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di JJ_Youngfox
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***
Capitolo 4: *** 4. ***
Capitolo 5: *** 5. ***
Capitolo 6: *** 6. ***
Capitolo 7: *** 7. ***
Capitolo 8: *** 8. ***
Capitolo 9: *** 9. ***
Capitolo 10: *** 10. ***
Capitolo 11: *** 11. ***
Capitolo 12: *** 12. ***
Capitolo 13: *** 13. ***
Capitolo 14: *** 14. ***
Capitolo 15: *** 15. ***
Capitolo 16: *** * ***
Capitolo 17: *** ** ***



Capitolo 1
*** 1. ***


"Non di nuovo" continuava a ripetersi Lilian, mentre il dolore al fianco destro cresceva ogni momento di più.
Fece scivolare la mano alla cintura delle armi per arraffare lo stilo lucente, ma la mente annebbiata e i movimenti scoordinati le fecero perdere la presa e così anche il suo equilibrio già precario ne risentì; facendola finire carponi sull'asfalto spruzzato di pioggia.
Potè rallegrarsi solo un attimo prima di essere avvolta nella spessa coperta dell'incoscienza: Oliver le stava venendo incontro prima che crollasse definitivamente a terra.

Quello fu il sonno più agitato e orrendo della sua vita, batteva persino gli incubi che avevano seguito il suo primo Marchio.
Sognò la sua famiglia, sognò Oliver che veniva attaccato mentre lei non poteva fare altro che osservare impotente la macabra scenetta e altre cose confuse che la tennero agitata finchè non sentì di essere sveglia.
Quando aprì gli occhi, li fece scorrere subito su tutti i letti candidi dell'infermeria alla ricerca del suo migliore amico; ma notando che lei era l'unica anima in quella stanza il nodo allo stomaco che l'attanagliava sempre di più si sciolse permettendole un respiro profondo e sollevato.
Doveva essere passato parecchio tempo poiché la luce che penetrava dalle finestre dai vetri elaborati lasciava capire che era più o meno mattino inoltrato, ma l'infausto evento era occorso dopo cena.
Con un balzo che spaventò non poco Lilian, Phil il furetto saltò sul letto squittendo furiosamente nella sua direzione quasi a rimproverarla.
Con un sorrisetto la ragazza accarezzò dietro le orecchie la creatura, che oltre a calmarsi si sdraiò per farsi fare i grattini sul pancino color sabbia.
Mentre i movimenti cominciavano a farsi sempre più metodici e ripetitivi, la mente volò altrove ripensando a come quella bestiolina più unica che rara capitò lì.

Era un pomeriggio piuttosto fresco dell'estate scorsa quando Oliver si fiondò in Istituto con le mani a coppa e gli occhi sgranati, per fortuna non dovette chiamare nessuno perché quasi tutti sentendo il rumoraccio accorsero abbastanza infastiditi.
Quando diverse paia di occhi furono puntate su di lui, un musetto vispo fece capolino da una fenditura della specie di gabbia formata dalle mani del ragazzo scatenando l'ira della signora Greenscar; nonché la capoistituto e zia di Benjamin, un amico di Oliver.
La donna iniziò a urlare in modo poco fine, tentando di catturare quello che lei definiva "topo" con la chiara intenzione di buttarlo giù da una delle bocche di lupo vicine; peccato che il furetto fosse più furbo e le spruzzò addosso del liquido sgradevolmente pestilenziale con un versetto indignato. 
Già facendo questo aveva conquistato la loro simpatia, ma questa aumentò quando crebbe diventando la creatura più affabile e tenera di questo mondo.
Si poteva persino dire che fungesse loro da piccolo e peloso Ermes perché, con una certa espressione fiera, trasferiva i messaggi, però solo i loro.

Lilian fu strappata dalla fantasia bruscamente quando la porta si aprì cigolando rivelando l'imponente presenza di Oliver.
Si poteva dire che faceva una gran bella figura con quella stazza, forte anche per gli standard Nephilim, e il perenne sorriso spensierato sul volto.
Si avvicinò pian piano al capezzale dell'amica per poi accomodarsi su uno sgabello pieghevole appoggiato lì accanto.

- Landowl - disse semplicemente Lilian a mo' di saluto. Notò con fastidio che la sua voce risultava graffiata come quella di un fumatore più che incallito.

- Stai bene? - chiese diretto il ragazzo, non amava particolarmente i giri di parole.

Con una risatina, la giovane rispose: - Ci sono stati tempi migliori - si interruppe grattandosi un occhio, - mi ha messo k.o. quella bestia, vero? -.
Gli occhi azzurri di Oliver sembravano celare una certa preoccupazione, ma rispose solo con una risatina e una scrollata di capo.
Lilian si stiracchiò facendo scroccare diverse ossa nell'esatto momento in cui stava entrando come una furia Benjamin, il migliore amico di Oliver.
- Principessa, sei viva?! - urlò lui cercando di andarle vicino, ma lei alzo una mano che lo fece fermare all'istante per poi enunciare, algida: - Se mi chiami ancora "principessa" sarai tu quello a non essere vivo -.
Stavolta il migliore amico di Lilian rise di gusto di fronte alle solite smancerie che Ben faceva per poi essere respinto dalla mora, peccato che l'altro non rise e fece qualche passo indietro poiché cosciente delle capacità distruttive della ragazza.

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Capitolo 2
*** 2. ***


Tre giorni dopo Lilian era totalmente in forma: si sentiva più che pronta a prendere a calci nel sedere qualche brutto Raum e il suo umore era tornato il solito; schivo e silenzioso con la maggior parte delle persone.
Fortuna che in istituto alloggiavano perennemente solo lei, Oliver e Marge Greenscar così da non sopportarsi tutti i santi giorni Benjamin e gli altri ragazzi che si allenavano.
I suoi coetanei avevano spesso tentato di fare amicizia con lei, ma la ragazza guardava tutti in cagnesco allontanandoli emanando una sorta di aura repellente.
Molto probabilmente l'avevano etichettata come "asociale malata di mente", ma non le importava; quello era il minore dei suoi problemi.
Il peggio veniva quando i genitori venivano a prendere i figli o magari entravano a fare due chiacchere con la tutor Ellen Fishwain e la guardavano con un misto di apprensione e pena.
In quei momenti Lilian spesso e volentieri se ne andava senza dire una parola, udendo però quelle degli altri che la ferivano a morte e che la facevano sentire sola come quando si vede l'ultimo bambino sulle scale della scuola materna mentre i suoi genitori tardano.
Non era tanto la mancanza della famiglia, ma ricordi sfugenti che le si ammucchiavano in testa facendole venire il mal di testa e l'ansia; non poteva condividere con nessuno il suo fardello, assolutamente no.
La mattina era successa esattamente la stessa cosa dopo l'allenamento, ma non appena sentì il peso di una sola occhiata si defilò immediatamente il più velocemente e silenziosamente possibile.
Fu un peccato sentire che Oliver l'aveva avvertita; e sussurrò uno sconsolato "non puoi scappare sempre" con una scrollata di capo.
No, non poteva sopportare pure lui che la ammoniva; bonariamente, ma la ammoniva.
Si girò in sua direzione con gli occhi cerulei che mandavano fulmini per fargli espressamente capire che dopo gli avrebbe urlato addosso di sicuro.

La giornata scorse tranquilla; e Lilian si sentiva abbastanza appagata del lavoro di catalogazione dei nuovi libri della biblioteca che spesso si auto-affibbiava per far passare il tempo.
Mentre stava per riporre nello scaffale l'ultimo, tomo la massiccia porta della stanza si aprì un poco facendo spuntare il capo di Oliver.
La ragazza lo squadrò e tornò a fare quello che stava facendo, non aveva smaltito la rabbia e tendeva a legarsela al dito.
- Si può sapere che ti ha morso? E' tutto il giorno che fili via - disse il moro entrando definitivamente.
Con tutta la calma del mondo, la ragazza disse senza nemmeno girarsi: - Forse certe cose dovresti misurarle prima di dirle, Oliver James Landowl -.
Il giovane si grattò la nuca abbassando lo sguardo, aveva capito che aveva infilato il coltello nella piaga e adesso era difficile sistemare.
- Sai che non lo dicevo con cattiveria, non volevo toccare un tasto dolente... - borbottò lui.
- Ha dato fastidio lo stesso! - sbottò lei senza preavviso, abbandonando la sua calma ultraterrena.
Questa reazione spiazzò il ragazzo, che distolse nuovamente lo sguardo.
Sbuffando, Lilian si girò per guardarlo con un'aria di sufficienza che riservava a pochi e chiese, sbrigativa: - Hai altro da dirmi? Avrei qualcosa da fare -.
- Se pensi di smettere di sputare veleno potremmo anche sederci e capire che creature erano quelle che abbiamo combattuto l'ultima volta. - dicendo questo, Oliver tirò indietro una sedia e si sedette scompostamente.
La ragazza, allettata, si abbandonò su una sedia vicina e lo guardò aspettando che iniziasse a parlare; ma lui non iniziò presto, prima la guardò per un minuto buono cercando di decifrare il suo sguardo come faceva sempre con tutti.
Se non lo si conosceva bene alcuni potevano pensare che Oliver fosse un maniaco, invece era un metodo che lui utilizzava per capire meglio le persone e i loro stati d'animo.
- Inizio subito dicendo che sembravano simili ai demoni, ma avevano un aspetto più letale ed erano due volte più cattivi e velenosi: penso che tu l'abbia capito - enunciò, poi si interruppe passandosi una mano tra i capelli scuri. - La cosa che più mi stupisce è che erano capaci di lanciare incantesimi, questo i demoni non lo fanno! -.
Sembrava più allarmato di prima e il ritmico rumore del tacco della scarpa che batteva il pavimento ne era la prova.
Peccato che Lilian lo era di più. No, non poteva essere vero, non poteva avercela fatta.
"verrà l'alba dell'era del dominio di Pandemonium e i figli dell'Angelo, della Luna e della Notte non avranno più scampo! I Demoni e la progenie di Lilith avrano la libertà più assoluta!"
La mora si sentì mancare, ma si appoggiò svelta al bracciolo della seggiola; e per fortuna Oliver sembrava non averlo notato.
- Hai fatto rapporto al Conclave? - balbettò la ragazza ricomponendosi.
- Ovvio, peccato che mi abbiano riso in faccia con la scusa del "mondo ignoto dei demoni" e che sarà solo un tipo più raro, nulla di che preoccuparsi. Testuali parole _ riportò; aveva un'espressione indignata che poteva addirittura risultare buffa.
- Va bene, va bene, ho capito che toccherà a noi indagare - sussurrò lei scuotendo il capo.

- A destra!- urlò Lilian avvertendo Oliver del demone Idra che lo stava per attaccare, così il ragazzo riuscì a spostarsi appena in tempo per poi rispedire la bestiaccia nel Vuoto.
Erano circondati, una decina di IMP e una fila di Idra li aveva attaccati e adesso i Nephilim stavano menando fendenti a destra e a manca per non essere spediti nell'aldilà come posta prioritaria.
Fendettero in simbiosi un paio di demoni per volta, spalla a spalla, con movimenti metodici e calibrati che erano il frutto di un allenamento intensivo.
Con il fiatone tirarono fuori gli stili per rimettersi in sesto, ma una palla di fuoco verde rischiò di fare una nuova acconciatura gratuita a entrambi.
Davanti a loro si stagliava l'essere più ripugnante di tutta la storia degli Shadowhunters: verde e melmoso, una dozzina di occhi lattiginosi e litri di pus purolento che sgorgava da tutte le squame da cui era ricoperto.
La bestia unì quelli che sembravano i suoi arti, per poi lanciare un urlo piuttosto elaborato facendo uscire una brina che fece appassire e sciogliere tutto quello che le passava attraverso.
I ragazzi si spostarono appena in tempo per scagliare in sincrono con le loro balestre una raffica di dardi dorati che disintegrarono il demone con un gorgoglio obbrobrioso.
Un'ombra aveva catturato l'attenzione dei due: essa si spostava veloce come la luce, per poi posarsi su un alto edificio.
La forma era certamente umana, ma dal ghigno che seguì si capì perfettamente che era un vampiro poichè aveva messo in bella mostra i canini appuntiti.
Prima di sparire nelle tenebre pronunciò solo una parola: - Wilbur -.
Essa fu sufficiente per far andare in panico totale Lilian.

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Capitolo 3
*** 3. ***


Un tremito di paura le aveva scosso il corpo da capo a piedi.
Non poteva essere vivo, non dopo tutto quello che aveva passato.
Si sentì il capo girare furiosamente e, per non cadere, artigliò la spalla di Oliver boccheggiando.
- Lilian! stai bene? - chiese lui allarmato tenendola su.
Appena la ragazza fu in grado di articolare parole, rispose a monosillabi dicendo di essere stanca e che la battaglia era stata ardua.
Oliver sembrò crederci e per precauzione applicò un Iratze all'amica.
La mora iniziò subito a sentirsi meglio fisicamente ma non spiritualmente, il segreto gelosamente custodito era minacciato da un Nascosto che non aveva mai visto prima; avrebbe dovuto racimolare tutte le informazioni possibili.
Come avrebbe fatto con Oliver però?

- Oliver, prova a guardare nel cassetto vicino al telefono, lì dovrebbero esserci tutte le informazioni sulle divisioni dei Nascosti - pronunciò Lilian ad alta voce mentre scartabellava scartoffie trovate in biblioteca a riguardo.
Dopo pochi secondi, il ragazzo entrò con passo leggeromentre leggeva un foglietto spiegazzato.
-Ecco qua quello che sono riuscito a trovare, non è niente di ecclatante ma riguardando i Nascosti ho pensato di prenderlo lo stesso - disse il giovane porgendo il volantino alla ragazza.
La mora lo prese, per poi aggrottare le sopracciglia leggendolo.
Dopo poco fece una faccia stupita e urlò, all'improvviso: - Oliver! Sei un genio! E' un invito per una festa di lupi mannari e vampiri,magari lo troviamo! Sai che tanto questa è una delle poche città dove collaborano decentemente. Oh, è tra due giorni -.
Il ragazzo, come uscito da una trance, sorrise a trentadue denti e battè il cinque all'amica per poi rannuvolarsi subito.
- E come facciamo a riconoscerlo? - domandò sconsolato.
Lilian stette un attimo a pensare, poi annunciò, con leggerezza: - Dovremmo controllare sul tetto su cui l'abbiamo visto -.
- Stasera prima di cena sembra ottimo - annunciò Oliver.
Dicendo così, i due ragazzi presero due strade differenti per continuare i loro interessi.

Quando la luce del sole iniziava a prendere sfumature appena appena rosee e gli ultimi uccellini erano rientrati nei loro nidi per la notte, gli Shadowhunters uscirono dall'Istituto.
L'aria era piacevoltementre fresca e, pur essendo in piena estate, non si sudava nemmeno un pochino.
I due ragazzi passeggiavano tranquillamente verso lo scuro palazzo dove avevano avvistato il vampiro, senza prestare particolare attenzione a ciò che li circondava.
Appena arrivarono sul luogo dell'incontro, i Nephilim girarono intorno all'edificio in cerca di una scala ma, mancando, dovettero arrivare all'unica soluzione possibile: scalare.
Si guardarono un secondo negli occhi, per poi annuire una volta sola e spiccare il balzo che gli avrebbe permesso di trovare l'appiglio necessario per arrampicarsi fino in cima.
Lilian si sentiva le rune scottare sotto le maniche della giacca della tenuta mentre il loro effetto pian piano si esauriva, ma fu comunque in grado di arrivare al terrazzo e puntare a un mucchietto di terra rappresa poco distante dai suoi piedi.
La ragazza si chinò per esaminarlo per poi sorridere sinistramente.
- Bingo. Terra di tomba del nostro caro Uccellino - sussurrò, mentre Oliver tirava fuori una fialetta e si abbassava per prelevare con cura ciò che li avrebbe portati direttamente dal loro amichetto.
La mora non era esattamente entusiasta di incontrare colui che minava la sua serenità, ma stava pian piano prendendo coscienza che il suo silenzio non sarebbe durato a lungo e per questo stava macchinando su come far tacere il vampiro.

Il giorno dell'invito arrivò e durante tutta la giornata, dalla colazione alla cena, Lilian e Oliver continuavano a scambiarsi occhiate furtive che trasmettevano tutte le emozioni riguardanti all'evento della sera: principalmente agitazione e voglia di capire.
Di solito era prima la ragazza a distogliere gli occhi per paura di far trapelare il suo panico e far allarmare l'amico che, più di una volta, da quando aveva varcato la soglia dell'Istituto due anni prima, aveva chiesto spiegazioni e lei non ne aveva mai date; forse non era così brava a non far capire nulla del suo passato.
Verso le dieci di sera Lilian era pronta e armata fino ai denti, tutto strategicamente nascosto; e due minuti dopo Oliver apparì accanto a lei squadrandola.
- Be'? Che hai da guardare? - chiese lei, abbastanza a disagio.
- Voglio proprio vederti a combattere con la gonna - disse lui con un sorriso sardonico accompagnato da una risatina.
Lilian notò che Oliver aveva una ciocca di capelli sbarazzini negli occhi e fu tentata di spostarli, represse però l'istinto stringendo la mano a pugno.
- Scemo; è stata modificata per non mostrare a tutti le mie mutande. Adesso andiamo - rispose lei con leggerezza, per poi incamminarsi.

Dire che la puzza di sangue e di cane bagnato infestava l'angusto antro era poco, non si riusciva neppure a respirare.
Lilian non si sentiva a disagio ma aveva paura che il fondotinta applicato per nascondere le rune potesse sciogliersi da un momento all'altro, scatenando il finimondo.
I due ragazzi scrutarono la folla accennando qualche ondeggiamento per nascondere le loro vere intenzioni, ma del ricercato non c'era nemmeno l'ombra.
Così, non avendo altri metodi, si districarono dalla massa per uscire sul retro e far cadere la fialetta di terra di tomba che l'avrebbe richiamato con la forza.
Mentre Oliver acciuffava con una certa difficoltà il contenitore da una tasca interna della camicia, Lilian pensò che le stesse per venire un attacco di panico; la fine era vicina.
Non si accorse nemmeno del rumore del vetro che si spezzava in mille cocci e dell'arrivo del Nascosto, finchè questo non soffiò come benvenuto.
- Vampiro- pronunciò sicuro il ragazzo, - siamo più che certi che tu abbia informazioni utili al Conclave. Non è forse così? -.
Il piccoletto, quando era stato trasformato aveva dovuto avere quattordici anni forse, rise di gusto per poi pronunciare la stessa profezia che Lilian ricordava come un mantra da parecchio tempo.
- Verrà l'alba dell'era del dominio di Pandemonium e i figli dell'Angelo, della Luna e della Notte non avranno più scampo! I Demoni e la progenie di Lilith avrano la libertà più assoluta! E la ragazza è nei guai fino al collo - pronunciò le ultime parole con estremo piacere, un attimo prima di scagliarsi contro di loro con i canini sguainati.

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Capitolo 4
*** 4. ***


Lilian sentì subito il sangue ribollire e lo spirito della battaglia salire talmente intensamente che si scagliò sul vampiro per ributtarlo indietro; e fortunatamente ci riuscì abbastanza per poter sguainare un paio di pugnali che vennero scagliati con potenza e precisione nella coscia del Nascosto; che mugghiò di dolore vacillando.
La ragazza aveva il fiatone e si sentiva le braccia indolenzite, ma la rabbia che le aveva scatenato quell'essere non sarebbe scemata così velocemente.
L'Uccellino rise e puntò i gelidi occhi castani in quelli blu di Lilian.
Si sentiva esposta, con i riflettori addosso, troppo in luce.
Era l'effetto che le dava quel ragazzino perchè sapeva troppo ed era pronto a rivelarlo.
- Allora? Come te la passi dopo che il nostro caro Wilbur ha preso potere? - la canzonò lui.
- Zitto! - urlò la ragazza con tutto il fiato che aveva nei polmoni; sentiva gli occhi bruciare e le lacrime pronte a uscire.
Il vampiro esplose in una risata malvagia, che risuonò nelle orecchie della mora doppiamente fastidiosa.
- Lilian? Chi è Wilbur? - domandò sommessamente Oliver, che fino a un momento prima non aveva fiatato.
- Dai, Lily, diglielo! Non vorrai mica tenerlo nascosto al tuo fidanzatino! - continuò imperterrito il Nascosto.
- Taci; non voglio altri disastri nella mia vita, okay? Vattene! - ormai la ragazza stava strillando istericamente tra le lacrime.
Tutto il castello che la giovane si era costruita attorno stava miseramente crollando come se fosse fatto di carte; era scoperta e vulnerabile.
Era come essere Atlante, con due cieli sulla schiena però.
A cosa stavano andando incontro?
Lei lo sapeva e certamente nessun altro doveva venirne a conoscenza.
- Visto che sei stata così poco leale verso la famiglia unendoti a loro, iniziamo a fare piazza pulita come si deve - così dicendo, con un ghigno folle, il vampiro saltò addosso all'amico della Nephilim per poi rotolare via avvinghiati.
Doveva salvare il suo migliore amico, il suo confidente, la spalla su cui aveva pianto.
A quel punto, mossa da un animo guerrigliero che nemmeno lei sapeva di possedere, si scagliò sui due trapassando il braccio dell'aggressore che, già debilitato dalla ferita precedente, cadde di lato.
Adirato più che mai, il Nascosto puntò alla gola della mora che però non riuscì a muoversi abbastanza in fretta e sentì il peso del ragazzo mentre la buttava a terra facendole uscire tutta l'aria che aveva nei polmoni.
- Assomigli proprio a tua madre, peccato che Wilbur l'abbia uccisa insieme a tuo padre - sussurò all'orecchio della ragazza.
Queste semplici parole la ridestarono a tal punto da riuscire ad afferrare una spada corta e trapassarlo.
- Hai sempre avuto la lingua troppo lunga, cugino Michael - sputò lei.
Oliver pianto una lunga lama angelica nel petto del ragazzino per sicurezza alzandosi, il viso contratto dalla rabbia.
Il vampiro, mentre iniziava a sgretolarsi, guardò Lilian negli occhi e con un filo di fiato l'ammonì: - Sappi che è tornato e verrà a prendere ciò che è suo -.
Con queste ultime macabre parole si ridusse in polvere e cadde il silenzio più assoluto.
Il problema adesso non era fare rapporto al Conclave, tanto erano dalla parte della ragione poichè il Nascosto aveva attaccato per primo, ma affrontare la verità.
Oliver la guardo con la stessa smorfia arrabbiata, esigeva spiegazioni.
Lilian si volse per guardarlo, ma tutto ciò che riuscì a fare fu trattenere un singhiozzo e scuotere il capo prima di scomparire con un balzo.
Mentre metteva più distanza possibile tra lei e il ragazzo, la giovane correva come un fulmine tra le strade scure; aveva bisogno di stare da sola.
Lo scalpiccìo dietro di lei si fece sempre più vicino ma non osò voltarsi, accelerò e basta.
Un minuto dopo si trovava nella morsa dell'amico che la costringeva a guardarlo.
- Esigo e mi merito delle spiegazioni, Scarshade - era raro che lui la chiamasse per cognome, ma in quel momento la mora non ci badò poichè aveva la mente offuscata e dimenava il polso per farsi lasciare.
Oliver la prese per la spalla e la girò verso di lui; e Lilian non lo guardava.
Era caduto un pesante silenzio carico di elettricità, nessuno si decideva a parlare.
Se non fosse stato per lo Shadowhunter che le alzò deciso il viso, la ragazza non avrebbe parlato.
- Per favore, no - disse flebilmente la Nephilim. 
Ora si guardavano negli occhi reciprocamente, differivano solo di poche tonalità.
- Come dici, scusa? Da anni hai delle crisi immotivate e puntualmente vieni da me a piangere. Puntualmente sono io quello che ti abbraccia e non chiede mai nulla, ma sai, ora siamo inguaiati fino al collo e tu ci sei dentro più di tutti - ringhiò; la sua rabbia era paurosa, stringeva la mascella e abbassava la voce fino a diventare un profondo sussurro.
Succedeva pochissime volte e quasi mai con lei, questo la scosse ancor di più.
Per accentuare il concetto, Oliver si avvicino con la manica della camicia bianca che copriva parte del palmo e asciugò il viso all'amica.
Lilian non si scansò ma nemmeno disse altro, deglutì visibilmente e balbettò: - Ci sono cose che vanno tenute segrete per non danneggiare altri, prova a capire me e non solo quello che tu vuoi -.
Il giovane respirò profondamente allontanandosi mentre si passava una mano nei capelli, dicendo poi:  - Temo anche per te, sei in serio pericolo -.
- Lo sono sempre stata -.
Detto questo Lilian partì come se avesse il diavolo in corpo senza sentire nessuno che le venisse dietro, quella notte non sarebbe tornata in Istituto.

Dopo quella notte, in cui Lilian vagabondò per gli spazi verdi della città prendendo a calci qualsiasi cosa a causa del nervosismo e della tristezza, i due ragazzi non erano vicini come prima: tendevano a scansarsi, si avvicinavano solo se dovevano allenarsi assieme.
Non c'era lo stesso affiatamento, solo un grosso burrone che solo Lilian avrebbe potuto riparare ma che le sarebbe costato caro.
Mentre Oliver tirava di scherma con lei entrò Benjamin, cosa che di certo  non giovò alla felicità già di per sè scarsa della ragazza, tutto pimpante mentre batteva il cinque al suo amico e strizzava l'occhio nella direzione della mora.
La Shadowhunter non si sprecò nemmeno ad alzare gli occhi al cielo, si limitò a pensare a un modo per eliminare quel ragazzo insolente.
Una volta addirittura si era arrischiato a metterle un braccio attorno alla vita, peccato che poi  il Nephilim si era tenuto lo stomaco per tutta la giornata.
- Mia zia vi cerca - annunciò spensierato, prima di andare a imbracarsi per salire sulla trave elevata.
Lilian e Oliver non si guardarono neppure mentre calpestavano la solita vecchia tappezzeria lisa che li conduceva allo studio privato di Marge Greenscar, tutte le volte che si sfioravano il braccio camminando era un brivido, freddo come i segreti che la ragazza si faceva pesare sul cuore.
La nerboruta Capoistituto li aspettava con il naso sepolto in un libro, ma fu molto sbrigativa.
- Bene, ragazzi, volevo solo informarvi che il tipo di demoni che mi avete riferito non è stato preso molto seriamente ma il Labirinto a spirale ci sta lavorando. State pure tranquilli e tornate alle vostre occupazioni - detto questo ritornò alla sua lettura, senza degnare i ragazzi di ulteriori sguardi.
Ahimè la tranquillità era estremamente precaria.

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Capitolo 5
*** 5. ***


I giorni passavano e la routine ritornava a essere quella di sempre, solo un po' più statica per tutti.
Lilian passava molto più tempo in stanza, Oliver era più taciturno e persino la signora Greenscar era più sbadata e nevrotica del solito.
Basti dire che aveva sorvolato il fatto che un Nascosto aveva attaccato i due Nephilim, che poi era stato ucciso, aveva semplicemente liquidato il tutto con "ci attacchi senza nessun motivo? Noi ti facciamo morire definitivamente. è più che giusto".
La ragazza aveva riflettuto molto nel frattempo ed era finamai esausta,stava buttando nel gabinetto l'amicizia più importante della sua vita, non voleva e non poteva permetterselo.
La Shadowhunter si stava tranquillamente dirigendo in Armeria per prendere un nuovo stilo, dato che l'ultimo l'aveva rotto durante la lotta con il vampiro, quando scorse l'amico con un panno in mano e un pugnale nell'altra mentre sfregava la lama energicamente.
Lilian si sentì fortemente a disagio ma entrò comunque con passo felpato.
Oliver la fissò intensamente mentre frugava in una scatola e poco dopo, lui le fu vicino per porgerle uno stilo piuttosto allungato ma abbastanza sottile per calzare perfettamente nella mano minuta della ragazza.
La Nephilim ringraziò a voce molto bassa per poi rigirarsi l'oggetto tra le mani mentre lui la fissava ancora.
Quando lei ebbe il coraggio di guardarlo per chiedergli che avesse scoprì che in realtà aveva puntato lo sguardo a terra.
La tensione era piuttosto pesante da sopportare.
Non si parlavano da giorni poichè erano entrambi troppo orgogliosi e si allenavano prevalentemente in fasce orarie differenti apposta per non dover essere a contatto, era un cambio radicale, talmente radicale che pure Benjamin se n'era accorto e aveva tentato di fare due chiacchere a riguardo ma nessuno dei due aveva spiccicato parola.
Lilian si ritrovò a guardare la piccola cicatrice sul mento del ragazzo, provocata da un precedente attacco.
Lei scosse impercettibilmente il capo per poi slanciarsi in un veloce abbraccio senza averci pensato troppo, ne aveva semplicemente bisogno.
Prima che Oliver riuscisse a ricambiare appieno si voltò e uscì di gran carriera.

Era tutto così lindo e luminoso nel salottino della sua vecchia casa, vicino a lei c'era suo padre che leggeva il giornale come ogni mattina.
Lilian si sentì mancare fiato e le lacrime puerili fare capolino sul viso lentigginoso.
Capì subito che era un sogno poichè la situazione era troppo surreale e lei non era bambina ma la solita ragazza di sempre.
-Papà?- chiamò flebilmente.
-Figlia mia, ce ne hai messo di tempo.- rispose l'uomo dal sorriso gioviale che sedeva alla poltrona vicina.
Aveva le stesse efelidi della ragazza.
La mora represse a stento i singhiozzi e tentò di avvicinarsi alla figura paterna ma invano, sembrava incollata dove era.
-No, Lily, questo non è un sogno comune, infatti abbiamo poco tempo. So che ti sei unita ai Cacciatori data la vista che mamma ti ha trasmesso, hai fatto bene, Wilbur è in agguato.- detto questo, il signore storse il labbro in una smorfia poco contenta. -Sappi che potrai contare su poche forze amiche ma cerca bene. Sono fiero di te, Lilian Douglas,-.
L'immagine iniziò a sfocarsi e la ragazza cercò di bloccare la visione.
Iniziò a pregare di poter avere qualche secondo in più ma, capendo di non poterci riuscire, mandò un bacio al genitore con la mano e tutto diventò nero.

La giovane si sentì svegliare dai propri singulti e dalle proprie urla, le parole del padre ancora nelle orecchie.
Si tirò su velocemente e si pulì il viso con il lenzuolo senza curarsene quando udì Phil fuori dalla camera che squittiva animatamente e dei passi veloci che venivano dritti nella sua stanza, era Oliver.
Il ragazzo aprì con forza la porta e la guardò allibito, lei lo guardò di rimando incitandolo ad avvicinarsi, era una chiara resa.
Lui si mosse sedendosi al bordo del letto per poi tenderle le braccia, la pace era fatta.
I due si diedero un vero abbraccio, uno di quelli soliti che entrambi solevano scambiarsi spesso, il viso schiacciato sulla spalla amica mentre la ragazza cercava di calmarsi mentre i movimenti lenti delle carezze sulla sua schiena la aiutavano a riprendersi.
-I miei genitori...- sibilò Lilian ancora scossa.
Oliver la strinse di più, sapeva anche lui cosa voleva dire crescere alla svelta e adeguarsi.
- Lilian Douglas, per i miei Lily- disse semplicemente la giovane.
-Ecco perchè non volevi che ti si chiamasse così.- sussurrò tristemente l'amico da sopra la sua spalla.
La Nephilim annuì semplicemente stabilizzando il fiato.
-Ero una Mondana con la Vista.- buttò fuori tutto d'un fiato Lilian.
-Senti, non c'è bisogno che tu lo dica adesso.- cercò di rassicurarla Oliver.
La ragazza strinse la t-shirt scura del giovane dicendo, con voce grave -Adesso è solo l'ora della mia vendetta.-.

[Ciao a tutti! Inizio scusandomi per non aver pubblicato ieri ma il wifi non andava :( Spero che il capitolo vi sia piaciuto anche se non è lunghissimo, mi farò perdonare hahaha Ricordatevi di lasciare una recensioncina e al prossimo aggiornamento! JJ]

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Capitolo 6
*** 6. ***


Quando Lilian si svegliò non trovò accanto a sè Oliver ma solo il furetto che domiva tutto arrotolato.
Si tirò via il lenzuolo tutto aggrovigliato e raccolse Phil che restò nel mondo dei sogni per poi riappoggiarlo sul letto una volta rifatto.
La ragazza non scese a colazione suscitando la curiosità di Benjamin che, facendo spuntare la testa con la zazzera corvina ancora spettinata, si beccò una scarpata in fronte costringendolo a battere ritirata piagnucolante.
La mora non aveva proprio nemmeno un briciolo di appetito, aveva ancora il sogno attaccato addosso ma lo stava superando egregiamente anche con l'aiuto prezioso dell'amico.
In compenso si fece una doccia particolarmente lunga e rilassante per poi restare nella sua camera a scarabocchiare sovrappensiero.
Anche quando era piccola le era sempre piaciuto disegnare, non che fosse una cima però riusciva comunque a creare qualcosa di carino.
In quel momento la mora finì per fare un ritratto abbastanza fedele dell'animaletto assopito vicino a lei ma ad un tratto sentì un'ondata di gelo proprio alla sua sinistra, vicino alla mensola.
Lilian pensò che fosse la brezza che entrava dalla finestra ma, qualche secondo di meditazione dopo si accorse che di finestre alla sua sinistra non ce n'erano.
Prima ancora che potesse voltarsi sentì una voce stridula che le urlava nelle orecchie: -Lily! Gesù Cristo Redentore, smettila di fare i disegnini come i bambini e vai a mangiare un bel piatto di uova! Oh guarda come sei sciupata!-.
La ragazza sobbalzò sulla sedia portandosi una mano al petto. -Nonna Lindy! Non hai perso il vizio di spaventarmi.- disse con poco fiato.
Lindy Douglas era una una signora bonaria ma bacchettona, anche piuttosto religiosa.
Portava tutti i sabati e le domeniche la sua nipotina in chiesa ma Lilian non prestava molta attenzione alle funzioni religiose, più che altro cercava di capire perchè sentiva l'acqua santa un po' più "strana" ma, essendo bambina, nessuno le dava retta a parte sua madre dato che era dotata della Vista poteva cercare di farle capire qualcosina.
La ragazza, allora di soli dieci anni, soffrì molto quando ella morì ma per onorarla entrava tutte le settimane al cimitero e lasciarle una preghiera per farla felice.
Si risentì molto quando gli eventi la portarono via da casa ma le dedicava sempre un pensiero, così come a tutta la sua famiglia.
-Non sapevo di poter vedere gli spiriti.- annunciò con le sopracciglia aggrottate Lilian.
-Beh, non sapevi che quelli della tua razza a volte possono? Bene,adesso lascia parlare me, Lentiggine.- urlò il fantasma.
La ragazza le sorrise come non faceva da tanto tempo e le accennò una linguaccia, aveva sempre adorato quel nomignolo.
La donna sorrise di rimando e disse flebilmente: -Ahimè piccina non ho le forze necessarie per star qui molto e sinceramente non so nemmeno come ho fatto ma ti dico solo una cosa, saprai bene che lo zio Willy è ritornato alla carica più pazzo che mai e devi fare attenzione. Casa tua e vecchi amici ti saranno di fondamentale aiuto. Detto questo vai a fare colazione.-.
Come se una folata di vento fosse passata di lì, Lindy si dissolse lasciando Lilian a metabolizzare  le informazioni appena ricevute.
La mora ringraziò mentalmente la sua antenata e non andò a fare colazione lo stesso perchè aveva solo una cosa da fare poichè in quei pochi istanti aveva già preparato tutto il piano.

Lilian bussò abbastanza decisa sulla porta della stanza di Oliver facendo rimbombare il suono nell'Istituto come al solito.
Da dentro si sentì un pacato "avanti" e la ragazza entrò
La stanza del ragazzo era spaziosa e accogliente, aveva sempre un vago profumo di bucato pulito e possedeva un'ampia finestra che dava sul giardino retrostante che brulicava di uccellini che cinguettavano gioiosamente la maggior parte del tempo.
Oliver stava ripiegando dei vestiti di fronte all'armadio spalancato, aveva il solito sorriso dipinto sulle labbra e l'aria serena.
Lilian non si inoltrò oltre lo stipite della porta e vi si appoggio annunciando il suo piano che poteva risultare folle ma che in realtà era ben calibrato e non aveva falle se non gli imprevisti che si potevano tranquillamente contenere.
-Se ti dico che devi preparare il fagotto e le chiavi della macchina che andiamo a casa mia?- buttò fuori tutto d'un fiato la giovane.
Il moro fece cadere la camicia che stava per appendere per poi guardarla con gli occhi azzurri spalancati.
-Sei ammattita per caso? è contrò la Legge avere contatti con il passato dopo essere entrati nel Clave!- farfugliò ancora sbigottito il ragazzo.
-Vedrai che mi ringrazieranno, qua le cose stanno andando peggio. Qualche giorno fa abbiamo trovato un intera nidiata di quei cosi e io so come sistemare il tutto.- disse sconsolata Lilian scuotendo il capo.
Oliver, ancora più scioccato le si avvicinò di qualche passo ma prima che potesse proferir parola entrò di gran carriera la signora Greenscar.
-Notizie dal Labirinto!- si interruppe Marge. -Gli stregoni non hanno captato molto ma cercando di individuare la provenienza non hanno riscontrato energie demoniache, bensì un legame con il nostro mondo. I Clavi sono stati avvertiti e si stanno preparando per le indagini.-.
Detto questo Marge riprese fiato e uscì salutandoci con un unico cenno del capo.
-Sai qualcosa, non è così?- domandò sottovoce il ragazzo.
-Più di qualcosa- rispose amareggiata la ragazza. -Se vogliamo scoprire di più e far finire questa follia devi fidarti di me.-.
-Stanotte si parte.- disse Oliver mentre sul volto di Lilian si aprì un largo sorriso.

La Volksvagen grigia di Oliver era stipata di armi e zaini che gli sarebbero serviti durante il lungo viaggio, non sapevano come sarebbe finita ma dovevano provare.
Le prime luci dell'alba iniziavano a colorare di un pallido arancione tutte le cose e un venticello fresco smuoveva le fronde, Lilian lo trovava parecchio rilassante e uno spettacolo favoloso.
Si ripromise di far gustare quel panorama a Oliver quando tutto sarebbe finito e il clima fosse stato pacifico, sperò tristemente che tutto potesse ritornare a posto in futuro.
Erano pronti per partire e agitatissimi, la tensione era più che palpabile.
La ragazza, dopo aver distolto lo sguardo dal sole nascente, applicò una runa del Silenzio sul paraurti e si sedette nel sedile anteriore del passeggero, lei non aveva la patente.
-Allora, dove si va?- chiese Oliver inserendo che chiavi nel vano dell'accensione.
-A New York da degli amici che potrebbero aiutarci- rispose la ragazza sorridendo al pensiero.

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Capitolo 7
*** 7. ***


Quando Lilian pronunciò "New York" Oliver la guardò come se fosse impazzita tutto in un momento, come spesso accadeva mentre iniziava a stilare un piano folle come quello.
Senza dire molto altro il ragazzo accese la macchina e imboccò la superstrada che portava nella grande metropoli pur sapendo che sarebbe stato un viaggio piuttosto lungo.
I due ridevano e scherzavano nel frattempo, finestrini abbassati e capelli smossi dalla brezza.
Senza tanto preavviso, Oliver chiese: -Allora sei una Yankee, non è così?-.
Lilian non potè fare a meno di scoppiare a ridergli in faccia senza preoccuparsi della sottile fitta al petto che tutte le volte la colpiva come un fulmine a ciel sereno quando qualcuno le ricordava il periodo che con forza si era buttata alle spalle per ricostruirsi un presente e un futuro nuovo a sua misura.
-Mi spiace dirti che non vengo da New York e che quindi il viaggio è ben più lungo, io sono della Florida.- disse la mora ridacchiando ancora.
Il ragazzo artigliò il volante e sbiancò, sbraitando -Mi stai dicendo che dobbiamo farci tuttta la West Coast in macchina?! Sei proprio fuori di testa!-.
Lilian quasi sentiva il senso di colpa che pian piano le sussurrava all'orecchio cattivi pensieri ma la situazione non era delle migliori al momento e andava risolta in qualche modo.
-Oliver, lo so che avremmo potuto dirigerci subito a sud invece che passare da lì ma è molto importante, gli Shadowhunter potrebbero aiutarci.- disse lei soppesando bene le parole.
Sapeva che la natura pacata dell'amico poteva infiammarsi ben velocemente se qualcosa di piuttosto rilevante, in questo caso il piano, andava storto o prendeva brusche svolte.
Il ragazzo non disse nulla e cambiò marcia con fervore.
La ragazza tirò le ginocchia al petto contrita e mise la mano fuori dall'oblo per ammirare il verde paesaggio oltre la fila di macchine accanto alla loro ma il ritmico andare della vettura le mise sonno e pian piano si assopì con il viso appoggiato alla spessa cintura di sicurezza.

Quando Lilian si svegliò notò subito che doveva essere passato il mezzogiorno, aveva dormito veramente tanto.
-Buon pomeriggio, bella addormentata.- disse Oliver scherzoso, il bello di averlo come amico era che sbolliva la piccole arrabbiature in fretta e che non era piuttosto rancoroso, sempre che il torto da lui subito non fosse di un certo calibro.
La ragazza agitò una mano a mo' di saluto per poi sfregarsi gli occhi e stirarsi.
-Accidenti che sole, che ore sono? Dove siamo arrivati?- domandò tutto d'un fiato la mora.
-Sono le 13:35 e siamo vicinissimi alla città, pensavo di fare pausa tutto il pomeriggio e poi stasera raggiungere l'Istituto. Che dici?- disse il ragazzo.
-Mi sembra ottimo- annunciò Lilian entusiasta.
Oliver le fece cenno al frigobar modificato con le rune che campeggiava in un ritaglio di spazio tra i sedili posteriori per incitarla a mangiare qualcosa, cosa che lei fece subito accontentando il suo stomaco gorgogliante dato che quella notte non aveva nè chiuso occhio nè ingoiato nemmeno un boccone per via dell'agitazione.
Durante il pranzo i ragazzi si spostarono fuori dalla macchina che iniziava a diventare sempre più rovente per accomodarsi nello spiazzo erboso adiacente al parcheggio, doveva essere un'area pic-nic.
Il sole era piuttosto rovente e l'aria un poco afosa, il tutto era mitigato da una piacevole brezza estiva che smuoveva le fronde degli alberi vicini che regalavano almeno qualche zona d'ombra per rilassarsi.
Il pomeriggio passò così tranquillamente che quasi stentavano a credere che fossero in missione e non in un'uscita di piacere, il grande giardino era deserto a eccezione loro per cui non dovettero nemmeno temere di nascondersi o camuffarsi con le rune, echeggiavano solo le risate sporadiche dei due e il sussurro dei loro commenti.
Stesi su una coperta nel verde, nessun problema ingente che premesse al momento, capirono la vera essenza del vivere al momento senza essere preoccupati sulla prossima battuta di caccia e se mai fossero tornati a casa tutti interi.
Oliver si era finamai addormentato, strano evento poichè tendeva a dormire come un ghiro la notte e non riuscire a schiacciare la classica penichella pomeridiana.
Il giovane si era assopito tutto raggomitolato sul fianco destro in direzione di Lilian, la ragazza riuscì a capire come mai aveva smesso di fare battutacce all'improvviso, la stanchezza lo aveva sopraffatto.
Lilian si trovò a pensare a come spesso si notano differenze sostanziali nell'apparenza delle persone quando esse vengono prese nelle braccia di Morfeo ma per il moro non era così, continuava ad avere i lineamenti rilassati e la solita aura pacifica, eccezion fatta per il labbro inferiore leggermente in fuori e la vulnerabilità che suscitava.
La ragazza distolse lo sguardo arrossendo quando notò una palpebra dell'amico sfarfallare per poi aprirsi del tutto, così come il sorriso. 
Era tardo pomeriggio ormai.
Senza troppe cerimonie Oliver si alzò stirandosi come un gatto e aiutò l'amica ad alzarsi per poi ripiegare la ruvida stoffa su cui avevano sonnecchiato tutto il pomeriggio, dovevano rimettersi in viaggio.
Mentre due giovani camminavano verso la macchina sentirono diversi tonfi dietro di loro, voltandosi si trovarono davanti una delle bestie che avevano iniziato a farsi largo sulla Terra.
Orrido, ributtante, schifoso, da voltastomaco, ecco come potevano definirsi quegli esseri.
Lilian aprì veloce come una saetta il bagagliaio, l'Armeria da campo, per poi afferrare una spada angelica per sè e una per il ragazzo.
-Amriel!- gridò Lilian, subito dopo la lama iniziò a sfavillare di bianco candido.
Il demone non sembrava trovarsi proprio a suo agio sotto la luce solare ma riusciva comunque a destreggiarsi abbastanza mentre i Nephilim lo indebolivano ogni fendente di più.
Quando finalmente la bestia si accasciò gorgogliando le spade angeliche erano semi-sciolte, ragion per cui le buttarono nel bagagliaio afflitti.
I ragazzi sgommarono via subito prima che uscissero altri come lui.

L'istituto di New York era più grande di quello di Philadelphia, si poteva già notare da qualche metro prima dell'entrata.
Lilian si sentiva il petto scoppiare di gioia a ritornare in un luogo a lei amico popolato da persone che l'avevano aiutata tanto prima che riuscisse a stabilizzarsi.
La Shadowhunter, pur potendo entrare senza tante cerimonie, decise di rispettare la privacy bussando.
-Clary, accidenti, vai tu ad aprire! Io ho Max che mi tira i capel-AHIA! BASTA, OMETTO BLU!- si sentì da dentro.
La mora sorrise sempre di più arrivando all'apice quando Clary le si presentò davanti.
-Per l'Angelo! Lilian, quanto tempo!- disse la rossa emozionata abbracciandola.
Lilian la strinse forte a sè come faceva di solito, non negli ultimi tempi perchè non era riuscita a passare molto spesso.
Clarissa li incitò ad entrare mentre sbraitava la loro presenza.
Dal soggiorno uscirono Jace, Alec e Magnus coi loro due pargoli per poi scoppiare in saluti e valanghe di abbracci, anche a Oliver, alla ragazza erano davvero mancati tutti.
L'allegra compagnia consumò la cena insieme, ma Lilian temeva il dopo, quando avrebbe dovuto parlare da sola con Clary.
Pian piano lo stregone e il Nephilim rincasarono con i figli addormentati tra le braccia e Jace e Oliver stavano chiaccherando su diversi tipi di Claymore, l'arma preferita dell'ultimo e così Lilian tirò da parte la rossa facendo trasparire una certa urgenza.
-Lilian, qualcosa non va?- chiese Clary allarmata.
-Sarete stati avvisati dei demoni nuovi, ecco, è una questione che io devo risolvere e mi serve un aiuto- disse concitata la ragazza.
-So che sei una brava persona e mi fido ciecamente di te, tesoro, se è in mio potere ti aiuterò in ogni modo- sussurrò Clarissa con apprensione.
Lilian ringraziò e disse con la voce carica di oppressione e ansia: -ho paura che in un certo momento l'unica salvezza sia la fuga ma con dei mezzi Mondani questa non può riuscire, avrei bisogno delle rune che formano il Portale.-
La rossa annuì una volta sola per poi abbracciarla solidalmente in memoria del passato consegnandole un foglietto spiegazzato.

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Capitolo 8
*** 8. ***


I due Nephilim lasciarono l'Istituto di New York il mattino seguente con gli aiuti generosamente concessi dai due giovani Capoistituto, compreso quello segretamente custodito di Lilian.
La ragazza aveva fatto più fatica di Oliver a separarsi dai giovani nel momento dei saluti, nel breve periodo di stallo post Ascensione si erano presi cura di lei fisicamente e soprattutto psicologicamente, proprio come se fosse la loro sorella minore.
Il giovane sembrò aver stretto una sorta amicizia con Jace, era fatta di pacche sulle spalle e timidi commenti perlopiù riguardanti tecniche di combattimento e nozioni fondamentali quali nome ed età, ma prima di uscire dalla struttura si sorrisero complici.
Incamminandosi verso l'automobile Lilian si sentì già un po' peggio, sapeva che la pacchia era finita e che di lì a poco le disgrazie avrebbero iniziato a piombargli addosso peggio di prima.
La ragazza iniziò a mordicchiarsi le unghie e a rigirarsi l'anello degli Scarshade attorno al dito con fare frenetico.
Il piccolo cerchietto d'argento scuro presentava l'iniziale come di consueto e tutt'intorno si susseguivano delle frecce.
Dopo poco tempo che lei e Oliver si conoscevano lui le porse la domanda sulla scelta del cognome e del simbolo, lei spiegò molto semplicemente: -Scarshade è stata una scelta di gusto, niente di particolare. Il simbolo è ciò che voglio essere, determinata come una freccia scagliata che si va a ficcare proprio deve.-.
Il ragazzo all'inizio sembrò temerla e vederla come una piccoletta tutta tenebre ma dopo qualche mese si trovò a ricredersi sul suo conto diventando amici.
Oliver lo notò e prima di accomodarsi nella vettura si fermò rifilandole il classico sguardo ti-sto-studiando puntandole addosso gli occhi azzurri, non servivano parole.
Lilian, di fronte a questo ostacolo, scrollò le spalle e contrasse le sopracciglia per poi entrare in macchina.
L'amico non disse più nulla a riguardo durante la seconda parte del viaggio, continuarono a comportarsi come se nulla fosse.
Dopo qualche minuto la ragazza emise un piccolo lamento tenendosi il capo, le era arrivata una fitta di mal di testa piuttosto forte accompagnata da una vaga sensazione di fastidio, come se ci fosse qualcosa da capire che non si riusciva ad afferrare.
Oliver la guardò di sfuggita con la fronte aggrottata chiedendole un muto "stai bene?" ma Lilian era caduta in una sorta di trance, tutte immagini dolorose che si susseguivano nella sua mente come schiaffi.
La mora iniziò a boccheggiare facendo spaventare il ragazzo che subito la prese per un braccio scuotendola leggermente, non sapeva che stava succedendo ed essendo in piena autostrada senza una piazzola di sosta non poteva fermarsi.
Il Nephilim stava commentando coloritamente cercando di fare qualcosa quando a un certo punto Lilian saltò sul posto e prese fiato come se fosse appena riemersa da un'immersione subacquea senza bombola.
I due si guardarono, entrambi spaventati, nessuno fiatò eccetto la ragazza che con voce malferma disse: -Ci stiamo avvicinando, ci cerca.-.

La sera era calata e avevano accartocciato e percorso chilometri come dei ghepardi, peccato che le loro schiene erano doloranti e gli arti avevano bisogno di sgranchirsi nonostante le soste.
Lilian non aveva più manifestato altre emicranie ma era comunque rimasta un poco sotto shock e pure infastidita dall'evento.
I due ragazzi stavano cercando un posto dove fermarsi per la notte quando Phil il furetto emise uno squittio contento con tanto di zampine alzate per comunicare un allegro "sono qui con voi!".
Lilian e Oliver urlarono spaventati all'unisono mentre il ragazzo frenò bruscamente, per fortuna stavano entrando in un parcheggio e non rischiarono di farsi tamponare.
-COME FA AD ESSERE VIVO DOPO TUTTI QUESTI GIORNI?!- strillò il giovane alzando la voce di tre ottave.
-Non lo so.- rispose semplicemente la ragazza con gli occhi ancora sgranati.
L'animaletto passò sulle spalle di entrambi a mo' di saluto per poi accucciarsi sulle ginocchia di Oliver in cerca di coccole.
I Nephilim si guardarono in faccia un momento per poi scoppiare a ridere a crepapelle, le sorprese non mancavano mai.
Fortuna volle che qualche centinaio di metri più avanti ci fosse una pensione e di comune accordo parcheggiarono per poi incamminarsi verso la luce a led che lampeggiava miseramente, pure Phil venne con loro accettando di nascondersi infilandosi nella sacca di Lilian per evitare controversie.
I due non si fecero problemi, economicamente parlando, a fermarsi poichè con loro avevano tutti i loro risparmi che messi insieme costituivano un gruzzolo sufficiente a sostentare queste spese "extra".
Una volta percorso il vicolo umido e mal illuminato che portava all'edificio spinsero la vecchia porta a vetri dell'entrata.
La hall, se così si poteva definire, era molto sobria ma pulita e abbastanza luminosa, evidentemente l'evidenza ingannava.
Dietro il bancone dell'accettazione sedeva una scarna signora la cui età poteva aggirarsi sulla sessantina, portava occhiali di un rosso acceso con la montatura dalla linea felina sulla punta del naso.
-Salve, ragazzi. Come posso esservi utile?- domandò la donna senza curarsi dell'età dei due.
-Buonasera a lei, gradiremmo una stanza matrimoniale per stanotte.- annunciò molto pacatamente Oliver.
Sentendo la parola "matrimoniale", Lilian sbarrò gli occhi e pestò il piede al ragazzo che però non emise suono, si limitò a fare una smorfia poco decifrabile.
-Va bene, ecco a voi la chiave. In totale sono 55 dollari.- disse la signora con un timbro monotono, come se avesse detto quella frase veramente tante volte e il che era estremamente probabile.
I due sbrigarono le pratiche e si avviarono al piano superiore salendo le scalette in legno scuro finchè non si prospettò davanti un salone circolare abbellito con un tappeto persiano rotondo che dava sulle porticine laccate delle stanze.
Individuato il loro numero entrarono in una stanzetta non molto grande ma accogliente, soprattutto dotata di bagno proprio.
Phil, non appena sentì la porta richiudersi dietro di loro, saltò fuori dalla borsa annusando tutti i mobili.
Visto che ormai era piuttosto tardi e il mattino seguente avrebbero dovuto lasciare la pensione prima delle otto, i ragazzi decisero di farsi la doccia a turno e andare a letto.
Una volta indossato il pigiama, Lilian uscì dal bagno trovando Oliver al piccolo scrittoio di truciolato che continuava ad accartocciare fogli.
-Che stai facendo?- domandò la ragazza avvicinandosi.
-Sono messaggi di fuoco, chiedono tutti dove siamo e di ritornare immediatamente a casa.- rispose il giovane con una punta di ansia nella voce.
Lilian non seppe che dire, restò solo in silenzio.

Era tutto buio e strano, l'ambientazione non aveva senso e Lilian non riusciva a riconoscerla finchè, come se un faro scenico si fosse puntato su di lei, colore e forme presero il posto delle tenebre.
Sicuramente l'oscurità era meglio poichè davanti a lei c'era la scena più orrida mai vista, quella a cui era sfuggita tempo prima: la morte dei suoi genitori.
C'era pieno di sangue e Wilbur che rideva malignamente mentre le sue mani rilucevano di luce purpurea, gli occhi totalmente neri dell'uomo la puntavano e smettendo di ridere improvvisamene le disse, maligno: - Ti piacevano tanto le magie dello zio eh? Questa è quella più bella, nipotina mia. A presto!-.

Lilian si svegliò urlando e stringendo le coperte, i capelli ondulati tutti appiccicati alla nuca.
Era troppo scioccata persino per piangere, scappò solo in bagno per spruzzarsi dell'acqua fredda sul viso.
La ragazza stava cercando ritornare a respirare correttamente ma, con un cigolio, la porta si aprì rivelando Oliver che la guardava con gli occhi ancora parzialmente chiusi.
Si osservarono senza dire nulla, la giovane si stava ancora tenendo attaccata al lavabo.
L'amico si avvicinò cautamente per passarle un braccio attorno alle spalle, confortata Lilian iniziò a spiegare il sogno e la minaccia incombente, ogni parola pesava di più.
I due si stavano districando per tornare a letto, ormai più tranquilli, quando per una svista comune le loro labbra si toccarono leggermente.
Un semplice strofinio che mandò scintille e calore.
I ragazzi si scostarono subito imbarazzati più che mai, il problema ora era farsi l'esame di coscienza sulle emozioni appena provate.

Ehilà! Mi scuso subito per non aver aggiornato mercoledì ma ero impegnata con gli esami di riparazione, ugh :(
Le cose si fanno interessanti eh? Non vi preoccupate che metto il capitolo nuovo mercoledì, come al solito.
Se vi va lasciate due righe, fa sempre piacere e mi aiutano!
Alla prossima, una JJ che aspetta con ansia gli esiti scolastici
p.s. abbiamo superato le 200 visualizzazioni! Grazie mille ;)

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Capitolo 9
*** 9. ***


Se prima non vi era stato poi così tanto imbarazzo a infilarsi nello stesso letto ora ce n'era fin troppo.
Quel semplice contatto li aveva turbati visibilmente, si poteva leggere chiaramente sul volto di entrambi.
Per non parlare di come si era aperta parlando del sogno, spiegare il tutto aveva comportato un racconto piuttosto difficile di quello che vi era prima e di conseguenza quello che dovevano affrontare.
Ora Oliver e Lilian stavano camminando silenziosamente verso il letto per poter riappisolarsi, la ragazza raggiunse il bordo e vi si sedette per poi legare i capelli scuri in una coda alta scarmigliata ma pratica.
Lei si sentiva ancora le guance andare a fuoco, il battito cardiaco accennava a rallentarsi solo ora.
Dall'altro lato si sentì il materasso sprofondare e scricchiolare un poco, il ragazzo di certo non era una piuma ma anche la struttura doveva essere abbastanza vecchia.
Lilian si sdraiò raccattando le coperte ancora raggomitolate in fondo al letto tirandosele addosso, fino al collo.
Era sola con se stessa, ginocchia al petto e qualcosa a cui non voleva dare agio di insinuarsi nei suoi pensieri.
Provò a cambiare posizione diverse volte, ma nessuna la soddisfaceva.
Sbuffando, la giovane si alzò senza fare molto rumore per poi aprire la portafinestra che dava sul balconcino della stanza.
Fuori vi era una singola sedia di plastica verde che probabilmente aveva vissuto momenti più gloriosi ma che per i suoi scopi sarebbe funzionata benissimo.
La ragazza si sedette a gambe incrociate sistemando i pantaloncini di cotone, aveva bisogno di sentire la fresca brezza estiva sulla pelle.
Le stelle quella sera non erano molto visibili ma la luna gettava un'ombra lattea sulla maggior parte degli oggetti esposti, dai motorini ai comignoli delle case, pure sul viso di Lilian che si beava della visione.
Ormai era fuori da quasi un quarto d'ora persa nei suoi pensieri, lo sguardo puntato altrove, che sentì una voce provenire da dietro di lei.
-Dormi sul fianco sinistro di solito, ma saresti puntata verso di me e questo ti crea imbarazzo, non è vero?- disse Oliver con le braccia piene di cicatrici argentee incrociate e la spalla appoggiata al vetro semi aperto.
Lo sguardo era interrogativo e scrutatore più del solito, stava cercando conferme e chiarimenti, gli sembrava quasi di aver inghiottito un chilo di sabbia da tanto si sentiva lo stomaco pensante.
Lilian in un primo momento sobbalzò spaventata con un singulto, poi stette in silenzio grattandosi la nuca.
Il ragazzo non disse altro e aspettò una risposta che non venne, dopo alcuni momenti sospirò con nonchalance e fece dietrofront riaccomodandosi, vittima delle stesse sensazioni.
Solo poche parole squarciarono il silenzio pesante, erano il sussurro di Oliver: - Forse non doveva solo essere un incidente.-.
La ragazza sentì ma fece orecchie da mercante, a cosa stava andando incontro?
Un'altra ora di unghie mangiucchiate e palpebre pesanti dopo Lilian si convinse a rientrare e a dormire quelle poche ore che restarono, proprio sul suo fianco preferito.

Il mattino venne come se tutta la notte rimasta fosse stata accartocciata come un foglietto da buttare, a Lilian sembrava di non aver dormito affatto e si sentiva uno schifo.
I modi tra i due ragazzi sembravano gli stessi, eccezion fatta per i flashback della notte, sembrava quasi che quell'immagine si fosse incollata alle retine.
La mora fece entrare in borsa Phil, che aveva sonnecchiato beato tutta la notte sulla giacca della tenuta della ragazza, e aspettò sul ciglio della porta che Oliver finisse di prendere tutti i suoi effetti personali.
Una decina di minuti dopo erano in macchina verso l'ultima tappa, quella cruciale.

La piccola villetta a schiera dei signori Douglas era ancora intatta, forse gli unici segni di decadenza erano un vetro sbeccato dalle intemperie e la pittura una volta bianca ora marroncina.
Lilian trasalì quando scorse la struttura, strinse forte i pugni e cercò di respirare normalmente.
-È questa?- domandò tetro Oliver.
La ragazza si limitò ad annuire, probabilmente dalla sua gola non sarebbero mai uscite parole articolate.
La vettura si fermò nel piccolo spazio cementato bordato da erbacce che fungeva da posto auto, la tensione era oscena.
Il ragazzo scese per primo, persino lui sembrava triste di entrare in quel luogo pur non avendo nessun legame.
Lilian scese calpestando il suolo come se fosse sacro, per un momento credette giusto camminare in punta di piedi per non disturbare.
-Se vuoi posso aspettare fu...- iniziò Oliver, per poi essere bruscamente fermato.
-No. Vieni, per piacere.- lo interruppe la ragazza.
Lui annuì greve e lei si diresse verso la porta di casa, vi era ancora appeso il piccolo disegno di benvenuto che Lilian aveva fatto da piccola, lo accarezzò con estrema delicatezza.
Una lacrima segnò il volto pallido della giovane ma si costrinse a infilare le chiavi nella toppa.
Era tutto uguale, il mobilio, la moquette, l'odore.
La ragazza chiuse gli occhi e inspirò tremolante a fondo, una valanga di ricordi le piombarono sulle spalle come una slavina.
La mora mosse un passo, una nuvoletta di polvere si alzò dal pavimento, addentrandosi in casa come se fosse un'estranea ma non era così.
Ormai non si curava nemmeno delle gocce salate che le percorrevano le guance, non si vergognava neppure di Oliver che stava a testa bassa e braccia incrociate.
Lilian fece il giro del salotto, la prima stanza dopo l'uscio e lo stesso luogo del sogno fatto qualche tempo prima, accarezzando ogni gingillo con la punta delle dita.
Dopo qualche minuto decise di inoltrarsi nelle stanze da letto, prima la sua.
Quando varcò la soglia si trovò quasi a sorridere, non pensava avrebbe mai più rivisto questi luoghi.
La stanzetta era ancora pitturata di verde e il letto rifatto, ogni cosa a posto, dal suo cagnolino di peluche al portamatite pieno.
La ragazza si accomodò e prese tra le braccia il piccolo animale di pezza portandoselo al petto, quello glielo aveva regalato sua nonna per il suo settimo compleanno cercando di colmare la lacuna del mancato cucciolo che la bambina desiderava tanto.
Quando, asciugandosi le lacrime dal viso, passò alla stanza dei genitori si sentì come avvolta dalla loro presenza.
Le scappò un singhiozzo più rumoroso che attirò Oliver che però non la toccò, aveva paura come quando non si sa se far scoppiare la bolla o vederla atterrare disintegrandosi.
Sul comodino di legno scuro vi era una piccola foto incorniciata, Lilian si avvicinò per rimirarla e la prese tra le mani come se fosse un reperto archeologico.
L'immagine mostrava la famigliola al lago, lì la ragazza doveva aver avuto sei anni.
Senza pensarci molto la mora aprì il vano ed estrasse la fotografia, l'avrebbe portata con sè.
Come per magia Lilian si sentì attratta verso il cassettone dove vi era appoggiato un consunto libro rilegato in pelle scarlatta, aprendolo vide la calligrafia di Wilbur.
La ragazza si sentì mancare il fiato, erano tutti esperimenti.
Si sentiva vicino a qualcosa che avrebbe aiutato le indagini, qualcosa che l'avrebbe aiutata a riscattare tutto ciò che aveva perso.
Ella doveva aver fatto una smorfia particolare perchè l'amico le si avvicinò mettendole una mano sul braccio per dirle "io ci sono".
Lilian non disse nulla accettando il muto aiuto con gratitudine e annunciò la partenza, non vi era molto altro da reperire.
Peccato che con un sonoro rumore simile ad uno strappo si prostrò davanti Wilbur.

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Capitolo 10
*** 10. ***


Wilbur, lì davanti a loro, viso deformato dallo stesso ghigno malvagio di cui Lilian si ricordava, forse adesso con qualche ciocca grigia in più.
La ragazza si sentì pervadere da un senso di gelo e rabbia che le fece mozzare il respiro, come se le avessero buttato addosso una secchiata di acqua gelida, sapeva che voleva dire.
Qualche mese prima, all'inizio dei primi caldi estivi, la giovane stava facendo un po' di giardinaggio per distrarsi.
Di solito se ne occupava Oliver ma in quel periodo era partito per I'Accademia a causa di alcune lacune nell'apprendimento dei linguaggi demoniaci, quindi solo lei era in grado di occuparsi dei delicati fiori piantati in una nicchia ombrosa del giardino.
Mentre stava scopando via le foglie morte e i ramoscelli che aveva potato sentì una cascata di acqua e cubetti di ghiaccio che la investì e la infradiciò da capo a piedi.
Lilian si girò indignata e ancora sgocciolante vedendo il ragazzo che rideva a crepapelle con il secchio ormai vuoto accanto.
La ragazza lo trucidò con lo sguardo, peccato che con la coda di cavallo storta e sfatta l'espressione non le riuscì poi così bene.
In più lui doveva essere a Idris fino al weekend successivo, cosa che contribuì al suo sbigottimento.
Inutile dire che quello che seguì fu un'ampia gamma di imprecazioni e Oliver, che vantava di una statura che si aggirava intorno al metro e ottantacinque, che scappava a gambe levate dalla mora, uno scricciolo dalle mani pesanti come badili, che lo rincorreva per finire di colpirlo.
Scuotendo il capo, Lilian si ritrovò catapultata fuori dalla trance indotta dallo shock.
Senza pensarci troppo la ragazza sfoderò una misericordia e si lanciò sullo zio con un grido bellico che esprimeva tutta la rabbia e il dolore che le aveva provocato, peccato che si sentì sbalzata indietro da una rete magica invisibile che le fece rizzare i peli sulla nuca.
-Schifosa bestia del demonio!- urlò rabbiosa la giovane con ancora le membra indolenzite dal'elettrificazione data dalla barriera su cui si era scontrata.
L'uomo rise come se fosse una delle battute più divertenti mai udite, per poi affermare, ancora divertito: -Hai ragione, cara, sono uno Stregone!-.
Era proprio così, il fratello di sua madre era uno dei Figli di Lilith più potenti mai visti, ma anche uno dei più pazzi.
Molto probabilmente era per quello che Barbara, la madre di Lilian, era nata con la Vista.
In qualità di figlia minore poteva aver subito influenze della gravidanza precedente donandole la capacità di vedere oltre.
Oliver strinse la presa sullo spadone appeso alla cintura in previdenza ma non arrischiò nessuna mossa poichè erano in balia della pazzia di Wilbur.
La ragazza si rialzò stringendo i denti e la presa sull'arma, piazzandosi proprio di fronte a quell'essere malvagio.
L'uomo, scrutandola, sorrise pieno di cattiveria e le disse sottovoce: -Vieni con me, distruggeremo il mondo insieme! Io e te, il re e la principessa del Nuovo Mondo! Non mi interessa se sei una Nephilim, ti risparmierei lo stesso.-.
Lei, presa da uno spasmo nervoso incontrollabile, gli scoppiò a ridere in faccia facendo trasudare tutto il sarcasmo a cui poteva attingere.
-Non hai mai capito nulla, non l'hai mai voluto fare, eri così preso dalle tue manie di grandezza che sei stato disposto a sacrificare tua sorella e suo marito.- sputò la ragazza, stava contraendo così tanto i muscoli che li sentiva dolere.
Lo Stregone non disse nulla, non potè nemmeno farlo poichè fu colto alla sprovvista da una pugnalata nel costato, fine e letale.
Egli si accartocciò su sè stesso e sparendo annunciò: -Implorerai pietà, soprattutto adesso che sei debole.-.
Aveva ragione, vedere Oliver sanguinare nello stesso punto in cui aveva colpito Wilbur la fece crollare psicologicamente così come il ragazzo crollò a terra esangue.

Panico, nella sua forma più pura e avvolgente.
Lilian si inginocchiò vicino all'amico col fiatone, come se avesse corso otto maratone di seguito.
Il volto di Oliver era bianco come un cencio, tendente al grigio con le vene bluastre che risaltavano in modo spaventoso.
Una pozza di sangue scarlatto stava tingendo la delicata moquette color pastello del soggiorno e ogni minuto essa si impregnava sempre di più.
La ragazza cercò di scacciare i flashback dei suoi genitori nella situazione analoga, doveva concentrarsi.
Lilian sfoderò lo stilo dalla cintura delle armi e scoprì il costato del ragazzo, aveva una sottile fenditura sotto la penultima costola che a vedersi sembrava molto meno letale di quello che era.
Poco prima che la mora iniziasse ad applicare le rune necessarie, la mora si sentì stringere forte la giacca della tenuta in prossimità del fianco che la fece rabbrividire e qualche rantolio, chiaro segno che il polmone era stato forato.
La giovane imprecò stringendo la mano di Oliver nella sua avvicinandosi per guardarlo in  viso, doveva farcela.
-Farà più male del solito, stritolami pure quanto vuoi, ne uscirai vivo.- soffiò Lilian, erano talmente vicini che avrebbero potuto baciarsi ma, allontanando il pensiero con le guance spruzzate di rosso, iniziò ad applicare le rune.
Prima un'Iratze, poi una Mendelin e infine una Sanglier, tutto accompagnato da lamenti di dolore che le facevano male come se fosse lei quella in fin di vita.
Le dispiaceva così tanto, si sentiva quasi in colpa mentre sentiva la presa sulla sua mano aumentare sempre di più.
Tutto sembrò finito e a posto quando a un certo punto la ferita iniziò a riaprirsi lentamente e a gocciolare, Lilian non riusciva a crederci, aveva applicato tutti i marchi necessari.
L'angoscia si impossessò nuovamente di lei, che accidenti stava succedendo?
Oliver, che finora era stato messo a riposare con una runa di tranquillità, tossicchiò e aprì di poco gli occhi con fare interrogativo.
La ragazza arraffò subito il cilindretto di Adamas per ritentare la guarigione ma i marchi non avevano molto effetto, sembrava che stessero lottando contro qualcosa di molto più difficile.
La mora, ricordandosi del materiale dell'arma, sbarrò gli occhi e parlò molto lentamente: - Oliver. Oliver, ascoltami. Hai dei parenti con del sangue di lupo?-.
Il ragazzo, con estrema fatica rispose: - Mio padre. L-lui era un Mannaro.-.
Il cuore di Lilian saltò un colpo, la misericordia era d'argento.
Come avrebbe potuto curarlo? 
Dopo vari tentativi lo squarcio non si chiudeva perfettamente, continuava a riaprirsi qua e là facendo gemere il poveretto.
La ragazza continuava a tenergli la mano e a confortarlo mentre applicava Iratze su Iratze, mentalmente cercava ogni modo possibile per far finire quella tortura.
Stava ripassando ogni bazzecola che aveva studiato ma, come se ci fosse stato qualcuno a girarle il capo, vide lo sportello "segreto" di sua madre.
Ma certo! 
Lì vi erano tutte le cose che Barbara conservava e utilizzava in qualità di possedente della Vista.
Scusandosi nella maniera più convincente possibile, Lilian si districò e aprì l'anta cercando tra tutti i piccoli contenitori e libri finchè non trovò una boccetta con una croce in rilievo e sotto, scritto a mano, vi era scritto "lupus".
La Nephilim corse al capezzale improvvisato di Oliver e sparse il liquido pastoso e scuro sulla pelle arrossata.
Miracolosamente questa si richiuse facendo rimanere solo una sottile striscia rosea, ora il ragazzo non rantolava più.
Con un sospiro di sollievo la ragazza appoggiò il capo sulla spalla del ragazzo sollevata mentre lui le cingeva la vita grato.

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Capitolo 11
*** 11. ***


Dopo l'ingente ferita di Oliver, i due Nephilim preferirono non rimettersi in viaggio subito ma aspettare la sera seguente, almeno finchè il ragazzo non si fosse ristabilito a sufficienza.
Stare nella sua vecchia casa non dispiaceva a Lilian, ogni tanto però si sentiva parecchio malinconica e si chiudeva in sè, non che ci fosse molto da parlare viste le condizioni iniziali dell'amico.
La giovane lo monitorava continuamente, mai un attimo di pausa, se non qualche ora notturna costretta dal suo fisico sotto pressione.
Da quando Wilbur aveva fatto il suo ritorno doveva essere dimagrita almeno quattro chili, per non parlare delle volte in cui si sentiva talmente spossata da far fatica a tirare un pugnale.
Caso volle che già il pomeriggio seguente Oliver si sentisse totalmente in forma, la pozione curativa aveva completato i suoi effetti e si vedeva.
Niente viso smorto, molte più forze e il solito sguardo vispo.
Constatando ciò, la coppia si rimise in strada e, facendo lo stesso percorso nello stesso tempo, arrivarono di nuovo a Philadelphia.
Quello che successe al loro rientro fu il finimondo, persino Phil scappò fuori dalla borsa in cui si era sistemato.
La signora Greenscar iniziò a urlare con un tono così alto che i vetri quasi si infransero, continuava a ripetere cosa avrebbe potuto succedergli e come aveva dovuto mascherare la loro assenza al Conclave, come minimo gli avrebbe affibbiato le pulizie dell'intera struttura per un mese.
Lilian e Oliver ascoltavano la piccola donna nerboruta agitarsi e strillare sempre di più, il faccino tondo ogni parola più bordeaux.
Marge smise di sbraitare quando, con gelida gentilezza, la ragazza estrasse dalla sacca il diario dello Stregone.
La donna sbarrò gli occhi e farfugliò, lei non sapeva come la mora potesse essere collegata al pazzo che ormai stava venendo allo scoperto seminando panico.
Con un: "Farò rapporto al Consiglio!", scomparve nel suo studio.

I giorni passarono e così le ansietà sembrarono scomparire, tutto si svolgeva come al solito e la routine pareva la stessa di sempre.
Sveglia, colazione, allenamento, pranzo, ore libere, pattuglia e infine a letto.
I due Shadowhunters si allenavano nella stessa fascia oraria da molto tempo ormai, combattevano come se fossero Parabatai, qualche volta erano addirittura arrivati a pensare che non sarebbe stata una cattiva idea diventarlo.
Tutte le volte che si capitava sul suddetto discorso, non importava chi dei due lo sollevava, l'altro spesso e volentieri faceva sfumare il tutto con farfuglii confusi.
Le menti di Lilian e Oliver avevano iniziato ad offuscarsi particolarmente durante il viaggio quando, passando molto tempo assieme, si accorsero che vi era una scintilla particolare, un qualcosa che quando si toccavano durante le sessioni corporee di allenamento scattava e li faceva ritrarre con il fiato corto.
Ecco la causa, nessuno sapeva con esattezza che stava succedendo.
Quando Marge entrò, i due giovani avevano appena finito una presa e le mani del ragazzo si trovavano ancora salde sulla vita della mora, cosa che stava causando parecchio imbarazzo a entrambi.
La donna li squadrò per un attimo per poi schiarirsi la voce.
-Lilian Scarshade, il Conclave vorrebbe vederti.- annunciò gelida, era professionale in ogni momento.
La giovane deglutì, di certo riguardava il suo passato, chissà cosa le avrebbero chiesto.
I minuti che seguirono furono carichi di tensione, la capoistituto le spiegò per filo e per segno cosa avevano rilevato di nuovo e che sfortunatamente la sua copertura era saltata.
Per non parlare delle bestie che aumentavano sempre di più, sempre più potenti.
Wilbur si era addirittura fatto vedere durante uno dei suoi scempi distruttivi.
-In conclusione, domani pomeriggio partirai per Idris, una scorta del Consiglio verrà a prenderti.- concluse la signora Greenscar, sembrava quasi che la sua aura austera fosse calata per un attimo facendo trapelare una punta di dispiacere.
Lilian stava per aprire bocca quando da dietro emerse Oliver, che finora non aveva fiatato, dicendo con un tono piuttosto concitato: -La accompagno io, perchè far uscire dei Nephilim? Gli basterà aprire solamente il Portale.-.
La donna aggrottò le sopracciglia e acconsentì, prima di andarsene l'ammonì comunque con un "Tanto vorranno sentire pure te" prima di uscire dalla palestra a passi piccoli e cadenzati.
La ragazza, una volta andata via la donna, si girò per guardare il moro in viso per chiedergli spiegazioni e ringraziarlo ma lui sgusciò via con la scusa dell'arrivo di Benjamin.

Il mattino seguente arrivò presto e con sè tutte le proccupazioni per l'incontro con il Clave, cosa sarebbe accaduto?
Venne così anche l'ora di pranzo, anche se di pranzare non vi era nemmeno l'idea.
Quando finalmente si sentì il classico rumore di risucchio causato dal Portale, i giovani presero le loro valigie e salutarono la capoistituto con un cenno del capo prima di sparire nel vortice.
Fu un viaggio terribile per Lilian, aveva viaggiato poche volte tramite questo mezzo e non ci si era proprio abituata.
I due si sentirono catapultare fuori in pochi secondi, proprio nella Sala degli Accordi dove il Clave li scrutava con espressione indecifrabile.
La ragazza, come prima cosa, notò il volto familiare del Console Jia Penhallow e del Reclutatore Simon Lovelace, entrambi presenti alla sua Cerimonia di Ascensione.
Non vi furono benvenuti speciali nè nulla di particolare, venne solamente comunicato l'orario dell'interrogatorio di Lilian, che ora si trovava sotto processo in quanto "detentrice di informazioni utili al bene della comunità".
La signora Penhallow offrì loro una stanza negli alloggi vicini ma, fiutando qualcosa di strano, Oliver annunciò che avrebbero alloggiato nella vicina tenuta dei Landowl.
Il Consiglio bisbigliò ma non diede segno di contrarietà, così i due si andarono a sistemare nell'antica dimora.

L'interrogatorio mise ansia a Lilian come poche volte nella sua vita, pur rispondendo tranquillamente.
Forse era solo il fastidio di rivangare cose passate, insabbiate e ora di nuovo presenti e di un certo peso.
Le chiesero tutto il viaggio per filo e per segno, se sapesse qualcosa sul diario di Wilbur e tutta la sua vita da Mondana.
Quella fu la parte peggiore da narrare pur avendone parlato con Oliver a sprazzi, che ora sostava fuori dalla sala aspettando il suo turno, le supposizioni della signora Greenscar erano corrette.
Troppi ricordi le balzavano alla mente, proprio come se fosse stata montagne russe si sentiva sballottata dalle emozioni.
Una volta finito il racconto l'inquisitore Lightwood le accennò un sorriso, evidentemente non voleva che lei finisse nei casini, essendo conosciuta dai suoi figli sapeva che persona era.
Lilian uscì a passi pesanti dalla stanza senza guardare in faccia nessuna delle poche guardie che stavano ritte ai lati dei corridoi, peccato che a un certo punto le venne negata l'uscita.
-Mi spiegate, gentilmente, perchè non posso andarmene?- chiese la ragazza cercando di non far trapelare il suo fastidio.
-Semplice, mia cara, la Spada Mortale ti aspetta.- rispose una voce dietro di lei, apparteneva a una donna in tailleur azzurro e dallo sguardo scuro tagliente.
La mora non ebbe nemmeno il tempo per riflettere che venne portata nella Sala del Consiglio.

-Sebbene la sua narrazione e quella del signor Landowl combacino, lei ci sembra poco affidabile in quanto nipote del signor Wilbur Masters, a questo pro vorremmo riporre tra le sue mani lo strumento che ci farà capire ogni cosa.- concluse l'Inquisitrice, Robert era dovuto scappare subito dopo l'interrogatorio per un altro problema diplomatico in Irlanda e ora era in carica la sua sostituta.
Lilian, pur sapendo del dolore che la Spada causava, si sottopose alla prova pur di far capire che lei non aveva nulla a che fare con quel pazzo.
Una volta entrati i Fratelli Silenti il suo cuore si mise a palpitare veloce e lo fece ancora di più quando le misero davanti Mellartach.
Prendendo la Spada Mortale, la ragazza si sentì il braccio e la mano dolere, sia per l'incredibile peso e per la sensazione di aghi che le trafiggevano il palmo.
Quello che successe dopo rimase confuso nella sua mente, ricordava solo che le parole le venivano strappate di bocca senza che lei avesse alcun arbitrio del suo corpo e di quello che diceva.
Il tempo parve protrarsi all'infinito e così il suo malessere, capì che l'arma le era stata tolta di mano solo quando il suo fisico si riprese di poco.
Si sentiva sull'orlo di uno svenimento, le guance leggermente umide, così scappò fuori causando bisbigli tra la folla.
Qualche metro più in là c'era Oliver che batteva il tacco dello stivale a terra innervosito e ansioso, non lo vide bene a causa della vista appannata ma lo sentì vicino subito dopo, lei tentò comunque di scansarlo e di andare fuori spiegandogli che necessitava una boccata d'aria.
Lui la tenne vicino a sè incurante delle richieste della mora, sapeva che se l'avesse lasciata sarebbe caduta a terra come un sacco di patate ma la ragazza si dimenava testarda.
Ad un certo punto si trovarono fin troppo vicini, di nuovo iniziarono a far scintille e due secondi dopo il danno era fatto.
Non si sapeva chi si era avvicinato per primo, si trovavano semplicemente labbra su labbra.
Appena i due si accorsero di ciò che stava succedendo si staccarono di pochi centimetri, occhi spalancati e fiato mozzato.
I ragazzi non ebbero nemmeno il tempo di sbattere le palpebre che si riavvicinarono di nuovo spinti da una forza a loro sconosciuta.

Ciao a tutti! Innanzitutto mi scuso per non aver pubblicato settimana scorsa, ho avuto problemi col pc e sono stata impegnatissima.
D'ora in poi aggiornerò appena avrò il tempo di scrivere causa scuola, spero mi comprendiate...
Detto questo vi lascio, spero che il capitolo vi sia piaciuto (ehehe stanno succedendo cose) e se vi va lasciate un commentino ;)
A presto!

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Capitolo 12
*** 12. ***


Lilian si guardava allo specchio, viso pallido e occhi cerchiati di una sfumatura bluastra poco rassicurante, colpa delle poche ore di sonno dormite in quella settimana ardua.
Tutte le volte che osservava il suo volto, pure quando era una bambina, si era sempre divertita a contare tutte le sue efelidi, con il risultato di un'arrabbiatura bella e buona poichè tendeva a perderne il conto.
Ora che si guardava nella lastra riflettente non trovava più alcun svago nel praticare questa attività, preferiva vedere se il suo aspetto era traumatico quanto la situazione e se le sue iridi fossero sempre più opacizzate per via del suo stato d'animo.
Dopo i "famosi episodi", così li chiamava lei, qualcosa l'aveva resa meno insicura e più schiva, le sembrava di essere tornata a due anni fa quando si allenava da sola e poi si rinchiudeva in camera.
Le stesse cose stavano succedendo ora, non poteva sopportare la presenza di Oliver.
Oliver, il suo migliore amico.
Poteva ancora chiamarlo così?
Lei non pensava proprio, oramai il danno era fatto e i suoi solitari esami di coscienza avevano dato come responso quello che la sua mente non voleva sentire.
Quel mattino si trovava dinanzi al lavabo di ceramica lavorata, recesso dell'antico mobilio dell'Istituto, per mettersi in ordine e scendere nella hall dell'edificio, quel giorno sarebbero arrivati due nephilim canadesi per lo studio estero.
Una rapida occhiata alla coda di cavallo appena fatta e alla tenuta, poi la ragazza scese trotterellando le scale.
L'entrata era magnifica, la pavimentazione era di marmo bianco intarsiato di onice ai lati a formare piccole rune e le vetrate colorate formavano giochi di luce caldi e freddi.
La signora Greenscar, che indossava un tailleur di raso nero, aveva il solito portamento professionale e da Cacciatrice però sminuito da un fazzolettino che si sventolava sul viso arrossato a causa dell'agitazione, suo nipote Benjamin le era accanto con un'espressione leggermente preoccupata poichè temeva un collasso della zia.
Della presenza di Oliver nemmeno l'ombra, non finchè Lilian toccò con la punta dello stivale il penultimo gradino, in quel momento si materializzò al centro del salone.
Statuario e composto, come al solito.
La mora sussultò ma il rumore da lei causato fu mascherato dal ticchettio della calzatura.
I presenti si girarono e si salutarono, eccezion fatta per il moro che le rivolse uno sguardo con la coda dell'occhio.
Il suo aspetto non sembrava migliore, aveva persino un accenno di barba, cosa che lui odiava e teneva sempre rasata.
Lilian si sentì gelare lo stesso, il contatto visivo che si era creato tra loro, seppur breve, valse più di mille parole.
A volte i loro occhi erano così simili che alcune persone avevano chiesto se per caso fossero fratelli, chissà se pure le loro anime e pensieri lo erano.
La mora si andò a posizionare proprio accanto al ragazzo, sia per sfizio che per necessità, tutti erano disposti orizzontalmente e così doveva stare lei.
I due erano distanti circa mezzo metro ma sentivano il calore corporeo che emanavano, l'attrazione magnetica che li avrebbe spinti vicini di nuovo.
La ragazza si ritrovò a pensare di nuovo agli avvenimenti a Idris, fu emozionante quanto triste a causa della sofferenza che ora pativano.
Inutile dire che una volta capito che stava succedendo Lilian scappò senza una spiegazione, questo spinse Oliver a trattarla come lei aveva fatto.
Orgogliosi e tenaci, proseguivano e perseveravano nel trattamento.
Quando la ragazza si riprese dai suoi stessi pensieri, fu perchè il portone di legno massiccio stava scricchiolando dolcemente aprendosi.
Sulla soglia vi erano due ragazzi sui diciotto anni che accennavano un sorriso.
Erano entrambi alti e ben fisicati, sia lui che lei, dovevano essere gemelli perchè la rassomiglianza era assurda.
Si svolse la solita procedura comprendente il solito discorso d'apertura e le presentazioni, i due non sembravano molto a disagio, si vedeva che erano fermamente convinti di quello che stavano facendo e di dove avevano deciso di completare gli studi.
Il ragazzo, biondo e con gli occhi verde trasparente, si presentò con giovialità e stringendo vigorosamente la mano a Lilian, cosa che lei non apprezzò e cercò di far trapelare in tutti i modi.
La ragazza, con gli stessi tratti somatici del fratello, doveva aver notato come la mora aveva reagito alla prima presentazione e quindi agì di conseguenza.
Lei sembrava meno aperta ma molto più sottile, il modo in cui aveva salutato Oliver era minuziosamente studiato per dare un'impressione delicata e azzardatamente equivoca.
Tyler e Lucy Nightdale, ecco come si chiamavano.
Entro poco tutto fu sistemato, i nuovi Shadowhunters erano nelle loro camere dopo aver pranzato, Marge era tornata nel suo studio e infine Ben e Oliver si erano diretti verso l'armeria per vedere la nuova scorta appena arrivata.
Lilian, invece, non aveva la più pallida idea di cosa fare e dove andare, non sapeva nemmeno come avrebbero gestito due nuovi ospiti con la minaccia di Wilbur.

Il pomeriggio passò abbastanza veloce, Lilian lo trascorse tra camera sua e la biblioteca, per fortuna nessuno dei nuovi arrivati e degli habituè si fece vivo.
Ora la ragazza sedeva con le gambe sotto al sedere su una sedia vicina a una libreria, si sentiva abbastanza comoda ma "come uccidere un Drevak con una forchetta (testo in ctonio a fronte)" non la prendeva, quindi decise di uscire a fare una passeggiata sotto le luci calde e aranciate del tramonto.
Raggiungendo l'uscio cercò di fare meno rumore possibile, sfortuna volle che in quell'esatto momento però uscisse dalla cucina Oliver.
Lilian voltò prontamente il viso, felpa premuta prepotentemente sulle spalle, non voleva sentire nulla.
Lei e il ragazzo avevano tentato di parlare e chiarire ma non v'era molto da dire, una volta era addirittura scoppiata una lite che aveva contribuito al distacco.
Due secondi dopo la ragazza era nel piccolo cortile antistante l'Istituto, qualche minuto più tardi si era fermata in una piazzola verde tra due edifici che una volta erano tinti di un allegro lilla, ora scrostati e macchiati di grigio.
I sottili pugnali appesi alla sua cintura non davano molto fastidio mentre sedeva su una panchina di metallo leggermente arrugginita, nulla la disturbava ma temeva solo che il tintinnio del metallo facesse voltare i pochi passanti che camminavano occasionalmente di lì.
Mentre la mora osservava pigramente le rosee nuvole che lasciavano gradualmente spazio alle stelle, un uomo fece capolino da dietro uno degli alberi che davano sul marciapiede.
Lilian non vi fece molto caso ma lo tenne comunque d'occhio intanto che sfilava via nel suo cappotto di mezza stagione, aveva un'aria strana.
Quando la ragazza tornò a cercare di capire se l'enorme cumulonembo sopra di lei assomigliasse più a un tasso o a un gatto acciambellato, sentì una presenza accanto a sè e si voltò spaventata.
-Per me è un cespuglio, comunque.- Wilbur sedeva tranquillo accanto alla nipote, come se essere ricercato dal Conclave fosse una bazzecola e stare alla luce del sole fosse totalmente normale.
La mora scattò in piedi con gli occhi sbarrati, non poteva crederci.
-Da piccola dicevo io così, oltre a rovinarmi l'esistenza mi copi pure?- commentò lei sarcasticamente, una mano pronta sulla cintura.
L'uomo rise e si portò una un braccio al costato con un'espressione dolorante, la vecchia ferita doveva essergli quasi stata fatale.
-Oh andiamo, non fare tanto l'acida, cara. Mi chiedevo solo se per caso avessi riconsiderato la mia offerta!- parlò di nuovo.
Il suo tono era gioioso e divertito, sapeva di avere il coltello dalla parte del manico.
-Wilbur, sparisci. Vattene su qualche isola sperduta nell'artico e fatti una nuova vita con una moglie per pinguino, qui non hai speranze e sei inguaiato.- sussurrò Lilian con gli stessi toni dello zio.
L'uomo rise e, come se fosse un innocuo scherzetto, evocò due djinn molto più cattivi e duri da sconfiggere solo a vedersi.
-Divertiti intanto che decidi, i regali di zio Wilbur sono i migliori! Buon compleanno in anticipo!- con questo egli sparì e la ragazza fu attaccata con cattiveria.
Pur avendo con sè diversi pugnali, atterrarli fu difficile, contando poi che pure loro sapevano lanciare incantesimi.
Quando uno dei due finalmente fu rispedito da dove veniva, l'altro la attaccò con le unghie ferendole l'avambraccio destro.
Lilian urlò dal dolore, un fiotto di sangue scorreva sulla sua mano armata.
Con un calcio anche quell'essere fu buttato nella sua dimensione.
La ragazza aveva il fiatone e si sentiva fiacca, tirò fuori lo stilo per medicarsi solo quando potè contare sulla stabilità di un albero.
La ferita e la testa ora stavano meglio ma doveva comunque tornare a casa il prima possibile, ormai era imbrunito e non si sentiva bene.
Una volta entrata all'Istituto si diresse barcollando in infermeria, le rune stavano perdendo effetto.
Oliver aveva fatto caso al chiudersi del portone e scese le scale allarmato andando incontro alla ragazza, il cilindretto di adamas già in mano.
Lilian non provò nemmeno a scansarsi, si aggrappò ancora di più.
Il ragazzo le mise una mano sulla vita per sostenerla e una le marchiava la pelle candida, le dita sottili di lei si conficcavano nella carne della spalla di lui, non era un'operazione piacevole.
La mora fece ben poco caso al contatto tra loro, la situazione stava diventando critica.
Non avendo il tempo materiale di prendere delle bende adeguate, le tende lì accanto furono perfette.
Una volta completata la guarigione, la ragazza si sentiva molto stanca, fu così che si lasciò cadere sull'ottomana vicina mentre chiudeva gli occhi.
Prima di cadere in un sonno scuro senza sogni mormorò un flebile e imbarazzato "grazie", in quel momento non vi era spazio per eventuali spiegazioni.
Giurò di aver sentito una mano callosa sfiorarle dolcemente una guancia.

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Capitolo 13
*** 13. ***


In equilibrio sulla trave sospesa di quindici metri non si stava poi così male, pensava Lilian mentre il silenzio aleggiava nello spazioso atrio della palestra.
L'equipaggiamento che le gravava sulle spalle e sulla vita la faceva sentire molto più collegata alla terra ma al tempo stesso ogni passo più pericolante, un passo falso e la corda elastica che imbracava la ragazza le avrebbe ferito la carne cercando di non farla finire spiattellata al suolo come purea di Nephilim.
Gli occhi cerulei erano rilassati dietro le palpebre, pochi pensieri le frullavano nella mente se non quello di immaginare un punto fisso.
Pochi centrimetri alla volta venivano conquistati, non importava la lentezza ma riuscire a farcela, ecco uno dei motti che la aiutavano a superare la giornata.
Lo stivale veniva staccato dalla superficie legnosa per poi adagiarsi lentamente poco dopo, Lilian riconduceva questo metodico movimento al suo stato d'animo.
Un momento prima volava senza massi sullo stomaco e un momento dopo si ritrovava a terra cercando di restare stabile.
Il braccio ferito dal demone era ancora fasciato, non voleva rischiare complicazioni anche se vi erano sia persononalmente che al Clave.
A Idris v'era fermento per le ultime novità riguardanti Wilbur e i pochi dati criptici ritrovati nel suo diario, da lei solo testardaggine e incomprensioni.
"A parlare del diavolo spuntano le corna", fu il commento privo di emozioni che la mora tenne per sè quando la porta laccata del locale si aprì rivelando i gemelli Nightdale e Oliver.
Lilian continuò con i suoi esercizi sfidandosi in rovesciate e tiri di spada ma i suoi muscoli ora erano tesi, gli sguardi altrui addosso.
Occasionalmente osservava la scena sottostante con la coda dell'occhio, scorgeva Oliver stare di spalle e Tyler alzare la testa in sua direzione incuriosito, Lucy aveva occhi solo per il moro.
La giovane si sentì alterata ma cercò di restare algida come al solito, meno rumore faceva meglio era.
Fece così pure quando la carrucola dell'imbracatura la depositava leggiadramente a terra, rimise le armi a posto e uscì socchiudendo la porta dietro di sè.
Sentì un "ciao" molto insicuro da parte del biondo ma non vi volle prestare attenzione, era più occupata a cercare di stabilizzare il respiro mozzato causato dalle lacrime imminenti.
La ragazza si sentiva destabilizzata, si era strappata un punto fisso, proprio come se un gigante prelevasse dal cielo una porzione di stelle.
E di chi era la colpa? Ovviamente per maggior parte sua, essere spaventati e impauriti dai propri riscontri aveva indurito prevalentemente lei.
Mentre queste pulci malvagie si costruivano casa nelle sue orecchie, un Benjamin sorridente si fece spazio sulla sua strada.
Lilian proseguì senza dare impressioni compromettenti, peccato che il ragazzo fosse di indole fin troppo estroversa e cercò di fermarla per due chiacchere.
- Ma guarda qui! Ciao, da quant... hey, che c'è che non va? - Chiese schietto Ben.
- Nulla, cosa te lo fa pensare? Scusa ma devo andare. - rispose semplicemente la mora.
Il ragazzo spalancò gli occhi e disse, incredulo: - Wow, qui c'è davvero sotto qualcosa di grosso perchè mi avresti mandato a quel paese. Che hai?-.
La ragazza si diede della demente da sola, era tutta impegnata a celare il suo stato d'animo che non aveva pensato bene a chi aveva davanti.
Con un ringhio frustrato superò il moro e continuò per la sua strada.
Mentre saliva le scale per raggiungere la sua stanza, la giovane sentì l'eco di un "eh già, qui ho capito chi e cosa sta succedendo.", sperò vivamente che Benjamin non facesse nulla a riguardo.

- Avete capito, ragazzi? Non tornate dopo la mezzanotte e cercate di non combinare guai, intesi? - chiese la signora Greenscar ai gemelli e a Oliver.
Il gruppetto assentì e si diresse verso il portone, le armi sbattacchiavano tra loro creando un piacevole tintinnio.
Ad un tratto, come se si fosse preso un colpo, Tyler esclamò: - ma l'altra ragazza? Lidia? Lisa? -.
Oliver parve infastidito dai vari vani tentativi del ragazzo di azzeccare il nome della mora ma si limitò a correggerlo.
Marge battè le mani compiaciuta e disse di andare a chiamare Lilian, così il giovane corse velocemente i gradini che portavano al piano superiore.
Egli sembrava piuttosto tranquillo e disinvolto, peccato che ogni passo compiuto era una pietra in più sul suo piatto della bilancia.
Con che coraggio avrebbe potuto bussare alla porta di Lily?
Già, non se lo lasciava scappare ma la chiamava così.
Due metri prima della massiccia porta di legno da cui si accedeva alla stanza della ragazza, Oliver si mosse sempre più piano.
Era forse angustiato? Sì, lo era.
Con un sospiro rassegnato, il moro andò a bussare poichè sapeva che Lilian aveva l'orecchio fino e che ritirarsi ora era come battere in ritirata senza nemmeno provare a combattere.
Tre brevi colpi e un paio di passi leggeri.
Alla porta apparve la giovane, a viso rilassato, che al momento indossava canotta e pantaloncini come pigiama pur essendo ad autunno inoltrato.
Appena Lilian scorse chi vi era dall'altra parte dell'uscio si scurì e non disse nulla, aspettò di sentire che aveva da dire Oliver.
Il giovane si prese un attimo prima di parlare, osservò per bene gli occhi della ragazza come di consueto.
Erano di una sfumatura più cupa e spenta del solito, questo lo mise leggermente in allarme notando poi come fossero contornati di scuro.
Riscuotendosi, Oliver parlò con calma, tenendosi a freno: - Marge ci fa uscire a caccia, ha chiesto di unirti al gruppo. -.
La giovane alzo leggermente le sopracciglia e lentamente chiuse la porta della camera facendo segno al ragazzo di aspettare.
Un paio di minuti dopo era pronta, tenuta allacciata alla perfezione e armi alla cintura, i capelli strettamente legati in una coda poco sopra la nuca la cui breve lunghezza si dissolveva in morbide onde scure.
Lilian camminò spedita verso il basso tenendo a distanza Oliver, non troppa da suscitargli interrogativi.
Arrivando davanti al portone la scena era piuttosto familiare: un normale gruppo di Nephilim pronti per la ronda, l'unica cosa che crepava leggermente il quadretto era l'atmosfera.
Si poteva percepire la crepitante elettricità nell'aria, i Nightdale avevano un'espressione tranquilla ma i loro movimenti statici esprimevano agitazione positiva.
La signora Greenscar  rivolse un breve sguardo ai ragazzi prima che uscissero, poi tornò al suo studio pensosa.
La ragazza fu l'ultima a uscire e si chiuse la porta dietro come al solito, restò dietro anche nel gruppo, desiderava evitare ogni genere di contatto.
Lei si isolò osservando attentamente ogni spazio, gli altri si muovevano parlando pacatamente.
La mora era leggermente sovrappensiero quando un Behemoth si fece spazio sulla loro strada, tutto accadde in fretta: Lilian urlò il nome di una spada angelica e si lanciò sul corpo purolento per demone, Oliver gli tenne testa da davanti e i gemelli erano confusi.
I due non sapevano cosa fare, quella scena e schema era ovviamente studiata e ottimizzata per due, loro potevano solamente aiutarli scagliando dardi dorati che ferivano mortalmente l'essere.
Con un ultimo fendente di Oliver il mostro si dissolse accartocciandosi su se stesso mentre la mora saltava giù atterrando sulle gambe leggermente flesse.
Tyler e Lucy li guardavano increduli, sembrava ammirazione più che altro.
- Ragazzi, spiegateci come avete fatto. - dissero loro all'unisono.
I due si guardarono di sottecchi celando un piccolo sorriso, fu Lilian a parlare spicciamente: - Allenamento, tanto e insieme. -.
Detto questo passò avanti continuando il giro, sentì solamente la bionda venirsene fuori con un "ma allora parla!" per poi essere gentilmente liquidata da Oliver che ribatteva affermando la simpatia della ragazza.
La mora si sentì meglio udendo queste parole e smettendo di sentire la voce di Lucy, le stava antipatica senza saperne il motivo.
Quel briciolo di contentezza finì quando si sentì tremare tutta e si accorse essere totalmente debilitata.
Fece in tempo ad appoggiarsi ad un lampione prima di vedere senza troppa nitidezza uno dei demoni modificati da suo zio.
In quel momento la giovane si spaventò e si preoccupò fortemente per la sicurezza del gruppo, era fuori gioco e non riusciva a stare in piedi.
Per fortuna il moro arrivò velocemente davanti all'essere e lo ferì pesantemente prima di correre incontro a lei facendola stendere a terra.
- Mi senti? Lilian, stai bene? - chiese Oliver agitato, stava davanti alla ragazza scuotendola leggermente sperando in una sua ripresa.
La mora non riuscì nemmeno a formare un minimo rumore, per fortuna scuotere il capo funzionò ugualmente.
Con la promessa di tornare entro poco, Oliver si alzò e uccise il demone con l'aiuto dei due ragazzi.
Lilian si era seduta malferma artigliando il tubo di ferro che campeggiava accanto a lei, aveva acquistato sufficiente lucidità da sentire l'eco della risata di Wilbur tra le urla del demone.
Poi le ombre calarono sui sensi della ragazza.

-

Ciao a tutti! Mi scuso ancora per la lunga assenza ma ho avuto davvero tanto da fare...

Spero che il capitolo vi piaccia e che lasciate un commentino :)

Oh, auguri di buon Natale!

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Capitolo 14
*** 14. ***


Finire in infermeria non le era mai piaciuto, soprattutto se al risveglio si trovava accanto qualcuno che non era Oliver.
Al suo fianco sedeva incuriosito Tyler Nightdale, gli occhi verdi puntati al fondo del letto con vivo interesse.
Lilian aprì gli occhi con estrema fatica, si sentiva la testa scoppiare e una vaga sensazione che le martellava la mente, come se qualcuno ficcasse puntine sparse nel suo cervello causandole un tremendo fastidio.
Cercando di ignorare la tediosa presenza, la giovane seguì lo sguardo del biondo senza dar segno di essere sveglia.
Ora capiva perchè Tyler era tanto preso: ai suoi piedi dormicchiava Phil.
La ragazza decise di dare segni di vita e con un lieve movimento della mano chiamò a sè il furetto che, come previsto, si fiondò sotto al suo palmo per farsi coccolare.
Sorridendo, la giovane sollevò l'animaletto e se lo posò sul ventre mentre questo si agitava tutto contento di vederla stare bene.
Il ragazzo guardò entrambi e si arrischiò a rivolgere la parola a Lilian con un semplice "come ti senti?".
Lei rispose con un basico movimento del capo facendo intuire che non si sentiva male.
Una domanda la martellava e non la lasciava in pace a ristabilirsi: perchè Oliver non era lì?
La risposta era tanto semplice quanto scoraggiante: lo aveva allontanato lei.
La mora si pentiva ma non si pentiva, una sola ragione l'aveva spinta a farlo e non aveva torto, era totalmente sicura e convinta delle sue azioni.
Aveva provato diverse volte a immaginarsi come sarebbe stato se lei non avesse spinto via così quello che era il suo migliore amico, tutte le volte sorrideva come un ebete fissando il vuoto perchè come da parte sua i sentimenti erano chiari, pure dall'altra parte era lo stesso.
Quello che sentivano entrambi si era manifestato a Idris e si era protratto silenziosamente per tutti quegli anni che precedevano le disgrazie odierne, il tutto fatto di cotte nascoste e gesti che parlavano parole mute.
Per Oliver lei era solo una sciocca che lo stava facendo soffrire, molto probabilmente, in realtà Lilian aveva deciso di metterlo al sicuro sacrificando la sfera emotiva.
Insieme ai pensieri felici su lei e il ragazzo venivano catastrofiche immagini di suo zio che lo uccideva privandola dei suoi affetti una seconda volta, la mora aveva talmente tanta paura per lui e per loro che spesso si metteva a tremare.
Sapeva che Wilbur non ci avrebbe pensato due volte per farlo, la giovane sperava che tutto questo finisse velocemente per il bene di tutti.
Questa cosa la faceva soffrire da matti e la faceva imbestialire come poche cose, per questo smise di pensarci e decise di riordinare le idee.
Con questo proposito, appena il biondo uscì dall'infermeria credendola di nuovo assopita, Lilian si alzò dal letto con cautela e si diresse verso il bagno per farsi una doccia.
Mentre la ragazza si passava lentamente le mani piene di profumata schiuma sul corpo, cercò di rimettere a posto i tasselli, provò a dare un senso all'attacco subito.
La mora proprio non capiva, più si sforzava, più si sentiva confusa.
Perchè il demone aveva trascorso il suo ultimo attimo terreno simulando la voce dello zio?
Con questo punto interrogativo, la giovane uscì dal box e iniziò ad asciugarsi, beandosi della sensazione di freschezza che la avvolgeva.
Mentre compiva questa azione, una scintilla aiutò il congegno ad avviarsi: e se Wilbur fosse stato proprio lì, insieme al demone?
Lilian si sedette di peso sulla tazza del wc tenendosi il nodo dell'asciugamano, esterrefatta, cosa poteva mai farci lì lui?

- Quindi ci stai dicendo che la creatura di tuo zio ha riprodotto la sua voce? - chiese con sguardo inquisitore la signora Greenscar, le paffute mani congiunte davanti a sè mentre interrogava la giovane Shadowhunter.
Lilian scosse la testa, erano almeno tre le volte in cui lei aveva raccontato cosa era successo ma questo dettaglio continuava a non essere appreso da Marge.
- Io sto dicendo - iniziò con tono secco, dovuto alla scocciatura, - che probabilmente era solo un eco, quello del demone, e che Wilbur fosse poco distante, giusto per controllare che il suo attacco andasse a buon fine. - concluse lei guardando negli occhi la donna, le iridi avevano lo stesso colore di quelle del nipote.
La capoistituto annuì, finalmente, e le fece cenno di andare, cosa che la Nephilim fece con estremo piacere.
Non appena Lilian mise piede fuori si trovò davanti Oliver con un'espressione sorpresa quanto la sua, non si aspettavano di incontrarsi.
Nell'aria aleggiavano diverse emozioni, sia negative che positive, prevaleva però l'imbarazzo.
Non avevano mai provato questa sensazione, nemmeno quando si stavano conoscendo durante l'integrazione della ragazza nel suo nuovo mondo.
- Ehm... ciao -  si limitò a dire il moro, un piccolo sorriso campeggiava sul pallido volto.
La giovane alzò il capo come a ricambiare il saluto e continuò ad osservarlo, proprio come stava facendo lui.
- Cosa ti porta qui? è un po' che sei diventata come uno di quei fantasmi che spesso si aggirano nella serra - continuò lui con tono abbastanza disinvolto, quasi a portare avanti quella piccola discussione in modo tale da sentirsi come ai vecchi tempi.
La ragazza, mentre cercava disperatamente un appiglio decente per rispondere, si sentiva tutta scombussolata per via delle emozioni e i ricordi che l'assalivano.
Capendo però che il tempo impiegato era fin troppo, Lilian accennò a un timido sorriso rispondendo: - Ero qui per quello che è successo con l'ultimo demone -.
Oliver annuì, ampliando di poco il suo sorriso, che si spense poco dopo vedendo che la ragazza aveva già mosso un paio di passi per andarsene.
Così egli la fermò, stringendo un esile ma forte braccio della mora con la consueta delicatezza che lo caratterizzava.
- Lilian, ti prego, non allontanarmi, sono disposto a reprimere i  miei sentimenti piuttosto c- - disse lui con un triste tono, non ce la faceva più a tenere per sè il malessere, ma venne bloccato dalla giovane.
- Non lo sto facendo per quello, Olly, lasciami, per favore - mugugnò lei, senza guardarlo negli occhi, l'unica azione compiuta fu prendere la mano del giovane che sostava sul suo braccio in una delle sue.
Oliver rimase spiazzato, sia dal gesto che dal nomignolo che non sentiva da anni, gli aveva dato tutte le spiegazioni che lei riteneva necessarie e sapeva che non doveva andare avanti.
Così il ragazzo non fece altro che tirare con cautela la ragazza a sè ed abbracciarla, come quando si svegliava con gli incubi, sentendo poi che anche lei lo stringeva in muto ringraziamento.

- Liiily, dove sei, amore dello zio? - diceva con tono bambinesco la voce di Wilbur, echeggiando fastidiosamente nelle orecchie di una Lilian riversa a terra e con ben poche forze.
- Fatti vedere, bastardo - replicò fievolmente la mora, tenendosi alzata da terra grazie alle tremanti braccia.
Ella non sapeva dove si trovava, vedeva intorno a sè tanta viscida oscurità, rischiarata soltanto da una luce in alto, come se addosso a lei fosse puntato un faro da palcoscenico.
- Ahi ahi, signorina, non si dicono queste cose! - la canzonò lui, senza farsi vedere, nella voce una lieve sfumatura scocciata.
La giovane stava per reagire verbalmente a questo nuovo affronto quando, probabilmente intuendo le sue intenzioni, lo stregone le risucchiò ancora energie facendola quasi svenire.
- Questa non è una visita di cortesia, piccolina, solo un monito - iniziò la voce, con tono estremamente serio, - non voglio però che tu faccia da messaggera, per quello ci penso io stesso, desidero solo che tu sappia che Wilbur sta arrivando e che voi insulsi discendenti dell'Angelo sarete inutili! - concluse con una risatina che sfiorava l'isteria.
Lilian stava bollendo di rabbia, mancava poco e sarebbe esplosa, ma il suo voler reagire fu accantonato dal riverbero delle ultime parole dell'uomo e dalla vista della sua pelle totalmente candida, priva di rune, scioccandola e facendole pensare che egli avesse compiuto una qualche magia privandola del suo stato di Nephilim.
"Istituto, Città di Vetro! Istituto! Città di Vetro! Tanti cocci, tanto sangue!" ripeteva Wilbur, come un bambinetto divertito, creando talmente tanto fastidio alla giovane da farla tornare alla realtà.

La ragazza si svegliò sudata e urlante, stavolta niente lacrime, era però nel panico più totale che la faceva respirare a bocca aperta come se tutto l'ossigeno del pianeta non fosse abbastanza.
Ella iniziò a sentirsi meglio, più fisicamente che emotivamente, quando vide gli intricati disegni neri al loro posto e successivamente Oliver che si fiondava in camera sua abbracciandola stretta per farla riprendere, come sempre.

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Capitolo 15
*** 15. ***


Quella notte era stata tanto estranea quanto familiare.
La stretta di Oliver, le sue parole di conforto mentre le carezzava la schiena cercando di calmarla mentre lei ancora era in quel baratro di paura e disperazione; erano tutte cose vissute che ora sembravano quasi anomale per come avevano preso piega gli eventi.
Lilian, anche se odiava quando le capitava di svegliarsi a notte fonda in questa maniera mostrandosi "debole", aveva quasi approfittato della presenza del ragazzo per colmare la lacuna della mancanza dettata dal loro progressivo allontanarsi.
Era sprofondata tra le braccia del moro, aveva poggiato la fronte al suo petto cercando di respirare normalmente senza scoppiare a piangere nuovamente per l'accumulo; e lui come al solito aveva detto poco e niente con quel tono roco e lievemente strozzato che stava a significare "se soffri tu, un po' soffro anche io".
La ragazza aveva ripensato a quel momento diverse volte, aveva pensato a come si fosse sentita nettamente meglio, aveva pensato a come aveva sospirato afflitta quando il mattino seguente si era svegliata sola e raggomitolata su se stessa ma, più importante di tutto, aveva pensato a come potessero essere pericolose le parole dette da suo zio.
Nonostante fossero passate due settimane, la mora non ne aveva parlato con nessuno, non le sembrava saggio mettere tutti in allarme per cose che potevano anche solo essere intimidatorie per lei, giusto per farle venire ancora più strizza.
Così quando Lilian fece ritorno all'Istituto con due sacchetti pieni della spesa appena fatta al supermarket a due isolati in quella mattinata di inizio ottobre, oscurata da cumulonembi aggressivamente carichi di pioggia, al posto di fiondarsi nell'ufficio di Marge per lasciare un biglietto dove si scaricava di tutti quei pensieri come aveva già pensato si diresse in cucina a poggiare sul piano da lavoro tutto ciò che aveva comprato.
Quel silenzio dettato dalla sua sola presenza nello stabile la rilassava oltremodo, era tranquilla nella sua solitudine e unica padrona designata per quella mezza giornata.
Doveva dire che venire incaricata come temporanea reggente dell'Istituto dalla signora Greenscar l'aveva piacevolmente sorpresa, nessuno si sarebbe mai aspettato che un Nephilim di soli sedici anni avesse questa responsabilità anche per così poco.
D'altronde, se Marge era a Idris per delle pratiche tirandosi dietro suo nipote nonchè futuro Capoistituto, se Oliver era stato chiamato in Accademia per il suo solito problema con le lingue demoniache e i gemelli l'avevano seguito per visitare il luogo, se il tutor Ellen Fishwain era a far visita a suoi parenti, chi mai degno di fiducia sarebbe potuto rimanere a far guardia? 
Infatti eccola lì, Lilian che dopo un bel po' di tempo cercava di liberare un po' la mente dai pensieri approfittando del totale clima di relax che avvolgeva il tutto.
- Vieni qui, piccoletto - chiamava teneramente, voltandosi con un sorriso per vedere se Phil la stava ancora pedinando o se aveva deciso di fermarsi ad annusare ciò che sostava in cucina.
Fu così che due secondi dopo quelle parole il furetto spuntò squittendo, correndo sulle corte zampette beige.
La ragazza si chinò per prenderlo e, come si aspettava, lui si mise a fare il matto per ricevere qualche coccola; era davvero un esserino particolare.
Una risatina e qualche grattino dopo, Lilian guardò Phil e gli disse con fare scherzosamente imperioso: - Ora, palestra -.

Appoggio, fendente, ritirata. Appoggio, fendente, ritirata.
Erano questi i movimenti che continuava a compiere Lilian, lo spadone a due mani ben saldo nella sua presa.
La sua concentrazione era massima, non avvertiva ancora segni evidenti di stanchezza e per questo motivo non aveva ancora fatto una pausa nonostante avesse passato l'ora precedente a fare esercizi ginnici e ora stesse maneggiando un'arma anche poco adatta alla sua struttura fisica.
La mora però decise di fermarsi lo stesso almeno un quarto d'ora, le era stato esplicitamente insegnato di fare qualche minuto di riposo ogni tanto per non avere i muscoli distrutti o meno energia per la sessione d'allenamento successiva.
Così Lilian uscì dalla palestra andando con calma il cucina, aveva proprio bisogno di un bel bicchiere d'acqua dopo quegli sforzi.
Cinque minuti dopo la ragazza si era asciugata la fronte e aveva prosciugato metà dell'alto e stretto bicchiere in cui si era presa da bere, ora sostava sotto al piccolo gazebo vicino alla recinzione posteriore dell'Istituto.
Le era sempre piaciuto quel posticino così tranquillo e pieno di fiori e piante rampicanti che ne ricoprivano la struttura, le sembrava quasi di essere in una piccola radura tutta per lei.
La ragazza si spostò vicino a uno dei pali ricoperti da dell'edera per spostare la sedia di plastica un po' più in là, quando si sentì graffiare l'avambraccio.
Subito si guardò la zona colpita, già pronta a massaggiarsi la pelle offesa da un rametto quando si trovò stupita di trovare un taglio superficiale che però sanguinava.
Come era possibile che avesse un segno tale? Le sembrava estremamente strano che le fosse successo stando vicino al rampicante, ma non v'era altra spiegazione.
Così, borbottando tra sé e sé per aver dimenticato lo stilo in palestra poiché infilato nella cintura delle armi che non si era tirata dietro, Lilian rientrò a passo spedito mentre cercava di non far colare a terra le gocce scarlatte che le correvano fino al palmo.
Poco dopo l'Iratze aveva fatto il suo effetto, ora rimaneva solamente una sottilissima striscia rossa a segno di quello che v'era stato.
La mora stava per dirigersi nuovamente all'esterno per riportare al suo posto il bicchiere che aveva dimenticato sul tavolino, quando senza nemmeno avere il tempo di capire che stava succedendo si trovò scaraventata al muro opposto della sala.
Un sordo e bruciante dolore le percorse il corpo per intero, dalla spina dorsale alle punte di mani e piedi.
- Tesoro! Quanto tempo! - commentò sarcasticamente una voce, una voce che seppur sentita ovattata a causa della botta in testa ricevuta durante lo schianto fu per lei odiosamente facile da riconoscere.
Wilbur.
Come diavolo faceva però a essere lì? Non gli era permesso mettere piede nell'Istituto.
Lilian, attingendo a tutte le forze che le rimanevano e al mix di adrenalina e rabbia, si rialzò il più velocemente possibile e, sfruttando l'errore di mira dall'uomo commesso, si fiondò alla velocità della luce verso il muro pieno di armi per poi scagliare due pugnali al petto dello stregone.
Essi si conficcarono miracolosamente nella carne dell'avversario, seppur sbagliando la mira poichè centrarono la sua spalla, dandole il tempo di arraffare una spada e restare in posizione d'attacco; non ce l'avrebbe fatta a scagliarsi su di lui nelle condizioni in cui era messa.
Wilbur mugghiò di dolore e si strappò via le lame, fissando la ragazza con occhi pieni di odio.
- Chi ti ha insegnato a comportarti così, eh? - chiese mentre ritraeva il labbro superiore in segno di pura collera.
- Ho iniziato a imitarti. Vedi come sono brava, zietto? - rispose sarcasticamente lei, mentre cercava di dar a vedere il meno possibile quanto le costasse stare anche solamente così.
Lo stregone, palesemente stupito, sfoderò uno dei suoi sorrisi più amabili mentre credeva di poter incastrare la ragazza giocando sull'effetto sorpresa lanciando quell'improvviso incantesimo offensivo.
Lilian però si scansò immediatamente e si lanciò in avanti, colpendo con un fendente anche l'altro braccio dell'uomo, che con un altro ruggito si piegò su se stesso troppo debole per attaccare nuovamente subito.
La ragazza, quando si avventò sull'uomo di nuovo dato che lui ora la stava attaccando fisicamente con una spada corta trovata lì vicino, notò una cosa stranissima: aveva la manica sporca di sangue palesemente non suo, era troppo chiaro per essere di stregone.
- Tu mi hai tagliata! L'hai fatto per entrare! - disse arrabbiata come non mai Lilian mentre a dentri stretti parava il colpo producendo un fortissimo clangore d'acciaio; - Che diamine vuoi? -.
- Ti ricordi che ha detto il piccolo Michael, prima che tu lo uccidessi  insieme al tuo fidanzatino? - sputò lui, un malvagio sorriso a distendergli le labbra mentre feriva Lilian al braccio.
La mora gemette di dolore e spalancò gli occhi, certo che si ricordava tutto, difatti venne colta da un conato di vomito.
"Verrà a prendersi ciò che è suo"
- Scordatelo, bastardo, non mi avrai mai - sibilò la giovane con una rabbia inaudita che le montava nel petto, colpendo con il filo della spada la mano dell'avversario che teneva l'arma.
Due dita caddero a terra insieme alla spada.
Wilbur era scioccato, talmente scioccato che tardò un momento ad armarsi con l'arto più sano; momento fatale poichè la mora lo colpì al capo con il pomello della spada stordendolo per avere una scappatoia verso lo studio della signora Greenscar dove poteva dare l'allarme.
Mentre l'urlo frustrato dello stregone veniva avvertito anche dopo i metri che Lilian aveva messo tra sè e lui faticosamente, finalmente il messaggio di fuoco si bruciò e lei ebbe solamente il tempo di applicare un paio di rune in suo aiuto prima di schizzare fuori dalla stanza e affrontarlo nuovamente.
Subito le lame si incontrarono di nuovo e diverse volte mentre l'uno cercava di fronteggiare l'altro, la ragazza proprio non capiva come sapesse tirare di spada.
La stanchezza stava vincendo entrambi, era evidente, quando il rumore di un portale in creazione distrasse entrambi; i rinforzi stavano arrivando.
L'uomo sorrise ferino prima di colpire la ragazza con un incantesimo che la prosciugò del tutto, mentre scompariva come i Nephilim si riversarono fuori dalla porta interdimensionale per annientarlo.
Era stranissimo vedere Marge impugnare una spada angelica sfavillante insieme a Benjamin, ma Lilian le fu estremamente grata prima di notare con orrore che la sua pelle si stava ricoprendo di nero.

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Capitolo 16
*** * ***


Buon pomeriggio! Direi che non avrei mai pensato di arrivare con una storia dopo un anno, neanche credevo che l'avrei mai pubblicata. Invece eccoci qui a "festeggiare"! Devo dire che mi sono legata ai miei personaggi, anche se ahimè poco son stata presente, quindi dopo la fine di questa storia potrei macchinare qualcosa per riportarli sotto i riflettori con un po' più di tranquillità magari. Che dire, grazie a tutti; da chi ha lasciato segno del suo passaggio a chi anche solo con una view mi ha fatto capire che forse valeva la pena continuare a raccontare. Per ricambiare questa vostra generosità voglio lasciarvi qualche chicca sui nostri eroi e anti-eroi: - Lilian compie gli anni il 29 ottobre, sotto il segno dello Scorpione; Oliver il 13 Maggio, sotto quello del Toro. Un segno di acqua e uno di terra, sono rinomati per andare d'accordo; visto? - Marge, come si può vedere, ha solo Benjamin come famigliare. Questo perchè la Guerra Oscura gli ha portato via tutto lasciandola ad occuparsi del piccolo Ben. - Wilbur non ha l'aspetto di uno stregone giovincello, ha smesso di invecchiare a trentasette anni. Spero davvero che continuiate ad esserci perdonando le mie mancanze, ve ne sono grata. Alla prossima, JJ Youngfox

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Capitolo 17
*** ** ***


Dopo un considerevolissimo lasso di tempo - e tante botte meritate -, eccomi qui!
Come prima cosa, vanno fatte un mucchio di scuse; ho praticamente abbandonato il progetto...
In mezzo ci sono state tante cose che non mi hanno permesso di scrivere, ma poco tempo fa mi sono trovata davanti allo scritto ed è un peccato averlo lasciato lì così.
Dunque, per questo motivo, sono "tornata alla carica" cercando di essere più seria; anche se non so come procederà precisamente il tutto - quali scadenze e pubblicazioni.
Come primo passo, sperando anche nella vostra attenzione, ho intenzione di revisionare tutti i capitoli per renderli migliori nella scorrevolezza di lettura.

Speranzosa, JJ Youngfox
 

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