Into You

di hooligan9819
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Jelena ***
Capitolo 2: *** I'm not one of them ***
Capitolo 3: *** Bet ***
Capitolo 4: *** Can't win ***
Capitolo 5: *** Problems ***
Capitolo 6: *** What a mess ***
Capitolo 7: *** Reputation ***
Capitolo 8: *** Make me happy ***
Capitolo 9: *** Something more ***
Capitolo 10: *** Fuck you ***



Capitolo 1
*** Jelena ***


Una giornata piovosa a Los Angeles è lo scenario in cui la storia ebbe inizio. 



Mi  trovavo come al solito nella palestra dove quasi tutti i giorni prima dell’inizio del tour tutti i ballerini si ritrovavano a provare le coreografie. Le diverse gocce di sudore mi rigavano il viso dopo aver provato e riprovato lo stesso pezzo circa dieci volte senza fermarmi un singolo istante. Passai la mano sulla fronte, sospirando, avviandomi poco dopo verso la panchina sulla quale vi erano l’asciugamano e l’acqua. 



-“Meg, credo di non farcela più, sto letteralmente evaporando in questa stanza.”



Jess, una delle ballerine, si sedette pesantemente accanto a me, poggiando la testa al muro e respirando faticosamente. Continuai a bere, annuendo in modo disinteressato.  Poi mi sedetti anche io, notando i lacci della scarpa destra sciolti. Feci per allacciarli, ma presa dalla stanchezza mi fermai a neanche due centimetri per poi tornare a rilassarmi, anche se consapevole del fatto che potessi farlo per solo pochi minuti. 



-“Il tour inizia tra una settimana e ancora qui dobbiamo ripassare almeno sei coreografie, è folle. Ma soprattutto, dov’è finito Bieber?”



Jess mi diede un colpetto sulla spalla in modo da incoraggiarmi, per poi fare spallucce alla mia domanda.



Poco dopo, la porta si spalancò lasciando intravedere il “boss” (così lo chiamavano loro) e la sua ragazza: Justin Bieber e Selena Gomez. 

Justin camminava spedito verso il centro della stanza, scusandosi per il ritardo e gettando la sua asciugamano per terra, proprio di fronte allo specchio. Selena si sedette poco più in la, giocherellando con il cellulare e guardandolo ogni tanto. 



Sospirai  un “finalmente” sarcastico e mi alzai, avvicinandomi agli altri ballerini già in posizione per provare nuovamente. 



*****



Finite le prove, già i due piccioncini si erano diretti verso un’altra sala, mentre le ragazze si facevano la doccia in spogliatoio. 



-“Avete sentito?”



Disse una, rivolgendosi alle altre e facendo segno con il dito di fare silenzio. Queste ultime si guardarono tutte fra loro, facendo segno di no con la testa, poi chiusero tutte insieme l’acqua per cercare di capire. 



Le pareti di quella palestra erano sottili, bastava parlare ad un tono di voce più alto poiché quasi tutti sapessero ciò che stavi dicendo. 

E’ proprio per questo che all’udire di vere e proprie urla non era affatto difficile immaginare come si potesse sentire chiaramente ogni singola parola. 



-“E’ Bieber?”



Chiesi, asciugandomi.

Le altre annuirono, ponendo ancora più attenzione a ciò che stavano dicendo. 



“Io non ce la faccio più a vivere così, sono stanco di nascondermi e di sentirmi in colpa solo perché ti amo, Selena!” 



Era sempre la stessa storia. Ormai le ragazze erano abituate a sentire discussioni del genere da tempo, non ci facevano più neanche caso.

Solo che in quell’occasione, il tono di voce era così alto da lasciar loro pensare che qualcosa si fosse rotto davvero. 



-“Dai, ragazze, basta. Lasciateli stare, sono affari loro.”



Spostai  l’attenzione su di me, invitandole a lavarsi e non badarci troppo. 



-“Beh, a quanto pare ogni tanto ci sono anche i problemi in paradiso”



Affermò Jade, un’altra delle ballerine, sogghignando insieme alle altre in maniera quasi soddisfatta. 



Circa un terzo delle ragazze presenti erano riuscite a portarsi Justin a letto, il che non mi sorprendeva affatto, di conseguenza neanche il fatto che si sentissero vittoriose all’udire il litigio fra lui e Selena mi lasciava particolarmente colpita.

Ma a mio parere, ciò che loro non avevano capito è che nonostante se le fosse portate a letto, tornava comunque da lei, quindi un litigio non avrebbe fatto la differenza. 





Io, almeno, la pensavo così. 



Sentimmo la porta della sala dove vi erano i due sbattersi violentemente, seguito da un “Vaffanculo” di Justin urlando dando un pugno a qualcosa.



Roteai gli occhi e portandomi lo zaino in spalla uscii dallo spogliatoio.



Camminai lungo il corridoio, raggiungendo la stanza da cui tutto si era sentito. 

Feci capolino dalla porta, notando Justin seduto per terra all’angolo tra lo specchio e le panchine, con il mento poggiato fra le ginocchia alzate, che fissava per terra con un visino da cane bastonato.

Bussai pian piano, avvicinandomi lentamente.



-“Tutto bene..? Ho sentito le urla e… insomma.. ”



Chiesi, facendo bene attenzione a non irritarlo sembrando invadente.



-“Si.. Credo..”



Mi guardò, annuendo ma mantenendo la stessa espressione.

Mi inginocchiai di fronte a lui, accennando un sorrisetto di incoraggiamento.



-“Dai, boss, andrà tutto bene.”



Si alzò lentamente, fissandomi e rompendo poco dopo il silenzio.



-“Grazie per il sostegno, ma non questa volta. Ora, scusami, ma vorrei stare da solo. Torna a casa, Megan.”



Annuii, alzandomi e dirigendomi verso la porta. Mi voltai solo un’altra volta, poco dopo la soglia, per vederlo mentre girava in tondo con le mani dietro la testa, fissando il soffitto.

Abbassai lo sguardo, tornandomene quindi a casa.



Bastarono pochi giorni poiché la voce della rottura di “Jelena” si spargesse.

Ed ancora meno per l’inizio del tour. 

 


Ciao a tutti! Questa è la prima fanfiction che scrivo su Justin Bieber, quindi, nonostante riconosca che il primo capitolo non possa intrigare più di tanto, vi invito a leggere il resto e capire solo allora se vi possa interessare! Un bacio a tutti voi e grazie per essere finiti qui:) 

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Capitolo 2
*** I'm not one of them ***


Cominciammo a viaggiare per il mondo, due località al giorno, le stesse coreografie e la stessa energia scatenata dal vedere tutte quelle persone con le lacrime agli occhi, che cantavano a squarciagola.

Ma era diverso. Justin non aveva più la stessa testa sulle spalle, i sorrisi che dispensava al pubblico non erano più spontanei né tantomeno sinceri. Si forzava, per poi tornare dietro le quinte con il viso spento e  basso.

Erano atteggiamenti che da parte sua erano più che insoliti, considerando che ovunque andasse teneva sempre la testa alta e gli occhi pieni di voglia di fare.

Ma dalla rottura con Selena era cambiato.

Sembrava annoiarsi anche a suonare e cantare, annoiarsi di ciò per cui viveva. Nessuno di noi si era permesso di fare domande, neanche le stesse che fino a poco tempo prima si erano vantate di esserselo scopato. Magari ci avevano anche provato, per le voci che giravano, ma a quanto pare lui le aveva cacciate senza voler neanche dare una piccola spiegazione.

Beh, forse la rottura era servito almeno a far capire alle altre che erano state solo dei passatempi tra una rottura e l’altra. Ciò che mi sorprendeva è che stavolta non volesse dar sfogo ai suoi “bisogni” come di solito faceva. In breve tempo cominciò a combinare casini qui e lì, finì persino in prigione per guida in stato di ebbrezza.

Stava lentamente distruggendo la sua reputazione nonché la sua vita.

Gli scandali non tardarono a girare, a volte ingigantiti dai media e dai paparazzi, ma comunque esistenti e non inventati.

Fortunatamente, nonostante continuasse a commettere errori, dopo un pò di tempo almeno ricominciò a sorridere spontaneamente.

*****

Finito un concerto nell’ennesima tappa e dovendo rimanere in quella zona fino alla prossima, decidemmo di recarci in uno dei locali del posto insieme a Bieber. Indossai un vestitino nero abbastanza attillato e dei tacchi alti.
Insieme a Jess, raggiungemmo il locale, nel quale esterno vi era una lunga fila di persone che aspettava di entrare. Ci guardarono straniti ed anche abbastanza irritati al notare che li stavamo superando uno per uno per raggiungere il buttafuori, il quale aveva i nomi di tutta la troupe di Bieber e che quindi ci avrebbe fatte entrare all’instante nel privè senza lasciarci attendere neanche mezzo secondo.

Ovviamente, vi erano anche quintali di paparazzi pronti a fotografare il boss alla sua uscita, sperando anche che facesse a botte con qualcuno in modo da avere uno scoop. Mi ritrovai assorta nei miei pensieri, riflettendo su quanto dovesse essere difficile mantenere sempre un profilo basso di fronte a tutte le persone che aspettavano un tuo errore solo per poterti buttare merda addosso.

-“A volte conoscere il boss fa sentire una celebrità anche me.”

Ridacchiò Jess, distraendomi, mentre l’omone cercava il nostro nome sulla lista. Sorrisi anche io, dicendole che ogni tanto anche io mi sentivo in quel modo, nonostante forse neanche la metà dei suoi fans conoscessero i nostri nomi. “E forse è anche meglio così” pensai.

-“Martinez e Thomas, potete entrare”

La voce così grave di quell’uomo rimbombò nelle nostre orecchie, distogliendoci da ciò che stavamo dicendo. Annuimmo e ci avviammo, mentre un altro uomo toglieva il cordone dal recinto di entrata per farci passare.

La musica cominciò a farsi sempre più forte e le luci più accecanti mentre tentavamo di capire dove fosse il privè. Jess indicò il piano superiore che si affacciava su quello dove eravamo noi, urlandomi all’orecchio di aver visto Bieber.
Salimmo le scale raggiungendo una nuova recinzione, anch’essa di cordone rosso, controllata da due buttafuori. Il boss gli fece segno di farci passare e così ci sedemmo in uno dei divanetti di pelle bianca di fronte a lui.

Jess prese la bottiglia di superalcolico, versandone un po’ nel bicchiere e cominciando a bere, mentre si guardava attorno.
Io non ho mai amato l’alcool, quindi preferii uscire lo specchietto dalla borsetta e vedere se il mio rossetto fosse ancora al suo posto e non si fosse sbavato.

Le altre circondavano tutte la star, cercando di flirtarci e muovendosi in modo più sexy che potessero di fronte a lui. Certo, riuscivano comunque ad avere un certo impatto su di lui, il quale sembrava abbastanza divertito ma soprattutto interessato ai loro culi che si scuotevano davanti ai suoi occhi.

Mi uscì una risatina, vedendolo così assorto e quasi incantato.

Si alzò anche Jess, porgendomi la sua mano e dicendomi di andare a ballare.
L’afferrai, seguendola accanto alla ringhiera che sovrastava il piano inferiore, per poi cominciare a ballare anche io.

Sentii l’ odore di erba entrarmi nelle narici e mi voltai verso Bieber e i suoi amici, i quali, come pensavo, stavano fumando poco più distanti da noi. Feci finta di niente e continuai a ballare, amavo quella musica. Quella discoteca era conosciuta proprio per quella, il dj era forse uno dei più bravi della città.

L’odore si fece sempre più forte, mi sembrava di averlo quasi sotto il naso.

-“Martinez , ne vuoi?”-

Mi sentii dire all’orecchio.

Mi voltai e vidi Justin lì fermo con la canna in mano mentre mi sorrideva.
I suoi occhi non erano ancora del tutto rossi, ma erano sul punto di diventarlo.
Feci cenno con la testa di no, ma continuò ad insistere. Alla fine feci un sospiro e ne aspirai un po’.

Non fraintendetemi, non bevevo perché non mi era mai piaciuto ma non ero neanche una che si sconvolgeva per tutto. Un tiro non avrebbe ucciso nessuno, né tantomeno mi avrebbe trascinato nel tunnel della droga.

Nei miei anni tra persone famose avevo capito una cosa, cioè che praticamente chiunque faceva uso di sostanze stupefacenti almeno una volta a settimana. Non era una scelta che condividevo, ma non ero nessuno per dire al boss cosa dovesse o non dovesse fare. Soprattutto se comunque non si trattava di droghe davvero pesanti, che per inciso, non avevo mai visto in sua presenza. 

-“Tra tutte, sei quella che si muove in modo più sexy.”

Disse successivamente, continuando a sorridere ed afferrandomi per un fianco, cominciando a muoversi a ritmo. Adesso la situazione era diventata imbarazzante.
Guardai Jess, inarcando le sopracciglia e chiedendole aiuto con il labiale. Quest’ultima sogghignò allontanandosi e facendomi segno di continuare.
Sbuffai.

“Cazzo, sta facendo il coglione anche con me? Pensavo che non si spingesse a volersi scopare davvero tutto il corpo di ballo” pensai.

Cercai di allontanarmi senza dar troppo nell’occhio, ma lui continuava a stringere più forte. 
Il suo alito sul collo sapeva di alcool e fumo e si faceva sempre più intenso mentre gli sentivo spingere le labbra sul collo e trascinarle su e giù delicatamente.

Era una sensazione assurda, ci sapeva fare.

Ma non gli avrei permesso di fare così anche con me.

Mi allontanai di scatto, strattonandogli un po’ il braccio, per poi lasciarlo lì a fissarmi mentre mi dirigevo verso il bagno.

Scusa Bieber, ma non tutte le tue ballerine hanno voglia di ballare nel tuo letto. 

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Capitolo 3
*** Bet ***


Mi guardai allo specchio, sistemando la coda dell’eyeliner un po’ sbavata a lato dell’occhio destro. 
Appoggiai le mani sul marmo freddo e costellato da delle goccioline d’acqua. Scossi la testa, pensando al fatto che l’essere stata gentile con il boss quando ruppe con Selena forse gli aveva fatto intendere che anche io volessi trascorrere una notte con lui.

“Che cogliona, avrei dovuto immaginarlo. Non è neanche abituato alla gentilezza da parte di una ragazza.”

Sospirai, lavandomi le mani.

Quanto cazzo odiavo quei distributori di carta nei bagni pubblici, con le dita bagnate si staccavano circa venti pezzettini per volerne prendere solo uno grande.
E poi si appiccicavano tutti alle dita, che odio.

La porta si spalancò, lasciando intravedere la figura di Jess allarmata. Mi fissò con le braccia aperte come per dire “Beh?!”.
Feci spallucce, non capendo cosa volesse dirmi.

-“Che stai facendo?!”-

La sua voce tendeva a diventare acuta, il che significava che era sconvolta ed anche in preda ad un po’ di isteria.

-“Che vuoi dire?”-

In compenso la mia rimaneva pacata, accompagnata dal mio atteggiamento flemmatico. Incrociai le braccia.

-“Tu e Bieber, cosa fai?! Perché non continui a fare quello che stavi facendo?!”-

Indicò con entrambe le mani la porta, continuando a tenere la bocca aperta.

Jess quando parlava aveva questo strano vizio di tenerla in quel modo, soprattutto quando si arrabbiava o urlava contro qualcuno. Chissà quante mosche potevano entrarci. Mi soffermai a pensarci, inclinando poco la testa.

Diamine, potevano essere tante.

-“Heyyy?! Ci sei?! Mi senti?!”-

Mosse le mani di fronte a me, distogliendomi dalla sua bocca con tante piccole mosche che le giravano attorno.
Non riuscii a trattenere una risatina e mi scusai.

-“Bene, ora ridi anche sola come lui.”-

Mi zittii e le lanciai uno sguardo fulminante.

-“Comunque non voglio andare a letto con lui, mi farebbe schifo pensare di diventare come una di quelle sceme con cui siamo costrette a stare.”- continuai, con voce da oca –“Uuuuh, Justiiiin, oddio, era così bravo, poi quelle braccia, sono certa che gli piaccio, altro che Selenaaa!”-

Jess scoppiò a ridere, dandomi ragione sull’ultima parte, ma ribattendo sulla prima dicendo che comunque una notte con lui non sarebbe diventata un evento di Stato, ma solo un divertimento per me.

-“D’altronde, non credo che lui non ti piaccia neanche un po’”-

Mi diede un colpetto al gomito, facendo un sorrisino. Roteai gli occhi, ridendo anche io, facendo segno con le dita –“Giusto un pochino”.

Forse Jess aveva ragione, alla fine si trattava solo di un bel ragazzo con cui potevo divertirmi per una notte. Ciò non significava che dovessi innamorarmi di lui o corrergli dietro pregandolo per il suo amore (come facevano le altre, comunque) . Avrei dimostrato alle altre cosa significasse divertirsi senza tener conto del fatto che fosse Justin Bieber, quindi non sperando di diventare la signora Bieber.

Presi Jess a braccetto e uscimmo dal bagno, tornando ai divanetti. Justin stava ballando, accerchiato dalle altre.
Lo guardai negli occhi di proposito, cominciando a muovermi anche io, tanto per attirarlo.
Avevo deciso di iniziare questo gioco ed avrei dovuto vincere.
Era una scommessa con me stessa, con le altre e con lui,nella mia testa.

Di certo non sarei andata io a prenderlo, l’avrei considerata una sconfitta su tutti e tre i fronti.

E poi si sa che quando una donna vuole qualcosa, è in grado di prendersela ad occhi chiusi, soprattutto se si tratta di uno che si scopa qualsiasi essere in grado di respirare.

Non sarebbe stato così difficile.

Mi voltai dal lato opposto, continuando a ballare.

Poco dopo sentii delle mani sui miei fianchi e il corpo di qualcuno strusciarsi sul mio.

-“Martinez, stai cercando di sfidarmi?”-

Justin sussurrò al mio orecchio, accennando ad una risatina.

Posai le mani sulle sue spalle, girandomi verso di lui.

-“Se lo stessi facendo?”-

Risposi, avvicinandomi al suo collo e toccandolo con le labbra.
Feci scendere la mia mano dal suo petto fino a giù, stringendo delicatamente alla fine.
Spinse la testa lentamente verso dietro, stringendo ancora più forte i miei fianchi e respirando faticosamente.

-“Perderesti”-

Disse poi, staccandosi dalla presa ed allontanandosi nuovamente verso le altre.

Si voltò solo un’altra volta, lanciandomi un sorrisetto beffardo seguito da un occhiolino.

Adesso era diventata una questione personale, quel ragazzo doveva essere mio per una notte.

 

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Capitolo 4
*** Can't win ***


Mi guardò, posandomi una mano sul fianco ed avvicinando le sue labbra sempre più alle mie. Sentivo il suo respiro caldo tra il mio naso e il labbro superiore, mentre mi accarezzava la guancia con l’altra mano. Eravamo entrambi in silenzio, nella discoteca dell'ultima volta, ma gli altri non c’erano più.
I suoi occhi si chiusero, ma le sue labbra rimasero fisse nel punto di prima, lasciando che sfiorassero poco le mie.  Deglutii, facendo uscire un filo di voce.
-“Perché non la facciamo finita e mi baci?”-
-“Perché sarebbe troppo facile, Martinez.”-
La sua voce era calda e pacata, quasi sospirata alla fine della frase.
-“Io voglio vincere.”-
-“Nessuno vince giocando contro di me.”-
 
Mi svegliai di soprassalto, guardandomi intorno.
Mi stropicciai gli occhi e sbuffai. Da quella sera in discoteca erano trascorsi dei giorni, eravamo nuovamente a Los Angeles.

“Adesso sono anche costretta a sognarlo? Questa stronzata sta prendendo una strana piega dopo troppo poco.”

Mi alzai, dirigendomi verso il bagno per lavarmi e successivamente in cucina a fare colazione.
Afferrai due fette di pane e le inserii nel tostapane, picchiettando sul bancone in attesa che si cuocessero.

Nel frattempo canticchiavo, ballando in modo goffo un po’ qui un po’ li.

D’un tratto sentii un messaggio arrivare al mio cellulare, posato in soggiorno anche se non ricordavo dopo.
La mattina sarebbe più facile avere a che fare con uno zombie piuttosto che con me, sono certa che capirebbe meglio ciò che gli succede attorno.
Dopo aver messo a soqquadro la stanza, finalmente lo trovai.
Cominciai a far scorrere il dito sullo schermo, in cerca del messaggio ricevuto in mezzo a tutte le altre notifiche.

Il numero non era tra i miei contatti ed il messaggio diceva “15.30 sul luogo del concerto, prove.”

Probabilmente era una delle ragazze che forse aveva cambiato numero. Composi un “ok” ed inviai, sentendo un odore di bruciato provenire dalla cucina.

“Cazzo, i toasts”

Corsi verso quest’ultima, estraendo il cibo dal tostapane e raschiandone i lati bruciati.

*****

Raggiunsi il luogo delle prove, ma non c’era nessuno.
Entrai, notando comunque la troupe di Bieber al di fuori. Chiesi ad uno di loro dove fossero le altre ragazze, ma nessuno mi seppe dare una risposta.

Eppure il messaggio parlava chiaro ed io ero arrivata lì puntuale, né in anticipo né in ritardo.

Non ci prestai tanta attenzione e mi diressi verso le quinte, ne avrei approfittato per provare un po’ da sola aspettando le altre.

Mentre mi esercitavo, sentii un applauso provenire da dietro di me.

Vidi Bieber appoggiato allo stipite della porta, con un sorriso da idiota stampato in viso.

-“Ah, hai ricevuto il messaggio allora.”-

Dovevo immaginarlo, stupida me.

-“Eri tu?”-

-“In persona.”-

-“Perché mi hai fatta arrivare prima delle altre?”-


-“Volevo concentrarmi a guardare solo te mentre ballavi… e non mi ero sbagliato a quanto pare.”-

-“Che vuol dire?”-


Spostai una ciocca di capelli portandola dietro l’orecchio ed inarcai le sopracciglia.

-“Che sei quella che si muove in modo più sexy fra tutte.”-

Fece un occhiolino.

Cominciavo a pensare che fosse un tic, troppi occhiolini nell’arco di poche ore non erano segno di buona salute.

-“Hai mai pensato di fare qualcosa per quell’occhio? Sembra che tu abbia scatti ogni cinque minuti.”-

-“Hey, quella è la mia arma di seduzione. Basta un occhiolino e boom, tutte qui per Mr. Bieber.”-


Lo guardai con l’aria di una che stava per prenderlo in giro, ed infatti così feci.

-“Diamine, devi riuscire a sedurre ragazze di grande spessore.”-

Sorrise, avvicinandosi verso di me con passo lento, per poi sussurrarmi qualcosa all’orecchio.

-“Quella che ieri ha deciso di posare la manina in posti strani sei tu, però.”-

Rimasi in silenzio con le braccia incrociate, spingendo la lingua verso una guancia ed evitando di guardarlo negli occhi.
Non avevo scuse, in qualche modo era riuscito a far cascare anche me.

-“Avevo voglia di stringere qualcosa di piccolo.. come quei pupazzetti antistress, hai presente?”-

Sorrisi sarcasticamente, facendolo scoppiare in una risata.

-“Questa era carina, peccato che la tua bocca e la tua testa dicano cose diverse.”-

Feci una smorfia.

Il suo modo di guardarmi e continuare a sorridere come uno scemo mi irritava da morire, era così sicuro delle sue doti da casanova che mi sarebbe venuta voglia di prenderlo a calci.
Anche se ero io stessa che stavo accrescendo il suo ego, giocando al suo gioco. Capii che la sfida con me stessa non sarebbe stato altro che solo un altro modo di farlo sentire figo.

Odio, vinceva in ogni caso.

-“Ehm, disturbo?”-

Una delle ragazze bussò alla porta, distogliendoci entrambi dai nostri dispetti.

-“Certo che no Halsey, stavo solo spiegando a Martinez come muoversi in modo più sciolto accanto a me.”-

Battutina di basso livello, continuava a starmi sempre più antipatico.
La ragazza sorrise timidamente a Justin mentre entrava, fissandolo.
Stava quasi per cadere.

“Oh andiamo, fa davvero questo effetto?”

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Capitolo 5
*** Problems ***


Bieber non fece altro che fissarmi per tutte le prove.
Ogni tanto fingeva di inciampare e casualmente si ritrovava a chiedermi scusa per essermi finito addosso.
 
Ogni tanto quei comportamenti da scemo mi facevano venire da ridere, ma mi imponevo di rimanere seria a tutti i costi, anche mordendomi più volte la lingua.
 
*****
 
Dopo aver riposto asciugamano ed altra roba nel borsone, feci per uscire dalle quinte in modo da dirigermi verso la porta, così da darmi una veloce rinfrescata assieme a Jess e tornare successivamente li per il concerto.
 
Spinsi con la spalla per aprire la porta, mentre con le mani giocherellavo con il cellulare.
 
-"Hey Martinez!"-
 
Sobbalzai.
 
-"Devi smetterla di comparire all'improvviso, mi farai venire un colpo prima o poi."-

-"Sì lo so, rischiano tutte un infarto quando mi vedono!"-
 
Continuava a darsi delle arie, facendo il segno di sfiorarsi la spalla come simbolo di vittoria.
Sospirai, continuando a camminare verso le scale. Mi inseguì, afferrandomi delicatamente il braccio.

-"Hey, dai, tralasciando tutto.. ti andrebbe di andare a prendere un caffé? O qualcos'altro, quello che ti pare"- abbozzó un sorriso.
Inclinai il capo, guardandolo titubante ed anche un pó sorpresa -"Cosa stai tramando, boss?"-

-"Uhm, sto solo pensando ad una tazza di caffé fumante insieme ad una ragazza molto strana, per capire se è più strana di quello che penso e provare a conoscerla"-

 -"E perché sarei strana?"-

-"Dai, non accetti le mie avances e me lo chiedi anche?"-

Gli diedi un colpo sulla spalla, ridendo e così scatenando anche una sua risatina.
 
-“Allora? Vado a prendere l’auto?”-

-“Io a dire il ver…”-

Jess mi afferrò e prese a braccetto, chiedendo di cosa stessimo parlando.
Pensai di non averla mai adorata tanto quanto il quel momento.
“Ottimo tempismo” mormorai.
Bieber assunse un’espressione indignata, dicendo che non stavamo parlando di nulla di importante, se non di prove.
Poco dopo ci salutò, ritornando verso lo stadio come se nulla fosse.

*****

-“Ok, hai aspettato che ci sedessimo prima di potermi raccontare, adesso parla!”-

Sorseggiavo un frappé alla nocciola, osservando Jess gesticolare come una pazza presa dal fremito di curiosità.
Era troppo divertente da guardare, le pupille le si dilatavano e così anche le narici del naso.
Forse detto così sembra quasi una scena inquietante, ma non lo è così tanto.
Credo.

Sta di fatto che mi divertivo a vederla morire dalla voglia di sapere cosa stesse succedendo, e proprio per questo continuavo ad alzare le spalle e volgere lo sguardo altrove.

Posò la testa sul tavolo, facendo finta di dargli dei colpetti, pregandomi di dirle cosa ci fosse tra me e lui, piagnucolando.
Tolsi le labbra umide di frappé dalla cannuccia e le asciugai con un tovagliolo, per poi finalmente dirle ciò che voleva sapere.

-“Jess, mi ha solamente chiesto di andare a prenderci un caffè. Tutto qui!”-

-“Come tutto qui?!”-

-“Oh, e stamattina mi ha mandato un messaggio dicendomi di andare prima alle prove… Sai perché?”-

Sgranò gli occhi e spalancò la bocca.

-“Perché?! Oh Dio, avete scopato in camerino, ne sono sicura!”-

Le tappai la bocca con le mani, dicendole di abbassare il tono di voce, dato che anche i clienti dei negozi accanto probabilmente l’avevano sentita.
Annuì, così tolsi la mano.

-“E comunque no, merda. Voleva solo concentrarsi su di me perché dice che sono la più sexy di tutte. E’ un idiota.”-

-“E’ un idiota se ti fa un complimento?”-

Inarcò le sopracciglia.
Sbuffai, affermando che era un idiota perché sicuramente aveva ripetuto la stessa frase a circa altre duemila ragazze sperando che funzionasse anche con me.
Detto ciò, ripresi a sorseggiare il mio frappé. Secondo la sua opinione invece stava pensando a qualcosa di diverso, considerando che alle altre non aveva mai chiesto di uscire se non per portarle a casa sua.

Feci spallucce, senza neanche rispondere, lasciandola lì a riflettere, come faceva sempre.

*****

Il concerto come al solito fece sold out, lui cantò meravigliosamente e nessuno di noi sbagliò nemmeno un passo.
La solita routine dei suoi concerti, se non per rarissime volte in cui ci potesse essere un contrattempo.

Ci ritrovammo tutti dietro le quinte, parlando di come fosse andata.

-“Tesoro sei stata così brava!”-

Sentii squittare dietro di me.
Mi voltai, rimanendo quasi a bocca asciutta.

-“Mamma?! Papà?!”-

-“Sorpresa”-

“Questo è un bel casino da risolvere” pensai, continuando a sforzarmi di sorridere.

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Capitolo 6
*** What a mess ***


I miei erano seduti in soggiorno, sul divano più grande.
Dalla cucina sentivo mia mamma farmi i complimenti per come avessi arredato la nuova casa.
Non era da molto che vivevo a Los Angeles, ma sapendo di dover aver base stabile lì decisi di acquistare un appartamento abbastanza accogliente.
Stavo preparando loro un the, dato che entrambi ne andavano pazzi.

“Dai Megan, magari non ti faranno quella domanda. Magari sono solo venuti per rivedere la loro “bambina”, deve essere per forza così.”

Pensai, immergendo le bustine nelle tazze colme di acqua bollente.

Le presi, recandomi di fronte a loro e porgendogliele, sedendomi poi sulla poltrona posta davanti al divano.

Normale conversazione fra genitori e figlia per i primi venti minuti, mi chiesero come andasse con i concerti, se mi sentissi bene e la classica domanda “Mangi?”.

Ogni tanto mio padre faceva qualche sua battutina che riteneva divertente, e che invece scatenava in mamma un’espressione severa come per dirgli di star zitto.

A quel punto cercava il mio sguardo in modo da avere un po’ di appoggio, stile “Hey, dai, ti ho dato la vita, ridi”, e così facevo.
Anche se molto forzatamente.

Mia madre posò la tazza sul tavolino dinanzi a lei, pronunciando un “tesoro…” che sarebbe stato seguito da una domanda.

Ecco, lo sapevo, era arrivato quel momento.

“Io e papà, ecco, vorremmo sapere come va con Mike.. E’ da tanto che non lo nomini ogni volta che siamo su skype, ed insomma, vorremmo sapere come va la vostra storia..”

Mike, il mio ex.

Beh, loro non lo sapevano.

Lo so, si potrebbe pensare che sono una scema per non averglielo detto, ma la situazione era molto più delicata di quello che sembra.
Ho una sorella, Mary, la quale è sempre stata un gradino sopra di me, possiamo dire.
In poche parole, io mi sono diplomata con il minimo dei voti ed ho abbandonato l’idea dell’università perché volevo inseguire il mio sogno di diventare una ballerina, avendo accanto a me il ragazzo che i miei adoravano, figlio di amici di famiglia.
Era la mia prima relazione seria e andrò a puttane tutto... cosa che ovviamente ‘a Mary non sarebbe mai successa’, perché lei non sbagliava mai.
Anzi, qualche tempo prima della visita, durante una delle videochiamate su skype, sfoggiò di fronte alla webcam un anello costellato di diamanti con cui il suo fidanzato le aveva chiesto di sposarla.

Ero felice, questo è ovvio, ma sapevo anche che a quel punto le aspettative dei miei genitori nei miei confronti sarebbero diventate sempre di più.

Speravo di poterli finalmente rendere felici, restando con Mike, ma lui decise di lasciarmi pochissimo tempo dopo esserci trasferiti a Los Angeles.

Diceva che avevamo obiettivi diversi, che i miei continui viaggi per i tour lo avrebbero fatto solo stare male e che addirittura soffrì quando scoprì che ero stata presa tra i ballerini di Bieber.

Deglutii nervosamente, guardando entrambi i miei.

Le parole mi si bloccavano in bocca, non avevo idea di cosa inventarmi per non deluderli.

-“E’…finita…”

Dissi con un filo di voce.

Mia mamma scosse la testa e mio padre sospirò, scrocchiandosi le dita.

-“Cosa hai combinato, Megan?”-

Come immaginavo, lei dava per scontato che fosse per qualcosa che avevo fatto io, e così cominciò a parlare parlare e parlare su come io stessi distruggendo tutto quello che avevo creato fino a quel momento.
Non avrei mai potuto dirle che era per il lavoro che avevo trovato, mi avrebbe costretta a pensarci su con ramanzine di ore ed ore su come quel mio sogno fosse solo un qualcosa di lontano, su come avesse rovinato le altre possibilità di avere una carriera andando all’università e bla bla bla.

E soprattutto, su come avesse rovinato la mia relazione più duratura.

-“Mi sono innamorata di una persona famosa!”- sbottai.

Realizzai solamente dopo di essermi messa ancora più nella merda, ma ormai era troppo tardi per rimangiare quello che avevo detto.
Mia mamma si interruppe nel suo monologo e mi fissò, spalancando gli occhi e serrando le labbra.
Mio padre assunse un’espressione interrogativa ed anche un po’ scioccata.
Borbottai qualche “ehm”, riconoscendo di averla fatta grossa.

-“E chi sarebbe?”-

Chiese successivamente lui, notando che sua moglie continuava a guardarmi insistentemente, senza riuscire a dire una parola.

-“Io… ecco…”-

Tentennai un pò. 

-“Stai dicendo una bugia?!”-

Disse tutto d’un tratto con voce squillante lei, continuando a tenere gli occhi spalancati come chi aveva visto un fantasma. Non avevo mai visto mia mamma così nervosa, ma non capivo se lo fosse positivamente o negativamente.
In entrambi i casi, mi spaventava, ed anche mio padre non sembrava molto tranquillo nello starle accanto.
Le posò le mani sulle spalle, cercando di tranquillizzarla, ma lei non ne voleva sapere e con uno scatto della mano sinistra fece per farlo smettere.

-“No, è che non posso dirlo perché mi è stato detto di non dirlo a nessuno fino a quando non lo avesse deciso lui, ecco!”-

Mi sarei presa volentieri a schiaffi in faccia e me li sarei anche meritati.

“Cosa cazzo stai dicendo, cretina!” sentivo la vocina della mia coscienza insultarmi, il che era comico, dato che forse era rimasta l’unica a non farlo.

-“Oh beh, se è così allora aspetteremo che tu ce lo presenti. D’altronde, non penso che trascorrerà così tanto tempo, no?”-

-“Certo che no, papà.”-

Sorrisi forzatamente, un’altra volta.

Forse sarebbe stato meglio sorbirmi due ore di soliloquio di mia madre, perché adesso sarebbe stata una vita intera. I miei finalmente decisero di andare ad alloggiare in albergo, così uscirono di casa.

Lasciai la porta chiudersi dietro le mie spalle e cominciai a manifestare delle risatine isteriche ogni tanto, girando in tondo per le stanze, pensando e pensando a cosa fare.

Arrivai alla conclusione che la soluzione era una sola, nonostante mi irritasse da morire. Mi morsi le labbra e cominciai a sbattermi la testa contro il muro, ripetendomi quanto fossi scema ed insultandomi ripetutamente, gesticolando a dovere.

“Non posso farlo sul serio!” Dissi tra me e me.

“Ed invece ora ti prendi le conseguenze per ciò che esce dalla tua boccaccia e lo fai!”

Ancora quella vocina.
Che poi non capivo da che parte stesse, era nella mia testa, perché mi andava contro?
Decisi anche che dopo aver risolto questa faccenda, mi sarei fatta visitare da qualcuno di bravo.

Afferrai il cellulare e composi un messaggio:
 
“Hai ancora voglia di prendere quel caffè?”

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Capitolo 7
*** Reputation ***


La risposta, come immaginavo, fu positiva, anche se un po’ tirata prima di ottenerla.

Stesi circa due ore a decidere cosa indossare ed a controllare il cellulare così da essere sicura che lui non fosse ancora arrivato.

“Ma perché mi preoccupo così tanto?” pensai, acconciando i capelli.

Quella mattina avevano deciso di essere il più bizzarri possibile, sembravo una psicopatica uscita da un manicomio.
Non riuscivo nemmeno a sistemarli a dovere, essendo che erano anche abbastanza crespi.
Dopo diverse ore a maledirli, il sudore ed il tirare nodi con la spazzola, riuscii a dar loro una forma.

“Cosa mi tocca fare…”

Sospirai, guardandomi allo specchio.

Il “beep” del telefono si fece finalmente sentire dalla stanza accanto, doveva essere lui.

Sbloccai il cellulare con un veloce tocco, sbuffando al notare che fosse mia madre che già insisteva sul volerlo incontrare.

Decisi di non rispondere, fingendo di non averlo ricevuto.
Era un po’ come la frase “non accettare le tue responsabilità, fingiti morto”; in poche parole mi stavo fingendo morta in modo da non doverle presentare il mio famosissimo e ricchissimo fidanzato che sfortunatamente era anche inesistente.

Notando che non rispondevo, continuò a chiamarmi ripetutamente, ottenendo però come risposta la segreteria.
Inviai, in compenso, un messaggio a mio padre:

“Fai smettere la mamma, sto cominciando a spaventarmi”

Con mio padre avevo sempre avuto un rapporto diverso rispetto a quello con mia madre, eravamo più complici, di conseguenza sapevo benissimo che avrebbe fatto finta di coglierla in flagrante mentre mi chiamava e l’avrebbe fatta smettere.

Appoggiai il telefono su una mensola, allacciandomi le scarpe.

Ennesima vibrazione del telefono, ennesima chiamata, ennesimo sospiro nervoso da parte mia.

Si ruppe anche un laccio, la situazione era diventata insostenibile.

Doveva farla finita, con le buone o con le cattive.

-“Senti, mamma, si è rotto un laccio, sto sudando per vestirmi, i miei capelli fanno schifo e la mia vita anche, smettila di chiamarmi perché mi stai facendo innervosire, ti ho detto che non posso presentartelo!”-

Dissi tutto d’un fiato ad alta voce. Ci fu qualche minuto di silenzio dall’altro capo del telefono, che fu interrotto da una risatina e successivamente da un “Come sei negativa! Appena hai finito di lamentarti scendi, sono qui.”

Rimasi con il telefono appoggiato all’orecchio, portandomi l’altra mano sulla fronte, chiudendo gli occhi.

“Ok” borbottai e chiusi, andando a cercare un altro laccio.

Bella figura di merda, come avrebbe mai potuto accettare ciò che gli stavo per chiedere?

****

Salii in auto senza dire una parola ed anche abbastanza scossa, trovando Bieber che canticchiava.
Spostò gli occhiali da sole sul naso, guardandomi.

-“Beh, ciao anche a te.”-

-“Hey”- risposi, irritata.

So che non era il miglior atteggiamento per far in modo che mi potesse aiutare, ma il singolo fatto che gli stessi chiedendo un favore mi dava un fastidio enorme, soprattutto misto alle continue chiamate di mia mamma che mi avevano fatta impazzire.

Non capivo perché lui invece continuasse a restare rilassato ed addirittura sorridere come un cretino quando mi vedeva arrabbiata.

Mise in moto, continuando a canticchiare.

-“Dove andiamo?”-

Mormorai, cercando di rompere un po’ il ghiaccio che io stessa avevo portato lì.

-“Tu dove vuoi andare?”- picchiettava sullo sportello della macchina a ritmo di musica, lanciandomi ogni tanto uno sguardo.

-“Io opterei per un panino al McDonald’s a dire il vero”-

Annuì, dicendomi che andava bene.

-“Chi devi presentare a tua madre?”-ridacchiò.

-“Ehm..Ne parliamo dopo”-


Non insistette, assumendo comunque un’espressione di curiosità.
Mi morsi le labbra, pensando che colui che dovevo presentare ai miei in qualche modo doveva essere lui.
Rabbrividivo al pensiero della sua reazione alla mia richiesta così sfacciata e immatura.

****

Era quasi una scena ”romantica”:

Io e lui seduti in auto a divorare panini e patatine, scherzando su tutto.

Raccontava aneddoti davvero divertenti, nonostante da lui non me lo aspettassi, ed aveva modi di trattarmi da ragazzi più grandi di lui.

Riflettevo sul fatto che fosse un peccato che fosse un donnaiolo un po’ stronzo, perché se avessi avuto la certezza che da me non cercava altro che una scopata, sarebbe anche stato un buon amico.

Nonostante volessi posticipare quel momento al più tardi possibile, fui costretta a dovergli fare la fatidica richiesta.

-“Boss, c’è un motivo se oggi ti ho chiesto di vederci..”

Cominciai, prendendo un ultimo sorso di cocacola e posandola sul cruscotto.

Scosse la testa, chiedendomi quale fosse.

Deglutii, tentennando un po’ tra una parola e l’altra.

-“Avrei bisogno di un favore..”-

-“Non girarci troppo, cosa c’è?”-

-“Io.. ecco.. Non è facile da chiedere…”-

-“Megan, vuoi un figlio da me? Non saresti la prima che me lo chiede, sai?”-


Spezzò un po’ la tensione, facendomi ridere e poi dandomi un colpetto sul braccio per continuare.

-“No, non mi spingerei mai a tanto..!”-

-“E allora cosa?”-

-“Ecco, ho combinato un casino con i miei ed avrei bisogno che tu ti fingessi il mio…”-

-“Il tuo?”-


Inarcò le sopracciglia, sottolineando “tuo” con un tono misto fra interrogativo e severo.

-“Ragazzo, ecco…”

Scoppiò in una fragorosa risata, prima di notare che invece la mia espressione rimaneva seria mentre lo fissavo con gli occhi da cucciolo.

-“Aspetta, non stai scherzando?”-

Si fermò, facendo una faccia disorientata. Scossi la testa, facendo un sorrisino di circostanza.

-“Non se ne parla assolutamente.”-

Negò fermamente, girandosi verso il finestrino.

-“Andiamo, per favore, si tratta solo di fingere ad una cena, non mi dovrai neanche baciare né niente!”-

Si voltò verso di me, lanciandomi uno sguardo ammiccante e cominciando ad avvicinarsi.

-“Il problema non è baciarti, quello lo farei volentieri.”-

Posai la mano sul suo petto, spostandolo verso dietro.

-“Puoi solo per un secondo fare il serio?”-

-“Mai stato più serio.”-

-“Perché non puoi aiutarmi?”-


Sospirò, posando le mani sul volante.

-“Martinez, sono Justin Bieber, non posso permettermi di fingere. Hai idea di quanto scoop si farebbe su di noi? Sapendo che Bieber sta frequentando una sua ballerina?”-

Le sue parole mi colpirono interiormente, suscitandomi una sorta di fastidio.

-“Scusa, che ci sarebbe di male a frequentare una tua ballerina?”-

-“Non posso permettermelo!”-

Espressi delusione attraverso gli occhi.
Mi sentii una completa idiota, pensando che davvero mi avrebbe aiutata senza ottenere niente in cambio.
Non era altro che il coglione montato che fin'ora avevo giudicato tale.
Ciò che aveva detto mi causò disgusto ed anche una lieve tristezza, anche se non ne concepivo il motivo.

Aprii la portiera, facendo per scendere, quando mi afferrò un braccio.

-“Hey, hai frainteso”-

Cercò di giustificarsi, ma non volevo sentirmi ancora più piccola di quanto già lui mi avesse fatta sentire.

-“Non farti vedere con me, boss, potrebbe essere un enorme errore.”-

Scesi dall’auto, dirigendomi verso casa a piedi, senza voltarmi nemmeno una volta.

“Sei solo una stupida”

La vocina questa volta aveva ragione.

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Capitolo 8
*** Make me happy ***


I giorni trascorsero velocemente, continuavo ad evitare le chiamate di mia mamma e ad ascoltare i discorsi di mio padre su come convenisse più presentarle questo fantomatico ragazzo nonostante non fosse facile.
La situazione precipitò nell’esatto momento in cui scoprii che quella che pensavo che fosse una vacanza breve dei miei in realtà era un soggiorno di un mese lì a Los Angeles, durante il quale sarebbero anche stati raggiunti da Mary e futuro marito, impazienti anche loro di conoscere il mio fidanzato.

Sarebbe stata una doppia delusione, nonché una doppia brutta figura.

Jess cercò di darmi dei consigli, riflettendo certe volte insieme a me di fronte ad una tazza di thé, oppure durante le prove.
Eravamo anche arrivate alla disperata soluzione di far indossare una parrucca a lei e farle modulare la voce in modo da recitare come un uomo. Solo che forse sarebbe stato un po’ troppo palese e quindi lasciammo perdere.

Nel frattempo Bieber tentava di parlarmi, ma di solito riuscivo ad evitarlo con qualche scusa.
Non ero arrabbiata con lui perché non mi avesse aiutata, ero arrabbiata per quello che aveva detto. Mi aveva quasi fatto sentire uno scarto, sembrava volesse dirmi “Non sei abbastanza per me”, e nonostante non mi importasse di lui, nessuno aveva il diritto di potermi dire una cosa del genere, anche se implicitamente.

****

Mary era arrivata in città, il che segnava il momento in cui avrei dovuto presentare il mio ragazzo, infatti non appena si sistemò in albergo, arrivò puntuale il messaggio di mamma in cui invitava “TUTTA LA FAMIGLIA” a cena.
La sera coincideva anche con un giorno di prove, a cui fui costretta a mancare, giustificandomi con una febbre improvvisa che non mi consentiva di muovermi di casa almeno per due giorni. L’unica che sapeva la verità era Jess, la quale mi teneva il gioco con Bieber.

****

19.30, mancava mezz’ora al mio arrivo al ristorante.
Provavo e riprovavo il discorso con cui mi sarei scusata con i miei e con mia sorella per aver mentito, ma nessuna parola sembrava rendermi meno ridicola di quanto mi sentissi.
Legai i capelli e mi diressi in cucina, versando dell’acqua in un bicchiere. Riflettevo e riflettevo, ma forse l’unica soluzione era semplicemente parlare con sincerità.
Tornai in camera da letto, indossando i tacchi e camminando avanti e indietro nervosamente. Il mio livello di ansia era così alto da non sentire nemmeno il dolore a camminare su quei cosi che odiavo.
Camminando e cercando un qualcosa da dire, la mezz’ora in questione trascorse velocemente.
Scesi, raggiungendo l’auto.

“Ok, è il momento”

Mi dissi, sbattendo la portiera e controllandomi un’ultima volta allo specchietto, rimuovendo una piccola sbavatura di rossetto dall’angolo della bocca.

****

Ci sedemmo e cominciando a parlare del più e del meno.
Vi era un posto vuoto accanto a me, il quale doveva essere quello occupato dal mio partner. Non riuscivo nemmeno a volgergli uno sguardo senza sentirmi in colpa ed una scema, quindi cercavo di guardare altrove.
Si avvicinò il cameriere, chiedendoci se fossimo pronti ad ordinare.
Tutti guardarono me, che rimasi in silenzio guardandoli e poi girandomi verso il cameriere dicendo di si.

-“Come si? Non aspettiamo il tuo ragazzo?”-
Intervenne mia sorella.

-“Beh… non credo che verrà…”- mugugnai.
Mio padre sospirò, mentre mia mamma fece un risolino sarcastico scuotendo la testa, come per dire “lo sapevo”. Invece mia sorella e il suo fidanzato abbassarono lo sguardo, senza dire una parola e continuando ad osservare il menù, facendo finta di non aver sentito.
Diventai tutta rossa e cominciai a picchiettare sulla gamba in modo da tranquillizzarmi, ma non ce la facevo, mi vergognavo troppo.

-“Uhm.. torno fra poco.”-

Disse il cameriere, visibilmente turbato. Forse l’ondata ghiacciata di delusione prodotta da mia mamma aveva raggiunto anche lui e voleva scappare prima di ibernarsi.

-“E perché non dovrebbe venire?”-

Quando mia mamma si innervosiva aveva la capacità di sbattere le palpebre milioni di volte al secondo, non so come facesse ma mi spaventava da morire.

-“Ecco.. La verità è che lui..”-

-“E’ in ritardo!”-

Sentii la voce di Bieber dietro di me, il quale appoggiò la giacca sullo schienale della sedia.
Sgranai gli occhi, un po’ disorientata dal tutto.

-“Scusami tesoro, ho avuto problemi con le prove del tour.”-

Mi diede un bacio sulla guancia, accomodandosi accanto a me e posandomi una mano sulla gamba. Poi porse l’altra ai miei, presentandosi.
Tutti erano sconvolti, nessuno aveva creduto alla mia balla che ora magicamente era diventata una sorta di verità. Provai un pizzico di gusto nel dimostrar loro che per una volta potevo renderli fieri, anche se solo per finta. Mio padre mi sorrise, scandendo poi con il labiale un “complimenti”.
Mi voltai verso Bieber, sussurandogli un “grazie” e stringendo la sua mano.
Ovviamente, rispose con un occhiolino.

Certi vizi non passano mai.

Il cameriere tornò nuovamente, sfoggiando un sorriso a trentadue denti, simulando nuovamente la domanda precedente.

Ordinammo, per poi lasciare il posto alle conversazioni di routine colme di domande al nuovo arrivato.

Cominciai ad immedesimarmi molto nel ruolo della sua ragazza e la cosa che più mi colpiva era che non mi dispiacesse affatto.
Più lo osservavo, più mi accorgevo di quanto fosse carino il suo sorriso e forse anche i suoi occhiolini che risultavano un po’ fastidiosi.

Se la cavava meravigliosamente con i miei, li aveva stregati.
Raccontava storielle che li interessavano e soprattutto rispondeva nel modo più sciolto possibile, forse anche lui si trovava bene in quei panni.

Lo guardai e si voltò anche lui verso di me, così ci scambiammo un sorriso.

-“Penso di non aver mai visto mia sorella così felice con qualcuno”-

Esordì mia sorella.

Diventai tutta rossa mentre Justin mi strinse un po’ a sé, approfittandone per dirmi qualcosa all’orecchio.

-“Non sapevo di renderti così felice”-

Ridacchiò e lo fulminai con lo sguardo.

-“Smettila”- dissi a denti stretti.

Ciò che più mi spaventava è che cominciavo a capire che forse era davvero così.


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Capitolo 9
*** Something more ***


La cena proseguì nel migliore dei modi nonostante il breve momento di imbarazzo causato dalle parole spese troppo impulsivamente da mia sorella.

Tutto sommato, Justin era senza dubbio il (finto) fidanzato perfetto.

Finito di consumare il dessert, mia mamma picchiettò delicatamente sul bicchiere per attirare l’attenzione, affermando che mia sorella avesse qualcosa da dirmi.
La guardai, cercando di decifrare la sua espressione enigmatica.
Partirono dei risolini al notare la mia faccia che ormai aveva preso la forma di un punto interrogativo.
Feci spallucce quando Justin mi chiese sottovoce di cosa si potesse trattare.

-“Meg, io e Brian abbiamo deciso di celebrare qui il matrimonio, il mese prossimo.”

Rimasi impietrita per pochi secondi.
Lei aveva le lacrime agli occhi, non l’avevo mai vista così felice. Mi alzai poco dopo, correndo ad abbracciarla e dicendole quanto fossi felice che loro avessero deciso di festeggiarlo proprio dove vivevo io.
Poi mi avvicinai a Brian, dandogli un bacio in guancia.
Lanciai un’occhiata a Justin, il quale era rimasto seduto, osservandomi con un sorrisone stampato in volto.
Gli feci segno di alzarsi e così fece, congratulandosi con entrambi.

-“Ovviamente saremmo felicissimi anche di avere te con noi quel giorno, Justin!”-

Era un punto considerevolmente importante che avevo completamente sottovalutato: la presenza di Bieber al matrimonio di mia sorella come mio compagno. Al solo pensiero di tutta la famiglia a fargli domande rabbrividivo.

Si sarebbe comportato bene?
E soprattutto, avrebbe accettato di aiutarmi fino in fondo?

Lo guardai, mentre cercava di rispondere all’invito implicito di mia sorella.
Abbozzò un sorrisetto nervoso, assicurando la sua presenza.
Sospirai, continuando a pensarci fino alla fine della cena.

*****

Ci salutammo al di fuori del locale, lasciando che tutti tornassero alle proprie case.
Io e Justin rimanemmo lì, appoggiandoci al cofano della mia auto.
Dopo qualche attimo di silenzio da parte di entrambi, finalmente decise di rompere il ghiaccio.

-“Quindi.. Nella tua famiglia c’è qualche mia fan?”-

Le sue domande senza senso generate dall’imbarazzo erano un misto fra la cosa più idiota e tenera che avessi mai sentito e visto.

-“Si, le mie cugine, più che altro la più grande.”-

-“Quanto grande? E’ carina?”-

Gli diedi un colpo sulla spalla, assumendo un’espressione irritata.

-“Sei gelosa?”-

Sogghignò, cominciando a girarmi attorno e prendendomi in giro.
Gli dissi di no senza nemmeno guardarlo in faccia.

Mi prese le braccia e le mise dietro al suo collo, posando le sue mani sui miei fianchi.

-“Tranquilla, sarò il finto ragazzo migliore del mondo.”-

Inarcai le sopracciglia, schiudendo di poco le labbra e quindi tenendo la bocca leggermente aperta –“Aspetta, mi stai dicendo che verrai?”- sorrisi.

-“Certo che verrò, non posso lasciarti sola in una situazione del genere.”-

Mi stava davvero sorprendendo, era diventato tremendamente gentile e… carino.

Lo abbracciai forte, ringraziandolo.

Quando ci staccammo, i nostri visi rimasero a pochi centimetri di distanza l’uno dall’altro.
I respiri si facevano sempre più pesanti, mentre sentivo da parte di entrambi un trasporto che chiamerei quasi eccezionale.
Non so se si trattasse solo di un trasporto fisico o emotivo, sta di fatto che due calamite si sarebbero attratte meno.
Mi accarezzò la guancia con due dita, mentre lo sentivo avvicinarsi sempre di più.
Mi spinse delicatamente, facendo per baciarmi quando d’un tratto l’allarme dell’auto si attivò, facendoci sobbalzare.

Ci guardammo, scoppiando a ridere.

-“Ok, credo che sia ora di tornare a casa, boss.”- afferrai le chiavi dalla borsetta, salutandolo e salendo in auto.

Lui rimase di fronte a me fino a quando non mi allontanai, mentre con una mano mi salutava e l’altra era tenuta dentro la tasca.
Arrivata al primo semaforo decisi di accendere la radio, sentendo trasmettere una delle mie canzoni preferite.
Alzai il volume, cominciando a canticchiare e picchiettando sul volante.
Più ne ascoltavo il ritmo e le parole, più non potevo fare a meno di pensare a Bieber.
Non so cosa mi stesse succedendo esattamente, ma so che non era niente di buono, considerando che non avevo di certo dimenticato chi lui fosse davvero, un donnaiolo.

“Mi sto cacciando nei guaiii uuuh”

Cantai, cambiando le parole della canzone e continuando ad emulare il ritmo.

*****

Arrivai di fronte casa, spegnendo l’auto.
Estrassi dalla borsetta le sigarette, mettendone una in bocca e rovistando successivamente per trovare l’accendino.
Poco dopo averlo trovato, sentii lo sportello dell’auto aprirsi e mi voltai di scatto, trovandomi Bieber davanti, il quale mi afferrò il viso e mi baciò con foga.
Risposi al bacio, buttando la sigaretta sull’altro sedile ed uscendo dall’auto grazie al fatto che mi stesse tirando lui stesso da un braccio.
Chiusi lo sportello senza staccarmi, così mi spinse su di esso.
Lo sentivo toccarmi un po’ ovunque, mentre i nostri respiri si facevano sempre più affannosi. Ma non ci staccavamo, stavamo entrambi aspettando da troppo quel momento. Posai le mani sul suo petto, sentendo i suoi muscoli muoversi in base a come ci spostavamo.
Ci staccammo dopo 10 minuti buoni, fissandoci.

-“Non so perché io l’abbia fatto, ma ne sentivo il bisogno.”-

Sussurrò, accarezzandomi i fianchi. Io rimasi in silenzio, sorridendo leggermente.
Sentivo lo stomaco stringersi come sulle montagne russe durante un vuoto d’aria potente, mentre le mani mi tremavano.
Non sapevo a che pensare, se non al fatto che stavo meravigliosamente bene di fronte a lui. Alla fine, forse, se continuava a trattarsi di una sfida, aveva vinto. Magari non era riuscito a portarmi a letto, ma era riuscito a fare molto di più.
Mi stavo spogliando dell’orgoglio che fin’ora avevo cercato di mantenere nei suoi confronti e dei pregiudizi di cui continuavo a convincermi pur di non caderci.
Forse la verità era che l’avevo sempre saputo e non volevo riconoscerlo, forse invece me ne stavo rendendo conto solo dopo quel bacio perché solo quello aveva dato una svolta.

Continuavo ad interrogarmi, ma ogni domanda trovava risposta in quello che c’era di fronte a me: lui che mi guardava, sorridendo.

-“Credo che sia ora di andare, ora..”-

Mugugnai con un filo di voce. 
Annuì, dandomi un altro bacio veloce ed allontanandosi senza dire una parola.
 
***Justin***

Quella era la prima ragazza che dopo tanto tempo stava riuscendo a scatenarmi qualcosa dentro. Ma non potevo, non avrei mai potuto.
La mia immagine, la mia carriera e la mia stessa coscienza ne avrebbero risentito.

Perché? Perché non stavo facendo tutto ciò spontaneamente. Certo, ogni singolo sguardo o parola non erano studiati, ma quello non ero io.

E solo ora mi rendevo conto che quella situazione mi stava sfuggendo di mano.

Avrei potuto evitare quel bacio? Probabilmente.
Avrei voluto farlo? Assolutamente no.

La verità è che avevo paura, una paura fottuta di quello che mi faceva provare.

Non era come le altre, ed anche se sembra una frase fatta, era davvero così.
Aveva quello sguardo così profondo che ti faceva capire poco e niente, un po’ perché enigmatico un po’ perché ti faceva perdere la testa, e quel sorriso così vero, non dispensato per circostanza. Lei per circostanza non sorrideva mai, adoravo questo di lei, sputava fuori tutto ciò che pensava senza scrupoli e le sue espressioni parlavano anche senza che lei lo volesse.
Era così sarcastica, riusciva a tenermi testa in una maniera che fin’ora difficilmente ero riuscito a trovare. Tutte le altre davano l’idea di farlo per poi mostrare la loro natura e corrermi dietro, ma lei no. Se lei si incazzava, rimaneva incazzata, e se provavi a contraddirla quando aveva ragione era capace di scatenare l’inferno.
Era un’orgogliosa testa di cazzo, più di me.
E questo mi faceva diventare pazzo.

Tornai a casa, sdraiandomi sul divano ancora interamente vestito. Non riuscivo a togliermi dalla testa quel bacio, nonostante fosse qualcosa di insolito dato che dimenticavo tutto ciò che avevo fatto con le altre quasi subito.
Portai le mani al viso, sospirando.

“Che cazzo stai combinando..?”

Dissi fra me e me, per poi fissare il soffitto.
Ma adesso capivo, non potevo giocare a qualcosa che per me non era più un gioco.
Sarebbe stata la prima ed ultima volta, me lo giurai.

*****

Così cominciai ad ignorarla per come avevo sempre fatto, non scrissi più, non mi soffermai alla fine delle prove a scambiarci due chiacchiere, non feci più niente.

Lei, come immaginavo, non fece niente per farmelo notare: appena notò il mio cambio di comportamento, si allontanò a sua volta.

Era troppo fiera per permettersi di pregarmi.

Nonostante stessi male non potevo far niente.

Lei probabilmente era tornata a pensare che io fossi una merda, e non aveva tutti i torti.

D’altra parte l’avevo baciata, ed era bastato per vincere la scommessa con i miei amici. 





 

Holaa, mi scuso con tutti voi per l'assenza ma mi son ritrovata senza pc e quindi modo di pubblicare la storia per un pò di giorni, spero che questo capitolo sia all'altezza di poter dare nuovamente il via alla pubblicazione degli altri. Buona lettura e scusate ancora!:)

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Capitolo 10
*** Fuck you ***


Una sera in cui andammo a bere qualcosa con i miei amici, capii che forse la mancanza nei confronti di lei si stava facendo più evidente.

Mi fermai a fissare il bicchiere mezzo vuoto, seguendo la sua forma con i polpastrelli delle dita. Uno di loro mi diede un colpetto sulla spalla, chiedendomi cosa ci fosse che non andava.

Affermai che fosse tutto apposto, nonostante il mio stesso sguardo probabilmente mi aveva tradito.
Un altro di loro, osservando la scena, esordì –“Non dirmi che è per la ballerina!”- scoppiando poi in una risata, seguito dagli altri.

Li guardai, abbozzando un sorrisetto nervoso e poco convincente.

-“Dai, non dire cazzate”-

Risposi, abbassando nuovamente lo sguardo. Le risate e le cazzate dette poco prima si interruppero improvvisamente, lasciando calare un silenzio assoluto attorno a me. Li guardai, chiedendo che cosa avessi detto di strano.

-“Justin, che sta succedendo?”- uno di loro mi posò una mano sulla spalla.

-“Che intendete?”-

-“Sei cupo, hai bevuto solamente un bicchiere ed ancora ce l’hai di fronte al naso mezzo vuoto, non hai adocchiato nemmeno una ragazza qui intorno.”- intervenne un altro.

-“Sono solamente stanco..”-  mugugnai, girandomi poi per osservare di che ragazze parlassero.

A dire il vero non me ne importava, ma lo stavo facendo solo per distoglierli da quell’assurda idea che io potessi essermi seriamente interessato a qualcuna.

-“Ti deve piacere tanto… come hai detto che si chiama? Mary?”-

-“Si chiama Megan.. E comunque smettetela, sono solamente stanco, ve l’ho detto.”-

Tutti mi guardarono col fare di quelli che non stavano credendo ad una singola parola che stessi dicendo. Anche io non avrei creduto a me stesso, soprattutto dopo essermi impuntato sul puntualizzare quale fosse il suo nome.
Mi alzai dal tavolo, bevendo tutto d’un sorso quello che restava nel mio bicchiere.
Mi asciugai le labbra con una mano, puntando il dito contro di loro –“Ok, state a guardare.”- ed allontanandomi verso un gruppo di ragazze che stava brindando a qualcosa.
Dopo qualche frase delle mie, circa tre di loro mi davano corda.

Non avevo che da scegliere quale preferissi, e così feci, prendendola per mano ed andando ad offrirle un drink.
Nel frattempo i miei amici mi facevano occhiolini e continuavano a far versi, come dei cretini. Ma almeno li avevo fatti star zitti.

Dopo il drink mi dileguai con lei, portandola a casa mia.

Si, ci passai la notte insieme, ma non mi sentivo come sempre.

Fino a quel momento avevo utilizzato il sesso come strumento di piacere e basta, nessun coinvolgimento, nessuna parola dolce alla fine e nessun abbraccio sotto le coperte, ma all’improvviso non mi bastava più.

Non mi bastava più sentire soltanto la pelle di qualcuna sulla mia, il contatto fra i due corpi e non tra le menti. Erano sensazioni superiori che credevo che non avrei mai più provato, ma il problema rimaneva sempre lei: Megan. Mi gironzolava nella testa, ogni tanto la vedevo ballare, ogni tanto la vedevo sedersi e fissarmi e basta.
Mentre stringevo il corpo della ragazza al mio, non facevo altro che pensare al suo.
Il piacere si faceva sempre più forte solo al pensiero di avere il suo viso davanti, non quello di un’estranea.

La mattina dopo, quando mi svegliai, la ragazza non era più accanto a me.

Non ricordavo nemmeno come si chiamasse, quindi preferii chiamare un “Ei?” ed attendere risposta, se ce ne fosse stata.

-“Sono in cucina!”-

Mi stropicciai gli occhi e, scendendo dal letto, recuperai le mie mutande lasciate poco più in là. Mi diressi in cucina e la bere un bicchiere di aranciata, sfogliando una rivista. Quando mi vide si alzò, tutta sorridente, correndo ad abbracciarmi.

-“E’ stato fantastico ieri notte.”-

Annuii, staccandomi poco dopo e senza dire una parola, preparandomi un caffè.

-“Già, ma credo che sia ora che tu te ne vada, ecco, tra poco ho le prove.”-

Dissi senza nemmeno guardarla in faccia. Lei rimase in silenzio e si avvicinò a me, facendomi una carezza.

-“Mi richiami?”-

I suoi occhi erano speranzosi, così come il tocco della sua mano sulla mia guancia. Annuii, facendo un sorrisetto di circostanza. Mi stampò un bacio sulle labbra, per poi afferrare la borsetta ed avviarsi verso la porta.

Sospirai, portando alle labbra la tazza di caffè fumante e soffiando in modo da raffreddarlo.
 
***Megan***

I giorni trascorsero dopo quel bacio. Dopo tutte le sensazioni che mi aveva fatto provare, era riuscito a rovinare nuovamente tutto.
Mi ignorava come se non avesse mai avuto modo di conoscermi, mi snobbava quando mi vedeva, senza degnarmi nemmeno di uno sguardo.
E stavo male… odiavo il fatto di essermi affezionata a lui dopo tutto ciò che mi ero imposta di pensare per evitare che accadesse.
Lui era così, aveva solamente voglia di divertirsi ed io avrei dovuto capirlo sin dal primo momento in cui mi aveva messo gli occhi addosso; e non avrei mai dovuto chiedergli di aiutarmi.

Ogni tanto mi sedevo di fronte alla mia finestra e ci pensavo.
Posavo il mento tra le ginocchia e guardavo la gente, chiedendomi che storia ci potesse essere dietro i loro occhi.

Quando guardavo qualcuno con il viso spento, pensavo che magari fosse stato mollato dalla persona che amava, o tradito dal migliore amico e roba simile. Quando vedevo una coppia, immaginavo ad ogni sorta di scenario che ci potesse essere dietro di loro.

Erano migliori amici? Si sono conosciuti in un momento in cui si sentivano inutili? Sono amanti?

Cercavo di creare storie agli altri solo perché non ero in grado di costruire la mia.

Non sapevo più chi io fossi o cosa stesse accadendo accanto a me.
E quando tutto attorno a te è confuso, forse non rimane altro che pensare e pentirsi, in certi casi.

Se non mi fossi avvicinata a lui, non avrei rischiato.
E sarei stata felice? Non lo so, ma so che non lo ero nemmeno in quel momento.
Quell'attimo di felicità estrema non compensava ciò che stavo provando in quel momento.

Chiunque mi conoscesse riconosceva che stavo cambiando; non avevo voglia di uscire, non avevo voglia di ballare.
Il mio passatempo preferito era star ferma in un
angolo a fissare il niente, spesso lasciando che qualche lacrima mi rigasse le guance.
Ma quella parte la reprimevo il più presto possibile, non gli avrei permesso di farmi piangere.

Mai.

Ero convinta che non gli avrei mai dato modo di farsi contattare o vedere da me, fino a quando un pomeriggio non arrivò una foto da parte di mia sorella al mio cellulare, con allegato un messaggio : che succede?

Lasciai caricare il contenuto, intravedendo nella foto sfocata due figure, una delle quali sdraiata.

Sobbalzai, quando il caricamento fu completo: in primo piano vi era una ragazza sorridente, la quale inquadrava la persona dietro di se che dormiva. La persona in questione era Justin.

Erano entrambi coperti solo da un lenzuolo, scena palesemente “del giorno dopo”. Provai ancora più male di quello che già sentivo, oltre che sentirmi umiliata senza una spiegazione da poter dare a mia sorella.

Come l’hai avuta?

Digitai, cercando di rispondere con un’altra domanda e sperando che si trattasse di una vecchia immagine postata su qualche social.

E’ la sorella di Amber, l’ha inviata stamattina

Riaprii nuovamente l’immagine, osservando meglio la ragazza, la quale era ritratta solo per metà. Feci caso al fatto che la conoscevo solo dopo che mia sorella me lo fece notare.

La sorella minore di una delle mie migliori amiche si era portata a letto il ragazzo per cui da giorni non facevo altro che stare male. E per di più, il mio fidanzato secondo la mia famiglia. Lanciai il telefono verso il muro e mi lasciai cadere per terra, afferrando una dopo l’altra le mie sigarette e fumandole in serie. Non potevo lasciare che lui mi trattasse come una delle tante, non lo ero e ne ero consapevole.

Raccolsi i pezzi di ciò che ero e mi alzai, asciugandomi le lacrime e truccandomi nuovamente gli occhi. Indossai le prime cose che trovai nell’armadio e mi diedi un ultimo sguardo allo specchio. Ciò che fino a quel momento era solamente una ragazza fragile, stava per divenire il tipo di ragazza che nessun ragazzo avrebbe voluto incontrare.

*****

Bussai ripetutamente alla porta di casa sua, fino a quando non ottenni finalmente risposta. Aprì, rimanendo impietrito al trovarmi lì davanti.

-“Che ci fai q-“-

Lo zittii, entrando in casa e lasciando che chiudesse la porta dietro di sé.
Poi estrassi il telefono dalla tasca e gli sbattei in faccia la foto. Rimase in silenzio e voltò lo sguardo da un’altra parte, sbuffando.

-“Come l’hai avuta?”-

Riconobbi una sorta di noia nel farmi quella domanda, era quasi infastidito.

-“Vuoi davvero sapere come l’ho avuta, perché è una storia davvero divertente, sai? Me l’ha inviata mia sorella! Complimenti, ti sei scopato la sorella della sua migliore amica.”-

Ogni tanto mi si strozzava la voce mentre cercavo di non far prevalere il nervosismo che mi causava la voglia di piangere. Questa volta sembrò evitare di voler mantenere l’atteggiamento da stronzo che aveva assunto, mentre mi guardava e respirava lentamente, quasi sospirando.

-“Mi dispiace…”-

-“E’ questo che sai dire, Justin: ‘mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace’, beh sai cosa? Me ne sbatto il cazzo che ti dispiace, perché mi hai buttata nella merda, ed ora quella che ci deve nuotare per tornare a galla sono io, non tu! Quindi ficcati in culo i tuoi mi dispiace, con me hai chiuso a vita.”-

Risposi tutto d’un fiato, mentre mi avviavo nuovamente verso la porta a passo veloce. Quando mi trovai sull’uscio di essa, sentii dire da lui dietro di me –“Dimmi cosa posso fare per farmi perdonare!”-

Mi voltai verso di lui, stringendo lo stipite della porta.

-“Vai a farti fottere.”-


 

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