Alla fine di tutto, ho pensato a te.

di didi_95
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sola ***
Capitolo 2: *** Ricordi pt1 ***
Capitolo 3: *** Solo ***
Capitolo 4: *** Ricordi pt2 ***



Capitolo 1
*** Sola ***


Sola




Pepper si svegliò di soprassalto, la nuvola di capelli rossi sciolta ed appiccicata alla schiena.
Non poteva giurare di non aver urlato.
Si guardò intorno, non riuscendo a riconoscere la propria camera.
Il letto era diverso, lo stesso si poteva dire dell'armadio, aperto ed in disordine...
Niente dubbi, non era la sua stanza.
Il cuore le martellava ferocemente nel petto ed il suo respiro era affannato.
"Sta' calma.." si disse.
Fu allora che ricordò.


Ricordò la telefonata nel bel mezzo della notte, ricordò la voce di Rhodey, tesa e preoccupata... infine ricordò le sue parole, rese metalliche e crudeli dalla linea telefonica disturbata e gracchiante.
< Pepper... c'è stato un attentato. Hanno rapito Tony... >
Per la prima volta nella sua vita, lei, Virginia Potts, non aveva avuto nulla da dire.
Le parole le erano semplicemente morte in gola...
Non era possibile.
Non era vero.
Non Tony.
Mai come in quel momento, le domande le si erano affollate nella testa, una dopo l'altra, una peggiore dell'altra: e se fosse stato ferito?
O peggio se fosse morto?
Ricordò quello che aveva risposto a Rhodey:
< Quando? >
Non avrebbe potuto giurare che la sua voce fosse ferma, anzi probabilmente non lo era.
< Dopo la dimostrazione, mentre stavamo tornando in aeroporto. Tony ha voluto salire sull'altra macchina, l'ha chiamata la Spasso-mobile... Non ha voluto sentire ragioni, lo sa come è fatto. >
Pepper si era morsa le labbra... Come non saperlo.
Intanto all'altro capo del telefono, la voce del generale Rhodes si era fatta funerea:
< All'improvviso c'è stata un'esplosione... una macchina è saltata in aria, abbiamo sentito degli spari e delle granate. Il tempo di tornare indietro e tutto era finito; i militari erano morti e di Tony nessuna traccia... Ho sbagliato, sarebbe stato MIO preciso dovere proteggerlo, ma... >
Con il rischio di sembrare indelicata, Pepper lo aveva interrotto bruscamente:
< Avete indizi? Sapete chi può essere stato? >
< Poco e nulla per adesso... sa che questa è una zona calda. Sul posto abbiamo trovato solo del sangue, non sappiamo di chi sia, ma niente esclude che sia di Tony. >
Le orecchie avevano cominciato a fischiarle.
< Sangue... >
Aveva mormorato, per combattere l'idea che fosse solo un sogno e che le sarebbe bastato scendere nel seminterrato per trovare il signor Stark a bere un drink in una delle sue macchine di lusso... ubriaco sì e forse in compagnia di una donna, ma sano e salvo.
< Pepper, sta bene? >
Lo stupido soprannome affibbiatole da Tony la riscosse, tanto da farle credere per un attimo che fosse proprio il suo capo a parlarle.
< Io... si certo, benissimo. >
Aveva cominciato a raccogliere alla rinfusa i vestiti ripiegati ordinatamente qualche ora prima: scarpe, calze, gonna...
Cielo, ma dove aveva messo le forcine per i capelli?
< Posso chiederle cosa sta facendo? >
"L'unica cosa che mi impedirà di pensare" era la frase di risposta che le si era formulata davanti agli occhi; tuttavia rispose meccanicamente:
< Devo avvertire la società, la stampa, Obadiah, Happy... ci saranno conferenze da fare, moduli da firmare... >
< Signorina Potts... - l'aveva interrotta lui - Che venga alzato un polverone sulla faccenda è una cosa che non conviene a nessuno, tanto meno a Tony. Alla stampa deve essere detto il meno possibile e quello sarà suo compito, domani mattina. A tutto il resto penserà l'esercito, non si preoccupi. >
Pepper si era lasciata crollare sul copriletto, incapace di credere alle proprie orecchie.
< Mi sta chiedendo di aspettare e basta? >
< Si limiti a gestire la società come ha sempre fatto... sia discreta e professionale. E' per queste doti che è stata assunta non è vero? >
Era rimasta in silenzio, contemplando la sua stanza, improvvisamente meno accogliente.
< Si fidi, non c'è nient'altro che lei possa fare per aiutare Tony. >
Dopo quella frase, la comunicazione si era interrotta e lei era rimasta sola.
Sola e orribilmente impotente.

Erano passati quasi tre mesi dall'accaduto.
Per la precisione, e lei era sempre stata precisa, erano trascorsi 88 lunghissimi giorni.
Riconobbe la stanza da letto nella quale si era addormentata.
Arrossì nel buio, chiedendosi come mai ci fosse finita.
Era la camera del suo capo... il suo letto ed il suo gigantesco armadio perennemente in disordine.
< Jarvis, che ore sono? > chiese, passandosi le mani sul viso ancora umido di lacrime.
L'intelligenza artificiale che animava la villa di Tony Stark non tardò a risponderle:
< Le 2:30 del mattino, signorina Potts... desolato che abbia avuto un così brusco risveglio. >
Pepper sorrise, almeno aveva avuto la delicatezza di non chiederle per quale motivo si trovasse nella camera sbagliata...
Un secondo dopo l'ombra del sorriso svanì dalle sue labbra, mentre pronunciava la domanda di rito:
< Ci sono novità? >
Le sue speranze furono deluse, come negli 87 giorni precedenti.
< Negativo, signorina Potts... Nessun messaggio dal generale Rhodes. Tuttavia c'è una mail per lei, lasciata dal signor Stane ieri sera alle 23:41 nella sua casella postale. >
< Oggetto? >
< Le chiede di restare nella società nell'ipotetico caso in cui il Signor Stark non dovesse tornare a casa. >
Pepper scagliò un cuscino sull'anta aperta dell'armadio di Tony, che si chiuse con uno scatto secco.
< Quel pallone gonfiato! Come si permette anche soltanto di ventilare l'ipotesi che Tony non ritorni? Lui tornerà! Deve farlo... >
La voce si spense in un singhiozzo, che Pepper si affrettò a soffocare nel silenzio, se avesse ricominciato a piangere, non avrebbe potuto fermarsi.
< Devo dedurre che non vuole scrivere una mail di risposta, Signorina Potts? >
< Certo che no, Jarvis. Non è proprio il caso. >
Ribatté, pensando a che cosa avrebbe detto al suo nuovo capo la mattina seguente.
All'improvviso le balenò nella mente un pensiero strano, a dire la verità perfino sconveniente...
Se fosse stato chiunque altro e non Tony ad essere rapito... e se questo qualcuno fosse stato ancora disperso dopo un intero mese di ricerche, lei avrebbe avuto la stessa certezza di rivederlo?
La risposta era no... ovviamente.
Ma si trattava di Tony... con lui tutto era possibile.
Tuttavia non era quello il punto e Pepper lo sentiva, forse nella parte più profonda del suo cuore, quella irraggiungibile e nascosta anche a lei stessa.
Evidentemente Tony era qualcosa di più per lei.
Tutto lo confermava: quel peso che non aveva mai lasciato il suo stomaco da tre mesi a quella parte, impedendole anche di mangiare; gli occhi sempre arrossati e facili alle lacrime, il desiderio di vederlo armeggiare con i suoi aggeggi tecnologici, ubriacarsi, perfino andare a donne...
Tutto pur di vederlo vivo.
Ed era perfino finita nella sua stanza, nel suo letto!
< Virgina Potts devi essere impazzita... > sussurrò a sé stessa, stringendosi le ginocchia al petto.
< Non è professionale... non ha nulla di decoroso! Sono solo preoccupata per lui, tutto qui. >
Iniziò a ripetersi, camminando per la stanza buia.
Tuttavia quei pensieri strani non volevano lasciarla...
Per mettere fine a quel delirio decise di tenersi occupata in qualche modo ed iniziò a rimettere in ordine l'armadio.
< Signorina, potrei consigliarle una tisana alle erbe aromatiche? E' adatta per combattere l'insonnia. >
Pepper si fermò sorpresa a mezz'aria, con quattro camicie nella sinistra e due paia di pantaloni nella destra.
< No grazie Jarvis, non preoccuparti. Di dormire non se ne parla stanotte. >

Il disordine in quell'armadio era qualcosa di inconcepibile.
Quasi senza accorgersene, Pepper cominciò a sistemare le camicie per colore.
Dopo qualche minuto però gliene capitò tra le mani una del tutto particolare: blu scuro, semplice ma elegante.
Di Tony si poteva dire tutto, ma non che non avesse stile.
Senza nemmeno pensarci, se la strinse al petto; era la prima camicia che gli aveva visto addosso, il giorno in cui si erano incontrati per la prima volta.
Oddio, più che incontro si poteva definire scontro, dato che Tony era riuscito a tamponarla...
Il ricordò la investì con una tale intensità che dovette mettersi a sedere...
Così, seduta sul pavimento, con le spalle appoggiate al letto e la testa affondata in una stupida camicia blu, dovette abbandonare ogni resistenza, cedendo ai ricordi e, accidenti, anche alle lacrime.



Nda
Salve a tutti e un ringraziamento a chiunque sia passato di qui ;)
Ultimamente vivo e respiro solamente pepperony, perciò eccomi di nuovo qua a dire la mia xD
Spero che il primo capitolo vi sia piaciuto, se vi va fatemi sapere che ne pensate!
Didi
 

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Capitolo 2
*** Ricordi pt1 ***


Ricordi pt1


Pov Pepper

"In ritardo! Terribilmente in ritardo!"
"La giacca... quella grigia del completo; era sulle sedia, l'avevo stirata ieri sera..."
Comincio a mettere a soqquadro l'appartamento, senza più preoccuparmi di fare rumore e di svegliare Grace.
A proposito... Grace!
< Grace! Hai preso tu la mia giacca? > urlo in direzione della stanza accanto, ancora buia e silenziosa.
La mia coinquilina ha la brutta abitudine di spostare le cose in continuazione.
< Mmmmm... cosa? > mi risponde con voce assonnata.
Entro di volata, rischiando di scivolare sui tacchi e di rompermi l'osso del collo; non appena spalanco le persiane, la luce del sole invade la stanza, posandosi impietosamente sul viso di Grace.
Sillabo le parole, cercando di contenere il nervosismo e la voglia di guardare nuovamente il piccolo e discreto orologio da polso che mi ha regalato papà:
< La. Mia. Giacca! Mi serve per il colloquio di lavoro, ricordi? E' tra un'ora! >
Grace si mette una mano sul viso, proteggendosi dalla luce.
< Ma sei impazzita? Sono tornata tardi da lavoro ieri sera... l'ho messa nel tuo armadio la giacca, perché ti scaldi tanto? >
Sospiro.
Quante volte dovrò dirle ancora di non cambiare posto alle mie cose?
Spalanco il gigantesco armadio che condividiamo, cercando inutilmente di non guardare verso la sua parte, dove colori e vestiti di ogni genere si mescolano nel caos più totale.
La mia parte è la stessa di sempre, trasmette ordine e serenità.
L'unica cosa fuori posto è la mia giacca che per fortuna non si è sgualcita.
< Non rimetti in ordine le tue di cose! > dico ridendo.
< Perché allora cerchi di rimettere le mie? >
Grace fa spallucce, sempre sorridendo.
In realtà dovrei solo ringraziarla, perché mi sopporta da quasi due anni.
Seduta sul letto, mi guarda sistemare gli ultimi dettagli, compresa una passata di trucco leggero; ogni particolare adatto alla situazione, ogni cosa al suo posto.

< Devi rilassarti, andrà bene! Sei adatta per quel lavoro. Cerca solo di non essere troppo nervosa, d'accordo? > mi dice, stringendomi in un lieve abbraccio.
< Fosse facile... Non mi sento affatto all'altezza. Le Stark Industries... ma perché mi sono lasciata convincere da te? >
< Perché è la cosa giusta da fare! Fidati di me. Ecco, così sei perfetta... >
Aggiunge, sistemandomi dietro l'orecchio un ribelle ciuffo rosso.
< E poi... voglio dire... dovresti andarci anche soltanto per vedere Tony Stark! Da quando ha ripreso in mano le redini dell'azienda del padre, sembra essere l'uomo del momento... pare diventerà il prossimo sex symbol... >
Vedo un'espressione maliziosa diffondersi sul viso di Grace e scoppio a ridere:
< Cielo, possibile che tu riesca a pensare sempre e solo a quello? Se ho deciso di andare è solo perché ho davvero bisogno di un lavoro... Non so nemmeno come sia fatto il tuo famoso Tony Stark... >
Grace alza un sopracciglio e spalanca la bocca:
< Ma dove hai vissuto negli ultimi anni? Eppure sei sempre stata con me! >
< Tra i libri direi... > le rispondo, senza smettere di ridere.
< E adesso fammi andare prima che l'agitazione mi divori... > mormoro, con una mano sulla maniglia della porta.
Grace mi strizza l'occhio: < Andrà bene, vedrai! >

Sarà... ma non sono mai stata così nervosa in vita mia.

  Dopo qualche minuto sono già in macchina, immersa nel traffico di New York.
< Sapevo che avrei dovuto svegliarmi prima... > borbotto, fulminando con lo sguardo l'ennesimo guidatore che suona il clacson inutilmente.
Mi mordo le labbra e ovviamente mi rovino il rossetto.
Accidenti al nervosismo.
Approfittando della lunga fila di macchine ferme, inizio a ritoccarmi le labbra nei punti in cui il rosso si è sbavato.
Nel bel mezzo di questa delicata operazione, un rombo minaccioso mi riscuote.
Sembra che la costosissima macchina in fila dietro di me abbia parecchia fretta.
Sospirando di frustrazione, gli lancio un'occhiataccia dallo specchietto.
Di solito funziona.
Ma non questa volta.
Questa volta non solo sento suonare il clacson, ma mi arriva all'orecchio anche una colorita imprecazione.
< Ma come si permette? > sbotto indignata.
Per fortuna all'improvviso il traffico sembra sbloccarsi, permettendomi di ripartire.
< Che maleducato... > sospiro, mentre aumento la pressione sul pedale dell'acceleratore.
Nemmeno un secondo dopo, mi balena nella mente un pensiero; il primo della giornata che non ha nulla a che fare con il mio imminente colloquio.
Non sono riuscita a vederlo in faccia.
"Oh, ma che idiozia? Perché mai dovrebbe interessarmi?"
Proprio mentre lo penso mi accorgo di stare indugiando con lo sguardo sullo specchietto retrovisore, tuttavia la macchina dietro ha i vetri oscurati e non riesco a vedere nulla di più di una sagoma scura.

Riportando finalmente lo sguardo alla strada, mi accorgo troppo tardi che è già scattato il rosso; di riflesso schiaccio il pedale del freno con forza.
La fermata è brusca, ma del tutto priva di pericoli, dopotutto ero notevolmente distante dal veicolo davanti.
Non si può dire lo stesso della Porsche alle mie spalle.

La botta è più forte di quanto mi aspettassi ed il contraccolpo sul sedile mi lascia per un secondo senza fiato.
" Ma perché a me? E perché oggi? "
Penso disperata mentre sento l'indignazione e la rabbia salire a dismisura.
Mentre sono ancora intenta a pensare, mi arriva chiara e forte la voce del decerebrato che mi ha tamponata.
< Cosa ho sempre detto Happy? Le donne non sanno guidare! L'ho vista mentre si rifaceva il rossetto prima! >
Non potendo più trattenermi, mi catapulto fuori dall'auto.
< Adesso anche i commenti sulle donne al volante? Non le pare di essersi spinto decisamente oltre il limite della decenza? Le ricordo che se lei avesse mantenuto la distanza di sicurezza, non sarebbe accaduto nulla di spiacevole. >
L'uomo che mi ritrovo davanti, in tutta risposta, mi squadra in un modo che, se possibile, ha l'unico effetto di farmi infuriare ancora di più.
< Pronto? Mi sta ascoltando? >
Mentre aspetto una risposta, anche il mio sguardo si sofferma su di lui:
camicia blu, classica, elegante ma non troppo.
Sembra il classico miliardario ricco e viziato.
"Però è affascinante..."
Scuoto la testa, scacciando via un pensiero tanto indiscreto quanto indecoroso.
< Non è mia abitudine ascoltare troppo le donne, a meno che non siano insieme a me in una camera d'albergo; ma non mi sembra questo il caso, non è d'accordo? Oppure è disposta a cambiare location? >
I pensieri coerenti mi si spengono.
< Ma come si permette? Insinuare che io... e lei?! >
< Su su! Non si agiti, era pur sempre una battuta di spirito. >
< Una... battuta di spirito. >
< Si, conosce il genere? Film comici, barzellette, show televisivi... >
Senza darmi nemmeno il tempo di rispondere, continua a parlare.
< Sa? E' illuminante la sua compagnia, ma temo di essere in ritardo. Perciò... uhm, il paraurti è ammaccato, la macchina ha i suoi anni, i pezzi di ricambio costicchiano... diecimila possono andare? >
Lo guardo incredula, mentre tira fuori dalla tasca un libretto degli assegni.
< D-diecimila? > riesco a balbettare.
Lo sconosciuto mi guarda, ammiccando.
< Ho imparato che, di solito, nelle liti tra i due sessi, è sempre la donna a spuntarla. Dunque salto tutta la roba noiosa: moduli da firmare, testimonianze, polizia stradale... Del resto posso permettermelo. >
< Ma... non posso accettare una somma così alta. Dovremmo scambiarci gli estremi, fare una constatazione amichevole, così saranno le assicurazioni a stabilire... >
< Niente da fare... detesto che mi porgano cose. Ma fortunatamente lei no, quindi tenga l'assegno e... tante care cose. Oh e sorrida ogni tanto. >
Posa l'assegno nella mia mano sinistra ed una parte del mio cervello, diversa da quella arrabbiata, sconvolta e razionale, registra il tocco della sua mano, calda e forte.
< Le chiederei il numero, se non fossi altamente sicuro che mi lancerebbe addosso qualcosa. >
Continua, tornando alla sua macchina.
< Ed avrebbe ragione! > gli rispondo, ritrovando la parlantina.
< Beh nel caso dovesse ripensarci, sull'assegno ho scritto il mio. >
Arrossisco violentemente.
L'ultima cosa che lo sento dire, prima che chiuda la portiera, è sicuramente senza senso.
< Sarebbe perfetta Happy... Perfetta. >

Ho un assegno di diecimila dollari in mano.
E sono in estremo ritardo.



Nda:
Buonasera!;)
Ed eccoci anche al secondo capitolo, la prima parte del tanto agognato incontro tra Tony e Pepper <3
Spero che anche questo vi sia piaciuto:D e che vi abbia divertito, personalmente mi sono divertita parecchio a scriverlo lo confesso xD
Mi scuso in anticipo se non pubblicherò a intervalli ben definiti, ma sono fuori casa e senza internet da pc, dunque pubblico appena ne ho l'occasione ;)
Come al solito, ringrazio chiunque sia passato di qui.
Un grazie particolare a chi mi ha già dato la sua opinione <3
Un bacio e alla prossima!
Didi

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Capitolo 3
*** Solo ***


Solo



In un posto molto lontano da New York, Tony si svegliò di soprassalto; la mano destra sul petto, su quello strano cilindro che da qualche tempo lo teneva in vita.
Deglutì a vuoto.
Aveva sognato.
Ma un altro sé stesso era protagonista di quel sogno, un sé che ormai non gli apparteneva più, non da quando era lì sotto, non da quando aveva scoperto come venivano utilizzate le sue armi.
Lo stomaco gli si strinse in una morsa; era stato cieco.
Aveva sempre sostenuto che le armi di suo padre avevano garantito la pace e che avrebbero continuato a garantirla per molto tempo.
Ma che pace è quella che si ottiene con il sangue?
Quante vite erano state troncate per colpa sua?
Scosse la testa, scacciando i pensieri negativi; non sarebbero stati certo quelli ad aiutarlo ad uscire dal quel fottuto fetido buco.
Il prototipo di armatura era a buon punto; ne sarebbero usciti vivi.
Avrebbe potuto tornare a casa e... sistemare le cose.
Tutto ciò che c'era da sistemare.
Tutto quello che era necessario dire.

Ancora steso sulla sua branda, con lo sguardo fisso sul soffitto di roccia, sorrise.
Non era un sogno, era un ricordo.
Chiuse gli occhi e la rivide come se fosse stata esattamente davanti a lui.
Era arrossita come un peperone.
Avrebbe scoperto più tardi che adorava metterla in imbarazzo.
Si chiese dove potesse essere Pepper in quel momento e se ormai lo credesse morto.
Scomparso in Afghanistan, praticamente tre mesi di silenzio...
Sarebbe stato logico perdere le speranze.
E di Pepper non si poteva dire non fosse logica, anche troppo a volte.
Allora per quale motivo continuava ad essere sicuro che qualcuno lo stesse ancora aspettando in America?

< Ha famiglia? >
La voce di Yinsen, disteso poco lontano, non lo sorprese; anche lo scienziato, come lui, era spesso insonne.
< No, non direi... Niente che possa definirsi tale. > rispose a voce bassa.
< Qualcuno che tiene a lei? >
Tony si girò sul fianco destro, in modo da poter vedere il suo interlocutore e compagno di prigionia.
< Lei mi ha visto a quella conferenza, sa che persona sono. Le sembro il tipo da legami affettivi stabili? >
Yinsen sorrise lievemente, come a conoscenza di qualcosa che Tony ignorava.
< Nessuno di noi è mai come appare, signor Stark. E in ogni caso lei non è più l'uomo che ho conosciuto quella sera... >
Tony sussultò; a volte le schegge nel suo petto si facevano ancora sentire.
< Detesto ammettere ogni volta che lei ha ragione, abbassa la mia autostima. >
Yinsen sorrise nel buio.
< Quindi ho ragione, qualcuno c'è. >
Con la mano ancora poggiata sul reattore Arc, Tony sussurrò:
< Immagino di si... >
< Allora accetti un consiglio da me. Non dia per scontata la loro presenza, non lo faccia mai. >
A Tony sembrò che la voce dello scienziato si incrinasse per un momento.
< Ehi Yinsen, animo! Torneremo a casa e riabbraccerà i suoi, glielo prometto. >
< Si, lo farò. Ma lei non dimentichi quello che le ho detto. >
Tony rimase in silenzio.
Come dimenticare?
Aveva già commesso quell'errore in passato.

< Posso farle una domanda indiscreta? >
< Un'altra?! > rispose Tony, esagerando il tono esasperato della propria voce.
< Se proprio deve... >
< Chi era "perfetta"? E per cosa? >
Questa volta Tony non dovette fingersi perplesso.
< L'ha mormorato nel sonno, poco prima di svegliarsi. Ha detto esattamente: "Sarebbe perfetta, Happy... Perfetta". Ora, so che Happy lavora per lei... ma... >
< Lei sa anche troppe cose per i miei gusti, Yinsen. > replicò Tony, quasi divertito.
< E' solo una piccola curiosità di un prigioniero insonne. E poi lei parla in continuazione nel sonno...  Inoltre quando era incosciente a causa delle schegge nel suo petto... >
< Parlavo della mia segretaria. >
Lo interruppe Tony, deciso a non voler sapere cosa potesse aver rivelato in punto di morte.
< Parlavo di Pepp.. si, insomma, della signorina Potts. Abbiamo avuto un incontro piuttosto burrascoso e, beh, me lo stavo sognando prima. >
< Sembra divertente... >
< Oh, per me lo è stato; e anche parecchio, ma temo proprio di non poter dire lo stesso di lei. >

All'improvviso una serie di colpi metallici alla porta li fece sobbalzare entrambi.
Il rumore fu subito seguito da una serie di frasi che per Tony risultarono totalmente incomprensibili.
Si voltò verso Yinsen.
< Che ha detto? >
< Di fare silenzio immediatamente. > gli rispose lo scienziato.
Tony annuì.
< Dorma Yinsen, domani è il gran giorno. Domani ce ne andiamo. >
Lo scienziato annuì, ma Tony sapeva che nessuno dei due avrebbe chiuso occhio.

Il silenzio più assoluto si chiuse su di lui, schiacciandolo impietosamente contro la branda.
Per la seconda volta dopo la morte dei suoi genitori, Tony si sentì tremendamente solo e impotente.
Poi la sua mente tornò a quella lontana giornata ed a quella curiosa donna dai capelli rossi che sapeva infuriarsi con la stessa facilità con cui arrossiva.
Non gli fu difficile ritrovare la calma.
Non lo era mai quando pensava a Pepper.



Nda
Buonasera;)
Eccoci anche al terzo capitolo! E' un breve capitolo di passaggio, lo so... ma spero vi sia piaciuto comunque:)
Mi serviva per presentare la seconda parte del famoso incontro da un punto di vista diverso, quello del nostro Tony<3
E niente, come sempre un ringraziamento a chiunque sia arrivato fin qui, ma soprattutto a chi ha continuato a commentare<3
Un abbraccio e a presto! :**
Didi

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Capitolo 4
*** Ricordi pt2 ***


Ricordi pt2


Pov Tony

< Ha appena dato ad una sconosciuta diecimila dollari per un danno che non ne valeva nemmeno la metà? >
La voce della mia guardia del corpo risuona scandalizzata nello stretto abitacolo della Porsche.
< Santo cielo, non essere così melodrammatico Happy, nemmeno fosse stato un milione! Consideralo come un investimento! Magari stasera, placati i bollenti spiriti, vedrà il mio numero sull'assegno e mi chiamerà... >
Happy ammicca, ma poi scuote la testa.
< Non per deluderla capo, ma non credo sia quel genere di ragazza. >
No, probabilmente ha ragione...
< E a proposito di ragazze, stamattina tutto bene con... ehm.... >
Cavoli dovevo essere veramente ubriaco ieri.
< Christina? > mi viene in aiuto Happy.
< Si ecco... lei. >
< Nella norma direi; dopo qualche urlo isterico ha preso la porta e se n'è andata. Uh, ha anche distrutto un vaso prima di uscire.>
Mi stringo nelle spalle.
< Non mi era mai piaciuto. >
Continuando a parlare svolto in fretta a destra, entrando nel parcheggio del mio fast food preferito.
< Perché siamo qui capo? >
Alzo le sopracciglia:
< Capisco di non averti assunto per le tue doti intellettive, ma diamine! Un po' di intuito! Cosa si fa di solito in un posto del genere? >
< Si mangia, ma... >
< Esatto! 100 punti a Grifondoro. Adesso vai a prendermi un cheeseburger che sto morendo di fame. >
Happy tenta l'ultima linea di difesa.
< Ma siamo in ritardo per i colloqui di lavoro... >
< Di chi è l'azienda, Happy? Mia, esatto. Perciò dovranno aspettare un po'. Niente cetrioli mi raccomando. >

Lo guardo dirigersi verso l'entrata a passo svelto.
Detesto fare colloqui... sono cose estremamente noiose.
Ma poi che bisogno c'era di assumere una segretaria?
Poi ripenso alle pile disordinate di documenti che infestano la scrivania di uno studio che non frequento mai... beh sì, forse servirebbe qualcuno per mettere a posto quel marasma.
Per un attimo risento nelle orecchie la voce profonda di mio padre che mi ripete quanto io sia inadatto ed irresponsabile per ereditare un giorno la sua azienda...
Come se fosse ancora qui davanti a me, come se non fosse morto da anni.
Stringo le mani sul volante.
L'azienda va a gonfie vele, la mia vita lo stesso...
Ho tutto quello che desidero e non c'è più nessuno a considerarmi un incapace.
E allora perché non sono felice?

A Happy che mi porge trionfante il mio panino, chiedo di tornare dentro a prendermi uno scotch.
Non è sempre semplice controllare i propri demoni, spesso sono loro a controllare te.

Due ore dopo arriviamo finalmente alla Stark Tower.
L'atrio è pieno di donne in attesa che compilano moduli, la tensione è palpabile.
Un basso mormorio si diffonde non appena mi faccio largo tra la folla.
Senza nemmeno alzare lo sguardo, entro nel mio ufficio.
< E' in ritardo signore... > mi accoglie Jarvis.
< Ci ero arrivato grazie; quante sono le candidate? >
< Secondo i moduli pervenuti nella mia banca dati, per adesso sono esattamente 84. Tuttavia il dato è in continuo aggiornamento. >
Mi massaggio le tempie, ci mancava solo il mal di testa.
< Non avendo voluto seguire il mio consiglio di cominciare questa mattina, lei ha accumulato un ritardo di circa quattro ore e ventidue minuti. >
< Jarvis? Qual è la prima regola da seguire che ho inserito nella tua programmazione? >
< Il silenzio è d'oro, signore. >
< Perfetto, allora seguila. >
< Sarà fatto, signor Stark. Mi avverta quando vuole che faccia entrare la prima candidata. >

Ho un urgente bisogno di sciacquarmi il viso, dopotutto sarà una lunga giornata e qualche minuto di attesa in più o in meno non farà troppa differenza.
Entro nel bagno vicino al mio ufficio e mi avvicino al primo della lunga fila di lavandini.
L'acqua gelida riesce subito a farmi sentire meglio; dopotutto è un incontro al pubblico, non posso certo farmi vedere giù di forma.
Dopo aver fatto un respiro profondo, preparandomi a rientrare in ufficio, una voce arrabbiata e stranamente familiare mi arriva all'orecchio.
E' una voce di donna e sembra provenire dall'altra parte del divisorio, quella riservata alle signore.
Seguo la conversazione a stralci:

< Ehilà Grace... ma proprio no tesoro. Sono ancora qui! Tre ore e mezza in questo dannatissimo palazzo... >

"Dannatissimo palazzo? La mia torre?!"

 < ...ed ancora non ha cominciato a ricevere! Evidentemente quando hai i soldi l'educazione diventa facoltativa... >

"Facoltativa eh?"

< E io che pensavo di essere in ritardo... Come? No, no. Mi è successa una cosa stranissima questa mattina, dopo ti racconto tutto quanto... A dopo... Ciao. >

La donna riattacca e nel mio cervello scatta l'associazione.
Non ci posso credere.
Non può essere lei.
Mettendo da parte ogni tipo di ingiuria venuta a galla nel mio cervello, senza nemmeno averci riflettuto, mi ritrovo a pancia a terra per spiare da sotto la parete.
Quello che vedo non mi conforta: scarpe col tacco, gambe da schianto e stretta gonna grigia.

Il muro non mi permette di vedere altro.
Ma è lei... è la donna di stamattina.
< Cazzo... > bisbiglio senza riuscire a trattenermi.
< Prego? > la voce della donna mi pietrifica, non mi ero accorto di aver parlato ad alta voce.
Rimango immobile dove sono, sperando di non dover rinunciare a tutta la mia reputazione con un solo singolo sguardo.

< C'è qualcuno? > ripete la voce, questa volta con una sfumatura preoccupata.
Proprio quando sto per alzarmi, la porte di entrambi i bagni si aprono.
< Signorina Potts... ci siamo quasi, venga di là. > sento attraverso la parete.
Qualche secondo dopo, vedo le seriose scarpe col tacco lasciare il bagno a piccoli passi nervosi...
< Cammina già come una segretaria... > mormoro, prima di accorgermi che Happy è appoggiato allo stipite e mi sta guardando.
< Non una parola. > gli dico rialzandomi e riaggiustando la cravatta seriamente sgualcita.
< Pensavo che queste cose le facessero gli adolescenti... > bisbiglia la mia ironica guardia del corpo, soffocando le risa.
< Posso ancora licenziarti. > Aggiungo ridendo a mia volta e spingendolo alla porta.
Prima di uscire dal mio ufficio, si volta ancora verso di me che sto cercando di ritrovare il contegno perduto.
< Me lo dirà prima o poi? >
< Cosa? >
< Quello che stava facendo lì sdraiato. >
< Sei fastidiosooo! > gli urlo dietro, mimando di tirargli addosso il portatile.
Finalmente se ne va e la porta si richiude.
A volte non so come farei senza questo genere di fastidi.

< Jarvis? >
< Si, signor Stark? >
Mi schiarisco la voce.
< Fai entrare la prima... Si va in scena. >
< Subito signore. >
< E coglile ogni tanto le mie citazioni cinematografiche, ti ho fornito una banca dati aggiornata! > aggiungo sorridendo.
< Certo, signore. La prima candidata è la signorina Miller, di Chicago. 27 anni, appena laureata in... >
Smetto di ascoltare la voce di Jarvis quasi subito... è solo un nome che sto aspettando, uno soltanto.
Potts.


Le ore passano lentamente; le candidate, viceversa, entrano ed escono come api da un alveare.
Dopo l'ennesima donna che tenta di saltarmi addosso con la scusa di volere un tatuaggio indelebile chissà dove, mi alzo e mi dirigo alla porta.
< Happy? >
< Sì, capo? >
< Potresti fare il tuo lavoro per una volta ed allontanare quelle che sono venute solo per parlare con me in privato? >
< Ma la cosa non le è mai dispiaciuta capo... > replica Happy.
< Beh ora mi dispiace, quindi fa' qualcosa! >
Richiudo la porta con forza e nascondo il viso tra le mani.
Possibile che una precisa come lei non si sia prenotata almeno tra le prime venti?
< Jarvis... come si chiama la prossima piaga? >
< Virginia Potts, signore. >

Mi volto verso la porta, improvvisamente nervoso.
< Bene, manda via tutte le altre. >
< Posso suggerirle di... >
< Non sono mai stato così sicuro. Mandale via. L'ho trovata. >
< Come desidera. >

Mi siedo dietro alla scrivania, cercando di ignorare lo strano nervosismo che mi pervade la bocca dello stomaco.
E tutto questo per una segretaria?
Non ha senso.
La porta si apre e la vedo entrare; passo deciso, senza nemmeno un'ombra di titubanza.
Tutto cambia quando solleva lo sguardo ed i nostri occhi si incontrano.

< LEI? >
< Io. Sorpresa? >
La donna pare riacquistare il controllo.
< Io... beh, immagino di sì. Non avevo idea che... insomma... Se avessi saputo non sarei mai... >
< Che ne dice di cominciare con un "buongiorno" e sedersi qui davanti a me? >
Virginia Potts segue il mio consiglio, sedendosi e lisciandosi la gonna grigia.
Per la prima volta posso osservarla da vicino.
Prima non avevo notato quanto fossero rossi i suoi capelli.
< Signor Stark? Mi sta fissando per caso? >
Mi riscuoto e le guardo gli occhi, cosa che si rivela ancora più pericolosa.
Se possibile, sono una visione ancora migliore dei capelli, per non parlare del resto del corpo...
< Mi sta fissando in Quel modo? > dice, alzandosi precipitosamente.
< Senta, se lei crede che io sia una di quelle donne che... Oh, non dovrei nemmeno alludere a cose del genere ad un colloquio di lavoro... Ma in fondo mi ha offerto un assegno, con il suo numero sopra! Cosa dovrei pensare? >
Scoppio a ridere, rischiando di farla infuriare ancora di più.
< L'assegno era per la sua macchina... signorina Potts. E il numero... beh, non si può negare che sia una bella donna, e non potevo certo sapere che sarebbe diventata la mia segretaria! >
Lei, ancora in piedi e visibilmente rossa in volto, rimane per un attimo interdetta.
< Ha appena detto segretaria? >
< Certo. L'ho detto. Non era forse venuta per questo? >
< Ma ci sono tantissime ragazze lì fuori che aspettano... >
< Jarvis! -chiedo a voce più alta- Quante candidate sono rimaste? >
< Solo la signorina Potts, signore. >
La guardo di nuovo: < Vede? >
Lei sta guardando la scrivania, dopo qualche attimo dice a voce bassa:
< Le ha mandate via lei. >
< E se anche fosse? > replico, non riuscendo a capire dove vuole arrivare.
La donna sembra per un momento valutare il da farsi e poi si decide:
< Lei è la persona più viziata che io abbia mai incontrato nella mia vita. Quelle ragazze ci speravano in questo posto, una per una. E lei non sa fare altro che mandarle via perché pensa di avere già deciso? >
< Io non lo penso, lo so! > ribatto, non senza stizza.
La cosa non sta andando come l'avevo prevista; la signorina Potts della mia immaginazione mi era già saltata al collo ringraziandomi di averla assunta...
Cos'è che mi sfugge?
Riprendendo inconsapevolmente i miei pensieri, la donna continua a parlare.
< Le sfugge una cosa in particolare, non tutti sono al suo servizio. Ed io non ho il minimo desiderio di sottostare al puro egoismo di una singola persona. Stia bene ed arrivederci. >
Rimango a bocca aperta, non sapendo cosa dire.
L'unica cosa che mi esce è un patetico "ma".
Nemmeno nelle mie relazioni più lunghe sono stato scaricato così...
< Ah. Un'ultima cosa, signor Stark. Modifichi questo assegno ad una cifra accettabile a noi mortali, mille dollari andranno bene. >
Annuisco e modifico l'assegno, scrivendo la ridicola cifra che mi ha chiesto.
Poi la mia bocca comincia a sfornare sciocchezze, come è solita fare quando sono a disagio... Però chissà, a volte funziona.
< Lo sa che è veramente un peperino quando ci si mette? Pepper... sì, le starebbe bene come nome. Certo molto meglio di Virginia... è troppo serioso, non le si addice. Pepper Potts. Suona bene, no? >
Sorrido; adesso sono stato io a lasciarla senza parole.
Approfittando del momento di silenzio, continuo a parlare.
< Il posto è suo, la aspetto domani mattina alle 8 in punto qui alla Stark Tower. Il lavoro è tanto e il mio impegno poco, ma con lei sarà tutta un'altra cosa. Adesso vada, sono impegnato. >
La accompagno gentilmente alla porta.
< Non crederà di avermi convinta? > riesce finalmente a dire Pepper.
Sospiro, ostentando abbattimento.
< D'accordo, diciamo le cose come stanno, facciamo i seri. Lei è la persona di cui ho bisogno, ho letto le sue referenze; è seria, grintosa, competente ed anche l'unica che abbia insultato la mia torre, notato la mia mancanza di educazione e tacciato di egoismo in un solo singolo giorno... >
La vedo sbiancare e trattengo una risata.
< Lei può risollevare questa azienda; mi creda Pepper, ho fiuto per queste cose. >
Lei mi squadra a fondo e, non so perché, la sensazione che sia tentata di accettare mi attraversa.
< E' la persona più strana che abbia mai conosciuto, signor Stark... >
< Mi hanno detto di peggio. Mi chiami Tony, Pepper. Il Signor Stark era mio padre. >
< D'accordo, Tony. Ma... una cosa... >
< Sono tutto orecchie. >
< Non mi chiami Pepper... io odio i soprannomi . >
Sorrido.
< Desolato, io li adoro. >



Nda
Buonasera! Ed eccoci arrivati al fatidico incontro! ù.ù
Come sempre spero vi sia piaciuto;) Fatemi sapereee :*
Un bacio ed un ringraziamento a tutte <3
A presto;)

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