EPISODIO 1 - Le Farfalle di Gran RoRo

di HikariMoon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


CAPITOLO 1

Aileen correva sui sentieri invisibili della foresta. Non aveva alcuna paura di inciampare.

Aveva sempre sentito una profonda connessione con gli alberi, gli insetti e tutto il suo mondo. Fin da piccolissima, erano stati il luogo sicuro per ritrovare la serenità e per dimenticare tutto ciò che succedeva nel resto del Regno.

Ora, per l’ennesima volta, si chiedeva quanto questa connessione fosse vera. Quanto essa fosse, invece, una delle tante ramificazioni di quelle visioni.

Si fermò accanto ad un albero, il respiro ansimante che le rimbombava nelle orecchie e rompeva quel silenzio pulsante di vita che tanto amava. Chiuse gli occhi e si posò al tronco. Con una mano si asciugò le guance, bagnate da quelle lacrime che tanto odiava. Lacrime che non sapeva neppure per cosa sprecava.

Visi che non aveva mai visto, luoghi in cui non era mai stata, emozioni che non aveva mai provato… eppure tutto così maledettamente familiare, quasi un ricordo sbiadito. Non voleva tutto quello, non lo aveva mai chiesto.

“Perché a me?”

Una domanda inutile, cui nessuno poteva rispondere: neppure i suoi genitori, neppure suo fratello o la sua migliore amica. Riaprì gli occhi e si voltò verso la strada da cui era venuta. Chissà se avevano già scoperto che si era di nuovo allontanata. L’ennesima fuga, l’ennesimo rimprovero a non vagare nei boschi da sola.

Alzò lo sguardo verso il cielo, che si stagliava limpido oltre le fronde vibranti. Fosse stato almeno possibile fuggire da tutto quello. Era tutto nella sua testa.

Si lasciò scivolare a terra e si sedette. Cercò di concentrarsi sul profumo fresco della foresta. La visione-sogno di quella notte era stata una delle più vivide dell’ultimo mese. Quando si era svegliata, aveva avuto veramente il terrore di ritrovarsi un buco nello stomaco.

Scattò in piedi e riprese a correre, lasciando che fosse l’istinto a guidarla. Forse andare alla sorgente l’avrebbe aiutata a dimenticare.

Arrivata a una radura, rallentò per riprendere fiato.

“Cosa diamine ci fai qui da sola?”

Aileen sgranò gli occhi e si voltò di scatto, il cuore che batteva all’impazzata. Soldati. Davanti a lei c’era un granroriano dalla pelle verdastra, folta barba e capelli. Lo sguardo cercava di essere mortalmente serio, ma si vedeva chiaramente il diletto per la reazione provocata.

“VEIHRAL! Per i sei regni! Che cosa ti è saltato in mente?”

“Che cosa è saltato in testa a te, Pixie. Girare da sola per la foresta? E se fossi stato un soldato del Governatore?”

La ragazza strinse le labbra e fissò l’erba sotto i suoi piedi. Poi, si fiondò tra le sue braccia, cogliendolo di sorpresa. Veirhal esitò un attimo prima di passarle un braccio attorno alle spalle.

“Pixie?”

“Cosa c’è che non va in me?”

Il granroriano sbattè le palpebre chiedendosi a che cosa si riferisse esattamente. La conosceva da anni, dal malaugurato giorno in cui, con uno sguardo da cucciola abbandonata, era riuscito a convincerlo ad accettare la prima sfida di un numero che da tempo aveva smesso di contare.

Attese per qualche istante, ma Aileen non si preoccupò di fornirgli altre spiegazioni. E la situazione stava cominciando a metterlo a disagio. Sorridendo, le scompigliò i capelli con una mano.

“Se c’è qualcosa di sbagliato in te, Pixie, è soltanto la tua testardaggine. E quando ti caccerai in qualche guaio, ti auguro di poter usare il tuo mazzo di carte.”

Aileen abbozzò un sorriso e si staccò da lui, ma si vedeva che qualsiasi cosa fosse, continuava a tormentarla.

“Quando la smetterai con quel nomignolo?” La voce non riuscì a mostrarsi allegra come la giovane avrebbe voluto. Sarebbe stato così semplice, se solo fosse stata in grado di far finta di niente.

“Ma ti calza a pennello, furbetta. Ho visto poche persone a loro agio nella foresta come te.” La colpa del nomignolo era anche un po’ colpa di Julian, lui e tutte le leggende umane che gli aveva raccontato. Mentre le rispondeva, Vey aveva continuato a fissarla per cercare di intuire quale fosse il suo problema.

La ragazza non rispose e saltò leggera su una radice. Non c’era stato un vero motivo per cui glielo aveva raccontato. Neppure lui poteva aiutarla. Ma era sempre stato pronto ad ascoltarla.

 “Mi accompagni alla fonte?”

Veirhal sollevò un sopracciglio e incrociò le braccia. “In realtà, pensavo di riportarti al villaggio.”

Aileen si voltò e deglutì. “Vey, ti prego. Ne ho bisogno.”

Fu allora che qualcosa cliccò nella mente del granroriano e capì che cosa tormentava la ragazzina. Erano di nuovo quelle visioni di cui gli aveva parlato.

“Va bene. Ma quando decido che si torna indietro, non voglio sentire ma.” Alla fonte doveva assolutamente indagare.

Il sorriso radioso della granroriana fu l’unica ricompensa che gli serviva. Senza aggiungere altro i due si avviarono e ben presto Aileen iniziò a metterlo al corrente di tutto quello che era successo dall’ultima volta che era stato lì.

Frush

Vey afferrò la ragazza per un braccio e le fece cenno di tacere. Aileen trattenne il respiro, iniziando a temere il peggio. Dopo un attimo se ne accorse anche lei. C’era qualcuno vicino alla fonte.

“Vey?” Si strinse più forte al suo braccio, desiderando di non essere mai venuta lì.

Il granroriano le indicò una cavità tra le radici di un albero. “Vado a vedere.”

Aileen annuì e si rannicchiò tra le radici. Cercando di non farsi vedere, sbirciò i movimenti silenziosi del granroriano. Un orribile pensiero le attraversò la mente: se erano davvero i soldati del Governatore? Le nocche diventarono bianche contro la radice scura su cui le sue mani erano strette.

Vey si appiattì dietro il tronco e si sporse lentamente. Un attimo dopo, uscì completamente allo scoperto cogliendo di sorpresa la ragazza.

“Magisa?” E certamente non era l’unica sorpresa in quel momento.

Il nome le suonò subito familiare. I suoi genitori e il Druwis del villaggio le avevano raccontato un sacco di storie su Magisa: la Maga del Mondo Altrove, la Maestra del Nucleo Progenitore. Rincuorata, uscì dal nascondiglio e si avviò lentamente nella loro direzione.

Lui si era inginocchiato accanto a Magisa e perciò Aileen decise di fermarsi a qualche metro da loro.

“ – che cosa ti è successo? Non hai proprio un bell’aspetto.”

“Vey, ancora nessuno – ”, deglutì, “ –ti ha insegnato”, Magisa chiuse un attimo gli occhi per riprendere fiato, “ – come si parla ad una signora?”

Il granroriano roteò gli occhi. “Magisa, possiamo gentilmente tralasciare questi dettagli? Io starei cercando di preoccuparmi di te. Vuoi che vada a chiama- ”Vey s’interruppe sbuffando. “Certo chi vai a chiamare Vey? È la Maestra del Nucleo Progenitore!”

La maga allungò la mano e la posò sul braccio del granroriano, attirando così la sua attenzione.

“Non ho molto tempo. L’Imperatore sa della sua esistenza. Devo trovarlo.” Magisa chiuse gli occhi, quasi per trattenere le lacrime. “Prima di lui.”

“Di chi parli?” Veihral stava cominciando a temere di starsi cacciando di nuovo nei guai. Ricordava fin troppo bene cosa era successo dopo che l’aveva conosciuta.

“Nel Regno di Ametista. C’era un Maestro della Luce.”

Aileen trattenne il respiro. Un Maestro della Luce. I leggendari guerrieri che avevano liberato Gran RoRo!

Magisa posò la testa al tronco, come se potesse aiutarla a trovare la forza di parlare.

“Era un giovane Mazoku.” Vey sbuffò. “Ho provato a proteggerlo. Ma non ci sono riuscita.” L’amarezza delle sue parole si trasformò in un sorriso addolorato. “Non ho più tutti i miei poteri. Il Nucleo –” Scosse la testa. “È una lunga storia. È stato lui a pagare.”

Il silenziò calò sulla radura, rotto soltanto dal ronzio degli insetti e dallo sciabordare dell’acqua. Aileen deglutì e fissò Vey, fremente di rabbia. Il granroriano strinse le mani a pugno e con una di esse colpì il tronco accanto a lui. Aileen sussultò.

“Ti stanno cercando?”

Magisa scosse di nuovo la testa. “Sono venuta a riprendere le forze. E a cercarlo.” Si sforzò di rimettersi in piedi appoggiandosi al suo scettro e rifiutando l’aiuto. “Uno dei sei simboli si sta risvegliando in questo regno. Devo trovarlo prima di loro.”

“Sei troppo debole. E come faresti a trovarlo? Ci sono decine e decine di villaggi microscopici in questo regno!”

La donna sospirò. “Devo riuscirci. È il mio compito.”

“Senti.” Veihral si passò una mano sul viso. Sapeva già che se ne sarebbe pentito. “Accompagno a casa un’amica e torno a darti una mano.”

Magisa sorrise. “Grazie.”

Il granroriano annuì e si voltò verso Aileen, facendole intuire di aver notato il suo avvicinamento.

“Pixie, gita alla sorgente finita. L’hai vista e ora si torni indietro di filato.”

La ragazza uscì da dietro il tronco e incrociò le braccia. “Posso aiutarvi anch’io!”

“Scordatelo. Troppo piccola per cacciarti in guai più grandi di te. Lascia fare a chi ormai ci ha fatto l’abitudine.”

Magisa si voltò verso la giovane. Un’intensa luce smeraldo rischiarò gli alberi e i volti sorpresi dei tre granroriani. I loro sguardi si diressero verso la gemma sullo scettro. Insetti e farfalle iniziarono a volteggiare verso di loro, attirati dalla luce.

La maga fu la prima a riprendersi dalla sorpresa. Un sorriso rinfrancato le piegò le labbra. “Tu.”

Aileen sbattè le palpebre. “Cosa?”

Vey alzò gli occhi al cielo e s’infilò le mani tra i capelli. “Per amor di Hououga!”

Magisa, in risposta, ridacchiò. “A quanto pare, mi hai già aiutato Vey. Non se sorprendermi della fortuna che ho avuto o del fatto che un altro tuo amico è un Maestro della Luce.”

Aileen fissava lo scettro di Magisa, la luce che stava lentamente svanendo. “Non è possibile.”

La donna la affiancò e le posò una mano sulla spalla. “So che è difficile accettarlo. Ma non ci sono errori. Sei una Maestra della Luce e sei in pericolo.”

La giovane annuì, incapace di rendersi conto veramente di quello che le stava succedendo. Voleva aiutarli, certo, ma non aveva chiesto di essere una Maestra. E ora il Governatore stava cercando lei. Il suo villaggio? La sua famiglia? Li avrebbe messi tutti in pericolo. Un brivido gelido le percorse la schiena.

“Che cosa devo fare?” Dovette usare tutte le sue forze per non mettersi a piangere. Come se la sua vita non fosse già abbastanza complicata.

Vey le passò un braccio attorno alle spalle, occupando lo spazio che la mano di Magisa aveva lasciato libero poco prima.

“Non sarai sola. Ora torniamo al villaggio e cerchiamo di spiegare la situazione ai tuoi genitori. Meno persone sapranno la verità, più saremo tutti al sicuro. M’inventerò qualche scusa plausibile per la tua partenza.” Aileen e Magisa lo guardarono con lo stesso sguardo scettico. Lui roteò gli occhi e decise di ignorarle. “Poi andiamo alla Fenice Blu e ce ne andiamo lontano da qui.”

Un debole sorriso rischiarò il volto della ragazzina. “Ci accompagni?”

Vey ghignò. “Certo, Pixie. Credevi che avrei lasciato due fanciulle ad affrontare il pericolo da sole?”

“Allora, finché andrete al villaggio, io ne approfitterò per recuperare le energie. Ricordate, più veloci saremo, più coglieremo di sorpresa il Governatore.”

I due annuirono.

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Veihral si diresse veloce verso la postazione di comando, indicando appena alle due ospiti il divanetto che dominava il piccolo soggiorno posteriore alla cabina.

“Mettetevi comode.” Con gesti esperti iniziò ad armeggiare sui comandi di accensione. “Il divano è quasi nuovo. Le cinture di sicurezza dovrebbero essere resistenti, ma vi consiglio di tenervi forte.”

Magisa e Aileen non se lo fecero ripetere due volte e si sedettero una accanto all’altra. Magisa, sollevata di potersi riposare dopo la sfacchinata nel bosco, si guardò attorno prima di voltarsi sorridente verso Vey.

“Quasi quasi non avrei detto che questo è lo stesso vecchio rottame di quando ci siamo conosciuti. L’hai migliorata ancora da quando viaggiavamo insieme.”

Aileen ispezionò a sua volta il luogo, curiosa di vedere la famosa Fenice Blu. Se doveva essere sincera, con tante storie che le aveva raccontato, si sarebbe aspettata qualcosa di colossale e capace di incutere timore. Invece, seppur avente una certa maestosità, era un’astronave relativamente piccola. Nonostante gli evidenti ammodernamenti, era comunque un modello datato. E non era completamente sicura che il centrino sul tavolo e il vasetto di fiori secchi fossero proprio nello stile di Vey. C’era, però, qualcosa che la rendeva speciale. Non capiva esattamente cosa.

“La mia Fenice Blu è sempre stata una SIGNORA astronave!” Il pavimento vibrò, indice che i motori si stavano accendendo. “La prima che osa offenderla di nuovo, continua il viaggio a piedi.”

Magisa sghignazzò e posò la testa sul divano, chiudendo gli occhi. L’astronave si sollevò da terra e Vey si voltò verso di loro.

“Allora ragazze, già qualche idea su dove volete andare?”

Aileen lo fissò con espressione assente. Il solo pensiero che, entro pochi minuti, sarebbe stata in un altro dei sei mondi… non sapeva se esserne terrorizzata o entusiasta.

Magisa, invece, sembrava invece avere un’idea ben chiara in mente.

“Regno di Ametista. Ho un amico che so ci aiuterà sicuramente. E poi non si aspetteranno che torni nell’ultimo Regno in cui sono stata.”

Il granroriano sembrò soppesare il piano, cercando di capire quanto Magisa fosse sicura della fiducia che stava riponendo nel fantomatico amico, soprattutto dopo la vicenda dell’altro Maestro. Alla fine annuì e accese i motori di propulsione.

“Regno di Ametista sia. Spero non siate di stomaco debole, il viaggio potrebbe essere un po’ movimentato.”

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Come predetto da Vey, il viaggio verso il Regno di Ametista non fu una passeggiata. Se viaggiare nel regno era permesso a tutti, nessuno poteva spostarsi tra i regni senza un’autorizzazione. Tutte le zone di passaggio erano pesantemente sorvegliate.

Questo Veirhal se lo era aspettato e, come aveva orgogliosamente ricordato, aveva avuto più di qualche esperienza in passato. Senza contare che, conoscere i momenti della giornata più sguarniti, aveva di certo aiutato. Soli pochi riuscivano ad avere i mezzi per evitare questo inconveniente, tanto rara era diventata la tecnologia largamente usata fino pochi anni prima.

Per Aileen la fuga dai soldati, prima nel regno di Smeraldo e poi nel regno di Ametista, era già quasi sembrato un buon motivo per tornare indietro. Dubitava fortemente di poter vivere una vita del genere.

Vey era riuscito a seminarli con abilità, ma non potevano ancora tirare sospiri di sollievo: l’allarme era stato sicuramente già dato.

Magisa gli aveva chiesto di fermarsi nella zona di uno dei banchi di carte ancora attivi nel regno. Vey aveva fatto atterrare la Fenice Blu in una zona riparata, un anfratto nella roccia violacea e ricoperto dalla scheletrica vegetazione. Né Veirhal né soprattutto Aileen si trovavano a proprio agio in un luogo così all’apparenza privo di vita, ma se il primo aveva fatto l’abitudine a luoghi molto diversi dal mondo natale, non si poteva dire lo stesso per la granroriana.

Una volta che Magisa si era allontanata, Aileen si era rannicchiata sul divano e non aveva detto una parola, limitandosi ogni tanto a lanciare uno sguardo verso l’opprimente cielo di Ametista.

“Non ti spaventare Pixie, non tutti gli altri regni sono così lugubri.” Il granroriano sorrise e si prese qualcosa da mangiare da una delle dispense.

“Mi manca già casa.”

Vey sospirò. Lui l’aveva detto che lei era troppo piccola per cacciarsi in quei guai. Julian, quando aveva messo piede a Gran RoRo, era considerato un adulto nel mondo umano. Aileen sarebbe stata considerata una bambina in entrambi.

Prese dalla dispensa un altro snack e lo lanciò sul divano accanto a lei.

“Mangia.”

Non sapendo che cosa altro dire, il granroriano preferì sistemarsi a una delle finestre, pronto a riattivare i motori e scappare da lì in caso di pericolo. Magisa glielo aveva fatto intuire chiaramente: non voleva avere la morte di un altro guerriero sulla coscienza. E, sinceramente, evitare la morte di Aileen era qualcosa su cui lui si era trovato notevolmente d’accordo. Per questo sperava ardentemente che dell’amico di Magisa ci si potesse veramente fidare, che non fosse anche lui un traditore sotto mentite spoglie.

Dopo qualche minuto di silenzio, Vey si chiese se forse dovesse provare a fare qualcosa per tirare su di morale la compagna di viaggio. Prima che qualcosa gli venisse in mente, l’ombra di un’astronave passò sopra di loro. Il granroriano scattò sull’attenti e corse verso la postazione di comando, ingurgitando il resto del proprio snack. Aileen si alzò in piedi e lo fissò con gli occhi sgranati e colmi di terrore.

“Stai seduta!” sbraitò Vey. Si pentì quasi subito dopo, ma adesso non aveva tempo per delle distrazioni. Si quasi lanciò sul sedile e portò le mani sulla cloche, pronto ad attivare motori e scudi al primo accenno di pericolo. Se solo anche Magisa fosse stata con loro, si sarebbe sentito meno in colpa a partire.

L’attesa sembrò durare all’infinito. L’astronave doveva essere atterrata poco distante, ma sfortunatamente fuori dalla sua linea di vista. Veirhal odiava quella situazione. Rischiavano di subire un’imboscata senza aver neppure la possibilità di difendersi.

Poi, una testa ricoperta da lunghi capelli rosa apparve da un gruppetto di alberi scuri e Vey poté tirare un sospiro di sollievo. Rilassò il corpo e si passò una mano sulla fronte. Troppo vicini per i suoi gusti.

Saltò su dalla poltroncina e tornò nel soggiorno sorridendo. Aileen sembrava sul punto di mettersi a piangere.

“Falso allarme, Pixie. È Magisa.” Un sorriso sollevato illuminò il volto della granroriana.

Un attimo dopo, la Maga apparve all’entrata dell’astronave accompagnata da un longilineo granroriano. Vey fissò il nuovo arrivato con sospetto, ma se era con Magisa sperava che non ci fosse motivo di preoccuparsi.

“Veirhal, Aileen, vi presento Serjou.”

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Ormai tutti i preparativi erano terminati. Il tempo era stretto e quello era il piano che aveva le maggiori possibilità di successo. Vey, a bordo della Fenice Blu, avrebbe attirato l’attenzione dei soldati della Governatrice, cercando di richiamarne su di sé il maggior numero possibile. Con tutta l’attenzione su di lui, gli altri a bordo della Limoviole sarebbero passati inosservati e avrebbero raggiunto con un po’ di fortuna il passaggio per il regno di Topazio senza essere bloccati. Magisa era certa che per allora avrebbe ripreso le forze e avrebbe potuto lei stessa aprire un varco.

Era arrivato il momento di separarsi. Aileen, Magisa e Serjou erano in piedi davanti alla rampa per salire sulla Limoviole. La giovane fissava afflitta l’amico.

“Non c’è altro modo?”

Vey ghignò. “Dovresti preoccuparti di loro, Pixie. Non è il mio primo rodeo.”

La ragazzina aggrottò la fronte, non capendo che cosa dovesse significare. “Rodeo?”

Magisa, accanto a lei, ridacchiò. Vey sbuffò e scosse la mano. “Colpa di Julian, roba terrestre.”

Il granroriano si avvicinò al gruppetto e s’inginocchiò davanti ad Aileen che, senza aspettare altro, gli buttò le braccia al collo. Vey, vedendo la Maga sorridere sorniona, le lanciò un’occhiataccia prima di tornare a prestare attenzione alla più piccola. Sperava di star facendo la cosa giusta. Se anche quel Serjou si fosse rivelato uno di quelli, non si sarebbe mai perdonato di averla lasciata indietro.

“Niente lacrime. Non è mica un addio.”

Aileen tirò su con il naso. “Ma se tu te ne vai, io come faccio?”

Vey la allontanò e la fissò sorpreso. “E che cosa diamine ti ho insegnato in tutti questi anni?”

“Non sono così forte.”

Le scompigliò i capelli, guadagnandosi uno sbuffò da parte della granroriana. “Lo diventerai, Pixie. E per assicurarmi che tu sia pronta a ogni evenienza –”, Vey infilò la mano in tasca e ne estrasse una carta, “ – ti voglio dare questa.”

Aileen prese la carta in mano, curiosa di vederla. Un secondo dopo, il volto le si illuminò e tornò ad abbracciarlo, faticando a trattenere la voglia di mettersi a saltare dalla gioia. Non aveva mai visto nel suo villaggio una carta così rara.

“Vey! Grazie!”

“Diventa una grande Maestra della Luce e una favolosa duellante, migliore anche di Julian e degli altri guerrieri terrestri se ti riesce.” Magisa non poté che sorridere e scuotere la testa. Anche Serjou sorrise.

Staccatisi dall’abbraccio, i saluti furono veloci e Veirhal tornò a bordo della sua astronave senza esitazione.

Pochi istanti dopo, la Fenice Blu si alzò in volo e, sotto gli sguardi di chi rimaneva, si allontanò a tutta velocità nella direzione opposta alla meta della Limoviole.

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Zungurii fu sbalzato via dalla potenza dell’ultimo attacco. L’impatto violento con il terreno gli tolse il respiro. Faceva quasi fatica a capire che cosa fosse successo. L’unica certezza era che aveva fallito. E a pagarne le conseguenze sarebbe stato il suo villaggio.

Preferì quindi non cercare lo sguardo né dei compaesani né del fratello, neppure quando quest’ultimo arrivò per aiutarlo a rialzarsi. Il suo sguardo, invece, si posò sul suo avversario trionfante.

E capì che cosa gli facesse più male della sconfitta. Era la sensazione che le battaglie, i soprusi sopportati, la libertà goduta brevemente fossero stati tutti vani. Perché davanti a lui c’era un granroriano. E non uno di quelli che aveva appoggiato il Re del Mondo Altrove per potere e prestigio. Zungurii lo conosceva da anni. Aveva sempre considerato un vanto quello di essere nato nel regno di Rubino, il più umile e povero. Poi, un giorno, era cambiato. Aveva iniziato ad appoggiare corpo e anima il nuovo dittatore. Sembrava aver dimenticato tutto e tutti. Era rimasto solo il disprezzo.

Un sorriso beffardo piegò le labbra del vincitore.

“Mi aspettava di meglio dal più forte duellante del villaggio.”

Zungurii afferrò la terra sotto le sue dita. Se solo avesse potuto reagire senza rischiare che la punizione fosse peggiore di quella che si aspettavano, che le case fossero bruciate, i campi distrutti o le persone portate via. Se solo avesse saputo che cosa lo aveva fatto cambiare. E pensare che era tutta colpa di una carta che non sarebbe dovuta nemmeno essere lì e di una perquisizione inattesa.

Il comandante passò lo sguardo sulle famiglie raccolte di fronte a lui, senza sforzarsi neppure di nascondere il proprio diletto. In un certo senso gli facevano pena. Non capivano a che cosa stavano rinunciando, non lo avevano mai capito. Il Re del Mondo Altrove, prima, e ora l’Imperatore stavano riuscendo a fare quello che in tutta la storia di Gran RoRo non era mai successo. Non contava il Regno in cui nascevi, avevi le stesse possibilità di ricchezza, potere e carte potenti. Perché uno avrebbe dovuto scegliere di continuare a vivere come un misero contadino? O tornare a subire i soprusi dei regni più forti?

“Siete un villaggio d’inetti.” Riprese la propria arma, passata a uno dei suoi uomini prima dei duelli. “Però oggi voglio essere generoso. Offro a chiunque la possibilità di sfidarmi. Fosse anche a un bambino che ha appena ricevuto il suo mazzo e non è ancora registrato.”

Qualche risata si alzò tra i soldati, alcuni di loro sembravano invece veramente dispiaciuti che nessuno tra gli abitanti del villaggio Gurii fosse riuscito a vincere.

“Neppure i ribelli rimarrebbero in questa fogna di villaggio!”

“Sono solo dei pezzenti.”

“Pensavano di essere furbi a nascondere quella X-Rare?”

“Veramente chiunque?”

Il comandante tornò a guardare di scatto i paesani. C’era veramente qualcuno di così stupido da averlo preso sul serio? Evidentemente il divertimento non era ancora finito.

“Sono un uomo di parola.”

Alcuni abitanti del villaggio si fecero da parte e, sotto lo sguardo di Zungurii e di tutti i soldati, Aileen avanzò. Aveva le mani strette a pugno e teneva la testa alta. Dentro, lo stomaco sembrava sul punto di farle tornare su la colazione. La giovane si stava altamente pentendo della sua decisione.

Gli unici duelli che avesse mai fatto erano quelli con Vey o gli amici del suo villaggio. In quei mesi in fuga non era cambiato molto. Non aveva mai messo in gioco la libertà di altre persone.

Aileen si fermò e deglutì. Non c’era nessun altro, doveva ricordarselo. Magisa lo avrebbe sconfitto in quattro e quattr’otto, ma era debole ed era meglio non attirare l’attenzione su di lei più del necessario. Zungurii, a pochi passi da lei, la fissava ma presto il suo sguardo fu attratto da Magisa e Serjou.

“Ti affronto io.” Parlò senza balbettare e ne fu orgogliosa, sicura com’era di svenire da un momento all’altro.

Il comandante la squadrò e Aileen si sforzò di non abbassare lo sguardo. Non doveva mostrarsi debole.

“Che cosa abbiamo qui? Non perdo neppure tempo a chiedervi il permesso di viaggio, è evidente che siete qui senza autorizzazione. Sarà un piacere arrestarvi.”

Il granroriano fece un passo avanti e i muscoli della ragazzina si tesero. Scappare sembrava così invitante.

“Sei una piccola sciocca e insolente. Non sai che nei duelli si risponde veramente agli attacchi?”

Aileen strinse le labbra. Lo sapeva. Vey era stato bravo a mostrarglielo. Ora era arrivato il momento di mettere a frutto i suoi insegnamenti. Inspirò. Avrebbe fatto di tutto per renderlo orgoglioso.

“Sei hai paura di perdere contro di me, puoi andartene subito.” La ragazzina si morse la lingua, pentendosi della sua sfacciataggine. Quello, sarebbe sicuramente stata una cosa che avrebbe reso Vey orgoglioso. Quasi lo sentiva ridere.

Il comandante strinse i pugni e un lampo scuro attraversò le sue pupille.

“Te ne pentirai. Soffrirai e pregherai di aver già perso.”

Un attimo dopo, attraversò il varco bianco che lo avrebbe condotto sul campo di battaglia. Magisa si avvicinò ad Aileen e le posò una mano sulla spalla.

“Non farti intimorire dall’ammasso di stupidaggini che persone come lui riescono a espellere dalla bocca. Faremo tutti il tifo per te.”

Aileen annuì e inspirò a occhi chiusi. Avrebbe dimostrato di essere degna di essere una Maestra della Luce. Non si sarebbe arresa, fino all’ultima vita e all’ultima carta. Riaprì gli occhi.

“Varco apriti, energia!”

La ragazzina scomparve in un varco di luce bianca e verde. Zungurii si voltò verso Magisa che annuì e alzò lo scettro. Un attimo dopo, si ritrovarono sugli spalti del campo di battaglia.

E il duello ebbe inizio.

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Gli abitanti del villaggio erano in trepidante attesa. La speranza brillava debole nei loro occhi, privi della forza di illudersi. I soldati, invece, erano sicuri della vittoria del comandante anche se, alcuni, speravano di nascosto che si stessero sbagliando.

Magisa, Zungurii e Serjou uscirono dal campo di battaglia. Nessuno ebbe il tempo di studiare i loro volti per cercare di interpretare la fine del duello. Due varchi luminosi si aprirono e tutti si voltarono verso di essi.

Aileen lo attraversò e, la prima cosa di cui ebbe percezione, furono le braccia di Zungurii che la sollevavano in aria e la facevano ruotare. Vide l’ampio sorriso di Magisa e la gioia dei paesani che iniziarono a scambiarsi pacche sulle spalle e abbracci.

Fu allora che se ne rese veramente conto. Aveva vinto!

Una risata cristallina sfuggì dalle sue labbra. Zungurii la posò a terra e, con la testa che girava, si ritrovò tra le braccia di Magisa. Anche gli abitanti del villaggio si strinsero a loro, desiderosi di ringraziarla.

I soldati si ripresero solo allora dalla sorpresa e videro il loro comandante ancora accasciato a terra, intento a sollevarsi con scatti rabbiosi.

Il soldato più vicino, poco più che un ragazzo, accorse per aiutarlo ma fu respinto dallo sconfitto.

Il comandante si rimise in piedi, il volto contorto in una maschera di rabbia e vergogna. Era stato sconfitto da una mocciosa.

Brandì la propria arma e sparò nella folla. Il boato sollevò grida di paura da tutto il villaggio. Un uomo si accasciò a terra stringendosi la spalla.

“Razza di feccia! Quella mocciosa non è censita e questo duello non è valido!”

Rabbia, paura e indignazione serpeggiarono sui volti di tutti i granroriani del villaggio Gurii. Zungurii fu il primo a farsi avanti.

“Vale, razza di bugiardo! Un duello è legale se convalidato da un’autorità. Quello che guarda caso sei tu!”

Il comandante si voltò verso i suoi uomini. “Fate il vostro dovere. Sapete tutti la punizione per il loro reato.”

I soldati fecero come gli era ordinato, i più titubanti spinti avanti dai colleghi. Nuove grida si alzarono quando padre, fratelli e figli venivano strappati dalle famiglie.

Aileen si strinse a Magisa. “Non potete farlo!”

La sua voce si perse nella confusione. Un bambino fu strappato dalla stretta sul padre e fu gettato a terra. Non potevano separare chi si voleva bene. Qualcosa scattò dentro di lei. Aileen sgusciò dalla presa di Magisa e si spinse avanti.

Strinse i pugni e chiuse gli occhi. “LASCIATELI ANDARE!”

Uno sciame di farfalla la avvolse e si diresse velocissimo verso i soldati. Il gruppo di militare si ritrovò letteralmente attaccato dai piccoli insetti. Dopo qualche vano tentativo di contrasto, furono costretti a lasciare i paesani e ad arretrare.

“COSA DIAMINE?”

Aileen aprì di scatto gli occhi e arretrò di un passo, rendendosi conto di quello che aveva fatto. Lo sguardo furioso del comandante incrociò il suo.

“Maledetta! La pagherai!”

Magisa e Zungurii si pararono subito davanti ad Aileen. Serjou la affiancò. Altri granroriani del villaggio si unirono a loro.

La maga giocherellò con il proprio scettro, l’espressione che minacciava fuoco e fiamme.

“Mi piacerebbe insegnarti le buone maniere, soprattutto su come si parla a una fanciulla.” Magisa bloccò lo scettro e la gemma iniziò a emanare una debole luce. “Mi limiterò a consigliarti di rispettare i patti!”

Il comandante strinse la mano sulla propria arma. Ma sapeva che non sarebbe servito. Aveva riconosciuto la donna con i capelli rosa.

“Non finisce qui.” La voce del granroriano sembrava quasi un ruggito. I suoi occhi erano neri. “Vi pentirete di non essere stati arrestati oggi!”

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Hideto si sistemò più comodamente sul sedile e sospiro sollevato. Era un miracolo l’essere riuscito a trovare un biglietto con così poco preavviso. Se solo avesse parlato con gli altri prima di partire: si sarebbe risparmiato un sacco di problemi.

Fortuna che Benjamin Glynnhorn viveva solo in Australia. E, ringraziava gli dei, era a lui che da mesi aveva promesso di fargli una visita. Non voleva neppure pensare quanti problemi in più avrebbe avuto, fosse andato per esempio a fare un viaggio in Africa. Tra ore in più di viaggio, cambi di linea…

Chiuse gli occhi e cercò di rilassarsi. Per una volta che si era immaginato un tranquillo rientro. Perlomeno, era riuscito a rendere il proprio check-in più veloce, svuotando mezzo zaino nello sgabuzzino di Ben. Non che i suoi sforzi avessero pagato, dato che si era ritrovato comunque ad aspettare e sbadigliare per quasi due ore in una fila che non sembrava finire mai.

Forse era la giusta punizione per la sua stupidità. Preparativi e viaggio non erano certo buone scuse per dimenticarsi della tradizionale rimpatriata organizzata da Mai ormai da tre anni. Come aveva fatto a non accorgersi dell’ormai imminente 30 agosto?

Se lo era ben ricordato appena arrivato a casa di Ben, poche ore prima. L’orrore, che aveva provato ad accorgersi della data, era niente in confronto a quello che aveva provato a trovare l’email di Mai datata una settimana prima.

I sensi di colpa gli avevano dato le ali ai piedi e la forza necessaria per rispondere all’email, risalutare un confuso Ben e fare dietrofront per l’aeroporto. Era stato fortunato a scoprire quell’email. Non se lo sarebbe perdonato.

La sua fortuna era finita lì. Il fatto che il primo volo disponibile per Tokyo partisse solo a notte fonda era sembrato solo un’enorme vendetta cosmica della sua dimenticanza.

Il rumore dei motori attirò la sua attenzione.

Hideto, seppur stanco, guardò sfilare via l’aeroporto australiano oltre il finestrino. Una volta in volo, la luna e le stelle nel cielo limpido sembravano quelle che vedeva dal deserto.

La vista lo rasserenò e tornò a richiudere gli occhi. In attesa di crollare nel sonno, iniziò a vagare tra i ricordi delle avventure condivise con gli amici. Non poté evitare di sorridere quando ripensò al giorno in cui Kenzo era sbucato dal nulla, in pieno deserto, e lo aveva trascinato nel futuro.

Durante le due precedenti settimane, aveva quasi temuto e sperato che succedesse di nuovo.

Quando aveva provato la strana e fastidiosa sensazione di non essere solo… Hideto, sul punto di assopirsi, aggrottò la fronte a quel ricordo. Era sicuro che fosse la prima volta, in tutti i viaggi compiuti dal 2009, che provava una sensazione così nitida.

Era andato nel deserto, perché aveva imparato ad apprezzare la solitudine. Ma, evidentemente, la certezza che non ci fosse nessuno per miglia non gli aveva impedito di sentirsi osservato.

Hideto sbadigliò e si rannicchiò più comodamente sul sedile, facendo attenzione a non disturbare il vicino.

Magari era lui a ingigantire un dettaglio ininfluente. Non sarebbe certo stata la prima volta che aveva un’allucinazione. Aver l’impressione di sentir chiamare il proprio nome, credere di vedere una sagoma nell’aria calda del deserto… probabilmente era solo frutto della sua immaginazione.

Stanco, scosse la testa per scacciare i dubbi, più che convinto ad avere il meritato riposo.

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Era strano, quel luogo era contemporaneamente sconosciuto e familiare. Un corridoio infinito, senza porte o finestre. Dove si trovava?

“Mai.”

Si voltò di scatto, ma non c’era nessuno. Il silenzio era inquietante. Forse si stava solo facendo suggestionare.

Riprese a camminare perché sentiva che doveva fare qualcosa o arrivare da qualche parte. Anche se aveva l’impressione di procedere da ore, attendibile che fosse la sua percezione del tempo, prima o poi sarebbe arrivata alla fine.

Infatti, poco più avanti di lei iniziò a intravedere qualcosa. O meglio, qualcuno. Sorrise soddisfatta della propria intuizione. Ma la gioia fu breve, quando riconobbe chi era davanti a lei.

“Dan!”

Il ragazzo sembrò non sentirla. Iniziò a correre, sperando di raggiungerlo, ma ogni passo sembrava allontanarla. Sentiva la paura crescere dentro di lei, ma avrebbe fatto di tutto per non ripetere quanto successo nel futuro. Non l’avrebbe perso di nuovo.

Il corridoio finì bruscamente. Di Dan neppure l’ombra. Si avvicinò lentamente a due porte che sembravano essere apparse dal nulla. Forse lui era dall’altra parte.

Quella a sinistra era chiusa. Indispettita, si avvicinò a quella di destra. Con la coda dell’occhio, credette di intravedere un varco luminoso, simile a quello di Gran RoRo. Tornò a voltarsi emozionata e riprovò ad aprire la porta di sinistra.

Iniziò a sentire un nodo allo stomaco e le mani sudate. Doveva aprire quella porta. Provò a colpirla, ma inutilmente.

“Guerriero Viola…”

La voce era debole, ma lei la sentiva. Afferrò con due mani la maniglia tentando di farla cedere. Poi, portò una mano ad asciugare le lacrime che stavano iniziando a riempirle gli occhi.

Dietro quella porta c’era Gran RoRo. Doveva aprirla, doveva tornarci, doveva…

Mai si scostò bruscamente e si portò le mani tra i capelli. Chiuse gli occhi e inspirò, nel tentativo di calmare i battiti del cuore. Che stava facendo? Se veramente dietro quella porta c’era Gran RoRo… come poteva andarci senza Dan?

Tornò a guardare la porta. Perché stava avendo quei dubbi? Lei voleva tornare a Gran RoRo.

Si obbligò a posare di nuovo la mano. Doveva affrontare la realtà. Dan non sarebbe tornato. Doveva smettere di usarlo solo come scusa per non soffrire ancora. Quello che aveva provato per lui non doveva diventare una catena.

“Sono pronto. Sarò io a premere il pulsante.”

Mai sgranò gli occhi.

“Ci siamo. Il momento è arrivato.”

Si voltò di scatto verso la porta di destra. C’era una luce rossastra che si rifletteva sulla sua superficie lucida.

Sapeva che cosa c’era dall’altra parte. Voleva andarsene, ma non poteva mostrarsi debole. Con il cuore in gola, entrò. E fu di nuovo lì.

Il duello concluso, scintille rosse e fumo.

“Quella è la rampa di lancio.”

L’illusorio senso di gioia, l’apparente facilità… e le parole di Dan.

“Sì, certo. Ho capito. Non esiste un pulsante. Sono io un essere pulsante.”

Non di nuovo. Mai si accasciò a terra e coprì le orecchie con le mani.

Non era forte come credeva. Non riusciva a dimenticare lo sguardo sconvolto di Yus, le lacrime di Plym, la rabbia di Clarky e l’incredulità di Hideto.

“Basta…”

Perché quel giorno la sua preghiera non era stata ascoltata?

Chiuse gli occhi, ma rivide lo stesso davanti a sé il volto di Dan. Lo aveva odiato in quel momento. Come poteva essersi rassegnato così facilmente?

Le lacrime cominciarono a rigarle le guance. “Basta…”

“Non si parlava di un oggetto. Ma del cuore che pulsa.”

Aveva odiato Dan. Aveva odiato se stessa. Si odiava anche ora, per non essere in grado di muoversi.

Un’altra volta immobile, ad aspettare la fine.

“Barone. Ti sono molto grato. È stato un duello avvincente.”

Rivide il vortice iridescente, risentì il grido di Barone. Risentì le proprie urla di dolore e tornò ad alzare gli occhi colmi di lacrime. Perché non si riusciva a perdonare? Sapeva che non ci sarebbe stato nulla che lei potesse fare. Era stata semplicemente la fine.

Cercò ancora una volta il sorriso rassegnato di Dan, che si stava sacrificando anche per lei. Ma ritrovò davanti a sé uno sguardo tradito.

“Mai, perché non hai fatto niente per salvarmi?”

La ragazza sbattè gli occhi e cercò di trovare le parole, ma sentiva la mente annebbiata.

“Potevi salvarmi.”

Si alzò di scatto nel tentativo di allontanarsi, ma non riusciva a muovere un passo. Lei aveva fatto il possibile… perché non capiva?

Lo sguardo carico d’affetto era diventato colmo d’odio.

“Perché hai mentito? Tu non mi ami!”

Era quello che aveva pensato veramente? Dan la odiava.

Lei non l’aveva salvato. Doveva chiedergli scusa, fargli capire che aveva fatto di tutto.

“Non ti perdonerò mai.”

Il suo voltò si dissolse in un lampo bianco.

Si prese la testa tra le mani e gridò.

“NO!!!”

Mai si sollevò di scatto e si ritrovò nel buio della propria camera. Si guardò attorno spaesata, con il sudore che le colava lungo la schiena. Portò le mani al viso e si accorse di avere le guance rigate di lacrime.

Si posò allo schienale del letto, rabbrividendo al contatto con il metallo. Sospirò e posò la testa al muro. Grazie al cielo era stato solo un incubo. Rimase ferma per lunghi minuti, in attesa che il respiro rallentasse e il terrore che attanagliava lo stomaco scomparisse. Bastavano sempre solo pochi minuti per smettere di singhiozzare.

Erano mesi che non faceva quell’incubo, che a lungo l’aveva tormentata appena tornata dal futuro. Era da quel torneo che non lo riviveva in modo così reale.

Rilassatasi, Mai tornò a distendersi e affondò il viso nel cuscino, per non vedere il tenue fascio di luce che filtrava dalla finestra socchiusa. Tentò di rimettersi a dormire, ma un pensiero indefinito le rodeva la mente. Riaprì gli occhi e guardò l’orologio digitale sul suo comodino. E capì subito perché il sogno avesse deciso di tornare a fare capolino.

30 agosto 2014: quarto anniversario dalla scomparsa di Dan e dal ritorno dal futuro.

Più lucida, ricordò cosa succedeva ogni anno in quel periodo. Quello stupido sogno tornava a ricordarle che, in fondo, non aveva veramente accettato quello che era successo. Non poteva evitare di pensare che, effettivamente, fosse vero. Il torneo di tre anni prima e il risveglio di Yuuki erano stati gli ultimi stimoli per riprendere in mano la propria vita, permettendole di metabolizzare quanto successo. Ma non era bastato per concedersi il perdono. Lasciar ricrescere i capelli non era certo sufficiente per riempire il vuoto che lui aveva lasciato.

Forse era presto, pensò tristemente Mai. Dopotutto, il baratro di dolore in cui era sprofondata dopo quell’avventura l’aveva segnata profondamente, allontanandola per mesi dall’amato Battle Spirits.

Stava quasi per rimettersi a dormire, quando ricordò la prima parte del sogno. Era una novità.

Novità che, casualmente, arrivava in concomitanza con le strane sensazioni provate nelle settimane precedenti.

Nei momenti più assurdi, aveva avuto l’impressione di essere osservata e di sentire chiamare il proprio nome. Ormai da giorni aveva cominciato a illudersi che fossero un segno. Ci mancava solo quel sogno ad attizzare le sciocche speranze che erano rinate dopo sei anni.

Sperava ardentemente che fosse davvero Magisa, altrimenti significava che iniziava a delirare.

La ragazza aprì gli occhi e si mise a sedere. Abituatasi alla penombra, guardò le foto che da mesi si trovavano sul suo comodino: quella con Dan e Clarky fatta nel futuro e quella con Yuuki, Hideto e Kenzo fatta solo pochi mesi prima. Le aveva messe vicine per rivedere i Maestri della Luce riuniti.

Sorrise quando ricordò che solo poche ore dopo li avrebbe rivisti, perlomeno quelli che ancora vivevano in quell’epoca. Forse avrebbe dovuto parlare con loro dei suoi dubbi. Era certa che l’avrebbero capita. Avrebbero sofferto tutti ad andare a Gran RoRo senza Dan e Clarky, con la possibilità di trovare due nuovi Guerrieri al loro posto. Accettare, perché era sicura che alla fine avrebbero preso tutti quella decisione, non sarebbe stato facile per nessuno.

Scosse la testa per scacciare quei pensieri e guardò l’ora.

Erano le quattro e mezzo e lei, ormai, era completamente sveglia. Non aveva senso cercare di riaddormentarsi. Si alzò e andò a spalancare la finestra. Rabbrividì per l’aria fresca che riempì la stanza. Verso est si intravedeva il chiarore che preannunciava l’alba. Il resto del cielo era azzurro cupo, orfano della luce delle stelle che sbiadivano e in attesa della luce solare.

Mai chiuse gli occhi e immaginò il mare, così silenzioso senza i bagnanti e gli ombrelloni. Sorrise e inspirò profondamente, riempiendosi i polmoni dell’aria fresca che spazzava via gli ultimi stralci dell’incubo.

Rabbrividì di nuovo a causa del sudore che rendeva appiccicosa la maglietta. Tornò quindi a voltarsi verso la stanza. Gli occhi fecero fatica ad abituarsi all’oscurità della stanza, ma la luce tenue era più che sufficiente per muoversi in una stanza che conosceva a menadito.

Vedendo il computer, un’ondata di nostalgia la spinse ad accenderlo. Dopo pochi istanti la luce azzurrina illuminò il suo volto e la foto sul desktop la accolse con i volti sorridenti suo e di Kaoru. Ridacchiò ripensando alle vacanze natalizie trascorse in America con la sorella e Andrew, a tutti gli effetti prolungamento della festa organizzata a casa di Elizabeth con gli altri.

Non vedeva l’ora di riabbracciarla. Anche se Kaoru tornava in Giappone ogni volta che poteva, non era mai abbastanza. Ma lei era felice lo stesso, perché vedeva come la sorella fosse entusiasta del futuro che stava creando lì con Andrew, fratello maggiore di Clarky. Sempre sul punto di fare il fatidico passo, lei stava cercando lavoro e lui lavorava in una base americana.

Meritavano entrambi di essere felici. Ricordava com’era stato penoso e ingrato dovergli comunicare la decisione di Clarky. Il fatto che fossero così uniti aveva aiutato.

Parlare con lui e raccontare la verità alla famiglia di Dan, erano stati il colpo di grazia per spezzare la poca forza che aveva racimolato nelle prime settimane. Aveva pianto a lungo, prima di incominciare a rialzarsi.

Tornando a concentrarsi sul computer, Mai aprì con pochi clic le cartelle che contenevano gli immensi archivi del suo vecchio blog, Parole Violette. Lì erano custoditi tutti i più bei ricordi di Gran RoRo.

Guardando quelle foto, tornò a rivivere l’estate del 2008, illudendosi per qualche istante di essere di nuovo lì. Da allora, la bellissima e strana famiglia che si era formata durante quell’avventura aveva perso tre componenti: Kajitsu, Dan e Clarky. Era stato come perdere una parte di loro. Una parte che, qualsiasi cosa avrebbero fatto, non avrebbero mai riavuto indietro.

Loro quattro erano diventati molto uniti. Seppur separati, impegnati a riprendere il filo della propria vita, non avevano mai smesso di restare in contatto e la loro amicizia era cresciuta. E, nonostante gli impegni di ciascuno, avevano cercato di incontrarsi il più possibile.

Era stato spesso difficile, lei con gli studi d’ingegneria informatica, Kenzo che studiava per quattro persone, Hideto che, quando lo immaginavi all’università, era invece in qualche angolo sperduto del mondo. Ma ne era sempre valsa la pena.

Mai stiracchiò le braccia e distolse lo sguardo dal computer, ritornando alla realtà. Si rese conto della luce che inondava la stanza.

Decise di andarsi a fare una doccia, per spazzare via le tracce delle ore passate in bianco. Non voleva certo che i suoi genitori si preoccupassero, non ora che il loro rapporto era stato recuperato. Era loro grata: avevano cercato di capirla e supportarla, come prima non avevano fatto.

Sbadigliò e, prima di alzarsi, controllò la casella email. Prima di aprirla, incrociò le dita e sperò che ci fosse la risposta di Hideto. Quel ragazzo era più in giro per il mondo che in un’aula universitaria.

S’illuminò nel vedere il messaggio tanto atteso.

“Scusa se non ti ho risposto prima. Non ti preoccupare, domani (o oggi, dipende quando leggi l’email) sarò a Tokyo.
A presto, Hideto.”

Tipico Hideto. Chissà quanti fusi orari avrebbe dovuto attraversare per mantenere la promessa. Quando l’aveva conosciuto, non avrebbe mai immaginato per lui una vita così vagabonda.

Chiuso il computer, Mai recuperò accappatoio e vestiti per la tanto agognata doccia. Mentre raggiungeva il bagno, iniziò a organizzare la giornata fino al primo pomeriggio, quando si sarebbe incontrata con gli altri.

Primo, avrebbe controllato il suo nuovo blog che le permetteva di restare in contatto con chi non aveva creduto ai giornali.

Poi, avrebbe passato il resto del tempo in spiaggia, accettando finalmente l’invito delle sue amiche di corso. Sperava solo che non cercassero di convincerla a qualche appuntamento al buio. Il giorno che sarebbe stata pronta, sarebbe stata lei a trovarsi un ragazzo con cui uscire oltre il secondo appuntamento. Di una cosa era certa, non avrebbe più usato l’amore che aveva provato per Dan come una scusa. Perché il passato era passato e lei doveva andare avanti. E per farlo non aveva certo bisogno di un fidanzato. Anche Dan, in quello non c’entrava. Quella era la sua vita e dipendeva solo da lei.


SPAZIO AUTRICE:

Salve a tutti. Vi presento il nuovo capitolo della versione 2.0. Spero vi piaccia, anche più di quello originale. Se vi va, fatemi sapere che ne pensate.
Per chiarezza, vi indico di nuovo quali sono le età dei Maestri della Luce a questo punto della storia: Mai 20 anni, Hideto 19 anni, Kenzo 15 anni e Yuuki 23 anni. È il 2014, ovvero sono passati 6 anni da Dan il Guerriero Rosso, 4 da il finale di Brave e 3 dall’episodio 0.

A chi si chiede chi sia Veihral o è curioso di sapere quali siano state le sue avventure, consiglio vivamente di leggere la fanfiction “Battle Spirits Rising - Julian, il guerriero rosso” di ShawnSpenstar dove Vey si ritrova a viaggiare con Julian Fines, il guerriero precedente a Dan Bashin, nel tentativo di liberare Gran RoRo dal Re del Mondo Altrove. I nostri eroi preferiti non ci sono, ma vi assicuro che merita. Anche perché, in accordo con Shawn, abbiamo deciso di considerare le nostre fanfiction ambientate nello stesso universe. Ovvero, potrebbe capitare che nella mia fanfiction ci sia qualche riferimento ad avvenimenti o personaggi precedenti alle due serie e che saranno presenti nella sua fanfiction (come Vey). In ogni caso, anche se deciderete di non leggerla, vi assicuro che non vi impedirà in nessun modo di capire che cosa stia succedendo.

Detto questo, vi do appuntamento al prossimo aggiornamento.

A presto, HikariMoon

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


CAPITOLO 2

Il cielo era tinto di colori soffusi. Un’atmosfera di pace e silenzio permeava il luogo, così lontano dalla città ancora addormentata.

I vialetti erano sempre deserti fino a tardi. Era solo da un paio d’anni che per l’anziano custode era iniziata una puntuale consuetudine.

Il sole sorgeva, lui andava ad aprire il cancello e il ragazzo arrivava. Silenzioso, sostava all’unica lapide sempre piena di fiori e poi se ne andava prima che arrivassero altri visitatori.

Alzò lo sguardo dal libro e lo scorse da lontano. Trovava commovente l’assiduità con cui il ragazzo veniva a commemorare la persona che aveva perso.

Riabbassò lo sguardo sul libro e si ritrovò, nonostante tutto, a sorridere al pensiero che, come molte mattine, la solitudine del ragazzo sarebbe stata presto timidamente interrotta.

Yuuki, nel frattempo, osservava la lapide dell’amata sorella e pensava. I ricordi che lo riportavano a un tempo perduto più lontano. La memoria che faceva riaffiorare un sorriso diverso.

Sfiorò con la mano la fotografia e si rimise in piedi bruscamente, gli occhi che non riuscivano a staccarsi dalla foto.

Un rumore di passi alla sua destra lo fece voltare. Il suo sguardo incrociò quello di una ragazza, ferma poco distante. Lei sorrise e per lunghi minuti rimasero in silenzio.

“Non volevo disturbarti. Prenditi tutto il tempo che ti serve.”

Yuuki sorrise, ormai rassegnato  al fatto di non poter convincere diversamente la ragazza. Una routine che si ripeteva ogni qual volta lei non aveva altri impegni.

“Elisabeth, sarei tornato a piedi, come sono venuto.”

L’interpellata scosse la testa. “Nessun problema. Mi fa piacere.”

Yuuki annuì e i due si voltarono verso la lapide, ognuno immerso nei propri pensieri. Elisabeth ogni tanto lo guardava di sottecchi e si chiedeva se mai sarebbe riuscita a capire l’enigma che Yuuki Momose costituiva. Conoscerlo da tre anni non sembrava essere sufficiente. Sembrava uno di quei personaggi indecifrabili dei romanzi che leggeva o delle favole che sua madre le raccontava. Allo stesso tempo tristi e fieri.

Forse era quello che, per un breve periodo, l’aveva convinta di provare qualcosa di più per lui. La speranza, che un giorno lui avrebbe ricambiato, aveva però avuto vita breve.  Aveva capito subito che il cuore dell’ex-Guerriero Bianco era chiuso in una barriera più invalicabile di quelle che creava con le sue carte.

Fortunatamente la loro amicizia era sopravvissuta all’infatuazione, ma da allora si era sempre chiesta perché Yuuki avesse alzato quella barriera. Per non soffrire ancora? O per proteggere ciò che custodiva?

Purtroppo non aveva trovato la risposta in ciò che lui le aveva raccontato. In un certo senso sentiva che la difficile infanzia, la sua vita a Gran RoRo e le avventure con i Maestri della Luce fossero solo la punta dell’iceberg. C’era un tassello importante del suo passato che, lo percepiva, lui non le aveva raccontato.

Forse per quello lo sentiva distante anche quando erano vicini.

Intuiva che la risposta fosse legata anche a Kajitsu, la cui ombra sembrava permeare ogni sua parola. Come onnipresente era il rimorso di non averla salvata e la sofferenza per l’impossibilità di continuare la battaglia per la verità. Ma, quando parlava di lei, c’era una luce diversa nel suo sguardo.

Come in quel momento, perso nei suoi ricordi. Quando lo guardava, provava lo stesso fastidio che sperimentava davanti ad un reperto archeologico che non riusciva a interpretare.

“Posso farti una domanda?”

Si accorse troppo tardi di aver parlato. Yuuki annuì e lei fu costretta a prendere un respiro, nel tentativo di riordinare le idee e capire che cosa chiedergli. Sapeva che non si sarebbe sfogato, le aveva fatto capire da lungo tempo che era qualcosa che doveva affrontare da solo. Ma la solita domanda fu l’unica che affiorò alla sua mente.

“Perché non riesci ancora a superare il senso di colpa?”

Yuuki la guardò e alzò un sopracciglio. Elisabeth abbozzò un sorriso e si dondolò sui piedi, iniziando a giocherellare con la borsa. Dopo qualche istante, abbassò lo sguardo sulla lapide e si chiese se non fosse stata troppo brusca e ripetitiva. Probabilmente si era stufato di avere a che fare con le sue ansie, neanche fosse sua madre.

Rendendosi conto dell’imbarazzo dell’amica, Yuuki sorrise. Ammirava la sua tenacia e il suo desiderio di comprendere le cose. Elisabeth era riuscita in quegli anni a diventare quasi una sorella per lui e il suo ottimismo era stato, insieme agli altri Maestri della Luce, ciò che aveva reso sopportabile la vita separata dal resto del mondo che era costretto a vivere.

Ma la verità era troppo complicata.

“Le avevo promesso che l’avrei protetta ad ogni costo, che saremmo riusciti a essere felici.” Mise le mani in tasca e alzò lo sguardo verso l’orizzonte.

La voce di Yuuki fece sussultare Elisabeth che si voltò verso di lui sorpresa. Non si aspettava che le avrebbe veramente risposto.

“Nessuno può controllare ciò che gli riserva il futuro.” Lei lo sapeva bene, come sapeva che bisognava sempre andare avanti.

Yuuki sospirò. Guardò un’ultima volta la lapide e s’incamminò lungo i vialetti. Elisabeth rimase immobile qualche istante, prima di raggiungerlo e affiancarlo.

“È diverso. È stata tutta colpa mia.”

Elisabeth si morse un labbro e fece per replicare, ma non trovò niente da dire. Che cosa poteva fare lei per convincerlo del contrario?

“Sarei dovuto scappare, portarla al sicuro. Invece mi sono fatto stupidamente convincere.”

Yuuki si fermò, cogliendo di sprovvista Elisabeth che avanzò di qualche passo. La ragazza si voltò verso di lui, sentendosi in colpa per averlo spinto a parlare. Rivivere l’accaduto di certo non lo aiutava.

“Non ho fatto niente per fermarla. Avrei dovuto cercare di dissuaderla.”

“Lei ha preso la sua decisione. Non pensi che come te sarebbe stata pronta a fare qualsiasi cosa per la vostra felicità?”

I loro sguardi s’incrociarono ed Elisabeth sorrise incoraggiante. Lui rimase in silenzio, consapevole che aveva ragione ma incapace di accettare che, tra loro due, fosse stata lei a pagare per le loro scelte. Avrebbe meritato lei una vita normale, libera dal Nucleo Progenitore.

“Devi liberarti dal senso di colpa, Yuuki.”

L’ex-Guerriero Bianco scosse la testa lentamente ed Elisabeth si rassegnò. Era certa che Yuuki sarebbe riuscito ad andare avanti, ma ognuno affrontava il dolore in modo diverso. Forse, per lui, la ferita era ancora troppo fresca.

Nessuno dei due disse altro. Alla fine, Elisabeth lo prese a braccetto e si rincamminò verso l’uscita. Sorrise, cercando di riportare il buon umore ad entrambi.

“Forza, torniamo a casa. Se non facciamo un duello di Battle Spirits, oggi pomeriggio non ti lascio uscire!”

Yuuki sogghignò, lasciandosi guidare. “Sicura di voler perdere?”

Elisabeth sbuffò e gli lanciò un’occhiataccia. “Cosa ti fa credere che io perderò?”

Quando vide che stava per aprire bocca, la ragazza si allontanò da lui e gli colpì il braccio con il dorso della mano. “Non volevo una tua risposta!”

La risata di Elisabeth riempì l’aria e Yuuki alzò le mani in segno di resa. Insieme, si avviarono verso la limousine che li aspettava.

Mentre camminavano, Yuuki sorrise al pensiero di come la ragazza lo spronasse come un tempo faceva Dan. Non avrebbe mai potuto ringraziarla a sufficienza. Avrebbe meritato che gli raccontasse la verità sul suo passato. Che non era solo Kajitsu che lui piangeva, che era la speranza di poterla rivedere un giorno a non farlo soccombere al dolore.

Che era stato sognare Kajitsu a risvegliarlo dal coma.

Finalmente seduto accanto ad Elisabeth, il paesaggio che sfilava fuori dal finestrino, Yuuki arrivò a risolvere il dubbio che lo tormentava da giorni.

Non poteva raccontare a Elisabeth del sogno di tre anni prima né delle strane sensazioni che provava da settimane, ma era arrivato il momento di parlarne con gli altri Maestri della Luce.

Sperava che le sue non fossero illusioni, che quelle sensazioni fossero veramente legate a Gran RoRo. Era solo in quel mondo che poteva espiare i suoi sensi di colpa.

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Hideto si fermò vicino a una roccia per asciugarsi il sudore. Davanti a lui si stendeva il deserto australiano.

“Hideto.”

Sbattè le palpebre e si voltò di scatto, guardandosi attorno. Solo deserto, a perdita d’occhio.

Si voltò di nuovo e, quello che vide, lo lasciò di stucco. A pochi metri da lui, l’aria vibrava. Un bagliore di luce la squarciò e apparve un paesaggio che conosceva bene, Gran RoRo.

“Guerriero Blu.” Sgranò gli occhi.

Qualcuno gli stava delicatamente scuotendo la spalla. Hideto, ancora intontito dal sonno, dovette impiegare qualche secondo per accorgersi che l’aereo era molto più silenzioso di quello che ricordava. Iniziò lentamente ad aprire gli occhi.

“Mi scusi, l’aereo è atterrato. Deve scendere.”

Si sollevò e si guardò attorno. L’hostess gli stava sorridendo. Aggrottò la fronte cercando di ricordare il sogno che stava facendo.

“L’aereo…”

Annuì, decidendo di lasciar stare il sogno. “Sì, scusi.”

Si slacciò la cintura e pochi istanti dopo scese dall’aereo. Per ritirare lo zaino lo attendeva un’altra fila. Solo con i suoi pensieri, Hideto cercò di riafferrare il sogno che stava sbiadendo nella memoria.

Era certo che c’era qualcuno che lo chiamava e che riguardava Gran RoRo.

Hideto non credeva molto al caso. Gli piaceva pensare che, se tutti loro erano diventati Maestri della Luce, ci fosse un motivo sotto. Perciò, era convinto che sognare Gran RoRo, dopo che per settimane aveva avuto la sensazione di essere chiamato, dovesse significare qualcosa.

Afferrò lo zaino e si fermò. Gli altri avevano avuto le sue stesse sensazioni? Avrebbe dovuto prepararsi a due nuovi guerrieri che sostituissero Dan e Clarky? Sospirò: non sarebbe stata un’impresa facile.

“Potrebbe sbrigarsi? Non è l’unico che deve ritirare il bagaglio!”

Si riscosse dai pensieri e si allontanò velocemente verso l’uscita, ignorando l’occhiataccia dell’altro viaggiatore.

Immergendosi nel confusionario via vai di persone, Hideto decise che non aveva senso preoccuparsi in anticipo. La cosa migliore era parlare con gli altri. Insieme avrebbero capito che cosa stava succedendo… sempre se non era soltanto la stanchezza che decideva di vendicarsi.

Sbuffando per il caldo, mitigato fino a quel momento dall’aria condizionata, raggiunse la fermata della corriera. In attesa di incontrare gli altri, aveva tutto il tempo di tornare a casa e farsi una doccia. Magari riusciva anche a fare un duello con il suo inossidabile nonno.

Sorrise, ripensando a tutta la fatica che aveva fatto per recuperare il rapporto con la sua famiglia dopo la drastica decisione di cinque anni prima. Era letteralmente scappato da casa. Alla fine, però, avevano capito la sua necessità di fuggire e ora non si opponeva, generalmente, al suo desiderio di esplorare.

Sapeva, però, che quello che li aveva resi veramente orgogliosi era stata la sua decisione di iscriversi a medicina.

Se solo Dan, Clarky e Kajitsu fossero stati con loro, sarebbe stato perfetto. Anche accettare che la loro battaglia per la verità andasse a rilento sarebbe stato più facile.

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Kenzo cominciava a credere di aver sbagliato libro. Le righe sembrano essere scritte in una lingua straniera. Le leggeva ma non capiva mezzo concetto. Ogni tanto spostava lo sguardo sul computer accesso, giusto per mostrarsi impegnato.

Era distratto, ma non era colpa del caldo.

Beati i suoi compagni di classe, pensò osservandoli di sottecchi. Se la ricerca andava bene, non sarebbe certo stato per merito suo. Si mosse e la sedia cigolò nel silenzio. Faticò a trattenere uno sbuffo.

Come poteva pensare ad altro che non fosse trovare una spiegazione razionale al sogno di quella notte? Finché erano state le sensazioni delle settimane precedenti, le aveva bollate come suggestioni.

Ma il sogno? Non ricordava di averne fatto di più strani… ok, forse c’era stata quella volta che aveva sognato di essere inseguito da un sashimi gigante. Kenzo rabbrividì al pensiero e si obbligò a concentrarsi sul sogno. Era a Gran RoRo e tutto sembrava così vivido che, una volta svegliato, si era sorpreso di non essere lì.

Qualcuno lo aveva chiamato e ricordava distintamente di aver cercato un varco.

Arrovellandosi, era poi arrivato alla conclusione che dovesse essere in qualche modo collegato alle strane sensazioni.

Quello che non capiva era perché adesso?

Kenzo iniziò a scarabocchiare sul quaderno. Gli sembrava strano che Gran RoRo fosse di nuovo in pericolo dopo così pochi anni. E di certo non era l’umanità a essere pronta a riunirsi con il Mondo Altrove.

Anche ipotizzando la prima soluzione, non era del tutto convinto. Come aveva fatto Magisa a non accorgersi di una minaccia così vicina? E chi avrebbe sostituito Dan e Clarky?

Certo non invidiava questi ipotetici nuovi guerrieri, costretti a entrare in un gruppo affiatato e a essere inesorabilmente confrontati con i due predecessori.

Sarebbe stato quasi meglio che fossero sostituiti tutti. Tanto, se anche Magisa fosse riuscita ad aprire un varco per il futuro, cosa diceva loro che Clarky avrebbe rinunciato alla vita che si era costruito? E Dan? Non era mai riuscito a credere veramente che l’apparizione del Nucleo significasse la salvezza di Dan.

Voleva crederci, ma razionalmente la possibilità che fosse vero era minima. Ma fino a quanto la scienza poteva essere tenuta in conto quando si parlava di Gran RoRo?

Voleva trovare le risposte, ma ne aveva paura. Per tutti era più facile aggrapparsi alla flebile speranza che un giorno avrebbero rivisto Dan, piuttosto che arrendersi ad un’ipotetica realtà.

Forse, era arrivato il momento di parlarne con gli altri. Confrontandosi con loro, avrebbe scoperto se erano solo sue paranoie oppure sensazioni condivise.

Doveva solo trovare il modo di introdurre il discorso.

Tornò a fissare i libri da cui stava cercando di raccogliere il materiale per la ricerca. Provò a concentrarsi, ma la sua testa non voleva collaborare.

Tutta colpa sua che aveva deciso di incontrare i compagni di classe proprio quella mattina. Fortunatamente non mancava molto tempo, dopotutto avevano già pranzato…

Sgranò gli occhi e alzò lo sguardo verso l’orologio, accorgendosi di un piccolo insignificante dettaglio. Era in ritardo, mostruosamente in ritardo. Aveva meno di un’ora e doveva anche riportare libri e quaderni a casa.

Si alzò di scatto, raccogliendo in furia tutto il materiale, quasi spaventando gli amici.

“Scusate, ma devo scappare. Sono già in ritardo!”

Non aspettò neanche risposta e si fiondò fuori dalla porta dell’aula, accompagnato dai loro saluti.

Zaino in spalla, corse giù per le scale. Ovviamente, con quel caldo, si era dovuto dimenticare dell’ora.

Se solo non avesse rifiutato l’offerta dei genitori. Non essendo una persona particolarmente sportiva, ora gli avrebbe fatto comodo un passaggio in auto. Doveva solo pregare di essere fortunato con le coincidenze della metropolitana. Incrociando le dita, sarebbe arrivato velocemente a casa sua.

Ma ci sarebbe voluto un miracolo per arrivare in tempo all’appuntamento sulla spiaggia. L’unico lato positivo del momento era che non aveva più tempo per rimuginare su quanto successo. Era già tanto se riusciva a concentrarsi sul correre e scansare le persone.

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Mai mosse la mano in segno di saluto e si allontanò lungo il marciapiede, lasciando che le amiche si rimmergessero nella folla che assediava la spiaggia.

La ragazza si risistemò gli occhiali da sole e sorrise, iniziando a canticchiare l’irritante canzoncina con cui una delle sue amiche le aveva torturate per tutta la mattina. Sbuffò e scosse la testa, chiedendosi per quanto tempo le sarebbe rimasta fissata in testa.

Sopra di lei il cielo era azzurro e il sole luminoso. Era una giornata così meravigliosa da farle quasi dimenticare il caldo.

Pochi minuti dopo, scorse la sua meta, lo stesso punto in cui quattro anni prima si erano incontrati lei e Kenzo. Accelerò il passo e, una volta arrivata, posò la borsa a terra. Senza esitazione salì sul muretto, sedendosi con le gambe ciondolanti sull’alta protezione della spiaggia.

Chiuse gli occhi e inspirò l’aria mossa da una leggera brezza.  Prese la bottiglietta e bevve un sorso d’acqua, sogghignando nel vedere sotto di lei la folla di bagnanti. Era decisamente sollevata di essersi allontanata almeno un po’ da tutta quella confusione.

Controllò che la vicina fermata del tram fosse ancora vuota e spostò lo sguardo sull’orizzonte lontano. Riprese a canterellare, ma dopo pochi minuti infilò la mano nella borsa e tirò fuori il proprio lettore digitale. Ben presto, Mai chiuse fuori dalla sua mente le risate e le voci che provenivano da sotto, immergendosi nella lettura dell’ultimo romanzo che sua sorella le aveva consigliato.

“Sorpresa!”

Mai sobbalzò e non riuscì a trattenere un gridolino. Fu solo un colpo di fortuna che non le fece perdere l’equilibrio e far cadere in picchiata il lettore. Si afferrò al muretto con una mano e chiuse gli occhi, iniziando a contare lentamente per calmare i battiti del cuore e il proprio istinto che gridava vendetta.

Arrivata a nove, decise che il colpevole meritava la sua ira e si voltò. Sorridente, Hideto era accucciato accanto a lei.

“Hideto Suzuri! Tu sei…”

La ragazza strinse le labbra e socchiuse gli occhi, intenta a trovare una parola efficace a mostrare il suo disappunto senza offendere troppo l’amico. Hideto intanto non riusciva a non mostrarsi divertito, soprattutto vedendo l’espressione indignata e incerta di Mai. Il sorriso gli sparì dalle labbra quando la borsa di Mai gli arrivò sulla testa. Fece appena in tempo ad alzare le braccia per difendersi e a sedersi per terra, unico modo per evitare di perdere l’equilibrio.

“Sei un’idiota, Hideto!” Mai sorrise, vanificando in parte l’intento bellicoso.

Hideto scansò il secondo tentativo di Mai di colpirlo con quell’arma impropria e si alzò in piedi. Si fissarono e Mai cercò di mostrarsi molto offesa.

“Pari?” Il ragazzo le porse la mano, ricevendo in cambio un radioso sorriso.

Appena in piedi, i due si abbracciarono. Mai fu la prima a staccarsi.

“Allora, da quale parte del mondo sbuchi questa volta?”

“Oh, non molto lontano. Ero in Australia.”

La ragazza si scansò e lo colpì con la mano sul braccio. “E cosa aspettavi a rispondermi?”

“Sai com’è… i preparativi, il viaggio… mi sono accorto dell’email solo una volta tornato in città.”

La risposta spontanea fu per entrambi quella di scoppiare a ridere. Mai si afferrò al suo braccio, nel tentativo di calmarsi. Ma nessuno dei due ci riuscì per lunghi istanti. Alla fine, si voltarono a fissare il mare e il cielo percorso da bianche e vaporose nuvole.

“Allora, cosa mi racconti del tuo viaggio?”

Hideto non se lo fece ripetere due volte. Amava raccontare i suoi viaggi, non per vantarsi dei posti che aveva visto, ma perché gli piaceva condividere quelle esperienze con gli amici e le persone care. Soprattutto perché c’era più di qualche aneddoto divertente da riferire.

“… e così l’incredibile avventura di Hideto per tornare in Giappone ha raggiunto la sua conclusione.”

Mai non sapeva se ridere o scuotere la testa rassegnata.

“Lo sai che potevi avvertire, vero? Avremmo potuto sempre rimandare.” Sorrise divertita. “Poi non ti lamentare se ti faccio delle foto quando crolli addormentato.”

“Sai che non sarei mai mancato.” Hideto sorrise. Soprattutto perché erano ormai un paio di mesi che riuscivano a tenersi in contattato solo con email e telefonate. “Ma se poi è questa la mia ricompensa…”

“Ok. Niente foto.” La ragazza si allontanò e incrociò le braccia, inclinando la testa e sorridendo giocosa. “Almeno per questa volta.”

Hideto aprì bocca per replicare, ma la sua attenzione fu attratta dalla persona che stava arrivando dietro a Mai. La ragazza si accorse della sua espressione e si voltò. Hideto aveva già alzato la mano in segno di saluto.

Yuuki ricambiò e si fermò accanto ai due amici.

“Credevamo ti fossi dato alla macchia, Hideto. Capisco che il caldo può essere insopportabile a Tokyo…”

L’ex-Guerriero Blu sbuffò. “Mi sono fatto distrarre dal viaggio, ok? Penso che il ritorno sia già stata una punizione sufficiente.”

L’amico lo guardò con curiosità al che Hideto si limitò a sorridere imbarazzato. “Diciamo che potrei aver battuto il record dei viaggi improvvisati.”

Mai trattenne una risata solo per l’occhiataccia che Hideto le lanciò. Stava per cambiare discorso, quando il ragazzo sorrise con aria cospiratoria.

“Allora, come va con il ragazzo di cui ci parlavi Mai?”

La ragazza sgranò gli occhi, colta alla sprovvista. Sperò di non essere arrossita. “Ma che t’importa?”

“Scusa se mi preoccupo per te. Pensa se fosse uno di quei ragazzi asfissianti…” Sogghignò. “Non te lo scrolleresti più di dosso.”

Mai sbuffò. “Per favore, so badare a me stessa.”

Hideto si picchettò con il dito il mento. “Pensandoci, in caso di bisogno, potresti chiedere aiuto a Yuuki.”

I due ex-Guerrieri aggrottarono la fronte. “Ma sì, potresti chiedergli di fare lo sguardo di ghiaccio.”

Yuuki alzò i sopraccigli, faticando a trattenere un sorriso. Mai sbattè le palpebre. “Cosa?”

Hideto sorrise entusiasta e alzò il pollice. “Fuga assicurata!” Vedendo le espressioni poco convinte dei due, roteò gli occhi.

“Lo stesso che avresti fatto se Kajitsu fosse andata al liceo.”

L’ex-Guerriero blu scrutò il volto dell’amico e dopo pochi istanti sgranò gli occhi.

“Lo hai già fatto! Diamine, deve essere stata una scena memorabile, vederti in modalità fratello geloso. Chi è stato lo sfortunato?”

Mai stava seriamente contemplando la possibilità di scoppiare a ridere. Vedere i tentativi di Yuuki di evitare di rispondere a Hideto era piuttosto spassoso. Facendo appello al proprio buon cuore, però, decise di concludere la questione.

“Hideto, te lo ripeto. Non ho bisogno di guardie del corpo.”

L’attenzione del ragazzo fu effettivamente attratta dalle parole di Mai. Sospirando le passò un braccio attorno alle spalle.

“Appunto. Io stavo proponendo una soluzione che contemplasse un’uscita di scena per lo meno dignitosa dello sfortunato…”

Nessuno nel gruppo riuscì più a trattenere le risate. Poco lontano da loro, il tram si fermò sferragliando e una testa di riconoscibilissimi capelli verdi fece capolino dal mezzo di trasporto e s’infilò di corsa nel piccolo sottopassaggio. Kenzo ne sbucò trafelato pochi istanti dopo.

Il ragazzino, che fino a quel momento si era sentito in colpa per il ritardo, si fermò e fissò gli amici, perplesso nel vederli quasi piegati dalle risate. Per un brevissimo istante, pensò di poter essere lui il soggetto della loro ilarità. Scosse subito la testa a quel pensiero e percorse di corsa gli ultimi metri che lo separavano dagli amici.

Gli altri tre Guerrieri si accorsero allora dell’arrivo di Kenzo, si ricomposero velocemente e sorrisero con affetto nel vedere il più piccolo del gruppo quasi piegato dallo sforzo e in cerca di riprendere fiato.

“Scusate il ritardo.” Kenzo inspirò e sorrise. “Non mi ero proprio accorto dell’ora.”

Hideto gli posò una mano sulla spalla. “Lo sai che non serviva che corressi, vero? Ti aspettavamo.”

Ci fu un attimo di silenzio. Kenzo si risistemò gli occhiali e aspettò di aver sufficiente ossigeno nei polmoni prima di rispondere leggermente indispettito.

“Io ci tengo alla puntualità. Stavo facendo una ricerca e non ho guardato l’ora.” Non che quella fosse la verità, ma per il momento non aveva particolare importanza. Non era neanche una completa bugia: l’ora non l’aveva effettivamente guardata.

“Non sia mai che il nostro piccolo genio non riesca nei suoi mirabolanti progetti!”

Kenzo roteò gli occhi, chiedendosi come facesse a sopportarlo.

“Non è questo il punto! Hideto, qualche volta sai essere così infantile!”

Mai e Yuuki si guardarono divertiti, abituati ai siparietti tra i due amici. Poi la ragazza decise di intervenire per evitare una delle loro interminabili e amichevoli litigate.

“Kenzo, lo sappiamo. La vita di ciascuno di noi è importante come questi incontri. Su cos’era la ricerca?”

Con improvvisa chiarezza, il ragazzino iniziò a raccontare con sempre maggior slancio argomento della ricerca, lo stesso su cui quella mattina gli era stato impossibile concentrarsi. Doveva essere la vicinanza con i suoi amici, concluse Kenzo. Ora non gli restava che trovare un modo per introdurre il discorso sogni e sensazioni. Ignaro che anche gli altri tre stessero pensando la stessa cosa.

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Chiacchierando i quattro si erano allontanati dalla spiaggia, decisi a trovare una zona più tranquilla e magari più fresca. In accordo, avevano imboccato una delle stradine che portava verso la zona alta delle colline e all'area residenziale che costeggiava la spiaggia.

La loro scelta finale cadde su un piccolo parco, dove già in precedenza avevano trascorso qualche pomeriggio. Panchine all’ombra, solo qualche anziano e un gruppetto di mamme con bambini che giocavano sulle giostre. Perfetto per godersi a pieno la loro compagnia.

I Maestri della Luce si fermarono su una panchina un po’ in disparte, isolata com’era dalla giostre. Kenzo e Mai si sedettero subito, la seconda sollevata di poter posare la borsa piena degli oggetti da spiaggia. Hideto si limitò a posarsi allo schienale e Yuuki a un albero vicino.

Tra i loro discorsi, si erano brevemente soffermati sui progressi che stavano avendo con la battaglia per la verità di Gran RoRo. Decisi a non rovinarsi la giornata, avevano solo constatato i pochi risultati che stavano ottenendo e di come le persone, quando non erano coinvolte in prima persona, tendessero a dimenticare tutte quelle cose lontane dai problemi della vita quotidiana. Soprattutto poiché Gran RoRo, nella sua breve e improvvisa comparsa, aveva lasciato uno strascico di dubbi e paure.

Poi, inesorabilmente il discorso era passato su Gran RoRo e sull’acceso dibattito riguardante le probabilità che il varco tra i due mondi si aprisse di nuovo per loro. E come ogni volta erano due le direzioni prevalenti: la scientifica e rassegnata constatazione di Kenzo che neppure nel 2561 l’umanità aveva rivisto Gran RoRo e l’incrollabile fiducia di Yuuki.

Hideto sospirò, quando per l’ennesima volta la loro discussione arrivò a un punto morto, e decise che era il momento giusto per scoprire se i sogni e le sensazioni volessero dire qualcosa di più.

“Sarebbe bello avere almeno un segno, vero? Qualcosa per farci capire che Gran RoRo non ci ha dimenticato.”

Sorrise e guardò gli amici, sperando che vedere sui loro volti un segno di conferma. E non dovette attendere molto per vedere Mai e Kenzo sgranare gli occhi e Yuuki staccarsi dall’albero.

“Avete avuto anche voi la sensazione di essere chiamati?” Kenzo faticava a trattenere la propria eccitazione. Quella volta sarebbe stato contento che le sue teorie scientifiche avessero torto.

Mai annuì. “Proprio stanotte ho avuto un sogno. Arrivavo a quella che sentivo essere una porta per Gran RoRo.” Poi il sogno era diventato meno piacevole, ma non aveva nessuna intenzione di ripensarci.

“Anche io qualcosa di simile. E ricordo distintamente che c’era qualcuno che mi chiamava.” Hideto aggiunse dopo aver ripensato al breve sogno interrotto sull’aereo.

“È vero. Anche io mi sentivo chiamare.” Mai sarebbe voluta restare con i piedi per terra, ma non riusciva a impedire che la speranza aumentasse nel suo cuore.

“Idem per me. Non possono essere solo coincidenze. Tu Yuuki?” Kenzo era euforico.

L’ex-Guerriero Bianco si limitò ad annuire. Aveva provato anche lui quelle sensazioni durante le precedenti settimane. Aveva sempre sperato che fossero collegate al sogno di tre anni prima, l’incontro con Kajitsu che lo aveva risvegliato dal coma. Ma nessun sogno era mai stato simile a quello. Scosse la testa per scacciare quei pensieri e si voltò verso gli amici.

“Pensate anche voi che possano avere un collegamento con Gran RoRo?”

Nessuno ebbe il coraggio di confermarlo ad alta voce, quasi per paura che convincersene non avrebbe fatto altro che far svanire tutto. Ma quanto potevano essere alte le probabilità che tutti e quattro facessero sogni simili la stessa notte? Senza contare che tutto era sembrato così reale.

Hideto stava per dire qualcosa, ma la voce gli morì in gola e ne uscì solo un flebile suono strozzato. I tre amici si voltarono verso di lui preoccupati, ma ogni loro domanda fu resa inutile quando una piccola e luminosa farfalla verde volteggiò in mezzo a loro. Sgranarono gli occhi uno dopo l’altro. Non riuscivano a credere a quello che vedevano. Pensarono a un’illusione, a un gioco di luci, ma quella farfalla era impossibile da confondere con altro. Se non altro, la scia luminosa che si lasciava alle spalle non dava adito a dubbi.

Come se avesse capito di aver attirato la loro attenzione, la farfalla si librò attorno a loro. Tutti trattennero il respiro, un po’ per lo shock e un po’ per il timore che quella fosse solo frutto della loro immaginazione, pronta a scomparire da un momento all’altro.

Se non era quello un segno di Gran RoRo, poco altro sarebbe potuto esserlo.

L’insetto si allontanò da loro, volteggiando delicatamente fino a posarsi sul tronco di uno degli alberi di fronte.

Un attimo dopo, Mai e Kenzo si erano alzati di scatto dalla panchina, gli occhi sgranati come quelli di Hideto e Yuuki, che era leggermente impallidito. Nessuno di loro era in grado di distogliere lo sguardo da ciò che ero loro apparso davanti.

Appena sfiorato il tronco, la farfalla si era dissolta e al suo posto era apparsa Kajitsu. Identica al giorno di sei anni prima in cui l’avevano persa, l’abito scuro che sfiorava l’erba.

La ragazza, spirito o illusione che fosse, si voltò e sorrise loro. Un istante dopo, un pallone le sfrecciò davanti. L’urto con un tronco riscosse i quattro, che sbatterono le palpebre come risvegliati da un sogno.

Tre bambini corsero davanti a loro e ridendo recuperarono il pallone, tornando subito dopo dalle madri.

Davanti a loro Kajitsu si era dissolta, quasi a convincerli che fosse veramente tutto frutto della loro fantasia. Stavano quasi per crederci, ma il loro sguardo fu attratto da uno scintillio verde. La farfalla era riapparsa all’entrata del parco e li invitava a seguirla.

“Avete visto anche voi? Non me lo sono immaginato?” chiese Kenzo, azzardandosi a rompere il silenzio. Il ragazzino si sistemò gli occhiali che gli erano scivolati sulla punta del naso.

Hideto ridacchiò. “Mi auguro vivamente di no. Se non è vero, l’alternativa è che siamo tutti impazziti. Non molto invitante, a parer mio.”

“O potrebbe essere una trappola.” Tutti si voltarono verso Yuuki, concordando con un unanime silenzio. Non sarebbe stata la prima volta che succedeva.

“Chiunque c’è dietro sa che le avremmo riconosciute”, concluse il ragazzo. Non voleva fidarsi, ma qualcosa dentro di lui gli diceva che sarebbe stato diverso.

“Il punto è: siamo disposti a correre il rischio?” Mai espresse la domanda che tutti si stavano ponendo. Ma come potevano far finta di niente davanti a quella che poteva essere un’occasione da non sprecare?

La farfalla, però, sembrava non avere intenzione di assecondare i loro dubbi e iniziò ad allontanarsi. E così i quattro ex-Maestri della Luce risposero d’istinto, iniziando a correrle dietro.

Non si preoccuparono neppure di verificare se qualcuno si fosse accorto di qualcosa.

Fuori dal parco, proseguirono nelle stradine quasi deserte, dove incrociavano solo qualche passante solitario che si limitava a fissarli per qualche istante con sguardo perplesso.

Nonostante le strade fossero abbastanza in ombra, grazie agli alberi, i quattro risentivano comunque del caldo, ancora abbastanza intenso seppur l’estate fosse quasi finita. E man mano che passavano i minuti, gli effetti si facevano sentire. La farfalla, infatti, era già riuscita a distanziarli.

Il più sconsolato del gruppo era Kenzo, ben consapevole di essere tra tutti quello meno allenato.

“Non ci posso riuscire!” Si pentì subito di aver parlato, sentendosi venire meno l’ossigeno nei polmoni.

Mai scosse la testa e gli afferrò la mano. “O tutti o nessuno, Kenzo.”

Il ragazzino si sforzò di sorridere per mostrare la sua gratitudine e annuì, cercando di trovare la forza necessaria per continuare. Fosse stato per loro, Mai, Hideto e Yuuki avrebbero rallentato, ma avevano paura che così facendo avrebbero perso la farfalla e con essa la possibilità di rivedere Gran RoRo.

Svoltarono a un angolo e videro davanti a loro i binari del tram. A pochi passi dalla sbarra abbassata si fermarono, silenziosamente grati della possibilità di riprendere fiato. Non si dovettero neppure preoccupare di perdere la farfalla, che si era fermata poco più avanti, vicino al parapetto del canale poco oltre ai binari.

Kajitsu era riapparsa per un fugacissimo istante, giusto il tempo di scorgere la nuova trasformazione prima che il treno passasse davanti a loro sferragliando. Per pochi istanti capelli e lembi di vestiti furono scossi dalla ventata d’aria.

Una volta che il treno fu passato, c’era di nuovo solo la farfalla che aveva ripreso ad allontanarsi.

E così la corsa ricominciò, quasi un’assurda caccia al tesoro senza fine, dove l’unico indizio era una verde farfalla che per brevi istanti diventava l’immagine della piccola Kajitsu. Ogni volta era una visione fugace: seduta sopra a un muro, in mezzo alla strada, appoggiata a un palo. Indizi che indicavano una metà che esisteva ma che sembrava non arrivare mai.

Se dovevano essere sinceri, era diventato ancora più difficile seguire il minuscolo insetto e non solo per i crampi ai muscoli. Le strade di Tokyo erano affollate e ogni metro che facevano significava evitare di scontrarsi con un passante.

Il loro terrore più grande si materializzò quando arrivarono a un incrocio. La farfalla non si vedeva da nessuna parte. Ansanti, si guardarono attorno con ansia crescente. Il sudore colava giù dalla schiena e rendeva i loro vestiti appiccicosi. Avevano perso la loro occasione? O era stato tutto solo un’illusione fin dall’inizio?

Poi, la videro ed emisero un sospiro, improvvisamente sollevati. Kajitsu era ferma oltre la strada, dall’altra parte del passaggio pedonale. Invisibile a tutti, dietro alla folla in attesa di attraversare, sembrava volerli rassicurare che li avrebbe aspettati.

Un camion passò loro davanti, coprendo la loro visuale. Un attimo dopo, il semaforo si fece verde. Iniziarono ad attraversare, ma la farfalla aveva sostituito di nuovo la figura evanescente.

Ormai era solo l’adrenalina che li spingeva ad andare avanti, strettamente ancorata alla speranza di rivedere Gran RoRo. Il forsennato battito dei loro cuori non era dovuto solo alla corsa.

Dentro di loro, ciascuno dei quattro si chiedeva per quanto sarebbero andati avanti. Sapevano tutti benissimo che non avrebbero potuto proseguire ancora molto. Era un miracolo che Kenzo avesse resistito così a lungo, ma gli altri non erano messi meglio.

La farfalla, per loro fortuna, continuò solo per pochi minuti fino a quando raggiunse un edificio dotato di terrazza sopraelevata adorna di verdi aiuole.

Mai, Yuuki, Hideto e Kenzo si fermarono ai piedi della rampa di scale. Non sentivano quasi più le gambe e l’ossigeno che respiravano a grandi boccate sembrava non bastare mai. Se avessero avuto le forze per parlare, uno di loro avrebbe sicuramente evidenziato come fosse ironico il fatto di essere ancora una volta lì, in quel luogo che conoscevano così bene.

Superata la sorpresa, i loro sguardi si alzarono verso l’alto e videro l’evanescente Kajitsu di fianco al muretto che cingeva il giardino. Si fissarono in silenzio, finché Kajitsu sorrise e lentamente si avviò tra le aiuole. Anche senza quella conferma, sapevano di essere arrivati.

Si guardarono un attimo e annuirono, avviandosi su per le scale. Hideto sbuffò e borbottò qualcosa, mentre Kenzo sembrava sul punto di alzare bandiera bianca. Nonostante la fatica, riuscirono ad arrivare tutti insieme sulla terrazza, giusto in tempo per vedere Kajitsu svanire tra le siepi.

La seguirono lentamente, un po’ per riprendere fiato, un po’ per l’emozione e un po’ per l’ondata di ricordi che la loro mente tirò fuori. Erano successe tante cose in quel luogo. Non tutti erano stati presenti in ognuna di esse, ma nel corso degli anni era capitato loro di ripercorrere ogni minimo dettaglio della loro avventura a Gran RoRo e di quella nel futuro.

Qui, inconsapevolmente, per la prima volta tutti i Maestri della Luce erano stati riuniti.

Qui, Yuuki e Kajitsu avevano portato Dan a Gran RoRo.

Qui, Mai aveva aperto per Dan il portale del futuro.

Qui, avevano scoperto che Yuuki si era risvegliato.

Era un luogo che aveva segnato tante loro avventure.

Era come se un cerchio si stesse ora richiudendo, riportandoli nel luogo dove tutto era iniziato. Erano cambiati, erano cresciuti, avevano sofferto. Forse non ci sarebbero più stati Dan, Clarky e Kajitsu. Sarebbe stato diverso. Ma loro erano di nuovo lì, almeno loro più forti di prima.

Si fissarono in silenzio, la stanchezza dimenticata, vedendo riflessi negli occhi degli altri la stessa speranza, lo stesso dubbio, la stessa sorpresa di ritrovarsi proprio lì. Ad un passo da Gran RoRo.

Non potevano essere solo coincidenze.

“Maestri della Luce.”

La voce li riscosse dai loro pensieri. Si voltarono di scatto e videro Kajitsu a pochi metri da loro. Nonostante l’emozione, si resero contro che c’era qualcosa che sembrava fuori posto. La voce di Kajitsu era allo stesso tempo la stessa di allora, ma contemporaneamente aveva qualcosa di diverso. Anche Yuuki aveva corrugato la fronte, lui che avrebbe riconosciuto la voce della sorella tra mille. Non era la sua voce. Non del tutto.

Quella consapevolezza li fece scattare sull’attenti, la possibilità che tutto fosse una trappola si stava rimaterializzando. L’aria si fece tesa. Kajitsu li fissava. Per un istante, lungo poco più di un battito di ciglia, la maschera, che era riuscita spesso a nascondere le emozioni della fu giovane Momose, sembrò vacillare su quell’eterea illusione. Dubbio? Confusione? Non riuscirono a interpretarlo, perché subito ogni emozione tornò a essere celata nelle iridi chiare. Non disse nulla, si voltò e riprese a camminare.

I quattro rimasero immobili, finché non scomparve dietro una siepe. Sapevano che l’unico modo per scoprire la verità era seguirla. Dopotutto, avevano saputo fin dall’inizio che potevano correre dei rischi. Ora non potevano tirarsi indietro. Ripromettendosi di stare attenti a qualsiasi cosa, la seguirono.

Davanti a loro, la terrazza terminava sulla città. I palazzi si stagliavano nel cielo azzurro del pomeriggio e Kajitsu era ferma di fronte al muro. Non avevano bisogno di guardare per sapere che quello era lo stesso identico luogo in cui altre due volte si era aperto un portale.

Avanzarono e si fermarono a pochi passi. Sulle spine e con l’adrenalina a mille, il gruppo attese una mossa della figura. Yuuki, per alcuni assurdi istanti, sperò che tutto quello fosse reale. Che quella fosse veramente la sua amata sorella. Ma sapeva che non era possibile. Sperava solo che non ci fosse qualcuno che, ancora una volta, usava il suo nome per i propri scopi.

Kajitsu si librò nell’aria, posandosi sul muretto. Non appena la videro muoversi, gli ex-Maestri della Luce trasalirono e arretrarono di un passo istintivamente.

La ragazza strinse le mani al petto e si voltò verso di loro. Il volto non tradiva nessuna emozione, ma lo sguardo non riusciva a celarle del tutto dietro le iridi. Erano emozioni confuse, che loro non riuscirono a definire.

Speranza e diffidenza si mischiavano in egual modo nei quattro, che faticavano a capire quale delle due fosse dominante.

Kajitsu tese le braccia verso di loro. Una luce verde e iridescente la avvolse. Le ali del suo abito si dischiusero.

“Maestri della Luce, il regno di Gran RoRo ha ancora bisogno del vostro aiuto.”

Sembrava quasi un’implorazione. Una sincera e accorata richiesta di aiuto. Ma quanto potevano crederci?

Yuuki fece un passo, fissando l’illusione. “Chi sei?”

Lo sguardo della ragazza si spostò per brevi istanti sul Guerriero Bianco. Esitò nel rispondere. Abbassò le braccia.

“Chi vi ricondurrà a Gran RoRo, se lo desidererete.” Non era la risposta che volevano sentire. E lo sapevano tutti, anche chi o cosa aveva creato quell’illusione di Kajitsu.

Hideto affiancò Yuuki. “E se non volessimo venire?”

Kajitsu sorrise amaramente. “La scelta è solo vostra. Restare o venire, sta a voi deciderlo.”

Non diede loro il tempo di dire altro. Si lasciò cadere all’indietro e scomparve alla loro vista. Corsero in avanti, più per istinto che per paura che quell’illusione potesse farsi male. Arrivati al muretto, un’inattesa raffica di vento scosse i loro capelli.

La ragazza si librava nell’aria, simile alla farfalla di prima. Li fissò ancora per un istante, poi la luce attorno a lei si fece più intensa e il suo corpo si dissolse in una miriade di farfalle che si fusero in un unico punto luminoso. Un secondo dopo, si creò un varco luminoso, percorso da lampi di energia.

“Risponderete alla chiamata del Nucleo, Maestri della Luce?”

E rimasero soli. Solo loro e la scelta che dovevano fare. Bastava lanciarsi e sarebbero stati catapultati in una nuova avventura. A Gran RoRo. Un sogno che inseguivano da quattro anni.

Ma cosa li avrebbe attesi oltre il varco? Magisa? Un nuovo pericolo? O una trappola?

Non c’era niente che potesse rassicurarli. L’unica certezza era che il portale non sarebbe rimasto aperto all’infinito.

Kenzo deglutì. Cercò di ripercorrere ogni istante di quel pomeriggio, tutte quelle strane sensazione delle settimane precedenti, sperando di trovare un indizio su che cosa gli aspettasse. Poi, corrugò la fronte quando ricordò quello che aveva detto poco prima l’illusione.

“Ma se rifiutiamo, chi prenderà il nostro posto? Non credevo che i Maestri della Luce fossero così comuni…”

Anche quella era una domanda cui avevano cercato risposta in quegli anni. Perché loro? Ma neppure Yuuki era riuscito a dare una vera spiegazione. C’erano delle leggende. Lui e Kajitsu li avevano trovati per la luce dei sei simboli che custodivano. E tutto finiva lì.

Ma sapevano che accettare non era mai stato un obbligo. Mai, Hideto e Kenzo ripensarono a Julian, di come lui avesse scelto di smettere di essere il Guerriero Rosso. Poi, era arrivato Dan. Non poterono evitare, a quel pensiero, di accettare a malincuore che sia Dan sia Clarky sarebbero stati sostituiti.

“Prima o poi ne arriverà un altro. Magari domani. O fra anni.” Yuuki fissò il portale. Anche lui sarebbe potuto essere sostituito. Se la voce di Kajitsu non lo avesse risvegliato, lui sarebbe ancora su quel letto. O peggio.

Hideto sospirò. Incrociò le braccia e sorrise, tentando di alleggerire un po’ la tensione.

“Chi sceglie per primo? Posso raccogliere dei rametti, se volete.”

Gli altri non risposero ma si voltarono a guardarlo. Yuuki aveva alzato un sopracciglio, Mai sorrideva e Kenzo lo fissava come a volergli dire niente di più intelligente, Hideto?

In realtà, apprezzavano il tentativo del Guerriero Blu. Il problema era che non potevano scegliere lasciando al caso. Era una decisione che ciascuno di loro doveva prendere. Da solo. Ed era più facile a dirsi, che a farsi.

Nonostante tutto, però, Yuuki sapeva di aver già scelto. Gran RoRo era la sua vera casa. Aveva già fallito troppe volte, in passato, a difenderla. E non erano solo gli errori di una vita che lo tormentavano. Era arrivato il momento di affrontare i fantasmi del passato. Questa volta, avrebbe cercato di rimediare ai suoi sbagli stando dalla parte giusta. Era pronto a pagare per le sue scelte e a dimostrare di essere cambiato.

“Io vado.”

Nessuno si sorprese di quelle parole. Sapevano che Yuuki aveva un legame molto diverso dal loro con quel mondo.

Hideto non poteva certo vantarsi di essere la reincarnazione di un granroriano, ma non poteva neanche dimenticare quanto Gran RoRo lo avesse cambiato. Se si ripensava a tredici anni, faticava a riconoscersi.
Aveva smesso di avere paura. Aveva un debito enorme con quel mondo. E se c’erano i tanti amici di laggiù che avevano bisogno di aiuto, non si sarebbe tirato indietro.

“Io sono pronto. Trappola o non trappola, siamo i Maestri della Luce. Riusciremo a cavarcela.”

Kenzo sorrise. Aveva ragione. Erano riusciti a trionfare quasi sempre, ognuno di loro dando il proprio contributo. Se doveva essere sincero, in quegli ultimi anni e soprattutto da quando era andato nel futuro, si era dedicato maggiormente ai suoi studi piuttosto che ai combattimenti di Battle Spirits. Non sapeva quanto avrebbe potuto aiutare, come duellante, ma dentro di sé sentiva di non potersi sottrarre alle sue responsabilità.

“Se hanno bisogno di noi, non possiamo deluderli.”

Mai sorrise, grata che anche i suoi amici sarebbero stati con lei in quell’avventura. In fondo, Mai aveva deciso. Lei era il Guerriero Viola. Dan e gli altri non c’entravano in quello. Era arrivato finalmente il momento di lasciare indietro il passato. Era pronta ad accettare l’assenza delle persone a lei care. Era pronta a combattere e lottare per chi aveva bisogno di essere protetto. Se ce ne fosse stato bisogno, era pronta a essere una guida e una fonte di speranza. Come nel futuro. In quegli anni aveva capito che le ferite l’avevano resa più forte. E non sarebbe stata sola.
I suoi occhi brillarono di determinazione.

“Gran RoRo ci aspetta.”

Erano i Maestri della Luce. Insieme, quanto confortante era pensarlo, erano pronti ad affrontare qualsiasi cosa.

Ma c’era un’ultima cosa che dovevano fare. Avvertire le famiglie. Sei e quattro anni prima erano partiti senza avvertire nessuno, ora sarebbe stato diverso. Fin da quando avevano iniziato a sperare in un ritorno a Gran RoRo, più che altro assecondando la fantasia, avevano ripensato più volte a cosa avrebbero fatto. Da allora, ciascuno di loro, teneva un’email pronta. In attesa solo di quell’insperato giorno per essere inviata, continuamente aggiornata negli anni.

Mai prese il computer dalla borsa e lo posò sulla panchina. Con pochi rapidi gesti, inviò la sua email ai genitori e alla sorella. Poi, fu la volta di Kenzo e Hideto che la inviarono alle proprie famiglie. Tutti e tre inviarono email leggermente diverse agli amici più stretti. Infine Yuuki, che la inviò a Elisabeth.

Pochi minuti dopo, erano veramente pronti. Hideto fu il primo a prendere l’iniziativa e salì sul muretto.

“Forza, credo che abbiamo fatto attendere fin troppo i nostri amici.”

Kenzo, seppur titubante, si fece aiutare da Hideto che lo issò al suo fianco. Yuuki salì a sua volta. Poi, lui e Hideto strinsero le mani di una sorridente Mai e la issarono accanto a loro.

Era arrivato veramente il momento. Presero tutti un respiro, cercando di tenere a bada il mare di emozione che rischiava di sopraffarli. Mai tornò, istintivamente, a stringere le mani di Yuuki e Hideto.

“Insieme.” Il sorriso non le aveva ancora lasciato le labbra.

I due ragazzi annuirono e Hideto strinse la mano del più piccolo. Kenzo, dal canto suo, continuava a lanciare sguardi preoccupati tutt’attorno, il suo disagio evidente.

“Non per fare il guastafeste, ma se non ci sbrighiamo, penseranno che vogliamo buttarci di sotto…”

Che, a dirla tutto, non sarebbe stato troppo lontano dalla verità. Ma nessuno di loro aveva voglia di spiegare alla polizia che avevano un validissimo motivo.

“Al tre?” Kenzo non vedeva l’ora di ritrovarsi di nuovo con i piedi per terra.

Gli altri tre Maestri della Luce annuirono.

“Uno.” Hideto prese ancora l’iniziativa. Aveva imparato che, per nascondere la paura, era il modo migliore.

“Due.” Kenzo si costrinse a non pensare all’altezza, sapeva che il trucco era non guardare in basso.

“Tre!” Mai e Yuuki lo dissero quasi in sincro.

E fu il momento. Come un’unica persona, forse solo Kenzo leggermente trascinato, i quattro si lanciarono verso il portale.

Per un istante, rimasero sospesi sulla strada. Poi, un lampo bianco li avvolse.

Tutto scomparve attorno a loro. E, al loro passaggio, il varco si dissolse, come se non fosse mai esistito.

I Maestri della Luce si ritrovarono avvolti dall’oscurità, a malapena rischiarata da lampi multicolore di energia. Una forza li spingeva avanti, verso un nuovo varco luminoso.

La luce si fece accecante e sciolsero le mani per proteggersi gli occhi. Al di là di quel portale, li attendeva Gran RoRo.

SPAZIO DELL’AUTRICE:

Salve. Ecco qui il secondo capitolo della versione 2.0. Rispetto al precedente, è molto più simile alla vecchia versione. Ci sono però parti che sono state tagliate, alcune scene e alcuni dialoghi sono un po’ diversi. Spero in ogni caso che, rileggere questo capitolo pubblicato più di un anno fa, vi faccia comunque piacere e non vi abbia annoiato.

Se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate. È sempre piacevole leggere le vostre recensioni e sapere che ne pensate.

A questo proposito, ringrazio tutti coloro che hanno recensito e/o hanno inserito la storia nelle preferite o nelle seguite: HikariBashin12, lalla20fairy, ShawnSpenstar, _Mamoru_ e _Secretly_scricc. E ovviamente ringrazio anche chi solo legge.

Angolo della pubblicità. Se non lo avete ancora notato, ho inserito anche un nuovo capitolo di “Battle Spirits Moments”: You Are My Strength, i pensieri di Dan prima di scomparire. Cosa aspettate? Andate a leggerla. ;)

Il prossima aggiornamento non arriverà prima del 15. Forse un paio di giorni dopo.

A presto, HikariMoon

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


CAPITOLO 3

Elisabeth continuava a camminare avanti e indietro per il salotto. Ogni pochi secondi il suo sguardo cadeva sul cellulare, stretto in mano.

Sapeva di star esagerando. Altre volte Yuuki era rimasto fino a tardi con gli amici, qualche volta cenava anche con loro. Ma questo non riusciva a tranquillizzarla.

Se gli fosse successo qualcosa? Se fosse successo qualcosa a tutti i Maestri della Luce? Potevano essere stati scoperti da chi aveva cercato di uccidere Yuuki cinque anni prima! Potevano essere stati rapiti. O peggio…

La ragazza gettò il cellulare in un angolo del divano e si sedette dal lato opposto, la testa tra le mani. Era da quella mattina che aveva una strana sensazione. Quasi un presagio. Non ci aveva pensato molto, ma ora cominciava a credere di aver sbagliato a non parlarne con Yuuki. Alzò lo sguardo.

Squilla.

Se solo fosse dipeso da quell’ammasso di circuiti.

Lentamente, riprese il cellulare e riprovò a chiamarlo un’altra volta. Quasi non si sorprese quando squillò a vuoto.

Stava per rilanciarlo contro i cuscini, ma si accorse di una notifica nella sua casella di posta elettronica.

Era di Yuuki.

Aggrottò la fronte. Perché le aveva inviato un’email? Un messaggio era decisamente più semplice.

Allungò il dito per aprire la busta digitale. Una soffusa luce verde apparve sullo schermo. Si fermò e sbattè le palpebre. Alzò lo sguardo e vide volteggiare davanti a sé una piccola farfalla.

Una farfalla verde. Luminosa. Cominciava a credere di essere veramente esaurita.

Ignaro del suo turbamento, l’insetto si diresse verso la finestra seguito a ruota da una perplessa Elisabeth. Si fermò di scatto. Per un attimo aveva creduto di intravedere una ragazza al posto della farfalla. Una ragazza mostruosamente simile a Kajitsu Momose. Ma non era possibile.

La farfalla continuava a volteggiare, ora ad un ritmo diverso. Più frenetico, meno aggraziato. Fosse stata una persona, Elisabeth avrebbe detto che era stizzita o nel pieno di un attacco di panico. Dopo qualche volteggio insicuro, l’insetto tornò verso di lei.

“Gran RoRo– ”

Elisabeth arretrò di scatto e si guardò attorno. Era sola in quella stanza. Le farfalle non parlavano. Non poteva essere stato l’insetto. La ragazza tornò a voltarsi ma la farfalla davanti di lei si dissolse in scintille verdi.

Che cosa diamine era successo? Non riusciva a crederci. Forse presto si sarebbe svegliata e si sarebbe accorta che quei pochi folli minuti erano solo un sogno. Prima l’email di Yuuki, poi…

Tornò a guardare il messaggio ancora chiuso. Che le due cose fossero collegate? Ancora scossa e confusa, Elisabeth si rimise a sedere sulla poltrona. Tenendo il cellulare stretto in mano, prese un respiro e aprì il messaggio.

“Elisabeth,
se stai leggendo questa email significa che sono tornato a Gran RoRo. Oppure tu e Mai vi state divertendo ad hackerare il mio account…”

Un sorriso sorse spontaneo sulle sue labbra. Allora era vero. I Maestri della Luce erano tornati a Gran RoRo. Non poté evitare, davanti a quella consapevolezza, di sentirsi triste. Aveva sempre sperato che un giorno avrebbe visto anche lei il Mondo Altrove.

Non era sicura di poter mai avere il coraggio di lasciare la sua vita alle spalle, ma era sempre stato divertente immaginarlo. Senza contare il pensiero di fare un vero duello.

Il suo sorriso vacillò. Yuuki le sarebbe mancato. I loro duelli, le chiacchiere durante i pasti. E le sarebbe mancata Mai, un’amica trovata nel luogo più inatteso.

“Buona fortuna Yuuki.” Si obbligò a sorridere ancora. Doveva essere felice per loro. “Buona fortuna Maestri della Luce.”

E si rimise a leggere la continuazione dell’email, ma incapace di smettere di pensare che sarebbe stato bello se, anche lei, fosse stata un Maestro della Luce.

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Aprirono gli occhi. Davanti a loro c’era una distesa di alberi. Oltre ad essi, si intravedevano rilievi montuosi color rosso-marrone. A Hideto ricordarono l’Australia e il Gran Canyon.

Istintivamente, alzarono lo sguardo verso l’alto e, oltre le chiome verdi, videro il cielo azzurro. Un cielo luminoso anche se privo di sole.

Dentro di loro, stavano scoppiando dalla gioia. All’esterno, facevano fatica a muoversi perché era veramente difficile credere che dopo tutto quel tempo fossero veramente lì. Erano tornati a Gran RoRo. Quei luoghi, soprattutto a Hideto, erano incredibilmente familiari. Li aveva percorsi per un po’ di tempo con quella banda di ladruncoli. Fortunatamente poi aveva incontrato Dan e Clarky.

“Non vorrei sbagliarmi, ma questo posto –”

Non riuscì a finire. Mai lo abbracciò di slancio, seguita a ruota da Kenzo. Insieme scoppiarono a ridere, quasi si misero a saltare sul posto. Dopo un attimo, Mai strattonò anche Yuuki nell’abbraccio di gruppo. E non importava se il Guerriero Bianco non apprezzava molto le manifestazioni di affetto così plateali. Erano a Gran RoRo.

Sapevano che non sarebbe stato facile. Ma insieme e con Battle Spirits avrebbero fatto del loro meglio.

Si separarono e tornarono a cercare un punto di riferimento qualsiasi.

“Siamo senza dubbio in una delle aree del Regno di Rubino.”

Kenzo annuì alle parole di Yuuki e continuò a fissare il sentiero tracciato sotto i loro piedi. Partiva dal nulla e finiva nel niente. Non che ci fosse da sorprendersi che quel luogo fosse poco trafficato. Il regno di Rubino era il meno popolato e i villaggi si concentravano soprattutto vicino ai corsi d’acqua.

Mai si sistemò meglio la borsa sulla spalla, rimpiangendo di essere andata in spiaggia e di ritrovarsi ora con un paio di infradito, per di più già messo a dura prova dalla corsa in città. “Che si fa?”

Hideto si dondolò sui piedi, senza sapere bene cosa rispondere. Fu allora che notò qualcosa. Scrutando in quella direzione, intravide quello che sembrava un edificio.

“Lì c’è qualcosa!”

Senza esitare, si diressero verso il punto indicato. L’edificio non era altro che una baracca pericolante circondata da alberi divelti o anneriti. Dietro, la parte rocciosa mostrava chiari segni di frana. Nell’insieme, lo stato pietoso della casa era ben giustificato. I vetri erano rotti, una parte del tetto era crollata per il peso delle macerie e buona parte delle assi era annerita dalle fiamme. Non c’era da sorprendersi che fosse abbandonata da così tanto tempo.

Hideto si fermò a quella che sembrava l’entrata e si rese conto che l’interno, se possibile, era in condizioni ancora peggiori. Vetri rotti e legni anneriti si mischiavano ai frammenti di roccia, il tutto sovrastato da quelli che, con molta fantasia, si poteva intuire essere i resti di un piano superiore e del tetto.

Quando il Guerriero Blu tornò a voltarsi verso gli amici, si accorse che Kenzo aveva trovato una specie d’insegna semi sepolta da terra ed erba. Lui e Mai stavano cercando di ripulirla. Un attimo dopo, i due trasalirono. La ragazza si voltò verso di lui.

“Era uno dei ritrovi per duellanti di Battle Spirits.”

Tutti spostarono di nuovo lo sguardo sui legni sconnessi e anneriti.

“Perché l’hanno lasciata andare in rovina in questo modo?”

Nessuno di loro sapeva cosa rispondere alla domanda di Kenzo. Yuuki, nel frattempo, aveva cercato di capire perché quel luogo gli sembrasse così familiare. Provò ad immaginare come potesse essere stato e i ricordi affiorarono nella sua mente.

L’oste alzò lo sguardo, curioso di sapere chi si avventurasse per i boschi in prossimità del tramonto. Tra soldati e briganti, c’erano pochi pronti a correre il rischio. Era un ragazzo. Decisamente non del regno e decisamente qualcuno d’importante, visto com’era vestito.

“Cosa posso fare per voi?”

Il ragazzo si limitò a posare una carta sul bancone, spingendola verso di lui. Il granroriano la prese e non poté evitare di sgranare gli occhi. Yggdrasill, Cavaliere d’Acciaio. Era una carta rara, soprattutto in quelle zone. Pochi l’avrebbero maneggiata con così tanta disinvoltura. Dopotutto, per avere carte così rare dovevi andare nei centri maggiori o in un altro regno: due eventualità altrettanto rare per gli abitanti del regno rosso. E quelli erano solo i modi onesti per ottenerla…

“Interessante. Cosa dovrei farmene?”

Il ragazzo si allontanò verso la porta. Dopo pochi passi, tornò a fissarlo.

“Consegnatela ad un ragazzo che presto passerà di qua. È il Guerriero rosso.”

L’oste faticò a non guardarlo come se fosse pazzo. Tutti sapevano che i Maestri della Luce erano una leggenda. Certo, c’era qualche avventore che affermava di averne incontrato uno qualche decina di anni prima. E, poi, c’era Magisa. Sempre pronta a riempirgli la testa di vecchie leggende e a confermargli la loro esistenza. Dovevano bazzicare altri regni però: lui, in tutti i suoi anni di vita, non ne aveva mai visto nessuno.

“Come dovrei riconoscerlo? E se mi chiede chi gliel’ha lasciata?” Non fosse venuto nessuno, poteva sempre venderla e ricavarne un piccolo gruzzoletto.

“Lo riconoscerete, fidatevi. Il resto non è un problema che vi riguarda.”

Tornò ad avviarsi verso l’uscita e si fermò sulla porta.

“Un’ultima cosa. Vi consiglio di fare come vi ho detto. Ingannatemi e io verrò a saperlo.”

Un brivido corse su per la schiena dell’oste. Yuuki uscì dalla locanda e si avviò con passo rapido verso una radura poco distante, incurante delle tenebre che si allungavano tra gli alberi.

Ad attenderlo, c’era una ragazzina di qualche anno più giovane di lui, tranquillamente seduta su di un tronco. Non appena lui comparve, si alzò sorridendo.

“Yuuki, fratello mio.”

Con pochi passi, la affiancò. “Tutto procede secondo i nostri piani, Kajitsu. Non resta che attendere il suo arrivo.”

Il ragazzo osservò le ombre sempre più veloci del crepuscolo. Porse un braccio alla sorella e le sorrise.

“Si è fatto tardi. Torniamo a casa, sorellina.”

Kajitsu annuì e posò la mano sul suo braccio. Un attimo dopo, i due furono avvolti da uno sciame di farfalle e scomparvero senza lasciare alcuna traccia della loro presenza.

Yuuki si voltò verso la direzione in cui si intravedeva ancora il deserto. Poco lontano da lì aveva affrontato Dan. Quel giorno, non si sarebbe mai aspettato che lui sarebbe diventato il suo primo vero amico. Ma non poteva farsi distrarre dalla nostalgia.

Kenzo posò a terra l’insegna. “Quanto mi piacerebbe ci fosse qualcuno da queste parti. Avrei un sacco di domande da fargli.”

“Io non vedo nessuno a cui farle. Ma se hai imparato a parlare con le piante…”

Il ragazzino guardò Hideto di traverso, che faticava a trattenere una risata. Aprì, bocca per rispondergli per le rime ma la voce di Yuuki lo interruppe. In quegli anni, Mai e Yuuki erano diventati bravissimi a percepire le avvisaglie di quelli che potevano diventare interminabili battibecchi tra i due e riuscivano quasi sempre a spegnere il fuoco sul nascere.

“Conosco questa zona. Dovremo camminare per un po’ prima di trovare qualche luogo abitato.”

Non si poteva dire che quell’idea andasse a genio a qualcuno di loro. Ma sapevano di non avere molta scelta. Si incamminarono così verso l’interno del bosco, in cerca di un sentiero qualunque. Sembrava un’idea di certo migliore che mettersi a vagare nel deserto. Dovevano pur in qualche modo racimolare qualche notizia sulla situazione di Gran RoRo, visto che Magisa aveva pensato bene di non presentarsi.

Camminavano in silenzio, nessuno avrebbe ben saputo cosa dire e, dopotutto, ognuno doveva ancora fare i conti con l’ondata di emozioni che tornare a Gran RoRo aveva provocato. Almeno il fatto di aver avvisato le loro famiglie li rassicurava. Non avrebbero mai voluto perdere il rapporto con loro, così faticosamente ritrovato.

I quattro si fermarono di colpo e cercarono di individuare la direzione di un fioco rombo, debole ma perfettamente udibile. Non ci volle molto che crescesse sufficientemente d’intensità per capire cosa fosse: un’astronave.

Fecero appena in tempo ad alzare lo sguardo. Un’astronave passò sopra di loro, sollevando polvere e foglie che turbinarono attorno a loro.

Mai si sentì mancare il respiro. L’avrebbe riconosciuta tra mille: era la sua bellissima Limoviole.

Il gruppo la seguì con lo sguardo mentre rallentava e si abbassava oltre agli alberi. La cromatura viola si intravedeva tra gli alberi e anche gli altri arrivarono alla stessa conclusione di Mai.

“Andiamo!” La ragazza non aspettò neppure la loro risposta. Il suo entusiasmo era contagioso e anche gli altri si affrettarono a seguirla.

“E se è una trappola?”

Mai cercò di scacciare quel pensiero. Non voleva neppure presupporre che, anche a Serjou, potesse essere successo qualcosa. Non dopo Dan e Clarky.

“Non lo sarà.” E voleva crederci con tutte le sue forze. “Non possiamo escludere che sia stata mandata da Magisa.”

Con il cuore in gola e mille domande, i quattro intravidero la radura in cui era atterrata l’astronave. E non ci fu più alcun dubbio che fosse la Limoviole.

Una volta raggiunto il limitare degli alberi, si fermarono. Sapevano che avanzare era troppo pericoloso. Negli alberi, almeno, avrebbero avuto qualche chance di scappare. Osservarono l’astronave e Mai strinse le mani sui manici della borsa. Erano fin troppo evidenti i graffi e i danni di armi da fuoco che martoriavano le fiancate.

Stong

Il gruppo sussultò, colto di sorpresa dal rumore del portellone che si abbassava, e si mise sulla difensiva. Pronti a scappare o ad estrarre i propri mazzi, sperando che funzionasse ancora a quel modo.

Dopo alcuni istanti lunghissimi, due persone apparvero e la prima fece comparire un enorme sorriso sul volto di Mai. I due ci misero pochi per accorgersi di loro.

“Maestri della Luce, sono onorato di potervi incontrare di nuovo.”

La Guerriero Viola non attese altro e percorse la distanza che li separava, gettandogli le braccia al collo. A Serjou, colto alla sprovvista, ci volle un attimo per ricambiare.

“Serjou, non sai quanto sono felice di vederti!” Mai si staccò da lui. Era a dir poco raggiante, facendo risaltare ancora di più la solita compostezza del granroriano.

“Sono lieto anch’io di vederla, Lady Viole, e di constatare che siete sempre più splendida.”

Hideto finse una tossita. “Ovviamente sono lieto di rivedere anche voi. È difficile trovare persone altrettanto speciali.”

“Se non vi dispiace, ci sarei anche io.”

I Maestri della Luce si ricordarono solo in quel momento che Serjou non era sceso da solo e la loro attenzione si concentrò sul secondo passeggero della Limoviole.

Era alto, ad occhio e croce superava di un buon palmo lo stesso Yuuki che era il più alto tra di loro. Ed era senza dubbio un abitante del villaggio Gurii, lo stesso di Zungurii: pelle ambrata, capelli castani, fisico robusto. A guardarlo, c’era qualcosa di familiare ma nessuno di loro riusciva a capire perché.

Il granroriano ridacchiò vedendo le loro espressioni confuse. “Non mi riconoscete?”

“No?” Kenzo aggrottò la fronte, gli sembrava di non star capendo qualcosa che sarebbe dovuto essere estremamente ovvio.

“Ammetto che sono cresciuto un po’. Zungurii, non ricordate?”

“ZUNGURII?”

Mai, Hideto e Kenzo erano letteralmente scioccati e anche leggermente imbarazzati di non essersi resi conto delle somiglianze. Solo Yuuki era riuscito a reagire meglio a quella rivelazione, l’unico tra di loro che conosceva un po’ meglio la peculiarità del tempo su Gran RoRo. Dopotutto, nessuno aveva dato loro la certezza che anche lì fossero trascorsi gli stessi anni della Terra.

Il granroriano scoppiò a ridere vedendo le loro espressioni. Non si era aspettato una simile reazione da loro, ma era alquanto soddisfacente. Probabilmente il loro primo viaggio non era bastato per permettere loro di afferrare il concetto di tempo su Gran RoRo.

“Cresciuto? Stentavamo a riconoscerti!” Kenzo sbottò irritato, più che altro con sé stesso per non essersi ricordato di come funzionasse Gran RoRo. Lo aveva anche studiato nel futuro.

Mai, assorbita la rivelazione, si voltò verso Serjou. “È stata Magisa a mandarvi? Quando possiamo incontrarla?”

Quella domanda attirò anche l’attenzione degli altri che mostrarono la stessa espressione carica di aspettativa delle ragazza. Serjou e Zungurii si scambiarono uno sguardo preoccupato e il secondo non riuscì a trattenere una leggera smorfia, un cenno inequivocabile che chiedeva a Serjou di prendersi quel compito.

“In un certo senso, possiamo dire che sia stata Maga Magisa a mandarci qui. Temo, però, di non sapervi dire quando potrete incontrarla. Ci sono molte cose che dovete sapere.”

A nessuno di loro sfuggì il tono grave del granroriano e questo non fece che aumentare le domande che affollavano la loro testa. Se era successo qualcosa a Magisa, che possedeva il Nucleo Progenitore, cosa si potevano aspettare?

“Che cosa è successo?” Kenzo non era sicuro di voler avere una risposta.

“Ogni vostra domanda avrà la sua risposta, ma non è questo il luogo adatto. M.A.I.A. aspetta solo che risaliamo per riattivare i motori.”

Mai alzò un sopracciglio. “Maia?”

“Esatto, Lady Viole. Multipurpose Advanced Intelligence Android. M.A.I.A.”

Kenzo si voltò di scatto verso Serjou, tanto che Hideto si sorprese che il collo dell’amico non si fosse spezzato con un sonoro crack.

“C’è un’intelligenza artificiale?” Il ragazzino stava letteralmente saltellando sui piedi e sembrava sul punto di fare una corsa per la Limoviole.

“È l’ultimo miglioramento apportato. È in grado di gestire in modo remoto tutti i sistemi dell’astronave, controllando in tempo reale i parametri e i possibili danni.”

La Guerriero Viola socchiuse gli occhi, incrociò le braccia e cominciò a tamburellare per terra con un piede. Riusciva davvero a incutere timore.

“Non mi sembri funzioni bene, allora. Potete spiegarmi come mai le fiancate della Limoviole assomigliano ad un colabrodo?”

Zungurii si passò una mano tra i capelli.

“Diciamo che non abbiamo avuto il tempo per sistemare i danni… dopo che voi ve ne siete andati, le cose hanno cominciato pian piano a complicarsi.”

Hideto sbuffò. Non che si aspettassero rose e fiori, ma la situazione che si stava delineando era sempre più fosca.

“Immagino che neanche di questo possiamo parlarne qui. Giusto?”

Un sottile ronzio sottolineò le sue ultime parole. Prima che uno di loro si potesse chiedere che cosa fosse, si parò loro davanti quello o quella che poteva essere soltanto che M.A.I.A. Era un piccolo robot, poco più grande di un pallone ma di forma più ovale e schiacciata. La superficie era viola metallizzata e le parti argentate e nere costituivano probabilmente i suoi sensori esterni. La parte anteriore aveva uno stretto display su cui erano visualizzate due macchie verde acqua che sembravano rappresentare due occhi. Macchie i cui pixel avevano reso l’espressione del robot piuttosto stizzita.

“I sensori a lungo raggio hanno individuato la presenza di un’astronave in avvicinamento.”

Kenzo, che in quegli anni aveva guadagnato qualche centimetro, si fiondò in avanti e afferrò l’androide tra le mani, ignorando completamente il suo possibile umore. Il Guerriero Verde sembrava un bambino la mattina di Natale che contemplava il regalo che sognava da mesi.

“Non ho mai visto una simile tecnologia! Sulla Terra siamo ancora ad anni luce di distanza!”

Il suddetto traguardo tecnico-scientifico cominciò ad emettere suoni e bip sempre più concitati, avvertimenti del suo crescente fastidio. Quando si rese conto che Kenzo li stava completamente ignorando, l’espressione dell’unità si trasformò in due macchie rosse oblique. Un secondo dopo, un flash di luce intensissimo abbagliò il ragazzino, che gridò e lasciò la presa. M.A.I.A., invece, prese a volare attorno al gruppo in modo quasi isterico emettendo suoni striduli.

“Forse avrei dovuto avvisarvi che M.A.I.A. è un’unità piuttosto suscettibile.”

Hideto, che si era avvicinato a Kenzo e stava cercando di capire se il robot fosse riuscito a provocare qualche danno, sgranò gli occhi e sbuffò.

“Magari avresti potuto.”

Serjou inclinò la testa. “Non immaginavo potesse presentarsi una simile situazione.”

Il Guerriero Verde, nel frattempo, stava cominciando a recuperare la vista. Nonostante vedesse il mondo attorno a lui ancora a macchie, la prima cosa che fece fu cercare con lo sguardo la forma del robot.

“Come cavolo ti è saltato in mente!”

M.A.I.A. virò bruscamente e si parò a pochi centimetri dal volto del ragazzino, costringendolo ad un istintivo passo indietro.

“Non sono un giocattolo ragazzino!”

Kenzo, sforzandosi di non farsi distrarre dal perfetto funzionamento del suo sintetizzatore vocale, strinse le labbra e i pugni, offeso dal sentirsi chiamare ragazzino da quello che non era che un ammasso di circuiti pre-programmato.

“Sono un MAESTRO DELLA LUCE, per tua informazione, mucchio di circuiti bruciacchiati!”

Non riuscì neppure a finire di parlare. Vide l’ombra dell’androide fiondarsi ad alta velocità verso di lui, accompagnato da un indistinguibile insieme di suoni. Poi sentì l’impatto con il suolo e per qualche istante vide nero.

“Kenzo!”

Mai e Hideto corsero subito ad inginocchiarsi verso di lui che si era portato le mani alla fronte. Il Guerriero Blu lo obbligò subito a guardarlo mettendogli tre dita davanti.

“Quante sono?”

Kenzo strizzò gli occhi e le fissò per qualche istante. “Tre?” E tirò su con il naso.

I due ragazzi accanto a lui tirarono un sospiro di sollievo, ma si ripromisero che la situazione doveva essere sistemata. Questa volta Kenzo se la sarebbe cavata con un bel bernoccolo e un gran mal di testa, ma non poteva rischiare che il robottino, piccolo e decisamente letale, provocasse danni peggiori.

Il suddetto robottino, intanto, sembrò aver sbollito la rabbia e si voltò come se niente fosse verso Serjou.

“L’astronave è sempre più vicina. Richiesta conferma per manovra di allontanamento.”

Zungurii, anche lui sollevato di vedere Kenzo rialzarsi aiutato da Hideto, accennò verso l’astronave. “Saliamo?”

Yuuki annuì, seguito a ruota dagli altri che stavano guidando un ancora confuso Kenzo verso la rampa. Quest’ultimo, che si stava sforzando di non mettersi a piangere, stava borbottando lamenti e offese con un filo di voce.

M.A.I.A sfrecciò verso l’interno mentre il gruppo la seguiva più lentamente. Yuuki e Hideto, salendo, ebbero l’impressione di vedere un’ombra allontanarsi da dietro uno dei vetri e spostarsi verso l’interno. I due si scambiarono uno sguardo e Hideto scrollò le spalle. Qualunque cosa fosse lo avrebbero scoperto presto.

Serjou, che aveva affiancato Mai nel supporto a Kenzo, notò anche lui l’ombra e si voltò verso i due.

“C’è ancora qualcuno che dovete conoscere.”

Kenzo tirò su con il naso e si massaggiò la fronte.

“Se è adorabile come il robot, non credo di volerlo conoscere. Non credo reggerei ad un altro simile incontro.”

Zungurii trattenne una risata, soprattutto a causa dell’espressione omicida che il Guerriero gli aveva lanciato.

“Non credo che lei cercherà di lanciarti qualcosa addosso.”

Kenzo emise un sospiro di sollievo, mentre gli altri Maestri si scambiavano un rapido sguardo. Ci sarebbe stato decisamente un ulteriore compagno di viaggio.

L’interno della Limoviole non sembrava aver risentito della mancata manutenzione esterna. Anzi, sembrava pressoché identica all’ultima volta che vi erano stati. L’unica differenza era la presenza di una ragazza, in piedi accanto ad uno dei divani. Nessuno ebbe il bisogno di chiedere chi fosse la lei in questione.

La ragazza aveva capelli verdi che le sfioravano appena le spalle e due ciocche più lunghe che le incorniciavano il viso. Gli occhi erano scuri.

Non appena entrarono, strinse la mano sulla stoffa del divano e abbozzò un sorriso tirato.

Per lunghi istanti, nessuno di loro disse nulla. Serjou intanto si era diretto alla postazione di comando e aveva attivato i motori, liberando M.A.I.A. dal compito di controllare il pilota automatico.

Per tutto il tempo, la ragazza non aveva smesso di fissarli in silenzio, quasi intenta a studiarli. Mai fu la prima a fare un passo avanti, lasciando a Hideto il compito di occuparsi di Kenzo.

“Piacere di conoscerti. Io sono Mai.”

“Lo so.” La ragazza si morse un labbro. Poi sorrise di fronte all’espressione perplessa di Mai, che stava cercando di capire se l’avesse mai incontrata prima.

“Mi hanno parlato moltissimo di voi… Serjou e Zungurii. Di tutti voi.”

“Quindi, sai chi siamo?” Hideto si voltò verso di lei dopo essersi assicurato che Kenzo si fosse seduto.

La ragazza si limitò ad annuire. Anche se non era completamente una bugia, odiava mentire. Soprattutto con quelle persone con cui, secondo i piani, avrebbe dovuto trascorre un bel po’ del tempo avvenire. Ma non voleva che la guardassero in modo diverso. Non voleva che loro credessero che lei fosse un’altra. Preferiva fare in modo che lo scoprissero il più tardi possibile, mai sarebbe stato preferibile per lei ma sapeva che non era possibile. Sperava solo che, quando sarebbe successo, avrebbe saputo come dirglielo. Non voleva neppure pensare a come poter convincere delle persone che sapeva di non aver mai incontrato, ma di cui conservava suo malgrado dei ricordi.

“Rimani solo tu da presentarti, allora.” Kenzo, pur tenendosi ancora la mano sulla fronte, sembrava star meglio e si era voltato per guardare meglio la nuova compagna di viaggio.

“Perché non ci mettiamo tutti comodi? Il viaggio potrebbe durare un po’.” Zungurii si sedette sul divano e fece cenno agli altri di imitarlo.

La ragazza non se lo fece ripetere due volte e si sedette accanto a lui. Non appena si fu sistemata, iniziò a torturare la stoffa della gonna con le mani. Mai, Yuuki e Hideto si sedettero invece sullo stesso divanetto di Kenzo. Dopo qualche istante, la granroriana tornò a guardarli.

“Sono Aileen Dealan e vengo dal Regno di Smeraldo.”

“Quanto tempo viaggi con loro?” Mai afferrò un elastico dalla borsa e si legò i capelli in una coda alta, espediente che negli anni aveva cominciato ad usare per stare più comoda. Era curiosa di sapere qualcosa in più su di lei.

“Qualche anno.”

Hideto lasciò vagare lo sguardo oltre le vetrate attraverso le quali si vedeva sfrecciare veloce il deserto. Su Gran RoRo doveva essere decisamente trascorso molto più tempo che sulla Terra. Si voltò verso i due granroriani.

“Esattamente quanto tempo è passato dal giorno in cui ce ne siamo andati?”

Zungurii inclinò la testa e sembrò riflettere un attimo. Per i Maestri della Luce era un dettaglio fondamentale, che avrebbe influito pesantemente nel capire che cosa avrebbero dovuto affrontare.

“Non molto. Ventiquattro anni.” Zungurii si portò una mano sotto al mento. “Più o meno.”

Kenzo sbattè le palpebre sorpreso. “Ventiquattro anni?!? Wow.” Si sistemò con un dito gli occhiali che gli erano scivolati sul naso. “Cioè, è un sacco di tempo! Per noi ne sono passati solo sei.”

Il granroriano scrollò le spalle. “Per noi non è così tanto... la vita su Gran RoRo ha una durata un po’ diversa da quella umana.”

Nessuno di loro commentò. Lontani da Gran RoRo e dal futuro, in quegli anni quel dettaglio gli era sfuggito di mente. Era uno di quei particolari che facevano sembrare assurda la scioccante scoperta che avevano fatto nel futuro.

“Immagino sarete curiosi di che cosa sia successo in questo tempo.”

I quattro ragazzi sussultarono e tornarono a concentrarsi su Zungurii che li guardava sorridendo. Uno dopo l’altro annuirono. Il discorso, però, venne interrotto ancora prima di iniziare dall’arrivo di M.A.I.A., annunciata da un sottile e prolungato ronzio nell’aria. Il robot fece un giro attorno a loro prima di fermarsi a mezz’aria proprio davanti a Mai.

“Prima di ogni cosa, ritengo di dovermi scusare Lady Viole. In questo ultimo anno avrei dovuto occuparmi meglio dello stato dell’astronave.”

Mai sbattè le palpebre, confusa dal tono amareggiato del robot e convinta che non fosse lei la persona con cui il robot si dovesse scusare. Era di certo infastidita dallo stato della Limoviole, ma non per questo si sarebbe messa in cerca di un capro espiatorio. Accorgendosi di quanto seriamente aveva preso la faccenda M.A.I.A., la ragazza sorrise e scosse una mano.

“Non preoccuparti. Non volevo accusare nessuno.”

Un bip gioioso venne emesso dall’unità. “La ringrazio per la sua gentilezza, sarà uno sprone per migliorarmi.”

Mai, a quel punto, decise che era il momento migliore per chiedere gentilmente all’unità di evitare in futuro simili reazioni come quella avuta con Kenzo. Quest’ultimo, però, la batté sul tempo con un sonoro sbuffo.

“Cerca di migliorare anche i tuoi parametri di comportamento!”

L’espressione entusiasta che era proiettata sul display cambiò nel nanosecondo che le fu necessario per voltarsi verso di lui.

“Nell’occasione a cui fai riferimento, ho semplicemente attivato i miei protocolli di protezione ragazzino.”

Il Guerriero Verde prese un profondo respiro e iniziò a contare fino a dieci. Stupido, robot scostante. Arrivato a cinque, decise che probabilmente non sarebbe bastato neppure arrivare a cento.

“Ho un nome, per tua informazione.”

M.A.I.A. si esibì nella perfetta riproduzione di uno sbuffò scocciato.

“Ovviamente. Il mio spazio di memoria è in grado di conservare una quantità elevata di dati. I vostri nomi sono tutti memorizzati. Mai Shinomiya, il Guerriero Viola. Hideto Suzuri, il Guerriero Blu. Yuuki Momose, il Guerriero Bianco. Lenzò Kiodò cioè tu.”

Un’altra che storpiava il suo nome, pensò Kenzo. E pensare che il suo nome non era neppure particolarmente difficile. La sorpresa e la rassegnazione, però, passarono in un attimo e il ragazzino saltò su dal divano e fronteggiò direttamente il robot.

“Allora devi avere qualche errore nella memoria. Il mio nome è K-E-N-Z-O  H-Y-O-U-D-O. Cerca di memorizzarlo correttamente!”

Gli occhi stilizzati sul display si ridussero a poco più di due linee oblique. Mai, di fronte a quella scena, nascose il viso tra le mani. Hideto e Yuuki si scambiarono uno sguardo esasperato.

“I miei dischi di memoria sono in perfetto stato. Tutti i miei circuiti sono trai migliori prodotti della tecnologia del Regno di Diamante. Mi aspetto formali scuse, Bonzò.”

Kenzo distolse lo sguardo dal robot per una frazione di secondo, desideroso di trovare qualcosa da tirare contro a quel coso fluttuante.

“Io mi chiamo KENZO! K-E-N-Z-O. Non è un nome particolarmente difficile! Perché me lo storpiate tutti? E tu lo stai pure facendo apposta!”

L’unità iniziò a fischiettare e si voltò di lato. “Non so di cosa tu stia parlando.” Tornò a guardarlo. E dall’espressione si sarebbe detto che ghignava. “Menzò.”

“Tu.” Il ragazzino si sentì fremere le mani. “Tu.” Ogni pazienza aveva un limite. Era sicuro di aver raggiunto il proprio.

“Io ti smonto con la stanghetta degli occhiali!”

Kenzo si fiondò sul robot, ma gli sfuggì di lato. Un attimo dopo, i due si rincorrevano attorno ai divani. Il ragazzino sempre più inferocito dai suoni di risate che M.A.I.A. stava diffondendo a tutto volume. Era il solo pensiero di essere umiliato da un robot che gli dava la forza per correre. Almeno con Stella la rivalità era stata tra scienziati!

“Non voglio guardare.” Mai nascose la faccia dietro un cuscino. “Farò finta che non stia succedendo niente.”

Hideto sorrise e scosse la testa, ancora incredulo di fronte alla scena. “Certo che, Kenzo, se le cerca.”

Yuuki annuì e preferì non commentare. In quei momenti non riusciva ad evitare di chiedersi come diamine avessero fatto a sconfiggere il Re del Mondo Altrove.

Zungurii e Aileen, invece, osservavano la scena alquanto divertiti, se non leggermente confusi. Il primo, ad un certo, punto cominciò a ridere a più non posso, incitando ora uno ora l’altro dei due contendenti, che si stavano lanciando offese a tutto spiano.

Dopo qualche minuto così, tutti si cominciarono a chiedere quando Kenzo si sarebbe reso conto di non poter avere la meglio.

“È inutile che cerchi di raggiungermi. Non puoi competere con il mio sistema dei nuclei.” Il suono di una pernacchi accompagnò la sua ultima parola. Realizzato dai migliori ingegneri del Regno di Diamante. Pura tecnologia di Gran RoRo, ragazzino. Gli allievi hanno superato i maestri umani.”

Kenzo frenò bruscamente. Dopo un attimo M.A.I.A. se ne accorse e si fermò a debita distanza. Gli altri lo fissavano, sperando che si fosse calmato. Mai, dopo qualche istante di silenzio, trovò il coraggio di guardare.

Il ragazzino stava inspirando aria in modo affannato, stanco della corsa e fumante di rabbia. Ma lo sguardo che aveva negli occhi faceva capire che non aveva deciso di arrendersi. Se non altro, sembrava aver raggiunto il punto di rottura. Gli amici se ne accorsero e Hideto cercò di attirare la sua attenzione, augurandosi di poter fermare Kenzo prima che fosse troppo tardi.

“Kenzo .”

“Beh, ti do la notizia del secolo piccolo robot bisbetico. E cerca di prestare attenzione ai tuoi piccoli sensori di riconoscimento sonoro.”

“Kenzo –” Riuscì appena ad alzarsi. Troppo tardi per fermare la vendetta.

“I granroriani che ti hanno creato, anzi tutti i granroriani–”

Il ragazzino inspirò, ignorando bellamente i gesti di Hideto che gli chiedevano di fermarsi lì. Mai, rendendosi conto di dove voleva andare a parare, sgranò gli occhi.

“Sono tutti, ma dico TUTTI –” La sua parte razionale era ormai una vocina strozzata in un angolo della sua mente.

“ESSERI UMANI!”

Hideto si lasciò cadere sul divano con le mani a coprirsi gli occhi. Ora era lui a non voleva vedere le reazioni dei granroriani presenti. Mai scosse il capo rassegnata. Non era certo quello il modo migliorare per dare loro quella notizia. E il silenzio che calò nella Limoviole ne sembrò la prova.

Come se non avessero altri problemi. Hideto voleva risvegliarsi e accorgersi di trovarsi in una realtà parallela. Sperava proprio che Kenzo avesse pronta una bella spiegazione. Gli dispiaceva solo di non aver un po’ di pop-corn. Ci sarebbe stato da divertirsi.

Gli occhi visualizzati sul display di M.A.I.A. erano diventati due cerchi perfetti, tondi come due piattini. Sembrava essere entrata in stand-by. E non era l’unica ad avere subito gli effetti della rivelazione. La sua stessa espressione, con leggere varianti, era dipinta anche sui volti di Aileen e Zungurii. Ed erano certi che ci fosse stata una leggera sbandata quando le parole avevano lasciato la bocca di Kenzo. Se anche Serjou non era riuscito a mantenere il suo perfetto self-control, voleva pur dir qualcosa. L’unica fortuna era che nessuno di loro fosse un Mazoku. Quello sì che sarebbe stato uno spasso.

Kenzo fu colto alla sprovvista dall’improvviso silenzio. Lentamente, si accorse delle espressioni scioccate dei granroriani e quelle esasperate e rassegnate degli amici. Fu un tempo sufficiente per riacquistare lucidità e rendersi conto della madornale gaffe che aveva fatto.

Deglutì. “Ops.” Mai alzò gli occhi al cielo e li lanciò il cuscino che aveva in mano. L’oggetto colpì Kenzo sulla tempia. “Ehi!”

Non volevano restasse un segreto, ma in quel momento non era un dettaglio fondamentale. Ora, non restava altro che affrontarlo.

Zungurii, intanto, alternava lo sguardo tra un Maestro e l’altro, aspettandosi che da un momento all’altro uno di loro dicesse che era tutto uno scherzo. Ma sui loro volti trovava solo conferme.

“Questo significa –”, il granroriano si grattò la testa, “cioè io… voi… loro”. Alla fine gettò in aria le braccia. “Ma non è possibile!”

M.A.I.A. scelse quel momento per riattivarsi, il display che riusciva a rappresentare sufficientemente bene la rabbia che dimostrava.

“Ovvio che non è possibile! Il ragazzino non sa perdere e si inventa le stupidità più assolute!”

Mai si accorse dello sguardo infuocato di Kenzo e intervenne prima che il discorso potesse degenere ancora.

“Non è facile, lo so. Non lo è stato per nessuno. Vorrei potervi dire che non è così, ma è la verità.” Sorrise cercando di essere incoraggiante. Con lo sguardo intimò a Kenzo di tornare a sedersi.

Nel frattempo, la velocità della Limoviole era pian piano diminuita fino a fermarsi del tutto. Serjou la guidò in un anfratto tra due formazioni rocciose, sufficientemente nascosto per tenerli al sicuro ma abbastanza aperto per permettere loro la fuga. Fortunatamente entro un paio d’ore sarebbe stato buio, continuare a viaggiare non sarebbe stato sicuro neppure per possibili inseguitori che avrebbe quasi sicuramente interrotto le perlustrazioni.

Il granroriano spense i motori e attivò il sistema di stazionamento. Poi, si alzò dal sedile e raggiunse il gruppo retrostante fermandosi accanto a M.A.I.A. La rivelazione era stato uno shock, ma il tempo passato alla guida gli aveva permesso di riprendere il controllo.

 “M.A.I.A. attiva tutti i sistemi di monitoraggio e avvisaci nel caso qualcuno o qualcosa entri nel raggio d’azione dei sensori.”

Il robot, a quelle parole, dimenticò la disputa con Kenzo e riprese il proprio ruolo di unità di controllo.

“Collegamento attivo. Il radar non rivela nessun astronave o segno vitale nel perimetro dei sensori. Rimango comunque connessa al sistema di pilotaggio automatico.”

Serjou annuì e si voltò verso i Maestri della Luce. Kenzo era tornato a sedersi tra Mai e Hideto e fissava insistentemente il pavimento.

“È una cosa che abbiamo scoperto nel futuro.” Hideto si chiese se sembrasse così assurdo come suonava alle sue orecchie.

“Cosa?” Zungurii per poco non si strozzò con la propria saliva, confermando al Guerriero Blu che effettivamente quell’affermazione sembrava follia.

Lo sguardo risentito del ragazzo incrociò quello imbarazzato del Guerriero Verde che in quel istante avrebbe voluto essere completamente inglobato dal divano. Dopo aver cercato il consenso anche nello sguardo di Mai, Hideto sospirò rassegnato.

“Partirò un po’ più alla lontana. Due anni dopo il nostro addio, Kazan ci ha chiamato nella sua epoca. In qualche modo, un gruppo di Mazoku era riuscito a rimanere sulla Terra e nel corso dei secoli aveva conquistato la maggior parte del pianeta…”

Nessuno di loro aveva avuto l’intenzione di raccontare la loro avventura nel futuro così presto. Dopotutto, la loro principale preoccupazione era scoprire che cosa stesse succedendo a Gran RoRo.

Ora che, però, non potevano più tirarsi indietro, i tre Maestri che avevano viaggiato nel futuro si alternarono nel racconto il più possibile succinto di quello che era successo.

In muto accordo, rimasero vaghi sui dettagli che riguardavano il modo con cui avevano salvato il pianeta e sulle decisioni che avevano preso Dan e Clarky. Introdurre anche quella questione sarebbe stato da pazzi. Avrebbero solo aperto un contenitore pieno di vecchie ferite, deboli speranze e nuovi dolori che avrebbero solo peggiorato le cose di fronte alla nuova missione che li attendeva. Erano già stati fortunati che Zungurii non avesse ancora chiesto dove fosse Dan.

Non avevano nessuna intenzione di tentare nuovamente la fortuna. Almeno non finché Magisa non fosse stata con loro. Lei era l’unica che avrebbe potuto confermare l’ipotesi di Clarky e forse avverare le loro speranze.

Man mano che il racconto proseguiva, il gruppo si era sistemato sempre più comodamente sui divani. Serjou aveva servito un leggero thè e Zungurii, durante una pausa, aveva cucinato qualcosa di veloce da mangiare.

Arrivati al fulcro della questione, l’apporto di Kenzo si era fatto dominante finché, con sommo fastidio di M.A.I.A. era rimasto solo lui a parlare.

“La corrispondenza tra i DNA è stata pressoché totale. La conclusione a cui siamo arrivati è che voi siete degli umani e l’evoluzione su Gran RoRo ha modificato soltanto il fenotipo esterno.” Il ragazzino picchiettò il mento con un dito. “In realtà, noi abbiamo potuto fare la verifica solo con i Mazoku, ma non vedo il motivo per cui non dovrebbero avere questa stessa origine anche tutti gli altri.”

Kenzo schioccò le dita e sorrise, soddisfatto della sua spiegazione e certo di aver così rimediato alla sua infelice uscita. Zungurii, però, non sembrò molto convinto e M.A.I.A. si esibì in una pernacchia che il ragazzino finse di ignorare.

Aileen e Serjou non manifestarono apertamente la loro opinione, ma tutti sapevano che quella rivelazione non era facile da digerire. La prima, dopo l’iniziale stupore, si era mostrata affascinata dalla possibilità di un legame così stretto tra granroriani e umani. Il secondo, invece, sembrava star accogliendo tutta la storia con la solita e inossidabile calma, anche se si vedeva che era immerso in qualche profonda riflessione.

Zungurii, rendendosi conto che Kenzo non avrebbe ripreso a parlare e che li stava guardando pieno di aspettative, si passò le mani sul volto per poi posare i gomiti sulle ginocchia.

“Vediamo se ho capito.  Nel futuro avete trovato uno dei libri che il Re del Mondo Altrove aveva scritto e lì avete trovato notizie confuse su… un possibile collegamento tra la Terra e Gran RoRo in tempi molto antichi?”

Kenzo tentennò la testa. “Più o meno… non saprei quantificare quanto antichi, dato che le linee temporali dei due mondi sono così diverse. E poi non è che abbiamo avuto molto tempo per dedicarci all’aspetto prettamente archeologico della vicenda.”

Il granroriano si passò le dita sulle tempie, nel vano tentativo di placare l’imminente mal di testa, e riprese a parlare.

“Poi, curando un Mazoku vostro alleato avete avuto la possibilità di confrontare i DNA e vedere che combaciavano?”

Il Guerriero Verde saltò entusiasta sulla punta dei piedi, puntando un dito verso Zungurii. “Esatto! Sapevo che avresti capito Zungurii!”

 Il granroriano sorrise orgoglioso per poi ridacchiare imbarazzato.

“Io veramente ho capito metà di quello che hai detto, Kenzo… e poi che cosa sarebbe precisamente questo DNA?”

Kenzo pensò di aver sentito male o che Zungurii stesse scherzando. Spostò lo sguardo sugli altri due granroriani, sicuro che Aileen o almeno Serjou avrebbero ammesso di starli prendendo in giro. Ma trovò la stessa confusione. Sbuffò e si portò le mani ai fianchi.

“Ma per chi ho parlato fino ad adesso?”

Mai portò la mano davanti alla bocca per soffocare una risata. Lei, Hideto e Yuuki si scambiarono un’occhiata divertita. In quei momenti, erano più che convinti che il karma esistesse. Il Guerriero Blu, tornando serio per non adirare ancora di più l’amico, cercò di farlo ragionare.

“Lo sai che su Gran RoRo la cultura e le conoscenze si sono sviluppate in modo diverso. Solo perché in certi campi sono molto più avanzati di noi, non significa che lo siano in tutti.” Un sorriso piegò le sue labbra. “Per quanto ci siano stati umani di epoche diverse, ammetterai che il DNA possa non essere stato sulla lista delle loro priorità.”

Il Guerriero Verde strinse le labbra e alla fine annuì.

“Ve lo spiegherò un’altra volta. Per il momento vi basta sapere che è una sorta di codice che tutte le creature viventi hanno e che è alla base di tutti i processi della loro vita.”

Detto quello, Kenzo incrociò le braccia e tornò a sedersi.

Serjou si schiarì la voce e ottenne l’attenzione di tutto il gruppo.

“Questo non toglie che sia una scoperta sconvolgente. Temo che, dopo tutto quello che è successo, non tutti l’accoglieranno favorevolmente a Gran RoRo.”

Mai, Hideto e Kenzo annuirono, ricordando bene come i vari Mazoku avessero reagito a quella notizia. Era decisamente un argomento che avrebbero fatto bene a tirare fuori solo in caso di necessità e, possibilmente, una volta eliminato ciò che minacciava Gran RoRo.

“Ma perché siamo anche così diversi da voi terrestri?” Aileen non riusciva proprio a capire come fosse possibile. E non aveva nessuna intenzione di cercare tra tutte le sue visioni per vedere se ci fosse qualcosa che glielo spiegasse.

“La nostra ipotesi è che siano i diversi influssi del Sole e del Nucleo ad aver provocato differenze anche molto evidenti. Senza contare che la linea temporale di Gran RoRo è molto più lunga di quella terrestre.”

Yuuki si limitò ad esporre quella che era l’unica conclusione a cui, anche parlando tra loro in quegli anni, erano giunti.

“Effettivamente potrebbe essere una spiegazione sensata. Maga Magisa ci ha più volte parlato della differenza tra il Sole e il Nucleo Progenitore.” Le parole di Serjou trovarono d’accordo sia Zungurii sia Aileen.

Tutti in realtà avrebbero voluto fare altre domande, risolvere almeno qualcuno dei dubbi che quella scoperta aveva fatto sorgere. Ma sapevano tutti che non era quello l’importante per il momento. Yuuki fu il primo a cercare di reindirizzare il discorso sull’elemento cruciale per la loro missione: gli avvenimenti di quei ventiquattro anni.

“Credo che ora sia meglio tornare sul discorso principale. Se non ci informate su quanto successo a Gran RoRo, non credo vi potremmo essere molto utili.”

Zungurii annuì, ma poi vide Aileen reprimere uno sbadiglio e il suo sguardo si spostò sulle vetrate e si accorse che la notte era già calata. Rendendosi conto per la prima volta di quanto fosse stanco anche lui, si voltò verso i Maestri della Luce.

“Che ne dite se rimandiamo a domani?”

Le espressioni dei quattro ragazzi mostrarono un po’ di disappunto. Pure Aileen e Serjou non sembravano essere troppo convinti, anche se entrambi si rendevano conto che la stanchezza non gli avrebbero certo aiutati.

Il granroriano, che era convinto di far loro un favore, si grattò la testa.

“Pensavo fosse meglio. Magari domani saremo finalmente tutti insieme. Spiegare tutto due volte non mi sembra molto utile.”

I Maestri della Luce si guardarono perplessi. Chi altri si doveva aggiungere a loro? Se era di Gran RoRo o se era Magisa, doveva pur sapere che cosa stesse succedendo. Gli unici nuovi arrivi potevano essere solo i Guerrieri sostituti…

Zungurii stava capendo sempre meno. Non credeva che pochi anni, sei avevano detto, potevano renderli così strani.

“Dan e Clarky. Pensavamo sareste arrivati tutti assieme.” Gli umani sussultarono impercettibilmente. “Ma se effettivamente sono passati degli anni, avremmo dovuto immaginare che potevate non vivere più così vicini.”

Se il karma esisteva, per che cosa stavano venendo puniti?

“Avere intanto voi è fantastico, ma spiegare tutto una volta sarebbe un grande aiuto.”

Mai sospirò. “Non ci saranno altri arrivi.”

Il granroriano si zittì di botto e la fissò come se le fosse appena spuntata una seconda testa. La ragazza capiva perché reagiva così ed era d’accordo con lui. In normali circostanze, sarebbe stato inconcepibile pensare che Dan e Clarky non volessero tornare. Ma quelle non erano situazioni normali.

Per un attimo, tutti e quattro pensarono che forse era meglio continuare a mentire e aspettare di essere riuniti con Magisa, prima di sganciare la bomba. Ma con che cuore potevano farlo? Alimentare le loro speranze, per poi frantumarle sarebbe stato troppo crudele. Meritavano la verità, anche se avrebbe fatto altrettanto male.

Hideto le posò una mano sulla spalla, Kenzo sorrise incoraggiante e Yuuki annuì. Mai annuì a sua volta e inspirò, in cerca del coraggio per dire loro la verità. In cuor suo, sperava solo che trovassero la forza per accettarlo più velocemente di quanto avesse fatto lei. E quello che la preoccupava di più era Zungurii.

“Dan e Clarky –”, inspirò e le sue dita strinsero una ciocca di capelli. “Non sono più con noi.”

Serjou chinò la testa in silenzio e Aileen sussultò, la sua mano che stringeva con più forza la stoffa del divano. Zungurii, invece, boccheggiò e tentò più volte di dire qualcosa, ma la sua bocca si muoveva senza proferir suono. Gli occhi gli si inumidirono.

“Cosa?”

Hideto sospirò. “Clarky è rimasto nel futuro per impedire che i nostri sforzi fossero vani. Dan –” Si fermò, non sapendo che cosa dire. Sorprendendolo, fu Mai a proseguire.

“Dan è stato Dan. Se siamo qui a parlarvi, è merito suo. Ha salvato il futuro e tutto il pianeta.” Gli occhi le erano diventati lucidi, ma l’orgoglio velava le sue parole.

Kenzo, a quel punto, chinò il capo sentendo riaffiorare il senso di colpa che mai lo aveva abbandonato del tutto.

“Io e la dottoressa Stella non siamo stati in grado di capire come veramente funzionasse la Rampa di Lancio.”

Mai sorrise, gli passò un braccio attorno alle spalle e lo strinse a sé. “Non è stata colpa vostra. Ho accettato ormai da tempo che Dan lo avrebbe fatto lo stesso. Anzi, credo ne sarebbe stato ancora più convinto.”

E forse Dan se lo era sentito. Mai aveva avuto quel dubbio per anni, ma più ci ripensava e più quel saluto prima di andare sul campo di battaglia le sembrava un addio.

Zungurii si portò le mani al viso, faticando a trattenere le lacrime e i singhiozzi. Si sentiva un bambino piccolo e gli dava fastidio, ma era più forte di lui.

“Mi aveva promesso – ”, deglutì, “ – un duello.”

Yuuki si rivide per un attimo nel granroriano. Non era quello l’unico duello che Dan aveva promesso. Anche quella loro ultima rivincita sarebbe rimasta incompiuta per sempre.

“Mi dispiace.” Mai sussurrò appena. La realtà era che nessuno di loro sapeva come consolarlo. Un silenzio caricò di tristezza calò sulla Limoviole. Anche M.A.I.A., collegata all’astronave, aveva percepito il cambio di emozioni e aveva abbassato un po’ le luci.

“A questo punto, credo che la cosa migliore per tutti sia andare a dormire. Oggi sono successe molte cose. Proseguiremo il racconto domani.”

Nessuno ebbe ora la forza di protestare contro il suggerimento di Serjou. Una notte di sonno avrebbe certo aiutato a schiarirsi le idee e a metabolizzare quanto successo.



SPAZIO DELL’AUTRICE:

Salve. Ecco qui il terzo capitolo revisionato. Come avrete notato, la parte finale non era presente nella vecchia versione. Inoltre, anche in questo caso, ci sono alcuni dialoghi e alcune scene leggermente modificate.

Se vi va, fatemi sapere che cosa ne pensate.

Ringrazio tutti coloro che hanno recensito e/o hanno inserito la storia nelle preferite o nelle seguite: HikariBashin12, lalla20fairy, ShawnSpenstar, _Mamoru_ e _Secretly_scricc. E ovviamente ringrazio anche chi solo legge.

Vi do quindi appuntamento al prossimo capitolo, l’ultimo di questo episodio, già bello e scritto e che devo solo controllare. Sarà più breve di questi, ma penso che già così ci sarà abbastanza carne sul fuoco. Finalmente comincerete a scoprire che cosa sta succedendo a Gran RoRo.

A presto, HikariMoon

P.S. per quanto riguarda la questione del DNA... non ho idea se fosse veramente o no una conoscenza comune a Gran RoRo. Ripensando agli episodi, non mi sembra ne abbiano mai fatto riferimento. Mi sono quindi basata sul fatto che, nel futuro, siano stati gli umani a fare i test che hanno scoperto la corrispondenza. Dopotutto, i Mazoku, con una vita decisamente più lunga  e un gran numero di umani sottomessi, se avessero avuto interessi in quel campo sono certa che lo avrebbero approfondito in tutti i secoli del loro dominio. O non si sono mai interessati o gli studi sono stati fatti e tenuti segreti alla maggioranza. Per non parlare a Gran RoRo. Questa è comunque la mia opinione, se voi avete qualche informazione in più o qualche diverso punto di vista, sarò lieta di sentirli.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


CAPITOLO 4

Quando Zungurii mise piede nel salottino, la luce del giorno stava appena iniziando a illuminare il Regno di Rubino. Era stata una notte difficile, le rivelazioni della sera precedente lo avevano tenuto a lungo sveglio. Sapeva di non aver recuperato sufficiente sonno. Ma come avrebbe potuto dormire? Non riusciva ancora credere che Dan fosse morto.

Sussultò quando si accorse che c’era già qualcuno seduto sui divani. Fece un saluto a M.A.I.A., a guardia dei comandi, e riconobbe la testa viola di Mai.

La ragazza lo scorse subito e posò sul tavolino la tazza di thè che aveva in mano.

“Ne vuoi?”

Il granroriano annuì e si sedette sul divano opposto. Mai sorrise e prese la teiera, versandogli il liquido ambrato nella tazza.

“Come stai?”

Zungurii deglutì, ma non rispose. Osservò la ragazza spostare lo zucchero davanti a lui e porgergli la tazzina. Lui la prese e accennò con il capo un ringraziamento. Per qualche istante, entrambi sorseggiarono il thè. Poi il granroriano sospirò e posò la tazzina. Non sapeva neppure lui come si sentiva, ma il pensiero che Mai si fosse alzata prima per accertarsene, gli riscaldava il cuore.

“Non lo so. Sono successe così tante cose brutte in questi anni. Non mi aspettavo una simile notizia da voi.”

Mai posò la propria mano su quella più grande del granroriano.

“A me è servito quasi un anno per superare il dolore.” Sorrise tristemente ripensando a quei mesi. “Non volevo neppure più giocare a Battle Spirits.”

Zungurii sgranò gli occhi. “Davvero?” Mai annuì.

“Io non potrei mai smettere di giocare. È l’unico modo che avrei per ricordarlo.”

La ragazza sospirò. “Io l’ho capito più tardi.”

Fissò il liquido ancora contenuto nella tazzina e la sua mente si soffermò sugli ultimi istanti trascorsi con Dan. Un sorriso le nacque spontaneo.

“Sai, prima di andare a combattere, mi disse che alla fine del duello, la prima cosa che avrebbe voluto fare era mangiare del curry.”

Zungurii annuì, non fidandosi della propria voce. Passarono alcuni istanti, prima che si arrischiasse a parlare ancora.

“Mi mancherà.”

Mai chiuse gli occhi e si posò sul divano. “Manca a tutti.”

Nessuno dei due aggiunse altro ed entrambi si accontentarono di godere di quel silenzio e di quel dolore condiviso.

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La luce del giorno illuminava il regno di Rubino da qualche ora, quando il gruppo si riunì di nuovo sui divani. Nessuno di loro fece domande quando trovarono già in piedi Mai e Zungurii e gli umani non ne fecero quando Aileen fu l’ultima a raggiungerli, dato che nessuno dei granroriani sembrava esserne sorpreso.

Uno dopo l’altro iniziarono a servirsi dal cibo che Zungurii aveva preparato per la colazione. C’era del pane, qualche dolce e un po’ di frutta. Da bere, Serjou aveva riempito di nuovo la teiera di thè e aveva portato una brocca di succo.

M.A.I.A., intanto, aveva attivato i motori e tramite il pilota automatico stava guidando la Limoviole attraverso il deserto in una rotta apparentemente casuale.

In questo modo, a differenza del giorno prima, Serjou fu da subito con loro e gli altri due granroriani si mostrarono notevolmente sollevati di far iniziare il discorso a lui. Zungurii perché ancora s’imbarazzava al pensiero di quanto fosse stato ingenuo da bambino e Aileen perché doveva ancora del tutto svegliarsi.

“Dopo la vostra partenza, Gran RoRo sembrò finalmente nascere a una nuova vita.” Serjou esitò un attimo, ripercorrendo i mesi di quell’avventura. “Non ho idea di quale sia stata la vostra percezione, ma nel nostro mondo i problemi c’erano ancora prima dell’arrivo del Re.”

Varie espressioni si dipinsero sul volto dei quattro Maestri della Luce, ma l’unico veramente non sorpreso era Yuuki. Lui lo sapeva fin troppo bene. Lo aveva anche provato sulla sua pelle.

“Tra i popoli dei sei regni è sempre esistita, come dire – ”, il granroriano rifletté un attimo prima di proseguire. “Una certa rivalità. Nel corso dei secoli ci sono stati lotte e scontri, anche molto violenti, per la predominanza. Diffidenza e spesso odio erano alla base dei contatti tra le nazioni.”

Kenzo sembrava veramente colto alla sprovvista. “Non sembrava. So che non siamo stati a Gran RoRo a lungo... ”

“Temo che l’odio per il Re del Mondo Altrove sia solo servito a nascondere queste contese.” Serjou sospirò, a disagio dal dover mostrare i lati più oscuri del suo mondo. “Neppure il desiderio di libertà era così unanime come molti s’illudevano e anche le opinioni erano molto contrastanti.”

Aileen, finito di mangiare la fetta di dolce che aveva preso dal vassoio, sembrò essersi finalmente scrollata di dosso le ultime tracce di stanchezza.

“Il Re del Mondo Altrove, nonostante tutto, ha portato molti miglioramenti in questo mondo. Ci ha spinto a svilupparci, regni che fino a quel momento erano considerati nullità ottennero finalmente dei diritti.”

Vey e Magisa glielo avevano raccontato in quegli anni e ogni volta la sua mente aveva fatto riaffiorare la visione di un essere umano e di un progetto di pace. Accompagnato ogni volta dalla sensazione di aver fallito.

I Maestri della Luce, soprattutto Mai, Hideto e Kenzo, si sentirono degli sciocchi. Di certo il Re non aveva diritto di governare due mondi e imporre la sua volontà, ma era stato troppo facile considerarlo la causa di ogni male.

“Ma le vostre battaglie ci hanno permesso di vedere oltre le differenze!” Zungurii sorrise entusiasta. Solo ripensare a quei pochi anni di rinascita era sufficiente a dargli la forza per non arrendersi.

Anche Serjou sorrise. “Sembrava veramente che tutta Gran RoRo fosse decisa finalmente a voler onorare il Patto dell’Equilibrio.”

Hideto posò la propria tazza. “Il cosa?”

Aileen drizzò la schiena e sorrise, gli occhi che brillavano. Sembrava una persona diversa, se consideravano che fino a cinque minuti prima fosse praticamente in catalessi ed era già tanto che non si fosse rimessa a dormire sul divano.

“Il Patto dell’Equilibrio è un’antica alleanza. Nelle leggende si racconta che il primo Mago di Gran RoRo lo promosse per creare la pace. Tutti i popoli di Gran RoRo avrebbero ottenuto gli stessi diritti, nascere in un regno o nell’altro non avrebbe più reso uno superiore all’altro. Insieme avremmo potuto raggiungere uno sviluppo mai avuto prima.” Una patina di tristezza riempì i suoi occhi e la ragazza abbassò lo sguardo. “Ma non riuscì mai ad essere sugellato.”

Yuuki fissò Aileen per tutto il tempo che parlò, incapace di mettere a tacere i ricordi del passato. Le ricordava lei, quel lontano giorno. Determinata e impavida di fronte ad una cerchia di uomini che la considerava inferiore e che aveva accettato di ascoltarla più per noia che per vero interesse.

“Poi cosa cambiò?”

I tre granroriani si scambiarono uno sguardo sconsolato, poi fu di nuovo Serjou a prendere la parola.

“Furono i granroriani a cambiare. Senza alcun preavviso, uomini e donne cominciarono a odiare e disprezzare chi veniva da un altro regno. Le stesse famiglie e gli amici se erano contrari alle loro idee. E, molto spesso, queste persone erano state tra le più convinte nell’opporsi al Re.”

Zungurii sbuffò e scosse la testa. “I duellanti più forti, le persone più influenti… tutti sembravano appoggiare questo corso degli eventi.”

“Ma come è possibile?” Hideto non riusciva a crederci. Solo un lavaggio del cervello avrebbe potuto cambiare così tanto le persone, ma era sicuro che qualcuno se ne sarebbe accorto prima o poi.

“Non siamo ancora riusciti a scoprirlo.” Serjou avrebbe voluto avere delle risposte da dare. A volte era difficile non sentirsi impotenti. “In questi anni si sono ricreati gruppi di resistenza, ma la loro azione è resa difficile e non solo perché devono agire di nascosto.”

Zungurii strinse i pugni, rabbia e dolore che si accavallavano nel suo sguardo. “Non ci si può più fidare di nessuno. Interi villaggi sono stati rasi al suolo perché traditi da uno dei suoi abitanti, che aveva rivelato la loro collaborazione con la resistenza.” Il granroriano si alzò dal divano e uscì sul terrazzino, sedendosi su una delle poltroncine e fissando il deserto.

I Maestri della Luce esitarono un attimo, chiedendosi se uno di loro avesse fatto meglio ad andare da Zungurii. Era evidente che fosse furioso, ma chi non lo sarebbe stato al suo posto? Gran RoRo sembrava decisamente cambiata dall’ultima volta che l’avevano vista. Alla fine, decisero che fosse meglio lasciare che si calmasse.

“Ma non avevate detto che le persone cambiavano in modo molto evidente?” A Mai quella situazione non piaceva neppure un po’. Avevano già avuto esperienza di tradimenti e inganni nascosti alle loro spalle, quanto successo sulla Terra le bastava e avanzava.

“Non sempre.” Aileen sospirò. “Molti mostrano i loro veri colori solo al momento opportuno. Anche un Maestro della Luce ne ha pagato le conseguenze.”

Quella notizia li colse alla sprovvista, anche se veramente non avrebbe dovuto. Era ovvio che i Maestri della Luce non dovessero per forza essere terrestri. Se qualcosa doveva sembrare strano, era che non ci fosse stato un numero maggiore di Guerrieri granroriani.

“Era un Mazoku, il Guerriero Viola. Magisa era convinta di averlo portato al sicuro.” Aileen si strinse le braccia: non avrebbe mai dimenticato l’espressione carica di dolore e rimorso della Maga. “Non si era riuscita ad accorgere in tempo che, chi doveva proteggerlo, li aveva già traditi.”

“Chi?” Hideto strinse i pugni. Non aveva mai apprezzato i traditori. Li aveva sempre immaginati simili ai bulli della sua scuola. Dopo quello che era successo sulla Terra, però, li odiava con tutto sé stesso.

“Dovreste ricordarvi di lui. Heliostom.” Una serie di versi strozzati seguì le parole di Serjou. Quella era sicuramente una situazione che non si sarebbero mai immaginati. Quando gli avevano detto che le persone potevano cambiare completamente, non si erano veramente resi conto di che cosa potesse significare. Come avrebbero fatto a distinguere gli amici dai nemici?

Zungurii, accorgendosi del silenzio alle sue spalle, sospirò e tornò nella stanza.

“Vi conviene abituarvi presto ai cambiamenti.” Si avvicinò al tavolo e prese un frutto, iniziando a passarlo da una mano all’altra. “Da anni neppure il mio villaggio esiste più.”

Nessuno dei quattro terrestri era veramente stato al villaggio di Zungurii. Ma potevano intuire che cosa significasse vedere la propria casa distrutta, la vita di ogni giorno strappata via. Lo avevano visto nel futuro, per Mazoku e umani indistintamente. Yuuki lo aveva vissuto in prima persona. Loro stessi, in un certo senso, lo avevano provato quando i mass media avevano rivoltato contro di loro addirittura le famiglie.

“Anche tra di voi c’era un traditore?” Ora Kenzo capiva la reazione del granroriano. Doveva essere stato difficile per lui anche solo parlarne.

Il granroriano si sedette stancamente. Sapeva che quella era una sconfitta che non poteva essere cambiata. “Credo sia stata più una rappresaglia. Un modo per mostrarci che sono loro quelli che comandano.” Un sorriso rassegnato piegò le sue labbra. “Almeno quella volta ce lo aspettavamo, dopo quello che era successo pochi giorni prima. Siamo riusciti a metterci in salvo.”

Mai avrebbe voluto fare qualcosa, ma sapeva che in quelle occasioni le parole servivano a ben poco. Un mi dispiace non avrebbe certo ricostruito le case o impedito che quelle cose fossero successe. Erano solo parole vuote. Aveva odiato ogni volta che glielo avevano detto a lei.

“Che cosa è accaduto?”

Zungurii si posò al divano e alzò lo sguardo verso il soffitto, ripensando anche con affetto a quegli ultimi giorni in cui aveva visto il luogo dove era cresciuto. “Una perquisizione inattesa. Hanno trovato un X-Rare.”

I Maestri della Luce aggrottarono la fronte e pensarono di non aver sentito bene. Distruggere un villaggio per una carta di Battle Spirits, pur rara che fosse, sembrava esagerato sotto tutti i punti di vista. Se non fosse stata una terribile realtà, sarebbero scoppiati a ridere. Era surreale.

Il granroriano tornò a guardare il gruppo e si accorse delle loro espressioni scettiche. Una risata amara scappò dalle sue labbra.

“So che sembra assurdo. Credetemi, lo so. Ma hanno imposto limiti su Battle Spirits. Master Rare, X-Rare… per possederle si devono ottenere dei permessi. E c’è un limite anche sul numero che ci possono essere all’interno di un villaggio.”

“Ma così uccidono lo spirito di Battle Spirits!” Mai non si era sentita così indignata in un sacco di tempo. Quanta voglia aveva in quel momento di potersi sfogare con un bel duello.

Zungurii lanciò il frutto nella ciotola. Il clangore del metallo risuonò nell’aria per alcuni secondi.

“Non gli importa molto. Vogliono essere sicuri che non ci sia modo di potersi ribellare.” Sbuffò. “Perdi in partenza anche con i duellanti più mediocri. Sanno già che non hai X-Rare, sanno già il tuo mazzo!”

Zungurii scorse gli sguardi allibiti e faticò a non rimettersi a ridere. Era certo una soluzione migliore che mettersi a piangere. “Ah, giusto. Non ve lo abbiamo detto. Un’altra fantastica novità è il censimento ufficiale di Battle Spirits.”

“Il cosa?” Kenzo, quasi strozzatosi con la saliva, era sicuro di non aver sentito così tante follie in vita sua. Se neppure sulla Terra avevano deciso di abolire Battle Spirits, con tutto quello che era successo…

“Uno dei primi provvedimenti. Desideri giocare a Battle Spirits? Devi farti inserire nelle liste con l’elenco completo delle carte e riferire ogni modifica, ragazzino.” La risposta di M.A.I.A. li raggiunse dalla cloche di comandi e la gravità di quella rivelazione riuscì a non far notare a Kenzo l’appellativo con cui il robot lo aveva chiamato.

Hideto sgranò gli occhi: si erano veramente impegnati per rendere Battle Spirits inutile. “Sul serio?”

Aileen annuì. “Ufficialmente uno può ancora difendersi a Battle Spirits. Gli stessi soldati offrono ai villaggi la possibilità dei duelli. Ma capite bene, con queste premesse…”

“Il giorno della perquisizione, infatti, abbiamo provato a difenderci, ma è stato tutto inutile.” Zungurii incrociò le braccia e si posò allo schienale. Non gli era mai piaciuto perdere. Lo faceva sentire debole. Ma, in quegli ultimi anni, la sconfitta era diventata un peso insopportabile e una beffa crudele. Avrebbero avuto tutti una maggior possibilità di vincere contro il Re del Mondo Altrove. Almeno lui giocava lealmente, se si escludevano le piccole sorpresine come Gai-Asura.

“A volte, l’unico lato positivo è che l’arroganza vince sul loro buon senso e quindi offrono a chiunque, anche a chi non è censito, la possibilità di combattere, ” aggiunse Serjou. “È un modo per far pesare la loro superiorità, anche perché generalmente hanno già battuto tutti i duellanti del villaggio.”

“Quella volta è stata una salvezza che quel pallone gonfiato non conoscesse il tuo mazzo, Aileen!” Zungurii sorrise, ritrovando per un attimo il proprio buon umore, e picchierellò con il gomito il braccio della granroriana. Era stato così appagante vedere quel soldato essere sconfitto.

Aileen si affrettò a spiegare al gruppo di terrestri. “Io, Magisa e Serjou eravamo arrivati nelle vicinanze da poco. Avevamo appena fatto in tempo a nasconderci, prima dell’arrivo dei soldati. Quando il loro comandante ha offerto la possibilità di combattere, mi sono fatta avanti.”

Il sorriso sul suo volto si spense. “Non che alla fine sia servito a molto.” Aileen ricordava la felicità di quegli istanti. Si era sentita una vera Maestra della Luce. Non sapeva ancora che il suo trionfo avrebbe avuto vita breve.

“Non è stata colpa tua. Senza il tuo intervento avrebbero  bruciato il villaggio quel giorno stesso.” Zungurii le posò una mano sulla spalla, cercando di essere incoraggiante. Dopo le minacce del comandante, tutti si erano aspettati una simile reazione.

Con decisione, il granroriano incrociò gli sguardi dei Maestri della Luce. Era certo che insieme avrebbero vinto. Avrebbe dimostrato a Dan di meritare il regalo che gli aveva fatto. Non avrebbe perso la speranza.

“Lo spirito di Gran RoRo è ancora vivo. Ci sono molte persone che usano Battle Spirits senza essere censite. Ovviamente questo viene considerato un atto di ribellione. E non sempre è possibile usarlo per difendersi.” Tirò fuori le proprie carte dalla tasca e lo posò con estrema soddisfazione sul tavolino. “Da quel giorno ho di nuovo un vero mazzo.”

“Neppure io sono censita.” Aileen imitò il suo gesto e affiancò il proprio mazzo. “Per questo non possiamo restare fermi a lungo. Se vieni scoperto, la paghi cara.”

L’immagine dell’edificio distrutto, che avevano trovato il giorno prima, tornò prepotentemente a far capolino nelle loro menti. Mai ripensò ai tanti duelli che aveva fatto in quei luoghi, la sciocca ricerca di vendetta che per prima l’aveva condotta a Gran RoRo.

“E i banchi di carte? Ne abbiamo trovato uno raso al suolo.”

La voce quieta di Serjou tornò a inserirsi nello scambio. Nessuno dei quattro ragazzi ne fu sicuro, ma ebbero l’impressione di sentire una vena di rabbia e dolore nelle parole del granroriano. Pensandoci, quella leggera sfumatura permeava le parole di tutti i granroriani dall’inizio del racconto.

 “Sono un’ombra del passato. Può duellarci solo chi è censito. Se vengono scoperti duellanti senza autorizzazione o scambi di carte illegali, il Banco viene chiuso o dato alle fiamme.”

Era solo la conferma all’evidenza. Come aveva detto Zungurii, non bastava più difendersi con Battle Spirits. Non erano sicuri di essere pronti per quello, ma certo non potevano e non volevano tirarsi indietro ora.

“Vi renderete conto di come sia difficile opporsi a questo dominio.” La loro attenzione tornò su Serjou. “La ribellione fa quello che può, ma ci sono troppi fattori che si oppongono.”

“Immagino che anche ottenere carte di un certo valore sia diventato difficile.” Yuuki non si sorprendeva più che ribellarsi fosse concretamente impossibile. Chiunque fosse quel tiranno aveva ben chiari i metodi per mantenere il potere a Gran RoRo.

“Esatto. Qualcuno è riuscito a nasconderle prima dei sequestri, ma molto spesso si è stati colti alla sprovvista. E piuttosto che mettere a rischio la propria famiglia…” Zungurii inghiottì il groppo che gli si era formato in gola. Lui stesso aveva sacrificato Siegwurm, ma era certo che Dan avrebbe capito. Dopotutto lui stesso lo aveva aiutato a salvare la sua famiglia anni prima.

“Ma la cosa peggiore è che è diventato difficilissimo fidarsi.” Aileen riprese il proprio mazzo, imitata subito dopo dal granroriano. “Non si è mai sicuri che la persona davanti a te sia pronta a tradirti al momento opportuno.”

“Il comandante che ha guidato i soldati al mio villaggio, io lo conoscevo.”  Zungurii abbassò lo sguardo a fissare le mani. “Non benissimo, ma era sempre stato contrario al Re del Mondo Altrove.”

“O Heliostom.” Hideto sbuffò.

Aileen annuì lentamente. “O Heliostom. Ma non è l’unico.”

“Sembra assurdo. Heliostom ci odiava soltanto perché eravamo umani come il Re.” Kenzo si prese la testa tra le mani. Era tutto così sbagliato.

Serjou chinò il capo, ripensando a quanti amici e conoscenti aveva visto trasformare senza poter far nulla per impedirlo. “Non ha nessuna importanza chi eri prima dell’oscurità. Ci sono decine di persone che prima sarebbero morte per la libertà e ora seguono anime e corpo questo nuovo tiranno.”

“Come possiamo fidarci di voi, allora?” Yuuki non ebbe nessuna esitazione. Sapeva che poteva suonare ipocrita. Lui stesso si era trovato nell'identica situazione. Ma sapeva anche che nessuno degli altri si sarebbe posto quel dubbio. E, per quanto sperasse che non succedesse, era un rischio che non potevano correre.

Il silenzio calò pesante nella stanza.

Gli altri tre Maestri della Luce si resero conto solo a quel punto di quanto Yuuki avesse ragione. Non volevano dubitare dei loro amici o di Aileen, sarebbe stato ingiusto non fidarsi di lei solo perché non l’avevano conosciuta nel viaggio precedente. Ma chi poteva dare loro la certezza che anche loro non fossero stati cambiati? Che non fossero lì solo per consegnarli nelle mani dei soldati?

“Possiamo solo darvi la nostra parola. Vogliamo liberare Gran RoRo.” La giovane granroriana parlò con voce ferma, fissandoli negli occhi. Avrebbe potuto dire dell’altro, forse sarebbe riuscita a rassicurarli. Ma si limitò a stringere le labbra. Era di lei che si dovevano fidare. Non di un fantasma.

“Anche se capiremo, se non vorrete accordarci la vostra piena fiducia. Non è più una cosa comune su Gran RoRo.” Il tono serio di Serjou rese quasi solenne quell’affermazione.

“No. Ci fidiamo. Vogliamo fidarci. Ma dobbiamo essere sinceri gli uni con gli altri. Sarà la nostra arma più forte.” La Guerriero Viola sorrise, cercando di trasmettere sicurezza con la sua affermazione. Sperava di suonare anche sincera. Ma per quanto ne fosse convinta, non era sicura che sarebbe bastato quello per aiutarli.

Aileen si morse un labbro. Non poteva essere completamente sincera con loro. Se lo fosse stata, l’avrebbero guardata in modo diverso. L’avrebbero trattata come un’altra. Sperava solo che anche gli altri mantenessero la loro promessa, almeno per quello che sapevano. Sospirò: non poteva, però, tenerli del tutto allo scuro.

“Sono una Maestra della Luce.”

Passarono alcuni istanti. Anche Zungurii e Serjou erano stupiti che la giovane avesse deciso di rivelare già adesso il motivo della sua presenza sull’astronave.

Mai sbattè le palpebre. “Cosa?”

“È per quello che sono qui. Magisa, dopo la morte del Mazoku, era venuta a cercare un guerriero del Regno di Smeraldo. Ero io. È da allora che viaggio sulla Limoviole.” La granroriana finì di parlare e strinse le mani, aspettando la reazione del gruppo.

Hideto si forzò di non suonare accusatorio, ma era certo che un dettaglio simile avesse una certa rilevanza. Se Mai non avesse proposto di essere sinceri, quando avrebbe pensato di dirglielo?

“Perché non ce lo hai detto subito?” Se cercava di conquistare così la loro fiducia, partiva male in partenza.

E, dagli sguardi degli altri Maestri della luce, sembrava che anche loro condividessero il suo stesso pensiero.

Aileen abbassò lo sguardo, le mani strette sulle ginocchia. “Non sapevate neppure chi ero. Ed io non sapevo chi eravate voi. Ancora non ci conosciamo veramente. Non volevo darvi l’impressione di impormi dentro il vostro gruppo.”

Tutti gli sguardi si posarono su Kenzo. Il ragazzino fissò la granroriana davanti a loro, non sapendo esattamente cosa avrebbe dovuto provare allo scoprire di non essere l’unico Guerriero Verde. Alla fine, si rese conto che la cosa non gli dava così fastidio come avrebbe potuto pensare.

“Non credo mi dispiaccia condividere il mio ruolo.”

Aileen annuì sorridendo, visibilmente sollevata della reazione del suo collega.

Mai distolse lo sguardo da Kenzo, lieta che almeno per il momento quella questione fosse risolta e ben sapendo che avrebbero dovuto affrontarla con calma in un altro momento. Ma, dopotutto, non era quello il dettaglio più importante in quel momento. La sua attenzione ritornò su Serjou.

“Quanti appoggiano questo tiranno?”

“Secondo alcune stime, nei regni più potenti più del cinquanta per cento della popolazione lo appoggia.” Le parole di del granroriano suonavano irreali.

Yuuki, come anche gli amici, non riusciva veramente a capacitarsi di come fosse riuscito ad ottenere un appoggio così veloce. Era il dettaglio più inquietante. Neppure il Re del Mondo Altrove, con il suo carisma, aveva ottenuto un seguito così rapidamente.

“Cosa si sa su questo imperatore?”

“Pochi sanno chi sia veramente. Alcuni dicono che è umano, altri che è un granroriano. Per tutti è solo l’Imperatore.” Aileen sollevò le gambe e posò il mento sulle ginocchia. “In meno di un anno, ogni regno aveva eletto un Governatore che sostituì qualsiasi fosse la forma di governo precedente. Poi lui si manifestò e ebbe solo bisogno di farsi acclamare.”

Mai roteò gli occhi. “Ma è una gara a chi ottiene il titolo più pomposo? Il prossimo che cosa farà? Si farà venerare come un dio?”

Aileen si morse un labbro. “Se non lo fermiamo, non ci sarà una prossima volta.”

Quell’affermazione fece correre un brivido su per la schiena dei Maestri della Luce. Sembrava che le loro avventure, prima a Gran RoRo poi nel futuro, si fossero fuse in un’unica versione più contorta e terribile. Perché rischiavano sempre che il mondo attorno a loro fosse distrutto?

Serjou fece cenno a M.A.I.A. di avvicinarsi. Il robot, evidentemente capendo che cosa dovesse fare, iniziò a proiettare davanti a loro paesaggi dei vari mondi. E anche se erano passati anni e loro conoscevano poco quel mondo, riuscivano a vedere benissimo che c’era qualcosa di malato. Sembrava il progetto del Re del Mondo Altrove, che inspiegabilmente si stava avverando anche senza l’utilizzo del Nucleo Progenitore. Una versione ancora più malata e distorta del suo progetto.

“Negli anni anche Gran RoRo sta venendo consumata. Le foreste muoiono, i fiumi si seccano.” Una bestia simile a un lupo, ma dai contorni neri sfumati e gli occhi rossi, sembrò avventarsi verso di loro. Il gruppo sussultò e Kenzo si spinse contro lo schienale. “Gli animali si trasformano in creature oscure.”

M.A.I.A. fece svanire la proiezione e rimase a fluttuare vicino a Serjou.

“Non esistono prove che la causa di questi cambiamenti sia l’Imperatore.”

Serjou annuì. “Ma sicuramente ci sono molte coincidenze che lo dimostrino. I tempi tra i cambiamenti e il suo arrivo. L’appoggio incondizionato che ha da parte di coloro che cambiano.”

Mai non riusciva a credere a quanto sentiva. “Voi credete che questo fantomatico Imperatore stia volontariamente facendo morire i regni?”

Hideto incrociò le braccia e sbuffò. “Non che questo fosse molto diverso dal progetto finale del Re.”

Zungurii roteò gli occhi. “Non è proprio così. Anche se mi pesa, il Re del Mondo Altrove aveva a cuore questo regno. Nel suo contorto e strano modo di vedere, ovviamente. Lui era convinto di portarci ad un’evoluzione migliore.”

Aileen sospirò. “All’Imperatore sembra interessare solo che questo mondo sia consumato dall’oscurità e dall’odio.”

Come poteva essere possibile che questo fantomatico Imperatore avesse tutto quel potere? Come riusciva a contrastare il potere del Nucleo che alimentava la vita a Gran RoRo?

“Ma perché non ci avete chiamato prima? Il Nucleo non dovrebbe mantenere l’equilibrio? E Magisa? Perché non l’ha cacciato a calci?” Kenzo inspirò con forza l’aria. Voleva capire, ma fino a quel momento poco riusciva ad avere un senso.

“Ci sono stati dei problemi. Magisa non poteva più usare il Nucleo.” Le parole della giovane granroriana si persero nel silenzio lugubre che li avvolse. Era bastata quell’affermazione a spiegare tante cose, a dare contorni ancora più minacciosi a ciò che avrebbero dovuto affrontare.

Per un attimo temettero che l’Imperatore si fosse impossessato del Nucleo, ma ben presto un pensiero più terribile, anche se leggermente egoistico, si fece largo nella loro mente. Un’eventualità che, fosse stata vera, non avrebbero potuto cambiare.

“Magisa è – ”, la voce di Mai tremò. Non aveva la forza di finire.

I tre granroriani compresero solo allora quale fosse la conclusione cui i Maestri della Luce erano arrivati. Zungurii sgranò gli occhi e alzò le mani, agitandole davanti a sé.

“No, che avete capito! Magisa non è morta!”

Il sollievo provato dai quattro umani fu evidente, le loro posture si rilassarono e anche il loro respiro sembrò alleggerirsi. Forse avrebbero dovuto pensare alla situazione nella sua globalità, per la loro battaglia, che il Nucleo fosse al sicuro, era sicuramente più importante. Ma perdere anche Magisa li avrebbe riempiti di un dolore troppo forte. Non ne potevano più di dire addio o di perdere le persone amate.

Questo, però, non toglieva che alla Maga fosse successo qualcosa di brutto.

La risposta alle loro domande, evidenti sui loro volti, arrivò da M.A.I.A.

“Maga Magisa è stata fatta prigioniera circa un mese fa.”

Annuirono semplicemente, lasciando che quella notizia sedimentasse. Pensare a una Magisa catturata, era meno traumatico che accettare una Magisa morta, ma era comunque una novità difficile da digerire. Non volevano neppure pensare a che cosa potesse succederle, nelle mani dell’Imperatore o dei suoi seguaci.

C’era solo una cosa che potevano fare. Non avevano neppure bisogno di cercare conferma nello sguardo degli altri.

L’avrebbero liberata

“Dove si trova?”

La voce grave di Hideto fu la prima a spezzare quel silenzio. Altri brevi e lunghissimi istanti passarono. I tre granroriani si scambiarono alcuni sguardi veloci per decidere cosa dire ai quattro. Alla fine, Aileen fece un cenno a M.A.I.A. che proiettò l’immagine di una cittadina che non conoscevano, dominata da una roccaforte in pietra rossa.

“Qui, nel regno di Rubino. Nella fortezza del Governatore."


… TO BE CONTINUED …



SPAZIO DELL’AUTRICE:

Siamo arrivati alla fine. Ci è voluto più di un anno per arrivare a questo punto, ma in fondo sono soddisfatta di quello che è venuto fuori.

Cosa ne pensate della situazione a Gran RoRo? Ve lo aspettavate? Vi ha sorpreso? Spero di sentire i vostri pareri e che nel complesso, la situazione che ho creato, non sembri troppo simile alle situazioni presenti nelle due serie.

A questo punto, alla conclusione di questo episodio, mi preme ringraziare tutti voi, lettori e recensori. Qualcuno di voi è nuovo, qualcuno di voi è rimasto nonostante il tempo che è passato… in ogni caso, vi posso solo dire grazie. Grazie per aver seguito questa storia e grazie per esservene appassionati. In particolare grazie a:

Aiko-Miura_36, HikariBashin12, lalla20fairy, ShawnSpenstar, _Mamoru_ e _Secretly_scricc

Detto questo, passiamo all’unica cosa che probabilmente vi interessa di queste note…  l’anticipazione del prossimo episodio!

Lascio quindi la parola alla nostra Aileen Dealan:

I Maestri della Luce sono tornati a Gran RoRo. Ma è un nuovo gruppo, quello che si sta formando. E sarebbe tutto più facile se avessimo il tempo di conoscerci meglio. O loro abituarsi alla nuova realtà che li circonda. Nessuno di noi, però, potrà permettersi questo lusso. È arrivato il momento di salvare Magisa. Solo fidandoci gli uni negli altri potremo penetrare nella fortezza e portare a termine la nostra missione. Riusciremo a superare le nostre differenze? Basterà Battle Spirits a tirarci fuori dai guai? Tutto questo nel prossimo episodio: IL SALVATAGGIO DI MAGISA.

Ancora grazie a tutti. Spero che continuerete a seguire queste storie. Vi aspetto! (sperando di non essere io quella che vi farà aspettare)

Varco apriti, Energia!

Alla prossima, HikariMoon

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