Un angelo biondo

di Jessica Fletcher
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un angelo biondo di nome Grace ***
Capitolo 2: *** Christian nel cuore ***
Capitolo 3: *** La mamma è partita ***
Capitolo 4: *** Dormi sereno, piccolo mio ***
Capitolo 5: *** Non abbandonarlo ***
Capitolo 6: *** Presentazioni ***
Capitolo 7: *** I Collier ***
Capitolo 8: *** Passerotto ***
Capitolo 9: *** La mia nuova casa ***
Capitolo 10: *** Il mio papà ***
Capitolo 11: *** Il primo Natale Di Christian ***
Capitolo 12: *** L'uomo cattivo ***
Capitolo 13: *** Seattle ***
Capitolo 14: *** Lacrime di gioia ***
Capitolo 15: *** Piccoli progressi ***
Capitolo 16: *** Le mele di nonno Theo ***
Capitolo 17: *** Un pesce grosso così ***
Capitolo 18: *** Una vacanza in montagna ***
Capitolo 19: *** Buon 1990 ***
Capitolo 20: *** La mia famiglia ***
Capitolo 21: *** Elena ***
Capitolo 22: *** Auguri, Christian ***
Capitolo 23: *** Chi ha paura? ***
Capitolo 24: *** Una telefonata ***
Capitolo 25: *** In fondo al bicchiere ***



Capitolo 1
*** Un angelo biondo di nome Grace ***


un angelo biondo

Un angelo biondo di nome Grace

POV Christian


No, non toccarmi!
Non mi toccare, non voglio che mi tocchi!
Voglio la mamma! Dov'è? Dov'è la mia mamma?
Perché non sono con lei ?

Come vorrei gridarle queste parole, ma non posso, non ci riesco.
Mi mancano le parole, non le ho più. Le ho nella mia mente, ma non riesco a farle uscire fuori.
Voglio andare dov'è la mamma, se si è svegliata e non mi vede poi si arrabbia.
Io non voglio che si arrabbi.

La signora mi vuole prendere in braccio, ma io non voglio.
Così mi divincolo, mi muovo velocemente per cercare di scappare.
Ma lei è più forte di me, mi riacciuffa.

Aspetta un momento, cos'ha in mano?
Sembra un siringa, come quella che usano per fare la puntura.
Ma io non la voglio la puntura, non sono malato.
Vorrei dirglielo, ma non ci riesco.

Lei prende la siringa ...
no, non voglio, non voglio!
... e me la infila nel braccio.
Improvvisamente, ho sonno, tanto sonno.
Gli occhi mi si chiudono e mi addormento.

Mi risveglio in una stanza tutta bianca. C'è una strana luce, anche lei bianca, luminosa, molto forte. Sono steso su di un lettino e ho una coperta e un cuscino tutti per me.
Quando sono a casa con la mamma tante volte non dormo sul letto. Tante volte lei è con dei signori, la notte, e io non dormo nel letto con lei, ma sul divano nell'altra stanza.
Invece qui ho un letto, morbido, morbido, tutto per me.
E ho anche la mia copertina azzurra.
Sono comodo e starei bene, ma ho fame.
Tanta tanta fame.
Ho qualcosa infilato nel braccio che mi  butta dentro goccioline d'acqua. Così non ho sete. Ma ho voglia di un panino con l'hamburger, come mi fa la mia mamma ... solo che qualche volta c'è l'hamburger e altre volte c'è solo il pane e la salsa rossa piccante.
Altre volte non c'è nemmeno quello e resto senza mangiare.
Così ho fame, come ora.

Vorrei gridare che ho fame, che voglio un panino, o  dei biscotti, ma non ci riesco. Riesco solo a fare degli strani versi, come quelli della scimmia che ho visto una volta in tivù.
Però la porta si apre ed entra ... un angelo?

Ha i capelli biondi e gli occhi azzurri, come l'angelo nel disegno che la mamma tiene attaccato al muro.
Si avvicina a me, mi sorride.
Fa per prendermi la mano, ma io la tiro indietro.
Non toccarmi!
"Cosa c'è piccolo? Non vuoi darmi la manina? Giuro che non ti faccio del male, voglio solo sentire se hai la febbre, sentirti il polso."

Scuoto la testa, faccio segno di no, stringo forte la mia copertina azzurra; ho paura.
"Ma io ti devo visitare, piccolo. Devo vedere se sei ammalato, devo sentire il battito del tuo cuoricino. "
La sua voce è dolce come qualche volta quella della mamma quando non è arrabbiata, o quando non fuma quelle strane cose, o quando non viene lui  a farla stare male.
L'angelo si avvicina di nuovo, fa come per aprirmi questo strano vestito bianco che ho addosso, ma mi scosto terrorizzato. Non deve toccarmi.

"Non vuoi proprio che ti tocchi, vero?"
Faccio segno di no con la testa.

"E non parli ...."
Ancora faccio segno di no con la testa.
"Ma mi senti, vero?"
Adesso faccio segno di sì.

"Allora, senti, piccolo Christian, è così che ti chiami, vero?"
Muovo la testa avanti e indietro. Sì, sì è così che mi chiamo.

"Bene, allora, ce la fai a levarti il camice?"
Non capisco, cos'è il camice?
"Non sai cos'è il camice? E' questo"
E l'angelo tocca una manica di questa cosa bianca che indosso .... mi tiro indietro e comincio ad aprire i bottoni del ... camice, si chiama camice...

Me lo tolgo di dosso, l'angelo mi guarda, sgrana gli occhi, spalanca la bocca e ..
 "Dio mio" dice.

Ha chiamato Dio, allora è davvero un angelo!


POV Grace

"Dio mio!"
Non è possibile, povera creatura, cosa gli hanno fatto?

Guardo questo bambino davanti a me e sto facendo uno sforzo per trattenere le lacrime.
Ne ho visto di bambini maltrattati, feriti nell'anima e nel corpo, ma non ci si abitua mai.
E' impossibile, per chi ha un minimo di cuore, poter accettare una cosa come questa.

E' magrissimo, pelle e ossa. Sulla sua cartella clinica c'è scritto che ha quattro anni ma ne dimostra a malapena due, mi domando se sia mai stato adeguatamente nutrito in tutta la sua piccola vita.
Non vuole farsi toccare da nessuno e non parla.
Santo cielo, non parla!
Capisce; quando gli si chiede qualcosa è in grado di rispondere correttamente, ma non  con la voce, bensì a gesti.

Deve essere traumatizzato a morte: ha gli occhioni sbarrati e stringe a se quasi convulsamente quella copertina azzurra, tutta sudicia, ma che è come uno scudo per lui.

Si è aperto da solo il camice e ... santo cielo.
Mi aspettavo, sì, qualcosa di brutto, ma non una cosa del genere.
A parte la malnutrizione, evidentissima, ha le ossa che gli sporgono fuori dalle costole e dal bacino in un modo impressionante, reca segni evidentissimi di botte e cinghiate, alcune di queste recentissime, e, mio Dio è terribile, inequivocabili segni di bruciature da mozzicone di sigaretta. Riesco a contare almeno sette piccole cicatrici bianche sul suo petto.
Mi domando quale animale possa avere fatto questo!
Ad un bambino così piccolo, poi.
A una creatura innocente.

Signore, perché?
Perché hai permesso questo?

Come vorrei poterlo abbracciare, coccolarlo, confortarlo.
Fargli capire che non ha niente di cui avere paura, niente da temere.
Che è al sicuro.
Ma non posso, non posso nemmeno sfiorarlo che lui si ritrae.

Ho fatto fatica a visitarlo, non appena cercavo di avvicinarmi per palpare l'addome, lui si divincolava come un forsennato e si lamentava, terrorizzato, come un animaletto preso alla tagliola.
Non so nemmeno se sono riuscita a visitarlo secondo i protocolli, ho fatto il meglio che potevo, di più non potevo fare.
E' andata un po' meglio con lo stetoscopio, il contatto non era diretto e, quando gli ho fatto sentire direttamente il battito del suo cuoricino nello strumento, ha anche accennato un sorriso.
Ha un bellissimo sorriso e, a ben guardarlo, sarebbe anche uno splendido bambino se non fosse così magro e denutrito e per quegli occhi così tristi.

Sento per lui una gran pena e al tempo stesso un'enorme tenerezza.
Questa povera creatura, quante ne avrà passate?

E ora bisognerà dirgli che la sua mamma non c'è più; sarà un nuovo choc per lui.
Anche se era una madre indegna, lui la deve avere amata lo stesso, forse era il suo unico punto di riferimento.
Non so proprio come dirglielo, non sopporto il pensiero di farlo soffrire ancora.

Dio, certe volte lo odio questo lavoro!


Okay, allora ... ho scritto questa storia che può stare da sola, come one-shot, ma anche avere una continuazione.
Chiedo a voi se volete che io vada avanti, sempre parlando del piccolo Christian e dei suoi primi contatti con la famiglia adottiva o se non ve ne frega niente, in tal caso lascerei perdere.

Che ne dite?
Vi interessa?
Vado avanti?

Fatemi sapere
Sempre love

Jessie

PS: ho scritto che Christian a 4 anni riesce a slacciarsi da solo il camice. Potrà sembrare poco verosimile ma, fermo restando che di cose poco verosimili in 50 sfumature ce ne sono tante, lui stesso dice di essere stato un bambino molto autosufficiente. Poi è un genio e, quindi, alla fine non è poi tanto inverosimile che riesca ad aprirsi da solo il camice. Non trovate?


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Capitolo 2
*** Christian nel cuore ***


un angioletto

Christian nel cuore




POV Christian

L'angelo se ne era andato ma è tornato subito dopo con un piatto di roba da mangiare.
Aveva un profumo buonissimo, erano maccheroni con il formaggio.
Io avevo proprio tanta tanta fame e l'avrei mangiata tutta insieme, ma l'angelo mi ha fermato.
"Devi mangiare lentamente, piccolo Christian" mi ha detto "altrimenti ti farà male".
Così ha iniziato ad imboccarmi.
Io mi sono arrabbiato, nessuno mi deve imboccare. Non sono più un bambino piccolo.
Così lei mi ha lasciato mangiare da solo.

Ho cercato di mangiare più piano che potevo e di, come mi aveva detto lei, ingoiare bene e bere ogni tanto un po' d'acqua.
Credo di non avere mai mangiato niente di più buono.
Voglio mangiarli anche domani e poi il giorno dopodomani e il giorno dopo ancora.
Vorrei mangiarne fino a scoppiare.
Ma non so se l'angelo me lo lascia fare.

L'angelo, che poi non è un angelo, ma una dottoressa che si chiama Grace. E' tanto bella, così bionda con gli occhi azzurri. Ed è dolce, tranquilla, felice. Solo quando guarda me, i suoi occhi diventano tristi.
Sono cattivo, lo so, così cattivo che la faccio diventare triste anche se non mi conosce.

Oggi è entrato un uomo; era con la dottoressa.
Io ho avuto paura, mi è venuto in mente quell'uomo che veniva sempre dalla mamma e che mi faceva male, tanto male.

Così quando si è avvicinato ho cominciato a tremare, ho cercato di nascondermi dietro alla mia copertina, ma lui si avvicinava sempre di più ... e poi ...



POV Grace

Lo so, dovrei dire a questa creatura che la sua mamma non c'è più.
Mi manca il coraggio, è una cosa che odio dover fare.
Mi è venuto in mente che  se avesse per caso una zia o una nonna, qualcuno a cui lui vuole bene e della quale si fida, forse potremmo dirglielo insieme,
E sarebbe meno doloroso per lui e, forse, più facile per me.

Così ho chiamato mio marito.
Carrick è un avvocato, ha seguito già casi di abbandono minorile e ...
Ma a chi lo sto dando a raccontare? A me stessa?
Il fatto è che sono profondamente sconvolta e ho bisogno di confidami con qualcuno che amo e che mi capisce.

Lo chiamo, con voce tremante gli spiego che ho bisogno del suo aiuto; è preoccupato al telefono, lo sento, teme che mi sia successo qualcosa; cerco di tranquillizzarlo, di dirgli che non è niente. Ma lui non mi crede e continua a chiedermi se sto bene.

Deve essere veramente in ansia, perché dopo pochissimi minuti me lo vedo davanti.
"Grace, Grace! Tutto bene? Cosa è successo?"
"Tutto bene sì. solo ....oh Carrick: è successa una cosa terribile" sto quasi per piangere ma c'è un pensiero che viene prima di ogni altra cosa: "Dove hai lasciato Elliott?"
"Tranquilla, tuo figlio è nella sala giochi dell'ospedale. C'è un animatore nuovo, sta raccontando una storia degli indiani del west e tutti i bambini sono presi a sentirlo. Ma dimmi, ora, cos'è che ti angustia tanto?"
"Abbiamo ricoverato un bambino, un piccino di quattro anni. La sua mamma è morta, è stato trovato accanto al suo cadavere. Lo ha vegliato per quattro giorni, quattro giorni consecutivi e...."
Scoppio a piangere, Carrick mi si avvicina ulteriormente e mi prende fra le sue braccia.

Piangendo, fra un singhiozzo e una lacrima, gli racconto di Christian, delle sue condizioni, di quanto è stato maltrattato, denutrito, picchiato.
Il mio splendido marito mi ascolta in silenzio, cercando di confortarmi, mi accarezza, mi porge piccoli, teneri baci sulle guance e fra i capelli, mi asciuga le lacrime.

"E, ora...come faccio a dirgli che sua madre è morta? Come faccio? Ti prego, Carrick, trova qualcuno. Trova qualche parente: un nonno, uno zio, un qualcuno che si prenda cura di lui. Altrimenti non so che ne sarà di questa povera creatura!"

"Grace, vedrò di fare il possibile ... ma tu calmati, per favore"
"Non ce la faccio, non so, questa storia è come se mi consumasse da dentro. Oh, Carrick dovresti vederlo!"

"Perché non mi porti da lui?"

Così entriamo insieme nella cameretta dov'è ricoverato il piccolo.
Lui non sta  dormendo, è sveglio e ha lo sguardo fisso fuori della finestra.
Non appena si accorge che è entrato qualcuno i suoi occhi per un istante si illuminano. Poi, però, guarda attentamente mio marito e l'espressione del suo sguardo cambia immediatamente.
Quello che si legge è terrore, puro terrore.

Anche Carrick sembra rendersi conto dello sguardo terrorizzato dal bambino, si volta a guardarmi, mi accarezza la guancia e si avvicina a Christian.

Il piccolo appare sempre più spaventato, quasi tremante alza la piccola coperta azzurra fino a coprirsi il viso, quasi volesse nascondercisi dietro; dalla sue labbra esce un mugolio straziante di sicuro dettato dalla paura.

Le parole escono improvvise dalla mia bocca "Carrick, no!".
Mi avvicino a mio marito, gli prendo la mano, lo tiro indietro.
"Lui ha paura di te, non so il perché, posso intuirlo. Forse chi lo maltrattava era un uomo. Forse era suo padre, non lo so. Ma non voglio che abbia paura, non finché è qui con me. Lascialo stare, Carrick, lascialo stare."
"Non gli avrei mai fatto del male, lo sai"
"Lo so, lo so benissimo; sei l'uomo più buono che esista sulla terra. Ma questo piccolino è totalmente traumatizzato e non voglio dargli altri motivi per agitarsi. Deve stare tranquillo"

Lui torna indietro, mi guarda comprensivo, poi volta il suo sguardo verso il bimbo che sta tremando terrorizzato; "Povero piccino ...  si vede, sai? Si vede che è sconvolto, scioccato, impaurito a morte. Si vede dal suo viso, dagli occhioni tristi e spaventati. Ed è così magro, uno scheletro; mio Dio, me ne accorgo anche da qui. Tranquilla, amore mio; farò il possibile per ritrovare i suoi parenti, se ne ha.  Ma se per caso scopro chi ha contribuito a ridurlo così, l'animale artefice di tanto dolore; allora stai ben tranquilla che farò di tutto perché possa pagare  per quello che ha fatto.  E anche se vanta dei diritti sulla sua custodia; non glielo lascerò prendere tanto facilmente! Dovrà passare sul mio cadavere!"

Guardo mio marito, gli sorrido, mi avvicino e gli dò un buffetto sulla guancia: "E' entrato anche nel tuo cuore, vero?"
La risposta non tarda ed è poco più di un sussurro "Sì, è così".


Ed ecco che entra in scena Carrick, e ragiona già da padre prima ancora di esserlo.

Non ho molto da dire su questo capitolo, spero che vi piaccia come ho tracciato i personaggi.
Voglio rignraziare tutte le persone che mi hanno esortato a continuare con questa storia: gelato, maestrina,  nickyaribaby, Bea_vice, anto_93, vincentkate, lunarmp,
Elizabeth05, falena14, Ammi, Manuela96a, Annie Rose (spero di non aver dimenticato nessuna).
Un grazie a tutte e spero di non deludervi.

Sempre
Love
Jessie



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Capitolo 3
*** La mamma è partita ***


E se

La mamma è partita



POV Christian

La mamma è partita. E' andata in cielo.
Me lo ha detto la dottoressa Grace.
E' partita per un lungo viaggio senza portarmi con lei e non ritornerà più.

Ma perché è partita senza di me?
Dove va senza di me?
Chi le spazzolerà i capelli?
Chi la sveglierà quando si addormenta sul divano e lui, l'uomo cattivo, la cerca tutto arrabbiato?

La dottoressa mi ha chiesto se ho qualche zia o nonna, qualche ... parente ... lo ha chiamato lei, perché sembra proprio che io non posso stare da solo e che devo andare a vivere con qualcuno.
Ma io non conosco nessuno, nessun altro all'infuori della mamma e dell'uomo cattivo.

L'uomo cattivo: mi faceva tanto, tanto male. Non voglio andare a stare con lui, ho paura!

Perché non posso restare qui?

Qui si sta bene, c'è da mangiare, il letto è comodo, qualche volta posso uscire dalla camera e andare in una stanza dove ci sono tanti giocattoli.
Ci sono anche tanti bambini come me; ma io non sto tanto volentieri con loro.
Cercano tutti di toccarmi e io non voglio.
Però qui si sta bene, c'è tanta gente gentile e non c'è l'uomo cattivo.

Ma mi manca la mamma, dov'è andata la mia mamma?
Perché è andata via?
L'ho lasciata che dormiva: si è svegliata ed è partita senza di me.

La dottoressa dice che è andata in cielo.
Perché non mi ha portato con se?
Non mi ha portato con se perché sono molto cattivo e lei non mi vuole più.
Allora,è colpa mia se è andata via.
Non la vedrò più.
Non vedrò più la mia mamma.

Sono molto triste, la mamma mi manca e, adesso, vorrei essere stato più buono, così lei non sarebbe andata via.




POV Grace

Gesù che giornata!
Sono appena smontata dal lavoro e mi sto dirigendo verso casa.
Sono a pezzi, e non solo fisicamente.
Oggi ho dovuto dire a Christian che la sua mamma non c'è più. Gli ho detto che è partita per un viaggio, che è andata molto lontano, in cielo, e che non tornerà più.
Lui, povera creatura, non ha detto niente, ancora non riesce a parlare, non ha nemmeno pianto: si è limitato a guardarmi con quegli occhioni grigi ancora più tristi del solito.

Quegli occhi! Non riesco a levarmeli dalla mente.
Quello sguardo triste e spaventato .... veramente mi ha spezzato il cuore.
Quanto avrei voluto stringerlo fra le braccia, cullarlo, accarezzarlo, confortarlo per quanto mi era possibile.
Ma lui non vuole essere toccato,  e io non ho potuto fare altro che stringergli la mano,  parlargli con il tono di voce più dolce possibile e sforzarmi di sorridere, per rassicurarlo.

Ora non voglio altro che entrare in casa, ritrovare la mia famiglia, prendermi cura di mio marito e di mio figlio e cercare di rilassarmi, se ci riesco.

Non appena entro sento le voci alterate dei due miei "uomini":
"Non lo mangio il pesce al forno" è mio figlio che parla;
"Elliott, prima che perda la pazienza, mangia quel pesce; lo hai sempre mangiato. Perché stasera non lo vuoi?"
"Perché no! Voglio l'hamburger e le patatine. No, neanche! Voglio gli spaghetti!".
Capricci, niente altro che capricci!

"
Elliot mangia immediatamente quello che hai nel piatto altrimenti ti mando a letto senza cena." Carrick sa essere realmente severo certe volte.
Ed ha ragione.

Entro nella sala da pranzo come una furia.
 "Elliott Trevelyan Grey, si può sapere che cosa ti salta in mente?"
"Mamma  ... io ..."
"Tu, tu. Sempre e solo tu. Sei il bambino più egoista che conosca. Egoista e viziato. Ma lo sai che ci sono bambini che muoiono di fame? Che farebbero qualsiasi cosa per poter mangiare un pasto come questo? Lo sai che ci sono bambini talmente sfortunati che, non solo non vengono nutriti a dovere ma vengono picchiati e maltrattati. E tu, tu che sei così fortunato da avere cibo a sufficienza e due genitori che ti amano; tu rifiuti la cena!"

Mio figlio mi guarda un po' spaventato.
Credo di non avere mai reagito così ai suoi capricci, forse è vero che l'ho un po' viziato. Ma questa sera non è serata. Non dopo quello che ho visto oggi.
Gli occhi di Elliot si riempiono di lacrime, mentre piagnucola "Ma, mamma, non è mica colpa mia".

Forse ho un po' esagerato, lo leggo negli occhi allibiti di mio marito.
Non devo prendermela con mio figlio se c'è gente veramente malvagia, al mondo. Gente che si accanisce con i più piccoli, i più deboli.
Non devo riversare le mie frustrazioni su di lui; è solo un bambino.

Mi chino e lo abbraccio forte "Sì, tesoro, lo so che non è colpa tua. Lo so. Solo che la tua mamma stasera è tanto, tanto stanca e un po' triste. Mangiamo la cena insieme, piccolo. Iniziamo a mangiare, vedrai che ti piacerà."

Mi tiro su, prendo mio figlio per mano e faccio per andare a tavola ma sto tremando. Mi si riempiono gli occhi di lacrime e scoppio in un pianto dirotto .

Carrick mi si avvicina, mi prende fra le braccia
"Sshh, Grace, tranquilla, non è niente. Va tutto bene ... shhh!"
Mi tiene abbracciata per alcuni minuti sotto lo sguardo perplesso di nostro figlio, poi, non appena mi sono un po' calmata, prende il mio viso fra le mani, mi asciuga le lacrime con le dita e mi dice:
"Non ti avevo mai vista così sconvolta, non puoi fare a meno di pensarci, vero?"
"No ... me lo vedo sempre davanti. Oggi gli ho detto che sua mamma non c'è più. Gli ho chiesto se avesse qualcuno ma ha fatto cenno di no"
"Non parla ancora?"
"No, non una parola. Tu non hai trovato nessuno, non sembra che avesse nessun altro oltre la madre. E' rimasto realmente solo al mondo. Cary e se ...." sto per dire "se lo adottassimo noi?" ma le parole mi muoiono in bocca.
Proprio in quel momento squilla il telefono:
"Dottoressa Trevelyan, è successa una cosa .... il bambino, quello ricoverato oggi. C'è stato  un problema!"


Cosa sarà successo? eh ... lo saprete. Ma forse lo avete già intuito.
Allora, Grace in questo capitolo, si comporta come una persona veramente sconvolta, parecchio sotto stress, e si può capire.
Non è del tutto vero che Elliott sia capriccioso e viziato, come lei dice, solo che talvolta i bambini si comportano così, se avete figli, nipoti o fratellini piccoli capirete perfettamente quello che intendo dire; è Grace che lo vede tale soprattutto se paragonato a Christian.

La prima parte, quella dal punto di vista di Christian è scritta in un modo molto semplice, quasi sgrammaticato, ho cercato di copiare il modo di esprimersi dei bambini, spero di avere reso bene l'idea.

Che altro dire?
Fatemi sapere se il capitolo vi è piaciuto
Love
Jessie


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Capitolo 4
*** Dormi sereno, piccolo mio ***


un angioletto

Dormi sereno, piccolo mio


POV Christian

La mamma è qui.
Non è vero che era andata via per non tornare mai più; è tornata e adesso è qui, di fianco al mio letto.
Si china verso di me, mi bacia, mi accarezza i capelli.

Io la abbraccio forte e lei a sua volta mi stringe e io la lascio fare.
E' la mia mamma, mi mancava ma adesso è ritornata.

"Mamma" le dico "mi avevano detto che eri andata in cielo, che non saresti tornata mai più e invece sei qui"
"Non ti avrei mai  lasciato da solo Christian, mai, lo sai. Sei il mio ometto speciale, ricordi? Il mio bambino. Non ti potrei mai lasciare"

E' tutto così bello, annuso i suoi capelli, sanno di buono, profumano di mamma. Se avevo una spazzola, potevo pettinarli e spazzolarli a lungo, invece devo farmi bastare di annusarli ed accarezzarli. Sono così morbidi.
La mamma! La mia mamma!
Sono contento, veramente tanto contento che sia ritornata.

Improvvisamente si apre la porta ed entra l'uomo cattivo.
Va verso la mamma e le da' uno schiaffo; uno schiaffo forte.
Veramente tanto tanto forte.
Lei cade a terra, ha il sangue sulla bocca.
Lui le dice di andare via, che non può più stare con noi.
Lei piange, chiama il mio nome, vorrebbe che andassi con lei.

Io la chiamo "mamma, mamma!" ... ma lui la spinge fuori dalla porta.

Chiude la porta.
Si fa tutto buio ma l'uomo cattivo lo vedo lo stesso, lo vedo benissimo, come se ci fosse una lampada solo per lui. Stringo la mia copertina celeste.

Viene verso di me.
"E, adesso, stronzetto, che ho mandato via la tua mamma; adesso ci divertiremo un po'? Vero?"

Ha la cintura in mano, scuote il polso e la cintura fa uno schiocco nell'aria. SNAP
Ora mi farà del male, lo so.
Mi faccio piccolo piccolo per proteggermi, ma lui si avvicina sempre più.
La cinghia si avvicina insieme a lui, stringo forte la mia copertina, ho paura.

E incomincio ad urlare, ad urlare forte fino a farmi mancare il respiro.
Urlo.
E urlo.
E urlo ancora.

E mi sveglio, il mio cuore batte forte forte, sono tutto sudato.
Qui è tutto buio, c'è solo una strana luce azzurra.
Sono nel mio lettino tutto bianco in un posto tutto bianco che, mi hanno detto, si chiama ospedale.
Ospedale, così mi hanno detto che si chiama.
Stringo ancora la mia copertina celeste e sto tremando forte.


POV Grace

"Dottoressa Trevelyan, è successa una cosa .... il bambino, quello ricoverato oggi. C'è stato  un problema!"
E' la voce di Maggie, l'infermiera che oggi ha il turno di notte a parlarmi attraverso il telefono.
Il mio primo pensiero è cavolo! non si può nemmeno mangiare in pace qui!

Poi, però, immediatamente dopo, il mio pensiero va al piccolo Christian, che gli sarà successo, adesso?
"Dimmi, Maggie, cosa è successo?" esorto così l'infermiera a parlare.

Beh, dopo che è andata via lei, il bambino sembrava tranquillo, anche se non faceva che guardare verso la porta, quasi si aspettasse di vedere entrare qualcuno, poi lo abbiamo fatto cenare e anche lì tutto a posto, anzi ha mangiato come un piccolo lupo, povera creatura. Abbiamo spento le luci, dopo l'ultimo giro di noi infermiere, e lui si è addormentato di schianto. Ma, poco dopo, ha iniziato ad urlare. Deve avere fatto un brutto sogno, non so, ma le sue grida erano fortissime, tanto che ha svegliato anche gli altri bambini. Così si sono messi tutti a piangere, una casino mai visto, mi creda dottoressa! Siamo andati per calmarlo ma non c'è stato verso. Ha smesso di urlare ma è sempre agitatissimo e ... Dottoressa, sta tremando, trema fortemente, sembra quasi che abbia le convulsioni. Noi non sappiamo cosa fare, non sappiamo se doverlo sedare o meno. Cosa facciamo? Dottoressa, ce lo dica lei"

Non è facile dare indicazioni senza avere visto il bambino. Sarebbe necessario visitarlo prima. Ma come posso lasciare la mia famiglia adesso?

So benissimo che dovrei cenare con mio figlio e provare a fargli mangiare quello che c'è in tavola.. Lo so che se cedo ora con Elliot poi mi ci vorrà del bello e del buono per risistemare le cose. E che non è giusto che io lasci la patata bollente in mano a mio marito, poveraccio che ha già tante cose per la testa, ma come posso abbandonare il povero Christian quando ha bisogno di me?
Potrebbe avere qualche serio problema:  io "devo" andare a vederlo e visitarlo.

Così mi rivolgo a mio marito: "Cary, tesoro, devo ritornare in ospedale. C'è un'emergenza ..."
"Ma non ceni nemmeno?" mio marito si preoccupa sempre che io mi nutra adeguatamente;
"Non mi è possibile, ora. Vedrò di mangiare qualcosa arrivata là. Ti prego stai tu con Elliot. Dagli da mangiare quello che vuole, per una volta non sarà la fine del mondo. Poverino, si capisce che voleva stare con me, questa sera. Già la vede poco la sua mamma...":
"Ma come, prima ti arrabbi tanto e poi..." Carrick scuote la testa, perplesso.
"Lo so. Hai ragione, lo sto viziando. Gli sto dando tante brutte abitudini e poco del mio tempo. Rimedierò nel futuro, vedrai".

Mio marito continua scuotere la testa, ma non dice altro. Così chiamo mio figlio:
"Elliott, tesoro" gli dico "la mamma è tanto dispiaciuta ma deve ritornare in ospedale"
"Ma come?" piagnucola lui "maaamma, non mangi insieme a me?"
"No, tesoro. C'è un bambino che sta tanto male e devo andare da lui per farlo stare meglio."
"Ma non è giusto, uffa! Volevo stare con te!"
"Lo so, lo so. Faremo per domani sera. Anzi ti prometto un bel dolce per colazione. Ma stasera stai con papà. Ti andrebbe una bella pizza? Papà stasera ti porta a mangiare la pizza. Sei contento, amore mio?"
A sentire parlare della pizza gli occhi di mio figlio si illuminano; ok questa è fatta!
Mio marito sbuffa, però so che cederà.
Non è educativo, lo so; ma cosa può fare una mamma piena di sensi di colpa?

Guido con attenzione verso l'ospedale, non mi piace tanto guidare di sera, la scarsa visibilità mi mette ansia. Fortunatamente non c'è molto traffico e non ci metto tanto tempo.
Entro nel reparto, tutto sembra tranquillo se non fosse per un debole lamento che sembra provenire dalla stanza di Christian.

Ed è lui che si sta lamentando, piano ma continuamente. Maggie è di fianco al letto che cerca invano di calmarlo. Mi avvicino. Ha il visino arrossato e, oltre a lamentarsi, sta tremando visibilmente come se fosse in preda alle convulsioni. Credo che abbia la febbre, e anche piuttosto alta. Mi avvicino per sentirlo sulla fronte ma lui si scosta e si lamenta ancora più forte. Allora, provo con l'inganno, gli accarezzo i capelli (strano a dirsi ma non ha problemi ad essere accarezzato sulla testa) e faccio scendere la mano verso la fronte. Scotta, deve avere la febbre piuttosto alta.
Eppure dalla analisi non sembrava avesse infezioni o altro, a parte i segni della denutrizione e dei maltrattamenti il suo quadro clinico era normale.
So per certo, però, che un forte choc o una forte paura, possono causare la febbre ad un bambino così piccolo, mi è capitato altre volte.

Gli farò ripetere le analisi, ma fino ai risultati quello che posso fare è aspettate e somministragli un antipiretico, del Tylenol pediatrico, è bene comunque abbassare la temperatura.

Poi cerco di calmare il bambino "Tranquillo, piccolo Christian" gli dico "tranquillo, qui sei al sicuro. Non devi avere paura."
Lui mi guarda con quegli occhioni spaventati, quasi terrorizzati adesso, Gesù mio: farei qualsiasi cosa, qualsiasi, pur di vedergli mutare quello sguardo, quell'espressione.
Scuoto la testa, faccio per alzarmi, dovrei andare a prendere l'antipiretico e, realmente ho bisogno di muovermi, di uscire fuori dalla stanza: quello sguardo impaurito mi sconvolge, mi turba profondamente.
Ma il bimbo, intuendo che sto per andarmene, comincia a gemere forte e a muovere la testa ossessivamente avanti e indietro.

Torno vicino al suo capezzale e, come per miracolo, sembra calmarsi.
"Tranquillo, piccolino non me ne vado. Resto qui finché non ti riaddormenti. Vuoi?"
Lui fa cenno di sì col capo, poi si sposta ad un lato del letto e con la manina indica lo spazio lasciato così libero.
"Vuoi che mi sdrai con te?" gli domando
Annuisce.
Mi tolgo le scarpe, già indosso il camice pulito, e mi stendo al suo fianco.
Mi viene in mente che a Elliott piace che gli canti una canzone per addormentarsi, a volte, così gli chiedo:
"Vuoi che ti canti una canzone, per aiutarti a dormire?"
Annuisce ancora.
Mi schiarisco la voce ed intono:

Hey Jude, don't make it bad

take a sad song and make it better

Remember, to let her under your skin

Then you'll begin to make it better


Vedo piano piano il suo visino rilassarsi, i lineamenti distendersi, poi il suo respiro rallenta e si fa regolare.
Si è addormentato.

Dormi, angelo mio, amore mio; ci sono io con te.
Niente e nessuno ti darà noia, tesoro, te lo prometto.

Te lo prometto, riposa tranquillo.
Non farai brutti sogni, povero angioletto.
Al tuo risveglio mi troverai qui con te.
Non ti lascio, non me ne vado, non avere paura.
Dormi sereno, piccolo mio.
Sereno forse per la prima volta nella tua breve vita.



Grace è già la mamma di Christian nella sua mente, in questa notte che passano insieme il loro legame si rafforza e diventa speciale.
Non è una mamma perfetta, lo vediamo anche con Elliott: è una mamma che sta facendo del suo meglio. come tutte.

Prima che vi lasci alcune precisazioni:
1. l'improvviso cambio di umore di Elliott, mi sono ispirata al mio  nipotino più grande, non voleva lasciare la mamma ma sono bastati due vizi e un po' di coccole della sua zia (io) e si è subito consolato. sono frequentissimi questi cambi di umore nei bambini.
2. la febbre e le convulsioni di Christian: è successa una cosa del genere a me da piccola, non è quindi un'esagerazione ma esperienza personale.
3. so che sta per uscire Grey e, da alcune anticipazioni, so che ci sono molti flash-back sull'infanzia di Christian, questo forse mi porterà a "correggere la rotta" di quello che sto scrivendo. Ma lo vederemo di volta in volta.


Attendo recensioni
Love
Jessie





 

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Capitolo 5
*** Non abbandonarlo ***


Prenditi cura

Non abbandonarlo


POV Grace

Resto per un po' a guardare il bimbo che giace profondamente addormentato qui al mio fianco. Finalmente ha chiuso gli occhi e il suo visino appare rilassato. Sarebbe proprio un bel bambino se non fosse così orrendamente denutrito. Quasi istintivamente gli accarezzo la guancia con la punta delle dita, gli sfioro i capelli color del rame, potrebbero esser morbidi e setosi se non fossero così sporchi.
Uno spreco, ecco cos'è. Una giovane vita sprecata e buttata via.
Ah, potessi abbracciarlo, accarezzarlo, dargli quell'affetto, quelle attenzioni che fino ad oggi gli sono mancate, fare in modo che in quel visino, in quagli occhioni grigi possa ritornare a brillare la luce della gioia, della speranza anziché l'oscurità della paura e dell'abbandono.
Che ne sarà di lui, adesso?
Una volta dimesso di qui? che ne sarà di lui?
 ----
Sto camminando sulla sabbia, una sabbia chiara, dorata, intorno a me c'è molta luce, da lontano si intravedono appena i cespugli verdi di macchia mediterranea. E' molto bello qui, mi ricorda il sud della Francia, il mio viaggio di nozze. Cammino a piedi nudi e non c'è nessuno ad eccezione di una giovane donna che viene verso di me.
E' molto bella, ha lunghi capelli scuri e due splendidi occhi grigi, arrivata al mio cospetto si ferma, mi guarda, mi tende la mano.
"Tu sei Grace, vero?"
"Sì, mi chiamo Grace. tu, invece, chi sei?"
"Sono Ella, la mamma di Christian"
La guardo bene, riconosco i lineamenti del bimbo, gli stessi occhioni e la stessa espressione disperata. Dovrei provare disprezzo per lei, per il modo in cui ha tirato su suo figlio. Invece, non so il perché, ma suscita in me una grande malinconia. Il suo sguardo seppure triste e disperato, mi sembra buono, gentile. Non lo sguardo di qualcuno che farebbe male ad un bambino.
"Quelle cose, a Christian, non sei stata tu a fargliele, vero?"
"Intendi le bruciature?"
"Intendo le botte in genere"
"No, né le une, né le altre. Io ...." tace per qualche istante, abbassa gli occhi a terra "io ero una prostituta, prostituta e tossica. Avevo un protettore, lui mi dava la roba, si prendeva buona parte dei miei guadagni e mi procurava alcuni clienti. Odiava Christian, forse perché pensava che fosse di intralcio al mio lavoro,  se così lo possiamo chiamare. Non perdeva occasione per fargli del male, per umiliarlo. Quella volta che lo ha martoriato con le cicche di sigarette io ero impegnata con un cliente, lui è rimasto solo con mio figlio e ... so solo che l'ho ritrovato rovesciato a terra, tremante, ferito e semi svenuto per il dolore. Io non ce l'ho fatta.... avrei dovuto ribellarmi, almeno quella volta, sbatterlo fuori di casa. Ma non ho potuto; avevo troppo bisogno della roba e  troppa paura di quell'uomo."
"Il bimbo" le dico "è terribilmente denutrito"
"Lo so, ed è il mio rimorso più grande. Non avevo mai abbastanza denaro, quel poco che guadagnavo lo spendevo per la roba. Che il Signore abbia pietà di me, ho lasciato morire di fame mio figlio. Credimi Grace, io gli volevo bene, lo amavo. E' il mio bambino, come avrei potuto non amarlo? E' stato l'unico raggio di luce della mia triste vita. Ma forse non ero in grado di a occuparmi di lui. Non avrei mai voluto trascurarlo, e infine abbandonarlo, ma la droga è stata più forte di me."
Tace per un istante, si torce le dita, si guarda le mani, poi rialza lo sguardo verso di me
"Abbi cura di lui, Grace, fallo per me. Fallo per lui! E' un bambino speciale, molto intelligente, sensibile. Non lasciare che vada in un istituto dove chissà come lo tratteranno, prenditi cura di lui, cerca di dargli tutto quello che io non ho potuto dargli finora. Amalo, coccolalo, fai nascere il sorriso in quei suoi grandi occhi grigi . Te ne prego Grace, non abbandonarlo. Non abbandonarlo"


La sua voce riecheggia più di una volta : NON ABBANDONARLO.

------
"Dottoressa Trevelyan, si svegli, dottoressa, si svegli"
Apro gli occhi; è già mattina, la luce filtra delle persiane, intorno a me le infermiere cominciano col "giro" mattutino.
Guardo Christian che sta ancora dormendo, tranquillo apparentemente. Durante la notte si è avvicinato a me e ora ha il visino a pochi centimetri dai miei capelli.

Gli faccio una carezza, mentre sta dormendo, così non se ne accorge e cerco di alzarmi senza svegliarlo.
Che strano sogno: quella donna, la madre di Christian, che mi chiede di prendermi cura di lui.
Proprio uno strano sogno.

Io mi prenderei volentieri cura del bambino, ho pensato ad adottarlo, darei un fratellino al mio Elliott e al tempo stesso salverei questa povera creatura da quell'inferno sulla terra che, tante volte, sono gli istituti per l'infanzia abbandonata. Solo che non so se mio marito sarà d'accordo.  Ho visto che anche lui è rimasto colpito dalla vicende di Christian, di sicuro non è indifferente. Ma non so se è coinvolto fino al punto di essre favorevole ad un'adozione.
Gliene dovrò parlare al più presto, non ho tempo da perdere, appena ristabilito, Christian sarà dimesso dall'Ospedale e, a quel punto, dovrà avere un posto in cui andare.
Non me lo perdonerei mai se finisse in un'istituto. 

--------
"Non lo so, Grace, non sono per niente sicuro"
"Ma anche tu, Carrick, hai della simpatia per quel bambino"
"Sì, il bambino non mi è indifferente, se è questo ciò a cui ti riferisci. Ma non direi che mi è simpatico, lo conosco appena. Piuttosto mi fa pena, suscita in me un sentimento di pietà, poverino così piccolo ... e ha già sofferto così tanto"
"E, allora?"
"E, allora non lo so ... Grace, adottarlo non sarà una passeggiata. E' un bambino parecchio traumatizzato, non riesce a parlare, non so se per qualche handicap o per il trauma che ha subìto ...  dai primi esami risulta che la madre era morta da quattro giorni prima che li trovassero. Lo sai cosa significa questo? Che lui è rimasto per quattro giorni da solo con il cadavere di sua madre! Ci pensi? Riesci a comprendere il danno che la sua psiche avrà riportato, da questa vicenda come anche dagli abusi, dalle violenze ... da tutti quattro anni di vita all'inferno per così dire".

Mio Dio! E' terribile!
Mi vengono i brividi, non riesco ad immaginare  un orrore più grande di questo ... è stato per ben quattro giorni da solo con il cadavere di sua mamma. Povero piccolo ... capisco che abbia degli incubi, capisco che sia traumatizzato al punto da non riuscire a parlare.
Sento come se il mio cuore si stringesse, mi vengono le lacrime agli occhi e, di nuovo, avrei voglia di andare da lui, abbracciarlo, accarezzarlo, dargli un po' di conforto, di calore umano.

"Ma proprio perché ha sofferto tanto, Cary, non credi che se la meriti un po' di felicità, una vita migliore?"
"Sì, però ... non so, temo di non essere all'altezza di prendermi cura di un bambino con tutti questi problemi. Elliott, poi ... non sarà facile per lui crescere con un fratello fortemente disturbato... " Carrick si passa una mano fra i capelli, come fa sempre quando è turbato.

"Cary, ascolta" appoggio la mano sul braccio di mio marito "la notte che ho passato con lui ... quella in cui ha avuto quello che, temo, sia stato un incubo spaventoso. Ecco, in quella notte che ho dormito con lui, fra noi si è creato una sorta di legame. Io l'ho sentito mio, come se fossi in grado di farlo rinascere, dargli nuovamente la vita, dargli una nuova vita ...  Non so è difficile da spiegare, ma non posso abbandonarlo, ora. Proprio non posso."
Mio marito mi guarda, dubbioso. Spero almeno che ci possa pensare sopra, che non sia un "no" definitivo.
"Pensa, Cary, vedere di nuovo la gioia in quel viso. Vedere quegli occhioni grigi brillare di felicità, di speranza, sapere che siamo stati noi a portargli questo, a farlo sentire al sicuro, e amato e protetto. Cancellare quegli odiosi anni di terrore e abbandono ... non sarebbe un grande successo?"
"Non è detto che ci si riesca, però" ribatte debolmente mio marito; l'incertezza lo accompagna, glielo leggo negli occhi.


POV Carrick

Mia moglie non ha dubbi.
E non vuole sentire ragioni. Adotterebbe quel bambino a tutti i costi. Lei ragiona col sentimento, ragiona da mamma.
Lo sente già figlio suo.

Però io dovrei rappresentare la parte razionale della famiglia e qualche dubbio mi è venuto.
Dubbi che, in buona parte,  riguardano nostro figlio Elliott.
Lo abbiamo adottato che era piccolissimo, non ricorda e non sa nulla sulle circostanze delle sua venuta al mondo. E' un bambino normale, felice, forse un po' viziato. Avere un fratello gli farebbe bene, ne sono convinto e preferisco non lasciarlo figlio unico. Ma avere un fratello così enormemente disturbato: un bambino che non riesce a parlare, a esprimersi e che, lo ha detto mia moglie, di notte si sveglia urlando per gli incubi; potrebbe essere ancora un bene per lui? O potrebbe rompere il suo equilibrio interno, comunque. E ...

... e, a chi sto cercando di darla a bere? A me stesso? Non è di Elliot che mi preoccupo o, meglio, non è lui la mia preoccupazione maggiore. Il fatto è che temo di non essere all'altezza di occuparmi di un piccino così traumatizzato come Christian. La prima volta che mi ha visto ha mostrato una chiara paura nei miei confronti. Più che paura dovrei definirlo terrore, terrore bello e buono, senza attenuanti. Temo che gli esponenti del genere maschile che ha consciuto fino ad adesso siano stati degli emeriti figli di puttana. Ho il terrore anche a solo a pensare a quello che gli avranno fatto.

Potrò mai fare breccia nel suo cuore e convincerlo a fidarsi di me? Dovrò essere molto dolce e comprensivo ma, Dio mio, sono un uomo, non sono perfetto. Potrei avere dei momenti di rabbia, degli scatti d'ira. Certe volte sono molto severo con Elliott, qualche volta perdo la pazienza. Dovrò star attento a non perderla più ed essere autorevole senza essere autoritario, farmi ubbidire ma soprattutto farmi amare. Dovrò stare attento a non traumatizzarlo ulteriormente.
Ci riuscirò?
Mio Dio, confido in te, dammi la forza. Io devo riuscirci!
Perché non posso abbandonare Christian al suo destino. Non dopo averlo conosciuto. Non dopo avere saputo quanto ha sofferto. Se c'è un limite al dolore che un essere umano può sopportare nella vita, beh, quel bambino lo ha raggiunto e, forse, superato. Non sarò io a condannarlo a sopportare altro dolore. Non sarò di certo io a condannarlo ad un'esistenza senza amore.

Guardo mia moglie negli occhi, nei suoi bellissimi e dolcissimi occhi, le sorrido e le dico "Va bene, proviamo. Che il Signore ci aiuti, saremo noi i genitori di Christian. Domani stesso avvierò le pratiche per l'adozione."



Allora, ho cercato di, in qualche modo, dare voce alle emozioni e ai dubbi che hanno portato all'adozione di Christian e spero di esserci riuscita. Non è stato facilissimo e quello che ne è uscito è un capitolo necessariamente interlocutorio, spero che non risulti troppo noioso.

Il sogno di Grace mi è stato ispirato sia del romanzo Grey che sto leggendo proprio adesso, sia dalla long di ciaramy93 dedicata proprio ad Ella (si intitola Cinquanta sfumature di Ella ed è bellissima, la consiglio). La circostanza del sogno, la sabbia, la vegetazione e tutto il resto, invece, è legata ad un'esperienza che ho avuto io quando sono svenuta dopo un incidente (mi rendo conto di mettere molto di me stessa in quello che scrivo).
Carrick l'ho reso piuttosto religioso come traspare qua e là anche dei tre romanzi della trilogia e da Grey, il nuovo libro della James.

Beh, credo che sia tutto

A presto
Love
Jessie





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Capitolo 6
*** Presentazioni ***


perfetta famiglia

Presentazioni



POV Christian

Forse la dottoressa Grace sarà la mia nuova mamma.
Me lo ha detto lei stessa, questa mattina, mi ha chiesto se mi sarebbe piaciuto che diventasse la mia mamma.
Lì per lì mi è sembrato strano: la mia mamma è andata via e la dottoressa vorrebbe farmi da mamma al posto suo. Roba da diventare matti.
Però poi ci ho pensato e mi è piaciuto, la dottoressa è dolce e gentile e i suoi capelli profumano di mamma.
Li ho annusati, sì l'ho fatto l'altra notte quando ha dormito con me, ho annusato i suoi capelli e mi piace. Profuma di   buono, di cose dolci e gentili.

Così le ho detto di sì con la testa. Io non riesco a parlare, le parole le ho tutte nella mia testa, ma posso fare dei gesti quando voglio dire qualcosa.
Lei è sembrata molto contenta, e fino qui tutto ok.
Ma mi ha detto che avrò un papà, anche e un fratello.
Mi ha spiegato che, normalmente, dove c'è una mamma c'è anche un papà.
Il papà è una specie di mamma ma è un uomo invece che una donna.

Il fratello, invece, è un bambino come me che ha la stessa mamma e lo stesso papà che ho io.
E questa è una cosa strana, ma non mi spaventa, basta che non mi tocchi.

Io non ho mai avuto né un papà, né un fratello. Prima eravamo solo la mia mamma e io.
C'era un uomo però, l'uomo cattivo, che ogni tanto veniva e faceva tanto male a me e alla mamma.
Tanto tanto male ...
Ho paura, ho paura che il papà sia come l'uomo cattivo e che mi faccia del male.

Sono seduto per terra da solo e gioco con le mie macchine, la macchinina gialla e la macchinina rossa. Avevo anche una macchinina verde ma l'ho persa.

Guardo verso la porta e vedo entrare il mio angelo, la dottoressa Grace. Mi alzo per correrle incontro ma non è sola; con lei ci sono il signore che è già venuto qui e un bambino molto più grande di me.
Mi fermo, li guardo, ho paura.
Grace è il mio angelo ma l'uomo che è con lei mi fa paura.




POV Grace

Oggi  andiamo tutti e tre da Christian a dirgli che siamo la sua nuova famiglia.
Sono un po' preoccupata e mi domando come la prenderà.
Mi è sembrato parecchio spaventato da Carrick e temo la sua reazione al pensiero di averlo come papà.

Ok, Grace, adesso non fasciarti la testa, aspetta ...

Lo troviamo nella sala giochi, seduto per terra da solo, che gioca con due minuscole macchinine; sono l'unica cosa che possiede, probabilmente l'unico giocattolo che abbia mai avuto. Non credo che se ne separi mai, così come non si separa mai da quella sua copertina celeste, tutta sudicia, me che è il suo scudo.

Entriamo e lui ci guarda, ho come l'impressione che si stia alzando per corrermi incontro ma si ferma improvvisamente.

Stringe la sua copertina celeste, ha paura.
Si vede: riesco a percepire il suo terrore.

Carrick mi sta stringendo per la vita, alzo lo sguardo verso di lui; è nervoso, comprensibilmente nervoso.
 "Vai, coraggio, parla con lui. Solo sii dolce, dolce come solo tu sai essere."
Incoraggiato dalle mie parole si avvicina al piccolo.

Si inginocchia per essere alla sua altezza, in modo che il bambino possa guardarlo negli occhi e gli porge la mano "Ciao, Christian, io sono il tuo papà, mi chiamo Carrick. Me la dai la manina?"

Il piccolo indietreggia, spaventato.
Ha gli occhi sbarrati e trema impercettibilmente.
Mio marito rimane come impietrito, capisco che non sa cosa fare.

Guardo Elliott che, al mio fianco, sta scrutando Christian con un misto di diffidenza e curiosità. Non è stato facile fargli mandare giù il fatto di avere un fratello.
Gli abbiamo spiegato che sarebbe stato un fratello speciale, un bambino che ha sofferto tanto, che non ha più la mamma, che adesso non parla ma che parlerà in seguito e che sarà il suo migliore amico. Solo che ci vorrà tanta pazienza.

"Elliot" gli dico "non vai a salutare tuo fratello?"
"Devo proprio?" mi chiede;
"Beh, sarebbe una cosa carina da fare. Lo saluti e gli dai il giocattolo che gli hai portato";
"Ma maaamma, lo hai comprato tu!"
"Sì, ma eravamo d'accordo che glielo davi tu magari, forse poi giocherete insieme"
"Ma non posso giocare con lui!"
"E perché?"
"Perché è troppo piccolo, non credevo che fosse così piccolo. E,poi, mamma, perché è così pallido?"
"Tesoro, come ti ho detto, è un bambino che non ha potuto mangiare a sufficienza, per quello è così piccolo e pallido. Ha bisogno di una famiglia, e tu devi aiutarlo a farsi sentire accettato. Sù, ora, va' da lui"

"Va bene ... se proprio me lo ordini"
Elliot, di malavoglia, va verso il suo futuro fratello.
"Ciao, io sono Elliott, tuo fratello. Tieni, questo è per te"
Elliott porge a Christian un giocattolo nuovo di zecca. E' una macchinina verde, grande, molto più grande di quelle con cui è abituato a giocare e si muove a frizione.

Christian fa qualche passo in avanti, ignora totalmente Elliott, prende la scatola con la macchina ma non riesce ad aprirla.
Confuso si guarda intorno, poi solleva la scatola e la lancia, frustrato e con rabbia, a terra.
Elliott si allontana un po' spaventato ed è Carrick che raccoglie il giocattolo.
Prende la scatola, la apre, estrae il giocattolo e si avvicina a Christian per darglielo.
"Tieni" gli dice, ma il bimbo incomincia a gemere penosamente e alza le mani a coprirsi il viso.

"No, piccolo! No!" esclama, allora mio marito "non avere paura, non voglio farti del male, voglio solo darti il giocattolo." Carrick lo guarda e il suo sguardo esprime tenerezza e compassione, e la sua voce è dolce, dolcissima mentre dice "Piccolino, quei giorni sono finiti. Nessuno più, nessuno ti farà del male. Non io di certo, nè la tua mamma. Vero Grace?"
"Verissimo" rispondo e mi avvicino a mio marito.
Mi inginocchio anch'io e Carrick mi abbraccia e mi da' un bacio. Vedo il piccolo guardarci come stupito per poi ritrarsi spaventato. Noto che sta guardando mio marito quasi con odio.
E capisco tutto. Se davvero sua madre era una prostituta chissà quante volte l'avrà vista vittima di violenza ... santo cielo, ma cosa mai avranno visto quegli occhioni tristi e spaventati!

Pazienza, ci vuole tanta pazienza.
Deve avere tempo per dimenticare e arrivare cosa veramente è l'amore  fra uomo e donna, fra genitori e figli.
"Non è niente, Christian" gli dico "è solo un bacio. Carrick non mi fa del male. Guarda, lo bacio anch'io."
E contraccambio il bacio.

"Anch'io lo bacio il papà" ed è Elliott che viene inaspetttamente in mio aiuto dando un grosso bacione sulla guancia di suo padre."Non devi avere paura del papà, lui è buonissimo" spiega poi a suo fratello "tranne quando lo faccio arrabbiare. Allora diventa un po' severo. Ma non mi picchia mai!"

Nella sua innocenza, Elliott, ha centrato il segno e detto la cosa giusta.

Ha usato proprio le parole che ci volevano.
Infatti Christian, seppure sempre ancora un po' titubante, allunga la manina a prendere la mia.
Mi lascio stringere la mano e resisto all'impulso di cercare di abbracciarlo, so benissimo che non è ancora pronto.
Ma prima o poi lo abbraccerò, ci volesse una vita intera!
Tengo l'altro braccio posato sulla spalla di mio marito che a sua volta abbraccia Elliott.

E' come una catena, una catena di amore.
Simbolicamente adesso siamo uniti, siamo diventati una famiglia.
Presto vivremo sotto lo stesso tetto.
E le cose andranno meglio, Christian potrà conoscerci e capirà che non deve avere paura di suo padre, deve solo fidarsi e lasciarsi proteggere.

Il mio adorato marito!
Lo guardo, ha le lacrime agli occhi mentre stringe forte il suo figlio primogenito e si lascia stringere da me.
"Vi voglio bene!" esclama poi, convinto.
Si rivolge a tutti e tre ma sta guardando Christian.

Il piccolo però non sembra capire, lo guarda con gli occhi sbarrati e dubbiosi e scuote lentamente la testa.




Ed eccomi qua, a gentile richiesta, con un nuovo capitolo.
Vado avanti lentamente, scusatemi, ma non è facilissimo riordinare le idee.

Spero che avrete pazienza.
Così come spero che il nuovo capitolo vi piaccia.
Che ne dite?
E' ok?

Grazie a tutti per le recensioni, o anche solo per leggere la mia storia , sono anche contenta (e vi ringrazio) delle persone che l'hanno messa fra le seguite e le preferite ...  vi voglio bene!

Baci a tutti
A presto
Love
Jessie







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Capitolo 7
*** I Collier ***


colliers

I Collier





POV Carrick

"No! Non è possibile! Per favore, Carrick, dimmi che non è vero!";
La mia Grace è fra l'incredulo e il disperato, odio vederla così, e odio averle dovuto dare la notizia che l'ha resa così.
"Grace" la scongiuro "ti prego, calmati. Vedrai che tutto andrà bene!"
"Ma perché non può venire a casa con noi? Perché deve andare in una casa-famiglia?"
"Perché devono prima controllare bene che non abbia parenti viventi che ne possono reclamare la custodia; pare che sia la prassi"
"Sì ... parenti viventi ... già. Che se ne sono altamente fregati di lui per ben quattro anni. Hanno lasciato che facesse la fame, che venisse maltrattato, picchiato. Certo,anche se esistessero, bei parenti di merda che sarebbero! E io dovrei dare mio figlio a gente del genere? Mai! Piuttosto lo rapisco!"

E' proprio sconvolta, altrimenti non farebbe discorsi così insensati. La mia Grace è una donna razionale e intelligente, oltre che buona come il pane ed estremamente sexy ed arrapante, almeno per me; ma quando si tratta dei suoi figli diventa peggio di una leonessa che difende i proprio cuccioli.

"Sssh, Grace, non facciamo discorsi assurdi ... dai amore mio, ragiona."
La prendo fra le braccia, mi rendo conto che sta tremando. La stringo a me e le accarezzo i capelli.
Restiamo per qualche minuto abbracciati, poi le si scosta leggermente, afferra le mie braccia quasi a sostenersi, alza il viso e mi accorgo che ha gli occhi e il viso bagnati di lacrime .

"Il mio bambino" mormora "il mio bambino ... che ne sarà di lui in mano a estranei? Stava appena incominciando a fidarsi di noi ... mio figlio, in una casa famiglia ... come lo tratteranno? Oh, Carrick, gli daranno abbastanza da mangiare? E' già così denutrito, poverino. E se gli facessero del male? Non può sopportare di venire ancora maltrattato, non può. Questa volta temo che impazzirebbe. No! no ... no, non è giusto! Non posso lasciare che mio figlio vada in una qualche struttura del cavolo!"

"Nostro figlio, Grace. Nostro figlio".

Christian non è solo suo; è anche mio figlio. Non ne ho il rapporto forte, quasi ancestrale, che ha lei con il piccolo, ma rimane comunque anche figlio mio.
"Grace, ascolta" le prendo il viso con le mani e lo alzo a guardarmi direttamente negli occhi "per la casa-famiglia, non è che me ne sono stato in disparte a guardare. Ho preso le mie informazioni, mi sono dato da fare. C'è una coppia, i Signori Collier, che gestisce una struttura di questo genere. Li conosco personalmente. Sono due bravissime persone, lei è una cuoca fantastica, lui è veramente un tipo a modo. Hanno già avuto esperienza con bambini maltrattati e traumatizzati, non sono due presi a caso. Grace, mi ascolti?".
Mia moglie ha ripreso piangere.
"Sssì" risponde tirando su col naso.
"Dovrà stare solo due mesi con loro, non anni. Dai! Due mesi passano presto!" le asciugo le lacrime con la punta delle dita;
"Quanto a eventuali parenti, stai tranquilla! Ho fatto ricerche approfondite, non ne ha. Quel bastardo che faceva il protettore di sua madre non è suo padre. Ero presente quando il giudice dei minori lo ha interrogato. Ha negato ogni tipo di parentela, categoricamente". Non ripeto a mia moglie le esatte parole che ha usato quell'essere infimo, mi fanno male anche solo a ricordarle, non voglio ferire anche lei.

Grace si appoggia contro al mio petto.
"Sei più tranquilla ora?" le chiedo.
Lei fa cenno di sì con la testa, mi guarda, si sforza di sorridermi e scoppia in un pianto dirotto.
La stringo forte a me.
"Piangi, povero amore, piangi pure, sfogati. Sei stanca, affranta, non ti ci voleva. Lasciati andare, tesoro mio, non può che farti bene".



POV Christian

Fra poco vengono a prendermi, me ne devo andare da qui.
Ci sto bene, in questo posto tutto bianco, ma sembra che non posso starci altri giorni.
Però sono contento perché andrò a casa col mio angelo, con Grace, la mia nuova mamma e con il mio papà, che si chiama Carrick e che ora non mi fa più così tanta paura.
Andrò a vivere con loro e con mio fratello Elliott che è quel bambino grande grande che parla sempre e che ha quegli occhi azzurri che mi guardano strano.
Andrò a vivere nella loro casa che sarà anche la mia

--------

La mia nuova mamma è venuta a prendermi, ha portato una valigia piena di tanti bei giocattoli e di vestiti nuovi di zecca per me ma non mi ha portato a casa sua.
Mi ha fatto salire in macchina con lei ma mi ha spiegato che non posso andare a casa sua. Che devo andare da un'altra parte a vivere con un signore e una signora che si prenderanno cura di me.
Non capisco perché non posso andare con la mia nuova mamma e con mio papà, non lo capisco. Ma non voglio stare solo e non voglio che nessuno mi tocchi.
Grace mi ha detto che ci saranno altri bambini, lì dove vado, non me ne importa niente, non voglio giocare con loro e soprattutto non mi devono toccare.

Mi ha fatto scendere dalla macchina e mi ha portato dentro ad una casa colorata di giallo.
Sono venuti due signori: un signore e una signora, la signora ha detto di chiamarsi Hannah e il signore Peter, mi sembra. Mi hanno dato un biscotto da mangiare e mi hanno fatto andare a giocare in giardino mentre loro parlavano con la mia nuova mamma.

Poi la mia nuova mamma è venuta a cercarmi, ha provato ad abbracciarmi ma io mi sono tirato indietro. Mi ha detto che se ne doveva andare e che mi doveva lasciare con quei signori.

No, mamma, non te ne andare; non lasciarmi anche tu!

Si è chinata verso di me e mi ha accarezzato la testa, poi mi ha dato un bacio, sempre sulla testa.
Io volevo correrle dietro ma avevo paura che si arrabbiasse e così l'ho lasciata andare via.
Se si arrabbia poi mi picchia e non è più il mio angelo.

Stava per entrare in macchina e si è girata a guardarmi e ho visto che aveva gli occhi tristi e bagnati.

No, mamma, non te ne andare, non andare via. Prometto che sarò buono.

Avrei voluto gridarlo ma non ci riesco, avrei voluto piangere ma non ci riesco.

E così sono rimasto solo.
Se ne è andata, se ne è andata anche lei, come la mia altra mamma.
Devo proprio essere tanto cattivo se nessuna mamma mi vuole.



POV Grace.

L'ho abbandonato.
Il Signore mi è testimone, non ho potuto fare altrimenti, ci sono leggi che vanno rispettato e il sacrificio di oggi è necessario per avere una situazione migliore in futuro.
Per avere Christian definitivamente con noi.
Però ho il cuore a pezzi.
Sono salita in macchina con la percezione di due occhioni grigi che mi guardavano disperati.
Ho trattenuto a stento le lacrime, poi, però non ce l'ho più fatta e, appena sono stata abbastanza lontana perché non potesse vedermi, ho accostato, fermato il motore e sono scoppiata in un pianto dirotto.
Il mio Christian!
Il mio povero bambino tanto speciale.
Cosa farà, come prenderà anche questo ulteriore abbandono?
Negli ultimi giorni il legame fra di noi si era rafforzato e aveva cominciato a fidarsi anche di mio marito.

Ma ora è tutto inutile, ora lui è nuovamente solo, ulteriormente traumatizzato.
Se solo potessi tornare indietro a riprendermelo, lo farei.
Ma non posso, dannazione, non posso.
Maledette leggi, che speculano così sulla pelle dei più deboli.
Maledette!

I Signori Collier mi sono sembrati due bravissime persone, gentili, alla mano, molto portati verso i bambini piccoli.
Spero che lo trattino bene; mi sono  raccomandata che gli diano da mangiare a sufficienza.
Hannah a queste mie parole ha fatto un sorriso grosso come una casa e mi ha detto "Ci penso io, Grace, stai tranquilla. Ti risistemerò il piccolo passerotto in un baleno. Quando fra due mesi verrai a riprenderlo lo troverai bello in carne e pasciuto. Tranquilla." e mi ha posato una mano sul braccio.
Mi piace Hannah, mi ricorda mia madre quando ero piccola, così dolce e protettiva.
E fra due mesi potrò tornare a prendermi Christian e sarà finalmente mio.
Passeranno in fretta: preparerò la sua cameretta, metterò dei bei mobili bianchi e celesti, tanti poster alle pareti, tanti peluche e giocattoli e, poi, lo stereo, il televisore, la consolle tutte le cose che piacciono ai bambini.

Quasi non me ne accorgerò, sarò tanto occupata ... cercherò di esserlo.
E poi me lo verrò a riprendere e lo porterò a casa mia e saremo una famiglia, tutti insieme.
Questo fra due mesi.
Sessanta giorni.
Fra sessanta giorni sarà mio figlio a tutti gli effetti e, piano piano, gli daremo una nuova vita e sarà felice.

Sempre che fra due mesi lui si ricordi ancora di me e io non sia nuovamente una perfetta estranea ai suoi occhi.




Commovente, vero? anche doloroso, direi.
Mi è venuto fuori di getto e l'ho scritto quasi tutto ieri pomeriggio.
Strana cosa l'ispirazione, quando non ti viene e quando è come un fiume in piena.

Comunque non riesco a credere di essere già al settimo capitolo.
E ho ancora parecchie cose da scrivere, non vi libererete tanto facilmente di me, temo.

Prima di salutarci, forse vi sembrerà strano che la signora Colliers si rivolga a Grace dandole del tu. Ho pensato che in inglese non ci sono forme di cortesia e poi, in fondo, sono due mamme  che parlano fra loro, ed entrambe hanno a cuore il benessere di Christian. Mi è piaciuto così.

Fatemi sapere
Love
Jessie



 

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Capitolo 8
*** Passerotto ***


passerotto

Passerotto


POV  Christian

E' già tanto tempo che sono qui.
Sono già millemila giorni, forse anche di più.

E' uno strano posto, questo. Ci sono altri bambini e mangiamo tutti insieme seduti ad un tavolo grande grande.
Sono tanti giorni che non ho più fame, qui il mangiare è buono e ce n'è tanto.

Ci sono altri bambini qui: una bambina grande, Zoe, che se ne sta sempre per i fatti suoi a leggere o a scrivere e non parla con nessuno ed è sempre arrabbiata, due bambini che sono fratelli, Saul e Gorge, e che sono uno uguale all'altro,  tanto che mi confondo sempre su chi è Paul e chi è George. Loro vorrebbero qualche volta giocare con me. Ma io ho paura, paura che mi tocchino, che mi facciano del male.
E poi c'è il bambino cattivo, Jack, quello che mi prende in giro, che dice che sono tardo o ... ri-tar-dato ... ritardato, così dice. E dice a Paul e George di non giocare con me, che sono strano, ma di giocare con lui.

Così sono sempre da solo anche se qualche volta con me c'è Zia Hannah.
C'è anche suo marito, Peter, che è sempre tranquillo e sorridente ma un po' mi fa paura. Anche se non mi picchia e non mi urla mai contro.  Ma  ho paura che lo faccia, prima o poi.

Zia Hannah, invece, è molto dolce e gentile, a volte gioca con me: mi dice "adesso vengo a prenderti, passerotto" e io scappo e lei mi rincorre, ma quando mi trova non mi prende, sa benissimo che non voglio essere toccato.
Qualche volta le spazzolo i capelli, come facevo con lei. I capelli di zia Hannah sono di colore giallo come quelli della dottoressa Grace, ma non sono così belli e morbidi. La zia li porta sempre legati in una coda e quando glieli spazzolo me li fa tirare indietro, così si può fare la coda di nuovo.

Zia Hannah, mi racconta anche delle belle storie, la sera per addormentarmi e mi legge sempre il libro che parla del passerotto che cerca la sua mamma.
Mi dice sempre "Vedrai passerotto, uno di questi giorni la tua mamma verrà  a prenderti. Ti porterà in una bella casa, avrai una bella cameretta tutta per te, avrai un papà e un fratello."
Ma c'è quel bambino, più grande di me, che si chiama Jack che invece mi dice sempre che la mamma verrà a prendere lui e che porterà lui in una bella casa, piena di giocattoli e di tanti dolci e cose buone da mangiare.
Io quel bambino lo odio, mi prende in giro e mi vuole sempre toccare e io non voglio. Così finisce che cerco di picchiarlo, ma lui è più grande di me e mi picchia forte e mi fa male.
Zia Hannah, quando se ne accorge, lo mette sempre in castigo, ma lui tanto la volta dopo lo rifà di nuovo.
Zia Hannah dice che anche la mamma di Jack lo verrà a prendere, prima o poi e lo porterà a casa, ma che ci vorrà più tempo che non alla mia.

Io la aspetto sempre la mamma, la aspetto tutti i giorni.
Ogni giorno spero che lei venga a prendermi ma lei non viene mai.



POV Hannah Collier

Questa povera creatura!
Povero passerottino mio!
A vederlo così spaventato, piccolo e tutt'ossa, fa una tenerezza infinita.
Mi piacerebbe poterlo prendere in braccio, accarezzarlo, cercare di confortarlo in qualche modo, ma lui non vuole essere toccato da nessuno e in nessun modo. Tollera appena una carezza fra i capelli e, qualche volta, si lascia prendere per mano.
Non vuole nemmeno essere lavato, si lava da solo, e, per essere un bambino così piccolo, se la cava anche piuttosto bene, devo dire.

Non gioca con gli altri bambini, si capisce che gli fanno paura; così qualche volta, quando le tante cose da fare me lo permettono, gioco io con lui, e vuole sempre che gli legga qual libro, quello che si intitola "Sei tu la mia mamma?".

Poverino, cerca la mamma.
Ma ancora non ho capito se è la sua povera mamma morta, che cerca, o se è Grace, che sta aspettando che lo venga a prendere.
Lui, così piccolo, non può capire il perché delle leggi e dei regolamenti, non può sapere che non è Grace che non lo vuole ma che è qualcun altro che ha deciso così.

Santo cielo, non glielo fanno nemmeno vedere, povera donna.
Lei mi telefona tutti i giorni per sapere come sta suo figlio (dice proprio così: mio figlio), come se la passa, se ha mangiato, se dorme bene. Io cerco di tranquillizzarla e, a volte, le dico che il piccolo ha dormito bene anche se non è vero. Perché certe volte di notte grida, probabilmente fa dei brutti sogni, non lo so. Ma si sveglia gridando.
Io faccio quello che posso, talvolta gli leggo una storia, gli prendo la manina. Ma non posso passare la notte sveglia per lui: ho altri  quattro bambini da accudire. Così finisce che lo lascio solo, pur sapendo che per quella notte non dormirà più.
Io cerco di fare del mio meglio, ma non sempre mi riesce.

Spero tanto che Grace lo venga a prendere presto, se la merita una famiglia.

Mi spiace lasciarlo andare, in un certo senso mi sono affezionata a questo piccolino. Se non ci fossero stati i Grey, forse lo avrei adottato io. Sarei riuscita a convincere Peter e lo avremmo preso con noi per sempre.
Ma è meglio così, loro sono gente facoltosa e di sicuro andrà a stare bene.
Io avrò per sempre il ricordo di questo povero passerotto terrorizzato e traumatizzato insieme con la speranza di poterlo sapere felice e, forse un domani, di incontrarlo di nuovo.


POV Grace

Oggi è un grande giorno.
Finalmente i due mesi sono passati e oggi andiamo a prendere Christian.
Da oggi mio figlio è figlio mio a tutti gli effetti.

Questi due mesi sono trascorsi lentamente, molto più lentamente di quanto non immaginassi.
Mi sono sembrati interminabili.

Per tutto questo tempo mi è stato proibito di vederlo, i giudici mi hanno mandato a dire che se lo avessi continuato a frequentare, si sarebbe attaccato troppo a me, a noi e che un'ulteriore, eventuale, separazione avrebbe potuto essere traumatica.
Ma  per me è stata una sofferenza infinita.
Ogni giorno, ogni santo giorno che il Signore mandava sulla terra ho cercato di telefonare ad Hannah Collier per chiederle come stava Christian, se aveva mangiato e se aveva avuto nuovamente qualcuno di quei suoi incubi spaventosi.
Mi ha sempre risposto che il bambino stava bene, che mangiava e che la notte riposava tranquillo.
Non so, però, se diceva il vero o se si inventava una pietosa bugia per non farmi stare in pensiero. Non lo so come stavano realmente le cose.
Ma oggi lo vedrò, oggi finalmente saprò come sta. chissà se è sempre così magro e spaurito, o se invece ha preso un po' di peso e fiducia in se stesso e negli altri. Chissà se ha cominciato a parlare di nuovo o se è sempre muto.

Il mio cucciolotto, il mio Christian, il mio bambino.
Fra poco lo rivedrò e sarà per sempre nostro, non sto quasi più in me dalla gioia.
......

Ci avviciniamo alla casa dei Collier. Siamo io e mio marito, Elliott non è voluto venire, ha preferito stare dai nonni. Credo che sia un po' geloso di suo fratello, è una reazione normale; è stato figlio unico per sei anni e ora il pensiero di doverci condividere con un altro bambino non gli va giù per niente. Ci vorrà tempo e parecchia pazienza ma col tempo poi, finirà col voler bene a suo fratello e diventeranno amici. Ne sono sicura.

Da lontano riesco a scorgere Hannah sulla soglia della porta di casa.
Mi saluta con la mano, mi avvicino quasi correndo mentre Carrick rimane qualche passo dietro a me.
Guardo bene, vicino ad Hannah c'è lui: Christian.
E' sempre tanto, tanto piccolo, forse ha messo su un po' di peso, ma è sempre spaventosamente magro e piccolo. Dimostra molto meno dei suoi quattro anni, e ha sempre l'aria spaventata, terrorizzata. Si nasconde quasi dietro ad Hannah Collier, almeno fino a che lei non si china e gli dice "Guarda, Christian, è arrivata la tua mamma a prenderti".

A queste parole il mio piccolo si muove, scivola via dall'ombra della Signora Collier e corre verso di me, giunto al mio cospetto si ferma, mi guarda e ... si avvinghia alle mie gambe.

Mio Dio, che cosa terribile, terribile e bellissima al tempo stesso.
Ho il nodo in gola e le lacrime agli occhi dalla commozione, ma devo trattenermi, non voglio che mi veda piangere. Non deve proprio vedermi piangere.

Mi chino per vedere di poterlo accarezzare, non pretendo di prenderlo in braccio, ma solo di sfiorargli le spalle o il visino. Ma lui si irrigidisce, impaurito.
Gli accarezzo, allora, i capelli e quello me lo lascia fare, seppur brevemente.
Sussurro ad Hannah "Ha ripreso a parlare?"
Mi fa segno di no.
Vorrei poter parlare con lei a quattrocchi ma Christian rimane abbracciato a me e non mi dà spazio per muovermi.
"Christian, tesoro" gli chiedo "la mamma non va da nessuna parte, non avere paura. E' venuta per portarti con se, non ti abbandona più. Però così non si può più muovere. Vieni, prendi piuttosto la mano della mamma; guarda sta arrivando papà"
Nel frattempo infatti mio marito ci ha raggiunti. Si rende conto del mio momento di imbarazzo e sorride, nervoso e commosso al tempo stesso.
"Ciao, Christian" dice al bambino "non vieni a salutare papà?"
Ma il piccolo lo guarda terrorizzato e stringe ancora più forte le mie gambe.
Ho paura di perdere l'equilibrio, cadere per terra e trascinarlo con me. Ci mancherebbe anche di rovinare addosso a mio figlio lo stesso giorno che vengo a prenderlo per portarlo a casa.
Fortunatamente Hannah riesce a sbrogliare la situazione:
"Christian perché non prendi la tua mamma per mano e la porti in casa? Le fai vedere quella che era la tua cameretta, papà prende le tue cose e così siete pronti per andare a casa."

Lentamente, molto lentamente, Christian si scioglie dall'abbraccio, mi prende per mano e mi porta dentro la casa.

Appena varcata la soglia siamo accolti da un buon profumo di caffè appena fatto e di dolci sfornati di fresco.
"Spero che accetterete un caffè" ci dice Hannah;
"Volentieri, grazie" e ci sediamo al grande tavolo di cucina.
Christian allunga le manine verso il piatto dei biscotti e ne prende addirittura quattro, uno se lo piazza immediatamente in bocca, uno lo tiene stretto in pugno e gli altri due se li è già infilati in tasca.
"Ehi, Christian piano!" gli dico ridendo "cos'hai paura? di ..." stavo quasi per dire 'di morire di fame' ma, non appena realizzo la situazione, mi blocco immediatamente.

E' proprio così, lui ha paura di dovere soffrire ancora la fame.
"Fa sempre a questo modo" interviene Hannah "trovo sempre biscotti, pezzi di pane, qualche frutto nelle sue tasche, sotto al letto, al cuscino, a volte anche dentro le scarpe. Non riesce a capire che i giorni della fame sono finiti, povero cucciolo"
Così dicendo questa brava, dolcissima signora scuote la testa sconsolata.

Rimaniamo in silenzio per qualche minuto, fingendo di concentrarci sulle tazzine fumanti di caffè e con la mente piena di pensieri e di preoccupazioni per questo bambino così speciale.

Ed è mio marito a parlare per primo.


POV Carrick

Ha paura di me: mio figlio ha ancora paura di me.
Ed è logico, certo, dopo due mesi che non mi vedeva quel minimo contatto che si era stabilito fra di noi è andato a farsi benedire e lui è nuovamente intimorito dalla mia presenza.
Però è corso ad abbracciare Grace (e che abbraccio non la mollava più!) ma si è ritratto intimorito dalla mia presenza.
Lo guardo bene, guardo quegli occhioni e ancora hanno un'espressione triste e spaventata al tempo stesso, quel corpicino esile e denutrito, la faccina smunta.

Quando ho sentito Hannah dire, e l'ho anche visto con i miei occhi, che si nasconde il cibo nelle tasche, sotto al letto, persino nelle scarpe dal timore di non poterne avere a sufficienza e quando penso a tutto il male che gli hanno fatto, sento che il mio cuore si stringe fino quasi a provarne dolore.
Umanamente non è sopportabile pensare che sia stato fatto questo ad un bambino così piccolo, non riesco a concepirlo.
E mi sento dentro una rabbia incredibile, verso chi gli ha fatto questo, verso tutta questa dannata società che non riesce a rendersi conto, talvolta, che ci sono situazioni terribili nascoste dietro quattro mura domestiche, situazioni in cui le giovani madri e le loro creature vivono un vero inferno sulla terra.

Signore Iddio; ma che cosa sono stati i primi anni di vita di questo bambino? Dov'eri tu mentre lui soffriva a quel modo?
Perché, mi domando, a quale scopo? Perché farlo soffrire così tanto?

Lo guardo nuovamente: quello è mio figlio. Un figlio che al momento mi è quasi estraneo, che non posso prendere in braccio o baciare, che ha paura di tutti gli esponenti del genere maschile me incluso.
Una creatura che non mi ama incondizionatamente in modo innato ma il cui amore dovrò conquistarmi a poco a poco. A partire da adesso.
Subito, devo subito fare qualcosa.

"Christian" lo chiamo. Si volta a guardarmi, quasi stupito di sentirsi chiamare per nome da me.
"Christian, faresti vedere al papà la tua cameretta? "
Mi guarda e ha l'aria sempre stranita, piano piano, però, il suo stupore diventa terrore mentre con gli occhioni sbarrati scuote la testa in un "no" vigoroso.

Cazzarola, cosa c'è che non va? Mi sembrava di non essere stato brusco o aggressivo, mi sembrava di essermi espresso in modo dolce e tranquillo. Come mai reagisce così?
Hai toppato Carrick, iniziamo maluccio, eh!

"Carrick, nostro figlio ha ragione" interviene mia moglie salvandomi "quella non è più la sua cameretta, la sua cameretta è a casa nostra. Piuttosto fatti mostrare da Hannah dove sono le cose di Christian così intanto le prendiamo e poi possiamo andare. Non vorrei farti fretta ma dobbiamo anche passare a prendere Elliott, prima di andare a casa."

Seguo la signora Collier come un rimbambito, prendo una piccola valigetta che lei mi mostra e lentamente come un cane bastonato mi dirigo verso l'ingresso dove mia moglie mio figlio mi stanno aspettando.
"Tranquillo, Carrick" mi dice Hannah con la sua voce dolce "il piccolo è spaventato dagli uomini, dalle persone di sesso maschile intendo. Anche con mio marito fa così: non vuole rimanere mai in una stanza solo con lui. Spesso quando lo vede scappa e si va a nascondere dietro il ripostiglio o nell'armadio. Il perché non lo sappiamo, anche se lo possiamo immaginare. Forse un giorno te lo dirà lui stesso. Vedrai che col tempo si affezionerà anche a te, vedrai che diventerai importante per lui, sarai il suo faro di riferimento. Dai tempo al tempo"

Non credo di potere fare altrimenti, dare tempo al tempo.
Ormai siamo verso l'ingresso, salutiamo Hannah, la saggia e comprensiva Hannah, e ci dirigiamo verso il punto in cui è parcheggiata la mia macchina.

Christian cammina dando la mano a Grace, lentamente mi accosto a loro, mia moglie mi vede e rivolgendosi al bambino dice "Tesoro, dai l'altra manina a papà, una a me e una a lui".

Mi inginocchio davanti a mio figlio e gli sorrido timidamente.
Lui mi scruta con attenzione, quasi a studiarmi, poi lentamente mi porge la manina.
La stringo delicatamente, accarezzandone piano il dorso con il pollice, il piccolo non reagisce male, non reagisce affatto ma continua a tenere la sua mano nella mia.

Così io da un lato, Grace dell'altro e Christian in mezzo ci avviamo verso la nostra autovettura.



Rieccomi e stavolta con una capitolo molto più articolato. Ho dovuto lavorare parecchio di fantasia per creare il primo barlume di rapporto fra Christian e suo padre e spero di esserci riuscita. Non ho fatto andare tutto liscio ma una piccola tensione ci doveva essere. Del resto credo che passare da "papà mi fa un può paura, mi nascondo dietro la copertina azzurra" a "papà è il mio idolo" come afferma lo stesso Christian in "Grey", beh deve essere stato un cammino lungo e pieno di problemi.

Sul rapporto fra i due credo ritornerò in seguito. Chi ha letto "Grey" avrà forse intuito il perché il piccolo non voleva rimanere da solo in cameretta con  Carrick, immagino.

Un paio di spiegazioni
- ho cercato di immaginare come doveva essere stata la vita di Christian con i Collier e spero di avere reso bene l'idea che me ne sono fatta. Non volevo dilungarmi troppo ma dare almeno un'idea.
- eccetto Jack, le figure degli altri bambini, seppure appena accennate (ma non è la loro storia) sono farina del mio sacco, così come la dolce, materna zia Hannah, anche se mi sono ispirata ad altre fanfiction (una su tutte Profumo di biscotti di francy70)
- il povero Carrick fa un po' una figura del cavolo. Me ne rendo conto e chiedo scusa a tutti i papà per questo. Lo riabiliterò, tranquilli.

okay credo di avere detto tutto buona lettura

Love
Jessie

PS: ho potuto constatare che questa fanfiction è abbastanza seguita. Beh, grazie. Non me lo sarei mai aspettata. Ringrazio chi recensisce, chi ha messo la storia fra le preferite e le seguite e anche chi, semplicemente, si limita a leggermi . Grazie di cuore a tutti.




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Capitolo 9
*** La mia nuova casa ***


angioletto3

La mia nuova casa


POV Christian



Sono seduto in macchina con la mia nuova mamma e il mio nuovo papà. Anche se io il papà non l'ho mai avuto prima di ora, quindi lui è, il mio papà e basta.
Ho salutato zia Hannah e siamo venuti via.
Per strada la mia nuova mamma mi ha chiesto di dare la mano al mio papà.
Io ho un po' di paura del papà.
Non voglio restare in camera chiuso da solo con lui. Non voglio restare da solo con nessun uomo. Nemmeno con zio Peter, il marito di zia Hannah, nemmeno con papà.
Ho paura di farlo, se ci penso sento il mio cuore che batte forte, e mi gira la testa e mi sento una mano che mi afferra la gola e non riesco a respirare.

Però quando siamo usciti e tenevo per mano la mamma e lei mi ha chiesto di prendere la mano di papà, io non volevo farlo.
Ma lui si è abbassato, così era alto come me. Allora se era così piccolo, come me, allora non poteva farmi del male, se era piccolo.
Così gli ho dato la mano e lui poi si è tirato su e ha camminato con la mia mano nella sua mano.
Così avevo una mano nella mano della mia nuova mamma e una mano nella mano del mio papà, e mi è sembrato strano, non mi era mai successo.
Non mi aveva mai preso per mano nessuno.

Poi siamo saliti in macchina e ora siamo qui.
Papà sta davanti, fa girare una cosa rotonda che si chiama volante, così mi ha detto, la mia nuova mamma è seduta vicino a lui e canta; c'è la musica e lei canta una canzone insieme con la musica che esce dalla radio.
Sembra felice, a momenti si volta e mi guarda e mi sorride, poi dice qualcosa al papà che sorride anche lui. E vorrei sorridere anch'io con loro ma non so perché sorridono così non lo faccio.
E ascolto la musica, mi piace, mi piace veramente tanto.

Poi ci fermiamo, la mamma scende dalla macchina, mi apre la porta e mi dice:
"Vieni Christian a conoscere i tuoi nonni!"
I nonni?
Cosa sono i nonni?

"I nonni che conoscerai ora" dice la mia nuova mamma "sono la mia mamma e il mio papà. Sono i nonni Trevelyan: nonno Theodore e nonna Rose"

Aspetta: è difficile. La mamma e il papà della mia nuova mamma? Faccio confusione.

La mamma apre la porta della macchina e c'è un uomo vecchio davanti a me.

"E' lui?" chiede alla mamma, baciandola.
"Sì è lui" risponde la mia nuova mamma, baciando l'uomo sulla guancia.
E la mamma non ha paura, anzi sembra felice.
Vuol forse dire che i papà non fanno del male?

Il vecchio signore si avvicina a me e mi dice "Ciao, giovanotto! Sono tuo nonno, nonno Theodore"
Io stringo forte la mia copertina, ho paura che mi tocchi e non voglio farmi toccare.
Lui stende la sua mano.
Io non so cosa fare, e lo guardo.
Lui sospira e guarda la mamma, lei fa una faccia strana e gli tocca la mano.

Poi arriva una signora, anche lei vecchia.
Mi vede e si porta una mano davanti alla bocca, poi i suoi occhi si riempiono di lacrime e tira sul col naso.
"Mio Dio" la sento dire piano piano.
Ma perché nominano sempre tutti Dio davanti a me?
Me lo chiedo sempre.

La vecchia signora si inginocchia, si avvicina e fa come per abbracciarmi.
Ma io faccio un passo indietro, e stringo la mia copertina azzurra.
Non voglio essere abbracciato, non voglio essere toccato.
"Mamma" è la mia nuova mamma che parla "non lo toccare, non vuole essere toccato"
La signora rimane in ginocchio davanti a me, guarda la mia mamma e dice "Lo so, me lo avevi detto. Scusa sono una vecchia stupida, non avrei dovuto. Solo che ... mi sembrava così piccolo e fragile. Creaturina! Mi fa tenerezza!" e scuote la testa mentre si alza e i suoi occhi sono di nuovo bagnati.

"Grace!", papà chiama la mia nuova mamma;
Mi giro a guardarlo con lui c'è quel bambino, Lelliott, mio fratello, il papà sta tenendo la mano sulla spalla di mio fratello che sta contro alla sua gamba e ride forte;
"Dimmi, Cary" dice la mamma;
"Sarà meglio" e qui il papà si ferma perché Lelliott gli dà i pizzicotti sulla gamba e lo fa ridere "Elliott, smettila di farmi il solletico, altrimenti saranno guai! ...  Dicevo, Grace, sarà bene che andiamo a casa, questo delinquente qui ha bisogno di una doccia e Christian mi sembra davvero stanco ... Ehi, tu" parla di nuovo a Elliott "ho detto basta!"
Il papà prende il braccio di Lelliott.
 Ohi, ohi qui si mette male , stringo la mia copertina 
Ma, invece di urlare e picchiarlo, sorride e incomincia a toccarlo con le dita: sul collo, sulle spalle, sul petto. Lelliott ride e ride, e ride.
"Ancora?" chiede il papà;
"No, basta, basta. Basta solletico papà!" dice Lelliott che ride sempre più forte.

Sol-le-ti-co ... solletico: la cosa che papà fa a Lelliott si chiama solletico e se Lelliott ride è divertente e non fa male.
Deve essere veramente tanto divertente; ma io non posso essere toccato.


"Okay, Eliott, saluta i nonni che andiamo";
Lelliott da' un bacio ai due vecchi che lo abbracciano e lo ribaciano;
"Anche tu, Christian, saluta i nonni"
Alzo la mano e la muovo come mi ha insegnato lei a fare quando ero più piccolo.

La mia nuova mamma mi prende per mano e mi dice "Andiamo a casa, Christian!"
Casa?
Davvero mi portano a casa con loro?
Non mi lasciano dai due vecchi?
Avevo paura che la mamma e il papà fossero arrabbiati con me e non mi volessero e così mi lasciassero dai due vecchi ... com'è che si chiamano? Nonni, ah sì, dai nonni!
E invece andiamo a casa.

In macchina Lelliott si arrabbia perché non vuole stare seduto dietro con me.
"No!" dice "io sto seduto davanti con il papà. Ci sta la mamma seduta dietro con Christian"
"Elliott, caro" dice la mamma "lo sai benissimo che non puoi sedere davanti e che è pericoloso per un bambino stare seduto davanti"
"Ma io non voglio stare seduto dietro. Non se c'è lui!"
"Perché?"
"Perché non lo voglio un fratello. Non voglio lui come fratello, che non parla, che tiene sempre stretto quello straccio celeste, che è sempre triste. Io volevo un fratello da poterci giocare, non lui!"

"Elliott" è il papà che parla  "tuo fratello ha avuto una vita difficile fino ad ora. Non ha avuto un papà e una mamma che lo hanno viziato e coccolato, come hai avuto tu. E' triste perché non ha mai avuto una famiglia, e ora la sua famiglia siamo noi.  Dobbiamo volergli bene!"
"Non lo voglio, lo stesso. E mi siedo davanti!"

E Lelliott si siede davanti.
Il papà alza gli occhi al cielo.
Ora sì che è arrabbiato, ora lo picchia; stringo la mia copertina.
Ma scuote la testa, lo guarda storto ed entra nella macchina.
La mamma si siede dietro con me e mi prende la mano.

Sto bene quando lei mi tiene la mano, mi piace.
Ha le unghie colorate di rosa, luccicano: sono carine.

La macchina si ferma davanti ad una casa di mattoni rossi.
"Eccoci a casa, Christian" dice la mamma.

Casa? questa è la mia casa, la casa in cui vivo?

Entro e ho un po' di paura, mi fa paura questa casa così grande.
Non può essere casa mia.

Dentro le camere sono grandi, grandi e ci sono tanti divani, non un solo divani tutto appiccicoso, ma tanti divani morbidi.

"Vuoi vedere la tua cameretta, Christian?" mi chiede la mamma;
Faccio segno di sì con la testa e le prendo la mano, se resto in camera solo con lei, so che non mi farà male.

"Allora io porto Christian nella sua cameretta e tu fai fare la doccia ad Elliot, Carrick?" chiede la mamma al papà.
"Mhhh, sì, certo. Andiamo soldato! E comportati bene!"
"Sissignore!" risponde Lelliott.

La mia nuova mamma mi porta sopra alle scale e apre una porta.
La mia nuova cameretta è molto bella.
Ci sono tante figure di macchinine sui muri e anche altre figure che non conosco, sembrano animali , ma sono animali strani; vestiti come i bambini.

E ci sono tante, tantissime macchinine, di tutti i colori: bianca, rossa, verde, blu, verde, gialla, verde. E sono grandi, piccole, grandi, piccole, grandi.
Ne prendo in mano una è grandissima, tutta verde e nera, bellissima.
"Ti piace la macchinina, Christian?" mi chiede la mia nuova mamma.
Faccio segno di sì con la testa.

"E la cameretta ti piace?"
Sì, mi piace, è grande tutta bianca e celeste, c'è un bel letto morbido e una  sedia anche lei morbida, e una luce chiara e dal vetro della finestra si vede il parco, non un cortile sporco, il parco .
Mi piace, mi piace molto, così faccio ancora di sì con la testa.

E' bella, bella, bella, bella.

"E qui c'è il tuo bagno" dice ancora la mia nuova mamma.
Un bagno tutto per me? Non ce l'ho mai avuto. Anche da zia Hannah c'è un bagno per tutti, e siamo tanti.
"Fai la doccia, Christian, ne hai bisogno. Vieni che ti aiuto?" e la mia nuova mamma mi viene vicino.
NO! Non toccarmi, non voglio che mi tocchi!
Faccio una passo indietro e stringo la copertina celeste.

"Tesoro, scusa, lo avevo dimenticato. Non vuoi essere toccato. Scusa, scusa ... ci riesci a lavarti da solo?"
Faccio segno di sì con la testa e mi tolgo la maglietta.

Vedo gli occhi della mamma diventare tristi mentre mi spoglio, anche il suo sorriso è triste, si passa la mano sugli occhi.

Quando mi sono lavato ed asciugato lei mi dice: "Che bravo che sei, Christian, a fare tutto da solo. Tuo fratello non ci riesce ancora" e ancora si passa la mano sugli occhi,

La mamma mi prende per mano e dice: "Vieni, andiamo a cena. Hai molta fame, Christian?"
Ho molta, moltissima fame così scuoto la testa in su e in giù per dire di sì.
Lei mi sorride con la bocca e con gli occhi e i suoi occhi sono belli, belli, belli, belli.
Mi piacciono i suoi occhi e mi piace il suo profumo, profuma di dolce e di amore.
Mi avvicino per annusarla.
Lei è la mia nuova mamma, la mia nuova mamma!


-----------

E' notte e sono nel mio letto.
Mi sono spogliato da solo, la mia nuova mamma mi ha dato il pigiamino, bello, morbido e mi ha tirato su la coperta, così mi sono potuto sdraiare sul letto. Poi mi ha fatto una carezza sui capelli  e mi ha detto "Sogni d'oro, piccolo mio!" e aveva gli occhi bagnati.

Arriva papà con  un libro, mi legge una storia per farmi dormire.
Si siede vicino a me, apre il libro e incomincia "Sono Nando, sono Nando detto Ferdi. Vuoi prosciutto e uova verdi?".

Il papà legge per me, mi piace. Ha una voce bassa, non urla, e ogni tanto sorride mentre legge.
Io stringo la mia copertina celeste e lo sto a sentire, poi chiudo gli occhi e mi addormento.



Il capitolo è tutto dal punto di vista di Christian. Mi piaceva l'idea di  fare narrare a lui in prima persona il suo primo giorno con i Grey.
Narrato dal punto di vista di un bambino piccolo (seppure molto intelligente) è chiaro che sia un po' sgrammaticato. Gli errori sui verbi e sulle congiunzioni sono quindi voluti. Così come le ripetizioni di sostantivi ed aggettivi.
Sono più grammaticata nel riportare i dialoghi dei due genitori e dei nonni (a proposito: a me sembra che la mamma di Grace si chiami Rose, ma non sono più riuscita a trovarlo nei libri della James. Se ho sbagliato vi prego di correggermi) questo perché li riporto come lui li ascolta e non come li ricorda.Nel Rosso e in Grey la James fa lo stesso, più o meno.

Il libro che Carrick legge a Christian è Prosciutto e Uova Verdi di Dr. Seuss, lo stesso autore di Lorax.

Beh, buona lettura e fatemi sapere se vi piace.

Love
Jessie



PS: gli animali vestiti come bambini dei disegni in camera di Christian sono i personaggi della Disney, ma penso che si capisse già.






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Capitolo 10
*** Il mio papà ***


angioletto 4

Il mio papà


POV Grace

Sono già due mesi che Christian vive con noi.
Ancora non parla, si esprime a gesti, si fa capire ma non parla.
La notte, spesso, ha terribili incubi, almeno credo che siano tali. Si sveglia sempre urlando, corro da lui e lo trovo seduto sul letto che strilla disperato.
Gli passo allora la mano fra i capelli, per calmarlo, e mi stendo sul suo letto al suo fianco.
Come ho fatto quella volta in ospedale, resto con lui tutta la notte e gli canto una canzone per riaddormentarsi. Gli piacciono molto i Beatles, Elvis e Frank Sinatra. Adora quando gli faccio ascoltare i dischi delle stesse canzoni che uso come ninna nanna.
Starebbe ore ad ascoltare la musica.
Certe volte vuole che io suoni il piano per lui e mi sta a guardare mentre suono, sembra quasi che cerchi di memorizzare le note. A volte capisco che vorrebbe provare a suonare, gli faccio usare il pianoforte e, anche se strimpella per lo più cose senza senso, mi rendo conto che in quel momento la sua mente è impegnata e che suonare gli piace proprio. Mi domando se non sia il caso di fargli prendere lezioni di pianoforte. Forse potrebbe aiutarlo. Ne parlerò con la psicologa che lo ha in cura.

La dottoressa che lo ha in cura, Miss Bennett, dice che bisogna avere pazienza, che è un a questione di tempo prima che riprenda a parlare ma che non c'è alcun impedimento. Gli ha fatto dei test sulla capacità cognitiva e mi ha detto che è un bimbo molto intelligente e sensibile, che capisce tutte le cose che gli diciamo e che la sua capacità di comprensione è quasi quella di una bambino di sei anni. Già: ha quattro anni di età, fisicamente ne dimostra due, ha la capacità cognitiva di sei e ancora non parla! Un bel casino!
Miss Bennett dice che dai disegni che gli ha fatto fare emerge un passato di abusi anche molto violenti da punto di vista fisico, oltre che di grande trascuratezza. Non esclude a priori abusi di carattere sessuale, anche se gli esami hanno smentito l'ipotesi di eventuali penetrazioni grazie al cielo. Questo, però, non toglie che gli è stato fatto veramente del male e più volte. Così come sicuramente è stato testimone di atti di violenza nei confronti di sua madre e, probabilmente di atti sessuali, anche violenti.

Quando ho ascoltato queste parole mi sono messa a piangere.
Non sono una sprovveduta, da medico so benissimo quale genere di ferite aveva il mio Christian e come gli erano state procurate.
Ma sentirselo dire così, in modo crudo, dalla psicologa, avere la certezza al cento per cento di quello che gli era successo; beh è stato terribile.

Quella notte non sono riuscita a dormire, avevo una grande voglia di piangere. Piano mi sono alzata da letto, Carrick era profondamente addormentato e non volevo svegliarlo e ho lasciato che le mie lacrime cadessero giù, silenziose.
Sono andata nella cameretta di Christian, lui dormiva, apparentemente tranquillo.
Mi sono seduta sul letto e gli ho dato un bacio in fronte, ha continuato a dormire come un angioletto. Allora l'ho accarezzato, piano, sulla fronte, poi sono scesa sulla guancia, sul collo, e l'ho baciato di nuovo, sulla guancia questa volta.
Si è appena stiracchiato nel sonno e ... ha sorriso.
Nel sonno mi ha sorriso.
Avrei voluto abbracciarlo, ma ho temuto che si potesse svegliare e non ho voluto sfidare la sorte.

Gli ho sfiorato di nuovo i capelli e sono ritornata a letto.

Dopo quella sera non l'ho più fatto, ho avuto paura che si svegliasse e che potesse rimanere traumatizzato da questa piccola, dolce violenza che gli facevo. Anche se è l'amore che mi fa agire a questo modo devo avere a cuore il suo bene, non il mio piccolo egoismo di volerlo abbracciare e baciare. Per una madre è dura non poter manifestare fisicamente l'affetto a suo figlio.
Ma ci sono tanti modi, troverò altri modi.

Ho scoperto, tempo fa, che nasconde il cibo.
Lo prende in cucina, lo sottrae dalla tavola e lo porta con se.
Ho trovato pezzetti di pane, biscotti, frutta secca un po' dappertutto: nelle sue tasche, sotto al cuscino, nel suo armadio, persino nelle sue scarpe.
Non riesco a fargli capire che i giorni della fame sono finiti e che non gli mancherà più il cibo. Lo porto davanti alla porta di cucina, gli chiedo se vuole mangiare, lui dice sempre di sì; gli preparo qualcosa, vuoi il gelato o il panino, la frutta o il dolcetto.
Però continua a prendere e nascondere il cibo.
Anche per questo ci vorrà tempo, purtroppo.

Da qualche giorno ha incominciato ad interagire con suo padre, non è stato facile.
Il mio splendido marito ha cercato di usare tutta la pazienza e la dolcezza di cui era capace, anche davanti alla cocciutaggine di Christian, nonostante che vedere come il bambino si ritraeva ogni volta che lui si avvicinava, lo faceva stare molto male.
Eppure ha continuato con molta dolcezza a cercare di interagire con lui.
Senza successo, però; finché una sera.

Eravamo soli in casa noi tre, Elliott era dai nonni a ricevere l'abituale razione di coccole e si sarebbe fermato anche a cena.
Io preparavo la cena e Christian stava davanti alla televisione, Carrick era rientrato dal lavora, mi aveva salutato con il solito bacio.
Poi era andato a salutare nostro figlio e, stranamente, si era seduto a guardare i cartoni con lui.

Ricordo ancora bene che cartone fosse, era Tom & Jerry. Ad una scena che immagino fosse particolarmente comica sentii Carrick scoppiare  ridere e, subito dopo, Christian scoppiare a ridere insieme a lui.
Non aveva mai riso fino a quel momento. Né io né suo padre lo avevamo mai sentito ridere così spontaneamente, apertamente, di cuore.
La sua prima risata, la prima vera risata da quando era con noi!

Indubbiamente un progresso.

Quando mi sono avvicinata, avevano smesso di ridere ma si stavano guardando negli occhi.
Non so che dire, è stato un bellissimo momento.
Ho visto Carrick con un sorriso enorme, e allo stesso tempo gli occhi umidi e Christian che, invece,  lo guardava con un misto di residua paura e di adorazione al tempo stesso.
Poi, mio marito ha allungato una mano a scompigliare i capelli di Christian e lui, questa volta non si è ritirato, teneva stretta la copertina celeste, ma non si è mosso.

"Ok, voi due" ho detto e la mia voce era strana, tremula, "la cena è pronta. Andiamo";
"Elliott?" ha chiesto mio marito;
 "E' dai nonni, si ferma da loro per cena e a dormire ... sai com'è"  e, nel rispondere gli ho strizzato l'occhio e ho alzato malinconicamente una spalla.

Perché il rapporto fra i due fratelli non è dei migliori, anzi.
Elliott non riesce ad accettare Christian.
Non deve essere per niente facile per lui avere un fratello che non parla, che stringe sempre la copertina celeste ogni volta che si cerca di interagire con lui, che la notte spesso urla a causa degli incubi.
Abbiamo dovuto fare insonorizzare la cameretta di Elliott per fare in modo che gli incubi di Christian non lo svegliassero, la notte.
Ma lui percepisce che c'è qualcosa, lo capisce: i piccolini hanno un intuito fenomenale, quasi animalesco.
Christian si sente rifiutato e agisce a modo suo, nell'unico modo che gli è stato insegnato: con la violenza.
Così è un continuo azzuffarsi e, strano a dirsi, Elliott grande e grosso com'è, le prende sempre.
E viene da me piangendo.
Qualche giorno fa, fra le lacrime, mi ha detto "Mamma, io non lo voglio quel fratellino lì. Perché non lo riporti dove lo hai preso?"
Mi si è accapponata la pelle; ho ancora i brividi al solo pensiero.

Cosa posso fare? Mio figlio grande sta male in questa situazione e il mio piccolo, beh, lui soffre per quello che si porta dietro dal suo passato.
Ma se nessuno dei due è felice, come posso avere pace io?
Così ho preso la decisione di mandare ogni tanto Elliott dai nonni, forse è solo un modo per far tacere la mia coscienza; ma almeno lascio un po' di spazio ad entrambi.
Mio babbo e mia mamma lo adorano; sono felicissimi di averlo, lo viziano e lo coccolano;  lui per qualche ora ha di nuovo le attenzioni di tutti su di se.
E noi proviamo a fare uscire Christian dal suo guscio.
Qualche volta ci riusciamo, il più delle volte è un fallimento.
Ma ogni volta ne usciamo più determinati a provarci che mai.


POV Carrick

Ha riso: mio figlio ha riso con me.
E non un semplice sorriso, ma una bella risata forte e sonora.

Mi ero seduto a vedere i cartoni con lui.
Credo che non abbia mai avuto modo di vedere la televisione, ma ci si sta abituando in fretta. Come abbiamo fatto con suo fratello, non gli concediamo di guardarla per molte ore al giorno.
Ma una mezz'ora di cartoni prima di cena, quella gliela permettiamo.
Non so perché stasera mi sono seduto a guardarla con lui, forse perché Tom & Jerry sono sempre un classico e mi ricordano quando io stesso ero un piccolino proprio come i miei figlioli.
O forse perché cercavo a tutti i modi di cercare un contatto con lui. Non è facile  vedere il proprio figlio avere paura di te, non è per niente facile; è molto doloroso, invece, come avere una lama conficcata nel profondo del cuore.

Quante ne combinavano, quel gatto e quel topo nello schermo!
A un certo punto, a una scena più buffa del solito, e forse anche per liberare un po' di tensione che sentivo dentro, sono scoppiato a ridere!
E Christian ha riso con me.
Una bella risata, dicevo, sonora, divertita .

Non lo avevo mai sentito ridere e, soprattutto, non aveva mai interagito così a quel modo, imitando una mia azione.
L'ho guardato.
E lui ha guardato me, ancora con gli occhi illuminati dal riso. Ed era bellissimo, il più bel bambino che io avessi mai visto, in quel momento.
Per la prima volta mi ha guardato non più solo con paura, ma con un'espressione nuova, un inizio di fiducia, con ammirazione, forse.
Il mio Christian, mio figlio.

Forse siamo sulla strada giusta.
Forse.


POV Christian

Il papà, il mio papà, è buono e gentile.
Non urla mai, parla sempre piano.
Ride con me, mentre guardiamo Tom e Jerry.
Non mi fa del male.

Il mio papà non mi fa del male.
E io non ho più tanta paura di lui, solo un pochino.


Ovvero il riscatto di Carrick, avevo  detto che prima o poi lo avrei riscattato dalla figura un po' del cavolo di un paio di capitoli fa.
Però non c'è solo Carrick, ho voluto tratteggiare un po' la vita del piccolo Christian appena adottato.

Il finale, infatti, lo lascio direttamente a lui, in transizione fra la paura che ancora prova e la fiducia che sta cominciando ad avere verso il suo papà, del resto diventerà il suo idolo, lo dice lui stesso in Grey.
Che dite? Vi piace?


Prima di chiudere volevo ringraziare tutti per il seguito e gli apprezzamenti che sta ricevendo questa mia storia; non lo avrei mai creduto.
Grazie, grazie davvero

Love
Jessie

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Capitolo 11
*** Il primo Natale Di Christian ***


Primo natale

Il primo Natale Di Christian


POV Grace


Tra pochi giorni è Natale, il primo Natale che Christian passerà con noi.
Non so se lo abbia mai festeggiato prima ma stento a crederlo. Non riesco ad immaginare come la sua mamma naturale potesse avere trovato i soldi per i regali, gli addobbi e il pranzo.
E infatti quando gli ho detto che saremmo andati a comprare l'albero, mi ha guardato un po' stupito.

"Sì" ho ribadito "l'albero. L'albero di Natale, da mettere in casa, con le luci e le palline. Così la mattina di Natale ci troverai sotto tanti regali e la calza piena di dolci e giocattoli. "

Mi ha guardato, sgranando gli occhioni, ancora più stupito e ha indicato se stesso  puntandosi il dito sul petto, come a chiedere se i regali sarebbero stati portati anche a lui.
"Ma certo anche a te. Babbo Natale porta i regali a tutti i bambini buoni"
Indica se stesso e fa di no con la testa
"Come mai dici di no? Non credi di essere buono Christian? Non è vero, tu sei buono, molto buono"

Sei tanto buono, povera creatura, tanto. Ti meriti un bellissimo regalo, tanti tanti regali e tutto l'oro del mondo ... ma che dico? Tutto l'AMORE del mondo. E non basterebbero per ripagarti di quello che hai sofferto finora, povera stella mia.

Mi guarda con uno sguardo strano come  se non credesse affatto alle mie parole, anzi, peggio, come se sentire le mie parole lo facesse stare male. Mi domando che cosa mai, quale perverso ragionamento o discorso gli sia stato fatto per fargli credere di essere così cattivo.
 
Scuoto la testa quasi a scacciare pensieri tanti tristi, ora quei giorni sono finiti, piano piano Christian recupererà la fiducia in se stesso e si sentirà finalmente degno di essere amato.
Come sempre, come tante altre volte, mi ripeto che è solo una questione di tempo. Solo una questione di tempo.

Ora non è il momento di essere malinconici, c'è da pensare a festeggiare, degnamente, il Natale.
Così ci vestiamo, mi assicuro che abbia indossato il giubbotto pesante e abbia messo i guantini e il berretto grigio che gli ha fatto mia madre e usciamo.

Prendiamo la mai macchina e ci avviamo verso il centro commerciale.
L'interno è semplicemente favoloso. Pieno di luci, di colori, di canti natalizi sparati a tutto volume dell'impianto sonoro.
Christian guarda tutto con occhi curiosi, al tempo stesso spaventato ed eccitato da tutto questo trambusto, stringe la copertina celeste,  dalla quale non si separa  mai, forte al petto con una mano. Ma con l'altra mano sta stringendo la mia.

Ci sono ragazzi vestiti da Babbo Natale un po' ovunque, che raccolgono soldi per i bambini bisognosi, per i piccoli ricoverati in ospedale e offrono caramelle e dolcetti.
Ho sempre offerto qualcosa, un po' per senso del dovere, un po' per ringraziare Dio del fatto che non mi è mai mancato niente nella vita. Quando ho adottato Elliott, ho sentito proprio il bisogno di fare qualcosa per tutti i bimbi che non avrebbero avuto la stessa fortuna di mio figlio, di trovare una famiglia che li amasse e li accudisse, e, ora, con Christian, sento questo richiamo ancora più forte.

Metto un biglietto da 10 dollari nel cestino di uno dei Babbi Natale, lui mi sorride rivelando due brillanti occhi castani da ragazzo e si china per offrire un biscotto a mio figlio.
"Come ti chiami bel bambino?" chiede.
 Christian, naturalmente, non risponde.
"Ma cos'hai che non rispondi, il gatto ti ha forse mangiato la lingua?"
Per tutta risposta, mio figlio tira fuori una punta di lingua rosea.
Il Babbo Natale lo sta a guardare, perplesso, vorrebbe ribattere ma incrocia per un istante il mio sguardo preoccupato e non insiste.
Allunga la mano a fare una carezza al bambino, il quale però si nasconde dietro alle mie gambe e stringe forte la copertina fino quasi a nascondercisi dietro.

Lo sento tremare.

Il ragazzo di fronte a me è sempre più confuso, non sa cosa fare.
Gli faccio un cenno con il capo, e poi gli dico "Grazie tante, Babbo Natale, per il biscotto"
Lui mi guarda e nei suoi occhi c'è un barlume di pietà, poi mi dice "Non c'è di che, grazie a te per l'offerta, bellissima signora. Ciao!" saluta Christian con la mano, lui risponde agitando la manina a sua volta e ci allontaniamo.
Solo quando siamo ben lontani il tremore in mio figlio scompare.

Quello che mi ha disturbato di più, in questa vicenda,  è stato lo sguardo compassionevole che il Babbo Natale ha dato a mio figlio. Non voglio che Christian se ne accorga, sensibile ed intelligente com'è se ne rende facilmente conto e non voglio che si senta diverso, oggetto di commiserazione. Vorrei che potesse crescere tranquillo e, piano piano, dimenticare, se può.

Intanto siamo arrivati dal florivivaista, in esposizione decine di alberi di Natale, Christian li guarda incuriosito.
Arriva un omone moro grande e grosso, vedo mio figlio irrigidirsi.
"Non avere paura, Christian" gli dico "sei con me, ti proteggo io. E poi questo signore non ti farà certo del male"
"Buon giorno, bella signora" mi dice, e poi rivolto al bambino "Ciao, piccolo! Cosa posso fare per voi?"
"Beh noi vorremmo un albero, un bell'albero per la nostra casa"
"Certamente, seguitemi!"

Ci mostra gli alberi in esposizione, vedo mio figlio spalancare gli occhi per lo stupore e dirigersi verso un bellissimo abete grigio, molto grande e frondoso.
"Ti piace questo, Christian?" gli chiedo.
Lui fa cenno di sì col capo;
"Allora la mamma prende questo?" chiedo ancora per essere sicura.
Ancora un sì con il capo.
"Okay" dico al venditore "prendo questo. Lo portate a casa voi, vero?"
"Certo, signora. Nel pomeriggio le portiamo l'albero a casa. Ti piace l 'albero piccolo?"
Come sempre Christian annuisce ma non parla.
Il venditore si rivolge a me;
 "Ma non parla?" chiede a bassa voce
"No, rispondo"
"Poverino" dice lui e scuote la testa.

No, no e poi no!
Mio figlio non è strano, disabile o chissà che altro. Lui è normale, lui ha solo subito uno shock e ha perso momentaneamente la parola. Ma non c'è niente di strano in lui; parlerà prima o poi. La sua mente si sbloccherà e parlerà, vedrete! Non dovete avere pietà di lui! Lui è assolutamente normale e .... Gesù quanto mi fa rabbia tutto questo!

Credo di essere furiosa mentre pago e me ne vado senza degnare di uno sguardo l'ignaro commerciante che mi guarda stupito.
Mi tiro dietro Christian in macchina e mi dirigo a tutta velocità verso casa.

"Adesso andiamo a casa, piccolo mio. Nella nostra bella casa. Ormai è ora di pranzo. Sei stato tanto buono che ti meriti un premio. Che ne diresti se la mamma ti facesse i maccheroni col formaggio, che ti piacciono tanto e poi l'hamburger e una bella coppa di gelato?"
A mio figlio incominciano a brillare gli occhi e fa ripetutamente di sì con la testa.

Dopo pranzo, nel primo pomeriggio, mentre Christian gioca con le macchinine e io guardo distrattamente la televisione, sentiamo il campanello squillare.
Vado ad aprire e un paio di robusti omaccioni portano dentro l'albero.
Mostro loro dove metterlo, sto a guardare che facciano le cose per  bene senza fare danni, gli dò la mancia, gli offro un caffè, che rifiutano e li vedo andare via.

Bene, ora è il momento di addobbare l'albero.
"Vieni Christian. Facciamo l'albero di Natale!"

Mi volto a cercare mio figlio ma ... lui non c'è!
Sono sicura che non è uscito, la porta posteriore è chiusa a chiave e, dal davanti, lo avrei visto.
Quindi non mi preoccupo più di tanto, deve necessariamente essere in casa, vado alla ricerca.

Lo trovo chiuso nel mio armadio, fra i miei vestiti.
"Tesoro!" gli dico "cosa fai chiuso lì? Ti sei nascosto per fare uno scherzo alla mamma? Dai vieni fuori!"
Ma lui non esce, gli tendo la mano, la prende esitante e mi rendo conto che sta tremando.
E' spaventato.
Ha avuto paura!
Che sciocca sono stata a non pensarci prima!

Ha avuto paura dei due giardinieri e si è nascosto.
Sì è andato a nascondere tra i miei vestiti, chissà perché; forse perché portano il mio odore.
Ho già avuto modo di notare come annusare qualcosa di mio abbia il potere di calmarlo, se è agitato.

Gli parlo dolcemente.
"Christian, tesoro. Non ci sono più, quei signori. Sono andati via. Siamo soli io e te. Vieni, andiamo, non avere paura, ci sono io, ti proteggo io. Ma siamo soli, non c'è nessuno in casa. Dai vieni!"
Esce titubante dall'armadio, è pallido, ha il respiro corto, affannato, i suoi occhi sono dilatati,
Lo sguardo del terrore!

Odio vederlo così e odio sempre più chi lo ha ridotto in questo modo.
Certe volte mi sento di odiare anche la sua povera mamma per non averlo saputo proteggere, anche se mi rendo perfettamente conto che probabilmente non aveva altra scelta, data la sua condizione.
Dovrei avere pietà e comprensione per Ella, non odiarla,
Ma di fronte  a questi occhioni tristi e spaventati tutte le buone intenzioni vanno a farsi benedire.

Cerco di scacciare i pensieri cupi e di rabbia che sto provando adesso.
Non è il momento, non oggi e, soprattutto, non davanti a lui.
Devo mostrarmi serena e rassicurante, per il suo bene, per non agitarlo ulteriormente.

Nel frattempo Christian, dopo essere uscito dall'armadio, si è quasi avvinghiato alla mia gamba.
Il respiro si sta normalizzando, ma ha bisogno del contatto con il mio corpo per tranquillizzarsi del tutto.
Gli dò una carezza sui capelli, lui la accetta e non si irrigidisce. Anzi, sembra calmarlo.
Mi chino a guardarlo, alza gli occhi ad incontrare i miei. Lo sguardo non è più così terrorizzato.
Forse, anche questa è passata, spero.

"Vieni, piccolo Christian" gli dico "andiamo ad addobbare l'albero. Prima però facciamo merenda, OK?"
Mi fa segno di sì con la testa e insieme scendiamo al piano terra.

Ho tirato fuori le decorazioni e gliele mostro. Le guarda interessato.
Poi, prendo le luminarie per iniziare a preparare l'albero quando sento qualcuno che mi chiama.
O meglio, molto meglio, sento un bimbo che mi chiama "mamma"

E' Elliott, il mio maggiore che è appena rientrato da scuola.
Arriva tutto sorridente e si viene a buttare fra le mie braccia.
Lo stringo forte e gli stampo un bel bacione sulla guancia.
Ride, felice di essere di nuovo con la sua mamma, poi mi dice;
"Guarda che cosa ho fatto oggi a scuola" e mi mostra un disegno.

Guardo il disegno, non è certo un'opera d'arte ma è molto significativo: ha disegnato la nostra famiglia, così com'è ora.
Ha fatto Carrick grande grande, e sorridente e ha messo se stesso, altrettanto sorridente, accanto a suo padre. E' un bene, vuol dire che si identifica con la figura paterna che è perfettamente normale per un maschio.
Ha messo me, tutta vestita di rosa e con la bocca rosso fuoco, accanto a mio marito e Christian vicino a me.
Osservo i personaggi con più attenzione: il mio bimbo ha tratteggiato suo fratello piccolo piccolo e con un viso triste triste.
Sorprendente come i bambini riescano a percepire gli umori e le piccole cose. Ha fatto Christian triste, con un segno di matita ha saputo cogliere un'amara realtà:  raramente posso dire di averlo visto felice.

Guardo entrambi i miei bambini, uno di fronte a me, sorridente, sereno che scuote i riccioli biondi mentre mi mostra il disegno; l'altro al mio fianco, malinconico, chiuso in se stesso, una perenne ombra nel suo sguardo.

Elliott lo abbiamo adottato appena nato, non ha conosciuto altra famiglia all'infuori di noi. Lo abbiamo amato, vezzeggiato, coccolato. E' cresciuto sano, grande e grosso e felice.

Christian ha vissuto per 4 anni, i primi 4 anni della sua vita, all'inferno; ha pagato sin dalla nascita per peccati che non poteva ancora avere commesso.  Spero tanto di poterlo tirare fuori degli orrori che ha visto e subito in questo tempo, capisco che non sarà per niente facile, ma è il mio scopo. Non sarò per niente contenta se non quando potrò vedere nel suo viso, la stessa gioia e la voglia di vivere che vedo in suo fratello.
Ci vorrà del tempo, ma sono sicura che ce la posso fare.
Ce la devo fare.

Mentre sono presa in queste riflessioni, sento che la porta si apre.
Mio marito sta rientrando dal lavoro.


POV Carrick

Casa, finalmente!
La mia adorata moglie e i miei figlioli!

Entro e li trovo nel soggiorno.
Guardo la mia Grace, la grazia personificata in una donna.
E' bellissima, seduta pensierosa a terra con i miei bambini uno di fronte a lei e l'altro al suo fianco.
Vorrei poterle fare una fotografia per immortalare questa immagine e ricordarmela sempre così com'è in questo momento.
Una mamma: una bellissima mamma a tutti gli effetti!

Mi vede e si alza per venirmi incontro.
La bacio sulla guancia, dolcemente, come faccio sempre dal primo giorno del nostro matrimonio. Non mi sembrerebbe di rientrare a casa se per prima cosa non dessi un bacio affettuoso a mia moglie.
E so che lei ci tiene tanto!
Infatti contraccambia con entusiasmo e indugerebbe a lungo, fino a cercare la mia bocca e darmi un vero, appassionato bacio d'amore, ma ci sono i bambini e si frena.

Mi rimane, così, un desiderio insoluto di lei, una voglia inespressa. Ora non possiamo proprio ma avremo tempo  di rifarci più tardi, quando i bambini saranno a letto.

Meglio che pensi ad altro o finirei con l'eccitarmi e non mi pare il caso, davanti ai miei piccoli, che sono ancora così innocenti.
Almeno, Elliott spero ancora che lo sia e che lo resti per un po', mentre temo che Christian ne abbia viste anche troppe di scene hard nella sua breve vita. E anche tanta violenza, soprattutto su sua madre, oltre che su se stesso.
Basti vedere come si irrigidisce tutte le volte che io e sua madre ci baciamo per farsene un'idea.
Povera creatura!

Mi chino verso di lui, addirittura mi inginocchio per essere alla sua stessa altezza.
Con fare dolce e tranquillo, gli chiedo che cosa ha fatto durante la giornata.
Mi indica l'albero di Natale.
"Hai comprato un albero?", gli chiedo
Fa cenno di sì con la testa
"E' un bell'albero. Tu e la mamma avete fatto proprio una buona scelta. E' molto importante scegliere bene l'albero di Natale".

Cosa posso fare se non gratificarlo per infondergli un po' di sicurezza?
E per fare seguire il gesto e, soprattutto, il contatto corporeo alle mie parole, gli accarezzo i capelli.

Vorrei poterlo abbracciare!
Che io sia fulminato se non è vero!
Darei dieci anni di vita per poterlo abbracciare una sola volta, mio figlio.
Ma per il momento non se ne parla. Per il momento l'unica cosa che mi lascia fare è una carezza sulla testolina ramata, e spesso, come in questo momento, si irrigidisce e stringe la sua copertina celeste, segno che ha ancora paura di me, nonostante tutto.

Ora lo guardo mentre, tutti insieme stiamo addobbando l'albero di Natale. Grace gli ha dato un addobbo, una campanella, e lui la scuote e sorride nel sentirla tintinnare. E' bello vederlo sorridere; ha un bellissimo sorriso. O, forse, a noi sembra bellissimo proprio perché vorremmo vederlo sorridere più spesso e saperlo felice.
Chissà come sarà per lui il prossimo Natale? Scommetto che non lo ha mai festeggiato adeguatamente prima d'ora. Io e sua madre siamo determinati a fare tutto il possibile per organizzare una bella festa, la migliore possibile, per fargli assaporare per la prima volta la magia del Natale.
Se lo merita, il mio piccolino.

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La mattina di Natale è Elliott che mi viene a svegliare
"Papà, mamma: è Natale, è Natale, è Natale! Posso andare a vedere i regali?"
"Buono Elliott, calma ... aspettiamo che si svegli tuo fratello"
"Vado a vedere se è già sveglio"

Già, così, se per caso dorme, lo sveglia di sicuro!
Benedetto figliolo, ma cos'hai in corpo? L'argento vivo?
Mi giro a cercare mia moglie ma Grace non è a letto.

La notte scorsa Christian ha avuto uno dei suoi incubi e lei è andata a farlo riaddormentare e probabilmente si è assopita lì, nel lettino.  
Talvolta succede.

Mi alzo e, brontolando un po' verso Elliott che mi aspetta impaziente, vado verso la cameretta di Christian.
Il mio secondogenito è sveglio mentre Grace, sdraiata un po' storta al suo fianco, dorme profondamente.
Il piccolo ha gli occhioni spalancati verso sua madre e la guarda con uno sguardo che scioglierebbe anche il cuore più duro.
La sta guardando con amore, con enorme, sconfinato amore e le accarezza il viso con la manina.
E' dolcissimo in questo momento e mi viene da chiedermi come mai certe manifestazioni di affetto siano così rare da parte sua. Credo di non averlo mai visto accarezzare Grace quando è sveglia.
Chissà perché, poi.

"Mamma, mamma, mamma!" Elliott non ce la fa più a trattenersi e va a svegliare sua madre.
"Eh, sì, che c'è?"
"Mamma è Natale, dobbiamo aprire i regali"

Grace si alza a sedere e sorride a suo figlio;
"Sì, Elliott. Prima però dai un bacio alla mamma"
Elliott si butta fra le braccia di sua madre e la sommerge di baci e bacioni, lei contraccambia, se lo spupazza e ride felice come una ragazzina. Poi si rivolge all'altro suo figlio che si è alzato da letto ed è venuto verso di me, quasi imbarazzato da una manifestazione di affetto così evidente.
"Ciao, Christian! Buon Natale, cucciolo mio!"
Il piccolo la guarda incuriosito.
Grace gli si avvicina e gli accarezza la testa;
"Andiamo a vedere cosa ci ha portato Babbo Natale!"

"Evvai!!" Elliott scende le scale di corsa, Christian rimane indietro con me e sua madre,
Anch'io gli scompiglio i capelli "Buon Natale, figliolo" gli dico; lui mi guarda e sorride.

Arriviamo al piano di sotto ed Elliott è già presso il camino, ha preso la sua calza e l'ha svuotata rivelando il contenuto: dolcetti, un lecca lecca rosso e bianco, frutta candita e piccoli giocattoli.
Prendo la calza di Christian gliela porgo;
"Tieni, piccolo: è la tua calza. Guarda com'è piena! Chissà cosa ci sarà dentro?"
La guarda come per assicurarsi che sia proprio la sua.
Poi un po' titubante, ne estrae il contenuto, afferra subito un omino di marzapane e lo addenta, subito dopo dà un morso a una piccola mela caramellata. E mi guarda.

Mi inginocchio davanti a lui.
"Ti piace quello  che hai trovato? "
Mi fa segno di sì, la bocca piena di cibo.
"Ehi" gli dico "piano, mangia piano, altrimenti ti verrà il singhiozzo! Non vuoi scartare i regali?"

"I regali!! Wow!!" Elliott eccitatissimo si dirige verso i pacchetti colorati.
Lentamente Christian fa lo stesso, ma il suo comportamento è strano: sembra quasi riluttante.

Si avvicina all'albero mentre già Elliott ha iniziato a scartare uno dei suoi regali: è una bellissima, enorme scatola di Lego che gli abbiamo fatto trovare io e di sua madre. Dovrebbe poter far costruire un intero castello in miniatura con tanto di omini e soldati.
"Evvai il regalo che volevo! Grazie mamma, grazie papà" viene verso di noi, ci dà un veloce bacio, apre la scatola, prende i mattoncini  e comincia a giocare.

Grace si avvicina a Christian con un pacchetto in mano "Tieni, tesoro, questo è il regalo da parte mia e di papà"
Il bimbo la guarda, sorpreso, poi si indica.
"Sì, figliolo" gli dico "è proprio per te! Vuoi che ti aiuto ad aprirlo?"
Fa cenno di no con il capo e, imitando suo fratello, scarta piano il pacchetto. Con occhi sgranati guarda l'elicottero telecomandato ancora chiuso nella scatola.
Poi mi porge la scatola: vuole che lo aiuti ad aprirla.

Apro la scatola, prendo l'elicottero, glielo porgo, gli dico;
"Adesso lo facciamo volare"

Prendo il comando, schiaccio un paio di tasti e l'elicottero si alza dalle mani di Christian e inizia a volare.
Lui lo guarda incantato, lo segue affascinato per tutta la casa.

Grace viene al mio fianco, ha gli occhi umidi e anch'io sento un qualcosa in gola che non va né su né giù.
"Pare che abbiamo scelto bene, vero Cary", mi dice
"Già, sembra che gli piaccia. Sai una cosa, Grace, era strano prima mentre ancora dovevamo scartare i pacchetti, quasi rinunciatario, come se aspettasse che per lui non ce ne fossero, di regali"
"Non ne avrà mai ricevuti, non credo che sua madre se li potesse permettere."

Mia moglie resta un attimo pensierosa, poi mi dice:
"Giorni fa, il giorno che abbiamo comprato l'albero, gli ho detto che sarebbe arrivato Babbo Natale per portare regali ai bimbi buoni. Ha indicato se stesso, quasi incredulo che li avrebbe portati anche a lui. Gli ho chiesto se non crede di essere buono. Mi ha risposto di no ... Cary, lui crede di essere cattivo. Non so il perché, ma lui crede di  non meritarsi niente per Natale. Penso che sia perché non ha mai avuto niente, ma è atroce. Anche questo gli hanno fatto: lo hanno totalmente privato dell'amore verso se stesso"

La stringo forte perché sento che è turbata.
"Vedi Grace" le dico "i bambini, quelli piccoli soprattutto, non hanno la possibilità o la forza di mettere in dubbio l'autorità dei genitori. Ti ricordi cosa ci ha detto la Dottoressa Bennet? Quella è una capacità che acquistano nell'adolescenza, quando inizia la costruzione definitiva della loro personalità. Se lui, piccolino, veniva sempre picchiato e maltrattato, probabilmente, avrà pensato di meritarselo in qualche modo. Ne consegue che pensa di essere cattivo, anzi molto cattivo per meritarsi quello che .... " mi si spezza la voce per un istante, certe emozioni, certi pensieri  sono difficili da sopportare "...quello che gli hanno fatto"

"Sta a noi, Cary, ridargli la fiducia in se stesso"
"Sì, cara, sta a noi. E'  il compito che ci siamo dati adottandolo. Amarlo talmente tanto da ribaltare la situazione che si è creata nei suoi primi quattro anni di vita e ricostruire un nuovo Christian. Amore mio, non è un compito facile, inciamperemo e cadremo più volte, ma, vedrai ce la faremo"
"Ce la faremo, Cary, ce la faremo" risponde lei con un sussurro " ricostruiremo un nuovo Christian, gli ridaremo il suo amor proprio. Per il momento, accontentiamoci di questi piccoli sprazzi di felicità"

Annuisco e continuo a tenerla stretta.
"Ti ho mai detto che ti amo?" le chiedo
"Un'infinità di volte, ma fa sempre piacere sentirselo dire"


La povera Grace ha tanta fiducia nel futuro ed è giusto che sia così. Peccato che le cose non saranno per niente facili, anzi.

Dunque ho scritto dal punto di vista di Grace e Carrick, dato che la storia raccontata da Christian la conosciamo già; Elliott, il classico monello, ha i comportamenti che ho avuto modo di notare nei miei nipoti.
Devo dire che non avrei mai creduto di divertirmi tanto nello scrivere questi quadretti familiari, spero che il risultato sia soddisfacente per voi.
Un paio di cose prima di lasciarci:
1. Grace si arrabbia molto quando suo figlio viene guardato con compassione, ribadisce che non è disabile. Grace amerebbe suo figlio anche se lo fosse, disabile, non voglio dare l'immagine di una razzista o cose del genere. La reazione è diversa, non vuole che l'autostima di suo figlio subisca un altro contraccolpo dal sentirsi diverso e oggetto di compassione, niente di più.
2. Ho cercato di narrare il Natale unendo le nostre abitudini a quelle che credo che siano quelle americane. Se ho commesso qualche inesattezza, perdonatemi.

Okay, penso che sia tutto

Fatemi sapere se vi piace

Love
Jessie










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Capitolo 12
*** L'uomo cattivo ***


L'uomo cattivo

L'uomo cattivo



POV Grace

Non so se oggi sia stata una buona idea quella di andare tutti al centro commerciale. Voglio dire: ci ho portato spesso i bambini, ma era perlopiù di mattina, in orari nei quali non c'è molta gente e si può stare tranquilli. E se anche uno dei bambini si allontana, si riesce sempre a vedere dove sta andando, non lo si perde mai di vista.
Invece oggi, sabato pomeriggio, è un caos pazzesco.
C'è gente di tutti i tipi, famiglie, coppie, single che cercano di abbordare qualcuno. C'è anche qualche maleducato che cerca di farsi largo a spintoni.
L'aria è molto viziata e quasi irrespirabile e c'è un caldo che quasi si soffoca.
Ma Elliott voleva venire a vedere lo show di Bill Cosby, ha tanto insistito che siamo dovuti venire.

Lo show è stato una fregatura: il buon Bill ha fatto solo una mezz'ora scarsa di spettacolo, divertente non dico di no e anche gratis, ma il grosso dell'esibizione è stato retto da comici di contorno sicuramente molto meno divertenti del nostro Bill.
E così dopo qualche minuto Elliot ha dapprima cominciato a sbadigliare, poi ha detto che voleva andare in bagno.

"Mi scappa la pipì, mamma";
"Va bene, adesso papà ti porta in bagno"; 
"Christian" ho poi detto al mio secondogenito "vuoi che papà porti in bagno anche te"
Ha fatto vigorosamente cenno di sì con la testa, ormai si fida sempre di più di suo padre e accetta a rimanere con lui qualche breve istante. E comunque è perfettamente autonomo al bagno, cosa molto rara per un bambino della sua età. Ma lui è speciale, il mio cucciolo tutto speciale.

"Okay, Cary, allora porti prima Elliott e poi Christian, io resto ad aspettarvi." ho detto, tranquilla.
Certo non potevo immaginare cosa sarebbe successo da lì a poco.


POV Carrick

Ho portato in bagno prima Elliott e poi sono andato da Grace a prendere Christian.
Avevo già notato alcuni figuri che bighellonavano davanti alla porta del bar, non mi avevano fatto una grande impressione, ma non ci avevo fatto molto caso, preso com'ero ad ascoltare le chiacchiere di mio figlio.

Comunque, prendo il mio secondogenito per la manina e lo porto fino al bagno.
Quando passiamo davanti a quei balordi sempre fermi davanti alla porta del bagno, sento mio figlio che si ferma. Si pianta proprio e incomincia a gemere atrocemente.
"Christian!" lo chiamo "cosa ti succede? Stai male?" gli chiedo.
Mi volto verso di lui: è pallidissimo e ha gli occhi sbarrati per il terrore, come se avesse visto il diavolo in persona. Sta guardando fisso dinanzi a se.
Seguo lo sguardo e, d'improvviso lo vedo. I capelli unti, lunghi sin sul collo, gli stivaloni con le borchie, la cintura con la fibbia d'argento e lo sguardo duro, cattivo di due occhi color ghiaccio.
Dio mio! Quello era il protettore di Ella, l'uomo che aveva torturato mio figlio fino a pochi mesi prima.
Non c'era da meravigliarsi che fosse tanto terrorizzato.

Guardo quel bastardo e vedo che sta fissando il mio piccolo con aria malvagia.
Accenna a venire avanti, a dirigersi verso di noi.
Già mi immagino cosa quella sua bocca lercia potrebbe dire, su mio figlio, su di me.

E non voglio, non voglio più che Christian senta la sua voce, non avrei mai voluto che lo vedesse per niente al mondo.
Ma non si può riavvolgere indietro il tempo.

Cerco di voltarmi e di andare via ma quello, con un balzo felino, mi si viene a parare davanti:
"Guarda chi si vede!" dice, maligno "lo stronzetto! Avvocato, non dirmi che lo hai adottato tu. Ti sei messo questo piccolo pezzo di merda in casa! Povero te, non sai che cosa ti aspetta. Lui non è un bambino come gli altri. Lui è marcio dentro, cattivo. Te ne accorgerai"

No, non si può sentire!
Non da un bastardo simile. Lui è cattivo, non il mio Christian. Come osa dire quelle parole? Come può anche solo  pensare che un bambino così piccolo possa ospitare in sé il germe della cattiveria!

Per attimo vedo me stesso scagliarmi contro quell'uomo e prenderlo a pugni.
Ma devo pensare a mio figlio, a mio figlio che trema e geme in un modo pietoso.

Mi inginocchio, gli prendo la manina con entrambe le mie mani e gli sussurro;
"Va tutto bene, Christian, va tutto bene. Adesso questo signore se ne va via, altrimenti il papà chiama la polizia. Vero?"
Guardo il bastardo che dapprima ci osserva ancora un po', poi alza le spalle, mima un "vaffa" sottovoce e se ne va, come se ci ritenesse nemmeno degni della sua attenzione.
Bene, è quello che volevo.

"Okay, Christian, guarda se n'è andato. Adesso torniamo dalla mamma e da Elliot. O preferisci che ti porti al bagno? Ti scappa forte?"
Indica la porta delle toilette e fa cenno di no, poi indica il posto da dove siamo venuti.

"Va bene, piccolo, andiamo dalla mamma. Tranquillo, c'è il tuo papà a proteggerti. Quei giorni sono finiti. Basta, lui non ti farà più del male! Nessuno più ti farà del male. Non finché avrò vita. Te lo prometto, bimbo mio, credimi. Mi credi? Okay?"

Fa cenno di sì col capo e si lascia guidare verso il luogo dove abbiamo lasciato sua madre.


POV Christian

Sto andando in bagno con il mio papà. Non mi sto divertendo, oggi. C'è troppa gente. A me non mi piace stare dove c'è troppa gente.
Ma Elliott voleva venire qui a tutti i costi e così siamo venuti.

Ci sono degli uomini davanti alla porta del bagno; ho un po' di paura ma mi dico che sono con papà e che non devo avere paura.

E poi lo vedo.
Lui, l'uomo cattivo di prima, quello che mi faceva sempre del male e che faceva del male alla mia mamma di prima.

No, no, non ti voglio. Non voglio vederti, non voglio che mi fai male. Papà, papà mandalo via! Mandalo via!

Sento un rumore, lo sento sempre più forte.

Il rumore sono io, dalla mia bocca esce una cosa strana, come un pianto ma senza lacrime.
Punto i piedi e voglio andare via.
Incomincio a tremare.

Quell'uomo si avvicina, dice qualcosa a papà, dice che sono cattivo. Non voglio che papà sappia che sono cattivo, lui è buono con me, se sa che sono cattivo poi non lo è più.

Papà si inginocchia e mi prende la mano.
Quando papà mi tocca mi arriva qualcosa che mi stringe la gola; ma oggi la mia gola è già stretta e così, anziché stringersi la gola si allarga. Posso respirare.

Papà mi dice che l'uomo cattivo adesso se ne va, ed è vero. Se ne va! Il mio papà l'ha mandato via.

Mi dice di stare tranquillo che lui mi protregge, che nessuno mi farà più del male. Mi dice di crerdelo.
Mi chiede se voglio andare in bagno o tornare dalla mamma.
Ho paura ad andare là, paura che lui ritorni.
Voglio andare dalla mia nuova mamma, voglio andare via da qui.


POV Grace

Vengono verso di me e mi accorgo subito che qualcosa non va.
Carrick ha il viso teso, tiene la testa bassa e ogni tanto la scuote.
Christian è pallidissimo, terreo, sta tremando leggermente.

"Cosa è successo, Cary?"
"L'ho abbiamo incontrato, Grace!"
"Chi?"
"Quel bastardo del protettore di Ella, ecco chi! Il bastardo che lo ha picchiato tutti questi anni. E' stato lui, di sicuro, sai Grace, a fargli quelle brutte cose. Se c'era rimasto qualche dubbio, oggi ne abbiamo avuto la conferma. Mi è bastato vedere la reazione che ha avuto, poverino, quando l'ha visto. Credimi Grace, se non fosse stato perché Christian aveva bisogno di me, sarei andato da quel bastardo e lo avrei preso a pugni".

Carrick scuote nuovamente la testa, esasperato, poi prosegue.
"Andiamo a casa, Grace che è meglio".
"Va bene, andiamo a casa. Vieni Elliott", prendo la mano di mio figlio che sta mangiando il gelato.
Lui osserva il fratello, impressionato nel vederlo così turbato e mi obbedisce.

Christian ricambia l'occhiata del fratello, vede che mangia il gelato, fa una smorfia, porta la mano sulla pancia, si piega in due e inizia a dare di stomaco.

"Christian!" lo chiamo.
Mi inginocchio al suo fianco e gli tengo una mano sulla testa mentre vomita.

Nel frattempo arriva uno degli inservienti con un secchio e lo straccio.
"Mi scusi" gli dico "sa il bambino si sente poco bene"
"Non si preoccupi signora, a pulire ci penso io. Pensi a suo figlio"
Meno male che ci sono ancora persona ragionevoli a questo mondo.

Non appena Christian sta un po' meglio e sembra in grado di camminare, ci avviamo verso l'uscita, non prima di avere lasciato una buona mancia all'inserviente.

In macchina concedo a Elliott di sedere davanti con suo padre, mentre rimango seduta dietro per stare vicino a Christian, che è ancora più pallido, quasi cadaverico e ha il corpo scosso da profondi brividi. Credo che gli stia venendo la febbre. Gli sfioro la fronte e scotta; sta accadendo quasi la stessa cosa di quella prima notte all'ospedale, tempo fa.
Aggravata dall'aver dato di stomaco, per di più.

Arriviamo a casa e porto Christian a letto, Elliott gioca con i Lego e Carrick si mette a leggere.
Mio figlio si spoglia lentamente, la febbre rende i suoi movimenti più lenti e impacciati. Vorrei tanto poterlo aiutare, ma lui non me lo permette. Ancora non può essere toccato.

Sale sul letto, si stende e appoggia la testa sul cuscino. Lo guardo bene, ha gli occhi lucidi, le guance arrossate. Non c'è bisogno del termometro per capire che deve avere la febbre piuttosto alta. Nonostante ciò la misuro, il termometro conferma i miei dubbi.

Gli somministro un antipiretico e rimango con lui fino a quando non si addormenta.
Accendo l'interfono e scendo al piano inferiore a prendermi cura del resto della famiglia, ormai è ora di cena.


POV Carrick

E' notte fonda ma non riesco a dormire, continuo ad agitarmi nel letto. Nella mia mente si sovrappongono tante immagini: il corpicino martoriato di mio figlio la prima volta che l'ho visto, il viso maligno e cattivo dell'uomo che abbiamo incontrato ieri, e, di nuovo, il viso terrorizzato di Christian nel vederlo.
Mi giro e mi rigiro senza avere pace.

Ad un certo punto mi alzo e vado nella sua cameretta.  Prima di andare a letto Grace lo aveva controllato e la febbre si era leggermente abbassata. Non si sente niente dall'interfono e sembra che tutto sotto vada bene. Però avverto il desiderio di vederlo subito, il mio bambino, non so il perché ma sento di dovere andare a controllare che veramente sia tutto ok.

Entro nella cameretta.
Il sonno di Christian non è sereno: è agitato, lui si muove, mormora versi sconnessi.
Penso con amarezza che è forse la prima volta che riesco ad udire la sua voce, eccezion fatta per quando ha gli incubi. E allora urla.

Il suo sonno nel frattempo si sta facendo sempre più agitato, temo che davvero stia avendo un incubo. E l'urlo non tarda ad arrivare e conferma i miei dubbi.
Ed è un grido straziante.
Mi siedo sul lettino, vicino a lui.

"Christian, Christian svegliati, svegliati. Per l'amor del cielo, svegliati"
Apre lentamente gli occhi, mi guarda come se avesse visto un fantasma. Ha la maglietta zuppa di sudore e il respiro affannato.

Gli parlo sottovoce cercando di tranquillizzarlo.
"Sshhh, va tutto bene. Tutto bene!"

Ci vuole un po' di tempo ma lentamente, molto lentamente, il respiro si calma.
Gli prendo la mano con entrambe le mie, come già avevo fatto quel pomeriggio, lui mi guarda nuovamente e, come se mi riconoscesse soltanto adesso, mi sorride.

"Tranquillo, piccolo mio. Era soltanto un brutto sogno. Era molto brutto, eh?" gli chiedo
Fa segno di sì con la testa.
"Non avere paura, perché è finito. Sei a casa, sei al sicuro. Con te ci siamo io e la tua mamma. Non devi avere paura, non ti succederà niente di male."

Intravvedo un'ombra dietro di me, mi volto: è mia moglie Grace.
"Ho sentito che gridava" mi dice, "Cosa è successo? Ha avuto un incubo?"
"Sì, deve avere avuto un incubo, l'ho svegliato e ora mi sembra più calmo"
"Ha ancora febbre?" Grace si avvicina al lettino, gli sfiora la fronte;
"Mi sembra più fresco" dice "dovrebbe essere calata ... Carrick, a questo non avevamo pensato"
"A cosa?"
"Al fatto che, accidentalmente, avrebbe potuto incontrare quell'uomo. Non ci avevamo pensato"
"E allora?"
"Allora, non possiamo permettercelo. Non possiamo permetterci di fargli nuovamente rivivere il suo passato. Lui deve stare tranquillo, dimenticare; ma non potrà mai farlo finché correrà il rischio di vederlo.  Carrick, dobbiamo andarcene da Detroit. Dobbiamo fargli cambiare ambiente"
"La fai facile tu! C'è da pensare al lavoro, al trasferimento, il trasloco."
"Tutte cose che si possono risolvere con un po' di buona volontà"

Mi alzo da lettino e mi avvicino a lei;
"Dove preferiresti andare?"
"Mi piacerebbe potere andare sul mare. L'aria di mare è ottima per i bambini e la preferisco anch'io. Seattle, Portland, anche Sacramento, sono dei posti bellissimi. Pensa poter avere un giardino con vista sul mare".

La mia Grace è un inguaribile ottimista, a volte.

"E per il lavoro?" obietto nuovamente, realisticamente.
"Beh, non è che dobbiamo partire domani. Ci organizzeremo, cominceremo a cercare fra gli annunci. Tu uno studio che ti prenda lo trovi di sicuro. Io dovrò aspettare che si liberi qualche posto... E poi mi piacerebbe portare i miei genitori, sono figlia unica e non vorrei lasciarli soli. Dovremo organizzarci, ma sappiamo che volere è potere. E io voglio il meglio per mio figlio ... per i miei figli"

La guardo, adesso è tardi e Christian deve dormire, domani ne parleremo più a lungo e, come sempre, troveremo un modo, lo abbiamo sempre trovato.
"Meglio che stanotte io rimanga con lui. Non ti dispiace Cary andare a letto da solo, vero?"
"No, affatto. Sono anch'io più tranquillo se ci sei tu con lui."
Mi avvio verso la porta quando vedo Elliott entrare nelle stanza.

"Mamma, papà come sta Christian. Sta tanto male? Perché siete qui tutti e due?"
"Beh, no, non sta poi così male" risponde Grace "ha avuto un incubo, ma credo che gli passerà. La febbre sta andando via. Non è grave, sono cose che passano. Perché me lo chiedi?"
"Perché, vedete, io non lo volevo come fratello, volevo che andasse via. Però se sta male e poi magari muore, allora è colpa mia, perché ho desiderato che non rimanesse con noi. Capisci mamma? Capisci papà?"
Gesù mio, come sono contorti a volte i bambini!

Grace si avvicina a lui e lo abbraccia.
"No, cucciolo, non è colpa tua. Tuo fratello è stato male di stomaco, ha avuto la febbre, e ha fatto un brutto sogno. Oggi ha visto qualcosa che lo ha spaventato e ha reagito in modo strano. Ma non è colpa tua. Per niente ... Sciocchino, cosa vai a pensare? Vieni, su, dai un bel bacio alla mamma "
Gli dà  un bel bacione e gli massaggia la schiena per rincuorarlo, lui sospira e rimane per un po' fra le braccia di sua madre.

Dopo alcuni minuti si stacca dall'abbraccio.
"Okay" dice "allora torno a letto".

Viene al mio fianco, gli scompiglio i capelli
"Vuoi venire questa notte a dormire nel lettone con papà?" gli chiedo "la mamma rimane con Christian, dato che è stato poco bene e papà si sente solo. Vieni a fargli compagnia?"
"Sì" risponde, la gioia negli occhi "però mi racconti una fiaba"
"D'accordo. Quale vuoi sentire?"
"Quella del Gatto con gli stivali"
"Vada per il Gatto, okay. Vieni campione"
E, insieme, mano nella mano, ci avviamo a letto.


POV Christian

Ho sognato che l'uomo cattivo era qui e che mi voleva portare con lui.
Io non volevo e urlavo, urlavo, urlavo.
Però poi  è venuto il mio papà e l'ha fatto andare via.
Il mio papà mi ha salvato.

Voglio bene al mio papà, lui mi protregge.


Il piccolo Christian confonde un po' il suo incubo con la realtà, ma è più o meno in questo frangente che Carrick diventa il suo eroe.

L'idea alla base di tutta la storia era di dare una spiegazione per il loro trasferimento da Detroit e Seattle, spero che possa essere plausibile, comunque è una mia idea.
Spero di non essermi fatta prendere troppo la mano e di non avere scritto cavolate supreme, nel caso, abbiate pietà. Adoro scrivere di questa famiglia, così complicata, ma non vorrei che la mia fantasia spaziasse troppo e mi portasse lontano dai vari personaggi così come li conosciamo o che mi portasse ad immaginare situazioni assurde.

Okay, adesso attendo le vostre recensioni.
Grazie a tutti voi che mi seguite

Love
Jessie


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Capitolo 13
*** Seattle ***


Seattle

Seattle



POV Grace

E' fatta! fra poche ore prendiamo l'aereo e ci trasferiamo definitivamente a Seattle.
Tutte le nostre cose sono state inviate per corriere, restiamo solo noi.
Questa notte, l'ultima a Detroit, l'abbiamo trascorsa in casa dei miei genitori, la nostra è vuota e chiusa, l'abbiamo messa in vendita e affidata ad un'agenzia.
I miei genitori ci seguiranno fra alcuni giorni, mio padre ha colto l'occasione, con il trasferimento in un luogo più adatto, per esaudire un suo vecchio desiderio e intraprendere l'attività di coltivazione delle mele. Ha acquistato un bel frutteto, con i risparmi di una vita, e a breve si trasferirà per poter restare vicino a me e, soprattutto, ai suoi nipoti. Adora i miei bambini ed è adorato da loro, anche da Christian che sorride sempre quando lo vede.
Mio padre è dolcissimo e si è dimostrato veramente eccezionale nell'interagire con il mio bimbo più piccolo. Gioca a nascondino con lui, gli racconta di quando era più giovane, lo porta al parco e riesce a stare con lui senza mai toccarlo, al contrario, facendosi toccare, e non mostra mai insofferenza o noia.
E' veramente  un grand'uomo, sembra quasi che abbia capito perfettamente il mio bambino, i suoi problemi. E per me è un grande aiuto, soprattutto adesso che riprenderò il lavoro.

E' finita una fase della mia vita.
Addio Detroit!
Qui sono nata, cresciuta, qui ho incontrato il grande amore, mio marito Carrick e ho avuto i miei splendidi bambini.
Non posso dire che non provo dolore o nostalgia nell'andarmene, sarei ipocrita se lo dicessi.
Di sicuro quando l'aereo si staccherà dal suolo e la mia partenza sarà "per sempre" non potrò certo evitare la commozione e una lacrima scenderà sul mio viso. Lascio molti ricordi, alcuni buoni, la maggior parte, altri brutti o, perlomeno, complicati.
Ma è ora di voltare pagine, di iniziare daccapo, spero che mi troverò bene al lavoro, come mi sono trovata qui, che i bambini possano integrarsi bene e che sarà tutto ok.

Mio padre ci ha accompagnati all'aeroporto; un bacio e poi andremo via.
Lo stringo forte, ha le guance umide, abbraccia mio marito e poi si dedica ai bambini.
Elliott gli si butta al collo, lui lo bacia ripetutamente.
"Ciao, Elliott" gli dice "fai il bravo e non fare arrabbiare papà e mamma. Vedrai i giorni passeranno senza che ce ne accorgiamo e presto saremo nuovamente tutti insieme. Me lo dai un bacio prima di partire?"

Elliott annuisce, ricambia il bacio e rimane stretto fra le braccia del nonno per un bel po'

Poi è la volta di Christian, il babbo si inginocchia, in modo da essere alla sua altezza, gli prende la manina e gli sussurra:  "Ciao, ometto. Fai il bravo bambino, come sei sempre stato, e ricorda che il tuo nonno ti vuole tanto bene. Quando ci ritroveremo vedrai ti racconterò tante belle storie. Non ti dimenticare del tuo vecchio nonno Theo."

Stranamente, a questo punto la voce di mio babbo si incrina e lui, sfiorando i capelli del suo nipote più piccolo, si alza in piedi asciugandosi gli occhi con la manica della camicia.
"Papà" gli mormoro, addolorata e  un po' preoccupata;
"Non è niente" risponde lui "solo che a vedere questo piccolo bambino, pensare a tutto quello che ha sofferto...bah, è solo che sto diventando un vecchio sentimentale, non ci badare".

Lo abbraccio e bacio nuovamente "A presto, gli sussurro, prenditi cura della mamma"
"A presto" risponde lui "andate se non volete fare tardi".
E di in fondo al corridoio ci vede andare verso l'imbarco e ci saluta con la mano.


POV Carrick

Seattle.

Dopo 4 ore  e mezzo di volo finalmente stiamo atterrando.
Grace ha dormito per tutta la durata del volo, Elliott era eccitatissimo, seduto vicino al finestrino non faceva che chiamarmi per indicarmi quello che vedeva, sia fuori che dentro all'aereo.

Christian, è rimasto in silenzio, ancora non si è sbloccato, non riesce a parlare.
Eppure sono già alcuni mesi che sta con noi e stiamo facendo tutto il possibile per farlo sentire amato e al sicuro.
E' stato buonissimo per tutto il viaggio, seduto al suo posto fra me e sua madre, quasi nascosto dietro alla copertina celeste che ha tenuto continuamente stretta al petto.

Non ha mostrato di avere paura del volo in aereo, anche se mi sono perfettamente reso conto che non era a suo agio ma non per il volo.
Ho capito, in questi mesi, che lui non ha paura delle cose o delle situazioni.
Lui ha solo paura delle persone, paura che gli sia fatto del male.
Per il resto non ha paura dei tuoni, degli animali, del vuoto o del buio. E' indifferente a tutto questo: è diverso dagli altri bambini.

Non parla e non piange, anche se si fa male, o si ferisce. Viene da noi, mostra la parte ferita, certe volte si intuisce dal suo visino che sta soffrendo, che sente dolore, ma niente altro. Lo stesso accade  quando ha la febbre e, solo se sta veramente molto male, si lamenta un pochino.
Ma gemeva disperato quella volta che abbiamo per caso incontrato il protettore della sua mamma naturale.

Fortunatamente è successo solo una volta e, cambiando città, allontanandoci di parecchi chilometri, posso essere quasi certo che non lo rivedremo mai più.

Non è certo stato facile decidere di trasferirci, per niente.
E non solo per problemi logistici.
Anzi quello è stato il meno; con le mie capacità non ho di certo faticato a trovare uno studio che mi prendesse come associato, e anche per Grace non è stato poi tanto difficile trovare un ospedale in cerca di una brava pediatra. Con la scuola di Elliott non ci sono stati problemi, il trasloco e tutto il resto siamo riusciti ad organizzarlo senza problemi.
La nostra nuova casa ci attende perfettamente pronta ad accoglierci.

La cosa difficile è stato abbandonare le nostre radici. La nostra vecchis casa, le nostre abitudini, la nostra città e andare verso l'ignoto in una città nuova che non conosciamo e che non sappiamo come ci accoglierà.

E' come un salto nel buio.
Ma finché stiamo insieme, andrà tutto bene, ne sono sicuro.

Voglio esserne sicuro!

Vengo distolto dai miei pensieri da mio figlio Christian che mi tocca il braccio.
Mi volto a guardarlo, con la manina indica il segnale lampeggiante.
Certe volte mi sorprende, sembra così sveglio e attento per la sua età.
E' un grande osservatore, non gli sfugge niente, nemmeno il più piccolo particolare; sono sicuro che, quando ricomincerà a parlare ci stupirà tutti.
Ma quando ricomincerà a parlare?

Stiamo per atterrare, devo allacciarmi la cintura di sicurezza.
Prendo la mano di Christian, l'atterraggio talvolta è traumatico, e di Elliott; sento Grace trattenere il fiato.
Ecco ci siamo, l'aereo si avvicina al suolo, le ruote toccano l'asfalto, un paio di balzi e poi rullano sul terreno.
Percorrono la pista di atterraggio, il motore rallenta i giri, e siamo arrivati.
Un applauso per il pilota e siamo in coda per uscire.
Il portellone si apre e ci mostra un cielo azzurro.

Buongiorno Seattle, sii gentile verso noi poveri forestieri.


POV Christian

Siamo nella casa nuova.
La mia nuova mamma ha detto che dovevamo andare ad abitare al mare, che era meglio per noi. E così entriamo per la prima volta nella casa nuova.

C'è un grande giardino, con gli alberi e il prato. Lelliott si è messo subito a correre e a saltare, io non so se posso farlo, se papà e mamma si arrabbiano se lo faccio, e allora sto fermo a guardarlo.

Lelliott vuole che giochi con lui, ma io non voglio che mi tocchi, così lo picchio.
Lelliott si arrabbia quando lo picchio, e la mamma e papà poi mi mettono in castigo: mi fanno sedere sulle scale , così sto scomodo.
Ma non mi importa stare a sedere sulle scale, non sono poi scomode.
Sedere sulle scale è meglio che le cinghiate o le bruciature.

La mia cameretta è al primo piano accanto alla camera di mamma e di papà, mentre Lelliott dorme nella camera in fondo al corridoio.
Entriamo dentro, come la mia cameretta a Detrit è tutta bianca e celeste. E c'è il mio elicottero messo per terra con altri giocattoli. I disegni sui muri sono tutti di elicotteri e macchinine.

C'è come una tavola, strana di legno morbido, sul muro.
Ci sono sopra tante fotografie: di me a Natale con il mio elicottero, con la  mia nuova mamma e  papà e Lelliott.
E, poi, c'è la fotografia di "lei".
La guardo e divento triste, non la voglio vedere. mi fa venire quella cosa che mi stringe la gola.
Ma se la mia nuova mamma l'ha messa lì allora deve stare lì, a ricordarmi che sono cattivo.

Giro al testa e guardo verso la finestra.
Il mare!
So cos'è ma non lo avevo ancora visto prima.

E' azzurro, azzurrissimo con la schiuma bianca.
E' bellissimo.
E' proprio proprio tanto bello, così azzurro, così grande che arriva al cielo.
Non riesco a smettere di guardarlo.
Lo guardo e quella cosa che mi stringe la gola va via e non sono più tanto triste.
Lo guardo ancora e ancora.


POV Grace

Ho portato Christian nella sua cameretta.
Sembra che gli piaccia, mi è sembrato contento di ritrovare i suoi giocattoli e di vedere i poster di macchinine e elicotteri che gli ho comprato.
Ha guardato attentamente le fotografie sulla bacheca di sughero.
Ha guardato la fotografia di Ella e il suo sguardo si è incupito.

Forse ho fatto male a metterla lì; ma voglio che non si dimentichi di chi l'ha messo al mondo.
Nel bene e nel male è stata sua madre per quattro anni, è una parte di lui.
Christian, però, ora è forse troppo piccolo per capirlo. 
Infatti, come reazione, ha voltato lo sguardo.

Ha guardato dalla finestra e ... ha visto il mare.
E un sorriso si è formato sul suo viso.

E' passato un po' di tempo ma lui è ancora lì fermo davanti alla finestra, sorridente, sognante direi,, a guardare quell'immensa distesa azzurra.

Chiamo mio marito.
"Vieni a vedere" gli dico.
Lui si affaccia sulla porta della stanza e osserva nostro figlio.

"Guardalo, Carrick! Sarà mezz'ora che se ne sta lì fermo a fissare il mare";
"Sembra come incantato, ammaliato" risponde lui.
"Sta sorridendo, succede di rado. Sembra che il mare gli piaccia molto. Potrebbe aiutarlo, forse siamo sulla strada giusta";
"Forse sì. E, comunque, è stato importante andare via da Detroit; c'erano troppi brutti ricordi per lui. Ora siamo in una nuova città e potrà dimenticare. E incominciare a vivere spensierato, come tutti i bambini della sua età"

Annuisco e mi stringo forte a lui.
Il mio splendido marito si china verso di me e mi bacia castamente e dolcemente sulla guancia.



Ed ecco spiegato l'amore di Christian per il mare.
Ho cercato in questo capitolo di dare voce ai genitori di Christian che, per amore suo, decidono di fare una scelta molto difficile e dolorosa: abbandonare la loro città.
In questo ho dato una piccola parte a nonno Theo, personaggio un po' dietro le quinte ma che mi piace molto.
Che ne dite, vi piace?
Vi piace nonno Theo? Vorrei dargli un po' di spazio, che ne pensate?

Bacioni

Love
Jessie



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Capitolo 14
*** Lacrime di gioia ***


Lezioni di piano

Lacrime di gioia



POV Grace

E' passato più di un anno da quando Christian è venuto a stare con noi.

Ricordo come se fosse ieri, quel piccolo angioletto magro da fare paura, pieno di lividi e di cicatrici, terrorizzato, ricoverato nel mio reparto di ospedale. Senza parole, senza speranze, senza un futuro.
Adesso è figlio mio, mio e di mio marito.
I lividi sono scomparsi ben presto dal suo corpo, e grazie ad una regolare alimentazione, le conseguenze del grave  stato di denutrizione in cui versava, stanno gradualmente svanendo. Non è più così piccolo di statura, anzi, cresce a vista d'occhio. Probabilmente diventerà piuttosto alto, si capisce dalla proporzione degli arti inferiori.
Ed è ... bellissimo!
Non starebbe a me dirlo dato che sono la madre, ma è veramente uno splendore di bambino.
Quando lo porto con me a passeggio, spesso la gente si ferma a guardarlo, ammirata.
Ha un bellissimo faccino, lineamenti regolari, due grandi occhioni grigi e quei riccioli color rame che gli incorniciano il viso.
La stessa gente che lo guarda ammirata, però, diventa improvvisamente triste e compassionevole, pietosa, non appena scopre che mio figlio non parla.

Già, perché Christian non ha ancora ripreso a parlare.
Se da un punto di vista fisico, ormai, si può dire che è a posto, dal punto di vista psichico sembra quasi che questi due anni non siano passati.
I suoi problemi sono tutti là, al punto in cui li avevamo lasciati.
Non ha ripreso a parlare e, ancora, non vuole farsi toccare. Da nessuno, nemmeno da me o da suo padre.
Meno che mai da suo fratello.

Il rapporto fra loro due è una spina costante nel mio fianco. Vorrei che potessero giocare come  due fratelli normali. Ma non succede quasi mai. Tante volte Elliott prova a cercare di avvicinarsi a suo fratello. Ma viene respinto. E reagisce male. Prende in giro Christian perché non parla, lo schernisce, lo chiama vermiciattolo. Christian reagisce nel solo modo che conosce, purtroppo, con la violenza. Così finisce che fanno a botte.

E io mi preoccupo che si possano fare male. Non sono perfetti, ma sono i miei bambini e li amo profondamente.. Anche se uno è stato un po' troppo viziato e l'altro ha gravi problemi di socializzazione.

Gravissimi ... problemi di socializzazione.

Speravo che vivere in una famiglia normale, circondata dall'amore mio e di suo padre, in una città diversa da quella in cui è venuto al mondo e in cui ha sofferto così tanto, potesse aiutarlo a sbloccarsi. E invece siamo sempre al punto di prima.
Christian ha uno strano comportamento nei nostri riguardi sembra che non riesca a manifestare il suo affetto, è quasi distaccato, solitario. Certe volte lo sorprendo seduto pensieroso in un angolo, e ha un visino tanto tanto triste.

Vorrei poterlo abbracciare, prenderlo in braccio, accarezzarlo, coprirlo di baci, cullarlo. Qualsiasi cosa per farlo sentire meglio. Ma non lo posso fare. Ed è una cosa che mi fa stare male, sempre di più.
Vedere il proprio figlio che soffre e non potere fare niente per alleviare almeno il suo dolore è terribile, è una cosa che nessun genitore dovrebbe provare.
Certe volte, la notte, sogno che lo tengo in braccio e che me lo spupazzo tutto; nel mio sogno lui ride, felice, i piccoli denti perlacei che brillano, gli occhioni luminosi di gioia ed amore. Poi quasi sempre un urlo mi sveglia. Ed è lui, lui che sta avendo un incubo.
E il mio cuore si spezza.

Perché anche gli incubi non sono per niente cessati. Ci sono periodi in cui si diradano, non ne ha quasi più, e ci illudiamo che forse è la volta buona, che sono finiti, che non possano più tornare a tormentarlo.
E, invece, basta niente, una qualsiasi cosa che intervenga a turbarlo: una mia assenza più lunga del previsto, un po' di febbre, un piccolo infortunio e  si ripresentano.

Non sappiamo più cosa fare, io e suo padre per dargli un po' di pace. Desideriamo ardentemente che non sia più così tanto tormentato.

Solo in poche circostanze sembra esser se non felice almeno un po' più sereno: quando siamo sulla spiaggia, quando andiamo in campagna o in montagna a camminare e quando ascolta la musica.
Sembra quasi che stare a contatto con la natura abbia il potere di lenire i suoi tormenti, forse perché si sente così lontano dalla realtà, dalla città, dalle persone estranee che, comunque, continua a temere molto.

Cerchiamo di portarlo sulla spiaggia non appena possiamo. Spesso la domenica, quando è bel tempo, ce ne andiamo tutti a fare un pic-nic al mare. Entrambi i bambini lo gradiscono molto.

Mentre Elliott passa ore a fare i castelli di sabbia, Christian invece, rimane sulla battigia, con i piedini nell'acqua e guarda lontano l'immensa distesa azzurra. Cosa sta pensando, cosa sta cercando non lo so. Ma mentre guarda il mare talvolta sorride, e il suo sorriso è il regalo più grande che mi possa essere fatto.

Sorride spesso anche quando ascolta la musica, gli piace soprattutto quando suono il pianoforte. Ho notato che certe volte prova a suonare anche lui e mi sembra che abbia orecchio, che sia portato.

Ne ho parlato con lo psicologo che lo segue qui a Seattle, un ottimo medico, mi hanno detto i miei colleghi in ospedale, e mi ha suggerito di provare a fargli prendere lezioni di piano. E' un po' troppo piccolo ma tentar non nuoce, mi hanno detto.

Così è venuta questa ragazza, Miss Kathie, ad insegnargli musica.
Inizialmente avevo temuto che l'incontro con una persona sconosciuta potesse turbare Christian, invece non è stato così, anzi. Si è subito affezionato a quella ragazza, forse perché così con quei lunghi capelli castani e lo sguardo dolce, gli ricorda la sua mamma naturale.

C'è voluto veramente poco e Christian ha già imparato a suonare qualche melodia. Sono melodie molto semplici ciononostante la maestra si è mostrata assolutamente colpita dalla sua  bravura. Mi ha detto che comunque sta bruciando le tappe che dimostra non solo di essere portato ma uno straordinario talento. Ha detto che se andrà avanti a questo modo presto potrà essere in grado di suonare cose molto più difficili.
Ha persino usato il temine "geniale".
Mio figlio sarebbe quindi un genio.
Io mi accontenterei che potesse essere come gli altri bambini.

Stiamo pensando di prendere una bambina in adozione.
E' molto piccola, ha pochi mesi, sua mamma è morta nel darla alla luce e non ha altri parenti.
Almeno sembra.
Come per Christian dovremo aspettare tre mesi e, se non si fa vivo nessuno la piccola sarà nostra.

Non so se farà bene o male a Christian.
Lo psicologo che lo ha in cura dice che avere un essere più piccolo e quindi più fragile e bisognoso di cure potrebbe essere un aiuto per lui. L'eventuale identificazione di se stesso piccolino nel neonato, lo porterebbe a rivivere i suoi primi anni in un altro contesto.
Però potrebbe anche manifestare seri problemi di gelosia e temere di essere messo da parte.

 Come sempre in questi casi, tutto può essere. Ma comunque mio marito ed io siamo intenzionati a tentare.

E, poi, quella bimba è troppo dolce e carina per essere lasciata a se stessa, e ho sempre desiderato una famiglia numerosa e, un domani, quella complicità che viene a crearsi  fra madre e figlia femmina.

Sì penso proprio che fra qualche mese saremo in cinque.



POV Christian


E' già un po' di tempo che so suonare il pianoforte. Viene Miss Kathie ad insegnarmi, è molto bella, ha lunghi capelli scuri e gli occhi dolcissimi.
Mi piace tanto Miss Kathie e mi piace tanto anche suonare il pianoforte.

I primi tempi mi faceva sempre ripetere le stesse note; "le scale" le chiamava e mi insegnava a distinguere le note "bemolle", a "seguire il tempo", così dice lei, col metronomo e ad usare bene il dito mignolo.
 Poi ho cominciato a suonare qualche canzoncina.
Mi pace suonare, mi piacciono i tasti del piano forte, il pedale da schiacciare.
Premo i tasti, nero bianco, bianco, nero e la musica esce fuori, mi piace questo, mi piace fare uscire la musica.

E quando suono sono felice. Non penso a come era prima, non ho quel qualcosa di strano che mi viene da dentro, quella cosa buia e spaventosa che mi fa battere forte il cuore e mi chiude la gola.
Quando suono qualche volta sorrido.

La mamma è molto contenta che io suono, mi viene a sentire e ha sempre quello sguardo triste e dolce anche se sorride.
Mi chiama "il mio cucciolo", la mia mamma e mi dice che mi vuole bene.
Ma io sono cattivo e nessuno può volermi bene ... nemmeno la mamma, nemmeno papà. Sarei contento, tanto contento se la mamma e papà davvero mi volessero bene perché loro sono molto buoni. Ma non possono volermi bene, non è possibile. Perché sono cattivo.
E poi c'è Lelliott, che mi odia ed è malvagio con me.  Ma non mi dice bugie. Non dice di volermi bene quando poi non me ne vuole.

Oggi  la mamma e papà sono andati a prendere la mia sorellina.
E' piccola piccola, una bambina nata da poco, così dice la mamma.
Io non so cosa vuole dire avere una sorellina, so che sarà una bimba e che sarà diversa da me e da Lelliott. E sono contenta perché un altro fratello come Lelliott non lo voglio.

Io e Lelliott siamo in casa con i nonni, nonno Theo e nonna Rose. Nonno Theo mi è molto simpatico, mi racconta un sacco di belle storie e gioca con me. Anche nonna Rose mi è simpatica, ma lei sta sempre in cucina a cucinare o seduta sul divano a fare maglioni e cappelli, con la lana e due strani cosi che mi ha detto che si chiamano "ferri da maglia". Sono buffi sembrano grandi chiodi, ma la nonna li gira e rigira e ci fa i maglioni, i guanti e i cappelli per Lelliott e per me.

La porta si apre ed entrano mamma e papà tutti sorridenti.
Papà ha una strana borsa e dentro c'è qualcosa che si muove.

"Christian, Elliott" ci chiamano "venite a conoscere la vostra nuova sorellina"
Lelliott, si fa avanti per vederla per primo, guarda dentro alla valigia e poi dice
"Ok, io ho fatto" e torna a giocare con i lego.
E' il mio turno, mi avvicino guardo dentro la valigia: c'è una bambina piccolina.
Poi la mamma prende la piccola in braccio.
La avvicina a me.
La guardo bene.
E' ... è bellissima!
La cosa più bella che io abbia mai visto.

E' piccola, ma poi non così tanto piccola. Ha pochi capelli morbidi, sottili e scuri e due bellissimi occhi celesti.
Mi guarda e mi sorride.
Le sorrido anch'io, prendo la sua manina, lei la stringe intorno al mio dito pollice.

Resto a guardarla, è troppo bella, non posso non guardarla.
"Ti piace Christian?" dice la mamma.
Faccio segno di sì con la testa.
"Si chiama Mia"
"Mii-a" ripeto nella mia testa "Mii-a".
Benvenuta piccola Mia, benvenuta sorellina.
Non avere paura non devi avere paura di niente perché ci sono io  a proteggerti.  Nessuno ti picchierà con la cinghia o con i pugni, nessuno.
Ti salverò io.

Io penserò a te, non avere paura, sorellina.
Ci sono io.
Io che ti proteggo.
Sarò per sempre il tuo fratellone e ti vorrò tanto bene.
Te ne voglio già tanto adesso.

La mamma mi chiede se voglio tenerla in braccio, faccio segno di sì con la testa. Me la posa sulle ginocchia e sta attenta che non cada.


---- qualche giorno dopo ----


Dopo che è venuta a stare con noi, ho tenuto Mia in braccio altre volte. Io le faccio le smorfie e lei ride, felice e apre una piccola bocca senza denti.

Quando piange la stringo forte a me, la accarezzo e lei smette di piangere, mi guarda e, come sempre mi sorride.
Poi si addormenta fra le mie braccia.
E' tanto carina, tanto dolce.
Oggi l'ho tenuta in braccio per tanto tempo e, guardandola dormire,  mi sono sentito una cosa strana dentro, come se il  cuore mi si allargasse tanto fino a scoppiare.

L'ho stretta forte, e  ho sussurrato: "Mii-a".

La mamma era davanti a me ed è diventata bianca bianca, come il gesso.
"Cos'hai detto?" mi ha chiesto
"Mii-a" ho risposto a voce più alta e poi un'altra volta, più sicuro "Mia!"
"Sì, tesoro" ha detto lei "Sì, la tua sorellina si chiama Mia" e poi ha smesso di parlare e si è asciugata gli occhi.
"Mamma, perché piangi?" le ho chiesto.
Lei mi ha guardato, aveva le lacrime che le colavano sulle guance fino al mento.

"Sono lacrime di gioia, tesoro mio. Lacrime di gioia".


Benone, finalmente mi sono sbloccata e spero che il capitolo non sia venuto poi tanto male.
Purtroppo non è molto lungo, scusate ma mi è piaciuto farlo così, compatto.

Vi dico già da ora che non starò ad illustrare i giorni immediatamente successivi alle prime parole di Christian a quello avevo già dedicato i primi tre capitoli della long "MIA" e a quelli vi rimando, non vorrei correre il rischio di ripetermi.

Dal prossimo capitolo vedremo un Christian che parla e che, forse, va a scuola, con tutto quello che ne consegue.

Ah, io non sono psicologa, nè ho mai  preso lezioni di piano. Per cui perdonate alcune ca ... ahem ... sciocchezzuole che posso avere scritto al riguardo.

Ok, è tutto
Fatemi sapere se vi piace
Love
Jessie










 

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Capitolo 15
*** Piccoli progressi ***


cavalieri

Piccoli progressi



POV Carrick

E' già passato qualche mese dal momento in cui Christian ha ripreso a parlare.
Me lo ricordo come se fosse ieri, tanta è stata l'emozione.
Quella sera, come tutte le sera, ero tornato dal lavoro poco prima di cena.
Di solito, una volta entrato in casa, venivo accolto da entrambi i miei bambini.
Elliott era, ed è, solito gridarmi  forte "Ciao, papi!" e venirsi a gettare fra le mie braccia, desideroso di baci e coccole, che non tardano mai.

Christian, invece, ha sempre aspettato che fossi io ad andare da lui, mi tendeva la manina e io gliela stringevo fra le mie. Dimostrava di non essere infastidito più di tanto da quel tipo di contatto, ed era l'unico modo in cui si fa toccare toccare. Solo la stretta della mano e, talvolta, una carezza fra i capelli. Il resto lo mandava, e lo manda tutt'ora nel panico più assoluto.

Beh, quella sera sono entrato come al solito in casa, ho salutato e ho aspettato che Elliott si lanciasse contro di me.
"Paaapi!" ha urlato lui, venendosi a fiondare  fra le mie bracia.
Come sempre l'ho stretto, baciato sulla guancia e gli ho dato un buffetto scherzoso sulla testa.
Poi è stato il turno di Christian, era venuto fino quasi verso di me, l'ho raggiunto, lui ha allungato la manina e mi ha detto:
"Ciao, papà"

Lì per lì ho scosso la testa, confuso.
Stavo forse sognando?
Com'era possibile?

Poi ho realizzato, mio figlio aveva ripreso a parlare.
Ed era la prima volta che sentivo la sua voce.
Mio Dio!
La sua voce.
La voce di mio figlio.
Credo di avere sentito il cuore battere a mille all'ora e immagino di essere diventato bianco come la cera.
Mi è venuto un nodo alla gola e ho faticato per rimandarlo giù.

"Christian" gli ho detto. "Ma tu parli? Hai riacquistato le parole!"
"Sì, papà. E' da oggi pomeriggio che parlo" mi ha risposto, sicuro, come fosse una cosa abituale, anche se, forse, un pochino emozionato.
Ma mi sentivo tanto emozionato anch'io.

Come era potuto accadere questo miracolo?
"Ma come è accaduto? Quando?" ho balbettato confuso.

"Tesoro, è da oggi pomeriggio che Christian parla nuovamente" .
Subito è intervenuta mia moglie Grace a spiegarmi l'accaduto.

"Gli avevo dato Mia da tenere in braccio. Lui l'ha stretta a se l'ha cullata e poi ha detto il suo nome. Ha chiamato la sua sorellina, come prima parola. E poi ha ripreso a parlare come se niente fosse. Beh, qua e là gli capita di confondersi e talvolta rimane senza fiato. Credo che sia normale dopo tanto silenzio, Ma ha ripreso a parlare, Carrick. Te ne rendi conto? Parla, finalmente! E mi ha chiamato "mamma!"
E Grace si asciuga una lacrima.

Già, mamma, posso capire che cosa significa per lei.
A me mi ha chiamato papà.
Ed è una grande emozione.
Era stato molto emozionante sentire Elliott chiamarmi a quel modo, la prima volta.
Ma questa batte ogni cosa.
Ci sono stati giorni nei quali, preso  dallo sconforto, mai avrei creduto che mio figlio avrebbe potuto chiamarmi per  con questo nome. Questo dolcissimo nome che, in fin dei conti, è l'unico appellativo che ha un vero valore per me.

Ho aspettato tanto questo momento e, ora che finalmente  mi ha chiamato papà, mi ritrovo a dovere ingoiare il nodo che mi si è formato proprio qui in fondo alla gola
Dai, Carrick, stupidone sentimentale che non sei altro. Ti sembra il momento di commuoversi , adesso? Questo è il momento di gioire.

Deglutisco a forza e cerco di avvicinarmi a mio figlio.
Per un attimo ho l'impulso di abbracciarlo, ma lui, intuite le mie intenzioni, si allontana.
"No, papà" mi dice "non mi toccare, ti prego!"

No, cucciolo mio, no che non ti tocco.
Mi costa un'immane fatica non poterti toccare, ma capisco e rispetto le tue paure.
Ma parlami, dimmi ancora qualcosa; è così bello sentire la tua voce.

Mi sono inginocchiato davanti a lui, attento a tenere la mani dietro la schiena, e gli ho chiesto "Allora, dimmi, che cosa hai fatto di bello oggi?"

E lui mi ha raccontato che aveva fatto un bel disegno, che era stato con la mamma e con mia a fare una passeggiata, che aveva preso la sorellina in braccio ...

Certo la voce era ancora incerta, ogni tanto incespicava sulle parole, ma finalmente parlava. E bene, con cognizione, usando tanti termini diversi, con una proprietà di linguaggio insolita per un bimbo di nemmeno sei anni.
Sarei rimasto ore a sentire la sua voce, tutta la sera e la notte, se fosse stato possibile.

Ma a un certo punto si è sentito il pianto di un neonato.

"Mia!" ha esclamato subito mio figlio.
"Questa è Mia, sì è svegliata. Mamma!" ha chiamato mia moglie "dobbiamo andare da lei! Dobbiamo andare a vederla. Non deve svegliarsi e trovarsi da sola, al buio"

E, improvvisamente si è fermato, ha taciuto per alcuni istanti.
Il suo visino si è fatto serio, poi ha scosso la testa, come a scacciare qualche brutto ricordo e ha  chiamato di nuovo Grace, con urgenza:
 "Mamma!!!".

"Christian" ho detto "la mamma ha da fare, deve preparare per la cena. E se ci andassimo noi due, dalla tua sorellina? Vieni, andiamo" e, con un movimento del braccio, l'ho esortato a venire con me.

Siamo andati insieme nella piccola cameretta rosa, mi sono chinato sulla culla e ho preso la mia piccolina in braccio.

Lei ha immediatamente cessato di piangere, mi ha guardato, mi ha sorriso.
La mia piccolina, il mio angioletto.
L'ho stretta forte.
"Grazie, piccola Mia" le ho detto "grazie per avere aiutato tuo fratello a ricominciare a parlare. Ti voglio tanto bene. Il tuo papà, ti vuole tanto bene, piccolina. Tanto"

Poi mi sono seduto con la piccola in braccio, Christian è venuto al mio fianco.
Ha preso posto vicino a me e ha incominciato a carezzare sua sorella, sulla fronte, sulle guanciotte, sulle gambe e le manine.
"Com'è bella, papà!" ha esclamato a un certo punto "E' vero che è bella?"
"Bellissima, veramente bellissima!" ho risposto io con un sorriso.



POV Grace

E' già passato qualche mese da quando Christian ha riacquistato l'uso della parola e ha fatto enormi progressi. E' stato meraviglioso poter sentire la sua voce.
Ed è stato bellissimo sentirsi chiamare mamma.
Mai questo nome mi era sembrato così dolce fino a quel momento.
Mamma.

Sì sono la sua mamma. Ora sono IO la sua mamma.
Nessun'altra, ho pensato, nessuna.
Avevo paura di non riuscire a prendere il posto di Ella nel suo cuore, paura di essere sempre una specie di surrogato di mamma, una matrigna.

Avevo paura che non mi avrebbe mai chiamato "mamma"
 E, invece ...

Adoro quando lui mi chiama, se lo fa per chiedermi di uscire in giardino a giocare, o per dirmi che ha fame, o perché vuole prendere in braccio Mia.
Detesto invece i momento in cui sento la sua voce chiamarmi, urlando la notte perché sta avendo un incubo.
Sono momenti che odio profondamente.
Mio figlio non dovrebbe soffrire così, non più.

Qualche notte è successa una cosa che , improvvisamente, ha fatto vacillare tutte le mie speranze e le mie certezze.

Nel pieno della notte sono stata svegliata dalla sua voce che gridava "Mamma!"

Sono accorsa immediatamente.

"Sono qui, Christian" gli ho detto "sono qui. La tua mamma è qui con te."
Mi ha guardato, aveva gli occhi vitrei, come se non mi riconoscesse.
Ancora ha gridato: "Mamma!"
"Sono qui, sono qui" gli ho risposto
"No, no! Non tu! Mamma! Mamma!"

E allora ho capito.
Si riferiva ad Ella, aveva una regressione verso il passato,  probabilmente la stava sognando come quando era morta: stesa a terra e che non si svegliava più.
Non l'aveva dimenticata, nel suo incubo e nel suo subconscio, era lei la mamma che cercava, che chiamava.
Era lei quella che gli mancava.

Ma ora la sua mamma sono io.
Io devo prendermi cura di lui, amarlo, consolarlo e scacciare i suoi demoni.

Gli ho preso la mano, l'ho stretta forte, l'ho chiamato a voce alta.

Alla fine si è svegliato.
Ha sbattuto gli occhi più volte, mi ha guardato, e, in quel momento, mi ha riconosciuto.

"Mamma!" ha esclamato senza gridare, perplesso, forse ancora sconvolto, ma riferendosi palesemente a me, "perché stai piangendo?"
Non me ne ero ancora accorta, forse ero troppo turbata, ma grosse lacrime stavano scendendo giù dai miei occhi.
Stavo piangendo.

Come rispondergli? Dirgli la verità? Raccontargli del suo incubo? Non avrei mai potuto:  lo avrei riportato nella sua mente e voglio aiutarlo a dimenticare, non a ricordare.
Così gli ho mentito, contravvenendo a tutto quello che sento dire dai benpensanti, da quelli che credono di sapere tutto e non sanno niente, ho mentito a mio figlio.

"Non sto piangendo, tesoro. La mamma ha un po' di raffreddore e le lacrimano gli occhi. Vedi? Sorrido!"
Ho accennato un sorriso sghembo, piuttosto forzato.

Lui mi ha guardato, non del tutto convinto ma, prima che potesse ancora intervenire, mi  sono affrettata a cambiare argomento.
 "Vuoi che ti canti una canzone per farti dormire?" gli ho detto scompigliandogli i capelli ramati.
"Sì" mi ha risposto;
"Quale canzone vuoi sentire, tesoro mio?"
"La lullaby di Brahms."

La ninna-nanna di Brahms, Christian l'ha scoperta da poco, da quando ha imparato a suonarla al pianoforte e l'adora.

"Okay", ho risposto.

Gliel'ho cantata dolcemente e ho aspettato che chiudesse gli occhi e si riaddormentasse.
Gli ho sistemato le coperte, l'ho baciato, piano perché non si svegliasse e non si spaventasse, sulla guancia.

E, tremando, me ne sono normata a letto.
Mi sono sdraiata, ho stretto il cuscino e, silenziosamente, ho pianto.

Da quella notte mi sono ritornati parecchi dubbi.
Passata l'emozione per le sua prima parole, sono ritornati gli antichi timori.
Temo, seriamente, che Christian faccia fatica a considerarsi parte della famiglia.
Come se qualche strano pensiero gli impedisca di sentirsi come noi.

Si capisce che ha un enorme rispetto e considerazione sia di me, sia di suo padre. Probabilmente ci ama, seppur a modo suo, ma non riesce quasi a dimostrarlo. Rimane chiuso in se stesso, nel suo mondo, nel pianoforte, nella lettura (ha imparato a leggere molto precocemente, prima ancora di andare a scuola) e non si apre mai con nessuno di noi.

Eccetto che con Mia.
Mia è la sua cucciola, la sua protetta.
Lei lo adora, adesso che ha iniziato a gattonare,  lo va sempre a cercare. E ride felice quando lo vede.
Lui cerca di prenderla in braccio come faceva quando era più piccina, ma ora è troppo pesante e non ce la può fare.
Così la mette a sedere vicino a sé e giocano insieme.

Christian non ha amici, non va molto d'accordo con suo fratello Elliott; sua sorella è l'unica creatura con la quale può giocare.
E dimostra una pazienza infinita con la piccolina, non si arrabbia mai, le lascia fare qualsiasi cosa.
Da lei si fa anche toccare, non a pelle nuda, mai senza gli abiti che facciano barriera.
Ma si fa toccare, stringere, abbracciare.
Cosa che non fa con nessuno di noi, nemmeno con nonno Theo, al quale è parecchio attaccato.

Mia è l'unica che sia riuscita ad entrare dentro le difese virtuali di Christian.

Anche adesso li osservo, sono seduti sul tappeto.
Lui le legge un libro; uno di quei libricini illustrati per i più piccoli. Le mostra le figure, legge le poche righe.
Lei indica le figure con le ditine grassocce, Christian sorride le spiega quello che c'è scritto, le  prende la manina e la bacia.
E la stanza è invasa dalla risata allegra di mia figlia.

Starei ore a guardarli, gioisco a vederli così.
C'è un rapporto veramente speciale fra loro due di una dolcezza unica.
E nella mia mente comincia a prendere corpo la parola "progresso".

Anche se la strada è ancora lunga.


I primi progressi e la strada ancora lunga da percorrere.
Spero di avere reso bene l'idea del turbinio di sentimenti dei nostri Grace e Carrick.  Come dire: un passo avanti e un mezzo passo indietro!

Non avrei altro da aggiungere, eccetto il link per la ninna-nanna di Johannes Brahms, cantato dalla dolcissima voce di Jewel, anche lei mamma prima ancora che cantante
https://www.youtube.com/watch?v=Y0eASoAXTx0


Statemi bene e aspetto il vostro parere
Love
Jessie





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Capitolo 16
*** Le mele di nonno Theo ***


cavalieri 2

Le mele di nonno Theo




POV Christian

E così ho ripreso a parlare.
E' stato un anno fa e non ho più smesso.
E' stato strano risentire la mia voce, ancora più strano vedere tutti emozionati e che quasi piangevano intorno a me.
La mamma aveva i lacrimoni che le scendevano sul viso, il papà si schiariva la voce come se avesse un nodo che non gli andava ne giù ne su.
Tutti stranamente stupiti, tranne Lelliott.
A lui non gliene poteva fregare di meno, si capiva, si capiva benissimo.

Anche a me non me ne frega niente di mio fratello, faccia pure un po' come gli pare. Tanto mi sta sulle scatole. Lui e i suoi amici, tutti casinisti e rumorosi. Entrano in casa nostra, giocano e fanno chiasso, anche quando suono. Soprattutto quando sto cercando di imparare qualcosa di più difficile, come gli studi di Chopin.
Mi piace tanto suonare Chopin, lo adoro.
E, modestamente, la maestra mi dice che sono veramente bravo.

Ma Lelliott mi prende sempre in giro, dice che sto a suonare come le femminucce, invece di andare a giocare a football o a soccer come fanno i maschietti. Così vado a giocare con lui e i suoi amici per fare vedere che non sono una femminuccia e va a finire che pesto qualcuno.
E la mamma si arrabbia e mi mette in castigo.

Lelliott mi frega sempre.

Qualche giorno fa eravamo dai nonni. Nonno Theo coltiva mele, mele piccole che crescono su alberi piccoli.
Mi piacciono tanto le sue mele, sono buonissime.
Quando vada da lui ne prendo sempre tante, me le metto in tasca per mangiarle dopo quando sono a casa. A volte la mamma mi da' una mela da portarmi a scuola.

Eravamo lì nel frutteto e lui ha incominciato a prendermi in giro.
Mi faceva il verso, solo che lui raccoglieva le mele e poi le buttava via.

Non si deve buttare via la roba da mangiare, il cibo. Si deve mangiare tutto quello che c'è nel piatto e non buttare via niente, perché un giorno si potrebbe anche avere fame e non avere niente da mangiare. Il cibo è sacro, così dice sempre papà e ha ragione.

Ho detto a Lelliott di non buttare via il cibo e ... vabbè, l'ho chiamato con una parolaccia, gli ho detto "stronzo", lui mi ha mandato prima a fare in culo e poi mi ha chiamato vermiciattolo.
Non sopporto che mi si chiami vermiciattolo.
Una signora mi chiamava così anni fa, era una puttana drogata e vivevo con lei. Era la mia mamma di tanto tempo fa. Non mi dava da mangiare e c'era un suo amico che mi picchiava sempre con la cinghia.
Odio ricordare quei giorni.

Nessuno deve chiamarmi vermiciattolo.
Così mi sono lanciato addosso a Lelliott e ho cominciato a picchiarlo.



POV Elliott.

Quello lì non è mica tanto normale.
Lasciatemelo dire: mio fratello non è per niente normale.
Tanto per cominciare è stato per due anni senza parlare.
"Ma ha tanto sofferto" dicono i miei genitori.
Sì, okay, ma cosa c'entra col sapere o potere parlare?
Non lo so e mi interessa poco saperlo, ma mi sembra che c'entri poco o niente.

Poi improvvisamente riprende a parlare come se niente fosse.
E tutti a gridare al miracolo: la mamma, papà, i nonni. Nonno Theo aveva i lucciconi agli occhi e credevo che nonna Rose non avrebbe mai smesso di piangere.
E pare che sia stata la sorellina a fargli ritrovare la parola.
Così lei è la santa che lo ha guarito, Christian il miracolato.
E io? Cosa sono adesso io?
Quello messo da parte perché lui è normale, non da' problemi.

Se ci penso mi viene su una rabbia.
Così me la prendo con mio fratello.

E oggi per dispetto gli ho tirato dietro le mele.
Lui si è arrabbiato moltissimo, non tanto per le mele che gli sono arrivate addosso, ma perché secondo lui sprecavo il cibo.
Capito? Sprecavo il cibo? Parla e ragiona come un grande, lui.

Abbiamo litigato e l'ho chiamato Vermiciattolo.
Non lo avessi mai fatto!
Mi si è lanciato addosso come una furia e ha cercato di pestarmi. Io mi sono difeso, beninteso, ma anche se è più piccolo di me, mio fratello è veramente uno tosto.
Così qualche livido me lo lascia sempre.
Alla fine è arrivato il papà a dividerci.
Come sempre.

Solo che,  adesso che parla, Christian , gli racconta la verità come gli pare a lui; la sua verità.

E io faccio sempre la figura del cattivo.
Così lui non è stato punito ma è andato a portare le mele alla mamma per farci una torta.
E io adesso dovrò sorbirmi almeno  mezz'ora di predica dal papà sul fatto che non si deve buttare via il cibo, che ci sono tanti bambini che muoiono di fame, che anche mio fratello era uno di loro.
"Ricordi" mi ha detto "come era magro e piccolo, quando lo abbiamo visto la prima volta?"
Sì, sì ricordo quando è venuto a stare da noi.

Eccome se lo ricordo!
Lì sono cominciati i miei guai.
Stavo tanto bene da figlio unico!


POV Grace

Quando me lo sono visto arrivare, tutto scarmigliato e arruffato, gli occhi pieni di rabbia e le mele in mano, ho capito subito che c'era qualcosa che non andava.
Ero seduta sul divano in casa dei miei, Mia stava facendo il sonnellino pomeridiano, e io stavo chiacchierando con mia madre.
Christian è entrato come una furia, ha letteralmente lanciato le mele sul tavolo e ha detto "Papà vuole che ci facciamo una torta!";
"Sì, certo" gli ho risposto "adesso ci mettiamo lì, io e nonna, tu ci aiuti, e facciamo una bella torta. Però prima voglio che mi dici cosa è successo. E farai bene ad essere sincero"

Lui mi ha rivolto uno sguardo da spavento tanta era la rabbia che conteneva, gli occhi color del mare in tempesta, poi a bassa voce ha ammesso;
"Ho litigato con Lelliott"
Ecco, e ti pareva!
Loro due litigano sempre.
"E perché?" gli ho chiesto.

"Perché lui buttava via le mele, gli dava un morso e me le tirava addosso. Non si deve buttare via la roba da mangiare, non si deve. E poi mi ha chiamato Vermiciattolo"

"Non mi sembra poi una grava offesa. Tu cosa gli hai detto?"
"Che è un porco, un porco e uno stronzo"
"Non sono parole da dirsi, Christian. Lo sai."

"Ma lui buttava via le mele e mi ha chiamato Vermiciattolo. Non voglio essere chiamato con quel nome! Mi ci chiamava LEI con quel nome. Non lo voglio più sentire."
LEI, ovvero, Ella, la sua mamma naturale.
La sua rabbia deriva da quei giorni, da quello che gli hanno fatto.
Di nuovo ritorniamo lì, al suo passato.
Ai suoi primi anni di vita. 

Mi domando quando i vecchi ricordi smetteranno di tormentarlo. Mi domando se un giorno o l'altro questo mai accadrà.
Mi domando cosa ancora posso fare per aiutarlo.
Ma non mi viene in mente niente, niente di più di quello che già stiamo facendo, noi tutti.

Sospiro, mi alzo, prendo le mele e comincio a sbucciarle.
"Allora Christian, stai bene attento" gli dico, so che gli serve un diversivo, un'occupazione per riportarlo al presente "Io adesso sbuccio e taglio le mele mentre tu aiuti Nonna Rose a fare l'impasto per la torta. E' un lavoro importante, mi raccomando fallo bene!".

"Sì, mamma" annuisce e sembra già più tranquillo.
Si mette vicino a sua nonna.
Mia madre lo guarda con incredibile affetto, gli scompiglia i capelli e gli dice;
"Vedrai che belle torta che faremo. Sarà buonissima.E la prima fetta è per te"
Christian le sorride e il suo sguardo non è più così arrabbiato.

Ma rimane sempre triste, quasi dolente.


POV Carrick

Benedetti ragazzi! Quando la pianteranno di litigare!
Il fatto è che non si limitano ad un normale litigio, come succede agli altri bambini. Loro no, loro si azzuffano sul serio.
E di brutto, direi.
Ammetto che Elliott è stato parecchio viziato.
Quando Grace ha saputo in modo definitivo di non potere avere bambini, beh, in un certo senso il mondo ci è crollato addosso.
Sognavamo una famiglia numerosa, con tanti piccolini sempre allegri e pronti a giocare, e invece...
Abbiamo subito messo in opera le pratiche per l'adozione pronti ad aspettare chissà quanto tempo.
E, invece, quasi subito ci hanno chiamato per chiederci se volevamo adottare un bambino, un maschio dell'età di circa 8 mesi.
Naturalmente abbiamo dato la nostra disponibilità, e Elliott è entrato nelle nostre vite.
Era uno splendido bambino, paffuto e roseo con gli occhioni celesti spalancati sul mondo. E ha dimostrato da subito una vivacità impressionante.
Eravamo estasiati dalla presenza di quell'angioletto biondo, così bello sano e vivace e lo abbiamo viziato.
Tutti noi lo abbiamo viziato, io sua madre, i nonni.

E' stato il centro delle nostre vite per ben sei anni e forse non era pronto a condividerci con un altro bambino.
Soprattutto con un fratello problematico come Christian, il quale, al contrario, non è abituato a sentirsi amato e tiene tutti a distanza. Anche me e sua madre, anche suo fratello, al quale non perdona niente.

Al quale, forse, non perdona di avere avuto un'infanzia dorata e serena, quella che è mancata a lui.

Quello che mi fa paura in Christian è la rabbia e la tendenza alla violenza. Ho paura che crescendo questo possa portargli dei guai, ci dovrò lavorare sopra, insegnargli che la violenza non porta mai niente di buono. Mai.

E comunque, per prima cosa,  ho voluto parlare con Elliott.
L'ho preso da parte e gli ho fatto una bella predica sul valore del cibo e sul fatto che non deve essere sprecato e gettato via.
Poi gli ho chiesto perché non riusce ad andare d'accordo con suo fratello.
La risposta è stata sconvolgente:
"Vedi, papà" mi ha detto "Io lo cerco e vorrei giocare con lui. Ma lui mi manda sempre via. E' sempre arrabbiato con me. Non mi sopporta, non sopporta i miei amici. Tutte le volte che gli dico qualcosa che non gli piace o che faccio qualcosa che non gli va a genio, allora mi salta addosso per picchiarmi. E picchia duro. E mi guarda con quegli occhi cupi. Papà, vedessi che occhi, certe volte mi fa paura!"

"Elliott, ragazzo mio" mi avvicino di più a lui e gli prendo la mano "devi capire che tuo fratello ha sofferto molto, nei suoi primi anni di vita. Non ha avuto una famiglia, una mamma e un papà che si sono presi cura di lui. Sì, la mamma l'aveva, ma era sempre malata e non poteva fargli da mangiare, coccolarlo e accudirlo come noi abbiamo fatto con te. Lui è arrabbiato perché queste cose gli sono mancate e soffre molto per non averle avute."
"Ma adesso le ha, proprio come me. Anzi sembra che tue la mamma volete più bene a lui che non a me"
"No, cucciolo, questo non è vero. Io e la mamma vogliamo bene ad entrambi in egual misura. Solo che Christian ha più bisogno di noi, rispetto a te. Lui ha tanto bisogno di noi, spesso la notte sta male, fa brutti sogni che lo fanno stare male e che non lo fanno dormire. Per questo, solo per questo stiamo di più con lui, non perché non ti vogliamo più bene. Te ne vogliamo sempre tantissimo."
"Davvero papà? Giura!" mi guarda un po' incredulo;
"Ti do' la mia parola di boy-scout!"

Sgrana gli occhi, quasi stupito, poi il suo sguardo muta ed è evidente il sollievo ma anche una certa malinconia.
"Meno male, papà, avevo tanta paura che tu e la mamma non mi volevate più bene"
"Ma no, cosa vai a pensare?"
"Eh, ma stavate sempre con lui. Non cercavate altro che lui. Sembrava che non ve ne importasse di me"
Ed Elliott scoppia a piangere.
"No, cucciolo, no. non è vero. Io e tua madre ti vogliamo tanto bene, un mondo di bene. Sei il nostro bimbo più grande, il nostro primogenito, non potremmo mai non volerti bene. Te ne vogliamo tanto quanto è grande il mondo, come ti dicevamo da piccolo. Dai, su, vieni qui, ora!"
E lo stringo forte fra le braccia per consolarlo.

Mi domando se non stiamo chiedendo troppo a questo bambino, è ancora piccolo, appena otto anni, e ha ancora tanto bisogno di noi.
Presi come eravamo da Christian, dai suoi problemi, non ci siamo resi conto che Elliott soffriva.
Com'è difficile il mestiere di genitore!

Guardo il mio primogenito, che si è appena staccato rinfrancato dal mio abbraccio, guardo quegli occhi blu, ora un po' arrossati dal pianto ma  tanto dolci e ingenui e desidero il meglio che ci sia al mondo per lui.
Gli scompiglio i capelli e gli chiedo:
"Dimmi un po'. Ma cosa gli hai detto a tuo fratello che lo ha fatto tanto arrabbiare?"
"L'ho chiamato Vermiciattolo. Si arrabbia sempre quando lo chiamo così"
"E perché lo chiami così?"
"Perché è tanto secco, lungo e secco. Con quelle gambette e braccette lunghe e magre, mi fa venire in mente un vermiciattolo. Come quelli che usiamo per andare a pesca!"

Mio malgrado scoppio a ridere, e mio figlio ride con me.
"Elliot" gli dico poi " se mi prometti che non lo chiami più a quel modo, domenica papà ti porta a pescare."
"Siii ... vaiiii!"
E' entusiasta!

"Ti dispiace se portiamo anche Christian?" gli chiedo titubante e speranzoso.
Rimane un po' pensieroso, poi mi guarda e dice:
"Ma no, papà, non mi dispiace. E' mio fratello, è giusto che venga anche lui. Però cerca di fare in modo che non mi venga a picchiare, non mi piace tanto quando mi picchia"
"Non piace neanche a me, Elliott. Vedrai baderò e lui e ci divertiremo"
"Mia, però non viene, vero?"
"No che non viene. E cosa viene a fare? Saremo solo noi uomini. La pesca è roba da maschi, le donne si annoiano. Facciamo venire anche nonno Theo?"
"Siii ... sarà bellissimo! Nonno Theo conosce tante belle storie, ci divertiamo sempre quando c'è lui."
"Vaglielo a dire, allora a tuo nonno. Deve essere nel frutteto!"
"Corro!"

E Elliott parte come un razzo, tutto eccitato, urlando "Nonno Theo, nonno Theo! Domenica papà ci porta a pescare!"
Da lontano vedo mio suocero che si avvicina, si china verso suo nipote, gli dice qualcosa e, dopo un po', li vedo a scoppiare a ridere tutti e due.

Mi avvio verso la casa per dare la notizia a Christian.
Chissà se la pesca gli piacerà.
Ma certo che gli piace, lui adora stare in mezzo alla natura.

Sì domenica ci divertiremo e chissà che, per una volta,  i miei ragazzi non riescano ad andare d'accordo.

Mi sono molto divertita a scrivere questo capitolo, forse un po' meno sentimentale di altri, ma mi piaceva scrivere qualcosa sul rapporto fra Elliott e Christian. E devo dire che Elliott, così come lo descrivo io, mi piace molto.
Ho però inserito anche alcuni pensieri di Christian non proprio positivi sulla sua mamma naturale, questo per spiegare le ragioni della sua rabbia, che poi è una situazione di odio/amore a ben pensarci.

Beh, non ho altro da aggiungere se non che aspetto recensioni e che spero che il capitolo vi piaccia.
Love
Jessie

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Capitolo 17
*** Un pesce grosso così ***


un pesce

Un pesce grosso così



POV Carrick


Guardo l'orologio, le 7 del mattino.
Oggi è la giornata in cui dobbiamo andare a pesca.
Sempre che faccia bel tempo, ma è estate e qui a Seattle in estate di solito il tempo è buono.
Mi spiace svegliare i miei bambini così presto, ma ci vorrà quasi un'oretta per arrivare a destinazione, e dobbiamo passare a prendere Theo.
Poi c'è una sorpresa per loro: li porto a mangiare una ricca, unta, grassa, zuccherosa colazione in un fast-food.
Grace è contraria al cibo-spazzatura, ma io penso che, ogni tanto, non può fare male.
E poi oggi è una giornata di vacanza.

Spero che vada tutto bene, che i bambini si divertano senza litigare, confido molto in mio suocero per questo, Theo sa come prenderli, tutti e due, li adora ed è adorato da loro.
Anche Christian, solitamente così chiuso e riservato, si lascia un po' andare nei confronti di suo nonno, lo va a cercare, si fa raccontare storie, si fa, qualche volta, anche accarezzare il visino, cosa che non permette né a me né a sua mamma. Ma con suo nonno ha un rapporto speciale.

Sospirando mi alzo dal letto, scendo in cucina, guardo fuori: sta schiarendo e  il cielo è azzurro; col sorgere del sole sarà una splendida giornata.
Preparo il caffè, lo sorseggio piano e salgo nuovamente le scale per andare a svegliare i miei figli.
 Incomincio con Elliott.

Il mio giovanotto dorme rivoltato a pancia in giù, i riccioli biondi sparsi sul cuscino, una mano sotto alla testa e l'altra abbandonata lungo il fianco. Mi avvicino e lo scuoto leggermente:
"Elliott? Elliott?!!Dai Elliott, è ora di alzarsi!"

Devo ripetere un paio di volte il suo nome ed esortarlo prima che si decida a girarsi e ad aprire gli occhi:
"Mmmhh, papà ... che ora sono? È presto..."
"È  presto, lo so ma dobbiamo andare a pescare, te lo ricordi vero?"
"Sì, pescare .... mmmhhh .... adesso mi sveglio. Vai a chiamare Christian, intanto"
"Va bene, ma fra dieci minuti, ti voglio in piedi. Okay?"
"Okay"
E si stiracchia nel letto.

Elliott fa molta fatica a svegliarsi al mattino.
È un vero dormiglione.
Tutto il contrario di suo fratello che, di sicuro, sarà già sveglio; magari anche da un po'.

Infatti entro nella cameretta di Christian e lo trovo sveglio, intento a leggere un libro. Vicino a lui l'immancabile copertina azzurra e Sad Sam, il suo pupazzo preferito.
Ricordo quando glielo abbiamo comprato, un anno fa. Aveva da poco ripreso a parlare ed eravamo andati in un negozio di giocattoli, io con entrambi i miei bambini, perché ognuno di loro scegliesse quello che ohe più gli piaceva. Elliott, aveva preso un modellino di auto da corsa, mentre Christian, che fino a quel momento non aveva degnato i pupazzi di peluche di una sola occhiata, si era diretto verso una pila di cagnolini di pezza, bianchi marroni, tipo basset-hound dai languidi occhioni tristi, ne aveva preso uno piuttosto grande e se lo era stretto al petto. Poi mi aveva guardato e mi aveva chiesto
"Papà, posso avere questo?"

Lì per lì ero rimasto un po' sorpreso, trovavo strano infatti che mio figlio si interessasse ad un pupazzo; però, se gli piaceva tanto perché no?
"Cero che puoi averlo. Siamo qui proprio per questo. Vieni, andiamo alla cassa e lo paghiamo"
Con mia grande sorpresa, Christian, aveva in cominciato a parlare al pupazzo,
"Non essere triste, Sam" gli aveva detto "adesso ti portiamo a casa. Starai con noi, ci penserò io a te. Non sei più solo. Ci sono io con te". E, dicendo così,  lo aveva abbracciato più forte.
Mi si era stretto il cuore: aveva scelto quel pupazzo perché gli ricordava se stesso, in un certo qual modo. Si sentiva affine a lui, a quel cagnolino tanto triste e abbandonato, proprio come era stato lui, un tempo.

Così Sad Sam era diventato il suo pupazzo preferito; dormiva con lui, a volte lo portava a scuola, lo teneva vicino mentre faceva i compiti; era diventato la sua mascotte, non se ne separava quasi mai.

Mi avvicino alla porta della cameretta, Christian mi sente entrare, alza lo sguardo dal libro e mi saluta:
"Ciao, papà"
"Ciao figliolo", mi avvicino e gli scompiglio i capelli in un gesto affettuoso, l'unico gesto affettuoso che ci è concesso di fare "pronto per andare a pescare? Da quant'è che sei sveglio?"
"Da un po' " mi risponde.

Questa creatura dorme veramente poco, non so se è la paura degli incubi a tenerlo sveglio o se è proprio così di sua natura. Ho sempre paura che si senta stanco, al mattino, ma devo dire che non succede quasi mai.

 "Mi sono messo a leggere" spiega quasi a giustificare quello che stava facendo.
"Vedo..." mi interesso sempre a quello che fanno i miei figli "Cosa stai leggendo?"
Chiude la copertina e mi mostra il libro.

Caspita! I cavalieri della tavola rotonda!
Una lettura alquanto impegnativa per un bambino di soli sette anni.
Ho sempre pensato che Christian fosse un bambino molto intelligente, anche quando ancora non parlava, ma più passa il tempo e più mi convinco che in casa abbiamo un piccolo genio.
"Uhm! ti piace?";
"Molto, Re Artù è veramente uno giusto!"
Sorrido a questa espressione molto in voga fra i ragazzi al giorno d'oggi.  La trovo simpatica, soprattutto se riferita ad un re del Medio Evo.

"Dai" gli dico "andiamo! Continuerai a leggere quando torniamo. Andiamo a vedere se tuo fratello si è alzato"
Okay, Christian si alza dal letto, prende il suo pupazzo fra le braccia e gli dice, piano:
"Ciao, Sam, devo andare.. Vado a pesca con papà, il nonno e Elliott. Non avere paura che torno presto. Non ti lascio solo a lungo. Non essere triste Sam!"
Poi mi guarda e spiega :
"Sam è ancora più triste quando non ci sono. Per questo gli ho detto che torno presto"
Sono semplici parole, ma la dicono lunga su mio figlio.
E sui suoi traumi.
Gli stringo la mano e andiamo da suo fratello.

Entriamo nell'altra cameretta e troviamo un Elliott seduto sul letto ancora mezzo addormentato che si stropiccia gli occhi.
Vedo Christian alzare i propri occhi al cielo e fare una strana smorfia.

"Ecco il nostro dormiglione!" commento ridendo "Elliott, datti una mossa, altrimenti ti lasciamo a casa!"

Non faccio quasi in tempo a finire la frase che mio figlio scatta come  una molla dal letto.
"No, no, papà. Adesso mi preparo in una baleno, vengo!" 

Christian scuote la testa dicendo "Okay, il ghiro si è svegliato. Vado a lavarmi ..." e si dirige verso la porta per andare in bagno.
"Okay, dico io, figliolo ti aspetto di sotto"
Annuisce e se ne va
"Elliott, ti lascio a prepararti. Ci vediamo dopo, mi raccomando!"
"Sì, papà. Tranquillo, dieci minuti e sono pronto"


Circa mezz'ora dopo siamo in macchina e stiamo andando a prendere Theodore.
"Ma, la colazione?" chiede Christian;
"Hai fame?" rispondo a mia volta con un domanda
"Beh, sì"
"Tu Elliott?"
"Da morire!"
"Bene, ormai siamo a casa del nonno. Dopo andremo tutti insieme a fare colazione da Bob's"
"Wow!" esclama Elliott "quello delle ciambelle al cioccolato?! Me ne mangerò un vassoio intero! Tutte quelle del negozio!"
"Ehi, figliolo, non esagerare! Lasciane qualcuna anche agli altri. Non ci pensi a tuo fratello?"
In quel preciso momento Elliott sbuffa e Christian risponde:
"Non me ne frega niente delle ciambelle al cioccolato, papà, per me Lelliott può davvero mangiare tutto il vassoio. Però Lelliott: papà ha ragione, pensi solo a te stesso; sei un bastardo egoista!"
"Come mi hai chiamato?"
"Bastardo ed egoista!"
"E tu sei un figlio di ...."

"BASTA!" urlo e la mia voce deve sembrare realmente severa perché tutti e due si mettono a tacere. "Fate i bravi e niente parolacce!" .
Non mi piace che i miei figli si insultino e, soprattutto, non mi piace che Elliott dia del figlio di puttana a suo fratello. Non è un comportamento corretto e, soprattutto,  temo che lo faccia stare male inutilmente, dato il suo passato.

"Buon giorno a tutti !"
Mio suocero, un sorriso così stampato sul visto, entra in macchina.
"Nonno!" esclamano i miei figlioli.
"Ciao, Elliott! Ciao, Christian!" e così dicendo mio suocero fa una carezza ad ognuno dei suoi nipoti, sulla guancia per Elliott e sulla testa per Christian. Poi si accomoda al mio fianco e si allaccia le cinture.

"E adesso andiamo a fare colazione!"

Da Bob's, come aveva preannunciato, Elliott si è fatto fuori, se non tutto il vassoio, almeno tre ciambelle al cioccolato, oltre alle consuete uova strapazzate. Christian ha deliberatamente ignorato le ciambelle e ha mangiato i muffin. Devo dire che è uno tosto, uno che rimane fermo nelle sue posizioni. Mi piace, ha carattere.

C'è anche da dire che, pur avendo le sue preferenze in fatto di cibo, non esiste una pietanza che non gli piace.
I giorni in cui ha fatto la fame sono rimasti in qualche modo dentro di lui. Al contrario di suo fratello non è per niente schizzinoso e finisce sempre tutto quello che ha nel piatto senza protestare. Farlo mangiare non è mai stato un problema, anzi.

Dopo un'abbondante colazione, abbiamo ripreso la strada vero il lago e adesso eccoci a destinazione.
Faccio scendere tutti, prendo l'attrezzatura  e ci rechiamo verso la riva a cercare un bel posticino per pescare.

In effetti ci siamo trovati proprio un bel posticino tranquillo; ci siamo solo noi.
Ho ritenuto opportuno dividere i miei ragazzi, per evitare litigi  e fare soprattutto in modo che ognuno di noi adulti potesse stare vicino ad uno di loro.
Così io aiuto Elliott, mentre Theodore si prende cura di Christian.

Mi piace questa giornata che ci siamo presi, mi piace stare a contatto con i miei bambini, qui a tu per tu col più grande che mi racconta della scuola, delle bambine che gli piacciono, degli amichetti e, a una certo punto, strilla felice perché un pesce è rimasto preso dal suo amo.
"Tiralo su Elliot!" lo esorto "Tiralo su!Vuoi una mano?"
"No, papà, ce la faccio da solo"
 Da solo tira su il pesce, lo libera dall'amo, lo alza per mostrarlo anche a suo fratello e a suo nonno, che applaude soddisfatto e lo mette nel cestino.

"Stasera la mamma lo cucina" dice tutto soddisfatto.

A parte il pesce di Elliott, non è che la pesca sia tanto abbondante. Però la giornata di sole, il cielo terso, la natura incontaminata intorno a noi, gli alberi, l'aria frizzantina, tutte queste cose insieme stanno rendendo la mattinata veramente piacevole. Sono contento di avere portato  i miei figli nella natura, respirano un po' di aria buona e si  godono il sole estivo. 

Guardo l'orologio ed è quasi l'una.
Prendo il mio zaino e tiro fuori i panini per il pranzo.
"Si mangia!" annuncio trionfante.
"Wow!" esclama Elliott, infilando una mano nello zaino e ricevendo in cambio uno schiaffetto scherzoso.
"Aspetta gli altri, Elliott" gli dico.

Christian si alza di scatto, molla la canna e fa per raggiungermi ma scivola su un sasso bagnato e reso viscido dalla melma. Perde l'equilibrio e sta per cadere.
Theo, li a due passi, lo afferra per le spalle per evitare che rovini sui sassi e si faccia male.
Mio figli si irrigidisce, lo vedo impallidire, gli occhi diventano enormi dal terrore e lo sento urlare:
"NO!" con quanto fiato ha in corpo.
Meno male che non c'è nessuno nelle vicinanze, quel grido avrebbe certamente fatto morire di paura qualche debole di cuore!

Vedo il viso di mio suocero farsi serio, dispiaciuto.
Si assicura di avere  messo il suo nipotino al sicuro, e lo lascia andare.

Christian, la testa bassa e l'aria arrabbiata,  si allontana da tutti e si va a sedere su di un masso in disparte.
 Non pensa nemmeno più a mangiare, vuole restare solo.

Theo invece, mortificato, viene verso di me e prende due panini.
"Questo va bene per il bimbo?" mi chiede mostrando uno dei panini che ha in mano.
"Sì" rispondo "è uno dei suoi preferiti"
"Okay, glielo porto"
"Theo, non sarebbe meglio lasciarlo in pace?" chiedo
"No lascia fare a me" mi dice.

Vedo che si avvicina a mio figlio e gli porge il panino e una lattina di Coca Cola.
Poi si siede vicino a lui.
Christian accetta quello che gli viene offerto, guarda mio suocero e gli dice:
"Grazie, nonno".
"Di niente figliolo, di niente"
Non un accenno a quanto è successo prima, non una parola.

Ma i due sembrano capirsi silenziosamente.
Come se niente fosse successo, mangiano fianco a fianco.
Ad un certo punto Theo alza la mano a scompigliare i capelli di mio figlio e questi lo lascia fare, anzi, gli accarezza la gamba con fare affettuoso.
La crisi è almeno momentaneamente risolta.

Anche Elliott si avvicina ai due.
"Nonno ci racconti una storia"
"Beh, potrei raccontarvi di quando io e il mio amico Tommy, marinavamo la scuola per andare a pescare"
E Theo inizia a raccontare le avventure sue e di Tommy,
Sento i mie ragazzi ridere più volte, la risata di Elliott è forte, sonora, contagiosa; quella di Christian più sommessa quasi accennata. 

I racconti di nonno Theo monopolizzano il dopo pranzo finché non guardo l'orologio, e noto che si sta facendo tardi e che sarebbe  meglio mettersi in cammino.
Ho promesso a Grace di riportarle i bambini nel  pomeriggio e di non fare troppo tardi. Mia moglie insieme con nostra figlia ci aspetta a casa dei suoi genitori e i ragazzi vorranno di sicuro fermarsi un po' a giocare nel frutteto.
Così chiamo tutti a raccolta, raduniamo le nostre cose e ci dirigiamo verso Seattle.

Parcheggio la macchina nel vialetto di fronte alla casa dei miei suoceri e, mentre scendiamo, le vediamo arrivare verso di noi.
Le nostre "donne": mia moglie, mia suocera e la mia bambina.
Elliott  corre veloce come un razzo verso sua madre
"Mamma, mamma" le dice "ho preso un pesce!"
"Davvero, piccolo mio?" che de lei fingendosi incuriosita
"Sì! una ...trota....grossissima"
"Beh, figliolo" ribatto io "direi che è  una trota normale. Però sei stato bravo, hai fatto tutto da solo"
"E tu hai preso niente Christian?" chiede mia suocera.

Mio figlio fa segno di no con la testa ma, prima che riesca a rispondere sua nonna, viene interrotto da una vocina tutta allegra e ridente.

E' Mia che correndo, un po' insicura, quasi incespicando sulle gambotte malferme, gli va incontro:
"Chitian! Chitian" lo chiama
"Patatina!" risponde lui, divertito "vieni qui!"

Senza farselo ripetere, Mia  si dirige verso il fratello che la prende e l'abbraccia forte.
E, nonostante, che i loro corpi vengano a contatto, lui non mostra segni di panico, anzi sembra contento.
Theo mi guarda, incuriosito e io contraccambio lo sguardo alzando le spalle.
Mi viene spontaneo domandarmi come mai lei può toccarlo e noi no, poi li guardo bene e capisco: non è lei che tocca lui, bensì il contrario: è lui che abbraccia lei!
Quando era piccolissima la prendeva in braccio e adesso, con la stessa spontaneità, quasi con un senso di continuità, la abbraccia. Lo fa con una forma protezione, come per prendersi cura di lei.

C'è un legame forte, speciale fra i due che indubbiamente fa del bene ad entrambi e che spero conserveranno anche da adulti.
Mia considera Christian il suo eroe e per Christian, Mia è la sua cucciola, un esserino indifeso da proteggere. Qualcuno sul quale riversare l'immenso bisogno di amare ed  essere amato.

Mi soffermo ad osservarli pensieroso, ma contento, in un certo qual modo, che mio figlio riesca ad aprirsi con qualcuno.

" Tutto bene, Carrick?" mi chiede mia moglie, arrivando da dietro e cingendomi le spalle;
"Sì sì";
"Ti vedo pensieroso. Tutto bene a pesca?"
"Tutto regolare" rispondo, forse un po' a disagio.

Non sono proprio sincero, lo so.
Ma a quale scopo dirle la verità, per farla ulteriormente preoccupare?
Alla fine non è successo niente di veramente grave. Che Cristian ha dei problemi ad essere toccato lo sappiamo, non è una volta in più a fare la differenza.
Ed è meglio focalizzarsi sui suoi progressi piuttosto che sui problemi ancora rimasti.

"Guarda un po'" le dico indicando i nostri figli più giovani che, mano nella mano, si avviano verso la casa della nonna
"Non sono bellissimi"
"Si" risponde, come incantata mentre li osserva quasi commossa e l'amore che prova verso le sue creature è tutto in quel monosillabo.
 "Veramente stupendi!"



Ed ecco il capitolo sulla gita a pescare!
In realtà è cresciuto piano piano, per quello ci ho messo tanto a scriverlo, le idee mi sono venute cammin facendo.
Che dite, vi piace?

Non è che mi sto ripetendo? (ho il terrore di ripetermi)

Beh, fatemi sapere se vi piace
Colgo l'occasione per augurarvi Buon Natale.

Baci a tutti
e, ancora di più adesso
LOVE
Jessie

PS: Sad Sam è un cagnolino di peluche che andava molto in voga negli anni '80/'90  eccolo qui
Sad Sam




 

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Capitolo 18
*** Una vacanza in montagna ***


nevica

Una vacanza in montagna




POV Christian

"Nevica!" annuncia Lelliott guardando fuori dalla finestra.
Guardo anch'io e la vedo scendere.
Viene giù bianca, senza fare rumore, cada da un cielo quasi altrettanto bianco.

"Guarda Mia" dico alla mia sorellina "guarda, la neve"
"Vedele, vedele!" dice lei, battendo le manine.
Non posso prenderla in braccio, ora è grandicella e pesa troppo per me.
Ma,  per mia fortuna, arriva nostro padre che, senza fare fatica, la prende e la alza per farla arrivare ad altezza finestra.
"Che bea!" esclama Mia battendo le manine "Gualda Clitian, gualda che bea la neve!"

"Bella sì" le rispondo mentre la guardo cadere.

Non riesco a condividere l'entusiasmo di mia sorella, non del tutto, almeno.
Perché è bellissima la neve qui in montagna, quando poi gli alberi sono tutti bianchi, e le piste sono ricoperte da un manto soffice soffice, ed è divertente andare a sciare perché , se poi cadi, cadi sul morbido e non sul ghiaccio, e ti fai meno male.
E poi si può uscire fuori in giardino a fare gli omini di neve, con la carota al posto del naso e la pipa in bocca e ci tiriamo le palle di neve e riesco sempre a fregare Lelliott e a infilargli la neve giù nel colletto, mentre Mia ride come una matta e papà fa gli occhi severi, alza il dito come a dire "non si fa".
La mamma ci prepara i vestiti asciutti e la cioccolata calda con i biscotti e qualche volta viene a giocare con noi.

Ma, tempo fa, la neve non mi piaceva, mi faceva a quasi paura.
Era prima, prima che venissi a stare da mamma e papà.
Vivevo in una città grande e fredda con la mia mamma di prima.
La neve veniva spesso e faceva freddo, tanto freddo.
Stringevo la mia copertina azzurra, speravo che mi facesse caldo, ma avevo sempre tanto tanto freddo.
Ricordo che battevo i denti e avevo i piedi freddi freddi e qualche volta non li sentivo più e mi facevano male.
La mia mamma di allora, si metteva una pelliccia corta che le lasciava scoperta la pancia, degli stivaloni alti alti e poi usciva e mi lasciava in casa da solo al freddo.
Mi andavo a sdraiare sul letto, a volte mi lasciava una tazza di latte caldo, ma non sempre solo se aveva i soldi per comprarlo.
E non li aveva quasi mai, li spendeva tutti per la droga.
Così restavo da solo, al freddo e senza mangiare.
Così mi addormentavo per la fame e la debolezza,  spesso mi risvegliavo in un lettino che non era il mio, era il suo e lei mi teneva stretto al suo petto.
Sentivo meno freddo se lei mi abbracciava.

Avrei voluto restare abbracciato a lei per sempre, per sentire meno freddo, per sentirmi amato.
Ma io sono cattivo e non posso essere amato, così lei si alzava, si rimetteva i vestiti e se ne riandava via. Oppure venivano degli uomini a trovarla e dovevo andarmene da letto e ritornare nella mia stanza da solo.
E se ero solo ero anche fortunato ... perché quando l'uomo cattivo entrava nella mia camera ...

Non ci pensare Christian, non pensarci ora. Sei a casa tua sei con mamma e papà. Nessuno verrà a farti male. Adesso ti vestirai, la mamma ti metterà il berretto, la sciarpa e i guanti e andrai a giocare fuori, con Mia e Lelliott. Non ci pensare, non ora ... non ora.

"Possiamo uscire a giocare, mamma?" domanda Lelliott, ancora davanti alla finestra.
"Non ora, caro" risponde la mamma "sta diventando buio. Presto sarà notte. E poi dobbiamo incontrare  i nonni e  andare a cena. Vedrai .... " e la mamma si avvicina a Lelliott per guardarlo negli occhi ".... domani mattina sarà tutto bianco e allora sarà ancora più divertente uscire in giardino a giocare. Ora andiamoci tutti a preparare che andiamo a cena al ristorante"


POV Grace.

Per certi aspetti non potrei desiderare di più.
Abbiamo fatto il Natale a Seattle e siamo poi venuti qui ad Aspen, in montagna.

Ci fermeremo fino alla fine dell'anno, è bellissimo salutare l'anno nuovo in montagna fra fiaccolate e fuochi d'artificio.
A ben pensarci sembra quasi una fiaba: ho una bella famiglia, un marito che mi adora, tre splendidi bambini, i miei genitori , un'atmosfera magica e ... una paura matta che alla fine qualcosa debba andare per il verso storto.
Anche se finora non ci sono stati problemi.

Mi domando perché sono sempre a preoccuparmi, di cosa mai doveri preoccuparmi, ancora.
Abbiamo preso tutte le precauzioni del caso, chiamato per tempo l'albergo, spiegato quali sono i nostri problemi, ovvero gli incubi di Christian e ottenuto di poter alloggiare in una dependance tutta per noi: una casetta graziosissima ad un piano e collegata al corpo centrale dell'hotel tramite un passaggio coperto. Così le eventuali urla notturne di mio figlio non rischiano di svegliare tutta la clientela.
I miei genitori, invece, alloggiano nell'edificio principale, dove si trovano anche il ristorante,la sala delle feste, la beauty farm, il solarium e il piano bar.

Faccio vestire i miei bambini , metto il cappottino a Mia, vedo i ragazzi prendere il moncler, indosso il mio piumino e andiamo.

Ceniamo al nostro solito tavolo i ragazzi non la smettono di punzecchiarsi per tutta la cena e Mia non ne vuole sapere di mangiare gli spinaci, ma è tutto, comunque, nella norma.

Poi, mentre stiamo per uscire, vediamo un pianoforte proprio nella sala principale, quella delle feste.
Christian è il primo ad avvicinarsi, è uno splendido modello di Stainway.
Rimane affascinato a guardare i tasti bianchi e neri, sfiora al tastiera con la mano.

"Ti piace il pianoforte, giovanotto?";
chiede un signore anziano dietro di noi.
"Sì" risponde mio figlio, stringatissimo e diffidente, come suo solito, verso le persone estranee soprattutto di sesso maschile;
"Vorresti suonare?" gli chiede
Lui per tutta risposta fa segno di no con la testa.
"Peccato" dice l'altro "mi piace mettere questo vecchio strumento a disposizione dei clienti, a volte. Certe volte qualche vecchia canzone riscalda la serata meglio di un bel fuoco. E questa è una serata tanto fredda. E, piuttosto moscia, direi, non sembra nemmeno che siamo in vacanza. Mi sarebbe piaciuto sentire qualcosa".

"Grace, perché non suoni qualcosa tu" interviene mio padre;
"Ma papà, mi vergogno troppo, non sono così brava";
"Dai mamma suona! Tu suoni e noi cantiamo" mi esorta Elliott;
"Cì, cì mama. Ciuona, ciuona la cansonzina" mi chiede Mia.
"Davvero volete che suoni?" chiedo
"Sì" rispondono in coro.
"Prego, signora" mi dice l'uomo anziano, che immagino sia il proprietario dell'hotel.

Prendo posto davanti al pianoforte, penso un attimo a cosa suonare.
Di canzoni natalizie ne avranno piene le scatole un po' tutti, penso, e io mi sento un po' arrugginita.
Però c'è una canzone che cantiamo tutti insieme e che piace molto alla mia famiglia; mi schiarisco la voce e attacco

When I Find myself in time of trouble
Mother Mary comes to me
speaking words of wisdom
Let it be

Let it be
Let it be
Let it be
yeah, let it be
speaking words of wisdom
Let it be


Intorno a me sento che le altre persone presenti nella sala, che stanno amabilmente conversando, si fermano e prestano orecchio e qualcuno comincia a canticchiare.
So che è una canzone che piace molto a mia madre, infatti la sento mormorare "oh, tesoro" e so che quel complimento è rivolto a me.

Sento che i componeneti della mia famiglia mia accompagnano nel canto; distinguo chiaramente la bella voce baritonale di Carrick, quelle tanto amate di mio padre e di mia madre, la vocetta di Elliott e anche il pigolare allegro della piccola Mia che incespica sulle note e sbaglia allegramente le parole.
Tutte le voci ma non quella di Christian.
Mio figlio non canta, non riesce a cantare.

Non l'ho mai sentito cantare, così come non l'ho mai sentito ridere apertamente o piangere. Fa fatica ad esprimere ogni sensazione che non sia la rabbia.  Il perché mi è oscuro, anche se posso intuirlo. Fa parte del suo fardello ed è  una delle cose che mi fa stare male per lui.

Alzo gli occhi dal pianoforte, mi guardo in giro e noto che si è allontanato.
Si è come isolato dal resto della famiglia.
Se ne sta tutto zitto e solo in un angolo, mi guarda con quegli occhioni malinconici e mi sento morire.
Smetto di cantare, mi alzo dal piano forte e lo raggiungo.

"Christian, cos'hai?"
"Niente" risponde;
"Perché stai qui tutto solo?"
"Perché preferisco così"
"Verresti a suonare insieme con la mamma?" gli chiedo sperando di riportarlo all'atmosfera allegra della serata. Ma lui scuote la testa.
Nel frattempo ci hanno raggiunti tutti gli altri, lascamo perdere il pianoforte e il salone delle feste e ci andiamo a sedere davanti al grande caminetto, nel salottino del bar.

Mia viene vicino a me e mi chiede
"Mama, pechhé Chitian è tliste?"
"Non lo so, topolina. Non lo so proprio"

Si avvicina a suo fratello
"Chitian, pecché cei tliste?"
Christian non risponde, la guarda ma non risponde.

Credo proprio che nei bambini piccoli ci sia come un sento senso che li porta ad intuire che qualcosa non va perché Mia si arrampica sul divanetto vicino al fratello e, per consolarlo, gli accarezza il viso:
"Beo Chitian, beo!" gli dice.

Vedo mio figlio diventare bianco come un cencio lavato, gli occhi si dilatano e sul suo viso compare un'espressione terrorizzata.
"Mia, NO!" le grido.
"Mia" interviene mio marito "non toccare tuo fratello!";
"Pecché?";
"Perchè non gli piace essere toccato";
"E pecché?";
"Perché non gli piace ... così come a te non piacciono gli spinaci ...";
"Bleah, 'pinaci ... 'chifo!";
"... così a lui non piace essere toccato. Capisci cucciola?".

Mia lo guarda e sembra non capire come possa suo fratello non gradire le carezze.

Christian, gli occhi ancora sbarrati e il respiro corto, fa uno sforzo immenso per controllarsi, prende la manina della sorella, la toglie dalla propria guancia e la poggia, stretta nella sua, sul divano.
Poi sospira forte ed è evidente il sollievo nel suo viso.



POV Christian

Che serata strana.
Prima la mamma che suona il piano e tutti si mettono a cantare.
Tutti eccetto me.
Io a cantare non ce la faccio proprio, non mi riesce.
Non lo so il perché, ma non mi riesce.
Forse perché per cantare bisognerebbe avere l'animo buono, puro e io non ce l'ho.
Forse perché bisognerebbe essere felici, completamente felici e io non lo sono.
Così mi sono messo in un angolo a guardarli.
Una splendida e perfetta famiglia.
Tutti belli, felici, sorridenti.
Tutti diversi da me, che sono la pecora nera, quello strano, che ha gli incubi la notte, che ride raramente e non piange mai, che non vuole essere toccato...

Mia mi ha toccato, forse voleva consolarmi e mi ha accarezzato.
Nella sua mente di bimba piccola non può sapere che non sopporto nemmeno di venire sfiorato, lei non ne ha colpa.
Ma io, ho creduto di morire.

Quella cosa che mi stringe la gola e che io chiamo "la tenebra" è entrata dentro di me.
Non sapevo che cosa fare.
Se si fosse trattato di una persona grande o di Lelliott, avrei gridato e reagito con forza.
Ma Mia è tanto piccola, non volevo farle male.
Soprattutto non volevo spaventarla, la mia sorellina
Così ho cercato di controllarmi, anche se non ce la facevo più.
Le ho preso la mano e l'ho tenuta stretta nella mia.
E il nodo alla gola, è andato via.

Ho tenuto la manina di mia sorella per tutta la serata e, mentre la stringevo, stavo bene.
Siamo andati a casa mano nella mano, l'ho aiutata a prepararsi per andare a letto; poi sono andato a letto anch'io.
Lei non mi ha più toccato.
E io ho dormito tranquillo.


Si ritorna sul timore di Christian di essere toccato.
Questa sua fobia è una presenza costante nei 4 libri di 50 sfumature e allo stesso modo, è una presenza costante qui, nella mia storia.
Ho aggiunto qualche elemento, come le consideraizoni sulla neve e altre cose che mi sono venute in mente.
L'ambientazione è adatta al periodo, avrei voluto postare per il primo dell'anno ma non ce l'ho fatta.
La canzone che canta Grace, per chi non l'avesse riconosciuta, è Let it be dei Beatles. Non metto link perché è famosissima.

Spero che il capitolo vi piaccia.
Buon 2016
Love
Jessie

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Capitolo 19
*** Buon 1990 ***


montagna 2

Buon 1990



POV Grace

"Ehi" mi dice Carrick sorridendo "già sveglia?"
"Sì, a malapena" rispondo.
"Vuoi una mano a svegliarti?" mi domanda con un sorrisetto malizioso "so bene io cosa ci vorrebbe per te".
Così dicendo allunga una mano a sfiorarmi il seno.
"Ma, Carrick" protesto "ci sono i bambini!"
"Stanno dormendo"
"Ma potrebbero svegliarsi. Christian ha il sonno così leggero. E non voglio che ci senta. Vale anche per gli altri due, ma per lui soprattutto. Temo che abbia visto e sentito anche troppe cose inadatte ad un bambino, nei suoi primi anni di vita, non voglio correre il rischio che succeda anche con noi"
"Beh, differentemente da quanto potrebbe avere visto o sentito ai tempi della sua mamma naturale, almeno vedrebbe o ascolterebbe due persone che si amano veramente. Però, hai ragione tu, meglio evitare."
Mi stringo forte a lui, al mio bellissimo marito.
Lo amo tanto, ancora come il primo giorno.
Il matrimonio, gli avvenimenti della vita, tre figli non hanno assolutamente cambiato quello che provo per lui.
"Sai cosa facciamo?" gli propongo;
"Cosa?"
"Oggi pomeriggio quando i miei genitori verranno a prendere i bambini e rimarremo soli, allora faremo l'amore e il bagno insieme, se vuoi. Non so se hai visto che razza di vasca abbiamo, qui in stanza."
"L'ho vista, certo che l'ho vista. E mi sono sempre domandato se l'avrei potuta usare insieme a te"
"Quindi non ti dispiace la mia proposta"
"Certo che no! Affare fatto!"
"Però, ora non mi dispiace affatto restare ancora un po' qui a letto abbracciata a te."

Per tutta risposta, Carrick mi prende fra le sua braccia e mi dà un bacio in fronte.
"Comoda così?" chiede
"Comodissima" rispondo mentre gli accarezzo il viso;
"Programmi per la mattinata?" gli chiedo, poi, così, tanto per fare conversazione.
"Pensavo di portare i ragazzi a fare una sciata."
"Senza il maestro?" chiedo allarmata, so che il maestro questa mattina non è disponibile.
"Sì, ormai penso che abbiano imparato, sono ormai due anni che prendono lezione, non credo che ci saranno problemi"
"Oddio, Carrick", sono già allarmata, "fai in modo che non succeda niente a nessuno dei miei figli, va bene? O te la dovrai vedere con me" lo minaccio, per scherzo, ma mica poi tanto.
 Ho il terrore che possa accadere qualcosa ai miei bambini.
"Tranquilla, tranquilla, ci sono io. Li ho sempre gestiti bene , vero?"
"Beh, sì"
"E allora? Lascia fare a me, tesoro. Vedrai ci divertiremo e te li riporterò sorridenti ed affamati all'ora di pranzo"
"Affamati, quello sì. I nostri figli mangiano come lupi" dico ridendo.
"Mi piace quando ridi" esclama Carrick e si china verso di me per baciarmi.


POV Christian

Siamo sulle piste da sci, io, il papà e Lelliott.
Il papà ci ha portato sulla pista più facile, quella che io posso fare anche ad occhi chiusi.
Infatti appena sceso dallo skilift, mi sono sistemato gli occhiali e sono pronto a scendere.
Il papà sta dietro per vederci meglio e noi ci lanciamo sulla pista.
Come sempre io sono bravissimo e sto davanti a Lelliott di un bel po'.
Infatti arrivo in fondo molto prima di lui, mi fermo, mi giro, lo guardo e ridacchio.
So che lo sto prendendo in giro ma non posso farci niente.
E' più forte di me.

E, mentre lo sto guardando, vedo che anche lui mi guarda, gli faccio una boccaccia.
Lelliott mi guarda, si distrae, mette male lo sci  e ...


POV Elliott

Porca miseria, quello lì mi frega sempre.
Christian, mio fratello, a sciare è molto più bravo di me.
Anche a scuola è più bravo di me e a giocare a pallone.
E' sempre più bravo di me, dannazione.
E adesso si è fermato, lì davanti e mi sta guardando.
Poi mi fa una boccaccia.

Mi prende anche in giro, il bastardo!
Lo devo raggiungere, così lo posso prendere a calci nel culo.
Faccio come per accelerare ma sento lo sci di sinistra che mi scivola di sotto al piede.
Perdo l'equilibrio e ... mi ritrovo a faccia in giù sulla neve!

Ho la neve dappertutto, in bocca, dentro al naso
Mi volto sulla schiena, sento il papà chiamarmi e cerco di rimettermi in piedi.
Merda che male!
Ricado come un sacco bagno sulla neve.
Non sono riuscito ad appoggiare il piede sinistro a terra; mi fa un gran male!
 

POV Carrick

"Elliott!"
E' caduto!
Mio figlio è caduto sugli sci!
Lo raggiungo subito, sono poco dietro, sperando che non si sia fatto male.
Ha provato ad alzarsi ma è ricaduto.
Signore, ti prego, fa' che non sia niente!

Mi inginocchio davanti a lui, dò uno sguardo aventi per vedere dove sia l'altro mio figlio e scorgo Christian che, accortosi di quello che è successo, sta piano piano risalendo verso di noi.

"Elliott!" lo chiamo.
E' steso sulla neve, appoggiato sui gomiti
Gli chiedo "Dov'è che ti fa male?"
"Il piede, papà, mi fa male il piede sinistro"
Gli tolgo con delicatezza lo scarpone e riesco a vedere che la caviglia sta incominciando a gonfiarsi.
Lo tasto bene , ma non mi sembra che ci sia nulla di rotto.
"Riesci a muoverlo?" gli chiedo
"Aspetta" risponde e, con mio grande sollievo, vedo che flette la caviglia.
Questo è un bene.

Elliott si mette a sedere.
"Da seduto mi fa male ma solo un pochino. E' che non riesco ad appoggiarlo a terra. Lì mi fa tanto male."
"Non dovrebbe essere rotto ma ... figliolo dovrei portarti al Pronto Soccorso o in Ambulatorio"
"Non potresti portarmi dalla mamma? Lei è un dottore, saprà cosa fare"
"La mamma, dici? Vuoi andare dalla mamma?"
"Sì, papà. Ti prego"

Capisco perfettamente, i bambini quando stanno male vogliono andare dalla loro mamma.
E' naturale.
Così lo alzo e lo prendo in braccio.
Christian mi dà una mano, portando gli sci di entrambi e insieme, lentamente ci avviamo verso dove abbiamo lasciato la macchina.

Come previsto Grace è furiosa.

"Carrick! ma come? ti avevo tanto raccomandato i miei bambini! Ti avevo detto di stare attento che non si facessero male e tu me ne riporti uno in queste condizioni!"
"Grace, è stato un incidente!"
"Già, un incidente! Proprio quello che speravo che tu potessi evitare. Ne parliamo dopo, adesso devo visitare mio figlio"
E mi lascia lì interdetto, come uno stupido. Già come lo stupido che mi sento di essere stato.

"Dimmi tesoro" si rivolge a Elliott "dove ti fa male?"
"Qui" risponde il piccolo toccandosi la caviglia.
Grace, prende il piede di nostro figlio, gli tasta la caviglia, che nel frattempo si è gonfiata paurosamente, gli toglie la calza, esamina bene la parte dolente, l'ematoma.
"Non mi sembra che sia rotta" sentenzia. Però, tesoro" continua, sempre rivolta ad Elliott "dovremo fare le lastre per essere sicuri"
"Ma maammaa ... io non voglio andare all'ospedale" piagnucola Elliott.
"Ma no, sciocchino" lo rassicura mia moglie " non dobbiamo andare per forza all'ospedale. Ti porto all'Ambulatorio Ortopedico, ti visitano e ti sistemano il piede, così senti meno male. Vedrai faremo prestissimo"

Mentre sta mettendo il piumino ad Elliott per portarlo a fare la lastre, Grace mi raccomanda gli altri due nostri figli.
"Bene, Carrick, bada tu a Mia e Christian, mentre sono via. Se ritardassimo portali a pranzo all'ora giusta. Sai che non voglio che saltino il pasto. Fra poco dovrebbero arrivare anche i miei genitori, così ti danno una mano. Okay Carrick?"
"Sì, tranquilla" le dico.
Ma mi sento in colpa. Le avevo promesso che non s sarebbe successo niente e , invece...
Lei  mi lancia un'occhiata come a dirmi "Stai attento questa volta".
Prendo Elliott in braccio e lo aiuto a sistemarsi in macchina, Grace sale al posto di guida mette in moto e io resto lì a vederli andare via, poi rientro in stanza.

Cavolo, l'ho fatta bella oggi!
Eppure non li ho persi di vista un attimo, com'è potuto accadere...
Grace era furiosa, giustamente.
Speriamo che non Elliott non abbia niente di rotto.
Certo sono proprio stato uno stupido, avrei dovuto stare più attento.

"Papaà. Papaà" la mia piccola Mia mi distoglie dai miei pensieri
"Che c'è patatina?"
"Mi  sc-apa pipì"
Mia ha due anni e qualche mese e stiamo cercando di abituarla a controllare i suoi bisogni. Non sempre ci riusciamo, però questa volta, almeno, me lo ha detto.
"Corriamo in bagno, allora" le dico.

La porto in bagno giusto per scoprire che se l'è fatta tutta nel pannolone.
Così la devo lavare, pulire bene, darle la cremina e rimettere il pannolone nuovo e rivestirla.
Ci vuole qualche minuto e quando esco fuori Christian non è più dove lo avevo lasciato!
Lo cerco per tutta la stanza e non lo trovo
Santi numi, dove sarà finito mio figlio?

"Mia dov'è tuo fratello?"
"Non lo ciò, papà. Elo in bagno, io, con te. Mi sc-apava pipì"
Già, che scemo!
Ormai sono fuori di testa. Non capisco quasi più niente.

Ma dov'è Christian.?
"Dai, Mia, aiutami a cercarlo"
"Chitian! Chitian! Dove cei? Veni a giocale con Mia. Chitian!", e così dicendo la mia piccola mi mette a camminare per la stanza.
La guardo. Caracolla qua e là muovendo il sederotto; è veramente buffa. Ma non riesco a ridere, sono troppo preoccupato.
Mio figlio non si trova. Evidentemente non è nella camera d'albergo.
Sì, ma dove sarà andato?
Non può essersi allontanato da solo, sa benissimo che non deve farlo e non l'ha mai fatto, almeno finora.

Forse sono arrivati i mie suoceri ed è andato con loro.
Sì, deve essere così. Magari ci stanno aspettando nella hall dell'albergo.

Vesto in fretta Mia e mi avvio ad uscire per andare nel corpo centrale dell'hotel.
Appena chiudo la porta della dependance, vedo arrivare i genitori di Grace.
"Gnogno, gnogna!" esclama Mia andando loro incontro.
Theo non si fa chiamare due volte e subito si china a prendere la nipotina in braccio.
Io mi rivolgo a Rose
"Rose" le dico "hai visto Christian?"
"No, non l'ho visto. Perché?"
"Perché temo di avere fatto un casino" le rispondo.
E le racconto tutti i fatti della mattinata
"Dai Carrick, non stare ad agitarti, ora. Vedrai che lo troviamo. Magari è al bar a prendere una cioccolata"

Insieme ci dirigiamo verso l'interno dell'hotel.
Nella hall non c'è traccia di mio figlio, così lo andiamo a cercare al bar.
Mentre lo stiamo cercando sentiamo un suono di pianoforte provenire dal Salone dove eravamo la sera prima.

Mi affaccio vedo lui, mio figlio.
Sta suonando il pianoforte.
Completamente immerso, perso dentro la musica, sembra essere in un mondo tutto suo.
Mi soffermo ad ascoltarlo, è bravo, molto bravo.
Ha ragione la sua insegnante, potrebbe avere un futuro come musicista.

Però quello che suona è sempre così triste.
Anche adesso, sta suonando uno degli studi di Chopin.
Il suo amato, malinconico, Chopin.
Fosse per lui non suonerebbe altro.
E posso scommetterci che, come fa anche a casa, appena avrà finito lo riprenderà daccapo.
Fino allo sfinimento.

Di solito quando fa così è turbato, ma non riesco a capire cosa possa essere a turbarlo così tanto.

Entro nella stanza, mi avvicino, gli poso la mano fra i capelli.
Smette di suonare, si ritrae e mi guarda.
Ha gli occhi sconvolti, terrorizzati.
Era tanto tempo che non mi guardava così e che non si ritraeva ad una mia carezza sui suoi capelli.
Ero certo che, ormai, si fidasse totalmente di me.

Ancora mi chiedo che cosa possa essere successo da ridurlo così.
Mi siedo accanto a lui sulla panca del pianoforte.
Si sposta per lasciarmi posto e per lasciare un po' di spazio fra me e lui.
"Christian cosa c'è?" gli chiedo.
"Non picchiarmi, papà!" mi implora.

Picchiarlo? Io? Non ho mai alzato una mano su nessuno dei miei figli e certo non la alzerò su di lui oggi.
"No, che non ti picchio. Ti ho mai picchiato, che tu ricordi?"
"No"
"E ho mai anche solo dato l'impressione di volere picchiare tuo fratello o tua sorella?"
"No"
"E, allora? Non devi avere paura di me. Lo sai che non ti farei mai del male. Ma perché mi chiedi di non picchiarti? Per quale motivo pensi che dovrei essere arrabbiato con te tanto da punirti?"

Lui abbassa gli occhi e mormora
"E' colpa mia"
"Cosa?" gli domando "che cosa dovrebbe essere colpa tua, Christian?"
"Se Lelliott si è fatto male, è colpa mia" sentenzia
"Ma no! E' una stupida caduta sugli sci. Cosa mai vai a pensare. Perché dovrebbe essere colpa tua?"
"Perché gli ho fatto una boccaccia. Ero stato più bravo di lui, ero arrivato in fondo per primo, così mi sono girato e gli ho fatto una boccaccia. Lelliot per guardare me non ha visto in terra ed è caduto. E' colpa mia, papà, si è fatto male per colpa mia"
"Ma mica lo hai fatto apposta!"
"No, non l'ho fatto apposta. Ma l'ho fatto. E' colpa mia, papà. Sono proprio cattivo"
"Ma no che non sei cattivo" di nuovo provo a fargli una carezza fra i capelli che lui questa volta accetta, "non sei cattivo, figlio mio. Sono piccoli dispetti, scaramucce che a volte accadono fra fratelli. Perché pensi queste cose di te?"
Non risponde, scuote la testa ma non risponde.

Nel frattempo sento un rumore di piedini e vedo il viso rabbuiato di mio figlio schiarirsi un attimo in un mezzo sorriso.
"Chitian, Chitian veni a giocae!"
Mia si avvicina al pianoforte, prende la mano di suo fratello e lo porta con se.
Lui la segue senza parlare ma sembra più sereno, ora.
"Dove andate?" gli chiedo vedendoli sparire dietro ad una porta a vetri.
"Siamo qui nella stanza dei giochi, stai tranquillo" mi risponde mio figlio ancora con una parvenza di sorriso sul volto.

Meno male che c'è la piccola! La sua spensieratezza è proprio quello che ci vuole per l'animo tormentato di Christian.

Raggiungo i miei suoceri al bar, mi ci vuole un caffè o anche qualcosa di più forte, vedo che con loro ci sono mia moglie ed Elliott. Mio figlio ha la caviglia sinistra chiusa in uno strano stivaletto nero.
"Allora?" chiedo un po'  preoccupato "come andiamo?"
"Non è  rotto, papà. Meno male! Ma devo tenere questo." indica lo stivaletto dal quale spunta una benda elastica. "E tenere tutto fasciato per 3 settimane almeno. E devo stare attento a come cammino, non devo appoggiare il piede in terra" così dicendo indica una piccola stampella che ha appoggiato alla poltroncina dove è seduto.
"E' solo una slogatura" interviene mia moglie "gli hanno messo una fasciatura rigida e il tutore. Non lo può appoggiare a terra e non può camminare se non aiutato dal bastone. Ma non c'è niente di rotto, e si rimetterà presto. Ora sono più tranquilla"

Sono più tranquillo anch'io. In fondo in fondo temevo che potesse essere più grave, invece siamo stati fortunati. E' andata bene.


POV Grace

Il sole del pomeriggio ci riscalda dalla grande vetrata e ci stiamo rilassando nella hall dell'albergo.
Osserviamo i preparativi per la serata, oggi è il 31 dicembre, e domani inizierà il nuovo decennio.
Saluteremo così gli anni '80 che mi hanno dato molto, un marito, una famiglia e tre splendidi bambini.
Quegli stessi bambini che sono qui davanti ai miei occhi, Mia che dormicchia mentre Christian le legge una fiaba e Elliott che gioca a battaglia navale con suo padre. I miei tre piccoli ... li amo così tanto che mi è quasi impossibile descriverlo.

Non so invece dove siano i miei genitori. Quasi subito dopo pranzo sono andati via dicendo che "dovevano vedere per una cosa" ed è già un po' che mancano.
Sto incominciando a chiedermi che fine abbiano fatto quando li vedo  arrivare ed entrare dalla porta principale.
Sorridendo vengono verso di noi..

"Allora, ragazzi" si rivolgono ai bambini "cosa facciamo oggi?"
"C'è la fiaccolata" esordisce Elliott "mi piacerebbe vederla, ma, con questa gamba, come faccio ad arrivare sulle piste da sci?"
"E ci ciono i fuochi d'artificico!" esclama contenta la piccola Mia.
Elliott guarda sconsolato il suo piede fasciato;
"Forse i fuochi riuscirò a vederli. Magari un po' più da lontano"

"Io dico che riusciremo a fare tutto e a vedere tutto bene, da vicino, proprio all'arrivo delle piste da sci" interviene mio padre
"E come?"
"Io e tua nonna abbiamo noleggiato un fuoristrada. Una vera jeep, come quella dell'esercito, con quella possiamo andare dove vogliamo, anche vicino alle piste da sci. Così non cammini e non stanchi il tuo piedino ... povero piedino acciaccato"
"Già, povero, povero piedino" gli fa eco mia madre mentre si siede vicino a Elliott e gli accarezza la gamba  malconcia.
Elliott ride e dà un bel bacione a sua nonna.
"Il programma" continua mio padre "prevede di andare prima alla Baita a fare merenda, poi andiamo a vedere la fiaccolata e i fuochi."
"E poi?" interviene Mia.
"Poi rientriamo in tempo per la festa di fine anno. E spero che questa signorina voglia ballare con me".
E mio padre prende in braccio la sua nipotina facendole fare un mezzo giro di valzer mentre lei ride felice.

"Voi cosa fate?" chiede poi a me e mio marito.
"Io ..." Carrick è visibilmente imbarazzato "...eehh... noi".

"Vorremmo riposare un po'" intervengo "La giornata è stata intensa e siamo un po' stanchi. Io, poi, mi voglio fare bella,ed essere in splendida forma per stasera"
"Sarai bellissima, mamma" dice il mio Elliott
"Oh, grazie, piccolo" rispondo facendo la finta modesta.
"Di niente, sei sempre bellissima, sei la mia mamma" dice lui. "Ma non chiamarmi più piccolo. Ormai ho dieci anni!"
"Certamente, sei un giovanotto, un bellissimo giovanotto. Ma per la tua mamma sarai sempre piccolo. Tutti voi sarete sempre i miei piccoli"
Sorridi e li abbraccio con lo sguardo. Li abbraccerei tutti anche fisicamente  ma, purtroppo, uno di loro non vuole essere toccato.
"Va bene, allora andiamo!" li esorta mio padre. "Elliot riesci ad arrivare alla macchina?"
Il mio primogenito si alza, fa per prendere la stampella ma questa gli scivola a terra.

Christian, con aria seria e pensierosa, la guarda,  la raccoglie e gliela porge;
"Tieni, Lelliott!"
"Grazie, Chris!"
"Vuoi che ti aiuti?"
"Magari, se mi fai appoggiare un po'"
"No, non toccarmi" lo ammonisce Christian "lo sai che non posso essere toccato. Ti tengo io"
E così dicendo passa il braccio sotto al braccio di Elliott, per sorreggerlo.

Li guardo allontanarsi, mio padre e mia madre con Mia per mano e, dietro, i due fratelli una volta tanto uniti .
Il cuore mi fa un sobbalzo; è un'immagine tanto bella, loro due fianco a fianco, insieme, a braccetto ... la porterò per sempre con me ne sono sicura.

"Che c'è, Signora Grey, guardi i tuoi figli?" interviene una voce alle mie spalle
"Sì" rispondo "oh, Carrick, non sono bellissimi?"
"Splendidi, sono splendidi. Abbiamo proprio tre meravigliose creature", esclama con orgoglio paterno, poi prosegue, malizioso;
 "Tu però, adesso, vieni con me."
 Mi prende per mano
"Dove mi porti?"
"Nel nostro appartamento. Non hai detto che volevi riposare?" dice con uno strano sogghigno.

Lo seguo, arrivati alla  nostra casetta, lui, tranquillo, prende le chiavi, apre la porta e...
Proprio nel centro della dependance che occupiamo c'è un enorme mazzo di fiori, rose rosse, bellissimo. Proprio a fianco un cestello dal quale fa capolino una bottiglia di champagne e due flute. 
"Oddio, Carrick, i miei fiori preferiti! E lo champagne! Per caso volervi sedurmi?"
Faccio la voce fintamente severa ma sto ridendo, felice.
"Io voglio sempre sedurti"
"E ci riesci ogni volta"
"Sono perdonato per questa mattina?"
"No, sei tu che devi perdonare me. Ti ho accusato ingiustamente. Non potevi averne colpa, è stato un incidente, poteva capitare a chiunque. Ho reagito da isterica, e non avrei dovuto, soprattutto perché sono un medico. Ma, prima di tutto sono una mamma, e sapere che uno dei mie bambini stava male, beh, mi ha mandato in crisi.. Scusami Carrick"
"Scuse accettate, mia bella signora. Sei la mamma più fantastica, bella e sexy che esista al mondo. Ti amo tanto"
"Anch'io ti amo, Mr Grey. Immensamente, enormemente"
E, senza altre parole, le nostre bocche si uniscono un un lungo, interminabile, passionale bacio.

E' ormai sera, e sono stesa sule letto fra le braccia di mio marito. Abbiamo fatto l'amore a lungo, dolcemente e appassionatamente. Ho la testa posata sul suo petto e lui mi sta dando piccoli baci fra i capelli.
In lontananza si sente il rumore dei fuochi d'artificio.
"Chissà come si staranno divertendo i bambini!" esclama ad un certo punto mio marito "sono stati due tesori i tuoi genitori ad occuparsi di tutta la faccenda. Ho due suoceri favolosi"
"E la figlia?" chiedo, tutta languida.
"La figlia ha tutta l'aria di essere stata scopata alla grande, oggi pomeriggio. Come ti senti signora Grey?"
"Come una che è stata scopata alla grande, mio signor marito"
"Ti dispiace di non essere andata a vedere i fuochi?"
"No, sono contenta che abbiamo avuto questo piccolo momento per noi"

Carrick si china verso di me, mi bacia nuovamente sulla bocca, poi si solleva un po' a sedere prende i due calici, la bottiglia di champagne già aperta e li riempie.
Mentre anch'io mi sollevo a sedere, me ne porge uno
"Sei bellissima, così scarmigliata. Buon 1990, Grace"
"Buon 1990, amore mio"
Intrecciamo le coppe, come d'usanza, e brindiamo.
Questa notte brinderemo ancora al nuovo anno, ma non sarà mai bello come in questo pomeriggio fra noi due soli.


Quante cose da dire, questa volta ...

Allora, innanzitutto, spero che non vi abbia dato fastidio questo risvolto sexy fra Grace e Carrick, in fin dei conti sono una coppia e il sesso è una cosa importante per la vita di ogni coppia. Ho fatto Carrick un po' simile al Christian adulto senza sado-maso, comunque. Spero che non vi spiaccia, questo risvolto.  

Questione numero due, la più delicata: Christian che prende Elliott a braccetto.  Sono stata un po' dubbiosa se inserire o meno questa scena, fatemi sapere se ci sta col carattere del personaggio, a vostro parere. Lui non vuole essere toccato, però non mi pare abbia problemi a toccare gli altri, nei libri originali e dimostra anche un certo affetto per Elliott, in fondo. Spero di non avere esagerato troppo nel renderlo troppo partecipe alla disavventura di suo fratello.  Per certi aspetti Christian dovrebbe essere freddo e distaccato. Ma, fra le righe, si capisce che non è affatto così. E, ogni tanto, un po' di interazione fra i due fratelli dee pur esserci stata, almeno lo spero. 

Terza cosa, la più irrilevante. Nel descrivere la festa di fine anno in montagna, mi sono ispirata ai festeggiamenti  cui ho partecipato, anni fa, durante alcune vacanze in Trentino. Non so se gli americani festeggiano come noi in Italia, magari ho scritto un mare di fesserie. Nel caso perdonatemi.

Infine, penso che si sia capito dalla storia che i nostri tre piccoli sono un po' cresciuti: Elliott ha ormai 10 anni, Christian otto e Mia ne ha due. Nel raffigurarli, come sempre, mi sono ispirata ai miei nipoti.

Okay, è tutto

Bacioni
Sempre Love
Jessie
















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Capitolo 20
*** La mia famiglia ***


la mia famiglia

La mia famiglia


POV Christian

Sono a scuola, ma non siamo ancora in classe.
Mi trovo davanti al mio armadietto mentre sto prendendo i libri per la lezione di lingua inglese.
Chiudo l'antina col lucchetto, mi volto e ... me lo trovo di fronte.
Tony Springfield, il bullo della scuola.
Non passa giorno che non mi venga a dare noia.
Mi prende in giro, mi dà degli strani nomi, mi fa cadere i libri.
E mai nessuno che gli dice niente perché sua zia è insegnante, anche se non in questa scuola.
Ma qui conosce tutti, le mie insegnanti, la preside, persino l'inserviente.
Sono tutti amici suoi.

Quindi figuriamoci se qualcuno glielo tocca, il suo nipotino.
Quel bastardo raccomandato, mi sta proprio antipatico

Cerco di fare finta di niente e di andarmene per la mia strada, ma Tony mi si para davanti, vicinissimo, posso sentire la puzza dei suoi denti marci.

"Dove credi di andare, stronzetto? Di qui non si passa"
E, dicendo queste parole, mi dà uno spintone sulla spalla.
Io non sopporto di essere chiamato stronzetto, mi fa ritornare in mente una cosa che mi è successa tanti anni fa, e che mi ha fatto stare tanto male.
E non voglio assolutamente  essere toccato.
E lui lo sa, lo sa benissimo, lo sanno tutti in questa scuola, lo sta facendo apposta, per provocarmi.

E' un attimo, non capisco più niente, vedo quasi tutto nero e mi lancio contro quello schifoso di Tony, prendendolo a pugni.
E' un osso duro, non è come Lelliott, lui veramente si sa difendere.
Riesce a buttarmi in terra ed è sopra di me: mi sta restituendo i pugni che già gli ho dato.
Facendo forza sulla schiena ribalto la situazione e, adesso, sono io sopra di lui. Gli mollo un ceffone in viso, e gli tiro forte i capelli.
Lui strilla dal dolore (ah ah! soffre le tirate di capelli!) e si aggrappa alle mie braccia per tenermi lontano.
Gli prendo le mani, le abbasso e gli mordo la destra. Lui strilla forte ora, di dolore e per un attimo molla la presa.
Lo sovrasto, è in mano mia, adesso.
Posso farne quello che voglio.
Sto per dargliene tante ma tante da ricordarsene per un bel po'.
Quando arriva qualcuno alle mie spalle.

"Christian!" una voce autoritaria, anche se di donna risuona nel corridoio, dietro di me  "cosa ci eravamo detti?"
Porca miseria, la preside!



POV Grace

"C'è una telefonata per te, Grace"
Stephanie, la mia collega mi chiama dal corridoio.
Sono al lavoro e sto visitando uno dei miei piccoli pazienti.
Il piccolino ha avuto un attacco molto forte di acetone, è pallido, stanco e disidratato, ma ha accanto una famiglia che lo accudisce con amore. Il babbo, la mamma, persino i nonni e gli zii, fanno in modo che non sia mai da solo. Lo accarezzano, lo coccolano, lo baciano. Cercano in tutti i modi di fargli dimenticare che sta male.

Quando guardo questi bambini, mi viene sempre in mente il mio piccolo Christian, quando lo hanno ricoverato qui.
Così solo, spaventato, magro da fare paura con quegli evidenti segni di maltrattamento.
Il mio povero, piccolo bambino. Mio figlio, il mio adorato Christian.
Carrick talvolta mi prende in giro, dice che ho una predilezione particolare per lui.
Forse è vero, ma una mamma ama più di ogni altro il figlio più fragile, più debole, quello con più problemi.
E lui ne ha avuti tanti, povera creatura.
E anche ora, che è ormai un ragazzino, che sta bene, non è più denutrito e nessuno ha alzato le mani su di lui da ormai molti, molti anni, anche adesso, ha una rabbia dentro di se e una malinconia nei modi e nello sguardo, che mi fanno stringere il cuore.

"Grace, ti muovi?" la voce di Steph, mi fa quasi sobbalzare e mi distoglie dai mie pensieri.
"Come?";
"Ti vogliono al telefono!" mi guarda quasi esasperata.
"Hai saputo chi possa essere?" le chiedo ;
"Dicono che è la scuola di tuo figlio"
"Quale figlio?" comincio ad allarmarmi
"Christian. Mi pare di avere capito che sia uno degli insegnati di tuo figlio Christian".

Oddio, che mai sarà successo?
Mi avvicino al telefono con una certa apprensione.

"Dottoressa Grey?", la voce dall'altra parte delle cornetta è ferma e fredda, è una voce femminile, piuttosto sgradevole.
"Dica?" la mia voce, invece trema leggermente;
"Buongiorno sono la preside di suo figlio Christian. Potrebbe venire qui a scuola?"
"Subito?" rispondo agitatissima;
"Sì, subito, se può venire"
"Ma mio figlio ... non è che gli è successo qualcosa? Sta bene, vero?"
"Sì sta bene, non si preoccupi"
"Potrei parlare con lui? O è a lezione?"
"Beh ... dovrebbe essere a lezione. In realtà è qui nel mio ufficio. "
"Perché?"
"E' in castigo. Si è azzuffato con un compagno. Lo abbiamo sospeso dalle lezioni e dovrebbe venire a prenderlo"

Ecco, ci siamo, penso esasperata.
Avevo sempre temuto un momento come questo.
Sapevo in cuor mio che la rabbia così profonda viscerale, che mio figlio tira fuori ad ogni momento, con tutti, con me, con suo padre, con suo fratello, lo avrebbe portato alla violenza.
Avevo sempre temuto che un giorno sarebbe potuto accadere qualcosa come questo.
E ora ci siamo.
Chiedo a Steph se mi può sostituire ("sì certo, vai tranquilla Grace"), mi cambio, scendo nel parcheggio, prendo la macchina e mi avvio verso la scuola.

Appena entro mi faccio indicare l'ufficio del preside e lo raggiungo appena prima del suono della campanella.
Entro e la prima cosa che vedo è mio figlio.
E' in uno stato a dir poco pietoso, sporco, arruffato, con la maglietta strappata, segni di graffi e un grosso livido sul viso.
"Christian!" gli dico "cosa ti è successo"
"Ho fatto a botte" mi risponde, vergognandosi un po'.
"E adesso sei sospeso dalle lezioni, vero Christian?" interviene la signora alta e bionda, qui davanti a me.  
"Scusi?" le chiedo, sorpresa dal fatto che sia intervenuta, così, senza nemmeno presentarsi.
"Lei è la mamma di Christian, vero?"
 Caspita che acume !!! 
"Sì, certo" rispondo,
"Mi scusi se non mi sono presentata prima. Sono Mrs Jones, la preside" e mi tende la mano.
Beh , almeno non è del tutto maleducata.
"Grace Trevelyan Grey, piacere" stringo la mano curatissima della signora vergognandomi un po' del mio smalto sbeccato. Ma con tre bambini e il lavoro, certe volte, il lato estetico viene talvolta trascurato.

"Signora" prosegue la preside "suo figlio ci sta dando parecchio da pensare. Innanzitutto è solito azzuffarsi con gli altri bambini. Episodi come quello di oggi non sono assolutamente rari. Il suo bambino è un vero attaccabrighe e ..."
Si ferma mi guarda, poi si allontana, si dirige verso la scrivania e preme un pulsante.
Si sente come un lontano squillo di campanello e, dopo pochi minuti, un uomo vestito semplicemente di una tuta da lavoro entra nella nostra stanza,
"Buongiorno, Mr. Scott. Sarebbe così gentile di prendersi cura di Christian, mentre io parlo con sua madre?"
L'uomo entra, mi guarda, scuote le testa e rimane sulla porta aspettando mio figlio.
"Christian" dice poi Mrs Jones rivolgendosi a mio figlio "ti dispiacerebbe andare con Mr. Scott?"
"No, signora" risponde lui, alzandosi e dirigendosi verso la porta.
L'uomo lo fa passare, lo segue e, nell'ansarsene, chiude la porta.

"Signora Grey, suo figlio ci sta dando parecchi grattacapi. E' ribelle, rabbioso, asociale. Fa sempre a botte con gli altri bambini, non riesce ad avere altro tipo di contatto che non sia violento. Non so proprio cosa fare con lui. Mi creda, molti genitori già si sono lamentati. Lo abbiamo richiamato parecchie volte, per vedere di dissuaderlo dal tenere questo tipo di comportamento, ma invano. Adesso, mi creda, ho dovuto sospenderlo per una settimana. Non ho potuto fare altrimenti. Devo pensare anche agli altri bambini";

Ribelle, rabbioso, asociale! Fa male sentirselo dire. Fa veramente tanto male, soprattutto perché sono giudizi che provengono da un estraneo che non conosce affatto il mio bambino. E che, forse, non si è nemmeno premurato di leggere quello che lo psicologo ha scritto su di lui. Altrimenti non parlerebbe così.
"Scusi, Mrs Jones, ma mio figlio ha avuto parecchi problemi, in passato. Non ha letto la lettere dello psicologo che lo ha in cura?"
"No, non le leggo quelle cose. Perdoni la franchezza ma le ritengo tutte stupidaggini. I bambini hanno il dovere a scuola di comportarsi bene e di imparare. Vi conosco bene voi genitori, soprattutto voi delle classi più abbienti. Vi occupate poco dei vostri figli, li lasciate crescere come dei piccoli selvaggi, viziati e accontentati in tutto e per tutto. Poi pagate uno psicologo che, con un bel foglietto e quattro paroloni, giustificherebbe anche il demonio, se potesse. Mia cara signora, con me non attacca"

Ma come si permette? Come, di giudicare così, senza sapere niente di mio figlio, di quanto ha sofferto nei suoi primi anni di vita?
"Mi scusi, Mrs Jones" intervengo "le cose non stanno come crede lei ..."
E le racconto tutto , di Christian, di come lo abbiamo conosciuto, delle condizioni in cui era, di quello che ha visto, subito, delle torture fisiche e psicologiche che ha dovuto sopportare.
Lei ascolta impassibile senza un battito di ciglia, senza mostrare la minima emozione o empatia.
E quando parle, le sue parole pesano come un macigno.
"Così, lei, signora ha pensato bene di adottare il figlio di una prostituta drogata? Praticamente un rifiuto della società, un disadattato? E lo ha portato nei quartieri alti, gli ha dato una bella casa, tanti giocattoli, tanti vestiti, lo ha iscritto in una scuola rinomata. Ma lo sa che la sua iniziativa è destinata al fallimento?"

Sono basita.
Resto di sasso, stupita da tanta cattiveria e freddezza.
Ma come osa?
Cerco di i replicare ma sono talmente scioccata che mi mancano quasi le parole.
"Mi stia a sentire..." balbetto quasi, a mezza voce
"Non ho finito" replica, fredda "lei crede di avere fatto del bene, nella sua bontà, meglio nel suo buonismo. Di sicuro avrà pensato: mi prendo questo povero infelice e cerco di dargli tutto quello che finora gli è mancato, una casa, una famiglia. Ma non ha mai pensato che così lo ha sradicato dal suo ambiente e lo ha portato in una realtà non sua, nella quale non si sente a suo agio? Non ha pensato che lui si sarebbe sentito un pesce fuor d'acqua?"
"Non è vero! Christian con noi sta benissimo!" replico, seccata.
"Ah sì? E allora legga qua" e mi porge un quaderno a righe.
Lo riconosco, è il quaderno di mio figlio.

Leggo la pagina che la preside mi sta indicando.
E' un tema, una composizione intitolata "La mia famiglia".
I primi paragrafi li trovo divertenti e mi sorprendo in più punti a sorridere.
Christian ha tratteggiato con garbo e ironia ogni componente della famiglia: me, suo padre, suo fratello, i nonni. E nel parlare della sorellina ha mostrato tutto l'affetto e la tenerezza che li lega.
Poi però, nel parlare di se stesso , la narrazione si fa più cupa, meno leggera.
Accenna solo brevemente ai suoi veri problemi, agli incubi, al suo passato.
Ma il tono verso se stesso è negativo, quasi accusatorio.
Ed è  la frase finale quella che mi mette definitivamente al tappeto:
"Questa è la mia famiglia, tutti belli e perfetti. Tutti sorridenti e felici. Tutti eccetto me. Io non sono perfetto, non sono felice, non sono bello e non sono sorridente. Non sono come loro. Io sono come un corpo estraneo"

Mio, Dio! Christian, ma cosa devo mai fare per farti capire che noi ti amiamo e ti accettiamo così come sei? Che nessuno di noi è perfetto, nessuno di noi si sente superiore a te. Siamo la tua famiglia, per l'amore del cielo, ti vogliamo felice e sorridente, ma sappiamo capire i tuoi momenti "no". E sei perfetto così come sei, sei bellissimo e molto intelligente, figlio mio. Sei un piccolo angelo caduto nelle nostre vite! Santo cielo, bimbo mio. Ti amo più di ogni altra cosa al mondo. Come posso fartelo capire?

Inaspettata una lacrima mi scivola fuori dall'angolo dell'occhio e scende lungo la guancia.
La asciugo con stizza.
Guardo la preside, il suo sguardo severo, cattivo, giudicante.
"Capisce, signora?" mi dice "quando le dico che , forse, non ha fatto il bene del bambino ad adottarlo"?"
"E cosa avrei dovuto fare, secondo lei? Lasciarlo in una casa famiglia? Lasciarlo al primo che capita? Farlo diventare oggetto di qualche mercimonio? Veramente pensa che lasciandolo a se stesso avrei fatto il suo bene?"
"La mela non cade mai, non può cadere lontano dall'albero che l'ha generata. Signora, quel bambino le darà un sacco di problemi"
"Lo so" rispondo ora veramente alterata "lo sappiamo sia io, sia mio marito. Ma non ci importa. Perché un giorno riusciremo a farlo sentire veramente amato. Un giorno ce la faremo. E allora ne sarà valsa realmente la pena di affrontare tutti i problemi. Perché lui non ne ha colpa del modo in cui è venuto al mondo. Christian non è problematico o cattivo, è il mondo che lo circonda, a partire dalla persone come lei, che è sbagliato"
"Signora Grey, adesso basta!" sbotta, adirata " se crede che io me stia qui a farmi insultare da lei, si sbaglia di grosso"
"Dottoressa Trevelyan Grey, per favore. E beninteso, sono io che non starò qui un minuto di più a farmi insultare. E non solo me, anche mio figlio e la mia famiglia. Adesso basta! Me ne vado e a mai più rivederci. Toglierò il mio Christian da questo istituto diretto da una povera stronza, da un essere senza cuore e senza pietà quale lei è."
E mi alzo, vado alla porta, la apro ed esco senza salutare e senza voltarmi indietro.



POV Carrick

Rientro a casa dal lavoro e trovo mia moglie in lacrime, sul divano del soggiorno.
Grace è una donna molto emotiva e con un cuore grosso così. Però non è da lei piangere a questo modo.
E' proprio disperata, ha gli occhi rossi, gonfi, il corpo scosso dai singhiozzi.
Provo una grande pena a vederla così.
"Grace" mi avvicino, mi inginocchio davanti a lei "cosa c'è? Dove sono i bambini? Perché piangi?"
"Elliott è a fare i compiti "risponde fra i singhiozzi "Mia sta vedendo un cartone e Christian è in castigo sulle scale della cantina"
"Perché è in castigo?"
"Perché ha fatto di nuovo a botte a scuola  e l'hanno sospeso. Ma c'è dell'altro ..."
E, fra lacrime e singhiozzi, Grace mi racconta della chiamata da scuola e del colloquio con la preside.
Poi mi dice: "Leggi qui".
E mi porge un quaderno a righe,  il quaderno di Christian.

Leggo il tema che ha scritto sulla sua famiglia inizialmente lo trovo divertente, ben scritto.
Ma, via via che procedo, il divertimento diminuisce e, quando arrivo, alla frase finale sento il sangue che mi si raggela nelle vene.
Davvero ha scritto questo?
Davvero lui si sente così?
Scuoto la testa, pensieroso, sento un dolore forte, nel cuore. Sembra quasi che una gigantesca mano me lo stia stritolando.
Mi sposto e mi siedo sul divano insieme a mia moglie.
Le prendo la mano gliela bacio.
Restiamo per un po' così, mano nella mano, affranti, condividendo la medesima, spiazzante sensazione.
E in mente un'unica terribile domanda.
"Carrick" Grace rompe il silenzio ed esprime le paure di entrambi "dove abbiamo sbagliato?" chiede con una vocetta sottile sottile?
"Non lo so, tesoro mio. Non lo so proprio"
"Cosa facciamo adesso? Cioè se lui non si sente bene con noi? Cosa possiamo fare?"
"Non lo so. Gli stiamo dando tutto l'amore possibile, quello che riusciamo a dargli. Certe volte è come andare a sbattere contro un muro di gomma, sembra davvero che lui non sappia cosa farsene, tanto è chiuso in se stesso. Però non riesco a vedere altro modo: amarlo e cercare di capirlo. Senza, però, essere troppo indulgenti verso la sua propensione alla violenza. Non possiamo lasciare correre certe cose. Per il suo bene, soprattutto. Peché impari a vivere ed interagire con gli altri".

Grace annuisce e mi guarda.
Ricomincia a piangere, silenziosamente.
"Abbracciami Carrick" mi dice, supplichevole "tienimi stretta. Ti prego. Ne ho bisogno"
Non me lo faccio ripetere due volte; la stringo forte fra le bracca, la cullo e lei, con il viso appoggiato sul mio petto, riesce a dare libero sfogo a tutte le sue lacrime.

Più tardi, dopo avere consolato mia moglie, andrò a parlare con mio figlio.
Ancora non so che cosa gli dirò.
Forse non gli dirò niente e mi limiterò a liberarlo dal castigo.
Domani se sarà possibile cercherò di vedere lo psicologo che lo ha in cura e decidere insieme il da farsi.
Non è una situazione facile.
Lo sapevamo quando lo abbiamo preso con noi che non sarebbe stato per niente facile.
Ma l'impegno che ci siamo presi, con lui, non è solo di crescerlo e fare in modo che non gli manchi niente.
E' anche di cercare di capirlo e ricostruirne l'anima, devastata da tante violenze e maltrattamenti nei primissimi anni di vita.
Purtroppo richiede tanto tempo, forse molto più tempo di quanto pensavamo.
Perché basta poco per distruggere ma ci vuole tanto impegno e fatica a ricostruire.

Grace si scioglie dal mio abbraccio, mi guarda, si scuote.
"Okay, grazie Carrick. Dovevo proprio sfogarmi. Ora sarà meglio che mi dia da fare. Ho tre bambini ai quali pensare"
"Sei una mamma straordinaria, Grace" le sussurro ammirato "Lascia che vada io da Christian. Sei ancora tanto scossa e, per il suo bene, meglio che non ti veda così"
"Lo faresti? Grazie!"
Mi accarezza il viso.
Prendo la sua mano, la bacio, poi la lascio andare.
Lei sale le scale verso le camerette di Elliott e Mia, mentre io mi dirigo verso le scale della cantina, da Christian.

Lo trovo seduto su di un gradino, come gli abbiamo detto di fare quando è in castigo.
Mi vede e ha un sussulto, poi si tranquillizza quasi subito.
"Ciao, papà" mi dice, senza tanto entusiasmo.
"Ciao, figliolo" mi siedo vicino a lui.
"La mamma mi ha messo in castigo"
"Lo so"
"Sai anche il perché?"
"Sì, tua madre me lo ha detto. Mi ha detto tutto"
"E sei arrabbiato?"
"Sì, sono arrabbiato. E deluso, molto deluso dal tuo comportamento. Mi avevi promesso che non avresti fatto più a botte".
Non risponde, mi guarda, alza le spalle e non risponde.
Poi ritorna a guardare in basso.
"Christian" gli dico e cerco di usare il mio tono di voce più tranquillo e pacato "non devi fare a botte. Non farlo mai più. Okay?".
Non risponde, e non insisto. Ora come ora non saprei proprio cosa dirgli.
Mi alzo e gli tendo la mano.
"Vieni, non sei più in castigo. Andiamo, ormai è quasi ora di cena"

Si alza da solo, senza prendere la mia mano e, silenziosamente, mi precede solitario verso la sala da pranzo.


Chiudo così il capitolo, con Christian chiuso in se stesso.

Ritroviamo qui, non più il bambino, ma il ragazzino. E molte delle sue azioni e dei suoi pensieri sono quelli che poi, da adulto, confesserà ad Ana ("non è facile vivere in una famiglia perfetta") o, comunque, esprimerà con il proprio comportamento.
E quindi lui esprime il suo disagio in una tema scritto a scuola, che la preside (stronza) fa leggere a Grace, per pura cattiveria. Le idee della preside sono, purtroppo, le idee che aveva un'amica di mia madre, la mia mamma, però, non era per niente così. Fortunatamente.
Per il resto vi chiedo scusa se aggiorno di rado, ma il lavoro mi prende parecchio tempo, e comunque , come ho già detto, voglio postare solo se veramente ne sono convinta, non così per fare.

E' tutto, aspetto la vostre recensioni e vi dò già appuntamento per il prossimo capitolo.
Anche se non potrei dirvi quando uscirà

Baci
Jessie











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Capitolo 21
*** Elena ***


che problema hai

Elena



POV Christian

Oggi sono a casa da scuola.
Pare che io sia stato sospeso.
Sospeso perché mi hanno beccato a menarmi con Tony Springfield quel bastardo figlio di puttana, raccomandato e viscido come un mollusco andato a male.
La preside non me lo ha perdonato, non questa volta.
Così ha fatto sapere a mia madre che sono un problema per la loro scuola borghese e benestante e lei è stata costretta a cambiarmi di istituto.
Poco male, quella scuola mi faceva schifo.
E quella carampana della preside, quella la odiavo.
E la odio tutt'ora.

Quello che mi secca di più è stato di essere stato l'unico ad essere punito e l'unico al quale hanno mandato a chiamare la madre.
Tony niente.
Già lui è figlio di un insegnante, il bastardo.
E così la mamma mi ha messo in castigo e mi ha detto che non tornerò più in quella scuola perché non sono "ben accettato".
Ovvero non ne sono degno, più semplice di così.

Oggi in teoria non sarei più in castigo, non sulle scale della cantina, almeno. Però mi è stato ordinato di non muovermi dalla mia cameretta.
La mamma mi ha detto che per me questa non è una giornata di vacanza, ma di punizione.
Mi ha detto che un giorno chiuso in casa a riflettere non avrebbe potuto che farmi del bene, e quindi non posso uscire, nemmeno qui nel giardino di casa.
E questo mi dispiace, perché è una bella giornata di sole e andrei volentieri a fare rimbalzare il pallone contro al muro della rimessa.
Non mi dispiace invece non potere incontrare nessuno, tanto non ho amici; sto antipatico a tutti.
Ma chi se ne frega, sto bene da solo, non ne voglio di amici.
La mia unica amica è Mia, la mia sorellina.
Non ne desidero altri.

La mamma oggi è a casa, credo che vada a lavorare questa sera, ha il "turno di notte" come dice lei.
Sta giù al piano di sotto, credo che sia con una sua amica e Mia dovrebbe essere con loro.
Apro appena la porta e le sento chiacchierare, sento una voce di donna, un po' stridula, fare i complimenti a mia sorella "Ma che bella bambina!" dice, "ma che angioletto!".
Mia le risponde ridendo e tutta contenta dice "Glasie, glasie ... io ciono una bela bambina, e ciono buona, molto buona"
"Ma che carina! Sei proprio tanto carina" ripete la vocetta stridula.
Chissà chi è?

Ma, alla fine, chi se ne frega! Tanto di certo non farà mai i complimenti a me, figuriamoci.
Io non piaccio  a nessuno, ormai è chiaro.

Prendo un libro e, per ingannare la noia, mi metto a leggere.
Moby Dick: mi piace la storia del capitano Achab, arrabbiato e vendicativo, è uno dei miei personaggi preferiti.
Mi piacerebbe essere come lui e dare la caccia a tutti quelli che mi hanno fatto del male.
Una volta presi farei a loro quello che hanno fatto a me.
Forse anche di peggio.

Sono steso sul letto a pancia in giù, tutto preso dalla storia, quando la porta si pare ed entra Lelliott come una furia.
"Tu, tu" viene verso di me arrabbiatissimo, minaccioso, quasi,  "piccolo bastardo. Si può sapere che problemi hai?";
"Cosa ti prende, Lelliott? Si può sapere cosa vuoi";
"La mamma ieri piangeva, ieri sera. Io l'ho sentita. Era con papà e piangeva. Ma tu non ti sei accorto di niente, vero brutto stronzo?"
"Senti, cagasotto e cocco di mamma, io ero in castigo, seduto sulle scale della cantina. Come potevo accorgermene?"
"Avresti dovuto, perché quasi sicuramente piangeva a causa tua"

A causa mia?
La mamma piangeva a causa mia.
Io non voglio che la mamma pianga, non voglio essere io a farla piangere.
Ma succede sempre, è inevitabile.
Finisce sempre che faccio qualcosa di sbagliato e la mamma, poi, piange.
Ma quello sbagliato sono io, lo so.
Certe volte mi domando cosa ci faccio qui.
Sono solo il figlio di una puttana drogata, non sono come gli altri.
Sono il rifiuto della società.
Sono ... oh, dannazione, sono il peggio del peggio. Sarebbe meglio che non fossi mai nato.
E mio fratello, qui davanti a me, bello, biondo e ricciuto, con indosso il blazer blu da bravo ragazzo mi chiede che problemi ho.

Già, che problemi ho?
Come se non si sapesse!

Ho che ho passato quattro anni di inferno e, purtroppo, ricordo tutto.
Ho che non riesco a farmi toccare, non lo sopporto. Eppure darei tutto per avere l'abbraccio e i baci di mia madre o di mio padre.
Quelli che hai tu, Lelliott, e senza fare fatica, proprio così.
Ho che di notte, certe volte, non riesco a dormire a causa di incubi tremendi. E quando vado a letto ho sempre paura di fare brutti sogni. Certe volte non riesco neppure a dormire.
E sono arrabbiato, veramente arrabbiato
Col mondo, con tutti, ma soprattutto con me stesso.

Questo vorrei dire a mio fratello, ma qualcosa dentro me lo impedisce, ho paura a dire quello che provo dentro. Non ci riesco.

"Bastardo" esclama allora lui, improvvisamente, e si lancia contro di me.
Cosa fare, se non difendermi? Mi devo lasciare menare?
Non sia mai.
Così reagisco e, subito, finiamo entrambi per terra e ci azzuffiamo come due gatti randagi.

Non credevo che Lelliott fosse diventato un osso così duro da combattere. Devo dire che fa più resistenza di quanto non pensavo.
Mi dà morsi, calci, si difende come può.
Ma io sono più arrabbiato e, come sempre, riesco ad avere la meglio.
Così finisco a cavalcioni sopra di lui,
"Arrenditi" gli dico;
"NO" risponde;
"Lelliott, lo sai che potrei farti del male. Arrenditi!";
"Col cavolo. Non mollo. Non dopo che mi hai dato del cagasotto e del cocco di mamma. Ammazzami pure!"
"Lelliott, attento!";
"E poi, cocco di mamma ... che idea del cavolo! Si capisce perfettamente che il preferito dalla mamma sei tu! Perché, poi , con tutti i problemi che le dai. Ma ti muore dietro. Non dirmi che non te ne sei accorto"
Io? Davvero?  No, ragazzino, ti sbagli. Non è possibile. Non posso essere io il preferito della mamma.
Io sono il ragazzo cattivo, la mela marcia, quello che la fa piangere.
Non può essere che mi preferisca agli altri.

"Non è vero" gli rispondo;
"Sì, è vero";
"Guarda che ...";

"Elliott! Christian! Si può sapere che state facendo?"

La mamma ci sta guardando severa dalla porta, con lei ci sono Mia e una signora bionda.
"Niente, mamma" mi rialzo mentre Lelliott si mette a sedere.
"Stavamo giocando" interviene
"Sì giocando a fare la lotta; Lelliott mi stava facendo vedere come si fa la lotta greco-romana"

"Non è che vi stavate azzuffando, vero?"
"No, mamma. Stavamo giocando, vero Christian?"
"Sì, sì" rispondo.

Se la mamma scopre che ci stavamo picchiando sono guai seri. E non voglio finire di nuovo in castigo sulle scale della cantina.

"Va bene" dice la mamma "diciamo che vi credo. Su adesso, da bravi bambini, venite a salutare la mia amica Elena. Elena ti presento i miei due figli.  Elliott e Christian"
"Buona sera, signora Elena" dice subito Elliott, avvicinandosi alla bionda e guardandola un po' con sospetto.
"Buona sera" riesco a dire io a malapena, imbarazzatissimo.

Perché questa signora mi ha profondamente colpito.
E' molto bella, la donna più bella che io abbia mai visto.
Ha i capelli biondi, come la mamma, e gli occhi azzurri, proprio come lei.
Ma porta i capelli lunghi fino sulle spalle, morbidi e setosi. Mi viene voglia di spazzolarli e legarli in una treccia.
E gli occhi non sono dolci come quelli della mamma, anzi lo sguardo è duro, altezzoso.
Però sono bellissimi.
C'è qualcosa nei suoi occhi che mi fa venire voglia di guardarli e poi di abbassare lo sguardo.

Elena, hanno detto che si chiama.

Elena, questo nome mi ricorda quello di qualcuno, con cui vivevo tanto tempo fa.
Ella, la mia ex-mamma, la puttana drogata.
Questa signora ha quasi il suo nome.



POV Elena

E così questi sarebbero i figli di Grace.
E' tutto il pomeriggio che non fa che parlare di loro.
Che noia!

Io non ho figli, non ne ho voluti.
Non mi ci vedo a fare la madre devota, solo al pensiero dei pannolini e delle cacchine da pulire mi viene il vomito.
E non sopporto i mocciosetti urlanti per la casa.
Preferisco averci un bel gatto o un cane, ovviamente di razza, a quelle bestioline urlanti che poi crescendo diventeranno fanciullini saccenti e impertinenti.
Poi non credo che li avrei potuti amare.
Io non so cosa voglia dire amare, veramente.
Non posso farci niente, credo, ma non riesco a provare sentimenti o attaccamento verso nessuno.
non sono mai stata amata da mio padre o da mia madre, per loro ero solo un impiccio, la foglia che non avrebbero voluto ma che è capitata per caso.

Sono crescita da sola e chiusa in me stessa.
Appena ho avuto l'età ho iniziato a fare sesso con i miei compagni di scuola.
Ero bella e disponibile, così avevo stuoli di ammiratori alle mie calcagna.
Ero diventata molto molto popolare e non solo nella mia scuola.
Ma non ho mai avuto quello che si dice un "fidanzatino", uno che ti regala i fiori e i cioccolatini.
Non mi interessava: non me ne è mai  fregato un tubo di tutte quelle sdolcinatezze fra innamorati. A me piaceva solo scopare, e farlo più volte possibile.

Io e mio marito ci siamo messi insieme solo per comune reciproco interesse, a lui serviva una bella moglie, di classe che gli facesse fare bella figura con la sua altezzosa famiglia e nelle cene di lavoro.
A me facevano gola i suoi soldi.
Ma non ci amiamo, non ci siamo mai amati.
Il nostro matrimonio è un contratto, semplicemente.
Non c'è neanche attrazione fisica e, ogni volta che facciamo sesso è una noia mortale.
E' una specie di azione meccanica, un dovere coniugale.
Ho avuto molte esperienze e ognuno è stata molto più interessante rispetto a questa cosa senza senso che faccio con mio marito.
Faccio fatica a provare qualcosa al di là di una breve, fiacca eccitazione. Certe volte non vengo nemmeno e non mi curo nemmeno di  fingere perché so che a lui non importa.
Per Linc sono solo una cosa, un oggetto che può mostrare in giro, come essere umano non esisto.

Così vado a prendermi le mie soddisfazioni fuori, dove capita.
Ci sono tanti bei ragazzi disposti a soddisfare ogni mio capriccio.
Mi piacciono giovani, più giovani sono meglio è.
Certo, devo fare molta attenzione, perché se Linc solo scoprisse che lo tradisco, credo che mi ammazzerebbe di botte.
E' un tipo molto violento, possessivo.
La sua posizione nella società lo porta a dimostrare di essere sempre vincente, e, se si sapesse in giro che sua moglie lo tradisce, quest'aura vittoriosa verrebbe incrinata irrimediabilmente.
La sua gelosia è dettata dal possesso, del desiderio di apparire.
Niente di più, ma non me ne importa niente.
Anzi troverei imbarazzante se lui provasse qualcosa di diverso per me, non saprei come gestirlo.
Quindi faccio quello che mi pare, devo solo stare attenta a non farmi scoprire
E non è poi così difficile se si frequentano gli ambienti giusti.

Guardo i tre bambini qui davanti a me, la piccola è una civettona smorfiosa, tutta mossette e sorrisini. Il biondino è un indubbiamente una bella creatura.
Ma non mi suggeriscono nulla; nessuna sensazione, nessun sentimento.
L'unica cosa che riesco a pensare è quale inesorabile noia sarebbe averceli fra i piedi tutti i giorni.

Poi c'è l'altro bimbo, Christian, il figlio della prostituta, quello problematico.

E' bellissimo, mai visto un bambino più bello in vita mia.
Ha un faccino stupendo, sembra il viso di un angelo. Ma gli occhi, grigi, grandi, espressivi, originalissimi, sono arrabbiati e non hanno per niente lo sguardo di un angelo.
Piuttosto quello di una strana creatura in bilico fra santità e dannazione.
E io ne sono misteriosamente attratta, come se in lui ci fosse qualcosa che lo avvicina inesorabilmente a me.
Come me sembra non sapere che farsene dell'amore e dei sentimenti.
Noto Grace che lo guarda con dolcezza, come se fosse tutta la sua vita, e quasi mi fa rabbia.
Lui rimane freddo e distaccato rispetto a sua madre, mi sembra di avere capito che è un aperta competizione col fratello ma che, invece, adora la sorellina.

Con enorme stupore, mi sorprendo a pensare che mi piacerebbe se fosse mio.
E mi sorprendo anche a pensare che diventerà un adolescente bellissimo.
E, allora, forse sarà mio.

Devo solo aspettare il momento giusto e saperlo cogliere, quando arriverà


Ed ecco che entra in scena Elena.
L'ho descritta come una creatura vuota, senza sentimenti, dedita solo al sesso e all'esteriorità. Scusate ma non me la sento di giustificare un tipo schifoso come questo.

A questo punto della storia Elliott e Christian sono ormai due ragazzini e come tali li faccio esprimere. Lascio ancora qualche errore sulla sintassi dei verbi giusto per dare meglio l'idea del "colloquiale" e anche perché , comunque, sarebbero ridicoli due ragazzini di 10 e 8 anni che si esprimono come due professori universitari. Vero?

Beh, ho detto tutto, aspetto recensioni

Love
Jessie







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Capitolo 22
*** Auguri, Christian ***


auguri Christian

Auguri, Christian



POV Christian

La mamma entra dalla porta della mia camera, sorridendo.
Porta un vassoio sul quale riesco a intravedere una tazza, un paio di piatti e un pacchetto colorato e luccicante con una grossa coccarda sopra.

"Buon compleanno, tesoro mio" mi dice
E si siede sul letto vicino a me.
Mi mette il vassoio sulle gambe e riesco a vedere bene quello che c'è sul vassoio, soprattutto ne percepisco il profumo.
C'è una tazza di caffè d'orzo, un bicchiere di succo d'arancia, un'omelette al formaggio e un paio di muffin che emanano un profumo delizioso.
Ma è il pacchetto che attira maggiormente la mia attenzione.
"Questo è il tuo regalo, da parte mia e di papà", dice la mamma.
Lo apro, dentro ci sono tre CD. Due sono album di musica rock che desideravo davvero, The Bends dei Radiohead e  Grace di Jeff  Buckley, uno invece è di musica classica I Notturni di Chopin suonati da Arthur Rubinstein.
"Sono bellissimi, grazie mamma!" le dico.
"Di niente, tesoro mio" risponde e mi accarezza e mi bacia sui capelli.

Poi mi dice:
"Ora ti lascio a fare colazione in pace, se mi vuoi sono al piano di sotto. Oggi faremo una gran bella festa per il tuo compleanno, vedrai"

Le sorrido, mentre uscendo dalla stanza, mi manda un bacio con la mano.
Preso un sorso di succo di arancia,  la mia mente va verso i compleanni passati.
La mamma ha da tanto tempo, da sempre, credo, preso l'abitudine di venirmi a fare gli auguri per prima e di portarmi la colazione a letto.
I primi anni faceva una festa invitando tanti bambini, qualche mio compagno di classe e qualche amico di mio fratello Elliott.
Nessuno che potesse chiamarsi mio amico, in realtà.
Io non ho amici.
La mamma sperava così di farmi socializzare ma io non volevo, e non voglio tuttora, essere toccato da nessuno e non riesco a fare amicizia. Così alla fine,  me ne sono sempre restato solo, in disparte.
Alla fine ha desistito, forse le dispiaceva vedermi sempre solo e ai margini di quella che avrebbe dovuto essere la mia festa.

Così facciamo una festa in famiglia, ci siamo noi cinque e vengono i nonni, nonno Theo e nonna Rose, ai quali voglio veramente bene.

Il nonno è, forse, il mio migliore amico; più di Lelliott, più di papà.
Giochiamo spesso insieme e non solo al pallone, ma anche a tennis o, anche più semplicemente, a carte. E' una delle poche persone con le quali sto volentieri, certe volte vado da lui nel suo frutteto e restiamo intere giornate a prendere il sole fra le piante.
Oppure mi porta a camminare fra i campi, in silenzio, ascoltando solo i suoni della natura.
E allora sono quasi felice, il silenzio, il verde degli alberi, il calore del sole, mi fanno stare bene e non mi fanno sentire quella cosa che di solito mi sento pesare nel petto.
In quei momenti mi sento "a posto" e  mi illudo di potere essere come gli altri.
Anche se non è vero.

Nonna Rose, invece, è molto cara e dolce. E' un angelo, proprio come la mamma. Tutte le volte che vado a casa sua mi da' una fetta di torta alle mele, che prepara lei, con un bicchiere di latte e mi accarezza sui capelli. Certe volte mi lascia aiutarla mentre prepara la torta o cucina la cena. E' una cuoca bravissima, le sue patatine fritte sono le migliori al mondo.
Potrei dire che nonna Rose mi vuole bene, ma ho paura a dirlo.
Perché quelli come me non li ama nessuno, proprio nessuno.

Mah, sarà meglio che non ci pensi e che finisca la colazione, piuttosto.
Se ci penso divento triste, molto triste, e non voglio, non oggi, almeno.

Faccio colazione, quindi, mi lavo e mi vesto e scendo al piano di sotto.
Fingo di mostrare interesse e stupore al cartello che troneggia in soggiorno e sul quale c'è scritto "Auguri Christian".
E' sempre lo stesso, uguale, tutti gli anni.
E come tutti gli altri anni il soggiorno è pieno di palloncini celesti e gialli e tutti i membri della famiglia sono davanti alla scale ad aspettarmi.
"Auguri figliolo. Ti è piaciuto il regalo?" Il papà si avvicina, mi scompiglia i capelli, e mi sorride.
"Sì papà, gli rispondo. sono tre dischi che desideravo avere da tanto tempo"
"Sono contento che ti piacciono" di nuovo mi fa una carezza fra i capelli e mi sorride.

"Tieni, fenomeno, so che ti piaceva" mio fratello si fa avanti con il gagliardetto dei Mariners, "tanto a baseball non diventerai mai bravo come me" aggiunge.
"Grazie, Lelliott" gli rispondo "ma sono già molto più bravo di te."
"lo vedremo" risponde lui, con aria di sfida, ma ridendo.

Mio fratello mi ha fatto un regalo, non me lo sarei mai aspettato.
Sono confuso, non so che cosa dirgli.
Mi fa piacere, però.

Gli prendo la mano e gliela stringo "Grazie" gli dico "grazie  ancora"
Vedo che lui sbatte più volte le palpebre, poi risponde
"Di niente, fenomeno. Sono contento che ti piaccia"

"Christian, qui c'è il mio, di regalo"
Arriva Mia, tutta eccitata, e mi porge un foglio di carta .
Sopra c'è disegnato un cuore, un enorme cuore, tutto di brillantini.
Sotto al cuore, scritto con mano incerta, molto incerta, c'è il mio nome.
Okay, il cuore è un po' storto e i brillantini sono appiccicati un po' dappertutto nel foglio, anche dove non dovrebbero esserci.
Ma è bellissimo, per me è bellissimo.

"Patatina, ma che bello! Grazie, grazie davvero" le dico con un sorriso.
Lei gongola tutta, felice e mi viene ad abbracciare.
Contraccambio l'abbraccio e le dò un bacino sulla fronte.
Sorride, poi, improvvisamente si fa seria e mi spiega:
"Il cuore è per dirti che ti voglio bene, Christian"
"Ti voglio bene anch'io" le rispondo.

La piccolina di casa mi vuole bene, così dice.
Ma è sincera, nella sua ingenuità, non può ancora rendersi conto di  chi sono io in realtà, il suo bene è naturale perché mi sono sempre preso cura di lei.
Mi domando se durerà.
Non lo so e il pensiero che possa cambiare un domani, mi fa soffrire.
Io le voglio un mondo di bene.
E' la mia patatina, il mio raggio di sole.
Io la proteggo da tutto e da tutti e lo farò sempre e per sempre.
Su questo non ho dubbi.



POV Carrick

Oggi Christian compie 12 anni.
Lo guardo insieme con suo fratello e sua sorella e stento a credere che lo splendido ragazzino, questo fiore che sta per sbocciare, sia lo stesso bambino impaurito e denutrito che abbiamo preso con noi anni fa.

Cessati gli effetti della denutrizione è cresciuto a dismisura. Suo nonno Theo si divertiva quasi a segnarne l'altezza sul muro e verificare, mese dopo mese, l'incremento della sua statura. Adesso a 12 anni è più di un metro e settanta e Grace dice che la conformazione delle gambe suggerisce che crescerà ancor a molto.

Non perché è mio figlio ma fisicamente è uno splendore di ragazzo. Realmente.
Sono tutti e tre molto belli, i miei figlioli. Ma Christian, inizialmente, ci aveva dato tante preoccupazioni, così piccolo e malnutrito. E invece, guarda un po' come è venuto su bene.
Il guaio è che i suoi progressi sono stati per lo più fisici perché dal punto di vista psicologico non sembra cambiato quasi niente.
A parte avere riacquistato la parola e un certo attaccamento che dimostra verso sua sorella, per il resto i progressi sono stati veramente pochi.

Continua a non farsi toccare da nessuno, eccetto che da sua sorella e comunque non sempre. Ed è come freddo, insensibile a qualsiasi manifestazione di affetto.
Anche oggi che siamo tutti intorno a lui a fargli gli auguri, sembra quasi a disagio e incredulo.
Non è normale, questo. Dovrebbe essere allegro, eccitato, con gli occhi che brillano, non avere quello sguardo abbassato e confuso. Sembra quasi che le manifestazioni di affetto lo facciano soffrire.
Mi domando se mai ne uscirà, se mai succederà che finalmente riuscirà a godersi la vita e l'amore che gli altri gli offrono.
Spero tanto che possa accadere, un giorno. Perché altrimenti la sua sarebbe una vita terribile, vuota e senza amore. Alla fine non gli resterebbe niente altro che un grande rimpianto per le occasioni perdute e non desidero questo per mio figlio.
Assolutamente.

Sento suonare alla porta, Grace va ad aprire e vedo entrare i miei suoceri.
"Buon compleanno Christian".
 Theo e Rose, sempre sorridenti, si rivolgono al mio bambino. Ma prima di avvicinarsi al festeggiato vengono letteralmente travolti dalla vivacità di Mia.
"Nonnino! Nonnina!"

Theo prende la sua nipotina, fa per sollevarla, poi si ferma, la mette giù e le dice:
"Stai diventando un po' troppo pesante per la mia povera schiena, bimba mia"
E si abbassa per abbracciarla, invece.

Lei, comprensiva e premurosa, gli  massaggia le spalle e poi gli chiede;
"Stai un po' meglio adesso, nonno?"

"Sì tesoro, questo massaggio mi ha proprio fatto bene" Theo sorride, divertito dalle premure della nipotina e le dà un grosso bacione sulla guancia.

La piccola, poi va a stringersi alle gambe della nonna;
"Nonna! Che bello vederti!"
E Rose la abbraccia e la bacia teneramente, a sua volta.
"La mia bambolina" le ripete più volte.

"Ma veniamo a questo giovanotto qui, al festeggiato".
Theo si avvicina a Christian.
Nonostante gli vada molto vicino, mio figlio non mostra affatto l'intenzione di ritrarsi.
Molto bene, questa è una bella cosa.

"Buon compleanno, ragazzo mio. Questo è da parte mia e di tua nonna"
Gli porge un pacchetto voluminoso che aveva, fino a quel momento, tenuto in una borsa di carta.
Christian lo apre con molta cura, penso che abbia indovinato il contenuto; di sicuro sono dei libri.
"Beh, grazie nonno" dice, non appena rimossa la carta colorata, "e grazie nonna. La trilogia del Signore Degli Anelli. La desideravo tanto"
"Lo sappiamo, piccolo." interviene Rose "per quello te l'abbiamo regalata".
Christian si avvicina ai nonni e dà un veloce bacio sulla guancia a suo nonno e a sua nonna.
Vedo gli occhi di Rose inumidirsi di lacrime, la capisco.
Come tutti noi, anche lei non riesce ad accontentarsi di un veloce bacio sulla guancia, vorrebbe potere avere e dare di più a suo nipote.
Ma non è possibile.
E' una gioia che al momento ci è preclusa.
E questo ci fa soffrire un po' tutti.



POV Grace

Ed eccolo qui, il mio Christian.
Oggi compie 12 anni. il che vuol dire che sono quasi 8 anni che vive con noi.
Otto anni che è nostro.

Sembra quasi impossibile pensare che questo bel ragazzino alto e ben vestito che ho qui davanti sia la stessa piccola, sporca e miserevole creatura che fu ricoverata in ospedale tanti anni fa.

Posso ben dire che è quasi irriconoscibile, forse nemmeno la sua povera mamma, quella naturale intendo, lo riconoscerebbe più, se lo vedesse.
Certe volte mi sorprendo a fantasticare su Ella e mi domando se per caso ci sta osservando in qualche modo da lassù, dove si trova.
E se le piace quello che stiamo facendo per suo figlio ... per nostro figlio. Se è contenta per come lo trattiamo, per il bene che gli vogliamo.
O se invece è in pena, come la sono io, perché si rende conto che, nonostante tutto, il nostro bambino non è felice bensì cupo, arrabbiato, chiuso in se stesso?

Certe volte di notte, quando lo veglio perché sta male o perché ha avuto un incubo, penso ad Ella e la sento molto vicino a me, come una presenza che ci veglia dall'alto.
Se solo avesse avuto qualcuno che la aiutava forse non sarebbe finita così.
Forse sarebbe ancora viva e in grado di rifarsi una vita, garantire un'esistenza migliore al suo bambino.

Mi domando quante mamma ci sono nelle stesse condizioni di Ella e se davvero non si possa fare niente per aiutarle. Se tanta sofferenza non sia inevitabile. Se solo potessimo riuscire a risparmiare ad un solo bambino quello che ha patito mio figlio Christian, sarebbe già un grande, enorme successo.
Non so precisamente cosa fare, come fare per aiutarli, ma di certo ci deve essere un modo.
Ci deve essere.

Guardo il mio bimbo, come sempre, ho l'impulso irrefrenabile di avvicinarmi a lui, provare a baciarlo, ad abbracciarlo... anche questa mattina quando sono andata a fargli gli auguri e mi sono seduta vicino a lui nel letto, anche allora ho avvertito il fortissimo desiderio di stringerlo forte.
Poi mi sono fermata ed è stato un enorme sacrificio.
Ma non voglio costringerlo, fargli del male.
Ha già sofferto anche troppo.

Ho ancora un regalo in serbo per il mio figliolo, una cosa che non mi è costata quasi niente ma che sono sicuro che avrà un enorme valore per lui.
E' il poster del suo kick-boxer preferito, Giuseppe deNatale.
Ed è pure autografato per cui acquista maggior valore ai suoi occhi. Sono riuscito ad averlo tramite un collega che lo ha avito in cura qualche mese fa.
Christian adora la kick-boxing, sta iniziando ora a praticarla e gli riesce bene, devo dire.
Ma non c'è niente che riesce male a Christian, eccetto interagire col prossimo.

Glielo darò più tardi, come ultimo regalo. Così gli resterà uno splendido ricordo di questo compleanno
Prima il pranzo, con tutte le cose che piacciono a lui, poi la torta e infine il poster.

Per lui organizzo una festa di compleanno diversa rispetto agli altri miei figli.
Per gli altri invito gli amichetti, chiamo un clown e faccio una grande merenda con panini, dolciumi e leccornie varie.
Ma Christian non ha amici.
I primi anni ho provato a organizzare una festa con tanti bambini, ma  finiva che lui se ne stava in disparte, tutto solo, o tuttalpiù insieme a Mia.
Allora ho deciso di fare una festa in famiglia.
Del resto ho capito che mio figlio ha un solo amico, ed è mio padre, suo nonno Theo.
Non posso costringerlo a socializzare, se non vuole, ne ho parlato con lo psicologo e mi ha detto che non dobbiamo assolutamente forzarlo che lui deve trovare un suo equilibrio.
Così lo lascio stare e festeggio il suo compleanno come piace a lui.



POV Christian

E' stata una bella festa, la mamma ha preparato tutte le cose che più mi piacciono: i maccheroni al formaggio, le patatine fritte e il papà ha fatto la grigliata di carne in giardino. Abbiamo mangiato fuori, sotto al gazebo, ed erano tutti allegri.
Anch'io sono felice, forse.

Alla fine del pranzo la mamma ha portato la torta, una bella torta grande, al cioccolato, con 12 candeline.
Tutti mi cantavano "Tanti auguri a te" e Mia è venuta a darmi un bacino sulla guancia.

"Esprimi un desiderio" mi ha detto la mamma.
E io l'ho fatto. Ho desiderato ardentemente di non avere più incubi la notte, di poter dimenticare tutto e, finalmente, di poter essere toccato.
Vorrei che la mamma mi abbracciasse, che papà giocasse a farmi il solletico, come fa con Elliott e Mia.
Deve essere veramente divertente, il solletico. E immagino che sia tanto tanto dolce, l'essere abbracciati da una mamma.
Io non l'ho mai avuto, un abbraccio.
Mi manca ma non potrei sopportarlo.
Non so come reagirei e non voglio fare stare male la mamma.

Vorrei potere essere come gli altri bambini, gli altri ragazzi, che giocano liberamente fra di loro e non hanno paura ad essere toccati.
Vorrei potere essere come loro.
E non sentirmi così diverso, così da schifo.

Questo è il desiderio che ho espresso, ma temo che non si avvererà mai.

Dopo il dolce la mamma  mi ha consegnato come una grossa busta, tutta colorata e mi ha detto:
"Ecco un ultimo regalo per te, ragazzo mio"
L'ho aperta e ne ho estratto una grande fotografia.
Inizialmente ho pensato alla solita stupida foto della famiglia felice, da pubblicità, che sinceramente odio.
Però è tanto che non ne facciamo più, fortunatamente.

L'ho guardata bene e ...
Oddio, no,non era affatto una foto di famiglia!
Era una cosa bellissima, una cosa che nemmeno nei miei migliori sogni avrei potuto desiderare di avere.
Il poster con autografo di Giuseppe deNatale, il mio idolo; di questo si tratta.

Meraviglioso.
Sono stato a guardare la foto come rapito, mentre con il dito sfioravo la firma che mi appariva bella e netta sul cartoncino.

"Ti piace?" mi ha chiesto la mamma.
Certo che mi piace, avrei voluto urlare.
L'ho guardata e lei mi sorrideva.
Mamma Grace è veramente un angelo del paradiso.
Vorrei poterla abbracciare forte e baciarla e non solo per il poster, ma per tutto quello che ha fatto per me.
Se sono ancora vivo lo devo a lei.

Ma non ci riesco, non ce la faccio ad abbracciarla. Una strana paura che ho dentro me lo vieta.
Così mi sono limitato a guardarla e le ho detto;"Sì, mi piace. Grazie. E' veramente bellissimo"

Tutti hanno iniziato a battere le mani e a dirmi "Auguri! Auguri Christian!"

Io non sapevo cosa fare o dire, ero confuso.
Li ho lasciati fare e ho ringraziato.

Non appena finito il pranzo, mentre tutti se ne stavano tranquilli a prendere il caffè, mi sono dileguato e  ora sono in camera mia.

Ora sono in camera, il poster è già appeso in bacheca e sto ascoltando The Bends dei Radiohead, uno dei un Cd  che mi hanno regalato.
La voce di Thom Yorke è un misto di dolcezza, malinconia e rabbia.
Ad un certo punto le parole della canzone sembrano scritte su di me:
I'm a creep, I'm a weirdo
What the Hell I'm doing here
I don't belong here

(trad. Sono una persona sgradevole, un tipo strano
Cosa diavolo ci faccio qui?
Questo non è il mio posto)

Rabbrividisco, mi stendo sul letto e guardo la bacheca.
Appena sotto al poster di deNatale due occhi grigi, in una piccola foto tessera, mi stanno guardando.
Ma non ci voglio pensare, non ora.
Non ora
Chiudo gli occhi e spero di poterla dimenticare.


Il dodicesimo compleanno del nostro Christian.
Ho voluto inserire ancora una bella storia familiare e lasciargli un po' di serenità, per quanto possa essere possibile.

I prossimi capitoli saranno infatti molto ma molto drammatici.
Non anticipo niente ma ... vedrete, anzi leggerete.

Qualche precisazione: la canzone che Christian ascolta è Creep dei Radiohead, la trovate qui  https://www.youtube.com/watch?v=XFkzRNyygfk
(forse qualcuno conosce la cover di Vasco Rossi, era stato un discreto successo 5 o 6 anni fa)
 
Per quanto riguarda gli altri regali, mi pare di ricordare che il poster glielo avevano regalato per il dodicesimo compleanno, ma non ne sono sicurissima; comunque facciamo finta di sì.
Invece la trilogia del Signore degli Anelli, famosa saga fantasy, la trovo adatta ad un dodicenne molto intelligente e brillante.
Infine Grace, album di Jeff Buckley uscito negli anni '90, è molto malinconico e citato anche dalla James, nel nero, credo.
Credo che risalterà fuori a breve.

Per ultimo ... avrete capito, immagino, di chi è la fotografia che Christian scorge verso la fine del capitolo?

Con questo è tutto, spero che vi piaccia e Buona Pasqua a tutti.

Love and Peace.
Jessie





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Capitolo 23
*** Chi ha paura? ***


non ho paura

Chi ha paura?



POV Christian


Rientro a casa, non c'è nessuno.
Meno male, al momento non ce l'avrei fatta ad affrontarli.
Ma purtroppo è solo rimandato. Prima o poi lo dovrò fare.
E saranno casini.

In poche parole ne ho di nuovo combinata una delle mie.
Ho una nuova nota sul registro e il preside ha detto che vuole parlare con i miei genitori.
Prevedo un'altra espulsione, il perché è presto detto: ho fatto ancora a botte.

Io non vorrei, giuro, non vorrei picchiarmi con i miei compagni di scuola, ma non ce la faccio, è più forte di me.
Basta un niente, una minima cosa, per scatenarmi dentro una specie di follia, come se mi si chiudesse il cervello e io non fossi più in grado di ragionare.

Non so se sono pazzo o qualcosa del genere.
Di sicuro non sono normale, e di sicuro non mi sento tale.

Mi sembra già di vederli, i miei genitori, la mamma che sicuramente diventerà bianca come uno straccio e avrà quell'espressione triste, quella che ha sempre quando parla dei miei problemi.
E papà scuoterà il capo e mi dirà "Christian, cosa dobbiamo fare con te?"

Cosa devono fare? Abbandonarmi? Lasciarmi perdere? Forse sarebbe meglio, tanto chi se ne frega se farò una pessima fine o meno.
Tanto, comunque, quelli come me fanno una gran brutta fine.

E allora ... vada tutto al demonio!

Mi avvicino all'impianto stereo, prendo un Cd dalla mensola e lo metto nel lettore.
Mi stendo sul letto ad ascoltare la musica che esce dalle casse di amplificazione e chiudo gli occhi.
La voce dolce e al tempo stesso rabbiosa di Jeff Buckley mi entra dentro fine nel profondo.
Well it's my time coming
I'm not afraid afraid to die
(Bene, sta arrivando la mia ora
Non ho paura, non ho paura di morire)

E io, ho paura di morire?
Se morissi, finirebbe tutto.
Non dovrei più andare a scuola, confrontarmi con quegli orribili ragazzi e con i professori che non capiscono niente.
Non dovrei più vedere lo sguardo addolorato della mamma e quello pieno di rimprovero di papà.
Non mi confronterei più con nessuno, né con Lelliott, bello , biondo, perfetto, e nemmeno con Mia, la dolce bambolina amata da tutti, anche da me perché come si fa a non amare una creatura tanto carina e buona.
Soprattutto non avrei più incubi la notte e non sentirei più l'oscurità avvolgermi da dentro, sarei in pace.

Mi alzo dal letto e mi avvicino alla finestra, guardo giù.
Potrei lanciarmi di sotto, lasciarmi cadere.
Certo che potrei.
Mi siedo sul davanzale, un attimo e le mie gambe penzolano nel vuoto.
Ecco, basta un spinta e cado nel vuoto. Devo stare attento, cadere di testa in modo che il cranio si vada a sfracellare sul selciato e il cervello si riduca in poltiglia.
Se devo morire è meglio che sia subito, non voglio soffrire, sentire dolore.
E magari sopravvivere da infermo, zoppo, paralizzato o mezzo scemo.
No, la fine deve essere sicura, certa.

Salgo in piedi sul davanzale, così posso lanciarmi meglio, regolare la traiettoria
Okay sono pronto.

Dallo stereo, Jeff, sta cantando dell'ultimo arrivederci.
Sì, questo è il mio addio al mondo.
E non me ne importa  un fico secco di lasciarlo,

Solo mi dispiace che non vedrò più la mamma e, soprattutto, non vedrò più Mia, la mia sorellina, il mio angioletto.
E i nonni, addio nonno Theo, addio nonna Rose. Siete stati buoni con me.
Non vi dimenticherò, la dove sto andando ora.
Se potrò, vi guarderò da laggiù.

Bene, vado.
Prendo un respiro.
Cavolo ci vuole coraggio, ora , per lasciarsi andare.
Non è poi così facile.
Ecco ci siamo, prendo un respiro
Tre ... due ... uno.

Si apre la porta e sento urlare.
"Cazzo, Christian. Cosa cazzo stati facendo?"


POV Elliott


Sono entrato in camera di mio fratello per chiedergli se potevo prendere in prestito la sua bicicletta e l'ho trovato sul davanzale della finestra.
Gli ho urlato dietro qualcosa ma lui non si è mosso.
E' stato una attimo mi sono lanciato contro di lui e gli ho afferrato le gambe trascinandolo dietro nella stanza.
Siamo caduti a terra entrambi.
Io sotto e lui sopra.
Nel cadere devo avere battuto la testa , ho sentito un gran male e la vista mi si è annebbiata un attimo.
Giusto il tempo per lui di girarsi e mettersi a cavalcioni sopra di me.
Il pugno che mi ha dato è stato tanto forte da rischiare di farmi perdere i sensi sul serio , questa volta.

"Bastardo!" mi ha detto "perché non ti fai i cazzi tuoi, una buona volta?"
E stava quasi per colpirmi di nuovo.
Ma questa volta sono riuscito a ribellarmi e a ribaltare la posizione.
Faccio judo già da qualche tempo e riesco bene in alcune mosse.
Così mi sono ritrovato io sopra di lui.
Gli ho bloccato le mani.
"Stronzo" gli ho detto "ma che cazzo ti credevi di fare, eh?"

Per tutta risposta mi ha sputato in un occhio.
Gli ho mollato un ceffone ma, nel farlo, ho dovuto lasciare andare una delle sue mani.
Mio fratello non ha perso tempo e mi ha tirato un altro pugno.
Poi è riuscito a sollevare un ginocchio e a colpirmi proprio in mezzo alle gambe.
Il male che ho sentito è stato atroce. Per un attimo mi è mancato il fiato, e ho perso completamente le forze.

Christian è riuscito a mettersi in piedi, con la coda dell'occhio ho fatto appena in tempo a scorgere che stava cercando di darmi un calcio in mezzo alle costole.
Ho raccolto le ultime forze, ho stretto i denti e mi sono rimesso in piedi.

Siamo rimasti a guardarci per alcuni secondi.
Poi lui ha abbassato lo sguardo e mi ha chiesto:
"Perché mi hai fermato?"
"Cazzo, Christian! Dovevo lasciare che ti tu buttassi di sotto, per caso?"
"Sì, avresti dovuto"
"E perché?"
"Non puoi capire, Lelliott. La mia vita è un inferno, ma non potrei mai spiegarti perché. Tu. Non. Puoi. Capire."
"Io so solo che volevi buttarti di sotto, porca miseria. Sei un grande schifoso. schifoso e bastardo. Ma non hai pensato alla mamma?"
"Perché la mamma?"
"La mamma sarebbe morta di dolore, lo riesci a capire, questo?"


POV Christian

Guardo mio fratello come inebetito ... la mamma?

La mamma morirebbe di dolore...
Penso a Grace, com'era la prima volta che l'ho vista. Mi era sembrata un angelo, così dolce e buona e bella.
Cerco di pensare a com'è quando mi guarda, quando mi sorride, quando mi parla.
Le voglio bene, veramente bene.
E sono certo che realmente sia un angelo.
Non voglio che soffra, non a causa mia.

"Lelliott..."

Lo scruto bene in  viso: ha il labbro spaccato, un grosso livido sullo zigomo, glieli ho fatto io e, adesso un po' mi dispiace.

Ma devo assicurarmi che non parli.

"...Lelliott, promettimi che non dirai niente alla mamma o a papà"
Mi guarda a sua volta, pensieroso e , forse dubbioso.
Se spiattella tutto sono fregato.

Poi, come riscuotendosi da un sogno, scuote la testa:
"No, non dico niente. Non voglio farli soffrire inutilmente, si sentirebbero in colpa. Stai tranquillo, resterà il nostro segreto. Tu però devi dirmi una cosa".

Elliott si ferma un istante e tira su col naso, un a goccia di sangue gli sta uscendo dalla narice.
"Cosa?" gli chiedo;
"Perché lo hai fatto, Christian? Cosa ti passava per la testa?"
"Lascia perdere, Lelliott. Tu non puoi capire";
"Capire cosa?";
"Tutto, tutto di me. Tu non sei come me, tu non sai niente, non sai niente. Non puoi sapere, hai sempre vissuto bene, come un principino. Che cosa ne vuoi sapere, tu, di come sono io, di come ho vissuto. Come puoi sapere?"

"Purtroppo non sono un bamboccio del tutto ignaro: so bene molte cose" mi risponde con l'aria sicura;
"Cosa credi" continua "che io non abbia notato le cicatrici che hai sul petto e sulla schiena? Le ho notate quasi subito quando ancora eravamo bambini piccoli. Lo chiesi alla mamma e a papà e mi dissero qualcosa, di te, della tua vita precedente. Non tutto però, quello arrivò dopo"; scuote la testa, dispiaciuto.

Sembra che abbia pietà di me.
Io non la voglio, la sua pietà.

"Lasciamo perdere Lelliott"
"No, non lascio perdere, porca miseria. Non adesso ... Credi che non sappia dei tuoi incubi? Certo, da piccoli papà e mamma avevano insonorizzato la mia stanza, in modo che dormissi tranquillo. Ma capivo che c'era qualcosa che non andava; la mamma dormiva spesso con te. Mi sono spesso  domandato il perché e poi, una sera quasi per caso, ti ho sentito urlare. Sono andato a chiamare la mamma, spaventatissimo. La mattina dopo lei e papà mi hanno parlato a lungo. Ero già grandino e mi hanno spiegato tutto. So che sei stato picchiato selvaggiamente, che non ti davano abbastanza da mangiare, che la tua madre biologica era una prostituta che si drogava e che quando è morta...."

Basta, basta mio Dio.
Non voglio sentire oltre.

Come una furia mi lancio addosso ad Elliott, lo inchiodo al muro e, con la mano gli tappo la bocca, la bocca e il naso. Stringo forte, per non farlo più parlare.

Lo so, lo so benissimo che la mia mamma naturale, Ella, era una puttana tossica, ricordo bene di avere vegliato il suo cadavere per 4 giorni. Anche se lo volessi dimenticare ci sono gli incubi a ricordarmelo.
Ma non sopporto di sentirmelo dire, non ce la faccio.
Diventa troppo vero se me lo dicono gli altri.

Lo stringo forte, ho dentro una rabbia che mi travolge. Lo schiaccio contro al muro, gli mollo una sberla, poi un'altra.
Lui non reagisce, sorpreso, forse dalla mia reazione.

"Mai più!" gli sibilo "mai più  devi dire quelle cose, Lelliott. Se lo rifai un'altra volta giuro che te ne dò tante da ammazzarti. Hai inteso?"

Mi guarda, spaventato, e fa cenno di no.
Lo lascio andare.
Sta tremando.

Meglio, spero che abbia imparato la lezione e, comunque, meglio fare paura che fare compassione


POV Elliott

Questa volta mio fratello mi ha veramente fatto paura.
E non solo perché ha minacciato di buttarsi di sotto.
Cioè, anche quello, ma mi ha spaventato a morte quando mi ha minacciato.

Anche se non credo che facesse sul serio, mio fratello ha un sacco di problemi relazionali ma non è un assassino.

Però aveva lo sguardo fisso, implacabile, glaciale.
E mi teneva inchiodato al muro, bloccato dal suo corpo, completamente in suo potere
Non sapevo se si sarebbe fermato o meno.
E avevo una fottuta paura di quello che avrebbe potuto farmi, prima di fermarsi, eventualmente.

Non so perché ha reagito in questo modo, e non so proprio cosa io abbia mai fatto per farlo reagire così.

Volevo solo dirgli che sono solidale con lui, che mi dispiace quello che gli è successo.
Vorrei fargli capire che non può buttare via la sua vita così ma, forse, mi sono espresso male.
Voglio bene a Christian, davvero, e mi spiace che lui sia così incasinato da desiderare di farla finita.
Non dirò niente a mamma e papà, gliel'ho promesso.
Ma non so se faccio bene.

Spero di non pentirmene, un giorno.
D'ora in poi sarà bene che io tenga d'occhio mio fratello, caso mai ci riprovasse

Mi guardo allo specchio.
Sono un disastro: pieno di lividi, col labbro spaccato e un occhio gonfio.
Dirò ai miei genitori che sono caduto in bicicletta e speriamo che se la bevano.


Alè, ben ritrovati.
Scusate il ritardo ma ho avuto una marea di cose da fare.
E, poi, nonostante avessi idee ben chiare, facevo fatica a metterle nero su bianco.
Alla fine ce l'ho fatta e ora, sono contenta.

L'idea del tentativo di suicidio l'ho sempre avuta (e ci avevo anche scritto una one shot sopra) ma mi era stato detto che la rabbia di Christian era tale da escludere ogni pensiero del genere. Poi in Grey lui afferma di avere avuto tante volte il desiderio di farla finita e che era stato il pensiero di Grace a farlo desistere.

Ho fatto 2+2 ed ecco qua.
Ho inserito anche Elliott che ho voluto dipingere non come un menefreghista, ma come un ragazzo giudizioso che vuole bene a questo fratello così complicato. 
Per, anche se talvolta viene respinto, ne cerca la compagnia, come si legge in Grey.


Beh, non mi resta che augurarvi buona lettura, attendere le vostre recensioni.

Vi lascio il link all'album di Jeff Buckley (che realmente è morto giovane, annegato, forse suicida); per me è bellissimo e disperato.
Buon ascolto

https://www.youtube.com/watch?v=0tKRkF-U_gA









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Capitolo 24
*** Una telefonata ***


telefonata

Una telefonata



POV Carrick


Una giornata come tante al lavoro.
I soliti clienti, i soliti colleghi, le solite telefonate, le solite rogne.

All'improvviso, verso le tre del pomeriggio, una telefonata diversa, di quelle inquietanti, che preoccupano.
"Parlo con il signor Grey? Carrick Grey?"
"Sì certamente, con chi sto parlando?"
"E' la stazione di polizia. Distretto 10"
Beh, la polizia chiama spesso. Sono avvocato penalista è normale che le forze dell'ordine mi telefonino al lavoro. C'è sempre qualcuno che ho difeso che si va a ricacciare nei guai, o che ha bisogno di me per un motivo o per l'altro.
Solo che  passano dalla segretaria e solo in un secondo tempo vengono filtrate a me.
E nelle telefonate di lavoro, io sono sempre l'avvocato Grey, mai il signor Carrick Grey, mai!

Sono incuriosito e, al tempo stesso, preoccupato di quello che potrei sentirmi dire dall'altro lato del telefono.
Le poche parole che mi vengono rivolte, non fanno altro che confermare la mia angoscia.

"Signore Grey, c'è bisogno che lei venga qui immediatamente. Abbiamo arrestato suo figlio Christian"

Christian? Il mio Christian in prigione.Perché?
Cosa è successo?

"Agente, mi può dire il perché?"
"Non posso scendere nei particolari, sappia però che è stato coinvolto in una rissa e ha reagito"
"Ma sta bene?"
"Questo non posso dirlo. Deve venire qui immediatamente"
"Dove?"
"Terzo distretto, sa dov'è?"
"Sì, certo" ... ci sarò stato un centinaio di volte al terzo distretto di polizia; sempre per lavoro, ovviamente.
E ora dovrò andarci per mio figlio...

Entro, l'edificio è tutto grigio, fuori e dentro; gli agenti mi fanno entrare e mi dicono di accomodarmi su una della panche nell'atrio.
DI solito non è così, di solito entro con tutti gli onori, mi fanno accomodare in un salottino privato, mi offrono un caffè.
Già ma le altre volte sono un professionista, un ospite, ora solo un padre ansioso.

"Carrick!",
Istintivamente mi volto a cercare di scoprire chi è che mi chiama.

Mick, Michael Bolder, tenente di polizia e mio ottimo amico, è lui che sta chiamando il mio nome e si viene a sedere  al mio fianco.
"Sei qui per il tuo ragazzo?" mi chiede
"Sì" rispondo "ne sai qualcosa?".
Annnuisce.
"C'è stata una rissa, di quelle brutte. Abbiamo fatto una retata e c'era dentro anche tuo  figlio. Purtroppo ha reagito e abbiamo dovuto fermarlo. Forse i miei colleghi ci sono andati un po' troppo pesanti, temo"

Oddio! Mi sento come se mi mancasse la terra di sotto ai piedi. Dov'è ora mio figlio? Sta bene? Cosa gli hanno fatto?
"Dove ... dove lo avete portato"
"E' nel mio ufficio, sorvegliato. L'ho preso con me, credo di dovertelo in nome della nostra amicizia"
"Come sta?"
"Vieni a vedere tu stesso"

Entro nell'ufficio di Mick e lì, seduto vicino alla parete, con in mano una borsa del ghiaccio che tiene premuta sull'occhio sinistro.
"Christian!" gli dico "si può sapere cosa cavolo è successo?"
Non risponde, mi guarda ma non risponde. Sono arrabbiato, arrabbiato e preoccupato al tempo stesso.
Mi avvicino, il mio Christian è in uno stato pietoso: ha il viso gonfio, tumefatto, il labbro spaccato, un occhio nero. Gli guardo le mani, ha le nocche gonfie, spaccate.
"E' stato nella rissa?" chiedo e non so se sto rivolgendomi a lui o a Mick che qui al mio fianco. Mio figlio non risponde ma solleva appena il polso della maglietta a mostrarmi il braccio, c'è visibilissimo il segno rosso bluastro di una manetta.

"Carrick, siediti" mi dice Mick con aria seria ma anche protettiva, in un certo qual modo, nei miei confronti.
"Tuo figlio, come ti ho accennato, è stato coinvolto in una rissa piuttosto serie, di quelle brutte. Quando siamo intervenuti i ragazzi si stavano ancora azzuffando. Abbiamo cercato di dividerli, lui ha reagito. Abbiamo dovuto atterrarlo ed ammanettarlo, sembrava una furia. E anche dopo non ha smesso di scalciare e urlare. Abbiamo fatto il possibile, ma, siamo esseri umani anche noi ... può essere che qualcuno abbia usato le maniere forti; sai com'è ..."
"Ma è un ragazzino, un bambino. Dio mio, cosa gli avete fatto?"
"Ma niente, qualche calcio nel culo, forse. Ma, ti ripeto, sembrava un ossesso"

Un ossesso ... so bene quando Christian perde totalmente il controllo, l'ho visto tante volte. Mi volto verso Mick e gli chiedo "Quando avete cercato di dividerlo dagli altri ragazzi, per caso lo avete toccato?"
"Sì, certo! Lo abbiamo preso per le spalle e lui ha reagito come una furia"
"Lui NON VUOLE ESSERE TOCCATO! Santo cielo, non lo sopporta , ha avuto un trauma, da piccolo e non può sopportare di essere toccato, neanche da me o da sua madre; figuriamoci se da degli estranei";
"Non lo sapevamo, Carrick. Come potevamo saperlo?"
"Non mi importa, non credo che questo" indico i segni rossi delle manette sul polso di mio figlio "se lo sia procurato durante la rissa. E scommetto che un bravo perito saprebbe distinguere i lividi causati da qualche manganello. Sono diversi, più scuri, rispetto a quelli causati dai pugni. Vero Mick? Vero?".

Mick abbassa lo sguardo: "Non lo farai Carrick, so che non lo farai " 
Poi alza appena gli occhi e  mi guarda esitante "lo farai?" chiede non più così sicuro.
"Se e solo se mi assicurerete che non ci sarà alcuna ripercussione di tipo penale su mio figlio e che ne uscirà pulito come un giglio di campo, solo allora potrò prendere in considerazione la possibilità di non sporgere denuncia nei vostri confronti";
"Non è stata levata alcuna accusa nei confronti di tuo figlio, Carrick. ànon avremo mai rovinato la vita ad un ragazzo così giovane, volevamo solo spaventarlo un po' perché non lo rifaccia più. Per me lo puoi riportare a casa anche subito"

Lo so ho rischiato con questo bluff, potevo venire denunciato per calunnia e oltraggio a pubblico ufficiale. Ma è andato tutto bene.

Mi avvicino a mio figlio;
"Vieni , Christian, andiamo".
Lui fa per alzarsi, poi fa una smorfia di dolore e si rimette a sedere.
"Dove ti fa male?" chiedo preoccupato;
"Le costole" risponde con un filo di voce.
"Fai piano, non sforzarti. Vieni, appoggiati a me".
Gli offro il braccio, lui si aggrappa e non senza fatica si mette in piedi.

Lentamente usciamo dalla stazione di polizia e ci dirigiamo verso la mia macchina.
Lo aiuto a sedersi e prendo poso sul sedile del guidatore.
Metto in moto, avvio e la vettura si muove delicatamente in avanti.
Siamo in autostrada quando decido che è ora di redarguire mio figlio che se ne sta silenzioso e, forse, assorto al suo posto.
"Christian" gli dico "si può sapere che cazzo hai intenzione di fare? Questa volta è andata bene, sono riuscito a salvarti il culo. Ma la prossima volta potrei non farcela e allora? Sai cosa potrebbe accadere, eh? Potresti finire in riformatorio. Ci hai mai pensato? Resistere alle forze dell'ordine! Ma che cosa avevi in testa?"
"Ma loro mi hanno toccato" protesta "lo sai che non voglio essere toccato"
"lo so. Ma questo non ti scusa, non del tutto almeno. E poi la rissa, perché, cazzo, perché finisci sempre nei casini me lo vuoi spiegare una volta per tutte?"
"Papà. Io .... " Nel parlare, Christian sposta in avanti il busto staccandosi dalla spalliera del sedile.
Poi d'improvviso si ferma , si interrompe e ricade nel sedile con un lamento.
Porta le mani al costato continuando a lamentarsi e poi...
"Papà" mormora con voce spezzata ;
Preoccupatissimo mi volto, lo guardo: è pallidissimo quasi cadaverico.
"Papà, non riesco a respirare"
Accosto, mi fermo, slaccio la cintura di sicurezza e mi avvicino a lui.
E' terrorizzato, gli occhi sbarrati, fa fatica a respirare.
Non so cosa fare.
Gli slaccio a sua volta la cintura.
"Christian ti senti male?"
Fa cenno di sì con la testa.
"Papà" la sua voce è debole, fioca.
"Papà, mi gira la testa"
"Aspetta"
Gli reclino lo schienale.
"Meglio?"
Mi guarda e non fa segno né di sì, né si no.
"Christian, resisti. Ti porto in Ospedale. Tua madre dovrebbe essere di turno. Non vorrei che ti vedesse così. ma non abbiamo altra scelta"
"La mamma no!"
"Sì invece. Non possiamo nasconderle quello che ti è successo. E devi essere visitato e lei sa come fare. Lei lo sa".
E poi hai bisogno di tua madre, ora. I bambini malati cercano sempre la mamma.

Mi riaccomodo sul sedile, allaccio la cintura e riparto.
Ogni tanto durante il tragitto mi volto a guardarlo, non mi sembra che peggiori.
Resisti, figliolo, resisti siamo quasi arrivati.

Parcheggio davanti all'ospedale ed esco come un forsennato.
Mi dirigo verso un infermiere che ci sta venendo incontro.
"Sono Carrick Grey e quello è mio figlio Christian. Lui non si sente tanto bene"
"Chiamo una barella"
"No, chiami immediatamente la dottoressa Trevelyan, Grace Trevelyan in pediatria. E' mia moglie e madre del ragazzo. Christian si fa visitare solamente da lei."
"Capisco, la chiamo immediatamente"

Capisce. Menomale che capisce. Speriamo in bene.

Dopo pochi minuti vedo Grace uscire preoccupatissima e venire verso di noi.
"Cosa è successo?" chiede
"Christian deve avere preso un colpo alle costole, fa fatica a respirare, gli gira la testa"
"Ma come ... ha di nuovo fatto a botte, vero? Oh mio Dio!"
Grace si è avvicinata a nostro figlio, lo vede, si porta le mani alla bocca e impallidisce.
"Sì, ha fatto a botte, poi ti spiego" le dico.

Mia moglie si rivolge a nostro figlio, nel frattempo è arrivata una barella e un infermiere.
"Tranquillo Christian c'è la mamma con te. Ci sono io. Dove senti male?"
"Qui" nostro figlio indica il costato "mamma, non riesco a respirare"
"Lo so, lo so. Tranquillo, non è niente, Ora la mamma ti fa un'iniezione e non sentirai più niente, ok?"
"Sì" risponde lui e le porge il braccio.
Stranamente nostro figlio, che non vuole essere toccato, non ha paura degli aghi e delle iniezioni. Vai tu a capire. Elliott era terrorizzato dalle iniezioni, anche adesso le sopporta appena.
Ma lui ... lui niente, come se fosse una cosa normale.

Grace gli somministra una cosa per endovena e Christian si addormenta immediatamente.
"Ora che l'ho sedato lo mettiamo in barella e lo portiamo dentro, con calma." dice all'infermiere e al barelliere.
Poi si rivolge a me "Ho dovuto sedarlo, sai lui ... "
" Lo so non si vuole fare toccare. Vai, vai con lui. Ti aspetterò in sala di attesa"
"Sì, amore mio. Terzo piano, lato B. Ricordi?"
Mia moglie mi dà un bacio sulla guancia e se ne va. Giurerei di avere visto una lacrima nei suoi occhi.

Povera cara, deve essere veramente dura per lei.
Sospiro, mi rendo conto di avere trattenuto il fiato a lungo. Dovevo essere realmente teso. Ora mi sento più tranquillo. So che mio figlio è in buone mani.

E' passata più o meno un'ora  di attesa spasmodica; ho telefonato ai miei suoceri chiedendo loro di prendersi cura degli altri miei figli.
Ho pensato di tutto e di più.
Finalmente la porta si apre ed esce mia moglie.
E' tesa come una corda di violino ma sorride.
"Non ha niente Carrick. Stai tranquillo. E' solo una brutta botta, credo che gli facesse male a respirare, poi credo che sia subentrato un attacco di panico. La scarsa ossigenazione gli ha causato il capogiro. Ma ... Carrick, è pieno di lividi, grossi, neri, violacei, molto profondi. Cosa è successo?"
"Vieni qui" le dico.
La porto a sedere vicino a me, le cingo le spalle, la stringo a me e le racconto tutto quello che è successo.
"Oddio" la sua voce è appena un sussurro "il mio piccolo ... il mio bambino ..." le si velano gli occhi di  lacrime.
Scoppia a piangere.
La stringo più forte, le accarezzo la schiena e lascio che si sfoghi sulla mia spalla.
E' stanca, tesa, amareggiata.
Il dolore che sta provando ora è frutto dell'immenso amore che nutre per questo nostro ragazzo così difficile insieme con la paura di non essere in grado di crescerlo in modo adeguato.
Lo so perché sto provando anch'io la stessa cosa.

"Carrick" mi dice dopo un po' con la voce stranamente calma, controllata "gli abbiamo fatto le lastre, le analisi e l'elettrocardiogramma. E' tutto ok ma ...";
Asciuga una nuova lacrima che cola sulla guancia, le dò un bacio sulla testa e aspetto che riesca a riprendere da dove ha interrotto ;
" ... ma" riprende "gli abbiamo trovato segni di precedenti fratture guarite spontaneamente, immagino";
"Dove?"
"Una alle costole e una al bacino";
"Mio Dio ... sono ... sono recenti?";
Un terribile dubbio si sta insinuando nella mia mente, spero che le fratture siano recenti che non provengano dalla sua prima infanzia. Spero che se le sia fatte facendo a botte, giocando al pallone, cadendo dal letto.
"No, non sono recenti. Risalgono alla prima infanzia. Non se l'è fatte vivendo ... vivendo con noi";
"Ma come mai non ve ne siete accorti prima?"
"Quando è stato portato qui la prima volta  lo abbiamo visitato alla meno peggio. Si dimenava, non voleva essere toccato. Era già stato sedato e non potevamo dargli altre droghe, era troppo piccolo. Così abbiamo un po' lasciato perdere. Non lamentava dolori, il problema principale sembrava essere la disidratazione e la febbre. Poi è venuto a stare con noi e non ha mai avuto problemi. Fino ad oggi"
"Ma come è possibile che non abbia, per l'appunto, mai avuto problemi? Com'è che è guarito senza cure e senza rimanere, che so? Storpio, invalido"
"Sono tipi di fratture che posso guarire spontaneamente, se non subentrano complicazioni. Basta non sollecitare la parte. Poi i bambini piccoli hanno incredibili capacità di recupero. O, forse, il Signore lassù ha vegliato su di lui, non lo so. Però è terribile scoprirlo ora, un'altra ferita al suo corpo, al suo spirito. Lui ... lui non ricorda nulla, probabilmente era piccolissimo o, forse, ha rimosso. Non lo so."

"Dov'è ora?"
"Sta riposando. Penso che prima di sera lo potremo riportare a casa. Ha chiamato i miei genitori?"
"Perché si prendano cura di Mia e Elliott? Si l'ho fatto"
"Bene. Bene . Carrick, hanno scoperto un'altra cosa. Una cosa che non ti piacerà affatto"
Mi domando cosa può esserci ancora. Cosa può essere peggio di quanto già io non sappia, peggio di ogni cosa che è accaduta oggi, peggio che scoprire ogni volta nuovi orrori che riguardano tuo figlio?
"Dimmi, tesoro mio. Sono pronto";
"Hanno trovato un tasso di alcolemia piuttosto alto nel suo sangue";
"Vuoi dire che nostro figlio...?";
"Nostro figlio beve, non so se in casa, fuori casa, da solo, con gli amici. Però beve. E non poco, direi, a giudicare dalle analisi";

Beve! Questo è male, molto male. Non voglio nemmeno immaginare i danni che l'alcool possono fare ad un fisico così giovane. Mi vengono i brividi.Quando ha incominciato a bere? Perché beve? Cosa diavolo pensa di fare a comportarsi così.
Bisogna farlo smettere, subito prima che il  suo fisico sia minato, prima che diventi un alcolizzato.
Ma cosa possiamo fare?
Parlare col suo terapeuta? beh, certamente.
Ma ora, subito, dobbiamo fare in modo che non sia così facile per lui procurarsi l'alcool.
Chiuderò l'armadietto dei liquori e gli taglieremo la paghetta. Diremo che è una punizione per come si comporta il che alla fine è anche plausibile.
Spero che sia sufficiente

Sento un rumore, alzo la testa e mio figlio è qui di fronte a me.
"Papà, mamma. Hanno detto che posso andare a casa"
E' seduto su una sedia a rotelle e c'è un infermiera che lo spinge.

Mia moglie gli si avvicina e gli mormora.
"Sì, tesoro mio. Adesso ce ne andiamo a casa. Ti portiamo a casa"
E dicendo così gli accarezza i lunghi capelli ramati.
Christian per un attimo, fa come per appoggiare il capo contro al grembo di sua madre.
Poi, improvvisamente si scuote, la guarda un istante e si scosta, rigido.
"Andiamo subito a casa, vi prego. Posso camminare?" chiede guardando l'infermiera.
"Meglio che non ti stanchi, Christian; vero dottoressa Trevelyan?" risponde questa.
"Sì indubbiamente" conferma mia moglie con un leggero tremolio della voce "devi stare a riposo Christian, non sforzarti. Una volta arrivati a casa andrai a letto e ci rimani qualche giorno, La costola non è rotta ma hai preso una forte botta, meglio non rischiare"

Christian fa una smorfia e si lascia guidare verso l'uscita dall'infermiera.


POV Christian

Sono qui, confinato nel letto e mi annoio da morire.
La mamma sarà venuta un sacco di volte a vedere come stavo, mi ha portato latte e biscotti per merenda e ora è giù a preparare la cena.
Papà è ritornato al lavoro e ancora non è rincasato, quindi il suo studio dovrebbe essere libero.
Il suo studio e il mobile bar con le bottiglie di whisky, di gin, di cognac.
Devo bere qualcosa. Adesso, subito.
Provo a mettermi a sedere, cavolo, fa male!

Fa realmente male, ma devo resistere, non posso lasciare perdere.
lentamente ruoto di lato e appoggio i piedi a terra.
Mi alzo, il dolore è così forte e lo sforzo è tale da farmi venire il fiatone; certo è che sono conciato da schifo.

Dai, su, Christian, alzati ne hai bisogno

Non so nemmeno come ho fatto ma sono arrivato nello studio di papà.
Devo fare presto, non mi devo far scoprire.
Arrivo all'armadietto, faccio per aprire e ...
Porca miseria è chiuso a chiave!

Cazzo, e adesso come faccio?


Ed eccomi qui, non sono scomparsa.
Certo che l'ispirazione è una strana cosa, non sai cosa scirvere poi ti sblocchi e il capitolo ti esce fuori anche da solo.
Così è successo a me.
Spero che quanto ho scritto vi piaccia.
Prima di lasciarvi vorrei però dire una cosa, più vado avanti più i capitoli si fanno difficili da scrivere. Un conto è scrivere di un bambino altro è scrivere di un adolescente come Christian. Nei prossimi capitoli assisteremo, se ce la faccio, alla sua discesa all'inferno prima dell'alcolismo e poi del sesso estremo per mano di Elena Lincoln. Mi ci vorrà un po' per riordinare le idee per cui vi chiedo un po' di pazienza se non sarò così solerte ad aggiornare

Grazie
Love
Jessie










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Capitolo 25
*** In fondo al bicchiere ***


in fondo al bicchiere

In fondo al bicchiere


POV Christian

Dannazione sono di nuovo senza soldi!
Cioè, sono senza soldi come sempre!
Il che vuol dire che non posso comprarmi da bere.
E non so se ce la posso fare senza.

Senza bere intendo, ma non bere aranciata o Coca Cola, nemmeno birra.
Io ho bisogno di qualcosa di più forte, di molto forte.
Di un qualcosa che mi annebbi la mente, che non mi faccia pensare.

Un giorno, uno di quelli che stavo più male del solito, un giorno nel quale i mostri spaventosi nella mia mente non volevano lasciarmi in pace, ho provato a bere un goccio di whisky. Avevo notato, le rare volte che mi era stato concesso di bere un po' di champagne, alle feste di fine anno o ai compleanni, che un po' di alcool mi faceva bene. Mi aiutava a rilassarmi e, se avevo bevuto, la notte dormivo tranquillo senza incubi.

Perché io faccio ancora brutti sogni, sogni sui miei primi quattro anni di vita con la puttana drogata e con il suo protettore.
E sono così reali.
Così fottutamente reali!
Certe volte sono con lui, il magnaccia sadico, che mi picchia a sangue, quasi a morte. Ne porto ancora le cicatrici sul mio corpo. Non potrei mai dimenticarlo, mai.
Come quella volta che sono rimasto chiuso in camera con lui ... mi vengono i brividi al solo pensiero. I brividi e la nausea.

Altre volte, nel sogno, sono con lei, mia madre, la puttana drogata. E' sdraiata sul pavimento, sembra che dorma.
Ma non si sveglia, io ho quattro anni e ho fame, tanta fame.
Vedo in cucina per cercare qualcosa da mangiare, ma non trovo niente.
Solo degli odiosissimi piselli surgelati che mi bruciano la lingua e mi fanno male al pancino. 
Ho fame, dannazione, nel mio sogno, fame e sete.
E mi sento stanco, tanto stanco.
Così mi sdraio vicino alla mamma.
La copro con la mia copertina e me ne sto buono e tranquillo insieme a lei.
Ad un certo punto arriva "lui", mi allontana dalla mamma, mi butta per terra, colpisco la testa. Per un attimo vedo tutto scuro.
Sento che la chiama, forse ora si sveglia, la chiama e la scuote. Le dà uno schiaffo. Ma la mamma non si muove. Poi lo sento gridare, arrabbiato. Ho paura e me ne sto buono buono in un angolo, se mi trova mi fa male.
Ma lui esce e sbatte la porta.

E quasi sempre a questo punto mi sveglio, e sento la mia voce che grida.

Non ce la faccio più, ho paura quando vado a dormire, paura di fare brutti sogni, di avere degli incubi.
Ma ho scoperto che se bevo, allora non faccio incubi ma un bel sonno profondo. Anche se, talvolta mi sveglio con il mal di testa è sempre meglio che svegliarsi urlando terrorizzati.

Bere mi fa stare bene, non mi fa pensare.
Quando bevo, dimentico tutto, non mi sento più così diverso dagli altri, così maledettamente fuori posto. Non penso più a che sono un disadattato, un rifiuto sociale.
Mi piacerebbe tanto essere come gli altri, come mio fratello Elliot e come i suoi amici Dave e Gabriel. Loro sono amici sin da ragazzini, giocano nella stessa squadra di football e sono bravissimi.
Sono molto popolari a scuola e sono pieni di ragazze.
Vanno a feste, appuntamenti, incontri in piscina.
Io non vado mai a nessuna festa, non ho amici e non ho la ragazza.

Ma non sono gay o asessuato: le ragazze mi piacciono, mi piacciono molto.
C'è una brunetta nella mia scuola, Linda, così si chiama.
Ha lunghi capelli castani e una paio di tette che mi fa impazzire.
Tutte le volte che la vedo mi viene l'uccello duro come un sasso.
Vorrei chiederle di uscire con me, una sera; potrei portarla a fare una passeggiata  e poi  al cinema.
Nel buio della sala, allungare il braccio, cingerle le spalle e, se proprio  me lo lascia fare provare anche qualcosa in più.
Poi andremmo a prendere un gelato o un frappè e la accompagnerei a casa, le darei un bacio, casto a fior di labbra, almeno la prima volta.
Poi chissà potrebbe essercene una seconda o una terza e un giorno potremmo trovarci da soli a casa mia o a casa sua. E allora sarei più audace, farei come Lelliott.
L'ho sorpreso più di una volta a limonare e a strusciarsi con quella sua fidanzatina, come si chiama?
Ah, sì, Alice.
Alice nel paese delle Lelliott-meraviglie, a giudicare dai gemiti e dai sospiri.

Li invidio, tanto. Desidero tanto avere una ragazza, sfogare le mie tensioni, avere qualcuno con cui stare, qualcuno che mi vuole bene.
Ma come posso fare se non sopporto nemmeno di essere toccato?
Così ... ehm ... mi tocco da solo. Faccio quella cosa che, secondo qualche vecchio prete, fa diventare ciechi.
Ma ci vedo sempre benissimo e che si fottano i preti.
Tanto non credo una parola di quello che dicono, non mi fregano.
L'ho detto a Carrick che io in chiesa non ci vado più, si è arrabbiato ma sono rimasto irremovibile e non ha potuto certo costringermi.

Io non credo in Dio e non sono ipocrita.
Non credo perché, se realmente ci fosse stato un Dio, non avrebbe potuto lasciare che mi facessero quello che mi hanno fatto quando ero piccolo. Se realmente ci fosse un Dio e ci avesse creati, fosse nostro padre, vorrebbe il bene delle sue creature, soprattutto quelle più piccole e indifese e li farebbe vivere felici e spensierati.
Non  in quell'inferno che sono stati i miei primi quattro anni di vita.

Sospiro: non ci voglio pensare, non ora.
Mi ci vorrebbe un dito di qualcosa per dimenticare.
Qualsiasi cosa: whisky, rum, gin purché sia forte purché faccia effetto al più presto.
Ma Carrick tiene l'armadietto chiuso e non ho un soldo in tasca, non ricordo più l'ultima volta che ho preso la paghetta.

Cosa fare, adesso?
Potrei vedere se trovo la borsa di Grace e fregarle qualche dollaro dal portafogli, indaffarata e distratta com'è nemmeno se ne accorgerebbe.
Quasi vado nel suo studio e vedo se la trovo.
Esco sul corridoio e non trovo nessuno, bene.
Mi avvicino alla porta, sto per aprirla, la mano sulla maniglia.
Ecco, ci sono.
Devo fare piano.

"Christian!" una voce dietro di me mi fa sobbalzare.

Calma Christian, stai calmo, ancora non hai fatto niente. Al massimo puoi dire che stavi cercando qualcosa, che so? Una penna, un quaderno, il PC portatile, qualcosa del genere.

Mi volto di scatto e  dietro di me c'è nonno Theo.
"Christian" ripete con la sua voce dolce, baritonale.
"Ciao ... ehm, ciao nonno!" quasi il tono di voce  tradisce il mio imbarazzo. Mi è andata bene ma devo fare maggiore attenzione, avrebbe potuto non essere il nonno.

"Figliolo, tuo padre mi ha detto che sei in castigo. E' vero?"
"Sì, nonno"
"E perché mai'"
"Perché ho fatto a botte a scuola"
"Hai fatto a botte a scuola ... mmmhh ... tuo padre mi ha detto che non è stata una semplice scazzottata ma che sei stato coinvolto in una rissa, in una cosa seria. So anche che ti sei fatto male. Come stai ora?"
"Meglio, sto meglio ora. Grazie"
"Ma perché fai sempre a botte?"

Cosa dirgli, ora?
Cosa dire a quest'uomo che ammiro tanto. Sono così imbarazzato, come posso mentirgli? E come posso dirgli  la verità? Di sicuro penserà che sono un violento e ... come ha detto quelle  volta la preside? Ah, già: un irresponsabile.  Il nonno penserà che sono un violento e un irresponsabile.
Non vorrei che pensasse queste cose di me, anche se probabilmente sono vere.
Però non so cosa rispondergli.
Così sto zitto, abbasso la testa e sto zitto.
"Non devi fare a botte, Christian. Mi prometti che non lo farai più?"
Gli prometto di sì e lo intendo, veramente.
Ogni volta spero sempre che sia l'ultima che faccio a botte, cerco di impormi di controllarmi ma, puntualmente ogni volta ci ricasco.

Da qualche tempo però mi sono calmato.
Oh, l'antica rabbia c'è sempre ma solitamente sono troppo sbronzo per reagire.
Certe volte faccio addirittura fatica a tenermi in piedi, così lascio dire, lascio fare. E anziché reagire bevo un altro sorso e funziona.
Così sì, credo proprio che non farò più a botte, non per autocontrollo, ma proprio perché non ci riesco.

Il nonno mi accarezza la testa;
"Va bene, figliolo, ti credo" mi dice mentre si mette una mano in tasca.
Prende il portafogli e ne estrae una banconota da 10 dollari
"Tieni" me la porge "tua padre mi ha detto di non darti soldi. Ma so benissimo com'è alla tua età, i soldi ci vogliono. Servono ad andare al cinema, ad invitare fuori le ragazze, a non fare brutta figura con gli amici. Me lo ricordo bene com'era anche quando io avevo la tua età. Un adolescente non può restare senza soldi in tasca; ne va delle sua reputazione con gli amici"
"Grazie nonno" mormoro imbarazzato mentre prendo fra le dita la banconota.

Caro nonno, lui non può sapere come sono le cose.
Io non ho una reputazione da difendere, sono un lupo solitario, un fottuto senza speranze.
E non ho amici, né ragazza, sono sempre solo; solo e arrabbiato e spaventato.
I soldi mi serviranno per una paio di bottiglie dell'unico amico che ho, il whisky.

Dovrò nasconderle bene, se mi prendono i miei genitori sono cavoli amari.

E, comunque, non dureranno poi tanto.


Eccomi di ritorno.
Capitolo non lunghissimo, ma non avrei potuto dire altro.
Credo che basti per rappresentare la confusione e lo smarrimento di un ragazzo che sta buttando alle ortiche la propria vita.
Per questo motivo ho lasciato la costruzione del periodo abbastanza confusa  proprio perché lui non ragiona, o meglio non ragiona lucidamente.
La sua vita è preda di incubi e letargie indotta dall'alcool, mi sono un pelino documentata e spero di avere dato bene l'idea.

Nel prossimo si tornerà a vedere vari personaggi che interagiscono fra di loro e spero di spiegare meglio il rapporto di questo Christian, quasi alcolizzato e sempre più smarrito, con un mondo che non lo capisce.

Beh, è più o meno tutto.
Spero di aggiornare presto
Love
Jessie

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