Bad Girl

di Altair13Sirio
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Per strada ***
Capitolo 2: *** Duncan ***
Capitolo 3: *** Il Quartier Generale ***
Capitolo 4: *** Da sola contro tutti ***
Capitolo 5: *** Da Andy ***
Capitolo 6: *** La vita da fuggitiva ***
Capitolo 7: *** Gelosia? ***
Capitolo 8: *** Segreti e bugie ***
Capitolo 9: *** Bocca cucita ***
Capitolo 10: *** Lezioni di coraggio ***
Capitolo 11: *** Rubare ***
Capitolo 12: *** Niente di cui aver paura ***
Capitolo 13: *** REM ***
Capitolo 14: *** Mattina ***
Capitolo 15: *** Trovata ***
Capitolo 16: *** Evasione ***
Capitolo 17: *** Il luogo segreto ***
Capitolo 18: *** In fuga dal mondo ***
Capitolo 19: *** Al sicuro dalla tempesta ***
Capitolo 20: *** Sotto controllo? ***
Capitolo 21: *** Incubo ***
Capitolo 22: *** Ricordo Base ***
Capitolo 23: *** Fuori in città ***
Capitolo 24: *** Inseguiti ***
Capitolo 25: *** Un letto dove dormire ***
Capitolo 26: *** Ira ***
Capitolo 27: *** Via di fuga ***
Capitolo 28: *** Fiducia in sé stessi ***
Capitolo 29: *** Un piano diverso ***
Capitolo 30: *** Apatia ***
Capitolo 31: *** Un aiuto inaspettato ***
Capitolo 32: *** Col favore delle tenebre ***
Capitolo 33: *** Misure drastiche ***
Capitolo 34: *** L'ultima volta ***
Capitolo 35: *** Parlare con il muro ***
Capitolo 36: *** Fuori città ***
Capitolo 37: *** Sensi di colpa ***
Capitolo 38: *** Separazione ***
Capitolo 39: *** Da sola ***
Capitolo 40: *** Nostalgia di casa ***
Capitolo 41: *** L'ultimo Ricordo Base ***
Capitolo 42: *** Amici ***



Capitolo 1
*** Per strada ***


<< Buongiorno. >> Salutò cordialmente il negoziante seduto dietro al banco quando la ragazza entrò nel suo negozio. Era un ometto sui sessanta, stempiato e con un paio di occhiali rotondi sul naso; indossava una camicia bianca e sembrava amare il proprio lavoro, da come sorrideva ai clienti.
<< Salve. >> Rispose con un piccolo cenno Riley senza mostrare nessuna espressione in particolare. Sfilò tra gli scaffali guardandosi intorno rapidamente; cercava un paio di lattine di una nuova bevanda che aveva voluto provare da un po’ di tempo. Non l’avrebbe pagata, ovviamente: se avesse dovuto pagare ogni piccolo desiderio che avesse avuto per tre anni non sarebbe andata da nessuna parte. Aveva imparato qualche trucchetto per passare inosservata quando voleva fare qualcosa che non era consentita.
Si avvicinò al frigorifero dove tante lattine di bibite gassate erano messe in fila, a dare vita a una formazione inquietante; sembravano guardarla e dirle che non sarebbe riuscita ad attuare il suo diabolico piano. Che fastidiose.
Riley aprì lo sportello rapidamente dopo essersi guardata intorno ed essersi assicurata di essere da sola; infilò la mano destra nel frigorifero e afferrò la lattina nera e verde per poi portarla subito al petto e nasconderla sotto il giubbotto di pelle nera che portava da due anni ormai. La mise al sicuro nella tasca nascosta e si voltò richiudendo lo sportello del frigorifero e allontanandosi rapidamente, mantenendo la calma.
Era andato tutto bene, fino ad ora; adesso doveva solo passare davanti alla cassa senza destare sospetti. Il suo sguardo era fisso davanti a sé, non avrebbe nemmeno guardato in faccia l’uomo che stava dietro la cassa, se non avesse attirato lui la sua attenzione per primo. << Signorina… >> Mormorò cordiale per farla voltare.
Ci hanno scoperti! Fece una vocina spaventata nella sua testa. Confessiamo tutto e chiediamo umilmente perdono! Era davvero spaventata per pensare cose simili. Ma non si diede ascolto, sapendo di poter ancora farla franca.
Calma. Non può sapere niente. Venne in suo aiuto un’altra voce più sicura di sé; quella voce le piaceva. Doveva rimanere fredda e impassibile.
<< Sì? >> Chiese fingendo un sorriso amichevole.
L’uomo sembrò un po’ sconcertato da quella sua reazione. << Non compra niente? >> Chiese alzando un braccio verso gli scaffali. Riley dovette mantenere il sangue freddo per poter spiegare la sua situazione.
<< Ah, no mi dispiace… Ero venuta per comprare qualcosa di veloce da mangiare, ma una mia amica mi ha appena chiamata dicendomi di andare a mangiare con lei al pub… >> Mostrò lo zainetto blu un po’ rovinato dopo anni di utilizzo sulle spalle. << Dobbiamo tornare a scuola presto, quindi farò meglio a sbrigarmi… >> Aggiunse facendo qualche passo verso l'uscita, fingendo di avere fretta. L’uomo annuì comprensivo, lasciandole intendere di aver capito. Ma Riley voleva far sparire qualsiasi dubbio dalla mente dell’anziano negoziante, quindi si sfilò lo zaino da una spalla e aprì la cerniera. << Guardi, le faccio vedere se non mi crede: ecco. >> Mostrò alcuni quaderni colorati facendoci passare un pollice in mezzo. L’uomo alzò le mani sorridendo, dicendole che non c’era da preoccuparsi.
<< Non c’è problema. Ti credo, ragazzina. >> Disse ridendo divertito dall’innocenza di quella ragazzina che era entrata nel suo negozio.
Riley sorrise ingenuamente richiudendo la cerniera dello zaino e rimettendoselo in spalla. << D’accordo. Scusi se le ho fatto perdere tempo. >> Disse gentilmente raddrizzando la schiena, pronta ad andare via.
<< Farai meglio a sbrigarti, o farai tardi a scuola! >> La incitò l’uomo agitando una mano come per dirle che non c’era nessun problema. Riley sorrise di nuovo e si voltò verso l’uscita; era andata bene. In realtà lo zaino era solo un diversivo, era prevedibile che un negoziante avrebbe guardato dentro al posto più ovvio dove nascondere qualcosa, e metterglielo davanti al naso era un metodo ancora più sicuro per conquistarsi la sua fiducia. Quel poveretto non aveva idea di essere stato ingannato tanto facilmente…
Ora che la tensione si era allentata, Riley poté concedersi un sospiro di sollievo e rilassarsi un po’. Anche le vocine nella sua testa sembravano felici che tutto fosse andato bene; tuttavia aveva ancora un presentimento, come se ci fosse un pericolo imminente…
Quando varcò la soglia del negozio, scattò un allarme assordante che spaventò la ragazza e le fece mettere le mani alle orecchie. Si guardò intorno e capì che a produrre quel suono acuto e fastidioso erano le due sbarre ai lati della porta, poste esattamente per segnalare chi uscisse senza aver pagato un articolo. Adesso anche le lattine sono segnate?! Esclamò incredula tra sé e sé, scattando fuori dal negozio prima che il negoziante potesse afferrarla.
Una volta sul marciapiedi, alla luce del sole, Riley si guardò intorno cercando una via di fuga rapida: avvistò un poliziotto dirigersi rapidamente verso di lei; doveva aver sentito l’allarme, e una volta vista la ragazza uscire di corsa dal negozio doveva aver capito tutto. << Merda! >> Imprecò Riley capendo di non avere il tempo per fermarsi a pensare.
Si mise a correre lungo il marciapiedi, schivando le poche persone che incrociava e spingendo quelli che non volevano togliersi di mezzo. Il poliziotto dietro di lei era più veloce, ma non era agile come lei e non conosceva tutti i vicoli della zona come li conosceva lei, o almeno così sperava…
Riley si lanciò in una stradina alla propria sinistra, passando in mezzo a due edifici grigi e mettendo tutta la forza che aveva nelle proprie gambe. Il piano era quello di confondere il poliziotto e seminarlo dopo essersi infilata in qualche vicolo stretto.
Non ce la faremo mai! E’ più veloce! Pensò quando lo vide comparire dall’angolo e recuperare rapidamente una parte del vantaggio che lei aveva preso su di lui. Tornò a guardare la strada di fronte a sé, concentrandosi solo sul correre e pregando che l’uomo non fosse dietro di lei; sentiva i suoi passi veloci alle sue spalle e credeva di sentirlo respirare dietro di sé, ma sapeva di essere ancora al sicuro da lui. Non era finita finché non le metteva le manette ai polsi!
Girò a sinistra uscendo dal vicolo e cercò di non scivolare con le scarpe per non perdere tempo; si mise a correre parallela al muro, vedendo i portoni dei palazzi sfilare rapidamente uno dopo l’altro di fronte ai suoi occhi.
Il suo sguardo cadde su una grata posta a bloccare un vicolo, dall’altra parte della strada; se fosse riuscita a scavalcare quella recinzione prima che il poliziotto la raggiungesse, sarebbe riuscita a farla franca!
Senza indugio, Riley si lanciò in strada, schivando un’automobile per un pelo e ricevendo una furiosa suonata di clacson in risposta dalla persona alla guida. Non c’era molto traffico a quell’ora, correndo poteva raggiungere l’altro lato della strada indenne, lasciando indietro il poliziotto, che intanto le urlava di non buttarsi in mezzo al traffico a quel modo. In fondo non voleva che le succedesse qualcosa di male… Come no!
Sapeva che quell’uomo avrebbe rallentato all’attraversamento, per questo si era lanciata così senza timore in mezzo alla strada. Toccò il marciapiedi con la punta del piede, con delicatezza, quasi volendo prendersi gioco del poliziotto rimasto indietro, che ancora doveva attraversare la strada. Si girò verso di lui e lo salutò con la mano, facendo una smorfia e tornando a correre in direzione del vicolo bloccato dalla recinzione.
Proprio prima di entrare nel vicolo, però, un ragazzo con la testa tra le nuvole sbucò dal nulla e investì in pieno Riley, che gli cadde addosso ferendosi alla mano. Entrambi urlarono sorpresi e la ragazza gli lanciò qualche insulto.
<< Ma che diavolo fai? Guarda dove cammini! >> Gli disse cercando di rimettersi in ginocchio, togliendosi di dosso a lui più in fretta possibile.
<< Scusa, non ti avevo vista… >> Disse sorpreso il ragazzo agitandosi a terra. Non aveva neanche capito cosa lo avesse colpito, mentre Riley era già in piedi.
<< Non importa. >> Disse guardandosi intorno lei, scrollandosi la polvere di dosso dei vestiti. Senza neanche salutarlo, la ragazza si girò verso il vicolo da cui era uscito il ragazzo e si preparò a scappare, ma lui la chiamò.
<< Aspetta…! Ti sei fatta male? >> Chiese mentre si rialzava barcollando. Le prese la mano graffiata e la guardò.
<< No! Lascia perdere! >> Evitò il contatto lei tirando indietro la mano. Non poteva perdere tempo con quel ragazzo.
<< Sei sicura? >> Chiese cercando di intercettare il suo sguardo.
Oddio, un altro idiota! Riley sentì il bisogno di prenderlo a pugni, ma si trattenne sapendo di non avere tempo. Girando la testa di lato vide il poliziotto che stava per mettere piede sul marciapiedi dove stava lei. Sentì un forte brivido lungo la schiena e saltò sul posto. << Ciao, devo andare! >> Urlò senza voltarsi, lasciando indietro il ragazzo e fiondandosi nel vicolo. Lui la guardò confuso e si voltò per cercare di capire cosa avesse innescato in lei quella reazione; quando vide il poliziotto rincorrerla collegò tutto e fece un passo indietro per lasciar passare l’inseguitore.
Riley raggiunse di corsa la grata che bloccava la strada nel vicolo; senza perdere tempo si lanciò contro quella, sapendo che il suo peso non l’avrebbe buttata giù e cominciò ad arrampicarsi trovando appiglio tra le maglie della recinzione. Sentì i passi rapidi del poliziotto alla fine del vicolo e una voce nella sua testa le urlò di sbrigarsi. Non appena sentì quella voce, una strana forza le diede la spinta per sollevare la gamba e farla passare dall’altro lato della recinzione; passò rapidamente anche con l’altra gamba e si lanciò giù, sfuggendo per un pelo all’inseguitore, che tentò inutilmente di afferrarla per una caviglia.
Atterrò dall’altra parte della recinzione sentendo tutti i peli rizzarsi dalla tensione. Aveva i brividi in posti dove non pensava fosse possibile sentire qualcosa, ma ce l’aveva fatta. Si rialzò da terra, dove si era accasciata per un attimo atterrando, e rivolse uno sguardo di sfida al poliziotto. Allargò le braccia come per invitarlo ad acchiapparla e sorrise ancora con più gusto.
Riley rise voltandosi mentre l’uomo la guardava serio; alzò il medio all'aria per farsi beffe dell'agente ancora una volta, poi se ne andò per la sua strada, lasciando quel povero perdente a commiserarsi.
Probabilmente non sarebbe più potuta tornare in quel negozio per un po’ di tempo, ma quella corsa le aveva dato una scossa di vitalità che non sentiva da tempo. Vivendo da delinquente, l’adrenalina era la sua migliore amica quando era nei guai; grazie a lei riusciva a fare cose che pensava fossero impossibili per il suo corpo, e le dava una sensazione inebriante che adorava, senza la quale non riusciva a stare.

 

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Capitolo 2
*** Duncan ***


Riley chiuse la porta alle proprie spalle e lasciò cadere quel vecchio zainetto blu in un angolo della stanza. Alzò la testa e si guardò intorno facendo attenzione a ogni suono; nella casa c’era silenzio, ma Riley non avrebbe detto di essere da sola finché non se ne sarebbe accertata, sapeva bene che Duncan avrebbe potuto essere nell’altra stanza a dormire. Pensò al ragazzone che russava sonoramente, stravaccato sul suo letto a due piazze, e le venne da ridere.
Fece qualche passo verso il centro della stanza e subito dei passi lenti e strascicati la accolsero, portando con sé la sagoma di un ragazzo alto con indosso dei vestiti neri e borchiati; aveva un lato della testa rasata, e la cresta che spiccava tra i capelli rimanenti era colorata di verde. Aveva un grosso tatuaggio sul lato sinistro del collo che scendeva fino alla spalla, coperta dal giubbotto di pelle. Il ragazzo aveva l’aria assonnata; Riley avrebbe detto di averlo svegliato in quello stesso istante.
Accidenti! Disse tra sé e sé. Se non avesse fatto rumore, forse sarebbe riuscita ad entrare e uscire senza incontrarlo, ma ormai era inutile preoccuparsi di quello che era successo.
<< Ciao. >> Disse il ragazzo cercando di sembrare sveglio sorridendo, fallendo miseramente.
<< Ciao. >> Rispose disinteressata lei camminando rasente a un ripiano della cucina. Ci passò una mano sopra, dando a Duncan il tempo di ricomporsi. << Ho rischiato di farmi beccare per questa stupida cosa! >> Sbottò ricordandosi della bevanda in lattina ancora nascosta sotto il giubbotto. Quando la guardò si rese conto che dopo tutta quella corsa non sarebbe stata più buona; se avesse provato ad aprirla sarebbe schizzata tutta di fuori, probabilmente. La porse al ragazzo con indifferenza. << La vuoi? >>
Duncan si strofinò la faccia con una mano e accettò il regalo ringraziando. << Probabilmente mi aiuterà a svegliarmi oggi… >> Commentò prendendola in mano ed esaminandola più da vicino. Alzò poi lo sguardo verso Riley, che sembrava guardarlo quasi sul punto di scoppiare dal ridere. << Qualcosa non va? >> Chiese piegando un labbro e inarcando un sopracciglio.
Riley si affrettò a scuotere la testa vigorosamente, dicendo di non preoccuparsi.
Duncan sospirò e poggiò la lattina su un ripiano mentre la ragazza rovistava dentro alcune ante in cerca di qualcosa con cui fare colazione. << Ti hanno beccata? >> Chiese tornando al discorso di prima.
<< Non esattamente. >> Rispose lei senza voltarsi. << Sono stata scoperta per colpa di qualche allarme antifurto… Riesci a credere che la gente abbia paura di perdere anche solo una bibita in lattina? >> Si girò rivolgendo uno sguardo incredulo al ragazzo. Duncan sembrò divertito dalle sue lamentele.
<< Il vecchio Jeremy non si fa prendere più alla sprovvista come una volta… >> Commentò sorridendo e guardando i propri piedi. << Ma tu dovresti fare attenzione a quello che rubi: per una stupidaggine come quella avrebbero potuto prenderti di nuovo! >> La rimproverò ricordandole l’incidente di alcune settimane prima.
<< Non era poi tanto grave, e comunque sono riuscita a scappare! >> Si lamentò Riley allontanandosi dalla dispensa con un biscotto in mano e andandosi a sedere sulla sua poltrona preferita. Si sedette di sghimbescio, come al solito, poggiando la schiena su uno dei due braccioli e mettendo i piedi sopra all’altro; accese poi la televisione con il telecomando e diede un morso al biscotto.
Duncan si avvicinò barcollando, sorridendo affettuosamente a quella ragazzina che aveva visto crescere in così poco tempo. << Come te la sei cavata? >> Chiese interessandosi dell’accaduto.
Riley mosse in alto la mano con il biscotto dopo aver dato un altro morso e parlò con la bocca piena:<< Ho seminato la guardia dopo essermi arrampicata su una recinzione che divideva in due un vicolo. Dovevi vedere la sua faccia quando l’ho fregato! >> Rise ripensando a quel momento in cui aveva visto gli occhi delusi del poliziotto.
Duncan rise di gusto quando finì di ascoltare. Riley non capì se fosse una risata sincera o forzata, ma sapeva che presto avrebbe cambiato argomento. << Sei diventata davvero brava… Almeno a svignartela dai guai… >> Disse guardando la televisione, dove andava in onda il telegiornale. << Cerca di non farti scoprire la prossima volta, però! >> Aggiunse sorridendo, senza doversi preoccupare di sembrare intimidatorio; Riley sapeva che Duncan non era contento di pagare multe per i suoi sbagli, né di doverla andare a prendere in centrale dopo aver passato una notte dietro le sbarre ogni volta che combinava qualcosa. Le faceva paura già quando sorrideva, non gli serviva fare la parte del “cattivo”…
<< Tanto non tornerò lì per un bel pezzo… >> Commentò disfattista la ragazza imboccando il resto del biscotto, facendosi cadere addosso qualche briciola. Tornò a guardare la televisione, sperando che Duncan la lasciasse in pace, ma sapeva già che non sarebbe successo.
Il ragazzo si mise in mezzo e costrinse la ragazza a guardarlo negli occhi; sorrideva, ma non era molto rassicurante. << Oggi sono tre anni che sei arrivata qui. >> Disse senza sforzarsi troppo per sembrare contento.
Riley rispose con il suo stesso tono:<< Tanti auguri a me! >> Fingendo un sorrisetto sarcastico.
Duncan piegò un labbro divertito. Si avvicinò pericolosamente al viso di Riley. << Dovremmo festeggiare in qualche modo… >> Mormorò con un ghigno malvagio. La ragazza girò la testa per evitare la sua faccia e guardò da un’altra parte; Duncan sembrò deluso.
<< Non so… Non mi sembra un giorno tanto importante. >> Disse poco interessata alle sue ragioni. Voleva evitare Duncan a qualsiasi costo, non le importava che giorno fosse. << Voglio dire, me lo ricordo a malapena… >> Ridacchiò tornando a guardare il ragazzo negli occhi.
Lui sorrise di nuovo in modo più amichevole. << Oh, io me lo ricordo, invece. Eri così piccola… >>
Ci sta provando di nuovo. Pensò nella sua testa Riley. Era odioso quando Duncan cercava di avvicinarsi a lei così tanto, ma pensava che in fondo se lo fosse attirato da sola, un simile problema…
Non c’è problema, adesso lo sistemiamo. Si rispose poco dopo pensando a un piano per svignarsela rapidamente da lì.
<< Sembravi un uccellino fuori dal nido, non avevi idea di cosa fare… >> Duncan si rialzò e camminò in cerchio nella stanza per alcuni secondi, muovendo le mani come per rappresentare qualcosa di piccolo e indifeso.
<< Sei un vero poeta. Dovresti provarci con qualche agente in centrale!
>> Rise Riley, sapendo che quello che le parlava in quel momento non fosse il vero Duncan; aveva sicuramente imparato quella stupida parte per ammorbidirla e mettere le sue manacce su di lei. Si raddrizzò sulla poltrona e accavallò le gambe. << Non sono più la bambina che ero allora, Duncan. >> Sorrise innocentemente, in attesa della risposta del ragazzo.
Lui alzò un dito per concordare con lei e annuì sorridente. << Infatti, infatti… >> Si fermò al centro della stanza e allargò le braccia. << Ora sei una donna, Riley. Puoi fare quello che vuoi e scegliere senza l’aiuto degli altri… >>
Riley rise sonoramente solo per il gusto di prenderlo in giro. << Non sono una donna, fratello! >> Si alzò dalla poltrona e girò attorno a Duncan, stuzzicandolo con i suoi movimenti lenti e ondeggianti. << Non sono un bel niente. >> Sussurrò carezzandogli la spalla e lasciandolo solo al centro della stanza.
<< Non dire così… >> Cercò di farla tornare lui. << Sei la cosa più importante nella mia vita, lo sai… >> Da come disse quelle cose non sembrò tanto convinto di quello, ma bastò a far tornare indietro Riley; non aveva cambiato idea, voleva solo vedere fino a dove riusciva a spingersi quel folle.
<< Senza di te, la mia vita non sarebbe diventata l’inferno che è ora, piccola stronzetta ingrata! >> Le sue parole suonarono scherzose e amichevoli nella stanza, quasi affettuose, e Riley non si offese di certo per quello: aveva sentito di peggio, molte altre volte, e Duncan era ormai abituato a chiamarla così. Anche lei aveva qualche nomignolo simile per lui, ma li utilizzava raramente…
Riley rise. << Già. Se non fosse stato per me avresti potuto ricevere il premio nobel per la deficienza! >> Lo prese in giro come al solito. << Che grande occasione che hai perso, eh? >>
Duncan decise di stare al gioco. << Tanto non mi è mai piaciuto essere popolare… >> Disse mettendosi una mano dietro la testa e continuando a sorridere. Abbassò lo sguardo e la scrutò per qualche istante, poi si avvicinò e la prese per un braccio, portandola vicino a sé. << Sei sicura di non voler festeggiare questo evento speciale? >> Le sussurrò a un orecchio facendole venire i brividi.
Riley avrebbe preferito dargli un calcio all’inguine piuttosto che andare avanti con quella messinscena, ma dovette trattenersi: assunse un sorrisetto amorevole e gli sbatté le ciglia in faccia con tutto il suo carisma, avvicinandosi di più a lui. << Bé, visto che insisti tanto… Avevo pensato a qualcosa di speciale per questa sera, ma… Volevo che fosse una sorpresa. >> Finse di essere dispiaciuta per aver svelato a Duncan il segreto.
<< Se vuoi possiamo fingere che sia adesso la sorpresa… >> Cercò di convincerla lui sorridendo e mettendole una mano sul fianco, cercando di farla cedere. Riley rimase delle sue convinzioni e scosse la testa, dando un colpetto con la mano sul naso del ragazzo.
<< Sei troppo impaziente… Aspetterai fino a stasera! >> Gli disse divincolandosi dalla sua stretta e lanciandogli un’occhiata sensuale.
Duncan era deluso, ma finse di poter sopportare quell’attesa. << Allora fingerò di essere sorpreso… >> Commentò stringendo le spalle, senza sapere cos’altro dire.
Riley ce l’aveva fatta, era riuscita a cacciarsi Duncan di dosso, ma all’improvviso il ragazzo si avvicinò e tentò di baciarla sulle labbra. Fu presa alla sprovvista e non seppe cosa fare per un momento, ma riuscì a riprendere il controllo e a spostare la testa in modo che le labbra del ragazzo incontrassero la sua guancia. Gli accarezzò la testa come scusa per quel movimento brusco e gli diede un bacetto sulla guancia a sua volta.
Rapidamente, Riley si allontanò da Duncan continuando a sorridere e lo salutò agitando la mano; lui era definitivamente deluso da come era andata a finire, ma sperava che la ragazza non lo stesse prendendo in giro riguardo alla sua sorpresa di quella sera. Quando se ne fu andata lasciandolo da solo, Duncan si guardò intorno per alcuni secondi, prima di afferrare la lattina che gli aveva regalato Riley: la aprì senza fare attenzione e il suo contenuto gli schizzò addosso cogliendolo di sorpresa e bagnandolo tutto.
Riley rise pensando a Duncan con i vestiti zuppi della bibita in lattina che gli aveva ceduto.
C’è mancato poco! Faceva una voce nella testa di Riley mentre scendeva le scale del palazzo. Viveva lì con Duncan da tre anni, dopo essere tornata in Minnesota scappando da tutti a San Francisco. Al suo arrivo lì, però le cose non erano state come aveva creduto; non c’era niente di bello in quel posto che aveva lasciato tanto tempo prima e che aveva raggiunto per poter tornare a essere felice: stranamente, tutto quello che un tempo l’aveva fatta ridere e stare bene, in quel posto che aveva chiamato “casa”, non le aveva più trasmesso niente, e Riley si era ritrovata da sola in mezzo alla strada, delusa e impaurita, senza sapere dove andare. Non aveva chiesto aiuto alla polizia, però: sapeva che non ci sarebbe voluto molto per rispedirla come un pacco a San Francisco, contro il suo volere, quindi si era spostata ancora, e aveva trovato quel posto; non era diverso dalla sua città natale, non c'era niente e nessuno che la facesse sentire bene, e anzi l'atmosfera lì era triste e opprimente, ma lì aveva anche incontrato Duncan, il ragazzo che l’aveva aiutata a crescere e le aveva insegnato come sopravvivere per strada. Lui l’aveva accudita come un fratello e lei si era molto legata a lui; purtroppo si era resa conto troppo tardi di che tipo fosse Duncan e come si sarebbero sviluppate le cose a lungo andare. All’inizio anche il ragazzo era stato un po’ restio a legarsi a Riley, forse perché aveva immaginato come sarebbe andata a finire, ma dopo un po’ di tempo aveva accolto quella nuova vita con la ragazzina con molto piacere, cambiando anche le sue abitudini per lei, a volte.
Adesso Riley passava la maggior parte delle giornate a evitare Duncan, a causa dei suoi continui tentativi di diventare “intimo” con lei; ora che era cresciuta pensava di poterla avere, ma lei era più furba di lui, sapeva come sfuggirgli. Tuttavia stava lentamente andando a schiantarsi contro un evento che non avrebbe potuto ritardare ancora per molto: Duncan era sempre più insistente, e nonostante la ragazza rimanesse fuori casa per tutto il giorno e rientrasse il più tardi possibile, non era sempre facile evitarlo.
Avevo tutto sotto controllo. Pensò rispondendo ai suoi stessi pensieri di qualche istante prima.
Sì, aveva tutto sotto controllo, ma per quanto ancora?

 

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Capitolo 3
*** Il Quartier Generale ***


Disgusto lasciò i comandi della console e si allontanò facendo ondeggiare il bacino con quell’aria da saccente che aveva sempre. << E’ tutta tua, Rabbia. >> Disse alzando una mano e andando a sedersi sul suo pouf viola, in tono con le pareti del Quartier Generale. Aveva fatto il suo dovere scacciando Duncan come un cane randagio e ora si rilassava, come al solito; sembrava prendere tutto con molta leggerezza, ma in realtà quando si metteva in testa una cosa la portava sempre a termine con solerzia, e nessuno poteva mettersi in mezzo. Seguì con lo sguardo la piccola sfera grigia scivolare nella propria corsia per andare a mettersi in fila assieme a tutte le altre palle grigie; i ricordi della ragazza che avevano collezionato durante la giornata.
Rabbia mise le mani sulle cloche della console mugugnando qualcosa di incomprensibile e puntò gli occhi dritto sullo schermo, dove veniva proiettato tutto quello che vedeva Riley.
<< Fai attenzione al quinto gradino… >> Mormorò rapidamente Paura, sapendo che quello specifico gradino fosse sempre pericolante; sarebbe stato un guaio se Riley si fosse fatta male inciampando lì.
Rabbia non rispose all’avvertimento del compagno, quindi quello glielo ripeté per assicurarsi che avesse capito. << Sì, sì… >> Sbuffò spingendo leggermente una delle due leve della console, facendo scendere le scale a Riley con più attenzione. Non appena il fatidico gradino fu superato, Paura tirò un sospiro di sollievo e si passò una mano sulla fronte.
<< Mi avevi sentito, oppure… >> Il dubbio assalì l’esserino viola, che volle giustamente sapere se Rabbia lo avesse ignorato di proposito o non si fosse accorto del tutto del suo avvertimento.
<< Ti avevo sentito… >> Lo precedette lui sospirando esasperato. Era fatto così, Paura: doveva essere sicuro di qualunque cosa, non poteva lasciare niente al caso, e in fondo era giusto che si comportasse così. Rabbia aveva imparato a non dare troppo peso alle sue insistenze, ma a volte era davvero difficile mantenere la calma con lui, però doveva farlo per il bene di Riley.
<< Guarda a sinistra, e poi a destra… >> Gli fece quando furono per strada.
<< Non c’è bisogno che me lo dici tutte le volte! >> Gli rinfacciò Rabbia senza staccare le mani dalla postazione di comando.
Paura si indignò e fece un passo indietro. << Scusa! Volevo solo essere sicuro che non te ne fossi dimenticato… >> Spiegò alzando lo sguardo in modo altero e incrociando le braccia.
Rabbia sbuffò via il fumo che gli usciva dalla testa e cercò di non pensare all’esserino dubbioso alla sua destra; non doveva deconcentrarsi quando seguiva Riley. In realtà anche Paura non voleva tenere il muso con lui, quella era semplicemente una delle tante scaramucce che nascevano e morivano in un secondo, lì al Quartier Generale, e sia Rabbia che Paura se n’erano già dimenticati.
A qualcun altro però piaceva vedere scompiglio in giro per casa. << Siete così carini quando litigate! >> Disse con voce di scherno la verde Disgusto, che dal suo pouf viola lontano dalla console guardava la scena con le gambe accavallate, gustandosi il doppio spettacolo di loro due e di quello che succedeva a Riley.
<< Vuoi litigare, carina? >> Chiese con tono acido Rabbia senza neanche voltarsi. Ghignava leggermente mentre teneva gli occhi fissi sullo schermo, quasi come se le stesse tenendo il gioco.
Disgusto si scrutò un’unghia con sufficienza e scosse la mano come per arrendersi; non avrebbe mai tentato di far infuriare Rabbia di proposito; avevano già abbastanza problemi senza che cominciassero a litigare tra loro… Però una volta lo aveva fatto, e l’esserino verde ricordava con gusto quel momento in cui era riuscita a manipolare il focoso rosso a suo piacimento.
Era tutta una recita: tutti sapevano come andava a finire, ogni volta. Non volevano fastidi nel Quartier Generale, quasi come se fossero arrivati a una sorta di patto che gli imponesse di non interagire tra loro a meno che non ci fosse un’emergenza grave; la maggior parte del tempo la passavano in silenzio, stuzzicandosi innocuamente per rendere un po’ più viva la giornata, ma i rapporti tra i tre esserini erano idilliaci: non si intralciavano mai.
Gioia alzò la testa per acchiappare una vista decente da dentro la sua capanna; era immersa nel buio, e quella situazione la faceva sentire ancora più al sicuro. Aveva sentito dei rumori insoliti provenire dalla console e aveva pensato che stesse accadendo qualcosa, ma doveva essersi sbagliata: adesso che non c’era più lei, le cose andavano molto meglio.
Tornò a rannicchiarsi a terra, ascoltando il suono dei propri respiri e fissando una piccola sfera azzurra, luminosa di una debole luce che emanava un senso di calore e tristezza che faceva stare meglio la piccola stellina. La guardava tutti i giorni, dall’inizio fino alla fine, ripetendo ogni volta quelle sensazioni e dolori che avevano spezzato il cuore della sua povera piccola Riley. Lei non voleva che le accadesse quello, era successo senza che se ne accorgesse, senza che potesse fare qualcosa per rimediare al danno; questo perché era incapace di fare qualsiasi cosa buona e non se n’era mai resa conto in quegli undici anni in cui aveva mandato avanti quel posto, sbagliando in continuazione ogni scelta e facendo del male a Riley e ai suoi amici. Anche lei si era fatta del male, ma non le importava… Lei non era importante, poteva sopportare il dolore nel proprio petto; quello che non poteva sopportare erano gli sguardi delusi o affranti degli altri, che dopo aver creduto in lei erano stati abbandonati a sé stessi.
Sicuramente era noioso starsene immobili per tutto il giorno in un angolino, senz’altro da fare che rimuginare sul passato, ma era necessario: il suo ruolo era quello, e ci aveva messo troppo tempo per capirlo; non serviva là fuori, dove Rabbia aveva la situazione sotto controllo tutto il tempo, dove Paura gli stava fedelmente affianco, consigliandogli e aiutandolo, e dove Disgusto sceglieva come interagire con le persone, come comportarsi al momento opportuno con chiunque… A che serviva una come Gioia, se non poteva nemmeno controllare i propri sentimenti? Era importante che restasse lì, senza dare fastidio a nessuno, tenendo nascosto quel ricordo che aveva rovinato la vita di Riley.
Però a volte le veniva nostalgia; sapeva che fosse sbagliato, ma quando le capitava di sentire quella cosa dentro di sé, si affacciava a quella finestra dai bordi tondeggianti e guardava fuori, nell’angolo lontano dalla console, dove se ne stava seduta a fissare il vuoto Tristezza, che adempieva con cura il suo lavoro di rimanere dietro la linea da lei stessa tracciata. Lei sì che faceva qualcosa di utile! Questo pensava Gioia. Pensava che l’esserino silenzioso che aveva ignorato per undici anni fosse più utile e diligente di lei, che sicuramente compiva il suo dovere meglio di lei. Ma le andava bene, perché era la verità, e non c’era modo di cambiare le cose. Non serviva a nulla dare il meglio di sé per far credere agli altri che fosse brava: non lo era. Fine della storia.
E poi era molto meglio così, non doveva fare nulla che potesse fare del male a Riley ora che si era rinchiusa nella propria casetta. La loro piccola era al sicuro dalle sue folli idee e non doveva temere più niente, perché Rabbia e gli altri avevano tutto sotto controllo, perché Tristezza faceva il suo lavoro, perché erano tutti più felici senza di lei…

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Capitolo 4
*** Da sola contro tutti ***


Riley girò di scatto per entrare nel vicolo e avanzò a passi rapidi e decisi. I suoi occhi spenti e annoiati erano fissi davanti a sé, non li spostava mai e non incontrava mai lo sguardo di altri passanti; non le piaceva incrociare gli sguardi con altra gente, sentiva come se volessero accusarla di qualcosa di orribile e che potessero farlo da un momento all’altro una volta stabilito un contatto visivo. Riley non capiva nemmeno perché avesse questa paura dei passanti, era cresciuta per strada senza guardare in faccia nessuno, quindi avrebbe dovuto essere più spigliata di così… Sapeva tirare fuori una bella faccia tosta all’occorrenza, ma in alcuni momenti le veniva da chiedersi cosa non andasse in lei, perché fosse così lenta a reagire ad alcune situazioni…
Sopra i rumori della strada – motori di macchine che correvano, passi confusi della gente che camminava con calma e svogliatezza e chiacchiere dai toni alti e bassi – Riley intercettò anche un suono particolare che non si sentiva molto spesso: era il sottile e tagliente sfregare di una lama.
Lo riconosceva bene, Duncan produceva quel suono di continuo come se fosse un arrotino; e quello che sentiva in quel vicolo era simile. Era ritmico e sommesso, aveva sempre la stessa intensità, ma variava in durata. Avanzando nel vicolo sporco, Riley poté vedere da dove provenisse quel suono insolito: c’erano un paio di ragazzi vestiti con abiti pesanti e incappucciati che se ne stavano per i fatti loro, nascosti dietro un cassonetto dell’immondizia, in silenzio; uno di loro aveva un coltellino che sfregava con un pezzetto di metallo.
Quando sentirono i passi della ragazza, entrambi alzarono lo sguardo verso di lei, quasi come se fosse arrivato un pacco che aspettavano da tempo. La seguirono con lo sguardo per tutto il tempo che passò lì; quando si accorse di lei, quello con il coltello smise di produrre quel suono fastidioso e rimase immobile. Riley cercò di passare più in fretta possibile, ignorando il peso dei loro sguardi, ma a ogni passo il cuore batteva sempre più forte.
Che facciamo se ci fermano? Continuava a ripetere ansiosa una voce nella sua testa. Si sarebbe dovuta inventare qualcosa, in quel caso; questa fu la risposta che diede un’altra voce dentro la sua testa.
Quei ragazzi non avevano un bell’aspetto: uno di loro aveva una cicatrice che dallo zigomo destro attraversava tutta la guancia, e l’altro aveva un cipiglio adirato che incuteva timore; entrambi avevano le barbe rade e i capelli rasati. Uno aveva la pelle chiara, uno scura, quasi l'opposto di quello. Non davano per niente l’impressione di due bravi ragazzi; Riley ormai li riconosceva subito i delinquenti, ma vedendo che non facevano nulla al suo passaggio, la ragazza pensò che il peggio fosse passato e che in fondo si fosse solo immaginata cosse impossibili… Perché quei ragazzi avrebbero dovuto avercela con lei?
Proprio mentre la ragazza pensava di essere sopravvissuta e tirava un sospiro di sollievo, un terzo ragazzo dai capelli cortissimi uscì da una stradina che si diramava in mezzo ai palazzi; indossava una giacca di pelle borchiata e un paio di pantaloni sporchi stretti; aveva un piercing al sopracciglio sinistro. Dalla sua camminata e dal suo sguardo, questa volta Riley intuì che ce l’avesse con lei. Non ebbe il tempo di voltarsi e scappare, però, che si rese conto di essere accerchiata: i due ragazzi di prima stavano in piedi dietro di lei, e un quarto ragazzo si avvicinava dalla strada che aveva percorso Riley per arrivare lì.
La ragazza fece qualche passo incerto sul posto guardandosi intorno. Aveva paura, ma il suo viso era impassibile; solo i suoi occhi potevano tradirla, perché fuggivano al contatto visivo, e quei ragazzi se ne sarebbero accorti presto.
<< Ciao, Riley. >> Disse il ragazzo che l’aveva sorpresa, assumendo un tono di scherno come se fossero amici. Aveva un rametto di legno in una mano e continuava a rigirarselo tra le dita. << Dal vivo sei ancora più bella che in foto… >> Commentò facendo scorrere lo sguardo su tutto il suo corpo, assumendo un’espressione che lasciò intuire che gli piacesse ciò che vedeva.
<< Ci conosciamo? >> Chiese pregando che la sua voce avesse un tono normale. Stava facendo di tutto per evitare che suonasse tremante e impaurita, si morse anche la lingua per costringersi a mantenere un’espressione sicura di sé.
Il ragazzo che l’aveva fermata – che da come si muoveva sembrava essere il capo – scosse ampiamente la testa sorridendo come un idiota. << No, non esattamente… >> Disse con tono divertito. << Sai, abbiamo un amico in comune, però… >>
Duncan. Pensò subito la ragazza. Non c’era nemmeno bisogno di chiederlo, era ovvio che fosse lui: chi altri delle sue conoscenze avrebbe potuto frequentare gente simile? Neanche le ragazze della scuola superiore che incontrava di tanto in tanto erano così sfrontate da andare in giro con persone come quelli.
Il ragazzo annuì lentamente, sorridendo come se le avesse appena letto nel pensiero. << Sì, sì… >> Disse puntandole il rametto contro, trattenendosi dallo scoppiare a ridere. << Hai già capito. >> Disse compiacendosi della perspicacia della ragazza. Tirò un sospiro, come se stesse cercando di riprendere il controllo su di sé e cominciò a camminare in cerchio, lentamente attorno a Riley. << Sai, il tuo amico aveva un debituccio con noi… >> Cominciò a spiegare senza riuscire a sopprimere quel sorrisetto sul viso, agitando il rametto in aria. Sembrava davvero fuori di sé, nonostante un attimo prima avesse spaventato Riley con il suo sguardo.
Duncan aveva debiti con tutti. Riley avrebbe voluto rispondergli a tono per spiazzarli, ma la situazione corrente e il suo svantaggio numerico le fecero capire che le circostanze non fossero a suo favore; non era nella posizione per fare battutine sarcastiche. Decise di rimanere zitta e lasciare che quello parlasse.
<< Forse ne sai anche qualcosa: il simpaticone si è preso un sacco della mia roba svignandosela al momento di pagare! >> Sfregò tra loro i polpastrelli del pollice e dell’indice per dare l’idea dei soldi. Un ghigno deforme prese vita sul suo viso quando si spinse in avanti per fare quel gesto. << Duncan è un bravo ragazzo, certo, e io sono sempre stato gentile con lui, ma… >> Mentre diceva quelle cose aveva la voce di uno che stava prendendo in giro qualcun altro. Però quando pronunciò la congiunzione il suo tono cambiò. << La mia pazienza ha un limite. >> Disse con voce minacciosa, inasprendo lo sguardo e spezzando il rametto che teneva tra le mani.
Allora sei proprio un duro! Commentò sarcastica Riley nella sua mente, guardando le due metà del legnetto che cadevano a terra. Uno che si occupava della scena come un regista e che credeva di fare paura spezzando in due un legnetto rinsecchito… I suoi pensieri si tramutarono rapidamente in fatti e la sua espressione cambiò influenzata da questi, dandole un sorrisetto derisorio che non piacque allo sconosciuto. Non si rese conto in tempo del movimento delle sue labbra finché non vide la reazione del ragazzo a quella vista.
Il ragazzo assunse un’espressione cattiva e avanzò a grandi passi verso Riley; in un attimo fu davanti a lei e le liberò un pugno sulla guancia che la fece schiantare a terra. La ragazza si ritrovò a terra senza neanche rendersene conto; il suo viso sbatté violentemente all’asfalto e dovette spingersi con le braccia per sollevarsi, e anche così si sentì improvvisamente debole e lenta.
Sentì il sapore metallico del sangue in fondo alla bocca e trattenne uno sputo; il pugno le aveva aperto una brutta ferita sulla guancia. Si tastò con due dita quella parte del viso che sentiva pulsare violentemente e vide la macchia di sangue sui polpastrelli. << Bastardo… >> Mormorò sprezzante sfrozandosi di rivolgergli uno sguardo minaccioso. Che razza di uomo colpiva una ragazza indifesa, molto più piccola di lui? Riley si rialzò a fatica da terra, rivolgendo gli occhi adirati al ragazzo, che la fissava impassibile; in quella situazione non sarebbe mai riuscita a sfuggire: il capo di quei teppisti le stava di sopra, qualunque mossa avesse tentato, si sarebbe guadagnata un altro pugno, e i tre sgherri la circondavano, impedendole la fuga. Quello con il coltellino la afferrò dal collo del giubbotto costringendola ad alzarsi, poi la immobilizzò e le puntò la lama alla gola.
Il capo sorrise compiaciuto dell’efficienza dei suoi scagnozzi. << Sei coraggiosa, ragazzina… >> Disse avvicinando il viso al suo. << Ma non sei abbastanza furba. Duncan avrebbe dovuto insegnarti il rispetto… >>
Riley era furiosa; avrebbe graffiato la faccia di quell’uomo fino a strappargli la pelle di dosso, ma sarebbe stata neutralizzata prima ancora di poter tentare di liberarsi: aveva una vaga idea di come liberarsi dalla stretta del ragazzo armato, ma pensava che sarebbe stato inutile agire in quel momento, con quegli altri tre ragazzoni pronti ad afferrarla.
<< Per questa volta vedrò di metterci una pietra sopra, ma se dovessi fare un’altra mossa azzardata come questa, mi arrabbierò per davvero… >> Quel pazzo si era infuriato per un semplice sorrisetto involontario sul viso di Riley; non poteva essere una persona normale! << Il tuo amichetto rischierà davvero grosso se non mi darà i miei soldi, hai capito? Forse dovresti avvertirlo… >>
A Riley non sarebbe dispiaciuto togliersi di mezzo Duncan, ma non in quel modo! E poi non sarebbe stato vantaggioso per lei, rimanere da sola; ormai dipendeva troppo da Duncan per poter vivere senza il suo aiuto. << Crepa! >> Gli ringhiò contro per tutta risposta, come se quell’augurio potesse ferirlo in qualche modo. Riley sperò che almeno il suo sguardo potesse suscitare qualche reazione nel ragazzo che la fissava dritta negli occhi, ma fu tutto vano.
Quello rise, divertito dalla tenacia della ragazzina, e rivolse lo sguardo ai suoi compagni, che mostrarono risatine derisorie a loro volta. Riley si sentiva persa: non sapeva più cosa fare, era bloccata e non poteva reagire in nessun modo. Come sarebbe uscita da quella situazione?
Abbassò lo sguardo sconfortata, sconfitta, come se non ci fosse più nulla da fare; aveva lottato e aveva perso, ma non avrebbe mai perso la dignità come quei mostri. La ferita le pulsava ancora, la mente annebbiata era concentrata solo su una cosa: pregava che accadesse qualcosa che la salvasse. E proprio quando stava per perdere le speranze, quando stava per arrendersi, una voce in fondo al vicolo destò la sua attenzione, e Riley alzò lo sguardo illuminandosi.
Qualcosa colpì in pieno dietro la testa del capo, che si accovacciò lamentandosi e cercando di capire cosa fosse stato; spostatosi il ragazzo di fronte a Riley, la ragazza poté vedere la figura di un ragazzo più o meno della sua età che guardava strabiliato la scena. Capì che era la sua occasione, poteva liberarsi se giocava bene le sue carte, quindi colse la palla al balzo e agì.
Piegando indietro il ginocchio, Riley poté dare un calcio all’inguine del ragazzo che la teneva bloccata nella sua morsa; quello reagì di scatto piegandosi in avanti e gemendo di dolore. Quando vedeva scene simili, Riley ringraziava di essere nata femmina… Il movimento che fece il ragazzo con la mano fu pericoloso per Riley: avrebbe potuto ferirla con il coltello, muovendo di scatto la mano, ma non appena fu colpito, il coltello gli schizzò via dalla mano, sbattendo contro un muro e cadendo a terra, producendo un debole tintinnio. I due teppisti rimasti non si fecero attendere; il primo tentò di colpire Riley alle spalle, ma la ragazza si girò abbassando la testa e assestandogli un pugno sul naso. Ovviamente non era abbastanza forte per spedirlo a terra, e dopo aver scosso la testa con decisione per scacciare il dolore, quello tentò di afferrarla, lasciando però che la furia lo accecasse: Riley approfittò della prevedibilità della sua mossa e si gettò di lato, evitando così anche l’attacco del secondo ragazzo, che aveva pensato che l’amico si sarebbe occupato di tutto e aveva reagito in ritardo. Rialzandosi rapidamente, Riley diede un calcio all’inguine da dietro la schiena al primo ragazzo, che reagì inginocchiandosi pietosamente. Bastava sfruttare i loro punti deboli e cadevano come birilli…
Era rimasto l’ultimo ragazzo, che vedendo storditi tutti i suoi compagni si sentì meno sicuro di sé; tentò ugualmente di attaccare Riley, che però riuscì a schivarlo facilmente grazie alla paura che aveva preso il controllo del suo corpo. La faceva ridere come dei ragazzi grandi e grossi come loro si lasciassero controllare da una ragazzina piccola e “indifesa” come lei. Un altro calcio all’inguine fu sufficiente per buttare a terra quel perdente che si spacciava per un “duro”. Riley li guardò confusa, ansimando pesantemente, senza ancora riuscire a capire cosa fosse successo esattamente; alzò lo sguardo verso il ragazzo in strada: le aveva salvato la vita, e avrebbe tanto voluto ringraziarlo, ma sentì subito i brividi attraversarle la colonna vertebrale quando vide il capo dei teppisti rialzarsi da terra, il fuoco negli occhi per la rabbia.
Riley non sapeva se avrebbe potuto tenere testa a quel mostro: dei babbei impauriti erano un conto, ma lui era il capo, era spavaldo e arrabbiato, non si lasciava trattare in quel modo. Tentò di colpirla facendo esplodere un pugno con tutta la potenza nelle sue braccia muscolose; per fortuna colpì l’aria e Riley si infilò sotto ad esso per potergli sfuggire, ma quello allungò il piede per farle lo sgambetto. Riley si ritrovò a terra senza rendersi conto di aver inciampato a causa sua e si voltò rapidamente per capire dove fosse il suo aggressore: si avvicinava lentamente a lei, quasi come se volesse incuterle il terrore della morte prima di colpirla. Ma non sarebbe riuscito a farle del male!
A un tratto la ragazza avvertì qualcosa tintinnare sotto il proprio palmo: era il coltellino che aveva perso uno dei ragazzi che l’avevano aggredita. Non aveva mai usato un’arma contro una persona, ma era arrivato il momento di farlo! Aveva paura di quella lama nelle proprie mani? Sì. Poteva fare a meno di usarla? No.
Riley si spinse contro il ragazzo lanciando un urlo per darsi coraggio, puntando il coltello verso il ragazzo e stringendolo con forza ma con timore tra le mani. Quello fu sorpreso dal gesto della ragazza e ci mise un po’ a reagire: riuscì a scansarsi, facendo mancare a Riley il bersaglio che si era prefissata, ma che riuscì comunque a conficcare il coltello in una sua gamba. Non appena la lama entrò nella carne del ragazzo, lei avvertì un forte brivido e una sensazione di repulsione verso quell'arma, ma decise di ignorarla.
Il teppista di strada lanciò un urlo di dolore piegandosi sulla propria gamba mentre Riley continuava a spingersi in avanti. La ragazza fece ruotare il coltello nella ferita, seguendo i consigli che le aveva dato Duncan sulla propria difesa personale, e poi lo estrasse tirando con più forza di quanta ne fosse necessaria. Vide il sangue schizzare dalla ferita e macchiare i suoi vestiti scuri; fu turbata da quella vista per un secondo e rischiò di perdere il coltello, sentendo la propria mano talmente leggera da non avere più sensibilità. Tornò in sé pensando di essere ancora in pericolo e si voltò verso la fine del vicolo, dove il ragazzo che l’aveva aiutata assisteva alla scena con la bocca spalancata. Si mise a correre verso di lui stringendo il coltellino nella mano destra, ma tremando dalla paura.
Corri Riley, corri! Diceva una voce nella sua testa, e la ragazza non poteva fare a meno di pensare che le stesse dicendo di scappare prima che finisse in guai ben più grossi di qualche furto di bibite.
<< INSEGUITELA! >> Urlò improvvisamente il capo, trovando chissà dove la forza per lanciare quell’urlo che distrusse i timpani di Riley. Era furioso e la sua voce roca rendeva tutto ancora più spaventoso.
<< Sbrigati! >> Esclamò Riley raggiungendo il ragazzo alla fine del vicolo.
<< Eh? >> Fece quello fissandola imbambolato mentre si avvicinava correndo.
<< CORRI! >> Urlò lei afferrandolo per un braccio e spingendolo con forza per costringerlo a mettersi a correre. Fortunatamente afferrò il messaggio e si mise a correre affianco a lei, guardandosi alle spalle ogni due secondi per vedere se qualcuno li stesse inseguendo. A un tratto uno dei ragazzi del vicolo sbucò da lì, con lo sguardo puntato sulle sue prede, e la sua comparsa fece saltare sul posto il ragazzo che aveva aiutato Riley, che cominciò a correre a perdifiato, spaventato dall’impeto con cui si avvicinava il delinquente. Quando lo vide correre a quel modo, Riley pensò che forse sarebbe stato meglio se fosse rimasta con quei teppisti nel vicolo…
<< Di qua! >> Chiamò accelerando leggermente e gettandosi in una stradina stretta alla propria destra, da dove agitò la mano per far segno al ragazzo sconosciuto di seguirla. Inizialmente sembrò incerto se andare lì dentro con lei oppure rimanere in strada; forse era ancora in tempo per passarla liscia, nonostante tutto, ma decise di seguire Riley, forse per codardia o forse per senso del dovere…
Riley cominciò a correre rallentando leggermente il passo: il ragazzo alle sue spalle la spronava con i gesti ad andare più veloce, ma se non fosse stata attenta avrebbe rischiato di inciampare in quella stradina così stretta; lui quelle cose non le sapeva. La ragazza aveva tutto sotto controllo, non doveva preoccuparsi. Evidentemente non sapeva chi fosse lei, altrimenti avrebbe saputo che la ragazza aveva sempre qualche idea per svignarsela dalle situazioni difficili.
<< Presto! >> Esclamò il ragazzo dopo aver visto il loro inseguitore infilarsi nella stradina che avevano preso. Riley avrebbe risposto al ragazzo di stare calmo e lasciarla lavorare, ma sapeva che sarebbe servito a poco; si fece strada tra le buste di plastica colme di spazzatura alla fine del vicoletto e una volta fuori si voltò verso il ragazzo alle sue spalle tendendogli le mani.
<< Forza! >> Esclamò facendogli intendere di non avere tanto tempo. Quello sembrò un po’ riluttante a passare in mezzo alla spazzatura, ma si decise in fretta e con l’aiuto di Riley riuscì a superare il cumulo di buste che gli sbarrava la strada. Tornarono a correre, finendo presto in un parchetto in terra battuta. A quel punto Riley si fermò, guardandosi intorno.
<< Che cosa fai? >> Chiese il ragazzo frenando subito dietro di lei per non andarle addosso. La ragazza non rispose, e rimase a guardare i dintorni come se stesse cercando qualcosa. << Andiamo, forza! Quello sta arrivando! >> Le urlò cercando di attirare la sua attenzione.
A quel punto la ragazza si voltò mostrandosi infastidita. << Sto cercando di pensare! >> Disse con voce gracchiante, cercando di suonare più irritata possibile. Calma.
<< Serve a qualcosa pensare in questa situazione? >> Chiese allargando le braccia il ragazzo, che era visibilmente affaticato; non avrebbe retto un’altra corsa, ora che si erano fermati.
<< No, se continui a parlarmi così! >> Gli rispose lei a tono, cercando di irritarlo il più possibile, questa volta, come se volesse far capire a quel ragazzo cosa si provasse ad essere spinti a quel modo da qualcuno. Respira.
<< Ma io cerco di aiutare! >> Ribatté lui incredulo di doversi mettere a litigare con una sconosciuta in una situazione come quella.
<< Bé, forse stavo meglio senza il tuo aiuto! >> Gli rinfacciò lei cercando di attaccare la sua autostima. Rilassati.
Il ragazzo rise. << Certo, perché quei ragazzi erano sicuramente un’ottima compagnia! >> Disse sarcastico.
<< Almeno io so cosa fare! >> Disse stringendo i pugni Riley. In lontananza vide il loro inseguitore sbucare dal vicolo. Pensa.
<< Ah, sì? E allora fallo! >> La incitò gridandole in faccia il ragazzo, allargando le braccia di colpo e gonfiando il petto.
Riley vide il ragazzo avvicinarsi di corsa, la trave di legno sotto ai loro piedi e la posizione dello sconosciuto che le urlava contro. Sorrise con malizia e disse:<< Come vuoi! >> Prima di dargli una spinta abbastanza forte da farlo cadere a terra, sulla trave, che in bilico su un perno, si rialzò, colpendo all’inguine l’inseguitore che sopraggiungeva in quell’istante.
Il ragazzo vide tutta la scena al rallentatore: Riley che lo spingeva facendolo cadere all’indietro, lo sconosciuto che si avvicinava di corsa prima di ricevere la trave di legno in mezzo alle gambe e cadere a terra stremato, dolorante. Avvertì un leggero ma insistente dolore alla schiena dopo qualche secondo che fu caduto, ma cercò di ignorarlo. Finché Riley non gli disse di rialzarsi, quello rimase a terra, osservandola mentre cercava qualcosa di utile tra le tasche del ragazzo – dopo essersi assicurata di averlo steso con un calcio alla testa 
– ed esaminando i dintorni.
Riley porse la mano al ragazzo che la fissò imbambolato, come se fosse quella di un alieno. Dopo  che lo ebbe aiutato ad alzarsi, la ragazza gli sussurrò ghignando:<< Non dirmi mai più cosa fare! >> E poi si voltò, andandosene per la sua strada; si mise il coltellino che aveva fregato al capo dei teppisti in tasca dopo averlo pulito dal suo sangue sul fianco dei pantaloni e lasciò il ragazzo a fissarla sconvolto.
Visto? Avevo tutto sotto controllo! Disse una voce mentre la ragazza riacquistava la compostezza e l'adrenalina defluiva dal suo corpo.
Come no.

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Capitolo 5
*** Da Andy ***


Riley non sapeva nemmeno come fosse arrivata lì. Sapeva solo che quel ragazzo che l’aveva aiutata non le si era più staccato di dosso, ed era finita che l’aveva convinta a nascondersi a casa sua per un po’, finché non si sarebbero calmate le acque. Lì avrebbe potuto curarsi e riposarsi, ma la ragazza non si sarebbe preoccupata di quello…
<< Eccoci qua… >> Disse il ragazzo aprendo finalmente la porta dell’appartamento dopo innumerevoli tentativi falliti. Attraversò lentamente l’entrata mentre Riley chiudeva la porta alle proprie spalle. << Qui puoi disinfettarti, se vuoi bere c’è dell’acqua nel frigorifero. Io intanto vado a sciacquarmi la faccia… >> Le spiegò rapidamente, prima di sparire in un corridoio. Era un tipo davvero strano

Riley guardò la casa con interesse. Era la prima volta che uno sconosciuto la faceva entrare in casa sua tanto facilmente, lasciandola da sola e dicendole di fare quello che volesse. Non si aspettava un simile comportamento da parte di un ragazzo che non aveva mai visto prima… Doveva essere un po’ ingenuo.
Lasciò perdere quei pensieri che non l’avrebbero portata da nessuna parte e adocchiò la bottiglietta di disinfettante riposta in una anta a vetri accanto a una busta di cotone. Le prese entrambe e le mise sul tavolo della cucina; si sedette su una sedia di legno pieghevole e fissò la bottiglietta di plastica piena di quel liquido verde che le faceva tanto stringere i denti. Riley aveva affrontato tante cose, sopportava di tutto, ma il bruciore del disinfettante sulla carne viva era troppo per lei; quando era piccola e si faceva male in qualche modo, nascondeva sempre la bottiglia del disinfettante per evitare che i suoi genitori la trovassero e stava lontana da loro tutto il tempo necessario perché la ferita si rimarginasse da sola; era stata una fortuna che non avesse mai contratto qualche malattia per questa sua abitudine, ma la ragazza non ci poteva fare niente: odiava quel bruciore, era la cosa più brutta che potesse provare.
Nonostante tutto, Riley ora era cresciuta e sapeva bene che era importante medicare le ferite. Si fece coraggio e afferrò la bottiglietta di disinfettante, svitando il tappo e strappando un batuffolo di cotone con l’altra mano; lo bagnò con delicatezza, cercando di metterci sopra meno liquido possibile – era inutile, lo sapeva. Dopo che ebbe riposto sul tavolo la bottiglietta di plastica, Riley avvicinò la mano tremante alla ferita che si era aperta sulla sua guancia; la mosse piano, respirando profondamente per cercare di mantenere il controllo; il cuore le batteva con forza nel petto facendola tremare a ogni colpo. Fu per sbaglio che il cotone imbevuto di disinfettante sfiorò la sua guancia, facendola sobbalzare dal bruciore improvviso. Riley sbatté il pugno sul tavolo cercando di scaricarsi in qualche modo, si morse un labbro trattenendo un’imprecazione e contrasse i muscoli per concentrarsi il più lontano possibile dal dolore. La rabbia che provò in quell’istante le fece conficcare le unghie nel suo stesso palmo, mentre con l’altra mano andava avanti con l’operazione, fregandosene del bruciore. Adesso voleva solo sbrigarsi per poter togliersi di dosso quel cotone e andarsene da lì.
La ragazza staccò il cotone dalla propria guancia e rimase alcuni secondi ferma, chiedendosi cosa fosse successo. Il dolore cominciava a scemare, il respiro tornava regolare, anche la rabbia che le era cresciuta dentro stava tornando nel suo contenitore; al suo posto c’era una rabbia più fredda, remota, rivolta a quel ragazzo che l’aveva colpita per strada: se quell’idiota non le avesse dato un pugno, non avrebbe dovuto provare quel dolore durante l’operazione; era tutta colpa sua, lo voleva usare come sacco da boxe, adesso…
Lasciò cadere il batuffolo di cotone bagnato sul tavolo mentre si rilassava sulla sedia. Non c’era nessun problema; in fondo poteva sopportare il dolore… Era cresciuta dovendo sopportare cose ben più gravi di quel bruciore, non si sarebbe certo arresa di fronte a una piccola ferita. Ma quanto piccola? Le venne la curiosità di guardare da sé la ferita per capire se fosse grave o meno; mise una mano nella tasca laterale del giubbotto di pelle e ne tirò fuori un piccolo specchietto che portava sempre con sé. Lo posizionò di fronte al proprio viso e cercò di identificare la ferita sulla guancia.
Non era troppo brutta, ma non sarebbe passata inosservata… Duncan avrebbe voluto sapere come se la fosse procurata, e in fondo, Riley avrebbe dovuto dirglielo… Ma non subito. Era in casa di quello strano ragazzo, non poteva andarsene di punto in bianco, non prima di averlo avvisato, almeno…
Riponendo lo specchio nella sua tasca, la mano di Riley scivolò nella tasca posteriore dei pantaloni, dove aveva riposto il coltellino rubato a quei teppisti; lo estrasse e si mise a esaminarlo con attenzione, come se sperasse che cominciasse a parlarle.
Proprio in quell'istante, il ragazzo comparve nella stanza e si fermò a fissarla strabiliato. Riley si girò per intercettare il suo sguardo e infilò rapidamente il coltellino nella tasca; inarcando un sopracciglio chiese:<< Che c’è? >>
Quello sembrava vivere in un sogno. Fece qualche passo in diagonale avvicinandosi a lei e trovò posto sulla sedia accanto a quella di Riley. << Pazzesco! >> Disse dopo essersi seduto con la sedia rivolta verso di sé. Incrociò le braccia e le poggiò sullo schienale di legno.
Riley immaginò che stesse parlando della loro fuga di prima. Strinse le spalle e guardò da un’altra parte. << Lo so. Succede tutti i giorni. >> Rispose con tono disinteressato senza volersi soffermare troppo sui dettagli. Non che ce ne fossero; lei sapeva solo che il giorno, quando non picchiava chi voleva prenderla a pugni, scappava o si nascondeva. Sempre.
Il ragazzo guardò la sua ferita con un'espressione preoccupata. << Non ti fa male? >> Chiese indicandogliela con un dito. Riley sembrò non curarsene e rispose con tono disinteressato.
<< E’ solo un graffio. Passerà… >> Spostò lo sguardo da un’altra parte, ignorando il bruciore che ormai si era fatto impercettibile.
A quel punto il ragazzo sembrò avere di fronte a sé un esemplare di qualche raro animale; scrutò Riley con attenzione, inarcando un sopracciglio e cercando in ogni modo di intercettare il suo sguardo. Quando fu di fronte a lei le chiese:<< Non hai paura? >>
Paura? La ragazza rise muovendo indietro la testa, come se lui avesse detto una parolaccia. << Paura di che? >> Chiese fingendosi divertita; pensava che quel ragazzo fosse strano.
Il ragazzo si alzò e girò attorno alla sedia su cui si era seduto; poi si spostò e passò dietro alla sedia di Riley, fino a raggiungere il centro della stanza, dove si fermò. << Di tante cose… Di quei ragazzi, della polizia… Di me! >> Disse tutto questo durante il suo spostamento. Alla fine sembrò voler intimidire la ragazza, ma riuscì solo a farla ghignare.
<< Tu sei ridicolo. >> Disse a denti stretti la ragazza, facendo sparire tutta l’eccitazione del ragazzo. Ma come faceva a sapere dei suoi problemi con la legge? Sul suo viso appariva quella stessa espressione da delinquente che avevano Duncan e quegli altri ragazzi?
<< Almeno ti faccio ridere… >> Disse quello allargando le braccia, accontentandosi di quel poco che riusciva ad ottenere. Riley sorrise sul serio questa volta; quel ragazzo aveva un’aria strana, ma le ispirava simpatia…
Il ragazzo tornò da lei e tirò a sé una sedia; la mise proprio accanto a quella di Riley e si sedette con la schiena inarcata in avanti, fissandola con serietà, questa volta. << Che cosa volevano quelli? >> Chiese con tono serio.
Non vorrà farci davvero il quarto grado? Riley era stufa degli interrogatori: non le piaceva stare rinchiusa in una stanza vuota con qualcuno che la guardava in modo invadente e le rivolgeva domande stupide alla quale non avrebbe risposto. Era brava a tenere la bocca cucita, e gli sbirri non potevano certo usare le maniere pesanti contro una minorenne come lei, quindi non era tanto difficile uscirne senza aver detto una parola, ma gli sguardi erano la cosa che le faceva più paura: non riusciva a guardare negli occhi la persona che parlava con lei, come se sentisse provenire un’accusa cattiva e ingiusta dall’animo di quella persona, e che potesse avverarsi se avesse dovuto guardarla negli occhi. Una volta non era così; quando era piccola non c’era niente e nessuno capace di farle abbassare lo sguardo: pensava che la strada avrebbe rafforzato il suo animo, ma invece quella capacità le era venuta meno, dal momento in cui aveva dovuto cominciare a mentire e rubare per vivere… E forse sapeva anche perché fosse così: quando era piccola e innocente non mentiva mai ai suoi genitori, era sempre obbediente e non doveva temere che qualcuno la accusasse di qualcosa; adesso le cose erano diverse, lei era cattiva, era una ladra, un’attaccabrighe manesca e arrogante, e la gente la guardava con sospetto e disprezzo… Ma quel ragazzo no, e forse per questo riusciva a sostenere il suo sguardo così intenso.
<< Come se lo andassi a dire a te, se lo sapessi… >> Rispose con arroganza lei senza distogliere lo sguardo, ma stuzzicando il ragazzo per dargli la spinta a tentare ancora. << E poi chi saresti? >> Chiese alzando il mento, non riconoscendo il suo viso.
Non pensava di averlo visto da nessuna parte; perché uno sconosciuto avrebbe dovuto immischiarsi negli affari di gente losca come lei e quei delinquenti di prima? Lui sorrise. << Mi chiamo Andy, ci siamo visti questa mattina… >>
<< Piacere, Riley… >> Rispose senza fare caso a quello che disse. Un attimo dopo si rese conto di cosa avesse detto il ragazzo. << Questa…? >> Riley fermò la propria domanda ricordandosi di aver urtato in pieno il ragazzo per strada, durante la sua fuga dal poliziotto. Ecco perché sapeva dei suoi guai con la legge, ma perché si era fermato ad aiutarla? << Sei il ragazzo che ho buttato giù oggi? >> Chiese alzando un indice verso di lui e rivolgendogli un’occhiata incerta.
Andy annuì sorridendo. << Sì. E’ incredibile che mi abbia riconosciuto… >> Commentò senza smettere di fare sì con la testa.
Riley non lo aveva riconosciuto, era stato lui a farsi ricordare dandole quegli indizi. In ogni caso, non pensava che avrebbe potuto incontrare di nuovo una faccia completamente estranea, vista una volta per strada… Si nascose il viso dietro a una manica, imbarazzata. << Accidenti… >> Mormorò cercando di non incrociare il suo sguardo. << Scusa per la mia irruenza, questa mattina… >> Mormorò cercando di non dare troppo peso alla cosa, sapendo di essere stata un po’ scortese; non che le importasse, ma ora che il ragazzo l’aveva aiutata si sentiva un po’ in colpa per averlo spinto.
Andy sembrò confuso. << Come? E perché? Si vedeva benissimo che andavi di fretta! >> Esclamò ammiccando. Riley gli fece un’occhiata cattiva; stava cercando di fare una battuta o era quello che veramente pensava? Aveva almeno capito che stava scappando da un poliziotto per aver rubato una bibita?
Quando Andy vide l’espressione di Riley, subito abbassò lo sguardo, sentendosi colpevole di qualcosa. Anche la ragazza abbassò lo sguardo tenendosi una mano sulle labbra, picchiettando ritmicamente il tavolo con un’unghia e seguendo con sguardo assonnato le venature del legno. Rimasero fermi e in silenzio per alcuni minuti, poi la voce di Andy ruppe quell’oblio:<< Comunque, sei davvero forte! >>
Riley alzò lo sguardo sorpresa di aver sentito davvero quelle parole. << Scusa? >> Chiese pensando di non aver sentito bene. Forse si era sbagliata.
<< Dico che sei forte e coraggiosa, per affrontare quegli energumeni da sola… >> Spiegò il ragazzo muovendo la testa da destra a sinistra, mentre si posizionava meglio sulla sedia.
“Forte e coraggiosa…?” Pensò incredula.
Ci sta prendendo in giro? Chiese una voce nella sua testa, decisamente disgustata dalla falsità del ragazzo.
Sembra sincero… Dovremmo fidarci? Fece un’altra incerta. Nella testa di Riley ci fu un vortice di emozioni che scatenò una tempesta, per la quale la ragazza smise di fare qualsiasi cosa che stesse facendo: smise di picchiare l’unghia sul tavolo, smise di stringere i denti per ignorare il bruciore alla guancia, smise di ascoltare le parole di Andy. Scegliere cosa fare nell’istante successivo era tutto quello che occupava la mente della ragazza, in quel momento; Riley non voleva muoversi da quella sedia finché non avesse scelto.
No.
La ragazza si alzò di scatto piroettando attorno alla sedia e rivolgendo un sorrisetto di scherno al ragazzo, che innocentemente la seguì con lo sguardo. Rise. << Non sono forte. >> Disse con leggerezza. << Sono quegli idioti, che non sanno tirare i pugni! >> Aggiunse un attimo dopo voltandosi e guardando una parete. In realtà non voleva incontrare lo sguardo di Andy in quel momento.
Il ragazzo si alzò per raggiungerla, mantenendo quella strana espressione che sembrava voler studiare il viso di Riley. << In che senso? >> Chiese senza avere idea di cosa stesse parlando lei.
La ragazza si trovò in difficoltà per qualche secondo; neanche lei sapeva bene cosa stesse dicendo, ma riuscì a trovare una scappatoia:<< Loro sono grandi e grossi, e credono di potermi sopraffare con facilità contando solo sulla forza; ma sono lenti e prevedibili. >> Spiegò piegando le labbra in un sorrisetto maligno e cominciando ad avvicinarsi lentamente al ragazzo. << Studiandoli con attenzione, posso schivare i loro attacchi facilmente, e poi non ci vuole niente a stenderli con un colpetto… Qua! >> E diede una pacca sull’inguine ad Andy, che ebbe uno scatto indietro per reazione.
<< Ehi! >> Esclamò lui coprendosi imbarazzato.
Riley sorrise divertita. << Visto? Voi maschietti siete facili da controllare… >> Mentre diceva questo, però, si scrollava la mano, un po’ schifata per quello che aveva appena fatto.
Era riuscita a schivare l’argomento “forte e coraggiosa”, ma Riley aveva bisogno di restare un attimo da sola; si guardò intorno prima di chiedere di poter usare il bagno. Andy le indicò una porta in fondo al corridoio, e lei si sbrigò a percorrerlo per arrivarci il prima possibile. Il bagno era piccolo e pulito; c’era uno specchio che rifletteva Riley dalla vita in su, e nello stesso istante in cui si vide riflessa su quella superficie, la ragazza si sentì sporca.
Scosse la testa per cacciare quei pensieri e raggiunse il gabinetto, sulla quale si sedette dopo aver abbassato la tavoletta. Appoggiò i gomiti sulle proprie ginocchia e usò le nocche come appoggi per il mento. Lì si mise a pensare.
Che ci faceva lì? Chi era quel ragazzo? Perché l’aveva aiutata? Tutto quello che era successo nell’altra stanza non aveva senso! Non avrebbe mai dovuto accettare di entrare in quella casa, sapeva che era rischioso per entrambi e Riley non poteva permettersi di scoprirsi così… Era grata ad Andy di averla aiutata e di averle permesso di medicare la ferita, ma lei non sapeva niente di lui, e lui non sapeva niente di lei: erano due estranei nella stessa casa, e non andava bene. Riley non poteva fidarsi di Andy – non perché non fosse degno di fiducia – e Andy non avrebbe dovuto immischiarsi negli affari di Riley; adesso rischiava anche di metterlo nei guai.
La ragazza uscì dal bagno dopo essersi sciacquata la faccia per levare via quella sensazione che l’aveva invasa da quando si era vista allo specchio e tornò nella cucina, dove Andy aspettava sbuffando.
Il ragazzo si alzò dalla sedia su cui era seduto e le andò subito incontro. << Ehi. >> La chiamò. << Stavo pensando che sarebbe meglio che tu rimanessi qui per un po’, visto che fuori ci sono quei tizi e ce l’hanno con te… >>
Riley scosse la testa rapidamente, respingendo la proposta di Andy. Non poteva restare. << Meglio di no, potrei mettere nei guai anche te. >> Rispose senza scomporsi troppo, nascondendo le vere ragioni per cui doveva andarsene.
Ma Andy era testardo. << Non credo che ci abbiano seguiti… E in ogni caso, sarei già dentro fino al collo, dato che ho preso a sassate il capo della banda… >> Commentò imbarazzato, forse rendendosi conto di aver fatto un’idiozia. Troppo tardi, Andy.
Riley lo guardò con sufficienza, ma provò compassione per quel ragazzo. Non voleva lasciarla arrivati a quel punto, forse per paura, o forse pensando che non potesse cavarsela da sola, ma chi si credeva di essere? E se invece volesse soltanto aiutarla…? Come aveva fatto prima, in strada… << Ancora non capisco una cosa… >> Disse sperando che Andy mandasse via i suoi dubbi. << Mi hai aiutata, e ti sono grata per quello, ma perché? >> Chiese. Il ragazzo la guardò interrogativo.
<< C’è qualcosa di sbagliato nel’aiutare qualcuno? >> Chiese sorridendo. Riley non ci credette, ed espresse il suo scetticismo con uno sguardo deluso.
<< Tu vedi delle persone che si picchiano per strada e tutto a un tratto decidi di aiutare chi è in svantaggio? >> Chiese senza riuscire a immaginare una persona che agisse in quel modo.
Andy annuì. << Proprio così. >> Disse.
Riley scosse la testa esasperata. << E se io fossi stata la vera criminale? >> Chiese pensando di far venire dei dubbi al ragazzo. Quello la guardò interrogativo per alcuni istanti. << Se avessi fatto un torto a quei ragazzi, e tu avessi fatto del male a degli onesti cittadini? >> Chiese appesantendo ancora di più l’idea.
Per un attimo Andy sembrò crederci, ma poi ridacchiò scuotendo la testa. << Impossibile. >> Disse ghignando, con l’espressione di chi la sapeva lunga.
Riley protestò, e in quel momento la sua voce sembrò quella di una bambina che voleva comandare. << Come lo sai? >> Chiese stringendo i pugni e facendoli scendere di scatto lungo i fianchi.
Andy le puntò l’indice sul viso. << Non hai l’aspetto di una persona cattiva. >> Spiegò continuando a sorridere.
Riley non aveva parole. A che era servito tutto quel lavoro per sembrare una dura, tutto il tempo passato a rubare dagli scaffali di uno stupido negozietto da quattro soldi, tutte le parolacce pronunciate per avere l’aspetto di una persona diversa, se poi arrivava uno sconosciuto a dirle che non sembrava una persona cattiva? Non voleva essere vista come una “cattiva”, avrebbe odiato quell’appellativo, ma sicuramente Riley non era “buona”…
Ci sta prendendo in giro!
Vedendo l’espressione persa della ragazza, Andy cercò di mandare avanti la conversazione voltandosi e muovendo in alto una mano. << E poi non si picchia una ragazza… Non importa quale sia la motivazione. >>
Adesso cercava di fare l’eroe della situazione usando la carta della “ragazza indifesa”? Aveva sbagliato persona. << Perché, tu saresti riuscito a stenderli? >> Chiese fingendo di ridere di lui.
Andy si voltò contrariato. << Non ne sarei mai stato capace, ma senza di me non saresti riuscita a scappare! >>
Riley alzò gli occhi al cielo; aveva un valido argomento, ma lei non voleva dargli la soddisfazione della ragione. << Fammi il piacere! Se non avessi pensato a qualcosa io, a quest’ora chissà dove saremmo… >> Adesso stavano litigando di nuovo, ma non era un litigio serio. Sia Andy che Riley erano rilassati e sorridevano.
Andy ghignò scuotendo la testa. << Allora avresti potuto liberarti da sola, se dici che sono tanto inutile! >>
Questa volta fu Riley a ridere, anche grazie all’espressione di Andy. << Mi hanno solo presa alla sprovvista! >> La sua scusa sembrò un po’ campata in aria.
Lui rise schernendola. << Giusto! Allora se sei così brava, perché ti sei fatta beccare a rubare quella bibita? >>
Riley alzò un dito aprendo la bocca, ma si bloccò divenendo seria all’istante. << Come sai che era una bibita? >> Chiese inarcando un sopracciglio. Non gli aveva detto niente del genere, lui l’aveva solo vista scappare dal poliziotto. << Hai visto tutto? >> Chiese pensando a quell’ipotesi. Non le sembrava possibile, perché quando si era scontrata con Andy era piuttosto lontana dal negozio dove aveva rubato la bibita. Forse conosceva il gestore del locale e gli aveva raccontato quello che era successo, oppure si era fermato a parlare con il poliziotto dopo che Riley lo aveva seminato…
Andy sembrò imbarazzato a ricevere quella domanda ed esitò un po’ a rispondere; forse pensava di dirglielo dopo, oppure aveva semplicemente tirato a indovinare, ma Riley non ci avrebbe scommesso. << Già… Non sono esattamente una persona qualunque, che si incontra per caso in strada… Non voglio che ti spaventi, ma… >> Sembrò quasi non volerlo dire. Riley lo incitò a sputare il rospo con qualche piccolo cenno della testa, ormai curiosa di conoscere la verità. In fondo, quanto avrebbe potuto essere imbarazzante? Non poteva certo essere un agente segreto o roba del genere…
<< Mio zio è ispettore al commissariato in città, e lì tutti mi conoscono, quindi… >> Lasciò la frase in sospeso, sapendo che Riley avrebbe capito; infatti la ragazza capì benissimo: “nipote dell’ispettore” equivaleva a “persona informata sui fatti”, quindi per lei era un pericolo.
In un attimo Riley si sentì in trappola, fuori posto, e si chiese cosa diavolo ci stesse facendo lì; era nella tana del lupo, il posto peggiore dove stare! Se qualcuno l’avesse riconosciuta, sarebbe stata la fine! Aveva già rischiato altre volte, quando era stata arrestata, e non sapeva nemmeno come avesse fatto a farla franca; le sue foto di tre anni prima erano ovunque nel paese, ormai tutti conoscevano la storia della ragazzina del Minnesota scomparsa da San Francisco, anche se ormai reputata vecchia. Non poteva farsi riconoscere.
Senza neanche guardare Andy negli occhi, Riley scattò verso la porta che l’avrebbe condotta fuori da quella trappola, ignorando le parole del ragazzo, che non fece in tempo a fermarla. << Aspetta! Mio zio non tornerà prima di questa sera, e poi non potrei mai denunciarti per una cosa così sciocca! >> La ragazza non lo ascoltò e aperta la porta si fiondò giù per le scale del palazzo.
<< RILEY! >> Sentire il suo nome fu come uno shock. Pochissime volte si sentiva chiamare per nome da altre persone, non sapeva nemmeno perché avesse detto il proprio nome a quel ragazzo. Adesso sentiva di essere stata stupida, di aver fatto un errore troppo banale per una come lei, e quello fu un altro motivo per fermarsi sulle scale a riflettere sulla situazione.
Purtroppo la sua mente era occupata da altre cose adesso, e non fu abbastanza rapida a pensare a qualcosa che il secondo grido di Andy, in cima alla rampa di scale, la risvegliò. Muoviti, idiota! Urlò una voce nella sua testa, poco prima che le sue gambe sentissero un irrefrenabile desiderio di scattare, di andare più veloce possibile, il più lontano possibile.

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Capitolo 6
*** La vita da fuggitiva ***


Riley se ne stava seduta sul bordo del parapetto dove andava di solito quando voleva restare da sola. Quello era il suo luogo segreto, nessuno sapeva dove fosse, ed era il posto ideale dove pensare e schiarirsi le idee. Arrivare lassù non era facile, la ragazza doveva arrampicarsi sul tetto di un edificio abbandonato e saltare su un altro per poter essere sicura di essere completamente da sola, ma la sensazione di appagamento che le dava una volta raggiunto l’obiettivo era incomparabile.
<< Che cosa sta facendo di nuovo lassù? >> Chiese Rabbia voltandosi verso Paura, che avrebbe dovuto sapere cosa stesse accadendo, visto che gli aveva strappato i comandi dalle mani e si era messo a urlare come un matto per portare Riley fuori da quella casa. Era stata una mossa azzardata, ma aveva funzionato, e Rabbia sapeva che era stata la cosa giusta da fare.
Paura si scusò dicendo di non sapere perché l’avesse portata proprio lì. << Sentiva un forte bisogno di riflettere. Non so perché, ma a volte quella ragazzina è un mistero! >>
<< Siamo noi quella ragazzina, razza di idiota! >> Sbottò adirato Rabbia dandogli un colpo sulla spalla. << Non possiamo non sapere cosa le passa per la testa! >>
Paura si giustificò. << Ma è così… >> In effetti era vero: in quella stanza, né lui, né Rabbia, né Disgusto sapevano cosa stesse succedendo; era come se per una volta fosse stata Riley a guidarli, e non il contrario, proprio come quella volta di tanto tempo fa…
Disgusto si intromise nella discussione. << Non mi piace quel ragazzo. E’ pericoloso! >> Si avvicinò ai due che la guardavano dalla console dei comandi. << E se dovesse raccontare tutto a suo zio? >> Chiese allargando le braccia, rivolgendosi a Paura col tono di chi stava punendo qualcuno.
Rabbia si girò lentamente verso l’omino viola. << Forse non avremmo dovuto scappare così… >> Sibilò cambiando idea rapidamente su cosa sarebbe stato meglio fare. Paura reagì coprendosi il viso con le mani sottili, come per difendersi dalla furia del piccolo focoso ometto.
<< Calma! >> Disse Disgusto interrompendo qualunque cosa stesse per nascere. << Forse siamo ancora in tempo per evitare il disastro. >> Spiegò parlando lentamente, lanciando sguardi intimidatori a entrambe le emozioni nella stanza.
<< Già, se riuscissimo a parlare a Andy e chiedergli di mantenere il segreto… >> Cominciò Paura ricomponendosi, ma sia Disgusto che Rabbia rifiutarono la sua proposta.
<< Non se ne parla! >> Esclamò Rabbia gonfiando il petto. << Non possiamo tornare indietro adesso; sarebbe un segno di debolezza! >> Disgusto annuiva consenziente.
<< Giusto, e poi chi ci dice che manterrebbe la parola? >> Ipotizzò allargando le mani. Sembrava che si fossero messi tutti e due contro Paura in quell’istante.
Paura mosse le mani rapidamente, senza sapere come reagire. << E allora che facciamo? >> Chiese agitandosi. << Se non possiamo tornare ora, parlerà con suo zio questa sera, no? >>
Rabbia si mise una mano al mento e pensò per qualche istante. << Non è detto… >> Borbottò. Si mise a camminare in cerchio nella stanza, spiegando la sua idea:<< Andy non conosce la storia su di noi, pensa solo che Riley sia scappata a causa del furto di questa mattina. Aveva la faccia da scemo, quindi potrebbe anche essere che non parlerà di lei a suo zio prima di aver risolto la faccenda; inoltre non credo che assoceranno Riley alla bambina scomparsa di tre anni fa… >> Mosse un braccio di scatto tagliando l’aria. << Quella è roba vecchia! Nessuno ci pensa più, ormai. >>
Disgusto e Paura annuirono concordi all’unisono. In pratica, stava dicendo che anche se Andy avesse parlato della ragazza a suo zio, sarebbe stato probabilmente ignorato; in effetti, Riley era piuttosto famigerata al commissariato, e non era mai stata scoperta prima. Probabilmente non l’avevano mai confrontata con la foto fornita dai suoi genitori, tre anni prima, o forse non si somigliava più tanto… Ma che diceva? Non somigliava più a sé stessa? Come era possibile?
<< In ogni caso, siamo al sicuro; almeno finché quel ragazzo tiene la bocca chiusa… >> Concluse Rabbia incrociando le braccia con soddisfazione.
Disgusto ebbe da ridire sul suo ragionamento. << E come fai a sapere che non parlerà? >> Paura sembrò accostarsi a lei, guardandolo come per chiedere la stessa cosa, imitando la piccola verde.
Ma Rabbia aveva già la risposta pronta. << Suo zio lo rimprovererebbe per aver lasciato entrare una come lei in casa sua… Ha anche detto che non ci denuncerà, quindi siamo ancora in vantaggio… >>
Paura fece un passo in avanti tenendo le mani unite. << In vantaggio… Per cosa? >> Chiese insicuro.
Paura ghignò prima di pronunciare quelle parole:<< Per andarcene da qui. >>
La reazione di Disgusto e Paura fu la medesima: entrambi inspirarono sconvolti, non riuscendo a credere a quello che il loro amico rosso avesse appena detto. Voleva davvero andare via, un’altra volta?
<< Rabbia… >> Cercò di farlo ragionare l’omino viola. << Pensi davvero che saremmo in grado di scappare ancora? Voglio dire, cosa faremmo, arrivati nella prossima città? >> Disgusto sperava vivamente che Paura convincesse l’amico a restare lì e a trovare un’altra strada; era stanca di scappare.
<< Ci faremo una nuova vita! Tutto dall’inizio! >> Sbottò sorridendo Rabbia, voltandosi verso i comandi. << Niente Duncan in mezzo ai piedi, niente teppistelli che ci fermano in mezzo alla strada, niente sbirri impiccioni… >> La sua voce si fece più profonda a questo punto. << Questa volta andrà tutto bene. >>
Disgusto decise di parlare per cercare di convincerlo. << Non possiamo semplicemente andarcene! Ormai siamo qui, e dobbiamo trovare un modo per andare avanti! >>
<< E’ questo il modo! >> Esclamò adirato Rabbia voltandosi verso di loro e dando uno strattone al proprio braccio, puntando il dito a terra. La potenza della sua voce fece indietreggiare i due esserini lì con lui; Paura si mise addirittura a brillare debolmente.
Gioia alzò di scatto la testa sentendo l’urlo di Rabbia. Si affacciò alla finestra della propria casetta e cercò di vedere cosa stesse accadendo senza farsi notare; non si sbagliava allora, stavano davvero litigando. C’era Rabbia che sembrava difendere la console mentre Paura e Disgusto lo guardavano con timore; nel suo solito angolino, Tristezza teneva la testa bassa, non sembrava neanche respirare.
<< Da quando ce ne siamo andati da “San Franschifo” ho sempre dovuto mandare avanti io la baracca, ed è sempre andata bene! Se decido che andrà bene fuggendo da qui, andrà bene! >> Esclamò stringendo i pugni con forza. Sembrava essere sul punto di perdere il controllo, ma era probabile che non lo avrebbe fatto…
<< Non possiamo scappare ogni volta… >> Tentò di farlo ragionare Disgusto. L’ometto rosso però la zittì con un movimento orizzontale del braccio.
<< Chi ce lo impedirebbe? >> Chiese sbraitando. La risposta sarebbe stata probabilmente “nessuno”, ma Paura decise di alzare la voce e cercare di far comprendere la loro posizione a Rabbia.
<< Duncan si chiederebbe che fine ha fatto Riley! Andrebbe dalla polizia, e in un attimo saremmo di nuovo dei fuggitivi! >> Non menzionò il fatto che se avessero dovuto confrontare una foto attuale di Riley con quella data tre anni prima alla polizia, avrebbero sicuramente notato delle somiglianze, e che presto il vecchio caso della bambina scomparsa di San Fransisco sarebbe stato riaperto…
Rabbia era un tipo intelligente, avrebbe capito che scappare non sarebbe stata la scelta più saggia, ma era anche molto caparbio; non avrebbe rinunciato alla sua idea tanto facilmente. Dopo aver ringhiato un consenso, decise di ritentarci:<< Mettiamola ai voti! >> Esclamò alzando un dito, illuminandosi improvvisamente.
Disgusto e Paura si guardarono con sufficienza. Alzarono le mani all’unisono dicendo:<< Chi non vuole scappare? >> Sul viso di Disgusto affiorò un sorrisetto divertito. Aveva già vinto, in pratica.
Rabbia ringhiò alla vista di quella coalizione contro di lui, ma non si perse d’animo. << D’accordo, voi due volete restare, e io no. >> Si guardò intorno. << Ci sono cinque di noi in questa stanza, e hanno tutti il diritto di votare. >>
Disgusto sembrò contrariata. << Non è giusto! Loro non… >> Ma Paura fu lesto a bloccarla stringendola con forza a sé.
<< Anche se non fanno niente per Riley, sono sempre una parte della sua personalità, e dobbiamo rispettarli… >> Le bisbigliò cercando di farla ragionare.
<< Esatto: non fanno niente per Riley! >> Esclamò lei divincolandosi dalla stretta. Si rivolse poi a Rabbia mettendo le mani ai fianchi. << Come puoi fidarti di una che ha perso la voglia di vivere? >>
Rabbia strinse le spalle e scosse la testa. << Sono in questa stanza con noi, anche se non partecipano… >> L'espressione del piccolo ometto rosso diede un gran fastidio alla verde, che per una volta pensò di non essere la più irritante là dentro.
Disgusto sbuffò adirata per alcuni secondi. Non le sembrava giusto che lasciassero votare anche Gioia e Tristezza; non si poteva mai sapere cosa passasse per la testa di quelle due… Alla fine accettò, lasciando che Rabbia chiamasse ad alta voce Gioia, chiedendole di votare. La voce dell’ometto però non fece che spaventare la piccola stellina, facendola rintanare di nuovo nella sua casa.
Le parole di Disgusto erano state dure, ma veritiere, pensò Gioia. Non credeva che fosse giusto lasciare la possibilità di votare a una come lei… Ma se Rabbia aveva deciso così, forse poteva farlo…
Tornò allo scoperto, affacciandosi a malapena dalla finestra dai bordi ondulati. << Sì…? >> Chiese con voce tremante. << Mi cercavate…? >>
Rabbia sorrise quando finalmente Gioia decise di rispondergli. << Gioia, mia cara! >> Disse chinandosi leggermente verso di lei. << Abbiamo bisogno del tuo aiuto per risolvere una faccenda. >> Spiegò amabilmente cercando di sembrare più calmo possibile.
Disgusto era nauseata dalla melensaggine delle parole di Rabbia in quel momento.
Gioia sentì un tonfo al cuore. << Me…? >> Chiese indietreggiando, temendo che fosse una trappola per prendersi gioco di lei. << Ma… Io non so fare niente. >> Commentò con tono di sconforto, sperando di essere lasciata in pace.
Rabbia cercò di non perdere la calma e rispose lentamente, rassicurandola. << E infatti non devi fare assolutamente niente, Gioia; tutto quello che devi fare è scegliere… >>
<< Io faccio sempre le scelte sbagliate… >> Mormorò tremante la piccola spiritella dorata. Non era una domanda, ma un’affermazione; lei sapeva di sbagliare in qualsiasi cosa, quindi perché le stavano chiedendo aiuto?
Rabbia sembrò davvero lottare per mantenere la calma; doveva essere davvero irritante parlare con Gioia in quella situazione, ma lei non riusciva a trattenersi. << Non ti preoccupare, piccola. Devi solo scegliere se supportare la loro idea… >> E indicò Disgusto e Paura con un cipiglio poco rassicurante in volto. << O la mia idea. >> E si indicò sorridendo amichevolmente. Era ovvio che Rabbia stesse tentando di condizionare la mente martoriata della povera Gioia, ma Disgusto non poté che provare ribrezzo per quel suo inutile tentativo di guadagnare punti.
Nella mente di Gioia si frapposero tantissimi pensieri contemporaneamente; lei non era in grado di scegliere, era a causa sua se Riley fosse stata male tre anni prima, e per questo non si occupava più di lei da quando Rabbia aveva preso in mano la situazione. Ora stavano nuovamente contando su di lei, ma non era lei quella che sapeva cosa fare; quello era Rabbia, o Disgusto, e al momento sembravano avere idee contrastanti; non poteva dire di non sapere cosa scegliere, non le avrebbero creduto, e avrebbero finito per forzarla. Stava esitando troppo, se non si fosse sbrigata a dare una risposta avrebbero pensato che non le importasse niente di Riley, ma non era così, anche se non voleva più avere a che fare con lei…
Rabbia aveva sempre avuto la situazione sotto controllo da quando erano scappati, era andato sempre tutto bene con lui, quindi Gioia pensò che votare per Rabbia sarebbe stata la scelta migliore. E sperò di non essersi sbagliata ancora una volta.
<< Io… Io voto per scappare! >> Dichiarò sporgendosi audacemente dalla finestra, tornando a nascondersi subito dopo. Vide Rabbia esultare stringendo un pugno, mentre Disgusto assumeva un’espressione incredula e Paura sospirava abbattuto.
<< Gioia, non puoi dire sul serio! >> Esclamò Disgusto avanzando verso la casa. Gioia si nascose dietro la finestra, sperando che l’altra non si avvicinasse di più; aveva paura. << Vuoi che Riley passi di nuovo tutto quello che ha passato tre anni fa, dopo la nostra fuga? >>
Le sue parole le stavano quasi facendo cambiare idea, ma per fortuna arrivò Rabbia a zittire Disgusto. << Ehi, hai sentito cosa ha detto: lei sta con me! >> Si schiacciò un pollice sul petto guardando con superiorità l'altra emozione.
Disgusto ringhiò contro rabbia cercando di non farsi notare da Gioia. Dopo essersi scambiati degli sguardi intensi per alcuni secondi, la schizzinosa sibilò:<< Questa volta hai vinto tu, ma non è ancora finita. >> Così se ne tornò alla console, dove Paura la attendeva intimorito; probabilmente Disgusto sarebbe stata capace di fare una follia, se non avesse avuto un minimo di autocontrollo.
Gioia sospirò dal sollievo quando la vide tornare indietro; meno male che era andata bene. Non voleva litigare, e di certo non avrebbe mai voluto che il suo rapporto con Disgusto si incrinasse, ma quella era la sua idea, e non l’avrebbe cambiata… C’era ancora una speranza per i due esserini viola e verde, però: Tristezza.
Rabbia la chiamò mentre tornava alla console. << Sei d’accordo con me anche tu? >> Chiese mostrando un leggero sorriso che già pregustava la vittoria. Tristezza non sembrò sentire le parole di Rabbia però, e lui dovette chiamarla una seconda volta.
Dopo alcuni secondi, la piccola timida blu alzò la testa, fissando con timore le tre figure che aspettavano la sua risposta. Anche Gioia fremeva dal conoscere la sua opinione; lei, che era sempre stata zitta ad aspettare che gli altri facessero la scelta giusta… Chissà come si sentiva in quel momento; Gioia non avrebbe proprio voluto essere al suo posto, in quel momento così decisivo…
Tristezza scosse lentamente la testa per tutta risposta; Rabbia rimase a bocca aperta quando si rese conto di aver perso. Disgusto e Paura si scambiarono occhiate incredule con una punta di sollievo nei loro occhi; avevano davvero sudato freddo in quell’istante, temendo per un attimo che anche Tristezza avrebbe dato ragione a Rabbia, ma a quanto pare non era così… Quindi questo significava che Rabbia si stava sbagliando o che loro avevano fatto la scelta sbagliata? Se Gioia, che sbagliava sempre, era d’accordo con Rabbia, che aveva sempre ragione, come poteva essere possibile quella situazione?
<< E d’accordo! >> Sbottò Rabbia voltandosi verso la console dei comandi. << Non andremo via e resteremo qui ad affrontare il problema. >> Disse mettendo le mani sulle cloche. << Vedremo se ne sarete tanto contenti, quando saremo ancora qui, immersi nei guai… >> Sussurrò acido rendendo gli occhi a delle minuscole fessure.
Prima ancora che Disgusto potesse dire qualcosa per rispondere a Rabbia, la voce di Riley interruppe tutto, facendoli destare da quella situazione e ricordandogli di avere un compito da svolgere. << Perché tutto non può andare bene…? >> Si chiese la ragazza con nostalgia nella voce. Chi diavolo le aveva fatto dire quella frase? Nessuno era ai comandi in quel momento, Riley era davvero complicata a volte…
Quella sua domanda fece calare una forte depressione nel Quartier Generale, e tutti abbassarono gli sguardi. Rabbia fissò con tristezza i comandi della console e sussurrò:<< Mi dispiace… >> Pochi secondi dopo tornò ad avere quel suo sguardo deciso stampato in volto e disse:<< Va bene, è deciso! Resteremo qui in città, ma per il momento eviteremo Andy! >>
Nessuno ebbe da ridire su quella sua decisione, così ognuno tornò ai propri posti. Anche Gioia poté finalmente rilassarsi nell’oscurità della sua casetta, sospirando con stanchezza. Era davvero pensante quando qualcuno si aspettava qualcosa da lei, quando le si metteva pressione per fare una scelta… Ammirava Tristezza per aver mantenuto il sangue freddo a quel modo in una situazione delicata come quella, ma lei non sarebbe mai stata in grado di farlo; lei non era brava a scegliere, non era brava a fare niente, e l’esito della votazione aveva confermato ancora una volta la sua incapacità. Però le importava di Riley, e le dispiaceva il fatto che non avrebbero più incontrato Andy; quel ragazzo le stava simpatico, per qualche motivo…
Ma in fondo che ne sapeva lei, che sbagliava sempre.

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Capitolo 7
*** Gelosia? ***


Riley aprì la porta con delicatezza per non fare rumore e diede un’occhiata alla stanza; la casa era avvolta nella penombra e non riusciva a distinguere niente in quel modo. Dal silenzio che regnava nel soggiorno, però, avrebbe detto che Duncan fosse già a letto…
In punta di piedi, la ragazza scivolò dentro e richiuse con cautela la porta per evitare di fare rumore. Non voleva svegliare il ragazzo proprio ora che era tornata; tutto quello che voleva era sparire tra le coperte del suo letto, sperando di non dover più avere a che fare con quella pessima giornata che aveva avuto. Evidentemente, il destino aveva deciso che, invece, Riley avrebbe dovuto passare un altro brutto quarto d’ora, prima di porre fine a quella giornataccia.
<< Era ora che tornassi… >> Sussurrò una voce pesante nella stanza. Era Duncan, e non era affatto contento; anzi, era molto irritato.
Riley si congelò e trattenne il respiro come per evitare di farsi individuare nel buio. Una mossa inutile, visto che il ragazzo accese a luce di una lampada accanto alla poltrona su cui stava seduto. Quella era la poltrona di Riley, e lui la occupava come per dire che fosse sua… Vide il suo sguardo spento e si sentì ancora più in pericolo.
Il ragazzo si alzò lentamente e raggiunse la ragazza fino a sfiorarla con il naso. La guardò dall’alto verso il basso, come era solito fare, ma questa volta con astio, sentendosi preso in giro. La ragazza avvertì un terribile tanfo di alcol quando le alitò in faccia, e allora capì che la situazione era peggio di quanto immaginasse; Riley sapeva perché fosse irritato, e sapeva anche di aver provato a forzare la situazione in modo da poter tornare a casa il più tardi possibile per non affrontarlo, ma non avrebbe voluto vederlo in quello stato: le faceva paura, quando la guardava a quel modo… << Bella sorpresa, farmi aspettare sveglio per tutta la notte… >> Commentò ghignando perfidamente. Era furioso e ubriaco, Riley poteva intuirlo dal suo tono e da come faticasse a pronunciare alcune parole.
<< Duncan, non è come pensi… >> Mormorò balbettando la ragazza nel tentativo di farlo calmare. Allungò le braccia per cercare di frenarlo e spiegargli tutto con calma. << E’ successo qualcosa… >>
<< E’ SUCCESSO CHE MI HAI PRESO IN GIRO, PUTTANA! >> Esclamò afferrandole i polsi e stringendoglieli con forza. La spinse contro un muro e le urlò in faccia. << E’ questo il modo per ripagarmi, dopo tutte le cure che ti ho dato?! >> Adesso stava esagerando; probabilmente avrebbe anche potuto aspettarselo che Riley lo avrebbe giocato quella sera, e avrebbe anche dovuto comprendere che lei non era interessata a lui. Ma sembrava che al disappunto di essere stato lasciato solo in attesa di quella "sorpresa", Duncan avesse aggiunto parecchio alcol e aveva finito per perdere la testa.
Riley stava cominciando a piangere. Perché nessuno la ascoltava? << Ti prego… >> Cercò di spiegare la situazione, ma Duncan non le diede ascolto e riprese a urlarle contro.
<< Pensi di potermi fottere come fai con il vecchio del negozio? Oppure come gli sbirri che ogni volta ti rilasciano andare? Sei solo una puttanella ingrata! >> I suoi termini non la offendevano; era abituata a sentire di peggio, ma il tono con cui si espresse il ragazzo la spaventò veramente. << Pensi davvero che io sia come quelli lì? Credi che solo perché sei piccola non ti possa fare niente? >> Era davvero odioso, e nonostante la stesse spaventando, Riley sentì crescere una grande ira dentro di sé, sentendosi presa in giro e tormentata da tutti quelli che la circondavano.
Chissà come, Riley trovò il modo di reagire e guardò Duncan dritto negli occhi per mostrargli tutta la sua rabbia:<< SONO STATA AGGREDITA, PEZZO DI IDIOTA!!! >> Gridò con tutta la forza che riuscì a trovare. In un attimo l’espressione di Duncan cambiò, facendosi sorpresa e leggermente intimorita. L’urlo che aveva lanciato Riley doveva averlo destato dalla sua furia, e forse anche dall'alcol, ma non pensava che lo avrebbe addirittura impressionato così. Sembrò quasi preoccuparsi per lei, come se fosse in grado di provare dei sentimenti.
Riley approfittò dello sconcerto di Duncan per divincolarsi dalla sua presa e si mise a raccontare la situazione. Si puntò un dito alla guancia dove era stata colpita e mise in bella mostra il taglio. << Guarda! Guarda qua! Sono stata sorpresa da un tizio dai capelli rasati e i suoi leccapiedi, questo pomeriggio. >> Disse strattonando via le mani del ragazzo che cercava di riavvicinarsi. << Dicevano che hai un debito con loro! >> Andò dritta al punto, non volle perdere tempo in chiacchiere, visto che Duncan era così instabile quella sera. Sembrò accorgersi del suo graffio solo in quel momento. << Mi hanno picchiata, e hanno detto che faranno di peggio se non ti sbrighi a chiudere quel tuo cazzo di debito! >> Sull’ultima parte Riley mentì un po’, ma immaginava che le avrebbero detto qualcosa del genere, se non fosse riuscita a scappare e fosse rimasta con loro.
Duncan era sconvolto. Solo in quel momento si accorse dello stato in cui era Riley, e sembrò dispiacersene. << Riley… >> Mormorò il suo nome incredulo. Le mise una mano sulla guancia ed esaminò la ferita con occhi sgranati mentre lei girava la testa di scatto per lasciargliela vedere.
<< E’ solo un graffio… >> Cercò di fare la dura lei, anche se avrebbe fatto sembrare la situazione molto meno tragica.
<< Quel tipo aveva un cobra tatuato sulla nuca? >> Chiese preoccupato, lasciando scivolare via tutta l'aria da ubriaco che aveva mostrato poco prima. Riley strinse le spalle, non ricordando un simile particolare. Duncan la fissò a quel modo per un minuto intero, poi indietreggiò e mormorò qualcosa tra sé e sé. << Ha superato il limite… >> Dopo aver detto qualcosa che Riley non comprese, si voltò verso la ragazza, che intanto era andata a sciacquarsi la faccia nel lavandino della cucina.
La strinse con forza, facendole sentire calore con le proprie braccia. << Mi dispiace che abbia dovuto passare tutto questo. >> Le disse all’orecchio, sperando che lei comprendesse. Ma comprendere cosa? Era stata colpa sua per non aver pagato quei tizi, e ora Riley era stata picchiata; avrebbe rischiato di prenderle anche da lui, se non avesse tirato fuori la grinta per parlargli!
<< Non fa niente… >> Sussurrò abbozzando un sorriso e poggiando la testa sulla sua spalla. << Cerca solo di risolvere questa faccenda al più presto, okay? >> Ma che stava dicendo? Avrebbe dovuto sgridarlo, dirgli di essere un idiota insensibile e che se ne sarebbe andata via se non si fosse dato una calmata, e invece lei si lasciava abbracciare a quel modo e lo perdonava? Che diavolo ti passa per la testa, Riley?
Duncan allontanò il proprio viso dal corpo di Riley e sorrise un po’ divertito. << Come hai fatto a toglierteli dai piedi? >> Ghignò nascondendo appena una certa irritazione al pensiero di quei teppisti. << Li hai convinti con le tue doti oratorie? >>
Riley sorrise prendendolo in giro. << Mi sono fatta strada a furia di calci. >> Disse mettendo un forte accento sull’ultima parola, e diede uno shiaffo su una natica del ragazzo per buttarla sul comico. Cominciò a dirigersi verso la propria camera da letto. Duncan ghignò compiaciuto, forse aspettandosi quella risposta.
<< Ti sei spaventata? >> Chiese facendosi serio un attimo dopo. Riley si fermò rivolgendo le spalle al ragazzo.
Quello era un argomento che non toccavano mai. La paura, il dolore, la tristezza, erano tutti sinonimi di debolezza, e per questo Riley aveva imparato a disfarsene sin da subito, per poter sopravvivere in strada; quella era una domanda a trabocchetto, lo sapeva. Ruotò appena la testa per poterlo vedere con la coda dell’occhio nella penombra e sorrise. << Certo che no. >> Rispose con semplicità prima di tornare a dirigersi verso la sua stanza, lasciando Duncan solo nel soggiorno, che abbandonò dopo alcuni secondi.
In realtà aveva avuto paura, ma in un altro momento della giornata: pochi minuti prima, quando Duncan aveva cominciato a urlarle contro; quello sì che le aveva fatto davvero paura…
Riley, chiusasi in camera sua, si fiondò sul proprio letto sfondato, sulla quale era posata una pesante coperta blu a quadri neri; non si disturbò nemmeno a spogliarsi o a raddrizzarsi sul materasso, rimase a fissare il soffitto con occhi inespressivi, ripensando alla giornata che era appena passata.
Che diavolo ti è preso? Pensò muovendo piano la testa di lato. E’ andato tutto diversamente da come ti aspettavi.
Non siamo riusciti a imporci. Fece una voce irritata nella sua mente. Ecco che ricominciava a girarle la testa, come ogni notte, quando cominciava a riflettere.
Ha reagito in modo inaspettato, però è sempre Duncan… Disse in risposta un’altra.
E’ pericoloso, ma potrebbe anche essere la nostra salvezza… Commentò un’altra voce che sembrò spaesata.
Riley afferrò il cuscino che giaceva al limite del letto e se lo schiacciò sopra la testa, cercando di scacciare quelle voci così fastidiose; era impossibile riflettere o riposare! Era a pezzi dopo quella giornata e loro non la lasciavano dormire. Cosa diavolo c’era ancora da fare perché potesse dirsi conclusa, quella serata?
Non gli abbiamo parlato di Andy. Sgranò gli occhi stupita; si rese conto all’improvviso di aver completamente omesso la parte in cui veniva salvata da un ragazzo sconosciuto incontrato per strada. Perché?
E’ nipote di un poliziotto. Si rispose, pensando che la parentela con il tutore della legge sarebbe stata un problema per Duncan. Ma Riley non fu tanto convinta di quell’idea…
A un tratto sentì qualcosa nella tasca posteriore dei pantaloni, e allora si ricordò di avere ancora il coltellino rubato al ragazzo che l’aveva aggredita; lo estrasse e lo guardò alla luce fioca della strada. Quel coltello le ricordava Andy, e come quel ragazzo che l’aveva aiutata quel giorno, le dava una strana sensazione; era come se provasse una sorta di pietà per quel ragazzino così gentile e ingenuo, oltre a un senso di gratitudine che la stava tormentando, e volesse tenerlo al sicuro dai guai di ogni genere: quei teppisti avrebbero potuto scoprire dove abitava, se suo zio avesse saputo del suo incontro con Riley sarebbe potuto finire nei guai, Duncan avrebbe potuto rendergli la vita un inferno, per gelosia…
Gelosia?! Quella parola fu urlata nella mente di Riley senza nemmeno un buon motivo; la ragazza si sentì oppressa da una marea di pensieri e domande senza risposta, che finì per riassumere in una sola: Che cosa sta succedendo?
Aveva bisogno di aria, improvvisamente aveva cominciato a sentire caldo e il suo cuore aveva accelerato i battiti; si guardò intorno e sospirò in affanno. Si alzò dal letto e raggiunse rapidamente la finestra che aprì senza cerimonie. L’aria fredda della notte invase la sua stanza e Riley sentì un improvviso sollievo darle un po’ più di vitalità. Dopo aver preso un bel respiro di aria fresca, la ragazza bloccò le ante della finestra in modo che non sbattessero per il vento e tornò a letto, sdraiandosi parallela al materasso, questa volta.
Rimase a fissare il soffitto con preoccupazione. C’era silenzio, anche le vocine nella sua testa si erano zittite, come se aspettassero che dicesse qualcosa, che desse un segno di vita. Ma il silenzio era la sua unica arma in quella battaglia, e aveva paura che non fosse abbastanza; cosa avrebbe fatto di fronte ai teppisti che volevano i loro soldi? E cosa avrebbe fatto di fronte a Duncan esigendo ciò che aveva sempre bramato? E come si sarebbe comportata davanti a quel sempliciotto di Andy, se lo avesse dovuto incontrare di nuovo? Sarebbe rimasta in silenzio, o sarebbe scappata un’altra volta?
Un battito del suo cuore la fece sussultare, ricordandole di essere ancora viva. Alzò un braccio e scrutò i contorni delle proprie dita che venivano colpiti dalle deboli luci della strada, passanti per la finestra aperta. << Che sia davvero diventata pazza, finalmente? >> Mormorò tristemente, ricordando una volta in cui fantasticò sul perdere la ragione. << Oppure… E’ qualcos’altro a destabilizzarmi così? >>

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Capitolo 8
*** Segreti e bugie ***


Riley fischiettava con calma mentre aspettava che le ragazze uscissero dall’edificio. Era davvero noioso dover aspettare sempre la stessa ora per incontrarle, ma almeno con loro scambiava qualche parola durante il giorno, si informava su quello che accadeva in giro per la città e aveva un scusa per non avere Duncan tra i piedi; adesso che gli aveva detto di essere stata aggredita aveva deciso di starle appresso tutto il giorno. Per fortuna Riley era riuscita a scrollarselo di dosso per l’ora di pranzo, promettendogli però di tornare subito a casa dopo aver incontrato le sue amiche.
“Amiche” non era la parola più adatta a descrivere quelle ragazze; erano delle persone che lei frequentava e che non la vedevano come un rifiuto della società. Quelle ragazzine sembravano adorarla come una divinità, ispirandosi a lei e complimentandosi ogni volta per le sue doti; in realtà Riley non aveva niente di così speciale per ricevere tanta ammirazione, ma il solo fatto che non andasse a scuola le riempiva di stupore e gli faceva desiderare di essere più come lei. Erano più piccole quindi era normale che fossero così ingenue, e come lei erano affascinate dalla vita in strada; Riley non pensava che vivere in mezzo alla strada, tra bande di criminali e poliziotti dietro ogni angolo, fosse tanto eccitante agli occhi di ragazzine “innocenti” come quelle lì, che come unica trasgressione al massimo sarebbero andate a letto senza lavarsi i denti…
Inizialmente anche lei aveva iniziato quella vita con entusiasmo, proprio come la avevano accolta loro, ma si era presto resa conto di essere finita in una brutta situazione dalla quale sarebbe stato difficile uscire. Era grata al proprio buonsenso per non essere caduta nella tentazione di provare droghe o cose del genere, e anche in parte a Duncan, che nonostante tutto si era sempre preoccupato per lei e non si era mai immischiato in affari loschi; Riley infatti sapeva tutto di lui: dopo che un giorno, poche settimane dopo essere arrivata in città, la ragazzina lo beccò con della droga tra le mani, fu sua grande preoccupazione assicurarsi che il ragazzo non commettesse più sbagli di quel genere, facendogli promettere di non farlo mai più. Non sapeva come ci fosse riuscita, ma da quel giorno Duncan non aveva più toccato droghe o sigarette; in qualche modo era riuscita a renderlo una persona un po’ migliore, anche se dentro non si poteva cambiare così facilmente… In situazioni del genere era stata lei a fare da esempio a Duncan, e poi Riley non avrebbe voluto immaginarsi come sarebbe andata, se a vivere con lei fosse stato un tossicodipendente costantemente sotto l'effetto di droghe

La campanella suonò e subito un esercito di teste solari uscì dai cancelli, riversandosi nelle strade che un attimo prima erano vuote. In mezzo a quella folla, Riley scorse tre visi conosciuti e alzò un braccio per farsi riconoscere; non avrebbe lasciato quell’angolo di marciapiedi dove aveva trovato la pace per nulla al mondo: c'era l'ombra di un palazzo che la proteggeva dai raggi solari e la solitudine che non si poteva trovare dall'altro lato della strada, in mezzo al fiume di studenti che usciva dalla scuola.
Le tre ragazze si avvicinarono salutandola. Avevano vestiti nuovi e costosi, tutti simili a quelli che di solito indossava lei; si poteva dire che con la sua “popolarità” Riley avesse lanciato una moda a scuola… Gli zainetti sulle spalle però erano sempre gli stessi; colorati e con pupazzetti appesi alle cerniere, solo dall'aspetto più tetro di come erano un tempo.
<< Ciao sorella! >> Disse una allungando la mano verso di lei e dandole un colpetto sul palmo. Aveva lunghi capelli neri con un paio di ciocche viola, gli occhi verdi spiccavano sul suo viso seminascosto e gli abiti neri e strappati la facevano sembrare un corvo; sul lato sinistro del labbro inferiore si poteva notare un piercing luccicante.
Riley accettò quel saluto con calma e sorrise senza scomporsi, poi batté il pugno alla seconda ragazza, che sorrise a sua volta in modo più evidente. << Come butta, Ry? >> Le chiese la ragazza dai capelli castani corti, vestita in modo meno drastico della prima ragazza; aveva un portamento più delicato dell’altra, e il suo sguardo timido sembrava tradire quell’aria da “dura” che cercava di far vedere a scuola.
<< Non ne hai idea, Alex… >> Disse Riley incuriosendo le tre ragazze, che si guardarono con stupore e posarono gli sguardi avidi su di lei un secondo dopo.
<< Che cosa ti è successo? >> Chiese la ragazza più piccola del trio, Abigail, fissando con stupore il graffio sulla guancia di Riley. Lei seguiva sempre le altre due per non rimanere da sola, e cercava di imitare Riley in qualunque cosa. Era curiosa e piuttosto ficcanaso, ma a Riley piaceva quella sua qualità.
La ragazza più grande sorrise, fingendo che quella ferita fosse un trofeo. << E’ stata una giornata movimentata, ieri… >> Cominciò cercando di non farsi sentire dai passanti; non poteva sapere se ci fosse stato qualcuno interessato alla sua “avventura”. Si assicurò che le ragazze non andassero in giro a raccontare quello che avrebbero sentito a nessuno e cominciò a parlare:<< Stavo passeggiando per i fatti miei, quando a un certo punto quattro imbecilli codardi mi hanno accerchiata e picchiata senza pietà. >>
Un sospiro scioccato uscì dalla gola della più piccola, che subito provò compassione per la ragazza ferita. << Ti hanno fatto male? >> Chiese corrucciando lo sguardo.
Riley scosse piano la testa rassicurandola:<< Lo sai che sopporto bene il dolore. >> Spiegò con un sorrisetto furbo. Abigail sorrise in risposta a quella frase: era incredibile come pendessero dalle sue labbra e ogni cosa che dicesse le facesse andare in estasi; sembrava che fossero di fronte al loro idolo, e qualunque cosa che la riguardasse era considerata epica.
La ragazza dai capelli neri e viola si mise in disparte e guardò con astuzia Riley:<< E allora? Che cosa volevano quelli da te? >> Chiese con un tono leggermente superiore; lei era una ragazza alla quale non piaceva sentirsi inferiore a qualcuno, e per questo, ultimamente, cercava di mostrarsi più tosta di Riley e meno impressionabile delle altre; quando erano in gruppo si comportava in modo cordiale e amichevole con la ragazza più grande, ma sembrava sopportare ben poco la sua presenza.
Riley la guardò facendole un cenno di sfida. << Soldi. >> Disse girando la testa per gustarsi le espressioni stupite delle ragazze. << Duncan è un babbeo quando si tratta di queste cose, e deve essersi scordato di pagare qualche suo “amico”… Così hanno pensato bene di venire a prendersela con me! >> Spiegò rapidamente, gesticolando per dare più enfasi alle parole.
Alexandra spalancò la bocca sorpresa. << Pensavo che Duncan fosse più sveglio… >> Mormorò con disappunto.
Riley rise piano. << Dovresti vedere quando si scorda di mettere le mutande la mattina! >> Esclamò suscitando ilarità tra le ragazzine. Era successo solo una volta, ma era bastato perché Riley se lo ricordasse per sempre, tirando fuori quell’aneddoto ogni volta che avesse voglia di stuzzicare il suo amico.
<< Continua a parlare di quei tizi… >> Disse la piccola Abigail ansiosa di conoscere la fine della storia.
<< Erano brutti e loschi. >> Disse Riley senza sprecarsi nelle descrizioni. << Avevano un aspetto inquietante, ed erano armati! >> Disse spaventando Abigail e Alexandra, mentre la terza ragazza se ne stava impassibile, in attesa di sentire tutto quanto. Non era una ragazza molto emotiva; qualunque cosa accadesse, lei rimaneva fredda come una roccia.
<< Riley, come hai fatto ad uscirne? >> Chiese preoccupata Abigail con le mani davanti alla bocca. << E’ arrivato il tuo ragazzo? >> Chiese con entusiasmo, senza nascondere un sorrisetto che sembrava voler intedere molto altro.
Ragazzo? Di che stavano parlando? Intendevano forse Duncan? Ma loro non erano fidanzati, e si sarebbe guardata bene dal farlo! Era quella l’impressione che davano quando la gente li vedeva insieme? Per qualche motivo, Riley sentì una grande pressione su di sé quando si sentì rivolgere quella domanda. << Eh? Vuoi dire Duncan…? >> Chiese con tono di chi veniva colto di sorpresa. Le tre ragazze sembrarono notare quel suo cambiamento di umore, ma non ne fecero parola. << No… No, no! Ho fatto tutto da sola. >> Disse cercando di ricomporsi.
<< Li hai stesi? >> Chiese Alex in trepidante attesa di una risposta positiva. Riley fece schioccare le dita per dare la sua risposta affermativa; le rivolse un sorrisetto pieno di sé, come per dire che non ci fosse nessuno in grado di batterla.
<< Duncan non si è preoccupato? >> Chiese la ragazza più grande esaminandola dalla testa ai piedi, come se stesse cercando qualche imperfezione su cui fare leva.
Riley le rivolse un’occhiata annoiata. << Diciamo che ho dovuto tirargli le orecchie… >> Commentò senza sprecarsi neanche qua nelle descrizioni. Quei pochi dettagli bastarono a suscitare risatine tra le ragazze, facendo capire a Riley di aver finito con le risposte; ora erano loro a dover parlare. << E voi che avete da dire? Niente di nuovo? >>
Abigail prese la parola con audacia. << Oggi John e Trevor si sono presi a pugni! >> Esclamò come se fosse una grande notizia. Riley non ne era molto impressionata, ma si sforzò di sembrarlo; aveva assistito a numerose risse in strada, anche molto violente, e una lite tra compagni di scuola al confronto era un appuntamento romantico tra i due

Alex la guardò annuendo. << Già, se le sono date proprio di santa ragione… >>
Riley alzò lo sguardo verso la ragazza in silenzio e parlò:<< E tu, Liz? Non hai niente da raccontare? >>
A Lizzie non piaceva sentire il proprio nome, sembrava che provasse una certa invidia per quelli degli altri, ma l’unica reazione all’udirlo fu uno sbuffo esasperato, prima di cominciare a parlare mostrando di avere poco interesse in quelle chiacchiere. << Oggi un nostro compagno è arrivato dicendo di aver salvato una persona. >> Disse con voce atona.
<< Davvero? >> Chiese sorpresa Riley. Quella era una cosa che non si sentiva tutti i giorni… Le chiese di continuare, ma la sua risposta la lasciò delusa.
<< Non l’ho ascoltato perché spesso inventa storie pazze di questo genere, e nessuno gli presta attenzione… Non credo proprio che sia vero. >> Vero o no, Riley lo avrebbe ascoltato se fosse stata lì; sembrava un racconto interessante e non se lo sarebbe voluto perdere solo perché a raccontarlo era qualcuno che nessun altro ascoltava.
Abigail prese la parola all’improvviso:<< Andy diceva di aver salvato una ragazza in fuga da dei malviventi! >> Quelle parole furono come un pugnale gelido che trafisse il petto di Riley, facendola sentire osservata all’improvviso e fuori posto. Andy. Andy! Il ragazzo che l’aveva tirata fuori dai guai il giorno prima, adesso scopriva che era compagno delle ragazze che frequentava di solito, e che era andato in giro a parlare dell’accaduto del giorno precedente. Cosa diavolo aveva in testa? Era completamente idiota?
Riley girò lo sguardo verso il vuoto finché non riuscì a formulare una frase sensata:<< Scusate ragazze, non mi sento molto bene… >> Cominciò a farsi strada tra loro per poter andare via. << Ci sentiamo più tardi… >> Si accomiatò così rivolgendo loro un'occhiata fugace.
Le tre ragazzine sembrarono confuse dalla sua reazione, ma la lasciarono andare dicendole di non sforzarsi troppo e di riposarsi; la sostenevano sempre, in qualsiasi situazione, anche se non fosse ben chiaro cosa avesse. E in quel momento Riley aveva davvero bisogno di sostegno, perché mentre la sua mente era in subbuglio, il suo petto cercava aria in continuazione, e il timore che qualcosa di brutto potesse capitare presto a lei o a qualcun altro la faceva impallidire.
Doveva parlare con qualcuno, doveva chiarire le cose.

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Capitolo 9
*** Bocca cucita ***


Fu uno stralunato Andy ad aprire la porta. Chissà perché, ma Riley ebbe la sensazione che quel ragazzo si aspettasse una sua visita.
<< Ciao. >> La salutò con tono confuso lui, mentre lei partiva già all’attacco.
<< Come hai potuto pensare di spifferare tutto quello che è successo ieri, in classe? >> Esclamò lei entrando spingendo Andy via dalla strada e girandosi verso di lui dopo essere arrivata al centro della stanza.
Il ragazzo richiuse la porta con sguardo perso. << Cosa? >> Chiese senza capire cosa volesse dire la ragazza.
Riley fece roteare gli occhi e grugnì spazientita. << Tre tue compagne mi hanno detto che questa mattina sei andato in classe a parlare di aver salvato una ragazza! >> Cercò di trattenersi dall’urlare, ma non poté agitare le mani con ferocia e fare una smorfia adirata al ragazzo. << Come cavolo ti è venuto in mente?! >>
Andy cercò di farla calmare alzando le mani e chiese:<< Qual è il problema? >>
Riley lo guardò dritto negli occhi; uno sguardo da farlo sentire in colpa all’istante. Lo fece per guadagnare tempo. << Il problema, caro mio, è che andandotene in giro a raccontare tutto sul nostro incontro di ieri, aumenta di molto le probabilità di farti trovare da quei teppisti di strada! >> Mentì. Non voleva che la gente sapesse che Andy aveva conosciuto una misteriosa ragazza della strada, la cosa sarebbe stata difficile da gestire e qualcuno avrebbe potuto scoprire la sua vera identità… Riley non si era mai fatta notare molto in città, aveva pochi amici e parlava solo con loro: meno gente la notava, e meglio era per lei.
Andy sembrò sorpreso. << Ti preoccupi per me? >> Chiese mettendosi una mano al petto.
Riley arrossì e indietreggiò un po’. << Certo che… No. >> Rispose con tono scontroso. << Ma se trovano te, trovano anche me… E’ per questo che sono scappata ieri. >> Borbottò incrociando le braccia e guardando da un’altra parte.
Andy sorrise. Riley non capì se avesse inteso bene il suo messaggio oppure avesse capito che stava mentendo. << L’importante è che tu sia tornata… >> Mormorò sedendosi su una sedia della cucina. Sembrava triste mentre fissava il tavolo da pranzo su cui qualcuno aveva steso una tovaglia. Andy doveva essere tornato a casa da poco, ma non c’era nessun altro in quella casa. All’improvviso Riley sentì una strana nostalgia mentre quel ragazzo sbuffava sopra a quel tavolo apparecchiato per uno solo.
<< Ehi, senti… >> Cominciò la ragazza con l’intenzione di scusarsi. Non voleva essere scortese con lui, ma doveva mettere subito in chiaro la situazione e i rischi che correvano. Non voleva nemmeno immischiarlo in quella faccenda, ma in fondo era stato lui ad entrarci.
Andy alzò lo sguardo sorridendo appena. << Non ti preoccupare… Hai ragione ad essere arrabbiata; sono stato uno sciocco… >> Ammise con tono arrendevole. C’era  qualcosa che non andava in quel ragazzo. Sospirò. << Ma non ti preoccupare: nessuno mi ascolta mai, quindi non c’è pericolo che qualcuno abbia fatto caso a quello che ho detto… >>
Aspetta, che ha detto? Fece una voce nella testa di Riley. Improvvisamente, la ragazza si sentì più vicina a quel ragazzo più giovane di lei e sentì dispiacere per quelle parole. << Non… Ti ascoltano? >> Chiese rivolgendole uno sguardo dispiaciuto.
Andy alzò lo sguardo come per dire: “non fa niente”. Ma Riley non credeva che a lui non pesasse quella situazione. Riusciva a leggerglielo negli occhi che c'era qualcosa che non andava.
Si sedette di fronte a lui con un tale impeto da far tremare il tavolo su cui poggiò le braccia. Rivolse uno sguardo duro a Andy, che però non ricambiò mantenendo la testa bassa a fissare la tovaglia a quadri azzurri e bianchi che copriva quello stesso tavolo dove Riley si era medicata il giorno precedente.
<< Non va bene. >> Disse con voce meccanica rivolgendo uno sguardo duro al ragazzo, come per rimproverarlo di qualcosa.
<< Che cosa? >> Chiese lui fingendo di non capire cosa volesse dirgli. Perché stava sprecando il suo tempo a cercare di fargli capire la situazione?
<< Il fatto che tu accetti tutto questo senza nessuna protesta. >> Spiegò senza staccargli gli occhi di dosso. Alzò un dito e indicò le sue labbra piegate in un broncio sconsolato:<< Quello non va affatto bene! >> Commentò infastidita.
<< E che cosa posso fare io? >> Chiese Andy puntandosi le mani al petto. Non lo sapeva, oppure non voleva pensarci; in ogni caso, Riley pensava che solo lui potesse risolvere il problema.
<< Perché non ti ascoltano? >> Chiese Riley senza rispondere.
<< Eh? >> Fece Andy confuso.
Riley avrebbe perso la pazienza. Una vocina nella sua testa disse: Ma perché stiamo ancora sprecando tempo? Decise di aspettare ancora un po' per cercare di capire meglio Andy e continuò a parlare. << Se mi dici perché nessuno ti ascolta potrei aiutarti a trovare una soluzione! >> Spiegò tutto ad un fiato.
Andy la guardò incredulo. Forse per lui era una novità parlare di quelle cose con qualcuno, forse non era abituato a parlare dei propri sentimenti con la gente; qualunque fosse il motivo di quel suo sconcerto, il ragazzo sorrise incredulo. << Sono sempre stato poco… Interessante… >> Spiegò cercando la parola esatta. << La gente mi ha sempre evitato, e non ci è voluto molto perché mi rendessi conto di non avere molti amici… >>
Riley lo fissava con il pugno poggiato su una guancia. Se pensi di intenerirci, hai sbagliato persona. I suoi occhi erano fissi sul suo viso, e non era per niente impressionata dalle sue parole.
<< Non che mi dia fastidio… Alla fine, ho compreso che era il mio destino rimanere nell’ombra… Quando i miei genitori morirono, io fui affidato a mio zio… >> Quando sentì quella cosa, però, Riley aprì la bocca dalla sorpresa, cercando al contempo di non farlo notare molto.
<< Tu non hai i genitori… >> Mormorò incredula. Stranamente, le sembrava una cosa impossibile. Lei non aveva i genitori, Duncan non aveva i genitori, e non ne parlava mai, quindi la ragazza era cresciuta pensando che fosse comune non avere una famiglia, ma dopo aver sentito quella frase ed essersi ricordata che i genitori esistevano, dopo aver compreso con poche parole tutto il dolore di una perdita e il rimorso per essere rimasti soli, la ragazza provò una grande pietà per Andy.
Ora capiva perché si stava impuntando tanto su quella questione, capiva perché era tornata a casa di Andy nonostante avesse deciso il giorno precedente di stargli lontano il più possibile; forse era la paura di essere scoperta, oppure quella era solo la maschera del vero motivo del suo ritorno, ma Riley pensava di essere più simile ad Andy di quanto potesse sembrare, e allo stesso tempo, ancora così diversa da lui da poter sentire di stare bene quando quel ragazzo era nei paragi. Lei aveva dei genitori, ma li aveva abbandonati, mentre lui non aveva potuto nemmeno scegliere; questo fu abbastanza per far decidere a Riley di restare lì.
Il ragazzo sorrise mestamente, cercando di non rendere quell’argomento un peso che avrebbe fatto ancorare la loro relazione, basata su scherzi e complimenti fino a quel momento. << Bé, sì… Mio zio è sommerso dal lavoro e ogni giorno lo passo da solo, qui, a non fare… Niente… >> Mormorò stringendo le spalle. << E in fondo cosa dovrei fare, nessuno mi vuole! >> Disse sarcastico muovendo rapidamente la testa di lato.
Riley piegò un labbro delusa.
Andy smise di sorridere. << E’  per questo che ieri sono uscito… Non ce la facevo a rimanere chiuso ancora qui. E poi ho incontrato te… E ho pensato di poter essere l’eroe che non sono mai stato, almeno per una volta… >> Ridacchiò debolmente. << Spinto dalla stessa foga, ho pensato che avrei potuto esserlo ancora una volta, raccontando i fatti di ieri a scuola… Ma non ti preoccupare: non ne parlerò più con nessuno… >> Detto questo si mise un dito davanti alle labbra per indicare che sarebbe stato zitto da lì in poi. Non capiva perché fosse così importante per Riley rimanere nell'anonimato, ma non fece domande per quello e si fidò di lei.
Riley lo guardò con stupore. Il ragazzo non era molto muscoloso, era piuttosto magro e pallido, nonostante lei non avrebbe detto che fosse brutto, quindi doveva essere qualcosa nella sua personalità a farlo isolare dal resto della gente. Io credo che siano gli altri ad essere degli spocchiosi insopportabili; fa bene a stargli alla larga…
Ignorando i pensieri che casualmente le attraversavano la mente, la ragazza cercò di trovare qualcos’altro da dire a Andy. << Di solito come ti presenti alle persone? >> Chiese avvicinando il viso al suo. Andy tirò indietro la schiena quando la vide muoversi così. Era strano, ma l’impressione che le aveva dato Andy il giorno precedente era quella di un ragazzo più sicuro di sé e spigliato… Adesso si mostrava timido, solitario, triste.
Andy guardò prima Riley, poi allungò la mano e disse:<< Piacere, sono Andy…? >> Non era un granché, ma forse lo aveva preso alla sprovvista.
<< Ieri sembravi molto diverso… >> Cominciò lei cercando di ignorare il suo patetico esempio. << Eri… Coraggioso e temerario… >> Mormorò alzandosi e guardando in alto. << Arguto e divertente… >> Andy sorrise lusingato grattandosi la nuca con imbarazzo, sentendo quelle parole; non sapeva nemmeno da dove Riley avesse tirato fuori quei complimenti, ma non volle rovinare tutto contraddicendola. << Forse quello di ieri era il vero te… E hai paura di mostrarlo agli altri! >>
Sono un genio! Si complimentò da sola piena di orgoglio per aver pensato a una cosa del genere. Una persona non cambia atteggiamento da un giorno all’altro, a meno che non ci sia un motivo che non gli faccia notare questo cambiamento: qualcosa come un’emergenza. << Il tuo salvataggio di ieri ha tirato fuori la tua parte eroica, facendoti provare più sicurezza. Se ti fossi fermato a pensare alle conseguenze, quei tizi mi avrebbero accoltellata e tu non avresti fatto nulla; è stata la situazione rocambolesca che ti ha fatto agire di istinto! >>
Andy sorrise un istante prima di abbassare lo sguardo. << Può darsi… >> Mormorò annuendo.
<< Bisogna fare in modo che tu possa mostrare questo tuo lato coraggioso anche agli altri. >> Spiegò la ragazza alzando un dito al cielo. Andy sembrò non condividere quell’idea.
<< Ma come? La gente non vuole avere a che fare con me: mi vedono come un ragazzo snob che pensa solo a sé stesso, e crederebbero che voglia farmi notare… >> Quella parte di Andy andava sradicata: la sua insicurezza.
<< Nessuno vuole avere a che fare con te? >> Chiese con tono di sfida. Si lasciò cadere sulla sedia dove si era seduta prima e rivolse lo sguardo infiammato a Andy, che fu sconcertato da quella sua mossa. << Io voglio avere a che fare con te. Sai cucinare? >> Chiese autoinvitandosi a pranzo dal ragazzo.

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Capitolo 10
*** Lezioni di coraggio ***


Riley sospirò dopo aver bevuto un bicchiere d’acqua. Non sapeva perché, ma quel panino che aveva preparato in fretta e furia Andy l’aveva saziata anche troppo. << Dovrò insegnarti a cucinare qualcosa di vero, la prossima volta… >> Commentò alzando un dito verso il ragazzo, che se ne stava seduto di fronte a lei, nella sua stessa posizione.
Andy non sembrava essere soddisfatto da quel pasto che avevano fatto, ma la presenza di Riley in casa sua dovette rendere tutto quanto migliore, perché da quando lei aveva deciso di rimanere a mangiare con lui, il ragazzo non aveva smesso di sorridere. << Voglio proprio vedere… >> Mormorò sarcastico, cercando di tirare fuori quella sua audacia che Riley voleva proprio vedere.
Lei ghignò divertita e rispose a tono. << Se dovessi chiederti come hai fatto ad andare avanti così per tutto questo tempo, probabilmente non avresti nemmeno le energie per dirmelo! >>
Andy rise sarcastico alzandosi da tavola e prendendo i bicchieri per portarli nel lavandino e lavarli. Riley rimase ferma qualche minuto, in attesa che il ragazzo finisse il lavoro e tornasse a tavola; dopo aver messo ad asciugare quei due bicchieri, Andy tornò indietro e raccolse in un fagotto la tovaglia per buttare via le briciole. << Che servizio… >> Commentò ridendo la ragazza mentre Andy le girava intorno per raggiungere il balcone.
Lui tornò indietro riponendo la tovaglia spiegazzata sul tavolo e le porse una mano mimando un inchino. << Madame… >> Disse aspettando che la ragazza gliela prendesse.
Riley rise e accettò con delicatezza la sua mano, lasciando che il ragazzo la aiutasse ad alzarsi dalla sedia. Era strano come si fossero rapidamente aperti l’uno all’altra e si comportassero come due vecchi amici, scherzando e ridendo in modo stupido ma divertente… A Riley non era mai capitato prima, e nonostante Andy dicesse di non essere familiare a queste situazioni, sembrava sentirsi molto a suo agio… << Allora… >> Cominciò mettendosi a camminare in cerchio senza mai staccare gli occhi da lui. << Cominciamo con qualche regola di base. >>
Andy annuì attendendo che Riley cominciasse a parlare, ma in realtà la ragazza non aveva idea di cosa potesse dire. Lei non aveva dovuto imparare a comportarsi a quel modo: era sempre stata espansiva con la gente, e il fatto di ritrovarsi da sola in una città sconosciuta l’aveva costretta ad adattarsi e a tirare fuori tutte le sue abilità per cavarsela. Sapeva che se non avesse fatto le cose da sé, non ci sarebbe stato nessun altro a farle; quindi sotto quel punto di vista, la ragazza era stata avvantaggiata. Andy però non era solo come lei… Lui aveva uno zio che, anche se stava fuori casa spesso, lo manteneva e gli dava tutto quello di cui aveva bisogno; lui non aveva bisogno di rubare, quindi cosa poteva insegnargli per davvero?
<< Sai dare i pugni? >> Chiese fingendo un tono di chi aveva la situazione sotto controllo. Non poteva mostrarsi insicura proprio ora.
<< Che cosa? >> Chiese lui sorpreso da quella domanda.
Riley ripeté la domanda. << I pugni. >> Disse con calma. Mosse il mento in direzione di Andy. << Sai darli? >>
Andy si guardò intorno senza sapere bene cosa rispondere. << Non ho… Mai fatto a botte con qualcuno, se è questo che vuoi sapere… >> Strinse le spalle unendo le mani con un rapido schiocco.
Figurarsi! Fece una voce nella testa di Riley. La ragazza non si spazientì, sapendo di dover attendere per ottenere risultati promettenti. << Quando mi hai tirata fuori dai guai, l'altro giorno, non hai messo in conto l'eventualità che saresti potuto venire alle mani con quei teppisti? >> Chiese sbattendo le ciglia per punzecchiare il ragazzo.
Lui scosse la testa inespressivo. Sembrava che quell'idea non gli fosse passata minimamente per la testa, e in effetti tutto quello che aveva fatto dopo aver tirato il mattone in testa al capo, era stato rimanere a guardare mentre Riley finiva il lavoro.
<< Fammi vedere come colpisci una persona. >> Disse con un mezzo sorrisetto, più curiosa di sapere come lo facesse, piuttosto che interessata ad aiutarlo.
Il ragazzo sembrò colto alla sprovvista ed esitò alcuni secondi prima di alzare i pugni di fronte al viso e cominciare a molleggiarsi piano sulle gambe. Sembrò voler rivolgere un’espressione minacciosa a Riley, ma la ragazza non ne fu molto colpita.
Sorrise. << Va bene… Ora prova a colpirmi. >> Lo spiazzò con quella frase.
<< No! >> Esclamò subito rifiutandosi di farlo. Come immaginava, non avrebbe afferrato il senso di quella richiesta così in fretta. << Non posso colpirti! >>
<< Ti ho detto di provarci, non di farlo… >> Cercò di coglierlo alla sprovvista lei, ma il ragazzo ribatté con forza.
<< E’ la stessa cosa! >> Disse contrariato.
Riley attese qualche secondo per poter riprendere a parlare. << Perché non vuoi colpirmi? >> Chiese mascherando un certo fastidio dietro a un sorrisetto intrigato.
<< Perché… >> Non gli lasciò neanche il tempo di spiegarsi.
<< Perché sono una femmina? >> Chiese con tono leggermente aggressivo. Andy arrossì. << Quindi, non importa quale sarebbe il motivo, non colpiresti una ragazza? >> Chiese con più forza puntando un dito alla finestra. Andy stava per annuire, ma Riley tirò fuori dalla tasca posteriore dei pantaloni il coltellino che aveva fregato a quei teppisti di strada e ne indirizzò la punta verso il viso di Andy. << E se una ragazza ti stesse puntando contro un coltello, cosa faresti? La lasceresti fare, perché è una “femmina”? >> Piegò le labbra in un sorrisetto vittorioso.
Andy sentì un brivido vedendosi la lama puntata contro, ma quando capì che era solo un esempio per fargli capire, comprese che quella distinzione che stesse facendo fosse solo superflua e deleteria; forse comprese anche cosa volesse dirgli Riley: non doveva picchiare chiunque vedesse, non c’era bisogno di essere così drastico, ma essere in grado di difendersi in qualsiasi situazione, contro chiunque, era necessario, per lo meno in piccola parte. Doveva imparare a distinguere il bene e il male nei visi delle persone e non lasciarsi ingannare dalle apparenze. << Capito. >> Disse semplicemente annuendo un po’ imbarazzato per averla già fatta arrabbiare.
Riley sorrise compiaciuta e ripose il coltellino nella tasca. Non si era arrabbiata, ma voleva che Andy capisse bene il senso di quella sorta di “allenamento”. << Allora dai, colpiscimi… >> Lo incitò saltellando piano sul posto, ansiosa di vedere Andy in azione.
Andy la fissò con nervosismo, indeciso su come attaccare per fare meno male possibile alla ragazza. Ci vollero alcuni secondi perché si decidesse, ma alla fine allungò il braccio destro verso il viso di Riley e la colpì in pieno.
La ragazza sembrò colta alla sprovvista e cadde all’indietro lamentandosi e coprendosi il viso. << Ma che cavolo fai? >> Chiese irritata contorcendosi sul pavimento. In un attimo Andy si rese conto di cosa fosse successo e si sentì terribilmente in colpa.
<< Oh mio Dio, Riley… Scusami… >> Cominciò inginocchiandosi accanto a lei. La ragazza lo guardò nascondendo il proprio viso dietro alle mani, prima di sferrargli un pugno trattenuto nello stomaco, facendolo sdraiare accanto a lei. Quella si mise a sedere ridendo e contemplando la scena dall’alto.
<< Sei davvero troppo buono… Devi imparare a riconoscere chi mente e a stargli lontano. >> Gli spiegò mentre aspettava che il ragazzo si ricomponesse. << E poi picchi come una femminuccia… >> Rise di gusto della sua affermazione.
Andy si tirò su con la schiena guardandola incredulo. << Ma… >> Alzò le mani e la spinse arrabbiato. << Stupida! Pensavo di averti fatto male seriamente! >> Riley non riuscì a trattenere una fragorosa risata e lasciò che la spinta di Andy la ributtasse a terra. << E poi che vorresti dire con “picchi come una femminuccia”? E’ una cosa buona o cattiva? >> Chiese rialzandosi goffamente. Il ragazzo era visibilmente confuso, dopo la sua prima lezione: Riley gli aveva detto di non sottovalutare le ragazze, nonostante sembrassero innocue, e questo gli stava mettendo qualche dubbio in testa.
Riley attese di poter riprendere a respirare con regolarità per spiegarsi. << Intendo che non faresti male a un neonato! >> Esalò prima di rimettersi a ridere, rotolandosi per terra.
Andy girò lo sguardo da un’altra parte. << Non è divertente… >> Bofonchiò offeso. Riley si avvicinò a lui incurvando la schiena come per osservare un bambino piccolo.
<< Ma sì, invece… Devi solo imparare a riderci sopra! >> Gli spiegò con voce comprensiva la ragazza, mentre Andy cercava di trovare un buon modo per ribattere. << La bontà è necessaria, ma non bisogna mostrarla, se vuoi essere ammirato! >>
<< Io non voglio essere ammirato! >> Protestò il ragazzo, non riuscendo a capire come potesse essere possibile che la bontà debilitasse la sua reputazione. << E poi, perché dovrei rimanere impassibile di fronte a una ragazza che si è fatta male? >>
Riley sorrise alzando gli occhi al cielo. << In effetti, ad alcune piace quel genere di ragazzo… >> Commentò pensierosa ignorando gli occhi stupiti di Andy. << Ma molti ti ignoreranno, se rimani così pacato. >> Lo avvertì, facendogli intendere che se non fosse cambiato, non avrebbero fatto progressi.
<< Io… Non capisco… >> Mormorò abbattuto tastandosi il petto come per cercare di capire cosa non andasse con lui. << Perché la gente non può accettarmi per quello che sono? >>
<< Essere te stesso non ti farà andare lontano… >> Disse freddamente Riley, bloccandosi per un attimo a pensare. Era una cosa che aveva provato sulla propria pelle, appena arrivata lì: era sola, spaventata e incapace di cavarsela, ma mostrare agli altri gentilezza o bontà non l’avrebbe aiutata; la gente passava rapidamente ignorandola e trattandola come spazzatura, – non che fosse diverso adesso – ma ora Riley era popolare, le ragazze più piccole stravedevano per lei, tutti i ragazzi le giravano attorno, e la gente non storceva più il naso quando la vedeva acquattata in un angolo della strada. Ovviamente a lei non interessava la popolarità, non le importava niente della loro stima, poiché sapesse quanto fosse effimera; a lei importava sopravvivere, non dover essere costretta a dormire per strada, da sola e al freddo. Era in grado di sopravvivere ora, grazie a ciò che aveva imparato, e questa sua capacità le aveva fatto guadagnare la sua posizione di “ribelle”, ammirata e invidiata da tutti…
<< Riley…? >> La chiamò Andy vedendo che non sembrasse volersi risvegliare dai propri pensieri. La ragazza scosse la testa per scacciare quelle idee e sbatté le palpebre più volte, così da mettere a fuoco il ragazzo di fronte a lei.
<< Scusa. >> Disse senza specificare per cosa si stesse scusando. << Non è giusto, ma per essere rispettati dagli altri dobbiamo spesso diventare ciò che non siamo… Prendi le tue compagne, per esempio! >>
<< Chi? Alex, Abbie e Liz? >> Chiese lui sconfortato, sapendo che quei nomi non avrebbero portato nulla di buono.
<< Allora le conosci! >> Lo prese in giro lei. Andy sbuffò girando lo sguardo dall’altra parte mentre Riley scaricava il suo sorriso. << Ti sembra che fossero così, prima che conoscessero me? >>
Andy non aveva idea di cosa intendesse la ragazza, ma cercò di indovinare. << Tre anni fa non indossavano vestiti così scuri e non si truccavano a quel modo appariscente… >> Riley allargò le braccia sorridendo. << Ma eravamo bambini! >> Effettivamente, aveva ragione. Andy era più piccolo di lei, e quelle ragazze avevano la sua età; quando Riley era arrivata in città, le ragazzine erano poco più che bambine, non potevano avere i gusti che mostravano adesso. A un tratto Andy sembrò rendersi conto di qualcosa di sorprendente:<< Aspetta: tu vivi qui da tre anni? >> Chiese puntandole un dito contro.
Riley cercò di evitare di rispondere, preferendo non parlare troppo di sé a quel ragazzo. << Più o meno, ma non mi va di parlarne ora… >> Lo liquidò con queste parole. Andy non sembrò molto soddisfatto, e Riley si chiese come mai la sua natura da impiccione non avesse avuto la meglio. << Comunque, quelle tre si sono trasformate non appena hanno conosciuto me, e a poco a poco sono diventate sempre più insolenti e ribelli, vero? >>
Andy annuì stringendo le spalle, come se non avesse idea di cosa stesse dicendo. A causa di quel fatto di essere stata una figura da emulare per quelle ragazze, Riley si sentiva un po’ in colpa per la situazione del ragazzo; se non fosse arrivata lei a “lanciare una nuova moda” in città, forse le ragazzine sarebbero rimaste pure e ingenue, sarebbero cresciute diversamente da come le aveva tirate su lei, e Andy avrebbe avuto qualche possibilità in più di integrarsi.
Non che sia stata un gran bell’esempio… Pensò disfattista riguardo a sé stessa, dimenticandosi per un attimo di non poter mostrare simili ripensamenti. Se avesse detto cose simili a voce alta, qualcuno avrebbe potuto credere che quella indossata da lei fosse una maschera, e trasformarla così in una ragazzina musona e depressa…
<< Quindi cosa faccio per poter parlare con loro? >> Chiese Andy, ridestando nuovamente Riley dai suoi pensieri. La ragazza lo guardò con occhi sgranati.
<< Non puoi semplicemente imparare due o tre cose che ti dico io e pensare che la gente ti aprirà tutte le porte. >> Gli disse con tono duro. << La vita è fatta di rischi e occasioni! Se non ti butti, non otterrai niente. >>
<< Quindi? >> Chiese Andy confuso.
Riley strinse un pugno e ghignò con piacere rivolta al ragazzo. << Devi buttarti! Avvicinati alla gente quando parlano, prova a intrometterti nei discorsi e a dire la tua, offriti di accompagnare qualche ragazza con l’ombrello, se piove; fai vedere che esisti! >> Esclamò mettendo molta enfasi nell’ultima frase. << Tu sei un impiccione per natura, sono sicura che non avrai problemi, una volta superato quel muro che ti tiene lontano dalla gente! >>
Andy sembrò afferrare il concetto, ma non aveva idea di come mettere in pratica quelle idee. Diceva di non essere in grado di attirare l’attenzione degli altri e di non sapere come superare la sua timidezza.
<< E’ per questo che ti sto insegnando queste cose: sii più cattivo, stai sull’offensiva e tieniti sempre pronto per cogliere la palla al balzo!>> Riley cercò di spiegarsi il più possibile, ma evidentemente non ci riuscì. << Se riesci a tirare fuori il lato incosciente di te stesso e ti lasci andare, potrai farti tanti amici! >>
Andy sembrò trattenere una risata. << Quale lato incosciente? >> Chiese guardandosi intorno.
Riley lo fissò alcuni secondi prima di portare le mani strette a pugni al petto e guardarlo negli occhi intensamente. << Io l’ho visto, Andy. So come sei realmente, la tua paura di mostrarlo ti bloccherà per sempre, se non la superi. >> Gli puntò un dito al petto, mentre il ragazzo la guardava incredulo, con la schiena piegata indietro per mantenere una certa distanza dal suo viso. Si lasciò sfuggire un sorrisetto sorpreso e si mise in una posa più stabile.
<< Questa non è la Riley che conosco… >> Mormorò massaggiandosi il collo, fingendo la confidenza degna del protagonista di un film di azione.
Riley lo guardò confusa, poi assunse un’espressione infastidita e tornò sulla propria posizione; sembrava adirata, ma un attimo dopo sorrise mettendosi una mano sul fianco. << E questo è l’Andy che voglio vedere. >> Ribatté con il suo stesso tono, facendolo arrossire.
Andy si voltò nascondendosi il viso con una mano, ma Riley lo bloccò tirandolo dal braccio. << Oh, andiamo! >> Fece delusa. << Tu sei così, devi solo capire che non c’è niente di male ad essere un po’ più spigliati! >>
Andy sospirò affranto. << Credi che io abbia qualche possibilità di entrare a far parte del loro gruppo? >> Chiese con espressione delusa.
Riley non aveva idea di come sarebbe andata, ma dirgli così sarebbe stato solo un motivo in più per fargli perdere le speranze; invece cercò di fare pressione sul lato positivo:<< Se riesci a piacere a me, non avrai problemi con gli altri. >>
Né Riley, né Andy capirono cosa intendesse dire la ragazza. Quelle parole uscirono dalla su bocca senza troppa cura, ma stranamente non si pentì di averle pronunciate. Andy la fissò incredulo, mentre Riley cercava di mantenere un’espressione seria, senza lasciar trasparire l’imbarazzo che era sopraggiunto in quel momento. << E io… Ti piaccio? >> Chiese il ragazzo corrucciando lo sguardo e piegando le labbra leggermente.
Riley si congelò, trattenne il respiro e puntò gli occhi sul viso del ragazzo. Cosa significava quella domanda? Perché le veniva così complicato trovare una risposta? Stavano sussurrando, nonostante non ci fosse nessuno in casa; era come si stessero confessando dei segreti e volessero tenerli nascosti da tutti. Come doveva rispondere?
Dopo alcuni secondi di silenzio, la ragazza abbassò lo sguardo ridendo e diede qualche colpo sulla spalla di Andy, che non capì cosa significasse; per un attimo, il ragazzo pensò che lei lo avesse preso in giro un’altra volta, e cominciò ad irritarsi, ma poi il sorriso di Riley gli fece cambiare idea. Quello non era un sorriso di scherno, e nemmeno di gioia, ma Riley sembrava essere sincera e contenta di essersi sentita rivolgere quella domanda. << Questo è quello di cui parlo! >> Disse puntandogli l’indice al petto. Andy si guardò dove la ragazza lo aveva indicato, ma non capì bene cosa intendesse. << Sfacciataggine, arriviamo…! >> Riley sorrise con poca convinzione per alcuni istanti, prima di rimanersene in silenzio a guardare Andy, in attesa di una qualsiasi reazione da parte del ragazzo.
Alla fine, dopo alcuni istanti di incertezza, Riley gli fece segno di seguirla. << Vieni con me. >> Disse sorridendo, dirigendosi alla porta d'ingresso. << Ti faccio fare un giro. >>
Prima di capire in cosa consistesse quel “giro” o di rispondere alla ragazza, Andy sorrise impaziente e la seguì fuori di lì senza pensare.

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Capitolo 11
*** Rubare ***


<< Per dimostrare agli altri che non sei inferiore a loro… >> Cominciò Riley camminando davanti a Andy in mezzo alla gente per strada. << Devi mostrare di avere le palle per rubare. >>
Andy sembrò subito non apprezzare l’idea. << Quale sarebbe il nesso…? >> Commentò confuso. Riley alzò gli occhi al cielo sogghignando leggermente e tornando a rivolgersi davanti a sé.
<< Se sei abbastanza coraggioso da andare contro le “regole”, la gente ti vedrà come un duro… Una persona diversa. >> Spiegò guardandosi intorno alla ricerca di un obiettivo facile da raggiungere. Notando che nessuno guardava verso di lei, la ragazza allungò una mano su un espositore rotante di un ottico posto fuori dal negozio e ne sfilò un paio di occhiali da sole che si mise rapidamente sul naso. << Visto? >> Disse spavalda voltandosi e allargando le braccia per mostrare il risultato della sua caccia. << Liscio come l’olio, e gli occhiali scuri danno anche un aspetto più tosto! >>
Andy sembrò contrariato. << Non mi piace l’idea… >> Mormorò guardando con disappunto gli occhiali che la ragazza aveva appena fregato dal negozio. Riley rise e tornò a voltarsi.
<< Ovviamente non è certo uno sport, e se esageri finirai per farti beccare. >> Spiegò rapidamente guardando davanti a sé con un ghigno sul volto. << Bisogna essere scaltri, precisi, e valutare sempre i rischi e le conseguenze… Insomma, bisogna fare qualche calcolo, prima di rubare qualcosa! >>
Andy guardò con tristezza la schiena della ragazza che camminava di fronte a lui. << Tu rubi con frequenza? >> Chiese con tono triste. Riley si fermò.
Voltandosi, la ragazza sfilò gli occhiali dal volto e guardò negli occhi il ragazzo che le aveva posto quella domanda. La sua voce suonò un po’ imbarazzata:<< Bé… Non sempre. Non si può rubare di tutto, e non posso dire di non avere un centesimo nelle tasche, ma… >> Piegò la testa guardando il suolo ai propri piedi, le sue labbra si piegarono in una strana smorfia. << Quando mi va, decido di rubare qualcosa. >> Concluse con un largo sorriso, cambiando radicalmente espressione.
Andy non credeva alle sue orecchie, o forse era semplicemente confuso dalle parole di Riley. << Quindi mi stai dicendo che se comincio a rubare, la gente mi prenderà sul serio? >>
 Sembrava un paradosso, ma per Riley era così, e non si vergognò di annuire rapidamente senza pensarci due volte.
Allo sguardo di sufficienza che le rivolse Andy, Riley rispose riportandogli i fatti di cui anche lui – ora – era a conoscenza:<< So che sembra strano, ma guarda le tue compagne: quelle ragazze stravedono per me, mi vedono come una sorta di figura alla quale ispirarsi, e di certo non è a causa dei miei voti scolastici! >>
<< Tu non vai a scuola… >> Tentò di ribattere sarcastico Andy, ma Riley lo sovrastò con le sue parole.
<< Se tu diventassi un po’ più “cattivo” la gente ti guarderebbe in modo diverso! >> Concluse la ragazza facendo l’occhiolino mentre si rimetteva gli occhiali da sole sul viso. Andy sembrava avere qualcosa da ridire, ma lei non lo ascoltò. Si concentrò invece sul prossimo bersaglio; zittendo il ragazzo con decisione dopo avergli afferrato il collo con un braccio e indicandogli un chiosco al bordo della strada, disse con voce eccitata:<< Vedi quel tizio laggiù? Vende noccioline, mandorle e altri stuzzichini del genere. Mentre lo distraggo prova a fregargli un po’ di mandorle tostate e nascondile subito nella tasca del giubbotto; vedrai che sensazione esaltante, alla fine! >> E detto questo la ragazza lo lasciò da solo per avvicinarsi con leggerezza al chiosco dove l’uomo si guardava intorno mandando sorrisi ai potenziali clienti; Andy si era accorto in ritardo che la ragazza gli avesse lasciato i suoi occhiali in mano.
Sospirando, Andy indossò gli occhiali dalle lenti scure e seguì Riley fino al chiosco, dove scoprì che la ragazza aveva già attaccato bottone con il proprietario per distrarlo. << Quanto costano le noccioline? >> Chiese spostando rapidamente lo sguardo dal banco su cui erano poste le ceste con le pietanze al viso dell’uomo, concentrato su di lei.
Mentre il negoziante rispondeva alle domande della ragazza, che aveva assunto per l’occasione un aspetto innocente e totalmente ingenuo, Andy sfilò lentamente vicino al chiosco passando in rassegna con lo sguardo le varie ceste in mostra. Sembrò guardare con riluttanza quelle mandorle di fronte a sé, alla ricerca di qualcosa che lo facesse desistere dall’impresa come uno sguardo minaccioso del proprietario del chiosco o qualche passante che avrebbe potuto fare da testimone, ma alla fine, vedendo che niente gli impediva di fare ciò che stava per fare, Andy affondò una mano nella cesta e la cacciò via rapidamente nascondendola nella tasca e allontanandosi in silenzio a sguardo basso.
Riley trovò una scusa per andarsene, dicendo che i prezzi erano troppo alti o che aveva dimenticato i soldi a casa e raggiunse Andy congratulandosi con lui. << Hai visto che era facile? >> Sbottò saltellandogli accanto e infilandogli una mano nella tasca per prendersi qualche mandorla.
<< Non è giusto. >> Sbottò seccato Andy, che ora era diventato tutto rosso in viso. La ragazza gli tirò via gli occhiali dal viso e se li mise lei.
<< Balle. >> Commentò lei lanciando in aria una mandorla tostata e prendendola al volo con la bocca. << Quel tizio non soffrirà certo la fame per una dozzina di mandorle, e poi me ne era venuta voglia… >>
Andy si strinse nei suoi vestiti, cercando di trovare un modo per dire a Riley che si sbagliava, ma le sue parole gli fecero venire in mente un’altra cosa. << Quindi è così che fai? Appena vuoi qualcosa, te lo prendi e basta? >> C’era una punta di astio nella sua voce, come se volesse accusarla di qualcosa.
<< Pensavo che il concetto ti fosse chiaro… >> Commentò sarcastica Riley sgranocchiando un’altra mandorla. << Non posso spendere soldi per ogni cavolata che la mia testa mi chiede! >>
Andy non sembrò capacitarsi di ciò che disse Riley; agitò le mani come se volesse far capire alla ragazza qualcosa che si stava rifiutando di comprendere. << Allora non prenderlo! Se non puoi permetterti di comprare tutto quello che desideri, decidi cosa è veramente importante e risparmia i soldi per quello! >> Sbottò contrariato. Riley era leggermente divertita da come si stesse scaldando per quella cosa. << Che sarebbe successo se quel tizio si fosse accorto che stavi attirando la sua attenzione per permettermi di rubare quelle mandorle? >>
Riley sembrò ridere alla sua domanda. << Pensi che ti avrei mandato in mezzo al campo di battaglia senza avere una assicurazione? Quello là è un babbeo! >> Esclamò agitando un braccio nella direzione del chiosco alle loro spalle, ormai lontano. << Ogni volta che passo di qua è con la testa tra le nuvole; non si sarebbe mai accorto di te. >>
Il ragazzo abbassò lo sguardo sfiduciato. << La cosa non mi fa stare meglio… >> Commentò. Riley sembrò non sopportarlo più.
<< Oh, andiamo! E’ stato così terribile? >> Chiese infastidita dalle continue lamentele di Andy. << Hai la possibilità di fare quello che vuoi e nessuno ti dirà niente; perché sei tanto restio ad accettarlo? >> Il ragazzo alzò lo sguardo verso di lei e la fulminò in un istante.
<< In qualunque modo lo si veda, rubare è sbagliato! Non dovresti essere contenta di saper fare una cosa del genere; potrà anche piacere ai ragazzini incoscienti, ma tra gli adulti non ti conquisterai mai la loro fiducia, continuando così! >>
Riley si fermò un attimo a pensare. Non che Andy fosse nel torto, ma lei doveva rubare per vivere in strada, non poteva semplicemente ignorare il fatto di poter sfruttare quelle sue capacità per avere una vita migliore, anche se un po’ movimentata.
Andy non sembrava avere finito ancora:<< C’è da notare che in questi giorni sei già finita nei guai per un furto da niente, quante volte sarai stata beccata a rubare qualcosa dagli scaffali di un negozio? >>
Riley sorrise e alzò lo sguardo verso il cielo, pensando al proprio record di arresti. << Sapessi… >> Commentò ironicamente facendo infuriare Andy. Rise quando quello mostrò il proprio disappunto, ma non cercò di giustificare le proprie azioni; capiva che rubare non era la cosa migliore del mondo, e che per colpa di tutti quei futili furti che aveva compiuto si era cacciata nei guai troppe volte, ma cosa poteva farci? Lei era così, e non poteva cambiare radicalmente da un giorno all’altro.
Strinse a sé Andy facendogli male al fianco con l’intenzione di infastidirlo. << Capisco cosa vuoi dire, ma non ti arrabbiare… >> Ridacchiò cercando di calmare il ragazzo che tentava di liberarsi dalla sua stretta. << Io sono una furfante incallita che non può più fare a meno di truffare la gente! So che un giorno tutto questo finirà, ma per ora mi diverto finché posso… >> Sorrise onestamente al ragazzo.
<< Ma non è giusto… >> Commentò abbattuto ancora una volta lui. Non riusciva più a trovare le parole per spiegare a Riley che quello che faceva fosse sbagliato.
<< Lo so, lo so… >> Rispose lei con tono di chi aveva sentito la stessa cosa decine di volte. Pensò per qualche secondo a come avrebbe potuto uscire da quella situazione; ancora stretta ad Andy, mentre camminavano parallelamente l’uno all’altra su quel marciapiedi poco trafficato, la ragazzina pensò che forse avrebbe potuto provare a cambiare un poco. << Ehi, facciamo così: io mi impegno a smettere di rubare, e tu ti impegni a diventare un tipo più “tosto”! >>
Andy sembrò recepire il messaggio pochi secondi dopo che quello fu pronunciato e la guardò con un’espressione confusa. << Non so cosa tu intenda con “tosto”, ma… Per me va bene! >>
<< Allora, affare fatto! >> Esclamò Riley con un largo sorriso sul volto. Un attimo dopo tornò alla sua solita espressione disinteressata e disse con tono seccato:<< Ehi, andiamocene da qui, questa strada mi sta annoiando! >>
E i due ragazzi si allontanarono, l’una aggrappata alle spalle dell’altro, chiacchierando e scherzando.

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Capitolo 12
*** Niente di cui aver paura ***


Riley tornò a casa dopo un pomeriggio passato assieme ad Andy a insegnargli come muoversi tra la gente senza farsi notare, come guardarsi le spalle, come sparire da un inseguitore tra i vicoli e come evitare i guai di continuo; gli aveva anche insegnato a rubare, ma alla fine la cosa le si era rivoltata contro e adesso si era impegnata con una promessa che non sapeva quanto sarebbe riuscita a mantenere. Si era fatto tardi senza che se ne accorgesse, e temeva la reazione di Duncan se l’avesse incontrata a quell’ora; si era divertita con Andy, a dir la verità, ed era anche riuscita a trovare un modo per far passare il tempo per non dover tornare a casa tanto presto, ma prima o poi bisognava rientrare al proprio nido, e Riley pensava che fosse un azzardo farlo troppo tardi.
Chiuse la porta con delicatezza, sentendola scricchiolare piano mentre la faceva scorrere; temeva che un minimo suono potesse svegliare il suo coinquilino, ma non avrebbe dovuto preoccuparsi per quello: infatti, Duncan era già sveglio.
<< Sei tornata, finalmente. >> Disse con voce atona lui, sorprendendola e facendole saltare il cuore in gola.
La ragazza si voltò chiudendo la porta con impeto e lo fissò con occhi sgranati. Tirò un sospiro di sollievo quando lo riconobbe.
E ora che facciamo?
Ce la giochiamo con calma.
Si fece avanti a passi cauti e sussurrò:<< Pensavo stessi dormendo… >> Sembrava che stessero cercando di fare silenzio per non svegliare qualcun altro, ma non c’era nessuno nella casa a parte loro, non era necessario mantenere quel tono basso.
<< Non dormo, sapendo che tu non sei al sicuro. >> Le rispose con fermezza lui abbracciandola.
Che dolce… Fece una voce nella sua testa, ma Riley non poté credere di averlo pensato. << Bé, non mi è successo niente, quindi puoi stare tranquillo… >> Cercò di liquidarlo in fretta allontanandosi da lui.
<< Dove sei stata? >> Chiese Duncan squadrandola con sguardo indagatore. Aveva davvero intenzione di farle il terzo grado in quel momento?
<< Sono uscita con le ragazze, te l’ho detto! >> Ribatté lei mantenendo la voce bassa.
<< Pensavo che saresti tornata per pranzo… >> Mormorò deluso lui.
Riley annuì inspirando tra i denti. << Anche io lo pensavo, ma poi abbiamo deciso di mangiare assieme, e mi sono scordata di avvisarti… >>
Duncan la guardò sorridendo leggermente. << Vi siete divertite? Non hai notato niente di strano, vero? >> Volle informarsi per capire se avessero mandato qualcuno a pedinarla.
Riley scosse la testa, pur non avendone idea; di solito si guardava bene le spalle, ma quel pomeriggio la sua mente era stata occupata da altro. << Tutto liscio. >> Rispose con un sorriso. Poi finse uno sbadiglio per cercare di aggirare il ragazzo. << Ora però sono davvero esausta! Farò meglio ad andare a letto… >>
La ragazza girò attorno a Duncan e imboccò la strada per la propria stanza, ma sentì chiamare il proprio nome da lui e dovette girarsi di nuovo. << Ho parlato con Bad Dog, questa mattina… >> Cominciò con tono incerto. Riley non aveva la più pallida idea di chi fosse questo Bad Dog, e probabilmente il suo viso espresse quel suo dubbio perché Duncan precisò subito:<< Il tizio che ti ha fatto del male. >>
Riley annuì ricordando quella brutta faccia. << Gli hai detto di picchiare più forte, la prossima volta? >> Scherzò lei ghignando per mostrare sicurezza. All’apparenza, quell’episodio non l’aveva scossa come ci si sarebbe aspettati…
Duncan ridacchiò e si mise in posa con una mano sul fianco. << Già, gli ho anche detto se poteva farmi un favore e toglierti dalla circolazione! >> Risero entrambi. Sembravano due buoni amici, ma c’era qualcosa in Duncan che lo rendeva estremamente indesiderabile, come se per quanto provasse ad essere buono, si rendesse sempre di più solo una bestia fuori controllo. Riacquistò il tono serio di prima e tornò a parlare della sua chiacchierata con Bad Dog:<< Prima di tutto gli ho detto di non provare mai più a torcerti un capello; se vorrà vendicarsi di qualcosa, dovrà vedersela con me soltanto! >> Esclamò schiacciandosi un dito sul petto.
Riley apprezzava quella cosa; non si sarebbe aspettata una simile dichiarazione da Duncan, ma nonostante fosse un furfante, anche lui aveva un cuore e un onore. Forse non poteva sopportare di vederla soffrire per causa sua, nonostante lei lo odiasse…
Duncan continuò. << E poi gli ho detto che lo pagherò. Così non avremo più problemi con lui… >>
Riley annuì pensierosa. << Hai i soldi? >> Chiese, sapendo già che la risposta sarebbe stata negativa.
Duncan scosse la testa sorridendo mestamente. << Troverò un modo. >> Disse senza volerla far preoccupare.
Riley non capiva perché gli avesse detto che lo avrebbe pagato, se in realtà non avesse neanche un centesimo. << E ti ha creduto? >> Chiese di nuovo incredula. Non riusciva a prenderlo sul serio lei, figurarsi un delinquente senza scrupoli come Bad Dog.
<< Ha dovuto farlo. >> Rispose stringendo le spalle lui. << Non che avesse altra scelta, e i miei soldi erano tutto quello che voleva, quindi… >> In un attimo Riley capì che con quell’aggressione, Bad Dog era riuscito ad avere quello che voleva: cercava un modo per tenere Duncan in scacco e mettergli pressione per farlo pagare; colpire una persona vicina a lui gli avrebbe garantito un vantaggio e una promessa da parte del ragazzo; se Duncan non avesse pagato presto, Bad Dog avrebbe attaccato di nuovo Riley. Non era ancora al sicuro, era peggio di prima.
Istintivamente, senza sapere perché, la ragazza si avvicinò a Duncan e lo abbracciò cercando di trasmettergli un po’ di forza. Sapeva che era inutile, che Duncan era freddo come una roccia, ma quello forse gli avrebbe dato un po’ più di energia per affrontare quella cosa, o almeno un incentivo per portare quell’affare a termine. In fondo, nonostante Riley non lo amasse tanto, Duncan aveva fatto tanto per lei in quei tre anni, e nonostante si comportasse male alcune volte, doveva tenerci a quella ragazzina… In qualche modo, Riley voleva mostrare la sua gratitudine verso di lui.
Duncan reagì con sorpresa a quell’abbraccio e le diede qualche pacca sulla testa. << Bé… Questo non me lo aspettavo… >> Mormorò ridendo un poco. Neanche Riley, ma sarebbe stato stupido dirlo. << In ogni caso, non temere, Riley. >> Le disse facendole alzare lo sguardo. << Non lascerò che ti accada nulla di male. >> Le disse quella cosa fissandola intensamente negli occhi. Di solito una promessa di Duncan valeva zero, ma quella volta Riley sentì come se fosse veramente sincero, come se volesse farle capire di poter contare su di lui.
Sorrise. << Grazie, scemo! >> Rispose affettuosamente dandogli un colpo sul petto e allontanandosi da lui. Sorrise un’altra volta tenendosi a distanza di sicurezza. << Allora a domani, Duncan. >> Lo salutò voltandosi e lasciandolo da solo in piedi nella stanza.
<< Sì. >> Disse lui con sufficienza. Il resto del suo saluto fu sussurrato così piano che Riley riuscì a percepirlo a malapena, prima di chiudersi nella sua stanza.
“Niente di male”, eh? Pensò ironica mentre si chiudeva in camera sua. E come avrebbe fatto Duncan a impedire che le accadesse qualcosa di brutto? Non poteva proteggerla ventiquattro ore su ventiquattro, e la ragazza non glielo avrebbe neanche permesso… In fondo lei sapeva come cavarsela, non era una ragazza indifesa e se quei teppisti avessero tentato di farle del male un’altra volta gli avrebbe dato quello che si meritavano.
Riley i fermò a fissare il proprio letto. Ma chi prendo in giro? Si chiese tristemente. Se non fosse stato per Andy, a quest’ora non sarei qui a rilassarmi. Si sdraiò sul letto lentamente, spostando le coperte di quanto bastasse per permettere alle proprie gambe di scivolarvi sotto. Era probabile che dovesse molto di più a Andy di quanto volesse far vedere, ma non lo avrebbe ammesso tanto presto…
Riley rimase alcuni minuti a fissare con nostalgia la finestra semiaperta attraverso la quale entrava un filo di vento che faceva smuovere delicatamente le tende, dietro le quali si intravedeva la luce dei lampioni nella strada. Quella vista le metteva sempre calma, la faceva stare bene…
C’erano momenti in cui la ragazza si riusciva a reputare “felice”, momenti in cui poteva dire di sentirsi viva, ma Riley sentiva sempre che mancasse qualcosa; da quando era scappata di casa a San Francisco, la ragazza aveva provato una strana nostalgia, più forte di quella che l’aveva spinta a tornare in Minnesota, e che tuttavia non l’aveva fatta andare via da lì. Sentiva di appartenere a quella vita ormai, di non poter tornare indietro e fingere che niente fosse successo… Forse aveva fatto un errore, andando via di casa a solo undici anni. Non era stata pronta a quello che l’attendeva, ma in qualche modo era riuscita a sopravvivere, e ora era là e doveva andare avanti. Non poteva mettersi a piangere e dire di non potercela più fare, di volere la “mamma”.
Riley era una ragazza responsabile, forte e indipendente, e le andava bene così. Ma cos’era quella strana sensazione che l’aveva sopraffatta dal suo incontro con Andy?

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Capitolo 13
*** REM ***


Quando Riley chiuse gli occhi, le luci del Quartier Generale si spensero e le emozioni cominciarono a disperdersi.
<< E’ andato un altro giorno. Buonanotte a tutti…>> Si congedò Rabbia alzando una mano e incamminandosi verso la propria abitazione. Prima di andarsene pigiò il pulsante che spediva tutti i ricordi della giornata agli “archivi” della memoria a lungo termine. Mentre si allontanava dal centro della sala, dalla sua finestrella Gioia poté vedere che sul suo viso era dipinta un’espressione afflitta, stanca. Che cosa aveva?
Paura e Disgusto rimasero davanti alla console per alcuni minuti, discutendo di chi fosse il turno notturno quella volta. Disgusto faceva sempre di tutto per non rimanere sveglia a controllare i sogni della ragazza e Paura finiva sempre per fare gli straordinari, ma da un po’ di tempo le loro discussioni non erano più tanto animate come una volta.
<< L’altro ieri l’ho fatto io. >> Diceva l’esserino verde.
Paura annuiva dandole ragione. << Se questa notte lo faccio io, domani prometti che resterai tu? >> Le chiese con una mano sul mento.
Disgusto annuì sorridendo. << D’accordo. Rabbia se n’è andato come al solito… >> Mormorò infastidita ruotando la testa verso la figura sempre più piccola del capo. Si stirò la schiena emettendo un sospiro.
Paura piegò la testa di lato. << Rabbia ha fatto il suo turno ieri. Non prendertela con lui… >> Alzò lo sguardo verso l’ometto rosso che continuava ad allontanarsi fino a sparire dentro la propria abitazione. << E’… Un periodo difficile. Credo che sia molto stanco… >>
Disgusto incrociò le braccia guardando la casa di Rabbia. Non era riuscita a saltare il proprio turno ultimamente a causa del comportamento intransigente dell'ometto rosso. << Forse hai ragione… >> Mormorò poco sicura. << Però non possiamo lasciare che continui per sempre! >>
<< Non so cosa dirti… >> Si limitò a rispondere Paura stringendo le spalle.
Disgusto sospirò scuotendo la testa. << Buonanotte, Paura. >> Fece alzando una mano e voltandosi per ritirarsi nella sua casa.
<< Ci vediamo domani, Disgusto. >> Rispose l’omino viola voltandosi verso la console, sporgendosi per vedere nello schermo. Ancora non compariva niente, quindi pensò di voltarsi e andare a prendersi una sedia assieme a qualcosa per tenerlo sveglio. In realtà non c’era neanche bisogno di fare il turno di notte, ormai… Riley non sognava più nulla da parecchio tempo, ma Rabbia aveva voluto tenere quella tradizione, come se sperasse che un giorno la loro ragazza avrebbe ripreso a fare bei sogni… In realtà non c’era niente ormai, Riley non sembrava neanche volere quei sogni. La sua vita era abbastanza, ogni giorno era vissuto all’estremo, e la ragazza di notte voleva solo riposare…
Sia Paura che Disgusto pensavano che fosse una fatica inutile, ma dato che non gli costava molto, e tutti e tre facevano i turni regolarmente, non c’era niente di cui lamentarsi. Spesso Paura si era addormentato sulla sedia, di fronte a quello schermo nero, mentre Disguto a volte aveva addirittura lasciato la console prima che Riley si svegliasse. Non sapevano come conducesse il suo turno Rabbia – probabilmente sempre con le mani sulle cloche, pronto a reagire a qualsiasi stimolo – ma non pensavano che fosse molto diverso dal loro…
Ed eccolo lì, un’altra nottata in bianco da passare di fronte a uno schermo vuoto, segno che nella mente di Riley non passasse più nessun desiderio, nessun sogno… << Che razza di situazione… >> Mormorò alzando una mano verso lo schermo, tenendo una tazza di caffè nell’altra mentre con un gomito si appendeva allo schienale della sedia. Era noioso dover stare lì senza far niente, quindi Paura aveva imparato a conversare con sé stesso per tenere alto il morale, o almeno la sua concentrazione. << E’ stata una giornata entusiasmante, eh Paura? >> Chiese prendendo un sorso di caffè dalla sua tazza. Sorrise in modo rassicurante e disse:<< Oh, certo! Come ogni giorno, non ci si può fermare un istante! >> Sbuffò stancamente poggiando la schiena alla sedia e alzando lo sguardo verso l’alto. << Riley odia tutti quanti, come al solito, e noi siamo felicissimi di condurre questa vita piena di stress e imprevisti, vero? >>
L’omino viola alzò la voce nello stesso momento in cui lo schermo del Quartier Generale diede un segnale di vita. Si spavento in un primo momento e cercò di nascondersi sotto la console dei comandi, quando vide una piccola linea bianca illuminare lo schermo nero per poi allargarsi a mostrare il viso di un ragazzo dai capelli castani e il sorriso ampio in viso. Era Andy, e quella scena l’aveva vista quel pomeriggio, quando Riley era uscita assieme a lui per “insegnargli ad essere un duro”. Quella avrebbe dovuto essere un’ottima notizia, ma per qualche ragione fece scattare l’allarme nella testa di Paura.
<< Oh no… >> Disse venendo fuori dal suo riparo. Mise le mani su alcuni pulsanti senza premerli e si spinse in avanti per vedere meglio. << Riley sta… Sognando Andy? >> Commentò quasi inorridito da quella visione. Non era possibile, proprio ora che Rabbia aveva deciso di evitarlo ad ogni costo! Doveva fare qualcosa per impedire che la ragazza se ne affezionasse.
<< Trovato! >> Esclamò schioccando le dita. << Scollegherò la testa di Riley dagli studios dei sogni! >> Si inginocchiò e mise la testa sotto alla console commentando da solo la sua idea:<< Gran bella pensata, Paura! >> Prima che potesse staccare la spina, però, una voce alle sue spalle gli chiese di fermarsi. Si voltò e vide Gioia che aveva deciso di fare capolino dalla finestrella della sua casetta.
<< Ti prego… >> Mormorò lei pentendosi subito del suo gesto sconsiderato e ritraendo subito la mano che aveva allungato per fermarlo. << Lascialo acceso… >> Chiese poi poggiando il mento sul davanzale della finestrella, lasciando scoperta a malapena la parte superiore del viso, mostrando gli occhioni spalancati e timorosi che fissavano Paura.
Paura alzò lo sguardo preoccupato verso lo schermo e osservò la scena che vide proiettata su di esso: Riley stava guardando Andy mentre cercava di arrampicarsi su di un albero con scarsi risultati; quando il ragazzo cadde lei non riuscì a controllare le proprie risate, e lui per smettere di farla ridere la tirò a sé, facendola cadere; i due continuarono a ridere senza fermarsi. Sospirò sconfortato. << Accidenti… >> Si grattò la testa prima di tornare a sedersi sulla sua sedia e prendere il suo caffè che aveva poggiato sulla console. << Così ti caccerai in un mucchio di guai, Paura… >> E si costrinse ad andare contro gli ordini di Rabbia e lasciare accesa la console, godendosi la replica di quello che aveva vissuto quel pomeriggio Riley. Normalmente non avrebbe lasciato accesa la console, sapendo che avrebbe potuto compromettere i loro piani, ma il modo in cui Gioia gli aveva chiesto di lasciare acceso lo schermo l’aveva colpito dritto al cuore. Che poi non sapeva neanche se ce lo avevano un cuore…
La piccola emozione dorata si illuminò un poco quando capì che Paura non avrebbe staccato la spina, e si rilassò; con meno timore di prima, Gioia poggiò le braccia incrociate sul davanzale della finestra e vi poggiò sopra la testa, fissando con aria sognante lo schermo. Le piaceva Andy?
Di fronte alla supplica di Gioia, che stranamente si era affacciata dalla sua finestrella e gli aveva rivolto la parola, Paura decise di mettersi comodo e non pensare più ai problemi; si sedette sulla sedia che si era portato dietro e riprese a sorseggiare il suo caffè caldo, seguendo con sguardo distratto la replica di quello che era accaduto nel pomeriggio, con Riley e Andy che chiacchieravano e la ragazza che insegnava al ragazzo i tanti segreti della città.
Senza farsi notare, sbirciò con la coda dell’occhio quell’esserino dorato che, con sguardo sognante, fissava lo schermo con incredibile attenzione; la vide partecipare alla scena, reagire a tutto quello che accadeva dentro quello schermo, ed emozionarsi per quell'evento che, da ormai troppo tempo, non si ripeteva più. Quella vista lo fece sorridere, e sospirando tornò a guardare lo schermo. << Spera solo che Rabbia non lo scopra, stellina… >>

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Capitolo 14
*** Mattina ***


Riley aprì gli occhi in modo diverso, quella mattina; il suo cervello non era ancora attivo come sempre, e uno strano senso di rilassamento l’aveva bloccata a letto. Sul suo viso c’era impresso un leggero sorrisetto di piacere e la ragazza non aveva nessuna intenzione di alzarsi dal materasso. Decise di concedersi altri cinque minuti e chiuse di nuovo gli occhi. Non si sentiva così in pace con sé stessa da tanto tempo, non aveva dormito in modo tanto profondo da quando aveva lasciato casa a San Francisco.
La notte è stata più calma del previsto. Le balzò in mente questo pensiero mentre si metteva comoda a letto. Di solito non dormiva bene, anche il letto sembrava più comodo quel giorno, quasi come se bastasse pochissimo a cambiare quella cosa; quando era andata a dormire era molto più stanca del normale, per questo aveva pensato che non avrebbe avuto problemi a prendere sonno, ma ciò che era accaduto era molto più sconvolgente: Riley aveva sognato! Non riusciva a ricordare esattamente cosa avesse sognato, era una sensazione nuova per lei, ma sapeva che quella notte nella sua testa era successo qualcosa che non accadeva da tanto tempo.
Lo scricchiolare della porta destò la sua attenzione, ma Riley non aprì gli occhi per vedere chi le stesse facendo visita in camera; si limitò a fare una leggera smorfia per mostrare che non le piacesse essere disturbata in quel momento. Sentì un’improvvisa pressione ai piedi del letto e capì che qualcuno si era buttato a peso morto su di esso; il peso si spostò gradualmente fino a raggiungere l’altezza delle sue spalle, e poi Riley sentì un inspiegabile calore all’orecchio sinistro:<< Buongiorno, piccola stronzetta ingrata! >>
Riley sorrise stiracchiandosi prima di stropicciarsi gli occhi con i pugni. Riconobbe subito la voce di Duncan. << Buongiorno, grandissima testa di cazzo! >> Rispose con tono canzonatorio mentre cercava di non far notare la pesantezza nella propria voce. Era stanca?
Duncan ridacchiò e si mise a sedere accanto a lei sul letto. << Ho pensato che stessi male, dato che non ti eri ancora svegliata… >> Dato che non si era ancora svegliata? Di che stava parlando? Riley non dormiva mai più di sei ore a notte, non poteva essere così tardi!
<< Scusa, ma che ore sono? >> Chiese schiudendo finalmente una palpebra e localizzandolo accanto a sé nella stanza.
Duncan guardò il suo orologio al polso; era vecchio e rovinato, ma sembrava essere una delle cose a cui il ragazzo teneva di più. << Sono quasi le undici e mezza… Immagino che avessi sonno! >> Commentò divertito. Anche Duncan avrebbe potuto affermare di non aver mai visto dormire Riley per così tanto tempo. Dunque erano le undici e trenta? E lei era ancora a letto? La ragazza si mise una mano sulla fronte come se si fosse ricordata di qualcosa improvvisamente e si alzò dalla sua posizione comoda, sentendo andare via tutto l’intorpidimento che l’aveva fatta restare a letto pochi minuti prima.
Quella piacevole sensazione di pace, quella debolezza che le aveva fatto scegliere il letto alla veglia, quel rilassamento che l’aveva pervasa pochi minuti prima; tuto era sparito in un attimo. Era tornata ad essere la solita Riley dura e instancabile, priva di emozioni. Ridacchiò e scoprì così di essere senza fiato. << Sembra che io avessi bisogno di più riposo, questa notte… >>
Duncan sorrise senza sapere come reagire a quella frase. << Sembra di sì… >>
Rimasero in silenzio per qualche secondo, durante la quale Riley riuscì a ristabilire il proprio respiro e a riordinare le idee. A un tratto Duncan sembrò ricordarsi di una cosa e le porse una tazza di caffelatte piacevolmente calda. << Tieni. >> Disse con un mezzo sorriso. << Ho pensato che per un giorno potessi prendertela comoda… >>
Sulla schiuma c’era disegnata una faccina sorridente, e Riley non poté ridacchiare in modo ironico quando la vide; Duncan si era veramente preso la briga di lasciare quel disegno sopra alla sua colazione per darle un risveglio “col sorriso”? Finse di non essere sorpresa e bevve un sorso dalla tazza. Duncan rimase in silenzio ad aspettare un responso al riguardo che però non arrivò. Senza mostrare la propria delusione, il ragazzo si alzò da letto con imbarazzo e si avviò alla porta sospirando, ma prima che potesse uscire dalla stanza Riley pronunciò:<< Grazie. >>
Duncan si fermò un momento nella stanza, forse assaporando quel ringraziamento per quanto fosse raro; annuì piano, poi lasciò Riley da sola nella propria camera da letto.
La ragazza seguì con lo sguardo il teschio grigio sulla giacca del ragazzo finché non fu sparito oltre la porta. Tornò a concentrarsi sul suo caffelatte e prese un altro sorso. Alzò lo sguardo fissando il muro con serietà e cominciò a rimuginare sul perché quella mattina si fosse svegliata così tardi; un colpo di sonno l’aveva costretta al letto fino a quell’ora? Era diventata pigra all’improvviso? Oppure quella notte era stata talmente piacevole che non aveva voluto svegliarsi? In fondo sapeva che nella sua testa “qualcosa” era successo quella notte, anche se non riusciva a ricordare cosa. Forse ripensarci l’avrebbe aiutata, oppure la risposta sarebbe arrivata col tempo, ma ciò che la preoccupava di più era un altro dubbio: quello sarebbe stato solo un evento isolato, destinato ad essere dimenticato nel tempo, oppure quella sensazione di piacere durante il sonno sarebbe tornata?

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Capitolo 15
*** Trovata ***


Era tardi, quella mattina. Dormendo così tanto, Riley si era costretta a cambiare la sua routine quotidiana, e dopo aver fatto una doccia rinfrescante decise di uscire a fare una passeggiata. La ragazza sapeva che non sarebbe stata solo una passeggiata e quindi si diresse al primo drugstore che si trovò davanti; aveva intenzione di arraffare qualcosa da portare a casa.
Entrò fingendosi una scolaretta che era uscita in anticipo da quella prigione chiamata “scuola” e cercò di dare meno nell’occhio possibile; fece in modo che nessuno potesse vederla mentre sfilava via dagli scaffali ciò che le serviva per nasconderlo poi nel suo fedele zainetto blu che portava sulle spalle. Scusa Andy. Pensava mentre agiva tra gli scaffali del negozio; aveva già infranto la sua promessa, ma nessuno aveva detto che sarebbe riuscita a mantenerla…

Dopo aver tolto dallo scaffale quello che voleva, prendeva un altro prodotto uguale dal retro dello scaffale, fingeva di esaminarlo qualche secondo e poi lo rimetteva a posto, in modo che nessuno notasse che mancasse qualcosa da lì. Continuò così per un po’, prendendo di nascosto snack e bibite, ma anche medicine e cerotti, batterie e tanti altri oggetti che le avrebbero fatto comodo, il tutto senza mai destare alcun sospetto, e quando fu arrivato il momento di lasciare il negozio, la ragazza finse di aver comprato solo un pacchetto di gomme fa masticare.
<< Non dovresti essere a scuola? >> Chiese la donna alla cassa, passando il pacchetto di gomme sul laser. La scrutò con occhi sospettosi, quasi come se sapesse quello che aveva fatto.
Riley sorrise rassicurante muovendo una mano verso destra:<< Il fatto è che oggi siamo usciti da scuola in anticipo, e ho pensato di passare a comprare queste, prima di rincasare… >> Era come una recita; si preparava sempre le battute da dire prima di andare in scena, e al momento della “prima” non sbagliava mai. << Queste cose sono come una droga per me! >> Si finse una ragazza chiacchierona e continuò a parlare delle gomme che aveva comprato, dicendo che una volta le aveva prese tutte a una sua amica e rammentando altri aneddoti mai accaduti; questo era l’approccio che assumeva quando doveva conquistarsi la fiducia di qualcuno come quella donna, che credeva poco a quel visino sorridente e a quelle parole senza freno.
Prima che la donna potesse restituirle il pacchetto di gomme da masticare, Riley si accorse di un dettaglio che aveva ignorato fino a quel momento: il negozio era sorvegliato da telecamere appostate in punti strategici, e avevano ripreso tutto quello che lei aveva fatto. Vide anche un ragazzo giovane e muscoloso alzarsi dal suo sgabello dietro al bancone della cassa, di fronte a uno schermo piatto che mostrava tutte le registrazioni delle telecamere, e avvicinarsi minacciosamente a lei.
Scappa! Fu l’urlo che echeggiò nella sua mente. La ragazza non aspettò nemmeno di ricevere indietro il pacchetto di gomme che aveva dato alla donna e scattò fuori dal drugstore per guadagnare qualche metro di vantaggio; il ragazzo alle sue spalle ebbe uno scatto nettamente più rapido ed efficace del suo, e non ci mise niente a mettersi alle sue spalle una volta fuori dal negozio.
Sul marciapiedi Riley corse a perdifiato, decisa a raggiungere il vicolo che le avrebbe permesso di depistare il suo inseguitore, ma la sfortuna volle che non la facesse franca quel giorno. Non appena si fu voltata per correre dentro al vicolo, il suo zainetto si impigliò a una qualche sporgenza nella parete alla sua destra, e Riley venne tirata indietro da questa. Cadde sulla schiena e lo zaino si aprì riversando tutto il suo contenuto sul marciapiedi: medicinali, attrezzi da lavoro, cibi e bevande, persino un giornale arrotolato. Riley non poté fare niente per nascondere l’umiliazione, ora il suo crimine era esposto davanti a tutti; la gente sfilava guardandola sdegnosa e il ragazzo le rivolgeva uno sguardo impietoso. La ragazza tentò inutilmente di giocarsi la sua ultima carta, quella della ragazza disperata, ma fu tutto inutile.
<< La prego, signore! >> Supplicò lei. << A casa non abbiamo niente da mangiare, ho un fratellino malato e i miei genitori hanno entrambi perso il lavoro… >> Smise di parlare quando si rese conto che quel ragazzo non avrebbe creduto a un’altra parola. Rimase a terra e sospirò amaramente. Dal viso arcigno dell’uomo, lo sguardo di Riley passò a fissarsi sul cielo azzurro sopra di sé, perdendosi nella sua vastità.
Grandioso.
 
*
 
Riley era seduta su una panca di legno molto scomoda, qualunque posizione assumesse le faceva male il fondoschiena. Le avevano portato via tutto, il suo zaino, i pochi soldi che aveva, anche il suo coltellino… Il rumore che faceva la tastiera dello sbirro seduto alla scrivania dall’altro lato della stanza la stava facendo impazzire. Di tanto in tanto, l’uomo le lanciava un’occhiata per controllare che se ne rimanesse buona al suo posto, ma non era molto interessato a casi come quello; lei era una teppistella che era stata beccata a rubare e che era stata portata lì, ma diversamente dal solito, era stata lasciata in compagnia di quell’uomo sudato ad attendere chissà cosa.
<< Quante volte sei stata qui? >> Chiese tutto a un tratto il poliziotto senza alzare lo sguardo dal monitor del suo computer.
Riley lo guardò torva e girò lo sguardo dall’altra parte, come se fosse offesa. Alla sua reazione, il poliziotto rise con gusto.
<< E’ inutile che fai quella faccia. E’ solo colpa tua se sei finita qui oggi! >> Le disse allungando un dito verso di lei, prima di tornarsene a battere alla tastiera. Aveva ragione, ma Riley non voleva ammetterlo, e comunque era troppo concentrata a pensare a come avrebbe potuto scappare da lì, per rispondere in qualche modo all’agente.
Bel lavoro, ci siamo fatti beccare di nuovo!
Duncan sarà furioso quando lo saprà…
Che vuoi che importi di noi a Duncan? Ce ne andremo di qui senza neanche una parola.
State zitti! Riley era davvero stufa di sentire tutte quelle vocine nella sua testa. Erano sempre più insistenti e fastidiose e litigavano sempre, ormai non riusciva a schiarirsi la mente neanche un secondo per colpa loro, e in quel periodo specialmente sembravano impazzite!
<< Ventisette. >> Sentenziò all’improvviso la voce chiara della ragazza. Nella stanza si sentì solo lei, a quel punto anche il ticchettio della tastiera del poliziotto cessò, e l’uomo rimase a fissarla con stupore. Riley alzò lo sguardo a metà tra la sorpresa e la delusione:<< Ventisette arresti, negli ultimi tre anni… >> Mormorò sentendosi male solo a pensarci. Era stata così tante volte in prigione che nessuno avrebbe potuto mai fidarsi di lei. Era diventata una delinquente, e questo non le dava nemmeno fastidio; la sorprendeva, anzi, il fatto che stesse dicendo tutto quello proprio a uno sbirro, una persona che odiava a prescindere! Che le succedeva quel giorno? Era distratta, stanca, e non era mai stata così aperta con qualcuno prima di allora.
Dopo un attimo di sconcerto, il poliziotto tornò a concentrarsi sullo schermo del computer e riprese a battere sulla tastiera. << E così sei familiare a tutto questo… >> Mormorò fingendo di essere interessato. Oppure stava fingendo di non esserlo?
Riley piegò la testa di lato mostrando poco interesse a tutto quello che le capitava. << Più o meno. >>
La porta della stanza si aprì all’improvviso e l’ispettore che si occupava sempre di Riley scrutò l’interno con attenzione, prima di posare lo sguardo sul viso annoiato della ragazza. << Gratton, potresti uscire un minuto? >> Chiese voltandosi verso il collega seduto alla scrivania. Quello sembrò sorpreso, ma si alzò annuendo e lasciò la stanza rivolgendo un ultimo sguardo di saluto a Riley.
Il poliziotto che era appena arrivato prese una sedia e si mise di fronte alla ragazza; si sedette con lo schienale della sedia girato dal lato opposto e vi si appoggiò sopra. << Riley Andersen… Quante volte ti beccherò qui dentro, ancora? >>
<< Avete paura che scappi, tanto da mettermi una guardia nella stanza? >> Chiese lei ignorando totalmente la domanda del poliziotto. Adesso veniva fuori la sua parte aggressiva.
Il poliziotto sorrise, ricordando di quando una volta la ragazza aveva effettivamente cercato di evadere da quella stanza, prima ancora di essere portata alla sua cella. << Ne saresti capace anche se le finestre fossero blindate. >>
Riley non ribatté. La ragazza si limitò a fissarlo con gli occhi ridotti a fessure. Odiava i suoi baffoni bruni, i suoi occhi grandi e gioviali e quel suo tono sempre calmo e pacato.
L’uomo abbassò lo sguardo grattandosi la nuca, capendo che non avrebbe avuto il piacere di intrattenere una conversazione rilassata. << Hai rubato ancora, vero? >> Chiese tornando a fissarla negli occhi. << Quante volte ti avranno beccata a rubare cose inutili? Avevi almeno un motivo valido per farlo? >>
Riley sostenne il suo sguardo severo per tutto il tempo. Non gli avrebbe dato la soddisfazione di vederla abbassare lo sguardo; lei era più forte di lui e di chiunque altro. Fu forse per questo che l’uomo notò la ferita ancora visibile sulla sua guancia.
<< Questo come te lo sei fatto? >> Chiese allungando una mano e facendole spostare delicatamente il mento per guardare meglio la cicatrice. Riley ringhiò quando il poliziotto le mise la mano sul mento, ma non poté fare altro che stare a guardare.
<< Un deficiente per strada mi ha malmenata… >> Sbottò scuotendo la testa lei, cercando di cacciare la grossa mano scura dell’uomo. << Dovreste dare la caccia a gente come quella, invece che rompere le scatole a me! >> Lo accusò con disprezzo. Quello la fissò per parecchio tempo ignorando il suo attacco, deluso forse, e scosse la testa solo dopo che ebbe pensato a qualcosa nella sua mente ristretta. A un certo punto si alzò guardandola dall’alto verso il basso.
<< Riconosci questa bambina? >> Chiese tirando fuori dalla tasca dei pantaloni una vecchia foto. Il volto sorridente della ragazzina al centro del pezzetto di carta lucida, per un momento, non le disse nulla, ma all’improvviso quel viso le fece paura, e Riley desiderò essere da tutt’altra parte.
<< Perché dovrei? >> Chiese cercando di mantenere il sangue freddo, ma sentendo che qualunque cosa avesse detto avrebbe potuto causarle un mare di guai. Quella era una foto di lei, alcuni anni prima di arrivare lì e cambiare vita, prima di diventare una delinquente e rinnegare tutto quanto del suo passato. Riley sapeva che foto come quella erano ovunque nel paese, e anche in città ne erano arrivate, ma perché tutto a un tratto sembrava che fosse stata riconosciuta? C’era forse qualcosa che aveva dimenticato di nascondere della sua vita? Riley aveva fatto un errore e aveva lasciato tracce di sé lungo il suo cammino?
<< E’ arrivata tre anni fa, assieme a una lettera di due coniugi che dicevano di essere i signori Andersen… >> Cominciò il poliziotto girando la foto e osservandola con nostalgia. << Dicevano che tre anni fa, la loro figlia Riley scappò di casa senza lasciare traccia. Non avevano molte prove allora, né conoscevano le vere motivazioni della ragazza, ma sembrerebbe che la piccola Riley non fosse soddisfatta della sua nuova vita in città, e abbia voluto tornare a casa, nel Minnesota. >> Le rivolse uno sguardo inquisitore, mentre la ragazza cominciava ad agitarsi sulla sua sedia. << Da allora ci sono state molte ricerche in tutto il paese per trovare quella ragazzina, ma nessuno sembra essere riuscito a trovare una pista, nemmeno al vecchio indirizzo della famiglia Andersen… Allora io non ci feci molto caso e gli uomini che vennero a fare le ricerche qui non trovarono nulla di concreto, per questo dopo un po’ tutti ci dimenticammo di quella storia… >>
<< Che cosa vuole da me? >> Chiese minacciosa Riley, cercando di non far vedere il sudore che le colava dalla tempia; era stufa dei racconti da parte di quello sbirro.
Il poliziotto sorrise come se si trovasse davanti una nipotina che non vedeva da tempo. << Stamane è successo quasi per caso che questa foto saltasse fuori da uno schedario. Non appena l’ho vista ho pensato che la bambina in questione somigliasse molto a te, e quando ho letto il suo nome me ne sono quasi convinto. >> Piegò la schiena verso di lei e cercò di sembrare più umano possibile, ma agli occhi della ragazza fallì miseramente; per lei, lui era un mostro. << Ma solo ora mi rendo conto che tu e quella bambina siete due gocce d’acqua, Riley… >> La ragazza trattenne il respiro, preoccupata dalla possibile sentenza dell’uomo. << Allora nessuno ti conosceva, per questo riuscisti a sfuggire alle ricerche. Ora che vivi qui da tre anni e sei diventata una ladra di bibite in lattina, lasciami chiederti: perché sei scappata così di casa? I tuoi genitori non sembrano per niente delle cattive persone, e sono veramente preoccupati per te… >> Mormorò cercando di fare leva sulla sua coscienza. << Cosa ti ha spinto a intraprendere questa vita? >>
Riley si guardò intorno. Quello era un commissariato, era stata in prigione una marea di volte, e nonostante ciò continuava a fare sempre gli stessi errori! Ne era valsa davvero la pena di scappare a quel modo? Non sarebbe forse arrivato il momento di tornare a casa?
Tornare da mamma e papà? Fece una voce nella sua testa. E per fare cosa? Torneremmo in una prigione!
Improvvisamente, Riley sentì una grande rabbia crescere dentro di sé; quella stessa rabbia fredda che aveva serbato per quel ragazzo che l’aveva colpita, quella stessa rabbia nascosta che provava verso i suoi genitori. E quella rabbia venne fuori improvvisamente, quasi senza che la potesse controllare. << Lei non sa niente, e non le permetto di intromettersi nella mia vita in questo modo! >>
Il poliziotto mantenne la calma e scosse la testa, fingendo di non essere interessato alle sue minacce. << Non mi sono intromesso io; i tuoi genitori mi hanno chiesto di cercarti. >> Rispose serenamente. << Riley, lo hanno chiesto a ogni singolo cittadino! Perché non capisci quanto ti vogliono bene? >>
<< NON MI VOGLIONO BENE! >> Scattò furiosa la ragazza irrigidendo le braccia sul posto e graffiandosi i palmi con le unghie. << E io non sono interessata a tornare da loro! Sto bene qui, e non mi lascerò trascinare indietro come una prigioniera! >>
Il poliziotto le rivolse uno sguardo pieno di delusione. Sembrava che avesse abbandonato l’idea di farla ragionare. << I tuoi genitori ti hanno cercata a lungo, e finalmente ti hanno trovata… >> Mormorò forse trattenendo un moto di rabbia. << Dopo che ti avrò portato nella tua cella per aver cercato di derubare quel negozio, io prenderò il telefono e chiamerò la tua famiglia per dar loro questa notizia; finché non saranno arrivati i tuoi genitori, tu non uscirai da questo posto! >>
Riley rimase a bocca spalancata, incredula che l’uomo lo stesse facendo davvero. << Lei non può fare questo… E’ sequestro di persona… >> Cercò di aggrapparsi alla legge – quel poco che ne sapeva – ma si rese conto subito che in quel caso, la legge non era esattamente sua alleata.
<< Sei una ladra! >> Esclamò il poliziotto puntandole un dito contro. << E sei anche una recidiva! E dato che sei scappata di casa, ho tutto il diritto di tenerti in custodia fino all’arrivo dei tuoi genitori! >> Queste furono le sue ultime parole, prima di lasciare la stanza a grandi falcate, chiudendo con impeto la porta.
Riley rimase da sola per alcuni minuti. Non riusciva a credere di essere stata scoperta. Ora scappare sarebbe stato ancora più difficile. Non avrebbe più potuto nascondersi in quella città e in nessun’altra. Se i suoi genitori l’avessero raggiunta, per lei sarebbe finita tutta la libertà di quella vita, sarebbe stata costretta a diventare una ragazzina onesta e il peggio era che non sarebbe mai riuscita a rivedere i suoi amici, le persone che le avevano fatto compagnia in quegli anni. In quel momento, anche vedere Duncan l’avrebbe fatta stare meglio…
La rabbia che era scomparsa durante il monologo del poliziotto e che era stata sostituita dalla paura di essere portata via, tornò a farsi sentire con prepotenza, e Riley cominciò a battere con forza  le mani sulle proprie cosce, urlando:<< CAZZO! CAZZO! CAZZO! CAZZO! CAZZO! CAZZO! CAZZO!!! >>
Tutto quello che avevano fatto era stato vano.

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Capitolo 16
*** Evasione ***


<< Dobbiamo scappare! Non possiamo restare qui! >> Diceva Paura in preda al panico.
<< Siamo chiusi in una cella, non possiamo fare niente… >> Ribatteva Disgusto mostrandogli lo schermo che faceva vedere delle sbarre di metallo per niente rassicuranti.
<< Un modo per andarcene deve esserci! >> Rabbia continuava a manovrare i comandi come se stesse sorvolando una pista d’atterraggio con un aeroplano, in cerca di qualche indizio che mostrasse loro la via d’uscita.
Gioia non li stava tanto a sentire, dato che non sarebbe servito a niente dare la sua opinione, ma era preoccupata per Riley e rimase a fissare attentamente lo schermo che continuava a mostrare la cella in cui era bloccata la loro protetta; come Rabbia, anche lei faceva attenzione ad ogni minimo particolare, ma non aveva i comandi e non poteva scegliere su cosa concentrarsi come faceva lui.
In realtà conoscevano bene quelle celle: c’era un corridoietto adiacente alla loro, e una volta erano addirittura riusciti ad evadere; ma da allora le cose sembravano essere cambiate molto e scappare sembrava impossibile ora… C’era una telecamera in ogni cella per sorvegliare i detenuti e i chiavistelli che bloccavano le sbarre erano stati cambiati con alcuni più moderni e resistenti, le sbarre alla finestra, infine, impedivano qualsiasi tipo di fuga. Neanche se avessero avuto tempo a sufficienza sarebbero riusciti a far evadere Riley, con quel poco che avevano a disposizione per provarci…
Ci sarebbe voluto un po’ di tempo perché i suoi genitori potessero arrivare laggiù, ma se non volevano farsi trovare da loro, Riley doveva lasciare subito la centrale di polizia e sparire dalla circolazione.
<< Ci troveranno! Non possiamo più nasconderci! >> Disse paura ancora più su di giri. << Avete sentito cosa ha detto quel poliziotto? La nostra foto è ovunque! >>
Rabbia sembrò volerlo calmare, nonostante non gli rivolgesse nemmeno lo sguardo. << Troveremo un modo per non farci notare. Magari non potremo più vivere in città troppo grandi, ma ce la faremo! >> Quello era lo spirito che ci voleva in quel momento: non bisognava perdere la speranza e andava sempre cercata una via di fuga. Se solo ce ne fosse stata una…
La voce di disgusto sorprese sia Rabbia che Gioia dentro al Quartier Generale, e l’emozione dorata non avrebbe escluso che anche Riley avesse sentito quella proposta: << Ma siamo sicuri che non vogliamo farci trovare? >>
Rabbia si congelò di fronte alla console, le mani strette attorno alle cloche. Lentamente, Gioia vide il suo corpo rosso e peloso ruotare in senso antiorario e rivolgersi verso Disgusto, che a pochi passi da lui se ne stava con la schiena perfettamente eretta e i piedi uniti. L’espressione dell’esserino verdastro non era la solita scettica o superiore, ma in quel momento si poteva vedere tutta la sincerità dell’emozione. << Che cosa hai detto? >> Scandì Rabbia tremando. Sulla sua testa si stava già accendendo un lieve falò.
Disgusto non voleva provocare il capo del Quartier Generale, per la prima volta si stava rivolgendo con estrema sincerità a Rabbia, e quello che avrebbe voluto ricevere era solo una semplice risposta. << Voglio dire… Perché continuiamo a rischiare così tanto? Abbiamo avuto la nostra possibilità di condurre una vita secondo le nostre regole… >> Strinse le spalle confusa, come se stesse cercando le parole per dire ciò che pensava. << Forse, semplicemente non ha funzionato. >>
Paura teneva lo sguardo fisso su di lei, mentre si tormentava le mani con nervosismo; condivideva quel pensiero di Disgusto, ma temeva la reazione di Rabbia dopo quell’improvvisa e brutale onestà. Ora tutti aspettavano la reazione dell’ometto rosso che era ai comandi, ma nessuno avrebbe voluto assistervi; Gioia affacciava a malapena il viso dalla propria finestrella, temendo che Rabbia potesse esplodere da un momento all’altro, mentre Tristezza spiava la scena dal suo angolino, nascondendo il proprio interesse nella faccenda; solo Disgusto aveva il coraggio di guardarlo negli occhi, e aspettava la risposta senza cercare di trasmettere alcuna emozione negativa al leader, senza mostrarsi arrogante come faceva di solito per fargli perdere la pazienza.
Un breve e profondo rantolo provenne dalla gola di Rabbia un attimo prima che lui potesse mostrare un ghigno furibondo. Quando aprì bocca, sembrò quasi che stesse misurando con molta cautela le parole, per evitare che gli sfuggissero:<< Dopo tutta la fatica e l’impegno che abbiamo messo per arrivare fin qua… Tutto il tempo passato a nasconderci… Tu vorresti semplicemente arrenderti e tornare con “mamma e papà”? >> Assunse un tono insolitamente infantile quando nominò i due genitori. Gioia notò la fiammella che cominciava a brillare sulla testa quadrata dell’ometto e si mise al riparo. << Ma certo, non c’è più niente da fare! Siamo finiti perché ci hanno beccati! Dove andremo, ormai ci conoscono tutti… >> Sembrò quasi imitare la voce di qualcuno mentre disse quelle cose, e assunse toni incredibilmente acuti e ironici per la situazione. << Bé, sai una cosa? Io dico che non è finita! >> Piantò un piede sul pavimento e rivolse uno sguardo minaccioso a Disgusto, che ricambiò con superiorità; la sua testa divenne rovente all'improvviso. << Non è finita finché continuiamo ad essere liberi! E se dobbiamo trovare il modo per tornare liberi, allora lo troveremo! Io non mi arrendo! Io…! >>
La sfuriata di Rabbia fu interrotta al suo apice dall’entrata in scena di un personaggio non molto ben visto dall’incendiario, ma che gli fece venire in mente una grande idea per uscire da lì. << Ciao Riley. >> Disse la voce un po’ stranita di Andy, il ragazzo che aveva passato il pomeriggio precedente con la ragazza. << Ho saputo che eri qui, e ho pensato di passare… >>
Bastardo. Riley non era per niente contenta di vederlo, a causa della sua parentela con uno degli ispettori del commissariato in cui ora era rinchiusa. La sua reazione alla vista del ragazzo sorprese anche Gioia, che non pensava che Riley potesse covare simili sentimenti per lui, ma sembrò proprio che quello fosse ciò che avrebbe detto Rabbia in quel momento, data la sua espressione di sufficienza mentre guardava nello schermo; la piccola stellina non si era mai abituata al sentire uscire parolacce dalla bocca dell'ometto iracondo.
Andy passò di fronte alle altre celle vuote, prima di prendersi una sedia e appostarsi di fronte a quella di Riley, rivolgendole uno sguardo triste. << Non pensavo che intendessi questo, quando hai parlato di diventare una persona più sicura di sé… >> Commentò disfattista guardandola con un po’ di delusione. << Hai infranto la tua promessa. >>
<< Che ti interessa? >> Ribatté scontrosa lei. Almeno Rabbia poteva sfogarsi con quel ragazzo.
Andy sembrò dispiaciuto. << Guarda che non ti giudico per quello che hai fatto. >> Cercò di rassicurarla assumendo un tono un po’ invadente. << Voglio solo aiutarti… >>
L’espressione infastidita di Rabbia fu sovrastata dall’espressione sicura di sé di Disgusto, che lo cacciò dalla console e prese i comandi della mente di Riley; l’ometto rosso protestò, ma lei lo zittì rapidamente con una frase che lo lasciò allibito:<< Non sa perché siamo qui! >> Poco dopo, la sua stessa espressione si dipinse sul viso di Riley, nella sua cella.
<< Se vuoi aiutarmi, prendi quelle chiavi appese alla parete e liberami! >> Disse Riley facendo un cenno a un mazzo di chiavi appeso a un gancio nella parete opposta alla cella; lei non ci sarebbe mai arrivata, ma lui avrebbe potuto farlo.
Andy girò più volte lo sguardo da lei alle chiavi. << Cosa…?! No! >> Protestò.
Disgusto fece fare una smorfia e un versaccio con le labbra a Riley. << Mi stai dando davvero un bell’aiuto… >> Commentò incrociando le braccia e girando lo sguardo dall’altra parte. Andy si dimostrò deluso.
<< Andiamo! Non vorrai darmi la colpa di tutto questo? >> Chiese appoggiandosi alle sbarre della cella. Riley tornò a rivolgere lo sguardo verso di lui e si alzò dalla sua panca, avvicinandosi lentamente.
<< Perché non dovrei? Tuo zio è uno degli sbirri che mi hanno arrestato! >> Sbottò stringendo le dita attorno alle fredde sbarre metalliche della prigione. Disgusto la fece muovere con calma, ma senza mai far sparire quel tono infastidito nella sua voce. << E io che volevo anche aiutarti… >> Scosse la testa fingendosi ferita.
<< Non fare così, adesso… >> Cercò di calmarla il ragazzo mettendo una mano sulla sua. Disgusto fece ritrarre subito la mano alla ragazza; doveva mostrare sicurezza e risentimento nei confronti del ragazzo.
Era il momento di sferrare il colpo fatale:<< Lo sapevo che non c’era speranza per te… >> Mormorò delusa la ragazza, nascondendo il sorrisetto maligno che altrimenti le sarebbe comparso sul volto. Andy sembrò sorpreso.
<< Che vuoi dire? >> Chiese desideroso di una spiegazione.
Riley gli rivolse uno sguardo di sufficienza. << Pensavi davvero di poter diventare un ragazzo popolare, continuando a comportarti così? >> Mosse le mani come per mostrargli quanto ancora fosse al punto di partenza e non fosse cambiato minimamente.
Andy sembrò non credere a una parola della ragazza. << Che… Stai dicendo? Questo non c’entra niente…! >>
<< Certo che c’entra! >> Lo interruppe Riley alzando la voce, mentre Disgusto la faceva muovere avanti e indietro nella sua cella; si stava divertendo un mondo. << Continui a fare la parte del “bravo ragazzo”, quello che non disobbedisce neanche per sbaglio agli ordini del “papà”, della “mamma”, o in questo caso, dello “zio”! >> Tutto quello che stava dicendo era mirato a colpire Andy nell’orgoglio e fargli aprire la porta; Rabbia se ne rese conto quando sentì le parole di Riley e sorrise compiaciuto a Disgusto, mentre Paura sembrò arrivarci un po’ dopo.
L’unica reazione del ragazzo fu un broncio offeso; cercò di controbattere alzando un dito e aprendo la bocca, ma Riley non gliene diede il tempo.
<< Volevi essere coraggioso e apprezzato? Ma se non hai nemmeno le palle per disobbedire un minimo agli ordini di tuo zio! >> Esclamò la ragazza strattonando con forza le mani, come se avesse un piano su cui sbatterle.
<< Ci sto ancora lavorando! >> Cercò di dire lui in sua difesa.
A quel punto Disgusto fu cacciata con impeto da Rabbia, che rise a causa della situazione a lui favorevole che Disgusto aveva creato, e prese i comandi.
<< E comunque, andare controcorrente è una cosa, ma infrangere la legge è tutt’altra… >> Tentò di dire Andy, ma Rabbia ormai aveva preso il controllo di Riley, ed era pronto a dare il colpo di grazia.
<< Vuoi essere un ribelle o no? >> Chiese Riley senza lasciargli il tempo di parlare. << Allora pensa con la tua testa per una volta, e liberami! >>
Rabbia si fece prendere un po’ troppo la mano e a un tratto gli sfuggì un calcio della ragazza alle sbarre della cella in cui era rinchiusa; forse le fece alzare troppo la voce, forse sembrò lamentarsi un po’ troppo, ma la sua scenata riuscì a segnare sicuramente Andy, che indietreggiò e si limitò a guardarla con occhi spalancati, senza parole. In risposta, Rabbia decise di non fermarsi e continuò a rivolgere quello sguardo di sfida che aveva avuto lui per tutto il tempo; Gioia vide la sua espressione e immaginò che fosse la stessa di Riley: sembrava dire “tanto lo so che non ne hai il coraggio!”
Disgusto si fece da parte oltraggiata agitando con un colpo i fluenti capelli verdi e tornò da Paura, che le sorrise per l’ottima idea che aveva sviluppato.
<< Peccato che Rabbia abbia quasi rovinato tutto… >> Bisbigliò lei stizzita in sua risposta.
L’atmosfera nella stanza si era fatta pesante, quasi insostenibile, ma Rabbia fece rimanere Riley sulla posizione ad ogni costo. Dopo alcuni secondi pieni di incertezza, il ragazzo si voltò verso la parete alle sue spalle e afferrò con decisione il mazzo di chiavi appeso ad essa; pochi secondi dopo infilò una delle chiavi nella toppa della serratura, e a quel punto si fermò a fissarla. Gioia vide tutta la sua indecisione, tutta la sua paura di essere usato ancora una volta e i suoi rimpianti, ma fu l’unica nel quartier generale a notare ciò; tutti gli altri erano concentrati a fissare la chiave che stava per girare nella serratura. Solo una delle quattro emozioni presenti notò che Gioia non era entusiasta di quella situazione, e la piccola stella sentì gli occhi della solitaria Tristezza su di sé, per un momento.
Andy scosse la testa con decisione, scacciando le sue insicurezze, e girò con forza la chiave. Riley si lanciò addosso a lui non appena la cella fu aperta e lo strinse a sé con forza:<< Oh Andy, Andy! Allora stai imparando… >> Disse cambiando tono radicalmente; Rabbia e gli altri si poterono finalmente rilassare quando la porta della cella fu ben aperta, per questo l’ometto rosso lasciò che la ragazza abbracciasse il suo liberatore.
Andy si schiarì la voce con difficoltà e cercò di parlare:<< Va bene, ma ora non ne approfitt… >> Non ebbe nemmeno il tempo di finire la frase che Riley lo prese per mano e cominciò a tirarlo fuori da lì.
Prima che Rabbia potesse condurre i due ragazzi fuori da quella prigione, nella testa di Riley echeggiò un suono metallico e sottile che le fece venire prima i brividi e poi, quando si rese conto cosa fosse, un grande calore in tutto il corpo. Andy l’aveva ammanettata a sé con un rapido e impercettibile gesto.
<< CHE COSA?! >> Urlò Paura liberando tutta la tensione che aveva accumulato fino a quel momento; spostò Rabbia con forza dalla console e schiacciò un pulsante con decisione.
<< Che cosa?! >> Fu la reazione di Riley a quel gesto temerario del ragazzo. << Che cosa significa questo? >> E mostrò il polso ammanettato alzandolo un po’.
<< Significa che per evitare che tu mi stia prendendo in giro, mi assicurerò di averti sott’occhio per tutto il tempo! >> Era diventato sfacciato tutto a un tratto. Nessuno nel quartier generale seppe come reagire a quella cosa.
Rabbia era paralizzato, nonostante volesse prendere a pugni Paura per averlo cacciato in quel modo tanto brusco, e l’unico esserino della mente di Riley che avrebbe potuto premere qualsiasi comando della console si limitò a schiacciare un piccolissimo pulsante con un dito.
<< Wow… >> Fece Riley guardandosi intorno, dispersa. << Okay, credo che si possa fare… >> Non sapendo come rispondere, si limitò ad evitare lo sguardo del ragazzo e annuire in modo impercettibile con la testa.
Andy sorrise soddisfatto, mentre Riley si voltava per lasciare la stanza.
Nel quartier generale era calato il silenzio: tutti quanti guardavano lo schermo con gli occhi sgranati; Rabbia aveva diverse ragioni per avercela con Paura e Disgusto, che lo avevano entrambi spodestato dalla sua posizione, ma in quel momento tutti quanti erano concentrati sullo schermo sopra le loro teste. Qualcuno commentò incredulo:<< Lo ha fatto davvero… >>

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Capitolo 17
*** Il luogo segreto ***


Sgattaiolare via dal Commissariato non era stato difficile; Riley lo aveva già fatto in passato, e gli agenti della stazione erano per la maggior parte anziani e prossimi al pensionamento. Il vero problema era stato portarsi appresso Andy, che pensava sarebbe stato semplice scappare. Il ragazzo non era abituato a fare come faceva lei, a nascondersi dalla gente e a scappare in caso di necessità: non era magro come lei, Riley era più piccola di statura, e gli veniva più difficile trovare un riparo per nascondersi in un luogo ristretto come gli uffici del Commissariato. Per fortuna non furono scoperti da nessuno, e Riley fu felice di lasciare quel posto come mai prima le era successo.
<< E’ incredibile… >> Commentò ansimando, mentre i due ragazzi riprendevano fiato al riparo da sguardi indiscreti in un vicolo accanto alla stazione di polizia.
<< Che cosa? >> Chiese Andy, confuso e combattuto a causa di quello che era successo: aveva aiutato una detenuta a fuggire dalla sua cella; per quanto fosse leggero il motivo della sua condanna, la coscienza del ragazzo lo stava facendo sentire veramente male, ma grazie alla sua trovata delle manette aveva pensato di avere tutto sotto controllo ed era riuscito a distogliere la propria attenzione da quel senso di colpa.
Riley si affacciò un’altra volta dal vicolo e sorrise eccitata verso Andy. << E’ la prima volta che scappo senza essere beccata! >> Si piegò poggiando le mani sulle ginocchia e rise. << E in più, con la tua carcassa appresso! Meriterei un bonus… >> Alla fine alzò lo sguardo serenamente, godendosi quel momento di adrenalina che la giornata le aveva regalato; aveva ancora i brividi di quando avevano rischiato di allertare un giovane agente del Commissariato a pochi passi dall’uscita.
<< Un… Bonus? >> Chiese incredulo Andy alzando lo sguardo verso la ragazza, che aveva stampato in viso un sorrisetto malizioso.
Riley sembrò quasi non comprendere la sua sorpresa. << Sì, un bonus. >> Rispose come se la cosa fosse ovvia. << Sai… Per aver fatto tutto alla perfezione! >> Alzò entrambe le mani stringendo le spalle; sembrava prendere tutto troppo alla leggera.
Andy rimase a bocca aperta per un paio di secondi, prima di esprimere i suoi pensieri:<< Tu… Pensi che sia un gioco? >>
<< Un gioco? >> Chiese Riley divertita. << Certo che no, ma se devi fare tutto questo per vivere, allora fallo divertendoti. >> Il suo tono si fece freddo nello stesso momento in cui si voltò.
<< Così non va bene, Riley! Non ti ho fatta uscire perché potessi prenderti gioco del mondo intero! >> Protestò Andy agitando le braccia. << Devi capire che ciò che fai è sbagliato, o non potrò aiutarti…! >>
<< Ma cosa dici? Sono io quella che deve aiutare te. Anzi… >> Gli rivolse un sorriso melenso e gli diede una rapida pacca sulla spalla opposta a quella del braccio ammanettato. << Hai fatto un ottimo lavoro, sono fiera di te! Si vede che stai imparando… >>
Andy era allibito. << Ma che cosa dici? >> Si scrollò di dosso la mano della ragazza e alzò la voce per essere più chiaro, ma nonostante ciò Riley non perse il suo sorriso. << Sei un’evasa, Riley! E sei finita dentro per una stupidaggine! Non potresti mostrare un po’ più di coscienza? >> La ragazza non si mosse, mentre invece Andy scosse la testa contrariato, incredulo di avere a che fare con una persona tanto irresponsabile. << Dobbiamo aiutarti. Devi capire cosa è giusto e cosa è sbagliato, e poi la smetterai di rubare! >>
Riley fece un passo verso di lui e gli disse di fermarsi alzando la mano; con l’altra gli cinse il collo e avvicinò il viso al suo. << No, dobbiamo aiutare te, Andy. >> Disse mantenendo quel sorrisetto furbo che sembrava prendere in giro il ragazzo. << Dobbiamo aiutarti a uscire dal guscio che ti ha frenato per tutto questo tempo! Io l’ho visto il vero Andy, e so che può prendere il controllo della tua testa. Devi solo capire che non c’è niente di male nel lasciarsi andare. >>
I due ragazzi rimasero a fissarsi intensamente negli occhi per alcuni secondi: Riley stava mettendo alla prova Andy rivolgendogli quel sorriso ammaliante, e il ragazzo faceva di tutto per evitare il suo sguardo e trovare una via di fuga da quella situazione imbarazzante. Riley capì che Andy non era ancora pronto ad uscire dal guscio, ma ne aveva una voglia matta, e allora lasciò andare la presa e rilassò i muscoli della faccia; si sarebbe impegnata a far crescere dentro Andy, in modo che il ragazzo potesse esserle riconoscente e guadagnarsi la libertà,
<< Andiamo. >> Cinguettò divertita lei passandogli accanto, tirando la catena che univa i loro polsi. Il ragazzo la seguì senza dire una parola, lasciando che fosse lei a guidarlo lungo la strada. Il loro obiettivo era quello di allontanarsi dal Commissariato e trovare un posto sicuro per poter rimediare a tutto quanto: Riley aveva fretta di andarsene dalla città, ora che sapeva che i suoi genitori sarebbero tornati, ma doveva pazientare e sfruttare tutte le carte che aveva a disposizione per guadagnarsi la libertà.
 
*
 
Andy non sapeva della vera identità di Riley, la ragazza era stata fortunata a incontrarlo prima che potesse essere informato dallo zio o da chiunque altro nella stazione, ma sapeva che presto i volantini con il suo volto avrebbero tappezzato la città, e per allora avrebbe dovuto essere lontana; se Andy avesse saputo la verità su di lei, probabilmente niente lo avrebbe fermato dal seguire la propria coscienza e riportarla alla polizia.
<< Dove stiamo andando? >> Chiese Andy mentre Riley si infilava per prima in mezzo a un gruppo di gente. I due ragazzi dovevano camminare a distanza molto ravvicinata per non far notare le manette ai polsi.
<< In un posto sicuro. >> Rispose calma lei. << Dove potremo riprendere fiato senza temere di essere scoperti. >>
Andy sfilò in mezzo al gruppo di persone appena abbandonato da Riley e chiese:<< E dov’è? >>
<< E’ il mio luogo segreto! >> Rispose con un ghigno sul viso. << Ci vado ogni volta che ho bisogno di schiarirmi le idee in pace. Dovresti essere onorato di essere il primo ad entrarci, dopo di me… >>
Andy stava per dire qualcosa, ma una suoneria priva di tono interruppe la conversazione, costringendo i due ragazzi a fermarsi; Riley si voltò interrogativa mentre Andy tirava il cellulare fuori dalla tasca e guardava lo schermo con curiosità. << E’ mio zio. >> Disse alzando lo sguardo verso Riley, senza aggiungere altro; ovviamente, quello sguardo le stava chiedendo istruzioni su come agire di fronte a quell’imprevisto.
Riley lo fissò per un attimo, elaborando la domanda. << Lui sapeva che eri al Commissariato? >> Chiese volendo accertarsi di quello per prima cosa.
<< Sì… Passo sempre da lui alla fine della scuola. >> Rispose il ragazzo mentre il telefonino continuava a squillare.
<< E ti ha accennato di me? >> Chiese spalancando gli occhi e piegando il collo in avanti.
Andy era titubante. << Mi ha detto che c’era una ragazza in cella, e che mi doveva raccontare qualcosa di lei, ma che prima doveva fare una telefonata. Nel frattempo sono andato a vedere chi fosse, e ti ho trovata là… >>
Dunque non sa ancora nulla! Commentò soddisfatta una voce nella testa di Riley. Potevano ancora farla franca!
<< Non riesce a trovare entrambi, e pensa che io sia scappata con te. Non rispondere! >> Sbottò rapidamente la ragazza con tono autoritario; se Andy avesse parlato con suo zio, sarebbe stata la fine. << Lasciamoli brancolare nel buio ancora per un po’, guadagneremo più tempo! >>
Il ragazzo sembrò riluttante a rifiutare la chiamata, ma non protestò nel farlo. Dopo aver rimesso in tasca il cellulare, tornò alla conversazione precedente:<< Quindi… Questo luogo segreto? >> Chiese riprendendo a camminare. << E’ bello? >>
Riley sembrò pensare al termine da utilizzare. << Caratteristico. >>
<< In che senso? >> Chiese lui accostandosi a lei.
Riley sorrise pensando alla propria furbizia e al posto che stavano per raggiungere:<< E’ un posto adatto a quelli come me… E quelli che vogliono diventare come me. >>
La ragazza rivolse un sorrisetto pieno di malizia al ragazzo accanto a lei, e lui non poté chiedersi il perché di quella reazione. Anche se lui non se ne rendeva conto, Riley stava stuzzicando quella parte di lui che voleva ribellarsi alle regole a cui aveva sempre obbedito ciecamente; tutto quello che stavano facendo, avrebbe cambiato lentamente il modo di pensare di Andy.

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Capitolo 18
*** In fuga dal mondo ***


<< Dopo di te… >> Riley agitò la mano come per fare strada ad Andy, che sembrò riluttante a passare in mezzo a quella staccionata vecchia e scardinata.
<< Sarebbe questo il luogo segreto? >> Un vecchio cantiere abbandonato non sembrava quello che si sarebbe aspettato il ragazzo, ma Riley non smise mai di sorridergli.
<< Avanti! Una volta dentro nessuno ci potrà disturbare. >> Disse lei spingendolo per farlo entrare nel territorio del cantiere.
Andy allungò un indice verso le proprie spalle. << Forse non hai visto il cartello: questo posto è proprietà del Comune, non puoi entrarci come se… >> Riley continuò a spingerlo finché il ragazzo non ebbe inciampato in una pietra sul terreno. Cadde a faccia in giù e si spinse con i gomiti con molta fatica per tornare a guardare verso l’alto. << Se ci scoprono passeremo dei guai! >> Disse con tono seccato, cercando di non fare caso al fatto che Riley lo avesse praticamente buttato a terra di sua spontanea volontà.
La ragazza tese il braccio ammanettato e aspettò che Andy si fosse rialzato, prima di avanzare e andare a sedersi su dei grossi tubi di cemento al centro di una piazzola di mattoni circondata da tubi di ferro conficcati nel pavimento e qualche parete di cemento eretta tempo addietro. << E’ proprio per questo che è il posto perfetto dove far sviluppare un po’ la tua virilità! >>
Andy cercò di prenderla più seriamente possibile, ignorando il sorrisetto di Riley atto a stuzzicarlo, e chiese:<< Che cosa vuol dire? >>
Riley sospirò alzando gli occhi al cielo. << Sei un maschio, sì? >> Si alzò avanzando verso di lui.
Sembrava una domanda trabocchetto. << Sì…? >> Rispose rapido Andy confuso.
Dapprima Riley sorrise, poi mise le mani sul petto di Andy e lo spinse indietro. << E allora comportati da maschio, porca miseria! >> Andy cadde di nuovo a terra, con meno impeto questa volta. La ragazza sembrò non sentire nemmeno il suo peso dalle manette.
<< Che cosa ti aspetti che faccia? >> Chiese adirato e un po’ sorpreso, mentre cercava di rialzarsi. << Cosa intendi? >>
Riley alzò gli occhi al cielo di nuovo, mostrandosi esasperata dalle domande del ragazzo. << Dovrebbe essere normale per te, voler provare qualcosa di nuovo… >> Mormorò offrendogli la mano per rialzarsi. Andy la fissò con sospetto, pensando che quello fosse un altro scherzo, ma quando le prese la mano, la ragazza lo aiutò a rimettersi in piedi senza fargli nessun tiro mancino. << Infrangere le regole, scappare alla polizia… Tutto questo non ti elettrizza neanche un po’? >>
Andy la fissò con un sopracciglio inarcato mentre si spolverava i vestiti con le mani. << Dovrebbe? Ho solo l’impressione di stare per cacciarmi in guai sempre più grossi… >> Si guardò intorno come preoccupato.
<< E questo è il tuo problema! >> Gli disse in faccia lei puntandogli un dito sul petto. << Pensi troppo! Smettila di pensare e buttati in un’avventura, qualcosa che dia una scossa alla tua vita! Come dovresti diventare popolare, se non riesci a uscire neanche per un istante dai tuoi limiti? >> Andy alzò una mano come per calmare la ragazza.
<< Prima di tutto: chi ha mai parlato di diventare popolare? >> E rivolse uno sguardo di rimprovero alla ragazza. << E poi, qui il problema ce l’hai tu! Quindi datti una calmata e vedi di capire cosa non va in te, per poter rimediare. >> La spinse senza mettere troppa forza nelle braccia e la ragazza tornò seduta sul tubo di cemento; sorrise intrigata, capendo di aver risvegliato lo stesso Andy che prima l’aveva ammanettata.
<< Ecco, quello sguardo mi piace proprio! >> Disse con un sorrisetto, mentre Andy faceva sparire quell’espressione di rimprovero per sedersi accanto a lei.
<< Oh… Andiamo, Riley! >> Si lamentò guardandola negli occhi. << Perché devi continuare a concentrarti su di me, quando sei tu quella nei guai? >>
Riley non smise di sorridere. << Perché io ci sono abituata. >> Disse con leggerezza. << E avverto che tu, invece, sei molto preoccupato per quello che è successo oggi… >>
Andy si alzò rapidamente allargando il braccio libero. << Ci credo che sono preoccupato! Ti ho fatta evadere e sembra che non te ne importi niente! >> Si guardò intorno come se stesse cercando qualcosa. << Mi hai portato in questo posto, e non capisco ancora perché… Perché non provi ad essere un po’ più responsabile e cerchi di rimediare ai tuoi errori? >>
Riley gli rivolse uno sguardo di sufficienza; non le piaceva sentirsi fare la predica, benché meno da uno più piccolo di lei. << Io non ho nessun problema ad affrontare le conseguenze dei miei errori! >> Rispose con tono basso.
<< Ah sì? E allora perché sei voluta scappare? >> Quella domanda lasciò senza risposta Riley, che normalmente non avrebbe avuto problemi a trovarne una; non aveva pensato ancora a come spiegare il suo bisogno di fuggire il prima possibile da lì. Come avrebbe dovuto dire a Andy la verità? E sarebbe stato veramente necessario dire la verità o sarebbe bastato mentirgli spudoratamente? Se la sarebbe bevuta? Di certo non poteva dire che era scappata di casa e che aveva vissuto per strada per tutto quel tempo, sfuggendo costantemente ai suoi genitori…
Riley assunse un’espressione composta, gli occhi ridotti a fessure e la bocca stretta e serrata. << E va bene, Andy. Vuoi una spiegazione? Ti accontenterò… >> Si mostrò perfettamente sicura di sé, senza lasciar trasparire la minima insicurezza, e tutto a un tratto le parole cominciarono a fluire via dalle sue labbra.
<< E’ vero che ho fatto tante cose brutte e non mi sono neanche mai preoccupata di chiedere scusa per quello, ma se le cose stanno così è colpa del mio passato e della mia famiglia… >> Avrebbe cercato di inscenare la parte della “vittima innocente”. Già sentiva la soddisfazione nell’essere riuscita a farla franca, se la sua messinscena avesse avuto l’effetto desiderato… << Sono scappata di casa tre anni fa, abbandonando un padre alcolizzato che mi picchiava frequentemente e una madre a lui succube; i miei parenti e amici non credevano a una singola parola detta per chiedere aiuto e salvarmi da quel mostro, e le percosse erano parte della mia vita ormai… >> Si sforzò di farsi lacrimare un occhio per rendere la sceneggiata ancora più credibile, come per far credere che anche il solo rammentare quei ricordi la faceva stare male. << Finché un giorno, tre anni fa, decisi di dire “basta”! Approfittando della distrazione di mia madre, rubai dei soldi ai miei genitori e comprai un biglietto dell’autobus per portarmi il più lontano possibile da loro, così che non potessero più trovarmi. >> Sospirò distogliendo lo sguardo con rammarico. << E’ superfluo dire che allora non avessi alcuna esperienza di come sopravvivere per strada, e fu allora che incontrai Duncan, il ragazzo che si prese cura di me e mi insegnò a rubare… >> Ridacchiò sorpresa. << Sì, Duncan è stato la mia salvezza, ma è un mostro dentro… Dopo essere scampata a mio padre, in ogni caso non ho certo trovato la libertà con lui. >> Stava dicendo ogni tipo di falsità per farsi credere da Andy. << E poi, come se non bastasse, sembra che i miei genitori mi abbiano finalmente trovata… Quando quel maledetto ispettore mi ha detto che in centrale era arrivata una foto di me, mandata direttamente dai miei genitori, ho cercato di spiegargli in ogni modo il perché della mia scelta, l’ho pregato di non avvertirli, ma è stato inutile… >> Abbassò lo sguardo con tristezza. << Alla fine, gli adulti fanno quello che vogliono, e siamo noi ragazzi a rimetterci… Io cerco solo la libertà che non ho mai avuto, Andy… So che è difficile da capire, probabilmente non crederai alla mia storia, e sì, lo so che tutto quello che faccio io è sbagliato e immorale, ma… E’ la mia liberta! >> Si sforzò di assumere un’espressione di supplica. << Smetterò di rubare, diventerò una brava persona, te lo prometto, ma ti chiedo solo una cosa… >> Gli prese le mani e lo guardò dritto negli occhi, con l’intenzione di colpirlo dritto al cuore. << Non mi consegnare alla polizia, non mi tradire pure tu… Dammi la possibilità di essere libera! >>
Andy non avrebbe mai detto di no; era troppo buono e ingenuo per non credere a quella storia, e Riley era un’attrice nata. Le rivolse uno sguardo incredulo, mentre le lacrime finalmente uscivano dalle ghiandole lacrimali della ragazza; adesso la recita era perfetta, grazie a quelle lacrime tardive. Senza sapere cosa dire, Andy si sedette accanto alla ragazza e le rivolse uno sguardo dispiaciuto. << Riley… Non potevo saperlo… Mi dispiace tanto… >>
Riley si asciugò le lacrime con la manica del giubbotto. << E’ che… Ho tanta paura, Andy… Ho visto la parte peggiore di questo mondo, e non voglio tornarci… Lo so che è molto da chiederti, ma… >>
A un tratto il cellulare di Andy squillò una seconda volta, proprio come era successo prima per strada. Con uno scatto, il ragazzo vi mise la mano di sopra e guardò lo schermo; di nuovo suo zio. Senza farsi dire niente, Riley lo punzecchiò fingendo una voce al limite della disperazione:<< Bé, ma in fondo per quale motivo dovresti rischiare e mettere in subbuglio la tua vita per me? >> Inspirò a fatica con il naso tappato. << Va’ avanti, rispondi pure… >> E detto questo abbassò lo sguardo, fingendo di aver abbandonato ogni speranza di salvarsi.
Andy fissò lo schermo per un attimo, prima di alzare lo sguardo con decisione e rifiutare la chiamata con un rapido movimento del dito. << Non lo farò, Riley. >> Disse con tono rassicurante mentre tornava a voltarsi verso di lei. << Non ti consegnerò a nessuno. >> Le prese le mani come aveva fatto lei prima e sorrise; un sorriso sincero, amichevole, che voleva dire che sarebbe andato tutto bene. Era troppo facile ingannare i ragazzi come lui.
Riley inspirò di nuovo con il naso chiuso e si sforzò di fare un sorriso di gratitudine. << Andy… Grazie… >> Mormorò con più voce, mostrandosi sollevata. Le venne spontaneo tendere le braccia come per aspettarsi un abbraccio, e come aveva previsto questo non tardò ad arrivare; fu anche una liberazione per lei, che poté così distogliere lo sguardo per un attimo, senza rischiare di ridere in faccia al ragazzo alla quale aveva raccontato tutte quelle frottole.
Finito l’abbraccio, Andy si mostrò subito più interessato al desiderio di Riley di fuggire e cercò di esserle più di aiuto possibile:<< Non risponderò a nessuna chiamata, spegnerò anche il cellulare così che non ci possano rintracciare! >> E detto questo mostrò il telefonino mentre lo spegneva. << Ma… Che cos’ha di tanto speciale questo posto? >> Chiese guardandosi intorno con interesse, alla ricerca di qualcosa di particolare che potesse dargli una risposta.
Riley ridacchiò. << Questo luogo è l’unico posto dove posso rimanere da sola per quanto tempo voglio. Non c’è la polizia, non ci sono i miei genitori, non c’è Duncan… >>
<< Né quegli idioti che ce l’avevano con te l’altro giorno… >> Si intromise Andy piegando la testa di lato e sorridendo leggermente.
Riley gli sorrise, grata ancora per averla aiutata – e questa volta il suo sorriso fu sincero – e continuò a parlare. << In questo posto posso essere me stessa senza dovermi preoccupare di mostrarmi forte o coraggiosa, scaricando la tensione come piace a me… >>
Andy sorrise divertito da ciò che stava per dire. << E… La vera Riley quanto è diversa da quella attuale? >> Le rivolse un sorrisetto mentre attendeva una qualsiasi reazione; la ragazza non ci mise molto a rispondere con una risata e spingendolo dalla spalla come una vecchia amica.
<< Non ti prendere troppa confidenza adesso! >> Rise. Era una risata vera, stranamente; non era ironica e non si stava prendendo gioco di Andy. Si sentiva bene nel sapere che quel ragazzo stava provando ad essere “amico”. Ma era tutta una bugia. << Ti voglio più sfacciato per essere finalmente “qualcuno”, ma non con me! >>
Anche Andy rise e i due si dondolarono sul tubo di cemento per un po’ di tempo, prima che Riley decidesse di alzarsi e raccogliere un sasso dal terreno sterrato all’esterno di quella piattaforma su cui erano saliti prima. Si voltò con Andy al seguito e si guardò intorno, alla ricerca di un bersaglio; lanciò il sasso senza molta convinzione contro un muro di un piano superiore che era stato ultimato solo a metà. << Lanciare pietre mi rilassa… >> Mormorò la ragazza dopo aver raccolto un altro sassolino da terra e averlo fatto saltellare un po’ nella mano. Alzò il dito puntandolo lontano. << Da quella parte c’è una villa abbandonata, dietro quegli alberi… >> Andy strabuzzò gli occhi per vedere la costruzione indicata da Riley e riuscì a scorgere un tetto di tegole vecchie. << Di solito cerco di colpire i vetri di quella casa con qualche pietra trovata in giro… Ti va di provare assieme a me? >>
Andy non sembrò entusiasta dell’idea, ma non si rifiutò apertamente. << Sei sicura che… >> Lasciò la frase in sospeso quando Riley gli ebbe rivolto un’occhiata seria, non di rimprovero, ma ammonitoria.
<< Sai Andy, io forse sarò anche esagerata e vorrò infrangere ogni tipo di regola, ma credo che tu sia il mio perfetto opposto, e che abbia bisogno di infrangere qualche regola ogni tanto… >> Gli porse un sasso con la mano libera e gli rivolse un sorriso amichevole. << Provaci, per lo meno. >> E detto questo rimase a guardarlo con quella faccia.
Andy non era per niente sicuro di quello, all’inizio; pensava che avrebbe rischiato di fare del male a qualcuno con quel sasso, oppure avrebbero potuto essere scoperti per quella stupidaggine, ma decise di non darsi ascolto e accettò il sasso. Riley sorrise contenta quando lo fece e saltellò un paio di volte per prendere un po’ di spazio.
<< Va bene, guarda me! >> Disse tirando indietro il braccio con cui non era ammanettata al ragazzo. Dopo aver fatto roteare un po’ la pietra nella mano, Riley la lanciò con forza nella direzione della casa abbandonata, ma non raggiunse l’obiettivo e si perse tra gli alberi.
<< Dai, provo io. >> Disse Andy facendosi avanti. Lui aveva la mano opposta libera, e senza neanche prendere troppa rincorsa, riuscì a fare un buon lancio che colpì la casa su una parete alta.
Il ragazzo ghignò divertito mentre Riley sbuffava contrariata. << E’ solo perché ho dovuto tirare con la sinistra! Adesso ti faccio vedere io… >> E andò a cercare un altro sasso da lanciare tirandosi dietro un Andy molto divertito. Dopo che ebbe scelto la pietra da scagliare contro la casa, Riley tornò alla postazione di prima e tirò indietro il braccio, sperando che Andy non la intralciasse con le manette. << Sei pronto? Uno, due… >>
<< Spero che tu abbia i miei soldi! >> All’improvviso una voce fece saltare Riley sul posto e la ragazza lasciò cadere a terra la pietra; incitando Andy a seguirla, si gettò a terra e si nascose dietro una parete di mattoni. Quella voce l’aveva già sentita.
<< Che succede? >> Sussurrò Andy acquattato accanto a lei, mentre la ragazza spiava il gruppo di gente distante una quindicina di metri da loro. Lei non rispose, continuando a cercare una risposta in ciò che vedeva: c’erano tre uomini che si avvicinavano a un ragazzo fermo nello sterrato; quel ragazzo era Duncan, e se ne stava con le mani in tasca e gli occhiali da sole sul viso per ostentare sicurezza; non ci volle molto perché Riley riconoscesse gli altri tre, che erano gli stessi tizi che l’avevano aggredita, e il loro capo, Bad Dog; il ragazzo dai capelli quasi rasati a zero se ne stava in mezzo ai suoi due sgherri, al sicuro, mentre Duncan doveva affrontarli a viso aperto in quella situazione. Si rese conto solo in quel momento che il capo aveva un tatuaggio a forma di cobra dietro la testa, e che la coda dell’animale scendeva fino alla nuca. E’ il tatuaggio di cui parlava Duncan…
<< Riley… Riley! >> La voce di Andy la destò dalla trance in cui era caduta osservando i nuovi arrivati. Gli rivolse lo sguardo un po’ confusa e lui assunse un’espressione preoccupata:<< Li conosci? >>
Riley si voltò di nuovo a guardare Duncan e i tre teppisti. << Sì… >> Mormorò preoccupata per il suo amico. Che cosa stava per succedere lì? Quel mascalzone di Bad Dog aveva voluto incontrare Duncan per farsi dare i suoi soldi?
<< Ti mentirei mai? >> Chiese Duncan allargando le braccia e rivolgendo un sorriso sicuro di sé al capo del trio; non aveva sentito cosa si erano detti negli ultimi istanti, ma era facilmente intuibile che si fossero avvicinati, e ora c’erano al massimo un paio di passi tra le due parti.
<< Mi hai preso in giro tante volte, amico. >> Disse quello fermandosi molto sull’ultima parola della frase, come per mettere pressione a Duncan, che però mostrava disinteresse nei tentativi di minacciarlo di Bad Dog.
Il ragazzo di fronte a Bad Dog sorrise ridacchiando un po’. Continuava ad andare avanti e indietro sul posto, senza mai volgere le spalle al nemico; Riley sapeva che era teso. << Questa volta è diverso… >>
<< Ah, sì? >> Chiese Bad Dog inarcando un sopracciglio. << Per quale ragione? >>
Duncan sembrò cambiare tono all’improvviso; si mise le mani in tasca e abbassò lo sguardo sorridendo leggermente. << Questa volta c’è di mezzo lei. >>
Eh?! Riley rimase a bocca aperta e perse per un attimo la concentrazione sull’incontro che stava avvenendo di fronte ai suoi occhi. Duncan stava parlando di lei, senza dubbio. Era per lei che stava rischiando così tanto? Ci teneva davvero così tanto a lei?
Le parole del suo amico non ebbero lo stesso effetto sul capo dei furfanti, che rise sonoramente a quella frase. << Quella troietta che ti porti appresso? Già, sarebbe un peccato perderla… >> Si passò una mano sulla gamba sinistra che, Riley lo notò solo in quel momento, era fasciata; quella era la ferita che lei gli aveva procurato al loro primo incontro. In effetti, Bad Dog zoppicava leggermente… << Davvero carina… >> Ringhiò con astio nella voce mentre si toccava con più insistenza la gamba ferita.
<< Eh già… E’ sempre stata una lottatrice… >> Commentò quasi nostalgico Duncan. Alzò lo sguardo tornando serio. << Joel non c’è? E’ malato? >> Chiese notando che all’appello mancava un teppista; forse quei ragazzi non si dividevano mai, per questo sembrava strano che mancasse il quarto uomo…
Bad Dog abbassò lo sguardo piegando un labbro, mentre gli altri due ragazzi a fargli da guardie del corpo rimasero con gli occhi fissi su Duncan. << L’ho mandato a svolgere un lavoretto… Non preoccuparti per lui. >>  Da come il ragazzo lo rassicurò sembrò quasi che volesse lasciare intendere che ci fosse qualcosa di più in quella faccenda, ma Duncan non fece altre domande e tirò fuori un sacchetto di tela da sotto il giubbotto; dopo averlo rapidamente mostrato ai tre ragazzi di fronte a sé glielo lanciò morbidamente, e uno dei due ragazzi ai lati del capo lo afferrò con fermezza.
<< Questo è un acconto… >> Spiegò l’amico di Riley senza mai staccare gli occhi di dosso al ragazzo in mezzo. << Non è quello che ti aspettavi, ma spero che basterà a conquistare la tua fiducia… >>
Bad Dog si fece passare il sacchetto e ci mise una mano dentro; ne tirò fuori una manciata di monete tintinnanti, suddivise in tanti spiccioli e pochi soldi interi, più qualche banconota legata con un elastico, che vi fece ricadere dentro. Alzò lo sguardo lentamente, con fare inquietante. << Manca ancora parecchio denaro… >> Disse con tono tetro.
<< Riavrai i tuoi soldi! >> Disse Duncan senza alzare troppo la voce. << Ho bisogno solo di un po’ di tempo… Una settimana. >>
Bad Dog reagì di scatto alla proposta del ragazzo:<< Tre giorni! >>
<< Cinque! >>
<< Quattro! >> Era l’ultima sua offerta. Duncan sapeva che non avrebbe potuto ottenere di meglio, e quattro giorni sarebbero stati bene accetti anche in quella situazione. Se si fosse messo di impegno per riunire i soldi, forse ci sarebbe riuscito.
Annuì abbassando la testa, come per dire che non aveva altra scelta. << Va bene, Dog… Quattro giorni sono sufficienti. >>
<< E allora perché non li hai proposti prima? >> Chiese con voce roca il ragazzo al centro del trio. Duncan gli lanciò un’occhiataccia, ma non fece altro, sapendo che avrebbe potuto cacciarsi in guai più grossi.
Il trio di malviventi cominciò ad agitarsi per lasciare quel posto, ma Duncan li chiamò ancora una volta e li costrinse a voltarsi di nuovo verso di lui. << Riley non deve essere toccata! >> Scandì sollevando un dito. Il suo sguardo deciso mostrava anche quanto fosse nervoso mentre faceva quella richiesta a Bad Dog, ma nonostante se la stesse facendo letteralmente sotto non esitò a rischiare; Duncan non era mai stato un tipo coraggioso, ma aveva di sicuro una grande forza d’animo.
Bad Dog sembrò sorpreso quando Duncan gli si rivolse con quel tono; un sorrisetto sorpreso affiorò sul suo volto mentre i due ragazzi accanto a lui si avvicinavano al ragazzo. << Oh, ma certo! >> Disse con un largo sorriso. << Ma qualcuno dovrà pur pagare per tutto quello che la tua puttanella ci ha fatto! >> E detto questo, il suo sorriso si trasformò in un ghigno perfido.
Riley se lo stava aspettando, sapeva che sarebbe successo, e non appena vide uno dei due ragazzi dare un pugno in pieno stomaco al suo amico, si costrinse a distogliere lo sguardo, tornando a nascondersi dietro al muro che copriva lei e Andy e coprendosi il viso con le mani.
Andy si sporse un po’ di più per vedere la scena: dopo quel primo colpo, Duncan si piegò per tenersi la pancia dove era stato colpito e ricevette subito un altro pugno sulla schiena, che lo mandò a terra in un attimo; una volta finito nello sporco e nella polvere, i due ragazzi cominciarono a prenderlo a calci, e quando si resero conto che non avrebbe opposto resistenza, lo sollevarono e lo tennero stretto dalle braccia.
Bad Dog si avvicinò sorridendo meschinamente, infilando tra le dita un tirapugni dall’aspetto inquietante, mentre Duncan sputava un grumo di sangue a terra e alzava lo sguardo infuriato verso di lui. << Perché mi fai questo? Ho detto che ti porterò i tuoi cazzo di soldi! >>
Il ragazzo di fronte a Duncan si piegò leggermente in avanti e sorrise beffardo. << Lo so, Duncan, lo so… >> Mostrò i suoi denti bianchi con grande perfidia e si preparò a colpire l’amico di Riley. Il pugno fu sferrato con malizia e impeto, e Duncan non poté fare nulla per evitarlo, a parte urlare per manifestare il proprio dolore. << Ma se non posso fare niente a lei, mi toccherà scaricarmi con te. >> Sorrise di nuovo e lo colpì un’altra volta nello stomaco.
Andy si ritirò dietro al riparo e si voltò contrariato. << Aspetta… >> Disse pensando a qualcosa. << Duncan… E’ lui il ragazzo che vive con te? >> Puntò il pollice alle proprie spalle.
Riley riuscì ad annuire a malapena, tenendo sempre nascosto il viso dietro alle mani. Cercò di ignorare le urla di dolore del suo amico mentre Bad Dog lo colpiva ripetutamente.
<< Stavano parlando di te? >> Chiese Andy avvicinandosi a lei per farla stare un po’ meglio. Ancora una volta Riley annuì in silenzio.
<< Quelli sono i ragazzi da cui mi hai salvata l’altro giorno… >> Mormorò mostrando finalmente il volto provato da quella situazione. << Lui gli doveva dei soldi, e hanno voluto prendersela con me… >>
Andy la guardò incredulo, poi si voltò di nuovo a guardare per un attimo la scena che stava avendo luogo a pochi metri da loro. Fece una smorfia immaginando quello che dovesse provare in quel momento il ragazzo che stava venendo picchiato brutalmente e a un certo punto tornò a parlare con Riley. << Ma… Aspetta un momento… Se quello è Duncan, mi è sembrato molto diverso da come me lo hai descritto. >>
Riley alzò lo sguardo confusa, chiedendo una spiegazione ad Andy.
La spiegazione del ragazzo non tardò ad arrivare:<< Mi è sembrato che ci tenesse a te… >>
Riley non seppe come rispondere. Rimase a fissare Andy con gli occhi atterriti, in cerca di una risposta plausibile; non era nei piani che Andy incontrasse Duncan, quindi aveva pensato che non ci sarebbero stati problemi nel raccontargli una bugia su di lui. Non trovò nessuna risposta adatta a spiegare la sua situazione, e decise semplicemente di troncare la discussione lì. << Dobbiamo andarcene da qui. >> Disse a bassa voce, cominciando ad alzarsi. Andy la seguì con lo sguardo. Le avrebbe chiesto perché, visto che non erano stati scoperti, ma capì dall’espressione sul suo viso che avrebbe voluto allontanarsi da quel luogo il più velocemente possibile.
<< D’accordo… >> Mormorò alzandosi a sua volta e rimanendo dietro di lei. << Dove andiamo? >>
Riley si guardò intorno con circospezione, prima di adocchiare la casa verso la quale avevano lanciato i sassi precedentemente. << Là! >> Disse allungando un dito in quella direzione. << E’ un luogo disabitato e lontano dal centro; nessuno verrà a cercarci lì, almeno per oggi… >>
<< Per me va bene… Muoviamoci. >> Rispose annuendo Andy.
Riley avrebbe preso la guida e avrebbe scelto come allontanarsi da lì senza farsi scoprire, quindi si sporse leggermente da dietro il muro dove si erano riparati e lanciò un’altra occhiata al gruppo di ragazzi non distante da loro; fece una smorfia quando vide il viso esausto di Duncan e pregò che il ragazzo non sapesse mai della sua presenza a quell’incontro. Nessuno rivolgeva lo sguardo verso di loro, e sembrava che le urla di Duncan avrebbero coperto ogni suono che avrebbero potuto produrre, quindi la ragazza fece segno ad Andy di seguirla e cominciarono ad allontanarsi in silenzio.
Un altro pugno, un altro urlo. Poi il silenzio, improvvisamente. << Credo che così basti… >> Mormorò Bad Dog togliendo dalle nocche il tirapugni indossato prima. I due sgherri del ragazzo lasciarono andare l’amico di Riley e Duncan cadde pesantemente a terra, schiacciandosi sullo sterrato. << Che ti serva da lezione: nessuno può fottermi! >> Poi con un gesto, Bad Dog disse ai suoi compari di seguirlo e cominciò ad allontanarsi. Si fermò dopo pochi passi e tornò a voltarsi un’ultima volta. << Bad Dog! >> Scandì con rabbia, facendo nascondere il viso a Duncan, che temette di ricevere un altro colpo. << Nessuno mi chiama “Dog”! >> E con questo ultimo avviso, Bad Dog e i suoi se ne andarono.
<< Merda… >> Mormorò Riley, che si era bloccata a guardare la scena. << Andiamo, non possiamo tornare indietro. >>
Andy sembrò contrariato:<< Ma… Se ne stanno andando. Potremmo aiutare il tuo amic… >>
<< Ho detto, andiamo! >> Scandì con rabbia Riley rivolgendogli uno sguardo assassino. Il ragazzo non ebbe nemmeno il tempo di completare la frase, ma annuì tristemente, riprendendo la marcia silenziosa.
La sfortuna volle che proprio Andy inciampasse su uno dei sassi che lui e Riley avevano buttato a terra prima di nascondersi; il ragazzo capitombolò sul cemento del fabbricato lasciato a metà e tirò a terra con sé Riley, che si lasciò sfuggire un urlo di sorpresa. Sia Duncan che i tre malviventi udirono quella voce e all’istante Bad Dog e i suoi tornarono indietro a controllare cosa stesse succedendo.
<< Tommy, Ryan! Vedete cosa succede laggiù! >> Ordinò agitando una mano nella direzione da cui era arrivato l’urlo.
<< Merda! >> Ringhiò a denti stretti Riley, mentre cercava di togliersi di dosso la carcassa lenta e goffa di Andy.
<< Scusa, scusa, scusa…! >> Balbettava lui cercando di aiutarla a rialzarsi.
Quando da dietro una parete comparì uno dei due ragazzi mandati da Bad Dog, Riley si rialzò rapidamente, costringendo Andy a fare lo stesso, e si mise a correre. << Merda, merda, merda! >> Urlò mentre quello lanciava un urlo per avvertire gli altri della loro presenza.
Andy arrancava dietro di lei, tirando dal polso per cercare un po’ di stabilità in più; Riley era più veloce e agile di lui, e anche se non avesse molta forza, riusciva a tirarselo dietro senza troppi problemi. << CORRI! >> Gridò voltandosi per un istante, sapendo che Andy avrebbe eseguito l’ordine. E infatti il ragazzo fu quasi spinto da quell’urlo, e cominciò a correre quasi più veloce di lei; mentre sentivano delle urla alle proprie spalle, Riley vide con la coda dell’occhio la testa di Andy che spuntava alla sua destra, e capì che stava facendo di tutto per essere all’altezza della situazione. Poteva vedere la fatica nel suo viso, ma anche la determinazione a non deludere la ragazza e tutto l’impegno che stava mettendo per riuscire a correre il più velocemente possibile.
A un ordine della ragazza, i due saltarono una pila di mattoni e continuarono a correre nella stessa direzione per non perdere tempo; sicuramente il fatto che fossero ammanettati insieme avrebbe giocato a loro svantaggio, ma cercarono di proteggere in tutti i modi il vantaggio che avevano sui loro inseguitori. Passando vicino a una serie di stecche di ferro legate assieme, Andy ebbe l’idea di slegarle e lanciarle contro i due ragazzi alle loro spalle per rallentarli un po’; quando lo vide fermarsi di colpo, Riley non capì immediatamente cosa stesse facendo e si mise a urlargli contro, ma quando lo vide lanciare i ferri per terra, facendo così incespicare i due ragazzi in mezzo ad essi, sentì quasi di essere stata superata in astuzia da quel ragazzo. << Forza, andiamo! >> Fece lui tirando per la prima volta le manette, costringendo Riley a ricominciare a correre a perdifiato.
Per non perdere la faccia, la ragazza cercò di rimproverare Andy mentre si allontanavano da lì:<< Quando ti dico di correre, tu corri! >>
<< Eh?! >> Esclamò quello senza capire. Le fece spazio per farla passare per prima in mezzo alle assi scardinate della staccionata che accerchiava il cantiere e le disse di sbrigarsi con un gesto rapido della mano. Riley fece una smorfia di disappunto e passò in mezzo alla staccionata, riprendendo a correre non appena Andy fosse passato dietro di lei e si inoltrarono nella vegetazione che divideva il cantiere abbandonato e la vecchia casa fatiscente.
Il terreno non era solido come nel cantiere, in alcuni punti si rischiava di inciampare o sprofondare, e la strada da percorrere era perlopiù in salita; per questo Riley urlò più volte avvertimenti al ragazzo assieme a lei, oltre che per far valere la sua autorità.
<< Forza! Manca poco… >> Lo incitò quando furono davanti a una salita troppo ripida da fare in piedi. C’era una montagnetta di terra alta un paio di metri di fronte a loro, e oltre di essa potevano vedere il profilo della vecchia casa stagliarsi verso il cielo che cominciava a coprirsi di nuvole; dietro di loro però potevano udire le urla dei loro inseguitori farsi sempre più vicine. Non potevano cercare un’altra strada, dovevano arrampicarsi subito, ma Riley pensava che Andy non sarebbe riuscito a farcela.
<< D’accordo, segui me… Okay? >> Disse voltandosi verso di lui. Il ragazzo le rivolse uno sguardo allibito e lei si lanciò contro la montagna di terra, arrampicandosi il più rapidamente possibile e raggiungendo la vetta dopo aver trovato qualche appiglio nella scalata; radici scoperte, rocce sotterrate… Si sorprese quando vide Andy accanto a lei che ultimava la sua scalata senza troppi problemi; in effetti non aveva sentito le manette tirare, erano sempre stati allo stesso livello così che la loro condizione non li rallentasse. << Come hai…? >> Lasciò perdere la sua domanda inutile e si alzò tirando a sé il ragazzo per farlo mettere in piedi. << Non importa, corri! CORRI! >> Quell’ultimo urlo fu quasi una liberazione per la ragazza, che adocchiò con la coda dell’occhio i ragazzi che ancora dovevano affrontare quella scalata, e si lanciò subito verso la casa.
<< Giriamo dall’altro lato! >> Esclamò lei preoccupandosi di farsi sentire dai ragazzi alle loro spalle. << Li semineremo! >>
<< Che stai dicendo? >> Chiese Andy ansimando, voltandosi verso di lei nel bel mezzo della corsa.
Riley mostrò i denti fulminandolo con lo sguardo. << Zitto! >> Soffiò come un gatto mentre i due ragazzi correvano paralleli alla parete esterna dell’abitazione. Adocchiò una finestra rotta e la indicò al compagno:<< Di qua. >> Disse in fretta poggiando le mani sul davanzale e sollevando una gamba per scavalcare.
Andy capì solo in quel momento la strategia della ragazza e aspettò con impazienza che la strada fosse libera perché potesse scavalcare a sua volta ed entrare nella casa; dall’altra parte Riley gli fece segno di sbrigarsi con le mani, muovendo la bocca come se stesse parlando ma senza rilasciare alcun suono. Una volta dentro, Riley spinse Andy a terra e si schiacciarono entrambi sotto la finestra, in attesa che il pericolo passasse.
Sentirono dei passi pesanti sul terreno, poi i loro inseguitori si fermarono per fare il punto della situazione. Udirono i loro pesanti respiri e poi uno prese la parola:<< Vedi niente? >>
<< No… Correvano come lepri… >>
Ci fu silenzio per alcuni istanti, poi il secondo ragazzo ad aver parlato riprese la parola.
<< Ci siamo allontanati parecchio, e con quella gamba Tobias non ce la farà mai ad arrivare fino a qui… >> Fece un’altra pausa. << Torniamo indietro e diciamogli che non li abbiamo raggiunti. >>
<< Va bene. >> Acconsentì l’altro smettendo di ansimare. << Ma non chiamarlo Tobias, o ti spaccherà la faccia! Hai visto come ha conciato Duncan per averlo chiamato “Dog”… >>
<< Già… Povero bastardo. >> E a poco a poco le loro voci si fecero sempre più distanti, fino a sparire del tutto.
Solo quando Riley non sentì più nulla provenire da fuori la finestra, si concesse di respirare; aveva trattenuto il respiro per così tanto tempo che pensava sarebbe morta. Lo stesso valeva per Andy, che però sembrava aver bisogno di meno ossigeno per riprendersi da quella corsa.
Ancora una volta, Riley sentì le energie che l’avevano spinta pochi istanti prima defluire dal suo corpo, mentre tutta l’adrenalina che le aveva dato quella corsa la lasciava e i muscoli si rilassavano. Erano sfuggiti a una bruttissima eventualità, ma lei non si sentiva per niente euforica, diversamente da Andy, che sembrò davvero esaltato da quella fuga appena conclusa; lei aveva una grande quantità di dubbi e sensi di colpa per la testa che non pensava di poter provare.
Aveva messo Duncan nei guai, aveva quasi rischiato di vanificare tutto il suo lavoro, e adesso non poteva nemmeno tornare a casa da lui e chiedergli scusa, né ringraziarlo.
Siamo nei guai, ragazzi…
Ancora una volta, non era stata in grado di combinare nulla di buono.
La depressione sta tornando.

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Capitolo 19
*** Al sicuro dalla tempesta ***


Pioveva a dirotto fuori dalla casa fatiscente. Per fortuna dei ragazzi fuggitivi, nel tetto della vecchia abitazione non c’era nessuna tegola danneggiata, e solo un po’ di aria fredda entrava dalle finestre rotte. Andy fissava la pioggia che cadeva fuori da una delle rare finestre integre. Il buio avviluppava la casa e tutta la vegetazione attorno ad essa, e il ragazzo era alla ricerca di qualche fonte di luce che potesse rischiarare quella notte fredda e umida.
Riley non guardava fuori dalla finestra; accucciata accanto al ragazzo che la teneva ancora ammanettata a sé, attendeva con ansia che qualcuno rispondesse dall’altro lato del telefono. Aveva chiamato tre volte, e Duncan non aveva risposto nonostante la lunga attesa. << Andiamo, rispondi… >> Mormorava attirando involontariamente l’attenzione del ragazzo accanto a lei, di tanto in tanto.
A un certo punto una voce suonò tetra dall’altra parte del telefono. << Pronto…? >> Duncan aveva un tono spezzato, esausto; non sembrava nemmeno essere quel ragazzo spavaldo e menefreghista che aveva incontrato quella mattina Riley.
<< Duncan! >> La voce di Riley suonò eccessivamente emozionata quando lui rispose finalmente al telefono; anche Andy girò lo sguardo sorpreso verso di lei. Riley cercò di riaggiustare il suo tono di voce e continuò a parlare con l’amico, cercando di mostrare con sincerità la sua preoccupazione. << Ti ho chiamato tre volte… Perché non mi hai risposto? >>
<< Scusa bambolina, devo essermi addormentato da solo sulla poltrona… >> Rispose con stanchezza il ragazzo dall’altra parte. Riley sbuffò come se volesse rimproverarlo.
<< E’ mezzanotte, idiota! Vai a dormire! >> Gli disse con asprezza cercando di far valere la sua posizione. Ma Duncan sembrò rifiutare quel suo invito.
<< Tu, piuttosto, dove sei…? Stavo aspettando che tornassi a casa… >> La ragazza sospirò pensando di dover inventare una scusa rapidamente.
<< Mi dispiace non averti avvertito, ma mi sono liberata solo ora… >> Fece una pausa per avere un altro po’ di tempo per pensare alla sua storia, poi riprese a parlare. << E’ che stavo per tornare a casa, quando il temporale mi ha bloccata a casa di Liz. >> Andy si voltò curioso e sorpreso allo stesso tempo. << Ora sono qui da lei, e non posso muovermi ormai… Ci rivediamo domani, se spiove un po’… >>
Duncan sembrò ricevere il messaggio solo molto più tardi, e alla fine rispose con un semplice:<< Va bene… >>
Dal suo tono di voce sembrava quasi che non avesse forze per niente. Riley si imbronciò quando pensò all’immagine di lui stravaccato sulla sua poltrona preferita, a lamentarsi per il dolore. Non poteva dirgli che aveva assistito al suo pestaggio, non poteva sapere che era stata lì quel pomeriggio, o le cose si sarebbero potute mettere male… Riley avrebbe fatto la “buona” per il momento, e avrebbe lasciato credere a Duncan che non sapeva niente delle sue condizioni. << Ora vai a dormire, scemo… Ti chiamo io domani. >>
Duncan rispose in ritardo un’altra volta, ma sembrò avere un po’ più di forza rispetto a prima. << Sì. >> Disse. << Ci sentiamo domani… >>
Riley chiuse la telefonata con un gesto lento del pollice e tirò un lungo sospiro quando ebbe staccato il cellulare dall’orecchio. Cominciava davvero ad essere una vita troppo movimentata e pesante da gestire per lei… Doveva andarsene al più presto da lì. L’unica consolazione era che, con quel tempo durante la notte, la polizia non avrebbe potuto cercarla.
Si voltò e si inginocchiò accanto ad Andy, dicendogli di spostarsi con tono burbero per lasciarle vedere fuori dalla finestra. Lui le fece posto e le rivolse un sorriso leggero. Riley non ricambiò; non spostò gli occhi dal vetro di fronte a sé.
Sospirando abbattuto, Andy tornò a guardare fuori dalla finestra. << Ancora bugie? >> Chiese alludendo alla conversazione che aveva avuto lei con Duncan un attimo fa.
Riley non ebbe la forza di sentirsi offesa. << Non deve sapere che abbiamo assistito a quella scena. >> Rispose con tono deciso. Si sorprese quando si rese conto di essere ancora in grado di simulare qualche emozione.
<< Non deve neanche sapere che i tuoi genitori sono stati avvertiti? >> La domanda di Andy rimase sospesa nell’aria per troppo tempo, perché il ragazzo potesse aspettarsi una risposta. Però quella arrivò; tardi, sorprendendolo.
<< Non deve saperlo. >> Rispose lei senza un tono particolare. << Vorrebbe i dettagli, e alla fine si infurierebbe con me per essermi fatta beccare questa mattina… >> Commentò infastidita.
Andy sembrò non essere d’accordo con lei. << A me non è sembrato tanto cattivo… >> Mormorò abbassando lo sguardo. << Il suo aspetto da duro mi ha preoccupato un po’, sì, e il fatto che si stesse incontrando con quei tipi loschi non va a suo favore, ma… >> Si fermò un istante. << Lo stava facendo per te, Riley. >>
<< Per me? >> Chiese senza distogliere lo sguardo dalla pioggia. << Bella favola… >> Il suo tono mostrò tutta la diffidenza nella teoria del ragazzo.
Andy tornò a guardare la pioggia titubante. << A me non è sembrato una brutta persona come lo hai descritto… >>
<< E’ perché non lo hai conosciuto. >> Rispose senza troppo peso la ragazza. Non poteva lasciare che Andy scoprisse che aveva mentito anche su quello; bastava un minimo indizio lasciato al caso e Andy poteva mangiare la foglia.
I due ragazzi rimasero in silenzio per un bel pezzo. Era una situazione delicata nella mente di Riley, c’era confusione, e a un tratto una voce disse preoccupata: Non facciamola stare zitta! Continuiamo a parlare.
Così, senza preavviso né apparente senso, la ragazza pronunciò:<< La pioggia mi rattrista… >>
Andy si voltò e la fissò con sorpresa. << Davvero? >>
Riley annuì senza staccare gli occhi dal temporale fuori dalla casa. << Quando il tempo si fa così… >> Un lampo illuminò per un attimo la città senza preavviso, e subito dopo il suo tuono interruppe il discorso della ragazza. << Inspiegabilmente comincio a non sentire più nulla dentro di me. Nessuna voglia di fare niente, nessun pensiero… >> In realtà quella cosa era diversa: nella mente di Riley passavano così tanti pensieri in quel momento che la ragazza aveva piuttosto deciso di “staccare la spina” e non pensare più a niente. Non sapeva perché la sua testa funzionasse così, accadeva e basta. << Non riesco a provare nessuna emozione… Quando piove. >>
Andy fissò il suo profilo delicatamente illuminato dalle luci lontane della città e rimase a bocca aperta. << Quando piove? >> Mormorò a bassa voce.
Riley abbassò lo sguardo sentendo di non essere stata sincera. << No. Non è così… >> Mormorò senza un tono di voce.
Perché continui a parlare?
Non sono io! Va avanti da sola!
<< Io non provo niente a prescindere… >> Quelle parole vibrarono nel silenzio della stanza per alcuni secondi, nelle orecchie di Andy e nella testa di Riley. Per un attimo la ragazza non si rese conto di ciò che aveva detto, ma poi i suoi occhi si spalancarono lentamente e sbatté le palpebre un paio di volte come se si fosse destata da un sogno. << Scusa, ero caduta in una specie di trance. >> Commentò sorridendo imbarazzata e strofinandosi gli occhi con un pugno chiuso. << Stavo straparlando. >> Finse di stare bene e si voltò, nonostante volesse continuare a guardare il temporale.
Un altro tuono scosse la casa dopo essere stata illuminata dal suo lampo e Riley ne approfittò per usare la scusa di essere stanca; si stiracchiò e finse un lungo sbadiglio. << Forse è meglio se andiamo a dormire ora… Sarebbe meglio che ci svegliassimo presto domani. >> E detto questo rivolse le spalle ad Andy, ritirandosi in posizione fetale e ignorando i suoi tentativi di parlarle ancora.
<< Okay… >> Mormorò il ragazzo quando capì che non avrebbe ricevuto altre risposte. Si sedette sotto la finestra e fissò il buio per alcuni secondi, poi chiuse gli occhi aspettando che il sonno lo portasse con sé. Respirava piano per non dar fastidio a quella ragazza visibilmente provata; da cosa, non ne aveva idea.

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Capitolo 20
*** Sotto controllo? ***


Lo schermo si spense gradualmente nello stesso istante in cui Riley chiuse le palpebre, e finalmente le emozioni poterono rilassarsi.
<< E’ andata… >> Mormorò Rabbia con ancora un’espressione di incredulità sul volto. Pressò un pulsante e tutti i ricordi della giornata cominciarono a scorrere via per raggiungere gli archivi della memoria a lungo termine. << Almeno non combinerà altri guai… >> Cominciò ad allontanarsi dalla console, diretto alla sua stanza per riposare, ma Paura e Disgusto vollero spiegazioni più precise su quello che era accaduto prima.
<< Che cosa vuol dire? >> Chiese lui infastidito agitando le mani verso il basso. << Ho perso il controllo di Riley, ecco cosa è successo! >> Sembrò quasi che stesse dicendo una cosa scontata, che non fosse niente di che, ma in realtà quello poteva essere un problema serio.
<< Rabbia, non può essere una cosa normale… >> Mormorò Paura con cautela. << Siamo noi quelli che dovrebbero guidare Riley, non può decidere da sola! >>
<< E’ stato come quella volta? >> Chiese Disgusto intromettendosi nella conversazione per dare man forte all’omino viola. << E’ stato come quando siamo scappati? >>
Rabbia si fermò un istante e rivolse uno sguardo arcigno all’emozione verdastra con la coda dell’occhio. << Cosa vorresti dire? >> Mormorò con voce profonda e adirata.
Disgusto non voleva dare vita a una lite. << Tre anni fa non riuscimmo a riprendere il controllo su Riley dopo averle messo quell’idea in testa… E’ stato come allora? >>
Rabbia strinse i pugni con forza, tanto da farsi male. << No! Non è stato così, e se state insinuando che possa perdere il controllo su Riley in un modo tanto assurdo, per la seconda volta, allora potete anche fare tutto da soli! >> Si voltò di scatto puntandogli contro un grosso indice. << Vedremo quanto durerete senza di me a guidarvi! >>
Disgusto si mostrò offesa, ma non volle infierire; era ovvio che Rabbia si sentisse accusato di qualcosa e che volesse dimostrare di avere tutto sotto controllo, ma quella sua reazione mostrava decisamente il contrario, e cioè che non aveva la più pallida idea del perché, tutto a un tratto, Riley avesse continuato a parlare di cose personali senza frenarsi.
Gioia osservò la scena dalla sua solita postazione, come spettatrice incapace di partecipare attivamente; guardò Rabbia allontanarsi dal centro della sala per ritirarsi nella sua stanza, in viso dipinta un’espressione di puro sdegno, e Disgusto che cercava inutilmente di farlo voltare per parlare ragionevolmente. Notò anche l’espressione intimorita di Paura, che a pochi passi dietro Disgusto si tormentava le mani, segno che la sfuriata di Rabbia lo avesse turbato, ma il particolare che la piccola stellina non poté non notare e che la interessò maggiormente fu un movimento sul viso di Tristezza, dal suo angolino nella sala: per un istante rapidissimo, sul suo viso era comparso un impercettibile sorriso mentre assisteva a quella scena. Possibile che Tristezza stesse sorridendo? Gioia non credeva che fosse possibile, e in fondo perché avrebbe dovuto farlo?
Tristezza era la tristezza di Riley, non poteva ridere o provare altre emozioni differenti dalla tristezza, come lei non poteva provare altre emozioni diverse dalla gioia. E infatti guarda come sono felice… Riley sta bene ora, senza di me. Ma in quel preciso istante, Riley non era stata né felice, né arrabbiata, né spaventata e né disgustata; lei era stata triste in quella conversazione con Andy. Ma come era stato possibile, se Tristezza era rimasta tutto il tempo al suo posto, nel suo cerchio della tristezza?
Che Riley avesse davvero preso il controllo da sola? Ma Rabbia non sbagliava mai, lui non poteva perdere il controllo sulla loro ragazza!
Disgusto scosse la testa sbuffando e si voltò verso la console. << Lasciamo perdere… Domani gli sarà passato. >> Si diresse alla postazione di comando, dove avrebbe svolto il suo turno notturno, ma improvvisamente Paura sembrò ricordarsi di qualcosa.
<< Dove vai? >> Chiese mettendosi in mezzo.
Disgusto inarcò un sopracciglio confusa. << Cosa vuol dire? Ti avevo promesso che avrei fatto il mio turno stanotte! >> Indicò la casupola dell'omino viola alle proprie spalle con un pollice. << Tu puoi andare a riposarti. >>
Paura stava pensando ai sogni che Riley aveva avuto la notte precedente; che sarebbe successo se quella notte avesse sognato di nuovo? Cosa avrebbe pensato Disgusto alla vista di quelle immagini di Riley e Andy assieme? << No, dai… Non ne vale più la pena… >> Balbettò cercando una scusa per farla andare a letto. Nessuno avrebbe dovuto scoprire quel segreto.
<< Che significa?! Fatti da parte, smilzo! >> Sbottò infastidita Disgusto cercando di passare per raggiungere la console, ma Paura ebbe una reazione scomposta.
<< NO! >> Lanciò un urlo lasciandosi prendere dal panico e mise le mani sulle spalle di Disgusto. Dopo lo sconcerto iniziale, la piccoletta verdastra lanciò un’occhiataccia al violaceo di fronte a sé e lui cercò di sorriderle timidamente per chiedere scusa. << Cioè… Sai una cosa? In fondo non succede mai niente, e ormai mi ci sono così abituato a stare qui a controllare il Quartier Generale che non mi pesa più di tanto, e quindi… >> Paura rallentò fino a fermarsi, e in cerca di una spiegazione più esaustiva, si schiarì la voce. << Perché non vai a riposarti e lasci a me il turno di notte? In fondo è stata una giornata faticosa… >>
Disgusto sembrò non capire quell’improvvisa voglia di restare in piedi tutta la notte da parte dell’esserino viola. << Ma… Tu sei quello che ha lavorato di più oggi! Io non ho fatto niente, posso restare io… >> Cercò di passare, ma Paura si mise in mezzo un’altra volta.
<< Eh! Che vuoi che ti dica, sprizzo energia da tutti i pori. Sono come una batteria! >> Ridacchiò mettendosi le mani ai fianchi, ignorando lo sguardo perplesso dell’amica. Continuò a rivolgerle quell’espressione sicura di sé finché Disgusto non si fu convinta a lasciar perdere e si fu allontanata dalla console.
<< Grazie, Paura… >> Mormorò mentre si voltava dirigendosi alla sua stanza.
Paura rimase a sorridere nella sua posa statuaria, finché Disgusto non fu sparita dalla vista; fu allora che cominciò a disperarsi.
<< Accidenti! E ora che faccio? Per questa notte potrei anche averla passata liscia, ma domani toccherà a Rabbia, e lui è irremovibile!!! >> Gioia si affacciò timidamente dalla sua finestrella circolare e guardò l’omino andare avanti e indietro davanti alla console dei comandi. All’improvviso raddrizzò la schiena alzando un dito con autorità. << Adesso calmati, Paura! Non sai ancora se questa notte succederà la stessa cosa di ieri! >> Piegò la schiena in avanti e si mise la faccia tra le mani. << Ma dopo tutto quello che è successo oggi è sicuro che Riley sognerà di nuovo! >> Scosse la testa. << Che poi non è nemmeno questo il problema; se Riley non sognasse solo Andy, allora potremmo anche dare la notizia a Rabbia e agli altri, ma non… >>
Una piccola risata interruppe i discorsi solitari di Paura, che si voltò terrorizzato verso l’origine di quella; c’era Gioia che affacciata dalla sua finestrella lo guardava sorridendo. << Allora, Paura? Anche questa sera c’è il cinema? >> Chiese divertita dalla sua scenata.
Paura sembrò gradire poco quella battuta e si avvicinò lentamente alla casetta dell’emozione dorata. << C’è poco da scherzare, stellina! Sai quanto Rabbia detesti Andy; tu stessa hai votato per andare via, quindi neanche a te dovrebbe andare tanto a genio! >> Incrociò le braccia sbuffando infastidito. Sembrava quasi che la mancanza di ansia nell'emozione di fronte a sé lo irritasse.
Gioia sembrò non dare troppo peso agli avvertimenti di Paura e si voltò sdraiandosi sul davanzale ricurvo della sua finestra. << Ma è così interessante! Finalmente ogni notte non è più una noia mortale! >> Protestò con il tono di una bambina incontentabile.
<< Non è interessante: è preoccupante! E se Rabbia lo scopre, a chi pensi che darà la colpa? >> Paura puntò un dito verso la piccola emozione, che in quel momento emanava una leggera aura dorata, per avvertirla.
Gioia sembrò pensarci un attimo, e con le mani sulle labbra rispose:<< Tu? >>
<< Io! >> Ribatté inferocito Paura, agitando le braccia per farsi comprendere meglio. << Sono stato io a controllare il Quartier Generale nelle ultime notti, se Rabbia scopre che Riley pensa ad Andy durante il sonno, potrebbe credere che io l’abbia condizionata! >> Si voltò sconfortato a guardare la console spenta. << E chissà cosa potrebbe farmi… Potrebbe sollevarmi dall’incarico, cacciarmi dal Quartier Generale… >>
Gioia era particolarmente euforica quella notte; mosse rapidamente una mano e si dondolò avanti e indietro sul davanzale della sua finestrella. << Non può cacciarti! Il tuo lavoro è indispensabile, Paura! >>
Paura si voltò lentamente. << Tu lo credi davvero…? >> Le rivolse uno sguardo dubbioso, mentre la piccola stellina rispondeva annuendo vigorosamente senza smettere di sorridere. Paura tornò a guardare davanti a sé. << Bé… Non è quello che pensa lui. Penserebbe di poter controllare Riley da solo, e non escludo che un giorno possa accadere questo… >>
Senza preavviso, lo schermo della memoria di Riley si accese con un leggero sfrigolio: una piccola luce centrale andò ad allargarsi sempre di più, fino a mostrare una scena che avevano già visto quel pomeriggio. C’era Duncan, l’amico di Riley, in lontananza, e altre tre figure fumose si avvicinavano a lui. Paura lanciò un acuto di terrore quando sentì il suono provenire dalle casse del Quartier Generale.
<< Oh, no… >> Mormorò preoccupata Gioia non appena riconobbe quella scena.
Le tre figure estranee cominciarono a picchiare Duncan senza pietà, lasciandolo a terra dolorante e voltandosi improvvisamente verso di lei; non appena Riley si rese conto di essere stata individuata si girò e cominciò a correre urlando, ma inciampò e fu subito afferrata da qualcosa alle sue spalle. La visuale della ragazza sussultò, come se fosse stata appena colpita a un fianco, poi si voltò e vide in faccia uno dei suoi assalitori: era quella canaglia di Bad Dog e in viso aveva stampato un ghigno perfido. Inutilmente Riley cercò di difendersi, di chiedere pietà: i tre continuarono a colpirla con violenza fino a che, grazie a chissà quale miracolo, la ragazza riuscì a liberarsi e a scappare.
<< Sta avendo un incubo… >> Mormorò Paura con gli occhi fissi sullo schermo, incapace di muoversi dalla sua posizione; era la prima volta dopo tanto tempo che provava quella sensazione, la sensazione di un incubo.
Riley era esausta dopo il pestaggio; riuscì a seminare i suoi inseguitori per miracolo e a un certo punto, incapace di andare oltre, si inginocchiò a terra e cominciò a tossire e sputare sangue. Gioia digrignò i denti vedendo quella macabra scena, ma pensò che il peggio fosse passato. Ma per la ragazza la notte era finita: i suoi respiri aumentarono vertiginosamente quando si rese conto di essere ammanettata: le manette che le stringevano i polsi erano pesanti e solide, impossibili da aprire. Improvvisamente il luogo cambiò aspettò e si ritrovò nell’ufficio del poliziotto dove era stata portata quel pomeriggio: in un angolo della stanza c’era l’ispettore che le aveva parlato, e rideva con la sua voce bassa e malvagia; rideva di lei, rideva della sua invalidità causata da quelle manette. A un certo punto da una porta entrarono due facce che non aveva visto per molto tempo: i suoi genitori. Sorridevano e sembravano davvero felici di vederla, le sussurravano parole di conforto, ma più si avvicinavano a lei, più i loro visi cambiavano e mostravano la loro vera natura: dei mostri che volevano solo imprigionarla di nuovo. Riley urlò e si alzò di scatto dalla sedia su cui era seduta.
<< Paura, devi fermarlo! >> Supplicò Gioia voltandosi di scatto verso l’altro.
<< Non posso… >> Mormorò atterrito lui facendo un minuscolo cenno.
Gioia tornò a guardare con occhi spalancati lo schermo e vide che Riley era riuscita a fuggire dai suoi genitori, ma ora continuava a correre in mezzo a un bosco; si voltava indietro più volte a guardare che nessuno la stesse seguendo, e all’improvviso si scontrò con qualcosa di solido di fronte a sé, e subito dopo si sentì afferrare dai polsi. Quando girò lo sguardo davanti a sé vide di nuovo Bad Dog, fuori di sé, ghignante e spaventoso, che la scrutava con minuzia e pronunciava parole incomprensibili; sentì le sue manacce su di sé, vide che le stava strappando i vestiti con ferocia. Gioia non riuscì più a guardare quella scena e pregò Paura di fare qualcosa.
<< Paura fermalo, ti prego! >>
<< Non… Non posso… >> Fu la risposta terrorizzata dello smilzo, che ormai non riusciva più a staccare gli occhi atterriti dallo schermo dove le più profonde paure di Riley si stavano liberando senza freni.
Incapace di lasciare che Riley soffrisse così, Gioia decise di infrangere le regole che si era autoimposta e lasciò di corsa la sua casetta; con uno scatto raggiunse la console dei comandi e staccò la spina urlando.
Dopo un forte colpo simile a un interruttore che si staccava, tutto divenne buio per un istante, poi le luci del Quartier Generale si riaccesero e nello schermo comparve qualcosa: Riley si era svegliata di soprassalto urlando terrorizzata. Gioia e Paura vennero scossi da una sorta di terremoto e caddero entrambi sul pavimento.
Pochi secondi dopo Rabbia e Disgusto vennero fuori dalle loro abitazioni lamentandosi, e il piccoletto rosso sbraitò ad alta voce:<< Che diavolo sta succedendo?! >>
<< Rabbia… >> Squittì impaurita Gioia cercando di nascondersi, ma rimanendo in realtà ferma sul posto. Paura si alzò rapidamente e cercò di rispondere, ma rimase a balbettare qualcosa di incomprensibile e fu spinto via con forza da Rabbia.
<< Gioia! Che ci fai fuori dalla tua stanza? >> Chiese tuonando nella sala. Gioia era spinta contro la console dei comandi e tutto quello che riuscì a dire fu una serie di versi a caso che non spiegarono nulla.
Lo sguardo infuocato di Rabbia scivolò rapidamente verso la spina staccata dalla console. Sobbalzò quando la vide. << Come ti sei permessa di staccare la spina dalla memoria a lungo termine?! >> Tuonò curvandosi verso di lei.
La povera stellina si fece piccolissima e cercò di nascondere il proprio viso dalla vista di Rabbia. Non trovò neanche il coraggio di pronunciare delle scuse e rimase impotente ad ascoltare la sentenza dell’emozione cremisi.
<< Torna nella tua stanza. >> Rabbia alzò un dito con autorità per indicare a Gioia dove dovesse andare. Senza protestare neanche un secondo, la piccoletta si alzò da terra e tornò nella sua casetta buia e solitaria, nascondendosi dagli sguardi di tutti.
Disgusto non aveva capito niente; si voltò verso Paura per chiedere qualche spiegazione, ma l’omino viola abbassò lo sguardo scuotendo la testa con amarezza.
Rabbia riattaccò la spina e disse a Paura di calmare Riley. Quello andò ai comandi e si mosse lentamente, riuscendo a far rilassare di nuovo la loro ragazza e a farle tornare il sonno; stava pensando a quello che aveva appena sognato lei, come avrebbe potuto riaddormentarsi dopo aver visto quelle cose?
Dopo pochi minuti, il Quartier Generale si era svuotato nuovamente, e al centro della sala era rimasto solo Paura. Inutilmente attese che lo schermo si riaccendesse, sperando che questa volta si trattasse di qualche cosa più felice, e proprio quando aveva perso le speranze un suono di vetro che sbatteva attirò la sua attenzione: dai canali da cui nascevano i ricordi di Riley rotolò una piccola sfera luminosa di colore violetto. Paura seguì quella sfera perfetta fino a che non si fu arrestata nel suo contenitore, in attesa di essere raccolta o spedita agli archivi.
Senza riuscire a controllare le proprie braccia, Paura afferrò la sfera e vi guardò dentro; rivide la scena appena vissuta da Riley, con la ragazza che si svegliava di soprassalto e veniva interpellata da Andy, svegliatosi a sua volta; la ragazza poi cercava di rassicurarlo e riprendeva il controllo del proprio respiro. A quel punto la scena si riavvolgeva e il ricordo ricominciava daccapo.
Che significava? Perché quel ricordo era nato in quel momento? E soprattutto, perché era viola? Era stato lui a manovrare i comandi, è vero, ma da anni ormai i ricordi di Riley non presentavano alcun colore. Che fosse importante?
Paura si voltò tenendo in mano il ricordo e lanciò un’occhiata triste alla casetta di Gioia; non si vedeva niente, nessuna luce, lei non era alla finestra e lui non sapeva cosa dedurre da ciò. Tornò a fissare la sfera con mistero e pensò che forse avrebbe dovuto disfarsene, ma poi sentì come uno sguardo su di sé. Paura si voltò confuso e adocchiò la piccola figura di Tristezza che da dietro i suoi occhialoni lo fissava inespressiva a testa bassa. E improvvisamente sentì come se fosse stata lei a fare qualcosa.
Erano in tre a conoscere quanto era accaduto quella notte: lui, che non ne avrebbe parlato con nessuno, Gioia, che non avrebbe mai trovato il coraggio di parlarne con nessuno, e Tristezza, che non parlava con nessuno da tantissimo tempo. Poteva stare tranquillo? Oppure, abbassata la guardia per un attimo, Riley avrebbe combinato qualche altra pazzia, che fosse un sogno o un’azione reale? Era davvero sotto controllo come diceva Rabbia?

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Capitolo 21
*** Incubo ***


Riley lanciò un urlo spalancando gli occhi. L’improvviso risveglio della ragazza spaventò Andy accanto a lei, che ancora non si era addormentato, e lo fece agitare in modo scomposto. Lei rimase immobile per diversi secondi, fissando il vuoto di fronte a sé e cercando di riprendere ossigeno più rapidamente possibile.
La confusione che regnava nella sua testa non si era certo affievolita dopo il suo brusco risveglio; quel sogno spaventoso che aveva avuto si sarà anche fermato, ma adesso tutti i pensieri negativi, i sensi di colpa e le paure per il futuro si stavano liberando di nuovo nella sua mente.
E dire che speravo di poter dormire un po’…
<< Riley! >> La voce del ragazzo accanto a lei la destò dai suoi pensieri. La ragazza volse lo sguardo verso di lui dopo pochi istanti che ebbe sentito chiamare il proprio nome e continuò ad ansimare guardandolo negli occhi. << Stai bene? >> Chiese preoccupato, mentre Andy poté leggere un grosso spavento negli occhi cupi della ragazza.
Non lo aveva sentito per tutto quel tempo, ma Andy l’aveva chiamata appena dopo il suo risveglio. Non aveva voglia di discutere a quell’ora della notte, e quindi cercò di tagliare corto, ma non ci riuscì:<< Solo… Un brutto sogno. >> Mormorò riprendendo fiato.
Andy non sembrò convinto di quello. << Sembravi piuttosto agitata… >> L’aveva vista mentre dormiva? Quanto aveva influito sulle sue azioni all'esterno, quell’incubo?
La pioggia batteva sulle finestre intatte, mentre sotto a quelle con i vetri infranti si era formata una pozza che risuonava ritmicamente ogni volta che una goccia la colpiva. Un tuono che colpì nello stesso momento del lampo scosse l’abitazione e fece alzare la testa a Riley. << E’… E’ questo stupido temporale! >> Si lamentò stancamente battendo una mano sulla parete alle proprie spalle. << Non riesco a dormire bene così, e poi devo pensare a cosa fare domani. >> Quell’ultima parte non sembrò molto veritiera neanche alle sue stesse orecchie.
<< Sei preoccupata per domani? >> Chiese Andy piegando la testa di lato.
Riley rimase impassibile e si guardò le ginocchia unite a pochi centimetri dal proprio viso. << Lascia perdere. >> Rispose con voce tremante. << Dormiamo. >> Detto questo si voltò dall’altra parte e, poggiando una spalla e la testa alla parete, si addormentò, o almeno finse di farlo; non era la posizione più comoda che ci fosse, ma almeno poteva rimanere a pensare senza dover guardare Andy negli occhi.
C’era confusione nella sua mente, proprio quando credeva di aver riacquistato il controllo sulla situazione: era sfuggita alla polizia e nessuno l’avrebbe cercata fino al giorno seguente, quando il tempo sarebbe migliorato e avrebbe concesso alla gente di uscire di casa, ma allora perché si sentiva in pericolo? Temeva che non sarebbe riuscita a scappare in tempo dalla città? Il senso di colpa la stava divorando per quello che era successo a Duncan? Oppure, ipotesi più improbabile, sentiva di non voler realmente scappare da quel luogo?
Riley chiuse gli occhi, ignorando Andy alle sue spalle che cercava di mettersi comodo e pensò a qualcosa che la aiutasse a rilassarsi: i tuoni le mettevano paura quando attaccavano con violenza le sue orecchie, facendo tremare le pareti della casa abbandonata, e quel continuo rumore di gocce d’acqua era fastidioso; aveva bisogno di qualcosa che la calmasse.
Ma non c’era nulla che potesse aiutarla a darsi una calmata. Quello che aveva sognato l’aveva terrorizzata, e sembrava quasi che non sarebbe più riuscita a riconquistare la serenità della notte precedente, almeno per quella sera.
Merda… Pensò. Quanto ancora durerà questo temporale?

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Capitolo 22
*** Ricordo Base ***


Gioia era una stupida.
Aveva davvero pensato che sarebbe riuscita ad aiutare, lasciando la sua capanna? Non voleva proprio arrendersi e capire che Riley – e non solo lei – stava meglio senza di lei? Si era solo rivelata inutile per l’ennesima volta, non faceva altro che combinare guai! Forse sarebbe stato meglio per tutti se avesse semplicemente lasciato il Quartier Generale per sempre…
Alzò lo sguardo per adocchiare quel bagliore azzurro in un angolo della sua stanza; pensò di non aver mai visto quella sfera brillare tanto intensamente per un bel pezzo. E’ tutta colpa sua… Pensò. Tutta colpa di quella sfera, se non sono più in grado di fare nulla. Avrebbe dovuto sbarazzarsene, buttarla nel Baratro della Memoria e lasciare che venisse dimenticato per sempre da Riley e dai suoi compagni del Quartier Generale.
D’altro canto sembrava che Riley avesse già dimenticato quell’episodio della sua vita in cui aveva dovuto fare i conti con la nostalgia di casa, eppure quel ricordo tanto pesante per la povera Gioia era sempre luminoso nella sua stanza, a volte la luce era più forte, altre volte si affievoliva… Ma quell’evento era ancora una parte importante della memoria di Riley, e Gioia sapeva che avrebbe finito per portarli tutti alla rovina. Per questo doveva tenerlo nascosto, tenerlo lontano dagli altri e fare in modo che nessuno lo mettesse là dove tutti i Ricordi Base andavano messi. Quello non era un Ricordo Base, non serviva ad aiutare Riley, ma avrebbe rovinato definitivamente la sua vita se fosse stato attivato.
<< Stupido coso! >> Afferrò una copertina e la lanciò addosso alla sfera, sperando così che nascondesse il suo fastidioso bagliore, ma vide subito che la luce avrebbe superato anche quella barriera.
Gioia sbuffò infastidita mentre alle sue spalle sembrava avvenire qualcosa di insolito; andò ad affacciarsi dalla sua finestra, e subito le si parò di fronte la faccia sfilata e atterrita di Paura, illuminata da una insolita luce violetta.
<< Gioia! >> Esclamò lui ansimando, mostrando chiaramente di essere preoccupato.
Dapprima la stellina si spaventò pensando che lui ce l’avesse con lei, proprio come Rabbia, ma dopo aver visto la sfera viola tra le mani dell’amico, la sua espressione cambiò. << Che cos’è…? >>
Paura abbassò lo sguardo pieno di ansia e agitò le mani sorreggendo la sfera. << Non lo so… E’ un ricordo, ma… >> Le porse quel ricordo come per chiederle aiuto. << Non so cosa fare! >>
<< E perché lo dai a me? >> Chiese contrariata lei spingendolo indietro; sembrava quasi che fosse qualcosa di disgustoso che nessuno dei due voleva toccare.
<< Guardalo bene, Gioia! >> Protestò lui spingendoglielo contro. << Questo non è un ricordo normale! Questo è un Ricordo Base! >>
Quello era un Ricordo Base? Un ricordo di Paura? Ma come poteva essere? Gli unici Ricordi Base di Riley erano quelli che Gioia aveva creato quando era ancora bambina, e che poi non avevano più funzionato dopo la rottura. Lo prese tra le mani per esaminarlo e vide riavvolgersi dentro di esso la scena che avevano vissuto pochi attimi prima, dopo il risveglio di Riley. << Ma che… >> Mormorò confusa non avendo idea di come reagire a tutto quello. Se quello era un Ricordo Base, allora non era lei che doveva tenerlo. Lo spinse di nuovo contro Paura di fronte a sé. << Non lo voglio! >> Disse tenendo le braccia tese in avanti.
Paura sembrò incredulo. << No, aspetta Gioia! Io non posso tenerlo! >> Cercò di farle riprendere il ricordo spingendoglielo incontro. << Che cosa succederebbe se Rabbia lo vedesse? >>
<< E perché dovrei tenerlo io? Lo sai che tutto quello che faccio va a finire male! >> Protestò lei con uno sguardo minaccioso.
Paura sembrò però avere la risposta pronta:<< Ma tu hai tenuto con te tutti gli altri Ricordi Base da quando siete tornate qui. >> Lei si fermò ad ascoltarlo. << Lo so che non funzionano più, ma tu te ne sei presa cura come se fossero le cose più importanti per Riley… Anche quel ricordo di Tristezza, che non è mai servito a niente qui, tu lo hai tenuto! >>
Gioia abbassò lo sguardo sconfortata, mentre abbandonava la forza che aveva messo prima per respingere il ricordo di Paura. Aveva ragione; nonostante dicesse di odiare quel Ricordo Base, la piccola stellina lo aveva sempre tenuto con sé, nascondendolo agli altri e proteggendolo, non con affetto, ma con cura. Forse lo aveva fatto perché pensava che dopo tutto questo tempo, quella potesse essere l’unica cosa che fosse in grado di fare…
<< Gioia, temo la possibile reazione di Rabbia alla scoperta dell’esistenza di questo ricordo… Potrebbe pensare che sia un pericolo, e buttarlo fuori dal Quartier Generale… >> Spiegò con voce pacata Paura, fissandola intensamente nei suoi profondi occhi azzurri. La sua espressione mostrava tutta la pressione che quella vita gli stava mettendo, e supplicava all’altra emozione di aiutarlo. << E’ qualcosa di importante, forse si tratta di qualcosa che potrebbe aiutarci più avanti, che potrebbe cambiare le cose… Non possiamo lasciare che questa occasione venga sprecata. Quindi ti chiedo: per favore, nascondilo assieme agli altri ricordi che conservi tu e prenditene cura finché non sapremo cosa farne…>>
Gioia ricevette tra le mani quel ricordo viola senza fare resistenza, ma subito tutto il suo terrore venne a galla. << Io… Non so cosa fare… >>
Paura sorrise rassicurante e per qualche motivo Gioia si sentì un po’ meglio nel vedere quel sorriso. << Gioia… >> Mormorò scuotendo la testa. << Nessuno di noi sa cosa fare. Tu, invece, hai continuato a fare quello che hai sempre fatto in tutti questi anni, nonostante ti stessi nascondendo: ti sei presa cura di Riley. >>
Non era vero. Gioia non si era presa cura di Riley. Lei l’aveva abbandonata nel momento in cui era sparita dal Quartier Generale assieme a Tristezza, e aveva così capito di non poter fare niente. Si era allontanata volontariamente da lei per non causare altro disordine, e dopo aver visto che neanche i Ricordi Base avevano funzionato, allora aveva deciso di tenerli con sé, dove andavano tutte le cose inutili… Ma avrebbe fatto quel piacere a Paura e si sarebbe presa cura del suo ricordo.
<< Non sono la persona giusta per questo compito, Paura… >> Mormorò alzando lo sguardo affranta. Paura sembrò sciogliersi nella disperazione appena gli disse quello, ma presto lo rassicurò:<< Però farò tutto il possibile per esserne all’altezza. >> E concluse abbozzando un debole sorriso.
Non appena Gioia ebbe finito di parlare, le labbra di Paura si piegarono da sole e il peloso omino viola non riuscì a trattenere la propria eccitazione. << Grazie Gioia, grazie! Sapevo di poter contare su di te! >> La abbracciò attraverso la finestra e Gioia si stupì per quel gesto; rischiò di far cadere il ricordo che le aveva dato Paura e quando la ebbe lasciata, la piccola stellina rimase a fissarlo stranita.
Con un po’ di preoccupazioni in meno, Paura tornò alla sua postazione davanti alla console dei comandi e Gioia poté di nuovo ritirarsi nel suo rifugio; approfittò della solitudine per esaminare quel nuovo ricordo, ma non notò niente di particolare che potesse mostrare il perché della sua nascita. Perché quel ricordo era tanto speciale? Perché era il primo ricordo colorato dopo tanto tempo? E, soprattutto, perché era un Ricordo Base?
Gioia lo strinse a sé cercando di sentire qualcosa che non avrebbe avvertito, poi dopo avergli rivolto un ultimo sguardo sconsolato si mise in ginocchio e gattonò fino alla coperta che nascondeva il ricordo azzurro e tutti gli altri Ricordi Base, racchiusi dentro la borsa che aveva trovato fuori dal Quartier Generale, nella memoria di Riley. Questa borsa è portentosa… Pensò afferrandola e tirandola a sé. Non importa quante cose ci metti, ci sarà sempre spazio!
Sorrise quando vide la pallina viola scivolare dentro di essa spingendo giù la sfera azzurra e le altre dorate poste più in fondo. Era davvero comoda, non sapeva come avrebbe fatto senza di essa. Però c’era qualcosa che non capiva, un interrogativo che la colpiva ogni volta che pensava a quella borsa: non riusciva a ricordare come la avesse trovata, e ogni volta che ci provava, per qualche motivo veniva assalita da una profonda nostalgia che non riusciva mai a spiegarsi. Lei aveva già pianto una volta, sapeva cosa si provava nel farlo, ma ogni volta che provava quel sentimento di malinconia improvviso e inspiegabile, Gioia si frenava e non piangeva come avrebbe voluto, perché sentiva che qualcuno non sarebbe stato contento di sapere che lei soffriva a quel modo…

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Capitolo 23
*** Fuori in città ***


Riley aprì gli occhi senza preavviso, senza mostrare alcuna emozione sul proprio volto. Sbatté le palpebre un paio di volte e respirò a fondo con le narici. La pioggia picchiettava ancora sulla finestra, adesso irradiata da una luce fioca che mostrava ancora il maltempo fuori.
Riley si voltò per poggiare la schiena alla parete e si mangiò un’imprecazione cercando di massaggiarsi il collo dolorante; era stata una pessima idea addormentarsi con la testa poggiata di lato alla parete, ma era andata così… Strinse i denti scuotendo un po’ la testa e si voltò a guardare accanto a sé: Andy stava ancora dormendo. Era seduto a terra in una posizione molto più composta di quella che aveva preso lei, aveva il braccio sinistro poggiato sulle gambe, così che potesse essere più vicino a Riley in modo che la catena delle manette non le desse fastidio; aveva un’espressione angelica dipinta in volto mentre dormiva e a Riley quasi dispiacque di avergli spudoratamente mentito, vedendolo a quel modo.
La ragazza grugnì tornando a guardare di fronte a sé: le pareti della casa avevano un aspetto più decente della sera precedente, ora che erano illuminate dalla luce del giorno, ma alcuni punti mostravano un grande abbandono; c'erano grandi macchie di umidità in diversi punti del soffitto, la carta da parati vecchia era ormai marcita e in alcuni angoli si riunivano un po' di insetti morti. Non sapeva nemmeno quanto fosse vecchia quell’abitazione, sapeva solo che non aveva mai visto nessuno entrarci, quindi non sarebbe stato un problema per loro nascondersi lì.
Riley aveva dormito abbastanza. Non era pigra, quando raggiungeva un certo numero di ore il suo cervello si riattivava senza che lei facesse niente e saltava subito giù dal letto; si alzò senza preoccuparsi di tirare la catena delle manette e chiamò ad alta voce:<< Forza Andy, è ora di svegliarsi! >> Era un po’ crudele costringere il ragazzo a svegliarsi prima che avesse dormito abbastanza, ma non avevano tempo da perdere, e temeva che dopo la sua fuga la polizia avrebbe cominciato a setacciare la città anche in posti come quello. Se si muovevano in fretta, la mattina presto, forse riuscivano ancora a spostarsi senza attirare l’attenzione su di sé.
Andy emise qualche verso confuso. Dopo aver mosso di scatto la testa al suono del proprio nome, il ragazzo aprì stancamente gli occhi e cercò di mettere a fuoco Riley di fronte a sé. << Ciao… >> Mormorò con pigrizia. Le rivolse un debole sorriso innocente. << Dormito bene? >>
Una merda. Avrebbe detto la ragazza, che si sforzò di tenere per sé quella risposta. Invece, ad Andy rivolse solo uno sguardo inquisitore. Non aveva dormito pessimamente, ma nella prima parte della nottata Riley era stata tormentata da incubi che neanche lei riusciva a rammentare perfettamente in quel momento, ma forse era meglio così; forse avrebbe fatto bene a tenerli a mente invece, ma non era il momento di pensarci. Dopo di quello, il suo sonno era stato come nel resto delle sue nottate: vuoto e privo di alcun sogno.
<< Dobbiamo muoverci. >> Disse lei quasi come se volesse risparmiare le parole.
Andy si alzò rapidamente mostrando di essere ancora un po’ confuso. << Dove dobbiamo andare? >> Chiese cercando di fissarla dritta negli occhi senza sembrare uno stupido.
<< Via da qui. >> Rispose secca lei voltandosi e tirando dietro di sé Andy.
Il ragazzo sembrò contrariato. << Ma… Dove vorresti andare? Sta ancora piovendo e… >> Riley non gli diede il tempo di protestare.
<< Se ci muoviamo presto, forse riusciremo a guadagnare un po’ di strada prima che gli sbirri vengano a cercarci! Il maltempo sarà solo un altro vantaggio per nasconderci meglio. >> Spiegò rapidamente sorridendo leggermente ad Andy per convincerlo, ma non serviva che il ragazzo fosse convinto di quello per fare ciò che lei gli avrebbe detto: subito dopo quello, infatti, la ragazza tirò dietro di sé Andy e uscirono insieme dalla casa.
Non appena furono fuori, Andy cominciò a stringersi le spalle e a lamentarsi. << Che freddo… >> Diceva guardandosi intorno. L’acqua della notte aveva reso la terra che calpestavano brulla e franosa, e dal cielo grigio continuavano a cadere inesorabili numerose gocce d’acqua, con meno frequenza della sera precedente, ma con abbastanza insistenza.
Riley ignorò le parole di Andy e cominciò ad avanzare verso la discesa che portava via dalla casa in stato di abbandono. << Attento a dove metti i piedi, se scivoli qui ti porti dietro anche me, e non vorrei sporcarmi tutta ora. >> Andy evitò di contestare dicendo che già il pomeriggio precedente si erano praticamente rotolati nella terra per sfuggire ai loro inseguitori e che si stavano già bagnando sotto la pioggia, e la seguì senza dire niente.
Riley scivolò lentamente giù dalla discesa, mentre Andy la seguì più goffamente, tirato dal polso ammanettato; rischiò di inciampare quando arrivarono a terra, ma per sua fortuna non cadde a terra e Riley fu al sicuro dal fango. La ragazza sorrise quando lo vide lottare con il terreno instabile per rimanere in piedi; se fosse riuscita ad esasperarlo, il ragazzo l'avrebbe liberata? << Andiamo. >> Disse non appena fu di nuovo capace di rimanere in piedi.
Andy la seguì trotterellando mentre la ragazza avanzava senza alcun problema nella boscaglia. << Dove stiamo andando? >> Chiese cercando di tenere il passo con Riley.
La ragazza distolse l’attenzione dai propri pensieri e rispose con freddezza al ragazzo:<< Per ora muoviamoci senza dare troppo nell’occhio, la polizia potrebbe non aver cominciato le ricerche a causa del brutto tempo… I miei genitori sono dall’altra parte del paese, ma arriveranno presto, ne sono sicura. Tuo zio e i suoi amici vorranno trovarmi prima del loro arrivo, indubbiamente, e questo non dovrà accadere! >> Si voltò per puntargli un dito contro. << Non provare a tradirmi, Andy! >> Disse con tono serio, rivolgendogli uno sguardo bieco.
<< Non lo faro, tranquilla! >> Reagì lui alzando le mani come un ladro colto in flagrante. Riley tornò a girarsi staccandogli gli occhi di dosso solo all’ultimo momento.
<< Poi ci sono anche quegli stronzi di ieri… Bad Dog e la sua banda. >> Mormorò pensando ad alta voce.
Andy la corresse. << Tobias. >> Disse. Lei si voltò confusa. << Quando ci siamo nascosti, quei due che ci hanno inseguito hanno nominato un certo “Tobias”, e poi hanno detto di non chiamarlo così… >> Spiegò con imbarazzo, sentendosi tutta l'attenzione addosso. Riley si mise una mano sulle labbra e cominciò a rammentare quel particolare; non ci aveva fatto molto caso prima, ma quell’informazione avrebbe potuto tornarle utile.
<< Giusto… Sembra che abbiamo a che fare con uno con manie di grandezza e grandi paure nascoste… >> Commentò pensierosa tornando a camminare.
<< Dici sul serio? >> Chiese Andy. Riley si fermò di nuovo e lo guardò come per chiedergli cosa intendesse. << Voglio dire… Sono d’accordo con te riguardo alle manie di grandezza, ma… Le sue paure nascoste dove sarebbero? >> Riley si schiarì la voce e si avvicinò ad Andy.
<< Basta vedere quanto gli dia fastidio sentire un nome diverso da quello che si è dato lui. >> Spiegò. << Ha distrutto Duncan per averlo chiamato a quel modo, che cosa farebbe se qualcuno pronunciasse il suo vero nome in sua presenza? >> Sul suo viso comparve un sorriso birichino che contagiò anche Andy, un po’ intimorito dai pensieri che avrebbero potuto attraversare la mente della ragazza.
<< Non ci avevo pensato… >> Rispose spalancando gli occhi intrigato.
Riley annuì lentamente e gli prese le mani. << Se dovessimo incontrarlo, proveremo a divertirci un po’ con questo tipo. Tu sei con me? >> Chiese alzando un dito verso di lui.
<< Eh? >> Chiese confuso Andy. << Cosa? >>
Riley sorrise come se si aspettasse quella reazione. << Ho detto: sei con me? >> Cercò di mettere più grinta nella sua domanda e ghignò piena di entusiasmo stringendo di più le mani del ragazzo.
<< Sì. >> Rispose lui un po’ confuso da quella situazione. Pensava che ormai Riley lo sapesse che di lui poteva fidarsi.
<< Più forte! >> Lo incitò lei avvicinando il proprio viso al suo.
<< Sì. >> Rispose con più fermezza il ragazzo, sentendo la tensione aumentare dentro di sé.
<< Di nuovo! >> Esclamò lei con asprezza.
<< Sì! >> Esclamò lui a voce alta.
<< Non ti ho sentito! >> Gli gridò in faccia la ragazza fermandosi a un millimetro dal suo viso.
<< SI’! Ho detto di sì! >> Urlò lui rispondendo alle incitazioni della ragazza, sorprendendola per la sua forza nel rispondere e suscitando in lei una risata compiaciuta e folle.
<< E allora andiamo, cazzo! >> Esclamò lei saltando e dando un pugno all’aria per incitare Andy. << Così ti voglio! >>
Trascinato dal suo entusiasmo, Andy rispose ancora:<< Sì! >> Prima di mettersi a correre assieme a Riley. Dopo pochi secondi però i due ragazzi si fermarono e mentre la pioggia continuava a battere sulle loro teste, si guardarono intorno persi.
<< Non sai dove andare, vero? >> Chiese Andy.
Riley era stata scoperta. Cercò di nascondere la propria mancanza di idee e non si voltò per affrontarlo, ma lo squillo di un telefonino distolse l’attenzione dei due ragazzi dalla situazione principale. Era il cellulare di Riley, ed era Duncan a chiamarla.
La ragazza portò il cellulare all’orecchio e rispose:<< Pronto? >>
<< Riley… Sei ancora da Lizzie? >> Chiese una voce stanca dall’altro lato del telefono. Riley annuì, ma si rese conto di non poter essere vista.
<< Già. Il tempo è migliorato, ma io non ho un ombrello, e mi bagnerei tutta tornando a casa… Aspetterò qui che spiova assieme a Liz, tanto i suoi genitori non possono sapere che avrà marinato la scuola. >> Rispose con sicurezza la ragazza facendo segno a Andy di fare silenzio. Il ragazzo avrebbe atteso la fine della chiamata per riaprire bocca.
Duncan fece un verso strano che Riley tradusse in stanchezza. Doveva essersi appena svegliato. << Lei è lì con te? >> Chiese senza un tono particolare.
<< Perché? >> Chiese lei guardando Andy confusa.
<< Puoi passarmela un attimo? >> A quella domanda, per un attimo a Riley si gelò il sangue nelle vene.
<< Ehm… >> Riley temporeggiò per qualche secondo prima di trovare una risposta. << Adesso è andata in bagno a lavarsi… Penso che ne avrà per un bel po’, quindi… >>
<< Capito. >> Duncan la precedette per evitare che parlasse a vuoto. Neanche lui voleva stare molto al telefono. << Vorrà dire che le manderò un messaggio più tardi… Divertitevi. >>
<< Certo… >> Mormorò lei senza capire cosa volesse Duncan. << Ciao. >> E chiuse la telefonata.
Andy la guardò con un sopracciglio inarcato. << Era sempre Duncan? >> Chiese.
Riley annuì in silenzio; stava ancora pensando alla discussione che aveva appena avuto con lui. Perché l’aveva realmente chiamata? La sua voce sembrava un po’ troppo affaticata, come se non avesse dormito per niente la notte precedente.
Andy girò la testa da un lato e soffiò via l'aria dai polmoni. << Dì quello che vuoi, ma a me non sembra proprio una cattiva persona
… >>
Riley gli lanciò un'occhiataccia prima di riporre il telefono in tasca.

<< E chi è questa Liz? >> Continuò il ragazzo guardandosi intorno.
Riley pensò a quella ragazza che la voleva imitare e seguire in qualunque cosa; era già la seconda volta che la menzionava. << Una persona che faremmo meglio a vedere. >> Rispose rimettendosi il cellulare in tasca e cominciando ad avanzare.
Senza perdere altro tempo, i due ragazzi si allontanarono dall’abitazione dove avevano trovato riparo la notte precedente e uscirono dalla boscaglia attorno ad essa. Quando si ritrovarono in strada, decisero di muoversi con cautela. Cominciarono a guardarsi intorno con discrezione, a nascondersi quando vedevano passare qualcuno di sospetto, poi a un certo punto Andy attirò l’attenzione di Riley.
<< Aspetta un attimo… Hai nominato una Liz? Lizzie Maslow? >> Chiese costringendo la ragazza a fermarsi.
Riley, vedendo che stavano arrivando due persone dal marciapiede si voltò e spinse Andy dentro a un vicolo. << Ma che fai? >> Sbottò infastidita tenendogli la mano sulla bocca in attesa che i due estranei passassero. Andy cercò di parlare con la mano di Riley sulla sua bocca, ma non si capì niente finché non lo ebbe lasciato andare. << Sì, Liz è una ragazza con cui esco. >> Rispose seccata mettendosi le mani sui fianchi. << E gradirei che tu non spifferassi il suo nome in giro per la città, dato che è la persona dalla quale ci nasconderemo! >> Aspettò una spiegazione per quella improvvisa parlantina che aveva colpito Andy.
Il ragazzo alzò un dito aprendo la bocca per dire qualcosa:<< Scusa. >> Disse secco come prima cosa. Poi cambiò radicalmente tono di voce:<< Lizzie è una mia compagna di classe! Lei è una delle ragazze a cui ho raccontato la nostra storia, l’altro giorno. >>
Riley si ricordò di quando le tre ragazzine le dissero di quel loro compagno che aveva voluto fargli credere di aver salvato una persona. << E’ vero. >> Mormorò guardando Andy con sorpresa. Quella situazione si stava facendo interessante; avrebbe potuto farsi quattro risate a discapito di Andy e Lizzie, già che c'era

Andy rimase a guardarla con incertezza. Lei rispose al suo sguardo con un sopracciglio inarcato. << Non è un problema? >> Chiese timoroso aspettandosi una reazione scomposta.
Riley alzò gli occhi al cielo e ci pensò un po’ su. << No, non credo. >> Rispose scuotendo la testa, mentre un paio di goccioline d'acqua le colpivano la fronte e scendevano sulla sua pelle. << E’ una che non parla molto, non farà da spia, e in più pende dalle mie labbra, come tutte le altre ragazze della tua scuola! >> Si voltò facendo segno al ragazzo di andare. << Ci saprà aiutare… >>
All’improvviso si arrestò.
Sul marciapiedi, da dove erano appena arrivati loro si avvicinavano due poliziotti che chiacchieravano con leggerezza tra loro e andavano nella loro stessa direzione. << Merda, sbirri! >> Sussurrò a denti stretti voltandosi e tirando con forza il polso di Andy. << Nasconditi! >> Gli intimò portandolo con sé dietro a un cassonetto della spazzatura nel vicolo.
Andy le cadde addosso quando Riley si fu già seduta con le spalle al muro, ma nonostante ciò la ragazza evitò di fare una sfuriata e rimase con le orecchie tese, in attesa che i due agenti passassero.
Sentì le chiacchiere dei due poliziotti e si rese conto che stavano parlando di loro:<< Steve e Malcolm hanno passato tutta la notte a cercare quella ragazza… Non vorrei essere nei loro panni. >>
<< Sì, e se non la troviamo presto, probabilmente toccherà anche a noi una di queste notti… >> Commentò quello più vicino al vicolo.
<< L’ispettore Davis non si è dato pace da ieri pomeriggio. E’ molto in pensiero per quella mocciosa… >> Ribatté l’altro rimanendo coerente al tema principale.
<< Per lui è diverso, però… Anche suo nipote è sparito. >> Continuò quello più vicino ai ragazzi. Da quel punto in poi le voci si fecero sempre più lontane, e Riley non riuscì a sentire nient’altro; non le sarebbe servito comunque, perché quello che aveva scoperto l’aveva fatta distrarre dalla conversazione dei due poliziotti. Girò la testa lentamente verso Andy alla sua destra e gli rivolse uno sguardo assassino.
<< Tuo zio è Tom Davis? >> Chiese improvvisamente spaventando il ragazzo per la sua reazione.
Andy sembrò confuso e cercò di sorridere per calmare la ragazza. << Ehm… Sì? Te lo avevo detto che mio zio era… >>
<< Quello lì è tuo zio? Il bastardo che ha telefonato ai miei? >> Andy cominciava a capire cosa intendesse. << Ah. >> Fu tutto ciò che seppe dire.
Riley si alzò e tirò a sé il ragazzo, che si lasciò sollevare senza fare resistenza. << Quello sbirro è l’uomo che viene sempre a rompermi le scatole quando vengo presa! E salta fuori che è tuo zio?! >> Esclamò agitando le braccia di scatto.
<< Scusa, io non lo sapevo che era lui quello che si occupava sempre di te! >> Cercò di giustificarsi il ragazzo.
Riley si trattenne dal mettergli le mani addosso e mostrò solo il suo grande desiderio di farlo con un gesto rapido e un ringhio feroce. << Lasciamo perdere! >> Sbottò voltandosi. << Andiamo via di qui, prima che arrivi qualcun altro. >>
A quel punto Andy decise di seguire Riley senza ribattere per non farla infuriare più di quanto già non fosse. Dovettero passare per strade secondarie e nascondersi alla poca gente che passava in strada per recarsi a lavoro a quell’ora presto, ma nonostante le difficoltà e i giri che allungarono il percorso, Riley e Andy riuscirono a raggiungere la casa di Lizzie Maslow senza farsi beccare, indenni.
<< Ti prego, rispondi! >> Continuava a ripetere lei mentre aspettavano sotto la pensilina del portone del condominio dove abitava la ragazza. Dopo aver suonato al citofono, Riley sperò vivamente che Lizzie si fosse già svegliata e che i suoi genitori non fossero in casa.
Rispose una voce spettrale dal tono seccato. << Chi è? >> Riley aveva visto la ragazzina di prima mattina un paio di volte, e sembrava quasi che truccarsi fosse la prima cosa che facesse tutti i giorni; si chiedeva se anche adesso avesse il suo solito trucco pesante.
<< Liz? Sono Riley, fammi entrare! >> Le chiese in tono deciso. La ragazza dall’altro lato del citofono sembrò pensarci per qualche secondo, ma alla fine dal portone si sentì uno scatto e i due ragazzi poterono entrare.
<< Secondo piano, sai la strada. >> Aggiunse quella mentre loro entravano.
<< Sì. Grazie! >> Rispose distrattamente Riley spingendo il portone. Disse ad Andy di sbrigarsi ad entrare e si chiusero dentro per sfuggire alla luce dell’esterno. Adesso erano al sicuro.

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Capitolo 24
*** Inseguiti ***


<< Pensavo fossi da sola… >> Commentò seccata Liz quando aprì la porta a Riley e Andy. I capelli scuri con ciocche viola della ragazza le coprivano un occhio con un ciuffo e gli abiti che indossava mostravano che si fosse appena svegliata. Aveva comunque il trucco sugli occhi ben definito come se facesse parte della sua pelle.
Riley e Andy erano fradici e stanchi, il ragazzo tremava impercettibilmente e lei cercò di trovare una scusa per non far pesare troppo la presenza di lui. << Sì bé, non ho avuto il tempo di avvertirti che avresti avuto ospiti, ma non ti preoccupare… >> Ed entrò svogliatamente nell’appartamento della ragazza, che apparentemente, era da sola in casa. << Non ti accorgerai nemmeno della nostra presenza. >>
Liz chiuse pesantemente la porta e rivolse lo sguardo spento verso la ragazza più grande di lei. << Immagino che siate nei guai… >> Commentò mantenendo la mano sul pomello della porta. Li guardò entrambi di sottecchi e attese una risposta. Poi però piegò un labbro divertita e si rivolse a Andy:<< Mi sorprendi… Tu di solito sei il “cocco della maestra”… >>
Andy annuì imbarazzato, ma fu Riley a prendere la parola. << Ci sono dei bastardi che ci seguono, sanno dove abito e non posso tornarci. >> Sospirò mentre Lizzie connetteva tutte le informazioni. << Abbiamo bisogno del tuo aiuto, Liz. >>
<< Devi ancora spiegarmi come hai fatto a finire ammanettata a questo imbranato… >> Mormorò incrociando le braccia e sorridendo divertita, pensando alla storia che le avrebbe raccontato Riley. Poi si avviò verso l’interno della casa e fece segno ai due di seguirla. << Ma prego, mettetevi comodi prima! >>
Lizzie guidò Riley e Andy attraverso un breve corridoio di entrata fino a un soggiorno poco illuminato con al centro un paio di poltrone verdi che ruotavano attorno a un grande televisore a schermo piatto posto sopra un mobiletto a vetri. La ragazza gli disse di sedersi e aspettare qualche minuto lì, mentre lei avrebbe finito di vestirsi.
Non appena Lizzie fu uscita dalla stanza, Andy si voltò con impeto verso Riley seduta accanto a lui sul divanetto più grande e disse stupito:<< Giuro che ci dorme con quella roba sugli occhi! >> Esclamò parlando del trucco della ragazza.
Riley sorrise in modo impercettibile e non si mosse dalla sua posizione con le braccia incrociate e le gambe accavallate una sull’altra. << A quanto pare… >>
Andy si voltò un’altra volta per assicurarsi che la sua compagna di classe fosse uscita e tornò a parlare a bassa voce:<< E ora qual è il piano? Hai intenzione di mentire anche a lei? >>
<< Non posso spifferare a tutta la città di essere scappata di casa! Qualcuno finirà per avvertire le autorità. >> Spiegò con stizza lei muovendo rapidamente gli occhi.
<< Quindi? >>
Riley lanciò un’occhiata preoccupata alla porta. << Vediamo prima in che situazione siamo, e lascia parlare me! >>
Lizzie tornò nel soggiorno con un top nero a maniche a rete e jeans strappati, come aveva immaginato Riley. Si mosse rapidamente per arrivare sulla poltrona alla loro destra e inarcò la schiena verso di loro. << Allora? >> Chiese poggiando il mento sul pugno chiuso. << Che vi è successo? >>
Riley non aveva veramente pensato a cosa dire alla ragazza, e ruotando il collo verso il ragazzo accanto a sé, gli rivolse uno sguardo di sufficienza. << Cominci tu o comincio io? >> Chiese mentre quello le rivolgeva uno sguardo interrogativo.
<< Avevi detto che avresti parlato tu! >> Protestò confuso lui agitandosi sul divanetto. Riley alzò gli occhi al cielo e tornò a rivolgersi verso Lizzie.
<< Liz, ricordi quando Andy è venuto in classe dicendo di aver salvato la vita di una persona, qualche giorno fa? >> Cominciò dopo aver sospirato con esasperazione; rivolse un sorriso leggerissimo all’altra ragazza piegando la testa lateralmente e rimase in silenzio finché lei non ebbe annuito pensierosa. << Ecco, questo deficiente qua mi ha davvero salvato la vita. >>
Lizzie inarcò un sopracciglio, ma non si mosse di un millimetro: era seduta con la schiena piegata in avanti, le gambe accavallate e il mento sorretto dalla mano, il cui gomito si poggiava a un ginocchio. << Tu? >> Chiese guardando Andy. Il ragazzo sorrise imbarazzato senza sapere cosa dire. << A te? >> Chiese dopo rivolgendosi a Riley inarcando un sopracciglio, nascondendo un sorrisetto di scherno.
<< Le stesse persone che mi avevano aggredita l’altro giorno, ora sono tornate e vogliono darmele di santa ragione… >> Andò avanti lei senza dare conto alla piccola provocazione della ragazzina; di solito lei era una persona che faceva da esempio per le ragazze come lei, che figura ci faceva se faceva sapere di essere stata sopraffatta facilmente da qualche teppista di strada?
<< Sono loro che ti hanno fatto questo? >> E si toccò con un indice la guancia dove alcuni giorni prima aveva ricevuto un pugno da Bad Dog.
Riley se n’era quasi dimenticata. Si toccò la cicatrice con le dita e abbassò lo sguardo pensierosa; non rispose, ma Liz capì che era così. Dopo un po’ tornò a guardarla dritto negli occhi:<< Abbiamo bisogno di un posto sicuro dove stare, almeno per questa sera… >>
<< A casa tua non sei al sicuro? >> Chiese Liz infastidita dal fatto di dover prestare casa sua a Riley.
<< Sanno dove vivo. >> Ribatté prontamente Riley.
<< E casa sua? >> Chiese alzando il mento verso Andy, che si sentì chiamato in causa. << E’ nipote di uno sbirro. Perché non ti fai proteggere da lui? >> La ragazza sembrò prendere gusto dalle proprie parole e si lasciò sprofondare nella sua poltrona.
Riley evitò di reagire alle provocazioni di Lizzie e alzò le sopracciglia piegando in avanti la testa. A quel punto la ragazzina sembrò quasi chiederle di risparmiarla, ma Riley alzò la testa e cominciò a parlare:<< Pensi davvero che non ci abbia pensato? E cosa credi che farebbe uno sbirro come suo zio, sapendo che suo nipote rischia la vita a causa di una come me, sempre in fuga dalla giustizia? >>
Lizzie scosse la testa annoiata e si concentrò sui polsi dei due ragazzi. << Perché le manette? >> Chiese quasi distrattamente. Sembrava che quella ragazza stesse cercando qualche punto invalido nel racconto di Riley per poterle dire di no.
Riley si girò di nuovo verso Andy, ma si trattenne dal ripetere la sua prima battuta. Quando tornò a parlare con Lizzie, le parole scorsero dalla sua bocca senza problemi:<< Ho dovuto farlo per evitare che Andy… >> E fece un piccolo cenno alla propria sinistra. << Andasse a spifferare tutto a suo zio. Pensava che sarebbe stato meglio avvertire lui… >>
<< Codardo. >> Commentò per niente sorpresa Lizzie con il suo solito tono annoiato. Andy si sentì offeso, ma evitò di ribattere e abbassò lo sguardo abbattuto.
<< Non chiamarlo così… >> Lo difese Riley. << In fondo è stato abbastanza coraggioso, lanciando quel mattone in testa allo stronzo che mi aveva colpita… >> E si voltò rivolgendo un piccolo sorriso al ragazzo. Lui la ringraziò in silenzio mostrandosi sorpreso.
Lizzie sembrò infastidita dalla risposta di Riley e alzò gli occhi al cielo. << Comunque… Se avete bisogno di aiuto, posso ospitarvi per un po’. >> E si alzò roteando sul posto. Si fermò puntando un dito contro Riley. << Ma non voglio guai! >> Scandì con tono serio.
Riley ghignò divertita allargando il braccio libero dalle manette e poggiandolo sullo schienale del divanetto, mentre piegò il gomito dell’altro; il braccio passò dietro la testa di Andy e nessuno dei due sembrò accorgersene. << Se non vuoi guai, dovresti cacciarmi di casa ora! >>
Lizzie le puntò un dito contro sorridendo impercettibilmente, mostrando di aver gradito quella battuta; fece per uscire dalla stanza, ma Andy la fermò sulla soglia della porta. << Sei sicura che non ci siano problemi? >> Chiese allarmato. Lizzie sbuffò, ma lui si spiegò meglio:<< I tuoi genitori non potrebbero insospettirsi vedendoci qui? >>
Lizzie sembrò trattenersi dal ridere in faccia a Andy e scosse la testa. << I miei genitori sono fuori città, cocco! Sono sempre in viaggio, e io ho casa libera trecentosessantacinque giorni l'anno! >> Si voltò e uscì con calma dalla stanza.
Andy e Riley rimasero in silenzio per alcuni secondi, poi quando furono sicuri di essere da soli, la ragazza si voltò a parlare con il ragazzo. << E’ stata una fortuna che i genitori di Liz fossero fuori città. Non me lo aspettavo… >>
<< Vuoi dire che non avevi idea di cosa avremmo trovato una volta arrivati qui? >> Chiese contrariato Andy.
Riley sorrise stringendo le spalle. << Avevamo buone probabilità di essere fortunati, no? >> Andy non riuscì a rimanere arrabbiato di fronte a quella faccia e scosse la testa sbuffando e distogliendo lo sguardo.
<< Tu fai sempre così? >> Chiese a bassa voce tornando a guardarla negli occhi.
Riley smise di sorridere e sbatté le palpebre un paio di volte. << Così, come? >>
Andy sospirò abbassando lo sguardo. << Sembra che tu agisca sapendo che ogni momento potrebbe essere l’ultimo… >> Mormorò confuso. << Non hai piani, non hai idee, ma inventi tutto sul momento. E la cosa incredibile è che ti va sempre tutto bene! >>
Ci sta psicanalizzando? Chiese una voce in testa a Riley. La ragazza si sentì quasi come se Andy avesse centrato pienamente l’obiettivo questa volta.
<< Non fraintendere, ti ammiro per questo! >> Disse lui sorridendo piano. << Ma… Non capisco come tu faccia. >> Rimase a guardarla confuso, in attesa di una spiegazione che in realtà non arrivò.
Riley distolse lentamente lo sguardo da quello del ragazzo e rimase a guardare i propri piedi sul parquet della stanza. Non se ne era resa conto, ma da quando Andy le aveva fatto quella domanda, le sue dita avevano cominciato a contorcersi tra loro, e non si erano più fermate. << Non è che io abbia scelta, in ogni caso… >> Mormorò tristemente.
Ma che le succedeva? Perché si stava aprendo così tanto con quel ragazzo che niente aveva in comune con lei? Lui era solo un mezzo per andarsene via da lì, doveva solo mostrargli di essere una persona migliore e sarebbe potuta scappare; non aveva senso scoprirsi così tanto e inventare cose che non esistevano per farsi credere. Ma chi diceva che quelle cose che raccontasse non erano vere?
Scosse la testa grugnendo e si alzò rapidamente. << Dai. >> Disse tirando dalla catena delle manette. << In piedi. Vediamo dove ci sistema Lizzie. >>
Andy si alzò scrutando Riley con sopracciglia inarcate e la seguì senza dire una parola per la casa, cercando di elaborare ciò che aveva appena sentito.

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Capitolo 25
*** Un letto dove dormire ***


<< Per quanto tempo hai ancora intenzione di mentire alla gente? >> Chiese Andy mentre attraversavano il corridoio che li avrebbe portati da Lizzie.
<< Sta’ zitto! >> Lo rimproverò Riley sapendo che la ragazzina avrebbe potuto sentirli.
<< Va bene, per ora non ti chiedo altro, ma dopo ne dovremo discutere! >> Disse l’altro mettendosi una mano in tasca e alzando lo sguardo al cielo esasperato. Stava ancora cercando di far cambiare in meglio Riley, ignorando tutto il resto e i guai che stavano passando. Lizzie li accolse con sguardo annoiato nella sua camera da letto; l’interno era come se lo era immaginato Andy: colori scuri alle pareti, poca luce dalle finestre oscurate dalle tende, vestiti borchiati sparsi sul letto e altri accessori da metallara posti davanti a uno specchio sopra un comò; un poster sull’armadio di una band che Lizzie adorava – da quello che si poteva intuire – completava l’opera. C’era però un particolare che Andy non si sarebbe aspettato di vedere.
<< Porti gli occhiali? >> Chiese stupito vedendo un paio di occhiali dalla montatura nera poggiati sulla scrivania, quasi sul bordo.
Lizzie reagì di scatto e tentò di raggiungere la scrivania per nascondere le lenti, ma non ci riuscì e si arrese abbassando lo sguardo con desolazione. Riley sembrò divertita da quella scena e decise di rincarare la dose per la ragazza:<< Oh, non lo sapevi? Allora immagino che non saprai neanche che il suo vero colore di occhi non è verde, come vuole far credere… >> E si voltò ghignando verso Lizzie, che alzò prima lo sguardo preoccupata e poi rivolse un’occhiataccia alla ragazza più grande. Non si erano mai piaciute particolarmente, Riley non avrebbe detto di odiare Lizzie, ma non le dispiaceva punzecchiarla a quel modo.
<< Sul serio? >> Chiese con occhi sgranati il ragazzo. Subito sembrò dimenticarsi della sua timidezza e si avvicinò a Lizzie per guardarle le iridi. << Fammi controllare, voglio capire se… >>
La ragazza non accolse bene il suo gesto e mettendogli le mani in faccia lo cacciò con rabbia. << Togliti di mezzo, babbeo! >> Fece stizzita lei ringhiando prima ad Andy e poi a Riley.
Andy cadde a terra e rivolse uno sguardo incredulo alla sua compagna di classe. << Allora porti davvero le lenti a contatto colorate? >> Chiese quasi come se non riuscisse a crederci.
Era stato un tale shock per Andy scoprire quel piccolo particolare della sua compagna? Forse era semplicemente sorprendente il fatto che non sapesse quella cosa di lei, ma quasi nessuno lo sapeva: Liz era una ragazza riservata che svelava i propri segreti molto raramente; Riley era una delle poche persone alla quale aveva detto quella cosa, ma solo perché se ne era accorta prima da sola e perché, in qualche modo, era una figura importante per molte delle ragazzine come lei. Riley non pensava che fosse un così grande segreto comunque, e la divertiva mettere scompiglio di tanto in tanto.
<< Non mi sembra il caso di farne tanto un caso di stato, comunque… >> Commentò Riley per calmare le acque e tirando a sé il ragazzo che si era allontanato da lei.
<< Grazie mille. >> Disse a denti stretti la ragazzina dai capelli neri. Rivolse uno sguardo minaccioso a Riley, che rispose con un sorrisetto vittorioso, e si voltò. Quel ringraziamento aveva un doppio significato: si rivolgeva a Riley per aver reso più leggero e di importanza minore il fatto che portasse le lenti a contatto colorate, mentendo a tutti quanti, e la ringraziava in modo sarcastico per aver spifferato il suo segreto. Era così infantile da prendersela per quella piccolezza?
La ragazza fa tanto la grande, ma è più infantile di una bimbetta frignante! Riley ruotò di scatto la testa, facendo agitare i capelli che arrivavano a sfiorarle le spalle.
<< Allora, hai la casa libera? >> Chiese Andy tentando di riparare alla sua scenata di prima. Liz gli lanciò un’occhiataccia con la coda dell’occhio, ma sembrò meno minacciosa di quanto avrebbe voluto.
<< Sì, c’è tutto lo spazio necessario. >> Disse passando le mani sopra alla coperta del suo letto e dando qualche colpetto per assestare il materasso. << Ma non voglio che mettiate sottosopra la casa! >>
<< Saremo invisibili. >> Rispose Riley piegando un labbro. Lizzie non sembrò crederle, ma avrebbe dovuto: Riley non avrebbe fatto niente per attirare l’attenzione su di sé, in una situazione del genere.
<< Allora la vostra stanza è quella accanto; divertitevi. >> E detto questo si sedette sul proprio letto e aspettò che uscissero.
La ragazza rimase a guardarli senza dire una parola, e Andy si stupì di quello:<< Così? Non vieni nemmeno con noi? >> Chiese agitando le mani all’altezza del busto.
Lizzie scosse la testa mostrando tutto il suo disinteresse nel farlo:<< No. Ho sonno, e voi mi avete svegliata: mi rimetto a dormire, e dovreste farlo anche voi. >>
Andy stava per ribattere dicendo che almeno lei sarebbe dovuta andare a scuola, ma Riley lo fermò – per sua fortuna – e se lo tirò dietro portandolo fuori dalla stanza. Lizzie si sdraiò sul letto e disse a Riley di spegnere la luce con un tono decisamente brusco.
Riley, per tutta risposta, spinse l’interruttore con il dito medio, salutando così la ragazza, che pur non potendo essere vista alzò a sua volta il proprio medio verso di lei.
<< Stavi per dirle di andare a scuola. >> Disse seria Riley dopo aver chiuso la porta.
<< E’ una cosa normale, anche io dovrei andarci. >> Rispose lui sorridendo con semplicità, ma col tono di uno che non sapeva cosa rispondere.
<< Se volevi andare a scuola, avresti dovuto pensarci due volte prima di ammanettarmi! >> Ribatté lei con un sorriso disarmante che lasciò senza risposta Andy. Il ragazzo abbandonò l’idea di ribattere e la seguì fino alla porta della stanza indicatagli da Lizzie.
<< C’è un’atmosfera tetra in questa casa… >> Mormorò lui guardandosi intorno.
<< E’ Liz. >> Rispose Riley senza dargli molta retta, cercando di aprire la porta dalla maniglia incastrata. << Le piace il buio e il silenzio, per questo quando può lascia tutte le serrande e le finestre chiuse, e si rintana in casa come un coniglio in inverno…! >> Trattenne un’imprecazione tentando di sbloccare la porta. << Bastarda…! >>
<< Comincio a pensare che sia un bene se lei non mi parla… >> Mormorò distrattamente Andy.
<< Già. >> Rispose Riley dopo essere riuscita ad aprire la porta. Poggiò la mano sulla maniglia e si voltò a guardare il ragazzo alle proprie spalle:<< E’ mezza matta, e credo che ce l’abbia un po’ con me, ma alla fine non è una cattiva ragazza… >>
<< Quello non è nessuno. >> Rispose sorridente Andy.
Come no. Il ragazzo non ottenne nessun tipo di reazione: al suo misero tentativo di elevarla a qualcosa che non era, Riley semplicemente si voltò in silenzio e cominciò a spingere la porta. Stava cercando di farle credere di essere “migliore” di quello che era, ma non aveva idea neanche lui di cosa fare.
<< Come ti dicevo: buio pesto. >> Commentò quando ebbe aperto completamente la porta: quella stanza doveva essere completamente abbandonata quando i genitori di Lizzie partivano; per questo era immersa in quell’oscurità opprimente e la porta era chiusa. Riley inciampò in qualcosa che sembrò un materasso cercando di raggiungere la finestra per fare un po’ di luce, ma si rese conto di non potercela fare senza vedere dove stesse andando; Andy le venne in aiuto accendendo la luce dall’interruttore accanto alla porta.
Illuminata la stanza, Riley si rese conto di aver inciampato su un letto matrimoniale che occupava gran parte della stanza. << Oh, merda… >> Commentò vedendo il grande letto bianco candido, completamente diverso da quello scuro e deprimente di Lizzie. Quella doveva essere la stanza dei genitori della ragazza.
Anche Andy fu un po’ sorpreso da quella cosa. << Oh. >> Disse con una punta di stupore, ma in realtà non sembrò dare molto peso a quel particolare. << Stavi dicendo…? >> Chiese tornando a guardare Riley con un sorriso stampato in viso.
<< Quella piccola troia…! >> Mormorò visibilmente risentita la ragazza a bassa voce, preoccupando Andy per la sua reazione. << Io non ci dormo assieme a te in questo letto! >> Esclamò subito tirando il ragazzo dietro di sé per raggiungere la finestra. << Apri questa cosa! >> Gli disse infastidita fermandosi davanti alla corda che serviva per sollevare la serranda della finestra; quell’atmosfera la stava facendo stare male.
Andy non disse nulla e obbedì; in pochi secondi riuscì a portare su la pesante serranda e la stanza venne investita dalla fioca luce della mattina. Adesso la luce della lampadina nella stanza era superflua e il ragazzo fece per dirigersi verso l’interruttore per spegnerla, ma fu bloccato da Riley, che non si mosse di un millimetro dalla sua postazione; al contrario, la ragazza tirò con forza la catena delle manette e il ragazzo finì per rimanere attaccato alla sua faccia. << Cosa c’è? >> Chiese turbato per un istante, vedendo lo sguardo gelido di Riley.
<< Non ti dà alcun fastidio? >> Chiese lei indicando con la mano libera il letto matrimoniale immacolato in mezzo alla stanza.
<< Dovrebbe? >> Andy sembrò non afferrare il motivo di tanta preoccupazione per il letto; Riley invece sembrava terribilmente seria e le sue guance si erano colorate di un leggero rosa insolito, mentre fissava con quello sguardo duro il ragazzo di fronte a sé. Ancora non aveva capito che tipo di persona fosse Andy: a volte sembrava un personaggio di qualche serie televisiva d’azione, cazzuto e sicuro di sé, e altre volte sembrava completamente assente, come se non sapesse nemmeno dove si trovasse.
Riley sbuffò voltandosi rapidamente e guardò con occhi seccati la finestra aperta da cui entrava la luce. << Liz me lo ha fatto apposta, lo so… >> Mormorò esasperata. Non voleva dormire nello stesso letto di Andy, ma per qualche ragione non riusciva a dirlo.
A un certo punto il ragazzo sembrò rendersi conto della situazione. << Scusa, non ti piace il letto? >>
Riley grugnì voltandosi di nuovo verso di lui e incrociò le braccia per sembrare più grande e più arrabbiata. << Preferirei dormire a terra. >> Scandì seccata lasciando intendere al ragazzo il motivo della sua scelta. Andy si voltò ed esaminò il letto con attenzione, leggermente confuso.
<< Ma… Perché? Sembra tanto comodo… >> Commentò innocentemente voltandosi verso la ragazza. Lei alzò gli occhi al cielo mordendosi un labbro. Fu allora che decise di parlare chiaramente.
<< Preferirei dormire a terra, piuttosto che assieme a te su quel letto. >> Il modo in cui pronunciò quelle parole fu gelido e forse Andy se ne risentì un po’ per quello, ma oltre a un drastico cambiò nell’espressione facciale non ci furono altre reazioni.
<< Ah. >> Fu tutto quello che ebbe da dire. Abbassò lo sguardo imbarazzato, pensando a una scappatoia da quella situazione, mentre Riley lo squadrava infastidita. Dopo un lungo silenzio durante la quale Andy continuò a far guizzare gli occhi da una parte all’altra della stanza, ovunque tranne che sulla ragazza di fronte a lui, il ragazzo sembrò trovare una soluzione, e con riluttanza mormorò:<< Bé, se proprio ti dà così fastidio… Posso dormire io a terra. >>
Riley sembrò cascare dalle nuvole e spalancò gli occhi stupita. La stava considerando inferiore, in qualche modo, tale da necessitare di un letto comodo al posto di un pavimento duro e solido?
Ma sentiti! Si criticò da sola. Fare tante storie per il posto di un letto! Hai problemi ben più gravi a cui pensare! Era vero! Lei era una ragazza che non si era mai lasciata intimidire da un posto letto da condividere con un maschio, lei era quella ragazza che dava confidenza a tutti senza difficoltà, e i ragazzini come lui non le facevano certo paura! E allora perché si sentiva tanto frenata nell’agire come faceva di solito con tutti? Avrebbe dormito assieme ad Andy su quel letto, si sarebbero nascosti in quella casa per tutto il tempo necessario e quando sarebbe riuscita a liberarsi, avrebbe salutato Andy per sempre e avrebbe lasciato la città.
Riley si esibì in una fragorosa e amichevole risata; diede un colpo alla spalla di Andy e sorrise. << Bella mossa, test superato! >> Esclamò divertita e passandogli accanto. Si sedette sul bordo del materasso e rivolse uno sguardo pieno di confidenza al ragazzo davanti a sé. Decise di dargli una spiegazione, data la sua espressione completamente persa. << Ti sei comportato in modo corretto: alle ragazze piacciono i duri, ma un po’ di gentilezza non guasta mai, specialmente se ti trovi davanti qualcuna a cui piace essere corteggiata. >>
<< Cosa…? >> Andy non seguiva neanche un po' il discorso della ragazza; gli sembrava che avesse tirato fuori quella cosa dal nulla, senza un apparente collegamento.
<< Non ti preoccupare, il letto lo condivideremo! Ma… >> Riley si alzò di colpo dopo aver agitato la mano in modo per dire che non ci fosse nessun problema. Si avvicinò ad Andy e si fermò accanto a lui per sussurrargli qualcosa nell’orecchio:<< Se mi tratti ancora da principessa, ti spacco la faccia. >> Disse con un sorrisetto che non impedì ad Andy di sentire una grande pressione su di sé.
Riley si voltò con un’espressione rilassata dipinta in volto e adocchiò all’angolo della stanza, vicino alla finestra, una grossa e formosa poltrona che aveva tutta l’aria di aspettare solo che il suo sedere vi si posasse sopra. Con un rapido movimento che sembrò quasi venirle naturale, la ragazza piombò sulla morbida poltrona e vi si sciolse di sopra lanciando un lungo sospiro di sollievo. << Questa è mia… >> Diceva con aria sognante, reclamando il suo dominio su quella poltrona, tenendo gli occhi chiusi e il collo reclinato indietro, mentre con un movimento dei piedi si sbarazzava delle scarpe.
<< Di che cosa stavi parlando? >> Chiese Andy ancora confuso. Poi sembrò collegare i punti di quella faccenda. << Stai ancora pensando di insegnarmi a vivere come te? >>
Riley alzò un dito senza muovere il resto del corpo. << “Vivere come me” non è inteso come “vivere”. >> Scandì con voce un po’ comica. Rise alla sua stessa battuta contorcendosi sulla poltrona, ma a Andy non sembrò per niente qualcosa di cui ridere.
<< Perché sei così disfattista? >> Chiese serio lui voltandosi amareggiato verso di lei.
Riley aprì gli occhi e piegò il collo in avanti per guardare il ragazzo; ci mise un secondo per metterlo a fuoco e rivolgergli uno sguardo avverso. << Che problema hai? >> Chiese come se fosse offesa. Andy non capì. << Io vivo come voglio, e sto benissimo da sola! Sei tu quello che voleva piacere alla gente, quindi smettila di criticare il mio modo di vivere e comincia a prendere esempio! >>
Quelle parole spiazzarono il ragazzo, che non riuscì a rispondere; sembrava che Riley fosse capace di cambiare completamente umore da un momento all’altro, e in quelle poche parole sembrava aver riversato una rabbia repressa e potente che stava lottando furiosamente per uscire dal suo corpo.
Questo fu ciò che pensò Andy.
A un certo punto una suoneria di cellulare riempì la stanza e Riley sentì vibrare sotto il proprio sedere; qualcuno la stava chiamando al telefono, e per qualche motivo cominciò a provare ansia per ciò.
Andy si guardò intorno per cercare la fonte di quella suoneria, ma quando capì che proveniva dal cellulare della ragazza, rimase a guardarla in attesa che lei rispondesse. Quella si sentì oppressa dal suo sguardo, e cercando di afferrare il cellulare nella tasca posteriore dei pantaloni gli rivolse un’occhiataccia infastidita. Sullo schermo c’era impresso un solo nome che Riley conosceva troppo bene: Duncan.
La ragazza sospirò sperando che non si trattasse di niente di serio e mise il telefonino all’orecchio. << Pronto? >> Chiese con voce sostenuta.
<< Riley? Dove sei? >> Chiese la voce del ragazzo dall’altra parte.
La ragazza si voltò per guardarsi intorno; sembrava preoccupata. << Dove sono? Sono da Liz… >> Sperò che il ragazzo le credesse.
Duncan sembrò esitare qualche istante. << Come mai non sei ancora tornata? >> Chiese con tono affaticato. << Pensavo che avessi detto che saresti tornata questa mattina… >>
Riley alzò lo sguardo verso Andy senza intendere niente in particolare e rispose al ragazzo dall’altra parte del telefono:<< N… No. Io avevo detto che sarei tornata quando il tempo si sarebbe riaggiustato… >> Puntualizzò rendendosi conto di aver perso per un attimo il controllo sulla propria voce: il timore di essere scoperta era stato più grande della sua forza di volontà, e la sua voce aveva come incontrato un ostacolo.
Duncan non rispose alla spiegazione della ragazza. Non rispose per niente. Il silenzio al telefono sembrò durare talmente tanto che Riley si domandò se non avesse accidentalmente chiuso la chiamata. Preoccupata di quello che stesse passando per la mente del suo amico, lo chiamo:<< Ehi…? >>
La risposta di Duncan questa volta fu immediata. << Scusa, mi sono perso nei miei ragionamenti… >> Disse con aria stanca. << Quindi non vuoi tornare finché non smette di piovere? >>
<< Già. Sono senza ombrello, e sarebbe una rottura tornare a casa fradicia! >> Rispose rapidamente Riley abbassando lo sguardo; in fondo, quella era la scusa che avrebbe utilizzato se si fosse trovata in una situazione normale.
<< D’accordo, allora… >> Mormorò quello sospirando. << Hai le chiavi di casa con te? Te lo chiedo perché potresti non trovarmi a casa quando tornerai. >> Disse rapidamente come se volesse accertarsi di una cosa.
Riley ridacchiò. << Cos’è, ti sei messo finalmente a lavorare? >> Chiese ghignando, sapendo di non poter essere vista dal suo interlocutore.
Dall’altra parte della telefonata, Duncan sembrò apprezzare la sua battuta e fece un suono simile a una risata. << Non ti preoccupare… >> Mormorò. << Va bene. >>
<< Sì. >> Fece lei senza sapere bene perché. << Allora ci sentiamo più tardi. >>
Dal telefono non arrivò nessun suono per parecchi istanti. Solo dopo un lungo e preoccupante silenzio, la chiamata si chiuse con il saluto secco di Duncan:<< Ciao. >> Poi, di nuovo il nulla.
Riley staccò il telefonino dall’orecchio e fissò lo schermo spento per alcuni secondi. Che strano… Pensò confusa. Duncan sembrava veramente in pena; se non avesse visto la scena del suo pestaggio, il giorno precedente, probabilmente avrebbe anche potuto preoccuparsi per lui, ma dato che sapeva tutto quello non poteva non chiedersi se ci fosse qualcos’altro che lo tormentasse, o si trattasse solo di stanchezza. In ogni caso, era ancora vivo, e avrebbe potuto fare a meno di vederla per un po’: doveva stargli lontana.
Andy girò la testa verso Riley; si era accostato alla finestra e si era messo a guardare con curiosità qualcosa in strada che aveva attirato la sua attenzione. Ora che era tornato a concentrarsi su Riley, aspettava una spiegazione. << Chi era? >> Chiese per velocizzare i tempi.
Riley continuò a sembrare confusa e mettendo il telefono nella tasca rispose pensierosa:<< Duncan. >>
<< Non intendi tornare da lui, vero? >> Chiese lui mesto.
Ancora una volta, Riley rivolse un’occhiataccia al ragazzo. Pensava che avrebbe potuto semplicemente tornare a casa fare finta di niente? La polizia sarebbe arrivata presto, l’avrebbero cercata anche lì, fino a rivoltare la città intera sottosopra. Riley si stupì che Andy – che era familiare con queste cose – non sapesse niente di quello che sarebbe accaduto di lì a poco. << Devo scappare, nascondermi… Non stringermi da sola le manette ai polsi! >> Soffiò quelle ultime parole tra i denti come per fare ironia sulla situazione attuale, ma Andy non sembrò cogliere il suo sarcasmo e rimase a fissarla serio.
Riley si aspettava una reazione, ma il ragazzo rimase semplicemente a guardarla, e allora distolse lo sguardo annoiata, sbuffando piano. Lei era seduta sulla poltrona che aveva dichiarato sua come un’esploratrice che aveva appena scoperto un nuovo continente, e lui era in piedi accanto alla finestra che la fissava con sguardo perso nel vuoto; erano legati insieme dalle loro manette e Riley stava trattenendo l’impulso di provare a tirarsele via, mentre Andy stava provando sensazioni completamente nuove, a causa dei recenti eventi che lo avevano costretto a vivere diversamente dalla normalità. Non riusciva a credere che quella vita fosse normale per la ragazza che stava nella sua stessa stanza, e pensò che fosse davvero incredibile.
Riley, da parte sua, pensava di dover ringraziare qualcuno se Andy fosse arrivato a salvarla più volte in quei pochi giorni. Si comportava in modo scorbutico e sembrava non sopportare quel ragazzo tanto innocente, ma in fondo sentiva che era bello avere qualcuno che tenesse a lei a tal punto da ammanettarla a sé… Doveva conquistare la sua fiducia e trovare un modo per scappare e non farsi più trovare dalla polizia o dai suoi genitori, ma come poteva conquistarsi la fiducia di Andy, se continuava a mentirgli in continuazione?
La ragazza decise di non pensarci e scosse la testa sollevando una gamba in aria. << Comunque il posto vicino alla finestra è mio! >> Esclamò battendo un piede a terra come per reclamare il possesso anche del lato destro del letto. << E adesso vai a spegnere quella luce! >> Concluse indicando a Andy l'interruttore della lampadina che avevano lasciato accesa.
Andy fece per muoversi nella direzione dell'interruttore, ma a un tratto si voltò e rimase a guardare Riley negli occhi con sguardo serio. La ragazza rispose con un'occhiata incerta e chiese:<< Che c'è? >> Per tutta risposta, Andy diede un leggero strattone alla catena che teneva unite le loro manette.

Sbuffando pesantemente, Riley si alzò dalla sua poltrona e andò a spegnere la luce assieme a lui.

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Capitolo 26
*** Ira ***


Rabbia e Paura fissavano lo schermo con aria stanca, mentre Disgusto se ne teneva ben lontana seduta sul suo pouf viola, mostrando meno interesse possibile. Riley ed Andy erano finiti per blaterare sulla scelta del lato del letto: Riley era testarda come un mulo e continuava a dire di voler dormire dal lato vicino alla finestra perché era abituata a guardare fuori la sera, la faceva sentire meglio; Andy pensava invece che sarebbe stata una posizione scomoda per entrambi, dato che Riley era ammanettata al polso destro e lui a quello sinistro, e dovendo tenere le mani vicine, entrambe dai lati opposti del letto, avrebbero potuto dormire male.
<< Ma quando la smette?! >> Sbotto Rabbia frustrato agitando le braccia con impeto. Erano tutti stanchi, ma Riley sembrava non sentire la fatica della giornata appena trascorsa, aggiunta a quella del giorno precedente, e continuava a parlare con Andy nonostante fosse ormai tardi.
La giornata era passata piuttosto lentamente, con i due ragazzi che erano rimasti chiusi in camera da letto e non si erano spostati da lì se non per pranzare e cenare assieme a una quasi assente Lizzie, silenziosa e poco interessata alle loro chiacchiere. Durante la giornata, Riley si era resa conto di quanto parlasse Andy con un minimo di corda da poter tirare, e sinceramente non le era dispiaciuta quella sua caratteristica; anche a Rabbia piaceva la sua loquacità, avrebbe potuto tornargli utile.
Paura fece un grosso sbadiglio e si coprì la bocca con la mano. << Accidenti, che sonno… >> Commentò strizzando le palpebre per vedere meglio lo schermo.
Disgusto sembrò offesa da quelle parole ed esclamò:<< Ci credo, sono due giorni che non dormi! >> Si alzò finalmente dal suo pouf e raggiunse l’omino viola che sembrava veramente esausto. << Lascia il posto a me questa sera, e fatti una bella dormita! >> Lo pregò mettendogli le mani sulle spalle.
Paura la guardò con un debole sorriso amichevole. << Sei gentile, Disgusto, ma quello che vedi non è stanchezza: è solo la conversazione tra Riley e Andy che mi sta annoiando. >>
<< Ti sei appena lamentato di avere sonno! >> Protestò acida quella.
<< Te lo devi essere immaginato. >> Rispose lui fingendo serenità, con le mani pacificamente posate nelle tasche.
<< Basta! >> Esclamò Rabbia battendo i pugni sulla console. << Non dobbiamo fraternizzare troppo con Andy, quindi adesso farò addormentare Riley! >> E cominciò a manovrare i comandi con fare deciso.
Paura intervenne per far pensare meglio a Rabbia la loro posizione:<< Ma se non ci conquistiamo la fiducia del ragazzo, non ci toglierà mai le manette, e il tempo è agli sgoccioli! >>
Disgusto sembrò condividere quel suo pensiero:<< E’ vero! Presto la polizia ci sarà alle costole, e per allora dovremo essere liberi. >>
Rabbia sembrò non essere d’accordo con loro due, ma dopo aver sbuffato con fastidio lasciò andare i comandi della console, e lasciò Disgusto a manovrare i discorsi di Riley. Fece un cenno a Paura e gli disse di seguirlo.
Allontanatisi dalla console dei comandi, i due esserini colorati sembrarono volersene stare in disparte il più possibile per non farsi sentire: Gioia notò i loro movimenti sospetti da dietro la sua finestrella e cercò di capire quello che si dicevano. Non fu facile, ma dopo tanto tempo passato in silenzio ad ascoltare gli altri, la stellina era riuscita a sviluppare un udito molto fine.
<< Che cosa state combinando? >> Chiese Rabbia agitandosi. << Dovreste appoggiarmi nelle decisioni, non andarmi contro ogni volta che faccio qualcosa! >>
Paura sembrava rimanere sulla difensiva, deciso a calmare Rabbia. << Infatti è così, ma dobbiamo pensare bene alle nostre mosse e fare in modo che Andy si fidi di noi. Se tronchiamo una discussione all’improvviso, lui penserà che ancora non ci fidiamo di lui! >>
<< Noi non ci fidiamo di lui! >> Sbottò Rabbia seccato in risposta all’esserino dalla testa oblunga. Ci teneva a precisare il fatto che tra Riley e Andy non ci fosse alcun rapporto, quando in realtà era ovvio che ci fosse.
<< Dobbiamo farglielo credere, o non si fiderà mai di noi. >> Rispose quello con calma. << Dagli tempo, stai rilassato e vedrai che presto potremo andarcene da qui… >> Lo rassicurò aiutandolo a liberarsi della tensione sulle spalle con qualche colpetto rapido. Gli rivolse un sorriso speranzoso, e pregò che l’ometto rosso rispondesse a quel gesto, ma tutto ciò che ottenne fu uno sbuffo di resa.
<< E va bene… >> Mormorò voltandosi verso la console, dove Disgusto teneva gli occhi fissi sullo schermo e le mani piantate sui comandi. Vedendo che guardava verso la sua direzione, Gioia si nascose sotto la finestra, sbirciando di tanto in tanto per dare qualche occhiata alla scena. << Ma non abbiamo tempo. >> Disse lui cercando di farsi comprendere da Paura accanto a lui. << La nostra bambina è in pericolo, e sembra che nessuno se ne sia reso conto… >>
Paura inspirò profondamente e lasciò andare l’aria di colpo, unendo le mani dietro la schiena. << Credimi, Rabbia: tutti stiamo lavorando al massimo per proteggerla. >>
Rabbia lanciò uno sguardo di sottecchi a Gioia e Tristezza, lontane da loro, e biascicò bruscamente:<< Non si direbbe… >>
Non appena sentì i suoi occhi su di sé, Gioia si nascose nell’oscurità della propria capanna e non ne uscì più; sentì un improvviso e inspiegabile senso di panico non appena gli occhi del capo si furono posati su di lei, e la piccola stellina sentì di dover stringere qualcosa a sé per poter recuperare il controllo del proprio corpo: strisciò rapidamente fino alla coperta che nascondeva la borsa dove custodiva i Ricordi Base di Riley, quelli inutili, e ne tirò fuori uno dorato. Nella sfera si ripeteva sempre la stessa scena, con Riley bambina che giocava a hockey assieme ai suoi genitori; si abbracciavano, erano felici… Gioia strinse al petto quella sfera dorata e sospirò: le mancavano mamma e papà, ma non potevano tornare indietro, e se Rabbia diceva che avrebbero dovuto scappare, allora avrebbero seguito i suoi ordini. Però era così difficile…
La voce allarmata di Disgusto fece alzare di scatto la testa alla piccola stellina, che tornò ad affacciarsi alla sua finestrella e vide Rabbia e Paura che correvano verso la console dei comandi, dove Disgusto sembrava parecchio preoccupata.
<< E’ Duncan. >> Spiegò mostrando ai due l’immagine dello schermo del telefonino di Riley acceso: il ragazzo stava chiamando Riley, e non sapevano per quale motivo; si erano aspettati quella chiamata, ma avevano sperato che tardasse il più possibile.
<< Che facciamo? >> Chiese Paura in preda al panico, facendo scorrere rapidamente lo sguardo da Rabbia a Disgusto.
<< Rispondi. >> Fece autoritario quello, rivolgendosi all’esserino verde ai comandi in quel momento.
Disgusto sembrò incerta. << Sei sicuro? >> Chiese per ottenere una seconda conferma. Rabbia annuì piano senza staccare gli occhi di dosso dallo schermo, e seguì tutta la scena mentre Riley premeva il pulsante verde e portava il cellulare all’orecchio, con Andy che la fissava dubbioso.
<< Pron…? >> Non ebbe nemmeno il tempo di chiedere chi fosse, che la foce di Duncan la interruppe. Sembrava preoccupato.
<< Riley, dove sei? >> Chiese immediatamente spaventando la ragazza. << La polizia è venuta a cercarti a casa; che diavolo hai combinato questa volta? >>
Disgusto ebbe un attimo di smarrimento; tutti lo ebbero nel Quartier Generale. Si voltò verso Rabbia, ma capì che il capo le avrebbe lasciato carta bianca, quindi decise di agire:<< Un sacco di cose. >>
Duncan sembrò non gradire quella sua risposta. << Riley, ti prego! Dicevano di averti riconosciuta e che eri scappata di casa, tre anni fa… Ma cosa stanno dicendo? >> Riley aveva mentito anche a Duncan, ovviamente: tre anni prima non potevano immaginare che Duncan sarebbe finito a vivere con loro, e quindi decisero di mentirgli, dicendo di essere orfani. Nessuno nel Quartier Generale era molto convinto su quella decisione, ma dato che la vita di Riley era andata avanti senza problemi, alla fine tutti si erano dimenticati di quel particolare. << Pensavo che i tuoi genitori fossero morti, e… >> Duncan non seppe cosa dire.
Disgusto fece abbassare lo sguardo a Riley e cercò di rassicurare il ragazzo:<< Stanno cercando di convincerti a collaborare con loro; non devi farti… >>
<< Riley! >> La voce di Duncan interruppe la ragazza bruscamente. << Mi hanno mostrato una foto. >>
Quella dannatissima foto era la sua condanna. Riley sapeva che l’avrebbe perseguitata ancora per molto tempo, e si chiese come avrebbe potuto fare per farla sparire. Sospirò affranta, ma Disgusto non seppe più come prendere tempo; si fece da parte e disse a Paura di prendere il suo posto, incapace di andare avanti. L’omino viola, pur se con poca convinzione, si mosse rapidamente verso i comandi della console e mise le mani sulle cloche. Si sentiva a disagio in quella postazione, ma decise di dare il meglio di sé per aiutare Riley. << Che ti hanno detto? >> Decise di andare con calma e capire cosa sapesse Duncan di quella storia.
Duncan sembrò riluttante a parlare di quello. << Mi hanno detto che tre anni fa scappasti da San Francisco, dalla tua famiglia, e che ora che eri stata finalmente riconosciuta qualcuno ti ha fatta scappare… >>
Paura fece muovere la testa a Riley per rivolgere un’occhiata smarrita verso la persona di cui stavano parlando: Andy. << Sono sbirri, Duncan! Non ti fiderai di… >> La voce tremante e incerta della ragazza fu interrotta subito dal tono autoritario e deciso del ragazzo dall’altro lato del cellulare.
<< Tu sai meglio di chiunque altro che io non mi fido assolutamente della polizia, ma questa storia è reale! E’ vero, Riley, e tu non puoi scappare per sempre! >> Riley era stata fortunata a trovare una persona come Duncan, quando arrivò in Minnesota: lui era uno che non seguiva i telegiornali, non si interessava di cronaca e stava il più lontano possibile dalla polizia, quindi era completamente all’oscuro di quella storia della ragazzina scappata di casa tre anni prima, alla ricerca di una vita in libertà. Si era preoccupata lei di far sparire qualunque traccia da sotto il naso del ragazzo, ma se si fosse trattato di qualcun altro, l’avrebbero sicuramente sgamata.
Il tono di Duncan spaventò Paura, che cercò di sembrare minaccioso a sua volta:<< Se pensi che mi lascerò catturare per tornare a vivere in una prigione, non… >> Ancora una volta, Duncan la interruppe.
<< Riley, ho sentito la tua storia. >> Disse mandando in panico Paura, che urlando scappò dalla console lamentandosi di non poter parlare liberamente. << Mi hanno raccontato tutto. >> Vedendo che i suoi compagni non erano più in grado di controllare la situazione, Rabbia fece un passo avanti e allungò una mano sui comandi. << Ho parlato con i tuoi genitori! >>
Rabbia si bloccò all’istante con la mano sopra la cloche. Gli sguardi nel Quartier Generale erano tutti concentrati sul grande schermo dove veniva proiettato il viso stupito di Andy, completamente all’oscuro di cosa si stessero dicendo al telefono i due ragazzi. Sul viso di Riley era impressa un’espressione incredula e terrorizzata; sapeva di essere stata scoperta.
Duncan andò avanti, sapendo di aver colpito la ragazzina. << Mi è stato passato tuo padre al telefono da un agente… La sua voce era spezzata, come se sapesse già di aver perso di nuovo sua figlia, e all’improvviso mi sono sentito insignificante parlando con lui. Mi ha detto quanto fosse felice di sapere che qualcuno si era preso cura di te per tutto questo tempo, mi ha ringraziato nonostante tutto quello che abbia fatto sia stato sbagliato, e mi ha pregato di convincerti a tornare a casa… >> La voce del ragazzo passò attraverso i timpani della ragazza fino a raggiungere le casse del Quartier Generale, dove tutti quanti non riuscivano a credere a quelle parole. << E’ una brava persona, Riley, e… Penso che ti voglia bene davvero. >>
Rabbia aveva una mano ferma sopra la cloche della console; gli occhi increduli puntati sullo schermo e la bocca spalancata. In un primo momento rimase in attesa, forse alla ricerca di una risposta convincente che potesse salvarli da Duncan, ma non trovò nulla, e sul viso di Riley rimase dipinta un’espressione a metà tra la delusione e l’indifferenza. Non provava più niente, non avrebbe abbassato la testa proprio ora!
Chiudendo la bocca e corrucciando lo sguardo, pieno di odio represso, Rabbia spinse con decisione la cloche dopo averla stretta per bene tra le dita, innescando la reazione di Riley.
La ragazza prese un grande respiro e guardò Andy – che era in mezzo alla sua traiettoria – con astio. << Credete tutti quanti di conoscermi, non è così?! Dite di volermi bene, quando a voi interessa solo ingabbiarmi e costringermi ad adattarmi al vostro stile di vita! Sei un bastardo, Duncan, per non appoggiarmi dopo tutta la merda che abbiamo passato insieme! >> Il ragazzo tentò inutilmente di prendere la parola, ma le parole della ragazza lo colpirono come una lama gelata. << Cominciavo a pensare che tenessi qualcosa per me, quando l’altro giorno ti ho visto prenderle di santa ragione da quei deficienti dei tuoi amici; pensavo che fossi una persona di cui potermi fidare, ma mi rendo conto che, come tutti gli altri, vuoi solo controllarmi, vuoi solo avermi… Bé, sai che c’è? Vaffanculo!!! Non mi lascerò prendere da voi bastardi, non mi troverete mai, e io riderò di gusto pensando a voi che brancolate nel buio, alla ricerca di un fantasma! >> Rise a squarciagola per chiarire il concetto di quanto le piacesse saperli all’oscuro di tutto, ma quella risata non convinse nessuno.
<< Riley… >> Tentò di dire qualcosa Duncan, ma la ragazza lo interruppe.
<< No! Non dirai altro, Duncan! >> Urlò fuori di sé. << Scordati la mia faccia, scordati di vedermi tornare, perché sono già lontana e non ci incontreremo più! Sto benissimo da sola, e non ho bisogno di te! >> Chiuse la chiamata con impeto e si voltò verso la finestra. La ragazza scese dal letto su cui era seduta e costrinse Andy a seguirla a causa delle manette ai polsi; dopo aver aperto la finestra, Riley strinse con forza il cellulare nella mano sinistra e lo scagliò con un urlo fuori dall’abitazione, in mezzo alla strada deserta.
Mentre la ragazza riprendeva fiato dopo la sua sfuriata, Rabbia lasciava andare la cloche, unico comando della console da lui toccato; aveva un’espressione serena, quasi delusa, dipinta in volto, e non sembrava per niente contento di aver dato spettacolo a quel modo. Lentamente, il rosso ometto si voltò e si allontanò goffamente dalla console, diretto alla propria abitazione.
Sconvolti, Disgusto e Paura decisero di concentrarsi per un momento su Riley, in modo da poterla mandare a dormire, prima di risolvere la situazione con il loro capo. Se ci fosse stato qualcosa da risolvere, poi, lo avrebbero scoperto dopo…
<< Quindi… Per me va bene dormire dal lato di sinistra del letto… >> Mormorò Andy cercando di non fare alterare ulteriormente la ragazza, nel tentativo di farla tornare in sé. Dopo quel lancio dalla finestra, Riley era apparsa confusa, assente, e non aveva risposto a nessuno stimolo.
Paura fece voltare Riley, che con voce tremante e delusa rispose:<< No… >> La ragazza inspirò con il naso tappato e si passò una manica sugli occhi. << Dormi pure a destra. >> Disse senza il coraggio di guardarlo negli occhi. Dopo di quello, Riley non aveva più la forza di discutere, e nemmeno Paura e Disgusto sapevano cosa fare.
I due ragazzi andarono rapidamente a letto, dopo aver chiuso bene la finestra, e Andy si sdraiò dal lato di destra per poter stare più comodamente con le manette. La ragazza non lo degnò di uno sguardo e, una volta spenta la luce, si accucciò sul fianco sinistro, rivolgendogli le spalle e guardando il vuoto dell’oscurità nella stanza. Trattenne quell’impulso di piangere e, lentamente, si addormentò con un enorme peso sul petto.
Prima che tutto si spegnesse anche nella grande sala del Quartier Generale, Gioia lanciò un’occhiata preoccupata allo schermo e finì per incrociare lo sguardo triste e incerto di Paura, che sembrava non avere idea di cosa sarebbe successo una volta che Riley avrebbe aperto gli occhi di nuovo.
Se volevano fare qualcosa, avrebbero dovuto farlo presto.

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Capitolo 27
*** Via di fuga ***


Erano passati due giorni da quando Riley era stata riconosciuta ed era scappata assieme ad Andy; si era nascosta nel suo “luogo segreto” dove andava sempre a rilassarsi in solitudine e poi, inseguita dagli sgherri di Bad Dog, il cui vero nome era Tobias, si era nuovamente nascosta assieme alla sua “guardia del corpo” in una vecchia casa abbandonata che avevano poi lasciato la mattina dopo per raggiungere un’abitazione più sicura dove passare la giornata seguente, finendo così a casa dell’amica di Riley, Lizzie Maslow. Ora Riley era senza cellulare e piena di dubbi: temeva di essere scoperta da un momento all’altro e per questo aveva deciso di lasciare la casa della sua amica, per il momento, e andare alla ricerca di un metodo sicuro per lasciare la città senza dare nell’occhio; ad Andy disse che voleva trovare un posto più sicuro dove restare fino a che non si fossero calmate le acque, ma il ragazzo non sembrò crederle molto.
<< Dimmi una cosa, Riley… >> Mormorò il ragazzo mentre lei lo guidava in uno slalom in mezzo alla gente che passava rapidamente sul marciapiedi. << Se stiamo cercando un altro posto dove nasconderci, significa che non ti fidi di Lizzie? >> Riley aveva preso in prestito una felpa da Lizzie e aveva tirato su il cappuccio per coprire meglio il volto; un paio di occhiali da sole scuri completavano l’opera, ma la ragazza non si sentiva ancora abbastanza sicura. L’unica cosa che rendeva il suo travestimento credibile era il fatto che riuscisse a mantenere il sangue freddo in qualsiasi situazione, quindi sembrava non avere nulla da nascondere.
La ragazza si voltò guardandolo da dietro i suoi occhiali con un’espressione poco entusiasta. << Più o meno. >> Rispose tornando a guardare davanti a sé.
Andy arrancò alle sue spalle. << Ma non capisco… Perché siamo andati proprio da lei, allora? >>
Riley cominciò a spiegare senza fermarsi, ignorando la gente che avrebbe potuto sentire le sue parole. << Liz è una stronza che vuole sempre mostrare di essere più grande e migliore di me, ma non rifiuterebbe mai una richiesta di aiuto, principalmente perché potrà vantarsene più avanti, prima o poi… Prima che conoscesse me non aveva un vero e proprio scopo, si sentiva semplicemente fuori posto, e quindi ha deciso di eguagliarmi per sembrare meglio di quello che è; sa tenere un segreto, e nonostante faccia tanto la dura non ha il coraggio di andare incontro a me o a qualcun altro, quindi è facile sfruttarla. Sa farsi i fatti suoi: se fossimo andati da qualcun altro saremmo stati sommersi dalle domande, e saremmo stati scoperti più facilmente; invece Liz, che a malapena si saluta con i suoi genitori, non è un pericolo per noi. >> Concluse la sua spiegazione con un sorrisetto prima di tornare a guardare davanti a sé.
Andy annuì in silenzio mentre Riley lo tirava a sé per strada. << Va bene, e quindi pensi che sarà il posto migliore dove restare, ma… >>
<< Vorrei che fosse così. >> Disse lei all’improvviso guardando impazientemente a destra e a sinistra, in attesa di poter attraversare la strada. << Non cercherei un altro posto dove nasconderci, in quel caso… >>
Andy non capiva. << Ma… Allora dove vorresti andare? C’è un posto che è più sicuro di quello? >>
Riley avrebbe voluto tanto avere un nascondiglio di riserva dove poter dire di essere “al sicuro”, ma questa volta dovette tacere. Non stava neanche cercando un vero e proprio nascondiglio per loro, sapeva che la polizia sarebbe stata ovunque e loro sarebbero stati riconosciuti presto; stava controllando quale fosse il modo migliore per lasciare la città senza allarmare Andy, anche se prima o poi avrebbe dovuto dirglielo.
Mentre attraversava la strada adocchiò la fermata della corriera e continuò a camminare dritta, senza notare un’automobile parcheggiata sulle strisce pedonali che colpì con l’anca. Imprecò dando un calcio alla vettura e la aggirò rapidamente, sapendo che nessuno le avrebbe dato retta; in fondo, era il proprietario dell’auto ad essere nel torto.
Riley si fermò sul marciapiedi a riflettere e rivolse uno sguardo dubbioso a Andy. << Non abbiamo pensato a una cosa… >> Mormorò con un dito sulle labbra, preoccupata di quello.
<< Di che parli? >> Chiese lui dal bordo del marciapiedi; vi aveva appena poggiato piede quando Riley si era voltata a parlare con lui.
Riley lo fissò con attenzione, come se stesse cercando qualcosa fuori posto nel suo aspetto, e alla fine adocchiò qualcosa della quale fu felice. << Questo. >> Disse allungando le braccia verso di lui e tirandogli su il cappuccio che aveva tenuto nascosto fino a quel momento. << Conoscono anche te. Probabilmente stanno cercando entrambi. >> Spiegò parlando della polizia.
Andy si guardò sorpreso. << Non ci avevo pensato. >> Mormorò con un tono di voce abbattuto. Riley si voltò contrariata, pensando che una svista come quella avrebbe potuto farli beccare; dovevano ancora lavorare un po’ sull’aspetto di Andy per renderlo meno riconoscibile, ma ci avrebbero pensato più avanti.
<< Andiamo a vedere se troviamo qualcosa alla stazione… >> Propose Riley facendo leva sulla necessità di cambiare l’aspetto del ragazzo. Andy non capì perché lei volesse proprio andare a cercare lì, ma non protestò; non sapeva che Riley stava sondando il terreno nel tentativo di scoprire se sarebbe riuscita ad andarsene dalla città via treno.
Mentre andavano là, Riley dovette fare grandi sforzi per evitare le pattuglie di poliziotti in giro per la città, trainandosi dietro anche Andy che non collaborava molto attivamente come avrebbe dovuto. Rischiarono di farsi identificare un paio di volte, e ci misero il doppio del tempo per raggiungere la loro destinazione; quando arrivarono alla stazione, la delusione di Riley fu grande, nonostante non si aspettasse di avere una piacevole sorpresa.
Gli sbirri dovevano aver previsto che avrebbe tentato la fuga, quindi avevano mandato agenti che controllassero ogni punto chiave che potesse portare fuori città. Riley sospirò abbattuta voltandosi verso Andy, ritraendosi nel vicolo da cui si era sporta. << Niente da fare… >> Commentò scuotendo la testa.
<< Sono anche qui? >> Chiese incredulo Andy riferendosi ai poliziotti.
C’era da aspettarselo. Riley avrebbe voluto spiegare ad Andy il motivo per cui avessero dispiegato così tanti agenti in giro per la città e in particolare nei punti chiave come la stazione, ma pensò che non fosse necessario e avrebbe rischiato di far capire qualcosa al ragazzo sui suoi piani. << Dobbiamo andarcene, prima che ci scoprano… >>
<< E dove? >> Chiese lui preoccupato. Non c’era un altro posto sicuro dove potevano passare la notte, e tornare da Liz a quell’ora sarebbe stato inutile, perché la ragazza era andata a scuola quella mattina. << Avremmo dovuto farci prestare delle chiavi di riserva da Lizzie… >> Mormorò il ragazzo guardandosi intorno; sembrava quasi che avessero pensato alla stessa cosa.
A un tratto a Riley venne un’idea. << Vieni con me. >> Disse tirandolo dalle manette, inoltrandosi nel vicolo da cui erano appena arrivati.
In circa mezz’ora, Riley condusse Andy alla vecchia biblioteca della città. L’edificio era grande e abbandonato, solo alcuni uffici erano utilizzati durante alcuni periodi dell’anno, e la ragazza pensò che fosse un ottimo luogo per rimanere a riposare un po’.
Andy si guardava intorno strabiliato. Si erano infiltrati nella costruzione con estrema facilità e nessuno li aveva visti; nonostante le manette, non avevano avuto problemi a scavalcare la recinzione e a infilarsi da una porta che Riley aveva scoperto essere difettosa un po’ di tempo addietro. << Benvenuto nel mio regno! >> Esordì la ragazza dopo essere entrata negli ambienti spaziosi e vuoti del vecchio edificio.
<< Mi ricordo questo posto… >> Mormorò meravigliato il ragazzo, ammirando gli interni ormai lasciati allo sfascio della vecchia biblioteca.
Riley non capì cosa intendesse, e senza che gli chiedesse niente Andy cominciò a spiegare.
<< Anni fa visitavo spesso questa biblioteca per passare i lunghi pomeriggi da solo… E’ stato molto triste quando hanno deciso di chiuderla per aprire una nuova struttura, ma quando accadde, improvvisamente persi l’interesse nella lettura che avevo scoperto tra queste mura… >> Mise una mano su una scrivania polverosa e rovinata. << Questo posto è magico… >> Sussurrò con un leggero sorriso rilassato.
Riley si guardò intorno: tutto ciò che vedeva lei era un mucchio di spazzatura che qualcuno aveva saputo sfruttare fino allo stremo e che poi era stata abbandonata lì. << Sì, forse… >> Mormorò poco sorpresa da quell’affermazione. << In ogni caso siamo qui per prenderci una pausa… >>
Andy si voltò a guardarla perplesso. << Una pausa da cosa? >> Chiese.
Riley sorrise invitandolo a fare silenzio con un rapido movimento del dito. << Da tutto il resto. >> Lo tirò dietro di sé e lo guidò nelle sale della vecchia biblioteca. C’erano ancora alti scaffali – ormai vuoti – e alcuni vecchi divanetti e poltrone dove i visitatori potevano passare il tempo a leggere con un po’ di comodità in più; si trattava ormai solo di ottimi depositi per la polvere. C’era una lunga scala attaccata a una delle librerie e non appena la vide, Andy pensò che stessero andando verso di quella.
Riley si fermò proprio davanti alla scala che, munita di ruote, poteva scivolare lungo la libreria con molta libertà nonostante fosse vecchia e un po’ arrugginita. Rivolse un sorriso impaziente ad Andy e disse:<< Sali. >>
Il ragazzo fu sorpreso di quell’invito così improvviso. << Che cosa? >> Fece contrariato. << Ma non possiamo! >>
Riley si lasciò sfuggire una risatina liberatoria. << E chi ce lo impedisce? >> Chiese guardandosi intorno in attesa della risposta di Andy. Come aveva immaginato, la sua risposta fu solo silenzio. Tornò a parlare in tono serio e si avvicinò a lui ancora di più:<< Puoi fare quello che vuoi, Andy! In questo momento nessuno ti obbliga a fare niente, non c’è nessuna regola da rispettare, nessuno che ti può rimproverare… Non senti l’eccitazione crescere dentro di te? >>
Il ragazzo sembrava perplesso, a un certo punto sembrò non sentire più le parole di Riley, ma poi alzò lo sguardo senza riuscire a trattenere un sorrisetto emozionato e disse con voce flebile:<< Sì. >>
Riley annuì con decisione e strinse un pugno. << Sì! >> Ribatté soddisfatta. << Quindi non vorrai dirmi che non approfitterai di questa situazione per salire su questa scala e farci un giro? Tutti avranno sognato di salirci almeno una volta nella vita! >>
Andy alzò lo sguardo e contemplò l’imponente scala. Metteva quasi paura, ma l’idea di sfrecciare su di essa lungo la parete della sala era così intrigante che il ragazzo sentì il bisogno irrefrenabile di salirci sopra. << Facciamolo! >> Esclamò lui quasi incredulo di quella situazione. Non aveva mai pensato di volerlo, ma ora sentiva di averlo sempre desiderato.
Riley sorrise piena di sé quando capì di aver convinto il ragazzo. Si fece da parte per lasciarlo salire sulla scala e subito dopo vi si arrampicò lei; dovevano tenere i polsi vicini a causa delle manette che li legavano, e quindi questo rese il tutto un po’ più complicato, ma Riley e Andy si ingegnarono per poterci riuscire senza problemi, rimanendo insieme sulla scala.
<< Sei pronto? >> Chiese la ragazza alzando per un attimo lo sguardo verso Andy sopra di lei. Il ragazzo si teneva alla scala con la mano destra, mentre la sinistra pendeva verso il basso per rendere meno fastidioso il giro a Riley, che altrimenti avrebbe dovuto tenere il braccio teso verso l’alto.
Andy controllò un’altra volta la sua presa sui pioli della scala e sorrise annuendo a Riley sotto di lui. << Vai! >> Esclamò deciso.
La ragazza, appena sentito il comando, mise un piede a terra e cominciò a spingere con forza la scala. La libreria era lunga e il loro “mezzo di trasporto” aveva parecchia strada da fare prima di raggiungere il capolinea, quindi non ci sarebbero stati problemi per la velocità o la durata del giro.
La scala cominciò a scorrere nelle guide che la tenevano ancorata alla libreria e non appena si mosse Andy sentì un tuffo al cuore. Dopo una seconda spinta di Riley, la scala prese più velocità e Andy sentì l’aria sferzargli il viso nello spostamento. A un terzo colpo del piede della ragazza, questa salì definitivamente sulla scala e smise di spingere, godendosi il giro e gridando per contrastare l'aria che le colpiva la faccia. Avevano raggiunto una velocità notevole nonostante Riley avesse spinto solo tre volte con il piede; sembrava che la ragazza fosse abituata a quella cosa, mentre per Andy si trattava della prima volta. In quel momento gli sfuggì un’esclamazione di sorpresa e si dondolò avanti e indietro sulla scala per sentire ancora di più il brivido dell’avventura: era qualcosa di effimero, innocuo, molto lontano da ciò a cui era abituata Riley, ma era un inizio per Andy.
Gradualmente, la scala rallentò e raggiunse la fine della parete. Andy lanciò un urlo e saltò giù dalla scala atterrando pesantemente. << Facciamolo ancora! >> Esclamò pieno di eccitazione mostrando di non poter contenere tutto il suo entusiasmo.
<< Salta su… >> Gli fece eco Riley facendogli un cenno con la testa, ma il ragazzo le prese la mano e la guardò negli occhi.
<< Questa volta stai tu di sopra, e io spingo la scala. >> Disse con espressione seria in viso. Riley sembrò contrariata, ma anche intrigata dall’idea di lasciarsi spingere per una volta su quella scala: di solito andava lì da sola, e non aveva mai provato l’emozione di fare un giro a tutta velocità in cima alla scala mentre qualcuno la spingeva.
<< D’accordo… >> Mormorò con un sorrisetto. << Allora mi affido a te! >> Disse ad alta voce cominciando ad arrampicarsi sulla scala della libreria, mentre il suo braccio destro rimaneva abbastanza vicino a quello sinistro di Andy.
Una volta che la ragazza fu salita sulla scala, lui si aggrappò con fermezza a uno dei pioli sotto ai piedi di Riley e mise l’altra mano sul montante per poterla spingere meglio. Una volta che lei gli ebbe dato il segnale, il ragazzo cominciò a correre parallelo alla parete, trainando con tutte le sue forze la scala su cui era salita Riley; durante la rincorsa, la ragazza lanciò un urlo liberatorio che aumentò di intensità all’aumento della velocità della scala. A un certo punto, quando Andy capì che non avrebbe potuto fare di più, fece un saltello e mise i piedi sui pioli più inferiori della scala.
Urlarono insieme. Andy alzò la mano sinistra verso Riley e lei gliela afferrò con la destra; si tennero per mano pochi istanti, prima di rendersi conto che la scala stava per raggiungere la fine della corsa: c’era un’altra libreria messa perpendicolare alla loro e a quella velocità l’avrebbero colpita in pieno.
Riley si accorse di quella situazione e sentì una scossa dentro di sé. << Oh, no! >> Commentò con tono un po’ troppo ironico per poter essere presa sul serio, ma Andy comprese ugualmente quello che voleva dire. << Dobbiamo saltare! >> Esclamò abbassando la testa verso di lui per farsi sentire meglio.
Il ragazzo alzò lo sguardo confuso; non chiese conferma di quello che avrebbero dovuto fare, ma attese che fosse lei a prendere l’iniziativa. Prima che fosse troppo tardi e la scala si schiantasse contro l’altra libreria, la ragazza urlò:<< SALTA! >> E si lanciò via dalla scala a sua volta.
Andy seguì l’ordine di Riley e i due si ritrovarono a rotolare a terra uno sopra all’altra, mentre alle loro spalle si alzava un frastuono inimmaginabile. Ci volle parecchio tempo prima che smettessero di rotolare a terra, Andy finì addosso a Riley e lei lo spinse via ansimando, ma nessuno dei due osò dire una parola; invece, entrambi alzarono lo sguardo verso il punto dove era avvenuto lo scontro: videro la scala staccarsi dalle guide che la tenevano attaccata alla sua libreria e schiantarsi con violenza a terra, mentre l’altra libreria capitombolava pesantemente sul pavimento, sfasciandosi in mille pezzi a causa dell'impatto.
Dopo un attimo di sconcerto Riley lasciò andare una risata. Affannata e leggermente isterica, quella risata suonò stranamente soddisfatta per la ragazza, che si fermò per rivolgere lo sguardo verso Andy. << Che bel casino… >>
Lui rimase qualche secondo a guardarla esterrefatto. Come faceva a ridere in quella situazione? Non riusciva a capacitarsene, e il peggio era che anche lui, in quello stesso istante, sentì un’irrefrenabile bisogno di ridere. La sua risata però fu più debole e meno decisa, ma servì comunque a rassicurare la ragazza.
A un tratto le risate si arrestarono. I due ragazzini rimasero a guardarsi negli occhi per alcuni istanti interminabili, durante i quali furono molti i pensieri che passarono nelle loro teste. Sembrava che nessuno dei due volesse alzarsi, nessuno volesse lasciare andare quegli sguardi. Poi, con rapidità, Riley si tirò su con la schiena e si mise a sedere sul pavimento.
<< Bé, adesso possiamo dire che questo posto ha fatto il suo tempo. >> Quella battuta sembrò forzata a Andy, che non rise né mostrò di averla intesa, ma si alzò a sua volta e le rivolse uno sguardo perplesso. All’improvviso la ragazza sembrava così cupa e triste, ma poteva essere che si stesse immaginando tutto?
<< Riley… >> Mormorò lasciando andare un leggero sorriso. La ragazza rivolse il proprio sguardo verso di lui e inarcò un sopracciglio. << Grazie. >> Sussurrò lui allungando una mano verso di lei, speranzoso.
Riley lo guardò con sospetto, quasi come se si stesse chiedendo per quale motivo la stesse ringraziando, poi gli batté il cinque con mollezza e si alzò da terra. << Andiamo a trovare un posto per mangiare. >> Commentò sbuffando.

P.s.: Grazie per aver letto questo capitolo di Bad Girl! Come avrete notato, ho deciso di anticipare la pubblicazione di questo capitolo dato che domani non mi sarà possibile scrivere nè accedere dal computer a questo sito, e il motivo è molto semplice: devo partire per qualche giorno e non avrò la possibilità di lavorare alla storia. Vi lascio momentaneamente con questo capitolo e vi prometto che avrete presto notizie di me! Quando sarò tornato pubblicherò un nuovo capitolo e questo messaggio sparirà, come ho sempre fatto ogni volta che ho dovuto interrompere una storia. Grazie per la comprensione e la pazienza, e grazie ancora una volta per aver letto la storia fino ad ora!
Altair13Sirio

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Capitolo 28
*** Fiducia in sé stessi ***


Riley stava finendo la sua porzione di patatine fritte, mentre Andy sembrava pranzare a rilento; nei suoi occhi c’era uno strano riflesso, e di fronte all’espressione spensierata e vitale della ragazza sembrava quasi che quel ragazzo non fosse più sé stesso. La ragazza afferrava le patatine con la mano destra, mentre il ragazzo teneva il braccio sinistro disteso in modo che lei non avesse limitazioni nei movimenti a causa delle manette. Erano seduti a un tavolino in alluminio fuori da un piccolo fast food, ed avevano poca compagnia attorno a loro. Avevano abbassato i cappucci delle felpe per il momento, ma la ragazza continuava a tenersi addosso gli occhiali da sole.
<< Quelle non le finisci? >> Chiese Riley indicando con una patata tra le dita la vaschetta di plastica di fronte al posto di Andy. Sembrava essere stata sfiorata appena, mentre accanto ad essa c’erano i resti dell’hamburger ordinato dal ragazzo, riposti dentro al piccolo contenitore dentro cui gli era stato consegnato.
Andy sembrò non sentire le parole di Riley e alzò lo sguardo come per chiederle di ripetere. Dopo un’occhiata turbata della ragazza, tornò a guardare con delusione le proprie patatine.
<< Che cosa c’è? >> Chiese Riley rendendosi conto che c’era qualcosa di strano nel comportamento di Andy; avrebbe dovuto occuparsene.
Andy sbuffò stancamente. << Mi sembra di non essere al posto giusto… >> Rispose senza rivolgerle lo sguardo. Adesso cominciava ad avere qualche risentimento? Sarebbe stato un problema se il suo lato “onesto” fosse tornato a comandare.
Riley cercò di farlo ridere e disse in tono ingenuo:<< Ma se lo hai scelto tu, questo tavolo! >> Sorrise aspettandosi una minima reazione dal ragazzo, ma Andy le rivolse una misera occhiata come per dirle che non era in vena di ridere. Tornò ad appoggiarsi al tavolo con i gomiti e decise di non fare più battute. << Allora? Qualche risentimento per quello che hai fatto? >> Bofonchiò con disappunto pensando ancora alla sua battuta sprecata.
Andy sembrò non comprendere la domanda. Alzò lo sguardo spalancando gli occhi e chiese:<< Come scusa? >>
Riley si guardò intorno con disinvoltura per cercare di individuare qualche pericolo in zona, ma a quell’ora non c’era quasi nessuno per le strade e poteva distendere i nervi. << Per uno come te, abituato a rispettare sempre la legge e a dire sempre la verità, immagino che sarà stata dura affrontare questi giorni in mia compagnia… >>
Andy sembrò voler ribattere. << Per niente! >> Disse. << E’ stata una delle esperienze più belle della mia vita, ma… >>
Riley piegò un labbro per accennare a un leggero sorrisetto, mentre negli occhi del ragazzo scorgeva un piccolo bagliore quando rammentava la loro avventura nella biblioteca. << Ma senti che qualcosa non sia giusto. >> Lui annui con arrendevolezza.
<< Scusa, Riley… So che sono una palla al piede, e senza di me saresti molto più al sicuro… >> Mormorò Andy prendendosi la colpa di qualcosa che non era mai accaduto. << Ma non riesco a pensare di star facendo qualcosa di terribilmente sbagliato. >> Riley poté vedere la tensione nei suoi occhi, quando alzò lo sguardo per fissarla, e allora capì che quello era il momento per tentare di conquistare la libertà.
<< Non devi scusarti di niente. >> Commentò noncurante appoggiandosi allo schienale della sedia e dondolando un po’ una gamba poggiata sopra all’altra. << Anzi, devo ammettere che mi hai davvero sorpresa in questi giorni… Sinceramente, non capisco perché tu sia così solo come dici! >> Strinse le spalle assumendo un tono scherzoso, menzionando i racconti di Andy sulle sue giornate passate in solitudine, quando lui si era confidato con lei. << Ma capisco che tu provi tutte queste incertezze: anche io, quando lasciai San Francisco, pensai di aver fatto la cosa sbagliata. Molte volte. >> Si piegò in avanti e sorrise ad Andy di fronte a sé. << Ma sai una cosa? Se mi fossi voltata e fossi tornata indietro, piangendo ai piedi dei miei genitori, a quest’ora non sarei ciò che sono diventata! >>
<< Ne valeva la pena? >> Chiese Andy poco convinto di quella sua affermazione. Riley lasciò andare quell’espressione sicura di sé che aveva assunto poco prima e gli rivolse uno sguardo interrogativo, non che potesse veramente notarlo sotto agli occhiali da sole. << Come sarebbero andate le cose, se ti fossi fermata? >>
La domanda di Andy suscitò un turbinio di emozioni dentro Riley che la ragazza ci mise più tempo del previsto per ristabilire il controllo sul proprio corpo e fornire il ragazzo di una risposta soddisfacente. Dopo aver fissato il vuoto per alcuni secondi e aver sentito la temperatura aumentare sul proprio viso, la ragazza si mosse come se fosse stata percossa dai brividi e prese un bel respiro. Si tolse gli occhiali dal viso, scuotendo la testa per agitare i capelli e ravvivarli, e li ripose sul tavolino alla sua destra:<< Non molto bene, se è come penso io. Forse peggio di adesso. >> Dopodiché si appoggiò alla propria mano, piantando il gomito nel tavolino. Rimase a fissarlo con uno sguardo serio per alcuni istanti, come se volesse dirgli qualcosa; poi sul suo viso affiorò un sorriso scherzoso e diede una spinta amichevole alla spalla del ragazzo.
Andy non comprese il perché di quel gesto.
Riley scosse la testa sorridendo spensieratamente. Ora. << In ogni caso, se non te la senti di andare avanti, puoi scendere dal treno quando vuoi. >>
Quella frase riuscì ad attirare l’attenzione del ragazzo. << Che cosa vuol dire? >> Chiese inarcando un sopracciglio.
<< Quello che hai capito. >> Ribatté con calma lei. << Se credi che tutto questo sia troppo, sei libero di lasciarmi da sola e non dovrai più preoccuparti per me. >> Sorrise scuotendo la testa. << Non ce l’avrò con te per avermi abbandonata; probabilmente io lo avrei già fatto da tempo, fossi stata nei tuoi panni. >> Tirò fuori dalla tasca posteriore dei pantaloni il coltellino che aveva rubato a uno degli scagnozzi di Bad Dog e finse di limarcisi le unghie con fare disinteressato, mentre intanto teneva d'occhio i movimenti del ragazzo senza farsi notare.
Andy abbassò lo sguardo corrucciato; non sembrava per niente convinto di quella idea. Da come rimase immobile, in perfetto silenzio, a fissare la propria vaschetta di patatine fritte, sembrava che stesse valutando le sue alternative, che stesse veramente pensando di lasciare Riley da sola, e la ragazza ci sperò anche per un secondo. Ma poi, quando alzò lo sguardo fissandola serio negli occhi, il ragazzo distrusse tutte le sue speranze:<< No. >>
Riley cercò di non far notare tutto il suo disappunto e tornò ad appoggiarsi allo schienale della sedia, ma questa volta si sedette in modo scomposto, accavallò le gambe e tirò indietro la mano destra per grattarsi una guancia con l’indice; il tutto era un tentativo di infastidire Andy grazie all’aiuto delle manette, che continuavano a tirargli i polsi. << Come vuoi. >> Commentò con voce noncurante. << Allora sarà meglio che ci sbrighiamo, prima che la polizia cominci di nuovo a pattugliare le strade… >> Si guardò intorno con circospezione e si preparò ad alzarsi dopo essersi infilata le stanghette degli occhiali sulle orecchie.
La ragazza lasciò ad Andy il tempo di finire il suo pranzo, ma il ragazzo sembrò non voler lasciare quel posto. Riley si era già alzata dalla sedia e stava tirando le manette per fare segno al ragazzo di seguirla, ma lui le rivolgeva uno sguardo triste e non dava alcun segnale di volersi alzare da lì. Quando aprì la bocca, le sue parole suonarono gelide e prive di profondità, e piene di incertezza. << Pensi che io ti stia rallentando, vero? >>
Riley si mostrò sorpresa tutto a un tratto e cercò di capire cosa volesse intendere Andy con quella domanda. Si tolse lentamente gli occhiali dalla faccia cercando di decifrare la sua espressione.
Andy ripeté. << Pensi che io sia inutile, e che a quest’ora dovresti essere già lontana, vero? >>
Una parte di Riley, per qualche ragione, avrebbe voluto rispondere affermativamente: era vero che il suo obiettivo era scappare e andare il più lontano possibile, ma dopo quei giorni passati assieme a lui, la ragazza non se la sentiva di rispondere in quel modo ad Andy, l’unica persona che – nonostante le bugie – aveva deciso di aiutarla. Non aveva voglia di farlo sentire male, anche se questo avrebbe potuto guadagnarle la libertà…
<< Che stai dicendo, Andy? >> Chiese in tono stupito. Si avvicinò al ragazzo per poterlo guardare direttamente negli occhi. << Tu sei stato la mia salvezza più volte in questi giorni: pensa al nostro primo incontro… >>
<< Secondo. >> Rettificò lui. Il loro primo incontro era stato in mezzo alla strada, mentre lei era inseguita da un agente, e in quel caso l'aveva quasi rallentata

<< Secondo incontro. >> Ripeté lei. << Pensa a come sei riuscito a distogliere l’attenzione di quei teppisti da me, per lasciarmi così la possibilità di scappare! Oppure a quando, in prigione, tu sei stato l’unico che mi ha creduto… >>
Andy sentì il bisogno di chiedere:<< Quindi neanche il tuo amico Duncan ti avrebbe aiutata…? >> Ma Riley evitò di proposito quella domanda; non le andava di parlare di Duncan dopo la telefonata della sera prima.
Riprese a parlare, decisa ad andare fino in fondo alla questione:<< Andy, tu mi stai facendo un grandissimo favore, accompagnandomi in questa fuga, e… >> Si fermò per tirare un lungo respiro, quasi imbarazzata da quello che stava per dire. << Sono davvero felice che tu sia ancora qui accanto a me. >>
Andy la fissò quasi deluso dalle sue parole; sembrava quasi che si aspettasse qualcos’altro, ma poi arrossì leggermente e piegò la testa dall’altro lato. << Non lo pensi realmente… >> Mormorò intimorito; sembrava che avesse paura di una possibile reazione di Riley. Eppure, incredibilmente, questa volta lei era sincera.
<< Andy… >> Mormorò sorridendo divertita dall’imbarazzo del ragazzo. Era così innocente e adorabile
… << Tu devi credermi… E anche in te stesso. >>
<< Che vuol dire? >> Chiese subito il ragazzo, non capendo il senso di quell’ultima frase.
Riley sorrise, sapendo che il suo incoraggiamento avesse avuto l’effetto desiderato su di lui, e alzò una mano come per mostrare tutto il ragazzo di fronte a lei. << Dentro di te c’è molto di più di quanto si possa credere! >> E poi concluse mostrando un sorriso rassicurante ad Andy. Gli diede una piccola spinta sulla spalla per rianimare il suo spirito, in quel momento a terra.
Andy rivolse prima lo sguardo incerto verso di lei, poi abbassò la testa sorridendo leggermente e commentando:<< Bé… Se lo dici tu, a questo punto non so quanto possa fidarmi… >> Rivolse uno sguardo furbetto a Riley e la ragazza aprì la bocca con approvazione.
<< Ah! E’ questo il ragazzo che ho visto in quel vicolo, sicuro di sé e sempre pronto a sorridere! >> Aspettò che Andy si fosse alzato per stringergli la mano con convinzione. << Bentornato tra noi, Andy coraggioso! >> Esclamò prima di tirargli su il cappuccio della felpa.
<< Vediamo quanto dura la cosa… >> Rispose lui mostrandosi positivo, ma sapendo di non poter rimanere quel ragazzo sicuro di sé che aveva mostrato di poter essere. Riley strinse il braccio attorno al collo del ragazzo e lo tirò a sé per andare via da quel posto, e così si misero a camminare lungo il marciapiedi, alla ricerca di un posto dove passare il tempo e nascondersi fino alla sera. Ancora una volta.

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Capitolo 29
*** Un piano diverso ***


Rabbia sembrava infastidito. Nel Quartier Generale non volava una mosca, Disgusto era al comando da parecchio tempo e Paura le stava accanto senza darle alcuna indicazione, principalmente perché non voleva rimanere vicino al focoso ometto rosso che in quel momento non aveva potuto guidare Riley come avrebbe voluto.
Sbuffava impazientemente e cercava di farsi notare, ma la verde e scintillante Disgusto lo stava ignorando di proposito. Forse voleva vedere fino a quando Rabbia sarebbe rimasto in silenzio, oppure sperava che non aprisse bocca per niente; Paura pensava che fosse una brutta idea testare la pazienza del loro capo a quel modo.
Rabbia cominciò a battere insistentemente un piede per terra, sicuramente con l’intento di attirare l’attenzione di Disgusto e Paura, che non gli avevano rivolto la parola fino a quel momento. Sentendo che il fastidioso battito delle scarpe di Rabbia non cessava, ed essendone esasperata, Disgusto decise di distogliere l’attenzione dai comandi per parlare all’ometto rosso, che evidentemente aveva qualcosa da dirle. << Vuoi qualcosa, Rabbia? >> Chiese sbuffando senza voltarsi. Paura lo fece al posto suo e vide lo sguardo adirato del loro capo che gli diede i brividi.
Quello sembrava non aspettare altro che un incentivo per aprire la bocca:<< Mi chiedi se voglio qualcosa? Voglio sapere che diavolo ti passa per la testa, ecco cosa voglio! >> Esclamò sbraitando all’improvviso.
Disgusto sospirò esasperata. << Che cosa ho fatto adesso? >> Chiese sperando che si trattasse solo di una delle recenti paranoie del loro amico.
Rabbia però pensava che non si trattasse affatto di paranoia, e da come parlò gli sembrò che fosse perfettamente dalla parte della ragione. << Il piano non era forse quello di convincere Andy a lasciarci liberi, così da poter lasciare questa discarica di città al più presto? >>
Disgusto rispose a tono, voltandosi per parlare direttamente a Rabbia e lasciando i comandi a Paura. Il timoroso esserino non disse una parola e cercò di concentrarsi su Riley, con scarsi risultati però…
<< Mi sembra che sia quello che stiamo facendo! >> Disse lei quando ebbe lasciato i comandi.
Rabbia assunse una calma innaturale per un istante e unì le mani con pacatezza:<< Ah, è così? >> Un attimo dopo allargò le braccia e alzò la voce per intimidire la sua avversaria in quella disputa. << E allora perché non lo hai fatto?! >>
<< Che cosa stai dicendo? >> Chiese Disgusto senza capire quello che intendesse lui.
Rabbia rispose subito. << Stavi controllando tu Riley, oggi a pranzo. >> Cominciò cercando inutilmente di recuperare l’autocontrollo. << Se invece di incoraggiare Andy, avessi fatto un po’ più di pressione su di lui, a quest’ora saremmo liberi! >> Urlò lasciando perdere l’autocontrollo, puntando sulla potenza della sua voce.
Disgusto si mise le mani ai fianchi e si piegò in avanti per avvicinare meglio il viso a quello di Rabbia. << Non era questo di cui aveva bisogno il ragazzo! >> Ribatté infastidita dal tono di voce di Rabbia. << Abbiamo detto che dobbiamo conquistarci la sua fiducia, no? Pensi che ci avrebbe lasciati andare solo se glielo avessimo detto? >>
Rabbia strinse un pugno agitandosi con impeto. << Se avessi usato le giuste parole, sì! >>
Disgusto si voltò adirata. << Ma per piacere! >> E spinse via Paura dalla console per tornare ai comandi. Non voleva più ascoltare Rabbia e le sue scemenze, ma la testa dell’ometto quadrato era già diventata rovente e lui non aveva alcuna intenzione di fermarsi a quel punto.
<< Eh no, signorina! >> Esclamò puntandole un dito contro. << Tu forse non vuoi andartene, forse non ti preoccupa tanto la situazione corrente, ma io… >> E si piantò il pollice nel petto gonfiando la cassa toracica per apparire più imponente. << Ho dei compiti da adempire! Sono io che faccio le decisioni qui, e da quando sono stato io al comando è sempre andata bene! >>
Gioia fu attirata dalle urla provenienti dal centro del Quartier Generale e decise di affacciarsi leggermente dalla propria finestra per vedere cosa stesse succedendo. Non aveva tanta voglia di mettere ancora il naso in affari che non la riguardavano, ma era inevitabile che sentisse le loro parole; a questo punto sarebbe stato meglio che assistesse anche alla scena con i propri occhi.
Disgusto si voltò per guardare Rabbia e rimase a fissarlo con sufficienza, poggiandosi con le mani alla console dei comandi dietro la schiena. << Credi di poter ottenere tutto con la forza, semplicemente volendolo; hai sempre agito così da quando siamo scappati, ma nel mondo bisogna sapere essere scaltri per poter sopravvivere! >> Il suo tono cambiò dall’avere una leggera punta di scherno a un forte astio nei confronti dell’ometto rosso; per infastidirlo ancora di più, Disgusto piegò la schiena in avanti come per accentuare la differenza di statura tra loro due. << Non ci hai mai pensato, ma da quando abbiamo cominciato a comportarci così con il resto del mondo, ci siamo fatti un sacco di nemici che ci hanno letteralmente cambiato la vita! >> Lei intendeva tutte le volte che Riley aveva dovuto cambiare strada per non incontrare il gestore di un locale che aveva derubato, o ogni volta che scappava alla vista di un poliziotto, o anche solo tutte le volte che rincasava a notte fonda per evitare Duncan, per paura che lui si infuriasse. << Non te ne rendi conto, Rabbia, ma prima o poi tutto quello che abbiamo fatto in questi anni ci si ritorcerà contro e dovremo affrontarlo! Sarebbe comodo l’aiuto di una persona amica, se riuscissimo ad ottenerlo… >> Concluse piantando i pugni nei fianchi e rivolgendo uno sguardo deluso all’ometto di fronte a lei che cercava di rendersi più alto di quanto fosse.
Rabbia sbatté un piede a terra e rivolse un’occhiataccia all’unica emozione che lì dentro aveva il coraggio di alzare la voce contro di lui. << Pensi che non lo sappia? Lo so benissimo, brutta stupida! E’ per questo che dobbiamo andarcene da qui il più presto possibile! >> Rabbia aprì le mani come per mostrare la loro situazione attuale. << Se non ci sbrighiamo, avremo guai molto più grossi di quelli che abbiamo vissuto negli ultimi tre anni! >>
Rabbia si voltò di scatto strattonando un suo braccio e Gioia fu spaventata dal suo gesto brusco; l’ometto rosso sembrò voler mostrare tutto il Quartier Generale con la sua mano e finì per fermarsi di fronte allo spesso vetro che dava sull’immensa landa della mente di Riley. << Tutto quello per cui abbiamo lottato, tutte le nostre speranze e i nostri sogni di una vita migliore saranno vani… Perderemo la nostra libertà, saremo banditi dal resto del mondo per sempre! >> Fece una pausa e posò una mano sul vetro, lasciando così la sua impronta su di esso. Sospirò abbassando lo sguardo sul Baratro della Memoria sotto di loro. << Avremo fallito. >>
Quelle parole spaventarono davvero tanto Gioia, che spalancò la bocca piena di sorpresa e cercò di non farsi notare dagli altri; tornare indietro avrebbe significato fallire, lasciare che Riley venisse catturata anche, e l’unico modo per uscire vittoriosi da quella situazione sembrava essere quello di abbandonare la città: una strada difficile da intraprendere in quel momento e piena di incertezze. Ma non voleva che Riley venisse catturata. Non voleva che tutto il lavoro degli altri fosse vano e la ragazza finisse per perdere fiducia in loro; non poteva fare niente per impedire che quello accadesse, se non pregare con tutta sé stessa che Rabbia e gli altri riuscissero a salvare la loro bambina. Ma se Rabbia avesse fallito, lui che non sbagliava mai, allora significava che nessuno avrebbe più potuto salvare Riley…
<< Come sei melodrammatico… >> Commentò poco impressionata Disgusto, che riuscì a suscitare l’ira di Rabbia ancora una volta. Non si curò del suo sguardo assassino e allargò le braccia:<< Non otterremo più niente con la forza, e l’unico modo per potercene andare una volta per tutte da questa città è facendo buon viso a cattivo gioco e aspettare in una svolta positiva. >>
Rabbia sembrò calmarsi un poco. << Vuoi aspettare, in pratica… >> Mormorò pensieroso. << Vuoi dirmi di attendere finché le cose non si saranno sistemate da sole? Non era questo il piano…! >>
Disgusto, stufa delle sue inutili proteste, lo interruppe bruscamente senza mostrare un briciolo di umanità nel suo tono. << Non è questo che voglio fare! Non ho scordato il piano originale, ma quel piano ormai non potrà più funzionare… >> Cercò di farlo ragionare, non volendo far scoppiare un’altra lite. << Possiamo crearcela noi, l’opportunità. >> Concluse mettendosi le mani al petto e muovendosi molto lentamente.
Paura decise di non restarsene in un angolo come al solito e intervenire per aiutare Disgusto. Si fece avanti alzando un dito:<< Disgusto vuole dire che continuando a provocare Andy facendogli perdere fiducia in sé stesso, non riusciremo mai a guadagnarci la sua fiducia per liberarci dalle manette che ci ha messo. >> Sembrò riprendere fiato dopo essersi immerso sott’acqua quando finì di parlare e indietreggiò impaurito dallo sguardo di Rabbia.
L’espressione del capo non era di astio e nemmeno di disappunto; nei suoi occhi c’era solo disapprovazione, come se avesse abbandonato l’idea di continuare a criticarli. Sospirò stancamente. << Io non so come sarebbe andata, se avessimo provato a forzare Andy per liberarci… >> Mormorò con rimpianto nella voce. Gioia provò sinceramente pietà per lui quando lo vide in quello stato; non era comune vedere Rabbia tanto abbattuto. << Forse a quest’ora saremmo liberi, oppure ci saremmo ritrovati un passo più indietro di prima nella corsa per la libertà… >>
Disgusto piegò un labbro con soddisfazione quando sentì Rabbia ammettere che la sua tattica non fosse efficace al cento percento, mentre Paura la guardò con preoccupazione, mostrando così di non essere pienamente convinto della ragione della sua amica.
<< Io ci avrei provato ugualmente. >> Concluse alzando la voce Rabbia, gonfiando il petto e stringendo i pugni con forza, mostrando di avere diversi sentimenti contrastanti dentro di sé in quel momento. << Ci avrei provato ugualmente, perché ho a cuore la sorte di Riley! >> Aveva ancora tante cose da dire, ma a Disgusto non piacque per niente quell’accusa.
L’emozione verde soffio via un ciuffo di capelli che le era sceso sul viso e storse il naso. << Non provare a farmi credere che lo avresti fatto per Riley: tu lo avresti fatto comunque, perché hai bisogno di liberare questo odio che hai dentro di te! >> Sembrò faticare nel pronunciare quelle parole, come se sapesse che quello che stava facendo avrebbe portato a gravi conseguenze. Rabbia si mostrò indignato e alzò un dito, mentre sopra la sua testa cominciava già a formarsi una nuvoletta scura.
<< Non osare dire che…! >> Fu interrotto dall’impeto delle parole di Disgusto, che non si diede freno questa volta.
<< Da quando abbiamo lasciato San Francisco hai preso il controllo del Quartier Generale senza dirlo a nessuno. Faresti tutto quanto da solo, se potessi! >> Gli puntò un dito contro avvicinandosi a lui a passi piccoli. Rabbia rimase al suo posto, in attesa che lei lo raggiungesse. << Non ti interessa niente di quello che diciamo noi, vuoi solo soddisfare il tuo desiderio di liberarti della tua ira inesauribile, come se potessi mai riuscirci… >> Disgusto si fermò di fronte a Rabbia e mise la propria faccia sopra al viso di lui. << Non sei capace di occuparti di te stesso, se fosse stato per te, a quest’ora Riley vivrebbe nella spazzatura! >>
Rabbia fece una smorfia piegando il collo da un lato e lanciò un’occhiata assassina a Disgusto. La sua testa stava diventando incandescente e sia Gioia che Paura riuscirono a vedere il riverbero della luce sopra di essa dovuto al calore. << Tu però non hai mai voluto prenderti responsabilità, e nemmeno il signorino qui presente non si è mai preoccupato di controllare se Riley stesse bene! >> Puntò un dito rapidamente contro Paura, e istantaneamente l’omino viola divenne pallido e tentò di nascondere il proprio viso. << Per non parlare di Gioia e Tristezza, le due fallite! Credi che gli abbia mai interessato qualcosa di Riley, da quando sono tornate? >>
<< Sì, ma quando ti faceva comodo il loro voto le hai volute chiamare in causa! >> Ribatté Disgusto cercando di alzare la voce. Era una situazione strana: di solito era Rabbia che perdeva la pazienza e cominciava a urlare istericamente mentre Disgusto lo incalzava con osservazioni acute e ben mirate, ma questa volta era il contrario. A Gioia, francamente, non interessava niente di tutto ciò; le parole di Rabbia e Disgusto l’avevano sconvolta, e vederli coinvolti in una discussione così furiosa le fece pensare al peggio.
Rabbia ghignò furioso. << Puoi dire quello che vuoi di me, Disgusto: sono poco attento, sono violento, sono intrattabile e non ascolto nient’altro che me. >> Si piantò un pollice nel petto con enfasi e dimostrò di avere la situazione sotto controllo quando la fiamma sulla sua testa si affievolì. << Ma non puoi assolutamente permetterti di accusarmi di non aver mai pensato a Riley! In questo posto sono io ad avervi portato fino a qui, io ho salvato Riley da tutti i guai in cui è incappata, E IO SO COSA E’ MEGLIO PER LEI! >>
Fu un attimo. La testa di Rabbia, da quasi spenta, rilasciò una enorme fiammata che illuminò la stanza come un sole; si sentì un grande fragore e Gioia fu spinta indietro dall’onda d’urto, cadde a terra e rotolò nella sua stanza, terrorizzata da quella scena. Le figure che erano al centro della stanza scomparvero dalla sua vista per alcuni secondi, e quando poté affacciarsi di nuovo, vide che da terra si era alzata una grossa nube scura dovuta all’esplosione di Rabbia. Era stato del tutto inaspettato; sembrava che Rabbia fosse pienamente in controllo della propria furia, ma questa si era liberata improvvisamente senza che nessuno potesse rendersene conto. Quando finalmente la nube cominciò a diradarsi, Gioia riuscì a intravedere le sagome dei suoi tre amici, in preda a tosse e grugniti. Vide Disgusto uscire dalla nube di polvere e allontanarsi rapidamente dal centro mentre ancora tossiva, e dopo vide gli altri due suoi amici lasciare il centro dell’esplosione: Rabbia aveva un’espressione di totale indifferenza dipinta in volto, mentre Paura era la faccia della paura stessa, e si stringeva nelle spalle tremando. Tutti e tre erano ricoperti di fuliggine.
Disgusto si liberò degli ultimi residui di polvere sul proprio vestito e si rivolse esasperata a Rabbia. << Adesso basta! >> Sbottò voltandosi verso di lui. << Pensi di avere sempre ragione? Allora io me ne vado! Voglio vedere dove finiremo con te costantemente al comando… >> Cominciò ad allontanarsi, ma Rabbia non le diede l’ultima parola.
<< NO! Sono io che me ne vado! Vediamo se sapete mandare avanti le cose senza di me… >> E a questo punto cominciò a dirigersi dalla parte opposta di dove stava andando Disgusto.
L’emozione verdastra alzò un braccio:<< Dì la verità: stavi solo aspettando l’occasione giusta per farlo, non è vero? >>
<< Non sai quanto. >> Fu la risposta gelida e inespressiva dell’ometto quadrato, che così si congedò dalle altre emozioni.
Inutilmente Paura rimase al centro della scena ad agitarsi per cercare di far tornare indietro i suoi due amici; senza di loro a dirgli cosa fare, come avrebbe potuto fare tutto da solo?
Mentre vedeva le due emozioni allontanarsi l’una dall’altra, Gioia fu colta da un improvviso senso di ansia e si rintanò nella propria casa per l’ennesima volta. Si chiuse le ginocchia tra le braccia e rimase a fissare il muro buio.
<< Questo non va bene… >> Mormorò persa. << Dovremmo restare uniti, non dividerci l’un l’altro… >> E mentre si rendeva conto di questo, la piccola stellina sentiva di aver fatto la scelta sbagliata sin dall’inizio.

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Capitolo 30
*** Apatia ***


Riley fissava il marciapiedi su cui passeggiava, accompagnata da Andy. Il ragazzo la fissava confuso; per un paio di minuti si era zittita senza alcun motivo apparente e aveva assunto quella espressione di disappunto così triste da fargli pensare che fosse successo qualcosa di brutto. Non aveva voluto chiederle niente, pensando che la ragazza stesse riflettendo e che gli avrebbe detto tutto quando avrebbe finito, se fosse stato necessario, ma continuare ad andare avanti senza scambiare una parola sembrava fuori luogo.
<< Riley… Non vorrei disturbarti, ma… Che cosa dobbiamo fare adesso? >> Chiese insicuro picchiettando con un dito la sua spalla, mentre lei scuoteva la testa e cercava di alzare lo sguardo verso di lui.
Lo fissò con occhi vuoti, come se fosse sul punto di scoppiare a piangere, e aprì la bocca con lentezza:<< Non lo so. >>
Andy sembrò contrariato. << Come, non lo sai? Cinque minuti fa eri così vitale e piena di belle parole, adesso vuoi dirmi che ti è passato tutto quanto? >> Avvicinò la faccia alla sua e la guardò con occhi sbarrati. Riley piegò indietro il collo, intimorita. << C’è qualcosa che non va? >>
La ragazza aprì la bocca. << No, non è successo niente! E’ solo… >> Abbassò lo sguardo pensierosa, cercando di capire perché tutto a un tratto si fosse incupita tanto.
Andy piegò la testa di lato; sembrava preoccupato per lei. Attese una spiegazione che tardò ad arrivare, e che alla fine suonò piuttosto fumosa.
<< Non sono sicura di quello che sto facendo… >> Mormorò mettendosi una mano dietro al collo e facendola scivolare via poco dopo. Andy non capì e aspettò che lei si spiegasse, ma nemmeno Riley sapeva bene cosa volesse dire quella cosa.
A Andy quelle parole sembrarono molto oscure. << Potresti spiegarti un po’ meglio? >>
Riley piegò un angolo della bocca e guardò il ragazzo con la coda dell’occhio. << Andy, se io ti mentissi, che cosa penseresti di me? >>
Il ragazzo fu sorpreso da quella domanda e si divincolò dalla presa della ragazza. La esaminò da capo a piedi e finì per fissare il proprio sguardo nei suoi occhi; quello sguardo Riley non riusciva proprio a sopportarlo, e fu costretta ad abbassare la testa. Sembrava che la stesse accusando di qualcosa, mentre in realtà sembrava solo preoccupato per lei. << Credo che la mia opinione su di te non cambierebbe molto… >> Mormorò piegando la testa.
Questo cosa voleva dire? Andy aveva già una pessima opinione di lei oppure non sarebbe bastata una bugia a fargliela cambiare? Riley riprese a camminare affranta e non aspettò che Andy si accodasse a lei; il ragazzo riprese a camminare dietro di lei come un cagnolino e si limitò a guardarla con occhi timorosi. Probabilmente si stava chiedendo che cosa le passasse per la testa.
Non importa quale sia la sua opinione su di me. Ormai gli ho mentito… Questo era il pensiero fisso nella mente di Riley, e con questo pensiero avanzava sul marciapiedi che a quell’ora del giorno era stranamente deserto. Senza pensarci sopra, la ragazza incappò in un vicolo per spezzare la loro traiettoria e Andy le venne dietro. Dopo alcuni metri, Riley si avvicinò a una alta staccionata sulla sinistra del vicolo e spostò un’asse sconnessa; da lì entrò in un campetto in terra battuta dove andavano a giocare i ragazzini del quartiere. C’erano dei vecchi giochi arrugginiti, altalene, scivoli e cavallucci dondolanti, ma sembrava che non ci fosse molta gente che frequentasse quella zona. Andy notò che avrebbero potuto benissimo entrarvi dal marciapiedi, una volta attraversato tutto il vicolo, ma per qualche ragione Riley pensò che fosse meglio passare dal retro.
La ragazza tirò dietro di sé il ragazzo ammanettato e lo portò a sedersi sulla panca rotante del parchetto; le piaceva sedersi lì e girare sempre nello stesso posto, fissando il vuoto mentre la sua vista si annebbiava a causa del movimento vorticoso. Disse a Andy di cominciare a spingere per far ruotare la panca e il ragazzo obbedì senza comprenderne il motivo.
Quando la panca cominciò a girare a velocità costante e la forza centrifuga ebbe spinto indietro la schiena di Riley, la ragazza lasciò andare tutte le forze opposte alla propria inerzia e si mise a fissare il vuoto. << Qualche volta vengo qui… Per pensare. >> Mormorò mentre Andy smetteva di spingere la ruota su cui faceva perno la panca.
<< Non andavi nel tuo posto segreto, quando volevi pensare? >> Chiese lui ricordando quel vecchio cantiere polveroso dove per poco non erano stati beccati da quegli energumeni.
Riley rimase in silenzio per qualche secondo. << Anche qui non è male… >> Rispose piegando un angolo della bocca.
Andy assunse un'espressione corrucciata e si avvicinò a Riley per guardarla meglio in viso. Quando la ragazza se ne accorse, gli chiese:<< Che fai? >> Il ragazzo si ritirò e lasciò andare un sospiro imbarazzato. << C'è qualcosa che ti turba… >>
Riley ignorò la sua ultima frase e allungò una mano per indicare la ruota della panca. << Gira. >> Ordinò senza un tono, sentendo la velocità della panca abbassarsi. Andy obbedì, ma non staccò gli occhi di dosso a Riley. Sentendo che il ragazzo non si sarebbe arreso senza ricevere una risposta, Riley decise di parlare senza aspettare che ricominciasse lui a fare strane insinuazioni. << Come fai a rimanere sempre così positivo? >> Chiese fissando il vuoto di fronte a sé, con la schiena schiacciata contro lo schienale del suo sedile.
<< Che vuoi dire? >> Rispose prontamente il ragazzo, sentendo il desiderio di Riley di confidarsi con lui.
Riley abbassò lo sguardo delusa, da cosa non lo sapeva nemmeno lei. << Dici che nessuno ti dà mai confidenza, tutti quanti ti ignorano e tu passi le giornate da solo a sprofondare nel più totale disinteressamento per il mondo. >> Per la prima volta, Riley cercò lo sguardo di Andy. << Perché non perdi mai il sorriso, allora? >>
Andy non si aspettava quella domanda. Avrebbe pensato che Riley volesse sottoporgli un test o giocargli qualche scherzo, come era già successo alcune volte, ma quando capì che la situazione era diventata seria, non seppe reagire in tempo. Gli sfuggì un sorriso imbarazzato e prese fiato. << Ehm… Io… Io non lo so. >> Spiegò scuotendo la testa. Non poteva non avere un motivo per continuare a sorridere. Riley gli rivolse uno sguardo di sufficienza. Andy sbuffò e tornò a spingere la ruota. << Immagino che sia perché ho una grande forza di volontà… >> Tentò di trovare una spiegazione, riuscendoci poco. Si spiegò meglio dopo:<< E' come se sapessi, dentro di me, che sarebbe arrivato presto qualcuno a portare un po' di luce nelle mie giornate buie… >>
Riley, da che non mostrava alcun segno di vita, sorrise leggermente alla affermazione di Andy. << "Destino", giusto? >>
Il ragazzo la guardò con un po' di sorpresa, prima di annuire sorridendo piano. << Destino. >> Rispose quasi soddisfatto. Poggiò la schiena allo schienale della panca rotante e disse:<< Era destino che io e te ci incontrassimo, secondo me… >>
Riley abbassò lo sguardo disinteressata. << Non credo nel destino. >> Disse facendo sfumare ogni speranza del ragazzo di instaurare una conversazione divertente.
<< E il nostro primo incontro, come lo definiresti? >> Chiese lui con dipinto in faccia uno sguardo deluso.
La ragazza gli fece segno di tornare a girare la ruota e sospirò profondamente dopo aver fatto sporgere la testa oltre lo schienale. << La sfiga che mi ha quasi fatta arrestare… >> Scherzò mettendosi a ridere poco dopo. Nella sua risata ci fu qualcosa di strano, come se si sorprendesse anche lei di quel suono, e Andy piegò gli angoli della bocca a mostrare un leggero sorriso contento. Riley tornò seria rapidamente e mostrò un'espressione quasi schifata al ragazzo. << Dimenticatene… >> Mormorò credendo che lui si fosse offeso. Per qualche motivo non voleva mostrarsi gioiosa in un momento come quello.
<< Perché? >>
Riley alzò lo sguardo e fissò il vuoto, mentre di fronte a sé lo sfondo continuava a girare vorticosamente. << Perché ho detto una stronzata. >>
Andy non era sicuro di aver capito bene. A cosa si stava riferendo la ragazza in quell'istante? Se pensava che si fosse offeso per quella piccolezza, evidentemente non aveva inteso il significato di quel sorriso che le aveva mandato un attimo prima, e se invece si riferiva a qualcosa affermato in precedenza, di sicuro non era stato tanto pesante da segnare la mente di Andy…
<< Sei seria? >> Chiese a un certo punto smettendo di girare la ruota, concentrando il proprio sguardo sul viso pensieroso della ragazza. Lei alzò lo sguardo inarcando un sopracciglio.
<< Non dovrei? >> Chiese con una punta di irritazione nella voce. Abbassò subito lo sguardo annoiata e indicò la ruota. << Torna a spingere. >>
Ma Andy si rifiutò di fare come diceva lei. << Da quando ti ho incontrata sei sempre stata una ragazza irriverente e menefreghista, scaltra, insopportabile e presuntuosa… Ma ogni volta che ci ho provato sono riuscito a tirare fuori la parte migliore di te, quella che ti sforzi tanto a nascondere, e sono riuscito a farti ridere. >> Le accarezzò una guancia mentre Riley ritirava il proprio viso per sfuggire a quel gesto. << Non sei completamente marcia. >>
Riley per un attimo non fece caso a ciò che disse Andy; si limitò ad abbassare lo sguardo con disinteresse. Poi sembrò quasi che qualcosa fosse scattato nella sua testa e alzò lo sguardo lanciando un'occhiata di sfida al ragazzo. << Marcia a chi? >> Chiese con un ghigno perfido prima di lanciarsi addosso ad Andy, che reagì in ritardo.
Riley spinse via dalla panca rotante il ragazzo, che rovinò a terra senza nemmeno accorgersene, e gli saltò addosso subito per evitare che le manette la tirassero a terra una volta allontanatasi troppo, abbandonando così la panca che andava ad arrestarsi lentamente. << Ripetilo, se ne hai il coraggio! >> Esclamò tirandogli una guancia mentre Andy rotolava per sfuggire alla sua morsa.
Girava ancora la testa ad entrambi quando Riley lo afferrò con un braccio e cominciò a strofinare con molta forza il pugno sulla sua testa. Continuava a dirgli di ripetere ciò che aveva detto, mentre il ragazzo la supplicava di lasciarlo andare ridendo a crepapelle; rimasero alcuni secondi ad agitarsi come due gattini che giocavano fino a che il vorticare della panca rotante non abbandonò il loro punto di riferimento e i due ragazzi furono capaci di restare fermi senza sentirsi la testa sbandare a destra e a sinistra.
<< Sul serio però, Riley… >> Mormorò Andy fissando il cielo ancora un po' coperto da qualche nuvola grigiastra. << Questa sei tu; non devi sforzarti tanto a coprire la tua vera natura per far credere a tutti di essere un'altra persona… Sono sicuro che non ti piace nemmeno rubare. >> Si sollevò piantando i gomiti nella terra del parchetto e rivolse uno sguardo compassionevole a Riley.
La ragazza si alzò come lui e gli rivolse uno sguardo perplesso, restia a fidarsi ancora di quel ragazzo così buono e ingenuo. Sospirò perdendosi con lo sguardo nei vestiti di Andy e finì per distogliere completamente lo sguardo da lui, dicendo:<< Ti sbagli. >>
Andy si mostrò deluso. Riley però volle spiegarsi meglio, e cominciò a descrivere perché lui si sbagliasse così tanto.
<< Non ruberei, se non mi piacesse. >> Rispose piegando gli angoli delle labbra con furbizia. << Tralasciando il fatto che non potrei fare altro, io sono così da sempre! >> Andy sbuffò senza impegnarsi a non farsi notare e lasciò continuare la ragazza. << Sono cresciuta assieme a Duncan, e per questo sono un’esperta nel settore… Il babbeo è davvero abile a fregare la gente, anche se io ormai l’ho superato da tempo… >>
Andy abbassò lo sguardo pensieroso. << Già, Duncan… Non so perché, ma quando l’ho visto, quel tizio non mi è sembrato così male come lo avevi descritto… >> Alzò lo sguardo per cercare una conferma nell’espressione della ragazza, ma lei lo evitò.
<< Fidati; meglio stargli lontano. >> Rispose rapidamente voltando lo sguardo per controllarsi intorno; in realtà, preferiva non guardare Andy negli occhi per evitare che potesse notare qualche incertezza nella sua espressione. Era strano come lui fosse in grado di farla sentire colpevole, mentre tutto il resto del mondo non ci riusciva

Andy però cercò di fare di nuovo leva sulla figura di Duncan:<< Magari potrebbe aiutarci… Credo che se chiedessimo aiuto a lui, la polizia non ci troverebbe…! >>
Riley si scompose senza preavviso. Voltandosi gli puntò un dito contro e si mostrò adirata:<< Se chiedessimo aiuto a lui, prima di tutto, tu passeresti un brutto quarto d’ora! Non gli piace che io frequenti altri ragazzi, ed essendo il nipote di un ispettore di polizia non faresti che peggiorare le cose! >> Andy indietreggiò spaventato dalla reazione della ragazza. << Se i miei genitori arrivano in città e si mettono a cercare aiuto, troveranno presto Duncan grazie alla polizia, e noi saremmo in trappola! >> Si voltò abbassando il tono, pentendosi di aver alzato la voce così con Andy. << Fidati, è meglio rimanercene per conto nostro… >>
<< Da Lizzie…? >> Mormorò lui incerto cercando di comparire nel suo campo visivo sporgendosi in avanti. Prima che la ragazza potesse rispondere in qualunque modo, una voce attirò l’attenzione dei due da fuori del parco giochi; subito Riley cominciò a sentire caldo, mentre Andy doveva ancora capire cosa stesse succedendo.
C’era un agente in uniforme all’entrata del parchetto, sul marciapiedi fuori da lì, e gli intimava di non muoversi. Riley lo vide mettere mano alla cintura e subito si innescò in lei una reazione nervosa per sfuggire a quel poliziotto che – secondo lei – stava per estrarre la pistola; in realtà l’uomo stava afferrando la ricetrasmittente per comunicare la sua scoperta ai colleghi in giro per la città. La ragazza si alzò comunque con agitazione e tirò con sé Andy, che a malapena aveva scorto il poliziotto con la coda dell’occhio; si misero a correre sfruttando l’altra entrata al parco che dava nel vicolo da cui erano arrivati e cercarono di seminarlo.
Riley correva a perdifiato, mentre Andy arrancava alle sue spalle, tirato dalla catena che teneva uniti i loro polsi; non prima di uscire dal vicolo, Riley adocchiò una finestra aperta sopra a un cassonetto della spazzatura, e non ci pensò due volte prima di saltarci su ed infilarsi dentro al palazzo; Andy la seguì con difficoltà, rischiando quasi di inciampare e arrestare la sua corsa. I due ragazzi si ritrovarono all’interno di un appartamento dove era stato allestito un circolo per pensionati, dove gli iscritti potevano andare a incontrarsi e discutere, passare del tempo assieme e giocare a carte e altri giochi da tavolo… Quando il gruppetto di anziani nella stanza si ritrovò quei due adolescenti saltati attraverso la finestra, quasi non urlarono dallo spavento; non ne ebbero il tempo.
Riley scattò in avanti dopo aver dato una rapida occhiata alla stanza, quando ancora Andy stava scavalcando la finestra, e si lanciò in mezzo a un divanetto e un tavolino basso che il ragazzo al suo seguito dovette saltare con tempestività; la ragazza si buttò poi a destra dirigendosi verso la porta di ingresso, da dove sperava di poter uscire, mentre un altro signore sulla sessantina sobbalzava alla loro vista.
Riley chiuse la porta sbattendola con forza e concesse ad Andy tre secondi per riprendere fiato, mentre rifletteva sul da farsi. Erano su un pianerottolo stretto e poco illuminato, di fronte a loro c’era il portone che dava sulla strada, ma quella non era più una scelta; accanto alla porta da cui erano usciti c’era una rampa di scale che portava verso l’alto e Riley si mosse rapidamente per scalarla, nel tentativo di evitare che il poliziotto ritrovasse il contatto visivo con loro.
<< Dove stiamo andando? >> Chiese Andy mentre cercava di stare al passo sulle scale.
Riley non aveva molta voglia di parlare in quel frangente, ma biascicò una risposta tra i denti:<< Sopra. >>
Andy ansimò con fatica rischiando quasi di inciampare mentre Riley raggiungeva il piano superiore. << E poi cosa facciamo? >>
Riley si fermò un momento; osservò il pianerottolo simile a quello appena abbandonato e valutò le scelte: avrebbero potuto provare ad entrare nell’appartamento di quel piano per cercare di depistare il poliziotto, rischiando però di non riuscire a farsi aprire la porta, oppure avrebbero potuto continuare a salire fino a raggiungere il terrazzo del palazzo, da dove poi avrebbero dovuto inventarsi qualcosa. La ragazza decise di non rischiare e tornò a correre su per le scale, portandosi dietro Andy. << Raggiungiamo la cima e poi decidiamo sul da farsi! >> Esclamò lei sperando che al ragazzo al suo seguito fosse sufficiente quella risposta.
Ma Andy aveva ancora qualcosa da ridire:<< Ma come facciamo a seminare quel tizio, se non sappiamo neanche dove stiamo andando? >>
<< Ce ne occuperemo quando sarà il momento! >> Ribatté lei.
<< Non puoi affidarti al caso! >> Urlò Andy cercando di farla ragionare. << Prima o poi sbaglierai! Bisogna pianificare bene le cose, prima di lanciarsi in un progetto. >>
Riley avrebbe tanto voluto non stare a sentirlo più, ma si ritrovò a voltarsi per un attimo quando raggiunsero il piano successivo, prima di lanciarsi sull’ultima rampa di scale, per rispondere a Andy:<< Giusto! Vuoi per caso anche una rivista o una tazza di tè, già che ci siamo? >>
Un forte rumore proveniente dal piano terra fece sobbalzare Andy, e una voce possente esclamò:<< Polizia, fermi dove siete! >>
Riley ghignò schernendo Andy con gli occhi. << Ops! Sembra che il tuo amico lì sotto voglia dire la sua… >> E detto questo tornò a correre su per le scale.
Raggiunto l’ultimo piano, Riley e Andy si ritrovarono davanti una grossa porta dall’aspetto malandato; sembrava che non venisse aperta da parecchio tempo, e a quel punto il ragazzo ne approfittò per criticare la scelta di Riley di continuare a salire. << Ottimo lavoro Riley, adesso siamo proprio al sicuro! >>
<< STA’ ZITTO! >> Gli intimò in risposta lei con una mano sulla maniglia arrugginita della porta. Cercò inutilmente di dare un paio di spallate alla porta, ma non era abbastanza forte per poter aprire quella porta e i passi veloci del poliziotto ai piani inferiori resero il tutto ancora più difficile. In preda al panico, Riley mise una mano sulla schiena di Andy e gli lasciò il suo posto. << Provaci tu, Hulk! >> Gli disse senza nascondere l’ansia che la voce del poliziotto continuava a trasmettergli.
Andy protestò. << Che cosa? Come credi che possa fare…?! >>
<< Sei più forte di me; devi farlo! >> Tagliò corto Riley mettendogli fretta. Lo spinse con forza verso la porta e il ragazzo reagì portando avanti la spalla per evitare di farsi male; fu respinto dalla porta e scosse la testa cercando di riacquistare l’equilibrio.
Andy guardò la porta per un attimo, poi prese un bel respiro. << Va bene, proviamoci insieme! >>
<< Ti seguo. >> Fu l’unica risposta che diede Riley mettendosi accanto a lui; alzò il braccio per far passare le manette davanti a Andy in modo che avesse più comodità nell’esecuzione e si preparò a spingere la porta. Aspettò il segnale del ragazzo, che dopo aver urlato si lanciò addosso alla porta mettendo tutta la forza che aveva nella spalla sinistra per colpire la porta nel tentativo estremo di riuscire a sbloccarla.
Un forte botto accompagnò la loro carica, quando i due ragazzi si scontarono contro la porta e quella cedette aprendosi inaspettatamente; la porta tremò sui cardini e sia Andy che Riley inciamparono sul gradino finale della rampa, prima di scontarsi contro il pavimento della terrazza, dove l’aria fresca del pomeriggio entrò a contatto con i loro visi. La ragazza reagì prontamente e parò le mani davanti per evitare di sbattere col viso a terra, mentre Andy piombò di peso sulla spalla e si lamentò per il dolore che gli causò lo scontro.
Se non ci fosse stata Riley probabilmente i ragazzi sarebbero stati catturati lo stesso, perché il poliziotto stava arrivando; prima che l’uomo potesse lanciarsi addosso a loro, scavalcando con grandi falcate gli ultimi gradini, la ragazza si alzò e spinse indietro con violenza la porta, facendola sbattere rumorosamente.
<< VAFFANCULO, STRONZO! >> Gridò per liberarsi dalla tensione. Non sapeva se la porta aveva colpito il poliziotto o se avrebbe tenuto a lungo, ma fu veramente felice di potersi ritenere ancora “libera”. Ma la corsa non era finita.
Una voce arrivò da dietro la porta, che aveva alcune fessure sulla parte superiore per lasciar passare l’aria e un po’ di luce. << Andy, sono Jones! Non lasciar sfuggire questa ragazza! Qualunque cosa ti abbia detto… >> Sentendo quelle parole, la ragazza ebbe una gran fretta di andarsene da lì e aiutò Andy a rialzarsi per scappare di nuovo.
Il ragazzo si rimise in piedi scivolando, mentre Riley praticamente lo tirava su di peso; non sentì le parole del poliziotto da dietro la porta, ma in ogni caso Riley cercò di sovrastare la sua voce con frasi rassicuranti e incoraggianti. << Andiamo! >> Esclamò quando il ragazzo si fu rimesso in piedi.
Continuarono a correre lungo la terrazza da dove sbucavano dei comignoli in ferro e alcuni casotti che probabilmente i condomini del palazzo utilizzavano come magazzini; Riley non si guardò indietro quando sentì la porta aprirsi di nuovo e si lanciò subito in avanti, saltando sul terrazzo del palazzo adiacente a quello su cui erano in quel momento. Andy la seguì quasi riluttante, sperando di non dover continuare quella corsa ancora a lungo. Mentre correvano, potevano sentire le grida del poliziotto alle loro spalle che gli intimava di rallentare, ma si preoccupava anche per la loro incolumità avvertendoli sul pericolo che correvano a saltare da un palazzo all’altro.
<< Forza, seguimi! >> Esclamò la ragazza aspettando che Andy oltrepassasse il parapetto che divideva i due palazzi.
Il ragazzo adocchiò il prossimo varco che divideva il palazzo da quello successivo, e scoprì che questa volta tra un’abitazione e l’altra c’era una strada in mezzo. << Come pensi di saltare, lì? >> Chiese quasi demoralizzato, pensando di essere al capolinea.
<< Tu non ti preoccupare e seguimi! >> Esclamò la ragazza dandogli una pacca sul braccio per mettergli coraggio. Si misero a correre di nuovo a perdifiato, fino a raggiungere il parapetto della terrazza.
<< E’ finita… >> Commentò incredulo Andy, rendendosi conto del salto che avrebbero dovuto fare per passare dall’altro lato. Riley però non era della sua stessa opinione: si guardò dietro e vide il loro inseguitore farsi sempre più vicino, mentre con un braccio gli indicava di restare lì dove si trovavano; girò la testa e adocchiò una scala di emergenza sul bordo del palazzo che scendeva nel vicolo sottostante. << Ci sono! >>
Riley si lanciò verso la scala senza aspettare Andy questa volta, che per tenere il passo rischiò anche di inciampare. Una volta raggiunto il suo obiettivo, la ragazza alzò una gamba e mise un piede sul parapetto. Di scatto, Andy le afferrò un braccio.
<< Che vuoi? >> Chiese allarmata, pensando che fosse successo qualcosa.
Andy ansimò guardando sotto di loro, oltre la scala su cui la ragazza stava per saltare. << Fai attenzione… >> Mormorò preoccupato sinceramente per lei.
Riley alzò gli occhi al cielo e ghignò con furbizia verso il ragazzo, apprezzando quel gesto. << Non è per me che dovresti preoccuparti! >> Rispose scherzando per alleviare la tensione.
Con un rapido movimento delle gambe, Riley passò sulla scala di emergenza e tese le braccia per aiutare Andy a salirci sopra; mentre faceva questo, vide il poliziotto ormai a pochi metri da loro. Disse a Andy di sbrigarsi e lui non fece una piega; una volta assieme, i due ragazzi cominciarono a precipitarsi lungo la rampa di scale che portava sotto, e rischiarono anche di inciampare nei loro stessi passi per la foga. Sentirono il poliziotto che saltava sulla scala come avevano fatto loro e accelerarono per evitare di farsi raggiungere.
Attraversarono le rampe con estrema rapidità, sentendosi sempre il fiato dell’agente sul collo, e quando arrivarono all’ultima rampa si resero conto che c’era un problema: l’ultima scala era posta in verticale, non c’era una rampa, e avrebbero potuto cadere se si fossero mossi troppo rapidamente.
<< Vado prima io. >> Disse Andy inginocchiandosi accanto al bordo mentre Riley dava un calcio alla scala per farla scivolare giù.
La ragazza gli rivolse uno sguardo incredulo. << Scherzi? >> Ma l’espressione del ragazzo non le diede il tempo di fare altre domande e lui si lanciò subito sulla scala per calarsi a terra.
Riley alzò lo sguardo con rapidità cercando di individuare il loro inseguitore, e non appena vide che sulla scala c’era abbastanza spazio per portare anche lei vi saltò sopra senza preoccuparsi del peso. Per sua sfortuna, il modo in cui cadde sulla scaletta in ferro fece sì che il loro peso non fosse ben distribuito, e prima ancora che Andy e Riley potessero rendersi conto di quello che stava per succedere, la scala si ruppe e loro si schiantarono al suolo, in mezzo al vicolo.
Andy non reagì, e quando cadde a terra si limitò a rilasciare in un colpo tutta l’aria che aveva nei polmoni, mentre Riley lanciò un urlo acuto; la ragazza era posta più in alto rispetto a lui, e per questo quando atterrò si fece male: il suo peso schiacciò con forza la caviglia destra, che cedette, e Riley rovinò a terra malamente lamentandosi di un dolore lanciante che la bloccò al pavimento.
Andy cercò subito di soccorrerla, mentre attorno a loro si creava un gran trambusto tra i pioli della scala di ferro che rimbalzavano a terra. << Mi dispiace, Riley… Mi dispiace tanto… >> Disse preoccupato tentando di aiutarla a rimettersi in piedi, come lasciò intendere di voler fare lei. La ragazza non esitò a poggiare tutto il proprio peso sulla spalla del ragazzo e, non appena fu in piedi, gli ordinò di muoversi.
Neanche il tempo di fare due passi, e una voce alle loro spalle gli intimò di fermarsi. Il poliziotto era saltato giù con audacia dalla rampa di scale e adesso se ne stava a pochi passi da loro; sarebbe stato inutile continuare a correre in ogni caso…
Riconoscendo di aver perso, Riley sospirò e lasciò andare la spalla di Andy; per poco la sua caviglia non cedette, e la ragazza fu costretta a poggiare il peso completamente sull’altra gamba, mentre si voltava e alzava le mani in segno di resa. << Ci ha preso, Andy… >> Comunicò all’amico volendo così dirgli di voltarsi a sua volta. Andy però non si voltò.
Il poliziotto si avvicinò e qui Riley poté vedere chiaramente il suo volto: era un giovane uomo alto e prestante, dal viso pulito ma con alcuni tratti marcati con forza, come la fronte perennemente aggrottata che gli conferiva un aspetto poco amichevole. Fece un cenno col mento verso Andy e cercò di dire la stessa cosa di Riley:<< Andiamo, ragazzo… Non rendere il tutto ancora più… >>
Prima ancora che il poliziotto potesse concludere la frase, Andy si voltò con impeto e lo colpì in pieno sul viso esclamando:<< Scusa! >> Riley non se ne accorse nemmeno e rimase con le mani alzate finché non vide il poliziotto crollare a terra, tramortito. Andy stringeva tra le mani un piccolo tubo di ferro, che era uno dei pioli caduti dalla scaletta che avevano distrutto, e ansimava pesantemente. Si voltò a guardare Riley, affaticata come lui. << Mi sorprende che tu ti sia arresa così, dopo tutto questo trambusto… >> E sorrise mentre dalla sua fronte arrossata si potevano contare le numerose goccioline di sudore che scendevano rapidamente.
Riley rimase a bocca aperta mentre le sue braccia calavano lentamente e sbatté le palpebre un paio di volte, incredula; all’improvviso la sua caviglia le diede una fitta lancinante e si accasciò addosso a lui per trovare sostegno. Con un piccolo gemito, la ragazza ricevette aiuto da Andy, che lasciò cadere il tubo di ferro, e la aiutò a reggersi in piedi.
Riley alzò lo sguardo con sollievo, mentre il calore che l’aveva invasa dall’inizio dell’inseguimento cominciava a scemare, e sentendo l’adrenalina abbandonarla le sue gambe cominciarono a tremare e a perdere la loro forza. Trattenne una risata incredula e disse:<< Torniamo da Lizzie, Superman… >> Quindi i due ragazzi cominciarono a camminare lungo il vicolo, stanchi ma soddisfatti.

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Capitolo 31
*** Un aiuto inaspettato ***


Gioia guardava le sfere colorate nella sua bisaccia illuminarsi e affievolirsi lentamente; quei ricordi si erano accesi intensamente durante la fuga di Riley assieme a Andy, ma quella non era stata l'unica reazione che era avvenuta nella testa della ragazza…
La stellina si voltò per affacciarsi di nuovo alla finestra e vide le tre emozioni, che prima avevano avuto un acceso scontro su chi avesse ragione, volgere lo sguardo allo schermo tutte assieme, di fronte alla console dei comandi; per qualche motivo, appena il poliziotto aveva individuato Riley ed Andy, quei tre erano arrivati precipitosamente per aiutare la loro protetta a sfuggirgli, ma era stato soprattutto grazie al ragazzo se c'era stato quella – momentanea – riappacificazione. Infatti, era stato Andy a risvegliare la parte battagliera di Riley, prima quando lui l'aveva chiamata "marcia" e poi quando aveva cercato di contestare le sue scelte durante la fuga; invece, i riflessi della ragazza erano tornati soprattutto quando il poliziotto aveva cercato di parlare a Andy attraverso la porta del terrazzo, e nessuno al Quartier Generale poteva negare di aver apprezzato il gesto di Andy quando si era preoccupato per Riley prima di scendere dalla scala di emergenza.
Insomma, senza che glielo chiedessero, senza che nessuno cercasse una soluzione al problema che si era creato neanche una ventina di minuti prima, Andy gli aveva dato una mano e aveva "risvegliato" Riley prima che potesse sprofondare nella tristezza che l'aveva colta al momento della separazione di Paura, Disgusto e Rabbia.
Sorrise vedendo i tre di nuovo uniti, attivi e pronti a reagire in qualunque momento. Ma a quel punto le venne naturale farsi una domanda: se lei e Tristezza non si avvicinavano mai alla console dei comandi, come poteva essere che Riley si sentisse depressa, o riuscisse anche solo a ridere alle battute di Andy? Lanciò un'occhiata confusa a Tristezza, dall'altra parte della sala, e quella le rispose con un piccolo sorrisetto mesto; anche quel gesto, che senso aveva? Tristezza poteva sorridere? E perché Gioia invece non riusciva ad essere felice? Tutte quelle domande nella testa della povera stellina la stavano facendo impazzire!
Gioia si nascose allo sguardo di Tristezza e tornò a volgere la schiena alla parete; si raggomitolò sul posto e fissò lo sguardo nel buio. Perché a volte si sentiva così incompleta, nonostante Riley potesse considerarsi "felice"? Aveva scelto lei quella vita, lontana da tutti gli altri, e all'inizio aveva pensato che fosse giusto così, che non dovesse sentire il bisogno di aiutare… Ma a poco a poco, dopo un po' di tempo Gioia aveva sviluppato una sorta di nostalgia che le aveva fatto tornare quel desiderio di agire, di dire la sua nei dibattiti e trovare la soluzione da sé, senza aspettare l'arrivo di qualcun altro. Ma perché? Non poteva abbandonare il suo ruolo proprio ora che Riley era nei guai; e poi Paura le aveva affidato una missione: doveva occuparsi dei ricordi primari, assieme a quel nuovo ricordo viola che era venuto fuori l'altra notte. Che sarebbe successo se lo avesse lasciato incustodito e qualcun altro nel Quartier Generale ne fosse venuto a conoscenza?
Si avvicinò gattonando alla borsa nascosta sotto ai cuscini e la tirò fuori da lì; fissò intensamente la sfera viola che, spiccando su tutte le altre grazie al suo colore freddo, pulsava flebilmente a ogni contatto che riceveva. Vide sotto di essa la sfera azzurra che era nata tre anni prima, quando Riley aveva affrontato il suo primo – e unico – giorno di scuola a San Francisco. Avrebbe dovuto odiare quel ricordo, il momento in cui la sua bambina rimase totalmente esposta al mondo liberando le proprie paure e il proprio desiderio di tornare a casa, ma non ci riusciva… Da tempo Gioia si era rassegnata a quell'evento – e in fondo non avrebbe potuto fare altro – e aveva deciso semplicemente di ignorarlo, come un brutto ricordo che ormai era "dimenticato". Ovviamente nessuno lo aveva dimenticato; Riley ripensava ogni giorno a quell'episodio in cui si rese conto di non voler stare a San Francisco, e ogni volta si chiedeva se fosse stato davvero necessario scappare, ma Rabbia le faceva subito cambiare argomento. Già… A volte tornavano al Quartier Generale dei ricordi della sua famiglia, della sua vecchia casa, ma Rabbia lasciava i comandi e andava a togliere dalla testa della ragazza quei ricordi, che venivano scaricati e rimandati agli archivi. Rabbia li avrebbe scaraventati nel Baratro della Memoria se avesse potuto, ma sembrava che le emozioni nella testa di Riley non avessero il potere di prendere una tale decisione…
Di certo non era bello assistere alla furia di Rabbia: ormai perdeva la pazienza raramente, ma quando accadeva incuteva terrore in Gioia, come anche in Paura e Disgusto, anche se la schizzinosa non dava a vederlo… Ciò che pensava Tristezza nei suoi confronti, invece, non era chiaro: Gioia pensava di aver capito che non fosse d'accordo con lui, ma non aveva mai fatto niente per contrastare il suo operato, quindi conveniva con lei sul fatto che lasciar lavorare Rabbia fosse la scelta migliore… O no?
Ripensando a Tristezza, Gioia alzò lo sguardo con un sopracciglio inarcato e tornò ad affacciarsi dalla propria finestrella; nessuno se ne accorse a parte Tristezza stessa, che alzò subito lo sguardo per incontrare il suo. La fissò per alcuni secondi e Gioia non capì che cosa volesse dirle: i suoi occhi profondi sembravano pronunciare le parole che le sue labbra non lasciavano sfuggire, ma Gioia sapeva che Tristezza non avrebbe mai detto niente, perché da quando erano tornate al Quartier Generale, la piccola emozione blu aveva smesso di parlare con chiunque, aveva smesso di partecipare alla vita del Quartier Generale… Si era limitata a fare ciò che aveva sempre fatto, ovvero rimanere in silenzio e non intralciare gli altri. Però quello sguardo che cosa significava? Non le aveva mai lanciato occhiate così lunghe e profonde; anche dopo che ebbe distolto lo sguardo, Gioia si sentì gli occhi di Tristezza addosso e avvertì brividi lungo la schiena…
Stringendosi le braccia, tornò nell'oscurità. Le era venuto freddo improvvisamente, e la sua voglia di restarsene là era diminuita per qualche ragione… Non poteva uscire allo scoperto ora e dire di voler agire, ma qualcosa avrebbe potuto pur fare!
Gioia adocchiò la luce azzurrognola proveniente dalla sua borsa, poggiata al muro accanto a lei, e sentì quasi come se quella luce la stesse attirando a sé come una calamita. Tirò fuori dalla borsa il Ricordo Primario di Tristezza e lo fissò a lungo, perdendosi nei suoi complicati disegni; vide affiorare l'immagine di una bambina in lacrime: un viso che aveva quasi dimenticato e che le fece stringere il cuore. Abbassò la sfera e alzò lo sguardo verso la parete buia della sua stanzetta.
Devo parlare con Tristezza. Pensò con determinazione, mentre il ricordo brillava con forza tra le sue mani.

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Capitolo 32
*** Col favore delle tenebre ***


Riley si appoggiò con più forza sulla spalla di Andy. La caviglia le faceva troppo male e ormai non ce la faceva più a continuare. Era un peccato, perché la casa di Lizzie era vicina e avevano sprecato un pomeriggio intero per rientrare.
La ragazza si fece aiutare a raggiungere la parete per potercisi poggiare e a un tratto mollò pesantemente la presa dal polso del ragazzo, sbattendo con la schiena al muro di mattoni del palazzo. Ansimando, fece calare sempre di più lo sguardo finché non si posò sulla caviglia ferita. Strinse i denti e allungò la mano libera dalle manette per tirare in su i pantaloni ed esaminare il danno; in realtà non faceva pensare a niente di terribile, doveva essersi trattato solo di una storta per fortuna, ma la posizione del piede e il modo in cui poggiava a terra le sembravano troppo innaturale per non preoccuparsi… E il dolore le annullava ogni forza che potesse opporre.
<< Ce la fai a continuare? >> Chiese Andy guardandola con occhi apprensivi, dall'alto verso il basso.
Riley respirò profondamente un paio di volte prima di alzare un dito e dire con un nodo alla gola:<< Dammi un minuto. >> Poi tornò ad appoggiare la testa alla parete respirando con calma.
Andy rimase a fissarla con dispiacere, senza sapere cosa fare. Non aveva mai avuto a che fare con slogature e cose del genere, lui non si era mai fatto male seriamente in tutta la sua vita, e questo aveva fatto sì che fosse totalmente impreparato per quell'evenienza. Strinse le spalle e incrociò le braccia, sperando di poter pensare a qualcosa per aiutare la amica che sembrava essere esausta in quel momento.
Senza che lui le chiedesse niente, Riley cominciò a parlare. << Allora… Ti sei divertito oggi? >> La ragazza cercò di nascondere il dolore che le provocava la caviglia e ghignò con furbizia, come se stesse cercando di insinuare qualcosa.
Andy fu un po' sorpreso da quella domanda, ma pensò che fosse mirata a distrarre un po' la concentrazione della ragazza dal dolore. << Tu? >> Rispose con un'altra domanda. Voleva prima capire quali fossero le vere intenzioni della ragazza, prima di rispondere sinceramente.
Riley sorrise guardando verso la strada buia e deserta. << Scale che crollano… Inseguimenti tra i tetti… >> Alzò di nuovo lo sguardo e ghignò con superiorità a Andy. << Sai, sembra quasi che siamo diventati i protagonisti di un film d'azione! >> E a quel punto rise di gusto alla propria affermazione. Per qualche motivo, quella risata non sembrò affatto sincera a Andy, ma il ragazzo rise comunque per non contrariare la sua idea.
Andy allungò la mano sinistra e fece cigolare la catena delle manette. << Dì la verità: queste cose sono un impiccio. >> Aspettava che Riley fosse sincera con lui e gli chiedesse di levargliele di nuovo, come aveva fatto quella mattina. Ma questa volta la ragazza lo sorprese.
<< No. Anzi, trovo che siano molto graziose… >> Scherzò imitando un'espressione serena. << E poi, senza di queste non avrei potuto trascinarti lungo tutta la strada, durante la nostra corsa! >> Dopo di quello diede una botta alla gamba del ragazzo, l'unico punto del suo corpo che fu in grado di raggiungere. Gli sorrise con dolcezza, come se fosse un vecchio amico. << Peso morto. >>
<< Strega. >> Ribatté prontamente lui fissandola inespressivo. Riley rise senza preoccuparsi di trattenere la voce. Un attimo dopo si coprì la bocca con le mani e spalancò gli occhi pieni di nervosismo; che avrebbero fatto se avesse attirato l'attenzione su di loro con le sue risate? Era stato molto incauto da parte sua.
Andy la guardò mettendosi una mano sul fianco. << Qualche problema? >> Chiese.
La ragazza rimase in silenzio per alcuni secondi, poi abbassò le mani e tentò di alzarsi. << Andiamo… >> Sussurrò senza dire altro.
Prima che Riley potesse farsi del male con un movimento brusco, Andy si piegò per aiutarla a rialzarsi e le fornì appoggio. Insieme cominciarono a camminare di nuovo lungo il marciapiedi, lentamente, e Andy non poté ignorare il pensiero martellante che gli diceva che qualcosa avesse inquietato la ragazza accanto a lui.
<< Sei preoccupata? >> Chiese dopo alcuni secondi, pensando che non sarebbe stata una cattiva idea parlarne.
Riley alzò lo sguardo piano, rivolgendo un'espressione di sufficienza al ragazzo. << Fatti i fatti tuoi. >> Ribatté acidamente lasciando dietro alle sue spalle le risate che prima Andy era riuscito a strapparle.
<< Credo che potresti anche cominciare a fidarti più di me, adesso… >> Commentò un po' infastidito il ragazzo, che avrebbe voluto essere messo al corrente dei pensieri che vagavano nella mente della ragazza. << In fondo, senza di me non saresti andata da nessuna parte! >>
Riley grugnì irritata tornando a guardare di fronte a sé. In effetti doveva riconoscerlo: Andy l'aveva aiutata molto, a partire dalla sua evasione; se non l'avesse tirata fuori da lì, a quest'ora sarebbe tra le grinfie dei suoi genitori. Era stato molto di aiuto anche dopo l'inseguimento, sorreggendola lungo tutto il tragitto, per non parlare del fatto che era stato proprio Andy a liquidare l'agente che li aveva scovati. Avrebbe potuto definire il suo intervento molto "eroico", se non avesse sentito l'imperativo di mantenere le distanze da quel ragazzo che, nonostante tutto, stava cercando di entrare nella vita di Riley sempre di più.
Andy sospirò abbattuto. << Non ti preoccupare… Fa finta di niente, come sempre… >> Sembrava quasi che la reazione silenziosa di Riley l'avesse deluso, ma non era proprio così: la ragazza non aveva ancora deciso come rispondere alla sua provocazione, e aveva finito per perdersi nei propri pensieri.
A un certo punto avvistò una figura alta alla fine della strada. Senza che Andy potesse chiedere nulla, Riley gli diede l'ordine di nascondersi e si buttò in un vicolo alla propria sinistra, tirandoselo dietro. Si nascosero dietro a un grosso mobile scardinato che sembrava essere stato lasciato là perché qualcuno lo portasse via.
<< Che succede? >>
<< Non dire una parola! >> Riley fulminò Andy con gli occhi e con le parole, piantandogli un dito alla base della gola. Il ragazzo annuì incerto senza aggiungere altro e aspettò che Riley gli desse il segnare per tornare a respirare.
La ragazza si voltò lentamente e cercò di sporgersi fuori dal vicolo per tentare di riconoscere il passante in lontananza; anche se fosse dovuto passare di là, ci sarebbero state buone possibilità di non essere riconosciuti, grazie all'ombra che copriva gran parte del vicolo. Con questa convinzione la ragazza si azzardò a sporgersi un po' di più, e quasi si pentì di averlo fatto: a circa trenta metri da lei stava camminando nella sua direzione Duncan, il ragazzo che l'aveva accudita per tre anni e che più di chiunque altro avrebbe potuto considerare "amico".
Riley tornò a nascondersi nel vicolo, sopraffatta dal terrore, e sbatté violentemente la schiena alla parete. << Che hai visto? >> Chiese Andy preoccupato, temendo che la ragazza si fosse fatta scoprire.
Riley non rispose e rimase in ascolto per localizzare il ragazzo sul marciapiedi; sapendo che lei non avrebbe gradito altre domande, Andy se ne stette zitto fino a nuovo ordine.
Passi lenti e strascicati si facevano sempre più vicini e sonori, Duncan sembrava messo male, e a un certo punto i ragazzi nascosti poterono udire la sua voce. << Giusto… Come se in questa città qualcuno farebbe mai qualcosa per me… >> Si stava lamentando a proposito di qualche problema, forse del fatto che avrebbe dovuto restituire i soldi a Bad Dog; in fondo il termine da lui imposto era quasi scaduto… << Ma… In fondo cos'altro potrei fare? >>
Riley non ricordava che Duncan parlasse da solo; ogni tanto lo aveva sentito borbottare qualcosa nel sonno, ma non era mai venuta a conoscenza di questa sua abitudine. Forse lo faceva quando era nervoso o stanco, o semplicemente quando aveva voglia di ascoltare le parole che avrebbe voluto sentirsi dire…
Si stava avvicinando, mancavano pochi secondi perché Duncan raggiungesse il vicolo in cui si stavano nascondendo Riley e Andy, e se non avessero fatto qualcosa lui avrebbe potuto riconoscerli. La ragazza non sapeva nemmeno se Duncan avrebbe tirato dritto oppure si sarebbe infilato nel loro stesso vicolo; sapeva solo che era molto facile fare qualche errore in quel momento, e dall'esito di quei pochi attimi si sarebbe deciso l'intero futuro di Riley.
<< Accidenti a lei… Come fa a non capire che sono preoccupato? >> Cominciò di nuovo a lamentarsi, questa volta riferendosi a Riley. Quello era un problema: se Duncan avesse menzionato i suoi genitori o qualche altra informazione importante, Andy avrebbe potuto mangiare la foglia. << Domani mi alzerò di nuovo presto e andrò a cercarla… E' ora di finirla con questa storia, i signori Andersen… >> Doveva trovare un modo per chiudere le orecchie a Andy!
Riley si voltò rapidamente a guardare Andy negli occhi con sguardo di ghiaccio mentre sul marciapiedi, a pochi metri da loro, Duncan continuava a borbottare tra sé e sé. << Sta arrivando. Presto, chiudi gli occhi! >> Ordinò a bassa voce senza dire cosa avesse in mente. Senza chiedere nulla alla ragazza, Andy obbedì fidandosi ciecamente di lei e attese istruzioni. Tuttavia non arrivarono altri ordini; Riley schiacciò le sue labbra su quelle di Andy e coprì le orecchie del ragazzo con le sue mani per impedirgli di ascoltare le parole di Duncan.
Una coppietta che pomiciava in un vicolo buio e isolato causava sempre l'allontanamento dei passanti, e Riley sperava che fosse proprio questo a convincere Duncan a non voltarsi a guardarli e tirare dritto per la sua strada, mentre alla stesso tempo avrebbe impedito a Andy di vedere in faccia il ragazzo dai capelli verdi e sentire i suoi discorsi su di lei. Essendo girata di spalle verso la strada, poi, Riley avrebbe evitato di farsi riconoscere facilmente da Duncan se il ragazzo avesse dovuto girare lo sguardo verso di loro, e l'oscurità della stradina giocò a loro favore in quel frangente. Quando si rese conto di non essere da solo, Duncan si zittì di colpo e non staccò gli occhi dalla strada di fronte a sé, passando rapidamente davanti al vicolo senza insospettirsi. Senza accorgersene, dal malloppo che sosteneva sotto il braccio perse un foglio di carta e in breve tempo il ragazzo scomparve dalla vista.
Riley, che aveva tirato a lungo quella messinscena, fece una smorfia prima di staccare le proprie labbra da quelle di Andy e lo fece con una sonora esclamazione disgustata. Il ragazzo non ci capì niente e rimase allibito a fissarla boccheggiando; non appena aveva ricevuto quel bacio, Andy aveva aperto gli occhi e aveva cercato da Riley una spiegazione con lo sguardo, ma la ragazza aveva a sua volta serrato le palpebre nella speranza che Duncan non li notasse.
Quello stratagemma lo aveva sempre odiato, ma Riley era stata costretta a utilizzare il "bacio tattico" un paio di volte nella sua vita: prima era successo con Duncan, e la prima volta era stato anche per strappargli così un bacio e sperare che il ragazzo si infatuasse di lei, quando ancora la ragazza non si rendeva conto di come fosse davvero lui; crescendo, quella messinscena non le era più piaciuta e aveva cominciato a cercare qualsiasi altra via di fuga per uscire dalle situazioni scottanti. Quella era l'ultima spiaggia, il fatto che fosse arrivata a utilizzare quello stratagemma con Andy significava quanto fortemente volesse scappare.
Con un gesto rude e indifferente, la ragazza si passò la manica sulle labbra e guardò male Andy di fronte a sé. << Non farci l'abitudine…! >> Prima ancora che potesse riacquistare una posa fissa, una fitta alla caviglia la costrinse a piegarsi sulle ginocchia e il ragazzo reagì di scatto per evitare che lei cadesse a terra.
<< Stai bene? >> Chiese lui. Ovvio che non stava bene, si era forse scordato del loro incidente nel pomeriggio? E adesso Riley doveva anche sopportare l'idea di aver baciato quel ragazzo, oltre che quel dolore insopportabile.
Le manette che tenevano uniti i due ragazzi tintinnarono quando Riley cercò di allontanarsi da Andy; fece una smorfia di disappunto e attese che il ragazzo fosse pronto a lasciare quel vicolo per potersi appoggiare a lui. Si affacciarono in strada e controllarono a destra e a sinistra, fino all'altro lato della strada, per assicurarsi che non ci fosse più nessuno in giro e poter così riprendere il loro cammino senza timore di essere scoperti. Non appena cominciarono a camminare, però, Andy adocchiò quel foglio di carta che era sfilato via dalle mani di Duncan e, mosso dalla curiosità, costrinse anche Riley a deviare la rotta.
Quando Andy raccolse il foglio dal pavimento e lo girò per leggere cosa ci fosse scritto dall'altro lato, sgranò gli occhi: c'erano delle foto di loro due stampate sopra, a colori e con il primo piano dei loro visi; quella di Riley era una vecchia foto segnaletica scattata dopo una delle sue catture, mentre quella di Andy sembrava essere stata ritagliata da una foto di gruppo. Il contrasto nei due visi era palese: mentre Riley fissava imbronciata l'obiettivo, Andy rivolgeva un sorriso smagliante alla macchina fotografica, e quel piccolo particolare bastava a far comprendere chi dei due fosse il "criminale" e chi la "vittima"…
"Avete visto questi ragazzi?" Recitava una grossa scritta a capo della pagina, mentre sul fondo del foglio di carta c'erano impressi dei numeri telefonici da contattare in caso di avvistamento, nonché il timbro ufficiale del corpo di polizia della città.
Riley lo strappò dalle mani di Andy e lo accartocciò rapidamente. << Maledizione! >> Mormorò sudando dalla tensione; per poco Andy non aveva scoperto qualche informazione pericolosa per lei. La ragazza non sapeva nemmeno se ce ne fossero, ma non avrebbe aspettato che il suo compagno venisse a sapere di fatti che avrebbero potuto compromettere la sua fuga. << Si stanno mobilitando. I miei genitori devono essere arrivati… >>
Andy rivolse uno sguardo triste a Riley. << Dobbiamo tornare da Liz prima che passi qualcun altro… >>
<< Sì. >> Rispose subito lei lanciando alle proprie spalle la palla di carta che aveva ottenuto da quel foglio. Quello che rimaneva del volantino di Duncan atterrò nel vicolo e rimbalzò un paio di volte finendo ai piedi del mobile che aveva coperto i due fuggitivi e assistito a quell'evento inaspettato per entrambi. << Sicuramente Duncan non è l'unico a girare per la città, di notte… >>
Dopo essersi rimessi in marcia, Riley rivolse un ultimo sguardo addolorato alle proprie spalle, verso la fine della strada, dove il suo vecchio amico fuorilegge si era fuso con le tenebre della notte e aveva lasciato quella zona.

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Capitolo 33
*** Misure drastiche ***


Rabbia era furioso, ma si stava trattenendo dal mettersi a urlare contro Disgusto solo perché la sua azione folle era servita a salvarli da Duncan. La ragazza verde lasciò i comandi della console con ancora in viso un'espressione allucinata e si fece da parte rivolgendo la parola a un Paura piuttosto confuso. << E' tutta tua. >> Rispose senza un tono preciso.
Paura guardò con timore Disgusto che si allontanava dalla console, prima di prendere i comandi, e si concentrò su Riley. Mentre Paura era distratto, Rabbia attirò l'attenzione di Disgusto con un ritmico tamburellare del piede sul pavimento. << Posso parlarti un momento? >> Chiese con tono stizzito facendo un cenno verso un angolo appartato del Quartier Generale. Aveva le braccia incrociate e uno sguardo che non lasciava presagire nulla di piacevole.
Disgusto seguì Rabbia nel luogo appartato con sguardo affaticato in viso. Quando l'ometto rosso si fu assicurato che fossero da soli, cominciò a parlarle con tono severo. << Pensavo che fossi stato chiaro, quando decidemmo di stare lontani da Andy. >>
La emozione color smeraldo alzò lo sguardo esasperata. << Siamo ammanettati a lui, e quello lo avevi deciso tu prima ancora che tutto questo casino cominciasse! >> Gli puntò contro un dito come per accusarlo di qualcosa; volle ricordargli ancora una volta come Rabbia ignorasse totalmente i pareri degli altri quando c'era da prendere una decisione.
<< Questo non significa che dobbiamo fraternizzare con lui! >> Sbottò adirato sbattendo un piede a terra. Si spinse in avanti cercando di raggiungere l'altezza di Disgusto, ma Rabbia era troppo basso per lei. << Ti ricordo che è solo una nostra pedina. >>
Disgusto sbuffò contrariata. << Per favore… Abbiamo fatto di peggio che dargli un bacio per nasconderci! >> E scostò lo sguardo ripensando a tutte le altre volte che si erano divertiti assieme a Andy, e addirittura ci avevano giocato assieme.
Rabbia agitò furiosamente le mani prima di stringerle con forza nei pugni. << Tu non capisci! >> Sembrò quasi in difficoltà, come se non riuscisse a comunicare con lei. << Il nostro obiettivo è andarcene e tu sembra che ti stia concentrando su tutto, tranne che su quello! >>
Disgusto alzò gli occhi al cielo con esasperazione. << Non tornare su quella storia… >> Mormorò portandosi una mano alla fronte e scuotendo piano la testa. Non aveva la forza di sopportare un altro litigio come quello di quella mattina.
Rabbia si impuntò su quell'argomento. << E invece ci torno! >> Disse sbattendo il piede a terra. << Se avessimo fatto pressione su Andy, a quest'ora saremmo su un treno, o su un autobus fuori città, e non avremmo una caviglia slogata! >> L'ometto rosso continuò mostrando di essere sul punto di perdere la pazienza. << Vuoi davvero fare in modo che Andy ci lasci andare di sua spontanea volontà? Allora ti do ancora una giornata di tempo; se non riuscirai a convincerlo per liberarci con le tue "buone maniere", ci penserò io! >> Detto questo si piantò un pollice sulla camicia e guardò storto Disgusto.
La ragazza verde cercò di lanciargli lo stesso sguardo bieco che le fece lui, ma non fece effetto. << Continui a fare di testa tua, eh Rabbia? >> Chiese Disgusto inarcando la schiena in avanti.
Rabbia le rispose a tono. << Sembra che tu non sia l'unica a farlo, allora. >> Sorrise con superbia, pensando di essere riuscito a zittirla finalmente. In realtà Disgusto smise di rispondere perché stufa di discutere. << E va bene, Rabbia… Se non riesco a convincere Andy a liberarci, faremo a modo tuo. >>
Il ghigno in faccia all'ometto rosso in camicia si fece più ampio. << Non vedevo l'ora. >>
 
*
 
Paura non aveva idea di cosa si stessero dicendo Rabbia e Disgusto; dal centro del Quartier Generale non riusciva a vedere né sentire le due emozioni che si erano allontanate, ma sperava che una volta tornati lo avrebbero messo al corrente della situazione. Era stanco di essere considerato l'ultima ruota del carro in ogni situazione; anche lui dava il suo contributo!
Mentre pensava questo, un rumore di meccanismi attirò la sua attenzione e Paura cominciò a sudare freddo. Dalla mente di Riley stava venendo fuori un nuovo ricordo! Vide una piccola sfera verde smeraldo scivolare giù dal tubo e cominciare a scorrere sui binari della macchina, finché non si fu fermata assieme alle altre sfere grigie. Fu automatico per Paura scattare a vedere di cosa si trattasse, e scoprì così che era il ricordo del momento appena vissuto da Riley; ma quella sfera era diversa dalle altre. La sua luce era più forte, il colore più vivo, e le immagini erano talmente chiare che non ci fosse dubbio del fatto che fosse stato appena creato. Ma c’era un altro particolare che rendeva quel ricordo speciale…
Quello era l’unico ricordo colorato della giornata, e dopo il suo ricordo dell’altra notte non ce n’erano stati altri; questo significava che quello che in quel momento stava sorreggendo tra le mani l’omino viola era un Ricordo Base della ragazza. Era una buona notizia? Una cattiva notizia? Paura fu semplicemente travolto da un turbinio di emozioni negative che lo terrorizzarono, la mente vagò tra le numerose possibilità se Rabbia avesse dovuto scoprire quella cosa, e non sapendo cosa fare, l’omino violaceo si mise a correre a perdifiato tenendo in mano quella sfera con le braccia tese davanti a sé, quasi come se non volesse avere alcun contatto con essa.
<< GIOIA!!! >> Gridò a denti stretti affacciandosi alla finestrella della casetta della piccola emozione dorata. Gioia, che era seduta proprio sotto di essa, sobbalzò dallo spavento e rotolò allontanandosi da lui, prima di rendersi conto di cosa fosse successo.
<< Paura! >> Sbottò quasi infastidita; in realtà era contenta di quella visita. << Che succede? Mi hai fatto prendere un colpo… >> Lo rimproverò per la sua irruenza e si rialzò lentamente.
Paura ansimò riprendendo fiato. << Scusami, stellina… >> Mormorò sorridendo per non far intravedere la propria preoccupazione; da quel misero tentativo di nascondere le sue emozioni, nacque solo un ghigno deformato che suscitò una risatina nella ragazzina da capelli azzurri. Paura sospirò ignorando quella reazione e si sbrigò a porgerle la sfera verde, che non aveva mostrato fino a quel momento. << Ho bisogno di un favore: devi tenere questa per me… >>
Gioia, prima ancora che potesse reagire in qualche modo alla sua richiesta, si ritrovò il Ricordo Base tra le braccia e spalancò la bocca piena di meraviglia. << Perché? >>
Paura spiegò rapidamente, temendo che Rabbia e Disgusto potessero tornare. << E' che… Riley ha baciato Andy, Disgusto è andata a parlare con Rabbia, è uscito fuori questo ricordo e io non so come fare! >> Disse tutto d'un fiato. << Stai tenendo ancora il ricordo dell'altra notte, quindi non ci saranno problemi se accoglierai anche un piccolo ricordo di Disgusto, vero…? >> Si sforzò di sorridere per sembrare meno disperato agli occhi di lei, oltre che per ispirarle fiducia, ma quello non sarebbe stato necessario.
Gioia sarebbe stata più che felice di tenere quel ricordo per lui, come anche per l'altro; nonostante l'incertezza iniziale, adesso si sentiva più sicura di sé e pensava di poter compiere quella "missione". Abbassò lo sguardo per vedere il Ricordo Base di Disgusto e gli occhi che gli puntò addosso furono gli stessi di una madre con il piccolo neonato che sorregge tra le braccia. Alzò rapidamente la testa e rispose con un rapido cenno pieno di eccitazione.
<< Sul serio? Lo farai? >> Continuò Paura ancora incredulo di quella cosa. << Sono così contento, Gioia! Se Rabbia dovesse scoprire che… >>
A un certo punto le parole che Paura le aveva rivolto prima, raggiunsero in ritardo il cervello della stellina:<< Aspetta un attimo: Riley ha baciato Andy? >> Quella cosa le sembrava l'evento più eccezionale che sarebbe potuto accadere, e anche quello più improbabile data la naturale antipatia di Rabbia per il ragazzo amico di Riley, e l'unica cosa che riuscì a pensare in quel momento fu il fatto di esserselo perso.
Paura sembrò colto alla sprovvista. << Eh? Sì, insomma… >> Gioia lasciò cadere il ricordo e piantò i gomiti sul davanzale, mentre le mani sorreggevano le sue guance e il viso pieno di interesse, in attesa di sentire il racconto; prima che potesse spiegarsi, però, Paura sentì qualcosa alle sue spalle: una voce, oppure dei passi lo fecero saltare sul posto e dovette dileguarsi per non farsi trovare lontano dalla console dei comandi. << Guarda il ricordo: ti spiegherà tutto! >> Si accomiatò così, mentre già correva a perdifiato verso il centro della sala.
Gioia rimase immobile per alcuni secondi, seguendo la sagoma dell'omino pallido farsi sempre più piccola; poi, assalita dalla curiosità, si accovacciò sotto della finestra e prese in mano il ricordo verde scintillante. Ci passò sopra una mano e vide la scena riavvolgersi fino al suo principio: Riley stava spiando da dietro un angolo qualcuno che si avvicinava nell'oscurità; a un certo punto la ragazza si voltava con impeto verso Andy alle sue spalle, e dopo avergli detto di chiudere gli occhi, gli copriva i padiglioni auricolari con le mani e lo baciava sulle labbra come Gioia non aveva mai visto fare alla ragazza. Si lasciò scappare una piccola esclamazione a quel punto, piena di sorpresa e eccitazione. Il ricordo continuò a quel modo per alcuni secondi, prima che Riley lasciasse la presa e lanciasse un'occhiataccia al ragazzo di fronte a sé, stupito.
"Non farci l'abitudine."

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Capitolo 34
*** L'ultima volta ***


Una voce femminile molto seccata rispose in ritardo quando Riley ebbe schiacciato il pulsante del citofono. << Ti sembra ora di tornare? >>
La ragazza si sforzò di assumere un tono amabile senza che il dolore alla caviglia intaccasse con la sua voce e rispose:<< Abbiamo avuto un contrattempo, Liz… Non vorrai lasciarci qui fuori, con questo freddo? >>
La voce di Lizzie tornò a farsi sentire dopo pochi secondi; se non si era appena svegliata per andare a rispondere, probabilmente era sul punto di addormentarsi. << Potrei anche farlo. >> E detto questo dal portone si sentì uno scatto elettrico che lo sbloccò. << Sbrigati a salire, e non fate casino: la vicina del primo piano ha l'orecchio fine. >>
<< Sì. >> Rispose Riley sogghignando. << Grazie, Liz! >> Ma la ragazza dall'altra parte aveva già abbassato il citofono. Nemmeno Riley si aspettava che la sentisse, ma preferì fare quella scena di fronte ad Andy, che la seguiva in silenzio, in attesa di poter parlare.
Quando furono entrambi all'interno Riley fece segno al ragazzo di chiudere il portone senza fare rumore e lui obbedì: prima di accostare la porta per chiuderla definitivamente, Andy si affacciò un'ultima volta per controllare se ci fosse qualcuno in strada che avrebbe potuto vederli; a parte una strana ombra che si allontanava rapidamente, non notò niente di sospetto, e così chiuse il portone di ingresso.
<< Silenzio. >> Gli intimò Riley cominciando ad avanzare dopo che ebbe sentito lo scatto del portone che si chiudeva. Lo reputò troppo forte e per questo preferì avvertire il ragazzo alle sue spalle, nonostante la sua innocenza. Quando si ritrovò di fronte alla prima rampa di scale, però, Riley esitò un momento; sembrò quasi avere paura di alzare il piede e poggiarlo lì sopra per salire, sapendo che avrebbe potuto cedere e farla cadere.
Prima ancora che potesse fare qualcosa, Andy arrivò in suo aiuto e le offrì appoggio. << Vieni, ti aiuto. >> E dopo averle fatto prendere il corrimano della rampa di scale, lasciò che la ragazza si sostenesse a lui.
Salirono le scale lentamente, e quando arrivarono al secondo piano trovarono la porta della casa di Lizzie chiusa. Andy pensò che la ragazza si fosse stufata di aspettarli, ma Riley non si preoccupò e avanzò bussando flebilmente; subito dall'altra parte si udì un rumore di chiavi che ruotano nei meccanismi della serratura e la porta si aprì lentamente, mostrando gli occhi scuri e infossati di Liz Maslow. Si era già tolta di dosso le lenti a contatto colorate; questo significava che stava per andare a dormire, ed essendo parecchio irritata Riley immaginò che si fosse appena svegliata. Nonostante tutto, aveva ancora il trucco sugli occhi che li faceva sembrare molto più scavati e tetri.
<< Muovetevi. >> Sussurrò con voce infastidita, mentre la porta si apriva di più. Andy aiutò Riley ad entrare nell'appartamento, e vedendo le sue condizioni Lizzie sembrò inasprirsi ancora di più. << Che diavolo avete combinato? Anzi, no! Non voglio nemmeno saperlo che sei andata a fare con lui… >> E con questo si voltò. Indossava una maglietta grigia leggera che le andava parecchio stretta e dei pantaloni lunghi di un colore azzurro sbiadito; si muoveva rapidamente come se volesse allontanarsi più velocemente possibile da lì, e il suo tono mostrava quanto fosse irritata.
<< Non ci siamo mica imboscati da qualche parte! >> Ribatté ridendo Riley, mentre cercava di ignorare il dolore alla caviglia che ora si faceva più insistente.
Liz non colse la sua ironia e rispose:<< Come preferisci. >> Si fermò per rivolgerle un ultimo sguardo tetro. << Comunque questa è l’ultima volta che ti aiuto, se continui a fare come ti pare. Oggi pomeriggio è venuta la polizia a cercarvi! >>
<< La polizia?! >> Esclamò spaventata la ragazza voltando lo sguardo verso di lei.
Lizzie annuì seriamente. << Deve averli portati Duncan. Saranno andati da tutti i tuoi conoscenti; hai avuto fortuna. >> Detto questo incrociò le braccia e poggiò la schiena alla porta d'ingresso. Anche se si era comportata sempre in modo distaccato e scontroso, dal suo sguardo si poté riconoscere una certa partecipazione allo spavento di Riley.
Riley sentì il cuore fermarsi per un attimo; abbassò lo sguardo perduta e respirò profondamente prima di tornare a muoversi per raggiungere una sedia. Anche Andy sembrò spaventato, ma non quanto lei; era strano che quella ragazza si mostrasse tanto preoccupata per una semplice informazione come quella. Liz non le aveva detto che la polizia l'aveva trovata, solo che erano andati a cercarla lì: ora che si erano accertati della sua assenza, non sarebbero più tornati; Riley poteva tirare un sospiro di sollievo. Si lasciò cadere su uno sgabello del corridoio e alzò lo sguardo verso Liz mentre Andy le restava accanto per aiutarla in caso volesse alzarsi.
<< Un'altra cosa: domani i miei tornano dal loro viaggio. E' meglio se ti trovi un altro posto dove nasconderti… >> Lizzie fece un piccolo movimento laterale con la testa e alzò il pollice della mano sinistra per puntarlo alle proprie spalle.
<< Sì? Bé, non devi preoccuparti per quello… >> Disse sorridendo come chi sapeva molte cose. << Perché io e Andy abbiamo già un altro posto dove andare! >> E detto questo diede un paio di pacche sulla spalla del ragazzo, che sembrò confuso.
Lizzie non la guardò neanche in faccia. << Mi fa piacere. >> Non si sforzò nemmeno di assumere un tono lieto per loro, la ragazza riprese solo a camminare senza degnarli di uno sguardo diretta alla sua stanza da letto. << Medica quella caviglia e non combinare altri guai. >> Disse con durezza prima di richiudere la porta alle proprie spalle, facendo cadere nel silenzio il corridoio di entrata con i due ragazzi.
Andy si voltò esterrefatto verso Riley ed esclamò per la seconda volta:<< Te l’ho detto che quel trucco non se lo caccia mai! >>
La battuta del ragazzo suscitò una risatina da parte di Riley, ma la ragazza non ebbe la forza di continuare a ridere a lungo e si godette ancora un po’ quel momento di pace sullo sgabello. Chiuse gli occhi e respirò a fondo, ma presto Andy tornò a parlare.
<< Dicevi sul serio, riguardo al nuovo posto dove stare? >> Lui non aveva sentito niente del genere per tutta la giornata e non gli sembrava che Riley si fosse preoccupata di cercare un’abitazione dove restare.
La ragazza aprì prima uno, poi l’altro occhio e sorrise furbamente. << No, ma è così che bisogna giocare con Liz: non devi mostrarti bisognoso di qualcosa, o ne approfitterà. >>
Andy abbassò lo sguardo confuso. << Non capisco… >>
Riley fu rapida a rispondergli per non lasciarlo nei suoi dubbi. << Non mi stupisce, ma non ti preoccupare… >> Alzò lo sguardo rivolgendogli un sorriso sicuro di sé. << Lascia a me la seccatura di pensare a lei, tu puoi staccare il cervello adesso… >> Alla fine della frase rise.
Andy continuava a non capire cosa volesse dire Riley, ma sembrò prendere con più leggerezza quella cosa; sorrise a sua volta e le porse la mano per aiutarla a rialzarsi. La ragazza guardò con riluttanza la mano tesa verso di sé e sospirò. << Accidenti… Proprio ora che mi ero messa comoda… >>
Per non farla lamentare ancora, Andy cercò di darle qualche parola di conforto. << Forza Riley… Prometto che non mi lamenterò più delle tue idee per sfuggire a un inseguimento, se fai quest'ultimo sforzo! >>
Riley si lasciò sfuggire una risata irrefrenabile, ma se ne pentì subito dopo quando mosse in modo scomposto la caviglia e sentì una fitta attraversarle tutta la gamba. Ridacchiò per altri due secondi lanciando un ghigno a Andy e gli prese la mano mettendo tutta la sua forza nel braccio.
Arrivati in cucina, i due ragazzi si lasciarono cadere su due sedie accanto al tavolo da pranzo e rimasero a fissarsi per qualche istante. Andy esaminava la caviglia di Riley, mentre lei fissava il viso del ragazzo con attenzione: aveva uno sguardo diverso da quello che aveva avuto al loro primo incontro; non era più quel ragazzino spaurito e innocente con cui si era scontrata scappando da un poliziotto, adesso era più consapevole di sé, della vita che stava conducendo, e nei suoi occhi si leggeva anche una stanchezza che prima Riley non aveva visto mai. C'era anche qualcos'altro però, nello sguardo di Andy: una scintilla di qualcosa che sembrava essere nato da poco, l'emozione di aver dato uno strattone alla propria vita, l'adrenalina che aveva invaso il suo corpo quel pomeriggio e che ancora faticava ad abbandonarlo. Era stata Riley a fare tutto quello; lei aveva trasformato Andy – non sapeva ancora se si trattasse di una buona cosa – e ne andava fiera.
Il ragazzo tirò fuori delle garze da uno scaffale e rivolse un sorriso rassicurante a Riley. << Ci penso io. >> Disse aiutandola a togliersi le scarpe. Quando vide la caviglia gonfia e innaturalmente piegata, sentì un brivido attraversargli la schiena.
<< Ha un aspetto peggiore di quanto sia in realtà… >> Cercò di fare la dura Riley, ma nella sua voce Andy poté avvertire un tremolio che la tradì. Sospirò, e così fece anche la ragazza, poi sollevò delicatamente la gamba di Riley e la poggiò sul proprio ginocchio.
Andy alzò lo sguardo dopo aver osservato per un attimo la caviglia slogata. << Non ho la più pallida idea di come si curi una slogatura. >> Disse. << Immagino che la cosa migliore da fare sia immobilizzare la parte colpita e aspettare che faccia il resto da sola… >> Riley annuì. Neanche lei ne sapeva tanto in materia, ma pensava che stessero facendo la cosa giusta.
Andy sbuffò per liberarsi della tensione. << Va bene… >> Disse cominciando a srotolare la garza che aveva portato. Con estrema cautela, il ragazzo si mise a stringere le bende attorno alla caviglia di Riley, facendo attenzione a non farle del male mentre lei cercava di non essergli di intralcio con le manette che tenevano unite le loro mani. Dopo alcuni minuti, l'operazione era completata, e nessuno pensava che ci fosse altro da fare.
Andy allontanò le mani dal piede della ragazza e Riley guardò con curiosità le bende che lo coprivano quasi interamente. << Grazie. >> Sorrise alzando lo sguardo verso il viso di Andy. Sembrò una novità per entrambi, quel gesto: Riley non mostrava mai molta gentilezza verso gli altri, e quella era la prima volta che rivolgeva quello sguardo così sincero al ragazzo.
Andy sorrise lasciando incompleta una risposta. << Adesso non sforzarlo, però… >> E dopo aver adagiato a terra la gamba della ragazza cominciò ad alzarsi in piedi. << Ora andiamo a dormire. >>
La ragazza però non sembrò della sua stessa opinione. Gli disse di fermarsi e lo guardò con attenzione in faccia, alla ricerca di qualche dettaglio che la aiutasse. << Avevamo detto che avremmo lavorato sul tuo aspetto… >> Mormorò strizzando le palpebre. Andy non capì e le chiese spiegazioni. Tutto quello che fece la ragazza fu chiedergli aiuto per alzarsi, prima di farsi accompagnare nel bagno di Liz, dove sperava di trovare della tintura per capelli.
<< Che cosa stai facendo? >> Chiese Andy quando la vide rovistare in un mobiletto accanto al lavandino. La ragazza afferrava rapidamente e poggiava su una mensola qualunque cosa non le interessasse, mentre osservava con cura gli oggetti che avrebbero potuto servirle. A un certo punto tirò fuori da lì una bomboletta spray scura.
Lanciò un'esclamazione soddisfatta prima di leggere rapidamente ad alta voce le scritte presenti sullo spray. << Colorante per capelli, blu scuro… Tenere lontano dal calore, non inalare, eccetera eccetera… >> Alzò lo sguardo mostrando un ghigno intrigato, mentre Andy cercava di collegare la tintura per capelli al fatto che dovessero renderlo meno riconoscibile. Inutile dire che si sentì uno stupido per non averlo capito subito.
Dopo aver cercato ancora un po', Riley tirò fuori dal mobiletto una bottiglietta contenente un liquido chiaro dall'aspetto preoccupante; quell'aspetto gli fu conferito dallo sguardo della ragazza, decisamente maligno.
<< Stai fermo! >> Lo ammonì lei dopo aver preso il pennellino con cui avrebbe spalmato la tintura bionda sui capelli di Andy.
<< E' proprio necessario? >> Chiese il ragazzo preoccupato. Non voleva tingersi i capelli, anche se quello avrebbe potuto salvarli dall'essere scoperti. << I miei capelli mi piacciono così come sono… >>
Riley sghignazzò mentre con la mano destra spennellava delicatamente alcune ciocche di capelli del ragazzo; il colore dorato della tintura spiccava particolarmente sui capelli castani di Andy. << E' una fortuna che Liz non usi più questo colore, altrimenti mi avrebbe uccisa per aver usato il suo viola… >> Dopo aver sentito le lamentele di Andy, però, il suo tono si fece più scorbutico. << E smettila di frignare! Il colore se ne andrà in pochi giorni così, quindi non devi preoccuparti. >>
Andy non era comunque contento di quella cosa e lo lasciò intendere mettendosi a sbuffare sonoramente e incurvando la schiena in avanti con fare scocciato. Riley, nonostante le continue proteste del ragazzo, continuò a colorare i capelli del ragazzo con la tintura bionda trovata in casa – appartenente alla mamma di Lizzie, molto probabilmente – prima di passare allo spray con cui avrebbe colorato qualche ciocca.
<< Dì la verità: vuoi solo umiliarmi! >> Esordì Andy biascicando quelle parole, quando Riley ebbe posato la tintura bionda in un angolo. La ragazza rispose a tono, mostrando di non sentirsi minimamente minacciata dal tono del ragazzo:<< Dì la verità: ti stai divertendo! >>
<< Assolutamente no! >> Esclamò Andy voltandosi contrariato. Dovevano aspettare che la tintura bionda attecchisse, prima di passare al blu della bomboletta, quindi la ragazza pensò che avrebbe potuto divertirsi un po' a stuzzicare Andy per vedere fino a dove sarebbe riuscita a portarlo la sua pazienza.
Cominciarono così a chiacchierare e farsi scherzi nel bagno, mentre nella stanza accanto Lizzie dormiva. A un tratto Andy riuscì ad afferrare la bomboletta spray del colore per capelli e tentò di spruzzarla addosso alla ragazza, nonostante le ripetute minacce e ammonimenti di questa; Riley finì con metà faccia macchiata di blu e dovette ripulirsi tutta, ma non prima di essersi presa una piccola rivincita su Andy schizzandogli del sapone sulla faccia. Fu proprio quando ebbero fatto troppo baccano che, dalla parete adiacente alla stanza della ragazza, provennero un paio di forti tonfi.
<< Piantatela voi due! >> Gridò infuriata la ragazzina che stava cercando di dormire. Riley e Andy si guardarono con gli occhi di chi era stato beccato in pieno a fare qualcosa che non doveva, e sghignazzarono cercando di non farsi sentire.
<< Direi che abbiamo aspettato abbastanza… >> Mormorò la ragazza cercando di capire che ora fosse. Andy annuì e fece per alzarsi, ma Riley lo bloccò. << Dove credi di andare? >> Con un semplice sguardo provocante, la ragazza lasciò intendere di non avere ancora finito con i suoi capelli e lo fece sedere di nuovo.
Era tardi, ma Riley non sembrava sentire per niente la stanchezza: era entusiasta di colorare i capelli del ragazzo. Lo spray blu stava molto bene sui capelli biondi appena tinti di Andy, e quando Riley ebbe finito di passare il colore sulle punte di alcune ciocche sentì un moto di orgoglio farsi largo dentro di sé. Guardò la testa di Andy come un artista contemplava un suo capolavoro e annuì soddisfatta in approvazione. << Domani faremo qualcosa per nascondere la faccia… >> Mormorò riponendo nel mobile da cui li aveva trovati, i prodotti per tingere i capelli. << Adesso andiamo a dormire. >>
Andy guardò con disappunto il proprio riflesso nello specchio e cercò di trovare almeno un particolare che gli facesse piacere in quella nuova immagine di sé, ma non ci riuscì assolutamente; ovunque guardasse, vedeva solo un ragazzo che non gli somigliava per niente…
Riley aspettò che lui le offrisse appoggio per alzarsi, e quando furono uno accanto all'altra in piedi nel bagno, cominciarono ad allontanarsi lentamente dal gabinetto e dalla vasca da bagno su cui avevano trovato appoggio. Andy spense la luce nella stanza con un rapido tocco dell'interruttore mentre la ragazza apriva lentamente la porta. Quando furono immersi nel buio Riley mormorò quasi in ritardo:<< Dobbiamo riposare bene per domani. >>

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Capitolo 35
*** Parlare con il muro ***


Gioia rise di gusto vedendo come Riley avesse combinato i capelli del povero Andy. Non la divertiva vederlo in quello stato di delusione tanto innocente, quanto il fatto che Riley sembrasse essersi divertita molto nel tingergli i capelli in quel modo tanto stravagante. Disgusto aveva sicuramente fatto un buon lavoro nel nascondere la vera identità del ragazzo, ma sarebbe bastato a non farsi riconoscere?
Guardò Rabbia e Disgusto allontanarsi dalla console dei comandi, dove un esausto Paura aveva convinto nuovamente i suoi compagni a lasciarlo a fare la guardia notturna; il timore che qualcuno scoprisse il suo segreto non lo faceva stare tranquillo, e per questo doveva essere lui a tenere d'occhio la mente di Riley tutta la notte. Ma Paura non chiudeva occhio da giorni, non poteva andare avanti così a lungo… Il piano di Gioia, tuttavia, sarebbe stato facilitato di molto se la sentinella della notte fosse stato lui.
Doveva solo aspettare che Rabbia e Disgusto andassero a dormire, così avrebbe potuto lasciare la sua casupola e andare a parlare finalmente con Tristezza. Non sapeva come trascorresse la notte la sua amica blu: l'aveva sempre vista seduta contro il muro a fissare il pavimento, in silenzio. Sperava che rimanesse sveglia per rispondere alle sue domande, per quella notte.
Nell'attesa che il Quartier Generale si spegnesse e tutti andassero a dormire, Gioia ripensò alla scena che aveva appena visto: Disgusto che sembrava divertirsi da matti mentre diceva a Riley come colorare i capelli di Andy, come stuzzicarlo durante l'attesa. Sentì uno strano sospiro che scoprì provenire dalla sua gola e si stupì nel realizzare che stava sorridendo. Si era messa a sorridere semplicemente pensando a una cosa accaduta cinque minuti fa!
Scuotendo la testa per concentrarsi, Gioia si affacciò alla finestrella ondulata e scoprì che tutte le luci erano state spente: Rabbia e Disgusto erano rincasati e Paura se ne stava seduto sul suo solito sgabello con la schiena ricurva e la faccia nascosta tra le braccia pesantemente poggiate alla console dei comandi, attualmente spenta. Era il momento giusto per lasciare la casa.
Gioia uscì in punta di piedi dalla sua stanzetta e fece attenzione a non farsi notare: brillava di un flebile bagliore azzurrino nell'oscurità della notte e se Rabbia o Disgusto fossero stati anche solo nei pressi di un finestra avrebbero potuto accorgersi di lei. Passò vicino a Paura, da cui proveniva un sonoro russare, e diede una triste occhiata allo schermo spento dove si sarebbero dovuti proiettare i sogni di Riley.
Dormi pure, Paura. Pensò piegando un angolo della bocca come per rassicurare il suo amico. Te lo meriti.
Nel Quartier Generale, senza dubbio, Paura era quello che si dava da fare più di tutti. Era sempre attivo, si preoccupava per ogni singola cosa che poteva mettere in pericolo Riley, e in più era sempre disponibile ad aiutare Disgusto e Rabbia quando ce n'era bisogno. Non dormiva da giorni, ed era prevedibile che quella sera crollasse. Nessuno si sarebbe aspettato il contrario.
Gioia accelerò il passo quando capì che il suo amico violetto non si sarebbe svegliato – non voleva disturbarlo, e difficilmente lui la avrebbe fermata – e si sbrigò a raggiungere Tristezza, che da qualche secondo l'aveva già identificata. Quando fu arrivata di fronte a lei, Gioia accennò a un timidissimo saluto con la mano che si spense subito non appena capì che non avrebbe ricevuto risposta.
<< Ciao, Tristezza… >> Mormorò incerta sulle parole da utilizzare. Era da tanto che non prendeva l'iniziativa per parlare con qualcuno, ed era piuttosto arrugginita; in più aveva a che fare con Tristezza, non esattamente la persona più socievole del loro gruppo. Nessuno l'aveva sentita parlare da quando lei e Gioia erano tornate dall'esterno: era semplicemente diventata una presenza fissa del Quartier Generale, che però non agiva mai di sua iniziativa.
Gioia aspettò invano una risposta dalla piccola emozione blu, che a malapena le rivolse uno sguardo spento. Le lenti dei suoi occhiali erano perfette, non avevano alcun tipo di danno.
Non volendo perdersi troppo in dettagli come quelli che aveva sempre ignorato, Gioia cercò di parlare ancora con Tristezza, e questa volta andò avanti senza aspettare una risposta. Sospirò accennando a un debole sorriso:<< Sono stati giorni pazzeschi, vero? >> Disse. << La votazione per decidere del destino di Riley, i continui inseguimenti in città, le sfuriate di Rabbia… E poi l'incontro con Andy e tutte quelle altre cose che ci hanno scombussolato la routine. Già, sono spossata! Ma è bello vedere che Riley sta bene, non trovi? >>
Gioia sperò che questa volta Tristezza rispondesse al suo tentativo di comunicare con lei, ma ancora una volta la musona non fece che fissarla con sufficienza, come se la vedesse banale e incapace.
La stellina sospirò abbattuta e si fece seria. << Senti: l'ho capito che non ti piace la gente… Ma io ho bisogno di parlare con te, sento che tu sai tante cose di cui noialtri siamo all'oscuro! >> Fece una pausa in cerca delle parole giuste per convincere Tristezza ad aiutarla. << E… E quindi credo che ci sia un motivo se tu hai voluto votare contro Rabbia e la sua idea di andarsene dalla città… >> A un tratto sembrò ricordarsi di una cosa e ne approfittò per continuare a parlare ancora un po', prima di lasciare la parola alla sua amica silenziosa. << Ah! Penserai che io sia una sconsiderata, per quello che è successo l'altra notte quando Riley ha sognato quelle cose orribili… Ma io avevo un motivo per farlo, proprio come lo avevi tu per restare della tua idea e respingere la proposta di Rabbia! >> Sembrò molto più sicura di sé quando spiegò il suo punto di vista. << E sono sicura che il tuo motivo sia un motivo valido. Sei… Sei Tristezza, dopotutto! Chi più di te è abituato ad osservare e vedere tutta la situazione in modo complessivo, da un punto di vista neutrale e obiettivo? >>
Tristezza rimase in silenzio a fissare Gioia mentre questa cercava di dire qualcos'altro per portare avanti il suo discorso sconclusionato. Sembrava aver esaurito le idee, ma in realtà aveva tantissime domande da porle; non poteva arrendersi così!
<< Quindi… Voglio farti qualche domanda. Devo farti qualche domanda! >> Ripeté con più enfasi la frase cambiando il verbo. Un attimo dopo sembrò un po' meno sicura di sé però, e chiese:<< Va bene? >>
Tristezza non diede alcun segno di volerla aiutare e si limitò a fissarla con quei suoi occhi malinconici come qualcuno che sapeva molto di più di quanto facesse credere.
Gioia sospirò profondamente prima di cominciare a fare la sua prima domanda. << D'accordo, allora cominciamo… >> Disse prendendo ancora un po' di tempo. << Perché te ne stai sempre qui? >> La sua domanda avrebbe potuto sembrare stupida, anche Tristezza si mostrò sorpresa nel sentirla perché lei stessa si ostinava a rinchiudersi da sola nella sua stanzetta, lontano da tutti; tuttavia Gioia era andata lì per parlare di Tristezza, non dei suoi problemi. Prese un bel respiro e cominciò a camminare in cerchio di fronte alla amica blu. << Insomma, c'è qualcosa di noi che non sopporti e che ti fa allontanare da tutti, oppure sai qualcosa che noi non sappiamo su Riley, su tutta questa storia…? Qualcosa che ti ha fatto decidere di lasciare tutto, che ti ha spaventata o ti ha fatta rassegnare? >> Si rese conto di aver divagato un po' troppo, ma se Tristezza non aveva intenzione di parlare chiaramente allora avrebbe dovuto provare a indovinare lei. Cercò di decifrare lo sguardo inespressivo di Tristezza e la vide abbassare la testa con rassegnazione. Sembrava quasi che non volesse tutto quello, che la sua volontà fosse molto lontana dal rimanersene in un angolo ad osservare la quotidianità del Quartier Generale. Lei aveva letto tutti i manuali del Quartier Generale sulla memoria e la psiche di Riley, sapeva come orientarsi nel labirinto dei suoi ricordi e teneva a mente qualunque episodio della vita di Riley come se fosse un archivio. Doveva sapere qualcosa di più!
Gioia sospirò pesantemente, ma non si diede per vinta e continuò con la prossima domanda. << Va bene, pensaci su… Intanto andiamo avanti! >> E detto questo cambiò completamente argomento:<< Nelle ultime notti sono successe alcune cose davvero incredibili, e io so che tu hai visto tutto quanto. >> Si riferiva alla creazione dei Ricordi Base di Paura e Disgusto, quelli che Paura aveva consegnato a lei per custodirli e nasconderli. << Perché non mi sembri per niente sorpresa? >>
Tristezza alzò di nuovo la testa per guardare Gioia negli occhi; il suo sguardo così calmo sembrò voler mettere sotto esame la coscienza intera della stellina, e quella cercò di distogliere lo sguardo per non farsi influenzare da lei.
<< Ti aspettavi che accadesse qualcosa di simile, presto o tardi? >> Chiese incrociando le braccia e assumendo un tono altezzoso. << Proprio come quando si creò il tuo Ricordo Base, stavi aspettando il momento che le cose si stravolgessero di nuovo? >>
Tristezza non faceva che fissare Gioia in silenzio, lasciandole solo la fantasia con cui andare avanti a fare ipotesi. Non avrebbe aperto bocca.
Gioia agitò le braccia esasperata e piegò in avanti la schiena. << Ma perché? Se lo sapevi, perché non hai detto niente? >>
"Questo lo stai dicendo tu." Lo sguardo di Tristezza sembrava voler comunicare proprio quello. Ma perché? Perché? Perché? Perché? Perché Tristezza sembrava sapere tutto quanto, pur essendo l'emozione più isolata e lontana dal gruppo? Perché non parlava mai?
Gioia abbassò lo sguardo e cominciò a tormentarsi le mani. Non stava ottenendo degli ottimi risultati, eppure non poteva essere tutto inutile… << Ultima domanda. >> Disse con tono serio. Sospirò prima di guardare Tristezza dritto negli occhi, in modo da farle sentire la pressione che lei aveva sentito per tutto quel tempo su di sé; era possibile che Tristezza non provasse alcun tipo di emozione, ormai? << Se tu sei sempre lontana dalla console, perché a Riley succede di sentirsi improvvisamente malinconica? >>
Questa volta Tristezza reagì in modo scomposto: più esattamente mostrò di avere ancora qualche briciolo di umanità, rabbrividendo e spalancando le palpebre come se si fosse sorpresa. Gioia ne approfittò per fare leva su quella incertezza mostrata da lei.
<< Pensavi che non me ne fossi accorta? >> Chiese mostrando un piccolo sorrisetto, sicura di aver fatto centro. << Riley è sempre stata un po' lunatica, ma ultimamente più del normale… E poi ho capito anche una cosa: non è solo lei a comportarsi in modo strano, ma anche noi. >> Tristezza rispose a quell'osservazione fissandola dritta negli occhi. Non voleva mostrarsi in difficoltà, oppure sapeva già come reagire alle parole di Gioia. Per una volta, da parte sua, Gioia sentiva di essere in grado di tenere testa a Tristezza in quella conversazione a senso unico. << Paura, Disgusto e Rabbia si comportano sempre allo stesso modo, ma tu ed io… >> Si inginocchiò di fronte a lei e la fissò negli occhi, nel tentativo di far cedere la sua maschera di sicurezza. << Io ti ho vista sorridere. Ti ho vista sorridere, mentre io invece ho pianto! Che senso ha tutto questo, se la gioia si mette a piangere e la tristezza invece comincia a ridere? Ci siamo forse scambiate i ruoli? >> Gioia si alzò di scatto e si mise le mani alla testa. << Dimmelo, Tristezza! Dimmi se c'è qualcosa che non so, che mi sfugge… Aiutami a capire Riley e ad aiutarla! Non voglio che perdiamo tutto di nuovo, e non potrei sopportare di vivere ancora isolata per il resto dei miei giorni! >>
Gioia completò il suo sfogo con un rapido gesto di stizza, quasi come se volesse liberarsi di un peso: piantò i talloni sul pavimento con impeto mentre le sue braccia scendevano di scatto lungo i fianchi e lei rivolgeva un'occhiataccia alla piccola emozione blu seduta a terra. Sperava che quell'ultimo gesto disperato spaventasse Tristezza, o per lo meno la convincesse delle intenzioni pure della stellina e del suo sentimento di impotenza di fronte a quella situazione così difficile, e la facesse parlare, finalmente.
Ma Tristezza rimase in silenzio. Non uscì alcuna parola dalla sua bocca, e Gioia si mostrò molto delusa da quel suo comportamento. Infantile. Egoista. Odioso. Questi sarebbero stati i termini che avrebbe usato per descrivere l'atteggiamento della sua amica blu, se fosse stata in grado di provare astio nei confronti di qualcun altro. E in fondo, chi diceva che lei non poteva farlo? Aveva già dimostrato di potersi deprimere e spaventare, proprio come Riley si intristiva pur non avendo Tristezza a guidarla. A che serviva il loro operato, se la loro protetta poteva agire di volontà propria?
Sbuffò mostrandosi infastidita e rivolse un ultimo sguardo di sdegno a Tristezza. << E' sempre un piacere, parlare con te. >> Sibilò fredda come il ghiaccio dopo essersi voltata per tornare alla sua capanna.
Tristezza la guardò allontanarsi con il suo solito sguardo sconsolato, come se avesse qualcosa di cui disperarsi; in realtà sarebbe stata Gioia a doversi disperare, che non aveva più niente su cui basarsi. Ma lei continuò a guardare di fronte a sé, senza mai voltarsi. Era finito il tempo dell'autocommiserazione e della paura, per lei.
Passando vicino alla console dei comandi, Gioia adocchiò Paura incurvato ancora su di essa. Il suo capello nero spiccava nonostante fosse buio e ondeggiava ritmicamente ogni volta che lui respirava; ma c'era qualcosa che disturbava questo equilibrio che si era creato, ed erano i brividi di gelo dell'omino viola, che non aveva pensato all'eventualità di prendere freddo quella notte.
Vedendolo lì solo, esausto, Gioia pensò di poter fare qualcosa per lui e aiutarlo un po' in quel momento molto stressante che stava vivendo. Così tornò in fretta alla sua capanna e prese la copertina che usava tutte le notti per nascondersi agli altri; attraversò la sala a passi rapidi e pose la coperta sulle spalle di Paura, facendo così cessare i suoi tremori. Lo vide affondare il viso tra le braccia e mormorare qualcosa di incomprensibile, e fu allora che la piccola Gioia piegò le labbra in un sorriso appena accennato.
Riposa, Paura. Gli augurò mentalmente. Tra noi, tu sei quello che sta facendo più lavoro di tutti.

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Capitolo 36
*** Fuori città ***


Riley si stiracchiò con molta drammaticità, lanciando uno sbadiglio che rese solo più nota la sua pigrizia. Avrebbe voluto restarsene a dormire per tutto il giorno, soprattutto con la caviglia ridotta in quel modo, ma non poteva perdere altro tempo; quello sarebbe stato un giorno molto importante, non avrebbe potuto lasciarsi cogliere impreparata.
I genitori di Liz sarebbero dovuti tornare nel pomeriggio, quindi aveva ancora un po' di tempo per riprendere le forze, ma avrebbe preferito uscire il più presto possibile e andare alla ricerca di un modo per lasciare la città. Ormai anche i suoi genitori sarebbero arrivati presto, se non avessero già raggiunto il Minnesota nei giorni precedenti, e in più si aggiungeva la scadenza dei termini che Bad Dog aveva imposto a Duncan: Riley non sapeva bene quanto potesse c'entrare lei in quella faccenda, ma non avrebbe voluto restare ad aspettare uno degli uomini di quel teppista per rapirla oppure di vedersi davanti agli occhi ancora una volta il suo amico ricevere una ingiusta punizione.
Andy si era offerto di lasciarle il lato destro del materasso, quello vicino alla finestra. << Andiamo. >> Esordì così non appena la sua mente fu pienamente operativa e i suoi occhi si furono abituati alla luce del sole che filtrava dalla finestra. Con un rapido e solenne gesto della mano sinistra, la ragazza scoprì il proprio corpo e quello di Andy da sotto il lenzuolo che avvolgeva il materasso e compì un ampio movimento per spostarsi e scendere dal letto. Non mise in conto le catene che tenevano legata lei a Andy e una volta che fu troppo lontana si fecero sentire; la ragazza scivolò dal bordo del letto e cadde a terra mentre la sua mano destra rimaneva tesa verso la carcassa ancora in dormiveglia di Andy, dall'altro lato del letto. Imprecò sottovoce massaggiandosi le natiche e cercò di mettersi in ginocchio. << Muoviti, peso morto! >> Disse con tono minaccioso facendo capolino dal bordo del materasso e lanciando un'occhiataccia al ragazzo che si stava svegliando in quel momento.
<< Riley…? Che ci fai per terra? >> Andy sbatté le palpebre un paio di volte prima di rendersi conto della situazione. Quando vide il braccio della ragazza teso verso di sé capì quasi tutto. Gli scappò una risatina. << Questo sì che è un modo per cominciare bene la giornata! >>
Riley non si lasciò contagiare e rispose con durezza. << Smettila di prendermi per il culo! >> Fece forza con le braccia sul materasso e si mise in piedi; aveva anche la caviglia sinistra di cui preoccuparsi, dopo la fuga precipitosa del pomeriggio precedente. Si mise di nuovo a sedere sul bordo del letto facendo attenzione a non poggiare mai il piede a terra e mosse rapidamente la testa, indispettita.
Andy strisciò verso di lei e cercò di strapparle un sorriso. << Ce l'hai con me? >> Chiese poggiando il mento sul palmo della mano, piantata saldamente con il gomito nel materasso.
Riley fissò per alcuni secondi la finestra e lo scenario che si apriva oltre ad essa; palazzi grigi, strade poco trafficate… Si perse nel vuoto di quella vista e le sue pupille iniziarono a vagare nell'immaginazione della ragazza. Quando riacquistò il controllo della propria mente, Riley si girò verso Andy sorridendo e rispose con tono divertito. << No! >> E gli diede un colpetto con la mano sinistra sulla nuca. << E comunque il blu ti dona! >> Esclamò voltandosi. Il ragazzo cercò di capire cosa intendesse lei con quell'affermazione, poi si passò una mano tra i capelli e sospirò abbattuto, ricordando gli avvenimenti della sera precedente.
I due ragazzi si alzarono dopo aver passato qualche minuto a scherzare e godersi il silenzio e la comodità del letto; quando Riley fu in piedi aprì la finestra inspirando a fondo l'aria dell'esterno, e i rumori della strada invasero anche quella camera da letto. Sembrava che avesse piovuto nella notte, perché le strade e i marciapiedi erano ricoperti da una sottile patina di umidità, i passi della gente che camminava sollevavano piccoli schizzi, mentre le automobili lasciavano dietro di sé una scia di goccioline che dopo aver saltato in alto, tornavano a terra per riunirsi in un unico strato di acqua. Loro non si erano accorti di niente. Andy le si avvicinò per dare un’occhiata alla vista dalla finestra e sembrò quasi che tutti i loro problemi, in quei pochi secondi passati di fronte alla finestra, fossero spariti. La calma che trasmettevano quelle immagini era qualcosa che non si provava tutti i giorni, e Riley ne aveva proprio bisogno in quel momento…
Dopo che la ragazza ebbe rivolto un sorriso incoraggiante al ragazzo, i due si trasferirono nella cucina, dove cercarono di fare una colazione veloce senza fare troppo rumore; il buonumore però era particolarmente contagioso quella mattina e bastava un semplice gesto, un movimento delle mani o anche uno sguardo troppo vispo per scatenare la parte più infantile dei due ragazzi e fargli creare confusione. Finirono per buttare del latte per terra mentre cercavano di scaldarlo e dopo aver cercato di pulire il pavimento con poca attenzione decisero di ripiegare su una colazione con meno liquidi, composta da brioche e marmellata.
<< Che cazzo state facendo? >> Una Liz dall'aria sconvolta fece il suo ingresso nella stanza e gli lanciò occhiatacce cercando di nascondere il sonno. Li sorprese mentre sul tavolo avveniva una sorta di lite: Riley brandiva un cucchiaino tra le dita della mano sinistra e cercava di spalmare della marmellata sulla faccia di Andy, mentre il ragazzo utilizzava la catena delle manette per cercare di allontanarla da sé. Non appena ebbero capito di non essere più soli, i ragazzi tentarono di nascondere le prove della loro lotta e sorrisero alla ragazzina sulla soglia della porta; ancora una volta, Liz aveva il suo trucco sugli occhi, anche se molto sbavato.
<< Ciao, Liz! >> Salutò molto amabilmente Riley, decisamente innaturale alle orecchie sia di Andy che della ragazzina in piedi di fronte a loro. Le rivolse uno sguardo di sufficienza e andò a prepararsi una tazza di latte in un angolo della cucina; dopo che lo ebbe scaldato pochi minuti andò a sedersi al tavolo da pranzo, più lontano possibile da loro due.
Liz trattenne a stento una risata e nascose il proprio sorriso dietro la tazza. << Certo che siete proprio ridicoli… >>
Riley e Andy si guardarono confusi. << Di che parli? >> Chiese poi la ragazza inarcando un sopracciglio.
Liz poggiò la tazza di latte caldo sul tavolo e fissò il liquido agitarsi finché non si fu fermato; con sguardo sereno si rivolse alla amica. << E' ridicolo il fatto che tu ti sia fatta ammanettare a questo idiota… >> Disse facendosi comparire in viso un sorrisetto mirato a provocarla. << Ed è ridicolo il fatto che tutto ciò ti piaccia. >>
Riley sentì quasi come se fosse stata colpita in pieno viso da una mazza ferrata; ebbe una convulsione improvvisa mirata ad allontanare Andy da sé mentre raddrizzava la schiena il più possibile e guardava con occhi pieni di stupore la ragazza di fronte a sé. Liz, da parte sua, continuava a rivolgergli quello sguardo fastidioso e sicuro di sé; sembrava che volesse farle perdere la pazienza di proposito.
Riley sentì parte della colazione andarle di traverso e tossì con forza. << Ti sbagli…! >> Non riuscì a completare la lista di scuse, che Lizzie ne approfittò per prenderla ancora in giro.
<< Oh, è proprio come immaginavo… Sei già tutta rossa. >> Alzò un dito per indicarle la faccia e ridacchiò coprendosi le labbra con l'altra mano. Prese un'altra volta la tazza di latte e lo finì con un solo sorso. << Bé… Evidentemente non sei tanto "dura" come vuoi far credere… >>
Riley si toccò una guancia con la mano sinistra e cercò di identificarne la temperatura; era veramente arrossita? Quando alzò lo sguardo verso Liz, sembrò ancora più imbarazzata e innocente, senza contare che la sua sicurezza era ormai sparita del tutto…
Lizzie si alzò e sorrise ancora una volta a Andy e Riley, mentre i due la fissavano perplessi. Non si era mai permessa di sfidarla così, specialmente in presenza di qualcun altro. Liz era sempre stata insofferente alla presenza di Riley, desiderando segretamente di prendere il suo posto come "guida", ma a volte aveva anche dimostrato di poterla sopportare e stare dalla sua parte; adesso il motivo della sua particolare scontrosità non era chiaro a Riley, ma forse poteva solamente essere nervosa a causa del risveglio, oppure la causa di quelle occhiate così sfrontate era da ricercare nel fatto che Riley e Andy stessero facendo i propri comodi a causa sua, e forse la loro presenza era diventata scomoda…
<< E tu che hai fatto ai capelli? >> Chiese alzando l'indice verso Andy, che reagì in ritardo.
Il ragazzo si scompigliò i capelli con una mano e balbettò una risposta che Lizzie non si disturbò ad ascoltare.
<< Lascia perdere… >> Fece quella allontanandosi dal tavolo.
La ragazza dai capelli viola lasciò la stanza in silenzio e andò a chiudersi in bagno, mentre Andy tornava a concentrarsi sulla sua colazione e Riley abbassava lo sguardo pensierosa. Sicuramente si trattava di un atteggiamento strano da parte di Liz, come se sapesse qualcosa di cui loro erano all’oscuro, ma immaginò che si trattasse solo di un desiderio di una “rivincita” di Lizzie che, dato che quel giorno avrebbero dovuto lasciare casa sua, aveva deciso di togliersi qualche soddisfazione e rispondere a tono a Riley. Oppure no?
Le sembrava troppo strano che la ragazzina che aveva sempre tenuto un tono rispettoso nei suoi confronti – specialmente in presenza di altri – tutto a un tratto tirasse fuori questa aggressività. Che le avessero dato fastidio durante la notte, quando avevano combinato quel macello in bagno? E poi, era davvero così importante? Forse Riley si stava arrovellando troppo su qualcosa che non esisteva, e Liz si era comportata come sempre… Decise di non pensarci più e di finire la colazione con calma. Dopo di quello si sarebbero dovuti allontanare per l’ultima volta da quella casa, e Riley avrebbe fatto di tutto per convincere Andy a lasciarla andare.
Dopo la colazione, i due ragazzi attesero che Liz fosse pronta per potersi lavare a loro volta: ovviamente, Andy fu irremovibile anche in quella situazione, dicendo che non le avrebbe tolto le manette nemmeno per andare in bagno; diversamente dai giorni passati, quando il ragazzo le aveva accordato di sganciarle i polsi per un breve periodo per andare al bagno, specialmente fuori casa, questa volta Andy fu più autoritario e negò ogni possibilità a Riley di liberarsi per andare a lavarsi nel bagno di Liz. Ancora non si fidava di lei, oppure c’era un motivo in particolare per cui non voleva lasciarla proprio ora?
Quando Lizzie Maslow uscì dal bagno, piena di trucco in viso e con le sue immancabili lenti a contatto verdi sulle iridi, i due ragazzi si infilarono nella stanza senza nemmeno darle il tempo di fare domande.
Per il gabinetto fecero a turni, con Andy che cominciò a canticchiare per tutto il tempo, girato dall’altro lato per rispettare la privacy di Riley; la ragazza gli buttò addosso un accappatoio e gli disse di stare più lontano possibile mentre finiva, e poi fu il turno di lui. Il ragazzo continuò con la sua canzoncina mentre Riley fissava il suo sguardo sulla finestra opaca del bagno e attendeva in silenzio che Andy tirasse lo sciacquone.
<< Potevi anche togliermele le manette, per fare pipì… >> Commentò infastidita Riley, senza però lasciar trasparire il suo stato d’animo. << Non che sarei stata in grado di andare da qualche parte… >>
Andy le rivolse uno sguardo sofferente mentre entrambi si lavavano le mani sotto l’acqua corrente del lavandino. << Scusa, preferisco tenerti d’occhio per tutta la giornata. >> Sembrava sincero, ma perché tutto a un tratto era nata questa preoccupazione nei suoi confronti?
Riley alzò lo sguardo e provò a fare la sua mossa. << Non ti fidi ancora di me? >>
Quelle parole galleggiarono nell’aria per alcuni secondi, trasportate via dal rumore dell’acqua che scendeva rapida dal rubinetto e si infilava nelle tubature. Riley assunse un’espressione sconsolata da sotto la quale tenne d’occhio con attenzione la faccia di Andy, che si mostrò subito contrariato. Il ragazzo alzò lo sguardo cercando di rassicurarla e le mise le mani ancora insaponate sulle spalle.
<< Oh, no… No Riley, non è per quello! >> Disse scuotendo più volte la testa e guardandola dritta negli occhi. Sembrava sincero, e molto più sicuro di sé. << Mi hai già dimostrato di essere una persona buona, io mi fido di te. Ma quel giorno che abbiamo assistito all’incontro tra Duncan e Bad Dog, ricordo che decisero di incontrarsi quattro giorni dopo per saldare i conti… >>
Riley fu sorpresa che Andy ricordasse quel particolare, e soprattutto si sorprese del fatto che Andy avesse contato i giorni passati da allora. << Ieri sera Duncan stava girovagando per la città, distribuendo volantini con le nostre facce stampate sopra; se per qualche motivo non dovesse essere riuscito a racimolare i soldi da consegnare a quel furfante… Potrebbero prendersela di nuovo con te. >>
Andy era preoccupato? Si stava preoccupando per la sua sicurezza, tanto da non volerla lasciare sola nemmeno un attimo? Aveva pensato addirittura che qualcuno potesse entrare dalla finestra del bagno per fare del male a Riley? La ragazza non poteva dire di non essere lusingata da tanta premura, ma a suo parere si trattava di un timore eccessivo… In ogni caso, il modo in cui Andy si pose le impedì di ribattere in qualsiasi modo, spiazzandola; avrebbe potuto fare leva su ciò che aveva detto a proposito della sua fiducia in lei, ma lo sguardo che le rivolse il ragazzo dopo quella sua affermazione le trasmise qualcosa di insolito, un sentimento che Riley non pensava di poter vedere nei propri confronti negli occhi di qualcun altro: lui era sincero, si fidava di lei e non voleva che le accadesse niente di male. Questo bastò a togliere a Riley la volontà di cercare di raggirarlo.
I ragazzi continuarono a lavarsi in silenzio, entrambi osservando una sorta di regola ipoteticamente dettata dopo la loro discussione, ma in realtà era l'imbarazzo di Riley a costringerli entrambi al silenzio. Non pensava che qualcuno potesse preoccuparsi così di lei, e per questo erano riaffiorati anche i sensi di colpa per avergli mentito.
Ma Riley non poteva lasciare che la sua coscienza le impedisse di raggiungere il suo obiettivo: doveva scappare, e appena uscita dal bagno tornò ad essere amichevole con Andy.
<< Allora… >> Cominciò il ragazzo sedendosi poco prima di lei sul divanetto nel soggiorno. << Qual è il piano? >>
Riley si sedette accanto a Andy sorridendo e fece passare la mano destra sulle gambe per tenere le manette più vicine. Pensò che, dato che Andy aveva detto di fidarsi di lei, avrebbe potuto azzardare una proposta che il ragazzo, pochi giorni prima avrebbe reputato folle:<< Devo lasciare la città. >>
Andy sembrò scandalizzarsi a quella sua affermazione, ma riacquistò rapidamente il contegno e le rivolse solo uno sguardo incredulo. << Non c'è altro modo? >> Sembrava quasi dispiaciuto di doverla vedere partire.
Riley scosse la testa, mentre Liz faceva il suo ingresso nella stanza e si sedeva con pesantezza sulla poltrona accanto a loro. << A quest'ora i miei genitori saranno già arrivati in città, ormai non c'è modo per sfuggirgli… >>
Andy cercò di trovare un motivo per farle cambiare idea. << Ma… Non puoi spostarti con quella caviglia! Come farai a… >>
<< Lo so. >> Lo interruppe lei sperando che non dicesse qualcos'altro che potesse minare alla sua sicurezza. << Ma qui non sono più al sicuro, Andy: mi sono cacciata in così tanti guai, che sembra essere diventata una gara a chi mi trovi per primo, ormai. >>
Andy le rivolse uno sguardo sconsolato, mentre lei ricambiava con occhi seri e preoccupanti.
<< Tra la polizia che mi dà la caccia, Duncan in giro per la città, i miei genitori più vicini che mai e quell'idiota di Bad Dog pronto a tutto per riavere i suoi soldi… Non posso più restare qui. >> Scosse piano la testa, sperando che Andy crollasse di fronte alla sua espressione dispiaciuta. Il ragazzo però rimase a fissarla dritto negli occhi, deciso. Fu lei ad abbassare lo sguardo, fingendo una piccola risata.
<< Che gran casino… >> Lizzie se ne stava con le gambe accavallate, un braccio alzato sul bracciolo della poltrona e l'altro ben disteso su quello opposto; i suoi occhi mascherati fissavano Riley quasi sfidandola, ma la ragazza ignorò quel presentimento.
<< Hai qualcosa da dire? >> Chiese Riley seccata, pensando che volesse solo fare commenti irrilevanti.
Liz piegò un angolo della bocca in un sorrisetto superiore e inspirò prima di parlare. C'era qualcosa di strano in lei, quella mattina… << Sto solo dicendo che ti sei cacciata davvero in un grosso guaio, Riley. >>
Riley abbassò lo sguardo abbattuta e annuì. Nessuno si aspettava quella reazione. << Sì, lo so… >> Ammise la sua colpa senza girarci troppo attorno. Era sua la colpa, se era finita dietro le sbarre e si era fatta riconoscere, era colpa sua se Duncan la stava cercando; ma non era certo stata colpa sua se la banda di Bad Dog la stava cercando a sua volta per tutta la città. << In ogni caso non possiamo perdere tempo! >>
La ragazza si alzò con occhi decisi in volto e si girò verso Andy. << Non mi fa più nemmeno male il piede… Vedi? >> Allargò le braccia e alzò la caviglia ferita per mostrarla, mentre manteneva l'equilibrio con la gamba rimanente.
Andy non sembrò molto convinto dell'affermazione della ragazza e le rivolse uno sguardo di disappunto, ma Riley volle ignorare la faccia del ragazzo questa volta e si girò verso Lizzie, che la guardava annoiata. << Liz, grazie ancora per averci aiutato. >> Cominciò con un piccolo cenno della testa; il suo tono rilassato e il suo sguardo sincero sorpresero sia Andy che Lizzie, e la ragazza seduta sulla poltrona sembrò non aspettarsi niente di quello. << Ho apprezzato molto il fatto che tu non abbia chiesto niente più del dovuto riguardo a questa storia, e mi dispiace se ti ho fatta esasperare… >> Sorrise dolcemente, come se sapesse che quella fosse l'ultima volta che avrebbero potuto parlarsi. Quello era un addio, lo sapevano entrambe, e nonostante ci fosse una certa rivalità tra loro, a Riley dispiaceva lasciare Liz e le sue amiche. << Continua per la tua strada, e forse un giorno diventerai come me! >>
Riley fece l'occhiolino alla ragazza più piccola di lei e mostrò un leggero ghigno di scherno, intento a suscitare almeno un sorriso in quella ragazza cupa. Lizzie la guardò perplessa dalla sua poltrona e abbassò lo sguardo mettendosi una mano davanti alla bocca. << Non c'è di che. >> Rispose senza un tono e volgendo lo sguardo da un'altra parte.
Il ghigno di Riley sparì nello stesso istante in cui Lizzie ebbe risposto, e la ragazza piegò leggermente la schiena in avanti, alzando la mano libera dalle catene, per salutarla. << Stammi bene, sorella… E salutami Abbie ed Alex. >>
Lizzie volse di nuovo lo sguardo di fronte a sé. Riley stava aspettando che le battesse il cinque, sperava che lo facesse. Ma lo sguardo fisso della ragazza si congelò di fronte a sé, in un punto imprecisato della stanza, come se Riley di fronte a lei fosse trasparente, e non arrivò alcun segno di vita da lei per parecchio tempo. Solo un borbottio venne fuori dalla bocca della ragazzina, dopo alcuni secondi di silenzio:<< Non ringraziarmi. >> Disse. Poi un altro messaggio accompagnato da uno sguardo quasi inespressivo. << Muovetevi a portare il culo fuori da qui, se non volete farvi beccare! >> E con un movimento brusco della mano disse a Riley di andare via. La ragazza ci rimane quasi male per come reagì lei, ma pensò che forse dispiacesse un po' anche a Liz vederla andare via, e che preferisse non fare scenate. Sempre dura di testa, fino alla fine…
<< Allora non penso che ci sia altro da dire… >> Mormorò Riley sospirando e stiracchiandosi un po'. Fece alzare Andy con uno strattone delle manette e cominciò a dirigersi verso la porta. << Grazie di tutto, Liz! >> E senza nemmeno aspettare una risposta dalla ragazzina – che non arrivò comunque – lei e il ragazzo raggiunsero l'uscita.
Riley aprì la porta con decisione e si preparò a scendere le scale che portavano al piano terra, da dove poi sarebbe uscita alla ricerca della libertà; il pensiero di dover fare quelle scale la appesantiva, ma Riley pensò che con l'aiuto di Andy non sarebbe stato per niente difficile e che avrebbe dovuto fingere almeno per un altro po' di potersela cavare perfettamente anche da sola. Quando però Andy le offrì appoggio per scendere le scale senza che lei gli dicesse niente, la ragazza si fece prendere un po' dallo sconforto e accettò con riluttanza l'aiuto.
<< Sei troppo gentile, ragazzo… >> Mormorò mentre scendevano piano le scale. Andy guardava dritto di fronte a sé con un largo sorriso stampato in volto. Rispose con un piccolo verso per farle intendere di averla sentita, ma non disse nulla. << E non c'è neanche bisogno di tutto questo! >> Non appena ebbero finito di scendere le scale, Riley si divincolò dalla presa di Andy e gli diede un buffetto sulla spalla con la mano sinistra. Sorrise lanciandogli uno sguardo di sfida e si infilò una mano nella tasca interna del giubbotto. << Tieni. >> Gli piazzò sul viso un paio di occhiali da sole, e Andy non vide nulla per un attimo.
<< Ma che…? Questi dove li hai presi? >> Chiese stupito, pensando di aver tenuto d'occhio abbastanza bene la ragazza ammanettata a lui; evidentemente non l'aveva sorvegliata a sufficienza.
Riley ridacchiò guardando la buffa immagine di quel ragazzo dai capelli biondi e azzurri, con indosso quel paio i occhiali da sole che pendeva da un lato del viso dove non si era attaccato bene. << Li ho presi in prestito da Lizzie! >> Esclamò con tono ovvio per rassicurarlo. << Tienili tu, così avrai una scusa per parlare di nuovo con lei, quando me ne sarò andata… >>
Il ragazzo prese in mano gli occhiali e fissò i vetri con indifferenza per alcuni secondi. << Adesso sarò proprio invisibile… >> Mormorò tornando ad indossarli.
<< Dobbiamo trovare il modo per lasciare la città senza dare nell'occhio. >> Cominciò Riley dopo aver chiuso il portone dietro le proprie spalle, guardando con occhi minacciosi la strada. Le automobili passavano rapide sull'asfalto ancora umido e i pochi passanti che giravano a piedi quella mattina si coprivano bene e davano poca importanza a loro due. Si tirò su il cappuccio della felpa, in modo da nascondere il proprio viso.
Riley non prevedeva di lasciare la città assieme a Andy, ma volle mettergli un po' di pressione con tutte quelle frasi che parlavano di andarsene da lì… La sua intenzione era quella di indurlo a liberarla, così da potersene andare da sola, ma il ragazzo sembrò preoccuparsi di un'altra cosa:<< Vuoi davvero lasciare la città, quindi? >> Ancora una volta, Andy provava a convincere Riley che forse fuggire non era la cosa giusta da fare.
<< Te l'ho detto: non posso più stare qui. L'unico modo per continuare a vivere una vita libera è quello di tagliare i ponti con il passato… >> Spiegò rapidamente Riley con in viso un'espressione quasi dispiaciuta. Sperava che Andy comprendesse, ma il ragazzo le fece un'altra domanda.
<< E se, dopo tutto questo tempo, i tuoi genitori avessero cambiato idea? >> Quella domanda fece gelare il sangue nelle vene a Riley, che si fermò di colpo lì dove si trovava e si girò molto lentamente verso il ragazzo ammanettato a lei.
Con un'espressione che lasciava intendere di non voler scherzare, Riley chiese:<< Riguardo a cosa? >>
Andy sembrò in difficoltà; non sapeva come spiegarsi bene. << I tuoi genitori potrebbero essere cambiati dopo tutto questo tempo… E se ora volessero solo rivederti? >>
In una situazione del genere, quello avrebbe potuto essere vero; i genitori di Riley avrebbero potuto anche ravvedersi e desiderare solo il ritorno a casa della figlia… Ovviamente, questo si sarebbe potuto verificare se i genitori di Riley fossero stati veramente come li aveva descritti a Andy. Ma i suoi genitori non erano realmente così, loro volevano davvero che tornasse a casa con loro, non volevano farle del male come aveva detto lei, ma proprio per questo Riley non voleva tornare: non voleva tornare in una gabbia.
Alla domanda di Andy, Riley non poté fare altro che abbassare lo sguardo pensierosa. Rimase in silenzio per alcuni lunghi istanti, poi decise di rispondere con decisione per ricordargli chi fosse a comandare lì:<< Io lo so come sono i miei genitori, e so che non cambieranno mai! >>
Dopo di ciò, Riley cominciò a tirare Andy per le catene lungo la strada.

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Capitolo 37
*** Sensi di colpa ***


Riley camminava davanti zoppicando sul marciapiedi. I ragazzi avevano evitato ogni strada principale per evitare di farsi riconoscere. Andy aveva tenuto d’occhio Riley e i dintorni per tutto il tempo, cercando di capire se qualcuno li stesse seguendo oppure potessero andare avanti con calma. Nessuno dei due aveva una minima idea di dove fosse meglio andare. Andy però non sapeva dell’incertezza della ragazza, e per questo le chiese altre informazioni sulla sua destinazione.
<< Vuoi sapere dove voglio andare? >> Chiese lei senza voltarsi a guardarlo. << Così potresti dirlo a tuo zio per farmi trovare di nuovo? >> Ghignò prendendo in giro Andy alle sue spalle. Il ragazzo sembrò offendersi per quella affermazione, ma non capì che si trattava solo di uno scherzo, uno stratagemma per prendere tempo.
<< Non è vero! Lo sai che non lo farei mai! >> Protestò lui accostandosi a lei e cercando di incrociare il suo sguardo. La ragazza sbuffò e gli diede una pacca sulla testa.
<< Lo so Andy. >> Sorrise mentre il sole le illuminava il viso dopo essere uscita dall’ombra di un palazzo. Si fermò sulla soglia di un vicolo da cui stavano uscendo e disse:<< Ho capito che tipo sei, ormai. >>
Andy abbassò lo sguardo confuso. << Ah, sì…? E come sono? >>
La domanda del ragazzo colse alla sprovvista Riley. Non perché non sapesse come rispondere, ma perché non si era mai aspettata di dover descrivere l’idea che aveva di lui nella sua mente. Non era sicura di volerglielo dire comunque, per qualche motivo… << Sei onesto. >> Si limitò a rispondere dopo un attimo di incertezza. Ma quel semplice aggettivo non sarebbe bastato a soddisfare la curiosità di Andy, e Riley lo sapeva bene. << Ma non semplicemente onesto… La tua è un’onestà disarmante, sei talmente ligio alle regole da farmi venire il latte alle ginocchia… >> E detto questo fece un gesto come per intendere quanto fosse pesante quella sua caratteristica, aggiungendo al tutto un’espressione annoiata. << Ma sei anche capace di andare contro la tua morale, pur di essere onesto con qualcuno… Me lo hai dimostrato colpendo quell’agente per salvarmi. >>
Andy provava ancora vergogna per aver eseguito un'azione tanto codarda nei confronti di un agente di polizia; sapeva che avrebbe potuto passare dei guai per quello, anzi ne era sicuro, ma in quel momento l'unica cosa a cui aveva pensato era stato aiutare Riley. Questo perché era uno dei pochi a conoscere la verità sulla storia di Riley, l'unico con cui lei si era aperta con sincerità; se avesse semplicemente lasciato che la prendessero, lei non glielo avrebbe mai perdonato, e sarebbe tornata a vivere quell'incubo che a stento era riuscita a raccontargli… << Sì… Credo di aver afferrato il punto. >> Mormorò massaggiandosi il collo con imbarazzo.
Riley piegò un angolo delle labbra in un piccolo sorriso e cercò la sua mano per tenergliela per qualche secondo. << Sei una persona buona, Andy. Non importa a cosa tu vada incontro, sarai sempre disposto ad aiutare gli altri. >> Lasciò andare la presa sulla mano del ragazzo, che stava cominciando a sentire sempre più familiare quella situazione, e incrociò le braccia pensierosa. << Ancora non capisco cosa ti spinga a farlo… >>
Andy alzò lo sguardo sorridendo rincuorato, pensando che tutte quelle belle parole stessero uscendo direttamente dal cuore di Riley. << Nel tuo caso, è perché ho valutato attentamente la situazione… Molti avrebbero detto che eri irrecuperabile e che avrei fatto meglio a lasciarti in quella cella. >> Alzò il polso ammanettato e lo indicò con l'indice della mano libera. << Ma io ho voluto scommettere! Forse è anche merito di queste cose, però tu sei effettivamente cambiata… >>
Riley lo guardò incredula. Lei era cambiata? Era ovvio che Andy non sapesse cosa stesse dicendo, e che non la conoscesse abbastanza da poter affermare una cosa del genere; le sarebbe venuto da ridere a sentire quelle parole così ingenue, ma invece scosse la testa con serietà e distolse lo sguardo. << Non direi… >> Mormorò disfattista, recitando perfettamente la sua parte. Andy inarcò un sopracciglio quando lei cominciò a spiegare. << Credo che se fossi veramente cambiata, non avrei continuato a portarti in giro a violare proprietà private e non, pestare poliziotti e saltare giù dai tetti dei palazzi… >>
<< Sì, ma non hai più rubato! >> Le parole di Andy arrivarono inaspettate, quasi come se Riley non avesse messo in conto quella risposta. Si voltò rapidamente a guardarlo con occhi stupiti e capì che quel ragazzino era serio: il suo sorriso sincero, il tono solare… Credeva veramente in ciò che diceva, e da come continuava a parlarne sembrava che volesse convincere anche Riley di quello. << L'ultima volta che hai rubato è stato quando sei stata beccata, e dopo che ti ho tirata fuori dalla prigione non lo hai più fatto. >>
La ragazza distolse lo sguardo e lo rivolse a terra, sorridendo leggermente. << Immagino che sia vero… >> Sussurrò compiaciuta dell'insistenza di Andy. Era adorabile mentre cercava di far valere le sue idee, ma le faceva anche un po' pena…
Andy sorrise allentando la tensione che era venuta a crearsi sulle sue spalle mentre spiegava il suo punto di vista. << Un piccolo traguardo… >> Mormorò positivo osservando con aria sognante il viso della ragazza.
Riley piegò un angolo della bocca per mostrare una sorta di sorrisetto compiaciuto. Incrociò le braccia gonfiando il petto. << E quindi? Il fatto che non mi hai vista più rubare è una prova della mia bontà? >>
Andy rise alla domanda della ragazza; forse si aspettava qualcosa del genere, perché fino a quel momento Riley non aveva fatto altro che negare di essere cambiata. << No… Non esattamente. >> Disse alzando lo sguardo e cercando di superare quella parete che creavano i suoi occhi duri, così da poter andare oltre. << C'è qualcos'altro; sì, qualcosa che ti ha spinta a non commettere più crimini! >>
Riley sbuffò fingendo un'espressione di scherno mentre voltava lo sguardo da una parte fuori dal suo campo visivo. << Magari un babbeo con un paio di manette per le mani… >> Commentò divertita mentre Andy reagiva con un sorriso alla sua battuta.
<< Se fossi stato io a fare tutto questo, ne sarei lusingato. >> Disse avvicinandosi ancora un po'. << Ma credo che in realtà, a volere questo cambiamento sia stata proprio tu! >>
Riley non credeva alle sue orecchie. Aveva veramente detto quella cosa, o stava ancora dormendo nel letto dei genitori di Lizzie? Sbatté le palpebre un paio di volte con rapidità, incredula. << Tu… Avresti detto…? >>
Andy annuì mentre ripeteva la sua affermazione. << Penso che tu abbia fatto tutto da sola. >>
La ragazza rimase a bocca aperta, mentre il ragazzo la guardava con un sorriso vincente; sembrava essere riuscito a sorprenderla veramente. Il fatto era che Riley non si sarebbe mai aspettata di sentire delle parole simili uscire dalla bocca di qualcuno onesto. E lei non era certamente una persona "onesta". Si schiarì la voce e cercò di chiarire il discorso:<< Cioè… Fammi capire: tu credi che io non abbia più rubato perché sono stata io a deciderlo? >>
Andy annuì convinto, e aggiunse:<< E' chiaro che tu voglia fare qualche cambiamento nella tua vita. >>
Riley rimase a fissare Andy ancora per qualche secondo, le labbra leggermente divise in un'espressione perplessa. Quando però il suono tornò a venir fuori dalla sua gola, non si trattò della reazione prevista del ragazzo.
Riley si mise una mano sulla bocca e cominciò a ridere come se avesse appena sentito una battuta esilarante. La sua espressione quasi sofferente mostrava quanto le risate le stessero facendo mancare il respiro, e il colorito del viso era ormai paonazzo. Forse quella risata era un po' troppo forzata, e questo pensiero dovette attraversare per forza la mente del ragazzo, ma nonostante ciò lei non smise di ridere finché non ebbe trovato una buona risposta. << Se avessi voluto cambiare la mia vita, credi che sarei scappata ancora? >> Chiese mettendosi una mano sul fianco con sguardo di sfida.
Andy rimase a fissare Riley con perplessità, non riuscendo a capire cosa volesse dire.
La ragazza sbuffò infastidita. << I miei genitori sono venuti a cercarmi. Ti ho raccontato del mio passato e di quello che ho dovuto sopportare per tutto questo tempo… Non ho intenzione di voltare pagina proprio quando potrei migliorare la mia vita! >> Diede uno strattone con il braccio ammanettato proprio per far sentire di più a Andy quel gesto.
Il ragazzo sospirò abbattuto e la fissò con occhi pieni di delusione. << Quindi non hai imparato proprio niente? >> Mormorò con il tono di chi sentiva di aver fallito. Riley lasciò cadere nel vuoto la mano destra e alzò la sinistra per grattare con l'indice un angolo della bocca.
<< Non è detto. >> Rispose distogliendo lo sguardo, esaminando i dintorni con poco interesse. << Ho imparato che se conduci una vita sregolata, alla fine ti ritrovi nei guai! >> E detto questo fece un cenno al ragazzo, dicendogli di seguirla. Ripresero a camminare lungo il marciapiedi, mentre Andy la seguiva appena un passo indietro. << Rubare e fare la delinquente in giro non porta da nessuna parte… Quando sarò lontana da qui, vedrò di trovarmi un lavoro onesto e una casa tutta mia per evitare spiacevoli compagnie e influenze… Deleterie. >> Rivolse un sorrisetto ad Andy accanto a lei e il ragazzo reagì con un sorriso speranzoso. Forse era davvero riuscito a cambiare quella ragazza.
Dici sul serio? Fece una voce contrariata nella testa di Riley.
Dobbiamo ancora decidere… Fu la risposta di un'altra voce, che sembrava però abbastanza convinta di ciò che diceva.
Il ragazzo accelerò il passo per arrivare accanto a Riley. << Sono felice di aver contribuito a ciò, in qualche modo… >>
La ragazza mostrò un mezzo sorriso divertito senza voltarsi. << Ora non darti delle arie! >> Rispose scherzosa. Dopo di quello cominciò a camminare in modo più spedito, lasciando indietro Andy, che però adeguò la sua andatura immediatamente; Riley non riusciva ad essere molto veloce, pur provandoci.
<< E ora dove andiamo? >> Le aveva già fatto quella domanda, ma Riley non gli aveva risposto. La ragazza aveva capito che Andy non le avrebbe voltato le spalle proprio in quel momento, eppure mancava ancora qualcosa per farla liberare.
<< Troviamo un modo per andarcene dalla città. >> Rispose con tono deciso, provocando qualche perplessità in Andy. Forse il ragazzo pensò che Riley stesse parlando anche di lui quando menzionò il lasciare la città, e quando ci pensò la ragazza capì che la sua tattica per condizionare Andy stava funzionando.
<< Dove? >> Chiese ancora una volta Andy, facendo leva sul fatto di non aver ricevuto una vera e propria risposta alla sua domanda.
Riley sbuffò infastidita dalle continue domande di Andy, così rispose:<< Che ne dici della stazione, per ora? >> E voltando leggermente la testa riuscì a cogliere per un attimo l'espressione soddisfatta del ragazzo. << Anche se ci siamo già andati l'altro giorno, potremmo trovare qualche sorpresa. >>
Andy alzò lo sguardo e si passò una mano tra i capelli; non si era ancora abituato alla sensazione di avere i capelli colorati in modo diverso. << Ti seguo… >> Disse con accondiscendenza, tornando a concentrarsi sulla strada.
Le strade erano molto più trafficate delle giornate precedenti. C'era una grande confusione, le pattuglie giravano dappertutto e Riley riusciva a sentire che nell'aria c'era qualcosa di diverso anche solamente inalando i gas discarico delle automobili. Sembrava che tutti ormai sapessero della sua fuga, nessuno in città era all'oscuro degli eventi di tre anni addietro, chiunque avrebbe potuto riconoscerla; per questo Riley si assicurò di nascondere bene il proprio viso sotto al cappuccio della felpa e coprire i suoi capelli per non farsi tradire. Avrebbe potuto fare di più per nascondersi; avrebbe potuto tingersi i capelli di un altro colore come aveva fatto fare ad Andy, avrebbe potuto mettersi dei vestiti diversi da quelli che aveva indosso quando era stata catturata l'ultima volta, avrebbe potuto anche semplicemente prendere quegli occhiali da sole e metterseli sul naso, invece che lasciarli al ragazzo… Ma per qualche motivo non lo aveva fatto.
Non aveva voluto tingersi i capelli perché non le piaceva cambiare qualcosa del suo aspetto in modo tanto drastico! Le erano sempre piaciuti i suoi capelli, il loro colore, la loro forma… E una volta aveva anche provato a colorarli di verde, per emulare Duncan, ma non sapendo come fare aveva finito per combinare un disastro e al suo ritorno, il ragazzo che si era occupato di lei in quei tre anni, si era ritrovato davanti la scena di una piccola Riley con la testa rasata a zero, zitta come una tomba che cercava di nascondersi il più possibile. Aveva anche una foto di quel giorno memorabile, gliel'aveva scattata a tradimento Duncan, ma nessuno l'avrebbe mai vista…
Non aveva cercato degli abiti nuovi perché non ne aveva avuto la possibilità: stando a casa di Lizzie, senza denaro per poter comprare qualche abito nuovo e non potendoli rubare a causa della stretta sorveglianza di Andy, l'unica opzione sarebbe stata quella di prendere in prestito qualche vestito della sua amica, ma essendo Liz molto più magra e piccola di lei non avrebbe mai potuto funzionare…
Gli occhiali, tuttavia, erano sempre a portata di mano. Andy era ammanettato a lei, in qualunque momento avrebbe potuto allungare la mano e riprenderseli, ma per qualche motivo non lo voleva fare… E perché poi? Il ragazzo era al sicuro anche senza quel travestimento, sarebbe stato più difficile che un passante lo riconoscesse come avrebbe fatto con lei, e quei capelli biondi con le punte blu gli davano tutta un'altra aria; gli occhiali erano solo un accessorio superfluo, sarebbero serviti di più a lei… Eppure, per qualche motivo, Riley si rifiutava di dare ascolto alle voci nella sua testa che continuavano a tartassarla e a urlarle di riprendersi gli occhiali. Voleva che li tenesse lui? Preferiva prendersi un rischio in più, piuttosto che mettere ulteriormente nei guai quel ragazzo? Oppure la sua era solo un'altra gentilezza mirata a farsi liberare? Lo stava facendo veramente per lui? Mentre questi dubbi cominciavano ad attraversare la mente di Riley, la sua espressione variava in continuazione: fu una fortuna che Andy non fosse attento alla sua faccia, perché sarebbe stato terribilmente imbarazzante dover spiegare il motivo di tanta confusione.
Con un rapido movimento della testa, Riley scacciò quei pensieri: doveva concentrarsi! La polizia era ovunque in città, lei si nascondeva come un topo nelle fogne e non poteva permettere che un pensiero troppo assorto la facesse scoprire perché era stata disattenta. E infatti, quando ebbe ripreso il controllo della propria testa, Riley si rese conto di essere arrivata già alla stazione ferroviaria della città. Non se n'era neanche resa conto, aveva solo camminato seguendo le stesse strade che usava per spostarsi quando era da sola; era come se avesse inserito il pilota automatico e si fosse lasciata trasportare fino alla destinazione. Che stupida!
<< Ci siamo. >> Sussurrò sporgendosi dal vicolo in cui si erano fermati, fingendo di avere tutto sotto controllo. Non aveva guardato in giro per le strade, non si era assicurata che la zona fosse sicura, aveva solo camminato per arrivare lì. Diede un colpetto sul fianco di Andy con la mano libera e gli disse:<< Guarda là. >>
Andy si sporse per vedere meglio dalla sua postazione e cercò di capire cosa volesse fargli notare la ragazza. C'erano due volanti della polizia parcheggiate proprio di fronte all'entrata della stazione, accanto alle quali se ne stava parcheggiato con precisione un furgone, anch'esso della polizia. Alla porta della stazione c'erano due agenti che controllavano tutti quelli che entravano, mentre altri sbirri dovevano essersi posizionati all'interno della stazione, per assicurarsi che Riley non potesse farla franca anche dopo aver eluso la sorveglianza esterna. La cosa che le fece storcere il naso fu la vista dei numerosi uomini in incognito, agenti in borghese, sparsi lungo tutto il marciapiedi adiacente alla stazione; doveva essere davvero eccitante per quei vecchi sbirri di provincia, prendere parte a un'operazione tanto speciale. Le fece ribrezzo il modo in cui tentavano inutilmente di atteggiarsi ad agenti segreti, mentre avrebbe potuto smascherarli uno ad uno senza scoprirsi.
<< Niente da fare? >> Chiese il ragazzo tornando al sicuro nel vicolo. Riley si abbassò fino a sedersi a terra e scosse la testa.
<< Merda! >> Imprecò sottovoce, facendo perdere lo sguardo nella parete davanti a sé. << Ora l'unica strada possibile è attraverso la corriera degli autobus… >> E detto questo si mise una mano alla fronte, coprendosi gli occhi.
<< E sicuramente anche lì ci saranno dei controlli… >> Continuò la frase della ragazza Andy, dopo che questa ebbe poggiato la nuca al muro.
<< E non solo. >> Aggiunse lei tornando a guardare Andy negli occhi. << Avranno allestito dei posti di blocco, fuori città, per prevenire che potessimo andarcene anche solo con le nostre risorse… >>
Andy sentì un brivido quando Riley parlò nuovamente al plurale, menzionando il lasciare la città. << Insomma… Siamo bloccati! >>
Riley abbassò di nuovo lo sguardo e si mise a fissare il palmo della propria mano schiacciata sulla sua fronte. Imprecò sottovoce mentre valutava tutte le sue opzioni. Andy intanto se ne stava in piedi di fronte a lei, a guardarsi intorno: la mano sinistra poggiata al fianco tirava delicatamente la destra di Riley, che così rimaneva sollevata anche quando la ragazza non metteva forza nel braccio, mentre le gambe leggermente divaricate erano fermamente posizionate sul posto, con le scarpe del ragazzo che facevano capolino su una sottile pozzanghera. Riley sapeva che doveva fare qualcosa, altrimenti Andy avrebbe anche potuto cambiare idea riguardo alla sua fuga e portarla alla polizia. Ma Andy non avrebbe mai fatto una cosa del genere, o sì? In ogni caso, bisognava andarsene da lì.
<< E ora che facciamo…? >> Borbottò Andy continuando a guardarsi intorno, osservando le due uscite del vicolo in cui erano rintanati, per assicurarsi di non venire chiusi da qualcuno che si fosse accorto di loro. La sua domanda retorica era in realtà un espediente per far leva su Riley e chiederle cosa volesse fare a quel punto, ma la ragazza stava già per rispondere a quella sua domanda.
<< Andiamo via di qui, per prima cosa. >> Disse tenendo la mano a Andy per farsi aiutare ad alzarsi. Il ragazzo le fornì appoggio per tirarsi su e la guardò interrogativo.
<< E poi? >> Fece in attesa della risposta.
Riley mostrò uno sguardo inaridito, stanco, che nascondeva una profonda rabbia verso qualcuno che non era presente. Le parole che pronunciò furono taglienti come una lama, e Andy stesso si sentì accusato per qualche motivo, mentre dei brividi gli attraversavano la spina dorsale:<< E poi me ne andrò a casa per l’ultima volta. >>
Dopo quell’affermazione, Riley rimase in silenzio per molto tempo. Fece semplicemente dietrofront e cominciò a camminare tirandosi dietro Andy che non aveva idea di dove andare. Quando furono fuori dal vicolo, la ragazza riprese a comportarsi in modo molto sospettoso come sempre, e cominciò a nascondersi, camminare in mezzo a gruppi di persone per non farsi notare e a tenere d’occhio la strada e le pattuglie della polizia che circolavano in numerose per tutta la città. Spesso e volentieri, la ragazza portava Andy in un vicolo per cambiare strada, in modo da non restare nella stessa via per troppo a lungo, con le stesse persone che avrebbero potuto riconoscerli da un momento all’altro. A volte rimanevano vicini per non far notare le manette, altre volte invece si dividevano tra la folla per non farsi vedere sempre assieme; quando cambiavano strada, Riley prendeva fermamente da una mano il ragazzo e lo guidava per i vicoli come una sorella maggiore, in viso sempre la stessa espressione dura che aveva mostrato da quando si era messa a camminare. Essendo infortunata, a Riley pesò molto quello spostamento che le affaticava sempre di più la caviglia, ma rimase concentrata senza mai dimenticare la sua situazione e il suo compito: non poteva perdere la concentrazione come prima e lasciare che fosse la memoria a guidarla lungo la strada. Il suo obiettivo era tornare a casa, e a casa sarebbe tornata!
Che poi, perché? Aveva evitato anche solo di avvicinarsi al suo isolato per tutto quel tempo, per paura che qualcuno potesse riconoscerla e chiamare la polizia; doveva trattarsi del posto più sorvegliato dell’intera città, essendo l’unico posto dove Riley avrebbe potuto provare a cercare riparo, con Duncan a fare il cane da guardia per tutto il giorno e molto probabilmente gli scagnozzi di Bad Dog alla sua ricerca. Che cos’era a spingerla così tanto a tornare a casa, tanto da rischiare la vita e la copertura pur di arrivarci? C’era forse qualcosa che voleva fare prima di partire? Era la nostalgia che la muoveva? Forse dopo tre anni passati in quella casa con Duncan, avrebbe voluto rivederla ancora una volta prima di lasciare tutto per sempre… Oppure c’era qualcos’altro che la faceva andare avanti, diretta a casa sua? Qualcosa che non si poteva notare e che nessuno poteva indovinare, neanche lei stessa che avrebbe dovuto avere il pieno controllo sulla sua mente…
Un suono di qualcosa di scivoloso, un’ombra che coprì la visuale periferica di Riley per un attimo, distolse la sua attenzione dai suoi pensieri confusi e divergenti. In fondo al vicolo da cui lei e Andy stavano per andarsene, una figura alta e sinistra aveva appena calpestato con pesantezza una pozzanghera il cui rumore aveva raggiunto le orecchie dei due ragazzi. Non poteva essere un caso, quella sensazione l’aveva avuta sin dall’inizio: quella persona li stava seguendo, e il modo in cui cercò di fingere di non essere interessato a loro e continuare ad avanzare nel vicolo rese il tutto ancora più ovvio.
<< Ce la fai a correre? >> Sussurrò Riley, pietrificata dalla paura. Sentì il cuore accelerare e i respiri farsi più frequenti, mentre la temperatura del suo corpo cominciava a salire e qualche gocciolina di sudore nasceva dall’attaccatura dei capelli sopra la fronte.
<< Eh? >> Andy non capì la domanda e si avvicinò per sentire meglio. Lui non si era accorto di niente; passò di fronte a Riley per guardarla in faccia e solo quando fu rivolto verso l’altro lato riuscì a scorgere la figura dell’uomo che si avvicinava dall’altra parte del vicolo. Non appena lo vide, il viso di Andy cambiò espressione radicalmente e i muscoli della faccia e del collo si tirarono in modo inverosimile.
Con uno scatto inaspettato, Andy si voltò e diede uno strattone alle manette mentre Riley perdeva l’equilibrio sul posto e cadeva a peso morto verso il pavimento. Non si accorse di nulla finché non fu tutto passato: mentre il suo corpo cadeva inerte a terra, Andy si voltava nuovamente verso di lei e la afferrava con forza sollevandola in aria; dopo di quello, il ragazzo prese a correre in direzione opposta all’uomo misterioso per sfuggirgli, e di conseguenza il loro inseguitore prese a corrergli dietro.
Non appena Riley ebbe capito cosa stesse succedendo, spalancò gli occhi come se si fosse appena svegliata di soprassalto e urlò:<< GIRA A DESTRA!!! >> La luce dell’uscita del vicolo la spaventò quasi come se si trattasse di un pericolo, per questo le venne spontaneo dare quell’indicazione a Andy, con cui sarebbero rimasti nell’ombra di un palazzo anche all’uscita dal vicolo.
Sul marciapiedi c’erano meno persone di prima, e tutti quanti si fecero da parte quando si videro uscire da un vicolo due ragazzi sui quattordici anni che correvano a perdifiato, lei incappucciata e immobile tra le braccia di lui, un tipo con dei capelli strani e un paio di occhiali da sole che gli saltavano sul viso a ogni passo, visibilmente spaventati da qualcosa. E un attimo dopo uscì anche quel qualcosa che li spaventata così tanto: un uomo giovane
incappucciato con la barba scura e rada che correva a sua volta e gli rivolgeva occhiate furiose. Non sembrava si trattasse di persone molto raccomandabili, eppure molti in quella strada sarebbero stati curiosi di conoscere la loro storia.
<< FERMI!!! >> Urlò quello quando vide Andy svoltare per infilarsi in altra viuzza stretta e poco trafficata. La gente si faceva da parte per lasciar passare i ragazzi e successivamente il loro inseguitore, ma a volte finivano involontariamente per intralciare la corsa di Andy o dell'uomo misterioso. Fu così che quest'ultimo ebbe difficoltà a seguire Andy e Riley nel vicolo appena preso: due ragazzine si spaventarono quando si videro quell'uomo alto e inquietante venir loro incontro a grande velocità e lanciarono degli urletti acuti che attirarono l'attenzione degli altri passanti; i ragazzo che stava inseguendo Andy e Riley dovette rallentare e scansarsi per non investirle e perse del tempo prezioso nel suo inseguimento. Tempo che Riley fu ben felice di guadagnare.
<< Adesso vai a sinistra: c'è un nascondiglio non lontano da qui che ci può essere comodo. >> Ordinò la ragazza, che si stava divertendo parecchio a dare ordini mentre Andy la portava in braccio.
Il ragazzo si infilò in un altro vicoletto ancora più stretto che collegava due viuzze parallele e aspettò altri ordini da Riley. Quando la ragazza urlò:<< Destra! >>Andy eseguì l'ordine e si gettò di nuovo in un altro vicolo. Attraversando il vicolo, Riley adocchiò un grosso bidone della spazzatura che volle buttare a terra per rallentare il loro inseguitore: senza neanche pensarci, la ragazza allungò la gamba sana e diede un calcio deciso al bidone, che roteò prima di cadere a terra e rovesciare tutto il suo contenuto sulla via, ostruendo in parte il passaggio.
I due ragazzi arrivarono su un marciapiedi. Le automobili sfrecciavano nella strada ampia, mentre la gente camminava veloce sul marciapiedi; nessuno aveva la più pallida idea di cosa fosse successo a quei due ragazzi sudati e affannati, ma tutti concentrarono gli sguardi su di loro mentre Riley tentava di nascondere il proprio viso con una mano per non farsi riconoscere. Andy fu spiazzato per un attimo:<< Dove devo andare? >> Chiese ad alta voce, sapendo che l'uomo stava per attraversare il vicolo da cui erano appena usciti.
Riley rispose di scatto:<< Attraversa! >> E puntò un dito in avanti per mostrargli un'altra stradina buia e stretta, che ai suoi occhi dovette sembrare un portale fantastico e pieno di speranza.
<< Sei matta? >> Chiese Andy abbassando lo sguardo verso di lei per un attimo. << E' pieno di macchine. Ci investiranno! >>
<< Non se sai importi su di loro! >> Ribatté Riley lanciandogli un'occhiataccia. Per fargli prendere una decisione in fretta, la ragazza gli diede una botta sul braccio con la mano sinistra, e quel colpo fu come una sveglia per Andy.
Il ragazzo si lanciò in avanti a testa bassa e caricò il nulla mentre alcune automobili lo avvistavano e rallentavano per lasciarlo passare; qualcuna inchiodò di colpo sul posto ed Andy non poté fare a meno di scansarsi con un rapido balzo per evitare di essere colpito, mentre altre sembrarono non notarlo nemmeno. Nonostante fosse stanco e spaventato, Andy attraversò quella strada con decisione, urlando con rabbia forse per darsi più coraggio. Riley fu spiazzata da quel suo gesto.
L'uomo incappucciato che li inseguiva era ancora dall'altra parte della strada. Guardava il ragazzo che correva con occhi spalancati e sembrava quasi volergli urlare qualcosa per aiutarlo a non farsi investire, ma nonostante la sua apprensione Andy non si fermò per ringraziarlo. Una volta raggiunta l'altra sponda non si fermò nemmeno un attimo a pensare e si lanciò subito nel vicoletto che gli aveva indicato Riley. Vedendo che non si sarebbero fermati, il loro inseguitore non poté fare altro che tornare all'inseguimento, attraversando di corsa come aveva fatto il ragazzo prima di lui.
<< Okay, mettimi giù qui! >> Mentre correva, Andy sentì la voce di Riley che gli ordinava di lasciarla scendere. Prima di fermarsi, il ragazzo si voltò per un secondo a controllare che il loro inseguitore non fosse ancora arrivato. Frenò con decisione, ma le sue scarpe scivolarono per qualche decimetro sul pavimento umido e per poco non perse l'equilibrio. Riley scese a terra e poggiò il piede ferito con cautela, mentre si avvicinava saltellando a una finestra socchiusa di quello che sembrava un locale in disuso.
La ragazza alzò la finestra che si apriva verso l'esterno e disse al ragazzo di aiutarla a salire: era ad altezza d'uomo, ma nelle sue condizioni non sarebbe riuscita a scavalcare da sola. Così Andy le fece da scala per poter entrare senza problemi nell'edificio. Quando fu dentro, Riley si voltò e agitò la mano libera dalle manette. << Dai, ora tu… >> Disse facendogli segno di sbrigarsi. Andy sembrò non capire; si sarebbero dovuti nascondere lì dentro, ma dopo che avrebbero fatto?
Vedendo che ci stava mettendo troppo, Riley decise di tagliare corto e tirare il ragazzo dalle braccia dentro il locale: Andy si sentì tirare dentro all'improvviso e rovinò addosso a Riley sollevando un gran trambusto. Nonostante la situazione, la ragazza reagì in fretta e toltosi di dosso Andy si alzò per chiudere la finestra, rimanendo inginocchiata sotto di essa. Pochi istanti dopo sentirono dei passi rapidi farsi sempre più forti fino a vedere una figura scura che passava davanti alla finestra impolverata.
Erano salvi, ed Andy non si era neanche reso conto di cosa fosse successo. Riley sentì le gambe farsi improvvisamente molli e dovette sedersi: poggiò la schiena proprio sotto la finestra che gli aveva consentito di nascondersi lì e tirò un sospiro di sollievo.
<< Quello era uno sbirro. >> Disse lasciandosi sfuggire una risatina nervosa. << Non l'avevo individuato a lui… Bravo. >> Mormorò senza preoccuparsi di farsi sentire da Andy. Poi scoppiò in una risata liberatoria, gracchiante e inaspettata.
Andy si lasciò andare a un lungo sospiro, e sdraiandosi a terra diede un'occhiata alla stanza in cui erano capitati: sembrava il magazzino di una cucina, con qualche mobile in acciaio fissato al muro e i colori sgargianti delle mattonelle alle pareti; c'erano un po' di scatole di cartone piene di plastica e polistirolo su uno di quei mobili.
<< Dove siamo? >> Chiese Andy mettendosi a sedere e rivolgendo uno sguardo interrogativo a Riley.
La ragazza rispose con tono rilassato mentre si abbandonava completamente alla parete, con le palpebre semichiuse:<< Questo è un vecchio fast food che era stato chiuso in attesa del cambio di gestione… Se siamo fortunati, quel tipo non verrà a cercarci qui… >> Si tolse il cappuccio dalla testa e smise di muoversi.
<< Non sembri molto sicura… >> Mormorò il ragazzo poggiando il mento su una mano e inarcando in avanti la schiena.
Riley aprì un occhio per individuare Andy nella stanza e lo fissò come se volesse farlo sentire in colpa. << Non posso essere sicura di tutto. >> Disse tornando a chiudere entrambi gli occhi. << Però posso tirare a indovinare e vedere come va a finire la cosa… >> Con qualche debole movimento dei fianchi, fece scivolare la schiena in giù e assunse una posizione più comoda per lei, ma sicuramente meno comoda per la sua cervicale.
Andy si trattenne dal ribattere; si trattava del solito comportamento di Riley, che aspettava di avere la situazione in mano prima di preoccuparsene. Però se avessero continuato a sperare che andasse tutto bene non sarebbero andati lontano. Diede un'altra occhiata alla stanza in cui si erano nascosti, e questa volta riuscì a vederci un magazzino in cui probabilmente venivano stivate le confezioni di ingredienti da aprire, gli attrezzi per pulire e le casse contenenti qualunque cosa fosse necessaria a mandare avanti un posto del genere. Tornò a concentrarsi sulla ragazza sdraiata davanti a sé:<< Perché vuoi tornare a casa? >>
Questa volta Riley aprì istantaneamente gli occhi. Fu la prima volta in assoluto che lo sguardo della ragazza incusse un grande timore in lui: i suoi occhi sembrarono ghiaccio per alcuni secondi, finché Riley non sbatté le palpebre dimostrando di essere ancora viva. Sembrava che volesse fulminarlo sul posto, indignata dalla sua domanda inaspettata; invece, a Riley sembrò non importare tutto quello. << Come mai vuoi saperlo? >>
Una volta superato lo spavento iniziale, Andy ritrovò il colore nel viso e si schiarì la voce. << Dovresti fidarti di me, ormai… >> Disse. << Se vuoi andare in un posto così pericoloso, che sarà molto probabilmente sorvegliato bene, potresti almeno dirmi perché. E pensa che sarà difficile stare lì senza essere scoperti, quindi sarebbe meglio farmi sapere in anticipo cosa stiamo cercando… >>
Riley abbassò lo sguardo per alcuni secondi e si fissò la pancia e le gambe distese; la caviglia destra aveva una posizione innaturale e le faceva male, doveva averla poggiata in un modo sbagliato quando aveva scavalcato la finestra. Sembrava triste, nella posizione in cui era messa. Tornò ad alzare lo sguardo per incontrare quello di Andy:<< C'è una cosa che devo prendere. >>
Il ragazzo piegò la testa confuso. Gli sembrò strano che Riley potesse essere affezionata a qualcosa, se non a sé stessa e alla libertà che la sua vita le dava, ma non si mostrò completamente scettico; rimase in attesa di dettagli.
La ragazza sospirò quando capì che a Andy non sarebbe bastato quello come spiegazione e girò la testa da un'altra parte per stare più comodamente. I dettagli che voleva Andy furono pochi, in verità, ma avrebbe dovuto farseli bastare:<< Una macchina fotografica. >>
Il ragazzo rimase a fissare Riley per qualche secondo, mentre la sua immaginazione gli faceva pensare a cosa potesse esserci nella memoria di quella macchina: forse Riley aveva scattato delle foto che non voleva far vedere a nessuno e che quindi avrebbe preferito portare via con sé, oppure la ragazza era interessata solo alla macchina stessa per documentare la sua vita futura, in un'altra città, con un'altra reputazione…
Il ragazzo sorrise e cominciò a disegnare cerchi con l'indice sul pavimento impolverato. Riley lo guardò con occhi curiosi per alcuni secondi, finché Andy non si fu deciso a parlare. << Quando i miei morirono, anni fa, ci fu un periodo in cui per me fu davvero difficile vivere normalmente… >>
Riley si sorprese a sentire la voce di Andy nel parlare di quell’argomento. Il ragazzo non parlava molto spesso di sé, e quando lo faceva era piuttosto familiare con l’argomento; questa volta il suo tono era malinconico e sembrava quasi non voler fare quello che stava facendo. Non gli aveva mai chiesto come fossero morti i suoi genitori, ma pensava che fosse un argomento troppo delicato e privato per poter essere affrontato così: di certo, lei non era la persona giusta a cui confidare una cosa del genere, il ragazzo doveva almeno pensare questo.
<< Cosa vuoi dire con “normalmente”? >> La ragazza sembrò preoccupata, ma in realtà non aveva idea di che cosa aspettarsi e per questo ebbe una reazione simile.
Andy abbassò lo sguardo sorridendo debolmente. << Vuol dire che il mondo non mi accettò tanto facilmente. >> Spiegò tornando a disegnare cerchi con la punta del dito. << Un bambino timido e spaventato da qualunque cosa, incapace di parlare, viene deriso e isolato. E fu proprio così che finii io. >>
Riley lo fissò dispiaciuta e assunse una posizione più consona a parlare con Andy. Il suo viso sembrò ancora più triste quando si sedette di fronte a lui. << Ti va di essere più chiaro? >> Mormorò quasi timorosa di chiedere troppo. In fondo lei non diceva mai più del necessario a Andy, non pensava che lui si sarebbe aperto tanto a sua volta.
Il ragazzo sospirò e alzò lo sguardo per incontrare lo sguardo di Riley. << Probabilmente avrebbero anche potuto essere dei buoni amici, ma capita che i bambini formino delle coalizioni verso quelli che sembrano non voler entrare a far parte del gruppo… E li schiaccino. >> Riley poteva capire benissimo come si era sentito Andy; i bambini sapevano essere crudeli. << Ogni giorno venivo picchiato, deriso… Non ci provavo più nemmeno, a farmi piacere da loro. Non mi interessava. In fondo, tutti gli altri problemi che avevo mi rendevano poco interessante e facevano scappare la gente che avrebbe potuto affezionarsi a me. Solo mio zio mi capiva, e il suo affetto mi bastava… Almeno finché non cominciò a lavorare sempre di più. >> Abbassò lo sguardo assumendo un tono deluso e guardò il pavimento impolverato come se volesse rimproverarlo. << Quando cominciai le scuole medie pensavo di poter ricominciare da zero: ero diverso ormai, cresciuto… Potevo avvicinarmi a una persona senza avere paura di essere preso in giro. Però capii presto che, in ogni caso, non interessava a nessuno quello che avevo da dire. >>
Riley fissò la mano immobile di Andy, schiacciata contro il pavimento, e alzò lo sguardo rivolgendogli un sorriso vispo. << Forse non interessa a tutti quanti… Ma non a nessuno. >> E detto questo si sporse in avanti per mettergli la sua mano di sopra. Andy le fu grato per quelle sue parole e glielo mostrò con un leggero sorriso.
Riley sospirò dolorante e si piegò in avanti per massaggiarsi le bende. << Questa stupida caviglia… >> Mormorò affaticata. Era stufa di dover dipendere da Andy per poter camminare; era stato abbastanza imbarazzante farsi prendere in braccio durante la loro fuga, anche se doveva ammettere che era stata una buona idea. Però Riley era abituata ad andare dove le pareva e muoversi molto; non solo da quando era ammanettata a Andy non aveva più la libertà di andare ovunque volesse, ma da quando si era fatta male non poteva più nemmeno muoversi per conto suo.
<< Ti fa ancora male, eh? >> Chiese lui alzando lo sguardo perplesso. La ragazza gli rivolse un'occhiata stanca. Probabilmente stava per dirle che non avrebbe dovuto sforzare troppo la caviglia e che avrebbe dovuto stare ferma per un po', ma invece le parole del ragazzo sembrarono venire da un altro luogo che il cervello. << Mi dispiace. >>
Riley si dondolò avanti e indietro con la schiena alzando lo sguardo con fastidio. Non se ne faceva niente della sua compassione, ormai il danno c'era e non potevano ripararlo. Ma lui non le stava dando compassione, le stava chiedendo scusa; quando se ne rese conto, la sua espressione cambiò.
<< E' colpa mia se siamo precipitati dalla scala e tu ti sei fatta male. Se avessi lasciato andare avanti te per prima, non avremmo rischiato di rompere tutto… >> E detto questo abbassò lo sguardo tornando a disegnare cerchi immaginari sul pavimento con la punta dell'indice.
Riley lo fissò per alcuni secondi stupefatta. Ancora una volta, Andy l'aveva sorpresa, mettendosi a parlare della sua incapacità e del modo in cui riuscisse sempre a rovinare tutto. Non seppe spiegare cosa le prese in quel momento, la sua mano si mosse da sola e colpì in pieno la guancia del ragazzo, che fu spinto indietro e cadde a peso morto sul pavimento. Riley stessa si spaventò quando vide cosa aveva fatto: si scusò squittendo come un topolino mentre cercava di aiutare Andy a rialzarsi, sconvolta e divertita allo stesso tempo dalla potenza del suo schiaffo.
Prima che Riley riuscisse a tirare su il ragazzo, Andy scoppiò a ridere. << Quello che cosa sarebbe? >> Chiese con tono di scherno. Sembrava che non avesse sentito proprio lo schiaffo che Riley gli aveva dato. << Ora ti penti anche degli schiaffi che mi dai? Accidenti, ti ho fatta diventare davvero buona… >> E dopo questo si rialzò da terra e si massaggiò una tempia con cui aveva sbattuto cadendo. Sul suo viso era dipinta un'espressione davvero contenta, imbarazzata, sorpresa… Anche lui doveva essersi reso conto delle stupidaggini che aveva detto.
Riley ritirò le mani che aveva proteso per aiutarlo e incrociò le braccia imbronciandosi. << E' perché tu sei un idiota! >> Sbuffò guardando dall'altra parte. Si agitò improvvisamente e chiamò Andy:<< Aiutami ad alzarmi, voglio uscire da qui! >>
<< Non possiamo! Quel poliziotto potrebbe essere ancora nei paraggi. >> Le rispose prontamente Andy cercando di farle abbassare la voce. << Pensa a riposare… >>
Riley incrociò di nuovo le braccia e guardò Andy dal basso come una bambina piccola offesa. << Fammi alzare! Voglio andare a sedermi su una sedia vera! >>
Andy si guardò intorno e sorrise imbarazzato mentre Riley aspettava che la sollevasse. In effetti, restarsene seduti per terra in quello stanzino non era un'ottima idea, e probabilmente ci sarebbero stati altri ambienti più accoglienti e riparati nell'edificio dove avrebbero potuto trovare posto per sedersi. Le prestò appoggio per tirarsi su e insieme lasciarono quel magazzino polveroso.
Si trovarono in un piccolo corridoio buio, illuminato solo attraverso la luce che passava dalla porta che conduceva nella sala principale, dove un tempo i clienti del locale potevano prendere un tavolo e consumare le loro ordinazioni. Quando arrivarono nella sala principale furono sorpresi dal vedere quanto normale sembrasse quel luogo, nonostante la sua appartenenza a una catena di locali estranei alle "persone comuni" che non lavoravano lì. La sala somigliava a una qualsiasi sala grande, spaziosa e illuminata, dove la gente poteva andare a passare il tempo e riposarsi. Non c'era niente che facesse pensare a un fast food o a qualcosa del genere. I tavoli e i sedili attaccati alle pareti, però, c'erano ancora nonostante il posto fosse abbandonato.
Riley piombò su una delle panche con pesantezza e poggiò le braccia sul tavolo di fronte a sé. << Prenderò lo speciale del giorno… >> Borbottò guardando Andy in piedi di fronte a lei come se fosse un cameriere venuto a prendere la sua ordinazione.
Il ragazzo sghignazzò e ribatté a tono:<< Mi dispiace, ma lo speciale è finito. Può ordinare qualcos'altro dal menu oppure aspettare che ce ne sia di nuovo… >>
Riley finse di arrabbiarsi e piantò le mani sul tavolo. << E' inaccettabile! Per una volta che vengo qui a mangiare qualcosa di diverso, devo anche accontentarmi di quello che c'è? >> Poi le scappò una risata mentre Andy cercava la risposta giusta.
<< Sono desolato… Nell'attesa vuole che le porti una bibita? >> A quel punto entrambi scoppiarono a ridere. Riley si piegò in avanti e liberò la propria risata mentre Andy andò a trovare un posto di fronte a quello della ragazza, tenendo il braccio ammanettato teso verso di lei.
Sembrava che non fossero dei ricercati. Sembrava che stessero semplicemente passando del tempo assieme, come due vecchi amici, e l'orario cominciasse a far sentir loro i morsi della fame. Perché Riley non si sarebbe messa a parlare di cibo, se non avesse avuto fame.
In quel momento sembrava che non avessero nessuna preoccupazione, che il mondo fosse alla loro portata e che potessero fare quello che volevano. Ma Riley aveva uno strano senso di oppressione, non si trattava solo della preoccupazione di essere trovati.
Avrebbe dovuto mentire a Andy fino alla fine, e per qualche motivo cominciava a sentirsi in colpa di tutto questo

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Capitolo 38
*** Separazione ***


Disgusto mosse in avanti la leva della console e Riley cominciò a mettere forza nelle gambe per rialzarsi; stavano tentando di testare la forza della ragazza dopo l'infortunio dell'altro giorno. Così, nel caso fossero riusciti a guadagnarsi la libertà da Andy, avrebbero saputo quanta autonomia gli sarebbe rimasta a causa del dolore alla caviglia.
<< Fai attenzione! >> Esclamò allarmato il ragazzo che si alzò di scatto e andò a sorreggere Riley. L'emozione verde pensava di avere tutto sotto controllo, ma un attimo prima che Andy afferrasse il corpo di Riley in caduta libera si rese conto di aver quasi perso il controllo.
<< Ma che combini? >> Sbottò Rabbia, che nonostante tutto l'aveva lasciata fare. Aveva detto che le avrebbe dato carta bianca per il resto della giornata, anche se dentro di sé era sicuro che non avrebbe funzionato per conquistarsi la libertà. Rischiavano solo di far scoprire Riley, per non parlare del fatto che i suoi genitori sarebbero quasi sicuramente già arrivati in città.
<< Non pensavo che fosse così debole. >> Si scusò Disgusto scostando lo sguardo dallo schermo per un attimo. Per la prima volta, tutte e tre le emozioni erano di nuovo unite a seguire con attenzione ogni mossa di Riley e non avevano intenzione di litigare: avevano messo da parte le ostilità e aveva compreso che per aiutare la loro protetta era necessario collaborare per raggiungere il loro obiettivo. Ma questa tregua non sarebbe potuta durare molto.
Così la pensava Gioia, che dall'oscurità della sua capanna osservava con i loro stessi occhi la scena e meditava. Si chiedeva cosa avrebbe fatto lei nella loro situazione, cercava di trovare una soluzione al problema di Riley pur non avendo tutti i dati a sua disposizione, ma poi si sentiva come se avesse fatto qualcosa di sbagliato, di proibito, e tornava a seguire la scena come uno spettatore passivo. I suoi occhi si spostavano su Tristezza, di tanto in tanto, e in quei momenti non poteva non chiedersi cosa le passasse per la testa, che cosa stesse architettando rinchiusa nel suo cerchio della tristezza. Ogni tanto alzava lo sguardo e dava un'occhiata alla situazione nel Quartier Generale: guardava che facevano gli altri, fissava per qualche istante lo schermo e poi tornava ad abbassare la testa in modo passivo, a sonnecchiare nel suo silenzio. Una volta aveva anche beccato Gioia mentre la fissava, e in quel momento la stellina si era chiesta se ci fosse un modo per loro per comunicare attraverso la stanza senza aprire bocca. Forse era quello che Tristezza aveva cercato di fare per tutto quel tempo, oppure aveva semplicemente rinunciato all'idea d parlare con qualcuno…
<< Non possiamo restare qui tutto il giorno. Se non ci sbrighiamo Riley perderà la possibilità di andarsene dalla città. >> Disse Paura avvicinandosi a Disgusto. Lei annuì d'accordo.
<< E lo sbirro di prima potrebbe tornare e portare altri poliziotti con sé… >> Commentò dopo alcuni istanti.
La voce di Andy raggiunse le tre emozioni nel Quartier Generale:<< Non ce la fai proprio a startene ferma, eh? >>
Disgusto fece rivolgere lo sguardo di Riley a Andy e la ragazza sembrò quasi volerlo rimproverare. << Dobbiamo andarcene da qui. >> Detto questo tentò di avanzare, ma il ragazzo glielo impedì.
<< Non puoi muoverti! >> Cercò di farla ragionare.
<< E se non ci muoviamo, prima o poi ci troverà qualcuno! >> Ribatté infastidita Riley voltandosi verso di lui. Disgusto sperava che Andy non facesse altra pressione e li lasciasse fare, altrimenti non se lo sarebbero scrollato mai di dosso. << Non abbiamo più nemmeno un posto dove andare a passare la notte. Dobbiamo muoverci o rimarremo bloccati qui! >>
Questa volta il ragazzo non fece più resistenza e lasciò che Riley lo tirasse dietro di sé lungo la strada che portava all'uscita; in realtà non potevano uscire dalla porta principale, ovviamente, quindi Disgusto li guidò verso la finestra da cui erano entrati prima, durante la loro fuga. Una volta entrati nello stanzino dove si erano fermati a riprendere fiato, Riley si avvicinò alla finestra e disse a Andy di darle una mano ad uscire.
Il ragazzo si avvicinò e si preparò a spingerla su, ma quando Riley ebbe messo un piede sulle mani di lui, vide una cosa che le fece venire i brividi fuori dalla finestra: proprio di fronte al suo viso era comparso un ragazzo dal volto nascosto da una bandana mimetica e un cappuccio di un giubbotto verde scuro; i suoi occhi la scrutavano come se la stesse esaminando a fondo e sembrò quasi ghignare da sotto la bandana a un certo punto.
<< Vi ho trovati. >> Sussurrò con voce roca mentre Riley lanciava un urlo di spavento e indietreggiava. Andy rischiò quasi di cadere a terra, allarmato dalla reazione della ragazza. Quando le chiese spiegazioni si zittì istantaneamente vedendo la figura dall'altra parte del vetro.
Lo sconosciuto spinse la finestra con una mano guantata e scavalcò in pochi istanti per entrare nel locale. Quando fu nella loro stessa stanza, Andy e Riley cominciarono a sentire una grande pressione.
<< Che sta succedendo? Chi è quel tipo? >> Chiedeva Rabbia mentre Disgusto rimaneva impietrita a fissare lo sconosciuto appena entrato nella stanza. Inutilmente Paura provò a distoglierla dal suo stato di trance, e allo stesso modo Andy chiamò Riley nella stanza per dirle di scappare: la ragazza non si mosse.
Prima che lo sconosciuto potesse dire o fare qualcosa, Paura spostò con forza Disgusto e prese i comandi con frenesia: la ragazza ebbe una scossa di adrenalina e cominciò a muoversi rapidamente. Afferrò una delle scatole sulle mensole di acciaio e la scagliò contro il ragazzo appena entrato, sperando che questo gli desse un po' di vantaggio:<< Sbrigati! >> Urlò a Andy tirandolo da un braccio prima di mettersi a correre zoppicando fuori dalla stanza.
<< Dove andiamo? >> Le chiese lui restandole accanto.
Paura valutò tutte le loro opzioni in un attimo, prima di prendere una decisione. << Al diavolo la discrezione, sfondiamo la porta principale! >>
La porta principale era una grande porta a vetri piena di polvere e coperta con fogli di giornale appiccicati di sopra; probabilmente era stata chiusa dall'esterno, ma Riley era fiduciosa del fatto che fosse possibile aprirla con la giusta dose di forza bruta. Passarono rapidamente in mezzo ai tavoli restanti nella sala grande e si buttarono a sinistra per sfondare la porta con una spallata; non ci fu il bisogno di dirsi niente, Andy e Riley sapevano già cosa dovevano fare per uscire da lì.
Quando si schiantarono sulla porta, però, questa rimase bloccata. Sia Riley che Andy furono sbalzati indietro e caddero rovinosamente sul pavimento impolverato. La ragazza imprecò quando si rese conto di non essere riuscita ad aprire la porta e cercò di rialzarsi in fretta. Rabbia stava per prendere il controllo della situazione, ma Andy fu più veloce di lui e, una volta in piedi, si lanciò urlando contro la porta a vetri, puntando direttamente sul vetro.
Con una gomitata il ragazzo riuscì ad aprire una breccia nel vetro e a trascinarsi Riley dietro. Rovinarono sul marciapiedi illuminato dal sole del pomeriggio, mentre le schegge di vetro si sparpagliavano a terra tintinnando e i passanti scioccati si facevano da parte.
<< Bel lavoro, uomo di ferro! >> Riley gli diede una pacca sulla spalla e lo incitò a rialzarsi; lei era ancora barcollante per la caduta, ma non esitò a darsi una mossa e neanche il ragazzo fu da meno.
Andy si rimise in piedi in un batter d'occhio e prese in braccio Riley come aveva fatto prima per scappare. La ragazza fu un po' sorpresa dall'intraprendenza mostrata dal ragazzo in quel frangente, ma non nascose la propria ammirazione per quello e si limitò a tirarsi su il cappuccio della felpa, stringersi a lui il più forte possibile e a dargli le indicazioni necessarie per scappare.
Pochi secondi dopo essere usciti dal locale, Andy e Riley udirono alle proprie spalle un suono di vetri infranti e capirono che il loro inseguitore era tornato in strada. Era veloce, non li avrebbe lasciati andare tanto facilmente.
<< Quello non è un poliziotto! >> Riley ci tenne a informare Andy di ciò, pur non essendo pienamente convinta di quella sua affermazione. C'era qualcosa nel suo comportamento che non ricordava per niente un tutore dell'ordine.
Andy si limitò ad annuire e continuò a correre. Sfrecciò sul marciapiedi come non aveva mai fatto prima, spinto dalle urla e le indicazioni di Riley e dalla sensazione di essere braccato dall'uomo incappucciato, che continuava a stargli alle costole pur non riuscendo a raggiungerli. Il ragazzo seguiva tutte le indicazioni della ragazza, ma era lui che decideva come muoversi, che strava prendere per sfuggire, e il ragazzo avrebbe potuto giurare di non essere mai stato così lucido prima, di vedere tutto chiaramente e di riuscire a sentire ogni minimo suono o rumore della strada; i suoi sensi erano all'erta, i nervi talmente tesi da poter cedere in qualsiasi momento. Con il cuore in gola, Andy corse più forte che poté per salvare sé stesso e Riley da quello sconosciuto che non sembrava avere delle belle intenzioni.
Incredibilmente, nonostante il ragazzo incappucciato sembrasse più veloce di Andy in un primo momento, quando Riley gli disse di infilarsi in un vicolo per tagliare l'isolato non lo videro più comparire in fondo alla via; erano passati attraverso un giardino che Riley aveva detto di conoscere bene da dove ebbero potuto sfruttare un varco nella staccionata che li avrebbe fatti arrivare in un cortile spazioso dove erano parcheggiate diverse automobili; avevano poi attraversato il cortile a tutta velocità, sfrecciando in mezzo alle macchine e uscendo nuovamente in strada per poi attraversarla di corsa rischiando di farsi investire due o tre volte. Era stato dopo questa breve ma intensa successione di eventi che Riley aveva detto a Andy di infilarsi nel vicolo, e che quindi avevano visto sparire il loro inseguitore.
<< Sono diventato veloce… >> Mormorò esausto Andy mentre respirava affannosamente e Riley si faceva mettere giù.
<< Già… Strano che quel tizio abbia mollato così facilmente. >> Non era sicura che fosse finita ancora, però preferì scendere a terra e camminare con le proprie gambe. Avrebbe potuto trattarsi di una trappola per fargli abbassare la guardia e prenderli alla sprovvista dopo che avessero voltato le spalle, ma per qualche motivo Riley non prese in considerazione questa idea.
<< Deve essersi reso conto che contro di me non aveva speranze! >> Annunciò Andy con aria sognante mentre con una mano si sventolava l'aria sul viso, su cui stava dipinto un ghigno compiaciuto.
Riley gli lanciò una rapida occhiata di rimprovero:<< Smettila di pavoneggiarti e andiamo! >> Detto questo, la ragazza cominciò a camminare in silenzio lungo il vicoletto lasciando Andy spiazzato dalla sua improvvisa mancanza di umorismo. Quando raggiunse la fine della stradina, Riley si appoggiò a una parete e fissò un palazzo dall'altra parte della strada. << Eccoci di nuovo qua… >> Mormorò pensierosa mentre nella sua testa Paura esclamava:<< L'abbiamo trovata! Casa. >>
Andy seguì Riley fino alla fine del vicoletto e le chiese cosa avesse. Aveva uno strano sguardo dipinto sugli occhi, mentre fissava quel palazzo di mattoni rossi che il tempo aveva reso arancioni; Riley si voltò quasi indignata e scosse la testa per liberarsi dei pensieri che erano nati quando aveva rivisto casa sua.
<< Niente. >> Rispose inespressiva. Prese Andy per mano e cominciò a condurlo zoppicando per la strada. << Andiamo, quella è casa mia… >>
Il ragazzo sembrò molto più meravigliato quando capì che erano arrivati a destinazione; si lasciò tirare attraverso la strada fino a raggiungere l'entrata del palazzo: si trattava di un  normalissimo portone come tutti gli altri che si vedevano in città, simile a quello della casa di Lizzie, ma per qualche motivo emanava un'aura di mistero che Andy non aveva sentito mai prima di fronte a un semplice portone.
Riley si mise a frugare per un attimo con la mano sinistra in una tasca dei pantaloni quando furono arrivati di fronte al portone, disse ad Andy di attendere un attimo e si mise a lottare con la tasca. Alla fine ne estrasse un piccolo mazzo di chiavi da cui prese una grossa chiave che entrò perfettamente nel chiavistello del portone. Quando spinse in avanti il portone di ingresso fece segno al ragazzo di seguirla, e i due entrarono nel palazzo senza farsi vedere.
<< Dannate scale… >> Borbottò sconfortata la ragazza quando vide le rampe di scale che dovevano salire per raggiungere l'appartamento di Riley e Duncan. Era stufa di quell'infermità che le impediva di fare quello che aveva sempre fatto, voleva essere libera lei, non poteva farsi trasportare ancora!
<< Sei sicura che Duncan non sia in casa? >> Chiese Andy quando Riley ebbe cominciato a salire piano le scale.
La ragazza lasciò intendere di star scommettendo. << Se dovesse esserci, preparati a dargliele di santa ragione. >>
Andy rispose contrariato agitando l'indice ripetutamente a destra e a sinistra:<>
Riley si voltò ghignando per guardarlo dritto negli occhi mentre diceva quella cosa e simulò una risata di scherno. << Dillo allo sbirro che hai preso a mazzate! >> Quando lei gli rammentò quel frangente in cui il ragazzo aveva fatto l'azzardo di colpire in testa il poliziotto che li aveva inseguiti per la città nel pomeriggio passato, Andy non poté che ammutolirsi e lasciar fare tutto a Riley, sperando che non ci fosse nessuno in casa. << Fai attenzione al quinto scalino. >> Disse a un certo punto raggiungendo la metà di una rampa di scale. Andy non capì cosa volesse dire finché non ebbe inciampato su un gradino difettoso, rischiando di cadere in avanti e sbattere con la faccia sugli altri gradini.
Salirono le scale in silenzio, cercando di fare più velocemente possibile; non c’era molta vita nel palazzo, ma Riley preferiva evitare di indugiare lì per non incontrare qualche vicino per le scale che avrebbe potuto riconoscerla. Mentre lei avanzava spedita con lo sguardo fisso di fronte a sé, Andy si guardava intorno curioso, pur non rimanendo mai indietro; sapeva quanto fosse precaria la loro situazione lì, non voleva di certo essere di impiccio per Riley rallentandola in mezzo alle scale. Quando arrivarono di fronte alla porta di quello che doveva essere l’appartamento di Riley, la ragazza strinse di nuovo in mano il mazzo di chiavi che aveva estratto dalla tasca dei pantaloni e questa volta prese la chiave più piccola; la infilò senza problemi nella toppa della serratura e girò.
<< Tre scatti… >> Mormorò Paura fissando lo schermo con occhi spalancati, i nervi a fior di pelle mentre l’esserino stringeva con forza le cloche dei comandi, preparandosi a fuggire in caso di emergenza. << Dovrebbe essere sicuro… >> Dietro di lui, Disgusto e Rabbia pregavano che non ci fosse nessuno in casa.
Riley prese un gran respiro dopo aver ruotato la chiave nella serratura per l’ultima volta; rivolse uno sguardo preoccupato a Andy dietro di sé e si girò verso la porta per spingerla con delicatezza. Quella scorse parallela al pavimento senza alcun attrito e si fermò solo quando ebbe raggiunto la parete al lato. Riley esitò un attimo a entrare, ma quando varcò la soglia di casa incitò Andy ad affrettarsi per poter chiudere presto la porta.
<< Così questa è casa tua? >> Chiese il ragazzo guardandosi intorno con sguardo interessato. Sembrò essere compiaciuto da ciò che vide.
<< Qualcosa non va? >> Fece Andy poggiando la schiena alla porta. La sua attenzione fu attirata da un particolare mancante: quando Duncan usciva di casa lasciava sempre una scarpa all’angolo tra la porta e il muro per impedire che la porta si aprisse completamente e sapendo che Riley toglieva sempre la scarpa da lì quando rincasava, in questo modo poteva capire se in casa c’era qualcuno o no oltre a lei. Era un po’ paranoico, e nei primi periodi si era anche arrabbiato con Riley per non aver osservato quella regola, non si dimenticava mai di mettere quella scarpa… Ma la scarpa non era lì questa volta.
Riley cominciò a sudare copiosamente e per un attimo si sentì mancare l’aria. Fece segno a Andy di stare zitto e lo chiamò a sé. Prima di fare altro rumore dovevano accertarsi che non ci fosse davvero nessuno in casa.
<< Che c’è? >> Chiese il ragazzo a bassa voce, che era stato interrotto mentre rispondeva alla domanda di Riley. Ormai si era abituato a venire zittito, sapeva che quando Riley gli diceva di fare silenzio, era perché la situazione lo richiedeva.
<< Non sono sicura che siamo soli. >> Rispose a denti stretti lei tenendo d’occhio l’intera stanza. Oltre alla scarpa mancante, non c’erano altri segni che potevano suggerire la presenza di Duncan in casa; dovevano fare attenzione, avrebbe anche potuto trattarsi di una trappola.
<< Sul serio? >> Sbottò incredulo Andy cominciando a sua volta a guardarsi intorno con paranoia. Lui non sapeva per quale motivo Riley si fosse accorta che qualcosa non andava, per questo cominciò a esaminare la stanza a cominciare da un attaccapanni a muro vuoto, alla ricerca di qualche cosa che facesse pensare alla presenza di una persona in casa.
Dopo aver passato una ventina di secondi immobili ad osservare la stanza e il corridoietto che portava nelle altre stanze, Riley cominciò a sentire un po’ più di sicurezza e si mosse in avanti. Senza dire nulla a Andy, tirò la catena delle manette per fargli segno di seguirla; il ragazzo si mosse rapidamente e le rimase accanto, pronto ad agire in caso di necessità. Riley fece strada fino al corridoio dove dovette decidere se controllare il bagno o le camere da letto. Alla fine disse a Andy di infilare la testa nella porta della camera da letto di Duncan per controllare se ci fosse qualcuno mentre lei avrebbe controllato il bagno allo stesso modo: rimasero per alcuni secondi uno dal lato opposto dell’altra, con le braccia tese dietro la schiena per non farsi bloccare dalle manette; ostruirono completamente il passaggio nel corridoietto, ma nessuno dei due sembrò scovare niente alla fine.
Riley e Andy si voltarono richiudendo le porte dietro di sé e si guardarono negli occhi. << Trovato niente? >> Chiese lei temendo che il ragazzo non sapesse bene dove guardare per scovare qualcuno in quella stanza.
Andy scosse piano la testa. << Era buio, ma non ho visto né sentito niente. >>
<< Anche il bagno era vuoto. >> Rispose la ragazza distogliendo lo sguardo e posandolo sulla porta chiusa della sua camera da letto. << Quindi resta solo una stanza dove potrebbe essere. >>
<< Ne sei sicuro? >> Chiese Rabbia inarcando un sopracciglio. << A me la casa sembra completamente vuota. >>
Paura si voltò con saccenza verso l’amico rosso e gli rispose:<< Sai benissimo che Duncan non esce mai senza lasciare una scarpa dietro la porta. Devo assicurarmi che sia tutto a posto, prima di potermi rilassare! >>
Disgusto stava accanto a Paura e teneva d’occhio lo schermo, ansiosa di poter riprendere i comandi e guidare Riley. << Lascialo stare, Rabbia. >> Mormorò alzando una mano verso l’ometto rosso, che accennò un ringhio sommesso in risposta.
Paura mosse in avanti la cloche dei comandi e Riley avanzò lentamente nel corridoi etto fino a raggiungere la porta della sua camera da letto. Sentì il cuore accelerare pesantemente quando la raggiunse e mise la mano sulla maniglia; respirò a fondo alcuni istanti prima di alzare lo sguardo e aprire con decisione la porta.
Vuoto. Non c’era nessuno nella stanza di Riley, e il letto era rimasto immacolato come lo aveva lasciato l’ultima volta lei.
Nonostante non si sentisse ancora completamente al sicuro, Riley tirò un sospiro di sollievo e lasciò entrare Andy, che cominciò a guardare in giro per cercare qualcosa di insolito. La stanza era libera, come anche il resto della casa; Duncan doveva essere uscito di fretta, oppure aveva passato così tanto tempo fuori a distribuire volantini con le loro facce in giro per la città che ne era uscito completamente esausto.
<< Perché pensavi che ci fosse qualcuno? >> Chiese Andy voltandosi verso di lei, dopo essersi finalmente rilassato. Si tolse gli occhiali da sole dagli occhi e rivolse uno sguardo perplesso alla ragazza.
Riley abbassò lo sguardo e si cacciò il cappuccio della felpa dal viso. << Non lo so. >> Rispose in tono pensieroso con voce spezzata. Era troppo tesa, temeva che dietro ogni angolo ci fosse qualcuno pronto a saltarle addosso e legarla per portarla via, vedeva pericoli da ogni parte… E poi faceva queste figure. Doveva comunque tenere gli occhi aperti, ma si sentiva stupida per essersi preoccupata tanto in quel frangente.
Andy tornò a guardarsi intorno con più curiosità. << Quindi questa è la tua camera da letto… >> Mormorò sorridendo. Riley alzò subito lo sguardo e cercò di comunicargli con gli occhi di non cominciare a fare battute idiote per prenderla in giro. Ancora prima che il ragazzo potesse recepire il messaggio, alzò un dito verso la scrivania e vide uno zainetto blu dall’aspetto consumato. << Quello è un pupazzetto? >> Chiese adocchiando un piccolo pupazzetto attaccato a una cerniera. Riley se n'era dimenticata, da quanto tempo fosse passato: quel piccolo pupazzetto fatto di spago, che sembrava avere addosso un cappotto blu e un cappello di lana rosso, lo aveva attaccato al suo zainetto tre anni addietro, quando aveva incontrato Duncan. A quel tempo era ancora una bambina, una ragazzina innocente che voleva solo vedere il mondo. Non avrebbe dovuto più importarle di quel coso ora che era cresciuta, soprattutto in quella situazione, eppure si fermò a guardarlo con nostalgia per molto tempo. << Non pensavo che ti piacessero questi cosi… >>
Andy si avvicinò per osservare meglio il pupazzetto legato allo zaino di Riley mentre lei metteva le mani sulla scrivania e cominciava a cercare tra i cassetti. Dopo aver aperto un paio di cassetti pieni di carte, vecchi biglietti dell'autobus e foto ritagliate da giornali e riviste, la ragazza trovò quello che stava cercando: una macchina fotografica digitale dall'aria consunta, di colore grigio e con una minuscola striscia di carta gommata su cui era scritto il nome "Riley". Nel Quartier Generale tutte le emozioni, comprese Gioia e Tristezza nei loro angoli di solitudine, rimasero a fissare quella macchina per alcuni istanti, come rapite.
Andy alzò lo sguardo proprio mentre Riley soffermava il suo su quella macchina fotografica, e non si trattenne dal fare l'impiccione:<< Cosa c'è dentro di tanto importante? >>
Riley reagì di scatto e nascose subito la fotocamera prima di rivolgere un'occhiataccia al ragazzo accanto a lei. << Non te ne frega! >> Disse bruscamente afferrando lo zainetto con la mano sinistra e aprendo la cerniera con l'altra; vi infilò dentro la macchina fotografica e la richiuse, poi si mise lo zaino in spalla e cominciò ad avviarsi verso l'uscita. << Andiamo, non vorrei che tornasse qualcuno nel frattempo… >>
Ci volle un secondo per far realizzare a Riley che non stavano andando da nessuna parte. Andy era fisso sul posto e non sembrava intenzionato a schiodarsi da lì. << Aspetta… >> Mormorò quasi in ritardo, con un tono di chi sembrava aver abbandonato l'idea di farsi sentire.
Riley si voltò contrariata e gli chiese cosa avesse. Dovevano sbrigarsi, in quel momento erano nella situazione più precaria che potessero trovare, e continuare a indugiare in quella stanza li avrebbe solo intrappolati in caso fosse arrivato qualcuno. Andy però sembrò dover trovare il coraggio per dire ciò che stava per dire, e quando alla fine strinse i pugni con forza e sulla sua fronte si formarono delle rughe profonde riuscì a parlare:<< E' che… Volevo dirti una cosa, prima… >>
Riley sospirò rassegnata e incrociò le braccia. Disgusto sapeva che avrebbe dovuto assecondare Andy ancora un po' per convincerlo a fidarsi di lei. << E' un problema grave? >>
Andy alzò lo sguardo e agitò le mani come per rassicurare la ragazza. << No, è tutto a posto, sono solo io… Che volevo confidarti una cosa. Volevo ringraziarti. >> Per qualche motivo, Riley si stupì di sentire quelle parole. Quando spalancò la bocca stupita Andy sembrò farsi coraggio e cominciò a parlare:<< Volevo ringraziarti… Perché da quando sei entrata nella mia vita, me l'hai cambiata! >> Sorrise abbassando lo sguardo. << Da quando ci siamo incontrati in quel modo tanto assurdo, tanto da sembrare la scena di un film, ho pensato che avrei dovuto incontrarti di nuovo. C'era molto di più di quanto potesse sembrare! E quando ti ho rivista in quel vicolo ho pensato che fosse la mia occasione per poterti parlare veramente. Credevo che sarebbe stata una storia diversa, un'avventura nuova… Ma non pensavo che sarei arrivato a tanto, a cambiare me stesso e… >> Il ragazzo si arrestò un istante. Sembrò quasi rifiutarsi di andare avanti senza guardare negli occhi Riley, mentre le diceva quello; così alzò lo sguardo e cercò il viso della ragazza prima di riprendere a parlare. << Trovare una amica così. >>
Quelle ultime parole rimasero sospese nell'aria per alcuni minuti, quando Andy le pronunciò e Riley rimase ad ascoltare anche dopo che il ragazzo ebbe finito. Rimase ad ascoltare il silenzio perché non sapeva proprio cosa dire; non voleva rispondere per non dire qualcosa che avrebbe potuto deludere il ragazzo, ma non voleva semplicemente tagliare corto dimostrando la sua solita insensibilità. Disgusto rimase a lungo a fissare i comandi con sguardo perso, temendo di fare la scelta sbagliata; nel Quartier Generale nessuno avrebbe voluto trovarsi al suo posto in quel momento.
Andy ridacchiò, forse nel tentativo di spezzare quel muro che si era eretto tra lui e Riley quando aveva finito di parlare, e sospirò con gli occhi lucidi. << Insomma… Sono davvero felice che abbiamo vissuto questa avventura assieme, e visto che questa potrebbe essere l'ultima occasione per dirtelo, lo faccio ora… Grazie, Riley. >>
Erano alla fine, si poteva intuire che qualcosa stava cambiando. Andy era cambiato, ma era sempre lo stesso ragazzo sentimentale e delicato di prima; si era affezionato a Riley, ed era carino da parte sua. Riley si sentì malissimo a trattarlo a quel modo come aveva fatto prima, e dopo aver sfilato le braccia dalle bretelle dello zainetto tirò fuori la macchina fotografica; la strinse tra le mani per alcuni istanti prima di allungare le braccia verso Andy.
<< Qui dentro ci sono le foto di una vita… >> Mormorò porgendo al ragazzo la fotocamera. Senza dire nient'altro, Riley sorrise dolcemente e invitò Andy a prenderla con un cenno.
Il ragazzo prese in mano la macchina fotografica con molta cautela. La esaminò alcuni secondi prima di provare ad accenderla; dopo aver premuto il pulsante di accensione il piccolo schermo su cui venivano riprodotte le foto si illuminò, e dopo aver mostrato il logo della marca che aveva prodotto la fotocamera, comparve l'immagine di quello che riprendeva l'obiettivo. C'era la felpa di Riley, con la ragazza che teneva le mani in tasca e parte del suo mento che compariva da sopra l'inquadratura. Andy reagì con sorpresa e non seppe cosa fare per un istante; quando vide il cenno di incoraggiamento da parte della ragazza, trovò il coraggio di premere sul pulsante della galleria, e a quel punto comparve davanti ai suoi occhi un'immagine triste.
Era la foto di una ragazza dai capelli biondi lunghi fino alle spalle, era vestita di nero e i suoi occhi azzurri fissavano dritti l'obiettivo della fotocamera. Non mostrava alcuna espressione, nonostante sembrasse provarci: la sua fronte aveva i segni di un cipiglio appena allentatosi e negli occhi sembrava bruciare il fuoco di una rabbia repressa da molto, ma anche la paura di andare incontro all'ignoto, la paura di essere presa un giorno e riportata nella gabbia che aveva tanto odiato e temuto. Non mancava quell'accenno di sorrisetto superiore, anche se nella foto la ragazza sembrava starsi sforzando per non mostrare alcun sentimento. La ragazza nella foto era Riley, e la foto era datata poche settimane prima di quel giorno.
Andy alzò lo sguardo verso la vera Riley e la scrutò per un attimo: era cambiata. Il cipiglio sulla fronte sembrava essere sparito, come anche la paura negli occhi che veniva nascosta da quella stessa rabbia repressa, e le sue labbra si piegavano in un sorriso sincero e amichevole, non spocchioso e irritante.
Il ragazzo premette il pulsante con la freccia verso sinistra per andare indietro e scorrere tra le altre foto più vecchie: comparve una foto con Riley sorridente accanto a un cane randagio. Lei era seduta per terra, su un marciapiedi, aveva indosso dei vestiti estivi e sembrava essere contenta di stare dove stava; il cane era grande, un meticcio dalla testa bianca con qualche macchia color nocciola, e mostrava la lingua mentre i suoi occhi profondi fissavano un punto imprecisato oltre l'obiettivo. Quella foto era datata molto distante da quella precedente, più recente; sembrava che Riley avesse abbandonato quella macchina fotografica per un po' di tempo.
Andy andò avanti e vide comparire sullo schermo una foto di Riley e un ragazzo più grande dai capelli verdi che sarà stato Duncan; entrambi erano rossi in viso e non sembravano essere pienamente sobri, Duncan soprattutto era piegato in avanti con la faccia poggiata su un tavolo di legno mentre Riley rideva incontenibilmente. Sembravano felici…
Passò avanti con le foto e vide una foto di tre ragazzine messe in riga che salutavano alla fotocamera, mentre due di loro facevano delle facce buffe: quelle ragazze le vedeva ogni giorno, non c'era bisogno di chiedersi chi fossero. Sulla destra c'era la piccola Abigail, che si agitava in modo scomposto alla luce del sole, e a sinistra compariva Alexandra, che salutava con una mano mentre tirava fuori la lingua. Il braccio sinistro di Alexandra passava dietro le spalle della ragazza centrale, Lizzie, che diversamente dalle altre due fissava l'obiettivo con un leggero sorrisetto pieno di sé e manteneva la massima compostezza con le braccia conserte. Erano all'aperto, in un luogo piuttosto frequentato: Liz si appoggiava con i fianchi a una panchina in marmo e a quel punto Andy riconobbe una spiaggia alle loro spalle. Anche gli abiti che indossavano le tre ragazze suggeriva che fossero andate al mare, dato che avevano tutte e tre delle magliettine a maniche corte con un leggero pareo che dava loro un'aria più da "turiste". La piccola Abbie aveva anche un cappello di vimini sulla testa, e Alex aveva sugli occhi un paio di occhiali da soli stranamente familiari; erano gli stessi che Riley aveva preso di nascosto a Lizzie e che ora stava indossando Andy.
Passando oltre, il ragazzo vide un'altra foto delle ragazze, questa volta con l'aggiunta di Riley. Le quattro ragazze erano su un letto matrimoniale dall'aria molto estranea; dovevano trovarsi in una camera di albergo, perché anche le pareti sembravano suggerire quello. Era Riley ad aver scattato la foto; il suo viso era tagliato per metà dai bordi dello schermo, mentre dietro di lei sembrava avvenire una vera e propria lotta: Abbie ed Alex erano inginocchiate dall'altro lato del letto e si stavano colpendo con dei cuscini, mentre sulle loro facce erano dipinte espressioni di divertimento puro. Da dietro una spalla di Riley faceva capolino la faccia di Liz, e non sembrava per niente cupa come aveva sempre cercato di mostrarsi; sorrideva in modo genuino alla macchina e con il braccio sinistro abbracciava la vita dell'amica. Sembrava quasi di vedere delle foto da un universo parallelo…
Un'altra foto sembrava essere stata scattata di nascosto, una foto rubata mentre il soggetto era dolcemente appisolato davanti al finestrino di un treno: era Riley la protagonista della fotografia e se ne stava con la schiena piegata lateralmente verso un grande finestrino su cui poggiava la testa, mentre la mano sosteneva il mento poggiando con il gomito sul bracciolo del sedile. La foto era stata scattata dal posto accanto a quello della ragazza e Riley sembrava essere completamente assopita; fuori dal finestrino c'era una grande luce che inondava l'interno della carrozza, alla quale si aggiungevano delle figure mosse e indefinite.
La foto che venne dopo di quella mostrava di nuovo le tre ragazzine, questa volta sedute su un treno: Riley aveva rivolto la schiena al finestrino del treno per scattare la foto, e così aveva preso anche i sedili dall'altro lato del vagone, che erano risultati vuoti. Le ragazze erano disposte su due coppie di sedili, sulla destra c'erano Abigail e Alexandra, mentre a sinistra c'era Liz che guardava con un'espressione assonnata la ragazza che scattava la foto. Le due ragazze a destra erano molto più estatiche dell'amica a sinistra e sembravano fuori di sé per quel viaggio che stavano per intraprendere.
Andy andò ancora avanti con le foto e vide una foto che era stata scattata mentre Riley era di spalle: la ragazza rivolgeva il busto a uno spettacolare panorama montano e un po' nebbioso, mentre la testa sembrava essersi appena voltata per acciuffare la foto prima che le venisse scattata a tradimento. Riley sorrideva leggermente in quella foto, sembrava divertita e anche un po' stanca, ma soprattutto era serena. Il colore del cielo lasciava intendere che il sole fosse tramontato da un po' e gli abiti della ragazza facevano pensare a una sorta di escursione o gita.
La foto successiva era molto più buia ed era quasi impossibile intravedere qualsiasi cosa in quell'oscurità: Andy in un primo momento riuscì a capire solo che il soggetto non era Riley; più avanti riconobbe la pettinatura insolita di Duncan e capì che era il ragazzo ad essere stato immortalato questa volta. Duncan era sdraiato a pancia in giù su un materasso e sembrava pesantemente assopito; la testa piegata di lato si schiacciava con pesantezza sul materasso e l'unico occhio che si riusciva a intravedere era ben chiuso. La poca luce nella foto proveniva da dietro l'obiettivo, probabilmente una porta lasciata socchiusa mentre Riley era entrata di nascosto per rubare quello scatto all'amico…
Andy andò ancora indietro e scoprì che era passato un anno dalla prima foto che aveva visto, ovvero l'ultima che Riley aveva scattato con quella macchina fotografica; la nuova foto mostrava un primo piano della ragazza di allora tredici anni che rivolgeva uno sguardo languido all'obiettivo. Aveva una mano appena sotto la spalla e fissava intensamente la fotocamera con i suoi occhi scuri: il trucco che aveva addosso rendeva ancora più tetra la sua immagine; Riley aveva dei vestiti scuri addosso e sembrava estremamente pallida. Una ciocca dei suoi capelli biondi era colorata di verde, e questa scendeva fino al petto assieme agli altri capelli, più lunghi di quelli attuali della ragazza, sparendo dall'inquadratura. Guardando quella foto, Andy capì da dove fossero derivati i gusti nel vestire e lo stile delle sue compagne che frequentavano Riley.
Gli scappò un sorriso mentre passava oltre, immaginandosi una piccola Riley ancora nella sua fase di crescita, indecisa e ribelle, che vestiva in modo estremo e girava per le strade con quintali di trucco addosso; Riley lo notò, ma lasciò correre sapendo che nella memoria di quella macchina c'erano molte foto di cui si sarebbe vergognata. La foto che veniva dopo di quella appena vista mostrava i due visi molto ravvicinati di Duncan e Riley: il primo guardava la fotocamera e faceva una smorfia, tirando in fuori la lingua mentre incrociava i bulbi oculari, mentre la seconda non guardava nell'obiettivo. Rivolta verso il ragazzo, Riley stampava un bacio sulla guancia del suo amico, sorridendo e tenendo gli occhi chiusi come se stesse cercando di trattenere una risata. In quella foto sembrava che Riley e Duncan fossero fatti l'uno per l'altra; due ragazzi felici, uniti, che condividevano gli stessi gusti nel modo di vestire, perfino i loro capelli sembravano fare coppia. Sembravano essere all'aperto, di sera, perché la fotocamera era leggermente inclinata verso l'alto, e oltre ad alcune luci che assomigliavano a dei lampioni si poteva intravedere un cielo scuro. Per come erano vicini sembrava che fossero fidanzati, ma Andy non lo poteva sapere, non conosceva completamente la storia di Riley.
La foto seguente mostrava una Riley sorridente con alle spalle un mucchio di teste girate dall'altra parte che sembravano ignorare completamente il suo comportamento; era su un autobus, attaccata a uno dei sostegni per chi non trovava posto a sedere. Nonostante la luce rassicurante che filtrava dai finestrini del mezzo, la ragazza indossava abiti pesanti e sul giubbotto blu scuro si avvistavano diverse goccioline che riflettevano quella luce che, evidentemente, doveva essere la quiete dopo una tempesta.
Andy andò avanti con le foto e sullo schermo comparve una foto con una luce giallastra che illuminava la scena: Riley era seduta a un tavolo in quello che sembrava essere un bar in stile western, indossava un capello da cowboy e se ne stava stravaccata sulla panca mentre con una mano sollevava una bottiglia di birra da cui stava bevendo. La ragazza aveva dipinto in volto un leggero sorrisetto mentre beveva con le labbra che sfioravano il collo della bottiglia. I suoi occhi sereni sembravano quelli di una persona che la sapeva lunga. Aveva sempre il trucco scuro sugli occhi e sul viso, ma era più leggero delle altre foto; il suo modo di vestire invece non era del tutto sobrio, con una camicia di jeans strappata che le pendeva da una spalla, una magliettina nera e attillata con sopra disegnato un teschio definito e pieno di disegni incomprensibili, dei jeans scuri che non davano l'idea di essere molto comodi e un bracciale borchiato a completare l'opera posto sul polso sinistro. Andy provò ad immaginarsi una Riley come quella che aveva visto in foto, ma pensò che fosse quasi impossibile che la ragazza tornasse ad avere i gusti di quasi un anno addietro.
La foto dopo di questa faceva vedere un gruppo molto fornito di gente che si agitava e sorrideva; questa volta ad aver scattato la foto era stata la piccola Abigail: questo si poteva intuire dal fatto che il suo viso fosse il più vicino all'obiettivo, ma diversamente dalle foto scattate da Riley in quel modo, Abbie sembrava quasi non rendersi conto di dove fosse l'inquadratura e per questo il suo viso uscì tagliato per più di metà. Dietro di lei c'erano Riley, Duncan, Lizzie e Alexandra; le due ragazze più piccole stavano intorno a quello che sembrava un tavolo di legno e agitavano le braccia urlando qualcosa agli altri due ragazzi; Riley e Duncan erano seduti uno di fronte all'altra, si fissavano intensamente negli occhi mentre si sfidavano a braccio di ferro e cercavano di far cedere l'avversario in qualche modo con i loro sguardi. Andy non riuscì a capire se fossero in una casa oppure in un locale pubblico a causa della scarsa illuminazione, ma pensò che i quattro si fossero riuniti per qualche occasione speciale come una festa. Anche in questa occasione sembravano felici, un gruppo di amici che si divertiva a modo suo.
Passando avanti, Andy vide un'altra foto di un primo piano di Riley. La ragazza era seduta a un bar e fissava con scoramento l'obiettivo della macchina fotografica, mentre accanto a lei stava poggiata su un tavolo fuori dall'inquadratura una bottiglia di birra. I suoi occhi azzurri erano leggermente umidi, anche se non dava l'impressione di aver pianto, e le labbra della ragazza erano serrate in un broncio inespressivo. I suoi capelli, con la sua ciocca verde, erano più corti di alcune foto più recenti e non raggiungevano nemmeno le spalle della ragazza. La foto era datata solo ventiquattro ore prima di quella che Andy aveva appena visto, per questo non riuscì a spiegarsi quella differenza abissale tra una foto e l'altra.
Andy andò avanti sapendo di avere poco tempo e vide la foto seguente, che mostrava ancora una volta il viso della ragazza a distanza ravvicinata. Era stata di nuovo lei a scattarsi quella foto, e ancora una volta la sua espressione sembrava triste, ma questa volta la data era distante dall'altra foto e il motivo della tristezza della ragazza avrebbe potuto essere quel cerotto che aveva sulla fronte. Infatti il broncio di Riley sembrava alquanto ironico e nei suoi occhi si poteva leggere una certa vitalità che mancava nella foto di prima; sicuramente Riley aveva scattato quella foto solo per ricordare l'evento che le aveva procurato quella ferita nascosta dal cerotto.
Andando ancora avanti, Andy vide una foto di un letto bianco e apparentemente immacolato; guardando meglio poté scoprire che sotto le coperte ben pesanti si nascondeva il corpo raggomitolato della ragazza, il viso imbronciato e sofferente mentre chi aveva scattato la fotografia le mostrava un termometro che sbucava da sinistra nell'inquadratura. Fu strano vedere il letto di Riley con lei dentro mentre lui si trovava in quella stanza assieme a lei; non se lo era mai domandato, ma adesso si chiedeva come facesse quella ragazza a rimanere ferma a letto, data la sua natura turbolenta. E mentre si faceva queste domande, Riley notava che nel viso di Riley cominciavano a notarsi delle differenze che prima, nelle altre foto, non aveva notato; i lineamenti della faccia erano più delicati e anche lo sguardo di quella Riley del passato aveva una luce diversa: lentamente, Andy stava assistendo a una regressione in età di Riley.
Pur pensando che avrebbe potuto sembrare scortese a spulciare con così tanta attenzione quelle foto così personali, Andy andò avanti curioso di vedere altri aspetti della vita di quella ragazza che lui non conosceva. Era una persona normale, vivace, ma forse non era sempre stato così… Lo vide nella foto che si mostrò ai suoi occhi in quel momento, quando comparve sullo schermo una Riley dallo sguardo a metà tra l'adirato e il triste sotto la pioggia, accasciata a una parete di mattoni. La ragazza fissava con occhi di fuoco l'obiettivo della fotocamera e sembrava voler saltare fuori dallo schermo per prendere a morsi la faccia di Andy; che cosa l'aveva fatta reagire a quel modo, tanto da farla uscire per strada durante un temporale? I vestiti zuppi, i capelli appesantiti dall'acqua che le era piombata sulla testa, non facevano che rendere ancora più triste il suo aspetto nonostante lei sembrasse voler nascondere quel suo stato d'animo.
Passando oltre comparve un primissimo piano di Riley, ghignante e con i capelli davanti alla faccia. La ciocca verde spiccava sul suo colore chiaro, reso ancora più splendente dalla luce dorata del sole pomeridiano. La ragazza indossava un paio di occhiali da sole sugli occhi e mostrava i denti come se si stesse divertendo molto, mentre dietro di lei si intravedeva della sabbia dorata, un mare azzurro e un cielo infinito stagliarsi sopra il tutto. Riley era andata a mare, come avrebbe fatto un anno dopo circa assieme a Liz, Abbie ed Alex, ma questa volta Andy non sapeva se fosse da sola o no… La mancanza di altre foto sulla spiaggia gli fece pensare così.
In un'altra foto Riley era seduta ai piedi di un albero che si stagliava alto in mezzo a un grande prato verde. La ragazza era rivolta verso l'esterno dell'inquadratura e con occhi bassi e un sorriso delicato sfogliava un libro riposto in mezzo alle gambe, una distesa a terra e l'altra piegata verso l'altra. Indossava abiti leggeri e chiari e i suoi capelli erano più lunghi di quanto fossero ora. Decisamente, quella foto non poteva averla scattata da sola, doveva esserci stato per forza qualcun altro ad aiutarla vista l'inquadratura particolare che prendeva solo da un lato la figura di Riley mentre lasciava lo spazio libero sulla parte destra della foto, mostrando il resto del parco e un cielo terso da nubi. Anche quella Riley era diversa dalla "versione finale", per qualche motivo… Andy non riusciva a immaginarsi la ragazza che si metteva in posa per fare una foto dopo aver chiesto a un'altra persona di scattargliela.
La foto che seguiva era una foto di gruppo, dopo tanti scatti in solitaria. C'erano di nuovo le tre amiche di Riley che si stringevano forte, l'una accanto all'altra, con lei in mezzo al gruppo; sorridevano tutte quante e un paio di loro sembravano sul punto di perdere l'equilibrio e cadere a terra. Riley era nel centro assieme a Lizzie, che ghignava in tono di sfida alla macchina fotografica sorretta da Alexandra sulla sinistra; a destra c'era Abigail che sorrideva mentre la luce del sole la colpiva in pieno sul viso, dandole un aspetto quasi etereo. Le quattro ragazze erano vestite con abiti scuri, ma non avevano trucchi troppo pesanti addosso, ciò poteva significare che non si fossero preparate per andare da qualche parte. Erano in uno spiazzo di sterrato stranamente familiare; solo dopo alcuni secondi passati a scervellarsi, Andy riconobbe il "luogo segreto" di Riley, il cantiere abbandonato dove aveva portato anche lui alcuni giorni prima. In quella foto le ragazze sembravano un normalissimo gruppo di amiche, spensierate e piene di sogni, un'immagine lontana da quella che aveva visto il ragazzo negli ultimi giorni, con tutte le rivalità palesi tra Riley e Lizzie… Adesso invece sembravano due buone amiche, molto affiatate per come si stringevano nella foto, tanto che secondo lui avrebbero potuto definirsi "amiche del cuore". Gli venne da ridere quando notò, in alto a sinistra, un paio di dita forse appartenenti ad Abigail che facevano da corna ad Alex.
Una nuova foto mostrò la Riley di quasi due anni prima riflessa nello specchio di un bagno, mentre il flash della fotocamera accecava la vista e impediva di vedere parte del viso della ragazza, ma lasciava appena visibile un sorriso smagliate sulle sue labbra e i suoi capelli biondi con la ciocca verde che ricadevano dall'altro lato.
La foto che venne dopo di quella mostrava Riley seduta a un piccolo tavolo con in testa un cappellino da festa, ma con in volto un'espressione da galera. I capelli erano più corti del solito e la ciocca verde spiccava timidamente in mezzo al colore biondo; davanti a lei c'era una torta dall'aria non molto gustosa con sopra tredici candeline. Non sembrava per niente contenta di quella festa che stavano festeggiando lei e la persona che le aveva scattato la foto, ma sembrava stare bene nonostante quello. La data corrispondeva a quella della foto in cui Riley appariva sola e sconsolata in un bar ed era molto vicina alla foto che era scattata un giorno dopo assieme a Duncan e le amiche di Riley, quindi il ragazzo pensò che si trattasse della stessa festa che stavano celebrando; le candeline sulla torta gli suggerirono che si trattasse del compleanno della ragazza.
Dopo di quella foto Andy vide un'altra immagine della ragazza da sola, con i capelli ancora più corti di prima e con una piccolissima ciocca verde quasi invisibile in mezzo. La ragazza era nella sua camera, Andy poté capirlo dal cuscino che sporgeva da un angolo alle sue spalle, e l'obiettivo era molto ravvicinato al suo viso; la sua espressione non era per niente serena, anzi sembrava guardare con dispiacere un punto dietro la macchina fotografica, mentre sbuffava insoddisfatta per qualcosa. La ragazzina aveva una faccia completamente diversa da quella attuale, non soltanto per il taglio di capelli differente, ma anche a causa della sua differenza in età: allora Riley aveva dodici anni e probabilmente era molto diversa anche caratterialmente da come era adesso. Andy si stava chiedendo quando fosse avvenuto il cambio radicale della sua natura, perché da alcune di quelle foto sembrava essere molto diversa dalla ragazza scontrosa e ribelle che conosceva lui. Se avesse avuto un po' più di tempo si sarebbe voluto fermare ad esaminare meglio le fotografie…
Nella foto seguente c'erano Duncan e Riley assieme seduti su delle poltroncine che Andy aveva visto in casa; la ragazza aveva legata attorno alle tempie una bandana arancione e sembrava essere piuttosto fiera di quella mentre sbuffava con decisione tenendo gli occhi fissi sulla macchina fotografica. Questa volta i suoi capelli non si riuscivano a vedere a causa della bandana che riusciva a nasconderli tutti, ma per qualche motivo la scena era particolarmente divertente perché dietro di lei, su un divanetto più ampio, Duncan si stava scompisciando dalle risate mentre riusciva a malapena ad alzare lo sguardo verso di lei. Nonostante le risate di Duncan, a Riley non sembrava importare quanto potesse sembrare ridicola con quella cosa sulla testa, e nemmeno Andy sembrò cogliere la comicità della scena in un primo momento…
La foto seguente mostrava ancora una volta il viso di Riley illuminato dal flash della fotocamera, ma questa volta c'era qualcosa di diverso dalle altre foto: innanzitutto la ragazza portava in testa un capellino di lana nero che nascondeva completamente i suoi capelli, e poi il suo sguardo era diverso, con i suoi grandi occhioni azzurri che fissavano la macchina… Mentre prima l'espressione insoddisfatta di Riley sembrava derivare da qualcosa di temporaneo e quasi insignificante  – ma che sembrava turbare molto la ragazzina – adesso aveva dipinto in viso un debole sorriso incoraggiante, figlio di un ottimismo sopito che sembrava accompagnare quella ragazzina da un po' di tempo. Il motivo di tutto quell'ottimismo era difficile da scoprire, ma forse si sarebbe potuto scovare nelle altre fotografie rimaste…
E Andy aveva immaginato bene. Quando passò all'altra fotografia quasi gli scappò una grossa risata: si mise una mano alla bocca mentre tratteneva un colpo di tosse fuso con una risatina dovuto a quella foto. Il soggetto era Riley, ma si trattava di una Riley che non aveva mai visto prima: la ragazzina era accucciata a terra con aria afflitta, rossa in viso dalla vergogna, e rivolgeva uno sguardo truce all'obiettivo, dietro il quale stava probabilmente Duncan; ma a suscitare una tale reazione nel ragazzo fu la testa completamente rasata della ragazzina su cui si vedevano delle strane macchie di colore verde. Forse si trattava della prima volta che la ragazza avesse provato a tingersi i capelli, oppure uno scherzo di qualcuno ai suoi danni… Qualunque fosse l'origine di quella foto, Riley doveva ricordarsela bene perché quando vide ridere Andy diventò rossa dall'imbarazzo e cercò di non darlo a vedere liberando una piccola risatina.
Adesso Andy capiva perché i capelli di Riley si fossero accorciati così drasticamente nelle foto precedenti e del perché la ragazza sembrasse tanto triste di quello; capiva anche perché avesse cercato di nascondere la sua testa nelle foto precedenti, visto che ancora i suoi capelli dovevano essere troppo corti per piacerle… Continuando a sghignazzare, Andy andò avanti con le foto e vide una foto della solita Riley dai capelli lunghi e di un Duncan che rideva mentre faceva vedere una piccola collana dorata che pendeva dalle sue dita; anche Riley aveva qualcosa tra le mani, una spilla argentata che rifletteva la luce del flash della macchina fotografica. I due ragazzi erano stretti l'uno all'altra e attorno a loro si vedeva solo oscurità, tranne che in fondo dietro le loro spalle, dove sembrava esserci una grande vita per le strade illuminate dai lampioni della sera. Probabilmente, quelle cose che stavano mostrando con tanto orgoglio erano il frutto di una serata passata a borseggiare la gente nella confusione della sera, e i due ragazzi dovevano essersi rintanati in un vicolo buio per poter scattare la foto dei trofei della loro caccia senza preoccuparsi di essere scoperti. Quella foto fece storcere il naso a Andy, che non approvava che Riley rubasse e ancora di più che Duncan la incitasse a fare una cosa del genere, però non poté non pensare che fossero in qualche modo carini mentre mostravano tanta contentezza per della refurtiva.
In un'altra foto compariva la ragazzina con in volto un'espressione decisamente poco divertita, rinchiusa in una cella molto simile a quella da dove l'aveva tirata fuori Andy. La foto era stata fatta dall'esterno della cella e la ragazza guardava male l'obiettivo mentre stringeva con rabbia le sbarre che le impedivano di uscire. Aveva dei vestiti scuri addosso e un bel po' di trucco sul viso, come in molte altre foto, ma non sembrava preoccuparsi dello stile in quel momento… Tuttavia sembrava che quella situazione non fosse troppo seria; nell'angolo della foto compariva un agente tagliato dall'inquadratura che teneva in mano un mazzo di chiavi mentre si avvicinava alla serratura della cella della ragazzina. Doveva trattarsi di un evento speciale, dato che qualcuno aveva deciso di scattarne una foto, e così Andy pensò che quello fosse stato il primo arresto di Riley e che Duncan fosse andato a pagare la cauzione e avesse portato con sé la macchina fotografica; se l'idea che si era fatto del ragazzo dai capelli verdi era giusta, se lo sarebbe immaginato dietro la macchina fotografica che si sbellicava dalle risate mentre il poliziotto liberava quella Riley tanto adirata.
Nella foto che venne dopo di quella Andy riconobbe prima il luogo e poi le persone presenti assieme a Riley: si trattava della sua classe di scuola, un paio di anni prima che conoscesse Riley. Assieme alla ragazza stravaccata su una sedia e con i piedi su un banco di fronte a lei c'erano le tre inseparabili amiche, Lizzie, Abbie ed Alex. Loro comparivano sullo sfondo della foto, Lizzie era in piedi davanti a una delle finestre munite di sbarre mentre Abbie e Alex erano sedute assieme su due banchi uniti e poggiavano l'una la schiena a quella dell'altra; a parte Riley, che guardava con un ghigno superiore la fotocamera, le ragazze sembravano assenti e guardavano tutte in punti diversi della stanza, come assopite nei loro ragionamenti. E così Andy aveva scoperto anche che Riley aveva già visto la sua classe chissà quante volte…
Nella foto seguente il soggetto non fu più Riley, ma Duncan: il ragazzo era seduto a un tavolino nel soggiorno della casa e stava ricurvo su di un uccellino con un'ala fasciata che se ne stava appollaiato comodamente in una scatola per scarpe, imbottita con un po' di aghi di pino e rametti per rendere la permanenza più familiare al suo piccolo ospite. Sorrideva amabilmente mentre guardava l'uccellino e lo accarezzava dietro la testa con un dito. Riley, probabilmente, era dietro l'obiettivo della macchina fotografica che scattava la foto, e a Andy piacque immaginare che stesse sorridendo anche lei in modo simile a Duncan, che avesse dei gusti e una sentimentalità diversa da quella che mostrava attualmente.
Andando avanti comparve una foto di tutti e due i ragazzi, un'altra volta: Riley, molto più magra di come fosse abituato a vederla Andy e con i capelli più corti del solito, teneva la macchina fotografica con una mano e la rivolgeva verso di loro mentre con il braccio libero stringeva con forza Duncan e poggiava la fronte sul suo petto con amorevolezza. Sul suo viso era dipinta un'espressione di gratitudine e felicità che poche volte Andy aveva visto; Duncan a sua volta sorrideva con serenità mentre con una mano cingeva le spalle della ragazzina e la teneva stretta a sé. Sembrava quasi che fossero più che due amici, come se Riley dovesse la vita a quel ragazzo che l'aveva ospitata per tutto quel tempo. La data della foto corrispondeva a tre anni fa, Andy non riusciva a credere che fosse andato così indietro nel tempo e nella storia di Riley.
Un altro scatto, datato lo stesso giorno, mostrava ancora la piccola e sciupata Riley che se ne stava sdraiata sul suo letto. Sorreggeva la fotocamera con entrambe le mani e la teneva in alto molto lontano dalla sua faccia, così da prendere anche il letto e quello che le stava attorno; sul suo viso c'erano gli occhi speranzosi di chi sembrava aver finalmente raggiunto la pace dopo tanta fatica e il sorriso di chi stava bene dove si trovava. Era felice, anche se Andy non sapeva esattamente perché lo fosse…
Un'altra foto scattata sempre nello stesso giorno delle altre due mostrava una sorridente Riley mentre guardava incredula l'obiettivo della fotocamera, mentre alle sue spalle appariva il soggiorno della casa di Duncan; l'obiettivo di scattare quella foto sembrava essere quello di mostrare la stanza e la casa in generale, perché Riley era quasi fuori dall'inquadratura nella foto. La ragazzina era ancora più magra delle foto precedenti e i capelli lunghi e disordinati erano sporchi, ma sembrava non preoccuparsi di quel suo aspetto così sciupato.
L'ultima foto scattata nello stesso giorno delle altre tre era un'immagine della facciata del palazzo in cui si trovavano lui e Riley in quel momento. I colori del palazzo erano gli stessi che aveva visto quel giorno Andy e il cielo era invaso da nubi grigie e preoccupanti. Non aveva la più pallida idea di perché la ragazza avesse voluto scattare una foto così casuale e semplice, priva di alcun significato apparente, ma pensò che se glielo avesse chiesto avrebbe capito tutto; non aveva molto tempo per farlo però.
Andy pigiò di nuovo il pulsante con la freccia a sinistra sulla fotocamera e vide un'altra foto molto diversa da quelle che aveva visto poco prima: questa volta c'era di nuovo Riley di fronte alla fotocamera, ma era come non l'aveva mai vista prima. La ragazzina aveva un'espressione così sconsolata da mettere chiunque a disagio in quella situazione, mentre fissava con occhi gonfi la macchina fotografica e stringeva in una mano un accendino con una piccola fiammella accesa di sopra. La ragazzina era molto più magra delle altre foto e se ne stava accovacciata sotto un riparo di fortuna al lato di un marciapiedi mentre attorno a lei sembrava esserci un forte diluvio. Era bagnata fradicia e le labbra semischiuse sembravano suggerire che stesse sussurrando qualcosa con flebile voce. Guardando la data, Andy si rese conto che quella foto era stata scattata nello stesso giorno delle altre due foto che Riley aveva scattato nel giorno del suo compleanno, quindi quello era stato il primo compleanno passato da sola, sotto una pioggia torrenziale e in mezzo a una strada. Trasmetteva una forte tristezza guardare quella foto, Andy non riusciva a immaginare come avesse potuto vivere da sola a quel modo, e il fatto che fosse ancora più giovane di quanto fosse adesso lo faceva stare ancora peggio.
Il ragazzo avrebbe voluto saltare nella macchina fotografica per entrare nella foto e abbracciare quella piccola Riley sconsolata e triste, per farla stare un po' meglio, ma sapeva che Riley adesso era molto diversa da allora e che quindi non sarebbe servito a niente anche se fosse stato possibile. Passò avanti non potendo più guardare quella foto tanto opprimente e sullo schermo comparve una foto della strada. Era proprio una strada vista da un lato, chi l'aveva scattata doveva essere seduto per terra con la schiena poggiata a un palazzo mentre tutti i passanti lo evitavano o gli passavano davanti senza neanche degnarlo di uno sguardo, e le automobili sfrecciavano di fronte ai suoi occhi facendogli sognare di poterne possedere una in modo da andare via da lì. Andy sapeva che era stata Riley a scattare quella foto, quando ancora viveva per strada e non aveva nessuno su cui contare, ma sperava che le apparenze non fossero reali e che in realtà Riley non avesse mai dovuto dormire per strada, mendicando per avere qualcosa da mangiare. In questo senso, Andy pensò che fosse stata davvero una fortuna che Riley incontrasse Duncan…
C'erano ancora tre foto che Andy doveva vedere. Premette il pulsante con la freccia per andare indietro e vide la prossima: era la foto di una casa molto carina, ben curata e dall'aria accogliente, con un giardino ampio e grazioso. Sembrava essere stata scattata da dietro il finestrino di un'automobile o un autobus mentre partiva, come se Riley volesse avere un'immagine di quella casa in particolare prima di andarsene per sempre. Ma dove si trovava? Andy non credeva di aver mai visto una casa simile in città, e non credeva che si trattasse della vecchia casa di Riley a San Francisco. Forse Riley aveva trovato la sua prima casa nel Minnesota e aveva voluto scattarle una foto? Ma se era tornata lì, perché non vi era rimasta?
La penultima foto era meno criptica di quella appena vista, ma sempre sprovvista di molti indizi: era la foto del corridoio di un autobus scattata da dietro uno dei sedili più interni. Non c'era nessuno e dalla poca luce proveniente dalle lampade sopra i posti a sedere Andy immagino che fosse notte; quella doveva essere la vista che si era mostrata a Riley per parecchio tempo durante il suo viaggio, un autobus vuoto e per niente rassicurante che avanzava inesorabile lungo una strada buia e sconosciuta mentre una ragazzina come Riley, piena di speranze e incertezze, non vedeva l'ora di scendere da lì per accogliere la sua nuova vita, ma che sperava anche di non doversene pentire.
Quella foto non era particolarmente triste o importante, Riley doveva averla scattata per ricordare il viaggio che aveva fatto da San Francisco fino a lì, ma chissà se fosse stato veramente come aveva immaginato Andy… L'ultima foto, infine, fece venire i brividi a Andy per la sua tristezza e solitudine.
Eccola lì, l'allora undicenne Riley che teneva con entrambe le mani la macchina fotografica e fissava intensamente il suo obiettivo. Uno sguardo fisso, imperturbabile, che sembrava testimoniare una decisione irremovibile della ragazzina, ma in quegli occhi così duri compariva anche un'altra emozione che non era la rabbia di essere stata costretta a lasciare casa, né la delusione per aver lasciato tutto: c'era un vuoto difficile da intravedere nei suoi occhi che faceva capire quanto fosse confusa e indecisa la ragazzina quando aveva fatto quella scelta; c'era la tristezza di non essere mai riuscita ad andare bene in ciò che avrebbe dovuto fare e il rifiuto di accettare tutto quello. Riley stava compiendo un grosso passo nel buio quel giorno e sperava che fosse nella direzione giusta, ma allo stesso tempo non voleva guardarsi indietro; seduta in modo piuttosto scomodo sul sedile di un autobus, con la schiena incurvata in avanti, accanto al finestrino e senza nessuno accanto sull'altro sedile, Riley continuava a fissare la macchina fotografica forse per poter mentire a sé stessa per far vedere la sua determinazione, e un giorno lontano riguardare quella foto e pensare di aver avuto ragione…
Andy abbassò la macchina fotografica e alzò gradualmente lo sguardo fino a incontrare quello di Riley. Erano rimasti fermi e in silenzio per parecchio tempo, la ragazza pensava che si fosse incantato davanti a quelle foto. Lei se ne stava con la testa piegata lateralmente e gli rivolgeva un mezzo sorriso di complicità, mentre Andy teneva la bocca semichiusa e la fissava con occhi esterrefatti.
<< Com'è stato? >> Disgusto azionò la voce di Riley per evitare che la ragazza rimanesse in silenzio e rovinasse quel momento. Poteva essere davvero l'occasione giusta per ottenere la liberà.
Andy la fissò cercando inutilmente le parole per rispondere. Dopo alcuni tentativi, disse:<< Come vivere un'altra vita… >>
Riley abbassò lo sguardo annuendo e per un attimo il suo mezzo sorriso sparì. Sentì una sorta di nostalgia per quei giorni semplici passati con gli amici, pieni di incertezze ma anche carichi di vita. Lei non aveva guardato le foto assieme a Andy, ma le conosceva perfettamente una ad una perché ognuna di quelle foto ricordava un evento molto importante per la ragazza.
Andy si sentì in imbarazzo quando vide che la conversazione si era arrestata. Per poter dire qualcosa, porse la macchina verso la sua proprietaria:<< Tieni. >> Disse con un sorriso incoraggiante. << Ricordi così vanno conservati gelosamente. >>
Riley alzò lo sguardo confusa e accettò il dono del ragazzo mentre questo cominciava ad avviarsi verso l'uscita.
<< Siamo stati fortunati a non trovare nessuno, ma ora andiamocene! Potrebbe arrivare qualcuno da un momento a… >> Il ragazzo fu interrotto da Riley prima ancora che potesse completare la frase. << Aspetta! >> La ragazza si girò rapidamente verso di lui e gli cinse il collo con il braccio ammanettato mentre con la mano libera teneva in alto la fotocamera puntata su di loro; sorrise nel modo più spontaneo che le venne e attese che Andy comprendesse le sue intenzioni in modo da potersi mettere in posa a sua volta prima di scattare la foto. Quello era un ricordo che mancava ancora nella collezione di Riley.
La foto venne bene illuminata, con entrambi i visi dei ragazzi riconoscibili e sorridenti; erano sereni, felici, mentre dal basso si intravedevano le manette che tenevano legati i polsi di Riley e Andy; le punte blu dei capelli del ragazzo scintillavano di riflesso alla luce. In quella foto la ragazza era diversa dalle altre foto scattate in passato, era più felice nonostante tutte le sue disavventure e tutti i pericoli; nonostante la situazione attuale fosse ancora critica, si era sforzata di sorridere perché voleva farlo! Voleva essere felice, e pensava che con l'aiuto di Andy potesse esserlo di nuovo.
Riley sorrise prima di alzare lo sguardo verso il ragazzo, ma nel farlo notò che da una delle sue mani colava del sangue. Colta da un improvviso brivido, la ragazza chiese:<< Oh mio Dio! Andy, cos'hai? >>
Il ragazzo sembrò non accorgersene finché non ebbe alzato la mano ferita: aveva un lungo e profondo taglio sul palmo della mano destra, doveva esserselo procurato durante la loro fuga dal fast food, quando aveva rotto il vetro della porta. << Oh… >> Mormorò quasi assente.
Riley lo prese dalla mano sana e lo tirò subito in cucina, dove lo fece sedere prima di andare a prendere del disinfettante, cotone e un po' di bende. << Non puoi restare in questo stato! >> Lo rimproverò mentre versava del disinfettante su una balla di cotone. Sperava che Andy non odiasse il disinfettante come lei e cominciò a premere il cotone sulla sua ferita.
Il ragazzo fece un verso di dolore quando sentì la carne viva bruciare a contatto con il liquido disinfettante. Fece una smorfia che suscitò un sorrisetto in Riley, e lei gli disse con tono di scherno:<< Non fare la femminuccia ora. >>
Dopo di quello, Riley si assicurò che il cotone rimanesse ben adiacente al palmo del ragazzo mentre afferrava il rotolo di garze e cominciava a tirarlo. Arrotolò le bende attorno al cotone per fare in modo che rimanesse legato alla mano di Andy e quando ebbe finito strappò le garze con un rapido strattone.
<< Ecco qua, dovrebbe andare meglio… >> Sussurrò sorridendo alla mano fasciata del ragazzo. Andy fissò confuso la sua mano prima di alzare lo sguardo e sorridere a Riley.
<< Grazie, Riley. >>
La ragazza alzò lo sguardo a sua volta, ma non si aspettò una cosa simile. Sospirò cercando di nascondere il proprio imbarazzo e rispose con dolcezza:<< Grazie a te, Andy. >> Si alzò dalla sedia su cui si era seduta per medicare la ferita di Andy e fece un passo indietro prima di concludere con un bacio sulla guancia del ragazzo. Dopo di quello gli rivolse un sorrisetto vispo e cominciò a camminare lentamente verso l'uscita. Andy la seguì subito, pur essendo ancora confuso da quello che era successo.
Chiusero a chiave la porta e scesero in fretta le scale, Riley noncurante della caviglia che ormai si stava abituando al movimento. Uscirono in strada e si affrettarono ad allontanarsi dal portone di entrata del palazzo; andarono dritti dentro a un vicolo e si fermarono un momento a pensare.
<< Ormai l'unica cosa che resta da fare è andare via di qui… >> Mormorò Riley appoggiando la schiena a una parete del vicolo mentre Andy se ne stava dritto in piedi di fronte a lei.
<< Come te ne andrai? >> Chiese il ragazzo guardandosi intorno, tenendo le mani ai fianchi.
Riley alzò lo sguardo al cielo e ci pensò un attimo. << L'unico modo è la corriera. Non so ancora come farò, ma sono fiduciosa del fatto che riuscirò a lasciare questo posto! >>
Andy sorrise abbassando lo sguardo. Sembrò triste quando fece quel movimento, prima di allungare una mano verso una tasca ed estrarvi una vecchia chiave opaca. << Immagino che sia arrivato il momento di usarla… >> Sospirò guardando un'ultima volta negli occhi di Riley.
Rabbia non credeva ai suoi occhi, e nemmeno Disgusto che aveva lavorato tanto per arrivare fino a quel punto. Nessuno nel Quartier Generale si aspettava di vedere Andy che liberava Riley di sua spontanea volontà. Gioia, da parte sua, fu dispiaciuta di vedere quella scena, perché significava che la loro avventura con Andy era finita.
<< Prendila! >> Sussurrò incredulo Rabbia, impaziente di riavere la liberta.
Disgusto scosse la testa. << Aspetta che lo faccia lui. >> Pur non condividendo la sua idea, il piccoletto rosso dovette accettare.
<< E' un addio, dunque…? >> Sussurrò Riley mostrando un leggero sorriso amichevole.
Andy rise piano. << Spererei di no. >>
La ragazza sospirò profondamente mentre Andy si avvicinava con la chiave in mano. Stava morendo dalla voglia di potersi muovere di nuovo liberamente, ma doveva avere pazienza. << E come farai con tuo zio? Se ti chiederà che fine ho fatto… >>
Alla domanda di Riley, Andy rise ancora, questa volta mostrando anche un ampio sorriso. << Vorrà dire che forse dovrò scappare anche io, prima o poi! >> La risposta suscitò una risata in Riley, che non riuscì a trattenersi. E come poteva farlo? Era euforica! Finalmente stava per essere liberata, se ne sarebbe andata di lì e non avrebbe dovuto più preoccuparsi di niente.
<< Ci siamo…! >> Rabbia era sul punto di scoppiare dalla felicità, mentre Disgusto e Paura erano tesi come corde di violino davanti a quello schermo.
Proprio quando Andy stava per infilare la chiave nel meccanismo delle manette, però, delle luci blu attirarono la sua attenzione in strada. C'erano un paio di volanti della polizia che stavano parcheggiando proprio di fronte al palazzo dove abitava Duncan. Dalla prima automobile scesero suo zio, il ragazzo dai capelli verdi, che aveva un'aria davvero esausta, e due adulti che non aveva mai visto prima, un uomo e una donna.
<< E' qui dove ha vissuto nostra figlia per tutto questo tempo? >> Chiese un uomo magro e alto, dall'aria davvero provata. Al sentire quella voce, Riley ebbe un tuffo al cuore.
Rispose lo zio di Andy alla domanda dell'uomo. << Sì, signor Andersen. Il signor Claw ha ospitato Riley per tre anni fino ad ora… >>
Si intromise nella discussione Duncan, che saliva lentamente gli scalini di fronte al portone di ingresso:<< Avrei voluto fare molto di più. >> Si voltò per guardare negli occhi l'uomo che aveva parlato prima. << Mi dispiace molto, signori Andersen… Se avessi conosciuto la vera storia di Riley, di certo non l'avrei nascosta con me. >>
La donna, che portava un paio di occhiali rossi e aveva i capelli raccolti in una coda di cavallo, sembrò voler rassicurare Duncan:<< No, Duncan… Lei ha fatto davvero tanto per la nostra bambina, è stata fortunata a incontrarla. >> Anche quella voce fece venire i brividi a Riley, e la ragazza capì che non poteva più restare lì.
Duncan abbassò lo sguardo sussurrando qualcosa che Andy non riuscì a capire, anche perché in quel momento Riley cominciò a parlare in preda al panico. << Ehi! Forza, dobbiamo andarcene! Non vedi che sono arrivati gli sbirri? >>
Ma Andy non sembrò carpire il suo messaggio. La fissò con fronte aggrottata e sussurrò il nome:<< Andersen… >>
<< Dai! >> Lo supplicò a denti stretti lei, sperando di attivare qualcosa nella sua testa. Ma era tardi, i meccanismi dei suoi ragionamenti si erano già attivati e in quel momento Riley stava davvero rischiando grosso.
Se ne rese conto quando il ragazzo esclamò pieno di stupore:<< Quelli sono i tuoi genitori! >>
Rabbia, così come Disgusto e Paura accanto a lui, ebbe un sussulto. Diversamente dagli altri due, però, lui sembrò prendere la cosa molto peggio. << Dammi i comandi! >> Ordinò voltandosi verso Disgusto.
L'esserino verde rispose sconcertata:<< No! >>
<< Sono veramente i tuoi genitori, Riley…? Ma non sembrano cattive persone… E anche Duncan che li sta accompagnando, sembra più gentile di come tu lo avessi descritto. >> Andy non ci stava capendo più niente, la sua voce sembrava quella di un bambino spaventato. << E poi quella cosa che ha detto… >>
<< Ti ho detto di darmi i comandi! >> Urlò Rabbia mentre Paura cercava di trattenerlo dal lanciarsi addosso a Disgusto.
<< Non puoi! Avevi detto che mi avresti lasciato la possibilità di convincere Andy fino a questa sera…! >> Ribatté Disgusto sul punto di crollare: allo stesso tempo doveva rispondere a Rabbia e tenere d'occhio lo schermo per non perdere quello che stava succedendo a Riley. Doveva essere pronta a reagire in modo da saper rispondere a Andy, o fare qualunque altra cosa, anche se in realtà non credeva di essere più tanto sicura.
Gioia assisteva impaurita alla scena con occhi spalancati, incredula che Rabbia potesse perdere di nuovo il controllo, speranzosa che Andy facesse la cosa giusta, preoccupata per quello che sarebbe potuto accadere dopo.
Andy continuava a parlare da solo, mentre Riley sperava di convincerlo a sbrigarsi. Ma lui aveva quasi messo insieme tutti i pezzi. << Ha detto di non conoscere la tua… "Vera storia"? >>
Alzato lo sguardo, vide una Riley pallida e sudata, ricurva verso di lui che sembrava sul punto di dire qualcosa. Non sapeva che nella sua testa, in quel momento, Rabbia stava dando un pugno in faccia a Paura per liberarsi di lui e si stava avventando su Disgusto per farla mettere da parte; non sapeva che con uno spintone, l'ometto rosso aveva cacciato Disgusto dai comandi e aveva preso il controllo della situazione, facendo venire un colpo a Gioia che aveva assistito a tutto quello.
<< Sì. >> Rispose Riley mostrando un leggero sorriso, mentre Andy la fissava confuso e combattuto. Quel sorriso però era diverso da quelli che aveva mostrato prima al ragazzo, quando erano ancora in casa; quel sorriso non era per niente un sorriso, ma un ghigno appena nato e che stava già per morire. Riley ripeté la sua risposta:<< Sì, ha detto proprio così. E sai una cosa, ha perfettamente ragione: qui nessuno ha mai conosciuto la mia vera storia. Né Duncan, né Lizzie… E neppure tu. >>
La ragazza piegò la testa di lato mentre un altro ghigno compariva sul suo viso; di riflesso, Andy fece un passo indietro intimidito da quel volto così agghiacciante e cercò di ribattere balbettando qualcosa. << Ma… Ma allora che… >>
<< Non capisci? Perché non mi sorprende? Tu non capisci NIENTE! >> Urlò Riley fuori di sé per un attimo, prima di tornare a parlare sottovoce. << Infatti tu sei solo un idiota! Un piccolo e innocente bambino che crede a tutto quello che gli si dice. >> Imitò una voce acuta e stupida quando disse quello e finse di star parlando con un bambino. Cominciò a gesticolare come una matta e a fare facce inquietanti mentre parlava da sola, fingendo di imitare Andy:<< Sono così bravo a cambiare la gente, sono così intelligente da ammanettarti a me… >> Si fermò un attimo guardandolo con occhi infuriati e facendo un verso di disappunto. << L'unica cosa in cui sei bravo è farti raggirare. Ti sono stata dietro per tutto questo tempo, ti ho detto tante cose carine per farti credere in te, e ora rischio anche di essere scoperta da quella gente… Dammi quello che mi avevi promesso e finiamola qui! >>
Riley alzò il polso ammanettato per indicare a Andy di farsi liberare e rimase in attesa della risposta del ragazzo. Andy non riusciva a credere alle sue orecchie. Aveva creduto veramente che Riley fosse cambiata, che fosse stata onesta con lui? Ovviamente era così, perché era troppo ingenuo per non credere a tutte le idiozie che gli aveva rifilato lei, eppure anche adesso non sembrava in grado di risponderle. Riley si stava aspettando una sfuriata, qualcosa di incontrollabile, perché aveva capito come fosse fatto il ragazzo; sotto quello spessissimo strato di ingenuità dormiva una bestia incontenibile che aveva cercato di risvegliare per tutto quel tempo. In un certo senso, Riley sperava che Andy facesse qualche pazzia…
Il ragazzo però non si mise a urlare, non cominciò a inveire contro di lei. L'unica cosa che fece fu cominciare a tremare mentre la sua voce veniva meno. << E così… Tutto quello che hai fatto è stato mentire? >> Chiese senza aspettarsi una risposta; Riley stessa non gliela diede e si limitò a guardarlo con superiorità. Il ragazzo strinse i denti abbassando lo sguardo, e in quel momento la ragazza vide i suoi occhi inumidirsi. << Allora è stato tutto inutile? Non hai imparato niente? >>
Questa volta Riley si limitò a muovere la testa da destra a sinistra per dare un messaggio chiaro a quel ragazzo che, per lei, era solo uno strumento.
Andy sospirò profondamente, lentamente. Aspettò forse che gli arrivasse la forza di ribattere, ma non fece niente. Fu Riley che decise di dargli una spinta.
<< Lo sapevo che non avevi le palle. >> Il ghigno compiaciuto della ragazza si parò di fronte al viso in lacrime di Andy. Quella era la stessa cosa che gli aveva detto quando si erano incontrati in prigione, e lui aveva reagito liberandola e ammanettandola a sé. Stava cercando di fargli fare qualcosa di simile, di nuovo?
Questa volta, però, Andy non ci cascò. << Sai una cosa? Vaffanculo! >> Sbottò a un certo punto cercando di sembrare adirato. Non fu molto minaccioso, Riley si mise addirittura a ridere di fronte alla sua faccia, ma non gli importò. << Io ho creduto in te, ho sperato che potessi essere più di quello che sei realmente… Mi sono sbagliato, ma questo non ti rende migliore di me! Io almeno ho provato a fare qualcosa di buono. >> Si picchiò il petto con le punte delle dita mentre Riley lo ascoltava compiaciuta. << Io sono stato l'unico che è riuscito a tenerti legata a sé per così tanto tempo, e anzi adesso potrei ancora continuare a farlo buttando via questa stupida chiave! >>
<< Non lo farà. >> Si limitò a borbottare tra sé e sé Rabbia, mentre Andy alzava il tono di voce gradualmente.
<< Ho sbagliato in tutto, è vero… Tuttavia sono fiero di aver fatto tutto questo! Ho comunque dimostrato di essere una persona migliore di te! Anche se avrei dovuto lasciarti a marcire in quella cella fino all'arrivo dei tuoi genitori… >> Rise. << Quello sì che sarebbe stato divertente da vedere! >>
<< Datti una mossa, bambolo! >> Ringhiò Paura nella testa di Riley. Avrebbe tanto voluto far dire quelle parole alla ragazza, ma non era una buona idea…
<< E ora che farai? >> Chiese Riley spostando il peso sulla gamba più forte e poggiandosi una mano sul fianco opposto. Sorrideva vittoriosa, come se sapesse già che Andy non avrebbe fatto nulla per fermarla. E infatti era così.
Ma Andy non le avrebbe dato l'ultima parola. << Io non farò proprio niente. >> Rispose scuotendo la testa. Infilò la chiave nelle manette e liberò i polsi di entrambi con un rapido scatto. Un gesto tanto semplice era stato così difficile da ottenere… << Non posso cambiare la natura di un delinquente, ormai l'ho capito… >> Disse indietreggiando. << Posso solo smettere di aiutarti e sperare che un giorno ti prendano. >>
Riley si massaggiò il polso mentre Andy diceva queste cose. Non sembrò nemmeno ascoltarlo per un momento, quando concentrò lo sguardo sulle proprie mani.
Andy rise quando si rese conto di essere già sparito dalla mente di Riley. << Sì… Davvero complimenti Riley, e grazie. >> Questa voltala ragazza alzò lo sguardo per ascoltare ciò che aveva da dirle il ragazzo. << Grazie perché mi hai insegnato a non fidarmi più di nessuno! Addio. >>
E con quell'ultima parola, il ragazzo si allontanò da lei rimettendosi gli occhiali da sole sul viso; indietreggiò prima con un po' di incertezza verso il marciapiedi, poi si mise a correre nell'altra direzione per allontanarsi il più possibile da quel posto. Non voleva vedere i genitori di Riley, non voleva vedere la casa di Riley, non voleva vedere Riley… Voleva solo andarsene a casa.
La ragazza, invece, rimase immobile a fissare quel marciapiedi su cui era sparito Andy. Era libera. Poteva andare doveva voleva, finalmente. Una forte sensazione di euforia avrebbe invaso il suo corpo, se non si fosse trattenuta: non era ancora al sicuro. Doveva andarsene da lì in fretta, e senza Andy a portarla in giro adesso sarebbe stata più lenta; però, allo stesso tempo l'avrebbero notata di meno e avrebbe potuto nascondersi più facilmente.
<< Perché lo hai fatto?! >> Esclamò infuriata Disgusto mentre si rialzava da terra. Rabbia non rispose e continuò a fissare lo schermo.
Riley si toccò i capelli sopra la spalla destra e tirò una ciocca in alto fino a farla ricadere. Stanno crescendo troppo… Dovrei tagliarli.
Gioia, nell'oscurità della sua capanna, si affacciò dalla finestra ondulata e guardò con stupore le tre emozioni attorno alla console dei comandi: Paura era ancora a terra che si massaggiava la faccia, dopo aver ricevuto il colpo da Rabbia, Disgusto invece si stava avvicinando di corsa alla console per cacciare Rabbia e prendere di nuovo il controllo di Riley. Quando arrivò Disgusto, Rabbia si strinse ancora di più ai comandi e cominciò a dare spallate per non farsi scavalcare un'altra volta.
<< Dammi i comandi! >> Gridava l'esserino verde, mentre invece da Rabbia provenivano grugniti e altri suoni incomprensibili.
Quando Paura vide che si stava creando il caos nel Quartier Generale si rialzò subito e cercò di andare a calmare i due litiganti. << Andiamo ragazzi, così non fa bene a Riley… >>
A un certo punto dei rumori di meccanismi zittirono la discussione e fecero alzare gli sguardi di tutti i presenti: dalla mente di Riley stava venendo fuori un nuovo ricordo. Gli ingranaggi si muovevano e lavoravano lentamente, una forte luce rossa uscì dai tubi prima che da questi venisse fuori una piccola sfera rossa e continuasse a viaggiare sui canali della memoria di Riley, fino a fermarsi dove andavano tutti i ricordi della ragazza. I tre esserini variopinti erano stupefatti e anche Gioia non credeva ai suoi occhi; solo Tristezza sembrava imperturbabile di fronte a quella scena.
Rabbia lasciò lentamente la console dei comandi per raggiungere la stiva dei ricordi. Mentre avanzava, Paura in preda a una crisi di nervi cercò di attirare la sua attenzione e fermarlo, ma fu tutto inutile; l’ometto rosso raggiunse in breve tempo il nuovo ricordo di Riley e lo estrasse dal suo corso naturale.
La sfera brillava con forza di una luce rossa e calda mentre pulsava delicatamente e dentro di essa si riproduceva la scena appena vissuta dalla ragazza: Riley urlava a Andy tutte quelle cose cattive che aveva pensato su di lui in quel momento e poi lo guardava allontanarsi deluso, forse anche arrabbiato.
<< Questa è… >> Rabbia non riuscì a controllare la sua voce, e interruppe la frase prima di poterla concludere. Deglutì incredulo nel tentativo di riacquistare la voce e si voltò verso gli altri tenendo il ricordo in una mano. << Sapete niente di tutto ciò? >>
Disgusto scosse la testa senza aggiungere altro; non pensava che la mente di Riley potesse più partorire ricordi colorati come una volta. Paura, invece, sembrò tentennare, prendere tempo.
Rabbia si fece più cupo e cominciò ad avanzare. << Tu non ne sai niente, Paura? >> Chiese con più forza nella voce.
Questa volta Paura non tardò a rispondere, anche se cercò comunque di deviare la domanda. << Cioè… Forse sapevo qualcosina al riguardo, ma… >> Si fece piccolissimo mentre Rabbia si avvicinava sempre più velocemente, squadrandolo con sguardo truce. << Insomma, non l’ho fatto apposta! E poi… >>
Rabbia si avvicinò a Paura e incurvò la schiena in avanti, vedendo che lo spilungone si era ritirato come un riccio dalla paura. << E poi…? >> Sussurrò adirato lanciandogli un’occhiata assassina.
Paura prese un grande respiro prima di ritrovarsi faccia a faccia con il piccolo ometto focoso. Che cosa doveva fare? Cosa doveva dire? Avrebbe dovuto raccontare tutto e menzionare anche gli altri Ricordi Base, oppure fingere di non saperne niente e lasciare così che Rabbia perdesse completamente il controllo di sé? << Ehm… >> L’unico suono che uscì dalla sua gola fece capire in un attimo a tutti i presenti quanto si sentisse sotto pressione in quel momento, quanto fosse nervoso.
Rabbia capì che Paura non avrebbe mai trovato il coraggio di parlare liberamente, quindi cercò un altro modo per tirargli fuori le informazioni che voleva. << Mettiamo che sia successo qualcosa mentre io non guardavo… >> Cominciò mostrando un ghigno per niente rassicurante. << Che tu abbia messo mano alla console durante i tuoi frequenti turni notturni, e che questo abbia fatto qualcosa alla mia Riley… >> Lanciò alle proprie spalle il Ricordo Base che aveva tenuto in mano fino a quel momento. La piccola sfera rimbalzò pesantemente sul pavimento e poi si mise a rotolare in silenzio, allontanandosi da loro.
<< Attento! >> Esclamò Disgusto correndo dietro alla sfera per raccoglierla. << Bisogna averne cura… E’ importante. >> Mormorò raccogliendo il ricordo da terra e stringendoselo al petto.
Rabbia la ignorò totalmente e cominciò a gridare contro il muso di Paura:<< PERCHE’ DIAVOLO E’ VENUTO FUORI UN RICORDO BASE DA QUELLA MACCHINA?! >>
Dopo la domanda di Rabbia, il povero Paura non seppe cosa fare e scoppiò in lacrime; cominciò a mugolare e a lamentarsi chiedendo scusa a Rabbia per avergli nascosto quella cosa. Non disse nulla riguardo agli altri ricordi e non menzionò mai Gioia e la sua sacca.
<< Ora smettila, Rabbia! >> Sbottò Disgusto infastidita tornando davanti alla console dei comandi. << Paura non ha nessuna colpa, e poi non è successo niente… >>
Rabbia alzò lentamente lo sguardo fino a fermarlo sulla finestra della capanna di Gioia, mentre la stellina affacciatasi da lì si nascondeva per non incrociare il suo sguardo. << “Non è successo niente”, dici… >> Lasciò andare Paura, che cadde a terra con un tonfo, e tornò alla console dei comandi.
Rabbia strinse le mani attorno alle cloche della console e fece un cenno a Disgusto. << Sbarazzati di quella roba, non voglio avere altri problemi come tre anni fa! >>
Ma Disgusto non la pensava allo stesso modo. << Cos…?! No! >> Esclamò proteggendo tra le braccia il Ricordo Base. << Questo è un evento importantissimo! Dobbiamo scoprire perché è accaduto proprio ora… >>
<< NON DOBBIAMO SCOPRIRE UN BEL NIENTE! E’ finita, Disgusto! Non c’è altro da fare se non cambiare aria! >> Rabbia si voltò rapidamente verso di lei urlando come un ossesso, agitando le braccia come per indicare che non ci fosse altro da fare.
<< Tu non hai idea di quello che stai dicendo… >> Mormorò incredula Disgusto scuotendo piano la testa. Con uno scatto inaspettato, cercò di raggiungere la console dei comandi. << Lasciami il posto! >>
<< NO! >>
<< Aspettate, fermatevi… >> Anche Paura si unì alla lotta e, rialzatosi, raggiunse rapidamente la console per cercare di dividere i due litiganti.
Tutti e tre erano attaccati alla console dei comandi e cercavano di prendere il sopravvento sugli altri, mentre Gioia assisteva a quella scena così triste dall'esterno, nel suo guscio sicuro. Tanto a lei andava bene qualunque cosa, no? Non doveva scegliere, lasciava che fossero gli altri a decidere… Oppure no? Si sentiva triste per quello che era appena successo e non le piaceva vedere i suoi amici litigare. Cercò di fare qualcosa, di dire la sua e alzare la voce per fermarli. << Ragazzi… >> Ma loro non ascoltavano. << Ragazzi, vi prego… >>
Riley era immobile durante tutto questo. Non aveva idea di quello che stesse accadendo dentro la sua testa, e probabilmente non avrebbe nemmeno voluto saperlo. Era così assorta nei suoi pensieri che non si accorse nemmeno di quell'ombra che comparve alle sue spalle; Gioia però sì, lei se ne accorse. Fu solo troppo tardi quando urlò per avvertire gli altri:<< RAGAZZI!!! >>
Una potente scossa elettrica colpì Riley alla nuca e si riversò in tutto il suo corpo. Le luci del Quartier Generale saltarono e l'intera sala tremò come se ci fosse un terremoto. I tre che erano attaccati alla console dei comandi furono colpiti a loro volta da quella scarica elettrica e caddero a terra inerti; allo stesso modo cadde anche Gioia, colpita da un'altra scarica che si diffuse su tutto il pavimento. E allo stesso modo cadde anche Riley, che perse i sensi in mezzo a quella strada vuota, alla mercé di chiunque l'avesse colpita.
E' solo un brutto sogno… Quelle parole echeggiarono nella mente di Gioia, mentre lentamente le forze la abbandonavano e l'oscurità la inghiottiva. Deve esserlo…

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Capitolo 39
*** Da sola ***


Gioia mosse un po’ la testa per controllare che stesse bene. Piegò il collo a destra e sinistra e sentì la sua cervicale fare dei suoni strani a ogni movimento. Era svenuta? Doveva aver sbattuto la testa, perché le pulsava forte la fronte; gli arti intorpiditi si muovevano con difficoltà. Cercò di parlare, ma dalla sua gola venne solo un suono rauco e irriconoscibile. Deglutì per lubrificare le corde vocali e questa volta riuscì a prendere aria.
Che succede?
Cercò di tirarsi su piantando i gomiti sul pavimento, ma era troppo indolenzita per farcela. Decise di aprire gli occhi, e dopo aver sbattuto un paio di volte le palpebre si rese conto che li aveva già aperti; era tutto buio.
Dove sono?
Questa volta la piccola stellina si fece forza e riuscì a mettersi in ginocchio, in modo da non dover rimanere per terra. Che cosa le era successo? Lei non era mai svenuta così, non era proprio da lei…
Cos’è questo dolore?
Gioia era abituata all’oscurità, anche se questa volta ce n’era davvero troppa. Dopo alcuni istanti passati a cercare di localizzare dei punti di riferimento attorno a sé, riuscì a riconoscere la sua modesta capanna, dove si era rintanata dal giorno in cui lei e Tristezza erano tornate dall’esterno. Si mise in piedi e cominciò a vagare piano, a tentoni, alla ricerca di una fonte di luce per vederci meglio. Tastando l’aria riuscì a raggiungere una parete, e poggiandosi a quella cominciò a scorrervi parallelamente fino ad arrivare a un’apertura: la sua finestra ondulata. Andò un po’ più avanti, e questa volta trovò la porta per uscire dalla sua casetta.
Non sento niente…
Nel Quartier Generale c’era un po’ più di luce che nella stanzetta di Gioia: una debole e pallida luce veniva dalle grandi vetrate che davano verso l’esterno, dove sopra gli archivi della memoria di Riley si stagliava un cielo nero in mezzo al quale compariva una luna piena; quella era l’unica fonte di illuminazione presente. Al centro della sala c’era la console dei comandi dall’aria diversa dal solito e i suoi amici svenuti attorno ad essa; Rabbia, Disgusto e Paura erano riversi per terra, come se fossero stati spinti indietro dalla stessa console. Pochi passi distanti da Disgusto, nella direzione di Gioia, c’era la piccola sfera che era uscita dalla mente di Riley prima che tutti quanti sentirono quella scossa.
Una scossa…?
Gioia si guardò intorno per un attimo prima di lanciarsi contro la console e inginocchiarsi accanto al leader del Quartier Generale. << Rabbia! Rabbia, svegliati! >> Cercò inutilmente di chiamarlo. << Apri gli occhi! >> In preda al panico, dopo aver scosso senza successo il piccolo ometto rosso, Gioia andò da Disgusto e cercò di chiamarla parlandole nell'orecchio, poi si avvicinò a Paura vedendo che non funzionava neanche con lei e gli diede un paio di schiaffi chiamando il suo nome.
<< E' inutile. >> Disse una voce lontana quando la piccola stellina alzò lo sguardo distrutto verso il soffitto. Chi aveva parlato? Si voltò per cercare di individuare l'origine di quella voce e scoprì che Tristezza si era finalmente decisa ad entrare in scena.
Invece che reagire con un'esclamazione incredula o una richiesta di aiuto, Gioia si limitò a sbuffare lanciando un'occhiata delusa alla sua piccola amica blu. Adesso che le faceva comodo, parlava…
Tristezza era in piedi, finalmente fuori dal suo cerchio disegnato sul pavimento con un gessetto, e avanzava con passetti piccoli e lenti. I suoi fluenti capelli blu ondeggiavano a ogni passo che faceva, tanto da riuscire ad attirare l'attenzione di Gioia. << Riley ha avuto uno shock e tutti loro ne hanno risentito. Non potranno risvegliarsi finché lei non si sarà ripresa… >>
Gioia non smise di guardare in cagnesco l'altra compagna. << Se questo è vero, perché noi siamo sveglie? >> Le chiese con tono aggressivo. Aveva finito di essere dolce e gentile con chi non le mostrava lo stesso.
Tristezza piegò mestamente un angolo delle labbra e rispose con calma, con la sua voce roca e dall'aria affannata:<< Perché noi non eravamo connesse direttamente a lei. >>
Gioia non capì cosa intendesse dire. Si alzò da terra e raggiunse rapidamente il Ricordo Base di Rabbia, quello in cui Riley riversava tutta la sua frustrazione sul povero e innocente Andy, che finiva col perdere ogni speranza il lei e scappare via. Si sbrigò a portare al sicuro quel ricordo, tornando per un momento nella sua capanna e mettendolo nella sua sacca magica assieme agli altri, prima di tornare da Tristezza per continuare a guardarla con astio. << E con questo? Tu che cosa vuoi? >>
Tristezza rispose in fretta cominciando a gesticolare piano. << Dobbiamo aiutare Riley! Guarda: la console dei comandi è andata in corto circuito. >>
Gioia rivolse lo sguardo verso la console da cui potevano guidare Riley durante la veglia: di solito il piano era scintillante e sempre pronto all'utilizzo, con qualche lucina che indicava lo stato corrente della loro protetta e tutti i parametri vitali che non dovevano andare oltre la norma; adesso però, la console era spenta, annerita come se fosse stata colpita da un fulmine o fosse stata bruciata, e tutte le luci erano spente. Non appena si rese conto che c'era qualcosa che non andava, l'espressione di Gioia cambiò radicalmente e si lasciò sfuggire un sospiro preoccupato.
<< Presto, dobbiamo muoverci! >> La incitò Tristezza dirigendosi di corsa alla console. Mise le mani sulle cloche e si voltò in attesa dell'arrivo di Gioia.
La stellina aveva paura. Temeva di rovinare tutto come l'ultima volta che aveva messo mano ai comandi della loro bambina e rischiare di peggiorare le cose ulteriormente. Non guidava Riley da una vita, nemmeno ricordava come funzionassero tutti quei pulsanti e quelle leve, probabilmente avrebbe combinato un pasticcio. Tristezza, invece, aveva trovato una incredibile confidenza con quella posizione, pur non avendo mai pilotato Riley prima d'ora; ci aveva provato una volta, per toglierle di testa quell'idea di scappare da San Francisco, ma non aveva funzionato. Sì, sarebbe stato meglio se avesse lasciato tutto in mano a lei: Tristezza sapeva quello che stava facendo.
<< Muoviti! Che cosa stai aspettando? >> Sbottò quella facendo un cenno con la testa.
Gioia indietreggiò un po', intimorita da quella console oscura. << E' meglio se ci pensi tu… >> Balbettò nascondendo le mani dietro la schiena e cominciando a torturarsi i polsi.
<< Che diavolo dici? Non posso fare tutto da sola! >> Ribatté Tristezza.
Dolore…
Gioia sentì come una scossa all'interno del suo petto, assieme a un'altra lungo la schiena che la fece brillare debolmente per un attimo. Tristezza aveva bisogno di lei, perché non poteva fare tutto da sola?
Paura…
E se Tristezza non poteva fare tutto da sola, quello non voleva dire che avrebbe lasciato tutto a lei. Avrebbero cooperato per aiutare Riley!
<< Sbrigati! Non possiamo perdere altro tempo! >> Le gridò contro, cercando di farla svegliare. << Dobbiamo aiutare Riley! >>
Non voglio più tutto questo.
"Aiutare Riley"? Tristezza aveva detto proprio la cosa giusta. Non c'era niente alla quale Gioia tenesse di più del bene di Riley, la loro bambina… Avrebbe fatto qualsiasi cosa per aiutarla, per salvarla, per vederla felice. Doveva essere quella, la sua chiamata. Ecco perché era rimasta ancora al Quartier Generale, perché non era scomparsa nel Baratro della Memoria, e perché era riuscita a tornare nonostante tutte le difficoltà: Riley aveva bisogno di lei, e lei aveva bisogno di Riley. Non poteva lasciarla a sé stessa proprio nel momento del bisogno.
L'espressione della stellina cambiò radicalmente e al posto del suo sguardo spento, perso nel vuoto, vennero fuori gli occhi brucianti della determinazione, del desiderio, della voglia di rimettersi in gioco.
Con grande intraprendenza, Gioia raggiunse con poche potenti falcate la console dei comandi da dove la aspettava Tristezza e piantò i palmi su un punto del ripiano libero da pulsanti. << Facciamolo! >> Disse con decisione, guardando intensamente lo schermo spento con un leggero sorriso sicuro di sé sul volto. Tristezza reagì piegando un angolo della bocca in un sorrisetto di approvazione, prima di allungare un braccio per raggiungere un comando protetto da una cupola.
La leva che voleva attivare Tristezza era il comando per le emergenze, Gioia non ricordava di averlo mai usato: era rinchiuso sotto quella cupola protettiva per evitare che venisse usato in modo improprio o anche solo toccato per errore, aveva una sorta di valvola nera sull'apice e di sotto continuava un tubo a strisce gialle e nere che finiva per attivare qualche meccanismo che avrebbe dovuto risvegliare Riley. Gioia non sapeva bene come funzionasse quell'affare, ma per fortuna Tristezza sapeva tutto quanto sulla mente della ragazza e su come funzionassero i comandi del Quartier Generale; avrebbe lasciato fare quella cosa a lei.
Tristezza sollevò la cupola che nascondeva l'interruttore e si preparò ad afferrare la leva, ma prima che cominciasse l'operazione una voce fece sobbalzare lei e Gioia.
Aiutatemi…!
Quelle continue richieste di aiuto, quei pianti di sottofondo che Gioia aveva pensato di essersi immaginata… Adesso li sentiva chiaramente negli altoparlanti del Quartier Generale, pur essendo piuttosto fumosi, e ne riconosceva la voce: quella era Riley, nel suo subconscio, che chiedeva aiuto. I suoi pensieri, le sue paure e idee; tutto si stava liberando in quel momento. Niente aveva più un controllo, Riley non sapeva più cosa voleva.
Gioia sentì una forte pressione su di sé mentre quelle voci continuavano a suonare negli altoparlanti. << E' doloroso… >> Mormorò ansimando, non riuscendo a sopportare il dolore della sua bambina. Le faceva male vederla in quello stato. Avrebbe voluto abbracciarla e dirle che andava tutto bene…
Tristezza alzò lo sguardo verso Gioia alla sua sinistra. << Gioia… >> La chiamò piano per poter incontrare il suo sguardo. << Non so ancora cosa abbia fatto svenire Riley, né so dove ci risveglieremo… >>
E' tutto buio…!
Tristezza continuò mentre la voce di Riley rilasciava un altro lamento. << Ma quello su cui dovremo concentrarci sin dal primo momento, sarà aiutare Riley a fare pace con sé stessa. >>
Non voglio…
Gioia non capì. Rivolse lentamente lo sguardo verso lo schermo ancora spento della visione di Riley. << Ancora non hai risposto alle mie domande… >> Mormorò con una punta di risentimento nella voce. Strinse i pugni, pensando di non poter proseguire senza aver prima chiarito quei punti.
Tristezza sorrise mestamente. << Senti questa voce? >> Le disse di fare silenzio per un secondo mentre alzava un indice e indicava il soffitto. La voce di Riley continuò a echeggiare nel vuoto della sala. Gioia abbassò lo sguardo confusa, in attesa di una spiegazione. << In questo momento nessuno è più vicino a Riley di te. >>
Gioia indietreggiò di scatto. << Che vuol dire? >> Chiese quasi preoccupata che potesse essere un male. << Come è possibile? Non sto nemmeno toccando i comandi! >>
Tristezza si lasciò andare a una leggera risatina mentre Gioia cercava di capire cosa intendesse con quelle parole. Prese un bel respiro prima di cominciare a spiegarsi per lei:<< Oh, Gioia… Non è necessario toccare i comandi per guidare Riley… Non sempre. >>
Adesso era ancora più confusa di prima.
Tristezza si allontanò un attimo dalla leva che stava per tirare. Anche se Gioia avrebbe voluto che attivasse quel comando in modo da fermare la sofferenza di Riley, era terribilmente curiosa di sapere cosa stesse accadendo. << In tutti questi anni ho cercato di stabilire un contatto con lei… Mi ero ricordata di un particolare che avevo letto in un manuale, molto tempo fa: la console dei comandi è il centro principale da dove si pianificano le operazioni, dove queste si attuano e dove vengono impartiti gli ordini; però c'è un altro modo per guidare un protetto, accade molto raramente in casi eccezionali. Un'emozione deve essere abbastanza legata al suo protetto da condividere gli stessi pensieri, gli stessi sentimenti… E' quello che ho cercato di fare isolandomi da tutto il resto, concentrandomi su Riley per riuscire a comunicare con lei e aiutarla nelle decisioni. Ma non ci sono riuscita… E' capitato qualche volta che riuscissi a prendere il controllo per pochi istanti, ma niente di significativo… >> Tristezza abbassò lo sguardo per un attimo, prima di tornare a guardare negli occhi di Gioia puntandole contro un indice con eccitazione. << Ma tu ci sei riuscita, Gioia! Tu sei riuscita a creare quel legame che io non ho saputo tessere in tre anni. E questo perché, tra tutti noi, tu sei quella che vuole più bene a Riley. Tu ti preoccupi per lei, sei felice quando le succede qualcosa di bello e non vai mai incontro ai suoi desideri più profondi… >>
Gioia, sconvolta da quelle rivelazioni così aliene, si sentì riempire di dubbi. Abbassò la testa mentre un sacco di domande le risuonavano nella mente: era veramente così? Se voleva così bene a Riley, perché si era allontanata da lei per tutto quel tempo? Era davvero felice per lei? In fondo, lei aveva votato per scappare quando Rabbia lo aveva proposto, se fosse stato veramente quello che voleva Riley, perché erano ancora lì?
Non era sicura delle affermazioni di Tristezza, si sentiva molto scettica a tutto quello, però poi le tornò alla mente un episodio alla quale avevano assistito solo lei, Paura e Tristezza: quando Riley era tornata a sognare dopo tanto tempo e aveva sognato proprio Andy, lei era stata quella che aveva chiesto a Paura di non interrompere il collegamento con i sogni di Riley, perché voleva assistere a quei sogni. A Gioia era sempre piaciuto Andy, non era un segreto, ma era possibile che valesse la stessa cosa per Riley?
La stellina abbassò lo sguardo sulla console dei comandi, bruciacchiata e dall'aria irrecuperabile. Le sfuggì una risata serena, che sembrava voler trasmettere tutto il suo sollievo per quello che aveva scoperto. Dopo un po' alzò lo sguardo al cielo, e riprendendo fiato disse:<< Allora non sono una buona a nulla. >>
Aveva le lacrime agli occhi mentre diceva quello, ma sorrideva. Era un pianto felice, perché aveva capito di essere ancora di aiuto, di non aver perso la voglia di aiutare Riley e di volerle bene. Abbassò lo sguardo con molta più serenità; adesso si sentiva molto più leggera, come se un terribile macigno che aveva nel petto l'avesse finalmente liberata. << E dimmi, Tristezza… >> Mormorò senza ancora rivolgere lo sguardo verso l'emozione alla sua destra. << Quando te ne sei accorta? >>
Tristezza piegò lateralmente la testa e alzò gli occhi al cielo come se stesse cercando di ricordare. << Probabilmente quando ti ho vista così presa dai sogni di Riley, la notte che abbiamo conosciuto Andy… Però ci sono state delle circostanze in cui Riley ha messo da parte tutti i dubbi, le paure o i pregiudizi, ed è stata semplicemente felice. Quella eri tu, Gioia, e puoi ancora essere felice, proprio come può esserlo lei! >>
Le parole di Tristezza sembravano quasi fantascienza. Pur sentendo che fosse inesatto, Gioia voleva credere che fosse vero! Lei poteva aiutare Riley, poteva riportarla sulla retta via e salvarla dai pericoli in cui si era cacciata. Doveva solo crederci; in fondo, anche se aveva sempre sostenuto il contrario, era sempre rimasta ad occuparsi di Riley in un modo o nell'altro, prendendosi cura per tutto quel tempo dei suoi Ricordi Base. Lei aveva passato un'infinità di momenti e aveva vissuto milioni di ricordi con Riley; chi meglio di lei avrebbe potuto conoscerla e aiutarla in una situazione talmente critica?
Sul viso di Gioia comparve un sorrisetto deciso. << Va bene, Tristezza… >> Disse facendo una breve pausa. << Mi hai convinto. Andiamo! >>
Tristezza si fece seria in un attimo e annuì senza fare complimenti; in un attimo estrasse la leva dalla console dei comandi fino a tirarla fuori completamente, la fece ruotare di novanta gradi e tornò ad inserirla con decisione.
Non appena la leva fu rientrata nel pannello comandi, al centro dello schermo della visione di Riley comparve un minuscolo punto luminoso che causò uno sfarfallio dell'immagine; ci fu un altro colpo e lo schermo sembrò allargarsi per un istante, poi tornò il buio. Infine si sentì una scossa nell'aria e una fortissima luce bianca illuminò interamente lo schermo, accecando gli occhi ormai abituati all'oscurità di Gioia e Tristezza.
Ti aiuteremo, Riley!
Dopo un attimo di attesa lo schermo cominciò a tornare nero, ma questa volta Tristezza avvertì delle reazioni positive dai comandi, e i parametri vitali di Riley tornarono attivi.
Che sta succedendo? Riley aveva sentito nella sua testa questa e molte altre domande dal momento in cui era caduta a terra perdendo i sensi, ma solo ora si rendeva conto veramente di essere svenuta. Non ricordava nulla, non sapeva cosa la avesse colpita, eppure sentiva ancora male.
Le pulsavano insistentemente le tempie, la testa le faceva male da morire e aveva la nausea. Non riusciva a vedere niente e le sue forze erano così poche neanche da permetterle di sbattere le palpebre. Sentiva qualcosa, però: sentiva un leggero crepitio attutito di gocce di pioggia che cadevano tutto intorno a lei, sopra una superficie piana e metallica. Aveva freddo e gli arti erano intorpiditi, specialmente le braccia che non smettevano di farle male.
Un tuono la fece sobbalzare e la ragazza si lasciò sfuggire un gridolino. Nessuno sembrò udire la sua voce.
Maledizione… Non aveva nemmeno la forza per imprecare. Era da sola, stanca e infreddolita, la caviglia le faceva male… Non aveva idea di dove fosse e perché si trovasse là, non sapeva nemmeno cosa fosse successo e quanto tempo fosse passato dall'ultima volta che aveva aperto gli occhi. Provò a sbattere le palpebre, ma non vide niente lo stesso; sentì l'ansia salire dentro di sé quando, continuando a sbattere le palpebre, i suoi occhi non le diedero niente a cui aggrapparsi, tanto da pensare di aver perso la vista.
<< Stai calma, Riley… >> Mormorò Gioia tenendo gli occhi fissi sullo schermo, nonostante non ci fosse nulla da guardare. Si limitò dal dare qualunque tipo di ordine a Tristezza accanto a lei finché non avrebbero capito cosa fosse successo.
La ragazza cominciò a respirare lentamente, inspirando fino in fondo e poi buttando l'aria con impeto ma senza sforzarsi; quando fu riuscita a stabilizzare il suo battito cardiaco e a regolare la necessità di ossigeno ai polmoni, poté rilassarsi e tornare a pensare obiettivamente. Non poteva aver perso la vista da un momento all'altro, doveva esserci una spiegazione più razionale a quel mistero che era nato quando aveva provato ad aprire gli occhi; Riley provò ad annusare l'aria per capire dove fosse, ma sentì solo puzza di chiuso. Ansimò affaticata quando ebbe rilasciato l'aria e cercò di girare la testa per testare la sua mobilità.
Quando agitò il busto si rese conto di una cosa: le sua braccia erano tese verso il cielo, e non era certo lei a tenerle in quella posizione innaturale. I polsi le facevano male mentre cercava di muoverli e la sua pelle sfregava con qualcosa di ruvido: era legata.
Il panico prese un'altra volta il sopravvento. Era stata rapita? Dove era stata portata? Era davvero da sola, oppure c'era qualcuno lì con lei? Agitò con furia le spalle per cercare di liberarsi, ma l'unica cosa che riuscì ad ottenere fu uno strano tintinnio sopra la sua testa mentre dalla sua gola usciva un gemito di fatica.
All'improvviso la ragazza sentì una presenza di fronte a sé, non molto distante. Un sospiro, uno sbuffo… Questo le fece pensare di non essere da sola. Avrebbe voluto chiamare aiuto, chiedere a quella persona di darle qualche segno, ma invece rimase immobile e in silenzio, a fissare il buio verso dove avrebbe dovuto trovarsi quella persona. Pochi secondi dopo ci furono dei passi: il pavimento riproduceva dei tonfi vuoti e lunghi, sempre più vicini, quindi la ragazza immaginò che quella persona stesse andando da lei.
La sentì fermarsi di fronte a sé. Sentì il suo respiro, e per qualche motivo pensò che fosse molto più in alto di lei; era inginocchiata, quindi doveva per forza essere in una posizione sopraelevata rispetto a lei.
Per paura di innescare qualcosa di poco gradevole, Riley rimase in silenzio boccheggiando per il terrore. Ancora non sapeva dove si trovava, cosa le fosse successo e chi si trovasse lì assieme a lei, ma tutto a un tratto desiderò solo non essere vista da quella persona, che sembrava indugiare di fronte a lei.
Improvvisamente sentì qualcosa colpirle la guancia sinistra e Riley venne spinta sul lato; non cadde a terra perché le sue braccia rimasero bene ancorate a quel supporto a cui era legata. Si lamentò con un verso rauco di dolore e cercò di mantenere la calma senza lasciar trasparire la sua paura. Una grossa mano le afferrò i capelli e la tirò fino a che la ragazza non fu di nuovo in posizione verticale, mentre lei si lamentava e gridava dal dolore.
Quando la mano ebbe lasciato andare i suoi capelli Riley fu pervasa dal sollievo, pur sapendo che quel momento non sarebbe durato molto. Inaspettatamente, la stessa mano che aveva colpito Riley e le aveva tirato i capelli un istante prima, adesso le restituì anche la vista: tutto a un tratto si presentò davanti agli occhi della ragazza un corridoio stretto e poco illuminato, pieno di scatoloni e strani oggetti di metallo, in mezzo alla quale stava in piedi un ragazzo con in viso un ghigno inquietante, ma irriconoscibile a causa della poca luminosità; nella mano destra stringeva una benda nera. Quello era il motivo dell'inspiegabile cecità di Riley: una stupida benda!
<< Ti sei risvegliata, raggio di sole? >> Fece quello con disprezzo nella voce. << E' stata davvero una rottura, starti dietro tutto questo tempo, soprattutto con quella specie di guardia del corpo che ti portavi in giro, ma alla fine si è trattato solo di essere pazienti per sfruttare il momento giusto… >>
Riley non capiva. Lo guardò con occhi confusi e stanchi mentre cercava di riconoscere quella sagoma in controluce. << Di che stai parlando…? >> Mormorò con un filo di voce.
Con un rapido movimento della mano, lo sconosciuto estrasse un piccolo taser dalla tasca del giubbotto e lo puntò in faccia alla ragazza; non appena Riley vide le piccole saette attivarsi tra i suoi contatti, ebbe uno scatto verso dietro per allontanarsi. Era quella la scossa che le aveva fatto perdere i sensi. << Paura, eh? >> Biascicò con un ghigno compiaciuto in viso. Poi sembrò cambiare radicalmente espressione; con un rapido movimento fece passare un braccio dietro alla schiena di Riley e cominciò a frugare nelle tasche posteriori dei suoi pantaloni. << Dove l'hai messo? >> Fece con tono aggressivo, mentre intanto Riley cercava di dimenarsi per allontanarlo da sé. Le diede uno schiaffo con l'altra mano per dirle di stare ferma. Quando venne colpita e la sua testa girò dall'altra parte, Riley vide accasciata a terra una figura fin troppo familiare che le fece venire i brividi.
<< LIZZIE! >> Esclamò terrorizzata guardando il profilo inerte della ragazza dai capelli viola. Lizzie era addormentata per terra e aveva i polsi legati assieme.
<< La troietta pensava di essere pronta a diventare una di noi… Poi si è pentita di averti venduta e ha cercato di tradirci… >> Disse quello continuando a frugare nelle tasche di Riley; alla fine tirò fuori da una tasca il coltellino che la ragazza aveva preso alcuni giorni prima a uno degli scagnozzi di Bad Dog. Lo fissò con un ghigno soddisfatto:<< Finalmente, di nuovo insieme… >>
Quando la luce illuminò per un attimo il volto del ragazzo, Riley, ancora scioccata da quella scoperta, riuscì finalmente a riconoscerlo: era lui, il proprietario del coltello; pelle scura, sguardo maligno… Portava una bandana mimetica legata al collo, e fu quello il particolare che le fece riconoscere anche il misterioso inseguitore che aveva braccato lei e Andy al fast food; ricordava anche di non averlo visto all'incontro con Duncan nel cantiere abbandonato. Ma come faceva a conoscere anche Lizzie? Prima che Riley potesse dire o fare qualsiasi cosa, quello tornò a rivolgerle uno sguardo duro.
A un tratto l'espressione del ragazzo cambiò e quello si mise a sorridere gentilmente; si sedette su una cassa alla sinistra di Riley e la guardò con occhi rilassati, mentre si rigirava il coltellino tra le dita. << Sai, quel calcio che mi hai dato mi fa ancora male… >> Disse con calma. << Quando ce ne siamo andati, ho chiesto al boss di potermi occupare personalmente di te. Ero troppo arrabbiato per essere stato pestato e derubato da una ragazzina, non potevo lasciare che te ne andassi impunita… E così Bad Dog mi ha detto di cercarti e tenerti d'occhio; niente di più facile! Il problema è arrivato quando ho scoperto che Duncan era venuto a pagare parte del suo debito con il capo: aveva detto che dovevamo lasciarti in pace… >> Abbassò la testa per un attimo, lo sguardo perso nel vuoto; poi ebbe uno scatto improvviso e accostò il coltellino alla gola di Riley fissandola con occhi da psicopatico. << Ma io non potevo lasciar perdere! E anche il capo mi ha detto di non perderti di vista. Diceva che ti avremmo sfruttata nel caso Duncan non avesse pagato in tempo… >>
<< Ma non è ancora scaduto il termine… >> Cercò di ribattere la ragazza con la gola tesa al limite. Se quel tizio avesse fatto anche solo un piccolissimo movimento sarebbe stata la fine per lei.
<< Credi che a Bad Dog importi qualcosa di qualche ora in più o in meno? >> Disse quello spingendo leggermente la lama sulla pelle della ragazza. Riley sentì il gelo del filo della lama che sfiorava la sua gola. << Lui mi ha dato il via per prelevarti, e io non me lo sono certo fatto ripetere due volte… La tua amichetta qui mi ha dato una mano; quando sono arrivato a casa sua è bastata qualche piccola minaccia per farle spifferare tutto, e lei ha detto che si sarebbe occupata di te. Ma poi, invece, ti ha lasciata andare e ha cercato di contattare gli sbirri! Così le ho dato una botta in testa e l'ho portata qua, prima di venire a prendere te. >>
Riley sentì il suo fiato su di sé, il respiro gelido di quel ragazzo folle che avrebbe potuto tagliarle la gola in un attimo. Temette veramente di morire lì dentro, mentre fuori pioveva e la polizia la cercava; era una situazione strana, difficile: non sapeva cosa sarebbe stato meglio, se essere prigioniera di quel pazzo o della polizia. E perché Lizzie avrebbe fatto una cosa del genere?
<< Gioia. >> Tristezza chiamò la stellina che si era incantata di fronte a quella scena così spaventosa. Gioia si voltò con sguardo perso verso di lei e aspettò che parlasse. << Dì qualcosa. >> E con questo staccò la mano dalla cloche della console. Tristezza le stava dando carta bianca, non poteva fare altro se non sperare che lei risolvesse la situazione.
<< Non posso… Non so cosa fare. >> Rispose Gioia scuotendo lentamente la testa con aria persa.
Tristezza si avvicinò lentamente e le prese la mano con delicatezza. << Devi solo essere te stessa. Qualunque cosa accadrà, io sarò accanto a te. >>
Gioia fissò con grande timore il viso di Tristezza e quei comandi che la terrorizzavano così tanto. Vide sullo schermo il viso del secondino di Riley e pensò che le cose non avrebbero potuto aggiustarsi da sole, ma nemmeno peggiorare; dopo aver preso un gran respiro, Gioia avanzò e prese i comandi di Riley.
<< Facciamolo! >>
Riley inspirò improvvisamente, molto profondamente, come se si fosse ricordata di aver bisogno di ossigeno per rimanere in vita. I suoi occhi ruotarono disorientati fino a posarsi sul viso del malvivente di fronte a lei; la sua espressione si intristì gradualmente fino a diventare di disperazione pura.
Quello sembrò disgustato dalla reazione di Riley e tolse il coltello dalla gola della ragazza. << Ecco, lo sapevo… Non puoi fare il duro per un attimo che subito se la fanno sotto. >> Si sedette di nuovo sulla sua cassa ed esaminò la lama del coltellino. << Adesso non sei più tanto coraggiosa, eh? >> Commentò con un sorriso spavaldo, come se avesse ottenuto ciò che voleva.
Riley abbassò la testa con fare sconfitto. Sentì una grande tristezza farsi largo dentro di sé, un sacco di pensieri che non aveva mai provato a formulare fino a quel momento. Si trovava di fronte a un vicolo cieco, era finita; dopo di quello sarebbe potuto accadere di tutto, nessuno lo avrebbe saputo, nessuno si sarebbe più preoccupato per lei, e quella sarebbe solo diventata la storia di un'altra ragazzina scomparsa, un nome anonimo e privo di significato. Sarebbe morta? Sarebbe diventata la schiava di quella gente? L'avrebbero usata e drogata fino a che il suo corpo e la sua psiche non avrebbero ceduto definitivamente? A che serviva pensarci, ormai? Tutto quello che sarebbe successo da quel momento in poi non sarebbe più dipeso da lei; tanto valeva smettere di fingere, smettere di credere che ci fosse veramente un motivo a tutto quello che aveva fatto.
<< E' vero… >> Mormorò a un certo punto la ragazza senza alzare la testa. Il ragazzo si sorprese a sentirla parlare ancora, alzò lo sguardo interessato e smise di rimirare il coltellino. << Non sono coraggiosa, perché non lo sono mai stata… Non sono mai stata in grado di rubare dagli scaffali di un negozio, non sono mai stata in grado di picchiare qualcuno per strada anche solo per difendermi. Ho sempre fatto finta di essere una dura per non essere lasciata indietro, per adattarmi… >> La sua voce si ruppe in quel momento e sentì le lacrime cominciare a salire. << Non credevo che sarei mai arrivata a dire tutto questo… Speravo di poter continuare a fuggire dal passato, ma… >> Alzò lo sguardo mentre le lacrime già le solcavano il volto, ormai aveva perso ogni tratto distintivo di quella Riley dura e sfacciata ed era tornata quella bambina di un tempo. << Non voglio più tutto questo! Voglio tornare a casa e non dovermi preoccupare ogni giorno di chi potrebbe farmi del male o imprigionarmi. Voglio la mia mamma e il mio papà… >>
Gioia fissò con occhi spalancati lo schermo mentre Riley si abbandonava definitivamente alle lacrime e abbassava la testa per l'ultima volta, ormai rassegnata al suo destino. Aveva voluto evitare di affrontare la realtà fino a quel momento, e ora ne pagava il prezzo; anche Gioia stava pagando il prezzo di essersi voluta isolare così fino a quel momento: ormai non si poteva tornare indietro. La stellina però non si aspettava che sarebbe bastato un suo semplice tocco dei comandi per innescare quella reazione nella ragazza; sembrava quasi che Riley stesse solo aspettando un motivo per liberarsi di tutte quelle ansie e paure, il coraggio che le era mancato per tre anni.
Rivolse uno sguardo confuso a Tristezza, che invece stava continuando a manovrare Riley dai comandi secondari e quella le rispose con un leggero cenno. Non c'era niente da dire. Riley era stata onesta con sé stessa, e questo era tutto ciò che potevano fare. Il resto non avrebbero potuto impedirlo, da lì.
Proprio mentre si fissavano, ormai arresesi, alle loro spalle cominciarono a rinvenire i tre loro amici che avevano perso i sensi e che videro quella scena proprio nel suo atto conclusivo. Ancora prima che potessero fare qualche domanda per sapere cosa stesse accadendo o attirare l'attenzione delle due emozioni ai comandi, la voce di Riley risuonò negli altoparlanti.
<< Mi dispiace… Mi dispiace… >> Piagnucolò abbandonandosi di nuovo ai pianti. A chi stava chiedendo scusa? Ai suoi genitori, che aveva abbandonato senza nemmeno degnare di un saluto? Oppure chiedeva scusa a Duncan, che si era preso cura di lei per tutti quegli anni e che non aveva nemmeno mai ringraziato? Chiedeva scusa a Lizzie, per non essere stata una buona amica? Oppure, ancora, stava chiedendo scusa a Andy, per averlo deluso?
La voce dello scagnozzo di Bad Dog sovrastò i lamenti di Riley e disse:<< Sì… Comunque sia, tra poco arriverà Bad Dog e deciderà che farne di te. Ti consiglio di metterti l'anima in pace, perché qualunque sarà la sua decisione non rivedrai mai più mamma e papà! >> E a quel punto rise con gusto mettendosi in posizione scomposta sulla cassa.
<< Gioia! Tristezza, che state facendo? >> Esclamò confuso Rabbia, che si rialzò in fretta.
Gioia non si era nemmeno accorta del fatto che Rabbia e gli altri si fossero ripresi; si voltò di scatto e fece un saltello per allontanarsi dalla console dei comandi, dato che l'ultima volta che si era ritrovata lì Rabbia l'aveva fatta sentire malissimo. << Vi siete svegliati! >> Esclamò con incertezza, insicura se essere contenta di quella circostanza o no.
Mentre Rabbia faceva saltare lo sguardo sconcertato dalla faccia di Gioia a quella di Tristezza, Paura si alzò a sua volta e prese la parola con grande sorpresa nella voce:<< Hai preso i comandi tu, Gioia? >>
Gioia sentì immediatamente una grande pressione su di sé e si fece da parte indicando Tristezza. << No, no! E' stato tutto merito di Tristezza! Non avete idea dei segreti che mi ha rivelato… >> Ma non fece in tempo a parlare che la piccola emozione blu accanto a lei la interruppe.
<< No, Gioia; sei stata tu. Tu hai aperto il cuore di Riley. >> Nello stesso momento in cui diceva quello, prima che la stellina potesse ribattere, dalla mente della loro protetta venne fuori una luce accecante che illuminò a giorno il Quartier Generale; era una luce azzurrina con dei riflessi dorati. Nei canali della memoria cominciò a scorrere una piccola sfera azzurra contaminata da alcune macchie d'oro. Si fermò sbattendo a uno dei ricordi grigi e spenti della giornata e rimase immobile, quasi come se aspettasse che qualcuno andasse a prenderla.
Fu di nuovo Rabbia ad avvicinarsi lentamente a quel nuovo ricordo e a raccoglierlo con occhi increduli; non riusciva a proferire parola, tutto quello che poté fare fu sollevare il Ricordo Base e voltarsi verso gli altri, mentre con gli occhi di chi sembrava aver visto tutto osservava la scena che si ripeteva all'infinito nella sfera.
Quando ebbe finito di vedere le immagini, Rabbia tornò lentamente al suo posto per far vedere anche a Disgusto e Paura ciò che era uscito dalla mente di Riley. Dopo aver assistito a quella scena, Disgusto e Paura rivolsero gli occhi strabiliati verso Gioia, mentre Rabbia alzava lo sguardo ancora più incredulo, allibito.
<< Siete state voi…? >> Mormorò piano Paura, mentre il suo lungo capello ballava a ogni movimento della faccia.
<< Avete fatto… Piangere Riley? >> Gli fece eco Disgusto ancora più confusa.
Rabbia tornò a fissare con sguardo profondo il ricordo che teneva tra le mani. << Ma perché…? A che serve ormai? >>
Gioia e Tristezza non lo sapevano. Probabilmente, se Rabbia fosse stato ancora al comando, avrebbero continuato a gridare e inveire contro il loro guardiano in attesa del momento opportuno per agire e provare a scappare. Ma ormai era troppo tardi, Riley era distrutta dentro e fuori, e nemmeno loro sentivano alcun desiderio di cambiare le cose.
Una serie di tonfi vuoti fecero sobbalzare tutti gli esserini nel Quartier Generale, mentre anche Riley aveva un debole scatto privo di emozione. Qualcuno stava bussando alla porta di quella specie di prigione: Bad Dog.
Il ragazzo che si era seduto sulla cassa ghignò e si alzò rapidamente. << Te l'avevo detto che sarebbe stato qui a minuti. >> Passò rapidamente in mezzo al corridoio e andò ad aprire la porta ai complici. Qualunque cosa sarebbe successa, Riley non aveva più forza per provare a ribellarsi; forse se si fosse comportata bene avrebbe ricevuto un trattamento meno duro, ma non ci sperava troppo…
Si abbandonò al nulla calando lentamente la testa, mentre il ragazzo apriva una pesante porta scorrevole facendo un cenno a chi stava dall'altra parte e cominciando a dire qualcosa: prima che le sue labbra potessero formulare una frase sensata, il ragazzo fu colpito in faccia da un pugno avvolto da un guanto munito di borchie sulle nocche e le dita tagliate a metà. Non fu quel colpo a destare Riley, che quasi non se ne accorse, ma il seguente baccano che si creò quando quello indietreggiò sbattendo con la schiena alla parete del corridoio. Riley alzò lo sguardo, e proprio mentre in quello spicchio di cielo visibile passava un fulmine a illuminare la notte e il suo tuono scuoteva con violenza la prigione della ragazza, dalla porta entrava a passi lenti un ragazzo bagnato fradicio dai capelli verdi e una furia negli occhi.
Riley non riuscì a dire nulla, ma inspirò profondamente piena di sorpresa quando vide il viso di Duncan contratto dall'odio per quel ragazzo. Fu l'altro ragazzo a urlare il suo nome con rabbia:<< DUNCAN! Bastardo! >>
Il ragazzo tentò di colpire la testa di Duncan con un pugno da destra, ma l'amico di Riley si abbassò rapidamente e lo spinse un'altra volta contro il muro buttandosi su di lui con tutto il suo peso. Quello ebbe un attimo di esitazione prima di dare un colpo sulla schiena di Duncan e spingerlo indietro; il ragazzo dai capelli verdi si aggrappò con una mano al bordo della porta scorrevole per non cadere di fuori e tornò dentro.
<< DUNCAN!!! >> Urlò Riley dopo aver finalmente recuperato la voce. Il ragazzo volse lo sguardo verso di lei solo per un attimo e venne colto di sorpresa dall'avversario, che gli diede un pugno sulla guancia. Duncan barcollò tenendosi una mano sulla guancia prima di sputare un grumo di sangue a terra e lanciarsi urlante contro l'altro ragazzo. Ma per qualche motivo, Riley sentì che non avrebbe dovuto farlo. << ATTENTO, E' ARMATO! >>
L'avvertimento di Riley venne dato giusto in tempo; Duncan si accorse subito del coltellino stretto nella mano destra del suo avversario e si spostò piegando ancora di più la schiena per abbassarsi. La lama sfiorò la sua spalla mentre Duncan passava rapidamente accanto al ragazzo e si voltava per rivolgere le spalle a Riley con fare protettivo.
Riprendendo fiato, il ragazzo cominciò a dialogare con il suo avversario:<< Mi sorprende che tu sia ancora così legato a quella stronzetta… Fossi stato in te, mi sarei preoccupato di lasciare la città il più velocemente possibile per non finire nelle grinfie di Bad Dog! In fondo, se sei qui immagino che non sei riuscito a raccogliere i soldi in tempo… >>
Anche Duncan stava ansimando, ma avrebbe dovuto essere più avvantaggiato dell'altro. << Joel, sei un bastardo psicopatico! >> Lo insultò con rabbia nella voce. << Non ti sei preoccupato di attendere che io vi ripagassi, volevi solo fare del male a Riley, non è vero? >>
Joel si mise una mano al mento e ghignò. << Forse. >> Poi tornò a guardare con disprezzo Duncan e continuò a parlare:<< Comunque mi è dispiaciuto molto non poter assistere al tuo pestaggio, l'altra volta. Ho saputo che sei arrivato a vomitare sangue; è vero? >>
Duncan rispose a quella provocazione con un verso di noncuranza, ringhiando in faccia all'avversario.
Il ragazzo era in estasi a quel punto; non vedeva l'ora di fare del male a Duncan, forse addirittura di ucciderlo. << Bé, non fa niente… Potrò avere l'onore di spedirti definitivamente al Creatore! >> Dopo di quella frase si lanciò contro Duncan sollevando con enfasi il coltellino che aveva sottratto a Riley. Il ragazzo dai capelli verdi si preoccupò di coprire interamente il corpo inerme della ragazza e prese in pieno la carica di Joel.
Riley urlò terrorizzata, pensando che Duncan fosse stato colpito; poi però vide che i due erano immobili e ancora in piedi: Duncan aveva afferrato il polso armato di Joel e aveva chiuso l'altra mano nella sua con una stretta potente. Con un grande sforzo riuscì a spingerlo indietro, liberando anche un urlo, e si limitò a fissarlo ancora con grande odio negli occhi.
Joel si mise a ridere, sapendo di essere ancora in vantaggio: sia Duncan che Riley erano in trappola e lui era armato; avrebbe vinto di sicuro. Fu in quel momento che un urlo rabbioso alle spalle di Joel scosse l'aria, mentre fuori da lì un altro tuono si faceva sentire in tutta la sua potenza.
Un ragazzino dai capelli biondi e le punte colorate di blu colpì in pieno la testa di Joel tramite un tubo di ferro a elle preso chissà dove; lo spinse in avanti fino a quasi farlo cadere a terra e gli diede un altro colpo dando un improvviso strattone verso l'alto al tubo, questa volta centrando in pieno la faccia del teppista senza che quello potesse fare o dire nulla in reazione a quell'attacco a sorpresa.
<< Andy?! >> Esclamarono all'unisono le emozioni nella testa di Riley quando videro quella scena nello schermo. Gioia ebbe un tuffo al cuore quando rivide il ragazzino che le aveva ridato la speranza e la voglia di vivere.
<< Andy?! >> Urlò Riley senza poter fare altro, ancora legata.
Il ragazzino alzò lo sguardo ansimante verso la ragazza e quasi si mise a piangere. Lasciò cadere il tubo a terra e avanzò lentamente verso di lei. << Bel lavoro, ragazzino… >> Si complimentò Duncan alzando una mano. Andy gliela batté con la sinistra e tornò a concentrarsi su Riley.
<< Riley… >> Mormorò quasi incredulo. << Pensavo che non ti avrei più rivista. >>
La ragazza lo guardò con occhi lucidi e un nodo alla gola. Scosse la testa mentre le lacrime tornavano a scendere lungo le sue guance:<< Anche io… >>
Andy abbracciò Riley liberando tutta la tensione che aveva accumulato dentro di sé fino a quel momento e rimase per alcuni secondi con il mento di lei poggiato sulla spalla. Dopo un attimo quell'abbraccio sembrò durare un po' troppo e Andy tirò indietro la testa per guardarla meglio in faccia:<< Hai pianto? >> Chiese squadrandola con un sopracciglio inarcato, sorpreso da quella visione.
Riley tentò inutilmente di nascondere il proprio viso e rispose quasi mettendosi a ridere:<< No… >>
Duncan prese la parola improvvisamente facendo sobbalzare la ragazza. << Non abbiamo tempo ora! Dobbiamo andarcene da qui. >> E detto questo cominciò ad esaminare le corde che tenevano legata Riley.
<< Sì, grazie… Se mi slegaste mi fareste davvero un piacere… >> Mentre Riley diceva questo con voce sarcastica, Andy seguiva l'esempio di Duncan abbassandosi per slegare Lizzie a terra. Ma come avevano fatto ad arrivare lì? Prima ancora che la ragazza potesse chiedere qualcosa al riguardo, una vocina acuta entrò nel corridoio da fuori la porta.
<< Possiamo entrare ora? E' sicuro? >>
<< Ci stiamo bagnando tutte! >> Le fece eco un'altra voce più matura che Riley riconobbe all'istante. Due visetti vispi e pimpanti sbucarono da dietro la porta che Joel aveva aperto alcuni minuti prima e si illuminarono ancora di più quando scorsero il viso solcato dalle lacrime di Riley.
<< Abigail! Alex! >> Esclamò incredula la ragazza quando quelle due furono salite su ed ebbero cominciato ad avvicinarsi. Che ci facevano lì anche loro due?
<< Non potevamo lasciarti andare via senza prima salutarti, no? >> Disse Alexandra mostrando un sorrisetto furbo mentre si metteva le mani ai fianchi. Riley era felice di rivederle, non solo per il fatto che le avevano appena salvato la vita, ma anche perché condivideva il loro stesso sentimento riguardo al salutarsi un'ultima volta; se ne sarebbe pentita amaramente se l'ultima volta a parlare con loro fosse stata quando poi se n'era andata quasi senza nemmeno salutare, dopo aver scoperto che le ragazze conoscevano Andy.
<< Ma come avete fatto a trovarmi? >> Chiese ancora confusa, quasi convinta di stare sognando. Fu Abigail a prendere la parola questa volta.
<< E' stato merito di Andy. >> Disse spostando il peso da una gamba all'altra e indicando con un pollice il ragazzo accovacciato accanto a Lizzie nel tentativo di liberarla dalle corde. << Verso sera io e Alex abbiamo ricevuto una sua chiamata che ci chiedeva se sapessimo dove ti trovassi tu. Sembrava preoccupato, gli abbiamo detto che non ti vedevamo da giorni… >>
<< Non sapevamo nemmeno che voi due vi frequentaste… >> Aggiunse Alex con le braccia incrociate al petto.
Abbie annuì e continuò:<< Comunque dopo aver tentato di chiamarti inutilmente, abbiamo deciso di incontrarci con Andy e andare a cercare aiuto da Duncan. >>
Riley alzò lo sguardo interrogativa verso il ragazzo dai capelli verdi, al momento occupato a sfregare la corda con un suo coltellino. << Quando ho saputo che tu eri sparita e che non potevi essere per certo da Liz, ho capito subito che cosa fosse successo… Ho chiamato Bad Dog dicendogli di avere i suoi soldi e al posto mio ho fatto andare all'appuntamento la polizia, mentre noi venivamo qua. >>
<< Come hai fatto a scoprire che ero proprio qua? >> Chiese Riley, non avendo la minima idea di dove si trovassero realmente.
Duncan non la guardò per continuare a tagliare le corde. << Conoscevo questo posto; un vecchio container che quel bastardo ha adibito a magazzino, ci tiene tutta la roba di valore. Il posto perfetto per nascondere una persona. >>
Sentendo quelle parole, Riley si sentì una stupida. Non solo era scappata alle sue responsabilità, mentendo a tutti quanti e trattando male le persone che avevano cercato di aiutarla, ma si era fatta catturare e aveva messo in pericolo la sua stessa vita; era stata tanto infantile da volersi rinchiudere in una stanza e non uscirne più per anni…
<< Scusatemi… >> Mormorò la voce di Riley quando Gioia ebbe spinto piano la cloche della console dei comandi. Quel gesto le venne naturale, come se fosse non solo il suo pensiero ma quello di tutti, voler chiedere scusa a quelle persone che le avevano voluto bene. << Sono stata un'incosciente… >>
Per poco non si mise di nuovo a piangere. Duncan diede una taglio netto alle corde che tenevano ancora legata Riley e quando queste cedettero, la ragazza si sentì cadere a peso morto per terra; le braccia non vollero saperne di sollevarsi e lungo tutti i suoi muscoli cominciarono a scorrere brividi e scosse elettriche che le fecero venire dolori immani; non se ne curò e rimase a terra, a nascondere le proprie lacrime nell'oscurità, mentre intanto Abigail e Alexandra si inginocchiavano accanto a lei per aiutarla a tirarsi su. E proprio quando si aspettava delle parole di rimprovero da qualcuno di loro, Duncan sospirò stancamente e la sorprese:<< Non farlo mai più. >> Sussurrò con in viso un'espressione dispiaciuta. Si inginocchiò accanto a Riley e le fece alzare lo sguardo, mentre intanto anche Andy si voltava a guardarla con occhi sgranati. << Ti prego. >>
Gli occhi di Duncan erano infossati, il suo viso era tetro e pallido; sembrava non mangiare e dormire da giorni, come se senza di Riley si fosse dato all'autodistruzione… Solo in quel momento Riley capì quanto fosse legato a lei quel ragazzo, come anche quelle ragazzine che erano venute fin lì a salvarla… E quell'altro ragazzino, invece? Avevano detto che era merito suo, ma perché? Quanto era legato a lei, lui?
<< Quando me ne sono andato, mi sono diretto al commissariato per sapere se c'erano stati sviluppi nelle ricerche… >> Cominciò a dire dopo che Riley gli ebbe posto quella domanda. << Erano tutti sorpresi di vedermi, mi hanno subito chiesto dove fossi stato… E io gli ho raccontato tutto. >> Ci fu una smorfia sarcastica sul viso di Riley, quando il ragazzo disse questo. << Non appena ho finito, si sono precipitati tutti fuori a cercarti e io sono rimasto solo. Ho pensato che avrei potuto andarmene a casa e dormire, ero stanco di tutto questo… Poi però mi sono ricordato degli occhiali che tu avevi preso a Lizzie, e allora ho deciso di andare a restituirglieli. Ma quando sono arrivato a casa sua, non mi ha risposto nessuno al citofono. In casa non c'era nessuno e io non sapevo come fare per chiamarla e assicurarmi che ci fosse… Poi sono arrivati i genitori di Lizzie, appena tornati dal loro viaggio; quando mi hanno visto davanti al portone di casa loro, mi hanno chiesto se cercassi qualcuno, e dopo che gli ho spiegato la situazione si sono presentati e, con molta fretta, sono saliti in casa per controllare che Lizzie ci fosse. Ma lei era sparita, il cellulare era ancora lì e c'erano i segni di una lotta. Mentre i genitori di Liz chiamavano la polizia, io ho deciso di telefonare ad Abigail per sapere se ne sapesse qualcosa, e a quel punto le ho raccontato tutto. >>
Riley guardò con occhi sorpresi la ragazzina più piccola, che le rivolse un sorriso interrogativo. << E tu non ti sei fatta qualche domanda? >>
Abbie sorrise ingenuamente. << Perché? Andy ha detto di essere tuo amico. >> Rispose facendo sobbalzare il ragazzo e suscitando un sorrisetto di scherno nella ragazza più grande.
<< Comunque sia… Quando le ho chiesto se ci fosse un modo per trovare Lizzie, Abigail ha prima provato a chiamare te – non so per quale motivo – e poi ha chiamato Duncan, dopo avermi detto di incontrarla in centro. >> Andy concluse in fretta nel tentativo di nascondere il rossore delle sue guance derivato da quello che aveva detto la ragazzina. << Il resto lo sai. >>
Riley rimase in silenzio per qualche secondo, poi rivolse lo sguardo a Duncan accanto a lei e disse:<< E tu che hai pensato di lui? >>
Tutte quelle domande incentrate su di lui stavano facendo mettere in soggezione Andy, che fece girare lo sguardo rapidamente da Riley a Duncan. << Ho pensato che fosse solo un'altra delle tue povere vittime… >> Rispose il ragazzo dai capelli verdi mostrando un piccolo ghigno alla ragazza inginocchiata accanto sé.
Riley rise sotto i baffi mentre Duncan si alzava. << D'accordo, adesso andiamo. >> Disse il ragazzo muovendosi verso la ragazzina ancora a terra, svenuta.
<< Liz è ancora priva di sensi! Come facciamo a trasportarla? >> Chiese Andy tornando a concentrarsi sulla ragazza dai capelli viola. Senza dire niente, Duncan si abbassò al suo fianco e la sollevò di peso mettendosela su una spalla.
<< Andiamo! >> Ripeté cominciando ad avviarsi lungo il corridoio della prigione di Riley, ormai espugnata. Al suo ordine, Abigail e Alexandra offrirono appoggio dalle spalle a Riley e la ragazza tentò con riluttanza di rialzare le braccia ancora doloranti per aggrapparsi a loro. La aiutarono a rialzarsi e cominciarono ad accompagnarla lungo il tragitto, essendo state già informate da Andy dell'infortunio alla caviglia della ragazza. Prima di uscire da lì, Riley chiese alla sua scorta di fermarsi e si girò a guardare dall'alto verso il basso il corpo inerte di Joel, il ragazzo che l'aveva imprigionata; era stato legato mani e piedi da Duncan e adesso sembrava totalmente indifeso.
Riley gli diede un calcio nello stomaco con il piede sano, togliendosi una grossa soddisfazione. << Fottiti, Joel! >> Ghignò prima di voltarsi verso l'uscita e ordinare ad Andy di raccogliere il coltellino che era caduto a quel furfante.
Quando Riley fu fuori dal container in cui era stata segregata, la pioggia e il freddo della sera la colpirono improvvisamente. Nonostante non fosse una pioggia fitta e pesante, le gocce cadevano velocemente dal cielo e colpivano con forza le superfici; l'intensità della pioggia cambiava di continuo assieme al vento e ogni tanto un fulmine squarciava il cielo oscuro.
Pioggia, vento e freddo. Odore di libertà. Riley non si era mai sentita più viva di quell'istante.
Duncan arrivò a infrangere le sue fantasticherie mettendole davanti le sue responsabilità. << E adesso andiamo dai tuoi genitori. Senza fare storie! >>
Riley sembrò quasi sorpresa quando lui le disse così, ma dopo averlo fissato per un attimo abbassò lo sguardo e annuì accondiscendente, accennando anche a un minuscolo sorriso. << Già… Hai ragione. >> Disse con calma. In fondo era arrivato il momento… Non c'era motivo per tenere ancora il muso.

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Capitolo 40
*** Nostalgia di casa ***


Riley era seduta in mezzo alle sedie di Andy, Abigail e Alexandra, in una stanza dalle pareti bianche e una grande finestra al lato su cui si infrangevano le numerose goccioline di pioggia di quella sera; al centro della stanza pendeva dal soffitto un lampadario che emanava una forte luce bianca, e a un angolo c’era una scrivania rivolta verso l’interno della stanza con sopra il monitor di un computer dall’aria antiquata. Dall’altro lato c’erano dei grandi scaffali, librerie e credenze piene di rapporti e cartelle della polizia, in cui forse compariva anche il nome di Riley.
La ragazza era nervosa, esausta, ma anche euforica per il suo salvataggio inaspettato; doveva davvero la vita a quelle persone che si definivano suoi “amici”. E in fondo era così, erano amici proprio perché nessun altro avrebbe preso così tanti rischi per riportarla indietro.
Dalla porta entrò un ragazzo dai capelli verdi, sospirò rilassandosi quando ebbe chiuso la porta alle sue spalle. << I genitori di Riley stanno per arrivare. Non sapevano niente, ancora… >> Spiegò Duncan avanzando verso il gruppetto di ragazzini seduti. Lui era l’unico adulto lì in mezzo, perciò sentiva di avere qualche compito speciale per evitare che Riley facesse qualche altra pazzia, anche se ormai sembrava essersi rassegnata.
<< Quindi quella storia che eri scappata di casa… E’ tutto vero? >> Chiese Abigail senza preoccuparsi di ficcanasare troppo nella vita privata di Riley; in fondo tutti ormai sapevano la verità e la ragazza non aveva alcun motivo di trattenersi ancora dal parlare, e nemmeno di mostrarsi infastidita o contrariata quando qualcuno le rivolgeva domande del genere.
Riley si dondolò un po’ sulla sedia con un cipiglio sereno sulla fronte. << Sì, sono scappata di casa perché non mi piaceva San Francisco. >>
<< Che cos’aveva di male? Io pagherei per poter andare a San Francisco! >> Commentò Alex girando lo sguardo verso la propria mano sinistra e sbattendola piano sul bordo della sua sedia.
Riley sorrise debolmente verso la amica, mentre Andy e Abigail alla sua destra tendevano le orecchie in attesa di sentire il resto. << Non mi sentivo a casa. >> Rispose con calma tornando a guardare davanti a sé. C’era Duncan lì, e la squadrava da capo a piedi con sguardo di rimprovero e mani piantate nei fianchi. << Che c’è? >> Chiese quasi stanca di quella sua asprezza nei suoi confronti.
Duncan piegò la schiena in avanti per avvicinarsi di più a lei e allo stesso tempo sembrare più arrabbiato. << Sei stata un’incosciente! Hai mentito a me, a loro, e hai anche cercato di scappare un’altra volta! >>
<< Dobbiamo ancora parlarne? >> Chiese esausta la ragazza, pensando di averne avuto abbastanza di rimproveri. Ma più lei rispondeva così e più il ragazzo sembrava inasprirsi, pensando che non avesse ancora imparato la lezione.
<< Guarda in che casino ci hai cacciati! >> Esclamò allargando di scatto le braccia per farle vedere dove si trovavano.
<< Sei stato tu a voler collaborare con gli sbirri. >> Rispose con saccenza la ragazza mettendosi comoda sulla sua sedia e ghignando leggermente.
Duncan non colse l’ironia nella sua voce e ribatté ancora più infastidito:<< Mi avevi detto che i tuoi ti picchiavano! >>
Quelle parole rimasero in quella stanza per alcuni secondi, giusto il tempo di riverberare per bene dentro la testa di Riley; poi uscirono e la ragazza sembrò cambiare completamente tono. << Hai ragione. Mi spiace… >> Mormorò tenendo lo sguardo basso. << Inizialmente credevo di poter vivere spensieratamente da sola, libera e lontana da quel posto che odiavo. Poi però ho capito di aver fatto un errore, però non ho voluto accettarlo, e ho continuato ad andare avanti… >>
Duncan si passò una mano dietro il collo alzando la testa e sospirando. << Sì, è nella tua natura fare così… Ma perché non mi hai mai detto niente? >> Chiese tornando a guardarla negli occhi. << Forse, se mi avessi raccontato tutto, avrei potuto anche aiutarti… Chissà che non potessi trovare un accordo con i tuoi genitori! >>
Riley rise debolmente, mostrando di non credere assolutamente in ciò che diceva quel ragazzo. << Già… Una undicenne a spasso per il continente che cerca di trovare un accordo con i suoi per fare un viaggio di oltre tremila chilometri e andare a stare nel suo paese natale. Geniale! >>
<< Avresti potuto almeno parlarne con loro, invece di fare di testa tua e scappare di casa! >> Le rinfacciò con calma Duncan. << Ma tu fai sempre di testa tua, no? >>
Riley rispose con un grugnito. Era vero, ma non voleva ammetterlo. Era strano come adesso la parte orgogliosa di lei si stesse ripresentando; era tornata sfrontata, scontrosa, saccente come prima, nonostante sapesse di essere nel torto e avesse già chiesto scusa più volte… Che cosa voleva?
La ragazza abbassò di nuovo lo sguardo sbuffando. << A parte gli scherzi… >> Mormorò stanca. << Sono felice che siate tornati. >>
Alex si guardò intorno spaesata e cercò di tirare su di morale la amica. << Bé, è naturale… Lo avremmo fatto in ogni caso. >>
<< Però, quando avete saputo di tutte quelle bugie che vi avevo rifilato, non avreste voluto lasciarmi nei miei guai? >> Mormorò tristemente, pensando che se non fossero stati così buoni, a quell’ora nessuno avrebbe più saputo niente di lei.
Abigail si mosse sulla sua sedia e assunse una posizione più composta, schiena eretta e sguardo basso. << Quando ho sentito come avevi trattato Andy e gli altri per andartene, ho creduto che non potessi essere la stessa ragazza con cui avevamo condiviso tanti bei ricordi… Una persona buona non può sparire completamente, anche se fuori decide di non mostrare più il proprio cuore a nessun altro. E tu lo hai mostrato a noi tante volte, Riley… >> La ragazzina più piccola si sporse dalla sua sedia per allungare la mano e metterla sua quella inerte di Riley, passando il braccio davanti ad Andy accanto a lei. << Non potevamo non venire. >>
Riley fissò con occhi spenti la mano di Abigail, le nocche pallide e screpolate per il freddo e l’acqua che aveva preso quella sera per andare a cercarla, poi alzò lo sguardo e incontrò gli occhi fiduciosi e profondi dell’amica. Sorrise:<< E questa dove l’hai letta, sulle scatole di cereali? >>
Tutti quanti si misero a ridere, chi in modo più sguaiato e chi più sommessamente, mentre Abbie ritirava subito la mano con fare risentito e diceva sbattendo le mani sulle ginocchia:<< Oh, andiamo! Smettila con questa storia, è vero quello che dico! >>
Riley, assieme a Lizzie ed Alex, prendeva spesso in giro la più piccola del gruppo per quella sua abitudine di leggere sempre le frasi che trovava scritte la mattina sulle scatole dei cereali per il latte. Inizialmente avevano preso quell’abitudine per scherzare e richiamare quel particolare in momenti specifici della giornata, ma dopo un po’ quello era diventato un vero e proprio tormentone!
Riley sembrò quasi sforzarsi di ridere, volendo andare avanti con quella sceneggiata, ma alla fine si fermò quando Abigail le ebbe urlato contro di nuovo. Si mise a fissare il soffitto con sguardo sereno, poggiando la schiena e il collo allo schienale della sedia. << Grazie, ragazzi. Non me lo meritavo, ma voi siete venuti lo stesso… >>
A un certo punto si accorse di qualcosa: quel ragionamento andava bene per Abigail, Alex e Duncan, ma lì era stata un’altra persona a mobilitare tutti quanti, e si trattava della persona che Riley aveva trattato peggio di tutti. Andy non aveva detto una parola da quando erano arrivati, si era limitato a sedersi accanto a Riley e a guardarla mentre parlava con gli altri o si riposava, finalmente salva dallo scagnozzo di Bad Dog.
<< Ma… >> Mormorò strofinandosi piano le mani. Alzò lo sguardo verso il ragazzo accanto a sé e lo guardò con sguardo di sfida. << Tu non avevi alcun motivo per tornare. Perché sei venuto a cercarmi? >>
Il ragazzo fu sorpreso da quella domanda, tanto da dover chiedere a Riley se fosse veramente necessario saperlo. Lei annuì in silenzio senza lasciare alcuna alternativa a Andy. << Potremmo dire che… Non volevo che succedesse qualcosa a te. >> Sospirò dondolandosi in avanti sulla sedia. << Mi ero affezionato… >>
Riley avrebbe riso; la vecchia Riley lo avrebbe fatto… All'affermazione del ragazzo però, invece rimase a guardarlo con occhi sgranati, confusi, chiedendosi per quale motivo stesse dicendo quelle cose. Poteva capire quel suo comportamento se lei non avesse tentato di ingannarlo mentendogli e dicendogli in faccia di essere un vigliacco; ma Riley aveva fatto di tutto per farsi odiare, facendo patire le pene dell'inferno a quel ragazzo e portandoselo ovunque in città, facendogli provare pericoli mai provati prima e regalandogli praticamente un'avventura terrificante che sicuramente non avrebbe mai voluto ripetere, la prima e l'ultima volta che nella sua vita si spingeva così tanto sul baratro che separava le regole e l'anarchia…
<< Oh… >> Mormorò arrossendo, abbassando subito la testa per non mostrare il suo rossore. Proprio per quello: perché lei gli aveva regalato una avventura pazzesca, unica, che avrebbe portato sempre nel cuore per tutti i suoi lati positivi quanto per quelli negativi.
<< Che c'è? >> Chiese Andy cercando di intercettare lo sguardo della ragazza.
<< Non è niente. >> Rispose lei alzando una mano per cercare di allontanare il viso di Andy da sé, ma il ragazzo evitò il suo movimento e infilò la testa proprio sotto alla mano che copriva parte del viso della ragazza. La guardò con aria persa, come se non riuscisse a cogliere il motivo di tanto imbarazzo. Vedendo quel suo sguardo, Riley non poté trattenere un largo sorriso.
La ragazza abbassò la mano che le copriva il volto mentre alzò quella che aveva mosso per fermare Andy; prese il viso del ragazzo tra le sue mani e poggiò la fronte alla sua. << Grazie, Andy. >> Mormorò sorridendo grata al ragazzo, che ancora un po' perplesso si lasciò andare a un sorriso rilassato.
<< Non c'è di che! >> Rispose lui facendo lo stesso che aveva fatto Riley e prendendo la testa della ragazza tra le sue mani. Rimasero qualche secondo in quella posizione a guardarsi negli occhi, poi un gemito di Duncan che si schiariva la voce, qualche colpo di tosse di Abbie ed Alex, e le loro fronti furono di nuovo separate. Sembrava che non ci fosse stato niente in quegli ultimi giorni, che fossero solo due vecchi amici che riuscivano a trovarsi perfettamente in sintonia in qualsiasi situazione.
Riley rivolse un ultimo sorriso – forse uno scatto automatico delle labbra – a Andy prima di rivolgersi al ragazzo più grande, in piedi di fronte a loro. << E Lizzie come sta? >>
Il ragazzo sembrò quasi sorpreso dal ricevere quella domanda. << L'hanno portata al pronto soccorso, ma è solo per un accertamento. Se la caverà. >>
Abbie prese la parola dopo che Duncan ebbe finito. << Non riesco ancora a credere che lei ti abbia venduta a quella gente… >> Mormorò abbassando lo sguardo con tristezza negli occhi. Riley era stata spiazzata quanto lei quando lo aveva saputo, ma le rivolse un'espressione poco segnata in quel momento e sembrò voler giustificare la ragazzina dai capelli viola.
<< Era spaventata. Non solo, credo anche che più di chiunque altro si fosse resa conto che c'era qualcosa che non andava in me, e questo non le piaceva. Le piaceva così poco che era arrivata a odiarmi per essere diventata quella che ero… >> Spiegò con voce pensierosa mentre gli altri la fissavano per avere altre informazioni. << Voleva che le cose tornassero come tre anni fa, quando eravamo tutte trasgressive, spregiudicate e indifferenti da tutto quello che ci capitava. Voleva che io tornassi ad essere quella "guida" fantastica che avevo smesso di essere da un po' di tempo, e per questo lei ha tentato di prendere il mio posto sfidandomi in continuazione, trattandomi male il più delle volte. >>
Abigail e Alexandra erano le più assorte nel discorso, quando Riley parlava di quello, essendo le più vicine all'oggetto della spiegazione di Riley e potendo avere un'idea migliore di quella di Duncan e Andy su quello che era accaduto nella mente della loro amica.
<< Credo che facendomi rapire sperasse di dimostrare a sé stessa di essere pronta a fare un… Salto e crescere. Ma invece non ha voluto andare fino in fondo, perché i ricordi erano troppo pesanti da portare con sé… >>
Sentire Riley che si inoltrava in discorsi così profondi e complessi stava facendo venire ad Andy il dubbio che quella che avevano recuperato non fosse la vera Riley; era davvero strano scoprire anche quella parte più calma e riflessiva della ragazza, che sembrava essere nata dopo la sua disavventura di quella sera.
Duncan prese la parola e allungò una mano verso Riley porgendole qualcosa:<< A proposito di ricordi… Tieni. >> La macchina fotografica grigia con sopra la striscia di carta gommata che diceva "Riley" era ancora là, ancora intera e funzionante per portare con sé i ricordi più importanti della ragazza e crearne di nuovi da ricordare.
Riley la accettò senza nemmeno capire subito cosa fosse. Quando posò gli occhi sulla fotocamera nelle sue mani, gli occhi completamente aperti e pieni di dubbi della ragazza si trasformarono fino a riempirsi di tristezza e dispiacere. << Sono stata una stupida… >> Mormorò con voce rotta da un pianto imminente. << Me ne volevo andare via, volevo dimenticare tutto, pur avendo questo… Pur avendo voi! >>
Andy le rivolse un sorriso incoraggiante mentre Abigail e Alexandra la abbracciavano e Duncan raddrizzava la schiena guardandola con soddisfazione. Dovevano darle forza, aiutarla, per farle capire che non era da sola, che poteva contare sui suoi amici; e ognuno a modo suo lo fece.
<< Scu… Scusatemi… >> Piagnucolò mentre la sua faccia diventava rapidamente paonazza e le lacrime ricominciavano a scorrere lungo le sue guance, bagnandole la pelle e facendola brillare alla luce.
A quell'abbraccio fornitole da Abigail e Alexandra, si aggiunse anche quello di Andy ancora seduto accanto a lei, mentre Duncan piegò le ginocchia e si abbassò alla sua altezza per guardarla alla pari. Non le disse niente, sorrise soltanto. E quel sorriso bastò, fu abbastanza per far sentire meglio Riley e farle capire di non aver bisogno di mentire e fare cose cattive per avere degli amici, per avere una spalla su cui piangere di tanto in tanto. Dimostrò la propria gratitudine a quei suoi amici quando cercò di allargare le braccia per stringerli forte a sé; non ci riuscì e alla fine si ritrovò a sghignazzare piangendo mentre anche gli altri si lasciavano andare a dei sorrisetti divertiti.
Duncan ebbe un'idea inaspettata e strappò la fotocamera dalle mani di Riley: la accese rapidamente e dopo essersi messo accanto a Riley e agli altri puntò l'obiettivo verso di sé. Sorrise dolcemente, mostrando anche tutta la sua stanchezza ma anche il sollievo che aveva provato quando aveva capito che Riley era al sicuro; assieme a lui sorrise anche Alex, che lasciò una mano a cingere le spalle di Riley mentre con il viso si avvicinava a Duncan; e anche Abbie sorrise, ammiccando con dolcezza mentre si stringeva a Andy e Riley e schiacciava una guancia sotto al viso della sua amica; Andy reagì in ritardo e il suo sorriso fu colto quasi di sfuggita, mentre accanto a lui Riley continuava a piangere pur tentando di sorridere in qualche modo.
Dopo che la macchina ebbe scattato la foto, Duncan ruotò la fotocamera per guardare sullo schermo l'immagine che ne sarebbe uscita fuori; tutti quanti trattennero il respiro per un attimo fino a che non ebbero visto la foto, per poi esplodere in esultanze e parole di conforto verso quella Riley che si era aperta così tanto, aprendo il proprio cuore a coloro che considerava i migliori amici che avesse mai avuto.
<< Questa farai meglio a tenerla sempre con te, d'ora in poi! >> Disse Duncan scompigliandole i capelli mentre le restituiva la macchina fotografica. Riley non si curò nemmeno di sistemarsi i ciuffi biondi che le coprirono la vista e abbassò lo sguardo sulla fotocamera ancora piangente: la foto era meravigliosa, non credeva di aver mai provato tanta emozione nel guardare una foto di sé e dei suoi amici. Forse perché fino a quel momento non li aveva mai considerati veri e propri "amici" ma delle "comparse" che, così come erano entrate nella sua vita, sarebbero scomparse improvvisamente.
<< Grazie, ragazzi… >> Mormorò Riley senza riuscire a fermare le lacrime. << Vi voglio bene! >> Disse mentre Abigail e Alexandra la riempivano di baci affettuosi sulle guance per farla stare meglio.
Mentre stavano ancora consolando Riley, dalla porta della stanza arrivarono un paio di colpi leggeri che però attirarono l'attenzione di tutti i presenti. Dopo essersi voltati tutti a guardare la porta, questa si aprì mostrando un agente in divisa non troppo alto, dalla pelle olivastra che li squadrò uno ad uno. << I signori Andersen sono arrivati. >> Disse facendo un leggero cenno a Duncan.
Il ragazzo dai capelli verdi comprese tutto e annuì in risposta. << Andiamo, ragazze… >> Disse facendo segno ad Abbie ed Alex di seguirlo.
Alex annuì e si alzò senza dire nulla, mentre invece Abbie diede un ultimo saluto all'amica più grande – che si era asciugata rapidamente le lacrime con una manica. << Buona fortuna, Riley! >> Le disse stringendole con forza una mano tra le sue.
Ma la ragazza fu presa alla sprovvista da quell'improvviso allontanamento dei suoi amici. << Ehi… Dove andate? >> Chiese con sguardo perso e voce a malapena udibile.
<< Andrà tutto bene, Ry! >> Le disse Alex mentre si avvicinava a Duncan, che teneva la porta aperta mentre il poliziotto aspettava fuori. Abigail la salutò con la mano un'ultima volta, prima di raggiungere gli altri due amici.
<< Forza, Andy! >> Chiamò Duncan quando capì che il ragazzino non si sarebbe alzato dalla sedia. Quello reagì quasi in ritardo, spaesato e si alzò balbettando una risposta confusa.
<< Aspetta…! >> Riley gli afferrò una mano e lo costrinse a voltarsi. Andy, con il corpo sbilanciato indietro, si fermò a guardare negli occhi azzurri della ragazza, che a sua volta gli rivolgeva uno sguardo turbato e pieno di paura. << Non te ne andare… Ti prego! >>
Con un filo di voce, Riley fece quella sola richiesta al ragazzo. Non attese nemmeno una risposta, pensando di non meritarsela, e lasciò andare la mano di Andy. Ma il ragazzo non si allontanò da lei quando fu libero; al contrario, tornò ad avvicinarsi a Riley e le accarezzò una guancia:<< Riley… Non potrei mai andarmene! Te l'ho detto prima, no? Sei importante per me. >> Mentre diceva questo, gli occhi di Riley tornarono lucidi e la ragazza fece appello a tutte le sue forze per non rimettersi a piangere.
<< Ho tanta paura, Andy… >> Gli confessò con voce rotta, in procinto di scoppiare di nuovo a piangere.
Andy non capì. << Perché dovresti? >> Chiese sorridendo. << Avresti dovuto avere paura prima, quando eravamo braccati da mezza città e non potevamo muoverci liberamente… Avresti dovuto averne quando ci siamo rifugiati in quella casa abbandonata nel parco, per sfuggire agli scagnozzi di Bad Dog… >> Il ragazzo si inginocchiò di fronte a Riley e la guardò dritto negli occhi. << Abbiamo vissuto così tante avventure assieme, che ormai non dovresti nemmeno pensarle certe cose! >>
Riley cercò di sorridere, ma con il viso contratto a quel modo mentre cercava di trattenere altre lacrime le venne fuori solo una smorfia sforzata. << Ho paura che, dopo tutto questo tempo, possano non volermi più… >>
Le parole della ragazza sembrarono quasi uno scherzo; un test fatto appositamente per vedere come avrebbe risposto Andy. Non poteva pensare veramente una cosa del genere, eppure era così… Assumendo un'espressione seria e rassicurante, Andy smise di fare la voce dolce e guardò Riley con sincerità. << Riley. >> Disse. << I tuoi genitori ti hanno cercata fino ad oggi, per tre anni! Pensi che potrebbero avercela con te, ora che ti hanno ritrovata? Credi davvero che qualcuno che ha patito tante sofferenze per ritrovarti, possa non volerti più con sé? >>
Riley sentì di essere stata nuovamente una stupida a fare una domanda del genere a Andy; il ragazzo le mise un dito sulle labbra per impedirle di parlare ancora e lei non si oppose.
<< I genitori non smetteranno mai di voler bene ai propri figli, per quanto cattivi essi siano. Te ne accorgerai, Riley… >> E detto questo, il ragazzo si rialzò in piedi e abbracciò un'ultima volta Riley, che singhiozzava in silenzio mentre l'unica parte in movimento del suo corpo erano le spalle, scosse da ritmici colpi improvvisi.
La ragazza lasciò che le braccia del ragazzo le cingessero il busto e che lui le facesse sentire il suo calore mentre lei affondava una guancia sulla sua spalla, affidando a lui ogni suo pensiero, ogni sua debolezza, liberandosi definitivamente di quel peso che aveva avuto dal momento in cui aveva dovuto mentirgli.
<< Forza, ragazzo… >> La voce del poliziotto fuori dalla stanza fece uscire da quello stato di trance in cui erano sprofondati i due ragazzi, e Andy lasciò finalmente andare Riley.
<< Ci vediamo presto, Riley. >> Le disse con un sorriso incoraggiante prima di voltarsi e uscire da lì.
Così Riley era di nuovo da sola. Sola nel silenzio della propria vergogna, nel vuoto dei suoi pensieri; ormai non riusciva più a immaginare un modo di cambiare quella situazione, le sembrava incredibile come tutto si fosse aggiustato così rapidamente, come tutte le sue azioni cattive l'avessero infine spinta ad affrontare la dura realtà e a decidere se continuare a seguire quella strada che aveva imboccato tempo addietro oppure voltare pagina e provare a tornare indietro per fare le cose giuste, questa volta. E lei aveva scelto di tornare indietro, di accettare quella corrente in cui aveva cercato di nuotare al contrario fino a quel momento; sembrava quasi che fosse il suo destino, ritornare con i suoi genitori.
Destino. Quella parola usata da Andy l'aveva lasciata perplessa. Sembrava tutto così casuale, così improbabile: aveva incontrato Duncan sul ciglio di una strada, quando passando lui si era fermato ad osservare lo stato pietoso in cui era la ragazzina; dopo essersela portata a casa e averle dato dei vestiti puliti, Duncan le aveva insegnato a rubare e ad assumere un comportamento sfacciato con la gente, ed era stato grazie a queste lezioni impartite dal ragazzo dai capelli verdi che la ragazza si era conquistata l'ammirazione delle ragazze più piccole di lei, in particolare di Lizzie, Abigail e Alexandra, che stranamente erano compagne di classe di Andy, il ragazzo che le avrebbe poi salvato la vita; infine, tutti quanti si erano riuniti per aiutarla un'ultima volta e convincerla a prendere la decisione che aveva tanto temuto fino a quel momento: rivedere i suoi genitori.
Le sfuggì un sorriso, nonostante Riley non sapesse perché stesse sorridendo. Per un attimo si era allontanata da quel luogo e aveva cominciato a viaggiare con la mente… Ma era comprensibile, essendo da sola in una stanza senza alcun tipo di attrazione per lei, in attesa di qualcosa che sembrava tardare molto. Volevano farla schiattare dall'ansia?
A un certo punto la porta si aprì; prima si schiuse piano e con timore, poi un braccio magro la spinse con forza rivelando un uomo alto con dei baffetti scuri sotto al naso e una barbetta incolta che nascondeva un po' la magrezza eccessiva delle guance. Dietro di lui vi era una donna più bassa, i lunghi capelli castani raccolti in una coda disordinata e un paio di occhiali rossi a coprire i suoi grandi occhi scuri. Entrambi erano allibiti quando entrarono nella stanza. Riley aveva la loro stessa espressione, con gli occhi spalancati e la bocca chiusa, incapace di proferire parola.
Tre anni. Erano passati più di tre anni da quando la ragazza aveva lasciato casa senza dire nulla ai suoi ed aveva viaggiato attraverso l'intero paese per ritrovare il posto da cui era venuta. Rivederla dopo tre lunghi anni, passati tra le ricerche che non portavano a nulla e lo sconforto generale che si era fatto vivo dopo i primi mesi, era stato uno shock. La loro bambina era cambiata, era cresciuta. Riuscivano a malapena a riconoscere la loro Riley in quella ragazza magra, piena di borchie e dallo sguardo così profondo… E anche loro erano cambiati, invecchiati e sciupati.
Ci fu un attimo che i due adulti rimasero a fissarla con stupore, senza dire alcuna parola; Riley li guardava allo stesso modo, sperando però che dicessero qualcosa: i loro sguardi su di sé erano troppo pesanti da sopportare. Poi, dopo che il padre di Riley ebbe lasciato andare la porta e questa si fosse richiusa, la donna cominciò ad avanzare piano tendendo una mano verso la figlia.
La mano – che spaventò Riley inizialmente – raggiunse il viso della ragazza e ne seguì il profilo accarezzandola delicatamente; dopo un po' si fermò sulla sua guancia sinistra mentre la donna avvicinava il viso a quello della figlia e i suoi occhi si riempivano di commozione.
<< Riley… >> Sospirò senza voce, lasciando sfuggire un gemito acuto a causa della sua impossibilità a controllare la voce. Le lacrime cominciarono a scorrere copiose sul suo viso, e a quella vista la ragazza non riuscì a trattenersi più e scoppiò a piangere a sua volta.
<< Scusami, mamma… >> Piagnucolò prima di perdere completamente il controllo della voce e abbandonarsi all'abbraccio che la madre le offrì. A vedere quella scena, il padre di Riley non riuscì a trattenersi più e raggiunse la moglie per abbracciare la figlia che avevano perso.
Era di nuovo con loro, adesso. Riley non aveva mai pensato che questo evento sarebbe mai arrivato, ma adesso capiva di averlo sempre desiderato con tutto il cuore. Abbandonò ogni pensiero a un piccolo sospiro che li portò via con sé, e finalmente la ragazza poté sentirsi di nuovo leggera e felice come un tempo, senza più pesi nell'anima e segreti da nascondere…

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Capitolo 41
*** L'ultimo Ricordo Base ***


Gioia poteva finalmente rilassarsi e tirare un sospiro di sollievo. Lasciò andare i comandi della console e si voltò verso le altre emozioni dietro di lei, che la guardavano stupefatte. Rivolse a tutti loro un sorriso incoraggiante, quasi a chiedere cosa ci fosse di tanto incredibile.
<< E quindi… Fino ad ora, tutto quello che Riley ha sempre voluto è stato… Rivedere mamma e papà? >> Fece Paura con sguardo basso, pensieroso.
<< Ma allora perché non lo ha mai detto? >> Chiese Rabbia confuso. Gioia si staccò dalla console dei comandi a cui si era appoggiata e si mise a spiegare con calma.
<< Perché i suoi desideri sono sempre rimasti nascosti, accantonati da quella determinazione ad andare avanti nonostante tutto… >> Fece una pausa per mostrare con un gesto del braccio la macchina da cui uscivano i ricordi di Riley. << Non volendo vedere altri modi, Riley si è convinta di stare facendo la cosa giusta e ha pensato che, per assicurare il proprio bene, dovesse ignorare i suoi desideri. >>
Dopo la spiegazione di Gioia, Rabbia si mise una mano sul petto. << Vuoi dire che io ho ignorato i suoi desideri, credendo di fare il suo bene… >> Mormorò con sguardo perso, rassegnato.
Gioia fece roteare la testa sorridendo leggermente; adesso sembrava un'altra persona, spensierata e sicura di sé. << In realtà, tutti noi abbiamo contribuito a ciò… Alla fine tu sei stato il più coraggioso nel prenderti la responsabilità di governare Riley in un momento così difficile! >> Lo sguardo di Rabbia cambiò dopo che Gioia gli ebbe detto questo; non più triste e abbattuto, come chi si rende conto di aver fatto un grosso errore, ma pieno di gratitudine verso chi gli aveva mostrato la verità.
<< Ma se il suo desiderio era tornare indietro sin da subito, perché tu e Tristezza non siete riuscite a fermarla? >> Chiese Disgusto facendo la sua entrata nella discussione. Questa volta fu la piccola Tristezza a rispondere.
<< Riley era debole, nel suo cuore albergava una ferita impossibile da rimarginare con le nostre sole forze… Non siamo riuscite a farle cambiare idea in tempo, perché sia lei che noi pensavamo che fosse troppo tardi. >> Si voltò a guardare lo schermo dove si potevano intravedere i genitori di Riley che abbracciavano con amore la loro bambina ritrovata. << Avevamo bisogno di aiuto… >>
<< E lo abbiamo trovato! >> Disse Gioia con eccitazione nella voce. << Non ce ne siamo accorti subito, ma a poco a poco abbiamo riunito un gruppo di amici che ci hanno sempre supportato e aiutato nei momenti difficili. Quando poi è arrivato Andy, io ho sentito come se qualcosa si fosse acceso dentro di me… >> Si portò le mani unite al petto. << E, anche se avete affermato il contrario, credo che anche in voi sia accaduto lo stesso… >>
Rabbia e Disgusto si guardarono increduli negli occhi, mentre Paura sembrava soprappensiero ascoltando la spiegazione di Gioia. << E' plausibile. >> Disse a un certo punto attirando l'attenzione delle due emozioni accanto a lui. << Pur non volendo mettermi nei guai, anche io ho pensato che ci fosse qualcosa di "bello" nel fatto che Riley sognasse Andy, la notte… >>
<< Quello era il pensiero di tutti. E tutti noi volevamo la stessa cosa, inconsciamente: tornare a casa. >> Esordì Tristezza sorridendo con delicatezza.
Quando Tristezza ebbe pronunciato quelle parole, ci furono dei mormorii confusi tra le altre emozioni; sembrava quasi che fossero spaventati da quell’idea.
<< Tornare a casa? >>
<< E che succederà qui? >>
<< Dovremmo lasciare tutto così? >>
Vedendo che regnava ancora un po’ di confusione e incertezza, Gioia si sentì in dovere di intervenire per spiegare le cose:<< Ragazzi, i genitori di Riley sono venuti per noi, per riportarci a casa… Ormai dobbiamo accettare il fatto che non si può tornare a vivere come prima, dobbiamo accettare quello che ci viene incontro e andare avanti, magari trovando un compromesso… >>
Rabbia prese la parola con in viso un’espressione leggermente infastidita. << Vuol dire che tutto quello che abbiamo fatto fino ad ora è stato inutile? >>
Gioia scosse rapidamente la testa per rassicurarlo. << Assolutamente no! E’ grazie a questo lavoro di tre anni che oggi Riley può riabbracciare i suoi genitori. E’ grazie a voi se Riley ha avuto degli amici forti che non l’hanno abbandonata! >> E detto questo puntò un dito contro Rabbia, intendendo anche Disgusto e Paura nel suo discorso.
Non potevano far finta che fosse finita e lasciarsi alle spalle quei tre anni che avevano vissuto lì, ma nemmeno permettere che quel sentimento di insoddisfazione che li aveva guidati lì tornasse a presentarsi. Gioia, Tristezza, Rabbia, Paura e Disgusto dovevano collaborare per far andare avanti Riley, senza mai dimenticare la strada che avevano percorso, i pericoli che avevano corso e le avventure che avevano vissuto assieme ai loro amici, come già era successo…
<< Ora vi chiedo di restare con me, di lavorare insieme per poter dare a Riley la vita felice che si merita e non farle fare mai più le scelte sbagliate… >> Chiese Gioia allargando le braccia come per accogliere le altre emozioni.
Rabbia, in tutto questo, incrociò le braccia e abbassò lo sguardo con poca convinzione. << Non sarà che finirai per fare tutto da sola, come una volta? >>
Accusata di quello, Gioia tentò subito di difendersi. << No! Non potrei mai farcela, ormai l’ho capito. E’ solo grazie a Tristezza se sono riuscita a convincere Riley a seguire i suoi veri sentimenti, e se vogliamo andare avanti senza doverci ritrovare al punto di partenza, a risolvere i problemi causati dalle nostre scelte errate, dobbiamo collaborare! >>
Ci fu un grande silenzio nel Quartier Generale. Per un pezzo, nessuno disse nulla; Rabbia si limitò a guardare Gioia con occhi pieni di scetticismo, braccia conserte e petto in fuori per dare un senso di sicurezza, mentre accanto a lui Paura e Disgusto facevano andare gli sguardi da lui a Gioia, curiosi di conoscere la sua risposta e al tempo stesso a riflettere su qualche risposta avrebbero dovuto dare loro stessi. Alla fine Rabbia allargò le braccia sorridendo con furbizia e dicendo:<< Affare fatto! >>
Gioia lasciò andare un sospiro di sollievo, pieno anche di sorpresa per l’inaspettata cordialità dell’ometto rosso, che di solito era molto più difficile da convincere. Si avvicinò con leggerezza a lui comunicandogli quanto fosse felice di sapere che l’avrebbe appoggiata, ma lui la fermò parandole una delle sue grosse mani davanti. Tra lo stupore generale, il rosso focoso abbassò la mano mostrando un sorriso amichevole, offrendo una stretta a una Gioia un po’ stranita.
Quando Gioia accettò di stringere la mano di Rabbia, quello la afferrò senza preavviso e la strinse con forza dicendo:<< Bentornata, stellina! >> E incitando anche gli altri ad andare ad abbracciarla. Paura e Disgusto si unirono subito all’abbraccio di gruppo – che ironicamente era la cosa più odiata proprio da Rabbia – mentre Tristezza si unì a loro con più calma, avvicinandosi lentamente come al suo solito.
Mentre la stringevano con amorevolezza, mostrandole tutto il loro affetto e la loro felicità per il suo ritorno, Gioia non poté nascondere la commozione per quel loro gesto e si lasciò sfuggire qualche lacrima di felicità. << Grazie, ragazzi… >> Mormorò non riuscendo a muoversi per abbracciare in ritorno gli altri. << Non vi deluderò. >>
Mentre si stavano ancora abbracciando, una forte luce dorata proveniente dalla macchina dei ricordi illuminò il Quartier Generale. L’abbraccio di gruppo si sciolse e tutti rimasero uno affianco all’altro a guardare quella scena inaspettata; dai canali e dagli ingranaggi della macchina, scivolò con calma e solennità una sfera dorata, luminosa e contaminata da alcune macchie azzurre che vagavano al suo interno, mentre un ricordo di Riley vi si ripeteva all’infinito. La guardarono scivolare lentamente fino a colpire delicatamente un’altra sfera che era in fila assieme alle altre, in attesa di essere mandate agli archivi della memoria a lungo termine.
Le cinque emozioni variopinte rimasero a fissare quella piccola sfera in silenzio per molto tempo, incredule di ciò che fosse appena accaduto; ogni peletto dei loro corpi era rizzato dalla tensione e brillava di una debole luce dello stesso colore dell'emozione a cui apparteneva. Nessuno si aspettava che nascessero ancora altri ricordi, nuove sfere colorate formate da tinte di colori mai viste prima. Gioia meno di tutti si aspettava che fosse proprio un suo ricordo a venir fuori da lì, alla fine. Era vero che anche il ricordo che era nato quando Andy e gli altri erano arrivati a salvare Riley conteneva delle macchie dorate che lasciavano intendere che lei avesse fatto la sua parte, ma un intero ricordo d'oro con appena qualche accenno di blu di Tristezza non se lo sarebbe mai aspettato.
Nessuno si mosse per andare a prenderlo. Gioia non voleva andare a raccogliere il ricordo da sola, aveva paura; fu costretta a farlo quando Tristezza la spinse delicatamente dalla schiena, rivolgendole un sorriso benevolo. A quel punto cominciò ad avanzare con passetti incerti verso la macchina che aveva creato il ricordo, dove riposava assieme agli altri ricordi della giornata di Riley. Guardandosi intorno per cercare un modo di evitare quel confronto con il suo ricordo, alla ricerca di qualche sguardo amico delle altre emozioni, Gioia raggiunse il muro senza nemmeno accorgersene e quasi si spaventò al ritrovarsi davanti la sfera luminosa, pulsante come un cuore pieno di vita.
Nel vetro del ricordo si ripeteva all'infinito quel breve e intensissimo momento che era stato l'incontro di Riley con i suoi genitori, i loro sguardi sbigottiti, quei pochi sussurri che si erano scambiati, e infine il loro abbraccio commovente. Poi la scena si offuscava e ripartiva dall'inizio. Gioia prese con timore la sfera, facendo attenzione a non farsela scivolare dalle mani; per qualche motivo, quel ricordo le sembrò molto più pesante di tutti gli altri che aveva tenuto tra le mani.
Era di nuovo lì, era di nuovo nel Quartier Generale ad ammirare i ricordi di Riley, frutto del suo lavoro di ogni giorno, con gli occhi di una bambina piena di meraviglia e sogni. Era di nuovo quella vecchia Gioia spensierata e piena di idee, anche se ancora non se ne rendeva conto, ma evoluta, con una maggiore coscienza di sé… Non era più sola, ormai, come anche Riley. Sembrava quasi che non fosse cambiato niente da allora

Inspirando profondamente per richiamare a sé tutto il suo autocontrollo, Gioia si voltò verso gli altri e sorrise con coraggio. Quando tornò al centro della sala, tutti gli altri le si avvicinarono pieni di stupore per guardare meglio il nuovo ricordo di Riley.
<< E'… Un Ricordo Base? >> Chiese Paura incuriosito dall'aura che emetteva quella piccola sfera.
<< L'ultimo che mancava… >> Concluse Tristezza mentre la luce del Ricordo Base si rifletteva sulle lenti dei suoi occhiali neri. Sembrava quasi che lei sapesse già che quello sarebbe successo; sembrava che Tristezza avesse sempre saputo dall'inizio come sarebbe andata a finire quella storia. Gioia si voltò a sorriderle colma di gratitudine, sapendo che senza di lei non sarebbe mai riuscita a tornare lì e a salvare Riley; ebbe giusto il tempo di vedere il sorriso che le mandò lei in risposta, quando nella mente le balenò un pensiero.
<< OH! >> Esclamò sobbalzando. Lasciò il Ricordo Base a Paura accanto a lei e scappò nella sua casetta a prendere qualcosa che si era dimenticata. Un attimo dopo le emozioni la videro uscire da lì di corsa con una borsa tra le mani che dondolava in modo scomposto a ogni suo passo.
Gioia scivolò sul pavimento bianco del Quartier Generale e fece passare il palmo di una mano sopra a un piccolo cerchio posto non lontano dalla console dei comandi. Quello che venne fuori dal pavimento fu qualcosa che le altre emozioni avevano ormai dimenticato.
Il vano in cui andavano posti i Ricordi Base di Riley, quel piccolo rialzo cavo dalla forma circolare che aveva custodito sempre i Ricordi Base della loro bambina, adesso era vuoto. Gioia vuotò la sua borsa sul pavimento e si riversarono per terra numerose sfere dorate e altre singole di diversi colori: ce n'erano cinque dorate, poi una azzurra senza contare quella che teneva Tristezza da dopo del salvataggio di Riley, una rossa che era quella nata dopo la sfuriata di Riley con Andy, una verde, formatasi dopo che Riley aveva baciato Andy, e una violetta, che era nata quando la ragazza si era risvegliata di soprassalto da quell'incubo spaventoso; né Rabbia né Disgusto sapevano niente di quei due ultimi ricordi. Rimbalzarono producendo dei suoni secchi e rotolarono un po' sul pavimento, prima che Gioia le raccogliesse tutte e le distribuisse ai suoi amici: due a ognuno di loro, che tennero senza fare storie nelle mani, ma senza nemmeno nascondere la loro perplessità.
Quando Gioia si fu messa di fronte al vano dei Ricordi Base, disse:<< C'è ancora una cosa da fare… >> Bisognava rimettere tutto a posto. Lei era pronta, e anche loro; non fu necessario dire altro e quando lei ebbe allungato le mani con le due sfere che aveva contribuito a creare verso la pedana, gli altri seguirono i suoi movimenti infilando con enfasi i ricordi nel vano.
Non appena tutte le sfere colorate si furono posizionate nel vano rialzato, questo si illuminò e cominciò a calare nel pavimento. Con pazienza, ma trepidante, Gioia unì le mani davanti al petto sperando che quella cosa funzionasse e rivolse gli occhi speranzosi verso le grandi finestre che davano sul Baratro della Memoria. Dopo alcuni istanti passati a sperare, la stellina neanche prestò attenzione alle luci che attraversarono tutto il pavimento, salendo lungo le pareti e lasciando il Quartier Generale dal soffitto per andare a incanalarsi nei ponti che si sarebbero formati di seguito; ma non appena vide formarsi una piccola isoletta su una sponda del baratro, minuscola e distante, non riuscì a trattenere i propri salti e le urla di felicità che lanciò. Un attimo dopo si formarono altre isolette attorno a quella prima isola, e poi altre ancora tutto intorno al Quartier Generale, luminose e piene di vita, colorate e dall'aria invitante… Erano dieci, come i Ricordi Base di Riley, e finalmente erano operative e pronte a dare tanti spunti e idee a Riley, a farla divertire e a farla stare bene con i suoi amici.
<< Ha funzionato! >> Esclamò Rabbia incredulo guardando fuori dalle finestre. << Le isole della personalità sono tornate! >>
<< Brava Gioia! >> Paura si mise a battere le mani alla stellina, mentre Disgusto sorrideva compiaciuta alla vista di un'isola particolarmente di suo gradimento.
Gioia si affrettò a non prendersi tutto il merito. << Oh, no… Non è stato grazie a me, ma a tutti voi! >> Disse voltandosi verso l'interno del Quartier Generale e indicando il punto dove avevano messo i Ricordi Base. << Quei Ricordi non erano solo miei, o di Tristezza, o di qualcun altro… Erano di tutti noi. Li abbiamo forgiati tutti assieme, con Riley. >>
<< E anche con Andy. >> Aggiunse a un certo punto Tristezza, che si mise in mezzo.
Gioia la guardò perplessa, come anche gli altri. << Che vuoi dire? >> Le chiese con calma.
Tristezza non si lasciò attendere molto. << Tutti i Ricordi Base nati negli ultimi giorni hanno a che fare con Andy. Pensateci: Riley ha avuto quel brutto sogno dopo essere scappata assieme a Andy, ha baciato Andy per nascondersi da Duncan, e il ricordo di Rabbia è incentrato proprio su di lui. >> Fece una pausa per lasciar loro il tempo di realizzare il tutto. << Il ricordo che abbiamo creato quando era prigioniera era rivolto in parte a lui, mentre è solo grazie a Andy se abbiamo potuto abbracciare i nostri genitori di nuovo! Sin da quando lo abbiamo incontrato la prima volta, per strada, Andy ha suscitato in Riley emozioni nuove che non provava da tantissimo tempo! >>
Ora capivano cosa voleva dire. Capivano tutti cosa significasse tutto quello. Andy aveva aiutato Riley, per quale motivo non gli era dato saperlo; forse era un angelo arrivato a salvarla, oppure si era trattato semplicemente di una serie di casualità…
Destino. Questa parola aleggiò nella mente di Gioia quando si voltò a guardare quel nuovo spettacolo che si stagliava tutto intorno al Quartier Generale, chiudendo gli occhi mentre le sue pupille si posavano per un attimo sul sole della mente di Riley. Sorrise.
<< Comunque sia… >> Mormorò attirando l'attenzione di tutti. Le altre emozioni si voltarono come lei per ammirare le nuove isole della personalità di Riley assieme a quelle rinate dai vecchi Ricordi Base.
C'era ancora tanto lavoro da fare. Dovevano scoprire quale fosse lo scopo delle nuove isole e rimettere in moto tutto quello che era stato lasciato fermo per tutto quel tempo; gli studios dei sogni avrebbero riaperto e gli archivi della memoria a lungo termine si sarebbero di nuovo riempiti di ricordi colorati e felici, mentre quei brutti e tetri ricordi grigi sarebbero caduti nel baratro della memoria, o forse no e avrebbero acquistato a loro volta colore… E avrebbero fatto tutto quel lavoro insieme, come una squadra, senza più litigare o tentare di fare pazzie come in passato, perché finalmente avevano ritrovano l'armonia, finalmente erano felici. Per tutto quello, per la nuova vita della loro bambina, c'era una persona in particolare che andava ringraziata:<< Grazie un mondo, Andy. >>

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Capitolo 42
*** Amici ***


Riley passeggiava beatamente sul terrazzo deserto, sotto il sole del pomeriggio e il cielo sgombro da nuvole. Quel luogo era rimasto il suo posto segreto anche dopo aver lasciato la città ed essere tornata a San Francisco con i suoi; ogni volta che tornava lì passava sempre anche solo per staccare la mente pochi minuti e restarsene da sola con il cielo, l'aria… Però, diversamente da un tempo, non faceva più tutto quello per isolarsi dal mondo, per scappare, ma perché doveva riprendere le energie prima di lanciarsi di nuovo in mezzo alla folla e vivere tante avventure con i suoi amici e tutte le persone che le volevano bene.
Purtroppo, ormai quel luogo non era più tanto "segreto". << Non avevi detto che il tuo luogo segreto era quel vecchio cantiere abbandonato? >>
La voce di Andy attirò la sua attenzione e la ragazza si voltò a guardare quel gruppetto di amici sdraiati per terra a fissare con occhi rilassati il cielo azzurro. C'erano lui, Lizzie e Abigail messi in riga uno accanto all'altra, mentre Alexandra se ne stava con i fianchi poggiati a un parapetto guardando verso l'esterno e Duncan, pochi metri distante dai tre sdraiati, se ne stava seduto a terra con una bottiglia di birra in mano.
Riley fece qualche passo lento e ampio guardando in alto. << Questo è ciò che dico alla gente per non far scoprire il mio vero luogo segreto… >> Assunse un sorrisetto provocatorio cercando la reazione di Andy, senza riuscire però a intravedere alcun cambiamento nella sua espressione.
Duncan prese la parola poggiando a terra la bottiglia mezza vuota di birra. << E quindi è qui che te ne venivi tutte le volte che sparivi dalla circolazione? E che combinavi? >>
<< Facevo passare il tempo. >> Rispose prontamente Riley ostentando sicurezza. << Sapendo che avresti potuto esserci tu ad aspettarmi a casa, preferivo tornare il più tardi possibile! >> Scherzò ricordando quei giorni in cui non poteva più fidarsi di Duncan, né di nessun altro. Il ragazzo dai capelli verdi sbuffò sussurrando qualche risposta in tono sarcastico, girando la testa dall'altro lato; era strano come, dopo l'incontro della ragazza con Bad Dog e i suoi sgherri, lui fosse cambiato radicalmente: Duncan era diventato quasi come un fratello maggiore, non ci aveva più provato con Riley come aveva fatto tanto spudoratamente per quasi un anno prima di quell'evento, addirittura aveva finito per collaborare con la polizia per ritrovarla… In questo senso, Riley poteva dire di apprezzare di più Duncan, dopo che era diventato quasi soffocante negli ultimi tempi.
Una folata di vento le scompigliò i capelli corti che non raggiungevano neanche le spalle; finalmente li aveva tagliati come voleva lei, le avevano dato fastidio da quando si era riunita ai suoi genitori, ma li aveva lasciati crescere ancora un po' finché la situazione non si fosse calmata e lei non avesse trovato una sua routine. Aveva anche uno stile diverso nel vestire, con più colori e meno attenzione ai dettagli; Andy e tutti gli altri erano rimasti di stucco quando l'avevano vista indossare per la prima volta quella maglietta color arcobaleno.
<< Bella riconoscenza! >> Commentò Lizzie senza staccare gli occhi dal cielo velato. Non aveva addosso le lenti a contatto colorate, anche se non aveva abbandonato del tutto i trucchi, ma la ragazza adesso aveva un aspetto più naturale e maturo.
<< Stai zitta tu, traditrice! >> Le rimbeccò Riley con una punta di scherno. Voleva vedere come avrebbe reagito a quella provocazione.
Liz si tirò su e si mise a sedere sul pavimento del terrazzo lanciando un'occhiata infastidita a Riley. << Ti ho detto scusa mille volte! >> Sbuffò contrariata. Le era rimasta solo un'intera ciocca di capelli viola, e da quando lei e Riley erano state salvate questi erano cresciuti ancora di più.
<< E comunque lei non è voluta andare fino in fondo. >> Aggiunse Abigail mettendosi a sedere come l'amica e incrociando le gambe. Lizzie la ringraziò per il suo intervento.
<< E meno male! Dopo tutto quello che ho fatto per te… >> Riley sembrava arrabbiata, ma stava sorridendo leggermente. Liz a sua volta ghignò.
<< Forse se li avessi lasciati fare, non avrei dovuto più sentirti brontolare… >> Rispose chiudendo definitivamente la questione. Le due ragazze si stuzzicavano di tanto in tanto tirando fuori quella storia del tradimento di Liz e di come si fosse poi pentita; all'inizio Riley l'aveva chiamata "pappamolla" per essersi tirata indietro all'ultimo momento, poi avevano cominciato a dirsi chi avrebbe fatto la peggiore fine tra le due se non fossero arrivati Andy e gli altri a salvarle, e adesso Liz diceva sempre che avrebbe fatto meglio a lasciarla dov'era… Ovviamente si trattava sempre di scherzi, battute per rimanere attive e "cattive", per non "ammorbidirsi"…
Riley scoppiò improvvisamente a ridere dopo aver fissato intensamente la rivale per alcuni secondi. << Va bene, basta così… >> Disse coprendosi la bocca con una mano prima di tornare a camminare dirigendosi verso il parapetto.
<< Com'è San Francisco? >> Chiese Alex vedendosela venire incontro.
Riley piegò la testa leggermente prima di accostarsi a lei. << Tetra, fumosa… C'è un sacco di gente… Niente in confronto al Minnesota! >>
<< Ma lì si gioca a hockey? >> Chiese Liz sorridendo intrigata. Riley non aveva toccato una mazza da hockey per tre anni, dopo essere scappata di casa a San Francisco, e non aveva mai parlato della sua passione per quello sport alle sue amiche; quando avevano saputo che in realtà la ragazza adorava l'hockey avevano cominciato a stuzzicarla in ogni circostanza.
<< Oh, io lo so! >> Esclamò Duncan intromettendosi nella conversazione. << La nostra Riley è diventata capitano! >>
<< Che cosa?! >> Esclamò incredula Liz. << Scherzi? >>
Riley assunse un'espressione di sfida. << Qualcosa in contrario? >> Chiese prima di mostrare un ghigno compiaciuto.
Liz annuì vigorosamente. << Eccome! Non giochi da una vita e ora te ne vieni dicendo di essere diventata capitano di una squadra di hockey? E perché non me lo hai detto prima?! >> Le dava più fastidio il fatto che solo Duncan fosse stato messo al corrente della situazione; non le piaceva essere presa alla sprovvista.
<< Si chiama talento, dolcezza! >> Rispose Riley con tono saccente piegando in avanti la schiena e mettendo le mani ai fianchi.
Liz si voltò dall'altro lato incrociando le braccia con fare offeso. << Non è giusto, ecco! >> Commentò ignorando completamente lo sguardo di Riley, che le faceva la linguaccia alle spalle.
Alex tornò alla sua domanda originaria e sperò di ottenere qualche altra risposta questa volta:<< Ma a parte questo, ci sarà qualcosa di buono laggiù, no? >> Era molto interessata alla vita di Riley nella grande città, quasi tutti i giorni le scriveva per chiederle come fosse vivere a San Francisco, che cosa facesse per divertirsi e se ci fossero davvero tante opportunità come si diceva. Riley non poteva certo lamentarsi, ma francamente non le piaceva San Francisco e preferiva posti più isolati e aperti come quella città in cui aveva vissuto per tre anni.
<< Bè… Ho i miei genitori. Loro mi trattano sempre bene, come se non fossi mai scappata di casa, comportandomi da emerita idiota… >> Abbassò la voce sempre di più fino a quasi solo esalare un sospiro impercettibile mentre diceva questo. << E poi ci sono tante cose da fare, ma… Non mi interessa granché… >> Disse girando lo sguardo da un'altra parte. Alexandra sembrò contrariata quando diede la sua opinione sulla città.
<< E con gli studi? Sei tornata a scuola? >> Chiese Abigail interessata, curiosa sull'argomento; Riley si era sempre comportata come se la scuola fosse una seccatura immane e non volesse mai più tornarci. Lei voleva sapere se anche quello che aveva detto al riguardo era stata una bugia per costruire la propria immagine di "ragazza cattiva" oppure sotto sotto ci fosse un po' di verità…
La ragazza sfoggiò un sorriso imbarazzato, lasciando intendere di non aver ripreso a studiare. << In realtà, dopo tutto quello che è successo, possiamo dire che era un po' tardi per me… Riprendere a studiare non sarebbe stata una buona idea, e allora per non restarmene con le mani in mano ho deciso di cercarmi qualche lavoretto. >> Spiegò agitando rapidamente le mani di fronte a sé. << Ho cominciato distribuendo volantini, ma ora sono già assistente meccanico! >>
<< Meccanico? >> Chiese sorpresa Lizzie inarcando un sopracciglio. << E da quando ti piacciono i motori? >>
Riley scosse ingenuamente la testa. << Da mai. Però imparo in fretta, e non posso lamentarmi della paga, quindi… >>
Duncan prese la parola con tono apparentemente di scherno; stava sorridendo. << L'importante è che non ricominci a fregare la gente per strada… >> Le rivolse un ghigno intrigato, curioso. << Sono sicuro che ti ricordi come si fa! >>
<< E chi dovrei ringraziare per quello? >> Rispose a tono la ragazza rivolgendogli uno sguardo di insufficienza. << Piuttosto, stai tenendo le mani a posto, vero? Voi lo state tenendo d'occhio? >> Concluse rivolgendosi a Andy e alle ragazze sdraiate a terra.
Andy sorrise. << Tutto liscio come l'olio, Duncan si sta comportando come un angioletto… >>
<< E con un piccolo aiuto è riuscito anche ad estinguere i suoi numerosi debiti. >> Disse Liz con un sorrisetto provocatorio stampato sul viso. Per Riley era un sollievo sentire quelle parole sul ragazzo che per tanto tempo l'aveva portata sulla cattiva strada, ma che si era redento proprio alla fine e aveva cercato di rimediare ai suoi errori; adesso era lei quella che si preoccupava per lui.
Dopo le risposte dei due ragazzini, Duncan ghignò con sicurezza. << Dubitavi forse della mia onestà? >>
Riley rispose con un ghigno simile per prenderlo in giro. << E cosa staresti facendo per vivere, sentiamo… >>
<< Non ci crederai, ma il vecchio Jeremy stava cercando proprio un aiutante per mandare avanti il suo locale senza troppa fatica… Sai com'è, ha una certa età e con il tempo un lavoro può diventare faticoso… >> Rispose con serenità il ragazzo puntando una mano verso sé stesso con teatralità. << Non è poi così male… Piacerebbe anche a te se lo conoscessi meglio. >>
La ragazza sbuffò voltandosi dall'altra parte. << Tutto quello che so su quel tipo è che mi sparerebbe a vista, dopo tutta la roba che gli ho rubato… >> Duncan e Lizzie si misero a ridere, trovando particolarmente divertente la battuta di Riley. Gli altri si limitarono ad ammiccare. Riley abbassò lo sguardo pensierosa. << Comunque è bello sapere che sei cambiato… >> Mormorò lasciandosi sfuggire un sorriso dolce.
<< Lo stesso vale per te, peste! >> Rispose Duncan ghignando e bevendo dalla sua bottiglia.
La ragazza sorrise piena di gratitudine a quel vecchio amico e si guardò intorno; c'era una persona lì in mezzo di cui sapeva poco, nonostante si telefonassero ogni giorno e si raccontassero tante cose ogni volta. << Andy. >> Il ragazzo se ne stava in silenzio, interveniva raramente; sentirsi chiamato in causa attirò sicuramente la sua attenzione. << Tu che cosa mi racconti? Hai smesso di fare "il bravo"? >>
Il ragazzo arrossì ripensando a quando Riley lo aveva portato in giro per la città nel tentativo di convincerlo a infrangere le regole e rubare da un chiosco, a lasciarsi andare e divertirsi senza badare alla propria morale. Ricordò anche quando lei gli inveì contro dicendogli di non avere le "palle" per fare qualsiasi cosa definita "immorale". Ci mise un po' a rispondere, quindi Abbie prese la parola prima che si decidesse.
<< Andy è davvero forte! Non ci si stanca mai con lui! >> Commentò piena di eccitazione, strizzando un occhio al ragazzo.
Anche Alex disse la sua da dietro le spalle di Riley:<< Sì, tutti i giorni a scuola ci fa divertire un sacco, tra una lezione e l'altra… >>
<< Lo sai che si è iscritto alla corsa campestre? >> Aggiunse la piccola Abigail saltando dall'eccitazione sul posto. Riley non se lo aspettava; non aveva mai reputato Andy un ragazzo atletico o sportivo in ogni caso… Per questo fu un po' sorpresa.
<< Seriamente? >> Chiese ancora incerta se avere una reazione più evidente di un semplice sguardo perplesso. Andy non disse di no e continuò a far guizzare gli occhi da una parte all'altra del terrazzo, arrossendo sempre di più.
<< Sbaglio o mi hai detto tu che dovevo provare a vivere con un po' più di incertezza e meno piani? >> Disse a un tratto riuscendo ad alzare lo sguardo. << Ho pensato di fare qualcosa di nuovo, senza sapere veramente se ce l'avrei fatta o no… >>
Riley lo fissò per un attimo, sconcertata. << Hai fatto bene! >> Gli sorrise. Anche Andy le sorrise in risposta.
Liz si intromise nella discussione come se le ultime battute tra i due ragazzi non fossero esistite. << Sì, comunque stavi meglio con i capelli colorati! >> Sbuffò abbassandosi poggiando la schiena a terra e guardandolo con sguardo assonnato. << Se dovessi cambiare idea, potrei sempre prestarti la tinta per capelli… >>
Riley rise sonoramente. << Devo ammettere che hai ragione. Andy era uno spasso con i capelli blu! >> Questa volta furono solo le ragazze a ridere, mentre Andy e Duncan rimasero in silenzio a lanciarsi occhiate confuse.
Riley si voltò sospirando e poggiando i gomiti al parapetto. La vista da lì non era male e ora non doveva nemmeno più preoccuparsi di non avere nessuno con cui condividerla. In fondo che cos'era la libertà, se non c'era nessuno con cui viverla? Si voltò ricordandosi improvvisamente di una cosa. << Oh! >> Disse mettendosi una mano in tasca e sfilando una macchina fotografica digitale grigia, con sopra una striscia di carta gommata su cui stava scritto il suo nome. << Sorridete, su! >> Disse accendendola e puntando l'obiettivo verso il gruppo di ragazzi seduti a terra.
Abigail e Duncan sfoggiarono dei sorrisi smaglianti, spensierati ed eccitati, mentre Lizzie rivolse un'espressione più calma e languida alla telecamera con un sorrisetto appena accennato mentre con la spalla si sporgeva verso Andy accanto a lei; il ragazzo sorrideva normalmente, senza sforzare troppo i muscoli del viso e senza sembrare di voler esagerare. Infine, Alexandra comparve al limite dell'inquadratura dopo aver lanciato un urletto per richiamare l'attenzione di Riley e dirle di aspettare: piegò la schiena lateralmente lasciando cadere i capelli verso il pavimento e sorrise alzando una mano per salutare. Riley scattò la foto senza pensarci due volte e quell'immagine di loro su quel terrazzo, assieme e felici, rimase impressa nella macchina fotografica per sempre.
<< Bella. >> Mormorò soddisfatta Riley prima di riporre nella tasca la sua macchina fotografica. << Che ne dite se ora scendiamo da qui e andiamo a mangiare qualcosa? >> Propose infine avvertendo un colpo di vento più forte degli altri. Dal gruppo di ragazzi al centro del terrazzo si levarono consensi fumosi e qualche commento riguardo la fame in arrivo; tutti cominciarono ad alzarsi e avviarsi verso la scaletta di emergenza che li avrebbe portati via da lì.
Il primo a scendere fu Duncan, seguito da Alex ed Abbie; dovevano fare attenzione a non appesantire troppo la scala, altrimenti avrebbero rischiato di rompere tutto come quella volta che Riley e Andy stavano scappando da un agente di polizia ed erano caduti uno sopra all'altra causando la slogatura della caviglia della ragazza: per questo scendevano uno alla volta. Dopo delle due ragazze fu il turno di Lizzie, e quando furono rimasti da soli sul terrazzo, prima che Andy potesse scendere la scala, Riley lo fermò.
<< Mi rendo conto di non averti mai ringraziato in modo adeguato… >> Mormorò Riley mettendogli una mano sulla spalla per farlo voltare. Andy arrossì guardandola negli occhi.
<< Non è necessario. Avresti fatto lo stesso per me… >> Ma la ragazza lo interruppe.
<< Non intendo quello; non è perché sei tornato a salvarmi… E' per tutto quanto. >> La ragazza abbassò la mano e cominciò a intrecciarne le dita con l'altra, piena di nervosismo. << Senza di te non avrei mai capito cosa volevo… Non avrei mai visto la verità. Se non ci fossi stato tu ad aprirmi gli occhi, a quest'ora chissà cosa avrei potuto essere! Sei stato il mio salvatore, Andy, non per una sola sera… Hai salvato la mia intera vita. Sei arrivato in un momento in cui vedevo tutto grigio e
… Hai portato colore nella mia vita. >> Quelle parole vennero pronunciate con forza e coraggio, ma la ragazza sentì sempre di dover aggiungere qualcosa senza mai porre fine alla sua spiegazione. Andy dovette azzardare una risposta prima che riprendesse a parlare senza sapere cosa dire.
<< Io… Te lo avevo detto che era destino. >> Sorrise imbarazzato sperando in una reazione simile nella ragazza. Il sorriso di Riley fu molto più dolce però, la ragazza sembrò quasi sciogliersi di fronte ad Andy in quel momento.
Riley fece un passo in avanti e chiuse gli occhi dando un piccolo bacio sulla guancia ad Andy, tornando poi al proprio posto sbattendo le palpebre un paio di volte e guardandolo con serenità. << Grazie, Andy. >>
Il ragazzo, confuso e disorientato, non seppe cosa rispondere. Abbozzando un sorriso mentre la sua faccia diventava rapidamente rossa, si spostò lateralmente e disse con imbarazzo mostrando la scala:<< Prego…? >>
Riley sghignazzò divertita. << Che galanteria… >> Fece avanzando verso il parapetto. << Prima le signore dunque, eh? >> E dopo di questo scavalcò il parapetto e cominciò a scendere dalla scala con in viso uno strano sorrisetto furbo.
Andy rimase a guardarla con occhi sognanti, con la testa tra le nuvole finché non fu scesa. Sotto, nel vicolo per cui dava la scala, gli altri aspettavano guardando con i colli piegati verso l'alto. Andy ci mise un po' a connettere quando vide Riley arrivare a terra e voltarsi verso Duncan e le ragazze dicendogli qualcosa; fu quando vide tutti e cinque gli amici mettersi a correre verso la strada che gli saettò in testa un dubbio e una scarica gli corse lungo tutta la schiena.
<< Ehi! >> Urlò. << Aspettatemi! >> Scavalcando goffamente il parapetto si mise a scendere lungo la scala con rapidità, facendo attenzione a non sbattere con gambe e braccia. << Aspettatemi!!! >> Ripeté una volta a terra, quando ormai i suoi amici erano già fuori dal vicolo. Si mise a corrergli dietro con grande affanno, sicuro però del fatto che sarebbe riuscito a raggiungerli; non riusciva ad essere arrabbiato per quello scherzo, perché anche l'idea di correre dietro ai suoi amici e cercare di raggiungerli lo faceva sorridere.
Non serviva essere sdolcinati, cupi o estremamente gioiosi; bastava essere in sintonia l'uno con l'altro, avere qualche cosa da fare per passare il tempo e non stancarsi mai gli uni degli altri. Non servivano bugie per avere una relazione simile, bastavano i sorrisi, i piccoli gesti, le battute… Anche quando ci si rivolgeva parole dure non era mai sul serio, e gli scherzi si facevano proprio per mantenere viva quella sintonia che c'era tra loro.
Qualunque fosse la vita che conducevano, loro erano e sarebbero sempre stati amici.

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