A caccia di prompt

di slice
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Le dimensioni contano ***
Capitolo 2: *** Come se non ci fosse un domani ***



Capitolo 1
*** Le dimensioni contano ***








#1 Bucky e Steve. Bucky non riesce ancora ad abituarsi che quella montagna umana sia in realtà quel mingherlino di Steve.







Doom è un cazzone, ma i suoi stupidi robot sono ogni volta più resistenti, più insidiosi, più... splendenti?
Barnes ha appena finito di prendere a pugni uno di quei barattoli di latta quando la scelta della cromatura acquista finalmente un po' di senso.
Attraverso il suo giubbotto antiproiettili c'è una macchia bianca dai contorni netti, si muove, trema, e lui alza la testa in tempo per trovarsi il nemico nuovamente davanti. Questa volta, lo scudo di Steve lo aiuta a liberarsene in fretta. Bucky si volta per ringraziare, fare un cenno, ma proprio quando i loro sguardi si incrociano il malefico riflesso è sulla faccia di Steve.
Succede tutto in un attimo: Steve, l'idiota, si lancia alla cieca, il robot, lo stronzo, aumenta la velocità e Bucky può vedere la fine della sequenza come se fosse un film. Agisce d'istinto, si lancia in una capriola, allarga le braccia ed è pronto per raccogliere i pezzi un'ennesima volta.
Steve Checcazzo Rogers pesa un quintale, gli frana addosso come un sacco di patate, con la grazia e gli spigoli taglienti di un carroarmato. Il fianco impatta col suo inguine, un gomito gli incrina una costola e James si becca pure una spallata sul mento che è esattamente quello che ci vuole per sdraiarlo lungo in terra come una cazzo di matricola alle prese col rinculo della sua Beretta. Era già successo che si dimenticasse della differenza di mole perché, in effetti, ha passato molto più tempo con lui come Steve fatina dei denti, piuttosto che Steve gigante buono, ma Bucky si rende conto lì, su un tetto di New York, dove con la coda dell'occhio può scorgere il suo sangue sul cemento e dei calzini svolazzare sui fili per i panni, che se non si decide a ricalibrare, Capitan America lo ucciderà. O lo castrerà, che è uguale, insomma.
“Bucky, ehy Buck, tutto bene?”
Lui digrigna i denti insanguinati, ingoia un insulto colorito e annuisce.
Hanno dovuto tagliare fuori Stark perché continuava a commentare la tecnologia di Doom e monopolizzava la linea, ma Barnes è sicuro di sentire la sua risata, da qualche parte.







Non mi appartiene pressoché niente e non c'è lucro. Mannaggia.



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Capitolo 2
*** Come se non ci fosse un domani ***








#2 Stony, Au post!Apocalyptic. Quando il mondo è finito e sei uno dei pochi sopravvissuti, ti frega poco di odiare l'unico altro tizio che hai incontrato dopo mesi di solitudine. Avete bisogno l'uno dell'altro e lo sapete entrambi. E quando è buio è sempre più facile ammetterlo.







Tony gli finisce addosso. Avrebbe dovuto essere un evento imbarazzante, qualcosa da “mi scusi, non volevo” e magari sarebbe riuscito a dire solo quello, senza le altre mille parole che la sua bocca ci mette di solito. Certamente non avrebbe dovuto esserci sollievo, euforia, felicità, non dovrebbe sentire la testa leggera come un palloncino mentre scappa. Dovrebbe pensare. Un tempo andava bene, la Diesel lo suggeriva - Sii Stupido, diceva il cartellone di fronte al suo appartamento - oggi si muore, se si smette di pensare.
Ma l'altro lo ha stretto a sé, appena si sono scontrati, poi lo ha preso per un polso e hanno iniziato a correre insieme.
Tony ha il cervello in subbuglio da allora, ha accettato di cedere il comando a quello sconosciuto dal momento in cui è finito spiaccicato sul muro di muscoli che pare essere il suo petto, quindi non inizierà a protestare ora che viene spinto in uno spazio angusto.
Ansimano entrambi, Tony se ne accorge perché fissa la gola e la mascella dello sconosciuto, mentre lui controlla che quelle creature schifose non li abbiano seguiti fino a lì. Poi la mascella si abbassa e ci sono delle labbra, vicino ai suoi occhi, la luce blu del reattore si riflette su delle piastrine militari.
Con una scossa di sorpresa si rende conto che è quella che l'altro sta fissando. Lui si porta una mano al petto, improvvisamente insicuro, vulnerabile. Poi picchietta un'unghia sul metallo.
“Un'operazione di fortuna,” dice, osservando il blu degli occhi sopra le labbra piene. “Dopo...” È per caso il suo compleanno? “Sai...” Non crede sia il suo compleanno, ma non sa in che mese siano quindi potrebbe sbagliarsi.
L'altro annuisce.
“Steve,” dice.
Quella voce, bassa, roca, affannata, manda tutta una serie di messaggi sbagliati al suo corpo; Lui si lecca le labbra e socchiude gli occhi un momento.
“Tony,” risponde.
E sembra bastare. Steve annuisce di nuovo, poi preme sulla sua spalla affinché si volti, lo accosta a sé, schiena contro petto, e scivola a sedere nella polvere.
Ansimano ancora, l'adrenalina continua a bruciargli le vene, è notte, non sanno dove sono o dove andare, ma per il momento non essere più soli sembra vincere tutta l'attenzione di entrambi.
Steve sospira e appoggia la fronte alla sua spalla.
“Scusa,” mormora.
Ma Tony preme il fondo schiena sull'erezione dietro di lui, si accoccola meglio e lascia cadere la testa indietro, sulla spalla dell'altro.
“Di solito mi invitano almeno a cena, prima.”
Il suono del sorriso di Steve lo scioglie e le sue parole lo distraggono momentaneamente dalle braccia muscolose che lo circondano.
“Non ho impegni per domani sera.”







Perché, diciamocelo, niente grida romanticismo come un'apocalisse. Eh.

Mi appartengono solo gli eventuali errori e, per dindirindina, non c'è lucro.



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