Schiava per scommessa

di The_Storm
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


 
Un raggio di luce mi colpisce gli occhi, facendomi contrarre il volto in una smorfia infastidita e costringendomi così a svegliarmi. In realtà non ho mai avuto problemi ad alzarmi la mattina, ma detesto venire svegliata da quella stupida stella, ma come un'idiota mi sono dimenticata di chiudere le persiane ieri sera. Mi alzo dal letto infastidita, prevedendo già una pessima giornata. Sì, io decido se sarà una bella giornata o meno da come inizia. Il fatto che, oltre al brutto risveglio, abbia rovesciato il caffè, rotto il mio braccialetto preferito, rischiato di rompermi l'osso del collo cadendo dalle scale e finito i miei amati biscotti dopo averne mangiati a stento due intensifica ancora di più questa sensazione. Forse dovrei soltanto tornare di corsa sotto le coperte, ma non posso perdere le due ore di matematica. È una materia in cui vado bene a stento e, se perdessi due intere ore di spiegazione, sono certa che non riuscirei più a recuperare e la prossima settimana abbiamo un compito in classe. Dopo essermi preparata e aver pensato di fare un paio di riti scaramantici (pensiero scartato immediatamente), esco di casa con lo zaino che sobbalza sulle mie spalle ad ogni passo. Ovviamente vedo l'autobus passarmi davanti con assoluta nonchalance e rinuncio in partenza ad inseguirlo, sapendo già che farei soltanto una corsa inutile. Dannato autista mattiniero, ma non poteva incontrare, che so, un panda che gli bloccasse la strada? La London High non è molto lontana da casa mia, ma farò sicuramente tardi, così me la prendo con comodo. 
Una volta davanti al cancello grigio, decido di aspettare l'inizio della seconda ora prima di entrare. Mi appoggio al muretto e incrocio le braccia al petto, concentrandomi sulle parole di Disenchanted dei miei amati My Chemical Romance. Okay, forse è una canzone troppo deprimente per iniziare la giornata, ma cosa posso farci se è la mia preferita e la mia forza di volontà troppo debole per cambiarla? 
Chiudo gli occhi al ritornello, sentendo la pelle d'oca scorrermi sulle braccia e sorrido involontariamente. 
Ma vi pare che, proprio oggi che la giornata si è preannunciata tanto funesta, possa godermi due minuti di pace? Ovviamente no. Infatti, quando riapro gli occhi mi ritrovo il volto di quel microcefalo di Daniel Morrison e sobbalzo, spaventata. 
-Ma sei idiota?-
Sbotto mentre lui se la ride bellamente. Vorrei davvero tanto colpirlo con qualcosa di pesante. 
Non mi sorprendo di vederlo fuori dal cancello a quest'ora: i ritardi di Morrison ormai sono assolutamente nella norma. 
-No, sono Daniel-
Evito di commentare, che è meglio. Okay, ammetto che, quando ho aperto gli occhi, mi sono presa un istante per ammirare l'azzurro delle sue iridi. Non ho problemi ad ammettere a me stessa che sia un bel ragazzo, insomma, capelli neri come il carbone, un viso d'angelo, fisico muscoloso, ma al punto giusto...non per niente tutta la popolazione femminile e non (in alcuni casi) gli sbava dietro. Ma la sua bellezza comincia e finisce con l'aspetto esteriore. Non appena apre bocca, infatti, dà sfogo a tutto il suo egocentrismo e al suo sarcasmo pungente. Ma naturalmente questo riguarda soltanto me, dato che con chiunque altro è la gentilezza e la simpatia fatta persona. Non ho mai capito da cosa derivasse il suo odio verso di me, ma di certo non mi lascio mettere i piedi in testa. 
-Senti, non è giornata, sul serio- 
Borbotto passandomi una mano tra i capelli. Non ho davvero voglia di litigare di nuovo con lui. La giornata non è nemmeno iniziata e io sono già stanca, che record. Mia nonna Julie è più attiva di me e lei è rinchiusa in una casa di riposo, bombardata di farmaci che la fanno dormire la maggior parte del tempo. 
Il ghigno beffardo che affiora sulle labbra di Daniel non promette nulla di buono, però. 
-Brutta giornata, Reynolds?- 
Mi chiede e io annuisco, sospettosa. Mai aspettarsi qualcosa di buono se Daniel Morrison si mostra gentile con te. 
Intanto la campanella è suonata, così entro in quella sottospecie di carcere strascicando i piedi. 
-Allora cercherò di starti il più vicino possibile oggi, in modo da portare un po' di sole in questa tua grigia giornata-
Esclama teatralmente. Lo fulmino con lo sguardo e scuoto la testa. 
-No, grazie. Probabilmente faresti arrivare solo un tornado o qualcosa del genere-
Il tono è più acido di quanto voglia, ma lui non sembra prendersela molto dato che scoppia a ridere. 
Entriamo nell'aula di matematica continuando a punzecchiarci con frecciatine stupide. Mi aspetto che vada a sedersi accanto ad una delle solite barbie presenti in aula, invece prende posto accanto a me. Non è la prima volta, ogni tanto capita che si sieda vicino al mio banco solo per torturarmi. Di solito capita nei giorni in cui sono più scazzata. 
Prendo un profondo respiro e mi impongo di ignorarlo. Insomma, ho diciotto anni, sono una ragazza matura ormai. 
Inutile dire che questo onorevole proposito dura circa cinque minuti. È comunque un record. 
Daniel mi sta punzecchiando la matita sul braccio e non riesco a resistere. Gli prendo la matita e la spezzo sotto i suoi occhi, gettandone poi via le due parti. Lui mi guarda fingendosi offeso e sconvolto, gli occhi azzurri sgranati. 
La sua espressione è così buffa che, lo ammetto, ho fatto non poca fatica a restare seria. 
Torno a concentrarmi sulla lezione, prendendo appunti e tentando riuscire a capirci qualcosa di tutti quei numeri e lettere scritte alla lavagna. Ma che diamine! Perché devono esserci anche le lettere? Siamo a lezione di letteratura, per caso?
D'un tratto, mi arriva un bigliettino sul banco e so di chi è prima ancora di aprirlo. 
"Sembri un criceto quando ti concentri"
Alzo gli occhi al cielo ed evito di rispondere, spostando il foglio di lato. Tempo due minuti e me ne arriva un altro. 
"Sai, potresti fare qualcosa di più interessante che far finta di capire qualcosa"
So che non la smetterà finché non gli risponderò, così scrivo sotto al suo messaggio velocemente. 
"Del tipo?"
Gli ripasso il foglio e lui non perde tempo a scrivere. 
"Beh, potresti andare a scavare nelle caverne insieme a Giles"
Mi volto confusa verso il mio compagno di classe e lo trovo intento a scaccolarsi. Inutile dire che devo trattenere il fiato per non dargli la soddisfazione di vedermi ridere, così mostrai solo la mia faccia disgustata. 
Immagino che ora starà buono per un po'. Ovviamente no. 
"Sai, potresti anche ridere ogni tanto. Non ti mangio mica"
Ecco cosa recitava l'ennesimo bigliettino. 
"Non riuscirai mai a farmi ridere, Morrison"
È la mia lapidaria risposta. Quello che scrive lui, però, mi lascia perplessa. 
"Scommettiamo?"
Mi mordo il labbro inferiore, come faccio sempre quando sono indecisa. Se c'è qualcosa a cui non so resistere sono le scommesse. Per quanto possano essere stupide e insensate, non riesco a fare a meno di accettare e mettermi in gioco. 
"Cosa scommettiamo?"
"Se vinco io, sarai la mia schiavetta fino alla fine dell'anno scolastico. Ti trasferirai da me, ovviamente. Il lavoro sarà a tempo pieno. Se invece vinci tu, non ti parlerò né farò qualsiasi altra cosa, farò finta che tu non esista. Ci stai?"
Okay, da un lato c'era la possibilità che potessi perdere e dare inizio al mio peggior incubo, ma dall'altra non mi sarebbe mai più capitata un'occasione del genere: liberarmi di Daniel era il mio sogno nel cassetto dal primo anno di liceo. Se poi ci aggiungiamo la mia passione per le scommesse...
"Ci sto"
Il bigliettino con la mia risposta atterra sul suo banco e faccio in tempo a vedere i suoi occhi brillare e le sue labbra stendersi in un sorrisetto soddisfatto.
Non so perché, ma mi sembra di aver appena firmato la mia condanna a morte da sola e vorrei ritirare tutto, ma il mio orgoglio non me lo permette. 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


 
Sento il suono della campanella, ma io sono già fuori dalla classe prima ancora che finisca. So bene che Daniel mi avrebbe trattenuta con altri litigi stupidi o tentativi inutili di farmi ridere. Non so cosa mi sia saltato in mente di accettare quella stupida scommessa. Insomma, so che non riuscirebbe mai a farmi ridere di cuore, ma oggi è una delle giornate "no" peggiori della mia vita ed è appena cominciata. Potrebbe accadere di tutto, quindi ho intenzione di evitarlo totalmente, almeno per oggi. Non c'è nemmeno Phoebe, la mia migliore amica e unica persona al mondo capace di calmarmi. Sospiro e mi dirigo verso l'aula di francese strascicando i piedi come se stessi andando al patibolo. 
Non ho mai desiderato così tanto tornarmene a casa come in questo momento, ma non posso ormai e saltare le lezioni non è nel mio stile. Non è che sia una di quelle secchione che perdono la vita dietro i libri scolastici, anzi è il contrario: proprio perché non ho voglia di aprire libro a casa preferisco imparare la lezione a scuola, in modo da dover svolgere solo alcuni esercizi a casa. Questo metodo mi serve soprattutto perché di pomeriggio lavoro in un negozio di musica abbastanza lontano da casa mia. È il lavoro migliore che potessi trovare, dato che vado pazza per la musica, soprattutto per il rock. 
Mi siedo, o meglio, mi lascio cadere sulla sedia con la delicatezza di una T-Rex incinta e col ciclo. Che poi, se è incinta non può avere il ciclo, ma, se non fosse incinta, questo sarebbe il periodo in cui avrebbe il ciclo, quindi è scazzata comunque e non osate mettere in discussione il mio ragionamento sensato. 
La professoressa entra in aula con un sorriso che renderebbe verdi di gelosia gli attori della pubblicità della mentadent. Minchia ride? È una giornata dimmerda. 
 
La campanella del pranzo è il secondo suono più bello per uno studente (il primo, ovviamente, è quello della campanella di fine lezioni). Seguo la massa tentando di non urlare un insulto dopo l'altro a questi caproni che non fanno altro che spingere o andare più lenti di mia nonna. Non ho la minima intenzione di sedermi accanto a qualcuno e fingere che le loro chiacchiere inutili mi interessino. Non oggi. Prendo un semplice panino con il prosciutto, una bottiglia d'acqua ed esco fuori, intenzionata a pranzare fuori in solitudine. Ovviamente non faccio in tempo a posare il deretano sull'erba che il più grande coglione di tutti i tempi mi si materializza accanto. Ma che cazz...ma perché non se ne sta con i suoi amici invece di rompere l'anima a me?
-Perché non sei con i tuoi babbuini?-
Si, beh, io ho il vizio di dire sempre ciò che penso, che sia una cosa buona o cattiva. Non m'importa molto ciò che la gente pensa di me. Se vado in giro con un aspetto quanto meno decente è solo perché sono io che voglio apparire così, per me stessa. 
-Ho una scommessa da vincere-
Si limita a rispondere scrollando le spalle. 
-Non vincerai, Morrison. Dovessi suicidarmi o tagliarmi le labbra, tu non vincerai-
Anche se non posso vederli, so che i miei occhi si sono illuminati come due fari. Competitiva? Ma chi? Io? Naaaah 
-Addirittura ucciderti? No, poi mi troverei costretto a seguirti nell'aldilà per continuare a tormentarti. Immagina la reazione delle persone: i novelli Romeo e Giulietta-
Okay, lo ammetto, la tentazione di scoppiare a ridere è tanta, più per il tono in cui l'ha detto che per la battuta in se. Mi mordo con forza il labbro inferiore, quasi facendo fuoriuscire un po' di sangue. 
Per il resto del pranzo, non fa altro che fare battute sui poveri malcapitati che gli passano davanti e, davvero, ho il mal di stomaco nel trattenere tutte quelle risate. Non credevo avesse questo lato simpatico. Ogni volta le battute che gli uscivano dalla bocca erano frecciatine acide contro di me e anche abbastanza stupide e scontate, a dir la verità. 
Il resto della giornata lo passo cercando in tutti i modi di evitare Daniel e, stranamente, ci riesco.  
 
 
Ormai è passata quasi una settimana da quando io e Daniel abbiamo fatto quella stupida scommessa. Le sue battute all'inizio mi causavano non pochi problemi dato che avevo una voglia di ridere assurda, ma, man mano che il tempo passava, riuscivo a resistere sempre di più. 
Ho raccontato a Phoebe della scommessa e lei ne è sembrata estremamente divertita e curiosa di sapere come sarebbe andata a finire. Phoebe è una ragazza davvero eccezionale. È solare, dolce, simpatica...ha sempre una parola buona per chiunque e perdona fin troppo facilmente. Ci conosciamo fin dal primo anno di liceo e da allora non ci siamo mai separate. Ovviamente, i litigi non sono mancati, ma i motivi per cui litigavamo erano abbastanza stupidi e dopo poco eravamo più legate di prima. Per me  un rapporto con una persona può definirsi "stretto" quando ci hai litigato almeno un paio di volte. Non si conoscono mai bene i difetti di qualcuno se non ci hai mai discusso, quindi, se decidi di perdonarla anche dopo un litigio vuol dire che tieni a lei e viceversa. 
 
-E allora, come sta andando la scommessa?-
Phoebe mi pone questa domanda ogni giorno, puntuale come un orologio svizzero. 
-La vincerò io-
E ogni giorno io le rispondo così, sempre più convinta. Ormai Daniel non sembra nemmeno più impegnarsi molto e sono certa che presto ammetterà la sconfitta. Un intero anno senza Daniel Morrison intorno...aggiungeteci qualche biscotto e un unicorno blu e sarò in paradiso. 
Phoebe ridacchia e scuote la testa, esasperata dalla mia testardaggine. 
-Senti, ti va di passare da Moe, dopo scuola? Non ci sarà nessuno a casa e non ho voglia di restare sola-
Annuisco scrollando le spalle. Moe è il bar dove ci fermiamo ogni volta che abbiamo voglia di stare insieme senza camminare e mangiare qualcosa. È anche il luogo in cui ci siamo conosciute. 
-Nessun problema-
Accetto passandomi una mano tra i capelli. 
D'improvviso, sento qualcuno abbracciarmi da dietro e stringermi a se. Sono sicura sia un ragazzo perché la mia schiena si appoggia su un petto che sembra essere di marmo e le braccia non sono da meno. 
-Buongiorno, Reynolds-
Spalanco gli occhi nel riconoscere la voce del più irritante coglione esistente sulla Terra e non. Mi stacco velocemente dalla sua presa, manco mi fossi bruciata. 
-Lo sarà solo se sparirai, Morrison-
Dico inacidita voltandomi verso di lui con le braccia incrociate sul petto. 
Per tutta risposta, lui ridacchia e si avvicina a me. Dato che io sono alta quanto un tappo e lui quanto l'Empire State Building deve abbassarsi un po' per arrivarmi all'orecchio. 
-Oggi perderai la scommessa, Reynolds-
Sussurra e, per qualche assurdo motivo, sento dei brividi percorrermi il corpo come se fossero scariche elettriche. Sicuramente mi è successo perché il tono che ha usato, unito al suo sguardo beffardo, mi hanno dato la sensazione che si tratti di una certezza assoluta. 
-Questo è tutto da vedere-
Ribatto riprendendo il controllo di me stessa e me ne vado, trascinando Phoebe per un braccio. 
-È stato così...wow! Il modo in cui si è avvicinato, ti ha guardata e ti ha parlato erano assolutamente meravigliosi!-
Esulta battendo le mani mentre gli occhi le brillano. Sì, Phoebe è convinta che un giorno o l'altro io e quel demente finiremo con lo stare insieme. Sul serio, le voglio un bene dell'anima, ma a volte credo che le manchi qualche rotella. 
-Phoebe non succederà mai, lo sai-
Alzo gli occhi al cielo e riprendo a trascinarla. Il problema è che legge troppi romanzi rosa e i film romantici sono i suoi preferiti in assoluto. Fin da quando ne ho memoria, lei mi ha sempre ripetuto che saremmo stati una coppia meravigliosa e che si vede lontano un miglio che gli piaccio. Ricordo che la prima volta in cui mi espose questa tesi le scoppiai a ridere in faccia e continuai per ben dieci minuti senza riuscire a fermarmi. 
-Io e quella sottospecie di vichingo non staremo mai insieme. Ed è l'ultima volta che te lo ripeto-
La minaccio puntandole un dito contro. Phoebe alza gli occhi al cielo e sbuffa. 
-Va bene, va bene-
Alza le mani in segno di resa, ma poi sorride. 
-Ci vediamo a storia?-
Annuisco e ci separiamo, andando in due direzioni diverse. 
 
La campanella di fine lezioni viene accolta con entusiasmo da tutti gli studenti della scuola, che si fiondano fuori come se fossero inseguiti da Lucifero in persona senza nemmeno dare ascolto alle ultime parole della professoressa. Per quanto mi riguarda, non ho poi così tanta fretta ad uscire e mi limito a mettere con calma le cose sparse sul banco nello zaino per poi avviarmi fuori. Per tutto il giorno non ho fatto altro che pensare all'avvertimento da parte di Daniel, ma in realtà lui non si è fatto vedere affatto oggi, se si esclude la scenata di questa mattina. 
Vedo Phoebe ferma davanti al cancello della scuola. La chiamo ad alta voce e lei mi sorride, agitando la mano in segno di saluto. Poi succede tutto così velocemente che non ho nemmeno il tempo di realizzarlo. 
Qualcuno si è fiondato su di me e mi tiene stretta abbastanza da rendere inutili i miei tentativi di liberarmi. Tempo due secondi e il maniaco inizia a farmi il solletico. Ora, dovete sapere che io soffro il solletico come mai nessuno lo ha fatto. 
Inizio a ridere e a dimenarmi come una dannata e so che, se non fosse stato per le braccia che mi tenevano saldamente, sarei crollata in ginocchio dato che sento la forza nelle gambe abbandonarmi. 
-B..basta! Ti...prego...-
Riesco a dire tra le risate continuando a tirare calci e pugni al vuoto. 
-La smetterò quando dirai che ho vinto la scommessa-
Daniel Morrison. Dannazione, sto ridendo. 
-No...non vale...così-
Sento il respiro mancare ancor di più a causa del fiato che spreco per parlare, ma a Daniel sembra non importare dato che continua, imperterrito. 
-Sicura?-
Chiede con quel dannato ghigno beffardo stampato sulle labbra. Annuisco, testardamente, e lui sembra intensificare il solletico. No, ora non ne posso proprio più. 
-Va...va bene-
Mi arrendo dimenandomi ancora. 
-Come? Non ho sentito-
Bastardo! Mi ha sentita, eccome. 
-Va bene!- 
Quasi urlo con il poco fiato che mi resta. Immediatamente le sue mani si fermano, ma deve aver capito che cadrei per terra se mi lasciasse dato che continua a tenermi. In un certo senso gli sono grata perché, sul serio, le mie gambe non reggerebbero il mio peso neanche a pagarle. Prendo dei profondi respiri per calmarmi, guardando il pavimento. 
Quando alzo lo sguardo, la prima cosa che noto sono i suoi capelli coperti dal solito cappellino di lana e, in seguito, le sue labbra incurvate all'insù in un ghigno beffardo e vittorioso. Mi stacco bruscamente da lui e lo fisso, furiosa. 
-Non vale così!-
Protesto pestando un piede per terra, ma lui scrolla le spalle. 
-Io ho scommesso che ti avrei fatta ridere e ci sono riuscito. Tu stessa hai ammesso che ho vinto, no?-
Figlio di....
Stringo i pugni e sento la voglia di schiaffeggiarlo farsi sempre più insistente. 
-Vengo a prenderti sta sera alle otto per portarti a casa mia insieme ai tuoi bagagli. Mi raccomando, sii puntuale-
Ghigna ancora prima di sparire.
Il mio viso perde quel poco di colore che ha mentre ricordo che avrei dovuto anche trasferirmi da lui. Entrambi viviamo da soli, quindi il problema genitori non sussiste, ma...Dannazione, non voglio fargli da schiava! 
Phoebe mi si avvicina e mi guarda preoccupata e confusa. 
-Lily? Va tutto bene? Che è successo prima?-
La sua raffica di domande mi fa sospirare e la guardo sconfitta. 
-Succede che ho perso la scommessa. Succede che da adesso sarò agli ordini di Daniel Morrison fino alla fine dell'anno. Succede che non andremo da Moe perché dovrai aiutarmi a preparare le valigie. Succede che sono fottuta, Phoebe-

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


 
-Allora, quanto tempo resterai a casa di Daniel?-
La voce di Phoebe spezza il silenzio che c'è stato da quando le ho detto di aver perso la scommessa. 
Sobbalzo e mi volto verso lei. In tutto questo tempo non ho fatto altro che insultarmi mentalmente per aver accettato quella stupida scommessa. 
-Per tutto l'anno scolastico-
Borbotto incupendomi ancor più di prima e gettando con troppa energia una maglietta nella valigia. Sbuffando sonoramente, getto in modo totalmente casuale e poco fine alcune creme e una bottiglia di shampoo. Fortuna che c'è Phoebe a sistemare tutto come si deve. 
Vivo da sola da due anni ormai, in una casa enorme e fin troppo silenziosa. Con i miei genitori ho un pessimo rapporto. Loro sono i tipici snob ricoperti di soldi dalla radice dei capelli alla punta dei piedi e hanno sempre tenuto più all'apparenza che alla sostanza. Mi parlavano soltanto quando dovevano rimproverarmi per il mio comportamento e linguaggio. A crescermi sono state tante balie, cambiate così di frequente che non ho mai avuto il tempo di affezionarmi a loro. Il motivo era semplice: nessuna riusciva a tenermi testa; se mi chiudevano a chiave in camera per punizione, saltavo sull'albero fuori dalla mia finestra e correvo in giardino a giocare...una arrivò a chiudere a chiave i miei giocattoli in una scatola. Usai una forcina per capelli e in due minuti furono di nuovo in mio possesso. Ovviamente, mi vendicavo più che sufficientemente e tutte se ne andavano poco dopo aver accettato l'incarico. Spesso penso che non avrei dovuto trattarle così. Insomma, loro cercavano solo di fare il loro lavoro e io le usavo come sacco da boxe per scaricare tutta la rabbia e il risentimento che in realtà avevo per i miei genitori. Non importava quanto urlassi, loro non mi ascoltavano mai. Volevo solo un po' di attenzione da parte loro. Non chiedevo molto, solo che mio padre giocasse con me ogni tanto o che mia madre mi sistemasse i capelli. Invece da loro ho sempre ricevuto solo e soltanto indifferenza e rimproveri. Per loro contava solo l'apparenza di famiglia perfetta e si accorgevano della mia esistenza solo quando dovevo recitare la parte di figlia modello. Spesso sono fuggita di casa, decisa a farla finita con loro e di cambiare totalmente vita. Purtroppo, da ragazzina quale ero, prima di lasciare la città passavo sempre da mia nonna. Era l'unica che sembrava davvero ricordarsi che io esistevo e che avevo bisogno di qualcuno nella mia vita. Non mi costringeva a tornare a casa. Mi offriva cioccolata calda e biscotti appena sfornati e mi parlava come solo lei sapeva fare. Metteva dolcezza nelle parole che usava ed era una vecchietta saggia e furba. La amavo e la amo tutt'ora. Nemmeno quando è morta mi ha abbandonata. Due anni fa, alla lettura del suo testamento, l'avvocato disse che mi aveva lasciato la sua casa e uno dei suoi anelli. Mi ci ero trasferita il giorno dopo. 
-Lily? Mi stai ascoltando?-
Scuoto la testa e mi riprendo da questi pensieri che mi avrebbero solo portata a deprimermi di più. 
-Scusa, ero soprappensiero. Mi hai chiesto qualcosa?-
Phoebe mi guarda incuriosita per un attimo e poi scrolla le spalle. 
-Ho detto che credo sia arrivato Daniel. Hanno bussato alla porta-
Annuisco e porto giù le valigie, aiutata da Phoebe. Quando apro la porta, la tentazione di chiudergliela in faccia schizza alle stelle. Daniel Morrison è appoggiato allo stipite della porta e mi sta guardando con il ghigno beffardo più irritante che abbia mai visto. 
-Bene, dolcezza. Ti aiuto con le valigie-
Sorride ancora e mi supera, iniziando a trasportare i bagagli in macchina. Non muovo un muscolo per aiutarlo e faccio cenno a Phoebe di seguirmi in macchina. Non l'avrei lasciata tornarsene da sola a casa a quest'ora. Ormai è buio pesto e, anche se infondo non è poi così tardi, morirei d'ansia. 
Quando sale anche lui e mette in moto, gli dico l'indirizzo di Phoebe e lui annuisce, per poi partire.
 
-Grazie del passaggio. Ci vediamo domani a scuola, Lily-
Annuisco e le sorrido, guardandola entrare nel suo palazzo. Non appena scompare dalla mia vista, torno seria e decido di non aprire più bocca. Fino ad ora ho parlato soltanto perché c'era Phoebe e mi rivolgevo esclusivamente a lei, ma adesso non ho la minima intenzione di rivolgergli la parola. 
-Allora, come va?-
Se ne esce Daniel. Mi volto verso di lui e gli lancio un'occhiata assassina, che gli fa alzare gli occhi al cielo. 
-Oh, andiamo. Non puoi prendertela sul serio con me-
Quale parte della mia occhiataccia non ha capito? Gliene lancio un'altra giusto per ribadire il concetto. 
-Senti, sei tu che hai accettato la scommessa, quindi ora rassegnati e smettila di fare la bambina-
Ma fa sul serio? No, dico, ha davvero osato dirmi ciò che mi ha detto?
Sposto lo sguardo al panorama che mi scorre accanto, decidendo di ignorarlo per il bene dei miei nervi e delle sue palle. Con la coda dell'occhio, però, lo vedo serrare la mascella e stringere il volante così forte da far sbiancare le nocche. La cosa non mi preoccupa finché non lo sento aumentare la velocità e fare manovre pericolose per sorpassare le altre auto. 
Adoro la velocità, sentire l'adrenalina scorrermi nelle vene, il cuore accelerare i battiti e il paesaggio che mi scorre accanto senza che io lo riconosca. Mi fa sentire bene e viva. 
Ma Daniel sta andando davvero troppo veloce e le manovre che fa sono da incosciente. Se continua così, finiremo per fare un incidente, probabilmente coinvolgendo anche altre persone. D'istinto, metto una mano sulla sua, quella che è poggiata sul cambio, e lo guardo, senza nascondere un velo di paura negli occhi. Immediatamente si calma e rallenta, tornando ad assumere una guida sicura come ha sempre fatto. Rilasso le spalle e mi sorprendo di quanto siano state rigide fino a quel momento. 
Sto per togliere la mano che ho poggiato sulla sua, ma lui la trattiene immediatamente. Lo guardo confusa e aggrottando le sopracciglia. 
-Mi dispiace, non volevo spaventarti-
So che è sincero, lo vedo e ormai, anche se a malincuore, credo di conoscerlo abbastanza da sapere che di solito è più prudente. Non posso vantarmi di conoscerlo a fondo, ma alcune cose, dopo quattro anni di insulti e frecciatine, sono riuscita a capirle. Daniel non è un cattivo ragazzo, nonostante la sua reputazione a scuola dica il contrario. Non ha mai fatto atti di violenza, né ha mai insultato qualcuno che non fossi io (e anche in questi casi, devo ammetterlo, non supera mai il limite). Tutte le ragazze che si porta a letto, nonostante dicano il contrario, sono consenzienti al massimo, forse pure più di lui. Ma infondo, se fosse stato davvero un caso così tanto perso non avrei mai accettato la scommessa per paura delle conseguenze in caso di sconfitta. E poi, ha ragione in un certo senso: lui si è limitato a propormi la scommessa e io ho accettato. Anche se ha usato un modo subdolo per vincere, non ha barato e forse è questa la cosa che più mi dà sui nervi. 
-Se proprio vuoi morire in un incidente d'auto, Morrison, assicurati di farlo quando sei da solo e possibilmente in una strada isolata. Non vorrei che qualche altro povero disgraziato dovesse pagarne le conseguenze-
Borbotto acidamente. Lo vedo sorridere divertito e mi lascia la mano, che ritiro subito. 
Passiamo il resto del viaggio in un silenzio decisamente più rilassato di quello di prima e in poco tempo siamo davanti casa sua. È abbastanza grande vista da fuori, ma sono abituata ad immense ville e appartamenti lussuosi, quindi non me ne stupisco. 
Ancora una volta, lascio che sia lui a trasportare tutti i bagagli e lo aspetto con un sorrisetto divertito davanti alla porta d'ingresso. 
-Potresti anche darmi una mano-
Mi rimprovera lui, ma io scuoto la testa. 
-Non ci penso neanche-
Lo vedo alzare gli occhi al cielo e scostarmi per aprire la porta. Entro, guardandomi intorno incuriosita. L'arredamento è semplice, niente di troppo lussuoso o eccentrico, come invece è quello di casa mia. Alla mia sinistra c'è il salotto in cui vi sono un divano, una poltrona, un camino e un televisore. Alla mia sinistra invece c'è una porta che da accesso alla cucina, mentre davanti a me ci sono le scale che portano al piano superiore. 
-Di sopra c'è il bagno, la mia camera, la camera dei miei e un'altra per gli ospiti-
Annuisco e mi avvio su per le scale, mentre Daniel litiga con le mie valigie e i gradini. 
-In fondo c'è il bagno mentre queste due sono rispettivamente la camera dei miei e quella per gli ospiti. La mia camera è accanto al bagno-
Sto per entrare in quella che mi ha detto essere la camera per gli ospiti quando la sua voce mi blocca. 
-Dove credi di andare?-
Mi giro verso di lui e lo guardo confusa. 
-In camera a sistemare le mie cose-
Rispondo come se fosse ovvio. Non mi piace il suo ghigno. 
-Oh no, dolcezza. Troppo facile così. Tu dormirai con me-
Spalanco gli occhi nel sentire quelle parole e mi paralizzo. Cosa?
-Cosa?!-
Ripeto il mio pensiero ad alta voce e lui scoppia a ridere. 
-Hai capito bene. Nel mio armadio c'è molto spazio anche per i tuoi vestiti e io ho un letto ad una piazza e mezza-
-Ma...-
Provo a protestare, ma lui mi interrompe immediatamente. 
-Niente discussioni. Tu sistema le tue cose mentre io preparo la cena-
Mi apre la porta della sua camera e vi entro rassegnata, ma senza risparmiargli un'occhiata furiosa a cui risponde con un sorriso divertito. Poi lui scende di sotto e io inizio a posare le mie cose. 
 
Non ci metto molto a sistemare, in fondo non ho molti abiti, così decido di fare una doccia veloce e mettermi una tuta e una felpa in cui potrei entrarci quattro volte e che mi arriva quasi alle ginocchia. Finisco di vestirmi giusto in tempo prima che Daniel mi urli di scendere a mangiare. 
 
Okay, lo ammetto, cucina divinamente. Ho praticamente divorato la cotoletta e le patatine fritte, anche se di solito questo piatto non mi va molto a genio. Ovviamente non glielo dirò mai, ma credo che comunque lo abbia intuito dato che continua a sorridere beffardamente. Lo detesto. 
-Che ne dici di guardare un film? Non ho molto sonno a dir la verità-
Annuisco mentre lavo i piatti e lui se ne sta fermo ad osservarmi. A quanto pare si è instaurata una specie di tregua da quando ci siamo seduti a tavola. Abbiamo parlato di cose banali e mi ha raccontato che i suoi sono in viaggio per lavoro e che ci resteranno per più di un anno. Un po' mi dispiace per lui, ma sembra esserci abituato. 
-Hai preferenze?-
Scrollo le spalle e alzo lo sguardo su di lui.
-Basta che non sia romantico-
Mi guarda divertito e scuote la testa. 
-Strano che una ragazza dica così-
-Strano che un ragazzo sappia cucinare-
Ribatto facendolo ridacchiare. 
-Touché. Vado a scegliere il film allora-
Dice prima di scomparire in salotto. Quando lo raggiungo, infila il dvd nel lettore e si siede sul divano. 
-Ho scelto un film d'azione-
Mi comunica mentre prendo posto dalla parte opposta rispetto a lui. La cosa sembra divertirlo, ma non fa commenti. 
 
Ormai siamo a circa metà film, ma sto per addormentarmi e in più la trama non mi coinvolge per niente. 
-Morrison, io vado a dormire. Buonanotte-
Annuisce distrattamente e io salgo le scale. Lancio un'occhiata alla stanza per gli ospiti e per un attimo mi balena in mente l'idea di dormire lì, ma poi penso che sarebbe inutile dato che quel pazzo potrebbe decidere di dormire anche lui li. So che non si arrende mai davanti agli ostacoli e sarebbe capace di tutto pur di ottenere ciò che vuole. Così, sospirando, entro in camera sua e mi infilo sotto le coperte, rannicchiandomi in posizione fetale sul bordo del letto. 
 
Sono ormai nel dormiveglia quando sento la porta aprirsi e, poco dopo, il materasso abbassarsi da un lato. Ciò che non mi aspetto, però, sono due forti braccia che mi tirano verso di se e mi tengono stretta, come facevo io con il mio peluche a forma di ornitorinco. Sarà una lunga notte e un lungo anno. 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


 
Apro lentamente gli occhi e, come sempre prima di alzarmi dal letto, mi giro verso l'altro lato. O almeno ci provo, ma qualcosa mi blocca. Aggrottando le sopracciglia, abbasso lo sguardo sulla pressione che sento sul ventre e sgrano gli occhi vedendo un braccio che mi stringe. Sto per urlare, quando dei velocissimi flashback della sera prima mi colpiscono. 
Con un po' di sforzi, volto leggermente la testa, ritrovandomi il viso di Daniel, profondamente addormentato, a pochi centimetri dal mio. So già che Morrison è bello, non avrebbe senso negarlo. Però, di solito la sua bellezza passa sempre in secondo piano dato che appena apre bocca ne escono solo frecciatine idiote. Tuttavia, in questo momento sembra un'altra persona. Il volto è rilassato e il respiro calmo e regolare, mentre le labbra, di solito arricciate in un ghigno beffardo o in un sorriso strafottente, sono piegate leggermente all'insù in una specie di mezzo sorriso. Mi ritrovo a chiedermi cosa stia sognando di bello...Okay, basta contemplare la bellezza del mio nemico. Scuoto la testa per riprendermi e, stando attenta a non svegliarlo, scosto il suo braccio dal mio ventre e mi metto in piedi. Ovviamente, se non l'ho svegliato in malo modo è solo perché voglio un po' di calma, almeno di prima mattina. Prendo velocemente una felpa a caso e un paio di jeans strappati e mi rinchiudo nel bagno in fondo al corridoio. Mi preparo velocemente e scendo di sotto. 
Sta mattina ho fatto tardi e non ho tempo di fare colazione, quindi, lanciando uno sguardo dispiaciuto alla cucina, esco di casa e mi chiudo la porta alle spalle. 
Mentre aspetto l'autobus alla fermata, mi guardo intorno distrattamente, osservando i passanti che mi superano senza degnarmi di uno sguardo, mentre mi perdo nei miei soliti pensieri. 
Quando, finalmente, l'autobus si decide a muovere quel culo di metallo che si ritrova e fermarsi davanti a me, sento una voce tristemente conosciuta chiamarmi. Mi volto e, ovviamente, Morrison è in sella al suo unico e vero amore. 
-Reynolds, si può sapere perché non mi hai aspettato sta mattina?-
Sembra infastidito. Bene. 
-Perché avrei dovuto? Tu potevi uscire anche tra mezz'ora dato che hai la moto e che ti diverti a superare tutti i limiti di velocità-
Alza gli occhi al cielo e sbuffa. Ah, pure infastidito è? 
-Dai, salta su-
Mi porge un casco, ma io scuoto la testa e mi sbrigo a salire sull'autobus prima che parta senza di me. 
Mi lascio cadere stancamente su uno dei sedili e sbuffo. Non è passato nemmeno un giorno e già sento i nervi pronti per suicidarsi. 
 
Fortunatamente siamo già a metà giornata e non ho ancora visto Daniel. Sul serio, quel ragazzo finirà col farmi impazzire. 
-Te lo giuro, Phoebe, sto pensando seriamente di mandare a quel bellissimo paesino di campagna tutti i miei principi e tornarmene a casa-
Ormai è ora di pranzo e, come al solito quando le giornate non sono troppo fredde, io e Phoebe siamo sedute in cortile a mangiare. 
Lei ridacchia e scuote la testa. 
-Non ci credo, non lo faresti mai-
Grugnisco contrariata perché so che ha ragione. Purtroppo, il mio vizio di accettare ogni sorta di sfida o scommessa mi porta anche al pagare qualsiasi pegno. Mi sentirei in colpa con me stessa per non aver tenuto fede alla parola data per non so quanto tempo, ma io davvero non ce la faccio a passare un anno così. 
-Lo so, ma lasciami sognare-
Sospiro e addento il mio panino quasi con rabbia. 
-Dai, non abbatterti. Dopotutto, è solo il primo giorno-
Sorride dolcemente e mi poggia una mano sulla spalla. Come farei senza questa dolcezza di ragazza? 
-Ci proverò-
Mormoro senza molta convinzione. 
-Perché non provate a stabilire una tregua? Insomma, farvi la guerra mentre vivete sotto lo stesso tetto porterebbe al manicomio chiunque-
La guardo come se avesse detto che Voldemort ha sposato una babbana e scuoto la testa. 
-Sarebbe come ammettere la sconfitta e questo non accadrà mai! Non ho nessuna intenzione di diventare la sua Cenerentola-
Incrocio le braccia al petto e so che i miei occhi stanno mandando fiamme. Phoebe alza gli occhi al cielo e borbotta qualcosa di incomprensibile. 
-Va bene, va bene, scusa se ho provato a semplificarti la vita-
Ridacchio e la spintono con la spalla. 
-Non puoi capire perché tu sei troppo dolce e gentile, ma quello diventerebbe peggio di Hitler se glielo lasciassi fare-
Lei si limita a scrollare le spalle e a fissarmi dubbiosa. 
-Non conosco Daniel, ma non credo sarebbe così sadico. Più che altro, immagino voglia solo farti dei dispetti stupidi-
Scuoto la testa e sospiro, mangiando anche l'ultimo boccone del panino. Mi lascio cadere all'indietro sull'erba e chiudo gli occhi, incrociando le dita sul ventre. 
-Lils, devo andare a parlare con una mia compagna di classe ora. Ci vediamo dopo?-
Mugugno qualcosa che assomiglia vagamente a un "va bene" e poi sento i suoi passi allontanarsi. Si sta così bene, qui. C'è un vento leggero che sembra quasi accarezzarmi, il sole che ti scalda la pelle e il chiacchiericcio degli altri studenti in sottofondo. 
Ovviamente, il mio momento di pace è finito prima ancora di cominciare dato che qualche coglione ha deciso di rischiare la morte buttandomi un dell'acqua in faccia. Mi rialzo di scatto, portandomi le mani al viso per tentare di asciugarlo. 
Quando riprendo la facoltà di vedere, naturalmente mi ritrovo davanti Daniel Morrison che ride come se non ci fosse un domani. Mi avvicino a lui con passo pesante, puntandogli un dito contro il petto. 
-Questa me la pagherai con gli interessi, Morrison-
Sibilo quando sono abbastanza vicina a lui. In tutta risposta, vedo il suo ghigno allargarsi e si china su di me, accostando le sue labbra al mio orecchio. Immediatamente vengo travolta dal suo profumo di menta e liquirizia. 
-Considerala una piccola vendetta per questa mattina-
Sussurra prima di rimettersi diritto. 
-Ti aspetto alla fine delle lezioni al cancello. Ti accompagno io a casa-
E se ne va, lasciandomi qui a fissarlo. Ma chi si crede di essere? Non può darmi ordini! 
Okay, tecnicamente si, ma non è questo il punto. 
 Sbuffo sonoramente e mi dirigo infuriata verso l'aula di chimica. 
 
-Quindi tornerai a casa con lui? Sulla sua moto?-
Ancora una volta, Phoebe mi fa questa domanda e io alzo gli occhi al cielo. 
-Ti ho già detto di sì. Cosa c'è di strano?-
Lei si stringe nelle spalle e mi guarda con l'aria di chi la sa lunga. 
-Oh, niente a parte il fatto che, da quando Daniel possiede quella moto, non ha permesso mai a nessuno nemmeno di sfiorarla con lo sguardo mentre ora ti sta praticamente implorando di salirci-
La guardo stupita e inclino la testa di lato. Più che dalle parole in se, sono sorpresa del fatto che lei lo sappia. 
-E tu come lo sai?-
Si morde il labbro inferiore per un attimo, come se fosse in difficoltà, ma poi si riprende. 
-Oh, beh, l'ho sentito in giro. Sai che qui spettegolare è una ragione di vita-
Non ha tutti i torti, ma conosco Phoebe è qualcosa mi dice che non è esattamente così che l'ha scoperto. D'altro canto, tra me e lei non ci sono mai stati segreti, per quanto spiacevoli potessero essere. Forse non è così importante da parlarmene. Scrollo le spalle e decido di lasciar perdere, ma questa me la segno. 
-Sì, in effetti qui non si fa altro-
Phoebe mi indica con un cenno della testa qualcosa davanti a me e io alzo gli occhi al cielo nel vedere Morrison in una posa da figo mancato accanto alla sua moto. Beh, in realtà tanto figo mancato non è, però non lo ammetterò mai, non a lui. 
-Buona fortuna-
Mi augura ridacchiando la mia migliore amica mentre si allontana. Sarà anche dolce e zuccherosa, ma certe volte è davvero una stronza. 
Cerco di infilarmi in tutta quella massa di gente in modo che non mi veda e io possa filarmela senza farmi notare. Tutti i miei sogni e le mie speranze vanno in frantumi quando sento qualcosa afferrarmi la mano. 
-Reynolds dove credi di scappare?-
Più che arrabbiato, sembra divertito. Mi volto verso di lui e, si, confermo, è decisamente divertito dalla situazione. 
-In bagno-
Dico rendendomi conto solo dopo averla detta della cazzata che ho sparato. 
-In bagno? E, esattamente, dov'è che volevi andare in bagno?-
Il bastardo ha capito perfettamente che era una scusa, ma si diverte troppo a infierire. 
-Ehm...nel bar. Insomma, avranno pure un bagno, no?-
È palese che sta tentando in tutti i modi di trattenere le risate. 
-Con la mia moto ci metteremo cinque minuti a tornare a casa e lì ci sarà un bagno pulito ad aspettarti-
In effetti, alcuni bar hanno dei bagni in cui rischi di prenderti chissà quale malattia infettiva e mortale solo guardandoli in foto. 
Sospiro, ammettendo la mia sconfitta e lui mi lascia il polso. Strano, non mi ero accorta che lo avesse tenuto fino ad ora. 
-Mi spieghi perché non vuoi salire sulla mia moto?-
Chiede poi mentre camminiamo nella direzione inversa alla quale stavo andando. 
-Perché tu guidi in modo sconsiderato e non voglio morire così e per di più con te-
Inarca un sopracciglio e mi scruta dall'alto in basso. 
-Sicura sia solo questo? E poi, io guido benissimo e lo sai-
Alzo gli occhi al cielo e sbuffo. Di certo non è stupido, questo devo concederglielo. 
-No. In realtà io ho paura di andare in moto-
Ammetto con non poca riluttanza. Non so perché gliel'ho detto. Solo Phoebe sa di questa mia paura. Probabilmente è solo perché non mi avrebbe dato pace finché non glielo avessi detto. 
-Potevi dirlo subito, sai?-
Scuote la testa e sospira. 
-Hai paura di cadere o fare un incidente?-
Sono io pazza o è il suo tono che è più dolce? Strano, mi aspettavo qualche battutina stupida. 
Alzo lo sguardo su di lui e annuisco. 
-Mio cugino è morto in un incidente mentre guidava la moto e il tipo che era con lui invece è rimasto paralizzato dalla vita in giù-
Okay, questo non ero davvero tenuta a dirglielo. Ma perché gli sto raccontando i cazzi miei?
-Capisco. Beh, io sono un ottimo pilota e non c'è niente di cui aver paura-
Intanto siamo arrivati alla moto e lui mi porge uno dei caschi. Riluttante, lo prendo e, come da copione, do inizio ad un'assurda guerra tra me e il cinturino. 
-Oh, ma andiamo! Possibile che tu sia così impedita?-
Ridacchia lo stronzo prima di avvicinarsi e risolvere il problema. 
-Sta zitto, Morrison-
Sbuffo mentre lui sale sulla moto e aspetta che io faccia lo stesso. Riluttante, mi metto dietro di lui e afferro saldamente le maniche ai lati del mezzo. Si volta verso di me e scuote la testa. 
-Se hai davvero così tanta paura ti consiglio di tenerti a me-
Il suo tono è serio e, per una volta, decido di dargli retta. Gli avvolgo le braccia intorno alla vita e lui parte lentamente. So che sta andando decisamente più piano di come è abituato, ma non posso fare a meno di irrigidirmi e stringerlo con più forza. Poggio la testa sulla sua schiena, in modo da non vedere incidenti ovunque come una pazza visionaria. 
-Reynolds? Siamo arrivati e siamo ancora vivi-
Mi stacco subito da lui e scendo dalla moto, ricominciando a litigare con il casco. Ma perché diamine deve essere così complicato? Com'è possibile che non riesca a toglierlo? 
Beh, di certo le mani che tremano leggermente non aiutano. Continuo a insultare il casco in tutte le lingue del mondo finché Daniel non si decide ad aiutarmi. 
-Quel coso è una trappola mortale-
Sbuffo incrociando le braccia al petto. Scoppia a ridere e scuote la testa. 
-Io dico che sei tu ad essere incapace-
Lo fulmino con lo sguardo mentre lui apre la porta di casa. 
Non appena metto piede nel salotto, mi butto sul divano e accendo la TV. So che tra non molto mi addormenterò, così imposto la sveglia sul cellulare dato che oggi sono di turno nel negozio. 
Come previsto, nemmeno dieci minuti dopo sprofondo nel sonno.
Fortunatamente ho impostato la sveglia ad alto volume altrimenti avrei fatto tardi. Mi cambio in fretta dopo essermi rinfrescata un po' e poi mi guardo in giro. Non che me ne freghi qualcosa, ma mi sembra giusto almeno avvisare Daniel che esco. 
-Morrison, io esco!-
Dico ad alta voce. Niente. Aggrotto le sopracciglia e lo cerco per la casa, ma non c'è. Forse è uscito. Controllo anche in cucina e, infatti, trovo un post-it sul frigo. È uscito con una ragazza. Spero solo che abbia la decenza di non portarla qui almeno. 
Scrollo le spalle ed esco di casa. Probabilmente passerà la notte da lei, quindi non lascio nessun messaggio perché sarebbe inutile. 
 
Sorrido quando entro al Bread N Music, il nome del negozio in cui lavoro. 
-Ehila, splendore. Come va?-
Frank, il proprietario del negozio, saluta sempre tutti in questo modo, è proprio il suo modo di parlare. All'inizio lo trovavo strano, ma poi ho imparato a farci l'abitudine. 
-Tutto bene, Frank. Giornata fiacca?-
Chiedo notando la poca affluenza di clienti. 
-Eh sì, ormai più nessuno viene a comprare CD-
Alza gli occhi al cielo e io annuisco. Ormai le persone scaricano gli album sui cellulari invece di comprarli, cercano gli spartiti delle canzoni su internet e sono sempre meno quelli che suonano uno strumento e, alcuni di loro, addirittura preferiscono suonarlo dal cellulare. No, dico, scherziamo? Come si fa a preferire uno schermo alla sensazione di toccare delle vere corde, di sentire le dita intorpidite e doloranti da tutte le ore passate ad esercitarsi e di imprecare per ogni sbaglio? Inaccettabile, assolutamente inaccettabile. 
-Le persone non sanno cosa si perdono-
Gli faccio l'occhiolino e poi vado a mettermi la maglietta con il logo del negozio, pronta a cominciare il turno. 
 
Ormai sono già le 22:30. In realtà, il negozio chiude alle 20:00, ma dopo l'orario di chiusura Frank e gli altri che lavorano lì si divertono a suonare qualcosa o a cantare (quelli che sanno farlo, ovviamente). Sono tutti fantastici, ma Frank è di gran lunga il migliore. È stato lui ad insegnarmi a suonare la chitarra, sia classica che elettrica. Quando scappavo dalle mie tate, mi rifugiavo in questo stesso negozio e, dopo aver capito la storia, Frank ha deciso che avrei sfruttato quel tempo passato li nel miglior modo possibile: imparando a suonare. Ogni volta perdo la cognizione del tempo, tra cena da asporto, chiacchiere e musica, ma tanto non ho mai avuto nessuno che mi aspettasse a casa e anche sta volta non è diverso. Fortunatamente, Daniel mi aveva dato la chiave di riserva in attesa che la mia copia fosse pronta. 
Okay, io sono più che certa di aver spento tutte le luci quando sono uscita e Daniel sarà sul più bello del suo appuntamento, quindi chi diamine c'è in casa? Lentamente, apro la porta e me la richiudo alle spalle, guardandomi intorno.
D'improvviso, vengo travolta da una figura nera e urlo, finché un familiare profumo di liquirizia e menta mi invade le narici. 
-Morrison? Che cosa ci fai qui?-
Lui mi guarda stupito, ma furioso al tempo stesso, mentre io sono solo confusa. 
-Cosa ci faccio qui? Piuttosto, tu dov'eri finita? Hai idea di che ore siano? Volevi per caso farmi venire un infarto?-
Quasi mi urla contro e io tento di mantenere la calma, guardandolo però male. 
-Ero al lavoro, non ti agitare. Non ti ho avvisato perché credevo che avresti.."dormito" da un'altra parte-
Mimo le virgolette alla parola "dormito" e lui sospira, tentando di calmarsi. 
-Volevo farlo, ma era così insopportabile che ho preferito tornare a casa. Mi dispiace aver alzato la voce, ma non hai idea di quanto mi sia preoccupato. Non sapevo nemmeno che avessi un lavoro!-
Scrollo le spalle e mi passo una mano tra i capelli biondi. Poi lui fa qualcosa che non mi sarei mai aspettata. Mi attira a se e mi stringe in un abbraccio. Mi irrigidisco e resto immobile per qualche istante, troppo stupita per reagire. 
-Mi hai fatto prendere un colpo, dolcezza, lo sai?-
Sussurra con voce roca al mio orecchio. Ignoro volutamente il brivido che mi corre lungo la schiena imputandolo al freddo. Mi decido a ricambiare l'abbraccio e sorrido. 
-Avevi paura che qualcuno mi uccidesse prima di te?-
Tento di sdrammatizzare e lui ridacchia, scuotendo la testa. 
-La prossima volta che esci, avvisami. E dammi il tuo numero di cellulare-
Mi scocca un bacio sulla guancia prima di allontanarsi, lasciandomi davvero stupita. Mi riprendo in poco tempo e ci scambiamo i numeri, per poi andare a dormire e, ovviamente, io devo stare nel suo letto e per essere usata come orsacchiotto umano. 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


 
-Lily! Sei pronta?-
Mi rigiro nel letto, lasciando che le coperte mi avvolgano come se fossi un involtino. 
-Andiamo, Lily. Faremo tardi. Di nuovo-
Aggiunge entrando in camera e guardandomi dall'alto. 
-Non voglio-
La mia voce sembra incredibilmente simile a quella di una bambina capricciosa, ma al momento non mi interessa affatto. 
-Non vuoi andare a scuola?-
Chiede avvicinandosi e sedendosi sul bordo del letto. Scuoto la testa, tirandomi le coperte fin sotto il naso. 
Alcune volte, capita che non abbia voglia nemmeno di alzarmi dal letto la mattina. Solitamente, in quei giorni me ne resto rannicchiata tra le coperte, alzandomi solo per andare in bagno o prendere qualcosa da mangiare. 
-E cosa ti va di fare?-
Chiede chinandosi leggermente verso di me. 
-Niente-
La mia voce è roca e piena di stanchezza. Lo sento sospirare e si passa una mano tra i capelli. 
-Va bene, allora facciamo così: tu va a farti una doccia e a metterti qualcosa di diverso dal pigiama. Intanto, io preparo la colazione e poi ci mettiamo sul divano a fare una maratona di Harry Potter. Ci stai?-
Forse dovrei offendermi dato che mi ha parlato con il solito tono che si usa per far ragionare i bambini, ma ho sentito le parole "cibo" ed "Harry Potter", quindi non oso lamentarmi. Allungo le braccia e lui, alzando gli occhi al cielo, mi tira su con una facilità assurda. 
Dopo due settimane di guerra continua, abbiamo deciso di comune accordo stabilire una specie di tregua, in cui ci limitiamo a qualche battuta ogni tanto. Beh, eliminare anche quelle oltre agli scherzi sarebbe stato davvero troppo e nessuno dei due sarebbe riuscito a rispettare i termini dell'accordo per più di cinque minuti. 
Mentre sono sotto la doccia, inizio a pensare, dato che non c'è posto migliore per farlo. Mi ritrovo a riflettere su queste ultime due settimane. Phoebe è strana, ultimamente. Mi domanda in continuazione come va la convivenza forzata con Daniel senza darmi il tempo di chiedere qualcosa su di lei, a volte non risponde alle mie chiamate e spesso la trovo immersa completamente nei suoi pensieri, ma quando le chiedo se c'è qualcosa che non va scrolla le spalle e dice che stava solo pensando ai compiti. Sono piccole cose, lo capisco, ma io conosco Phoebe troppo bene per far finta di nulla. Sospetto che ci sia qualcosa che non mi voglia dire e non so se preoccuparmi o meno. Sospiro, decidendo che le avrei parlato chiaramente al più presto. Magari è solo una sciocchezza, ma almeno sarò tranquilla. 
Mi asciugo e mi vesto in fretta, con una semplice felpa di almeno quattro taglie più grande e una tuta grigia. 
Quando scendo in cucina, sorrido nel trovarmi davanti la tavola imbandita di cose buone. In realtà, ci sono solo latte, biscotti, caffè e cereali, ma a me bastano i biscotti per essere felice. 
-Si può sapere perché ci hai messo tanto?-
Inarca un sopracciglio, guardandomi. Alzo gli occhi al cielo e sbuffo. 
-Guarda che quarantacinque minuti non sono poi tanti per una doccia. Anzi, sono stata anche veloce-
Mi guarda scettico e scuote la testa. 
-Si, veloce per un bradipo, forse-
Ribatte guadagnandosi una mia occhiata di fuoco. 
-Mi stai dando del bradipo?-
Il ghigno beffardo che si disegna sul suo viso la dice lunga. 
-Lo hai detto tu, non io-
E scappa. Dove crede di andare?
-Torna qui, microcefalo!-
Mi alzo di scatto e lo inseguo, stando attenta a non inciampare in qualcosa e rompermi qualche osso. 
Scatta sulle scale e inizia a salirle tre gradini alla volta. Ma come diamine fa? Io a stento riesco a salirne uno per volta velocemente. Entra nella sua camera e lo seguo, ma il bastardo si apposta dietro la porta e riesce a sfuggirmi ancora. Oh, non mi arrenderò così facilmente. Lo seguo e torniamo in salotto. Sono alla fine della scalinata mentre lui ormai è accanto al divano del salotto, proprio accanto alle scale. Spicco un salto e gli arrivo sulle spalle. Probabilmente avrei dovuto pensare anche solo di sfuggita che avrei potuto uccidere entrambi con questa mossa, ma in questo momento non m'importa. Cadiamo entrambi sul divano, io sopra di lui, e l'inseguimento finisce qui. 
-Preso-
Sussurro, il cuore che va a mille e il respiro irregolare. Mi cinge la vita con le braccia e ghigna. 
-E adesso cosa hai intenzione di fare?-
Inarca un sopracciglio, senza smettere di guardarmi negli occhi. Sono di un verde smeraldo stupendo, così intensi che catturano il tuo sguardo e quasi ti ipnotizzano. 
-Io...-
Mormoro tirandogli un pugno sulla spalla così leggero che mi vergogno di me stessa. Inutile dire che per poco non mi ride in faccia e ribalta la situazione con uno scatto così rapido che quasi non ho il tempo di accorgermene. Ora mi trovo sotto di lui che, ghignando, inizia a farmi il solletico senza pietà. Mi dimeno come una dannata, tentando in tutti i modi di sfuggirgli, ma è altamente inutile. 
-Chiedimi scusa-
Impone dopo un po' continuando a sorridere. 
-Mai-
Riesco a dire tra le risate, prendendogli i polsi affinché li sposti. Ma cos'ha al posto delle ossa? Ferro? 
-Fallo!-
Intensifica il solletico e io ormai sono fuori controllo, sembro posseduta. 
-S..S..scusa-
Balbetto sperando che almeno ora si tolga di dosso. A causa di tutte queste risate e dell'affanno di prima,  sembra che mi manchi il respiro. 
-Come? Non ho sentito bene-
Avvicina il viso al mio, ghignando più di prima. Non è vero! Putroccolo dei miei stivali, certo che mi hai sentita.
-Scusa!-
Riesco ad urlare con tutto il poco fiato che mi resta. Immediatamente smette di farmi il solletico e io posso riprendere fiato. 
-No, ma dico, sei pazzo?! Credevo di essere in punto di morte!-
Lo fulmino con lo sguardo, ma lui sembra trovarlo divertente più che minaccioso. 
-Non ti avrei mai lasciata morire-
Sussurra a pochi centimetri dal mio viso. 
-Poi non potrei più divertirmi-
Ghigna e io non posso fare a meno di restare imbambolata per un paio di secondi, spostando lo sguardo dai suoi occhi alle sue labbra. Oh, ma andiamo, che mi prende? È Morrison, fottuti folletti. Scuoto la testa e lo spingo giù dal divano, mandandolo a terra. 
-Va a prendere i biscotti. Io metto il primo film-
Si alza sbuffando e si dirige in cucina borbottando qualcosa come "ma non dovevo essere io a dare ordini?"
Sorrido, mio malgrado, cercando Harry Potter e la pietra filosofale tra i film che ci sono nella sua lista. Quando lo trovo, metto in pausa e mi siedo sul divano, incrociando le gambe in stile indiana. 
-Gocciole, giusto?-
Chiede lanciandomi il pacco di biscotti che afferro al volo. Sorrido ampiamente e alzo lo sguardo su di lui. So che i miei occhi si sono illuminati perché succede sempre quando si parla di Harry Potter, Gocciole o biscotti in generale e musica rock. 
-Come fai a saperlo?-
Questa la voglio sentire. Non sapevo nemmeno che ci fossero, in realtà. 
Si limita a scrollare le spalle e a lasciarsi cadere sul divano. 
-Beh, non è stato difficile intuirlo dato che, ogni volta che andiamo al supermercato per fare la spesa, le guardi come se fossero un'apparizione della Madonna. Le ho prese ieri, quando sono andato da solo a fare la spesa perché tu non avevi voglia di alzare il culo dal divano-
Scuote la testa e poi mi guarda incuriosito. 
-Mi spieghi perché non le prendi mai se le adori così tanto?-
Scrollo le spalle e abbasso la testa, giocherellando distrattamente con il pacco di biscotti. 
-Perché non so controllarmi con le Gocciole. Sarei capace di mangiarne quantità industriali e il mio peso ne risentirebbe troppo.-
Ammetto con un sospiro. So di non essere obesa, ma ultimamente non riesco a fare a meno di notarmi con qualche chilo di troppo quando mi guardo allo specchio. 
-Stai scherzando? Ma se pesi meno di una sedia di plastica!-
Alzo lo sguardo su di lui, pronta a replicare credendo sia una delle sue solite battute, ma Daniel mi sta guardando stupito mentre scuote la testa. 
-Sei perfetta, Reynolds. Non osare cambiare-
Okay, ora sono io quella sconvolta. È così strano sentirlo parlare seriamente, farmi addirittura dei complimenti. 
-Grazie-
Sussurro per poi schiarirmi la voce, in imbarazzo, e far partire il film. 
-Sono sicura che ti piacerà-
 
 
 
-Okay, Reynolds, lo ammetto: non era niente male-
Sorrido soddisfatta di me stessa e prendo il telecomando. 
-Che ti avevo detto?-
Sto per mettere il secondo film quando mi blocco. 
-Ehm...sicuro di non averlo già visto il secondo?-
Chiedo guardandolo mentre mi mordo l'interno della guancia. 
-Non l'ho mai visto. Perché?-
Mi guarda incuriosito, aggrottando le sopracciglia. 
-Così, dicevo per dire-
Borbotto mentre faccio partire Harry Potter e la camera dei segreti. Sussulto già alla scena della mano scheletrica che si chiude di scatto sul polso di Harry. Ma è mai possibile? Avrò visto questo film centinaia di volte e ancora mi fa paura. Dannato regista. 
Ormai siamo a metà del film e inizio a irrigidirmi dato che so bene cosa verrà adesso. 
-Tutto okay?-
Daniel deve essersi accorto che sembro una delle statue di cera del museo di madame Tousseaud. 
-Certo-
Mento torturando il pacco di biscotti, ormai finito. Abbasso lo sguardo quando vedo tutti quei dannati ragni e quei due idioti seguirli nella foresta. 
-Reynolds? Non dirmi che hai paura-
Bastardo. Non è colpa mia se sono aracnofobica. 
-Paura? Pff, ma come ti viene in mente?-
Agito le mani in aria mentre parlo e la mia voce è un po' più acuta del normale. 
Daniel inarca un sopracciglio, divertito. 
-Se vuoi rifugiarti tra le mie braccia, fa pure-
Alzo gli occhi al cielo e lo fulmino con lo sguardo. 
-Mai-
Ma a quanto pare quel mai dura solo fino a quando compare Aragog, quel mostro di ragno gigante con tutti i suoi figli bastardi. Non posso fare a meno di saltare tra le braccia di Morrison, che mi stringe a se, divertito. Nascondo la testa nel suo petto per non vedere tutti quei cosi pelosi con le zampe, come una perfetta demente. 
Ormai resta solo la scena del Basilisco, ma a quella, più o meno, posso sopravvivere da sola. 
Poggio una mano sul suo petto per tornare diritta, ma il suo braccio me lo impedisce, stringendomi per le spalle senza farmi male. Alzo lo sguardo su di lui e noto che mi sta già fissando. Mi sorride e torna a guardare il film, mentre io appoggio la testa sul suo petto. 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


 
-Ehi, Phoebe!-
Mi avvicinai rapidamente alla mia migliore amica, dopo essere scesa dalla moto di Daniel, ma sembrò non avermi notato dato che non mi guardò neanche. 
-Phoebe? Ci sei?-
Le passai una mano davanti agli occhi e lei sussultò, guardandomi quasi come se non mi riconoscesse. 
-Scusa, Lils, stavi dicendo?-
Mi sorrise, ma io decisi che era il momento di smetterla di far finta di nulla. 
-In realtà ti ho solo salutato. Sono arrivata ora-
Annuì e si guardò intorno, stringendo lo zaino con i libri. 
-Stai cercando qualcuno?-
Chiesi guardando nella direzione in cui sembrava essersi imbambolata con lo sguardo. 
-Come? No! No, assolutamente-
Scosse la testa e mi prese sotto braccio, trascinandomi letteralmente verso il cancello della scuola. Okay, quella storia doveva finire. 
-Phoebe, ora basta. Si può sapere che ti prende?-
Mi fermai e la costrinsi a fare lo stesso. Stava per parlare, ma la bloccai immediatamente. 
-E non ti azzardare a rispondere che non hai niente perché è evidente che non è così-
La vidi sospirare e poi annuire. 
-D'accordo, a pranzo ti spiegherò tutto-
Promise, ma io scossi la testa. Come se non avessi saputo che mi avrebbe evitata manco avessi la peste. 
-No, me ne parli adesso. Entreremo alla seconda ora-
La trascinai letteralmente fino al bar dove andavamo sempre. Forse misi un po' più forza del dovuto, ma non ne potevo più. Sono il tipo di persona che non insiste mai troppo per farsi raccontare qualcosa, ma che, al contrario, sa rispettare la riservatezza delle persone perché a me piacerebbe essere trattata così. Non avevo mai messo così tanto alle strette Phoebe come in quel momento, soprattutto perché di solito lei mi diceva immediatamente se qualcosa la turbava, per questo ero ancora più preoccupata. Non riuscivo più a tollerare quel comportamento da lei, era come se si stesse creando lentamente un muro composto da tutti i "sto bene", "non ho niente", "no, te lo sarai immaginata" che mi stava dicendo in quel periodo. Le volevo troppo bene per lasciarla stare ancora. 
Ordinammo entrambe una cioccolata calda con panna e cacao, bevanda che prendevamo solo quando dovevamo affrontare discorsi seri, ma io mi feci portare anche un pacchetto di Tuc. Ignorando il suo sguardo disgustato quando immersi un cracker nella cioccolata, puntai gli occhi su di lei. 
-Allora?-
La esortai e lei sospirò, girando il cucchiaino nella tazza. 
-Mi sto sentendo di nuovo con Jonah-
Sussurrò guardando la sua cioccolata come se stesse vedendo il futuro tra la polvere di cacao. Mi bloccai, tenendo il cracker grondante cioccolata e panna a mezz'aria e guardandola sbalordita. Jonah è stato il suo primo ragazzo al liceo. Era riuscito a far breccia nel cuore gentile della mia migliore amica, nonostante la timidezza di quest'ultima fosse più grande del castello di Hogwarts. Ero felice perché lei sembrava starci benissimo con lui. Era sempre di buon umore e i suoi occhi brillarono. Jonah ci mise un bel po' per farla diventare la sua ragazza, ma quando lo fece lei era innamorata persa. Certo, non mancarono i litigi per cose banali, com'era giusto che accadesse, però si risolvevano sempre in poco tempo. Sembrava andare tutto bene...finché scoprii che quel verme la tradiva con un'insulsa cagna da quattro soldi. Oh, la pagò cara per quello, ma dovetti comunque consolare per mesi interi Phoebe, che ne era uscita distrutta. 
Alla fine, era riuscita a farla tornare quella di sempre. La sua migliore amica era una ragazza forte, dopotutto. 
-Cosa? No! Non puoi!-
Sbottai lasciando cadere il cracker nella cioccolata. La vidi sospirare e mordersi il labbro inferiore. 
-Non stiamo uscendo insieme, ma solo...provando ad essere amici, credo-
Fece una piccola smorfia, come se non ne fosse del tutto convinta e io scossi la testa. 
-È cambiato, Lils. Non va più in giro cambiando una ragazza al giorno-
Si decise a rialzare lo sguardo, finalmente. 
-Phoebe, non puoi sul serio cascarci di nuovo-
La guardai negli occhi, quasi supplicandola con lo sguardo, ma lei sbuffò e il suo sguardo si indurì. 
-È per questo che non te ne ho parlato prima: sapevo che non avresti capito e che mi avresti trattata come una bambina-
Sospirai e strinsi i pugni sul tavolo. 
-Non ti sto trattando da bambina, semplicemente mi preoccupo per te dato che tu non lo fai. Oppure soffri di Alzheimer e non ricordi cosa ti ha fatto quello stronzo?-
Stavo tentando in tutti i modi di trattenermi dall'urlare e dare spettacolo, non tanto per me, dato che non potrebbe fregarmene di meno dell'opinione di quella matassa di pecore, quanto per Phoebe. Sapevo che si sarebbe sentita tremendamente in imbarazzo dopo e cercai di evitarlo. 
-Mi ricordo perfettamente tutti i dettagli anche senza il tuo aiuto, grazie-
Sibilò alzandosi dal tavolo e mettendosi di nuovo la borsa a tracolla. 
-Ho davvero sperato che mi avresti capita-
Mormorò prima di uscire dal bar a passo spedito. Emisi un gemito di frustrazione e mi accasciai sul tavolo, impotente. 
 
 
-We don't have to talk, we don't have to dance, we don't have to smile, we don't have to make friends. It's so nice to meet you, let's never meet again. We don't have to talk, we don't have to dance, we don't have to dance-
In quel momento sembravo una perfetta deficiente dato che stavo saltando mentre lavavo i piatti. Le note movimentate di "We don't have to dance", canzone di quella bellezza di Andy Black, risuonavano per tutta la cucina e non potevo fare a meno di muovermi come una spastica mentre tentavo di non far cadere niente dal lavandino. La riproduzione casuale del mio cellulare non sbagliava mai. 
Dopo quella discussione con Phoebe, ci ignorammo per tutto il giorno a scuola. Non mi rivolse nemmeno uno sguardo e, all'uscita, fui quasi certa che fosse proprio Jonah quello che la stava accompagnando a casa. 
Mi faceva una tale rabbia...Perché si comportava così? Mi ero solo preoccupata per lei, era tanto grave? Jonah non l'aveva lasciata perché non l'amava più, ma l'aveva tradita. Come aveva potuto perdonarlo? La storia del "siamo amici" poteva raccontarla a qualcun altro, ma non a me. Ho passato l'inferno per farla tornare quella di prima, anche se non ho potuto fare nient'altro che starle accanto. 
Ad un certo punto, sentii qualcuno prendermi la mano bagnata e sporca di detersivo per piatti e farmi girare con una specie di piroetta. 
-Sai, non sei male come cantante, ma la danza lascia a desiderare-
Inarcai un sopracciglio e lo guardai negli occhi, senza riuscire a fare a meno di notare che erano davvero belli. Di uno strano blu, sembrava quasi lo stesso colore di un fondale marino. 
-Mi stai sfidando, Morrison?-
Lo vidi sorridere beffardamente e mi strinse a se. 
-Può darsi, Reynolds-
Sussurrò a pochi centimetri dal mio viso. Quel suo solito profumo mi annebbiò il cervello per un istante, ma mi ripresi subito e mi staccai da lui. 
-Guerra sia, allora-
Più che passi di danza, i nostri sembrarono dei movimenti totalmente casuali, tipo scimmie con le crisi epilettiche. Però, dovevo ammettere che mi divertii da pazzi. 
Quando la terza canzone finì, mi fermai un secondo per riprendere fiato. La maggior parte delle canzoni sul mio telefono erano rock, quindi ci era voluta un bel po' di energia per ballarle tutte dall'inizio alla fine ed entrambi avevamo il fiato corto. 
-Okay, direi che adesso è il momento di tornare al lavoro-
Proprio quando finii di parlare, la l canzone successiva partì. La riconobbi dalla prima nota: era "Thinking out loud" di Ed Sheeran. 
Ho sempre amato alla follia questa canzone. In realtà, tutte le canzoni di Ed Sheeran mi piacevano, sono così dolci e profonde, ma questa mi è rimasta dentro, non ho mai capito il motivo. 
Mi avvicinai al cellulare posato sul tavolo, ma venni bloccata dalla mano di Daniel, che si posò sul mio braccio. Lo guardai confusa, chiedendogli tacitamente cosa volesse e lui, in risposta, sorrise, facendo comparire una fossetta sulla guancia sinistra. 
-Credo che possiamo concederci un altro ballo. Non credi?-
Propose facendomi sgranare gli occhi, stupita. Non mi aspettavo una proposta del genere, ma, infondo, non ci sarebbe stato nulla di male, no? 
Scrollai le spalle e gli cinsi il collo con le braccia, mentre lui poggiava le mani sui miei fianchi. 
-Allora, ti va di dirmi cos'è che ti preoccupa?-
Nel giro di pochi minuti, era riuscito a stupirmi per ben tre volte. Incredibile come riuscisse sempre a prendermi alla sprovvista, spiazzandomi ogni volta che credevo di averlo capito almeno un po'. 
-Come?-
Balbettai irrigidendomi leggermente. Daniel mi strinse di più a se e mi accarezzò la schiena delicatamente, facendo partire piccole scariche elettriche dalla mia colonna vertebrale. 
-Se non vuoi parlarmene non importa, ma è da questa mattina che sei giù di morale e più pensierosa del solito. Non che mi dispiaccia il tuo improvviso mutismo, ma, sai, mi divertivo di più a stuzzicarti-
Lo fulminai con lo sguardo a quell'ultima frase, ma poi sospirai. 
-Ho litigato con Phoebe-
Borbottai abbassando lo sguardo sui nostri piedi, immobili. In quel momento ci limitavamo a ondeggiare lievemente sul posto, senza quasi muoverci. 
-Ed è una cosa che può essere risolta in poco tempo?-
Mi strinsi nelle spalle e poggiai la testa sulla sua spalla. Non me la sentii di raccontargli una parte così importante della vita di Phoebe, non perché non mi fidassi, ma piuttosto per il fatto che erano affari della mia migliore amica e non potevo spiattellarli in giro come se niente fosse. 
Sentii le braccia del moro stringermi con più forza dopo aver sospirato leggermente. Chiusi gli occhi, lasciando che mi accarezzasse i capelli e mi cullasse come se fossi stata una bambina. 
-Grazie-
Sussurrai impercettibilmente contro il suo petto. Non potevo esserne certa, ma sentivo che stava sorridendo. 
 
 
 
SPAZIO AUTRICE
 
Hola, pandacorni! Si, lo so, ho lasciato passare un bel po' di giorni prima di aggiornare, ma ultimamente non ho molto tempo per scrivere. D'ora in poi, quindi, i capitoli saranno pubblicati con un po' di giorni di distanza l'uno dall'altro. Non posso dirvi esattamente quanti giorni dato che non lo so nemmeno io, ma proverò comunque a metterci il meno possibile. 
Poi, volevo anche annunciarvi che ho deciso di cambiare il tempo verbale della storia. Come avete potuto notare, sono passata alla prima persona al passato perché ho scoperto che mi riesce meglio scrivere così. 
Infine, volevo dirvi che siete i miei biscotti preferiti. 
Fatemi sapere cosa ne pensate. A presto! 

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