Remember remember all we fight for

di odamei
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Hey soul sister (I don't wanna miss a single thing you do tonight) ***
Capitolo 2: *** Oh dry your eye (soulmates never die) ***
Capitolo 3: *** We were lovers in the past life (I can see it in your green eyes) ***



Capitolo 1
*** Hey soul sister (I don't wanna miss a single thing you do tonight) ***


Capitolo 1
hey soul sister (i don't wanna miss a single thing you do tonight)
 
Pubblicazione originale su Archive of Our Own  http://archiveofourown.org/works/6190480.
 
Il sorriso di Alicia si allargò. Tese la mano alla ragazza.
“Mi chiamo Alicia Clark, sconosciuta. Qual è il tuo nome?”
La ragazza sorrise, amando nascostamente il modo in cui Alicia aveva pronunciato la k del suo cognome.
Si allungò per prendere il braccio di Alicia, afferrandolo per alzarsi in piedi.
“Elyza. Elyza Lex.”
  
In un altro universo, Lexa è viva e l’anima di Clarke l’ha seguita.



 
C’è una teoria: un déja vu elicita semplicemente dei frammenti di memorie che abbiamo immagazzinato nel nostro cervello, memorie che possono essere elicitate quando si viene trasferiti in un ambiente somigliante a qualcosa di cui abbiamo già avuto esperienza.
 
Alicia ricordava chiaramente che, quando il suo insegnante di filosofia, seguendo un flusso di pensieri piuttosto ambiguo, era passato dall’effettivo argomento della lezione al tentativo di spiegare il déjà vu, aveva quasi riso alla prospettiva di universi paralleli.
 
Ricordava quanto si era annoiata e come all’epoca le era sembrata stupida quella spiegazione. I déjà vu erano solo piccoli errori del cervello umano.
 
Niente di più.
 
La sola idea dell’esistenza di un universo alternativo era semplicemente impossibile.
 
Ma i morti viventi avevano iniziato a popolare la Terra, e quando la sua vita aveva iniziato a cambiare di nuovo, Alicia aveva deciso che forse
forse
la sua definizione di impossibile doveva essere rivista.
 
Quando sentì un dito punzecchiarle il fianco, proprio tra le costole, si lamentò.
 
“Nick, fottiti.”
 
Suo fratello non colse l’antifona e continuò ad infastidirla con insistenza. Alicia tentò di riprendere a dormire. Stava facendo un sogno molto strano e molto interessante riguardante boschi e città e spade e lotte e torri e occhi blu.
 
Non era la prima volta che faceva sogni del genere. Per una mente come la sua, non era così insolito avere sogni che riflettevano cose insensate.
Ma c’era qualcosa di strano in quel sogno. Qualcosa che lei avvertiva come terribilmente inquietante.
 
Nick la punzecchiò di nuovo.
 
“Nick, andiamo…” sentì dire a Chris, dall’altra parte della piccola stanza.
 
Alicia brontolò ma non si mosse. Stava cercando di ricordare di più del sogno, stava cercando di focalizzarsi sui dettagli. Ma più provava, più il sogno sembrava andare alla deriva nella sua memoria.
 
Quando il dito di suo fratello le si insinuò tra le costole per la quarta volta, reagì quasi istintivamente.
 
Un momento dopo, Nick stava rotolando sul pavimento di legno della loro cabina, stringendosi il naso e urlando per il dolore.
 
“Dio, Ali. Ho sempre pensato che nella tua vita passata tu fossi una fottuta ninja.”
 
Alicia aggrottò la fronte, ma non rispose.
 
Chris rise rivolto a Nick, che era ancora sul pavimento con la faccia fra le mani, ma non fece alcuna mossa per aiutare il suo amico.
 
Alicia lo guardò. Poteva avvertire il dolore dietro ogni risata forzata, ogni sorriso, ogni parola.
 
Sua madre era morta. Andata. Per sempre.
 
Anche se litigavano costantemente, Alicia non sapeva cosa avrebbe fatto se sua madre fosse scomparsa dalla sua vita come Liza aveva fatto con Chris.
 
Ignorando lo stupido fratello, che sembrava abbastanza felice nonostante l’incubo che stavano vivendo, Alicia si alzò dal lettino e uscì dalla cabina.
 
Fuori, il sole splendeva .
 
Sua madre e Travis stavano parlando, ma quando lei mise piede in coperta si interruppero e alzarono lo sguardo.
 
“Cosa c’è?” chiese, sapendo dall’espressione sul viso di sua madre che qualcosa non andava.
 
Madison sospirò. Non sarebbe stata in grado di nascondere a sua figlia la notizia. In ogni caso lo avrebbe scoperto presto.
 
“Abbiamo quasi finito le provviste.” spiegò. “Dobbiamo fermarci in qualche posto e andare alla ricerca di cibo.”
 
Alicia non era sorpresa. In qualche modo se l‘era aspettato. Le provviste non erano destinate a durare per sempre, quando si era un gruppo di persone che vive su una barca in mezzo all’oceano. Scrollò le spalle, prendendo l’iPod dalla tasca del suo giubbino.
 
“Okay.”
 
 
Dopo colazione, Alicia piantò una scenata in pieno stile adolescenziale. Era stufa di essere relegata su quella maledetta barca. Le mancava sentire il terreno sotto i piedi. Aveva sempre odiato viaggiare per quel motivo. Odiava gli aerei – troppo distanti da terra – e allo stesso modo odiava le imbarcazioni.
 
Per Madison non fu una sorpresa vedere sua figlia reagire in quel modo, quando provarono a farla rimanere sulla barca.
 
Alla fine, Alicia ebbe la meglio nella discussione.
 
Vinceva sempre le sue discussioni.
 
Era quasi come se non si potesse dirle di no, come se in realtà fosse lei a comandare.
 
Madison odiava questa cosa di sua figlia. Odiava vedere che la sua bambina non aveva più bisogno della sua protezione.
 
*
 
Nel momento in cui Alicia mise piede fuori dalla barca, sospirò. Era bello tornare sulla terra.
 
Travis andò con lei verso il centro città, mentre Nick e Chris rimasero sulla riva, a controllare la barca.
 
Non potevano certo permettere che qualche zombie si appropriasse dell’unico modo per tornare allo yacht.
 
Travis tentò di iniziare una conversazione, ma Alicia si limitò a guardarlo, prima di indossare le cuffiette.
 
Dopo circa dieci minuti di cieco vagare, trovarono un Walmart.
 
Travis le infilò fra le mani una pistola, ed Alicia fece del suo meglio per nascondere un brivido. Non voleva una pistola. Le pistole rappresentavano tutto ciò contro cui lei aveva combattuto negli ultimi due anni della sua vita.
 
Quando Travis le disse di restare dov’era, annuì e spense l’iPod. Doveva essere in grado di sentire qualsiasi rumore sospetto.
 
Travis si avventurò all’interno del Walmart deserto mentre la ragazza prendeva posto, seduta sul marciapiede. Appoggiò con attenzione la pistola accanto a lei, fissando intensamente l’arma.
 
Fu allora che le sembrò di
 
percepirlo
 
udirlo.
 
La sua testa scattò all‘insù. Si voltò, controllando l’interno del Walmart, dove vide Travis che raccoglieva delle scatolette di cibo e altre provviste. Sembrava che l’uomo non avesse sentito l’urlo.
 
Alicia sospirò e si alzò lentamente in piedi.
 
E lo sentì di nuovo.
 
Prima che potesse fermarsi, a pensare a ciò che stava facendo, aveva preso a correre. Correre verso la voce.
L’unico rumore che sentiva era quello delle sue converse sulla strada, insieme al suo respiro accelerato. Girò l’angolo e sentì la voce per la terza volta.
 
Era più chiara questa volta. Poteva anche capire le parole.
 
“Fanculo. Alla. Mia vita.”
 
Alicia avrebbe sghignazzato, se non fosse stato per il panico evidente nella voce dello sconosciuto.
 
Corse verso la porta aperta di una piccola casa a due piani, volando letteralmente lungo il vialetto.
 
Sapeva che quella era una decisione idiota, ma non riuscì a trattenersi. Qualcuno era in pericolo e che lei fosse dannata se non avesse almeno provato a salvarlo.
 
Entrata nella casa, sentì un rumore di lotta provenire dalla cucina. Corse in quella direzione e quando entrò, l’unica cosa che vide fu un uomo con la faccia completamente ricoperta di sangue fresco che stava strisciando sul pavimento, verso un angolo della cucina che Alicia non poteva vedere a causa di un enorme tavolo di legno capovolto su un fianco proprio nel mezzo della stanza.
 
La sua mano cercò la pistola ma trovò la tasca vuota. L’aveva lasciata sul marciapiede.
 
Maledicendosi per la sua stupidità, la ragazza si guardò attorno e quasi si catapultò sul porta-coltelli. Afferrò il più grande e si voltò.
 
Dalla sua posizione, adesso poteva vedere la persona che aveva urlato. Era una ragazza.
 
Una bella ragazza bionda con una gamba incastrata sotto al tavolo gigantesco.
 
Alicia vide un fucile non molto lontano dalla bionda. Realizzò che era un po’ troppo lontano.
 
L’uomo – il morto - grugnì, stringendo la mano attorno alla caviglia della ragazza.
 
Alicia reagì.
 
Prima che potesse rendersi conto di quello che stava facendo, il coltello che stava impugnando volò attraverso la cucina, fermandosi nella testa dell’enorme uomo.
 
Tutto d’un tratto, la cucina divenne silenziosa.
 
Lo zombie cadde sul pavimento di marmo, con del sangue mischiato a pezzi di quella che – Alicia realizzò con orrore – sembrava essere materia cerebrale che colava dalla ferita.
 
Aveva appena ucciso un uomo.
 
Non aveva importanza che fosse già tecnicamente morto. Lei aveva appena messo fine alla sua vita. Alicia si sentì male.
 
“Ci è mancato poco.” Disse la bionda ansimando.
 
Alicia rilasciò il respiro che non si era accorta di stare trattenendo.
 
“Stai bene?” chiese, avvicinandosi alla bionda, che si stava ancora tenendo la gamba incastrata.
 
La ragazza brontolò.
 
“Il mio fottuto piede è fottutamente incastrato sotto questo fottuto tavolo enorme. Ti sembra che io stia bene?”
 
Alicia era colpita. La sconosciuta era quasi riuscita a mettere nella frase più “fottuto” che altre parole.
 
“Sai, quando qualcuno ti salva la vita di solito si dice grazie.”
 
La ragazza rimase impassibile e lei alzò lo sguardo. Due occhi, blu come il cielo, incontrarono i suoi.
 
La sconosciuta sorrise in modo ambiguo.
 
“Scusa. Hai ragione. Grazie, Ragazza del Cielo, adesso puoi aiutarmi a levarmi di dosso questo fottuto tavolo prima che arrivi un altro gorilla-zombie come questo per mangiarci il cervello?”
 
Alicia quasi sghignazzò.
 
La ragazza era chiaramente particolare.
 
La bruna guardò il tavolo, posizionandosi proprio a metà di esso e iniziando a spingerlo.
 
“Ragazza del Cielo?” riuscì a chiedere tra i brontolii.
 
“La tua maglietta” rispose la bionda, con un forte lamento mentre provava a tirare fuori il piede da sotto al tavolo.
 
Alicia si allontanò, e il mobile in legno ricadde indietro nel punto in cui era collocato. Con uno sguardo distratto appurò che la propria tshirt fosse quella con la spiaggia di Santa Monica e il cielo azzurro sullo sfondo. Adorava quella maglietta.
 
Si inginocchiò per controllare la ragazza.
 
“Ti ha graffiata? Ti ha morsa?” chiese, preoccupata.
 
Molto più preoccupata di quanto sarebbe dovuta essere
 
La bionda scosse la testa.
 
“Sto bene. Mi serve solamente del ghiaccio per la caviglia. Ero qui solo per fare una doccia.”
 
Alicia alzò lo sguardo verso di lei e sorrise brevemente, accorgendosi per la prima volta come i capelli della bionda fossero bagnati.
 
“Siamo nel pieno di un’apocalisse e ti sei fermata a fare una doccia?”
 
La ragazza sorrise.
 
“Avevo con me la pistola.”
 
Il sorriso di Alicia si allargò. Tese la mano alla ragazza.
 
“Mi chiamo Alicia Clark, sconosciuta. Qual è il tuo nome?”
 
La ragazza sorrise, amando segretamente il modo in cui Alicia aveva pronunciato la k del suo cognome.
 
Si allungò per raggiungere il braccio di Alicia, afferrandolo per alzarsi in piedi.
 
“Elyza. Elyza Lex.”
 
*
 
Mentre Elyza raccoglieva la sua roba e metteva ogni cosa dentro ad uno zaino blu, Alicia la guardò attentamente. Non poteva evitarselo.
 
Cercò di convincersi che la stava fissando a causa di quella strana specie di pittura di guerra che Elyza si era messa quando si era scusata ed era andata in bagno,
 
che, Alicia dovette ammettere, era incredibilmente interessante
ma chiaramente non era per quello.
 
Era più un’impressione. Era una sensazione.
 
E Dio solo sapeva quanto Alicia non si fidasse dei suoi sentimenti. Era più il tipo di ragazza “testa davanti al cuore”. Anche con Matt, era stato tutto pianificato ed esaminato. Ci teneva al ragazzo, ci teneva davvero. Aveva tenuto a lui. Pensava di essere innamorata. Ma ora, dopo tutto quello che era successo, non ne era più molto sicura.
 
E questa ragazza… Elyza...
 
Era veramente qualcosa di particolare.
 
I suoi capelli biondi erano intrecciati dietro alla testa in un design incredibilmente bello che Alicia non aveva mai visto prima. Il suo volto, nonostante la pittura nera da guerra che circondava i suoi occhi, aveva dei tratti delicati e un sorriso dolce e caldo.
 
Sembrava non essere adatta a quel mondo di caos e morte.
 
Era più un’opera d’arte
 
Alicia non voleva abbassare le difese, ma trovava incredibilmente facile fidarsi di questa ragazza.
 
A questo contribuiva il fatto che con i leggings da motociclista e la giacca blu di cuoio a strisce, sembrava veramente tosta.
 
Quando si accorse che Elyza la stava fissando a sua volta, Alicia si morse le unghie, distogliendo lo sguardo.
 
“Faremmo meglio ad andare. In questo momento il mio patrigno sarà preoccupato da morire.”
 
Elyza annuì ed indicò la porta.
 
*
 
Nel momento in cui raggiunsero il Walmart, Alicia seppe che quella sarebbe stata una lunga giornata.
 
La pistola che aveva lasciato in precedenza sul marciapiede era sparita, e quando le ragazze entrarono nel supermercato, Travis non si vedeva da nessuna parte.
 
Alicia si chiese per quanto tempo fosse stata via.
 
Travis doveva aver pensato che fosse successo il peggio.
 
Si maledì per non avergli detto dove stava andando.
 
Tuttavia, guardando Elyza, che stava perlustrando lo scaffale dei dolci pochi passi davanti a lei, si pentì un po’ meno della sua decisione.
 
Aveva dovuto salvarla.
 
Alicia non poteva pensare a quello che sarebbe accaduto se non fosse entrata in quella casa.
 
Improvvisamente, il pensiero di perdere Elyza diventò insopportabilmente doloroso.
 
“Se n’è andato.”
 
La voce di Elyza era più vicina di quanto si aspettasse. Quando alzò lo sguardo, due occhi blu la fissarono con uno sguardo di scuse.
 
Alicia annuì e serrò le dita sul coltello da cucina che aveva portato con sé.
 
Elyza aveva sorriso a quella decisione.
 
Aveva sorriso con qualcosa, nello sguardo, che era sembrato quasi nostalgia.
 
Lei preferiva le pistole.
 
*
 
“Non ho la più fottuta idea di dove siamo.”
 
Alicia non rispose e continuò a camminare. Anche lei non ne aveva idea, ma era certa che muoversi fosse più sicuro che rimanere nello stesso punto.
 
“Forse dovremmo cercare una mappa da qualche parte.”
 
Sì, probabilmente avrebbero dovuto.
 
“Fa cosìììì caldo qui. Odio la California.”
 
Alicia strinse le labbra e cercò di non sorridere. Per essere una ragazza che sembrava uscita da uno show televisivo post-apocalittico, Elyza aveva un comportamento quasi principesco.
 
“Uh, devo fare pipì.”
 
Alicia si fermò.
 
Voltandosi, alzò un sopracciglio. Elyza le stava sorridendo.
 
“Parli sempre così tanto?”
 
“Escludi sempre tutti?”
 
Alicia sbuffò. Incrociò le braccia, e il suo viso non tradì nessuna delle sue emozioni.
 
“Non comportarti come se mi conoscessi, Lex.”
 
“Allora dammi la possibilità di conoscerti, Clark.”
 
Le due si fissarono per un lungo momento.
 
I loro sguardi non erano più carichi di sfida. Erano pieni di confusione.
 
Elyza si schiarì la gola.
 
“Okay, uh… Non usare il mio cognome. In quel modo. Mai più.”
 
Alicia annuì, con troppo ardore.
 
“Lo stesso vale per te. Mi sembra solo…”
 
Strano.
 
Familiare.
 
Giusto.
 
“Sbagliato.”
 
Elyza annuì il suo assenso, ma i suoi occhi non abbandonarono il volto di Alicia.
 
Rimasero ferme, in mezzo alla strada, semplicemente guardandosi per quelli che sembrarono secoli.
 
Vite intere.
 
“Sono felice che tu sia venuta.” Mormorò Elyza dopo un momento. “Ad aiutarmi.”
 
Alicia si limitò a fare un piccolo, minuscolo sorriso.
 
“Anch’io.”
 
*
 
“Abbiamo camminato per ore, Alicia. Dobbiamo fermarci. Dobbiamo mangiare. Dobbiamo riposare.”
 
Alicia sospirò, premendo i palmi delle mani sugli occhi.
 
“Mia madre sarà preoccupata a morte.” Rispose.
 
Elyza si mise al suo fianco, le sue dita tamburellavano sul fucile.
 
“Lo so, mi dispiace. Ma ci siamo chiaramente perse in questa città abbandonata e dimenticata da dio e non sei d’aiuto se svieni mentre stai scappando da un vagante.”
 
Alicia le lanciò un’occhiataccia.
 
“Non svenirò. Io non svengo. Mai.”
 
Elyza sogghignò.
 
Un sogghigno che sembrava sempre più familiare ad Alicia.
 
“Certo. Sai, conosco le ragazze come te.” La prese in giro.
 
Alicia quasi sbuffò.
 
“Le ragazze come me?”
 
Elyza annuì, punzecchiandole il fianco con un dito.
 
“Vuoi che tutti pensino che tu sei al di sopra di tutto, ma posso vedere dentro di te, Lexa.”
 
Il cervello di Alicia si spense.
 
Avrebbe davvero voluto rispondere, ma sentiva che c’era qualcosa di sbagliato.
 
Giusto, le sembrò giusto.
 
Di così tanto sbagliato.
 
“Cos’hai detto?”
 
Elyza strinse gli occhi. Sembrava come se qualcuno le avesse appena colpito la testa con una mazza da baseball.
 
“Cos’ho detto?”
 
“Come mi hai chiamata?”
 
Elyza si leccò le labbra.
 
“Non lo so.”
 
Alicia provò a fare un passo indietro. Si ordinò di farlo. Inviò il pensiero al cervello ed il cervello reagì, inviando il comando alle sue gambe.
 
E le sue gambe la fecero andare avanti.
 
“Da dove è uscito?” chiese, confusa.
 
Elyza strinse il fucile. Sembrava perduta.
 
“Non lo so.”
 
Alicia deglutì. In quella ragazza sembrava tutto sbagliato.
 
Tutto così giusto.
*
 
“Quindi, andando dritti al punto. Stai vivendo su una barca con il tuo patrigno, tuo fratello tossicodipendente, il tuo fratellastro e tua madre? Che festa.”
 
Alicia masticò la sua barretta ai cereali, deglutendo.
 
“Non dimenticare l’uomo che abbiamo incontrato mentre stavamo scappando e che ci ha offerto di restare con lui sul suo yacht.”
 
Elyza rise e divise la sua Pop Tart in due parti.
 
“Giusto. Per niente inquietante.”
 
Fu il turno di Alicia ridere, anche se la sua risata fu un po’ più composta di quella di Elyza.
 
“E dove sono i tuoi genitori?” chiese, pentendosi della domanda un attimo dopo.
 
Il sorriso di Elyza svanì.
 
“Morti.”
 
Alicia dovette trattenersi dal poggiare una mano su quella della ragazza.
 
“Mi dispiace.”
 
Elyza scrollò le spalle.
 
“Non fa niente. Comunque è successo prima dell’apocalisse. Li ricordo a malapena.”
 
Alicia si leccò le labbra, raccogliendo briciole della barretta ai cereali.
 
“Mio padre è morto quando avevo undici anni. Mi manca da impazzire.”
 
La confessione le venne fuori senza che ci avesse pensato. Semplicemente le sembrò giusto condividerla.
 
In qualche modo, sapeva che Elyza avrebbe capito.
 
E lo fece.
 
La ragazza sospirò, ed Elyza bevve un sorso dalla sua bottiglia d’acqua, prima di passarla alla sua compagna.
 
Amica.
 
“Non pensiamoci. Come qualcuno mi ha detto una volta, i morti se ne sono andati. E i vivi sono affamati.”
 
Alicia quasi si strozzò con l‘acqua.
 
Volle far finta che fosse per la crudeltà di quell’affermazione, ma quella frase aveva provocato qualcosa in lei. Qualcosa che non riusciva a riconoscere.
 
Qualcosa che era iniziato nel momento in cui era entrata in quella cucina per salvare la vita di Elyza, ed aveva continuato ad accadere nel corso della giornata.
 
Stava succedendo sempre più spesso, ormai.
 
“Chi te l’ha detto?” riuscì a chiederle.
 
Elyza, la cui espressione rispecchiava la sua, scosse la testa.
 
“Non ricordo.”
 
Alicia si alzò in piedi.
 
Elyza la seguì, più lentamente.
 
“Questo è…”
 
Alicia si interruppe. Come poteva finire la sua frase? Come poteva spiegare cosa aveva sentito dal momento in cui aveva posato gli occhi sulla bionda?
 
Alicia potè vedere Elyza deglutire. Sapeva che sentiva la stessa cosa.
 
“Lo so. E’ solo…”
 
Giusto. Giusto. Giusto.
 
“E’ così fottutamente spaventoso.”
 
Nell’attimo in cui quelle parole le uscirono di bocca, Alicia se ne pentì. Non voleva che l’altra ragazza
 
capisse
 
pensasse che lei aveva paura.
 
Odiava essere debole di fronte alle altre persone.
 
Odiava essere debole.
 
Si voltò e iniziò ad allontanarsi.
 
"Aspetta!"
 
Alicia non aveva intenzione di fermarsi.
 
Conosceva la ragazza da nemmeno un giorno ed era già riuscita a spaventarla a morte. Elyza si mosse rapidamente in avanti per cercare di fermarla, ma riuscì solamente a sfiorarle la schiena con le dita.
 
Un colpo
 
Fu come se un’improvvisa scintilla di elettricità, come se una piccola scarica di energia avesse attraversato tutto il corpo di Alicia e l’avesse fermata, pietrificandola. A giudicare dal respiro affannoso che Alicia poteva sentire dietro di sé, doveva averlo provato anche Elyza.
 
Lentamente, si voltò. Elyza stava guardando le sue dita, cercando una spiegazione a quello che era appena accaduto.
 
"Che cazzo." Mormorò la bionda.
 
"L’hai sentito."
 
Non era una domanda. Elyza la fissò come se avesse avuto due teste.
 
"Beh, sì. Sarebbe stato praticamente impossibile non sentirlo." rispose, più duramente di quanto intendesse fare.
 
Alicia strinse i pugni.
 
Stava succedendo tutto troppo in fretta. Non riusciva a spiegare cosa aveva appena provato. Era assurdo, sembrava più un déja-vu.
 
I déjà-vu non esistevano.
 
Dall’espressione sul volto di Elyza, Alicia comprese di non essere l’unica ad essere confusa.
 
Davvero non capiva.
 
E davvero non aveva tempo per farlo.
 
"Muoviamoci." disse, voltandosi e continuando a camminare verso l’edificio in cui avevano rubato il cibo, che sperava fosse vuoto. "E’ quasi il tramonto. Dobbiamo metterci al riparo."
 
Elyza la seguì, borbottando: "Signorsì, Comandante, signore."
 
Alicia inciampò sui suoi piedi.
 
Fu quasi come se il tempo stesso si fosse fermato.
 
E poi avesse ripreso a scorrere, più velocemente di prima.
 
Alicia si riprese giusto in tempo per sentire la ragazza alle sue spalle sussurrare a sé stessa.
 
"Che cazzo era quello, Elyza. Comandante?!"
 
Alicia non riuscì a trattenersi. Sorrise.
 
Era impossibile- veramente impossibile, stavolta – pretendere che non fosse giusto.
 
*
 
Fu Elyza a trovare una soluzione per la notte. Trovò un bel quartiere senza zombie in vista e lasciò che fosse Alicia a scegliere la casa in cui stare.
 
Alicia era sconcertata dalla quantità di armi che la ragazza sembrava portare con sé. Non se n’era accorta prima, ma sotto al suo giubbotto di cuoio, Elyza portava un paio di pistole e qualcosa che assomigliava tremendamente ad una granata.
 
“Vai sempre in giro con una granata nel giubbotto?” le aveva chiesto, incapace di trattenersi.
 
Elyza aveva sorriso.
 
“Devo ricordarti che hai un coltello da cucina nel tuo?”
 
Alicia si era costretta a non mostrare la lingua all’altra ragazza, ma Elyza aveva comunque ricevuto il messaggio.
 
“Questo coltello da cucina ti ha salvato la vita.” aveva risposto Alicia, divertita.
 
Elyza aveva riso e fatto sorridere Alicia al suono della sua risata.
 
*
 
Elyza le insegnò come scassinare la serratura della casa che avevano scelto, utilizzando una forcina per capelli ed un ago.
 
Alicia ci provò, lo fece veramente, ma riuscì ad aprirlo solo dopo venti minuti di inutili tentativi andati a vuoto.
 
Elyza rise di cuore per tutto il tempo.
 
Ad Alicia piacque.
 
*
 
Sedute di fronte alla tv, con una dozzina di candele accese sul tavolino davanti a loro, Alicia ed Elyza parlarono per ore.
 
Parlarono della loro famiglia, di come avevano scoperto l’apocalisse zombie.
 
Alicia le raccontò di Matt, ed Elyza annuì semplicemente con la tristezza negli occhi.
 
La sentivano, in continuazione. Sentivano quella connessione tra loro e sulla quale avevano scambiato solo un paio di pensieri al riguardo, sebbene entrambe potessero vedere la confusione negli occhi dell’altra.
 
La serata scivolò lentamente e divenne una notte tranquilla.
 
Alicia confessò che lo zombie che aveva ucciso quella mattina presto era il suo primo, ed Elyza ammise di averne uccisi dozzine e di provare ancora lo stesso disgusto e odio nei confronti di sé stessa, come aveva provato la prima volta che aveva premuto il grilletto.
 
Ad un certo punto, durante la notte, le loro mani si incontrarono tra le candele e non si lasciarono mai andare.
 
Sembrava tutto strano.
 
Bello.
 
Familiare.
 
Giusto.
 
Decisero che andava bene così.
 
*
 
Alicia si svegliò di soprassalto, la mano stretta sull’addome, confusa e in preda al dolore.
 
La sua pelle bruciava.
 
Non le avevano mai sparato, ma era piuttosto sicura che la sensazione dovesse essere la stessa.
 
Respirando affannosamente, sussultò per lo spavento quando una mano fredda si appoggiò sulla sua spalla.
 
“E’ tutto a posto.” Sussurrò Elyza, esaminando il suo viso con preoccupazione. “Stai bene.”
 
Alicia le prese le mani tenendole fra le sue come se ne andasse della sua stessa vita.
 
“Sto bene.”
 
Elyza sorrise, in modo rassicurante.
 
“Sì. Stai bene. E’ stato solo un incubo.”
 
Alicia annuì, ma non poteva essere stato solo un incubo. Era stato fin troppo reale.
 
“Mi hanno sparato.”
 
Il respiro di Elyza le si bloccò in gola.
 
“Nel mio sogno.” si affrettò a spiegare Alicia. “Mi hanno sparato.”
 
Elyza riprese a respirare, ed Alicia realizzò che il pensiero di perdere l’altra ragazza era doloroso per lei come lo era per la bionda.
 
“Ti proteggerò.” mormorò Elyza.
 
Alicia voleva dirle che era perfettamente in grado di proteggere sé stessa, ma non lo fece. Sapeva di avere bisogno di Elyza.
 
“E io ti proteggerò.” rispose.
 
La bionda sorrise.
 
“Lo so. Era davvero tosta, quella cosa che hai fatto con il coltello. Non ho mai visto nessuno lanciare un coltello in quel modo.”
 
Scoppiarono entrambe in una risata soffocata.
 
Alicia sapeva qualcos’altro. Sapeva che avrebbe dato la vita per quella ragazza.
 
*
 
Era spaventata.
 
*
 
Nonostante il terrore, tutto sembrava essere andato al proprio posto.
 
*
 
“Torna a dormire. Ti sveglierò quando sarà il tuo turno di guardia.”
 
Alicia annuì, ma non si mosse. Si limitò a fissare Elyza e si morse il labbro inferiore.
 
Elyza sorrise.
 
“Stenditi.”
 
Questa volta, Alicia obbedì.
 
Si coricò su un fianco e attese. Ci vollero non più di sette secondi perché Elyza si stendesse dietro a lei, e la abbracciasse a cucchiaio, un braccio attorno alla sua vita e i loro piedi intrecciati.
 
Le dita della bionda scivolarono sui suoi bicipiti, accarezzandola gentilmente.
 
Fra di loro si diffuse un’altra scarica di energia, ma stavolta la accolsero con piacere.
 
Trattennero il respiro e si strinsero ancora più vicine l’una all’altra.
 
“Elyza?”
 
Il nome sulla sua lingua sembrava bizzarro. Sembrava strano.
 
Sembrava come se fosse entrata in una camera che conosceva bene, in cui però tutto l’arredo era stato spostato.
 
“Sì?”
 
Alicia si voltò nell’abbraccio, incontrando quegli occhi
 
quegli occhi che le ricordavano un cielo lontano
 
che la stavano già guardando.
 
“Perché sento come se ti conoscessi?" sussurrò alla fine.
 
Pose la domanda che era in sospeso tra loro fin dal primo incontro.
 
Elyza non rispose immediatamente. Si strinse nelle spalle, chiuse gli occhi e sospirò. Aprì nuovamente gli occhi e sorrise, tristemente.
 
"Non so. Ma se può farti stare meglio... lo sento anch’io."
 
Alicia non fu del tutto sicura che questo la facesse sentire qualcosa di diverso dalla preoccupazione.
 
Riusciva solo a provare ansia e paura, da quando l’intero caos aveva avuto inizio.
 
Ma guardò in quegli occhi color del cielo e in qualche modo si sentì a casa.

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Capitolo 2
*** Oh dry your eye (soulmates never die) ***


Capitolo 2
Oh dry your eye (soulmates never die)
 
Pubblicazione originale su Archive of Our Own  http://archiveofourown.org/works/6212089.
 
 
Nel momento in cui uscirono dalla casa, incontrarono quattro vaganti.
Alicia imprecò sottovoce, ma Elyza sorrise solamente.
“Vuoi vedermi mentre gli faccio saltare il culo?” chiese, allacciandosi il fucile intorno alla spalla e prendendo la pistola nella fondina sul fianco.
 
 
*****
 
“Come mai lo smokey eyes?”
 
Elyza non si voltò, la guardò nel riflesso dello specchio che stava utilizzando. Le sue dita erano sporche di kohl ed il trucco era ancora lungi dall’essere completato, ma il sorriso sul suo volto era schietto.  
 
“E’ una pittura di guerra, dolcezza”.
 
Alicia derise il soprannome e giocherellò con le cuffiette che uscivano dalla sua tasca destra.
 
Resistette all’impulso di tirare fuori l’Ipod e ascoltare un po’ di musica.
 
“Okay, Xena.” replicò. “Come mai la pittura di guerra?”
 
Elyza terminò di sfumare l’occhio destro con quello strano disegno particolare e si mise a ridere.
 
“Xena non portava pittura di guerra”.
 
Alicia alzò gli occhi al cielo, nascondendo il proprio divertimento.
 
“Sto per ficcarti questo coltello nel culo.”
 
La bionda si leccò le labbra, voltandosi semplicemente per guardare la sua compagna e rispose: “Chi lo sa? Potrebbe piacermi.”
 
Alicia sentì la mascella caderle a terra ed Elyza non riuscì a contenere oltre la sua risata.
 
*****
 
“Non hai risposto”
 
Elyza la guardò, confusa in volto. Erano quasi pronte per lasciare la casa. Il sole era sorto un’ora prima, diffondendo la luce sui loro corpi intrecciati.
 
Alicia era rimasta sveglia dalle tre del mattino, per fare la guardia, mentre Elyza si era abbandonata al sonno, ma nessuna delle due aveva trovato il coraggio di rompere il loro abbraccio.
 
Lei era rimasta raggomitolata tra le braccia di Elyza, con l’orecchio premuto sul suo petto e il battito del cuore della bionda le aveva tenuto compagnia durante il trascorrere delle ore.
 
Era stato rassicurante.
 
Alicia voleva sentirlo di nuovo quanto prima.
 
“Uh?”
 
“La pittura di guerra.”
 
Dal volto di Elyza fu subito evidente che aveva compreso, ma la ragazza non fece niente per soddisfare la curiosità di Alicia.
 
“E allora?”
 
Alicia allargò le braccia, esasperata.
 
“Sei irritante!”
 
Elyza, scrollò le spalle, premendo la sua felpa nello zaino insieme a una bottiglia d’acqua che aveva riempito. Alicia aveva notato che portava con sé perlopiù provviste e armi e nessun effetto personale.
 
Si chiese quanto a lungo Elyza fosse stata obbligata a vagare da sola, lottando per la propria vita.
 
“Ho capito. Non è niente, davvero” rispose la bionda, chiudendo la cerniera del suo zaino e facendolo scorrere sulla spalla. “Mi piace e basta. Mi fa sentire sicura.”
 
Alicia incrociò le braccia sul petto, mordendosi il labbro.
 
“Mi piace” confessò “Sembra che tu stia piangendo sangue nero.”
 
Elyza sembrò quasi sorpresa. Si voltò a dare un’occhiata al suo riflesso nello specchio dell’ingresso.
 
“Sì, è vero” esclamò con un sorriso fiero. “Non ci avevo mai pensato a quel modo, ma immagino che la tua alternativa sia molto più tosta della mia”.
 
Alicia sorrise.
 
“Qual era la tua alternativa?”
 
Il sorriso di Elyza non fece altro che allargarsi.
 
“Pensavo di sembrare un procione.”
 
*****
 
Nel momento in cui uscirono dalla casa, incontrarono quattro vaganti.
 
Alicia imprecò sottovoce, ma Elyza sorrise solamente.
 
“Vuoi vedermi mentre gli faccio saltare il culo?” chiese, allacciandosi il fucile intorno alla spalla e prendendo la pistola nella fondina sul fianco.
 
Alicia si domandò quante armi quella ragazza portasse su di sé.
 
“Sei pazza?”
 
Alicia si mise davanti a lei, posizionandosi tra la bionda e i vaganti che si stavano avvicinando pericolosamente.
 
“Tu spari e avremo dozzine di loro attaccati al culo in meno di un minuto.”
 
Elyza rise, ignorando sfacciatamente i quattro vaganti che in quel momento stavano risalendo lungo il vialetto e frugò nell’altra fondina prima di estrarne un cilindro metallico lungo non più di quattro pollici.
 
“Vedi questo?” chiese. “E’ un silenziatore o soppressore. Comunque lo chiamino oggigiorno.”
 
Mentre parlava, lo attaccò alla canna della pistola.
 
“Riduce il rumore e aumenta leggermente la velocità del proiettile.”
 
Con il braccio libero, allontanò Alicia ammiccando e puntò svogliatamente l’arma.
 
“Uno.” Quando il proiettile attraversò il cervello morto del vagante più vicino, la sua testa esplose letteralmente.
 
“Due” contò nuovamente Elyza. Non sorrideva più. “Tre”.
 
Era rimasto solo un vagante, che continuava ad avvicinarsi sempre di più.
 
Gli occhi di Elyza incontrarono quelli di Alicia al di sopra della pistola.
 
La bruna non disse una parola e malgrado il suo viso fosse pallido, la sua espressione era rimasta risoluta.
 
“Quattro.”
 
Al tonfo sordo che il corpo fece quando ruzzolò a terra, Alicia si limitò a sbattere le palpebre.
 
Elyza abbassò lentamente la pistola e la rimise nella fondina.
 
Senza dire una sola parola, le ragazze s’incamminarono lungo il vialetto e la mano di Alicia sfiorò la schiena di Elyza.
 
Non potevano permettersi di compiangere i morti, ma questo non rendeva più facile uccidere.
 
*
 
Dopo qualche minuto di cammino in silenzio, Elyza recuperò il suo atteggiamento insolente.
 
Alicia non sapeva come facesse, ma amava quell’aspetto della sua personalità.
 
La bionda iniziò a parlare del suo fucile e delle sue pistole e Alicia avrebbe davvero voluto zittirla, ma si ritrovò troppo occupata a guardare il suo sorriso per chiedere di fatto alla ragazza di smettere di parlare.    
 
Alicia sapeva che c’era qualcosa di tremendamente sbagliato in quella ragazza.
 
Sapeva che avrebbe dovuto essere preoccupata, perché la sensazione che aveva nei suoi riguardi era troppo intensa per essere ignorata.
 
Ma Elyza continuava a guardarla e a rivolgere sorrisi gentili nella sua direzione e Alicia sembrò dimenticare che erano nel mezzo di un’apocalisse.
 
“Non ti ho nemmeno chiesto se volevi una pistola, ma ho immaginato che non fossi interessata”
 
Alicia fece sbattere la sua spalla contro quella di Elyza.
 
“E questo perché?” chiese.
 
Se qualcun altro avesse provato a dare per scontato qualcosa che la riguardava senza effettivamente chiedere la sua opinione, Alicia avrebbe reagito con ostilità.
 
Ma Elyza era diversa. Le supposizioni di Elyza più che idee erano conoscenza. Sembrava che Elyza conoscesse tutto di lei e, per qualche motivo, ad Alicia non importava.
 
“Semplicemente, non mi sembri il tipo.” rispose Elyza con un sorriso.
 
Alicia annuì, giocherellando di nuovo con le cuffiette in una delle sue tasche. Afferrò il coltello che le stava lentamente scivolando fuori dalla cintura e lo rimise al suo posto.
 
“Non mi piacciono molto le pistole. Non c’è un motivo preciso. Almeno, non ora.” Ironizzò “Non è che io possa sollevare una rivoluzione per la regolamentazione delle armi durante un’apocalisse zombie.”
 
Scrollò le spalle.
 
“E’ più come una vibrazione... Un istinto. Ogni volta che ho dovuto impugnare una pistola ho avuto la sensazione che fosse… sbagliato”
 
Elyza annuì semplicemente, in modo tale che fece pensare ad Alicia che la bionda riuscisse realmente a capire cosa intendeva dire.
 
“Però non hai problemi con quel coltello” osservò Elyza, lanciando uno sguardo all’ampia lama che Alicia portava sul fianco.
 
Alicia finse di non vedere che gli occhi di Elyza si erano fermati sulle sue gambe seminude.
 
Ringraziò chiunque ci fosse lassù per aver deciso di indossare quegli shorts il giorno prima.
 
“Allora forse nella tua vita precedente eri una specie di rivoluzionaria lanciatrice di coltelli.”
 
Alicia ridacchiò ed Elyza sorrise in modo incontrollato.
 
Sembrava che si divertisse a farla ridere.
 
“Sì. Sicuramente.” fu la risposta ironica di Alicia. Mentre camminava prese a calci una pietra.
 
*****
 
Avevano camminato per più di un’ora, evitando strade in cui avevano individuato diversi vaganti che vagabondavano senza meta e il sole era quasi al suo culmine.
 
Dovevano trovare un posto in cui fermarsi, mangiare e riposare.
 
“Ma mi racconti di te? Dove hai imparato a sparare a quel modo?”
 
Elyza scrollò le spalle con noncuranza, tamburellando con il dito lungo la lunga canna dell’arma che teneva ancora allacciata attorno alla spalla.
 
“Ho trovato questo fucile e ho sparato, proprio in mezzo agli occhi di un vagante, mentre stavo scappando dal campus UCLA.” Si voltò e le fece l’occhiolino. “Cosa posso dire? Ho un talento naturale.”
 
Si fermarono sotto un’enorme palma per mangiare ed Elyza scoprì il suo nuovo hobby: lanciare erba sulla testa di Alicia e guardarla diventare matta per gli steli d’erba tra i suoi capelli.
 
Alicia non riusciva a ricordare l’ultima volta in cui si era sentita così libera.
 
*****
 
“Okay, è evidente che così non funziona.”
 
Alicia si fermò, voltandosi per lanciare un’occhiata confusa ad Elyza che stava già armeggiando con una delle fondine che aveva sulla gamba.
 
“Di cosa stai parlando?” chiese la bruna, sistemando il suo coltello per l’ennesima volta.
 
Ed era il coltello ciò a cui si riferiva Elyza.
 
“Mi stai facendo impazzire. Continua a scivolarti fuori dalla cintura. Ti distrae.”
 
Elyza terminò di liberare la fondina dalla gamba e si avvicinò a lei. Prima che Alicia potesse dire qualunque cosa per fermarla, Elyza si era inginocchiata ed aveva avvolto la sua coscia nella fondina.
 
Alicia trattenne il respiro.
 
Le dita di Elyza, che stavano lavorando per legare l’indumento intorno alla sua gamba, erano fredde.
 
Nessuna delle due disse nulla, ma la mano di Elyza lavorava lentamente
 
Più lentamente di quanto aveva fatto quando si era tolta la fondina
 
e stava tentando di godersi il momento e di farlo durare il più a lungo possibile.
 
Alicia non si mosse, limitandosi ad osservare i capelli biondi di Elyza che le coprivano il volto.
 
Non la vide deglutire né mordersi le labbra nel tentativo di rallentare il battito del suo cuore, mentre le sue dita indugiavano sulla pelle di Alicia.
 
“Fatto.”
 
Il sussurro di Elyza era meno sicuro rispetto al suo solito tono, ma Alicia si limitò ad annuire e ad allungare la mano per aiutare l’altra ragazza ad alzarsi.
 
“Grazie”.
 
Le ragazze si guardarono e per un attimo
 
un attimo che sembrò una vita
 
Alicia non sentì l’aria calda né il tipico odore di asfalto e smog con il quale era cresciuta.
Avvertì i brividi scivolarle lungo la schiena e sentì odore di legno e aghi di pino e familiarità che non avevano niente a che fare con ciò a cui era abituata.
 
Ma poi un ringhio gutturale le fece balzare fuori da quell’ “immaginazione”.
 
Si voltarono entrambe e imprecarono alla vista di un intero branco di vaganti che stavano venendo verso di loro.
 
“Sono troppi.”
 
Elyza era abbastanza intelligente da sapere che Alicia aveva ragione. Non potevano affrontarli. Non quando erano così tanti e quando Alicia non sapeva nemmeno come impugnare una pistola.  
 
“CORRI.”
 
Le loro mani s’incontrarono istintivamente e le ragazze iniziarono a correre, sentendo che i vaganti stavano accelerando il passo per cercare di raggiungerle.
 
Gli stivali di Elyza facevano rumore sul cemento e quello fu l’unico suono che accompagnò i loro respiri affannosi quando girarono dietro l’angolo di una casa abbandonata.
 
Quasi inciamparono sul marciapiede e continuarono a correre verso la fine della strada, dove si poteva vedere una piccola cancellata che separava la fine del quartiere da uno skate park.
 
“Non c’è via d’uscita!” urlò Alicia senza fermarsi. La sua mano libera teneva stretto il coltello.
 
Era certa che i suoi movimenti sarebbero stati più coordinati se avesse lasciato la mano di Elyza, ma che fosse dannata se l’avrebbe fatto.
 
Si rifiutava di lasciar andare l’altra ragazza.
 
“Allora tieniti pronta a saltare.” fu la risposta di Elyza.
 
Alicia non aveva tempo di formulare una protesta. Non che volesse farlo. O così o essere presi dai vaganti e sapeva quale alternativa preferiva.
 
Si arrampicarono goffamente sulla cancellata e si voltarono per guardare l’orda di non-morti che le stava seguendo. Si stavano avvicinando.
 
A quel punto, dalla casa alla loro sinistra, arrivò correndo e ringhiando un vagante che aveva la bocca coperta di sangue fresco.
 
“Vai!”
 
Alicia sentì Elyza lasciarle la mano e un attimo dopo stava cadendo, oltre la ringhiera e dritta nello skate park.
 
Atterrò bruscamente, crollando a terra e grattandosi le gambe e i palmi delle mani. Il suo coltello rotolò diversi metri davanti a lei tintinnando.
 
Si rialzò immediatamente, voltandosi per cercare Elyza. Non era lì.
 
E poi udì la pistola sparare.
 
Voltò la testa di scatto. Elyza era ancora sopra all’inferriata in precario equilibrio, con il fucile fra le braccia dal quale stava ancora uscendo il fumo.
 
“ELYZA” urlò Alicia.
 
Elyza non perse tempo a guardarsi attorno e si buttò semplicemente all’indietro, cercando di girarsi durante la caduta.
 
Atterrò ancora più duramente di Alicia ed il polso che aveva spostato in avanti per rallentare la caduta, si piegò in modo innaturale.
 
Elyza si lamentò per il dolore ma si rialzò in piedi.
 
Alicia la afferrò per il braccio e la trascinò in avanti, mentre ricominciava di nuovo a correre.
 
Quando passarono vicine al suo coltello lo raccolse e uscirono dall’ingresso principale dello skate park.
 
I vaganti dietro a loro urlarono, cercando di trovare un modo per seguirle.
 
*****
 
Dopo averla chiusa con la mano libera, Elyza si abbandonò contro la porta di legno.
 
La casa era silenziosa, ma Alicia corse in ogni stanza con il coltello proteso e controllò la presenza di ospiti indesiderati.
 
Elyza cercò di riprendere fiato, emettendo un sibilo quando il polso le trasmise un’ondata di dolore in tutto il corpo.
 
Lo tastò delicatamente e realizzò che era solo slogato. Un osso fratturato sarebbe stato un grosso problema da risolvere.
 
Inspirò dalla bocca ed espirò dal naso, cercando di calmare il dolore che picchiava nel braccio.
 
Abbandonò la sacca e il fucile sul pavimento ed esitò nella cucina alla sua destra, aprì il frigorifero, sospirando di sollievo quando trovò uno stock di pacchi di ghiaccio.
 
Ne afferrò uno e se lo mise sul polso.
 
“Te ne servirà un altro.”
 
Elyza non si era ancora voltata completamente quando il pugno di Alicia si scontrò con la sua mandibola, facendola barcollare contro il frigorifero.
 
Alicia aveva ancora il coltello nell’altra mano. Era furiosa.
 
“Non fare mai più una cosa del genere.” ringhiò.
 
Elyza la fissava con gli occhi spalancati, il pacchetto del ghiaccio era sul pavimento e lei si teneva la mano sul viso.
 
Alicia puntò verso di lei un dito tremante.
 
Mai più. Mi hai sentita?”
 
Alicia avanzò e la afferrò per la giacca di cuoio mentre teneva ancora il coltello.
 
“Mi hai sentita?!” quasi gridò, e solo allora Elyza poté vedere le lacrime nei suoi occhi. Lacrime che stava orgogliosamente trattenendo.
 
Elyza annuì, lentamente.
 
“Non hai il permesso di morire.” Sussurrò Alicia, con il labbro inferiore che tremava e la paura negli occhi.
 
Elyza annuì nuovamente.
 
“Mi dispiace.”
 
Alicia deglutì e annuì di rimando.
 
Allentò la presa sulla bionda ma non la lasciò ancora del tutto andare.
 
I suoi occhi caddero sulle labbra di Elyza e, all’improvviso, il pensiero di baciare la bionda fu tutto ciò cui riuscì a pensare.
 
Fece un passo indietro e si inginocchiò per recuperare l’impacco del ghiaccio. Lo restituì ad Elyza e si avviò fuori dalla cucina.
 
“Ali.”
 
Alicia si fermò ma non si voltò.
 
“Neanche a te è permesso morire.” Mormorò Elyza, massaggiandosi la mascella. Sapeva che il mattino dopo avrebbe avuto un livido. “Non posso…”
 
Alicia strinse i pugni.
 
“Non posso perderti.”
 
Non di nuovo.
 
Elyza allontanò dalla mente quello strano pensiero.
 
Alicia rimase in silenzio per un po’, quindi annuì e scomparve in cima alle scale.
 
*****
 
Quando emerse dal bagno, con i capelli ancora gocciolanti e un sorriso soddisfatto sul viso, Elyza trovò Alicia che stava disponendo del cibo sul tavolo della sala da pranzo.
 
Elyza la osservò mentre raddrizzava una delle forchette così che corrispondesse con quella dall’altra parte del tavolo e avvertì un improvviso impeto di affetto verso la bruna.
 
Alicia stava ancora lottando per venire a patti con quella nuova realtà. Stava ancora cercando di trovare un po’ di normalità nella sua vita.
 
“Per essere qualcuno che è da solo nel mezzo di un’apocalisse, di certo fai un sacco di docce” disse Alicia senza voltarsi.
 
Elyza era sorpresa. Pensava di essere stata silenziosa, ma apparentemente Alicia aveva un udito fine.
 
La bionda sogghignò e si avvicinò all’altra ragazza, allungando le braccia sopra la testa ed  emettendo un sibilo per il dolore al polso.
 
“Non sono una selvaggia” rispose, insaccandosi su una delle sedie e mettendo i piedi sul tavolo.
 
Alicia alzò gli occhi al cielo.
 
“E’ quello che ripeti a te stessa prima di dormire?” rispose ribattendo.
 
Elyza rise incontrollatamente.
 
“Tra le altre cose. “
 
Alicia scosse la testa e scomparve in cucina. Tornò con due bottiglie d’acqua. Le mise sul tavolo e infine si sedette.
 
Incrociò le dita davanti a lei e sorrise alla ragazza che la stava già guardando.
 
Rimasero in silenzio per un po’, godendo semplicemente dell’improvvisa calma e della compagnia reciproca.
 
Gli occhi di Alicia caddero di nuovo inevitabilmente sulle sue labbra.
 
E poi un po’ più in basso. La sua attenzione fu catturata dalla collanina che Elyza indossava, ma presto il suo sguardo scivolò dove la collanina si posava.
 
Era difficile non fissarla. Elyza indossava una canotta blu con una scollatura molto generosa ed ampia.
 
Elyza si schiarì la gola.
 
Alicia arrossì e ed evitò i suoi occhi.
 
“Non m’importa se mi fissi. Lo so di avere delle tette fantastiche.” ridacchiò Elyza.
 
Alicia sentì le orecchie andarle a fuoco e decise che il televisore rotto era la cosa più interessante della stanza.
 
“Stavo guardando la collana.”
 
Elyza rise.
 
“Lo stavi facendo di sicuro.”
 
Alicia si leccò le labbra e si voltò per lanciare un’occhiataccia alla bionda che in quel momento stava dondolando sulla sedia.
 
“Fottiti”.
 
“Ti piacerebbe.”
 
Alicia guardò il suo sorrisetto e sorrise in modo innocente.
 
“Davvero.”
 
Elyza cadde dalla sedia.
 
Alicia sogghignò. Anche lei poteva giocare a quel gioco.
 
*****
 
“Stavo veramente guardando la tua collana, prima.”
 
Elyza la guardò al di sopra del suo panino. Aveva la bocca piena di cibo e le ci volle un momento per ingoiare senza strozzarsi.
 
Adorabile.
 
“Ti piace?”
 
Alicia annuì, masticando in modo più aggraziato.
 
“Ma non capisco cos’è.”
 
Elyza appoggiò il panino e allungò la mano per prendere la collana. La sollevò e la esaminò per un attimo.
 
Quindi alzò lo sguardo.
 
“Sai cosa?” borbottò “Nemmeno io ne ho la fottuta minima idea.”
 
Mentre cercava di non ridere, non riuscendoci in maniera evidente, Alicia quasi si soffocò con il suo panino.
 
Elyza rise ancora più forte e spinse la bottiglia dell’acqua verso la bruna.
 
“Scusa” sorrise dispiaciuta. “Ma ce l’ho da quando ero bambina e nessuno si è mai curato di spiegarmi da dove venga.”
 
Alicia afferrò la bottiglia e buttò giù il pezzo di panino che era ancora incastrato nella sua gola.
 
“L’ho sempre avuta, da quando ero una bambina, credo. Mi piace, così non l’ho mai tolta.”
 
Alicia espirò e annuì.
 
“Sembra il pezzo di un orologio o qualcosa di simile.” gracchiò con la gola ancora dolorante, prendendo un altro morso del suo panino.
 
Elyza scrollò le spalle e con delicatezza infilò di nuovo la collana nella sua canotta.
 
“Sì, una specie di robaccia steampunk”.
 
Alicia smise di masticare e la fissò con uno sguardo inespressivo.
 
Elyza sbattè le palpebre.
 
“Steampunk?” ripetè la bionda.
 
Alicia scosse la testa.
 
“Cyberpunk? Universi paralleli?”
 
Alicia si limitò a sorridere ed Elyza sospirò in maniera drammatica.
 
“Ah, mi stai uccidendo, fiorellino.”
 
Alicia ridacchiò del nomignolo.
 
“Sei proprio una secchiona.” sospirò da dietro al suo panino.
 
Elyza si mise una mano sul cuore.
 
“Sono ferita. Mi hai ferita, Alicia.”
 
Alicia tirò alla bionda una delle olive nere che avevano trovato nella dispensa e la colpì dritta in fronte.
 
“Ahia” si lamentò Elyza, continuando a ridere. “Sai, per una principessa che dichiara di non avere capacità sufficienti per un’apocalisse, hai di sicuro una buona mira.”
 
“Una principessa?” Alicia sputò fuori con incredulità. “Mi scusi, Signorina “indosso pittura di guerra da procione.”
 
Elyza puntò la forchetta verso la bruna con uno sguardo severo.
 
“Devi lavorare sui tuoi soprannomi, zuccherino, perché fanno davvero profondamente schifo.”
 
Alicia afferrò un’altra oliva e Elyza alzò prontamente le mani per coprirsi il volto.
 
“Sono troppo carina per morire! Ti supplico.”
 
Alicia rise sonoramente ed Elyza sorrise fra le dita. Amava quel suono.
 
“Lascerò correre.” dichiarò Alicia.
 
“Per ora.”
 
Fece scivolare l’oliva tra le labbra e succhiò la punta delle dita per pulirle dall’acqua.
 
Quando alzò nuovamente lo sguardo, colse Elyza che la stava fissando.
 
La sua bocca.
 
Alicia sorrise leggermente e fece un sorriso radioso quando Elyza arrossì furiosamente.
 
*****
 
“Sei sicura?”
 
Elyza stava guardando ansiosamente la bruna.
 
Alicia annuì e sfregò i palmi delle mani l’uno contro l’altro.
 
“Positivo. Ho bisogno di sapere come combattere e nessuno ha mai voluto insegnarmi.”
 
Avevano spostato il tavolo e il divano contro il muro in modo da poter avere un grande spazio vuoto nel mezzo della stanza.
 
Avevano lasciato il tappeto perché, come Alicia aveva detto, sarebbe stato carino non cadere con il culo sul duro pavimento.
 
“Però, non voglio farti male.”
 
Alicia le lanciò un sorriso dall’altra parte della stanza.
 
“Non lo farai. Andiamo.”
 
Elyza espirò attraverso il naso e scosse la testa. Non era ancora sicura che fosse una buona idea, ma sapeva che probabilmente Alicia aveva ragione e dal momento che lei non era molto amante delle armi, quello era stato il risultato.
 
“Va bene. Facciamolo.” mormorò, facendo cenno ad Alicia di raggiungerla in mezzo alla stanza.
 
“Per ora, non ti insegnerò il combattimento corpo a corpo. E’ piuttosto inutile perché quando lotti contro uno di quegli schifosi non vorresti proprio avere una ferita aperta, quindi è meglio se eviti di colpirli a mani nude.”
 
Alicia annuì, le sopracciglia corrugate per la concentrazione.
 
Elyza prese un profondo respiro e si spostò dietro di lei, avvolgendole le braccia attorno al tronco e stringendola.
 
“Proveranno a catturarti…” sussurrò, provocando un brivido lungo la schiena di Alicia. “Sono forti. Tenteranno di mordere ogni parte del tuo corpo che possono raggiungere. Il tuo interesse principale è scrollarteli di dosso.”
 
Alicia quasi rimpianse la sua decisione.
 
La voce di Elyza era bassa e roca, e il suo respiro caldo le accarezzava il collo.
 
“Non puoi prendere la pistola, anche se ce l’hai. Non puoi muovere le braccia perché lo stronzo ti tiene stretta. Cosa fai?”
 
Alicia provò a pensare. Non era per niente facile.
 
La voce di Elyza
 
La presenza di Elyza
 
la distraeva parecchio
 
“Io non…”
 
Elyza la strinse di più e Alicia giurò che il suo cuore stesse per saltarle fuori dal petto.
 
“Non pensare, Alicia. Non dirmi cosa faresti. Fallo e basta.”
 
Alicia si leccò le labbra e fece un profondo respiro, provando a chiarirsi le idee. Non sapeva cosa fare. Si sentì stupida.
 
“Non so cosa fare.” sbottò, frustrata. Non riusciva a vedere una via d’uscita che non comportasse l’essere morsa da un vagante o comunque essere graffiata da esso.
 
“Usa il tuo istinto. So che non ti fidi di te stessa ma io sì, quindi…” esitò Elyza
 
E poi…
 
“Fidati di me.”
 
E Alicia non era più nel soggiorno. Elyza non era più dietro di lei.
 
Era di fronte a lei ed era più giovane e distrutta e la stava guardando con speranza e tristezza.
 
Fidati di me.
 
La stava guardando come se dentro di lei ci fosse una guerra e Alicia fosse la sola a poterla fermare.
 
Fidati di me.
 
La stava guardando come se la conoscesse, come se conoscesse la sua anima.   
 
Elyza era di fronte a lei ed era vicina e allo stesso tempo così lontana, Alicia non era più nel soggiorno e al tempo stesso era…
 
… E qualcosa accadde dentro di lei, quelle tre parole risuonarono nella sua mente e Alicia non era più se stessa.
 
O forse
 
decisamente
 
Era se stessa più di quanto lo fosse mai stata.
 
La sua gamba si alzò e poi andò all’indietro, mentre le mani afferrarono un braccio della sua assalitrice e lo tirarono. Alicia si accovacciò e sollevò il corpo sulla propria spalla, inchiodando al pavimento la sua avversaria.
 
La sua mano raggiunse il coltello e Alicia lo estrasse dalla fondina sulla gamba con un agevole movimento, puntandolo alla gola del corpo sotto al suo.
 
Un paio di occhi blu incontrarono i suoi.
 
E Alicia avvertì il tappeto sotto alle ginocchia e la pelle soffice sotto al suo palmo sinistro e intrappolata, sotto al suo coltello, riconobbe Elyza.
 
Coltello che cadde sul tappeto con un suono soffocato quando Alicia realizzò ciò che aveva appena fatto.
 
Quasi scattò via da Elyza, coprendosi la bocca con le mani.
 
Elyza si mise a sedere, lentamente, senza distogliere i suoi occhi da quelli di Alicia.
 
“Okay…” disse, con cautela. “Che cazzo era quello?”
 
Alicia scosse furiosamente la testa.
 
“Non ne ho idea e mi dispiace tanto
 
Elyza la fissò.
 
“Non ti azzardare a scusarti, Ali. E’ stato maledettamente fantastico!” esclamò.
 
Alicia scosse nuovamente la testa. Non poteva credere a se stessa.
 
Nick aveva sempre detto che lei era una specie di ninja, talvolta, ma una cosa del genere non era mai accaduta prima.
 
Un paio di pugni ben assestati, sì.
 
A+ in educazione fisica., erano una cosa.
 
Ma quello?
 
“Era un certo livello di profonda cazzutaggine. Non riesco a sentire la gamba, cazzo!” sogghignò Elyza, massaggiandosi la coscia destra.
 
Gli occhi di Alicia erano colmi di lacrime.
 
“E questo ti rende felice?” strillò, strisciando verso Elyza per controllare i danni.
 
Toccò la coscia destra della bionda e la udì mascherare un lamento.
 
Si sentì male. Incredibilmente male.
 
“Mi dispiace” disse di nuovo. “Non intendevo…”
 
E accadde di nuovo.
 
Elyza, di fronte a lei, cambiata.
 
Ma non era la stessa Elyza che aveva visto prima. Non era così giovane o così innocente.
 
Perché , l’Elyza che aveva visto la prima volta aveva molta più innocenza negli occhi rispetto alla tempesta che aveva ora.
 
Questa nuova Elyza era sporca e disperata e la guerra dentro di lei era insopportabile.
 
E Alicia sapeva. Sapeva che la stava distruggendo.
 
E sapeva che…
 
… era colpa sua.
 
Alicia…
 
Alicia.
 
“Ali? Alicia?”
 
Alicia sbattè le palpebre.
 
Elyza la stava fissando. Confusa. Spaventata.
 
“Cosa…?”
 
Elyza si leccò le labbra. I suoi occhi erano pieni di lacrime e Alicia aveva l’impressione di non essere stata l’unica ad aver visto quello che aveva visto.
 
“Non intendevi trasformarmi in cosa, esattamente?”
 
Aspetta. Cosa?
 
“C-cosa?”
 
Elyza deglutì. Sembrava ancora più confusa.
 
“Hai… hai appena detto… Non ho mai avuto intenzione di trasformati in questo.”
 
Pausa.
 
“Credo.”
 
Alicia sbattè le palpebre rapidamente diverse volte.
 
“Io…”
 
Si guardarono.
 
“Ho detto, non ho mai avuto intenzione di farti del male” chiarì Alicia.
 
Per qualche motivo, quelle parole suonarono sbagliate.
 
“Oh” sussurrò Elyza. Era sembrata quasi… delusa.
 
Alicia inghiottì ricacciando indietro il dolore che la visione aveva lasciato in lei.
 
“Scusami” mormorò, rimettendosi in fretta in piedi e correndo su per le scale per nascondersi in bagno. Elyza non provò a fermarla.
 
Alicia si appoggiò contro la porta chiusa e fece diversi respiri profondi. Si guardò le mani.
 
Stavano tremando.
 
“Che cazzo sta succedendo?” mormorò.
 
*****
 
Quando tornò, diversi minuti più tardi, trovò Elyza che stava accendendo un bel po’ di candele.
 
La sera si stava avviando verso la notte e dovevano prepararsi per andare a dormire.
 
Alla vista dell’altra ragazza, Alicia sospirò.
 
Le mancava la sua famiglia.
 
Le mancava sua mamma, le mancava suo fratello. Le mancavano Ofelia e Chris e diavolo, le mancava anche Travis.
 
Ma con Elyza era felice.
 
Si sentiva felice.
 
Non riusciva a spiegare il perché, non credeva sul serio nell’amore a prima vista, ma si fidava di lei.
 
Non poteva credere che si conoscessero solo da due giorni. Non poteva immaginare una vita senza di lei.
 
Elyza alzò lo sguardo e le sorrise dolcemente.
 
“Ho trovato qualcosa per te” disse.
 
Alicia si morse il labbro inferiore e corrugò la fronte.
 
“Di cosa stai parlando?” brontolò mentre si avvicinava alla bionda.
 
“Dammi un secondo.”
 
Elyza indicò il divano e Alicia si sedette al centro, in attesa.
 
La bionda finì di accendere le candele intorno alla stanza e quindi sparì nel corridoio, per poi tornare con una mazza da baseball.
 
“Taa-daa!”
 
Alicia sbatté le palpebre.
 
“Ma che…?”
 
“Mazza da baseball” Elyza sorrise. “Duh. Ho pensato che dal momento, sai, che non ti piacciono le pistole, dovevamo trovare qualcos’altro che puoi usare.”
 
Le consegnò la mazza.
 
“Voglio dire, il tuo coltello è fico e sai chiaramente come usare quella robaccia, ma finché non troviamo qualcosa che puoi brandire come… non so… un machete… forse dovresti avere questo.”
 
Alicia guardò Elyza con gli occhi spalancati, ma prese la mazza da baseball tra le mani.
 
“Questo è…” mormorò, senza sapere realmente cosa dire.
 
Elyza scrollò le spalle e affondò le mani nelle tasche dei suoi jeans.
 
“Fantastico, lo so” sogghignò.
 
Alicia le lanciò un’occhiataccia.
 
“Troppo piena di te?”
 
Elyza rise e le fece l’occhiolino.
 
“Sai, potrei fare una battuta molto divertente riguardo l’essere piena di me, ma penso che te la lascerò solo immaginare.”
 
Alicia arrossì furiosamente, aprendo la bocca per rispondere.
 
La chiuse.
 
“Sei una causa persa” replicò invece dopo un po’, ed Elyza si limitò a sorridere.
 
*****
 
“E’ finito?”
 
“Sei una rompicoglioni.”
 
“E tu ci stai mettendo troppo.”
 
“Ti disegnerò assolutamente un pene sulla faccia mentre dormi.”
 
“Tu fallo e ti darò in pasto a quelle cose.”
 
*****
 
“Questo è estremamente preciso.” 
 
Alicia si appoggiò contro il petto di Elyza mentre guardava il suo avambraccio.
 
Dove due settimane prima Matt le aveva disegnato un cuore, adesso Elyza aveva tracciato sulla sua pelle un simbolo dell’infinito molto carino.
 
“Disegnavo” spiegò Elyza, chiudendo il pennarello e gettandolo a terra. “In realtà, disegno. Dovevo andare a Yale. A studiare arte e robaccia del genere.”
 
Alicia percepì nella sua voce amarezza e rammarico. Poteva rispecchiarsi in essi.
 
“Dovevo andare a Berkley.”
 
Avrebbero potuto fare così tante cose, avrebbero potuto avere un futuro, facendo le cose che amavano di più.”
 
“saresti stata la prima della classe.”
 
Alicia sorrise tristemente, percorrendo il simbolo dell’infinito con la punta delle dita.
 
Rimasero in silenzio per diversi minuti, Alicia a fissare il disegno e ammirare come lo rendeva la luce delle candele, Elyza affondando semplicemente il viso fra i capelli di Alicia e inalando il suo profumo.
 
Sembrava perfetto.
 
“Ali?”
 
“Mmh”
 
Elyza si sollevò e fece il solletico ai fianchi della bruna per fare in modo che si voltasse di fronte a lei.
 
Quando lo fece, Elyza respirò profondamente.
 
E dimenticò quello che voleva dire.
 
Gli occhi verdi di Alicia la guardarono con una tale intensità che alla bionda risultò impossibile pensare a qualunque cosa da dire.
 
Così la baciò.
 
Prese lentamente il suo volto tra le mani e sfiorò delicatamente le labbra di Alicia con le sue.
 
 
E poi accadde.
 
Un’ondata di pura energia passò fra loro e coinvolse i loro corpi.
 
Sembrava che le loro teste fossero state aperte, e il dolore più grande che avevano mai provato  fosse stato sparato attraverso i loro cervelli, come uno shock.
 
Alicia barcollò fino al divano, con la testa tra le mani, in preda a fitte di dolore.
 
Il mondo intorno a lei cambiò e non si trovava più nel soggiorno, era in una foresta e aveva una spada.
 
Era in una scuderia e sopra alla sua testa si scatenò una tempesta.
 
Era in un letto e aveva le convulsioni.
 
Era su una strada sgombra e stava guidando.
 
Era in un letto di pellicce e una bionda la stava guardando con un sorriso che prometteva vite d’amore.
 
Era di nuovo Alicia ed era rivolta di schiena contro la televisione, con la testa ancora fra le mani, in quella casa che avevano scelto per la notte.
 
Sbatté le palpebre.
 
Il dolore si affievolì e scomparve in fretta, così com’era arrivato.
 
Alicia alzò lo sguardo sulla bionda che era ancora raggomitolata sul divano, tenendosi la testa.
 
Il respiro le rimase bloccato in gola.
 
Ed Elyza alzò lo sguardo.
 
Trascorse un minuto.
 
O forse un’ora
 
forse una vita
 
E poi…
 
“Lexa?”
 
Alicia sentì le lacrime sul suo viso e il cuore in gola.
 
“Clarke.” sospirò
 
Finalmente
 
Elyza cadde letteralmente dal divano nel tentativo di raggiungerla. Finì quasi con la faccia sul tappeto ma non le importava.
 
Non poteva importarle.
 
Alicia si lanciò verso la bionda e i loro corpi si scontrarono in mezzo alla stanza, le loro labbra s’incontrarono, le loro mani si spostarono per afferrare quanto più potevano del corpo dell’altra.
 
“Lexa.”
 
Elyza la baciò intensamente ed Alicia le afferrò una manciata di capelli e il giubbotto, per tenerla stretta più che poteva.
 
Le loro labbra s’incontrarono, ancora e ancora e ancora in umidi baci e sorrisi e sussurri e scuse e scoppi di risa.
 
Alicia inghiottì una nuova ondata di lacrime e tenne Elyza per il giubbotto, premendo la fronte contro quella della bionda.
 
“Mi dispiace tanto” Elyza singhiozzò, baciando ogni centimetro del volto di Alicia che riusciva a raggiungere. “Mi dispiace”.
 
“Ssh.”
 
Alicia premette il palmo delle mani sulle guance della sua anima gemella e asciugò le lacrime con i pollici.
 
Il suo sguardo era offuscato dalle sue stesse lacrime ma era sicura di non avere mai visto qualcosa di così bello come la ragazza di fronte a lei.
 
Elyza scosse la testa e sorrise e pianse e la baciò di nuovo, rubandole il respiro.
 
“Mi dispiace” ripetè Elyza. “mi dispiace di averci messo così tanto.”
 

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Capitolo 3
*** We were lovers in the past life (I can see it in your green eyes) ***


Capitolo 3
We were lovers in a past life (I can see it in your green eyes)
 
Pubblicazione originale su Archive of Our Own  http://archiveofourown.org/works/6530089.
 
“Non hai idea di quanto sia stato difficile senza di te. Dopo la tua morte…” mormorò Elyza.
Le sue dita strinsero la mano di Alicia per poi lasciarla andare. Iniziarono a percorrere il suo braccio, fino al bicipite e poi sul petto. Posò la mano sul cuore di Alicia che fu scossa da un sospiro.
“Ogni cosa perse significato. Ci sono voluti anni prima che mi svegliassi senza incubi. Non ho mai dimenticato il tuo sapore, il tuo profumo, e questo… mi ha fatta impazzire.”
Alicia non rispose.
Alicia capiva.
 
 
 
“Mi dispiace” ripetè Elyza. “mi dispiace di averci messo così tanto.”
 
Alicia zittì Elyza premendo le labbra sulle sue, più e più volte.
 
Le ragazze piansero, aggrappandosi l’una al giubbino dell’altra, come se volessero tentare di fondere le loro anime in una sola.
 
L’avevano già fatto
 
Ogni volta
 
Ogni vita precedente
 
E quando infine le lacrime si asciugarono, le dita si spostarono e sparsero i vestiti lontano dai loro corpi.
 
Le loro labbra s’incontrarono e suggellarono la promessa di un’altra battaglia, una che avrebbero affrontato insieme, come l’ultima.
 
come la prossima
 
Con il moltiplicarsi dei baci, le parole divennero superflue, le loro labbra segnarono la pelle sopra vecchie e invisibili cicatrici
 
e Alicia rise per il piercing al capezzolo di Elyza
 
e Elyza indugiò con le labbra per un lungo istante sullo stomaco della bruna
 
e non erano più in un’altra apocalisse.
 
Erano semplicemente loro, due ragazze troppo innamorate per stare lontane l’una dall’altra.
 
Due anime troppo innamorate e troppo testarde per permettere al destino di vincere.
 
*
 
“Dove sei stata?”
 
Gli occhi di Elyza si spalancarono quando guardò in basso incontrando quelli di Alicia. Pensava che stesse dormendo.
 
Le dita della bruna scivolarono con un movimento pigro sull’ombelico di Elyza, prima di afferrare il lenzuolo che avevano usato per coprirsi e trascinarlo sopra i loro corpi.
 
Si raddrizzò e tenne la testa appoggiata sulla mano, in modo da poter guardare Elyza.
 
I loro piedi s’incontrarono sotto al lenzuolo.
 
La bionda si rannicchiò più vicino a lei.
 
“Emotivamente?” mormorò Elyza. “Con te.”
 
Alicia chiuse gli occhi per un momento, sopraffatta dall’intensità e dalla verità di quelle parole.
 
Sentì Elyza deglutire e riaprì gli occhi.
 
“Scusa se ci ho messo così tanto.” ripetè Elyza sussurrando. “Non lo sapevo… non mi ricordavo … Se avessi saputo…”
 
“No.”
 
Elyza si bloccò.
 
“Ho vissuto una vita senza di te, aspettandoti, ricordando… non sapendo dov’eri, finché ho capito che dovevi essere ancora viva nel nostro mondo precedente.”
 
Gli occhi di Alicia erano così verdi e così tristi e così disperati e così giovani
 
eppure così antichi e stanchi
 
che Elyza sentì esattamente la stessa sensazione che aveva provato nell’attimo in cui aveva posato gli occhi su Lexa per la prima volta.
 
“Non azzardarti a dire che saresti dovuta venire prima.” La voce di Alicia era più bassa di un sospiro, ma Elyza poteva avvertire il dolore in ogni singola lettera.
 
“Non osare, perché sapevo che eri viva ed è quello che mi ha tenuta in vita per tutto questo tempo.”
 
Elyza annuì lentamente.
 
“Mi dispiace.”
 
La mano libera di Alicia ispezionò il lenzuolo in cerca di quella di Elyza e quando la trovò la strinse forte.
 
La ragazza sospirò.
 
“Va tutto bene. Raccontami cos’è successo, Clarke.”
 
Ed Elyza lo fece.
 
 
“Abbiamo vinto, Lexa.” sussurrò. “Ho fatto in modo che il nostro popolo fosse al sicuro. Lo è ancora, ovunque esso sia. La Coalizione ha resistito. Adesso Skaikru e Grounders vivono in pace da anni.”
 
Gli occhi di Alicia luccicarono nel buio del soggiorno illuminato solo dalle candele.
 
Non chiese nulla, attese semplicemente che Elyza continuasse la sua storia. Una storia che avrebbe dovuto essere la loro.
 
“Non hai idea di quanto sia stato difficile senza di te. Dopo la tua morte…” mormorò Elyza.
 
Le sue dita strinsero la mano di Alicia per poi lasciarla andare. Iniziarono a percorrere il suo braccio, fino al bicipite e poi al petto. Posò la mano sul cuore di Alicia che fu scossa da un sospiro.
 
“Ogni cosa perse significato. Ci sono voluti anni prima che mi svegliassi senza incubi. Non ho mai dimenticato il tuo sapore, il tuo profumo, e questo… mi ha fatta impazzire.”
 
Alicia non rispose.
 
Alicia capiva.
 
Durante la sua precedente vita era invecchiata ricordando ogni cosa di Clarke.
 
Il colore dei suoi occhi, il profumo della sua pelle, il sapore delle sue labbra, il suono della sua…
 
Si ricordava. E non poteva dimenticare. Non poteva smettere di pensare a quello che avrebbe potuto essere.
 
“Non ho mai smesso di disegnarti.”
 
Gli occhi di Alicia si spalancarono e si allargarono. Questo non se l’aspettava.
 
“Mia madre continuava a dire che non mi faceva bene ma… è stato d’aiuto.”
 
Di nuovo, Alicia non rispose.
 
Questa volta non volle conoscere i dettagli. Non voleva sapere come la sua anima gemella era andata avanti.
 
Lo lesse negli occhi di Elyza che aveva incontrato qualcuno.
 
Ma sapeva che non era colpa di nessuno. Ed era contenta, veramente, che qualcuno avesse portato felicità nella vita di Clarke Griffin.
 
“Non ti ho mai dimenticata.”
 
Alicia chiuse gli occhi e annuì nuovamente. Sapeva anche quello.
 
Lo sentiva.
 
Lo sentiva nel profondo della sua anima. Scosse la testa, mise la sua mano su quella di Elyza e intrecciò le dita con le sue.
 
“Il nostro popolo?” chiese.
 
Poteva essere in un altro mondo, in un altro tempo, con un altro nome, ma l’anima era la sua. Era la stessa persona.
 
Elyza sapeva.
 
Elyza era la stessa.
 
“Abbiamo dovuto combattere per anni. Sono morte delle persone.”
 
Fece una pausa.
 
“Sono morte così tante persone… “
 
Alicia aprì gli occhi. Quelli di Elyza luccicavano di lacrime trattenute.
 
“Ho dovuto imparare a combattere. Ho ucciso così tante persone… ho dovuto.”
 
Alicia non aveva bisogno di sentire altro da lei. Sapeva abbastanza.
 
Le sue braccia si liberarono dal casino di lenzuola e membra e avvolsero il corpo di Elyza, tenendolo stretto a lei, mentre la bionda singhiozzava per una vita intera di rimorsi, dolore e sangue.
 
Alicia la guardò dormire e pianse silenziosamente.
 
In più di settant’anni non aveva avuto la possibilità di farlo.
 
Alicia ricordava chiaramente la sua vita passata e ricordava quanto le era mancata la bionda.
 
Ricordava ogni attimo senza di lei, soffrendo la sua assenza ma trovando sollievo nella consapevolezza che la sua anima gemella era ancora viva nel mondo in cui si erano viste l’ultima volta.
 
Aveva vissuto cinquant’anni di isolamento e solitudine, coinvolta in relazioni che non sarebbero mai state abbastanza, prima di accontentarsi di una che nel complesso andava bene, ma che non le aveva mai dato lo stesso sentimento che avrebbe provato con un solo tocco della sua anima gemella.
 
Si era accontentata di un uomo che non amava ma che l’aveva trattata come una principessa.
 
Aveva vissuto una vita vuota con i ricordi di dozzine di quelle piene trascorse.
 
Aveva dimenticato com’era stato essere il Comandante Lexa ed era andata al college a studiare uragani e tornado.
 
Non aveva mai veramente dimenticato com’era essere Heda Leksa Kom Trikru.
 
Aveva aspettato Clarke e aveva atteso invano.
 
Era sopravvissuta una vita intera senza viverla.
 
Era morta sperando
 
Sapendo
 
che Clarke sarebbe stata con lei nella sua prossima vita.
 
Era nata Alicia Clark.
 
Non aveva ricordato.
 
Elyza si girò nel sonno e Alicia sorrise, piazzandole un morbido bacio sulla fronte prima di addormentarsi con le braccia ancora avvolte attorno al corpo della bionda.
 
*
 
Alicia si svegliò con la sensazione delle labbra di Elyza che scivolavano sul suo corpo, dal collo verso il basso fino allo stomaco e indietro.
 
Il suo corpo reagì alle attenzioni della sua amante e s’inarcò contro i tocchi delicati di Elyza.
 
Quando i loro corpi si connessero ancora una volta attraverso sospiri, gemiti, baci e “mi sei mancata”, la mente di Alicia si intorpidì.
 
“Alicia Clark, mhm?”
 
Alicia aprì pigramente gli occhi.
 
“Cosa?”
 
Elyza sorrise e la baciò dolcemente.
 
Quando il sole aveva irradiato la stanza non si erano mosse, non si muovevano da ore e a loro andava bene così.
 
“In questa vita, il tuo cognome è Clark.”
 
Alicia sorrise, stirando le membra e avvertendo l’incredibile indolenzimento che il sesso aveva causato al suo corpo.
 
Elyza la osservava con desiderio e amore e pura gioia negli occhi. Non era mai stanca di guardarla, toccarla, assaporarla. Non lo sarebbe mai stata.
 
“Il tuo è Lex.” mormorò Alicia.
 
Elyza annuì, per metà infastidita, per metà divertita.
 
“Il destino ha un senso dell’umorismo fottutamente orribile.”
 
Alicia quasi sbuffò. Si raggomitolò nella sua precedente posizione, contro il corpo di Elyza.
 
“Dimmi. Ricordi tre vite fa?”
 
Elyza arricciò il naso e corrugò la fronte, cercando di richiamare alla mente i suoi ricordi.
 
“Quella in cui eri posseduta da un pazzo demone schifoso?”
 
Alicia sorrise.
 
“Anche quella volta sei caduta dal cielo.” mormorò con affetto. “Sei venuta per me.”
 
Elyza fece una smorfia, poiché il solo pensiero di quella vita la colpì con una coltellata al cuore.
 
“Sono venuta ad ucciderti.”
 
“L’hai fatto.”
 
Elyza non incrociò il suo sguardo.
 
“Dopo mi sono uccisa.”
 
L’aveva pugnalata al cuore
 
Alicia si spostò più vicina a lei, mettendo le gambe attorno ai fianchi di Elyza e a cavalcioni su di lei.
 
La baciò distrattamente e le ricordò che stavano vivendo il presente.
 
“Leesh?”
 
Alicia le sbadigliò sul collo e mormorò qualcosa che sembrò moltissimo a “Sha?”.
 
Elyza si mise a ridere e inclinò la testa, punzecchiando il mento di Alicia con due dita.
 
Quando il verde incontrò il blu, Elyza sorrise.
 
“Ti amo.” sussurrò. “Così. Fottutamente. Tanto.”
 
Alicia rise e si rannicchiò più vicino a lei.
 
“Penso che un po’ me l’ero immaginato.” sospirò, facendo urtare il naso contro quello della bionda, per poi avvicinarsi per un altro bacio.
 
“Anch’io ti amo.” disse poi, ridendo sommessamente.
 
E Elyza pianse di nuovo, perché erano passate decine di anni dall’ultima volta che aveva sentito quelle parole.
 
Erano passate decine di anni dall’ultima volta che aveva sentito la sua risata.
 
*
 
“Alza quel culo pigro.”
 
Alicia sbuffò e si tirò il lenzuolo sopra la testa.
 
Elyza emise un borbottìo di incredulità, incrociando le braccia sul petto.
 
“Sei proprio una ragazzina viziata.”
 
Sentì Alicia trattenere il respiro sotto al lenzuolo e sogghignare.
 
“Non lo sono.” giunse la protesta soffocata.
 
Elyza tirò fuori i suoi pantaloni di cuoio da sotto il divano e li indossò, cercando nel soggiorno il suo reggiseno sportivo.
 
“Lo sei, Alicia Clark. Adesso alzati, cazzo. Sai che non possiamo restare qui.” le chiese, inginocchiandosi e strisciando sotto il tavolo per recuperare i suoi vestiti. Come avesse fatto Alicia a buttarli lì era un mistero.
 
Quando si rialzò sentì due mani premere sui suoi fianchi che la obbligarono a voltarsi.
 
Alicia, ancora completamente nuda, intrappolò le sue labbra in un bacio acceso mentre le sue dita scivolarono sul davanti dei suoi pantaloni.
 
“Potremmo morire domani.” sottolineò Alicia, mentre conduceva la sua mano dentro gli slip della ragazza.
 
Elyza non provò nemmeno a protestare.
 
Il suo corpo tremò e s’inarcò contro le dita di Alicia quando lei la spinse contro il tavolo e la pretese.
 
 
“Okay, adesso dobbiamo veramente andare.”
 
Alicia annuì, infilando la sua biancheria intima e gli shorts.
 
“Dobbiamo trovare la mia famiglia.” mormorò senza pensare.
 
Elyza si bloccò con una mano nello zaino e corrugò la fronte.
 
“Uh. Giusto. Hai una famiglia.”
 
Alicia sollevò lentamente la testa, con un’espressione confusa sul viso.
 
“Sì. Ho una famiglia.”
 
I loro occhi si incontrarono ed Elyza le rivolse un sorriso di comprensione. Le loro menti avevano i ricordi di innumerevoli vite, le loro anime avevano vissuto molte esperienze e avevano un legame con molte altre persone.
 
Quando si erano baciate, ogni cosa si era ricomposta.
 
Ma naturalmente, per qualcuno che era abituato e obbligato a vivere in quel modo, era anche difficile prendere atto del fatto che avrebbero sempre avuto famiglie e amici che non sarebbero mai stati in grado di reincarnarsi come loro.
 
Alicia finì di vestirsi senza dire un’altra parola, persa nei suoi pensieri, ed Elyza la lasciò stare, sapendo quanto fosse difficile per lei mettere insieme ogni pezzo.
 
Sarebbero sempre state Lexa e Clarke, e Laura e Amy, e molte, molte altre.
 
Avrebbero sempre ricordato.
 
Ma adesso erano Alicia ed Elyza.
 
E avevano bisogno di sopravvivere come tali.
 
*
 
Quando Elyza sparì nel bagno per finire di prepararsi, Alicia sospirò e si appoggiò al tavolo, sfregando i palmi delle mani sugli occhi per cercare di attenuare il mal di testa martellante che aveva iniziato a formicolare dal momento in cui si era ricordata della sua famiglia in questa vita.
 
Soffocò uno sbadiglio e sorrise, conoscendo il motivo per cui era così stanca.
 
La ragione era la bionda sfacciata che era appena tornata dal bagno togliendole letteralmente il fiato.
 
“Cosa?”
 
Quando vide l’espressione di Alicia, Elyza inarcò un sopracciglio.
 
La bruna aprì e chiuse la bocca un paio di volte prima di schiarirsi la voce e fare un passo avanti per prendere fra le mani il volto di Elyza.
 
“La pittura di guerra.”
 
Elyza sbattè le palpebre, la consapevolezza comparve sul suo viso.
 
“Oh.”
 
Si toccò le guance e guardò la polvere nera sulle sue dita.
 
“L’ho-fatto senza rendermene conto.” mormorò, aggrottando le sopracciglia. “Credo di averla presa come un’abit…”
 
Alicia deglutì e scosse brevemente la testa.
 
“Non è...” mormorò. “E’ solo… Hai usato il mio disegno.”
 
Lo sguardo di Elyza si ammorbidì e la ragazza annuì. Si avvicinò per appoggiare la fronte contro quella di Alicia.
 
“Ho iniziato ad usarlo dopo la tua morte.” confessò. “Mi faceva sentire…”
 
S’interruppe, cercando di trovare la parola giusta.
 
“Sicura?” suggerì Alicia.
 
Elyza annuì, poi scosse la testa, e annuì nuovamente.
 
“Si’, anche quello ma…”
 
Scrollò le spalle, distogliendo lo sguardo.
 
“Era tua. Eri tu. Era soltanto un modo per tenerti con me.”
 
Alicia premette insieme le labbra e chiuse gli occhi, avvolgendo le braccia attorno al collo di Elyza. Rimasero così per diversi minuti, avvolte semplicemente in un confortevole abbraccio.
 
“Sono qui.” mormorò infine Alicia. “Sono qui.”
 
*
 
Ripresero a camminare nuovamente verso la cima della collina, senza incontrare nessun vagante per ore.
Non si fermarono a riposare, continuarono ad andare avanti per recuperare il tempo che avevano trascorso nella casa quella mattina.
 
Quando riuscirono a raggiungere la cima, Alicia si sedette proprio in mezzo alla strada e sbuffò per la stanchezza, facendo ridacchiare Elyza.
 
“Sei fuori forma, Comandante.”
 
Alicia le lanciò un’occhiataccia.
 
“Shop of.” mormorò, facendo ridere ancora di più Elyza, che si stava voltando per esaminare lo spazio che le circondava.
 
“Vedo la spiaggia da qui.” le comunicò dopo un paio di minuti di silenziosa osservazione. “Ma non vedo nessuna barca.”
 
“Merda.”
 
Elyza si lasciò cadere a terra vicino alla bruna, con il fucile fra le mani.
 
“Sei sicura che non ti abbiano creduta morta?”
 
La prima risposta di Alicia avrebbe dovuto essere un “No” diretto, ma quando incontrò lo sguardo preoccupato di Elyza, si ritrovò a sospirare e scrollare le spalle. Non lo sapeva.
 
Sapeva che sua madre e suo fratello – e probabilmente Travis – non avrebbero lasciato che gli altri  si spostassero senza di lei, ma dopotutto erano nel mezzo della fine del mondo. Non poteva sapere cosa avrebbe deciso la sua famiglia.
 
Si avvicinò e mise la testa sulla spalla di Elyza, pensando.
 
Sapeva che sarebbe stata una sua decisione. Sapeva che Elyza non l’avrebbe lasciata e sapeva che stava solo aspettando che lei decidesse cosa fare.
 
“Cerchiamo un posto dove stare per la notte” disse infine, sospirando alla sensazione delle dita di Elyza fra i suoi capelli. “Hanno sempre cambiato posto durante la notte. Forse li vedremo domattina. Comunque dovremmo dirigerci verso l’acqua”. 
 
Elyza annuì.
 
“E se li vediamo? Come facciamo ad essere sicure che non se ne saranno andati quando arriveremo lì?” chiese.
 
Alicia scrollò nuovamente le spalle ed Elyza annuì di nuovo. “Ci inventeremo qualcosa.”
 
Rimasero in silenzio per un po’ di tempo, durante il quale Elyza riuscì a passare un braccio attorno alla spalla di Alicia.
 
“Mi manca un po’ mio fratello.”
 
Questo fece sorridere Elyza, che stampò un bacio sulla testa della sua anima gemella.
 
“Parlami di lui.”
 
Alicia lo fece.
 
Raccontò ad Elyza del suo fratello svitato, del suo fratello drogato, del suo fratello attento, affettuoso, protettivo, che avrebbe fatto a pezzi il mondo per lei.
 
Raccontò ad Elyza del crescere con lui, di tutte le lotte e i drammi e di come lei non voleva mai perdonarlo ogni volta che spariva, ma di come finiva sempre per abbracciarlo e ridere con lui della loro incasinata famiglia.
 
Disse ad Elyza quanto lui le mancasse, quanto le mancava sua mamma.
 
Ed Elyza la ascoltò e in lei riconobbe Lexa, ma iniziò anche a conoscere un po’ di più di Alicia.
 
Alicia, che era rimasta lei, ma che era una persona completamente nuova che stava imparando ad amare in un modo nuovo.
 
Si baciarono lentamente e delicatamente mentre guardavano il tramonto, per poi raccogliere le proprie cose e dirigersi verso la prima casa che trovarono.
 
Controllarono ogni stanza e fecero una doccia
 
affatto
 
insieme.
 
Cenarono.
 
assolutamente non senza litigare come ragazzine solo per avere una scusa per mettersi a tacere con un bacio.
 
Si adagiarono sul divano e fecero di nuovo l’amore, stavolta non ci furono parole tra loro.
 
Infine si addormentarono.
 
decisamente non senza un paio di “Ti amo” come buonanotte
 

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