Il vaso rotto

di Robass
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il piccolo paese ***
Capitolo 2: *** Una donna esuberante ***



Capitolo 1
*** Il piccolo paese ***


Il signor Alessandro Maranti, un noto investigatore privato, trascorreva le sue vacanze in un piccolo paese sperduto tra le montagne. L'aria fresca dava sollievo dall'afa presente nella capitale d'Italia, dove l'uomo viveva e lavorava, suo malgrado, circa undici mesi all'anno. Visto il suo successo, ottenuto grazie alle sue brillanti capacità deduttive, gli erano sempre proposti innummerevoli casi e gli era sempre difficile tornare in quel piccolo paradiso, in cui avevano vissuto, circa cinquant'anni prima, i suoi avi.

L'investigatore era stato sempre un amante della natura a cui piaceva fare scampagnate nei boschi e dedicarsi alla ricerca dei funghi. Amava tutto di quel piccolo mondo, tranne la maggior parte dei suoi abitanti. Se da una parte, infatti, v'era la bellezza della natura, l'aria pura e un panorama davvero invidiabile che permetteva di gustare a pieno la bellezza del paesaggio circostante, dall'altra, delle circa cento persone che popolavano quel paesino in estate, quelle che Maranti reputava simpatiche e con un minimo di intelligenza si potevano quasi contare sulle dita. Secondo il suo parere, la maggior parte delle persone si recava lì soltanto per trasformarsi in gente di paese, quando invece si trattava di semplici uomini e donne di città. Tuttavia, se fosse stato soltanto per questo, sarebbe anche riuscito a sopportare quella massa di - come li definiva lui - individui con un quoziente intellettivo non troppo elevato. Le signore (in particolar modo le donne sopra ai cinquant'anni) si divertivano a passare le giornate a pettegolare e a parlare male di ognuno che non faceva parte del loro gruppo ristretto. Quest'ultimo, infatti, veniva chiamato "l'elite" dagli amici dell'investigatore e da lui stesso. Questo nome era, ovviamente, ironico ed era utilizzato per sottolineare la presunzione presente in quelle poche case.

Il discorso cambiava radicalmente tra i ragazzi. Il detective, infatti, aveva appurato che gli adolescenti di quel paesino formavano un unico gruppo unito, privo di disparità. La figlia, una ragazza dai capelli biondi, ereditati senza dubbio dal padre, passava quelle settimane in compagnia dei suoi coetani, alcuni dei quali erano i figli dell'elite. Questi ultimi, però, non avevano (o ancora dovevano avere) quel senso di superiorità tipico dei loro genitori.

Quel giorno, Maranti stava facendo una passeggiata per il paese. La sua figura, grazie all'alta statura e il color biondo lucente dei suoi corti capelli, era distinguibile da svariati metri di distanza. I suoi capelli erano la parte del suo corpo di cui andava più fiero: in quarantacinque anni, non si erano mai scuriti e quel colore era naturale. L'investigatore, benché avesse una corporatura abbastanza robusta, era agile e questo era un altro fattore che apprezzava di se stesso. Aveva le labbra sottili e un neo sulla parte destra della fronte. I piccoli occhiali rettangolari davano al suo volto un'aria da intellettuale che stonava completamente con il suo vestiario abituale: una normale tuta con delle scarpe da ginnastica. Maranti, infatti, amava indossare abiti comodi e i completi eleganti erano usati solo in occasioni davvero importanti.

Quando aveva superato l'abitazione di Alberto (un suo caro amico e uno dei pochi paesani con cui gli piaceva trascorrere del tempo) e stava per giungere in prossimità della piazzetta del paese per prendere un caffé al bar, il detective udì un urlo proveniente casa vicino a dove si trovava. Iniziò a correre, decisamente preoccupato per quel grido. Giunse davanti a una piccola casupola in pietra, una delle poche mai ristrutturate e quindi rimaste a com'erano circa un secolo prima. La persona che aveva urlato era Anna Tanelli, il capo dell'elite. Era una donna dalla bassa statura e gli anni in cui il suo fisico era snello erano ormai passati da tempo. Aveva oltrepassato da qualche anno la soglia dei cinquant'anni, ma i suoi capelli neri erano rimasti tali, anche se qualche capello bianco iniziava ad apparire nella sua capigliatura a caschetto. Quel giorno, portava i suoi soliti orecchini raffiguranti una mezzaluna ed indossava una comoda tuta da ginnastica grigia. Lei e il detective sembravano essere due adulti che avevano approfittato di quella giornata di sole per fare una corsetta, visto che ambedue indossavano capi abbastanza comodi.

La donna volse immediatamente gli occhi, circondati da grandi occhiali rotondi che conferivano al volto un'aria decisamente infantile, verso Maranti ed indicò qualcosa davanti a sé. L'investigatore avanzò di qualche passo e vide che una mano insanguinata impediva all'uscio di quella misera abitazione di chiudersi totalmente. Il detective aprì la porta e lo spettacolo che si mostrò davanti agli occhi dei due sventurati fu raccapricciante: Beatrice Luzzani, una signora novantenne che viveva per tutto l'anno in quel piccolo paesino, giaceva a terra, quasi certamente senza vita. Il sangue partiva dalla testa e, oltre a formare una grande chiazza sotto la vittima, arrivava fino al palmo della mano destra. Vicino al corpo della signora v'era, in pezzi, il vaso in legno raffigurante una figura mitologica orientale, che l'anziana portava sempre con sé. I frantumi presentavano macchie rosse, le quali, molto probabilmente, erano tracce ematiche della vittima. Il vaso era un preziosissimo cimelio di famiglia che veniva tramandato di generazione in generazione, ma, poiché ci era davvero affezionata, non aveva mai concesso ai figli e ai nipoti di ereditarlo, come era tradizione.

Pareva essere stata proprio quella la causa del decesso della povera signora e Maranti sorrise amaramente quanto notò questo particolare: era stato proprio l'oggetto a cui teneva di più a privarla della vita. Sì avvicinò al corpo e constatò che oramai esso era completamente esanime. Si girò e tornò a guardare la signora Tanelli, la quale manteva lo sguardo, fisso e visibilmente impaurito, sul detective.

«Vada a chiamare subito la polizia. Purtroppo, l'ambulanza non serve più.» disse Maranti al capo dell'elite, con voce autoritaria.

«C-certo. V-Vado s-subito.» rispose, balbettando e in preda al panico, la signora Tanelli.

"Qualcosa di buono lo sa fare, allora." pensò Maranti. Era incredibile come riuscisse ad essere sarcastico in situazioni del genere (che non fosse umano al cento per cento?).

Scosse la testa, cercando di dedicarsi a questioni di importanza molto più rilevante. Ancora non sapeva in che modo il vaso avesse colpito la signora e, soprattutto, se fosse stato proprio quell'oggetto a provocare quella ferita mortale.

 

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Capitolo 2
*** Una donna esuberante ***


Dopo pochi minuti (cosa che sconcerta addirittura me, che sono il semplice narratore di questa vicenda), la voce si era già ampiamente diffusa in quelle strade. La signora Tanelli, infatti, mentre correva come una forsennata per arrivare a casa e chiamare le forze dell'ordine, ha gridato interrottamente queste parole: «La signora Luzzani! Povera donna! La signora Luzzani è morta!»

Morta? Che cosa significa? Com'è possibile? I passanti iniziarono a farsi questo genere di domande e, ben presto, molti paesani affluirono sul luogo, divenendo, da venti, poco meno di cento persone. L'investigatore, anche se ormai ci era abituato, non poteva non stupirsi della velocità con la quale la notizia fosse girata. Maranti sorrise amaramente, pensando a quando la polizia sarebbe arrivata. Per loro sfortuna, gli agenti avrebbero trovato una folla incerta, impaurita ma anche estremamente curiosa. La loro voglia di cercare delle notizie avrebbe creato non pochi problemi, aggiungendosi ai giornalisti che sarebbero giunti in quel luogo remoto.

Il detective esaminò ancora una volta – questa volta molto più dettagliatamente – la scena del delitto. La maggior parte dei pezzi provocati dalla rottura del vaso (in particolar modo, quelli di maggiori dimensioni) presentavano macchie rosse, senza dubbio riconducibili a tracce ematiche. Prese ad esaminare le pareti rigorosamente in pietra - che davano l'impressione che la struttura avrebbe ceduto dopo poco tempo - e constatò che non c'era nessun particolare che potesse interessare le indagini. Come unico arredamento, in quell'ingresso così inusuale – come, del resto, lo era l'intero edificio –, v'era un armadio in legno di frassino. Nella parte superiore era presente, come decorazione, una volta che, a una prima occhiata, sembrava essere realizzata in legno di cipresso, in quanto il colore più chiaro risaltava su quello che caratterizzava la parte inferiore dell'armadio. Maranti notò immediatamente – sarebbe stato semplice anche per l'occhio meno esperto – che l'armadio era molto antiquato. Il legno, infatti, era scalfito in molteplici parti; un pezzo della piccola decorazione curva nella parte superiore si era staccato; l'aspetto dell'armadio, in generale, non dava l'idea di essere nuovo, anche grazie alla polvere che lo ricopriva interamente. Il detective, che aveva l'abitudine di portare sempre con sé dei guanti per ogni evenienza (non so se questo possa spaventare i lettori o far ammirare loro ancor di più il personaggio), ne estrasse un paio dalla tasca del pantalone della tuta che indossava. I guanti aderirono perfettamente a contatto con l'arto del detective, il quale passò subito ad aprire le ante dell'armadio. Si udirono dei cigolii – anche abbastanza sinistri – provenire dall'anta mentre si poteva già intravedere cosa ci fosse all'interno.

Nel momento in cui le iridi cerulee del detective romano stavano iniziando ad analizzare quello che si presentava dinnanzi a lui, una mano si andò a posizionare sulla spalla di Maranti. Quest'ultimo si girò istintivamente, impaurito. Davanti a lui, la scena era occupata da una donna dai capelli corvini, che – seppur non toccandoli – davano l'impressione di essere straordinariamente lisci. Il suo volto aveva assunto un'espressione severa: le labbra – tra le più sottili che l'investigatore abbia mai visto – erano serrate; gli occhi marroni stavano cercando di analizzare l'uomo che si trovava davanti a loro; la fronte corrucciata, infine, mostrava molte più rughe di quante la sua giovane età le permettesse di avere. Infatti, dopo una prima occhiata, era molto difficile pensare che la donna superasse i quarant'anni. Quello che lascio completamente sorpreso il detective fu il fatto che la persona di fronte a lui lo superasse in altezza. Data la sua notevole statura, gli capitava molto spesso di guardare gli altri inclinando la testa verso il basso. Sorprendentemente, Maranti aveva trovato qualcuno più alto di lui e che, per la prima volta, non appartenesse al genere maschile.

«Mi scusi, ma non dovrebbe aggirarsi sul luogo del delitto, se non è un poliziotto. A meno che, ovviamente, Lei non sia il colpevole.» terminò la donna, lanciando uno sguardo accusatorio – totalmente insensato – al detective.

«Potrei sapere chi sia Lei, invece?» replicò, visibilmente infastidito, Maranti.

«Ha il piacere di parlare con il commissario Roveretti.» rispose la donna, adottando un tono decisamente altezzoso – che non piacque affatto al romano – ed esibendo il suo tesserino come prova.

«Molto lieto. Io sono Alessandro Maranti, un detective privato» concluse, consegnando uno dei suoi biglietti da visita al commissario.

«Mi pare di aver già sentito questo nome. Non è per caso l'investigatore di Roma che era stato coinvolto nel caso dell'omicidio di quei quattro poveri ragazzi?»

Maranti annuì, rendendo possibile a un occhio attento – che sembrava non avere quella donna – intravedere una nota di tristezza nella sua espressione. Quel caso era stato decisamente complesso e anche particolarmente emotivo, dal momento che una delle quattro vittime era la migliore amica della figlia del detective. Vi racconterei con piacere le dinamiche, il ragionamento dell'investigatore, i colpevoli e tutto ciò che riguarda quella vicenda, ma, di questo passo, la storia principale verrebbe messa in secondo piano e chi, tra voi lettori, è un appasionato di racconti pieni di mistero perderebbe una buona occasione.

«Ma è fantastico!» esclamò, estasiata, il commissario Roveretti «Con Lei, riusciremo a risolvere il caso in poco tempo. Inoltre, generalmente, in questi paesi non c'è mai un enorme afflusso di persone e, pertanto, sarà più facile individuare il colpevole.»

«Sono d'accordo, ma io Le consiglio di iniziare a raccogliere degli indizi e di non perdere tempo. Guardi qui.»

Maranti stava finalmente osservando l'interno dell'armadio e, sebbene non si aspettasse di trovare una grande quantità di capi d'abbigliamento, si rese conto che l'anziana signora possedeva soltanto alcuni vestiti, molti dei quali anche visibilmente rovinati. Conoscendo l'abbigliamento tipico della signora Luzzani – pesanti maglioni di lana e gonne che arrivavano a toccare terra, anche in estate –, Maranti non fu affatto meravigliato di non trovare dei semplici pantaloni o magliette. Era incredibile come quella donna riuscisse a non sentire freddo anche indossando quei capi particolarmente pesanti. Naturalmente, l'aria di montagna aiutava, ma il sole non era certamente assente, in particolar modo nei mesi di luglio e agosto.

«Non riesco a credere come sia possibile riuscire a sopravvivere con tutta questa lana, in questo periodo dell'anno.» osservò – come aveva fatto pochi attimi prima Maranti – il commissario.

«Già, ma non credo che il caldo sia collegato con il decesso della vittima, vista la presenza di ferite. Ovviamente, qualcuno potrebbe averla colpita una volta morta per depistare le indagini, ma non seguirei questa strada.» fece notare Maranti.

«Per ora è meglio valutare ogni ipotesi, ma credo che questa pista sia davvero inverosimile» constatò la donna, portando la mano destra sul mento, cercando di imitare – in modo maldestro, oserei dire – "Il Pensatore".

L'investigatore, sebbene la avesse incontrata solo pochi minuti prima, non aveva fatto fatica a riconoscere quanto quella donna volesse mettersi in mostra.

«Le do un consiglio.» esordì Maranti, attirando l'attenzione del commissario «Credo che la Polizia debba allontanare i curiosi dal luogo del delitto. Sa, io vengo qui ogni estate e ho già avuto l'occasione per valutare quanto gli abitanti amino i pettegolezzi e gli scandali»

La donna annuì, gettando un'occhiata furtiva fuori dalla finestra, dove si poteva notare una grande folla – composta principalmente da signore sopra la soglia dei cinquant'anni – che non faceva altro che supporre cosa fosse successo, proponendo spiegazioni che avrebbero fatto ridere ogni individuo con un minimo di intelligenza.

«Ora chiamo la scientifica e farò analizzare sia la vittima che i pezzi del vaso. È d'accordo?» chiese il commissario.

«Sì, faccia pure. Credo che la scientifica sia l'unico modo per cercare altri indizi»

Poco dopo, due uomini trasportarono il corpo esanime della signora Luzzani su una barella e, mediante l'utilizzo di una coperta, non resero possibile agli abitanti del paese, riuniti fuori da quella misera abitazione, vedere il cadavere.

«Bene, io resterò qui un'altra ora, dopodiché tornerò in centrale, per poi ritornare domani.» annunciò il commissario a Maranti.

Prima che il detective potesse rispondere, un ragazzo di circa vent'anni fece irruzione. Era di corporatura robusta e la natura non gli aveva donato un'eccessiva altezza. A suo confronto, il commissario Roveretti sembrava una giraffa. Il ragazzo era ansante; la sua espressione, decisamente preoccupata, contrastava nettamente il buffo ammasso dei biondi capelli ricci che gli copriva totalmente la fronte.

«Salve, Lei è?» chiese il commissario Roveretti.

Maranti – sfortunatamente – sapeva la risposta e subito provò pietà per il ragazzo. Inizialmente, pensò di avvolgere in un caloroso abbraccio quella piccola ma tozza figura che si trovava di fronte a sé, ma decise di attendere per comprendere al meglio lo stato d'animo del giovane.


 

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