L'Ombra delle Streghe

di Meril27
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Alya, anno 1613 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - Cleo ***



Capitolo 1
*** Prologo - Alya, anno 1613 ***


Alya correva sul sentiero che attraversava il bosco, alla massima velocità concessale dalla stanchezza e dal lungo vestito che indossava. I corti capelli castani continuavano ad appiccicarsi al suo viso a causa del sangue e del sudore che lo bagnavano. Sangue. Doveva essere passata quasi mezz’ora da quando il sasso tiratole da un contadino le aveva aperto quel taglio sulla fronte, eppure nuovo sangue continuava a colarle sugli occhi, dandole non pochi problemi a vedere dove andava. Almeno non sentiva più le urla dei suoi inseguitori dietro di lei. Doveva averli distanziati, ma comunque fermarsi era fuori discussione: voleva mettere la maggior distanza possibile tra lei e loro.

Le sue gambe però non sembravano pensarla come lei e ogni passo era più doloroso del precedente.

Se non avesse trovato velocemente un posto dove nascondersi l’avrebbero presa. Ma da quando era entrata nel bosco non aveva visto nemmeno un sentiero oltre a quello principale. Quella non era la parte del bosco che conosceva, quella dove era solita raccogliere le piante e giocare con suo fratello, e nulla nel paesaggio le era famigliare. Intorno a lei c’erano solo alberi che si facevano sempre più fitti, foglie secche e tanti, tantissimi rovi; e questi ultimi continuavano a impigliarsi nel suo vestito, graffiandole le gambe e rallentandola.

Strega. Era così che venivano chiamate quelle come lei, le uniche che erano in grado di curare seriamente le persone senza inventare bugie solo per rassicurare un cliente spacciato. L’unica cosa da fare per aiutare una persona sul letto di morte era starle vicino il più possibile e assicurarle che non sarebbe andata all’inferno.

Ma era passato ormai molto tempo da quando la conoscenza delle piante era diventata una maledizione invece che un dono. E spesso non era nemmeno necessario possederla per diventare agli occhi di tutti una strega. Bastava essere troppo bella, o troppo brutta, o trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.

E ovviamente alla parola “strega” seguivano “inquisizione”, “processo” e “rogo”.

Uno dei piedi di Alya urtò una radice sporgente e la ragazza cadde pesantemente in avanti. Il dolore alle mani e alle gambe le fece capire di essere atterrata proprio su un cespuglio di rovi. Soffocò un grido; non poteva permettersi di rivelare la propria posizione, non ora che era riuscita a distanziare gli abitanti del villaggio.

La ragazza si rialzò, nonostante il dolore. Voleva vivere...Doveva vivere, per unirsi alle persone scontente dell’inquisizione, per aiutare ad uccidere coloro che avevano provocato questo scempio. Con le carestie e le epidemie degli ultimi anni il malcontento era cresciuto sempre di più, la situazione non sarebbe potuta rimanere così ancora per molto. Con un po’ di fortuna si sarebbe riuscita a chiudere per sempre quella assurda storia della caccia alle streghe che andava avanti ormai da più di cento anni. C’erano stati troppi morti, troppe vite innocenti bruciate dal fuoco dei roghi, a causa di denunce a volte addirittura senza prove.

Un’altra radice la fece inciampare e nuove spine le perforarono la pelle. Questa volta non si rialzò, rimase sdraiata in attesa di riprendere almeno un minimo di fiato. Non aveva la forza di rimettersi in piedi e la testa le pulsava dolorosamente.

Quando sentì che il respiro si era regolarizzato e il cuore aveva rallentato i suoi battiti si rialzò e iniziò nuovamente a correre, zoppicando.

Al precedente silenzio si era sostituito un suono di urla che si facevano sempre più vicine. Era stata troppo ingenua, aveva buttato all’aria ogni suo sforzo, ora sarebbero arrivati in poco tempo. No, non era così. Aveva cercato fino a quel momento di convincersi che sarebbe riuscita a salvarsi quando non aveva mai avuto nemmeno una speranza. Nessuno sfuggiva all’inquisizione. Il suo destino era stato segnato già quella mattina, fin dal momento in cui avevano iniziato ad inseguirla.

Ma in quel momento, ancora più forte della consapevolezza della morte che sarebbe sopraggiunta a breve era la sensazione di tradimento. Conosceva il nome di ognuna delle persone che ora la stavano inseguendo.Tra quella folla c’erano il mezzadro che le vendeva la frutta tutte le mattine, la sarta che le aveva insegnato a cucire, il macellaio che era stato tanto amico di suo padre…

Per tutto quel tempo aveva pensato di potersi fidare di quelle persone, che avevano sempre saputo che lei conosceva le piante, che più di una volta erano andati a chiederle di curare loro o i loro famigliari. Ma erano bastati un paio di morti in più tra i bambini del villaggio e la convinzione che ci fosse una strega nei paraggi a far ricadere ogni sospetto su di lei. L’inquisitore sarebbe dovuto arrivare quella mattina e lei sapeva che non c’era nessun altro che gli abitanti potessero accusare: la strega era lei, e di dubbi in proposito non ce ne era neanche uno. Aveva sentito i sussurri delle persone negli ultimi giorni, le occhiate che le lanciavano. In fondo stavano aspettando tutti quel momento, avevano avuto paura di lei fin da quando sua madre era stata bruciata.

E così negli ultimi giorni Alya aveva compreso che la sua ultima speranza era la fuga, perchè nei processi alle streghe le assoluzioni non esistevano, e lei lo sapeva bene. Aveva preparato tutto così bene, era stata attentissima a non far notare i suoi preparativi. Ma quella mattina, quando all’alba era uscita di casa, aveva trovato alcuni contadini ad attenderla. E da lì era iniziata quella corsa che ormai durava da ore. Se l’avessero presa non le sarebbe stato nemmeno concesso un processo. Con la fuga aveva già ammesso il suo essere strega.

Ma alla fine la colpa era sua, era stata troppo ingenua. Aveva creduto che in fondo l’avrebbero lasciata andare, che i suoi compaesani non volessero veramente che venisse bruciata. Si era accorta troppo tardi di quanto quella caccia alle streghe avesse cambiato la società. Possibile che nemmeno il rogo di sua madre fosse riuscito ad aprirle gli occhi, che il suo animo fosse troppo buono e ingenuo per accettare la cattiveria degli uomini?

Alya inciampò su una grossa pietra e cadde nuovamente a terra. Rimase distesa lì, sapendo di non avere le forze per rialzarsi, sapendo che le sue gambe non sarebbero riuscite a fare un passo di più. I suoi pensieri divennero più confusi, doveva avere perso troppo sangue dalla ferita sulla fronte, non riusciva più a ricodarsi cosa avrebbe dovuto fare, perchè fosse lì. La sua vista iniziò ad annebbiarsi  e lei perse i sensi.

 

A svegliarla furono le voci di persone che parlavano tra di loro. Distinse subito quella del macellaio, che doveva trovarsi alla sua destra.

Insieme all’udito arrivò l’orribile sensazione di essere trascinata sul terreno pieno di ciottoli e rovi.  E man mano che lo stordimento spariva il dolore si faceva sempre più insopportabile.Sentiva la pelle che si ricopriva di piccoli tagli e la testa che pulsava dolorosamente; e le corde con cui era stata legata le segavano la pelle.

Almeno non sentiva più il sangue colarle sul viso, e questo voleva dire che il taglio sulla fronte aveva iniziato a rimarginarsi. Ma non riusciva ad aprire gli occhi, le palpebre erano come appiccicate tra di loro, probabilmente al causa del sangue che si era seccato su di esse.

Per quanto tempo era rimasta priva di conoscenza? La luce che colpiva i suoi occhi chiusi era forte, il sole doveva essere alto in cielo.

Dopo quella che sembrò un’eternità il gruppo che la stava trasportando si fermò. Dovevano essere ritornati in paese, si sentivano molte più voci ora. Ma non le piaceva per nulla la sensazione di non sapere dove esattamente si trovasse.

Provò nuovamente ad aprire gli occhi. Dopo un paio di tentativi le palpebre riuscirono a dischiudersi, almeno in parte. La luce la abbagliò e le figure attorno a lei impiegarono un attimo per diventare chiare.

L’avevano effettivamente riportata al villaggio, e ora si trovavano nella piccola piazza davanti alla chiesa. Pareva che non avessero intenzione di perdere altro tempo. Al centro dello spiazzo la catasta di legno era già pronta per il rogo, completa di una croce di legno che sarebbe servita ad allontanare da lei il diavolo mentre bruciava.

Sì, l’avrebbero bruciata, solo ora questa consapevolezza riusciva a farsi realmente strada nella sua mente. Aveva pensato fino all’ultimo di avere una possibilità di farcela, di poter in qualche modo scappare e nascondersi. Una lacrima le rigò il viso mentre pensava a tutti i progetti che non avrebbe mai realizzato, alla vita che non avrebbe mai avuto.

Avrebbe voluto diventare una brava guaritrice, avrebbe voluto far capire alle persone quanto le idee dell’inquisizione fossero sbagliate e che quelle che loro consideravano streghe forse erano le uniche che avrebbero potuto fare del bene a quella società che attribuiva ogni fatto alla volontà di Dio e ogni male al diavolo, quella società che si affidava troppo alla religione.

Possibile che Dio realmente desiderasse tutti quei morti?

Alya aveva ormai smesso di credere a quel Dio descritto come gentile e misericordioso, ma che poi veniva utilizzato per permettere le atrocità degli uomini.

Nessun Dio aveva evitato che suo padre e il suo fratellino morissero nell’ennesima epidemia, nessun Dio aveva protetto sua madre quando era stata ingiustamente accusata di stregoneria. E nessun Dio avrebbe ora evitato la sua morte. Perchè Dio era un’invenzione come lo erano le streghe, solo una scusa, solo uno scudo.

L’unica consolazione che ora la morte le portava era la certezza di non essere più sola, la sicurezza che il dolore e la solitudine che la avvolgevano fin dalla morte di sua madre sarebbero finalmente svanite. Ma questa consapevolezza non riusciva a fermare la paura che cresceva dentro di lei.

Alya si asciugò le lacrime. Non doveva piangere, doveva essere forte, come le aveva insegnato sua madre. Non era più una bambina, e avrebbe affrontato la morte da adulta.

La ragazza si guardò intorno in cerca dell’inquisitore, che doveva sicuramente essere lì da qualche parte. Ma l’unica persona sconosciuta che riuscì a scorgere fu una donna che proprio in quel momento stava venendo nella sua direzione, con quell’andamento elegante che solo le persone d’alto rango avevano. Anche il suo abito mostrava il suo stato sociale. Di raso blu, con ricami dorati sul corpetto e sugli orli delle ampie maniche a sbuffo, un indumento che nemmeno la donna più ricca del villaggio avrebbe potuto permettersi..

La donna era giovane, non molto alta e di corporatura esile, troppo esile per una persona così ricca. Una qualsiasi persona con quell’aspetto sarebbe sembrata debole, ma non lei; aveva un’aura di potere e importanza che Alya non aveva mai notato in nessuno. Doveva essere venuta con l’inquisitore, era l’unica motivazione che trovava per giustificare la sua presenza al suo rogo. Ma come poteva una donna tanto ricca accompagnare un semplice inquisitore? La persona mandata ad assistere al suo rogo era così importante? Inoltre l’inquisitore non sembrava deciso a farsi vivo e nessuno pareva intenzionato ad aspettarlo.

La donna ormai li aveva quasi raggiunti, e per un momento i suoi occhi incontrarono quelli di Alya. Erano color del ghiaccio, e altrettanto freddi, ma Alya non abbassò lo sguardo, le lanciò anzi un’occhiata carica di disprezzo. Una sfida, l’ultima della sua vita.

La ragazza sentiva di odiare già profondamente quella donna, la cui presenza era probabilmente l’unica cosa che permetteva lo svolgersi della sua esecuzione.

Lei distolse lo sguardo, sussurrò qualcosa a uno degli uomini e si allontanò con la stessa eleganza con cui era arrivata.

Alya si sentì afferrare e qualcuno la issò sulla catasta di legno, legandola al palo di legno che sporgeva da essa. Le corde erano strette, le facevano male, ma non pianse. Voleva affrontare la morte con dignità, come aveva fatto sua madre.

Lo ricordava bene, il rogo di sua madre. Stessa piazza, stessa folla impaziente, stessa catasta di legno. E lei, in prima fila, costretta ad assistere a quello che gli altri consideravano quasi un divertimento, costretta a rimanere immobile tra gente per la quale quello era l’ennesimo spettacolo, identico a quello prima, e a quello prima ancora. Mentre l’ultima persona della sua famiglia, l’unica persona che le era rimasta da amare, veniva ridotta in cenere.

Quando qualcuno veniva additato come strega era come se nessuno lo conoscesse più, diventava uno sconosciuto, solo un’incarnazione del diavolo, qualcuno da eliminare.

Che fosse un compaesano, un conoscente, un amico. Solo la famiglia rimaneva vicino a una strega, e Alya non aveva una famiglia, non più. Non aveva nessuno disposto a difenderla.

Aveva sperato, davanti al rogo di sua madre, di non doversi mai trovare nella stessa situazione, ma ora era lì, e assolutamente nulla avrebbe potuto impedire la sua morte.

Si guardò intorno un’ultima volta, mente il boia si avvicinava alla catasta con una fiaccola accesa in mano: c’erano proprio tutti, da quelli che conosceva solamente di vista a quelli con cui parlava ogni giorno. C’erano perfino i suoi coetanei, quelli che erano stati suoi amici.

In quel momento Alya sentì di odiare profondamente quelle persone, dalla prima all’ultima, che assistevano alla sua morte senza batter ciglio. Li odiava come odiava l’inquisizione perchè erano tutti suoi complici.

I suoi pensieri vennero interrotti dal crepitio del fuoco che aveva iniziato ad attecchire alla legna e dal fumo che le bruciava la gola. Tossì, non riusciva a respirare, e mentre sperava che tutto finisse il più in fretta possibile sentì le fiamme lambirle la pelle procurandole altro, intenso dolore.

Si accorse che la morte stava per sopraggiungere, le pareva quasi di sentire l’anima che, lentamente, scivolava fuori dal corpo. E allora, nel suo ultimo istante da cosciente, puntò lo sguardo sulla donna sconosciuta.

La stava guardando; e sorrideva.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 - Cleo ***


Era una mattina come tutte le altre in casa Rechstey e la famiglia stava facendo colazione attorno al tavolo di legno. Cleo e Lynn parlavano tra di loro dei progetti per i giorni successivi, mancava solamente una settimana al compleanno di Cleo e in qualche modo si sarebbe dovuto festeggiare, benchè nessuno nella casa fosse in vena di festeggiamenti.

La sofferenza e il senso di vuoto che aleggiavano nella casa ormai da quasi quattro mesi avevano soltanto da poco iniziato ad affievolirsi. Quattro mesi. Era già passato così tanto tempo dalla morte di Annie? Cleo era stupita che nessuno di loro l’avesse ancora seguita. Di quei tempi la loro famiglia doveva ritenersi fortunata ad aver perso soltanto un membro. Tutti nella loro città avevano avuto qualcuno da piangere. Ma le sembrava così ingiusto che fosse toccato proprio ad Annie! Che colpe poteva avere una bambina di quattro anni?

Cleo sapeva benissimo che non avrebbe mai trovato una risposta. Annie non aveva fatto niente di male, aveva soltanto cantato una canzone, nel posto sbagliato, al momento sbagliato. Ed era bastato.

“Cleo, mi stai ascoltando?” La voce della sorella la riscosse dai suoi pensieri.

“ Scusami Lynn, mi sono distratta...Stavamo parlando della festa giusto?”

Lynn sorrise “ Sì, ma ora è meglio sbrigarsi, o faremo tardi a scuola” disse alzandosi da tavola e iniziando a prendere dei libri da uno scaffale per metterli nella sua borsa.

Due battiti secchi colpirono la porta.

Cleo, che stava per alzarsi, rimase immobilizzata al suo posto, e vide che anche tutti gli altri membri della sua famiglia erano immobili, come paralizzati. Non aspettavano nessuno quella mattina, e tra tutti gli abitanti della città c’era il tacito accordo di non presentarsi mai senza avvertire, così da dare la possibilità di prepararsi nel caso qualcuno avesse bussato inaspettatamente. E tutti speravano che non avvenisse mai, non nella loro casa.

Dopo un lungo attimo di assoluto silenzio, Mrs Rechstey si voltò verso le due ragazze.

“ Lynn, Cleo, andate in salotto. Dopo che saranno entrati, uscite dallla porta sul retro” La sua voce era poco più che un sussuro, e intrisa di paura “Noi… diremo che siete già uscite per andare a scuola, dovreste avere il tempo per scappare. Andate nei boschi, o in qualche paese, basta che sia il più lontano possibile da qui” riprese fiato, e nel suo viso c’era più disperazione di quanta Cleo ne avesse mai vista.

Le due ragazze esitarono, a nessuna delle due piaceva l’idea di abbandonare i loro genitori, non quando erano sicure che li avrebbero uccisi.

“ Aprite!” intimò una voce maschile da fuori, seguita da altri due colpi secchi sulla porta.

“ Lynn, Cleo… Per favore!” le lacrime rigavano il volto della donna.

Lynn aprì la bocca per replicare, ma non ne ebbe il tempo. Con un ultimo sguardo alla sua famiglia, Cleo la prese per mano e la trascinò nell’altra stanza, proprio mentre la porta si apriva con uno schianto.

La ragazza sentì le urla dei suoi genitori, il rumore dei mobili che cadevano per terra, uno sparo, ma non si fermò. Senza mai lasciare la mano della sorella attraversò una stanza dietro l’altra fino ad arrivare alla piccola porta che si apriva sul retro della casa.

Mentre usciva sperò intensamente che non ci fossero soldati di guardia fuori dalla casa.

Speranza vana.

Sentì uno sparo, poi un altro, ma nessuno dei due colpì lei o Lynn. I soldati dovevano essere rimasti all’ingresso principale, troppo lontani per mirare con precisione.

Velocizzò la corsa. Sapeva benissimo che non le avrebbero lasciate andare così, le avrebbero sicuramente inseguite. Doverle cercare successivamente sarebbe stata una seccatura per loro.

Si diresse verso l’entrata ovest della cittadina, anche se sapeva che non c’erano paesi vicini da quella parte. Dovevano allontanarsi di lì alla svelta, prima che gli altri soldati venissero avvertiti che c’erano due ragazze in fuga. Se avessero bloccato le uscite non ci sarebbe più stata alcuna speranza. Fortunatamente non c’erano molte persone in giro quella mattina e i pochi passanti non esitavano a scostarsi per lasciare spazio alle due ragazze.

Cleo continuava a guardarsi indietro cercando le uniformi nere dei soldati tra la gente, non ne vedeva. Ce la potevano fare, mancava così poco all’uscita: poteva vederla, ormai solo pochi passi davanti a loro. Mentre la attraversavano si aspettò quasi di sentire degli spari, ma non ne sentì. Erano arrivate prima di loro.



 

“Dai Cleo, più veloce!”

La voce di Lynn la riscosse dai suoi pensieri. La ragazza si accorse di essere rimasta leggermente indietro rispetto alle sorella, e di aver rallentato l’andatura. Costrinse le sue gambe a riacquistare velocità. Lynn correva veloce, benchè l’affanno nel suo respiro mostrasse quanto anche lei fosse stanca. Da quanto stavano correndo?

Ormai erano uscite dalla città e il paesaggio intorno a loro era formato da terreni coltivati.

Lynn deviò dal sentiero per continuare a correre su un campo, Cleo la seguì, lo sguardo fisso sui capelli dorati della sorella che oscillavano al ritmo della corsa, creando sfumature alla luce del sole.

Il piede destro di Cleo colpì qualcosa e per poco la ragazza non cadde a terra. Avrebbe fatto meglio a controllare dove metteva i piedi: non poteva farsi male, non poteva fermarsi. Ma non era facile correre sui resti del granoturco mietuto da poco.

Dovevano essere quasi le dieci a giudicare dalla posizione del sole, e ciò voleva dire che correvano da più di mezz’ora ma, prestando attenzione, la ragazza poteva sentire chiaramente le voci dei loro inseguitori dietro di loro. Ma quelli dell’Inquisizione non si stancavano mai?

Non c’era abbastanza tempo per scoprirlo: Cleo doveva trovare un’idea alla svelta, o le avrebbero raggiunte.

Nella loro situazione c’era un solo modo in cui, se fossero state abbastanza fortunate, sarebbero riuscite a far perdere le loro tracce, almeno per un po’. E a Cleo quella possibilità non piaceva per niente. Ma non c’erano alternative

La ragazza aspettò che la curva sul sentiero le nascondesse alla vista dei loro inseguitori, per poi superare la sorella e deviare improvvisamente nel bosco che costeggiava i campi, seguita subito da Lynn che probabilmente si aspettava il cambiamento di direzione.

Le voci dei soldati si avvicinarono per poi allontanarsi nuovamente, spegnendosi in lontananza. Aveva funzionato, non le avevano viste girare, avevano continuato dritto pensando che fossero dirette al prossimo paese. Era nomale che non si aspettassero che due ragazzine potessero prendere una decisione tanto temeraria. Solo gli stupidi e gli sventurati si addentravano nei boschi ormai.

La Nuova Inquisizione aveva passato gli ultimi anni cercando di convincere tutti che qualunque posto dominato dalla natura fosse pericoloso, che si fosse al sicuro solamente nelle città. E aveva ottenuto ottimi risultati.

I boschi erano territorio delle belve e dei ribelli, e Cleo non era sicura di sapere quale dei due avrebbe preferito incontrare. Aveva visto centinaia di servizi sulla piccola televisione di casa dove veniva mostrato quanto i ribelli fossero crudeli, disposti a uccidere chiunque cercasse di ostacolarli. Ma erano disperate, e lei avrebbe di gran lunga preferito terminare la sua vita mentre cercava di fuggire piuttosto che bruciata sul rogo.

Per il momento erano salve, ma continuarono a camminare verso il folto del bosco. Se fossero rimaste lì i soldati che percorrevano i sentieri di periferia si sarebbero presto accorti di loro.

Procedettero lentamente per un po’ di tempo, in silenzio, troppo stanche e spaventate per parlare. Cleo vide la sorella inciampare su una radice sporgente e cadere pesantemente a terra. Non era qualcosa di nuovo vederla inciampare. Sorrise. Lynn la guardò e ricambiò il sorriso.

Era così tanto tempo che Cleo non la vedeva sorridere, da quando la Nuova Inquisizione era salita al potere c’era stato ben poco di cui essere felici. Cleo aveva quasi dimenticato come fosse poter andare in giro per le strade senza vedere passare soldati di continuo, come fosse vivere senza temere che qualche membro della famiglia potesse non tornare a casa la sera. L’Inquisizione aveva rimpiazzato rimpiazzato l’allegria e la fiducia che c’erano prima con la paura, la tristezza e il vuoto lasciato dalle perdite.

Ma Cleo ora sorrideva, forse solo per nascondere quella continua tristezza, forse solo per incoraggiare la sorella ad essere forte, ma sorrideva.

Tese una mano a Lynn per aiutarla ad alzarsi e lei la afferrò, tirandosi su.

Lynn abbracciò la sorella che la strinse a sè ricambiando il gesto. Affetto; era di quello che avevano bisogno. Quell’abbraccio permetteva loro, passato il terrore della fuga, di sostenersi a vicenda mentre il peso della perdita piombava loro addosso, mentre in loro si faceva sempre più viva la consapevolezza di non avere più una casa nè una famiglia. Cose alla quale durante la fuga non avevano avuto il tempo di pensare.

Cleo sentì qualcosa di caldo e umido bagnarle la spalla e si rese conto che la sorella piangeva ancor prima di sentire i suoi singhiozzi. Tentò di rassicurarla.

“ Ehi, vedrai che non li bruceranno mamma e papà…”

“ Quelli non risparmiano nessuno! Neppure Annie e lei...lo sai…”

La voce di Lynn quasi si spense.

“ Aveva solo quattro anni “

Una lacrima rigò il viso di Cleo. Ricordava ancora benissimo la sorellina Annie...il suo sorriso, le sue labbra, il modo in cui correva, come volesse sempre fare una gara di tutto, i suoi capelli castani e gli occhi scuri...Quei bellissimi occhi scuri che tutta la famiglia aveva...Tranne lei che aveva gli occhi verdi, come quelli di suo nonno. Un verde sfumato di azzurro che Cleo trovava banale e inquietante allo stesso tempo.

Negli ultimi quattro mesi aveva pensato e ripensato alla sorellina, senza permettere al tempo di cancellare il dolore. Le mancava così tanto…

Strinse più forte la sorella.

“ Mamma e papà non hanno fatto niente di male, nessuno di noi ha fatto qualcosa per cui essere arrestato. Deve essere stato un errore...vedrai, si salveranno. Entro questa sera li lasceranno andare e tutto tornerà come prima”

Cleo sapeva benissimo che quella era una bugia e che stava tentando di convincere se’ stessa oltre che la sorella. E sapeva che Lynn ne era perfettamente consapevole. L’essere innocente non aveva salvato Annie, e non avrebbe salvato nemmeno i loro genitori. Niente sarebbe potuto tornare come prima.

Ma per il momento preferiva convincersi che ciò che aveva detto fosse vero, che ci sarebbero state altre giornate come quelle trascorse in passato, che avrebbe rivisto le persone che amava.

Cleo non era nemmeno sicura che la loro famiglia fosse realmente innocente, almeno dal punto di vista dell’Inquisizione. Sapeva che i loro genitori aspettavano l’arrivo dei soldati ormai da mesi. Li aveva sentiti spesso bisbigliare tra di loro, spaventati, certi che il momento stesse per arrivare. Ma non sapeva il perchè, non conosceva nemmeno il criterio usato dall’Inquisizione per arrestare le persone, che cosa stesse realmente cercando nelle persone che definiva streghe.

Quanti segreti aveva la loro famiglia? Probabilmente non lo avrebbe mai saputo.

La ragazza si rese conto che stavano perdendo tempo prezioso, che non potevano permettersi di rimanere lì.

“Dobbiamo andare via da qui, o ci troveranno. Resteremo nei boschi, almeno per un po’”

Lynn annuì. Cleo percepiva che la sorella aveva paura, e la abbracciò più forte. Dopotutto era lei la sorella maggiore, e sostenere Lynn era suo dovere, in particolare ora che non avevano nessun altro.

“Va bene” rispose.

Cleo sorrise. Sua sorella tentava di mantenere un tono autorevole, di sembrare sicura di sè, ma lei sapeva quanta paura e insicurezza si nascondessero dentro di lei.

Si sciolsero dall’abbraccio e ripresero a camminare alla massima velocità concessa loro dalla stanchezza.

La testa bassa, le scarpe infangate, i vestiti sudati e i capelli arruffati dal forte vento, come i soldati di quel lontano 2146, che andavano in guerra, pronti a tutto, consapevoli della morte imminente, privi di beni e parenti, armati unicamente di una pistola laser, l’unica cosa che poteva determinare la loro sopravvivenza.

Cleo pensò a quanto la loro posizione fosse simile a quella di quei soldati,e a come avrebbero fatto loro, senza cibo,senza coperte, senza armi, senza nessuno che le aiutasse.

Poi iniziò a ricordare cosa aveva studiato su quella che era chiamata terza guerra mondiale…

Non ne ricordava bene le cause, ma sapeva che nell’anno dello scoppio della guerra tutte le nazioni, alleate o rivali, avevano dovuto firmare un foglio per il quale erano obbligate a non utilizzare armi chimiche e biologiche. “ Possiamo distruggere le popolazioni, ma non abbiamo il diritto di distruggere il mondo” aveva detto Dylan Hatervich, e questo se lo ricordava, perchè quell’uomo era una persona fantastica, qualcuno che aveva saputo sempre difendere i suoi ideali, qualcuno che aveva sempre messo la libertà davanti a tutto. Lei ne avrebbe avuto il coraggio? Non lo sapeva. Non sapeva. Nei suoi  quindici anni di vita non aveva mai capito come alcune persone riuscissero a  sacrificare sè stesse per vincere la guerra, sapeva solo che era la cosa giusta da fare,e basta.

Un rumore sordo la riportò alla realtà. Per un attimo, un terribile attimo, pensò che le avessero raggiunte, che fossero tornati indietro e le avessero trovate. Si accorse poi con sollievo che il rumore era provocato da Lynn che si era già messa all’opera per costruire un riparo. Erano entrambe troppo stanche per continuare. Non si erano inoltrate abbastanza nel bosco da essere al sicuro dai soldati, ma nessuna delle due sarebbe stata in grado di andare avanti. Cleo raccolse un pezzo di legno da terra e si affrettò ad aiutare la sorella.



 

Puzza di cenere. Non l’avevano sentita fino a quel momento, il vento portava via ogni traccia di odore, ogni indizio, e solamente ora che si era un po’ placato la puzza aveva raggiunto le ragazze. Un leggero strato di fumo velò la luce del sole e l’aria in lontananza iniziò a tremolare.

Piccoli straccetti di materiale grigio e nero iniziarono a cadere lentamente sulle due sorelle, senza più il sostegno dell’aria in movimento. Lynn e Cleo alzarono lo sguardo, e subito dopo si voltarono verso la direzione da cui erano arrivate. Avrebbero riconosciuto la provenienza di fumo e cenere anche se non si fossero trovate su un’altura, anche se non avessero visto la piazza della città in lontananza. Improvvisamente si accorsero di quanto poco si fossero allontanate dalla loro casa.

Da dove si trovavano si poteva vedere chiaramente la piazza principale, creata appositamente su un luogo rialzato, sotto ordine dell’Inquisizione, perchè potesse essere vista anche da lontano.

A quanto ne sapeva, in tutte le città ce ne era una, in tutto lo stato. Non era rimasto nemmeno un posto che non fosse controllato giorno e notte da quei soldati vestiti di nero con le catene cucite agli abiti e alla pelle, quelle catene che erano il simbolo della Nuova Inquisizione.

E nella loro zona ne erano presenti più che nel resto dello stato, a causa della vicinanza della capitale, Celestia, dove risiedeva il capo dell’Inquisizione e aveva sede il Tribunale.

L’odore della cenere si stava facendo sempre più intenso, c’era sempre più fumo. Le due sorelle iniziavano ad avere seri problemi a respirare. Entrambe socchiusero gli occhi per poter vedere meglio ciò che accadeva in città. Non che non lo sapessero, dopo tutto.

Due grandi cataste si ergevano in mezzo alla piazza, composte di quella che poteva sembrare legna ( e di certo c’era anche quella ) se non fosse stato per i piccoli movimenti che indicavano che quelle erano streghe al rogo. Cleo aveva dimenticato che fosse previsto un rogo collettivo per quel giorno. La cosa stava diventando sempre più frequente, anche perchè era più economico per lo stato che bruciare le persone singolarmente.

Una delle due cataste era di misura minore dell’altra, e già avvolta quasi completamente dalle fiamme.I movimenti su di essa erano quasi inesistenti, anche se si udivano ancora urla provocate da voci acute. Poi all’improvviso vide una piccola figura che scendeva dalla catasta velocemente ma con grazia e iniziava a correre nel disperato tentativo di sfuggire alla morte.

La fuga durò solo un momento. Il segnale di una guardia, un’altra che afferrava la figura e la riportava verso il centro della piazza, il bagliore improvviso del vestito dorato lambito dalle fiamme, i capelli lunghi e sciolti che prendevano velocemente fuoco, e anche quella bambina finiva a bruciare insieme ai suoi coetanei.

 

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