Mercy & Pharah - Un amore sul campo di battaglia.

di BlackBeast
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incontro. ***
Capitolo 2: *** La prima volta con Overwatch. ***
Capitolo 3: *** Gelosia. ***



Capitolo 1
*** Incontro. ***


Mercy.

Sembrava una mattina come tante altre, sveglia presto, doccia e subito in mensa a bere un caffè, giusto per essere più sveglia in caso di emergenza.

Stavo sorseggiando l’amara bevanda osservando Tracer che già di prima mattina si teletrasportava per tutta la stanza infastidendo il povero gorilla occhialuto più che paziente con lei; a un tratto un imprecazione attirò la mia attenzione facendomi sollevare lo sguardo cercando di capire chi avesse urlato pochi secondi prima, quasi istintivamente guardammo tutti il povero Jack che subito, con un cenno della testa, negò di essere stato lui.

Decisi di affacciarmi fuori dalla porta della mensa notando poco distante una ragazza accasciata al muro, completamente imbrattato di sangue, che veniva sollevata da alcuni assistenti. Chi era?

Velocemente mi avvicinai a loro lasciando la tazza a terra andando a guardare in che condizioni riversava la donna, sembrava molto mal concia ma non così tanto dato che scagliò via uno degli infermieri urlandogli contro di stargli lontano; storsi il naso, andava sedata ma non saremmo mai riusciti ad avvicinarla così tanto per farlo.

Tornai subito in mensa facendo un cenno con la mano a Winston esclamando “Vieni con me! Abbiamo un ferito qui fuori e non riescono a tenerla ferma!”. Mi seguì senza esitare ed appena ebbe a tiro la ragazza, che aveva appena lanciato via un altro assistente, la caricò sbattendola rovinosamente al muro “N-non era di certo questo che intendevo … Ah, va bene così, meglio di niente …” sospirai passandomi una mano nei capelli.

Aiutai i due ragazzi a rialzarsi mentre il corridoio si riempiva di vociferare e di persone incuriosite per quello che era appena successo. Lanciai un altro sospiro avvicinandomi alla donna dalla pelle scura guardandola bene in viso, inginocchiandomi davanti a lei, per poi spostargli i capelli dal volto rabbrividendo “Questa … è la figlia di Amari” ci fu il silenzio, perché era lì? Di certo non cercava la madre, era anche solo stupido pensarci. Mi chinai leggermente passandomi il suo braccio dietro al collo tirandola su con un piccolo aiuto di Jack a cui sorrisi dirigendomi poi verso il mio studio, avrei avuto molto da fare con quella donna.

Lasciai la ragazza sul lettino prendendo immediatamente dalla mia scrivania lo stetoscopio per sentire il suo battito; le alzai la maglietta logora e posai il dischetto metallico dello strumento sul petto chiudendo gli occhi ascoltando il suo cuore, forse un po’ debole ma niente di grave, probabilmente aveva preso un brutto colpo in battaglia. Ora restava solo un dubbio, cosa ci faceva lì? Da quello che sapevo non era parte dell’organizzazione.

Immersa dai miei pensieri mi avvicinai alla mobile contenente ogni tipo di medicinale o garza prendendo del disinfettante, ago con filo ed alcune bende ma qualcosa andò storto. Troppo tardi mi accorsi che la figlia di Amari era sparita e nemmeno ebbi tempo di elaborare la situazione che mi ritrovai con un braccio intorno al collo che mi stringeva, mi voleva soffocare.

Presa dal panico iniziai a tastare ogni angolo della mobilia che riuscivo a raggiungere afferrando con fatica un paio di forbici che piantai nella gamba della ragazza, od almeno ci provai “Tu hai …” mormorai senza fiato. “Già, gambe bioniche.” rispose con voce tranquilla. “ … T-ti pre … go.” battei con foga le mani su braccio che mi stava strozzando cercando di toglierlo dal mio collo. Finalmente mi lasciò facendomi cadere a terra giusto qualche secondo prima che svenissi; alzai lo guardo verso di lei che se ne stava lì, impassibile, a guardarmi dritta negli occhi “ Non mi piacciono i dottori.” ringhiò tenendosi la ferita che ancora grondava sangue.

Mi tremavano le mani per lo spavento ma il mio “istinto di dottore” mi imponeva di aiutarla, anche perché era la figlia di una vecchia compagna di squadra; mi alzai lentamente afferrando un panno da un tavolinetto di ferro sentendo il suo sguardo su di me, mi agitava “… Stai … Stai ferma e basta.” dissi quasi come una supplica. “… Sbrigati se proprio devi, dottoressa.”. Subito le tolsi la mano dalla ferita che copriva tamponandola con quel pezzo di stoffa.

Guardavo intensamente la ragazza, addirittura distolse lo sguardo “Vatti a sedere per favore e mi raccomando tieni stretta la ferita sotto il panno, ti medico e puoi andare.” mi sbrigai a compiere il mio lavoro, dovevo ammettere che avevo una paura tremenda di una sua reazione ad ogni rantolo.

Finito di medicare la ragazza pulì la sua ferita con molta cura alzandomi poi dalla sedia che avevo posizionato davanti a lei tirando un lungo sospiro mentre mi passavo la mano sul collo molto arrossato, faceva male se dovevo essere onesta “Grazie, anche se non ce ne era bisogno.” mi stupirono quelle parole, non che un suo grazie cambiasse quello successo poco prima. “Sai, è il mio lavoro, Fareeha.”. “Come … Chi diavolo sei bionda?” chiese avvicinandosi. “Piombi qui nel nostro rifugio e poi cerchi di ammazzarmi, credi veramente di essere nella posizione di fare domande?!” urlai furiosa. “Vedi di startene buona od io … io … Beh ti faccio sbattere fuori a calci in culo!” battei il pugno sulla scrivania smuovendo qualche oggetto posto su quest’ultima. Sentii la porta aprirsi, era Winston “Angela aspetta, è una di noi.”. Ero su tutte le furie, cosa era, una giustificazione? Stavo per sbraitare anche a lui ma, con molta calma, decisi di contare fino a dieci chiudendo gli occhi riaprendoli poco dopo fulminando il gorilla e la ragazza che si accingeva a rimettersi la maglietta stracciata.

Erano solo le due di pomeriggio, avevo appena finito di pranzare nel mio studio in compagnia dell’egiziana dato che le sue condizioni non le permettevano di muoversi più di tanto quindi se ne stava lì, seduta a gambe incrociate sul lettino mentre guardava con sguardo leggermente disgustato le foto della madre, evidentemente non le andava proprio a genio; presi un sorso d’acqua dalla bottiglietta poggiata sulla scrivania sentendo poi l’altra rantolare qualcosa “Ti fa male qualcosa?” chiesi alzandomi dalla sedia. “No, è che … credevo di aver perso questa foto ma invece a quanto pare Ana l’ha lasciata a te, scelta di pessimo gusto.” sibilò tirando via quella foto di lei da piccola. Inarcai un sopracciglio raccogliendola tornando ad osservarla, non potevo credere che quella davanti a me fosse la figlia di Amari; ricordavo chiaramente quella bambina che scorrazzava per tutta la base giocando, un po’ con tutti, a fare gli eroi. Feci un respiro profondo avvicinandomi a lei mettendo lo sgabello di fronte a Fareeha “E così finalmente fai parte della nostra squadra, tu madre sarebbe orgogliosa.” mi guardò con disprezzo. Abbassò lo sguardo porgendomi le foto poggiando poi la schiena sul muro tirando un lungo sospiro. “Non sono qui per l’orgoglio di qualcuno, io mi guadagno il rispetto e l’onore perché sono quelle le cose che voglio e come vedi sono molto determinata.” forse era fin troppo determinata.

La guardai scendere con calma dal lettino dirigendosi verso la porta d’acciaio “Ti dispiacerebbe mostrarmi la mia stanza? Ho paura di perdermi.” mi disse sorridendo, mi fece arrossire, e poi … come potevo dirle di no?

Mi tolsi il camice lasciandolo sull’appendi abiti uscendo dalla stanza accennando un sorriso all’altra facendole cenno con la testa di seguirmi, sembrava quasi come se la ragazza fosse quella di una volta, quella piccola bambina a cui disegnavo in volto lo stesso segno della madre o compravo dolcetti. Scesi le scale, guardando di tanto in tanto dietro di me per accertarmi che mi stesse seguendo, zoppicando ovviamente.

Mi fermai davanti al numero di stanza che mi disse lei accennandole ancora un sorriso prendendo dalla sua mano le piccole chiavi aprendo poi la porta guardando all’interno accendendo subito la luce, le avevano dato una stanza minuscola oppure se la era scelta lei? La feci passare guardando come si lasciò subito cadere sul letto tirando un sospiro rilassato, davvero non riuscivo a capire se sentiva dolore o no. Mi avvicinai con calma sedendomi sul letto non staccando mai lo sguardo da lei, non riuscivo proprio capire cosa mi attraeva di quella donna che poche ore prima aveva cercato di ammazzarmi “Tu conosci mia madre ed il mio nome, quindi mi viene spontaneo chiederti … Ci conosciamo?”. Rimasi un attimo perplessa, adesso voleva anche un dialogo? Sistemandomi la gonna nera aprii bocca “Si, lavoravo con tua madre quando Overwatch fu fondata molti anni fa, delle volte ci siamo viste ma si parla di quando avevi una quindicina d’anni … In realtà mi stupisce un po’ che non ricordi nulla, abbiamo passato qualche anno insieme alla fine. Si vede che il tempo trascorso qui non deve essere stato rilevante per te.” mormorai quest’ultima frase, quasi non volendomi far sentire dall’altra.

Mentre l’altra si accennò a rispondere alla nostra, appena iniziata, chiacchierata la sua voce fu sovrastata dal rumore assordante della sirena, il dovere chiamava. Mi alzai in fretta dal letto correndo ad indossare la mia tuta venendo fermata al volo dalla ragazza che mi prese per il braccio “Posso venire anch’io, ho la corazza leggermente danneggiata ma posso aiut-” la interruppi mettendo la mano sulla sua togliendomela dal braccio mostrando uno sguardo serio “No, sei ferita, zoppichi, vedi di dormire ora.” aggiunsi spingendola leggermente sul letto obbligandola a sedersi.

Subito le diedi le spalle correndo fuori dalla stanza, dovevo prepararmi per il campo di battaglia.

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Capitolo 2
*** La prima volta con Overwatch. ***


Pharah.
 
Mi svegliai alle prime luci del mattino, alzai leggermente il busto lamentandomi a causa dei dolori della ferita, il bruciore mi faceva impazzire, era di un fastidio unico; scesi dal letto guardando fuori dalla finestra, era tutto nuvoloso ma quel poco sole che c’era mi aveva svegliato lo stesso. Guardai l’orologio, era quasi ora di pranzo e così decisi ad uscire dalla stanza per andare a mettere qualcosa sotto i denti.
Andai in bagno guardandomi allo specchio notando delle brutte occhiaie profonde, quella di ieri era la mia prima buona dormita dopo molti giorni; mi buttai subito in doccia lavandomi a lungo, come se quell’acqua lavasse via tutti i miei pensieri. Quando finii mi sbrigai a vestire con le prime cose che trovai nel mio borsone che era stato portato li da qualche assistente la sera prima, per colpa della mia ferita l’avevo abbandonato all’entrata insieme ad un altro che avevo messo sotto il letto.
Mi fermai davanti alla porta della mensa, sentivo chiaramente le voci degli altri tra cui, di rado, quella della dottoressa. Aprii la porta venendo subito sommersa dagli sguardi altrui che mi fecero girare la testa; subito mi diressi a prendere un vassoio con fare molto scazzato, che avevano da guardare? Prima che potessi afferrare l’oggetto mi si parò davanti quella dannata bionda “Buongiorno Fareeha, vedo che ti sei alzata con la luna storta.” sorrise. “Buongiorno …” sbuffai passando oltre la donna. Presi il vassoio iniziando a prendermi da mangiare girando leggermente lo sguardo per vedere se ancora era dietro di me, notai che mi stava praticamente seguendo. Andandomi a sedere scelsi il tavolino all’angolo, volevo solo starmene da sola in salta pace ma a quanto pare era chiedere troppo “Nuova arrivata eh? Ieri ti ho vista nel corridoio!”. Quel suo cazzo di accento inglese era fastidioso e non riusciva a stare ferma un attimo, si spostava da ogni parte della stanza. Tenei lo sguardo sul mio pranzo annuendo alla sua domanda mentre iniziavo a mangiare cercando di ignorare il suo parlare all’infinito; tirai un sospiro quando finalmente smise di assillarmi dato che non rispondevo.
Mi stavo godendo il pranzo quando Angela si mise accanto a me mettendomi una mano sulla spalla, gesto che mi fece sobbalzare rovesciandomi addosso un po’ d’acqua “Che vuoi?” chiesi schiva. “Voglio solo sedermi qui e sapere come va con la ferita”. “Brucia un po’, ma è sopportabile.” risposi mentre mi alzai dal tavolino andando a posare il vassoio sporco sopra agli altri. “Sei sempre così scontrosa?” mi chiese, Dio che fastidio. “Si, soprattutto con i dottori impiccioni, sto bene, hai fatto il tuo lavoro, non ho bisogno di altro.”. Ci fu un attimo di silenzio tra me e lei, mi grattai il mento guardandola dritta negli occhi, mi stava fulminando con lo sguardo. Inutile dire che le scuse uscirono da sole dalla bocca, quei suoi occhi cristallini riuscivano a mettermi in soggezioni come se nulla fosse, assurdo, nemmeno i miei superiori avevano questo effetto su me. Quella donna era strana, ora era tornata a sorridere come al solito “Vedi che con le buone maniere è tutto più semplice?”. Annuii lentamente, mordendomi il labbro; quando alzai il viso mi fece cenno di seguirla, che voleva ancora?
Uscimmo dalla stanza, la seguivo a testa bassa passandomi ogni tanto la mano sul collo, volevo parlare, forse volevo solo darle delle scuse sincere e non tirate fuori per sembrare buona; ancora una volta mi morsi il labbro, più forte di prima “Angela, da dove prendi questa pazienza?” chiesi fermandomi. “Sono una dottoressa, se non avessi il controllo di me stessa come potrei fare il mio lavoro?” rispose con voce pacata. Entrammo nella sua stanza, era completamente bianca e piena di foto, tra queste scorsi anche alcune mie; mi prese improvvisamente la mano distraendomi dai miei pensieri, arrossii per quel suo gesto guardando le nostre mani “C-che fai?” chiesi balbettando. “Sto usando le buone maniere, mi faresti il favore di sederti?”. 
 

Mi girava la testa, sentivo che le gambe mi sarebbero cedute da un momento all’altro, forse era proprio quella sensazione che mi spinse ad ubbidire come un cagnolino ammaestrato; lasciai andare la sua mano stringendo i pugni, ma si divertiva?  “Su bambinona, fammi vedere la ferita.”. Annuii, non mi andava di parlare dato che sapevo benissimo che avrei iniziato a balbettare come un idiota, mi tolsi la maglietta stando ben dritta con il busto in modo che lei potesse guardarmi per bene, chiusi gli occhi rilassandomi “Ieri non ho potuto chiedertelo, ma chi sarebbe la figura che hai tatuata sulle schiena?” mi chiese mentre mi stava disinfettando la ferita. “Lei è Sekhmet, la dea egizia della guerra.”.  “Ti va di raccontarmi di lei? Qui avrò un po’ da fare ...” disse accennando un sorriso. “Non c’è molto da dire … Era una dea davvero temuta, riusciva a spazzare via in pochi minuti un intero esercito, beveva il sangue dalle sue vittime e secondo alcuni era stata creata per essere un mero strumento di vendetta di Ra … Alcuni scritti raccontano che era anche la protettrice dei medici.” notai subito che il suo sguardo si era alzato nella mia direzione, di sicuro lo aveva preso per uno scherzo “Un giorno però venne trasformata nella dea dell’amore a causa della sua pericolosità, stava sterminando il genere umano.” aggiunsi sperando che l’altra riprendesse a fare il suo lavoro invece di guardarmi. Mi mossi di scatto quando sentii l’ago bucarmi la pelle, feci un rantolio stringendo i denti “F-fai piano…” mormorai. Annuì velocemente mentre si sbrigava a fare il suo lavoro.

Tagliato il filo mi passò la maglietta che misi mentre la guardavo mettere a posto tutto. Tornò andandosi a sedere davanti a me sulla sua sedia, mi guardava dritta negli occhi, un po’ mi dava fastidio essere fissata da lei ma dato che lo faceva spesso neanche davo peso a ciò; scesi dal mobile andandomene verso la porta, la aprii ma subito mi fermai “Più vengo a farmi dare un’altra controllatina se non ti dispiace, doc.”. “Oh, non mi dispiacerà affatto.”. Mi grattai nervosamente la mascella uscendo di tutta fretta di lì chiudendo la porta, ma ce la faceva a non parlarmi con quel tono di voce?

Andai a distendermi su letto appena fui in camera, chiusi gli occhi lasciandomi ai miei pensieri, subito mi venne in mente quello che mi era successo  ieri.

Stavo tornando da una spedizione per conto dell’esercito egiziano che si era organizzato con Overwatch, avevamo appena fermato uno scambio di armi, per lo più erano bombe; stavo camminando accanto al furgone che portava la merce quando  saltò tutto in aria. Da quello che mi dissero i soccorsi erano quasi tutti morti mentre io avevo rischiato di brutto, avevo un pezzo di ferro incastrato nello stomaco; inutile dire che non fu facile per i medici  rimuovermi quel corpo estraneo mentre si dirigevano alla base.

Stiracchiandomi leggermente mi alzai andando ad aprire il borsone che stava accanto all’armadio; presi il pc andandomi a sedere alla scrivania ed appena lo accesi iniziai a scrivere, come al solito, un resoconto sulle mie giornate, era un dovere obbligatorio per gli agenti “speciali” in modo che potessimo tenere aggiornati i nostri superiori. Impiegai quasi un’ora  a scrivere cosa avevo fatto cercando di non perdermi in stupidi dettagli come, ad esempio,  le interazioni con i vari membri della squadra.

Finito di scrivere spensi il pc guardandomi in torno, erano solo le tre ma ero stanca morta così decisi di rimettermi a letto per riposare.

Mi risvegliai poche ore dopo, costretta ad alzarmi per l’ennesima volta dal letto trascinandomi per la stanza dirigendomi verso la porta.

Camminai con calma verso la stanza della dottoressa, c’era un silenzio di tomba, che se ne fossero andati tutti un'altra volta? Mi fermai davanti alla porta chiusa, esitai a bussare, sentivo chiaramente delle voci, con chi stava parlando? Rideva con qualcuno ma non riuscivo proprio a chi fosse l’altra persona. Aspettai che finirono, finalmente la porta si aprì e guardai il vecchio Jack andarsene via di lì “Salve, Fareeha.”. “Ciao Jack.” gli rivolsi un sorriso che si spense subito, che cazzo aveva sul collo, rossetto? Mi venne un forte bruciore allo stomaco, non riuscivo a spiegarmelo ma ero dannatamente furiosa per quello che avevo appena visto. Di fretta entrai nello studio e subito mi venne un forte conato di vomito, quella si stava allacciando il camice; poco dopo si accorse di me, mi sorrise ed io la rimasi a guardare come un idiota, ma che dovevo dire?

Si avvicinò ancora di più a me, mi dava un tremendo fastidio guardarla “Ehi, pensavo che non saresti venuta.” . Girai lo sguardo “Mi ero addormentata … spero di non avervi disturbato.” mi allontanai leggermente da lei andandomi a poggiare al muro con la schiena. Alzai lo sguardo, non mi rispose ma quel silenzio mi bastava per capire che di certo l’uomo non era andato li per un semplice controllo; strinsi le spalle continuandola a fissare, probabilmente in quel momento stava solo cercando una scusa; i secondi che pasarono sembravano infiniti, quando aprì bocca mi venne da riderle in faccia “D-disturbato? Oh … no no … aveva bisogno di un controllo.”. “Si, al cazzo.” quelle parole uscirono da sole. Sgranai gli occhi quando mi resi conto di quello che avevo comprendoni  la bocca, avevo appena fatto una stronzata. L’altra si passò una mano nei capelli tirando un lungo sospiro,  alzò lo sguardo guardandomi dritta negli occhi ed il mio dispiacere si sostituì al disprezzo “Torno in camera mia, se non dispiace.” mormorai. Feci per andarmene ma l’altra chiuse la porta poggiandosi ad essa “Hai qualche problema, Fareeha?”. “No, puoi fare ciò che vuoi, ma almeno abbi la decenza di coprirti.” presi la scollatura della sua maglia alzandola. “Oh no, tu hai qualche cosa che non va, ti si legge in faccia … ti conosco, ragazzina.”. Mi fece andare il sangue alla testa “Pensi che perché sei sparita  per quasi venti anni non mi ricordo più come sei fatta? Mi hai preso per stupida?” aggiunse prendendomi per il colletto facendomi abbassare. “Smettila, non mi conosci.” ringhiai. “Ah no? Scommettiamo?.” sorrise beffarda. Crucciai lo sguardo ancora di più continuandola a guardare, tanto era inutile ribattere, forse quella donna mi conosceva meglio di mia madre.

Nonostante il giorno prima avessi fatto finta di non ricordarmi di lei avevo passato tutta la mia infanzia e parte dell’adolescenza dentro a quelle mura in compagnia della bionda, era stata più presente di mia madre alla fine.

Sospirai posando la fronte sulla sua, sono certa che non se l’aspettava, infatti mi lascio la maglietta ma non si allontanò “Sei gelosa.” sussurrò. Dio, era così palese? Brontolai allontanandomi da lei ma subito mi tirò a se mettendomi spalle a muro “Cosa vuoi?” chiesi distogliendo lo sguardo. “Io niente, tu che vuoi, di certo vorrai dirmi qualcosa perché non credo che tieni sempre questa faccia da schiaffi.”. Come mi innervosiva “Beh sai, niente di che, ma non sapevo che ti piacessero i vecchi.” sorrisi. Vidi uno schiaffo che mi stava per arrivare quando l’allarme suonò, a pochi centimetri dal mio viso si fermò togliendosi da me “Vatti a preparare, almeno vedremmo se questo bel faccino sa fare qualcosa oltre a rispondere male.”.

In poco meno di mezz’ora erano già tutti pronti, mancavo solo io. Entrai nell’hangar venendo subito adocchiata dalla bionda che ignorai entrando sulla prima camionetta che mi capitò; appena fui seduta al mio fianco apparve l’inglese di prima che poggiò il mento sulla mia spalla ridacchiando “Oh oh, che bell’armatura, tutta lucida.” ridacchiò teletrasportandosi in continuazione, che fastidio “Comunque, sai cosa stiamo andando a fare?” aggiunse. “No, mi sono subito infilata dentro senza aver ascoltato il discorso …” ammisi. La ascoltai parlare, era in corso un attentato, alcuni  ostaggi di età adulta erano bloccati nei piani inferiori mentre alcuni erano già stati fatti fuori. Storsi il naso, erano morti senza apparente motivo da come diceva Tracer.

Quasi un ora dopo arrivammo al punto disegnato ed appena la camionetta si fermò scesi seguendo la ragazza castana; ci riunimmo tutti quanti per discutere sulla tattica da usare per irrompere nell’edificio, Soldato stava dando ordini a tutti fino a quando non toccò a me “Allora, Pharah, tu entrerai dai piani superiori dato che probabilmente abbiamo agenti di Talon li dentro, quindi ci potrebbe essere il cecchino WidowMaker lì, fai attenzione. Io e Tracer attireremmo la sua attenzione.” mi diede una pacca sulla spalla. Annuii coprendomi il viso con la visiera dorata, diedi una veloce occhiata in torno, non vedevo la dottoressa, che fosse da un'altra parte? Scossi la testa, dovevo concentrarmi. Ci mettemmo tutti in posizione ma a quanto pare qualcuno ci stava osservando, mi arrivò un proiettile dritto sulla spalla che scalfì l’armatura, era un palese colpo d’avvertimento.

Presi un po’ di rincorsa alzandomi poi in volo sperando che quel cecchino continuasse a sparare su di me, per un po’ fece così, diedi il tempo agli altri di avvicinarsi ma il nemico spostò il fuoco su Tracer e Soldato che rimasero bloccati dietro alcune coperture. Imbracciando l’arma decisi di sparare un colpo in direzione del cecchino sperando di prenderlo ma non ci riuscii “Pharah, raggiungi il tetto e fai irruzione, sta arrivando Mercy dietro di te, Zarya vi seguirà da terra! Passo e chiudo.” mi disse 76 via radio. Abbassai lo sguardo verso terra vedendo un energumeno dai capelli rosa correre verso il palazzo, cercai di andare alla sua stessa velocità per non perderla di vista; pochi attimi dopo sentii qualcuno arrivare da dietro, anche in missione mi toccava vederla, ci avrei dovuto fare l’abitudine. Le feci cenno di seguirmi mentre mi dirigevo verso il tetto.

Atterrammo su di esso aprendoci subito una breccia con il mio fucile, all’interno c’era silenzio, metteva quasi ansia “Ragazze, sono entrata dal balcone del secondo piano, vi raggiungo? Passo.” chiese Zarya. “No, aspettaci lì, occhi aperti. Arriviamo. Passo e chiudo … Mercy, dietro di me.” dissi con voce ferma. La bionda annuii iniziandomi a seguire cauta, per ora non dovevamo iniziare un conflitto diretto.

Scendemmo le scale lentamente ma quando sentii rumore di passi nascosi dietro di me l’altra pronta a sparare, stavo iniziando a sudare. I passi si fecero sempre più vicini, ora mai il nemico era dietro l’angolo e se avessi sparato ci avrebbero sentito subito; strinsi i denti imbracciando saldamente l’arma, misi il dito sul grilletto e poco prima di premerlo dall’angolo spunto la nostra compagna facendomi tirare un sospiro di sollievo “Ti avevo detto di aspettare.”. “Lo so Pharah ma sotto è pieno di nemici, mi avrebbero trovata, non sono piccola come Mercy che si nasconde dietro di te.”. “Non sono piccola.” mormorò l’altra. “Potete parlarne dopo? Scendiamo e basta, vai prima tu Zarya.” guardai male la donna dietro di me, ogni scusa era buona per parlare. Mi spinse leggermente via, prima si lascia proteggere e poi mi scansa? Quanti ceffoni gli avrei voluto dare.

Scese le scale sentimmo una voce femminile impartire ordini, che fosse il cecchino di cui mi parlarono? Ci accostammo alla porta della stanza e, con dei gesti militari, indicai a Zarya di fare irruzione nella stanza; con le dita diedi il contro alla rovescia e quando fu tempo la ragazza con i capelli rosa sfondò la porta piombando dentro seguita da me ma appena fummo pronte a sparare ci accorgemmo che la stanza era vuota, dove era finita? Mi guardai in torno dirigendomi verso il balcone “Soldato qui è Pharah che parla, abbiamo fatto irruzione della stanza del cecchino, non ci sono tracce della donna. Passo.”. Feci appena in tempo a finire quella frase che sentii qualcosa stringermi il piede venendo tirata subito via, quella stronza aveva messo qualche trappola, avevo un cavo d’acciaio intorno alla caviglia “Zarya dietro di te!” esclamai a tutta voce. Fu inutile, il nemico era troppo veloce per essere presa, schizzava da una parte all’altra di tutta la stanza.

Mi liberai mentre le mie compagne erano alle prese con WidowMaker e fu in quel momento, che per la prima ed ultima volta probabilmente, fui felice di sentire quello stupido accento inglese "Cheers, love! The cavalry's here!". Quella nanerottola schizzò per tutta la stanza iniziando a sparare senza cura per noi contro quell’altra che rideva quasi soddisfatta, che branco pazzi “Pharah, prendi quelle due e vattene, qui stiamo ballando, non è vero, luv?” disse ridacchiando correndo fuori dalla stanza. Girai gli occhi al cielo “Andiamo, nei piani inferiori, dobbiamo liberare gli ostaggi, prenditi Mercy, io vado da sola.” dissi prima di uscire dal balcone.

Pochi attimi dopo spaccai una vetrata del piano inferiore entrando di colpo, i pochi ostaggi che erano ancora vivi approfittarono la distrazione degli attentatori per scappare; fui riempita di colpi ma la mia armatura resisteva perfettamente perciò iniziai ad eliminare i bersagli venendo aiutata dalla muscolosa ragazza che con pochi gesti scaraventò al muro i pochi ostili rimasti. Tirai su la visiera toccandomi la gobba del naso, pensavo di essermelo rotto con la facciata di prima, in effetti grondava sangue; ringhiai riabbassandomi la protezione “Mercy, Zarya, qualcuno mi riceve? Passo.” gracchiò la radio. “Qui Mercy, abbiamo perso il contatto visivo con WidowMaker e Tracer, credo che si stiano scontrando come al solito, per quanto riguarda gli ostaggi sono fuggiti, come dobbiamo procedere? Passo.”. “Rientrate al convoglio, andremmo noi a recuperare quelle due, passo e chiudo.”

Guardai le altre due per poi passargli accanto “Andiamocene, non voglio stare qui dentro un altro minuto.” brontolai passando sopra ad un cadavere.

Arrivata alle camionette subito mi tolsi il casco andandomene per fatti miei mentre continuavo a toccarmi il naso da cui non potevo respirare dato che era pieno di sangue; mi infilai nel camion con le scorte mediche che era occupato di infermieri intenti a prendersi cura dei feriti, non volendo disturbare presi una sacca di ghiaccio senza dire una parola, non avrebbe fatto molto ma almeno avrebbe potuto fermare il sangue. Uscii di lì dirigendomi verso un punto tranquillo dove stare, trovai un piccolo angolo all’ombra dove mi sedetti a riposare.

Pochi minuti dopo dei rumori di passi mi fecero aprire gli occhi, era la ragazza con i capelli rosa “Aleksandra Zaryanova, piacere di conoscerti.” mi allungò la mano. Strinsi quest’ultima accennando un piccolo sorriso “Fareeha Amari, piacere mio, Aleksandra. Bel lavoro là fuori, c’è poca gente disposta a prendersi così tanti proiettili addosso.”. “Beh è la mia specialità, una come me non può fare altro.” disse ridendo. Sembrava una persona estremamente tranquilla e pacata, anche sul campo di battaglia non si scomponeva; si sedette accanto a me posando quell’enorme cannone che fece un tonfo “Come ti è sembrata la missione? Questa è la prima volta che agisci con noi giusto?”. “Si, è roba nuova per me … comunque è stato interessante, soprattutto il momento in cui mi hanno appeso come un pollo, davvero imbarazzante.”. “Ah ma con WidowMaker non è mai facile, per colpa sua una volta quasi persi un braccio.” sorrise tranquilla. “Io ne so qualcosa.” ridacchiai mostrando la gamba.

Passò quasi una mezz’oretta e tutto il tempo lo passammo a parlare, era interessante chiacchierare con qualcuno che aveva i miei stessi interessi, come la palestra, e valori, alla fine eravamo entrambe entrate nell’esercito per servire e proteggere il nostro paese.

Mi alzai da terra dirigendomi con l’altra verso uno dei camion che ci riportarono a casa, non vedevo l’ora di potermi levare questa dannata armatura sudaticcia.

Appena fummo tornati chi non era potuto venire ci bombardò di domande, non avevo proprio tempo e voglia di stare dietro a quelle persone e così sgusciai via dal gruppo tenendo sempre il viso coperto sotto la visiera del casco che mi ero rimesso. Subito mi chiusi in camera lasciando a terra il casco iniziando poi a togliermi l’armatura che lasciai di fretta a terra andando in bagno guardandomi allo specchio, per ora il sangue si era fermato; tirai su con il naso sentendo tutto il liquido cremisi finirmi in gola, lo sputai nel lavandino imbrattando tutto, era un disastro. Mi ripulii il viso con della carta bagnata notando un profondo taglio sulla gobba del naso, forse non si era rotto. Alzai lo sguardo dal lavandino quando sentii bussare, mi diedi un ultima pulita prima di andare ad aprire, era lei, ancora non si era levata la divisa “Ti serve qualcosa?” chiesi mentre raccoglievo l’armatura da terra. “Alek mi ha detto che ti sei rotta il naso, dovresti farmi vedere.” entrò senza permesso. “Abbordi tutti i tuoi pazienti con questa scusa? Non è rotto, sto bene, tranquilla.”. “La smetti di rispondermi male? Sono libera di fare quello che voglio quindi tu non sei nessuno per giudicare … Stai bene? Ma sei seria hai imbrattato tutta la camionetta e gocciato sangue per il corridoio, vuoi almeno farti aiutare?” mi prese per un braccio. La guardai storto sfilando l’arto dalla sua persa, le diedi le spalle raccogliendo l’ultimo pezzo dell’armatura “Dai, andiamo in infermeria.” dissi prendendo un borsone sotto al letto.

La seguii cercando con tutte le mie forze di non guardarle il culo, era davvero necessario indossare una tuta così attillata? Scossi la testa guardando da tutt’altra parte tirando fuori il primo discorso che mi venne in mente “Alla fine hanno trovato Tracer?”. “Si, come al solito si è fatta scappare” disse facendo le virgolette con le dita “WidowMaker.”. “Aspetta, lo ha fatto apposta?” chiesi confusa. “A quanto pare, si divertono così.” aprì la porta della stanza. Mi sedetti subito sul lettino aprendo il borsone che portavo con me, tirai fuori un cacciavite e il mio altro paio di gambe, quelle che portavo ora erano state progettate proprio per la tuta; iniziai a darmi da fare mentre l’altra mi fissava.

 Si andò a spogliare dentro una stanza tornando poi da me con il suo solito camice “Fammi vedere.” si mise davanti a me. Mi mosse il viso guardandomi per bene, bruciava un po’ ogni volta che mi toccava la ferita con il batuffolo di cotone “Potrebbe rimanere la cicatrice lo sai?”. “Sarebbe solo una cicatrice come le altre.” risposi schiva. “Oh ma andiamo, non dirmi che un soldato come te non elogia le sue ferite di battaglia.” ridacchiò. Mi fece sfuggire un sorriso, aveva ragione, andavo matta per i segni che rimanevano sulla mia pelle “Mh, forse hai ragione.” inarcai un sopracciglio. Prese il mio viso facendolo abbassare leggermente “Chiudi gli occhi.”. Ubbidii. Feci un piccolo scatto quando mi rovesciò sul naso il disinfettante che mi causò un bruciore terribile, asciugò il mio viso con delicatezza “Posso riaprirli?”. “Si, abbiamo finito.”. La guardai rimettere al proprio posto ogni cosa; mi distrassi a rimettere le mie cose nel borsone e quando alzai lo sguardo me la ritrovai più che vicina, mi venne un colpo “Comunque …” mi sussurrò prendendomi il viso “questo è per prima.” mi diede uno schiaffo. Quel gesto mi aveva scombussolato, da dove tirava fuori tutta questa forza? Feci per ribattere ma alla vista di quel sorrisetto soddisfatto lasciai perdere brontolando qualcosa tra me e me.

Scesi dal lettino prendendo il mio borsone dando un’ultima occhiata alla donna che si era seduta per scrive al proprio pc “Grazie.” Uscii dalla stanza.






Angolo dello scrittore:



Volevo prendermi un attimo del vostro tempo per parlavi un po' di cosa vi aspetterà nei prossimi capitoli, vi consiglio di non aspettarvi una storia d'amore che sboccerà subito dato che, come avrete potuto leggere, Angela sembra già essere impegnata ma di questo ne parleremmo più avanti, in oltre le due dovranno ancora affrontare il lato "ostile" di Fareeha che la rende più che bipolare, tranquilli che durerà solo per un paio di capitoli, date tempo alla donna di prendere confidenza.

Detto questo lascio dei piccoli appunti su questo capitolo:



- La storia della dea della guerra è stata presa da internet dato che la ricordavo a stento, se notate errori segnalatemeli.

- Nonostante può sembrare esagerato quando ci si rompe e/o ferisce il naso si sanguina davvero molto, successe anche a me di rompermelo così.

- Gli sbalzi d'umore sono tutta trama, non è un errore o scritto a caso una serie di dialoghi dove si passa dagli insulti alla calma.



Vi chiedo gentilmente di segnalarmi ogni errore, correggerò subito. Grazie della vostra attenzione, alla prossima.


 


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Capitolo 3
*** Gelosia. ***


Mercy.

 

Quella sera non riuscivo proprio a dormire, forse era il caldo oppure erano i fatti accaduti che mi tenevano sveglia, non lo sapevo proprio. Alzandomi dal letto smossi un po’ la canottiera per farmi aria, non ero per niente abituata all’umidità , mi causava un fastidio tremendo.
Girai lo sguardo verso il mio pc, era acceso come al solito, lo fissai per un po’ prima di alzarmi per andare ad usarlo. Mi sistemai l’elastico delle mutande sedendomi sulla sedia che già iniziava a darmi prurito; fissai a lungo lo schermo, stavo ancora decidendo se tornarmene a letto o fare quello per cui mi ero alzata, era davvero giusto? Sapevo bene che avrei potuto chiedere a lei ma quella persona che mi tormentava i pensieri non mi avrebbe lasciato molte possibilità di dialogo, sembrava come se stesse ripudiando tutto quello che era stato il suo rapporto con me. Presi i miei occhiali da vista iniziando poi a cercare informazioni su quella donna impertinente, dove era stata negli ultimi diciassette anni? Sistemandomi i capelli sulle spalle iniziai a leggere nei nostri database tutto quello che trovavo, si accennava vagamente ad una vita da mercenario prima di entrare nell’esercito egiziano. Fareeha come mercenario mi sembrava assurdo, iniziavo a dubitare che la persona in cui si parlava nel resoconto quella fosse persino lei, sua madre non le aveva insegnato a combattere per soldi. Continuando a leggere trovai alcune informazioni  su come aveva perso le gambe, inutile dire che era una cosa che mi interessava tanto. Secondo i rapporti non si sapeva come fosse accaduto, la squadra di mercenari parlava di come avesse calpestato una mina, mentre l’esercito raccontava di un’amputazione dovuta ad un incidente. Non riuscivo a credere a nessuna delle due versioni, sembravano solo scuse e magari lo erano davvero. Finii la boccetta d’acqua prima di alzarmi dalla sedia andandomi ad infilare un paio di pantaloncini; uscii dalla stanza legandomi i capelli, volevo scoprire altro sul suo passato e non mi sarei fermata.
Girai per la base fino ad arrivare alla stanza di Winston, le probabilità che si sarebbe svegliato erano alte ma solo lui aveva accesso a tutte le informazioni che mi servivano. Tirai un lungo respiro prima di abbassare la maniglia sperando con tutta me stessa che la porta non scricchiolasse, per fortuna non lo fece; entrata in camera mi avvicinai subito al computer cercando di non fare rumore.
Iniziai a cercare ciò che m’interessava ma nei database riuscii a trovare solo per quanto tempo fece il mercenario, niente riguardo “l’incidente”, possibile che nessuno sapeva come fosse successo? Anzi, una persona c’era ma era inutile anche solo pensare di chiederglielo.
Uscii dalla stanza silenziosamente tornandomene in camera mia od almeno fu quella la mia intenzione, nel corridoio c’era Jack intento a guardare fuori dalla finestra, a quanto pare nemmeno lui riusciva a dormire “Non hai sonno sta sera? Eppure sei un dormiglione.” mi avvicinai a lui. Poggiai le mani sulla sbarra di ferro dove l’altro era poggiato con l’addome “Questa sera non ho molto sonno, forse non ho più l’età per le missioni, mi scombussolano.” accennò un sorriso tirandomi a se con il braccio. Poggiai la testa sul suo petto chiudendo gli occhi “Certo, se ne sei convinto.” ridacchiai. Sentendo il viso venirmi preso delicatamente girai lo sguardo verso lui che schiacciò le labbra contro le mie, come al solito una risata mi sfuggì, i peli della barba mi hanno sempre fatto il solletico “Ti va di aiutarmi a prendere sonno?”. “Mh, ci sto.”. Mi feci coccolare un po’, mi piaceva quando mi accarezzava i capelli.
Sistemandomi gli occhialetti sul naso lo seguii stando sempre attaccata a lui, lo conosco, so dove vuole andare a parare ma come al solito non mi dispiace affatto.
Arriviamo in camera sua e nemmeno il tempo di chiudermi la porta alle spalle che già inizia, mi bacia, abbraccia, spoglia, sempre la solita storia. Nemmeno un po’ di tatto. Sento di nuovo quella sua barbetta farmi il solletico, era qualcosa a cui non resistivo, mi faceva troppo ridere; approfittai del suo momento di distrazione per spingerlo sul letto e, letteralmente, strappargli via la maglia.
La mattina dopo ero stanca morta, certa di avere due occhiaie pazzesche, sbadigliai girandomi nel letto ma lui non c’era, era la prima volta che mi lasciava sola, fu una cosa che mi diede fastidio; alzandomi guardai verso l’alto controllando l’ora, erano le sette del mattino, questo spiegava la mia incredibile voglia di dormire. Raccolsi i miei vestiti e, dopo essermi rivestita, sgattaiolai via dalla stanza sperando di non essere vista da nessuno.
Di fretta entrai in camera chiudendo a chiave la porta, volevo solo starmene un attimo per me, giusto il tempo di farmi una doccia.
Uscii dalla mia stanza sistemandomi il camice tirando un sonoro sbadiglio tastandomi sotto gli occhi, allo specchio avevo visto chiaramente le occhiaie viola scuro. Dirigendomi verso la mensa incontrai la russa evidentemente più sveglia di me “Buongiorno dottoressa.” mi fece un cenno con la mano. “Sempre fresca come una rosa eh. Ehi ma ti sei già allenata?” chiesi mentre lei iniziava a camminare con me. “Si, mi sono fatta anche la doccia, andiamo in mensa insieme?”. Annuii alla sua proposta.
Entrammo in mensa, ero praticamente appiccicata all’altra a causa del mio sonno, non mi reggevo in piedi “Che faccia brutta che hai questa mattina, doc.”. Allungai la mano verso la tazza di caffè che mi porse, Tracer era sempre schietta “Grazie bambina, molto gentile.” le sorrisi. Mi mettei a sedere al primo tavolo libero che trovai aspettando Zarya; girai lo sguardo notsndo l’egiziana con la testa poggiata sul tavolino “Buongiorno.” le dissi dolcemente. Non sentendo nessuna risposta dall’altra mi ripetei ma ancora niente “Fareeha … ” la chiamai scuotendola leggermente. “Fareeha!”. Si svegliò all’improvviso “Giustizia!” urlò prima di sbattere il ginocchio al tavolo. Scoppiai a ridere insieme a tutti gli altri “Ma che ti passa per la testa?!”. “Oh niente, ma a quanto pare a qualcuno piace ancora urlare giustizia.” le accarezzai la testa. “Ti da fastidio la cosa?” brontolò. “Nah, lo trovo adorabile.”.Tornai a bere il mio caffè quando l’altra si sedette vicino a me tornando con la testa sul tavolino “Questa volta non mi svegliare.”. “Non credevo che allenarsi l’avrebbe stancata così tanto.” disse Zarya sedendosi davanti a me. “Beh, anch’io mi stancherei se dovessi seguire i tuoi esercizi.” sorrisi. Finii la bevanda amara tenendo la mano tra i capelli dell’altra, ora sembrava la bambina di sempre, innocua, dolce; gli feci un’altra carezza prima di alzarmi per posare la tazza vuota vicino alla pila di vassoi sporchi tornando poi al mio posto “Dovresti svegliarti lo sai?”. Guardai come afferrava la mia mano, sentii che la strinse mentre la metteva vicina al suo viso facendomi sorridere “Ancora cinque minuti, sono stanca.” mormorò. Le accarezzai il viso “Puoi anche dormire in camera tua, su, alzati.”. Finalmente si alzò, brontolando, rivolgendomi uno sguardo crucciato a cui risposi con un imitazione.
Me ne tornai in camera seguita dall’altra che se ne stava appoggiata a me di peso, secondo me non era stato l’allenamento a ridurla così; appena aprii la porta la vidi lanciarsi sul letto mandandolo all’aria, che tipetta “Fareeha, ti va di parlare?” chiesi sedendomi accanto a lei. Si sdraiò di fianco afferrandomi ancora una volta la mano posandola sul suo viso scuro “Di cosa, dottore?”. “Di te.” Iniziai ad accarezzarle il viso. “Ah ma non c’è molto da sapere … ma, dato che sei tu, da cosa vuoi iniziare?”. “Andiamoci leggere, come mai sei così stanca?”. “Questa notte non ho dormito, le gambe hanno dato problemi, s’inceppano ogni tanto.” disse stringendomi la mano. “Le tue gambe … come le hai perse?”. La guardai in volto, non sembra volesse parlarne “Le ho perse facendo il mio lavoro, probabilmente te lo chiedi da un po’ eh, ho visto come le guardavi ieri … però non ne riesco a parlare scusami.” mormorò. Sembrava fragile in quel momento, non potevo capire come si sentiva; poggiai la mano proprio dove l’avevo colpita con le forbici “Parlami del tuo lavoro da mercenario.” sorrisi. Evidentemente non se lo aspettava, quella domanda era anche scomoda a mio dire “Beh sai … quando il capitano Amari sparì decisi di andarla a cercare appena ebbi diciotto anni, trovai un uomo con alcune informazioni su di lei ma tutto ha un prezzo, così giurai di servirlo, la storia andò avanti per qualche anno fino a che scelsi di arruolarmi nell’esercito.”. “E cosa hai scoperto riguardo a tua madre?”. Alzandosi andò a poggiare la schiena al muro tenendolo sguardo basso “Che di lei hanno trovato solo il suo fucile … ho già chiesto di farmelo portare dato che è rimasto in caserma, negli ultimi anni sono stata tutto il tempo a curarlo, è l’ultima cosa che mi resta di quella donna.”. “So che non ti piace tua madre, ma sono certa che sarebbe felice di vedere come tu tenga a lei.”. Le stavo per lasciare una carezza sulla testa ma si spostò, era la solita scontrosa, odiavo vederla così “Quella stronza aveva più considerazione di te che di me, forse aveva anche capito che gli correvi dietro.” sibilò.  “Non è vero! Fareeha, eri la sua bambina, so che quando sei cresciuta non c’era molto ma stava cercando di proteggerci, tutti quanti … e te lo ripeto un’altra volta, tieni a freno la lingua, non devo rispondere a te di quello che provo.”. Si allontanò da me tornando a sedere su letto guardandomi dritta negli occhi, erano scuri come la cioccolata, li trovavo attraenti, come tutta lei del resto “Sai che sei davvero carina con le occhiaie?”. Il sangue si gelò, il suo viso era completamente rosso “B-beh, grazie …” balbettai. Rimasi a guardarla per un po’, perché quel complimento? Forse voleva solo scusarsi per le sue solite frasi pungenti. Mi avvicinai a lei notando che probabilmente si stava maledicendo per quello che aveva appena detto “Sai, ho le occhiaie perché mi sono messa a leggere tutto quello che ti riguardava, perdere le gambe in modo sconosciuto e passare da farsi pagare per uccidere ad essere una paladina. Pagherei oro per sapere tutto su di te.” tirai fuori una voce soave prendendole il viso, sapevo bene come potevo darle alla testa. Subito sbiascicò qualche parola non riuscendomi a guardare dritta negli occhi, la situazione era a mio favore “Sicura che non vuoi proprio parlarne?”. “N-no … cioè si, insomma … non lo so!” esclamò imbarazzata. “Mh, peccato, mi avrebbe fatto piacere ascoltarti.”. Cercai di farla cedere un’ultima volta parlandole con il viso vicino al suo ma niente; feci spallucce allontanandomi con la faccia venendo subito presa per i fianchi dall’altra “Fare--” venni interrotta. Mi abbracciò nascondendo il viso nell’incavo del mio collo stringendomi più forte che poteva, non capivo cosa le prendesse “Mi sei mancata, Angela.”. Quella parole scavarono dritte nel mio cuore, in quel momento il cervello si spense, sembrava di avere tra le braccia la ragazza di una volta “Mi sei mancata anche tu, Fareeha.”. Risposi a quell’abbraccio stringendola a me poggiando il mento sulla sua spalla.
Si staccò poco dopo incrociando lo sguardo con il mio, era così intenso “Per favore, non parliamo mai più di quella donna, okay?” sussurrò tornando con il viso su di me. Facendomi scappare un sorriso annuii, non volevo farla stare male solo per parlare della madre; continuai ad accarezzarle il capo, non volevo staccarmi “Fareeha, solo una cosa, dimmi come posso aiutarti con le tue gambe.”. L’altra alzò il viso sorridendomi, era bellissima “Impara un po’ di robotica e poi ne riparliamo.” Iniziammo entrambe a ridere. “Sii seria stupidona.”. “Va bene va bene, ho solo bisogno di regolare delle valvole niente di che, ti posso insegnare un giorno.”. Misi le mani sulle sue, ancora mi stringevano i fianchi “Hai intenzione di lasciarmi andare o no?”. Fece un sorriso beffardo facendo destra-sinistra con la testa; sentii la presa stringersi ancora, mi scappò un rantolo “Sai, vorrei delle scuse per lo schiaffo.”. “Non ti penare, tanto non le avrai.” le artigliai il viso. Lasciandomi  andare tolse la mia mano dal suo viso alzandosi, c’era una leggera differenza d’altezza tra noi due.
Si sentii bussare alla porta, Jack mi stava cercando. Guardai l’altra che aveva assunto un espressione ben diversa da quella di prima, mi prese per un braccio, era palese che non voleva che aprissi; girai lo sguardo in direzione della voce che mi chiamava ma non andai. Quando entrambe fummo convinte che se ne era andato la porta si aprì, mi si gelò il sangue dato che l’altra si era affrettata ad abbracciarmi, lo stava facendo apposta “Ti dispiace uscire? Stiamo parlando.” sibilò. Girai il viso dall’altra parte, ero terribilmente a disagio ma per fortuna l’altro se ne andò subito senza dire una parola “Sei scema?” chiesi alterata. “Volevo solo starmene da sola con te, possibile che ci sia sempre lui in mezzo? Ti perseguita o cosa?”. “Diciamo che siamo … fidanzati ecco, credo sia normale che mi venga a cercare.”. “Quindi nonostante tu sia in una relazione di fai toccare come se nulla fosse, fantastico.”. Aveva ragione ma in fin dei conti non era una vera e propria storia d’amore, soprattutto perché in quel momento non solo l’uomo mi passava per la testa “Dici che si arrabbierà con te?”. Feci spallucce, non sapevo proprio cosa aspettarmi da lui dato che poteva tranquillamente fregarsene come legarsela al dito “Speriamo che ignori la cosa, non ti preoccupare, non è il tipo di persona che arriverebbe a farmi male.”.
Quando l’altra se ne andò mi buttai sul letto mettendomi le mani trai capelli, perché l’avevo lasciata fare? La mia relazione con l’uomo non era un vero e proprio fidanzamento, ne avevamo già discusso ma preferivo sentirmi la sua fidanzata che la sua compagna di sveltine. Non credevo che tra noi due ci fosse amore, non sentivo un sentimento così forte verso di lui ma la sensazione di avere qualcuno accanto non mi dispiaceva.
 Sentii bussare, chi era ora? “Avanti.”  dissi alzandomi. Mi sistemai la coda di cavallo guardando l’uomo entrare, era tornato “Cos’è questa storia?”. Feci la vaga, non volevo proprio discutere con lui e così dandogli le spalle andai a sedermi “Vuoi ascoltarmi?”. “Cosa c’è Jack, non sarai mica geloso di lei.”. Strinse le spalle, era palese che non gli andava a genio quello che aveva visto “Non lo sono, stai tranquilla, però vedi di ricordare con chi stai.”. “Stai scherzando? Da quando stiamo insieme? Sei tu che hai detto che non si può avere una relazione sul campo di battaglia.”. Mi rivolse uno sguardo pieno di rabbia, sembrava che all’improvviso gli importava di noi  “Smettila Jack, se vuoi ne possiamo discutere ma non ora, ho da fare.”. Se ne andò sbattendo la porta con forza ed appena uscii mi lasciai andare sulla sedia tirando un sospiro di sollievo. Presi un sorso d’acqua dalla boccetta che buttai nel cestino appena fu vuota buttandomi subito sul pc tornando al mio lavoro.
Erano le due passate, forse era per quello che la ragazza con la pelle scura si presentò in stanza con un vassoio in mano “Tutto apposto, doc?” mi sorrise. Posandomi da mangiare davanti si sedette sulla scrivania “Che succede?”. “Si vede che non ci sto con la testa vero?”. Mi prese la mano mettendomi in quest’ultima una forchetta “Mangia e raccontami tutto, questa volta tocca a me ascoltarti.”. Rimasi sorpresa, che prendeva a tutti oggi?
Iniziai a mangiare tenendo lo sguardo su di lei “Diciamo che ho avuto una piccola chiacchierata con chi ci ha interrotto prima, sembrate soffrire entrambi di gelosia acuta, poveri voi.”. Fareeha subito girò lo sguardo facendomi scappare un sorriso, era davvero adorabile “Però a te non dispiace che sia gelosa, eh?”. Alzai le mani, in effetti  mi piaceva avere le sue attenzioni.
Finii il pranzo mentre lei girava per la stanza guardando tutte le foto fermandosi poi davanti all’armadio, si mise a guardare una foto della madre insieme a tutti i vecchi membri di Overwatch, sembrava affascinata da quest’ultima, aveva la stessa faccia di quando da bambina ci guardava tornare dalle missioni “Chissà se veramente mia madre voleva che entrassi a fare parte dell’organizzazione, non me ne ha mai parlato.”. “Oh, sono sicura che se ti potesse vedere ora sarebbe fiera di te, sei un eroina adesso no?”. All’altra sfuggì un sorriso “Non ancora, gli eroi sono ben altri.”. Scrocchiandosi le dita continuò a girare per la stanza, sembrava più tosto incuriosita dall’uniforme, forse erano le ali che l’attiravano, le guardava e toccava, probabilmente come tutti si chiedeva come era possibile portare un tale peso con un corpicino gracile come il mio ma non ebbi nessuna domanda da parte sua che continuò ad aggirarsi per la stanza. Girai lo sguardo verso il pc sentendo il rumore di un messaggio arrivare, era da parte di Winston, a quanto pare erano state trovate tracce della Talon in alcuni stabilimenti in Nepal, guardando la ragazza alle mie spalle andai poi a rispondere che entrambe ci saremmo fatte trovare pronte a partire entro poche ore “Fareeha, preparati che andiamo in missione.”. Notai il suo sguardo confuso “Missione? Ma l’allarme non è suonato.” si grattò il naso. “Suona solo se l’emergenza è nelle vicinanze. Ora vai, dovremmo fare un lungo viaggio vedi di portare tut
to il necessario.”.

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