Il paradiso delle signore 2: il destino dell'amore.

di RoyalDreamer91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La disperazione di Quinto ***
Capitolo 2: *** Le preoccupazioni di Corrado ***
Capitolo 3: *** Le rinunce di Anna ***
Capitolo 4: *** Madri: Donata ***
Capitolo 5: *** Madri: Anna ***
Capitolo 6: *** Madri: Clara ***
Capitolo 7: *** Madri: Lucia ***
Capitolo 8: *** Rose Whitaker ***
Capitolo 9: *** Ritorno alle radici ***
Capitolo 10: *** Intrighi e pensieri ***
Capitolo 11: *** Rientri e Ritorni ***
Capitolo 12: *** Marianna Galli (Per il personaggio di Marianna Galli, mi sono ispirata al volto di Serena Rossi) ***
Capitolo 13: *** Incontri e Scontri ***
Capitolo 14: *** La solitudine di Vittorio ***
Capitolo 15: *** La proposta di Rose ***
Capitolo 16: *** Il confronto ***
Capitolo 17: *** SPIE (Parte 1) ***
Capitolo 18: *** Spie. PARTE 2 ***
Capitolo 19: *** CAMBIAMENTI ***



Capitolo 1
*** La disperazione di Quinto ***


Quinto stava disteso immobile sul letto. Non riusciva ad alzarsi, a respirare; non riusciva a pensare, né a dormire. In poche parole non riusciva a vivere. Se non fosse stato per Corrado, probabilmente sarebbe morto di fame. Non che gli importasse, ormai la sue esistenza era vuota. Corrado gli faceva visita tre volte al giorno, lo spronava a mangiare e lo insultava per incentivarlo ad alzarsi da quella misera brandina della misera casa che aveva costruito in una sola notte. La casa. Quella maledetta casa che aveva tirato su dal nulla. Che stupido era stato a pensare che sarebbe piaciuta ad Anna, la ragione dei suo tormenti, dei suoi incubi, del baratro in cui era sprofondato. Mentre la gente comune era casa a godere di un po’ di riposo delle vacanze estive, Quinto giaceva spento in quella brandina, col caldo che gli penetrava nella pelle, ma che lui non sentiva. Perché lui, Quinto Reggiani, non aveva più nulla dentro di sé, tranne un vuoto, una voragine fatta di disperazione. Un vuoto che, gli aveva lacerato il cuore e l’anima. Non aveva mai provato nulla di simile prima perché mai prima d’ ora Quinto era rimasto senza speranza. La speranza era stata l’essenza del suo vivere, la sua luce, il suo mondo. Anna era riuscita a togliere quella speranza. Anna era la causa della sua disperazione ma anche, inevitabilmente, la sua cura. Ma Quinto sapeva che Anna se n’era andata, che non sarebbe più tornata. Non poteva guarire senza Anna e, di conseguenza, non poteva vivere senza di lei.

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Capitolo 2
*** Le preoccupazioni di Corrado ***


Corrado montò in sella alla sua bicicletta e si avviò verso l’ex “nido d’amore” di Quinto, come lui l’aveva definito, per prestare un po’ di assistenza al ragazzo. L’aria fresca della sera gli entrava nei polmoni e gli faceva bene al corpo e all’anima. Era una temporanea medicina ai suoi pensieri che ultimamente non gli davano tregua. Innanzitutto era molto preoccupato per Quinto. Per lui, quel giovane magazziniere era molto più di un collega, era un po’ come un figlio, un po’ come un fratello. Un amico, insomma. Da quasi tre settimane Quinto giaceva sul quel letto con la voglia di vivere ormai andata a farsi friggere. E tutto per colpa di quella ragazza! A Corrado salì un’onda di rabbia: eppure lui glielo aveva detto mille volte, l’aveva avvertito che quella Anna puntava in alto, che gli avrebbe spezzato il cuore prima o poi. Adesso, quel povero ragazzo ne subiva le conseguenze, amare e dolorose. Si era spinto troppo in là, aveva rinunciato a tutto per lei, costruendole pure una casa in una sola notte, rinunciando ai suoi sogni per renderla felice. E lei come lo aveva ricambiato? Lasciandolo con una lettera dopo averlo illuso. Per Corrado non aveva senso struggersi così per una che neanche lo amava. Non ne valeva la pena. Mentre pedalava i suoi pensieri si spostarono verso il secondo soggetto che occupava la sua mente. Clara. Già, non poteva proprio farci niente e si sentiva un ipocrita. Come poteva rimproverare Quinto per essersi innamorato se anche lui stesso era cascato nella rete dell’amore? O forse no? Aveva le idee molto confuse a riguardo, sebbene non fosse da lui. Corrado non si era mai aspettato molto dalla vita. Gli bastava un lavoro decente che gli permettesse un buon salario da arrotondare con qualche sigaretta di contrabbando. Ma poi era arrivata lei. E pensare che tutto era iniziato come uno scherzo, neanche gli piaceva sul serio. Eppure c’era rimasto di stucco quando Clara gli aveva detto con occhi glaciali che era finita tra loro. Aveva cercato di non darci molta importanza, in fondo era solo sesso, vero? Più cercava di convincersi più il suo cuore gli diceva di no. Forse era iniziata così, ma Corrado ricordava ancora come fosse ieri le minacce di Jacobi di fare del male a Clara… Le sue membra erano state invase da un sudore freddo al solo pensiero. Sapeva che Clara stava bene quando ci aveva parlato l’ultima volta e ringraziò ancora il cielo che nessuno l’aveva toccata. Ormai tra loro era finita da quasi tre settimane e lui si era limitato a gettarle qualche occhiata furtiva quando la incrociava nei corridoi del grande magazzino. Adesso però, che “Il Paradiso” aveva concesso le ferie estive ad alcuni dipendenti, ne sentiva la mancanza. Odiava ammetterlo ma i suoi pensieri si posavo troppo spesso su di lei. Tra una settimana, in occasione del suo rientro, l’avrebbe rivista. Sapeva che nulla sarebbe cambiato tra loro ma il suo cuore si rallegrò un po’ al pensiero che avrebbe potuto rivedere il suo volto. Almeno poteva continuare a guardarla. Si sentiva ridicolo, doveva ammetterlo. E anche debole. Si odiava per questo. Si scrollò il pensiero di lei scuotendo la testa e si concentrò sul ritmo che usciva dalla ruote della sua amata bicicletta. Era quasi arrivato da Quinto. Chissà se questa volta il ragazzo avrebbe mangiato la cena senza proteste. Dio solo sa quante volte Corrado aveva dovuto urlargli contro per fargli mandare giù un boccone, in queste giornate afose di metà agosto.

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Capitolo 3
*** Le rinunce di Anna ***


Seduta al tavolo dell’angusta cucina Anna aspettava impaziente l’arrivo delle sue amiche. Stava in ansia e si, doveva ammetterlo, si vergognava un po’ dello stato in cui era. Si guardò attorno e un moto di disgusto sopraggiunse: non ci poteva ancora credere che era finita così, a fare la mantenuta. Eppure non rimpiangeva nulla della sua scelta, perché sapeva che era la cosa giusta. Non poteva lasciare tutto il peso a Quinto, no. Era unicamente sua la colpa e ora doveva assumersi le responsabilità: per lei e per tutelare il bambino che portava in grembo. A questo pensiero, strinse convulsamente le mani sul ventre, che ormai cominciava a notarsi. Era da poco entrata nel quarto mese, e tra un po' non avrebbe più potuto farsi vedere in giro. Quella casa era già così opprimente che le veniva voglia di urlare e di strappare le 60 mila lire che le aveva lasciato quel pezzente di Massimo sul tavolo. Le stava per scendere una lacrima, quando il campanello suonò. Erano le ragazze. Anna aprì loro la porta e si sorprese nel vedere che, tra loro, mancava Teresa. Lucia e Silvana la abbracciarono con affetto e calore e subito iniziarono a dedicarle attenzioni, a coccolarla. Anna fece finta di nulla, perché parlare di sciocchezze le faceva un po’ dimenticare la sua condizione ma non riuscì a trattenersi dal chiedere dove fosse Teresa. Le due commesse si guardarono e sgranarono gli occhi. Lucia parlò per prima: “ Ecco, Teresa è scesa giù in Sicilia, pensavo te l’avesse detto!”.Anna sbatté le palpebre” In Sicilia? Ma come? Dopo tutto quello che ha fatto per restare qua?”. “Ma no, stai tranquilla, sciocchina”, ribadì Silvana, “Teresa è andata a trascorrere un periodo di vacanza dai suoi, ma tornerà qui appena finite le ferie”. Anna si sentì offesa e presa in giro: perché Teresa non l’aveva avvisata di una cosa così banale, come le ferie da passare a Castelbuono?.D’accordo, sapeva che l’amica non aveva preso bene la sua decisione ma comunque Silvana e Lucia si erano prese la briga di venirla a trovare e di sostenerla nonostante tutto. Mentre preparava il caffè , gettò uno sguardo alle sue amiche e capì all’istante che qualcosa non quadrava. Lucia continuava ad abbassare lo sguardo, mentre Silvana ogni tanto scoppiava in una risatina isterica. Sapeva che le stavano mentendo, che era successo qualcosa di grosso per portare Teresa a scappar via in quel modo. Le due colleghe evidentemente non volevano darle altri pensieri. Quelli che aveva al momento bastavano. “Be, se Teresa vi scrive o vi telefona, fatele sapere che sto bene. Dovrò solo rimanere chiusa in casa per i prossimi 5 mesi”, disse Anna seccata. “Dai Anna non fare così", disse Lucia" Sono sicura che Teresa verrà a trovarti appena rientrerà! Senti, io non voglio infierire, ma sei sicura di quello che fai? Io credo che se parlassi con la Mantovani…” "Ancora?" , interruppe Anna, “Ma proprio non volete capire? Come posso lavorare col pancione? Come posso vedere ancora Quinto dopo tutto quello che è successo? Già mi sento uno schifo così, figuriamoci se me ne vado in giro! E poi, Massimo non mi darebbe neanche più un soldo”…. A questo punto, scese un silenzio imbarazzante. Anna allora, afferrò con gesto brusco la lettera che aveva preparato con cura e sventolandola in faccia a Lucia e Silvana disse:” Tra una settimana, quando sarà finito il mio permesso per malattia,andrò dritta dalla Mantovani e le presenterò le mie dimissioni. E voi non potrete fare nulla per fermarmi. Sarà già umiliante entrare per l’ultima volta in quel posto, per cui, cercate solo di tenermi alla larga da Quinto e di fingervi sorpese.” Ve lo chiedo per favore”, aggiunge, con tono pietoso. “Certo Anna” disse Silvana mestamente, “Ricordati che se hai bisogno di noi, ci saremo sempre per te. Non devi far altro che chiamarci. Buona giornata”. E dicendo così, Silvana e Lucia si congedarono. Anna, allora, presa dalla rabbia, scaraventò a terra le tazzine e la moca del caffè, sporcando tutto il pavimento. Dio, perché doveva essere così dura la vita? Perché non poteva uscire alla luce del sole e sfoggiare la pancia con orgoglio? In quel momento odiava Lucia e Silvana. E si, pure Teresa.La loro vita aveva avuto risvolti piacevoli: Lucia si stava lentamente riavvicinando al marito, e ora poteva vedere Paolo tutte le mattine. Silvana aveva iniziato una storia con Roberto e Teresa… bè, non ne sapeva molto, ma almeno ora lei era al sud e aveva l’appoggio della famiglia. Mentre lei, Anna Imbriani, era sola al mondo:i suoi genitori l’avevano rinnegata, era una nubile incinta e senza lavoro. Aveva rinunciato all’uomo che l’amava e che le avrebbe dato un futuro sicuro. Questa volta le lacrime scesero copiose, nulla le fermò più, perché Anna era prigioniera di se stessa,senza amore, nascosta nell’ombra di quella casa che trasudava squallore.

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Capitolo 4
*** Madri: Donata ***


“Mamma, perché siamo qui?”, chiese Matilde con sguardo stupito. “Te l’ho detto più volte tesoro: mi serve un lavoro... e… “Ma quello non te l’ha già dato Clara?”. Donata guardò incerta la figlioletta, che teneva stretta per la mano. Non sapeva più che dire. Camminavano rapide tra le strade di Milano e ormai avevano quasi raggiunto l’alto edificio de “Le Stelline”. “Si Matilde, ma quel lavoro non andava bene. Purtroppo hanno trovato una ragazza più brava di me. “, rispose. Erano arrivate davanti l’alto portone dell’orfanotrofio. Suonarono. “Prima che mi dimentichi: non voglio che nomini la signorina Clara, né con me, ne davanti a queste suore gentili, capito?”aggiunse. Mentre la madre superiora le andava incontro, Donata aveva la testa in fiamme. Sapeva che non era una buona idea cercare rifugio proprio in quell’orfanotrofio, ma non sapeva dove andare. Non aveva parenti né soldi per cercare una nuova casa. La madre superiora guardò le due con tanto d’occhi e quando chiese che cosa potesse fare per loro, Donata rispose”Lo so che è un azzardo Madre, ma non ho un posto dove stare al momento! Le chiedo solo una breve ospitabilità, fino a che non trovo un lavoro”! La prego. Mi ha già aiutato una volta…” Mentre Matilde veniva condotta a giocare con le orfanelle, le due donne adulte, rimaste sole, si accomodarono nello studio.” Lei capisce bene che questo non è un convento che ospita donne sole… qui si cerca di crescere delle povere bambine con nulla al mondo nel miglior modo possibile. E francamente, non capisco perché lei si sia rivolta qui. Da quello che mi dice, ha adottato la bambina molti anni fa’, perché adesso ne fa ritorno”? Donata fissava la suora con sguardo perso :” Purtroppo non posso dirle la vera ragione della mia fuga da casa, ma posso confidarle che l’ho fatto per la mia Matilde! Era in pericolo Madre… e io…. Io non voglio che me la portino via”!!! E con queste ultime parole, quasi ormai urlate, Donata scoppiò in un pianto disperato. “Va’bene, va’ bene, ora si calmi! Facciamo così: le do un mese di tempo per trovarsi un lavoro signora Ferrari. Se lo troverà contatteremo le nostre consorelle, affinchè possano ospitarla fintanto che non trova una casa in affitto. Le va’ bene? Non posso fare di più, mi spiace,” concluse impietosita la Madre Superiora. “La ringrazio, davvero di cuore Madre Carmela, davvero! Le garantisco che mi metterò subito alla ricerca di un lavoro e appena l’avrò trovato, io e mia figlia toglieremo il disturbo! “ e così dicendo Donata le baciò la mano per poi ritirarsi con la figlia nella cella che le era stata assegnata. La Madre superiora, una volta sola, corrugò la fronte,strani pensieri le passavano per la testa: era rischioso ospitare una madre adottiva con la figlia in quel posto, per di più, gratuitamente per così tanto tempo. E se la signora non dovesse trovare un posto? Cosa avrebbe fatto? Avrebbe avuto il coraggio di cacciarla? Quella Donata sembrava così impaurita e fragile. Ma chi poteva volerle portar via la bambina se… la religiosa si mise una mano sul petto. Possibile che la stessa donna che le aveva fatto visita mesi addietro per cercare sua figlia fosse la stessa che ora minacciava questa disperata che veniva a chiederle aiuto? No. Si ricordava perfettamente che non le aveva svelato il nome della famiglia adottiva. Doveva essere solo una coincidenza. Dopotutto, ne erano venute altre di quelle poverette a cercare informazioni sulle figlie. Anche se quella ragazza dallo sguardo così malinconico le era rimasta impressa. Per la sua determinazione e per il dolore che le si leggeva in faccia.

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Capitolo 5
*** Madri: Anna ***


“Mi scusi signorina, posso parlarle”? La voce di Anna Imbriani fece sussultare Clara, che stava seduta, in spogliatoio, con la testa tra le mani. “Certo Imbriani, mi dica”. Anna abbassò lo sguardo e tendendo la mano tremante disse”Sono venuta a consegnarle le mie dimissioni, signorina. Se fosse così gentile da farle firmare al signor Mori….” Clara alzò lo sguardo e sorpresa esclamò” Non pensavo che volesse andarsene signorina. Devo confessarle che questa rivelazione mi coglie di sorpresa. Mi permetta questa invadenza, ma pensavo che il matrimonio con il signor Reggiani potesse aspettare ancora un po’…”Il viso di Anna, già pallido e teso, diventò una maschera di dolore. “Mi scusi Imbriani!” si affrettò a dire Clara, “sono stata troppo impertinente. Non ho alcun diritto a chiederle spiegazioni”. “Non si preoccupi, signorina. Il fatto è che ho seri problemi famigliari e sono costretta a licenziarmi”, rispose mesta Anna, con le braccia attorno al corpo. Subito, lo sguardo di Clara si posò involontariamente sul ventre della commessa e si accorse che i fianchi sembravano più larghi e floridi. “Capisco.” Si limitò a dire Clara, e, siccome, Anna se ne stava lì in piedi, a disagio, la direttrice aggiunse: “Il signor Mori ha delegato me per le firme. Al momento c’è un po’ di caos in direzione”. Anna la guardò confusa. “Il signor Mori non è più l’unico proprietario del paradiso, pensavo lo sapesse. Ormai ne parla tutta Milano… senza contare che adesso è tornata anche la moglie e… Sono mortificata, non so nemmeno perché le racconto queste cose”, e con voce più controllata aggiunse "Mi scusi Imbriani, lasci pure qui la lettera. Le faremo arrivare l’ultimo stipendio a casa.” La commessa non poté far altro che ringraziare e andarsene. Anna era senza parole e faticava ancora a credere a quello che aveva appena sentito. Dunque era questo il motivo per cui Teresa se n’era andata. Mori aveva la moglie, non in una tomba, ma viva e vegeta! Caspita, la sua amica era in una brutta situazione. Come lo era stata lei. E pensare che si era risentita quando Teresa non era venuta a salutarla prima della partenza. Ironicamente, se c’era qualcuno che poteva capire l’amica, era proprio lei, Anna. Decise che l’avrebbe chiamata non appena avesse trovato una cabina libera. Forse Teresa le avrebbe risposto male, forse avrebbe riattaccato, ma non importava. Sapeva che Teresa aveva bisogno di supporto, e chi, meglio di lei poteva darglielo in quel momento? Mentre trafficava con le chiavi di casa, Anna si rese conto che anche la Mantovani le era sembrata strana: più umana. Per un momento rimpianse di non averle raccontato la verità, ma quel pensiero folle durò solo un momento. “Si, come no, Anna! Racconta alla Mantovani che sei incinta di un bambino illegittimo ed è per questo che ti sei licenziata. Sai come sarà comprensiva. Una zitella come lei, senza figli, capirà sicuramente.” E dicendo queste parole a voce alta, aprì finalmente la porta, prese su il portafoglio con gli spiccioli ed uscì nuovamente per andare a telefonare.

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Capitolo 6
*** Madri: Clara ***


Clara Mantovani si alzò dalla scrivania e andò automaticamente ad aprire l’armadietto per baciare il ciondolo, come ormai faceva da mesi. Il dolore che provava le toglieva il fiato. Era stato il suo amore a tradirla. Ma come poteva trattenere l’enorme affetto verso la figlia quando finalmente l’aveva ritrovata, l’aveva abbracciata dopo dieci anni? Questo suo lasciarsi andare l’aveva però punita duramente. Troppo duramente. Donata era fuggita via. L’amarezza la colpì all’improvviso e le parole dette all’Imbriani le tornarono in mente” Il signor Mori non è più l’unico proprietario del Paradiso” . La ragione le diceva che quell’uomo era pericoloso, che non doveva avanzargli un’altra richiesta, che sicuramente si sarebbe cacciata nei guai. Ma il cuore,il suo cuore spezzato per la seconda volta non ce la faceva più. Per tornare a battere, sapeva che doveva avere Matilde con sé. E nient’altro. Clara, ora, risoluta in volto chiuse l’armadietto, si sistemò i capelli e con passo fermo si avviò verso lo studio di Mori, ormai diventato anche di Jacobi. Non le importava quello che l’uomo le avrebbe chiesto, non le importava perché lei avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di ritrovare sua figlia. Non è forse questo che una madre fa’? Affrontò l’ultimo gradino e armatasolo di sconfinato amore materno bussò alla porta. “Avanti, chiunque tu sia” fece eco una voce sardonica dall’altra parte dello studio. Senza esitazione, Clara entrò.

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Capitolo 7
*** Madri: Lucia ***


Al contrario di ciò che pensava Anna, la situazione di Lucia non era cambiata un granché. Ogni mattina usciva dalla casa dei genitori per recarsi da suo figlio: era stata fortunata, perchè emtrambi i suoi non le avevano fatto alcuna domanda circa il suo matrimonio. Lei gli aveva raccontato la scusa del trascorrere un po' di tempo con loro, data la fresca riconciliazione, e loro non si erano opposti. Lucia, però, sapeva che la bugia aveva le gambe corte e che i suo genitori si sarebbero insospettiti se fosse rimasta da loro un altro po'. La donna, all'inizio, aspettava suo marito e suo figlio fuori dalla porta del loro appartamento: Giovanni usciva, le consegnava Paolo, e le richiudeva la porta in faccia. Solo raramente si degnava di accompagnarli in giro alla mattina, ora che il bimbo era in vacanza. Durante quei brevi minuti che passava con i marito, cercava di strappargli un sorriso, cercava di interpretare un minimo segno che le facesse capire che forse, stava per essere perdonata. Purtroppo Giovanni era una sfinge: si limitava a fissarla con sguardo severo. Recentemente aveva accettato che Lucia si fermasse brevemente qualche sera per mettere a letto il piccolo, ma non appena finiva di rimboccargli le coperte, il marito le apriva la porta di casa, e, senza salutarla la invitava ad uscire. Nonostante questo, Lucia era grata a Giovanni, perché almeno le permetteva di essere una buona madre, anche se non era più una buona moglie. Eppure lei voleva ad ogni costo tornare ad esserlo, perché, dopo lo sbaglio commesso, aveva capito quanto amava la sua famiglia, quanto amava suo marito.Inoltre Paolo era ormai grandicello e iniziava a fare domande. Se solo avesse colto un minimo accenno di perdono, il suo cuore si sarebbe rasserenato un po’. Quel segno arrivò una domenica mattina, quando, come al solito, aspettava Paolo e Giovanni fuori dal cancello di casa. “Mamma!!!”, gridò il bambino, correndole incontro. “Amore mio”, sei contento di vedermi anche di domenica? Si?”. Paolo rispose annuendo.”Papà mi ha detto che possiamo andare al parco insieme tutta la giornata e poi stasera ti fermi a cena con noi”, vero papà?”, domandò. Giovanni non guardò negli occhi Lucia quando rispose:” Si, ho promesso a Paolo che avresti cenato con noi stasera. Ma non farti venire strane idee!”aggiunse bruscamente,”al parco ci andate solo voi due. Io ho da fare”. Lucia non poté fare a meno di sorridere e stringere forte a sé suo figlio. Un piccolo passo era stato fatto,minuscolo certo, ma pur sempre un passo avanti. Un nuovo inizio.

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Capitolo 8
*** Rose Whitaker ***


Rose sedeva al moderno tavolo della cucina e si guardava intorno con vago interesse. Aspettava qualcuno con malcelata impazienza. Tra un sospiro e l’altro,mentre tamburellava le dita sul tavolo, qualcuno le accese la sigaretta che teneva in bocca. “ Come sei mattiniero Pietro! Aspettavo proprio te”, disse con un leggero accento americano. “Devo ammettere che hai una casa molto carina. Chissà se potrò dire lo stesso del Paradiso”. "Certo, il gusto non ti è mai mancato, neppure nei tuoi giorni peggiori", aggiunse, con uno scintillio negli occhi. “ Non credo sia il caso che tu ti presenti al Paradiso. Ne abbiamo già parlato!” proruppe Pietro con tono agitato. Ormai stava in uno stato di allerta continua da quando sua moglie era tornata. Non sapeva mai cosa aspettarsi da lei, poteva tirargli un colpo basso in qualsiasi momento. Rose ruppe in una risata sguaiata” My god, Pietro! Rilassati! La mia presenza ti innervosisce, lo so, ma non sono io la pericolosa della coppia”. Era incredibile come Rose lo provocasse in questo modo, come gli facesse capir sempre che era lei la custode del suo passato e che con una parola lo poteva finire. Rose Whitaker era una donna piacente, bionda, sulla quarantina, con sguardo fiero ed elegante. Il tempo non ne aveva minimamente scalfito la bellezza. Eppure c’era qualcosa nel suo sguardo che inquietava Pietro, oltre alla determinazione che anni prima lo aveva conquistato. Durezza forse. “Arriva al punto Rose. Non sei mai stata capace di girare intorno alle cose...” “Bè, vedi Pietro, ti direi tutto subito ma sono arrivata solo da poco in Italia e mi spiacerebbe chiudere la questione nel giro di poche settimane. Si può dire che sia sbarcata dalla nave solo ieri. Non vorrai certo mandare una signora indifesa e sola di nuovo per mare così presto, no?”disse in tono sarcastico. Pietro perse la pazienza e le afferrò il braccio. “Per l’amor del cielo, Rose, dimmi che cosa vuoi! Ho aspettato a sufficienza direi, ho messo a tacere le chiacchiere, o almeno ci ho provato.Ma ora basta! Soldi? Ti servono soldi? E’ questo che vuoi”?Rose continuava a fumare, per nulla intimorita dalla concitazione di suo marito. “Sei molto più stupido di quanto pensavo. Portami a vedere il tuo magazzino così ne parliamo con calma”, disse, alzandosi lentamente e liberandosi dalla stretta. Pietro a quel punto, accecato dalla paura e dalla rabbia la prese con forza per le spalle e la sbatté addosso al muro. Rose, fin’ora rimasta impassibile, reagì con una prontezza incredibile e spense la sigaretta sul braccio di Pietro. “Non ti conviene avermi come nemica ora, non ti conviene proprio per niente. Toccami un’altra volta e giuro che ti faccio sparire per davvero!”, sibilò. Pietro, che urlava a causa della bruciatura, inziò a sudare freddo. Sapeva che continuare su questo fronte era una battaglia persa. Decise che era meglio assecondarla finché poteva. Non si era mai sentito così: braccato, in pericolo come adesso. I suo peggiori incubi sembravano far ritorno inesorabili. “Va’bene, va’ bene, stai calma. Faremo come dici tu. Ti porto al “Paradiso”. Ma discuteremo la questione in ufficio.” “Risulterebbe troppo sospetto parlarne in caffeteria.Non voglio che il personale e i clienti spettegolino di più di quanto già fanno“, si affrettò a dire, notando il suo sguardo inquisitorio. Rose ricompose il suo viso in un’espressione sardonica e guardando l’uomo che ora detestava, disse sottovoce” Hai raccontato a tutti che sono morta vero?”. Pietro sbiancò.”Ah, è questo il punto. Avrei dovuto immaginarlo" Dal resto le bugie fanno parte di te",aggiunse perfidamente. “Ma non mi interessa. E' un affare che riguarda solo te e te la devi cavare da solo. Ti sei costruito un mondo di finzione con le tue stesse mani, my dear.” Cosi dicendo, prese la borsetta e si diresse verso la porta d’ingresso.” “Ah, un’altra cosa. I miei bagagli sono ancora all’hotel Milano. Non vorrai far credere a tutti che viviamo insieme se i miei effetti sono ancora là vero?". Pietro si sentiva debole come non mai,e lui odiava sentirsi debole, impotente. La voce che parlò non sembrava nemmeno la sua”No, certo che no. Manderò qualcuno a prenderli il prima possibile.” “Mi piaci quando sei accondiscendente", sussurrò Rose, parlandogli all’orecchio.” E ricorda che i tuo giochetti non mi ingannano. Dammi il braccio ora darling e portiamo avanti questa commedia”, concluse, cambiando prontamente tono. A Pietro non restava che uscire, scortando la moglie, che veniva dalla lontana America. A lui, però, l’America, sembrava così orribilmente vicina. E lui si sentiva impotente, tremendamente impotente ed insignificante, come quando era approdato per la prima volta a New York. Mentre apriva la portiera dell’auto e si metteva alla guida, si permise di pensare a Teresa. Era da giorni che si rifiutava di pensare a lei, sia per il dolore che provava ogni volta che si ricordava del suo dolce volto, sia perché gli pareva un insulto accostare il pensiero di Teresa alla presenza della moglie venuta dall’oceano,che pareva, e di questo ne era quasi sicuro, pronta ad attaccare in qualsiasi momento. Ecco, era questo che aveva inquietato Pietro quando aveva scrutato il volto di Rose: sete di vendetta.

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Capitolo 9
*** Ritorno alle radici ***


“Sei solo una povera ingenua, tradirà anche a te! Non ti fidare”. Le parole di Andreina Mandelli riecheggiarono nella sua testa come spilli profetici. Teresa stava in cucina ad aiutare sua madre con lo sfingione. Le sue giornate trascorrevano piatte e monotone da quando era tornata a Castelbuono. Teresa Iorio era sempre stata una brava casalinga del sud, ma da quando era letteralmente scappata da Milano si dedicava completamente alle faccende domestiche per tenere la mente occupata. Tuttavia non ci riusciva. Pensava continuamente a Pietro, a quanto lo amava e a quanto aveva sofferto per arrivare a lui. Ma il sogno era troppo bello per essere vero e si era infranto ancora prima di iniziare. In Sicilia le cose non andavano meglio: Il paese parlava di lei, le donne la evitavano, in chiesa e per le strade bisbigliavano al suo passaggio, guardandola male. E tutto per via della curiosità che li assaliva: non era ancora chiaro che cosa fosse successo con Salvo e perché la figlia degli Iorio fosse tornata a casa. Chissà che cosa avrebbero detto se avessero saputo che lei era stata sul punto di diventare l’amante di un uomo sposato. Bedda Matri! E con uno scatto un po’ troppo deciso, Teresa chiuse il forno. A riportarla alla realtà, fu la voce del padre” Terè, vieni qua un secondo. Ti devo parlare”.”Ascolta: stamattina è venuto a trovarmi il padre di Salvo. “Stai tranquilla, il disgraziato è stato mandato da un suo zio a Palermo.”, aggiunse Giuseppe, vedendo che la figlia si stava alterando. “E meno male! Non lo voglio più vedere quel fetuso! Già il paese mi è contro,ci manca solo che torni quel verme”. Teresa si era infervorata come non mai ed era sul punto di esplodere. Ogni pensiero, ogni fatto la riconduceva sempre lì: a Pietro. Aveva, con un brivido, ripensato al tentato stupro appena il padre aveva nominato Salvo, ma il suo cuore aveva immediatamente gioito al ricordo che Pietro Mori l’aveva salvata.” Il signor sindaco non vuole rivederlo per la vergogna, e dopo la scarcerazione è stato mandato via. Però, non so per quanto tempo”. E dicendo queste parole, Giuseppe guardò incerto la figlia.” Era questo che volevi dirmi? “ “No Teresa. Il signor sindaco ha anche deciso di risarcirci”. Siccome la ragazza lo guardava perplessa, aggiunse: “Ha deciso di non farci più pagare i debiti che gli dovevamo ed è anche intenzionato ad darci una somma sostanziosa per quello che è successo”. “Ah, è questo che vuole fare il signor Di Natale??? Comprare il mio silenzio? “. Un infuriata Teresa continuò il suo sfogo:”Tanto Castelbuono starebbe dalla sua parte, anche se raccontassi a tutti cosa voleva farmi quel delinquente. Non accettare quei soldi papà. Accetta solo l’estinzione del debito”. “Teresa, ma non capisci, quei soldi ci servono. Potremmo aiutare gli zii in Germania! Loro ci hanno sempre dato una mano, anche tenendo te”. Teresa stava per rispondere quando suonò il telefono. (Suo padre aveva acquistato l’apparecchio grazie al soldi che Teresa aveva mandato mano a mano a casa, nei mesi che aveva lavorato a Milano. ) “Teresinaaaaaa, te vogliono a te! Da Milano”. Il cuore di Teresa saltò un battito mentre si precipitava ne piccolo soggiorno.”Nonna, hai chiesto chi è?” disse quasi in un sussurro.”E che ne so, tieni”. Tremante, la giovane afferrò la cornetta: “Si… pronto?” “Teresa? Sei tu? Scusami ma non ti sento… Sono Anna”. “Ah, Anna. Scusa. Adesso mi senti?”, tentò Teresa, alzando un po’ la voce. Non poteva nascondere l’enorme delusione che l’aveva colpita nel sentire una voce femminile poiché aveva stupidamente sperato che ci fosse Pietro dall’altra parte.”Va’meglio. Teresa… come stai? Perdonami se non ti ho mai chiamata”. Teresa non sapeva che dire e di conseguenza scese una lunga pausa di imbarazzo. “Teresa, ci sei?”. “Oddio Anna! Mi dispiace di non essere venuta a trovarti, ma è successo tutto così in fretta: ti sei trasferita in pochi giorni, e poi io…..” A questo punto la ragazza scoppiò in un pianto liberatorio. “Teresa, ascoltami: non sono arrabbiata, davvero. Ci siamo allontanate perché cose più grandi di noi hanno preso il sopravvento.” “Ma io…” No, ascoltami! Tu prenditi tutto il tempo che ti serve e quando torni ne parliamo. Siamo amiche per questo.”Io però non so se me la sento di tornare”,commentò una rauca Teresa. Anna trasse un profondo respiro e poi disse” Lo so. Neanche io tornerei se fossi in te. Io non ti voglio costringere ma…” TUTUTU. “Pronto? Pronto Anna? Sei ancora lì?”. La linea era stata interrotta. Teresa non poteva richiamare perché era certa che Anna le aveva telefonato da una cabina. Sconsolata, tornò in cucina. Stava per riprendere la discussione con suo padre quando ne vide la faccia cupa, china su una lettera. “E’ arrivata mentre stavi al telefono. Viene da Mario. Non ci stanno buone notizie”. E stropicciandosi gli occhi, Giuseppe porse la missiva a Teresa.

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Capitolo 10
*** Intrighi e pensieri ***


“Silvana, io non ce la faccio più! Quanto ci metti a trovare una coinquilina?“Mario, te l’ho detto, non è facile come sembra e io non ho amicizie al di fuori del Paradiso”, rispose intimorita Silvana. “Ma non capisci che tra un po’ scade l’affitto e non abbiamo abbastanza soldi? E poi, mica posso stare qua da solo io”… “Ma non sei solo” Silvana alzò gli occhi al cielo” “Io e Roberto veniamo qua tutte le sere per poterti preparare la cena”. “Ma sono stufo, non posso andare avanti così”. Mario Iorio ebbe solo il tempo di sbuffare e poi fu richiamato da Corrado; la pausa pranzo era finita. Il ragazzo stava vivendo un periodo molto stressante. L’appartamento ora era quasi deserto, perché senza Anna e Teresa, Silvana aveva dovuto trasferirsi in convento, prendendo proprio il posto lasciato libero da Anna. E così Mario rincasava solo e mangiava una cena decente grazie all’amica, che si fermava da lui tutte le sere per cucinargli qualcosa. Stare solo non era il massimo, ma il vero problema era l’affitto. Lui e Silvana avrebbero pagata quello di agosto. Ma poi? Lei si era offerta di cercare un’altra coinquilina ma non era stato semplice. Non aveva molte confidenze, senza contare che nessuna buona ragazza da marito avrebbe condiviso l’appartamento con un uomo. Silvana gli passò accanto e di tutta fretta e disse”Ma scusa, qual è il problema? Tanto appena torna Teresa saremo di nuovo in tre. E’ già qualcosa! Ti ho già ripetuto più volte che questa è una situazione solo temporanea, mica voglio stare dalle suore per sempre! Mi ero abituata talmente bene con voi che...” Senti”, la interruppe Mario, piuttosto arrabbiato”,” Manco so se mia sorella torna, va’ bene? “ Silvana sgranò gli occhi, interdetta. “Ma sei sicuro di quello che dici?”. Vedendo che Mario non le rispondeva, aggiunse:” Se vuoi posso chiedere a Roberto se conosce un paio di suoi amici che cercano casa, che dici? ”, rispose con tono depresso. “Si, ecco. Brava. Fai qualcosa di utile. Ciao adesso”. La commessa, emettendo un gridolino si accorse che la pausa pranzo era finita da 5 minuti e corse via, ancora sconvolta. Mentre si accingeva a scaricare il camion, Mario tornò a pensare alla questione più pressante, quella per cui aveva scritto, spaventato, la lettera. Quel Jacobi, ora che era socio del Paradiso, trovava ogni momento buono per importunarlo, con svariate minacce: gli aveva intimato di restituirgli tutti i soldi del contrabbando che aveva per colpa sua, o il debito sarebbe aumentato di settimana in settimana. Ma quello che aveva fatto scattare l’allarme nel giovane era la minaccia di far del male a Teresa. Per questo aveva scritto alla famiglia: aveva un disperato bisogno di aiuto. Proprio quella sera Jacobi rientrava al “El nost Milan”, in uno stato di perfetta beatitudine. Mentre fumava e camminava con passo svelto, pensava a quanto per lui questo fosse un bel periodo. Tutto stava procedendo nel modo giusto. La cosa che più lo rendeva euforico era la sua riuscita nell’essere un socio del Paradiso. C’era ancora molta strada da fare, certo, ma la pura soddisfazione di sedere accanto a Pietro Mori non aveva prezzo. Poi, proprio nel momento più propizio, era arrivata Rose. La faccenda poteva farsi interessante. La signora Mori poteva, quasi senza dubbio, rivelarsi cruciale per i suoi piani. Jacobi aveva fatto un po’ di ricerche su di lei, e, seppure con notevoli difficoltà, quello che aveva scoperto gli bastava. Non vedeva l’ora di fare la conoscenza della donna. Se Rose era proprio era la figlia di Edward Whitaker di New York, questa era la sua occasione. Il destino gli aveva dato una mano anche con Clara Mantovani, che si era presentata da lui disperata. Lo aveva pregato, quasi implorato, di darle una mano a ritrovare la figlia un’altra volta. Bruno ne aveva allora approfittato, chiedendole una cena in cambio. La donna, dopo qualche istante di titubanza, aveva accettato. Ovviamente “la cena” non era nel suo stile, ma era un pretesto per arrivare a prendersi quello che voleva. Pietro, indebolito, Clara Mantovani vulnerabile. Senza contare che c’era la questione Iorio ancora in sospeso, che ormai poteva usare a suo vantaggio per metter in ulteriore difficoltà Mori. Buttò la sigaretta mezza spenta a terra e sorridendo, pensò a quanto la fortuna fosse dalla sua parte.

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Capitolo 11
*** Rientri e Ritorni ***


“Quinto? Dai, su alzati.””No Corrado, no ha senso che io mi alzi.” “Quinto, per piacere. Oggi rientri dal lavoro, non fare subito figuracce”. “Io non vado al lavoro, chiederò un altro mese per malattia”.“QUINTO! UN PIEDE DAVANTI ALL’ALTRO!!!”, e dicendo questo Corrado lo tirò su con la forza dalla brandina ormai lurida. Il ragazzo non fece neanche resistenza ma rimase impalato in piedi, con sguardo assente e pallido. Era in una condizione pietosa: smunto, sudato, trasandato e con i vestiti sporchi addosso. “Adesso tu fai quello che ti dico io. Ti lavi, ti vesti e vieni al lavoro con me. Non ti chiedo tanto per oggi”disse Corrado con una voce calma e piena di tenerezza. Quinto si limitò ad annuire. Corrado scuoteva la testa e pensava che forse la situazione era più grave di quello che pensava: forse Quinto era depresso. Quando il giovane fu pronto, Corrado gli mise una mano sulla spalla e insieme si avviarono al lavoro. Quando arrivarono al magazzino però, Quinto si sedette su un sacco e non si mosse per tutta la mattinata. A nulla servirono gli incoraggiamenti dei suoi colleghi o le minacce di Corrado. Per Quinto, quel luogo era fonte di dolore, perché gli ricordava ancora di più Anna. Quando giunse finalmente la pausa pranzo, il giovane magazziniere si alzò meccanicamente, uscì e vomitò. Poi, quando stava per riprendere fiato, vide una commessa qualunque che si godeva la pausa fumando una sigaretta. Il solo colore della divisa azzurra lo fece tremare. Invano provò a calmarsi; il suo respiro diventava sempre più debole, la sua vista sfocata e i suoi sensi lo stavano abbandonando. Cadde a terra svenuto. Il capo magazziniere Corrado invece, aveva colto l’occasione della pausa pranzo per portarsi avanti col lavoro, visto che Quinto non aveva alzato un dito ed era stato più di impiccio che di utilità. Mentre portava i grossi pacchi lungo il corridoio, sovrappensiero urtò la spalla di qualcuno. “Mi scusi signorina…”Era Clara. Lei si limitò a guardarlo freddamente per un istante per poi allontanarsi. Corrado proseguì, facendo finta che non gli importasse. Ma gli importava, tanto da sentirsi ferito, come non si era mai sentito, nemmeno quando era all’orfanotrofio. La signorina Mantovani raggiunse l’ufficio del ragioniere e bussò:”Solo un momento”. Dopo qualche istante apparve Galli che la invitò ad entrare.”Mi scusi se la disturbo ragioniere, ma ho bussato più volte all’ufficio del signor Mori e non ho ottenuto risposta.” Credo che il signor Mori non sia ancora arrivato. Ma se ha bisogno di qualcosa mi dica pure”. “Volevo solo informarlo che ci sono due posti da commessa vacanti” Ah eccolo!” A queste parole, Clara si voltò e vide Mori che saliva la scala scortando la moglie. La signora era bella ma Clara non potè far a meno di pensare come mai un uomo come Mori avesse sposato una donna più grande di lui di qualche anno. La differenza di età era abbastanza evidente. “Signor Mori, cercavo proprio lei”, disse, andandogli incontro. “Signorina, lei è mia moglie, Rose. “Rose le strinse la mano ma la guardò con sguardo sfuggente, come se avesse fretta. “Piacere signora. Mi scusi,ma ho proprio bisogno di parlarle. Riguarda l’assunzione di due nuove commesse.” Pietro guardò Rose, che rispose, non senza sarcasmo, “Prego, parli pure. Non ci sono segreti tra me e mio marito”. Clara, un po’ imbarazzata, spiegò” Ci sono due posti vacanti signor Mori. Uno é della Imbriani, che ha dato le dimissioni proprio alcune settimane fa’ e quello… quello della signorina Ferrari”” Ma come, non l’aveva appena assunta lei”? “Si. Sfortunatamente la signorina ci ha ripensato. Non credeva che il lavoro fosse adatto a lei”, rispose Clara, abbassando lo sguardo. “Per quanto riguarda il reparto cosmetica avrei già un’idea: pensavo di promuovere la signorina Gritti. Ma per l’altro posto dovrò rifare delle selezioni.” “Si, certo, signorina, faccia come meglio crede. Mi fido di lei,” rispose Pietro.”Non vorrei essere indiscreta, ma bisognerebbe risolvere anche il problema della Iorio”. “Teresa?” sussurrò accorato Pietro. Rose nascose un sorrisino malizioso. “ Ma come, non è ancora rientrata?” “No signor Mori. “Lei mi aveva detto di darle tre settimane di ferie, ma sono scadute ieri. E la signorina Iorio non si è ancora fatta vedere. “Tutti e tre rimasero in silenzio. “Signor Mori…. Dovrrebbe dirmi lei come procedere. “Beh, se il permesso è finito, è finito no?”, intervenne Rose “Rose… la signorina può avere avuto dei problemi, non concludiamo in modo così affrettato”, le rispose Pietro, guardandola con intensità.” Che sciocchezze. Proprio tu sentimentale sul lavoro? Che cos’è questo trattamento preferenziale?”. Rose disse questo con un misto di ironia e cattiveria. Pietro si trattenne. Era logico che sua moglie volesse provocarlo e scatenare una scenata. Ma lui non le avrebbe dato questa soddisfazione. “Diamole ancora due giorni di tempo. Se non si presenta allora….” Allora, verrà licenziata”, lo interruppe di nuovo Rose. “Non ti ho interpellato Rose,e tantomeno decidi tu”, rispose a questo punto Pietro. “E tu dovresti essere meno imparziale sweetheart, o devo iniziare ad essere gelosa?” disse, sfoderando un altro sorriso maligno. “Ne riparliamo signorina. Intanto le do l’approvazione per la sostituzione delle altre due dipendenti.” Clara, che non sapeva più dove guardare, fece un breve cenno e se ne andò ai reparti. Si girò solo un attimo, quando era a metà della scala a chiocciola, per gettare uno sguardo curioso a Rose. La coppia entrò in ufficio, e Pietro Mori ,con espressione contrariata, chiuse a chiave la porta. In quello stesso momento, in una stazione del profondo sud, una ragazza dai capelli ricci e con quaderno pieno di schizzi in mano, stava salendo su un treno, in compagnia di suo padre.

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Capitolo 12
*** Marianna Galli (Per il personaggio di Marianna Galli, mi sono ispirata al volto di Serena Rossi) ***


Galli non era un uomo che parlava spesso di lavoro con la sua sua famiglia. Anzi, di solito era sempre molto riservato. Ma quella sera calda di fine agosto, a tavola sembrava parecchio preoccupato. Era strano, silenzioso, più del solito. “Ezio, ma che cos’ hai? Ti senti bene?” gli chiese la moglie. “No no cara, lo sai che soffro il caldo, sto solo sudando un po’ troppo” .“Papà, non raccontarci bugie, si vede lontano un miglio che qualcosa ti preoccupa. Cos’è, problemi sul lavoro”? chiese con voce squillante la figlia. Galli la fissò e non poté fare a meno di pensare a quanto brillante ed intuitiva fosse Marianna. “Niente di serio, sia chiaro. Ma lo sapete quanto mi spaventano i cambiamenti: con l’arrivo della signora Mori, il nuovo socio poco affidabile e dipendenti che vanno e vengono…” “Che significa vanno e vengono??? Si sono liberati dei posti da commessa?”, lo interruppe Marianna, guardandolo curiosa e speranzosa. “Tesoro, ne abbiamo già parlato. Perché vuoi fare la commessa? Sai benissimo che tuo padre può mantenerti all’università se vuoi”. “Oh mamma!” Sbottò la figlia, “Non voglio andare avanti con gli studi, né cerco un marito." "Equesto lo sai bene”, aggiunse, poiché la madre Ornella stava per ribattere.” Ma hai sentito solo questo di quello che ti ho detto? chiese Galli. “Non ti importa di altro?””Certo che mi importa papà”, la ragazza mise giù la teglia con l’arrosto e si chinò per baciare suo padre.”Ma lo sai che io voglio essere indipendente nel mio piccolo. E non vedo cosa ci sia di male nel fare la commessa”. “Non c’è niente di male cara, ma non credo sia un lavoro per te. Non ti da un’indipendenza completa”, si intromise di nuovo sua madre. “Mamma, siamo nell’estate del ’56. Le cose stanno per cambiare anche per noi donne! Datemi questa possibilità, vi prego”. Marianna si girò per cercare uno sguardo d’approvazione del padre, che di solito gliele dava tutte vinte. Ma questa volta pareva proprio di no. A nulla servì il suo sguardo di supplica: Ezio Galli rispose”Stavolta ha ragione tua madre. E poi pensa se si venisse a sapere che sei mia figlia! Che cosa penserebbe la gente? Che ti ho raccomandata. No Mari, puoi cercare un altro lavoretto, ma la commessa al “Paradiso” proprio no”. Marianna allora si alzò e con uno scatto rabbioso andò a chiudersi in camera sua. La figlia di Galli era una bella ragazza con una cascata di ricci castano e carnagione scura; eredità materna. La sua vitalità e testardaggine erano fonte di preoccupazione per i genitori, perché spesso questo suo caratterino le aveva dato problemi a scuola. Anche le amicizie erano poche, perché le sue coetanee la consideravano troppo “avanti” con le idee e i ragazzi “poco signorina”. Tuttavia, era una brava ragazza e non aveva dato grossi grattacapi, per lo meno fino adesso. Ezio Galli sapeva che sua figlia era completamente diversa da lui che si contraddistingueva per la sua pacatezza, mentre “Mari”,era un vulcano di idee e “fissazioni”, come lui soleva chiamarle. Si, “fissazioni”, perché la ragazza si era messa in testa di provare le selezioni per le commesse al “Paradiso”. Diceva che era stanca di non avere soldi propri, di stare sempre in casa, e che la prospettiva del matrimonio la annoiava. Aveva fatto la conoscenza di alcuni ragazzi, propinati più che altro dalla madre, ma che lei aveva definito “mosci” e liquidati subito. Mentre si coricava a letto Galli si chiese se fosse il caso di parlare delle piccole rivoluzioni al grande magazzino con sua figlia,che era comunque sempre comprensiva e dedita a dare consigli, ma poi ci ripensò e decise che era molto più appropriato tenerseli per sé, in quanto sua moglie non aveva mai la pazienza di starlo ad ascoltare. A Marianna, quella notte, venne in mente un modo per riuscire a partecipare alle selezioni delle “Veneri”. Sapeva che questo voleva dire disubbidire a suo padre, ma non aveva molta scelta. Sorrise e spense la luce.

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Capitolo 13
*** Incontri e Scontri ***


La storia tra Silvana e Roberto era appena iniziata e lei ne era contenta. Roberto era sempre molto galante, l’accompagnava dove voleva, persino a casa di Mario ogni sera. La cosa non sembrava pesargli ma lei non voleva certo che la loro relazione avesse un terzo incomodo, per così dire. Decise di affrontare la questione.”Roberto, non è che tu conosci qualcuno che sia interessato a stare in appartamento con Mario? Ormai ho perso le speranze."No mi spiace. Ti avrei già suggerito il nome se conoscessi qualcuno" "Peccato. Uffa, se Teresa almeno tornasse, non ci sarebbero questi problemi""Ma dai, non è detto che non torni. Sii fiduciosa". Si, ma sono passate solo poche settimane e io sto già male dalla suore" si lamentò Silvana.Stavano andando entrambi al lavoro; Roberto si era offerto di scortarla fin là. "Beh, forse è meglio che Teresa resti dov'è. Ha provocato già abbastanza guai", disse improvvisamente, con astio.Si fermò, perché si era accorto che Silvana era rimasta ferita dalla sua esclamazione. Roberto deglutì. Pensava a Vittorio. Faceva ancora fatica a non considerarlo più un collega e soprattutto a non vederlo più. Cercò di togliersi la malinconia di dosso e baciò sonoramente Silvana sulla bocca. “Ma che fai dai, qui, di prima mattina”, squittì la ragazza. Ma, contrariamente a quello che aveva detto, le attenzioni di Roberto le facevano piacere. Gli prese la mano e lui l’abbracciò . Continuarono il cammino coccolandosi. Silvana non vedeva l’ora di arrivare al Paradiso, perchè aveva un piccolo pettegolezzo da raccontare a Lucia.Dall’altra parte della città una frettolosa Marianna Galli stava correndo per prendere il tram. Per depistare suo padre aveva imboccato un’altra strada che conduceva al Paradiso, più lunga, ed ora era in ritardo. Appena sentì il rumore del mezzo che si avvicinava, svoltò l’angolo correndo a più non posso, mise il piede in tombino e, trac, le si spezzò il tacco. La ragazza prese la scarpa in mano per controllare i danni, anche se ormai sapeva che non c’era rimedio. Esaminò la calzatura, ormai senza tacco e urlò, in mezzo alla strada: “Mannaggia”!. Quella sua esclamazione attirò sguardi di disapprovazione ma fermò anche un' auto che era stata appena messa in moto. “Beh che ha da guardare signore? Non ha mai visto un piccolo incidente?” Il ragazzo moro scese dalla macchina sorridendo e ,avvicinatosi, le chiese” Posso fare qualcosa per lei? Vuole un passaggio?” “No grazie. Non accetto passaggi da sconosciuti, tantomeno da quelli con fare sprezzante”. Marianna si era appena accorta di aver detto l’ultima frase a voce alta. Le capitava spesso quando era agitata. Quel ragazzo era proprio di notevole bellezza. Moro, occhi azzurri e sguardo malandrino. Anche se sembrava un po’ triste. “Io volevo solo farle un favore signorina. Non credo di meritare insulti gratuiti, non le pare”? rispose quest’ultimo indispettito. Marianna capì che aveva bruciato la sua unica possibilità di raggiungere il Paradiso. D’impulso rispose, sempre urlando” Devo andare al Paradiso delle signore. Lo conosce?”. Il ragazzo si fermò di colpo, si voltò e rispose, con sguardo assente” Altroché se lo conosco.”Siccome la ragazza stava per raggiungerlo aggiunse” Dovrebbe chiedermi scusa”. “Come prego???”. “Io non voglio certo lasciarla lì sul marciapiede con una scarpa fuori uso, ma pretendo le sue scuse, visto che non mi conosce”. Marianna lo fissò deliberatamente, con occhi socchiusi. Non sapeva se lo sconosciuto facesse sul serio. Stava per ribattere gentilmente, ma il suo carattere da maschiaccio uscì un’altra volta:”Vedo che anche lei ha dimenticato le buone maniere visto che non si è nemmeno presentato." Il ragazzo si avvicinò, accennò ad un baciamano e disse”Mi chiamo Vittorio.Ora, se vuole continuare ad urlare in mezzo alla strada faccia pure, ma io devo andare al lavoro e ho una certa fretta”. La ragazza allora, con passo zoppicante salì in auto. I due partirono in silenzio. Stavano quasi per arrivare al grande magazzini quando Vittorio Conti si accorse che la ragazza lo stava fissando con una sfacciata curiosità “Che ragazza insolita" pensò. Cercò di sdrammatizzare il momento, anche perché ormai cominciava a sentirsi nervoso anche lui: era da tempo che non percorreva quella strada, che lo legava a ricordi cupi i dolorosi. “Sa signorina, lo so di essere bello, non c’è bisogno di guardarmi così” le disse, cercando di sfoderare quel sorrisino malizioso che ormai non faceva da tempo. “Si fermi per favore.” “Cosa?”.”Si fermi. Non ho tempo di stare a sentire un cascamorto come lei. Si fermi, tanto ormai siamo arrivati.” Ma non vorrà certo entrare lì dentro con le scarpe rotte?”. Adesso il ragazzo stava proprio ridendo a crepapelle, ma si fermò lo stesso, curioso di vedere cosa avrebbe fatto la ragazza. Lei scese, chiuse la portiera con veemenza e, guardandolo con aria di sfida, si tolse entrambe le scarpe. Vittorio, o almeno così aveva detto di chiamarsi, continuò a ridere, ma Marianna decise di non dargliela vinta.”Lei è proprio un bell’imbusto, sa? Credo che non avrei dovuto accettare il suo passaggio. E’ proprio un gran maleducato”. “Ah si”, disse Vittorio, sporgendosi dal finestrino, “lei non è certo da meno, signorina... signorina?”, chiese , alzando un sopracciglio. La ragazza, lo guardò in cagnesco, si girò, livida di rabbia, fece un passo, poi voltandosi di nuovo disse”Marianna. Mi chiamo Marianna. E questo le deve bastare”. Poi, irritata, corse via.

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Capitolo 14
*** La solitudine di Vittorio ***


Vittorio Conti si rese conto che, anche se per pochi minuti, aveva ripreso a sorridere. Accompagnare quella ragazza insopportabile era stato un bel passatempo. L’infelicità non glia aveva dato tregua. Il suo cuore sanguinava ancora e il pensiero di Teresa lo tormentava giorno e notte. Non si era mai innamorato prima, e quando era successo non era stato ricambiato. Aveva capito che non solo Teresa non lo amava, ma che non poteva fare nulla per conquistarla, perché il suo cuore apparteneva ad un altro uomo. A Pietro Mori. Già, proprio ad uno dei suoi più cari amici. In questo momento, Vittorio aveva proprio bisogno di avere accanto i suoi amici Roberto ed Elsa. Ma l’unica che gli era rimasta accanto, era stata l’architetto. Gli telefonava spesso e lo aveva anche invitato a cena o a passare una serata in compagnia. Senza Roberto però, loro due da soli risultavano strani, soprattutto agli occhi degli estranei, che non potevano capire un’amicizia tra uomo e donna. La cosa peggiore era che Vittorio non sapeva perché Roberto lo ignorasse: erano stati molto più che semplici colleghi, erano stati complici! Ma ora il trio si era sciolto. Nemmeno il lavoro gli dava soddisfazioni, ora che non era più il brillante pubblicitario del “Paradiso”. Dalla Craveri si trovava bene, ma gli mancava quell’energia, quella voglia di creare che era così parte di lui. Ogni tanto si consolava con una notte d’amore con Valeria, ma ultimamente anche la sua virilità era sottotono, perché quando teneva tra le braccia la sua datrice di lavoro, si immaginava di avere Teresa lì con lui. L’unica consolazione era il rapporto che cresceva ogni giorno con il fratello. Anche questo però, era stato salvato da Teresa, che ora sapeva lontana dalla città. Aveva saputo del ritorno della signora Mori ovviamente, e questo lo avevo scioccato enormemente. Si, perché Pietro era stato un bugiardo in piena regola. Aveva ferito Teresa, e questo non avrebbe dovuto farlo. Vittorio si era sacrificato, si era messo da parte per farle vivere la sua storia d’amore, ed ironia della sorte, era stato proprio il suo “rivale” a rovinare tutto. Aveva saputo da Elsa che Teresa se ne era andata ma lui non aveva osato chiederle di più, per non soffrire ulteriormente. Sperava in un suo ritorno, anche solo per sapere che stava bene, ma non poteva certo biasimarla in caso avesse deciso di non mettere più piede a Milano. Così, ora, si ritrovava davanti ai grandi magazzini, che rappresentavano tutta la sua solitudine. Mentre guardava le locandine del suo “film” appese alla vetrina, con Silvana e Roberto come protagonisti, sorrise amaramente. D’ora in poi al “Paradiso delle Signore”, avrebbero dovuto fare a meno di lui. Chissà se con le solo invenzioni di Elsa e Roberto, i magazzini avrebbero continuato ad avere successo. Mise di nuovo in moto l’auto, perché si era fermato in una zona d’intralcio ma si bloccò bruscamente quasi subito. Aveva frenato perché per poco non investiva la ragazza che stava attraversando la strada. Era Teresa!!! Fortunatamente, lei non si era accorta di nulla perché sembrava assorta nei suoi pensieri. Vittorio non poteva far altro che fissarla. Era bellissima come sempre. Eppure, qualcosa sembrava cambiato in lei. I suoi lineamenti erano stoici, e i suoi occhi non emanavano più quella passione che l’aveva rapito mesi fa. Pareva che Teresa portasse con sé un fardello carico di delusione,di amarezza e rassegnazione. Una cosa però la tradiva. Il suo volto era carico d’amore, quell’amore, che non era destinato a lui. Vedendo che la ragazza entrava dalla porta principale del negozio con determinazione, Vittorio decise che era meglio andarsene da lì. Con riluttanza e gettando un ultimo sguardo su Teresa Iorio, il bel Conti ripartì.

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Capitolo 15
*** La proposta di Rose ***


Rose se ne era tornata a casa subito dopo aver parlato con Pietro. Sperava in una risposta affermativa da parte dell’uomo ma era piena di dubbi. Pietro era sempre stato un uomo deciso, nel bene e nel male, e questa sua esitazione non la confortava affatto. Se avesse detto di no, che cosa sarebbe successo? Non si sentiva più sicura. Salì al piano di sopra mordicchiandosi le unghie e ripensando a quello che era successo quando si erano fermati a parlare nello studio, decise di fare un bagno. Si immerse nell’acqua calda della vasca da bagno e rivisse la scena avvenuta qualche giorno prima: (Flashback). Pietro chiuse la porta a chiave e si girò per affrontare la moglie. “Bene, Rose. Ora siamo soli. Spara”. “Sono qui per proporti un affare, che potrebbe risultare interessante anche per te. Well, rivoglio i mie soldi.” “Dozzinale come sempre Rose!” La donna sbuffò” Non mi hai ancora lasciato finire. Lo so che sei impaziente e non aspetti altro che torni la tua ragazzina, ma potresti almeno avere un po’ di ritegno davanti ai tuoi dipendenti” ribadì Rose, con sguardo furbo. “Mi riferisco alla scena di prima”, aggiunse, facendo un cenno con il capo verso la porta. Pietro fece un passo avanti un po’ troppo improvviso e Rose sobbalzò. Non poteva farci niente, ogni volta che lui sembrava avvicinarsi i ricordi di quel giorno riaffioravano. Cercò di non mostrarsi intimorita e proseguì” Non voglio contante, lo sai benissimo che non ne ho bisogno. Ma ho diritto alla mia parte del Paradiso”. Pietro la guardò con orrore”Non puoi chiedermi questo”. “O si che posso. I soldi sono anche miei o sbaglio? Anzi, sono quasi tutti miei. Se questo posto esiste è merito mio e visto che per legge sono ancora tua moglie non vedo perché non dovrei esserne socia”. Pietro si passò una mano tra i capelli. “Ascoltami. Se vuoi soldi te li posso dare, mano a mano, perché non posso permettermeli tutti subito ma ho già un socio in affari e non me ne serve un altro.” Ti capisco caro, ma questo non cambia il fatto che Il paradiso sia anche mio. Non so cosa farci Pietro se la tua vita è una menzogna” Pietro, a questa frecciata perse di nuovo il controllo e prese Rose per le spalle. “Non dimenticarti che la colpa è anche tua. E della tua gente” sibilò.Rose, tremante rispose in un sussurro:” Non dimenticare da dove vieni Pietro Mori. Faresti ancora la fame a Little Italy se non fosse per me.” Seguì un momento di tensione nel quale, dopo aver deglutito, Pietro rispose” Potrei anche rifletterci. Ma questo mi sembra un ricatto più che una proposta”. “Se mi lasciassi finire, forse capiresti che posso offrirti qualcosa in cambio.” Rose aprì la borsetta, e sventolando con fare malizioso un plico di fogli, si mise a girare intorno a Pietro come un leone che accerchia la sua preda” Ecco qui. Questa è tutta la documentazione che serve per l’annullamento del matrimonio. Bastano solo alcune firme e il tutto può essere inoltrato alla Sacra Rota”. Pietro non ci poteva credere. La fissò sbalordito. “Prego, controlla pure”. Pietro non poté far altro che prendere in mano i documenti e sfogliarli, ma già dalle prime pagine se ne leggeva l’autenticità” Rose…io… potrebbe volerci molto tempo per l’annullamento".”Appunto! Hai aspettato anni per questo, e adesso che te lo sto offrendo non sei pronto ad aspettare per un altro po’? Pensavo facessi sul serio con la commessa… “ A quelle parole Pietro si risvegliò come da un torpore. Si, Teresa. L’annullamento del matrimonio poteva renderlo libero. Poteva riprendersi la donna che amava. “Ci devo pensare Rose. Ci sono tante cose che non mi sono chiare”. Rose, con voce vacillante, rispose” Poco chiare? Tipo cosa? ".”Ci devo pensare. Tu mi chiedi di cancellarti come moglie, ma diventando socia rimarresti legata a me per sempre”. Rose ridendo disse” Ma come siamo romantici. Oddio, Pietro. Davvero credi che me ne starei qui a Milano, a marcire in questo magazzino? No, sweetheart. Voglio solo la mia quota.. Non ne capisco molto di affari, dopotutto. E’ mio padre quello che ci sa fare, te lo ricordi?”.Pietro era ammutolito. Rose gli stava offrendo qualcosa di molto prezioso.”Ci devo pensare”. Era tutto quello che riusciva a dire. “Ti darò la mia risposta entro pochi giorni.” Detto questo, Pietro Mori aprì la porta e Rose, annuendo, uscì. Ora, Rose Whitaker Mori, riemerse dalla vasca ancora più incerta di prima. Pietro doveva accettare. E lei non doveva mostrarsi più debole di quello che era. Non doveva far vedere che aveva ancora paura di lui. Ma mentre si convinceva di questo, il ricordo dello schiaffo datole anni fa' dal marito ubriaco fece capolino nella sua mente.

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Capitolo 16
*** Il confronto ***


Anche Pietro, nel frattempo, stava rivivendo il ricordo della discussione avuta con Teresa. Camminava su e giù per lo studio, pensieroso, preoccupato, ma soprattutto innamorato. Come poteva dimenticare l’incontro con lei? Non era andato come aveva sperato ma almeno era tornata E per restare. (FLASHBACK): Teresa non si era minimamente accorta di Vittorio Conti, o il suo cuore già scombussolato, non avrebbe retto ulteriormente. Varcò il portone principale come aveva fatto mesi addietro. A fine Marzo aveva scoperto quel negozio, avvolta da ingenuità, sorpresa ed entusiasmo. Ora ne rientrava con una pietra sul cuore, avvilimento e delusione. Molta delusione. Cercò di non far caso al volto della Mantovani e delle sue amiche commesse che la guardavano con occhi sbarrati. Non c’erano ancora molti clienti e Teresa approfittò di quel momento per salire le scale e andare dritta in ufficio da Pietro. Arrivò davanti la porta. Si fermò e alzo il braccio per bussare. Poi, mentre le forze le venivano a mancare, vide Rose uscire dall’ufficio di Galli. Le due si guardarono per un breve istante. Rose la squadrò dalla testa ai piedi, le fece un sorrisino e se ne andò. Non aveva letto odio o rancore nell’ sguardo dell’americana, ma quella che sembrava compassione. Tornò in sé e decise di concentrarsi o non sarebbe riuscita a fare quello che doveva fare. Finalmente bussò. “Che vuoi ancora Rose?” rispose stancamente Pietro, ma la sorpresa fu grande quando, alzando lo sguardo, si ritrovò davanti Teresa Iorio. Si alzò di scatto dalla sedia, e stava per raggiungerla, quando Teresa, con voce fredda ma incerta disse” Stia pure dov’è signor Mori. Sono qui per parlare di lavoro”. Pietro, dopo un attimo di smarrimento, non badò alle parole di Teresa e,andandole incontro, l’abbracciò. Aveva bisogno di quel contatto, di sentirla vicina, dopo tutto quel tempo passato senza di lei. Sentì che Teresa lo ricambiava, e non c’erano bisogno di parole: loro due stretti l’uno con l’altro era l’unica cosa che importava. Tuttavia, molte cose dovevano essere chiarite, e Teresa doveva sapere. Fu lei a staccarsi per prima. Pietro cercò di incrociare i suoi occhi ma Teresa sembrava far di tutto per evitarlo. “Teresa…amore mio… “, disse, toccandole una ciocca di capelli. “Ti devo parlare. Ci sono molte cose da dire, e tu ha il diritto di sapere tutto, ma prima..” Si chinò per baciarla ma Teresa gli sfuggì.” No Pietro. Prima lascia parlare me, ti prego. O non riuscirò a dirti perché sono qui”. “Ti ascolto”, replicò, pur continuando a tenerla stretta. Teresa, dopo il cedimento cercò di tornare fredda e di distanziarsi da lui. Cambiò subito atteggiamento e disse” Mi scuso per l’abbraccio. Non doveva succedere, visto che sei un uomo sposato.” “Teresa ascolta…” No, adesso tocca a me parlare!Tu puoi fingere di non avere una moglie Pietro, ma io no! Non posso! Ho ancora una dignità e il rispetto per me stessa mi impedisce di stare con te. Non volevo tornare… ma voglio continuare a lavorare per il Paradiso, che mi ha dato tanto… Forse più di te”. Teresa deglutì, il discorso che si era preparata stava andando bene.“ Per questo, se tu vuoi, io tornerò ad essere una dipendente di questo posto.” “Teresa, certo che lo voglio! Sei ferita e confusa, ma le cose possono sistemarsi! Rose è appena stata qua e mi ha proposto di”… “Ti prego, non interrompermi.” Teresa aveva le lacrime agli occhi ormai. “Finchè avrai una moglie io non voglio sentire più nulla. Non ce la faccio.” Abbassando lo sguardo, Teresa aggiunge”Lavorare come commessa e stilista qui per me sarebbe troppo. “ Che vuoi dire Teresa?”. Pietro si avvicinò di nuovo e le prese il viso. Ma questa volta Teresa non contraccambiò. Dio, come voleva baciarla. “Se tu vorrai… io lavorerò come stilista per il Paradiso… da casa.””Ma questa è una follia! Come faresti? Come farei io?”.La ragazza non rispose ma si limitò a fissare il pavimento. “Teresa. Adesso sei sconvolta. E’ vero che ho una moglie, ma se Dio vuole sarà ancora per poco e noi”… “Noi? NOI? Non c’è nessun noi Pietro! Non lo capisci?”. Teresa sbottò e non si trattenne più” Io ti ho creduto Pietro, perché TU mi hai chiesto di crederti! Adesso non so più chi sei! Mi ha mentito e hai tradito la mia fiducia!” Ma Rose…” ROSE, Rose e ancora Rose! C’è lei Pietro, tua moglie! E io non posso essere l’altra donna!” “Teresa, io non l’amo. Amo solo te! Lei è venuta qui per chiedermi l’annullamento, capisci che vuol dire? Che saremo presto liberi di stare insieme”. “La fai troppo facile Pietro. Io non posso aspettarti, non posso lavorare qui e vederti… vedervi tutti i giorni! E io? Che stima e reputazione avrei? Prova a pensare a me Pietro. Per una volta considera me”. Pietro lesse una supplica nel bel viso di Teresa. “Teresa… io ti aspetterò. E ti dimostrerò che ti amo”.”Non è il tuo amore che dubito. Ma la tua onestà.”Teresa, mio sole… appena ti sarai calmata ti spiegherò tutto. Io voglio dirti tutto! E se lavorare da casa servirà comunque a tenerti vicino a me io ti do il consenso”. Pietro si era avvicinato di nuovo a lei. Fu Teresa a chiudere gli occhi e piegare la testa questa volta. Le labbra di Pietro si posarono su quelle di Teresa, ma non appena Mori cercò di approfondire il bacio, lei si ritrasse velocemente. “Non dovevo. Ti prego Pietro, non farlo mai più. Se mi ami e mi rispetti non rendermi le cose più difficili.” “Va’ bene Teresa. Per ora va’ bene. Passa pure da Galli e definite i dettagli pratici. Se ne hai bisogno, richiedi pure un anticipo”.Disse queste parole con risentimento e frustrazione. Pietro si voltò, dandole le spalle. Poi, pentendosi, si rigirò e disse,più teneramente possibile” Grazie per essere tornata. Avevo bisogno di te”. Teresa, con le guance rigate di lacrime rispose”L’ho fatto per me stessa Pietro. E per necessità famigliari”. E scappò via, lasciando aperta la porta.

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Capitolo 17
*** SPIE (Parte 1) ***


Quello che l’uomo misterioso le aveva chiesto di fare non era poi così difficile. E lei non aveva certo scrupoli a tenere d’occhio la famigliola. Monica passava davanti la casa dei Gritti solo due giorni alla settimana per non destare sospetti. Tirò fuori il quadernetto e si mise a prendere appunti. Non c’era molto da scrivere, ma il solo gesto di utilizzare carta e matita, nascosta in un vicolo buio, le dava un senso di potere. Ancora una volta, rilesse l’elenco delle cose più o meno significative che aveva potuto osservare:”Lucia non vive con loro”, “aspetta bambino e marito tutti i giorni davanti casa” ecc. Sospirò. Ormai la Mantovani l’aveva licenziata, insultata e non c’era modo per tornare al Paradiso. Ma quell’uomo le aveva promesso una buona ricompensa se avesse preso informazioni per lui su Lucia Gritti. Accese una sigaretta e si diresse verso la fermata del tram per fare rapporto. Federico Cazzaniga l’aspettava in una bettola alla periferia della città. Monica Giuliani entrò poco fiduciosa, come avrebbe potuto pagarla quell’uomo? Sembrava non avere neanche un soldo. Tuttavia ne era affascinata, perché in Cazzaniga vedeva un anima simile alla sua.”Eccomi. Nulla di nuovo, ma da quel poco che ho notato, Lucia non è ancora tornata a casa. Non so quanto potrebbe durare la situazione, ma se la può consolare, il marito non l’ha ancora ripresa in casa. “ Bene, molto bene”rispose il Cazzaniga. “Dunque… mi diceva che adesso Lucia vive con le sue amiche commesse?” “Non proprio. Per svariati motivi adesso Lucia è ospite dei genitori, anche se l’ho sentita dire che ormai deve trovare un posto dove stare, perché la famiglia si sta insospettendo. Credo che proverà a tornare nell’appartamento delle amiche. Se vuole…” No”, la interruppe l’uomo, alzando la mano.” Non sarà necessario. Al momento opportuno, agirò”. “Perché adesso non si siede con me? Beviamo qualcosa.”, aggiunse Cazzaniga. “Volentieri. Sempre se offre lei”. Monica e Federico si guardano, si sorrisero e brindarono a Lucia Gritti l’uno, e al Paradiso, l’altra.

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Capitolo 18
*** Spie. PARTE 2 ***


“Tieni, metti tutti i maglioncini in ordine per colore”.“E quelli con le sfumature, come vanno messi?”, chiese un’ansiosa Marianna Galli. “Semplice. In mezzo tra due colori definiti”. Silvana, dopo aver consigliato la neo assunta si guardò intorno e, vedendo via libera, si precipitò da Lucia per spettegolare un po’. “Psst, Lucia!”. “Che c’è?” rispose la commessa bionda. “Possiamo parlare un po’? Per via delle nuove commesse non abbiamo avuto un momento libero. Devo chiederti una cosa.” “Va’ bene, ma fa’ in fretta.” “Ah tranquilla, la Mantovani è troppo indaffarata con il reparto cosmetica ora. E poi , in questo periodo è così sbadata. Haha“, rise la giovane. “D’accordo, allora, ma sbrigati!”.Senti, mi chiedevo… adesso che hai detto ai tuoi che torni a casa, dove vai?” Lucia abbassò lo sguardo. Non aveva avuto il coraggio di dire ai suoi il motivo del suo soggiorno, ma adesso il tempo trascorso a casa con loro stava diventando tanto e per lei era ora di lasciarli. “In realtà, spero ancora che Giovanni mi chieda di tornare. Ma visto che non si smuove nulla, pensavo di chiedere a te e Teresa di riprendermi con voi. Tu che dici?”, replicò a bassa voce. “Dico che è magnifico! Adesso che Teresa è tornata, e TU vuoi tornare, io posso finalmente lasciare le suore. Poi così Mario non si lamenta più che è da solo. Poverino! E il nostro appartamento sarà di nuovo affollato! “. Silvana rise un’altra volta, e mentre stava per tornare al suo posto, le venne in mente cosa voleva in realtà dire alla collega. “Ah, ecco cosa mi sono dimenticata di dirti!” “Shhh, parla piano Silvana”.”Ma si, non ci sono molti clienti ancora. E’ fine agosto, ma pare che molti milanesi siano ancora in vacanza… “Allora, volevi dirmi?”, rispose una spazientita ma divertita Lucia. “Beh, non ci crederai, ma anche dalle suore succedono cose interessanti! Circa una settimana fa’, verso le sei del mattino sono uscita dalla mia camera per prendere un po’ di aria fresca. Capirai, mi annoiavo da morire. Beh insomma, scendo le scale e indovina chi vedo?”. “Chi? La madre superiora che ti rimprovera?”, scherzò Lucia. “ No! Donata!“Chi?”, “Ma, si, Donata, dai! L’amica della Mantovani che ha lavorato qui pochissimo…” Ah. Interessante…” “Stava lavando le scale, poverina. Alle sei del mattino. Secondo te che cosa ci faceva lì?” “Non lo so, Silvana. Sono affari suoi no?”” Dai, adesso mettiamoci al lavoro, che la gente sta arrivando”. Silvana obbedì, un po’ delusa della non reazione di Lucia. Chi non fu affatto deluso invece, e avrebbe ascoltato molto più volentieri la commessa chiacchierona, fu Bruno Jacobi.Quella mattina era arrivato al Paradiso piuttosto contrariato, visto che Pietro doveva parlargli. Finalmente avrebbe conosciuto la famosa Rose. Ma, da quello che gli aveva fatto capire Mori, la signora in questione sarebbe diventata un’azionista del Paradiso. Non era certo cosa gradita alle sue orecchie. Tuttavia, si era fermato ad origliare al reparto abbigliamento appena aveva sentito la parola”Donata”. Doveva solo scoprire in quale convento risiedeva la ragazza e il gioco era fatto. Con che facilità, avrebbe trovato la madre adottiva della figlia di Clara. Sorrise. Facile, troppo facile.

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Capitolo 19
*** CAMBIAMENTI ***


Toc toc. “Posso?” disse una voce spavalda. “Entra” rispose Pietro. Quando Jacobi fece un passo avanti, si accorse che il suo vecchio amico aveva l’aria stanca, e si stava massaggiando le tempie con veemenza, ad occhi chiusi. “Allora amico mio, quand’è che mi presenti la “siura”?” A queste parole seguì un silenzio imbarazzante, e una nuvola di fumo lo colpì in pieno. Bruno non fece nemmeno in tempo a girarsi che una mano curata gli si presentò davanti agli occhi. L’uomo la sfiorò e alzando lo sguardo, la vide. Eccola Rose, finalmente. Anche la donna pareva scrutarlo interessata e per niente intimorita. “ La siura sarei io signor… signor?” “Bruno Jacobi al vostro servizio”. “Mi perdoni, il mio italiano è alquanto buono visto che sono italiana per metà, ma siura è un termine che non capisco”. Un colpo di tosse fece girare i due. Ah già, Pietro era ancora lì. “Mi spiace interrompere questo sfoggio di convenevoli, ma vorrei chiarire la questione il prima possibile”, rispose seccato Mori. Non era seccato per le smancerie di Bruno, (non amava più Rose, l’aveva forse mai amata davvero?) ma per quello che la moglie aveva detto. Aveva rivelato di essere per metà italiana, cosa che non era sfuggita a Jacobi, sicuramente. Fu così che i tre si misero a confabulare per quasi un’ora, di affari, azioni, di cosa spettava a chi. Alla fine, ciò che ne uscì, fu un accordo niente male: per Jacobi non cambiava assolutamente nulla. Durante il colloquio era sembrato solo preso da Rose: la squadrava con vivo interesse, e le aveva offerto più di una sigaretta, con somma irritazione di Pietro. Anche Rose era stata piuttosto accondiscendente e aveva addirittura smesso di seguire il discorso non appena l’accordo era stato raggiunto: Rose avrebbe ricevuto la percentuale dei guadagni che provenivano dal reparto di cosmetica. Quando Jacobi si congedò,-non senza l’ennesimo baciamano a Rose- Pietro realizzò che il momento tanto atteso e sperato da lui era arrivato. “Bè, direi che adesso possiamo anche ragionare io e te.” Si, ammetto che l’idea del reparto cosmetici è stata piuttosto brillante”, affermò Pietrò,azzardando addirittura un sorriso”. “A queste parole, Rose sfoderò i documenti per il divorzio, e senza tante cerimonie, firmò. Poi, rivolgendosi a Pietro disse” Ecco fatto. Vedi, non è tanto difficile. Basta una firma Pietro, una firma, e la Sacra Rota potrò procedere”. Pietro ci aveva riflettuto tanto e si lascò sfuggire la domanda che l’aveva tormentato “Vorrei sapere la motivazione data per la richiesta… lo sia che la Sacra Rota è piuttosto restia a concedere annullamenti”. Rose, leggermente in imbarazzo, rispose balbettando” Ecco, io… visto che non abbiamo avuto figli… ho pensato che… che…” A Pietro gelò il sangue. Seguì un minuto in cui i due si guardarono, forse per la prima volta, intensamente negli occhi. Alcol, uno schiaffo, valigie, la macchina… tutto tornò alla mente di Pietro. Senza una parola, si accinse a firmare quei documenti in fretta e furia. Prima cancellava il passato e prima avrebbe potuto rifarsi una vita, riprendersi Teresa. Consegnò le carte a Rose, che senza guardarlo in faccia, visibilmente scossa, raggiunse la porta. Li si girò e stranamente parlò, con voce roca” Hai fatto la scelta giusta. Spero che entrambi saremmo persone libere presto. Buona giornata Pietro”. Gentile? Aveva voluto essere gentile? Pietro sospirò, e, al telefono con Galli esclamò con tono piatto ma deciso” La signorina Iorio subito da me. No, non mi interessa se non è qui, la rintracci”. E riattaccò bruscamente.

 

Rose tornò a casa tremante; era ancora sconvolta per ciò che era successo. Lei aveva evitato il discorso, ma poi Pietro aveva nominato il motivo scritto nero su bianco per cui chiedevano l’annullamento. Che stupida era stata ad aver pensato anche solo per un momento di lasciar perdere, di concedergli l’annullamento senza nulla in cambio, ma soprattutto, senza dar retta al famigerato banchiere. Era più forte di lei: quella scena le tornò prepotentemente in testa. Cerò invano di calmarsi, ma quell’episodio così spiacevole si svolse di nuovo davanti ai suoi occhi: Pietro che le urlava contro, lei che ribatteva ferita, lo schiaffo, “Nemmeno un figlio sei stata in grado di darmi. Mi hai incastrato e nemmeno quello mi hai dato. Meno male che mi amavi”. Poi il buio.  Rose si ritrovò singhiozzante sul divano, con il trucco sbavato e le lacrime che le rigavano il volto in maniera copiosa. Glielo avrebbe fatto vedere  di cosa era in grado di fare, forse quell’uomo non si sbagliava affatto sul conto di Pietro Mori. Senza esitazione allora si mise a sedere,si asciugò il viso, e con la schiena diritta e il volto di pietra, compose lentamente ma con determinazione il numero del suo avvocato. “Avvocato. Si, salve. La chiamo per quella questione. Si, si esatto… Riferisca al signor Mandelli che accetto. Ha capito bene. Accetto. Non so ancora come, ma lo farò. Grazie, arrivederci”.  E con aria trionfale, al donna misteriosa si alzò e disse tra sé e sé, quasi cercando di convincersi” Te lo meriti Pietro Mori. Ti ho protetto una volta, ma adesso basta. Non te la puoi cavare cosi”. La vecchia Rose era ufficialmente tornata.

Teresa stava ancora scrutando il negozio degli zii ormai chiuso, quando un Galli tutto trafelato arrivò,asciugandosi la fronte. “Signorina Iorio, mi dispiace disturbarla ma la vuole il signor Mori. Subito. Mi è parso abbastanza insistente.” Teresa lo guardò allibita. Possibile? No, non ci voleva credere. “Ha detto di che cosa si tratta?” “No, signorina, ma pareva una cosa abbastanza urgente a giudicare dal tono di voce. Sa, speravo di trovarla qui, anche perché non avrei saputo dove cercarla altrimenti”. Teresa abbozzò un sorriso. Certo, dove poteva essere se non nel vecchio appartamento dove aveva vissuto,solo, per un mese  il povero Mario, ora? Per fortuna aveva già portato giù le sue cose. Voleva andare da Pietro, anche perché, nonostante cercasse di negarlo, le mancava terribilmente. Ma voleva andarci con i piedi di piombo,voleva farlo aspettare. Dopotutto era lui che l’aveva fatta soffrire no? E se poi dalla sua bocca non fossero uscite le parole che si aspettava? Non avrebbe sopportato un’altra delusione. Galli annuì e la lasciò sola a riflettere. “Com’è gentile e sensibile”, pensò la giovane.”Ha capito tutto”. Teresa decise che sarebbe andata là a mente fredda, o non avrebbe risposto di sé stessa. Così, decise di passare da Anna: era l’unica delle sue amiche che non aveva ancora abbracciato, e un po’ se ne pentiva. Il motivo principale era che non voleva causarle ulteriore imbarazzo, andandola a trovare nell’appartamento che Massimo le aveva concesso. Ma adesso sentiva la necessità di andare da lei, e forse una chiacchierata non le avrebbe fatto male.

Anna l’accolse a braccia aperte, in lacrime: cosa che Teresa non si aspettava minimamente. Si era preparata un’accoglienza fredda e invece il legame sembrava ancora più forte di prima.”Mi sei mancata Teresa”, sussurrò Anna ancora abbracciata a lei”. “Anche io avevo bisogno di te Anna, non sai quanto”. Le due amiche si scambiarono tenere effusione per alcuni minuti, poi quando Teresa finalmente si staccò dall’abbraccio disse” Ma adesso fatti vedere! Oh Anna, sei più bella che mai” “Credi?” rispose amaramente l’altra. “Io mi vedo solo più grossa, e chissà come sarò a Gennaio”.”Non dire così. Hai solo bisogno di uscire un po’. Ci racconteremo tutto per strada”. Anna guardò l’amica incredula:”Uscire? No Teresa, non posso! Ti rendi conto di quello che dici? Sono in cinque mesi! La pancia ormai si vede chiaramente, non c’è vestito largo che tenga!” “ E allora? Non è un crimine aspettare un bambino Anna…e non sei tu quella che deve vergognarsi! Avanti dai, sei con me. Nessuno si azzarderà a fare commenti strani”.Dopo un quarto d’ora Anna si decise a lasciare l’appartamento. Non era rilassata, e questo Teresa lo capiva: lo capiva da come l’amica le stringeva forte il braccio, da come teneva a terra lo sguardo e da  come cercava di minimizzare il pancione che ormai era esploso. Le due ragazze camminarono silenziosamente per un po', assaporando l’aria tiepida di inizio Settembre. Poi Teresa parlò, e raccontò come un fiume in piena tutto ciò che era successo: il ritorno della moglie di Pietro, la proposta di lavorare ancora per il Paradiso, come aveva ripreso pian piano la sua vita a Milano, e di come Lucia e Silvana la sostenevano, nonostante avessero anche loro dei problemi. Anna ascoltava, dava qualche parola di conforto,e solo quando si rilassò quasi completamente, ebbe perfino il coraggio di scherzare” Siamo entrambe in una situazione scandalosa. Tu innamorata di un uomo sposato e io incinta di uno altrettanto sposato”.A quelle parole, Teresa e l’amica si misero a ridere,perché in fondo, quello era l’unico momento in cui avrebbero mai potuto sdrammatizzare. “Anna, è tardi! E’ già pomeriggio inoltrato e io devo andare! Scusami ma ho perso la cognizione del tempo… Anna? Ehi Anna, che hai? Dai, se qualcuno ti ha indicata per strada non fa’ niente… Anna!” Teresa guardava l’amica, che aveva smesso di camminare e guardare impietrita davanti a sé. Teresa, preoccupata seguì lo sguardo dell ‘alta e quello che vide le fece strabuzzare gli occhi. Quinto, decisamente ubriaco se ne stava steso su di una panchina del parco,a braccia aperte… Che fosse ubriaco era evidente, perché il tanfo era insopportabile. Inoltre il ragazzo teneva in mano una bottiglia e fissava a bocca aperta il cielo che si stagliava sopra di loro. “Tu resta qui, non muoverti, arrivo subito”, sussurrò Teresa, la quale si avvicinò con cautela a Quinto. Dopo alcune scosse, il ragazzo finalmente si degnò di guardarla, ma non rispose, anzi,  continuò a fissare il vuoto. “Quinto. Mio Dio, ma che ti succede? Come ti sei ridotto?” Silenzio. “Quinto, mi senti? “.Anna non sapeva cosa le stesse succedendo, ma le sue gambe le dicevano di non muoversi, di evitare che succedesse qualcosa di peggio. Vedeva solo Teresa che scuoteva Quinto, e il ragazzo che continuava a non muoversi. Quinto, dopo l’ennesimo strattone di Teresa si alzò, e anche se aveva la testa che gli girava e non metteva bene a fuoco ogni cosa, la vide. Fu un attimo: i loro sguardi si incrociarono: Anna lo guardava con gli occhi sbarrati, pallida, immobile. Quinto invece la squadrava tutta. Il bel volto pieno, il seno, la pancia…. La pancia… “PUTTANA!” urlò. “ Sei una puttana. Mi hai sentito???” continuò con voce impastata. Poi biascicando parole incomprensibili si accasciò e si addormentò. Nel frattempo, alcune persone avevano visto la scena,e ora fissavano Anna come se fosse il demonio sceso in terra. Solo allora la ragazza si destò, come da uno stato di shock, e in lacrime corse via.

 

 

 

 

 

 

P.S Eccomi qua. Chiedo scusa per l’assenza, ma la vita reale mi ha portato via un bel po’ di tempo. Non so ancora quanto tempo ci metterò ad aggiornare, ma almeno mi sono rimessa un po’ in pista. Spero di non avervi deluso! A presto,spero. E pare che finalmente ho imparato ad usare l'HTML :D

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