Red Penny Bloods: Incubi

di belle_delamb
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** I ***
Capitolo 3: *** II ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Feci una profonda riverenza e mi crogiolai negli applausi ricevuti. Ero orgogliosa di me stessa, in fondo ero stato brava, un’ottima attrice. Anche zio Henry lo avrebbe ammesso, nonostante il suo sarcasmo, non poteva negare la mia bravura e soprattutto l’avrebbe ammessa lui … Dorian. In fondo avevo recitato principalmente per lui, perché lui potesse vedere che nonostante la mia giovane età ero brava, magari così si sarebbe stufato di andare ad assistere ad altri spettacoli teatrali. Da quel punto in realtà non riuscivo a vedere né mio zio né Dorian. Feci qualche passo indietro mentre Caroline, altra partecipante alla recita, si faceva avanti e otteneva la sua dose d’applausi. La osservai atteggiarsi a grande attrice, lo sguardo pieno di accondiscendenza, i lunghi boccoli biondi mossi con malizia. Era bella e aggraziata e sapeva di esserlo, ma come attrice era pessima, questo non lo poteva negare nessuno a parte lei stessa. Mi allontanai con passo felpato, quindi, quando fui abbastanza lontana dagli occhi del pubblico, corsi via e scesi lateralmente dal palchetto. Il cuore mi batteva all’impazzata, così forte che lo sentivo rimbombare nelle orecchie. Avevo un vago sospetto di dove si trovasse mio zio ed ero quasi certa che Dorian fosse con lui. Sgusciai dentro una stanza, quindi presi il corridoio buio e m’incamminai. Zio Henry adorava stare nel suo studio. Non sapevo esattamente cosa facesse lì dentro e all’epoca non m’importava molto. Non ero una bambina molto curiosa. Mi fermai di fronte alla porta socchiusa dello studio dalla quale filtrava una leggera luce. Ora che ero lì davanti quasi non avevo il coraggio di entrare. E fu allora che sentii delle voci. Mio e zio e Dorian. Potevo vederlo Dorian, i capelli color dell’oro, i grandi occhi azzurri, il portamento fiero e il suo bel sorriso. La voce di mio zio era forte, chiara, sarcastica come sempre.
-Non ditemi che vi siete innamorato-
Il mio cuore smise di battere per alcuni istanti. Innamorato? E di chi, di grazia? Chi era la fortunata? Per un assurdo attimo pensai di essere io ma no, solo nelle fiabe i principi sposano le fanciulle come me.
-E come si chiama la fortunata?- ancora mio zio.
- Sybil Vane, è un’attrice-
Un’attrice? Aveva perso la testa per un’attricetta? No, non potevo crederci.
- Un’attrice? Ah bene, sono le migliori- esclamò mio zio con tono sarcastico e sentii un bicchiere tintinnare, probabilmente l’aveva appoggiato sulla scrivania. Non avevo bisogno di aprire la porta per vederlo in piedi, impettito, il sorriso canzonatorio che gli piegava le labbra, come quando mi diceva che io non sapevo nulla della vita.
-Lei è la migliore attrice!- ora il tono di Dorian sembrava alterato, come non l’avevo mai sentito –Sybil sembra una dea quando recita, oh!- sospirò –Dovete venire a vederla-
-Mi dispiace, ma ho molti impegni … ma in fondo sono curioso di vedere questa donna che vi ha stregato-
-Quando la vedrete la penserete come me-
-Ne ho viste di belle donne nella mia vita, non sarà una novità-
-Ma lei … recita in maniera divina, geniale-
-Nessuna donna è un genio, le donne sono un sesso decorativo. Non hanno mai niente da dire, ma lo dicono in modo incantevole- commentò.
-Ho intenzione di sposarla-
A questo punto mio zio scoppiò a ridere, mentre io mi appoggiai al muro per non cadere a terra. –Non bisogna mai sposare la donna di cui si è innamorati- e continuò con un altro suo commento.
Io però non restai ad ascoltare. Corsi via nel corridoio buio, via fino a quando non dovetti fermarmi, soffocata dalle lacrime e dall’affanno. E giurai a me stessa che non mi sarei mai più innamorata.

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Capitolo 2
*** I ***



Osservai le case correre davanti ai miei occhi. Adagiata nella carrozza non si stava poi così male, quasi riuscivo a dimenticare quello che era successo a casa e il motivo per cui fuggivo disperata alla volta di Londra e della casa di mio zio. L’ultima volta che c’ero stata ero solo una ragazzina con tanti sogni e poco giudizio, ora ero una donna in età da marito e disperata. Quante cose erano cambiate! Quanto ero cambiata io. E in quel cambiamento c’entrava certo Dorian. Ah, potevo ancora vederlo, bello come il sole. Ma anche il sole tramonta e Dorian sicuramente non era più quello che ricordavo io, ora era rugoso, certo, con fili bianchi tra i capelli dorati, non più il portamento fiero di un tempo e io non avrei più potuto innamorarmi di lui. Questo era certo. Mi mordicchiai le labbra. Ricordavo ancora quella sera lontana, quando avevo origliato dietro la porta dello studio di mio zio. Sybil Vane, un’attricetta di poco conto e poi quel matrimonio non c’era mai stato, lei era morta, avevo sentito i miei genitori che lo dicevano una sera, sottovoce.
-Probabilmente si è uccisa- diceva mia madre, facendosi il segno della croce, donna fin troppo religiosa – un’eretica, ecco cos’era, pensare che un giovanotto per bene la volesse anche sposare-
-Se è amico di mio fratello non è certo per bene- aveva ribadito mio padre prima di cambiare discorso.
Un’oscura felicità si era impadronita di me quando avevo appreso la notizia e in cuor mio avevo sperato che Dorian non si sposasse mai. Ne era passato di tempo e l’odio che all’epoca provavo per colui che mi aveva spezzato il cuore si era da tempo calmato, ormai restava solo una certa dose di amarezza per quell’amore che avrebbe potuto essere ma non era stato. Comunque la notizia che Dorian non si fosse mai sposato mi aveva resa felice, dovevo ammetterlo. Il posto al suo fianco continuava a essere vagante. Non che pensassi di occuparlo io, questo sia chiaro, però il fatto che non avesse nessuna donna affianco mi avrebbe risparmiato il fastidio di vederlo con una moglie e magari con dei figli. E poi ultimamente detestavo le coppie felici. Tutta colpa di quello che era successo. Mi mordicchiai le labbra e cercai di concentrarmi sulla strada, per scacciare i brutti pensieri. L’andamento della carrozza era regolare, anche se ogni tanto dava qualche scossone. Sinceramente non vedevo l’ora di scendere, anche perché iniziavo ad avere la nausea. Ultimamente avevo sempre quel malessere. Mi morsi le labbra e lottai con i ricordi che riaffioravano, con la sala da ballo, la voce di lui, il calore delle sue labbra che sfioravano il mio orecchio.
-Sei bellissima questa sera-
-Solo questa sera?-
La sua risata. E poi la richiesta. Ero stata una stupida ad assecondarla e poi nemmeno lo amavo, ma tante cose le si fanno più per noia che per amore. Un po’ di divertimento in una vita triste, tediosa. Era una cosa così piccola dopotutto … ero stata ingenua. Me ne ero già pentita mille volte, ma la società cosa se ne fa di un pentimento? L’unica cosa che vuole è un capro espiatorio, qualcuno su cui addossare le proprie colpe, qualcuno che possa pagare al loro posto. E io ero stata scelta.
-Miss Worton – disse il cocchiere –siete arrivata-
Guardai fuori dal finestrino e vidi la grande casa di mio zio, identica a come me la ricordavo, come se non fosse passato un solo giorno dall’ultima volta in cui avevo giocato in quel giardino. Scesi senza aspettare che la porta mi venisse aperta e improvvisamente mi sembrò di essere alta appena un metro e quaranta, i capelli lunghi fino alla vita, un vestito che mi stava un po’ largo, scarpette che mi ferivano la pelle. Un capogiro mi riportò alla realtà. Non ero più una ragazzina, non la sarei mai più stata, perché si è ingenue una sola volta nella vita.
-Pensateci voi a portare le valigie- dissi al cocchiere e gli porsi i soldi.
-Come desiderate-
Annuii e m’incamminai lungo il vialetto che portava alla casa. Incredibile come tutto fosse rimasto invariato, come se gli anni non avessero nemmeno sfiorato quella casa. E poi sentii una voce … zio Henry! L’avrei riconosciuta tra mille, con il suo tono sarcastico.
-Capite bene che questo omicidio mette a dura prova la polizia londinese- stava dicendo.
Proveniva dal cortile sul retro. Rapida feci il giro e lo potei vedere seduto ad un tavolo mentre discuteva con un giovanotto dai capelli dorati che mi dava le spalle. Oh, povero zio! Sebbene fossi distante potevo vedere le rughe che gli solcavano il viso. Era di molto invecchiato lui in quegli anni. Quando i suoi occhi incontrarono i miei parve indugiare un attimo, come se non fosse certo di conoscermi, poi balzò in piedi, un movimento rapido ma non agile come un tempo. -Penny!- esclamò –La mia piccola Penny! Ormai sei una donna fatta- e mi venne incontro.
-Zio Henry, sono così felice di vedervi- dissi.
Il suo interlocutore nel frattempo si era voltato e quale fu la mia sorpresa quando riconobbi il viso che avevo tanto amato. Ma no, doveva trattarsi di un parente, quel ragazzo non poteva avere più di vent’anni … se non avessi avuto la certezza che non aveva avuto figli avrei giurato che era proprio frutto diretto della sua discendenza.
-Sei identica a tua madre- disse mio zio, facendomi il baciamano.
Risposi con una lieve riverenza. –I miei genitori vi mandano i loro più cari saluti-
Lui ridacchiò. –Il mio amato fratello mi ha già mandato una lettera in cui mi prega di salvaguardare il tuo onore, a sentir lui questa sembra la casa della depravazione-
Risi anch’io e buttai indietro la testa, facendo oscillare al vento i capelli scuri. –Tipico di mio padre, si preoccupa sempre troppo- ribattei io.
-Questo è il dovere dei padri- disse il giovanotto, che nel frattempo si era alzato ed era venuto al fianco di mio zio. –Non posso esprimere a parole quanto sia lieto di rivedervi, Penelope, mi dispiace molto che l’ultima volta in cui ci siamo visti non ho potuto salutarvi, la vostra partenza è stata così imprevista, permettetemi di rimediare ora- e raccolse entrambe le mie mani nelle sue, quindi le voltò e se le portò alle labbra. Il loro tocco sul mio palmo mi fece rabbrividire, mentre il dubbio iniziava a farsi strada in me.
-Ci conosciamo?- domandai.
- Penny, hai la memoria corta proprio come mio fratello- disse mio zio –e come tutte le donne quando conviene loro, se si tratta invece di una promessa di matrimonio se lo ricordano sempre-
-Sono Dorian, non ricordate?-
Ricordavo fin troppo bene. –Dorian … ma certo che mi ricordo di voi- e gli sorrisi.
-Temevo di aver perso il mio fascino- disse lui continuando a fissarmi negli occhi con il suo sguardo azzurrino. Le sue mani tenevano ancora strette le mie. –Siete bellissima-
Mi sentii avvampare.
-Mi dispiace, Dorian, ma ho promesso al mio caro fratello di mantenere pura questa fanciulla- intervenne mio zio e notai che c’era qualcosa di severo nel suo tono, come se realmente non volesse che Dorian mi corteggiasse.
-Capisco- mi lasciò le mani.
Immediatamente mi sentii meglio e decisi di cambiare discorso. –Stavate parlando di un omicidio-
-Oh sì, un caso molto bizzarro a onor del vero- disse mio zio.
-Raccontate, mi affascinano questo genere di cose-
-Non so … mio fratello non sarebbe d’accordo-
-E da quando ascoltate mio padre?- domandai, con il mio miglior sorriso –E poi non gli dirò assolutamente nulla-
-Effettivamente sarebbe come ammettere la sua superiorità- sorrise –si tratta dell’uccisione di due donne, madre e figlia-
-Nulla di così strano- dissi –magari frequentavano uomini poco rispettabili-
-Forse, ma la cosa strana è che la madre è stata fatta a pezzi e la figlia nascosta nella cappa del cammino-
-Ditegli la parte veramente interessante- intervenne Dorian, continuando a fissarmi, come se mi stesse studiando.
-La porta era chiusa dall’interno-
-Omicidio suicidio?- proposi.
-Certo, perché ora ci si può mutilare da soli- disse mio zio.
-Lo ammetto, non ho idee- mi strinsi nelle spalle.
-Nessuno ha un’idea al riguardo-
-Eppure … non mi sembra nuova come storia- ed effettivamente si stava svegliando in me un ricordo, anche se non riuscivo ancora a metterlo a fuoco con chiarezza.
-Non ditemi, Penelope, che avete in mente una soluzione- disse Dorian.
-Non ora- ammisi –ma forse ne avrò una molto presto, chi può dirlo?-
-Non ci sarebbe nulla di che stupirsi- disse l’uomo, sorridendomi.
-Perché?- chiesi.
-Dovresti andare a riposare- intervenne mio zio. Lo fissai sorpresa, il suo non sembrava ammettere repliche, per cui annuii. –Effettivamente mi sento stanca- dissi, quindi rivolsi a Dorian una profonda riverenza –felice di avervi rincontrato, avremo modo di rivederci in questi giorni-
-Certamente, miss Penelope- disse lui, con voce formale, anche se lo sguardo che mi stava rivolgendo in quel momento era pieno di confidenza, o almeno così mi parve, già, lo avrei sicuramente rivisto e chissà come sarebbero andate le cose questa volta.  

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Capitolo 3
*** II ***


Mi sistemai il vestito. Era il terzo che provavo, ma nulla sembrava starmi poi così bene. Feci una mezza giravolta. Sì, quello poteva andare. Era di un rosa pallido che s’abbinava perfettamente al mio incarnato bianco. Avevo raccolto i capelli in uno chignon e una ciocca, sfuggita alla rigida acconciatura, sembrava uno sbaffo nero sulla mia fronte bianca. Sorrisi, inspirai a fondo, quindi presi coraggio e scesi per la cena. Feci gli scalini con il cuore che galoppava e mi fermai quando entrata in sala da pranzo vidi che il tavolo era solo apparecchiato per due.
-Niente ospiti questa sera- mi precedette mio zio, spuntando non so da dove.
-Sì?- mi finsi indifferente. Non volevo mostrare la mia delusione, in fondo perché avrei dovuto essere delusa? Chi mi aspettavo di vedere quella sera a cena? Proprio nessuno. Presi posto al tavolo, non sapendo cosa fare.
-Cosa mi racconti di nuovo, Penny?- chiese mio zio, accomodandosi di fronte a me.
Capii che lui sapeva e mi sentii gelare. Non volevo parlare di ciò che era successo, non ne avevo proprio voglia, non in quel momento almeno. –Cosa dovrei raccontarvi, zio Henry?-
-Non so, Penny, forse qualcosa che è successo, qualcosa che ha spinto una ragazza perbene a fuggire a Londra per andare a trovare uno zio che non vede da anni e che ha fama di essere quantomeno … sarcastico?-
-Credo che sia un eufemismo-
-Lo penso anch’io- mi fissò con il suo sguardo attento, pronto a cogliere un qualsiasi mutamento sul mio volto.
-Non c’è nulla da raccontare-
-Ne sei certa?-
Non poteva ancora sapere, semplicemente supponeva. Cedere subito? Oppure posticipare? Valutai e decisi. –Ne sono assolutamente certa-
-Degna figlia di tua madre-
-Cosa?- quell’insinuazione non mi era per nulla piaciuta.
-Le donne sono la copia delle loro madri, non lo hai mai notato-
-Anche vostra moglie?- e mi pentii subito per aver rievocato un discorso doloroso. La moglie di Henry era scappata con un altro. Avevo appreso la notizia origliando da dietro la porta dello studio di mio padre.
-Vuoi andarlo a trovare?- gli aveva domandato mia madre, con voce preoccupata.
-Non penso che apprezzerebbe una mia visita- aveva risposto lui.
-Forse hai ragione- aveva risposto mia madre e l’argomento non era mai più stato trattato.
A nessuno dei due importava davvero di lui.
-Mi dispiace- mormorai.
Lui annuì. –Non ti devi dispiacere, sono cose che succedono- e la sua voce era priva di sarcasmo in quel momento.
-Ho concesso i miei favori ad un ragazzo- dissi tutto d’un fiato.
Lo sguardo di mio zio si fece attento.
-E mi hanno scoperto, nel salottino di casa mia durante un ballo … questo è tutto-
E mio zio scoppiò a ridere. –Non l’avrei mai detto-
-Nemmeno i miei genitori, avreste dovuto vedere il volto di mio padre, scioccato è un eufemismo-
-E chi era il fortunato?-
Mi sentii gelare. Questo non potevo proprio dirglielo, questo era il vero motivo per cui ero fuggita. –Non ha importanza- mentii.
-Qualsiasi cosa ha importanza nel giusto contesto- rispose lui.
-Non questo- e non avrei parlato.
-Come preferisci- disse mio zio, divertito.
In quel momento arrivò la cameriera con la prima portata. La lasciai depositare il tutto sul mio piatto. Fece lo stesso con zio Henry, quindi se ne andò.
-Torniamo sull’argomento omicidi- dissi.
Mio zio rise. –Se proprio insisti-
-C’è qualcosa che in questa storia mi sfugge-
-Solo una cosa?-
-Questa storia mi ricorda qualcosa, ma non so cosa-
-Visto che sei così interessata ti voglio rivelare una cosa- disse mio zio con tono confabulatorio –alcune voci dicono che questo caso sia collegato ad un altro avvenuto circa un mese fa nella stessa via- -Ditemi tutto-
-Un uomo ritrovato morto dentro una cantina-
-Qui non c’è nulla di strano-
-L’uomo era stato murato vivo ed incatenato-
E in quel momento tutto mi sembrò avere un senso, seppur nella sua follia. –Il barile di Amontillado- esclamai, fuori di me dalla gioia.
-Non ti seguo-
-Si tratta del racconto di uno scrittore americano, un amico dei miei genitori ne è un vero appassionato-
-Hai qualche suo testo?-
-Certo, se volete dopo cena lo cerco e ve lo porto-
-Domattina, questa sera devo uscire-
-Ah .. va bene- ma dove doveva andare mio zio?

Finimmo di cenare parlando del più e del meno. Alla fine mio zio si alzò. –Mi dispiace, Penny, ma devo proprio andare ora-
-Allora a domattina, zio- dissi, salutando con un gesto.
-A domani- fece per andarsene, ma poi si fermò –solo una cosa, Penny, una cosa che ti dico da zio, quasi da padre, stai attenta a Dorian, lui non è come sembra-
-Cosa vuoi dire?-
-Forse nulla, ma stai attenta- e, detto ciò, se ne andò, lasciandomi nel dubbio più atroce.

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