Her. -A Diary

di Imagine_Poison
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 14 novembre 2014 - House By The Sea ***
Capitolo 2: *** 15 novembre 2014 - Mistral Gagnant ***
Capitolo 3: *** 20 novembre 2014 - Closer ***
Capitolo 4: *** 25 novembre 2014 - Higher ***
Capitolo 5: *** 17 dicembre 2014 - Someday ***



Capitolo 1
*** 14 novembre 2014 - House By The Sea ***


Her.
A Diary
 
House By The Sea

"And I'm trying my best to be tough
To pretend I am strong and can siphon it off
But I'm not who I wanted to be
In my heart I belong in a house by the sea" 
House By The Sea, Moddi



 
Londra, 14 novembre 2014
 

Non so mai come iniziare a scrivere, e te lo confesso. Ma questo mi sembrava il modo migliore per farlo. Quindi facciamo finta che inizi da ora, senza questo sproloquio.

Ciao amore mio. Devo confessarti anche che non so perché io stia scrivendo, sinceramente. Ho semplicemente trovato un vecchio quadernetto e una penna che, stranamente, scrive. Così ho pensato di buttare giù qualcosa, senza un vero scopo. Anzi, uno scopo c'è, sotto sotto. Spero solo che, dopo tutto, tu riesca a coglierlo.

Questa mattina sono andato a casa di mia madre, ad Holmes Chapel. C'era un'aria frizzante e leggera, quella che ti accarezza la pelle quasi come se ti stesse baciando. Mi sono pentito subito di non essermi portato dietro un giubbotto più pesante della giacca di pelle, ché poi è incominciato a piovere, e quando piove ad Holmes Chapel l'aria si irrigidisce parecchio.

Ho pensato a te quando ho visto un grande salice piangente sulle sponde del fiumiciattolo che scorre davanti casa. Te lo ricordi? Quello che scorre lentamente, quasi fosse addormentato, che lascia intravedere le alghe verdognole sul suo letto profondo. Il salice era decisamente più piccolo quando sei venuta qua l'ultima volta, molto più spoglio, un ramoscello sghembo. E' cresciuto tanto, è molto più alto di me ora. E si specchia melanconico nell' acqua, come se avesse perso qualcosa di molto importante per lui, qualcosa di fondamentale. E piange, piange perché ormai non può più recuperarla quella cosa dalle acque gelide e terse, ormai è perduta, persa per sempre.

Anche tu piangi perché hai perso qualcosa, amore mio. Tu piangi perché hai perso la tua giovinezza, l'età più bella della tua vita, strappatati da cose più grandi e potenti di te. E allora mi chiedo cosa ti sarebbe successo che non fossi arrivato a prenderti e a portarti in salvo, se quelle cose più grandi e potenti di te ti avessero uccisa. E non me lo sarei mai perdonato, amore mio, mai.

Mamma e Gemma mi hanno chiesto di te, come va tra di noi. Ho semplicemente detto loro che hai dei momenti "no", che ogni tanto piangi come quel salice sulla riva destra del gelido ruscello e che quando succede  mi abbracci ancora più forte. Ho detto che odi quando io ti vedo piangere e quando mi inumidisci la maglia con le tue lacrime amare. Ho detto che ti senti una fallita quando succede e che incominci a sentirti in colpa. Poi mi hanno chiesto perché non sei venuta anche tu con me, e allora ho risposto che non ti andava, che volevi stare un po' da sola. E non ti nascondo che un po' mi sono sentito morire dentro, perché ho pensato che la mia presenza fosse sempre stata un fastidio, mi sono sentito un intruso tra te ed i tuoi silenzi. E lo so che non lo sopporti, quando mi faccio sommergere da dubbi e complessi, ma sono più forti di me. Come i tuoi numerosi silenzi che mi colpiscono come pugni in pieno volto.

Sono stato al parchetto di fronte la mia vecchia scuola, dove l'erba è rimasta ormai incolta e nessuno si è più deciso a tagliarla. E' rimasto tutto come prima, come l'hai trovato tu. I muri di mattoni rossi che lo circondano sono ancora segnati da macchie nere di muffa e muschio; i lampioni ai quattro angoli fanno ancora quel suono simile ad un ronzio quando cala la notte e si accendono, emanando la loro pallida luce giallognola.

Ho fatto un giro per il paese, per quelle casette di mattoni rossi, come i muri del parchetto, dove ogni singola cosa mi urla: Casa. Quelle che mi hanno visto crescere e diventare quello che sono, con i miei pregi ed i miei difetti. Ho visto il forno dove lavoravo da adolescente, dove Mary mi diceva come servire i clienti ed apparire loro cortese, dove ogni mattina sfornavo brioches al caramello. Al caramello, come i tuoi capelli morbidi, ché anche loro mi urlano: Casa.

Poco fa, prima di ritornare in città, erano le 8.00. p.m. e già il cielo era tappezzato di stelle lattiginose. La sera è stranamente serena là nel Cheshire oggi. Sono salito in camera mia, quella che ha i muri tappezzati di poster e vecchi vinili consumati. La porta è ancora cigolante come l'hai trovata tu. L'olio è finito e non ho voglia di comprarne dell'altro. Il letto è sistemato, intoccato. Sarà stata mia madre a rifarlo, a noi non andava l'ultima volta. Te lo ricordi? 

Molte persone, direi piuttosto tutti, dicono che "Casa" è il posto dove si trova il proprio cuore, dove le persone che ami hanno bisogno di te. Io invece dico che "Casa" è il posto dove tu scegli di stare, e così io ho deciso di portare "Casa" dentro di me, così da non provare mai quel sentimento dolceamaro che ti squarcia lentamente il cuore, detto anche semplicemente "nostalgia".

Sono appena tornato a casa, e ti ho trovato sul divano, con lo sguardo perso nel vuoto. Ti ho salutato, ma tu non l'hai fatto. Ti ho chiesto come stavi, ma tu non mi hai risposto. Ti ho dato un bacio, ma tu non l'hai ricambiato. Ti ho toccato la mano, ma tu hai allontanato la tua. Ti sei alzata di scatto senza nemmeno guardarmi negli occhi. Ed io sono rimasto lì, con la mano poggiata sul divano, dove prima poggiava anche la tua, di mano. Ti ho chiesto il perché dei tuoi silenzi, sempre gli stessi, ricevendone un altro come risposta. Altri silenzi non cambieranno la situazione, amore mio, la peggioreranno solamente. Insieme le abbiamo superate tutte le difficoltà, con forza e coraggio siamo andati avanti, e mai ci siamo arresi. Perché lo stai facendo ora, amore mio? Ora che tutte le preoccupazioni che incombevano su di noi si sono volatilizzate?

Sei appena uscita dalla tua camera, silenziosa come sempre. Ti sei seduta sulla sedia in salotto, quella di fronte alla vecchia televisione. E guardi lo schermo, spento. Mentre scrivo hai iniziato a parlare, finalmente. Mi hai parlato di quanto ti piaccia il mare. A me non è mai piaciuto così tanto, il mare. Mi hai detto che ti piacerebbe andarci, "Anche solo per vedere, come si chiamano? Le Bianche Scogliere di Dover, quelle di Kipling, del Re Lear e di Van Morrison. Deve esserci parecchio vento lì ". Hai detto anche che ti piacerebbe abitare lì. E secondo me troveresti la tua "Casa" sulle Bianche Scogliere di Dover, col "parecchio vento" che ti scompiglia i capelli e che ti pizzica gli occhi. E spero che la tua "Casa", ora, sia anche tra le mie braccia, non solo sulle Bianche Scogliere di Dover, "oniriche, di sensi sconosciuti, nell'illogica logica che in quel frangente ha ragione di essere".

Non so cosa starai pensando tu, di me, che scrivo col capo basso su questo vecchio quadernetto dalle pagine ingiallite dal tempo che emana un intenso odore di vecchio. Non so se mai te lo dirò, cosa sto facendo. Ma so che tu rimarrai sempre la mia "Casa", tra queste quattro mura fin troppo piccole per noi due e fin troppo poco calde per il gelo che c'è fuori e nei tuoi occhi.

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Capitolo 2
*** 15 novembre 2014 - Mistral Gagnant ***


Her.
A Diary

 
Mistral Gagnat
 

"A m'asseoir sur un banc cinq minutes avec toi
Et regarder le soleil qui s'en va
Te parler du bon temps qui est mort et je m'en fou
Te dire que les méchants c'est pas nous
Que si moi je suis barge, ce n'est que de tes yeux
Car ils ont l'avantage d'être deux
Et entendre ton rire s'envoler aussi haut
Que s'envolent les cris des oiseaux
Te raconter enfin qu'il faut aimer la vie
Et l'aimer même si le temps est assassin
Et emporte avec lui les rires des enfants
Et les mistrals gagnants"
Mistral Gagnants, Renaud




Londra, 15 novembre 2014
 
Ciao tesoro. E’ strano che scriva dell’altro, ma devo ammettere di sentirmi meglio dopo aver riempito e sporcato il foglio con parole d’inchiostro. Parole forse irrealizzabili, forse utopiche o forse fin troppo razionali. Confuse, le definirei proprio così. Estremamente confuse.

Ho bisogno di sentirti, ho bisogno di conoscere meglio il tuo animo terribilmente assente. Sei cambiata, da un giorno all’altro, come tramonta il sole e come sorgono repentinamente la luna e le stelle. Silenziose.

Oggi ci ho provato. Ti ho portata a fare una passeggiata al parco. Non volevi, all’inizio, poi ti ho convinta, e ne sono davvero grato.

Non hai aperto bocca mentre passeggiavamo tra le straripanti vie di Londra. Ti guardavi intorno spaesata, come se qualcuno di ostile ti osservasse, ti perseguitasse.

Niente ti è ostile, amore mio. Solamente i tuoi sentimenti lo sono, quelli che ti affollano la mente e non fanno propagare la ragione. Perché ogni tanto i sentimenti devono essere messi da parte, e lasciare che la ragione ti riporti sulla retta via, quella dell’eterna felicità. Bisogna sopprimere la morsa della paura e del terrore che opprime la nostra vita, quella che dovremmo amare e vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo.

Eri assente, nei tuoi occhi non sono riuscito a scorgere niente. Alcuna luce, alcuna vita. Solo un immenso buio. Un buio infinito.

Il vento leggero ti sfiorava gli avambracci scoperti, facendo ricoprire la tua pelle cerea di infiniti brividi.

Quando ti sfioro con le mie dita succede la stessa cosa. O almeno, succedeva. È da tanto che non me lo permetti, amore mio. Non mi lasci più la possibilità di toccarti, di respirarti, di amarti, di viverti. E mi dispiace, immensamente. Non so se la colpa sia la mia, ma se lo fosse, perdonami, te ne prego. Ché mi manca il profumo della tua pelle, quello che solo tu possiedi e che mi rende immortale per pochi istanti.

Il parco era vuoto, quasi nessuno correva tra i vasti prati di erba verde. Solo qualche bambino, fin troppo distratto da scivoli ed altalene per accorgersi della nostra presenza.

Ti sei seduta su una panchina arrugginita, la prima che è apparsa davanti ai nostri occhi. Mi hai detto che eri stanca, che volevi tornare a casa. Non posso farlo, non posso lasciarti cadere nel baratro, non riesco proprio a pensare a una tale e orrenda cosa. Non posso lasciarti da sola, non me lo perdonerei mai. Finirei per morirci anch’io. Voglio solamente averti al mio fianco, splendida come sei e come rimarrai, qualsiasi cosa accada, per il resto della nostra angustiata vita, sperando che si tramuti in un più benevolo divenire.

Ma sembra che a te non importi niente, sembra che la fine sia davvero la tua scelta immutabile. Ti stai comportando da persona superficiale, da persona ingrata. E potrei sembrarti superbo, potrei sembrarti sdegnoso ed arrogante, ma voglio solo aprirti gli occhi. Perché quei due lapislazzuli non sono più come quelli di una volta, quelli pieni di passione e di voglia di rivincita. Quella voglia di un riscatto verso questa realtà ingrata che ti ha ridotta un suo fantoccio, completamente persa ed in balia di qualcosa di terribilmente estenuante e logorante.

Ti sei rialzata, controvoglia, e abbiamo ripreso a camminare, uno accanto all’altra, ma come non mai distanti e distaccati.

Ho paura, tesoro, è questo che ho. Ho paura di cosa potrebbe succedere di questo passo. La situazione peggiora giorno dopo giorno, la tensione tra noi si può tagliare con una lama. Si percepisce a pelle la tua inquietudine, il tuo turbamento. Voglio guarirlo, voglio sanare il tuo cuore logorato e vederti sorridere, ché è da tanto che non succede. Davvero tanto.

Poi mi sono seduto anch’io accanto a te, e finalmente hai soddisfatto la mia inguaribile voglia di vedere i tuoi occhi, ché spero tu ti sia accorta che i miei sono completamente pieni di te.

Hai incominciato a parlare, lentamente, come fai di solito. Mi hai stretto la mano, e posso giurare di aver avvertito il mio cuore pulsare ancora più forte, ancora più intensamente.

Hai riso, senza un perché. La tua ristata che si ascolta come si ascoltano le onde selvagge del mare violento, quella che ti percuote i più profondi meandri dell’animo. E ti ho baciata, di riflesso, ché mi mancava da morire farlo. Tu hai ricambiato, e meravigliosi ricordi mi hanno invaso la mente. E mi hanno aperto gli occhi. Un barlume di speranza si era creato in essi, nel mio animo ferito. Quella speranza ormai svanita da tempo, quella che mi aveva fatto capire quanto importante tu sia per me, nei tuoi difetti, nelle tue follie. E vorrei che questo momento fosse infinto, vorrei svegliarmi domani e provare la stessa intensa emozione, vorrei che tu non cambiassi e che rimanessi spensierata e gioiosa come sei ora.

Mi hai parlato di tua madre. Mi hai detto che conosceva il francese e che un po’ te lo ha insegnato. Mi hai detto che tu e tuo fratello eravate legati da un legame indissolubile e che mai avresti voluto vederli morire, tra le tue esili braccia, trai rottami dell’auto e del camion. Quello bianco, che vi ha travolti non lasciando alcuna speranza alle loro innocenti vite.

Mi hai parlato di tuo padre. Non avete un buon rapporto, non lo conosci nemmeno così bene. Ma non ti interessa, ti bastavano tua madre e tuo fratello.

Il tempo è passato in un istante, la luna era alta nel cielo, luminosa e brillante.

Ha incominciato a piovere. E non sai quanto vorrei che quella pioggia portasse via ogni tuo dubbio, ogni tuo tormento. Non sai quanto vorrei dirti che ho bisogno di te, ché sei una meraviglia. E non sai quanto pagherei per vederti finalmente felice e soddisfatta della tua ragion d’essere. Ché tu non sembri capirlo, non sembri comprendere l’incommensurabile amore che provo per te e per la straordinaria e forte donna che sei diventata. Ti amo, tesoro, ti amo come non ho mai amato nessuno nella mia giovane e tormentosa vita. E spero che tu l’abbia capito, in un modo o nell’altro, tra un piccolo gesto ed una carezza, tra un bacio e un sospiro, ché uno in più non fa mai male.
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 3
*** 20 novembre 2014 - Closer ***


Her.
A Diary
 
Closer

  "Stranded in this spooky town
Stoplight is swaying and the phone lines are down
Floor is crackling cold
She took my heart, I think she took my soul
With the moon I run
Far from the carnage of the fiery sun "

Closer, Kings Of Leon


Closer, Kings Of Leon
 
Londra, 20 novembre 2014
 
Perché, amore mio? Perché? Non lo capisco davvero. Mi sento una persona insulsa ed inutile in questo momento, ne sei consapevole? Per quale motivo mi hai fatto una cosa del genere?

Ti sei fatta sotterrare dalle menzogne, dalle tue paure più profonde, dai giudizi degli altri. Ed io? Io cosa ero per te? Il nulla. Mi hai ferito, hai disintegrato ogni piccola parte di me, ogni pezzetto rimasto intatto del mio essere. Hai reso impossibile la mia vita. L’hai resa tormentata e insopportabile, mi hai condannato a reggere un dolore più forte di me, mi hai reso una persona senz’anima ormai, un vegetale. Ti sei comportata da perfetta egoista, da persona insensibile ed immatura. Io c’ho provato, c’ho provato con tutto me stesso a riportarti in superficie, a farti vedere in modo diverso la tua vita. Ho visto un cambiamento nei tuoi occhi. E dov’è ora? E’ svanito con te, con la sconosciuta che ormai da tanto tempo condivideva il mio stesso letto. Perché quella non eri tu, amore mio, era una persona assente.

Ti odio, non sai quanto. E non sai quanto vorrei tornare indietro nel tempo, tornare da te e parlarti. Parlarti di tutte le cose che siamo riusciti a fare insieme, tutte le grandi imprese che abbiamo portato avanti. Parlarti del nostro amore, che abbiamo difeso con le unghie e con i denti. Vorrei tornare indietro ed afferrarti, dirti che ti amo. Vorrei salvarti, amore, vorrei portarti indietro, insieme a me. Ma non è successo. I sensi di colpa mi stanno divorando come leoni affamati. E’ solo un sogno, un’ illusione. E si sa, i sogni e le illusioni non diventano mai realtà. Rimangono nascosti ed irrealizzati negli abissi della nostra psiche. E non c’è altro che si possa fare, che io possa fare.

Non l’ho ancora realizzato del tutto, sai? Sono trascorsi tre giorni, ma sembra sia successo solo un minuto fa. Ricordo tutto, tutto è fin troppo chiaro nella mia mente. Ricordo le lacrime sul tuo viso, e al solo pensiero piango anch’io. Ricordo le mani tremanti, e scusami se non riuscirai a decifrare le parole che sto scrivendo, ma stanno oscillando anche le mie, di mani. E scusa anche se continuo a rivolgermi a te mentre scrivo. Perché continuo a farlo? Tu non potrai mai leggere nulla, niente di niente. E sai perché? Perché te ne sei andata. E ti odio per questo, ti odio con tutto me stesso.

Sono confuso, tutto questo che sto scrivendo è confuso, la mia vita è confusa. Non so più che fare, non so più come agire. E forse non l’ho mai saputo.

E’ successo tutto così in fretta, in modo così inaspettato. Te ne sei andata silenziosamente per non tornare più. Ma da una parte è anche meglio di una lunga e sofferente agonia. Però sai cos’è che proprio non sopporto? E’ che noi quest’agonia l’avevamo già vissuta, superandola e vivendo come se nulla fosse realmente successo, vivendo come due persone che si amano, amando anche la loro vita. Tu l’hai disprezzata, come si disprezza il male peggiore. E ho paura che la vita per te fosse proprio quello, vero? Un mostro che ti divora dentro.

Mi hai stravolto l’esistenza, mi hai reso una persona diversa, quasi non mi riconosco. Sono diventato fragile, insicuro. Hai prosciugato ogni mia energia, ogni sfaccettatura di me. Hai condizionato le mie decisioni, prese considerando te come mia costante fissa ed improrogabile. Mi hai preso le mani e mi hai trascinato nel baratro. Come ti senti ora? Sai, spero meglio. Spero che la mia assenza ti abbia fatto capire quanto tu abbia agito in maniera avventata e sconsiderata. E sai una cosa? Vorrei non averti mai incontrato, quella sera, davanti al Queen Of Hoxton. Vorrei non aver mai calciato la tua bottiglia di vodka per errore, vorrei essere rimasto a casa a suonare Listz piuttosto che uscire a cercare quel deficiente di Max ei suoi quattro fottuti amici. Vorrei anche rimangiarmi ogni singola, fottuta parola che ho appena scritto, e dirti che ti amo. Ma non ci riesco, ne sono ancora pienamente convinto, purtroppo. E credo che ne rimarrò convinto ancora per un bel po’.

Cosa farò? Non so cos’altro chiedere a me stesso. Come agirò? Come farò a dormire nello stesso letto? Quello in cui dormivi anche tu, in cui mi sorridevi la mattina appena svegli, in cui ci amavamo. E cosa farò io, di me stesso? Cosa farò del fantoccio vuoto e privo di essere che mi hai reso. Mi hai rubato l’anima, il cuore, le ossa. Mi hai portato via con te. Riportami qui, amore, te ne prego. Ridammi la mia vita, la rivoglio subito indietro. Devo essere in grado di continuare a vivere, devo portarla avanti, devo comportarmi come se niente fosse successo. Come se tu fossi ancora qui accanto a me, come se in questo momento stessi ridendo di me perché scrivo senza uno scopo, come se mi stessi ascoltando mentre le note di Rachmaninov  risuonano dal mio pianoforte tra le pareti della stanza. E spero che anche ora tu stia ridendo di me, chè non esisteva cosa più bella al mondo della tua risata, tesoro.

Ma come posso? Non riesco a fare a meno di pensarti, di pensare alle lacrime di quei pochi tuoi parenti che sono venuti alla tua sepoltura, che mi guardavano con esagerato rancore, come fossi un assassino. E, in fondo, mi sento proprio così, un assassino, un fallito. Un totale fallito.

Ho pregato che tu riaprissi gli occhi, da un momento all’altro, come se tutto fosse stato in realtà un orribile sogno. Ma niente, ogni preghiera è stata vana.

Poi ha incominciato a piovere, come quella volta al parco. Quella pioggia che consideravo ristoratrice, quella che avrebbe dovuto cancellare tutte le tue preoccupazioni, ricadeva violenta e fredda sulla tua bara bianca. E quella rosa che ho gettato io sulla tua bara, è caduta colpita dalle veementi gocce, come sei caduta tu, uccisa dalla tua stessa vita.

Sono andato subito via, dopo. Non riuscivo a sopportare nulla, tantomeno le condoglianze forzate ed ipocrite del resto dei partecipanti. Ho fatto un giro in auto, tra le strade trafficate del giovedì sera inglese, quando tutti escono a bere e a divertirsi. Il colore rosso dei semafori rifletteva negli specchietti retrovisori, arrivando diretto nei miei occhi. Lo stesso rosso del sangue, quello che usciva dalle mie nocche dopo aver colpito il muro per la furiosa rabbia.

La pioggia diventava sempre più violenta, i tergicristalli si muovevano sempre più energicamente cercando di rendere la mia vista più chiara attraverso il parabrezza. Non sarebbe bastato nessun tergicristallo a renderla più vivida, sarebbe rimasta appannata comunque ed inevitabilmente. Le luci della città si infrangevano nell’acqua sul vetro, scomponendosi in mille colori abbaglianti. Quei colori non erano niente in confronto al blu dei tuoi occhi. Non riuscirò mai dimenticarlo, e me ne rincuoro e addoloro al contempo.

Ho bisogno di resettare la mia vita, di darle una svolta, e di riprenderla in mano. Ho bisogno di dimenticarti, amore mio. Lo so che fa male, ma deve essere così. La confusione regna nella mia mente, e devo darle un taglio, deve finire qua. Metterò un punto e ritornerò a capo. Perché alla fine la vita è una sola, e non posso rovinarla per qualcuno che evidentemente era troppo, persino per me. E non sai quanto io ti ami e ti odi in questo momento, amore mio, così tanto. 

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Capitolo 4
*** 25 novembre 2014 - Higher ***


Her.
A Diary

Higher


 "Can you take me higher?
To the place where blind men see
Can you take me higher?
To the place with golden streets"

Higher, Creed

Higher, Creed

 

Londra, 25 novembre 2014

Sono passati cinque giorni da quando non sei più con me, ma è come se fosse passata una vita intera. Non oso immaginare cosa proverò andando avanti, giorno dopo giorno, ma sarò condannato a saperlo. Ogni ora, ogni minuto, ogni secondo che passa è violento come un pugno in pieno volto, quelli che ti stordiscono e quasi ti fanno girare dall'altra parte.

Non so come fare senza te al mio fianco.

Non riesco ad uscire da questa casa, non riesco a assaporare l'aria frizzante di Londa a novembre, non riesco proprio farlo. Gli sguardi dei passanti mi appaiono sempre minacciosi, costantemente puntati su di me, tremendamente insistenti. E anche se mi convinco ogni giorno di quanto sia pulita la mia coscienza, non riesco a rendermene conto. Perché in realtà non è così, la mia coscienza non è per nulla pulita. Non lo è perché è solo mia la colpa della tua fuga, mia e basta. E so che ti ho dato dell'irresponsabile e della sconsiderata, ma perdonami amore mio. Il vero irresponsabile sono io, che ti ho permesso di uscire senza di me quella sera, senza la mano che ti avrebbe potuta salvare. E mi dispiace, davvero tanto.

Le parole non servono a nulla in questi casi, è meglio rimanere in silenzio, pensando e basta. Ma fingiamo che non sia successo nulla, fingiamo di stare ancora insieme, fingiamo di amarci ancora come se nulla fosse successo, ché i giorni mi stanno divorando, pezzo dopo pezzo, e non andrò molto avanti di questo passo.

Come va? Spero bene. Spero tu abbia ritrovato tua madre e tuo fratello lassù, spero tu li abbia potuti riabbracciare come dopo un lungo viaggio, arrivato ormai al capolinea. Perché in fondo quello è la vita, un viaggio. Alcuni, i più valorosi, decidono di arrivare alla meta, quella ambita da tutti. Altri non ci riescono e si arrendono prima, terminando il loro viaggio bruscamente e abbandonandolo. Io so che non sei stata tu a farlo, amore. Sono state le circostanze a farlo, a lasciarti cadere nel vuoto della tua anima diventata ormai dannata e completamente distrutta. E non so nemmeno a quale dei due gruppi appartengo io. Non so con piena certezza se riuscirò a portarlo a termine questo tortuoso viaggio, ché si sta trasformando sempre di più in un'estenuante e infinita agonia.

Non riesco a rendermene conto, non riesco a realizzare la tua assenza.

Portami con te, amore, in alto, dove nessuno potrà più separarci. Niente e nessuno.

Voglio abbracciarti di nuovo, voglio renderti felice come spero di aver fatto fino all'ultimo istante.

Voglio stare con te per l'eternità, voglio dimenticare l'odio, il rancore, i sensi di colpa, ché ormai è tutto compiuto e non esiste alcuna macchina del tempo, purtroppo.

Non voglio vivere in un luogo morto e spento senza il tuo calore e senza l'abbagliante splendore del tuo essere. Tu eri la fiamma che riscaldava il gelo della monotonia dei miei giorni, quello della mia vita intera. E quella fiamma rimarrà sempre splendente nel mio, di essere. Rimarrà sempre la ragione per cui lotterò, quella che mi riporterà un giorno da te, in quel luogo di strade d'oro, dove riuscirò finalmente a vedere la vita con occhi diversi. E spero tanto tu l'abbia capito, amore, con tutto il mio cuore.

Sai cosa vorrei? Vorrei che tutti i nostri sogni diventassero finalmente realtà, anche se tu non potrai più viverli con me. Ho deciso di farlo io per entrambi, ho deciso di portare con me, per questo viaggio eterno, tutti i sentimenti e le parole che avresti pronunciato, quelle che mi avrebbero fatto scoppiare a piangere come un bambino. E so che tu me l'avresti detto, che sono un bambino, con quella tua risata sulle labbra che colorava anche il cielo più nero.

E probabilmente sei stata proprio tu a farlo schiarire prima, ché il tempo qui a Londra non è dei migliori ultimamente.

Forse dovrei andare al mare, sai? Su quelle maledette Bianche Scogliere di cui mi parlavi ogni santo giorno. Dovrei raccontarti cosa si prova davvero a stare ore e ore ad osservarlo e a contemplarlo in tutta la sua immane maestà. Ultimamente ci sto pensando parecchio, al mare. Sto pensando che probabilmente non è male come pensavo, anzi, potrebbe anche essere bello, pensando a te e ai tuoi commenti sognanti che avresti sicuramente fatto ammirandolo. Spero che tu stia continuando a sognare, magari che tu stia pensando a me in questo momento. Non sai quanto lo spero, tesoro. E non sai quanto vorrei fosse la pura e semplice realtà.

A volta mi affaccio alla finestra, quella in camera da letto dove ti piaceva tanto fumare, e giuro di vederti, tra la folla accalcata nel pub sotto casa. Mi guardi con quegli occhioni grandi e blu come lo smisurato universo, che si insinuano impetuosi nel mio spirito; mi sorridi e abbassi lo sguardo, quasi imbarazzata, impacciata e debole. Tu non lo eri, amore, non lo eri.

Mi capita anche di sognarti, tanto, forse troppo spesso. E quando lo faccio confondo la realtà per qualche istante con la finzione, quella che si trova solamente nei miei pensieri. Vorrei non svegliarmi mai, vorrei vivere per l'eternità nella finzione e nei miei sogni, perché la realtà mi sta uccidendo. Sì amore, come Jim Morrison. E lui dalla realtà se n'è andato: ora ci vive davvero nei suoi sogni.

Ti ho portato dei fiori oggi, spero ti piacciano e spero di portarteli di persona un giorno. Magari delle margherite bianche, quelle che ti piacciono tanto, che ogni giorno portavi a casa e mettevi in quel vaso davanti all'ingresso. Sì, quello che hai gettato a terra per la rabbia l'ultima notte. La tua ultima notte con me. Anche se non credo tu fossi davvero con me in quel momento.

A proposito, lassù ci sono il giorno e la notte? Me lo sono sempre chiesto, sai? Sì amore, ridi di me ora, coraggio. Perché so che lo stai facendo. Quanto pagherei per vederti ridere di nuovo con me, come quella volta in cui mi hai rovesciato il caffè bollente addosso. Sai che non sono più riuscito a toglierla dalla maglietta quella dannata macchia? Profuma ancora intensamente, e ogni volta che quella fragranza mi accarezza le narici non posso fare a meno di pensare a te, ché ogni sera bevevi una tazza di caffellatte e le tue labbra ne erano sempre colme. E sai che non mi era mai capitato prima di ridere e piangere contemporaneamente come sto facendo in questo momento? E forse dovrei smettere di scrivere perché il foglio è completamente imbrattato dalle mie lacrime, evidentemente più numerose di quanto mi aspettassi. E penso che niente riesca farmi smettere di piangere, ora come ora. Quindi buonanotte amore mio, sempre ammesso che ci sia una notte anche lì da te. 

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Capitolo 5
*** 17 dicembre 2014 - Someday ***


Her.
A Diary

Someday

"Now the story's played out like this
Just like a paperback novel
Lets rewrite an ending that fits
Instead of a Hollywood horror" 

Someday, Nickelback
 

Someday, Nickelback

Londra, 17 dicembre 2014

E' aimè passato già un mese dal giorno maledetto.

La notte diventa sempre più lunga e il sole tarda sempre più a sorgere.

Il freddo è sempre più pungente.

Le mie mani si screpolano sempre di più.

I miei occhi sono sempre più arrossati.

Il mio animo sempre più abbattuto.

Il mio cuore sempre più frammentato.

E la mia felicità sempre più distante.

Sai, non credo riuscirò più a raggiungerla. Mi ha seminato, ormai.

Un mese è terminato, quel mese. Spero che dicembre sarà migliore, spero di riuscire a sanare il mio spirito, ché ormai sanguina senza sosta; la ferita è stata troppo per me. Per chiunque lo sarebbe stata - troppo, intendo.

Sai, non so davvero cosa scrivere, ho la mente così offuscata e confusa che non credo verrà fuori qualcosa di sensato. Come se le volte precedenti fosse successo, d'altronde.

Ieri ha nevicato. Le strade si sono riempite di un soffice strato bianco e avrei voluto che lo vedessi.

Avresti sorriso, saresti scesa dal divano precipitandoti verso la finestra, con indosso la mia camicia - magari -, mi avresti guardato con quegli occhioni e mi avresti detto "A Glasgow nevica sempre in questo periodo dell'anno. Fa sempre così freddo, è da sempre una costante lì. Dai, metti il cappotto più pesante che hai e vieni con me, scendiamo!".

E sai una cosa, amore mio? Ti ho vista farlo, in questo momento. Ho appena sentito il rumore dei tuoi piedi nudi sul pavimento freddo, ho appena percepito il tuo dolce profumo - così familiare e confortevole -. Amore, mi hai appena accarezzato la guancia, l'hai appena lambita con le tue pallide labbra. Così fredde. Ti sento, qui accanto a me. Sei così bella tesoro, sei la creatura più incantevole che io abbia mai visto.

No, non so cosa io stia scrivendo. Dio, che mi sta succedendo. Sto delirando, sto vaneggiando nel nulla.

Tu non sei qui, con me.

Tu sei lontana da qui, lontana da questo mondo infame.

Tu non gli appartieni più ormai.

E allora perché mi sta succedendo questo? Perché continuo a sentirti, così vicina e rassicurante?Perché non mi aiuti, tesoro. Ti prego, salvami da questa situazione. Voglio che mi sussurri parole rassicuranti all'orecchio, voglio che tu dica quanto mi ami. Voglio che mi baci sotto la clavicola, proprio lì dove amavi farlo - appena al di sopra della rondine destra, appena al di sotto del mio cuore in panne. Non voglio più sentire la tua mancanza, non voglio più ascoltare solo il mio battito solitario nella notte, ché il tuo mi manca da impazzire.

E' proprio questo quello che mi sta succedendo. Sto impazzendo, nella solitudine del mio stesso essere. Ti voglio qui con me, accanto a me, ora. Non voglio più soffrire la tua mancanza, ché sento ancora le tue labbra pressate sulla mia guancia e mi sembra di far parte del tuo - di mondo.

Vorrei riscrivere da capo la nostra storia, invece di questo stupido diario. Vorrei bruciarlo, se potessi. Vorrei eliminare tutta la sofferenza gettata con rabbia e senza senno su queste pagine giallastre, vorrei cancellare il nostro passato, ché l'hai sempre odiato. Vorrei risistemare tutto, vorrei rattoppare la tua anima con lembi di ricordi felici e rassicuranti, quelli che ti avrebbero urlato ed implorata di non scappare di casa, di non fuggire come ipnotizzata da qualcosa che mai avesti potuto raggiungere. Vorrei scrivere su ogni pagina che ti amo, ti amo come non ho mai amato nessuno. Ti amo anche senza respirare il tuo essere, ti amo anche senza poter trasformare i miei pensieri d'amore per te in sospiri e carezze. Ti amo, e le mie urla soffocate dal desiderio onirico che ho di te vorrebbero gridartelo con tutta l'anima.

Sono solo un povero scemo, caduto ai tuoi piedi, innamorato per la prima volta, e fin troppo cieco ed ingenuo per agire prima, prima che tutto succedesse e rendesse inevitabili i miei infiniti sensi di colpa e la mia eterna condanna alla solitudine.

Perché siamo arrivati a questo punto, perché non c'abbiamo riprovato? Sono successe così tante cose, tutte insieme. Un turbine violento e deleterio si è abbattuto su di noi, due anime che avevano il solo scopo di trovare la felicità, che cercavano di trovare un loro posto nel mondo. Non abbiamo fatto in tempo però, e non sai quanto io me ne rammarichi.

Ti prometto, tesoro, che ci riproverò. Mi farò forte per te. Diventerò il soldato che volevi io fossi, diventerò la persona forte che doveva proteggerti quando serviva davvero. Ché infondo ora è tutto inutile. Ma ti prometto che ci proverò ugualmente, te lo prometto con tutto me stesso.

Spero che anche oggi tu stia bene, spero che tu mi stia osservando ora.

Stanotte ti cercherò, sdraiata nel nostro letto, al mio fianco, con le mani sotto la nuca, la bocca schiusa che mette in mostra il leggero spazio tra i tuoi incisivi. Cercherò di percepire il tuo respiro pesante e caldo sul mio viso, cercherò di assaporare il sapore della felicità per un'altra volta, almeno un'altra singola volta. Pregherò anche che non sia l'ultima. Spero di sognarti, spero di riuscire a sentire le tue parole, quelle che vorrei tanto mi sussurrassi davvero. Cercherò di riscaldarmi dal gelo che c'è tra le strade con il calore delle tue labbra, che avevano il sospiro dell'amore, di cui mi sono innamorato come le ombre si innamorano della luna. Cercherò di richiudermi in un tuo abbraccio, così vero, così caldo, proprio come le anime strette in un bacio sotto il manto stellato del cielo notturno. Cercherò di pensare a tutti i momenti passati con te, a quelli più belli. E cercherò di prendere sonno, cullato dalla speranza accesa e mai fievole di rincontrarti. Perché accadrà, amore mio, accadrà di certo. Un giorno.

Ah, amore, le nuvole sono soffici e fredde come la neve?

 

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