CAPITOLO
2
Il
cielo era tinto di colori soffusi. Un’atmosfera di pace e
silenzio permeava il luogo, così lontano dalla
città ancora addormentata.
I
vialetti erano sempre deserti fino a tardi. Era solo da un
paio d’anni che per l’anziano custode era iniziata
una puntuale consuetudine.
Il
sole sorgeva, lui andava ad aprire il cancello e il
ragazzo arrivava. Silenzioso, sostava all’unica lapide sempre
piena di fiori e
poi se ne andava prima che arrivassero altri visitatori.
Alzò
lo sguardo dal libro e lo scorse da lontano. Trovava
commovente l’assiduità con cui il ragazzo veniva a
commemorare la persona che
aveva perso.
Riabbassò
lo sguardo sul libro e si ritrovò, nonostante
tutto, a sorridere al pensiero che, come molte mattine, la solitudine
del ragazzo
sarebbe stata presto timidamente interrotta.
Yuuki,
nel frattempo, osservava la lapide dell’amata sorella
e pensava. I ricordi che lo riportavano a un tempo perduto
più lontano. La
memoria che faceva riaffiorare un sorriso diverso.
Sfiorò
con la mano la fotografia e si rimise in piedi
bruscamente, gli occhi che non riuscivano a staccarsi dalla foto.
Un
rumore di passi alla sua destra lo fece voltare. Il suo
sguardo incrociò quello di una ragazza, ferma poco distante.
Lei sorrise e per
lunghi minuti rimasero in silenzio.
“Non
volevo disturbarti. Prenditi tutto il tempo che ti
serve.”
Yuuki
sorrise, ormai rassegnato al
fatto di non poter convincere diversamente
la ragazza. Una routine che si ripeteva ogni qual volta lei non aveva
altri
impegni.
“Elisabeth,
sarei tornato a piedi, come sono venuto.”
L’interpellata
scosse la testa. “Nessun problema. Mi fa
piacere.”
Yuuki
annuì e i due si voltarono verso la lapide, ognuno
immerso nei propri pensieri. Elisabeth ogni tanto lo guardava di
sottecchi e si
chiedeva se mai sarebbe riuscita a capire l’enigma che Yuuki
Momose costituiva.
Conoscerlo da tre anni non sembrava essere sufficiente. Sembrava uno di
quei
personaggi indecifrabili dei romanzi che leggeva o delle favole che sua
madre
le raccontava. Allo stesso tempo tristi e fieri.
Forse
era quello che, per un breve periodo, l’aveva convinta
di provare qualcosa di più per lui. La speranza, che un
giorno lui avrebbe
ricambiato, aveva però avuto vita breve. Aveva
capito subito che il cuore
dell’ex-Guerriero Bianco era chiuso in una barriera
più invalicabile di quelle
che creava con le sue carte.
Fortunatamente
la loro amicizia era sopravvissuta
all’infatuazione, ma da allora si era sempre chiesta
perché Yuuki avesse alzato
quella barriera. Per non soffrire ancora? O per proteggere
ciò che custodiva?
Purtroppo
non aveva trovato la risposta in ciò che lui le
aveva raccontato. In un certo senso sentiva che la difficile infanzia,
la sua
vita a Gran RoRo e le avventure con i Maestri della Luce fossero solo
la punta
dell’iceberg. C’era un tassello importante del suo
passato che, lo percepiva,
lui non le aveva raccontato.
Forse
per quello lo sentiva distante anche quando erano vicini.
Intuiva
che la risposta fosse legata anche a Kajitsu, la cui
ombra sembrava permeare ogni sua parola. Come onnipresente era il
rimorso di
non averla salvata e la sofferenza per
l’impossibilità di continuare la
battaglia per la verità. Ma, quando parlava di lei,
c’era una luce diversa nel
suo sguardo.
Come
in quel momento, perso nei suoi ricordi. Quando lo
guardava, provava lo stesso fastidio che sperimentava davanti ad un
reperto
archeologico che non riusciva a interpretare.
“Posso
farti una domanda?”
Si
accorse troppo tardi di aver parlato. Yuuki annuì e lei
fu costretta a prendere un respiro, nel tentativo di riordinare le idee
e
capire che cosa chiedergli. Sapeva che non si sarebbe sfogato, le aveva
fatto
capire da lungo tempo che era qualcosa che doveva affrontare da solo.
Ma la
solita domanda fu l’unica che affiorò alla sua
mente.
“Perché
non riesci ancora a superare il senso di colpa?”
Yuuki
la guardò e alzò un sopracciglio. Elisabeth
abbozzò un
sorriso e si dondolò sui piedi, iniziando a giocherellare
con la borsa. Dopo
qualche istante, abbassò lo sguardo sulla lapide e si chiese
se non fosse stata
troppo brusca e ripetitiva. Probabilmente si era stufato di avere a che
fare
con le sue ansie, neanche fosse sua madre.
Rendendosi
conto dell’imbarazzo dell’amica, Yuuki sorrise.
Ammirava la sua tenacia e il suo desiderio di comprendere le cose.
Elisabeth
era riuscita in quegli anni a diventare quasi una sorella per lui e il
suo
ottimismo era stato, insieme agli altri Maestri della Luce,
ciò che aveva reso
sopportabile la vita separata dal resto del mondo che era costretto a
vivere.
Ma
la verità era troppo complicata.
“Le
avevo promesso che l’avrei protetta ad ogni costo, che
saremmo riusciti a essere felici.” Mise le mani in tasca e
alzò lo sguardo
verso l’orizzonte.
La
voce di Yuuki fece sussultare Elisabeth che si voltò
verso di lui sorpresa. Non si aspettava che le avrebbe veramente
risposto.
“Nessuno
può controllare ciò che gli riserva il
futuro.” Lei
lo sapeva bene, come sapeva che bisognava sempre andare avanti.
Yuuki
sospirò. Guardò un’ultima volta la
lapide e s’incamminò
lungo i vialetti. Elisabeth rimase immobile qualche istante, prima di
raggiungerlo e affiancarlo.
“È
diverso. È stata tutta colpa mia.”
Elisabeth
si morse un labbro e fece per replicare, ma non
trovò niente da dire. Che cosa poteva fare lei per
convincerlo del contrario?
“Sarei
dovuto scappare, portarla al sicuro. Invece mi sono
fatto stupidamente convincere.”
Yuuki
si fermò, cogliendo di sprovvista Elisabeth che
avanzò
di qualche passo. La ragazza si voltò verso di lui,
sentendosi in colpa per
averlo spinto a parlare. Rivivere l’accaduto di certo non lo
aiutava.
“Non
ho fatto niente per fermarla. Avrei dovuto cercare di
dissuaderla.”
“Lei
ha preso la sua decisione. Non pensi che come te
sarebbe stata pronta a fare qualsiasi cosa per la vostra
felicità?”
I
loro sguardi s’incrociarono ed Elisabeth sorrise
incoraggiante. Lui rimase in silenzio, consapevole che aveva ragione ma
incapace di accettare che, tra loro due, fosse stata lei a pagare per
le loro
scelte. Avrebbe meritato lei una vita normale, libera dal Nucleo
Progenitore.
“Devi
liberarti dal senso di colpa, Yuuki.”
L’ex-Guerriero
Bianco scosse la testa lentamente ed
Elisabeth si rassegnò. Era certa che Yuuki sarebbe riuscito
ad andare avanti,
ma ognuno affrontava il dolore in modo diverso. Forse, per lui, la
ferita era
ancora troppo fresca.
Nessuno
dei due disse altro. Alla fine, Elisabeth lo prese a
braccetto e si rincamminò verso l’uscita. Sorrise,
cercando di riportare il
buon umore ad entrambi.
“Forza,
torniamo a casa. Se non facciamo un duello di Battle
Spirits, oggi pomeriggio non ti lascio uscire!”
Yuuki
sogghignò, lasciandosi guidare. “Sicura di voler
perdere?”
Elisabeth
sbuffò e gli lanciò un’occhiataccia.
“Cosa ti fa
credere che io perderò?”
Quando
vide che stava per aprire bocca, la ragazza si allontanò
da lui e gli colpì il braccio con il dorso della mano.
“Non volevo una tua
risposta!”
La
risata di Elisabeth riempì l’aria e Yuuki
alzò le mani in
segno di resa. Insieme, si avviarono verso la limousine che li
aspettava.
Mentre
camminavano, Yuuki sorrise al pensiero di come la
ragazza lo spronasse come un tempo faceva Dan. Non avrebbe mai potuto
ringraziarla a sufficienza. Avrebbe meritato che gli raccontasse la
verità sul
suo passato. Che non era solo Kajitsu che lui piangeva, che era la
speranza di
poterla rivedere un giorno a non farlo soccombere al dolore.
Che
era stato sognare Kajitsu a risvegliarlo dal coma.
Finalmente
seduto accanto ad Elisabeth, il paesaggio che sfilava
fuori dal finestrino, Yuuki arrivò a risolvere il dubbio che
lo tormentava da
giorni.
Non
poteva raccontare a Elisabeth del sogno di tre anni
prima né delle strane sensazioni che provava da settimane,
ma era arrivato il
momento di parlarne con gli altri Maestri della Luce.
Sperava
che le sue non fossero illusioni, che quelle
sensazioni fossero veramente legate a Gran RoRo. Era solo in quel mondo
che
poteva espiare i suoi sensi di colpa.
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Hideto si fermò vicino
a una roccia per asciugarsi il sudore. Davanti a lui si stendeva il
deserto
australiano.
“Hideto.”
Sbattè le palpebre e
si voltò di scatto, guardandosi attorno. Solo deserto, a
perdita d’occhio.
Si voltò di nuovo e,
quello che vide, lo lasciò di stucco. A pochi metri da lui,
l’aria vibrava. Un
bagliore di luce la squarciò e apparve un paesaggio che
conosceva bene, Gran
RoRo.
“Guerriero Blu.”
Sgranò gli occhi.
Qualcuno
gli stava delicatamente scuotendo la spalla.
Hideto, ancora intontito dal sonno, dovette impiegare qualche secondo
per
accorgersi che l’aereo era molto più silenzioso di
quello che ricordava. Iniziò
lentamente ad aprire gli occhi.
“Mi
scusi, l’aereo è atterrato. Deve
scendere.”
Si
sollevò e si guardò attorno. L’hostess
gli stava
sorridendo. Aggrottò la fronte cercando di ricordare il
sogno che stava
facendo.
“L’aereo…”
Annuì,
decidendo di lasciar stare il sogno. “Sì,
scusi.”
Si
slacciò la cintura e pochi istanti dopo scese
dall’aereo.
Per ritirare lo zaino lo attendeva un’altra fila. Solo con i
suoi pensieri,
Hideto cercò di riafferrare il sogno che stava sbiadendo
nella memoria.
Era
certo che c’era qualcuno che lo chiamava e che
riguardava Gran RoRo.
Hideto
non credeva molto al caso. Gli piaceva pensare che,
se tutti loro erano diventati Maestri della Luce, ci fosse un motivo
sotto.
Perciò, era convinto che sognare Gran RoRo, dopo che per
settimane aveva avuto
la sensazione di essere chiamato, dovesse significare qualcosa.
Afferrò
lo zaino e si fermò. Gli altri avevano avuto le sue
stesse sensazioni? Avrebbe dovuto prepararsi a due nuovi guerrieri che
sostituissero Dan e Clarky? Sospirò: non sarebbe stata
un’impresa facile.
“Potrebbe
sbrigarsi? Non è l’unico che deve ritirare il
bagaglio!”
Si
riscosse dai pensieri e si allontanò velocemente verso
l’uscita, ignorando l’occhiataccia
dell’altro viaggiatore.
Immergendosi
nel confusionario via vai di persone, Hideto
decise che non aveva senso preoccuparsi in anticipo. La cosa migliore
era
parlare con gli altri. Insieme avrebbero capito che cosa stava
succedendo…
sempre se non era soltanto la stanchezza che decideva di vendicarsi.
Sbuffando
per il caldo, mitigato fino a quel momento
dall’aria condizionata, raggiunse la fermata della corriera.
In attesa di
incontrare gli altri, aveva tutto il tempo di tornare a casa e farsi
una
doccia. Magari riusciva anche a fare un duello con il suo inossidabile
nonno.
Sorrise,
ripensando a tutta la fatica che aveva fatto per
recuperare il rapporto con la sua famiglia dopo la drastica decisione
di cinque
anni prima. Era letteralmente scappato da casa. Alla fine,
però, avevano capito
la sua necessità di fuggire e ora non si opponeva,
generalmente, al suo
desiderio di esplorare.
Sapeva,
però, che quello che li aveva resi veramente orgogliosi
era stata la sua decisione di iscriversi a medicina.
Se
solo Dan, Clarky e Kajitsu fossero stati con loro,
sarebbe stato perfetto. Anche accettare che la loro battaglia per la
verità
andasse a rilento sarebbe stato più facile.
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Kenzo
cominciava a credere di aver sbagliato libro. Le righe
sembrano essere scritte in una lingua straniera. Le leggeva ma non
capiva mezzo
concetto. Ogni tanto spostava lo sguardo sul computer accesso, giusto
per
mostrarsi impegnato.
Era
distratto, ma non era colpa del caldo.
Beati
i suoi compagni di classe, pensò osservandoli di
sottecchi. Se la ricerca andava bene, non sarebbe certo stato per
merito suo.
Si mosse e la sedia cigolò nel silenzio. Faticò a
trattenere uno sbuffo.
Come
poteva pensare ad altro che non fosse trovare una
spiegazione razionale al sogno di quella notte? Finché erano
state le
sensazioni delle settimane precedenti, le aveva bollate come
suggestioni.
Ma
il sogno? Non ricordava di averne fatto di più
strani… ok,
forse c’era stata quella volta che aveva sognato di essere
inseguito da un
sashimi gigante. Kenzo rabbrividì al pensiero e si
obbligò a concentrarsi sul
sogno. Era a Gran RoRo e tutto sembrava così vivido che, una
volta svegliato,
si era sorpreso di non essere lì.
Qualcuno
lo aveva chiamato e ricordava distintamente di aver
cercato un varco.
Arrovellandosi,
era poi arrivato alla conclusione che
dovesse essere in qualche modo collegato alle strane sensazioni.
Quello
che non capiva era perché adesso?
Kenzo
iniziò a scarabocchiare sul quaderno. Gli sembrava
strano che Gran RoRo fosse di nuovo in pericolo dopo così
pochi anni. E di
certo non era l’umanità a essere pronta a riunirsi
con il Mondo Altrove.
Anche
ipotizzando la prima soluzione, non era del tutto convinto.
Come aveva fatto Magisa a non accorgersi di una minaccia
così vicina? E chi
avrebbe sostituito Dan e Clarky?
Certo
non invidiava questi ipotetici nuovi guerrieri,
costretti a entrare in un gruppo affiatato e a essere inesorabilmente
confrontati con i due predecessori.
Sarebbe
stato quasi meglio che fossero sostituiti tutti.
Tanto, se anche Magisa fosse riuscita ad aprire un varco per il futuro,
cosa
diceva loro che Clarky avrebbe rinunciato alla vita che si era
costruito? E
Dan? Non era mai riuscito a credere veramente che
l’apparizione del Nucleo
significasse la salvezza di Dan.
Voleva
crederci, ma razionalmente la possibilità che fosse
vero era minima. Ma fino a quanto la scienza poteva essere tenuta in
conto
quando si parlava di Gran RoRo?
Voleva
trovare le risposte, ma ne aveva paura. Per tutti era
più facile aggrapparsi alla flebile speranza che un giorno
avrebbero rivisto Dan,
piuttosto che arrendersi ad un’ipotetica realtà.
Forse,
era arrivato il momento di parlarne con gli altri. Confrontandosi
con loro, avrebbe scoperto se erano solo sue paranoie oppure sensazioni
condivise.
Doveva
solo trovare il modo di introdurre il discorso.
Tornò
a fissare i libri da cui stava cercando di raccogliere
il materiale per la ricerca. Provò a concentrarsi, ma la sua
testa non voleva
collaborare.
Tutta
colpa sua che aveva deciso di incontrare i compagni di
classe proprio quella mattina. Fortunatamente non mancava molto tempo,
dopotutto avevano già pranzato…
Sgranò
gli occhi e alzò lo sguardo verso l’orologio,
accorgendosi
di un piccolo insignificante dettaglio. Era in ritardo, mostruosamente
in
ritardo. Aveva meno di un’ora e doveva anche riportare libri
e quaderni a casa.
Si
alzò di scatto, raccogliendo in furia tutto il materiale,
quasi spaventando gli amici.
“Scusate,
ma devo scappare. Sono già in ritardo!”
Non
aspettò neanche risposta e si fiondò fuori dalla
porta
dell’aula, accompagnato dai loro saluti.
Zaino
in spalla, corse giù per le scale. Ovviamente, con
quel caldo, si era dovuto dimenticare dell’ora.
Se
solo non avesse rifiutato l’offerta dei genitori. Non
essendo una persona particolarmente sportiva, ora gli avrebbe fatto
comodo un
passaggio in auto. Doveva solo pregare di essere fortunato con le
coincidenze
della metropolitana. Incrociando le dita, sarebbe arrivato velocemente
a casa
sua.
Ma
ci sarebbe voluto un miracolo per arrivare in tempo
all’appuntamento sulla spiaggia. L’unico lato
positivo del momento era che non
aveva più tempo per rimuginare su quanto successo. Era
già tanto se riusciva a
concentrarsi sul correre e scansare le persone.
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Mai
mosse la mano in segno di saluto e si allontanò lungo il
marciapiede, lasciando che le amiche si rimmergessero nella folla che
assediava
la spiaggia.
La
ragazza si risistemò gli occhiali da sole e sorrise,
iniziando a canticchiare l’irritante canzoncina con cui una
delle sue amiche le
aveva torturate per tutta la mattina. Sbuffò e scosse la
testa, chiedendosi per
quanto tempo le sarebbe rimasta fissata in testa.
Sopra
di lei il cielo era azzurro e il sole luminoso. Era
una giornata così meravigliosa da farle quasi dimenticare il
caldo.
Pochi
minuti dopo, scorse la sua meta, lo stesso punto in
cui quattro anni prima si erano incontrati lei e Kenzo.
Accelerò il passo e,
una volta arrivata, posò la borsa a terra. Senza esitazione
salì sul muretto,
sedendosi con le gambe ciondolanti sull’alta protezione della
spiaggia.
Chiuse
gli occhi e inspirò l’aria mossa da una leggera
brezza. Prese la
bottiglietta e bevve un sorso
d’acqua, sogghignando nel vedere sotto di lei la folla di
bagnanti. Era
decisamente sollevata di essersi allontanata almeno un po’ da
tutta quella
confusione.
Controllò
che la vicina fermata del tram fosse ancora vuota
e spostò lo sguardo sull’orizzonte lontano.
Riprese a canterellare, ma dopo
pochi minuti infilò la mano nella borsa e tirò
fuori il proprio lettore
digitale. Ben presto, Mai chiuse fuori dalla sua mente le risate e le
voci che
provenivano da sotto, immergendosi nella lettura dell’ultimo
romanzo che sua
sorella le aveva consigliato.
“Sorpresa!”
Mai
sobbalzò e non riuscì a trattenere un gridolino.
Fu solo
un colpo di fortuna che non le fece perdere l’equilibrio e
far cadere in
picchiata il lettore. Si afferrò al muretto con una mano e
chiuse gli occhi,
iniziando a contare lentamente per calmare i battiti del cuore e il
proprio
istinto che gridava vendetta.
Arrivata
a nove, decise che il colpevole meritava la sua ira
e si voltò. Sorridente, Hideto era accucciato accanto a lei.
“Hideto
Suzuri! Tu sei…”
La
ragazza strinse le labbra e socchiuse gli occhi, intenta
a trovare una parola efficace a mostrare il suo disappunto senza
offendere
troppo l’amico. Hideto intanto non riusciva a non mostrarsi
divertito,
soprattutto vedendo l’espressione indignata e incerta di Mai.
Il sorriso gli
sparì dalle labbra quando la borsa di Mai gli
arrivò sulla testa. Fece appena
in tempo ad alzare le braccia per difendersi e a sedersi per terra,
unico modo
per evitare di perdere l’equilibrio.
“Sei
un’idiota, Hideto!” Mai sorrise, vanificando in
parte
l’intento bellicoso.
Hideto
scansò il secondo tentativo di Mai di colpirlo con
quell’arma impropria e si alzò in piedi. Si
fissarono e Mai cercò di mostrarsi molto
offesa.
“Pari?”
Il ragazzo le porse la mano, ricevendo in cambio un
radioso sorriso.
Appena
in piedi, i due si abbracciarono. Mai fu la prima a
staccarsi.
“Allora,
da quale parte del mondo sbuchi questa volta?”
“Oh,
non molto lontano. Ero in Australia.”
La
ragazza si scansò e lo colpì con la mano sul
braccio. “E
cosa aspettavi a rispondermi?”
“Sai
com’è… i preparativi, il
viaggio… mi sono accorto
dell’email solo una volta tornato in
città.”
La
risposta spontanea fu per entrambi quella di scoppiare a
ridere. Mai si afferrò al suo braccio, nel tentativo di
calmarsi. Ma nessuno
dei due ci riuscì per lunghi istanti. Alla fine, si
voltarono a fissare il mare
e il cielo percorso da bianche e vaporose nuvole.
“Allora,
cosa mi racconti del tuo viaggio?”
Hideto
non se lo fece ripetere due volte. Amava raccontare i
suoi viaggi, non per vantarsi dei posti che aveva visto, ma
perché gli piaceva
condividere quelle esperienze con gli amici e le persone care.
Soprattutto
perché c’era più di qualche aneddoto
divertente da riferire.
“…
e così l’incredibile avventura di Hideto per
tornare in
Giappone ha raggiunto la sua conclusione.”
Mai
non sapeva se ridere o scuotere la testa rassegnata.
“Lo
sai che potevi avvertire, vero? Avremmo potuto sempre
rimandare.” Sorrise divertita. “Poi non ti
lamentare se ti faccio delle foto
quando crolli addormentato.”
“Sai
che non sarei mai mancato.” Hideto sorrise. Soprattutto
perché erano ormai un paio di mesi che riuscivano a tenersi
in contattato solo
con email e telefonate. “Ma se poi è questa la mia
ricompensa…”
“Ok.
Niente foto.” La ragazza si allontanò e
incrociò le
braccia, inclinando la testa e sorridendo giocosa. “Almeno
per questa volta.”
Hideto
aprì bocca per replicare, ma la sua attenzione fu
attratta dalla persona che stava arrivando dietro a Mai. La ragazza si
accorse
della sua espressione e si voltò. Hideto aveva
già alzato la mano in segno di
saluto.
Yuuki
ricambiò e si fermò accanto ai due amici.
“Credevamo
ti fossi dato alla macchia, Hideto. Capisco che
il caldo può essere insopportabile a
Tokyo…”
L’ex-Guerriero
Blu sbuffò. “Mi sono fatto distrarre dal
viaggio, ok? Penso che il ritorno sia già stata una
punizione sufficiente.”
L’amico
lo guardò con curiosità al che Hideto si
limitò a
sorridere imbarazzato. “Diciamo che potrei aver battuto il
record dei viaggi
improvvisati.”
Mai
trattenne una risata solo per l’occhiataccia che Hideto
le lanciò. Stava per cambiare discorso, quando il ragazzo
sorrise con aria
cospiratoria.
“Allora,
come va con il ragazzo di cui ci parlavi Mai?”
La
ragazza sgranò gli occhi, colta alla sprovvista.
Sperò di
non essere arrossita. “Ma che t’importa?”
“Scusa
se mi preoccupo per te. Pensa se fosse uno di quei
ragazzi asfissianti…” Sogghignò.
“Non te lo scrolleresti più di dosso.”
Mai
sbuffò. “Per favore, so badare a me
stessa.”
Hideto
si picchettò con il dito il mento. “Pensandoci, in
caso di bisogno, potresti chiedere aiuto a Yuuki.”
I
due ex-Guerrieri aggrottarono la fronte. “Ma sì,
potresti
chiedergli di fare lo sguardo di ghiaccio.”
Yuuki
alzò i sopraccigli, faticando a trattenere un sorriso.
Mai sbattè le palpebre. “Cosa?”
Hideto
sorrise entusiasta e alzò il pollice. “Fuga
assicurata!” Vedendo le espressioni poco convinte dei due,
roteò gli occhi.
“Lo
stesso che avresti fatto se Kajitsu fosse andata al
liceo.”
L’ex-Guerriero
blu scrutò il volto dell’amico e dopo pochi
istanti sgranò gli occhi.
“Lo
hai già fatto! Diamine, deve essere stata una scena
memorabile, vederti in modalità fratello geloso. Chi
è stato lo sfortunato?”
Mai
stava seriamente contemplando la possibilità di
scoppiare a ridere. Vedere i tentativi di Yuuki di evitare di
rispondere a
Hideto era piuttosto spassoso. Facendo appello al proprio buon cuore,
però,
decise di concludere la questione.
“Hideto,
te lo ripeto. Non ho bisogno di guardie del corpo.”
L’attenzione
del ragazzo fu effettivamente attratta dalle
parole di Mai. Sospirando le passò un braccio attorno alle
spalle.
“Appunto.
Io stavo proponendo una soluzione che contemplasse
un’uscita di scena per lo meno dignitosa dello
sfortunato…”
Nessuno
nel gruppo riuscì più a trattenere le risate.
Poco
lontano da loro, il tram si fermò sferragliando e una testa
di
riconoscibilissimi capelli verdi fece capolino dal mezzo di trasporto e
s’infilò
di corsa nel piccolo sottopassaggio. Kenzo ne sbucò
trafelato pochi istanti
dopo.
Il
ragazzino, che fino a quel momento si era sentito in
colpa per il ritardo, si fermò e fissò gli amici,
perplesso nel vederli quasi
piegati dalle risate. Per un brevissimo istante, pensò di
poter essere lui il
soggetto della loro ilarità. Scosse subito la testa a quel
pensiero e percorse
di corsa gli ultimi metri che lo separavano dagli amici.
Gli
altri tre Guerrieri si accorsero allora dell’arrivo di
Kenzo, si ricomposero velocemente e sorrisero con affetto nel vedere il
più
piccolo del gruppo quasi piegato dallo sforzo e in cerca di riprendere
fiato.
“Scusate
il ritardo.” Kenzo inspirò e sorrise.
“Non mi ero
proprio accorto dell’ora.”
Hideto
gli posò una mano sulla spalla. “Lo sai che non
serviva che corressi, vero? Ti aspettavamo.”
Ci
fu un attimo di silenzio. Kenzo si risistemò gli occhiali
e aspettò di aver sufficiente ossigeno nei polmoni prima di
rispondere
leggermente indispettito.
“Io
ci tengo alla puntualità. Stavo facendo una ricerca e
non ho guardato l’ora.” Non che quella fosse la
verità, ma per il momento non
aveva particolare importanza. Non era neanche una completa bugia:
l’ora non
l’aveva effettivamente guardata.
“Non
sia mai che il nostro piccolo genio non riesca nei suoi
mirabolanti progetti!”
Kenzo
roteò gli occhi, chiedendosi come facesse a
sopportarlo.
“Non
è questo il punto! Hideto, qualche volta sai essere
così infantile!”
Mai
e Yuuki si guardarono divertiti, abituati ai siparietti
tra i due amici. Poi la ragazza decise di intervenire per evitare una
delle
loro interminabili e amichevoli litigate.
“Kenzo,
lo sappiamo. La vita di ciascuno di noi è importante
come questi incontri. Su cos’era la ricerca?”
Con
improvvisa chiarezza, il ragazzino iniziò a raccontare
con sempre maggior slancio argomento della ricerca, lo stesso su cui
quella
mattina gli era stato impossibile concentrarsi. Doveva essere la
vicinanza con
i suoi amici, concluse Kenzo. Ora non gli restava che trovare un modo
per
introdurre il discorso sogni e sensazioni. Ignaro che anche gli altri
tre
stessero pensando la stessa cosa.
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Chiacchierando
i quattro si erano allontanati dalla
spiaggia, decisi a trovare una zona più tranquilla e magari
più fresca. In
accordo, avevano imboccato una delle stradine che portava verso la zona
alta
delle colline e all'area residenziale che costeggiava la spiaggia.
La
loro scelta finale cadde su un piccolo parco, dove già in
precedenza avevano trascorso qualche pomeriggio. Panchine
all’ombra, solo
qualche anziano e un gruppetto di mamme con bambini che giocavano sulle
giostre. Perfetto per godersi a pieno la loro compagnia.
I
Maestri della Luce si fermarono su una panchina un po’ in
disparte, isolata com’era dalla giostre. Kenzo e Mai si
sedettero subito, la
seconda sollevata di poter posare la borsa piena degli oggetti da
spiaggia.
Hideto si limitò a posarsi allo schienale e Yuuki a un
albero vicino.
Tra
i loro discorsi, si erano brevemente soffermati sui
progressi che stavano avendo con la battaglia per la verità
di Gran RoRo.
Decisi a non rovinarsi la giornata, avevano solo constatato i pochi
risultati
che stavano ottenendo e di come le persone, quando non erano coinvolte
in prima
persona, tendessero a dimenticare tutte quelle cose lontane dai
problemi della
vita quotidiana. Soprattutto poiché Gran RoRo, nella sua
breve e improvvisa
comparsa, aveva lasciato uno strascico di dubbi e paure.
Poi,
inesorabilmente il discorso era passato su Gran RoRo e
sull’acceso dibattito riguardante le probabilità
che il varco tra i due mondi
si aprisse di nuovo per loro. E come ogni volta erano due le direzioni
prevalenti: la scientifica e rassegnata constatazione di Kenzo che
neppure nel
2561 l’umanità aveva rivisto Gran RoRo e
l’incrollabile fiducia di Yuuki.
Hideto
sospirò, quando per l’ennesima volta la loro
discussione arrivò a un punto morto, e decise che era il
momento giusto per
scoprire se i sogni e le sensazioni volessero dire qualcosa di
più.
“Sarebbe
bello avere almeno un segno, vero? Qualcosa per
farci capire che Gran RoRo non ci ha dimenticato.”
Sorrise
e guardò gli amici, sperando che vedere sui loro
volti un segno di conferma. E non dovette attendere molto per vedere
Mai e
Kenzo sgranare gli occhi e Yuuki staccarsi dall’albero.
“Avete
avuto anche voi la sensazione di essere chiamati?”
Kenzo faticava a trattenere la propria eccitazione. Quella volta
sarebbe stato
contento che le sue teorie scientifiche avessero torto.
Mai
annuì. “Proprio stanotte ho avuto un sogno.
Arrivavo a
quella che sentivo essere una porta per Gran RoRo.” Poi il
sogno era diventato
meno piacevole, ma non aveva nessuna intenzione di ripensarci.
“Anche
io qualcosa di simile. E ricordo distintamente che
c’era qualcuno che mi chiamava.” Hideto aggiunse
dopo aver ripensato al breve
sogno interrotto sull’aereo.
“È
vero. Anche io mi sentivo chiamare.” Mai sarebbe voluta
restare con i piedi per terra, ma non riusciva a impedire che la
speranza
aumentasse nel suo cuore.
“Idem
per me. Non possono essere solo coincidenze. Tu
Yuuki?” Kenzo era euforico.
L’ex-Guerriero
Bianco si limitò ad annuire. Aveva provato
anche lui quelle sensazioni durante le precedenti settimane. Aveva
sempre
sperato che fossero collegate al sogno di tre anni prima,
l’incontro con
Kajitsu che lo aveva risvegliato dal coma. Ma nessun sogno era mai
stato simile
a quello. Scosse la testa per scacciare quei pensieri e si
voltò verso gli
amici.
“Pensate
anche voi che possano avere un collegamento con
Gran RoRo?”
Nessuno
ebbe il coraggio di confermarlo ad alta voce, quasi
per paura che convincersene non avrebbe fatto altro che far svanire
tutto. Ma
quanto potevano essere alte le probabilità che tutti e
quattro facessero sogni
simili la stessa notte? Senza contare che tutto era sembrato
così reale.
Hideto
stava per dire qualcosa, ma la voce gli morì in gola
e ne uscì solo un flebile suono strozzato. I tre amici si
voltarono verso di
lui preoccupati, ma ogni loro domanda fu resa inutile quando una
piccola e
luminosa farfalla verde volteggiò in mezzo a loro.
Sgranarono gli occhi uno
dopo l’altro. Non riuscivano a credere a quello che vedevano.
Pensarono a
un’illusione, a un gioco di luci, ma quella farfalla era
impossibile da
confondere con altro. Se non altro, la scia luminosa che si lasciava
alle
spalle non dava adito a dubbi.
Come
se avesse capito di aver attirato la loro attenzione,
la farfalla si librò attorno a loro. Tutti trattennero il
respiro, un po’ per
lo shock e un po’ per il timore che quella fosse solo frutto
della loro
immaginazione, pronta a scomparire da un momento all’altro.
Se
non era quello un segno di Gran RoRo, poco altro sarebbe
potuto esserlo.
L’insetto
si allontanò da loro, volteggiando delicatamente
fino a posarsi sul tronco di uno degli alberi di fronte.
Un
attimo dopo, Mai e Kenzo si erano alzati di scatto dalla
panchina, gli occhi sgranati come quelli di Hideto e Yuuki, che era
leggermente
impallidito. Nessuno di loro era in grado di distogliere lo sguardo da
ciò che
ero loro apparso davanti.
Appena
sfiorato il tronco, la farfalla si era dissolta e al
suo posto era apparsa Kajitsu. Identica al giorno di sei anni prima in
cui
l’avevano persa, l’abito scuro che sfiorava
l’erba.
La
ragazza, spirito o illusione che fosse, si voltò e
sorrise loro. Un istante dopo, un pallone le sfrecciò
davanti. L’urto con un
tronco riscosse i quattro, che sbatterono le palpebre come risvegliati
da un
sogno.
Tre
bambini corsero davanti a loro e ridendo recuperarono il
pallone, tornando subito dopo dalle madri.
Davanti
a loro Kajitsu si era dissolta, quasi a convincerli
che fosse veramente tutto frutto della loro fantasia. Stavano quasi per
crederci, ma il loro sguardo fu attratto da uno scintillio verde. La
farfalla
era riapparsa all’entrata del parco e li invitava a seguirla.
“Avete
visto anche voi? Non me lo sono immaginato?” chiese
Kenzo, azzardandosi a rompere il silenzio. Il ragazzino si
sistemò gli occhiali
che gli erano scivolati sulla punta del naso.
Hideto
ridacchiò. “Mi auguro vivamente di no. Se non
è vero,
l’alternativa è che siamo tutti impazziti. Non
molto invitante, a parer mio.”
“O
potrebbe essere una trappola.” Tutti si voltarono verso
Yuuki, concordando con un unanime silenzio. Non sarebbe stata la prima
volta
che succedeva.
“Chiunque
c’è dietro sa che le avremmo
riconosciute”,
concluse il ragazzo. Non voleva fidarsi, ma qualcosa dentro di lui gli
diceva
che sarebbe stato diverso.
“Il
punto è: siamo disposti a correre il rischio?” Mai
espresse la domanda che tutti si stavano ponendo. Ma come potevano far
finta di
niente davanti a quella che poteva essere un’occasione da non
sprecare?
La
farfalla, però, sembrava non avere intenzione di
assecondare i loro dubbi e iniziò ad allontanarsi. E
così i quattro ex-Maestri
della Luce risposero d’istinto, iniziando a correrle dietro.
Non
si preoccuparono neppure di verificare se qualcuno si
fosse accorto di qualcosa.
Fuori
dal parco, proseguirono nelle stradine quasi deserte,
dove incrociavano solo qualche passante solitario che si limitava a
fissarli
per qualche istante con sguardo perplesso.
Nonostante
le strade fossero abbastanza in ombra, grazie
agli alberi, i quattro risentivano comunque del caldo, ancora
abbastanza
intenso seppur l’estate fosse quasi finita. E man mano che
passavano i minuti,
gli effetti si facevano sentire. La farfalla, infatti, era
già riuscita a
distanziarli.
Il
più sconsolato del gruppo era Kenzo, ben consapevole di
essere tra tutti quello meno allenato.
“Non
ci posso riuscire!” Si pentì subito di aver
parlato,
sentendosi venire meno l’ossigeno nei polmoni.
Mai
scosse la testa e gli afferrò la mano. “O tutti o
nessuno, Kenzo.”
Il
ragazzino si sforzò di sorridere per mostrare la sua
gratitudine e annuì, cercando di trovare la forza necessaria
per continuare.
Fosse stato per loro, Mai, Hideto e Yuuki avrebbero rallentato, ma
avevano
paura che così facendo avrebbero perso la farfalla e con
essa la possibilità di
rivedere Gran RoRo.
Svoltarono
a un angolo e videro davanti a loro i binari del
tram. A pochi passi dalla sbarra abbassata si fermarono,
silenziosamente grati
della possibilità di riprendere fiato. Non si dovettero
neppure preoccupare di
perdere la farfalla, che si era fermata poco più avanti,
vicino al parapetto
del canale poco oltre ai binari.
Kajitsu
era riapparsa per un fugacissimo istante, giusto il
tempo di scorgere la nuova trasformazione prima che il treno passasse
davanti a
loro sferragliando. Per pochi istanti capelli e lembi di vestiti furono
scossi
dalla ventata d’aria.
Una
volta che il treno fu passato, c’era di nuovo solo la
farfalla che aveva ripreso ad allontanarsi.
E
così la corsa ricominciò, quasi
un’assurda caccia al tesoro
senza fine, dove l’unico indizio era una verde farfalla che
per brevi istanti
diventava l’immagine della piccola Kajitsu. Ogni volta era
una visione fugace:
seduta sopra a un muro, in mezzo alla strada, appoggiata a un palo.
Indizi che
indicavano una metà che esisteva ma che sembrava non
arrivare mai.
Se
dovevano essere sinceri, era diventato ancora più
difficile seguire il minuscolo insetto e non solo per i crampi ai
muscoli. Le
strade di Tokyo erano affollate e ogni metro che facevano significava
evitare
di scontrarsi con un passante.
Il
loro terrore più grande si materializzò quando
arrivarono
a un incrocio. La farfalla non si vedeva da nessuna parte. Ansanti, si
guardarono attorno con ansia crescente. Il sudore colava giù
dalla schiena e
rendeva i loro vestiti appiccicosi. Avevano perso la loro occasione? O
era
stato tutto solo un’illusione fin dall’inizio?
Poi,
la videro ed emisero un sospiro, improvvisamente
sollevati. Kajitsu era ferma oltre la strada, dall’altra
parte del passaggio
pedonale. Invisibile a tutti, dietro alla folla in attesa di
attraversare,
sembrava volerli rassicurare che li avrebbe aspettati.
Un
camion passò loro davanti, coprendo la loro visuale. Un
attimo dopo, il semaforo si fece verde. Iniziarono ad attraversare, ma
la
farfalla aveva sostituito di nuovo la figura evanescente.
Ormai
era solo l’adrenalina che li spingeva ad andare
avanti, strettamente ancorata alla speranza di rivedere Gran RoRo. Il
forsennato battito dei loro cuori non era dovuto solo alla corsa.
Dentro
di loro, ciascuno dei quattro si chiedeva per quanto
sarebbero andati avanti. Sapevano tutti benissimo che non avrebbero
potuto proseguire
ancora molto. Era un miracolo che Kenzo avesse resistito
così a lungo, ma gli
altri non erano messi meglio.
La
farfalla, per loro fortuna, continuò solo per pochi
minuti fino a quando raggiunse un edificio dotato di terrazza
sopraelevata
adorna di verdi aiuole.
Mai,
Yuuki, Hideto e Kenzo si fermarono ai piedi della rampa
di scale. Non sentivano quasi più le gambe e
l’ossigeno che respiravano a
grandi boccate sembrava non bastare mai. Se avessero avuto le forze per
parlare, uno di loro avrebbe sicuramente evidenziato come fosse ironico
il
fatto di essere ancora una volta lì, in quel luogo che
conoscevano così bene.
Superata
la sorpresa, i loro sguardi si alzarono verso
l’alto e videro l’evanescente Kajitsu di fianco al
muretto che cingeva il
giardino. Si fissarono in silenzio, finché Kajitsu sorrise e
lentamente si
avviò tra le aiuole. Anche senza quella conferma, sapevano
di essere arrivati.
Si
guardarono un attimo e annuirono, avviandosi su per le
scale. Hideto sbuffò e borbottò qualcosa, mentre
Kenzo sembrava sul punto di
alzare bandiera bianca. Nonostante la fatica, riuscirono ad arrivare
tutti
insieme sulla terrazza, giusto in tempo per vedere Kajitsu svanire tra
le
siepi.
La
seguirono lentamente, un po’ per riprendere fiato, un
po’
per l’emozione e un po’ per l’ondata di
ricordi che la loro mente tirò fuori.
Erano successe tante cose in quel luogo. Non tutti erano stati presenti
in
ognuna di esse, ma nel corso degli anni era capitato loro di
ripercorrere ogni
minimo dettaglio della loro avventura a Gran RoRo e di quella nel
futuro.
Qui,
inconsapevolmente, per la prima volta tutti i Maestri
della Luce erano stati riuniti.
Qui,
Yuuki e Kajitsu avevano portato Dan a Gran RoRo.
Qui,
Mai aveva aperto per Dan il portale del futuro.
Qui,
avevano scoperto che Yuuki si era risvegliato.
Era
un luogo che aveva segnato tante loro avventure.
Era
come se un cerchio si stesse ora richiudendo,
riportandoli nel luogo dove tutto era iniziato. Erano cambiati, erano
cresciuti, avevano sofferto. Forse non ci sarebbero più
stati Dan, Clarky e
Kajitsu. Sarebbe stato diverso. Ma loro erano di nuovo lì,
almeno loro più
forti di prima.
Si
fissarono in silenzio, la stanchezza dimenticata, vedendo
riflessi negli occhi degli altri la stessa speranza, lo stesso dubbio,
la
stessa sorpresa di ritrovarsi proprio lì. Ad un passo da
Gran RoRo.
Non
potevano essere solo coincidenze.
“Maestri della Luce.”
La
voce li riscosse dai loro pensieri. Si voltarono di
scatto e videro Kajitsu a pochi metri da loro. Nonostante
l’emozione, si resero
contro che c’era qualcosa che sembrava fuori posto. La voce
di Kajitsu era allo
stesso tempo la stessa di allora, ma contemporaneamente aveva qualcosa
di
diverso. Anche Yuuki aveva corrugato la fronte, lui che avrebbe
riconosciuto la
voce della sorella tra mille. Non era la sua voce. Non del tutto.
Quella
consapevolezza li fece scattare sull’attenti, la
possibilità che tutto fosse una trappola si stava
rimaterializzando. L’aria si
fece tesa. Kajitsu li fissava. Per un istante, lungo poco
più di un battito di
ciglia, la maschera, che era riuscita spesso a nascondere le emozioni
della fu
giovane Momose, sembrò vacillare su quell’eterea
illusione. Dubbio? Confusione?
Non riuscirono a interpretarlo, perché subito ogni emozione
tornò a essere
celata nelle iridi chiare. Non disse nulla, si voltò e
riprese a camminare.
I
quattro rimasero immobili, finché non scomparve dietro una
siepe. Sapevano che l’unico modo per scoprire la
verità era seguirla.
Dopotutto, avevano saputo fin dall’inizio che potevano
correre dei rischi. Ora
non potevano tirarsi indietro. Ripromettendosi di stare attenti a
qualsiasi
cosa, la seguirono.
Davanti
a loro, la terrazza terminava sulla città. I palazzi
si stagliavano nel cielo azzurro del pomeriggio e Kajitsu era ferma di
fronte
al muro. Non avevano bisogno di guardare per sapere che quello era lo
stesso
identico luogo in cui altre due volte si era aperto un portale.
Avanzarono
e si fermarono a pochi passi. Sulle spine e con
l’adrenalina a mille, il gruppo attese una mossa della
figura. Yuuki, per
alcuni assurdi istanti, sperò che tutto quello fosse reale.
Che quella fosse
veramente la sua amata sorella. Ma sapeva che non era possibile.
Sperava solo
che non ci fosse qualcuno che, ancora una volta, usava il suo nome per
i propri
scopi.
Kajitsu
si librò nell’aria, posandosi sul muretto. Non
appena la videro muoversi, gli ex-Maestri della Luce trasalirono e
arretrarono
di un passo istintivamente.
La
ragazza strinse le mani al petto e si voltò verso di
loro. Il volto non tradiva nessuna emozione, ma lo sguardo non riusciva
a
celarle del tutto dietro le iridi. Erano emozioni confuse, che loro non
riuscirono a definire.
Speranza
e diffidenza si mischiavano in egual modo nei
quattro, che faticavano a capire quale delle due fosse dominante.
Kajitsu
tese le braccia verso di loro. Una luce verde e iridescente
la avvolse. Le ali del suo abito si dischiusero.
“Maestri della Luce,
il regno di Gran RoRo ha ancora bisogno del vostro aiuto.”
Sembrava
quasi un’implorazione. Una sincera e accorata
richiesta di aiuto. Ma quanto potevano crederci?
Yuuki
fece un passo, fissando l’illusione. “Chi
sei?”
Lo
sguardo della ragazza si spostò per brevi istanti sul
Guerriero Bianco. Esitò nel rispondere. Abbassò
le braccia.
“Chi vi ricondurrà a
Gran RoRo, se lo desidererete.” Non era la risposta
che volevano sentire. E
lo sapevano tutti, anche chi o cosa aveva creato
quell’illusione di Kajitsu.
Hideto
affiancò Yuuki. “E se non volessimo
venire?”
Kajitsu
sorrise amaramente. “La scelta
è solo vostra. Restare o venire, sta a voi
deciderlo.”
Non
diede loro il tempo di dire altro. Si lasciò cadere
all’indietro e scomparve alla loro vista. Corsero in avanti,
più per istinto
che per paura che quell’illusione potesse farsi male.
Arrivati al muretto,
un’inattesa raffica di vento scosse i loro capelli.
La
ragazza si librava nell’aria, simile alla farfalla di
prima. Li fissò ancora per un istante, poi la luce attorno a
lei si fece più
intensa e il suo corpo si dissolse in una miriade di farfalle che si
fusero in
un unico punto luminoso. Un secondo dopo, si creò un varco
luminoso, percorso
da lampi di energia.
“Risponderete alla
chiamata del Nucleo, Maestri della Luce?”
E
rimasero soli. Solo loro e la scelta che dovevano fare.
Bastava lanciarsi e sarebbero stati catapultati in una nuova avventura.
A Gran
RoRo. Un sogno che inseguivano da quattro anni.
Ma
cosa li avrebbe attesi oltre il varco? Magisa? Un nuovo
pericolo? O una trappola?
Non
c’era niente che potesse rassicurarli. L’unica
certezza
era che il portale non sarebbe rimasto aperto all’infinito.
Kenzo
deglutì. Cercò di ripercorrere ogni istante di
quel
pomeriggio, tutte quelle strane sensazione delle settimane precedenti,
sperando
di trovare un indizio su che cosa gli aspettasse. Poi,
corrugò la fronte quando
ricordò quello che aveva detto poco prima
l’illusione.
“Ma
se rifiutiamo, chi prenderà il nostro posto? Non credevo
che i Maestri della Luce fossero così comuni…”
Anche
quella era una domanda cui avevano cercato risposta in
quegli anni. Perché loro? Ma neppure Yuuki era riuscito a
dare una vera spiegazione.
C’erano delle leggende. Lui e Kajitsu li avevano trovati per
la luce dei sei
simboli che custodivano. E tutto finiva lì.
Ma
sapevano che accettare non era mai stato un obbligo. Mai,
Hideto e Kenzo ripensarono a Julian, di come lui avesse scelto di
smettere di
essere il Guerriero Rosso. Poi, era arrivato Dan. Non poterono evitare,
a quel
pensiero, di accettare a malincuore che sia Dan sia Clarky sarebbero
stati
sostituiti.
“Prima
o poi ne arriverà un altro. Magari domani. O fra
anni.” Yuuki fissò il portale. Anche lui sarebbe
potuto essere sostituito. Se
la voce di Kajitsu non lo avesse risvegliato, lui sarebbe ancora su
quel letto.
O peggio.
Hideto
sospirò. Incrociò le braccia e sorrise, tentando
di
alleggerire un po’ la tensione.
“Chi
sceglie per primo? Posso raccogliere dei rametti, se
volete.”
Gli
altri non risposero ma si voltarono a guardarlo. Yuuki
aveva alzato un sopracciglio, Mai sorrideva e Kenzo lo fissava come a
volergli
dire niente di più intelligente,
Hideto?
In
realtà, apprezzavano il tentativo del Guerriero Blu. Il
problema era che non potevano scegliere lasciando al caso. Era una
decisione
che ciascuno di loro doveva prendere. Da solo. Ed era più
facile a dirsi, che a
farsi.
Nonostante
tutto, però, Yuuki sapeva di aver già scelto.
Gran RoRo era la sua vera casa. Aveva già fallito troppe
volte, in passato, a
difenderla. E non erano solo gli errori di una vita che lo
tormentavano. Era
arrivato il momento di affrontare i fantasmi del passato. Questa volta,
avrebbe
cercato di rimediare ai suoi sbagli stando dalla parte giusta. Era
pronto a
pagare per le sue scelte e a dimostrare di essere cambiato.
“Io
vado.”
Nessuno
si sorprese di quelle parole. Sapevano che Yuuki
aveva un legame molto diverso dal loro con quel mondo.
Hideto
non poteva certo vantarsi di essere la reincarnazione
di un granroriano, ma non poteva neanche dimenticare quanto Gran RoRo
lo avesse
cambiato. Se si ripensava a tredici anni, faticava a riconoscersi.
Aveva smesso di avere paura. Aveva un debito enorme con quel mondo. E
se
c’erano i tanti amici di laggiù che avevano
bisogno di aiuto, non si sarebbe
tirato indietro.
“Io
sono pronto. Trappola o non trappola, siamo i Maestri
della Luce. Riusciremo a cavarcela.”
Kenzo
sorrise. Aveva ragione. Erano riusciti a trionfare
quasi sempre, ognuno di loro dando il proprio contributo. Se doveva
essere
sincero, in quegli ultimi anni e soprattutto da quando era andato nel
futuro,
si era dedicato maggiormente ai suoi studi piuttosto che ai
combattimenti di
Battle Spirits. Non sapeva quanto avrebbe potuto aiutare, come
duellante, ma dentro
di sé sentiva di non potersi sottrarre alle sue
responsabilità.
“Se
hanno bisogno di noi, non possiamo deluderli.”
Mai
sorrise, grata che anche i suoi amici sarebbero stati
con lei in quell’avventura. In fondo, Mai aveva deciso. Lei
era il Guerriero
Viola. Dan e gli altri non c’entravano in quello. Era
arrivato finalmente il
momento di lasciare indietro il passato. Era pronta ad accettare
l’assenza
delle persone a lei care. Era pronta a combattere e lottare per chi
aveva
bisogno di essere protetto. Se ce ne fosse stato bisogno, era pronta a
essere
una guida e una fonte di speranza. Come nel futuro. In quegli anni
aveva capito
che le ferite l’avevano resa più forte. E non
sarebbe stata sola.
I suoi occhi brillarono di determinazione.
“Gran
RoRo ci aspetta.”
Erano
i Maestri della Luce. Insieme, quanto confortante era
pensarlo, erano pronti ad affrontare qualsiasi cosa.
Ma
c’era un’ultima cosa che dovevano fare. Avvertire
le
famiglie. Sei e quattro anni prima erano partiti senza avvertire
nessuno, ora
sarebbe stato diverso. Fin da quando avevano iniziato a sperare in un
ritorno a
Gran RoRo, più che altro assecondando la fantasia, avevano
ripensato più volte
a cosa avrebbero fatto. Da allora, ciascuno di loro, teneva
un’email pronta. In
attesa solo di quell’insperato giorno per essere inviata,
continuamente
aggiornata negli anni.
Mai
prese il computer dalla borsa e lo posò sulla panchina.
Con pochi rapidi gesti, inviò la sua email ai genitori e
alla sorella. Poi, fu
la volta di Kenzo e Hideto che la inviarono alle proprie famiglie.
Tutti e tre
inviarono email leggermente diverse agli amici più stretti.
Infine Yuuki, che
la inviò a Elisabeth.
Pochi
minuti dopo, erano veramente pronti. Hideto fu il
primo a prendere l’iniziativa e salì sul muretto.
“Forza,
credo che abbiamo fatto attendere fin troppo i
nostri amici.”
Kenzo,
seppur titubante, si fece aiutare da Hideto che lo
issò al suo fianco. Yuuki salì a sua volta. Poi,
lui e Hideto strinsero le mani
di una sorridente Mai e la issarono accanto a loro.
Era
arrivato veramente il momento. Presero tutti un respiro,
cercando di tenere a bada il mare di emozione che rischiava di
sopraffarli. Mai
tornò, istintivamente, a stringere le mani di Yuuki e Hideto.
“Insieme.”
Il sorriso non le aveva ancora lasciato le
labbra.
I
due ragazzi annuirono e Hideto strinse la mano del più
piccolo. Kenzo, dal canto suo, continuava a lanciare sguardi
preoccupati
tutt’attorno, il suo disagio evidente.
“Non
per fare il guastafeste, ma se non ci sbrighiamo,
penseranno che vogliamo buttarci di sotto…”
Che,
a dirla tutto, non sarebbe stato troppo lontano dalla
verità. Ma nessuno di loro aveva voglia di spiegare alla
polizia che avevano un
validissimo motivo.
“Al
tre?” Kenzo non vedeva l’ora di ritrovarsi di nuovo
con
i piedi per terra.
Gli
altri tre Maestri della Luce annuirono.
“Uno.”
Hideto prese ancora l’iniziativa. Aveva imparato che,
per nascondere la paura, era il modo migliore.
“Due.”
Kenzo si costrinse a non pensare all’altezza, sapeva
che il trucco era non guardare in basso.
“Tre!”
Mai e Yuuki lo dissero quasi in sincro.
E
fu il momento. Come un’unica persona, forse solo Kenzo
leggermente trascinato, i quattro si lanciarono verso il portale.
Per
un istante, rimasero sospesi sulla strada. Poi, un lampo
bianco li avvolse.
Tutto
scomparve attorno a loro. E, al loro passaggio, il
varco si dissolse, come se non fosse mai esistito.
I
Maestri della Luce si ritrovarono avvolti
dall’oscurità, a
malapena rischiarata da lampi multicolore di energia. Una forza li
spingeva
avanti, verso un nuovo varco luminoso.
La
luce si fece accecante e sciolsero le mani per
proteggersi gli occhi. Al di là di quel portale, li
attendeva Gran RoRo.
SPAZIO
DELL’AUTRICE:
Salve. Ecco qui il secondo
capitolo della versione 2.0. Rispetto al precedente, è molto
più simile alla
vecchia versione. Ci sono però parti che sono state
tagliate, alcune scene e
alcuni dialoghi sono un po’ diversi. Spero in ogni caso che,
rileggere questo
capitolo pubblicato più di un anno fa, vi faccia comunque
piacere e non vi
abbia annoiato.
Se vi va, fatemi sapere cosa
ne
pensate. È sempre piacevole leggere le vostre recensioni e
sapere che ne
pensate.
A questo proposito,
ringrazio
tutti coloro che hanno recensito e/o hanno inserito la storia nelle
preferite o
nelle seguite: HikariBashin12, lalla20fairy, ShawnSpenstar,
_Mamoru_
e _Secretly_scricc. E ovviamente
ringrazio
anche chi solo legge.
Angolo della
pubblicità. Se non
lo avete ancora notato, ho inserito anche un nuovo capitolo di
“Battle Spirits
Moments”: You Are My Strength,
i
pensieri di Dan prima di scomparire. Cosa aspettate? Andate a leggerla.
;)
Il prossima aggiornamento
non
arriverà prima del 15. Forse un paio di giorni dopo.
A presto,
HikariMoon
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