Welcome to Hell

di tenacious_deep_soul 99
(/viewuser.php?uid=952183)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The beginning of a nightmare ***
Capitolo 2: *** Surviving ***
Capitolo 3: *** Man in the mirror ***
Capitolo 4: *** Dark side ***
Capitolo 5: *** Waterproof ***
Capitolo 6: *** A train to death ***
Capitolo 7: *** Exposed to darkness ***
Capitolo 8: *** Isolation ***
Capitolo 9: *** Reckoning ***



Capitolo 1
*** The beginning of a nightmare ***


Sabato, ore 15.30.                                                                                                                                                                     Seoul era totalmente immersa nella pioggia, il cielo grigio e cupo impediva ogni filtraggio di luce e il freddo invernale penetrava attraverso i sottili vetri delle finestre. I bangtan boys erano circondati dalla noia più totale, intenti a fare il nulla più assoluto in quella saletta relax del loro dormitorio:-Forza ragazzi, dobbiamo fare qualcosa! Non possiamo stare tutto il tempo a girare i pollici aspettando una manna dal cielo!- esclamò V con fare rivoluzionario alzandosi di scatto dalla poltrona in pelle sulla quale era seduto poco prima. Sembrava quasi come se nessuno lo stesse ascoltando quando Suga sbuffando mise a guardarlo con occhi storti disteso nella sua comoda postazione. V cominciò a guardarsi intorno con la bocca semi aperta e gli occhi sgranati, avvertendo un palese disinteresse da parte di tutti i membri; odiava vedere i suoi compagni stare a ciondolare tutto il tempo, soprattutto in giornate come quella... Si sedette a peso morto sulla poltroncina emettendo un lieve sospiro e, pensante, poggiò il gomito sul bracciolo tenendo poi il capo con il pugno.
-Cosa proponi di fare, Tae?- disse Jin alzandosi da terra ma continuando a tenere in mano la scodellina con l’insalata.
-Non so esattamente... solo, cercare qualcosa da fare- agitava la mano mentre rispondeva al compagno.
-Io avrei un’idea- si intromise improvvisamente Namjoon -Perché non scegliamo un gioco horror al computer e vediamo chi resiste alla paura? Una sorta di sfida insomma... chi ci sta?- alzò il braccio seguito poi ad uno ad uno da tutti gli altri. In effetti la sua non era un’idea tanto malvagia, cosa si poteva fare in assenza di alternative se non questo durante le noiose giornate di diluvio?
-Okay, vado a prendere il portatile- scattò come una saetta Kookie che al passare diede uno scappellotto sulla spalla di Suga il quale aveva ancora gli auricolari alle orecchie:-E smuoviti tu, pigrone!- seguì un rumoroso sbuffo.
In quella stanza riscaldata dal perenne calore dei termosifoni i sette ragazzi diedero inizio a quello che sarebbe stato, a loro insaputa, un vero e proprio incubo. Tutti seduti per terra a gambe incrociate di fronte al basso tavolino di vetro, iniziarono a scegliere il gioco in mezzo ad una lunga lista di almeno trenta titoli diversi altrettanto allettanti.
-Oh! Oh! Scegli questo! Scegli questo!- esclamò euforico Hobi indicando col braccio teso  il nome del videogioco riportante la scritta Five Nights at Freddy’s e invitando Namjoon  a cliccarci su col mouse tirandolo per il colletto del maglione mentre continuava a saltellare:-E per concludere in bellezza, spegniamo le luci!-.
“Sicuro di voler giocare?” riportava un avviso all’apertura del sito “Fai molta attenzione: hai venti secondi per scegliere, poi non puoi più tirarti indietro”.
-Perché questi avvisi? Che sarà mai? E’ solo un gioco, perdiana!- affermò Namjoonie leggermente infastidito.                         Selezionato all’inizio del countdown il tasto Ok, il gioco parte. I loro volti, immersi nel buio totale della saletta, erano illuminati dalla luce bianco-blu emanata dallo schermo del pc dal quale uscivano suoni raccapriccianti. Fino a quel momento nessuno si era spaventato sul serio quando in un attimo ben preciso del gioco venne fuori la volpe Foxy, la quale correva all’impazzata nel corridoio sinistro della location virtuale; la sua apparizione imminente nel livello infatti fece urlare tutti come femminucce, compreso J-Hope  che per lo spavento si era cappottato all’indietro con un balzo.
-Hobi, sbaglio o eri stato tu a scegliere il gioco?- domandò sarcastico Jimin, ridendo di gusto nonostante fosse ancora abbastanza scosso.
-Molto divertente, ChimChim- ridacchiò nervosamente mentre cercava di ricomporsi in tutti i modi.
-Okay, possiamo proseguire adesso? Ah, prendi questo Hobi, non si sa mai...- li  interruppe bruscamente Suga porgendo all’amico un cuscino.
Le 18:00 in punto.
La partita è definitivamente terminata.
-Immaginavo che saresti stato tu a perdere, Hobi... sei un fifone-.
-Min Yoongi- puntualizzò Hoseok irritato -ti conviene non proferire parola, solo perché tu hai vinto non significa assolutamente che possa prenderti gioco di me. Me ne vado nella mia stanza-.
-Suvvia dongsaeng! Non te la prendere- lo consolò Jin mentre lo guardava allontanarsi a testa bassa:-Suga, cerca di regolarti. Sai che è molto sensibile- spiegò lui lasciando trapelare dalla sua voce un pizzico di rabbia.
-Ma dai, stavo solo scherzando!- si strofinò dietro i capelli con le sue solite maniere da trasgressivo.
Il silenzio calò nell’ambiente.
Un potente urlo agghiacciante si sentì provenire dal corridoio.
Poi una porta sbatté con furia.
Era Hoseok.
-Ecco, che dicevo?- puntualizzò Suga sedendosi sul divano con il cellulare in mano quando Jin mise a chiamarlo preoccupato:-Hoseok! Hoseok! Va tutto bene?-.
Nessuna risposta, solo un silenzio tombale.
-Andiamo a controllare ragazzi! Qualcosa non va!- esortò Jungkook i compagni che, con rapidi passi, si diressero verso la zona notte.
Hobi stava poggiato lì davanti la porta della sua camera, tremante, a fissare il vuoto a causa di ciò che aveva visto poc’anzi.
Ansimava.
I palmi delle mani aderivano completamente con la superficie di legno liscio e le braccia diritte di fronte a lui stavano in una costante tensione.
-Hobi?- lo chiamò V invano. Dalla stanza del ragazzo provenivano rumori a dir poco sospetti che attirarono l’attenzione degli altri membri: lo schianto di oggetti che si frantumavano per terra unito al tonfo delle sedie scaraventate chissà dove creava un caos insopportabile, quasi sovrumano. Proprio quando J-Hope stava per rispondere ecco che dei pugni cominciano a battere dall’altra parte della porta, proprio da dentro.
-Hobi? Che sta succedendo?- riformulò la domanda V sperando in una risposta.
Quei rumori persistevano, diventando sempre più forti:-Scappate! Subito!- esclamò terrorizzato Hoseok voltandosi. Senza alcuna esitazione la combriccola girò i tacchi repentinamente e quando Hobi staccò le mani dal dorso della porta, da questa uscirono in massa tanti piccoli modellini in plastica dotati di una propria coscienza che si misero ad inseguire i bangtan conducendoli al punto di partenza.
Non c’era via di scampo.
I sette erano bloccati dai quegli stupidi esserini di plastica che, seppur di dimensioni estremamente minuscole, risultavano assai letali dato che avevano preso possesso di coltelli al passare dalla cucina.
Uno di loro, dagli occhi di fuoco, mosse l’arma più grande di lui verso avanti, costringendo gli ostaggi ad indietreggiare fino a sbattere sul tavolino di vetro di poco fa sul quale vi era ancora poggiato il computer: una notifica apparve sullo schermo dell’aggeggio elettronico ormai spento da un’abbondante mezz’ora e privato di alimentazione.
-Ma che cos-?- esclamò Suga sgranando gli occhi alla sola vista del pc acceso.
-Era spento ragazzi! Com’è possibile?- lo seguì Jimin accennando un’espressione incredula e scioccata.
“Eravate stati avvertiti miei cari ragazzi.
Potevate scegliere, avete sprecato l’occasione di rimanere ancora in vita...                                                                             Adesso fate parte del MIO gioco. Queste sono le condizioni: se vincerete, tutto ritornerà come è sempre stato, in caso contrario... beh, mi pare chiaro. Esistono sette livelli, ognuno adatto a voi.  Benvenuti all’inferno!”                                           


Angolo autrice:
Annyeooong armys! Rieccomi con la mia prima storia a capitoli. Premetto di non aver mai scritto fanfiction di genere horror/paranormale-fantasy, ho solo letto vari libri di questo tipo che personalmente mi affascinano molto, quindi cercherò di fare del mio meglio. Spero che la ff possa appassionarvi e lasciarvi un po' di curiosità, mi auguro che continuiate a seguirla: sarei felice di sapere che qualcuno apprezza quello che scrivo con tanta passione e dedizione *aegyo time*. Tanto love- tenacious_deep_soul 99    

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Surviving ***


-Beh, fantastico!- disse Kookie in preda al terrore.
-E adesso che si fa?- chiese Jin osservando ad uno ad uno i suoi compagni. Neanche avessero sentito ciò che aveva detto, un forte vento li investì in pieno e in meno di un millisecondo una voragine ai loro piedi si spalancò di botto facendo rovesciare al suo interno i sette, catapultandoli in un’altra dimensione. I corpi cadenti verso i meandri più oscuri di quel pozzo senza fondo si dimenavano come ossessi in cerca della mano degli altri e le loro urla di terrore ingombravano quel luogo già pesante di per sé... ogni tentativo di aiuto era vano, ormai ognuno aveva preso strade completamente differenti.

-Aaaah!- urlò Hoseok sbattendo per terra:-Ma... dove mi trovo?- si levò a sedere cominciando a massaggiarsi il capo dal dolore della caduta. Tutto intorno era buio, le tenebre lo cercavano, lo avvolgevano dalla testa ai piedi. Una luce abbagliante poco più avanti a lui gli permise di vedere: c’era della terra sotto ai suoi piedi; portato il dorso della mano dinanzi agli occhi, si incamminò verso quella che sarebbe dovuta essere “l’uscita” dall’oscurità ma, la si sarebbe potuta considerare tale?
Messo piede fuori da quella massa nera che lo circondava si ritrovò in una foresta pluviale, aveva come l’impressione di esserci già stato... adesso che era lì il pericolo sarebbe sempre stato in agguato, ad attenderlo immediatamente dietro l’angolo.Il ragazzo era più insicuro che mai, camminava a passi da formica in mezzo all’alto fogliame del posto: ad ogni passo si riusciva ad udire lo scricchiolio di rametti ed erba calpestati dalle sue scarpe da tennis, che solitamente usava per esercitarsi nelle coreografie.
-Ragazzi? Dove siete?- urlava cercando di riunirsi con i membri.
Nessuno rispose.
Era solo, sperduto in una foresta di chissà quale parte del mondo, sempre che fosse il suo.
-Jin? Namjoon? Tae? Jimin?- iniziò a fare l’appello. Dei movimenti nel bel mezzo della boscaglia attirarono la sua attenzione:-Kookie? Yoongi? Siete voi?- chiese voltandosi con gli occhi sgranati ed entrambe le mani tenenti i gomiti.
-Ehilà? Smettetela di farmi scherzi e uscite fuori, avanti!- furono le sue parole le quali lo illudevano del fatto che fosse in compagnia dei bangtan. Improvvisamente si sentì strisciare per terra, lì nella zona dalla quale provenivano i rumori, poi udì un sottilissimo sibilo:-Cosa diamine è stato!?- sgranò gli occhi sorpreso in preda alla tachicardia.
Si mise a correre all’impazzata ignaro di dove stesse andando, non gli importava, voleva solo tornare indietro dai ragazzi, trovarli e ritornare a casa.
Correva, sempre più veloce, le enormi foglie gli sbattevano violente contro il viso, poi inciampò in una radice fuoriuscente dal terreno e cadde di faccia; presa coscienza di essere piombato a terra, ebbe l’istinto di portare le dita di fronte il viso: il labbro inferiore, tutto sporco di terriccio umido proprio come il resto dell’intero corpo, mise a sanguinare costringendo il ragazzo a cercare una fonte per potersi sciacquare la ferita. Sollevatosi in posizione di flessione con ambedue le braccia riprese quasi immediatamente a camminare, zoppicando, alla ricerca di una sorgente d’acqua; intanto che procedeva si sentiva sempre più a disagio, come se qualcosa o qualcuno lo stesse seguendo in lontananza.
Respirava affannosamente incominciando a sudare, l’aria cominciava a mancargli poiché la temperatura andava facendosi sempre più calda man mano che si dirigeva verso l’entroterra; poggiatosi con un avambraccio su un tronco per prendere fiato sentì dell’acqua scorrere a pochi metri di distanza da lui.
Si precipitò con furia verso lo scroscio che diventava sempre più forte ad ogni passo: finalmente un ruscello. Inginocchiandosi nella sponda si chinò in avanti e con la mano a cucchiaio raccolse il liquido fresco per sciacquarsi finalmente il labbro, cui sangue rosso scuro era quasi del tutto coagulato.
Di nuovo quel rumore dietro di lui, lo stesso che prima lo aveva fatto sobbalzare.
Si fermò di scatto, le goccioline di acqua gli cadevano lente sul viso.
Non era solo.
Con innata tranquillità e cautela volse lo sguardo indietro, poi si girò del tutto: non era un normale crotalo.  Il rettile in via di decomposizione, cui lunghezza si aggirava sul paio di metri e le cui dimensioni del corpo lacerato risultavano piuttosto anormali, si avvicinava lento verso la sua preda ormai senza via di scampo. Il cuore di Hoseok batteva all’impazzata, non sapeva che fare, era faccia a faccia con la bestia della quale aveva sempre avuto paura.
-Cavolo no, tutto ma tu no...- aggrottò le sopracciglia.
Un sibilo.
Scattò a furia scagliandosi contro di lui il quale, senza rendersene conto, si era subito buttato in acqua così che il viviparo non potesse avere modo di attaccarlo:-Non è ancora finita Hoseok... preparati al peggio- disse una voce, quella voce che solo J-Hope poteva sentire. Bene, non era sopravvissuto all’attacco di un normalissimo serpente a quanto sembrava...
-Perfetto, ci mancava solo la breakdance e sarebbe stato un rettile con i fiocchi!- disse in tono sarcastico fintanto che usciva dall’acqua. In quel momento trovava sollievo solo nei suoi abiti zuppi fradici appiccicati come colla al corpo scolpito poiché lo avrebbero aiutato a rigenerarsi vista la condizione termica della zona pluviale.
Camminava senza una meta precisa, vagava sempre ed incessantemente in quel luogo dalle sembianze di un labirinto; il suo battito era via via più veloce, sudava freddo:-Chissà dove sarà andato mai a finire quel coso- si sistemò i capelli grondanti portandoli all’indietro.
-Non hai più bisogno di chiedertelo adesso-. Sgranò gli occhi al solo udire quella maligna voce profonda all’interno della sua testa. Era di nuovo lui, quel mostro dai lunghi denti affilati, pronti per essere infilzati nelle carni del ragazzo con il semplice intento di avvelenarlo.
-Io non ho paura di te- mentiva  a se stesso, sapeva che non avrebbe avuto speranze, che sarebbe morto in un luogo sperduto senza avere la possibilità di rivedere i suoi compagni o la sua famiglia. Ancora una volta l’essere dagli occhi gialli si preparava ad assalirlo.
-Avanti Hobi ce la puoi fare, usa la testa- pensava mentre si ritrovava pietrificato davanti al predatore che intanto si avvicinava in maniera sempre più rapida. Senza che il ragazzo se ne accorgesse, il serpente portò la sua coda alle caviglie, stringendole fino quasi a stritolarle: pian piano andò bloccando l’intero corpo del giovane, immobilizzato con gli occhi rivolti alla morte.
-Dì la tua ultima parola, Hoseok-  fece questi mentre metteva in mostra la lingua biforcuta e i denti dai quali usciva già del veleno dal colorito giallognolo. Un flash apparve alla mente di Hobi. Ricordava il regalo ricevuto tempo prima dai compagni, quello che avrebbe promesso di portare sempre con sé dovunque sarebbe andato: una collana di corda cui a fare da ciondolo era un dente aguzzo grande almeno cinque centimetri.
-Muori!-  gli urlò. Con tutta la forza che aveva in corpo liberò il braccio destro dalla stretta morsa del serpente e, portandosi le mani nel colletto della felpa estrasse quello che gli avrebbe fatto da pugnale.
Il rettile era vicinissimo.
Le fauci spalancate stavano per dirigersi sulla sua spalla.
La vita di Hoseok o quella del serpente.
Alzò in alto il braccio e con colpo da maestro colpì il crotalo dritto sul capo, in direzione del cervello.
La testa del serpente grondava di sangue. I suoi occhi inespressivi, putrefatti, si chiusero quasi improvvisamente cadendo poi ai piedi di Hoseok, il quale si sentiva a dir poco soddisfatto. Dalla bocca semiaperta del serpente fuoriuscì lento del fumo nero che, sorpassato il ragazzo, svanì nel nulla dietro le sue spalle.
Sospirò rumorosamente sedendosi a peso morto per terra poggiato con le spalle contro un masso di medie dimensioni. Ce l’aveva fatta, aveva avuto fiducia.
-Grazie ragazzi- sospirando strinse a sé l’oggetto nonostante questo fosse completamente sporco di sangue:-Cos’è questo?- disse prendendo in mano uno strano oggetto d’argento a forma di T che si era giusto materializzato accanto a lui.
-Ehi, ma cosa mi sta succedendo?-. Guardò la sua mano: stava sparendo, si dissolveva gradatamente prima di essere risucchiato nel nulla pochi secondi dopo.
Il primo livello era appena stato completato... Angolo autrice:
Sono tornata armys! Finalmente, dopo tanti problemi di pubblicazione, ho postato il mio secondo capitolo della fanfiction. I HOPE you like it (scusate ma dovevo *si colpisce in testa*); spero che continuiate a seguire la storia e a recensirla, mi fa molto piacere conoscere le opinioni degli altri, soprattutto le critiche costruttive.
                                                                                                                               

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Man in the mirror ***


Tutto nero.
Jimin si risvegliò, stanco e confuso.  Levatosi a sedere, stropicciando gli occhi a causa della vista offuscata, capì di trovarsi in una stanza... ma non una qualsiasi: era una camera completamente tonda, non vi era alcuna entrata o uscita, solamente degli enormi specchi che ricoprivano l’unica parete dell’ambiente. Così iniziava il secondo livello di quel dannatissimo gioco.
-Dove sono? E come sono finito qui?- riecheggiava nel nulla la sua domanda, esposta con intonazione piuttosto preoccupata.
Si mise in piedi e con le gambe che tremavano come foglie iniziò a girare in tondo, sfiorando gli specchi e osservando i suoi molteplici riflessi che muovendosi, lo seguivano ad ogni passo.
I suoi passi lenti sul chiaro parquet in legno d’acero facevano eco dentro la stanza vuota, illuminata da tanti faretti a led posti sulla parte alta degli specchi. Stava dirigendosi di nuovo verso il centro, Jimin, quando ad un tratto sentì una voce bassa alle sue spalle: in uno specchio dietro di lui vide riflesso Namjoon, vestito con i suoi soliti jeans neri ed un maglioncino a righe orizzontali. Sgranò gli occhi alla sola vista dell’amico, contento del fatto che non fosse più solo in quella stanza senza via d’uscita.
-Hyung... sei proprio tu?- rimase immobile con le dita delle mani del tutto distanziate le une dalle altre.
Il riflesso fece un lieve cenno del capo, in segno di conferma.
La sua espressione rimase invariata: con le mani in entrambe le tasche lo fissava dritto negli occhi senza muovere affatto le palpebre.
-Amico sei strano, che ti succede? Dimmi qualcosa, ti prego...- lo supplicò Jimin che era quasi sul punto di piangere. Esitante e pieno di incertezza si avvicinò cautamente allo specchio, ansimando:-Namjoon?-  chiese schiarendosi la gola bloccata dalla stretta dei nervi talmente tesi da impedirgli quasi di respirare.
L’amico allo specchio alzò lentamente il braccio puntando l’indice della mano contro di lui:-You...-.
-Cosa?- esclamò a voce bassa mentre lo raggiungeva con passi felpati.
-You…- continuò -You got... you got no jams... Jimin- portò la testa di lato.
-Che significa Namjoon? Cosa vuoi dirmi hyung?- il ragazzo era più confuso di prima.
-You got no jams... you got no jams... you got no jams...-  alzava gradatamente la voce ad ogni frase mentre la mano di fronte a lui si riduceva ad un pugno e la testa andava da un lato a un altro.
Jimin iniziò ad indietreggiare:-Tu non sei il vero Namjoon, che ne hai fatto di lui, lurido verme!?-.
-Lui... è... mio...- fece per indicare il pugno di fronte, stringendolo più forte:-E tutti gli altri con lui- allentò poi la presa. Gli occhi del falso Namjoon divennero improvvisamente tutti rosso sangue. Con sguardo furbetto emise una lieve risata mettendo in mostra le fossette scavate sulle guance.
-You got no jams, you got no jams, you got no jams! - continuava a ripetergli senza fermarsi.
Jimin dovette portarsi le mani alle orecchie, non ce la faceva più a sentire ininterrottamente la stessa frase che, resa insopportabile a causa dell’eco, gli stava trapanando le cervella:-Basta! Smettila! Che cosa vuoi!?- si mise in ginocchio con la testa fra le mani, quasi fosse esaurito. I battiti erano sempre più veloci, stava andando in crisi.
La figura dagli occhi rossi, che era divenuta un’indistinguibile massa nera, cominciò a sogghignare per poi scoppiare in una forte risata psicopatica: come fosse Flash iniziò a girare attorno al ragazzo, attraversando tutti gli specchi della parete tonda per cercare di confonderlo. Jimin si accasciò di schiena e portò gli avambracci sugli occhi poiché stanco di vedere l’ombra sfrecciargli intorno come una saetta. Le sue forze si stavano via via esaurendo...
-Cosa c’è Jimin? Hai per caso paura?- fece quella una volta fermatasi nel punto iniziale.
Jimin respirava profondamente. Cosa avrebbe potuto fare in quelle condizioni? Aveva bisogno di energie, di motivazioni, di quel coraggio e quella grinta che aveva sempre avuto ma che in quel momento tardavano ad arrivare. Le tempie gli pulsavano talmente tanto che sembrava dovessero esplodere, la sua testa era pesante e impossibile da reggere, quell'odioso mal di testa causato dai troppi pensieri cresceva in maniera repentina; digrignava i denti e si strofinava i palmi sul viso, insicuro sul da farsi: doveva continuare a provare angoscia oppure ribellarsi a quell'essere schifoso che tanto si divertiva a tormentarlo? Meditare ancora non sarebbe servito a nulla, avrebbe solo aumentato la sua sofferenza e, magari, lo avrebbe reso più debole di quanto già non lo fosse. Deciso si sedette di scatto mettendo le braccia dietro, dopo lo guardò intensamente e con aria di sfida:-Io non ho paura!- gli urlò contro.  Le sue gambe riuscirono a mettersi in equilibrio e, come avessero una coscienza propria, portarono il ragazzo di fronte la parete riflettente l’essere oscuro, rimanendo con il viso a pochi centimetri di distanza dalla sua superficie:-Hai finito di prenderti gioco di me- esclamò furioso con entrambi i pugni ai lati del corpo snello.
-Ooh, adesso il bimbo fa sul serio... vediamo se riesci a prendermi allora- con strabiliante velocità questa si diresse nella parte opposta della stanza:-Sono qui!-.
Jimin si voltò di scatto, corse come una furia verso di lui ma non appena fu arrivato l’ombra si materializzò da tutt’altra parte.
-Forza prendimi. Sono qui!- lo istigò la figura accennando un lieve sorriso:-Sei patetico, Jimin. Guardati intorno... sei solo, solo con te stesso. Nessuno ti vuole, o ti cerca. Nessuno ha bisogno di te-.
Si diresse di nuovo verso questa ma sparì di colpo prima che giungesse:-Adesso piantala!- sbatté violentemente il piede per terra, Jimin, sbraitando come un indemoniato. L’adrenalina cresceva, era rabbioso, sentiva la necessità di farlo fuori. Con tutta la forza rimastagli in corpo cominciò a spaccare ad uno ad uno gli specchi, così che quello spettro potesse definitivamente sparire: un primo colpo, poi un calcio e lo specchio si frantumò in mille pezzi; un pugno, poi una gomitata, un altro calcio ancora. La sua testa era colma di piccoli pezzettini appuntiti schizzati via dalla specchiera messi in risalto dal colore nero corvino dei suoi capelli. Mancava l’ultimo, quello in cui si era ‘rifugiata’ l’ombra maledetta che adesso non aveva più via di scampo. I suoi piedi si muovevano rapidi in mezzo a quel letto di schegge affilate, che si rompevano sempre di più man mano che il ragazzo vi ci passava sopra con la doppia base delle scarpe da tennis.
Il mostro era a un metro di distanza da lui.
-Adesso o mai più...-. Una tallonata pose fine a tutto, compresa la sua sofferenza che fino a pochi istanti prima poteva sembrargli interminabile.
-Nooooo!- si sentì l’urlo di sconfitta dello spirito nero alla rottura dell’ultimo specchio mentre i pezzi ridotti in piccole dimensioni si scagliavano contro il ragazzo che, con il sopracciglio destro e le mani completamente sanguinanti, si voltò dall’altra parte coprendosi le orecchie con i polsi. Una sottile nebbia nera volò fuori dai frammenti di specchio e si dissolse nell’aria come fosse vapore acqueo.
Era finita.
Jimin era rimasto immobile ad osservare quello che lo circondava: adesso quelle mura erano spoglie, non c’era più nulla, era libero, libero da ogni forma di oppressione. Dietro quell’ultimo specchio si presentò alla sua vista una porta color terra bruciata cui legno era rimasto intatto nonostante i vetrini rotti volati prima; si avvicinò prudente verso di essa, un normale uscio come tanti altri.
Boccheggiava intimidito, in seguito afferrò la tonda maniglia di ottone e la ruotò con un colpo secco verso sinistra, lasciando subito dopo la presa fintanto che indietreggiava di qualche passo.
Una calma luce bianca lo colpì in pieno volto: si sentiva finalmente meglio, avvertiva una sensazione di tranquillità e di protezione, qualcosa che non provava da tanto tempo.
Sempre più attratto da questa varcò l’ingresso di legno e chiuse la porta dietro di sé, lasciandosi per sempre alle spalle quell’esperienza, la quale non fece altro che renderlo ancora più forte di quanto non lo fosse stato prima.

Angolo autrice:
Ma annyeoooong! Eccovi qui il seguito. Devo dire che sto un po’ in ansia perché mi sto cimentando in qualcosa che non ho mai fatto, mi piacerebbe tantissimo sapere che  ne pensate, penso che mi tranquillizzerebbe almeno un pochino.
Taaanto love- tenacious_deep_soul 99
                                              

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Dark side ***


Suga giaceva a pancia in giù sul freddo pavimento di pietra di quella stanza buia, cui unica fonte di illuminazione era una minuscola finestrella sopra di lui, serrata da una sbarra di ferro arrugginito situata orizzontalmente nel suo centro, come fosse una specie di asse di simmetria. Lentamente aprì gli occhi: la prima cosa che vide fu la mano destra completamente rilassata davanti la sua faccia, ricoperta da polvere sottilissima somigliante per consistenza alla sabbia del deserto. Sollevò il capo di fronte a lui e, guardando entrambe le mani ai suoi lati, si sollevò di botto scrollandosi il sottile pulviscolo di dosso. Con il pugno coprente la bocca, iniziò a tossire di colpo a causa dell’aria irrespirabile della stanza poiché pesante e fetida di chiuso.
-Che razza di posto è mai questo?-. Socchiuse gli occhi per cercare di vedere meglio in mezzo a quel buio pesto, intanto che scuoteva con la mano i capelli cenere per rimuovere gli ultimi residui di fuliggine rimastogli, i quali si mimetizzavano alla perfezione.
All’improvviso la luce generale della stanza si accese rischiarando l’ambiente; realizzò dopo qualche secondo di trovarsi in un decrepito seminterrato alla sola vista di una vecchia gradinata di cemento alla sua sinistra. Lì dentro vi era il caos più assoluto: cianfrusaglie di qualsiasi tipo sparpagliate un po’ dappertutto, scaffali in legno pieni di attrezzi da lavoro, una vecchia caldaia di metallo ossidato e un labirinto di tubi passante su per le mura in pietra quasi del tutto ammuffite:-Tu guarda un po’ che schifo...- disse con ‘adorabile’ disprezzo Suga, disgustato nel vedersi circondato da ciarpame maleodorante.
Dopo essere rimasto seduto sui suoi piedi a scrutare l’intera stanza, poggiò le mani sulle cosce e con una spinta si mise in posizione eretta sgranchendosi la schiena e stirandosi le braccia atrofizzate proprio come  fa un animale appena uscito dal letargo.
-Stai alla grande a quanto vedo...- una voce rauca proveniva dall’angolo più interno della stanza, rimasto ancora totalmente al buio vista la debolezza della luce giallina. Sorpreso, Suga si voltò di scatto:-E tu chi diamine sei?- chiese indifferente con i suoi soliti modi rozzi senza lasciar trapelare nemmeno un pizzico di preoccupazione.
-Non ha importanza- gli rispose di rimando.
-Perfetto, sono ufficialmente diventato pazzo, adesso parlo con gli angoli bui!- sbatté le mani sulle anche emettendo una risata aspirata.
Ecco che in quel momento, dalle tenebre che avvolgevano quella piccola porzione di stanza, si rivelò una figura nera incappucciata alta qualche centimetro in più di lui:-Sei più sano di mente di me, Min Yoongi-.
-Oh, si questo è sicur- aspetta... come fai a sapere il mio nome?- chiese lui dopo essersi reso conto di non essersi neanche presentato allo strano tipo. C’era qualcosa di losco in quel tizio, aveva un’aria familiare ma ciò non metteva in dubbio il fatto che avesse dell’ignoto in sé, risultante non poco agli occhi di lui. Suga mise a squadrarlo dalla testa ai piedi fintanto che con una mano si spolverava la spalla: -Okay, tu non me la racconti giusta amico... te lo chiederò ancora una volta: chi diamine sei?- sparò la domanda irritato pretendendo spiegazioni. Quello non rispose, ridacchiava sotto i baffi mentre gli dava le spalle.
Rimase immobile di fronte al ragazzo ancora per qualche secondo, finché a quest’ultimo venne a mancare un battito quando vide l’incappucciato voltarsi di scatto:-Il tuo peggiore incubo!- sbraitò quello per poi avventarsi sul collo di Yoongi, sbattendolo violentemente contro il muro umido.
Le sue mani bianche e scheletriche stringevano la laringe del ragazzo che, contemporaneamente, aveva afferrato in maniera istintiva la gola dell’altro. Entrambi stringevano forte. Il pazzo, nonostante la stretta presa del ragazzo, continuava a soffocarlo aumentando la forza nelle falangi; l’unico a soffrire a quanto pare era solo Suga: il suo viso divenne paonazzo, cercava aria, aveva bisogno di prendere fiato o in pochissimo tempo ci sarebbe rimasto secco. Era sul filo del rasoio, più quello stringeva più la sua vista si offuscava e il respiro veniva sempre meno; con una tallonata dritta nelle ginocchia del rivale riuscì a liberarsi aspirando pesantemente mentre si accasciava per terra con la schiena strisciante sulla parete ruvida.
-Vedo che non demordi- guardava Yoongi da dietro il cappuccio,  piegato ancora in due per massaggiarsi il punto dolorante dove si erano già venuti a formare dei lividi dall’aspetto violaceo:-Vedi Yoongi, anche se ci provi non riuscirai mai a battermi, fallirai solo miseramente. Ogni tuo sforzo sarà inutile contro di me- lo istigava l’uomo.
Suga era ancora adagiato per terra, stanco, a tastarsi il collo con i polpastrelli emettendo dei lievi gemiti ad ogni suo tocco, seppur lieve; mordendosi il labbro inferiore lo fulminò con gli occhi adirato, con quello sguardo che, se lo si riceve, è la fine. L’uomo nero sogghignò, poi si tolse il cappuccio: dalle fattezze di un manichino, appariva completamente scuro, senza viso, aveva solo un paio di grossi occhi bianchi dai quali si poteva vedere attraverso. La sua presenza era a dir poco terrificante.  Solo in quell’istante Suga provò un’immensa paura, quella paura che non aveva mai avuto prima d’ora e che cominciò a fargli dubitare seriamente delle sue capacità... sarebbe mai riuscito a sconfiggere, per giunta da solo, un essere pericoloso e minaccioso come quello?
Respirava ancora a mala pena, sbuffava per aiutarsi, cercava il modo giusto per riuscire a calmare i suoi battiti ormai fin troppo accelerati; era fiacco ma voleva averla vinta a tutti i costi. Pensò ai bangtan, gli mancavano, voleva vederli: doveva farlo per loro e per se stesso, doveva vivere, lui e soltanto lui doveva avere la meglio in quel momento. Alzatosi con le poche forze raccolte e sfregatosi il dorso del polso contro le labbra, il ragazzo si diresse spavaldamente verso il nemico, il quale continuava a provocarlo con le sue occhiate malefiche:-Mettiamo una cosa in chiaro, se voglio ci riesco, quindi posso farti a pezzi anche bendato! Hai capito!?-.
-Dimostramelo allora... vediamo quanto resisti-. L’ombra senza volto fece un pugno con la mano: in quel preciso istante Yoongi si sentì afferrare dal busto ritrovandosi sospeso a mezz’aria, cercava di toccare terra con le punte dei piedi ma non ci riusciva, le sue braccia erano incapaci di muoversi, non sarebbero riuscite a liberarsi neanche se avessero voluto. Era in trappola. Il rivale, fatto un rapido movimento del braccio verso avanti scaraventò a furia il povero ragazzo contro il muro che subito dopo cadde per terra tramortito. I vestiti erano quasi del tutto strappati: dai buchi che vennero a crearsi in entrambe le ginocchia si riusciva a notare palesemente la sbucciatura di queste, cui sangue colava rapido sporcando il pavimento. Le mani, così come le ferite, bruciavano dopo aver attutito la caduta facendo in modo che non sbattesse anche il viso.
Tossiva.
Sembrava che le sue costole dovessero spaccarsi da un momento all’altro, ad ogni suo movimento il dolore diventava via via sempre più atroce nonché abbastanza difficile da sopportare.
-Allora Sugar, sei ancora sicuro di riuscirmi a sconfiggere?- sghignazzò quello guardando il corpo del ragazzo ai suoi piedi con aria appagata. Al solo udire quelle parole Yoongi, debole per com’era, raccattò tutte le sue energie e gli si gettò di sopra afferrandogli le spalle, portandolo contro il pavimento e scuotendolo fino a stordirlo:-Questo è per aver tentato di uccidermi!-.
Forse questa sarebbe stata la volta buona, era arrivato il momento di salvarsi la pelle. Data una rapida occhiata intorno e notato un badile posto vicino la vecchia caldaia, si catapultò verso l’oggetto afferrandolo saldamente con entrambe le mani. Muovendo il bastone fra i palmi che si aprivano e chiudevano, si preparava a finirlo: avvicinatosi zoppicante a colui che poco prima aveva tentato di porre fine alla sua vita, mise a sbattergli addosso senza alcuna pietà la pala di ferro consumata dalla ruggine.
-E questo è per avermi chiamato Sugar, emerito bastardo!- urlò lui continuando a colpirlo talmente forte da sentire continui e rivoltanti rumori di frattura. La vittima si agitava cercando in tutti i modi di liberarsi, cosa che gli andò a sfavore dato che riceveva più colpi ripetutamente.
Yoongi era impazzito, accecato dalla voglia di vederlo morto su quel gelido pavimento di cocci; non era più se stesso, o almeno lo era, solo offuscato da una potente rabbia e dall’istinto di sopravvivenza che avevano preso possesso della sua mente e del suo corpo. Quasi immediatamente aprì la grata della caldaia in azione al cui interno bruciava ancora del carbone. Usando la stessa pala prese senza fermarsi dei cumuli abbastanza consistenti e li gettò sul nefasto avversario: il fuoco, generato dalle scintille provenienti dal carbone incandescente, cominciò ad espandersi per tutto il corpo. Quello che seguì dopo fu un insieme di strepiti di dolore mischiato al cattivo odore di bruciato emanato dai vestiti e dalle carni, inghiottiti dalle fiamme.
-불타오르네!*- calò la testa di lato e alzò il labbro accennando un mezzo sorriso.
Le fiamme erano più alte, quel corpo disteso per terra che si scioglieva sempre di più continuava a contorcersi: il braccio dell’uomo era teso verso i piedi di Suga, il quale si godeva lo spettacolo immobile dall’altra parte della stanza aspettando che morisse lentamente, la stessa fine che lui voleva far fare al ragazzo. In maniera repentina, soprannaturale, quel corpo prese a carbonizzarsi diventando cenere.
Le fiamme, che emanavano una strana nebbia nera fin troppo diversa dal classico fumo, cominciarono ad acquietarsi come la paura che Yoongi aveva avuto pochi attimi fa.
In un lampo il trambusto abbandonò completamente la stanza, inondata dal cattivo odore della combustione.
Quel maledetto terzo livello era quasi giunto al termine.
Yoongi era fiero di sé, col petto gonfio di superbia.
Sospirando rumorosamente si lasciò cadere sulle ginocchia, ancora sanguinanti, mettendo le braccia in avanti: la sua testa si lasciò trasportare dalla gravità, precipitando verso il basso. La schiena si alzava e si abbassava rilassata, finalmente poteva respirare. I capelli erano bagnati di sudore, cui gocce scendevano lente, attraversando tutta la fronte per poi cascare sul pavimento stracolmo di cenere. Un forte colpo di vento riuscì a spalancare le persiane della finestrella entrando come un turbine nel seminterrato e spostando il cumulo di carbone e ceneri davanti a Yoongi fra le fughe del pavimento vicino il muro: da quelle, una lama dalle dimensioni di un braccio fu portata alla luce.
Incantato alla vista dell’oggetto perfettamente pulito egli lo prese e, sfilandosi il maglione mezzo squarciato ve lo avvolse per bene. Con in corpo la voglia di evadere da quel luogo infernale si alzò correndo dirigendosi verso la scalinata e non appena arrivò in cima  prese una rincorsa e, grazie ad una spallata, riuscì ad aprire la botola conducente all’esterno.
Poi il nulla.                                                                                          
(*N/B: significa "Stai andando a fuoco!" e non è altro che la frase detta da Suga all’inizio del video di Fire)

Angolo autrice:
Buonsalve armys! Scusatemi tanto per la lunghezza del capitolo ma era necessario xD Eh si, già da qui le cose cominciano a farsi complicate anche per la nostra tartarughina swag che, come sempre, ha dato il meglio di sé. Ho spremuto non poco le meningi per riuscire a scrivere anche questo pezzo di fanfiction, ho sudato sette camicie ed ora mi tocca lavarle e stirarle (perdonate la mia demenza) *sbatte la testa al muro*.
Ad ogni modo, spero davvero che anche questo possa piacervi e che dire, fatemi sapere cosa ne pensate ;) *fa tanto aegyo*
Bacini- tenacious_deep_soul 99  

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Waterproof ***


Lo scroscio delle onde che si frantumavano una dopo l’altra era l’unica cosa che Taehyung riusciva a sentire. Da ormai chissà quanto tempo era rimasto disteso sulla sua schiena, nel tentativo di riprendere i sensi dopo quella brutta caduta. Il suo volto ombroso stava puntato verso la luna, brillante e splendida come non mai; i suoi occhi, chiusi e ridotti a due sottili fessure ricurve, si aprirono a rilento per riuscire a mettere a fuoco la vista e capire dove si trovasse realmente; le mani, distanziate a dovere dai lati del corpo, poggiavano su una superficie morbida e ruvida che ad ogni suo tocco, lasciava sui palmi dei minuscoli granelli: era sabbia, semplicissima sabbia.
Reggendosi sui gomiti si sollevò il busto per vedere meglio cosa vi fosse di fronte a lui: oltre le sue gambe, atrofizzate perché rimaste troppo piegate, si estendeva una vasta porzione di mare nero illuminato in parte dal bagliore lunare, cui onde raggiungenti la riva gli sfioravano con dolcezza le punte dei piedi. Quel luogo suscitava in lui un’innata pace ma al contempo una certa inquietudine nonostante fosse, secondo lui, uno dei posti più belli esistenti al mondo.
-Perché mi trovo qui? E come ci sono arrivato?- si domandava confuso dopo essersi guardato intorno più e più volte ripetutamente. Stiracchiatosi, si mise in piedi e fece un giro intorno a se stesso, per squadrare attentamente l’ambiente in cui si ritrovava: quello che il ragazzo riuscì a vedere in mezzo a quel buio pesto fu solamente un’alta impalcatura di legno alla sua destra, cui qualcosa dalla fisionomia di un uomo posta sopra di essa attirò particolarmente la sua attenzione. La sua innata curiosità di sapere chi fosse non tardò a presentarsi, portandolo ad incamminarsi verso quella sezione di spiaggia illuminata dalla luce intensa della luna, evidenziandogli il percorso da seguire come fosse una guida. Si scrollò la sabbia da sopra i vestiti e mettendosi a contare i suoi passi pesanti che via via affondavano nell’arena, si diresse verso la costruzione mentre il cuore stava per uscirgli fuori dalla cassa toracica, poiché colto da strane sensazioni che cercava invano di reprimere in tutti i modi. Magari l’essere lì di per sé non lo tormentava tanto, quanto piuttosto il fatto di trovarsi da solo in balìa di ciò che il nulla gli avrebbe potuto mettere di fronte in qualsiasi istante.
Le sue gambe erano già abbastanza stanche poiché la struttura distava non poco dal punto in cui si trovava lui poc’anzi:-Accidenti! Questa camminata fa molto più di due settimane di palestra!-disse col fiatone Taehyung fintanto che proseguiva piegato in avanti in direzione della sua meta. In poco meno di dieci minuti si trovò a sbattere il viso contro qualcosa: era un alto e robusto palo di legno, uno dei tanti che stava a sorreggere la costruzione.
-Ahia! Il naso... dannato buio!- esclamò cercando di non imprecare portandosi la mano sulla faccia per constatare che stesse bene: in effetti non aveva nulla di grave, senza contare alcune minuscole schegge di legno conficcatesi fra il naso e il labbro superiore. Proprio dritto davanti a lui, vide diramarsi delle scalinate di legno conducenti, tramite dei pianerottoli somiglianti ad ampi corridoi, all’ultima piattaforma. Messo il piede sul primo scalino cominciò a salire sempre più in alto senza fermarsi, cui passi incerti erano accompagnati da continui scricchiolii di sottofondo; più V saliva, più la brezza marina soffiava rapida, sbattendogli di fronte. Nonostante Tae percepisse ancora dentro di sé qualcosa di strano continuò comunque a salire, ignorando le emozioni e ascoltando solo quella voglia di scoprire che lo aveva sempre accompagnato.
Salito l’ultimo scalino e giunto finalmente sulla pedana più alta poté riprendere a dare aria ai polmoni, scostandosi ai lati del viso con entrambe le mani la frangetta rossiccia che gli cadeva fastidiosamente sugli occhi. Voltando la testa in tutte le direzioni poté constatare che lì sopra non vi era proprio nessuno, nemmeno traccia di quella sagoma intravista poco prima dalla spiaggia:-Che strano... credevo che qui ci fosse qualcuno. Beh, probabilmente me lo sarò immaginato- sospirò facendo spallucce, rimanendo leggermente allibito.
Giusto mentre decise di scendere e far ritorno sulla sabbia morbida, Taehyung si fermò di scatto e sgranò gli occhi, bloccandosi all’inizio della rampa mentre con una mano si teneva saldamente sulla sottile ringhiera in ferro: qualcosa lo aveva fermato.
-Kim Taehyung- fece per dire una voce proveniente da dietro di lui. Con gli occhi ancora spalancati e con lo stomaco attorcigliato per via dei nervi attaccatisi, portò il mento vicino la spalla guardando perennemente verso il basso in preda al panico. Come poteva essere possibile? Nessuno era lì con lui prima e non vi era assolutamente alcun posto in cui qualcuno potesse nascondersi senza che V potesse vederlo. Col cuore in gola Tae si voltò di scatto: continuava a non esserci anima viva.
Esatto, anima viva.
-Chi sei? Chiunque tu sia vieni fuori e fatti vedere, adesso!-. Nessuno rispose alla sua domanda, né tantomeno obbedì ai suoi ordini. Era solo qualcosa dentro la sua testa oppure c’era davvero qualcuno lì? Quale poteva essere fra quelle spiegazione migliore? Incurvando le labbra verso il basso, perplesso riprese a scendere le scale quando la stessa voce di prima disse:-Voltati-.
Stava forse diventando pazzo? Impossibile. Non appena voltò le spalle alla scalinata si ritrovò di fronte della fitta nebbia nera concentrata in un singolo punto formando una sfocata sagoma ondeggiante coperta da un mantello stracciato sull’orlo. Una figura misteriosa si era giusto materializzata davanti a lui, incredulo e abbastanza perplesso.
-Che cosa vuoi da me?- chiese Taehyung nel bel mezzo di una crisi di panico che gli fece drizzare i peli delle braccia. Questa sottospecie di uomo ombra mise a girargli intorno come un avvoltoio fa con la sua preda, scrutandolo dalla testa ai piedi ed esaminandone ogni minimo particolare.
Taehyung non si mosse, era del tutto paralizzato, sentiva delle scariche elettriche percorrergli lungo tutta la schiena immobilizzarlo, impedendo ai suoi arti di muoversi a dovere. Sudava freddo per l’ansia.
Le palpitazioni erano sempre più forti e lo stomaco cominciava a fare male.
-Mio caro ragazzo, voglio solo la tua vita... non chiedo tanto mi sembra- ridacchiò questi con tono pacato, rendendo la sua affermazione più che normale. Quelle parole lo fecero sobbalzare, i nervi si tesero ancora di più, la bocca dello stomaco cominciò a pulsare in maniera eccessiva e V diventava gradualmente più nervoso, quell’emozione che non provava più sin dai tempi dei provini.
-La mia vita...?- pensò lui ad alta voce:-Tu? Tu vorresti... la mia vita? Perché?- seguì un cenno positivo con il capo da parte dell’ombra pazza che si avvicinava sempre di più a lui:-La mia vita da umano si sta spegnendo, ho bisogno della vita di qualcuno per potermi rigenerare come si deve e tu, Taehyung, sei l’unico qui che possa cedermela!- rispose in tono furbo.
-Beh, puoi scordartela. Non l’avrai mai!- gli urlò contro lui mentre quello continuava ancora a muoversi attorno a Tae. Immediatamente dopo si udì un sottile sogghigno che poi si convertì in un vero e proprio ringhio, simile a quello di un cane con la rabbia.
-Se non vuoi darmela di tua volontà, allora vorrà dire che dovrò prenderla da me...- fece con aria minacciosa.
Posto proprio al centro della piattaforma, V si vide costretto ad indietreggiare dato che la mezza ombra continuava ad avvicinarsi a lui; il legno delle vecchie assi sistemate orizzontalmente scricchiolava ad ogni suo minimo passo, le sue gambe erano colte da un’improvvisa agitazione tremando come foglie al vento. Andava sempre più indietro, senza sapere dove si stesse dirigendo. D’istinto prese a fermarsi e, volgendosi lentamente con il capo, notò con la coda dell’occhio di essere arrivato poco prima del bordo, sporgente direttamente verso il mare.
Tae era senza via d’uscita.
-Addio Taehyung!-. Il viso spigoloso dell’ombra, a due dita di distanza da quello del ragazzo, spalancò le braccia lateralmente per scansare il mantello e con tutta la potenza che possedeva, lo spinse con violenza portandogli le mani al petto. V non ebbe nemmeno modo di reagire che si ritrovò con i piedi in aria urlando a squarciagola.
Il suo corpo venne trasportato dalla forza di gravità con innaturale potenza, infatti, nonostante la distanza fra il pelo del mare e l’impalcatura fosse considerevolmente eccessiva, venne inghiottito dall’acqua  cadendo di schiena con la stessa velocità di un fulmine nel mezzo di una tempesta.
Era circondato completamente dall’acqua, il suo corpo mise a cadere verso il basso, le braccia e le gambe stavano piegate di fronte a lui mentre il dorso e le spalle andavano in fondo rapidamente: mise ad agitare gli arti avanti e indietro con l’intento di scansare l’acqua che lo opprimeva, la sua testa cominciò a spostarsi in tutte le direzioni cui movimenti repentini erano accompagnati dal lento volteggiare dei capelli color carota. Schiuse gli occhi ma era come se non l’avesse fatto: il buio era fittissimo, nulla si riusciva a vedere o men che meno a sentire visto che la presenza dell’acqua all’interno delle orecchie ovattava ogni suono e rumore proveniente dalla superficie.
Grazie alla forza impiegata nelle gambe prese a nuotare verso l’alto, mantenendo la calma.
Inaspettatamente qualcosa lo afferrò per il pantalone, trascinandolo verso il basso: ogni tentativo di risalire in superficie sembrava essere inutile per Taehyung, al quale già cominciava a mancare l’aria necessaria per permettergli di salvarsi.
-Cosa succede!? Chi è che mi sta tirando!? Devo riuscire a salire al più presto...- questi i pensieri del ragazzo, colto da un senso di sgomento che gli impediva di pensare a dovere.
-Sei mio, non hai più scampo Taehyung!-.
V era in pieno panico: sentiva i battiti del suo cuore decelerare, i polmoni stavano per esplodere e il peso del troppo ossigeno al loro interno rendeva la cassa toracica pesante come fosse piombo; la testa cominciava a pulsare incessantemente, sentiva il sangue bussargli nelle tempie, la vista si stava via via appannando nonostante fosse sott’acqua.
-Adesso mi prenderò la tua vita e tu non hai fatto nulla per tenertela stretta- fece la voce che Tae sentiva a mala pena. V era spacciato, sentiva che stava per morire, che non sarebbe riuscito a scampare alla morte; come una pellicola, vide scorrere dinanzi ai suoi occhi ogni momento della sua vita arrivando poi a pensare ai bangtan. I bangtan... come avrebbe potuto lasciarli? Non poteva morire, non doveva morire: il suo momento non era ancora arrivato.
Tirando in alto la gamba mettendo forza sulla coscia, piegò il ginocchio per cercare di liberarsi da quella stretta morsa a lui invisibile che lo bloccava; in un primo momento riuscì a divincolarsi cominciando a salire, poi venne acchiappato di nuovo, stavolta da entrambe le caviglie.
-Devo liberarmi, devo farcela. Per me...- pensò lui continuando a dimenarsi, mentre teneva entrambe le mani al collo, come se potessero essere in grado di aiutarlo a respirare:-...e per i bangtan!-. La figura oscura di poco fa era proprio sotto di lui, le sue mani serravano saldo il ragazzo che, con un calcio piuttosto energico nonostante fosse dato sott’acqua, colpì ripetutamente la testa del nemico al quale gli si ruppe improvvisamente il collo, mollando la salda presa.
Taehyung  nuotò con tutta la forza che aveva in corpo, riuscendo per un pelo a salvarsi. Uscita di scatto la testa dall’acqua prese un profondo e rumoroso respiro: era vivo, lui l’aveva avuta vinta. L’acqua salata grondava dai capelli attraversando libera tutta la faccia; sguazzò rapidamente trascinandosi carponi fino alla riva, dove si accasciò a pancia in giù stremato per la mancanza d’aria. Cambiando poi posizione e mettendosi di schiena, mise a respirare più a fondo riempiendo completamente i polmoni: all’improvviso qualcosa toccò le sue gambe, per metà bagnate dalle sottili onde nella sponda; fermatasi fra di esse, una boccetta di vetro scura grande quanto un profumo richiamò la sua attenzione. In quel momento fu costretto a sollevarsi con entrambe le braccia all’indietro mettendo in mostra tutto il lato destro del viso imbrattato di sabbia: una strana luce intensa proveniente da dietro le sue spalle rischiarò l’ambiente circostante. V provava una strana emozione, come fosse al sicuro... era sempre più attratto da quel chiarore, aveva come il sensore che tutto sarebbe andato per il meglio. Con una presa scattante afferrò la boccettina sporca di sabbia sulla quale vi era scritto “Portami con te” e, senza pensarci due volte, si incamminò verso quella che sarebbe stata la sua liberazione, l’uscita da quel maledetto quarto livello...

Angolo autrice:
Ma annyeooong armys! Fortunatamente sono riuscita a terminare anche questo capitolo (già iniziato da qualche giorno) e ho avuto grazie al cielo la possibilità di pubblicarlo, nonostante avessi avuto un po’ di problemini di studio... Bando alle ciance mi auguro vivamente che anche questo possa piacervi, fatemi sapere cosa ne pensate! Inoltre ringrazio tantissimo chi recensisce, spingendomi a dare il massimo. Detto ciò vi lascio *si polverizza* vivibì.
Momento spoiler (ma si dai, per oggi faccio la buona e vi anticipo): il prossimo capitolo sarà incentrato sul nostro caro maknae, stop.                  
                          

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** A train to death ***


Un venticello freddo sbatteva in modo violento ed incessante contro il corpo esanime di Jungkook, disteso a pancia all’aria su un asfalto di piccole pietruzze grigie: il suo viso era rivolto verso destra, le braccia e le gambe, piegate, erano spaparanzate per terra, libere di muoversi; il ragazzo sembrava essere completamente senza vita fino a quando non spalancò gli occhi di scatto, notando di trovarsi sotto il cielo scuro della sera. Alzatosi per metà su un gomito prese a guardarsi intorno, stordito e confuso, intanto che portava una mano alla fronte scompigliandosi la corta frangetta castana. Aveva un’aria piuttosto disorientata, non riusciva a capire dove potesse trovarsi e il buio non lo aiutava di certo; solamente la luce soffusa di un alto lampione in lontananza lo spronò ad addentrarsi sempre di più nel luogo in cui era finito.
Il crocchiare dei ciottolini squadrati sotto i suoi piedi riempiva quel silenzio assordante che lo circondava, accompagnando lui e i suoi passi verso una meta sconosciuta; con le mani dentro le tasche del cappottino imbottito, passeggiava tranquillo a spalle strette per quel tratto irregolare di pece grigiastra che lo faceva dondolare, poiché il dislivello fra i vari cumuli di sassolini era a dir poco evidente. Dove stava andando realmente? Ma soprattutto, perché continuava comunque a camminare nonostante non sapesse né dove fosse né addirittura dove dirigersi di preciso? Queste erano le domande che gli passavano costantemente per la testa alle quali purtroppo Kookie non riusciva a dare una risposta, sempre se ce ne fosse stata una...
Osservando ciò che si presentava intorno a lui grazie alla lieve luce del lampione capì, dopo tanti dubbi ed incertezze, di trovarsi in una vecchia stazione abbandonata da chissà quanto tempo. D’un tratto Jungkook fu costretto a frenare i suoi passi: poggiato di schiena sulla fonte di luce che lo aveva condotto lì, un uomo alto più o meno quanto lui ricoperto di nero dalla testa ai piedi lo stava aspettando.
-Finalmente ragazzo, era ora che venissi... ce ne hai messo di tempo- fece per parlare quello da sotto il basso cappello di feltro nero.
-Come prego?- chiese Kookie perplesso alzando un sopracciglio. Stava parlando davvero con lui o lo aveva confuso solo per qualcun altro? Il tizio, cui volto era coperto interamente dall’alto colletto del cappotto, rimase con le caviglie incrociate e con lo sguardo chino a fissarsi queste e il piede destro in continua agitazione:-Beh l’importante è che sei qui, no?- continuò quello agitando le spalle senza badare alla domanda del ragazzo.
-Tu chi saresti, scusa?- si grattò nervosamente la testa con l’indice Kookie mentre metteva in mostra la fronte corrucciata. Odiava provare paura anche se molto spesso non lo dava a vedere ma era più forte di lui, aveva sempre avuto timore dell'ignoto e di ciò che avrebbe comportato.L’altro rise di gusto, come se quello che lui aveva chiesto fosse una stupida barzelletta per bambini.
-E che importanza ha?- emise una risata aspirata l’uomo rivelando un intollerabile menefreghismo.
Stava forse prendendolo in giro? Sta di fatto che a Jungkook quello strano tipo non andava assolutamente a genio, nascondeva sicuramente qualcosa di losco e questo non gli piaceva per niente... una strana sensazione alla bocca dello stomaco lo colse all’improvviso, intuendo di non essere capitato in un luogo piacevole con una persona altrettanto tale: attimi interminabili di silenzio si misero fra i due, l’uno intento a girare i tacchi e l’altro a fissarlo senza sosta come un tormentato mentale appena uscito da un manicomio. Il maknae non poteva continuare a stare lì, riusciva a percepire che qualcosa sarebbe potuta andare storto in qualsiasi momento.
Fece per voltarsi e ritornare indietro quando tutt’assieme si ritrovò appiccicato alla sua faccia l’uomo in nero, cui occhi impregnati di sangue gli incutevano un certo timore:-Dove pensi di andare, eh?- chiese minaccioso quello tirando respiri affannosi. Il cervello di Jungkook andò in tilt: l’unica cosa possibile da fare che gli era passata per la mente fu quella di darsela a gambe, cercando disperatamente una via di fuga. Le sue gambe magre sostenevano il peso del suo corpo piegato verso avanti durante la corsa, metodo utile per guadagnare velocità e... affaticarsi prima; di colpo inciampò su un tubo di ferro arrugginito cadendo sui palmi delle mani. Dolorante riprese a correre all’impazzata verso il nulla divincolandosi nel buio che si era venuto a creare poiché sempre più distante dall’unico lampione acceso presente alla stazione; le sue pupille erano dilatate, sgranava gli occhi più che poteva sperando che potesse essergli d’aiuto visto che non riusciva più a vedere neanche dove mettesse i piedi. In mezzo all’oscurità dell’ambiente si sentì un pesante tonfo metallico, simile al suono riprodotto dai coperchi delle pentole in acciaio che si sbattono fra di loro: aveva colpito in pieno un muro di ferro ondulato.
Era il rimorchio di un treno.
Cominciò a cercare alla cieca una via di fuga tastando con le mani la superficie fredda: una scaletta di ferro gli venne in soccorso, permettendogli di arrampicarsi sul vagone; l’uomo ombra gli stava ancora alle calcagna, attaccato a lui come una sanguisuga. Jungkook si ritrovò a tre metri e mezzo da terra, sorretto da un pavimento di lamine: nessuno era lì con lui, era di nuovo da solo.
Poteva mai finire così? Assolutamente no, sarebbe stato fin troppo facile...
Kookie era affannato, grondava di sudore nonostante la temperatura fosse decisamente bassa; si passò una mano sulla fronte e poi sugli occhi, poi lo rivide: quella figura nera in lontananza si avvicinava ogni volta di più verso il ragazzo, e fu proprio allora che questi cadde all’indietro per la paura sbattendo poi di botto la schiena. Indietreggiava man mano che quello lo raggiungeva con passi lenti e felpati, venne colto da un attacco di tachicardia e il calore gli avvampò sul viso, facendolo diventare del tutto rosso quasi fosse dentro una sauna.
-Lo sai che i bambini devono stare con gli adulti vero Jeongguk?- lo provocò quello con un sorrisetto furbo sulle labbra screpolate per via del freddo. Tutt’a un tratto fece per tirare fuori dalla tasca interna del cappotto un pugnale di medie dimensioni e, tenendolo stretto per il manico, si diresse velocemente verso il ragazzo ancora mezzo disteso; non c’era via di scampo.
-E adesso? Sono fottuto...- pensava lui mentre terrorizzato si tirava all’indietro fino a quando fu obbligato a fermarsi. Era arrivato al limite, ciò che stava dietro le sue spalle era solo un vuoto di quasi quattro metri d’altezza:-Sei finito bamboccio!- sollevò il coltello quasi in procinto di pugnalarlo. Mentre quello stava per ucciderlo brutalmente, con prontezza di spirito Jungkook alzò la gamba e colpì dritta la mano dell’uomo, facendo roteare l’oggetto per aria per poi ritrovarselo accanto. Intascata l’arma affilata, dovette fermarsi un attimo: sarebbe dovuto rimanere lì sopra e farsi uccidere oppure avrebbe dovuto saltare liberamente senza far caso all’eccessiva altezza? Non ci pensò due volte che prese una breve rincorsa e balzò come una molla dal vagone atterrando sulle piante dei piedi; era arrivato il momento di scappare, adesso che ne aveva la possibilità...
Ecco che la stessa situazione di prima si ripresenta: dove andare? Perché salvarsi la vita doveva essere così difficile!? Riprese di nuovo la sua eterna corsa contro la morte certa, ritrovandosi nella parte opposta della stazione, vicino la biglietteria confinante con i binari.
-Hai intenzione di continuare a scappare, Jeongguk!? Sii uomo e affrontami se hai coraggio, oppure sei ancora un piccolo bambino piagnucolone!?-.
-Cosa sarei io!?- girò il volto abbassandolo verso di lui una volta socchiusi gli occhi e corrucciate le sopracciglia. Quell’appellativo gli ha sempre dato sui nervi come tutti gli altri del resto, odiava essere considerato un bambino solo perché membro più piccolo di un gruppo:-Adesso te lo faccio vedere chi è il moccioso!- continuò Kookie fiondandoglisi sopra e spingendolo sui binari arrugginiti. Posto sopra l’uomo in nero cominciò a ficcargli cazzotti sul volto, i quali sembravano non fare effetto dato che l’avversario contraccambiava i suoi colpi, malmenandolo di conseguenza; un maledetto attimo di distrazione e Kookie non capì più nulla, infatti, si ritrovò disteso fra le sbarre di ferro dei binari in mezzo un tappeto di ossa umane con il nemico sopra di lui, pronto a sferrargli pugni a raffica contro il volto già sanguinante da prima.
Uno strano rumore provenne improvvisamente dal fondo dei binari: pesanti cigolii e tintinnii metallici si approssimavano verso il corpo di Jungkook, tenuto immobile dall’ombra bastarda. Subito dopo, intravide in lontananza una sfera accesa somigliante in tutto e per tutto ad un fanale...
-Com’è possibile? Questa stazione è del tutto inattiva! Non può essere un treno quello!- pensava fra sé e sé mentre si dimenava disperatamente per poi ricordarsi dell’arma, dopo un flashback improvviso: teso il braccio verso la tasca esterna del cappottino tirò fuori il pugnale, prendendolo solidamente. Doveva resistere solo un altro po’ e tutto quello sarebbe finito...
Un colpo secco di lama dentellata scagliata contro l’addome del nemico permise al ragazzo di divincolarsi e levarsi dalle rotaie prima che fosse troppo tardi, lanciando il corpo ferito dell’uomo lontano da lui; Kookie si accasciò per terra portando le mani sopra la testa, rimanendo a debita distanza dal luogo di passaggio del mezzo mentre passava, sarebbe stata questione di secondi prima che anche lui ci fosse rimasto secco: il treno posseduto scattò con rapidità sui binari, prendendo in pieno il corpo dell’uomo ombra tranciato in due, cui sangue simile all’inchiostro di china schizzò da tutte le parti.
Copertosi gli occhi per non assistere alla stomachevole scena si mise in piedi per arrampicarsi sull’ampio gradino che portava verso lo stand della biglietteria: tutto era giunto al termine e Jungkook ne era uscito vittorioso, sano e salvo.
Era stato grande, dimostrando all’ombra ma soprattutto a se stesso di essere un vero uomo.
Sedutosi ansimante su una vecchia panchina si lasciò scivolare in avanti e, poggiata la nuca sulla spalliera portò sulla fronte un avambraccio mentre l’altro arto stava disteso su per tutta la lunghezza dello schienale con la mano ancora tenente il coltello ormai imbrattato di sangue scuro; nonostante gli occhi fossero coperti, venne accecato da un bagliore luminoso proveniente dalla sua destra, vicino l'ingresso della stazione ferroviaria.
Un senso di calore lo pervase dalla testa ai piedi, spingendolo ad inoltrarsi per scoprire cosa fosse realmente quel chiarore: la sua sagoma mise ad allontanarsi sempre di più fino ad essere inghiottita completamente dal meraviglioso mare di luce, terminando finalmente quel maledetto quinto livello.

Angolo autrice:
Annyeooong armys! Anche stavolta sono riuscita a scrivere un altro capitoletto della mia amata ff... non ditemi come mai scrivo cose così macabre perché non me lo spiego nemmeno io, so solo che mi sono ispirata in parte ad un sogno -o meglio incubo- fatto qualche notte fa (sarò figlia di Tim Burton magari? Oppure mi drogo senza saperlo? Chi lo sa... xD) Tralasciando i miei discorsi da malata, spero che possiate apprezzare anche questo capitolo. Purtroppo è stato difficile ma fortunatamente ci sono riuscita (per botta di culo eh, precisiamo)!
Come sempre, un grazie immenso va a coloro che leggono/seguono/visualizzano la storia e la recensiscono, sono felice di sapere che possa piacere!
Fra un po’ mi dedicherò a scrivere il prossimo ma non so se riuscirò a pubblicarlo in tempo (se porto ritardo perdonatemi, è sempre colpa della matematica), intanto vi abbraccio... 화이팅!
By tenacious_deep_soul 99

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Exposed to darkness ***


Dei sottili fili di fresca erba verde sfioravano delicatamente il viso di Jin, disteso sul suo fianco destro rannicchiato in una mezza posizione fetale. Schiusi lentamente gli scuri occhi a mandorla si sedette e, aguzzando la vista sfocata, si mise ad esaminare attentamente il luogo in cui fosse venuto a capitare: in quel momento stava su un’aiuola erbosa di medie dimensioni delimitata da un contorno in ciottoli, quel confine che separava due realtà distinte e separate; di fronte a lui il buio, spezzato da fioche luci emanate da lampioncini, abbracciava a sé tanti vecchi festoni posti l’uno di seguito all’altro. Dove accidenti era finito? Proprio accanto a lui uno strano manufatto si venne appena a materializzare: era una specie di cornice rotonda, cui manico possedeva una pietra storta incastonata sopra; nonostante l’oggetto fosse abbastanza insolito, Jin, mosso da una bizzarra sensazione fra lo stomaco e il petto, lo prese per intascarlo nel suo lungo cappotto grigio, senza sapere di aver fatto inconsciamente la cosa giusta. Alzandosi di conseguenza, dopo essersi aiutato con una spinta della mano, decise di ispezionare un po’ in giro, tanto per curiosità...
Messo piede fuori dall’aiuola si ritrovò su un sentiero asfaltato che conduceva dritto verso l’ampio padiglione al coperto  pieno di bancarelle da esposizione. Da un manifesto appeso su uno dei pali della luce scorse la scritta “Super Mario Technological Congress” accompagnato da un’immagine sullo sfondo azzurrino: ebbene sì, quello era un vero e proprio congresso per nerd sfegatati che vedeva come mascotte il suo personaggio dei videogiochi preferito. Peccato però che Jin non fosse affatto entusiasta di trovarsi lì, per giunta solo come un cane visto il luogo totalmente deserto.
Colto da strane sensazioni che vagavano senza meta nel suo corpo cominciò ad osservare, una volta varcata la soglia del tendone, i vari stand percorrendo il lungo corridoio formato dalle due file di questi: tutto era vecchio e malandato, gadget, giornalini, pupazzi e console di qualsiasi genere erano completamente ridotti male, lasciando nel ragazzo il beneficio del dubbio riguardo al loro funzionamento. L’ambiente era tetro e oscuro, Jin non riusciva quasi più a vedere nemmeno i palmi delle sue mani, sebbene fossero davanti la sua faccia ad agitarsi per evitare al ragazzo di sbattere all’improvviso contro qualcosa.
Più si addentrava, più le tenebre lo circondavano.
Da uno stand posto quasi alla fine della fila sentì provenire uno strano ma fastidioso rumore elettronico seguito da emissioni di luce ad intermittenza che si manifestavano in mezzo al buio, attirando esageratamente la sua attenzione: un vecchio game-boy blu, cui condizioni facevano notare il suo palese stato di abbandono, era rimasto aperto poggiato sulla base di plastica della bancarella ad accendersi e spegnersi, come fosse una cosa più che normale.
Il suono effetto pixel, che all’inizio sembrava essere un comune rumore di guasto, in realtà era qualcosa di più, diciamo... particolare? D’un tratto gli intervalli luminosi cessarono, lasciando al loro posto lo schermo superiore completamente scuro, cui unica cosa che si riusciva a vedere era solamente una linea al suo centro in grado di percepire la frequenza di onde sonore catturate dall’ambiente circostante; questa, dopo vari attimi di totale inattività, cominciò a muoversi rilevando la presenza di una voce incorporea.
Mentre questa parlava, sul touch screen apparivano delle parole: qualcuno stava cercando di comunicare.
-“Tu...” c’è scritto?- pensò Jin ad alta voce sporgendosi in avanti mentre continuava a leggere i vocaboli che scorrevano l’uno di seguito all’altro:-“...sei...morto...”!? Che cosa significa!?- sgranò gli occhi allibito per la scena alla quale aveva assistito e continuava ad assistere, essendone il principale protagonista. Da dietro di lui dei repentini spostamenti d’aria fredda lo fecero pietrificare, la paura e lo sgomento stavano cominciando a mostrarsi e le palpitazioni non tardarono ad arrivare, aumentando in maniera sempre maggiore... dalla sua fronte, una goccia di sudore gli attraversò il volto, fiondandosi sul colletto del cappotto.
Rimasto ancora immobile e con i palmi sudati, portò lo sguardo di lato per constatare se ci fosse davvero qualcuno oltre a lui:-Sarà stato un normale colpo d’aria, Jin... calmati- si illudeva per cercare di reprimere l’ansia che stava prendendo il sopravvento.  Ansimava, le braccia e le gambe non riuscivano a stare in equilibrio, tremavano come foglie, i tendini del collo e della nuca erano talmente tesi da impedire al ragazzo di compiere un qualsiasi movimento, anche il più semplice. Fu allora che Jin si sentì afferrare con forza la spalla, scostandosi di scatto per poi voltarsi: nessuno era lì e lui era sempre più spaventato. Un senso di nausea lo colpì, era così nervoso che se avesse dato di stomaco avrebbe vomitato anche l’anima.
-Sei un facile bersaglio, Jin...- si sentì riecheggiare in lontananza in mezzo al buio pesto dell’area.
-Chi c’è là!? Che cosa vuoi!?- disse con  voce smorzata per colpa dei nervi troppo irrigiditi.
-Voglio solo te, nient’altro- gli rispose quello ridacchiando sotto i baffi.
Era atrofizzato dalla testa ai piedi, sarebbe stato in grado di scappare ridotto in quelle condizioni?
-Fatti vedere, codardo!- gli urlò contro nervosamente intanto che gli occhi nocciola sfrecciavano da tutte le parti.
-Lo farei, credimi ma al momento non posso proprio... ho di meglio da fare- seguì una sonora risata.
Jin si sentì strano, diverso: c’era qualcosa che non quadrava in lui, la testa gli faceva così male che dovette portarsi le mani alle tempie, cadendo per terra sulle ginocchia per l’improvviso affaticamento.
-Oh, sei stanco a quanto vedo, forse avresti bisogno di dormire... per un bel po’!- quella voce si era insinuata dentro la sua mente con il solo intento di dominarlo e fare di lui un burattino senza vita nelle sue mani:-Vedi mio caro Kim Seokjin, nessuno ti apprezza né ti ha mai apprezzato, non sei quel tipo di persona che merita attenzioni o complimenti... non sei adatto a nulla-.
Perché? Perché doveva fargli questo? Sentirsi giudicato era l’unica cosa che detestava, il suo disprezzo nei confronti del giudizio altrui era sconfinato, ha sempre odiato sapere cosa la gente pensasse veramente di lui, di ciò che era, di ciò che faceva per realizzare la sua persona e sentirsi se stesso; non riusciva ancora a capire il vero motivo di tutto questo, come mai l’opinione degli altri potesse influire così tanto: magari la troppa insicurezza, la scarsa autostima, l’essere troppo impacciato e timido se non addirittura la sfiducia nelle proprie capacità. Probabilmente si trattava proprio di un mix di tante peculiarità che, come tanti tasselli di un puzzle incastrati gli uni con gli altri, componevano interamente la sua natura e il suo carattere.
Le lacrime sgorgavano a cascate sul viso e l’espressione corrucciata metteva in risalto tutto il suo dolore e la sua intolleranza, era stufo di sentirsi sminuire in questo modo, non sopportava l’idea di dover rimanere fermo lì con le mani in mano a farsi modellare da una stupida voce che voleva soltanto il suo male.
-Devi uscire dalla mia testa! Tu non sei nessuno! Smamma, ora!- urlava Jin a squarciagola nel tentativo di scacciarlo via:-Io non sono come dici! So quanto valgo! Qui l’unica nullità sei proprio tu!-. Cosa diamine aveva appena detto!? Tutti i suoi sentimenti repressi erano usciti fuori all’impazzata tanto da non capirci più niente nemmeno lui: era riuscito davvero ad essere così coraggioso da provocarlo con le sue affermazioni? Quelle parole non potevano fargli più che bene, d’un tratto si sentì più leggero di una piuma: la voce aveva abbandonato la sua testa lasciando le redini a chi di dovere, ossia Jin stesso. In meno di un millisecondo una figura oscura si presentò dinanzi al ragazzo, facendo affidamento sulla sua aria minacciosa per riuscire ad indebolirlo:-Non vuoi proprio mollare, eh Seokjin?- disse quello davanti il corpo del ragazzo messo in ginocchio ai suoi piedi.
-No! E non lo farò finché avrò la forza di combattere!- sbraitò lui con tutto il fiato che aveva nei polmoni, mettendo in mostra le vene del collo esageratamente dilatate.
-Ti darò la dimostrazione del mio essere nessuno!- rise quello aspirando rumorosamente.
Messosi su due piedi, Jin venne improvvisamente catapultato a furia contro gli stand dall’altra parte del padiglione, sbattendo la nuca biondina contro un lato spigoloso di uno di questi e ritrovandosi sommerso di oggetti da esposizione. Perché avrebbe dovuto farsi dominare da quell’essere senza scrupoli, da una stupidissima ombra che approfitta della debolezza altrui per rinforzarsi di conseguenza? Doveva farsi venire un’idea, e al più presto se non voleva lasciarvi le penne.
Pensandoci bene... perché egli non avrebbe potuto fare altrettanto contro il nemico oscuro, facendo di  questa furba metodica un’arma a doppio taglio?
-Hai la benché minima idea di cosa tu sia in realtà? Beh, non penso proprio. Se vuoi te lo dico io...- cominciò Jin davanti l’incredulità e la curiosità dell’altro nel sapere cosa avesse da dirgli:-...sei solo un essere inutile, un’ombra che brancola costantemente nel buio in cerca di nuove vite da collezionare! Fattene una ragione, la tua esistenza non ha affatto senso- mentre sprigionava le sue emozioni soffocate da chissà quanto tempo sentiva l’adrenalina scorrergli a fiumi nelle vene, non aveva mai provato tanta soddisfazione in vita sua, cosa di cui si rese conto fin da subito. Il ringhio di disapprovazione dell’altro fece intuire la sua evidente irritabilità nell’udire ciò che nessuno, a parte lui, aveva  avuto il coraggio di pronunciare. Jin riusciva a percepire la debolezza dell’altro che gradualmente andava sempre aumentando:-Adesso che intenzioni hai, eh? Non riuscirai ad averla vinta su di me, ogni tuo tentativo di farmi del male sarà vano perché nulla più mi spaventa o ferisce!-finì per dire poi tutto d’un fiato.
Guardandosi in giro il ragazzo notò come tutto attorno a lui fosse nero come la pece: in effetti, qual è l’ambiente ideale delle ombre per attaccare le proprie vittime e cibarsi delle loro forze? Ebbene, la risposta fu immediata e fin troppo semplice: doveva condurlo all’esterno, solo... come?
Ritrovatosi ancora seduto con la schiena contro la superficie della bancarella rivoltata in avanti, approfittando della spossatezza dell’altro intento a contorcersi per la troppa confusione, prese a muoversi lateralmente aiutandosi con i palmi delle mani posti ai suoi fianchi. Nonostante l’uomo fosse stato “stordito” Jin cominciò comunque a provare una certa ansia, tanto che i suoi battiti cardiaci divennero via via più instabili, i polsi misero a tremare per la troppa tensione e il sangue prese a battere forte contro le tempie... Da dentro l’ampio tendone in cui si trovava scorse un palese chiarore accecante provenire dalla parte destra dell’ingresso: e se quella luce potesse essere in grado di aiutarlo e farlo riuscire nell’impresa? Senza pensarci due volte, con una spinta della schiena si alzò in piedi scattando come un fulmine verso quella massa di luce folgorante; l’ombra mise a seguirlo, ignara delle intenzioni di Jin. Quest’ultimo si piombò all’esterno, cadendo di brutto sulla spalla. In quel preciso istante, l’ombra riuscì a prenderlo per una caviglia cercando di trascinare il corpo del ragazzo verso l’interno:-Cosa hai intenzione di fare Seokjin!?- gli chiese sarcastica l’ombra, nascosta dietro la tenda per ripararsi dal bagliore.
-Salvarmi la vita, pezzo di bastardo! E tu non riuscirai ad impedirmelo!-. Dette quelle parole Jin si risollevò scattante tirando verso di sé colui che lo tratteneva, esponendolo al balenio; il nemico non fu più in grado di muoversi, la luce lo aveva reso eccessivamente debole e neppure le braccia portate contro il volto scuro riuscirono a scansarlo dal suo destino, dalla fine che si meritava di fare:-Nooo! La luce no!-. Senza pensarci due volte, Jin si fiondò su due piedi all’interno del buco bianco accanto a lui abbandonando in quel sesto livello le sue paure e le sue incertezze, lasciando spazio solo a ciò che contava davvero: l’essere se stesso.

Angolo autrice:
Buonasera armys! Come promesso eccovi il terzultimo capitolo della fanficition... eh si, stiamo quasi arrivando alla fine purtroppo. Mi spiace di aver pubblicato un po’ in ritardo, comprendetemi vi prego ahaha ho avuto tanti dubbi sulla stesura di questo capitolo e proprio per questo mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate (nel caso dovesse apparire incompleto o magari sembrare troppo veloce ditemelo, così rimedio ai miei errori). Sempre un grazie immenso a chi continua a seguire/recensire la storia! Adesso spero solo di riuscire a pubblicare il più presto possibile il seguito... Al prossimo capitolo!
화이팅!!! 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Isolation ***


In quella gelida stanza costruita in pietre, Namjoon stava poggiato con la schiena pressata contro il muro, dormiente. La testa era portata all’indietro e la bocca carnosa, dalle labbra screpolate per via della bassa temperatura, era rimasta semiaperta; uno strano tonfo materializzatosi sopra il suo addome ricurvo lo fece destare, facendo sì che egli potesse sobbalzare verso avanti aprendo di conseguenza gli occhi in maniera repentina. Lanciò un’occhiata furtiva contro la pancia piatta, notando cosa vi era posto sopra: un bizzarro disco in cristallo giaceva fra le molteplici pieghe del pesante maglione di lana arancione del ragazzo che, perplesso, prese a rigirarlo tra le mani per osservarlo da diverse prospettive lasciandovi su le impronte delle sue dita del tutto sudice di polvere. Incuriosito abbastanza dall’aura misteriosa emanata da quell’oggetto venuto fuori dal nulla e caduto da chissà dove, decise di intascarlo non prima di averlo ripulito per bene con l’estremità della lunga manica cui tessuto, stretto dentro ad un pugno, appariva sporco e stropicciato. Levatosi in piedi dopo essersi scostato a dovere dal muro freddo come il ghiaccio cominciò ad esaminare ogni angolo della stanza: benché vi fosse una certa oscurità a circondarlo, Namjoon riuscì nettamente a distinguere la parete marcia di fronte a lui da una vecchia  e doppia porta in ferro stracolma di ruggine. Lisciatosi il ciuffo di capelli biondini cadente sulla fronte e stropicciatosi gli occhi con il dorso della mano per mettere bene a fuoco, diede inizio ad una vera e propria ispezione del vano immerso nel buio: sulle mura camminavano liberi insetti di qualsiasi tipo, l’aria lì dentro era pesante a causa dell’eccessiva umidità e il pavimento appariva scivoloso per via del terriccio grigio posto sulla sua superficie.
Guidato da lievi raggi di luce soffusa passante tra gli spiragli della porta si diresse verso la sua destra, la parte più buia dell’intero ambiente; inciampando su una fuga di un mattone rialzato venne a precipitare verso avanti, salvandosi il viso con i palmi delle mani i quali sbatterono sul muro ricoperto dalle tenebre posto a una ventina di centimetri di distanza da lui: da questo cominciò a rivelarsi uno strano scricchiolio... uno scheletro stava appeso su di esso, tenuto dai polsi tramite vecchi anelli cementati nel muro dai quali cadevano lunghe catene nere arrugginite. Ritrovatosi il viso proprio di fronte al cranio quasi fracassato, con lo sguardo inorridito rivolto verso le ossee cavità degli occhi, balzò all’indietro emettendo un mezzo urlo smorzato:-Ma dove diamine sono finito!?- esclamò terrorizzato mentre, piegato in due e con una mano sulla coscia, stava con il palmo poggiato sul petto per cercare di calmare i suoi battiti cardiaci, accelerati di colpo.
Il suo respiro era talmente affannoso che sembrava avesse appena corso la maratona di New York.
Sedutosi per terra con lentezza, si strofinò la fronte col dorso della mano nel tentativo di asciugarsi le gocce di sudore che lo accarezzavano dolcemente. Si era appena reso conto di essere completamente solo, rinchiuso in una stanza senza uscita o almeno, presente ma del tutto inutile; Namjoon ha sempre odiato rimanere isolato dal resto del mondo, dalla vita vera, da ciò che c’era lì fuori, non ha mai tollerato la solitudine perché questa era sempre capace di renderlo fragile, in balìa di se stesso e delle sue emozioni più profonde che, con gli altri, riusciva a tenere ben nascoste. Il senso di oppressione scaturito da quelle pareti grigie e certamente ricche di agghiaccianti episodi era via via più forte tanto da far nascere in lui un tremendo senso di angoscioso malessere.
Dei rumori di natura incerta si sentivano provenire dall’esterno, diretti verso il rottame di ferro di quella maledetta cella di isolamento. Il suono di ripetuti schiocchi di chiavi nella vecchia serratura di quella porta fatiscente facevano eco dentro la stanza nella quale ogni fonte sonora veniva amplificata il doppio dato il nulla totale al suo interno. Il pesante cigolio di ferro vecchio fu accompagnato dalla presenza di una lampada ad olio diffondente una sottile luce gialla, la quale dondolava ad ogni passo mosso da chiunque la stesse reggendo in mano: quasi difficile da distinguere con lo sfondo scuro dietro di sé, una figura ombrosa illuminata in parte dalla lanterna si addentrava ciondolante nella stanza, puntando la fonte di luce alta contro il ragazzo, rimasto ancora seduto al centro della cella con le gambe accerchiate dalle braccia magre.
Guardava fisso nella sua direzione il tizio strambo che aveva appena fatto il suo ingresso e che graffiava la voce ad ogni movimento. Richiuse dietro di sé l’enorme pezzo di ferro reggentesi in piedi grazie a chissà quale stregoneria e mise a camminare verso il biondino dalle fossette scavate sulle guance; rimase fermo per qualche secondo a qualche metro da lui, poi riprese a camminare sventolando ancora quella antica lanterna di bronzo dall’aria abbastanza semplice.
-Sei tu Kim Namjoon?-  chiese lui con un accenno di voce rauca. Quel tipo puzzava di fumo, sembrava fosse uscito da poco da un affumicatoio, l’odore pesante del tabacco era nauseante, più insopportabile della puzza di muffa. Namjoon non rispose, aveva timore di quel tizio e di quello che avrebbe potuto fargli poiché non sembrava una persona messa tanto bene mentalmente.
-Allora ragazzo, rispondi! Sei tu o no Kim Namjoon!?- gli urlò contro mettendo in mostra da dietro la lampada un paio di grandi occhi rossi come rubini.
-Si sono io...- fu l’unica cosa che riuscì a dire prima che le corde vocali gli si paralizzassero. Quello annuì di rimando e, emettendo gli stessi strani versi di prima, si incamminò verso il muro di fronte al ragazzo:-Che posto è questo? Lei chi è? E come fa a sapere il mio nome!?- chiese tutto d’un fiato lui, deglutendo pesantemente.
-Troppe domande a cui rispondere. Vedo che hai già fatto conoscenza con il nostro amico...- disse indicando con l’indice tremolante lo scheletro incatenato al muro cui espressione “sorridente” metteva costantemente i brividi ogni qual volta le si lanciava anche solo una benché minima occhiata:-...sembri una persona molto curiosa Kim Namjoon e, sai, la curiosità a volte può uccidere- terminò sghignazzando.  Namjoonie ancora non aveva capito che cosa fosse venuto a fare quello lì, ma forse quel sogghigno gli fornì qualche valida spiegazione...
-Che cosa ci faccio qui?- chiese il ragazzo mentre si schiariva la gola aspettando una risposta.
-Come avrai potuto notare qui siamo in una prigione: secondo te cosa può farci una persona in un luogo come questo, eh?- rise aspirando quello mentre sputava della saliva per terra:-Sei stato condannato, bello. Usa la zucca!-.
-Condannato!? Per quale ragione!? Non ho mai fatto nulla di male!- replicò Namjoonie in preda all’ansia. Le sue labbra cominciarono ad asciugarsi e la salivazione si era bloccata del tutto.
-Ma come per cosa, ragazzo!?- agitava la lanterna mentre zoppicava, camminando verso Rap Monster che nel frattempo aveva indietreggiato:-Per la tua esistenza, è chiaro...-. Namjoon aveva avvertito che qualcosa non andava, c’era sotto del losco, e non gli garbava per niente. Il ragazzo era in costante tensione, il cuore gli era arrivato alla gola e pulsava talmente forte che sembrava dovesse esplodere a momenti, quasi fosse una mina vagante. Si inumidì le labbra con quella poca saliva che si ritrovava e, senza spostarsi di un millimetro, cominciò a muovere rapidamente gli occhi portandoli da destra a sinistra e viceversa.
-...e il mio compito, adesso, è quello di farti fuori!- continuò il vecchio tizio pazzo esponendo alla luce fioca della lampada una daga affilata di medie dimensioni dalla lama scintillante.
In quegli attimi il senso di sgomento presente da prima nel ragazzo aumentò vertiginosamente. Il tipo psicopatico, dopo aver gettato alle sue spalle la lanterna ad olio, con una mezza corsa si fiondò sopra a Namjoon mentre stava alzandosi, portando la sua schiena a pressare contro il muro spigoloso: nonostante quello fosse più basso del rapper, fu comunque capace di bloccarlo per bene fra le sue braccia e la parete puntandogli, con la mano destra, la daga posta orizzontalmente contro il suo collo.
Il ragazzo si dimenava in cerca di una scappatoia, sperando di riuscire a sfuggire al pazzo nonché alla morte stessa; con entrambe le mani fece leva su quelle del tizio afferrato per i polsi, allontanando sempre più difficilmente  e con notevole affanno il coltello dalla sua vista. L’istinto di sopravvivenza era più forte di qualunque altra sua qualità, era questo infatti che lo contraddistingueva da quella massa che ogni giorno diventava gradualmente più indistinguibile.
Con una spinta verso avanti fece catapultare all’indietro l’assassino, facendolo cadere per terra.
-Tenace, Namjoon...- disse quello mentre si rialzava per poi fiondarglisi di nuovo addosso, cappottando entrambi. Lo squilibrato fece per alzare il braccio cui mano stringeva ancora la daga per dirigerlo contro il ragazzo quando fu bloccato dal polso dalla stretta morsa di quest’ultimo dal viso diventato tutto rosso a causa dello sforzo impiegato nel tentativo di salvarsi le penne. Quel coltellaccio si allontanava e si avvicinava alternativamente al suo viso poiché la potenza nell’arto cominciava a venire sempre meno e impossibilitato quindi ad aiutarsi con l’altro braccio, tenuto saldamente a terra... girato il volto contro il palmo della mano aderente al pavimento scorse, per puro colpo di fortuna, un pezzo di mattone squadrato: cercò di avvicinarlo a sé con le punte delle dita ma, visto che stava a qualche centimetro di distanza da esse, Namjoon decise di scansarsi piano piano per far sì che potesse afferrarlo saldamente nonostante il peso del nemico addosso; sembrava un’impresa impossibile poiché doveva porre maggiore attenzione al coltello per potersi muovere di conseguenza.
Una volta che fu abbastanza vicino ad esso lo afferrò stringendo bene le dita e, con tutta la potenza che aveva, liberò il braccio dalla salda presa dell’aggressore sbattendogli violentemente il mattone rotto contro il cranio: d’un tratto gli occhi rossi divennero inespressivi e un sonoro crac accompagnò il tonfo del corpo ormai esanime dell’uomo, caduto di botto sopra a Namjoon. Questo, dopo essersi ripreso dal trauma che aveva subito, riprese a respirare regolarmente poi scansò malamente e con colpo secco il corpo dell’altro.
-Adesso il tuo amico scheletro non sarà più solo a quanto pare...- disse alzandosi mentre si scrollava la sporcizia di dosso guardando l’uomo, disteso senza vita in quel pavimento freddo e ricoperto del suo sangue nero, circondantegli la testa. Intento a scappare da quel luogo maledetto, si chinò verso il nemico e, sfilato un mazzo di chiavi posto su uno dei ganci del pantalone corse dritto verso la porta in ferro; le mani erano sudate e le dita gli tremavano, le chiavi gli scivolavano per tutta la superficie di entrambi i palmi trovatisi in un misto di polvere e sangue. Non ci mise molto a trovare quella giusta, una chiave bronzea a dir poco malconcia che lo avrebbe finalmente liberato; date varie mandate nella serratura, Namjoon poté tirare a sé la pesante porta cigolante: dall’esterno una luce folgorante lo costrinse a coprirsi gli occhi ma non a proseguire via da quel luogo infernale.
Anche quel settimo livello era finalmente terminato, ma il meglio doveva ancora venire: questo era solo l’inizio della fine...

Angolo autrice:
Ma buonsalve armys! Anche stavolta sono riuscita a pubblicare il capitolo, il nostro penultimo capitolo. “Penultimo!? Ma non doveva essere l’ultimo!?” direte voi... eh no my friends, non è così. Manca ancora un ultimo capitolo al termine della fanfiction e conterrà qualche elemento fantasy (momento spoiler del minuto)! Cosa dire di più? Colgo l’occasione per ringraziare con tutto il cuore coloro che leggono e recensiscono, mi fa piacere sapere che la ff venga apprezzata nel suo essere, mi sono impegnata davvero tanto per far sì che venisse bene -soprattutto, data la mia inesperienza nel tipo di storia- e che risultasse qualcosa di diverso dai soliti cliché del genere horror/paranormale. Spero solo di non farvi attendere troppo tempo per il gran finale perché purtroppo posso dedicarmi alla scrittura solo a tempo perso... Farò del mio meglio!
Tanti tanti baci, alla prossima! 안녕 친구!      

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Reckoning ***


Dei forti venti torridi attraversavano l’ambiente deserto e spoglio che apriva un nuovo scenario, del tutto diverso da quelli precedenti: dalle fattezze di una grande caverna, quel posto appariva opprimente e grottesco e le stalattiti, insieme alle aguzze stalagmiti, rendevano soffocante l’intera atmosfera.
-Ragazzi! Siete qui!- esclamò J-Hope alzandosi di scatto nel vedere apparire ad uno ad uno dal nulla i suoi compagni. Lui era stato il primo a finire lì, stava aspettando da un bel po’ seduto per terra a girare continuamente i pollici.
-Hobi! Sei vivo... Ragazzi!- saltellava euforico Jimin dopo essere apparso all’improvviso andando incontro all’amico per abbracciarlo. Entrambi, l’uno col braccio posto sulle spalle dell’altro, osservavano i restanti membri uscire ognuno da diversi varchi di luce formatisi chissà come.
-Siamo vivi, stiamo tutti bene- aggiunse Jungkook guardandosi intorno muovendo l’indice contro i ragazzi per accertarsi che fossero tutti e tirato di conseguenza un sonoro sospiro di sollievo.
-Che esperienza traumatica, ragazzi... non potete capire-.
-Oh si che capiamo, Tae. Ci siamo passati tutti!- rispose Jin, ridacchiando nervosamente mentre gli andava incontro per cingergli le spalle col braccio muscoloso.
-Ditemi... avete trovato per caso qualcosa di strano voi?- formulò dubbioso la domanda Namjoon, che aveva ancora la mano nella tasca destra del pantalone. Seguì uno strano silenzio, i sette, posti a cerchio,  si guardarono gli uni con gli altri poi Suga rispose, intanto che si strofinava la mano sulla nuca per scombinare i capelli color cenere:-Effettivamente sì, abbiamo qualcosa ma non so a che scopo potrebbero esserci utili tutte queste cianfrusaglie...-.
Ognuno tirò fuori il proprio oggetto tenendolo con entrambe le mani davanti a sé per mostrarlo agli altri; tutti possedevano qualcosa, tranne Jimin:-ChimChim, e tu? Non hai trovato nulla?- chiese Taehyung alzando un sopracciglio incredulo.
-Beh, in realtà no...- chinò la testa in avanti e, con le braccia dietro la schiena, cominciò a dondolarsi avanti e indietro con le punte dei piedi per via dell’eccessivo imbarazzo.
-E’ impossibile, qui tutti hanno trovato un oggetto... sicuro di non aver messo nulla dentro le tasche?- lo esortò Hobi a controllare. Passò le mani sul davanti del pantalone poi, controllati i taschini posteriori, tastò qualcosa di liscio e piatto: afferrato il sottile oggetto fra l’indice e il medio si rese conto di essere in possesso di uno specchio, molto simile a quelli presenti nel suo livello.
-Ragazzi! Ho trovato qualcosa!- esclamò gioioso mostrando l’oggetto al gruppo per poi mettersi a guardarlo con aria non poco perplessa:-Giuro che non ho la benché minima idea di come possa esserci finito questo coso qui...- rigirava il dischetto fra le mani.
-Bene, adesso che abbiamo tutto, che dovremmo farci? Venderli al mercatino delle pulci, magari?-.
-Argh! Vuoi smetterla di essere sempre così simpaticamente antipatico, Yoongi? Invece di lamentarti aiutaci  a comprendere per cosa possano servire!- disse Kookie con tono seccato, ormai rotto dal suo comportamento irritante.
-Va bene, va bene... calma- sbuffò lui seccato, accennando una bocca a papera.
Tutt’a un tratto gli oggetti misero a brillare simultaneamente emanando luci di tre differenti colori:-Ma che cosa sta succedendo!?- sgranò gli occhi Jin, stupito più degli altri.
-Finalmente siete arrivati, cominciavo a stancarmi di  aspettare...- una forte voce incorporea fece sussultare i sette i quali, con gli occhi sgranati e il cuore che pulsava in gola, si voltarono scattanti in tutte le direzioni per capire chi avesse parlato.
-Ma porca miseria, ancora con queste voci!? E basta però!- sbuffò Suga portando gli occhi all’indietro fra gli sguardi accusatori dei compagni.
-Grazie per avermi deliziato col tuo caratterino Yoongi, sai mi mancava...-
Yoongi portò gli occhi verso l’alto guardando un punto imprecisato con gli occhi storti e l’espressione corrucciata: mancava a chi?
                                                           
Un gelido vento improvviso attraversò le schiene di tutti e sette i ragazzi, occupati in quel momento a cercare una spiegazione logica per quegli strani eventi: la pelle si era accapponata, i peli delle braccia si erano drizzati di punto in bianco e la tachicardia si palesava in maniera maggiore. Davanti ai loro sguardi confusi, una massa nera di fumo compatto portò alla luce una strana creatura demoniaca: il colore bianco pallido del volto ossuto veniva spezzato dal nero delle sue fattezze tipicamente umane e dall’azzurro ghiaccio dei suoi occhi, profondi e fulminanti.
-E tu chi saresti?- chiese un po’ intimorito Jimin, alzando il mento di scatto.
-Ecco che ne spunta un altro... aish!- esclamò con noncuranza Suga, spezzando solo per qualche istante l’aria di tensione che si era venuta a creare.
-Yoongi! Piantala!- bisbigliò fuori di sé Namjoon vicino al suo orecchio, dandogli una gomitata diretta sullo stomaco talmente forte da farlo piegare in due e permettendo ad una lacrima di scendere spontanea sulla sua guancia.
-Che dire... siete davvero un bel gruppetto voi. Risponderò con piacere alla tua domanda, Mr. Corvino: io sono il padrone delle ombre, colui che vi ha condotto in questa meraviglia- ridacchiava mentre gestualizzava con le lunghe braccia scure.
-Chiamala meraviglia...- agitò la mano Suga accentuando la sua pungente ironia.

Inutile perdere tempo con Yoongi, tanto si sa, il suo carattere non poteva cambiarlo nessuno. Ma in quel momento poteva almeno cercare di controllare i suoi istint-  NO. 

-Almeno sei reale? O siamo noi ad essere drogati?- continuò lui sotto le occhiate fulminee degli altri che lo imploravano in silenzio di tapparsi quella dannata boccaccia.  Alla sua domanda quello si dissolse e ciò che seguì dopo fu solamente il suono della sua voce:-Dubitate della mia esistenza? Bene, se volete vi do una piccola dimostrazione del mio essere veramente vivo-.
Da quel momento una sensazione di panico si appropriò dei ragazzi.
Era scomparso, non si era più fatto vedere...
Il silenzio nel quale erano immersi i sette che si osservavano ancora intorno, fu spezzato da un improvviso urlo di dolore: era V.
-Tae, che succede? Perché stai urlando così?- gli chiese preoccupato Jin che, assieme ad Hoseok, si catapultò per primo verso l’amico.
-Mi brucia la schiena... in una maniera assurda... ragazzi, fa malissimo!-. I suoi occhi lucidi fecero intendere agli altri che V non stesse scherzando come faceva sempre, quindi si apprestarono a controllare cosa avesse. Alzato il maglione e la maglietta che stava sotto, i sei si accorsero di tre lunghi graffi rossi attraversare metà della sua schiena, partendo da destra e scendendo obliquamente verso il lato opposto: se fossero stati tirati con più forza Taehyung avrebbe sicuramente sanguinato.
-Una bella opera d’arte, non vi pare?- ritornò al posto di prima l’uomo che, sogghignando, sollevò un lato della bocca. I ragazzi si voltarono di scatto verso l’ombra maledetta colti dallo spavento che, quasi immediatamente, sparì per tramutarsi in una tremenda rabbia.

-Pensavo che i miei sette livelli vi avrebbero ucciso ma a quanto pare mi sbagliavo, forse... sarò stato troppo buono? Comunque sia non vi darò pace, bangtan-. Questo sollevò entrambe le braccia ed emettendo uno strano verso ad ultrasuono richiamò a sé tante altre ombre, svolazzanti sopra di lui; con l’indice puntato verso i ragazzi fece intendere a queste di dover attaccare.
Girovagavano come corvi scattanti attorno ai membri del gruppo, intenti a scacciarli con dei rapidi movimenti delle braccia che volavano da una parte all’altra; ecco che in quell’istante tre dei sette oggetti misero ad illuminarsi di una particolare luce azzurrina.
-Ragazzi! Gli oggetti!- fece Jimin indicando il luogo in cui li avevano poggiati.
-Forse ho capito a cosa servono! Fidatevi di me e seguitemi!- urlò Jin agli altri mentre scacciava un’ombra intenta a spintonarlo. I due cominciarono a correre giungendo finalmente al raduno degli oggetti che si trovavano quasi accatastati l’uno sull’altro e, senza aspettare che l’amico li raggiungesse, presero anche il suo manufatto.
Adesso dovevano solo portarglielo; unico problema: c’erano due Namjoon.  
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                       Cosa!? E adesso!?                                                                                     
-Dannazione! Ora chi è il vero Namjoonie fra i due!?- esclamò Jin in preda al panico, portandosi la testa fra le mani scompigliandosi i capelli biondini.
-Sarà quello a destra o quello a sinistra!?- fece Jimin passandosi la mano sulla faccia.
-Ma come ragazzi!? Non mi riconoscete? Sono io!-.
-Non dategli ascolto, sta mentendo! In realtà sono io quello vero!-.
Come potevano sapere chi avesse ragione e chi torto? Non c’era da biasimarli se apparivano tremendamente confusi. Quegli oggetti continuavano ad illuminarsi in maniera sempre maggiore: come una furia Jin li strappò dalle mani dell’amico e, sperando che i suoi sospetti potessero essere fondati, li unì insieme: un bagliore saldò il trio di pezzi, i due specchi combaciavano perfettamente gli uni con gli altri all’interno di quella strana cornice.
Ecco quindi svelato il motivo del ritrovamento di tutte quelle “cianfrusaglie”.
Dirigendo istintivamente lo specchio contro le due figure litiganti di Namjoon poterono capire chi fosse quello giusto dato che una di quelle sagome longilinee non si era affatto riflessa sulla liscia superficie luccicante.
-E’ lui quello vero!- esclamarono entrambi indicando Namjoonie con il dito.
-Era ora, grazie al cielo! Ve lo dicevo che era un impostore o no?-.
Smascherato, il padrone delle ombre si dissolse richiamando ancora più seguaci.
-Jimin! Volta lo specchio, voltalo!- urlò Jin contro l’amico notando l’ondata di rapide nebbie nere avvicinarsi sempre di più a loro. Girato l’oggetto verso la parte in cristallo alzò in alto le braccia: in un battito di ciglia ogni ombra presente nell’ambiente venne risucchiata con forza al suo interno, liberando gli altri quattro amici dalle loro grinfie.                                                                                                                             

-Astuti i ragazzi... ma non quanto me!- esclamò quella lisciandosi il mento con le dita.
Sembrava essere ritornata la calma, fino a quando l’ombra non cominciò a materializzarsi di scatto dietro ogni membro “No, lui non va bene... no, nemmeno lui...” pensava mentre li esaminava dalla testa ai piedi. Giunto dietro Suga accennò un lieve sorriso e, deciso, esclamò “Perfetto!”.
Improvvisamente un tonfo risuonò nell’ambiente vuoto.
-Suga!-
-Yoongi, svegliati!-
-Che ti prende, amico!? Rispondi!- urlavano tutti contro di lui venendogli in soccorso. Sembrava fosse morto, aveva l’aspetto terrificante di un cadavere: la sua carnagione era diventata più bianca di quanto non lo fosse già, le palpebre si contornarono di grandi occhiaie e le labbra divennero di un prugna scuro. D’un tratto quello aprì gli occhi di scatto, rivelando la loro strana natura nera. Un battito venne a mancare ai membri: cosa gli era capitato? 
-Yoo...Yoongi?- domandò Hoseok che fino a quel momento era rimasto chino verso l’amico esanime.
-Yoongi? Chi è Yoongi?- rispose quello voltando lentamente la testa verso di lui dopo essersi levato a sedere:-Ho sete... datemi il vostro sangue!- disse all’improvviso. Si alzò repentino e in maniera innaturale, e con furia si scagliò contro il compagno più vicino, buttandovici sopra afferrandolo per il colletto della maglia. Gli altri, dopo interminabili attimi di shock, si fiondarono senza esitare a salvare Hobi che stava già cominciando ad urlare come un ossesso. Taehyung prese Suga da dietro le spalle e lo buttò indietro liberando il malcapitato:-Come hai osato toccarmi, Pel di carota!?-
-Perché, non posso? O sei diventato il sacro Graal?-   Forse sarebbe stato meglio non provocarlo, Tae...

A quelle parole di sfida il ragazzo posseduto, che era rimasto piegato sulle sue gambe, si avventò contro di lui urlandogli in faccia e mostrandogli le sue fauci, somiglianti ad un enorme buco nero.
Jungkook avvertiva una strana sensazione allo stomaco, sentiva che adesso sarebbe toccato a lui fare qualcosa e, in effetti, non aveva tutti i torti: il pugnale cominciò ad emanare luce, attirando il ragazzo verso esso. Che aveva in mente di fare?
Impugnato l’oggetto dal manico grigio, mise a correre contro i compagni che stavano soccorrendo Tae, bloccato dalle grinfie dell’indemoniato: con uno scatto repentino si levò i ragazzi di mezzo ai piedi e, mantenendo il sangue freddo, colpì dritto con la lama affilata la schiena di Yoongi. Grazie al colpo scagliato da Kookie venne a crearsi su di essa una specie di apertura che fece fuoriuscire l’ombra dal suo corpo.
Suga giaceva per terra a pancia in giù con un taglio profondo dietro:-Taehyung, l’acqua! Presto!-
Il nostro Kook aveva già capito tutto.
Con presenza di spirito V prese la boccetta e, avendo compreso le intenzioni del maknae, ne versò l’intero contenuto sulla ferita di Yoongi: questa prese a rimarginarsi, la pelle si stava risanando rapidamente e il sangue che sgorgava cominciò a ritirarsi. Lo avevano salvato.
-Ora tocca a me, ragazzi- disse Suga aprendo gli occhi quasi sapesse cosa sarebbe accaduto.
L’ombra ormai quasi senza forze, capita la potenza dei sette, cercò di svignarsela. Nel frattempo la testa color cenere aveva appena unito i due ultimi pezzi: la lama trovata da lui, avvolta ancora nel maglione stracciato, e il manico d’argento di Hoseok formavano una vera e propria spada.
-Hoseok, tua!- gli urlò lanciandogli l’arma strisciante per terra, arrivata in meno di due secondi ai suoi piedi.
-Non la farai franca, lurido bastardo!-. Respirando con affanno Hobi alzò la pesante spada in aria: con un rapido movimento alla cieca il ragazzo trafisse l’ombra con la lama luccicante, ponendo fine alla sua dannata esistenza.
Era tutto finito. Quella partita l’avevano vinta loro.
Contemporaneamente al colpo di grazia scagliato al padrone oscuro, cui resti giacevano sul suolo in veste di polvere sottile, una violenta scossa fece tremare l’intera cavità rocciosa e, come all’inizio dell’incubo, un crepaccio ospitò i corpi dei sette, spinti al suo interno da un energico vortice d’aria.                                                            
                                                                                 
                                        ***

Quella calda stanza rimase sempre la stessa: il solito tavolino di vetro cui computer era ancora poggiato sopra stava al suo centro circondato dal solito divano e dalle solite poltroncine in pelle. I sette ragazzi stavano tutti distesi a cerchio sull’ampio tappeto di quella saletta relax, dormienti, chi con la testa sulla pancia di un altro e chi comodamente messo su un fianco ad ascoltare il nulla che predominava nell’ambiente e circondandosi di quel calore e quella protezione che nessuno avrebbe mai potuto sostituire.
Nei loro volti inespressivi si riusciva a notare la stanchezza di chi aveva lottato fino alla fine rischiando il tutto e per tutto e, al contempo, quella certa serenità e fierezza di chi era riuscito ad uscire vittorioso da una battaglia che sembrava non dovesse mai finire.
Uno ad uno cominciarono ad aprire gli occhi, levandosi a sedere e ispezionando con curiosità l’ambiente circostante:-Ragazzi, ho fatto uno strano sogno...-
Questo è ciò che i membri pensavano che fosse, solo un sogno come tutti gli altri, ma capiranno più avanti di essere stati principali protagonisti di una lotta contro il male, di una nefasta guerra contro le loro paure più profonde, contro loro stessi, quella stessa battaglia che aveva risvegliato in loro la forza e lo spirito di squadra che li aveva sempre accompagnati. Insieme.   
 
Angolo autrice:
Annyeong dolcissime armys! Ecco che finalmente ritorno da voi con l’ultimissimo capitolo della fanfiction (perdonate l’eccessiva lunghezza). Sapete, adesso mi sta venendo un po’ di nostalgia, il fatto di essere arrivati alla fine mi rattrista ma -come ha detto la mia cara jungkookie16- purtroppo tutto è destinato a finire... Voglio ringraziare davvero tutti coloro che hanno seguito e recensito la storia in questo duro mese di suspense continua e quelli che l’hanno visualizzata, sono davvero troppo felice che sia stata gradita da così tante persone! Cercherò di impegnarmi a fare molto ma molto di più, sperando inoltre di riuscire a scrivere qualche altra ff in futuro... di certo non ho intenzione di fermarmi qui, eh! (tornerò presto, ve lo prometto!) Fin dalla mia iscrizione al sito speravo di riuscire a fare nuove amicizie condividendo con altri le mie passioni e, in effetti, quello che volevo si è avverato *invia cuoricini*
Detto questo vi lascio... let me know (capitela vi prego xD) what do you think about it!
Vi abbraccio forteeee

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3490869