, quando suo padre le aveva regalato la collanina che ancora portava al collo, e che le aveva dato il coraggio di partire. Poi pensò al male che quella megera e Fernando avrebbero potuto farle ed alle persone che aveva trovato e lasciato in quel paesino spagnolo. Capì che tutto quello, in fin dei conti, apparteneva al passato, ed il passato non sarebbe mai tornato, nel bene e nel male.
 “sai? Hai ragione, se sarà una femmina la chiameremo così” decise che gli avvenimenti passati non avrebbero dovuto condizionare il suo futuro, e Manuél non avrebbe potuto essere più contento della sua scelta. Si baciarono nuovamente e poi si soffermarono a guardare il cielo,le stelle avevano davvero il potere di parlare, e probabilmente loro fin dal principio sapevano che la storia tra Espe e Manuél sarebbe andata a finire nel migliore dei modi. Il firmamento è il custode del destino degli uomini e la luna è testimone del suo avverarsi. C’era plenilunio ed Esperanza, guardando quella palla rotonda e splendente ebbe l’impressione che le facesse l’occhiolino.
, pensò.
 
FINE

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