I won't give up

di The_Storm
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


La suoneria del mio cellulare mi riporta nel mondo dei vivi e io inizio a brontolare parole sconnesse e senza nessun apparente senso logico. Ovviamente il cellulare non dà segni di vita perché qualcuno mi sta chiamando, ma solo perché si è attivata la sveglia. Chiamatemi pure anormale o che so io, ma gli unici nomi che ho in rubrica sono quelli di mio padre e di mia nonna. Mia madre è sparita quando ero piccola e da allora non abbiamo più avuto sue notizie. Non mentirò, mi manca tremendamente. È stata una madre perfetta in quel poco tempo che è rimasta, ma ha preferito un altro uomo a mio padre e non ha più voluto saperne di me. Forse sarei riuscita anche ad accettare la separazione dei miei se lei non mi avesse cancellato dalla sua vita, ma l'ha fatto ed è inutile che io mi arrovelli per cose che non sono successe. 
Con un sospiro, decido di abbandonare le calde coperte e di raggiungere il bagno tra brividi e borbottii di disapprovazione verso il freddo. 
 
Una volta pronta, scendo le scale con lo zaino che sobbalza ad ogni passo appoggiato su una spalla. Saluto con un bacio sulla guancia mio padre intento a leggere il giornale che mi risponde con un grugnito ed esco di casa, avviandomi alla fermata dell'autobus. Casa mia è abbastanza lontana dalla scuola che frequento, ma a me va bene così. Mi piace sedermi e osservare le persone, immaginando chissà quale storia si nasconda dietro ognuno di loro. Lo so, è una cosa strana, ma non posso farne a meno, soprattutto se ho la musica che mi aiuta a farmi venire l'ispirazione. 
 
Scendo alla fermata proprio davanti la mia scuola e mi incammino verso l'entrata senza guardarmi troppo intorno. Preferisco evitare gli sguardi dei miei compagni. Ho sempre il terrore che qualche idiota inizi a prendermi di mira. Sono debole e so che non riuscirei a difendermi nemmeno a parole, ma crollerei immediatamente. Fortunatamente sembro essere invisibile per chiunque e anche oggi nessuno mi calcola più di tanto. A volte ho la strana sensazione che qualcuno mi osservi. Lo penso da quando andavo al primo anno, ma, anche se mi guardavo intorno confusa, non riuscivo a scorgere nessuno né tantomeno le persone mi si sono avvicinate, così ho archiviato questa sensazione come semplice paranoia e la ignoro. 
 
La giornata trascorre tranquilla e monotona come al solito e non posso fare a meno di tirare un sospiro di sollievo. Non nascondo che a volte vorrei che succedesse qualcosa di diverso, che mi dia uno stimolo, ma poi mi ricordo che sono una codarda e mi rimangio tutto. Torno a casa a piedi perché adoro camminare per le strade con la musica nelle orecchie, mi aiuta a pensare o ad allontanarmi dal mondo per fantasticare su qualsiasi cosa. 
 
Proprio mentre stavo pensando a quanto una nuvola assomigliasse ad un cupcake, sbatto contro qualcosa che mi fa rimbalzare e perdere l'equilibrio. Mi aspetto già di cadere, ma non accade. Sento che qualcuno mi afferra al volo e mi rimette diritta. Istintivamente alzo lo sguardo e mi ritrovo davanti uno dei ragazzi più popolari e belli della mia scuola. Resto immobile, paralizzata dalla paura che possa iniziare a urlarmi contro o peggio a prendermi in giro, ma non lo fa. Si limita a guardarmi con aria accigliata e confusa, più qualcosa che non riesco a decifrare. I miei occhi, di uno strano verde che tende a virare in azzurro o in grigio in base al tempo incontrano i suoi, di un blu così profondo che quasi mi sembra di poterci nuotare.  Il contatto visivo dura solo un attimo. La sua presa sul mio braccio è salda, ma delicata, non mi fa male. Mi sbrigo a ricompormi e borbotto alcune scuse prima di passargli accanto con lo sguardo basso e il passo accelerato. Sento il cuore che batte come un matto dalla paura. 
Perché è successo? Non doveva accadere! Nessuno doveva notarmi troppo, accidenti. L'unica cosa che posso fare è sperare con tutta me stessa che si dimentichi della cosa in fretta o che almeno faccia finta di nulla. Infondo, perché mai avrebbe dovuto infastidirmi? Non lo conosco affatto, ma da quello che ho potuto vedere non prende in giro di sua spontanea volontà gli altri. Almeno, spero che la mia supposizione sia corretta. Con un sospiro decido di fare una svolta e fermarmi al parco. Tanto papà tornerà sta sera da lavoro e sarò comunque da sola. Mi siedo su una panchina ad osservare i bambini giocare con un sorriso sul viso. Adoro i bambini, il loro modo di pensare e di parlare. Non si fanno problemi a dire tutto ciò che passa loro di mente e non mentono solo per piacere alla gente. Hanno un modo di pensare semplice e ingenuo, senza mai doppi fini. Sono sempre stata convinta che il mondo sarebbe migliore se non abbandonassimo certi aspetti dell'infanzia. 
 
Mentre penso a tutto ciò, mi rendo conto che una bambina mi si è avvicinata e mi fissa con le sopracciglia aggrottate. Le rivolgo un sorriso dolce e mi tolgo le cuffie dalle orecchie 
-Ciao-
La saluto e lei agita una mano in risposta, un po' intimidita 
-Come ti chiami, piccola?-
Chiedo per metterla un po' a suo agio. Lei mi guarda e scuote la testa
-Non vuoi dirmelo?-
La bambina annuisce con il capo, sta volta con più foga e io aggrotto le sopracciglia, confusa. Poi lei si tocca la gola con la manina e capisco tutto 
-Non puoi parlare?-
Chiedo e lei annuisce di nuovo, intristita. Le sorrido e mi porto una ciocca di capelli dietro l'orecchio 
-Mmm allora facciamo un gioco: io devo indovinare il tuo nome. Ci stai?-
Propongo e lei annuisce freneticamente. Non riesco a non ridacchiare e incrocio le gambe sulla panchina, facendole cenno di sedersi accanto a me e lei ubbidisce senza protestare. 
-Vediamo...ti chiami....Gertrude?-
Chiedo scherzando e la smorfia che fa mi fa scoppiare a ridere 
-Scherzavo, scherzavo-
Alzo le mani in segno di resa e inizio ad elencare tutti i nomi femminili che mi vengono in mente, ma nessuno va bene. 
-Oh, ma è difficilissimo! Dammi almeno un indizio-
La prego e lei sorride divertita per poi  pensarci su. Poi si guarda la maglietta e mi indica una lettera stampata su di essa 
-S? Il tuo nome inizia per S?-
Chiedo e, quando lei annuisce ancora, sparo il primo nome che mi viene in mente
-Sophie?-
Lei sgrana gli occhioni di un blu stupendo e balza in piedi sulla panchina, battendo le mani. Io rido e alzo le braccia in segno di vittoria. 
-Hai un nome bello quanto te, Sophie. Io invece mi chiamo Arya-
Sorrido dolcemente e lei mi butta le braccia al collo. La stringo a me immediatamente e la faccio dondolare un po'. 
-Sophie! Non disturbare la ragazza, su!-
Una voce di donna ci costringe a separarci e vedo la piccola abbassare lo sguardo, dispiaciuta. Guardo la donna davanti a me e scuoto la testa 
-Nessun disturbo, signora, anzi, sua figlia è dolcissima-
Sorrido ampiamente per farle capire che va tutto bene e lei mi guarda stupita, ma poi sembra rilassarsi 
-Di solito non da confidenza a nessuno. È strano che sia venuta da te-
Mi confida e io scrollo le spalle 
-Beh, comunque mi ha fatto piacere parlare con lei-
La vedo sgranare gli occhi ancora di più e boccheggiare leggermente 
-Ma Sophie è...-
Si interruppe scuotendo la testa 
-Si, lo avevo capito, ma le parole non sono necessarie per avere una conversazione. E poi, è più divertente indovinare cosa sta cercando di dirmi, è come un gioco. Vero Sophie?-
L'ultima frase la rivolgo alla bambina, che annuisce contenta. Noto lo sguardo della donna insistente su di me e distolgo il mio, lievemente imbarazzata. Mi schiarisco la voce e mi alzo 
-Beh, io ora devo andare. È stato un piacere conoscervi-
Dico prima di abbracciare Sophie, che mi stringe con le sue braccia sottili 
-Grazie a te-
Mormorò la donna mentre mi allontanavo. È così strano parlare con una bambina muta? Scrollo le spalle e decido di non pensarci, ricominciando a camminare verso l'orfanotrofio in cui faccio volontariato. Sì, adoro i bambini se non si fosse capito 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


 
Erano passati due giorni da quell'incontro al parco e da quando mi sono scontrata con uno dei ragazzi più popolari e belli della scuola. Fortunatamente, non è  cambiato nulla e a scuola continuano a ignorarmi come hanno sempre fatto.
Oggi è venerdì e le conversazioni tra gli studenti hanno come argomento principale quello che faranno sta sera. C'è chi andrà in discoteca, chi a una festa, chi semplicemente farà un'uscita con gli amici...e poi ci sono io, che ovviamente me ne starò in casa a guardare qualche film o a leggere qualcosa. 
 
Entro nell'aula di letteratura e vado a sedermi nel mio solito posto nella fila centrale, accanto alla finestra. Inutile dire che il banco accanto al mio è da tempo immemore vuoto. Questo corso ha molti posti e ce ne sono un paio vuoti, quindi è naturale e per me molto meglio così. La campanella suona e l'ultimo ragazzo ad entrare, prima del professore, è proprio James Thorne, il ragazzo contro cui sono andata a sbattere un paio di giorni fa. Mi volto immediatamente verso la finestra per evitare di guardarlo. Seguiamo molti corsi insieme a dir la verità, ma gli unici due corsi in cui non c'è anche il suo migliore amico sono letteratura e Matematica. Sto per prendere una penna dall'astuccio, pronta a prendere appunti, quando il rumore di una sedia che striscia a pochi centimetri da me mi fa voltare d'istinto. Non riesco ad evitare di sgranare gli occhi come un'idiota quando vedo James sedersi nel banco accanto al mio come se niente fosse. A quanto pare non sono l'unica dato che tutta la classe si è voltata verso di noi, sconvolta. Persino il professore resta in silenzio per un attimo prima di riprendersi e iniziare la lezione. Perché si è seduto qui e non accanto ad una delle sue innumerevoli ragazze? Domanda a cui vorrei tanto saper rispondere. Il ragazzo si volta verso di me con un sorriso da pubblicità della mentadent e mi porge la mano 
-Ehi, io sono James-
Il suo tono è basso, per non farsi sentire dal professore, immagino. Rimango immobile per qualche istante come una perfetta idiota, chiedendomi pure se stesse parlando con me, prima di decidermi a stringergli la mano
-Arya-
Sussurro in fretta ritirando la mano mezza coperta dall'enorme felpa che indosso come se mi fossi scottata. Punto il mio sguardo sul foglio del quaderno e inizio a prendere appunti tentando di ignorare la presenza di James accanto a me, un'impresa più difficile delle dodici fatiche di Ercole dato che sento i suoi occhi puntati addosso. Se c'è una cosa che detesto è quando la gente mi fissa. Non lo sopporto, mi mette ansia e divento ancora più impacciata di quanto sia. Lascio scivolare la treccia in cui ho racchiuso i capelli questa mattina dal lato di James, in modo da coprirmi almeno la faccia. 
 
Quando la campanella suona, scrivo in fretta e furia l'assegno per il weekend e quasi corro via dalla classe, respirando profondamente prima di dirigermi verso l'aula di economia. Per il resto della giornata scolastica, James Thorne resta lontano dalla mia vista e dai miei pensieri. 
 
Sono a casa da un paio d'ore ormai, stesa sul divano del salotto mentre leggo un libro che ho già letto un paio di volte quando sento bussare il campanello. Mi alzo, aggrottando le sopracciglia e chiedendomi chi possa essere dato che mio padre è al lavoro e che comunque ha le chiavi. 
-Chi è?-
Chiedo ad alta voce quando sono in prossimità della porta
-Arya, tesoro, sono Caroline-
Sorrido nel sentire la voce della mia vicina e mi affretto ad aprire la porta. Caroline è una donna abbastanza giovane, di circa trent'anni, ma ancora di bell'aspetto. Mi conosce praticamente da quando sono nata e mi ha tenuta con se quando mio padre doveva andare al lavoro. Praticamente è una specie di zia per me e la adoro tanto quanto lei adora me. 
-Caroline! È successo qualcosa?-
Chiedo notando il suo sguardo preoccupato. Lei scuote la testa e mi sorride 
-Niente di che, solo un piccolo incidente al lavoro. Sto andando appunto a sistemarlo, ma John è in ufficio e tra poco dovrei andare a prendere Meredith a casa di una sua amica. Non è che potresti farmi il favore di andare tu a prenderla e magari di tenerla un po' con te finché io o mio marito non torniamo?-
Mi supplica praticamente e io sorrido di rimando. Meredith è la figlia di Caroline e John, una bambina di sei anni che sembra più un vulcano attivo. La adoro 
-Non devi nemmeno chiederlo! Sai che stravedo per Maddy-
Ammetto e in risposta mi arriva uno sguardo raggiante. 
-Non quanto lei stravede per te. Allora avviso la madre della bambina. Tieni, questo è l'indirizzo che ha dato a me. Purtroppo è un po' lontano da qui, ma se prendi l'autobus per la stazione ferroviaria dovresti arrivarci dopo una decina di fermate-
Annuisco e prendo il foglietto che mi porge. Mi saluta e ringrazia ancora e io le dico che non deve preoccuparsi. Poi corre, letteralmente, in macchina. 
Ridacchio, pensando che Meredith abbia proprio preso tutto da sua madre. 
 
Dopo essermi data una veloce rinfrescata, esco di casa e aspetto l'autobus, che, stranamente, arriva poco dopo. 
 
Mi guardo intorno cercando il numero civico una volta scesa dall'autobus. Inizio a camminare lentamente e infine raggiungo la casa che, spero, sia giusta. Suono al campanello della porta e una voce maschile mi chiede chi sia
-Ehm...sono Arya. Devo portare Maddy a casa-
Dico pregando chiunque sia in ascolto di non fare una delle mie solite figure di merda e di aver suonato alla casa giusta. La porta si apre e un uomo sulla quarantina mi sorride gentilmente 
-Ciao, entra pure. Caroline ci ha avvisato del tuo arrivo-
Si sposta di lato per lasciarmi passare e io entro timidamente, guardandomi intorno con discrezione 
-Aspetta qui, vado a chiamarla-
Annuisco e poi lo vedo scomparire per le scale. Mi dondolo per un po' sui talloni prima che una voce femminile mi distragga 
-Ma tu sei la ragazza del parco!-
Mi volto di scatto, confusa, e rivedo la madre di Sophie, la bambina muta che ho incontrato al parco un paio di giorni fa. Le sorrido e annuisco, pensando a che stranissime coincidenze capitino a volte 
-Salve signora, sono Arya-
Mi presento con un tono educato, ma lei scuote la mano come se stesse cacciando una mosca fastidiosa
-Oh, puoi chiamarmi tranquillamente Grace e darmi del tu-
Mi impone scherzosamente avvicinandosi a me 
-Quindi sei tu l'amica di Meredith?-
Continua con sguardo interrogativo 
-Si, e Sophie è la compagna di classe di Maddy?-
Chiedo, anche se so già la risposta. Infatti la donna annuisce sorridendo. Ha uno splendido sorriso questa donna, molto dolce e genuino. 
-Che strana...-
Ma non riuscì a continuare la frase perché un'altra voce maschile, non appartenente all'uomo che mi ha aperto la porta, sovrasta la sua 
-Arya?-
Alzo lo sguardo, stupita e confusa, e non posso far altro che spalancare gli occhi e la bocca nel ritrovarmi davanti James, vestito con una camicia bianca e un paio di jeans, probabilmente pronto per andare all'ennesima festa per scoparsi l'ennesima ragazza. Altro che coincidenza...qui si tratta di vera e propria sfiga. 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3 -Non mi arrenderò 
 
Io e James restiamo a fissarci per non so quanto tempo, entrambi con un'espressione a dir poco stupita. La prima a rompere il contatto visivo sono io, non riesco a reggere lo sguardo di qualcuno per più di pochi secondi. Noto che Grace ci sta guardando con un'espressione indecifrabile sul viso 
-Vi conoscete?-
Chiede spostando lo sguardo dall'uno all'altra 
-No- 
Rispondo io 
-Si-
Risponde lui nello stesso momento. Mi volto di nuovo verso di lui e lo sorprendo ancora a guardarmi. 
-Abbiamo un paio di corsi in comune a scuola-
Spiega infine senza distogliere lo sguardo. E girati, dannato te! 
-Aya!-
Urla una vocina infantile salvandomi dall'imbarazzo di quel momento. Meredith, piccolo angelo mio, ti adoro!
-Maddy!-
Esclamo di rimando aprendo le braccia e non riuscendo a reprimere un sorriso enorme. Lei corre verso di me e io la afferro al volo, facendo un paio di giri su me stessa. 
-Aya, cosa ci fai qui?-
Chiede Maddy senza perdere il sorriso. Quando era più piccola non riusciva a pronunciare correttamente il mio nome e lo storpiava in Aya. Crescendo, quello è rimasto il mio soprannome anche se ormai sa come dire correttamente il mio nome 
-Tua madre è dovuta scappare al lavoro, quindi passerai un po' di tempo con me. Contenta?-
Chiedo già conoscendo la risposta. Infatti la piccola inizia a esultare come se dovesse andare a Disneyland e io non posso fare a meno di ridere. La rimetto a terra delicatamente e poi mi accorgo di Sophie. La saluto con la mano e mi avvicino a lei
-Ciao, Sophie. Ti ricordi di me?-
La piccola annuisce sorridendo e allunga le braccia verso di me. La abbraccio immediatamente e le scocco un bacio sulla tempia 
-Maddy, saluta la tua amica così andiamo. Tra poco passerà l'autobus-
La bambina annuisce e poi corre ad abbracciare Sophie. Sono così tenere! 
-Non c'è bisogno che prendiate l'autobus. Posso darvi un passaggio, tanto stavo uscendo-
La voce di James attira la mia attenzione e immediatamente mi volto verso di lui. Per un attimo mi ero completamente dimenticata della sua presenza. 
-Non preoccuparti, la fermata dell'autobus è proprio davanti casa mia-
Non so perché, ma non mi va che lui sappia dove abito. Ho paura che possa provocarmi qualche scherzo idiota insieme ai suoi amici ancora più idioti e dovrei dire addio alla mia pace 
-Scusa, ma insisto. Non ti lascio da sola a quest'ora per le strade. Si sta facendo anche buio-
A questo punto non posso far altro che annuire, riluttante. Se fossi stata da sola mi sarei impuntata, ma non posso far correre rischi a Maddy per le mie stupide paranoie
-Va bene, allora. Grazie-
Il sorrisetto vittorioso e soddisfatto che si dipinge sulle sue labbra non mi piace, ma ormai è fatta. 
-Di nulla. Dai, andiamo-
Si infila la giacca di pelle mentre io metto il cappotto a Maddy e saluto Sophie e i suoi genitori. Il viaggio in macchina è silenzioso. Io guardo fuori dal finestrino tutto il tempo per evitare di incontrare lo sguardo di James. So che mi sta fissando. Non lo dico per presunzione, ma perché me lo sento quando qualcuno mi fissa. Vorrei girarmi e urlargli di smetterla di fissare me e prestare attenzione alla strada, ma non lo faccio. Ovviamente. Gli spiego brevemente la strada senza guardarlo e solo una volta arrivati mi decido ad alzare lo sguardo su di lui 
-Beh, grazie mille per il passaggio-
Dico aprendo in fretta la portiera e scendendo dall'auto. Maddy fa lo stesso e mi prende la mano 
-Figurati. Ci vediamo lunedì a matematica-
Lo guardo sgranando gli occhi e lui ridacchia. Sa che siamo in classe insieme? Scuoto la testa e trascino Maddy in casa. Solo quando mi chiudo la porta alle spalle sento il rumore della macchina che parte. 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


 
Il resto del weekend passò in modo normale, cioè, almeno per me. Non so quanto sarebbe normale per un ragazzo qualsiasi restare chiusa in casa a leggere e guardare film. L'unica volta che sono uscita è stata per fare la spesa nel supermercato vicino casa.
Oggi non ho voglia di entrare a scuola. Potrei anche assentarmi dato che non mi assento mai e che vado abbastanza bene a scuola, ma non sopporto mancare ai miei doveri senza un motivo serio. Infondo, non mi ha minacciata, non esattamente diciamo, ed è più che probabile che oggi mi ignori o non si accorga di me come ha sempre fatto. No, non posso saltare la scuola solo per qualche stupida paranoia. Con un cipiglio deciso, afferro il mio zaino e scendo le scale rapidamente. 
-Papà, io vado. Ci vediamo sta sera-
Gli scocco un bacio sulla guancia e lui mi sorride dolcemente 
-Buona giornata, tesoro-
Ricambio il sorriso e inizio a camminare velocemente verso la fermata dell'autobus. Questa mattina ho fatto un po' più tardi a causa della mia indecisione e devo sbrigarmi. Proprio quando sono vicina alla fermata, vedo l'autobus ripartire e sospiro rassegnata, prevedendo una brutta giornata davanti a me. 
Fortunatamente posso raggiungere la mia scuola a piedi ed arrivare in orario, anche se dovrò camminare un po'. 
-Ehi, scricciolo, ti serve un passaggio?-
Sento dire distrattamente queste parole da qualcuno, ma non mi volto né mi fermo. Di sicuro non stanno parlando con me 
-Ehi, Arya, parlo con te-
Okay, a quanto pare mi sbagliavo. Alzo lo sguardo confusa e mi ritrovo davanti James, fermo sulla sua moto rossa che mi guarda. 
-Scusa, ero soprappensiero. Cos'hai detto?-
Chiedo fermandomi e inclinando la testa di lato, incuriosita 
-Ti ho chiesto se ti servisse un passaggio-
Ripete con calma e un sorriso stampato sul viso. Scuoto la testa subito 
-No, grazie-
Riprendo a camminare e a perdermi nei miei pensieri, ma la sua voce mi blocca di nuovo
-Guarda che è un bel po' di strada fino alla scuola. Ne sei sicura?-
Ancora? Ma perché deve sempre insistere? Anche ieri lo ha fatto 
-Mi piace camminare-
Sta volta il tono è leggermente più freddo di prima e il mio passo più veloce. 
-Ne sei sicura?-
Okay, questa sua insistenza sta iniziando a insospettirmi troppo. Prima si siede accanto a me a lezione, poi si offre per accompagnarmi a casa e ora vuole darmi un passaggio fino a scuola? Sarò anche timida e sola, ma non sono stupida e non mi faccio prendere in giro così facilmente. Probabilmente avrà fatto una scommessa stupida o chissà cos'altro.  
-Sicurissima-
Questa volta non mi volto né mi fermo neanche e, dopo pochi secondi, vedo la sua moto sfrecciarmi affianco. Tiro un sospiro di sollievo e rilasso le spalle, continuando il mio tragitto verso la scuola.
 
Il professore di scienze termina la sua lezione proprio quando la campanella suona. Mi stiracchio e metto le mie cose nello zaino con calma dato che è ora di pranzo. In realtà non ho molta fame, quindi probabilmente non mangerò. Mi capita a volte di saltare i pasti, ormai è normale. Decido di uscire fuori nel cortile, per stare più tranquilla. Siamo in autunno inoltrato ormai e il vento oggi si fa sentire, quindi ci sono solo io qui fuori. Meglio così. Vado a sedermi sotto un albero e tirò fuori il mio album da disegno, una matita e una gomma da cancellare. È da un po' che non disegno, in realtà. Il mio ultimo disegno risale a un paio di mesi fa è un po' mi manca tenere la matita tra le dita. 
-Cosa stai disegnando?-
Sobbalzo spaventata a quella domanda e mi porto una mano sul petto, all'altezza del cuore, per poi voltarmi di scatto verso destra, da dove proviene la voce. Ero così concentrata e persa nel mio mondo che non mi sono nemmeno resa conto di James che intanto si è seduto accanto a me. 
-Mi hai fatto venire un colpo-
Lo rimprovero mentre lui cerca inutilmente di trattenere una risatina 
-Mi dispiace, volevo mandarti un messaggio, ma non ho il tuo numero-
Alzo gli occhi al cielo e scuoto la testa, riprendendo a disegnare e ad ignorarlo. 
-Non mi hai risposto: cosa stai disegnando?-
Ripete sporgendosi per dare un'occhiata al mio foglio. Istintivamente mi ritraggo. Detesto quando le persone si avvicinano troppo o cercano di vedere i miei disegni senza il mio permesso. Non sono niente di che, quindi non voglio che qualcuno li veda 
-Un paesaggio-
Rispondo sperando che gli basti e che se ne vada. Ovviamente non succede. 
-Che paesaggio?-
-Marino-
-Posso vedere?-
-No-
-Dai, ti prego-
-No-
-Solo un'occhiata veloce-
-No-
-Rifiuteresti se ti chiedessi di sedermi vicino a te per il resto dell'anno nelle lezioni che abbiamo in comune?-
-No-
Rispondo automaticamente per poi sgranare gli occhi nel rendermi conto di ciò che ho detto. Gli lancio una rapida occhiata e sul suo volto ha stampato un sorrisetto soddisfatto simile a quello di venerdì sera. 
-Sappi che non vale-
Lo anticipo puntandogli contro la matita 
-Oh sì, che vale invece-
Ridacchia spostando la matita con un dito 
-A proposito, ti ho portato questo-
Continua porgendomi un panino. Guardo prima il panino e poi lui con uno sguardo confuso 
-In mensa non c'eri e sono sicuro che tu non abbia pranzato, quindi ti ho preso questo-
Si giustifica scrollando le spalle. Okay, da un lato è stato gentile, lo ammetto, ma dall'altro un po' mi ha dato fastidio, non sono una bambina 
-Ti ringrazio, ma non ho fame. Puoi mangiarlo tu, se vuoi-
E detto ciò torno ad occuparmi del mio disegno, sperando che se ne vada. 
-Ma non puoi saltare i pasti!-
Esclama con un tono sconvolto facendomi alzare di nuovo lo sguardo su di lui. La sua espressione è così buffa che a stento mi trattengo dal ridergli in faccia 
-E perché no?-
Chiedo inarcando un sopracciglio 
-Perché fa male e perché sei già uno scricciolo e non puoi permetterti di saltare i pasti-
Aggrotto le sopracciglia e lo guardo un po' imbronciata
-Non sono uno scricciolo!-
Ribatto anche se so che non è vero. Sono alta a stento 1.60 e sono più magra di un chiodo. 
-Sì che lo sei, invece-
Alzo gli occhi al cielo e chiudo l'album prima di rimettere tutto nello zaino e alzarmi. 
-Dove vai?-
Mi chiede alzandosi anche lui. 
-In classe-
Rispondo un po' più fredda di prima iniziando a camminare. 
-Aspettami, ti accompagno-
Scatta in piedi e io aumento la velocità 
-Conosco la strada, grazie-
Ovviamente, dato che lui sarà alto almeno venti centimetri più di me mi raggiunge in un attimo 
-Dovresti essere più gentile con il tuo compagno di banco-
-Dovresti tornare dai tuoi amici-
Ribatto facendolo accigliare 
-Ma così ti lascerei sola-
Quasi gli rido in faccia. Sono quasi diciotto anni che sono sola, di certo non morirò 
-A me piace stare da sola-
Ammetto e lo vedo sgranare gli occhi 
-Impossibile. A nessuno piace stare da soli-
Lo dice come se fosse la cosa più sicura del mondo
-Beh, a me si-
Battibecchiamo per un altro po', finché non arriviamo all'aula di matematica. Mi siedo nel solito posto accanto alla finestra e lui mi segue a ruota, occupando quello accanto al mio. Alzo gli occhi al cielo, ma lo lascio fare. Sento già gli occhi di tutti su di me, non voglio peggiorare le cose dando inizio ad una litigata con il ragazzo più popolare della scuola. 
 
L'ora di matematica è finita e siamo andati nell'aula di storia. Anche quel corso lo seguiamo insieme, ma c'è anche il suo migliore amico di cui non so il nome, quindi credevo di essere al sicuro dato che si sarebbe seduto accanto a lui. Le ultime parole famose. Prese posto accanto a me come anche alle altre lezioni. Mancava ancora qualche minuto all'inizio dell'ora così decisi di chiederglielo 
-James, perché?-
Sbottai interrompendo il suo monologo su chissà cosa. Quel ragazzo parlava davvero troppo 
-Perché cosa?-
Mi chiese confuso aggrottando le sopracciglia 
-Questo!-
Indico il posto in cui è seduto 
-Perché sta mattina volevi accompagnarmi a scuola? Perché a pranzo mi hai portato un panino? Perché ti sei seduto vicino a me a tutte le lezioni?-
Forse sono stata un po' troppo brusca, ma questa situazione è troppo strana per me. Lo vedo sospirare per poi stringersi nelle spalle 
-Volevo solo essere tuo amico-
Mi sembra tanto un bambino in questo momento. Mi sta guardando con un'espressione da cane bastonato. Ha pure messo il broncio! 
Ho una specie di sesto senso per le bugie. Riesco a capire subito se qualcuno mi sta mentendo o meno e sono sicura che lui non lo stia facendo, così mi rilasso leggermente 
-Perché?-
Chiedo, sta volta in tono più dolce 
-Sophie ti ha adorato da subito, stando a quanto mi ha raccontato mia madre, e ho visto di persona il modo in cui si è lanciata su di te. Sophie non da confidenza a nessuno, è troppo timida, ma con te ci ha messo meno di un minuto per aprirsi. E poi, anche l'altra bambina, quella che sei venuta a prendere, stravede per te e tu hai trattato entrambe come se fossero dei tesori preziosi. È per questo che volevo provare a conoscerti meglio-
Dal tono e dall'espressione dolce che usa capisco che ama molto la sorella e che si è affezionato molto anche a Maddy. Non era la prima volta che Meredith andava a giocare a casa loro. Forse ho sbagliato a trattarlo così, infondo non mi ha mai fatto nulla, anzi. Le mie cicatrici restano, è vero, ma non posso giudicare chiunque per cose che non hanno fatto. 
-Scusa se mi sono comportata in modo così brusco-
Lui mi guarda stupito, ma poi incrocia le braccia sul banco e torna a mettere il broncio 
-No, non ti perdono-
Borbottò proprio come se fosse un bambino. Trattenni le risate solo perché il professore aveva iniziato a spiegare 
-Andiamo, non fare così-
Reggo il suo gioco, divertita 
-No-
Si intestardisce. Poso lo sguardo sulla sua massa di ricci e mi viene voglia di passarci la mano, ma mi trattengo. Non arriverei mai a tanto 
-Ma ti ho chiesto scusa-
Sbuffo iniziando a prendere appunti 
-E io che non ti perdono-
Alzo gli occhi al cielo e lascio perdere, concentrandomi sulla lezione. 
-Okay, ti perdono ad una condizione-
Dice nemmeno cinque minuti dopo. Tento di restare seria, ma è difficile
-E sarebbe?-
-Ti accompagnerò a casa e a scuola e tu non protesterai. Per tutto l'anno-
Spalanco gli occhi a quella richiesta e lo guardo. No, non sta scherzando 
-Okay, continua ad odiarmi a morte-
Alza gli occhi al cielo e sbuffa
-Eddai, non ti senti in colpa per avermi ingiustamente maltrattato?-
Mise di nuovo il broncio e mi guardò con quegli occhioni di un blu da far annegare solo guardandoli. Dannata la sua faccia da cucciolo, dannato il mio essere debole e dannata nuvola che sembra un unicorno. Cosa c'entra la nuvola? Non lo so. Era nel posto sbagliato al momento sbagliato. 
-E va bene-
Borbotto mentre lui sorride ampiamente. Ora capisco perché è tra i più belli della scuola. Torno a concentrarmi sulla lezione e per il resto dell'ora non parliamo. 
 
L'ultima ora di lezione non la condivido con James, così l'ho passata da sola. Mi guardo intorno e di James nemmeno l'ombra. Forse si è dimenticato e se n'è già andato. Non finisco nemmeno di pensarlo che sento qualcuno chiamarmi a squarciagola. Mezza scuola si volta sconvolta e io vorrei che arrivasse Voldemort a uccidermi con l'Avada Kedavra: rapido, semplice e indolore. 
Cammino velocemente verso di lui tenendo la testa bassa e lo guardo male. 
-Non urlare mai più in quel modo. Mi hanno guardata tutti!-
Praticamente lo uccido con lo sguardo e lui mi guarda confuso 
-Non ti piace essere fissata?-
-No!-
Lo guardo schifata e scuoto con forza la testa. 
-Okay, scusa, non lo farò più-
Scrollò le spalle e mi prese lo zaino dalle spalle, mettendolo sotto il sedile della moto al posto del casco. Mi rigiro il casco tra le mani. Come si mette un casco? Guardo James con uno sguardo supplichevole e lui  capisce al volo. Ridacchiando sotto i baffi, mi prende il casco dalle mani e me lo sistema in testa, allacciandogli bene. Poi sale in sella e mi fa cenno di fare lo stesso. Neanche il tempo di salire che parte ad una velocità pazzesca. Urlo e afferro istintivamente i suoi fianchi, ma debolmente perché la cosa mi imbarazza da morire 
-Reggiti forte!-
Urla tirandomi con una mano un braccio. Allungo anche l'altro e cerco in tutti i modi di non pensare che lo sto abbracciando da dietro, praticamente. Una volta arrivati a casa, scendo così velocemente dalla moto che ho le vertigini 
-Tu sei completamente pazzo!-
Gli urlo tentando di togliermi il casco. 
-Ho visto passarmi la vita davanti almeno un centinaio di volte in dieci minuti!-
Continuo mentre lui mi guarda divertito. 
-Volevi farci ammazzare per caso? No, perché esistono metodi meno spaventosi e dolorosi per togliersi la vita. Scordati che ci salga di nuovo e toglimi questo dannato casco!-
Sbotto pestando un piede a terra. Per tutta risposta lui scoppia a ridere e si avvicina, slacciandomi il casco. Mi rida il mio zaino mentre io lo uccido con lo sguardo 
-Sai, era ora che mostrassi qualche emozione. Stavo iniziando a pensare che fossi un robot o un pezzo di ghiaccio-
Dice divertito scompigliandomi i capelli. 
-Passo a prenderti alle 7:50 domani. Mi raccomando, sii puntuale-
E, dicendo ciò, parte di nuovo ad una velocità sovrumana come se niente fosse. 
 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


 
Era passata ormai una settimana da quando io e James avevamo stretto quella specie di patto, come lo chiama lui, o ricatto, come lo chiamo io. Il giorno dopo mi rifiutai categoricamente di salire sulla sua moto quando lo vidi aspettarmi fuori da casa mia. Avevo pensato di prendere l'autobus alla solita ora e di svignarmela, ma quando sono uscita di casa lui era già lì, ad aspettarmi con un sorrisetto divertito. Lo stesso giorno, quando dovevo tornare a casa, mi sono rifiutata categoricamente di salire in sella, ma lui mi aveva presa di peso come se pesassi meno di un ramoscello. E così ho iniziato ad arrendermi e a pregare tutti i giorni prima e dopo la scuola. Inutile dire che ormai quasi più nessuno mi ignora come avevano sempre fatto, ma anzi sentivo tutti bisbigliare e avevo l'orribile sensazione che ci fossi io al centro dei loro discorsi. James mi ha rassicurata dicendo che presto avrebbero trovato qualche altra cosa su cui spettegolare, ma intanto io volevo sprofondare ad ogni passo. Naturalmente, la cosa non era passata inosservata a James, che non perdeva occasione per ricordarmi quanto fossi carina con le guance rosse.
 
La campanella suona e tutti si dirigono verso la mensa, alcuni quasi urlando di gioia. Seguo anch'io la massa di ragazzi e mi metto in fila per il pranzo. 
Assurdo che debba aspettare così tanto solo per un inutile panino. Si, perché la pasta e tutte quelle altre schifezze non le tocco nemmeno morta. Giuro che una volta ho visto qualcosa di radioattivo nella zuppa. Lo giuro! 
Mi guardo intorno cercando un tavolo vuoto, ma sono tutti occupati. Questa è l'altra ragione per la quale prendo sempre i panini: non sono costretta a sedermi accanto a qualcuno per mangiare. Sto per uscire dalla mensa quando mi sento strattonare per il braccio 
-James! Ma ti pare il modo?-
Lo rimprovero fulminandolo con lo sguardo. Appena capisco dove mi sta portando, però, quel poco colore che c'è sul mio viso va a fare visita a qualcuno e io punto i piedi per terra
-James, no. Non se ne parla-
Lui mi tira come se fossi un cane e per un attimo temo che mi spezzi un braccio 
-Oh, andiamo! Sono i miei migliori amici! Ti assicuro che sono simpatici-
-Simpatici o no, ho già te da sopportare ed è anche troppo-
Lui si blocca per un attimo, così bruscamente che per poco non gli vado a finire addosso. Sembra pensare profondamente a qualcosa, ma poi scrolla le spalle
-Nah, non è vero. Lo so che mi adori-
E ricomincia a trascinarmi. Sto già inventando alcune scuse da rifilare a mio padre sulla mancata presenza di un braccio quando il signorino decide di smettere di giocare a tiro alla fune con il mio braccio 
-Plebei! Accogliete questa donzella di nome Arya al nostro desco-
Disse con una finta voce da lord. Tutti lo guardano come a dire:"ma di cosa ti sei drogato?"
Al tavolo sono presenti due ragazzi e due ragazze. È una di loro a sorridermi e a parlare per prima
-Ah, ma tu sei la ragazza del parco!-
Poi tocca ad uno dei ragazzi 
-Cosa? Quella che per poco non lo butta a terra James e ci liberava di un essere inutile?-
E passiamo al secondo ragazzo 
-La stessa che ha ignorato James per un'intera ora?-
Per concludere con l'altra ragazza 
-Intendi quella che ti ha urlato contro per un'ora dopo che le hai fatto salire sulla tua moto?-
-Esatto, ragazzi-
Annuisce soddisfatto James 
-No, ma dico, gli hai detto anche quanti capelli ho in testa, per caso?-
Dico sbalordita fissando James che mi sorride come se fosse un bambino scoperto a mangiare Nutella prima di cena 
-Sì, questo idiota non ha fatto altro che parlarci di te-
Ovviamente divento più rossa del mio ciclo mestruale a quelle parole
-Ehi, io non sono idiota-
Ribatte l'idiota fingendosi offeso. 
-Beh, dai, siediti. So che conoscere James può essere traumatico, ma ti assicuro che noi siamo normali-
Mi sorride la ragazza bionda, subito seguita dal consenso generale escluso James. Già mi sta simpatica quella ragazza.
- Io sono Allison, ma chiamami pure Ally. Lei è Jessica-
Indica una ragazza dai capelli castani che mi sorride. 
-Loro sono Zack-
Un tipo con un piercing al naso e i capelli neri alzati in una cresta con le punte di un verde smeraldo che mi fa un cenno con la mano. 
-E lui Dean-
Conclude indicando un ragazzo biondo e dagli occhi di un bellissimo verde giada. 
Mi siedo nel posto accanto ad Ally e James occupa quello accanto a me. Inizialmente faccio un po' fatica a parlare. Non ci sono abituata, non ho mai avuto degli amici o anche solo una conversazione stupida con qualcuno. Però, lentamente, riescono a mettermi a mio agio con battute e aneddoti esilaranti. Non mi escludono dai loro discorsi, anzi, mi interpellano quasi per ogni cosa. Ho parlato più con loro in questi venti minuti che con chiunque altro in quasi diciotto anni. 
-Senti un po', Arya, che ne dici se a economia ti siedi accanto a me invece che vicino a questo babbuino?-
Propone Dean
-Sì, e a letteratura puoi stare accanto a me-
Si offre Ally. 
-D'accordo, ma a francese il posto che occuperà sarà accanto al mio-
Impone Zack
-Matematica è prenotata per me allora-
Questa volta è Jessica a parlare. Ma sono diventata una specie di peluche che si devono dividere?
-Ehi, vi ho portato Arya per farle fare amicizia non per rubarmela!-
James mi butta le braccia al collo e mi stringe a se in modo possessivo. Sì, sono decisamente diventata un peluche
-James...se non mi lasci entro due millesimi di secondo giuro che non ti parlerò mai più e farò finta che tu non esista-
Dico con voce soffocata. Immediatamente mi lascia e alza le mani al cielo mentre io lo fulmino con lo sguardo 
-Comunque, no. Arya deve stare vicino a me in ogni lezione che abbiamo in comune-
Aggiunge James guardando male gli amici, che sbuffano e protestano, lanciandogli insulti e patatine di dubbia origine. 
-Non è giusto!-
Protesta Jessica
-Si, quella ragazza è troppo per te. Non la meriti-
Annuisce Zack e via dicendo. Vedendo questo teatrino, non posso fare a meno di scoppiare in una fragorosa risata, portandomi la mano davanti alle labbra come faccio sempre le poche volte che rido. Gli altri si fermano per fissarmi. Mi accorgo solo in minima parte della mano di James che mi afferra delicatamente il braccio e lo sposta lontano dalle mie labbra, liberando la mia risata. 
-Scusate, ragazzi, ma avreste dovuto vedere le vostre facce-
Riesco a dire quando la mia risata si calma. Loro mi sorridono divertiti e poi James si butta su di me, abbracciandomi così forte da spezzarmi quasi le costole 
-James, staccati, cristo santo. Ma possibile che ogni volta devi fare la gelatina?-
Gli urlo cercando di smuoverlo. Niente da fare. Altro che gelatina, quello era un muro. Sento le risate degli altri quattro ragazzi e io sospiro  rassegnata. James aveva quest'assurda abitudine di abbracciarmi ogni sacrosanta volta per il più stupido dei motivi. Da quando gli ho detto che odio gli abbracci non si dà pace. 
-Solo se mi accarezzi i capelli per tutta l'ora di letteratura-
Alzo gli occhi al cielo e faccio una smorfia con il viso. Qualche giorno fa, durante matematica, non sono più riuscita a resistere e gli ho passato una mano tra i capelli. Inizialmente sembrava che mi stesse per urlare contro, ma poi mi ha quasi supplicato di continuare. Quando mi giro, noto che gli altri quattro ci stanno guardando quasi come se fossimo dei babbuini che stessero ballando la samba mentre cucinano lasagne. Aggrotto le sopracciglia, confusa 
-Ehi, che succede?-
L'unico a riprendersi e a rispondermi è Zack 
-In realtà, siamo sotto shock perché l'ultima persona che ha toccato i capelli di James per poco non finiva all'ospedale-
Ally annuisce e io scrollo le spalle
-Questo perché Arya ha le mani più delicate che io abbia mai visto-
Rimbeccò James guardandoli male
-Non come voi che tentate di strapparmi i capelli ogni volta-
E giù altri cori da stadio contro James. Alzo gli occhi al cielo e prendo il mio zaino con una mano e il braccio di James con l'altra
-Andiamo, idiota, o faremo tardi. Ciao ragazzi-
Li saluto mentre trascino quel babbuino in aula. 
James neanche mi da il tempo di sedermi che appoggia la testa sul banco, sopra le braccia incrociate, la sua "posizione da coccole ai capelli", come la chiamava lui. Tiro fuori con studiata lentezza tutto quello che mi serve per la lezione, solo per farlo innervosire. 
-Ti sbrighi o no?-
Sbotta infatti facendomi ridere. Gli poso una mano tra i capelli e inizio a giocarci e ad accarezzarli distrattamente, mentre James quasi fa le fusa. Abbasso lo sguardo su di lui e noto il sorriso beato stampato sulla faccia. Ripenso a tutte le cazzate che fa e dice ogni secondo. E io che lo credevo capace di farmi passare la vita un inferno. 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


 
-Andiamo al parco! Andiamo al parco! Andiamo al parco!-
Maddy sta cantilenando da quando le ho annunciato che saremmo andate al parco. Caroline mi ha chiesto di badare a lei per oggi e non me lo sono fatta chiedere due volte. 
Dato che è una giornata bellissima, senza nemmeno una nuvola in cielo, mi sembrava un sacrilegio tenere Maddy chiusa in casa a giocare con le bambole. Così ho preso il pallone e le ho detto che l'avrei portata al parco. Ha iniziato a saltellare come un coniglietto e sistemarle un po' i capelli è stata una battaglia, ma alla fine ce l'ho fatta. Maddy è un vulcano attivo. Non sta ferma un attimo, nemmeno quando dorme. Eppure è così dolce che non puoi tenerle il broncio per molto anche se rompe il vaso antico di tua nonna. Fidatevi, lo dico per esperienza personale. 
-Tu giochi con me, vero Aya?-
Mi chiede voltandosi e guardandomi con la solita faccia da cucciolo che fa quando vuole qualcosa. 
-Ma certo che sì! Non starò di certo su una panchina ad annoiarmi mentre tu ti diverti-
Annuisce soddisfatta e mi stringe la mano, che già sta tenendo da quando siamo uscite di casa. Una volta arrivate al parco, sorrido nel vedere un paio di codini biondi che ormai mi sono familiari. 
-Ehi, Maddy, guarda chi c'è-
Dico indicando la bambina che sta seduta sull'altalena da sola. La piccola segue la direzione indicata dal mio dito e poi i suoi occhi si illuminano e un sorriso enorme si allarga sul suo volto. 
-Sophieeeeee-
Urla lasciandomi la mano e correndo verso l'altalena. Per poco non cadono entrambe a terra da quanto la stringe Maddy e io non posso fare a meno di ridere. 
-Ma tu guarda, c'è uno scricciolo al parco-
Mi volto verso destra, seguendo la voce, e mi ritrovo James accanto. Ma quando è arrivato?
-Non chiamarmi così-
Borbotto lanciandogli un'occhiataccia che lui ignora bellamente insieme alle mie parole. 
-Anche tu a fare da babysitter, eh?-
Annuisco sorridendo e tornando a guardare Maddy e Sophie, che ora hanno iniziato a giocare a rincorrersi. 
-Sembrano andare molto d'accordo-
Indico le due bambine e James annuisce contento. 
-Si, sono felice che Sophie abbia trovato almeno un'amica con cui giocare-
Lo guardo confusa, distogliendo lo sguardo per un attimo da loro. 
-Che intendi?-
Lui sospira e mi guarda a sua volta 
-Intendo dire che Sophie non ha fatto amicizia con nessuno nella sua classe eccetto che con Meredith-
Non posso fare a meno di guardarlo sbalordita. Come fa una bambina così dolce a non avere amici? Non è possibile che Maddy sia davvero l'unica che gioca con lei. 
-Non è che è solo una tua impressione? Forse in realtà va d'accordo con tutta la classe-
Lo vedo scuotere la testa mentre i suoi occhi si incupiscono per un attimo. 
-Credimi, ci ho sperato anch'io all'inizio, ma poi la maestra di Sophie ci ha convocati per parlarci proprio della sua situazione in classe-
Sospiro leggermente e mi soffermo a guardare il suo volto. Non è un segreto che James sia incredibilmente bello, ma non lo avevo ancora visto con quell'espressione seria. La mascella era serrata e l'assenza del sorriso un po' infantile che aleggiava quasi sempre sulle sue labbra cambiava leggermente i connotati del suo viso, rendendolo un po' più adulto. Ma la cosa che più mi colpisce sono i suoi occhi. Di solito hanno una stupenda sfumatura color cobalto, ma in quel momento erano quasi neri. 
-Sai, essere guardato così intensamente da una ragazza stupenda come te fa piacere, ma ho un po' paura che mi consumi-
Inutile dire che distolgo lo sguardo così velocemente che mi gira la testa. Il calore improvviso sulle mie guance mi informa che devo essere diventata più rossa di non so cosa e non ho idea se sia per il fatto di essere stata scoperta a fissarlo spudoratamente e magari pure con aria adorante, perché mi ha detto che sono stupenda o per entrambe le cose. Balbetto qualcosa guardando insistentemente le mie scarpe e la sua risata non ci mette molto a raggiungermi. Non è una risata di scherno, lo so, ma non posso far altro che imbarazzarmi ancora di più. James mi passa un braccio intorno alle spalle e mi attira a se. Ma ha per caso intenzione di uccidermi? No, perché è sulla buona strada. 
-Scricciolo, non sai quanto sei tenera in questo momento! Mi ricordi Bambi, sai? Probabilmente ti chiamerò così-
Mi informa, tutto soddisfatto. 
-Eddai, James!-
Piagnucolo tentando di staccarmi da lui. Inutile, assolutamente inutile. Anche se non si nota molto, ha dei muscoli ben allenati il ragazzo e anche ben scolpiti a quanto riesco a sentire. Vado quasi a fuoco a quel pensiero. 
-Dovresti smetterla di rifiutare i miei abbracci. Potrei offendermi, sai?-
Si stacca da me con un finto broncio da bambino che non posso fare a meno di trovare adorabile. Alzò gli occhi al cielo e mi sistemo gli occhiali sul volto. In realtà, la mia vista è pressoché perfetta, ma mi ostino ad indossarli perché mi danno un senso ulteriore di protezione dagli altri. Guardare negli occhi le persone mi ha sempre messa in soggezione e cerco sempre di evitare che gli altri mi guardino negli occhi, sia perché non so nascondere bene le mie emozioni sia perché mi perderei ad osservare gli occhi dell'altra persona e perderei il filo del discorso. 
Nonostante lo abbia detto non so più quante volte a James, lui si ostina a dirmi che, cito testualmente, "non puoi impedirmi di guardare le innumerevoli sfumature di colore che ci sono nei tuoi occhi. È illegale! Sono troppo belli perché tu li tenga nascosti". 
In un certo senso non lo sopporto quando dice queste cose. Sa perfettamente quanto mi imbarazzi, ma non gli importa, anzi, sembra che, da quando lo ha capito, abbia intensificato sia i gesti d'affetto sia i complimenti e le frasi dolci. 
Si stacca da me lentamente ed entrambi torniamo a guardare le bambine, che ora giocano a rincorrersi. Questo parco è un luogo fantastico. Una squadra di volontari ogni tanto passa per dargli una pulita generale, lo so perché spesso mi unisco a loro. L'aria che si respira qui è pulita e i bambini hanno tutto lo spazio che vogliono per giocare, andare in bici o anche pattinare. Inoltre, chi conosce bene questo luogo sa che ci sono posti in cui si può anche restare in pace per leggere un libro, ascoltare musica o solo dormire. 
L'improvviso pianto di Maddy mi riporta alla realtà e spostò lo sguardo su di lei, preoccupata. La vedo stesa a terra che si tiene il ginocchio e corro da lei, inginocchiandomi subito al suo fianco. 
-Maddy? Tesoro, fa vedere cosa ti sei fatta-
Dico con voce dolce posando gentilmente le mani sulle sue per spostargliele. Non protesta e io, con mio enorme sollievo, noto che è solo una semplice sbucciatura. 
-Non è niente, piccola. Tra poco passerà tutto, te lo prometto-
Annuisce, titubante. Ha smesso di piangere, ma il suo corpo è ancora scosso dai singhiozzi. 
-Vuoi il bacino della fata?-
Chiedo con voce dolce accarezzandole i capelli. Annuisce abbozzando un piccolo sorriso e io le scocco un bacio sul ginocchio, attenta ad evitare la ferita. 
Questa storia risale a circa un anno fa, quando Maddy, mentre imparava ad andare in bicicletta senza le rotelle laterali, cadde rovinosamente. Non si era fatta male, ma aveva preso un bello spavento e non voleva più salire sulla bici. Così inventai sul momento che era stata una fata un po' dispettosa a spingerla giù, ma che una fata buona le avrebbe guarito il piccolo graffio. Le diedi un bacio vicino alla ferita e lei sorrise, dicendo che non sentiva più dolore. Da allora, ogni volta che si fa male, corre da me invece che dalla mamma e questo diverte non poco Caroline. 
Maddy mi sorride ampiamente e scatta in piedi in un attimo. 
-È passato tutto! Grazie Aya-
Mi da un piccolo abbraccio che mi affretto a ricambiare e poi torna a giocare con Sophie. 
Accetto la mano che mi sta tendendo James per aiutarmi ad alzarmi, ma lui mette troppa forza e io finisco contro il suo petto. Capisco che la cosa era programmata quando provo a staccarmi e lui non me lo permette. 
-Voglio anch'io il bacino della fata-
Sussurra al mio orecchio e sento una specie di scarica elettrica attraversarmi la spina dorsale. 
-N..non essere s..stupido. L..lasciami, dai-
Balbetto imbarazzata tentando di staccarmi ancora una volta. Questa volta mi accontenta, ridendo. 
-Bambi, non sai quanto sei tenera quando fai così-
Lo guardo male, anche se so perfettamente di avere ancora le guance in fiamme per l'imbarazzo. 
-Non chiamarmi così. È stupido-
Borbotto storcendo le labbra, ma lui scuote la testa. 
-È perfetto per te, invece-
Alzo gli occhi al cielo e controllo l'ora. Direi che è tempo di tornare a casa. 
-Maddy! Dai, dobbiamo andare-
La richiamo alzando la voce e lei annuisce. Entrambe di avvicinano a noi e io sorrido. Sono così belle. 
-Coraggio, saluta Sophie e torniamo a casa-
Non se lo fa ripetere due volte e abbraccia Sophie come se volesse soffocarla. Quando riesce a staccarsi, mi inginocchio e allargo le braccia, lasciando che Sophie mi si butti addosso. La stringo e le schiocco un bacio sulla testa. 
-Ci vediamo presto, va bene?-
Annuisce e mi rialzo, notando che Maddy sta squadrando James con una buffissima smorfia concentrata. 
-Maddy, andiamo?-
La richiamo, divertita. 
-Tu assomigli a un principe-
Gli dice puntandogli un dito contro e ignorandomi bellamente. 
-Ah sì? Ma grazie-
Replica James, divertito. 
-E dov'è la tua principessa?-
Inclina la testa di lato e vedo James lanciarmi un'occhiata. Ho un brutto presentimento. 
-È lei la mia principessa, non è ovvio?-
Chiede mettendomi un braccio sulle spalle e attirandomi a se. Sophie ha gli occhi che brillano e batte le manine, Maddy sembra soddisfatta e io sto andando a fuoco. 
-Smettila, idiota-
Gli sibilo all'orecchio staccandomi da lui. James trattiene a stento una risata e mi lascia andare. 
 
-Arya! Arya, aspetta un attimo-
Mi volto verso la voce che mi sta chiamando, confusa. Ormai la giornata scolastica è conclusa e io non vedo l'ora di tornare a casa a piedi, finalmente. James mi ha mandato un messaggio ieri sera dicendomi che ha la febbre e che quindi non avrebbe potuto accompagnarmi a scuola. Mi dispiace per lui, ma da un lato sono sollevata di non andare in moto con lui, almeno per oggi. Quel pazzo corre come se avesse il diavolo ad inseguirlo e scansa le macchine bruscamente. Rispetta ogni segnale stradale, ma l'acceleratore sembra essere il suo migliore amico. 
Ally mi raggiunge e si ferma un secondo per riprendere fiato dopo la corsa che ha fatto. 
-Scusami, non ti avevo sentita-
Lei scrolla le spalle con un sorriso che ricambio. Ultimamente mi sono legata molto a lei. Parliamo di tutto sia a scuola che per messaggi. Anche con gli altri tre amici di James ho instaurato un bel rapporto, ma con Ally di più. È incredibilmente solare ed espansiva, ha sempre qualcosa da dire, il che riempie i silenzi che a volte creo io. È il mio esatto opposto in realtà, forse è per questo che andiamo d'accordo. 
-Senti, ho detto al professore di scienze che avrei dato questi fogli a James, dato che oggi non c'è, ma mi sono appena ricordata che ho un impegno urgente e non tornerò a casa fino a sta sera sul tardi. Non è che potresti farmi il favore di darglieli tu? Deve fare questi esercizi per domani e al professore non importa se è malato o meno. Purtroppo, quel vecchio rachitico ha puntato James d'un dal primo anno. Zack, Jessica e Dean sono già andati a casa, altrimenti avrei chiesto a loro e...-
La blocco con una risata spontanea e scuoto la testa. Aveva iniziato a parlare a raffica come al solito e se non l'avessi fermata avrebbe finito domani mattina. 
-Ally, calmati. Per me non è un problema, posso portarglieli anche adesso-
Lei mi sorride e si slancia in un abbraccio, che io non ricambio. Non sono ancora abituata a questi gesti, ma, fortunatamente, lei sembra averlo capito e non ci rimane più male come le prime volte. 
-Grazie mille! Mi hai salvata. Allora a domani, Arya-
Mi dice dandomi i fogli e allontanandosi. 
-A domani-
Ricambio il saluto prima di avviarmi verso la fermata degli autobus. 
 
Busso alla porta dei Thorne e ad aprirmi è sua madre, che mi sorride, stupita e contenta. 
-Arya, che piacere. Entra, su-
Si scosta di lato per lasciarmi passare e io la ringrazio. La casa è identica a qualche settimana prima, ovviamente, ma non posso fare a meno di guardarmi intorno. 
-Purtroppo James è malato, quindi non credo sarà di molta compagnia. Vuoi qualcosa da bere o da mangiare?-
Le sorrido, rassicurante e scuoto la testa mentre lei inizia a girare qualcosa in una pentola con un mestolo di legno. Credo sia salsa a giudicare dall'odore. 
-No, la ringrazio, signora. Sono passata solo per dargli alcuni compiti-
Scrollo le spalle e ricevo da lei una finta occhiataccia. 
-Ti ho già detto di chiamarmi Grace e non accetto risposte negative-
Vedo che cerca di trattenere un sorriso mentre mi punta contro il mestolo con aria minacciosa, ma io non posso fare a meno di ridere e annuire. 
-Va bene, lo terrò a mente-
Promisi mentre anche lei si lasciava scappare un sorriso divertito. 
-Bene. La stanza di James è di sopra, seconda porta a sinistra-
Annuisco e inizio a salire le scale reggendomi al corrimano. Sulle pareti ci sono molte foto di Sophie e James da bambini e non posso fare a meno di fermarmi un attimo ad osservarle prima di procedere. Busso alla porta e ricevo un "avanti" in risposta, ma, quando entro, arrossisco come un peperone e mi volto immediatamente verso la porta, dandogli le spalle. 
-James!-
Per poco non urlo e vorrei soltanto sparire da questo mondo. 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


 
Busso alla porta e ricevo un "avanti" in risposta, ma, quando entro, arrossisco come un peperone e mi volto immediatamente verso la porta, dandogli le spalle. 
-James!-
Per poco non urlo e vorrei soltanto sparire da questo mondo. 
 
Riesco a sentire la fragorosa risata di quell'idiota e non posso fare a meno di insultarlo mentalmente nei modi peggiori. 
Non appena ho aperto la porta, mi sono ritrovata davanti James completamente nudo eccetto per un misero asciugamano avvolto intorno alla vita. Se ci ripenso, arrossisco ancora di più. 
-Ho fatto, Bambi. Puoi voltarti-
Lentamente, mi giro verso di lui, temendo che voglia farmi un altro scherzetto del genere, ma sta volta indossa una tuta grigia e una maglietta nera. Rilasso le spalle e mi avvicino a lui, che invece mi guarda profondamente divertito. 
-Sai, avevi un'adorabile espressione da scoiattolo impaurito prima. Mi hai fatto tenerezza-
Lo guardo male e alzo gli occhi al cielo. 
-Finiscila di prendermi in giro-
Sbuffo e poi mi accorgo che ha ancora i capelli bagnati. 
-Sbaglio o hai la febbre?-
Chiedo inarcando un sopracciglio con un tono abbastanza da "mamma chioccia alla riscossa". Lo vedo annuire e scrollare le spalle. 
-Allora asciugati i capelli prima che ti venga anche qualcos'altro-
Più che un suggerimento è un ordine, ma lui si limita a sbuffare. 
-Non ho voglia. Non li asciugo mai-
-Si, ma adesso devi asciugarli. Non puoi restare così-
Lo vedo alzare gli occhi al cielo e incrocia le braccia sul petto.
-Non mi interessa. Non voglio e basta-
Lo giuro, certe volte sembra davvero un bambino capriccioso. 
-Vuoi che te li asciugo io?-
Lo vedo pensarci su un attimo prima di annuire lentamente. Fortuna che io so cavarmela con i bambini, anche con quelli un po' troppo cresciuti. Si dirige verso la porta che dà nel bagno in camera sua e lo seguo, notando che si è già seduto su uno sgabello posto davanti allo specchio. Noto con una certa stizza che, anche se è seduto, mi arriva quasi al mento. Prendo l'asciugacapelli e inizio il mio lavoro, passando le dita della mano libera tra i suoi capelli per vedere in quali punti sono bagnati e anche per non bruciargli la testa. Ho notato che gli dà un fastidio immenso il calore del phon, così cerco di evitargli il più possibile un contatto diretto. 
Dopo nemmeno cinque minuti, posso già spegnere l'asciugacapelli. James non mi da nemmeno il tempo di posarlo che scatta in piedi e torna in camera. 
-Bambino-
Borbotto rimettendo l'oggetto al suo posto e sistemando lo sgabello contro il muro. Quando torno in camera, lo vedo già rannicchiato sotto le coperte. Mi fa segno di sedermi accanto a lui e lo raggiungo. 
-James, devi fare alcuni esercizi per quel pazzo di Dickinson. Ha detto che non gli interessa quanto male stai, ma che domani vuole quegli esercizi svolti anche per e-mail-
Lo vedo sgranare gli occhi e assumere un'aria disperata, ma è così buffo che ridacchio. 
-Tranquillo, io li ho già fatti e ti ho portato il foglio su cui ho copiato le risposte. Ovviamente, ho modificato completamente le sue risposte, usando uno stile diverso e commettendo anche qualche piccolo errore in modo che non si accorga che hai copiato-
Non mi da neanche il tempo di finire di parlare che mi prende il polso e mi attira a se, stringendomi in un abbraccio quasi soffocante. Cado distesa sul materasso e, imbarazzata, tento di rimettermi seduta. James però non me lo permette, aumentando la stretta e iniziando ad accarezzarmi i capelli. Bastardo! Sa perfettamente che vado in trance quando mi toccano i capelli. Così mi rilasso contro il suo petto, smettendo di lottare. Mi scocca un bacio sulla testa e io socchiudo gli occhi, notando solo in quel momento l'ora che si è fatta. Ma quanto tempo siamo rimasti così? Tento di nuovo di scappare dalle sue braccia, ma James mugugna qualcosa di incomprensibile e rafforza la stretta. 
-James, devo andare sul serio adesso, dai. Devo preparare la cena-
Scuote la testa e la appoggia nell'incavo tra il mio collo e la spalla. 
-Puoi restare a cena qui-
La sua voce è dannatamente roca e a me piace moltissimo, ma non posso cedere. 
-Non posso. Tra un po' arriverà anche mio padre a casa e lui non sa cucinare-
Con un lamento da bambino ferito, mi scocca un bacio sulla guancia e mi lascia andare. Sollevata, mi alzo dal letto in fretta e gli lascio i fogli sulla scrivania. 
-Bene. Io vado. Ci vediamo, James-
Sorrido ed esco dalla sua camera, tornando di sotto. 
-Te ne vai già, tesoro? Non resti per cena?-
Sembra quasi dispiaciuta Grace quando mi rivolge quella domanda. 
-No, non posso proprio. Ma grazie per l'invito-
Le sorrido e lei si avvicina per abbracciarmi con forza. Ma hanno la mania degli abbracci in questa famiglia? Fortunatamente non mi da il tempo di ricambiare (anche perché non lo avrei fatto) e mi accompagna alla porta. 
-A presto, Arya. Torna quando vuoi-
Le sorrido e annuisco, ringraziandola. 
Fortunatamente sarà giorno ancora per un bel po', quindi sono più tranquilla nel prendere l'autobus. 
 
Devo ammetterlo, mi ero abituata a fare tutto con più calma la mattina per poi lasciare che James mi accompagni con la moto. Oggi non ho avuto nemmeno il tempo di fare colazione, mi sono dovuta preparare in fretta e furia. Quando esco di casa, però, mi blocco di colpo nel ritrovarmelo davanti.
-James? Cosa ci fai qui? Non dovresti essere a letto? Sei guarito? Hai ancora la febbre? È successo qualcosa?-
Solo la sua risata ferma la mia cascata di domande e scuote la testa. 
-Sto bene, tranquilla. Ero guarito già ieri-
Scrolla le spalle, ma io lo fisso, sospettosa. Sembra davvero stare bene tutto sommato. 
-Ma cosa ci fai qui così presto? Potevi dirmelo ieri che saresti passato a prendermi-
Si passa una mano tra i capelli e mi porge un casco. 
-Beh, ho pensato di andare a fare colazione insieme. Dalla velocità con la quale sei schizzata fuori di casa scommetto che non hai nemmeno mangiato-
In effetti non ha tutti i torti e sto morendo di fame. 
-Va bene-
Annuisco prendendo il casco e mettendomelo. Come al solito, deve aiutarmi ad allacciarlo perché io sono impedita. Una volta che anche lui si è messo il suo, saliamo sulla sua Ducati e mi stringo con forza ai suoi fianchi, sapendo già che guiderà come un pazzo. 
 
-Ma lo fai apposta a prendere ogni singola buca che incontriamo?-
Chiedo infastidita una volta scesa dalla moto. Lui mi sorride come un bambino appena scoperto dalla madre a rubare biscotti. 
-Può darsi-
Scuoto la testa ed entro nel bar, scansando il braccio che stava per posarmi sulle spalle. 
-Cosa prendi?-
Mi chiede una volta seduti 
-Un cappuccino e un cornetto a marmellata di albicocche-
Lui ordina a sua volta una brioche e una cioccolata calda. Quando il cameriere se ne va, sposta lo sguardo su di me. 
-Allora, Bambi, qual è il tuo film preferito?-
Sbuffo e lo guardo male. 
-Ma la smetti di chiamarmi così?-
Come mi aspettavo, nega immediatamente. 
-Scordatelo, niente ti rappresenta meglio di quel tenero cervo-
Alzo gli occhi al cielo e lo vedo sorridere divertito. 
-Rispondi alla mia domanda, su-
Mi incita mentre il cameriere posa le nostre ordinazioni. 
-La bella e la bestia-
Ammetto arrossendo e nascondendomi nella tazza di cappuccino, aspettando che scoppi a ridere per l'assurdità dei miei gusti. Al contrario, invece, lo vedo sorridere ampiamente e annuisce. 
-Il mio è Aladdin-
Mi confida per poi inclinare la testa di lato e guardarmi come se si stesse trattenendo dallo scoppiare a ridermi in faccia. 
-Cosa c'è?-
Chiedo aggrottando le sopracciglia. Lo vedo scuotere la testa e prendere un fazzoletto. Si avvicina al mio viso e lo passa sul labbro superiore
-Avevi i baffi di schiuma e ti assicuro che eri adorabile-
Arrossisco fino alla punta delle orecchie e mordo il cornetto, evitando il suo sguardo. 
 
Quando usciamo dal bar, ci dirigiamo verso la scuola a piedi dato che non è per niente lontana. 
-Prima o poi ci morirò qui dentro-
Borbotta entrando e dirigendosi verso Ally, Jessica, Zack e Dean. Scoppio a ridere e lo seguo, scuotendo la testa. 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


 
-Non esiste! Il dolce supera di fin troppo il salato, James-
Scuoto la testa mentre io e James usciamo dall'aula di matematica per dirigerci in mensa. 
-Mi dispiace, Bambi, ma sta volta il tuo super cervello ha fatto cilecca. Niente batte il salato-
Sbuffo e alzo gli occhi al cielo, velocizzando la mia andatura per raggiungere gli altri, seduti nel solito tavolo poco distante dalla finestra. 
-Ehi, ragazzi-
Ci salutano divertiti notando il mio broncio e la smorfia infastidita di James. 
-Oh oh, guai in paradiso?-
A parlare è Zack, forse per smorzare la tensione. In realtà, nessuno dei due è davvero arrabbiato o infastidito. Ci comportiamo sempre così quando non andiamo d'accordo su qualcosa, il che accade abbastanza spesso dato che abbiamo due caratteri completamente diversi. 
-No, ma quali guai? Io e Bambi andiamo sempre d'accordo-
James mi poggia un braccio sulle spalle e mi attira a se e io non mi sposto. Incredibile come in un solo mese questi ragazzi mi siano entrati dentro. Con loro lascio perdere la timidezza e riesco ad aprirmi come mai ci sono riuscita prima. 
-Dai, James, voglio mangiare-
Protesto tentando di mandarlo via, inutilmente dato che mi stringe ancora più forte. 
-Come come? Ho sentito bene? Mi stai forse cacciando, Bambi?-
Dice con un finto tono offeso. 
-Certo che ti sto cacciando. Ho fame-
Probabilmente è stata una mossa sbagliata dato che James mi ha sollevata come se non pesassi niente e mi ha sistemata sulle sue gambe. 
Inutile dire che divento più rossa di non so cosa e tento di liberarmi. 
-James, dai, fammi scendere-
Lo vedo scuotere la testa, divertito. Sporge il viso verso il mio e non riesco a fare a meno di perdermi in quelle due pozze color cobalto che sono i suoi occhi. 
-Volevi mangiare e io volevo abbracciarti. Così ho risolto il problema-
Sorride come un bambino, mentre io sbuffo sonoramente. 
-Ma peso! Ti faranno male le gambe-
Protesto ancora, ma lui mi guarda come a dire:"ma sul serio?"
-Bambi, fidati, pesi quanto una barbie. Devi mangiare di più-
Si lamenta mentre io sorriso divertita, subito imitata da lui. A farci staccare di scatto è un flash. Mi giro verso i ragazzi, confusa, e vedo Jessica guardarmi con aria colpevole. 
-Scusate, ma eravate troppo carini e non ho resistito-
Scoppio a ridere insieme a tutti gli altri ragazzi al tavolo e, finalmente, riprendo a mangiare. 
-Ehi, ma voi andate alla festa di Layla questo sabato?-
A porre questa domanda è Dean e tutti annuiscono tranne me. Già, sabato è Halloween e una delle ragazze più popolari e con meno cervello non poteva farsi sfuggire l'occasione di sfoggiare qualche vestitino osceno. 
Non mi sono mai piaciute particolarmente le feste, soprattutto quelle in maschera, ma a quanto pare gli altri non sono del mio stesso parere dato che hanno iniziato a parlarne con grande entusiasmo. 
-Arya, tu verrai, vero?-
E io che speravo si dimenticassero di me. 
-Ehm...no, io passo-
Borbotto abbassando lo sguardo sulle mie mani e sentendomi gli occhi di tutti e cinque addosso. 
-Ma non puoi non venire! Per quanto detesti quella sottospecie di escort, le sue feste sono sempre stupende-
Sta volta è stata Ally a parlare, ma io sospiro. 
-No, ragazzi, sul serio. Non mi piacciono le feste-
Mi passo una mano tra i capelli, nervosamente. Sento la presa sui miei fianchi aumentare e mi volto verso James. 
-Facciamo così, allora. Verrai con me alla festa e ti riporterò a casa quando vorrai tu, in qualsiasi momento. Dai, Bambi, fallo per me-
Mi supplica facendo la sua solita faccia da cucciolo come ogni volta che vuole qualcosa. È sleale così, sa che non riesco a resistere. 
-Mi servirà un vestito-
Cedo alla fine facendo alzare cori da stadio dal tavolo. Non posso fare a meno di ridere e scuotere la testa. 
-Arya, oggi sei libera?-
Chiede Ally voltandosi verso di me. 
Annuisco, confusa, e sia lei che Jessica sorridono. 
-Bene. Allora dopo scuola io, tu e Ally andremo a cercare un bel costume-
Jessica mi fa l'occhiolino e a quanto pare non è una proposta, quindi non posso fare a meno di accettare. 
 
 
-Assolutamente no-
Sconfitta, rientro nel camerino, pronta per il prossimo abito. Ormai sono già due ore che io e le ragazze siamo in giro per negozi alla disperata ricerca di un costume decente. Il punto è che o sono troppo poco coprenti per me, oppure troppo da suora per loro. Finora tutti gli abiti sono stati scartati, alcuni prima ancora che uscissi dal camerino. 
-Beh, allora dovremo cambiare negozio. Questo era l'ultimo-
Mi rivesto velocemente e usciamo anche da quel negozio. Ormai abbiamo messo sottosopra ogni negozio del centro e non ho ancora trovato nulla che mi vada bene. 
-Ragazze, che ne dite di tornare a casa? Non so voi, ma io sono esausta-
Ally annuisce, comprensiva, ma Jessica sta fissando un negozio poco distante da noi. 
-No, aspettate. Solo quel negozio e poi torniamo a casa. Mi è appena venuta un'idea-
Ci sorride in modo enigmatico e poi prende per mano ciascuna di noi, trascinandoci dall'altra parte della strada. Quando entriamo nel negozio, noto che sono tutti abiti gotici. Ho sempre adorato questo stile, ma non ho mai avuto il coraggio nemmeno di comprare un abito del genere. Sapevo già che sarebbe stato uno spreco di soldi dato che non lo avrei mai messo. 
Jessica inizia a rivoltare il negozio da cima a fondo, scavando tra quegli abiti e rifiutando l'aiuto di qualsiasi commessa. Guardo confusa Ally, ma lei si limita a stringersi nelle spalle e a scuotere la testa. 
-Jess fa sempre così quando ci sono di mezzo i vestiti e ha idee ben chiare in mente-
Rido e annuisco, passandomi di nuovo una mano tra i capelli. Jessica sembra essere una ragazza tranquilla, tutto sommato, ma quando si tratta di abiti e accessori, diventa un tornado. 
-Voi da cosa vi vestirete?-
Chiedo, ricordandomi solo ora che non gliel'ho ancora chiesto. 
-Io da sposa cadavere e Jess da vampira-
Sorrido. Sono sicura che saranno splendide entrambe. 
-Trovato!-
Esulta Jessica trotterellando verso di noi con aria soddisfatta. Tra le mani ha un vestito dello stesso stile degli altri, nero e lungo. 
-Dai, va a provarlo-
Mi mette tra le mani l'abito e mi spinge in camerino. 
-Okay, okay, calma-
Rido della sua esuberanza e mi infilo con cautela l'abito, aiutata anche dalla commessa. Qui non c'è lo specchio, quindi sono costretta ad uscire per osservarmi. 
Ally spalanca occhi e bocca, incredula, mentre Jessica ha uno sguardo soddisfatto e annuisce tra se e se. Quest'ultima mi si avvicina con qualcosa di nero tra le mani, che sistema sulla mia schiena. Quando si allontana, capisco che sono delle ali d'angelo completamente nere e sorrido. L'abito è stupendo, non è da suora, ma nemmeno da ragazza di strada e non mi sta nemmeno male. 
Usciamo dal negozio ridendo e io reggo tra le mani l'enorme busta che contiene il vestito e le ali. 
-Allora, cosa c'è tra te e James?-
Chiede d'un tratto Ally. La guardo confusa, aggrottando le sopracciglia. 
-Siamo amici-
Non era ovvio? Ally e Jess si lanciano un'occhiata complice e io sposto lo sguardo dall'una all'altra. 
-Davvero? Perché da come vi comportate non direi-
Il tono di Ally è noncurante, ma ho imparato a conoscerla un po' e so che sa più di quanto dice. 
-Che intendi?-
Sono sempre più confusa, ma Jessica scuote la testa e lasciamo cadere l'argomento, ma quelle domande mi rimbombano nel cervello finché non decido di spegnere tutto e andare a dormire. 

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